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'mimi
LETTERATURE MODERNE
Stu-di diretti d.a ARTURO FARINELLI
Volume III.
IL DRAMMA
ZACHARIAS WERNER
GIUSEPPE GABETTI
IL DRAMMA
DI
ZACHARIAS WERNER
ci
TORINO
FRATELLI BOCCA, EDlTOBAjf^ì}t
MILANO - ROMA i^-b ''*7
1916
PROPRIETÀ LETTERARIA
Torino — Tipografia Vincenzo Bona (12419).
LUIGI FOSCOLO BENEDETTO
FRATERNAMENTE
CAPITOLO PRIMO
Zacharias Werner: la sua personalità
e le sue teorie mistiche.
La vita di Zachaiias Werner fu una ricerca affannosa
e vana, ricerca tanto più affannosa, in quanto fu vana,
per elle l'impotenza non attenua il desiderio, ma, lascian-
dolo insoddisfatto, lo tormenta e lo esacerba. Il dissidio
fra aspirazioni nutrite e realtà conseguita non riuscì nel
Werner mai a comporsi : il torbido fermento, che egli
portò nella sua anima tempestosa e inquieta, non riuscì
mai a chiarificarsi: « Ich vv^erde nie fertig, weder mit
meinem Studium, noch mit meinem Charakter, noch mit
meinen Kunstwerken, noch mit meinem Leben » (1). Una
sete quasi acre di ideale travolse l'uomo nella più nau-
seante volgarità di godimenti sensuali ; una insaziabile
sete di verità suscitò nella sua mente esaltata tumulti
confusi di idee, che si aggrovigliarono in concezioni
strane, talora oscure, spesso incoerenti : nessuna delle sue
opere raggiunse l'ideale d'cirte, verso di cui egli tese con
(1) V. Lettera allo Scheffner. « Blàtter fur literarische Unterhaltung » .
1834. p. 1169.
G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 1
Zacharias Werner
sforzo costante e con entusiastica fede. Eppure entro
tutto questo torbidume balenano fiamme di una luce sin-
golare : entro le impurità del fermento scorgete germi di
vita nuova in formazione. Se, mancando a lui il genio
unitario, primitivo ed elementare del Kleist, i suoi drammi
non raggiunsero l'altezza che questi, sotto il premere della
passione e della ispirazione, conquistò, in lui però, prima
ancora che nel Kleist riconoscete le tendenze del dramma
moderno, come esso dalle forme impressegli dallo Schiller
e dal Goethe si venne svolgendo in quella direzione, che
poi conservò con il Ludw^ig e con l'Immermann, con lo
Hebbel e con il Wagner.
Il travaglio delle coscienze malsicure e turbate ha
acuito nell'età moderna il bisogno di pensare, ed ha fatto
della meditazione una necessità interiore. Lo spirito non
s'appaga più in concezioni generalmente accettate, ma si
affatica di giungere a una visione propria della vita e
delle cose, a una visione, che sola riesce ad acquietare,
perchè è un frutto immediato del proprio fervore spiri-
tuale, e, in certo modo, un riverbero e un'espressione della
propria personalità. Come tutte le altre forme di £ute,
anche il dramma si muta secondo questa tendenza. La
personalità morale del poeta vi si imprime, e lo domina,
e lo determina in tutti i suoi caratteri, perchè la visione
della vita, su cui esso riposa, è profondamente individua-
listica, e di quella personalità tutta impregnata e pervasa.
Il dramma non è più solo una storia di uomini, animati
da certi sentimenti che la vita in società suscita, non è
più la semplice rappresentazione di un cozzo di passioni,
che, per la diversità della loro natura e dei loro inte-
ressi, si urtano : esso mostra in realtà di vita un pensiero
che ha agitato ed agita lo spirito di colui che l'ha com-
La sua personalità e le sue teorie mistiche
posto. Tutta la vita interiore del poeta vi si riversa ; l'es-
senza del suo spirito vi si rivela; le sue idee vi si espli-
cano. Poesia e filosofìa tendono a fondersi insieme
nell'impeto dell'ispirazione lirica, sotto di cui egli scrive.
Dentro la tragedia particolare di singoli individui, che
egli vi presenta, il poeta fa balenare una tragedia più
vasta, che ha per oggetto, secondo il suo pensiero, l'uma-
nità intera: l'cizione anzi, che egli nella sua opera svolge,
non è se non un frammento, in cui questa si rivela. Al di-
sotto del dramma di passioni vedete agitarsi un dramma
di pensiero, che ha valore universale : e il problema tra-
gico diventa in prima linea un problema di elevazione
morale.
I drcimmi del Werner sono tentativi verso questa forma
di dramma, e, sebbene trovarne traccie anteriori sia facile,
egli fu, almeno in Germania, fra i primi ad aderirvi in
tutta la sua produzione con sicura coscienza e con asso-
luta tenacia.
La prepotenza della sua personalità, la dedizione pas-
sionata e cieca alle sue idee, una concezione dell'arte e
della poesia, che rispondeva a questa sua natura, furono
le cause che condussero il Werner ai suoi tentativi.
Importa quindi fissare nella loro formazione questi ele-
menti primi, perchè essi soli possono spiegare le opere
che dovremo prendere in esame.
Anzitutto la sua personalità (2). Al fondo di essa è
dicenmio — un disquilibrio insanabile. Per una parte
(2) Cercate invano di definirla leggendo il confuso, farraginoso libro
del VlERLING cit. : il continuo divagare in chiacchiere inutili e inconclu-
Zacharias Werner
il Werner è un sensuale, di una sensualità così violenta
che non soffre freno, per un'altra parte è un intellettuale,
che ha il bisogno di ragionare su tutto, e specialmente su
se stesso, e non si può sottrarre al fascino delle aspira-
zioni più alte. La sua sensualità diventa malata: non ha
più affatto quella pienezza e naturalezza, che si incontra
in esseri poco elevati, ma sani : è ancora animalesca, ma
non più gioconda e incosciente. Il Werner sente tutte le
cupe seduzioni del male, e non sa resistervi : vede che
s'abbassa, che si insozza, ma proprio in quell'abbassarsi è
la vertigine che lo attira (3). La riflessione aumenta il
godimento raffinandolo: « Sei piombato al basso? Ebbene,
inebriati : discendi al fondo e godi stilla per stilla, sino
denti imbroglia in tal modo l'esposizione spesso oscura e sempre disor-
dinata, che non riuscite a formarvi mai idee chiare. Oltracciò l'A. fa
spesso violenza alla cronologia e non scorge in che cosa le idee del
Werner abbian subito evoluzione (cfr. WalzEL, D. Ut. Ztg., 1909). Il
Minor, op. cit., mira specialmente a un'analisi dell'opera: il meglio sì
trova ancora nella cit. op. del DuNTZER, che, data la sua indole stret-
tamente biografica, mostra questa personalità in divenire, e nel lucido,
acuto e fine schizzo del SulGER-Gebing nella « Allg. D. Biogr. ».
(3) Già vedeva l'HOFFMANN (5erapionsferù</er, Berlin, 1821, IV, p. 249)
in questa tendenza il carattere saliente della sua psiche. Egli trascurava
altri elementi di essa, e convertiva la sua osservazione in un'accusa pas-
sionata, che spesso venne respinta poi : coglieva tuttavia nel segno eoa
la sua osservazione. Si rileggano infatti la lettera allo Scheffner a prO'»
posito della sua separazione dalla moglie («Blàtter f. 1. U. » cit., 1834,
p. 1341), le lettere a Johanna Rink nel VlERLING, op. cit., Appendice,
passim, la lettera al Goethe sulla sua conversione {Goethe und die
Romantik, hrsgg. v. WaLZEL u. ScHUDDEKOFF, voi. II, Schriften der
Goethe-GeselhchaSt, 14, Weimar, 1898), la Weihe der Unkrajt (riedita
dal Minor nel volume Schicksalsdramen della Collezione « Deutsche Nat,
Lit. » del KuRSCHNER), e i brani de! Tagebuch del tempo della sua con-
versione {Werners Ausgewàhlte Schriften, voi. XIV e XV. Biografìa del
Werner dello ScHUTZ). Dappertutto il Werner stesso si mostra conscio
che questa sua tendenza ha dominato gran parte della sua vita.
La sua personalità e le sue teorie mistiche
all'ultima feccia : il piacere più ascoso e più raro è anche
il più inebriante ». La riflessione lo libera alfine nausean-
dolo, e l'anima sua tenta salire tanto più in alto, quanto più
al basso essa era discesa. Uscendo dal tanfo, l'aria non
sembra mai abbastanza pura. Quest'uomo non può matu-
rare ad un'armonia interiore. Ben sentirà la necessità di
raggiungerla, e si sforzerà di conciliar gli estremi, fra cui
si dibatte, e di mettere un po' d'unità dentro se stesso;
ma non riuscirà che a render materiale ciò che è alto,
senza riuscire ad elevar ciò che è volgare (4).
L'educazione e l'ambiente contribuirono a sviluppare
anche maggiormente queste disposizioni naturali disgra-
ziate (5). Il ragazzo era di una sensibilità esagerata: non
la modercirono. La famiglia colta doveva vedere in questa
qualità più una dote che un pericolo. La sovreccitarono
anzi. Il padre Friedrich Jacob, professore di eloquenza e
di filosofia all'Università, Conservatore della collezione
Von Wallendrodt, presidente della « Freie Gesellschaft »,
censore drammatico, era persona eminente in Kònigs-
berg (6) : il ragazzo venne condotto assai presto in so-
cietà, e frequentò presto i teatri e l'ambiente malsano delle
« coulisses ». Un'influenza anche più grave esercitò su di
lui la madre, nipote del poeta Johann Valentin Pietsch, can-
tore della « AusfiihrHche Abbildung aller Leidensmartern
und Todesqualen Jesus Christi, des Erlòsers der Welt ».
Anch'essa aveva la sensibilità morbosa del figlio. Era
(4) Dalla coscienza triste di non riuscir mai a mettere sé d'accordo
con sé medesimo son nate molte delle sue liriche. V. Ausgewahlte
Schriften cit., I, specialmente p. 165 e segg.
(5) Cfr. VlERLING, op. cit., cap. I e specialmente il DuNTZER, op.
cit., ricco di particolari biografici.
(6) V. VlERLING, op. cit., p. I e segg.
Zacharias Werner
donna superiore per più rispetti, amante della poesia e
dell'arte, studiosa di questioni filosofiche, dotata di sgucudo
acuto e penetrante e di ricchissima vita sentimentale, ma
non era la educatrice che il temperamento anormale del
ragazzo richiedeva. La fantasia dominava in lei, e il suo
sentimento religioso la condusse a poco a poco ad una
esaltazione mistica che rasentò la follia (7). Al figlio essa
poteva dare una tenerezza profonda e squisita : una guida
non gli poteva essere. E una guida gli mancò. Il padre
morì quando egli aveva quattordici anni. D'allora in poi
rimase in preda a se stesso. La madre godette del fiorire
del suo ingegno insolito e della sua sentimentalità ricca ; sof-
ferse dei suoi sviamenti senza poterli impedire (8) : « anima
pura d'artista e di martire », come il Werner la definì,
ma estranea alla realtà di questo mondo (9).
Presto la dissolutezza lo travolse : quel freno morale,
che trattiene anche sulla china più sdrucciolevole da
£izioni, che negano la innata fierezza dell'uomo, si allentò.
(7) V. HoFFMANN, Serapionsbruder, ed. cit., IV, p. 247. Negli ul-
timi tempi della sua vita precipitò anzi in una vera manìa religiosa :
aveva allucinazioni, si immaginava di esser la Vergine Maria, e dava
molti segni di isterismo. Cfr. su di essa anche le pagine autobiografiche
del Werner nel Gelehrten- uni Schriftsteller-Lexicon der deutschen
katholischen G eistlichkeit hrsgg. v. F. WaiTZENEGGER, Landshut, 1822,
volume III, p. 409.
(8) Riconosceva il Werner, quando essa morì, le colpe che aveva
avute verso di lei, e se ne sentiva schiacciato, e trovava che nessun mag-
gior tormento vi può essere, che di pensare ai tormenti inflitti alla propria
madre morta. Cfr. « Blatter f. 1. U. » cit., 1834, passim; Die Weihedet
Vnkrajt cit., passim; Die Gottheit schldgt mit einem eisernen Hammer
an unser Herz, etc. (HiTZIG, Lebensabriss Z. M^erners, Leipzig. 1823 e
Ausgew. Schriften, XIV, p. 52).
(9) Gelehrten- und Schriftsteller-Lexicon, etc, cit., III, 409; cfr.
inoltre «Blatter f. 1. U. » cit., passim e anche HiTZIG, Lebensabriss
Z. Wemers, cit. ; lettere del Werner allo Hitzig, passim.
La sua personalità e le sue teorie mistiche
« Io ho conosciuto tutto il dolce e tutto l'amcuo dell'amore
terrestre : nelle braccia delle più volgari prostitute ne ho
conosciute tutte le degenerazioni più profonde » (10). Sposò
una prostituta, che lo piantò dopo pochi mesi per seguire
un commediante da strapazzo, e credette di trovcu- nei
suoi amplessi il Paradiso. Divorziò da lei per passare a
seconde nozze con un'altra donna del volgo, e dovette
dopo pochi mesi nuovamente sepcu-arsene : « Es war eine
Hur! ». Una polacca, ragazza del popolo, lo innamorò,
e lo indusse a sposarsi nuovamente : egli non conosceva
una parola di polacco, essa non una parola di tedesco.
La ragazza non aveva cultura, ma passionalità ed imma-
ginazione, e, dopo cinque anni, si staccò da lui, per unirsi
in nuovo matrimonio con il Geheimrat Kunth (11). D'al-
l'ora in poi egli visse solo, cercando consolazione presso
donne di malaffare (12). La sua libidine è diventata di ge-
nere tale, che solo nel vizio e nella corruzione riesce a sod-
disfarsi : la donna dall'anima pura ed elevata gli impone
venerazione e rispetto, ma non l'attira (1 3): l'odor acre di
sozzura lo inebria e lo travolge nel precipizio. Eppuie
(10) «Blàtter f. 1. Unterhaltung». 1834, cit., p. 1343.
(11) V. DiJNTZER, op. cit. Anche il VlERLING, op. cit., p. 27 e segg.,
35 e segg., non riuscì a dare sulle sue due prime mogli notizie piiì
esatte di quelle che aveva dato il Werner stesso già nella lettera a Re-
giomontanus («Blàtter f. 1. U. », 1827, p. I) e di quelle che aveva
date lo HiTZIG, Lebensahriss Z. Wemers cit. Sulla prima moglie —
Friederike Schulze — v. ora un articolo di W. MÒLLENBERG. Z. Wer-
ners erster Eherorrtan, nelle « Beilagen » della « Vossische Zeitung »,
1912, n. 37.
(12) I frammenti del Tagebuch pubblicati dallo SCHUTZ {Ausgewàhlte
SchrijicTi cit., XIV-XV) danno su questo argomento informazione quo-
tidiana !
(13) Cfr. lettere a Johanna Rink nel VlERLING, op. cit., Appendice;
cfr. anche il Tagebuch dei suoi viaggi.
Zacharias Werner
egli idealizza : « Il principio dell'amore non si spegne
mai, illumina sempre, è sempre una aspirazione ardente
verso il bello e verso la divinità sconosciuta » (14). Entio
i brividi e gli smarrimenti e le estenuazioni delle più ma-
teriali ebbrezze del senso egli immagina di godere un
£irdore di fiamme ideali : trasforma con la sua fantasia,
poetizza e scambia per cosa preziosa il fango che luccica.
La sua sensualità domina in lui così che essa è per lui
la condizione di ogni godimento : se egli vuol celebrare
qualcosa entro questa vita, bisogna pur che si rassegni
ad innalzare un inno a ciò, per cui egli attraverso i suoi
sensi esulta.
Questa sensualità delimita e determina anche il mondo
delle sue idee. Il carattere distintivo di tutte le sue con-
cezioni sta nella tendenza della sua mente a render ma-
teriale tutto quanto accosta. S'infiamma, affronta i più ardui
problemi, accoglie idee che altri propugnarono, le assimila;
ma le impronta di se, le rende cose concrete che i sensi
possono percepire. Il suo non è più un pensare, ma un
fantasiare continuo e talora strambo, un dar veste sensi-
bile a pensieri che di qua e di là gli si atfacciano.
Sente a Kònigsberg le lezioni di Kant, conosce Ha-
mann, Herder e Fichte : Hippel e Karl Gottlieb Bock
sono amici di famiglia (15). Pure dalla filosofia resta dap-
prima lontano : più volentieri legge poesie e ne compone :
(14) Lettera allo SchefFner, « Blàtter l. 1. U. », 1834, p. 1343 e
passim. Cfr. anche le lettere al Geheimrat Peguilhen pubblicate nel
Gesellschajter del Gubitz, 1837 e GUBITZ, Erlebnisse, Berlin, 1868,
I, p. 217 e segg.
(15) V. ScHiJTZ, op. cit., p. 3 e segg.; DiJNTZER, op. cit., p. 12
e segg. ; VlERLING, op. cit., cap. I.
La sua personalità e le sue teorie mistiche
Wieland, Claudius, Voss sono i suoi modelli (16). Egli
è ancor giovane, incurante, e vuol sentir « die Wollust
ein Mensch zu sein » : Tanima sua è ancor leggiera e
lieta, sebbene già allora egli si abbandoni « ziigellos alien
Lastern ». Il peccato, il suo peccato — meine Sùnde —
è già diventato una cosa sola con la sua natura, ma egli
non vi pensa. Se in alcune delle poesie, che nel 1 789
pubblicò, pare accostéirsi agli « Aufklàrer », questo non fu il
seguito di alcun travaglio di pensiero, ma una conseguenza
di ciò, che un tal sistema era precisamente quello che
meno faceva pensare, escludendo come assurdo tutto quanto
supera i limiti dell* intelligenza comune, ed era quello
che tiionfava (16*'^). Ma quelle poesie sono insignificanti,
e quel razionalismo è insincero. Un uomo si impadronisce
della sua mente e della sua fantasia : Rousseau.
Sensibilità patologica, slancio ideale, e un vaporoso
velo sensuale disteso su tutte le sue visioni, impulsività
e abulia, esaltazione degli stimoli naturali, fantasia e sen-
timento che si liberano da ogni giogo : il Werner rico-
nosce in lui il suo maestro. Questo gli pare il dono più
grande che Dio ha fatto agli uomini : « Einen Rousseau
der Welt! ».
Und er wallte die Bahn fiir Wahrheit und Tugend ein Opfer,
Duldung, Natur und Gefiihl weinten entfesselt ihm nach (17).
(16) Queste poesie formano parte del primo volume delle cit. Aus-
gewàhlte Schriften. Furono stampate la prima volta nel 1789. Altre
furon composte in seguito : la maggior parte è accompagnata dalla data.
(16 6is) Le prende invece sul serio il VlERLING, op. cit., p. 21 e segg.
e parla di un periodo di Aufklàrertum nel Werner, mettendosi in con-
traddizione con quanto il Werner sempre disse di se medesimo, e tras-
curando come anche ora segni di tendenza al misticismo non mancano,
ed egli già si professa entusiasta di Rousseau.
(17) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 14, p. 103 e p. 175-76; cfr. anche
Tagebuch {Ausgew. Schriften, XIV, 135 e segg.).
10 Zacharias Werner
Egli data gli anni dalla sua morte, e ne celebra con
devozione l'anniversario, riunendolo alla festa della Visi-
tazione della Vergine (18).
Rousseau gli fornisce una delle sue idee fondamentali.
La natura ha dato all'uomo nel sentimento una guida
delle sue azioni, un mezzo di conoscere se stesso e Dio.
Vivere e sentire, e chi misconosce il sentimento misco-
nosce la vita. Il sentimento è la nostra guida e conduce
alla verità: chi misconosce il sentimento, misconosce la
verità, e si fuorvia.
Rousseau lo riconduce pure alla religione, da cui egli
s'era allontanato (19). « Chi s'abbandona alla voce inte-
riore della sua coscienza, sente Dio e gli si avvicina: lo
sente in se, nella natura, nell'universo : il senso di Dio e
uno degli elementi sostanziali dell'uomo. Chi preferisce
invece seguire i dettami di una ragione limitata e fallace,
rinunzia alla miglior parte di se : che questo abbia potuto
avvenire è lo sviamento più grande che la cultura ha in-
flitto all'umanità ».
Per il Werner, d'altronde, il ritorno alla religione era
una necessità psicologica assoluta : esso era l'unico pos-
sibile scampo al dissidio inconciliabile che lo turbava. Solo
lo smarrimento in Dio, nell'infinito poteva offrirgli l'estremo
rifugio : l'uomo senza intima armonia non può stare nel
giusto mezzo : a lui occorre godere o negare la vita.
Io non credo che la sua iscrizione alla loggia masso-
nica « Die Drei Kronen » nell'anno 1792, sia da attri-
(18) Ausgewdhlte Schriften (TagebUcher), XIV. p. 124; cfr. anche
HiTZIG, Lebensabriss Z. Werners cit., p. 27,
(19) Nelle poesie posteriori al 1790 compaiono già talora segni di
questo risveglio della sua religiosità. V. Ausgewdhlte Schriften, I, pa-
gina 57 e segg., e anche già p. 52.
La sua personalità e le sue teorie mbtiche
buire soltanto a considerazioni d'ordine pratico (20) : il
Werner non fu uomo pratico mai : essere sognante, va-
gante, senza chiaro dominio su di se e senza volontà : come
avrebbe potuto esser tale ? La Massoneria offriva allora
invece agli spiriti irrequieti una liberazione dai ceppi del
razionalismo (21). Cercate di sopprimere un sentimento,
e voi lo acuirete, e lo porterete a forme più esagerate
ancora di quelle, che esso avrebbe avute in condizioni
normali. La Massoneria, coi suoi riti simbolici, con le
cerimonie misteriose e il culto dell'Inconoscibile, soddisfa-
ceva a questo bisogno degli spiriti. Tanto più soddisfaceva
al bisogno dello spirito del Werner, in quanto che il sim-
bolismo massonico corrispondeva al bisogno suo di vedere
il sentimento in manifestazioni esterne.
Segni gravi di inquietudine interiore incominciano difatti
in questo tempo a compcu-ire in lui. Egli sente il vuoto
che s'allarga nella sua anima, sente che tutto ciò che lo
circonda è cosa passeggera, che nulla dà una gioia duratura :
Wir diirsten mehr, je mehr uns Bàche rinnen :
Wo fliesst die Lethe, die das Lechzen stilli ? (22)
(20) L'ipotesi fu avanzata dal VlERLING, op. cit., p. 26 e segg. ; ma
egh non ne dà prove. E. d'altronde, non si vede a che cosa la sua
iscrizione alla massoneria gli potesse — in quei tempi — praticamente
giovare. Poco essa gli giovò : quando avrà un posto a Berlino, lo dovrà
a intervento di amici e ammiratori diversi, e fu anche un posto che gli si
confaceva così poco che presto lo abbandonò. Prima fu sempre povero
e ramingo, e consumò a poco a poco il patrimonio che il padre gli aveva
lasciato. Atti della partecipazione del Werner alla massoneria pubblicò
il VlERLING in Appendice, op. cit., p. 3.
(21) Sulla massoneria tedesca in quel tempo v. la Bibliografìa che
ne dà lo SCHNEIDER nel suo volume Der Einfluss der Freimaurerei auf
die geistige Kultur irì Deutschland am Ende des XVIII. Jahrhunderts,
Prag, 1909.
(22) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 57. La poesia porta la data 1794.
12 Zacharias Werner
Ma che cosa siam noi e quaKè il nostro scopo ? — si
chiede. Il problema della vita gli si presenta col suo
eterno fascino. La Sfinge dal segreto insolubile lo seduce,
ed egli si tormenta. Legge e studia Kant, il cui insegna-
mento era prima passato sopra di lui senza traccia. Ne
sentite eco nelle poesie, che egli ora scrive, intonandole
assai diversamente che le sue anteriori:
Der Denker Ist an Raum und Zeit gebunden,
Belm grossen Jenselts wird die Weisheit stumm.
Ein Solon wiegt auf hocherhabner Stelle.
Betrat er je die unbetretne Schwelle,
Wo die Idee der Handlung Leben gab ? (23)
I limiti assegnati da Kant alla nostra conoscenza gli si
impongono come veri, ed egli accetta la posizione che
Kant prende di fronte al problema filosofico e la sua con-
cezione della attività dello spirito. La filosofia deve man-
tenersi entro tali limiti e seguir tale via : spingersi al
di fuori vuol dir vaneggiare, dar corpo ad ombre che
non hanno realtà. Eppure, malgrado tutto, malgrado le
sue idee stesse, è questo al di fuori che attira il Werner.
EgH riconosce che è un mistero insolubile, ma non se ne
sa e non se ne può liberare. Che cosa è tutto il resto
accanto a questa verità ultima, suprema ? a questa verità
che ci sfugge ?
(23) Ibid., I, p. 58 e segg. Cfr. anche p. 203:
« Ein Crosserei als er (Hurtìe) begrànzt des Wissens Bahn,
Und lasst uns in uns selbst das Universum finden ;
Presst den vervvegnen Geist in seine Formen ein,
Und lehrt ihn Mittel nicht, nein, hoher Zweck zu sein».
La sua personalità e le sue teorie mistiche 13
Il problema si fonde nel suo capo col problema del-
l'elevazione morale. Si può dare alla questione del nostro
essere e del nostro fine la soluzione che si vuole : una
cosa resta certa : l'uomo è uomo, e va per la retta via,
in quanto tenta di elevarsi spiritualmente. Lo Schiller, che
a quest'opera ha dedicato tutta la sua vita e tutto il suo
ingegno, diventa per un istante colui che esercita sul
Werner la maggiore attrazione. Ideali di amore universale,
di libertà, di fratellanza lo infiammeuio. Non ponete ceppi
all'umanità, lasciate che essa sviluppi le forze che con-
tiene: vincete ogni piccolo egoismo: mirate soltcìnto al-
l'ideale: cercate soltanto il bene comune. In questo bene
comune è anche il vostro vero bene : le soddisfazioni
egoistiche passano « come l'acqua sotto i ponti della Vi-
stola », senza lasciar traccia : la soddisfazione morale è il
godimento maggiore. Sepaiatosi dalla prima moglie, vive
ora il Werner a Plozk : la Polonia combatte l'ultima lotta
per la sua indipendenza, e il Werner assiste a quell'agonia.
S'infiamma, e canta quella lotta e il grande eroe, Kosciutzko,
in cui la Polonia si estingue. Anche il verso ricorda ora
10 Schiller nel ritmo, nello stile, nelle movenze (24).
Fiamme passeggere. La morale di Kant è una dottrina
austera: la morale è una legge ed è scopo a se stessa.
11 godimento, che essa dà, è una soddisfazione placida,
la soddisfazione della forza interiore, che si esplica senza
piegamenti e senza tentennamenti: il Werner vuole eb-
brezze. Anche il mondo morale dello Schiller gli par
troppo ristretto. Egli vi si è accostato in un primo movi-
mento d'entusiasmo: quella nazione morente in mezzo a
(24) Cfr, nelle AusgeWahlte Schrijten, I, p. 61 e le poesie seguenti,
specialmente p, 81-82.
14 Zacharias Werner
cui si è trovato, gli diede una rapida commozione e lo
trascinò. Estintosi quel guizzo d'entusiasmo, sente il Werner
di nuovo l'interno inappagamento. E sublime fare il bene
per il bene, prender la vita come un dovere, e compierla
senza cercar altro; ma è anche un chiudere il proprio oriz-
zonte. La sensibilità del Werner non ne può trarre quelle
vibrazioni, che le sono necessarie, perchè s'acqueti : essa
ha bisogno di emozioni nuove e intense, ha bisogno di
dilatarsi, di estendersi, di estendersi a tutto, indefinitamente.
Il problema della vita si riaffaccia così insoluto come
prima. Ne Kant, ne Schiller — dice il Werner — han
dato una soluzione: tutti e due l'hanno evitata. Il Werner
ritorna a Rousseau (25). Kant e Schiller han commesso
un errore, quello di voler spiegare e determinare la vita per
mezzo della ragione. La fonte della vita è invece nel senti-
mento, perchè il sentimento è la voce della natura che in
noi si esprime. E il sentimento dice: «Credete! ». Il
sentimento ci rende quindi possibile una elevazione più
grande che non quella che Schiller e Kant propugnarono,
una elevazione meno austera, ma non meno pura. Kant e
Schiller, nel loro razionalismo superiore, hanno sacrificato la
vita a un sogno di austerità; ma elevare la vita non vuol
dire sacrificarla, vuol dire anzi liberarla da tutto ciò che
è basso, e nello stesso tempo estenderla, farla più intensa,
(25) Sulla scorta delle poesie, leggendole in ordine cronologico, si
ricostruisce facilmente questa evoluzione del suo pensiero : dopo i
primi cenni di religiosità, vi compare infatti l'umanitarismo, di cui
abbiamo or ora parlato, e soltanto in seguito la religiosità ricompare,
e stavolta con piti spiccati caratteri. Altre fonti per studiar le sue idee
fuori di queste liriche, mancano completamente. Ma queste bastano
perchè si possa distinguere nettamente quella linea, che abbiamo (inora
tracciata e che andiamo tracciando.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 15
arricchirla. Solo la religione riesce a far questo: solo la
religione dev'essere quindi il fondamento della vita umana.
Der Kahn Vernunft versanke auf dem weiten
Granzlosen Meer von Wahn und Wirklichkeiten,
Fuhrt Glaube ihn nicht zum vorgesteckten Ziel (26).
Così dallo studio della filosofìa critica e dell'idealismo
Schilleriano, il Werner vien ricondotto alla fede, che
Rousseau gli ha insegnato, e che egli già aveva invocata:
O Glaube ! Lass, in meines Mittags Schwuhie.
Mich einraal noch dein linder Hauch umwehn! (27)
Ma da questa nuova crisi la concezione religiosa del
Werner esce con una forma nuova. Esser religioso non
vuol dire rinunziare alla vita terrena, rinnegare il mondo,
ma vuol dire viver la vita in tutti i suoi aspetti con
un'anima nuova, vedere il mondo con nuovi occhi.
Uscito dal grembo di Dio, l'uomo è destinato a Dio:
il senso di Dio deve essere il primo sostrato di tutt'i suoi
sentimenti, così com'esso è la base della sua natura.
Il sentimento religioso deve essere come un succo, che
pervade tutti quanti gli altri sentimenti, e impedisce loro
di diventar mondani, terreni, bassi, allontanando l'uomo da
quello che è il suo fine.
Questa fusione del divino nel terreno è possibile, se si
considera tutto ciò che è terreno come simbolo. In questo
modo tutta la vita diventa un simbolo, che ci riporta a
Dio e ai nostri destini eterni. Il Werner abbraccia riso-
luto questa fede simbolistica, e la abbraccia con dedizione
tanto più piena, inquantochè essa gli offre un mezzo per
(26) Già Attsgewahlte Schrìiten, I, p. 61.
(27) Ausgewahlte Schriften, I, p. 61.
16 Zacharias Werner
addolcire il conflitto della sua sensualità con la sua intel-
lettualità.
La vita sensuale è un simbolo della vita superiore: il
sensuale è la forma necessaria che l'eterno e l'ideale de-
vono assumere per comparire su questa nostra terra, perchè
il senso è la via unica per cui la vita interiore dell'uomo
si può manifestare.
Se l'uomo deve vivere una vita — per così dire — di
simboli, il rinunziare a questi segni esteriori, peggio, il
rinnegarli e condannarli è un errore grave di tristi conse-
guenze. 1 segni esteriori vivificano e riscaldano nell'uomo
i sentimenti alti, che altrimenti per mancanza di espressione
si assopirebbero, rendono intensa la vita dell'anima, che
altrimenti, per mancanza di stimoli, si estenuerebbe in un
dormiveglia pericoloso, che ne segnerebbe la morte. Il
Protestantesimo, che ha cercato di sopprimerli, ha condotto
al razionalismo gretto, ha ucciso la religione, e mozzato
le ali allo spirito. I segni esteriori sono le armi, che Dio
dona agli eletti, perchè essi possano, con tale mezzo,
restaurare il regno suo sopra la terra.
Con quest'animo e con queste tendenze il Werner di-
venta massone, con questi occhi egli vede la massoneria,
ed è naturale che vi si avvicini : « Es ist tròstlich Maiirer
zu sein » (28). Egli si entusiasma per essa con tutto l'eu--
dore passionato della sua anima e canta la sua rinascita.
Entziickend ist's, in den geweihten Kreisen,
Durch Grabesnacht in Himmelsklarheit schaun (29),
(28) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1174. Si tratta di una
lettera posteriore di qualche anno, ma tutti i suoi versi massonici di
questo tempo son dominati da questa stessa idea.
(29) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 59. La poesia è del 1794. Si os-
servi l'espressione : in den geweihten Kreisen : essa mostra chiaramente
La sua personalità e le sue teorie mistiche 17
Gli par che l'aurora spunti finalmente nella « notte
della sua anima », e scrive il Morgenlied, la prima
poesia in cui egli si rivela tutto quanto. E il Morgen-
lied è, io credo, un canto massonico: esso è tutto ani-
mato dal progetto di {ar risorgere sulla terra il regno della
Religione e di Cristo, sogno che fu il « Wahn » così
curioso di tanti massoni, e che diede alla massoneria, sulla
fine del secolo decimottavo, un enorme sviluppo. Il Werner
gode di lavorare anch'egli alla grande opera:
Langst war es Mitternacht.
In unsrer Vater Griiften
Brannt'unser Lampchen nur ;
** Bald sprengt dein Ruf die Kliifte,
Und Licht durchfleusst die Flur.
Ha il fervore d*un neofita, e non dubita dell'esito del-
l'intrapresa.
Gelòst sind bald die Zungen,
Geòff net bald die Bahn ;
Bald ist der Sieg errungen.
Die Palme geht voran.
Gesprengt sind bald die Hallen,
Bald flammt der Flammenstern,
Und freie Volker schallen
Alleluiali dem Herrn.
Wir haben es begorìtìen,
Jahrhundert, merì^e drauj!
Noch eh' dein Sand zerronnen,
So endet unser Lauf ;
l'origine massonica della poesia. Anche il verso Durch Grahesnacht in
Himmelsìflarheit schaun esprime un concetto assai diffuso frr i massoni
del tempo. Cfr. ScHNEIDER, op, cit., cap. II.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 2
18 Zacharias Werner
Noch einmal zuckt die Hyder,
SInkt dann in Grabesnacht,
Und, Herr! dein Reich kehrt wieder,
Das du so sckòn gemacht (30) !
Il Morgenlied nacque appunto durante i due placidi,
idillici anni di Ploszk, che il Werner stesso contava più
tardi come i più belli e sereni della sua vita.
Libero da ogni legame, egli viveva quieto, felice di
una relativa calma, e nella calma spuntò il primo sogno
religioso.
Ma presto le tempeste della vita di nuovo lo distrus-
sero : quel sogno risorgerà, ma non avrà più giai la purità
di questo primo momento.
Frattanto esso scompare. Il Werner, presa dimora a
Varsavia, si lascia di nuovo travolgere nei piaceri facili
della grande città corrotta, che egli descrive : « Alle
Laster zùgellos, kein schuldloser Genuss » (3 1 ). Egli par-
tecipa di questa vita. Per un paio d'anni corre di nuovo
l'avventura con prostitute d'ogni specie, e vive di voluttà
fino all'estenuazione fisiologica, e fino a che, con la este-
nuazione fisica, la nausea morale risorge, e si rifa pre-
potente.
(30) Ausgewdhlte Schriften, I, p. 64. I versi sono del 1795 e furono
scritti in Ploszk. È singolare che anche il VlERLlNG, che al Werner
massone pure dedica molta parte del suo libro, trascuri questa
poesia, che pure è per il credo massonico del Werner importantissima.
Il carattere massonico suo non ha bisogno di ulteriore dimostrazione
per chi conosca le tendenze della massoneria del tempo. Cfr. SCHNEIDER,
op. cit., cap. II. Pensieri analoghi si ritrovano del resto anche nella
poesia An Deutschlandsdichter {Ausg. Schriftetì, I, 78), datata 1796.
(31) «Blàtter f. 1. U. ». 1827, p. 7.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 19
In tutto questo tempo egli ha pur lasciate tutte le pra-
tiche massoniche: fondatasi in Varsavia la loggia « Zum
goldenen Leuchter », egli vi si ascrive, riportandovi l'an-
tico slancio e l'antico entusiasmo. Una delle ragioni, che
lo avevano allontanato dalla massoneria, era stata la delu-
sione: la maggior parte dei confratelli suoi non avevano
più lo spirito, da cui egli era animato: il suo sogno si
era dimostrato come una illusione ingenua : egli aveva
trovato soltanto piccole gcire d'egoismo, intrigo, mancanza
d'ogni idealità vera, d'ogni sincerità. Nella nuova Loggia
creatasi, ebbe ben ancora occasione di peirlar più d'una
volta « ohne ein Blatt vor's Maul zu nehmen » (32), ma
egli vi trovò degli spiriti affini, dominati dalla stessa idea
sua, sognanti lo stesso suo sogno d'una rinascita religiosa
per mezzo d'una rinascita della massoneria. E fra questi
spiriti uno che egli riteneva grandissimo : Johann Jacob
Mnioch (33).
(32) Ibid.. p. 7.
(33) Sul Mnioch V. l'articolo assai magro della « A. D. B. » (vo-
lume XXII). Manca uno studio su questa personalità, che fu in sé
stessa bensì secondaria, ma che esercitò un'influenza vasta, e che mostra
assai bene Io stato di coscienza di molti spiriti, che, alla fine del se-
colo XVIII, stanchi dell'aridità razionalistica della « Auf klarung » , non
riuscirono tuttavia a liberarsene, e, cedendo in parte alle nuove ten-
denze spiritualistiche e idealistiche che intomo a loro fiorivano, finirono
di salvarsi nella religione. Anche per lo studio del Romanticismo nella
Prussia orientale ha il Mnioch molta importanza : i suoi scritti raggiun-
sero parecchie edizioni: anche le Auserlesene Schriften, Warschau, 1798-
1799, che pure accolgono lavori di sua moglie, ebbero tre ristampe. Per
i dati biografici v. la «A. D. B. ». Nel voi. Ili fra i collaboratori
dei « Gesammelte Blàtter aus dem Pulte vertrauter Freude » è anche
il Werner, p. 399.
20 Zacharias Werner
* *
« Ich verdanke ihm — confessa il Werner — in Hinsicht
meiner àsthetischen und religiòsen Ideen sehr viel » (34).
Il Mnioch gli restituì le sue idee, ma formulate più chia-
ramente, più logicamente fondate, meglio ordinate, e glie
ne donò delle nuove, che s'accordavano con le antiche.
Anche il Mnioch s'era educato essenzialmente sopra
Rousseau e sopra Kant, come il Werner : aveva mante-
nuto taluni elementi dell' « Aufklarung » da cui era uscito,
aveva conosciuto e studiato Fichte, s'era nutrito di letture
bibliche ; ma il fondo del suo pensiero era rimasto quello
che l'ammirazione dei due grandi gli aveva fornito. Ciò
che lo faceva parere ad Hitzig e ad altri un colosso (35),
era la sicurézza, con cui si accostava a certe grandi idee,
la determinatezza con cui le esprimeva; oltracciò una no-
tevole ampiezza di vedute, che gli rendeva possibile di
assimilarsi le concezioni di altri pensatori, di conciliarle,
giungendo ad intuizioni proprie, disgregate nel fondo, ma
talor nuove ed ardite.
Il Werner predica ora ai suoi confratelli il Vangelo
umanitario, che fu tanto caro agli uomini del secolo XVIII
ed ebbe nello Herder il suo massimo profeta.
— In diesar grossen Stunde
Verkiinde ich es — dies cine nur ist Not! —
Seyd Menschen ! —
Ein Anblick, der die Gottheit selbst erfreut,
Ist reÌDe unentweihte Menschiichkeit (36)1
(34) Hitzig, Lebensabriss loc. cit.
(35) Ibid.. p. 16.
(36) Ausgewdhlte Schriften, I, p. 91. È. uno dei suoi Lieder massonici
e porta la data: 1798.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 21
Anche il Mnioch parte dalla stessa idea : « Siate uo-
mini ! — grida anch'egli — soltanto così raggiungerete il
vostro scopo! »
Ed esser uomini vuol dire tener conto di tutti gli ele-
menti della nostra natura, nessuno escluso (37). Il Mnioch
polemizza contro coloro che ripudiano la ragione: perchè
ripudiare il più grande dono che Dio ci ha dato? Ma
egli polemizza pure contro coloro che non riconoscono
altro al di hiori di essa e prega:
O Gott lass die Vemunft
Nichi eigensinnig, und nicht allzu Stolz
Auf ihre eigene Macht!
Anche i sensi hanno il loro diritto nella vita :
Die schone Sinnenwelt,
Die du umsonst mit diesem Reiz nicht schmiicktest,
Ist nur (ìir Sinne schon.
Se l'uomo allontana da se tutto ciò che non è ragione
e spirito, « gestaltlos làge dann | die kalte todte Wcihrheit
vor ihm da ». E il Mnioch continua parlando a Dio:
(37) Auserlesene Schriften, ed. 1798. I, 26. 367. Ili, 116. etc. Cfr.
anche le Schriften, ed. 1794, s. 1. : Litanei, Ein didaktisches Gedichi
iìber sittliche Aufkldrung. Vi è espressa sinteticamente tutta la visione
della vita del Mnioch. Lo scritto si ritrova rielaborato e con nuovo ti-
tolo nel voi. II delle Auserleserìe Schriften ora citate e delle edizioni
successive che su questa prima son modellate. Cfr. anche nelle stesse
Schriften, 1794, i Fragmente einer Neujahrslitanei: « Mach'alle Christen
wiederum zu Menschen». L'influenza dello Herder sopra di lui è, per
questo rispetto, evidente, com'è evidente anche pel Werner. Gli scritti
dello Herder furono un vero focolaio d'idee, che rapidamente si di-
vulgarono e diventarono patrimonio comune della coscienza spirituale
del tempo.
22 Zacharias Werner
Du wolltest dass der Geist,
Der in uns wohnt, in diesem Leib von Erde,
Fiir scine kiinftige Welt, erst teifen solite,
Und deine Schopferhand beschenkte diesen Leib
Mit jener feinen Tierheit, die, halb Geist, halb Fleisch,
Auf wunderbare Art, die beiden Wesen
In sich vereinet. Nur in ihr geniesset
Der Mensch sein Erdengliick (38).
Il Mnioch riconosce, come il Werner, la bellezza austera
del principio Kantiano, e confessa che il far il bene
perchè e il nostro dovere, contiene « seinen Lohn in sich
selbst » (39) ; ma cerca anch'egli di moderar la legge ferrea
che anch'egli condanna come poco umana. « La vita conce-
pita così è un sacrifizio, ma chi sacrifica fa cosa più facile e
fa meno, che colui il quale, con saggezza, gode ciò che Dio
ha posto nel mondo, perchè lo si goda » (40). Il Mnioch ri-
corre quindi a un'altra concezione che salvi l'uomo nella
sua integrità, e non tolga alla vita ogni sorriso. La conce-
zione, a cui egli giunge, ha molta analogia con quella edu-
cazione estetica dell'uomo alla moralità, che propugnò in
.seguito, con ben altra forza e con ben maggiore profon-
dità di pensiero, lo Schiller. Anche il Mnioch intitola la
sua epistola : « Ueber die moralisch-àsthetische Bil-
dung » (40 ^^) , ma ciò che lo separa dallo Schiller è
(38) V. la cit. Litaney nelle Schrijten cit. e nel II voi. delle Auser-
lesene Schrijten cit., passim.
(39) V. Schriften, 1794, cit.. p. XVI.
(40) Auserlesene Schrijten, II, 235.
Wer entsagt,
Tut weniger, als wer mit Weisheit alles
Geniessen kann, was zum Genusse da ist.
(AObis) Auserlesene Schrijten, II, 215.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 23
l'edonismo a cui egli apeitcìmente indulge, la preoc-
cupazione di esaltare anche il godimento. Esiste fra
ragione e sensi una disarmonia: la ragione mira al bene,
i sensi cercano il piacere: la soluzione del problema della
vita sta nella composizione di questa disarmonia. Il primo
peccato ha franto nell'uomo la sua unità interiore, ma la
vita ha acquistato da quel momento uno scopo : quello
che ogni individuo deve sforzarsi di ricostruirla in se con
la forza della propria ragione e della propria volontà (4Ì).
La lotta è aspra e la fatica grama :
Wir tanzen nicht durchs Leben,
Wir muhen uns hinab (42) ;
ma non importa: il peccato originale è stato il punto di
partenza verso un miglioramento dell'uomo inquantochè
questi ora si deve risollevare all'cumonia con se stesso,
ma con lavoro proprio, coscientemente:
Sey geschàtzt von uns,
Du Widerstreit der Triebe mit sich selbst,
Geschàtzt von uns, du angeborae Siinde (43).
La ragione deve diventare la nostra guida nei piaceri
del senso e del sentimento, poiché la ragione raggiunge la
vittoria, non in quanto li esclude, ma in quanto li sotto-
mette. Questo è il vero trionfo dello spirito sopra la
materia, e in questo trionfo è la vera felicità. Il bene e il
piacere si identificano, e dalla identificazione nasce la
(41) Cfr. Litaney cit., passim. È uno dei pensieri fondamentali in-
torno a cui il sermone si svolge.
(42) Auserlesene Schriften, III, 146.
(43) Schrijten, 1794. cit., p. 27.
24 Zachariàs Werner
gioia più alta, più intensa, più forte e più duratura che
l'uomo possa provare : raggiungendo la felicità, l'uomo rag-
giunge anche il suo scopo : « das Ziel der Menschheit
steht nicht ausser uns » (44). Bisogna quindi educare i
proprii sensi a quest'armonia con la ragione, educar se
stessi a vincere la sensualità materiale, a sentirla come
volgare e bestiale, in contrasto con la dignità umana: bi-
sogna sviluppar questo orgoglio morale, ed abituarci ai go-
dimenti, che quest'orgoglio soddisfanno : bisogna amare
gli uomini, perchè amare è un « soddisfare se stesso
uscendo da se stesso », la forma più alta possibile della
fusione di virtù e godimento. Amore dev'esser l'anima
della morale : fuori di esso non vi è che un « unmensch-
liches Streben zum Ziel der Menschheit » (45): esso
deve essere lo stimolo più potente della nostra vita. La
moglie del Mnioch, donna di fantasia alata e di sensibi-
lità squisita, è colei che comunicò al marito questa con-
cezione ultima, che sta a base di tutti i suoi scritti (46).
Il Werner aderì facilmente a queste idee, che confu-
samente già vedemmo essergli balenate. E aderì anche
più alla concezione religiosa, che il Mnioch al tempo
(44) Auserlesene SchrijicTi, I, 26.
(45) Ibid., I, 367. Cfr. anche intorno a queste idee, oltre la cit. Li-
ianey e la rielaborazione dell'epistola Ueber moralisch-aesthetische Bil-
dung, anche II, 144: «die Sinnlichkeit muss zu moralischen Zwecken
erzogen und gebildet werden etc. » ; e cfr. anche nelle Schrifien, 1794,
cit,, le note del Mnioch sullo stesso argomento, p. 61: «Die Determi-
nierung der Sinnlichkeit zu moralischen Absichten durch Hoffnung und
Furcht ».
(46) Nelle Auserlesene Schriften, voi. Ili si trovano scritti di Maria
Mnioch, che specialmente riguardano l'idea dell'amore come anima
della morale. Il mondo ideale è anche per il Mnioch quello in cui
« Wahrheit und Liebe » riuniti in un solo raggio illuminano la vita.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 25
stesso propugnava (47). Anche in questo campo il Mnioch
parte da Kant, e lo corregge con Rousseau. La ragion
teoretica pura non può dimostrare Dio : Dio sta sopra il
mondo delle esperienze nostre e dei nostii ragionamenti :
nessuno può distruggere il dubbio teoretico: Dio può sol-
tanto esser dimostrato dal punto di vista pratico : Dio in-
comincia a esistere dal punto a cui il nostro intelletto
s'arresta. Oltracciò a Dio si crede perchè Dio si sente.
11 dubbio non indebolisce la fede, ma le dà un valore più
alto, in quanto che la fede, che vien dopo il dubbio, è una
confessione della propria debolezza, una rinuncia ad ogni
egoismo e ad ogni superbia, una dedizione completa del-
l'individuo alla Divinità. Dio è in noi e accanto a noi,
r « Urquell alles Lichts und Feuers » (48). E noi lo pos-
siamo sentire, perchè
Durchs Licht im Haupt, durch Pein im Busen
Slnd wir der Gottheit anverwandt (49).
La religione è l'oggetto di molti fra gli scritti del
Mnioch. E le sue opinioni religiose hanno lo stesso ca-
rattere che le sue teorie morali. Religione è uno smarri-
mento nel senso della Divinità. Noi ci rappresentiamo Dio
secondo le leggi del senso di cui siamo schiavi, e gli diamo
una forma secondo le tendenze della nostra fantasia: ed è
naturale : noi adoriamo Dio e lo dobbiamo adorare secondo
(47) Tutti gli scritti del Mnioch toccano più o meno la religione. La
citata Litaney indica chiaramente la posizione della religione nella sua
a Weltanschauung » . Ma v. sopratutto il volume II delle Auserlesene
Schrifien: p. 105: « Einige Ideen zu einer Theorie der Gebetformein ».
(48) V. Auserlesene Schriften, III. p. 116. Intorno a «Dubbio e reli-
gione» V. Schriften, 1794, p. 81 (« Zweifel und Glaube »). Si ritrova
la poesia anche nelle Auserlesene Schrijten.
(49) V. Litaney cit., p. 17.
26 Zacharias Werner
le leggi della nostra natura (49^^*); ma la condizione della
purità del nostro sentimento è che noi teniam presente
che tutti questi elementi esteriori sono una creazione
nostra, il hutto della nostra « Beschrànktheit ». « Bei alien
Rùhrungen auch der besten Religion, muss unsre Phantasie
und unser Herz so trunken werden, dass wir vergessen,
dass unsre Vernunft jene sinnlichen Vorstellungen von Gott
nur permittirt hat, ohne sie desswegen selbst fiir wahr zu
halten und anzunehmen » (50). La religione riposa quindi
sul puro sentimento. Il culto esteriore, la preghiera, tutti i
mezzi, che giovano a tener vivo questo sentimento ed a
renderlo intenso, non son soltanto cose legittime, ma neces-
sarie e lodevoli, la poesia della religione. Soltanto noi non
le dobbiamo scambiar per la religione in se, la quale non
è che il sentimento che in tali forme si esprime. « Fùr
Phantasie und Herz miissen die rehgiòsen Ideen versinn-
licht werden » (51). Lo scopo della preghiera, del culto
non è Dio, ma siam noi : preghiera e culto sono mezzi
per cui noi ci avviciniamo a Dio. E anche il Mnioch
giunge così ad un pensiero, che noi già trovammo preceden-
temente nel Werner: se la religione è sentimento, essa
può pervadere la vita di un continuo ininterrotto senso
del divino.
(49 bis) Schriften, 1794, p. 78 e segg. : «Die Religion muss die
sinnlichen Vorstellungen von Gott nicht aufheben». V. nelle Auser-
lesene Schrijten, accanto alla lettera «Ueber moralisch-aesthetische Bil-
dung » e accanto alle « Ideen zu einer Theorie der Gebetformeln » , anche
le osservazioni intorno alla « Versinnlichung der religiosen Ideen fur
Phantasie und Herz», II, p, 132.
(50) V. il cit. commento del Mnioch alla Litaney cit.
(51) Ibid., passim.
La sua personalità e le sue teorie mbtiche 27
Concezione morale e concezione religiosa si fondono
nella concezione della morte, la quale appare altamente
desiderabile. La vittoria, prima momentanea, dello spirito
sopra la materia, dell'anima sopra i sensi diventa, con la
morte, completa, in quanto che noi veniamo liberati da
quel giogo, che la vita mondana imponeva a tutti i nostri
godimenti e a tutti i nostri pensieri. La vita dell'anima e
il godimento e la felicità persistono, ma non hanno più
bisogno di esserci trasmessi attraverso i sensi definitiva-
mente sconfitti. La morte non è un troncamento della vita,
ma l'epilogo e la conclusione dei nostri sforzi: essa è
per l'uomo la gucu-igione:
In des Grabes stiller Kammer
Ist der kranke Leib genesen (52).
Il Mnioch conserva all'uomo nell'altra vita anche il
corpo, ma sottratto alle leggi terrene a cui esso in questo
mondo era soggetto.
E, d'altra parte, la morte, essendo un passaggio all'im-
mortalità (52^^) e riportandoci a Dio purificati, ci rende pos-
sibile e completo quell'avvicinamento a Dio e quello smar-
rimento in Lui che nella vita mondana era tanto limitato.
La bara e la tomba devono essere incoronate : « Wir
krànzen den Sarg und das Grab ».
Il pensiero della morte diventa un conforto, senza che
esso distragga dal godere la vita: la morte ci rassicura
(52) Auserlesene Schriften, III, p. 131. È uno dei «Lieder» massonici
composti dal Mnioch pei colleghi della sua loggia.
{52 bis) Intorno alle idee del Mnioch sull'immortalità v. specialmente
la poesia Ueber die Unsterblichkeit : « Ich werde seyn wenn schon
Jahrhunderte, etc. », che già si trova nelle Schriften, 1794, p. 193.
28 Zacharias Werner
nella nostra gioia, indicandoci il momento in cui questa
diventerà più alta ed eterna, ci consola nelle ore tristi di
lotta, di fatica e di scoramento. Tutto ci appar piccolo
al confronto:
Wir werden alle Platz und Raum
In unsern Grabern haben (53).
Il Werner accetta tutti questi pensieri, che ritroveremo
a base dei suoi scritti, ma, assorbitili, va oltre per la
sua via. Malgrado questa conclusione ultima, il Mnioch
non era un mistico: aveva un troppo lucido senso della
realtà e un troppo grande equilibrio nel suo spirito, perchè
potesse diventar tale. Per il Werner, invece, questi
pensieri non son che uno spunto per butteirsi a capofitto
in entusiastici rapimenti : il « guter Freund » che accu-
sava la sua poesia Phantasie di « Empfindelei » e di
« Schv^àrmerei », e lo induceva a scrivere la palinodia
Wahrheit, era, io credo, il Mnioch medesimo (54). Il
quale, però, non bastò a trattenerlo. Se si confrontano
(53) V. cit. «Lied» nelle Auserlesene Schrifterì, III, p, 131.
(54) V. la poesia Phantasie e la palinodia Wahrheit nelle Ausge-
Wàhlie Schrijten del Werner, I, p. 92 e p. 97. Che il Werner abbia
scritto la palinodia in seguito a rimostranze di un amico, dice il Werner
stesso nella sua poesia. Ora le idee che l'amico oppone alla esaltazione
lirica da lui fatta di sentimento e fantasia sono quelle da noi sopra esposte :
la conciliazione fra vita di senso e vita di pensiero, fra « Gefiihl »
e «Vernunft». Abbiamo infatti ricordato come il Mnioch ritenga del-
l'« Aufklarung », di cui subì l'influsso, la celebrazione della ragione:
citerò ora a questo proposito qualche passo per dimostrar l'afferma-
zione. II Mnioch desidera « dass der Mensch die Ueberzeugung des
ruhigen Verstandes und der kalten Vernunft auch in der heissen Stunde
der Handlung respektirt » {Schrifien, 1794, p. 72), e in conformità di
questo principio, in accordo con le altre idee sue, descrive Io stato ideale
della vita umana nella maniera seguente :
La sua personalità e le sue teorie mistiche 29
i suoi canti massonici con quelli del Werner, si osserva
subito come questi si sia avventurato assai più oltre di
lui nell'esaltazione dei sentimenti mistici. Ben predica an-
ch'egli che
Nur die Kerze heiliger Vernunft
Leuchtet in der rechten Maurerzunft ;
ben predica anch'egli « Spannkraft, Mut und Tatengeist »
e canta le bellezze dell* « ewig Schònes » e dell' « ewig
Wahres », in contrasto con V« Erdentand » (55); non ap-
pena però s'abbandona completamente all'ispirazione, su-
bito ripudia la ragione ingannatrice : •
Scheinvernunft, nimin" deine Schàtze wieder,
Deine Lockung, deine Schmeichelei,
Kehre wieder, holde Schwannerei,
Senke dich auf meine Schlafe nieder (56),
Vollendet aber wird
Der pràchtige Bau von Boden sich erheben,
Wenn einst die Hand der Stàrke an den Pian der Weisheit
Gefesselt ist vom sanften Band der Schonheit,
Wenn zu dem frohen Chor der Grazien
Die ernste Nemesis sich schwesterlich gesellt,
Und durch veredelten Geschmack am Reiz des Guten
Durch jenen heiligen Geist, um den wir tàglicK leben,
Sich endlich die Vernunft zum Herm der Sinnlichkeit
Emporgeschwungen hat. {Schrijten, 1794, p. 16).
Date queste idee, le relazioni fra il Werner e il Mnioch rendono la
mia ipotesi verosimile, che l'amico di cui il W. parla, sia il Mnioch
stesso.
(55) V. Phantasie cit., Ausgewàhlte Schriften, I, p. 92.
(56) Ibid., %. In quale delle due poesie il vero Werner sia da cer-
care mostra anche la diversità di ispirazione di esse. La prima è piena
di slancio e di impeto e sente tutto il calor lirico della sua origine, la
seconda è arida e ragionatrice e sente la composizione a tavolino.
30 Zacharias Werner
Difendeva il Mnioch 1*« Aufklàrung », ripudiando la falsa
concezione, che i più ne avevano, e sognava Favvento di
una « Aufklàrung » novella, che superasse la ristrettezza
di spirito, che la precedente « Aufklàrung » aveva dimo-
strata: il Werner canta al contrario:
Ist es das — das Ende deiner Gaben,
Das dein Licht, Tyrannln Aufklàrung ? (57)
E, preludendo a Novalis, a Tieck e a Schlegel, si
smarrisce nella rievocazione dei tempi, in cui la religione
dominava tutti gli spiriti e tutte le forme della vita, si
sconsola nel veder che tutto è polvere e ruina dove un
giorno era vita ardente e slancio delle anime verso Dio :
uomini e donne, guerrieri e poeti, tutti si inginocchiavano
dinnanzi alle immagini di Maria e dei Santi, dinnanzi a
Cristo benedicente dalle braccia stese sopra la Croce: la
religione affratellava tutti in un culto solo, fondeva IWdore
di tutte le anime in una fiamma sola, ascendente molti-
plicata al cielo : l'arte fioriva sbocciando da questa vita
ricca e pura meravigliosamente, e l'artista era un messo
di Dio, annunciante in forme di bellezza eterna il Verbo
della eterna Verità. E sogna il Werner che quel tempo
ritorni, e in tutti i cuori ridivampi l'antico entusiasmo, e
ognuno senta in se la voce di Dio risuonare:
Das Firmament wird unset Tempel seyn
Und alle Menschen unsre Zunftgenossen !
Dann saugen wir — im Schosse der Natur —
Au8 deinen Brùsten, Mutter Isis, nur (58).
(57) Ausgewahlie Schrijterì, I, p. 96.
(58) Ibid., p. 92.
La sua personalità e le sue teone mistiche 31
*
* *
Tutto ciò prima delFawento dei Romantici. Si può
dire, quindi, che una parte delle idee fondamentali dei
primi romantici giaccia fin d'ora in germe in lui. E, poiché
i romantici glie la presentarono meglio organizzata, meglio
approfondita, insieme con grandi idee nuove, qual mera-
viglia che egli si sia tutto concesso con entusiasmo alla
nuova corrente, e che sotto Finflusso di essa abbia siste-
mato definitivamente il suo pensiero? (59). Anche il Mnioch
(59) Poco venne indagato sopra le sue relazioni coi romantici fino al
PoPPENBERG (Z. Wemers « Sòhne des Tales » cit.), che dedicò all'ar-
gomento parte del suo studio. Ma il Poppenberg, che scriveva nel 1895,
prima che gli studi sul Romanticismo prendessero quella voga che ebbero
negli ultimi tempi, e conducessero a quei risultati che negli studi sinte-
tici del WaLZEL, della HuCH, della JOACHIMI, del pARINELLIsi possono
veder riassunti, limita la sua indagine alla misticità erotica che presso
taluni romantici compare. Poco aggiunse per questo rispetto al Pop-
penberg il FrankEL nel saggio stilistico-tecnico sulla Weihe der Kraji
cit. : il VlERLING vi dedicò bensì il secondo capitolo del suo volume
Z. Werner et Fècole romantique, ma egli ha del romanticismo, che
confonde con tanti movimenti spirituali talor analoghi talora anche di-
versi, una visione, se possibile, ancor più imprecisa e confusa di quella
delle idee del Werner, e, malgrado alcune osservazioni originali qua e
là, voi vi cercate invano luce sull'argomento.
Questa osservazione vale i>er tutta quella storia delle idee del Werner
che io venni schizzando sinora in questo capitolo e che dovrò svolgere in
seguito, come già avvertii nella prefazione.
Siccome, determinando le relazioni della e Weltanschauung » del
Werner con le idee dei romantici, io mi riferisco spesso a pensieri di-
ventati ormai possesso comune di tutti gli studiosi di questo periodo let-
terario, io non dò, se non quando mi pare assolutamente necessario, al-
cuna bibliografìa. Questa si può trovare nella Appendice al Roman-
ticismo del Farinelli, Bari, 1910, da integrarsi con i resoconti del
WaLZEL nei et Jahresberichte fur deutsche Literaturgeschichte » per gli
anni seguenti.
32 Zacharias Werner
divideva il suo entusiasmo, entrava in relazioni personali
col Tieck, inneggiava ai nuovi ideali, cantava con i versi
Hellenik und Romantik, pubblicati nel « Taschen-
buch » del Tieck e dello Schlegel, il nuovo sogno di
poesia (60). Il Werner confessa di dovere alle Reden
uber die Religion dello Schleiermacher « sehr viel Auf-
regung in ihm geschliimmerter Ideen » (61), ed esalta i
romantici tutti quanti : « Ich schàme mich nicht es zu
sagen ; ich bin ganz Tieckisch ; ich liebe v^as er schreibt
von ganzer Seele : er und Wackenroder sind in ihren
Schriften liebensv^ùrdige Menschen, Schlegel halb Gott,
halb Unmensch, Goethe, wenn du v^illst, ein Gott, aber
ein uns selten ganz befreundetes Wesen » (62). I loro
libri sono « einzig », ed egli ne spera « Trost noch auf dem
Sterbebett »; il Wackenroder è un gigante della religio-
sità vera e della vera poesia (63). Quest'entusiasmo in-
(60) Ritrovate questi versi anche nella cit. ed. delle Auserlesene
Schriften.
(61) Lo scrive allo Hitzig. Per le sue lettere allo Hitzig, io mi rife-
risco alla biografia dello SCHÌJTZ cit. nelle Ausgewàhlte Schriften,
dove esse son riportate, anziché al Lebensabriss dello HiTZIG medesimo,
e ciò per comodità di citazione e per render pivi facile il raffronto. Vedi
dunque ScHÌJTZ. Ausg. Schr. del Werner, XIV, p. 26.
(62) Ibid., p. 29. Cfr. anche la lettera a Regiomontanus nei « B lattar
f. 1. U. », 1827, n. 1: «Ja, mein alter Freund, ich leugne es nicht;
ich ehre das Streben der Schlegel, des Tieck ; ich ehre die alte Kunst,
ich liebe die Religion, und das romantische Leben, das mit der erstern
innigst verwandt ist». Cfr. anche le lettere del Werner al Peguilhen e
ad altri amici nel- « Gesellschafter » del GuBITZ, 1837, Genn., Marzo, e
1839 passim; le notizie del GuBITZ negli Erlebnisse, I, cit., e i brani
numerosi delle lettere allo Scheffner nei « B lattar f. 1. U. », 1834. cit.,
che ai romantici e al romanticismo si riferiscono. Anche nella lettera
stampata, «Euphorlon», 1895, p. 361, si trovano confessioni del
Werner a questo proposito. E cfr, pure DOROW, Erlebtes., Berlin, 1868.
(63) Ausgew. Schriften, XIV. p. 45.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 33
condizionato e crescente è tanto più significativo, inquan-
tochè nelFambiente in cui egli vive, i libri dei romantici
restano ancora completamente senza eco : « diese Bùcher
sind hier kaum gekannt » (64). Una stretta parentela di
anime appaie fuor d'ogni dubbio, sebbene i romantici
di fronte al Werner si sian mostrati — e vedremo che
dovevan mostrarsi (64''*0 — avversi.
Conosciuti i romantici, il Werner si allontana dal Mnioch,
e prende risolutamente posizione contro r« Aufklàrung »:
« Ich glaube dass die durch jàmmerliche einseitige Aufklà-
rung des Verstandes so tief hinabgesunkene Menschheit
nicht noch mehi* aufgeklàrt, sondern abgeklàrt werden
muss » (65). Essa ha fatto perdere il senso degli alti destini
umani ; nel volgare, nel terreno ha soffocato lo spirito, e gli
uomini vivono giorno per giorno la loro vita piccola e inu-
(64) Allo Hitzig che si reca a Berlino e sta per conoscere personal-
mente i promotori del nuovo movimento letterario. SCHiJTZ cit., pa-
gine 43-45.
(64 bis) S'intende che durante l'evoluzione delle sue idee, che dovremo
in seguito seguir davvicino, la posizione del Werner di fronte al Roman-
ticismo fu diversa nei diversi periodi che egli attraversò. Dei singoli
particolari nei singoli periodi, e della evoluzione sua anche rispetto al
Romanticismo faremo parola p'm tardi, quando di quei periodi ci toccherà
discorrere. Ora io mi limito a segnare i principi fondamentali della
« Weltanschauung » del Werner, come essi in lui fino alla sua con-
versione al Cattolicisrao generalmente si conservarono, e a metterli in
relazione con le idee romantiche, di cui essi subirono l'influsso. Nei di-
versi momenti dell'attività poetica Werneriana, fu or l'uno or l'altro di
questi principi, che, col progressivo imporsi delle sue personali tendenze,
prese sugli altri il sopravvento ; in conformità di questa trasformazione
si svolsero anche in lui le relazioni coi romantici, che furono nei diversi
momenti talor più deboli e talor piìi intense di quanto dal quadro ge-
nerale che ora farò potrebbe apparire, ma che però sulla base in questo
quadro descritta sempre si mantennero.
(65) Lettera a Regiomontanus, « Blàtter f. 1. U. », cit., 1834, n. I.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 3
34 Zacharias Werner
tile, credendo di possedere la verità, perchè han rinnegato
tutto ciò che non cape nel loro cervello angusto : bisogna
liberarli da questa tirannia del « Verstand », che li ha fatti
cadere così al basso, render di nuovo possibile all'immagi-
nazione, guidata dal sentimento, il suo volo : « Soltanto per
mezzo dell'Immaginazione l'uomo può sentirsi parte del-
l' « unendliches Weltall » che lo avvolge, e, perciò che
questo Tutto è emanazione di Dio o Dio stesso, parte della
divinità » (66). E il Werner s'accosta ai romantici anche
sotto un altro aspetto : considera l'uomo come l'espressione
finale e il riassunto di tutto il creato : « Mensch und Welt
sind Synonima (w^ie etwa das sich in einem Cylinder
abspiegelnde Bild einer darunter gelegten verstellten
Zeichnung) » (67). L'uomo non deve cercar la scienza
(66) Cfr. le lettere allo Hitzig, allo Scheffner, al Peguilhen cit.,
passim. Importante come sintesi del Credo werneriano e dei suoi rap-
porti coi romantici è specialmente la lunga lettera al Peguilhen, ripor-
tata dal GUBITZ anche negli Erlebnisse cit., I, p. 217 e seg. Cfr. parti-
colarmente, a proposito di questo pensiero, p. 220, e cfr. anche special-
mente SCHiJTZ cit., p. 25 e segg. ; « Blatter f. 1. U. », 1834, p. IIÓ9
e segg.; « Gesellschafter », 1837, p. 17 e segg. La definizione che il
Werner dà della fantasia è, nelle sue numerose variazioni, basata su
questo motivo tematico : « Die Phantasie ist die Grundkraft des Men-
schen sich als Teil des ihm umgebenden Weltalls — und wenn ich
es plump sagen soli als Teil der Gottheit zu fùhlen ; sie ist das Ge-
fiihl bis zu der Annaherung des Unendlichen ». E il Werner crede
che ciò sciolga tutti gli enigmi : « Durch diese Hypothese erlautest
sich die Wahrheit von unendlichen Dingen die ewig wahr und doch ewig
unbegreiflich sind». Chiunque abbia un po' di famigliarità con le Reden
dello Schleiermacher, con i Fragmente dell'a Athenàum », con le Her-
zensergiessungen del Wackenroder e con gli scritti di Novalis non abbi-
sogna di raffronti a questo passo. Cfr. sulla fantasia e i romantici SlMON,
Der magische Idealismus, Heidelberg, 1908.
(67) V. «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1170. È questo il punto che
portò lo Schelling e i romantici a quella unione, da cui le teorie ro-
mantiche si vennero formando, e il sistema schellinghiano della identità
si venne determinando.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 35
dell'universo al di fuori di se, perchè contiene in se me-
desimo tutto il segreto dell'universa vita. Anche per il
Werner la base della vita umana e la nostalgia dell'as-
soluto, l'aspirazione all'infinito. Ora, dove troverà l'uomo
soddisfazione a questa tendenza, fuorché nella contempla-
zione di se medesimo, dal momento che tutto l'universo
è in lui? (68). La fantasia, che, guidata da uno stimolo
interiore, si spinge oltre i limiti del « Verstamd », non è
una sirena ingannatrice, ma una annunziatrice della suprema
verità. E il Werner dà come i romantici una grande
importanza all'Inconscio nell'uomo, poiché l'Inconscio è
istinto di natura amcora incontaminato, e, perciò, fonda-
mento della retta vita : la scienza non è se non un diventar
luce di questo Inconscio stesso (69).
*
* *
Se il punto di partenza è, ora, identico, tuttavia non tutti
gli aspetti del Romanticismo si rispecchiano nel Werner,
e quelli che vi si rispecchiano ricevono un particolare
carattere dal suo temperamento (70). Oltracciò egli muove
(68) V. Erlebnisse del GUBITZ cit., p. 222; «Blàtter f. 1. U. »,
1834, p. 1171 e segg. ; « Gesellschafter » cit., p. 54 e segg.
(69) Perciò identifica il Werner fantasia e sentimento. Con chiara
evidenza ha illuminato questo aspetto del Romanticismo RlCHARDA
HUCH nella Blutezeit der deutschen Romantik ; cfr. anche la JOACHIMI-
Dege, Die Weltanschauung der Romantik, e Shakespeare-Probleme in
der deutschen Literatur des XVIII. lahrhunderts (quest'ultimo nelle
Walzel-Vntersuchungen), È del resto il principio fondamentale della
Traszendental-Philosophie dello Schelling.
(70) Cfr. Frankel, Z. Werners ic Die Weihe der Krafti> cit., p. 101
e segg. W, Schlegel, Vorlesungen iiber dramatische Lit. u. Kunsi.
(in Sdmmt Werke, ed. BÒCKING), p. 130 e segg.
È in questa differenza che l'avversione dei romantici contro il Werner
ebbe origine. Mentre essi non trovavano presso di lui molte delle idee
36 Zacharias Werner
per sue vie dietro un sogno di esclusivo misticismo che ai
romantici era estraneo.
Osservate infatti le idee che egli esprime intorno alla
natura. Egli accetta il principio Schellinghiano dell'iden-
tità, ma, se, quando ne paila, si serve di frasi roman-
tiche, ne tira però fuori una mescolanza così strana di
fantasie infondate, che soltanto un uomo interamente pro-
fano agli studi della natura la poteva metter insieme (7 1 ).
La purità di intenti, e l'onesto sforzo di studio, di cui pa-
recchi romantici in questo campo diedero prova, dovevano
adombrarsi davanti a fantasticaggini mistiche del genere
di quella che segue : « Die Emanation der Gottheit ist
das reine Licht : so bald es zur Erde strebt, verliert er
scine gòttliche Eigenschaft, es wird Feuer und, mit den
anderen Elementen zusammengekettet, lebt es zwar, aber
ein isolirtes eingekerkertes Leben. Demungeachtet, strebt
es unaufhòrlich, sich mit dem Urlicht zu vereinen, und wird
zu dieser Vereinigung, durch Sonne und Mond, deren
Feuer jenem Urlicht schon nahe ist, angezogen. Es belebt
die Kòrperw^elt : aber auch dieses eben ist der Kerker,
den es nicht brechen kann. Das Salz Mercurius selbst
verliert scine Kraft, durch die Kàlte erstarrt. Die gròbere
Materie verdunkelt das Licht und druckt es; je schwàcher
der Druck dieser Materie ist, desto freier kann das Licht
vsrirken ; daher Schwàchlichkeit der gròberen Materie
a cui più tenevano, vedevano d'altra parte quelle che egli accettava
assumere una (orma talor volgare e sempre in ogni modo più mate-
riale : questo diventar triviale di ciò che essi avevano di più caro li
rivoltava come una profanazione.
(71) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1170. Il Werner svolse questi
pensieri simbolicamente anche nella leggenda di Phosphoros inserita
nella seconda parte dei Sòhne des Tales.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 37
(Krankheit) das reinste Leben des Lichtes (des reineren
Grundstoffes) ist. Die Vorbotin der Eilòsung des Lichtes
ist also die Krankheit, und die ihr folgende Sehnsucht ins
Unendliche zu zerrinnen. Das hòchste S5anbol seiner zu
erwartenden Wiedervereinigung mit Gott, ist der Regen-
bogen, in dessen Centro sich die reinsten Strahlen spie-
geln. So wie dieser Regenbogen durch den Widerschein
der wasserschwangern Wolken entsteht, so ist auch der
eigentHche Erlòser (Heiland) des Lichtes das reine
Wasser, was, mit seiner wollùstigen, alles vereinigenden
Kraft, sich seiner endlich ausschHessend bemàchtigt, und,
indem es das Feuer verlòscht, das reine Phlogiston seinem
Urquell zurùcksendet » (72).
Il pensiero fondamentale : lotta fra materia e luce è
Schellinghiano, la vivificazione e la spiritualizzazione dei
fatti naturali è pienamente romantica, e romcuitico è il me-
todo analogico di ricostruzione : l'insieme tuttavia è cosa
che non ha presa da nessuna paite, un non senso incon-
cludente, e l'infusione di mistica che il frasario rivela è
cosa tutta werneriana.
Tutta la sistematica base filosofica, su cui i romantici fon-
darono le loro teorie, viene quindi nel Werner a mancare.
Se notevoli analogie con quella romantica presenta la con-
cezione della vita umana, su cui tutti i suoi sforzi di pen-
(72) L'influenza del Bòhme su questa fantasticheria — che ha punti
di contatto anche con le fantasie ricordate del Mnioch nella Litaney
sulla luce e sul fuoco che nell'uomo si trovano, tutt'e due emanazioni
della divinità, — è evidente : « Das Feuer ist peinlich und verzehrlich —
scrive il Bòhme — und das Licht ist gebend, freundlich, kraftig und
freudenreich ». Sàmmtliche Werl^e, ed. ScHIEBLER, Leipzig, 1831, I,
104. Intorno alla luce e al fuoco ha il Bòhme un po' in tutte le sue
opere fantasiato.
38 Zacharias Werner
siero son concentrati, anch'essa però, mostra, nella fram-
mentarietà dei suoi elementi, una grande disgregazione,
e una forte mescolanza di elementi personali.
Il Werner separa, come lo Schleiermacher, la religione
e la morale nettamente. L'una può giovare all'altra, in
quanto che tutt'e due sono purificazioni dello spirito, e
l'una e l'altra possono più facilmente svilupparsi in
un'anima preparata : i loro campi però sono completa-
mente distinti : « Die Moral bedarf der Religion nicht, und
diese, die selbst der hòchste und letzte Zw^eck der Mensch-
heit ist, kann nicht als Mittel gebraucht w^erden. Religion
ist der Mond, der aus der Silberflut einer reinen Seele
(aus der Sittlichkeit) emporsteigt ; er kann die Flut (das
Gebiet der Moral) beleuchten, aber er hat mit ihm nichts
gemein ; sein Glanz erhellt ebenso den Aether der Kunst
und die Flur des wirklichen Lebens, er bringt Licht in
das chaotische Dunkel um und in uns » (73). Tra mo-
rale e religione, però, l'interesse del Werner non è equa-
mente ripartito. Date le sue tendenze mistiche, la reli-
gione ha di gran lunga il sopravvento. Ben assegna egli
a tutte e due eguali diritti, ma conclude dando, senza
volerlo, alla religione il privilegio.
Egli, che non aveva un senso morale troppo svilup-
pato, non poteva neppure indirizzare spesso i suoi pensieri
verso questo problema. Nelle così frequenti professioni
di fede, che egli fece nei suoi libri e nelle sue lettere,
la morale fa sempre una comparsa, ma fugace : egli la ri-
(73) Allo Hitzig. SCHUTZ cit., p. 34 e segg. Cfr. « Blàtter f. 1. U. ».
1834. p. 1337; «Gesellschafter», 1837, p. 54 e segg. Cfr. anche GuBITZ,
Erlehnisse cit., p. 226: « Eine religiose Moral ist eine Contradictio
in objecto ».
La sua personalità e le sue teorie mistiche 39
tiene « hocherhaben », ma « prosaisch » (74). Egli scrive
ad Hitzig su questo soggetto : « Wir verachten beide
gleich stark einen Studenten, der sich einbildet, ein Schle-
gelianer zu sein, weil er die Moral làppisch traktirt, als
eine alte Kindermuhme ; Moral und Verstand miissen
sein, sind von dem Menschen unerlàsslich » : morale e
ragione sono il necessario e sicuro « Pilgerstab zum Erden-
wallen » (75). I sinceri sforzi dei romantici verso una
rinnovazione della morale secondo certi loro principii che
essi ritenevano più alti e più veri, le idee che risultarono
da questi sforzi (idee amorali soltanto per chi le frain-
tende) rimasero pel Werner lettera morta. Ben si può
notare un riflesso di queste idee quando egli afferma :
« Wir ahnen eine Stufe der Cultur auf der Moral Not-
wendigkeit und Verstand Anschauung wird », e trova
questa « Ahnung » nel « Gefiihl », che, « amalgaman-
doci nell'universo », ci induce a seguir conscii le leggi
di natura, a cui l'universo ubbidisce inconscio (76): ma
questo momento è passeggiero e di importanza secondaria.
Questa concezione morale non si è in lui maturata, e,
quando egli discorre di morale, ha, in generale, presente
l'imperativo categorico kantiano, che egli dice di voler
tener fermo. Ora l'imperativo kantiano sta agli antipodi
della concezione romantica della morale organica. Vollero
(74) Allo Hitzig. ScHUTZ cit., p. 34.
(75) Ibid., p. 35.
(76) Ibid., p. 36. Cfr. anche GubitZ, Erlebnisse, I. p. 219 e « Blàtter
f. 1. U. », 1834, p. 1337, lunga lettera allo Scheffner sull'argomento.
Questa è per l'appunto la tendenza fondamentale che oppone i ro-
mantici a Kant sotto questo rispetto. V. H. GSCHWIND, Die eihischen
Neuerungen der Friìhromantik, Bern, 1903, nelle Vntersuchungen del
WaLZEL, e JoacHIMI-Dege, Die W eltarxschauung der Romantik cit.
40 Zacharias Werner
Stabilire sotto questo rispetto una affinità fra lui e i roman-
tici, in quanto riscontrarono una analogia fra il suo tenore
di vita e le idee che questi professarono (77), ma la con-
clusione sarebbe giusta soltanto se egli fosse vissuto come
visse in conseguenza di tali convinzioni. Il che è comple-
tamente errato. La giustificazione, che egli farà dei suoi
traviamenti erotici, sarà fatta non da un punto di vista mo-
rale quale quello dei romantici, ma da un punto di vista
religioso e mistico (77^^*), o da un punto di vista kantiano.
In fondo la morale è, per il Werner, la legge di un
mondo inferiore (78), e, quand'egli pretende che si di-
stingua in lui l'uom pratico dal poeta, ciò accade perchè
il pensiero morale è escluso dal mondo della sua poesia
ove domina, signore assoluto, il pensiero religioso. Mondo
della vita e mondo della poesia diventano in parte estranei
l'uno all'altro, non già perchè il primo è realtà in cui la
teoria deve esser messa in pratica, e il secondo è fantasia
cui la teoria resta inapplicata, ma perchè le leggi dei due
mondi sono assolutamente diverse (79).
(77) Stabiliva quest'analogia, anzi quest'identità già il PoPPENBERG,
op. cit., p. 53 e segg. ; la riprese e la svolse ancora ulteriormente il
VlERLING, op. cit., cap. III.
(77 bis) Die Weihe der Vnkraft, ed. MlNOR, nella Kur$chner d. Nat.
Lit. cit.; cfr. la Introduzione alla Mutter der Makkobder {Ausgewàhlte
Schrijten, X, p. V e segg.); cfr. anche il Tagebuch nelle Ausg.
Schriften, XV ; Frammenti del tempo della conversione, passim ; e
«Blàtter f. 1. U.». 1827, n. 2.
(78) Considera infatti la morale come una specie di non necessaria
serva della religione. Ben può la religione fare a meno di essa, perchè
essa medesima è tanto che può bastare a sé stessa ; ma la religione
sboccia e fiorisce più facilmente e meglio in un'anima pura. Lo spirito
umano — scrive infatti il Werner al Peguilhen — deve a von dem
klaren Wasser der Moral erst ausgespult sein, ehe der kostliche Wein
der Religion in ihn gegossen werden kann».
(79) Ausgewàhlte Schrijten, XIV, p. 33.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 41
Per il misticismo, invece, il Werner si appassiona e lo
difende accanitamente contro ogni accusa: « Mysticismus
ist der Abglanz der Gottheit im Menschen » (80) : misti-
cismo è Televcizione suprema, lo stato ideale dell'uomo
ascendente verso il suo scopo finale.
Ma anche nella esaltazione della religione il Werner,
partendo dallo Schleiermacher, se ne allontana per seguir
vie proprie. La religione e per lui, come per lo Schleierma-
cher, sentimento dell'Infinito. Ma lo Schleiermacher con-
cepiva questo sentimento come indissolubilmente unito ad
una intuizione, e trovava nella religione stessa la intuizione
dell'Essere Universo, che è precisamente l'antitesi di tutte
le limitatezze che sono in noi, e che è tale che tutto ciò
che ci circonda può essere a lei ricondotto, una contem-
plazione dell'universo a cui noi apparteniamo ; il Werner
invece, che ha molte incertezze, e si contraddice spesso,
resta generalmente fedele all'idea del Mnioch : la reli-
gione è sentimento, un sentimento ineffabile, come « quando
al tramontar del sole il pensiero si disperde in regioni
vaghe e lontane e l'anima è travolta da un'onda di no-
stalgia inesprimibile verso qualcosa di indistinto, che è in
fondo la liberazione da tutti i ceppi che ci stringono » (81).
« L'anima non può contemplare Dio, ma soltanto brillare
in lui » (82). Concepita la religione così, s'intende che
(80) «Blàtter f. I. U.», 1834. p. 1337.
(81) Ibid., p. 1171. Cfr. GUBITZ, Erlehnisse, I, 220: « Gefiihl bis zu
der Anschauung des Unendlichen gebildet ist Religion. Diese ist also
lediglieli Gefuhlssache, und stellt uns kein Ideal auf ; sie kann also
weder demonstrirt v/erden, noch uns zum Pflichtbegriff bringen » . Sfugge
questa fondamentale differenza anche al POPPENBERG, p. 19 e segg.
(82) Nel brano cit. nella nota precedente si parlava ancor di «An-
schauung», e l'influenza Schleiermacheriana era ancora più evidente;
42 Zacharias Werner
rindifferenza dei culti e delle confessioni predicata dallo
Schleiermacher è anche dal Werner pienamente accet-
tata, malgrado il diverso punto di vista: tutte le forme
sono legittime quando sono spontanee, espressione natu-
rale del sentimento che s'agita in fondo all'anima. Era
già stata anche l'idea sua e del Mnioch. Anche per lui
la fede nell'immortalità dell'anima è, perciò, non necessaria
alla religione : quando lo Hitzig gli scrive di ripugnare
ad una tale credenza, egli gli risponde che ciò non im-
porta nulla, e che egli stesso, se vuole essere sincero, in
fondo in fondo, non è neppur lui completamente con-
vinto (83). Anzi, per il Werner, la stessa credenza in
Dio — se almeno con questa parola s'intende parlar di
un Dio personale — non è necessaria (83^^*). Sfuggendo
Dio alla contemplazione, sfugge a qualsiasi determinazione :
qualsiasi determinazione al contrario è legittima sempre,
se il nostro spirito si può accostare a lui soltanto con tal
mezzo. Così egli canterà il Cattolicismo, la Massoneria,
Lutero, indifferentemente, fino al giorno in cui si butterà
nel seno della Chiesa Cattolica, e anche allora ricondurrà
la religione non alla contemplazione delle verità, che la
Chiesa di Cristo ha stabilite, ma al sentimento, da cui il
cuore dei devoti deve esser pervaso (84).
ma altrove { « Euphorion » , 1895, p. 363) il Werner scrive: « Wir
kònnen Gott nicht anschauen, wir kònnen nur gliihn in ihm».
(83) Ausg. Schrijterr, XIV, p. 46. Cfr. anche GUBITZ, Erlebnisse
cit., p. 223: « Willst du dem gewòhnlichen Wortsinne nach unster-
blich seyn, so ist die Gottlichkeit der Religion nicht in dein Herz ge-
drungen, so hast du keine Idee von der Wonne dich ins Unendliche zu
versenken » .
{S3 bis) Ihid., p. 222: «Man kann die Gesetze des Universums an-
schauen ohne Gott zu bediirf en » .
(84) Che questa non sia altro che una ulteriore determinazione e un ap-
La sua personalità e le sue teorie rrìistiche 43
Se si considera la religione come l'unica cosa che dà
un senso alla vita, la concezione della vita stessa ne
viene rifoggiata tutta quanta dalle fondamenta. Così la con-
cezione Werneriana si allontana dal romanticismo per di-
ventare una concezione più esclusivamente mistica; più
che ai romantici vi dovete richiamare ora a Jacob Bòhme,
che, sul finir del secolo decimottavo, sedusse quasi tutte
le anime religiose (83). Egli ne scovò a Kònigsberg un
volumetto, e lo divorò con « heilige Andacht » : l'autore
gli parve quasi un essere soprannaturale, scelto da Dio a
ricondurre i mortali sulla via della rettitudine e della fe-
profondimento di quel pensiero sulla indole della religione che gli
vedemmo comune col Mnioch mi pare evidente : cfr. p. 25. Intorno ad
essa V. specialmente nei Sohne des Tales, 2^ parte, l'insegnamento che
Adam dà a Robert, Atto III. Cfr. anche GUBITZ, Erlehnisse, I, 227.
Qualunque religione — egli scrive ancora nel 1806 al Peguilhen — è
buona, purché vi domini il « Sinn fiir das Unendliche und das Gefiihl
dass man nur ein Teil desselben ist». La differenza fra religione e reli-
gione è soltanto nel «Mittler», e un « Mittler » equivale all'altro, in
quanto che la funzione di tutti i « Mittler » è la medesima. In questo
tempo può il Werner aver trovato una riconferma del suo pensiero nel-
l'evoluzione del pensiero dello Schleiermacher, che nel 1806, ristampando
le Reden in nuova edizione, sostituiva alla « Anschauung des Unend-
lichen » della 1^ edizione il a Gefiihl des Unendlichen », come essenza
della religione. Cfr. SuSKIND, Schleiermachers Stellung zu Schelling
in den lahren I80I-Ì8IO. Leipzig, 1909.
(85) Sull'influenza del Bohme presso i romantici molto fu scritto dopo
i volumi ricordati di RlCARDA HuCH. Cfr. anche EdERHEIMER, Bòhme
und die Romantik, Iena, 1904.
Molto si è infatti — a questo proposito — esagerato. Il WaLZEL
nelle sue Recensioni varie (cfr. quella allo Spenlé e al Simon nel-
r« Euphorion », 1908) e nella sua Deutsche Romantik tende con ra-
gione a limitar queste esagerazioni.
Zacharias Werner
licita : « Mehr als alles, giesst dieser fromme Geist Oel
in die verwundeten Herzen » (86). E questo era appunto
ciò che al Werner faceva bisogno. Anche i romantici
posero il Bòhme sugli altari: Tieck e F. Schlegel, Novalis
specialmente, che giunse talora anche, indipendentemente
da lui, a fantasie analoghe, ne fecero le lodi più alte. Ma
per quanto abbiano precisato meglio sulle sue fantasie la
propria visione della vita cosmica, non potevano naufra-
gare nelle mistiche esaltcìzioni del Bòhme coloro che s'erano
educati su Kant e su Fichte, si mantenevano in continuo
contatto con lo Schelling, e miravano a Goethe come ad
un Dio. Il Bòhme, confermando le loro tendenze spiri-
tualistiche, influì specialmente sulla forma che le loro
concezioni religiose assunsero, svegliò e rese sempre
più vivo il sentimento religioso, che si sgaggiò a fatica
(86) Allo Hitzig, Ausg. Schrijten, XIV, p. 27-28, Io credo che il
libretto di cui il Werner parla sia il Weg zu Christo, che per la sua
natura di libro di devozione ebbe una maggior divulgazione. In ogni
modo la parola «libretto», e il modo come il Werner ne parla come
dell'opera di un poeta e non di un pensatore, escludono che si possa
trattar delle opere maggiori, e specialmente dell'/l urora. Anche l'indolfe
delle letture Werneriane allontana da questa ultima ipotesi : non lo
vedete mai sprofondato nella lettura di opere astratte e complesse,
perchè la sua mente tosto si stanca : legge invece libri di poesia o libri,
per così dire, di prosa lirico-filosofica, in cui il pensiero acquista slancio
dalla forma poetica e resta invece abbastanza vago, perchè egli se lo
possa assimilare e trasformare a suo talento. Oltracciò indicheremo fra
breve numerosi riscontri col IV dei sei BUchlein in cui il Weg zu
Christo consiste, riscontri più numerosi che non si possano trovare nelle
altre opere del Bohme, che egli può piij tardi in Berlino aver cono-
sciuto e letto. Sull'influenza del Bòhme sul Werner nulla di preciso
si è ancora indagato : qualche vago indeterminato accenno inconclu-
dente fa il VlERLING op. cit., ma non approfondisce la ricerca. Io mi
limiterò, data l'indole del mio libro, a quelle osservazioni che a me
paiono principali, lasciando ad altra occasione di svolgere per intero
l'argomento.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 45
dalle loro speculazioni filosofiche e morali e dal loro
culto della natura, contribuì a indirizzarli sempre più
verso la mistica, ma non li attrasse a se completamente (87).
« Ich will nicht ganz Jacob Bòhme sein », protesta anche
il Werner (88), ma a poco a poco, senza volerlo, incon-
sciamente, assorbe invece il suo pensiero, e modella su
di lui le sue concezioni (89).
Fra le idee che il Bòhme suscitò, o, almeno — poiché
era idea assai antica ed a loro anche altrimenti famigliare —
confermò presso i romantici, è anche quella che, in causa
del peccato originale essendosi Tuomo allontanato dallo
stato ideale in cui si trovava, ed essendo la vita a ciò de-
stinata, che egli attraverso a patimenti e lotte ritorni allo
stato ideale primitivo, il corpo, che ci lega alla terra, sia
la pena che Dio ha inflitto agli uomini in espiazione della
loro colpa (90). Noi siam costretti a servirci del corpo, e
noi dobbiamo allo stesso tempo vincerlo, per liberare lo
spirito, che nel corpo è serrato. Questo pensiero è anche
il punto di partenza della concezione che in questo nuovo
stadio dell'evoluzione del suo pensiero il Werner si formò.
E questa si può riassumere in poche parole, perchè
le numerose variazioni che essa ha subito col variare di
certe tendenze, che nel Werner riscontreremo, non| ne
mutano la sostanza.
S'invertono i termini : lo scopo della vita essendo una
(87) Cfr. WaLZEL, Deutsche Romantik cit., IV ed.
(88) SCHLJTZ cit.. p. 28.
(89) Ne vedemmo già un esempio ed altri ne troveremo in se-
guito (cfr. anche Capitoli III e IV) altri esempi.
(90) Si trova già nel Weg zu Christo, IV Buchlein Von der Wahren
G elasserìheit {Sdmmtliche Wer\e, ed. SCHIEBLER, cit., p. 88 e segg.).
NellM urora se ne discorre naturalmente con maggiore ampiezza.
46 Zacharias Werner
rinascita, la vita stessa è una specie di morte : ciò invece
che noi chiamiamo morte è, o almeno dovrebbe essere,
il momento della rinascita. La morte è il momento della
rinascita, se essa conchiude un nostro sforzo perenne di
sciogliere lo spirito dai lacci che lo legano alla terra, se
essa, quindi, è Tultimo anello di una catena di morti della
materia, che noi stessi, durante la nostra vita, in noi abbiamo
operato.
La prima morte, che noi dobbiamo operare in noi,
è quella dell'egoismo : la colpa fondamentale dell'uomo,
quella che lo ha destituito dall'altezza in cui si trovava,
è l'aver voluto affermare se stesso come individualità in-
dipendente, mentre la sua esistenza vera è condizionata
dalla sua partecipazione alla vita universale, dall'alito di
Dio, che, solo, lo può animare: « Der Mensch ist nur in
und durch Gott : die Wahn, ausser Gott selbststàndig eins
und etwas zu sein, ist die Geissel, die ihn so lange zùch-
tigt, bis dass er seinen Hochmut, aufgibt, und, dadurch
dass er sein Nichts (als isolirtes Ding an sich) erkennt,
seine einzige Realitàt durch Verschmelzung mit der
Gottheit v/iederfìndet » (91). Da questo egoismo son
nati « Geiz, Stolz, Eigenw^illen, Unterdriickung des wahr-
(91) «Blatter f. 1. U. », 1834. cit.. p. 1171. Cfr. anche « Gesell-
schafter», 1837, p. 57 e segg.
GUBITZ, Erlebnisse, I, p. 227: «Der erste Zweck der Natur ist Ver-
tilgung des Egoismus » ; p, 218: ce Der Egoismus ist der Tod alles Ge-
meinniitzigen Wirkens einerseits, wie andererseits die Erbsiinde des nicht
hòher gebildeten Menschen», etc.
Cfr. con questo il Biichlein, Von der Wahren Gelassenheit del
Bòhme cit. ; v. p. 77 : « Wie der Mensch in seiner Selbheit, in seinem
eigenen Willen miisse tàglich sterben, und wie er aus dem Sterben
des siindlichen Menschen mit einem neuen Gemiithe und Willen aus-
griinen solle». Cfr. tutto il paragrafo e il paragrafo seguente.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 47
haft Lebendigen in uns », tutti quei traviamenti che de-
terminano e costituiscono la nostra « Beschrànkung » (92).
L'uomo adunque deve considerare la sua personalità sol-
tanto come un atomo dell'universo infinito, non presumere
di essere egli stesso qualcosa : Tuomo deve abbandonsu-si
alla Provvidenza, sopprimere tutti gli istinti che lo por-
tano ad esplicare una attività propria, non subordinata al
sentimento della divinità, condurre un'esistenza passiva,
esser felice di non aver volontà, di diventare « una foglia
che il vento di Dio trasporta ». Sebbene anche in questo
particolare voi possiate riscontrare una influenza dei ro-
mantici, il Werner tuttavia mostra una differenza sostan-
ziale, e rimane soltanto loro in apparenza vicino : se anche
i romjmtici predicarono questa dispersione del proprio
lo nel sentimento di quell'Infinito di cui l'uomo è una
apparizione finita, pur tuttavia non giunsero mai alla rin-
negazione della personalità : l'Io resta per loro sempre il
centro su cui tutta la vita s'aggira : il sentimento dell'Infi-
nito non lo deve annientare, ma ne deve render più
intense le vibrazioni, più grande la forza attinta, ora, alla
forza infinita; la volontà non è sacrificata, ma si fonde
consciamente, e per un libero atto volitivo, con le leggi
che si riconoscono nella natura (93).
(92) «Blàtter f. I. U. » cit.. p. 1171.
(93) Cfr. invece il Bòhme. opera cit., pag. 82: « Der Wille der
Creatur soli sich mit allet Vemunft und Begierden ganz in sich er-
senken, als ein unwiirdiges Kind, das dieser hohen Gnade gar nicht
wert sei, sich auch kein Wissen noch Verstand zumessen , sonde rn
sich nur schicchi und einfàltig in die Liebe und Gnade Gottes, in
Christo Jesu einsenken und seiner Veraunft und Selbheit im Leben
sich nur schlecht und einfàltig in die Liebe und Gnade Gottes, in
der Liebe ganz einhergeben, dass er damit ihue als mit seinen Werk-
48 Zacharias Werner
Il Werner continua risolutamente in questo indirizzo
mistico. Egli riconosce nell'uomo due segni di tale vo-
cazione dell'uomo verso l'alto : la « Wehmut » e la
« Sehnsucht ». La « Wehmut » è un sentimento di in-
soddisfazione di fronte a tutti i piaceri che l'egoismo ci
può dare, la « Sehnsucht » è, invece, un desiderio di libe-
razione, la inconscia nostalgia dello stato ideale a cui siamo
destinati (94). Ma « Wehmut » e « Sehnsucht » non hanno
forza contro un ostacolo, che si trova in noi perenne-
mente : contro il corpo, sede vera di tutti gli istinti egoi-
stici che in noi si agitano. « Der reinste Ausfluss der
Gottheit ist das Denkende und Fiihlende im Menschen.
Die Elementarmasse, welche den Menschen einschUesst
(Kòrper), ist nur sein Kerker : die organischen Handlungen,
die wir Leben nennen, sind ebensoviel Hemmungen des
zeuge, ivìe und Was er wolle». Questa a G elassenheit y> che il Werner
con lui condivide è lontana dal Romanticismo, anzi, malgrado il con-
tatto nell'idea dello smarrimento nel senso di Dio, precisamente op-
posta. E il Bohme continua con pensieri che or rilevammo nel Werner
(p. 83) : « In solchem demiìtigen ganz — Einhergeben fàllet der Funke
gottlicher Kraft gleich ein Zunder ins Centrum des Lebensgestalniss als
ins Lebensfeuer, welches Adam in sich zu einer finsteren Kohle gemacht
hat, ein, und glemmet. Und so sich alsdann das Licht der gottlichen
Kraft darinnen entziindet, so ist die Creatur alsdann nicht mehr ihr
Eigentum, sondern das Werk Gottes». Così spiegherà infatti il Werner
che « Gottes Kraft » nella sua anima imperi, malgrado la miserabilità
sua. Cfr. il suo Epistolario cit., passim. Già ora, quando legge il li-
bretto del Bohme, si esprime in questo modo con l'Hitzig. V. ScHUTZ
cit., p. 27, Vedremo che questa concezione influirà anche sulla sua
estetica.
Analoghe idee si trovano bensì nelle credenze massoniche del tempo.
Cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss der Marnerei etc, cit., cap. II; ma esse
compaiono nel Werner in una forma che rende l'influsso del Bohme evi-
dente.
(94) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit.. p. 1171.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 49
wahien Lebens. So lange der Mensch, wie wir es nennen,
lebt, ist das Licht in ihm durch den Druck der Elemente
an der Wiedervereinigung mit Gott verhindert » (95).
Il Werner resta soltanto più in apparenza fedele alle
idee del Mnioch: questi, pur celebrando la morte, aveva
cercato di salvare anche il corpo; egli invece ne pronunzia
una risoluta condanna. Anche taluno fra i romantici l'aveva
pronunziata. Essi esaltavano bensì tutte le forme di vita sen-
suale, che lascicino possibile l'elevazione verso l'infinito, e,
anzi, per così dire, la facilitano, ma dovevano condannarla,
in quanto vi era impedimento, e veder l'ideale al di fuori
di essa (96). La condanna del corpo, che il Werner fa,
non è però limitata come presso di essi, e, più che ad essi,
richiama ai mistici del tempo. Era un principio allora nella
massoneria molto diffuso. Le « geheime dèsorganisirende
Gesellschaften » avevano questo scopo, e ricorrevano a espe-
rimenti spiritistici, come nei Kreuz- und Querzùge des
Ritters A . bis Z. dello Hippel è descritto : i « Lieder »
religiosi dello Zinzendorf sono spesso cmche ispirati da
questa utopia, ed Emmanuel, l'eroe dell'/Ze^perus, che
assiste con infinita gioia al lento disciogliersi, e, per così
dire, allo svanire dell'involucro che contiene la sua anima,
è l'espressione più ideale e più pura di questa aspira-
(95) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1171. Anche qui venite ri-
condotti al libretto del Bohme più volte citato, Cfr. p. 104: a Der
Mensch lebet und stehet in drei Welten, Finsternisswelt (corpo), Licht-
welt (spirito), aiissere sichtbare Welt (la vita)». Ed interessante è che
anche pel WERNER («Blàtter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1178), come pel
BÒHME (p. 104), in questa lotta della luce contro la tenebra, che
forma l'essenza dell'umana vita nella «aiissere sichtbare Welt»,
tanto la tenebra quanto la luce hanno origine in Dio, sono « Ausfliisse
der gottlichen Kraft».
(%) Cfr., ad esempio, le Hymnen an die Nacht di Novalis.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. ' 4
50 Zacharias Werner
zione così diffusa, a cui la concezione cristiana del-
l'uomo, esagerata da uno spirito d'ascetismo, facilmente
conduce (97). Anche il Werner predica quindi la « De-
sorganisirung » e la « Entkòrperung ». E resta consequente
nelle conclusioni che ne tira. La prima di queste conclu-
sioni è la celebrazione della malattia, da cui il corpo
viene indebolito : « Die Krankheit hemmt das organische,
befòrdert das gòuliche Werden » (98). La seconda con-
clusione è la celebrazione del dissolvimento e della pu-
trefazione : « Ich glaube dass der Tod, der uns den
Kerker òffnet, mit Entziickung umarmt, und die Verwe-
sung, die uns dem Unendlichen wiedergibt, indem sie
uns mit ihm vereinigt, mit Sehnsucht gewùnscht werden
muss » (99). La « Verwesung » diventa « gòttlich » ,
« Gluterguss der Liebe » : essa è la malattia ultima, la
consacrazione di tutte le malattie, il godimento dello spi-
rito che sente le sue mortali spoglie a una a una ca-
dere, e a uno a uno disciogliersi tutti i suoi lacci : chi
fu schiavo non può conoscer gioia maggiore che quella del
momento in cui sente di diventar libero, in cui assiste
alla « Umwandlung » che gli rida la vita. La « Verwe-
(97) Cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss der Freimaurerei etc. cit., ca-
pitolo II, e SpENLÉ, Novalis, Paris, 1905. Il tentativo però dello
Spenlé di voler spiegare le Hymnen di Novalis come riverbero di espe-
rienze magnetiche nello sforzo di « Entkòrperung » si può considerar
fallito, ed è cosi profondamente antinovalisiano che manca di verosimi-
glianza. Cfr. Walzel, recensione nell'a Euphorion », 1908, cit.
Intorno a questo aspetto del pensiero Werneriano disse cose fini già
il PoPPENBERG, op. cit., p. 12 e segg. e cap. IV, ma esagerando per
l'unilateralità del suo punto di vista e la sua unilaterale visione del
Romanticismo.
(98) «Blàtter f. 1. U.». 1834, cit., p. 1171.
(99) Ibid., p. 1170.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 51
sung » è la suprema voluttà (100). L*una e Taltra idea
son comuni anche ai romantici, ma il compiacimento
con cui il Werner si sofferma sulla seconda di esse, fin-
gendosi continuamente dinnanzi alla fantasia lo spettacolo
ebbramente disgustoso, mostra chiaramente come egli se
ne distacchi, ed in che cosa. E un'idea questa che ha un
doppio aspetto, a seconda che si mira specialmente al ri-
sultato, o allo spettacolo di dissolvimento in se : l'aspetto
che prevale presso i romantici, anche presso il Novalis,
che un tal pensiero espresse più frequentemente di tutti,
è il primo, che si potrebbe chiamare l'aspetto ideale ;
anche il Werner mira ad esso, naturalmente, ma è ver-
tiginosamente attirato dal secondo : sentite, quando egli vi
vien ripetendo fino alla sazietà il suo precetto, che la sua
fantasia vi prova una voluttà strana, una specie di godi-
mento ebbro, e che egli esalta quella idea per questo
godimento (100 *^).
(100) Ibid., p. 1171. Cfr. anche « Gesellschaf ter » , 1837. p. 58: « Der
Tod ist das non plus ultra der Wollust», GUBITZ, Erlehnisse cit., I,
p. 222 : « Die Natur hat es an sich in ihre gròbsten Hiille immer das
Edelste zu versenken ; und der eigentliche Tod ist ganz gewiss das non
plus ultra der Wollust, etc. ».
( 100 6zs) Anche qui, se il Werner si scosta dai romantici, resta vicino
al Bòhme. V. op. cit., p. 88 : a Der Mensch ist im Paradies in Gottes
Liebe geschaffen, und so er sich in Zom als in Giftqual und Tod
einfvihret, so ist ihm das widerwàrtige Leben eine Pein», e p. 90 :
« So diene ich nun mit dem Gemiithe dem Gesetze Gottes, mit dem
Fleische dem Gesetze der Siinde Gott hat uns Macht gegeben
Gotteskinder zu werden, Macht... der Sunde im Korper den Kopf zu
zertreten » . E quando il Bòhme nel « Bùchlein » seguente : De rege-
neratione, d. i. von der Wiedergeburt, passerà a parlar della rinascita
dell'uomo alla luce e all'amore di Dio, allora, in conseguenza delle
sopra esposte idee scriverà : « Denn vom sterblichen Fleische, das zu
Erde wird, in der Eitelkeit dieser Welt lebet, und stets wider Gott
liistert, kann nicht gesagt werden dass es der Tempel des heiligen Geistes
52 Zacharias Werner
Dopo d*aver lottato contro il corpo con tutti i suoi stimoli
in vita, dopo d*essersene liberata con la morte, Tanima si
disperde nella divinità, verso cui ha continuamente teso,
come la fiamma, che tende ardendo verso il cielo, e deve
rimaner sulla terra. Tutta la vita si converte in una aspi-
razione ininterrotta verso questo istante supremo: tutti i
sentimenti ne vengono dominati: tutte le azioni ne ven-
gono determinate.
La religione non è più — ora pel Werner, com'era
stata prima — una sublimazione della vita, ma una lenta,
progressiva soppressione di essa, una nostalgia di morte.
Vi son però due aspetti della vita nostra che non le
fan contrasto, ma che anzi la secondano e la favoriscono:
Tamore e Tarte. L'uno e l'altra sono sviluppo delle fa-
coltà umane più alte : l'uno e l'altra sono raggi di Dio
sulla terra, richiami a Dio in cui hanno origine : l'uno e
l'altra hanno nella religione il loro fondamento.
* *
Anzitutto l'amore (101). Anche qui parte il Werner
da una concezione romantica, per poi rifoggiarla a suo
sei, del toenìger dass die neue Wiedergeburt in diesem irdischen Fleische
geschehe, sintemal es stirbet und verweset und ein stetes SUndehaus ist » .
Or si confronti con questo passo, che nel Werner trovò eco, la Lucinde
o lo Heinrich von Ojterdingen, e si vedrà chiaro quanto dicemmo a
proposito del Werner e del Bòhme in rapporto ai romantici.
(101) Sopra l'amore nelle concezioni dei romantici v. GSCHWIND,
Die Ethischen Neuerungen der Friìhromantik cit., RlCARDA HuCH, Die
Blutezeit der Romantik cit., voi. I; Joachimi-Dege, Die Welian-
schauung der Romantik cit. ; WaLZEL, Die Deutsche Romantik cit.,
passim.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 53
modo secondo le sue tendenze mistiche e sensuali. Tutti
i sentimenti che si elevano in noi verso un mondo supe-
riore si possono, per i romantici, riassumere nella parola
amore : cimore religioso di Dio : amore anche delle cose
e delle creature terrene, che è ugualmente alto, perchè ciò
che noi amiamo negli esseri finiti non è che il raggio del-
l'infinito che li illumina. Ma i romantici potevano professare
una tale opinione, perchè per essi il finito non esiste che
nell'infinito, e l'infinito non esiste che nel finito: l'amore
ne viene nobilitato in tutte quante le sue forme, diventa
un valore primordiale, assoluto, primo principio di vita,
base di una nuova etica : il Werner invece col suo- dua-
lismo mistico (lOP*^*), che gli fa rinnegar tutto ciò che è
terreno, non poteva giunger per la stessa via allo stesso ri-
sultato. I romantici avevano innalzato alla vita un inno, e
l'amore poteva e doveva esservi incluso come primo ele-
mento: il Werner condanna invece la vita, e deve cercare
(101 bis) Cfr. a proposito di questo dualismo il BoHME, op. cit.,
p. 103 : « Die ewige Finsterniss in der Seele ist die Hòlle als eine
Angstqual welche Gottes Zorn heisset ; und das ewige Licht in der
Seele ist das Himmeireich, da die feurige Finsterangst in eine Freude
verwandelt wird » .
Ora, dopo i raffronti che finora col Bohme venimmo facendo, è
possibile pure avanzare l'ipotesi che anche a quella riduzione della re-
ligione a sentimento potè contribuire un influsso Bòhmiano. Cfr. op.
cit., p. 90: a Darum ist alles Spintisiren und Forschen von Gotteswillen...
ein nichtig Ding. Wenn das Gemiith in eigener Begierde des irdischen
Lebens gefangen stehet, so mag es Gottes Willen nicht ergreifen».
La fusione dell'influenza del Bohme — verosimile anche perchè pure
il Werner fonda la sua idea sopra la fallacia nostra originata dalla
« Siindigkeit » del nostro corpo — con l'influenza dello Schleiermacher
ricordata avvenne in quanto il Werner, determinando il sentimento re-
ligioso, lo considera come un sentimento dell'infinito e il Bohme invece
lo riconduce a un sentimento cristiano di Dio.
54 Zacharias Werner
delle ragioni, perchè l'amore possa esser escluso dalla con-
danna. E le ragioni son due: la prima è che l'amore è ne-
gazione dell'egoismo, negazione della propria personalità,
abbandono della propria volontà, liberazione dello spirito e
del sentimento ; la seconda invece è che Dio ha concesso
agli uomini una « Ahnung » di ciò che egli è: la bel-
lezza (102). La bellezza è, per il Werner, il solo aspetto
sotto di cui anche la materia 'rispecchia Dio : amare la
bellezza significa amare Dio. Amare Dio, se anche Dio
viene amato nella materia, che il Werner aveva rinne-
gato. I romantici avevano potuto esaltare tutte le forme
dell'amore, anche le più terrene e sensuali, coerentemente:
l'amore è qualcosa d'assoluto che riman sempre tal quale
in tutte le sue manifestazioni. Il Werner esalta ancora —
ma dal suo punto di vista — l'amore in tutte quante le sue
forme, anche le più basse, perchè, egli dice, « il principio
dell'amore non si può spegnere mai, è sempre ugualmente
luminoso » : « La scintilla celeste non è suscettibile di
macchie, purifica tutto ciò che tocca » (103). Perchè la
bellezza è Dio, anche l'amore è Dio (103^**). Riconoscete
(102) Cfr. «Blatter f. 1. U. », 1834, clt., p. 1343; «Gesellschafter ».
1837. p. 163.
(103) «Blatter f. I. U. », 1834, cit.. p. 1343.
( 103 6is) Cfr. BÒHME, op. cit., p. 88: « Gott ist alles, er ist Fins-
ternis und. Licht, Llebe und Zorn, Feuer und Licht, aber er nennet
sich allein einen Gott nach dem Lichte seiner Liebe » . Anche il Bòhme
considera quindi l'amore come « Lichtseite der Natur » e come es-
senza della divinità al tempo stesso. Forse all'influenza del Bohme e
dei romantici si deve aggiungere un influsso dell'Hermsterhuys. Vedi
CEuvres, ed. Meyboom, I, p. 133 e segg. Anche l'Hermsterhuys con-
sidera l'amore come, per usar una frase dell'ultimo studioso, il BuLLE
{Fr. Hermsterhuys und der deutsche Rationalismus des XVIII. Jahrhun-
derts, Leipzig, 1911, p. 13), un « Sicheinschlingen » ; anch'egli consi-
La sua personalità e le sue teorie mistiche 55
qui quell'erotismo malato a cui dicemmo soggiacere non
pur il sentimento, ma il pensiero stesso del Werner :
quando egli pronunzia la parola « amore », e gli passa per
le vene un brivido sensuale, e dinnanzi agli occhi una vi-
sione lussuriosa, la esaltazione dell'amore gli diventa ne-
cessaria anche se è una esaltazione del senso: egli forza
la sua mistica a una apologia del piacere (104).
Il Werner riconosce però che nel godimento d'amore
l'aspirazione verso Dio può illanguidirsi. Ma egU vede
tal pericolo non tanto nell'amore puramente sensuale, che
lasciando l'anima, per così dire, intatta, non la allontana
dal suo ultimo celeste scopo, quanto nell'cimore intenso,
che fa sì che l'amante si dimentichi totalmente nella per-
sona amata, e non veda più nulla al di fuori di lei. Così
egli disapproverà bensì anche il godimento sessuale, perchè
questo godimento può soffocare interamente lo spirito e
render l'uomo bestiale, ma non lo disapproverà in senso
assoluto (104^^*), se non quando sarà passato al Cattolicismo;
metterà invece sopratutto in guardia contro il pericolo
che l'anima innamorata si dia completamente all'oggetto
terreno, dimenticando Dio. « Mein Eduard und scine
grossherzige Geliebte — scrive all'amico Hitzig che è in
procinto di pigliar moglie — kònnen auch nicht so lieben,
dass sie sich zu einem Wesen verschmelzen, fiir das die
dera l'amore come emanazione di Dio, e il vero amore, e l'essenza del-
l'amore come una « Sehnsucht » verso l'unione con Dio : perciò egli
potrà far l'amore organo di conoscenza. Probabilmente però si tratta
soltanto di una influenza mediata attraverso i romantici, perchè prove che
il Werner abbia conosciuto direttamente il filosofo fiammingo mancano.
(104) In questo modo le influenze che da diversa parte agirono su
di lui vengono trasformate attraverso il riverbero della sua propria
psiche.
(104 feis) V. «Blàtter f. l. U.», 1834, cit.. p. 1343.
56 Zacharias Werner
iibrige Welt nichts ist : diese Liebe ist fiir das gròbere
Wohlsein der Liebenden besser als die moderne jàmmer-
liche Kàlte — fiir das Ganze ist sie womòglich noch
schlechter als jene : sie macht zwei Wesen, die aus In-
stinkt Egoist waren, zu einem verbundeten kolossalen
Egoisten aus Grundsatz und Gefuhl. Der Liebende ist und
soli dem Geliebten seyn ein Mittler der Gottheit : mit
dem Geliebten soli sich der Geliebte werfen ins Uni-
versum, und den Strahl, den beide vom Hòchsten erhalten,
und sich mit demselben einander durchgliiht haben, aus-
spriihen, dass sich daran erwàrme die ùbrige Welt » (105).
Una delle idee che dominano il pensiero del Werner è
quella della debolezza della maggior parte degli uomini e
quindi della necessità di un mediatore che a Dio li guidi.
Questo stato di cose era anche stato riconosciuto dallo
Schleiermacher, che vi scorge la ragione e la missione del
prete. E anche lo Schleiermacher aveva pensato che ogni
uomo può essere a un altro uomo mediatore divino, quan-
d'egli vive in Dio. Il Werner accoglie l'idea ; ma, mentre
lo Schleiermacher riconosceva soltanto come « Mittler »
persone dal senso religioso più sviluppato, il Werner le
dà un valore assoluto, e TappHca all'amore e alla conce-
zione del matrimonio (lOS'^'O- La vera essenza del matri-
monio consiste per il Werner in ciò, che ognuno dei due
amanti è all'altro il « Mittler » della divinità, lo stru-
mento necessario di elevazione religiosa : « ogni uomo è
alla sua donna un Messia e ogni donna è a suo marito
una sacerdotessa ». E ogni atto d'amore fra marito e mo-
(105) HiTZIG, Lebensabriss Zacharias Werrìers cit,, p. 314.
(\05 bis) Ibid., p. 115. Cfr. anche « Gesellschaf ter » . 1834. p. 75.
La Tua peTSonalità e le sue teorie mistiche 57
glie è per una parte un omaggio alla divinità, per Taltra
p^rte un godimento di essa (106).
Questo erotismo che si tinge di religiosità doveva fa-
talmente riverberarsi sulla religione, che diventò una reli-
gione erotica, e tutta la vita si mutò in un diguazzare fra
erotico-religiosi godimenti (107). Il godimento religioso del
Werner è infatti perfettamente sensuale e voluttuoso. Egli
cerca nel culto di McU"ia e nell'amore di Cristo gli stessi
godimenti, che prova « nelle braccia della sua Malgona ».
La condizione perchè Weirmio possa amare nella sua
Malgona Cristo, è che Wcirmio chieda all'amore di Cristo
le stesse gioie che gli dà l'amore di Malgona. E Caro-
Hne Herder aveva* tutte le ragioni quando accusava la
da lui predicata religiosità di essere una specie di « Be-
gattungsliebe » (108).
Ripugna già presso i romantici questa miscela singolare
di elementi così antitetici (109), ma la maggior purità
d'animo di essi smussa la ripugnanza, perchè presso di
essi — e specialmente presso Novalis, che più di tutti la
cantò — si chiedeva assai più all'amore una elevazione re-
ligiosa, che alla religione un godimento erotico, non es-
sendo l'identità dei due elementi così assolutamente sta-
bilita. Oltracciò non si faceva di questa identità l'essenza
della vita : ciò che in Novalis se ne trova, e più una
traccia delle fantasie herrenhutistiche, a cui, nell'ainbiente
famigliare dominato dal culto moravo, era stato educato.
(106) V, SlSMONDI, Fragments de sa vie et de sa coTTespondance,
ed. RenÉ-Tallandier, Paris, 1863.
(107) Cfr. Weihe der Unkraft, ed. MlNOR, cit.
(108) DUNTZER, op. cit., p. 118.
(109) V. su questo argomento SpENLÉ, Novalis cit.
58 Zacharias Werner
che un vero carattere distintivo suo (110). Una tal tinta
è propria a tutti i mistici : essi han concentrato su Dio
tutta la loro vita interiore, ed è naturale che certi ele-
menti erotici si mescolino nelle loro fantasie, poiché la
sensibilità loro, già grande in se, e più grande ancora
perchè inappagata, viene per di più sovreccitata dalla
esaltcìzione ascetica : ma questa tinta erotica non è affatto
la sostanza vera del loro sentimento, ne è soltanto un
ingrediente accessorio, che vi compare a momenti. Il
gridar che si fa contro l'erotismo dei mistici nasce spesso
dal fatto, che, nello esame delle espressioni loro, non si fa la
parte debita ad una certa retorica dell'immaginazione, che
non riesce ad afferrare il sentimento onde tutta quanta
l'anima è agitata : sono emozioni senza nome, estasi che
non si possono descrivere se non per confronti : le invoca-
zioni « mio sposo », « mio amante », e le descrizioni di
scene d'amore vanno spesso riferite non alla qualità, ma,
per così dire, alla quantità, o, meglio, alla intensità del
sentimento : esse si presentarono alla fantasia solamente
perciò, che l'estasi religiosa e l'estasi erotica hanno in
comune un assorbimento completo dell'essere e una ver-
tigine. La natura dei due sentimenti resta profondamente
diversa, e, in qual misura un sentimento passi nell'altro,
non è possibile se non nei casi singoli determinare, con
uno studio generale del temperamento di colui, il quale
da tali sentimenti è agitato. Tirare in ballo Santa Teresa
per spiegare il Werner è commettere un equivoco gros-
solano : ed è ancora, se non un equivoco, un errore con-
(110) Cfr. PoPPENBERG, Zach. Werrìers (uSohne des Tales» cit.,
cap. III. Ma il Poppenberg distingue male la differenza che fra i
romantici e il Werner anche per questo rispetto esiste.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 59
frontarlo con Novalis, la cui religiosità, solo in qualche
momento analoga con la sua, ha pure un fondo tanto
più puro (111). Per il Werner, le espressioni ero-
tiche devono essere prese nel loro pieno valore (112).
Già prima che conoscesse i romantici e il Bòhme, can-
tando la Vergine « modello di purità », ne aveva fatto
un « Gottesweib », e aveva rappresentato il momento
in cui
Nie empfundene Lust
Noch mit dem letzten Hauch der Jungfrau rang (113).
Già allora l'amor di Dio e della Vergine era per il
Werner il medesimo che l'amor del marito in una moglie.
La differenza tra lui e i romantici ha quindi — sotto
questo rispetto — origine in una differenza psicologica.
I romantici non sentono in se la identità completa dei
due sentimenti, egli invece la sente. E sentendola ne fa
una delle sue idee fondamentali (114).
La stessa osservcizione suscita quella unione di amore
e morte che egli continuamente esalta. Essa sta in stretto
rapporto con le altre sue idee. Se Amore e Morte hanno
nel suo pensiero un fine unico, è tanto naturale che essi
si uniscano, quanto era naturale che Religione e Morte
andassero unite. La morte non tronca l'amore, ma ne
compie l'opera e lo suggella:
(111) POPPENBERG, id., p. 59.
(112) La psiche romantica è molto pili complicata e non si lascia
ridurre come quella del Werner a pochi elementi che tutta la dominano
e la determinano per la loro violenza.
(113) Ausgewàhlte Schrijten, I, p. 86.
(114) Cfr. quanto sarà esposto nel capitolo IV.
60 Zacharias Werner
Leben ist der Liebe Spiel,
Tod der Liebe Weg zum Ziel (115).
Se la morte è rinascita, cominciamento della vita vera,
l'amore potrà raggiungere nei regni suoi, e soltanto in
essi, tutta la sua forza e tutta la sua intensità. Se la
morte non ha più nulla di rivoltante, ma è desiderata, il
sentimento d'amore non incontra più in essa nessun osta-
colo, che lo possa trattenere (116).
Anche questo è un pensiero, che il Werner ha comune
con i mistici del suo tempo e di tutti i tempi, comune
con i romantici. Ma anche qui, quando il Novalis canta
i suoi Inni alla notte, e celebra il suo amore, che dopo
la morte di Sofia raggiunse la sua pienezza, il corpo morto
di Sofìa non vi ha nessuna parte (117). Nel processo
di morte il Novalis amante vede soltanto il liberarsi dello
spirito e il suo riconfondersi con l'Infinito, e cerca di ele-
varsi con l'estasi all'unione spirituale con l'amata anima
ascesa ai regni ignoti ; il Werner vi vede invece la de-
composizione del corpo, eppur continua a predicar che
l'amore matura soltanto nella morte; e, più che il dopo la
morte, celebra la morte stessa.
Il Novalis dà talor nel patologico, il patologico invece
è la caratteristica del Werner, che canta la perversa e
ributtante Ballata: Der Ritter von Sidon (118):
(115) Ausgewdhlte Schriften, p. 123. Anche pel Bohme l'amore si
raggiunge soltanto nella morte. E anche per l'Hermsterhuys. Cfr. BuLLE,
Fr. Hermsterhuys und scine Stellung etc. cit., p. 31.
(116) Cfr. su questo il PoPPENBERG, op. cit., cap. III.
(117) Il Poppenberg non segna anche qui la differenza fra il Werner
e il Novalis. Solo lo SpenLÉ, op. cit., aderì in seguito all'indirizzo
preso dal Poppenberg nella spiegazione delle Hymnen an die Nacht.
(118) Nei Sohne des Tales, Parte II. Ausgewàhlte Schriften, V.
È interessante veder nel Tagebuch come il Werner tenesse a questa
La sua personalità e le sue teorie mistiche 61
Wer schleicht mit der Fackel um Mitteraacht
Zum frisch geschiitteten Grabe ?
Un cavaliere scava a mezzanotte la tomba della sua
amata, scopre il cadavere, e lo possiede:
Und gliihend umschlingt er mit pochender Bnist
Das schlùmmernde Màdchen im Grabe,
Er raubt ihr trunken, sich selbst nicht bewusst,
Der Unschuld lieblichste Gabe.
Dall'amplesso nasce un figlio morto, e, quando egli ri-
torna alla tomba, questo giace sul seno della madre, nel
chiaror di luna, ed ha il capo coronato di rose e di spine.
S'intende che la Ballata ha un senso simbolico, e non
mira siffatto alla apoteosi di questa perversità sessuale :
ma il fatto stesso di aver ricorso ad una tal rappresen-
tazione, per dire che la morte è la fonte della vita, mostra
chiaro che Ccu*attere questa sua unione di amore e di
morte abbia, e che torbida origine abbia propriamente il
suo pensiero.
Precedenti in queste concezioni perverse e malate gli
si possono trov£u-e facilmente, presso altri erotici e mistici :
quando un sentimento distrugge l'equilibrio interiore e
degenera, produce nelle facoltà un tumultuoso disordine,
che confonde tutta la vita in una miscela anormale, in
cui le singole forme van perdute, e il senso del giusto si
sua ballata. Ancora nel 1808 la leggeva a Coppet ed era indignato
che gli uomini fossero così volgari da non entusiasmarsene. Egli se ne
entusiasmava e la recitava sempre con lagrime di commozione negli
occhi. Cfr. nella Biografia cit. dello ScHUTZ, Tagebucher, p. 142,
145, ecc. Vi è scritto: «Neue Ballade vom Ritter aus Sidon^; ma
« neue » sta evidentemente per « meine » .
62 Zacharias Werner
smarrisce. Per il Werner si può aggiungere che questi
spettacoli di putrefazione morale gli davano l'impressione
di un dissolvimento avente — in conformità alla sua teoria
— per risultato una elevazione (119).
*
Accanto all'amore, l'arte : E le ragioni, per cui anche
l'arte viene esclusa dalla condanna generale della nostra
vita terrena, son le medesime che valevano per l'amore:
anche l'arte è negazione dell'egoismo, culto della bellezza,
cioè di Dio : anche l'arte è religione.
Queste affermazioni diventano subito comprensibili,
quando si tengan presenti le altre idee che il Werner
ha sull'eirte. Il Mnioch dapprima e i romantici poi gliele
hanno fornite (120). Fino a che egli venne a contatto
col Mnioch, si può dire che egli non avesse idee precise
in proposito : anche il culto dell'arte, che egli professerà
per tutta la vita, incomincia soltanto da questo momento.
Per il Mnioch, studioso di Kant, l'arte è una attività dello
spirito, intermedia fra i sensi e la ragione, fra il mondo
del pensiero e il mondo della realtà, ed è quella attività
su cui, come sappiamo, si basava in parte quella sua edu-
\
(119) Su questo, che era uno dei principi fondamentali del «credo»
massonico da lui abbracciato, cfr. SCHNEIDER, Der Einfluss etc, cap. II,
e cfr. anche « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 133. Lo Scheffner era confra-
tello suo e suo superiore nella Loggia di Konigsberg.
(120) Anche il Bohme lasciava all'arte libero adito nella vita.
Op. cit., pag. 84: « Ich sage nicht dass der Mensch in natiìrlichen
Kiinsten nicht lernen und erfahren soli, etc». Ma il Bohme era dal-
l'arte troppo lontano. Più avrebbe potuto apprendere il Werner, dato
il suo indirizzo, dall'Hermsterhuys, ma non si vedono traccia evidenti di
un suo influsso.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 63
cazione estetico-morale, che lo vedemmo andar predicando.
L'arte porta senso e ragione, materia e spirito in armonia :
e come, con il maturar del suo pensiero, la religione
prese a poco a poco in lui sempre più il sopravvento,
Tarte era per il Mnioch, al tempo in cui il Werner lo
conobbe, la intermediaria fra il cielo e la terra, fra Dio
e l'uomo, il poeta un sacerdote dell'ideale e della reli-
gione. Elevatezza di idee, sentimento religioso formano
l'artista, che soltanto in questo caso può compier la mis-
sione che gli è affidata (121). Anche riguardo all'estetica,
le idee del Mnioch furono quindi per il Werner una
prima preparazione alle teorie romantiche. L'arte, per i
romantici, e rivelazione dell'infinito in forme finite : la
espressione suprema della vita umana, in cui ideale e
reale si conciliano e si fondono in una unità vivente.
Il poeta è un veggente che nella sua estasi, per dono na-
turale, intuisce le verità più ascose e profonde, che il
filosofo solo per forza di ragionaunento può raggiungere e
dimostrare : è l'annunziatore, il profeta di Dio. Questa
estasi, questa elevazione, questa veggenza sono che fanno
(121) Così prega il Mnioch nella Litaney:
Darum, o Gott,
Erhàlt uns immerdar die edlen Kiinste,
Erhalt die Kiìnstler uns
die sich
Mit der Natur vereinen, alle Nerven
Des inneren Sinns zu feinerem Gefiihl zu spannen,
Durch vollkommene Schònheit
Sie rein zu stimmen etc.
{Schriften, ed. 1794. cit.. p. 37).
Cfr. anche le note a questo passo nella ed. delle Schrijten, 1798, cit.
e si tenga pur presente quanto già dicemmo sulla importanza data dal
Mnioch al sentimento estetico per la « Moralische Bildung » .
64 Zacharias Werner
il poeta. E anche il Werner scrive (122): « Wer ist
Kunstler ? — Der, welcher durch ein Chaos von Re-
geln, Studien, Rucksichten, was weiss icht, alles ein-
gezwàngt, die er doch, er sei noch so genialisch, nicht
iiberspringen kann, in Wòrtern, Tònen, Farben, das
Geringste nachzuklimpern sucht, was der gewòhnliche
Religiose, erlaube mir den Ausdruck, in Minuten der
^yeihe empfindet, oder derjenige, der sich und sein In-
neres, wie eine Aeolsharfe, dem schònen Saiisen der har-
monischen Natur darbietet, und sich von ihnen durch-
stròmen làsst ?... Was willst du lieber sein? Diese Harfe
oder jene Geige, die, ein bisschen zvv^ar auf den Ton
der Harfe gestimmt, durch die Griffe der ordinairen
Menschheit, die darauf herumklimpert, gar jàmmerlich
geschuhriegelt, wìe die im Zerbino vom Nestor? Mit
einem Worte ; w^as ist besser zu sein ? Gefiihlsvoller
Anschauer, oder àrmlicher Nachklimperer der ew^igen
Gottheit ?... Was ein praktischer Kunstler, in einem ge-
ràuschvollen und gefiihllosen Kreise, mit Aufopferung seines
Lebensgenusses, oft seiner kòrperlichen Ehre, nicht vermag,
das kann der theoretische, im engeren Kreise der ihn
umgebenden, mit ihm verw^andten Seelen, in einem weit
reicherem Masse, ohne alle Aufopferungen » (123).
Oltre alla originaria analogia di questo pensiero con il
romantico, si rilevano da questo passo due altre qualità
che gli son tutte proprie. Prima di tutto le verità, che il
(122) V. ScHiJTZ. op. cit.. p. 24.
(123) Cfr. anche l'introduzione alla Weihe der Kraft {Ausgewdhlte
Schriften, VI, p. 4). Inoltre «Blatter f. I. U. », cit., 1834, passim;
« Gesellschafter », 1837, cit., passim.
Gli stessi pensieri vengono continuamente ripetuti.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 65
poeta deve esprimere, sono, per il Werner, verità della
religione (1 24); in secondo luogo il poeta è, per il Werner,
un ispirato, su cui passa il soffio di Dio. 1 romantici, per
cui il poeta era un fratello spirituale del filosofo, consi-
deravano come qualità essenziale del genio la coscienza
continua di se e della sua opera : questa coscienza non
distruggeva la ispirazione, considerata anche da essi come
indispensabile, ma la guidava e la purificava: Tironia ro-
mantica era la estrema forma di questa coscienza di se.
Il Werner invece, per cui il poeta è un mistico, non bada
a questo secondo elemento : egli non conosce affatto
l'ironia romantica : la creazione artistica è per lui vera
soltanto, quando r« io » del poeta scompeu-e nell'entusiasmo
mistico, da cui il poeta è trasportato (124^'*)-
(124) Anche il Mnioch tendeva a considerar l'arte sotto la luce che
ad essa piove dalla religione, anzi a farne un sussidio della religione :
Darum erhàlt, o Gott, uns cine dichterische
Religion. (Schriften. ed. 1794, cit., p. 38).
Darum endlich lass
Zu Tempeln deines Namens alle Kunste
Sich ihre Krafte leihen, und ihre Allgewalt
Vereinen, um der Menschen ew'ge Hoffnung
Und scine kiinftige Seligkeit zu feiern.
{Ibid.. p. 39).
Così pel Mnioch, come anche per il Werner, l'arte è necessaria alla
religione, perchè questa deve « versinnlicht w^erden», e viceversa non
può fuor della religione fiorire.
(124 6is) Questo aspetto dell'estetica romantica venne chiaramente il-
luminato dapprima da RlCARDA HUCH (Bliìtezeit der Romantik cit.), poi
approfondito dalla JoachIMI-Dege {Die Weltanschauung der Romantik
cit. e Deutsche Shakespeare-probleme im XVIII. Jahrhundert cit.) e dal
WaLZEL (v. riassunte le sue idee nella Deutsche Romantik citata).
Nel Werner questo è riverbero che già prima avvertimmo del pen-
siero del completo abbandono dell'uomo a Dio. Se l'arte è religione,
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 5
66 Zacharias Werner
Soltanto in questo modo può il Werner affermare che
Tarte è negazione dell'egoismo, abbandono della volontà,
sacrificio del proprio essere. Il poeta viene così rapito in
un mondo, in cui egli non esiste più se non in Dio. Ed
è in questo senso che il Werner scrive : « Ich balte
Kunst fiir das ernste hochpriesterliche Geschàft, und zu-
gleich auch fiir die lebenslàngliche, holde Gefàhrtin des
Gliicklichen, dem sie sich offenbart » (125). Il Werner
svolge anche più ampiamente questo suo pensiero. Ogni
gelosia di mestiere, ogni guerricciuola, ogni spirito di setta
scompaiono presso il poeta vero. « Kann sich der Mensch
auf etvsras zu Cute tun, w^obei er bloss Maschine der
gòttlichen Einw^irkung ist ? Kann der Mensch, der so
etwas fiihlt, vom Neide gegen andere durchdrungen sein,
oder muss er nicht lieber sehnlich w^ùnschen, dass mit
ihm noch Tausende Gott preisen und loben sollen >
Denn darauf geht alle Kunst ; die Formen, die Dichtarten,
sind nur Schatten, Kling-Klang, Masken! » (126). Così
egli esalta la scena del ritrovamento di Filippo e di Adal-
e il poeta un sacerdote di Dio, Dio sarà che parla per bocca sua.
E allora la vera legge dell'artista sarà che egli segua la propria
ispirazione.
(125) «Blàtter f. 1. U.». 1827. n. 2.
(126) Ausg. Schriiten, XIV, p. 28, p, 47, etc. Una errata interpre-
tazione di questo passo dà il WendRINER {Das romantische Drarrta,
Berlin, 1909, p. 67). Egli intende lo sprezzo che in queste parole si
manifesta come rivolto alla teatralità ; vedremo più tardi che cosa si
debba ritenere sull'atteggiamento del Werner a questo proposito. È però
già ora evidente qual senso queste parole abbiano : esse si riferiscono a
tutta quell'arte che non nasce sotto il soffio dell'ispirazione divina. Lo
dimostra l'insieme della lettera a cui le parole sono tolte.
Cfr. anche «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1174 e « Gesellschafter»,
1837, p. 53.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 67
berto nei Sòhne des Tales, e scrive : « Wie ich zur
Stelle gekommen bin, weiss ich nicht : ich selbst habe
gar nichts dazu getan; nur das weiss ich, dass, so oft
ich sie ansehe, mir ein unerklàrbares Grauen vor meinem
Inneren iiberfàllt » (127).
Ispirazione reHgiosa è dunque la sostanza del poeta :
« Der sogenannte Dichter ist nichts, ist weniger als der
Schreiber oder der Canzellist, wenn er sich damit beg-
niigt in schòn gestochenen Sylben seinen Nebenmenschen
zu amiisiren » (128). Queste p2u-ole spiegano il senso che
si deve dare alla sua frase : « Der religiose Sinn ist eine
Gattung der Poesie, die einerseits die erhabenste, anderer-
seits die notw^endigste ist» (129): la poesia religiosa è
solo un genere di poesia, ma il Werner rigetta come falsi
tutti i generi che non hanno un tale scopo. « Kunstwerke
sind Vorarbeiten zu der neuen Religion, die der Mensch-
heit gegeben werden muss » (130).
L'importanza, che il Werner dà alla poesia e all'arte,
nasce poi anche in parte da una considerazione pratica,
perchè egli trova che i libri purcunente teorici esercitano
poca influenza : « Biicher ^virken, in dieser Riicksicht,
wenig oder nichts » (131). La poesia invece esercita
sugli animi ii suo fascino, e trascina gli uomini inconscia-
mente allo scopo, che il poeta si propone. Il Werner
pone fra libri teorici e libri di poesia la stessa differenza
che i romantici ponevano, e definisce l'cute così: « Kunst
(127) Ausg. Schri^ten, XIV, p. 46.
(128) Ihid., p. 46. V. anche « Blàtter f. 1. U. ». 1827, n. 2.
(129) Ihid., p. 7.
(130) «Blàtter f. 1. U.», 1834, cit., p. 1173.
(131) Allo Hitzig. SCHiJTZ, op. cit., p. 44. Cfr. «Blàtter f. 1. U. »
cit., p. 837, p. 1178.
68 Zacharias Werner
ist Wiedergestaltung des Unendlichen, wie in der Expe-
rimentalphysik die geschliffene Flàche das dcirunter-
stehende chaotische Gemàlde repràsentirt » (132). La
« Wiedergestaltung » è dunque la qualità distintiva del
poeta. L'idea deve nell'opera di poesia diventar concreta,
vivente. Il Werner riconduce l'effetto di un'opera di
poesia all'impressione che lascia l'insieme, impressione che
deriva dallo spirito, che il soffio dell'ispirazione divina co-
munica alla creazione artistica : « Ich wùnschte dich zu
iiberzeugen — scrive egli allo Hitzig — dass die Worte
und Gedanken des Dichters nichts poetisches sind, dass
sein ganzer Effekt in dem unnennbaren Totaleindrucke
besteht, der, nach dem Genusse des Kunstwrerkes im
Leser entsteht, aber augenblicklich verschwindet, sobald
ihn ein ungeneigter Leser sich expliziren v^ll » (133).
Il soffio divino è quindi non nelle idee astratte, che ven-
gono predicate, ma nella forma, che queste idee assumono :
scomponete la poesia e non avrete se non « làppische
Wòrte » (134). La forma è senza dubbio nulla senza le
idee che essa esprime, ma le idee sole non bastano: la
poesia sta nell'organismo, in cui idee e forma si fondono
e confondono. Ogni dissezionamento critico distrugge la
poesia, perchè distrugge l'organismo e la vita dell'opera
allo stesso tempo : e questa è la ragione per cui egli —
seguendo l'insegnamento del Wackenroder — richiede al
lettore un abbandono completo alla poesia che legge,
all'opera d'arte che contempla: « Ich suche liberali ver-
wandte Seelen Ich lese jedes Buch mit einer Hinge-
(132) «Blatter f. 1. U. ». cit.. p. 2.
(133) ScHiJTZ, op. cit., p, 43-47.
(134) Ibid., p. 47.
La sua personalità e le sue teorie mistiche 69
bung in die Sede des Autors... » (135). L*opera del poeta
appcire quindi al Werner non un pensare, ma un libe-
rarsi di pensieri, che dall'alto piovono in lui, in una vi-
sione estema. Questo senso hanno le sue parole : « Die
unerlàsslichste Aufgabe des Dichters ist nicht das Auf-
klàren, sondern das Abklàren des Gemiits » (136). Vi-
sione è quindi immagine: immagine, visione sono elementi
essenziali dell'arte, e la poesia è una « Bildersprache ».
Anche la sua concezione della poesia riposa sopra il
concetto allora trionfante della forma organica.
Se la poesia è rappresentazione di idee per immagini,
la poesia sarà necessariamente simbolica. E la conclu-
sione a cui i romantici erano giunti ed a cui anche il
Werner giunse : « Kunst ist Symbolisirung des Gòttli-
chen im Menschlichen » (137). L'opera d'arte è un ge-
roglifico, che è compreso soltanto, se se ne penetra il senso
ascoso, e che opera sull'anima del contemplatore per la
misteriosa corrispondenza, armonia e unità che esiste fra
quel senso ascoso e la forma, che esso ha assunto per
riveWsi. E sacrilegio rinnegare i simboli : i simboli sono
creazioni di fantasia d'artista, e l'arte è divina : « Ich
glaube dass Christus als der Symbol der vergòttlichten.
Maria als das der reinsten Menschheit wiederaufgestellt
wrerden muss auf die Altare, von denen sie frevelnd ver-
dràngt wurden » (138).
(135) ScHiJTZ, op. cit., p. 43.
(136) «Blàtter f. 1. U. », 1827, n. I. A Regiomontanus.
(137) Ibid.
(138) ccBlatter f. 1. U. ». 1827. p. 1.
70 Zacharias Werner
Religione, amore, arte formano così la trinità — « die
heilige Dreikinigkeit » — su cui la vita riposa.
Queste paiono a me essere le linee fondamentali del
pensiero del Werner, come esso ci si presenta al mo-
mento, in cui, già maturo d'anni, egli prende a scrivere
le sue tragedie. E un pensiero confuso, che ha una certa
unità, ma non ha raggiunto chiarezza. Il Werner era troppo
inquieto per potersi concedere alla meditazione ordinata
e calma, in cui le idee si definiscono e si illuminano;
quando una idea gli era balenata, seguendo un impulso
sentimentale, procedeva incurantemente oltre, contraddi-
cendo spesso se medesimo, e rinnegando talor persino il
principio da cui era partito. « Stets unstet » (139), chia-
mava egli se stesso. E in realtà chi cerchi di seguir lo
svolgimento del suo pensiero si trova dinnanzi a una tale
irrequietudine e confusione, che solo a fatica gli riesce di
scorgervi chiaro:
Seitdem ich ahnen konnte und empfinden,
Wollt'ich im Bilde stets das Wesen lieben,
Doch hat ein Bild das andere vertrieben, (140)
Wie Morgenwolkchen aufgehn, gliihn, verschwinden.
E come un assetato a cui mai non riesce di rinfrescar
le fauci arse.
(139) Ausg. Schrijten, I. 123.
(140) Ibid., p. 175.
CAPITOLO SECONDO
TI dramma.
La poesia del Werner nacque da questi confusi tumulti
di idee e da questi oscuri fermenti di vita malata. E
torbida, diseguale e malata come Tanima di colui che la
compose. Leggendola, avete l'impressione di penetrare
in un mondo strano e confuso, dove aure piene di vapori
eccitanti, che offuscano la vista e annebbiano il cervello,
ravvivino continue vampate di fiamme torbide, e creino
una morbosamente calda atmosfera, che ha del sogno e
dell'incubo allo stesso tempo. Vi chiedete come si possa
respirare in quel mondo senza diventarne nevrastenici,
come si possa schiudervi gli occhi, senza che le cose per-
dano i loro naturali contomi, senza che tutto si presenti
in forme così bizzarre e insolite da non esser più facil-
mente riconosciuto.
Ritrovate nelle composizioni poetiche del Werner quella
voluttà dello sfrenato fantasticare che trovaste nelle lettere
e nel Tagebuch.' E una poesia nata da continue sovrec-
citazioni di un uomo che diceva di « non poter passar nella
vita senza trascinar dietro la sua testa scapigliatamente
ricciuta turbini di aggrovigliantisi sempre nuove fantasie ».
Le qualità peculiari del processo creativo del Werner si
72 Zacharias Werner
trovano tutte implicite in questa impulsità di una imma-
ginazione, che non solo non domina e modera, ma lasci-
vamente blandisce se medesima. Se egli sostenne — come
vedemmo — contro i Romantici la incoscienza della crea-
zione poetica, ciò fu — considerando il fatto dal lato
psicologico — sopratutto perchè egli stesso si lasciava tra-
scinare completamente dall'ebbrezza del comporre, e sen-
tiva che questa sarebbe andata perduta, quando quel-
l'incoscienza venisse trattenuta (I).
Ora, con una composizione siffatta, tutte le inclinazioni
del poeta trionfano, suscitando innanzi ai suoi occhi im-
magini, che interamente — e più che la realtà — sod-
disfino ai bisogni sia sentimentali, sia sensuali della sua
natura. E la malattia del poeta si riverbera necessaria-
mente nell'anima, nella storia dei personaggi, di cui egli
va popolando la sua opera, e necessariamente anche il
mondo che egli rappresenta assume quel carattere di
« cauchemar » che è proprio di tutta la sua vita interiore.
*
La poesia del Werner offre così una piena assoluta
spontaneità. La sua attività poetica eruppe difatti improv-
visa, quando egli incominciò ad acquistar coscienza del
conflitto, che dentro di lui si veniva formando col ma-
li) V. sulla composizione dei Sòhne des Tales lo HiTZIG, Le-
bensabriss, etc, cit., p. 11, sulla composizione del Kreutz an der Ostsee
il TeichmaNN cit., p. 303, il «Gesellschafter », 1837, p. 54 e seg., i
«Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1169 e segg., sulla composizione del
24. Fehruar il Teichmann cit., p. 328 e segg. e lo SCHUBART,
Erinnesungen an Goethe, « Schnorrs Archiv », I, 461. Cfr. i relativi
capitoli di questo libro.
// dramma 73
turar nella sua mente di idee che contrastavano con le
altre tendenze da cui la sua psiche era dominata. La sua
produzione anteriore è scarsa e presenta di rado quella
vivacità e immediatezza, che non si può negare alla sua
opera posteriore, qualunque ne siano i meriti d*arte.
Se poi questa assunse, nascendo, la forma di dramma,
ciò non accadde soltanto perchè egli possedeva fin dal-
l'infanzia grande passione per il teatro — « Schon von
meiner frùhen Jugend an, w^ar das Theater meine Lei-
denschaft und mein Studium » (2) — o perchè egli
credesse, in questo modo, di poter agire e influire sopra
una più gran massa di pubblico e più efficacemente,
che «on scrivendo poesie (3), o perchè l'ambizione di
rivaleggiare con Goethe, Schiller, Tieck ed altri poeti
da lui molto letti ed ammirati lo stimolasse e lo sospin-
gesse (4) ; ciò accadde specialmente perchè drammatica
era l'indole della sua fantasia. La natura sentimentale
dell'individuo ha sempre un riflesso nella natura della
inmiaginazione, ne determina le preferenze, ne eccita
l'attività, la pervade — specialmente in uomini come il
(2) Lettera allo Iffland nel Teichmann cit., p. 291.
(3) Quando compose il suo primo dramma, i Sòhne des Tales,
era convinto che essi non avrebbero mai avuto possibilità di rappresen-
tazione (e difatti, quando in un apposito rimaneggiamento furono rap-
presentati, caddero): «Bei dieser Tendenz meines Werkes war es mir
unmòglich es fur die Biìhne darstellbar einzurichten » . Allo Iffland:
Teichmann, op. cit., p. 292; cfr. cap. precedente, p. 167.
(4) Quando si ritira con la terza moglie al capezzale della madre
malata e vive due anni interi nella solitudine senza amici, senza uscir
nel mondo, senza veder quasi nessuno e si sprofonda nei libri, passa il
suo tempK) a leggere, a meditare, a rileggere il Goetz, VEgmont, i
Rduber, il Wallenstein, la Genooefa e VOctavianus. V. « Blatter
f. 1. U. » cit., 1827, n. 1-2.
74 Zacharias Werner
Werner — e l'inonda della propria calda vita, la do-
mina e la plasma. Ora il Werner vive in se un dramma
continuo : essendovi nella sua psiche quel dissidio di ten-
denze che già abbiamo chiarito, il contrasto è anche
la forma prevalente di tutta la sua vita interiore. La sua
sensibilità è più intensa che fine e le vibrazioni di essa
sono scosse violente: i suoi sentimenti sono esaltazioni e
depressioni, estasi e prostramenti, che si alternano come
reazione Tuno all'altro, perchè è altrimenti impossibile che
un uomo possa durarla. Non v'è in lui misura. Quando
la moglie Maria gli annunzia di volersi da lui separare,
egli annuisce in una calma stupita che è una specie di
annichilamento di tutto l'essere morale; poi, appena è solò
e ci ripensa, la commozione sua si sviluppa in un cre-
scendo vertiginoso: egli si butta prono sul pavimento, si
immagina di essere avviluppato dalla notte e dalla soli-
tudine, come se nulla esistesse fuorché il suo povero
cuore sperduto nell'universo vuoto ; si contorce, si morde,
si sente chiamato da Dio e da Dio maledetto, finche il
cervello gli diventa confuso, come se qualcuno l'avesse
stordito con una mazzata sul capo: e così rientra nella
calma (5). E non è uno scoppio di passione irrefrenabile :
egli ama, sì, quella donna, ma da qualche anno se ne
cura così poco che essa si allontana da lui per accostarsi
a un vecchio di cinquantasei anni, se ne cura così poco
che non avverte la sua freddezza crescente : egli la amerà
sempre, ma si separa da lei con gran facilità e, se, separan-
dosi, soffre, ha però anche un sentimento di liberazione che
non osa confessare a se stesso. La sua esaltazione è così
(5) V. «Blàtter f. 1. U. » cit. Lettera allo Scheffner, p. 1341-42.
// dramma 75
furibonda, perchè tutta la sua vita è così. Una tal vita
sovieccita e sviluppa fatalmente la fantasia, che esige sti-
moli, mentre le altre facoltà mentali richiedono armonia,
equilibrio e calma; ma non la sviluppa solamente, la
informa di se e la modella. Anche la fantasia diventa
irrequieta e tende a precipitarsi agli estremi sotto la pre-
potenza dello stimolo che la eccita: anche la fguitasia
tende a vedere e a rappresentare le cose per contrasto:
anche la fantasia finisce con ignorare ogni armonia, e
ogni trapasso da uno stato d*animo all'altro. La fantasia
del Werner, come non solo le sue poesie ma le sue let-
tere la rivelano, è infatti tale. Ed egli si volge al dramma
perchè soltanto esso può esprimere il disaccordo che in
lui regna, saziare con la sua condensazione il bisogno di
sempre nuove scene che lo agita. Se infatti, per una parte,
la lirica è sempre un'armonia di accordi, anche quando
esprime una lotta interiore, perchè la lotta vi si scioglie
in uno stato armonico, in quanto che il poeta la constata
portandola ad espressione (6), la poesia narrativa è invece,
d'altra parte, la rappresentazione di un divenire, in cui
ugualmente i contrasti si smussano perchè i diversi ele-
menti e* momenti dell'azione vi si fondono in una fluente
unità.
(6) Difatti il Werner abbandonerà il dramma per volgersi alla lirica,
quando, dopo la conversione, avrà per qualche tempo una certa unità
con se medesimo. Cfr. Ausgewàhlte Schriften, voi. I e II. Solo una
cinquantina di pagine furono composte durante la sua attività dramma-
tica ; un centinaio di pagine la precedono ; tutto il rimanente dei due
volumi la segue.
76 Zacharias Werner
*
* *
Se questa schietta origine lirica determina la materia
sentimentale e fantastica della poesia werneriana, e se
l'indole della sua vita interiore e della sua fantasia fu
che lo volse al dramma, il modo però come questo
venne da lui organizzato, la struttura che questo ricevette,
provengono da un'altra delle tendenze che nel Werner
abbiamo rilevato. Già vi accennammo al principio del
capitolo precedente: importa ora chiarire meglio il fe-
nomeno.
Alle mistiche concezioni, che nel precedente capitolo
esaminammo, il Werner teneva assai. Scorgeva in esse
con sincera fede la verità, e le riteneva la parte migliore di
se medesimo: credeva realmente di « aver la missione » di
diffonderle e di guidarle alla vittoria. Per quanto forte fosse
la sua voccizione poetica, essa era soverchiata ancora dalla
sua natura di predicatore. Non aveva proclamato esser
vanità anche la poesia, quando essa non serva di edifi-
cazione agli altri uomini ? E fu coerente alla sua estetica
mistica. La visse. Le sue fantasticherie si svolgevano sopra
la base che i pensieri mistici gli offrivano: fantasticherie
ed idee erano ugualmente riverberi della sua personalità
ed erano inscindibili. Ed egli considerò i suoi drammi
come « veicoli » per le sue idee. « Ich kann dir —
scrive allo Hitzig — so wahr Gott lebt, schvsròren, dass
ich die Kunst bloss aus dem hòheren Gesichtspunkt, in-
sofern sie uns Ahnungen von der Gottheit gibt, betrachte,
und dass es mir nicht nur darum zu tun ist, Bùcher zu
schreiben um einen fliichtigen Beifall zu gewinnen, sondern
darum, wenn auch nur wenige, Gemiiter fiir das Heilige
// dramma 77
zu gewinnen, was die Welt nicht kennl... Ich fiirchte mich
nicht vor Nebenbùhlern, die mit mir um den poetischen
Lorbeer wetteifern: im Gegenteil, ich mòchte wiinschen
dass es schon Tausende gebe, die von meinem Ideal
durchdrungen mit mir zu einem Ziele walleten... Ich ver-
sichere und beteuere dir dass ich alle poetische Lorbeer-
kronen fiir die Freude hingàbe, nicht etwa Stifter, bloss
Mitglied einer àcht religiòsen Sekte zu sein, denn ich bin
iiberzeugt dass es die Hauptsache ist, worum es Not
tut, und dass alle Kunstwerke nur Propylaen sind zu
diesem Endzweck » (7). E questo, d'altronde, il tema
principale di tutte le numerose lettere in cui egli discorre
delle sue opere (8).
Il dramma sorge così dopo che le idee si son formate.
Non solo succede — cosa in se naturale — che, affinchè
il Werner possa scrivere, egli deve aver qualcosa da dire :
ma è questo « qualcosa che egli ha da dire » ciò che scote
la sua inclinazione alla poesia, inclinazione prima sempre
sentita, ma sentita soltanto come una specie di vuoto
ritmo insistente che egli non sapeva come trasformare in
melodia e che veniva facilmente intorpidito. Il mistico
precede in lui il poeta e lo suscita : l'idea precede la poesia
ed è il germe da cui questa si sviluppa (9).
(7) V. HiTZIG, Lebensabriss cit., p. 41.
(8) V. TeichmANN cit., p. 291 e seg., 310 e seg. ; « Gesellschaf ter » ,
1837, cit.. p. 44 e seg.; « Blàtter f. 1. U. », 1834. cit.. p. 1169 e seg.;
GuBITZ, Erlebnisse, I, p. 218 e segg., etc, passim.
(9) All'influsso della mistica sopra il dramma del Werner dedicò
una sua dissertazione lo IrmLER, Ueber den Einfluss von Z. Wemers
Mystik auf sein dramatisches Schaffen. Diss. Strassburg, Metz, 1906.
Ma lo Irmier non fa se non diluire il POPPENBERG, op. cit., cap. I, e il
FrankEL, op. cit.. cap. I, poco aggiungendovi di suo: basterà, per
78 Zacharias Werner
Il dramma nasce quindi nel momento in cui il pensiero
astratto si concreta in una visione di realtà che ad esso è
conforme. Tutta la poesia nata in tal maniera è poesia
fantastica in fondo, perchè la realtà vi vien trasfigurata, ed
è, ad ogni modo, poesia spiccatamente individuale. L'idea
donde il poeta parte è l'espressione del sentimento per-
sonale della vita che il poeta ha : quel sentimento e quel-
l'idea trasformano la realtà che il poeta osserva e rap-
presenta; son come certe lenti che danno forme speciali
agli oggetti che attraverso di esse sono veduti. Il che non
infirma il valore della poesia, perchè ciò che importa non
è affatto che la realtà veduta dal poeta coincida con la
realtà veduta con gli occhi dei più, ma solamente che
essa sia rappresentata così, che noi abbiamo l'impressione
di una realtà vivente. Noi ci sentiremo trasportati in un
altro mondo, in un mondo in cui noi non riconosceremo
più il nostro proprio: ma forsechè lo scopo della poesia
è di lasciarci nel mondo in cui viviamo ?
Dicemmo in principio del precedente capitolo che filo-
sofìa e poesia si mescolano in una tale opera. Si mesco-
lano, ma non si distruggono. Anzi si integrano, perchè la
poesia assorbe il pensiero. Ogni mondo, fantastico o reale
che esso sia, ha certe sue qualità distintive : il pensiero
viene per così dire obicttivato e non è più se non la
mostrar la sua preparazione intorno all'argomento, ricordare come egli
confonda le Wierier con le Berliner Vorlesungen dello SCHLEGEL (pa-
gina 17), come egli consideri l'episodio di Astralis nella prima parte
dei Sòhne des Tales come anteriore al Kreutz an der Ostsee (p. Il),
mentre esso fu composto solo per la seconda edizione del 1806; come
(p. 4) egli affermi che il Werner conobbe il NoVALlS solo nel 1810,
mentre il Werner ne era entusiasta nel 1804 (V. «Euphorion», XVI,
p. 363. «Halle'sche Aligera. Ztg. », 1804, Dicembre).
// dramma 79
qualità fondamentale del mondo che il poeta crea: la
filosofia è sottomessa alla poesia, ne è come una base, e
solo dà determinatezza di colorito all'opera. Certo è che la
fusione dei due elementi, che solo in questo modo può
avvenire, è estremamente difficile : son due tendenze Tuna
all'altra estranea e ciascuna di esse cerca di prendere il
sopravvento : la coscienza che la realtà nuova rappresentata
è diversa dalla comune conduce il poeta a far tesi, a mo-
ralizzare, a sopprimere la vita con discorsi astratti. Pure
il problema di questa fusione è anche il problema fon-
damentale dell'arte moderna.
Tutte le qualità formali del dramma del Werner hanno
origine in questa di cui ora parlammo. Esso è anzitutto
simbolico: ma importa intendersi sul significato della pa-
rola. La vita umana è, per il Werner, una ascensione
verso il riconoscimento di quelle verità di cui egli è per-
suaso e, naturalmente, anche verso la pratica di esse.
L'ascensione è faticosa, e i drammi del Werner sono i
drammi di questa ascensione, drammi diversi nei di-
versi tempi e presso le diverse persone, ma, nelle loro
linee fondamentali, sempre a se stessi identici. La storia
dei suoi personaggi diventa, in tal modo, per il poeta, la
storia di tutti gli uomini: la storia è quindi simbolica e
i personaggi sono simbolici perchè essi hanno un valore
universale, perchè — secondo il Werner — ogni vita
individuale è simbolo della vita universa, perchè — egli
dice — simbolica è la realtà stessa della nostra vita. Ad
un Conte, che dal Frànkel fu identificato col Conte
Bruhl (10), e che trovava alcuni dei personaggi del Lutero
(10) Frankel, op. cit., p. 22.
so Zacharias Werner
allegorie e astrazioni, egli rispondeva: « Therese und
Theobald sind nichts weiter als schuldlose Kinder und
nicht mehr oder weniger Allegorien als jeder bedeutende
Mensch. Jeder Mensch ist nàhmlich dazu da, um irgend
eine sitdiche Idee zu repràsentiren, und so wurde ich den
erhabenen Monarchen, den wir beide so tief verehren
und lieben (il re di Prussia) bei dem ersten Anblick
f iir eine Allegorie des durch weise Pflichterfùllung erzeugten
Gewissensfriedens halten » (1 I).
Molte altre qualità del dramma, verso di cui il Werner
assiduamente tende, sono specificazioni di questa prima.
Mistica è l'idea madre, e mistico è quindi il dramma,
mistico il mondo che in esso è rappresentato. Dio vi domina,
invisibile, ma dappertutto presente: « Die Gottheit — scrive
il Werner all'Hitzig — lenkt jeden unserer Schritte zum
Hòchsten, yWen » (12). La libertà dell'uomo diventa molto
relativa: direttamente o indirettamente è il volere di Dio
che trionfa in tutti gli atti nostri. Vedemmo che il Werner
conciliava in questo modo la coscienza della debolezza
sua con la missione di educatore religioso che credeva
gli fosse assegnata: egli è debole, un « armer gedriickter
Mensch » , un peccatore, ma la Provvidenza lo assiste nel-
l'adempimento della sua missione. « Wie kàme ich
Schwacher... dazu, allem diesem mit der allergròssten
Gelassenheit entgegen zu sehen, wenn nicht des Herm
Kraft in dem Schw^achen màchtig wàre ?» (13). E « des
Herrn Kraft » è anche la vera potenza che muove l'a-
(11) Lettera al conte e alla contessa v. X. Teichmann cit.. p. 310.
(12) HiTZIG, Lebensabriss cit., p. 115.
(13) SCHUTZ. op. cit., p. 23; cfr. anche « Blatter f. 1. U. », 1834,
p. 1170, 1174, etc.
// dramma 81
zione dei suoi drammi. E un dramma fatalistico, quindi,
quello che egli compone, ma il concetto greco della fata-
lità vi vien rovesciato dal concetto della Provvidenza, che
lo sostituisce (14). Leggendo tutte le sue opere dai Sóhne
des Tales alla Mutter der Makk^^bàer sempre sen-
tite questa mano che pesa sopra gli uomini e li sospinge
nelle loro azioni. Il fato greco trascinava gli uomini alla
colpa e alla sventura: il nuovo fato tiascina gli uomini
alla redenzione e alla salvezza. Si disse che il dramma
ci perde in interesse, in quanto che una forza estranea
superiore, irresistibile interviene; ma l'interesse esiste in
una certa misura sempre, perchè il campo d'azione di
questa forza estranea è l'anima dei personaggi. Le azioni
che questi compiono hanno la loro causa immediata nelle
loro anime che mutano e si trasformano e su queste anime
la Provvidenza ha un influsso diverso: vi sono anime più
deboli e anime più forti, anime pure ed anime corrotte,
anime che soggiacciono e anime che si sottraggono alla
influenza salvatrice. Vi è varietà quindi e lotta continua. La
lotta è sempre fra l'anima e il corpo, fra gli istinti superiori
e gli istinti inferiori, fra le inclinazioni celesti e le incli-
nazioni terrene, perchè in essa è per il Werner l'es-
senza della vita : ma la lotta ha nei diversi personaggi
esito diverso: l'esito finale è bensì dovuto all'intervento
di Dio, ma esso è anche l'epilogo naturale di questa lotta
umana, a cui l'intervento divino dà solo come una con-
sacrazione.
(14) Cfr. ElCHENDORFF, Geschichte der Deutschen Romantik. Leipzig,
1854, p. 50. Cfr. a questo proposito il WendrineR che si occupa di
questo fatto riguardo al dramma romantico in generale e anche nei ri-
guardi del Werner in particolare (op. cit., passim).
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 6
82 Zacharias Werner
La varietà dei caratteri è poi anche possibile per
un'altra ragione. Non vi è presso i diversi personaggi
soltanto una differenza quantitativa nelle loro qualità basse
od alte, nella loro cedevolezza o resistenza alFinflusso
divino, ma anche una differenza qualitativa. L'egoismo,
gli istinti materiali si manifestano in forme diverse: ricerca
di godimento, amore terreno, ambizione, indifferenza e
che so altro ancora. Così ogni personaggio acquista una
propria fìsonomia, e nei diversi drammi viene impostato
sempre un diverso problema tragico, a seconda che questa
o quell'altra tendenza è fatta impedimento alla elevazione
religiosa. Oltracciò, se la caratteristica dei personaggi è
data sempre da un unico punto di vista e i vari drammi
svolgono sempre azioni analoghe, e ciò può dare al com-
plesso dell'opera del Werner un carattere di uniformità, ciò
giova d'altra parte alla nettezza di posizione delle singole
tragedie (15).
Conseguenza di questa indole del dramma è che i per-
sonaggi sono di necessità per la maggior parte passivi.
Il Werner stesso riconosceva tale qualità nei Sóhne des
Tales : « die Personen mussten leidend sein » ; ma
egli esprimeva questa opinione perchè egli li aveva sotto-
posti a un invisibile misterioso dominio della società segreta
a cui appartenevano (16). « Leidend » restarono invece
ancora tutte le sue creature, quando, passato ad altri drammi,
il Werner era libero dai ceppi, che gli imponeva il fatto
di rappresentare la potenza grande ma occulta di una tale
(15) Svolge questa critica ampiamente lo IrmLER, op. cit., p. 13-29,
passim.
(16) Lettera allo IfBand, Teichmann cit., p. 293.
// dramma 83
società (17). O, almeno, si può osservar questo: esse sono
attive in quanto cadono o peccano, passive in quanto pro-
grediscono nella via del bene. Anzi questo stesso ca-
dere e peccare non è mai il risultato di una volontà
che si afferma, ma della prepotenza dello stimolo che li
eccita e li seduce : e questa attività si risolve in una pas-
sività. Avviene soltanto di alcuni dei personaggi princi-
pali che essi si sottraggano a questa legge generale; e
ciò accade per lo più perchè essi identificano la volontà
loro con la volontà divina e agiscono coscientemente e
combattono, da Dio assistiti.
La passività dei personaggi si manifesta anche in un'altra
forma. Vi sono in tutti gli uomini dei momenti singolari,
in cui sentimenti e istinti spuntano all'improvviso, senza
ragione apparente, senza che se ne sappia ne il come ne
il perchè : questi momenti abbondano nelle creature weme-
riane. E una qualità che s'accordava troppo bene con la
fondcunentale tendenza della loro natura, con il concetto
del diretto intervento della Provvidenza, perchè così non
avvenisse. Notate questo ad esempio là dove si tratta di
amore. L'amore è improvviso, predestinato. Quando l'anima
incontra l'anima sorella, che andava cercando, arde : non
sa come né perchè, sa soltanto che una potenza estranea
si è impadronita di lei, una potenza invincibile a cui
vano e colpevole è tentar di resistere. Il Werner riflette
qui nella poesia esperienze personali della sua natura
istintiva e impulsiva: egli stesso racconta che così si in-
namorò della sua terza moglie avendola incontrata per via :
vederla e amarla fu una cosa sola. « Ich begegnete ihr
(17) Di questa passività dei personaggi Wemeriani discorre anche,
ma da un suo unilaterale punto di vista, il Wendriner, op. cit., p. 74.
84 Zacharias Werner
auf der Strasse und ihr Blick fuhr mir wie ein Blitzstrahl
ins Herz: diese Graziengestalt war es, deren Bild mir
zeitlebens dunkel vorgeschwebt hatte: sie war fiir mich
bestimmt, ich liebte sie vom ersten Augenblicke als ich
sie sah, und liebte jetzt zum ersten Mal » (18). Si con-
fronti ad esempio con questo passo la scena in cui Ca-
terina von Bora s'innamora di Lutero nella Weihe der
Kraft {\9). Son sentimenti che son già in precedenza
« bestimmt ». Il fatto ha una indiscutibile verità psicolo-
gica, se anche la « Bestimmung » non è che apparente :
nella poesia moderna è fatta a questi inaspettati risvegli
della subcoscienza una larga parte. Ma nel dramma wer-
neriano questo nuovo elemento, unito a tutti gli altri, dà
all'insieme un carattere — per così dire — stupito e
sognante. Quegli uomini paiono dei sonnambuli che vanno
errando in preda di un potere occulto : esseri senza vo-
lontà, senza la visione cosciente di uno scopo preciso.
E il Werner aggrava ancora questo carattere. Avendo
concepita e rappresentata in ogni sua poesia come imma-
nente l'opera della divina Provvidenza, gli importa di ren-
derla visibile; non gli par mai che i mutamenti che avven-
gono nell'anima dei personaggi additino sufficientemente
l'origine donde essi scaturiscono ; non gli par mai che le sue
idee sian chiarificate abbastanza ed abbastanza esposte. E
perciò le ripete prima durante e dopo il dramma instancabil-
mente, le fa oggetto di discussione e di esposizioni conti-
nuamente rinnovate. Si deve riconoscere che in un dramma
come quello di cui discorriamo un tal fatto è giustificato.
(18) Lettera a RegiomontaNUS, « Blatter f. 1. U. », 1827. n. 1. Cfr.
anche «Blatter f. l. U. », 1834, p. 1341 e il « Gesellschafter » cit
(19) Atto I - Scena ultima.
// dramma 85
Il dramma non presenta soltanto uomini che hanno sen-
timenti e passioni, che soffrono e agiscono, ma uomini
che pensano, uomini premuti dall'ansia di venire in chiaro
sopra di se .stessi e sul loro scopo, sulle oscure e con-
fuse voci che sentono salire dal fondo della loro coscienza
e non riescono a definire, uomini che proiettano le loro
azioni sopra una generale mediteizione dei valori della
vita, e da quella loro meditazione son mossi nei loro atti.
Idee astratte e discussioni non sono estranee a una tale
opera, perchè esse sono la naturale espressione di stati
d'animo e di caratteri che non potrebbero altrimenti ap-
parire. Ma tutto ciò appesantisce spesso il dramma di un
grave pondo di materia in cui la vita è troppo debole e
l'interesse drammatico troppo scarso. Ciò che l'opera gua-
dagna o potrebbe guadagnare in profondità, va perduto
in vivacità ed intensità, tanto più che vedemmo come le
idee del Werner sian confuse e, talora, aggrovigliate e
oscure. E il lettore si sente come schiacciato dalla' pe-
santezza di queste idee, che, ripetute instancabilmente
sotto tanti aspetti e in tante forme e talora con così
confusa imprecisione, gli compaiono innanzi.
Così l'idea religiosa determina e informa il dramma che
è o vuol esser sempre dramma religioso.
E altre qualità s'aggiungono a quelle che ora indicammo.
Dalla religiosità dei suoi intendimenti il Werner vien con-
dotto naturalmente al Medio Evo, a quel Medio Evo che
— vedemmo — egli aveva cantato già nella Phantasie,
a quel Medio Evo che celebrava allora intorno a lui la
sua risurrezione (20). Anche il Werner crede, come i ro-
(20) V. HiTZIG, Lebemabriss cit. sulla genesi dei Sòhne des Tales,
loc. cit., «Gesellschafter », loc. cit., « Blatte r f. 1. U. », loc. cit.
86 Zacharias Werner
mantici, che sia necessario tornare a quella età, tornearvi,
naturalmente, non per restarvi, ma per muovere a una
civiltà nuova, che non vada più per quelle false vie per
cui la civiltà europea negli ultimi secoli si e deviata, ma
per vie nuove a più alti fini. E una ammirazione condi-
zionata in fondo, ma tale da destare la nostalgia, in quanto
che al Werner — cosi come ai romantici — pareva di
poter ravvisare in quei tempi uno stato di coscienza, che
più e meglio rispondeva al suo, che non quello dominante
ai suoi tempi. Se i romantici però con sinceri sforzi di
studio cercarono di penetrare in quell'età e di rappresen-
tarla così come essa fu, unilaterale e falso è invece il
Medio Evo del Werner, che non ha interesse storico
vivo, come parecchi invece dei poeti suoi contemporanei
mostrarono (2 1 ). Egli legge, quando attende alla composi-
zione delle sue opere, qualche storia generale che gli for-
nisca cizione ed elementi generali: poi completa con la
sua ♦fantasia e completa senza eccessivi riguardi: i Sòhne
des Tales, ad esempio, sono basati soltanto sopra una
leggenda che egli stesso designa come molto ipotetica:
leggenda vaga, senza particolari precisi (22). Le vicende
storiche son per lui cosa secondaria: l'essenziale è che
egli riesca bene ad esprimere le sue idee ed a ritrarre
i suoi fantasmi. E ride nelle sue lettere di coloro che
gli rimproverano inesattezze e ignoranze. Non ha il poeta
il diritto di rifarsi lui la storia come gli talenta, secondo
(21) Crede a questo interesse lo IrmLER, op. cit., p. 13 e segg,, ma
basta un superficiale raffronto dei suoi drammi con la storia in cui egli
li inquadra per persuadersene. Il dramma, in cui si mantiene più fedele,
è la Weihe der Kraft (su cui v. il FraNKEL, cap. IV) ; ma anche
là vi sono dei mutamenti sostanziali secondo il suo scopo, come vedremo.
(22) ScHÌJTZ, op. cit., p. 35.
// dramma 87
i suoi scopi? (23). Il poeta non scrive storia, ma si compone
lui una sua propria storia, e non gli si chieda ciò che
egli non volle dare. Il Medio Evo è per il Werner es-
senzialmente una età, in cui gli uomini son dominati an-
cora dalla religione.
Il Medio Evo è oltracciò Cattolicismo. E il Werner
condivide la estetica celebrazione del Cattolicismo che i
romantici poco prima di lui avevano fatto. Egli ha le con-
vinzioni degli Schlegel, dello ScheUing e del Tieck; si
è esaltato sopra le Herzensergiessungen del Wacken-
roder : « Gegen diesen religiòsen Coloss sind alle neue
Kunstmenschen noch Neophyten » (24) e si è entusiasmata
al nuovo culto di una religione artistica, di una religione
cioè di cui la poesia sia elemento sostanziale. Anch*egli
trova, come i romantici, che la poesia ha bisogno di una
mitologia. Se la poesia è simbolica, rappresentazione esterna
delle grandi verità, essa è mitologia. Ora l'antica mitologia è
morta, non risponde più allo stato odierno delle coscienze :
se qualcosa la può sostituire, e soltanto il tesoro di riti
e di leggende che la Chiesa cattolica possiede. Il CattoU-
cismo e una meravigliosa « v^eder aufgegrabene mytholo-
gische Fundgrube » : egli crede che « die Sache poetiseli
angesehen, der Katholizismus nicht nur das grosste Mei-
(23) V. TeichMANN, op. cit., p. 306 e segg., passim. Cfr, « Blatter
f. 1. U.», 1834. p. 1173-74. e cfr. anche il Prologo alla Weihe der
Kraft, (n Ausgewàhlte Schriften y) , VI, p. 7. Cfr. ancora X, p. Vili a
proposito della Mutter der Makhflhder : « Kenner mit den Schwierigkeiten
der historiscKen Tragedie werden mir das sogar unserm vortrefflichen
Schiller in so reichlichem Masse eingeràumte Recht Tatsachen selbst
der neueren Geschichte dem dramatischen Bedarf gemàss zu modeln
nicht verweigem » .
(24) SCHUTZ, op. cit.
88 Zacharias Werner
sterstiick menschlicher Erfindung, sondern auch alien
iibrigen Religionsformen, fiir ein Zeitalter, welches den
Sinn der schònen Griechheit auf immer verloren hat, vor-
zuziehen ist », crede che « alien Europàischen Kunst-
genius und Kunstgeschmack allmàhlich der Teufel holt,
wenn wir nicht zu einem gelàuterten Katholizismus wieder-
kehren, von dem wir ausgegangen sind ». Quando egli
manda allo Iffland das Kreutz an der Ostsee, e se lo
vede rifiutato e criticato per gli elementi mistici e cat-
tolici che vi abbondano, egli risponde che « da vv^ir keine
Mithologie mehr haben, und das Fatum fiir uns, trotz
Schillers angestrengter und herrlicher Versuche, nicht
ansprechend ist, in unserem Zeitalter fiir die tragische
Biihne (die der Mythologie schlechterdings nicht ent-
behren kann) nulla salus ausser dem Katholizismus zu
finden ist » (25). Per questa ragione tutti i suoi drammi,
anche quando egli è lontanissimo ancora dalla sua con-
versione, son tentativi di dramma cattolico, che al catto-
licismo sempre più lo avvicinano. Sempre, quando egli è
giunto al termine di una sua opera, si vanta di aver dato
pel primo alla Germania « eine àcht katholische Tragedie » :
pel primo, perchè la Jungfrau von Orleans dello Schiller,
a cui egli del resto spesso mirò, non è una tragedia vera-
mente cattoUca nel suo spirito e nelle sue forme (26).
(25) Cfr. Lettera allo Scheffner, «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1077.
Importanti pure sotto questo rispetto sono le altre lettere allo Scheffner
(«Blatter f. 1. U. », 1834, pagine 1177-74), dove egli parla della
composizione del Kreutz an der Ostsee, la lunga lettera sulla Weihe
der Kraft, nel « Gesellschafter » del GUBITZ, loc. cit., le lettere allo
Iffland clt., nel TeicHMANN, in cui difende questa sua tendenza. Cfr.
anche GUBlTZ, Erlebnisse, I, 218.
(26) Allo Iffland (Teichmann, loc. cit.) e allo Scheffner (loc. cit.).
// dramma 89
Anche il dramma suo su Lutero vien da lui esaltato
come una « katholische Tragedie ». Cattolica, sia perchè
lo spirito che la anima risponde a quel carattere estetico
che nel Cattolicismo si trova e che i Romantici esalta-
rono, sia perchè, come meglio vedremo, cattolica è, nel
suo pensiero, l'idea informatrice.
Misticismo, Medio Evo, Cattolicismo. Da molto tempo
il soprannaturale è stato rivendicato ai regni della poesia.
Per questo rispetto i romantici avevan trovato già com-
pletamente sgombra la via. Anche il Werner ne usa e fa
che creature celesti, o dotate di virtù sovrumane, parte-
cipino all'azione che nei suoi dranmii egU svolge. Son
messi della divina Provvidenza. Essi servivano al Werner
in doppio modo: prima perchè, volendo egli render visibile
l'influsso della Provvidenza divina sulla umana vita, questi
esseri la personificavano e la rendevano evidente: in se-
condo luogo, perchè essi, simboleggiando anche le sue
idee, davano ad esse un risalto maggiore. Infatti il Werner
mise spesso in bocca loro i sermoneggiamenti che tanto
gli stavano a cuore, fece che essi, rivelando le mistiche
verità, manifestassero il senso occulto della storia che si
svolgeva. L'indole loro di esseri celesti dava alle verità
promulgate una autorità maggiore. Oltracciò in tal maniera
si allargava e complicava l'azione in visioni grandiose,
verso di cui la sua fantasia inclinava, e ciò appagava un
suo bisogno tanto più fortemente sentito, inquantochè esso
non era solo un bisogno della fantasia, ma un bisogno
sentimentale, nato dalla coscienza di essersi accostato ai
problemi più vasti, più sostanziali non pur della vita
umana, ma della vita universa.
La necessità di sfoggicir tutta la tavolozza per rappre-
sentar tempi lontani e forme di vita diverse dalle attuali^
90 Zacharias Werner
la necessità di estendersi nella psicologia dei personaggi
perchè essi nella loro anomalia presentino maggiori ap-
paienze di realtà, la necessità di introdur molti personaggi
perchè la tragedia abbia veramente quel valor tipico e
simbolico che il Werner le vuol dare, la compiacenza di
abbondare nella pittura del suo estetico cattolicismo, l'am-
plificazione del dramma per la sovrapposizione di un'azione
divina alla azione umana, la ricordata naturale spontanea
tendenza al vasto e al grandioso nelle concezioni delle
sue opere — tutte queste ragioni rendono il dramma
w^erneriano molto complesso. Vi si aggiungano le discus-
sioni e le prediche, vi si aggiunga il fatto che il Werner,
per render meno pesanti i suoi insegnamenti, li veste di
immagini e li presenta in forme simboliche in Ballate,
Canti e Allegorie, che dissemina qua e là nella sua opera,
dove gli par meglio opportuno — e si avrà un'idea della
condensazione, o meglio, compressione continua con cui
il Werner è poi costretto a procedere nella composizione
delle sue tragedie.
E, poiché egli stesso avverte la miscela di elementi
eterogenei da cui il suo dramma risulta, così si sforza di
portarvi unità. Per una parte avete un dilagar dell'azione
in divagazioni liriche, didattiche, epiche, e per l'altra
parte un costante e tenace rimaner presso dell'azione prin-
cipale : « Ich suche die Handlung so klar als mòglich fort-
zufùhren und von Episoden so rein als mòglich zu
halten » (27). E mentre trovate in realtà nel suo dramma
un dilatarsi di tutte le situazioni in tutti i sensi, vi trovate
invece rari episodi. Il nitido svolgimento dell'azione prin-
(27) Teichmann, op. cit., p. 303.
// dramma 91
cipale diventa quindi una specie di colonna vertebrale
intorno a cui viene organizzato l'insieme.
Il senso di unità organica che il lettore o uditore riceve,
ha però un'altra origine. Esso deriva da una specie di
fiamma lirica che pervade tutti gli elementi dell'opera.
Scompariva nell'antico dramma il poeta dietro i fantasmi
che creava: ora vi si mescola portandovi un tumulto di
sentimenti e di idee, che la rappresentazione degli avve-
nimenti eccita. Questi sentimenti e queste idee sono che
uniscono e confondono tutto quanto. Confondono, anche
dando alla pcirola il suo senso traslato: e il Werner lo
sa, ma riconosce in questa confusione l'indice della ge-
nialità: « Das Genialische ist nicht eine Zeichnung in
Umrissen, es ist ein durch Schmelz und Sinn der Farben
wiedergegebenes lebendiges Gemàlde » (28). Non soltanto
in teoria professava egli l'opinione che l'effetto della poesia
deve esser considerato nella sua totalità, perchè soltanto
nella totalità è la vita : egli cerca di metterlo in pratica.
E protesta anche praticamente contro coloro che con tal
metodo lo criticano. L'unità di un'opera di poesia non è
« una unità logica e geometrica », ma una unità vivente:
non bisogna sopprimerla per cercar d'intenderla.
Quest'onda lirica irruente nuocerà alla teatralità del-
l'opera, ma non nuoce in realtà alla vita vera dell'in-
sieme. Essa stonerebbe in un dramma storico-realistico:
che cosa può aver da mescolare il poeta entro la rap-
presentcìzione di una storia di passione e di uomini che
esso tolse alla realtà della vita? Il dramma nato cosi
(28) Risposta dello IfflaND cit., « B lattar i. 1. U. » (cit.), 1834,
p. 1 178. Anche lo Iffland accetta questo punto di vista Werneriano,
sebbene muova al suo Kreutz an der Ostsee molte altre critiche.
92 Zacharias Werner
esclude ogni invasione di soggettivismo ; il dramma invece
nato come espressione di una tragedia di pensiero, che
nell'anima dell'autore si combatte, la permette, almeno fino
a un certo segno, e anzi fino a un certo segno la esige.
Questo elemento lirico fa un po' la parte del coro nella
tragedia greca: ma invece di dar le impressioni degli
spettatori, dà la commozione dell'autore, e, invece di
esser ordinatamente disposto nella tecnica del dramma, è
disperso e fuso nell'insieme dell'opera per mezzo di di-
versi personaggi, come vedremo. Questo fatto lascierà
concludere che il dramma non ha più la purità di linee
della tragedia classica: ma ha la poesia moderna in ge-
nerale questa purità? Ed è essa elemento sostanziale, in-
dispensabile ? il Werner passa spesso il segno in quanto
che opprime lo sviluppo dell'azione entro l'avvolgimento
lirico invece di dar soltanto una specie di accompagna-
mento, in quanto che non inserisce soltanto lirica susci-
tata dalla impressione degli avvenimenti descritti, ma in-
vece nata direttamente dall'entusiasmo suo per l'idea onde
il suo dramma sorse: la fusione dei due elementi non è
in lui avvenuta: è come in un'opera, in cui vi sia un irre-
golare alterno dominio dell'orchestra sul canto, e del canto
sull'orchestra, senza alcun principio fisso e senza alcuna
ragione speciale: eppure è innegabile che, senza quel-
l'onda lirica che tutto investe e sospinge, l'armonia rela-
tiva fra pensiero e rappresentazione che nel dramma esiste,
non sarebbe stata raggiunta.
La tragedia mistica del Werner è una lotta risultante
da una serie di successive lotte particolari e parziali :
queste lotte si sciolgono nel raggiungimento di una ve-
rità e la lirica è espressione naturale di questi raggiun-
gimenti. La tragedia risulta da una serie di momenti sue-
// dramma 93
cessivi: la lirica è la conclusione poetica di tali momenti.
Superata la prima lotta, si incomincia una seconda, la
cui condizione è la vittoria nella lotta precedente: anche
questa nuova lotta si scioglie in una conclusione lirica. La
lirica unisce un momento all'altro e segna il trapasso,
così come essa unisce l'idea al simbolo.
La lirica termina il dramma, perchè il dramma è a
fine felice. A fine felice, perchè termina con la morte (29).
La morte essendo il sogno verso cui tutti tendono, essa non
è più rappresentata — come avveniva nelle altre tragedie
— come una sconfitta in cui i personaggi soggiacevano
al loro destino: essa è rappresentata come una vittoria.
E la vittoria va coronata dall'inno. Il dramma werneriano
termina quindi con una lirica « Verklàrung », come l'opera
a lieto fine termina con l'apoteosi.
Si deve riconoscere dunque al Werner una serietà e
nobiltà di intenti e una sincera fermezza nei suoi tenta-
(29) Lo Irmler, Der Einfluss der Mystik auf Zacharias Wemers
Drama cit., disputa a lungo sopra questo fatto e muove critiche perchè nel
Werner la morte non compar come espiazione di una colpa. E questo
che importa? Forse che l'essenza della tragedia è in una colpa com-
messa che si espia? Ribatteva già queste osservazioni lo SCHLEGEL
nelle «Wiener Vorlesungen » (11, 188 f .) :
« Man hat hieraus (contro la condanna della tragedia del martirio fatta
da Lessing a proposito del Polyeucte di Comeille) folgen v^ollen,
das Martertum sei iiberhaupt ein ungiìnstiger Gegenstand fiir die Tra-
gedie. Mit grossen Unrecht. Die Freudigkeit, womit die Martyres in
Qual und Tod gingen, war nicht Unempfìndlichkeit, sondern der Hel-
denmut der hòchsten Liebe : sie mussten zuvor in unaussprechlich
schmerzlichen Kàmpfen den Sieg uber jede irdische Anhanglichkeit
erringen, und durch die Darstellung dieser Kampfe, dieser Aengstigung
der sterblichen Natur, wàhrend der Seraph sich zum Himmel schwingt,
kann der Dichter die innigste Fuhrung erwecken » .
94 Zacharias Werner
rivi verso un suo proprio dramma. Calava entro di se
quando scriveva e perseguiva il fantasma che passava din-
nanzi alla sua immaginazione: « Man gebe mir hòchsten
drei Monate — scriveva alFIffland mentre attendeva al
Kreutz an der Ostsee — um geschàft- und sorgenlos in
mein Inneres zuriickzukehren und mein Schauspiel ist vol-
lendet » (30). Credendo santa la sua missione, si donava
a lei tutto quanto.
11 punto di partenza del Werner verso questi tentativi
di originalità fu lo Schiller (31). Per quanto infatti egli
legga Shakespeare e il Goethe è il Tieck e il Calderon,
tien però sopratutto fìssi su di lui i suoi sguardi. Riconosce
la nobiltà della sua anima e la sincerità del suo idealismo ;
non ne può condivider più le idee, ma pur s*accorda con lui
nel considerar l'arte e la poesia come un'educazione del-
l'anima umana ad una nobile vita, come il solo campo della
attività umana in cui ragione e sentimento sono in per-
fetta armonia : ha, come lui, un'alta idea del poeta e della
sua missione, e vuol, come lui, che il poeta fonda l'ideale
nella realtà. E sopratutto ammira in lui la sua potenza
drammatica: anche l'elemento declamatorio e predicatorio
(30) V. Teichmann, op. cit., p. 308.
(31) Sull'influenza dello Schiller v. MlNOR, Die Schicksalstragodie
cit., passim, a proposito dei singoli drammi, e Das Schicksaldrama
nella Kurschners D. N. L., Einleìtung ; ma sopratutto v. Frankel, Die
Weìhe der Kraft, passim, a proposito dei singoli aspetti della tecnica
del dramma da lui esaminato, con riferimenti numerosi agli altri drammi.
V. inoltre anche F. DegENHART, Z. Wemers Stil. Progr. Eichstàdt,
1899, e Neue Breiirage zu Z. Wemers Stil. Progr. Eichstàdt, 1907.
// dramma 95
che talora nello Schiller si trova, corrisponde alla sua
maniera di vedere il dramma e alla necessità sua di
servirsene. Ed egli sogna di diventarne il successore :
« Was sagen Sie zu Schillers Tode? Er hat mich wie
Blei befallen — scrive allo Scheffner — Wie kurz ist das
Leben ! Welcher Posten ist jetzt vacant ! Das waren die
ersten Eindrùcke, deren ich mir bewusst bin. ÌVie viel hat
jeder, der nur cine Ahnung von deutscher Literatur hat, ihm
zu verdanken ! Ich bemitleide die Narren, die auf ihn
hohnlàchelnd herauf — nicht herabsehen: zum letzteren
stehen sie zu tief. IVas habe ich ihm nicht alles zu ver-
dankcn! Wie weit bin ich hinter ihm! Der Mensch ist
37 Jahre alt geworden und hat acht Meisterstiìcke hinter-
lassen : ich zahle 36 ^U Jahre und habe I V^ confuse
Trauerspiele gemacht. — O Gott ! o Gott ! Unser Wissen
und unser Streben ist Stùckw^erk ! » (32). Nessun elogio
lo lusinga di più che quello dello Iffland, parer egli nato
per riempir la lacuna che la morte dello Schiller ha la-
sciato nella letteratura tedesca. Tien presenti i drammi di
lui mentre scrive i suoi proprii: ne trae insegnamento pro-
ficuo per la costruzione scenica di essi, ne trae spunto
per le sue situazioni : li legge e studia così bene che
movenze e frasi e immagini schilleriane passano nella sua
opera: li considera in molta parte come modelli di te-
cnica teatrale e si richiama ad essi per giustificare la
forma che ha dato ai drammi suoi : si ingegna anche di
metter il suo proprio pensiero a contatto con il pensiero
di lui : rievocando dinnanzi al pubblico di Berlino la sua
figura, sfrutta quella analogia che abbiam sopra ricordata
(32) Allo ScHEFFNER. « Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1181.
96 Zacharias Werner
nella concezione delFarte e della funzione del poeta, ri-
chiama i pensieri espressi dallo Schiller nei Worte des
Glauhens e riduce la fede di lui a quel culto dell'arte,
della bellezza e di Dio, che forma il suo proprio (33).
Pure, malgrado quest'influsso forte e tenace, non si lasciò
deviare: sentiva in se un artista minore, ma il cultore di
un genere d'arte che credeva più alto (34), e questo suo
proprio ideale d'arte e il suo pensiero lo possedevano
così che egli non poteva altrimenti procedere alla compo-
sizione delle sue opere, che seguendo le sue proprie
idee (35). Gli influssi schilleriani furono quindi esteriori,
utili alla estrinsecazione delle sue idee e dei suoi fan-
tasmi, esempi di struttura scenica e di tecnica drammatica,
che in ogni genere di dramma si possono ugualmente
sfruttare (36).
Lo Schiller maturo, avvicinantesi al classicismo greco,
sognante un ideale di poesia armonicamente composta
in impassibile serenità di linee, gli impose più dello
Schiller anteriore, ed egli ricorda il Wallenstein nelle
sue lettere con la massima frequenza: ma tra questo
tipo di dramma e il suo vi è un abisso, volti come sono
per direzioni opposte (37). Più s'accorderebbe invece il
(33) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 127.
(34) Cfr. «Blàtter f. 1. U. », 1834. p. 1183.
(35) «Blatter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1179; cfr. quanto nel prossimo
capitolo dovrò esporre sul Kreutz an der Ostsee.
(36) In questo senso gli vedremo infatti stabilire continui raffronti tra
l'opera sua e quella schilleriana ; in questo senso ancora esprimeva la
sua ammirazione per lui nel 1820 pubblicando la Mutter der Makkobder,
a Ausgewàhlte Schrifteny>, X. p. Vili.
(37) È quanto non videro gli studiosi sopra citati o almeno non mi-
sero in luce.
// dramma . 97
dramma degli « Stùrmer und Drànger », ugualmente do-
minato da idee, impostcìzione e risoluzione di un pro-
blema sociale, libero nella sua costruzione e facente larga
pcirte alla enfasi lirica, tendente sopratutto alla rappresen-
tazione caratteristica : ma il problema che là era posto
era un problema particolare che si presenta come conse-
guenza logica di verità generalmente ammesse: le idee,
che vi venivano offerte, non toccavano le quistioni mas-
sime, non mutavano sostanzialmente Taspetto della vita,
ed erano spesso diverse dalle sue. Oltracciò il dranmia
non riposava completamente su di esse, in quanto che
la realtà che il poeta dipingeva non era da esse condi-
zionata. Vi si predicherà infatti un vangelo di dignità
e di libertà umana e scatuiirà un insegnamento di rinno-
vazione dallo svolgimento del dranuna: ma la realtà vi
vien rappresentata come essa è, e la visione di questa
realtà è l'ultimo fondamento su cui il dramma posa,
non le idee che il poeta porta nel suo capo. Da questa
diversità primitiva deriva naturalmente una divergenza di
tutte le qualità, che vedemmo nascere dal modo come il
dranmia werneriano è impostato e che sarebbe qui inu-
tile di nuovamente enumerare. L'obiettivo dramma della
seconda maniera imponeva invece al Werner per la sua
grandiosità e sopratutto gli pareva modello dal punto di
vista formale.
Partito dallo Schiller, il Werner s'accostò poi nel suo
procedimento d'arte ai romantici, come loro in parte si
accostava nelle idee e in parte nell'indole stessa del suo
mondo fantastico. Non vi trovate solo lo stesso simbo-
lismo, lo stesso soggetto medioevale, la stessa tinta mi-
stica, lo stesso cattolicismo, la stessa invasione lirica, lo
stesso soprannaturale, come già vedemmo ; vi trovate anche,
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 7
98 Zacharias Werner
in parte, una analoga struttura della tragedia. Ben lo ri-
conosceva lo Iffland quando gli respingeva il Kreutz an
der Ostsee pur riconoscendone i pregi, perchè gli pa-
reva inadatto per la scena, e quando, criticandogli Wanda,
gli scriveva con aperto biasimo: « Werner sinkt zu
Tieck » (38). Poiché egli era sincero, se analoga era la
loro estetica, anche le loro creazioni dovevano incontrarsi.
Prima di tutto vi è lo stesso procedere dall'interiore al-
l'esteriore senza mirare ad altro che ad esprimere con la
maggior pienezza possibile quanto nell'anima e nella fan-
tasia si agita, senza cercar di adattare la propria crea-
zione a un ideale di bellezza formale preesistente alla
concezione di essa. E questo ha poi una più appariscente
conseguenza. Poiché l'origine del dramma è in idee
proprie del poeta, in un suo sentimento personale, e perchè
quindi la unità del dramma è una unità di « Stimmung »,
così ne deriva naturalmente e necessariamente una forte in-
clinazione al pittoresco ; quella inclinazione, che i romantici
predicavano come qualità distintiva dell'arte moderna.
Finché il dramma era semplicemente un conflitto di pas-
sioni, poteva questo e doveva concentrarsi tutto in un
gruppo d'azione esplicantesi con la massima evidenza di
forme : divenuto esso invece la espressione di una gene-
rale visione della vita, ne nasce la necessità di un di-
latarsi in una multiformità di aspetti: l'effetto che prima
nasceva dalla centralizzazione, nasce ora dalla decentra-
lizzazione ed è quindi un effetto più pittorico che scul-
torio.
Così si avrà prima di tutto una generale pittura d'am-
(38) Teichmann cit., p. 325 e «Blàtter f. 1. U. ». 1834. p. 1178.
// dramma 99
I
biente, con i colori più vivi che la tavolozza del Werner
possiede. Non son soltanto genti di tempi r-emoti quelle
che egli descrive, ma genti ancor mezzo selvaggie in
terre lontane, viventi con costumi ancor primitivi ma ori-
ginali : Polacchi, Unni, Prussiani : uno stato di civiltà
ancor vicino alla natura. L'unica verità storica, di cui il
Werner un pò* si preoccupa, è questa verità di color lo-
cale, su di cui anche i romantici assai insistevano: i
personaggi principali devono staccarsi da questo sfondo
perchè possano avere un valor tipico, e questo sfondo
deve esser dipinto con vivacità e ricchezza affinchè il
quadro intero abbia vita. Poiché la religione, qual che
essa sia, domina questi uomini, ed essi hanno fantasia
vivace, si può scapricciar la fantasia del Werner nella
descrizione di riti e cerimonie singolari: i riti vari, ch'egli
trovava descritti nelle opere di storia, servono come base,
su cui egli va liberamente immaginando oltre, preoc-
cupato soltanto di conservare il tono generale. Eccitata
dal sentimento religioso, la fantasia delle sue creature si
slancia oltre i confini del mistero, interpreta i fenomeni
della natura e della umana vita: il Werner ha occasione
nelle preghiere loro di mostrare anche in forme rozze e
primitive quel simbolismo mistico che egli va predicando.
Ne nascono scene di un colore esotico e nello stesso
tempo pomposo e una visione singolare della natura si af-
faccia entro famtasticherie strane e ardite. Queste scene
sono come accordi che conducono al dramma vero e
proprio: intrecciandovisi, esse vi portano in molta parte
quella « Stimmung » vivace che la lirica sola non baste-
rebbe a dare.
Quanto il Werner si preoccupi di questo pittoresco, pos-
sono mostrare le didascalie numerose e molto abbondanti.
100 Zacharias Werner
Egli sceglie i colori delle stoffe e dei mobili, determina e
fissa i paesaggi, si indugia a descriver forme e movenze :
cerca la decorazione ricca, opulenta. E tira in ballo l'uni-
verso intero : non gli basta di metter in scena un urto di
civiltà o un urto di religioni, non gli basta di tirare in
ballo Dio e gli angeli e tutti i santi : cerca anche con
descrizioni naturali d'intensificare la « Stimmung », come
più tardi meglio vedremo. E, anche in questo, seguendo
gli insegnamenti romantici, non si limita alla poesia, si
vale delle altre arti: vuol far della poesia una pittura e
ne vuol far una musica. E della musica e della pittura
si giova ampiamente e direttamente (39).
Della pittura ha lo stesso senso che ne hanno i ro-
mantici: vi vede, come essi, più una sinfonia di colori che
disegno, o, se si vuole, trova, come essi, la forma nel co-
lore: condivide il culto dell'antica arte religiosa su cui
Friedrich Schlegel costruì nell'Europa teorie, che egli
accolse (40) ; celebra in Colonia il centro dell'antica arte
tedesca (41). E crede anch'egli che dai quadri si sprigioni
una misteriosa virtù fascinatrice, indefinita e indefinibile,
che strappa l'uomo alla sua piccola vita, per farlo as-
surgere al presentimento della bellezza celeste (42). Nel
(39) Cfr. su questo il FraNKEL, op. cit., cap. VI.
(40) All'HlTZIG, Amgew. Schriften, XIII. p. 28 e nei Tagebucher i
passi riguardanti l'arte.
(41) Allo SCHEFFNER. « Blàtter f. 1. U. », 1834, p. 1346.
(42) Non fu studiata ancora la posizione presa dal Werner di fronte
al problema artistico. Un'indagine mostrerebbe come, tratto dapprima
allo Heinse dalla affinità di temperamento, si venne a poco a poco
spiritualizzando attraverso il Wackenroder e Friedrich Schlegel. Il fondo
però del suo sentimento artistico restò sempre, malgrado le esaltazioni
mistiche, specialmente sensuale.
Il dramma 101
Kreutz an der Ostsee l'immagine di Sant'Adalberto ri-
vela a Warmio e a Malgona, al vescovo Christian e alla
regina Agaphia i segreti divini; nella Weihe der Kraft
si ripete l'espediente per l'immagine di San Sebastiano
e si innalza un inno wackenroderiano :
Diese schònen Bilder,
Sie malten uns die schone alte Zeit,
Die jetzt erwacht in sciion gewordner Welt
Mit Sturmgebraus', wie 's Wetter jenen Abend.
Ma più che della pittura si serve anch'egli della mu-
sica : « Die Musik ist die hòchste aller Kunste desshalb,
w^eil bei ihr gar nichts zu verstehen ist, und sie, so zu
sagen, das Universum mit uns in unmittelbares Rapport
setzt » (43). Fa incomincicu^e il dramma con una ouverture,
riempie gli intermezzi con musica orchestrale, introduce
suoni di campane e suoni d'arpe durante la scena allo
scopo di moltiplicare l'effetto della situazione, fa mettere
in musica cori, duetti e monologhi, e la musica diventa
un elemento importante nella composizione d'insieme, nel-
l'intonazione che il dramma riceve, nell'unità di « Stim-
mung » che a tutto si imprime. Quando la compagnia
dell'Hofmann suscita maggior fervore nei suoi sogni mu-
sicali, inmiagina la musica come elemento sostanziale per
poter evocare completamente i giganteschi fantasmi di
quella che fu una delle sue più grandi concezioni, e trova
nell'Hoffmann stesso l'amico, che, ammaliatQ dall'idea^
compone con lui la musica dell'opera (44).
E la musica è anche uno degli elementi sostanziali per
(43) « Gesellschafter », 1837, p. 58.
(44) È il Kreutz an der Ostsee, di cui parleremo.
102 Zacharias Werner
dare al dramma la tinta religiosa: sequenze sacre, canti
religiosi, melodie liturgiche vengon profuse dal Werner
nelle sue scene, ogni qualvolta gli sembri opportuno.
Il dramma già melodrammatico sotto altri aspetti assume
talora la fìsonomia d'un*opera lirica. E il Werner, conscio
di questa sua maniera di composizione, ne sente anche
gli inconvenienti, ma la giudica corrispondente allo spi-
rito che egli nella sua opera vuole infondere : i suoi
drammi, dice, sono « in romantischem Geiste gehalten,
mit Prunk, Szenerie, und vv^as sonst den Haufen mehrt,
nicht sparsam versehen » (43).
E s'accosta ai Romantici anche nell'uso dei metri. Ri-
conosce che il verso giambico si è mostrato nella lingua
tedesca come il verso tragico per eccellenza e che esso
deve quindi dominare nel dramma: ma la miscela dei ge-
neri letterari, l' inclinazione al pittoresco, la fusione di
elementi diversi nella sua opera gli rendono l'uso anche
di metri diversi indispensabile. Variare i metri è, dice,
un variare la « Stimmung » lasciandola in fondo sempre
identica. Ed egli scrive, polemizzando con lo Iffland, su
questo argomento : « Ich habe, nach inniger Uebei'zeugung
von der Notwendigkeit im hohen Tragischen, nebst den
den Grundton ausmachenden Jamben wechselnde Versar-
ten gebraucht » (46). E mette naturalmente a profìtto il rin-
frescamento delle strofe romanze che il Tieck e lo Schlegel
(45) Queste parole rivolte allo Iffland («Blatter f. 1. U. ». 1834,
p. 1 178) hanno lo scopo di sostener l'efficacia scenica del dramma che
il Werner ha composto e difende. Che non si tratti però soltanto di
artifizi scenici può mostrar facilmente un confronto con la Genovefa,
lo Zerbino, VOctavìanus e il Gestiejelter Kater.
(46) Allo Iffland. Teichmann, ibid., p. 1178.
// dramma 103
e i romantici avevano fatto di recente. Prevalgono queste
strofe nella sua vera e propria lirica, ed eccellono sopra
le altre forme metriche i sonetti, forse un pò* troppo ri-
gidi e un po' troppo rimbombanti, ma pieni di sicurezza
e di vigore: di strofe romanze e romantiche fiorisce anche
il suo dramma continuamente : terzine, nella cui sonorità un
po' aspra e massiccia riconoscete il lettore appassionato
di Dante, sestine, quartine, ottave, strofe di canzone si
alternano col verso allitterato del « Nibelungenlied » e coi
serbici trochei: la rima è sfoggiata con un grande lusso
di rime ricche.
E la musicalità trionfa nelle sue opere, come presso i
romantici, in ogni maniera. Madama di Staèl ne era ra-
pita: « La versification de Werner est pleine des admi-
rables secrets de l'harmonie, et l'on ne saurait donner en
fran^ais l'idée de son talent à cet égard » (47). Quanta
importanza assegnassero i romantici alla musicalità nell'ef-
fetto della poesia, nella produzione di quell'incantamento,
che essi alla poesia domandavano, è noto: non sognaron
pei primi una poesia che fosse musica e che riuscisse a
rivelar ciò che riempie l'anima del cantore senza che le
parole avessero un preciso concreto significato? E anche
il Werner scrive: « Daher kònnte ich dir mit kurzen
Worten das Wesen der neuen Kunst so defìnirien: sie
strebt die Poesie zur Musik zu veredeln » (48). Par che
la materialità della parola, determinando e precisando,
rompa l'incanto in cui il poeta si trova e renda etereo
(47) De l'Allemagne, II. eh. XXIV.
(48) V. « Gesellschaf ter » , 1837, p. 58, sulla prima scena del Kreutz
an der Ostsee l'ironia deirHoFFMANN, Serapionsbriider. Berlin, 1824,
IV. p. 173.
Zacharias Werner
ciò che e volgare. La lirica del Tieck trae la sua effi-
cacia e la sua debolezza appunto dalla sua musicalità e da
un vago ondeggiar di immagini a contorni indeterminati
che il ritmo e l'armonia delle parole uniscono: forza, perchè
vi è slancio e volo e come uno schiudersi dell'anima del
poeta nella luce crepuscolare in cui egli indugia con le
sue armonie; debolezza, perchè manca la forza rappre-
sentativa, e v'è ripetizione e disorganismo, ed è cosa che
stanca non veder mai bene ciò che il poeta vi vuol dire.
Nel Werner avete un analogo regno dell'armonia: talora
le immagini si confondono l'una nell'altra e il pensiero si
ripete e si diluisce, ma il sentimento si esprime nella si-
cura onda ritmica e nell'armonia piena e varia. Scrive la
Staèl intorno all'armonia dei « Cori delle Vergini » in
14^ arida : « Le poète sait changer l'allemand en une
langue molle et douce, que ces ombres fatiguées et désin-
téressées articulent avec des sons à demi formés: tous les
mots qu'elles prononcent, toutes les rimes des vers sont,
pour ainsi dire, vaporeuses. Le sens aussi des paroles est
adapté à la situa tion: elles peignent si bien un froid
repos, un terne regard 1 On y entend le ressentiment
lointain de la vie, et le pale reflet des impressions effacées
jette sur toute la nature comme un voile de nuage » (49).
E per la bocca della Staèl parla ora Schlegel, parla
il romanticismo a cui ella si è convertita. Iffland invece
se ne stancava, e quasi la rompeva col Werner in una
lettera aspramente critica e in qualche istante amara pre-
cisamente per questi cori e per questa lirica, per questa
musicalità che par talora fine a sé stessa e perciò al
(49) Allerrtagne, parte II, cap. XXIV.
// dramma 105
grande attore psureva vuota, ed era in realtà supremamente
antiteatrale. Così egli, rifiutandogli la rappresentazione del
Wanda, lamenterà che egli sprechi il suo genio.
Se però fra il dramma del Werner e i drammi roman-
tici esistono tante analogie, pure anche formalmente il
Werner finisce col separarsi da loro. Ne era possibile
che lo scolaro dello Schiller si potesse con essi identi-
ficare.
Prima di tutto disdegnarono i romantici come cosa in-
degna di vero poeta indulgere alle esigenze della scena
e al gusto del pubblico : si offersero bensì, quando si pre-
sentò l'occasione, di far per la scena delle rielaborazioni (50),
ma crearono sempre le loro opere indipendentemente da
tali riguardi e senso teatrale vero non mostrarono anche
nelle rielaborazioni mai. Nel Werner invece tal senso fu
sempre assai forte. Non solo egli apprezza dello Shake-
speare, accanto alla autonomia di genialità creatrice così
cara agli Schlegel, anche la eccezionale virtù dramma-
tica, ma egli rispetta e, fino a un certo segno, stima
perfino il Kotzebue, malgrado tutti gli attacchi che gli vede
muovere, ed esalta lo Iffland « den grossen Meister »,
« den grossen Theaterkiinstler » (51).
(50) V. su questa curiosa smania dei romantici di vedersi rappresen-
tati, malgrado il loro sprezzante atteggiamento, una lettera del Tieck
allo Iffland nel Teichmann cit. Cfr. sull'argomento E. GroSS, Die
altere Romantik und das Theater. Theatergeschichtliche Forschungen,
IV, Berlin. 1910.
(51) V. nel Teichmann (cit.) la sua prima lettera allo Iffland, e
V. «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1177-79.
Per la stima che il Werner aveva del KoTZEBUE, cfr. «Blatter
f. I. U. », 1834, pp. 1178, 1182, etc. Non vi è fra le due espressioni
« Tief heruntergekommen » e « ich schatze ihn » nessuna contraddizione»
106 Zacharias Werner
Il senso scenico gli era innato e il suo grande interesse
e quel suo precoce bazzicare sui palchi teatrali lo avevano
anche più sviluppato (52). La condanna che i romantici ne
facevano non poteva condividere neppure in teoria : voleva
agire sul popolo e questo era l'unico mezzo: il fine alto
nobilitava il mezzo (53). E gli era d'altronde una ne-
cessità di creazione. I Sòhne des Tales sono il solo
dramma che egli abbia composto senza aver lo scopo
preciso di venir rappresentato (54), ed anche in essi vi son
parecchie scene, dove si sente che la visione del pubblico
era presente al poeta. Sul Kreutz an der Ostsee scri-
veva: « Es enthàlt mehrere Szenen die, meiner Kenntni^s
der Biihne nach, bei gehòriger Darstellung, von vieler
Wirkung sein miissten, wie es iibrigens ganz mit Riick-
sicht auf Natur und Eigenart der Bùhne bearbeitet ist » (55).
L'elogio è da lui ripetuto per tutti i suoi drammi, quando
egli, avendoli composti, li annunzia ai conoscenti e ammi-
ratori (56). Egli intitola le sue composizioni « romantische
Tragòdien » e il sogno suo fu di comporre un teatro ro-
mantico, ma fatto, in contraddizione coi romantici, per esser
rappresentato con successo sopra la scena (57).
perchè la prima allude all'assenza di vera ispirazione e specialmente
all'assenza di spirito religioso in lui — e la seconda si riferisce invece
a quella teatralità che nel Kotzebue nessuno può negare,
(52) Cfr. lettera allo Iffland nel TeichmanN, op. cit., p. 291 e segg.
(53) V. a questo proposito particolarmente la lettera allo Scheffner
a proposito del Kreutz an der Ostsee « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1178-
1 183. Vi si trovano espresse tutte quelle idee che io qui espongo.
(54) Teichmann, op. cit., p. 291.
(55) Ibid.. p. 303.
(56) Cfr. ibid. le lettere a proposito della Weihe der Kraft, della
Wanda, del 24. Februar.
(57) Egli vuole « zum Mittler dienen zw^ischen der atherischen Kunst
and der holzernen Biihne», «Blatter f. 1. U. », 1834 cit., p. 1179.
// dramma 107
Conseguenza di questo suo bisogno e di questo suo
intento è in parte quella purità di svolgimento dell'azione
che già innanzi rilevammo. Conseguenza ulteriore è il suo
atteggiamento di fronte alle questioni allora tanto dibattute
dell'unità di tempo e di luogo (58). Egli non le accetta
teoricamente e non le osserva in pratica per principio,
ma non abusa della sua libertà, come il Tieck faceva.
Mostra una libertà maggiore rispetto alla unità di luogo,
perchè essa non importa una interruzione dell'azione, e la
distrazione, che il lettore riceve dal cambiamento di scena,
è largamente compensata dalla maggior vivacità di rap-
presentazione che si può ottenere, facendo svolger quasi
tutta l'azione davanti all'uditorio. Rispetta invece l'unità
di tempo nei Sòhne des Tales, in Wanda, in At-
tila, in Kunigunde, nel 24. Februar e non se ne al-
lontana troppo nella Weihe der Kraft e nel Kreutz an
der Ostsee : egli non vi può rinunziare perchè sente
la necessità di condensare l'effetto, per afferrare l'animo
degli spettatori con una emozione unica, intensa : i
drammi a tempo libero possono fare un'impressione più
profonda e più complessa, ma non teatralmente così forte.
Questo limite di tempo, che egli si impone, fa anche sì
che egli, per una parte, vi condensi una quantità di avve-
nimenti, e che, per l'altra parte, non rappresenti tutto il
divenire dell'azione, ma ne scelga il momento critico, in
cui essa si scioglie nella catastrofe finale. Cosa anche
questa antiromantica.
E la stessa osservazione si deve ripetere per altri fra
(58) Cfr. FraNKEL, Zur (.i Weihe der Kraft y> clt., p. 26 e seg. Il
Frànkel espone il modo come il Werner si comporta di fronte a
108 Zacharìas Werner
i principi che i romantici sostennero e professarono (59).
Così prima di tutto la miscela del comico e del tragico»
che è presso i romantici uno degli elementi che danno
al dramma varietà, pienezza e multiformità, ed è spesso
anche la forma in cui l'ironia romantica si manifesta, con
una voluta e capricciosa distruzione, che il poeta stesso
compie, di quel pathos che egli ha suscitato. Il Werner,
che vedemmo confonder senza scrupoli i confini delle
arti e dei generi letterari, non se ne trattiene per pre-
giudizio : nel momento della massima tensione, nell'ultimo
atto del Kreutz an der Ostsee, quando l'azione terrena
e l'azione mistica incrociate e fuse hanno raggiunto il
punto estremo della crisi e lo scioglimento immane oramai è
inevitabile, egli inserisce l'episodio della giovane barcaiola
con i suoi comici ragionari e la tragica, eroica azione
finale: anche l'esempio dello Shakespeare, da lui ammi-
ratissimo attraverso la traduzione dello Schlegel, contribuì
verosimilmente a liberarlo da ogni preconcetto. Ma, come
egli non accoglie la teoria romantica dell'ironia (60), così
la pratica lo allontanò sempre più da un tale uso. Anzi-
questa questione, senza però connetterla cogli altri lati dell'estetica e
dell'arte Werneriana, mentre il fatto può soltanto in tale modo venir
pienamente inteso.
(59) Come infatti il romanzo romantico è un « Bildungsroman », così
è anche il dramma un « Bildungsdrama » : voler ridurre a questa qua-
lità il dramma romantico, come fa il WendriNER (op. cit., p. 34), è un
falsarne il carattere, perchè la base ne è in una unità lirica, che non si
esprime soltanto nella « Bildung » del carattere principale, ma in una
complessa libera struttura che permette al poeta di tutto espandersi : essa
ne è uno dei caratteri fondamentali. Questo carattere imp>edisce però ai
romantici quel concentramento di cui qui parlammo, e di cui il Werner
si serve specialmente a scopo teatrale.
(60) Cfr. Capitolo I. p. 67.
// dramma 109
tutto, pieno com'era della sua missione sacerdotale, come
poteva indugiar volentieri presso lo schei"zo e il riso ?
Che cosa potevano aver in comune con il comico la sua
azione simbolica e sacra, la sua predicazione mistica ? Il
misticismo è esclusivo, dominatore, non fa giustizia, come
i romantici facevano, alle altre forme di vita. In secondo
luogo poi neppur la sua fantasia e neppur la sua natura
amavano tali scene. La natura sconvolta e agitata lo por-
tava a veder con occhi seri le cose, la fantasia amava il
grande, l'intenso, lo scoppiar delle passioni, il violento
urtarsi degli avvenimenti. E a poco a poco il comico fu
bandito per lasciar che l'unità di « Stimmung » tragica si
imponesse a tutto e dominasse tiranna e determinasse il
dramma intero con veemenza crescente.
Lo stesso avviene per l'uso del verso e della prosa. Se
il Werner accetta tante scene di realtà nell'opera sua, se
volge la sua attenzione ai caratteri degli individui e al pro-
blema psicologico mirando a dar dei cau-atteri vivi e ben
determinati (61), non vi è ragione, perchè egli escludesse
la prosa, usata tanto dagli « Stùrmer » e usata insieme col
verso dallo Shakespeare. Pure egli usa sempre il verso e
lo usa per una specie di necessità interiore : potreste dire
che pensa in verso. La prosa è un linguaggio troppo quo-
tidiano e troppo volgare per le verità alte che egli vuol
promulgare, per le ascensioni mistiche che egli vuole de-
scrivere : quando egli ascende al mondo dei suoi fantasmi,
avviene in lui quasi una trasformazione; gli par di avvi-
cinarsi a un mondo superiore e la prosa non basta più
(61) TeichmaNN cit., p. 203. Egli vi scrive allo Iffland che la sua
fantasia inclina a « charakteristisch zu marlciren».
1 10 Zacharias Werner
ad esprimere anche le cose più semplici: il linguaggio
poetico è una specie di incanto, che vale a togliere il
lettore dalla piccola realtà che lo circonda e che è ne-
cessario sia costante, perchè il lettore venga continua-
mente riportato nel mondo superiore che il poeta gli
svela, e non si distrugga quello stato d'animo che al
godimento dell'opera è necessario. D'altronde, data l'in-
dole essenzialmente lirica della genesi dei suoi drammi,
era naturale che il verso sorgesse spontaneo nella sua
fantasia riccamente melodica. Il verso nasce nello stesso
momento in cui i fantasmi si determinano dinanzi alla
sua immaginazione e questa si esalta e pone in bocca
loro le parole che esprimono la loro interna vita. Signi-
ficativo è, tra l'altro, sotto questo riguardo, il fatto che il
Werner verseggiatore esperto, ricco e varip si desta nello
stesso tempo che il poeta drammatico : delle sue qualità inso-
lite non è traccia ancora nella lirica anteriore composta per
la maggior parte a tavolino, più assai frutto di cervello che
espressione sincera di sentimenti provati (62). A questa
ragione interiore se ne aggiunse probabilmente anche una
esterna nell'esempio del Goethe e. dello Schiller, che,
mossi dalla prosa, vennero invece al verso quando matu-
rarono verso una concezione più alta dell'arte che quella
prima professata, e cercarono di conciliar nella loro opera
realismo e idealismo, realtà di vita e bellezza ideale (63).
Una miscela di prosa e di verso come i romantici usa-
(62) Cfr. AÙsgewahlte Schriften, I. p. 1-148.
(63) Lo osservò già il FranKEL, op. cit., p. 123. Ma ne trasse con-
clusioni errate, in quanto che Io volle mostrar per questa ragione come
un continuatore dell'indirizzo dal Goethe e dallo Schiller seguito : il
che è una illazione non fondata.
il dramma 1 1 1
vano egli respinse per quella stessa ragione per cui re-
spinse il comico: distruggeva Tunità di intonazione.
In parecchi di questi elementi, in cui egli si staccò dai
romantici, si accostò invece al Calderon (64), la cui for-
tuna incomincia realmente in Germania dopo la pubbli-
cazione dello Spanisches Theater dello Schlegel e la cui
ammirazione fu dal Werner assai presto condivisa con
Tamico Hoffmann (63). Anche più di quella dello Sha-
(64) Per l'influenza del CalDERON sul Werner v. alcune osserva-
zioni di H. SCHNEIDER, Friedrich Halm und das Spanische Theater.
Berlin, 1910, «Palaestra», XXVIII, p. 19. Nulla si trova in proposito
nella Bibliografia Calderoniana del BrEYMANN (Calderon Studien - I -
Die Calderon Literatur. Miinchen, 1905).
(65) Cfr. Serapionsbriider, ed. cit., IV, p. 232 e segg. Prove mate-
riali che il Werner abbia conosciuto il Calderon prima del 1808 man-
cano o non son tali che bastino a far concludere in tal senso. Ma induce
invece a tale opinione l'interesse che il Werner mostrò per lo Schlegel
e la lettura ripetuta che egli fece dei suoi scritti, e l'opinione viene anche
confermata dal fatto che il Werner quando nel 1808 parla del Cal-
deron ne parla come di poeta già noto. Oltracciò vedremo nei suoi
drammi, anche nei primi — delle analogie tali che rendono verosimile
l'ipotesi che si tratti di reminiscenze. Cfr. Cap. III. El Principe Con-
stante uscì nella traduzione dello Schlegel solo nel 1808 ; il primo
volume dello Spanisches Theater (1804) conteneva solo La devocion
de la Cruz, El mayor Encanto Amor, La banda y la fior. Da queste
tre opere però il Werner può essere stato invogliato alla lettura di
altre che pure in traduzione già erano uscite per opera dello ZaCHARIAE
e del GaRTNER, del GoTTER, del BECKER, dello ScHRÒDER. D'altronde
la traduzione che il Werthes diede delle opere teatrali del GOZZI dai
romantici tanto amate, conteneva anche taluno dei rifacimenti che il
Gozzi aveva fatti delle opere del drammaturgo spagnuolo : El secreto
a voces, Gustos y disgustos ebbero anzi in questo rifacimento più di
una traduzione. Traduzioni erano uscite poi anche della Vida es
sueno. Cfr. Breymann, op. cit., Cap. II, Abschnitt Deutschland. —
D'altronde vedremo come il raffronto con talune opere non tradotte in-
duca a credere che il Werner, che condivideva coi romantici il culto
della poesia dei popoli romanzi, abbia conosciuto anche talune tragedie
nell'originale.
1 12 Zacharias Werner
kespeare che rivela spesso nella profondità dell'intuizione
psicologica uno spirito critico stupefacente, la tragedia
religiosa del Calderon, con quell'esclusivo dominio della
religione che purifica da tutti i misfatti, era tale da eser-
citare un forte fascino sul suo spirito: specialmente « La
devocion de la Cruz, El Purgatorio de San Patricio
e El Principe constante esercitarono sul Werner un
influsso tenace, che va dal Kreutz an der Ostsee, anzi
dalla seconda parte dei Sóhne des Tales fino alla Ku-
negunde e alla Mutter der Makk^bàer (66). Egli ne
apprese l'arte di iniziare i drammi con le vaste scene
di color locale che al Calderon furon tanto care (67),
per proseguir poi con l'azione vera e propria che s'allarga
in scene liriche, per dar riposo alla sensibilità del lettore
e dell'uditore; ne apprese la tendenza alle concezioni
grandiose e allo stile magniloquente e ricco, talora barocco
ed enfatico; ne apprese l'impeto della ispirazione travol-
gente sempre anche nelle scene dove l'cizione ristagna od
ha un troppo tardo e lento sviluppo; ne apprese sopra-
tutto l'arte di svolger situazioni liriche con tal forza da
non interrompere l'interesse drammatico, l'arte anzi di svi-
luppar liricamente scene drammatiche.
Ma sentite presto anche qui, nel confronto, che una
eguale distanza di secoli separa le creazioni tragiche e le
anime dei due poeti. E in generale l'influsso suo scom-
pare così come l'influsso dello Shakespeare nell'influsso
(66) Cfr. i singoli Capitoli intorno ai singoli drammi.
(67) Eran care anche allo SHAKESPEARE, come notò già il FraNKEL,
op. cit., p. 27; ma il tono lirico delle scene Werneriane riconducono in
generale più al Calderon che non allo Shakespeare, che si mantiene
sempre per lo piiì in un indirizzo realistico.
// dramma 1 1 3
romantico, separandosene soltanto nei pcirticolciri soprari-
cordati.
In realtà il Werner ne nella maniera dello Schiller,
ne nella maniera dei romantici e del Calderon poteva
interamente appagarsi. La genesi e la natura della sua
opera gli rendevan necessario di appoggiarsi bensì in parte
agli uni e agli altri, ma di tendere verso una forma alquanto
diversa, verso quella forma che tutti i drammi indicano es-
sergli balenata innanzi nella composizione, e che in prin-
cipio di questo capitolo abbiamo delineato. E il torto suo
non fu di aver assorbito elementi dagli uni e dagli altri,
per scostarsi in egual modo da essi di nuovo; ma fu di non
esser stato interamente consequente nella esecuzione delle
sue concezioni, e di aver creduto spesso di raggiungere
lo scopo cercando di conciliare le due maniere, salvo a
introdurvi — e non sempre consciamente — delle ten-
denze sue, nuove e delle nuove forme: il torto suo fu di
esser stato malsicuro e incerto.
La ragione di tale incertezza e in un contrasto, che la
contraddizione che notammo nella sua psiche ripercosse
nella sua indole di poeta : voi vi trovate innanzi a un dua-
lismo di tendenze che potevano essere e non furono — per
varie ragioni che vedremo — da lui portate all'accordo.
Per una parte infatti, se egli tenta di assurgere alla
pittura di mondi ideali e di una pura vita celestiale, per
Taltra parte invece, come egli è un sensuale nella vita,
così tende, senza ch'egli stesso se ne avveda, al realismo
nell'arte.
Quand'egli rappresenta una qualsiasi scena, egli vien
trascinato a darle colori di vita materiale e sensuale. Si sol-
G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 8
1 14 Zacharias Werner
leva col pensiero, ma la realtà gli lega i sensi e la fantasia
che di sensazioni è tutta materiata. Ed egli indugia così
volentieri — come nella Weihe der Kraft o nel Kreutz
an der Ostsee — in scene tolte alla vita comune, che
descrivono quelle usanze e quei sentimenti che nella
vita comune si incontrano, indugia volentieri in scene
storiche e sociali, in cui il popolo vien presentato al
lettore nella sua semplicità e nella sua impulsività, in-
dugia volentieri in scene violentemente drammatiche, in
cui le passioni erompono e si scatenano come nella vita
reale succede. Una delle ragioni anzi per cui egli fu
tanto più che i romantici aperto all'influenza del dramma
dello Schiller fu appunto questa.
Osservate chiarissima questa tendenza persino nello stile,
nella lingua (68). La musicalità sua ha bensì anche la
forma celebrata dalla Staèl, ma la forma prevalente non
è tale. Essa — mi si permetta la parola — si materializza,
diventa sopratutto grande sonorità e grande rimbombo, e
questa sonorità e questo rimbombo sono spesso così fìssi,
così uniformi, così eguali che il Werner a poco a poco se
ne fa quasi una maniera, in cui accanto alla pienezza di
suono ritrovate un non so che di rigido e quasi di predica-
torio, che vi fa riconoscere subito, incontrandolo, il suo
verso. Par che egli senta il bisogno di sentirsi piena la gola,
quando legge i suoi versi, e che, per riunir tutti quei
suoni, prenda un ritmo duro e sussiegoso, necessario come
saldo scheletro che ne sostenga la mole (69).
(68) Cfr. su questo i due Programmi già citati del DegENHART, Eich-
stadt, 1899 e 1907.
(69) Anche nella lirica trovate questa pastosità di suoni che finisce
con l'irrigidirsi in un ritmo dal rimbombo uniforme.
// dramma 115
Questa tendenza alla sonorità è spesse volte evidente.
Guardate i nomi proprii: son nomi slavi o polacchi o la-
tini, in cui abbondano le vocali, i suoni liquidi e nasali :
Samo, Warmio, Silko, Glaffo, Olio, Stephani, Agaphia,
Malgona, Pregolla, Dorotea, Wanda, Sv\rentislav, Wladimir,
Ludmilla, Rudiger, Ulfo, Hildegundae, Edecon, Valamir,
Euno, Cunigunde etc. : se vi incontrate altri nomi, ciò è
quasi sempre perchè egli non può rifoggiare a suo talento
i nomi storici, su di cui la sua azione si impernia. Così
egli ama gli arcaismi (70) non soltanto nelle opere, ma
persino nelle lettere, non soltanto nei nominativi ma nelle
desinenze delle- declinazioni e nelle forme del verbo;
nelle frasi inserisce volentieri forme latine (71) e ama le
parole composte e crea volontieri composizioni nuove.
Se voi confrontate la forma scelta da lui con la forma
usuale, trovate quasi sempre che quella scelta ha un suono
più pieno: « Conterfei, Abkonterfein, Melodei, Philo-
sophei, scharmuzieren etc. ». Interessante è sotto questo
(70) « Alfanzen, bedeuteln, erkiesen, eriustrieren, fleuch, Geneuss,
Gebeut, hub rung, wass (per war), stahn (per stehen), Adlermann,
Canzellar, Gauch (per Kukuk), Fant, Gebaren (per Gesamtverhalten),
Gemahl (per Gemahlin), Leichnam (per Korper), Magedein, Muhme,
Miinch, Reisige». — Anche nelle congiunzioni: « fiirbass, beisachte,
ohngefahr, wasmassen, sintemal, dann (per denn), etc». Son fre-
quenti circonlocuzioni con k^mmen e tun invece della forma semplice,
frequentemente è scelta la forma aggettivale in -ig quando la usuale è in
-lich e viceversa. Spesso è usata la forma debole nella declinazione
femminile: «bei unserer lieben Frauen, der Erden Lust, etc». Cfr.
DegENHART cit. (1899), p. 39 e segg.
I programmi del Degenhart sono coscienziose e utili raccolte di mate-
riale, che però l'A. non sfrutta giungendo a conclusioni che, mentre
spiegano le osservazioni da lui fatte, siano in rapporto con l'arte del
poeta in generale e la chiariscano e la illustrino.
(71) Cfr. Degenhart cit. (1899), p. 41 e seg.
116 Zacharias Werner
rispetto la ripetizione continua di certe parole e di certe
frasi che riempiono la bocca e abbagliano la vista:
« Blut und Nacht, Nacht und Wuste, Blut und Azur,
Glut und Andacht, Blut und Mitternacht etc. » (72). La
medesima osservazione vale anche per le parole composte
su sostantivi (Grabesflur, Grabesrasen, Luftazur, Grabes-
nacht, Luftgefilde, Staubesknecht, Hòllengluth etc), siano
invece aggettivi (blutbefleckt, mondenlang, flutbeschàumt,
mondumringt, etc.) (73). La sintassi medesima subisce l'in-
flusso di questa tendenza; il periodo si spezza sovente,
la coordinazione e la subordinazione si alternano se-
condo la maggiore o minor convenienza per il verso; la
stessa disposizione anormale delle parole non è dettata
sempre dalle necessità del ritmo, ma dal modo con cui la
combinazione dei suoni vocalici e consonantici riesce più
piena e più musicale; la forma infinitiva prende il posto
della forma finita, il pronome personale è spesso tralasciato,
l'articolo è spesso ripetuto dopo il sostantivo. Di tutte le
figure retoriche si trovano poi nelle opere Werneriane
(72) Ibid., p. 31.
(73) Ibid., p. 6-13. La ripetizione continua di queste espressioni e
anche delle parole singole (v. DegENHART, p. 18): «Blut (blutig
u, s. w.), wurgen, erwùrgen, Gewiihl, Graus (grausig, etc, etc),
dunkel, azur, azurnen, trunken, matt, etc. », basterebbe a dar un'idea
del mondo fantastico in cui il Werner si compiace e delle tendenze anche
stilistiche da cui egli è dominato. E son frequenti le frasi violente:
« Bursch, Dummbart, Schurke, Subjekt, Tolpel, Graukopf » (DegEN-
HART cit., p. 8 e seg.). Son frequenti anche le ripetizioni di frasi intere
e paragoni con l'ostia o con la notte della tomba, etc Già il DegEN-
HART ha visto un'analogia fra il linguaggio del Werner e quello del
Kleist : l'analogia dipende da una già accennata analogia di tempe-
ramenti e quindi di arte, ma il Kleist è molto più vario, più creativo,
più sobrio e il Werner ha fra altro quella inclinazione alla prolissità che
è propria dei predicatori (v. Progr. 1899, p. 7).
// dramma 1 17
esempi numerosissimi (74) ; particolarmente frequenti sono le
allitterazioni e le assonanze, che a scopo onomatopeico ven-
gono prodigate e che in un'arte come quella di cui ora stiamo
discorrendo si accordano con la generale intonazione (73).
Il Werner condivide l'ammirazione dei romantici per le
lingue dei popoli meridionali e si sforza come essi di av-
vicinarvi la lingua sua quanto può, anche a costo talora
di farle violenza. Se arcaismi, neologismi, movenze anti-
quate non saltano agli occhi e non turbano il lettore, è
perchè esse si fondono in questo egual tono generale di
tutto il resto.
Una tal musicalità sonora ha qualcosa di veramente
materiale che si presta a quella conciliazione fra suono e
visione dello spettacolo descritto che la Staèl loda nel
Werner verso la fine del periodo citato e che stacca il
Werner dai romantici. Quando il Werner deve esprimere
voci di spiriti celesti, canti di esseri puri, angelici, i cui
sentimenti sono sospiri verso Dio, lievi aliti quasi inaffer-
rabili, e la sua musicalità deve diventare eterea e vapo-
rosa, allora l'armonia e la melodia vincono sulla visione:
voi sentite che il suono di quei versi risponde a quello stato
d'animo che il poeta volle esprimere, ma non intendete
esattamente ciò che vi vien detto : nell'armonia la visione
va dispersa. Questa viene invece precisata maggiormente
dai suoni pieni e rotondi, in cui è un non so che di de-
terminato, che par direttamente suggerire una immagine
visiva. Il linguaggio del Werner è ricco di immagini, fìo-
(74) V. DegenharT cit., pp. 15, 18. Frequenti più che le altre sono
le allitterazioni con w — e le assonanze vengono specialmente fatte con
le vocali forti.
(75) Ibid.. p. 14 e seg.
1 1 8 Zacharias Werner
rato e colorito, condensa metafore e similitudini ed espres-
sioni forti; questa materialità di suono rende anche più
intenso un tale carattere.
E solo un tale linguaggio rende possibili certi effetti
potenti che il Werner talora ottiene. I sentimenti ven-
gono espressi qualche volta con una violenza tale che
il lettore ne è afferrato e scosso e quasi lasciato senza
respiro. Solo così ad esempio può la fatalità soffiare nel
24. Februar quell'irresistibile vento di bufera, che tra-
volge personaggi e uditori fatti proni al passar di una po-
tenza sola, superna, arcana e tragica. Togliete la intensità
delle espressioni pervase tutte da uno spavento treme-
bondo e da una passione cieca, che si van senza posa
moltiplicando : chi crederà ancora alla bufera ? E togliete
quella bufera, togliete quell'illusione, tutta l'opera d'arte
cadrà. Perchè è opera di genere tale che, o vi abbatte e
prostra, o vi lascia increduli e impazienti (76).
Ora che riflesso avrà questa inclinazione realistica pre-
potente della fantasia sopra la materia mistica, che è, se-
condo il Werner, il vero fondamento e allo stesso tempo
il vero scopo dei suoi drammi ?
La elevazione mistica diventa un fatto morboso e pato-
logico, che della malattia presenta i segni più evidenti (77).
(76) La determinatezza espressiva dello stile del Werner venne messa
in rilievo già dal PoPPENBERG, op. cit., Cap. IV; cfr. anche il FraNKEL,
op. cit., Cap. VI.
Non ne vide invece completamente il carattere il DegeNHART, &p.
cit., avendo egli rivolto la sua indagine più alle qualità esterne dello
stile che non alle questioni sostanziali e avendo lasciate isolate le sue
osservazioni.
{77) Sfuggì tutto questo allo IrmLER, op. cit., presso di cui si può
trovare un elenco delle scene mistiche e dei personaggi mistici in tutti
i singoli drammi.
// dramma 1 1 9
La fantasia del Werner non ha ripugnanze. Morbosamente
vive egli i suoi sogni religiosi, morbosamente s'accosta ad
idee anormali ed anche perverse come talune di quelle
che esponemmo: ed egli rappresenta questi fatti come
egli li vive.
Si è accennato nel precedente capitolo a qual fantasia
egli abbia ricorso per simboleggiar la mistica unione
di amore e morte. Così egli introduce nei suoi drammi
scene di voluttà acre, dove il desiderio carnale è ac-
cresciuto dalla resistenza che trova nelle esaltcìzioni reli-
giose e morali a cui Teroina per lo più è in preda, e dove
i sensi si estenuano in una sovieccitazione che diventa
talora parossismo perchè resta insoddisfatta : fa vivere i suoi
personaggi sull'orlo del peccato sicché l'odor che ne sale
li inebria e oscura loro la vista; li trattiene dall'atto estremo
provvidenzialmente, ma li fa vivere nello smanioso pen-
siero di quella ultima voluttà che loro sfugge, e che è da
loro costantemente goduta nella immaginazione. E tut-
tociò, mentre quella gente crede in tal modo di esser
pervasa da amor divino, di essere squassata e devastata
da soffi celesti, trasumananti. Ogni dramma ha di queste
scene : la Kunegunde è la rappresentazione di una con-
tinua ebbrezza inconscia e rosa del desiderio carnale:
il Werner ve la presenta in tutte le forme, in quanto
essa diventa lo stato d'animo permanente dei personaggi,
che di quel godimento son privati e passa dal parossismo
all'abbattimento, dalla vertigine al languore. 11 dranmia di
una santa diventa una fantasia erotica. E nulla è più
patologico che queste voluttà tormentate e tormentose:
.nulla più morboso che queste lussurie cerebrali che pre-
tendono negare il godimento ma in fondo lo moltipli-
cano e lo eternano, perchè se il godimento ottenuto è un
120 Zacharias Werner
attimo fuggente, questi godimenti fantastici e artificiosi
invece, che vi son sostituiti, sono perenni e duraturi. Il
Brentano solo, che ha un temperamento simile al Werner,
si accosta a lui in questo erotismo malsano e in queste
libidini di immaginazione: l'erotismo sensuale degli altri
è giocondo — al confronto — e sano : leggete pure la Lu-
ónde : vi è la voluttà che si espande perchè reclama i
diritti che le furono negati, non vi è la voluttà che si
raffina tormentandosi.
E allo stesso modo il Werner nella sua esaltazione
mistica si inebria in visioni di sangue: il sangue delle
vittime dei sacrifìci pagani che descrive par gli dia alla
testa, ed egli indugia sulla rappresentazione di quel sangue
che sprizza ribollendo dagli animali immolati, ed egli ri-
chiama quel sangue continuamente, e ridiscrive il sacrificio :
il sangue di Cristo stesso e dei martiri par gli dia una
voluttà acre, e i personaggi suoi si sprofondano in quella
contemplazione e, invece di prender soltanto da essa lo
spunto per esser pieni di riconoscenza e di amore verso
Dio che per essi si è sacrificato, si concedon tutti a quella
visione e più non vedono se non quel sangue che scorre
e che stilla raggrumandosi. Un certo elemento religioso
esiste in loro in quanto che la contemplazione di quel
sangue è promossa dal fatto che è sangue di Dio fatto
uomo, ma che impurità lutulenta nel loro sentimento ! Così
ama il Werner rappresentare non la morte per vie na-
turali, ma una morte cruenta. Ed essa non suole essere
mai il godimento del méutire, che già vive nei cieli,
mentre il suo corpo è ancora in terra e sospira il mar-
tirio perchè esso presenta alla sua fantasia uno spalan-,
carsi delle porte del paradiso e una festa di angioli che
gli vengono incontro osannando e uno smarrirsi inebriato
// dramma 121
nella luce divina che abbagliando beatifica; essa vi offre
invece allo stesso tempo anche il godimento acre del dis-
solversi, del disfarsi ; vi offre in una forma speciale il per-
verso fascino di tutto ciò che è contro natura. E l'erotismo
mistico celebra anche maggiori trionfi : Wanda e Riidiger si
ammaiLzano perchè si amano, perchè festeggiano così nella
voluttà cruenta la suprema ebbrezza e la suprema eleva-
zione religiosa. Dimorate nei regni confusi e oscuri della
subcoscienza, dove le forme di vita e gli istinti non si
sono ancora districati gli uni dagli altri, e il bene ed il
male son mescolati ancora e ancora fusi insieme da vin-
coli misteriosi che solo la coscienza riuscirà a spezzau-e;
dimorate nei regni della degenerazione, dove Tuomo, in-
torbidando le fonti più pure della vita, ridiventa preda
agli istinti che in lui s'agitano, e dalle sue stesse raffina-
tezze di essere superiore vien travolto in più basse e com-
plicate e ributtanti perversità (78).
Potete rivoltarvi dinanzi a questo mondo perchè il
vostro senso morale si ribella (79), ma la materia è pro-
fondamente tragica, e, se il modo come il Werner la rap-
presenta, non è tale da destare in voi invece della ripu-
gnanza la pietà, in quanto che il poeta stesso vi additi
in ciò chiaramente una malattia che fa meditare e pensare.
(78) Vi è nelle opere del Werner, sotto questo aspetto, che è fonda-
mentale della sua personalità di poeta, una progressiva affermazione e
una evoluzione e una diversità che non vide il PoPPENBERG, che di
questo soggetto discorre, op. cit., Cap. Ili ; ma pone il problema in
una luce falsa e non scorge la connessione sua con l'insieme del dramma
Werneriano, e non ne vede il vero carattere.
(79) È. in questa invincibile nausea morale una delle ragioni, che
allontanarono dal Werner lettori e studiosi: v., ad es., RlCHARDA HuCH,
Ausbreitung und Verfall der deutschen Romantik cit.
122 Zacharias Werner
esso e però tale che scuote per la sua forza e per la sua
brutale verità, per la implacabilità dell'analisi.
Il difetto non sta quindi nel fatto che il Werner tras-
formò questa vita in malattia, ma sta invece in ciò che
egli si lasciò trascinare dalla sua tendenza mistica a con-
siderarla come vita sana e santa e a cercar di rappre-
sentarla come tale.
Egli, infatti, se descrive con verità questi fenomeni,
perchè egli li vive in se medesimo, e riman fedele al
realismo appunto perchè egli li ha vissuti, egli, tuttavia,
pur descrivendoli in tal modo^ li ritiene brividi di cele-
stialità che passano in questa vita nostra. E ciò ha un forte
riverbero nel modo con cui egli tratta i personaggi sopran-
naturali che vedemmo introdotti nelle sue tragedie.
Due modi gli si presentavano di dare attuazione alla
sua concezione: o impostare il dramma come mondo
di leggenda, come i romantici e il Calderon e il Goethe
avevan fatto, e introdurvi poi questi esseri facendone
personaggi principali e attivi come tutti gli altri, o
usarli come riverbero dell'azione che descriveva, come
aveva fatto lo Shakespeare neW Amleto e nel Macbeth,
dove le apparizioni dello spettro del padre regale in-
vendicato e dell'ombra di Banco vengon provocate, per
così dire, dallo stato d'animo in cui Amleto e Macbeth
si trovano. Era quest'ultimo il modo che meglio si ac-
cordava, che anzi solo si accordava, con quel mondo di
allucinati che il Werner descriveva. Il Werner invece
s'attenne al primo. Vi contribuì probabilmente l'esempio
dei romantici, ma più che tutto ciò ebbe la sua ragione
nelle idee religiose che il Werner aveva. Non conside-
rando egli come fenomeni di morbosità quelli che egli
descriveva, considerandoli invece come riverberi della di-
// dramma 123
I
vinità dell'anima umana, quando le creature celesti inter-
vengono, esse non vengon più rappresentate così che si
accordino con una intonazione realistica della tragedia. Il
Werner, non pago che essi compaiano a suggellare la
santità di quanto ha descritto, ne fa dei personaggi di
importanza essenziale, i quali devon mantenere la loro
celeste natura.
Oltracciò, se egli cercò di dare loro vita, essi però gli
sfuggirono (80). Chiciramente lo avvertiva già lo Iffland(81).
Quelle sue creature si amano, si adorano, ma son lontane,
inafferrabili e non possono rappresentarsi. Chi poteva rappre-
sentare Sant'Adalberto ? Lo Iffland si immaginava nella
parte ma non trovava via di uscita : lo stimolo alla ricrea-
zione, che l'attore trova nella vita dei personaggi in cui
si deve incarnare, mancava (82). Eppure il Sant'Adalberto
è uno degli esseri fantastici che più s'accordano con l'in-
dole del dramma e più ricevettero vita e colorito. Il
Werner sa rappresentare la lotta e il fermento (83), scru-
tare nella psiche inferma degli esseri umzmi; ma in questi
esseri non vi è più lotta, non più fermento, non più in-
fermità : son esseri fatti di luce e di armonia. E il Werner
per quanto si sforzi non riesce a fermarli nelle parole che
mette loro in bocca. Egli sopprime talora l'analisi delle
creature terrene per spiegcu* quanto esse compiono sim-
bolicamente con l'intervento di queste nuove creature :
(80) Cfr. i Capitoli seguenti intorno al modo continuamente diverso
con cui il Werner cercò di superare questa difficoltà, che le critiche
di amici e nemici gli facevano presente.
(81) Teichmann, op. cit., p. 318.
(82) «Blàtter i. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1183.
(83) Cfr. ì singoli Capitoli seguenti a proposito dei singoli drammi.
124 Zacharias Werner
ma non riesce a sostituire alla vita che ha soppresso, una
vita nuova. Egli vi si sforza. Fa che questi nuovi perso-
naggi non agiscano soltanto come inviati di Dio, ma di-
rettamente e personalmente s'appassionino agli eroi del
dramma (84). E l'artificio giova in qualche modo, ma nuoce
però anche sotto altri riguardi perchè oscura e vela il
simbolo. Essi restano sempre imprecisi ed evanescenti,
han vicende inspiegate, oscillano incerti fra l'umano e il
celeste, e son poveri di interna vita. La fantasia del
Werner è tale che non riesce ad illuminare la loro es-
senza spirituale.
Così il Werner creò prima di tutto un contrasto fra
l'intonazione di quella che è la base del dramma, e lo
svolgimento che questo in seguito ottiene. Siete immersi
nella contemplazione di una vita terrena e anzi morbosa,
malata, e improvvisamente vi compaiono innanzi questi per-
sonaggi, e non sapete perchè vengano, e vi sembra strano
che essi possano immischicu-si nelle cose di questo mondo
e specialmente di un mondo come quello in cui vi tro-
vavate. Vi è un abisso fra di essi e gli uomini che prima
s'agitavano, amavano e soffrivano; un abisso, e, appunto
perchè non veduto dal poeta, esso diventa tanto più pro-
fondo e difficile a colmarsi.
Oltracciò, poiché a questo danno un altro se ne ag-
giunse: quello del difetto di creazione, così accadde che
il Werner lasciò avvenire complicazioni e catastrofi strane
e singolari che spesso infransero i suoi innegabili sforzi
d' arte.
La storia del dramma del Werner è così la storia di
(84) Cfr., ad esempio, Die Weihe der Kraft.
// dramma 125
questa lotta continua fra la tendenza verso il realismo e il
dramma patologico e quella verso il romauiticismo e la
leggenda mistica: la storia delle soluzioni che egli nelle
diverse opere via via venne dando a questo essenziale
problema. Vedremo , studiandone V evoluzione , che il
Werner sentiva questo dissidio e che cercava di com-
porlo. Ma, mancandogli la esatta coscienza di ciò che
egli medesimo era, non riuscì mai a raggiungere comple-
tsimente una esatta visione di quel che il suo dranmia
doveva divenire. Fu anche come poeta un ricercatore,
come lo era stato nella vita intellettuale. Aveva teso
sempre con tutte le forze verso la verità, ma il suo pen-
siero restò sempre oscuro e confuso finche rinunziò a pen-
sare; si adoprò per dar esecuzione a quel tipo di dramma
che in principio di questo capitolo delineammo, ma torbido
e confuso rimase anche il suo dramma.
11 dranuna, ch'era stato per tanto tempo il suo maggiore
sogno. S'illudeva di riuscire a dare alla Germania la tra-
gedia nazionale (85). Si sentiva tedesco, a differenza dei
primi romantici che tale sentimento di patria avevano
sacrificato a un ideale universalmente umano, e scriveva allo
Scheffner: « Còln ist der Hauptsitz der prachtvollsten Ue-
berreste altgothisch-deutscher Architektur, und, w^as Sie am
meisten interessiren wird, beide Uf er sind noch deutsch » (86).
Quante volte gli sorrise il pensiero che tragedie composte
come egli le componeva potessero diventar patrimonio
della sua nazione! Quante volte chiamò le sue opere
(85) V. «Blàtter f. 1. U. ». 1834. cit.. p. 1178-84; « Gesellschafter ».
1827, cit.. p. 44-58; Teichmann, op. cit.. p. 235-300; Goethe und
die Romantik hrsgg. v. WaLZEL u. ScHUDDEKOPF cit., passim.
(86) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit.. p. 1346.
126 Zacharias Werner
( àcht deutsche Tragòdien )) 1 II Kreutz an der Ostsee,
dove egli presenta gli antichi abitanti della Prussia in
lotta con i tedeschi dell'Ordine della Croce venuti a di-
fender con le armi la diffusione del Cristianesimo, la
Weihe der Kraft in cui celebra l'eroe della Riforma,
Lutero, V Attila, dove nel re Unno egli descrive la forza
brutale ma schietta e sana, la Urkraft, propria — secondo
il suo pensiero — della razza tedesca, la Kunegunde,
dove egli esalta il casto e pio imperatore bavarese En-
rico, vincitore del ribelle italiano Arduino, sono, fra altro,
anche tutti tentativi per raggiungere questo scopo.
Riuscì molto meno di quanto aveva sognato di diven-
tare. Ma ebbe una sua personalità e vedremo più tardi
così quale sia l'importanza sua nella storia del dramma
tedesco, e quaU riverberi le sue concezioni ebbero su
poeti che furon maggiori di lui e che pure a concezioni
analoghe alle sue si volsero (87). Si può dire di lui come del
Kleist che nutritosi di romanticismo ed educatosi a poeta
drammatico sullo Schiller, se ne staccò per esplicare se
stesso. Ma il Kleist fu risoluto e sicuro nel suo distacco
e riuscì un grande artista. Egli non lo fu e riuscì tuttavia
qualcuno. La paura di non esserlo aveva formato sempre
il suo tormento: « Ich vv^erde alt, das Bisschen poetische
Fiamme verglimmt, ich sterbe und ich habe am Ende
umsonst gelebt » (88).
(87) Conclusione.
(88) «Blatter f. 1. U. », 1834, cit., p. 1170.
CAPITOLO TERZO
Il dramma dell'utopìa settaria.
È possibile di determinare altri caratteri del dramma
del Werner soltanto se si lascia di considerarlo nella
totalità per accostarsi alle produzioni singole: ciò che se
ne direbbe non potrebbe essere riferito all'opera intera.
Vi si incontra una evoluzione. E la ragione di questo
divenire è doppia : per una parte l'esercizio della sua
arte, la conoscenza dello Iffland e del Goethe, se non
bastarono a far che il Werner rinnovasse la sua conce-
zione e a mutar quella generale tendenza, che sopra ab-
biamo descritto, pur lo condussero a vedere il dramma
con occhi un po' diversi da quelli con cui prima lo ve-
deva: per l'altra parte poi le sue idee subirono una
confusa ma continua trasformazione, producendo neces-
Scu-iamente un mutamento anche nella forma che il
dramma assunse. Questa seconda è la ragion principale:
la prima favorisce questa seconda : le nuove idee si espli-
carono secondochè consentiva una più matura esperienza.
Così si può dividere la produzione drammatica del Werner
in quattro successivi periodi : il dramma dell'utopia della
società secreta, il dramma dell'utopia erotica, la tragedia
del fato, il dramma cattolico. Il primo comprende i
128 Zacharias Werner
Sòhne des Tales e il Kreutz an der Ostsee, il secondo
comprende la Weihe der Kraft, la Wanda e V Attila, il
terzo comprende il 24. Februar soltanto, e il quarto la
Kunigunde e la Mutter der Mak\ahàer (1).
Prendiamo ora in esame il primo. La deformazione
delle idee religiose dei romantici assume in questo primo
momento accanto a quelle forme generali, che conosciamo
e che manterrà, anche quella di una manìa settaria. Pas-
sato al Romanticismo dalla Massoneria, il Werner, ac-
cogliendone i principi, in questo primo periodo, li mas-
sonizzò.
I Sóhne des Tales svolgono Tidea di una masso-
neria romantica. Come siam lontani dalla purità idea-
listica del venerato Schleiermacher ! Questi aveva so-
gnato, scrivendo le Reden, di rendere la religione
cosa tutta interiore, individuale, di promuovere una rina-
scita religiosa, in cui nessun elemento esterno avesse
più posto, ma il sentimento personale e diretto, imme-
diato dell'infinito dominasse solo e puro ; da ogni spirito
di setta era stato lontano, poiché la setta è appunto nega-
zione di questo assoluto individualismo, e, in quanto ha
scopi combattivi, anche negazione di quello spirito con-
templativo a cui lo Schleiermacher riconduceva le sue
teorie.
II Werner, natura di predicatore, mirante a risultati
pratici, conciliò o cercò di conciliar le nuove idee con la
sua manìa, in quanto che rilevò essere dovere degli uomini
veramente religiosi di diffondere la religiosità anche presso
(1) Del carattere dei singoli periodi si discorrerà via via nei singoli
capitoli ad essi dedicati.
// dramma dell'utopia settaria 129
gli altri uomini, e giudicò non potersi raggiungere questo
scopo se non per mezzo di società attive (2), specie di
Chiese, in cui si custodisce acceso per tutti gli uomini
il fuoco dell'eterno Amore ».
Pareva infatti a lui che Tastenersene fosse colpa: in
tal caso, o si è « àsthetische Lùgner », ipocriti avvolti
in un manto di cui si è indegni, o si è vittime di una
falsa aristocrazia intellettuale, fatale alla umanità e mal-
visa a Dio, perchè essa non è niente altro che raffinata
e mascherata vanità. « Es tut mir in der Seele weh,
— scrive egli allo Hitzig (3) — wenn ich die herrli-
chen Kràfte der neuen Menschen, des Schlegel, des
Tieck, des Schleiermacher u. s. w. verschw^endet, den
einen eine Komòdie, den anderen ein Journal, den dritten
romantische Dichtungen, Sonnets und Gott wreiss was
liefern sehe, sie von grossen Zwecken, wrie die Franzosen
von der Landung in England, praJilen hòre, und doch
Ideine ernste Tendenz, k.eine verbundene Harmonie zu
dem grossen Ziele, keine Realisirung der gòttlichen Idee
einer geselligen Verbindung edler Freunde zum hòchsten
Zwecke, erblicke, wie Schlegel sie im ersten Hefte
seiner «Europa» so schòn andeutet. Ich bin iiberzeugt, wàre
ich mit diesen Menschen einen Tag zusammen, sie miiss-
ten mich entweder in ihren Bund aufnehmen und sich zu
einer kràftigeren Wirksamkeit entschliessen, oder mich
fijr einen inkurablen Narren erklàren. Alles poetische An-
deuten von hohen Verbindungen, anbrechender Morgen-
ròte u. s. w. kann nichts helfen: geben muss man der
(2) Ausg. Schr., XIV, p. 41-50 passim.
(3) Ibid., XIV. p. 41-42 (17 ott. 1803).
G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner.
130 Zacharias Werner
Welt, der jàmmerlichen, von Gott entfremdeten Welt
das Beispiel einer solchen Verbindung in Prosa, in Na-
tura: sie mag Sekte, Orden, was sie will, getauft werden,
und, kann ich zu einem solchen Zwecke mitwirken, so
will ich geme meine poetische Feder, die mir nur dazu
Vehikel ist, niederlegen auf ewig; dann erst werde ich
sagen kònnen : Ich lebe » (4).
Tale è, in questo tempo, il criterio con cui il Werner
giudica i romantici. Hitzig in Berlino deve associarsi a lui
nello sforzo di dare realtà a questo sogno, deve sondar questi
uomini nuovi che lasciano assopire « il genio, che Dio loro
ha dato perchè essi lo sfruttino a Suo servizio », deve ve-
dere se si tratta soltanto di una (( poetische Floskel » , di
una « leere Gaskonade » (5), oppure se credono veramente
che essi posson mutar faccia al mondo stampando dei libri ;
e, in quest'ultimo caso, deve persuaderli che le loro spe-
ranze non han fondamento, che i loro libri non si leggono
e sui più non hanno nessuna influenza (6) : « Suche diese
homines novos auf. Associire dich ihnem bonis modis. Ist
dieser oder jener ein Narr, tut nichts wenn er nur àchten
Sinn hat fiir das was den Menschen Not tut, und das ist :
Verbindung einiger in solchem Sinne begabten Menschen
zur Erwdrmung der Menschheit, die weniger durch Biicher
als durch eine miindliche Communikation erreicht wird ».
E non dubita sull'esito finale del tentativo. Archimede
diceva : (( Datemi una leva ed io solleverò il mondo » :
egli dice : (( Datemi dieci giovani di buona volontà ed io
(4) Ibid., XIV. p. 42-43. e cfr. anche «Bl. f. 1. U. » cJt.. p. 1170.
(5) Ibid., XIV. p. 44.
(6) Ibid.
// dramma dell'utopia settaria 131
rinnoverò gli uomini: « Was kònnten zehn gefiihlvolle,
reine, begeisterte Jùnglinge, zu einem Zwecke verbùndet,
mit der Welt, in religlòser Hinsicht, machen, wenn sie we-
niger schreiben und mehr tun wollten, und wenn es mò-
glich wàre, noch junge Lente dazu zu gewinnen ? ». E
si rinfrescano le sue speranze nella cieca forza della sua
fede : (( Ich will nicht faulenzen » : il momento gli par
giunto : (( Der Zeitpunkt ist akkurrat jetzo gekommen, jetzt
wo die Welt in alien Meinungen verwirrt, von alien Tu-
genden und Redlichkeit entblòsst, keinen Gòtzen kennt
als das Geld, der, sobald ihm die Wiirde der Menschheit
(gewiss dass blutigste Opfer !) gebracht worden ist, ebenso
schleunig seinen Anbetern entflieht. Jetzt ist der Zeit-
punkt, wo die Welt sich nach Rettung sehnt und sie er-
halten muss » (7).
I romantici di fronte alle sue smanie settarie si manten-
nero indifferenti : quello spirito di socievolezza e di frater-
nità, che il Werner fraintendeva come una apparizione
della sua stessa idea, riposava su altro fondamento ed
aveva altra tendenza. Quando i romantici parlavano di
« Sympoetisiren, Symphilosophiren » (8), ciò era perchè,
data la loro concezione unitaria e organica dell'Universo,
sentendosi essi fratelli nella natura infinita a cui apparte-
nevano, questo rendeva possibile il lavoro in comunanza,
perchè era nel loro lavoro la manifestazione unica di una
(7) Ibid., XIV, p. 47 (13 ott. 1804). Interessanti per il suo giudizio
posteriore su questo argomento sono anche le lettere che manderà al
PeguilHEN nel « Gesellschafter » cit.
(8) Cfr. «Athenàum», 1799, p. 12; «Europa», 1803, I passim;
e le Jugendschriften di F. SCHLEGEL nella ediz. del MlNOR, 2* ri-
stampa, Wien, 1903.
132 Zacharias Werner
forza unica che per mezzo di loro operava, e il pensiero
di uno non era che un frammento del pensiero di tutti;
quando essi parlavano di una «Verbriiderung der Besseren
zur Vergòttlichung der Menschheit » (9), ciò era perchè
solo se l'uomo ha un ambiente adatto le sue forze si pos-
sono completamente esplicare : quella « Verbindung » e
quella « Verbriiderung » non indicavano la costituzione di
una sètta che vuole imporsi altrui, ma soltanto una asso-
ciazione di uomini, che animati dagli stessi sentimenti si
uniscono, perchè così possono meglio vivere secondo i
loro bisogni, e meglio dare sfogo a quelle inclinazioni
che in loro prevalgono. Il movente di Friedrich Schlegel
non era che una forza di attrazione verso gli uomini si-
mili : attrazione naturale, che non importa un organismo
di società limitante e costringente la libertà individuale,
ma soltanto una riunione di spiriti e di sentimenti.
Voltosf il pensiero alla formazione di una sètta, mo-
stratesi anche false le speranze poste sui romantici, il
Werner dovette facilmente venire all'idea di sfruttare a
questo scopo la sètta cui apparteneva, facendovi pene-
trare — s'intende — in tutti i membri il nuovo spirito e
rinnovandola. E così dedicò alla diffusione di una masso-
neria romantico-mistica tutte le sue forze. Scriveva egli
infatti allo Scheffner : « Die Maurerei kann keinen anderen
Zweck haben. Ist er in ihr verdunkelt, so muss er in ihr
aufgehellt, oder, mit Wegschneidung vieler dummen Sym-
bolen und schalen sentimentalen Gewàsches (w^ovon das-
Lumpenw^esen voli ist), das Urchristentum in seiner Glorie
wieder hergestellt werden, und das ist der Hauptzw^eck
(9) « Europa », I, n. 2.
// dramma dell'utopia settaria 133
meines Lebens » (10). Un amico lo confortò, lo con-
fermò e lo esaltò in questi propositi : il pastore Chri-
stian Friedrich Mayr (11).
Il Mayr era uno squilibrato, affetto da manìa religiosa,
ma la sua esaltazione lo conduceva anche, fra tante stra-
nezze e pazzie, talvolta ad idee fuor del comune, e lo faceva
vivere continuamente in un mondo alto, suscitatore di pen-
sieri insoliti. Non ragionava, lasciava che la sua immagi-
nazione si sbizzarrisse senza freni e aveva nelle sue
fantasie un gran fascino ammaliatore, perchè vi si scorge-
vano qua e là balenare delle verità profonde. Non vedeva
nulla al mondo fuorché religione, e correva dalla Chiesa
sua alla Chiesa cattolica e alla sinagoga, dalla loggia mas-
sonica alle sedute di altri ordini, a cui apparteneva; contro
un fedele che si era addormentato alla sua predica spa-
rava un colpo di pistola. Un tale uomo doveva imporsi
al Werner: il contatto di una tale manìa accresceva i suoi
fervori mistici : il contatto di una tale esaltazione accre-
sceva la esaltazione sua propria.
Anche il Mayr aveva la sua stessa inclinazione a cercar
simboli materiali delle verità celesti, e s'entusiasmava per
il simbolo quanto più materiale esso fosse, perchè quella
materialità gli pareva espressiva e lo inebriava : così vo-
leva che nella Comunione si bevesse vero sangue e si
mangiasse vera carne. Di fronte a queste esagerazioni,
che sarebbero ridicole, se non fossero segno di uno squi-
librio mentale grave, la materialità di simboli del Werner
diventava cosa eterea. E si può affermare, senza esita-
(10) «Blàtter f. 1. U.». r834, p. 1171.
(11) DoROW, Erlebtes. Leipzig, 1845. IV. 28 {Ch. Mayr und Z.
Werner).
134 Zacharias Werner
zione che resempio del Mayr, che andava ancora oltre il
segno a cui egli giungeva, contribuì pure grandemente a
fortificare presso il Werner quella innata sensuale tendenza
che vedemmo influire sulla determinazione delle sue idee
religiose. Accresceva l'influsso la venerazione che egli
aveva per la sua persona.
(( Die Stunde vor der Beichte in der — schen Kirche,
welche ich, nàchst Gott, Sincerus (Mayr) verdanke, w^ar
die seligste, die einzige — meines ganzen Lebens. Die
Agape — niemais, nie werde ich sie vergessen. Diesem
Manne, bei dem Verstand und Willen im reinsten Ein-
klang ! ich bin ihm mehr als mein Leben schuldig )) (12).
Anche il Mayr, dato il frenetico desiderio di render reli-
giosi gli uomini ricorrendo ad ogni mezzo, data la eb-
brezza di se che vi si accompagnava, doveva fatalmente
inclinare a costituire secrete e misteriose associazioni,
aspirare a godere autorità in cerchio angusto di eletti,
dedicati alla causa sola a cui egli si dedicava: anch'egli
era spirito settario per eccellenza.
La tenacia, con cui il Werner si accanì nelle sue ubbìe
settarie, è in parte frutto della influenza delle sue frenesie.
Il Mayr apparteneva ad una setta della Croce, che preten-
deva riattaccarsi nelle origini all'ordine dei Templari, e si
manteneva in relazione con le sètte di oriente, riconosceva
come primo gran maestro Gesù Cristo, e pare mettesse anzi
come condizione che gli adepti avessero raggiunto almeno
già il grado di « Meister » nella gerarchia massonica (13):
una specie di setta nuova, sovrappostasi alla setta mag-
(12) Ibid.. p. 31.
(13) Ibid., p. 39.
// dramma dell'utopia settaria 135
giore, animata da spirito mistico e teosofico. Il Werner,
dimorando a Kònigsberg presso la madre, non trovava
nella loggia delle (( Drei Kronen » quella rispondenza di
spiriti che aveva trovata in Varsavia in quella (( Zum
Goldenen Leuchter » : sprezzava, come Tcunico e pro-
tettore suo Scheffner, le esteriorità vuote a cui quella
massoneria si era ridotta, perchè Tu Aufklàrung », toglien-
done lo spirito mistico, vi aveva lasciato invece le cerimonie,
e queste erano ormai senza significato ; non voleva se non
riti che ^vesserò un vero valor simbolico; desiderava una
distruzione di quello spirito pratico e terreno che già anni
prima dalla massoneria lo aveva allontanato (14). L'idea
di essere assunto m questo nuovo ordine superiore, costi-
tuito di massoni che avevano i suoi stessi scopi, lo affascinò
fortemente. E conservato un dialogo in cui il Werner
prega di esser « finalmente )) assunto nell'ordine in cui il
Mayr aveva un posto elevato : (( Erfiillen Sie den sehn-
lichsten Wunsch meines Herzens ! Veranstalten sie bató
meine Reception ! Mit Leib und Seele und alien Kràften
will ich unserem Herrn und Meister dienen und mit Ihnen
mitwirken. Aber — es ist perìculum in mora. Nicht dass
ich abtriinnig wiirde, ich bin ewig -j- bruder, auch wenn
Sie mich nicht aufnehmen, aber ich gliihe zu sehr fùr die
Sache und kònnte vielleicht eben desshalb und bei dem
besten Willen aus Unkunde Schritte tun, die unrecht
w^àren. — Also eilen Sie mit mir. Ich habe lange genug
gelechzet » (15). Il dialogo mostra anche come lo spirito
della sètta fosse tale da accordarsi completamente con le
(14) «Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1171,
(15) DoRow cit., p. 40.
136 Zacharias Werner
idee che già egli si era formate, e come, d'altra parte,
l'abbandono del culto della religiosità pura per acco-
starsi al Cristianesimo sia stato eccitato in lui molto forte-
mente da queste influenze massoniche. Lo scopo dell'or-
dine che egli giudica (( Das Gòttlichste was ich kenne »
è quel pensiero che in lui trovammo : (( Die Kraft aufzu-
suchen die in dem Schwachen màchtig ist ». Questa forza
è Dio. Scopo dell'ordine è quindi quello di condur
l'uomo a Dio, (( divinizzare l'uomo » : « Der Orden w^ill
den Menschen vergòttlichen ». E sotto l'influsso del nuovo
insegnamento che egli stesso confessa scoprir sempre più
Dio in Cristo : (( Die Kraft ist Gott, der sich im Heilande
vermenschlichte ». Così arde egli del desiderio di pe-
netrar nel secreto dell'essenza di Cristo : (( Der erste Un-
terricht und der letzte scheint mir der zu sein, Jesum
Christum, den ich bis jetzt nur ahne, und die, die Er ge-
sandt hat, kennen zu lernen » (16). Questa via lo conduce
anche al Cattolicismo : « Ich erbitte vorlaiifìg dariiber Be-
lehrung ob der Weg zum Heilande durch die Patriarchen
der Urwelt allein fùhrt, oder auch durch die patres ec-
clesiae romano- catholicae (se. der Urkirche) » (17).
Questo brano mostra anche il secondo elemento spe-
cifico che distingue questo primo momento della evolu-
zione del Werner.
Alla già ricordata simpatia estetica dei romantici per
il Cattolicismo, al riconoscimento che questa è la religione
in cui religiosità e arte riunite si completano, la risorta
ebbrezza massonica aggiunge ora un nuovo avvicinamento.
(16) Ibid., p. 28-40 passim.
(17) Ibid., p. 31-32.
// dramma dell'utopia settaria 137
il Werner prese ad esaltare il Cattolicismo perchè, sotto
l'influsso degli entusiasmi del Mayr e delFambiente da
lui dominato, ritenne che esso fosse la più alta religione.
Se Cristo è il più grande « Mittler » che la religione
abbia avuto, anche la Chiesa Cattolica, come custode
della sua dottrina, è la Chiesa più ideale (18): « Ich bin
fest ùberzeugt dass unter alien Erzeugnissen der Christus-
religion der Katholizismus das beste ist ».
Anche lasciando però da parte il fatto che il Werner
non resta per ora fermo in un tal pensiero, e che tende in
generale a considerar Cristo non come divinità ma come
simbolo, e il culto di Cristo come una bella forma,
ma soltanto come una forma e quindi non come l'elemento
sostanziale della religione, e che perciò questa tendenza
si risolve in un incremento della tendenza artistica, il
Cattolicismo del Werner è tale che non solo non lo con-
duce alla Chiesa Cattolica di oggi, ma lo fa infierire
contro di essa : (( Ich liebe den Katholizismus nicht, der
zum Ungeheuer entstaltet ist» (19). Allo Scheffner, che
il grimprovera le sue troppo vive simpatie, risponde :
« Ich fange nur gleich damit an, dass ich ebenso vv^ie Sie
als Mensch (si noti l'espressione, non (( als Dichter »),
den jetzigen Katholizismus aufs Aeusserste perhorrescire
und verabscheue. Elr ist so tief gesunken, dass kein red-
(18) Ausg. Schr., XIV. p. 36. e cfr. « B lattei f. 1. U. ». 1827. n. 1.
— Lettera a Regiomontanus (Pseudonimo di K. S. Feukohl) — « Ich
halte Jesum Christum fiir den einzigen grossen Meister der Maurerei
Ich glaube dass die Menschheit abgeklàrt werden muss durch die Ge-
meinde der Heiligen, nicht etwa ira krass-katholischen Sinne. sondern
im veredelten, wahrhaft katholischen Sinne».
(19) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1173.
138 Zacharias Werner
licher Mensch mit ihm gemeinschaftliche Sache machen
kann. AUes will ich werden, nur nicht katholisch unter
Leitung der jetzigen Schurken und Dummkòpfe, die sich
fiir Hiiter des Katholizismus ausgeben Kònnte ich
anderer Meinung sein, so wàr* ich entweder als Dumm-
kopf Ihrer Theilnahme oder als Schurke Ihres Wohl-
wollens nicht wert. Der Katholizismus ist jetzt fast noch
liefer gesunken als das erbàrmliche Cerulische Quodlibet,
was man Maurerei nennt. Beide, wie wohl in ihrem Quel!
gross, heilig und gòttlich, sind jetzt von der Art, dass
jeder Mann, dem es ums Gute zu tun ist, erstern als
sundlich, letztere als dumm perhorresciren muss. Beide
bediirfen einer Reform und einer baldigen » (20).
Massoneria romantica e Cattolicismo vero sono per
il Werner una cosa sola : ricondotto alla sua purità,
questo gli pare identificarsi con quella. Un tale Cattoli-
cismo è da lui chiamato « idealisirter, gelàuteter Katho-
lizismus » (21). E il « vero cattolico » è colui, il quale
veramente ha la religione universale, colui che, come il
pastore Mayr, adora Maria ed Isis al tempo stesso, e prega
ugualmente in un tempio cristiano o in una moschea, colui
il quale (vedemmo già che questo è uno dei punti in
cui i due influssi romantico e massonico coincidevano)
considera ogni forma di credenza e ogni forma di culto
come contingenza della religione e non come sostanza
di essa e i dogmi cattolici come un mondo di simboli
che contengono un senso ascoso (22), colui che sa come
(20) Ibid.
(21) Ausg. Schr., XIV, p. 41.
(22) « Blatter f. 1. U. », 1827 (A Regiomontanus) : «Ich glaube dass
der Versòhner mit der Schar seiner Heiligen und Propheten auf die
Altare wieder hcrgestellt werden muss » .
// dramma dell'utopia settaria 139
in nessuna di queste credenze e in nessuno di questi
dogmi è la verità completa : esse sono la lettera, cercate
lo spirito (23).
Un terzo particolare è finalmente caratteristico di questo
primo periodo. Sotto l'influenza della passione settaria,
anche la teoria mistica dell'uccisione dell'egoismo ottenne
una appliccizione singolare. Nella sua fedeltà alle idee
massoniche il Werner confuse l'egoismo con l'individua-
lismo, con l'affermazione della propria personalità. L'uomo
deve diventare schiavo della setta a cui appartiene : deve
avere una obbedienza cieca non soltanto alla legge divina
e alle rivelazioni divine, ma agli ordini dei suoi superiori.
Non ha più il diritto di chiedersi il perchè di ciò che fa,
non agisce più in conformità delle leggi divine perchè educa
sé stesso secondo lo spirito di quelle leggi, e dal suo Io
così educato vien portato ad osservarle : agisce come un
meccanismo.
Quando il Werner scrive il primo dei suoi drammi :
Die Sóhne des Tales, ed essendo in pieno entusiasmo
settario, intende comporre un « Hymnus an die àchte
Maurerei » (24), un « dramatisches Gedicht ùber die
kònigliche Kunst » (25), svolge nella sua opera una tale
concezione. Era credenza allora assai diffusa presso i mas-
soni, ed accolta anche dal Lessing, che la Massoneria
derivasse dall'Ordine dei Templari: che l'antico ordine
(23) Fino alla sazietà ripete il Werner questa idea. V. nella cit.
lettera a Regiomontanus : « Ich glaube dass der jetzige alles unter die
Fiisse tretende V^'eltbeherrscher Egoismus, als der wahre Antichrist,
durch Religion, Kunst und Maurerei gemeinschaftlich verdràngt werden
muss » .
(24) Ausg. Schr., XIV. p. 21.
(25) «Blatter f. 1. U. ». 1834, p. 1171.
140 Zacharias Werner
glorioso avesse dato, morendo, origine alFordine nuovo.
L'ordine era andato in rovina, perchè potesse risorgere
più forte e più puro in una nuova forma. La Massoneria
doveva al modo stesso andare a morte, per rinascere in
tutta la sua purità, rinnovata dalle fondamenta. Il Werner
trovava, fra il momento in cui l'ordine dei Templari andò
distrutto e il momento in cui egli viveva, un'analogia. Quei
tempi gli parevano stare « in intimem Zusammenhang mit
den neuesten Zeitbegebenheiten » e secondo questa idea
egli compose il suo dramma.
I.
Lo Schneider ha voluto far nascere il romanticismo dalla
Massoneria attraverso quelle correnti mistiche e neopla-
toniche che nella Massoneria del secolo XVIII si affer-
marono : tendenza al misticismo e ad un simbolismo reli-
gioso, risveglio dell'ideale ascetico medioevale congiun-
gono in realtà il romanticismo con la Germania anteriore
a Lutero attraverso le (( Geheime Gesellschaften » (26) :
ma, considerato nelle sue origini immediate, il romanti-
cismo sorse però indipendentemente da queste e dai mi-
stici, a cui esse ispirarono il loro credo.
Il romanticismo è con esse in qualche rapporto soltanto
perciò che esse attraverso il Protestantesimo intellettuale
e moralista e la « Aufklàrung » razionalistica mantennero
viva quella corrente idealistica che il romanticismo fece
(26) Si legga a questo proposito il libro dello SCHNEIDER, Der Ein-
fluss der F reimam crei auj die deutsche Kultur, cit., Cap. III.
// dramma dell'utopia settaria 141
risorgere. NuU'altro però: il pensiero dei romantici fu
pensiero loro proprio, e dicemmo già che il Bòhme stesso,
malgrado il forte influsso esercitato, non fu un fattore
essenziale. Anche senza di lui il romanticismo avrebbe
avuto le tendenze che esso portò a vittoria. Non solo,
ma quelle stesse idee mistiche, che avevano costituito
le credenze dei massoni, erano diventate alla fine del
secolo XVlll imprecise e confuse, ridotte a poco più
che a formule di rito, alle quali colui che le conosceva dava
il significato che gli pareva meglio: pochi erano coloro
che alla lettura dei testi mistici direttamente risalissero.
La composizione dei Sóhne des Tales offre una
prova evidente di questa differenza originaria fra Mas-
soneria e romanticismo. Il dramma fu scritto dal Werner
in un lungo periodo di tempo che va dal 1 799 al 1 803 :
e consta di due parti : (( Die Templer auf Cypern » e
« Die Kreuzesbrùder » . La maggior parte dei (( Templer
auf Cypern » fu scritta prima della sua conoscenza delle
opere dei romantici, la seconda invece tutta dopo. Il
Werner rifoggiò poi e ritoccò la prima parte in con-
formità della seconda, ma restò fra le due parti una pro-
fonda sostanziale differenza di spirito e di forme (27).
L'idea generale, infatti, che il Werner disse di aver
messo a base della composizione è, secondo le sue parole,
« der Sieg des gelàuterten Katholizismus mittelst der Mau-
rerei iiber den, in seinen Grundsàtzen zwar ehrwiirdigen,
aber dem Menschengeschlechte, qua talis, nicht angemes-
senen, durchaus prosaischen Drang eines durch keine
(27) Non vide questo il PoPPENBERG, op. cit., Cap. II. Perciò l'in-
terpretazione che egli dà dei Sohrìe des Tales e il giudizio che ne fa,
ci paiono, in più punti, non accettabili.
142 Zacharias Werner
Phantasie begrànzten Critizismus » : il Werner stesso
però dovette riconoscere che questa idea non si mani-
festa nella prima parte troppo chiaramente (28). Noi di-
remo di più: l'idea direttiva della prima parte è affatto
diversa da quella a cui la seconda fu poi informata.
*
* *
La prima parte appare in realtà scritta sopra un
piano più semplice, meno complesso e meno ardito. Il
Werner, volendo riformare la Massoneria dei suoi tempi,
disegnò bensì di rappresentarne il tramonto come un av-
viamento alla sua rinascita, ma l'aspetto con cui essa do-
veva rinascere, era conforme soltanto a quelle idee a cui
vedemmo il Werner condotto dalla sua amicizia col
Mnioch.
Queste erano (29) : religiosità mistico-simbolica, rinunzia
all'egoismo:
Das stolze Ich wird ans Kreuz geschlagen.
(28) Quando il Werner terminò la prima parte (v. Ausg. Schr.,
XIV, p. 20), la seconda era ancora oscura in lui : « Das Skelett (des
zweiten Teils) steKt noch dunkel vor meinen Augen Ich will, ehe
ich anfange, den* Pian streng entwerfen». Inoltre, si confronti ibid.,
p. 30, la lettera allo Hitzig scritta 18 mesi dopo che la prima parte
era terminata, il 29 settembre 1802. Anche ora la seconda parte è
ancora in divenire, e il Werner fatica a portar ordine nella confusione
delle sue fantasie.
(29) Cfr. quanto esponemmo nel primo Capitolo intorno alle idee
del Werner, prima della sua conoscenza delle teorie dei romantici.
Che anche quest'ultimo principio fosse al di fuori dell'influsso roman-
tico posson dimostrare alcune citazioni : « Die Abtotung unserer
Eigenheit — scrive un massone del tempo — und die gànzliche Ver-
senkung unseres Willens in den Willen Gottes : das ist das nòtige
// dramma dell'utopia settaria 143
e finalmente celebrazione della morte come fonte di
vita :
Nun steigt aus der Verwesung griìnem Staube
In Nebelformen cine Rosenlaube.
II Werner intese quindi originariamente di presentare
nei suoi Templari non già un ordine che deve perire
perchè si è allontanato dal « gelauterter Katholizismus »
in cui è la salvezza, ma semplicemente perchè è dege-
nerato.
Nell'ordine il Werner descrive infatti intrigo, pigrizia,
godimento, amore delle comodità della vita, incuranza
delle cose divine. Persino il migliore giovane campione
Robert pecca contro Tobbedienza cieca che ha giurata,
muove di sua testa a imprese belle ma condannabili, perchè
gli furono vietate, rompe gli ordini, insulta il Gross-Komptur
che lo riprende e gli annuncia la punizione. E i più di
Stiick der Uebung der Gottesfurcht... Sauer, blutsauer werden uns
diese wenigen Worte im Anfange unserer Bekehrung. Tief eingedruckt
in unserer Seelè ist der Eigenville : hier zeigt das natiirliche Verderben
seine grosse Macht. Doch getrost : wenn dieser seibenkòpfige Drache
iiberwunden ist, so gehet alles andere viel leichter». Le dottrine della
« Entkòrperung » , che altrove ricordammo, non erano che una dedu-
zione di queste affermazioni : « Nur durch Ertòtung des tierischen Men-
schen — aggiunge con terminologia bòhmiana un altro massone —
wird der Geistige ins Leben geboren, und keine anderen als diese konnen
Biirger der heiligen Gottesstadt werden». V. SCHNEIDER, loc. cit.
Anche il Werner esalta similmente « die Weisheit des Ordens,
der, aus Ertòdtung des Eigenwillens, die gottliche Kraft in uns zu erzeugen
bestimmt ist, sowie, aus Erstarrung des Materiellen (Tod), das Leben
neu in der Gahrung (Verwesung) und aus ihr die Beschwichtigung der
streitenden Krafte entsteht. Die Maurerei hat nur einen Zweck, Wie-
dergeburt, und fùr die, welche ihn erreicht, nur einen Trost, Palin-
genesie». « Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1170.
144 Zacharias Werner
questi uomini son vigliacchi, ora, davanti alla guerra,
temono la morte, amano la loro vita placida e inerte.
Der Orden ist dem Tode schon gewelht,
Nicht seiner Feinde Zahl ist sein Verderben :
Er muss an seinem eigenen Unwert sterben.
Non è già che essi vadano perseguendo un falso ideale.
Non perseguono più nessun ideale, tranne alcuni eletti,
come il Gran Maestro, Molay e il Gross-Komptur.
Questi s'accorgono che la barca affonda e Molay ne
indica anche chiaramente la ragione :
An ihrem eigenen Unwert,
An den Klippen ihres jammerlichen Ichs,
Da muss des Ordens schòne Barke stranden :
Des Ordens eigne Sohne morden ihn.
La retta Massoneria werneriana poi, quella che evi-
dentemente deve risorgere, in questo tempo appare an-
cora dominata dagli ideali umanitari, a cui nel primo
capitolo accennammo. Molay non desidera altro che « ein
Mensch zu sein », e si rallegra che Franz, il figlio del-
l'amico Poitou, abbia un cuore:
Gelobt sey Gott!
Er hat ein Herz! Er ist des Bundes wiirdig.
Ed esulta quando Robert annuncia che egli sopporterà
la sua condanna con forza virile e continuerà a dedicar
la sua attività al bene degli uomini :
Robert ! — Ich sag' es dir zum ersten Mal :
Du bist ein Held ! — Da bist, was zehnmal mehr ist,
Ein echter Mensch!
// dramma dell'utopia settaria 145
E quest'ultimo particolare ha tanto più valore, in quanto
che proprio Robert è colui che, fin da principio del
dramma, è destinato a sollevare il nuovo « Bund )) dalle
rovine dell'ordine.
E vi è altro ancora da osservare.
Nella predica che Molay fa ai due neofiti richiaman-
dosi agli statuti dell'ordine, cioè al fondamento della
vera Massoneria, è detto che si deve rinunciare all'amore
terreno :
Des Weibes Mann wird hier nicht angenommen.
Die Liebe die in seinem Busen tobet,
Ist nur Genuss, nicht jene grosse, teine,
Vergeltungslose, der wir uns verlobet ;
è detto che si deve esser sani, (( denn die Vollendung ist
ein Kind der Kraft », e, se si deve assoluta obbedienza al-
l'ordine, se si professa « Demut und Vertrauen », ciò
accade, perchè maggiore sia la forza nella completa unità.
Vi è in tutti questi pensieri quasi una contraddizione con
le idee che troveremo nella seconda parte (30).
Persino l'idea della rinascita dalla morte e gli altri ele-
menti, che erano comuni alle tendenze romantiche a cui in
seguito il Werner darà svolgimento, sono in questo tempo
ancora, anche presso di lui come presso i massoni, sem-
(30) Io credo anzi che l'idea di far morire l'ordine dei Templari
per opera del «Tal», sia venuta al Werner soltanto in seguito, dopo-
ché egli, passato a nuove idee, farà, come dicemmo, perire l'ordine,
perchè il suo indirizzo è errato. Infatti di questo piano non solo non
compaiono traccie nelle lettere del Werner degli anni 1799-1800, ma
se ne scorgono pochissime traccie anche in tutta la prima parte «e Die
Templer auf Cypem», nella 1* edizione. Queste poche poi vennero
aggiunte probabilmente a stesura finita.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 10
146 Zacharias Werner
plici frasi di cerimoniale, inserite nella scena dell'assun-
zione di Franz e di Adalbert a fratelli della società:
Aus Blut und Dunkel quillt die Erlòsung !
Verwesung ist des Lebens Name ! etc.
Questa è adunque la tendenza della prima parte. Ora
si esamini invece il pensiero che la parte seguente deter-
minata dal nuovo entusiasmo è destinata a far trionfare.
La scena centrale del dramma, in cui il vecchio Adam
catechizza Robert, svolge quello che fu il credo dei ro-
mantici. Siccome anzi l'influsso romantico era affatto re-
cente, il Werner restò in essa vicino ai romantici in
misura assai più grande che in tutte le sue opere po-
steriori.
Vi è posta a base di tutto quella risoluta concezione
monistica dell'universo, di cui vedemmo come il Werner
poco si curasse e che egli poi negligerà (31). Tutto
deriva da un solo primitivo elemento e Robert ha nel
« Tal » anche questa rivelazione:
Bin ich zur Unterwelt entriickt? Ich hore
Die tiefen Wasser rauschen — Winde brausen —
Der Sphàrenklang der ewigen Gestirne
Tont in mein trunknes Ohr, und brennend glùhn,
Wie bunte Sterne, Blumen um mich ber.
— Ist das ein Hain? — Und diese Flammen Blàtter>
(31) Le relazioni dei Sohjìe des Tales con il romanticismo fu-
rono principale argomento del libro del POPPENBERG cit., ma, data
la concezione del romanticismo che egli aveva, e data la confusione
della prima con la seconda parte, che egli fece, giunse a risultati, che
peccano di unilateralità e perciò ad un tempo di esagerazione e di
manchevolezza.
// dramma dell'utopia settaria 147
Und dies melodisch schreckliche Geton,
Das aus den Blàttern saiiselt und den Liiften —
Ich halt's nicht aus — ich muss in diesen Tonen —
In diesen Wogen muss ich untergeh'n !
Prima conseguenza di questa identità delFuomo con la
natura è la possibilità nel nostro spinto di « disciogliersi
(zerfliessen) in essa » .
Bin ich noch? Ihr Lufte — Wogen —
Ich hier — und dort — und iiberall — verschwommen —
Zerrissen — aufgelòst — in Schwestertropfen —
In Bliìtenstaub — und doch so selig — oh !
Seconda conseguenza è che l'uomo può contemplare la
natura in sé medesimo:
Phosphoros und Wort und Heiland,
Mehr noch, alles, bist du selber.
Da questa affermazione nascono alcune altre, che già co-
nosciamo dal primo capitolo : la superiorità cioè della fan-
tasia e del sogno sulla ragione, perchè attraverso di quelli
ci schiude la natura i suoi misteri direttamente e perciò
non esiste possibilità di enore:
Uns taiischet nicht der Traum, nur der Gedanke.
Geist und Korper sind wie Luft und Wasser:
Was jener niederstrahlt, gibt dieser wieder :
So spiegeln auch in uns sich Licht und Stoff :
Was sich vom Licht im Stoffe wiederstrahlet,
Heisst Phantasie.
Il Werner però ne viene condotto ora al tempo stesso
148 Zacharias Werner
a idee, che prima e poi gli furono completamente estranee.
Se la conoscenza vera avviene in noi per questa via, allora
la qualità più alta dell'uomo è V« auto-coscienza ». E il
Werner esalta in questo istante lo spirito lucido che co-
nosce e guida sé stesso. L'uomo, egli dice, è una sfinge,
angelo e bestia fusi insieme: solo « ewige Klarheit in der
ewigen Gàhrung » ci può rivelcire la verità. E condanna
persino l'istinto come fermento proprio soltanto di una
vita inferiore : la lotta deve diventare pace, la fiamma deve
diventare luce:
Glut wird Licht, und Kampf wird Frieden.
Il Chaos deve diventare armonia; la qual cosa avviene
dopo che la lotta, la fiamma e il Chaos furono com-
presi :
Du hast das Chaos der Natur verstanden :
Wir ehren dich und halten dich fur wert
Auch ihre Harmonie zu schauen.
In questa guisa il Werner viene condotto ancora non
soltanto alla esaltazione dell'amore, condannato già, come
vedemmo nella prima parte del dramma, ma anche a
quella della vita morale, fondata, sì, sopra l'amore, ma
anche sopra la volontà dell'uomo, che, discoperta in sé
stesso la legge etica, la segue.
Persino in quello che è il pernio del suo sistema, ve-
dete il Werner contraddire per un istante a quelle idee
che suole promulgare. Egli difatti concepisce la religione
come « contemplazione » del (( Weltall » , come (( An-
schauung » nel senso dello Schleiermacher :
Durch Selbstverlierung lernst du anzuschauen.
// dramma dell'utopia settaria 149
E questo concetto romantico dello spirito veggente, deter-
mina tutti gli altri aspetti della filosofia della vita. L'uomo
veggente non opera d'impulso, ma opera perchè vuole: e
l'uomo religioso deve volere, ma volere ciò che Dio lo
ha chiamato a compiere: egli deve, con frase Werne-
riana, volere Dio.
Und wenn du alles was du willst, vennagst,
So willst du nichts als Gott — und bist vollendet.
Tutta la vita diventa così un'opera di veggenza e di
volontà. Quella esagerata idea della potenza della volontà,
che, sotto l'impressione del pensiero di Fichte, faceva
spezzMe al Novalis tutti i limiti della potenza del nostro
spirito, si comunica anche al Werner. Ed anch' egli esalta
Fichte e il suo (( Johanniten-System » (32), e professa
Va idealismo magico » novalisiano. La lettura del Bòhme,
ricordi neoplatonici, la leggenda del Faust, gli scritti di
Schwedenborg, esperimenti spiritistici si associano nella
sua fantasia :
Hast du noch nie von Menschen reden horen,
Die durch die blosse Allmacht ihres Willens
Die Geisterwelt gestort und umgeschaffen?
Affermeftido la possibilità che lo spirito possa dominane
(32) « Fichte ist eine der merkwtirdigsten Erscheinungen. Dem Johan-
nitensystem ergeben, ist er selbst ein Vorlaufer der Zeit, in der Glaube
und Tat sich vereinigen sollen, die wir glaubend erwarten und herbei-
fuhren miissen. Fichtens System scheint mir, soweit ich es kenne, eine
Vorschule zur Religion, wie Jean Paul eine der Aesthetik geschrieben
hat». DOROW, Erlebtes, I, p. 94.
Questo giudizio è di qualche tempo posteriore a questa data, ma
racchiude sinteticamente quanto il Werner pensò di lui nei diversi tempi.
150 Zacharias Werner
completamente la materia, il Werner deve pure moderare
la condanna di questa, che egli in generale suol fare.
Materia e luce, male e bene (lo insegnava anche il
Bòhme), hanno ugualmente in Dio la loro origine. La
materia quindi è divina purché sia (( durchstrahlt » di luce,
purché sia (( verklàrt » :
Staubgenossen
« Wie du, sind wir vom Element erzeugt ;
Nur dass wir iene ewige Verbindung
Der ersten Stoffe mit dem Geist verstehen,
Dass wir das Element zu seinem Urstoff
Veredeln konnen — scheidet uns und dich.
E dal pensiero dello Schleiermacher é pur determinato,
in conformità di queste teorie, l'atteggiamento del Werner
di fronte al problema dell'immortalità. L'ubbìa della im-
mortalità, nel senso comune della parola, é un assurdo:
Die icriipplichte Unsterblichkeit — nicht wahr?
Die unser jaiamerliches Ich
So dumm und klàglich — so mit allem Unmut
Nur fortspinnt ins Unendliche — nicht wahr?
Auch sie muss sterben (33).
Noi esistiamo esternamente soltanto, perchè 4a sostanza
é eterna mentre le forme periscono.
Formen werden und verwehen,
Leben muss Verwesung sehen,
(33) Se si confrontino queste parole col già citato brano della lettera
allo Hitzig (I Cap.), si vedrà come qui non può trattarsi se non di
una influenza diretta dello Schleiermacher. Essa lo conduce a modifi-
care momentaneamente il suo pensiero.
// dramma dell'utopia settaria 151
UdgI der Strahl zum Urquell gehen.
Alles ist zum Sein erkoren,
Alles wird durch Tod geboren,
Und kein Saatkorn geht verloren.
La vita nostra dopo la morte, essendo estasi assoluta
In Dio, è pure distruzione della personalità, distruzione
dell' (( Io )).
Preoccupato di esporre tutto il suo pensiero, il Werner
parla anche dell'arte :
Ube Kunst mit reinem Sinnen,
Dann wirst du die Kraft gewinnen
Um in Schonheit zu zerrinnen!
ed oppone anch'egli Toirmai già vieto contrasto di arte
ellenica e arte nuova:
Dem heitern Griechen lebte scine Welt ;
Wir raubten ihr des Lebens hellen Firnis.
Der Wehkreis ist fur uns ein Todtenhaus ;
Vernichtet ist der Mensch, wenn nicht zum Leben
Mit Adlerflug das Ideal ihn reisst.
Dopo tutto ciò è poi naturale che il Werner, pur asse-
rendo che tutte le religioni hanno ugualmente valore:
Was dir dein Glaube an dein Ideal,
Das ist dem Volke sein Heiland und sein Fetisch,
parli molto — secondo i suoi scopi — della Chiesa, la
quale è custode sacra, rigida, severa, imperitura del
<( Verbo » che il (( Mittler )) ha lasciato agli uomini.
In ihr erscheint die Erdenhiille
Des Heiligen, ein leuchtend Sternenbild.
152 Zacharias Werner
La Chiesa è necessaria non soltanto come custode del
vero, ma anche perchè nella cooperazione di tutti i membri
di una società è più agevole raggiungere lo scopo.
Und wenn der Mensch, der einzelne, die Geister,
Wie du selbst gestehst — verwandeln kann,
Wiewohl beschrankt durch Gegenstand und Zufall :
Sag' selber — solite die vereinte Kraft
Von vielen Besseren dann nicht vermogen,
Die Korperwelt, die keinen Zufall kennt,
Durch einen reinen Willen zu verklàren?
Questa è la prima deformazione werneriana del Ro-
manticismo, che incontrate nel Vangelo predicato. La
seconda è l'inno a Cristo, di cui in principio di questo
capitolo abbiamo parlato, l'inno al « Mittler » che espiò
per gli uomini la prima colpa, insegnò loro la via della
liberazione e della redenzione, e fondò la Chiesa.
Und wenn der Mensch vor Todesnacht erbebt
Und vor dem Sonnenglanz des hochsten Lebens,
So siihnt, ein holder Mond, der Mittler ihn
Mit der Natur und mit der Gottheit aus.
A questa si aggiunga come terza deformazione, che il
Werner, sebbene proclami tutte queste teorie, su una sola
insiste continuamente : quella che ha un carattere più
spiccatamente massonico : la esaltazione della morte come
principio della vita (34).
(34) Sohne des Tales, parte II, atto III passim. Se si raffron-
tino le idee qui riassunte; con quanto dicemmo nel I Capitolo sul suo
pensiero, risulterà chiaro come l'influenza romantica sia stata grande
su di lui, e come veramente quelle fantasie mistico-sensuali di cui
// dramma dell'utopia settaria 153
Questa era adunque la verità: non soltanto avevano
errato i Templari per debolezza di carattere : essi avevan
perduto il giusto sentiero. L'ordine loro dovrà ora venir di-
strutto perchè il popolo non sia anch'egli traviato dal loro
esempio, perchè sul popolo essi non possano più agire.
Tutto il piano dell'opera viene mutato.
Date queste idee, la necessità della morte dell'ordine
acquista una nuova importanza e un nuovo carattere. Chi
promuove e opera la distruzione non è più, come qualsiasi
lettore crede leggendo la prima parte, Filippo il Bello,
re di Francia, per sopprimere una potenza che gli dà ge-
losia e gli dà pensiero, per appropriarsi una ricchezza di
cui è cupido, ma è il (( Tal )) medesimo, il Consiglio supe-
riore, da cui l'ordine è nato, la Chiesa universale, rappre-
sentata nella sua più alta dignità.
La lotta del a Tal )) contro l'ordine, la lotta « dell'i-
dealismo puro e della religione vera contro il criticismo
nobile ma insufficiente dei Templari » diventò in tal modo
la materia della seconda parte.
Il Werner, per colmare lo (( hiatus » che fra le due parti
esiste, introdusse più tardi nella prima parte, prima di
terminarla, qualche elemento che preludesse alla parte
parlammo non debbano essere ricondotte ad altre fonti, che al roman-
ticismo, che glie le fornì non ancora deformate dalle sue tendenze
()articolari.
Io non mi sono dilungato neppur ora in citazioni di scrittori ro-
mantici, perchè anche qui chiunque sia un po' famigliare con il roman-
ticismo tedesco trova facilmente i riscontri, trattandosi delle idee fon-
damentali che in esso dominarono, e di un influsso che non fu verbale
e particolare, ma generale sopra l'indirizzo di tutta la vita spirituale.
D'altronde un più minuto raffronto mi avrebbe necessariamente trasci-
nato oltre i limiti, entro cui, dato lo scopo di questo libro, io mi devo
costringere. Cfr. sul romanticismo la Bibl. già citata.
154 Zacharias Werner
seguente: i canti del Trovatore, la profezia dello zio di
Molay Eudo, le parole veggenti della pazza quando i
Templari partono da Cipro: ma ciò non poteva ba-
stare (35). Sarebbe stato necessario rifarlo tutto; ma ci si
accinge sempre con enorme difficoltà a rifare da capo
un lavoro già fatto, specialmente quando il lavoro è
ampio (36).
*
* *
Ritrovate il contrasto anche nelle tendenze artistiche
che nelle due parti si affermano. La prima non presenta
quei caratteri che abbiam detto esser caratteristici del
<Iramma del Werner: di comune con questo non ha che
lo sfoggio di colorito storico in ampie scene rituali, in
rappresentazioni diluite con sviluppi larghissimi, e nella
gran quantità di personaggi secondari, la narrazione delle
cui varie vicende viene intrecciata nell'azione vera e
propria.
(35) Io credo che questi pochi (rammenti siano posteriori al 1801.
Altrimenti non si potrebbe spiegare la contraddizione in cui stanno con
il resto dell'opera.
(36) Riflettendo, a mente calma e con intenzioni critiche, sulla sua
opera, il Werner tenterà di dimostrare al Peguilhen l'unità del dramma
e cercherà di far rientrare questo contrasto nella concezione originaria.
Egli scrive infatti nel 1806: « Der Mensch, als ein Gefàss, muss von
<lem klaren Wasser der Moral erst ausgespiilt sein, ehe der kòstliche
Wein der Religion in ihn gegossen werden kann » . Nei Sohne des
Tales, la « Ausspiilung » avverrebbe nella 1^ parte, il versamento
del vino squisito nella seconda. Ma la realtà è che la prima parte
mostra un vaso sporco, che qualcuno dice debba essere pulito e la
«Ausspiilung» non avviene. E si tratta qui di nient'altro che di uno
<lei tentativi soliti nei poeti, quando riflettono sull'opera loro, di ap-
profondire e giustificare teoricamente ciò che ai loro occhi stessi risalta
come mancato.
// dramma dell'utopia settaria 155
Volendo far la storia di una setta, in cui tutti son fra-
telli e nessuna individualità deve dominare, tutto il
dramma, che il Werner voleva chiamar (( dramatische
Idylle )), si riduce a uno studio di ambiente. Ciò che
mandava a rovina l'ordine dei Templari era lo stato, in cui
esso si trovava, non una crisi violenta d'azione, determi-
nante una catastrofe : questo stato era dunque che conve-
niva rappresentare :
Nein...Aus diesen dumpfen Massen
Erhebt der reine Phonix nimmer sich.
Dass sie mich nicht erkennen, dass sie mich
Verschmahn, dass sie von al lem dera nichts wissen,
Es gar nicht ahnden wollen, was — verzeih'es
Dem aufgeregten Herzen — welche Opfer
Ich unserem heil'gen Endzwecic darbot,
Das — Gott ist mir Zeug! — Das verschmerzt mich,
Das quàlt mit tausend Martern meine Brust.
Avete perciò un dramma impostato realisticamente:
l'essenziale per un tale dramma è il modo come i molte-
plici personaggi sono delineati. E il Werner volse a ciò
le sue cure. Ognuno ha un suo spiccato carattere. Molay,
nobile, dignitoso, gran cuore che s'è dedicato tutto all'or-
dine che presiede, incurante di sé, una grandezza che è
fatta di placidità, di maturità e di rassegnazione ; il Gross-
Comptur, uom d'un pezzo solo che unisce ad una forza
austera e dura una gran tenerezza di sentimenti e non sa
sopportare che le cose vadano in modo diverso da quello
che egli vorrebbe — Gott besser's — ; Gottfried sem-
plice e onesto ma amante della quiete (( Gemùtlichkeit » ;
Robert tutto fuoco e ardore di azione, ma impaziente,
una forza in fermento che non si sa contenere; Philipp,
156 Zacharias Werner
Stoffa di guerriero con passioni che non si domano, abbat-
tuto dalle esperienze dure della vita, a suo agio soltanto
nella solitudine in cui si è ritirato; Franz von Brienne,
rammollito e immaturo, idealista incapace di tradurre in
pratica il suo idealismo; Heribert, non ignobile, ma ro-
vinato dalla sua ambizione e dalla sua smania di vendetta,
perchè Molay è diventato Gran Maestro mentre egli alla
stessa carica aspirava; Noffo von Noffodei, stoffa di vol-
gare delinquente senza senso morale; Cyprian, prete senza
coscienza, falso, simulatore, egoista, serpe che l'ordine
si è nutrito in seno perchè lo mordesse; Adalbert, figura
ideale ma spirito contemplativo : e accanto ad essi la
folla degli innominati cercanti il piacere e la vita comoda.
Voi capite che quella società non si possa più soste-
nere : solo Molay e il Gross-Comptur sono ancor dediti
interamente al bene comune: gli altri, anche quando sono
animi onesti e nobili, come Robert e Gottfried e Franz,
seguono le inclinazioni loro e obbediscono a malavoglia.
Il buon Gottfried sarebbe « froh den Mantel zu verlieren » :
(( Man hat hier nichts als Plackerei. Gut, wer sein Schàf-
chen auf dem Trocknen hat » .
L'azione esterna consiste nell'invito che Filippo il
Bello fa ai Templari di recarsi a Parigi, sotto il pretesto di
bandire una nuova crociata: Molay indovina le mire
oblique dell'invito, inclinerebbe a resistere e a combat-
tere, ma il Capitolo è vigliacco e sente troppo pesanti le
armi e decide di partire. Fu criticato (37) il Werner di
non aver dato la scena del Capitolo drammaticamente, ma
di averla fatta raccontare per bocca di Molay : pure questo
(37) POPPENBERG cit., p. 67.
f
// dramma dell'utopia settaria 157
contribuisce a mantenere nel dramma unità d'intonazione.
La vera azione non è la esterna ma la interna, il processo
di dissoluzione dell'ordine: ora il procedimento, che il
Werner usò, mette in sott'ordine l'azione esteriore e in
tal modo fa rilevar di più quella che è l'azione principale:
in altre condizioni, quell'azione esterna si sarebbe svolta
ben diversamente !
L'interno processo si risolve nella catastrofe dell'azione
esteriore, determinandola. E la dissoluzione è molteplice.
Franz von Poitou viene accolto nel seno dell'ordine, seb-
bene le qualità che egli ha, benché in molta parte buone,
non siano quelle che l'ordine richiede : egli è un uomo di
libri e di mondo, non uomo di rinunzia e di azione. Heri-
bert e Noffo imprigionati attendono la vendetta. Il Cap-
pellano Cyprian, che fa il secretario dell'ordine, sa l'in-
vito del re, sa le mene che questi ordisce, e, sperando
lauta ricompensa, guadagna l'animo di Noffo e di Heri-
bert, li induce a porsi ai servigi dei nemici dell'ordine e
a giurare delle falsità perchè l'ordine sottoposto a pro-
cesso venga condannato, li induce a fuggire, perchè pos-
sano compiere la loro opera di calunniatori. Robert, la
giovane forza, richiamato dal Gross-Comptur con parole
severe, perchè all'ora del capitolo si è allontanato senza
permesso a cacciare una tigre, perchè s'è avventurato
contro il saraceno senza averne avuto l'ordine, ed ha perciò
mancato quando doveva montar la guardia, non accetta
sommesso l'ammonimento: si sente fiero perchè ha vinto
e fatto prigioniero il saraceno, liberando due prigionieri
cristiani: si esalta nel senso della sua forza così che in-
sulta il Gross-Comptur, e gli mette le mani addosso. Egli
si pentirà ben presto, accetterà il castigo che gli viene
inflitto e sopporterà la pena con animo forte e nobile; ma
158 Zacharias Werner
egli ha violati gli statuti e deve essere espulso. Philipp
non appartiene all'ordine, ma ne è un appoggio: egli ha
ritrovato nei due prigionieri, che Robert ha liberato, suo
figlio Adalbert : ora Adalbert gli racconta che egli doveva
essere ucciso per ordine di Filippo il Bello perchè questi
si era invaghito della sua fidanzata Agnese, figlia natu-
rale di Molay; gli racconta che Agnese fu uccisa perchè
gli era fedele: ed egli fa giurare vendetta a suo figlio, che
pure in questo momento è accolto nell'ordine e non ha
più la libertà delle sue azioni. Le mire di Filippo il
Bello daranno l'ultimo colpo (38).
Si criticò il Werner perchè introdusse la lunga scena
dell'accoglimento dei due nuovi accoliti Franz e Adalbert;
quella scena è in verità tutta esteriore e di nessuna impor-
tanza per l'azione. Ma appunto quella scena esteriore, in
cui i simbolici riti e i precetti enunciati rivelano ciò che i
membri dell'ordine dovrebbero essere e dovrebbero fare,
mette in rilievo il contrasto con le condizioni reali delle
cose. Quei riti sono ormai una specie di giuoco e quei
precetti un vano suono di parole. Il Werner introdusse la
scena certamente per sfoggiare le cerimonie massoniche
che vi son riprodotte : che però anche il secondo fine in
(38) Questa prima parte riposa sopra una base storica. Fonti furono
il MoLDENHAUER, Prozess gegen den Orden der Templer. Hamburg,
1792; MiJNTER, Statutenbuch des Ordens der Templer. Bruxelles, 1751 ;
DuPUlS, Histoire de l'ordre militaire des Templiers. Bruxelles, 1751 ;
K. G. Anton, Versuch einer Geschichte der Tempelherren. Leipzig,
1779; M, Jeune, Histoire critique et apologétique de l'ordre des
cheOaliers du Tempie de Jérusalem. Paris, 1789. Il Werner stesso, che
probabilmente li trovò nella Biblioteca della Loggia a Konigsberg e a
Varsavia, li cita. Cfr. anche il PoPPENBERG cit,, p. 25.
Cfr. Prologo alla Mutter der Makkahàer {Ausg. Schr., p. XVIl).
// dramma dell'utopia settaria 159
lui esistesse mostrano le lettere, in cui egli su tali ceri-
monie si esprime.
Il dramma manca di interesse e di forza drammatica;
ma, dato l'argomento, questo era inevitabile (39). Prima
di tutto noi non ci interessiamo alla storia di una società
come a una storia di singole individualità in lotta; e poi
— e questo è il principale — una storia di tal genere
esclude la maggiore intensità drammatica. Questa nasce
sempre soltanto quando una individualità, trovandosi in
urto o con un'altra che tenta di vincerla e di sopraffarla,
o contro un ostacolo qualsiasi, che sta in lei o fuori di lei,
esplica tutte le sue forze e tutte le sue qualità nel tenta-
tivo di affermare se stessa. Qui l'urto avviene contro una
verità astratta, contro una regola. Ora la regola non com-
batte : può essere osservata, se si opera con giustizia; può
essere trasgredita, se si opera contro giustizia: Molay,
che personifica questa regola, non può far altro che appli-
carla e metter fuori dell'ordine chi la viola. Il Werner
cerca di rimediare suscitando delle situazioni drammatiche
dalla convivenza delle diverse persone e dal cozzo delle
loro diverse passioni personali. Così il primo che riprende
Robert dopo il suo fallo non è Molay, giusto e mite, ma
il Gross-Comptur. Due personalità fiere si stanno di
fronte : nessuna di esse cercherà con saviezza di persua-
dere l'altra a ragione. Villars si sente appoggiato dal di-
(39) Il Werner stesso lo riconosceva : « Ich weiss dass das Ding,
wenn auch einige Szenen Erzeugnisse einer nicht ganz ungliicklichen
Phantasie sein mogen, doch kein richtiges Verhàltniss der Teile, viel
Geschwatz, und wenig Handlung, noch weniger aber dramatisches
Interesse hat Alles Abkiirzen, Feilen, und Schneiden hilft nichts».
Ausg. Schr., XIV, p. 21. E cfr. anche la prima delle lettere allo
Iffland nel Teichmann, op. cit., p. 298.
160 Zacharias Werner
ritto SUO, e, vedendosi offeso in tal diritto, scatta con vee-
menza: Robert si ribella, vedendosi trattato con durezza.
E tutta una vena drammatica scaturisce così, generando
un seguito di lotte successive: il pentimento di Robert
che riconosce di aver errato e si agita in una lotta fra il
suo rimorso e la sua orgogliosa e forte natura; il tormento
di Molay che lo ama e che lo deve sacrificare; il dolore
di Villars che riconosce di essere stato anch' egli ecces-
sivo ed è infinitamente triste perchè per colpa sua l'or-
dine perde Robert, il migliore dei giovani campioni. II
modo come il Werner sa sfruttare queste situazioni può
mostrare, ad esempio, la scena in cui il Comptur viene a
Robert e ha bisogno di abbracciarlo ancora prima che si
separino. Partiranno tutti i Templari domani e Robert man-
cherà nel numero: l'uomo dalla fortezza aspra e quasi sel-
vagia si sente oppresso, sente che le cose avrebbero po-
tuto andare diversamente, disapprova il proprio operato:
gli è difficile e faticoso esprimere quella confessione di
errore, tanto più che egli sa che in fondo era nel suo
diritto, ma si vince e va da colui che lo ha offeso. Il suo
linguaggio è spezzato e aspro: tenta vie oblique, ma il
peso interno lo porta al medesimo pensiero : (( Mein alter
Kopf wird manchmal ein w^enig schwach... Die Reise
wiirmt mir Es vs^ar dumm,... ich alter Murrkopf » : è
impossibile discorrer d'altro, tutto ricade lì dove il dolore
lo morde : finché vien fuori il suo tormento :
Ja — ich habe freilich —
Ja — freilich hab' ich — (halb vor sich) Nun, so brings heraus,
So kannst's auch biissen! {herausplatzeni) Wie ein Tor hab' ich
Gehandelt ! — Robert ! — Robert, komm ! — vergieb mir !
{erleichtert)
Gottlob! Nun ist's heraus! Das druckte schwer.
// dramma dell'utopia settaria 161
Robert commosso si precipita ai suoi ginocchi e a lui ven-
gono le lacrime agli occhi; egli lo rialza e lo abbraccia
piangendo :
Pfui ! Scham' dich dass du einem alten Manne
Die Schande machst, so wie ein Weib zu weinen!
{vor sich) — Pfui ! — Scham' dich, Alter — Schàm* dich ! — Gott
[besser's! — (40).
Aggiungete a questa forza di costruzione drammatica
l'abile ricerca dell'effetto teatrale. Il colpo di scena in
cui Philipp si ritrova improvvisamente dinnanzi suo figlio,
la scena in cui lo fa giurare odio al tiranno, l'invenzione
della lettera di Molay con ordine della uccisione di He-
ribert, tutti questi mezzi di effetto sicuro rivelano la sin-
golare attitudine del compositore.
Ed è quest'arte realistica, drammatica, teatrale, che
(40) Dal contrasto dei caratteri sa del resto il Werner attingere per
tutta la vita di quella società in disfacimento una forma drammatica.
È ora il contrasto fra Molay e Franz, fra la saviezza dell'uomo ma-
turo e la « Schw^armerei » dell'uomo inesperto e passivo ; ora il con-
trasto fra la scena in cui Adalbert giura al padre vendetta e il mo-
mento seguente, in cui fa i voti entrando nell'ordine ; ora il contrasto
fra Molay e l'ordine che regge, contrasto così grave che Molay per
trovare un amico deve rifugiarsi presso Philipp che propriamente sta
fuori dell'ordine stesso. L'intrigo che il cappellano Cyprian, Noffo e
Herlbert ordiscono contro l'ordine, si svolge in contrasto con gli sforzi
di Molay : vedete uomini che puntellano e uomini che minano l'edificio
e siete ansiosi di veder l'esito del diverso sforzo. E il contrasto è acuito
anche dalla opposizione del diverso modo come i due avversari si com-
portano : l'uno, Molay. è onesto e buono, l'altro invece non rifugge
dalla calunnia : nella stessa notte in cui Molay prima di partire, per
cancellar fino all'ultima traccia di ogni inimicizia, perdona a Heribert
e ordina di scarcerarlo, malgrado le dissuasioni degli altri membri del
Capitolo, nella stessa notte Heribert e Noffo fuggono per preparare la
sua rovina.
G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. II
162 Zacharias Werner
colpì lo Iffland alla prima lettura. In quasi nessuna parlata
sentite il vuoto della retorica : quasi sempre sentite nel dia-
logo le emozioni di persone bene individuate: un senso
vivo della vita e del dramma mostrava dappertutto un
occhio che vede chiaro, una mano sicura e ferma, una
fantasia ricca che sa dare ai sentimenti una espressione
vivace e intensa. L'opera era mediocre, ma vi si intrav-
vedevano delle qualità fuori dell'ordinario: nessuna me-
raviglia che Io Iffland pensasse di aver scoperto il succes-
sore dello Schiller: il Werner andava in questo dramma
interamente ancora per le vie Schilleriane, e si rivelava,
dal lato artistico, completamente per suo scolaro.
Affatto diversa è la condizione delle cose nella parte
seconda.
Al dramma realistico storico vi si sostituisce quel dramma
di pensiero, a cui il Werner d'ora innanzi si manterrà
fedele. Vi avete per la prima volta la vittoria di una cor-
rente di idee sopra un'altra corrente : una lotta di idee
e una tragedia di vita che si devono fondere insieme.
Il Werner, per raggiungere lo scopo (41), ricorse alla
(41) Passando a questo nuovo dramma il Werner è convinto di pas-
sare a una forma più alta di poesia. La prima parte gli pare al con-
fronto un «Machwerk». Ausg. Schr., XIV, 22. Anche in seguito
riteneva che la seconda parte gli fosse « weit besser gelungen » . A usg.
Schr., XIV, p. 46. Gli pareva che tutta quanta la prima parte conte-
nesse un solo « Stiickchen Poesie » : « die Wiederfìndung von Adalbert
und Philipp, zwischen welche der letzte Strahl der Sonne und das
Abendlied des Troubadours wie ein Ton der Gottheit fallt » : un
brano quindi di composizione più tarda e di spirito analogo a quello
della seconda parte.
II dramma dell'utopia settaria 163
tecnica usata dal Lessing nel Nathan: volle esporre le
sue idee e nello stesso tempo dimostrarle con l'azione
che nel dramma viene svolta. L'influsso del Lessing è in-
discutibile. La scena centrale dei (( Kreuzesbriider » è
quella in cui uno degli anziani del (( Tal », Adam, rivela
a Robert il nuovo Vangelo, che egli, il risuscitatore del-
l'ordine, dovrà custodire fedelmente, e gli spiega le ragioni
della sorte che ai Templari tocca : scena che, nella sua
posizione centrale, è come il nodo in cui tutti i fili della
azione si congiungono, determinando e spiegando al tempo
stesso la catastrofe finale. Così nel Nathan la scena
centrale era quella in cui Nathan raccontava la novella
dei tre anelli e ne faceva applicazione alle idee religiose.
Ma il Lessing nel Nathan aveva raggiunto la fusione
dell'idea nel dramma, perchè si trattava di una idea sola,
che dal conflitto dei sentimenti dei personaggi facilmente
riusciva ad emergere e ad imporsi (42). Il Werner invece
nel suo dramma si era proposto di presentare il trionfo di
molte idee, di tante idee, da cui vengono mutati i valori e
vengono rovesciate le fondamenta della vita intera, ed
era difficile in tali condizioni trasformare in poesia e
quindi in analisi psicologica concreta tutta quella massa
di pensieri astratti. Il Werner nella gran scena centrale le
fece esporre tutte quante, ma non cercò nel corso del
dramma di rappresentare in realtà di vita se non una sola
di esse : la sua concezione della morte.
Egli vi insistette probabilmente non solo per l'impor-
(42) Avvertì già l'analogia col Nathan il PoPPENBERG, op. cit.,
p. 24, ma senza scorger l'importanza fondamentale che essa ha per la
struttura della seconda parte. E cfr. l'analisi di questa seconda parte
nel PoPPENBERG, op. cit., p. 36 e segg.
164 Zacharias Werner
tanza che vi vedemmo assegnata, ma perchè gli parve
che essa potesse riferirsi anche alla prima parte già stesa
e che potesse perciò attrarla nel piano della seconda.
Ma fu una mgenuità. Per chi accettasse il sistema del
Werner, la funzione redentrice della morte potrebbe aver
valore soltanto se la si riferisce alle anime degli uomini :
ora invece il Werner la applica all'ordine medesimo per
spiegare e giustificare la condanna che il « Tal » ne ha
fatto. Ma l'individuo, creatura di Dio, sarà redento dalla
morte, perchè ritorna per essa al suo Creatore; l'ordine
invece è un prodotto umano e, scomparendo, va nel nulla.
Se il Werner si fosse accontentato delle due altre ra-
gioni prima da lui addotte : il destino di morte che in-
combe su tutto ciò che è umano, la necessità di morte per
tutto ciò che è corrotto, ciò sarebbe bastato; il Werner
invece conchiude con un sofisma. E per questo sofisma fa
morire Molay, Guido, il Gross-Comptur. Ma era neces-
sario che tanto sangue venisse sparso perchè l'ordine
perisse ? Non bastava che il (( Tal » richiamasse Molay
e gli altri superiori e imponesse loro la sua volontà ? Ol-
tracciò vi ribellate contro questa forza che opera nel-
l'ombra e condanna senza mostrarsi. Il Werner la paragona
al (( Fatum » della tragedia greca (43) ; ma il paragone non
J^egge, perchè il fato è emanazione diretta della divinità,
e il (( Tal » invece, per quanto costituito di persone su-
periori, è pur sempre una società di uomini.
Questo espediente permise però al Werner di svolgere
psicologicamente la concezione sua della morte nella
storia dell'anima di Molay.
(43) Teichmann, Literarìscher Nachlass cit., loc. cit. (lettera allo
Iffland).
// dramma dell'utopia settaria 165
Se il riconoscimento di questa verità è l'ascensione su-
prema che l'uomo possa raggiungere, se il godimento che
questa verità concede a chi l'ha raggiunta è il godimento
supremo che l'uomo possa avere, allora Molay è degno
di questo premio. D'altronde, solo l'idealismo puro e il
misticismo assoluto, sottraendo gli uomini ad ogni influsso
terreno e mondano, possono rendere gli uomini completa-
mente sicuri. E Molay ha anch'egli peccato: per rag-
giungere la suprema carica dell'ordine, non ha ripugnato
dall'intrigo; ora, incarcerato da Filippo il Bello, per
salvare l'amico Philipp, confessa esser vere tutte le ca-
lunnie che i nemici dei Templari hanno ordito contro
l'ordine che egli presiede, dirige e dovrebbe difendere.
Così nel ramo più forte ha mostrato la pianta tutta la sua
fragilità. In tal guisa la morte, rispondendo alla necessità
della sua soppressione come pena del suo errore, è anche
il premio della sua vita di sacrifìcio.
Rivolterebbe di veder Molay vittima della potenza del
Tal, vederlo andare a morte rassegnato sì, ma convinto di
subire un'ingiustizia e pieno di rimpianto per l'ordine che
deve lasciare. Invece prima di tutto egli stesso si convince,
che, avendo errato, merita la pena : convinto di questo,
più altro non cerca che la espiazione. Il popolo tiene le
sue parti, lo potrebbe liberare con la forza: egli rifiuta,
dice di aver peccato, di meritare la condanna. Ha visto
il Gross-Comptur morire : e giura sul suo cadavere :
Auf deine kalten Lippen seis's geschworen :
Was ich gefrevelt, ja, ich will's entsùhnen.
Quando poi egli vien portato nella caverna, che serve di
sede alle riunioni del (( Tal », e gli vien rivelata la verità
166 Zacharias Werner
sulla morte, allora egli è preparato a ricevere quell'inse-
gnamento : è così preparato che la comparsa e il canto mi-
sterioso dello spirito di suo zio Eudo, che poco prima
ebbero luogo, vengon da lui completamente intesi. E al-
lora avviene l'ultimo passo. Alla rinuncia spontanea alla
vita, succede il godimento estatico della morte, che è
la coronazione della sua attività sessantenne disinteressata,
del suo sempre praticato spirito d'amore. Ed ora non è più
in Filippo il Bello, non è più nel Tal la causa per cui
egli va al rogo, ma in lui medesimo. È lui che già gode,
nell'attesa, l'istante in cui cadranno le sue mortali spoglie
ed egli ritornerà nel seno di Dio : i suoi ultimi istanti sono
i più belli della sua vita. Gli si presenta il Cardinale e gli
offre di fuggire : lutto è pronto e tutto è sicuro : egli sor-
ride dell'uomo buono, ma avvinto ancora alla terra. Il
siniscalco, che ha affrontato il re per lui, si presenta per
liberarlo: ed egli sorride sempre. Il siniscalco interverrà
al momento in cui egli starà per salire il rogo ed egli guar-
derà al cielo. Egli vive già fuori di questo mondo : quell'e-
stasi d'infinito, in cui era la sostanza prima dell'insegna-
mento del (( Tal )) , è diventata il suo permanente stato
d'animo. Egli è imperturbato, imperturbabile. Ed egli si
getta nelle fiamme invocando Dio:
Zu dir ! Zu dir !
Se anche nella esecuzione del piano si posson notare in-
certezze e debolezze, l'idea è qui svolta in una definita e
precisa storia sentimentale.
Se il Werner fosse stato consequente, ed avesse rap-
presentato in egual modo gli altri suoi pensieri, trasfor-
mandoli in un modo di sentire e di vivere la vita presso
// dramma dell'utopia settaria 167
i suoi personaggi, il dramma si sarebbe impostato con
forza grandiosa come conflitto di due opposte (( Weltan-
schauungen » , e quindi come conflitto di due diversi e
opposti mondi : il mondo degli uomini religiosi ascendenti
verso la suprema rinunzia e verso Dio, in lotta contro
il mondo degli uomini schiavi delle loro passioni e del
loro egoismo: quello avrebbe lottato e vinto, sembrando
soggiacere. Ora nel dramma suo questo non accade. Ciò
importava difatti, fra altro, anche con due opposte ma-
niere di vita due opposte maniere di lotta: il Werner
invece non seppe seguir risoluto per la via su cui s era
messo. L'emissario del ((Tal», colui che per il ((Tal))
agisce, lotta e trionfa è Va Erzbischof )).'Ma come opera
r (( Erzbischof )) e a che mezzi ricorre per trionfare?
Oppone astuzia ad astuzia, infingimento a infingimento:
si serve di calunnie, non ripugna dal calunniare egli
medesimo, non ripugna dal far giurare il falso a Molay,
abusando di una sua spiegabile debolezza e di un suo
momentaneo spiegabile smarrimento. È questa l'applica-
zione di idee così pure ? È questo lo estraniaursi dal mondo
tanto celebrato ? Vi trovate avvolti in una rete di falsità
e di intrighi : come vi diventa moralmente piccino questo
preteso emissario di un rinnovato (( Fatum » tragico ! E vi
ribellate contro il sofisma di Adam che spiega a Robert,
che la colomba per combattere il serpente deve vestirsi di
squame per poter vincere.
Per causa di questo vizio di origine, il dramma si pre-
senta anche sotto molti altri aspetti informe e mancato.
Avendo rinunziato a svolgere psicologicamente il senti-
mento della vita da lui predicato, i personaggi del (( Tal )>,
gli esseri superiori, sono rimasti astrazioni, idee, ombre
vane. Il prescelto a far risorgere l'ordine traviato è Robert,
168 Zacharias Werner
perchè il suo fuoco interno e la sua forza sono segni di
slancio ideale. Quella sua colpa giovanile era una conse-
guenza del suo interno fermento : essa stessa una prova che
in lui esisteva la stoffa di quell'eroe morale che egli dovrà
diventare. Basterà che il fermento si chiarifichi, che la sua
agitazione si tranquilli, perchè egli giunga d'un balzo alla
mèta. Ma il Werner non mostra psicologicamente questo
trapasso e l'accedere, con il maturar del carattere, grada-
tamente alle nuove forme di vita, e il rispecchiarsi della
progressiva elevazione in un nuovo modo di agire : nel seno
del (( Tal » il Werner fa dare al giovane ardente e fo-
coso una lezione, e il mutamento che in lui la vita non
aveva prodotto è prodotto invece da una predica. Né
riuscì meglio la creazione degli altri personaggi. Lo stesso
Erzbischof che il Werner ha posto nel centro della sua
opera, facendo che egli occultamente muova tutti i fili
che a poco a poco nell'azione si snodano, lo stesso Erzbi-
schof è rimasto per più rispetti un simbolo: il simbolo
della rinuncia completa alla propria personalità, il sim-
bolo dell'obbedienza cieca all'ordine abbracciato. Egli è
la volontà ferrea che tutto raggiunge ciò che si propone,
ma si identifica completamente con la volontà superiore,
in cui vede specchiata la volontà divina; egli è la mente
lucida, riflessiva, sempre cosciente di sé; egli è l'uomo in
perfetta armonia ; egli è la serenità imperturbabile : è tutto
ciò che voi volete, ma finisce col non essere più un uomo.
Perchè l'uomo non è un meccanismo che si muove secondo
certe norme stabilite : l'uomo è un essere che sente e che
vive: e Va Erzbischof » invece non sente e non vive che
un istante solo : quando si congeda da Molay che è pronto
a morire. E voi vi chiedete invano dove è la vita nuova e
più alta che sostituisce quella a cui egli ha rinunciato.
// dramma dell'utopia settaria 169
Peggio poi è degli altri personaggi. Chi è Adam? Egli
potrebbe benissimo leggere dal Regolamento dell'ordine
tutto ciò che dice. Il vecchio del Carmelo, che recita la
leggenda di Phosphoros e accompagna Molay al rogo,
non ha nulla di personale; Agnes, il simbolo dell'amore
che, ardendo, tutto purifica, non fa se non generiche descri-
zioni dell'estasi amorosa. E vane ombre inafferrabili sono
ancora Adalbert e Kunigunde, la sorella di Molay e ab-
batessa del convento dove Agnes, sfuggita alla morte che
le era stata decretata dal re, ha trovato rifugio. E il di-
fetto si estende, travolge anche altre persone : Mathilde ad
esempio, la seduttrice di Franz, il simbolo dell'amore pro-
stituito da anime volgari, un vago impreciso riflesso della
Contessa von Eboli nel Don Carlos.
L'azione poi, almeno in quanto questi personaggi vi
prendono parte, non può necessariamente avere verità
poetica : essa acquista un non so che di esteriore e di mec-
canico e si intrica con artificiosità evidente. Adalbert e
Agnes sono salvati dalla condanna ; il (( Tal » li ha sot-
tratti alla loro sorte e li manda nella Tebaide : ma il
modo migliore di mostrar che l'amore, quando è puro e
santo, è una forza, era di fargli aver vittoria senza l'aiuto
di forze estranee. Philipp, l'uomo cercante la libertà, ha
tentato il regicidio e ha ucciso il Nogaret; ma il Tal lo
salva perchè il Werner vuol salvar l'idea in lui simboleg-
giata. Il (( Troubadour », che è il simbolo dell'arte, indo-
vina, non sapete come, l'avvenire, sta in carcere a con-
fortar Molay, e non sapete perchè ciò gli sia concesso,
scompare, e non sapete dove, quando Molay è giunto
alla fine del suo soffrire. Gli uomini presso a morte acqui-
stano strane virtù di veggenza, né sapete donde quella luce
improvvisa loro piova.
170 Zacharias Werner
Vi trovate smarriti in un mondo sconvolto, dove non vi
potete render più conto di ciò che succede : un mondo in
cui gli avvenimenti si svolgono secondo una loro propria
legge quasi indipendentemente dagli uomini che ne sono
vittima : un mondo in cui allo stesso tempo tutta la vita
consiste nel tenere e nel sentire discussioni.
E in tal guisa non avete più un conflitto di due (( Welt-
anschauungen )) , che si combattono apertamente per mezzo
dei loro rappresentanti, esplicando tutta la forza che hanno
in una lotta grandiosamente drammatica ; avete invece
per una parte una rappresentazione di vita reale nella
descrizione di persone malvagie o volgari, per l'altra parte
l'esposizione di un sistema. E i malvagi sono, alla fine,
puniti : il perfido Nogaret muore ammazzato, Noffo è
ucciso, Heribert si impicca, Franz espia, gettandosi nel
fiume, la colpa di aver tradito l'ordine, obbedendo alle
seduzioni della carne. Il sistema ha vinto sulla vita.
Così mancò al dramma — e qui è il suo vero difetto —
una unità organica: gli mancò quella serrata logicità che
nasce dalla sicurezza dell'impostazione e dalla sicura
conseguenza dell'esecuzione. Da un lato esso è freddo,
percl^è tale è sempre ogni astratto ragionamento, dal-
l'altro lato esso è incoerente.
E la parte migliore fu ancora quella realistica e storica,
secondo la maniera seguita nei T empier auf Cypem.
È per questa parte che il Werner poteva illudersi che il
nuovo dramma suo era tenuto (( nach den Regeln der
dramatischen Kunst » (44). I caratteri sono infatti anche qui
segnati con sicurezza e precisione di contorni : Filippo il
{A4)Ausg. Schr., XIV. p. 29.
I
I
// dramma dell'utopia settaria 171
Bello, debole e violento al tempo stesso, timido e feroce,
cupido e intollerante; il siniscalco di Poitou, padre di
Franz, uomo di acciaio, che con dignità maschia pari alla
forza materiale e morale di cui dispone, non esita ad affron-
tare il re medesimo in favore di Molay e ad imporgli di ren-
dere giustizia all'ordine ; il Nogaret, cortigiano cupido
di potenza, simulatore, calunniatore, non rifuggente da nes-
suna ignominia pur di giungere al suo fine; il Cardinale,
mite, buono, ma debole e di scarsa intelligenza, son nuove
figure di marcato rilievo, che si vengono ad aggiungere a
quelle già note per la prima parte. E, se l'intima vita del-
l'(( Erzbischof )) vi sfugge, è pure anche innegabile, che
quando lo vedete all'opera con la sua inesorabile fred-
dezza, con la sua onniveggenza tranquilla, con la sua
sapiente accortezza; quando lo vedete far di tutti zim-
bello a suo talento, giocando con le passioni e le debo-
lezze di tutti e movendo con passo lento, fermo ed eguale
allo scopo, quest'aspetto almeno della sua figura vi balza
innanzi con la massima evidenza. L'immagine del Grande
Inquisitore del Don Carlos ha balenato alla fantasia del
Werner : ma quegli che il Werner stesso chiama (( Inqui-
sitore )) non è più l'oscurantista avvolto di fredda ombra,
che soffiava una terribile aria di gelo nella convulsa
agitazione dell'ultimo atto della tragedia schilleriana,
è invece il tipo (( des aus hòheren Grundsàtzen der
Menschheit intoleranten edlen und erhabenen Prie-
sters». E il Werner lo paragona a Richelieu, — un
Richelieu spoglio d'egoismo — (( ein Mann ohne Lei-
denschaft, gemacht, die Welt zu beherrschen » (45).
(45) Ibid.. p. 30.
172 Zacharias Werner
E se errore fondamentale del Werner fu, come vedemmo,
di far trionfare il « Tal » per la potenza materiale che
esso attraverso T « Erzbischof » ha acquistato, perchè un
tal procedimento creò nella sua opera una scissione insa-
nabile, tuttavia la lotta che guidata dall' Erzbischof si
svolge, ha una forza drammatica talora molto grande. La
scena fra il re e il Gross-Comptur, quella del Giudizio,
quella della morte del Gross-Comptur, quella fra il sini-
scalco di Poitou ed il re, sono impostate bene e svolte con
efficacia (46).
L'influenza romantica si rivela poi in questa seconda
parte anche sotto un altro aspetto. Mentre la prima parte
conteneva scarsi innesti lirici, questa invece ne abbonda:
il trovatore riprende i suoi canti ispirati a una mistica vo-
lutamente nebulosa e confusa : voci nascoste cantano nella
(46) E più che tutto si impone drammaticamente l'azione dell'Erz-
bischof. Pili che le cupidigie di Filippo il Bello che si lascierebbe im-
paurire dalle sommosse del popolo e dall'intervento dei sovrani stra-
nieri, e , per mezzo del Cardinal Nunzio, del papa Clemente mede-
simo, piià che le mene del Nogaret, che induce Noffo, Heribert e qualche
altro indegno Templare a giurare menzogne e assurdità inaudite, più
che la debolezza di Franz che, lasciatosi sedurre da Mathilde, amante
del re, le dà . la cassetta dell'ordine che Molay gli ha affidata, —
cassetta che vien poi sostituita da un'altra contenente dei documenti
falsi e compromettenti ; più che la colpa di Philipp che tenta con
Adalbert di uccidere il re e cosi — esasperandolo — gli offre anche
il pretesto migliore di sopprimere l'ordine con apparenze di giustizia,
più che la pazzia di Molay, che, incarcerato, confessa colpe che non
ha mai commesse, più che tutto, è lui, l'Erzbischof, che con mano in-
fallibile, tutto sapendo e tutto sfruttando, conduce l'ordine alla morte
e la decisione presa dal « Tal » ad effetto. È lui che decide il re
sempre incerto, è lui che induce Molay, che ha avuto un istante di
resipiscenza, a confermare la confessione fatta per salvare Philipp,
è lui che dirige il processo e lo conduce a termine contro tutte le
opposizioni che incontra.
// dramma dell'utopia settaria 173
caverna il verbo di verità, ora in sentenze apocalittiche,
ora in sequenze liturgiche: !'(( Erzbischof » prega e pre-
dica in principio, a metà e alla fine del dramma. E sim-
boli si sovrappongono a simboli, canti a canti, ballale a
ballate, declamazioni a declamazioni.
Tutto ciò che il Werner aveva dovuto lasciar fuori del
dram.ma, vi rientrò per questa via.
La concezione dell'amore, l'unione di amore e morte
non erano penetrati nell'azione, ed il Werner vi inserì
quel (( Lied der Liebe » che fu già ricordato nel primo
capitolo, e che credo sia stato suggerito alla sua fantasia
dalla accusa che egli trovò fatta ai Templari nel (( Prozess
gegen den Orden der Templer » del Moldenhauer (47),
che già osservammo avergli servito di fonte. Il Molden-
hauer racconta infatti che un cavaliere dell'ordine si inna-
morò di una ragazza morta, la possedette nella tomba, e
nove mesi dopo l'amplesso trovò ai piedi di lei una testo-
lina di diavolo e una voce misteriosa risonò dal profondo
della terra:
Verwahr' dies Haupt : du wirdst Herr des Schicksals.
Il cavaliere, che aveva portato la testolina con sé, se ne
servì in guerra contro i Grigioni, e salvò, mostrandola al
nemico, le fortune della battaglia : dopo varie vicende,
venne essa in possesso dei Templari, che se ne fecero un
idolo e lo adorarono. Il Werner riprese la leggenda, so-
stituì alla testa di diavolo la testolina del bambino morto,
e se ne valse, come altrove vedemmo, per simbolizzare la
sua idea.
(47) Hamburg. 1792.
174 Zacharias Werner
Anche l'unità del suo pensiero non parve al Werner
chiarita abbastanza, ed egli ricorse per simbolizzarla alla
leggenda di Phosphoros: invenzione sua con qualche ele-
mento tratto alle fantasie del Bòhme, una, com'egli si
esprime, continuazione a rovescio della storia di Baffo-
met (48).
Phosphoros è un eone che, desiderando una esistenza
individuale, fu respinto da Dio e chiuso in un carcere che
si chiama vita, avvolto in una veste di terra e di acqua
(il corpo), privato del ricordo della sua origine divina,
condannato a divorarsi il suo calice di fuoco (le passioni).
La luna, sua sorella nella luce, impietosita intercede per
lui, e il Signore apre nel suo carcere una piccola fessura,
per cui egli può scorger la luce, cioè la sua propria
natura divina, e, quando egli la contempla, sente meno il
peso dell'elemento che lo costringe. L'intercessione del
sole fa sì che il Signore gli conceda il sale per mode-
rare l'azione del fuoco che deve divorare ; ma il sale
diventò ghiaccio e Phosphoros irrigidì. La preghiera della
Madre Iside indusse dopo di ciò il Signore a mandargli
Den Kelch der Fliissigkeit, und in dem Kelche
Den Tropfen Wehmut, und den Tropfen Sehnsucht.
L'irrigidimento si disciolse e Phosphoros potè di nuovo
respirare: ma sempre Io premeva il suo carcere. E il Si-
gnore gli mandò la malattia, che ruppe il tetto del car-
cere e schiuse interamente la visione della luce. Allora
(48) Cfr. nel Capitolo I di questo libro la spiegazione che il Werner
dà di questa leggenda simbolica, applicata alla vita morale. « Blatter
f. 1. U. », 1834, p. 1171 (Allo Scheffner, 21 gennaio 1805).
// dramma dell'utopia settaria 175
venne il (( Verbo sulla terra ))". Il Logos (il Messia) gli fece
vuotare il calice della (( Sehnsucht » (49) e il carcere di-
ventò sottile e trasparente come cristallo : il Logos gli porse
il calice della fede e compare il ((Salvatore delle Acque».
E, dopo che egli ebbe esercitato pazienza nell'attesa e
fu purificato dal Verbo che lo assisteva, allora il Salva-
tore giunse a lui, lo liberò dal carcere che lo serrava,
ed egli scivolò nel seno della luce divina donde era stato
cacciato.
Es schwand der Wahn zu werden Ein und Etwas;
Sein Wesen war ins grosse Ali zerronnen.
Il ritmo varia : trovate il verso libero e la stanza di can-
zone, la ottava e la terzina, la sestina e la strofa di
ballata.
E tutta questa lirica romantica, che s'insinua fra il giam-
bico metro tragico, vi dà l'impressione di una continua
stuccatura esterna, che con l'interno sta in scarsa connes-
sione e, anziché rivelare, nasconde le linee architetto-
niche dell'edificio.
I Sòhne des Tales, come ci appaiono nella prima
edizione del 1803-1804, ci offrono quindi il dramma del
Werner nella sua genesi. La sua prima educazione arti-
(49) «Blatter f. I. U. », 1834. p. 1171. Trovammo già questa « Weh-
mut » e questa « Sehnsucht » nel Cap. I : « Sie werden bemerken —
scrive il Werner — dass der Mensch, in den hoheren Stunden der
Weihe, alles w^as sich sonst nur dammernd in seiner Seele darstellte,
verklart erblickt. Es ist die hòhere Wehmuth, Dagegen gibt es eine
andere (eine unnennbare Sehnsucht), wo er nicht denkt, nicht schafft,
nicht einmal Bilder ver seinem Inneren entstehen sieht, und doch von
jenem unnennbaren Gefuhl, w^as sich ins Weite Unermessliche aus-
dehnen mochte, ergriffen fiihlt».
176 Zacharias Werner
stica, il SUO ingegno naturale, gli influssi schilleriani lo
fanno inclinare al dramma storico : egli tende invece ad una
nuova forma che gli è balenata entro le idee e le teorie dei
romantici, ma non riesce a raggiungerla, e immerge nel
dramma realistico degli elementi romantici estranei che
non riescono a fondersi con esso. L* opera resta una nebu-
losa in fermento, che non è ancor riuscita a prendere la
sua forma.
II.
Se il Kreutz an der Ostsee, che egli compose dopo
i Sòhne des Tales, non ha scene di forza drammatica
tale quale in questi ci venne fatto di incontrare, esso
però segna un maggiore avvicinamento a quello scopo
verso di cui il Werner tende. Esso riesce infatti meglio a
conciliare quei diversi elementi contrastanti, dalla cui
miscela i « Kreuzesbriider » erano risultati.
Prima di tutto il Werner si è liberato dai ceppi
che gli imponeva la sua utopia di riformare l'organismo
massonico. Riconosce anch*egli che era una pazzia. (( Der
Maurerei kann ich (die notige Reform) nicht geben, da ich
teils weder Geld noch Umgebung dazu habe, teils auch
mir Mut und Lust fehit, mich durch die ùber Gottes Erd-
boden zerstreute Legion maurerische Klòtze durchzuren-
nen, und mein Leben daran zu setzen, um selbigen zu be-
w^eisen dass Klòtze keine behauenen Steine sind, oder gar
ali den Wust maurerischen Unsinns (bekanntlich hat die
Schalkheit ihre Hauptresidenz in den maurerischen
Schriften) durchzulesen und ihn zu v^iderlegen. Es geht
mir dabeì, aufrichtig zu sagen, wie dem Weinstocke, wel-
// dramma dell'utopia settaria 177
cher im Buche der Richter sagt: Warum soli ich meinen
Most lassen und iiber den Bàumen schweben 7 » (50). Egli
resta quindi presso il suo mosto e lascia ogni idea di ri-
forma. Anche riformare il Cattolicismo gli pare impossi-
bile : Lutero viveva in tempi diversi e aveva l'appoggio
di principi : a lui mancano tempi e principi : a che prò
sprecare le sue forze ? (( Ich will w^eder hier noch ir-
gendv^o reformiren, weil es nichts hilft, und ich es fur
vergeblich und albern balte auf einem zerlumpten Rock
Sammetflicken zu flicken » (51).
È ben vero che egli non abbandona l'idea della sètta,
che gli par Tunica via di riuscire in quello che egli con-
sidera come lo scopo della sua vita, ma, perchè gli uo-
mini ben disposti si incontrano dappertutto, egli pensa di
fondare una sètta completamente nuova, destinata alla dif-
fusione di quei principi di verità che ora sono dimenti-
cati : della vera religiosità, ora sconosciuta. (( Was ich tun
will und (wenn ich in Leben bleibe und Gott mich dessen
wùrdigt) auch gewiss tun werde, das ist: cine Pepinière
griinden von kraftigen, mòglichst unschuldigen und unver-
dorbenen Menschen, eine Pepinière des Heiligen, frei
von alien Formen und Formeln — denn wozu immer die
ewigen starren Falten, wenn w^ir lebendiges Fleisch
haben ? — Nicht Kinder der Magd miissen wir sein, wie
der Apostel Paulus sagt (in der Epistel am Sonntage Là-
tare, an die Galater, Gap. 4, die mir aus der Seele ge-
nommen ist), sondern Kinder der Freien. Eine jede Form
ist nur pour le coup ; sie sanctioniren, verewigen wollen.
(50) «BIàtter f. 1. U.», 1834, p. 1173.
(51) Ibid.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 12
178 Zacharìas Werner
heisst dem neugeborenen Kinde das Gift inoculiren, woran
es iiber lang oder kurz stirbt Diese Pepinière soli
sich keine Glatzkòpfe, keine Schurzenmànner anschlies-
sen Aus sich selbst soli sie hervorgehen, wenn
auch nur kleinen Beginns, und in ihr sollen sich die
Manner ausbilden und vorbereiten, welche, vielleicht lange
nach meinem Tode, aber auf keinen Fall eher sie selbst
was sind, es auch anderen vermachen sollen, was man
seyn soli » (52).
La conseguenza di questo mutamento di propositi è nel
nuovo dramma notevole, perchè vi diminuisce quella ten-
denza didattica sermoneggiante che domina nel dramma
precedente. Il Werner non si rivolge più a un pub-
blico speciale, a un pubblico di adepti che vuol moraliz-
zare — egli si rivolge invece agli uomini in generale e
presenta loro nei membri della nuova sètta l'ideale suo
della vita umana.
Propizio alla elaborazione drammatica fu pure il maggiore
avvicinamento al Cattolicismo, che si produsse in lui
in questo tempo durante la malattia e la morte della
madre (53). Egli non si limita più a immaginare un
suo proprio Cattolicismo: egli crede ora che il Cattoli-
cismo, nei suoi primordi, fu veramente una religione
ideale. Da quel suo singolare Cattolicismo, che gli ve-
demmo esporre nei Sòhne des Tales, egli passa così alla
venerazione del Cattolicismo considerato storicamente.
(52) Ibid.
(53) Negli ultimi due anni in cui sua madre visse, il Werner rimase
quasi sempre presso di lei con sua moglie. Essa morì il 24 febbr. 1804.
La prima notizia del nuovo dramma si trova il 6 febbraio : la ste-
sura di esso è già incominciata.
7/ dramma dell'utopia settaria 179
E chiama cattolica la sètta che vuol fondare, catto-
lica — s'intende — nel senso che egli dà alla pa-
rola : una (( urkatholische Sekte )) . (( Diese Pepinière
des Heiligen soli sich mòglichst der Urfom des Chri-
stentums (d. h. cum grano salis, so wie es fiir unser
Zeitalter mòglich und zweckdienlich ist) nàhern; sie soli
bei allem Guten des Katholizimus (bei seinem Ursprung
war vielleicht alles in ihm gut) nichts von seinen Feh-
lern haben: sie soli die Anschauung des Mittleramts
Jesus Christi (die Annàherung der Menschheit zur Gott-
heit durch den Mittler) zu Grunde legen und keinen in
sich aufnehmen, fiir den diese Anschauung nicht der Mit-
telpunkt seines religiòsen Gefiihls ist, da man, ohne dass
letzterer der Fall ist, zwar sehr sittlich und sehr religiòs
aber kein Christ sein kann )) (54).
Ora, dato questo nuovo suo atteggiamento, per rive-
stire ancora una volta le sue idee sotto forma di dramma,
si offriva al Werner un mezzo assai semplice : rappre-
sentare il trionfo del Cristianesimo primitivo, del Cattoli-
cismo puro sopra gli uomini del Medio-Evo. Il Werner
concepì infatti un tale piano, e anzi, per meglio simboleg-
giare la sua idea, volle rappresentare un trionfo doppio
da esso riportato : in primo luogo sopra uomini ancora
ignari della nuova religione, sopra pagani ; in secondo
luogo sopra cristiani, in cui la vera religiosità già si fosse
spenta. Anche questo secondo elemento gli parve sostan-
(54) Importanti sono per lo studio di questo dramma, oltre la pre-
fazione, anche le lettere allo Iffland (nel TeicHMANN, op. cit.) e allo
Scheffner («Blàtter f. 1. U. », p. 1173 e segg.). Le riporta ora riunite
J. Brandt nella sua dissertazione : « Studien zu Z. Werners Kreutz
an der Ostseey>, Marburg, 1912, Cap. II.
180 Zacharias Werner
ziale, perchè la superiorità non era di un Cristianesimo
qualunque sopra il Paganesimo, ma del vero Cristiane-
simo sopra tutte le false religioni. Di fronte ai veri Cri-
stiani doveva esser presentata una società corrotta, che,
rammollendosi, avesse perduto il senso della verità, ed
avesse deviato in un Cristianesimo, che non è più se non
fumo e vento, vuoto suono di parole.
La Geschichte Preussens dello « hochverdienter » sto-
rico prussiano Baczko, che (( vv^enn der Kampf àchter
Seelengròsse mit einem heiligen Schicksal tragisch ist,
schon seit manchen Jahren ein wirklich griechisches
Trauerspiel, wiew^ohl fast ohne alle Chòre, spielt » (55),
offerse al Werner un argomento storico acconcio. Il passo,
che colpì il Werner, narrava l'arrivo dei cavalieri del-
l'ordine tedesco Conrad von Landsberg e Otto von Fa-
leiden a Ploszk, dove la duchessa Sophia, assente il ma-
rito Conrad von der Marau, uomo fiacco e molle e vile,
era minacciata dai Prussiani : essi sono mandati dal maestro
dell'ordine Hermann von Salza, a cui il vescovo Christian
von Culm si è rivolto, nella necessità di difendere il du-
cato polacco in cui egli vive e il Cristianesimo che egli
deve e vuole diffondere. I cavalieri assumono la direzione
della guerra, combattono come leoni e riescono a salvare
il ducato. Warmio, il figlio del Waidewuth dei Prus-
siani, sposa la figlia di Sophia e del duca Conrad von der
Marau e si fa cristiano (56).
Qui il pensiero del Werner assumeva di per se stesso
forma di vita. Quegli antichi cavalieri, che avevan fatta
(55) Cfr. Prologo al Kreutz art der Ostsee {Ausg. Schr., IV, p. 5).
(56) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, p. 1173. E cfr. anche la cit. lettera a
Regiomontanus, ibid., 1827, n. 1.
// dramma dell'utopia settaria 181
propria natura del Verbo che professavano, diventa van
simboli delle sue idee, tanto più che le condizioni in
cui essi avevano vinto parevano al Werner quelle del
tempo suo:
Sie strebten, so wie ihr, nach eltien Freuden,
Sie hatten Unschuld, sowie ihr, verloren.
Se perciò fu ancora una volta una sètta cristiana, che il
Werner rappresentò come fonte di salvezza, non fu più in-
vece la storia interna e esterna di essa che egli fece
centro dell'opera (57). La sètta — un pugno di uomini au-
steri, fedeli ai loro principi — non è che il mezzo per cui il
trionfo della idea religiosa cristiana drammaticamente si
opera. (( Der Grundstoff meines neuen Schauspiels ist die
Einfiihrung des Christentums : der Sieg der christlichen
Gottheit ùber die Heidengòtter )) (58). E allo Iffland :
(( Die Ausrottung des Heidentums und Einfiihrung des
Christentums durch die deutschen Ritter in Altpreussen ist
der grosse Grundstoff des Ganzen » (59).
Questo era però un argomento più epico che dramma-
tico e il Werner si preoccupò di atteggiarlo in modo che
si prestasse a un dramma. Una delle ragioni principali per
cui la seconda parte dei Sòhne des Tales era riuscita
così farraginosa e informe, era stata — come vedemmo —
lo sforzo di condensarvi dentro, insieme con un gran nu-
mero di personaggi, tutta una complessa nuova concezione
della vita in tutte le sue forme. Per dar realtà a un tal
(57) Ibid.. p. 1177.
(58) Ibid.
(59) Teichmann, p. 300.
182 Zacharias Werner
proposito sarebbe stato necessario dare all'opera un tale
sviluppo che essa risultasse una specie di poema dell'uma-
nità, in cui l'uomo sotto tutti i suoi aspetti si rivelasse. Ora
col nuovo dramma il Werner cercò di evitare tale difetto
e fece sì che l'opera si avvolgesse intorno a un'azione
unica. Ma una tale azione riposa sempre soltanto sopra ta-
luno fra gli aspetti che la vita, considerata astrattamente,
può avere, non sopra tutti : anzi una tale azione, in quanto
era un'azione storica, limitava nel caso presente anche più
il numero e la qualità di questi aspetti della vita. E il
Werner, perciò, pur lasciando che nello sfondo tutta la
sua concezione della vita si specchiasse, ne mise un ele-
mento solo in speciale rilievo. E questo fu (( l'amore ».
L'amore, s'intende, come lo vedemmo da lui conce-
pito: amore mistico, amor di Dio nelle cose terrene,
amore che trasfigura l'uomo e la vita. Lo svolgimento di
questa idea era rimasto nei Sòhne des Tales inciden-
tale : un episodio. L'amore diventa invece essenziale nel
nuovo dramma. Prevenendo un appunto che egli si aspet-
tava: l'amore di Warmio e di Malgona essere soltanto
un episodio, scrive il Werner allo Iffland : « Jene Liebe ist
auf den ganzen Grundstoff nicht etvv^a wìe die sonst
so herrliche Episode von Schillers Max und Tecla leicht
aufgeheftet, sondern innigst mit ihm amalgamirt, da der das
Ganze beschliessende Opfertod der Liebenden zugleich
obige eingeleitete Katastrophe (distruzione del Pagane-
simo) beschleunigt und herbeifiihrt » (60).
Nella storia della lotta tra Cristianesimo e Paganesimo,
nella storia del trionfo della religione vera sopra le false.
(60) Ibid.. p. 302.
// dramma dell'utopia settaria 183
l'amore può esser parte essenziale, perchè per il Werner
vedemmo che religione e amore si identificano. Il diverso
atteggiamento che gli uomini prendono dinanzi all'amore è
difatti nel suo dramma il segno esterno del grado della
loro religiosità (61).
La differenza, che il Werner segna fra i seguaci dell'or-
dine tedesco e i Prussiani, può esser ridotta a ciò che
la religione dei primi è religione dell'amore, e quella
dei secondi è religione della forza.
Umgarnet von dea hòllischen Dàmonen,
Kann Liebe nicht in ihren Herzen tronen.
Le divinità che quei Prussiani adorano sono infatti
personificazioni di forze della natura, e sono adorate
perchè, essendo personificazioni della forza, viene loro
attribuita una potenza tale, che contro di essa tutte le
forze umane si frangono. Son divinità inventate dal Wai-
dewuth, che vi scorse un mezzo per sollevarsi su tutti i
suoi pari e soddisfare le sue cupidigie ambiziose, e ri-
specchian la natura dell'inventore.
Er selbst, der Gotter diesem Volk gegeben,
Der Waidewuth ist Diener der Gewalten,
Die in der Dunkelhelt . dem Dunkel frohnen.
Aus Gottverfluchten Gotter zu gestalten
Gab Formen er der Kràfte regem Leben.
Se l'amore contiene in se un soffio divino, la forza che
ad esso si oppone rivela uno spirito demoniaco.
(61) «Blatter f. I. U. », 1834, p. 1176. E cfr. anche le lettere allo
land nel TeiCHMANN, cit.
184 Zacharias Werner
Il Werner attribuisce la riuscita del Waidewuth e dei
misteri religiosi, che egli ha regalato ai Prussiani, a una
protezione e a un intervento di demoni, di spiriti malefici.
Così la lotta fra Paganesimo e Cristianesimo diventa « ein
Kampf, den ich mòchte sagen dàmonische Menschen gegen
Heilige fuhren » (62).
La diversità di spirito degli « heiligen » e dei « dà-
monischen Menschen » ha come necessaria conseguenza
che, di fronte a una storia determinata di mistico vero
amore, essi si schierino da parti opposte e che sorga
intorno a quella storia una lotta di grande intensità dram-
matica. E quanto avviene per Tamore di Warmio, figlio
del Waidewuth, e di Malgona, figlia della regina Polacca.
Malgona, la cristiana ideale, dice:
Warmio, so eben
Bepriifte ich mich, wen ich wohl starker liebe,
Ob dich, ob Christus
Wenn meinen Warmio
Ich starker auch als meinen Heiland liebte,
Kann Er, der mir ins Herz die Liebe flosste,
Er, der aus Liebe und Freisinn mich gewoben,
Der uns am Kreuz durch Liebe frei gemacht,
Verdammen, wenn in Freiheit Liebe wahlet?
Vien dipinto in una realtà concreta il matrimonio mi-
stico che il Werner predicava :
Verhorst du die Stimme
Der heiligen Minne?
Der Mutter von Staube
(62) Ibid., p. 1177.
// dramma dell'utopia settaria 185
Entreisst sie die Mànnin,
Und fiihrt sie im Manne
Zum Vater, dera Licht.
Warmio è per Malgona il « Mittler » che eleva la
sua anima a Dio distogliendola da tutti gli interessi mon-
dani : sicché ella non vede più nulla, non sente più nulla
che lui e Dio, Dio e lui. Malgona è per Warmio la
guida : è Malgona che lo conduce al Cristianesimo, Mal-
gona che lo guida nei momenti più difficili, Malgona che
gli apre la via alla fede coU'estasi mistica.
Tutti i cristiani trovan santo quell'amore. I Cavalieri
dell'ordine tedesco lo rispettano e lo ammirano : lo spirito
di Santo Adalberto lo favorisce e lo protegge, lo volge
per la retta via, lo guida verso quello che è il suo scopo»
I Prussiani invece non possono intenderlo: per essi
Wcirmio ha rinnegato se stesso e la sua patria. Samo si
libera dalle braccia di Pregolla quando questa lo vuol
trattenere : Tuomo — secondo lui — è nato per la lotta
e la conquista: egli, il figlio del Waidewuth, è nato per
la forza e il regno, non per rammollirsi in languidi tepori
di sentimento. 1 Prussiani e Samo tentano quindi di liberar
Warmio da quella che essi considerano come una debo-
lezza, e, quando questi si rifiuta di lasciar la sua sposa, giu-
rano di vendicarsi e son pronti ad ucciderlo. 1 cortigiani
polacchi, poi, intendono per amore null'altro che mollezze
di godimento sensuale, e quei due esseri veramente amanti
sono loro incomprensibili.
Così l'eunore di Warmio e di Malgona diventa il centro
vero su cui il dramma è imperniato, essendo esso per così
dire il simbolo della idea che separa i contendenti. Quel-
l'amore provoca la lotta e quell'amore la risolverà. La
186 Zacharias Werner
seconda delle due parti, di cui il dramma constava secondo
il piano del Werner, doveva appunto così conchiudere
che la sorte di questo amore provoca la finale cata-
strofe (63).
E la sorte di questo amore sarà naturalmente, pel
Werner, la morte, la morte che è ad un tempo una specie
di olocausto che ottiene dal Signore la vittoria dei cri-
stiani, e Fultimo segno del trionfo degli amanti, la coro-
nazione del loro sforzo. Essi han camminato attraverso
errore e peccato, ma han camminato sempre progredendo
verso la redenzione. Ed è giusto che la raggiungano.
Nachclem mit Welt und Siinde sie gerungen,
Und ihm, dem Treuen, sich treu erwiesen,
So siegen sie, obgleich die Holle wiitet.
Nella esaltazione della morte vi è bensì una indiscu-
tibile analogia coi Sòhne des Tales, dove la morte di
Molay ha una tal duplice funzione : ma questa è una
caratteristica del Werner che, tendendo verso un tipo di
dramma, che non riesce a fissare, si vale, progredendo
sempre, delle difficoltà superate. E del resto l'analogo
pensiero doveva portare ad una analoga concezione : « Ein
Kiinstler kann nur ein gòttliches Thema variiren und
schlecht variiren : zwei sind fiir einen Menschen zu viel,
sie w^ùrden ihn zerreissen » (64).
Il dramma del Werner incomincia così a colorirsi di
quella special tinta mistico- erotica che dicemmo distin-
guerlo ; le teorie che conosciamo incominciano a esplicarsi.
(63) V. Ausg. Schr., XIV, cit., l'ultima delle lettere allo Hitzig.
(64) «Blatter f. 1. U.», 1834, p. 1343.
// dramma dell'utopia settaria 187
Nei Sòhne des Tales, concepiti direttamente sotto
Tinflusso romantico, non era ancora condannato Tamore
sensuale : Agnes seguiva Adalbert lasciando il chiostro e
lo seguiva nella Tebaide, dove essi ad onore e gloria di
Dio avran certo generato un paio di figli. Ora invece com-
pare quella condanna, che più tardi ritornerà col trasfor-
marsi del suo pensiero. Quando, dopo che le nozze si
sono compiute, fra tumulto di armi e vicende varie, Mal-
gona raggiunge finalmente Warmio ed è sola con lui,
Warmio la vuole abbracciare e possedere. Malgona, lo
spirito amante di veramente alto amore, promette invece
di offrire a Dio la sua verginità: Wairmio la abbraccia e
la bacia e la investe della sua fiamma ardente, con ar-
denti parole, vibranti di tutto il fascino della seduzione
cainale. E Malgona cede a poco a poco, travolta da
quell'onda di passione irresistibile :
Siinde, ich erliege dir!
Ma proprio quando la ultima resistenza pare vinta, le
cade dal petto la « Monstranz », che Sant'Adalberto le
ha dato, e questo la richiama a se. E tutti e due trionfano
della crisi sensuale. E tutti e due son felici di amarsi
come fratello e sorella : e l'amore che godono è una com-
pleta estasi. La morte renderà impossibile ogni pericolo
e ogni tentazione, darà alle loro lotte e alle loro vittorie
su se stessi il meritato premio.
Nella concezione e nella rappresentazione di questa
storia d'amore si riflessero recenti vicende personali : « Ich
bin der Warmio und meine gewesene Frau die Mal-
gona : beide sind Portraits. Meines ist etv^as idealisirt ;
das meiner Frau ist es gar nicht, sondern viel mehr der
Natur Zug fili- Zug nachkopirt, aber zum Sprechen
188 Zachariaa Werner
getroffen, was ich freilich allein beurteilen kann, weil ich
der einzige Mensch auf dieser Welt bin, der sie kennt
und kennen kann » (65). Quella esaltazione mistica e
fantastica del godimento sensuale, su cui dicemmo pog-
giare la vita erotica del Werner, aveva generato nei primi
tempi un idillio. La giovane donna era essa stessa incline
alle fantasticherie e di sensibilità irrequieta: così fanta-
siavano insieme : « Wir haben uns eine Sprache erfunden,
die uns recht gut geht. Das Rauschen des Waldes, des
Windes, der Wellen heisst bei ihr Jezyk Boga, die
Stimme Gottes. Die Fertigkeit diese zu verstehen und
nachzustùmpern in Tònen Farben und Worten heisst
Kunst und ein solcher Nachstùmperer ist Kùnstler » (66).
Giorni di ebbrezze fantastiche e di felicità : il mondo
scompare per lasciare il posto a un mondo nuovo creato
dalla propria immaginazione : « Du siehst wovon ich
ausgehe um mir bei der Unertràglichkeit der w^irklichen
Welt meine Kleine zu bilden! » (67). Quel tentativo di
fondere Tamor di Dio e l'amor maritale, riuscito per un
istante, richiedeva però una tensione di nervi che non
poteva durare : passata la esaltazione, come tutte le esal-
tazioni passano, il Werner ricominciò a correre il mondo
coi suoi postiiboli e le sue taverne. Ma il Werner rico-
noscerà sempre in quei giorni le ore della sua maggior
felicità, attribuirà sempre a se ogni colpa : difenderà sempre
la donna che più delle altre da lui conosciute e amate
era suscettibile d*idealizzazione (68). Che cosa importa
(65) Ausg. Schr., XIV, p. 39.
(66) Ibid.
(67) «Blàtter f. 1. U. ». 1834, p. 1341.
(68) Idib., 1827, n. 1.
// dramma dell'utopia settaria 189
il mondo com'è in sé stesso ? Quel che importa è il modo
come noi ce lo facciamo. La prima idea del Kreutz an
der Ostsee cade in tali giorni che fra ore tristi sempre
rifiorivano, nel 1 804, quando egli scriveva airamico Re-
giomontanus di condurre « ein Anachoretenleben : was
ich um so lieber fortsetzte, als es meine Idee war und
noch ist, den so sehr prosaischen Ehestand ins Idealische
zu setzen » (69). I primi due atti furono anzi stesi in
quel tempo.
Il dramma risulta quindi così composto e orgemizzato:
il popolo « demoniaco » dei Prussiani, selvaggio e forte,
con il suo politeismo di origine germanica, affine in qualche
elemento al mondo mitologico scandinavo : il popolo dei
Polacchi deteriorato sotto il duce imbelle, rammollito e vi-
gliacco: un nucleo di cristiani veri e « santi » in Agaphia
e in alcuni eletti della sua corte, nei cavalieri : l'amore
di Warmio e di Malgona per concentrare tutto.
Or, data questa condizione di cose, non aveva quasi del
miracolo che un popolo giovane, pieno di forza materiale
e di sanità, soggiacesse a un popolo corrotto, guidato sol-
tanto da un pugno di uomini? Questo era un esempio
nuovo pel Werner dell'altra idea sua, che la mano di Dio
si fa sentire sulle vicende terrene. Così nel nuovo dranuna
idea ed azione non si urtano più, ma si completano e si
integrano vicendevolmente. E vicendevolmente si spiegano
e sono, per così dire, l'una all'altra commentario.
(69) Ibid.. 1834, p. 1179.
190 ZachoTÌas Werner
Accanto alle preoccupazioni mistiche il Werner aveva
stavolta anche vive preoccupazioni teatrali. Entrato in
rapporti col Wieland dopo la pubblicazione dei Sóhne
des TaleSy ne aveva ricevuto incoraggiamento è l'invito
a comporre un dramma storico che si adattasse alla rap-
presentazione (70). L'interesse drammatico saltava così in
prima linea : in una lettera allo Iffland egli ne dice : « Es
ist von der didaktischen Tendenz frei, an poetischem Wert
meinem vorigen Werke aiisserst vorzuziehen und bis jetzt
meine gelungenste dramatische Arbeit ».
La materia si prestava ad una tale trattazione. Accanto
alla lotta di reHgione e religione, di spirito demoniaco e
spirito d'amore essa offriva difatti anche una lotta di nazio-
nalità: due popoli in guerra, intimamente diversi nello spirito
di razza, nelle usanze, nello stato di civiltà. La lunga prefa-
zione mostra gli studi da lui fatti — contro le sue abitudini
— per impadronirsi del color locale e storico riguardo ai
Prussiani (71): accanto all'opera del Baczko gli fornirono
(70) «Blatter f. 1. U. ». 1834. p. 1180.
(71) V. ora sulle fonti il BRANDT, op. cit., p, 45 e segg.. oltre la
onesta introduzione in cui il Werner addita le sue fonti.
Per la pittura dell'ordinamento sociale, per la ricostruzione delle
credenze religiose, per la descrizione degli usi e dei costumi il Werner
rimase fedele tanto allo Hartknoch, quanto al Baczko, cercando di
integrar le notizie dell'uno con quelle dell'altro.
La scena, ad esempio, fra Samo e Pregolla, è tolta allo Hartknoch
quasi letteralmente, come anche nota il BRANDT, p. 50-51. Cfr. i canti
nuziali.
Hartknoch, op. cit., p. 179.
O hue ! o hue ! o hue ! Wer ? Wer wird noch hinfuro meinem
// dramma dell'utopia settaria 191
molti elementi Io Altes und Neues Preussen dello Hart-
knoch (72), VAdrastea dello Herder (73) e le cro-
Vater und meiner Mutter das Beth machen ? mein liebstes Hiinchen,
mein liebstes Hiinchen, mein liebstes Schwcinchen, wer wird dich auch
noch hinfuro speisen }
Mein liebes heiliges Feuer, wer wird dir hinfuro Holz zutragen,
damit der Vater und die Mutter ihre alte und abgelebte Glieder mit
deiner Warme erfrischen? Wer wird dich hinfuro hilten hund bewahren>
(Werner, Ausg. Schr., IV, p. 51).
O weh ! o weh ! mein Feuerlein !
Wer wird nun kiinftig dein Hiiter sein ?
Wer, Miitterchen, machet das Lager dir nun,
Wer tranket dein Hiinchen, wer fiittert dein Huhn ?
Così ripete il Werner anche la vecchia credenza che la donna perdesse
la verginità soltanto quando avesse partorito un figlio maschio, non
quando partorisse femmine.
HaRTKNOCH :
Desswegen auch die Weiber sich dieser Worte bei der Aufsetzung
des Krantzes (corona nuziale) bedienet : « Die Màgdlein, die du tràgest,
seyn von deinem Fleische, bringe du aber ein Knàblein zur Welt, so
ist deine Jungfrauschaft aus».
Werner :
Sie schlangen ums Haar mir das Linnengespinst,
Die sittsame Krone der Frau'n ;
Sie sangen : die tragst du so lange im Haar,
Bis einst dein Schoss ein Sohnlein gebar.
So stark, als der Vater, zu schaun.
Certo anche questa esoticità di vita e questo simbolismo, che s'av-
volge intorno alle cose più materiali, trovati già l'una e l'altro nelle
fonti storiche consultate, furono causa non secondaria nella decisione
presa dal Werner di trattar questi argomenti.
Naturalmente tutto ciò che il Werner intreccia intorno alla figura di
Sant'Adalberto, e il finale stesso che ha la storia, esulano completa-
mente dalla storia e sono invenzioni del Werner.
(72) Ed. Suphan, voi. VI.
(73) Berlin, 1799.
192 Zacharias Werner
nache antiche a cui queste opere lo rinviarono. Quanto
poi al color nazionale nella rappresentazione del popolo
polacco, egli riteneva che fosse uno dei maggiori pregi
poetici e una delle maggiori novità della sua opera: ed
esaltava la sua « v^ohl noch in keinem deutschen Kunst-
w^erke so treu dargestellte Schilderung des polnischen
Nationalcharakters, besonders des w^eiblichen » (74). Le
quattro figure femminili — diceva — son diverse Tuna
dall'altra, tutte « charakteristisch markirt », e formano un
ciclo di femminilità polacca. Tutti i caratteri poi sono
ritratti dal vero: « Alle polnische Charaktere sind nach
dem Leben gezeichnet, ich habe sie bei meinem elfjàhrigen
Aufenthalt in hiesiger Provinz unablàssig studiert, und hoffe
um so mehr dass diese Portraits einigen Effekt nicht ver-
fehlen werden, als unsere Nation nunmehro mit der Sar-
matischen doch amalgamirt ist ».
Le raccomandazioni del Wieland e dello Iffland, gli
intendimenti sopra esposti Io riconducevano così una volta
ancora allo Schiller.
Il pensiero dello Schiller gli stette infatti ancora sempre
dinnanzi mentr*egli procedeva alla « Gestaltung » della
sua opera (75). Sentite lo sforzo di rivaleggiare con lui
anche nella maestà che all'opera deriva dalla mole che
essa ha: aveva diviso il suo primo dramma in due
parti come il Wallenstein: divide, come il Wallenstein,
anche questo suo nuovo in due parti, « perchè altrimenti
(74) Teichmann, cit., p. 307.
(75) Qualcosa su quest'argomento dice già il MlNOR, Die Schicksah-
tragodie cit., p. 54; altro aggiunge il DegENHART, op. cit., e altro an-
cora il FraNKEL, op. cit., passim. V. adesso anche il BRANDT, cp. cit.,
p. 57 e segg. ; v. anche WaLZEL, Vom Geistesleben eie, cit.
// dramma dell'utopia settaria 193
sarebbe riuscito più lungo che il Don Carlos », senza le
soppressioni che gli si dovevano far subire per la scena :
« Ich teilte die Handlung in zwei gleichen Teile, von denen
der erste, zwar nàchst der Exposition, den Knoten schiirzt,
zugleich aber auch auf die Katastrophe so bestimmt hin-
weist, dass er selbst dadurch ein in sich abgeschlossenes
Ganzes bildet » (76). E suscettibile di rappresentazione il
Piccolomini } Anche la prima parte del suo dramma
Io è. Prima di tutto è « ungleich mehr ein Ganzes » ;
in secondo luogo contiene « ebensoviel, w^o nicht mehr
Handlung » ; in terzo luogo è per lo meno altrettanto
lungo. E lo sforzo di rivaleggiare col Wallenstein portò
il Werner anche alla conseguenza che, da un lato, egli,
dividendo gli atti « nach der Natur der dargestellten
Handlung », dovette limitarsi a dividere la prima parte
in tre atti, e da un altro lato si trovò poi con assai scarsa
materia nella seconda parte, perchè nella prima essa era
già sostanzialmente trattata (77). E più ancora che al
(76) Teichmann, clt., p. 305. E cfr. anche «Blàtter f. 1. U. », 1834,
p. 1177 e segg., passim. E v. anche le lettere allo HiTZIG nelle Ausg.
Schr., XIV, p. 40 e segg. Il Werner ripete sempre questo pensiero, il
che mostra quanto viva fosse la preoccupazione sua a questo proposito.
{77) L'influsso Schilleriano non si limita però alla concezione totale,
ma si estende anchfe alla elaborazione della parte compiuta. Che de-
scrivendo l'amore di Warraio e di Malgona l'esempio Schilleriano di
Max e di Tecla stesse innanzi al Werner, prova la sua espressione già
citata e il confronto da lui stabilito: Max è lo stesso giovane impe-
tuoso, ma senza sicuro dominio di se, Tecla, pur mancando della fiamma
mistica che consuma Malgona, è pur un personaggio femminile della
stessa purità ideale. Risorge in questo dramma il soffio di ideali di
libertà che lo Schiller aveva un tempo comunicati al Werner e che
erano scomparsi : le figure più nobili e più forti sono avverse al re pre-
potente o imbelle: Hermann, spirito d'eroe, insofferente di giogo e
allo stesso tempK) cavaliere ardito e idealista, è un riflesso di uno dei
G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner. 13
194 Zacharias Werner
Wallenstein siete richiamati alla Jungfrau von Orleans,
dal Werner stesso sempre citata ogniqualvolta egli parlò
del suo dramma (78). Anche là un combattimento fra
due nazioni, anche là una corte debole, un popolo senza
forza, retto da un braccio senza polso : anche là un
arcivescovo che sostiene la causa della Chiesa cattolica:
anche là, finalmente e specialmente, la liberazione mira-
colosa per mezzo di una fanciulla che interviene ed
agisce sotto lo stimolo di una ispirazione celeste, come
una mandata di Dio. £ il Cattolicismo trionfa anche là,
per mezzo di un olocausto. La somiglianza della materia
faceva sì che più facilmente la trattazione di essa potesse
servir di modello al Werner per la trattazione sua. Per
la rappresentazione della vita nei due campi avversi, per
la successione delle scene e lo svolgimento organico della
azione, per la distribuzione della materia, che prima è pre-
sentata parallela e poi insiem mescolata nella lotta finale
e nella catastrofe, apprese il Werner molto.
Ma accanto allo Schiller ritrovate pure i romantici: lo
spirito dell'opera, l'idea mistica che vi domina, il soggetto
medioevale e religioso, tutto doveva ricondurvi il Werner,
mentre egli attendeva alla composizione. L' Oì^tavianuSy
i « Pellegrins Schaupiele » avevano rinnovati ed accre-
sciuti di recente i suoi entusiasmi (79). J^a Genovefa gli
tipi che lo Schiller ebbe cari : Silko che non soffre la supremazia del
Waidewuth, ma lascia soffocar dall'ambizione gli istinti più alti, ci
ricorda nella sua forza, nel suo coraggio e nella sua debolezza morale
Wallenstein.
(78) Teichmann, op. cit., p. 305. «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1179.
(79) «Blatter f. 1. U. ». 1176. «So hat mich Tiecks Oktavianus
unendlich erfreut. Es ist eine Kiihnheit der Phantasie darin, dass ich
es in der Hinsicht, wenn gleich nicht als Ganzes, der Genovefa
// dramma dell'utopia settaria 195
è presente mentre scrive : compariva nella Genovefa
San Bonifacio, figura mistica e simbolica, compare nel
dramma suo proprio lo spirito di Santo Adalberto : tutti
e due chiudono i due drammi. E se il dramma era aperto
dal Tieck con un prologo di Bonifacio: « Ich bin die heilige
Kunst », il Werner fa pur incominciare ugualmente il suo
dramma con un prologo pronunciato dalla « heilige Kunst »
in persona : Scinto Adalberto e San Bonifacio tornano
alla caverna dove è la loro tomba quando l'opera loro è
compiuta: « Ich zeuch zum Vater hin ».
Il problema del dramma verso cui il Werner tende ci
si ripresenta dunque anche questa volta quale ci si offerse
nella seconda parte dei Sóhne des Tales. Ma vi è ori-
gineuiamente, nella posizione stessa del problema, una
differenza. Nei Sóhne des Tales il Werner aveva pro-
ceduto quasi inconsciamente, senza avvertire il grande
contrasto che esisteva fra le due tendenze, e aveva con-
cluso con una sovrapposizione dell'una all'altra; ora, in-
vece, egli, acquistata conoscenza del problema, ne tenta
— e raggiunge fino a un certo segno — la soluzione,
come la già descritta struttura organica della concezione
gli permetteva.
Egli stesso fissa chÌ2u*amente la sua posizione di fronte
allo Schiller. La Jungfrau von Orleans cade nell'urto
della materia religiosa e mistica con la trattazione dram-
matico-psicologica a cui lo Schiller inclina, e gli ingredienti
che il poeta, costrettovi dall'argomento, vi inserì, vi diven-
tano accessori, cosicché i romantici sprezzarono quel ten-
noch vorziehe, und nlcht begreifen kann, wie sich in diesem grossen
kunstlerischen Kopfe diese Welt bildete. Auch « Pellegrins drama-
tische Schauspiele » sind schon » .
196 Zacharias Werner
tativo di comporre nella loro maniera. Il Werner nota il
contrasto, e, osservando che quella tragedia e scritta, ma non
sentita ne pensata cattolicamente, dopo di aver stabilita la
analogia con la sua opera, ne stabilisce anche la differenza.
La sua tragedia — dice — vuole e deve riuscire una tra-
gedia cattolica, romantica : la forma deve esservi deter-
minata dallo spirito dell'opera e lo spirito deve corri-
spondere alla forma scelta e sprigionarsi da essa. Il suo
dramma e — egli scrive — « ganz in romantischem Geist
gehalten, etw^a dem Charakter, in dem die Jungfrau von
Orleans gedacht, jedoch nur sehr entfernt, analog »: la
tragedia schilleriana è « bloss in eine katholische Form
gegossen », la sua è « romantisch gedacht, nich bloss
geschrieben » : essa è un tentativo « der deutschen Buhne
ein àcht katholisch gedachte Stiick zu schenken » (80).
Egli sa benissimo che molti s'adombreranno di fronte alla
forma da lui scelta e scrive allo Scheffner: « Ich fùrchte
dass viele — vielleicht Sie selbst — in ihren gespannten
Erwartungen... getàuscht sein werden... Es ist nicht nur
mòglich, sondern selbst wrahrscheinlich dass es das zum
Teil unverdiente Glùck der Talssòhne nicht macht »,
ma non perciò si sgomenta. E allo Iffland, che gli pone
innanzi l'esempio dello Schiller, risponde apertamente :
« dass wir, hei allem Grossen was wir ihm verdanken, dock
nicht stehen bleiben konnen, sondern weiter mùssen » (81).
Allo stesso modo egli segna nettamente ciò che lo
separa dai romantici. Egli difende il rispetto alle esigenze
della scena. « Ihre Bemerkung — scrive — ich wiirde
(80) Teichmann, lett. cit. allo Iffland. e «Blàtter f. 1. U. », loc. cit.
(81) «Blatter f. 1. U. ». 1834. cit., p. 1183.
// dramma dell'utopia settaria 197
mich nie entschliessen kònnen fiir die gewòhniiche
Biihne, die durch Kotzebue (so sehr ich ihn in vielem
Betracht schàtze) doch so ausgeartet ist, wie etwa die
Abendmahlfeier durch Calvin, ist sehr richtig Aber
die Biihne ist noch der einzige Ort, von welchen herab
der Priester der Gottheit zum Volke sprechen kann :
viva vox, Anschauung ! » (82). Il non aver voluto in-
tender questo fu un torto dei romantici. « Ich will mich
von der neuen Kunstschule dadurch unterscheiden, dass
ich ehre was zu ehren ist von Menschen und Dingen,
und dass ich ehrlich genug sein will, mich selbst preiszu-
geben, wo es den Zweck des Ganzen gilt, nicht aber,
wie jene, mich als den Centralpunkt des Universums
betrachten wàll. Mein neues Schauspiel soli ein Versuch
sein aufs Volk zu wirken... Ich besitze Schmiegsamkeit
und Màssigung, und kònnte also, ohne etwas Sonderliches
zu sein, doch zum Mittler zwischen der àtherischen Kunst
und der hòlzernen Biihne (ein Band, das sie bei ihrer
Hcu-tknàckigkeit ewig nie kniipfen) dienen, zur Befòr-
derung welches grossen Zweckes, ich meine beschrànkte
Individualitat mit Freuden aufopfern wàll » (83).
Così, se nei Sòhne des Tales il Werner era stato
dominato completamente dalla materia, ora invece riesce
a dominarla. Potete osservarlo anche nella stessa tecnica.
Il Werner usa di nuovo e largamente quelle « Stim-
mungsscenen » care ai romantici, che vi effondevano la
loro anima lirica ; ma se ne serve ora come di una in-
(82) Ibld.. p. 1178.
(83) Ibid.. p. 1174.
198 Zacharias Werner
troduzione e preparazione alFazione che poco dopo ir-
romperà. E come se vi venisse rappresentato il graduale
formarsi della tempesta prima che essa scoppi (84).
(84) Questo procedimento determina la maniera con cui il Werner
svolge sia le singole scene, sia gli atti, sia il dramma intero.
Per lo più le scene incominciano nello Schiller ex ahrupto : il dia-
logo entrava subito nel nodo della quistione, senza accordi introdut-
tivi, procedendo subito verso l'intensità drammatica. Il Werner invece
apre la scena con uno « Stimmungsbild » che ha lo scopo di traspor-
tare il lettore nell'ambiente e nello stato d'animo delle persone in
mezzo a cui l'azione si svolgerà ; fa annunciar l'arrivo dei personaggi
principali, li fa giudicare dai personaggi secondari, così che il lettore
ne ha subito una prima conoscenza ; in mezzo alle parlate che rivelano
Io spirito del popolo, le usanze e la momentanea eccitazione degli
animi fa balenare l'avvenimento che poi dovrà aver luogo ; genera un
graduale procedere di intensità finché i personaggi principali arrivano
e la scena vera e propria si svolge. Ed è in questo particolare, che
dal punto di vista tecnico ci balza innanzi quell'influsso del Calderon,
che fu già ricordato, e che, dopo la pubblicazione dello Spanisches
Theater dello Schlegel, si era affacciato, ma fugacemente, nei Tals-
sòhne. Anche le scene più drammatiche sono dal Werner in questo
dramma trattate così. Tale è, ad es., nel primo atto la scena in
cui Samo racconta la prigionia del fratello e Samo e Silko stanno
di fronte, rappresentanti l'uno della tirannia, l'altro del popolo ; tali
Del secondo atto le scene dell'arrivo dei cavalieri, del matrimonio di
Wannio e Malgona ; dell'incontro di Wannio e di Samo : tale nel
terzo atto quella dell'incontro ultimo di Malgona e di Warmio. Il
popolo discorre di Silko e di Samo prima che essi arrivino in scena,
discorre di Warmio, discorre dello « Spielmann » sant'Adalberto, di
Agapia.
E meglio ancora si rivela il procedimento nella costruzione degli
atti. 11 primo atto incomincia con una scena fra personaggi secondari :
lo spirito del popolo e la sua commozione si rivelano nei discorsi del
Waidelotte, di Silko, Olio e Glappo, nei discorsi delle donne e della
folla : poi interviene la narrazione dell'avvenimento : poi la scena di
amore fra Samo e la moglie Pregolla : poi la scena principale e la
decisione della guerra e la separazione di Samo da Pregolla. Così
nell'atto seguente : discorsi dei Cavalieri giunti in Polonia, conver-
genti sui loro capi e sullo Spielmann che li guida ; discorsi dei magnati
// dramma dell'utopia settaria 199
Questa tecnica permette al Werner di ottenere pa-
recchi di quei risultati che egli si era proposto.
Prima di tutto essa rende possibile quello sviluppo del
colorito nazionale e storico su di cui — come vedemmo
— il Werner insisteva. Il primo atto vi presenta il popolo
dei Prussiani : vi è esposta la loro visione tra misteriosa
e paurosa dei segreti della natura, vi son celebrati i loro
riti, vi è esposta l'ultima storia, da cui l'attuale loro con-
dizione fu provocata, vi son mostrate le loro costumanze,
vi si agitano anime piene di passioni forti e cieche, di
istinti fieri e violenti : uomini e donne, guerrieri e sacerdoti
compaiono, le diverse caste. E si sprigiona dall'insieme
l'impressione viva della forza bruta di una gente che è
ancor vicina alla natura primitiva e pur è già corrotta :
di una gente in cui istinti buoni e cattivi si combattono,
assumendo però tutti un ugual tono forzato.
Il secondo atto invece mostra lo spirito fedele, pronto
all'azione e all'eroismo dei cavalieri, la loro pietà viva,
il loro spirito d'obbedienza e di devozione: e di fronte
polacchi a corte di Agapia ; arrivo dei cavalieri a corte, accoglimento
di essi, matrimonio di Malgona e di Warmio, scoppiar della guerra,
incontro di Warmio e Malgona. E così anche nell'atto ultimo. Mal-
gona è condotta dallo Spielmann all'isola in mezzo alla Vistola: sa-
luto alla madre, episodio di Theotka, discorsi di Warmio e di Wil-
helm, incontro di Warmio e Malgona, arrivo di Samo e dei Prussiani,
lotta dei due fratelli. Vi è sempre, per così dire, una scena descrittiva,
generica, svolta ampiamente, che va a terminare in una azione finale.
Ed anche per ciò che riguarda la costruzione generale del dramma,
la cosa è evidente. Il primo atto è la presentazione del popolo dei
Prussiani : il secondo la presentazione dei cavalieri e del popolo po-
lacco : risultato dei due atti è che i due mondi vengono a contatto e
si imposta fra di essi la lotta. La vera azione del dramma vien con-
densata nell'atto terzo e vi si scatena provocando la catastrofe.
200 Zacharias Wemet
ad essi il popolo polacco : effeminato, debole, senza foi-za.
Agaphia sola è forte fra di loro : la occupazione princi-
pale dei Magnati non è Fattività militare ne l'attività ci-
vile, ma « un'attività da salotto » : l'ideale dell'uomo è,
per essi, colui che sa ben fare un complimento alla sua
dama, sa esser disinvolto ed elegante in società, ama i
buoni cibi e anche più le buone bevande, e sa tener al-
legra la compagnia. La patria può andar in rovina : che
importa ? purché la allegra vita non venga turbata. Ep-
pure hanno ambizione: non san più tener la lancia in
mano e vorrebbero aver la direzione della battaglia : non
sanno che cosa siano diritto e giustizia e amministrazione
e vorrebbero avere il ducato intero nelle loro mani. Non
hanno orgoglio, perchè l'orgoglio è dei forti, ma hanno
invidia e gelosia. E, se il forte compare, tacciono. Risor-
gono qui le figure dei traditori Cyprian e Noffo nelle
persone del Cappellano e di Stefani, che si vendono al
nemico per ambizione e rendono possibile a Samo l'en-
trata nel Castello reale.
In secondo luogo poi il dramma può — con una tale
tecnica — ricevere quella forte tinta religioso-mistica che
al Werner stava sopratutto a cuore. La religione si esplica
nelle sue diverse forme, con le sue cerimonie e con i
sentimenti diversi in cui si mesce passando da persona
a persona, da classe a classe.
11 primo atto dipinge le forme che la religiosità assunse
presso i Prussiani : esso incomincia con un sacrificio a
Bangputtis, e un sentimento misto di adorazione, di invo-
cazione e di sgomento anima i canti corali indirizzati alla
grande divinità del mare : un simbolismo misterioso si
intravvede nelle cerimonie e nelle preghiere del Waide-
lotte. La personalità di Silko si imposta specialmente
// dramma dell'utopia settaria 201
nell'urto suo con questa religione e nella sua protesta :
« Son tutte invenzioni del Waidewuth per sottometterci
ed ingannarci ».
*S ist alles ein fabelhaft nàrrischer Wahn.
Queste pau-ole che Glappo pronuncia esprimono la sua
piena assoluta convinzione. Il pranzo è accompagnato da
un canto religioso a Picollos, il dio della guerra e della
morte. Arriva durante il pranzo un messo del Waidewuth
che racconta un sogno prodigioso e pauroso, in cui Per-
cunos, il dio dell'aria e del tuono, minaccia sterminio se
vien mossa guerra ai Polacchi, a cui è giunto l'aiuto dei
cavalieri, di cui il Waidewuth ha avuto notizia. E la
decisione della guerra che tutti desiderano è. presa sol-
tanto dopo un sacrificio cruento fatto dal Waidelotte. E
il sacrificio sembra avere un resultato favorevole:
Das Blut! —
— Es spritzet zum Himmel die rosige Flut !
Es treffe die Feinde dar Fluch !
Ai vaneggiamenti dell'idolatria pagana il Werner op-
pone nell'atto seguente l'elevazione mistica dei cavalieri
tedeschi, nelle cui anime « la scintilla ha divampato in
grande fiamma che arde inestinguibile ». Vivono essi
della loro fede e per la loro fede, fatti puri dal loro sogno,
resi superiori a tutte le miserie e a tutte le passioni mon-
dane, aperti solo allo spirito di Dio. Suonano gli ultimi
rintocchi della sera. Quegli uomini, avvezzi al fragore
della battaglia, s'inginocchiano e pregano: « Ave Mairia ».
Sanno l'abnegazione più completa, sanno la rinunzia ai
piaceri terreni : e possono accedere per ciò stesso alla
202 Zacharias Werner
gioia più alta, alla mistica estasi. Il secondo atto è così
tutto riempito di sentimenti religiosi : specialmente Agaphia
e Malgona si rinchiudono sempre più in questo cerchio
chiuso, da cui tutto ciò che non sia mistica aspirazione
resta escluso.
Un'onda di lirismo invade il dramma mentre la cata-
strofe va maturando. Ed essa alimenta l'interesse dram-
matico, mentre promuove lo svolgersi dell'azione : essa
delinea il contrasto di due nazionalità e di due maniere
di vita, estrae dal contrasto come inevitabile conseguenza
il conflitto e, attraverso l'amore di Warmio e di Malgona,
trasforma il conflitto sordo in guerra aperta e di quella
guerra esplica le vicende.
Giungete così, alla fine del secondo atto, alla crisi
ultima, che deve provocare la catastrofe.
*
* *
Senonchè, in questo momento essenziale, il Werner
non riuscì più a dominare la vita convulsa, che prima
aveva fatto sviluppare e aveva delineato. Certo vi con-
tribuì la fretta con cui compose questa ultima parte, senza
averla prima maturata completamente dentro di sé : il
desiderio di affrettar la sua andata a Berlino, la voce
giunta a lui che il Kotzebue stesse trattando un medesimo
argomento, lo indussero a stendere senz'altro, per poter
inviare subito il manoscritto allo Iffland.
Più vi contribuirono altre ragioni e queste più intime :
anzi tutto quella che nel ritrarre le sue mistiche idee il
Werner si è a poco a poco esaltato. La esaltazione anzi
si è impadronita di lui e lo ha tenuto schiavo, favorita
anche dalla più violenta crisi religiosa che ricordammo
// dramma dell'utopia settaria 203
aver egli attraversato, quando gli morì la madre lascian-
dolo in acerbo travaglio di dolore e di rimorso. Lo ve-
dete ritornare, dopo lunghissimo tempo, nuovamente alla
Chiesa e lo vedete comunicarsi con intensa estasi. In
queste condizioni, la sua fantasia sovreccitata ritorna facil-
mente alle leggende di santi e si inebria nel pensiero
di quella vita (85).
La figura di Sant'Adalberto, il vescovo che fu ucciso
dai Prussiani per aver voluto divulgare presso di loro la
sua fede di amore, e or giaceva sepolto in riva al mare,
assunse nella sua immaginazione un'importanza maggiore
che non avesse avuto prima. L'aveva lasciata dominare
per tutto il secondo atto ; aveva fatto che il suo spirito
ricomparisse sotto la figura di uno « Spielmann » per ac-
compagnare e guidare a Ploszk i cavalieri sbarcati nella
deserta landa e ignari dei luoghi ; alla corte di Agaphia
aveva fatto che egli approvasse l'amore dei due fidanzati,
predicasse amore, religione e morte: ma l'aveva tenuto
sempre nei limiti di un personaggio, che — come il
San Bonifacio del Tieck — dà una specie di sacra con-
ferma a quanto gli uomini compiono.
Infatti, fino alla fine del secondo atto, Sant'Adalberto
imprime con le sue parole al dramma una speciale fiso-
nomia senza turbarne lo svolgimento e alterarne le linee:
una special tinta di leggenda. Quando Sant'Adalberto pro-
nuncia il nome di Dio, una fiammella s'accende e si
spegne sul suo capo: quando gli altri pregano inginocchiati,
egli resta in piedi e gli occhi suoi acquistano improvvisi
bagliori di luce ultramondana. Compare e dispare miste-
(85) «Blatter f. 1. U. ». 1834, p. 1181.
204 Zacharias Werner
riosamente : i suoi piedi non toccano terra. Non mangia,
non beve, « non si nutre che di Dio ». Ha soltanto ap-
parenze di umanità : nelle sue vene non scorre sangue e
le sue mani sono gelide. Ed esercita indistintamente una
suggestione quasi magnetica su quanti lo scorgono. L'uomo
buono si sente irresistibilmente attratto verso di lui come
verso un focolare di bontà infinita. — « Vedi tu quel-
l'uomo ? » chiede Warmio a Malgona. — « Non vedo che
lui »,gli risponde questa. 11 malvagio ne è sgomento e atter-
rito: i volgari e vigliacchi cortigiani alla corte di Agaphia
ne sono sconvolti senza che osino ribellarsi. Emana da lui
una potenza occulta, cui tutti soggiacciono.
E poiché il Werner riesce a ritrarre questo stato d'animo
morboso ed eccezionale di uomini di questa terra di fronte
a uno spirito, voi lo accettate. Siete stupiti, ma la realtà
poetica non è franta.
Ma il Werner, ora, nel nuovo suo stato d'animo, ab-
bandonò la via finora seguita e mise nelle sue mani tutti
i fili dell'azione, perchè egli li imbrogliasse prima e poi
li sciogliesse. Io credo che due altre ragioni, oltre quelle
già accennate, abbiano influito sopra di lui. La prima è,
che egli era pur sempre ancora sotto il fascino della let-
teratura massonica, dominata dalla figura del superiore —
« Ober » — , il quale combina misteriosamente tutti gli
avvenimenti, come un « occulto primo motore immobile »,
che alla fine dell'opera compare a dar spiegazione di tutti
i misteri : com'era un « Ober » l'Arcivescovo nei Sòhne
des Tales, e ancora un « Ober » Sant'Adalberto : la
sola differenza è che mentre quegli era un uomo, questi
è uno spirito. La seconda ragione è poi l'esempio del
Calderon, che nel Principe Costante fa che la figura
del principe risorga dalla sua tomba per guidare i suoi
// dramma dell'utopia settaria 205
uomini alla vittoria contro gli infedeli, esempio, cui forse
si aggiunsero quello del Goethe, che accompagnò a Faust
Mefistofele, e di Shakespeare, che neWEnrico IV mi-
rabilmente si valse di un espediente analogo (86).
(86) Gli indizi che rendono verosimile la influenza del Principe
Costante sono numerosi. Prima di tutto vi è la conoscenza del Cal-
deron, che al Werner avevano già fornito le traduzioni dello Schlegel,
e che fu probabilmente assai presto ampliata con la lettura di altre
traduzioni. Cfr. la nota 64 e sg. del cap. precedente.
Certo conosceva già fin da ora El magico Prodigioso, a cui rimanda
anche un altro grande ammiratore di Calderon, lo HoFFMANN, allora suo
amico {Serapionsbriìder cit,, p. 241). All'influenza del Magico Pro-
digioso è da ricondursi non solo la concezione del Waidewuth gi-
gantesco, che su questa prima parte domina occulto come una potenza
tanto più grande in quanto è invisibile, ma forse anche l'idea della
morte di Warmio. come già suppose il BrechleR nella Introduzione
alla Griìndung Prags del Brentano {Brentanos sammtliche Werì^e,
hrsgg. v. A. Sauer und O. BreCHLER, Munchen, 1910 voi. IX,
p. Liv). Simboli per le sue fantasie religiose gli poteva fornire il Cal-
deron in gran numero : e il simbolo di « Maria col Bambino » nel se-
condo atto ha il suo precedente nella Aurora di Copacavana. La
lotta .dei Pagani e dei Cristiani, l'assalto dei Cristiani, la resistenza
dei Pagani, la conversione di un pagano per amore di una cristiana e
l'imperniarsi della storia intomo a questo amore si trovano già nel
Purgatorio de Sari Patricio, e Cypriano e Giustina soffrono infine
insieme il martirio come Warmio e Malgona (Cfr. H. SCHNEIDER,
Fr. Halm und das Spanische Theater cit., p. 19). A tutto ciò si
possono aggiungere ancora reminiscenze del Los dos amantes del Cielo,
specialmente per quanto riguarda lo spirito di rassegnazione con
cui il Warmio e Malgona sopportano le loro varie vicende (V. ora
anche il BRANDT, cit., p. 63). Chrysantus converte Daria pagana al
Cristianesimo, e malgrado l'amore che prova per lei, domina il suo
desiderio sensuale. E l'uno e l'altro cantano in duetto il comune amore
di Dio, in cui le loro anime si fondono insieme quasi in mistico am-
plesso, quasi in preludio alla unione finale delle loro anime nella
morte. La reminiscenza è poi tanto pili verosimile in quanto qui com-
pare uno spirito — Carpoforo — e anche qui si operano miracoli e
Chrysantus è liberato dalle catene, come Warmio, miracolosamente.
Ricordi vari vi sono anche della Devocion de la Cruz. A Se. XIII,
206 Zacharias Werner
Ma il dramma calderoniano presenta Feroe dapprima
in vita e la sua apparizione trae verità dall'amore per la
Jor. II, la croce, che Eusebio vede sul petto di Julia, produce su di lui
Io sesso effetto che produce la vista della « Monstranz » , che Sant'Adal-
berto ha donato a Malgona, sull'animo dei due amanti del dramma Wer-
neriano. Oltracciò nella Devocion de la Cruz, più ancora che in tutti gli
altri drammi del Calderon, trovate a base dell'intera concezione della
vita l'idea che la fede sia la suprema delle virtiì e cancelli tutte le colpe
e possa solo redimere l'uomo : idea che par volgare e sarebbe tale se
non si radicasse in una più vasta che la racchiude in sé e in certo modo
la giustifica ; il senso sconsolatamente vivo della vanità della vita :
Siendo la vida breve
Una caduca sombra.
Senza dubbio si tratta di influenze non costitutive ma secondarie (e
anche perciò non ne facemmo cenno nel testo), ma se voi vi aggiungete
quella influenza generale sulla struttura del dramma e sull'uso scenico
degli innesti liei a scopo drammatico, che abbiamo ricordato già an-
teriormente, apparirà chiaro che il Werner avesse già fin da questo
tempo una conoscenza assai vasta del poeta spagnuolo.
E, dato tutto ciò, nulla di più facile che egli abbia conosciuto pure
El Principe Constante, che fu meritamente una delle tragedie cal-
deroniane più fortunate e che egli, qualche anno più tardi, ricorderà
con un entusiasmo che gli strappava le lacrime, e con parole che
lascian credere trattarsi di un'opera già da tempo nota.
Già Molay, quando nell'ultimo atto dei KreuzesbrUder rifiuta di
fuggire e preferisce la morte e prova della morte nostalgia e desiderio,
vi fa pensare a Don Fernando che rifiuta in analoga condizione di
animo i progetti di fuga da Fez che Muley gli propone. Il medesimo
pensiero è divenuto nel Kreutz an der Ostsee centro della « Lehre »
che Sant'Adalberto impartisce e Don Fernando ha verso la morte la
nostalgia di cui Sant'Adalberto parla. Non solo la morte è centro della
vita :
Pisando la terra dura.
De continuo el hombre està,
Y cada paso che dà
Es sobre sa sepultura,
ma ne è meta. E Don Fernando la desidera, amando anche la malattia,
// dramma dell'utopia settaria 207
sua causa che gli si vide esplicare. Il dramma del Werner
ha invece la assai diversa impostazione che conosciamo.
E Sant'Adalberto divenne un « deus ex machina ».
con cui Dio lo prova : « los cielos me cumplan — un desco de
morir — par la fé... — ...y sacrificar a Dios vida y alma juntas».
Sente la morte vicina :
Que bien se que he de morir
De està enfermedad que turba
Mis sentidos, que mis membros
Discurre helada y caduca.
Ma la maggior infermità dell'uomo è la sua umana natura medesima :
«y tu eres tu mayor enfermedad» (Giornata III, Scena VII e Vili. E
cfr. anche la scena XIV dell'atto li in cui Don Fernando porge fiori
a Fenix e tutto un lungo discorso si svolge sulla caducità delle cose
terrene. Cito della edizione di JUAN EUGENIO HaRTZENBUSCH, Madrid,
1901, nella « Goleccion des autores espafioles desde la formation del
lenguaje basta nuestros dias »).
Anche qui del resto avete la lotta dell'esercito cristiano contro il pa-
gano e nei cristiani la fede inconcussa che hanno i Cavalieri dell'or-
dine tedesco malgrado le disperate loro condizioni.
Don Enrique. Mira que la noche,
Envuelta en sombras, el luciente coche
Del sol esconde entre las sombras puras.
Don Alfonso. Pelearemos a oscuras ;
Que a la fé que me anima
Ni el tiempo, ni el poter la disanima.
Don Fernando poi è gran maestro dell'ordine dei Cavalieri di Avis,
anch'egli guida i soldati dopo lo sbarco in Africa ed anche qui avete
gli oscuri presagi dell'avvenire e lo sgomento del popolo, che, presen-
tendo sciagure, preferirebbe evitar la guerra, come il Werner fa suc-
cedere presso i Prussiani : anche qui la storia dell'amore di Muley e
Fenix innestata alla vicenda guerresca, anche qui la vittoria finale dei
cristiani dopo la loro disfatta.
E, venendo finalmente alla grande scena, in cui Sant'Adalberto com-
pare agli spalti e mette in fuga i nemici già vincitori, non solo vi è
208 Zacharias Werner
Già quando Samo irruppe nel castello e si trovò di
fronte a Warmio e a Malgona e sta per ucciderli, già
allora nell'ultima scena del second'atto, egli interviene
impedendo il delitto con la sua presenza. Samo, cui egli
la notte innanzi comparve in sogno, si sente agghiadare
a quella vista. E fugge. D'ora in poi procederà tutto da
lui. E egli che, appesale al collo una « Monstranz », im-
pone a Malgona di lasciar la madre, i congiunti, tutti,
per ricongiungersi a Warmio sull'isola nella Vistola ; e
egli che in maniera misteriosa sottrae Warmio alla pri-
gione dov'era stato rinchiuso, per condurlo a Malgona ; è
egli che, mentre infuria la battaglia, passa sui bastioni se-
guito da Malgona e emana una luce così sfolgorante dalla
sua figura gigantesca, che i Prussiani, mentre già orano
vincitori, sono improvvisamente presi da un tremore e da
uno spavento, che li fa immobili o li volge alla fuga. Tutti
quanti i personaggi diventano passivi, inutili all'azione,
zimbello della sua potenza : nessuno ha più la sua per-
sonalità, nessuno ha più il suo carattere, la sua volontà.
E bensì innegabile che la prima scena dell'atto, quando
la analogia con lo spirito di Don Fernando che risorge dalla tomba, ma
anche la impostazione è analoga. Si veda lO, ad esempio, le didascalie :
« Aparece el infante Don Fernando, coi) manto capitolar, y una hacha
encendida... Tocan cajas destempladas ; sale Don Fernando delante,
con una hacha encendida, y det;^» Don Alfonso, Don Enrique, y sol-
dados» e si vedano anche le ps'ole di Don Fernando:
Con està luciente
Antorcha desadida del Oriente,
Tu esercito arrogante
Alumbrado he de ir sempre delante.
La figurazione delle due scene è la medesima (Tornada III,
Escena XI e seg.).
// dramma dell'utopia settaria 209
tutti nel castello sono smarriti e disperati sotto il premere
della minaccia che si fa sempre più grave e sempre più
sembra inevitabile, quando la battaglia infuria e i Prussiani
incalzano, incalzano senza posa e improvvisamente quel
fantasma passa abbattendo d'un tratto tutto quell'impeto di
forze umane col puro e semplice suo passaggio — è bensì
innegabile che quella scena ha una grandiosa bellezza
fantastica ; ed è certo anche che il Werner e riuscito a
renderla drammaticamente. Ma tutto questo nuoce al
dramma interno dei personaggi, anzi lo sopprime, tras-
formando tutto il finale dell'opera in una coreografia com-
pleteunente esteriore.
E più procedete, più il difetto si fa grave. Dovreste
scorger per lo meno nell'anima del Santo, ma egli, strap-
pato al suo mistero, diventa incomprensibile. Perchè im-
provvisamente, giunto alla riva del fiume, di fronte all'isola,
abbandona Malgona alla sua sorte? La barcaiola Teotka
riesce bensì, uccidendo con astuzia il sopraggiunto Ste-
phani, a trasportar Malgona all'isola dove Weu-mio là
attende ; ma Samo e Silko che sopraggiungono possono
inseguirli. Perchè ora lo « Spielmann » non difende più
e non impedisce più l'urto fra i due fratelli ? Succede la
scena della tentazione carnale vinta, la scena d'amore fra
gli sposi che si sono ritrovati e che pur rinunciano al
godimento sensuale, mentre lo « Spielmann » nella lonta-
nanza assiste tremando di paura che essi non cedano e non
si rendano indegni della loro sorte. Sopraggiunge Samo
e sta per uccidere Malgona : ma Warmio ammazza il
fratello. Warmio e Malgona sono fatti prigionieri dai
Prussiani, mentre lo « Spielmann » canta osanna e alle-
luja a Dio.
E la prima parte del dramma è finita.
G. GabetTI, // dramma di Z. Werner. H
210 Zacharias Werner
Vi è anche in questa ultima parte una irruzione di
lirica religiosa ed erotica a cui mal si sa resistere; le
strofe romanze vi si alternano con il giambo tragico rimasto
alle sole scene in cui la violenza drammatica è maggiore,
si alternano e cantano con varietà e ricchezza di suoni e
di immagini. E vi è anche talora in questa ultima parte
un senso diretto e caldo di vita che riesce talora a im-
pregnar di se lo stesso suono delle parole e sempre im-
pedisce il dilageu- di una retorica vuota ; vi sono anche
in questa parte frammenti di grande forza e potenza, scene
in cui — come quella dello sgomento dei Polacchi o
quella della tentazione vinta — delle anime umane vivono
e si agitano e soffrono e godono nelle convulsioni di una
vita che per esser convulsa non è men vera ; ma Torga-
nismo del dramma si è franto. Lo « Spielmann » nell'ul-
timo atteggiamento che egli ha assunto è la vera rovina
dell'opera. E come se a un tratto il mondo che il Werner
aveva creato vada in frantumi per l'improvviso scoppiar
di una mina, e voi vi troviate piombati con tutte le crea-
ture, con cui il poeta vi aveva posto a contatto, in un
mondo nuovo, ancora primitivo, in un mondo in cui « lo
spirito di Dio ancora aleggia sopra le acque », e delle
grandi rivoluzioni si compiono, e tutta la vita assume forme
convulse, e tutti gli esseri assumono proporzioni grandiose,
figure gigantesche.
11 Werner fu trascinato in questo nuovo mondo eviden-
temente anche perchè, per la sua immensità, esso gli dava
le vertigini. Ma esso gli sfuggì. Cercate le cause delle azioni
dello « Spielmann » : le troverete sempre non nel suo ca-
rattere, ma nelle idee che il Werner voleva sostenere e
applicare. Egli induce Malgona ad abbandonar la madre,
perchè precisamente l'amore è la legge suprema a cui
// dramma dell'utopia settaria 211
tutto si deve sacrificare ; egli abbandona Malgona sulla
riva del fiume, perchè in tal modo si provocherà la sua
morte e la morte è l'ideale ; egli assiste senza intervenire
alla scena della tentazione, perchè in tali cose gli uomini
debbono sbrigarsela da sé ; egli non interviene neppure
a difendere Warmio e Malgona nuovamente, perchè la
morte sarà il premio della loro vittoria. Ma tutto ciò è
predica esemplificata e non è più poesia.
*
* *
Quando il Werner si immerse nella elaborazione della
seconda parte, era completamente in preda di questo
vortice di fantasticherie mistiche. La lotta fra il santo e
il demoniaco era uscita fuor delle anime dei semplici uomini,
presso di cui dapprima era stata limitata, e si impostava
superbamente fra due esseri dotati di forze superiori. Alla
figura dello « Spielmann » veniva ora ad opporsi quella del
Waidewuth. Questa, che prima era rimasta sempre solo
nello sfondo, balzava ora in prima linea sfoggiando tutte
le forze che uno spirito satanico può esplicare quaggiù.
E la lotta gigantesca doveva terminare con la sua sconfitta.
Dai frammenti che il Werner aveva composti e letti
agli amici l'Hoffmann ricevette una profonda impres-
sione : « Es mòchte mir unmòglich seyn Euch ein deut-
liches Bild von diesem furchtbar gigantischen grauen-
haften Wesen zu geben, das der Dichter, des gewal-
tigen Zaubers màchtig, aus der schauervollen Tiefe
des unterirdischen Reiches heraufbeschworen zu haben
schien » (87).
(87) Serapionsbruder, IV, p. 242. E v. anche la ipotesi dello HagEN,
Ceschichte des Theaters in Preussen che io vedo ora soltanto ripor-
tata dal Brandt, p. 69, la quale però porta un pensiero nuovo
212 Zacharias Werner
Per render più tragica la sconfitta del Waidewuth il
Werner ricorse a una concezione, che riprenderà anche
più tardi, e che mostra, per la sua forza, come la genialità
degli spunti non gH venisse mai meno, se spesso gli mancò
la forza delFesecuzione. Il Waidewuth, per comandare, ha
dato al popolo una religione e idoli da adorare : egli mede-
simo ha scolpito nel legno tre idoli e li ha imposti al culto
dei sudditi : ma, se egli sa che son idoli e se ne ride e
crede se stesso il vero dio del suo popolo, il popolo in-
vece si forma di quel culto una fede. Il popolo crede,
e quegli idoli che il Waidew^uth ha creato, diventano
più forti che egli medesimo. Egli non riesce più a domi-
nare la sua creazione : il bisogno di credere, la religione
si sono svegliati nelle coscienze, e il Waidew^uth non le
può più domare. Quel bisogno di credere e quella aspi-
razione religiosa saranno il motivo per cui il Cristianesimo
riuscirà vincitore e si estenderà fra i Prussiani. Lo Hoff-
mann, che udì i frammenti perduti, così si esprime a
questo proposito: « Geschichtlicher Tradition gemàss, fing
die erste Cultur der alten Ròmer von ihrem Kònig Wai-
dewuthis an. Er fiihrte die Rechte des Eigentums ein;
die Felder wurden umgrànzt, Ackerbau getrieben, und
auch einen religiòsen Cultus gab er dem Volk, in dem
er selbst drei Gòtzenbilder schnitzte, denen, unter einer
nella 2^ parte, che dai cenni che il Werner fece non risulta.
Lo Hagen vorrebbe convertire questa 2^ parte in una annunciazione di
una novella vita . « Als Mann und Frau, als Mann und Mannin
miissen eins werden das schaffende und das erhaltende Prinzip ; jenes
ist das Glànzende, dieses das dauernde » ; ma si tratta qui di una nuova
creazione che lo Hagen verrebbe a sovrapporre alla werneriana, che pro-
ietta la novella vita in un futuro vago, che non doveva affatto venire
descritto.
// dramma dell'utopia settaria 213
uralten Eiche an die sie befestigt, Opfer dargebracht
wurden. Aber eine grause Macht erfasst den, der sich
selbst allgewaltig, sich selbst Gott des Volkes glaubt,
das er beherrscht. Und jene einfaltige starre Gòtzen-
bilder, die er mit eigner Hand schnitzte, damit des Volkes
Kraft und Wille sich beuge der sinnlichen Gestaltung
hòherer Màchte, erwachen plòtzlich zum Leben. Und was
diese todten Gebilde zum Leben entflammt, es ist das
Feuer, das der Faustische Promelheus aus der Hòlle
selbst stahl. Abtriinnige Leibeigne ihres Herm, ihres
Schòpfers, strecken die Gòtzen nun die bedrohlichen
Waffen, womit er sie ausgerustet, ihm selbst entgegen,
und so beginnt der ungeheure Kampf des Uebermenschli-
chen im menschlichen Prinzip » (88).
Così il Waidewuth doveva soggiacere perchè non si
trovava più solo a combattere con Sant'Adalberto, con
i Polacchi e con i Cavalieri dell'ordine tedesco, ma con
il suo popolo stesso. La fede popolare diventa un incendio
che sempre più divampa e più non può essere sedato:
provocato da lui, essa finisce col distruggere la sua po-
tenza.
E il Waidewuth combatte la lotta superbamente con
tutte le arti di cui egli dispone : lo Hofhnann osserva :
« Der Dichter hat mit staunenswerter Kraft und Origina-
litàt den Dàmon so gross und gew^altig, gigantisch erfasst,
dass er des Kcunpfes volkommen wiirdig erschien, und der
Sieg, die Glorie des Christenthums um desto herrlicher
glànzender strahlen musste ». Paive all'Hoffmann che il
dantesco « imperator del doloroso regno » medesimo ri-
(88) Ibid., p. 237.
214 Zacharias Werner
sorgesse in quella figura, che nel Magico prodigioso di
Calderon lo Hoffmann trovava già una volta mirabilmente
rinnovata (89).
Tutti gli altri elementi del dramma si ingrandivano
nella luce trasfigurante che emanava dalle due figure prin-
cipali. Le stesse figure dei cavalieri finivano col mettersi
a contatto diretto con la divinità e con Tassumere un
linguaggio solenne, come se lo spirito dell'intera loro na-
zione parlasse in essi. « Auf der Dauer — scrive il
Werner — kann der Deutsche den Kern alles Wesens,
den er vorzuglich zu entfalten berufen ist, die Liebe, nie
verkennen. Das ist es, was unter den Vòlkern der Erde
dem Deutschen seinen Standpunkt bezeichnet und seine
Meisterschaft verbiirgt. In diesem Sinne lasse ich dem
ersten Hoch- und Teutschmeister, dem grossen Herrmann
von Salza nachei-zàhlen folgenden Spruch » :
Teutschmeister — rief er aus — der Name
Soli nicht untergehen, denn Gott hat ihn gestempelt (90).
Gli altri personaggi nuovi introdotti assumono propor-
zioni analoghe.
Il Waidevs^uth sa che nessuno dei suoi figli erediterà
il suo trono, e perchè la potenza che egli ha creata non
si disperda, alleva un ragazzo, che compar dodicenne nel
dramma ed è destinato a succedergU. L'uno e l'altro
stanno sdraiati, nella notte, presso il fuoco e il Waidewuth
(89) V. per l'influenza del Calderon, che qui è anche più evidente
per il Magico prodigioso (cfr. pure BreCHLER, loc. cit.), la nota pre-
cedente.
(90) Ausg. Schr.. Introd. Mutter d. M. cit.
// dramma dell'utopia settaria 215
si sforza di infiamm2u*e l'anima del fanciullo per l'idea
della divina potenza che possiede un reggitor di popoli.
Il fanciullo, che tiene in braccio un giovane lupo addo-
mesticato, di cui egli si fece il proprio compagno di giochi,
ascolta con attenzione le parole del vecchio re ; e quando
questi, alla fine del suo discorso, gli chiede se egli, per
amore di una tal potenza, non sacrificherebbe il suo lupo,
il fanciullo lo guarda fìsso e fermo negli occhi, 2ifFerra il
lupo e lo getta senz'altro nelle fiamme (91).
Si venne così a poco a poco formando la concezione
di un dramma che per potersi svolgere doveva rasentar
continuamente i limiti estremi della umanità, senza oltre-
passarli. Impresa diffìcile per il Werner, che già non aveva
saputo fermare la figura dello « Spielmann », e, pur rap-
presentando gli uomini, tendeva per le sue esaltazioni
fantastiche a smarrirsi nel sovrumano: come rappresentar
l'umano in ciò che ne trascende già per propria natura
i limiti ? Lo Hoffmann infatti, di fronte alla natura sa-
tanica che nel Waidew^uth compariva, non riusciva ad
intendere come egli « wiederum mit dem Menschlichen
so verkniipft vs^erden konnte, um w^ahrhaftes dramatisches
Leben verspuren zu lassen, ohne das keine Aufregung des
Zuschauers denkbar ist ». E come ricondurre alla terra
in un avvenimento drammatico la catastrofe finale con il
trionfo del Cristianesimo, dopo che l'azione era andata
sempre più smarrendosi nel soprannaturale ? « Die Ka-
tastrophe seines (del Waidewuth) Untergangs , jenen
Sieg des Christentums, mithin den wahrhaftigen Schluss-
akkord, nach dem alles hinstrebt im ganzen Werke, das
(91) Serapionsbriider, loc. cit.
216 Zacharias Werner
mir, wenigstens nach der Anlage des zweiten Theils,
einer anderen Welt anzugehòren schien, habe ich mir
in der dramatischen Gestaltung niemals recht denken
kònnen ».
L'unità di concezione delle due parti rendeva neces-
sario un ritorno nel mondo terreno, inquantochè anche
questa seconda parte della lotta, sebbene così grandio-
samente impostata, doveva svolgersi intorno all'amore di
Warmio e di Malgona. E Warmio e Malgona dovevano
esser condotti al banchetto nuziale, cioè a morte, e quella
morte doveva riverberarsi nello svolgimento generale della
tragedia di quel tramonto del paganesimo. « Der zweite
Teil — scriveva il Werner — soli die Weihnacht
(Opfernacht) heissen, weil er, vv^ie das Ganze iiberhaupt,
mit dem Opfer beider Liebenden und der heidnischen
Getter, schliesst, an deren Stelle das gew^eihte Kreutz
errichtet wird » (92). Ma come doveva e poteva questo
succedere ?
L'opera, trascendente così di continuo in una fantasia
grandiosa ma imprecisa, non riuscì a giungere a maturità.
Se già era sfuggito al Werner il dominio della materia
nell'ultimo atto della Brautnacht^ ora esso gli sfuggì così,
che non riuscì più a districarne in niun modo le fila.
Quanto più egli si accostava al dramma, tanto più questo
— per la naturai tendenza della sua immaginazione —
tendeva ad ingrandirsi ancora : nuovi elementi, nuove con-
cezioni laterali, nuove idee vi venivano introdotte. E la
concezione restò un caos informe, perchè, quanto più
vasto è il piano, tanto maggiore è il dominio che il poeta
deve avere sulla sua opera.
(92) «Blatter f. I. U. ». 1834. p. 1180.
// dramma dell'utopia settaria 217
Restando un caos, essa lasciò nell'cinima del Werner
Timpressione, che sempre lasciano le opere non condotte
a compimento: l'impressione di un'idea grande, di una
bellezza meravigliosa non ancora deturpata dalle manche-
volezze della esecuzione. Vent'anni dopo ancora egli pro-
clamava questa seconda parte incompleta « das Beste w^as
er geschrieben » e godeva di ripensarla e di richiamarla.
Quante volte si ripropose di riprendere il frammento
lasciato incompleto ! Nel 1 806 scriveva : « Ich werde nun
den zweiten Teil durch Gottes Beistand so zu Ende
fiihren dass ich mit der tròstenden Ueberzeugung Averde
sterben kònnen, ein religiòses Kunstwerk (die Talssòhne
waren Farbenversuche auf der Palette, mein Luther ist
wie sein Originai ein einer Silhouettennàhnlicher Tin-
tenfass) der Welt unterlassen zu haben ».
Nel 1808 combinò dalla prima e dalla seconda parte
un dramma in cinque atti : Der Ostermorgen, perchè
fosse rappresentato a Weimar; ma non ad esso eviden-
temente alludeva il Goethe quando giudicava : « dies
Werk wird in unserer Literatur Epoche machen » (93),
sibbene ai soli frammenti della parte seconda che il
Werner gli lesse. Il Werner stesso ne era insoddisfatto e ne
avrebbe permesso solamente al Cotta una pubblicazione
postuma, quando egli fosse morto senza soddisfare gli
obblighi contratti per gli anticipi che questi gli fece.
(93) Cfr. ibid.. p. 1343. il racconto del Werner allo Scheffner;
«Von dem noch nicht fertigen und annoch ungedruckten 2.ten Teil des
Kreutz an der Ostsee (der so excentrisch ist, dass die Konigsberger
ihn mit Fiissen treten miissten) sagt Goethe : « dies Werk wird in
unserer Literatur Epoche machen, und Sie sind es Ihrem Ruhme
schuldig, es bald und so, wie Sie es angefangen haben, zu beendigen».
218 Zacharias Werner
« An den Druck dieses Ostermorgens ist nicht zu denken,
denn es ist ein bloss in der Eile zusammengebastelter
Auszug des Kreutzes an der Ostsee, und ich dieses mein
Lieblings und bestes Werk (nehmlich dessen 2^^^ Teil)
des baldigsten, zu vollenden gedenke ». I Kreuzfahrer,
stampati nel 1820 sotto il nome del Werner, sono una
falsifìccizione : nel 1823, quando il Werner morì, il Sander
annunciò a Berlino la stampa dell'opera intera, dando
come titolo della seconda parte non più « Die Weihnacht »,
ma « die Kreuzerhòhung ». Il Brandt crede di poterne de-
durre che questa fu condotta a compimento, ma tutti co-
loro che lo videro ne conobbero solamente frammenti. E
che la prima concezione sia rimasta un torso, si può,
credo, affermare. Se anche il vecchio Werner tentò di
compierla, essa non fu più il sogno che gli era balenato
un tempo : forse, anzi, fu soltanto una rielaborazione degli
ultimi atti deìVOstermorgen (94).
(94) Su questa elaborazione scomparsa, che il Werner definisce,
mandandola al Goethe : « nur 2000 Jamben stark, aus einem Viertel
Text und drei Viertel Parenthesen bestehend, Eilfertigkeits halber noch
ungepresst, also mehr dick scheinend als dick», v. le notizie che dà
il Brandt, op. cit., p. 42-44.
E V. ibid., p. 28 e segg., la storia delle sue vane ricerche del mns.
perduto. A pag. 31 è riprodotto l'annuncio editoriale del Sander. a
pag. 39 la lettera di M. Stark all'editore Schlòsser per una edizione
delle opere del Werner : « In ersten Bande solite des Kreutz an der
Ostsee 2. ter Teil aufgenommen werden», ma non vi si fa cenno che sì
tratti dell'opera intera, mentre ciò sarebbe pur detto, data l'impor-
tanza della cosa, trattandosi di un'opera di cui molto si era parlato.
Anche il Brandt del resto (pag. 32) dice che il Sander vide soltanto
un frammento.
CAPITOLO QUARTO
n dramma deirutopia erotico-mìstica.
Con il Kreutz an der Ostsee finisce Tutopia settaria (I),
e si inizia nell'attività drammatica del Werner un nuovo
periodo.
Il Werner credeva che, se gli fosse stato possibile
di vivere a Berlino, avrebbe trovato adepti e avrebbe
potuto dar realtà al suo sogno (2). Grazie all' inter-
vento dello Iffland, dell'aspirante alla mano di sua moglie
Geheimrat Kunth, del Barone von Stein, del Conte von
Dohna, del Barone Scheffner e sopra tutto del Barone von
Schròtter, ottenne un posto di « expedirender Sekretàr »
al Dipartimento della Nuova Prussia Orientale (3); ma,
malgrado le accoglienze festose della capitale e malgrado
la relazione cogli uomini più noti nel mondo intellettuale,
vide presto che egli sarebbe così poco riuscito a fondare
(1) Ben ne conserverà ancora in parte il vocabolario e manterrà
talune forme della sua concezione, come i tre gradi di religiosità :
« Meisterschaft » « Jiingerschaft » e a Lehrlingschaft », ma la fede nella
utopia scompare.
(2) «Blatter f. 1. U.», 1834, p. 1181.
(3) DUNTZER, op. cit., p. 123: VlERLING, op. cit., p. 147.
220 Zacharias Werner
una setta nuova, come aveva dovuto constatare che era
inutile cercar di riformar la Massoneria. <( Die Gemeinheit
hat sich in den Gemiitern der meisten bejahrteren Men-
schen petrifizirt » (4).
Contro tale petrificazione ogni sforzo è inutile. Il
Werner riesce a^ comunicare i suoi entusiasmi mistici
al Chamisso, incerto ancora e vagante in cerca di sé
stesso (5), ma il Varnhagen gli sfugge, tenuto fermo dallo
spirito chiaro della Rahel (6), e gli sfugge anche l'an-
tico scolaro Hitzig volto per vie sempre più mondane (7).
La vita di piacere della grande città lo distrae e lo dissipa :
stringe amicizia col (( fratello in Cristo » Johannes von
Miiller, e si trovano spesso insieme, e si rallegrano nel
Signore, perchè (( dove due sono riuniti in Suo nome Egli
è sempre il terzo presente » : poi, dopo che si son debita-
mente rallegrati, corrono insieme per le ((Weinstuben» (8).
Oltracciò succede la catastrofe : la moglie gli annuncia di
volersi separare da lui e di voler sposare Kunth. Accon-
sente, ma si trova come smarrito. Gli par che il mondo
intorno a lui precipiti con tutte le sue illusioni : e che cos*è
la vita senza illusioni ?
Gli pare allora di essere condannato a restar solo (9).
E l'idea della solitudine lo spaventa, ma anche lo at-
(4) «Euphorion», 1895, p. 361.
(5) V. Lettera al Chamisso in DoROW, op. cit., p. 94.
(6) Varnhagen von Ense, DenkwUrdigkeiten, XII, 115 e VII,
passim.
(7) Lebensabriss cit., p. 57.
(8) Briefe an und Don J. v. Miiller hrsgg. v. MaURER - CONSTANT,
Schaffhausen, 1842. voi IV, p. 126. Il Muller lo consolerà con mistici
pensieri, quando sua moglie chiederà la separazione, v. ibid., p. 112.
(9) «Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1342.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 221
tira : (( Ich bin ein Schwàchling : Leiden und Kummer
haben mich friih alt gemach; ich bin unreinlich, miir-
risch, launenhaft, sparsam (was ich sein muss), lebe
immer in meinen oft albernen Phantasien; wie konnte das
junge Weib, die Arme, mit mir gliicklich sein ! Ich
bàtte kliiger sein, der Sucht geliebt zu werden friiher ent-
sagen, kein weibliches Geschòpf aufs neue in die uner-
bittlich gràssliche Nemesis, die mich verfolgt, verflechten
sollen )) (IO). Tutte le idee di vita in comune cadono:
questo è il segno che Dio lo vuol tutto per sé. E Dio lo
aiuterà : « Der Gedanke evv^ig allein zu sein und allein zu
sterben ergreift mich, besonders ili der Stille der Natht,
mit fiirchterlicher Wut, und noch ist mein ganzer Kopf
dumpf und leer. Aber Gott, dem es gefallt, mich, wie
die Martyrin, meine Mutter, durch dunkle Wege sich
zuzufiihren, w^ird mich stàrken, wenn es sein Wille
ist» (11).
Non rinuncia dunque alla sua missione, al suo (( gòttli-
cher, durch kein Schicksal zu zerstòrender Lebens-
zv^reck » (12); anzi più ancora vi si conferma : se le gioie
della famiglia, i trionfi mondani non son per lui, se Dio lo
vuol tutto per se, egli dedicherà a Lui tutte le sue forze.
« Seinem heiligen Werke will ich mich, von alien anderen
Banden der Natur losgerissen, unausgesetzt und aus-
schliesslich widmen, seinem Winke will ich folgen und
seinem Rufe, der jetzt laut zu mir spricht. Seelen will
ich ihm gewinnen, sie sollen mir Vater, Mutter und
Frau sein. Ich habe jetzt keinen als Gott ».
(10) ScHUTZ, cit., p. 47.
(11) «Blàtter f. 1. U.». 1834. p. 1341.
(12) Ibid.
222 Zacharias Werner
Egli cercherà ora adunque — per usar la sua espressione
— delle anime e si adoprerà di convertirle a Dio. Egli
crede sia giunto il momento di agir sulle anime dei sin-
goli individui (13) ed egli predicherà liberamente il suo
Vangelo: la scena di Berlino gli è aperta: dalla scena
egli influirà direttamente sul gran pubblico, sveglierà gli
spiriti assopiti e sopratutto svilupperà i germi che già esi-
stono.
Egli attribuisce ora al teatro la virtù che attribuiva an-
teriormente alla setta. Lo spirito settario cede alla cieca
fede nella potenza dell'arte : « Ist die Biihne nicht das,
wozu ihr sie machen v^ollt, der Nachhall eurer eigenen
Wiinsche ?... so erlaubt ihr sich zu dem Heiligen emporzu-
schwingen)) (14).
Ist denn die Biihne ein Siindenhaus ? — Nein.
Ein Tempel des Herren soli sie sein ! (15)
La celebrazione dell'arte prende nei suoi drammi un
posto sempre maggiore e quelle idee che trovammo nel
primo capitolo assumono una tinta sempre più spiccata-
mente mistica. Essendo la bellezza in se cosa divina, ed
essendo Tarte (( fleischgewordene Schonheit », questa è un
sacramento, come ogni cosa — Ein jedes Ding ist ein Sa-
(13) «Ausser der gewohnlichen unheiligen Gemeinheit hat sich
jetzt noch ein heiliger Egoismus sich zu zeigen begonnen, d. h. es
erscheinen Menschen, welche das Heilige aus reiner Absicht wunschen
wollen, und ahnden, es aber nicht besitzen, da sie, bel aller Klarheit
der Ideen, doch in dem Egoismus des Gefùhls, wie eine Spinne in
ihrem eigenen Netze, verflochten sind». Ed è su questi spiriti che egli
crede ora di poter agire. «Euphorion», 1895, p. 363.
(14) «Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1178.
(15) Teichmann, cit., p. 280.
// dramma dell'utopia eTotico-mistica 223
krament dem Reinen — e più di ogni altra cosa, perchè
ai consacrati è dato di scorgere in essa direttamente la di-
vinità.
Es uberspringt die Kunst die engen Schranken,
Durch welche Wesen und Gestalt ihr trennet,
Sie kann nicht zwischen Sein und Nichtsein schwanken.
Ein Sacraraent muss Geist und Leib vermàhlen ;
War jammerlich, was gòttlich ist, geschàndet.
Soli Kunst den Jaramer denn zum Fiihrer wàhlen ? (16)
E l'idea dell'arte si mescola ora anche nella materia
che i nuovi drammi svolgono.
Essa era rappresentata già nei Sòhne des Tales dal
« Troubadour » ; ma questi è nella prima parte una
figura secondaria ed anche nella seconda una specie di
consolatore di Molay: l'arte non appare ancora fattore
essenziale di santità. Nel Kreutz an der Ostsee la figura
dello (( Spielmann » dà già all'idea un maggior ri-
lievo; ma, se voi analizzate il valor simbolico del perso-
naggio, e osservate le azioni che compie, le parole che
pronuncia, trovate che poca parte di lui si può ricondune a
questo suo aspetto. Come la parola stessa (( Spielmann »
dimostra, deve il Werner aver dapprima concepito il suo
personaggio come un simbolo dell'efficacia religiosa della
poesia; il pensiero della Provvidenza, l'esempio del
Tieck e del Calderon lo condussero poi a dargli quell'altro
carattere che rilevammo: restò il nome, ma la sostanza
mutò.
(16) Cfr. Prolog, alla Weihe der Krafi.
224 Zacharias Werner
I nuovi drammi fanno invece all'arte un posto mag-
giore, più risoluto e preciso: essa vien rappresentata in
personaggi importanti, il cui valor simbolico non muta:
Theobald, Valdecon, Ludmilla.
Ciò è anche conforme a un'altra tendenza che ora
nel Werner compare, la tendenza a chiarificare le sue
idee, a portarvi ordine e armonia. Egli si sente stanco
del confuso tumulto che in lui regna e lo vuol sedare,
vuol superare la in lui « rasende Wildheit » , applicando
a se stesso il principio che (( die Wildheit in Frieden,
wie die Gàhrung in Klarheit sich auflòsen muss » (17).
E fa quindi un'idea unica centro del suo sistema. Que-
st'idea è quella che trovammo già nel Kreutz an der
Ostsee, quella dell'amore. Fra tutte le teorie che i ro-
mantici gli avevano portate, il Werner doveva finire di
concentrarsi su questa sola, tanto pili che la separazione
dalla moglie parve aver svegliati in lui anche maggiormente
i bisogni erotici. La risoluzione dell'assorbimento di idee
romantiche in un misticismo erotico, accennata nel primo
capitolo, si compie in questo tempo. È in questo tempo
infatti che egli riconosce nella promulgazione di questo
nuovo vangelo la sua missione. (( Das mir von Gott zu
seiner Verkiindigung ins Gemiit gelegte Thema ist: Ver-
gòttlichung der Menschheit durch die Liebe, vyrelche (nàm-
lich die Liebe) das glaùbig gliihende Versinken in die
Gottheit und in die (die Gottheit darstellende) Schònheit
ist » . E predica le sue teorie continuamente anche nelle
conversazioni private. Quando giunse a Coppet, con una
tabacchiera in mano, l'abito e il naso intabaccato, si pre-
li?) «Euphorion». 1895, p. 361,
Il dramma dell' utopia erotico-mistica 225
sento alla società colà raccolta con le seguenti parole :
(( Je suis Zachcirias Werner, poète dramatique et profes-
seur d'amour » ; baron Vogt cadeva dalle nuvole e Sis-
mondi si sbellicava dalle risa a sentirlo predicare (18).
Però furono naturalmente i drammi in cui egli riversò i
suoi entusiasmi.
L'amore vien da lui ora esaltato sopra l'arte e sopra la
fede, sopra la purità.
Se l'amore è godimento di Dio in terra per il tramite
della persona amata, e se tutti gli atti d'amore sono un
« Versinken in die Gottheit )) , esso è il più alto sacra-
mento, e, a un tempo, sacramento quotidiano, che perenne-
mente si rinnova. Nel a Liebestrieb » si riassumono e si
fondono tutti i sentimenti umani che tendono verso Dio.
Alcune pcirole di Katharina von Bora formulano ora
questo pensiero con chiarezza e con precisione (19).
E)er Heiland ist — er ist es nicht allein,
Der mir die Seele fiillt. es ist der Drang,
Dar ungestiime, nie befriedigte.
Der Drang, o Gott ! — ich bebé vor mir selber.
So drangt es mich des Heilands hohes Bild
Mir selbst, wie es am Himmel tront, zu schaffen :
Verkorpert mochte ich's, nicht nur glàubig - gluhend
Mochte ich's umfassen, mir den eignen Heiland,
Der mir gehort und doch im Geisterreich
Versohnend herrscht, Aller und doch mein;
(18) Su questo periodo della vita del Werner cfr. il II voi. del mio
studio Deutschland in Madame de StaSls liteTarìschem Schaffen,
ora in corso di stampa.
(19) Weihe der Kraft. Atto 11. Scena IV.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 15
226 Zacharias Werner
Den mochte. ich fassen, mir ihn selbst gestalten,
In ihn mich ganz versenken, und mit ihm
Aus freier Willkiir liebend untergehn. (20)
Ed ella non dubiterà di pregare il suo amato perchè
(( ist Liebe denn nicht beten ? )) (21). Pregando lui ella
prega Dio.
— Du betest zu ihm ?
— Ja, ich bete zu ihm (22).
(( Das Leben ist Liebe » canta il Werner nel Linden-
berger Lied (23). E una nostalgia vana e violenta d'amore
Io travolge e lo prostra.
Was hilft das Tal mit seinen Griissen, Gluten,
Die Strahlen, welche golden niederfluten ?
Ich seh' nur Geister mich zum Abgrund ziehen.
Wozu soli ich die goldnen Bliiten pfliicken
Darf ich doch nie mehr das Geliebte schmiicken ? (24)
Già nel Kreutz an der Ostsee sotto l'influsso diretto
dei romantici aveva il Werner veduto l'essenza del Cri-
stianesimo nell'amore: ora, a Berlino, sotto l'influenza del
Fichte (25) il suo pensiero si è determinato con anche mag-
gior nettezza. E, volto sempre più verso il Cattoli-
(20) Ibid.
(21) Ibid.. p. 27.
(22) Ibid., Atto II, Scena I.
(23) Schriften. I, p. 132.
(24) Tharands Ruìnen in Ausg. Schrifterì, I, 136.
(25) È questo il tempo in cui il Fichte dall'idealismo assoluto della
« Wissenschaftslehre 39 voltosi a una filosofia della pratica si imbeveva
sempre più di misticismo e, mentre incitava i patriotti tedeschi, svol-
geva a un tempo anche le sue teorie sulla religione.
// dramma delVuiopia erotico-mistica 227
cismo, ricevette il Werner anche una profonda impres-
sione dalla Geschichte der Religion Jesus Christi dello
Stolberg (26). Ora anche lo Stolberg scrive : (( Wir
lieben alles was wir lieben in Gott, oder wir lieben in
allem was wir zu lieben wàhnen, nur uns selbst, und
eben darum etwas sehr Schlechtes... In unserem kranken
Willen liegt das Wehe unserer Natur, in der Genesung
unseres Willens unser Heil... Die Religion Jesus Christi
ist eine Brautwerbung, eine Werbung um Liebe » (27).
(( Liebe zu Gott ist unsre Bestimmung. Auch uns selbst
sollen wir in Gott lieben. Was seine Bestimmung verfehlt,
das gehabt sich iibel » (28). Solo che lo spirito dello Stol-
(26) II primo volume fu stampato ad Hamburg nel 1806.
(27) Voi. I, Prefazione, p. VI-IX, passim.
(28) Ibid.. p. VI.
Un'altra influenza si deve aggiungere qui, che si fece valere .ora
fortemente nella formulazione teorica del pensiero erotico werneriano :
quella dello Zinzendorf e della letteratura herrenutistica. Già nel primo
capitolo ne avvertimmo la esistenza, ma questo è precisamente il mo-
mento in cui essa, per la evoluzione che stiamo descrivendo, trova nel
Werner un terreno più adatto. Anche nel Werner, si tratta di una
influenza per così dire formale : egli trova già intorno a sé delle fan-
tasticaggini, in cui, come nella sua propria anima, erotismo e religione
sono insieme mescolati, anzi talora quasi identificati. È curioso osser-
vare quale deformazione alcune credenze cristiane assumano nello Zin-
zendorf. Egli è dominato da una viva tendenza al panteismo, come
quasi tutti i mistici del secolo XVIII, ma accetta la dottrina della
Trinità : di Dio padre, tuttavia, e dello Spirito Santo fa cenno di rado
nei suoi scritti : il suo pensiero è tutto concentrato su Cristo. E
Cristo è la divinità sotto l'aspetto dell'amore. II sangue versato da
Cristo è « l'olio del matrimonio » ; la generazione dei bambini è
«opera di Cristo, perchè Egli, essendo l'amore, è l'anima del mondo»:
«i mariti sono i suoi procuratori a cui egli ha dato l'incarico», il
« marito è Dio » ed essi sono vicemariti. Nello Heiden\atechismus,
nella Siegfrids bescheidene Beleuchtang, nel Geheimer Briefwechsel
mit den Inspinrien, in tutte le innumerevoli prediche e nei vari
228 Zacharias Werner
berg convertito è profondamente dissimile da quello del
Werner, e questi dà alla parola (( Liebe » non il signifi-
cato puro che lo Stolberg asceta vi dava, ma quel signifi-
cato che dal suo temperamento erotico egli era trascinato
a darvi.
L'amore, acquistata così nei nuovi drammi un'impor-
tanza maggiore ancora di quella che gli vedemmo data nel
Kreutz an der Ostsee, diventa la base unica di essi.
La storia dell'amore di Warmio e di Malgona, rias-
sumendo la lotta fra Paganesimo e Cristianesimo, ponen-
dola nella sua vera luce e concentrando su di sé lo svol-
gimento dell'azione, era pure allo stesso tempo a quella
lotta subordinata; e quella lotta e non propriamente la
storia di amore formava l'argomento della tragedia. La
storia d'amore non era la pianta, ma il fiore che sulla
pianta sboccia. L'amore invece è il solo e vero soggetto
delle nuove opere, scritte tutte ad esaltazion di esso,
tutte ad esso subordinate.
scritti dello Zinzendorf, il repertorio di immagini con cui viene descritta
la vita religiosa e Testasi mistica è fornito quasi sempre dalla vita
sessuale, così come anche nella realtà la vita sessuale interpretata sim-
bolicamente suggerì numerose cerimonie rituali.
Io inclino anche a credere che quel sostar continuo del Werner sulla
voluttà e quel proibirsene l'ultimo godimento, che trovammo già nel
Kreutz an der Ostsee e ritroveremo in seguito, abbia avuto bensì
la prima origine in ciò che egli non poteva non sentire l'assurdità di
considerar l'amplesso una cosa divina, ma sia stato confermato in
essi dalle usanze e dalla fede che ebbe — come già tante sette mistiche
prima di essa — anche la herrenutistica. Il senso della realtà condusse
a una condanna dell'amplesso come di una voluttà materiale, e il
Werner che spesso disse il contrario non potè far a meno di accedere
teoricamente a questa condanna. Né la contradizione poteva molto
turbarlo, perchè si trattava di un fatto a cui egli nel suo pensiero dava
una importanza, come vedemmo già, secondaria.
// dramma dell'utopia erotico-misiica 229
Se la Weihe der Kraft è destinata a mostrar Tele-
vazione suprema dell'uomo raggiunta attraverso l'amore,
anche deìV Aitila e della Wanda si può ripetere lo stesso
giudizio. Il prologo a\V Attila dice :
Den Hass, die Furcht, das Dunkel bannt die Liebe,
O folget ihrem Triebe !
Der Tag der Siche 1 ist der Tag der Garben !
Wie Liebe tut genug, wenn sie den Tod verhohnet,
Das stiirmt im Ozean, wie es im Liede tonet,
Im Liede das nicht hasst, im Liede das nicht fròhnet,
Im schwachen Liede, das der Herr mit Macht gekronet I
Il motto che è posto alla Wanda suona : (( Amor
modum saepe nescit, sed super onmem modum fervescit »
(Thom. a Kempis, III, 5), e il Werner dice che (( um
der Erdenliebe Quellen zu belauschen )) egli fu condotto
in (( tiefe dunkle Griinde ». La condanna dell'amore sen-
suale che trovammo nel Kreutz an der Ostsee non è più
ripetuta ; se soltanto Lutero e Katharina si sposano e condu-
cono vita completamente matrimoniale, e se né in Wanda,
né in Attila il godimento sessuale avviene, ciò é sofo
perché pel Werner — come nel 1 ° capitolo avvertimmo —
lo (( Hòhepunkt )) dell'amore é un altro e il problema
del godimento sensuale é trascurato come problema se-
condario.
Il contrasto di questo nuovo periodo col periodo prece-
dente risalta chiarissimo se confrontate con la prima la
nuova edizione che egli fece dei Sòhne des Tales
nel 1807 (29). All'amore non era fatto nessun posto nella
(29) Nella cit. ed. delle Ausgewàhlte Schriften è data soltanto
questa seconda redazione. Scrive su di essa ri Werner in una lettera
230 Zacharias Werner
prima parte, nella seconda solo un posto insignificante;
oltracciò Robert, l'eroe destinato a far risorger l'ordinie
nel futuro, non conosceva tale sentimento. Ora il Werner
sentì nel nuovo stadio del suo pensiero la mancanza, e
cercò di rimediarvi, sperando così di moderare — nei
limiti del possibile — anche maggiormente quel contrasto
fra le due parti, che abbiamo denunciato. Introdusse nella
prima parte un essere femminile (( Astralis », giovane ana-
coreta cristiana, mandata del « Tal », una specie di spirito
mistico, creatura eterea inafferrabile, che seduce Robert
e lo conduce a quella mistica rigenerazione che nella
seconda parte, nella caverna del a Tal » avrà il suo compi-
mento (30). Essa è colei che è destinata
Zu gliihn mit ihm, in Dem, der AH ist,
Durch Schonheit zu siìhnen den Sohn der Kraft.
« Liebe )) è a Ahnung ». È la stella polare che guida
sulla retta via Tuomo esplicante la sua attività. Essa com-
pare a Robert fin dalla prima scena del primo atto e lo
invita :
Akazien, Roseti gliihn
Am Isis-und Marienbilde wieder !
Du kommst, nicht wahr > Dich lockt der G!anz vom Morgen !
La preghiera sua è ardore per lui : (( Hast du gebetet ?
— Ja» gegliiht fiir Robert — ». Egli la interroga: (( Chi
a Johanna Rink : « dieses mein Haupt- und Elementarbuch enthalt,
als ein von der ersten Auflage GanZ verschiedenes Werk, Aufschiusse
iiber mein ganzes System, mein ganzes individuelles Dasein».
(30) Cfr. NOVALIS. Heinrich von Ofterdingen, Parte II.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 231
sei tu ?» ; essa gli risponde : (( Fùr dich ein Brandaltar ! »
Celebrano insieme una specie di banchetto Eucaristico e
si abbracciano e baciano. Robert è scacciato dall'ordine ;
ella lo visita in carcere e lo consola : (( Nur nach Siegen
duftet die Palme » ; dal dolore nascerà la pace. Ed ella
gli parla già misteriosamente del (( Tal » e dei destini che
esso gli ha riservati ; gli insegna ciò che egli deve fare per
esser degno di ciò che lo attende : (( Dich selber opfern
ohne Ruhm und Lohn». Nell'ultimo atto essa gli con-
segna la lettera che il « Tal » gli invia, e vien dal Werner
sostituita alla (( tolle Klauserin » della prima versione,
per la proclamazione delle parole fatidiche che oscura-
mente accennano al futuro. Così è Astralis colei che
strappa (( dem Gew^iihl der Zeiten den Meisterstab fiir
des Geliebten Hand ». Per mezzo di lei e insieme con
lei compirà Robert la sua missione : (( das Land des Frie-
dens bauen ».
Amore mistico naturalmente, come s'adattava allo spi-
rito del dramma già fatto. Quando Robert vuol (( genies-
sen » , Astralis gli risponde ripetendo il paragone biblico
delle palme che si amano con le frondi e non con le
radici :
In Farben, .Diiften mochten sie ineinander fliessen,
Nur bliihen sollen sie und nicht geniessen.
Non poteva il Werner rifare il dramma intero, riposante
tutto sopra altri pensieri, e dovette limitarsi a questo rima-
neggiamento. 1 nuovi drammi invece saranno dedicati ad
una rigenerazione prodotta dall'amore.
E quella che l'amore compie sarà una rigenerazione
232 Zacharias Werner
della forza. La forza, quella che era stata già la virtù
di Robert nei Sóhne des Tales, è considerata ora dal
Werner solo più come la potenzialità dell'elevazione
religiosa: l'amore è lo spirito attivo che la traduce in
atto, o, per servirci della terminologia werneriana, (( la
forza è la sostanza primitiva e l'amore è la forma
per cui la sostanza assume realtà di \ììa, » . Dovendo sim-
bolizzare la forza, il Werner creerà un uomo, e, dovendo
simbolizzare l'amore, una donna. Amore e forza devono
essere uniti perchè l'ascensione a Dio si possa compiere;
l'uomo e la donna devono congiungersi, e la loro attività
deve esser concorde e simultanea, perchè essi possano
sviluppare i germi di bene che contengono in sé, perchè
possano raggiungere quell'armonia con sé medesimi e con
Dio che è la prima necessaria condizione per arrivare allo
scopo che fu prefìsso all'uomo.
I nuovi drammi del Werner presentano quindi la storia
di un uomo e di una donna che tendono, ciascuno per sé,
verso l'alto, ma raggiungono il loro scopo congiungendo
i loro sforzi per il miracolo dell'amore. Drammi diversi,
malgrado il motivo comune, perchè questo motivo si pre-
senta sotto forma diversa, a seconda del diverso punto
di vista da cui lo si considera. Lutero e Caterina, Riidiger
e Wanda, Attila e Honoria, son posizioni diverse dello
stesso problema : i tre drammi di questo nuovo periodo
— la Weihe der Kraft, V Attila e la Wanda — ne danno
attraverso diversi conflitti psicologici una analoga soluzione.
In conformità di questa trasformazione si trasforma
anche il dramma formalmente.
E, prima di tutto, le individualità non vengon più
sacrificate alla pittura della setta e alla tendenza didat-
tica che per la setta doveva trionfare. Compare nella
// dramma dell'utopia eroiico-misiica 233
Weihe der Kraft e neW Attila, al posto della setta, lo
stato, uno stato secondo la concezione del « Contract
social)), ma a fine religioso: ((Der Staat ist eine Ver-
bindung, die einer gegebenen Menschenmasse es mòglich
machen soli, ihre hochste Bestimmung zu erreichen. Sie
isolirt die Masse, um sie veredelt der ganzen Menschheit
wiederzugeben, und zu diesem Zweck muss sie ihr freien
Spielraum ihrer Krafte, Genuss ihrer Rechte, kurz alles
verstatten... Der Staat soli die Pflanzschule sein der durch
ihn begrànzten Menschenmasse fiir die gesamte Mensch-
heit )> — (31). Un tale stato ha, come la Chiesa, ma
in proporzioni più limitate, perchè la Chiesa è universale,
lo scopo di reagire (( gegen Egoismus und Uebermacht,
die Erbsùnde der nicht hoher gebildeten Menschen )> :
ma un tale stato, che perciò si opporrà come la Chiesa
(( gegen Kronen und Jacobiner )) (32), ha pure il rispetto
dell'individuo. Anzi il suo scopo è l'educazione dell'in-
dividuo secondo i principii di un'alta umanità.
Nei drammi, la concezione werneriana dello stato
compare per questa ragione soltanto nello sfondo, attra-
verso i riflessi diversi e talora opposti, che vanno da
Carlo V, rappresentante il despotismo e quindi la nega-
zione dello stato vero, ad Attila, rappresentante l'idea
che il Werner ha dello stato, quando esso adempie la
sua missione.
Messa così risolutamente una storia di singoli individui
nel centro e a base del dramma, s'attenua quella inclina-
zione a smarrirsi in una grandiosità indefinita, che tro-
(31) GUBITZ, Erlebnisse, cit., I, 217.
(32) Ibid.. I. 224.
234 Zacharias Werner
vammo nel Kreutz an der Ostsee. Il mondo del dramma,
con il concentrarsi delle idee intorno a una sola idea cen-
trale, si limita, e, limitandosi, rende più facilmente attua-
bile quel proposito d'arte che già trovammo nel Kreutz
an der Ostsee a proposito dell'amore di Warmio e di
Malgona (33) : fondere il problema di idee in un conflitto
psicologico di persone, che di quelle idee e secondo
quelle idee vivono. La promulgazione delle idee erotiche
viene infatti ora risolta dal Werner poeticamente in una
rappresentazione obiettiva di vita erotica, da quel punto
di vista che dalle idee è segnalato. E in tal modo il pen-
siero si fonde nella poesia spontaneamente : lo svolgi-
mento della storia intima di alcuni individui basta perchè
l'idea sia non pur espressa, ma messa in rilievo.
In questo modo il Werner viene condotto sempre più
a far consistere i drammi suoi in una analisi della vita
sentimentale delle sue umane creature, e perciò ad elimi-
nare o almeno a limitare quell'uso di personaggi fantastici
in cui le sue idee mistiche erano state prima da lui perso-
nificate. Egli si convince di ciò che l'esperienza delle sue
prime opere, le pressioni dello Mand, i consigli del
Goethe gli hanno insegnato : la poesia, in quanto è poesia,
deve creare non figure eteree, dai contorni inafferrabili,
ma creature animate da sentimenti e da passioni, piene
di vita; e la più grande debolezza della sua poesia consi-
stette appunto in ciò, che egli si era smarrito fuor della
vita in un mondo fantastico indefinito e impreciso.
Nel 1 807 scrive egli infatti allo Iffland : a Ich bin uberzeugt
dass die hòchste artistisch-dramatische Mystik darin be-
(33) Cfr. Cap. Ili, p. 173.
// dramma dell'utopìa erotico-mistica 235
steht, der zwar mystischen aber dock klaren Natur gleich,
Menschen plaslisch und Leben zu schaffen )> (34). E,
sempre, ora, dopoché ha condotto a termine una sua
opera, scrive agli amici essere essa libera da quella
mistica che ha turbato e deturpato la sua poesia; sempre
si vanta di esser riuscito a suscitare con chiarezza ed
evidenza dinnanzi agli occhi del lettore un mondo pieno
di vita e di poetica verità (35).
11 Werner tende quindi con crescente coerenza verso
una rappresentazione realistico - psicologica del problema
mistico che è all'origine di tutta la sua opera. Quella
lotta fra le sue inclinazioni realistiche e le sue idee mi-
stiche, che dicemmo formare il cardine della sua attività,
cerca per questa via la soluzione, e conduce, nelle varie
opere, a diversi risultati.
Una conseguenza però di questo realismo si mostra in
tutti i drammi non solo costante, ma in continuo pro-
gresso : è in questo momento e per questa via che il
Werner si va affondando risolutamente in quel patolo-
gico, che non mancava ai suoi drammi anteriori ma non
ne era fondamento (36). tu in questo momento e per
questa via, che gli uomini che egli crea e che vogliono
vivere una vita superiore alla umana o, comunque, di-
versa da essa, riescono a farlo soltanto attraverso una
alterazione della sanità della loro psiche, e, tendendo a
una vita più alta, degenerano in una vita malata.
(34) Teichmann, op. cit., p. 307.
(35) Cfr. le lettere di questo tempo nelle varie pubbl. cit., passim.
(36) È questa una delle esagerazioni in cui cadde il POPPENBERG,
discorrendo dei Sòhne des Tales; l'elemento patologico è — come
l'erotico — in quel dramma elemento secondario.
236 Zacharias Werner
Il primo dramma che il Werner, giunto a Berlino, com-
pose, sotto lo stimolo e l'assistenza dello Iffland, ma
secondo le sue nuove idee, fu la Weihe der Kraft,^
la storia drammatica di Lutero fino all'epoca della sua
fuga dalla Wartburg a Wittenberg (37). Compose rapida-
mente, in pochi mesi.
Non che nei principii Luterani egli potesse sentire una
grande analogia con i principii suoi proprii (ne era anzi
lontano più che mai); ma lo dovette attirar l'idea di trat-
tare un tema nazionale, di alto interesse per i suoi lettori
e spettatori; forse il tema gli avrebbe reso possibile quel
trionfo teatrale a cui aspirava (38). Ed oltracciò un'ana-
logia c'era : Lutero era un riformatore sopravvenuto ad
accendere nuovamente gli animi in una età in cui il senti-
mento religioso si era assopito e la religione era dege-
nerata. Lutero gli si offriva nella storia come una per-
sonalità ricca, maschia, potente, drammatica in sé stessa,
in quanto che mostrava una forza che si afferma attraverso
mille ostacoli e li abbatte e trionfa. Egli non lo studiò
solo nel Woltmann (39) : gli scritti di Lutero son ricordati
nel suo dramma ed era più che naturale che egli, luterano
di nascita, si informasse del suo eroe direttamente nelle
(37) V. JONAS FraNKEL, Z. Werjìers n Weihe der Kraftìì, cit., e
la pur già citata recensione del SULGER - Gebing.
(38) Cfr., oltre le lettere nel « Gesellschafter » e nei « B làttei
f. 1. U. », la conversazione del Werner su questo argomento nel
GUBITZ. cit.. I, 214-16.
(39) Geschichte von Luthers Lehen, Berlin, 1795.
// dramma dell'utopia eroHco-mistica 237
opere che questi aveva composto. Gli lasciò parecchi dei
caratteri esteriori (40): natura rude e bonaria e popola-
resca, volontà di ferro, completa dedizione all'idea che
si crede chiamato a diffondere, attività irrefrenabile, in-
tuizione dei momenti decisivi e azione risoluta e forte a
dispetto del pericolo, superstizione di uomo del volgo,
robustezza di costituzione psichica; ma ne mutò lo spi-
rito. Ne fece un santo della sua religione. Il Sant'Adal-
berto del Kreutz an der Ostsee e Lutero sono colleghi :
la differenza tra di loro è tutta nella differenza fra la
mistica nuova del Werner e quella che vedemmo prece-
dentemente.
Sentiva la difficoltà di poter ridurre Lutero ad uno dei
suoi eroi : Lutero aveva avuto delle buone intenzioni, ma
l'intenzione non risponde sempre alla pratica. (( Ich erliege
schon fast unter diesem w^ohlmeinenden reformatorischen
Plumpsack » (41).
Tuttavia l'idea fondamentale di lui riusciva a conci-
liarsi con le sue idee. Lutero aveva predicato la dot-
trina del libero esame, del diretto e personale riav-
vicinamento dell'individuo a Dio. — Ora, pur ponendo
a base della religione cristiana una specie di estasi a.mo-
rosa, pur ripudiando ogni mescolanza di morale nella
religione, pur riconoscendo la Chiesa, la necessità del
culto esteriore e pur facendo dei misteri e dei sacra-
menti una celebrazione continua, il Werner si accorda
con lui in questo principio : (( Jeder Mensch ist Priester » .
Il merito di Lutero consiste quindi — pel Werner — in
ciò, che egli ha combattuto quella corruzione per cui culto
(40) Frankel, op. cit., cap. IV.
(41) «Blatter f. 1. U. », 1834. p. 1343.
238 Zacharias Werner
e rito — cose in sé esteriori — erano diventati scopo a
se stessi e per cui agli spiriti era stata tolta quella libertà
individuale di pensare e di sentire che sola può dare alle
cose della religione il vero significato e il vero loro
valore.
Il nuovo principio razionalistico e nìoralizzante che era
contenuto nella riforma luterana viene così respinto. Re-
ligione pel Lutero wemeriano è sentimento e fantasia.
Della riforma luterana restò soltanto la parte negativa;
Lutero diventò colui che, secondo le parole del suo pro-
tettore, il Churfiirst von Main, riconduce la fede a quel-
r (( altkatholischer Glauben »,
der entstaltet
Durch Krankhelt, die, was ja der heilige Valer
Selbst eingesteht, vom Haupt in alle Glieder
Gedrungen ist (42).
Trovate espressa completamente la concezione werne-
riana nelle parole di Theobald all'ultimo atto :
Der Morgen dàmmert — rote Gluten prangen,
Und die Natur erwacht zum Leben schon.
Die Sterne sind im Frieden heimgegangen,
Die Nacht des Kinderglaubens ist entflohn,
Der Morgentraum der Kunst mit siissem Bangen
Eilt er zur Braut am goldnen Liebesthron.
Erkenntnis totet und belebt sie wieder,
Wenn Glaube neu erweckt die ewigen Lieder (43).
(42) Atto III. Scena II.
(43) Intorno alla applicazione della idea mistica nella Weihe der
Kraji dice il FraNKEL poche parole, p. 4-5; questo era invece Tu-
// dramma dell'utopia erotico-mistica 239
E Lutero invoca le fiamme del Cielo su coloro che
abbattono statue e quadri e altari. Gli si risponde: «Tu
ce lo hai insegnato ! )) Ed egli protesta contro queste
parole :
Gelehrt ?
Der Menschheit letzte Zuflucht zu vernichten ?
ich gelehrt
Altare plùndern, Heiligtiimer schanden,
Der frommen Einfalt reinen Sinn entweihn ?
Ha ! Siindige Toren !
E sogna anch' egli talora della Madonna che gli compare
sopra uno <( Hyazintenbeet )) :
Zur Nachtzeit, manchmal — bin ich ein rechter Tor!
Da treib' ich, der den Gòtzendienst verdammt,
Ich selber treibe manchmal Gòtzendienst (44).
Come giungerà Lutero a compier quella riforma, che
egli vuole e deve ? E, prima di tutto, come giungerà egli
ad elevare sé stesso così da essere veramente degno di
nico punto di partenza per penetrar nel dramma, che nato da essa,
da essa fu foggiato. Così, anche nell'indagine tecnica, che egli si pro-
pose e che condusse con lucida fermezza, corse dietro a una quantità
di questioni secondarie, trascurando il nesso loro con il problema
principale.
(44) Quanto esponemmo mostra che finora non si è prodotta nell'at-
teggiamento del Werner di fronte al Cattolicismo alcuna ulteriore
evoluzione. Lo arrestò il rinfrescato influsso romantico. Ritornano infatti
dichiarazioni di religiosità nel senso dello Schleiermacher : « Phantasie...
ist Religion». È fuori del Cattolicismo, com'è fuori del Protestan-
tismo : « Dr. Martin Luther ! Das war noch ein Mann. Sieh ! er kàmpfte
fiir die Freiheit und war selber frei : glaube iibrigens nicht dass ich
darum weniger katholisch sei, Luther war es gewiss auch im hoheren
Sinne ».
240 Zacharias Werner
tale missione ? Il Werner naturalmente spiega il fatto
secondo la idea che ora conosciamo: per virtù dell'amore.
Lutero aveva condannato il celibato : quindi per il Werner
il vangelo di Lutero è un vangelo d'amore : (( Was ich
lehrte, war freie Liebe ! Uebt sie friedlich ! Geht ! » Ma
l'amore deve esser a poco a poco in lui preparato.
Lutero è la forza, ma la forza è un (( Donnerton », una
materia bruta, donde può scaturire tanto il bene quanto il
male. Il primo omaggio che la divinità esige dagli uomini
è la purità dell'anima: l'uomo puro e forte ha già fin dap-
principio in sé una norma sicura: sarà volto all'alto, o,
almeno, « non potrà affondare nelle paludi fra cui scorre
la via della vita». Elisabeth, che lo accolse fanciullo e
lo assistette e lo volse per la sua via, rappresenta questa
purità; ma la forza non basta, e non basta la purità, che
volge lo spirito verso tutte le cose buone : occorre ancora
il (( Gottesruf » , la diretta voce di Dio che chiama a sé
e all'opera santa l'uomo, che, se anche non erra, facil-
mente si assopisce. La morte di Alexius, l'indivisibile
amico, colpito da un fulmine al suo fianco, fu per Lutero
la voce di Dio : perché dimenticava la sua missione per
abbandonarsi al torpore dei quieti affetti famigliari ? Do-
veva scuotersi, agire: non apparteneva tutto a sé stesso
e aveva dei doveri : gli affetti sono riposo, ma come ripo-
sava egli, se nulla aveva compiuto ? Dio lo chiama,
Lutero lo seguirà. E scenderà in campo e lotterà contro la
potenza di papi e di principi e contro la potenza più
grande ancora di essi, contro la potenza del male che tra-
volge, del piacere che seduce. E predicherà la virtù del
dubbio, che é la condizione della conoscenza, predicherà
1 omaggio a Dio della propria anima, perché Dio non
vuole che anime: (( Da mihi animas, cetera tolle ».
// dramma dell'utopia erotico-mistica 241
Impresa difficile da compiere (( durch Triibsal und der
Feinde wildes Wiiten ». Lutero, che potrebbe essere un
<( Sohn des Tales » , ha identificato con la volontà di-
vina la volontà sua. Ma come manterrà la sua limitata
forza in contatto coli' infinita forza divina ? Per mezzo
dell'arte. L'arte è una a Hyazintenbliite », che (( den
Himmel wiederstrahlt in Blumenkronen », essa Io conforta
nella sua via, gli fa presente Dio e il Cielo: ed egli,
vivendo circondato da queste immagini, non potrà più
cedere, non potrà più, anche solo un momento, deviare.
L'arte fa che sempre gli aleggi sopra lo spirito di Dio:
Nach Gottes Wort
Ist nichts so kostlich als die Musika !
E suona sul flauto egli stesso nelle ore più gravi,
quando il pericolo sovrasta; non vi è modo migliore di
rafforzarsi che schiudersi il cielo in tal modo e rinfrescarsi
direttamente alla fonte della vita (45).
E un'altra forza anche s'accompagna a questa: la fede,
la fede che, come il (( Karfunkelstein » nella notte di
maggio, risplende nell'anima umana quando la luce arti-
ficiale della nostra misera intelligenza si è allontanata e
lo spirito è aperto ai presentimenti di Dio :
Er leuchtet nur im mitternachtlichen Dunkel,
Er zeiget sich den Sehern und den Kindern,
Er glviht in Bildern, flammt in Sterngefunkel (46).
L'arte e la fede precedono l'avvento del dubbio, della
(45) Cfr. Gap. I.
(46) Gfr. Prologo.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 16
242 Zacharias Werner
libera riflessione, del personale esame; svegliano lo spi-
rito, preparano T « Erkenntnis » , la conoscenza. E la co-
noscenza pare uccidere i suoi precursori (47), ma non
è così. Arte e fede erano, prima della « Erkeimtnis » ,
un prodotto spontaneo dello spirito fanciullo, accompagna-
vano lo spirito ignaro e sognante, erano fiori che sboccia-
vano in questa inconscia primavera ; sopravvenendo la
(( Erkenntnis » , e con essa la tirannide della fredda
ragione, la quale (( Gegenstànde demonstriren will, wel-
che nur durchs Gemiit (Geist und Herz) angeschaut
werden kònnen » , essi restano bensì come « vergraben in
der estarrenden Kalte des Menschengeschlechts » , ma la
morte loro è solo apparente. La vera conoscenza schiaccierà
a poco a poco il capo alla falsa della ragione tiranna; e
arte e fede risorgeranno nuovamente : (( Sie bereiteten
die Sonne der Erkenntnis vor, sie gingen dadurch in
ihrer Kindlichkeit momentan unter, um wieder durch
Erkenntnis verklàrt im neuen Lichte zu erscheinen » (48).
Nella crisi del dubbio e del pensiero essi si sono temprati
e son diventati più saldi. Ora sono immortali: prima erano
(( Bliiten )) ; ora sono « stelle » che irraggiano il loro
placido splendore dal cielo in cui son fisse.
E il cielo che esse illuminano è l'amore. In tal modo
arte e fede preparano presso Lutero l'avvento dell'amore
e si fondono in esso. Lo preparano perchè, se l'amore è
adorazione di Dio nella creatura umana, la fede è con-
(47) Ibid, : « Was schauet der Glaube — Gestaltet die Kunst ? —
Den Morgen im ew'gen Raum — Ihr Leben ist Lieben, ihr Tagewerk
bliìhn : — Doch reifet Erkenntnis, dann miissen sie ziehn — Zu hiiten
den liebenden Traum ».
(48) Cfr. TeichmaNN, cit., p. 310: lettera al conte di Bruhl.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 243
dizione indispensabile affinchè l'amore non devii, e l'arte
è l'incanto solo che può fare intendere il simbolo da cui
l'amore è costituito. Si fondono in esso, perchè arte e fede
sono indivisibili dall'amore. Mentre prima esse sostitui-
vano Va Erkenntnis )), ora invece esse non sono più se
non fonte dell'amore e son nell'amore contenuti e non han
più altro scopo. E l'amore è per Lutero Katharina von
Bora.
Lutero e Katharina compaiono ora nell'opera del
Werner come primo esempio di quella teoria androginica
che egli condivise coi romantici, a cui i mistici, e fra essi
specialmente il Bòhme, l'avevano trasmessa : essa serve
come di spiegazione e dimostrazione della sua interpre-
tazione mistica.
Uomo e donna erano originariamente un essere solo:
ora son separati e condannati a cercarsi. (( Vi è nel-
l'amore un non so che di predestinato ». Amare vuol dire
ritrovare l'altra parte di sé : e amare veramente non si
può se non essa. Quando Katharina vede per la prima
volta Lutero, si cela il capo con le mani e fugge: (( mein
Urbild ! » Katharma, che è l'amore, lo ha riconosciuto
subito, e da quel momento lo adora. Un amore senza
incertezze, senza titubanze, senza intime lotte. È sua:
perchè gli si dovrebbe sottrarre ? Non solo non gli si
sottrarrà, ma gli andrà incontro e Io cercherà e lo invi-
terà a restar con lei :
Verweilet hier,
Es ist ein lieblich Waldrevler.
Tutti e due, l'uno senza l'altro, sono incompleti. Katha-
rina senza Lutero, chiusa nel suo chiostro, è solo un tronco
di sé medesima. Una grave inquietudine la turba : è chiusa
244 Zacharias Werner
interamente alle nuove verità che Lutero annunzia, le
condanna e si lascia trascina.re fino ad una collera pas-
sionata, arde di odio contro quell'uomo che ella non
conosce ma che le distrugge le sue credenze: è in disac-
cordo con sé stessa. E anche Lutero è ancora incerto e
malsicuro, anch*egli non sa che cosa gli manchi; ma pur
sente che gli manca qualcosa.
Theob. Mir scheint es auch als fehl' euch was.
LuT. Das ist's;
Doch was mlr fehlt, das weiss der liebe Gott.
Anch'egli ondeggia nel suo cammino difficile e faticoso.
Si sente oppresso dal peso di ciò che deve e vorrebbe
compiere e vacilla:
Nicht nur meln aiissers Leben, auch meln inneres ;
Verhiit* es Gott! ich biìss' hier noch ein!
I pericoli e le difficoltà si accrescono. Ai vecchi nemici
nuovi se ne aggiungono negli stessi seguaci che frainten-
dono e falsano il suo insegnamento. Franz, il suo antico
discepolo, gli uccide Theobald, il suo piccolo indivisibile
amico. E lo scoraggiamento assale l'uomo stanco.
Ein Wurm bin ich! Ein Riese wollt' ich sein,
Mich fliehet Gott, ich bin, ja, ganz allein!
Vuol lasciar l'impresa, ritirarsi nel deserto, espiare la
sua tracotanza ; vuole andarsene (( wo niemand sein ge-
denket ». Che cosa gli chiacchierano ancora della sua mis-
sione ? Restare in pace e vivere nella solitudine è l'ultimo
suo desiderio. La forza pare spezzata : era una forza vera,
ma gli mancava l'ultima (( Weihe », la suprema consecra-
// dramma dell'utopia erotico-mistica 245
zione; non poteva resistere, quando l'urto più grande avve-
niva. L'amore la consacra: ed essa rinasce, e rinasce
tale che non potrà più cedere. Lutero si apre all'amore di
Katharina e la vita gli rispunta in cuore :
Mit Gott zum Ziel ! Ja, es sey gewagt.
Ma accanto a questo consolidarsi e purificarsi della
forza in Lutero, ha l'amore anche altre conseguenze. Per
tutti e due gli amanti esso è la completa armonia con sé
stessi. Katharina diventa, dopo che ha veduto Lutero, un
essere perfettamente armonico. Non scatta più, non im-
preca più, non odia più: è tutta pervasa da quell'unica
fiamma d'amore che nella sua anima arde. Tutto può
intorno a lei succedere : può morir Teresa, potrebbe
morir anche Lutero; il suo dolore è profondo, sarebbe
profondissimo, ma essa non ne sarà atterrata, essendo ora
egualmente in accordo con sé e con Dio :
Stille, stille, meine Seele !
Hast du nicht den Wonnenbecher,
Nichi den Schmerzenskelch geleeret ?
Seele, was bedarfst du mehr ?
Was geschehen bleibt gescheh'n,
Immer musst du vorwàrts geh'n.
E la sua vita é (( glùhen im Frieden » . Così come per
Lutero :
Ich wagt' es, des Herra Werk zu grunden ! —
Doch blieb ich noch entzweit mit mir und seiner Welt,
Drum konnt' ich auch nicht richten, was Gott durch mich bestellt ;
Schon kam der Tod noch einmal — da naht' dies Weib und spricht :
Mit dir sei Frieden! — Amen!
246 Zacharias Werner
Il Frànkel che ha veduto e segnato bene lo svolgimento
psicologico che ha luogo nell'anima di Caterina (49) nega
invece quello che avviene in Lutero (50). Ma, se, mentre
quello di Katharina è presentato coi suoi trapassi nei di-
versi atti, quello di Lutero invece è tutto nell'ultimo atto,
sorgendo in lui l'amore solo all'ultimo istante, esso però
è ancora più grande. Katharina mostra solo il passaggio
dalla nostalgia amorosa al sentimento d'amore vero e
proprio; Lutero invece era chiuso all'amore. Non porse
ascolto a Katharina quando essa cercò di avvincerlo:
KaT. Ihr liebt wohl nicht ?
LuT. Ich such' ein hohes Licht.
Pensò bensì a lei in seguito, non senza una certa commo-
zione, ma quando essa alla fine gli ricompare, si dibatte
entro i lacci della seduzione e, dopo d'aver ceduto un
istante alla « Sehnsucht » della sua anima stanca — a Wie
einsam ist mein Herz und leer ! » , si riprende — (( Was
w^illst du Weib ? )) — , cede ancora un istante e di nuovo
si riprende, e Katharina gli appare come una tentazione
del demonio:
Der Teufel? Ha, er will mich affen
Mit holder Schonheit — starle ist die Versuchung!
Doch triumphiren soli er nicht — Entfleuch!
E l'amore gli schiude alfine un mondo che gli era stato
ignoto :
Auch mich ergreift ein sonderbar Gefiihl,
Als stand' er vor mir, jener Feuerbusch,
(49) Op. cit.. p. 75 e segg.
(50) Ibid.. p. 65 e segg.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 247
In welchem Moses einst den Herrn geschaut,
Und, wenn ich lange dich anseh*, ist es mir,
Als ob was dir im klaren Auge spriiht,
In meinem Innern lodre — ich begreif es nicht.
Si muta il suo sentimento religioso, dal momento che
egli abbracciandola esclama : (( Mein Stab und Licht ! » :
prima aveva predicato la libertà di coscienza, ora predica
il più alto principio: l'amore. E chiede ai principi suoi
protettori
Die Menschheit rein zu lieben wie die Gottheit,
Sie rein zu lieben, rein wie Gott sie liebt.
Né è piccolo mutamento, come si vede. I caratteri che
restan fissi in lui sono quelli che indicammo tolti alla storia
e che riguardano non la interna struttura psichica, ma la
fisionomia esterna. E questi restano fissi anche in Katha-
rina, che serba la sua risolutezza e la sua fierezza
sempre (51).
L'idea che sta a fondamento della Weihe der Kraft
e che esponemm.o farebbe tuttavia presumere in Lutero
lo svolgimento di una evoluzione psicologica che non si
limita all'ultimo atto, ma continua dal principio fino alla
fine della tragedia. Dicemmo invece che il mutamento
domina solo nell'ultimo atto : ciò è avvenuto perchè mentre
(51) Il FraNKEL trova che « Katharina ermangelt der festen Zeich-
nung » , che egli trova in Lutero : ma Lutero è personaggio principale,
che esplica la sua attività in tutti i modi e perciò rivela, in tutti i lati,
il suo carattere : Katharina compare invece soltanto come donna amante :
il suo carattere si può manifestar soltanto nella forma che in lei assume
l'amore e nelle azioni che in lei esso provoca : un più ampio svolgi-
mento del suo carattere sarebbe stato fuor di luogo.
248 Zacharias Werner
l'idea dell'amore si è fusa nella rappresentazione reali-
stica, altrettanto non è avvenuto delle due forze prepara-
torie: arte e fede. Il Werner ha infatti rappresentato
l'assistenza della fede e dell'arte a Lutero durante la sua
opera non psicologicamente, descrivendo nell'animo di
lui dei sentimenti e delle emozioni conformi a questa idea,
ma simbolicamente, ricorrendo al mezzo già usato nel
drammi anteriori, di dargli come compagni e guide degli
esseri fantastici da cui l'idea vien personificata. Guidava
lo Spielmann Malgona e Warmio; ora rappresentano
Theobald e Therese l'arte e la fede e sono coloro che
guidano i due amanti l'uno verso l'altro.
Non è quindi ad imitazione dei confidenti della tragedia
francese, che il Werner ha introdotto i due personaggi,
come fu supposto (52) : è invece per un procedimento che
gli è solito. La parte che essi hanno non è una parte pas-
siva, ma attiva; essi non sono soltanto là per dar modo a
Lutero e a Katharina di sfogarsi, ma influiscono in mo-
menti critici sull'anima loro e ne decidono la storia:
(( Es war ein Fiirst — dice Lutero di Theobald — Rein
war er, drum konnt'er regieren )). Il Werner però non si
abbandona più — come già avvertimmo nella introduzione
a questo capitolo — alla creazione di un simbolo astratto,
come aveva fatto nel Kreutz an der Ostsee. Il ricordato
sforzo della sua fantasia verso il dominio della sua
mistica, ha come conseguenza che egji umanizza Theobald
e Therese e ne fa due fanciulli, che vivono accanto ai
suoi eroi e hanno una loro storia. Sono esseri angelici per
la loro innocenza e purità ; compiuta la loro missione»
(52) Frankel, op. cit., p. 84.
// dramma dell'utopia erotico-misUca 249
muoiono, ma hanno vita e affetti umani e la loro morte
avviene per vie naturali.
Theobald, che rappresenta l'arte, è dato specialmente
come compagno a Lutero. Lutero ha la forza ed ha la
religione; ciò di cui sopratutto abbisogna è l'arte che
sempre gli faccia presenti le cose divine. Therese, che
rappresenta la fede, è data come compagna a Katharina.
Katharina ha l'amore, ma l'amore potrebbe sviarla per
falsi sentieri ed ha perciò bisogno della fede che la
sostenga e non le lasci dimenticare le cose celesti per
le terrene. Quando Lutero rinchiuso nella sua camera
traduce la Bibbia per tre giorni e tre notti consecutive
senza toccar cibo e gli altri sono in ansia per lui, Theobald
è sicuro e tranquillo : (( Ist er allein ? Ist nicht Gott bei
ihm } Treibt er nicht Gottes Werk ? ». Gli altri lo vorreb-
bero trattenere dal recarsi a Worms; egli lo incoraggia e
sorride : (( Wenn es Gottes Werk ist, kann es nicht unter-
gehen ». Più tardi quando Lutero sogna della Vergine
e dice : (( Es ist Teufelsblendwerk ! » egli gli risponde :
(( Es ist Engelsblendwerk )). E quando lo scoraggiamento
lo prende, egli ne sorveglia le forze:
Seid Ihr denn nicht ein Ritter? — Herr, ich dachte,
Ihr hattet euch im Doctor nur vermummelt,
Und scheint nun mal auch wieder was Ihr seidl
E gli richiama in seguito la visione di Wittenberg in
fiamme per scoterlo dalla pigrizia che lo ha vinto. E lo
scote infatti:
LUT. Komm', denn es pressi mich, komm', ich muss ins Weite!
Theob. Wohin?
LuT. Wo Gott mich ruft, nach Wittenberg.
250 Zacharias Werner
Una simile posizione ha Therese presso Katharina.
Quando questa deve venir cacciata dai chiostro e tutte
le suore si sono allontanate, Therese sola le resta fedele
e condivide con lei la solitudine della cella. (( O da lebt
sich doch fròhlicher in unseren stillen Zellen ! » E sempre
le ricorda che essa deve essere « dem guten Heiland
Ireu », e sempre la invita a far pace con se stessa. Katha-
rina ha veduto Lutero e lo adora ; essa le rinfaccia : (( Tu
hai voluto predicare mentre dovevi pregare, ora sei punita ».
Geh' weg ! Die Blumen da ! sie slnd mir lieber,
Sie sind dem Heiland doch getreu.
Katharina esclama : (( Ich habe ihn gefunden ! » ed essa
gli risponde : « Ist es auch der rechte ?» E solo si tran-
quilla quando vede che Katharina ama Dio in Lutero e
che nulla vi è nel suo amore che non sia divino. E il suo
influsso si estende anche su Lutero, che sulle sue parole
così si esprime: a Wohl tat es mir, w^ie ein Psalm». E
il Werner scrive di lei nel prologo in termini analoghi.
Col sorgere dell'amore nell'anima dei due che essi assi-
stono, la loro esistenza nel dramma non ha più ragione
alcuna. E il Werner li farà morire. S'intreccierà perciò
anzitutto una storia d'amore fra di essi che causerà la morte
di Therese. Fede ed arte si integrano a vicenda, si ispi-
rano l'una all'altra e non possono andar divise : Theobald
e Therese, appena si vedono, si sentono attratti l'uno verso
l'altro e si amano (53). Costretti a separarsi, non faranno
più altro che sospirare l'uno verso l'altro. Therese si sente
superflua a Katharina, sente che oramai altri ha preso il
(53) Teichmann, cit., p. 311.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 251
posto che essa aveva nel suo cuore : (( Du hast deinen
Stem )), le dice, sebbene sia sempre affettuosa e la curi e
la assista, E così non vive più che di nostalgia per Theo-
bald; non vive più che per i giacinti che essa ha piantato
nel giardino, e che gli ricordano lui, perchè come lui,
l'artista, riflettono l'azzurro del cielo. Tutta la sua vita
diventa un sospiro e una preghiera. E un bel giorno Ka-
tharina la trova distesa sopra i suoi fiori : essa esala nelle
sue braccia l'ultimo sospiro: (( TTieo-bald » .
Therese muore prima di Theobald perchè l'amore sorge
e si matura e si afferma in Katharina prima che in Lutero.
Quando l'ora sarà giunta in cui Lutero e Katharina si uni-
ranno, morirà anch'egli. Anch'egli, d'altronde, si allon-
tana da Lutero internamente, a poco a poco, e anch'egli
vive di nostalgia per la sua Therese. Non canta più a
Lutero i canti che lo rianimavano; ascolta la melodia
d'amore dolce e inesprimibile che continuamente in lui
risuona :
Die kleine Pilgerin singt immer in mir.
Ode nella notte la voce di lei nella natura:
Und dorten ruft's aus Quellen, winkt's aus Biischen;
Was flòtest du mir, Bergwind, hell und kiihl?
E Lutero è stupito, quand'egli ritrova ancor le antiche
voci di conforto (54).
Il razionalismo uccide l'arte : Franz, il (( Bilderstiir-
(54) Ibid., p. 310-11. Il FrXnkEL discorre di Therese e di Theo-
bald a pag. 83 e della « Theresen- und Theobaldhanglung » a pag. 23,
ma non ne vede il giusto valore, la funzione che esse hanno nel com-
plesso della tragedia.
252 Zacharias Werner
mer)), il falso luterano, lo uccide, ed egli muore sospi-
rando la sua fanciulla : (( Theou-rousa » !
*
* *
11 Werner rappresenta nel suo dramma, accanto a questa
storia intima, anche la storia esterna del suo eroe. Se per la
intima vicenda egli si era consciamente allontanato dalla
storia :
Sey in der Chronik nichts davon zu lesen,
Nicht ihr, dem Ruf des Innern muss Ich folgen ;
Was im Gemiit gelebt, ist da gewesen (55),
le resta invece per questa parte esterna, in complesso,
fedele (56). Naturalmente dovendo concentrare molti
avvenimenti in più piccolo tempo e spazio di quello in
cui essi erano avvenuti, non si lasciò inceppare dal timore
di inesattezze e specialmente dalla cronologia. Anche
senza voler rispettare l'unità di tempo, conveniva spesso
rappresentare in una scena unica la parte drammatica di
avvenimenti svoltisi durante una serie di giorni, e conveniva
perciò mutar il luogo in cui essi avvenivano. Ma la sostanza
è storica nei quattro momenti che svolge : abbruciamento
della bolla papale a Wittenberg, andata a Worms e
difesa della sua dottrina davanti al Reichstag, imboscata
dei soldati del Churfiirst che Io trasportano alla Wartburg,
ritorno a Wittenberg per porre un termine agli eccessi dei
suoi seguaci, matrimonio con Katharina von Bora. Solo
egli la rappresenta come gli fa comodo: lascia da parte
(55) Prologo.
(56) Frankel, op. cit., p. 57.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 253
le trattative fra Carlo V e Lutero, fa pronunciare il giu-
dizio del Reichstag subito dopo l'arrivo di Lutero, fa
far l'imboscata presso Worms, muta gli eccessi iconoclasti
in una specie di rivoluzione sanguinosa che Lutero va a
sedare, anticipa di tre anni il matrimonio. Fa parlare
ed agire come gli pare diversi personaggi storici : ricorre
per Lutero ai suoi scritti, combina il discorso di Lutero
davanti al Reichstag con un colorito storico di verità, crea
liberamente dove la materia storica manca. '
Così il dramma risulta dalla unione di due azioni prin-
cipali : un'azione simbolico-intima e una azione storica
esterna, che sono in rapporti stretti e continuati e si fonde-
ranno completamente insieme nella catastrofe finale. Ad
esse si sovrappongono due altre azioni secondarie (57):
quella di Theobald e di Therese, di cui già si è parlato,
e quella di Franz von Wildeneck, il discepolo entusiasta
della nuova dottrina, il rappresentante di quell'indirizzo
razionalistico in cui, secondo il Werner, il Protestantismo
dopo Lutero degenerò (58). Egli ha forza ed ha amore;
ma la sua forza è senza consecrazione e il suo amore non
è celeste ma terreno; il cielo è a lui chiuso perchè l'egoi-
smo delle sue passioni e della sua ragione lo rinserrano in
un carcere da cui egli non può uscire. Egli fa della sua
forza malo uso e ne è trascinato alla rovina ; innamorato di
Katharina e respinto da lei che a Lutero ha dato tutti i suoi
sentimenti, egli diventa furente, guida le turbe agli eccessi
che Lutero dovrà con fatica calmare, uccide TTieobald
(57) Ibid.. Cap. II.
(58) Egli è veramente tale e non il freddo politico imperatore
Carlo V, come il Frankel suppone. Così sfugge a lui il valore vero
dell'azione di Wildeneck.
254 Zacharias Werner
scagliando nella sua furia la lancia contro il suo antico
maestro. Le due azioni secondarie hanno l'intento di man-
tener sempre vivo il contatto fra le due azioni principali.
II problema principale quindi, che il Werner doveva
risolvere, era quello di unire i due elementi storico e sim-
bolico in un organismo compatto e vitale. In tal modo
egli avrebbe potuto anche addolcire il dissidio inerente
alla concezione fra il simbolismo dell'azione di Theobald
e Therese e il realismo del resto.
La tecnica, a cui egli ricorse, rappresenta un passo note-
vole verso questa unione e ricorda quanto osservammo a
proposito del Kreutz an der Ostsee (59). Nel primo atto
vi è una scena di realtà storica dominata dalla figura di
Lutero anche se egli ne è assente, poi una scena del
chiostro dominata dalle figure di Katharina e di Therese :
alla fine dell'atto Lutero e Katharina si incontrano per
la prima volta. Nel secondo atto è dedicata parimenti a
Lutero la prima parte e la seconda a Katharina e a The-
rese : il terzo e la prima metà del quarto son dedicati
alla esplicazione completa della personalità di Lutero e
la fine del quarto atto, mentre dà la soluzione dell'azione
di Theobald e di Therese, prepara in un nuovo incontro
con Katharina il trionfo dell'amore, che avverrà nell'atto
quinto. Il quinto atto presenta la crisi spirituale di Ka-
tharina, che ha perduto Therese, la crisi di Lutero, che
vede gli scandali a cui la sua dottrina condusse e perde
Theobald; finalmente la consacrazione della forza per
mezzo dell'amore con la scena finale fra Lutero e Ka-
tharina.
Così le azioni principali e le secondarie si alternano
(59) Frankel, Cap. III.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 255
e si equilibrano con un ordine che in nessuna delle altre
tragedie werneriane si trova e la struttura del dramma
mostra una grande chiarezza.
Ma la fusione vera in un dramma organico mancò.
Più che mai sentì infatti il Werner in questo dramma l'in-
flusso di quel contrasto di tendenze storico e simbolico,
che in parte era già riuscito a superare nella concezione del
Kreutz an der Ostsee.
E rifece — malgrado la maggior perizia scenica — un
passo indietro. Ritornò al procedimento della seconda
parte dei Sòhne des Tales : sovrappose all'azione sto-
rico-realistica una stuccatura di poesia romantico-simbolica.
La ragione ne fu nell'origine stessa del dramma. Era
premuto da tutte le parti perchè si mettesse una buona
volta sulle orme dello Schiller e componesse tragedie sto-
riche ; lo Iffland insisteva perchè il lavoro riuscisse non solo
drammatico ma teatrale ; da tutte le parti gli si imponevano
ceppi e limitazioni (60). a Kònnte ich — scrive il Werner
allo Scheffner — noch einmal wieder das Gliick haben auf
Ihrem Sofà zu sitzen und mit Ihnen iiber die Leiden zu
sprechen, die mir nicht etwa meine Feinde sondern meine
hiesigen gelehrten Kunstfreunde aus der besseren Absicht
zufiigen, Sie wiirden Tranen — lachen miissen » (61).
Così egli diede una importanza grande all'azione storica,
una importanza così grande che l'opera gli rimase sempre
fra le sue meno dilette; soleva dire che il Lutero era solo
per la prima classe, mentre i Sòhne des Tales erano
per la seconda, e il Kreutz an der Ostsee per la terza.
(60) «Blatter f. 1. U. », loc. cit. ; « Gesellschafter » , loc. cit.
(61) Ibid.
256 Zacharias Werner
e vi trovava troppa di quella che egli non riteneva vera
poesia (62).
Inserendo poi dentro l'azione storica anche l'azione
simbolica, vi volle seguire tutte le sue inclinazioni mistiche,
e il suo romanticismo, che ha ora una improvvisa rifioritura,
vi celebrò un vero trionfo. È il tempo in cui l'influenza del-
VOctavianus è ancor fresca e perdura, è il tempo in
cui egli legge e studia Novalis e lo esalta come uno dei
massimi genii che la Germania abbia mai avuto : Jean
Paul ha fatto a lui, Werner, troppo onore a ricordarlo ac-
canto a questo santissimo fra tutti i poeti. Novalis diventa
il suo maestro e i Lehrlinge zu Sais diventano il suo
Vangelo : (( Wie ich unter alien neueren Heiligen nur
den heiligen Novalis anerkenne, so kenne ich keinen an-
deren Weg zur Heiligung als den in Novalis Zòglingen zu
Sais von dem poetischen Schiiler ausgesprochenen, den des
Gefùhls » (63). È il tempo, oltracciò, in cui egli viene a
contatto diretto con taluni romantici e improvvise nuove
fiammate di romanticismo e lirismo in lui divampano. Così
egli non potè fare a meno di spargere « fiori di poesia ro-
mantica » sopra (( la prosa del suo dramma storico, in cui
aveva sepolto il suo genio » . Poesia della (( Sehnsucht » ,
poesia della natura in senso novalisiano, poesia che svolge
immagini e motivi tolti alle arti belle, poesia di concetti
mistici, religiosi, canti e fantasticherie costituiscono un
arabesco continuo in cui il Werner sbizzarrisce la sua
fantasia.
In questo modo il Werner invece di colmarlo scavò
anche più profondo l'abisso già esistente fra i due ele-
(62) GUBITZ, ErUbnisse, I. 228.
(63) «Euphorion». 1895, p. 363.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 257
menti. Avendo scritto l'una e T altra parte cedendo a di-
verse tendenze, quasi come se si trattasse di due opere
distinte, egli trascurò di subordinare l'una azione all'altra,
come il prologo prometteva e come la concezione stessa
domandava.
L'azione storica non è infatti subordinata all'interna
simbolica: anzi le due azioni non procedono neppure di
pari passo, e, quando la prima raggiunge la massima inten-
sità, la seconda invece è ancora nel suo divenire. Infatti
leggete la scena del giudizio di Carlo V contro Lutero.
Der allein verehrend
Die Gotthelt seines Ichs, garr nicht erkennt
Dass er ein Strahl nur ist des ew'gen Lichts,
Das sich in Myriaden Wesen spiegelt.
In quella scena del terz'atto, che è la pili fortemente dram-
matica e la più teatrale, l'azione storica raggiunge il suo
culmine per poi in seguito declinare; là dimostra Lutero
la più grande sicurezza di sé medesimo, della sua fede
e della sua missione ; là esplica Lutero la sua natura eroica.
E tutto ciò accade prima che la consecrazione della forza
per mezzo dell'amore anivi. Quando poi questa giunge,
essa non compar più — e il Werner aveva evidentemente
mirato a un tale fine (si veda infatti il prologo) — non
compar più come l'elemento supremo indispensabile, per-
chè l'uomo sappia resistere in tutti i frangenti : essa com-
pare invece come una specie di coronazione finale degli
sforzi da lui compiuti, come se Dio in premio delle sof-
ferenze sopportate, delle lotte sostenute, dell'eroismo dimo-
strato, dia a Lutero una moglie (64).
(64) Questo è il difetto fondamentale del dramma anche dal punto
di vista tecnico, ciò che al Frankel sfuggì.
G. GABErn, // dramma di Z. Werner. 17
258 Zacharias Werner
Il lettore travolto dalla vicenda drammatica storica —
svolta quasi indipendentemente — ha così l'impressione
come se dopo la metà del quart'atto la tragedia vera sia
finita, e tutto il resto sia un'appendice per lo meno
superflua, che attenua e sbiadisce l'effetto dell'opera.
E la catastrofe finale — quella che doveva rappresen-
tare il vero « Hohepunkt » dell'azione tragica — è arti-
sticamente un tentativo mancato. Che essa fosse, nel con-
cetto del poeta, il vero (( Hohepunkt » della tragedia,
oltreché dal pensiero su cui il dramma posa, è dimostrato
anche dalla accumulazione di delusioni, sotto di cui il
Werner opprime il suo eroe. Lutero vede la sua dottrina
falsata, divenuta fonte di sacrilegi e di sanguinosi mas-
sacri, di colpe religiose e umane allo stesso tempo; egli
vede ribelle Franz von Wildeneck, il discepolo un tempo
prediletto, pensato come un nuovo Alexius; egli si vede
ucciso Theobald, il fanciullo adorato che gli era stato
guida e conforto. Ma questa crisi violenta è più interiore
che esternamente drammatica, e produce la impressione
di un pericolo minore di quello che egli già ha attraver-
sato. E quando il Werner fa che Lutero pieghi sotto il
peso di tanta sciagura, pieghi e disperi, voi non potete
immaginar che ciò succeda dell'uomo, che già altre prove
— e ben maggiori — ha saputo sostenere.
Oltracciò il Werner, giunto già all'ultimo atto, non
potè più dare a tutti questi fatti una rappresentazione
adeguata, di svolgimento tale che corrispondesse a quello
che gli altri fatti ebbero. E schizzò le scene sommaria-
mente, riempiendole di fatti, facendo che tutto precipiti a
un tratto — dietro scarsa preparazione — come il crollare
improvviso e inaspettato di un edificio.
E poco psicologicamente motivata, poco svolta restò
// dramma dell'utopia erotico-misiica 259
la scena stessa dell'innamoramento. Avete innanzi un uomo
in cui un nuovo sentimento si apre la via fra ostacoli infi-
niti interiori e esteriori; avete innanzi un uomo che da
questo nuovo sentimento deve esser come ricreato verso
una nuova vita; il Werner si sbriga di tutto ciò rapida-
mente — perchè lo spazio gli manca.
E siccome l'arte di scolpire a grandi tratti scultori non è
da lui posseduta, e una tale arte d'altronde avrebbe con-
trastato al carattere generale dell'opera, così il Werner
si accontentò di segnar la trasformazione nei suoi principali
momenti e invece di darne una spiegazione psicologica,
impostò fra Lutero e Katharina un dialogo intorno all'a-
more. E il risultato del dialogo è che Lutero si lascia
sposare e — lasciandosi convincere della bontà del matri-
monio — ritrova la sua forza perduta. Ma ha ritrovato
veramente quella forza ? si chiede il lettore. Il dramma
non presenta pili nessuna scena in cui quella forza — ora
consecrata — si esplichi.
Così, concludendo sopra la Weihe der Kraft, se voi
la considerate da un punto di vista critico, avete un dramma
che, malgrado l'ordine e la chiarezza di costruzione non
ha raggiunto una unità organica e, malgrado questo suo
difetto, presenta invece frammenti, a cui nessuna vostra
critica potrà mai togliere la bellezza e la vitalità che il
poeta vi ha infuso; se poi la considerate dal punto di
vista storico dell'evoluzione del dramma werneriano, vi
trovate bensì — dovuto a cause esteriori — un momen-
taneo ritorno verso una forma già superata, ma vi trovate
pure per una parte una maggior perizia nel trattar questa
forma e per l'altra parte un più cosciente sforzo di do-
minar la materia trattata e di plasmarla secondo la propria
concezione. Essa rappresenta un passo innanzi verso quel
260 Zacharias Werner
simbolismo che consiste soltanto nel valor tipico delle indi
vidualità, da cui è rappresentata la storia.
IL
Più risoluto ^ncora e più fermo ci si presenta il tenta-
tivo di continuar per questa via nel nuovo dramma Attila,
Kònig der Hunnen, che prima di partire per Vienna
il Werner compose in Berlino, per incitamento di Johannes
von Miiller, che aveva scelto quell'argomento per una sua
trattazione storica, ristampata anonima in quello stesso anno
1806 (65). Il dramma ha come motto: (( Cui omnia unum
(65) Attila, Kònig der Hunnen, Berlin, 1806. Per i rapporti del
Werner col Muller in questo tempo cfr. il cit. Briefwechsel del Miiller
edito dal Maurer - CONSTANT, IV, p. 389 e seg. Il Werner ricorda
al Muller V Attila anche anni dopo, v. ibid., VI, 112. Io credo tut-
tavia, sebbene il Werner non ne faccia ricordo nelle sue lettere, che
egli si sia servito anche del volume di D. Fessler : Attila, Kònig
der Hunnen, Augsburg, 1803. È una abbondante raccolta di materiali
con precisa indicazione delle fonti : da esso potè il Werner esser ri-
mandato alla Histoire generale des Hans del De Gingues, voi, I,
parte II, Paris, 1793, all'articolo del NachtigaL nella «Deutsche Mo-
natschrift », 1792 (Aprile e Maggio), agli Annales Veteres Hun-
norum etc, editi dal Pray, Vindobon., 1761, al volume di F. C.
Fischer, Sitten und Gehrauche der Europder im fUnften und sechsten
Jahrhundert; a quello del GaTTERER, Versuche einer allgemeinen
Weltgeschichte bis zur Entdeckung Americas; e a quello del KrauSE,
Geschichte der wichtigsten Begebenheiten des heutigen Europas, 2° voi.
Se il Werner li abbia consultati non è possile accertare perchè il ma-
teriale che in essi si trova è accuratamente raccolto dal Fessler, ed
elaborato dal Muller, che furon fonti dirette. Certo invece egli ricorse
alla quarta parte delle Ideen zu einer Philosophie der Menschheit dello
Herder, e alla traduzione tedesca della History of the decadence of
the romish Empire del GlBBON. In tutti questi libri si trova rispecchiato
quel contrasto, per cui la leggenda c^i Attila ebbe nei paesi germanici
// dramma dell'utopia erotico-mistica 261
sunt et omnia ad unum trahit et omnia in unum videt, potest
stabilis corde esse et in Deo pacificus remanere » (Thom. a
Kempis, I, 3).
e in paesi latini così opposta elaborazione. Mentre la figura spettrale e
tremenda del re Unno comparve nella leggenda nostra come barbara e
selvaggia, simbolo supremo di quella smania di distruzione che parve
alla fantasia popolare essere il maggiore stimolo delle invasioni bar-
bariche, in Germania invece Attila parve il vendicatore mandato da
Dio a punire il popolo romano degenerato e vizioso, simbolo della
razza germanica vincitrice e trionfante, ringiovanitrice e ravvivatrice
della umanità esaurita e stanca, creatrice di nuova civiltà.
Non solo questo nella leggenda antichissima, che, innestandosi al
mito dei Nibelungi, lo complicò nella storia che il grande poema ci
offre, nella stesura che ne possediamo, ma anche nella età moderna e
nei tentativi storici. Gli entusiasmi per il medio-evo del tempo imme-
diatamente anteriore al Werner, avevan portato a quella esaltazione
del Germanesimo che ha tanta parte nelle Ideen dello HERDER e nella
Litérature di MADAME DE Stael. Attila parve non un barbaro ma un
eroe : gli si attribuirono qualità che Etzel possiede nella leggenda epica
e si spiegò la fama di barbarie che ebbe nei paesi latini, come un
effetto dello sgomento di una gente molle e effeminata di fronte a un
uomo giusto, fiero, attivo, sano ; come un effetto del pavido tremore
del vinto, che è meritevole della sua sconfitta, di fronte a un vinci-
tore, che è meritevole della sua vittoria. E la storia tedesca conchiuse,
come la leggenda, che Attila fu sì un « flagellum Dei», ma non per
la sua ferocia, sibbene semplicemente per la sua giustizia.
Il dramma del Werner potè sorgere precisamente p)erchè questa
era la figura che alla sua fantasia si affacciò dai libri che egli lesse
e consultò: «Attila wusste die Tugend zu schatzen... er verachtete
Pracht und Reichtiimer... scine Regierung war sanft und gerecht, er
beschiitzte jedermann bei seinem Eigentume, hielt taglich Gericht unter
freiem Himmel und suchte sein Recht jedem, so wie er es verdiente,
offentlich zuzuteilen». Il Fessler riproduce questo giudizio in cui il
Fischer, il Gatterer, il Krause, lo Herder si accordarono e lo fa suo.
L'influenza del Fessler sull'organismo del dramma Werneriano pare
a me non solo evidente ma essenziale. Non solo la tendenza generale
dell'opera conduce a questa affermazione, ma anche il raffronto di
molti particolari. Si confrontino, ad esempio, i ricordi della giovinezza di
Aetius e di Attila nel dramma con la seguente descrizione : « Selige
262
Zacharias Werner
Questa volta il Werner compose la sua tragedia nuo-
vamente seguendo soltanto le sue tendenze. Il Miiller, che
ne aveva suscitata Tidea e assistette alla composizione,
era stato sempre egli medesimo incline al misticismo e ora
nella famigliarità col Werner stava attraversando un
nuovo periodo mistico : il sonetto che il Werner gli dedicò
mostra che la sola influenza che il Miiller dovette eser-
Aug^nblicke der Weihe und Begeisterung waren fiir Ihn die Stunden
an welchen ihm Aelius die Ursachen entwickelte, die zur Vergrosserung
der alten Romer so màchtig mitgewirkt hatten... Aber bald ver-
schwand der Taumel seines Entziìckens als ihn sein Freund mit dem ver-
derbten Zustande seiner Zeitgenossen bekannt machte, etc. » (Fessler,
cit., p. 76). E si confrontino i lamenti di Aetius sulla condizione di
Roma con il brano seguente in cui Aetius descrive nel Fessler (p. 77)
la sua città : « Die entnervten Enkel der alten Romer konnten die
schwere Riìstung ihrer Vater nicht mehr ertragen, ihren zarten Schultern
war der romische Panzer zu schwer, ihre an Tàndeleien gewohnten
Hànde konnten den Schild nicht mehr tragen... Sklaven der Tràgheit
und Gebrachlichkeit, weigerten sie sich ihre Lage zu befestigen oder
ihre Stadte zu verteidigen » . La descrizione della corte di Placidia
imperatrice è presso lo storico e presso il poeta identica, è identico
l'episodio dell'incontro di Aetius e di Attila : quando Attila si vide
tradito dall'amico « sein reines Gefiihl der Rechtsschaffenheit emporte
sich, doch heilig waren ihm noch die Pflichten der Gastf reundschaf t » .
Già il Fessler racconta la uccisione di Bleda, mostrando quali riverberi
essa abbia avuto, e già anch'egli cerca di spiegare la psicologia di
Hildegunde dalla uccisione di Walther. Anche l'incontro di Attila con
papa Leone è trattato diffusamente e la vignetta del frontispizio ripro-
duce la scena dal quadro raflFaelliano.
Il Werner ha tolto al Miiller e più ancora al Fessler, che era più
diffuso e ampio, tutta quanta la materia della sua opera : di suo vi portò
lo spirito nuovo con cui vide e svolse l'azione del suo dramma : le
divergenze di essa dalla storia o almeno da quanto allora pareva storia
non mancano, ma non sono molto grandi, e rese sempre necessarie dal
pensiero da cui egli moveva alla composizione. Sopratutto venne al-
terata da lui la storia di Honoria : oltracciò egli fece di nuovo quella
condensazione di fatti diversi in breve limite di tempo che era neces-
saria ai suoi scopi artistici.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 263
citare su di lui, fu nel senso che egli sempre più lo per-
suase come l'idea in opera di poesia deva scomparir in una
visione di vita ; il Werner gli dice infatti :
Des ewigen Schicksals Ràtsel sckeint gedeutet,
Wenn, Gottgesandt, Johannes, die Geschichte,
Der Gottheit Kind, du taufst mit Geist und Feuer (66).
E il dramma mostra realmente tutta l'attenzione del
Werner intesa verso un tale scopo: approfondire la psico-
logia di anime che vivono una mistico-romantica vita.
Le idee da cui il Werner parte sono ancora quelle già
note : la vita concepita (67) come un problema erotico, la
forza che ha bisogno della consecrazione dell'amore e
perchè è fatalità che tutto ciò che è mondano sia condan-
nato a deperire dopo aver dato i suoi frutti, poiché quel
deperimento non significa annichilazione ma rinascita, l'a-
more che raggiunge nella morte il suo scopo. La tragedia
riposa quindi, assai più ancora che la Weihe der Kraft,
sopra pensieri w^erneriani, perchè taluni di questi, che
ora ritroviamo, erano stati- esclusi dal dramma su Lutero
per la natura dell'argomento stesso (68).
(66) Ausgewàhlte Schriften, I, p. 127.
(67) VlERLING, appendice, lettere a Johanna Rink, p. 12-13.
(68) Manca infatti nella Weihe der Kraft l'idea dell'amore nella
morte. Alcune osservazioni suW Attila fa il FranKEL dal punto di
vista tecnico dell'op. cit., passim. Superficialmente discorse anche di
questo dramma il Werner nel « Literarisches Echo», 1909, in un
articolo: « Attiladramen » . Il meglio sull'argomento è ancora nel MlNOR,
op. cit., p. 44.
U Attila è il solo dramma Wemeriano per cui manchino quasi com-
pletamente informazioni epistolari, V. in TeichMANN, op. cit. e nei
«Blatter f. 1. U. », loc cit., le lettere della fine del 1806 e del
principio del 1807. Vi si trova se non altro una eco della disposi-
zione d'animo in cui il Werner si trovava all'epoca della composizione.
264 Zacharias Werner
Ciò che deve ora cadere è la potenza dell'Impero
romano. La sua missione è terminata: doveva diffondere
pel mondo, fra le genti barbare la civiltà e il sapere, sve-
gliare le coscienze ancora smarrite nella cecità degli istinti
d'una natura primitiva. Ma la potenza sua divenne fine a
sé stessa, degenerò in tracotanza, si insozzò nell'ingiustizia;
tutto il mondo non fu più che un giocattolo con cui Roma
baloccava sé stessa; tutti i popoli soggetti non ricevettero
più dalla forza sua virtù vivificatrice, luce, stimolo a pro-
gredire e a svolgersi: furono sfruttati invece, fatti schiavi,
trattati come tali contro ogni diritto e contro ogni onestà.
Roma non esistette più per essi ; essi esistettero invece per
Roma. E Roma, per tener salda la sua potenza enorme, non
dubita di ingaggiare e sostener nuove guerre, e le nuove
battaglie e il nuovo sangue versato non furono più a servigio
dell'umanità, ma a servigio di pochi uomini che trovavano
così il mezzo di soddisfare le loro libidini, i loro vizi, i
loro piaceri. Sperperavano milioni per il godimento di un
giorno e quei milioni erano il frutto del lavoro di uomini
che ora erano affamati, spogliati di tutto. Attila dice ad
Heraclius, il rappresentante di Bisanzio, che ha commesso
le stesse colpe di Roma :
Ihr habt gelogen, habt mir das Gebiet,
Das mir versprochen war, nlch eingeraumt ;
Ihr habt die Treue, mein Volk, die Welt verletzt !
Ich bin der Liigen miide und eurer Frevel !
Il vescovo Leone volge alla corte imperiale gli stessi
ammonimenti :. Attila é mandato da Dio per punire le loro
colpe. Essi han deviato dalla loro via e devono essere
puniti :
Du hast, so spricht der Herr, rebrochen mir den Schwur,
Du, falsche Roma, hast zerstòrt der Menschheit Grund,
// dramma dell'utopia eroiico-mistica 265
Derni worauf das Gebau der Menschheit niht,
Drei Pfeiler : Wahrhelt. Recht und Klarheit sind es nur.
((Wahrheit, Recht, Klarheit». Che è ormai rimasto
di tutto ciò ? E questa era la condizione della forza. Solo
colui è forte, che compie Topera che gli è stata affidata e
non si infiacchisce nell'ozio e nel godimento. Finché Roma
fu ciò che doveva essere, e gli uomini ponevano intera-
mente se al servizio della causa comune, Roma era stata
invincibile. L'egoismo ha ora prevalso; non si cerca più
che il proprio piacere : tutto il resto è nulla. Roma diventa
imbelle; oramai è una « entkràftete, verruchte, blutvoll-
gesogne Roma)). Anche Ezio lo riconosce, l'unico uomo
rimasto forte, sebbene sia stato travolto dalla sua ambizione
nella corruzione generale.
Wo ist denn Rom? — In diesen Steinkolossen?
Rom ist wo Ròmer sind — Wo sind nun Ròmer?
Dei Romer lebte, starb fur's Vaterland :
Wir leben, sterben — keiner weiss wofur !
Der Romer zog vom Pfluge zum Triumph ;
Wir fliehen aus der Schlacht zum Schwanenlager !
Sie lebten wirklich, darum starben sie !
Wir sterben eh' wir leben — 's ist bequemer (69) !
Attila è il flagello di cui Dio si serve per abbattere
la potenza che non è più forte se non di male e di peccati.
Vi è una evidente analogia colla Weihe der Kraft,
(69) Nella pittura di Roma è evidente l'influenza della Corinne
di Madame de Staél. influenza che fu assai grande sulla concezione che
il Werner ora si fece dell'Italia. Cfr. su questo argomento il mio ar-
ticolo : Italien in Zacharias Wemtr$ Leben und Dichten.
266 Zacharias Werner
dove Lutero sorge a rigenerare l'umanità dalla sua degene-
razione. 11 modo però, come il Werner fa sorgere ora in
Attila l'uomo che compie questa missione, risponde di
più alla sua sempre piìi forte tendenza: esso non è più né
miracoloso né mistico. Il Werner é conscio di doversi man-
tenere fin da principio nei confini della vita terrena. Il
modo, con cui egli fa che il suo eroe diventi il flagello di
Dio, é infatti un modo naturale. Attila è la coscienza del-
l'umanità che si sveglia (70). Troppo tempo fu ferita e tor-
mentata e sofferse : ora lentamente il gigante si drizza,
scote i ceppi e abbatte chi glie li impose. Attila é una
personalità eccezionale, in cui questo risveglio é stato —
in corrispondenza di questo suo carattere — più risoluto e
forte che negli altri suoi contemporanei. È una forza ver-
gine, un germano ancor barbaro, in cui la voce della
natura si fa sentire con tutta la sua irresistibilità e con tutta
la sua chiarezza. Sente di essere forte; ha vinto i Sarmati,
é stato proclamato re dagli Unni ; la sua anima é gigan-
tesca come il corpo suo e il corpo dei suoi soldati. L'im-
presa titanica che gli sta innanzi non lo sgomenta : lo attira.
È nel combattimento che la sua forza gladiatoria si può
esplicare. E oltracciò egli ha coscienza di non combattere
per sé, ma per il mondo. Pensate a Don Carlos e ai suoi
entusiasmi di libertà, quando Attila racconta la sua giovi-
nezza e i suoi sogni (( von Menschenrecht, Gefiihl und
Pflicht und Tugend », quando vi narra il giuramento che
egli fece al giovane amico e compagno d'armi Ezio:
(70) Per il VlERLING rimane V Attila un libro completamente chiuso.
Egli parla, op, cit., p. 184, di « appetits brutaux que représente le rei
des Huns » .
// dramma dell'utopia erotico-mistica 2Ò7
Da tratst du zu mir, lagst an meinem Herzen :
Du, Relter deines Volkes, so riefst du gliihend,
Sey auch der Menschheit Retter — stiirze Rom !
Da schwor den Gòttern ich und dir den Schwur;
Mein ganzes Dasein, alle Lebensfreude
Zu opfern, um der Menschheit blut'ge Rache
Und Recht zu schafFen an der Welttyrannin.
La ferocia, che la leggenda latina aveva addensata nel-
l'anima sanguinaria e selvaggia del re Unno inebriantesi
della sua propria forza, dilegua ; feroce appare egli ancora
ma in pari tempo giusto, e meglio che di ferocia dovete
parlare di inesorabilità. Ha una sua idea naturale di giu-
stizia e annienta tutto ciò che vi contrasta. Annienta perchè
crede essere suo dovere, essendo egli la spada di quella
giustizia. Wladimir, che egli ha amato sempre e ama come
un figlio, è spergiuro : glie ne duole profondamente : (( Du
tat'st mir das?», ma non piega. ((Abbracciami», gli
dice, dopo che lo vede confesso e pentito, e ordina di
farlo squartare da cavalli. Non è che gli manchi il cuore;
lo mostra quando non ha da andar contro l'idea a cui ob-
bedisce. Lo stimolano ad ammazzare dei cittadini inermi
ed egli uccide di una sciabolata l'Unno che insiste sul
suggerimento. Lo stimolano ad annientare una comunità
cristiana, ed egli risponde:
Ist mein Beruf den Unbewehrten morden?
Ihr habt behaartes Herz, Ihr Burgunden!
Infuria, quando sa che i soldati suoi saccheggiarono
Ravenna :
Wer in Ravenna
GeplUndert, wird vor Abend noch gespiesst!
268 Zacharias Werner
Walamir gli osserva che essi furon valorosi : (( Miisst ihr
als Menschen dr*um die letzten seyn ? )) Vuol diffondere i
due principii della morale sua: verità e onestà. Sono i due
principii in cui per lui — Tuomo della natura — tutte le
regole della vita si riassumono. Ed è incrollabile nel suo
proposito : una — nella sua assolutezza — selvaggia per-
sonificazione dell'imperativo categorico.
Quella porpora che indossa e che lo fa ministro della
eterna giustizia gli pesa : « Es ist schwer Gottes Geissel
zu sein ! )) Non vive che di quel precetto che trova scritto
nella sua coscienza, ma porta la sua potenza come una
croce che il destino gli ha addossata : non conosce più la
gioia e il piacere della vita. L'uomo, che s'agita in lui,
è atterrito dal programma che il re si è imposto. Ed è
triste. « Sey froh, du Starker » gli grida Edecon, il suo
maestro : egli sorride amaramente : (( Froh und cine
Geissel! Und so einsam und allein ! » (71). Sospira un
istante di sosta, in cui egli possa dimenticare se mede-
simo : (( Ich mòchte heute v^ohl ein Stiindchen nicht
Kònig seyn — ich mòchte ein Weilchen nur mit mei-
nem Buben spielen ! » (72). Ma, nella rigidezza sua,
gli pare ogni debolezza di sentimento un peccato: un le-
(71) Il motivo della tristezza dell'isolamento incomincia ad affac-
ciarsi ora, naturale riverbero della separazione dalla moglie (Cfr. in
proposito lettere a Johanna Rinic nel VlERLlNG, op. cit.. Appendice,
p. 17 e segg.). Nei drammi posteriori il motivo acquisterà un'importanza
sempre più grande.
(72) Cfr. ibid., 20: « Glauben Sie dass ich nicht fiihle vf&s ich
entbehre und was ich opfre ? »... « Aber da muss ich sein wo ich
notig bin und tun was ich soli » Nella esaltazione fantastica in cui
vive, il Werner sente ora se stesso come uno schiavo della sua missione :
è il sentimento medesimo che egli ha trasportato in Attila.
dramma dell'utopia erotico-mìstica 269
game che si lascia imporre alla sua libertà. Libero è solo
colui che sa lo scopo a cui deve tendere, e va verso questo
scopo, senza lasciarsi arrestar dalle seduzioni che lo vor-
rebbero trattenere per via : libero è colui che vince le se-
duzioni. (( Mach' dich frei — dice ad Aetius, l'amico
della sua giovinezza — sonst muss ich dich verachten ! » .
Ed egli va, chinando talvolta il capo, per la sua via:
(( Ich will gehen, wohin ich muss! ». L'immagine di Na-
poleone passava certamente dinanzi alla fantasia del poeta,
quando egli creava questa volontà di ferro e dipingeva
questa attività senza posa e senza tregua, che aveva qual-
cosa di soprannaturale. Anche Napoleone pareva al te-
desco e mistico poeta un flagello mandato da Dio per pu-
nire l'umanità : qualcosa di soprannaturale pareva balenare
(( in quel piccolo corso dallo sguardo d'aquila, che non sa-
peva che cosa fosse il riposo e la pace, e, dopo di aver
sedato la rivoluzione, trasformato la Francia, ed essersi as-
soggettata mezza Europa, continuava la sua opera senza
arrestarsi mai, senza mai sostare un istante sui suoi
trionfi ! » (73).
Il Werner innesta a questo punto nella storia di Attila
la sua teoria dell'amore, come per Lutero aveva fatto.
Manca difatti ad Attila, come mancava a Lutero, l'amore.
Egli è la forza, non ancora consecrata. E perciò egli erra.
(73) Per riguardo a Napoleone la rappresentazione venne proibita
a Vienna dalla censura nel 1807. Briefe von und an J. v. Miìller,
cit., VI, 110. Il frammento deWAllemagne di MADAME DE Stael,
che è dedicato diìV Attila werneriano, è scritto in parte con inten-
zioni polemiche : esso venne pubblicato a parte e divulgato in opuscoli
a scopo politico. Alle Biblioteche di Ginevra e di Zurigo se ne trovano
esemplari.
270 Zacharias Werner
Non ha l'amore e pecca contro di esso. Ben si sforza di
rendere ad esso giustizia. Due amanti gli son condotti in-
nanzi non uniti da legittime nozze : egli condanna la fan-
ciulla a morte: (( Was soli sie leben, wenn ihres Lebens
Bliite Unschuld wich?». Ma, mentre la fanciulla è fe-
lice che l'amante suo resta in vita, il suo amante chiede
di morire per lei. Attila assolve tutti e due. Gli vengon
condotti innanzi due adulteri: la donna era stata unita
in matrimonio contro sua volontà : egli condanna l'uomo
perchè ha tradito l'amicizia rubando all'amico la donna
che gli apparteneva, assolve la donna perchè il suo ma-
trimonio davanti a Dio non era valido. Eppure egli ha pec-
cato e pecca contro l'amore. Ha ucciso l'amante di Hilde-
gunde, Walther, perchè gli si è ribellato, ed ha assunta
Hildegunde a sua amica. È stato un delitto, perchè egli
ha separato ciò che Dio aveva unito. Ma non basta. Egli
sente la nostalgia del vero amore nel suo animo e mal-
grado ciò fa di Hildegunde la sua amante. E Hildegunde
è la morte. Anche per questo particolare il Werner è riu-
scito a concretar la sua idea in un conflitto d'anime. Hilde-
gunde è la morte, perchè essa è per Attila l'amore terreno.
II Werner svolge l'idea e il fatto con una psicologia
geniale. Hildegunde non ha perdonato ad Attila. Aveva
amato Walther in vita: lo ama ancora dopo la morte e
non vive che per lui. Un istinto selvaggio si solleva nella
sua natura primitiva: la vendetta. E non vive più che di
quel pensiero. Pensate ad Elettra nel rifacimento di
Hoffmannsdìal : tutta la vita non è più che una attesa acre
che quell'ora arrivi. E la fantasia sovreccitata si aggira
continuamente intomo a quell'istante, che le darà la su-
prema voluttà.
Una vita malata, d'inferno.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 271
Seither kann ich nicht mehr weinen,
Nicht mehr schlummern, noch mich f reu'n ;
Morden kann ich nur und denken.
Una voluttà di sangue irrita i suoi nervi esaltati verti-
ginosamente. Hildegunde è, come Amleto nel IV atto
della tragedia Shakesperiana, raffinata nel suo desiderio
di vendetta: potrebbe uccidere Attila ogni istante, perchè
Attila ha in lei la maggiore confidenza e non ha alcun
sospetto. Ma non vuole: Attila è giusto, morirebbe inno-
cente e la morte lo redimerebbe davanti a Dio. E questo
non deve avvenire. Attila deve morire come un delin-
quente, deve morire dopo di essere stato ingiusto, dopo di
essersi insozzata l'anima di una qualche grave colpa. L*ora
più atroce, che Hildegunde ha passato, è stata quella, in
cui Attila era stato ferito in battaglia e correva pericolo di
vita. Sarebbe stata una morte da eroe: e Hildegunde lo
ha curato con un'ansia ineffabile, continuamente : Attila
doveva vivere per la sua vendetta :
Nein! — Erst wiege ich ihm den Geist in Schlummer,
Mach' von Mut und Ubermut ihn tranken,
Und, den Sinn des Klaren ihm verdunkelnd,
Alles rach' ich dann, und, treu dem Schwure,
Weih* ich den, der ali mein Gliick geraubet,
Nicht dem Tode bloss, der schnell verschwunden,
Nein, ich sturz' ihn in die ewigen Gluten !
La sua anima s'inacerbisce : essa diventa implacabile.
Il dolore altrui non la intenerisce: pare anzi che ci trovi
una voluttà acre. Essa diventa il demone di Attila che talor
s'adombra. ((Weib, du bist fast wie mein bòser Dàmon !».
Ma essa gli mostra fedeltà e devozione, ed egli s'arrende.
272 Zacharias Werner
Ha bisogno di aver qualcuno per concedersi un po' d'effu-
sione, per ridiventare un momento uomo e ristorarsi a alla
fonte della vita, all'affetto ». Ed essa è che lo incita a in-
ferocire contro i cristiani inermi, contro i cittadini fatti
prigionieri; essa è che gli ricorda il fratricidio che egli
ha compiuto nella persona di suo fratello Bleda ribellatosi,
e glie lo ricorda per turbar la sua serenità e la sua giu-
stizia equilibrata; essa è che lo stuzzica perchè uccida
Aetius, l'amico suo che lo tradisce : (( Du zauderst noch ? »
(( Bei alien Gottern, Herr ! » ; essa è che cerca di in-
durlo ad affrontare papa Leone : (( Ha, Kònig ! Glaub*
ihm nicht ! den Tod ihm ! ». Così vive Hildegunde, cinta
la mente di fantasie sinistre, e tesse la sua tela che tra-
scinerà nella morte Attila e lei egualmente (74).
Attila vince la tentazione e resta giusto. Papa Leone
gli dirà per provarlo ancora : (( Uccidi Hildegunde se non
vuoi essere ucciso : solo in tal modo puoi salvare te stesso » .
Ed Attila resiste. Quella donna gli ha salvata la vita ed
egli ha dei doveri verso di lei. Sarebbe un'ingiustizia. Lo
affanna il pensiero di non cader da eroe sul campo della
battaglia su cui ha passata la vita, di morir per mano di
una donna. Ma attende. Se deve perire, perirà. Altri con-
tinuerà la sua opera :
Sie hat an mich ein Recht des ew'gen Danks ;
Das Unheil trag' ich, Unrecht ub' ich nicht.
(74) Dal suo punto di vista crìtico - realistico non intese la psiche di
Hildegunde il MlNOR, che la paragonò ad Herìbert e al Priore dei
Sóhne des Talesl La complessa anima malata, di cui ora parlammo,
gli sfuggì completamente ed egli la definì : « halb Hamazone, halb
Teufel», op, cit., p. 44.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 273
Attila resta puro. Ed è per ciò degno che l'amore lo
consacri prima che muoia. « Den Reinen ruft die Vollen-
dung», ed egli raggiungerà l'amore. E l'amore sarà il
premio in vita della sua opera di abnegazione e di giustizia.
L'amore è Onoria, principessa di Etruria, figlia di Pla-
cidia Augusta, la reggente madre di Valentiniano, mino-
renne imberbe imperatore di Roma. La concezione del-
l'amore del Werner si riflette qui di nuovo come nella
Weihe der Kraft in tutta la sua chiarezza. Onoria non
sa come l'amore si sia in lei acceso: non ha mai veduto
Attila e arde d'amore per lui. Il Werner anzi concreta
con una precisione anche maggiore le sue teorie androgi-
niche: l'amore ha origine in Dio nell'attimo istesso in cui
il suo pensiero crea due nuove persone viventi. Papa
Leone lo spiega alla giovinetta ignara : (( L'amor tuo
è nato
Als Gott den Attila und dich gedacht,
Und der Gedanke Leben ward auf ewig » (75).
(75) Cfr. nelle lettere a Johanna Rink, cit.. p. 17-18, analoghe
fantasticaggini fatte dal Werner su sé stesso : Johanna Rink deve dire
alla sua ammiratrice « dass er nie ein andres Wesen geliebt hatte
und lieben konnte als die eigentliche Hàlfte seines Wesens » . « Ich
wiirde ewig ihr Freund, Bruder, Meister, kurz, alles sein, was der
Mensch einem Wesen, welches nicht die Hàlfte seines Wesens ist, sein
kann » ecc.
11 KÒBBELING nel Cap. IV del suo volume : Kleists « Kàtchen con
HeilbronnD, Halle, 1913 («Bausteine z. Litgesch. », 12) vorrebbe
ricondurre queste i^ee, sia pel Kleist, sia pel Werner, a una in-
fluenza del Wieland. Ed è verissimo che il Wieland, nel suo sen-
timentale ellenismo, ha tolto al Convivio di Platone l'idea che in
tono scherzoso vi svolge Aristofane ; ma il Wieland non ne fece la
base della sua concezione e se ne servi soltanto a guisa di similitudine :
la motivazione sua è sempre sentimentale soltanto, limitata alla psico-
logia attuale degli uomini di cui parla. Pel Werner credo anzi
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 18
274 Zacharias Werner
Esiste in Onoria una irresistibile « Sehnsucht )) verso di
lui. Ci pensa e non se Io sa spiegare:
Doch diese Liebe fiir das Korperlose —
. fiir leere Luft
Wie sie ein Morgentraum phantastisch ausschmiickt —
Was ist das — diese Sehnsucht — nach dem Nichts?
Non se lo sa spiegare, ma la « Sehnsucht )) è irresistibile.
Tutto ciò che essa ode di lui le pare (( herrlich und
schòn » : le pare che egli stia (( so gross allein in kleiner
Welt! ». Già prima che sapesse di lui, se lo rappresen-
tava quale egli ora le appare nei racconti di coloro che lo
hanno veduto e che gli hanno parlato.
Anche Attila ha la stessa (( Sehnsucht » verso di lei.
Hanno spogliato per ingordigia Onoria del principato
che le spetta : egli non l'ha mai veduta, ma si sdegna
e muove guerra a Roma per obbligarla a restituire ciò
che non le tocca. Anche a lui compar l'immagine di
Onoria che non ha mai veduta. Anch'egli non sa ren-
dersene conto : e, uomo che non bada se non al concreto e
non si cura delle ombre, ci sorride pensandoci.
Es ist nur ein Schattenbild ;
Es làchelt mein Verstand ob meinen Traumen,
Von etwas was ich seibst im Traum nicht sah.
che si debba escludere un influsso Platonico vero e proprio ; questo
esistette sopra i romantici certamente (v. L. ZuRLINDEN, Platonische
Einfliìsse auf die deutsche Rorrìontik, Leipzig, 1910), ma il Werner
fu sempre lontano da ogni studio classico.
In conclusione io ritengo, che, anche in questa estrema formulazione
che le teorie androginiche del Werner ottennero, gli unici influssi siano
stati quelli di Bòhme, della setta herrenutistica e massonica, e dei
romantici : — anzi che questi medesimi influssi non siano stati sostan-
ziali, perchè noi non ci troviamo dinnanzi se non a corollari di quelle
idee mistiche generali che già conosciamo.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 275
Ne sorride: eppur non se ne sa liberare. Quel nome
gli risuona talora neiranima.
Ed egli lo confessa ad Hildegunde stessa. 11 sentimento
che egli prova pensando a lei è più profondo e diverso da
quello che egli nutre per Hildegunde.
Zwar offen muss ich seyn — bei jenem Namen
Empfìnde ich mehr noch — ja, unendlich mehr;
Es zieht zu ihm mich hin und ab von dir.
Egli l'ha chiesta in isposa e verme rifiutato. Ed ora
che egli scende in campo contro di Roma, ora è anche il
pensiero di lei che lo fa così risoluto e inamovibile. Ne
questo sentimento s'acquieta col tempo, anzi con le nuove
vicende si accresce.
Attila essendosi mostrato degno di lei, si uniranno.
Prima che la sua ultima ora scocchi egli si troverà con
Onoria :
Nebel schwinden, Sterne scheinen,
Ewig muss sich Eins vereinen.
La (c Weihe der Kraft, la consecrazione della forza
morte finalmente giunge.
Att. Wahr ist das Lied... — Jetzt bin ich ganz durch dich !
HoN. Wahr ist der Christen Glaube — Du tust genug fiir mich !
Att. Honoria ! — Die Palmen weh'n — zu Dir !
La elevazione spirituale di Attila è compiuta. E la
morte finalmente giunge .
276 Zacharias Werner
* *
La forma che la leggenda di Attila aveva, complica e
completa la storia ora narrata (76), introducendovi di nuovo
quella lotta fra Paganesimo, Cristianesimo degenerato e
Cristianesimo vero e quella vittoria del vero Cristianesimo
che già il Werner aveva fatta soggetto di tragedia. La
corte di Roma si sente imbelle di fronte alla forza Unna.
Gli Unni giungono a Ravenna e continuano risoluti la
marcia su Roma. Invitato e pregato dalla corte imperiale
di salvare Roma, papa Leone, preso con se il Sacramento,
va incontro ad Attila. E una misteriosa potenza agghiada
quell'uomo che mai non era indietreggiato davanti alla
morte e davanti agli eserciti nemici. Una figura gigantesca,
enorme gli appare nel cielo, che ne è tutto riempito: il
capo di vegliardo è cinto da riccioli d'argento e porta su
se un tempio d'oro ornato di perle, la destra brandisce
una spada di fuoco e di fiamme, la sinistra tiene due chiavi
risplendenti — come Raffaello dipinse in uno dei suoi
quadri più noti. E papa Leone annuncia : Roma non deve
essere distrutta : solo l'impero deve cadere. Roma è eterna :
quella che era la sede dell'impero romano deve restare
per diventare la sede della Chiesa Cristiana. Attila piega,
e Roma è salva (77).
Il Werner, rappresentando anche questo episodio, si
preoccupa dell'impostazione generale del suo dramma e lo
intrica nella storia d'amore che egli narra, ponendo in
esso la crisi, da cui la soluzione della storia d'amore è
(76) Cfr. J. MOLLER, op. cit. ; D. Fessler, op. cit.
(77) Ibid.
// dramma dell'utopia erotico-misiica 277
provocata. La storia d'amore resta così la sostanza del-
l'opera : e l'episodio storico un episodio di esso.
La catastrofe della storia d'amore: la fine dell'azione
di Attila e di Hildegunde, la morte di Attila sono infatti
da questo episodio storico determinati.
Anche Hildegunde ha assistito all'arrivo di papa Leone.
Ed è diventata furente, perchè ha sentito che quell'uomo
distruggeva completamente il sogno che essa aveva per
tanto tempo nutrito. Papa Leone avendo indotto Attila a
rinunziare al progetto di distruggere quella che è la città
eterna, ogni possibilità che questi possa ancora macchiarsi
di colpa svanisce. Hildegunde spera di rifarsi quando so-
praggiunge il tradimento di Aetius. Aetius è l'unico ancor
potente generale romano : egli fu amico di Attila al tempo
della guerra di Pannonia. È ambizioso e sogna di rovesciar
l'impero per raggiungere il trono appena l'occasione arrivi.
Ora crede che l'ora sia giunta. Roma è alla vigilia della
rovina e il piccolo imberbe imperatore gioca a dadi e alla
palla: Attila è giunto a Ravenna e la corte si diverte.
Giungono messaggeri che annunziano il pericolo imminente
e l'imperatore ordina che si continui la danza. Il pericolo
urge. Ed allora quegli uomini che han tenuto Aetius
sempre lontano dalle cariche, gli si prostrano vilmente in-
nanzi, gli abbraccian le ginocchia e lo scongiurano di sal-
varli. Così Aetius ha ora nelle sue mani la difesa della
città. Egli si reca al campo di Attila, ritrova l'amico e gli
propone di lasciare a lui l'impero. Ma Attila rifiuta: lo
ucciderà in duello aperto, in campo di battaglia, quando
Aetius si avventerà contro di lui.
Anche l'ultima speranza di Hildegunde è svanita. Così
essa, dominata dal pensiero che con l'intervento di papa
Leone i suoi propositi diventano inattuabili, gli si precipita
278 Zacharias Werner
dietro con la spada sguainata per ammazzarlo. Ma Leone
si volta, mostra il calice consacrato ed essa cade al suolo.
Da questo punto la psicologia di Hildegunde, in cui
è l'origine della catastrofe, si svolge complicata, ma si-
cura. Si produce dapprima in lei un rivolgimento miste-
rioso, passeggero, ma profondo. È come se un'altra donna
risorgesse in lei, una donna dolce, mite, com'essa era
prima che la morte di Walther l'avesse sconvolta. Essa
perde i suoi pensieri di odio e di vendetta : sente uno spi-
rito soave passare per l'anima turbolenta e irrequieta:
penetra in lei una luce che quietamente la irradia e la
risana.
Der Sonne holder Strahl, der lachelt wleder ;
Es kiihlet Lebenshauch die matten Wangen !
Und in mir klingen neu die alten Lieder ;
Nach Frieden will ich mich und nach Ruh* verlangen.
Un canto dolce come (( ein lullend Wiegenlied von
Mutterlippen » , un canto sommesso e indistinto le ondeggia
nell'anima e la rende mite.
Nicht wahr — der Attila, zwar straft er blutig.
Doch ist er gut — nicht wahr? —
Ein strenger, doch ein rechter Mensch !
Ma la tempesta non tarda a risorgere. Tra le vergini che
la accompagnano è anche la sorella di Walther: e questa
ha conservato la mazza che ha servito a giustiziare il fra-
tello : e sulla mazza sono ancor le chiazze di sangue : e ci
sta scritto su: (( Des armen Walthers Blut ». Hildegunde
la vede : e riarde di tutta la fiamma cupa che già la divora
da anni e che ingigantisce ora sempre più col passar del
tempo e con l'avvicinarsi dell'ora fatale.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 279
Hildegunde è come ossessa dalla visione di sangue. Non
è caduto Attila in colpa ? È fallito il suo piano ? Ebbene
Attila morrà ugualmente e la stessa mazza che è ancor
rossa del sangue di Walther, diventerà rossa di nuovo
sangue, rossa del sangue del tiranno. E l'abisso l'at-
tira vertiginosamente e Hildegunde si inebria di sentirsi
in preda agli spiriti selvaggi della vendetta e dell'odio.
E l'occasione per cui essa potrà saziare la sua smania
non tarda a presentarsi. Attila, deciso a riposare dopo tanta
impresa, offre a Hildegunde di sposarla. Ha perso ogni
speranza di ottenere Onoria e sposerà Hildegunde per
gratitudine. E si stabiliscono le nozze. Attila morì in
realtà poco tempo dopo l'impresa di Italia e poco dopo
le sue nozze con Hildico: anche il Miiller rinarrava
nel suo opuscolo la leggenda che egli fosse morto per
mano della sposa nella stessa notte. Un'acre voluttà ero-
tica sensuale si mesce ora nei propositi di Hildegunde.
Subito ha pensato all'abisso in cui tutti e due saran tra-
volti, appena egli le ha offerto di sposarla: e la visione
della (( Brautnacht )) cruenta, che spesso le è ritornata alla
fantasia, si risolleva in questo ultimo istante, sollevando
tutti i suoi istinti :
Attila! Die Braut ruft!
Si celebrano le nozze e le sue parole han tutte un
doppio senso arcano : essa gode già nella sua fantasia
l'ora fatale ed è come demente per quell'ebbrezza che si
è di lei impadronita.
Ed essa non può dirsi paga del sangue di Attila : poiché
non lo può dannare, bisogna almeno che lo torturi anche
moralmente, che gli faccia provare un supremo dolore.
280 Zacharias Werner
E il sangue d'altronde l'attira: prende Irnak, il piccolo
figlio di Attila, lo sgozza e lo porta sanguinante al padre :
e quando questi si precipita sulla piccola salma gli pianta
l'ascia in mezzo al petto, ed esulta:
Ich erschlug ihn ! — Das ist Walthers Richtbeil !
E lascia cadere anche sé stessa sulla sua spada.
L'episodio di papa Leone servì al Werner anche per
un altro scopo: il papa santo fu quel messo della divina
Provvidenza a cui il Werner, ritornato a una struttura di
dramma analoga a quella del Kreutz and der Ostsee, ri-
tornò anche questa volta per le ragioni che conosciamo.
Anche sotto questo aspetto, V Attila mostra però un
progresso sulla Weihe der Kraft e sugli altri drammi ante-
riori. Per quanto umanizzati, Theobald e Therese avevano
infatti ancora una natura angelica; papa Leone invece è
bensì un santo, ma è un personaggio storico, un uomo di
carne e d'ossa. E quando alla corte di Roma egli butta in
faccia alla corte la sua corruzione e quando egli si presenta
ad Attila e gli si impone con la maestà semplice delle
sue parole, egli è un vegliardo venerabile, a cui la santità
dà una potenza misteriosa, ma spiegabile.
Senonchè il Werner non seppe restar coerente a questa
impostazione. Facendo di papa Leone il messaggero delle
sue idee, egli finì col sovrapporre alla sua personalità sto-
rica definita precisa e vivente un altro personaggio che fu
di nuovo un'astrazione. E avendo riprodotto nel suo
dramma anche la leggenda della apparizione celeste, finì
coll'addossargli anche tutte quelle virtù sovrumane che*
aveva dato allo (( Spielmann » nel Kreutz an der Ostsee.
E ripetè ancora una volta l'errore allora commesso (78).
// dramma dell'utopia erotico-mistica 281
Che papa Leone infatti possa presentire, nell'arrivo di
Attila, il castigo di Dio, si capisce facilmente, dato il suo
animo pio e data la fama che di Attila coneva : ma papa
Leone sa — prima che essa glie lo lasci trapelare — come
Onoria ami Attila e la conforta anzi nel suo amore, e sa
anche persino il momento preciso in cui Attila dovrà mo-
rire. E il Werner spiega il momentaneo rivolgimento
che si produce nell'anima di Hildegunde, quando essa lo
vede, col fatto che Leone libera la donna dai demoni da
cui essa era ossessa: (( Entweiche, Geist der Nacht».
E, come lo (( Spielmaim » congiungeva Warmio e Mal-
gona, così ora papa Leone toglie Onoria alla prigione in
cui l'imperatrice l'ha rinchiusa accusandola di aver pro-
vocato l'impresa di Attila con le sue reclamazioni del do-
minio di cui era stata spogliata, la toglie alla prigione e
la conduce ad Attila nel momento in cui egli è presso a
morire. Ora, se era naturale la prima andata di lui al
campo di Attila, dato il pericolo in cui si trovava Roma,
la sede della religione di cui egli era capo e sostegno, il
suo ritorno colà solo per condurre ad Attila, prima che
muoia, la sua amante predestinata, è invece piccino e quasi
comico. Colui, che era apparso gigante quando, dopo di
aver implorato il consiglio e l'assistenza divina, era mosso
solo con pochi vegliardi inermi contro il nemico fiero e
temuto, colui che aveva vissuto momenti di così sublime
elevazione e di commozione così profonda, diventa ora
un fantoccio, o, se volete, un ruffiano. Il che per un papa
non è funzione troppo decorosa, anche se si tratti di con-
(78) Minor, op. cit,, p. 45.
282 Zacharias Werner
giungere un eroe come il re Unno, con una Santa, come la
sorella dell'imperatore di Roma, e anche se l'amore loro
è previsto nei registri di Dio.
E non contento di ciò, Leone redime anche Hildegunde,
sebbene la mandi all'inferno.
Leo. — Liebst du den Walther noch ?
HiLD. Ich lieb' ihn ewig.
Leo. — Zeuch' ein zur Qual. — Auch in der Hòlle Gluten.
Kann Liebe kiihlend noch herniederfluten.
Tutta l'ultima parte ne risulta complicata, confusa,
artificiale. Essa è complessivamente mancata (79).
*
* *
Da tale osservazione però all'affermare che V Attila
segni nell'attività drammatica del Werner un regresso,
il passo è lungo (80). Anche la condanna totale del-
l'ultimo atto, ripetuta spesso dopo Madama di Staèl (81), è
ingiustificata per più rispetti, essendo, ad esempio, l'azione
di Hildegunde svolta con grande verità ed evidenza
tragica.
Considerato il dramma dal lato della sua struttura sce-
nica, esso conserva la maestria prima raggiunta. Il' Werner
diede ad Attila, ad Hildegunde e al popolo unno il primo
(79) Ibid., p. 47.
(80) Cfr. anche DiJNTZER, op. cit., FraNKEL, op. cit.. passim.
E V. il Minor, op. cit., p. 44: «Attila bedeutet eher einen Ruckschritt
als cine Entwicklung » . Il giudizio dipende da quella manchevole
interpretazione del dramma, a cui già accennammo.
(81) De l'Allemagne, Parte IL cap. XXIV.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 283
atto, a Onoria, papa Leone e alla corte Romana il
secondo atto, senza mettere però le due parti a contatto.
Ciò è senza dubbio per la rappresentazione teatrale una
debolezza, in quanto l'interesse dello spettatore non ne
viene sovreccitato, ma è per la lettura un vantaggio, in
quanto meglio equilibra il dramma. Il terzo atto contiene
lo svolgimento dell'azione di Aetius, il quarto la venuta
di papa Leone al campo unno e la crisi generale che ne
nasce, il quinto la catastrofe finale. E quanto alle sin-
gole scene è ripetuta con la stessa arte usata antecedente-
mente la preparazione allo sviluppo del dramma, in scene
descrittive di intensità crescente.
Certo voi non ritrovate più neiri4//i7a quell'ordine
e quell'equilibrio di struttura scenica che trovaste nella
Weihe der Kraft (82) (la complessità stessa dell'a-
zione lo impediva), ma non vi ritrovate neppure quel
dualismo nello sviluppo dell'azione, in cui l'organismo di
quel dramma si era franto. Il Werner ha raggiunto una
maggiore unità (83). Preoccupato solamente di fondere il
suo pensiero in una storia di sentimenti umani, egli subor-
dinò tutta la trattazione a questo intendimento, e, mentre
per una parte escluse gli arabeschi romantici intrecciati
nella storia di Lutero, restò ugualmente lontano dalla cura
di quei particolari storici, che nel Lutero aveva dimostrato.
Anche quanto fu osservato a proposito dei caratteri
deìV Attila (84) ha in questa tendenza la sua spiegazione.
I genitori di Lutero, Lutero stesso, Carlo V hanno segni
(82) FranKEL, op. cit., cap. II, passim.
(83) Caotica la trova il MlNOR, p. 47. ma la farragine è solo
apparente.
(84) Frankel, loc. cit.
284 Zacharias Werner
più evidentemente caratteristici che non i nuovi perso-
naggi della nuova opera : ma la differenza sta tutta in quei
caratteri che io già chiamai esteriori della personalità e
che non influiscono sulla sostanza della vita interiore, ma
ne determinano solo certe forme di manifestazione.
NeW Attila invece tutta l'attenzione è concentrata sopra
l'essenza della personalità, sopra quel problema psicolo-
gico di cui tutta la vita fondamentale dell'individuo è
determinata : sarà in Hildegunde la sempre crescente osses-
sione della vendetta e la voluttà malata di un amore, che
nella vendetta cerca la sola soddisfazione che gli rimanga ;
sarà in Attila la ferma volontà di giustizia e il contrasto
fra la tenerezza del cuore e quella sua volontà inesora-
bile; sarà in Onoria l'isterismo erotico, che, tingendosi
di estaticità mistica, estrania dal mondo e rende sempre
più diafana la vita spirituale; sarà in Aetius la smania
ambiziosa che trascina a mal fine tutte le qualità buone
che egli possiede : in tutti i casi il Werner anziché cercar
di integrare questo carattere fondamentale dei personaggi
con altri caratteri secondari che determinino la maniera
come esso si rivela, trascura per lo più questo facile espe-
diente e riesce ad approfondire il problema principale.
È indubitato che in tal maniera il Werner attenua ta-
lora la teatralità dell'opera ; ma è pure egualmente certo
che il dramma ne acquista in profondità. Talora il Werner
nello svolgere il motivo scelto esagera per desiderio di un
colorito vivo e cade in forzate artificiosità ; lo potete os-
servare in Attila quando uccide l'Unno che vorrebbe
distoglierlo dalla clemenza coi vinti o quando fa da giu-
dice ; lo potete osservare anche nella pittura della corte
di Roma — quella pittura che Madame de Staél giudicava
mirabile — ; ma Attila non è una individualità meno de-
// dramma dell'utopia erotico-mistica 285
terminata idi quanto fosse quella di Lutero e l'amore nella
sua anima ottiene una assai più efficace rappresentazione.
Se poi l'evoluzione che si produce nell'anima di Katharina
dà a lei più vita forse di quanta il poeta abbia saputo
mettere nella inalterata e per così dire statica estasi di
Onoria, la figura di Hildegunde invece, attraversando
continuamente la nuova opera, vi porta soffi di passione
selvaggia e le ebbrezze oscure e tragiche di un'anima che,
perso ogni equilibrio, vive di fantasie morbose e perverse.
Così V Attila rappresenta nella storia del dramma wer-
neriano ancora un passo innanzi verso quella forma di
dramma che egli cercava. Ne avete una riprova anche
in ciò, che, mentre lo svolgimento della storia umana, in
cui le idee mistiche son fuse, è ancora in parte arti-
ficioso, non subisce d'altra parte più deviazioni per in-
fluenze esterne e si sermonizza dai personaggi meno di
quanto negli altri drammi avvenisse.
Il Werner intitolò anche l'Attila « eine romantische
Tràgodie », come le anteriori. Materia medioevale, reli-
giosità, spirito mistico, colorito storico, unità del dramma
in una unità di pensiero, quegli elementi, che egli aveva
comuni coi romantici e non soltanto preso a prestito da
essi momentaneamente, si trovano anche qui. E anche qui
avete sparsa la lirica qua e là nelle diverse scene. Ora
però il Werner ha limitato meglio e più sapientemente or-
dinato nei diversi momenti dell'azione quella lirica, subor-
dinandola all'effetto drammatico, come ha meglio subor-
dinato a tale effetto anche le descrizioni che intendono
dare un colorito storico o religioso all'opera. È dramma
storico, ma è dramma : i metri lirici stessi da lui adoperati
(forse in essi si deve ravvisare l'influenza del Faust del
Goethe) hanno ricevuto una forma che a tale effetto cor-
286 Zacharias Werner
risponde (85): quando, ad esempio, Hildegunde nell'ul-
timo atto è ripresa dal tetro e sinistro turbine di vendetta
e di odio, il verso ansimante e accelerantesi in un con-
tinuo crescendo esprime assai bene nella sua sinfonia di
suoni cupi il tumulto che in lei si è scatenato.
Das ist sein Blut
Des Heissgeliebten
Treuen Jiinglings!
Hier drang es den lockigen Nacken
Das Beil
Das Grause
Des Attila,
Dem ich, des Gemordeten Braut,
Die Hand will reichen !
In Nacht und Schrecken den unten waltenden Dunkein
Zu rachen das blutende Haupt des Treuen :
Dem konnt' ich entsagen?
Ich fiihr es schon,
Wie 's in mir wuhlt :
Es sind die Schauer der Unterwelt.
Uinschlingt, blutdurstende Unsterne, mich,
Euch will ich, Euch will ich folgen, Euch ;
Urnhiillt mich, erfiillt mich mit Dunkel und Rache,
Euch such' ich, dir fluch' ich, verfiihrendes Licht.
Di tutte le tragedie che esaminammo finora, questa è
la più malata; ma la fantasia del Werner, appunto perchè
è rmscita a chiudersi in un mondo d'eccezione tutto per-
corso da brividi morbosi — fedele specchio della sua
(85) Turbava il Minor questo mutamento di metro: v. op. cit., p. 43.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 287
propria vita. — ha potuto affermarvi con maggior forza
la sua virtù evocatrice.
III.
Una delle idee principali del Werner — che lo « Hòhe-
punkt )) dell'amore è da cercarsi nella morte — non ha
però avuto finora una adeguata rappresentazione. Il Werner
aveva ispirato, nei Sòhne des Tales k questa idea sol-
tanto la ballata del cavaliere di Sidon; aveva poi im-
postato il motivo nel Kreutz an der Ostsee e la condotta
dello (( Spielmann » era stata dettata da questo pen-
siero, ma lo svolgimento dell'azione era riservato alla se-
conda parte e non venne più trattato. Nella Weihe der
Kraft raggiungono nella morte l'ideale del loro amore
Theobald e Therese ; ma essi son creature angeliche, la
cui vita è come un lento svanir di tutto ciò che vi è in
loro di corporeo, la cui morte è un ritorno alla primitiva
purità celestiale : l'unione di amore e morte è nel mo-
mento del loro dipartire fugacemente accennata. Nel-
V Attila raggiunge il re Unno nella morte l'amore, ma
improvvisamente, perchè papa Leone ha provveduto a
tutto e gli ha anche spiegato, come quella che a lui è con-
cessa sia la (( suprema voluptas )) ; ma né la nostalgia
verso quella unione finale, né il tendere cosciente o inco-
sciente verso di essa, né il godimento spasmodico di
quell'ora di totale annichilamento vi furono descritti.
Il Werner affronta ora — dopo l'esperienza dell'ai /-
tila — nel nuovo dramma Wanda, Konigin der Sar-
288 Zacharias Werner
maten il problema (86). E non solo lo affronta da un
punto di vista psicologico risolutamente, secondo le ten-
denze che neW Attila vedemmo affermarsi, ma tenta di
rappresentarlo nella sua genesi, nella sua vertigine, nella
sua soluzione finale, tenta di spiegarlo per mezzo della
eccitazione che un conflitto d'amore provoca nell'anima e
nei sensi dei suoi due nuovi personaggi. È la logica conti-
nuazione di quello svolgimento che siam venuti trac-
ciando.
Mostrando in Hildegunde lo sconvolgimento che l'amore
terreno può produrre nella natura umana, aveva creato già
una figura di donna isterica ed esaltata : una analoga vita
patologica dà al Werner la soluzione del nuovo problema
che egli si è posto.
Il vizio d'origine, che — sotto questo aspetto — lo svol-
gimento del tema presentava nel Kreutz an der Ostsee
e neW Attila, consisteva nel fatto che il personaggio mi-
stico superiore dal Werner introdotto nei suoi drammi era
colui che conduceva l'azione a questo scioglimento finale :
i personaggi di per sé non vi giungevano attraverso una
loro crisi sensuale o sentimentale : essi facevano ciò che
il personaggio mistico loro consigliava. Ora invece nella
Wanda, dati i suoi nuovi proposito il Werner non diede
(86) Il dramma fu concepito in Praga quando il Werner vi passò du-
rante il suo viaggio a Vienna, nella primavera del 1807, e fu condotto a
termine a Vienna prima della fine dell'estate. Cfr. la lettera allo IfHand
nel Teichmann, op. cit., p. 288, e la risposta di questo, ibid. Quanto
però il Werner qui espone riguarda assai più la tecnica e la tea-
tralità dell'opera che la tendenza di essa e il pensiero che vi si
esplica. Su questi v. il Prologo, e alcuni cenni che il Werner
dà in varie lettere: v. « Blatter f. 1. U. », 1834, p. 1347. e VlERLING.
op. cit., Appendice cit.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 289
più tanta importanza al personaggio mistico. Egli vi
ricorse ancora: ma la funzione di quell'essere fantastico
venne ridotta a una spiegazione teorica dell' Erlebnis dei
due eroi, e, per ciò, a una specie di riprova e con-
ferma della verità dell'idea per bocca di una creatura so-
prannaturale. Siccome il personaggio mistico spiega ai
due amanti la verità e non a parte all'uditore, così quella
conferma e quella riprova si rispecchiano anche nella loro
storia: ma l'eco che esse vi hanno, non ne è uno dei fat-
tori essenziali. Esso ha come conseguenza che i due amanti
trascinati dal turbine della loro passione, dal tumulto te-
nebroso delle loro emozioni, verso la morte volontaria, lo
facciano avendo coscienza di quanto fanno, e si abbando-
nino alla loro istintiva frenesia completamente, senza
aver più nessun ritegno interno nella opposizione e nella
ripugnanza della loro coscienza morale. Lo stimolo vero
della loro azione non è quindi nelle parole della divinità,
ma nella loro passione. Anche senza quelle parole essi sa-
rebbero condotti alla stessa fine : forse ciò sarebbe avve-
nuto attraverso conflitti interiori in parte diversi : ma ciò
sarebbe avvenuto egualmente (87).
Così il personaggio mistico ha qui finalmente una parte
completamente passiva (88); fa apparizioni fugaci e mo-
mentanee per tosto dileguare, e lascia in generale che ciò
(87) Sfuggì questo al Minor che pure scrisse sulla Wanda quanto
di meglio sia stato scritto finora. Cfr. anche, oltre il DuNTZER, op. cit.,
sopratutto la introduzione che premise il BreCHLER alla edizione da lui
curata dalla Griindung Prags di Clemens Brentano. (C. Brentanos
Sàmmtliche Werke hrsgg. v. D. BrECHLER und O. SaUER, X,
Munchen, 1910, p. 19 e segg.).
(88) Il Minor, op. cit., p. 55 trova che qui il Werner ridusse le
sue tendenze mistiche e fece concessioni al pubblico più di quanto da
lui ci si potesse aspettare.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 19
290 Zacharias Werner
che la fatalità vuole avvenga attraverso la vita che gli
uomini stessi vivono.
Ma appunto per questa ragione accade ora che il
Werner, dopo di aver cercato coi drammi precedenti di
dare al personaggio mistico una sempre più intensa uma-
nità e una sempre più terrena realtà, malgrado il suo
nuovo indirizzo ritomi alla creatura soprannaturale. Non
solo gli parve necessario, perchè il valore di quelle pa-
role diventasse maggiore per la divina origine, ma cre-
dette che un personaggio storico reale, che avesse una
funzione così passiva nel dramma, dovesse sembrare in-
giustificato, essendo la partecipazione dei personaggi ai-
Fazione la sola causa che ne renda legittimo l'intervento.
Il Werner si preoccupò però anche stavolta di accre-
scere l'illusione di verità dell'apparizione celeste, fa-
cendo che lo spirito che compare fosse in relazioni perso-
nali con l'eroe e in parentela diretta con l'eroina, quindi
personalmente interessato alle vicende che si stanno svol-
gendo. Anzi trovate in ciò uno sforzo di verità poetica
anche maggiore di quanto fosse accaduto nella Weihe
der Kraft: Theobald e Therese sono solo amici di Lu-
tero e di Katharina, e nel Kreutz an der Ostsee lo
« Spielmann » non ha con i personaggi dell'azione nessun
rapporto sentimentale.
Per la rappresentazione della identità di amore e morte
il dramma fu quindi scritto e tutta la composizione fu
dominata da questo proposito (89). Quell'indirizzo verso
l'analisi psicologica di singole individualità che trovammo
fra i caratteri salienti di questo periodo dell'attività dram-
(89) Il Minor, loc. cit., lo considera invece come un dramma sto-
rico di stampo schilleriano e necessariamente lo fraintende.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 291
matica werneriana e rilevammo già nelle due tragedie
anteriori, raggiunge qui per questa via la sua più piena
affermazione. Già la storia di Lutero e la storia di
Attila sono storie di individui accentrate intomo alla
loro storia di amore : ma esse si svolgevano ancor sempre
sullo sfondo di grandiosi avvenimenti storici, politici e
religiosi come erano la riforma protestante e la caduta
dell'impero romano. Una lotta di due popoli si ripre-
senta nel nuovo dramma, ma tutto ciò che trascende
la storia di amore, da cui la lotta trae origine, viene
completamente trascurato (90). Sebbene i tempi descritti
siano lontani, e i popoli vi vivano una vita diversa dalla
nostra, la pittura d'ambiente è ridotta a poca cosa, e gli
episodi mancano completamente. I due eroi amanti do-
minano soli con la loro tragica vicenda (91).
Riidiger è principe dei Rugi e Wanda è regina dei Sar-
mati. Quando Riidiger giovane cavaliere, correva il mondo
in cerca di avventure e di onore, udì della regina Libussa
in Boemia, come essa avesse una miracolosa scienza e una
miracolosa potenza e si recò alla sua corte. Colà vide egli
I
(90) Io credo che questo fatto si debba riconnettere alla prima genesi
psicologica dell'opera e non a intendimenti letterari, come sinora
si fece.
(91) Le fonti storiche principali sono la Fiaba, raccontata anche dal
MuSAUS nei notissimi Vol^smarchen, e la Tscheschische Chronik
dello Hayek VON LiboTSCHAN, Si fecero di quest'ultima parecchie
traduzioni tedesche: una comparve anche a Berlino, 1787.
Siccome l'informazione storica servì al Werner, sempre, come sap-
piamo, sopratutto alle scene episodiche per dare il colorito al dramma
e siccome invece questa volta egli di quest' ultimo si curò pochis-
simo, avendo concentrato tutta la sua attenzione sopra un unico pro-
blema psicologico e artistico, cosi le fonti storiche hanno per questo
dramma scarsa impo^anza.
292 Zacharias Werner
per la prima volta Wanda, parente di Libussa e se ne in-
namorò : (( Ich sah* sie und wie ein Blitz durchzuckt's mich
bebend, als bàtte ich eher sie noch als mich gekannt».
Fu ricambiato di amore, ma si dovette da lei separare per
recarsi in guerra. Wanda è divenuta regina ed egli prin-
cipe. E si amano ancora, sebbene non si siano mai più
veduti. Ma Wanda crede Rùdiger morto e ne porta il
lutto in cuore. Invano tentano di spingerla a sposarsi sud-
diti e cortigiani, desiderosi che un uomo l'assista nella
difficile impresa del governo (92). Wanda per liberarsi
dalle insistenze fa voto sull'altare di restar vergine, perchè
non potrà mai romper fedeltà all'uomo a cui un amore
eterno la congiunge. Riidiger invece sa che essa è diventata
regina e viene a lei. Manda a chieder la sua mano e ne
è respinto. Egli si sente giovane ed eroe : farà guerra,
vincerà e farà di lei la sua sposa. E lo promette solenne-
mente ai suoi sudditi :
Noch eh' sich neu des Mondes Schelbe fiillt,
Bìn ich der Kònig jener Konigin.
Prima di decidersi a dar battaglia si presenta a lei.
Ma è troppo tardi, ora che essa ha fatto il voto.
Hatte ich dich frtìher oder nie geschaut !
È la sua risposta. Non cede essa ? Egli dunque la con-
quisterà.
(92) La leggenda svolgeva la rivalità fra i cortigiani per giungere
alla mano della regina Libussa, come svolgeranno poi il Brentano e
il Grillparzer nei loro drammi : il Werner trasportò il motivo nella
storia di Wanda, per motivar l'azione. Cfr. la Tscheschische Cro-
nik cit.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 293
Nasce così un conflitto simile a quello della Pente-
silea del Kleist (92 bis). Anche Pentesilea ama Achille e
anche Pentesilea non può seguirlo come esige Achille,
in cui l'eroe si è risvegliato. Lei, la regina delle Amaz-
zoni, deve condur lui, l'eroe, con sé nel tempio di Diana
a Temiscyra, e non può abbandonare il suo popolo per
seguir l'eroe che ama. Il Kleist sviluppa, è vero, in lei
un sentimento di orgoglio ferito e di ferita ambizione di
dominio, quando il messo di Achille le giunge e le annun-
zia che l'eroe l'invita a duello singolare; ma ciò che la
conduce alla furia è il fatto che essa sente di non poter
soddisfare l'amore suo: crede che Achille non la voglia
seguire, e, se egli non la segue, non vede per il suo amore
salvezza. Già una volta fu vinta da Achille, ma, quando
questi si mostrò docile e innamorato di lei, fiorì ciò mal-
grado nella sua anima l'idillio. Non è quindi la sua ambi-
zione sola che la fa respinger l'idea di seguire Achille, ma
il divieto divino che glie lo impedisce. Il conflitto fra la
coscienza di perdere Achille e la coscienza del divieto
divino produce nella sua anima passionata e tempestosa
uno sconvolgimento : le par che Achille non l'ami abba-
stanza, non l'ami come ella vuole essere amata ; più non
appare che una via: ucciderlo, saziare il proprio amore
e il proprio orgoglio nel suo sangue.
In parte simile è anche la condizione di Wanda e di
Riidiger. Anche Wanda è combattuta fra il voto che ha
(92 6is) Avvertì l'analogia il MlNOR, op. cit., p. 57, ma non la svolse
e non ne mostrò i vari elementi simili né le varie discordanze. Ne di-
scorse in seguito anche il KayKA, Kleist und die Romantik, Berlin, 1905,
passim, ma per esaltare il Kleist egli depresse il Werner a un puro
e semplice « Coulissendichter », senza curarsi di intenderlo.
294 Zachariaa Werner
fatto e la paura di perder Riidiger. E Riidiger è esaspe-
rato di non poter aver Wanda. Non vi è che una via: la
morte. I due amanti si incontrano nella battaglia:
Wanda. Ha! — Er lebt! Ich kann ihn todten, liebend mit
[ihm untergeh'n.
RUDIGER. Stahl! — Dich wird ihr Herzblut roten! — Hass, dir
[wird dein Recht gescheh'n.
Con la massima chiarezza si esprime lo stato d'animo
dei due amanti nelle parole di Wanda :
Soli ich den Demani nicht besitzen,
So will ich ihn zermalmen, ihn und mich.
Una differenza profonda s'apre a questo punto fra la
.storia di Pentesilea e quella di Wanda. Mancando in
Wanda l'ambizione che è in Pentesilea, manca in lei
anche l'odio e la furia: e una sola volontà si impadronisce
di lei, la volontà di annientare lui, l'amato e se stessa
al medesimo tempo* Le parti sono come invertite : Achille
era deciso a seguir Pentesilea e la sfidava per lasciarsi
vincere. Riidiger, invece, è colui nella cui natura di eroe
passa un po' del furore della Sacerdotessa greca.
E la differenza diventa sempre maggiore. La storia
interna di Pentesilea si arresta a questo momento: quando
Achille è stato ucciso ed è mezzo divorato dalle cagne,
il Kleist fa che anch'essa si getti fra le cagne selvaggia-
mente e lo baci e lo morda, sì che tutto il viso le viene
insozzato di sangue ed ella resta ossessa dalla visione,
ebbra di voluttà e di dolore, quasi pazza. Il Kleist rappre-
sentò così nella verità patologicamente una scena di per-
versità sensuale; il Werner, che doveva, come già avver-
timmo, condurre i suoi due amanti coscientemente ad una
// dramma dell'utopia erotico-mistica
295
morte nel pensiero di elevarsi in tal modo, svolse in
Wanda la storia intima ulteriormente.
Egli fece perciò comparire in questo istante lo spirito
della protettrice Libussa; la quale spiega il werneriano
Vangelo androginico :
Alles, was erschaffen ward,
Ist von Ewigkeit gepaart.
Jeder sucht im schnellen Lauf
Das. fiir ihn Erschaffne auf.
E le vergini che fan corteggio alla grande regina dei
Boemi cantano intanto un mistico canto d'amore :
Schwimmend in Diiften zieh'n
Wir, und in Wogen bliih'n
Wir, und in Strahlen gliih'n
Wir — suchen Ihn.
Und wo wir hin auch zieh'n,
Alle die Wege bliih'n.
Alle die Tone gliih'n
Immer nur — Ihn.
Wanda perde ogni sentimento che non è d'amore. L'amore
è santo: la comparsa di Libussa e il suo linguaggio oscuro
volevano dire che il suo voto era nullo perchè violava la
suprema legge della natura. Wanda si accosta quindi a.
Riidiger e gli mette in dito l'anello che Libussa le ha
regalato e lo chiama suo fidanzato. Ma Riidiger non può
più accettar quell'amore; l'orgoglio suo non glie lo per-
mette ; egli ha giurato al suo popolo di vincerla e di con-
quistarla : come può accettar in dono ciò che doveva esser
frutto della sua forza e della sua vittoria ? E desidera la
morte ancora sempre. Non vede salvezza al di f«ori di
296 Zacharias Werner
essa. Restituisce a Wanda l'anello, ma baciandolo per
un'ultima volta, vi legge le parole che Libussa vi incise :
Natur halt Schwur ;
Natur ist treu ;
Natur ist todt;
Natur ist frei ;
Du, Menschengott,
Sey die Natur.
Quelle parole spiegano a Wanda la verità. Essa non
deve rompere il voto, e l'amore vero è nella morte. Anche
Libussa lo aveva cantato: l'amore vero è « in der ewigen
Liebe )) .
Selig ruht sie in dem Schoss,
Dem sie freudig einst entspross (93).
Il sentimento si complica e si muta. Non è più la voluttà
del suicidio, ma la voluttà di venir ucciso e di venir ucciso
dalla persona amata. Un duetto che fa rabbrividire si
svolge fra i due amanti :
RiJD. Jetzt wirst du liebend mich ins Reich der Schatten tragen !
Wanda. Ich dich } — Das Weib ? — Du bist ein Mann ;
Du kannst das gràsslich Schone wagen !
ROd. Gib' dem Brautigam, o Braut, den sussen Tod !
Zu deinen Fùssenfleht der Brautigam — den Tod !
Riidiger minaccia di uccidersi da se, se Wanda non lo
vuole appagare. E Wanda si induce alfine. La più ribut-
tante scena si svolge ; scena di voluttà e di sangue, di
(93) La lunga predica di Libussa venne sostituita nel testo per la
rappresentazione di Weimar con un Sonetto, riportato anche nelle
Sàmmtliche Werke. Cfr. Goethe und die Romaniik cit.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 297
baci e di morte; tutta l'ebbrezza del male vi compare
innanzi con i suoi gorghi vorticosi. Wanda è (( zitternd»
durchzuckt von Wonne und Qual ».
Ich Ungliickselige von alien,
Und doch allmàchtig schwelgend in Genuss !
Konnt'ich zerrinnen in diesem Gluterguss!
Una vampata di sensualità divorante la arde togliendole
ogni volontà ed ogni titubanza. E, prima di ferirgli il
cuore, ella gli passa la spada sul collo sì che il sangue ne
sgorga a fiotti : (( Wanda wird von einem Strome ihr
gewaltsam entquillender siisser Zàhren bedeckt, indem
sie den Rudiger mit der rechten Hand, worin sie das
Schwert hàlt, umschlingt und ihm mit der linken die Haare
von der blutigen Stime wrischt )) . Ed è la vista di quel
sangue che le dà la forza — in un parossismo sfrenato — di
compiere l'atto che Rudiger invoca. E quando finalmente
lo ammazza è (( wiitend » , una furia — poi lo abbraccia
convulsa, « kràmpfigt » , immergendo se stessa nel suo
sangue, e cade estenuata.
Vi ribellate di fronte a questa rappresentazione veri-
stica di esseri in cui un torbido misticismo ha distrutto
ogni senso morale. Siete nauseati e sgomenti che la fan-
tasia di un uomo possa indugiare così sopra una tale scena ;
eppure appunto questa scena mostra una delle forze del
Werner nella maniera più evidente. Essa è il naturale
e conseguente epilogo di quella corrente di erotismo mi-
stico e di realismo patologico, che abbiamo finora se-
guita (94), e, se voi riuscite a superare la ripugnanza, do-
(94) V. Gap. III. parte I e II.
298 Zacharias Werner
vete riconoscerle, da un punto di vista puramente poetico,
potenza e ardimento. Non regge al paragone con la fine
della Pentesilea, perchè essa è viziata dalla tendenza
a santificare un fenomeno di amoralità, che doveva essere,
come nella Pentesilea, una semplice scena di malattia ;
ma nella minuzia descrittiva, nell'analisi della passione
e della febbre sensuale, nei suoi successivi momenti, nella
brutalità stessa della rappresentazione essa è talora su-
periore al racconto che della scena fa fare il Kleist.
Malgrado la aberrazione, che rivela il suo pensiero,
il Werner è riuscito a creare in Wanda una figura di
donna malata, come era riuscito nella figura di Hilde-
gunde. Egli ha veduto chiaro nello sconvolgimento della
sua psiche ed ha espresso con determinatezza e preci-
sione quella tempesta tragica.
Una riprova è nel modo come il dramma finisce. Rii-
diger è ora morto e Wanda è sola. Ed h^ deciso an-
ch'essa di morire. E il Werner ritrae assai bene lo stato
d'animo suo, ed integra assai bene nell'ultimo atto la
sua figura. Ancora passano nei suoi nervi le ultime vi-
brazioni della voluttà tremenda che tutta l'ha squassata
e come inabissata :
Wild Gelust ! Das Herz geht unter !
Doch die Lust ergreìft 's und — lacht! —
Und das Herz rast, bis blutig
Es sich selbst zerfleischet hat.
Ma a poco a poco quelle vibrazioni si attenuano, e
lasciano che lentamente la coscienza ritorni, e l'essere così
sconvolto riprenda chiarezza di visione, volontà. Non
poteva ciò avvenire di Pentesilea, travolta dalla sua furia:
deve avvenire di Wanda che si spinse a quell'atto sapendo
// dramma dell'utopia erotico-mistica 299
ciò che faceva e senz'altro brivido che non fosse di voluttà
e di amore. Wanda ha chiaro il ricordo di quanto fece,
ma soffoca ogni tempesta d'istinti nel pensiero che an-
ch'essa fra breve morirà. E in quel pensiero essa — seb-
bene già si creda pura — tuttavia si sente ancora come
maggiormente purificata. Essa ridiventa serena, ridiventa
quello che essa era — regina. Tutta la terribile eccitazione
è come risolta nella ferma, regalmente incrollabile deli-
berazione. Essa morrà. E tutti piegano la fronte a quel vo-
lere, che sem.bra, nella vicinanza della morte, illuminarsi
di una luce di espiazione e di mistero, e irradiare in tran-
quilla pienezza. Wanda diventa una amante che aspira
al suo amato morto, una amante regina che ha una volontà
e la può attuare. Il popolo che aveva considerato l'ucci-
sione di Rùdiger come una vittoria di lei e inneggiava alla
sua forza eroica, quel popolo s'inchina improvvisamente
malgrado il suo dolore — s'inchina come se un'oscura ri-
velazione interna a tutti faccia sentire che quanto Wanda
sta per compiere è secondo giustizia, anzi secondo ne-
cessità. Wanda compare ora come uno spirito veggente;
e vive nello stato d'animo che conosciamo dall'insegna-
mento mistico del Werner sulla morte. Così giunta ad
armonia con sé medesima, trasfigurata dalla sua rinunzia
e dal suo amore, Wanda assume una grandezza maestosa
e triste. Prende congedo con placida serenità dal suo po-
polo; il popolo è là e la acclama: nessuno ha avuto mai
da lei se non prove di equità e di benevolenza. Essa può
prender congedo tranquilla. E si butta nelle fiamme (95).
(95) La morbosa anormalità della vita di Wanda impedi al MlNOR
(op. cit., p. 60) di riconoscere il valore artistico dell'atto.
300 Zacharias Wt
*
Anche più che neW Attila concentrò il Werner in
questo nuovo dramma tutta la sua attenzione sopra gli
elementi fondamentali del carattere degli individui rap-
presentati, sopra quegli elementi che, nelle crisi provocate
dall'azione, dovevano emergere e rivelarsi in tutta la
loro forza e trascurò tutti quegli elementi laterali che com-
pletano la figura presentata e le danno maggiori appa-
renze di realtà.
Ma impostato così il dramma, l'azione saltava in prima
linea, come nelle tragedie alla maniera francese. E il
Werner s'accostò ora — coscientemente — a questa
maniera. Scriveva infatti allo Iffland a questo proposito :
{( Es ist kurz, es hat eine regelrechte fortschreitende Hand-
lung, und ohngeachtet einer ihm noch einigermassen
anklebenden Tendenz zur Mystik, einen klar iibersehbaren
selbst dem Volke fasslichen Pian, kurz einen fast franzò-
sischen Zuschnitt » (96).
Soppresse le scene di ambiente, soppressi gli episodi
laterali, il Werner, concentrato il soggetto sulla sola scena
d'amore e morte, fece raccontare, come nelle tragedie
francesi, ampiamente una parte dell'azione, diede perciò
Valderon come confidente a Riidiger, Ludmilla come
confidente a Wanda, due personaggi che non han più
come Theobald e Therese una giustificazione simbolica e
una parte attiva nel dramma, per quanto siano personifi-
cazione dell'arte e dell'amore. Ma egli che sempre era
(96) Teichmann, op. cit., p 320.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 301
stato volto verso altre forme e per altre forme più era
adatto, non seppe né combinare l'azione in modo da tener
continuamente desto l'interesse in tutti gli atti, né dare
al racconto quella eloquenza e quella bellezza stilistica,
per cui la tragedia di Racine ha sempre slancio e volo
malgrado la sua uniformità enfatica. Il primo atto é quasi
tutto occupato dal racconto di Rùdiger a Valderon, il
secondo dal giuramento di castità di Wanda col dialogo
di Wanda e Ludmilla. L'azione si imposta solo nel
terz'atto con sicurezza, con l'incontro dei due amanti;
il quart'atto contiene l'azione vera e propria e il quinto
l'epilogo nella morte di Wanda. E il dramma, denu-
dato da tutti gli accessori, si presenta singolarmente
scarno e, fino alla metà del terz'atto, privo di vita (97).
Il Werner per renderlo drammatico non rifugge dal ricor-
rere ad espedienti che dessero all'azione efficacia teatrale :
(( Effekt, Handlung, Coups, kurz alles Nòtige )) inserisce
nell'azione principale medesima, ricca di contrasti improv-
visi e violenti ; ma ne risultò una complicazione voluta e
forzata, in cui é spesso palese l'artificio. Volendo evitare
uno scoglio il Werner cadde nell'eccesso opposto (98).
Per rimpolparla alquanto, egli diede poi alla Wanda
un regolare accompagnamento lirico. Aveva fatto già uso
sempre più ordinato e conscio di cori lirici ; ora se ne
servì per dar quelle (( Stimmungen » preparatorie allo
scoppiar del dramma, che altrove erano date dalle scene
descrittive. Cori guerreschi preparano nel primo atto il
racconto di Riidiger; cori guerreschi nel secondo atto
(97) Cfr. anche MlNOR, op. cit., p. 60.
(98) Teichmann, op. cit., p. 319.
302 Zacharias Werner
introducono nel mondo da cui la figura di Wanda regina
dovrà balzar fuori; cori di vergini intorno all'amore fanno
una specie di ouverture sinfonica all'incontro di Wanda
e Riidiger nel terz'atto; cori di vergini, lamenti elegiaci
di Ludmilla, canti guerreschi, cori mistici degli spiriti
che accompagnano Libussa, s'intricano nella grande scena
principale del quarto atto ; canti dolci e stanchi delle don-
zelle di Wanda fan penetrare nello stato d'animo di lei
che, svegliatasi dall' incubo tremendo, ancor vive come
in sogno; canti di vergini e di fanciulle l'accompagnano
al rogo; canti di sacerdoti chiudono il dramma.
Il Werner che aveva condannato già in Schiller il tenta-
tivo di suscitare il coro della tragedia greca e aveva con-
siderato quel tentativo come fallito, tentò ora, condottovi
dalla struttura data al suo dramma, quel che nello Schiller
aveva biasimato.
Ma egli lo fece con diversi intendimenti. I suoi cori ri-
flettono bensì le impressioni che lo svolgersi delle scene
producono sopra gli spettatori, ma essi hanno anche
un'altra funzione. Il Werner stesso ha sentito quel contrasto
che esisteva fra la voluttà malata e peccaminosa dei suoi
eroi e la mistica celebrazione che egli ne ha fatta; lo ha
sentito così bene che nel Prologo cerca di scusarlo dicendo
che egli dipinse questa volta l'amore presso gente ancor
barbara, ancor pagana, non ancor trasfigurata dall'influsso
purificatore del Cristianesimo (99). Fu probabilmente per
questa ragione che egli volle far sentire lo svolgersi della
vicenda come una legge della natura. Ciò riaffermava il
suo pensiero, esplicava meglio la sua concezione e giu-
(99) Prologo. Ausg. Schr., VII, p. 1.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 305
stificava al tempo stesso quanto egli descriveva. Una giu-
stificazione concisa e soprannaturale aveva dato Libussa;
in conformità di essa il Werner fece comparir la stessa
idea come confusa rivelazione sentimentale nell'anima dei
personaggi umani del coro, come legge di vita degli spiriti
da cui Libussa è accompagnata. Rimaneva Libussa nell'in-
determinato e nel vago; nel vago e nell'indeterminato
rimane anche il nuovo enunciamento delle oscure verità
mistiche. Errava nei canti la vaga nostalgia di pace che
s'agitava nell'anima del poeta stesso : le vergini di Libussa
cantano
Uns Jungfrauen nebelgrau
Uns netzt kein Regen nicht,
Uns warmt kein Sonnenlicht,
Uns kiihlt kein Tau,
Uns schmelzt keine Qual,
Uns labt kein Freudenmal,
Noch bunter Farbenpracht ;
Wir ruh'n in Nacht.
Docb uns im Innern bebt
Ein Ton der wiederklingt,
Ein Ton der uns durchdringt,
Der liebt und lebt.
Wenn dieser Ton erklingt
Dann ist der Leu versòbnt ;
Die Harfe lispelt Ruh'
Uns Miiden zu.
I
In questi crepuscoli della coscienza in cui il Werner
immerse i .suoi cori, appaiono le grandi verità mistiche
ed acquistano nella vaga misteriosità in cui restano avvolte
una solennità anche più sacra. E perchè quelle idee com-
304 Zacharias Werner
paiono durante e per le emozioni, che lo scatenarsi del
dramma provoca, così passa spesso nei cori la visione
confusa di quanto dovrà avvenire — e con la visione si
suscitano nelle anime quei medesimi sentimenti che l'azione
poi dovrà intensificare e rafforzare.
Dunkel ist der Sinn von deinen Tonen,
Doch es zleht mlch, wenn du sprkhst, nach oben.
Queste parole di Wanda a Ludmilla danno — come
già lo Iffland osservava — il carattere di tutta questa lirica.
E danno il carattere di Ludmilla, l'amica di Wanda, una
fanciulla ideale, una sorella di Therese, ma più dolce
e più affascinante di lei, perchè più vera e mantenuta
sempre nei limiti della umanità. È una personificazione
della (( Sehnsucht », che nella lirica così spesso si esprime:
è lo spirito di vero amore, che con la « Sehnsucht )) è tut-
t'uno. Ha perduto il suo amante Jaromir e sospira il
momento in cui lo raggiungerà : tutte le sue parole son deli-
cata poesia. Non sa nulla del mondo, ma,4)erchè intende
e vive in sé l'amore, così conosce per istinto una cosa
assai bene, il cuore umano. Wanda passa ed essa resta.
Abbellisce la vita ; è un'anima in tutta la sua primitiva
purità.
Ludmilla è una creatura romantica e romantica è la
lirica del dramma che in lei si è concretata in una figura
individuale. «Werner s'abbassa a Tieck )) (100), diceva
l'Iffland a questo proposito, disgustato di veder l'antico
protetto seguir vie affatto diverse da quelle che egli desi-
(100) Op. cit., loc. cit. La musica dei cori, per questa tragedia, fu
composta dal Destouches.
// dramma dell'utopia erotico-mistica 305
derava. Ma questo è appunto caratteristico pel Werner;
che nei tentativi suoi di comporre un suo dramma, mal-
grado il sempre più intenso affermarsi della sua persona-
lità, sempre in diverso modo ritorna ora a Schiller, ora
al romanticismo donde era mosso. (( Von der friiheren
Mystik — gli scriveva l'iffland — kann nicht mehr die
Rede sein. Nur ist es aber eine andere Mystik, und zwar
eine schlimmere: das Unbestimmte in dem Stil » (101).
Il Werner ancora una volta ha cercato sé stesso senza
riuscire a raggiungersi. È andato di nuovo errando per le
vie che altri già apersero e che gli si pararono innanzi.
Nella Wanda il ritorno ai romantici era anche più
facile, perchè le traccie della maniera Schilleriana non
vi esistevano più a trascinarlo in altra direzione. Egli
fece perciò più ancora che nelle opere precedenti (( eine
romantische Tragòdie », in cui il romanticismo è bensì
trasformato dall'esclusività mistica e erotica delle idee
w^emeriane, dalla sensualità di sentimento della vita attra-
verso di cui il Werner lo fa passare, e bensì ordinato
in una struttura che non gli è propria per la tragedia fran-
cese a cui il Werner mira, ma si è pure affermato in forme
sue proprie. E ancora una volta si franse l'unità stilistica
e artistica della sua opera.
Malgrado le debolezze che la guastano e la rendono
inferiore ad altre tragedie, la Wanda continua però
l'evoluzione del dramma w^erneriano nella soluzione dei
problemi fondamentali intorno a cui questo si aggira. È
una tragedia scarna, schematizzata sopra un tema di
novella; ma la unità organica di concezione è superiore
(101) Teichmann, op. cit.. p. 322.
G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 20
306 Zacharias Werner
alle altre, la fusione del pensiero in una storia umana è
maggiore e il realismo si afferma con una conseguenza così
inesorabile nella esecuzione che vi sgomenta. La grande
scena del quart'atto e l'ultimo atto sono fra le cose
migliori, più sicuramente impostate e più profondamente
svolte, che il Werner abbia composto. Fu per ciò
che, fra tutti i drammi del Werner che finora abbiamo
esaminati, il Goethe fece rappresentare questo solo sul
teatro di Weimar.
CAPITOLO QUINTO
La " Schicksalstragòdie „.
L'idea del fato, che domina al disopra degli uomini e
degli umani eventi e or direttamente ora indirettamente at-
traverso conflitti di passioni li guida, non si esplica sol-
tanto nella Wanda, ma è, come già avvertimmo fin dal
secondo Capitolo, uno dei caratteri fondamentali di tutti i
drammi wemeriani, necessario riverbero della conce-
zione dell'uomo e della vita che il Werner si è formato.
Un sentimento fatalistico della vita domina, del resto,
sopra tutta la poesia romantica dal Blaubart del Tieck
air^lxe/ und Walburg deH'Oehlenschlàger, dallo Halle
und Jerusalem del Fouqué a\V Ezzelino dell'Eichen-
dorff (I): Wilhelm Schlegel considera il problema del
(1) Cfr. WendrinER, Das romantische Drama, cit., p. 100 e passim.
Il Wendrlner però vuol ricondurre questa tendenza letteraria a un in-
flusso del Wilhelm Meister, il che non è possibile. Questo con-
tiene bensì delle considerazioni sul fato, ma l'influenza di un libro
non è mai di frammenti isolati, sibbene delle qualità da cui l'opera
intera è dominata. E nulla è per verità più lontano dal fatalismo
che il pensiero, secondo cui Wilhelm Meister ascende a modera-
tore e signore della propria vita.
308 Zacharias Werner
fato come problema sostanziale della tragedia e tra-
duce da Calderon La devocion de la Cruz (2) e lo
Hoffmann celebra in quell'opera (( die geheimnisvolle
dunkle Macht, die iiber Getter und Menschen waltet » :
(( Der Zuschauer hòrt wie in seltsamen ahnungsvollen
Tònen die ewigen unabanderlichen Ratschliisse des Schick-
sals, das selbst die Gòtter béherrscht, verkiindet
werden )) (3).
Si cercarono le ragioni di questo fatto e ogni studioso
ne indicò una diversa : non fu risultato di una ragione sola,
ma fu, come ogni fatto storico generale, risultato di un
concorrere di parecchie ragioni insieme. Presso taluni pre-
valse un elemento, presso altri un altro elemento e
presso tutti lo assurgere del fatto a uno stato di coscienza
generale. Certo vi contribuì per molta parte quella rea-
zione del sentimento e della fantasia contro la aridità della
« Aufklarung », che vedemmo accompagnare il risveglio
dello spirito tedesco verso la fine del secolo XVIII ; l'af-
fermazione del libero arbitrio esige un senso così chiaro
della propria personalità che esso presuppone un dominio
della ragione serena nella coscienza : l'abbandono dei
propri pensieri all'impulso della passione e alla immagi-
nazione conduce sempre a sentire nelle ore tristi la propria
(2) Cfr. Wiener Vorlesungen, XV Vorl., e la Comparaison de la
« Phèdre » de Racine avec celle d'Euripide ((Euores écrites en FranQais
— voi. II). La « Devocion de la Cruz » è, fra 1 drammi calde roniani,
quello che è più strettamente, anzi più veramente fatalistico.
All'influenza calderoniana si deve aggiunger pure quella collaterale
del Gozzi. Cfr. ad es. l'HoFFMANN nei Serapionsbriider, a proposito
del Corvo — ed. cit., I, p. 188. Sopra tutto sono importanti, per
questo rispetto, le elaborazioni sue di drammi spagnuoli, che in
Germania furono notissime e frequentemente tradotte.
(3) Serapionsbrader, I, 198.
La « Schicksalstragodie » 309
debolezza e a ricercar la ragione della propria infelicità
in una potenza superiore da cui noi dipendiamo. Il de-
terminismo della filosofia sensistica, affluendo dall'Inghil-
terra, inclinava per l'altra parte verso tali concezioni,
e vi si univa un influsso letterario in doppia forma: nella
forma della concezione generalmente accettata della poesia
tragica greca, come basata sopra la lotta degli uomini
contro la fatalità, e nella forma dell'influsso della poesia
spagnuola e in particolare del Calderon, che verso questo
tempo diventa sempre più grande (4). E più ancora forse
valse il risorgere del misticismo, in quanto che la visione
mistica della vita e delle cose implica — come già prima
dicemmo a proposito del Werner — un elemento fatali-
stico : la sua conciliazione con il libero arbitrio che la pre-
dicata teoria della colpa e della pena, della virtù e del
premio rendeva necessario, costituisce anzi uno dei pernii,
su cui si aggira la filosofia cristiana (5). Lo Schneider ag-
giunse ultimamente un nuovo fattore nella sempre crescente
diffusione delle società segrete e nel riverbero che queste
società avevano nella poesia del tempo. Il mistero in cui
i personaggi che stavano a capo della setta erano avvolti,
la potenza singolare che essi riuscivano a procacciarsi con
i mezzi che la loro posizione poneva ai loro servizi, potenza
che appariva miracolosa e che facilmente era immaginata
(4) V. Minor, Die Schicksalsfragddie etc, cit. e specialmente il
suo nuovo studio nel « Grillparzer-Jahrbuch » 1899. p. 1. Cfr. di lui
anch« il saggio, che, contemporaneamente a quest'ultimo, pubblicò
nella Festgabe fur R. Heinzel, sebbene esso concerna principalmente
la Ahnfrau del Grillparzer. E v. pure di lui la introduzione alla
sua edizione del 24. Februar nel voi. già cit. Schicksalsdrama.
(5) Der Einfluss der FreimauTerei, cit., passim e specialmente
Gap. IV.
310 Zacharias Werner
di gran lunga più vasta di quello che essa fosse, lo
stato di subordinazione, in cui i semplici membri si tro-
vano, tutto ciò metteva questi ultimi, per così dire, in balìa
dei loro superiori, ed essi dovevano aver l'impressione
di vivere in un mondo, le cui vicende erano indipendenti
dal loro sforzo e dalla loro opera, determinate dall'alto.
La diffusione letteraria che questo mondo ottenne ha due
ragioni : una prima ragione nella diffusione delle società
stesse, una seconda nella eccellente materia che veniva
offerta al narratore : materia piena di imprevisto, di miste-
rioso, di fantastico: materia poi, che non riusciva troppo
ostica e non urtava con la sua inverosimiglianza perchè
tutti gli avvenimenti si chiarivano in una spiegazione finale,
in cui l'aOber» si rivelava come colui che tutto aveva
disposto e ordinato. Lessing, Goethe, Schiller, Jean Paul
s'incontrano fra coloro che coltivarono questa letteratura,
e la diffusione letteraria abituò facilmente le immagina-
zioni a rappresentarsi la vita da un tal punto di vista.
La filosofia romantica finalmente, arrivata come ultima,
faceva bensì l'uomo libero, e poneva bensì in tale libertà
l'essenza dell'uomo; ma, rappresentando l'uomo come
parte del (( Weltall », gettando un ponte sopra quell'a-
bisso che separava anche in Kant l'uomo e le cose, sta-
bilendo l'unità di tutto l'universo pervaso da un solo spi-
rito di vita e dominato da una sola grande legge, stabiliva
bensì, considerata la cosa dal lato logico, un pensiero
lontano dal fatalismo, ma generava negli animi una
(( Stimmung » che gli era favorevole. Richiedeva che
l'uomo vivesse nel senso dell'identità sua con la natura
infinita, e un tale senso induce facilmente e quasi neces-
sariamente a sentire se stesso come determinato dalla infi-
nita forza che nell'universo si manifesta.
La « Schicksalstragòdie » 311
Oltracciò, poiché seguendo le inclinazioni verso una
concezione esclusivamente estetica del mondo, i romantici
furono condotti a celebrare ciò che vi è di inconscio nella
vita, da quello sfondo misterioso e da questa tendenza un
sentimento fatalistico doveva necessariamente sbocciare.
Un tal sentimento poi si intensificò anche più nella (( Jiin-
gere Romantik » : nel nuovo periodo, con Brentano, Hoff-
mann, etc, le « Nachtseiten der Natur » presero il so-
pravvento sopra quel culto della vita cosciente e della
luce che i primi romantici avevano avuto comune con lo
Schelling (6).
Nel Werner poi questa tendenza era favorita anche dal
fatto che egli era uno di quegli uomini che, come avverti
Richarda Huch, « mehr gelebt wurden als lebten, und
den allgemeinen Lebensstromen stets weniger Einzelw^illen
entegegensetzten » (7). Molti fra i romantici, fatta teori-
camente quella affermazione della libertà come supremo
principio della vita umana, su cui riposa la loro filosofia,
si abbandonarono poi alle inclinazioni spontanee del loro
spirito inquieto e vennero trascinati verso fantasticherie e
verso pensieri che a quel principio contraddicevano. Questo
accadde nel Werner assai chiaramente : egli afferma nel
Lutero ì diritti della libertà, della ragione, della coscienza
e ripete spesso quella difesa nelle sue lettere, ma, quando
segue le proprie tendenze e sogna e scrive poesie, diventa,
persino nello stesso dramma su Lutero, fatalista.
Di affermazioni fatalistiche formicolano le sue opere.
(6) Richarda Huch, Ausbreìtung und Verfall der Romantik, cit.
p. 2!6 e segg., passim.
(7) Ibid., p. 222.
312 Zacharias Werner
La figura che prende il posto del Trovatore nella seconda
parte dei Sòhne des Tales canta:
Tod dem Frevler, Tod !
Seines Blutes Rot
Trank, des Bruders Keule ! —
Das ist mein Gebot !
Agli spiriti di Elisabetta e di Therese è affidato Io
stesso incarico nella Weihe der Kraft. Nel Kreutz an der
Ostsee presagisce l'oracolo la morte di Samos:
Im Sternenkreis,
Nach alter Weis',
Drehn wunderlich sich die Gestalten.
Du strebst sie festzuhalten :
Doch ziehn sie im ew'gen Geleis* ;
Du musst sie lassen walten.
Nella Wanda il (( Gesangchor der Ritter und Rei-
sigen » svolge nuovamente tali idee :
Sei schwach oder kuhn
Des Menschen Bemiilin,
Er hat dess keinen Gewinn.
Die Wogen brausen, die Wogen ziehn
Der Quelle, der er entflossen, ihn,
Zur stillen Heimat hin.
L'intonazione della prima scena del quarto atto del-
l'i4//z7a è data da canti dei Druidi, che si svolgono
intorno all'idea che tutto quanto cadrà, ciò che le Nome
hanno condannato a cadere :
Wem die Tochter des Schicksals,
Wem die Nome den Tod spinnt,
Der entrinnet ihr nicht.
La «.SchicksalstragddieD 313
E il canto s'alterna ripetendosi, mentre la scena fra At-
tila, Hildegunde ed Edecon si svolge :
Manchen umgarnet das Dunkel,
Mancher erhebet den Busen
Klar und entfesselt zum Licht ;
Aber es spinnet die Nome,
Beide entrinnen ihm nicht.
Soltanto alla fine della scena, a cui la ripetizione del
canto dà una solennità misteriosa, si applica l'idea a
Roma :
Homa, es spinnet die Nome
Und du entrinnest ìhr nicht!
Non esiste il caso cieco. — n Was wir blinden Zufall
nermen ist der Gottheit weises Werk... Was man
Laune des Schicksais zu nennen pflegt, solite man hòhere
Bestimmung nennen )) (8) — .
E, poiché nello svolgimento del dramma werneriano le
tendenze che gli sono peculiari si affermano progressiva-
mente con sempre maggior conseguenza e risolutezza,
anche questa, che era un elemento sostanziale della sua
natura, si rivela con una forza sempre maggiore. Si ripe-
tono con sempre maggior frequenza pensieri come quelli
che ora abbiam citato, e, sopratutto, il dramma stesso
assume sempre più una struttura e un colorito che a questa
tendenza rispondono.
Il Werner fa che l'azione si svolga fra presentimenti
continui in modo da provocar l'impressione che gli av-
(8) Ausg. Schrìften, II. p. 253; III. p. 129 etc.
314 Zacharias Werner
venimenti descritti abbiano in un altro mondo superiore
all'umano la loro vera origine. È questa una delle qua-
lità più salienti di ogni dramma fatalistico e il Maeterlinck
se ne valse ampiamente nei drammi della prima maniera:
gli Aveugles, ad esempio, consistono in un tragico in-
tensificarsi del presentimento della morte, che in una gior-
nata di autunno invade un gruppo di vecchi ciechi, dalla
loro cecità medesima resi più pronti a coglier la voce ar-
cana di una fatalità misteriosa.
Il Werner ricorre nei drammi suoi a due mezzi : il
sogno e il presagio. Abbiamo accennato anteriormente
come egli seguisse i romantici nell'importanza assegnata
ai sogni quali rivelatori di verità : nulla di più naturale
che egli se ne valesse nei suoi drammi.
Scriveva sul sogno nel prologo della seconda parte dei
Sòhne des Tales :
Traume sind ein Wehen von der Heimat ;
Die Nacht ist Sonnenglanz dem innern Auge,
Und geme offenbaret sich die Gottheit
Der frommen Unschuld in prophet'schem Traum.
Ne fa uso già in questo primo dramma e più largo uso
nel Kreutz an der Ostsee. Due sogni annunziano fin
dal primo atto la catastrofe a cui i Prussiani vanno incontro.
Il primo è quel sogno pauroso del Waidevsruth, che ri-
cordammo: Percunos ferito e pallido, sanguinante, gli è
comparso: una donna con un bambino in braccio lo toccò
con un giglio, mentre egli si voleva scagliare su di lei, e lo
incenerì. Il secondo è ugualmente sinistro: Pregolla sogna
della cerimonia nuziale, che le strapparono la corona di
fiori dal capo sostituendovi una benda di lino e gridan-
La « Schicksalstragodie » 315
dole : (( Questa porterai finché avrai generato un figlio
maschio forte come il padre suo » : come potrà ciò avve-
nire se Samos la lascia per recarsi in guerra ? Samos è tor-
mentato in sogno dalla figura dello (( Spielmann » prima che
egli si rechi a cercar di strappar Warmio a Malgona. La
Weihe der Kraft abbonda di sogni : Katharina sogna
che la Vergine le è apparsa travestita con una lampada
in mano e che dalla fiamma si sprigionò il fantasma di un
eroe: e la Vergine disse: «Die Lampe, die is dein: sia
hiiten soUst du — einstens glùht sie immer » . Anche Lu-
tero sogna che la Vergine gli compare e gli dà un bastone
e gli dice : (( Wen dieser stiitzt, der wanket nicht ! » .
Quando Therese muore nel giardino presso i suoi giacinti,
Katharina ha un sogno sconvolto: le par che fantasmi pas-
sino dinnanzi a lei e ognuno abbia una foglia appassita
sulla fronte, e un occhio enorme s'affacci nella nebbia.
Quando gli spiriti di Hierese e di Elisabeth compaiono
sopra il capo di Lutero e Theobald, questi sogna che The-
rese lo chiama e Lutero che Elisabeth gli dice : (( Hegst du
schnòde Ruhe, Indem der Feind den Tempel dir zer-
bricht ? )) Attila compare nei sogni di Onoria che non lo
ha mai visto e quel fantasma accende e tien vivo in lei
l'amore del grande eroe ignoto. E il sogno diventa in tal
guisa fattore essenziale della psicologia di Onoria.
Ancor più larga parte — specialmente negli ultimi
drammi — è data ai presentimenti veri e propri, che s'af-
facciano al fondo della coscienza all'avvicinarsi di gravi
avvenimenti. Nella prima parte dei Sohne des Tales
abbondano quei presentimenti che il senso della realtà
medesima suggerisce. Molay è continuamente e profonda-
mente afflitto dall'oscuro presagio a cui non si può sottrarre,
che l'ordine da lui retto andrà a rovina. Quando vien
316 Zacharias Werner
decisa la partenza dei Templari da Cipro, il Gross-
Comptur sente che più non ritornerà :
Da war's als wenn ins Ohr mir jemand raunte :
« Das ist dein Leichentuch, und jene Ballen
Sie sind der Sarg, der auf des Ostwinds Fittich
Dich morgen bin zu deinen Vatern fiihrt ! »
(( Ich ahne » è una delle espressioni che più spesso tor-
nano sul labbro dei personaggi Werneriani e Molay
(( ahnt )) che Robert è nato a grandi cose e che le compirà :
Robert stesso sente passar nella sua anima presentimenti
della sua missione. Nella seconda parte del dramma era fin
da principio troppo chiara la visione dell'esito finale delle
vicende rappresentate, esito che nelle scene del (( Tal )) si
vede in formazione, perchè fosse il caso di valersi spesso di
tale espediente : anche qui però esempi non mancano,
come le cupe (( Ahnungen )) di Filippo il Bello o come la
previsione che il Gross-Comptur fa a Molay dopo la men-
zogna che questi ha detta per salvare il suo amico Philipp :
Ich fiilil's — Es kommt iiber mich — Du hast gesiindigt ;
Doch was dein Blut gefehit, wirst du entsiihnen.
Blick auf getróst ! — denn nah' Ist die Verklarung !
Quest'ultimo caso ci mostra già un'altra forma di presen-
timento, non più suggerita dalla visione della realtà pre-
sente : una forma per così dire mistica : la stessa forma
ritorna ancora alla fine del dramma quando Guido grida
a Filippo il Bello che entro un anno anch'egli morirà, e
entro quaranta giorni già lo precederà papa Clemente. L'in-
segnamento di Adam a Robert nel « Tal » è, per così dire,
una vera (( Ahnungslehre » .
Pieni di presagi sono i drammi posteriori : le cerimonie
La « Schicksalstragodie »
317
religiose, i canti del coro, gli oracoli offrono alla fantasia
del Werner il modo di dar completo sfogo alla sua incli-
nazione. L'oracolo del sacrifìcio a Picollos, prima che i
Prussiani decidano la guerra, dà un responso oscuro: Pre-
golia sente che non rivedrà più Samos, che non le dà retta
e la lascia per correre il rischio della battaglia:
^^m Quando si sta preparando la cerimonia di nozze di
^^m Warmìo e Malgona, Agaphia esclama:
Er zieht in die Schlacht,
Er hat sein Taubchen nicht acht
Und nimmer gebaren werde ich den Sohn.
Wie verstimmt
Ist heute alles ! — Schlimme Vorbedeutung !
E anche Warmio le fa coro : (( Mir ahnet Unglùck ! » .
Malgona è invasa da confuse e simboliche visioni quando
lo (( Spielmann » giunge a corte. Un presentimento che
Malgona verrà ancora a lui solleva Warmio nell'isola,
quando si tormenta nel pensiero che non la vedrà più. Silko
e lo (( Spielmann » predicono alla fine del terzo atto ciò
che nella seconda parte del dramma il Werner intendeva
svolgere.
Anche la Weihe der Kraft non manca di esempi, seb-
bene essi siano meno numerosi, soppressi per la preoccupa-
zione teatrale a cui il Werner obbedisce. Therese presente
che, se Katharina vede Lutero, ciò avrà grandi conse-
guenze ; Theobald presente la morte di Therese, e, quando
Therese si reca nel giardino dove essa morrà, Katharina
non sa perchè, ma è piena di angoscia e di turbamento:
Am hellen Mittag war es und mir graute
— Zum erstenmal in meìnem Leben.
318 Zacharias Werner
Lutero presente che qualcosa di insolito avviene a
Wittenberg e decide di recarsi colà:
Dort ja, mir sagt 's dei Geist, der nie gelogen,
Dort muss was Ungeheures geschehen !
Presagi continui ci si presentano nella Wanda. Fin
dal primo atto balena a Riidiger la visione oscura del fu-
turo che l'attende ed egli deve lottar contro lo sgomento,
dopo che gli spiriti di Libussa e delle sue Vergini gli
sono apparsi :
Es packt mich Ahnung wiitend ; doch bin ich lebensvoll :
Begonnen war's : drum end'es.
E il presentimento da questo istante non lo lascia più.
Quando si reca travestito presso Wanda, si deve far co-
raggio :
Was soli dies bange Beben
Der Brusi? — Ich fiihlt' es nie in meinem Leben !
Du bebst, der, unbezwungen,
Mit einem Heer von Helden oft gerungen?
Anche Wanda è in preda a uguali commozioni. Quando
le annunziano il messaggio di Valdecon che giunge ac-
compagnato da Riidiger travestito, essa ha un brivido :
Wie wird mein Herz bekiommen
Und voli banger Ahnung !
E sente poi in sé una voce che par le dica che essa lo
rivedrà sebbene egli sia morto.
Nei soldati di Riidiger, che pure eran uomini forti,
passa uno sgomento dinnanzi a questa impresa, sì che vor-
rebbero ritornarsene ai loro lari. Anche Valdecon consiglia
La «iSchicksalstragòdieyi 319
a Riidiger di desistere. La morte di Wanda è preannun-
ziata da una specie di simbolico miracolo avvenuto du-
rante il sacrificio.
NeW Attila, il presentimento diventa talora persino
motivo drammatico di scene intere. Così è nella scena del
primo atto in cui Hildegunde narra il suo passato e la
sua passione : tutte le vergini del coro sono colte da. uno
sgomento nell'oscuro presagio dell'avvenire :
Weh dir, unselige Tochter des Ungliicks,
Die du vom Dunkel umwunden !
Il tema qui appena accennato risorge in seguito. Che
Onoria sia piena di presagi è naturale, data la teoria
d'amore che il Werner professa e predica. Anche Attila
è soggetto a tali fenomeni. E non solo in rapporto a
Onoria: un certo sgomento gli balena talora quando vede
Hildegunde : - (( o meine Ahnung ! » - esclama nell'ultimo
atto, quando papa Leone gli rivela la morte che l'attende.
Quando il cameriere porta il pocale col vino in cui
Aetius e Heraclius han fatto versare del veleno, Irnak, il
figlio di Attila, ha un grido : « Ah ! — Mutter Ospiru !
mir w^ar als rief sie ! ». Quando Hildegunde vede la
mazza che ha ucciso Walther, scoppia nel coro un tumulto
e lo sgomento attraversa con le loro esclamazioni tutta
la scena. Nella cerimonia nuziale Attila accende due
volte la lampada all'altare e due volte la lampada si
spegne. I sacrifici presagiscono (( blutiges Unheil ». Edecon
vorrebbe che Attila rimandasse le nozze almeno fino
all'indomani. Irnak vede nel cielo un flagello spezzato:
Und zwischen drin ein blutig Leichenhaupt,
Wie iMutter Ospiru, als sie entschlief !
320 Zacharias Werner
I Druidi cantano un coro lamentoso:
Wehe uns! Wehe !
Stark ist die Geissel die Unbill zu rachen ;
Aber das Schicksal kann Geissel zerbrechen!
Web ! er zertritt ibn, der kiihn es verlacbt !
E Attila stesso si sente per la prima volta incerto di
sé. Pensa che forse ha errato nel cedere a Leone, che si è
(( im Kerker seiner Wahl verhaftet » :
Ist derni der Mensch ein Krebs, den, vorwàrts schreitend,
Ein widerwillig Etwas riickwèirts ziebt ?
Ma i pensieri tristi son vinti -da un senso di pace che
or sopravviene:
Eine frohe Ahnung
Durcbbebt die Brust —
So ist mir 's
Als sei nun mein die Palme.
Allo scopo di accrescer la (( Stimmung » generale e il
generale colorito, il Werner pone in bocca a qualcuno dei
personaggi principali un (( Lied », pieno di allusioni miste-
riose a ciò che avverrà. Attila desidera uno a Schlummer-
lied )) e canta il canto della civetta e dell'aquila che non
possono andare insieme : Hildegunde canta invece un
canto sinistro della civetta e dell'avvoltoio.
Zum Geier kam die Eule
Und schnarrt' ihr ewiges : « Komm' mit ! Komm' mlt ! »
Der Geier, der spracb : « Das kann wohl sein I »
Da flogen sie des Nachts bei 'm Rabenstein
Zur heissen Hohle binein !
Scblaf einl Scblaf ein! Scblaf, Geier, scblaf ein!
La « Schicksalstragodie » 32 1
La medesima forza poi a cui gli uomini soggiacciono
regna anche sulla natura; essa anzi si rivela nel modo più
evidente, in quanto la natura stessa partecipa a tutto ciò
che avviene, e si mostra signoreggiata da quella forza
unica che nella storia umana imperversa. Questo sfrutta-
mento della natura per rendere più intensa l'impressione
del fatto descritto è frequente dopo la Nouvelle Héloìse
e frequentissimo presso i romantici, ma nel dramma dei
Werner esso è interamente in armonia con lo spirito di
tutta r opera. Anche con questa tecnica raggiungerà il
Maeterlinck, che — per sua aperta confessione — alla
poesia fatalistica della prima metà del secolo XIX si
attacca, degli effetti grandiosi, come negli Aveugles citati
o neWIntruse o in Pelléas et Mélisande.
Già nella prima stesura dei (( Templer auf Cypern »,
quando lo spirito di Eudo viene a Molay, è notte oscura :
una « rabenschw^arze Wetterwolke » vela la luna, e Eudo
giunge preannunciato da suoni di cetra ;
Was klingen dort fiir ferne Lautentone,
So schmelzend sanft, als ob die Mitternacht
Sie aus dem ersten Schlaf nicht wecken wollten?
Quando, nella seconda parte, Molay vien condotto nel
seno del (( Tal » , si ode (( das Brausen der Elemente » :
nubi risplendenti involgono sull'alto della montagna i ve-
gliardi del (( Tal )) ; la scena dell'accettazione di Franz e
di Adalbert fra i Templari, la scena dell'accettazione di
Robert nel (( Tal )) avvengono nella notte profonda. Lo
Schneider (9) ritiene che l'uso di questi espedienti sia do-
(9) Der Einfluss der Freimaurerei, Cap. IV.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 21
322 Zacharias Werner
vuto al gusto di tali spettacoli sviluppatosi dalle cerimonie
massoniche. Che qualcosa di vero vi sia nella sua opinione,
mostra qui il Werner, presso di cui la derivazione è evi-
dente ; ma la tesi dello Schneider ha valore soltanto finché
Telemento naturale resta decorativo, come nel caso dei
Sòhne des Tales. Nelle seguenti opere del Werner
esso assume invece un valore intrinseco ed ha una diversa
origine: quella che sopra abbiamo accennato: il tempera-
mento artistico dell'autore e l'indole della sua opera.
Tuoni e lampi attraversano la notte tempestosa in cui si
svolgono gli avvenimenti a cui è dedicato il Kreutz an
der Ostsee; il sole sorgente e suoni di cetra terminano
la prima parte. Nella Weihe der Kraft Lutero invoca
dal cielo un fulmine, quando vede il saccheggio compiuto
dai suoi seguaci, e il fulmine cade. Quando neW Attila
Hildegunde riposa, alleggerita dei suoi pensieri sinistri, il
cielo è sereno e Taria tranquilla; ma il cielo si oscura e
l'atmosfera si turba quando in lei la tempesta si risolleva.
Nella Wanda romba il tuono quando Wanda e Rii-
diger si trovano di fronte : lampi e tuoni scoppiano quando
Wanda uccide il suo amato; la notte è piena di brividi,
spettrale; Ludmilla canta:
Der Mond schaut auch hernieder
So traurìg und so kalt !
Du kannst wohl auch nicht weinen,
Du starres Leichenhaupt ;
Suchst trostlos auch den deinen,
Den dir die Nacht beraubt?
In tutti i drammi, tranne che nel Lutero, l'azione si
svolge nella notte; nella notte avvengono le radunanze
dei Templari e del (( Tal », persino le radunanze della
La a Schicksalstragòdie » 323
commissione giudicatrice; nella notte oscura, tempestosa,
diede Adalbert l'ultimo bacio alla sua Agnese; nella
notte — dalla sera alla mattina — si svolge l'assalto dei
Prussiani e dei Polacchi, la storia del Kreutz an der
Ostsee; nella notte l'assalto dei Rugi ai Sarmati e la
storia di Wanda; nella notte la catastrofe finale dello
Attila. E la mezzanotte rappresenta sempre il momento
in cui la crisi principale dell'azione, un fatto di sangue e
di morte, avviene. A mezzanotte si raduna il Consiglio
dei Templari, mentre Noffodei ed Heribert fuggono.
A mezzanotte si sposano Warmio e Malgona e Warmio
è assalito dal fratello Samos; a mezzanotte Riidiger e
Wanda s'incontrano sul campo di battaglia e Riidiger è
' da lei ucciso; a mezzanotte Hildegunde sgozza Irnak e
ammazza Attila. Né il fatto vien dal Werner lasciato
passare inosservato; gli eroi stessi dell'azione s'avvolgono,
per così dire, di tenebra per dar atto ai loro sinistri propo-
siti ; passa una voluttà di tenebra nelle loro parole, mesco-
lata con la voluttà di morte e di sangue. Wanda non vuol
scendere in battaglia fino a che la mezzanotte sia scoccata,
e pensa con voluttà a quell'ora.
Auf, Mitternacht, du briitest Todessaaten!
Ich nehm* es auf mit dir : — Zur Schlacht, Sarmaten ! —
esclama poi quando ha preso la sua risoluzione; e Hilde-
gunde, dopo essersi cento volte inebriata nella visione
dell'ora fatale della sua « Brautnacht )), quando l'ora è
giunta ed essa accende la fiaccola all'altare nuziale, mor-
mora sinistramente :
Euch weih ich sie in Blut und Mitternacht!
324 Zacharias Werner
Un senso pauroso invade tutti quanti : la notte fosca
sembra a tutti piena di invisibili agguati. Irnak ode
Geheul,
Als flatterte mit einem Heer von Eulen
Die wilde Windsbraut durch die Mitternacht!
I Druidi sono sgomenti:
Wehe uns ! Wehe ! In brausender Nacht
Waltet der Unterwelt grausige Macht.
E Hildegunde s'avvolge d*ombra, non soltanto per
essere più sicura all'azione, ma perchè quell'ombra le
dà una non so qual voluttà cupa e fonda; spegne tutti i
lumi :
Nur im dunkeln Schimmer
Ist 's mir so heimatlich — So stili und traurig! (IO).
*
* *
Ora nella evoluzione del dramma werneriano ci si pre-
senta, dopo la Wanda la tragedia Der 24. Februar,
che segnò il principio di tutto quel dilagare di tetra e
misteriosa poesia del fato che invase per un decennio
(10) Alcune osservazioni ha già fatto a questo proposito il Wen-
DRINER, cit. Egli però, più che di riattaccare il 24. Februar al
dramma werneriano anteriore, si preoccupa di connetterlo al dramma
romantico in generale. Eccone la conclusione : « Ich hoffe dass es mir
gelungen ist zu beweisen dass der 24. Februar nicht so vereinzelt
dasteht, dass er kein Anfang, sondern das Glied einer langen Kette ist»,
p. 146. Egli trascura perciò tutti quegli elementi, che sono caratte-
ristici di quel genere letterario speciale che la « Schicksalstragòdie » fu,
e che nei drammi wemeriani anteriori pur già si trovano.
La « Schicksalstragòdie » 325
romanzi e liriche, ma sopratutto il dramma, raggiunse
nelle composizioni del Miillne e dello Houwald la sua
espressione più piena e colorì gli albori della poesia del
Grillparzer (11).
Il 24. Februar diventò un tipo su cui le opere poste-
riori si modellarono e determinò il fiorire della (( Schick-
salstragòdie )) (12) come genere letterario a sé, avente
certi suoi caratteri distintivi, come li ebbe a suo tempo
il (( biirgerliches Drama » , mentre prima nel Karl von
Berneckp del Tieck, nella Brani von Messina dello
Schiller, nel Blunt del Moritz essa già era bensì apparsa,
ma solo come una trattazione drammatica di un motivo
tragico, che si collocava accanto a tutti gli altri tentativi
di tragedia che si venivano facendo. Ciò dà al dramma
del Werner un'importanza storica particolare, facendolo
comparire come una specie di creazione di un nuovo
genere di poesia. Ciò però ebbe anche la conseguenza
che lo si isolò dal complesso dell'opera werneriana e
lo si considerò a parte, come se interrompesse improvvi-
(11) Cfr. Minor, op. cit. Cfr. inoltre Max Herzfeld, // 24. Feb-
braio di Z. Werner, Poszony, 1905. È scritto in ungherese, ed io ne
potei prender conoscenza solo per la cortesia dell'amico FRANK, che
gentilmente me lo tradusse. Sul MAZZINI v. Conclusione.
Merita di esser rammentato anche l'articolo di A. GraBOWSKY,
Schicksalstragòdien, « Lit. Echo », 15 Settembre, 1906. Il Gra-
bowsky, imbevuto di simbolismo fatalistico maeterlinckiano, fraintende
completamente il 24. Februar e cade nell'errore, in cui nel testo
accenniamo : « Fatalistische Dramen mussten so zu Fratzen werden
und sind es auch geworden». Il suo articolo contiene però parecchie
osservazioni buone.
(12) Cfr. nel GoEDEKE e nei « Jahresberichte » la lunga bibliografìa,
che io qui riporterei inutilmente, e che io altrove citerò in parte
occasionalmente, quando ne sarà il caso. E v. ora anche il breve
saggio del Leysering, Studien zur Schicksalstragòdie, Berlin, 1913.
326 Zacharias Werner
samente lo svolgimento della poesia del Werner e stesse
con esso in contraddizione o, per lo meno, in opposizione.
Concezione che, dopo quanto finora abbiamo esposto, più
non fa bisogno di dimostrare errata. 11 24. Februar
risulta più che un'opposizione, un epilogo dell'evoluzione
generale che venimmo seguendo sin qui.
Si son cercate le origini dell'opera in precedenti lette-
rari, e il Werner si è ricordato senza dubbio, scrivendo, del
Tieck e dello Schiller, certo anche del Calderon, di cui
discorreva con lo Schlegel, occupato a tradurlo, nell'ot-
tobre del 1808, in Coppet, ma le vere radici della sua
composizione sono nel suo dramma anteriore (13),
Non solo il 24. Februar mostra — per così dire —
concentrati quei procedimenti stessi d'arte, di cui finora
abbiamo parlato e fu una delle espressioni più coerenti,
che la tendenza artistica del Werner sia riuscita ad avere,
ma esso riposa sopra un pensiero perfettamente analogo,
anzi identico a quello che trovammo negli altri drammi.
È stato affermato che lo (( Schicksal » delle (( Schick-
salstragòdien » è una « miirrische heimtiickische Gewalt,
die in der Knechtung des menschlichen Willens ihren
Beruf findet )) (14), un vero a Mummenschanz » che
(13) Sui precedenti letterari cfr. specialmente l'accurato ed erudi-
tissimo saggio del MlNOR nel « Grillparzer-Jahrbuch », cit., 1899,
p. 1 e segg. Quando però il Minor rintraccia i drammi del parricidio e
del fratricidio anteriori al Werner, anzi, anteriori all'introduzione
di essi in un qualsiasi dramma fatalistico, egli allora s'allontana dalla
genesi che il 24. Februar ebbe, e di cui tosto ci occuperemo, e
adduce molto materiale erudito, che in gran parte al Werner fu ignoto,
e che, ad ogni modo, non ebbe ne su di lui, né sul genere letterario,
che nel suo dramma ebbe le origini occasionali, alcuna influenza
determinante.
(14) Minor, Das Schicksalsdrama, Introd., p. IV.
La « Schicksalstragòdie » 327
(( macht aus dem Menschen die klàgiichste Possenfigur,
wenn es ihn zermalmt » (15); si è detto, per la fine casui-
stica su cui queste opere si sogliono basare, che esso
è un (( polizistisches und kriminalistisches Genie » come i
(( wortreffiliche Polizeispionen » del Bonaparte, o come i
(( weniger geschickte Spitzel aus den Zeiten der demago-
gischen Verfolgungen » (16). Ma, riferita all'opera del
Werner, l'osservazione non ha valore. Il 24. Februar
svolge bensì l'idea che la colpa è funesta e viene punita,
come conclude il coro nella Braut von Messina :
Das Leben ist der Guter hochstes nicht,
Der Ubel grosstes aber ist die Schuld,
e la concezione, che si giudicava costituire il pernio del
teatro greco, venir le colpe dei padri punite anche nei
figli (17); ma idea e concezione rientrano nel generale
sistema di pensiero del Werner, in quanto che insegnano
bensì che la colpa viene espiata — gesiihnt — , ma mostrano
come il risultato generale dell'azione rappresentata sia
la purificazione degli uomini dai legami terreni e l'avvici-
namento a Dio. Il tema del 24. Februar è, come per
gli altri drammi del Werner, « durch Todesnacht in Him-
melsklarheit schaun». Kurt, su cui pesa la maledizione
del padre, giunto alla veglia della morte, sebbene egli
non sappia di dover morire, accetta — come tutti gli eroi
werneriani — il pensiero della morte e la desidera anzi
cadendo ginocchioni in preghiera :
(15) SCHNEIDER, Der Einfluss der Freimaurerei cit., p. 210.
(16) Minor, Ioc. cit., p. iv e seg.
(17) Dell'influenza di questo pensiero discorre acutamente il MlNOR —
«Grillparzer-Jahrbuch», 1899, I.
328 Zacharias Werner
Wenn ich einmal soli scheiden.
So scheide nicht von mir !
Schleuss' auf des Himmels Tur !
Wenn mir am allerbàngsten
Wird um das Herze seyn,
So reiss' mich aus den Aengsten
Kraft delner Angst und Pein !
e tosto sente — come tutti gli eroi Werner iani — una pace
celeste scendergli nel cuore, e raddolcirne le pene, come
soave (( Labsal » :
Ich bin entsiihnt — Die Ahnung ist erfiillt :
Wie Alpenglocklein, tont 's von oben : Frieden !
Beschwichtigt ist 's — erreicht der Heimat Land !
E dopo che Kuntz gli ha dato due stilettate, egli esclama
solo:
Mich — euren Sohn — bringt ihr — zur Ruh'?
E muor perdonando, raggiungendo la pace. E l'espia-
zione si estende anche a Kuntz e a Trude, su cui pur pesa
la maledizione del vecchio Kunth. Kurt annunzia mo-
rendo :
Vergeben
Hat Euch — der Vater — Ihr — Seyd fluchentsiihnt !
E quando Kuntz gli chiede: (( Und du, vergibst du ? »
egli risponde (( Ja » — « Und Gott vergibt er ? » chiede
ancora Kuntz; «Amen! » risponde egli. E una indistinta
pace scende anche nell'anima accasciata di Kuntz, dopo
compiuto il misfatto. Il dramma termina : (( Gottes Gnade
ist ewig ! Amen ! » . Nel dramma werneriano il fato non è
quindi la potenza arcana, che ha lo scopo suo nella
La « Schicksalstragódie » 329
(( Knechtung des menschlichen Willens )) , nella (( Zer-
malmung des Menschen )), è invece il ministro di Dio, il
purificatore degli uomini, una potenza superna, che, attra-
verso l'espiazione, redime.
La condizione è diversa nelle (( Schicksalstragòdien ))
che al 24. Februar per opera di imitatori seguirono.
Questi furono colpiti dalle qualità più appariscenti, perchè
esteriori, dell'opera, videro che il fato era stato sfruttato
per la creazione di un dramma moderno e che questo
dramma presentava certi caratteri distintivi, trascurarono
il modo come l'idea del fato era stata applicata, dimenti-
carono che i caratteri del dramma erano con la genesi di
esso e col pensiero, su di cui esso posa, intimamente con-
giunti, ne tolsero il solo motivo fantastico, e fecero del
fato quel (( Popanz )) di cui lo Schneider parla. Le loro
tragedie — che possono con ragione paragonarsi ai
drammi moderni à la Grand-Guignol, perchè mirano sol-
tanto a produrre sgomento negli uditori con la materia trat-
tata — divennero un cumulo di orrori, che il fato spiega
a sufficienza, senza bisogno di una più profonda motiva-
zione psicologica. L'interpretazione spesso data al dramma
del Werner dipende dall' enore di averlo accomunato con
queste degenerazioni. Ben avvertiva invece la differenza
uno dei più fieri avversari che la « Schicksalstragódie )>
abbia avuto, spirito d'artista tale che l'arte finì con
l'isolarlo dalla vita e chiuderlo in un sogno di forme
pure, il Platen, quando notava nel suo Tagebuch essere
il 24. Februar un (( Meisterwerk » , in cui il Werner ha tutto
(( geleistet » quanto (( geleistet werden kann » (18).
(18) Tagebucher, ed. LauBMANN, II, p. 228.
330 Zacharias Werner
Ciò che dà al 24. Februar nella serie dei drammi
werneriani una sua propria fisonomia è il fatto che, per un
cumulo di circostanze esteriori, il Werner fu condotto sta-
volta a presentare il suo pensiero — per così dire — rove-
sciato. Negli altri suoi drammi egli aveva svolto ampia-
mente la progressiva (( Verklàrung » delle anime dei perso-
naggi ed aveva limitato alla prima parte la pittura di quella
che egli suol chiamare (( notte del peccato » : la (( my-
stische Verklàrung » si rinnova nel 24. Februar, come già
avvertimmo, ma è ridotta a fievol raggio di luce che illu-
mina la catastrofe finale. (( Die Grausnacht des Todes
und der Siinde » occupa tutta T opera fino al suo finale.
Le conseguenze di questa speciale impostazione del
dramma furono molteplici. Il mondo del peccato è il
mondo degli uomini, la terra. Scompare quella lotta fra
inclinazioni mistiche e tendenze realistiche che negli altri
drammi trovammo: le scene di pura riproduzione di vita
reale erano state negli altri drammi — come nella Weihe
der Kraft — puri espedienti teatrali, brani di impor-
tanza secondaria adatti a intensificare il colorito storico,
su cui l'azione vera e propria si svolgeva; ora invece tutta
quanta Topera diventa una tale rappresentazione, perchè
il pensiero stesso lo esige per esprimersi.
Limitata così nelle sue manifestazioni, l'idea del fato
assume necessariamente un aspetto in parte diverso da
quello, che finora ci si era offerto. La tragicità degli av-
venimenti era stata prima raddolcita dalla loro natura stessa,
inquantochè erano avvenimenti di un mondo mistico fan-
tastico, in cui la tragicità era accompagnata da un'equiva-
lente mistica (( Verklàrung » che li trasformava in ideali
desiderabili ; ora invece la elevazione avviene attraverso
l'espiazione di colpe commesse. Il fato conduceva prima
La « Schicksalstragòdie » 33 1
gli uomini o direttamente o indirettamente attraverso l'a-
more al supremo ideale, la morte; ora il fato conduce gli
uomini allo stesso fine ma attraverso dolori ed angoscie.
Pur essendo identico con la Divina Provvidenza, il fato
si accosta di più a quanto era il fato della tragedia greca;
ne è diverso inquantochè diverso è il suo scopo, ma gli
è simile inquantochè simili sono alcuni fra i mezzi che vi
sono adoperati.
Questa indole dell'opera fa pur scomparire un altro dei
contrasti esistenti nella produzione werneriana anteriore:
il contrasto fra la (( mystische Verklàrung » e la inclina-
zione alle visioni fosche e orrende, tetramente tragiche.
Questa inclinazione si era fatta negli ultimi drammi sem-
pre più viva, favorita da ciò che il Werner aveva trovato
la soluzione del problema tragico comune a tutta la sua
opera nella creazione di personaggi anormali e di una vita
sentimentale patologica. Nei Sòhne des Tales essa si
era affermata in elementi laterali, come nella scena della
consecrazione dei nuovi adepti o nella ballata del Cava-
liere di Sidon, o nelle torture inflitte ai Templari; nel
Kreutz an der Ostsee essa si era esplicata nella pittura
dell' ancor barbaro popolo prussiano e nel finale; nella
Weihe der Kraft. essa era stata subordinata all'interesse
teatrale e all'equilibrio tecnico dell'opera, ma s'era pur
qua e là rivelata, come nella scena del dolore di Ka-
tharina sulla morte di Therese ; 1*^4 //i7a finalmente e la
Wanda ne erano stati pervasi e dominati: V Attila con
la figura di Hildegunde e la tragica (( Brautnacht » del
re eroe, dove la fantasia del poeta si era inebriata di
visioni tetre; la Wanda con la storia stessa dei due pro-
tagonisti. Ma, diventata colla Wanda tendenza fonda-
mentale della fantasia w^erneriana, essa aveva urtato aper-
332 Zacharias Werner
tamente contro la celebrazione nnistica che il Werner fa-
ceva degli avvenimenti. Ora, trasformatasi l'idea del
fato, come vedemmo, riposando la tragedia sopra un'altra
impostazione, la tendenza risponde perfettamente allo spi-
rito dell'opera e alle altre tendenze da cui l'opera fu
determinata. Essa potè celebrare così nel 24. Februar il
suo pieno trionfo.
Altra conseguenza è che il personaggio mistico fan-
tastico non può più apparire. Servendosi di un proce-
dimento, di cui si serviranno poi altri (( Schicksalsdichter »,
il Tieck si era giovato nel Karl Voti Bernecke della
comparsa di spettri per dare all'idea del fato una per-
sonificazione visibile. Il Werner continuò con risolutezza
per la via su cui s'era posto, e li escluse : lasciò che il fato
fosse una forza occulta immanente. Forse giovò la vici-
nanza e la diretta assistenza del Goethe, che ad un pro-
cedimento in parte analogo ricorse nelle Wahlverwandt-
schaften e che nel Wilhelm Meìster aveva già precedente-
mente formulate le sue idee sopra il fato nel dramma (19):
(( So vereinigte man sich dariiber dass man dem Zufall im
Roman gar v^ohl sein Spiel erlauben kònne... dass hin-
gegen das Schicksal, das die Menschen ohne ihr Zuthun
durch unzusammenhangende aiissere Umstande zu einer
(19) Jubilaums-Ausgabe, p. 39 e seg. Cfr. WendrinER, op. cit.,
p. 14 e seg.
L'influenza del Goethe è, per questo rispetto, indubitabile. Il
Werner stesso lo confermò : « Ich bin durch Goethe von der Idee, die
Mystik auf dem Theater durchzusetzen zuriickgekommen », TeichmaNN,
op. cit., p. 319.
Cfr. per questa influenza il WalZEL nella introd. citata, alle let-
tere scambiate fra il Werner e il Goethe, Goethe urxd die Romantik,
voi. XIV. E V. ibid. anche l'importante numeroso materiale che dili-
gentemente raccolse nelle note lo SCHUDDEKOPF.
La « Schicksalstragòdie » 333
unvorhergesehenen Katastrophe hindràngt, nur im Drama
statthabe : dass der Zufall wohl pathetische, niemals aber
tragische Situationen hervorbringen diirfe; das Schicksal
dagegen nur werde im hòchsten Sinne tragisch, wenn es
schuldige und unschuldige, von einander unabhàngige
Tàter in cine ungliickliche Verkniipfung bringt » . Il
Werner, per applicar la sua idea, si limita in tal guisa a
collegar gli avvenimenti in modo che ne risulti l'impres-
sione di un (( Walten einer hòheren Macht » .
Il Goethe nelle Wahlverwandtschaften, a cui allora
lavorava, rileva alcune coincidenze di date che accompa-
gnano l'azione, e fa che questa, già fatale per la verità
psicologica con cui gli avvenimenti secondo necessità si
svolgono, acquisti un carattere di ancor più tragica fatalità,
dall' apparir di questa forza superiore a cui essa pare
soggiacere (20). Il Werner ricorre anch'egli a un tale
espediente, perchè anch'egli vuole restar nel mondo degli
uomini, ma se ne vale necessariamente in maggior misura,
inquantochè egli compone un dramma, e pone a base di
esso l'idea medesima della fatalità, mentre nel Goethe
questa non era stata se non l'espressione concreta della
sua commozione elegiaca, l'espressione della pietà con cui
egli accompagnava la storia dei suoi personaggi.
Anche il Werner ha impostato il dramma — come il
Goethe il suo romanzo — nella età contemporanea; egli
anzi, in conformità di quella inclinazione al realismo a cui
obbedisce, lo ha posto fra uomini del popolo, uomini
(20) Per quel che riguarda il fatalismo nelle Wahlverwandtschaften,
cercai io stesso di porre il problema in giusta luce nel mio volume :
Le affinità elettive del Goethe come espressione di una crisi pessi-
mistica, Milano, Studio Editoriale Lombardo, 1914, cap. IIL
334 Zacharias Werner
semplici, rozzi, dalle passioni primitive, dagli istinti vio-
lenti e indomati. L'idea del fato vi acquista così un rilievo
ancor maggiore per la terribilità degli avvenimenti che
provoca. Delitto risponde a delitto, l'espiazione risponde
alla colpa, e i delitti e le colpe e le espiazioni hanno
luogo alla stessa data — 24 Febbraio.
Così il fato compare solo indirettamente nell'azione e
questa si svolge motivata psicologicamente per l'incita-
mento della passione e per il premere delle condizioni in
cui gli uomini si trovano. Esso però rivelandosi soltanto
nei cupi presentimenti che passano per le anime dei perso-
naggi, e nella misteriosa corrispondenza che vi è fra i
particolari della storia della loro vita, ha tanto maggior
forza inquantochè maggiore è la sua poetica verità.
E il 24. Februar riuscì in tal modo il tentativo di
dramma, in cui il Werner riuscì a meglio conciliare le prin-
cipali diverse tendenze (Ja cui era combattuto, realismo
e misticismo, rappresentazione del male nella vita e pro-
iezione della vita umana in un mondo superiore da cui
questa scaturisce. Anche il fermo proposito di concentrar
tutto il dramma in un atto, impedendo al Werner di diva-
gare e di completar divagando il piano primitivo, contribuì
a mantener tale ferma unità (21).
(21) Questo era oramai per il Werner un antico proposito mai saputo
mantenere: scriveva già nel 1807: « Ich bin fiir die Zukunft fest
entschlossen nie ein anderes ausfiihrbare Schauspiel zu schreiben als
ein solches, welches urspriinglicb so kurz ist, dass es, ohne Ver-
schnitzelung und ohne mehr als das gewòhnliche Zeitmass zu fiillen,
gegeben werden kann». H. SCHMIDT, Erinnerurìgen eines W eimarìschen
Veteranen aus dem geselligen literarischen und Theaterleben, Leipzig,
1856, p. 150.
La « Schicksalstragódie » 335
*
* *
Ciò che si narra sulla genesi del dramma conferma
precisamente la sopra esposta ricostruzione (22). Lo Hitzig
scrive nella più volte ricordata biografia ; « Werner
ezàhlte mir er habe neuerdings mit Goethe viel iiber die
Aufgabe gesprochen, eine bedeutende Handlung der-
gestalt zusammenzufassen dass sie nur einen Akt fiille
und dennoch klar motivirt und vollstàndig entwickelt er-
scheine. Das Ende der Besprechung sei gewesen dass
beide sich vorgenommen einen Versuch zu machen an
einem tragischen und an einem Stoffe sanftriihrenden In-
haltes, einem Fluch und einem Segensgemalde, w^obei
(22) Nel lungo minutissimo riassunto analitico, in cui il suo saggio
per intero consiste, dà troppa importanza all'influsso del Goethe lo
Herzfeld, loc. cit. Egli ne fa quasi un suo collaboratore. Egli attribuisce
pure un'influenza troppo grande alla Staél. Il 24. Februar fu rap-
presentato per la prima volta a Coppet nel 1809, poiché i rap-
porti ormai molto tesi fra il Goethe e lui, e difficoltà di vario genere
impedirono che se ne facesse subito una rappresentazione a Weimar,
secondo la promessa che il Goethe aveva data. La Staèl e il Constant
fecero al Werner parecchie osservazioni e lo consigliarono sopratutto
di attenuare l'impressione di quasi inumana brutalità che il dramma
dava loro, facendo che Kuntz prima di decidersi al fatale suo atto
si dibattesse in molteplici riflessioni. Il Werner vide benissimo, che ciò
avrebbe invece nociuto alla dritta linea secondo cui il dramma si
svolge e da cui esso trae la sua forza ; ma, senza ritoccare il mano-
scritto, fece le proposte modificazioni e le mandò insieme col testo
primitivo al Goethe affinchè egli se ne servisse, se lo credeva opportuno,
per la rappresentazione, che egli ne curò a Weimar nel 1810. Le
modificazioni andarono perdute : di esse almeno non è traccia nel
testo pubblicato. L'influenza della Staél si riduce a tutto questo.
Cfr. Goethe und die Ronamiik, hrgg. v. Walzel u. SchuD-
DEKOPF, cit., voi. II, p. 48.
336 Zacharias Werner
Goethe zu Werner die mir treu im Gedàchtnis geblie-
benen Worte sprach : — Das Fluchgemàlde werdet ihr
besser machen als ich : das Segensgemàlde mache ich
besser als ihr — » (23).
Come si vede, l'origine prima dell'opera fu il propo-
sito di condensare in un atto un'azione drammatica (( klar
motivirt und vollstàndig entwickelt », e il (( Fluchge-
màlde », che a ciò si mostrava acconcio, non era che una
forma di dar effettuazione al progetto : non implicava nella
sostanza alcuna diversità di procedimento da quello te-
nuto nei drammi anteriori, che anzi le parole, che il Goethe
pronunciò, paiono precisamente indicare che — secondo
lui — l'arte sinora spiegata dal Werner era perfetta-
mente adatta a tale opera.
Qualche giorno dopo si offerse anche Fargomento.
Narra lo Schubart che si trovava allora in Weiméu- (24):
« Bald nachher fand Goethe Gelegenheit dem Romantiker
seinen Rat noch dringender und mit Erfolg zu empfehlen.
In einer Gesellschaft in Goethes Hause w^urde aus den
Zeitungen eine schauerliche Criminalgeschichte vorge-
lesen, vsrelche mit einem merkwiirdigen Zusammentreffen
der Jahrestage verbunden w^ar. Diese Geschichte empfahl
nun Goethe dem auch gegenwràrtigen Werner als einen
geeigneten und fruchtbaren Stoff zu einem kleinen einak-
tigen Trauerspiel wie er es von ihm wunschte ».
Il Werner — racconta lo Hitzig — si mise subito al
lavoro (25). Portò naturalmente nella notizia trovata nel
giornale delle modificazioni: lo dimostrano le parole da
(23) Lebensabriss, cit. p. 108.
(24) Erinnerungerì an Goethe, « Schnorrs Archiv», III, p. 461,
(25) Lebensabriss, loc. cit.
La « Schicksalstragòdie » 337
lui messe in nota al Prologo, quando nel 1814 si de-
cise a dare la sua opera alle stampe: « Die Gottlob er-
dichtete Fabel und Katastrophe meines Trauerspiels » (26).
Il Minor basandosi su queste parole avanza Tipotesi
che la notizia di giornale non terminasse con l'ucci-
sione (27); ma in tal caso si riferisce 1' « erdichtet »
a « Katastrophe » soltanto, mentre il Werner lo riferì
anche a « Fabel », e si contraddice — parmi — al rac-
conto sopra riportato dello Schubart trattarsi di una « schau-
derliche Criminalgeschichte ». Io credo che ricostruire
dai pochi elementi certi che si hanno la notizia di gior-
nale sia impossibile, ma che i mutamenti introdotti ri-
guardino la determinazione dell'azione in generale secondo
il pensiero che il Werner vi esplica. Questa ipotesi è
in qualche modo appoggiata da un racconto del Werner
medesimo che scrive allo Iffland intorno alla sua nuova
composizione (28): « Der Gegenstand ist die bekannte
Anekdote dass zwei Eltern ihren als Reisenden bei ihnen
einkehrenden Sohn, ohne zu wissen dass es ihr Sohn ist,
umbringen ». La « bekannte Anekdote » potè affacciar-
glisi dal Blunt del Moritz, ricordatogli forse dal Goethe
che col Moritz era stato in stretti rapporti, ricordato forse
da lui stesso, inquantochè il Moritz, come precursore del
Romanticismo, come inclinante al misticismo e come
poeta massone, godeva una discreta fama e doveva eser-
I citare su di lui una certa seduzione: potè affacciarglisi
àa^* Ahschied del Tieck a lui certamente noto: che
I
(26) Ausg. Schr., IX. p. ni.
(27) «Grillparzer-Jahrbuch», 1899, p. 68.
(28) Teichmann, op. cit.. p. 330.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 22
mi
338 Zacharias Werner
von Sancta Clara nei « Gemisch-Gemasch » escluse egli
medesimo (29). Il fatto di aver posto la scena nella Sviz-
zera, di essersi valso del « Lied » scozzese Edward
nel corso dell'opera, come vedremo, indurrebbero a rite-
nere anche più probabile che con le parole « bekannte
Anekdote » il Werner abbia alluso a canti popolari, in
cui tale argomento viene spesso trattato. Il dr. A. Andrae
trovò la leggenda anche in Svizzera : la leggenda della
« Graue Frau ». Riporto le sue parole: « Die Graue
Frau war einst eine bòse Herbergsmutter, welche die
wohlhabenden Reisen mordete und ausraubte. Nun kehrte
der Sohn nach langen Jahren aus der Fremde zurùck.
Unterw^egs hòrt er von der unheimlichen Herberge,
glaubt kein Wort, w^ill die Mutter uberraschen, ihren
Verleumdern den Mund stopfen. Unbekannt kommt er
ins Haus und legt sich schlafen. Mitten in der Nacht
erwacht er : die Mutter steht vor ihm und giesst dem ent-
setzt sich Aufrichtenden siedende Butter in den zum
Schreien geòffneten Mund : « Mutter, vs^as hast du
getan? » Dann sinkt er tot zuriick ». Non è escluso che
nei suoi peregrinaggi per la Svizzera il Werner lo abbia
sentito raccontare (30).
Comunque sia, il Werner fuse la notizia di giornale
nel tema poetico che gli era noto, serbandone certi par-
ticolari — come la coincidenza del giorno — , che s'adat-
(29)11 Minor (« GriUparzer- Jahrbuch». 1899, p. 67) insistette di
nuovo sopra Abraham a Sancta Clara, su di cui v. H. Strigl., Ueber
Anregungert die Schiller, Vhland und Werner aus Abraham a Sancta
Clara empjangen haben. « Deutsches Volksblatt», 1904, n. 5391.
(30) «Euphorion», 1905.
La « Schicksalstragddie » 339
lavano alla forma che il dramma veniva assumendo nella
sua fantasia.
E, mentre il proiettarsi della storia in un mondo su-
periore risultava evidente dalla storia stessa — maledizione
che pesa sopra una famiglia e suscita maledizione, lo stru-
mento della colpa che coincide con lo strumento delFespia-
zione, il giorno che coincide con il giorno della pena — il
Werner si trovò a poter, senza far violenza alla ispira-
zione e senza rinunziare alle sue idee, comporre un dramma
che rispondesse alle esigenze teatrali e alle richieste degli
amici, un dramma di cui potesse dire con ragione, come
dirà: « es ist mein gelungenstes dramatisches Stùck ».
Allo Iffland ne scriveva nei seguenti termini (31): « Nur
drei Personen, keine Dekorationsverànderung,... ein grosses,
immer steigendes, mit alien Vehikeln der Tragedie ver-
sehenes Interesse, in einer populàren Sprache geschrieben
und von alien Geistem, Teufeln, Engeln, mystischem
Wortgeklingel, kurz von alien Fehlern, die man mir mit
Recht oder Unrecht vorwirft, frei, von rein menschlichem,
jeden im Volke gleich ergreifendem Interesse, und in
einer jedem verstàndlichen Sprache geschrieben ».
Si ponga attenzione sopra il rilievo dato dal Werner
al carattere popolare del dramma: esso conferma quanto
sopra esponenmio sopra il carattere realistico dell'opera.
Esso mostra difatti come il Werner stesso abbia sentito
subito che, se era in certo modo giustificato l'intervento
di esseri soprannaturali quando si trattava o di un conflitto
di nazionalità come nel Kreutz an der Ostsee, neW At-
tila, nella Wanda, o di un conflitto di concezioni reli-
(31) Teichmann, cit., p. 320.
340 Zacharias Werner
giose come nei Sòhne des Tales, nel Lutero, e, accom-
pagnato col conflitto di due nazioni, anche nel Kreutz
an der Ostsee e neW Attila, invece esso sarebbe apparso
fuor di luogo nel caso presente, in cui la storia si svolgeva
fra uomini del popolo, fra gente semplice : ne sarebbe
risultata una sproporzione fra argomento e forma, che non
poteva logicamente sussistere. Tanto più poi egli dovette
confermarsi in questo principio, in quanto che anche
ragioni esteriori glie lo consigliarono: l'espresso desiderio
del Goethe e la promessa avuta che il dramma sarebbe
stato rappresentato.
Nella Wanda ci era compeu-so il tentativo di dsu-e
all'azione il più rapido e intenso sviluppo possibile, so-
stituendo alla descrizione di ambiente uno svolgimento
ampio ed eloquente delle scene direttamente scaturite
dall'azione, riducendo il numero dei personaggi. Il Werner
ripete ora il tentativo con un argomento più adatto, come
era questo puro e semplice quadro di famiglia disgra-
ziata, con una forma più conveniente, e trattandosi di un
atto solo che non dà e non può dare dell'azione se non
la crisi finale, senza quella preparazione che negli altri
drammi è necessaria.
Una materia ben determinata, una visione precisa dello
scopo che le dava forma, un corrispondere della materia
e delle forme alle tendenze generali della fantasia : il
Werner lavorò con slancio : « Nach einer Woche —
narra lo Schubart (32) — brachte Werner dem Meister
den 24. Februar ». Lo Schubart esagera: in una lettera
allo IfHand il Werner psu-la di due settimane per la ste-
(32) «Schnorrs Archiv», IV, p. 461.
I
La «. Schicksalstragddie li 341
sura e di altre due settimane per la revisione (33). Tempo
assai breve in ogni modo e che mostra la rapidità con
cui l'opera maturò nella sua fantasia.
Il primo particolare che pare esserglisi affacciato è lo
scencirio. La scena di realtà s'inquadra sopra uno sfondo
reale. Il dramma era appena concepito e già descriveva
allo Hitzig questo sfondo (34). « Er fiigte hinzu — narra
lo Hitzig — er habe schon eine pràchtige Oertlichkeit in
dem Sinne, wo sich so eine entsetzlicheTatzugetragen haben
kònnte, wobei er dann in ergreifenden Worten die Lage
des Wirtshauses am Garterntale schilderte, in welchem
er auf seiner Schw^eizerreise im Sommer 1 808 eine Nacht
zubrachte, die einen tiefen Eindruck auf ihn gemacht
hat ». II Werner medesimo scrive allo Iffland (35): « Um
das Gemàlde mehr der Wirklichkeit nahe zu bringen,
habe ich die Szene, als w^àre sie poetisch vorgefallen,
nach einem sehr grausenvollen Orte in der Schw^eiz, dem
Wirtshaus auf der Gemmialpe, versetzt, ein von der
Natur schon zum Entsetzlichen gestempelter Ort, den
ich selbst besucht und treu geschildert habe, und wo
wirklich ver eine paar Jahren ein Mordtat, wenn gleich
nicht mit den in meinem Stiicke erwàhnten Umstànden,
geschehen ist ». Si tratta della località Schwarzbach fra
Kandersteg e Leuk, sul passo di Genmii, dove egh passò
il 21 agosto. Il Tagebuch porta sotto questo giorno (36):
« Gang auf den Gemmi uber den Schneesturz. Essen in
dem einer Morderhòhle àhnlichen Schmarbach (errore di
(33) Teichmann, p. 331.
(34) Lebensabrìss, cit., p. 107.
(35) Teichmann, p. 330.
(36) Ausg. Schr., XIV, p. 109.
342 Zacharias Werner
Stampa per Schwarzbach). Schlechte Suppe, Geschichte
der ermordeten Tochter ».
Altri ricordi del viaggio in Svizzera si mescolarono
subito nell'opera: il « munter Liedel » che Trude canta
sul finir della prima scena è il medesimo che il Werner^
udì cantare il 2 agosto dalle tre « Wirtstòchter » sul
Rigi (37):
Und wenn ein Bauer ein Bauer ist.
So fiihrt er seinen Pflug.
Und wenn er ein Htìtli und Hemdli hat,
So hat er Kleider g'nug.
Hutli auf,
Federli drauf s,
Hirthemdli dran !
Buntbanderli an!
Der Bauer ist kein Edelmann,
Der Bauer ist ein Bau'r,
Das Leben wird ihm sau'r.
Questo canto serve a far spiccare l'intonazione reali-
stica dell'opera e la umiltà dell'ambiente in cui l'azione
si svolge : il Werner aveva già ricorso a tal espediente nel
Kreutz and der Ostsee per dar rilievo al carattere della
barcaiola Dorotka.
E tale scopo ha anche un altro Lied, che, dato il suo
contenuto, io credo esserglisi affacciato al momento stesso
della sua concezione : la ballata scozzese Edward, rie-
laborata dallo Herder anche nei suoi Volkslieder (38),
ballata di cui Kuntz dice essere :
(37) Ausg. Schr., XIV. p. 103.
(38) V. su di esso EriCH SchmiDT nella Festgabe far R. Heinzel,
Leipzig, 1898.
La « Schicksalstragòdie »
343
Wie ein Beil, das eiskalt iiber 'n Nacken fàhrt.
La ballata presenta un figlio travagliato dal rimorso per
aver ucciso il padre, dietro lo stimolo della madre, e dalla
forma dialogica, in cui essa si svolge, si sgaggia una os-
sessione di orrore come se la fantasia s'aggiri intorno alla
visione, retrocedendone inorridita, e avvicinandovisi di
nuovo perchè il rimorso ve la tiene avvinta. La madre
chiede :
Wovon ist dir dein Schwert so rot?
Edward Edward!
e il figlio risponde:
Ich hab' geschlagen'nen Geier todt,
Davon ist mein Schwert so rot,
O weh, o web !
La madre insiste e il figlio dopo di aver girato continua-
mente la risposta finisce col confessare :
Ich hab* geschlag'n meinen Vater todt,
Davon ist mein Schwert so rot,
Daran seid ihr Schuld, Mutter.
Il Lied è cantato da Trude nella prima scena e ritor-
nerà nel sogno della Trude: la fantasia di Trude non se
ne sa liberare nella notte funesta, cosicché, anche mentre
dorme, esso ritorna sulle sue labbra; e anche Kuntz,
quando lo ode, non se ne sa più distaccare : Trude discorre,
discorre e Kuntz rimane presso quel Lied: la visione di
quella spada insanguinata lo tiene inchiodato. Ed anche
344 Zacharias Werner
l'altro Lied acquista una funzione simile per il fatto
che esso era il Lied che Kuntz cantava nella notte in cui
il padre li maledisse.
*
Mezzanotte : il vento infuria. Una vecchia casupola
mezzo diroccata: pareti annerite, scure, disadorne; a tre
ore di distanza non abita persona viva. Il cielo è cupo e
fra le ombre enormi delle montagne la tenebra è fitta : la
casupola è smarrita entro la tenebra. E come l'uomo è pic-
colo e sperduto nella tetra solitudine ! Come si sente
in balìa di quella tenebra enorme, misteriosa, che pare
emanazione di una potenza arcana ! Brividi di paura pas-
sano nelle ossa: l'uomo è schiacciato come sotto la pe-
sante cappa di un incubo che gli toglie il respiro. Si ri-
sollevano dal fondo dell'anima tutti i tremori: tutti gli sgo-
menti risorgono.
Il Werner si vai di questa (( Stimmung )) per ricondur la
fantasia dei personaggi suoi a quegli antefatti da cui sca-
turirà la storia che egli vuol rappresentare. Presenta Trude,
la donna, nella capanna. È meraviglia che in tale ora.
e in tale solitudine ciò che vi è di inquieto nella coscienza
si agiti ?
Così viene motivato psicologicamente il racconto degli
antefatti. Il racconto produrrà necessariamente nello svol-
gimento drammatico dell'azione un ritardo e una pausa,
ma il ritardo e la pausa, anziché attenuare, approfondiranno
l'effetto. Quella che il poeta sbozza con mano rude e
ferma è gente che vive con la fantasia nel passato e sente
in quel passato la fonte delle attuali sciagure : presagisce
da quel passato qualche sciagura nuova. L'idea del fato
La « Schicksalstragòdie » 345
si identifica con quel passato, e lo sminuzzato racconto
di questo pesa continuamente sulla storia con una forza
immane.
Kuntz ha sposato Trude contro la volontà del padre:
la vita in famiglia divenne un inferno: il padre gli insul-
♦tava la moglie e Kuntz non lo poteva soffrire. Una sera —
era il 24 Febbraio — si ripetè la scena : Kuntz si mostrò
freddo e prese a molare la falce : il padre infuriò veden-
dolo indifferente e gridò a Trude : (( Metze ! )) . Kuntz
non resistette piìi: scagliò la falce contro il proprio padre.
Scagliò senza colpire. Ma il padre morì quella stessa sera
per l'emozione e morì maledicendo loro e quelli che da
loro sarebbero nati : (( Fluch Euch und Eurer Brut, Auf
sie und Euch komme Eures Vaters Blut ! Dea Mòrders
Mòrder seid, wie mich ihr morden tut ». Trude era in-
cinta : nacque un figlio, Kurt, e portava una falce sanguigna
sul braccio sinistro. Era sempre inquieto : « unstet und flii-
chtig ! )). Cinque anni dopo nacque una bambina. Una sera
— di nuovo era il 24 Febbraio e Kurt aveva sett'anni e la
bambina due — Trude aveva ammazzato un pollo : Kurt
giocava con la bambina, volle far la cuoca e che la bambina
facesse la parte del pollo : prese la falce e le tagliò la testa.
Il giudice lo assolse perchè era un bambino inconscio, ma
Kuntz lo maledisse. Trude lo mandò presso uno zio. Era
buono, forte, intelligente, ma inquieto: diceva: a Die
Sens'am Arm, die làsst mir nirgends Ruh* ». Lo zio lo pose
in un'officina, ma egli fuggiva spesso: lo zio lo pose in
una casa di correzione : Kurt fuggì anche di là. Nessuno
seppe più nulla di lui : lo si disse fuggito a Parigi e morto
nella rivoluzione. Kurt invece si è salvato con il suo ca-
pitano recandosi in America, dopoché il partito del re
era stato disfatto e nulla più era da salvare : il capitano
346 Zacharias Werner
gli lasciò il suo avere, e Kurt torna ora in patria per chie-
dere perdono ai suoi genitori e viver con loro del de-
naro che egli ha portato con sé. Nel frattempo tutto è an-
dato male in casa di Kuntz: ora deve essere messa la
casa air asta e Kuntz deve essere trascinato in prigione
come debitore insolubile. È di nuovo la notte del « 24 Feb-
braio » : egli ha chiesto invano una proroga, domani ver-
ranno i gendarmi. E sarà la fine. Kurt arriva sconosciuto
proprio in questo momento critico.
Il racconto di questi antefatti occupa più che la metà
del dramma, ma non è soltanto motivato come accennammo,
diventando parte sostanziale dell'azione: prepara anche
l'azione stessa.
Il Werner presenta dapprima Trude sola : il marito si è
recato a Leuk per chiedere una proroga: essa attende e
non lo vede arrivare. Presagi sinistri la turbano: ripensa
alla maledizione del padre avvenuta tanti anni prima:
'S ist lange schon her, und dennoch denk' ich dran,
ripensa alla maledizione che Kuntz ha scagliato contro il
figlio: pensa alla strettezza presente e alla congiuntura in
cui si trovano: sente il vento fischiar nella notte, sente la
sua solitudine : — Nur ich und meine Qual mit mir ! — e
ripete proprio, senza pensarvi, quei due (( Lieder » di cui
prima abbiamo discorso. Le corre un brivido per le ossa:
Es iiberlàuft mich kalt,
Kuntz arriva, racconta che la proroga non è stata con-
cessa, porta l'atto di condanna: porta un mezzo pane per
sfamarsi in due. Sente anche lui pesare su di sé la male-
dizione, sente anche lui presagi sinistri. Quando tornava,
« Schicksalstragòdie » 347
lo prese per la prima volta la paura : gli parve di vedere
nell'Alpe, sulla sua sommità coronata di ghiaccio, suo
padre, come era giaciuto, morto.
Mir fiel der Februar,
Der vier und zwanzigste, aufs Herz — Im Naclten
Traf es mich wie ein Henkersbeil.
E da quel momento fece la via come in sogno. Una
farfalla notturna penetrò nella sua lanterna e l'agitarsi
della fiamma gli richiamava lo (( Aechzen » del padre mo-
rente : il becco di essa era giallo come la falce fatale, e
lo sbatter delle ali era come (( Sensenschleifen » ! E in
quel momento vide il gallo che fece di suo figlio un
assassino.
Il racconto si concreta così a poco a poco dall'indeter-
minatezza in cui il soliloquio di Trude lo aveva lasciato. E
insieme coli' intensificarsi dei ricordi procede di pari passo
la preparazione del dramma. Come salvarsi ? Trude pro-
pone invano di rubare al ricco vicino Stoffi tanto quanto
basti. Kuntz si ribella: egli è un soldato, onesto nell'anima.
Come può insozzarsi così ? Domani, quando arriveranno al
ponte, si butterà nell'acqua, ed espierà la maledizione
che grava su di lui.
Arriva Kurt. Porta danaro e vivande: offre ai suoi ge-
nitori affamati quanto tiene nel sacco, senza rivelarsi. Kuntz
mangia e beve: sopratutto beve. Kurt vuol sapere la storia
della sua miseria e vuol sapere se egli ha ritirato la sua
maledizione. E Kuntz affronta il ricordo tragico e racconta,
racconta tutto per disteso. Dimentica quasi la condizione
presente : che cosa è essa di fronte a quel passato } E
anche Kurt racconta la sua storia, ma solo dalla fuga in
Francia in poi, per non farsi riconoscere, solo confes-
h
348 Zacharias Werner
sando di aver anch'egli commesso un omicidio quando era
bambino.
Kurt vorrebbe gettarsi ai piedi dei genitori, offrir loro
quanto ha con se : ma Kuntz dice che non vuol rivedere
suo figlio e Kurt rimanda al giorno seguente la rivelazione
e si reca a dormire nella camera vicina.
Il ricordo del passato sconvolge Kuntz interamente e
Kuntz beve. Il racconto di Kurt gli fa credere di avere
in casa un assassino ; lo può ammazzare senz'essere condan-
nato per questo. Gli può prendere l'oro che ha con se e
può salvarsi. Quell'oro lo attira, lo attira irresistibilmente.
La naturale onestà ne lo trattiene :
Welch neuer Teufel blies mir den Gedanken ein ;
ma il vino e la sovreccitazione gli tolgono il dominio di sé
stesso. Vede il sangue e non ne inorridisce più :
Im Krieg hab* ich wohl andern den Kopf vom Rumpf getrennt !
Trude canta in questo istante, sognando, il (( Lied )) di
Edward : suscita visione di sangue. Non retrocede più
davanti al pensiero : (( Sprach nicht der Kerl er sei ein
Mòrder ? » a So ist der Kerl ja vogelfrei ; ein jeder
kann ihn pliindern, ihn berauben ». Si formula anzi il
pensiero con tutta chiarezza: ((Ihn tòdten kònnt'ich —
darnach kràht kein Hahn ! » A Trude ripugna l'azione,
ma poiché non vi é salvezza, cede. L'importanza che ha il
ricordo del padre nello sconvolgimento di Kuntz — scon-
volgimento da cui la catastrofe nasce — é provata dal
fatto che continuamente la visione del padre compare nelle
sue parole e, anziché arrestarlo, sbriglia il suo tumulto
interiore e lo eccita. Nel momento decisivo, quando Kuntz
I
La « Schick^alstragòdie » 349
entra nella camera dove Kurt dorme, gioca il ricordo una
parte essenziale. Kuntz dice:
'S ist Mitternacht ! — Das ist 'ne gute Stunde ! —
Da hat man Mut — wenn auch der Vater blau
Vom Schlagfuss da liegt!
Kuntz ha buttato il manico della falce sul fuoco; ora
vede la falce al suolo e dice, con una ironia amara:
« Hoho ! da liegst du, alter Kunde ! dich nehm' ich mit ! »
Ancor si pente un istante : (( Lasst uns schuldlos sterben ! » :
ma si nasconde la falce nella tasca. Può esser (( schuldlos»
chi fu causa della morte del proprio padre ? Può esser
« schuldlos )) il maledetto ?
Kuntz vuol pregare un momento per liberarsi dalla tenta-
zione e prega così : (( Vater unser, der mich hat verflucht !»
Anche Toro di quell'ignoto gli par maledetto: (( Sein
Gold! — es ist auch verflucht! ». Dev'egli morire perchè
è (( verflucht und arm »? E non dorme tranquillo quell'as-
sassino davanti agli occhi suoi ? (( Nein, mich retten muss
ich — retten! Sollt's auch ewig mich gereun! ». Davanti
a questa specie di furore di maledizione e di sangue che
cosa può la povera Trude ? Essa aveva ben proposto di
rubare, ma non vonebbe uccider quell'uomo ignoto; tanto
più che essa ha una specie di presentimento che egli sia
suo figlio. Essa non può opporre se non parole senz'effi-
cacia. « Che cosa può una povera quercia contro un fiume
che dilaga ? » Essa segue il marito e, avendo tutta la
coscienza del male che essi stan compiendo, e provando
tutti i brividi dello spettatore partecipe della scena, ne
accresce il terribile effetto.
La terribilità dello spettacolo si moltiplica pel contrasto
che Kurt fa al padre. Kurt sogna liberazione e felicità.
350 Zacharias Werner
mentre tutto questo processo nell'anima di suo padre si
compie. La scena è divisa in due parti: la cucina e la
camera. Nell'una l'uditore vede Trude e Kuntz, e nel-
l'altra Kurt. Nell'anima di Kuntz si sviluppa la tempesta
e l'anima di Kurt si scioglie in una grande pace. Le par-
late di Kuntz si alternano con le parlate di Kurt. Quando
Kurt veniva alla sua casa, attraversando la montagna, tutto
gli aveva parlato con dolci parole di invito e di fede,
Kuntz dice di lui che si tratta di un « Kerl in dem kein
gutes Haar ! » E Kurt ha verso di lui un desiderio pieno
di amore. Kuntz non può pregare e Kurt prega e sente
sciogliersi il groppo che gli serrava l'anima. Kuntz decide
di ucciderlo e Kurt si sente (( entsiihnt » e pensa con dolce
gioia all'indomani e alla vita che condurranno poi : un
(( irdisches Paradies )) .
Così si forma e si prepara il finale. Kuntz fa per rubargli
l'oro che egli ha messo sotto il cuscino pensando con
gioia che esso sarebbe stato lo strumento della riconcilia-
zione ; Kurt si agita e si sveglia. Kuntz lo uccide con due
colpi di falce. Kurt dice, riconoscendoli: « Uccidete vostro
figlio!)). Mostra il suo passaporto e muore perdonando.
Trude scopre il braccio : vi è la falce sanguigna. Non
v'è più dubbio; il delitto orribile è compiuto.
Si può facilmente rilevare da tutto questo la verità della
nostra asserzione : trattarsi qui di un dramma realistico, in
cui l'idea del fato non fa alcuna esteriore violenza allo
svolgimento naturale delle cose. Non vi sono che passioni,
e la forza del fato si identifica con queste passioni umane ;
il modo come ciò possa avvenire abbiamo sopra veduto,
la maledizione e il delitto imprimono nella psiche una
traccia che non si cancella più; sconvolgono la psiche. Il
Grillparzer nella Ahnfrau svilupperà più ampiamente il
u
La « Schicksalstragòdie » 35 1
tema dell'atavismo; il tema, che rientra completamente
nella intonazione generale, è già accennato qui; Kurt
nasce portando in sé le stigmate di Caino, con la sua irre-
quietudine e il suo delitto infantile. Più però che il tema
dell'atavismo, qui secondario, è svolto invece il tema del
mutamento che nell'anima del colpevole si produce. Kuntz
è restato uomo onesto, fermo in condizioni normali; ma il
ricordo, il rimorso lo tramutano quando lo assalgono: gli
tolgono la coscienza morale, lo fanno cieco. E in questo
tema è il processo della « Schicksalstragòdie )) werneriana ;
processo suo proprio e artisticamente ben fondato.
Il realismo della concezione può essere così accompa-
gnato anche dal realismo del linguaggio. Intonata con
l'insieme è la lettura della prosa giudiziaria che condanna
i due debitori ; vi trovate innanzi a uomini di quel mondio
in cui ciò può avvenire, e questi uomini parlano come uomini
in tale condizione possono parlare. Avvertite il fatto fin
dai primi versi di Trude :
Sc'hon eilf und Kuntz noch immer nicht zu Haus !
Er ging nach Leuk doch beute friih schon aus.
Kuntz aniva:
Bin bis aufs Hemde nass ! — Macb' Feu'r !
Specialmente nelle parole di Kuntz potete avvertire il fatto :
(( der Kerl, wunderlicher Kauz, Fluchkompan )) sono i ter-
mini che egli usa per designare l'incognito arrivato. Kurt
desidera un coltello: Kuntz ordina a Trude di prender la
falce alla parete : (( Langs mal herunter ! )> etc.
Il discorso resta per tutto il dramma così, semplice, disa-
dorno, brutale. E questa brutalità e disadornatezza del lin-
guaggio ne accresce il colorito e la forza, afferma più
352 Zacharias Werner
vigorosamente i caratteri del mondo in cui i personaggi
vivono; imprime al realismo dell'insieme una forza lirica,
che ne centuplica l'impressione.
11 Werner celebrò qui realmente il trionfo della sua
inclinazione al sinistro, al patologico, alle visioni di pec-
cato e di sangue. Ciò che con Hildegunde attraversava
l'azione dello Attila costituisce qui il colorito generale
del dramma; colorito fosco, uguale, rischiarato soltanto
nel momento dopo la catastrofe : colorito la cui cupezza
s'accresce sempre più col procedere del dramma.
Il 24 Febbraio è così la miglior riprova di quello
che noi fin dapprincipio affermammo sulla natura e sulle
tendenze del dramma werneriano; in questo trionfo del
patologico e del sinistro avviene per la prima e per l'ul-
tima volta la fusione completa delle due tendenze op-
poste a cui il Werner obbedisce componendo i suoi
drammi.
Lo Schubart narra che in Weimar gli uditori perdettero
il fiato per lo sgomento (39). Non è solo la conseguenza
dei truci fatti narrati ; è specialmente la conseguenza del-
l'arte con cui il Werner li ha rappresentati. 11 24 Feb-
braio presenta in un lungo atto un parricidio; ma il
delitto riempie soltanto l'ultima pagina. Il Werner ha
concentrato tutto il dramma sopra la lenta preparazione
di esso: sopra un quadro di anime turbate. Vi è fin dal
principio — con l'idea generale di una fatalità gra-
vante sui personaggi, idea che poi si vien sempre più
a poco a poco specificando — una visione sinistra che mi-
(39) « Schnorrs Archiv», 1877. loc. cit. E cfr. anche MADAME DE
Stael, De l'Allemagne, II, cap. XXIV.
La « Schicksalstragòdie » 353
naccia; e il Werner mostra il crescere della minaccia.
Sentite fin dalla prima pagina la catastrofe terribilmente
vicina; eppure quella catastrofe non curiva mai. Vivete
sotto un incubo come i personaggi del dramma. Vi sentite
come soffocati sotto quelF incubo e sotto quella visione,
e l'ansia si accresce con il veramente mirabile accrescersi
del pathos e della passione nel dranmia. È colta Fazione
nella sua crisi finale, ma è rappresentata la crisi con una
verità minuta che vi fa rabbrividire. È un metodo di com-
posizione che si potrebbe chiamare sinfonico: un tema
unico che si sviluppa coerentemente in una serie di parti-
colari con una intensità progressiva. Quando Kuntz pianta
la falce nel petto di Kurt, non rabbrividite più, tirate
un respiro. Eppure è arte anch'essa questa, che indugia
sull'orlo dell'abisso e vi fa scrutare dove il vostro occhio
di per se non ardirebbe di arrestarsi.
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 23
CAPITOLO SESTO
Il dramma cattolico.
Se nel 24. Februar rintendimento mistico vien sub-
ordinato air intendimento artistico — e il Werner stesso
lo riconosceva (1) — , il 24. Februar non significa però
che nel Werner l'interesse religioso si sia momentanea-
mente affievolito e che il predicatore ceda finalmente il
posto al poeta.
Al contrario, il predicatore acquista sempre più terreno
nella sua anima e nella sua vita interiore. 11 9 luglio di
questo stesso anno il Werner noterà nel suo Tage-
buch (2) : (( Die gute Madame von der Heyden ermahnt
mich die albeme Theaterschreiberei fahren zu lassen und
mich ganz dem religiosen Fache zu widmen. Ich ver-
«preche es und denke, es wills Gott, bald zu halten ».
E io credo che qualcosa di vero vi fosse nella voce che,
giunta all'orecchio del già maldisposto Goethe, lo faceva
anche più imbronciare di quanto già non fosse, avere il
(1) Teichmann, x:it., p. 319.
(2) Ausg. Schr., XIV. p. 686.
356 Zacharias Werner
Werner detto (3) : a II 24 Febbraio è il mio peggior lavoro
e Goethe me lo fa rappresentare; i miei migliori lavori
invece vengon lasciati da parte ». 11 Werner in una let-
tera al Goethe protesta che si tratta di menzogne, che
egli è convinto essere il 24 Febbraio l'unico (( gelungenes
dramatisches Stiick» che egli ha scritto, che gli altri drammi
eran nulla, tentativi falliti, etc. ; ma la cosa non è affatto
inverosimile e le due affermazioni non si contraddicono
che in apparenza. Se la poesia non è stata mai per lui
altro che un (( veicolo » della predica mistica, essa lo è|
specialmente ora, nel tempo in cui il suo misticismo si
intensifica così da alienargli definitivamente l'afFetto del
Goethe, già disgustato della fine che vedeva fare dai
giovani romantici, un tempo protetti e sostenuti, precipi-
tantisi tutti, chi pili chi meno, Friedrich Schlegel alla
testa, in seno della Santa Madre Chiesa. Niente quindi di
più naturale che il Werner, pur riconoscendo la maggiore
unità e organicità dell'ultima sua creazione, la consi-
derasse come cosa da meno che le altre sue, le quali delle
sue idee e del suo spirito religioso più erano ripiene.
Abbonda ora nel suo Tagebuch, nelle sue lettere e
nelle sue poesie anche più di prima la tinta religiosa.
Prima egli si era bensì dedicato alla predicazione di
quella che egli considerava la verità, ma la aveva vissuta
egli stesso con tanta impurità che aveva potuto insozzarla
con la difesa di fatti che non si posson difendere; oramai
invece egli si va così identificando con la sua missione che
egli veramente vede e sente le cose attraverso di essa.
(3) Goethe uni die Romantik, hrsgg. v. WalZEL und SchOdde
KOPF, clt., p. 54.
// dramma cattolico 357
Né la dissolutezza morale, in cui egli seguita a vivere,
è un segno contrario a questa affermazione, perchè quella
dissolutezza in una natura così contrastante come è la sua,
pare ora scindersi interamente dalla vita interiore vera
e propria, dalla vita spirituale, e rappresentare quasi uno
sfogo sensuale, a cui egli non pone nessun ostacolo, uno
sfogo, a cui si abbandona quasi senza pensarci, per quella
abulia patologica, a cui egli è in preda (4). Egli sente
ora della sua missione anche la purità.
Son passati i giorni in cui egli proclamava di cercar
Dio negli amorazzi da trivio; ora egli sente che Dio ha
assai poco da fare con quegli (( esperimenti erotici )), e,
quando pensa un istante a certi lati della sua vita, vi
pensa non senza un brivido di ripugnanza e di penti-
mento (5).
Talora lo coglie una tristezza profonda senza ragione
precisa, un sentimento vago della lontananza sua da quel
fine che egli pur predica assegnato agli uomini; un senti-
mento grave del vuoto che lo circonda (6). (( Schòner Blick
auf den Ziiricher See — si legge ad esempio nel suo
Tagebuch; — Gang in den Garten. Weinen bei den
Blumen an der kleinen Fontaine. Das hundertste Teil
dieser Herrlichkeit in meinem Besitz bàtte mich vor fiinf
Jahren beseligt ; jetzt ist es zu spàt » . Incomincia a sentir
finalmente il peso delle sue <( Schwachen und iiberfìr-
(4) Solo in tal modo è possibile infatti spiegarsi come in un sol
giorno il Tagebuch contenga segnate le azioni più contradditorie.
(5) Cfr. Tagebuch, passim, e VlERLlNG, op. cit., Appendice, pa-
gina 18 e segg.
(6) Ausg. Schr., XIV. p. 101. E V. anche p. 103: «die Erde ist
herrlich ùberall, wo der Mensch nicht hinkommt mit seiner Qual».
358 Zacharias Werner
miste Torheitéh » (7). Se il tema suo rimane la diviniz-
ràzióne della uihanità per mezzo dell'amore, egli aggiunge
però subito, scrivendo alla sua buona amica di giovinezza
Johanna Rink (8) ; (( Den Kommentar dariiber kònnen ihré
Freundinnen nùr ih einem wohlgeordneten Ehestande
erhalten, w^enn sie ihn mit glaubigem, ruhigem und
reinem Herzen antreten)). Riconosce che la purità del-
l'amore è in lui possibile soltanto in una (( Sehnsuclit ))
che non abbia appagamento, riconosce che egli non può
amare veramente e che perciò non è fatto neppure per
quello stato matrimoniale, che, idealmente concepito, gli
par sempre la forma più alta della vita -^ (( das Paradies
der Liebé ist mir auf immer verschlosseri » (9) — : rico-
nosce le sue cadute e la profondità di esse. Una fanciulla,
Friederike, amica di Johanna Rink, si innamora di lui
lèggendo i suoi scritti : egli sente di non doverla ingan-
nare, di non poterle dare la felicità che essa si immagina,
è disposto a farle credere di essere un mascalzone per
liberarla dall'illusione pericolosa, e le sérive una lettera,
di cui (( jede Sylbe » è (( buchstablich wahr », una lettera
in cui dipinge tutta la sua (( Jàmmerlichkeit » : (( So v^ahr
ich von Gottes Versòhnung meine Schuld hoffe, so wahr
ist dieser Brief , und jede Zeile desselben nicht etwa bloss
(7) VlERLING, op. cit., Append., p. 17.
(8) Ibid.. p. 19.
(9) Ausg. Schr., XIV, p. 156. Queste parole sono scritte a pro-
posito dì Friederike Werrlich : « ein bliihendes, gescheutes, an Leib
und Seele gesundes Madchen von 18 Jahren, eine vvahre Rosenknospe,
Voli Unschuld und Reinheit, die ich lieben und heiraten und mit ihr
elngeschrànkt leben wQrde sogleich, ware das Paradies der Liebe mir
nicK auf immer verschlossen » .
// dramma cattolico 359
zur Beruhigung eines kranken Madchens, sondern aus dem
Innersten meines zerrissenen Herzens geschrieben » ! (IO).
Il Werner sente così che la liberazione dal suo male è
ormai solo possibile, in quanto egli si lasci tutto assorbire
dall'ascetismo. E la religione pervade in realtà tutti i suoi
sentimenti.
Le impressioni del viaggio attraverso alla Svizzera, il
sentimento della natura ne vengono condizionati. Scrive
allo Scheffner (11): (( Vorlaiifìg iiber die Schweiz nur so
viel : der Eintritt ist, wie in das selige Land der abge-
schiedenen Seele, eine Freistatt des Friedens; die Ge-
wàsser entschleiern alle Geheimnisse der ewigen Liebe,
von der im Rheinfall zu Schaffhausen ausgesprochenen
hòchsten tàndelnden Wollust an, bis zu der im diamantinen
Staubbach zu Lauterbrunnen symbol isirtén Verfliessung
zweier Liebenden in Gott; die Ufer der Seen, namentlich
des Zùricher, die Tàler, namentlich das Hasslital sind
Krànze des ewigen Friedens, die Seen, die Berge, mehr
oder minder Erhebungen des sich in der Ende abbilden-
den )). Il Tagebuch porta la data (12) « 15. Au-
gust 1808. — Besehen des gòttlichen Staubbachs im
schonsten Morgenglanze mit den beiden Zirkelformigen
Regenbogen, des schonsten Symbols der Liebe so wie der
Rheinfall bei Schaffhausen das der Wollust und der
Gletscher bei Grindelwald zwischen dem Wetterschreck-
horn und Mattenberge das der ewigen jungfràulich klò-
sterlichen Entsagung, und der Rigi das des Wittwenstandes
ist». (( 12 Oktober. Nochmaliger Anblick der Fissa vache
(10) VlERLING. op. cit., Append., p. 17.
(11) «Blàtter f. 1. U.». 1834, p. 1346.
(12) Ausg. Schr., XIV. p. 107. 135.
360 Zacharias Werner
1
aber ohne Sonnenschein. Sie hat Aehnlichkeit mit dem
Staubbach im Betreff ihres kràuselnden Staube ahnlichen
Gewàssers, nur dass jener nur bei seinem Ursprung zwei-
getheilt und dann zusammenfliesst ; diese ungleich gròs-
sere Quelle aber in sieben zwar nahe beisammenflies-
sende aber auch geteilt bleibende Strahlen zerfàllt;
eine Ròhre a,us dem Bache leitet einer kleinen davor lie-
genden Sonnenhiitte Wasser zu, so dass mir diese Pissa-
vache ein eben so treffendes Bild der christlichen Kirche
als der Staubbach eines vom Sakrament des Torus er-
schien ». Questo smarrimento dolce di sé nel senso della
natura e di Dio gli resterà. Nel 1811 scriveva a Ca-
roline von Humboldt (13): (( Ich schwelge im Genusse
der schònen Natur, die der Vorhof, und der viel schò-
neren Andacht, die der Tempel Gottes ist... Ich habe mir
nur noch vor ein paar Tagen den Exzess erlaubt in einer
gottlichen Vollmondnacht, die ganze Nacht im Capuziner
Garten herumzulaufen, und habe, ohne schlafen zu gehen,
die Sonne unter — den Mond auf gehen gesehen; eine
Schwelgerei deren Innigkeit zu beschreiben ich keine Worte
fìnde )). Malgrado il riflesso che vedemmo nei Sòhne des
Tales della poesia romantica della natura, il Werner
non aveva avuto per tal genere di poesia molto tempo;
quel che allora era riflesso letterario diventa ora espres-
sione di sentimenti provati. La mistica gli ha schiuso il
dramma, la nuova fede gli schiude la poesia della natura.
Le sue impressioni naturali ora si determinano in questo
senso, e, determinandosi, danno origine a un grande nu-
mero di poesie : la cascata del Reno, il Rigi, lo Staubbach,
(13) Leitzmann, neir«Euphorion», 1909. p. 347.
// dramma cattolico 361
il paesaggio italiano vengono celebrati nell'estate del 1808
con una serie di liriche, basate tutte su questa religiosa
interpretazione dello spettacolo che si offre ai suoi
occhi (14). Durante la sua dimora in Italia questo genere
di poesia si moltiplicherà (15).
Incomincia così a risvegliarsi nel Werner un forte
bisogno di preghiera. Incontrate sempre più spesso nel suo
Tagebuch la parola ((Gebet». Visita la tomba di Rous-
seau e prega ; visita il quadro dell'Adorazione dei Magi
in Colonia e prega ; vi visita il Duomo e prega : (( Ich bete
von 11 bis 12 Uhr unter Gewitter vor einem kleinen mit
Blumen geschmùckten wàchsernen Marienbildchen und
dem Kinde, worunter geschrieben steht : (( Consolatrix
afflictorum » : Tròsterin der Betrùbten. Als die Domuhr
zwòlfe brummt, ende ich das andachtsvolle Gebet )).
Quanto più nel Tagebuch si procede, tanto più queste
annotazioni abbondano e tanto più abbonda l'elogio della
devozione, della a Andacht » (16).
Si delinea sempre più sicuro e sempre più risoluto il
processo di conversione. E, quanto più si esamina questa
conversione da v vicino, con animo spassionato e con occhio
sereno, tanto più si riconosce la giustezza delle parole di
Caroline von Humboldt, che ne fu testimone (17): ((II
m'a souvent fait entendre que cette religion seule guéris-
sait les blessures de son àme... la manière comme il a
changé de religion n'a rien de repoussant pour moi. je
(14) Ausg. Schr., I. 164-188.
(15) Ibid., I, 198 e segg., II: «Ich erinnere mich nicht seit meinen
Kinderjahren so wohl gewesen zu sein». « Euphorion » , 1910, p. 96.
(16) Ausg. Schr., XIV. 152 e segg.
(17) LeitzmanN, neir a Euphorion, 1910, p. 428.
362
Zacharias Werner
suis persuadée quii n'a pas pensé à suivre la mode qui
s*est iiitroduite dans ces sentiments comme dans les cou-
tumes; il a changé par conviction; il passe des heures
entières dans le plus profond recueillement et il en est
devenu plus patient, plus modeste».
La conversione fu per il Werner una purificazione e
nacque sopratutto dal bisogno prepotente che di tale puri-
ficazione egli stesso sentiva (18). Sentiva d'affondare ed
ha qualcosa di tragico la sua invocazione di aiuto :
Jesus Christus, Heiland, lass mich trinken
Aus dem Lebensborrn, doch nicht versinken.
Lass mir schauen In der Erden Schone,
Aber, Meister, lass mich sinken nicht (19).
Così si produsse la crisi : il Werner avvertì che non vi
era per lui se non quella via che sopra abbiamo veduto
aprirsi. Ormai le sole esaltazioni ascetiche più non potevano
bastare a trasformare la sua anima ; occorreva rinunciare a
ciò cui ancora in questa invocazione credeva: rinunciare
alla vita per esser puro. Il Werner racconta, in una lettera
al Goethe, che loccasione della sua conversione furono
(18) Sulla conversione cfr. P. FRIEDRICH, Ueber romantische Keli-
giositài, «Gegenwart», LXXI, p. 71; E. REINHARD, Zar Biographie
Z. Werners, «Gral», II, p. 450 e segg. — oltre le opere generali sul
Werner. V. in Italia anche un articolo di E. NencIONI, nella Nuova An-
tologia del 1885 : l'articolo è ispirato completamente dalla biografìa del
Werner fatta dal CarlYLE e dal saggio sul Werner, che il MAZZINI
premise alla trad. italiana del 24 Febbraio. Il VlERLING, op, cit.,
cap. VII e Vili, riassume i Tagebucher senza chiarire in nessun modo
il problema.
(19) Ausg. Schr., I, 181.
// dramma cattolico 363
le Wahlverwandtschaften (20) ; ora il passo , che lo
avrebbe così profondamente colpito da indurlo alla risolu-
zione decisa e sicura, è il seguente: « Ottilie batte sich
in der Tiefe ibres Herzens nur unter der Bedingung des
vòlligen Entsagens verzieben, und diese Bedingung war
fiir alle Zukunft unerlàsslicb ». Ancb'egli aveva bisogno
di f( Verzeibung fùr entsetzlicb vieles fast Unverzeibli-
cbes )) . Ancbe per lui non poteva esistere altra via di sal-
vezza cbe quella cbe Ottilie aveva scelto. Dice la lettera
al Goetbe : a Diese von Gottes Geist Ibnen in die Feder
diktirten Worte und, als icb sie zuerst, vor Ibrer Herrlicb-
keit erstarrend, las, von Gottes Blitz, auf der nebmlicben
Stelle an der icb jetzt scbreibe, illuminirten ewigen Worte,
sie sind es — was aucb der deutscbe Pòbel iiber micb
liigen mag — sie, diese Wortè (und nicbt der Sinnentand,
die Pbantasterey, die Gaukeley, womit man alles Heilige
und aucb die Kircbe, die ewige, iiberkleistert bat) sind
es, die micb katboliscb gemacbt baben, und micb zwingen,
es mag aucb iiber micb ergeben, mag aucb dabey von mir
zu Grunde geben was da wolle, es lebenslang und ewiglicb
zu bleiben » .
(20) Goethe und die Romanfik, hrsgg. v. WalZEL u. SchudDE-
KOPF, n, p. 47. E cfr. anche lo « Abschied von Rom», Ausg. Schr., Il,
p. 83:
Da Hess der Herr den Blitz ergliihn :
Nur der Entsagung wird verzieh n,
Sprach Gott im Blitzesschimmer.
Ottiliens erstarrter Schmerz
Schoss wie ein Blitz ins Herz,
Und ich entsagt' fiir immer.
e il sonetto a Die Wahlverwandtschaften», Ausg. Schr., II. p. 24.
364 Zacharias Werner
II Werner, che si sforza con questa lettera di mitigare
r avversione che sapeva dover sorgere nel Goethe al
ricevere una tal notizia, esagerò l'influsso della lettura;
la sua conversione fu il risultato finale necessario di una
lunga crisi e non una conversione improvvisa. Qualcosa però
vi si deve riconoscere di vero in quanto che quell'esempio,
che gli mostrava chiaramente formulato e praticato il pen-
siero che la sua voce interna gli veniva da tanto tempo
suggerendo, dovette fargli una forte impressione e mutare
in decisione risoluta il vecchio proposito.
L'importanza del citato brano consiste quindi non
tanto nella esattezza nell'interpretazione dell'avvenimento,
quanto nel rilievo dato alla ragione principale che Io de-
terminò al suo passo.
Questa ragione principale era, dicemmo, un vecchio
pensiero e un vecchio proposito. Già essa vi compare
nel canto con cui salutava l'Italia, la prima volta che
vi metteva piede nell'estate del 1808:
Ihi kommt zu spat, ihr ewig jungen Lauben :
Ach ! hàtt' ich friiher Euer Griin geschauet,
Als noch des Lebens Morgen mir gegrauet !
Ich kann nicht leben mehr, Ich kann nur glauben (21).
Già allora appariva la rinunzia alla vita come unica
salvezza, come nel 1810 gli confermerà l'esempio di
Ottilie. Perchè si ostinava a perseguire la antica illusione ?
I suoi tentativi non erano che un vano correr di errore in
errore. Il suo <( Wandern » era senza scopo. E la stan-
(21) Ausg. Schr., I, p. 172.
// dr
ittolico
365
chezza lo vinceva : (( Ich bin des Wanderns miide » (22).
Passa quella stanchezza nel « Pilgers Abschiedslied » con
cui egli pigliò congedo da Weimar in primavera del 1 808 :
Der Pilger zieht Stadt ein, Stadt aus,
Rs treibt ihn fort und fort,
Und nirgends heimisch und zu Haus,
Sucht er den Gnadenort (23).
Ed è con una specie di disperazione che annuncia la
sua partenza per Roma. (( Es zieht mich unùberrwindliche
Sehnsucht nach dem hochgeliebten Lande Italia ; vielleicht
ist es mein Schicksal das mir v^inkt, vielleicht will es
mich heilen oder mit mir enden ? Ich will, ich muss diese
Sehnsucht stillen » (24).
Dedizione sempre più completa alla vita contemplativa,
smanimento completo di sé nella devozione : ecco quindi
il miraggio che lo attira, il fermo proposito che in questo
istante egli formula. Ne vedete la riprova nel Tagebuch.
Lettura di libri sacri, meditazione religiosa, studio della
teologia cristiana, preghiera, devozioni: ecco tutta la
sua vita, dopo che ha segnato in Roma nel suo Tagebuch
r ultimo «peccato». E sono le prime ore di pace, le
ore in cui confessa di sentirsi felice come non si era
sentito mai. Ne vedete un'altra riprova nel fatto che,
convertitosi, non rimase a mezza via, ma prese gli ordini
religiosi, e si ritirò, pur non appartenendo alla Congrega-
zione, presso i Redentoristi. Il convento aveva esercitato
(22) Goethe tmd die Romantik, hrsgg. v. WaLZEL u. SchOddekopf,
cit., p. 46.
(23) Au5g. Schr., I. p. 157.
(24) (Goethe und die Romantik», cit., p. 46 e segg.
366 Zacharias Werner
SU di lui un gran fascino sempre, anche in Roma, e, se non
vi entrò, fu perchè credette di poter meglio servire come
prete libero alla sua missione. Ne vedete anche un'ultima
riprova nelle sue preghiere entusiastiche : si buttava prono
davanti all'altare, quando la chiesa era vuota, e vi stava
delle ore intere, disteso, a pregare (25).
Altre ragioni naturalmente si aggiunsero. 11 pietismo e
il misticismo protestante mostrano che per compier tal
rinuncia e tal mutamento non era necessario passare alla
religione cattolica. Ma necessario era per un tempera-
mento come quello del Werner. In primo luogo egli
trovava in seno del Cattolicismo quella relativa separazione
del sentimento religioso dalle altre forme di vita, verso di
cui egli aspirava, mentre il Protestantesimo lo mescolava
nella vita e lo fondeva colla morale ; in secondo luogo egli
trovava nella fede, nei dogmi, nelle cerimonie religiose,
nei riti, nelle feste, nel culto multiforme e ricco un nuovo
mondo, un mondo fantastico ma definito e preciso, che gli
sostituiva il mondo a cui rinunciava. E questa era per lui,
per la sua continua esaltazione una condizione indispen-
sabile.
Egli protestava, anni dopo, che la (( asthetische Pomp
des katholischen Rythus » non solo non era stato il mo-
vente della sua conversione, ma, « insofern es nur Form
sei )), gli ripugnava (26). Occorre quindi intendersi sul
valore che si deve dare alla sua asserzione. L'asserzione
è documentata dai suoi sfoghi del tempo in cui la con-
(25) Cfr. specialmente il Tagebuch dal 1810 in poi. Aug. Schr.,
XV e le lettere a Caroline von Humboldt, «Euphorion», 1909, loc. cit.,
il GUBITZ, Erlebnisse, cit., I, 280.
(26) Ausg. Schr., XII. Prefaz. alla Mutier der Makhbàer.
// dramma cattolico 367
versione si veniva in lui preparando. (( Sagen Sie es wem
Sie wollen — scriveva a Johanna Rink — hauptsàchlich
aber den Narren unter meinen Bewunderern und Gegnem,
denn unter beiden gibt es Ncinen, die mich, den Feind
ailer grillenhaften Schwàrmerei, Duckmauserei, Geheim-
niskràmerei, fiir einen Cryptonarren und Lùgenpro-
pheten halten, weil sie selber Schafkòpfe sind und
hòchstens eine formelle Narrheit mit der anderen vertau-
schen woHen, wàhrend ich, ohne zu untersuchen was 5chlin-
gel und Esel auf Conzilien oder Synoden fiir Narrheiten
getrieben haben, es von jedem, der mit mir in Verhàlt-
nissen steht, fordre dass er die Vernunft, die mit der
Liebe das Heiligste ist, nicht wie ein Tor mit Fiissen trete,
sondern anbete und ihrem Lichte folge » (27). Ciò che il
Werner condanna come « pompa vana » sono certe ceri-
monie religiose che hanno in sé qualcosa di teatrale, ceri-
monie che sono un necessario sfogo della vita religiosa
presso nature ricche di ardori sentimentali e di fantasia,
cerimonie che egli stesso venne poi solo più tardi accet-
tando. Ciò però, che io sopra intendevo con la mia afferma-
zione, è qualcosa d'altro : è il patrimonio di leggende sacre,
di misteri e di credenze che sono parte sostanziale della reli-
gione cattolica e possono costituire, come dicevo, un
mondo nuovo per la fantasia, un mondo in cui Tuomo inte-
ramente devoto si può rifugiare : è la pratica religiosa tutta
basata sopra misteri come la liberazione dalle colpe nella
confessione, o la unione mistica con Dio nella Comunione,
o la Consecrazione nella messa ; è la fede nel miracolo
e l'entusiasmo del fedele che negli atti della sua vita reli-
(27) VlERLING, op. cit., Appendice, cit., p. 23.
368 Zacharias Werner
giosa sente realmente uno avvicinamento a Dio, e — per
così dire — un immediato contatto con lui. Il Protestan-
tesimo aveva spogliato la religione di questo elemento,
riducendo — perchè non comprensibili dalla ragione —
queste pratiche a cerimonie simboliche ; e questo elemento
è ciò che al Werner abbisognava.
A dimostrare che così fosse basterebbe il fatto che il
Werner si farà prete cattolico, appunto perchè, voi tosi
per questa via, non potrà resistere alla brama di compier
tutti quanti questi atti religiosi, anche quelli che solo in
un prete — secondo le credenze cattoliche -^ sono pos-
sibili. Ma si getti uno sguardo nel suo Tagebuch e se ne
troveranno altre cento più particolari riprove. Quando egli
va in San Pietro, il grande tempio gli sembra veramente
(( der eigentliche Pallast Gottes » ed egli sente veramente
una uuTimittelbare Beruhrung und Gegenwart Gottes )) (28).
Se, dopo di aver lasciato la vita mondana, egli sente
tante messe e visita tante chiese, è perchè egli vi porta
ora questo animo e si crea tutta una nuova vita, a para-
gone della quale l'altra vita gli pare un nulla. Il più chiaro
esempio si può avere dalla lettura della notizia segnata
nel suo Tagebuch dopo di aver assistito in Napoli al
miracolo di San Gennaro (29). Tutto quel popolo che ra-
dunato nella chiesa prega e grida ad alta voce mutando
la preghiera quasi in uno schiamazzo, lo turba dapprima
per quella teatralità e esteriorità che vedemmo da lui con-
dannate : riconosce che la scena è « unendlich riihrend »
ed (( herzenzerreissend )), riconosce che non ha mai ve-
(28) Ausg. Schr., XV, p. 8 e segg.
(29) Ibid,, XV. p. 61 e segg.
// dramma cattolico 369
duto pregare con tanta e così generale (( Inbrunst » ,
ma gli par che quello sia un vero (( peruanischer Gòtzen-
dienst » . Non bisogna lasciarsi spaventar dalla parola :
solo lo schiamazzo lo turba: la cosa in sé lo infiamma
e lo entusiasma: egli vive realmente la cerimonia del
miracolo: u Ich w^ar ergriffen... ich betete, in der un-
beschreiblichen Angst meines Herzens, dass das Wunder
geschehen mòge. Umsonst ! Endlich, fast einer Ohnmacht
nahe, betete ich mit noch tieferer Inbrunst: Gott, wenn ich
durch deinen Geist getrieben an diesem griinen Donnerstage
den gròssten und entscheidendsten Schritt meines Lebens
tat, vsrenn wirklich dieser Glaube der einzige alleinselig-
machende ist, so gieb mir durch Fliissigwendung des Blutes
deines Heiìigen davon ein untriigliches Zeichen, und ende
die Angst und Zweifel meiner Seele, gieb mir ein Zei-
chen dass ich recht getan habe ! Kaum batte ich das
gebetet, so — Dank sei dir, ewig allwaltende, mit unsern
kindlichen Unarten barmherzige Gnade ! — so in dem-
selben Augenblick schrien Priester und Volk auf : — das
Blut fliesst !... — Ich werde diesen Moment des Wunders,
womit Gott mich begnàdigte, nie vergessen... Ewig unver-
gesslich sei dieser Tag ! Halleluja ! )).
Il Werner lascia così a poco a poco tutte quelle restri-
zioni che ancora nel 1809 lo facevano incerto (30): tutto
il suo passato gli pare ora un continuo errore. E se ne pente
e lo conferma apertamente. Egli abbisognava — dice —
di perdono. « Diese Verzeihung war das Gift, das an
meinem Markt zehrte, und als Gegengift brauchte ich —
was ? Eine alberne Mystik, ein verriicktes aus plato-
(30) ViERLlNG, op. cit., Append., cit., p. 25.
G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 24
370 Zacharias Werner
nisch scholastischen (nicht diesem wiirdigen Namen, nur
mir gilt mein Hohn) Fetzen zusammengeflicktes Lum-
pensystem, das ich auf nichts als auf leere Traiime be-
griindet, mit dem Namen eines Systems der Liebe (von
dei ich eigentlich so wenig verstand) taufte, welches die
viel zu gutmiitigen Deutschen viel zu nachsichtig auf-
nahmen, und welches aufs bitterste zu verhòhnen ich jetzt
der erste seyn wiirde, wenn ich es nicht viel bitter er noch
beweinen miisste » (31). La conseguenza logica e natu-
rale di questo cambiamento — poiché egli riteneva di aver
fatto del male con le sue opere e con il suo esempio e ri-
teneva di dover con un nuovo esempio e con una nuova
predica rimediare — fu quella Weihe der Unkraft, che
gli sollevò contro tante ire da parte dei suoi vecchi amici
protestanti e che pare non essergli stata perdonata neppure
ora dai Protestanti di oggi. Sentiva di trovarsi agli antipodi,
e scrisse con sincerità la palinodia : sconfessò i (( reli-
gióse und sittliche Irrtumer)), che ora trovava di aver
commessi e di dover sconfessare. Con sincerità. Il fatto
che r opera ha un valor poetico assolutamente negativo e
che i versi sono spesso miserabili, il fatto che il Werner
salta in questo scritto di palo in frasca e discorre della
guerra di liberazione e di Dante e di Sant'Agostino e
di Friedrich Spee, e di Tommaso da Kempis e di sua
madre, non giustificano la domanda che fu posta: « Was
ist hier Ejrnst und was ist Spass, was Wahrheit und was
Heuchelei, was Physionomie und was Grimasse ? )) (32).
(31) GUBITZ, ErUbnisse, loc. cit.
(32) Minor, Die Schicksolsiragòdie, cit.. p. 83 e v. anche la sua
introduzione al volume Schicksalsdrama, cit.
(-
n
// dramma cattolico 371
Questo è un applicare allo spirito ciò che si riferisce alla
forma: ben si rileva talora nella forma stessa uno spi-
rito che contraddice alle cose che sono state esposte; ma
questa supposizione urta qui contro tutte quelle altre prove
che un esame della sua vita in quel tempo facilmente offre.
Qualcosa come di un attore ben si trovava nel suo carattere
sempre malsicuro e sempre inclinante ad una ostentazione
di estremi : ma la prima vittima della illusione era egli
medesimo. La Weihe der IJnkraft è una (( causerie » con-
fusa e talora inconcludente : ciò che fece far torto al suo
autore fu semplicemente il tono in cui essa è scritta.
Che il processo di conversione del Werner sia stato
realmente quello che ora abbiamo segnato conferma anche
Taperta confessione di lui medesimo. Egli stesso soleva
mettere in stretto rapporto i due elementi fondamentali di
cui abbiamo discorso, e considerava il primo come prima
fonte. Nel 1813 diceva al principe von Dalberg: ((Die
Reue iiber eine Anzahl friiherer Verinungen und Ver-
gehungen und die Leere, die ich nach einem lebenslangli-
chen Tagen nach leeren Geniissen in meinem Innneren
empfunden, gesellt zu dem fìir jeden consequenten Men-
schen Unbefriedigenden des Protestantismus und Deismus,
welchen ich wie die Geniisse in seinen meisten Formen
erschòpft und dabei um so griindlicher zu verachten ge-
lemt, haben... mich fiir die Gnade empfànglich ge-
macht » (33). Mentee qui i due elementi sono riuniti sol-
tanto, un rapporto di derivazione è chiaramente segnato
nella Weihe der Unkraft:
(33) «Euphorion», 1909, p. 464.
372 Zacharias Werner
Durch falsche Lust verlocket und duich das Spici der Sinne,
Doch wissend dass aus Liebe der Quell der Wesen rinne,
Setzt* ich der kranken Wollust Bild keck auf der Liebe Tron,
Und durch dies Gaukelblendwerk sprach ich der Wahrheit Hohn
Als ob das was den Weisen erleuchtet, spornt den Held,
Zerbricht der Vòlker Ketten, besat das Sternenfeld,
Was aus des Frommen Busen sich empor zu Gott erhebet,
Aus Schmerz- und Scherz-Getandel sey der niedern Lust gewebet!
Und weil solch eitel Goetzenbild auf krummen Fiissen stand,
Das nicht nur anzubeten ich mich tdricht unterwand,
Dem ich auch Tempel bauen wollt' mit meiner schwachen Hand,
So kam *s, dass es zu hiillen ich manch Himgespinst erfand (34).
Importa ora, ricapitolando, segnar con precisione quali
concrete differenze esistano fra quello « Urkatholizismus »
Werneriano di cui tante volte ci toccò parlare e il Catto-
licismo posteriore alla conversione.
La differenza ci dà una nuova riprova di quanto fi-
nora abbiamo asserito. Essa sta infatti sostanzialmente
in ciò che quanto prima era simbolo, è diventato ora
per il fedele credente realtà assoluta. Sul Sacramento
posano tutte e due le concezioni : ma, mentre nella prima
il Sacramento era una comunicazione del finito con T in-
finito per via di un simbolo, ora essa è comunicazione
diretta nel pieno e intero senso della parola. 11 primo
era Cattolicismo estetico, il secondo Cattolicismo dogma-
tico, cioè, dal punto di vista storico, Cattolicismo vero.
L'abisso che li separa dipende precisamente dal diverso
atteggiamento che le due concezioni mostrano di fronte
(34) La ristampò il MlNOR nel volume Schicksalsdrama, cit.
p. 515 e segg.
// dramma cattolico 373
alla vita. La prima vuol fondere la religione nella vita e
far che la vita sia religione in tutte le sue forme : il se-
condo invece esclude la vita sollevando l'uomo in un altro
mondo. La prima è monistica e la seconda è dualistica. La
prima colma l'abisso che vi è fra l'umano e il divino: la
seconda scava l'abisso quanto più profondo può, strappa
l'uomo all'umano, lo conduce al divino. La prima umanizza
— per così dire — Dio, la seconda spoglia l'uomo di ciò
che è terreno e lo divinizza in quanto lo fa comunic2u:e con
Dio. Ora voi portate entro la prima forma la rinuncia alla
vita e il passaggio alla seconda forma avverrà facilmente
e fatalmente, come la storia delle numerose conversioni
romantiche dimostra. La prima rappresenta anzi quasi
sempre una specie di preparazione alla seconda, verso di
cui necessariamente aspira, in quanto che la seconda rap-
presenta una elevazione religiosa più grande, cancellando
l'umano per lasciare il divino, e l'aspirazione verso l'ele-
vazione religiosa è l'anima di tutte e due le forme. Il caso
è nel Werner evidente : (( Lassen vfìi — diceva al Gubitz
nel 1814 — die Moder des Staubes sich im Kreislauf
abmiiden und wiinschen wir jedem, dass ihm aus dem un-
wermeidlichen Schmerzen des Irrtums die Kraft erwachse,
vom Weltlichen alles hinzugeben um durch Glauben und
Ahnung das Reich der Unschuld zuriickzuempfangen wie
es einst die Menscheit in dem Paradiese war » (35). E
soleva confessare il fatto : quando lo Herlossohn lo visitò
Inel 1823, ed egli s'aperse con lui al rimpianto dei suoi
passati errori e a una considerazione elegiaca della vita,
usava le stesse parole e lo invitava a entrare in un chiostro.
(35)
(35) Gubitz, Edebnisse, cit., I, 233.
374 Zacharias Werner
Questo sarà anche uno dei motivi ritornanti delle sue pre-
diche (36).
Se il passaggio, malgrado l'esistenza di queste condizioni,
talora non avviene, ciò è perchè lo spirito avvezzo a una
considerazione razionale della vita e delle cose si può rifiu-
tare ad accettare certe credenze che la ragione non com-
prende: o vi è un mondo solo a cui noi apparteniamo o
ve ne son due e noi non possiamo conoscere il mondo che
non è il nostro. In tal caso l'uomo, ripudiata la vita, si
evolve da un panteismo mistico verso un panteismo ascetico
e finisce in questo. Ma l'ostacolo non esisteva nel Werner.
Fin dal tempo dei Sòhne des Tales trovate in lui la
fede nel « Mittler », nell'intarmediario fra l'uomo e Dio,
senza di cui diceva non poter esistere la religione che pur
può esistere senza Dio. Già allora era un avvicinamento
alla fede in Cristo. La credenza nei miracoli e nel sopran-
naturale si può arguire facilmente dai suoi drammi in cui
ne è fatto cosi largo uso: ne si tratta — come potrebbe
essere e come era ad esempio nel Tieck — di una pura
credenza poetica, di quella credenza che nell'ora della
creazione ogni poeta ha e deve avere di fronte ai fantasmi
di cui rappresenta la storia. Egli ci credeva veramente.
Anche nella Germania protestante, in cui gli scritti di Pa-
racelsus e di Schw^edenborg hanno larga diffusione verso
la fine del secolo decimottavo, la credenza era diffusa, fa-
vorita dall'influsso della massoneria e delle società segrete.
Una volta che qualcuno si permise di ridere della credenza
che il Werner confessava, il Werner scattò in un urlo:
« Heten gibt'es ! )) e per molto tempo non si lasciò più ve-
(36) «Gesellschafter». 1826. r. 24.
// dramma cattolico 375
dere in quella famiglia (37). Questa tendenza del suo spi-
rito si sviluppò con gli anni sempre più. Nel 1806 scrive
a Chamisso che la credenza in Cristo è cosa desiderabile,
nel 1808 scrive a Johanna Rink, sottolineando doppiamente
le parole : « Christus und sein Suhnungsamt ist wahr, wie
wohl die meisten kirchlichen Anordnungen von Prote-
stanten und Katholiken Fratzen sind » (38). Che poi, in
generale, la credenza nel mistero non solo non gli ripu-
gnasse, ma lo attirasse, mostra tutta la evoluzione del suo
spirito e della sua opera che sin qui siamo venuti seguendo.
La stessa evoluzione dimostra che neppure la necessaria
sommissione alla autorità della Chiesa poteva essere per
lui un ostacolo.
Queste considerazioni valgono per il caso particolare
del Werner, Un'altra considerazione vale anche per altre
conversioni romantiche. Il compatto organismo della dot-
trina cattolica ha per spiriti disarmonici, turbati, pieni
di fermento e di aspirazioni, inquieti, una seduzione in-
negabile: è qualcosa di fermo, solido, concreto che facil-
mente riesce ad imporsi a chi va errando con grandi in-
tenzioni, ma con forze che con quelle intenzioni son
disuguali. A segregarsi dalla vita e vivere di estasi asce-
tiche, guidati soltanto dalla voce della propria ragione,
traendo tutto dalla propria individualità psichica, ba-
sando tutto su di essa, occorre una maturità e un'armonia
interiore, che di rado esiste negli spiriti, che, inclinando
al misticismo, per ciò stesso sono in squilibrio con sé stessi.
Nel caso del Werner questa considerazione ha un valore
(37) GUBITZ. Erlebnùse, l, 237.
(38) VlERLING, op. cit.. Append., p. 22.
376 Zacharias Werner
particolare. Quanta confusione e quanto intrico vi fosse
nelle sue idee, vedemmo, il che ci costrinse a cercar l'ori-
gine delle concezioni singole assai più in influssi storici,
in fantastica elaborazione propria di germi fornitigli da
altri, che non in un libero sviluppo logico di convinzioni
formulate come principio. Le facoltà speculative necessarie
per crearsi da sé stesso un proprio mondo e organizzarlo
gli mancavano. La rapida evoluzione delle sue idee mostra
come facilmente egli depose idee professate, per ripren-
derle di nuovo, e fonderle, mutate, con altre idee. Un tal
uomo deve sentirsi spesso mancare il terreno sotto i piedi.
La parola vuoto a Leere » ritorna nelle frasi che sopra ab-
biamo citato continuamente. E la parola (( Leere )) abbonda
nelle sue lettere e nel suo Tagehuch. Una volta superato
quell'ostacolo che lo tratteneva, una volta deposta l'illu-
sione che Fumano e il Divino potessero fondersi, una volta
avvicinatosi alla fede cattolica con lo spirito credente,
l'insieme delle credenze cattoliche così compatto e deter-
minato dovette comparirgli come un porto tranquillo, in cui
le burrasche che aveva attraversato non potevano giungere
più. Era la (( Stiitze )) di cui abbisognava. Ben lo avvertì
la Staèl, e, protestante com'essa era, avversa alle conver-
sioni, fedele alla religione professata dagli avi, non cercò
di trattenerlo nell'ora della maggiore crisi, ma gli diede
l'ultima spinta, e lo convinse a recarsi in Italia, nel
centro del cattolicismo, a Roma. Quando gli altri condan-
narono poi quel suo passo definitivo, essa lo difese. Lo
difese, perchè lo aveva capito (39).
(39) Sul rapporti del Werner con Madame de Staci v. il II voi.,
2* parte, del mio studio : Deuischlarìd in Madame de Staéls litera-
rischem Schafen, ora in corso di stampa.
// dramma cattolico 377
Il prete Werner non fu soggetto soltanto alle critiche
e agli attacchi dei Protestanti, ma anche dei Cattolici.
Assai presto gli venne anche lanciata l'accusa di non essere
un vero cattolico. Già nel 1827 un anonimo scriveva con
intendimento apologetico, un opuscolo : Zacharìas Wer-
ner, k^in Katholik, discutendo un giudizio che venne
in seguito ripetuto spesso. Uno studio delle prediche
mostrerebbe in realtà non solamente la continuità di certe
forme della sua vita interiore, non solamente quel senso
voluttuoso che egli portò dappertutto con sé nella vita
come nell'opera, nel misticismo massonico come nel cat-
tolicismo estetico, nell'erotismo mistico come nel cat-
tolicismo dogmatico, senso che turba spesso la purità delle
emozioni religiose da lui vissute e da lui predicate, non so-
lamente quello sbizzarrirsi della fantasia che gli cono-
sciamo, ma anche molti pensieri antichi che colla sua
nuova fede si posson difficilmente conciliare (40). Dato
l'influsso che le prediche hanno esercitato sopra il va-
stissimo uditorio che accorreva ad udir la parola infiam-
mata del penitente celebre, un tale studio spiegherebbe
il diffondersi di certe forme ambigue di vita e di sentimen-
talità romantica nella letteratura viennese del Vormarz;
un tale studio mostrerebbe però ancora che il mutamento so-
stanziale, che nel Werner è avvenuto, è stato tale, che con
ragione la Chiesa non solo non lo sconfessò mai, ma lo lodò
e lo approvò sempre. Poiché, se nella dilucidazione della
nuova dottrina e specialmente nella traduzione di essa in
(40) Cfr. anche IsiDORIUS RegiomonTANUS : G eistesfunken aufge-
fangen im Umgang mit Zacharias Werner, Wien, 1826. Il titolo
dell'opuscolo cit. è : Z. W., k^in Katholik, oder vom Wahren Katholi-
zismus und falscken Proiestantismas. Gottingen, 1825.
378 Zacharias Werner
descrizioni ed in esempi, in metafore e sfoghi lirici, il
Werner falsò a suo modo il pensiero che intendeva esporre,
in fondo però la essenza della dottrina rimase intatta; po-
tranno essere acattoliche molte parti della predica, la con-
clusione della predica è cattolica.
Questa crisi religiosa volse naturalmente T occhio suo
dalla poesia verso altri problemi. Diceva nel 1814 al
Gubiz: (( Vielfach hab'ich gesiindigt... Ich flnde nun
im Kindesglauben die bessere, die feinere Erhebung und
das armselige Crucifìx erfiillt mich mit tieferer Andacht
als das geprieseste w^eltliche Kunstw^erk» (41). — Pure ciò
non bastò a soffocare in lui le forti inclinazioni naturali.
Compose in questo tempo due drammi e molte liriche,
sebbene la crisi di conversione dapprima e la predicazione
poi ne lo trattenessero e ne lo trattenesse il molto tempo
speso in meditazione religiosa.
Che questa poesia dovesse risentire del mutamento è
naturale ; mutato lo stato d'animo, muta essa sempre,
anche nelle sue forme. Il poeta vien sospinto per altre vie
e intona altro canto.
Prima di tutto avvertite il mutamento nella scelta degli
argomenti. Tutti gli influssi esteriori continuano a volgerlo
verso il dramma storico. L'influsso dell'Iffland che rompe
con lui — quasi — i rapporti un tempo tanto cordiali, rice-
vendo la Wanda (42), l'influsso specialmente del Goethe,
— il suo (( Helios )), il suo (( Apollos », il suo a Se-
midio )) , verso di cui egli guarda con una venerazione tre-
pidante — , la possibilità di ottenere per tal via e solo per
(41) GUBITZ. Erlebnisse, I, 243.
(42) Cfr. infatti il Teichmann, op. cit., p. 223-30.
// dramma cattolico 379
tal via la rappresentazione sul teatro, tutto concorre a sti-
molarlo (43). Ed egli vuol sempre decidersi in tal senso
e concepisce piani su piani. Ma non sa risolversi; pensa
nel 1808 a una tragedia sui Nibelunghi, chiede un tema al
Goethe e consulta storie politiche generali, ma non ne
ricava nulla e si volge per disperazione nella sua incertezza
a una rappresentazione umoristica del Rattenfànger aus
Hameln : — (( Was meine dramatische Wirksamkeit be-
trifft, vergebens suche ich nach einem Stoffe herum, und
mir ist — Gott verzeihs mir — sogar der Rattenfànger
am Hameln als Stoff zu einer Posse mit Gesang einge-
fallen » (44). — Nel 1809 si rinnova la stessa incertezza,
la stessa impossibilità di completamente appropriarsi il
tema scelto. Pensa a un tema tratto dalla storia di Napoli ;
pensa a un nuovo dramma su Faust; verosimilmente per
influsso dantesco (Dante diventa per il Werner, dopo l'av-
vicinamento al cattolicismo, il sommo duce, il modello
incurrivabile che scaccia Goethe dal suo seggio, e vi si
assiede; la Divina Commedia diventa uno dei libri che il
Werner legge ogni giorno cercandovi una guida spirituale
e un esempio per sé ; paragoni fra sé e Danle ripete il
Werner continuamente, pur sempre restando conscio della
smisurata distanza che da quel colosso lo separa (45) ), gli
si affacciano i fantasmi dei re svevi venuti a trovar la
(43) «Goethe und die Romantik», II, Introd. del WaLZEL.
(44) Ibid.. p. 35.
(45) Cfr. specialmente la Kunegunde, la Mutter der Makk<ibder, e
più ancora le liriche (Ausg. Schr., II). Taluna delle liriche ha anche
Dante come soggetto: LI, p. 12, 71 etc. Sul Werner e Dante v. la
Ree. di A. Farinelli al Dante und Goethe del SuLGER - Gebing,
< Bollettino dantesco », 1910.
380 Zacharias Werner
tomba in Italia : pensa a una tragedia su Corradino, poi al-
larga il piano, concepisce una trilogia sulla Casa di Svevia»
destinata a rappresentare la morte di Federico, la breve
storia di Manfredi e la storia anche più breve di Corradino,
e lascia il progetto. Si volge ad altri argomenti : gli par di
trovare un tema tragico nella morte della regina Giovanna,
ma il fantasma di lei è cacciato da quello di Cristina di
Svezia nei suoi rapporti con Monaldeschi. Per breve
tempo. Gli pare eccellente l'idea di compone un dramma
su (( Gunther von Schwarzburg », ma la storia della rela-
zione di Maria Stuart con il cantore Rizio, la storia di
Mohamedjche dopo la presa di Costantinopoli, dietro il de-
siderio espresso dall'esercito, uccide la sua amata Irene, lo
seducono, d'altra parte, ugualmente. E pensa anche a una
(( Rosamunde », a una (( Agnes Bernauer )). Torna all'idea
prima della trilogia, che lo seduce per la sua grandiosità;
chiede al Goethe consiglio e non scrive di nulla neppure
un rigo (46).
Tra gli altri temi compaiono ora — per la prima volta
— anche due personaggi offertigli dalla Bibbia : (( Kònig
Saul », che egli lascia perchè non vi è implicato alcun
(( rechtes Frauenzimmer » , e la figlia di Jephta. Le due
sole tragedie che scrive realmente sono la Kunegunde e la
Mutter der Mokkahaer, cioè la storia del martirio di due
sante; la storia di due persone tolte a quel mondo di cui
sopra abbiamo parlato e in cui egli si va sempre più rifu-
giando. Santi comparivano anche nelle sue tragedie ante-
riori ; santi erano, se si vuole, i suoi personaggi principali:
Molay, Malgona, Lutero, Attila; ma erano santi della
(46) «Goethe und die Romantik », hrsgg. v. WaLZEL u. SchOddE-
KOPF, cit., p. 68.
// dramma catiolico 381
sua religione; i santi della religione cattolica, sant'Adal-
berto e san Leone, erano trasformati in modo da diventare
irriconoscibili, e, oltracciò, essi intervenivano bensì nel-
l'azione, e anche come personaggi principali, ma il
dramma non posava sopra un'azione che svolgesse l'es-
senza della santità loro.
La Kunegunde e la Mutter der Maìikahder sono invece
rappresentazioni drammatiche della santità e, in modo
particolare, della santità cattolica.
Risultò da questo rinnovamento una nuova tendenza
che condusse il Werner ad una più vasta rinnovazione del
dramma.
Facendo una rappresentazione della santità, questo non
può dimostrare più un divenire, ma deve esplicare e svolt
gere uno stato di cose sussistente ; non può essere più un
(( Bildungsdrama » , ma deve essere un dramma basato
sulla azione di caratteri già maturati.
La differenza è essenziale. Il problema drammatico dei
Sòhne des Tales, del Kreutz an der Ostsee, del Lutero,
dell' Attila era se i Templari, i cavalieri cristiani, Lu-
tero, Attila, Wanda giungevano alla suprema eleva-
zione religiosa finale, e nello svolgimento verso questa
meta. Il problema drammatico della Kunegunde e della
Mutter der Makhflhàer sarà invece se Kunegunde e
se Salomè subiranno o no il martirio finale e fra quali vi-
cende e con quale animo — problema interamente storico
e psicologico, in cui il pensiero si smarrisce diventando
una pura e semplice descrizione di sentimenti. È la impo-
stazione stessa del dramma che vien mutata e tutto il
dramma tende perciò a trasformarsi in conformità di essa.
Mutata infatti la concezione della vita, abbandonate
le antiche utopie, cambiata la materia, i personaggi
382 Zacharias Werner
avranno nel dramma un'indole diversa da quelle che sinora
incontrammo e diverso sarà l'intrico dell'azione. I perso-
naggi non son più (( Griibler », che si affannano in cerca
di una verità che loro sfugge : abbandonata l'infusione del
divino nel terreno, vi sarà fra terreno e divino un abisso
e non si passerà più dall'uno all'altro elemento se non at-
traverso una concezione più vasta che li contenga tutti e
due in sé.
Ma non è possibile segnare ulteriormente, in prece-
denza i caratteri di quest'ultima forma del dramma de!
Werner, perchè le due opere che vi appartengono furono
composte da lui in tempi troppo diversi, e, mentre il
primo mostra la forma in divenire, il secondo la mostra
già attuata. Occorre quindi accostarsi al primo — Kune-
gunde (46 his).
I.
E prima di tutto devo spiegare perchè io tiri in questo
ultimo periodo la Kunegunde, mentre la conversione del
Werner avvenne solo il 19 Aprile 1810 (47).
Io credo la composizione della Kunegunde posteriore
al Marzo 1809, in cui il Werner compose il 24 Feb-
braio. Questo per ragioni esterne che subito esporrò, e
per ragioni interne che metterò in rilievo addentrandomi
nell'esame della struttura del dramma.
(46 bis) Anche il Werner la considerava dopo la conversione come un
dramma cattolico ed è per questo che mentre condannava i drammi
anteriori scriveva : a Bessere Tragodien als die Kunegunde bin ich zu
schreiben nicht im stande». «Euphorion», 1910, p. 426.
(47) Sulla Kunegunde v. oltre il MlNOR, op. cit., p. 69 e segg.,
il DOnTZER, op. cit., p. 155. È questa colla Wanda l'unica tragedia
werneriana che non fu ancor oggetto di speciale indagine.
// dramma cattolico 383
La prima idea della Kunegunde balenò al Werner nel-
l'Ottobre del 1808, quando si trovava presso la Staél
che gli imprestò le Ausfiihmngen zur Geschichte des
deutschen Reiches del Passow e la Deutsche Geschichte
del Tittel, perchè ne potesse estrarre le notizie che gli
occorrevano (48). Lo Schlegel gli offrì lo Heldenhuch
di Pantaleone e gli dimostrò che la santa di cui egli voleva
drammatizzare la storia era la moglie di Enrico II duca
di Baviera e imperatore (49). Nel novembre egli si recò
a Parigi dove raccolse altre fonti e dove non diede però
principio alla composizione perchè la novità della città,
le relazioni con conoscenti tedeschi e con personalità let-
terarie francesi, le divagazioni lirico-erotiche in quella che
era già allora la vera metropoli di tali divagazioni, ne lo
distrassero (50). Durante il viaggio del ritorno scriveva al
Goethe — alla fine di Novembre — esponendogli, com'egli
si esprime, il a nudo canovaccio » — (( den nackten Ca-
nevas » (51), e così lontano era ancora dalla composizione
che le stesse linee generali dell'azione, linee risultanti da
una fantastica elaborazione della materia offertagli dalla
storia, non erano ancora fissate, e nella lettera al Goetìie
gli elementi forniti dalla storia non presentano ancora
alcun mutamento. Egli scrive al Goethe che prima di
(48) Cfr. il Tagebuch in Ausg. Schr., XIV, p. 137 e segg., passim;
nel testo è stampato Pfeffel, ma una storia di tale autore su questo
argomento non esiste, e non può trattarsi se non del TlTTEL. Leipzig,
1794. Il Passow (nel testo è stampato Masco w) è stampato Leipzig,
1774 e segg, È comparsa ora sulle fonti storiche del Werner una diss.
del DlEKMANN, che mi fu impassibile esaminare.
(49) Cfr. Tagebuch, loc. cit.
(50) a Goethe und die Romantik » , cit., lettera al Goethe, p. 51 e segg.
(51) Ibid., p. 57.
384 Zacharias Werner
mettersi al lavoro desiderava consultarsi con lui sul piano
generale; poi, dice, si getterà a capofitto nella composi-
zione, e, se la sua fantasia non si è addormentata, corrobo-
rato dallo incitamento e dalla assistenza del suo Helios,
scriverà rapidamente la tragedia, in modo che essa sia
pronta per il 31 Gennaio. Al principio di Dicembre il
Werner è a Weimar (52), i rapporti col Goethe non son
più quelli d*un tempo; il Goethe sentendo di non poterlo
trarre dal misticismo e dal cattolicismo in cui egli sempre
più affonda, si ritrae. Né nelle lettere del Werner, ne nei
Tagebiìcher e nelle lettere del Goethe, né nei racconti di
coloro che partecipavano alla vita del mondo letterario di
Weimar in quell'inverno compare alcun accenno alla Ku-
negunde: e, data la forma che la materia storica assunse
nella fantasia del Werner, data l'azione generale del
dramma quale noi lo possediamo, non é ingiustificata la
supposizione che da parte del Goethe il Werner non abbia
avuto né incitamento, né assistenza, né interessamento, ma
assai più probabilmente un brusco consiglio di desistere
dall'opera. Vedete ora infatti il Goethe staccarsi da lui
sempre più e solo mostrar disposizioni migliori, quando
gli pare di vedere il Werner abbandonare i suoi propo-
siti ed avviarsi per quella direzione che a lui sembrava
l'unica giusta. Il Werner cede e compone nel Febbraio-
Marzo il 24 Febbraio. Alla Kunegunde non può in
questo tempo aver pensato. Mandando la Wanda allo
Iffland il 20 Marzo, gli parla lungamente già del 24. Fe-
bruar ma non ricorda affatto la Kunegunde (53). Anzi,
(52) «Blàtter f. 1. U. ». 1834. p. 1345.
(53) Teichmann, op. cit., p. 319.
// dramma cattolico 385
dopo la lettera al Goethe sopra ricordata, fino al mese
di Giugno non si trova più notizia alcuna su di essa. Alla
data IO Giugno si leggono finalmente nel Tagebuch le
parole seguenti (54): « Vorlesen der Kunegunde. Unend-
liche Riihrung Aller. Die Furstin wiinscht es tausendmal
zu hòren. Souper mit der fiirstlichen Familie im Schlosse.
Ich erzàhle Kunegundens Geschichte )) . Fu questa nota spe-
cialmente che ha condotto prima il Diintzer e poi il Minor
alla conclusione che la Kunegunde sia stata composta nel
1808. Conclusione errata. Anche il Minor e il Diintzer
ammettono che durante il soggiorno a Weimau: il Werner
difficilmente potè attendere a questa composizione; onde
essa cadrebbe negli ultimi giorni di Novembre, ciò che la
citata lettera al Goethe esclude.
Il Minor e il Diintzer ritengono però anche che pei
mesi di Aprile e Maggio la composizione debba essere
esclusa per la stessa ragione che vale per i mesi di Gen-
naio e Febbraio; il che è errato, perchè in questo tempo
avvenne la rottura più grave con il Goethe, rottura che se-
parò i due uomini completamente e che si compose soltanto
il giorno in cui il Werner partì e il Goethe gli concesse di
scrivergli (55). La composizione cade, secondo me, in
questo periodo in cui il Werner non avvicinò il Goethe,
ed essa non fu, secondo me, compiuta. È ben vero che il
Werner dice : (( Vorlesen der Kunegunde )) , non (( Ver-
lesen aus der Kunegunde » , ma in primo luogo le due
(54) Ausg. Schr., XIV, p. 158.
(55) Cfr. su questa rottura le lettere al Goethe in « Goethe und die
Romantik». cit. e le sue relative note del SCHUDDEKOPF, il Tagebuch del
Werner, e le espressioni del Goethe in Goethes Gesprache, ed. BlE-
DERMANN, voi. II, Leipzig, 1909, passim.
G. GaBETTI, // dramma di Z. Werner. 25
386 Zacharias Werner
espressioni sono scambiate spesso dal Werner nel suo Ta-
gebuch per ragioni di brevità — si veda, ad es., a p. 140:
(( Vogt deklamirt Minna von Bamhelm n ; ibid., giorno se-
guente : (( Vogt deklamirt Minna von Barnhelm » etc. —
cosicché non ci si può su di essa basare ; in secondo luogo,
se si considera tutto ciò che il Werner ha segnato nel suo
Tagebuch sotto il giorno IO Giugno, non si può trovare
tempo per una così lunga lettura come sarebbe quella della
intera Kunegunde ; in terzo luogo le parole (( ich erzàhle
Kunegundens Geschichte )), che seguono alla lettura,
mostrano chiaramente che la storia di Kunegunde non si
era svolta per intero davanti ai suoi uditori ; in queurto
luogo, dal carteggio della principessa di Schwarzburg-
Rudolfstadt con Caroline von Humboldt par risultare che
la principessa, presso di cui la lettura fu fatta, conosceva
solo il terzo atto. La tragedia fu quindi probabilmente
condotta a compimento nell'estate del 1809, forse durante
i mesi che il Werner passò nuovamente a Coppet presso
Madama di Staél.
La composizione della Kunegunde cade quindi, per
così dire, alla vigilia della conversione. Il 1809 è infatti
Tanno in cui quel riavvicinamento al Cattolicismo, che
abbiamo seguito nei suoi diversi momenti, si compie.
Molti ne sono i segni.
Già sogna ora (( Rom zu sehen und zu sterben » (56), già
annunzia di aver rinunciato non alla ((heilige àchte Mystik»
ma ad ogni (( mystisches Wortgeklingel )) (57), già indugia
volentieri nelle diverse chiese che visita e assiste spesso
(56) V. VlERLlNG, op. cit.. Cap. V, e cfr. il Tagebuch, p. 150
e segg., passim, e le lettere al Goethe, loc. cit.
(57) ViERLiNG, op. cit., Append. cit., p. 18.
// dramma cattolico
387
alla messa, già condanna la (( Schwàrmerei » basata sopra
una sentimentalità individuale e aspira a un forte concreto
solido sostegno, già si sente peccatore e chiede preghiere,
già va formulando i suoi propositi (58). Fin dall'Ottobre
1 808 ha con lo Schlegel e con la Staél degli (( interessanti
discorsi sopra il Cattolicismo » (59). Wilhelm Schlegel
attraversava anch' egli una crisi cattolicizzante sotto l'in-
flusso della conversione di suo fratello Friedrich (60); la
recensione di Friedrich alla Kirchengeschichte dello Stol-
berg lo occupa per parecchi giorni (61). Continuano le
discussioni a Weimar con il Goethe che se ne secca e
chiama la Vergine Maria col Bambino (( eine gewisse
Amme n (62) e deve avergli risposto più volte le pa-
role che qualche mese dopo gli scrisse : (63) « Enthalten
Sie sich ja nur Fussnageln aus der Dornenkrone vor meine
Schritte hinzustreuen. Lassen sie mich den Pfad, den ich
mir selbst gebahnt und gekehrt, ruhig hin- und w^iederspa-
zieren, und begleiten Sie mich insofem es Gelegenheit
gibt » . Quando finalmente il Werner nel Novembre scende
in Italia, già scende con il desiderio chiaro di convertirsi.
Basta leggere le poesie composte durante il viaggio;
poesie pervase dall'ansia di arrivare a Roma, dal presen-
timento ben distinto che una gran rinnovazione in lui si
compirà. L'adorazione della Vergine, dei Santi, le pra-
(58) Ibid. e cfr. Ausg. Schr., XIV, p. 150 e segg.
(59) Ausg. Schr., XIV. p. 142 e segg.
(60) Su questa crisi cfr. il mio studio Deutschland in Madame de
Staèls literarischem Schaffen, voi. II.
(61) Ausg. Schr., XIV, p. 142 e segg.
(62) Cfr. Goethes Tagebiicher in Werl^e, ed. di Weimar, III Parte,
voi. IV, e anche l'epistolario fra il Goethe e il Werner, loc. cit.
(63) a Goethe und die Romantik», cit., p. 47.
388 Zacharias Werner
tiche religiose condivide ormai già pienamente con i
cattolici ; legge vite di Santi e studia San Tommaso, a cui
Dante lo riconduce (64).
La Kunegunde nasce quindi in mezzo a questo ger-
mogliare della sua conversione, in un tempo in cui egli
non ha ancora deposte definitivamente tutte le sue utopie
erotico-mistiche, ma si va accostando già alla nuova fede.
Coesistono infatti in questo momento nel Werner delle
idee opposte; è un periodo di crisi e di transizione più
che non siano stati gli altri momenti della sua vita. E la
Kunegunde porta tutte le traccie di questa crisi.
La materia prima gli si o£Ferse, vedemmo, nella storia
durante il suo soggiorno a Coppet. Nel Tittel e nel Passow,
nello Heldenbuch di Pantaleone e nelle altre antiche Cro-
nache consultate a Parigi il Werner trovò il racconto del-
l'imperatore Enrico che, sceso in Italia, combatteva contro
la insurrezione capitanata da Arduino; Arduino, richiesta
invano una contea, si arrendeva e si ritirava spontanea-
mente in convento. Lo Heldenbuch di Pantaleone mostrava
accanto alla figura dell'imperatore, che il Tittel designa:
(( kein Geistesheld aber auch kein Schwachling », la figura
della imperatrice vergine Kunegunde, sua moglie, come
lui santificata dalla Chiesa ; e le Cronache narravano come
Enrico e Kunegunde fossero insieme vissuti senza aver
avuto rapporti coniugali. Tra i motivi addotti da Enrico
per la fondazione del Vescovato di Bamberg era anche
questo : (( ob recompensationem futuram Christum hae-
(64) Ausg. Schr., XV, passim.
Per il piano di un Faust cfr. HiTZIG, Lebensabriss E. T. A. Ho0-
manns, cit., p. 332.
// dramma cattolico
389
redem elegi, quia in sobole acquirenda nulla spes remaneat
mihi » ; tra i motivi della canonizzazione era anche questo
che (( imperatori fuit matrimonialiter copulata, sed ab eo
non fuit carnaliter cognita». Morendo, Enrico aveva rac-
comandata sua moglie ai presenti con queste parole :
« Hanc ecce mihi a vobis immo per Christum consignatam
ipsi Christo nostro et vobis resigno virginem vestram ».
Le cronache narravano ancora che l'imperatore sospettò
una volta di lei e credette che essa accordasse ad un
giovane ufficiale del suo esercito ciò che a lui rifiutava;
Kunegunde si sottopose alla prova del fuoco — (( Te enim
testem — esclamando — et judicem invoco quia nec hunc
praesentem Heinricum nec alterum quenquam virum car-
naliter commistione unquam cognovi » — e camminò per
quindici metri sui carboni ardenti a piedi nudi senza
scottarsi. Il re la ripristinò nella sua posizione e nei suoi
onori. Quando poi l'imperatore morì, essa si ritirò nel
convento di Kaufungen da essa medesima fondato (64 bis).
Ancora nel novembre del 1808 il piano della tragedia
{64 bis) Cfr. la Vita Heinrici imperatoris di Adalberto nei Monum.
Germ. Hist. — 1* ed. — Scriptores — Tom. IV, p. 792 e segg. e
V. ibid. la Vita SancttB Cunegundis, p. 821 e segg.
Fin dal Medio Evo la vita di Santa Cunegonda fu oggetto di
poemi. Cfr., ad es., lo Heinrich und Kunegunde edito dal BechSTEIN
(Quedlinburg und Leipzig, 1840) e da lui attribuito al monaco Eber-
nando di Erfurt. Naturalmente il poema del monaco insiste sul voto
di castità fatto dai due personaggi imperiali : solo che presso Ebernando
il primo a volersi conservare vergine è l'imperatore stesso. Cfr. il carat-
teristico canto XVI li : « Wi keiser Heinrich unde vrouwe Konegunt
bi ein ander slifen unde kuschheit behilden unde or lebit bi koni-
glichir spise mit geringer spise henezogin » e nel canto XIX la causa
del sospetto deiriraf>eratore spiegata come un intrigo del diavolo : « Wi
sich der tufel warf in ein gestalt eins ritters unde gink von der koniginne
dri morgin sichtiglich als ob er bi or geslafìn batte ».
390 Zacharias Werner
era a questo punto. Il Werner ne scriveva infatti al
Goethe in questi termini : « Ich habe den Pian einer
àchtdeutschen Tragedie auf dem Korn, zu der ich aber
erst in der hiesigen keyserlichen Bibliothek die nòtigen
Data sammeln muss und mich also noch nicht dariiber
auslassen kann. Er ist aus der Geschichte Kaisers Heinrich
des Il.ten und seiner Gemahlin Kunegunde, die nach ihrem
Tode heilig gesprochen und zu Bamberg begraben sind.
Der Keyser hielt seine Gemahlin in einem falschlichem
Verdacht; ein Gottes Gericht (Ordalie) solite iiber ihre
Schuld oder Unschuld entscheiden. Ein junger Ritter
verteidigte sie im Zweikampf, rettele sie, indem er den
Verteumder Kunigundens erlegte, starb aber selbst an
den erbai tenen Wunden. So weit der nackte Canevas.
Heinrichs Kriege gegen Arduin, angemaassten Kònig von
Italien, geben mir, da ihr Schauplatz gerade die von
mir gereiste Gegend der Lombardei ist, Veranlassung,
das was ich sah an das Spiel meiner Phantasie (das
Reale an das Phantastische) anzukniipfen. Ich denke
iibrigens es im àcht altdeutschen Colorite, so populàr als
mòglich, ohne mystiche Geistererscheinungen pp. zu
machen n (65).
Desiderando — come appar da questa lettera — trar
partito dalle sue impressioni d'Italia, il Werner si trovò
poi nella necessità di far coincidere la storia intima di
Enrico e di Kunegunde con la guerra contro Arduino,
non solo, ma di mettere le due azioni in rapporto, in modo
che l'una si riverberasse nell'altra e il dramma ottenesse
organicità in una grande azione complessa ma unica. —
(65) Goethe und die Romantik, II. p. 53.
// dramma cattolico
391
Ed egli si valse di un motivo usato già da altri poeti : per
giustificare la gelosia e il sospetto di Enrico suppose che
di notte — spinta dal desiderio di riuscire nell'intento
senza che una guerra spargesse sangue — Kunegunde si
sia recata nel campo di Arduino per indurlo a desistere
dalla sua ingiusta intrapresa e a dare al sovrano quanto
al sovrano apparteneva. Così si spiegava il fatto dal Wer-
ner trovato nella storia, che Arduino spontaneamente
rinunciò al trono a cui già aveva proclamato di pretendere.
Il Werner suppone che l'orgoglio di Arduino abbia fatto
giurare alla imperatrice di tacere quanto fra lei e lui era
avvenuto. Così il sospetto del re veniva giustificato e si
formava la crisi dell'azione.
Ma alla composizione di un dramma ciò non bastava
ancora. La figura di Kunegunde — una santa — era in se
stessa poco tragica. Occorreva mettere un germe di tra-
gedia anche nella sua anima con un sentimento che non
contraddicesse ma rispondesse alla sua natura.
Una sua propria esperienza sentimentale fu — io credo
— che suggerì al Werner l'espediente che trasformò Ku-
negunde in una di quelle creature femminili malate e
isteriche, in cui il Werner continua a compiacersi (66).
Per tutta la vita il Werner aveva desiderato invano ardente-
mente un figlio, e già nei Sòhne des Tales aveva messo
in bocca a Molay il suo proprio amaro lamento, a Molay,
Der nie am Fleisch von seinem Fleische
Das wunde Herz, die matte Brust gedriìckt.
Quante volte ripetè il lamento dopo d'allora e con che
(66) GoLDSMiTH, Das Leben des Geheimrats Kunth, Berlin, 1856,
p. 470 e segg.
392 Zacharias Werner
passione descrisse l'amore paterno in Philipp, in Agaphia,
in Hans Luther, in Attila stesso che nelle ore di stanchezza
si consola trastullandosi col suo Irnak ! È un motivo
costante che si riverbera in tutti i drammi dalla psiche
stessa del poeta. Una gravidanza dell'ultima moglie finì
in un aborto. (( Mir war als solite mir das Herz brechen,
ich sah das Fenster an mit einer fast uniiberwindlichen
Lust hinunterzuspringen und mein trauriges Leben zu
enden. Alle meine seligsten Hoffnungen auf Vaterschaft
und Frieden w^aren vernichtet ! o Gott, ich biisse
schwer ! » (67). Tutte le volte che una felicità domestica
gli compare innanzi segna il quadro del suo Tagebuch
con tacita invidia. I versi posti in bocca di Molay gli ritor-
nano spesso alla memoria dandogli una ebbrezza amara;
quando assiste in Coppet alla rappresentazione della Su-
namite della Staèl, gli si gonfiano gli occhi dinnanzi allo
spettacolo della gioia e della superbia materna della
punita madre : « Ich zerfloss fast in bitter-siissen Trànen
bei dem Gefiihl dass ich nie an Fleisch von meinem Flei-
sche das matte Herz gedriickt ! » (68). Ora, quando nel
1808, alcuni mesi prima della concezione della Kune-
gunde, gli giunse la notizia che sua moglie aveva avuto
da Kunth una bambina, egli esultò di gioia come se la
figlia fosse sua propria. E questo non è una similitudine, ma
una anormale esaltazione psicologica che si espresse in
poesie e in salmi da lui mandati a sua moglie come risposta
della notizia ricevuta, e lo condusse alla promessa di la-
sciarle il proprio patrimonio in eredità, promessa non man-
(67) «Blatter f. 1. U. ». 1834, cit.. p. 1338-40.
(68) Ausg. Schr., XIV. p. 147.
// dramma cattolico 393
tenuta poi, perchè Kunth si rifiutò al desiderio di educare
la bambina nella religione cattolica. Nella poesia in po-
lacco, da lui tradotta in tedesco, si dice fra altro :
Ich habe vor Freude geweint,
Als ich horte dass du Mutter warest :
Sei gliicklich mit deinem Manne,
Gott segne euch.
Deine Tochter wird auch die meinige sein ;
Sie ist das Kleinod meines Herzens.
Zufrieden werde ich zum Tode gehen,
Wenn Gott euch segnet (69),
Fin qui egli resta ancora nel senso esatto della realtà ;
ma l'esaltazione lo travolge poi, ed egli afferma quella
bambina esser davvero sua, sua davanti a Dio, mandata
da Dio a lui per confortarlo nella sua vita errante e mise-
randa : « Gott der Herr segne das geliebte Kind der treffi-
chen Mutter, die Hoffnung und letzte Prende meines
einsamen Lebens, wrelches ich fiir das meinige in reinem
frommen Sinne betrachte... Das w^iinscht der einsame der...
bei dem Empfange des freudebringenden Briefes Freude-
trànen geweint hat )) (70).
Fantasie malate di un malato, ma quanto sfrenata sia la
sua immaginazione basterebbe a mostrare accanto a questo
fatto la specie di presentimento che lo colse assistendo
alla sopraricordata rappresentazione della Sunamite : che
non la Staèl, ma Dio stesso attraverso di lei avesse scritto
il dramma, e che Dio forse voleva per questa via — « die
(69) GOLDSMITH, op. cit., p. 48.
(70) Ibid., p. 50.
394 Zacharias Werner
Bekehrung einer eitlen Mutter durch den Tod ihrer To-
chter )) (71) — ricondurla a sé!
Il Werner riversò il suo proprio sentimento in tutta la tra-
gedia. La pittura delKamor paterno ne è Tanima. Arduino
non vive, non lotta, non agisce se non nel pensiero con-
tinuo di suo figlio Florestano. Enrico si tortura nel pen-
siero della impossibilità di divenire padre :
Gottes reiner Wille,
Durch ihren Mund gesprochen, ist, dass ich kinderlos,
Allein zieh' an den Vatern in Aller Mutter Schoss.
Drum hab' ich fast beschlossen der Krone zu entsagen !
Nur wer des Hauses Valer, kann cine Krone erlragen.
Per Arduino il Werner ripete il tema della Sunamite:
— le ricordate parole del Tagebuch non lasciano dubbio
che di qui l'idea gli sia venuta — , fa convertire Arduino
facendogli morire il figlio. Annunciano ad Arduino che
suo figlio è morto: che cosa gli importa più la corona, ìa
vita ? (( Es zieht zu Grabe meine Kraft ». Vi è una pa-
rola sconsolata, la più sconsolata di tutte le parole, che
toglie ogni luce e ogni bellezza al mondo : (( Kinderlos ! » .
Ma colei, in cui questo sentimento assume la forma pa-
tologica che esso nel Werner ha assunta, è, dicemmo,
Kunegunde. Essa ha fatto voto di castità a Dio e lo ha
mantenuto; ma la « Sehnsucht » verso un figlio, sangue
del suo sangue, non le lascia tregua, le turba continuamente
la fantasia.
Wenn auch zu Gott schwebt die Seele der Frommen,
Schmachtet ihr Herz doch voli sehnenden Harm.
Darum herzt sie so schmerzhaft die Kleinen,
Den Eid bejammernd, den heilig sie schwur.
(71) Ausg. Schr., XIV, p. 148.
// dramma cattolico 395
E in verità l'idea del bambino assedia la sua imma-
ginazione : è primavera ed essa dice :
Wenn ich so heute tu' um mich schauen
Die Pracht des Lenzes, den Schmelz der Auen,
Ist mir 's als hab' sie der Herr sich vermahlt,
Und sich zu Lieblingskindern die Bliiten auserwahlt.
Parla dei suoi sogni e dice : a Lieb waren mir die Ge-
danken — wie Kinder ! » — Quando si decide ad andar
da Arduino lo fa perchè pensa di mostrarsi come a Mutter
des Volkes » :
Ein reines Mutterwerk einmal in meinem Leben
Zu tun!
Quando prega, il Signore le appare come Ta ewiger
Vater » ; quando annunciano ad Arduino la morte di suo
figlio, gli dice: « Uns Kinderlosen Frieden ! ». Non solo;
ma il Werner conduce Kunegunde ad una vera esal-
tazione.
Kunegunde si immagina, quando ode l'annuncio della
morte del figlio di Arduino, che Iddio ascolti e appaghi il
suo desiderio e che il figlio di Arduino, il quale morendo
riconduce sulla retta via il padre, diventi, in certo modo,
spiritualmente suo proprio figlio. Il figlio d'Arduino è colui
che rende efficace la sua intrapresa: egli è anche il figlio
suo proprio. Egli le appare :
Der goldne Jiìngling am Rubinentron,
Ist das, o Herr, mein lang ersehnter Sohn?
Ed essa vaneggia : (( Er làchelt mir ! — Mein Sohn ist
es, den mein Glaub'errang ! ». Quando ritorna in sé dalla
sua manìa, ha di nuovo la visione chiara della realtà.
3% Zacharias Werner
Ich arme durfte nie ais iMutter mich erfreu'n,
Kein Sohn begrabt, beweint mein schlummerncies Gebein,
Ich — kinderlose — sterb' allein !
Ma la manìa la riprende : rivede il fantasma :
Also sah den Jiingling ich im Strahle glùhn,
Ich des Greisen Sohn einst mlr als Sohn entbliihn.
Il figlio di Arduino è il biondo giovinetto Florestano e
Kunegunde — nella sua allucinazione — lo vede come egli
è realmente. Il caso ha dei riscontri patologici che forse
il Werner ebbe presenti quando concepiva il caso suo.
E Kunegunde — poiché Florestano non è morto —
esclama, quando si rivede innanzi vivente il fantasma che
le apparve nella visione:
Bist du 's, schoner Jiingling, ihm und mir verwandt,
Der im Morgendammer liebend mich umwand?
Du — Harduins Sohn — mein Einziger?
In questo modo Kunegunde finisce con diventare una
malata ossessa da un vano desiderio di maternità : di-
venta con ciò una figura tragica, ma è percorsa nella sua
malattia da brividi di voluttà fantastica, che sono ab-
bastanza singolari in una santa.
E voi — già nella figura stessa di Kunegunde — ve-
dete confluire le due tendenze opposte, che dicemmo al-
ternarsi nel dramma.
Anche altri particolari mostrano come il Werner abbia
acconsentito ora al nuovo indirizzo cattolico e ora invece
all'antico indirizzo erotico-mistico.
Del suo nuovo Cattolicismo le traccie nel dramma sono
molto numerose. Prima di tutto la santità di Kunegunde
// dramma cattolico 397
e dell'imperatore Enrico: santità che data dal principio
stesso della tragedia. La storia nuova che si svolge in
loro, produrrà nuove decisioni e nuove azioni, non pro-
durrà nella loro anima un sostanziale mutamento. Fin dal
primo atto essi sono due creature che alla causa di Dio
han sacrificato la loro vita e i loro desideri : la causa
di Dio è la sola fonte di tutta loro condotta.
La guerra di Enrico contro Arduino non è la guerra di
un re contro un ribelle, non è una questione di conquista,
ma una quistione di trionfo della fede cattolica contro
l'empietà — perchè Arduino pretende di ignorare Dio e
di infischiarsene. Fede cattolica: il Dio di Kunegunde
non è più l'Essere supremo, universale, infinito, inafferra-
bile alla nostra corta mente, fonte di tutta la vita, ma
è un Dio personale, il Dio dei Cattolici. E la religione
sua è la vera religione di Cristo. Cristo non è più un
simbolo, o un «Mittler», ma Dio fatto uomo, che per
l'uomo ha patito e sofferto. Ed è circondato di Santi.
E i Santi non sono più allegorie di una virtù, ma crea-
ture terrene un tempo, che s'elevarono verso Dio in vita
e dalla fede cattolica furon sollevati in cielo. E nel dramma
continuamente si parla di Santa Madre Chiesa, di papi e
di vescovi, di conventi e di chiese, di ostie e di comu-
nioni, di crocefissi e di messe e di cerimonie sacre. Si
prega — e non più il Dio indefinito di un tempo — , ma
Cristo nella sua Chiesa durante la messa ; si prepara il
(( Todesamt )) , non più come nella Weìhe der Kraft, ma
secondo il rito cattolico.
Il Cattolicismo si riverbera necessariamente anche nella
struttura dell'azione.
Io ho insistito — come causa della libertà con cui il
Werner tratta la materia storica — sopra il sentimento
398 Zacharias Werner
cattolico da cui egli era diretto e ispirato. Nel pensiero
cattolico è infatti il movente vero che rende necessaria la
complicazione degli avvenimenti che sopra abbiamo nella
loro genesi ricostruiti.
La ragione che spinge Kunegunde a recarsi da Arduino
è il pensiero che Arduino è diventato empio, che non
solo non riconosce più nessun principio di giustizia, ma
neppure Dio. Ed essa spera di convertirlo. È per questa
speranza che essa si decide a un passo così pericoloso.
Quando essa gli si presenta, vede gli altari rovinati e ab-
battuti ed è colpita da (( Entsétzen » : (( Zertrìimmert dein
Aitar ? )) Essa vede d'un tratto Inferno e Paradiso innanzi
a sé spalancati nell'altro mondo; « Der Meineid schiirt die
Flammen der ewigen Qual ! » grida ad Arduino che sta
per spergiurare. Fa il segno della croce scongiurando:
(( Entweiche, Hòllenmacht ! )). E prega per Arduino pec-
catore, prega Cristo morto in croce per redimere gli uomini,
prega Maria Vergine Addolorata: ((Bei deinen Klagen,
Mutter Gottes, am Kreuz, erette ihn ».
Non soltanto il suo Cattolicismo la conduce ad Ar-
duino: il suo Cattolicismo fa che il voto di castità, che
essa fece, le resti malgrado il pentimento, malgrado l'amore,
infrangibile. Ha fatto quel voto con libertà e nessuno più
lo può sciogliere: essa deve resteurgli fedele. È quindi il
nodo stesso da cui tutta l'azione deriva, che ha nel nuovo
cattolicismo del Werner la sua origine.
E cattolico sarà anche l'epilogo della storia. Arduino
finisce in un convento, l'imperatore Enrico desidererebbe
di fare altrettanto. Nel chiostro da lei fondato si ritira
Kunegunde, sebbene la storia nani che essa compì tale
passo solo dopo la morte del marito. La risoluzione che
essa prende di lasciare per il chiostro suo marito non può
// dramma cattolico
399
spiegarsi altrimenti che partendo dalla sua concezione cat-
tolica della vita: cioè dall'idea che la vita del chiostro,
interamente sottratta al mondo, sia la più pura, e sia cioè
quella sola a cui Kunegunde, una santa, è adatta. Natu-
ralmente il Werner cerca di dare all'azione una motiva-
zione psicologica e con ciò una poetica verità ; ma i par-
ticolari dell'azione furono suggeriti prima dal pensiero
cattolico, e poi motivati psicologicamente in seguito. Così
i personaggi son cattolici e il dramma intero posa in certo
modo sopra un pensiero cattolico.
A questo Cattolicismo si accompagna però, come prima
avvertimmo, l'erotismo mistico in molti altri particolari. Il
Werner infatti fa innamorare anche Kunegunde — una
donna non innamorata è per la fantasia del Werner un
assurdo — e, trattandosi di una santa che non può mac-
chiarsi di colpa, la fa innamorare di quell'amor vero che
rappresenta la suprema elevazione spirituale.
Colui di cui essa si rivelerà innamorata è il figlio di Ar-
duino, Florestano. La sensualità voluttuosa della sua osses-
sione di maternità, la sensualità voluttuosa di quella sua
allucinazione che il figlio di Arduino sia diventato suo
figlio eromperà in quello scoppio finale di passione amorosa.
Kunegunde è stata riconosciuta mentre andava al campo
di Arduino : il fatto è stato riferito al re che naturalmente
pensa che sua moglie conceda ad altri quanto a lui nega;
Kunegunde non può confessare la verità perchè è legata
dal giuramento fatto ad Arduino; tutte le apparenze sono
contro di lei — non rimane che il giudizio di Dio. Vien
bandito il torneo. Nessuno si presenta a difender la purità
della regina, tutti si mostran vili di fronte al guerriero te-
muto che ne sostiene la colpa. Vonebbe scendere il re
nell'arena, perchè, malgrado tutto, egli — come marito —
400 Zacharias Werner
non può persuadersi che sua moglie sia colpevole, ma le
leggi lo vietano. Finalmente si presenta un biondo giovi-
netto imberbe, bellissimo come un angelo: è Florestano,
il figlio di Arduino, di cui era stata annunciata ad Arduino
falsamente la morte. Egli si è innamorato della regina, che
ha visto passare nella notte mentre egli montava di guardia
ed ella si recava da Arduino. Egli si presenta e vince.
Ma sconta la sua vittoria e muore della ferita riportata.
Kunegunde assiste al torneo ed è tutta sconvolta quando
vede che quel giovinetto eroe corrisponde perfettamente
alla figura del fanciullo che le apparve nelle sue visioni.
E, com'egli combatte e vince, quel sentimento che era
prima apparso come un riverbero della sua brama di ma-
ternità, incomincia a rivelarsi per quel che era: amore.
E com'egli muore, e la pietà s'aggiunge per il giovinetto
morto per lei, la passione scoppia irrefrenabile nella sua
anima ancor vergine:
Er — mein Geliebter — war *s — Ja, jetzt ist *s Ehebruch!
Tutto quanto il misticismo erotico w^erneriano si ritrova
qui, dalla teoria della predestinazione a quella del raggiun-
gimento dell'amore nella morte.
Il ripetersi della teoria d'amore produce il ripetersi
dalla figura del (( Mittler » che la enuncia. La figura di
Adalbert, di Therese e Theobald, di Libussa, di Leone ri-
torna in Romuald, il santo monaco eremita che vive nella
solitudine ed ha una misteriosa sapienza, una diretta ispira-
zione da Dio, e fa quindi, anch' egli, come tutti i suoi prede-
cessori, il mezzano, essendo che l'essenza divina della vita
consista nell'amore. È lui che ha custodito Florestano,
lui che sa che Kunegunde si reca nel campo avversario
// dramma cattolico
401
€ perchè vi si rechi, lui che annuncia ad Arduino la falsa
notizia della morte del figlio per indurlo a cedere all'in-
vito di Kunegunde, lui che ha il presagio delle grandi
cose che stanno per compiersi, lui che manda Florestano
a tempo opportuno nel campo dell'imperatore Enrico,
perchè egli possa compiere l'azione eroica, lui quindi che
provoca lo scoppio della passione di amore, ed è natural-
mente lui ancora, che, alla fine, quando tutto si è così
complicato che non trovate più dal punto di vista umano
nessuna via di uscita, risolve l'intrico, che egli, come
diretto inviato di Dio, ha prodotto.
Romuald darà anche alla fine del dramma la spiegazione
mistica delle vicende a cui l'uditore ha assistito. Romuald
annuncia infatti a Enrico che Dio gli rivelò in sogno tutto
quanto succede.
Predestinazione e fatalità s'adattavano al dramma cat-
tolico e il Werner riproduce qui la fatalità del 24 Feb-
braio, personificandola in Romuald e rendendola così at-
tiva e così formatrice che l'indagine psicologica diventa
quasi superflua e sprecata. Romuald è più attivo per il
dramma che sant'Adalberto medesimo : sant'Adalberto,
essendosi formata la crisi, interveniva a risolverla, Ro-
mualdo la forma e la risolve.
Questa così grande parte che Romuald ha nell'azione
dipese dal fatto che il Werner cercò con questo mezzo
di far rientrar con forza il suo pensiero erotico-mistico
nello spirito cattolico dell'opera. Egli stesso avvertì la
contraddizione esistente fra le due tendenze a cui il suo
dramma era ispirato, ma invece di conciliarle le imbrogliò
in tal modo anche maggiormente.
L'urto infatti fra le due tendenze è continuo. Prima
<ii tutto come conciliare la sensualità erotica di Kune-
G. Gabetti, // dramma di Z. Werner. 26
402 Zacharias Werner
gunde con lo spirito di santa, che il Werner in lei vuole
rappresentare ? Come conciliare la santificazione del-
Tamor suo adultero con l'indissolubilità del matrimonio che
la Chiesa predica ? Se poi togliete all'avventura amorosa
di Kunegunde ogni ombra di colpa, sopprimete anche la
base della tragedia. Perchè allora Kunegunde stessa nel-
l'ultimo atto decide di ritirarsi in un chiostro ad espiare >
Se essa si sentisse pura, perchè dovrebbe espiare ? E non
è strano che quel Dio medesimo che l'ha predestinata
a santa l'abbia pur predestinata all'amor di Florestano e
le faccia compiere quell'adulterio spirituale ?
L'inconciliabilità si fa poi tanto piìì sentire, inquantochè
le due tendenze nella costruzione dell'azione continua-
mente si intersecano, e si motivano vicendevolmente. Il
Werner fa innamorar Kunegunde, perchè, gittata in lei
un'ombra di colpa, se ne sviluppi la situazione tragica e
la soluzione finale del chiostro. Ma, essendo d'altra parte
Kunegunde una santa cattolica, il Werner deve riconere a
quella anormale complicazione psicologica di amor ma-
terno ed amor sessuale : una santa cattolica sa il suo do-
vere e custodisce sé stessa: come potrebbe altrimenti sor-
gere in lei l'amore ? E vi sentite più urtati dal fatto,
in quanto che la storia di amore appare una superfetazione
non necessaria, perchè bastava l'andata misteriosa di Ku-
negunde al campo di Arduino per provocar nell'animo del
re quel tumulto di passioni, che conduceva al giudizio di
Dio. Il dramma è farraginoso in tutti i trapassi dall'uno al-
l'altro dei due elementi su cui esso è combinato, la verità
poetica e l'unità intima della tragedia sono distrutte.
Quando la materia di un'opera è ancor così contraddi-
toria e disorganica e informe, quando nell'anima del poeta
non vi è quell'unità di coscienza in cui solo la materia
// dramma cattolico 403
I
può organizzarsi e unificarsi, il poeta non può essere com-
pletamente preso dalla sua opera e non può neppur espli-
carvi il suo talento e la sua personalità. Così il Werner
fallì con questo dramma anche dal punto di vista tecnico.
Egli ora, incerto e malsicuro, si ripose nuovamente
sulle orme del Tieck. La Genovefa gli stava presente
quando componeva. La figura di S. Genovefa è il pro-
totipo di Kunegunde. Vi è in lei la stessa rassegna-
zione, lo stesso spirito di dolcezza, di abnegazione, la
stessa immersione di tutti i sentimenti in un bagno di reli-
giosità cattolica, la stessa natura passiva ed elegiaca. Ge-
novefa — dice Kunegunde — è la sua « Bas'am Rheine »,
e si fa leggere dalla sua nipote tutta la storia di lei.
Als nun Genovefa in der Wiiste sass,
Nackend und in Tranen sie da Wurzeln ass,
Preiste Gott den Herrn doch ohne Unterlass, etc.
L* addio che Enrico le ha dato prima di recarsi in guerra
ricorda assai davvicino l'addio dato a Genovefa dal suo
marito e signore. Tutti e due lodano la purità angelica,
la fedeltà, l'amore incondizionato e incontaminato della
loro moglie : tutti e due la celebrano come un essere su-
periore sceso dal cielo sulla terra a diffondere sorriso e
luce e serenità. Tutti e due si trovano — tornando —
spinti a sospettare della sua fedeltà, tutti e due sono scon-
volti internamente cosicché non sanno quasi più quel che
si fanno. Tutti e due riconoscono alfine la verità. E il
contegno di Kunegunde ricorda quello di Genovefa : tutte
e due si consolano nella loro purità, nel godimento reli-
gioso, riposano nella loro elegiaca a Stimmung )). Andranno
in seguito le loro vie per direzione diversa, ma il ricordo
del Tieck è indiscutibile.
404 Zacharias Werner
La differenza fra il Tieck e lui è in fondo questa : che
il Werner aveva davanti al suo quadro cattolico una cre-
denza per molta parte assoluta. La differenza è profonda,
ma dal punto di vista estetico, di effetto nullo: inquanto-
chè la condizione essenziale è la credenza del poeta; se
essa scaturisca da una vivacità di fantasia d* artista, o da
fede nel senso vero della parola, non importa.
11 Werner ripetè quindi il Tieck anche nella forma:
condotto dalla nuova tendenza alla ricerca di una forma
nuova, non riuscendo a raggiungerla per la sua interna in-
certezza, si volse a quella che il dramma cattolico del
Tieck gli offriva già concretata e stabilita. Egli era riu-
scito nella serie dei suoi tentativi di drammi a far domi-
nare l'azione sopra gli (( Stimmungsbilder » . L'azione in-
gigantiva e travolgeva tutti i momenti che il Werner pre-
sentava. Era come un soffio veemente che trascinava e
che nel 24 Febbraio si affermò con tutta pienezza. L'a-
zione ora procede invece di nuovo in una serie di quadri
staccati come una serie di episodi, e il quadro è riempito
di materia superflua.
Vi è nell'opera anche dal punto di vista della sceneg-
giatura una vera disgregazione (72).
(72) Accanto alla influenza romantica rifattasi più forte e più deci-
siva è pure da rilevare un nuovo risorgere di influssi Calderoniani, che
dopo il Kreutz an der Ostsee si erano affievoliti e che solo ancora
nella fantastica grandiosità della concezione deìV Attila e nel tono
realistico che il 24. Februar ha comune con la Devoción de la Cruz
(si confronti anche qualche particolare: ad es., il segno d'ascia sul
braccio di Kurt e nel C. la croce sul petto di Julia) si erano rin-
novati. È un po' alle letture del Calderon fatte a Coppet in com-
pagnia dello Schlegel e di Madame de Staèl che devono esser attri-
buiti il carattere quasi di dramma di intreccio che la Kunegurtde è
venuta assumendo e la libertà, anzi confusione tecnica, nello allacciar
gli episodi, che qui lamentiamo.
é
// dramma cattolico 405
I
Vi trovate innanzi non soltanto a una grande imma-
turità e confusione di concezione, ma a uno spirito svo-
gliato e stanco. Vedemmo quanto poche notizie si ab-
biano intorno alla composizione del dramma ; ma anche
questo carattere così evidente induce a credere quanto
già sostenemmo: non avere stavolta il Werner scritto di
un fiato come soleva, ma in tempi diversi, senza un'unità
di stato d'animo e senza l'impeto d'ispirazione che gli
era proprio.
La nuova profonda crisi religiosa, assorbendo tutta la
sua vita interiore, affievoliva la libera attività creatrice
della fantasia. Nell'opera di poesia una crisi spirituale può
riflettersi, ma risolvendovisi, in quanto il poeta ne diventa
conscio, ne trova la soluzione, la obiettiva in una rappre-
sentazione esterna e in tal modo se ne libera. Ora invece la
crisi era ancora in formazione, lontana dal momento fi-
nale. Come dimenticarsi completamente nel mondo del-
l'immaginazione con quell'oblìo totale di se stessi che
la creazione richiede ?
Persino nel ritrane la vita patologica di Kunegunde
riuscì il Werner distratto e fiacco. Preoccupato sopratutto
della sua santità cattolica, egli trascurò quella analisi rea-
listica della sua malattia, che in altre opere aveva già
dato di altre creature. II processo sentimentale, che
esponemmo, è segnato infatti saltuariamente in modo
diseguale. Che, ad esempio, sia un'allucinazione momen-
tanea quella che ha Kunegunde di Florestano è mostrato
dal fatto, che essa, acquistata coscienza di sé, considera
il fatto come un'illusione; ma il modo come ciò avviene
non mostra chiaro questo carattere. Proprio quando annun-
ciano ad Arduino la morte di suo figlio, ha Kunegunde la
sua visione — essa si immagina di acquistare un figlio e lo
406 Zacharias Werner
vede com'è. Il modo come ciò è rappresentato ha più del
miracolo che dell'allucinazione.
Momenti felici vi sono ancora: il primo incontro fra
Kunegunde e Arduino, lo scoraggiamento di Arduino, la
disperazione dell'imperatore, la decisione del Giudizio
di Dio, che strappava le lagrime alla principessa di Rudol-,
stadt-Schw^arzburg, la desolazione rassegnata di Kune-
gunde dopo che il sospetto del re è caduto su di lei. In
generale, però, avete anche nei motivi singoli continue ri-
petizioni di temi drammatici già incontrati in drammi an-
teriori (73).
E come le ripetizioni son lontane dal modello ! Il Werner
imita e non raggiunge se stesso. Che differenza, ad es.,
fra il finale della Wanda e quello della Kunegunde !
(73) Il Werner si ripete nella figura del Markgraf Heinrich von
Nordgau, falso e traditore, che assume le parti dell'imperatore nel
giudizio di Dio ; si ripete nella scena centrale in cui lo Herzog mette
a posto l'imperatore che vuol mettere in carcere Irner e vuole scendere
egli stesso in campo per difendere l'onore di Kunegunde, così come
il Churfiirst metteva a posto Carlo V che voleva da solo risolvere
la quistlone di Lutero — l'uno e l'altro personificazioni del diritto
e della giustizia ; si ripete nella costruzione della scena in cui si decide
il giudizio di Dio con una enumerazione di tutte le forme in cui il caso
si può risolvere ; si ripete nella figura di Luitgardis data a compagna
di Kunegunde come Melitta di Wanda o come Therese di Kaiharina
von Bora ; si ripete nello sfruttamento della cerimonia funebre già usata
nel Lutero; si ripete nella calma dello svolgimento finale nell'ultimo
atto, ove Kunegunde è così ferma nella sua tristezza e nella sua riso-
luzione come Wanda nel suo proposito di morte, e dove la costruzione
delle scene s'ispira alla medesima calma. Tra i modi di ottener questa
calma, ripete il Werner quello di far raccontare ed annunziare anziché
presentar direttamente un'azione. Fa che Kunegunde mandi all'impera-
tore una lettera annunciantegli i suoi propositi, invece che rappresentare
quella sua prostrazione spirituale che naturalmente succede all'esalta-
zione erotica che è su di lei passata ; si ripete facendo che Enrico
imperatore accetti rassegnato il suo destino come Molay accettava il suo.
// dramma cattolico 407
I
Alles ist gescheh'n!
Jetzt kann ich zur Ruhe geh'n.
Come è lontana la forza drammatica della scena cen-
trale da quella raggiunta nel Lutero quando il corteo sfi-
lava dinnanzi al riformatore ! Com'è lontana la forza dram-
matica della cerimonia funebre, precedente al giudizio di
Dio, veduta attraverso le parole di Brigitta, dalla ceri-
monia funebre della morta Therese !
Lo (( altdeutscher » colorito, vantato nella lettera al
Goethe, si riduce alla declamazione finale di Kunegunde
che, per lusingare in nome del poeta l'orgoglio di tutti
i protettori passati, presenti e futuri, annuncia le glorie di
casa Hohenstaufen, di casa Habsburg e della schiatta di
Zollern e di Hessen; le glorie di Maria Teresa, di
Pio VII, di Luisa regina di Prussia:
Volk! deutsches Volk ! sei treu! Habsburg und Zollern wacht!
si riduce alla declamazione fatta da Kunegunde sopra la
bellezza della Sassonia (( Paradieseshallen » o al motto del
lascia-passare :
Trotz dem Teufel die deutsche Frau.
Anche il colorito italico manca o è ridotto a ben poca
cosa (74): che differenza vi è fra il caunpo di Arduino e
(74) Un particolare chiarimento esige l'influenza dell'Italia sul
Werner. Il Werner nel primo periodo razionalistico fu ostile all'Italia,
che considerava sede dell'oscurantismo e dell'ignoranza, così da venirne
tratto a condannare senza averlo letto anche il Tasso e a ripudiar Vir-
gilio ; in seguito egli passò, per l'influenza deWArdinghello dello
Heinse, alla concezione dell'Italia come della patria del godimento sen-
suale e della voluttà e cade in questo secondo periodo la traduzione in
408 Zacharias Werner
il campo dell'imperatore ? O vuol dire Italia forse ribel-
lione e debolezza ? La eco, che i paesaggi del (( viel ge-
lobtes Land )) trovano nella tragedia, è tutta in pochi versi
di Kunegunde.
Geht, Kinder, auf Auen und Bergeshoh'n,
Wenn ihr wollt den Herrn in der Gloria seh'n.
tedesco della Biondolina in Gondoleta. Questa sua concezione fu ix>*
favorita anche dalla lettura del Viaggio in Italia dell'amico Woida,
che egli conobbe a Varsavia. Cfr. Briefe iìber Italien, Warschau, 1802.
Cfr. ad es. il voi. Ili, p. 408 e segg. : « Hinter dem lockenden Aussern
tobt im heissen Busen der Wollust verzehrend Feuer ; der Ausdruck der
Unschuld ist leere Maske, die gròssten Reize des Weiber, Tugend und
Sittsamkeit fehlen ganz etc. », ed è naturale che perciò egli non potesse
condividere la nostalgia d'Italia dei romantici : nella Weihe der Kraft
l'Italia è ancora presentata come la sede della antireligione e della cor-
ruzione. Solo la lettura della Corinne di Madame de Staèl gli fece cam-
biar opinione, offrendogli nell'Italia un paese dove gli uomini son dotati
di vivace sentimento e di vivace fantasia, dove gli uomini sono facili
all'entusiasmo e la religione è ad un tempo fede e arte. L'avversione
divenne allora amore, anzi un vero e proprio culto, e quando, dopa
di aver manifestato il suo atteggiamento nella nuova tragedia Attila,
egli venne in Italia nel 1808, egli vi scese come verso la sua vera
patria (Cfr. Eintriii in Italien, « Ausg. Schr. », I, 168), e ne nacque
il progetto di fare una esaltazione dell'Italia nella Kunegunde, progetto
che vedemmo fallire per il prevalere di altri interessi maggiori nel suo
spirito.
Col suo progressivo avvicinamento alla conversione l'Italia si trasformò
poi a poco a poco in una patria del Cattolicismo, e, quindi, della vera
religione. A lungo la sua nuova concezione unilaterale lottò contro
l'influenza delle impressioni del soggiorno fra noi dal 1810 al 1813
e contro la duratura influenza del ricordo della Corinne, ma essa si
affermò sempre più risolutamente, come si può vedere anche dalle
stanze Italien, scritte da lui nell'ottobre del 1810 a Roma (Ausg. Schr.,
II, p. 1). D'accordo con questa evoluzione è pure il suo atteggiamento
verso la nostra letteratura, di cui sopratutto la Divina Commedia e la
Gerusalemme liberata vennero da lui celebrate.
Cfr. su questo argomento un mio articolo in corso di stampa : Italien
in Zacharias Werners Leben und Dichten.
// dramma cattolico 409
I
Vor allem zu diesem welschen Land
Hat er sich gnadigllch gewandt.
In alien
Landen stròmt Gottes Liebeswallen,
Doch nie, von alien, die ich sah,
Als hier in der hehren Italia,
Und sia zumai zu schauen im Maien
In der Fliisse Crystall sich konterfeien,
Wenn die weissen Schlòsser im hoffenden Griin
Wie Engel in Traumen voriiberzieh'n.
Die, nimmer befriedigt, den Busen uns fiillt.
Die liebende Sehnsucht, hier wird sie gestillt.
Anche il linguaggio ha perso la sua forza espressiva.
Abbiam veduto derivare alla poesia drammatica del Wer-
ner, malgrado le deficienze che presenta, una innegabile
forza che le critiche all'organismo generale e alla psico-
logia dei personaggi non riescono a distruggere, dal fatto
che il Werner creava i suoi fantasmi così precisi e concreti
che egli riusciva a veder bene nell'anima loro e ad espri-
mere con chiarezza e forza i sentimenti che nelle anime loro
passavano. Colorito e ricco è il linguaggio ancora, ma
diventa impreciso e decorativo (75). Riferito a The-
(75) Il cattolicesimo della Kunegunde è pur dimostrato dal linguaggio.
Come il Werner si era foggiato un linguaggio simbolico apocalittico
al tempo delle sue esaltazioni massoniche, come poi aveva mutato
il repertorio di frasi e di immagini nel periodo dell'utopia erotico - mistica,
così ora egli si forma una maniera nuova attingendo espressioni alla
vita religiosa cattolica. In quelle traccie di influenze bibliche, che il
DegENHART (op. cit.) elencò senza distribuirle secondo la evoluzione
poetica del Werner, si nota in questo tempo un prevalere di influssi
del Nuovo Testamento. Ad esse sono da aggiungersi gli influssi del
linguaggio della liturgia e le immagini tolte alla vita religiosa cattolica.
410 Zacharias Werner
rese e a Theobald, certo linguaggio etereo caro ai ro-
mantici, fatto per esprimere sentimenti ultraterreni, si ac-
cordava con il carattere dei personaggi, e faceva pas-
sare davanti agli occhi dei lettori dei fantasmi vaghi ed
evanescenti, ma esigenti un tale linguaggio. Il Werner
riferisce ora quel linguaggio a Kunegunde e agli altri per-
sonaggi terreni e proprio in certi momenti di crisi,
mostrando che il poeta non è riuscito a vedere affatto nel-
l'anima loro e divaga in una cucitura e in un ricamo di
frasi vacue. Il difetto rasenta talora il ridicolo.
O Sonnenocean Dreieinigkeit !
Halt' ein! Zu gross ist deine Herrlichkeit !
Il difetto non consiste solo in questo ricorrere a vaghe
divagazioni mistiche, che mal suppliscono il reale pro-
blema psicologico, ma in un generale dar di cozzo nel
declamatorio e in una fredda cerebrale combinazione di
frasi. Il soliloquio del Kaiser che al quinto atto si lamenta
della sua mala sorte è un contrasto fra la primavera e la
tetraggine della sua anima.
Doch in meines Herzens Grunde war es schon am Morgen Nacht
Deine Wetter sind verzogen, doch in mir, da blitzt die Qual.
Per ben sei volte nella Kunegunde torna a ogni proposito l'immagine
dell'Ostia e nel sonetto scritto in Genova, che fece incollerire il
Goethe, è paragonata all'Ostia nientemeno che la Luna! Quando egli
scende in Italia, allora nelle sue visioni italiche ogni forma di vita
diventa la celebrazione di un mistero religioso : l'Italia è un tempio :
le Alpi ne sono le colonne, il cielo ne è la cupola, Roma è il
tabernacolo che racchiude il Santissimo, il mare che ne lambe le
spiaggie celebra l'eterna cerimonia religiosa a onore dell'Onnipossente.
Il più caratteristico è forse per questo rispetto il sonetto FrUhlings-
nachtmal, dove il vulcano diventa un prete che dice la messa.
// dramma cattolico 4 1 1
Più decorativo ancora è il finale del quarto atto. Kune-
gunde dice le già ricordate parole — (( Mein geliebter
war es. Ja. Jetzt ist's Ehebruch » — , e l'imperatore si
copre il viso con le mani, pieno di disperazione : ((Nacht ! »,
L'incontro di Arduino e dell'imperatore è nello stesso
stile. Si presenta Arduino: a Memento mori», e l'impe-
ratore : (( Was forderst du ? die Krone 7 Nimm sie zuriick ».
Anche la lingua, nel senso stretto della parola, soffre della
fiacchezza generale. È spesso involuta e contorta, manca
dell'eloquenza fluente che negli altri drammi aveva. Il
barocchismo stilistico ricorda il Calderon, ma è nel Werner
frutto della mancata ispirazione.
II.
La Kunegunde però mostra il formarsi dell'ultimo tipo
di dramma: il dramma cattolico che il Werner comporrà
sette anni dopo nella Mutter der Makkahder.
La Mutter der Makkahàer è nata dopo la sua conver-
sione e la sua consacrazione a prete, dopo che la crisi e il
fermento interiore da cui la crisi era stata accompagnata,
si erano composti. Già si era volto alla predicazione. Già
aveva compiuto la rinuncia completa alla ragione per
accettare le verità evangeliche.
La utopia erotico-mistica è non solo passata definitiva-
mente, ma condannata. Il Werner sceglie un argomento in
cui l'amore compar solo come episodio e come una debo-
lezza, che non sospinge verso il cielo ma lega alla terra,
sebbene anche sia suscettibile di purificazione e di eleva-
zione. L'argomento è tolto dal secondo libro dei Maccabei,
integrato dai commenti di Sant'Antonio, di S. Geroleuno e
412 Zacharias Werner
dì San Gregorio Nazanzieno (76). È il sacrifìcio di sette
figli che una madre fa alla causa di Dio (77).
È la rappresentazione diretta non solo della santità,
ma del martirio (78). Chiamammo martiri anche i perso-
naggi degli altri drammi ; ma vi è una differenza profonda
fra quei drammi e la nuova tragedia, per questo ri-
guardo. In quei dranuni la morte era un premio in con-
formità delle teorie mistiche su di cui i drammi riposa-
vano, nel nuovo invece la morte è ancora un premio,
ma è la conseguenza della fede che i martiri professano
e che sostengono contro ogni minaccia. Nei primi la morte
era cercata, nei nuovi essa è subita a gloria di Dio e della
sua Chiesa. Questi ultimi sono i martiri cattolici nel vero
e proprio senso della parola.
Il testo sacro raccontava di questa madre che la Chiesa
ha fatto santa con i suoi figli e celebra il 1° Agosto col
nome dei Maccabei, ma non ne indicava ulteriormente la
famiglia e la stirpe. Il Werner, ricorrendo a un espediente
che il nome suggeriva, fece della madre, che chiamò
Salomè, la sorella di Giuda Maccabeo, il famoso con-
duttore dell'esercito ebreo contro i Romani e i Siriaci,
contro Demetrio e Antioco, il grande conduttore, la cui
(76) Il Werner medesimo addita le sue fonti. Ausg. Schr., X,
p. VII-VIII. Ad esse si deve aggiungere la Geschichte Jesu Christi dello
StoLBERG, cit., voi. V, p. 142 e segg.
(77) Per la Mutter der Makk^h'àer, composta nel 1816, è importante
la prefazione che vi premise il Werner stesso pubblicandola nel 1820.
Amg. Schr., X, p. VII.
(78) Sulla Mutter der Makkabàer, v. oltre il MlNOR, op. cit., p. 104
e il DUNTZER, op. cit., p. 193, anche W. SCHMIDT - ObERLÒSSNITZ,
Ludwigs a Mutter der Makkobaer » nebst einem A usblick auf Zacharias
Werners Drama, Diss. Leipzig, 1907.
il dramma cattolico
413
figura appariva gigante agli occhi del poeta dal testo
sacro e dalla Kirchengeschichte dello Stolberg. Si ele-
vava così il tono della tragedia, sollevandosi a una rap-
presentazione della tragica fine di una famiglia regale.
In questo primo aperto carattere ci si presenta quella
diversità di materia che dicemmo nella introduzione del
capitolo distinguere la nuova tragedia werneriana e
vedemmo già affacciarsi nella Kunegunde. Il Werner ne
era conscio. Nella introduzione alla tragedia egli, ri-
spondendo agli attacchi degli antichi amici che non gli
potevan perdonare il passo da lui compiuto, scriveva:
(( Eben weil ich die Qual langen lebenslàngligen ehrli-
chen, jedoch vergebenen Suchens aus eigener schmerz-
haften Erfahrung kenne, so bin ich von allem Parteihasse
gegen edle Sucher, wess Glaubens und Volks sie auch
seyn mògen, aufs w^eiteste entfernt. Ich nehme vielmehr,
selbst mit Riicksicht auf meine priesterliche Wurde, gar
keinen Anstand, laut zu bekennen dass mir edle, rastlose
Sucher des Wahren, die noch nicht dorthin gelangt sind,
wo das Gefundene (nicht Erfundene, noch zu Erfindende)
alles fernere Suchen zu Torheit, alles Finden zum Lohne
der Entsagung macht, zwai, insoferne sie das ew^ig nur zu
Findende noch erst erfinden wrollen, je edler sie sind,
um so bedauerungswùrdiger, aber auch, insofern sie aus
ganzer Seele und mit reinem Herzen suchen, nicht nur
unendlich schàtzbarer, sondern sogar dem Ziele nàher
erscheinen, als die vielen der gegenwàrtigen Zeit, die
das unverdiente und nie zu verdienende Glùck, im Kreise
des ew^ig und einzig Wahren, im katholischen Glauben,
nàmlich, geboren zu seyn, gedankenlos verkennend, dieses
gòtdiche Kleinod bald gemiidos verbilden, bald gefiihllos
vergeuden ! . . . Meine ewig treuen Freunde werden es
414 Zacharias Werner
mir mithin wohl auf mein ihnen bekanntes, christliches
Wort glauben, dass ich weit entfernt einem von mir entwor-
fenen Zeitungszerrbilde, selbst da, wo es geschmeichelt
seyn mòchte, zu ahnen, vielmehr immer noch (und vom stets
tief dunkeln Grunde meines Innersten abgesehen) derselbe
harmlose Mensch bin, als welchen mich jeder kennt, der
mich kennt, und dass ich niemals aufhòren werde, nach
dem Willen und der Tatkraft (welche, zum Guten vereint,
man, mit Riicksicht auf ihrem Ursprung, im christlichen
Sinne Gnade nennt) Vernunft und Verstand als die hòch-
sten Gaben des Menschen zu schàtzen » (79). Le parole
contro lo « Zeitungszerrbild » mostrano l'origine della di-
chiarazione ; le parole (( nicht Erfundene noch zu Erfìn-
dende )) ne contengono il vero spirito.
Anche un altro carattere che già trovammo, sebbene
ancora incerto, e che dicemmo fondamentale alla nuova
tragedia, ci compare ora innanzi definitivo e risoluto, come
conseguenza del mutato pensiero (80).
La Mutter der Makk^bàer non avendo più nulla del
« Bildungsdrama » , presentando puramente un quadro di
vita cattolica, non può neppur più offrire alcun progres-
sivo ascendere alla conquista di una verità; sparisce lo
sfondo di pensiero su cui l'azione si svolgeva assorben-
dolo in se.
La conseguenza nella struttura del dramma è molteplice.
Prima di tutto, mancando ai personaggi quel travaglio in-
teriore che era proprio di Molay, di Robert, di Warmio, di
Lutero, di Wanda e di Attila, quel travaglio in cui il
(79) Aasg. Schr., X, p. XVI.
(80) Ibid., X. p. XX.
// dramma cattolico 415
Werner riversava il suo proprio, viene ricostituita nei per-
sonaggi quella franta unità di coscienza che solo nella
morte solevasi di nuovo raggiungere. Salomè, i suoi figli,
Judas Makkabàus sono uomini non più reclini su di se,
attenti a modificarsi secondo un astratto ideale che loro
sorride, ma uomini di convinzioni decise, sicure, seguenti
quelle convinzioni che sono pienamente d'accordo con la
interiore voce della loro coscienza. In secondo luogo
diventa superflua la figura del (( Mittler » che passava per
tutti i drammi werneriani e ancora nella Kunegunde aveva
una parte così importante. Salomè rappresenta la voce
di Dio, la voce della verità ed influisce sui figli che,
ancor giovani, paiono talora tentennare; ma quel tenten-
namento è solo apparente, e la discendenza della madre,
di cui harmo ereditata la natura, non si negherebbe in essi
anche senza il suo influsso : il suo influsso non è dettato
quindi, come era il caso nelle opere precedenti, come era
il caso in Romualdo, da una specie di intervento di Dio
che imponga il da farsi, ma invece dall'affetto materno che
non vuole vedere i suoi giovani rampolli inclinare per una
via che essa condanna. Non v'è fra di lei e il « Mittler ))
nessuna analogia.
Sparendo questi elementi essenziali del dramma, anche il
realismo, a cui vedemmo il Werner poeta tendere, si
afferma ora, in conformità del mutamento, in una nuova
forma. Nella Kunegunde il Werner aveva — secondo
questa tendenza — eliminato i miracoli, riducendo ad
allucinazione le fantasie della imperatrice e concentrando
tutto il soprannaturale sulla persona di Romualdo, non par-
tecipante direttamente all'azione, ma rimasto fuori, specie
di primo motore invisibile in cui hanno origine le vi-
cende che si vengono svolgendo. In ogni modo era sempre
416 Zacharias Werner
un realismo in cui il Werner cercava di fondere i suoi
simboli. Ora il Werner elimina i simboli. Le sue persone
sono persone di questo mondo, pure e semplici persone,
in cui nessuna idea è personificata, come nessuna idea
astratta costituisce più il nodo dell'azione. È un'azione
umana quindi.
Il Werner giungerebbe per questa via al dramma rea-
listico vero e proprio. Ma il mondo che egli rappre-
senta è ora il mondo cattolico. E nel mondo del cre-
dente i miracoli avvengono. Non occorrono più giusti-
ficazioni psicologiche o giustificazioni simboliche ; non
occorrono più (( Mittler » : i miracoli sono realtà che non
ha bisogno di spiegazione. Esistono così come esistono
gli uomini. Son cancellati i confini fra naturale e sopranna-
turale. Il mondo della madre dei Maccabei è un mondo
sacro. Presenta tutti i caratteri del mondo della leggenda
e dell'epopea, e il poeta crede ai fantasmi perchè l'uomo
medesimo crede in essi.
E gli entusiasmi religiosi del Werner lo fanno com-
piacere in un largo e grande uso di tali scene. È come
se egli sentisse di potersi una buona volta sbizzarrire.
E non vi pone freno. Fin dal primo atto compare Io
spirito del profeta Eleazar, il padre di Cidli, morto
martire per confessare la propria fede ; compare in mezzo
alla famiglia raccolta, indicando — col tocco di un ramo
di palma — che, tranne Cidli, tutta quella famiglia
andrà a morte. Ne è egli — come già avvertimmo —
un « Mittler » , inquantochè egli non esercita propriamente
influsso alcuno sopra i personaggi per mezzo della sua
apparizione. Dio e gli uomini sono egualmente personaggi
della tragedia e Eleazar è solo lo spirito già redento che
consacra alla morte le vittime. Quando Heliodor nel
// dramma cattolico 417
tempio in Gerusalemme intendeva prender con sé e portare
ad Antioco il tesoro, un cavaliere risplendente (( blitzte
ihn nieder » : le zampe del cavallo lo calpestarono e due
angeli lo frustarono fino a fargli perdere i sensi. Nella
notte in cui Tatto primo incomincia, si vede passMe sopra
la casa dei Maccabei una processione funebre accom-
pagnante nell'aria una bianca bara, con una salma regale,
incoronata. Un vecchio — il morto Eleazar — guidava
la processione. Si fermarono sopra la casa e cantarono
un canto funebre (( ein dumpfes Grablied raunten )) , di
cui solo due parole (( Geduld und Tod » erano intelligi-
bili. Come poi essi scomparvero, restò sopra la casa una
grande stella sormontata da una croce : la stella si spezzò
in sette stelle minori e queste scomparvero insieme con la
croce nell'azzurro e dalla croce emanò una voce : (( Antio-
chus Epiphanes, du bist gewogen und zu leicht befun-
den ! )) Trionfa il soprannaturale nell'atto quinto. Gli occhi
di Salomè hanno bagliori e splendori strani che afferrano
tutti coloro su cui lo sguardo si posa. L'Oberpriester
esclama : « Lass'ab ! Es spriihet dem Auge wie Phòbus*
Pfeil so heiss » ! Dietro comando di Antioco, il rinnegato
Jason colloca contro la (( Zauberlade » lo scudo sacerdotale
che aveva mantenuto, unica insegna della sua deposta qua-
lità di sacerdote : un lampo che guizza dalla (( Bundes-
lade )) lo fulmina. Tutte le volte che Antioco protesta
la sua potenza e chiede chi gli si può opporre, una voce
terribile gli risponde : « Gott ! » « Wer macht zu Spott
mich ? )) (( Gott ! » E dopo : « Wer kann hier Herr sein ? »
(( Gott ! » etc. Antioco è colto da mali di ventre spaven-
tosi; è come se tutte le fiamme dell'Inferno gli passassero
attraverso il ventre.
G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 27
418 Zacharias Werner
Furiengluten,
Rasende feurige zuckende Fluten,
Wie ein zum Orkus Verdammter sie fiihlt,
Brecnea mìch, zwicken mlch : Ixlons Geier
Nagt mir die Leber.
E {( Gott » cantano invisibili voci soavi mentre egli cade
al suolo. Finalmente, dopo che Judas Makkabàus giunge,
avendo congiunto le sue forze con quelle di Nicànore e
di Lysias insofferenti del giogo del tiranno, lo spirito di
Salomè si libra sopra le fiamme ed esclama : « Loschet
die Flammen ! )) Le fiamme si spengono. Esclama :
(( Stiirze, Bild des Gòtzen ! » e la statua di Giove piomba
al suolo in cento pezzi. Ed essa scompare nel cielo dopo
d'aver detto a Giuda di sposare Cidli, la fidanzata di Be-
noni, a Nicànore e a Lisia di non usurpare il trono ma di
lasciarlo al figlio di Antioco. Ma, come Judas ordina di
portare al Tabernacolo i resti dei suppliziati, si spalanca il
cielo, e sopra una nube compare ancora una volta lo spirito
di Salomè , e tiene nella mano una grande croce ; un man-
tello purpureo seminato di stelle la avvolge e copre anche i
suoi sette figli, che in abiti bianchi risplendenti, ricamati di
stole purpuree sono inginocchiati sotto di lei. Otto angeli
stanno sopra il loro capo. Ed essi cantano una canzone
celeste :
Ein reines Opfer will sicK Gott bereiten,
Durch das wird Er, im reinen Liebesklange
Den Heiden Seinen grossen Namen kiinden (81).
(81) È questo anche il vero atteggiamento calderoniano di fronte
al soprannaturale, che il Werner però secondo le sue tendenze esagera.
L'influenza calderoniana, rinnovata già nella Kunegunde, continua anche
ora, sia per la eco che il dramma del poeta spagnuolo su Giuda Mac-
// dramma cattolico 419
Questa nuova struttura del dramma, in cui il sopranna-
turale, per una parte funge come da specchio in cui tras-
paiono le vicende umane, e per l'altra parte interviene
direttamente, in cui il soprannaturale e il naturale si inte-
grano vicendevolmente, trascinò con se un riimovamento
che si rivela anche sotto altri aspetti.
Abbiam veduto che il conflitto dell'idea mistica con la
realtà e la fusione dell'idea mistica nella vita condusse
il Werner a quella a Todessinnlichkeit » , a quel patolo-
gico che così riempiva la Wanda, V Attila e il 24. Fé-
bruar. Ora, sparendo il conflitto, questa qualità sparisce. La
m.orte trionfa in questo dramma, come in nessuno aveva
trionfato ancora: tutto quanto il quinto atto non è che un
seguito di tormenti materiali e morali che in otto morti si
conchiudono. Eppure quel carattere tende a sparire. Dice
lo spirito di Salomè alla fine :
Und Millionen Martyrer, erkoren
Zu waschen sich im Blut des Opferflammes,
Mit uns, den Heiligen, Bliiten eines Stammes,
Bliìhn noch am Thron und werden einst geboren.
Qui la morte non è più voluttà, ma sacrifizio; non è
più il (( non plus ultra der Wollust » , ma un (( Opfer » . E
come a un sacrifizio vanno incontro alla morte i sette
cabeo ebbe sopra di lui e che fu anzi uno degli spunti che forse gli
suggerirono la fusione in una unica storia delle vicende della madre
martire e del duce condottiero, sia anche e sopratutto per la affinità
nella compiacenza di ritrarre scene di martirio e di rassegnazione. In
questa madre, che tutto sopporta per la sua fede, con forza serena,
è ben passato qualcosa di quello spirito di abbandono che in molti
personaggi calderoniani si afferma e che nel Principe Constante ebbe
la rappresentazione poetica più efficace.
420 Zacharias Werner
Maccabei, un sacrifìcio che essi compiono volentieri perchè
credono esser tale il loro dovere, perchè sanno che vanno
in grembo alla felicità; ma un sacrifìcio. Il cuor della
madre si spezza pel dolore, sebbene sappia che ella li
seguirà. E non predica ebbrezza, ma rammenta il canto
di Giobbe :
Ich weiss dass mein Erloser lebt.
I morituri non si stemprano in esclamazioni di voluttà
estenuante per la sua forza e per la sua intensità. Cantano
la gloria di Dio e la speranza propria :
Ich weiss dass mein Erloser lebt.
Cantano a Er wird seiner Knechte sich erbarmen. Gott
lebt in Ewigkeit». Non godono il tormento, Io vincono.
Lo vince il giovane Judas che saluta la madre con animo
sereno: « Meinst du dass das mich schreckt ? Leb*, Mut-
ter, wohi ! Auf baldiges Wiedersehen ! ». Ma è tormento,
e la madre trema che uno di essi non ceda. Achas dice ad
Antioco : (( Tòde mich ! Ich schiede so gern ! », ma lo dice
per irritar con lo scherzo il tiranno; e il tono scherzoso è
accresciuto da Salomè : (( Stirb hiibsch verniinftig ! )) Arath
aggiunge che Dio punirà il tiranno e il piccolo Jacob lo
piglia in giro. E Salomè e Arath e Jacob non sono pieni
che del pensiero di Dio morendo : (( Wer ist wie Gott ? » .
Passa per Tatto, con la condanna separata di ciascuno
dei fanciulli e la morte lenta, perchè successiva di tutta
la famiglia, ancora un brivido sensuale: ma è un bri-
vido che il poeta non riporta sui suoi personaggi che lascia
puri, un brivido che prova egli perchè il lupo perde il
pelo, ma non il vizio, e i suoi sensi si sollevano sempre
tempestosi sotto la tonaca che ora veste, un brivido che
// dramma cattolico 421
sempre gli corre per le ossa e gli accende la fantasia quando
il suo sguardo scende su ciò che è voluttà od è patologia,
un brivido che si manifesta in questo lungo soffermarsi
sopra la rappresentazione del martirio, e in alcuni parti-
colari, come in quel quadro finale in cui, spente le fiamme
del rogo per ordine di Salomè, si vedono ancora i poveri
resti mortali dei martiri caduti. Però anche in lui lo stato
che prevale di fronte alla contemplazione della morte è
quello che mostra nei suoi personaggi: l'accettazione ras-
segnata. Uno sguardo alle prediche basta a convincere.
Più ancora che nel quinto atto potrebbe passaure un bri-
vido sensuale nell'atto primo e nell'atto qucirto, dove a
Salomè balena il futuro martirio senza che la sgomenti,
mettendole anzi un senso di gioia. Ma la « Todeswollust ))
anche lì non ha parte, perchè è piuttosto orgoglio e gioia
religiosa; e quel poco che vi è, non è intonato con il resto
del dramma.
E fin dal primo atto si rivela anche un altro mutamento
avvenuto nel Werner. Il Werner riverbera nel suo dramma
la sua rinuncia alla vita terrena per vivere di estasi asce-
tiche. Non vi è più il maturare degli uomini alla re-
denzione religiosa attraverso la vita. Bisogna rinunzicure ad
essa come il Werner ha fatto. Tutto ciò che è terreno è
di impaccio allo spirito. L'amor di Dio sta sopra l'amor
terreno: e questo deve soggiacergli. Salomè non teme di
turbar le estasi amorose di Benoni e di Cidli nel giorno
delle loro nozze. I Maccabei non vivono che per il Si-
gnore, non devono vivere che per il Signore. In ciò è la
loro grandezza e la loro forza. In quel giorno stesso deve
Cidli strapparsi alla sua gioia, moderare i suoi fremiti,
dimostrare che l'amore non può occuparla e pervaderla e
signoreggiarla a danno di un sentimento più alto. Cidli
422 Zacharias Werner
deve in quel giorno cantare il suo più grande dolore : la
morte di Eleazar suo padre per la fede. La vita ha delle
oasi, in cui talora ci si può riposare, e l'amore è una di
esse. Ma ciò avviene solo perchè si acceda poi freschi
alla lotta e al sacrificio allorché la nuova occasione si
presenta (82).
Salomè che è l'ideale è così la rinuncia completa
alla terra. Non vede che le vie del Signore e di nulla si
cura. Minaccia Antioco lo sterminio della sua gente, la
distruzione del suo popolo ? II suo cuore ne geme, ma
essa prega : (( Chi è come Dio } Chi conosce le sue vie ? ».
Non per questo essa si adatterà ad approvare o ad accet-
tare un tradimento: non per questo tacerà la verità. Rive-
lerà ad Antioco il tradimento che si sta complottando
contro di lui e che potrebbe salvare lei e la sua famiglia.
Vuol dire la morte questo ? Vuol dire lo sfacelo della
sua stirpe ? E che importa ? Non son gli uomini che
dirigon le vicende umane. È Dio. Chi dovrà osare di op-
porsi a Dio } (( Wer ist wie Gott ? » . Nulla la lega
quaggiù. Ha un tesoro, che nei frangenti critici in cui essa
e la sua famiglia si trovano, sarebbe preziosissimo. Essa
(82) Il Werner non esalta ora più se non l'amor materno. Il motivo
che vedemmo impadronirsi così fortemente della sua anima e della sua
fantasia al tempo della composizione della Kunegunde è rimasto pa-
drone di lui, consecrandosi in un continuo appassionato ricordo di sua
madre. Cfr. RegiomontaNUS, G eistesfunkerì aufgefangen im Vmgang
mit Zacharias Werner, cit., p. 167: « Das Hòchste aller irdischen
Liebe ist Mutterliebe ; Mutterliebe geht iiber alles. Jede andere irdische
Liebe, selbst die edelste, reinste, ist wenig oder gar nichts gegen die
kostliche henliche, hohe und herrliche Mutterliebe». Cfr. anche le
frequenti invocazioni alla Vergine, madre del Salvatore e madre di
tutti gli uomini, nelle sue prediche: Ausg. Schr., XI-XIII, passim.
// dramma cattolico 423
ordina di spartirlo fra il popolo che soffre la fame. La sua
famiglia propria va incontro alla fame e alle sofferenze ?
Dio provvedere. I suoi figli son degni della corona del
meirtirio perchè son come lei. Essi approvan pienamente il
suo operato. Essi la seguono dappertutto. Essi giungeranno
all'apoteosi celeste. Tre persone nel suo ambiente non han
compiuta la rinuncia : Jonathas, legato interamente alla
tena, Cidli legata all'amore, Judas legato all'amor del
suo popolo e al suo orgoglio di (( Feldhen » . Essi coneranno
il travaglio, senza accedere al fine supremo. Jonathas è
curestato quando ritorna indietro alla casa dei Maccabei
per riprendersi il suo Biindel. Cidli giunge dopo acerbe
lotte interne a lasciar che il suo sposo Benoni vada incontro
alla morte e alla palma della vittoria. Judas Makkabaus
non giunge in tempo a salvare la sorella e i nipoti. Resterà
in vita con la missione grave e pesante di reggere e di-
fendere il popolo di Israele.
La nuova struttura e la nuova indole del dramma, per
quanto si affermassero così come conseguenza necessaria
dello svolgimento interiore del Werner, non rispondevano
però a quella che vedemmo essere la dote predominante
della sua fantasia.
Spostato tutto l'interesse sul problema religioso, il con-
flitto fra religione e vita, che pur costituisce il pernio del
dramma, non vien più approfondito. La vita nei suoi aspetti
sensuali, malati, nelle sue crisi di aspirazioni inappagate
essendo esclusa, la fantasia del Werner ben s'accenderà
ancora nei momenti più drammatici e darà ancor bagliori e
lampi improvvisi, ma tosto si riaddormenterà. Troppe
scene restarono aride e vuote. L'individuazione dei figli di
Salomè non è più curata : ciò che al Werner importava non
era più se non la loro fede e la loro forza di sacrifizio. Sa-
424 Zacharias Werner
lomè è un essere etereo : una sibilla quasi fuor dell'umano.
Antiochus è un fantoccio messo sul trono e ciò che dice è
o quel tanto che è necessario perchè s'intenda il proceder
degli avvenimenti, o un cianciar vano in cui l'essenza del
suo carattere non si riveja. Jason, il prete rinnegato, Va O-
berpriester » pagano, Nicanor, Lysias non son segnati con
chiarezza e precisione: ruote meccaniche anch'esse dell'a-
zione generale. E Judas stesso, l'eroe, racconta, racconta,
ma nell'ora dell'azione non è messo sufi&cientemente in
rilievo.
E, mancato l'interesse, mancata la creazione dei perso-
naggi, manca la forza di evocazione a cui pur il Werner
già un tempo ci aveva abituati. Una freddezza arida in-
combe sulle scene e sulla loro successione. Non siete
più attirati dal quadro vivente nel mondo fantastico che
il poeta presenta. Assistete freddi allo svolgersi delle
varie vicende e sentite sempre la mano del poeta che le
spinge e le spinge verso la soluzione finale.
Manca la concatenazione motivata, manca l'organismo
serrato che congiungendo le scene e gli atti vi tenga sospesi
e vi agiti, facendovi sentire, nella situazione vibrante che
vi vien presentata, l'urgere della situazione nuova che se ne
sprigionerà. Inaridite le fonti della vita, il soprannaturale
stesso che si mescola alla storia terrena, diventa coreo-
grafico. Passa ben talor nel verso l'eco della emozione
credente del poeta, ma come Dante stesso si fa esteriore
nella evocazione del Paradiso fatta da Benoni !
Sterne,
Was slnd sie gegen jene Wonnenferne
Den Strahlenozean I — O wàr' ich schon
Wo alle Sterne knien am Sonnentron!
// dramma cattolico 425
L'apoteosi finale ha qualcosa, peggio che di opera, di
operetta.
La ferma e recisa tendenza del dramma ottiene però che
la rappresentazione del mcirtirio sia fatta con efficacia e con
forza. Tutto il dramma è costruito per quella rappresen-
tazione in cui esso si risolve. Ve lo indica la stessa lun-
ghezza del quint'atto. Occupa da solo 50 pagine su 168:
un terzo dell'insieme. Il resto è dato dalla preparazione.
È preparazione il primo atto, in cui il riverbero dell'atto
finale è pur tale che quasi lo pensereste scritto sotto l'in-
cubo di quella visione che immane sulla fantasia del poeta.
È il giorno di nozze di Cidli e Benoni. Salomè
pensa che
Erst muss die Brust zum Grasslichen sicb stahlen.
Eh' Lieb* und Sieg auf ewig sich vermàhlen!
E Salomè leva il bicchiere al ricordo del morto Eleazar.
Ne fa rievocar le imprese compiute, la morte gloriosa per
il Dio d'Israele, ne fa cantar da Cidli medesima la lode.
Compare intanto il fantasma di lui e consacra le vittime alla
morte, con un ramo di palma. Giunge Jonathas andato a di-
stribuir il tesoro : racconta la visione del (( Leichenzug » , fa
sapere ai figli di Salomè l'azione che egli per ordine di
lei ha compiuto. Giunge alla fine anche Judas, invitando
tutti a subito fuggire perchè l'ora urge e il nemico è vi-
cino. Voi osservate l'accorgimento di troncar così l'atto
per tener desta l'attenzione dello spettatore ; ma riconoscete
l'artifizio dal suo comparire solo nelle ultime parole del-
l'atto. Il quale atto è bensì prefazione, ma non prepara-
zione del conflitto che dovranno svolgere i tre atti seguenti :
esso prelude soltanto allo spirito che dilagherà poi nel-
l'atto ultimo.
426 Zacharias Werner
Il second'atto lascia subito emergere la costruzione fa-
ticosa e fredda. V'è nell'organismo suo stesso una sconnes-
sione che nessuno sforzo riesce a mascherare. Salomè, i
suoi figli, Judas si dispongono a partire, ma non è mo-
strata in loro l'emozione che li deve riempire. Si discute
invece, si attende. Giunge Jonathas e Salomè gli rac-
conta per disteso, il pencolo onde son minacciati e la deci-
sione presa. Partono, e Jonathas toma indietro a ripren-
dere il suo ((Biindel)). È colto dagli sgherri di Antioco
che credono di anestare in lui Judas e lo portan prigioniero
ad Antioco. Si cambia scena e son presentati Antioco
e la sua corte con Nicanor e Va Oberpriester )) e il <( Bùr-
germeister » e Jason. Antioco affida a Nicanor l'incarico
di imprigionare Judas.
Il terz'atto mostra Jonathas che, minacciato di morte,
deve condur Nicanor e i soldati di Antioco al nascon-
diglio dei Maccabei. Nicanor svela in soliloquio i suoi
progetti. Una nuova scena presenta invece i Maccabei.
Judas racconta tutte le sue imprese e spiega a Salomè il
complotto ordito: Salomè lo biasima, finché Judas le con-
fessa di non poter retrocedere perchè ha giurato. Allora
essa si rassegna.
Du schwurst? O Gott ! Dann trennt sich unsre Bahn I
Giungono, guidati da Jonathas, Nicanor e i suoi.
Salomè fa lasciar libero Jonathas traditore, che Judas vor-
rebbe punire. Salomè se ne andrà al castello di Nicanor
con sei dei suoi figli. Abir segue Judas in battaglia.
Quart'atto. Nicanor e Judas si preparano alla loro im-
presa. Giunge un messo e narra che Jason con alcuni
sgherri fece prigionieri Salomè ed i suoi figli. Jason aveva
lo scudo del sacerdote ebreo e i Maccabei non si difesero
contro di lui, ma caddero in ginocchio davanti allo scudo
// dramma cattolico 427
in adorazione. Abir corre a liberarli. Judas si decide a
precipitar l'impresa contro Antioco. Seconda scena: la
corte di Antioco. Un messo di Nicanor che racconta
che Nicanor arriverà in giornata, e porterà Judas prigio-
niero. Ma il messo si imbroglia; Antioco dubita, lo fa
incarcercure, affida a Lysias di impadronirsi di Nicanor e
di Judas. Lysias parte ; anch' egli è congiurato ; vuol ven-
dicarsi di Antioco che gli uccise il fratello. Giunge Jason
e gli conduce Salomè. Conflitto di Salomè con Antioco.
Salomè gli rivela il complotto. Antioco decide di pre-r
parsirsi alla lotta; decide che Salomè e i suoi figli faccian
parte del corteo trionfale. Terza scena: corteo trionfale.
Ripetizione coreografica e vuota del corteo nella Weihe
der Kraft.
E si arriva al quinto atto, in cui finalmente passione e
fantasia si integrano nel poeta conducendolo alla creazione
di una scena vivente. Prima cerimonia pagana di sacri-
fizio con segni funesti, poi la morte di Jason, dopo che
ha rinnegato ufficialmente la sua fede e deposto lo scudo
contro il tabernacolo.
Antioco è dominato da una vera febbre di vanità, di
orgoglio e di trionfo. Pare ebbro della sua potenza :
Besteige meinen Thron und teile
Mlt mir, Mutter, meiner Krone Pracht.
Il Werner sa trarre gran partito dal contrasto fra An-
tioco e Salomè, e riesce per un istante a trarre da quel
pupazzo di imperatore un fremito caratteristico, segnando
nella sua anima il conflitto fra l'ebbrezza di sé, che lo
esalta, e la forza di fascino di quella donna, che gli sta
dinnanzi, rappresentatrice di un altro mondo, infinitamente
superiore. Ma tosto la sua mano diventa incerta, quando ha
428 Zacharias Werner
da mostrare il sorgere in lui della incrollabile decisione
di condannare al martirio Salomè e i suoi figli, se non
consentono ad abiurare la loro religione. Ben si vede che
il movente non può essere altro che il sentimento che egli
prova : essere quello il supremo segno della sua potenza, e
l'esasperazione di veder quest'ultimo segno sfuggirgli.
Anche passa talora in lui un brivido perverso: la voluttà
acre del tiranno che gode di veder scorrere il sangue. Ma
tutto ciò s'intravede a mala pena.
Ciò che dà a quest'atto la sua forza innegabile è l'curte
con cui il Werner riesce a prolungar variandola la rappre-
sentazione del martirio, l'indugio nella pittura degli stréizii
che provano quelli che restano, mentre a uno a uno i
giovani eroi vanno incontro alla morte. Era l'unico aspetto
in cui la tendenza della fantasia del Werner poteva accor-
darsi colla nuova materia. L'esperienza del 24. Februar
ha insegnato al Werner a sostenere a lungo una situazione
uniforme, lasciando che si risolva con una gran lentezza
verso la finale catastrofe, tenendo sospesa sempre e
lasciando cadere a poco a poco la spada che pende sul
capo delle vittime e che ad una ad una tutte le trapasserà.
E il Werner ritrova la sua arte.
Antioco non è riuscito alle buone a decider Salomè
all'abiura; essa gli ha risposto:
Dir naht in Eile
Der Todesstunde finstre Nacht.
Proverà nei figli. Primo è Benoni. Cidli gli si avvinghia
al collo e non sa decidersi a staccarsi da lui, a rinunziare
alla sua felicità. La nuova concezione dell'amore del
Werner balza fuori ora dalla scena con evidenza : si esprime
con chiarezza nelle parole di Salomè angustiata:
// dramma cattolico 429
Durch den gliihendsten der Himmelstrìebe
Wild Hoir auch oft in unsrer Brust entziìndet
Cidli compie la rinunzia e Benoni è condannato al rogo.
Cidli invoca sul tiranno la vendetta del da lui martirizzato
padre suo Eleazar e il tiranno allibisce. Benoni le porge
la mano e si allontana. Vien la volta di Abir. Egli giunge
a liberar la madre e i suoi fratelli, e si scaglia su Antioco
annunciandogli che la sua potenza crolla e sguainando la
spada. Heliodor e le guardie si avventano su di lui. Sa-
lomè si inframmette e gli ordina di consegnar la spada.
Anch*egli rifiuta di abiurare e vien condotto al patibolo
insieme a Machir, che resiste e non piega. Salomè assi-
sterà al martirio dei suoi figli maggiori. Il cuor le si spezza,
ma la preghiera e il pensiero di Dio la confortano, mentre
i tre martiri muoiono cantando le lodi del Signore:
Lob sei dem Herrn ; der Herr ist gut !
Il Werner ritrae il martirio per le parole di Salomè
che assiste e il tanto usato procedimento tecnico acquista
dalla situazione nuova forza. Il quarto Maccabeo, Judas,
compie con tranquillità quasi indifferente il suo rifiuto e
raggiunge i fratelli. Ad Abir son tagliati i piedi, prima
che gli taglino anche il capo. Salomè prega Dio.
Achas si mostra degno della sua schiatta e invita An-
tioco a pentirsi, e lo benedice; Arath canta la gloria e la
bontà del suo Dio. Antioco ordina che gli sia tagliata
la lingua. Gli sgherri afferrano anche il piccolo Jacob, che
esclama : « Ich will noch leben ! » Ma il piccolo martire
voleva solo prendere in giro il tiranno. E Salomè se lo
piglia in braccio e va con lui al rogo.
Aggiunge forza alla scena il canto di versetti biblici in-
430 Zacharias Werner
tonati da Jonathas per dar coraggio ai morenti, mentre essi
soggiacciono agli infiniti strazii. Anche la terribile voce
che suona sul capo dei presenti : (( Gott » , ripetuta ogni
volta che Antioco si irrigidisce nel pensiero della sua po-
tenza, non stona nella scena, ma ne accresce la forza.
Le furie che tormentano moralmente e fisicamente An-
tioco dopo che la scena di crudeltà si è compiuta, e il suo
grido disperato, il riconoscimento della sua impotenza,
sgorgano — restando alla tragica altezza — dallo spirito
dell'insieme :
Der erwiirgten Millionen Wirbeltanz
Umkreist mich beim Furienfackeltanz !
Eleazar — das Makkabàerweib
Durchwiihlen làchelnd das Hirn mir, das Herz und den Leib !
O Zebaoth, du hast gesiegt.
E l'implorazione di pietà, la vigliaccheria del tiranno
che si credeva onnipotente e non sa neppur morire con
dignità: (( Beten will ich — beten!... Und Zebaoths,
meines Besiegers Gevs^alt verkiindigen, preisen », l'e-
spressione suprema della debolezza sua e della sua va-
cuità: (( Ich w^ill ein Jude werden », suggellano la scena,
mostrando di nuovo per un istante il vecchio artista creatore.
Ma sopravviene il finale di operetta. Giunge Judas
Makkabàus con Nicanor, vincitore; la sua disperazione,
l'apparizione dello spirito di Salomè sopra il rogo che
si è spento al suono della sua voce : (( Loschet die Flam-
men » degenerano in vuota coreografia, che, per giunta,
divien ributtante pel fatto che, aprendosi nello sfondo il
velario che lascia scorger la scena del supplizio, vi se ne
vedono gli strumenti accanto agli ultimi resti mortali dei
suppliziati. Cidli sta inginocchiata accanto all'enorme cai-
// dramma cattolico 431
daia, in cui Benoni fu torturato, e vi fissa lo sguardo con
occhi vitrei immobili.
Lo sciupìo del dramma ottiene la consecrazione nell'a-
poteosi di Salomè e dei suoi figli e nell'ordine dato dalla
santa a Judas Makkabàus ed a Cidli di sposarsi. Judas
porge la mano a Cidli e così tien la predica al popolo
presente ! Lo spirito di Salomè fa ancora un'ultima predica.
Così, ancora una volta, con un'ultima risurrezione della
sua morbosità e della sua tendenza didattica, chiude il
Werner il suo dramma.
È questo l'opera tarda di una fantasia ormai esausta, in-
capace per la sua natura e per la sua stanchezza di sfruttar
le risorse virtuali, che il nuovo tipo di dramma offriva.
Sempre, quanto più la vita è ebbra e vertiginosa, tanto
più rapido e precoce è l'esaurimento.
CONCLUSIONE
Un'osservazione conclusiva si offre ora spontanea a chi
abbia seguito la storia del lungo sforzo d'surte, che sinora
abbiamo minutamente tracciato : tutta la forza creatrice del
Werner, e, ad un tempo, tutta la sua organica debolezza
dipendono egualmente da un fatto solo, da quella tumul-
tuaria e incomposta agitazione del suo spirito, da cui mo-
vemmo in questa nostra indagine.
Il Werner, condannato dalla sua natura disgraziata a
non raggiungere mai una visione ferma di sé ed un, sia pur
momentaneo, ma totale consolidamento della sua vita in-
teriore, andò errando sempre secondo T alternato prevsJere
delle sue tendenze contradditorie; e a tutte le sue opere
mancò quella unità vitale, che solo poteva nascere da una
ben sicura e determinata unità interiore dell'anima del
p>oeta. Quella relativa unità di atteggiamento, che egli
conseguì nel «24. Februar», fu infatti ottenuta da lui
col sacrifìcio d'una paiìe sostanziale di sé.
Questa vita interna informe e confusa concretò però
anche dinnanzi alla sua fantasia un mondo tutto suo pro-
prio: il mondo delle eccitazioni torbide e incerte, in cui
la vita spirituale non si é ancora sprigionata, chiarifìcan-
G. GabeTTI, // dramma di Z. Werner. 28
434 Zacharias Werner
dosi, dalle vampe della accensione sensuale : un mondo
di notte che s'inalba con luci varie e strane senza che il
sole vi sorga mai e vi splenda sereno. Egli comprese e
seppe ridare con forza espressiva gli urti di una vita ele-
mentare, ancora dominata dall'impeto degli istinti di na-
tura; vide con chiarezza e seppe rappresentare, nella sua
grandiosità malata, la degenerazione di uomini che, ten-
tando con la massima intensità di sforzo supreme ele-
vazioni, restarono vittime della loro sensualità esasperata
e sconvolta. Non diede, e, per tante ragioni che espo-
nemmo, non poteva dare altro che frammenti ; ma la cri-
tica ricostruttrice, che, rilevando in un'opera la disorga-
nicità e le crepe profonde della interna struttura, crede di
poterne derivare l'assenza completa di ogni poesia, è cri-
tica fallace, che scaturisce da una mancata adesione fra
l'anima di colui che sentenzia e l'opera da lui esaminata.
In questi frammenti egli fu poeta.
In questi frammenti, che costituiscono la pcu:te vera-
mente personale della sua opera, sta anche la sua vera
importanza storica. Per tutto il resto egli può essere
considerato quale un abile scolare dello Schiller o quale
un esperto sfruttatore teatrale dei romantici, come finora
sempre si fece (I); in questi frammenti invece, che,
essendo la sua sola produzione caratteristica e vitale,
sono anche la vera opera da cui egli deve essere giudi-
cato, egli si staccò nitidamente tanto dal primo quanto
dai secondi, e fu quel che nelle prime pagine di questo
libro dicemmo essere egli stato: un precursore.
Il dramma tedesco del secolo decimonono dal Kleist
fino allo Hebbel aderì infatti alla sua tendenza ad orga-
(I) Cfr. Minor, op. clt. ; Poppenberg, op. cit. ; Frankel, op. cit.
Conclusione 435
nizzare drammaticamente una personale concezione tragica
della vita; non solo, ma ricercò le origini più profonde e
intime delle tragedie umane in quello stesso caos inconscio
e tumultuoso, in cui egli credette di dover ricerccure le su-
preme forze dominatrici dello spirito umano.
Caduto, con il primo Romanticismo, il sogno di un se-
reno dominio della coscienza su tutte le forme della vita
nostra, il movimento, che tendeva a dare all'cc Inconscio »
una parte preminente nella concezione della vita, prese
nella poesia tedesca una sempre maggior consistenza. 1
drammi del Werner trovarono presso i suoi contemporanei
una vasta eco appunto perciò che intomo a lui il nuovo
indirizzo si andava preparando. Quel senso di stupore e
di sgomento, che la rappresentazione realistica del mor-
boso connubio di amore e morte desta oggi in noi, non
doveva ad esempio prodursi in quei tempi, in cui già ve-
demmo anche il Kleist comporre la (( Pentesilea » e in cui
lo Schubert nelle popolari (( Nachtseiten der Naturwis-
senschaft » scriveva ; « Und dieser ist der alte Weihege-
sang der Mysterien, ein Brautlied und ein Lied der Gràber.
= Wer hat dich heraufgefiihrt, hoher Frieden, wer hat
dich uns gezeigt, ev^ige Wonne ? Als unsere Seele sich
erhob dich zu erfassen, starbst du in der Glut deines
Sehnens ! Der Kranz der Liebe sank auf Gràber. —
Dein eigenes Streben hat mich heraufgefiihrt, in deinem
eigenen noch hòheren Streben bin ich untergegangen ! —
Eile hinaus zu immer hoherem Ziele... Der Winter eilet
schnell voriiber, die Stunde des Todes und der Liebe
kommt nahe, etc. )) (2). Lo Hoffmann, pur allontanandosi
(2) Schubert, op. cit., p. 80. E cfr. F. R. Merkel, Dct Natur-
philosoph Schubert und die deutsche Romantik, Diss. Strassburg, 1913.
436 Zacharias Werner
dal Werner, perchè non poteva accoglierne le credenze
mistiche, si sentiva però soggiogato da quest'aspetto della
sua natura, e, parlando di lui, ne esaltava le (( henlichste
Anlagen » , i (( geniale Ziige )) ed evocava nelle novelle mi-
racolosamente la singolare vita dell'uomo nei crepuscolari
fondi della subcoscienza (3); lo Amim dopo di aver tro-
vato i suoi drammi (( hundertmal besser als was so tàglich
erscheint», dopo di aver esaltato l'inizio del 24. Februar
^ — (( im Anfang henlich mystisch — der schauerlichste
Tragòdieneingang » — , si accendeva di sempre più caldo
entusiasmo per lui, così da giungere a dire di rivivere in
se i suoi drammi come se vi avesse collaborato — (( als
bàtte ich selbst daran mitgearbeitet )) — ; W. Grimm rile-
vava come egli sempre progredisse verso sempre più ri-
solute affermazioni di se — (( Werner wird immer freier
jeder Manier, und sein System in ihm lebendiger » (4) — ;
e vedemmo già come il Goethe medesimo soggiacesse per
lungo tempo al suo fascino.
La corrente, di cui il Werner era tra i primi esponenti,
si rinforzò rapidamente negli anni che seguirono il pe-
riodo della sua più intensa attività. Se il secondo roman-
ticismo si andò estenuando in una melodiosità lirica e sen-
timentale, la grande inclinazione all' idealismo, che i
primi romantici avevano potentemente ravvivato, non si
spense quando molte delle idee, che questi avevano pro-
pugnato, vennero ripudiate o trascurate ; ma continuò a
(3) Cfr. Briefwechsel, hrsgg. v, H. v. MOLLER, passim ; Serapions-
briider, loc. cit, ; HiTZIG, Aus HoffmaTtrìs Lehen und Nachlass,
Berlin. 1823. I. p. 294. 324, etc.
(4) V. R. Steig, a. V. Amim und CI. Brentano, Stuttgart. 1894.
p. 182, 212. 288. etc.
Conclusione 437
restale uno dei bisogni spirituali più vivi della coscienza
tedesca, e culminò anzi nelle costruzioni filosofiche dello
Hegel e dello Schopenhauer. La poesia, fiorendo accanto
al gigantesco sforzo di pensiero che si veniva compiendo,
non poteva non sentirne il riflesso. E i grandi poeti
drammatici di questa epoca, pur sentendo la necessità di
opporre all'indeterminatezza lirica dei romantici un ri-
soluto realismo della rappresentazione artistica, furono tra-
scinati a portare nelle loro opere i travagli di pensiero che
affaticavano gli spiriti, le conquiste che la filosofia faceva.
La concezione della poesia come di un simbolo di ve-
rità supreme, come di una rivelazione dell'infinito, con-
tinuò a domincire anche presso molti di essi. E si affacciò
loro un problema in parte analogo a quello a cui il Werner
si era trovato di fronte : creare una vita vissuta idealisti-
camente ; creare dei personaggi, nella cui anima si sentisse
percotere il ritmo della vita universa; creare dei conflitti,
dietro di cui si sentisse palpitare il cuore immenso della
umanità; tradurre in una realtà concreta, che offrisse una in-
tensità massima di sentimenti, le affermazioni teoriche del
pensiero intomo alle questioni essenziali che la vita umana
presenta. E anche la poesia che ne nacque offre molte
qualità analoghe a quelle che nel Werner ci toccò di ri-
levare : tendenza delle situazioni a dilatarsi in comples-
sità grandiose, eccezionalità dei personaggi in cui qualche
aspetto dell'anima umana si manifesta con una forza ele-
mentare e titanica, prevalenza del mondo primordiale
degli istinti che si agitano con una potenza indomabile:
esaltazione dionisiaca per una parte e per l'altra parte un
dilagare e traboccare della vita in forme morbose.
Su questa corrente di poesia T influenza del Werner
potè essere feconda. Si suol considerare sempre l'influenza
438 Zacharias Werner
del Werner come l'imitata alla (( Schicksalstragòdie » :
ma le opere che ne nacquero furono di valore scarso e
più ancora che sul (( 24. Februar » furono plasmate sulle
composizioni del Miillner e dello Houwald, che, avendo
esagerato gli elementi formali esteriori di tale maniera
letteraria, potevano servir meglio di modello (5). L'in-
fluenza più meritevole di ricordo fu invece quella che il
Werner esercitò sul Kleist e sul Grabbe, sul Brentano e
sul Fouqué, sul Grillparzer, sul Ludw^ig e persino sullo
Hebbel : su poeti veri e spiriti profondi, capaci di vera
creazione (6).
All'analogia fra il problema psicologico della ((Wanda»
e quello della (( Penthesilea » abbiamo già accennato al-
trove ; ed anche della parziale affinità di temperamento dei
due poeti abbiamo già altrove toccato. Il Kleist ebbe tutte
quelle qualità che al Werner mancavano: per quanto
anch'egli fosse internamente sconvolto da dissidi profondi
e da tormenti inguaribili, la sua fantasia, unendo ad una
intensità quasi allucinante di visione una forza organiz-
zatrice stupefacente, obietti va va i suoi stati d'animo in tra-
gedie che offrono una unità di impostazione e di svolgi-
mento tale da sembrar blocchi massicci, creati così dalla
natura. Malato anch' egli però, come il Werner era, non
può stupire che egli si sia avvicinato alla sua opera e ne
sia stato colpito e talora sedotto : il (( Prinz von Homburg »
mostra una influenza evidente dei (( Sòhne des Tales », e
il (( Kathchen von Heilbronn » , svolgendo una teoria an-
droginica sull'amore uguale a quella offerta del Werner
(5) V. Minor, op. cit. ; Wendriner, op. cit.
(6) S'intende che dell'influenza del Werner non do qui se non
qualche cenno: l'argomento merita un'indagine che condurrebbe a risul-
tati interessanti : io stesso mi propongo di trattarne a parte.
Conclusione 439
nei drammi del suo terzo periodo, presenta situazioni e
spiegazioni psicologiche, che hanno nella (( Weihe der
Kraft», nella «Wanda», nell' « Attila » e nella (( Ku-
negunde » il loro precedente (7).
E malato come il Werner fu anche il Brentano, an-
ch'egli agitato da una lotta diuturna fra la sua sensualità
e le sue tendenze mistiche, fra le più alte aspirazioni ideali
e gli enori della vita. Già il suo romanzo (( Godwi »
offre l'esaltazione mistico-romantica dell'ebbrezza sensuale
che del Werner fu peculiare e la compiacenza di enunciar
le verità profeticamente raggruppate in trinità, come il
Werner amò sempre fare : n In drei Haufen standen die
Edeln am Ufer des Weltmeeres... Von dem einen Haufen
hòrte man unaufhòrlich die Worte: Kraft, ideale Natur,
Notwendigkeit ; von dem anderen die Worte: Streben in
sich zuriick, Selbsterkenntnis, Tiefe; und von dem dritten
hòrte man: Lebensgenuss, Zuriickreissen der Natur in
sich selbst, Verindividualisirung » etc. Tutti e due si
formarono in parte sotto l'influenza dei primi romantici, e
il giudizio del Brentano sul valore della storia nella poesia
esprime le idee stesse del Werner : « Alles Historische ist
vergànglich und nur Materie; es muss etwas sich in uns
entziinden, das... Fanatismus,... dichterische Begeisterung
bis zur Verziickung... hervonuft». E quando la scelta
del Brentano cadde sopra un tema che il Werner aveva
sfiorato : Libussa, egli modellò in paite la sua nuova opera
sopra la (( Wanda )) (8).
(7) Sul Kleist e il Werner cfr. Kayka, op. cit. ; RoBBELING, op. cit. ;
O. Fischer, Mimische Studien zu H. V. Kleist in «Euph. » XVI.
p. 415. Cfr. oltracciò le grandi monografie sul Kleist.
(8) Cfr. Steig, op. cit. ; Brechler, Introd. cit. alla ed. crit. della
Gmndung Prags.
440 Zacharias Werner
L*influenza del Werner sul Fouqué è pure innega-
bile, per quanto il temperamento del fantasioso evocatore
del Medioevo fosse disforme da quello di lui. Traccie
varie se ne trovano in molte delle sue opere, e pla-
smata su Hildegunde è la figura di Rosmunda, dopo l'ar-
rivo dei Longobardi in Italia (9). Tutta la tragedia anzi è
ispirata dall' (( Attila » Werneriano: Alboino ha molti tratti
tolti al re Unno, Flavia riproduce la dolcezza eterea di
Honoria, Longinus la imbelle e verbosa vanità bizantina
dell'Esarca di Ravenna. Il popolo che vien descritto è
come quel del Werner, misto di ferocia beurbcura e di
umanità naturale : (( Aus solchem Volk wird kein Ver-
standig klug » : la battaglia di Asfeld è presentata con
la complessità grandiosa della battaglia nel « Kreutz an der
Ostsee ». Rosmunda, tra i truci orrori della guerra e le
voluttà della lotta sanguinosa, passa dapprima gentile e
mite come Ludmilla, cantando e (( aspirando tutti i pro-
fumi della primavera italica » ; poi, quando Alboino nella
ebbrezza della vittoria la obbliga a bere nel cranio di
Cunimondo, essendo risorti tutti i suoi istinti barbari, essa
si trasmuta e non vive più che nel pensiero della vendetta.
S'addensa allora sul dramma l'atmosfera calda e morbosa
che grava. suir(( Attila )) Werneriano, e una ebbrezza di
sangue travolge tutti. Anche i particolari, in cui le situa-
zioni drammaticamente si concretano e si sviluppano, ri-
chiamano r(( Attila» continuamente.
Più disforme ancora dal Werner che non il Fouqué
era il Grillparzer, disforme nell'animo come nell'ingegno.
(9) V. Alboin, der Langobardenkonig, Ein Heldenspiel in 6 Aben-
teuern von Fr. Baron DE LA MoTTE FoUQUÉ. Leipzig, 1813.
Conclusione 44 1
Uomo tutto raccolto nel suo mondo intimo, spirito critico
e sereno, alieno da ogni esaltazione vertiginosa, non pene
che in Vienna abbia avvicinato il predicatore famoso : il
Sauer credette anzi che le sue poesie italiche siano state
concepite in contraddizione alle numerose poesie su Roma
che questi aveva composto. Ma il Grillparzer non fu ca-
pace di avversiioni sistematiche : conservava innanzi a tutto
ed a tutti la sua intelligenza equa e serena: se qualcuno
gli ripugnava, se ne teneva lontano senza disconoscere
quanto vi fosse in lui di buono. E quando il Werner morì,
gli dedicò una commossa ode :
Du, Armer, hast die Ruhe nie gekannt,
Dein Streben nahm sie dir, und strebtest doch um Ruhe !
Tutta la sua prima atticità era stata in parte foggiata dalle
impressioni ricevute dalle opere di lui. Le lesse e le ri-
lesse: le sue carte ci conservano osservazioni acute sulla
(( Mutter der Makkabàer » , sui « Sòhne des Tales )) , sul
(( Kreutz an der Ostsee » : il Brackmann, pubblicando un
ampio commento all'edizione critica del (( Goldenes
Vlies )), rilevò reminiscenze di frasi e di immagini nume-
rosissime. Ed anche sulle concezioni stesse, nei loro ele-
menti essenziali, l'influsso fu forte e tenace. Non solo f>er
la (( Ahnfrau », ma anche per la (( Sappho » e per la
(( Medea )), La figura di Melitta, così armoniosa e fresca
nella sua delicatezza di sentimenti, ricorda assai davvicino
Ludmilla e sopratutto l'atto della morte di Saffo è ispirato
intimamente dall'ultimo atto della (( Wanda ». Vi è nelle
due eroine il medesimo senso di superiorità morale nella
deliberata volontà di morte, la stessa calma e serenità tra-
gica ; e nell'un dramma e nell'altro, mentre con la regolare
442 Zacharias Werner
compostezza di ciò che è ineluttabile la fine si avvicina,
impera la stessa rassegnazione quasi religiosa. Nel (( Gol-
denes Vlies», poi, dove il Grillparzer si trovò dinnanzi
a forme di vita più simili a quelle che dominano nelle
tragedie Wemeriane, l'influsso fu anche più vasto e più
profondo. La barbara Medea, chiusa nella sua tone, errante
cupa nei suoi boschi in preda al presentimento dei fati
che incombono sulla sua casa regale che si è macchiata di
grave colpa, rimugina in se pensieri cupi e foschi, in cui
già si inebriò Hildegunde; e, come le eroine Wemeriane,
si innamora anche Medea di Giasone a un tratto, appena
lo ha veduto, quasi per una arcana forza di predestina-
zione. La concezione dell'amore come di una potenza su-
perna, mistica, divina, sulla quale riposa la psicologia
dell'amore di Medea, è quella Wemeriana. E simile alla
Werneriana Hildegunde è Medea %ncora nel terzo dramma
della trilogia quando tutta ^i abbandona alla sinistra osses-
sione della vendetta, e di quella sola ossessione vive,
finche orrendamente l'ha compiuta (10).
Il Kleist ed il Brentano, il Fouqué ed il Grillparzer
vissero in un tempo in cui i drammi del Werner erano lar-
gamente discussi, in un tempo in cui la sua personalità
appassionava gli animi; e ciò spiega come l'influsso che
essi ne subirono sia stato più intimo e più vivo. Dopo
il '20, anche presso il Grillparzer, le reminiscenze, se
s'incontrano ancora nel (( Traum ein Leben )) e nella (( Li-
bussa», si fanno sempre più rare.
(10) Sul Werner e il Grillparzer cfr. A. Sauer, Prohen eina
Kommeniars zu Grillparzers Gedichten, « Jahrb. der Grillparzergesell-
schaft», IX, p. 45 e segg. E v. pure le note del BraCKMANN alla ed.
viennese delle opere del Grillparzer.
Conclusione 443
Il Grabbe, il Ludwig e lo Hebbel, venuti più tardi,
quando già la vita letteraria era concentrata sopra altre
opere ed altri poeti e il Werner apparteneva ormai al
passato, provarono per lui un interesse vivo sì, ma limitato
ad alcune opere, la cui fama si era conservata più univer-
sale, o il cui soggetto offriva analogia con i disegni di tra-
gedie che occupavano la loro immaginazione. La lettura
però delle opere, che essi conobbero, non passò su di
loro invano.
Lo « Herzog Theodor von Gothland », in cui il Grabbe
accumulò gli orrori e le voluttà malate, che davano eb-
brezza alla sua fantasia giovanile turbolenta e intempe-
rante, è pieno di spunti tolti al (( Kreutz an der Ostsee »,
allo (( Attila )) e alla (( Kunegunde )) : egli stesso ricono-
sceva più tardi di aver artificiosamente a pepato » — egli
dice : (( eingesalzt )) — la sua opera con tutti gli espe-
dienti che i drammi del Werner gli avevano offerto : l'im-
perversare stesso di un fato inesorabile che vi addensa
sciagure su sciagure con sempre più nera tetraggine risale
al (( 24. Februar )). E non nascose anche negli anni della
sua più feconda attività le impressioni profonde, che taluni
frammenti in lui sempre destavano : « Die Nachtwache
des Fùrsten um des Kaisers Zelt hat etwas erhaben Sym-
bolisches » . Nella tragedia su Napoleone il carattere del-
l'eroe e molte situazioni furono da lui impostate e svolte
avendo presente l'cc Attila » Werneriano (11).
Il Ludwig mosse dal Werner direttamente nella conce-
zione dei suoi (( Makkabaer » . Accolse l'identificazione
della martire madre di sette figli con la Maccabea Salomè :
(11) Cfr. Grabbes Sammtliche Werke, ed. NiETEN, I, 15, 24, 102, etc.
444 Zacharias Werner
rinnovò bensì in parte la storia secondo i suoi intendimenti
meno cattolici e più realistici, ma, pur ricreando nei suo
spirito i vari personaggi, non si staccò mai fondamental-
mente dalla psicologia che il Werner ne aveva dato. Il
risoluto e deciso realismo, in cui il Ludw^ig ritrovò la sua
vera personalità e la sua maggior forza, è bensì l'elemento
più caratteristico, in cui egli supera il Werner e si stacca
da lui ; ma anche per questo rispetto, per la (( Schreckens-
macht » di cui ampiamente si serve, per la (( Todessinn-
lichkeit )) in cui approfondisce psicologicamente la scena
del martirio, i drammi del Werner e sopratutto il (( 24. Fe-
bruar » ebbero su di lui un influsso considerevole (12).
Nel perpetuo fermento del giovane Hebbel, i germi che
la lettura del Werner vi lasciò, non potevano esser nume-
rosi. Lettore indefesso, attirato vertiginosamente verso gli
spiriti più profondi e i genii più vasti e comprensivi, uomo
di una individualità possente, m cui tutto ciò che af-
fluiva dal d'i fuori veniva instancabilmente rimuginato e
riplasmato secondo la sua personale maniera di sentire,
lo Hebbel non poteva toglier da lui se non spunti a sue
proprie nuove creazioni. Egli cita infatti il Werner qua
e là nelle lettere e nei saggi critici, ma il nome di lui
va smarrito nella agitazione grandiosa, che il suo spirito
fino all'epoca della sua maturità ci offre. E al Werner
rimandano non solo qualcuno dei drammi peggiori, come
(( Das Trauerspiel in Sizillen », ma la (( Judith )) e il (( Mo-
loch ». Holofemes è uomo attivo, come Attila, maschio,
eroico, ma teatrale e amante delle grandi frasi ; è, come At-
tila, debole zimbello nelle mani di una donna; Judith è,
(12) Sul Werner e sul Ludwig cfr. ScHMIDT - ObERLÒSSNITZ, loc. cit.
Conclusione 445
come Hildegunde, soggetta al fascino di Holofernes e di-
battuta fra l'amore e la volontà di vendetta ; il problema ses-
suale, che fu nel centro della vita del Werner e che fu per
un decennio il centro della vita interiore dello Hebbel, sta
a base della tragedia. Il frammento su « Moloch )) riprende
ridea che era a base del « Kreutz an der Ostsee » nella
sua concezione totale: l'idea della religione, che sorgendo,
ingigantisce e schiaccia colui, che, dopo di averla creata,
vorrebbe frenarla secondo i suoi intendimenti. Neil' un
dramma e nell'altro Io Hebbel riuscì a concretar la con-
cezione grandiosa, che nel Werner si era disciolta in una
indeterminatezza senza contorni ; ma i fantasmi che lo
Hebbel suscitò a vita di poesia, son quelli stessi che al
Werner erano balenati (13).
I fatti, che qui abbiamo rapidamente accennati, mo-
strano che quanto di un poeta resta attivo presso la po-
sterità è anche quanto la sua opera contiene di vitale,
indipendentemente dal giudizio che i critici fanno di lui,
dalla immagine che di lui nella storia letteraria si può
per ragioni varie venir fissando. Essi bastano a darci una
riprova di quanto nel corso di questo libro affermammo.
Questi fatti hanno però ancora un altro valore significa-
tivo. Non solo illuminano il poeta, ma riabilitano in parte
anche l'uomo.
La poesia sgorga sempre dall'intimo del cuore del poeta,
e il poeta materia sempre la sua opera con frammenti della
sua propria storia. Tutto ciò che nell'opera del Werner
(13) Cfr. la monografia di R. M. WERNER e le osservazioni che Io
stesso R. M. Werner, nella ediz, crit. dello Hebbel da lui curata, fa
a proposito dei singoli drammi.
446 Zacharias Werner
è vivo e fu, come vedemmo, germe fecondo di nuova
vita, non è se non un riflesso della tragedia, che il Werner
visse. E la tragedia, purificando, nobilita. Non chi non
errò è l'uomo superiore, ma chi errando imparò a diventare
migliore. Tutta la misera umanità che il Werner mostrò
talora, tutta la volgarità in cui cadde, son compensate
dalla sua volontà persistente di una interna elevazione
morale, dalla tragedia che visse.
E in verità non si può immaginare tragedia più deso-
lante. Cercando pace dovette immolare inesorabilmente
sé stesso. E, anche quando il sacrificio fu compiuto ed
egli fu disposto a non veder più nel passato suo che mi-
seria e peccato, anche allora l'armonia con se stesso gli
mancò. Un verso prosaico ed amaro, scritto dal Werner
in Firenze nel '13, riassume tutta la sua vita e tutto il
suo stato d'animo:
Du bist wahrhaftig wie der ewige Jude.
INDICE
Capitolo Primo.
Zacharias Werner: la sua personalità e le sue teorie
mistiche Pag.
Il Werner e il suo dramma — La personalità del Werner :
conflitto fra sensualità ed intellettualismo, morbosità —
Le idee del Werner: l'influenza della « Auf klàrung » , l'in-
fluenza di Rousseau, l'iscrizione alla Massoneria ; il destarsi
della religiosità e dell'interesse per la filosofia, l'influenza di
Kant, l'influenza di Schiller, la vittoria delle tendenze mi-
stiche ; l'entusiasmo massonico — Le idee del Werner e
le idee del Mnioch : la « Humanitàtsidee » , ragione e sensi
nella vita umana, l'educazione estetica e la moralità ; l'uomo
e il sentimento di Dio, la religione come sentimento, la pu-
rificazione religiosa dello spirito nella morte, l'esaltazione
; della morte ; la celebrazione dell'ascetismo medioevale, la
ebbrezza mistica del Werner — Il Werner e il Romanti-
cismo : giudizio del Werner sui Romantici, affinità di spirito,
reazione al razionalismo, idealismo monistico — La defor-
mazione Wemeriana delle teorie romantiche : fantasie sim-
boliche del Werner sulla natura e la incoerenza organica
del suo pensiero — Religione e morale : le idee dello Schleier-
macher e la subordinazione che il Werner fa della morale
alla religione ; la morale come legge pratica della vita ; la re-
ligione come puro sentimento base dell'esistenza — Il misti-
cismo del Werner e l'influenza di Jacob Bòhme : la condanna
della vita corporea e la venerazione della morte come scopo
448 Indice
della vita, la vita come una serie di morti volontarie che
noi operiamo entro di noi, la « Wehmut » e la « Sehnsucht »
come sintomi dell'aspirazione alla morte, la « Entkorperung »
come ideale dell'uomo, la « Verwesung » come suprema vo-
luttà religiosa — La sensualità del Werner e le sue teorie
sull'amore : l'amore come solo aspetto religioso della vita
umana, l'amore come rinunzia all'egoismo e smarrimento della
personalità, l'amore di Dio nella creatura terrena, il ca-
rattere sacro del godimento erotico, la voluttà come dissol-
vimento dell'uomo nel senso di Dio ; l'ebbrezza morbosa di
amore e morte come vertigine di estasi religiosa — L'arte
come simbolo di alte verità : l'arte come rivelazione della
divinità, l'indole religiosa della poesia, la necessità dell'ispi-
razione mistica, l'abbandono cieco dell'artista all'entusiasmo
creatore — Conclusione.
Capitolo Secondo.
TI dramma Pag. 71
Sensualità e morbosità del mondo poetico del Werner — L'ori-
gine schiettamente lirica delle sue tragedie : la poesia come
veicolo delle idee ; esaltazione e conflitti nella vita interiore
del Werner come causa della sua tendenza al dramma —
Influenza delle teorie mistiche del Werner sulla organizza-
zione dei suoi drammi : libertà di fantasia e individualismo,
il dramma come simbolo di verità mistiche, il dominio
della Provvidenza sulle umane vicende, il sentimento fata-
listico della vita, la passività dei personaggi, il sermoneggia-
mento dei personaggi spiritualmente superiori ; le idee del
Werner e la materia delle sue tragedie : Medio Evo, Cat-
tolicismo, subordinazione della verità storica all'intendimento
religioso della composizione, uso del Soprannaturale ; com-
plessità dei drammi del Werner e suoi sforzi di portarvi unità :
unità di azione, unità di ispirazione lirica — L'influenza
dello Schiller sulla concezione Werneriana del dramma ;
l'indipendenza che il Werner conservò ; l'influenza dei ro-
mantici : concezione dell'arte come di una creazione orga-
nica, tendenza all'espansione lirica, tendenza al pittoresco.
Indice 449
esaltazione della pittura e ricerca di effetti musicali, varietà
di metri ; la reazione contro i romantici ; senso della teatralità,
purità di svolgimento dell'azione, esclusione della prosa,
esclusione del comico, rispetto delle leggi di unità; l'influenza
dello Shakespeare e del Calderon — Incertezza del Werner
nel dar realtà al dramma vagheggiato : le tendenze reali-
stiche della sua fantasia, il bisogno di ritrar la vita nelle
sue manifestazioni sensuali, la sonorità materiale del suo
senso musicale della lingua ; il contrasto di tali tendenze con
la materia religiosa dei suoi drammi — Conclusione.
Capitolo Terzo.
Il dramma deirutopia settaria Pag. 127
Il primo periodo dell'attività poetica del Werner — Il dominio
della idea massonica sulle teorie che egli assimila dai roman-
tici : l'uomo religioso concepito come evangelizzatore, la ne-
cessità della setta, la esaltazione della Chiesa Cattolica, l'in-
fluenza del Mayr.
I. I «Sohne des Tales » come dramma massonico — La diffe-
renza fra la « Weltanschauung » della prima parte e quella
della seconda parte : le idee a cui la prima parte è informata
sono soltanto quelle comuni alla massoneria del tempo e l'Or-
dine dei Templari deve sciogliersi perchè è corrotto ; le idee
a cui la seconda parte si ispira sono quelle dei romantici e
l'Ordine deve morire perchè predica un falso Vangelo : spie-
gazione del contrasto con l'influenza romantica che cade fra la
composizione dei due drammi — Il contrasto nelle tendenze
formali delle due parti — La prima parte come dramma storico
sul modello dello Schiller : psicologia realistica dei personaggi,
ricerca della situazione drammatica, ricerca dell'effetto tea-
trale — La forma romantica della seconda parte : necessità
di svolgere delle idee astratte e l'esempio del « Nathan der
Weise», mancata fusione delle idee nella azione, sovrap-
posizione di prediche teoriche a un dramma storico realistico,
contrasto, disorganismo, artificiosità di innesti lirici e ro-
mantici, la ballata del « Ritter von Sidon » e la leggenda
simbolica di Phosphoros.
G. GabETTI, // dramma di Z. Werner. 29
450 Indice
II. Il « Kreutz an der Ostsee » — Rinunzia all'idea della setta
e predicazione dell'» Urkatholizismus » al mondo: il «Kreutz
an der Ostsee » come rappresentazione della vittoria del Cat-
tolicesimo primitivo sul Paganesimo e sul falso Cristianesimo ;
adattamento del soggetto a forma di dramma : l'idea del-
l'amore come forza organizzatrice ; la vittoria del Cattoli-
cismo come vittoria della religione dell'amore sulla religione
della forza e della corruzione ; trionfo dell'amore nella morte ;
unità organica della concezione — Il Werner acquista netta
coscienza della sua posizione di fronte allo Schiller e di
fronte ai romantici : dominio maggiore che egli ha del suo
argomento ; sapienza tecnica della costruzione della tragedia ;
gli « Stimmungsbilder » come preparazione della situazione
tragica : lo svolgimento progressivo dell'azione — L'uso del
soprannaturale e il contrasto di esso con l'impostazione del
dramma : disorganicità che ne nasce ; influenza del Calderon ;
Sant'Adalberto e il crollo del mondo poetico che il Werner
aveva creato — Il disegno della seconda parte : ricostru-
zione di esso nelle sue grandi linee ; lo smarrimento nella in-
determinata grandiosità dell'idea.
Capitolo Quarto.
Il dramma deirutopia erotico-mistica . . . Pag. 219
La fine dell'utopia settaria ; l'arte sostituita alla setta come
mezzo di evangelizzazione ; evoluzione delle idee del Werner :
l'idea dell'amore diventata centro del suo sistema ; confronto
fra la prima e la seconda edizione dei « Sòhne des Tales »
sotto tale punto di vista ; l'amore come idea dominante nei
nuovi drammi ; conseguenze formali ; tendenza a rappresen-
tare la vita erotico-mistica nelle sue manifestazioni morbose ;
avvicinamento del dramma werneriano al realismo ; tentativo
di adattare le idee mistiche alla rappresentazione della realtà
della vita umana.
I. « Die Weihe der Kraft » — Lutero come ristauratore della
religione in senso erotico-mistico : la forza in Lutero e la sua
capacità di elevazione ; la purità di spirito e l'educazione di
Lutero compiuta da Elisabeth ; la chiamata divina nella morte
Indice 451
di Alexius ; la missione di Lutero : l'arte che gli ravviva
l'animo e lo fa vivere nel senso continuo di Dio, la fede
che lo tiene a contatto con la suprema fonte della vita,
l'arte e la fede in lotta con il dubbio, l'arte e la fede rinate
dal dubbio fuse nell'amore, la consecrazione di Lutero nel
raggiungimento dell'amore ; l'amore come coronamento della
vita — La psicologia dell'amore di Lutero e di Katharina :
predestinazione, irrimediabilità, origine divina, dissolvimento
di ogni lotta e raggiungimento di una completa armonia inte-
riore : la psicologia della fede e dell'arte in Lutero con la
storia simbolica di Therese e di Theobald ; la struttura in-
terna del dramma — Tentata fusione della storia esterna di
Lutero in questa storia intima : fusione fallita ; mancata cor-
rispondenza fra i momenti progressivi delle due storie ; sovrap-
posizione di un dramma romantico a un dramma storico ; il
realismo della storia di Lutero e il romanticismo simbolico
della storia di Theobald e Therese ; contrasto formale fra i
diversi elementi del dramma ; la debolezza organica del fi-
nale e la vitalità di alcune parti.
IL «Attila, Konig der Hunnen » — La più risoluta imposta-
zione realistica dell* « Attila » , la trascuranza della storia
esterna dell'eroe e il piìi forte lirismo dell'opera : la mag-
giore unità — L'idea del dramma : la rinascita dalla morte
attraverso la consecrazione dell'amore : la corruzione di Roma
e la necessità che cada la sua potenza, Attila come stru-
mento di Dio e come suo profeta presso la umanità ; la psi-
cologia di Attila secondo l'idea del dramma : la sua forza
primigenia e sacra, la dirittura umana ho. inesorabile del suo
sentimento, il suo senso profetico e la sua religiosità ; la colpa
di Attila : la mancanza in lui dell'amore, la sua colpa verso
Hildegunde e verso l'amore, Hildegunde e la vendetta del-
l'amore offeso, la voluttuosa ed ebbra voluttà di vendetta di
Hildegunde che ha l'amore ma profano e non purificato da
uno spirito divino, la nobiltà morale e la religiosità di Attila
che lo rende degno di raggiungere l'amore mistico in Honoria,
la necessità che egli muoia perchè si compia in lui l'estrema
purificazione, la consecrazione dell'amore nella morte — Il
trionfo della gioia di morire e dell'amore mistico come trionfo
452 Indice
del vero Cristianesimo : l'influenza di papa Leone sopra At-
tila, l'influenza di papa Leone su Hildegunde ; la figura di
pap>a Leone, il suo valore simbolico, la sua realtà storica ; il
contrasto di realtà e soprannaturale in papa Leone, e il
crollo della architettura del dramma che esso provoca — 11
sempre più reciso realismo nello sviluppo delle situazioni; il
superamento del dissidio che era nella « Weihe der Kraft » ;
la vita spirituale e mistica rappresentata nei suoi caratteri
patologici ; le figure di Hildegunde e di Attila ; la voluttà
della tenebra e del peccato e la sua espressione lirica.
III. «Wanda, Konigin der Sarmaten» — Unione di amore e
morte nei drammi precedenti : amore e morte come problema
fondamentale e come centrale argomento del nuovo dramma ;
verismo nell'impostazione della storia e nello svolgimento
di essa ; l'intervento soprannaturale relegato nello sfondo ;
l'amore come istinto indomabile e sacro ; l'amore come
conseguenza dell' origine androginica dell' uomo ; 1' amore
nella morte come voluttà sensuale ; la psicologia di Rii-
diger e Wanda e la psicologia di Achille e Pentesilea ; il
carattere religioso della voluttà sensuale e la calma sacra e
solenne di Wanda che muove deliberatamente alla morte,
dopo di aver ucciso in ebbrezza mistica il suo amato Rii-
diger ; la naturale ripugnanza umana di fronte a tali fatti e
il valore artistico del dramma — L'esclusione di ogni ele-
mento episodico dalla tragedia, l'influenza della tragedia
francese, gli innesti lirici come accompagnamento sinfonico
dell'azione, il giudizio del Goethe.
Capitolo Quinto.
La Schicksalstragòdie Pag. 307
L'idea del fato nella letteratura tedesca sul volger del secolo
e le correnti che ne favorirono l'affermazione; l'idea del fato
e la poesia romantica ; l'idea del fato nella poesia del
Werner ; il crescere del sentimento fatalistico nel succedersi
dei suoi drammi ; espedienti a cui il Werner ricorre per dare
ai suoi drammi un colorito fatalistico : la frequente manife-
stazione diretta del suo pensiero, i presentimenti del futuro.
Indice 453
i presagi sacri, le visioni, i sogni, la partecipazione della na-
tura inanimata alle vicende dell'azione — Il 24. Februar
come epilogo naturale di questa tendenza ; identità di pen-
siero con gli altri drammi : la purificazione della colpa nella
sciagura e nella morte ; diversità dagli altri drammi : la rap-
presentazione del male sostituita alla rappresentazione della
redenzione nella morte ; l'unità di intonazione che la tragedia
riceve per l'accordo delle tendenze realistiche del Werner
e la materia scelta a trattare ; il realismo del 24. Februar e
il realismo degli altri drammi ; la potenza del fato mostrata
in un mondo volgare nella vita quotidiana fra gente del po-
polo — La genesi del dramma : il suggerimento del Goethe,
la notizia di giornale, la rapidità di concezione e di compo-
sizione ; organismo del dramma : uno stato d'animo solo rap-
presentato sinfonicamente con un crescendo continuo di or-
rore per l'intensificarsi della tragicità delle situazioni —
L'arte del Werner nel 24. Februar.
Capitolo Sesto.
Il dramma cattolico Pag. 355
La crisi religiosa : il senso della vanità di tutto di fronte al
bisogno religioso ; il senso del fallimento di tutti gli sforzi
per raggiungere la verità ; la nausea di sé stesso ; la tristezza
per gli errori della vita ; l'oblio nella preghiera ; la conver-
sione — Il processo di conversione : il riconoscimento della
necessità di rinunziare totalmente alla vita mondana per esser
puro ; l'esempio di Ottilie e l'influenza delle pratiche reli-
giose ; l'avvicinamento al Cattolicismo Romano, che offre
nelle cerimonie, nei dogmi e nelle leggende un mondo nuovo
che sostituisce quello a cui il Werner sente di dover rinun-
ciare ; l'entusiasmo del Werner per il contatto immediato e
diretto con Dio nella Comunione e nella Messa ; la sua de-
cisione di farsi prete ; la a Weihe der Unkraft » e la sua
accettazione di tutti i dogmi della fede cattolica; la diffe-
renza tra il suo nuovo Cattolicismo e il suo anteriore
« Urkatholizismus » ; l'organismo compatto della dottrina cat-
tolica come fermo sostegno, che dà al Werner finalmente
454 Indice
un senso di solidità e di sicurezza ; la conversione del
Werner come processo di purificazione ; l'armonia inte-
riore raggiunta dal Werner con la decisione di convertirsi
— Influenza del nuovo mutamento di convinzioni sul dramma
del Werner : suo indebolito interesse per la poesia e sua
scarsa attività ; gli unici disegni di tragedia presso cui si
arresta sono tolti alla leggenda cattolica e alla Bibbia ; la
soppressione del « Bildungsproblem » dal dramma ; il dramma
come svolgimento di avvenimenti sacri.
I. La « Kunegunde » — La data della sua composizione ; con-
temporaneità di essa con la più intensa e decisiva crisi reli-
giosa ; la materia del dramma nelle fonti a cui fu attinta ; la
elaborazione di essa e la creazione di un dramma nell'anima
di Kunegunde che è dettato da una sua esperienza personale
di esasperata e vana nostalgia paterna — Dissidio nelle idee
del Werner che si riproduce nel pensiero informatore della
tragedia ; il Cattolicismo di taluni elementi : la santità di
Kunegunde e di Heinrich, il concetto ispirato dalla fede
cattolica che spinge Kunegunde a recarsi al campo di Ar-
duino, il pensiero cattolico che domina la soluzione finale;
l'erotismo mistico che si afferma in altri elementi : l'amore
predestinato in Kunegunde e Florestano, la personalità del
« Mittler » Romualdo — La congestionata confusione che
tale dissidio ha provocato nello svolgimento dell'azione ; la
disorganicità formale, la stanchezza con la quale il Werner
ha composto il suo dramma ; oscurità, vacuità, indetermina-
tezza del linguaggio ; la frammentarietà della parte viva del-
l'opera.
II. La « Mutter der Makkabàer » — Il dramma come rappre-
sentazione di un martirio ; la santità dei personaggi già formata
con l'inizio del dramma ; eliminazione di ogni intendimento
simbolistico ; il soprannaturale non è più simbolo ma è realtà
come la vita stessa ; dominante ascetismo nel carattere degli
eroi e loro incuranza di quanto è terreno ; la vita nel con-
tinuo pensiero di Dio — L'organismo del dramma : la scena
del martirio nell'ultimo atto, vero argomento della tragedia ;
i primi quattro atti come semplice preparazione di quest'ul-
timo — Il trionfo della tendenza della fantasia del Werner
Indice 455
alla morbosità nella scena del martirio ; la aridità e secchezza
di tutto il resto ; la operettistica coreografia del finale ; sin-
tomi di esaurimento.
Conclusione -P^^- 433
La forza e la debolezza del Werner come poeta e l'origine del-
l'una e dell'altra nel suo temperamento anormale e malato ;
frammentarietà della parte vitale della sua opera ; il carat-
tere di precursore che il Werner ha in tali frammenti ; in-
fluenza che essi esercitarono sul Kleist, sul Brentano, sul
Fouqué, sul Grillparzer, sul Ludwig, sul Grabbe, sullo Hebbel ;
conclusione sul poeta e sull'uomo.
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