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Full text of "Il dramma di Zacharias Werner"

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'mimi 


LETTERATURE    MODERNE 

Stu-di     diretti    d.a     ARTURO     FARINELLI 

Volume  III. 


IL    DRAMMA 


ZACHARIAS    WERNER 


GIUSEPPE    GABETTI 


IL   DRAMMA 


DI 


ZACHARIAS  WERNER 


ci 


TORINO 
FRATELLI   BOCCA,    EDlTOBAjf^ì}t 

MILANO  -  ROMA  i^-b     ''*7 

1916 


PROPRIETÀ   LETTERARIA 


Torino  —  Tipografia  Vincenzo  Bona  (12419). 


LUIGI   FOSCOLO   BENEDETTO 


FRATERNAMENTE 


CAPITOLO  PRIMO 

Zacharias  Werner:  la  sua  personalità 
e  le  sue  teorie  mistiche. 


La  vita  di  Zachaiias  Werner  fu  una  ricerca  affannosa 
e  vana,  ricerca  tanto  più  affannosa,  in  quanto  fu  vana, 
per  elle  l'impotenza  non  attenua  il  desiderio,  ma,  lascian- 
dolo insoddisfatto,  lo  tormenta  e  lo  esacerba.  Il  dissidio 
fra  aspirazioni  nutrite  e  realtà  conseguita  non  riuscì  nel 
Werner  mai  a  comporsi  :  il  torbido  fermento,  che  egli 
portò  nella  sua  anima  tempestosa  e  inquieta,  non  riuscì 
mai  a  chiarificarsi:  «  Ich  vv^erde  nie  fertig,  weder  mit 
meinem  Studium,  noch  mit  meinem  Charakter,  noch  mit 
meinen  Kunstwerken,  noch  mit  meinem  Leben  »  (1).  Una 
sete  quasi  acre  di  ideale  travolse  l'uomo  nella  più  nau- 
seante volgarità  di  godimenti  sensuali  ;  una  insaziabile 
sete  di  verità  suscitò  nella  sua  mente  esaltata  tumulti 
confusi  di  idee,  che  si  aggrovigliarono  in  concezioni 
strane,  talora  oscure,  spesso  incoerenti  :  nessuna  delle  sue 
opere  raggiunse  l'ideale  d'cirte,  verso  di  cui  egli  tese  con 


(1)  V.  Lettera  allo  Scheffner.  «  Blàtter  fur  literarische  Unterhaltung  » . 
1834.  p.   1169. 

G.    GabETTI,   //   dramma   di  Z.    Werner.  1 


Zacharias  Werner 


sforzo  costante  e  con  entusiastica  fede.  Eppure  entro 
tutto  questo  torbidume  balenano  fiamme  di  una  luce  sin- 
golare :  entro  le  impurità  del  fermento  scorgete  germi  di 
vita  nuova  in  formazione.  Se,  mancando  a  lui  il  genio 
unitario,  primitivo  ed  elementare  del  Kleist,  i  suoi  drammi 
non  raggiunsero  l'altezza  che  questi,  sotto  il  premere  della 
passione  e  della  ispirazione,  conquistò,  in  lui  però,  prima 
ancora  che  nel  Kleist  riconoscete  le  tendenze  del  dramma 
moderno,  come  esso  dalle  forme  impressegli  dallo  Schiller 
e  dal  Goethe  si  venne  svolgendo  in  quella  direzione,  che 
poi  conservò  con  il  Ludw^ig  e  con  l'Immermann,  con  lo 
Hebbel  e  con  il  Wagner. 

Il  travaglio  delle  coscienze  malsicure  e  turbate  ha 
acuito  nell'età  moderna  il  bisogno  di  pensare,  ed  ha  fatto 
della  meditazione  una  necessità  interiore.  Lo  spirito  non 
s'appaga  più  in  concezioni  generalmente  accettate,  ma  si 
affatica  di  giungere  a  una  visione  propria  della  vita  e 
delle  cose,  a  una  visione,  che  sola  riesce  ad  acquietare, 
perchè  è  un  frutto  immediato  del  proprio  fervore  spiri- 
tuale, e,  in  certo  modo,  un  riverbero  e  un'espressione  della 
propria  personalità.  Come  tutte  le  altre  forme  di  £ute, 
anche  il  dramma  si  muta  secondo  questa  tendenza.  La 
personalità  morale  del  poeta  vi  si  imprime,  e  lo  domina, 
e  lo  determina  in  tutti  i  suoi  caratteri,  perchè  la  visione 
della  vita,  su  cui  esso  riposa,  è  profondamente  individua- 
listica, e  di  quella  personalità  tutta  impregnata  e  pervasa. 
Il  dramma  non  è  più  solo  una  storia  di  uomini,  animati 
da  certi  sentimenti  che  la  vita  in  società  suscita,  non  è 
più  la  semplice  rappresentazione  di  un  cozzo  di  passioni, 
che,  per  la  diversità  della  loro  natura  e  dei  loro  inte- 
ressi, si  urtano  :  esso  mostra  in  realtà  di  vita  un  pensiero 
che  ha  agitato  ed  agita  lo  spirito  di  colui  che  l'ha  com- 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche 


posto.  Tutta  la  vita  interiore  del  poeta  vi  si  riversa  ;  l'es- 
senza del  suo  spirito  vi  si  rivela;  le  sue  idee  vi  si  espli- 
cano. Poesia  e  filosofìa  tendono  a  fondersi  insieme 
nell'impeto  dell'ispirazione  lirica,  sotto  di  cui  egli  scrive. 

Dentro  la  tragedia  particolare  di  singoli  individui,  che 
egli  vi  presenta,  il  poeta  fa  balenare  una  tragedia  più 
vasta,  che  ha  per  oggetto,  secondo  il  suo  pensiero,  l'uma- 
nità intera:  l'cizione  anzi,  che  egli  nella  sua  opera  svolge, 
non  è  se  non  un  frammento,  in  cui  questa  si  rivela.  Al  di- 
sotto del  dramma  di  passioni  vedete  agitarsi  un  dramma 
di  pensiero,  che  ha  valore  universale  :  e  il  problema  tra- 
gico diventa  in  prima  linea  un  problema  di  elevazione 
morale. 

I  drcimmi  del  Werner  sono  tentativi  verso  questa  forma 
di  dramma,  e,  sebbene  trovarne  traccie  anteriori  sia  facile, 
egli  fu,  almeno  in  Germania,  fra  i  primi  ad  aderirvi  in 
tutta  la  sua  produzione  con  sicura  coscienza  e  con  asso- 
luta tenacia. 

La  prepotenza  della  sua  personalità,  la  dedizione  pas- 
sionata e  cieca  alle  sue  idee,  una  concezione  dell'arte  e 
della  poesia,  che  rispondeva  a  questa  sua  natura,  furono 
le  cause  che  condussero  il  Werner  ai  suoi  tentativi. 

Importa  quindi  fissare  nella  loro  formazione  questi  ele- 
menti primi,  perchè  essi  soli  possono  spiegare  le  opere 
che  dovremo  prendere  in  esame. 


Anzitutto  la  sua  personalità  (2).    Al    fondo  di  essa  è 
dicenmio  —  un  disquilibrio  insanabile.  Per  una  parte 


(2)  Cercate   invano   di  definirla   leggendo   il   confuso,    farraginoso   libro 
del  VlERLING  cit.  :  il  continuo  divagare  in  chiacchiere  inutili  e  inconclu- 


Zacharias  Werner 


il  Werner  è  un  sensuale,  di  una  sensualità  così  violenta 
che  non  soffre  freno,  per  un'altra  parte  è  un  intellettuale, 
che  ha  il  bisogno  di  ragionare  su  tutto,  e  specialmente  su 
se  stesso,  e  non  si  può  sottrarre  al  fascino  delle  aspira- 
zioni più  alte.  La  sua  sensualità  diventa  malata:  non  ha 
più  affatto  quella  pienezza  e  naturalezza,  che  si  incontra 
in  esseri  poco  elevati,  ma  sani  :  è  ancora  animalesca,  ma 
non  più  gioconda  e  incosciente.  Il  Werner  sente  tutte  le 
cupe  seduzioni  del  male,  e  non  sa  resistervi  :  vede  che 
s'abbassa,  che  si  insozza,  ma  proprio  in  quell'abbassarsi  è 
la  vertigine  che  lo  attira  (3).  La  riflessione  aumenta  il 
godimento  raffinandolo:  «  Sei  piombato  al  basso?  Ebbene, 
inebriati  :  discendi  al  fondo  e  godi   stilla  per  stilla,  sino 


denti  imbroglia  in  tal  modo  l'esposizione  spesso  oscura  e  sempre  disor- 
dinata, che  non  riuscite  a  formarvi  mai  idee  chiare.  Oltracciò  l'A.  fa 
spesso  violenza  alla  cronologia  e  non  scorge  in  che  cosa  le  idee  del 
Werner  abbian  subito  evoluzione  (cfr.  WalzEL,  D.  Ut.  Ztg.,  1909).  Il 
Minor,  op.  cit.,  mira  specialmente  a  un'analisi  dell'opera:  il  meglio  sì 
trova  ancora  nella  cit.  op.  del  DuNTZER,  che,  data  la  sua  indole  stret- 
tamente biografica,  mostra  questa  personalità  in  divenire,  e  nel  lucido, 
acuto  e  fine  schizzo  del  SulGER-Gebing  nella   «  Allg.  D.   Biogr.  ». 

(3)  Già  vedeva  l'HOFFMANN  (5erapionsferù</er,  Berlin,  1821,  IV,  p.  249) 
in  questa  tendenza  il  carattere  saliente  della  sua  psiche.  Egli  trascurava 
altri  elementi  di  essa,  e  convertiva  la  sua  osservazione  in  un'accusa  pas- 
sionata, che  spesso  venne  respinta  poi  :  coglieva  tuttavia  nel  segno  eoa 
la  sua  osservazione.  Si  rileggano  infatti  la  lettera  allo  Scheffner  a  prO'» 
posito  della  sua  separazione  dalla  moglie  («Blàtter  f.  1.  U.  »  cit.,  1834, 
p.  1341),  le  lettere  a  Johanna  Rink  nel  VlERLING,  op.  cit.,  Appendice, 
passim,  la  lettera  al  Goethe  sulla  sua  conversione  {Goethe  und  die 
Romantik,  hrsgg.  v.  WaLZEL  u.  ScHUDDEKOFF,  voi.  II,  Schriften  der 
Goethe-GeselhchaSt,  14,  Weimar,  1898),  la  Weihe  der  Unkrajt  (riedita 
dal  Minor  nel  volume  Schicksalsdramen  della  Collezione  «  Deutsche  Nat, 
Lit.  »  del  KuRSCHNER),  e  i  brani  de!  Tagebuch  del  tempo  della  sua  con- 
versione {Werners  Ausgewàhlte  Schriften,  voi.  XIV  e  XV.  Biografìa  del 
Werner  dello  ScHUTZ).  Dappertutto  il  Werner  stesso  si  mostra  conscio 
che  questa  sua  tendenza  ha  dominato  gran  parte  della  sua  vita. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche 


all'ultima  feccia  :  il  piacere  più  ascoso  e  più  raro  è  anche 
il  più  inebriante  ».  La  riflessione  lo  libera  alfine  nausean- 
dolo, e  l'anima  sua  tenta  salire  tanto  più  in  alto,  quanto  più 
al  basso  essa  era  discesa.  Uscendo  dal  tanfo,  l'aria  non 
sembra  mai  abbastanza  pura.  Quest'uomo  non  può  matu- 
rare ad  un'armonia  interiore.  Ben  sentirà  la  necessità  di 
raggiungerla,  e  si  sforzerà  di  conciliar  gli  estremi,  fra  cui 
si  dibatte,  e  di  mettere  un  po'  d'unità  dentro  se  stesso; 
ma  non  riuscirà  che  a  render  materiale  ciò  che  è  alto, 
senza  riuscire  ad  elevar  ciò  che  è  volgare  (4). 

L'educazione  e  l'ambiente  contribuirono  a  sviluppare 
anche  maggiormente  queste  disposizioni  naturali  disgra- 
ziate (5).  Il  ragazzo  era  di  una  sensibilità  esagerata:  non 
la  modercirono.  La  famiglia  colta  doveva  vedere  in  questa 
qualità  più  una  dote  che  un  pericolo.  La  sovreccitarono 
anzi.  Il  padre  Friedrich  Jacob,  professore  di  eloquenza  e 
di  filosofia  all'Università,  Conservatore  della  collezione 
Von  Wallendrodt,  presidente  della  «  Freie  Gesellschaft  », 
censore  drammatico,  era  persona  eminente  in  Kònigs- 
berg  (6)  :  il  ragazzo  venne  condotto  assai  presto  in  so- 
cietà, e  frequentò  presto  i  teatri  e  l'ambiente  malsano  delle 
«  coulisses  ».  Un'influenza  anche  più  grave  esercitò  su  di 
lui  la  madre,  nipote  del  poeta  Johann  Valentin  Pietsch,  can- 
tore della  «  AusfiihrHche  Abbildung  aller  Leidensmartern 
und  Todesqualen  Jesus  Christi,  des  Erlòsers  der  Welt  ». 
Anch'essa  aveva  la    sensibilità   morbosa    del    figlio.    Era 


(4)  Dalla  coscienza  triste  di  non  riuscir  mai  a  mettere  sé  d'accordo 
con  sé  medesimo  son  nate  molte  delle  sue  liriche.  V.  Ausgewahlte 
Schriften  cit.,  I,  specialmente  p.    165  e  segg. 

(5)  Cfr.  VlERLING,  op.  cit.,  cap.  I  e  specialmente  il  DuNTZER,  op. 
cit.,  ricco  di  particolari  biografici. 

(6)  V.  VlERLING,  op.  cit.,  p.    I  e  segg. 


Zacharias  Werner 


donna  superiore  per  più  rispetti,  amante  della  poesia  e 
dell'arte,  studiosa  di  questioni  filosofiche,  dotata  di  sgucudo 
acuto  e  penetrante  e  di  ricchissima  vita  sentimentale,  ma 
non  era  la  educatrice  che  il  temperamento  anormale  del 
ragazzo  richiedeva.  La  fantasia  dominava  in  lei,  e  il  suo 
sentimento  religioso  la  condusse  a  poco  a  poco  ad  una 
esaltazione  mistica  che  rasentò  la  follia  (7).  Al  figlio  essa 
poteva  dare  una  tenerezza  profonda  e  squisita  :  una  guida 
non  gli  poteva  essere.  E  una  guida  gli  mancò.  Il  padre 
morì  quando  egli  aveva  quattordici  anni.  D'allora  in  poi 
rimase  in  preda  a  se  stesso.  La  madre  godette  del  fiorire 
del  suo  ingegno  insolito  e  della  sua  sentimentalità  ricca  ;  sof- 
ferse dei  suoi  sviamenti  senza  poterli  impedire  (8)  :  «  anima 
pura  d'artista  e  di  martire  »,  come  il  Werner  la  definì, 
ma  estranea  alla  realtà  di  questo  mondo  (9). 

Presto  la  dissolutezza  lo  travolse  :  quel  freno  morale, 
che  trattiene  anche  sulla  china  più  sdrucciolevole  da 
£izioni,  che  negano  la  innata  fierezza  dell'uomo,  si  allentò. 


(7)  V.  HoFFMANN,  Serapionsbruder,  ed.  cit.,  IV,  p.  247.  Negli  ul- 
timi tempi  della  sua  vita  precipitò  anzi  in  una  vera  manìa  religiosa  : 
aveva  allucinazioni,  si  immaginava  di  esser  la  Vergine  Maria,  e  dava 
molti  segni  di  isterismo.  Cfr.  su  di  essa  anche  le  pagine  autobiografiche 
del  Werner  nel  Gelehrten-  uni  Schriftsteller-Lexicon  der  deutschen 
katholischen  G eistlichkeit  hrsgg.  v.  F.  WaiTZENEGGER,  Landshut,  1822, 
volume  III,   p.   409. 

(8)  Riconosceva  il  Werner,  quando  essa  morì,  le  colpe  che  aveva 
avute  verso  di  lei,  e  se  ne  sentiva  schiacciato,  e  trovava  che  nessun  mag- 
gior tormento  vi  può  essere,  che  di  pensare  ai  tormenti  inflitti  alla  propria 
madre  morta.  Cfr.  «  Blatter  f.  1.  U.  »  cit.,  1834,  passim;  Die  Weihedet 
Vnkrajt  cit.,  passim;  Die  Gottheit  schldgt  mit  einem  eisernen  Hammer 
an  unser  Herz,  etc.  (HiTZIG,  Lebensabriss  Z.  M^erners,  Leipzig.  1823  e 
Ausgew.  Schriften,   XIV,    p.   52). 

(9)  Gelehrten-  und  Schriftsteller-Lexicon,  etc,  cit.,  III,  409;  cfr. 
inoltre  «Blatter  f.  1.  U.  »  cit.,  passim  e  anche  HiTZIG,  Lebensabriss 
Z.    Wemers,   cit.  ;    lettere   del    Werner   allo   Hitzig,    passim. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche 


«  Io  ho  conosciuto  tutto  il  dolce  e  tutto  l'amcuo  dell'amore 
terrestre  :  nelle  braccia  delle  più  volgari  prostitute  ne  ho 
conosciute  tutte  le  degenerazioni  più  profonde  »  (10).  Sposò 
una  prostituta,  che  lo  piantò  dopo  pochi  mesi  per  seguire 
un  commediante  da  strapazzo,  e  credette  di  trovcu-  nei 
suoi  amplessi  il  Paradiso.  Divorziò  da  lei  per  passare  a 
seconde  nozze  con  un'altra  donna  del  volgo,  e  dovette 
dopo  pochi  mesi  nuovamente  sepcu-arsene  :  «  Es  war  eine 
Hur!  ».  Una  polacca,  ragazza  del  popolo,  lo  innamorò, 
e  lo  indusse  a  sposarsi  nuovamente  :  egli  non  conosceva 
una  parola  di  polacco,  essa  non  una  parola  di  tedesco. 
La  ragazza  non  aveva  cultura,  ma  passionalità  ed  imma- 
ginazione, e,  dopo  cinque  anni,  si  staccò  da  lui,  per  unirsi 
in  nuovo  matrimonio  con  il  Geheimrat  Kunth  (11).  D'al- 
l'ora  in  poi  egli  visse  solo,  cercando  consolazione  presso 
donne  di  malaffare  (12).  La  sua  libidine  è  diventata  di  ge- 
nere tale,  che  solo  nel  vizio  e  nella  corruzione  riesce  a  sod- 
disfarsi :  la  donna  dall'anima  pura  ed  elevata  gli  impone 
venerazione  e  rispetto,  ma  non  l'attira  (1  3):  l'odor  acre  di 
sozzura  lo  inebria  e   lo   travolge   nel    precipizio.    Eppuie 


(10)  «Blàtter  f.   1.  Unterhaltung».    1834,   cit.,   p.    1343. 

(11)  V.  DiJNTZER,  op.  cit.  Anche  il  VlERLING,  op.  cit.,  p.  27  e  segg., 
35  e  segg.,  non  riuscì  a  dare  sulle  sue  due  prime  mogli  notizie  piiì 
esatte  di  quelle  che  aveva  dato  il  Werner  stesso  già  nella  lettera  a  Re- 
giomontanus  («Blàtter  f.  1.  U.  »,  1827,  p.  I)  e  di  quelle  che  aveva 
date  lo  HiTZIG,  Lebensahriss  Z.  Wemers  cit.  Sulla  prima  moglie  — 
Friederike  Schulze  —  v.  ora  un  articolo  di  W.  MÒLLENBERG.  Z.  Wer- 
ners  erster  Eherorrtan,  nelle  «  Beilagen  »  della  «  Vossische  Zeitung  », 
1912,   n.  37. 

(12)  I  frammenti  del  Tagebuch  pubblicati  dallo  SCHUTZ  {Ausgewàhlte 
SchrijicTi  cit.,  XIV-XV)  danno  su  questo  argomento  informazione  quo- 
tidiana ! 

(13)  Cfr.  lettere  a  Johanna  Rink  nel  VlERLING,  op.  cit.,  Appendice; 
cfr.  anche  il  Tagebuch  dei  suoi  viaggi. 


Zacharias  Werner 


egli  idealizza  :  «  Il  principio  dell'amore  non  si  spegne 
mai,  illumina  sempre,  è  sempre  una  aspirazione  ardente 
verso  il  bello  e  verso  la  divinità  sconosciuta  »  (14).  Entio 
i  brividi  e  gli  smarrimenti  e  le  estenuazioni  delle  più  ma- 
teriali ebbrezze  del  senso  egli  immagina  di  godere  un 
£irdore  di  fiamme  ideali  :  trasforma  con  la  sua  fantasia, 
poetizza  e  scambia  per  cosa  preziosa  il  fango  che  luccica. 
La  sua  sensualità  domina  in  lui  così  che  essa  è  per  lui 
la  condizione  di  ogni  godimento  :  se  egli  vuol  celebrare 
qualcosa  entro  questa  vita,  bisogna  pur  che  si  rassegni 
ad  innalzare  un  inno  a  ciò,  per  cui  egli  attraverso  i  suoi 
sensi  esulta. 

Questa  sensualità  delimita  e  determina  anche  il  mondo 
delle  sue  idee.  Il  carattere  distintivo  di  tutte  le  sue  con- 
cezioni sta  nella  tendenza  della  sua  mente  a  render  ma- 
teriale tutto  quanto  accosta.  S'infiamma,  affronta  i  più  ardui 
problemi,  accoglie  idee  che  altri  propugnarono,  le  assimila; 
ma  le  impronta  di  se,  le  rende  cose  concrete  che  i  sensi 
possono  percepire.  Il  suo  non  è  più  un  pensare,  ma  un 
fantasiare  continuo  e  talora  strambo,  un  dar  veste  sensi- 
bile a  pensieri  che  di  qua  e  di  là  gli  si  atfacciano. 

Sente  a  Kònigsberg  le  lezioni  di  Kant,  conosce  Ha- 
mann,  Herder  e  Fichte  :  Hippel  e  Karl  Gottlieb  Bock 
sono  amici  di  famiglia  (15).  Pure  dalla  filosofia  resta  dap- 
prima lontano  :  più  volentieri  legge  poesie  e  ne  compone  : 


(14)  Lettera  allo  SchefFner,  «  Blàtter  l.  1.  U.  »,  1834,  p.  1343  e 
passim.  Cfr.  anche  le  lettere  al  Geheimrat  Peguilhen  pubblicate  nel 
Gesellschajter  del  Gubitz,  1837  e  GUBITZ,  Erlebnisse,  Berlin,  1868, 
I,   p.   217   e   segg. 

(15)  V.  ScHiJTZ,  op.  cit.,  p.  3  e  segg.;  DiJNTZER,  op.  cit.,  p.  12 
e  segg.  ;   VlERLING,   op.    cit.,    cap.   I. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche 


Wieland,  Claudius,  Voss  sono  i  suoi  modelli  (16).  Egli 
è  ancor  giovane,  incurante,  e  vuol  sentir  «  die  Wollust 
ein  Mensch  zu  sein  »  :  Tanima  sua  è  ancor  leggiera  e 
lieta,  sebbene  già  allora  egli  si  abbandoni  «  ziigellos  alien 
Lastern  ».  Il  peccato,  il  suo  peccato  —  meine  Sùnde  — 
è  già  diventato  una  cosa  sola  con  la  sua  natura,  ma  egli 
non  vi  pensa.  Se  in  alcune  delle  poesie,  che  nel  1 789 
pubblicò,  pare  accostéirsi  agli  «  Aufklàrer  »,  questo  non  fu  il 
seguito  di  alcun  travaglio  di  pensiero,  ma  una  conseguenza 
di  ciò,  che  un  tal  sistema  era  precisamente  quello  che 
meno  faceva  pensare,  escludendo  come  assurdo  tutto  quanto 
supera  i  limiti  dell* intelligenza  comune,  ed  era  quello 
che  tiionfava  (16*'^).  Ma  quelle  poesie  sono  insignificanti, 
e  quel  razionalismo  è  insincero.  Un  uomo  si  impadronisce 
della  sua  mente  e  della  sua  fantasia  :  Rousseau. 

Sensibilità  patologica,  slancio  ideale,  e  un  vaporoso 
velo  sensuale  disteso  su  tutte  le  sue  visioni,  impulsività 
e  abulia,  esaltazione  degli  stimoli  naturali,  fantasia  e  sen- 
timento che  si  liberano  da  ogni  giogo  :  il  Werner  rico- 
nosce in  lui  il  suo  maestro.  Questo  gli  pare  il  dono  più 
grande  che  Dio  ha  fatto  agli  uomini  :  «  Einen  Rousseau 
der  Welt!  ». 

Und  er  wallte  die  Bahn  fiir  Wahrheit  und  Tugend  ein  Opfer, 
Duldung,  Natur  und  Gefiihl  weinten  entfesselt  ihm  nach  (17). 


(16)  Queste  poesie  formano  parte  del  primo  volume  delle  cit.  Aus- 
gewàhlte  Schriften.  Furono  stampate  la  prima  volta  nel  1789.  Altre 
furon  composte  in  seguito  :  la  maggior  parte  è  accompagnata  dalla  data. 

(16  6is)  Le  prende  invece  sul  serio  il  VlERLING,  op.  cit.,  p.  21  e  segg. 
e  parla  di  un  periodo  di  Aufklàrertum  nel  Werner,  mettendosi  in  con- 
traddizione con  quanto  il  Werner  sempre  disse  di  se  medesimo,  e  tras- 
curando come  anche  ora  segni  di  tendenza  al  misticismo  non  mancano, 
ed  egli  già  si  professa  entusiasta  di  Rousseau. 

(17)  Ausgewàhlte  Schrijten,  I,  p.  14,  p.  103  e  p.  175-76;  cfr.  anche 
Tagebuch  {Ausgew.  Schriften,  XIV,    135  e  segg.). 


10  Zacharias  Werner 


Egli  data  gli  anni  dalla  sua  morte,  e  ne  celebra  con 
devozione  l'anniversario,  riunendolo  alla  festa  della  Visi- 
tazione della  Vergine  (18). 

Rousseau  gli  fornisce  una  delle  sue  idee  fondamentali. 
La  natura  ha  dato  all'uomo  nel  sentimento  una  guida 
delle  sue  azioni,  un  mezzo  di  conoscere  se  stesso  e  Dio. 
Vivere  e  sentire,  e  chi  misconosce  il  sentimento  misco- 
nosce la  vita.  Il  sentimento  è  la  nostra  guida  e  conduce 
alla  verità:  chi  misconosce  il  sentimento,  misconosce  la 
verità,  e  si  fuorvia. 

Rousseau  lo  riconduce  pure  alla  religione,  da  cui  egli 
s'era  allontanato  (19).  «  Chi  s'abbandona  alla  voce  inte- 
riore della  sua  coscienza,  sente  Dio  e  gli  si  avvicina:  lo 
sente  in  se,  nella  natura,  nell'universo  :  il  senso  di  Dio  e 
uno  degli  elementi  sostanziali  dell'uomo.  Chi  preferisce 
invece  seguire  i  dettami  di  una  ragione  limitata  e  fallace, 
rinunzia  alla  miglior  parte  di  se  :  che  questo  abbia  potuto 
avvenire  è  lo  sviamento  più  grande  che  la  cultura  ha  in- 
flitto all'umanità  ». 

Per  il  Werner,  d'altronde,  il  ritorno  alla  religione  era 
una  necessità  psicologica  assoluta  :  esso  era  l'unico  pos- 
sibile scampo  al  dissidio  inconciliabile  che  lo  turbava.  Solo 
lo  smarrimento  in  Dio,  nell'infinito  poteva  offrirgli  l'estremo 
rifugio  :  l'uomo  senza  intima  armonia  non  può  stare  nel 
giusto  mezzo  :  a  lui  occorre  godere  o  negare  la  vita. 

Io  non  credo  che  la  sua  iscrizione  alla  loggia  masso- 
nica «  Die  Drei  Kronen  »   nell'anno   1792,  sia  da  attri- 


(18)  Ausgewdhlte  Schriften  (TagebUcher),  XIV.  p.  124;  cfr.  anche 
HiTZIG,    Lebensabriss  Z.    Werners    cit.,    p.    27, 

(19)  Nelle  poesie  posteriori  al  1790  compaiono  già  talora  segni  di 
questo  risveglio  della  sua  religiosità.  V.  Ausgewdhlte  Schriften,  I,  pa- 
gina 57  e  segg.,  e  anche  già  p.  52. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mbtiche 


buire  soltanto  a  considerazioni  d'ordine  pratico  (20)  :  il 
Werner  non  fu  uomo  pratico  mai  :  essere  sognante,  va- 
gante, senza  chiaro  dominio  su  di  se  e  senza  volontà  :  come 
avrebbe  potuto  esser  tale  ?  La  Massoneria  offriva  allora 
invece  agli  spiriti  irrequieti  una  liberazione  dai  ceppi  del 
razionalismo  (21).  Cercate  di  sopprimere  un  sentimento, 
e  voi  lo  acuirete,  e  lo  porterete  a  forme  più  esagerate 
ancora  di  quelle,  che  esso  avrebbe  avute  in  condizioni 
normali.  La  Massoneria,  coi  suoi  riti  simbolici,  con  le 
cerimonie  misteriose  e  il  culto  dell'Inconoscibile,  soddisfa- 
ceva a  questo  bisogno  degli  spiriti.  Tanto  più  soddisfaceva 
al  bisogno  dello  spirito  del  Werner,  in  quanto  che  il  sim- 
bolismo massonico  corrispondeva  al  bisogno  suo  di  vedere 
il  sentimento  in  manifestazioni  esterne. 

Segni  gravi  di  inquietudine  interiore  incominciano  difatti 
in  questo  tempo  a  compcu-ire  in  lui.  Egli  sente  il  vuoto 
che  s'allarga  nella  sua  anima,  sente  che  tutto  ciò  che  lo 
circonda  è  cosa  passeggera,  che  nulla  dà  una  gioia  duratura  : 

Wir    diirsten    mehr,    je   mehr    uns    Bàche    rinnen  : 
Wo  fliesst  die  Lethe,  die  das  Lechzen  stilli  ?  (22) 


(20)  L'ipotesi  fu  avanzata  dal  VlERLING,  op.  cit.,  p.  26  e  segg.  ;  ma 
egh  non  ne  dà  prove.  E.  d'altronde,  non  si  vede  a  che  cosa  la  sua 
iscrizione  alla  massoneria  gli  potesse  —  in  quei  tempi  —  praticamente 
giovare.  Poco  essa  gli  giovò  :  quando  avrà  un  posto  a  Berlino,  lo  dovrà 
a  intervento  di  amici  e  ammiratori  diversi,  e  fu  anche  un  posto  che  gli  si 
confaceva  così  poco  che  presto  lo  abbandonò.  Prima  fu  sempre  povero 
e  ramingo,  e  consumò  a  poco  a  poco  il  patrimonio  che  il  padre  gli  aveva 
lasciato.  Atti  della  partecipazione  del  Werner  alla  massoneria  pubblicò 
il  VlERLING  in  Appendice,  op.  cit.,  p.  3. 

(21)  Sulla  massoneria  tedesca  in  quel  tempo  v.  la  Bibliografìa  che 
ne  dà  lo  SCHNEIDER  nel  suo  volume  Der  Einfluss  der  Freimaurerei  auf 
die  geistige  Kultur  irì  Deutschland  am  Ende  des  XVIII.  Jahrhunderts, 
Prag,    1909. 

(22)  Ausgewàhlte  Schrijten,  I,  p.  57.  La  poesia  porta  la  data   1794. 


12  Zacharias  Werner 


Ma  che  cosa  siam  noi  e  quaKè  il  nostro  scopo  ?  —  si 
chiede.  Il  problema  della  vita  gli  si  presenta  col  suo 
eterno  fascino.  La  Sfinge  dal  segreto  insolubile  lo  seduce, 
ed  egli  si  tormenta.  Legge  e  studia  Kant,  il  cui  insegna- 
mento era  prima  passato  sopra  di  lui  senza  traccia.  Ne 
sentite  eco  nelle  poesie,  che  egli  ora  scrive,  intonandole 
assai  diversamente  che  le  sue  anteriori: 

Der  Denker  Ist  an  Raum  und  Zeit  gebunden, 

Belm   grossen  Jenselts   wird   die   Weisheit   stumm. 

Ein   Solon   wiegt  auf   hocherhabner   Stelle. 

Betrat  er  je  die  unbetretne  Schwelle, 

Wo  die  Idee  der  Handlung  Leben  gab  ?   (23) 

I  limiti  assegnati  da  Kant  alla  nostra  conoscenza  gli  si 
impongono  come  veri,  ed  egli  accetta  la  posizione  che 
Kant  prende  di  fronte  al  problema  filosofico  e  la  sua  con- 
cezione della  attività  dello  spirito.  La  filosofia  deve  man- 
tenersi entro  tali  limiti  e  seguir  tale  via  :  spingersi  al 
di  fuori  vuol  dir  vaneggiare,  dar  corpo  ad  ombre  che 
non  hanno  realtà.  Eppure,  malgrado  tutto,  malgrado  le 
sue  idee  stesse,  è  questo  al  di  fuori  che  attira  il  Werner. 
EgH  riconosce  che  è  un  mistero  insolubile,  ma  non  se  ne 
sa  e  non  se  ne  può  liberare.  Che  cosa  è  tutto  il  resto 
accanto  a  questa  verità  ultima,  suprema  ?  a  questa  verità 
che  ci  sfugge  ? 


(23)  Ibid.,   I,  p.   58  e  segg.  Cfr.  anche  p.  203: 

«  Ein  Crosserei  als  er  (Hurtìe)   begrànzt  des  Wissens  Bahn, 
Und   lasst  uns  in  uns  selbst  das  Universum   finden  ; 
Presst  den  vervvegnen  Geist  in  seine  Formen  ein, 
Und   lehrt  ihn  Mittel  nicht,   nein,    hoher  Zweck  zu  sein». 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  13 

Il  problema  si  fonde  nel  suo  capo  col  problema  del- 
l'elevazione morale.  Si  può  dare  alla  questione  del  nostro 
essere  e  del  nostro  fine  la  soluzione  che  si  vuole  :  una 
cosa  resta  certa  :  l'uomo  è  uomo,  e  va  per  la  retta  via, 
in  quanto  tenta  di  elevarsi  spiritualmente.  Lo  Schiller,  che 
a  quest'opera  ha  dedicato  tutta  la  sua  vita  e  tutto  il  suo 
ingegno,  diventa  per  un  istante  colui  che  esercita  sul 
Werner  la  maggiore  attrazione.  Ideali  di  amore  universale, 
di  libertà,  di  fratellanza  lo  infiammeuio.  Non  ponete  ceppi 
all'umanità,  lasciate  che  essa  sviluppi  le  forze  che  con- 
tiene: vincete  ogni  piccolo  egoismo:  mirate  soltcìnto  al- 
l'ideale: cercate  soltanto  il  bene  comune.  In  questo  bene 
comune  è  anche  il  vostro  vero  bene  :  le  soddisfazioni 
egoistiche  passano  «  come  l'acqua  sotto  i  ponti  della  Vi- 
stola »,  senza  lasciar  traccia  :  la  soddisfazione  morale  è  il 
godimento  maggiore.  Sepaiatosi  dalla  prima  moglie,  vive 
ora  il  Werner  a  Plozk  :  la  Polonia  combatte  l'ultima  lotta 
per  la  sua  indipendenza,  e  il  Werner  assiste  a  quell'agonia. 
S'infiamma,  e  canta  quella  lotta  e  il  grande  eroe,  Kosciutzko, 
in  cui  la  Polonia  si  estingue.  Anche  il  verso  ricorda  ora 

10  Schiller  nel  ritmo,  nello  stile,  nelle  movenze  (24). 
Fiamme  passeggere.  La  morale  di  Kant  è  una  dottrina 

austera:  la  morale  è  una  legge  ed  è  scopo  a  se   stessa. 

11  godimento,  che  essa  dà,  è  una  soddisfazione  placida, 
la  soddisfazione  della  forza  interiore,  che  si  esplica  senza 
piegamenti  e  senza  tentennamenti:  il  Werner  vuole  eb- 
brezze. Anche  il  mondo  morale  dello  Schiller  gli  par 
troppo  ristretto.  Egli  vi  si  è  accostato  in  un  primo  movi- 
mento d'entusiasmo:    quella  nazione  morente  in  mezzo  a 


(24)  Cfr,  nelle  AusgeWahlte  Schrijten,  I,  p.  61   e  le  poesie  seguenti, 
specialmente  p,  81-82. 


14  Zacharias  Werner 


cui  si  è  trovato,  gli  diede  una  rapida  commozione  e  lo 
trascinò.  Estintosi  quel  guizzo  d'entusiasmo,  sente  il  Werner 
di  nuovo  l'interno  inappagamento.  E  sublime  fare  il  bene 
per  il  bene,  prender  la  vita  come  un  dovere,  e  compierla 
senza  cercar  altro;  ma  è  anche  un  chiudere  il  proprio  oriz- 
zonte. La  sensibilità  del  Werner  non  ne  può  trarre  quelle 
vibrazioni,  che  le  sono  necessarie,  perchè  s'acqueti  :  essa 
ha  bisogno  di  emozioni  nuove  e  intense,  ha  bisogno  di 
dilatarsi,  di  estendersi,  di  estendersi  a  tutto,  indefinitamente. 
Il  problema  della  vita  si  riaffaccia  così  insoluto  come 
prima.  Ne  Kant,  ne  Schiller  —  dice  il  Werner  —  han 
dato  una  soluzione:  tutti  e  due  l'hanno  evitata.  Il  Werner 
ritorna  a  Rousseau  (25).  Kant  e  Schiller  han  commesso 
un  errore,  quello  di  voler  spiegare  e  determinare  la  vita  per 
mezzo  della  ragione.  La  fonte  della  vita  è  invece  nel  senti- 
mento, perchè  il  sentimento  è  la  voce  della  natura  che  in 
noi  si  esprime.  E  il  sentimento  dice:  «Credete!  ».  Il 
sentimento  ci  rende  quindi  possibile  una  elevazione  più 
grande  che  non  quella  che  Schiller  e  Kant  propugnarono, 
una  elevazione  meno  austera,  ma  non  meno  pura.  Kant  e 
Schiller,  nel  loro  razionalismo  superiore,  hanno  sacrificato  la 
vita  a  un  sogno  di  austerità;  ma  elevare  la  vita  non  vuol 
dire  sacrificarla,  vuol  dire  anzi  liberarla  da  tutto  ciò  che 
è  basso,  e  nello  stesso  tempo  estenderla,  farla  più  intensa, 


(25)  Sulla  scorta  delle  poesie,  leggendole  in  ordine  cronologico,  si 
ricostruisce  facilmente  questa  evoluzione  del  suo  pensiero  :  dopo  i 
primi  cenni  di  religiosità,  vi  compare  infatti  l'umanitarismo,  di  cui 
abbiamo  or  ora  parlato,  e  soltanto  in  seguito  la  religiosità  ricompare, 
e  stavolta  con  piti  spiccati  caratteri.  Altre  fonti  per  studiar  le  sue  idee 
fuori  di  queste  liriche,  mancano  completamente.  Ma  queste  bastano 
perchè  si  possa  distinguere  nettamente  quella  linea,  che  abbiamo  (inora 
tracciata    e    che    andiamo    tracciando. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  15 

arricchirla.  Solo  la  religione  riesce  a  far  questo:  solo  la 
religione  dev'essere  quindi  il  fondamento  della  vita  umana. 

Der  Kahn  Vernunft  versanke  auf  dem  weiten 
Granzlosen   Meer  von   Wahn  und  Wirklichkeiten, 
Fuhrt   Glaube    ihn    nicht   zum   vorgesteckten   Ziel    (26). 

Così  dallo  studio  della  filosofìa  critica  e  dell'idealismo 
Schilleriano,  il  Werner  vien  ricondotto  alla  fede,  che 
Rousseau  gli  ha  insegnato,  e  che  egli  già  aveva  invocata: 

O  Glaube  !  Lass,   in  meines  Mittags  Schwuhie. 
Mich  einraal   noch   dein   linder   Hauch   umwehn!   (27) 

Ma  da  questa  nuova  crisi  la  concezione  religiosa  del 
Werner  esce  con  una  forma  nuova.  Esser  religioso  non 
vuol  dire  rinunziare  alla  vita  terrena,  rinnegare  il  mondo, 
ma  vuol  dire  viver  la  vita  in  tutti  i  suoi  aspetti  con 
un'anima  nuova,  vedere  il  mondo  con  nuovi  occhi. 

Uscito  dal  grembo  di  Dio,  l'uomo  è  destinato  a  Dio: 
il  senso  di  Dio  deve  essere  il  primo  sostrato  di  tutt'i  suoi 
sentimenti,  così  com'esso  è  la  base  della  sua  natura. 

Il  sentimento  religioso  deve  essere  come  un  succo,  che 
pervade  tutti  quanti  gli  altri  sentimenti,  e  impedisce  loro 
di  diventar  mondani,  terreni,  bassi,  allontanando  l'uomo  da 
quello  che  è  il  suo  fine. 

Questa  fusione  del  divino  nel  terreno  è  possibile,  se  si 
considera  tutto  ciò  che  è  terreno  come  simbolo.  In  questo 
modo  tutta  la  vita  diventa  un  simbolo,  che  ci  riporta  a 
Dio  e  ai  nostri  destini  eterni.  Il  Werner  abbraccia  riso- 
luto questa  fede  simbolistica,  e  la  abbraccia  con  dedizione 
tanto  più  piena,  inquantochè  essa  gli  offre  un  mezzo  per 


(26)  Già  Attsgewahlte  Schrìiten,  I,  p.  61. 

(27)  Ausgewahlte  Schriften,  I,  p.  61. 


16  Zacharias  Werner 


addolcire  il  conflitto  della  sua  sensualità  con  la  sua  intel- 
lettualità. 

La  vita  sensuale  è  un  simbolo  della  vita  superiore:  il 
sensuale  è  la  forma  necessaria  che  l'eterno  e  l'ideale  de- 
vono assumere  per  comparire  su  questa  nostra  terra,  perchè 
il  senso  è  la  via  unica  per  cui  la  vita  interiore  dell'uomo 
si  può  manifestare. 

Se  l'uomo  deve  vivere  una  vita  —  per  così  dire  —  di 
simboli,  il  rinunziare  a  questi  segni  esteriori,  peggio,  il 
rinnegarli  e  condannarli  è  un  errore  grave  di  tristi  conse- 
guenze. 1  segni  esteriori  vivificano  e  riscaldano  nell'uomo 
i  sentimenti  alti,  che  altrimenti  per  mancanza  di  espressione 
si  assopirebbero,  rendono  intensa  la  vita  dell'anima,  che 
altrimenti,  per  mancanza  di  stimoli,  si  estenuerebbe  in  un 
dormiveglia  pericoloso,  che  ne  segnerebbe  la  morte.  Il 
Protestantesimo,  che  ha  cercato  di  sopprimerli,  ha  condotto 
al  razionalismo  gretto,  ha  ucciso  la  religione,  e  mozzato 
le  ali  allo  spirito.  I  segni  esteriori  sono  le  armi,  che  Dio 
dona  agli  eletti,  perchè  essi  possano,  con  tale  mezzo, 
restaurare  il  regno  suo  sopra  la  terra. 

Con  quest'animo  e  con  queste  tendenze  il  Werner  di- 
venta massone,  con  questi  occhi  egli  vede  la  massoneria, 
ed  è  naturale  che  vi  si  avvicini  :  «  Es  ist  tròstlich  Maiirer 
zu  sein  »  (28).  Egli  si  entusiasma  per  essa  con  tutto  l'eu-- 
dore  passionato  della  sua  anima   e  canta  la  sua  rinascita. 

Entziickend   ist's,   in  den  geweihten  Kreisen, 

Durch   Grabesnacht  in  Himmelsklarheit  schaun   (29), 


(28)  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  cit.,  p.  1174.  Si  tratta  di  una 
lettera  posteriore  di  qualche  anno,  ma  tutti  i  suoi  versi  massonici  di 
questo    tempo    son   dominati    da    questa    stessa   idea. 

(29)  Ausgewàhlte  Schriften,  I,  p.  59.  La  poesia  è  del  1794.  Si  os- 
servi  l'espressione  :    in   den  geweihten  Kreisen  :   essa  mostra   chiaramente 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  17 

Gli  par  che  l'aurora  spunti  finalmente  nella  «  notte 
della  sua  anima  »,  e  scrive  il  Morgenlied,  la  prima 
poesia  in  cui  egli  si  rivela  tutto  quanto.  E  il  Morgen- 
lied è,  io  credo,  un  canto  massonico:  esso  è  tutto  ani- 
mato dal  progetto  di  {ar  risorgere  sulla  terra  il  regno  della 
Religione  e  di  Cristo,  sogno  che  fu  il  «  Wahn  »  così 
curioso  di  tanti  massoni,  e  che  diede  alla  massoneria,  sulla 
fine  del  secolo  decimottavo,  un  enorme  sviluppo.  Il  Werner 
gode  di  lavorare  anch'egli  alla  grande  opera: 

Langst  war  es  Mitternacht. 
In  unsrer  Vater  Griiften 
Brannt'unser    Lampchen    nur  ; 
**     Bald  sprengt  dein  Ruf  die  Kliifte, 
Und  Licht  durchfleusst  die  Flur. 

Ha  il  fervore  d*un  neofita,  e  non  dubita  dell'esito  del- 
l'intrapresa. 

Gelòst  sind  bald  die  Zungen, 
Geòff  net   bald  die  Bahn  ; 
Bald    ist   der   Sieg   errungen. 
Die   Palme   geht   voran. 
Gesprengt   sind   bald   die   Hallen, 
Bald    flammt    der    Flammenstern, 
Und   freie   Volker   schallen 
Alleluiali   dem   Herrn. 

Wir   haben   es   begorìtìen, 
Jahrhundert,    merì^e   drauj! 
Noch  eh'   dein  Sand  zerronnen, 
So  endet  unser  Lauf  ; 


l'origine  massonica  della  poesia.  Anche  il  verso  Durch  Grahesnacht  in 
Himmelsìflarheit  schaun  esprime  un  concetto  assai  diffuso  frr  i  massoni 
del  tempo.   Cfr.   ScHNEIDER,   op,   cit.,   cap.   II. 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.  2 


18  Zacharias  Werner 


Noch  einmal   zuckt  die   Hyder, 
SInkt  dann  in  Grabesnacht, 
Und,   Herr!   dein   Reich   kehrt   wieder, 
Das   du   so   sckòn   gemacht    (30)  ! 

Il  Morgenlied  nacque  appunto  durante  i  due  placidi, 
idillici  anni  di  Ploszk,  che  il  Werner  stesso  contava  più 
tardi  come  i  più  belli  e  sereni  della  sua  vita. 

Libero  da  ogni  legame,  egli  viveva  quieto,  felice  di 
una  relativa  calma,  e  nella  calma  spuntò  il  primo  sogno 
religioso. 

Ma  presto  le  tempeste  della  vita  di  nuovo  lo  distrus- 
sero :  quel  sogno  risorgerà,  ma  non  avrà  più  giai  la  purità 
di  questo  primo  momento. 

Frattanto  esso  scompare.  Il  Werner,  presa  dimora  a 
Varsavia,  si  lascia  di  nuovo  travolgere  nei  piaceri  facili 
della  grande  città  corrotta,  che  egli  descrive  :  «  Alle 
Laster  zùgellos,  kein  schuldloser  Genuss  »  (3 1  ).  Egli  par- 
tecipa di  questa  vita.  Per  un  paio  d'anni  corre  di  nuovo 
l'avventura  con  prostitute  d'ogni  specie,  e  vive  di  voluttà 
fino  all'estenuazione  fisiologica,  e  fino  a  che,  con  la  este- 
nuazione fisica,  la  nausea  morale  risorge,  e  si  rifa  pre- 
potente. 


(30)  Ausgewdhlte  Schriften,  I,  p.  64.  I  versi  sono  del  1795  e  furono 
scritti  in  Ploszk.  È  singolare  che  anche  il  VlERLlNG,  che  al  Werner 
massone  pure  dedica  molta  parte  del  suo  libro,  trascuri  questa 
poesia,  che  pure  è  per  il  credo  massonico  del  Werner  importantissima. 
Il  carattere  massonico  suo  non  ha  bisogno  di  ulteriore  dimostrazione 
per  chi  conosca  le  tendenze  della  massoneria  del  tempo.  Cfr.  SCHNEIDER, 
op.  cit.,  cap.  II.  Pensieri  analoghi  si  ritrovano  del  resto  anche  nella 
poesia   An   Deutschlandsdichter   {Ausg.    Schriftetì,    I,    78),    datata    1796. 

(31)  «Blàtter  f.   1.   U.  ».    1827,  p.   7. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  19 

In  tutto  questo  tempo  egli  ha  pur  lasciate  tutte  le  pra- 
tiche massoniche:  fondatasi  in  Varsavia  la  loggia  «  Zum 
goldenen  Leuchter  »,  egli  vi  si  ascrive,  riportandovi  l'an- 
tico slancio  e  l'antico  entusiasmo.  Una  delle  ragioni,  che 
lo  avevano  allontanato  dalla  massoneria,  era  stata  la  delu- 
sione: la  maggior  parte  dei  confratelli  suoi  non  avevano 
più  lo  spirito,  da  cui  egli  era  animato:  il  suo  sogno  si 
era  dimostrato  come  una  illusione  ingenua  :  egli  aveva 
trovato  soltanto  piccole  gcire  d'egoismo,  intrigo,  mancanza 
d'ogni  idealità  vera,  d'ogni  sincerità.  Nella  nuova  Loggia 
creatasi,  ebbe  ben  ancora  occasione  di  peirlar  più  d'una 
volta  «  ohne  ein  Blatt  vor's  Maul  zu  nehmen  »  (32),  ma 
egli  vi  trovò  degli  spiriti  affini,  dominati  dalla  stessa  idea 
sua,  sognanti  lo  stesso  suo  sogno  d'una  rinascita  religiosa 
per  mezzo  d'una  rinascita  della  massoneria.  E  fra  questi 
spiriti  uno  che  egli  riteneva  grandissimo  :  Johann  Jacob 
Mnioch  (33). 


(32)  Ibid..  p.  7. 

(33)  Sul  Mnioch  V.  l'articolo  assai  magro  della  «  A.  D.  B.  »  (vo- 
lume XXII).  Manca  uno  studio  su  questa  personalità,  che  fu  in  sé 
stessa  bensì  secondaria,  ma  che  esercitò  un'influenza  vasta,  e  che  mostra 
assai  bene  Io  stato  di  coscienza  di  molti  spiriti,  che,  alla  fine  del  se- 
colo XVIII,  stanchi  dell'aridità  razionalistica  della  «  Auf klarung  » ,  non 
riuscirono  tuttavia  a  liberarsene,  e,  cedendo  in  parte  alle  nuove  ten- 
denze spiritualistiche  e  idealistiche  che  intomo  a  loro  fiorivano,  finirono 
di  salvarsi  nella  religione.  Anche  per  lo  studio  del  Romanticismo  nella 
Prussia  orientale  ha  il  Mnioch  molta  importanza  :  i  suoi  scritti  raggiun- 
sero parecchie  edizioni:  anche  le  Auserlesene  Schriften,  Warschau,  1798- 
1799,  che  pure  accolgono  lavori  di  sua  moglie,  ebbero  tre  ristampe.  Per 
i  dati  biografici  v.  la  «A.  D.  B.  ».  Nel  voi.  Ili  fra  i  collaboratori 
dei  «  Gesammelte  Blàtter  aus  dem  Pulte  vertrauter  Freude  »  è  anche 
il  Werner,  p.  399. 


20  Zacharias  Werner 


*  * 


«  Ich  verdanke  ihm  —  confessa  il  Werner  —  in  Hinsicht 
meiner  àsthetischen  und  religiòsen  Ideen  sehr  viel  »  (34). 
Il  Mnioch  gli  restituì  le  sue  idee,  ma  formulate  più  chia- 
ramente, più  logicamente  fondate,  meglio  ordinate,  e  glie 
ne  donò  delle  nuove,  che  s'accordavano  con  le  antiche. 
Anche  il  Mnioch  s'era  educato  essenzialmente  sopra 
Rousseau  e  sopra  Kant,  come  il  Werner  :  aveva  mante- 
nuto taluni  elementi  dell'  «  Aufklarung  »  da  cui  era  uscito, 
aveva  conosciuto  e  studiato  Fichte,  s'era  nutrito  di  letture 
bibliche  ;  ma  il  fondo  del  suo  pensiero  era  rimasto  quello 
che  l'ammirazione  dei  due  grandi  gli  aveva  fornito.  Ciò 
che  lo  faceva  parere  ad  Hitzig  e  ad  altri  un  colosso  (35), 
era  la  sicurézza,  con  cui  si  accostava  a  certe  grandi  idee, 
la  determinatezza  con  cui  le  esprimeva;  oltracciò  una  no- 
tevole ampiezza  di  vedute,  che  gli  rendeva  possibile  di 
assimilarsi  le  concezioni  di  altri  pensatori,  di  conciliarle, 
giungendo  ad  intuizioni  proprie,  disgregate  nel  fondo,  ma 
talor  nuove  ed  ardite. 

Il  Werner  predica  ora  ai  suoi  confratelli  il  Vangelo 
umanitario,  che  fu  tanto  caro  agli  uomini  del  secolo  XVIII 
ed  ebbe  nello  Herder  il  suo  massimo  profeta. 

—     In    diesar    grossen    Stunde 
Verkiinde  ich  es  —  dies  cine  nur  ist  Not!  — 

Seyd    Menschen  !    — 

Ein  Anblick,   der  die  Gottheit  selbst  erfreut, 
Ist  reÌDe  unentweihte  Menschiichkeit  (36)1 


(34)  Hitzig,   Lebensabriss   loc.    cit. 

(35)  Ibid..  p.    16. 

(36)  Ausgewdhlte  Schriften,  I,  p.  91.  È.  uno  dei  suoi  Lieder  massonici 
e  porta  la  data:   1798. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  21 

Anche  il  Mnioch  parte  dalla  stessa  idea  :  «  Siate  uo- 
mini !  —  grida  anch'egli  —  soltanto  così  raggiungerete  il 
vostro  scopo!  » 

Ed  esser  uomini  vuol  dire  tener  conto  di  tutti  gli  ele- 
menti della  nostra  natura,  nessuno  escluso  (37).  Il  Mnioch 
polemizza  contro  coloro  che  ripudiano  la  ragione:  perchè 
ripudiare  il  più  grande  dono  che  Dio  ci  ha  dato?  Ma 
egli  polemizza  pure  contro  coloro  che  non  riconoscono 
altro  al  di  hiori  di  essa  e  prega: 

O  Gott lass  die  Vemunft 

Nichi  eigensinnig,  und  nicht  allzu  Stolz 
Auf   ihre  eigene  Macht! 

Anche  i  sensi  hanno  il  loro  diritto  nella  vita  : 

Die  schone  Sinnenwelt, 
Die  du  umsonst  mit  diesem  Reiz  nicht  schmiicktest, 
Ist  nur  (ìir  Sinne  schon. 

Se  l'uomo  allontana  da  se  tutto  ciò  che  non  è  ragione 
e  spirito,  «  gestaltlos  làge  dann  |  die  kalte  todte  Wcihrheit 
vor  ihm  da  ».  E  il  Mnioch  continua  parlando  a  Dio: 


(37)  Auserlesene  Schriften,  ed.  1798.  I,  26.  367.  Ili,  116.  etc.  Cfr. 
anche  le  Schriften,  ed.  1794,  s.  1.  :  Litanei,  Ein  didaktisches  Gedichi 
iìber  sittliche  Aufkldrung.  Vi  è  espressa  sinteticamente  tutta  la  visione 
della  vita  del  Mnioch.  Lo  scritto  si  ritrova  rielaborato  e  con  nuovo  ti- 
tolo nel  voi.  II  delle  Auserleserìe  Schriften  ora  citate  e  delle  edizioni 
successive  che  su  questa  prima  son  modellate.  Cfr.  anche  nelle  stesse 
Schriften,  1794,  i  Fragmente  einer  Neujahrslitanei:  «  Mach'alle  Christen 
wiederum  zu  Menschen».  L'influenza  dello  Herder  sopra  di  lui  è,  per 
questo  rispetto,  evidente,  com'è  evidente  anche  pel  Werner.  Gli  scritti 
dello  Herder  furono  un  vero  focolaio  d'idee,  che  rapidamente  si  di- 
vulgarono e  diventarono  patrimonio  comune  della  coscienza  spirituale 
del  tempo. 


22  Zacharias  Werner 


Du    wolltest    dass   der    Geist, 
Der  in  uns  wohnt,   in  diesem  Leib  von  Erde, 
Fiir  scine  kiinftige  Welt,   erst   teifen  solite, 
Und    deine   Schopferhand    beschenkte   diesen    Leib 
Mit  jener  feinen  Tierheit,   die,   halb  Geist,    halb  Fleisch, 
Auf   wunderbare  Art,   die   beiden  Wesen 
In  sich  vereinet.   Nur  in   ihr  geniesset 
Der  Mensch  sein  Erdengliick  (38). 

Il  Mnioch  riconosce,  come  il  Werner,  la  bellezza  austera 
del  principio  Kantiano,  e  confessa  che  il  far  il  bene 
perchè  e  il  nostro  dovere,  contiene  «  seinen  Lohn  in  sich 
selbst  »  (39)  ;  ma  cerca  anch'egli  di  moderar  la  legge  ferrea 
che  anch'egli  condanna  come  poco  umana.  «  La  vita  conce- 
pita così  è  un  sacrifizio,  ma  chi  sacrifica  fa  cosa  più  facile  e 
fa  meno,  che  colui  il  quale,  con  saggezza,  gode  ciò  che  Dio 
ha  posto  nel  mondo,  perchè  lo  si  goda  »  (40).  Il  Mnioch  ri- 
corre quindi  a  un'altra  concezione  che  salvi  l'uomo  nella 
sua  integrità,  e  non  tolga  alla  vita  ogni  sorriso.  La  conce- 
zione, a  cui  egli  giunge,  ha  molta  analogia  con  quella  edu- 
cazione estetica  dell'uomo  alla  moralità,  che  propugnò  in 
.seguito,  con  ben  altra  forza  e  con  ben  maggiore  profon- 
dità di  pensiero,  lo  Schiller.  Anche  il  Mnioch  intitola  la 
sua  epistola  :  «  Ueber  die  moralisch-àsthetische  Bil- 
dung  »  (40  ^^) ,  ma  ciò  che  lo    separa    dallo    Schiller  è 


(38)  V.  la  cit.  Litaney  nelle  Schrijten  cit.  e  nel  II  voi.  delle  Auser- 
lesene  Schrijten  cit.,  passim. 

(39)  V.  Schriften,    1794,  cit..  p.  XVI. 

(40)  Auserlesene  Schrijten,   II,  235. 

Wer   entsagt, 
Tut  weniger,  als  wer  mit  Weisheit  alles 
Geniessen  kann,    was   zum   Genusse   da   ist. 

(AObis)  Auserlesene  Schrijten,  II,  215. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  23 

l'edonismo  a  cui  egli  apeitcìmente  indulge,  la  preoc- 
cupazione di  esaltare  anche  il  godimento.  Esiste  fra 
ragione  e  sensi  una  disarmonia:  la  ragione  mira  al  bene, 
i  sensi  cercano  il  piacere:  la  soluzione  del  problema  della 
vita  sta  nella  composizione  di  questa  disarmonia.  Il  primo 
peccato  ha  franto  nell'uomo  la  sua  unità  interiore,  ma  la 
vita  ha  acquistato  da  quel  momento  uno  scopo  :  quello 
che  ogni  individuo  deve  sforzarsi  di  ricostruirla  in  se  con 
la  forza  della  propria  ragione  e  della  propria  volontà  (4Ì). 
La  lotta  è  aspra  e  la  fatica  grama  : 

Wir  tanzen  nicht  durchs  Leben, 
Wir  muhen  uns  hinab  (42)  ; 

ma  non  importa:  il  peccato  originale  è  stato  il  punto  di 
partenza  verso  un  miglioramento  dell'uomo  inquantochè 
questi  ora  si  deve  risollevare  all'cumonia  con  se  stesso, 
ma  con  lavoro  proprio,  coscientemente: 

Sey    geschàtzt    von    uns, 
Du    Widerstreit   der   Triebe   mit   sich  selbst, 
Geschàtzt  von  uns,   du  angeborae  Siinde   (43). 

La  ragione  deve  diventare  la  nostra  guida  nei  piaceri 
del  senso  e  del  sentimento,  poiché  la  ragione  raggiunge  la 
vittoria,  non  in  quanto  li  esclude,  ma  in  quanto  li  sotto- 
mette. Questo  è  il  vero  trionfo  dello  spirito  sopra  la 
materia,  e  in  questo  trionfo  è  la  vera  felicità.  Il  bene  e  il 
piacere   si   identificano,    e   dalla    identificazione  nasce    la 


(41)  Cfr.    Litaney    cit.,    passim.    È   uno   dei   pensieri   fondamentali    in- 
torno a  cui  il  sermone  si  svolge. 

(42)  Auserlesene  Schriften,  III,    146. 

(43)  Schrijten,    1794.   cit.,    p.   27. 


24  Zachariàs  Werner 


gioia  più  alta,  più  intensa,  più  forte  e  più  duratura  che 
l'uomo  possa  provare  :  raggiungendo  la  felicità,  l'uomo  rag- 
giunge anche  il  suo  scopo  :  «  das  Ziel  der  Menschheit 
steht  nicht  ausser  uns  »  (44).  Bisogna  quindi  educare  i 
proprii  sensi  a  quest'armonia  con  la  ragione,  educar  se 
stessi  a  vincere  la  sensualità  materiale,  a  sentirla  come 
volgare  e  bestiale,  in  contrasto  con  la  dignità  umana:  bi- 
sogna sviluppar  questo  orgoglio  morale,  ed  abituarci  ai  go- 
dimenti, che  quest'orgoglio  soddisfanno  :  bisogna  amare 
gli  uomini,  perchè  amare  è  un  «  soddisfare  se  stesso 
uscendo  da  se  stesso  »,  la  forma  più  alta  possibile  della 
fusione  di  virtù  e  godimento.  Amore  dev'esser  l'anima 
della  morale  :  fuori  di  esso  non  vi  è  che  un  «  unmensch- 
liches  Streben  zum  Ziel  der  Menschheit  »  (45):  esso 
deve  essere  lo  stimolo  più  potente  della  nostra  vita.  La 
moglie  del  Mnioch,  donna  di  fantasia  alata  e  di  sensibi- 
lità squisita,  è  colei  che  comunicò  al  marito  questa  con- 
cezione ultima,  che  sta  a  base  di  tutti  i  suoi  scritti  (46). 
Il  Werner  aderì  facilmente  a  queste  idee,  che  confu- 
samente già  vedemmo  essergli  balenate.  E  aderì  anche 
più   alla   concezione   religiosa,    che  il  Mnioch   al    tempo 


(44)  Auserlesene  SchrijicTi,  I,  26. 

(45)  Ibid.,  I,  367.  Cfr.  anche  intorno  a  queste  idee,  oltre  la  cit.  Li- 
ianey  e  la  rielaborazione  dell'epistola  Ueber  moralisch-aesthetische  Bil- 
dung,  anche  II,  144:  «die  Sinnlichkeit  muss  zu  moralischen  Zwecken 
erzogen  und  gebildet  werden  etc.  »  ;  e  cfr.  anche  nelle  Schrifien,  1794, 
cit,,  le  note  del  Mnioch  sullo  stesso  argomento,  p.  61:  «Die  Determi- 
nierung  der  Sinnlichkeit  zu  moralischen  Absichten  durch  Hoffnung  und 
Furcht  ». 

(46)  Nelle  Auserlesene  Schriften,  voi.  Ili  si  trovano  scritti  di  Maria 
Mnioch,  che  specialmente  riguardano  l'idea  dell'amore  come  anima 
della  morale.  Il  mondo  ideale  è  anche  per  il  Mnioch  quello  in  cui 
«  Wahrheit   und    Liebe  »    riuniti    in   un   solo    raggio    illuminano    la    vita. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  25 

stesso  propugnava  (47).  Anche  in  questo  campo  il  Mnioch 
parte  da  Kant,  e  lo  corregge  con  Rousseau.  La  ragion 
teoretica  pura  non  può  dimostrare  Dio  :  Dio  sta  sopra  il 
mondo  delle  esperienze  nostre  e  dei  nostii  ragionamenti  : 
nessuno  può  distruggere  il  dubbio  teoretico:  Dio  può  sol- 
tanto esser  dimostrato  dal  punto  di  vista  pratico  :  Dio  in- 
comincia a  esistere  dal  punto  a  cui  il  nostro  intelletto 
s'arresta.  Oltracciò  a  Dio  si  crede  perchè  Dio  si  sente. 
11  dubbio  non  indebolisce  la  fede,  ma  le  dà  un  valore  più 
alto,  in  quanto  che  la  fede,  che  vien  dopo  il  dubbio,  è  una 
confessione  della  propria  debolezza,  una  rinuncia  ad  ogni 
egoismo  e  ad  ogni  superbia,  una  dedizione  completa  del- 
l'individuo alla  Divinità.  Dio  è  in  noi  e  accanto  a  noi, 
r  «  Urquell  alles  Lichts  und  Feuers  »  (48).  E  noi  lo  pos- 
siamo sentire,  perchè 

Durchs  Licht  im  Haupt,  durch  Pein  im  Busen 
Slnd  wir  der  Gottheit   anverwandt   (49). 

La  religione  è  l'oggetto  di  molti  fra  gli  scritti  del 
Mnioch.  E  le  sue  opinioni  religiose  hanno  lo  stesso  ca- 
rattere che  le  sue  teorie  morali.  Religione  è  uno  smarri- 
mento nel  senso  della  Divinità.  Noi  ci  rappresentiamo  Dio 
secondo  le  leggi  del  senso  di  cui  siamo  schiavi,  e  gli  diamo 
una  forma  secondo  le  tendenze  della  nostra  fantasia:  ed  è 
naturale  :  noi  adoriamo  Dio  e  lo  dobbiamo  adorare  secondo 


(47)  Tutti  gli  scritti  del  Mnioch  toccano  più  o  meno  la  religione.  La 
citata  Litaney  indica  chiaramente  la  posizione  della  religione  nella  sua 
a  Weltanschauung  » .  Ma  v.  sopratutto  il  volume  II  delle  Auserlesene 
Schrifien:  p.    105:   «  Einige  Ideen  zu  einer  Theorie  der  Gebetformein  ». 

(48)  V.  Auserlesene  Schriften,  III.  p.  116.  Intorno  a  «Dubbio  e  reli- 
gione» V.  Schriften,  1794,  p.  81  («  Zweifel  und  Glaube  »).  Si  ritrova 
la  poesia  anche  nelle  Auserlesene  Schrijten. 

(49)  V.   Litaney  cit.,   p.    17. 


26  Zacharias  Werner 


le  leggi  della  nostra  natura  (49^^*);  ma  la  condizione  della 
purità  del  nostro  sentimento  è  che  noi  teniam  presente 
che  tutti  questi  elementi  esteriori  sono  una  creazione 
nostra,  il  hutto  della  nostra  «  Beschrànktheit  ».  «  Bei  alien 
Rùhrungen  auch  der  besten  Religion,  muss  unsre  Phantasie 
und  unser  Herz  so  trunken  werden,  dass  wir  vergessen, 
dass  unsre  Vernunft  jene  sinnlichen  Vorstellungen  von  Gott 
nur  permittirt  hat,  ohne  sie  desswegen  selbst  fiir  wahr  zu 
halten  und  anzunehmen  »  (50).  La  religione  riposa  quindi 
sul  puro  sentimento.  Il  culto  esteriore,  la  preghiera,  tutti  i 
mezzi,  che  giovano  a  tener  vivo  questo  sentimento  ed  a 
renderlo  intenso,  non  son  soltanto  cose  legittime,  ma  neces- 
sarie e  lodevoli,  la  poesia  della  religione.  Soltanto  noi  non 
le  dobbiamo  scambiar  per  la  religione  in  se,  la  quale  non 
è  che  il  sentimento  che  in  tali  forme  si  esprime.  «  Fùr 
Phantasie  und  Herz  miissen  die  rehgiòsen  Ideen  versinn- 
licht  werden  »  (51).  Lo  scopo  della  preghiera,  del  culto 
non  è  Dio,  ma  siam  noi  :  preghiera  e  culto  sono  mezzi 
per  cui  noi  ci  avviciniamo  a  Dio.  E  anche  il  Mnioch 
giunge  così  ad  un  pensiero,  che  noi  già  trovammo  preceden- 
temente nel  Werner:  se  la  religione  è  sentimento,  essa 
può  pervadere  la  vita  di  un  continuo  ininterrotto  senso 
del  divino. 


(49  bis)  Schriften,  1794,  p.  78  e  segg.  :  «Die  Religion  muss  die 
sinnlichen  Vorstellungen  von  Gott  nicht  aufheben».  V.  nelle  Auser- 
lesene  Schrijten,  accanto  alla  lettera  «Ueber  moralisch-aesthetische  Bil- 
dung  »  e  accanto  alle  «  Ideen  zu  einer  Theorie  der  Gebetformeln  » ,  anche 
le  osservazioni  intorno  alla  «  Versinnlichung  der  religiosen  Ideen  fur 
Phantasie  und  Herz»,   II,  p,    132. 

(50)  V.  il  cit.  commento  del  Mnioch  alla  Litaney  cit. 

(51)  Ibid.,  passim. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mbtiche  27 

Concezione  morale  e  concezione  religiosa  si  fondono 
nella  concezione  della  morte,  la  quale  appare  altamente 
desiderabile.  La  vittoria,  prima  momentanea,  dello  spirito 
sopra  la  materia,  dell'anima  sopra  i  sensi  diventa,  con  la 
morte,  completa,  in  quanto  che  noi  veniamo  liberati  da 
quel  giogo,  che  la  vita  mondana  imponeva  a  tutti  i  nostri 
godimenti  e  a  tutti  i  nostri  pensieri.  La  vita  dell'anima  e 
il  godimento  e  la  felicità  persistono,  ma  non  hanno  più 
bisogno  di  esserci  trasmessi  attraverso  i  sensi  definitiva- 
mente sconfitti.  La  morte  non  è  un  troncamento  della  vita, 
ma  l'epilogo  e  la  conclusione  dei  nostri  sforzi:  essa  è 
per  l'uomo  la  gucu-igione: 

In  des  Grabes  stiller  Kammer 
Ist  der  kranke  Leib  genesen  (52). 

Il  Mnioch  conserva  all'uomo  nell'altra  vita  anche  il 
corpo,  ma  sottratto  alle  leggi  terrene  a  cui  esso  in  questo 
mondo  era  soggetto. 

E,  d'altra  parte,  la  morte,  essendo  un  passaggio  all'im- 
mortalità (52^^)  e  riportandoci  a  Dio  purificati,  ci  rende  pos- 
sibile e  completo  quell'avvicinamento  a  Dio  e  quello  smar- 
rimento in  Lui  che  nella  vita  mondana  era  tanto  limitato. 
La  bara  e  la  tomba  devono  essere  incoronate  :  «  Wir 
krànzen  den  Sarg  und  das  Grab  ». 

Il  pensiero  della  morte  diventa  un  conforto,  senza  che 
esso  distragga  dal  godere  la  vita:    la   morte  ci    rassicura 


(52)  Auserlesene  Schriften,  III,  p.  131.  È  uno  dei  «Lieder»  massonici 
composti   dal   Mnioch   pei   colleghi   della   sua   loggia. 

{52  bis)  Intorno  alle  idee  del  Mnioch  sull'immortalità  v.  specialmente 
la  poesia  Ueber  die  Unsterblichkeit  :  «  Ich  werde  seyn  wenn  schon 
Jahrhunderte,  etc.  »,  che  già  si  trova  nelle  Schriften,    1794,  p.    193. 


28  Zacharias  Werner 


nella  nostra  gioia,  indicandoci  il  momento  in  cui  questa 
diventerà  più  alta  ed  eterna,  ci  consola  nelle  ore  tristi  di 
lotta,  di  fatica  e  di  scoramento.  Tutto  ci  appar  piccolo 
al  confronto: 

Wir  werden  alle  Platz  und  Raum 
In  unsern  Grabern   haben   (53). 

Il  Werner  accetta  tutti  questi  pensieri,  che  ritroveremo 
a  base  dei  suoi  scritti,  ma,  assorbitili,  va  oltre  per  la 
sua  via.  Malgrado  questa  conclusione  ultima,  il  Mnioch 
non  era  un  mistico:  aveva  un  troppo  lucido  senso  della 
realtà  e  un  troppo  grande  equilibrio  nel  suo  spirito,  perchè 
potesse  diventar  tale.  Per  il  Werner,  invece,  questi 
pensieri  non  son  che  uno  spunto  per  butteirsi  a  capofitto 
in  entusiastici  rapimenti  :  il  «  guter  Freund  »  che  accu- 
sava la  sua  poesia  Phantasie  di  «  Empfindelei  »  e  di 
«  Schv^àrmerei  »,  e  lo  induceva  a  scrivere  la  palinodia 
Wahrheit,  era,  io  credo,  il  Mnioch  medesimo  (54).  Il 
quale,  però,   non   bastò   a   trattenerlo.  Se    si    confrontano 


(53)  V.  cit.   «Lied»  nelle  Auserlesene  Schrifterì,   III,  p,    131. 

(54)  V.  la  poesia  Phantasie  e  la  palinodia  Wahrheit  nelle  Ausge- 
Wàhlie  Schrijten  del  Werner,  I,  p.  92  e  p.  97.  Che  il  Werner  abbia 
scritto  la  palinodia  in  seguito  a  rimostranze  di  un  amico,  dice  il  Werner 
stesso  nella  sua  poesia.  Ora  le  idee  che  l'amico  oppone  alla  esaltazione 
lirica  da  lui  fatta  di  sentimento  e  fantasia  sono  quelle  da  noi  sopra  esposte  : 
la  conciliazione  fra  vita  di  senso  e  vita  di  pensiero,  fra  «  Gefiihl  » 
e  «Vernunft».  Abbiamo  infatti  ricordato  come  il  Mnioch  ritenga  del- 
l'«  Aufklarung  »,  di  cui  subì  l'influsso,  la  celebrazione  della  ragione: 
citerò  ora  a  questo  proposito  qualche  passo  per  dimostrar  l'afferma- 
zione. II  Mnioch  desidera  «  dass  der  Mensch  die  Ueberzeugung  des 
ruhigen  Verstandes  und  der  kalten  Vernunft  auch  in  der  heissen  Stunde 
der  Handlung  respektirt  »  {Schrifien,  1794,  p.  72),  e  in  conformità  di 
questo  principio,  in  accordo  con  le  altre  idee  sue,  descrive  Io  stato  ideale 
della   vita   umana   nella   maniera   seguente  : 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  29 


i  suoi  canti  massonici  con  quelli  del  Werner,  si  osserva 
subito  come  questi  si  sia  avventurato  assai  più  oltre  di 
lui  nell'esaltazione  dei  sentimenti  mistici.  Ben  predica  an- 
ch'egli  che 

Nur  die   Kerze   heiliger   Vernunft 
Leuchtet  in  der  rechten  Maurerzunft  ; 

ben  predica  anch'egli  «  Spannkraft,  Mut  und  Tatengeist  » 
e  canta  le  bellezze  dell*  «  ewig  Schònes  »  e  dell'  «  ewig 
Wahres  »,  in  contrasto  con  V«  Erdentand  »  (55);  non  ap- 
pena però  s'abbandona  completamente  all'ispirazione,  su- 
bito ripudia  la  ragione  ingannatrice  :  • 

Scheinvernunft,   nimin"  deine  Schàtze  wieder, 
Deine  Lockung,   deine  Schmeichelei, 
Kehre   wieder,    holde   Schwannerei, 
Senke  dich  auf  meine  Schlafe  nieder  (56), 


Vollendet  aber  wird 
Der  pràchtige  Bau  von  Boden  sich  erheben, 
Wenn  einst  die  Hand  der  Stàrke  an  den  Pian  der  Weisheit 
Gefesselt  ist  vom  sanften  Band  der  Schonheit, 
Wenn  zu  dem  frohen  Chor  der  Grazien 
Die    ernste   Nemesis   sich    schwesterlich   gesellt, 
Und  durch  veredelten  Geschmack  am  Reiz  des  Guten 
Durch  jenen  heiligen  Geist,   um  den  wir  tàglicK  leben, 
Sich  endlich   die    Vernunft  zum  Herm  der  Sinnlichkeit 
Emporgeschwungen  hat.  {Schrijten,  1794,  p.   16). 

Date  queste  idee,  le  relazioni  fra  il  Werner  e  il  Mnioch  rendono  la 
mia  ipotesi  verosimile,  che  l'amico  di  cui  il  W.  parla,  sia  il  Mnioch 
stesso. 

(55)  V.   Phantasie   cit.,   Ausgewàhlte  Schriften,   I,   p.   92. 

(56)  Ibid.,  %.  In  quale  delle  due  poesie  il  vero  Werner  sia  da  cer- 
care mostra  anche  la  diversità  di  ispirazione  di  esse.  La  prima  è  piena 
di  slancio  e  di  impeto  e  sente  tutto  il  calor  lirico  della  sua  origine,  la 
seconda  è  arida  e  ragionatrice  e  sente  la  composizione  a  tavolino. 


30  Zacharias  Werner 


Difendeva  il  Mnioch  1*«  Aufklàrung  »,  ripudiando  la  falsa 
concezione,  che  i  più  ne  avevano,  e  sognava  Favvento  di 
una  «  Aufklàrung  »  novella,  che  superasse  la  ristrettezza 
di  spirito,  che  la  precedente  «  Aufklàrung  »  aveva  dimo- 
strata: il  Werner  canta   al  contrario: 

Ist  es  das  —  das  Ende  deiner  Gaben, 

Das   dein   Licht,    Tyrannln   Aufklàrung  ?    (57) 

E,  preludendo  a  Novalis,  a  Tieck  e  a  Schlegel,  si 
smarrisce  nella  rievocazione  dei  tempi,  in  cui  la  religione 
dominava  tutti  gli  spiriti  e  tutte  le  forme  della  vita,  si 
sconsola  nel  veder  che  tutto  è  polvere  e  ruina  dove  un 
giorno  era  vita  ardente  e  slancio  delle  anime  verso  Dio  : 
uomini  e  donne,  guerrieri  e  poeti,  tutti  si  inginocchiavano 
dinnanzi  alle  immagini  di  Maria  e  dei  Santi,  dinnanzi  a 
Cristo  benedicente  dalle  braccia  stese  sopra  la  Croce:  la 
religione  affratellava  tutti  in  un  culto  solo,  fondeva  IWdore 
di  tutte  le  anime  in  una  fiamma  sola,  ascendente  molti- 
plicata al  cielo  :  l'arte  fioriva  sbocciando  da  questa  vita 
ricca  e  pura  meravigliosamente,  e  l'artista  era  un  messo 
di  Dio,  annunciante  in  forme  di  bellezza  eterna  il  Verbo 
della  eterna  Verità.  E  sogna  il  Werner  che  quel  tempo 
ritorni,  e  in  tutti  i  cuori  ridivampi  l'antico  entusiasmo,  e 
ognuno  senta  in  se  la  voce  di  Dio  risuonare: 

Das  Firmament  wird  unset  Tempel  seyn 
Und  alle  Menschen  unsre  Zunftgenossen  ! 
Dann  saugen  wir  —  im  Schosse  der  Natur  — 
Au8  deinen  Brùsten,  Mutter  Isis,  nur  (58). 


(57)  Ausgewahlie  Schrijterì,  I,  p.  96. 

(58)  Ibid.,  p.   92. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teone  mistiche  31 


* 
*   * 

Tutto  ciò  prima  delFawento  dei  Romantici.  Si  può 
dire,  quindi,  che  una  parte  delle  idee  fondamentali  dei 
primi  romantici  giaccia  fin  d'ora  in  germe  in  lui.  E,  poiché 
i  romantici  glie  la  presentarono  meglio  organizzata,  meglio 
approfondita,  insieme  con  grandi  idee  nuove,  qual  mera- 
viglia che  egli  si  sia  tutto  concesso  con  entusiasmo  alla 
nuova  corrente,  e  che  sotto  Finflusso  di  essa  abbia  siste- 
mato definitivamente  il  suo  pensiero?  (59).  Anche  il  Mnioch 


(59)  Poco  venne  indagato  sopra  le  sue  relazioni  coi  romantici  fino  al 
PoPPENBERG  (Z.  Wemers  «  Sòhne  des  Tales  »  cit.),  che  dedicò  all'ar- 
gomento parte  del  suo  studio.  Ma  il  Poppenberg,  che  scriveva  nel  1895, 
prima  che  gli  studi  sul  Romanticismo  prendessero  quella  voga  che  ebbero 
negli  ultimi  tempi,  e  conducessero  a  quei  risultati  che  negli  studi  sinte- 
tici del  WaLZEL,  della  HuCH,  della  JOACHIMI,  del  pARINELLIsi  possono 
veder  riassunti,  limita  la  sua  indagine  alla  misticità  erotica  che  presso 
taluni  romantici  compare.  Poco  aggiunse  per  questo  rispetto  al  Pop- 
penberg il  FrankEL  nel  saggio  stilistico-tecnico  sulla  Weihe  der  Kraji 
cit.  :  il  VlERLING  vi  dedicò  bensì  il  secondo  capitolo  del  suo  volume 
Z.  Werner  et  Fècole  romantique,  ma  egli  ha  del  romanticismo,  che 
confonde  con  tanti  movimenti  spirituali  talor  analoghi  talora  anche  di- 
versi, una  visione,  se  possibile,  ancor  più  imprecisa  e  confusa  di  quella 
delle  idee  del  Werner,  e,  malgrado  alcune  osservazioni  originali  qua  e 
là,   voi  vi  cercate  invano  luce  sull'argomento. 

Questa  osservazione  vale  i>er  tutta  quella  storia  delle  idee  del  Werner 
che  io  venni  schizzando  sinora  in  questo  capitolo  e  che  dovrò  svolgere  in 
seguito,  come  già  avvertii  nella  prefazione. 

Siccome,  determinando  le  relazioni  della  e  Weltanschauung  »  del 
Werner  con  le  idee  dei  romantici,  io  mi  riferisco  spesso  a  pensieri  di- 
ventati ormai  possesso  comune  di  tutti  gli  studiosi  di  questo  periodo  let- 
terario, io  non  dò,  se  non  quando  mi  pare  assolutamente  necessario,  al- 
cuna bibliografìa.  Questa  si  può  trovare  nella  Appendice  al  Roman- 
ticismo del  Farinelli,  Bari,  1910,  da  integrarsi  con  i  resoconti  del 
WaLZEL  nei  et  Jahresberichte  fur  deutsche  Literaturgeschichte  »  per  gli 
anni  seguenti. 


32  Zacharias  Werner 

divideva  il  suo  entusiasmo,  entrava  in  relazioni  personali 
col  Tieck,  inneggiava  ai  nuovi  ideali,  cantava  con  i  versi 
Hellenik  und  Romantik,  pubblicati  nel  «  Taschen- 
buch  »  del  Tieck  e  dello  Schlegel,  il  nuovo  sogno  di 
poesia  (60).  Il  Werner  confessa  di  dovere  alle  Reden 
uber  die  Religion  dello  Schleiermacher  «  sehr  viel  Auf- 
regung  in  ihm  geschliimmerter  Ideen  »  (61),  ed  esalta  i 
romantici  tutti  quanti  :  «  Ich  schàme  mich  nicht  es  zu 
sagen  ;  ich  bin  ganz  Tieckisch  ;  ich  liebe  v^as  er  schreibt 
von  ganzer  Seele  :  er  und  Wackenroder  sind  in  ihren 
Schriften  liebensv^ùrdige  Menschen,  Schlegel  halb  Gott, 
halb  Unmensch,  Goethe,  wenn  du  v^illst,  ein  Gott,  aber 
ein  uns  selten  ganz  befreundetes  Wesen  »  (62).  I  loro 
libri  sono  «  einzig  »,  ed  egli  ne  spera  «  Trost  noch  auf  dem 
Sterbebett  »;  il  Wackenroder  è  un  gigante  della  religio- 
sità vera  e  della  vera  poesia  (63).    Quest'entusiasmo  in- 


(60)  Ritrovate  questi  versi  anche  nella  cit.  ed.  delle  Auserlesene 
Schriften. 

(61)  Lo  scrive  allo  Hitzig.  Per  le  sue  lettere  allo  Hitzig,  io  mi  rife- 
risco alla  biografia  dello  SCHÌJTZ  cit.  nelle  Ausgewàhlte  Schriften, 
dove  esse  son  riportate,  anziché  al  Lebensabriss  dello  HiTZIG  medesimo, 
e  ciò  per  comodità  di  citazione  e  per  render  pivi  facile  il  raffronto.  Vedi 
dunque  ScHÌJTZ.  Ausg.  Schr.  del  Werner,   XIV,  p.   26. 

(62)  Ibid.,  p.  29.  Cfr.  anche  la  lettera  a  Regiomontanus  nei  «  B lattar 
f.  1.  U.  »,  1827,  n.  1:  «Ja,  mein  alter  Freund,  ich  leugne  es  nicht; 
ich  ehre  das  Streben  der  Schlegel,  des  Tieck  ;  ich  ehre  die  alte  Kunst, 
ich  liebe  die  Religion,  und  das  romantische  Leben,  das  mit  der  erstern 
innigst  verwandt  ist».  Cfr.  anche  le  lettere  del  Werner  al  Peguilhen  e 
ad  altri  amici  nel-  «  Gesellschafter  »  del  GuBITZ,  1837,  Genn.,  Marzo,  e 
1839  passim;  le  notizie  del  GuBITZ  negli  Erlebnisse,  I,  cit.,  e  i  brani 
numerosi  delle  lettere  allo  Scheffner  nei  «  B lattar  f.  1.  U.  »,  1834.  cit., 
che  ai  romantici  e  al  romanticismo  si  riferiscono.  Anche  nella  lettera 
stampata,  «Euphorlon»,  1895,  p.  361,  si  trovano  confessioni  del 
Werner  a  questo  proposito.  E  cfr,  pure  DOROW,  Erlebtes.,  Berlin,    1868. 

(63)  Ausgew.  Schriften,  XIV.  p.  45. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  33 

condizionato  e  crescente  è  tanto  più  significativo,  inquan- 
tochè  nelFambiente  in  cui  egli  vive,  i  libri  dei  romantici 
restano  ancora  completamente  senza  eco  :  «  diese  Bùcher 
sind  hier  kaum  gekannt  »  (64).  Una  stretta  parentela  di 
anime  appaie  fuor  d'ogni  dubbio,  sebbene  i  romantici 
di  fronte  al  Werner  si  sian  mostrati  —  e  vedremo  che 
dovevan  mostrarsi  (64''*0  —  avversi. 

Conosciuti  i  romantici,  il  Werner  si  allontana  dal  Mnioch, 
e  prende  risolutamente  posizione  contro  r«  Aufklàrung  »: 
«  Ich  glaube  dass  die  durch  jàmmerliche  einseitige  Aufklà- 
rung des  Verstandes  so  tief  hinabgesunkene  Menschheit 
nicht  noch  mehi*  aufgeklàrt,  sondern  abgeklàrt  werden 
muss  »  (65).  Essa  ha  fatto  perdere  il  senso  degli  alti  destini 
umani  ;  nel  volgare,  nel  terreno  ha  soffocato  lo  spirito,  e  gli 
uomini  vivono  giorno  per  giorno  la  loro  vita  piccola  e  inu- 


(64)  Allo  Hitzig  che  si  reca  a  Berlino  e  sta  per  conoscere  personal- 
mente i  promotori  del  nuovo  movimento  letterario.  SCHiJTZ  cit.,  pa- 
gine 43-45. 

(64  bis)  S'intende  che  durante  l'evoluzione  delle  sue  idee,  che  dovremo 
in  seguito  seguir  davvicino,  la  posizione  del  Werner  di  fronte  al  Roman- 
ticismo fu  diversa  nei  diversi  periodi  che  egli  attraversò.  Dei  singoli 
particolari  nei  singoli  periodi,  e  della  evoluzione  sua  anche  rispetto  al 
Romanticismo  faremo  parola  p'm  tardi,  quando  di  quei  periodi  ci  toccherà 
discorrere.  Ora  io  mi  limito  a  segnare  i  principi  fondamentali  della 
«  Weltanschauung  »  del  Werner,  come  essi  in  lui  fino  alla  sua  con- 
versione al  Cattolicisrao  generalmente  si  conservarono,  e  a  metterli  in 
relazione  con  le  idee  romantiche,  di  cui  essi  subirono  l'influsso.  Nei  di- 
versi momenti  dell'attività  poetica  Werneriana,  fu  or  l'uno  or  l'altro  di 
questi  principi,  che,  col  progressivo  imporsi  delle  sue  personali  tendenze, 
prese  sugli  altri  il  sopravvento  ;  in  conformità  di  questa  trasformazione 
si  svolsero  anche  in  lui  le  relazioni  coi  romantici,  che  furono  nei  diversi 
momenti  talor  più  deboli  e  talor  piìi  intense  di  quanto  dal  quadro  ge- 
nerale che  ora  farò  potrebbe  apparire,  ma  che  però  sulla  base  in  questo 
quadro  descritta   sempre   si   mantennero. 

(65)  Lettera  a  Regiomontanus,    «  Blàtter  f.   1.   U.  »,   cit.,    1834,   n.    I. 

G.    Gabetti,   //   dramma   di  Z.    Werner.  3 


34  Zacharias  Werner 


tile,  credendo  di  possedere  la  verità,  perchè  han  rinnegato 
tutto  ciò  che  non  cape  nel  loro  cervello  angusto  :  bisogna 
liberarli  da  questa  tirannia  del  «  Verstand  »,  che  li  ha  fatti 
cadere  così  al  basso,  render  di  nuovo  possibile  all'immagi- 
nazione, guidata  dal  sentimento,  il  suo  volo  :  «  Soltanto  per 
mezzo  dell'Immaginazione  l'uomo  può  sentirsi  parte  del- 
l' «  unendliches  Weltall  »  che  lo  avvolge,  e,  perciò  che 
questo  Tutto  è  emanazione  di  Dio  o  Dio  stesso,  parte  della 
divinità  »  (66).  E  il  Werner  s'accosta  ai  romantici  anche 
sotto  un  altro  aspetto  :  considera  l'uomo  come  l'espressione 
finale  e  il  riassunto  di  tutto  il  creato  :  «  Mensch  und  Welt 
sind  Synonima  (w^ie  etwa  das  sich  in  einem  Cylinder 
abspiegelnde  Bild  einer  darunter  gelegten  verstellten 
Zeichnung)  »   (67).  L'uomo  non    deve  cercar  la  scienza 


(66)  Cfr.  le  lettere  allo  Hitzig,  allo  Scheffner,  al  Peguilhen  cit., 
passim.  Importante  come  sintesi  del  Credo  werneriano  e  dei  suoi  rap- 
porti coi  romantici  è  specialmente  la  lunga  lettera  al  Peguilhen,  ripor- 
tata dal  GUBITZ  anche  negli  Erlebnisse  cit.,  I,  p.  217  e  seg.  Cfr.  parti- 
colarmente, a  proposito  di  questo  pensiero,  p.  220,  e  cfr.  anche  special- 
mente SCHiJTZ  cit.,  p.  25  e  segg.  ;  «  Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  IIÓ9 
e  segg.;  «  Gesellschafter  »,  1837,  p.  17  e  segg.  La  definizione  che  il 
Werner  dà  della  fantasia  è,  nelle  sue  numerose  variazioni,  basata  su 
questo  motivo  tematico  :  «  Die  Phantasie  ist  die  Grundkraft  des  Men- 
schen  sich  als  Teil  des  ihm  umgebenden  Weltalls  —  und  wenn  ich 
es  plump  sagen  soli  als  Teil  der  Gottheit  zu  fùhlen  ;  sie  ist  das  Ge- 
fiihl  bis  zu  der  Annaherung  des  Unendlichen  ».  E  il  Werner  crede 
che  ciò  sciolga  tutti  gli  enigmi  :  «  Durch  diese  Hypothese  erlautest 
sich  die  Wahrheit  von  unendlichen  Dingen  die  ewig  wahr  und  doch  ewig 
unbegreiflich  sind».  Chiunque  abbia  un  po'  di  famigliarità  con  le  Reden 
dello  Schleiermacher,  con  i  Fragmente  dell'a  Athenàum  »,  con  le  Her- 
zensergiessungen  del  Wackenroder  e  con  gli  scritti  di  Novalis  non  abbi- 
sogna di  raffronti  a  questo  passo.  Cfr.  sulla  fantasia  e  i  romantici  SlMON, 
Der  magische  Idealismus,  Heidelberg,    1908. 

(67)  V.  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1170.  È  questo  il  punto  che 
portò  lo  Schelling  e  i  romantici  a  quella  unione,  da  cui  le  teorie  ro- 
mantiche si  vennero  formando,  e  il  sistema  schellinghiano  della  identità 
si  venne  determinando. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  35 

dell'universo  al  di  fuori  di  se,  perchè  contiene  in  se  me- 
desimo tutto  il  segreto  dell'universa  vita.  Anche  per  il 
Werner  la  base  della  vita  umana  e  la  nostalgia  dell'as- 
soluto, l'aspirazione  all'infinito.  Ora,  dove  troverà  l'uomo 
soddisfazione  a  questa  tendenza,  fuorché  nella  contempla- 
zione di  se  medesimo,  dal  momento  che  tutto  l'universo 
è  in  lui?  (68).  La  fantasia,  che,  guidata  da  uno  stimolo 
interiore,  si  spinge  oltre  i  limiti  del  «  Verstamd  »,  non  è 
una  sirena  ingannatrice,  ma  una  annunziatrice  della  suprema 
verità.  E  il  Werner  dà  come  i  romantici  una  grande 
importanza  all'Inconscio  nell'uomo,  poiché  l'Inconscio  è 
istinto  di  natura  amcora  incontaminato,  e,  perciò,  fonda- 
mento della  retta  vita  :  la  scienza  non  è  se  non  un  diventar 
luce  di  questo  Inconscio  stesso  (69). 

* 
*  * 

Se  il  punto  di  partenza  è,  ora,  identico,  tuttavia  non  tutti 
gli  aspetti  del  Romanticismo  si  rispecchiano  nel  Werner, 
e  quelli  che  vi  si  rispecchiano  ricevono  un  particolare 
carattere  dal  suo  temperamento  (70).  Oltracciò  egli  muove 


(68)  V.  Erlebnisse  del  GUBITZ  cit.,  p.  222;  «Blàtter  f.  1.  U.  », 
1834,   p.    1171    e  segg.  ;    «  Gesellschafter  »   cit.,   p.    54  e  segg. 

(69)  Perciò  identifica  il  Werner  fantasia  e  sentimento.  Con  chiara 
evidenza  ha  illuminato  questo  aspetto  del  Romanticismo  RlCHARDA 
HUCH  nella  Blutezeit  der  deutschen  Romantik  ;  cfr.  anche  la  JOACHIMI- 
Dege,  Die  Weltanschauung  der  Romantik,  e  Shakespeare-Probleme  in 
der  deutschen  Literatur  des  XVIII.  lahrhunderts  (quest'ultimo  nelle 
Walzel-Vntersuchungen),  È  del  resto  il  principio  fondamentale  della 
Traszendental-Philosophie    dello    Schelling. 

(70)  Cfr.  Frankel,  Z.  Werners  ic  Die  Weihe  der  Krafti>  cit.,  p.  101 
e  segg.  W,  Schlegel,  Vorlesungen  iiber  dramatische  Lit.  u.  Kunsi. 
(in   Sdmmt    Werke,    ed.   BÒCKING),    p.    130   e    segg. 

È  in  questa  differenza  che  l'avversione  dei  romantici  contro  il  Werner 
ebbe  origine.   Mentre  essi  non  trovavano  presso  di   lui  molte  delle   idee 


36  Zacharias  Werner 

per  sue  vie  dietro  un  sogno  di  esclusivo  misticismo  che  ai 
romantici  era  estraneo. 

Osservate  infatti  le  idee  che  egli  esprime  intorno  alla 
natura.  Egli  accetta  il  principio  Schellinghiano  dell'iden- 
tità, ma,  se,  quando  ne  paila,  si  serve  di  frasi  roman- 
tiche, ne  tira  però  fuori  una  mescolanza  così  strana  di 
fantasie  infondate,  che  soltanto  un  uomo  interamente  pro- 
fano agli  studi  della  natura  la  poteva  metter  insieme  (7 1  ). 
La  purità  di  intenti,  e  l'onesto  sforzo  di  studio,  di  cui  pa- 
recchi romantici  in  questo  campo  diedero  prova,  dovevano 
adombrarsi  davanti  a  fantasticaggini  mistiche  del  genere 
di  quella  che  segue  :  «  Die  Emanation  der  Gottheit  ist 
das  reine  Licht  :  so  bald  es  zur  Erde  strebt,  verliert  er 
scine  gòttliche  Eigenschaft,  es  wird  Feuer  und,  mit  den 
anderen  Elementen  zusammengekettet,  lebt  es  zwar,  aber 
ein  isolirtes  eingekerkertes  Leben.  Demungeachtet,  strebt 
es  unaufhòrlich,  sich  mit  dem  Urlicht  zu  vereinen,  und  wird 
zu  dieser  Vereinigung,  durch  Sonne  und  Mond,  deren 
Feuer  jenem  Urlicht  schon  nahe  ist,  angezogen.  Es  belebt 
die  Kòrperw^elt  :  aber  auch  dieses  eben  ist  der  Kerker, 
den  es  nicht  brechen  kann.  Das  Salz  Mercurius  selbst 
verliert  scine  Kraft,  durch  die  Kàlte  erstarrt.  Die  gròbere 
Materie  verdunkelt  das  Licht  und  druckt  es;  je  schwàcher 
der  Druck  dieser  Materie  ist,  desto  freier  kann  das  Licht 
vsrirken  ;   daher    Schwàchlichkeit    der    gròberen    Materie 


a  cui  più  tenevano,  vedevano  d'altra  parte  quelle  che  egli  accettava 
assumere  una  (orma  talor  volgare  e  sempre  in  ogni  modo  più  mate- 
riale :  questo  diventar  triviale  di  ciò  che  essi  avevano  di  più  caro  li 
rivoltava    come   una   profanazione. 

(71)  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1170.  Il  Werner  svolse  questi 
pensieri  simbolicamente  anche  nella  leggenda  di  Phosphoros  inserita 
nella   seconda   parte   dei   Sòhne   des    Tales. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  37 


(Krankheit)  das  reinste  Leben  des  Lichtes  (des  reineren 
Grundstoffes)  ist.  Die  Vorbotin  der  Eilòsung  des  Lichtes 
ist  also  die  Krankheit,  und  die  ihr  folgende  Sehnsucht  ins 
Unendliche  zu  zerrinnen.  Das  hòchste  S5anbol  seiner  zu 
erwartenden  Wiedervereinigung  mit  Gott,  ist  der  Regen- 
bogen,  in  dessen  Centro  sich  die  reinsten  Strahlen  spie- 
geln.  So  wie  dieser  Regenbogen  durch  den  Widerschein 
der  wasserschwangern  Wolken  entsteht,  so  ist  auch  der 
eigentHche  Erlòser  (Heiland)  des  Lichtes  das  reine 
Wasser,  was,  mit  seiner  wollùstigen,  alles  vereinigenden 
Kraft,  sich  seiner  endlich  ausschHessend  bemàchtigt,  und, 
indem  es  das  Feuer  verlòscht,  das  reine  Phlogiston  seinem 
Urquell  zurùcksendet  »   (72). 

Il  pensiero  fondamentale  :  lotta  fra  materia  e  luce  è 
Schellinghiano,  la  vivificazione  e  la  spiritualizzazione  dei 
fatti  naturali  è  pienamente  romantica,  e  romcuitico  è  il  me- 
todo analogico  di  ricostruzione  :  l'insieme  tuttavia  è  cosa 
che  non  ha  presa  da  nessuna  paite,  un  non  senso  incon- 
cludente, e  l'infusione  di  mistica  che  il  frasario  rivela  è 
cosa  tutta  werneriana. 

Tutta  la  sistematica  base  filosofica,  su  cui  i  romantici  fon- 
darono le  loro  teorie,  viene  quindi  nel  Werner  a  mancare. 
Se  notevoli  analogie  con  quella  romantica  presenta  la  con- 
cezione della  vita  umana,  su  cui  tutti  i  suoi  sforzi  di  pen- 


(72)  L'influenza  del  Bòhme  su  questa  fantasticheria  —  che  ha  punti 
di  contatto  anche  con  le  fantasie  ricordate  del  Mnioch  nella  Litaney 
sulla  luce  e  sul  fuoco  che  nell'uomo  si  trovano,  tutt'e  due  emanazioni 
della  divinità,  —  è  evidente  :  «  Das  Feuer  ist  peinlich  und  verzehrlich  — 
scrive  il  Bòhme  —  und  das  Licht  ist  gebend,  freundlich,  kraftig  und 
freudenreich  ».  Sàmmtliche  Werl^e,  ed.  ScHIEBLER,  Leipzig,  1831,  I, 
104.  Intorno  alla  luce  e  al  fuoco  ha  il  Bòhme  un  po'  in  tutte  le  sue 
opere  fantasiato. 


38  Zacharias  Werner 


siero  son  concentrati,  anch'essa  però,  mostra,  nella  fram- 
mentarietà dei  suoi  elementi,  una  grande  disgregazione, 
e  una  forte  mescolanza  di  elementi  personali. 

Il  Werner  separa,  come  lo  Schleiermacher,  la  religione 
e  la  morale  nettamente.  L'una  può  giovare  all'altra,  in 
quanto  che  tutt'e  due  sono  purificazioni  dello  spirito,  e 
l'una  e  l'altra  possono  più  facilmente  svilupparsi  in 
un'anima  preparata  :  i  loro  campi  però  sono  completa- 
mente distinti  :  «  Die  Moral  bedarf  der  Religion  nicht,  und 
diese,  die  selbst  der  hòchste  und  letzte  Zw^eck  der  Mensch- 
heit  ist,  kann  nicht  als  Mittel  gebraucht  w^erden.  Religion 
ist  der  Mond,  der  aus  der  Silberflut  einer  reinen  Seele 
(aus  der  Sittlichkeit)  emporsteigt  ;  er  kann  die  Flut  (das 
Gebiet  der  Moral)  beleuchten,  aber  er  hat  mit  ihm  nichts 
gemein  ;  sein  Glanz  erhellt  ebenso  den  Aether  der  Kunst 
und  die  Flur  des  wirklichen  Lebens,  er  bringt  Licht  in 
das  chaotische  Dunkel  um  und  in  uns  »  (73).  Tra  mo- 
rale e  religione,  però,  l'interesse  del  Werner  non  è  equa- 
mente ripartito.  Date  le  sue  tendenze  mistiche,  la  reli- 
gione ha  di  gran  lunga  il  sopravvento.  Ben  assegna  egli 
a  tutte  e  due  eguali  diritti,  ma  conclude  dando,  senza 
volerlo,  alla  religione  il  privilegio. 

Egli,  che  non  aveva  un  senso  morale  troppo  svilup- 
pato, non  poteva  neppure  indirizzare  spesso  i  suoi  pensieri 
verso  questo  problema.  Nelle  così  frequenti  professioni 
di  fede,  che  egli  fece  nei  suoi  libri  e  nelle  sue  lettere, 
la  morale  fa  sempre  una  comparsa,  ma  fugace  :  egli  la  ri- 


(73)  Allo  Hitzig.  SCHUTZ  cit.,  p.  34  e  segg.  Cfr.  «  Blàtter  f.  1.  U.  ». 
1834.  p.  1337;  «Gesellschafter»,  1837,  p.  54  e  segg.  Cfr.  anche  GuBITZ, 
Erlehnisse  cit.,  p.  226:  «  Eine  religiose  Moral  ist  eine  Contradictio 
in  objecto  ». 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  39 

tiene  «  hocherhaben  »,  ma  «  prosaisch  »  (74).  Egli  scrive 
ad  Hitzig  su  questo  soggetto  :  «  Wir  verachten  beide 
gleich  stark  einen  Studenten,  der  sich  einbildet,  ein  Schle- 
gelianer  zu  sein,  weil  er  die  Moral  làppisch  traktirt,  als 
eine  alte  Kindermuhme  ;  Moral  und  Verstand  miissen 
sein,  sind  von  dem  Menschen  unerlàsslich  »  :  morale  e 
ragione  sono  il  necessario  e  sicuro  «  Pilgerstab  zum  Erden- 
wallen  »  (75).  I  sinceri  sforzi  dei  romantici  verso  una 
rinnovazione  della  morale  secondo  certi  loro  principii  che 
essi  ritenevano  più  alti  e  più  veri,  le  idee  che  risultarono 
da  questi  sforzi  (idee  amorali  soltanto  per  chi  le  frain- 
tende) rimasero  pel  Werner  lettera  morta.  Ben  si  può 
notare  un  riflesso  di  queste  idee  quando  egli  afferma  : 
«  Wir  ahnen  eine  Stufe  der  Cultur  auf  der  Moral  Not- 
wendigkeit  und  Verstand  Anschauung  wird  »,  e  trova 
questa  «  Ahnung  »  nel  «  Gefiihl  »,  che,  «  amalgaman- 
doci nell'universo  »,  ci  induce  a  seguir  conscii  le  leggi 
di  natura,  a  cui  l'universo  ubbidisce  inconscio  (76):  ma 
questo  momento  è  passeggiero  e  di  importanza  secondaria. 
Questa  concezione  morale  non  si  è  in  lui  maturata,  e, 
quando  egli  discorre  di  morale,  ha,  in  generale,  presente 
l'imperativo  categorico  kantiano,  che  egli  dice  di  voler 
tener  fermo.  Ora  l'imperativo  kantiano  sta  agli  antipodi 
della  concezione  romantica  della  morale  organica.  Vollero 


(74)  Allo  Hitzig.  ScHUTZ  cit.,  p.  34. 

(75)  Ibid.,  p.  35. 

(76)  Ibid.,  p.  36.  Cfr.  anche  GubitZ,  Erlebnisse,  I.  p.  219  e  «  Blàtter 
f.   1.   U.  »,    1834,   p.    1337,    lunga   lettera  allo   Scheffner  sull'argomento. 

Questa  è  per  l'appunto  la  tendenza  fondamentale  che  oppone  i  ro- 
mantici a  Kant  sotto  questo  rispetto.  V.  H.  GSCHWIND,  Die  eihischen 
Neuerungen  der  Friìhromantik,  Bern,  1903,  nelle  Vntersuchungen  del 
WaLZEL,    e   JoacHIMI-Dege,    Die    W eltarxschauung  der  Romantik   cit. 


40  Zacharias  Werner 

Stabilire  sotto  questo  rispetto  una  affinità  fra  lui  e  i  roman- 
tici, in  quanto  riscontrarono  una  analogia  fra  il  suo  tenore 
di  vita  e  le  idee  che  questi  professarono  (77),  ma  la  con- 
clusione sarebbe  giusta  soltanto  se  egli  fosse  vissuto  come 
visse  in  conseguenza  di  tali  convinzioni.  Il  che  è  comple- 
tamente errato.  La  giustificazione,  che  egli  farà  dei  suoi 
traviamenti  erotici,  sarà  fatta  non  da  un  punto  di  vista  mo- 
rale quale  quello  dei  romantici,  ma  da  un  punto  di  vista 
religioso  e  mistico  (77^^*),  o  da  un  punto  di  vista  kantiano. 
In  fondo  la  morale  è,  per  il  Werner,  la  legge  di  un 
mondo  inferiore  (78),  e,  quand'egli  pretende  che  si  di- 
stingua in  lui  l'uom  pratico  dal  poeta,  ciò  accade  perchè 
il  pensiero  morale  è  escluso  dal  mondo  della  sua  poesia 
ove  domina,  signore  assoluto,  il  pensiero  religioso.  Mondo 
della  vita  e  mondo  della  poesia  diventano  in  parte  estranei 
l'uno  all'altro,  non  già  perchè  il  primo  è  realtà  in  cui  la 
teoria  deve  esser  messa  in  pratica,  e  il  secondo  è  fantasia 
cui  la  teoria  resta  inapplicata,  ma  perchè  le  leggi  dei  due 
mondi  sono  assolutamente  diverse  (79). 


(77)  Stabiliva  quest'analogia,  anzi  quest'identità  già  il  PoPPENBERG, 
op.  cit.,  p.  53  e  segg.  ;  la  riprese  e  la  svolse  ancora  ulteriormente  il 
VlERLING,    op.    cit.,    cap.    III. 

(77  bis)  Die  Weihe  der  Vnkraft,  ed.  MlNOR,  nella  Kur$chner  d.  Nat. 
Lit.  cit.;  cfr.  la  Introduzione  alla  Mutter  der  Makkobder  {Ausgewàhlte 
Schrijten,  X,  p.  V  e  segg.);  cfr.  anche  il  Tagebuch  nelle  Ausg. 
Schriften,  XV  ;  Frammenti  del  tempo  della  conversione,  passim  ;  e 
«Blàtter  f.  1.  U.».   1827,  n.  2. 

(78)  Considera  infatti  la  morale  come  una  specie  di  non  necessaria 
serva  della  religione.  Ben  può  la  religione  fare  a  meno  di  essa,  perchè 
essa  medesima  è  tanto  che  può  bastare  a  sé  stessa  ;  ma  la  religione 
sboccia  e  fiorisce  più  facilmente  e  meglio  in  un'anima  pura.  Lo  spirito 
umano  —  scrive  infatti  il  Werner  al  Peguilhen  —  deve  a  von  dem 
klaren  Wasser  der  Moral  erst  ausgespult  sein,  ehe  der  kostliche  Wein 
der  Religion  in  ihn  gegossen  werden  kann». 

(79)  Ausgewàhlte  Schrijten,   XIV,   p.   33. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  41 

Per  il  misticismo,  invece,  il  Werner  si  appassiona  e  lo 
difende  accanitamente  contro  ogni  accusa:  «  Mysticismus 
ist  der  Abglanz  der  Gottheit  im  Menschen  »  (80)  :  misti- 
cismo è  Televcizione  suprema,  lo  stato  ideale  dell'uomo 
ascendente  verso  il  suo  scopo  finale. 

Ma  anche  nella  esaltazione  della  religione  il  Werner, 
partendo  dallo  Schleiermacher,  se  ne  allontana  per  seguir 
vie  proprie.  La  religione  e  per  lui,  come  per  lo  Schleierma- 
cher, sentimento  dell'Infinito.  Ma  lo  Schleiermacher  con- 
cepiva questo  sentimento  come  indissolubilmente  unito  ad 
una  intuizione,  e  trovava  nella  religione  stessa  la  intuizione 
dell'Essere  Universo,  che  è  precisamente  l'antitesi  di  tutte 
le  limitatezze  che  sono  in  noi,  e  che  è  tale  che  tutto  ciò 
che  ci  circonda  può  essere  a  lei  ricondotto,  una  contem- 
plazione dell'universo  a  cui  noi  apparteniamo  ;  il  Werner 
invece,  che  ha  molte  incertezze,  e  si  contraddice  spesso, 
resta  generalmente  fedele  all'idea  del  Mnioch  :  la  reli- 
gione è  sentimento,  un  sentimento  ineffabile,  come  «  quando 
al  tramontar  del  sole  il  pensiero  si  disperde  in  regioni 
vaghe  e  lontane  e  l'anima  è  travolta  da  un'onda  di  no- 
stalgia inesprimibile  verso  qualcosa  di  indistinto,  che  è  in 
fondo  la  liberazione  da  tutti  i  ceppi  che  ci  stringono  »  (81). 
«  L'anima  non  può  contemplare  Dio,  ma  soltanto  brillare 
in  lui  »   (82).    Concepita  la  religione  così,  s'intende  che 


(80)  «Blàtter  f.  I.  U.»,   1834.  p.   1337. 

(81)  Ibid.,  p.  1171.  Cfr.  GUBITZ,  Erlehnisse,  I,  220:  «  Gefiihl  bis  zu 
der  Anschauung  des  Unendlichen  gebildet  ist  Religion.  Diese  ist  also 
lediglieli  Gefuhlssache,  und  stellt  uns  kein  Ideal  auf  ;  sie  kann  also 
weder  demonstrirt  v/erden,  noch  uns  zum  Pflichtbegriff  bringen  » .  Sfugge 
questa  fondamentale  differenza  anche  al  POPPENBERG,  p.    19  e  segg. 

(82)  Nel  brano  cit.  nella  nota  precedente  si  parlava  ancor  di  «An- 
schauung»,   e    l'influenza    Schleiermacheriana   era    ancora    più    evidente; 


42  Zacharias  Werner 


rindifferenza  dei  culti  e  delle  confessioni  predicata  dallo 
Schleiermacher  è  anche  dal  Werner  pienamente  accet- 
tata, malgrado  il  diverso  punto  di  vista:  tutte  le  forme 
sono  legittime  quando  sono  spontanee,  espressione  natu- 
rale del  sentimento  che  s'agita  in  fondo  all'anima.  Era 
già  stata  anche  l'idea  sua  e  del  Mnioch.  Anche  per  lui 
la  fede  nell'immortalità  dell'anima  è,  perciò,  non  necessaria 
alla  religione  :  quando  lo  Hitzig  gli  scrive  di  ripugnare 
ad  una  tale  credenza,  egli  gli  risponde  che  ciò  non  im- 
porta nulla,  e  che  egli  stesso,  se  vuole  essere  sincero,  in 
fondo  in  fondo,  non  è  neppur  lui  completamente  con- 
vinto (83).  Anzi,  per  il  Werner,  la  stessa  credenza  in 
Dio  —  se  almeno  con  questa  parola  s'intende  parlar  di 
un  Dio  personale —  non  è  necessaria  (83^^*).  Sfuggendo 
Dio  alla  contemplazione,  sfugge  a  qualsiasi  determinazione  : 
qualsiasi  determinazione  al  contrario  è  legittima  sempre, 
se  il  nostro  spirito  si  può  accostare  a  lui  soltanto  con  tal 
mezzo.  Così  egli  canterà  il  Cattolicismo,  la  Massoneria, 
Lutero,  indifferentemente,  fino  al  giorno  in  cui  si  butterà 
nel  seno  della  Chiesa  Cattolica,  e  anche  allora  ricondurrà 
la  religione  non  alla  contemplazione  delle  verità,  che  la 
Chiesa  di  Cristo  ha  stabilite,  ma  al  sentimento,  da  cui  il 
cuore  dei  devoti  deve  esser  pervaso  (84). 


ma    altrove    { «  Euphorion  » ,     1895,    p.    363)    il    Werner    scrive:    «  Wir 
kònnen  Gott  nicht  anschauen,   wir  kònnen  nur  gliihn  in  ihm». 

(83)  Ausg.  Schrijterr,  XIV,  p.  46.  Cfr.  anche  GUBITZ,  Erlebnisse 
cit.,  p.  223:  «  Willst  du  dem  gewòhnlichen  Wortsinne  nach  unster- 
blich  seyn,  so  ist  die  Gottlichkeit  der  Religion  nicht  in  dein  Herz  ge- 
drungen,  so  hast  du  keine  Idee  von  der  Wonne  dich  ins  Unendliche  zu 
versenken  » . 

{S3  bis)  Ihid.,  p.  222:  «Man  kann  die  Gesetze  des  Universums  an- 
schauen ohne   Gott   zu   bediirf  en  » . 

(84)  Che  questa  non  sia  altro  che  una  ulteriore  determinazione  e  un  ap- 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  rrìistiche  43 


Se  si  considera  la  religione  come  l'unica  cosa  che  dà 
un  senso  alla  vita,  la  concezione  della  vita  stessa  ne 
viene  rifoggiata  tutta  quanta  dalle  fondamenta.  Così  la  con- 
cezione Werneriana  si  allontana  dal  romanticismo  per  di- 
ventare una  concezione  più  esclusivamente  mistica;  più 
che  ai  romantici  vi  dovete  richiamare  ora  a  Jacob  Bòhme, 
che,  sul  finir  del  secolo  decimottavo,  sedusse  quasi  tutte 
le  anime  religiose  (83).  Egli  ne  scovò  a  Kònigsberg  un 
volumetto,  e  lo  divorò  con  «  heilige  Andacht  »  :  l'autore 
gli  parve  quasi  un  essere  soprannaturale,  scelto  da  Dio  a 
ricondurre  i  mortali  sulla  via  della  rettitudine  e  della  fe- 


profondimento  di  quel  pensiero  sulla  indole  della  religione  che  gli 
vedemmo  comune  col  Mnioch  mi  pare  evidente  :  cfr.  p.  25.  Intorno  ad 
essa  V.  specialmente  nei  Sohne  des  Tales,  2^  parte,  l'insegnamento  che 
Adam  dà  a  Robert,  Atto  III.  Cfr.  anche  GUBITZ,  Erlehnisse,  I,  227. 
Qualunque  religione  —  egli  scrive  ancora  nel  1806  al  Peguilhen  —  è 
buona,  purché  vi  domini  il  «  Sinn  fiir  das  Unendliche  und  das  Gefiihl 
dass  man  nur  ein  Teil  desselben  ist».  La  differenza  fra  religione  e  reli- 
gione è  soltanto  nel  «Mittler»,  e  un  «  Mittler  »  equivale  all'altro,  in 
quanto  che  la  funzione  di  tutti  i  «  Mittler  »  è  la  medesima.  In  questo 
tempo  può  il  Werner  aver  trovato  una  riconferma  del  suo  pensiero  nel- 
l'evoluzione del  pensiero  dello  Schleiermacher,  che  nel  1806,  ristampando 
le  Reden  in  nuova  edizione,  sostituiva  alla  «  Anschauung  des  Unend- 
lichen  »  della  1^  edizione  il  a  Gefiihl  des  Unendlichen  »,  come  essenza 
della  religione.  Cfr.  SuSKIND,  Schleiermachers  Stellung  zu  Schelling 
in   den  lahren    I80I-Ì8IO.   Leipzig,    1909. 

(85)  Sull'influenza  del  Bohme  presso  i  romantici  molto  fu  scritto  dopo 
i  volumi  ricordati  di  RlCARDA  HuCH.  Cfr.  anche  EdERHEIMER,  Bòhme 
und  die  Romantik,  Iena,    1904. 

Molto  si  è  infatti  —  a  questo  proposito  —  esagerato.  Il  WaLZEL 
nelle  sue  Recensioni  varie  (cfr.  quella  allo  Spenlé  e  al  Simon  nel- 
r«  Euphorion  »,  1908)  e  nella  sua  Deutsche  Romantik  tende  con  ra- 
gione a  limitar  queste  esagerazioni. 


Zacharias  Werner 


licita  :  «  Mehr  als  alles,  giesst  dieser  fromme  Geist  Oel 
in  die  verwundeten  Herzen  »  (86).  E  questo  era  appunto 
ciò  che  al  Werner  faceva  bisogno.  Anche  i  romantici 
posero  il  Bòhme  sugli  altari:  Tieck  e  F.  Schlegel,  Novalis 
specialmente,  che  giunse  talora  anche,  indipendentemente 
da  lui,  a  fantasie  analoghe,  ne  fecero  le  lodi  più  alte.  Ma 
per  quanto  abbiano  precisato  meglio  sulle  sue  fantasie  la 
propria  visione  della  vita  cosmica,  non  potevano  naufra- 
gare nelle  mistiche  esaltcìzioni  del  Bòhme  coloro  che  s'erano 
educati  su  Kant  e  su  Fichte,  si  mantenevano  in  continuo 
contatto  con  lo  Schelling,  e  miravano  a  Goethe  come  ad 
un  Dio.  Il  Bòhme,  confermando  le  loro  tendenze  spiri- 
tualistiche, influì  specialmente  sulla  forma  che  le  loro 
concezioni  religiose  assunsero,  svegliò  e  rese  sempre 
più  vivo  il    sentimento   religioso,  che  si   sgaggiò  a  fatica 


(86)  Allo  Hitzig,  Ausg.  Schrijten,  XIV,  p.  27-28,  Io  credo  che  il 
libretto  di  cui  il  Werner  parla  sia  il  Weg  zu  Christo,  che  per  la  sua 
natura  di  libro  di  devozione  ebbe  una  maggior  divulgazione.  In  ogni 
modo  la  parola  «libretto»,  e  il  modo  come  il  Werner  ne  parla  come 
dell'opera  di  un  poeta  e  non  di  un  pensatore,  escludono  che  si  possa 
trattar  delle  opere  maggiori,  e  specialmente  dell'/l urora.  Anche  l'indolfe 
delle  letture  Werneriane  allontana  da  questa  ultima  ipotesi  :  non  lo 
vedete  mai  sprofondato  nella  lettura  di  opere  astratte  e  complesse, 
perchè  la  sua  mente  tosto  si  stanca  :  legge  invece  libri  di  poesia  o  libri, 
per  così  dire,  di  prosa  lirico-filosofica,  in  cui  il  pensiero  acquista  slancio 
dalla  forma  poetica  e  resta  invece  abbastanza  vago,  perchè  egli  se  lo 
possa  assimilare  e  trasformare  a  suo  talento.  Oltracciò  indicheremo  fra 
breve  numerosi  riscontri  col  IV  dei  sei  BUchlein  in  cui  il  Weg  zu 
Christo  consiste,  riscontri  più  numerosi  che  non  si  possano  trovare  nelle 
altre  opere  del  Bohme,  che  egli  può  piij  tardi  in  Berlino  aver  cono- 
sciuto e  letto.  Sull'influenza  del  Bòhme  sul  Werner  nulla  di  preciso 
si  è  ancora  indagato  :  qualche  vago  indeterminato  accenno  inconclu- 
dente fa  il  VlERLING  op.  cit.,  ma  non  approfondisce  la  ricerca.  Io  mi 
limiterò,  data  l'indole  del  mio  libro,  a  quelle  osservazioni  che  a  me 
paiono  principali,  lasciando  ad  altra  occasione  di  svolgere  per  intero 
l'argomento. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  45 

dalle  loro  speculazioni  filosofiche  e  morali  e  dal  loro 
culto  della  natura,  contribuì  a  indirizzarli  sempre  più 
verso  la  mistica,  ma  non  li  attrasse  a  se  completamente  (87). 
«  Ich  will  nicht  ganz  Jacob  Bòhme  sein  »,  protesta  anche 
il  Werner  (88),  ma  a  poco  a  poco,  senza  volerlo,  incon- 
sciamente, assorbe  invece  il  suo  pensiero,  e  modella  su 
di  lui  le  sue  concezioni  (89). 

Fra  le  idee  che  il  Bòhme  suscitò,  o,  almeno  —  poiché 
era  idea  assai  antica  ed  a  loro  anche  altrimenti  famigliare  — 
confermò  presso  i  romantici,  è  anche  quella  che,  in  causa 
del  peccato  originale  essendosi  Tuomo  allontanato  dallo 
stato  ideale  in  cui  si  trovava,  ed  essendo  la  vita  a  ciò  de- 
stinata, che  egli  attraverso  a  patimenti  e  lotte  ritorni  allo 
stato  ideale  primitivo,  il  corpo,  che  ci  lega  alla  terra,  sia 
la  pena  che  Dio  ha  inflitto  agli  uomini  in  espiazione  della 
loro  colpa  (90).  Noi  siam  costretti  a  servirci  del  corpo,  e 
noi  dobbiamo  allo  stesso  tempo  vincerlo,  per  liberare  lo 
spirito,  che  nel  corpo  è  serrato.  Questo  pensiero  è  anche 
il  punto  di  partenza  della  concezione  che  in  questo  nuovo 
stadio  dell'evoluzione  del  suo  pensiero  il  Werner  si  formò. 

E  questa  si  può  riassumere  in  poche  parole,  perchè 
le  numerose  variazioni  che  essa  ha  subito  col  variare  di 
certe  tendenze,  che  nel  Werner  riscontreremo,  non|  ne 
mutano  la  sostanza. 

S'invertono  i  termini  :  lo  scopo  della  vita  essendo  una 


(87)  Cfr.   WaLZEL,   Deutsche  Romantik  cit.,   IV  ed. 

(88)  SCHLJTZ  cit..  p.  28. 

(89)  Ne  vedemmo  già  un  esempio  ed  altri  ne  troveremo  in  se- 
guito  (cfr.   anche   Capitoli   III   e   IV)   altri   esempi. 

(90)  Si  trova  già  nel  Weg  zu  Christo,  IV  Buchlein  Von  der  Wahren 
G elasserìheit  {Sdmmtliche  Wer\e,  ed.  SCHIEBLER,  cit.,  p.  88  e  segg.). 
NellM  urora   se   ne    discorre    naturalmente   con    maggiore   ampiezza. 


46  Zacharias  Werner 


rinascita,  la  vita  stessa  è  una  specie  di  morte  :  ciò  invece 
che  noi  chiamiamo  morte  è,  o  almeno  dovrebbe  essere, 
il  momento  della  rinascita.  La  morte  è  il  momento  della 
rinascita,  se  essa  conchiude  un  nostro  sforzo  perenne  di 
sciogliere  lo  spirito  dai  lacci  che  lo  legano  alla  terra,  se 
essa,  quindi,  è  Tultimo  anello  di  una  catena  di  morti  della 
materia,  che  noi  stessi,  durante  la  nostra  vita,  in  noi  abbiamo 
operato. 

La  prima  morte,  che  noi  dobbiamo  operare  in  noi, 
è  quella  dell'egoismo  :  la  colpa  fondamentale  dell'uomo, 
quella  che  lo  ha  destituito  dall'altezza  in  cui  si  trovava, 
è  l'aver  voluto  affermare  se  stesso  come  individualità  in- 
dipendente, mentre  la  sua  esistenza  vera  è  condizionata 
dalla  sua  partecipazione  alla  vita  universale,  dall'alito  di 
Dio,  che,  solo,  lo  può  animare:  «  Der  Mensch  ist  nur  in 
und  durch  Gott  :  die  Wahn,  ausser  Gott  selbststàndig  eins 
und  etwas  zu  sein,  ist  die  Geissel,  die  ihn  so  lange  zùch- 
tigt,  bis  dass  er  seinen  Hochmut,  aufgibt,  und,  dadurch 
dass  er  sein  Nichts  (als  isolirtes  Ding  an  sich)  erkennt, 
seine  einzige  Realitàt  durch  Verschmelzung  mit  der 
Gottheit  v/iederfìndet  »  (91).  Da  questo  egoismo  son 
nati   «  Geiz,  Stolz,  Eigenw^illen,  Unterdriickung  des  wahr- 


(91)  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834.  cit..  p.  1171.  Cfr.  anche  «  Gesell- 
schafter»,    1837,    p.    57    e   segg. 

GUBITZ,  Erlebnisse,  I,  p.  227:  «Der  erste  Zweck  der  Natur  ist  Ver- 
tilgung  des  Egoismus  »  ;  p,  218:  ce  Der  Egoismus  ist  der  Tod  alles  Ge- 
meinniitzigen  Wirkens  einerseits,  wie  andererseits  die  Erbsiinde  des  nicht 
hòher  gebildeten  Menschen»,  etc. 

Cfr.  con  questo  il  Biichlein,  Von  der  Wahren  Gelassenheit  del 
Bòhme  cit.  ;  v.  p.  77  :  «  Wie  der  Mensch  in  seiner  Selbheit,  in  seinem 
eigenen  Willen  miisse  tàglich  sterben,  und  wie  er  aus  dem  Sterben 
des  siindlichen  Menschen  mit  einem  neuen  Gemiithe  und  Willen  aus- 
griinen  solle».  Cfr.  tutto  il  paragrafo  e  il  paragrafo  seguente. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  47 

haft  Lebendigen  in  uns  »,  tutti  quei  traviamenti  che  de- 
terminano e  costituiscono  la  nostra  «  Beschrànkung  »  (92). 
L'uomo  adunque  deve  considerare  la  sua  personalità  sol- 
tanto come  un  atomo  dell'universo  infinito,  non  presumere 
di  essere  egli  stesso  qualcosa  :  Tuomo  deve  abbandonsu-si 
alla  Provvidenza,  sopprimere  tutti  gli  istinti  che  lo  por- 
tano ad  esplicare  una  attività  propria,  non  subordinata  al 
sentimento  della  divinità,  condurre  un'esistenza  passiva, 
esser  felice  di  non  aver  volontà,  di  diventare  «  una  foglia 
che  il  vento  di  Dio  trasporta  ».  Sebbene  anche  in  questo 
particolare  voi  possiate  riscontrare  una  influenza  dei  ro- 
mantici, il  Werner  tuttavia  mostra  una  differenza  sostan- 
ziale, e  rimane  soltanto  loro  in  apparenza  vicino  :  se  anche 
i  romjmtici  predicarono  questa  dispersione  del  proprio 
lo  nel  sentimento  di  quell'Infinito  di  cui  l'uomo  è  una 
apparizione  finita,  pur  tuttavia  non  giunsero  mai  alla  rin- 
negazione  della  personalità  :  l'Io  resta  per  loro  sempre  il 
centro  su  cui  tutta  la  vita  s'aggira  :  il  sentimento  dell'Infi- 
nito non  lo  deve  annientare,  ma  ne  deve  render  più 
intense  le  vibrazioni,  più  grande  la  forza  attinta,  ora,  alla 
forza  infinita;  la  volontà  non  è  sacrificata,  ma  si  fonde 
consciamente,  e  per  un  libero  atto  volitivo,  con  le  leggi 
che  si  riconoscono  nella  natura  (93). 


(92)  «Blàtter   f.    I.    U.  »    cit..   p.    1171. 

(93)  Cfr.  invece  il  Bòhme.  opera  cit.,  pag.  82:  «  Der  Wille  der 
Creatur  soli  sich  mit  allet  Vemunft  und  Begierden  ganz  in  sich  er- 
senken,    als    ein    unwiirdiges  Kind,    das    dieser    hohen    Gnade    gar    nicht 

wert   sei,    sich   auch   kein  Wissen   noch   Verstand  zumessen ,    sonde rn 

sich  nur  schicchi  und  einfàltig  in  die  Liebe  und  Gnade  Gottes,  in 
Christo  Jesu  einsenken  und  seiner  Veraunft  und  Selbheit  im  Leben 
sich  nur  schlecht  und  einfàltig  in  die  Liebe  und  Gnade  Gottes,  in 
der  Liebe  ganz  einhergeben,   dass  er  damit  ihue  als  mit  seinen   Werk- 


48  Zacharias  Werner 


Il  Werner  continua  risolutamente  in  questo  indirizzo 
mistico.  Egli  riconosce  nell'uomo  due  segni  di  tale  vo- 
cazione dell'uomo  verso  l'alto  :  la  «  Wehmut  »  e  la 
«  Sehnsucht  ».  La  «  Wehmut  »  è  un  sentimento  di  in- 
soddisfazione di  fronte  a  tutti  i  piaceri  che  l'egoismo  ci 
può  dare,  la  «  Sehnsucht  »  è,  invece,  un  desiderio  di  libe- 
razione, la  inconscia  nostalgia  dello  stato  ideale  a  cui  siamo 
destinati  (94).  Ma  «  Wehmut  »  e  «  Sehnsucht  »  non  hanno 
forza  contro  un  ostacolo,  che  si  trova  in  noi  perenne- 
mente :  contro  il  corpo,  sede  vera  di  tutti  gli  istinti  egoi- 
stici che  in  noi  si  agitano.  «  Der  reinste  Ausfluss  der 
Gottheit  ist  das  Denkende  und  Fiihlende  im  Menschen. 
Die  Elementarmasse,  welche  den  Menschen  einschUesst 
(Kòrper),  ist  nur  sein  Kerker  :  die  organischen  Handlungen, 
die  wir  Leben  nennen,  sind  ebensoviel  Hemmungen  des 


zeuge,  ivìe  und  Was  er  wolle».  Questa  a  G elassenheit  y>  che  il  Werner 
con  lui  condivide  è  lontana  dal  Romanticismo,  anzi,  malgrado  il  con- 
tatto nell'idea  dello  smarrimento  nel  senso  di  Dio,  precisamente  op- 
posta. E  il  Bohme  continua  con  pensieri  che  or  rilevammo  nel  Werner 
(p.  83)  :  «  In  solchem  demiìtigen  ganz  —  Einhergeben  fàllet  der  Funke 
gottlicher  Kraft  gleich  ein  Zunder  ins  Centrum  des  Lebensgestalniss  als 
ins  Lebensfeuer,  welches  Adam  in  sich  zu  einer  finsteren  Kohle  gemacht 
hat,  ein,  und  glemmet.  Und  so  sich  alsdann  das  Licht  der  gottlichen 
Kraft  darinnen  entziindet,  so  ist  die  Creatur  alsdann  nicht  mehr  ihr 
Eigentum,  sondern  das  Werk  Gottes».  Così  spiegherà  infatti  il  Werner 
che  «  Gottes  Kraft  »  nella  sua  anima  imperi,  malgrado  la  miserabilità 
sua.  Cfr.  il  suo  Epistolario  cit.,  passim.  Già  ora,  quando  legge  il  li- 
bretto del  Bohme,  si  esprime  in  questo  modo  con  l'Hitzig.  V.  ScHUTZ 
cit.,  p.  27,  Vedremo  che  questa  concezione  influirà  anche  sulla  sua 
estetica. 

Analoghe  idee  si  trovano  bensì  nelle  credenze  massoniche  del  tempo. 
Cfr.  SCHNEIDER,  Der  Einfluss  der  Marnerei  etc,  cit.,  cap.  II;  ma  esse 
compaiono  nel  Werner  in  una  forma  che  rende  l'influsso  del  Bohme  evi- 
dente. 

(94)  «Blatter  f.   1.  U.  »,    1834,   cit..  p.    1171. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  49 

wahien  Lebens.  So  lange  der  Mensch,  wie  wir  es  nennen, 
lebt,  ist  das  Licht  in  ihm  durch  den  Druck  der  Elemente 
an  der  Wiedervereinigung  mit  Gott  verhindert  »  (95). 

Il  Werner  resta  soltanto  più  in  apparenza  fedele  alle 
idee  del  Mnioch:  questi,  pur  celebrando  la  morte,  aveva 
cercato  di  salvare  anche  il  corpo;  egli  invece  ne  pronunzia 
una  risoluta  condanna.  Anche  taluno  fra  i  romantici  l'aveva 
pronunziata.  Essi  esaltavano  bensì  tutte  le  forme  di  vita  sen- 
suale, che  lascicino  possibile  l'elevazione  verso  l'infinito,  e, 
anzi,  per  così  dire,  la  facilitano,  ma  dovevano  condannarla, 
in  quanto  vi  era  impedimento,  e  veder  l'ideale  al  di  fuori 
di  essa  (96).  La  condanna  del  corpo,  che  il  Werner  fa, 
non  è  però  limitata  come  presso  di  essi,  e,  più  che  ad  essi, 
richiama  ai  mistici  del  tempo.  Era  un  principio  allora  nella 
massoneria  molto  diffuso.  Le  «  geheime  dèsorganisirende 
Gesellschaften  »  avevano  questo  scopo,  e  ricorrevano  a  espe- 
rimenti spiritistici,  come  nei  Kreuz-  und  Querzùge  des 
Ritters  A .  bis  Z.  dello  Hippel  è  descritto  :  i  «  Lieder  » 
religiosi  dello  Zinzendorf  sono  spesso  cmche  ispirati  da 
questa  utopia,  ed  Emmanuel,  l'eroe  dell'/Ze^perus,  che 
assiste  con  infinita  gioia  al  lento  disciogliersi,  e,  per  così 
dire,  allo  svanire  dell'involucro  che  contiene  la  sua  anima, 
è  l'espressione    più    ideale  e  più  pura  di  questa   aspira- 


(95)  «Blàtter  f.  1.  U.  ».  1834,  cit..  p.  1171.  Anche  qui  venite  ri- 
condotti al  libretto  del  Bohme  più  volte  citato,  Cfr.  p.  104:  a  Der 
Mensch  lebet  und  stehet  in  drei  Welten,  Finsternisswelt  (corpo),  Licht- 
welt  (spirito),  aiissere  sichtbare  Welt  (la  vita)».  Ed  interessante  è  che 
anche  pel  WERNER  («Blàtter  f.  1.  U.  »,  1834,  cit.,  p.  1178),  come  pel 
BÒHME  (p.  104),  in  questa  lotta  della  luce  contro  la  tenebra,  che 
forma  l'essenza  dell'umana  vita  nella  «aiissere  sichtbare  Welt», 
tanto  la  tenebra  quanto  la  luce  hanno  origine  in  Dio,  sono  «  Ausfliisse 
der  gottlichen  Kraft». 

(%)  Cfr.,   ad  esempio,   le  Hymnen  an  die  Nacht  di  Novalis. 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.     '  4 


50  Zacharias  Werner 


zione  così  diffusa,  a  cui  la  concezione  cristiana  del- 
l'uomo, esagerata  da  uno  spirito  d'ascetismo,  facilmente 
conduce  (97).  Anche  il  Werner  predica  quindi  la  «  De- 
sorganisirung  »  e  la  «  Entkòrperung  ».  E  resta  consequente 
nelle  conclusioni  che  ne  tira.  La  prima  di  queste  conclu- 
sioni è  la  celebrazione  della  malattia,  da  cui  il  corpo 
viene  indebolito  :  «  Die  Krankheit  hemmt  das  organische, 
befòrdert  das  gòuliche  Werden  »  (98).  La  seconda  con- 
clusione è  la  celebrazione  del  dissolvimento  e  della  pu- 
trefazione :   «  Ich  glaube   dass der  Tod,  der  uns    den 

Kerker  òffnet,  mit  Entziickung  umarmt,  und  die  Verwe- 
sung,  die  uns  dem  Unendlichen  wiedergibt,  indem  sie 
uns  mit  ihm  vereinigt,  mit  Sehnsucht  gewùnscht  werden 
muss  »  (99).  La  «  Verwesung  »  diventa  «  gòttlich  »  , 
«  Gluterguss  der  Liebe  »  :  essa  è  la  malattia  ultima,  la 
consacrazione  di  tutte  le  malattie,  il  godimento  dello  spi- 
rito che  sente  le  sue  mortali  spoglie  a  una  a  una  ca- 
dere, e  a  uno  a  uno  disciogliersi  tutti  i  suoi  lacci  :  chi 
fu  schiavo  non  può  conoscer  gioia  maggiore  che  quella  del 
momento  in  cui  sente  di  diventar  libero,  in  cui  assiste 
alla  «  Umwandlung  »   che  gli  rida  la  vita.  La  «  Verwe- 


(97)  Cfr.  SCHNEIDER,  Der  Einfluss  der  Freimaurerei  etc.  cit.,  ca- 
pitolo II,  e  SpENLÉ,  Novalis,  Paris,  1905.  Il  tentativo  però  dello 
Spenlé  di  voler  spiegare  le  Hymnen  di  Novalis  come  riverbero  di  espe- 
rienze magnetiche  nello  sforzo  di  «  Entkòrperung  »  si  può  considerar 
fallito,  ed  è  cosi  profondamente  antinovalisiano  che  manca  di  verosimi- 
glianza.   Cfr.    Walzel,    recensione    nell'a  Euphorion  »,     1908,    cit. 

Intorno  a  questo  aspetto  del  pensiero  Werneriano  disse  cose  fini  già 
il  PoPPENBERG,  op.  cit.,  p.  12  e  segg.  e  cap.  IV,  ma  esagerando  per 
l'unilateralità  del  suo  punto  di  vista  e  la  sua  unilaterale  visione  del 
Romanticismo. 

(98)  «Blàtter  f.   1.  U.».    1834,  cit.,   p.    1171. 

(99)  Ibid.,  p.   1170. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  51 

sung  »  è  la  suprema  voluttà  (100).  L*una  e  Taltra  idea 
son  comuni  anche  ai  romantici,  ma  il  compiacimento 
con  cui  il  Werner  si  sofferma  sulla  seconda  di  esse,  fin- 
gendosi continuamente  dinnanzi  alla  fantasia  lo  spettacolo 
ebbramente  disgustoso,  mostra  chiaramente  come  egli  se 
ne  distacchi,  ed  in  che  cosa.  E  un'idea  questa  che  ha  un 
doppio  aspetto,  a  seconda  che  si  mira  specialmente  al  ri- 
sultato, o  allo  spettacolo  di  dissolvimento  in  se  :  l'aspetto 
che  prevale  presso  i  romantici,  anche  presso  il  Novalis, 
che  un  tal  pensiero  espresse  più  frequentemente  di  tutti, 
è  il  primo,  che  si  potrebbe  chiamare  l'aspetto  ideale  ; 
anche  il  Werner  mira  ad  esso,  naturalmente,  ma  è  ver- 
tiginosamente attirato  dal  secondo  :  sentite,  quando  egli  vi 
vien  ripetendo  fino  alla  sazietà  il  suo  precetto,  che  la  sua 
fantasia  vi  prova  una  voluttà  strana,  una  specie  di  godi- 
mento ebbro,  e  che  egli  esalta  quella  idea  per  questo 
godimento  (100  *^). 


(100)  Ibid.,  p.  1171.  Cfr.  anche  «  Gesellschaf ter  » ,  1837.  p.  58:  «  Der 
Tod  ist  das  non  plus  ultra  der  Wollust»,  GUBITZ,  Erlehnisse  cit.,  I, 
p.  222  :  «  Die  Natur  hat  es  an  sich  in  ihre  gròbsten  Hiille  immer  das 
Edelste  zu  versenken  ;  und  der  eigentliche  Tod  ist  ganz  gewiss  das  non 
plus  ultra  der  Wollust,   etc.  ». 

(  100  6zs)  Anche  qui,  se  il  Werner  si  scosta  dai  romantici,  resta  vicino 
al  Bòhme.  V.  op.  cit.,  p.  88  :  a  Der  Mensch  ist  im  Paradies  in  Gottes 
Liebe  geschaffen,  und  so  er  sich  in  Zom  als  in  Giftqual  und  Tod 
einfvihret,  so  ist  ihm  das  widerwàrtige  Leben  eine  Pein»,  e  p.  90  : 
«  So   diene   ich   nun   mit   dem   Gemiithe   dem   Gesetze   Gottes,    mit   dem 

Fleische    dem    Gesetze    der    Siinde Gott    hat    uns    Macht    gegeben 

Gotteskinder  zu  werden,  Macht...  der  Sunde  im  Korper  den  Kopf  zu 
zertreten  » .  E  quando  il  Bòhme  nel  «  Bùchlein  »  seguente  :  De  rege- 
neratione,  d.  i.  von  der  Wiedergeburt,  passerà  a  parlar  della  rinascita 
dell'uomo  alla  luce  e  all'amore  di  Dio,  allora,  in  conseguenza  delle 
sopra  esposte  idee  scriverà  :  «  Denn  vom  sterblichen  Fleische,  das  zu 
Erde  wird,  in  der  Eitelkeit  dieser  Welt  lebet,  und  stets  wider  Gott 
liistert,  kann  nicht  gesagt  werden  dass  es  der  Tempel  des  heiligen  Geistes 


52  Zacharias  Werner 


Dopo  d*aver  lottato  contro  il  corpo  con  tutti  i  suoi  stimoli 
in  vita,  dopo  d*essersene  liberata  con  la  morte,  Tanima  si 
disperde  nella  divinità,  verso  cui  ha  continuamente  teso, 
come  la  fiamma,  che  tende  ardendo  verso  il  cielo,  e  deve 
rimaner  sulla  terra.  Tutta  la  vita  si  converte  in  una  aspi- 
razione ininterrotta  verso  questo  istante  supremo:  tutti  i 
sentimenti  ne  vengono  dominati:  tutte  le  azioni  ne  ven- 
gono determinate. 

La  religione  non  è  più  —  ora  pel  Werner,  com'era 
stata  prima  —  una  sublimazione  della  vita,  ma  una  lenta, 
progressiva  soppressione  di  essa,  una  nostalgia  di  morte. 

Vi  son  però  due  aspetti  della  vita  nostra  che  non  le 
fan  contrasto,  ma  che  anzi  la  secondano  e  la  favoriscono: 
Tamore  e  Tarte.  L'uno  e  l'altra  sono  sviluppo  delle  fa- 
coltà umane  più  alte  :  l'uno  e  l'altra  sono  raggi  di  Dio 
sulla  terra,  richiami  a  Dio  in  cui  hanno  origine  :  l'uno  e 
l'altra  hanno  nella  religione  il  loro  fondamento. 

*  * 

Anzitutto  l'amore  (101).  Anche  qui  parte  il  Werner 
da  una  concezione  romantica,  per    poi   rifoggiarla   a  suo 


sei,  del  toenìger  dass  die  neue  Wiedergeburt  in  diesem  irdischen  Fleische 
geschehe,  sintemal  es  stirbet  und  verweset  und  ein  stetes  SUndehaus  ist  » . 
Or  si  confronti  con  questo  passo,  che  nel  Werner  trovò  eco,  la  Lucinde 
o  lo  Heinrich  von  Ojterdingen,  e  si  vedrà  chiaro  quanto  dicemmo  a 
proposito  del  Werner  e  del  Bòhme  in  rapporto  ai  romantici. 

(101)  Sopra  l'amore  nelle  concezioni  dei  romantici  v.  GSCHWIND, 
Die  Ethischen  Neuerungen  der  Friìhromantik  cit.,  RlCARDA  HuCH,  Die 
Blutezeit  der  Romantik  cit.,  voi.  I;  Joachimi-Dege,  Die  Welian- 
schauung  der  Romantik  cit.  ;  WaLZEL,  Die  Deutsche  Romantik  cit., 
passim. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  53 

modo  secondo  le  sue  tendenze  mistiche  e  sensuali.  Tutti 
i  sentimenti  che  si  elevano  in  noi  verso  un  mondo  supe- 
riore si  possono,  per  i  romantici,  riassumere  nella  parola 
amore  :  cimore  religioso  di  Dio  :  amore  anche  delle  cose 
e  delle  creature  terrene,  che  è  ugualmente  alto,  perchè  ciò 
che  noi  amiamo  negli  esseri  finiti  non  è  che  il  raggio  del- 
l'infinito che  li  illumina.  Ma  i  romantici  potevano  professare 
una  tale  opinione,  perchè  per  essi  il  finito  non  esiste  che 
nell'infinito,  e  l'infinito  non  esiste  che  nel  finito:  l'amore 
ne  viene  nobilitato  in  tutte  quante  le  sue  forme,  diventa 
un  valore  primordiale,  assoluto,  primo  principio  di  vita, 
base  di  una  nuova  etica  :  il  Werner  invece  col  suo-  dua- 
lismo mistico  (lOP*^*),  che  gli  fa  rinnegar  tutto  ciò  che  è 
terreno,  non  poteva  giunger  per  la  stessa  via  allo  stesso  ri- 
sultato. I  romantici  avevano  innalzato  alla  vita  un  inno,  e 
l'amore  poteva  e  doveva  esservi  incluso  come  primo  ele- 
mento: il  Werner  condanna  invece  la  vita,  e  deve  cercare 


(101  bis)  Cfr.  a  proposito  di  questo  dualismo  il  BoHME,  op.  cit., 
p.  103  :  «  Die  ewige  Finsterniss  in  der  Seele  ist  die  Hòlle  als  eine 
Angstqual  welche  Gottes  Zorn  heisset  ;  und  das  ewige  Licht  in  der 
Seele  ist  das  Himmeireich,  da  die  feurige  Finsterangst  in  eine  Freude 
verwandelt  wird  » . 

Ora,  dopo  i  raffronti  che  finora  col  Bohme  venimmo  facendo,  è 
possibile  pure  avanzare  l'ipotesi  che  anche  a  quella  riduzione  della  re- 
ligione a  sentimento  potè  contribuire  un  influsso  Bòhmiano.  Cfr.  op. 
cit.,  p.  90:  a  Darum  ist  alles  Spintisiren  und  Forschen  von  Gotteswillen... 
ein  nichtig  Ding.  Wenn  das  Gemiith  in  eigener  Begierde  des  irdischen 
Lebens  gefangen  stehet,  so  mag  es  Gottes  Willen  nicht  ergreifen». 

La  fusione  dell'influenza  del  Bohme  —  verosimile  anche  perchè  pure 
il  Werner  fonda  la  sua  idea  sopra  la  fallacia  nostra  originata  dalla 
«  Siindigkeit  »  del  nostro  corpo  —  con  l'influenza  dello  Schleiermacher 
ricordata  avvenne  in  quanto  il  Werner,  determinando  il  sentimento  re- 
ligioso, lo  considera  come  un  sentimento  dell'infinito  e  il  Bohme  invece 
lo   riconduce   a   un  sentimento  cristiano  di   Dio. 


54  Zacharias  Werner 


delle  ragioni,  perchè  l'amore  possa  esser  escluso  dalla  con- 
danna. E  le  ragioni  son  due:  la  prima  è  che  l'amore  è  ne- 
gazione dell'egoismo,  negazione  della  propria  personalità, 
abbandono  della  propria  volontà,  liberazione  dello  spirito  e 
del  sentimento  ;  la  seconda  invece  è  che  Dio  ha  concesso 
agli  uomini  una  «  Ahnung  »  di  ciò  che  egli  è:  la  bel- 
lezza (102).  La  bellezza  è,  per  il  Werner,  il  solo  aspetto 
sotto  di  cui  anche  la  materia  'rispecchia  Dio  :  amare  la 
bellezza  significa  amare  Dio.  Amare  Dio,  se  anche  Dio 
viene  amato  nella  materia,  che  il  Werner  aveva  rinne- 
gato. I  romantici  avevano  potuto  esaltare  tutte  le  forme 
dell'amore,  anche  le  più  terrene  e  sensuali,  coerentemente: 
l'amore  è  qualcosa  d'assoluto  che  riman  sempre  tal  quale 
in  tutte  le  sue  manifestazioni.  Il  Werner  esalta  ancora  — 
ma  dal  suo  punto  di  vista  —  l'amore  in  tutte  quante  le  sue 
forme,  anche  le  più  basse,  perchè,  egli  dice,  «  il  principio 
dell'amore  non  si  può  spegnere  mai,  è  sempre  ugualmente 
luminoso  »  :  «  La  scintilla  celeste  non  è  suscettibile  di 
macchie,  purifica  tutto  ciò  che  tocca  »  (103).  Perchè  la 
bellezza  è  Dio,  anche  l'amore  è  Dio  (103^**).  Riconoscete 


(102)  Cfr.  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  clt.,  p.  1343;  «Gesellschafter  ». 
1837.  p.   163. 

(103)  «Blatter  f.  I.  U.  »,   1834,  cit..  p.   1343. 

(  103  6is)  Cfr.  BÒHME,  op.  cit.,  p.  88:  «  Gott  ist  alles,  er  ist  Fins- 
ternis  und.  Licht,  Llebe  und  Zorn,  Feuer  und  Licht,  aber  er  nennet 
sich  allein  einen  Gott  nach  dem  Lichte  seiner  Liebe  » .  Anche  il  Bòhme 
considera  quindi  l'amore  come  «  Lichtseite  der  Natur  »  e  come  es- 
senza della  divinità  al  tempo  stesso.  Forse  all'influenza  del  Bohme  e 
dei  romantici  si  deve  aggiungere  un  influsso  dell'Hermsterhuys.  Vedi 
CEuvres,  ed.  Meyboom,  I,  p.  133  e  segg.  Anche  l'Hermsterhuys  con- 
sidera l'amore  come,  per  usar  una  frase  dell'ultimo  studioso,  il  BuLLE 
{Fr.  Hermsterhuys  und  der  deutsche  Rationalismus  des  XVIII.  Jahrhun- 
derts,   Leipzig,    1911,   p.    13),   un   «  Sicheinschlingen  »  ;   anch'egli   consi- 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  55 

qui  quell'erotismo  malato  a  cui  dicemmo  soggiacere  non 
pur  il  sentimento,  ma  il  pensiero  stesso  del  Werner  : 
quando  egli  pronunzia  la  parola  «  amore  »,  e  gli  passa  per 
le  vene  un  brivido  sensuale,  e  dinnanzi  agli  occhi  una  vi- 
sione lussuriosa,  la  esaltazione  dell'amore  gli  diventa  ne- 
cessaria anche  se  è  una  esaltazione  del  senso:  egli  forza 
la  sua  mistica  a  una  apologia  del  piacere  (104). 

Il  Werner  riconosce  però  che  nel  godimento  d'amore 
l'aspirazione  verso  Dio  può  illanguidirsi.  Ma  egU  vede 
tal  pericolo  non  tanto  nell'amore  puramente  sensuale,  che 
lasciando  l'anima,  per  così  dire,  intatta,  non  la  allontana 
dal  suo  ultimo  celeste  scopo,  quanto  nell'cimore  intenso, 
che  fa  sì  che  l'amante  si  dimentichi  totalmente  nella  per- 
sona amata,  e  non  veda  più  nulla  al  di  fuori  di  lei.  Così 
egli  disapproverà  bensì  anche  il  godimento  sessuale,  perchè 
questo  godimento  può  soffocare  interamente  lo  spirito  e 
render  l'uomo  bestiale,  ma  non  lo  disapproverà  in  senso 
assoluto  (104^^*),  se  non  quando  sarà  passato  al  Cattolicismo; 
metterà  invece  sopratutto  in  guardia  contro  il  pericolo 
che  l'anima  innamorata  si  dia  completamente  all'oggetto 
terreno,  dimenticando  Dio.  «  Mein  Eduard  und  scine 
grossherzige  Geliebte  —  scrive  all'amico  Hitzig  che  è  in 
procinto  di  pigliar  moglie  —  kònnen  auch  nicht  so  lieben, 
dass  sie  sich  zu  einem  Wesen  verschmelzen,  fiir  das  die 


dera  l'amore  come  emanazione  di  Dio,  e  il  vero  amore,  e  l'essenza  del- 
l'amore come  una  «  Sehnsucht  »  verso  l'unione  con  Dio  :  perciò  egli 
potrà  far  l'amore  organo  di  conoscenza.  Probabilmente  però  si  tratta 
soltanto  di  una  influenza  mediata  attraverso  i  romantici,  perchè  prove  che 
il  Werner  abbia  conosciuto  direttamente  il   filosofo  fiammingo  mancano. 

(104)  In  questo  modo  le  influenze  che  da  diversa  parte  agirono  su 
di  lui  vengono  trasformate  attraverso  il  riverbero  della  sua  propria 
psiche. 

(104  feis)  V.   «Blàtter  f.  l.  U.»,    1834,  cit..  p.   1343. 


56  Zacharias  Werner 


iibrige  Welt  nichts  ist  :  diese  Liebe  ist  fiir  das  gròbere 
Wohlsein  der  Liebenden  besser  als  die  moderne  jàmmer- 
liche  Kàlte  —  fiir  das  Ganze  ist  sie  womòglich  noch 
schlechter  als  jene  :  sie  macht  zwei  Wesen,  die  aus  In- 
stinkt  Egoist  waren,  zu  einem  verbundeten  kolossalen 
Egoisten  aus  Grundsatz  und  Gefuhl.  Der  Liebende  ist  und 
soli  dem  Geliebten  seyn  ein  Mittler  der  Gottheit  :  mit 
dem  Geliebten  soli  sich  der  Geliebte  werfen  ins  Uni- 
versum, und  den  Strahl,  den  beide  vom  Hòchsten  erhalten, 
und  sich  mit  demselben  einander  durchgliiht  haben,  aus- 
spriihen,  dass  sich  daran  erwàrme  die  ùbrige  Welt  »  (105). 
Una  delle  idee  che  dominano  il  pensiero  del  Werner  è 
quella  della  debolezza  della  maggior  parte  degli  uomini  e 
quindi  della  necessità  di  un  mediatore  che  a  Dio  li  guidi. 
Questo  stato  di  cose  era  anche  stato  riconosciuto  dallo 
Schleiermacher,  che  vi  scorge  la  ragione  e  la  missione  del 
prete.  E  anche  lo  Schleiermacher  aveva  pensato  che  ogni 
uomo  può  essere  a  un  altro  uomo  mediatore  divino,  quan- 
d'egli vive  in  Dio.  Il  Werner  accoglie  l'idea  ;  ma,  mentre 
lo  Schleiermacher  riconosceva  soltanto  come  «  Mittler  » 
persone  dal  senso  religioso  più  sviluppato,  il  Werner  le 
dà  un  valore  assoluto,  e  TappHca  all'amore  e  alla  conce- 
zione del  matrimonio  (lOS'^'O-  La  vera  essenza  del  matri- 
monio consiste  per  il  Werner  in  ciò,  che  ognuno  dei  due 
amanti  è  all'altro  il  «  Mittler  »  della  divinità,  lo  stru- 
mento necessario  di  elevazione  religiosa  :  «  ogni  uomo  è 
alla  sua  donna  un  Messia  e  ogni  donna  è  a  suo  marito 
una  sacerdotessa  ».  E  ogni  atto  d'amore  fra  marito  e  mo- 


(105)  HiTZIG,  Lebensabriss  Zacharias  Werrìers  cit,,   p.  314. 

(\05  bis)  Ibid.,   p.    115.    Cfr.    anche   «  Gesellschaf ter  » .    1834.    p.    75. 


La  Tua  peTSonalità  e  le  sue  teorie  mistiche  57 

glie  è  per  una  parte  un  omaggio  alla  divinità,  per  Taltra 
p^rte  un  godimento  di  essa  (106). 

Questo  erotismo  che  si  tinge  di  religiosità  doveva  fa- 
talmente riverberarsi  sulla  religione,  che  diventò  una  reli- 
gione erotica,  e  tutta  la  vita  si  mutò  in  un  diguazzare  fra 
erotico-religiosi  godimenti  (107).  Il  godimento  religioso  del 
Werner  è  infatti  perfettamente  sensuale  e  voluttuoso.  Egli 
cerca  nel  culto  di  McU"ia  e  nell'amore  di  Cristo  gli  stessi 
godimenti,  che  prova  «  nelle  braccia  della  sua  Malgona  ». 
La  condizione  perchè  Weirmio  possa  amare  nella  sua 
Malgona  Cristo,  è  che  Wcirmio  chieda  all'amore  di  Cristo 
le  stesse  gioie  che  gli  dà  l'amore  di  Malgona.  E  Caro- 
Hne  Herder  aveva*  tutte  le  ragioni  quando  accusava  la 
da  lui  predicata  religiosità  di  essere  una  specie  di  «  Be- 
gattungsliebe  »  (108). 

Ripugna  già  presso  i  romantici  questa  miscela  singolare 
di  elementi  così  antitetici  (109),  ma  la  maggior  purità 
d'animo  di  essi  smussa  la  ripugnanza,  perchè  presso  di 
essi  —  e  specialmente  presso  Novalis,  che  più  di  tutti  la 
cantò  —  si  chiedeva  assai  più  all'amore  una  elevazione  re- 
ligiosa, che  alla  religione  un  godimento  erotico,  non  es- 
sendo l'identità  dei  due  elementi  così  assolutamente  sta- 
bilita. Oltracciò  non  si  faceva  di  questa  identità  l'essenza 
della  vita  :  ciò  che  in  Novalis  se  ne  trova,  e  più  una 
traccia  delle  fantasie  herrenhutistiche,  a  cui,  nell'ainbiente 
famigliare  dominato  dal  culto   moravo,  era  stato  educato. 


(106)  V,    SlSMONDI,    Fragments   de   sa    vie   et   de   sa   coTTespondance, 
ed.  RenÉ-Tallandier,   Paris,    1863. 

(107)  Cfr.    Weihe   der   Unkraft,   ed.   MlNOR,   cit. 

(108)  DUNTZER,   op.    cit.,    p.    118. 

(109)  V.  su  questo  argomento  SpENLÉ,  Novalis  cit. 


58  Zacharias  Werner 


che  un  vero  carattere  distintivo  suo  (110).  Una  tal  tinta 
è  propria  a  tutti  i  mistici  :  essi  han  concentrato  su  Dio 
tutta  la  loro  vita  interiore,  ed  è  naturale  che  certi  ele- 
menti erotici  si  mescolino  nelle  loro  fantasie,  poiché  la 
sensibilità  loro,  già  grande  in  se,  e  più  grande  ancora 
perchè  inappagata,  viene  per  di  più  sovreccitata  dalla 
esaltcìzione  ascetica  :  ma  questa  tinta  erotica  non  è  affatto 
la  sostanza  vera  del  loro  sentimento,  ne  è  soltanto  un 
ingrediente  accessorio,  che  vi  compare  a  momenti.  Il 
gridar  che  si  fa  contro  l'erotismo  dei  mistici  nasce  spesso 
dal  fatto,  che,  nello  esame  delle  espressioni  loro,  non  si  fa  la 
parte  debita  ad  una  certa  retorica  dell'immaginazione,  che 
non  riesce  ad  afferrare  il  sentimento  onde  tutta  quanta 
l'anima  è  agitata  :  sono  emozioni  senza  nome,  estasi  che 
non  si  possono  descrivere  se  non  per  confronti  :  le  invoca- 
zioni «  mio  sposo  »,  «  mio  amante  »,  e  le  descrizioni  di 
scene  d'amore  vanno  spesso  riferite  non  alla  qualità,  ma, 
per  così  dire,  alla  quantità,  o,  meglio,  alla  intensità  del 
sentimento  :  esse  si  presentarono  alla  fantasia  solamente 
perciò,  che  l'estasi  religiosa  e  l'estasi  erotica  hanno  in 
comune  un  assorbimento  completo  dell'essere  e  una  ver- 
tigine. La  natura  dei  due  sentimenti  resta  profondamente 
diversa,  e,  in  qual  misura  un  sentimento  passi  nell'altro, 
non  è  possibile  se  non  nei  casi  singoli  determinare,  con 
uno  studio  generale  del  temperamento  di  colui,  il  quale 
da  tali  sentimenti  è  agitato.  Tirare  in  ballo  Santa  Teresa 
per  spiegare  il  Werner  è  commettere  un  equivoco  gros- 
solano :  ed  è  ancora,  se  non  un  equivoco,  un  errore  con- 


(110)  Cfr.  PoPPENBERG,  Zach.  Werrìers  (uSohne  des  Tales»  cit., 
cap.  III.  Ma  il  Poppenberg  distingue  male  la  differenza  che  fra  i 
romantici   e   il   Werner   anche   per   questo  rispetto    esiste. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  59 

frontarlo  con  Novalis,  la  cui  religiosità,  solo  in  qualche 
momento  analoga  con  la  sua,  ha  pure  un  fondo  tanto 
più  puro  (111).  Per  il  Werner,  le  espressioni  ero- 
tiche devono  essere  prese  nel  loro  pieno  valore  (112). 
Già  prima  che  conoscesse  i  romantici  e  il  Bòhme,  can- 
tando la  Vergine  «  modello  di  purità  »,  ne  aveva  fatto 
un  «  Gottesweib  »,  e  aveva  rappresentato  il  momento 
in  cui 

Nie    empfundene    Lust 
Noch  mit  dem  letzten  Hauch  der  Jungfrau  rang  (113). 

Già  allora  l'amor  di  Dio  e  della  Vergine  era  per  il 
Werner  il  medesimo  che  l'amor  del  marito  in  una  moglie. 

La  differenza  tra  lui  e  i  romantici  ha  quindi  —  sotto 
questo  rispetto  —  origine  in  una  differenza  psicologica. 
I  romantici  non  sentono  in  se  la  identità  completa  dei 
due  sentimenti,  egli  invece  la  sente.  E  sentendola  ne  fa 
una  delle  sue  idee  fondamentali  (114). 

La  stessa  osservcizione  suscita  quella  unione  di  amore 
e  morte  che  egli  continuamente  esalta.  Essa  sta  in  stretto 
rapporto  con  le  altre  sue  idee.  Se  Amore  e  Morte  hanno 
nel  suo  pensiero  un  fine  unico,  è  tanto  naturale  che  essi 
si  uniscano,  quanto  era  naturale  che  Religione  e  Morte 
andassero  unite.  La  morte  non  tronca  l'amore,  ma  ne 
compie  l'opera  e  lo  suggella: 


(111)  POPPENBERG,    id.,    p.    59. 

(112)  La  psiche  romantica  è  molto  pili  complicata  e  non  si  lascia 
ridurre  come  quella  del  Werner  a  pochi  elementi  che  tutta  la  dominano 
e  la  determinano  per  la  loro  violenza. 

(113)  Ausgewàhlte  Schrijten,  I,  p.  86. 

(114)  Cfr.  quanto  sarà  esposto   nel  capitolo  IV. 


60  Zacharias  Werner 


Leben   ist  der  Liebe   Spiel, 

Tod   der  Liebe   Weg   zum  Ziel   (115). 

Se  la  morte  è  rinascita,  cominciamento  della  vita  vera, 
l'amore  potrà  raggiungere  nei  regni  suoi,  e  soltanto  in 
essi,  tutta  la  sua  forza  e  tutta  la  sua  intensità.  Se  la 
morte  non  ha  più  nulla  di  rivoltante,  ma  è  desiderata,  il 
sentimento  d'amore  non  incontra  più  in  essa  nessun  osta- 
colo, che  lo  possa  trattenere  (116). 

Anche  questo  è  un  pensiero,  che  il  Werner  ha  comune 
con  i  mistici  del  suo  tempo  e  di  tutti  i  tempi,  comune 
con  i  romantici.  Ma  anche  qui,  quando  il  Novalis  canta 
i  suoi  Inni  alla  notte,  e  celebra  il  suo  amore,  che  dopo 
la  morte  di  Sofia  raggiunse  la  sua  pienezza,  il  corpo  morto 
di  Sofìa  non  vi  ha  nessuna  parte  (117).  Nel  processo 
di  morte  il  Novalis  amante  vede  soltanto  il  liberarsi  dello 
spirito  e  il  suo  riconfondersi  con  l'Infinito,  e  cerca  di  ele- 
varsi con  l'estasi  all'unione  spirituale  con  l'amata  anima 
ascesa  ai  regni  ignoti  ;  il  Werner  vi  vede  invece  la  de- 
composizione del  corpo,  eppur  continua  a  predicar  che 
l'amore  matura  soltanto  nella  morte;  e,  più  che  il  dopo  la 
morte,  celebra  la  morte  stessa. 

Il  Novalis  dà  talor  nel  patologico,  il  patologico  invece 
è  la  caratteristica  del  Werner,  che  canta  la  perversa  e 
ributtante  Ballata:  Der  Ritter  von  Sidon  (118): 


(115)  Ausgewdhlte  Schriften,  p.  123.  Anche  pel  Bohme  l'amore  si 
raggiunge  soltanto  nella  morte.  E  anche  per  l'Hermsterhuys.  Cfr.  BuLLE, 
Fr.    Hermsterhuys    und   scine   Stellung    etc.    cit.,    p.    31. 

(116)  Cfr.   su  questo  il  PoPPENBERG,   op.   cit.,   cap.   III. 

(117)  Il  Poppenberg  non  segna  anche  qui  la  differenza  fra  il  Werner 
e  il  Novalis.  Solo  lo  SpenLÉ,  op.  cit.,  aderì  in  seguito  all'indirizzo 
preso  dal  Poppenberg  nella  spiegazione  delle  Hymnen  an  die  Nacht. 

(118)  Nei  Sohne   des   Tales,   Parte   II.    Ausgewàhlte  Schriften,   V. 

È  interessante  veder  nel   Tagebuch  come  il  Werner  tenesse  a  questa 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  61 

Wer  schleicht  mit  der  Fackel  um  Mitteraacht 
Zum    frisch   geschiitteten   Grabe  ? 

Un  cavaliere  scava  a  mezzanotte  la  tomba  della  sua 
amata,  scopre  il  cadavere,  e  lo  possiede: 

Und  gliihend  umschlingt  er  mit  pochender  Bnist 
Das   schlùmmernde    Màdchen    im   Grabe, 
Er  raubt  ihr  trunken,  sich  selbst  nicht  bewusst, 
Der   Unschuld    lieblichste    Gabe. 

Dall'amplesso  nasce  un  figlio  morto,  e,  quando  egli  ri- 
torna alla  tomba,  questo  giace  sul  seno  della  madre,  nel 
chiaror  di  luna,  ed  ha  il  capo  coronato  di  rose  e  di  spine. 
S'intende  che  la  Ballata  ha  un  senso  simbolico,  e  non 
mira  siffatto  alla  apoteosi  di  questa  perversità  sessuale  : 
ma  il  fatto  stesso  di  aver  ricorso  ad  una  tal  rappresen- 
tazione, per  dire  che  la  morte  è  la  fonte  della  vita,  mostra 
chiaro  che  Ccu*attere  questa  sua  unione  di  amore  e  di 
morte  abbia,  e  che  torbida  origine  abbia  propriamente  il 
suo  pensiero. 

Precedenti  in  queste  concezioni  perverse  e  malate  gli 
si  possono  trov£u-e  facilmente,  presso  altri  erotici  e  mistici  : 
quando  un  sentimento  distrugge  l'equilibrio  interiore  e 
degenera,  produce  nelle  facoltà  un  tumultuoso  disordine, 
che  confonde  tutta  la  vita  in  una  miscela  anormale,  in 
cui  le  singole  forme  van  perdute,  e  il  senso  del  giusto  si 


sua  ballata.  Ancora  nel  1808  la  leggeva  a  Coppet  ed  era  indignato 
che  gli  uomini  fossero  così  volgari  da  non  entusiasmarsene.  Egli  se  ne 
entusiasmava  e  la  recitava  sempre  con  lagrime  di  commozione  negli 
occhi.  Cfr.  nella  Biografia  cit.  dello  ScHUTZ,  Tagebucher,  p.  142, 
145,  ecc.  Vi  è  scritto:  «Neue  Ballade  vom  Ritter  aus  Sidon^;  ma 
«  neue  »  sta  evidentemente  per  «  meine  » . 


62  Zacharias  Werner 


smarrisce.  Per  il  Werner  si  può  aggiungere  che  questi 
spettacoli  di  putrefazione  morale  gli  davano  l'impressione 
di  un  dissolvimento  avente  —  in  conformità  alla  sua  teoria 
—  per  risultato  una  elevazione  (119). 

* 

Accanto  all'amore,  l'arte  :  E  le  ragioni,  per  cui  anche 
l'arte  viene  esclusa  dalla  condanna  generale  della  nostra 
vita  terrena,  son  le  medesime  che  valevano  per  l'amore: 
anche  l'arte  è  negazione  dell'egoismo,  culto  della  bellezza, 
cioè  di  Dio  :  anche  l'arte  è  religione. 

Queste  affermazioni  diventano  subito  comprensibili, 
quando  si  tengan  presenti  le  altre  idee  che  il  Werner 
ha  sull'eirte.  Il  Mnioch  dapprima  e  i  romantici  poi  gliele 
hanno  fornite  (120).  Fino  a  che  egli  venne  a  contatto 
col  Mnioch,  si  può  dire  che  egli  non  avesse  idee  precise 
in  proposito  :  anche  il  culto  dell'arte,  che  egli  professerà 
per  tutta  la  vita,  incomincia  soltanto  da  questo  momento. 
Per  il  Mnioch,  studioso  di  Kant,  l'arte  è  una  attività  dello 
spirito,  intermedia  fra  i  sensi  e  la  ragione,  fra  il  mondo 
del  pensiero  e  il  mondo  della  realtà,  ed  è  quella  attività 
su  cui,  come  sappiamo,  si  basava  in  parte  quella  sua  edu- 


\ 

(119)  Su  questo,  che  era  uno  dei  principi  fondamentali  del  «credo» 
massonico  da  lui  abbracciato,  cfr.  SCHNEIDER,  Der  Einfluss  etc,  cap.  II, 
e  cfr.  anche  «  Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  133.  Lo  Scheffner  era  confra- 
tello  suo  e   suo  superiore   nella   Loggia   di   Konigsberg. 

(120)  Anche  il  Bohme  lasciava  all'arte  libero  adito  nella  vita. 
Op.  cit.,  pag.  84:  «  Ich  sage  nicht  dass  der  Mensch  in  natiìrlichen 
Kiinsten  nicht  lernen  und  erfahren  soli,  etc».  Ma  il  Bohme  era  dal- 
l'arte troppo  lontano.  Più  avrebbe  potuto  apprendere  il  Werner,  dato 
il  suo  indirizzo,  dall'Hermsterhuys,  ma  non  si  vedono  traccia  evidenti  di 
un   suo   influsso. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  63 

cazione  estetico-morale,  che  lo  vedemmo  andar  predicando. 
L'arte  porta  senso  e  ragione,  materia  e  spirito  in  armonia  : 
e  come,  con  il  maturar  del  suo  pensiero,  la  religione 
prese  a  poco  a  poco  in  lui  sempre  più  il  sopravvento, 
Tarte  era  per  il  Mnioch,  al  tempo  in  cui  il  Werner  lo 
conobbe,  la  intermediaria  fra  il  cielo  e  la  terra,  fra  Dio 
e  l'uomo,  il  poeta  un  sacerdote  dell'ideale  e  della  reli- 
gione. Elevatezza  di  idee,  sentimento  religioso  formano 
l'artista,  che  soltanto  in  questo  caso  può  compier  la  mis- 
sione che  gli  è  affidata  (121).  Anche  riguardo  all'estetica, 
le  idee  del  Mnioch  furono  quindi  per  il  Werner  una 
prima  preparazione  alle  teorie  romantiche.  L'arte,  per  i 
romantici,  e  rivelazione  dell'infinito  in  forme  finite  :  la 
espressione  suprema  della  vita  umana,  in  cui  ideale  e 
reale  si  conciliano  e  si  fondono  in  una  unità  vivente. 
Il  poeta  è  un  veggente  che  nella  sua  estasi,  per  dono  na- 
turale, intuisce  le  verità  più  ascose  e  profonde,  che  il 
filosofo  solo  per  forza  di  ragionaunento  può  raggiungere  e 
dimostrare  :  è  l'annunziatore,  il  profeta  di  Dio.  Questa 
estasi,  questa  elevazione,  questa  veggenza  sono  che  fanno 


(121)  Così  prega  il  Mnioch  nella  Litaney: 
Darum,  o  Gott, 
Erhàlt  uns  immerdar  die  edlen  Kiinste, 

Erhalt   die   Kiìnstler  uns 

die  sich 

Mit  der  Natur  vereinen,  alle  Nerven 

Des  inneren  Sinns  zu  feinerem  Gefiihl  zu  spannen, 

Durch  vollkommene  Schònheit 

Sie  rein  zu  stimmen  etc. 

{Schriften,  ed.    1794.  cit..  p.  37). 

Cfr.  anche  le  note  a  questo  passo  nella  ed.  delle  Schrijten,  1798,  cit. 
e  si  tenga  pur  presente  quanto  già  dicemmo  sulla  importanza  data  dal 
Mnioch  al   sentimento   estetico   per   la    «  Moralische  Bildung  » . 


64  Zacharias  Werner 


il  poeta.  E  anche  il  Werner  scrive  (122):  «  Wer  ist 
Kunstler  ?  —  Der,  welcher  durch  ein  Chaos  von  Re- 
geln,  Studien,  Rucksichten,  was  weiss  icht,  alles  ein- 
gezwàngt,  die  er  doch,  er  sei  noch  so  genialisch,  nicht 
iiberspringen  kann,  in  Wòrtern,  Tònen,  Farben,  das 
Geringste  nachzuklimpern  sucht,  was  der  gewòhnliche 
Religiose,  erlaube  mir  den  Ausdruck,  in  Minuten  der 
^yeihe  empfindet,  oder  derjenige,  der  sich  und  sein  In- 
neres,  wie  eine  Aeolsharfe,  dem  schònen  Saiisen  der  har- 
monischen  Natur  darbietet,  und  sich  von  ihnen  durch- 
stròmen  làsst  ?...  Was  willst  du  lieber  sein?  Diese  Harfe 
oder  jene  Geige,  die,  ein  bisschen  zvv^ar  auf  den  Ton 
der  Harfe  gestimmt,  durch  die  Griffe  der  ordinairen 
Menschheit,  die  darauf  herumklimpert,  gar  jàmmerlich 
geschuhriegelt,  wìe  die  im  Zerbino  vom  Nestor?  Mit 
einem  Worte  ;  w^as  ist  besser  zu  sein  ?  Gefiihlsvoller 
Anschauer,  oder  àrmlicher  Nachklimperer  der  ew^igen 
Gottheit  ?...  Was  ein  praktischer  Kunstler,  in  einem  ge- 
ràuschvollen  und  gefiihllosen  Kreise,  mit  Aufopferung  seines 
Lebensgenusses,  oft  seiner  kòrperlichen  Ehre,  nicht  vermag, 
das  kann  der  theoretische,  im  engeren  Kreise  der  ihn 
umgebenden,  mit  ihm  verw^andten  Seelen,  in  einem  weit 
reicherem  Masse,  ohne  alle  Aufopferungen  »   (123). 

Oltre  alla  originaria  analogia  di  questo  pensiero  con  il 
romantico,  si  rilevano  da  questo  passo  due  altre  qualità 
che  gli  son  tutte  proprie.  Prima  di  tutto  le  verità,  che  il 


(122)  V.  ScHiJTZ.  op.  cit..  p.  24. 

(123)  Cfr.  anche  l'introduzione  alla  Weihe  der  Kraft  {Ausgewdhlte 
Schriften,  VI,  p.  4).  Inoltre  «Blatter  f.  I.  U.  »,  cit.,  1834,  passim; 
«  Gesellschafter  »,    1837,    cit.,    passim. 

Gli  stessi  pensieri  vengono  continuamente  ripetuti. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  65 

poeta  deve  esprimere,  sono,  per  il  Werner,  verità  della 
religione  (1 24);  in  secondo  luogo  il  poeta  è,  per  il  Werner, 
un  ispirato,  su  cui  passa  il  soffio  di  Dio.  1  romantici,  per 
cui  il  poeta  era  un  fratello  spirituale  del  filosofo,  consi- 
deravano come  qualità  essenziale  del  genio  la  coscienza 
continua  di  se  e  della  sua  opera  :  questa  coscienza  non 
distruggeva  la  ispirazione,  considerata  anche  da  essi  come 
indispensabile,  ma  la  guidava  e  la  purificava:  Tironia  ro- 
mantica era  la  estrema  forma  di  questa  coscienza  di  se. 
Il  Werner  invece,  per  cui  il  poeta  è  un  mistico,  non  bada 
a  questo  secondo  elemento  :  egli  non  conosce  affatto 
l'ironia  romantica  :  la  creazione  artistica  è  per  lui  vera 
soltanto,  quando  r«  io  »  del  poeta  scompeu-e  nell'entusiasmo 
mistico,  da  cui  il  poeta  è  trasportato  (124^'*)- 


(124)  Anche  il  Mnioch  tendeva  a  considerar  l'arte  sotto  la  luce  che 
ad  essa  piove  dalla  religione,   anzi  a  farne  un  sussidio  della  religione  : 

Darum  erhàlt,  o  Gott,  uns  cine  dichterische 

Religion.  (Schriften.  ed.    1794,  cit.,  p.  38). 

Darum  endlich   lass 
Zu  Tempeln  deines  Namens  alle  Kunste 
Sich   ihre   Krafte   leihen,    und    ihre   Allgewalt 
Vereinen,    um  der  Menschen  ew'ge   Hoffnung 
Und  scine  kiinftige  Seligkeit  zu  feiern. 

{Ibid..  p.  39). 

Così  pel  Mnioch,  come  anche  per  il  Werner,  l'arte  è  necessaria  alla 
religione,  perchè  questa  deve  «  versinnlicht  w^erden»,  e  viceversa  non 
può  fuor  della  religione   fiorire. 

(124  6is)  Questo  aspetto  dell'estetica  romantica  venne  chiaramente  il- 
luminato dapprima  da  RlCARDA  HUCH  (Bliìtezeit  der  Romantik  cit.),  poi 
approfondito  dalla  JoachIMI-Dege  {Die  Weltanschauung  der  Romantik 
cit.  e  Deutsche  Shakespeare-probleme  im  XVIII.  Jahrhundert  cit.)  e  dal 
WaLZEL  (v.  riassunte  le  sue  idee  nella  Deutsche  Romantik  citata). 

Nel  Werner  questo  è  riverbero  che  già  prima  avvertimmo  del  pen- 
siero del  completo  abbandono   dell'uomo   a  Dio.   Se   l'arte  è   religione, 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.  5 


66  Zacharias  Werner 


Soltanto  in  questo  modo  può  il  Werner  affermare  che 
Tarte  è  negazione  dell'egoismo,  abbandono  della  volontà, 
sacrificio  del  proprio  essere.  Il  poeta  viene  così  rapito  in 
un  mondo,  in  cui  egli  non  esiste  più  se  non  in  Dio.  Ed 
è  in  questo  senso  che  il  Werner  scrive  :  «  Ich  balte 
Kunst  fiir  das  ernste  hochpriesterliche  Geschàft,  und  zu- 
gleich  auch  fiir  die  lebenslàngliche,  holde  Gefàhrtin  des 
Gliicklichen,  dem  sie  sich  offenbart  »  (125).  Il  Werner 
svolge  anche  più  ampiamente  questo  suo  pensiero.  Ogni 
gelosia  di  mestiere,  ogni  guerricciuola,  ogni  spirito  di  setta 
scompaiono  presso  il  poeta  vero.  «  Kann  sich  der  Mensch 
auf  etvsras  zu  Cute  tun,  w^obei  er  bloss  Maschine  der 
gòttlichen  Einw^irkung  ist  ?  Kann  der  Mensch,  der  so 
etwas  fiihlt,  vom  Neide  gegen  andere  durchdrungen  sein, 
oder  muss  er  nicht  lieber  sehnlich  w^ùnschen,  dass  mit 
ihm  noch  Tausende  Gott  preisen  und  loben  sollen  > 
Denn  darauf  geht  alle  Kunst  ;  die  Formen,  die  Dichtarten, 
sind  nur  Schatten,  Kling-Klang,  Masken!  »  (126).  Così 
egli  esalta  la  scena  del  ritrovamento  di  Filippo  e  di  Adal- 


e  il  poeta  un  sacerdote  di  Dio,  Dio  sarà  che  parla  per  bocca  sua. 
E  allora  la  vera  legge  dell'artista  sarà  che  egli  segua  la  propria 
ispirazione. 

(125)  «Blàtter  f.  1.  U.».    1827.  n.  2. 

(126)  Ausg.  Schriiten,  XIV,  p.  28,  p,  47,  etc.  Una  errata  interpre- 
tazione di  questo  passo  dà  il  WendRINER  {Das  romantische  Drarrta, 
Berlin,  1909,  p.  67).  Egli  intende  lo  sprezzo  che  in  queste  parole  si 
manifesta  come  rivolto  alla  teatralità  ;  vedremo  più  tardi  che  cosa  si 
debba  ritenere  sull'atteggiamento  del  Werner  a  questo  proposito.  È  però 
già  ora  evidente  qual  senso  queste  parole  abbiano  :  esse  si  riferiscono  a 
tutta  quell'arte  che  non  nasce  sotto  il  soffio  dell'ispirazione  divina.  Lo 
dimostra  l'insieme  della  lettera  a  cui  le  parole  sono  tolte. 

Cfr.  anche  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1174  e  «  Gesellschafter», 
1837,    p.    53. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  67 

berto  nei  Sòhne  des  Tales,  e  scrive  :  «  Wie  ich  zur 
Stelle  gekommen  bin,  weiss  ich  nicht  :  ich  selbst  habe 
gar  nichts  dazu  getan;  nur  das  weiss  ich,  dass,  so  oft 
ich  sie  ansehe,  mir  ein  unerklàrbares  Grauen  vor  meinem 
Inneren  iiberfàllt  »  (127). 

Ispirazione  reHgiosa  è  dunque  la  sostanza  del  poeta  : 
«  Der  sogenannte  Dichter  ist  nichts,  ist  weniger  als  der 
Schreiber  oder  der  Canzellist,  wenn  er  sich  damit  beg- 
niigt  in  schòn  gestochenen  Sylben  seinen  Nebenmenschen 
zu  amiisiren  »  (128).  Queste  p2u-ole  spiegano  il  senso  che 
si  deve  dare  alla  sua  frase  :  «  Der  religiose  Sinn  ist  eine 
Gattung  der  Poesie,  die  einerseits  die  erhabenste,  anderer- 
seits  die  notw^endigste  ist»  (129):  la  poesia  religiosa  è 
solo  un  genere  di  poesia,  ma  il  Werner  rigetta  come  falsi 
tutti  i  generi  che  non  hanno  un  tale  scopo.  «  Kunstwerke 
sind  Vorarbeiten  zu  der  neuen  Religion,  die  der  Mensch- 
heit  gegeben  werden  muss  »  (130). 

L'importanza,  che  il  Werner  dà  alla  poesia  e  all'arte, 
nasce  poi  anche  in  parte  da  una  considerazione  pratica, 
perchè  egli  trova  che  i  libri  purcunente  teorici  esercitano 
poca  influenza  :  «  Biicher  ^virken,  in  dieser  Riicksicht, 
wenig  oder  nichts  »  (131).  La  poesia  invece  esercita 
sugli  animi  ii  suo  fascino,  e  trascina  gli  uomini  inconscia- 
mente allo  scopo,  che  il  poeta  si  propone.  Il  Werner 
pone  fra  libri  teorici  e  libri  di  poesia  la  stessa  differenza 
che  i  romantici  ponevano,  e  definisce  l'cute  così:  «  Kunst 


(127)  Ausg.  Schri^ten,  XIV,  p.  46. 

(128)  Ihid.,  p.  46.  V.  anche  «  Blàtter  f.  1.  U.  ».    1827,  n.  2. 

(129)  Ihid.,   p.   7. 

(130)  «Blàtter  f.  1.  U.»,  1834,  cit.,  p.   1173. 

(131)  Allo  Hitzig.  SCHiJTZ,  op.  cit.,  p.  44.  Cfr.  «Blàtter  f.  1.  U.  » 
cit.,  p.  837,  p.   1178. 


68  Zacharias  Werner 


ist  Wiedergestaltung  des  Unendlichen,  wie  in  der  Expe- 
rimentalphysik  die  geschliffene  Flàche  das  dcirunter- 
stehende  chaotische  Gemàlde  repràsentirt  »  (132).  La 
«  Wiedergestaltung  »  è  dunque  la  qualità  distintiva  del 
poeta.  L'idea  deve  nell'opera  di  poesia  diventar  concreta, 
vivente.  Il  Werner  riconduce  l'effetto  di  un'opera  di 
poesia  all'impressione  che  lascia  l'insieme,  impressione  che 
deriva  dallo  spirito,  che  il  soffio  dell'ispirazione  divina  co- 
munica alla  creazione  artistica  :  «  Ich  wùnschte  dich  zu 
iiberzeugen  —  scrive  egli  allo  Hitzig  —  dass  die  Worte 
und  Gedanken  des  Dichters  nichts  poetisches  sind,  dass 
sein  ganzer  Effekt  in  dem  unnennbaren  Totaleindrucke 
besteht,  der,  nach  dem  Genusse  des  Kunstwrerkes  im 
Leser  entsteht,  aber  augenblicklich  verschwindet,  sobald 
ihn  ein  ungeneigter  Leser  sich  expliziren  v^ll  »  (133). 
Il  soffio  divino  è  quindi  non  nelle  idee  astratte,  che  ven- 
gono predicate,  ma  nella  forma,  che  queste  idee  assumono  : 
scomponete  la  poesia  e  non  avrete  se  non  «  làppische 
Wòrte  »  (134).  La  forma  è  senza  dubbio  nulla  senza  le 
idee  che  essa  esprime,  ma  le  idee  sole  non  bastano:  la 
poesia  sta  nell'organismo,  in  cui  idee  e  forma  si  fondono 
e  confondono.  Ogni  dissezionamento  critico  distrugge  la 
poesia,  perchè  distrugge  l'organismo  e  la  vita  dell'opera 
allo  stesso  tempo  :  e  questa  è  la  ragione  per  cui  egli  — 
seguendo  l'insegnamento  del  Wackenroder  —  richiede  al 
lettore  un  abbandono  completo  alla  poesia  che  legge, 
all'opera  d'arte  che  contempla:  «  Ich  suche  liberali  ver- 
wandte  Seelen Ich  lese  jedes  Buch  mit  einer  Hinge- 


(132)  «Blatter  f.  1.  U.  ».  cit..  p.  2. 

(133)  ScHiJTZ,  op.  cit.,  p,  43-47. 

(134)  Ibid.,  p.  47. 


La  sua  personalità  e  le  sue  teorie  mistiche  69 

bung  in  die  Sede  des  Autors...  »  (135).  L*opera  del  poeta 
appcire  quindi  al  Werner  non  un  pensare,  ma  un  libe- 
rarsi di  pensieri,  che  dall'alto  piovono  in  lui,  in  una  vi- 
sione estema.  Questo  senso  hanno  le  sue  parole  :  «  Die 
unerlàsslichste  Aufgabe  des  Dichters  ist  nicht  das  Auf- 
klàren,  sondern  das  Abklàren  des  Gemiits  »  (136).  Vi- 
sione è  quindi  immagine:  immagine,  visione  sono  elementi 
essenziali  dell'arte,  e  la  poesia  è  una  «  Bildersprache  ». 
Anche  la  sua  concezione  della  poesia  riposa  sopra  il 
concetto  allora  trionfante  della  forma  organica. 

Se  la  poesia  è  rappresentazione  di  idee  per  immagini, 
la  poesia  sarà  necessariamente  simbolica.  E  la  conclu- 
sione a  cui  i  romantici  erano  giunti  ed  a  cui  anche  il 
Werner  giunse  :  «  Kunst  ist  Symbolisirung  des  Gòttli- 
chen  im  Menschlichen  »  (137).  L'opera  d'arte  è  un  ge- 
roglifico, che  è  compreso  soltanto,  se  se  ne  penetra  il  senso 
ascoso,  e  che  opera  sull'anima  del  contemplatore  per  la 
misteriosa  corrispondenza,  armonia  e  unità  che  esiste  fra 
quel  senso  ascoso  e  la  forma,  che  esso  ha  assunto  per 
riveWsi.  E  sacrilegio  rinnegare  i  simboli  :  i  simboli  sono 
creazioni    di    fantasia    d'artista,    e    l'arte  è  divina  :   «  Ich 

glaube dass  Christus  als  der  Symbol  der  vergòttlichten. 

Maria  als  das  der  reinsten  Menschheit  wiederaufgestellt 
wrerden  muss  auf  die  Altare,  von  denen  sie  frevelnd  ver- 
dràngt  wurden  »  (138). 


(135)  ScHiJTZ,  op.  cit.,  p.  43. 

(136)  «Blàtter  f.  1.  U.  »,   1827,  n.   I.  A  Regiomontanus. 

(137)  Ibid. 

(138)  ccBlatter  f.  1.  U.  ».    1827.  p.    1. 


70  Zacharias  Werner 


Religione,  amore,  arte  formano  così  la  trinità  —  «  die 
heilige  Dreikinigkeit  »  —  su  cui  la  vita  riposa. 

Queste  paiono  a  me  essere  le  linee  fondamentali  del 
pensiero  del  Werner,  come  esso  ci  si  presenta  al  mo- 
mento, in  cui,  già  maturo  d'anni,  egli  prende  a  scrivere 
le  sue  tragedie.  E  un  pensiero  confuso,  che  ha  una  certa 
unità,  ma  non  ha  raggiunto  chiarezza.  Il  Werner  era  troppo 
inquieto  per  potersi  concedere  alla  meditazione  ordinata 
e  calma,  in  cui  le  idee  si  definiscono  e  si  illuminano; 
quando  una  idea  gli  era  balenata,  seguendo  un  impulso 
sentimentale,  procedeva  incurantemente  oltre,  contraddi- 
cendo spesso  se  medesimo,  e  rinnegando  talor  persino  il 
principio  da  cui  era  partito.  «  Stets  unstet  »  (139),  chia- 
mava egli  se  stesso.  E  in  realtà  chi  cerchi  di  seguir  lo 
svolgimento  del  suo  pensiero  si  trova  dinnanzi  a  una  tale 
irrequietudine  e  confusione,  che  solo  a  fatica  gli  riesce  di 
scorgervi  chiaro: 

Seitdem  ich  ahnen  konnte  und  empfinden, 
Wollt'ich  im  Bilde  stets  das  Wesen  lieben, 
Doch   hat  ein  Bild  das  andere  vertrieben,    (140) 
Wie  Morgenwolkchen  aufgehn,   gliihn,   verschwinden. 

E  come  un  assetato  a  cui  mai  non  riesce  di  rinfrescar 
le  fauci  arse. 


(139)  Ausg.  Schrijten,  I.    123. 

(140)  Ibid.,  p.   175. 


CAPITOLO  SECONDO 
TI  dramma. 


La  poesia  del  Werner  nacque  da  questi  confusi  tumulti 
di  idee  e  da  questi  oscuri  fermenti  di  vita  malata.  E 
torbida,  diseguale  e  malata  come  Tanima  di  colui  che  la 
compose.  Leggendola,  avete  l'impressione  di  penetrare 
in  un  mondo  strano  e  confuso,  dove  aure  piene  di  vapori 
eccitanti,  che  offuscano  la  vista  e  annebbiano  il  cervello, 
ravvivino  continue  vampate  di  fiamme  torbide,  e  creino 
una  morbosamente  calda  atmosfera,  che  ha  del  sogno  e 
dell'incubo  allo  stesso  tempo.  Vi  chiedete  come  si  possa 
respirare  in  quel  mondo  senza  diventarne  nevrastenici, 
come  si  possa  schiudervi  gli  occhi,  senza  che  le  cose  per- 
dano i  loro  naturali  contomi,  senza  che  tutto  si  presenti 
in  forme  così  bizzarre  e  insolite  da  non  esser  più  facil- 
mente riconosciuto. 

Ritrovate  nelle  composizioni  poetiche  del  Werner  quella 
voluttà  dello  sfrenato  fantasticare  che  trovaste  nelle  lettere 
e  nel  Tagebuch.'  E  una  poesia  nata  da  continue  sovrec- 
citazioni di  un  uomo  che  diceva  di  «  non  poter  passar  nella 
vita  senza  trascinar  dietro  la  sua  testa  scapigliatamente 
ricciuta  turbini  di  aggrovigliantisi  sempre  nuove  fantasie  ». 
Le  qualità  peculiari  del  processo  creativo  del  Werner  si 


72  Zacharias    Werner 


trovano  tutte  implicite  in  questa  impulsità  di  una  imma- 
ginazione, che  non  solo  non  domina  e  modera,  ma  lasci- 
vamente blandisce  se  medesima.  Se  egli  sostenne  —  come 
vedemmo  —  contro  i  Romantici  la  incoscienza  della  crea- 
zione poetica,  ciò  fu  —  considerando  il  fatto  dal  lato 
psicologico  —  sopratutto  perchè  egli  stesso  si  lasciava  tra- 
scinare completamente  dall'ebbrezza  del  comporre,  e  sen- 
tiva che  questa  sarebbe  andata  perduta,  quando  quel- 
l'incoscienza  venisse   trattenuta  (I). 

Ora,  con  una  composizione  siffatta,  tutte  le  inclinazioni 
del  poeta  trionfano,  suscitando  innanzi  ai  suoi  occhi  im- 
magini, che  interamente  —  e  più  che  la  realtà  —  sod- 
disfino ai  bisogni  sia  sentimentali,  sia  sensuali  della  sua 
natura.  E  la  malattia  del  poeta  si  riverbera  necessaria- 
mente nell'anima,  nella  storia  dei  personaggi,  di  cui  egli 
va  popolando  la  sua  opera,  e  necessariamente  anche  il 
mondo  che  egli  rappresenta  assume  quel  carattere  di 
«  cauchemar  »   che  è  proprio  di  tutta  la  sua  vita  interiore. 

* 

La  poesia  del  Werner  offre  così  una  piena  assoluta 
spontaneità.  La  sua  attività  poetica  eruppe  difatti  improv- 
visa, quando  egli  incominciò  ad  acquistar  coscienza  del 
conflitto,  che  dentro  di  lui  si   veniva    formando    col   ma- 


li) V.  sulla  composizione  dei  Sòhne  des  Tales  lo  HiTZIG,  Le- 
bensabriss,  etc,  cit.,  p.  11,  sulla  composizione  del  Kreutz  an  der  Ostsee 
il  TeichmaNN  cit.,  p.  303,  il  «Gesellschafter  »,  1837,  p.  54  e  seg.,  i 
«Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1169  e  segg.,  sulla  composizione  del 
24.  Fehruar  il  Teichmann  cit.,  p.  328  e  segg.  e  lo  SCHUBART, 
Erinnesungen  an  Goethe,  «  Schnorrs  Archiv  »,  I,  461.  Cfr.  i  relativi 
capitoli   di    questo    libro. 


//  dramma  73 


turar  nella  sua  mente  di  idee  che  contrastavano  con  le 
altre  tendenze  da  cui  la  sua  psiche  era  dominata.  La  sua 
produzione  anteriore  è  scarsa  e  presenta  di  rado  quella 
vivacità  e  immediatezza,  che  non  si  può  negare  alla  sua 
opera  posteriore,  qualunque    ne  siano  i  meriti  d*arte. 

Se  poi  questa  assunse,  nascendo,  la  forma  di  dramma, 
ciò  non  accadde  soltanto  perchè  egli  possedeva  fin  dal- 
l'infanzia grande  passione  per  il  teatro  —  «  Schon  von 
meiner  frùhen  Jugend  an,  w^ar  das  Theater  meine  Lei- 
denschaft  und  mein  Studium  »  (2)  —  o  perchè  egli 
credesse,  in  questo  modo,  di  poter  agire  e  influire  sopra 
una  più  gran  massa  di  pubblico  e  più  efficacemente, 
che  «on  scrivendo  poesie  (3),  o  perchè  l'ambizione  di 
rivaleggiare  con  Goethe,  Schiller,  Tieck  ed  altri  poeti 
da  lui  molto  letti  ed  ammirati  lo  stimolasse  e  lo  sospin- 
gesse (4)  ;  ciò  accadde  specialmente  perchè  drammatica 
era  l'indole  della  sua  fantasia.  La  natura  sentimentale 
dell'individuo  ha  sempre  un  riflesso  nella  natura  della 
inmiaginazione,  ne  determina  le  preferenze,  ne  eccita 
l'attività,  la  pervade  —  specialmente  in   uomini   come  il 


(2)  Lettera    allo    Iffland    nel    Teichmann    cit.,    p.    291. 

(3)  Quando  compose  il  suo  primo  dramma,  i  Sòhne  des  Tales, 
era  convinto  che  essi  non  avrebbero  mai  avuto  possibilità  di  rappresen- 
tazione (e  difatti,  quando  in  un  apposito  rimaneggiamento  furono  rap- 
presentati, caddero):  «Bei  dieser  Tendenz  meines  Werkes  war  es  mir 
unmòglich  es  fur  die  Biìhne  darstellbar  einzurichten  » .  Allo  Iffland: 
Teichmann,  op.  cit.,  p.  292;  cfr.   cap.   precedente,   p.    167. 

(4)  Quando  si  ritira  con  la  terza  moglie  al  capezzale  della  madre 
malata  e  vive  due  anni  interi  nella  solitudine  senza  amici,  senza  uscir 
nel  mondo,  senza  veder  quasi  nessuno  e  si  sprofonda  nei  libri,  passa  il 
suo  tempK)  a  leggere,  a  meditare,  a  rileggere  il  Goetz,  VEgmont,  i 
Rduber,  il  Wallenstein,  la  Genooefa  e  VOctavianus.  V.  «  Blatter 
f.  1.  U.  »  cit.,    1827,  n.    1-2. 


74  Zacharias   Werner 


Werner  —  e  l'inonda  della  propria  calda  vita,  la  do- 
mina e  la  plasma.  Ora  il  Werner  vive  in  se  un  dramma 
continuo  :  essendovi  nella  sua  psiche  quel  dissidio  di  ten- 
denze che  già  abbiamo  chiarito,  il  contrasto  è  anche 
la  forma  prevalente  di  tutta  la  sua  vita  interiore.  La  sua 
sensibilità  è  più  intensa  che  fine  e  le  vibrazioni  di  essa 
sono  scosse  violente:  i  suoi  sentimenti  sono  esaltazioni  e 
depressioni,  estasi  e  prostramenti,  che  si  alternano  come 
reazione  Tuno  all'altro,  perchè  è  altrimenti  impossibile  che 
un  uomo  possa  durarla.  Non  v'è  in  lui  misura.  Quando 
la  moglie  Maria  gli  annunzia  di  volersi  da  lui  separare, 
egli  annuisce  in  una  calma  stupita  che  è  una  specie  di 
annichilamento  di  tutto  l'essere  morale;  poi,  appena  è  solò 
e  ci  ripensa,  la  commozione  sua  si  sviluppa  in  un  cre- 
scendo vertiginoso:  egli  si  butta  prono  sul  pavimento,  si 
immagina  di  essere  avviluppato  dalla  notte  e  dalla  soli- 
tudine, come  se  nulla  esistesse  fuorché  il  suo  povero 
cuore  sperduto  nell'universo  vuoto  ;  si  contorce,  si  morde, 
si  sente  chiamato  da  Dio  e  da  Dio  maledetto,  finche  il 
cervello  gli  diventa  confuso,  come  se  qualcuno  l'avesse 
stordito  con  una  mazzata  sul  capo:  e  così  rientra  nella 
calma  (5).  E  non  è  uno  scoppio  di  passione  irrefrenabile  : 
egli  ama,  sì,  quella  donna,  ma  da  qualche  anno  se  ne 
cura  così  poco  che  essa  si  allontana  da  lui  per  accostarsi 
a  un  vecchio  di  cinquantasei  anni,  se  ne  cura  così  poco 
che  non  avverte  la  sua  freddezza  crescente  :  egli  la  amerà 
sempre,  ma  si  separa  da  lei  con  gran  facilità  e,  se,  separan- 
dosi, soffre,  ha  però  anche  un  sentimento  di  liberazione  che 
non  osa  confessare  a  se  stesso.  La  sua  esaltazione  è  così 


(5)  V.   «Blàtter  f.  1.  U.  »  cit.  Lettera  allo  Scheffner,  p.    1341-42. 


//  dramma  75 


furibonda,  perchè  tutta  la  sua  vita  è  così.  Una  tal  vita 
sovieccita  e  sviluppa  fatalmente  la  fantasia,  che  esige  sti- 
moli, mentre  le  altre  facoltà  mentali  richiedono  armonia, 
equilibrio  e  calma;  ma  non  la  sviluppa  solamente,  la 
informa  di  se  e  la  modella.  Anche  la  fantasia  diventa 
irrequieta  e  tende  a  precipitarsi  agli  estremi  sotto  la  pre- 
potenza dello  stimolo  che  la  eccita:  anche  la  fguitasia 
tende  a  vedere  e  a  rappresentare  le  cose  per  contrasto: 
anche  la  fantasia  finisce  con  ignorare  ogni  armonia,  e 
ogni  trapasso  da  uno  stato  d*animo  all'altro.  La  fantasia 
del  Werner,  come  non  solo  le  sue  poesie  ma  le  sue  let- 
tere la  rivelano,  è  infatti  tale.  Ed  egli  si  volge  al  dramma 
perchè  soltanto  esso  può  esprimere  il  disaccordo  che  in 
lui  regna,  saziare  con  la  sua  condensazione  il  bisogno  di 
sempre  nuove  scene  che  lo  agita.  Se  infatti,  per  una  parte, 
la  lirica  è  sempre  un'armonia  di  accordi,  anche  quando 
esprime  una  lotta  interiore,  perchè  la  lotta  vi  si  scioglie 
in  uno  stato  armonico,  in  quanto  che  il  poeta  la  constata 
portandola  ad  espressione  (6),  la  poesia  narrativa  è  invece, 
d'altra  parte,  la  rappresentazione  di  un  divenire,  in  cui 
ugualmente  i  contrasti  si  smussano  perchè  i  diversi  ele- 
menti e*  momenti  dell'azione  vi  si  fondono  in  una  fluente 
unità. 


(6)  Difatti  il  Werner  abbandonerà  il  dramma  per  volgersi  alla  lirica, 
quando,  dopo  la  conversione,  avrà  per  qualche  tempo  una  certa  unità 
con  se  medesimo.  Cfr.  Ausgewàhlte  Schriften,  voi.  I  e  II.  Solo  una 
cinquantina  di  pagine  furono  composte  durante  la  sua  attività  dramma- 
tica ;  un  centinaio  di  pagine  la  precedono  ;  tutto  il  rimanente  dei  due 
volumi  la  segue. 


76  Zacharias    Werner 


* 
*   * 


Se  questa  schietta  origine  lirica  determina  la  materia 
sentimentale  e  fantastica  della  poesia  werneriana,  e  se 
l'indole  della  sua  vita  interiore  e  della  sua  fantasia  fu 
che  lo  volse  al  dramma,  il  modo  però  come  questo 
venne  da  lui  organizzato,  la  struttura  che  questo  ricevette, 
provengono  da  un'altra  delle  tendenze  che  nel  Werner 
abbiamo  rilevato.  Già  vi  accennammo  al  principio  del 
capitolo  precedente:  importa  ora  chiarire  meglio  il  fe- 
nomeno. 

Alle  mistiche  concezioni,  che  nel  precedente  capitolo 
esaminammo,  il  Werner  teneva  assai.  Scorgeva  in  esse 
con  sincera  fede  la  verità,  e  le  riteneva  la  parte  migliore  di 
se  medesimo:  credeva  realmente  di  «  aver  la  missione  »  di 
diffonderle  e  di  guidarle  alla  vittoria.  Per  quanto  forte  fosse 
la  sua  voccizione  poetica,  essa  era  soverchiata  ancora  dalla 
sua  natura  di  predicatore.  Non  aveva  proclamato  esser 
vanità  anche  la  poesia,  quando  essa  non  serva  di  edifi- 
cazione agli  altri  uomini  ?  E  fu  coerente  alla  sua  estetica 
mistica.  La  visse.  Le  sue  fantasticherie  si  svolgevano  sopra 
la  base  che  i  pensieri  mistici  gli  offrivano:  fantasticherie 
ed  idee  erano  ugualmente  riverberi  della  sua  personalità 
ed  erano  inscindibili.  Ed  egli  considerò  i  suoi  drammi 
come  «  veicoli  »  per  le  sue  idee.  «  Ich  kann  dir  — 
scrive  allo  Hitzig  —  so  wahr  Gott  lebt,  schvsròren,  dass 
ich  die  Kunst  bloss  aus  dem  hòheren  Gesichtspunkt,  in- 
sofern  sie  uns  Ahnungen  von  der  Gottheit  gibt,  betrachte, 
und  dass  es  mir  nicht  nur  darum  zu  tun  ist,  Bùcher  zu 
schreiben  um  einen  fliichtigen  Beifall  zu  gewinnen,  sondern 
darum,  wenn  auch  nur  wenige,  Gemiiter  fiir  das   Heilige 


//  dramma  77 


zu  gewinnen,  was  die  Welt  nicht  kennl...  Ich  fiirchte  mich 
nicht  vor  Nebenbùhlern,  die  mit  mir  um  den  poetischen 
Lorbeer  wetteifern:  im  Gegenteil,  ich  mòchte  wiinschen 
dass  es  schon  Tausende  gebe,  die  von  meinem  Ideal 
durchdrungen  mit  mir  zu  einem  Ziele  walleten...  Ich  ver- 
sichere  und  beteuere  dir  dass  ich  alle  poetische  Lorbeer- 
kronen  fiir  die  Freude  hingàbe,  nicht  etwa  Stifter,  bloss 
Mitglied  einer  àcht  religiòsen  Sekte  zu  sein,  denn  ich  bin 
iiberzeugt  dass  es  die  Hauptsache  ist,  worum  es  Not 
tut,  und  dass  alle  Kunstwerke  nur  Propylaen  sind  zu 
diesem  Endzweck  »  (7).  E  questo,  d'altronde,  il  tema 
principale  di  tutte  le  numerose  lettere  in  cui  egli  discorre 
delle  sue  opere  (8). 

Il  dramma  sorge  così  dopo  che  le  idee  si  son  formate. 
Non  solo  succede  —  cosa  in  se  naturale  —  che,  affinchè 
il  Werner  possa  scrivere,  egli  deve  aver  qualcosa  da  dire  : 
ma  è  questo  «  qualcosa  che  egli  ha  da  dire  »  ciò  che  scote 
la  sua  inclinazione  alla  poesia,  inclinazione  prima  sempre 
sentita,  ma  sentita  soltanto  come  una  specie  di  vuoto 
ritmo  insistente  che  egli  non  sapeva  come  trasformare  in 
melodia  e  che  veniva  facilmente  intorpidito.  Il  mistico 
precede  in  lui  il  poeta  e  lo  suscita  :  l'idea  precede  la  poesia 
ed  è  il  germe  da  cui  questa  si  sviluppa  (9). 


(7)  V.  HiTZIG,  Lebensabriss  cit.,  p.   41. 

(8)  V.  TeichmANN  cit.,  p.  291  e  seg.,  310  e  seg.  ;  «  Gesellschaf ter  » , 
1837,  cit..  p.  44  e  seg.;  «  Blàtter  f.  1.  U.  »,  1834.  cit..  p.  1169  e  seg.; 
GuBITZ,   Erlebnisse,   I,   p.   218  e  segg.,   etc,    passim. 

(9)  All'influsso  della  mistica  sopra  il  dramma  del  Werner  dedicò 
una  sua  dissertazione  lo  IrmLER,  Ueber  den  Einfluss  von  Z.  Wemers 
Mystik  auf  sein  dramatisches  Schaffen.  Diss.  Strassburg,  Metz,  1906. 
Ma  lo  Irmier  non  fa  se  non  diluire  il  POPPENBERG,  op.  cit.,  cap.  I,  e  il 
FrankEL,    op.    cit..    cap.    I,    poco    aggiungendovi    di    suo:    basterà,    per 


78  Zacharias   Werner 


Il  dramma  nasce  quindi  nel  momento  in  cui  il  pensiero 
astratto  si  concreta  in  una  visione  di  realtà  che  ad  esso  è 
conforme.  Tutta  la  poesia  nata  in  tal  maniera  è  poesia 
fantastica  in  fondo,  perchè  la  realtà  vi  vien  trasfigurata,  ed 
è,  ad  ogni  modo,  poesia  spiccatamente  individuale.  L'idea 
donde  il  poeta  parte  è  l'espressione  del  sentimento  per- 
sonale della  vita  che  il  poeta  ha  :  quel  sentimento  e  quel- 
l'idea trasformano  la  realtà  che  il  poeta  osserva  e  rap- 
presenta; son  come  certe  lenti  che  danno  forme  speciali 
agli  oggetti  che  attraverso  di  esse  sono  veduti.  Il  che  non 
infirma  il  valore  della  poesia,  perchè  ciò  che  importa  non 
è  affatto  che  la  realtà  veduta  dal  poeta  coincida  con  la 
realtà  veduta  con  gli  occhi  dei  più,  ma  solamente  che 
essa  sia  rappresentata  così,  che  noi  abbiamo  l'impressione 
di  una  realtà  vivente.  Noi  ci  sentiremo  trasportati  in  un 
altro  mondo,  in  un  mondo  in  cui  noi  non  riconosceremo 
più  il  nostro  proprio:  ma  forsechè  lo  scopo  della  poesia 
è  di  lasciarci  nel  mondo  in  cui  viviamo  ? 

Dicemmo  in  principio  del  precedente  capitolo  che  filo- 
sofìa e  poesia  si  mescolano  in  una  tale  opera.  Si  mesco- 
lano, ma  non  si  distruggono.  Anzi  si  integrano,  perchè  la 
poesia  assorbe  il  pensiero.  Ogni  mondo,  fantastico  o  reale 
che  esso  sia,  ha  certe  sue  qualità  distintive  :  il  pensiero 
viene    per   così    dire   obicttivato  e  non  è  più  se  non  la 


mostrar  la  sua  preparazione  intorno  all'argomento,  ricordare  come  egli 
confonda  le  Wierier  con  le  Berliner  Vorlesungen  dello  SCHLEGEL  (pa- 
gina 17),  come  egli  consideri  l'episodio  di  Astralis  nella  prima  parte 
dei  Sòhne  des  Tales  come  anteriore  al  Kreutz  an  der  Ostsee  (p.  Il), 
mentre  esso  fu  composto  solo  per  la  seconda  edizione  del  1806;  come 
(p.  4)  egli  affermi  che  il  Werner  conobbe  il  NoVALlS  solo  nel  1810, 
mentre  il  Werner  ne  era  entusiasta  nel  1804  (V.  «Euphorion»,  XVI, 
p.    363.     «Halle'sche    Aligera.    Ztg.  »,     1804,    Dicembre). 


//  dramma  79 


qualità  fondamentale  del  mondo  che  il  poeta  crea:  la 
filosofia  è  sottomessa  alla  poesia,  ne  è  come  una  base,  e 
solo  dà  determinatezza  di  colorito  all'opera.  Certo  è  che  la 
fusione  dei  due  elementi,  che  solo  in  questo  modo  può 
avvenire,  è  estremamente  difficile  :  son  due  tendenze  Tuna 
all'altra  estranea  e  ciascuna  di  esse  cerca  di  prendere  il 
sopravvento  :  la  coscienza  che  la  realtà  nuova  rappresentata 
è  diversa  dalla  comune  conduce  il  poeta  a  far  tesi,  a  mo- 
ralizzare, a  sopprimere  la  vita  con  discorsi  astratti.  Pure 
il  problema  di  questa  fusione  è  anche  il  problema  fon- 
damentale dell'arte  moderna. 

Tutte  le  qualità  formali  del  dramma  del  Werner  hanno 
origine  in  questa  di  cui  ora  parlammo.  Esso  è  anzitutto 
simbolico:  ma  importa  intendersi  sul  significato  della  pa- 
rola. La  vita  umana  è,  per  il  Werner,  una  ascensione 
verso  il  riconoscimento  di  quelle  verità  di  cui  egli  è  per- 
suaso e,  naturalmente,  anche  verso  la  pratica  di  esse. 
L'ascensione  è  faticosa,  e  i  drammi  del  Werner  sono  i 
drammi  di  questa  ascensione,  drammi  diversi  nei  di- 
versi tempi  e  presso  le  diverse  persone,  ma,  nelle  loro 
linee  fondamentali,  sempre  a  se  stessi  identici.  La  storia 
dei  suoi  personaggi  diventa,  in  tal  modo,  per  il  poeta,  la 
storia  di  tutti  gli  uomini:  la  storia  è  quindi  simbolica  e 
i  personaggi  sono  simbolici  perchè  essi  hanno  un  valore 
universale,  perchè  —  secondo  il  Werner  —  ogni  vita 
individuale  è  simbolo  della  vita  universa,  perchè  —  egli 
dice  —  simbolica  è  la  realtà  stessa  della  nostra  vita.  Ad 
un  Conte,  che  dal  Frànkel  fu  identificato  col  Conte 
Bruhl  (10),  e  che  trovava  alcuni  dei  personaggi  del  Lutero 


(10)  Frankel,  op.  cit.,  p.  22. 


so  Zacharias   Werner 


allegorie  e  astrazioni,  egli  rispondeva:  «  Therese  und 
Theobald  sind  nichts  weiter  als  schuldlose  Kinder  und 
nicht  mehr  oder  weniger  Allegorien  als  jeder  bedeutende 
Mensch.  Jeder  Mensch  ist  nàhmlich  dazu  da,  um  irgend 
eine  sitdiche  Idee  zu  repràsentiren,  und  so  wurde  ich  den 
erhabenen  Monarchen,  den  wir  beide  so  tief  verehren 
und  lieben  (il  re  di  Prussia)  bei  dem  ersten  Anblick 
f iir  eine  Allegorie  des  durch  weise  Pflichterfùllung  erzeugten 
Gewissensfriedens  halten  »  (1  I). 

Molte  altre  qualità  del  dramma,  verso  di  cui  il  Werner 
assiduamente  tende,  sono  specificazioni  di  questa  prima. 
Mistica  è  l'idea  madre,  e  mistico  è  quindi  il  dramma, 
mistico  il  mondo  che  in  esso  è  rappresentato.  Dio  vi  domina, 
invisibile,  ma  dappertutto  presente:  «  Die  Gottheit  —  scrive 
il  Werner  all'Hitzig  —  lenkt  jeden  unserer  Schritte  zum 
Hòchsten,  yWen  »  (12).  La  libertà  dell'uomo  diventa  molto 
relativa:  direttamente  o  indirettamente  è  il  volere  di  Dio 
che  trionfa  in  tutti  gli  atti  nostri.  Vedemmo  che  il  Werner 
conciliava  in  questo  modo  la  coscienza  della  debolezza 
sua  con  la  missione  di  educatore  religioso  che  credeva 
gli  fosse  assegnata:  egli  è  debole,  un  «  armer  gedriickter 
Mensch  » ,  un  peccatore,  ma  la  Provvidenza  lo  assiste  nel- 
l'adempimento della  sua  missione.  «  Wie  kàme  ich 
Schwacher...  dazu,  allem  diesem  mit  der  allergròssten 
Gelassenheit  entgegen  zu  sehen,  wenn  nicht  des  Herm 
Kraft  in  dem  Schw^achen  màchtig  wàre  ?»  (13).  E  «  des 
Herrn  Kraft  »  è  anche  la  vera  potenza   che  muove    l'a- 


(11)  Lettera  al  conte  e  alla  contessa  v.  X.  Teichmann  cit..   p.   310. 

(12)  HiTZIG,  Lebensabriss  cit.,   p.    115. 

(13)  SCHUTZ.  op.   cit.,  p.  23;  cfr.   anche  «  Blatter  f.   1.  U.  »,    1834, 
p.    1170,    1174,  etc. 


//  dramma  81 


zione  dei  suoi  drammi.  E  un  dramma  fatalistico,  quindi, 
quello  che  egli  compone,  ma  il  concetto  greco  della  fata- 
lità vi  vien  rovesciato  dal  concetto  della  Provvidenza,  che 
lo  sostituisce  (14).  Leggendo  tutte  le  sue  opere  dai  Sóhne 
des  Tales  alla  Mutter  der  Makk^^bàer  sempre  sen- 
tite questa  mano  che  pesa  sopra  gli  uomini  e  li  sospinge 
nelle  loro  azioni.  Il  fato  greco  trascinava  gli  uomini  alla 
colpa  e  alla  sventura:  il  nuovo  fato  tiascina  gli  uomini 
alla  redenzione  e  alla  salvezza.  Si  disse  che  il  dramma 
ci  perde  in  interesse,  in  quanto  che  una  forza  estranea 
superiore,  irresistibile  interviene;  ma  l'interesse  esiste  in 
una  certa  misura  sempre,  perchè  il  campo  d'azione  di 
questa  forza  estranea  è  l'anima  dei  personaggi.  Le  azioni 
che  questi  compiono  hanno  la  loro  causa  immediata  nelle 
loro  anime  che  mutano  e  si  trasformano  e  su  queste  anime 
la  Provvidenza  ha  un  influsso  diverso:  vi  sono  anime  più 
deboli  e  anime  più  forti,  anime  pure  ed  anime  corrotte, 
anime  che  soggiacciono  e  anime  che  si  sottraggono  alla 
influenza  salvatrice.  Vi  è  varietà  quindi  e  lotta  continua.  La 
lotta  è  sempre  fra  l'anima  e  il  corpo,  fra  gli  istinti  superiori 
e  gli  istinti  inferiori,  fra  le  inclinazioni  celesti  e  le  incli- 
nazioni terrene,  perchè  in  essa  è  per  il  Werner  l'es- 
senza della  vita  :  ma  la  lotta  ha  nei  diversi  personaggi 
esito  diverso:  l'esito  finale  è  bensì  dovuto  all'intervento 
di  Dio,  ma  esso  è  anche  l'epilogo  naturale  di  questa  lotta 
umana,  a  cui  l'intervento  divino  dà  solo  come  una  con- 
sacrazione. 


(14)  Cfr.  ElCHENDORFF,  Geschichte  der  Deutschen  Romantik.  Leipzig, 
1854,  p.  50.  Cfr.  a  questo  proposito  il  WendrineR  che  si  occupa  di 
questo  fatto  riguardo  al  dramma  romantico  in  generale  e  anche  nei  ri- 
guardi del  Werner   in  particolare   (op.   cit.,   passim). 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.  6 


82  Zacharias    Werner 

La  varietà  dei  caratteri  è  poi  anche  possibile  per 
un'altra  ragione.  Non  vi  è  presso  i  diversi  personaggi 
soltanto  una  differenza  quantitativa  nelle  loro  qualità  basse 
od  alte,  nella  loro  cedevolezza  o  resistenza  alFinflusso 
divino,  ma  anche  una  differenza  qualitativa.  L'egoismo, 
gli  istinti  materiali  si  manifestano  in  forme  diverse:  ricerca 
di  godimento,  amore  terreno,  ambizione,  indifferenza  e 
che  so  altro  ancora.  Così  ogni  personaggio  acquista  una 
propria  fìsonomia,  e  nei  diversi  drammi  viene  impostato 
sempre  un  diverso  problema  tragico,  a  seconda  che  questa 
o  quell'altra  tendenza  è  fatta  impedimento  alla  elevazione 
religiosa.  Oltracciò,  se  la  caratteristica  dei  personaggi  è 
data  sempre  da  un  unico  punto  di  vista  e  i  vari  drammi 
svolgono  sempre  azioni  analoghe,  e  ciò  può  dare  al  com- 
plesso dell'opera  del  Werner  un  carattere  di  uniformità,  ciò 
giova  d'altra  parte  alla  nettezza  di  posizione  delle  singole 
tragedie  (15). 

Conseguenza  di  questa  indole  del  dramma  è  che  i  per- 
sonaggi sono  di  necessità  per  la  maggior  parte  passivi. 
Il  Werner  stesso  riconosceva  tale  qualità  nei  Sóhne  des 
Tales  :  «  die  Personen  mussten  leidend  sein  »  ;  ma 
egli  esprimeva  questa  opinione  perchè  egli  li  aveva  sotto- 
posti a  un  invisibile  misterioso  dominio  della  società  segreta 
a  cui  appartenevano  (16).  «  Leidend  »  restarono  invece 
ancora  tutte  le  sue  creature,  quando,  passato  ad  altri  drammi, 
il  Werner  era  libero  dai  ceppi,  che  gli  imponeva  il  fatto 
di  rappresentare  la  potenza  grande  ma  occulta  di  una  tale 


(15)  Svolge  questa  critica  ampiamente  lo  IrmLER,   op.   cit.,   p.    13-29, 
passim. 

(16)  Lettera   allo   IfBand,    Teichmann   cit.,    p.    293. 


//  dramma  83 


società  (17).  O,  almeno,  si  può  osservar  questo:  esse  sono 
attive  in  quanto  cadono  o  peccano,  passive  in  quanto  pro- 
grediscono nella  via  del  bene.  Anzi  questo  stesso  ca- 
dere e  peccare  non  è  mai  il  risultato  di  una  volontà 
che  si  afferma,  ma  della  prepotenza  dello  stimolo  che  li 
eccita  e  li  seduce  :  e  questa  attività  si  risolve  in  una  pas- 
sività. Avviene  soltanto  di  alcuni  dei  personaggi  princi- 
pali che  essi  si  sottraggano  a  questa  legge  generale;  e 
ciò  accade  per  lo  più  perchè  essi  identificano  la  volontà 
loro  con  la  volontà  divina  e  agiscono  coscientemente  e 
combattono,  da  Dio  assistiti. 

La  passività  dei  personaggi  si  manifesta  anche  in  un'altra 
forma.  Vi  sono  in  tutti  gli  uomini  dei  momenti  singolari, 
in  cui  sentimenti  e  istinti  spuntano  all'improvviso,  senza 
ragione  apparente,  senza  che  se  ne  sappia  ne  il  come  ne 
il  perchè  :  questi  momenti  abbondano  nelle  creature  weme- 
riane.  E  una  qualità  che  s'accordava  troppo  bene  con  la 
fondcunentale  tendenza  della  loro  natura,  con  il  concetto 
del  diretto  intervento  della  Provvidenza,  perchè  così  non 
avvenisse.  Notate  questo  ad  esempio  là  dove  si  tratta  di 
amore.  L'amore  è  improvviso,  predestinato.  Quando  l'anima 
incontra  l'anima  sorella,  che  andava  cercando,  arde  :  non 
sa  come  né  perchè,  sa  soltanto  che  una  potenza  estranea 
si  è  impadronita  di  lei,  una  potenza  invincibile  a  cui 
vano  e  colpevole  è  tentar  di  resistere.  Il  Werner  riflette 
qui  nella  poesia  esperienze  personali  della  sua  natura 
istintiva  e  impulsiva:  egli  stesso  racconta  che  così  si  in- 
namorò della  sua  terza  moglie  avendola  incontrata  per  via  : 
vederla  e  amarla  fu  una  cosa   sola.   «  Ich    begegnete  ihr 


(17)  Di    questa    passività    dei    personaggi    Wemeriani    discorre    anche, 
ma  da  un  suo  unilaterale  punto  di  vista,  il  Wendriner,  op.  cit.,  p.  74. 


84  Zacharias   Werner 


auf  der  Strasse  und  ihr  Blick  fuhr  mir  wie  ein  Blitzstrahl 
ins  Herz:  diese  Graziengestalt  war  es,  deren  Bild  mir 
zeitlebens  dunkel  vorgeschwebt  hatte:  sie  war  fiir  mich 
bestimmt,  ich  liebte  sie  vom  ersten  Augenblicke  als  ich 
sie  sah,  und  liebte  jetzt  zum  ersten  Mal  »  (18).  Si  con- 
fronti ad  esempio  con  questo  passo  la  scena  in  cui  Ca- 
terina von  Bora  s'innamora  di  Lutero  nella  Weihe  der 
Kraft  {\9).  Son  sentimenti  che  son  già  in  precedenza 
«  bestimmt  ».  Il  fatto  ha  una  indiscutibile  verità  psicolo- 
gica, se  anche  la  «  Bestimmung  »  non  è  che  apparente  : 
nella  poesia  moderna  è  fatta  a  questi  inaspettati  risvegli 
della  subcoscienza  una  larga  parte.  Ma  nel  dramma  wer- 
neriano  questo  nuovo  elemento,  unito  a  tutti  gli  altri,  dà 
all'insieme  un  carattere  —  per  così  dire  —  stupito  e 
sognante.  Quegli  uomini  paiono  dei  sonnambuli  che  vanno 
errando  in  preda  di  un  potere  occulto  :  esseri  senza  vo- 
lontà, senza  la  visione  cosciente  di  uno  scopo  preciso. 

E  il  Werner  aggrava  ancora  questo  carattere.  Avendo 
concepita  e  rappresentata  in  ogni  sua  poesia  come  imma- 
nente l'opera  della  divina  Provvidenza,  gli  importa  di  ren- 
derla visibile;  non  gli  par  mai  che  i  mutamenti  che  avven- 
gono nell'anima  dei  personaggi  additino  sufficientemente 
l'origine  donde  essi  scaturiscono  ;  non  gli  par  mai  che  le  sue 
idee  sian  chiarificate  abbastanza  ed  abbastanza  esposte.  E 
perciò  le  ripete  prima  durante  e  dopo  il  dramma  instancabil- 
mente, le  fa  oggetto  di  discussione  e  di  esposizioni  conti- 
nuamente rinnovate.  Si  deve  riconoscere  che  in  un  dramma 
come  quello  di  cui  discorriamo  un  tal  fatto  è  giustificato. 


(18)  Lettera  a  RegiomontaNUS,   «  Blatter  f.  1.  U.  »,    1827.  n.    1.  Cfr. 
anche  «Blatter  f.  l.  U.  »,    1834,  p.    1341  e  il  «  Gesellschafter  »  cit 

(19)  Atto  I  -  Scena  ultima. 


//  dramma  85 


Il  dramma  non  presenta  soltanto  uomini  che  hanno  sen- 
timenti e  passioni,  che  soffrono  e  agiscono,  ma  uomini 
che  pensano,  uomini  premuti  dall'ansia  di  venire  in  chiaro 
sopra  di  se  .stessi  e  sul  loro  scopo,  sulle  oscure  e  con- 
fuse voci  che  sentono  salire  dal  fondo  della  loro  coscienza 
e  non  riescono  a  definire,  uomini  che  proiettano  le  loro 
azioni  sopra  una  generale  mediteizione  dei  valori  della 
vita,  e  da  quella  loro  meditazione  son  mossi  nei  loro  atti. 
Idee  astratte  e  discussioni  non  sono  estranee  a  una  tale 
opera,  perchè  esse  sono  la  naturale  espressione  di  stati 
d'animo  e  di  caratteri  che  non  potrebbero  altrimenti  ap- 
parire. Ma  tutto  ciò  appesantisce  spesso  il  dramma  di  un 
grave  pondo  di  materia  in  cui  la  vita  è  troppo  debole  e 
l'interesse  drammatico  troppo  scarso.  Ciò  che  l'opera  gua- 
dagna o  potrebbe  guadagnare  in  profondità,  va  perduto 
in  vivacità  ed  intensità,  tanto  più  che  vedemmo  come  le 
idee  del  Werner  sian  confuse  e,  talora,  aggrovigliate  e 
oscure.  E  il  lettore  si  sente  come  schiacciato  dalla'  pe- 
santezza di  queste  idee,  che,  ripetute  instancabilmente 
sotto  tanti  aspetti  e  in  tante  forme  e  talora  con  così 
confusa  imprecisione,  gli  compaiono  innanzi. 

Così  l'idea  religiosa  determina  e  informa  il  dramma  che 
è  o  vuol  esser  sempre  dramma  religioso. 

E  altre  qualità  s'aggiungono  a  quelle  che  ora  indicammo. 

Dalla  religiosità  dei  suoi  intendimenti  il  Werner  vien  con- 
dotto naturalmente  al  Medio  Evo,  a  quel  Medio  Evo  che 
—  vedemmo  —  egli  aveva  cantato  già  nella  Phantasie, 
a  quel  Medio  Evo  che  celebrava  allora  intorno  a  lui  la 
sua  risurrezione  (20).  Anche  il  Werner  crede,  come  i  ro- 


(20)  V.  HiTZIG,   Lebemabriss  cit.  sulla  genesi  dei  Sòhne  des  Tales, 
loc.    cit.,    «Gesellschafter  »,    loc.    cit.,    «  Blatte r    f.    1.    U.  »,    loc.    cit. 


86  Zacharias   Werner 

mantici,  che  sia  necessario  tornare  a  quella  età,  tornearvi, 
naturalmente,  non  per  restarvi,  ma  per  muovere  a  una 
civiltà  nuova,  che  non  vada  più  per  quelle  false  vie  per 
cui  la  civiltà  europea  negli  ultimi  secoli  si  e  deviata,  ma 
per  vie  nuove  a  più  alti  fini.  E  una  ammirazione  condi- 
zionata in  fondo,  ma  tale  da  destare  la  nostalgia,  in  quanto 
che  al  Werner  —  cosi  come  ai  romantici  —  pareva  di 
poter  ravvisare  in  quei  tempi  uno  stato  di  coscienza,  che 
più  e  meglio  rispondeva  al  suo,  che  non  quello  dominante 
ai  suoi  tempi.  Se  i  romantici  però  con  sinceri  sforzi  di 
studio  cercarono  di  penetrare  in  quell'età  e  di  rappresen- 
tarla così  come  essa  fu,  unilaterale  e  falso  è  invece  il 
Medio  Evo  del  Werner,  che  non  ha  interesse  storico 
vivo,  come  parecchi  invece  dei  poeti  suoi  contemporanei 
mostrarono  (2 1  ).  Egli  legge,  quando  attende  alla  composi- 
zione delle  sue  opere,  qualche  storia  generale  che  gli  for- 
nisca cizione  ed  elementi  generali:  poi  completa  con  la 
sua  ♦fantasia  e  completa  senza  eccessivi  riguardi:  i  Sòhne 
des  Tales,  ad  esempio,  sono  basati  soltanto  sopra  una 
leggenda  che  egli  stesso  designa  come  molto  ipotetica: 
leggenda  vaga,  senza  particolari  precisi  (22).  Le  vicende 
storiche  son  per  lui  cosa  secondaria:  l'essenziale  è  che 
egli  riesca  bene  ad  esprimere  le  sue  idee  ed  a  ritrarre 
i  suoi  fantasmi.  E  ride  nelle  sue  lettere  di  coloro  che 
gli  rimproverano  inesattezze  e  ignoranze.  Non  ha  il  poeta 
il  diritto  di  rifarsi  lui  la  storia  come  gli  talenta,   secondo 


(21)  Crede  a  questo  interesse  lo  IrmLER,  op.  cit.,  p.  13  e  segg,,  ma 
basta  un  superficiale  raffronto  dei  suoi  drammi  con  la  storia  in  cui  egli 
li  inquadra  per  persuadersene.  Il  dramma,  in  cui  si  mantiene  più  fedele, 
è  la  Weihe  der  Kraft  (su  cui  v.  il  FraNKEL,  cap.  IV)  ;  ma  anche 
là  vi  sono  dei  mutamenti  sostanziali  secondo  il  suo  scopo,  come  vedremo. 

(22)  ScHÌJTZ,  op.  cit.,  p.  35. 


//  dramma  87 


i  suoi  scopi?  (23).  Il  poeta  non  scrive  storia,  ma  si  compone 
lui  una  sua  propria  storia,  e  non  gli  si  chieda  ciò  che 
egli  non  volle  dare.  Il  Medio  Evo  è  per  il  Werner  es- 
senzialmente una  età,  in  cui  gli  uomini  son  dominati  an- 
cora dalla  religione. 

Il  Medio  Evo  è  oltracciò  Cattolicismo.  E  il  Werner 
condivide  la  estetica  celebrazione  del  Cattolicismo  che  i 
romantici  poco  prima  di  lui  avevano  fatto.  Egli  ha  le  con- 
vinzioni degli  Schlegel,  dello  ScheUing  e  del  Tieck;  si 
è  esaltato  sopra  le  Herzensergiessungen  del  Wacken- 
roder  :  «  Gegen  diesen  religiòsen  Coloss  sind  alle  neue 
Kunstmenschen  noch  Neophyten  »  (24)  e  si  è  entusiasmata 
al  nuovo  culto  di  una  religione  artistica,  di  una  religione 
cioè  di  cui  la  poesia  sia  elemento  sostanziale.  Anch*egli 
trova,  come  i  romantici,  che  la  poesia  ha  bisogno  di  una 
mitologia.  Se  la  poesia  è  simbolica,  rappresentazione  esterna 
delle  grandi  verità,  essa  è  mitologia.  Ora  l'antica  mitologia  è 
morta,  non  risponde  più  allo  stato  odierno  delle  coscienze  : 
se  qualcosa  la  può  sostituire,  e  soltanto  il  tesoro  di  riti 
e  di  leggende  che  la  Chiesa  cattolica  possiede.  Il  CattoU- 
cismo  e  una  meravigliosa  «  v^eder  aufgegrabene  mytholo- 
gische  Fundgrube  »  :  egli  crede  che  «  die  Sache  poetiseli 
angesehen,  der  Katholizismus  nicht  nur  das  grosste  Mei- 


(23)  V.  TeichMANN,  op.  cit.,  p.  306  e  segg.,  passim.  Cfr,  «  Blatter 
f.  1.  U.»,  1834.  p.  1173-74.  e  cfr.  anche  il  Prologo  alla  Weihe  der 
Kraft,  (n  Ausgewàhlte  Schriften  y) ,  VI,  p.  7.  Cfr.  ancora  X,  p.  Vili  a 
proposito  della  Mutter  der  Makhflhder  :  «  Kenner  mit  den  Schwierigkeiten 
der  historiscKen  Tragedie  werden  mir  das  sogar  unserm  vortrefflichen 
Schiller  in  so  reichlichem  Masse  eingeràumte  Recht  Tatsachen  selbst 
der  neueren  Geschichte  dem  dramatischen  Bedarf  gemàss  zu  modeln 
nicht  verweigem  » . 

(24)  SCHUTZ,   op.   cit. 


88  Zacharias   Werner 


sterstiick  menschlicher  Erfindung,   sondern    auch alien 

iibrigen  Religionsformen,  fiir  ein  Zeitalter,  welches  den 
Sinn  der  schònen  Griechheit  auf  immer  verloren  hat,  vor- 
zuziehen  ist  »,  crede  che  «  alien  Europàischen  Kunst- 
genius  und  Kunstgeschmack  allmàhlich  der  Teufel  holt, 
wenn  wir  nicht  zu  einem  gelàuterten  Katholizismus  wieder- 
kehren,  von  dem  wir  ausgegangen  sind  ».  Quando  egli 
manda  allo  Iffland  das  Kreutz  an  der  Ostsee,  e  se  lo 
vede  rifiutato  e  criticato  per  gli  elementi  mistici  e  cat- 
tolici che  vi  abbondano,  egli  risponde  che  «  da  vv^ir  keine 
Mithologie  mehr  haben,  und  das  Fatum  fiir  uns,  trotz 
Schillers  angestrengter  und  herrlicher  Versuche,  nicht 
ansprechend  ist,  in  unserem  Zeitalter  fiir  die  tragische 
Biihne  (die  der  Mythologie  schlechterdings  nicht  ent- 
behren  kann)  nulla  salus  ausser  dem  Katholizismus  zu 
finden  ist  »  (25).  Per  questa  ragione  tutti  i  suoi  drammi, 
anche  quando  egli  è  lontanissimo  ancora  dalla  sua  con- 
versione, son  tentativi  di  dramma  cattolico,  che  al  catto- 
licismo  sempre  più  lo  avvicinano.  Sempre,  quando  egli  è 
giunto  al  termine  di  una  sua  opera,  si  vanta  di  aver  dato 
pel  primo  alla  Germania  «  eine  àcht  katholische  Tragedie  »  : 
pel  primo,  perchè  la  Jungfrau  von  Orleans  dello  Schiller, 
a  cui  egli  del  resto  spesso  mirò,  non  è  una  tragedia  vera- 
mente   cattoUca  nel    suo    spirito  e  nelle    sue   forme  (26). 


(25)  Cfr.  Lettera  allo  Scheffner,  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1077. 
Importanti  pure  sotto  questo  rispetto  sono  le  altre  lettere  allo  Scheffner 
(«Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  pagine  1177-74),  dove  egli  parla  della 
composizione  del  Kreutz  an  der  Ostsee,  la  lunga  lettera  sulla  Weihe 
der  Kraft,  nel  «  Gesellschafter  »  del  GUBITZ,  loc.  cit.,  le  lettere  allo 
Iffland  clt.,  nel  TeicHMANN,  in  cui  difende  questa  sua  tendenza.  Cfr. 
anche  GUBlTZ,  Erlebnisse,  I,  218. 

(26)  Allo  Iffland  (Teichmann,  loc.  cit.)  e  allo  Scheffner  (loc.  cit.). 


//  dramma  89 


Anche  il  dramma  suo  su  Lutero  vien  da  lui  esaltato 
come  una  «  katholische  Tragedie  ».  Cattolica,  sia  perchè 
lo  spirito  che  la  anima  risponde  a  quel  carattere  estetico 
che  nel  Cattolicismo  si  trova  e  che  i  Romantici  esalta- 
rono, sia  perchè,  come  meglio  vedremo,  cattolica  è,  nel 
suo  pensiero,  l'idea  informatrice. 

Misticismo,  Medio  Evo,  Cattolicismo.  Da  molto  tempo 
il  soprannaturale  è  stato  rivendicato  ai  regni  della  poesia. 
Per  questo  rispetto  i  romantici  avevan  trovato  già  com- 
pletamente sgombra  la  via.  Anche  il  Werner  ne  usa  e  fa 
che  creature  celesti,  o  dotate  di  virtù  sovrumane,  parte- 
cipino all'azione  che  nei  suoi  dranmii  egU  svolge.  Son 
messi  della  divina  Provvidenza.  Essi  servivano  al  Werner 
in  doppio  modo:  prima  perchè,  volendo  egli  render  visibile 
l'influsso  della  Provvidenza  divina  sulla  umana  vita,  questi 
esseri  la  personificavano  e  la  rendevano  evidente:  in  se- 
condo luogo,  perchè  essi,  simboleggiando  anche  le  sue 
idee,  davano  ad  esse  un  risalto  maggiore.  Infatti  il  Werner 
mise  spesso  in  bocca  loro  i  sermoneggiamenti  che  tanto 
gli  stavano  a  cuore,  fece  che  essi,  rivelando  le  mistiche 
verità,  manifestassero  il  senso  occulto  della  storia  che  si 
svolgeva.  L'indole  loro  di  esseri  celesti  dava  alle  verità 
promulgate  una  autorità  maggiore.  Oltracciò  in  tal  maniera 
si  allargava  e  complicava  l'azione  in  visioni  grandiose, 
verso  di  cui  la  sua  fantasia  inclinava,  e  ciò  appagava  un 
suo  bisogno  tanto  più  fortemente  sentito,  inquantochè  esso 
non  era  solo  un  bisogno  della  fantasia,  ma  un  bisogno 
sentimentale,  nato  dalla  coscienza  di  essersi  accostato  ai 
problemi  più  vasti,  più  sostanziali  non  pur  della  vita 
umana,  ma   della  vita  universa. 

La  necessità  di  sfoggicir  tutta  la  tavolozza  per  rappre- 
sentar tempi  lontani  e  forme  di  vita  diverse  dalle  attuali^ 


90  Zacharias    Werner 

la  necessità  di  estendersi  nella  psicologia  dei  personaggi 
perchè  essi  nella  loro  anomalia  presentino  maggiori  ap- 
paienze  di  realtà,  la  necessità  di  introdur  molti  personaggi 
perchè  la  tragedia  abbia  veramente  quel  valor  tipico  e 
simbolico  che  il  Werner  le  vuol  dare,  la  compiacenza  di 
abbondare  nella  pittura  del  suo  estetico  cattolicismo,  l'am- 
plificazione del  dramma  per  la  sovrapposizione  di  un'azione 
divina  alla  azione  umana,  la  ricordata  naturale  spontanea 
tendenza  al  vasto  e  al  grandioso  nelle  concezioni  delle 
sue  opere  —  tutte  queste  ragioni  rendono  il  dramma 
w^erneriano  molto  complesso.  Vi  si  aggiungano  le  discus- 
sioni e  le  prediche,  vi  si  aggiunga  il  fatto  che  il  Werner, 
per  render  meno  pesanti  i  suoi  insegnamenti,  li  veste  di 
immagini  e  li  presenta  in  forme  simboliche  in  Ballate, 
Canti  e  Allegorie,  che  dissemina  qua  e  là  nella  sua  opera, 
dove  gli  par  meglio  opportuno  —  e  si  avrà  un'idea  della 
condensazione,  o  meglio,  compressione  continua  con  cui 
il  Werner  è  poi  costretto  a  procedere  nella  composizione 
delle  sue  tragedie. 

E,  poiché  egli  stesso  avverte  la  miscela  di  elementi 
eterogenei  da  cui  il  suo  dramma  risulta,  così  si  sforza  di 
portarvi  unità.  Per  una  parte  avete  un  dilagar  dell'azione 
in  divagazioni  liriche,  didattiche,  epiche,  e  per  l'altra 
parte  un  costante  e  tenace  rimaner  presso  dell'azione  prin- 
cipale :  «  Ich  suche  die  Handlung  so  klar  als  mòglich  fort- 
zufùhren  und  von  Episoden  so  rein  als  mòglich  zu 
halten  »  (27).  E  mentre  trovate  in  realtà  nel  suo  dramma 
un  dilatarsi  di  tutte  le  situazioni  in  tutti  i  sensi,  vi  trovate 
invece  rari  episodi.  Il  nitido  svolgimento  dell'azione  prin- 


(27)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  303. 


//  dramma  91 


cipale  diventa  quindi  una  specie  di  colonna  vertebrale 
intorno  a  cui  viene  organizzato  l'insieme. 

Il  senso  di  unità  organica  che  il  lettore  o  uditore  riceve, 
ha  però  un'altra  origine.  Esso  deriva  da  una  specie  di 
fiamma  lirica  che  pervade  tutti  gli  elementi  dell'opera. 
Scompariva  nell'antico  dramma  il  poeta  dietro  i  fantasmi 
che  creava:  ora  vi  si  mescola  portandovi  un  tumulto  di 
sentimenti  e  di  idee,  che  la  rappresentazione  degli  avve- 
nimenti eccita.  Questi  sentimenti  e  queste  idee  sono  che 
uniscono  e  confondono  tutto  quanto.  Confondono,  anche 
dando  alla  pcirola  il  suo  senso  traslato:  e  il  Werner  lo 
sa,  ma  riconosce  in  questa  confusione  l'indice  della  ge- 
nialità: «  Das  Genialische  ist  nicht  eine  Zeichnung  in 
Umrissen,  es  ist  ein  durch  Schmelz  und  Sinn  der  Farben 
wiedergegebenes  lebendiges  Gemàlde  »  (28).  Non  soltanto 
in  teoria  professava  egli  l'opinione  che  l'effetto  della  poesia 
deve  esser  considerato  nella  sua  totalità,  perchè  soltanto 
nella  totalità  è  la  vita  :  egli  cerca  di  metterlo  in  pratica. 
E  protesta  anche  praticamente  contro  coloro  che  con  tal 
metodo  lo  criticano.  L'unità  di  un'opera  di  poesia  non  è 
«  una  unità  logica  e  geometrica  »,  ma  una  unità  vivente: 
non  bisogna  sopprimerla  per  cercar  d'intenderla. 

Quest'onda  lirica  irruente  nuocerà  alla  teatralità  del- 
l'opera, ma  non  nuoce  in  realtà  alla  vita  vera  dell'in- 
sieme. Essa  stonerebbe  in  un  dramma  storico-realistico: 
che  cosa  può  aver  da  mescolare  il  poeta  entro  la  rap- 
presentcìzione  di  una  storia  di  passione  e  di  uomini  che 
esso   tolse   alla  realtà    della  vita?    Il    dramma   nato    cosi 


(28)  Risposta  dello  IfflaND  cit.,  «  B lattar  i.  1.  U.  »  (cit.),  1834, 
p.  1 178.  Anche  lo  Iffland  accetta  questo  punto  di  vista  Werneriano, 
sebbene   muova   al   suo   Kreutz   an   der   Ostsee   molte   altre   critiche. 


92  Zacharias    Werner 


esclude  ogni  invasione  di  soggettivismo  ;  il  dramma  invece 
nato  come  espressione  di  una  tragedia  di  pensiero,  che 
nell'anima  dell'autore  si  combatte,  la  permette,  almeno  fino 
a  un  certo  segno,  e  anzi  fino  a  un  certo  segno  la  esige. 

Questo  elemento  lirico  fa  un  po'  la  parte  del  coro  nella 
tragedia  greca:  ma  invece  di  dar  le  impressioni  degli 
spettatori,  dà  la  commozione  dell'autore,  e,  invece  di 
esser  ordinatamente  disposto  nella  tecnica  del  dramma,  è 
disperso  e  fuso  nell'insieme  dell'opera  per  mezzo  di  di- 
versi personaggi,  come  vedremo.  Questo  fatto  lascierà 
concludere  che  il  dramma  non  ha  più  la  purità  di  linee 
della  tragedia  classica:  ma  ha  la  poesia  moderna  in  ge- 
nerale questa  purità?  Ed  è  essa  elemento  sostanziale,  in- 
dispensabile ?  il  Werner  passa  spesso  il  segno  in  quanto 
che  opprime  lo  sviluppo  dell'azione  entro  l'avvolgimento 
lirico  invece  di  dar  soltanto  una  specie  di  accompagna- 
mento, in  quanto  che  non  inserisce  soltanto  lirica  susci- 
tata dalla  impressione  degli  avvenimenti  descritti,  ma  in- 
vece nata  direttamente  dall'entusiasmo  suo  per  l'idea  onde 
il  suo  dramma  sorse:  la  fusione  dei  due  elementi  non  è 
in  lui  avvenuta:  è  come  in  un'opera,  in  cui  vi  sia  un  irre- 
golare alterno  dominio  dell'orchestra  sul  canto,  e  del  canto 
sull'orchestra,  senza  alcun  principio  fisso  e  senza  alcuna 
ragione  speciale:  eppure  è  innegabile  che,  senza  quel- 
l'onda lirica  che  tutto  investe  e  sospinge,  l'armonia  rela- 
tiva fra  pensiero  e  rappresentazione  che  nel  dramma  esiste, 
non  sarebbe  stata  raggiunta. 

La  tragedia  mistica  del  Werner  è  una  lotta  risultante 
da  una  serie  di  successive  lotte  particolari  e  parziali  : 
queste  lotte  si  sciolgono  nel  raggiungimento  di  una  ve- 
rità e  la  lirica  è  espressione  naturale  di  questi  raggiun- 
gimenti. La  tragedia  risulta  da  una  serie  di  momenti  sue- 


//  dramma  93 


cessivi:  la  lirica  è  la  conclusione  poetica  di  tali  momenti. 
Superata  la  prima  lotta,  si  incomincia  una  seconda,  la 
cui  condizione  è  la  vittoria  nella  lotta  precedente:  anche 
questa  nuova  lotta  si  scioglie  in  una  conclusione  lirica.  La 
lirica  unisce  un  momento  all'altro  e  segna  il  trapasso, 
così  come  essa  unisce  l'idea  al  simbolo. 

La  lirica  termina  il  dramma,  perchè  il  dramma  è  a 
fine  felice.  A  fine  felice,  perchè  termina  con  la  morte  (29). 
La  morte  essendo  il  sogno  verso  cui  tutti  tendono,  essa  non 
è  più  rappresentata  —  come  avveniva  nelle  altre  tragedie 
—  come  una  sconfitta  in  cui  i  personaggi  soggiacevano 
al  loro  destino:  essa  è  rappresentata  come  una  vittoria. 
E  la  vittoria  va  coronata  dall'inno.  Il  dramma  werneriano 
termina  quindi  con  una  lirica  «  Verklàrung  »,  come  l'opera 
a  lieto  fine  termina  con  l'apoteosi. 

Si  deve  riconoscere  dunque  al  Werner  una  serietà  e 
nobiltà  di  intenti  e  una  sincera  fermezza  nei  suoi  tenta- 


(29)  Lo  Irmler,  Der  Einfluss  der  Mystik  auf  Zacharias  Wemers 
Drama  cit.,  disputa  a  lungo  sopra  questo  fatto  e  muove  critiche  perchè  nel 
Werner  la  morte  non  compar  come  espiazione  di  una  colpa.  E  questo 
che  importa?  Forse  che  l'essenza  della  tragedia  è  in  una  colpa  com- 
messa che  si  espia?  Ribatteva  già  queste  osservazioni  lo  SCHLEGEL 
nelle  «Wiener  Vorlesungen  »   (11,    188  f .)  : 

«  Man  hat  hieraus  (contro  la  condanna  della  tragedia  del  martirio  fatta 
da  Lessing  a  proposito  del  Polyeucte  di  Comeille)  folgen  v^ollen, 
das  Martertum  sei  iiberhaupt  ein  ungiìnstiger  Gegenstand  fiir  die  Tra- 
gedie. Mit  grossen  Unrecht.  Die  Freudigkeit,  womit  die  Martyres  in 
Qual  und  Tod  gingen,  war  nicht  Unempfìndlichkeit,  sondern  der  Hel- 
denmut  der  hòchsten  Liebe  :  sie  mussten  zuvor  in  unaussprechlich 
schmerzlichen  Kàmpfen  den  Sieg  uber  jede  irdische  Anhanglichkeit 
erringen,  und  durch  die  Darstellung  dieser  Kampfe,  dieser  Aengstigung 
der  sterblichen  Natur,  wàhrend  der  Seraph  sich  zum  Himmel  schwingt, 
kann   der   Dichter   die    innigste   Fuhrung   erwecken  » . 


94  Zacharias   Werner 


rivi  verso  un  suo  proprio  dramma.  Calava  entro  di  se 
quando  scriveva  e  perseguiva  il  fantasma  che  passava  din- 
nanzi alla  sua  immaginazione:  «  Man  gebe  mir  hòchsten 
drei  Monate  —  scriveva  alFIffland  mentre  attendeva  al 
Kreutz  an  der  Ostsee  —  um  geschàft-  und  sorgenlos  in 
mein  Inneres  zuriickzukehren  und  mein  Schauspiel  ist  vol- 
lendet  »  (30).  Credendo  santa  la  sua  missione,  si  donava 
a  lei  tutto  quanto. 


11  punto  di  partenza  del  Werner  verso  questi  tentativi 
di  originalità  fu  lo  Schiller  (31).  Per  quanto  infatti  egli 
legga  Shakespeare  e  il  Goethe  è  il  Tieck  e  il  Calderon, 
tien  però  sopratutto  fìssi  su  di  lui  i  suoi  sguardi.  Riconosce 
la  nobiltà  della  sua  anima  e  la  sincerità  del  suo  idealismo  ; 
non  ne  può  condivider  più  le  idee,  ma  pur  s*accorda  con  lui 
nel  considerar  l'arte  e  la  poesia  come  un'educazione  del- 
l'anima umana  ad  una  nobile  vita,  come  il  solo  campo  della 
attività  umana  in  cui  ragione  e  sentimento  sono  in  per- 
fetta armonia  :  ha,  come  lui,  un'alta  idea  del  poeta  e  della 
sua  missione,  e  vuol,  come  lui,  che  il  poeta  fonda  l'ideale 
nella  realtà.  E  sopratutto  ammira  in  lui  la  sua  potenza 
drammatica:  anche  l'elemento  declamatorio  e  predicatorio 


(30)  V.  Teichmann,  op.  cit.,  p.  308. 

(31)  Sull'influenza  dello  Schiller  v.  MlNOR,  Die  Schicksalstragodie 
cit.,  passim,  a  proposito  dei  singoli  drammi,  e  Das  Schicksaldrama 
nella  Kurschners  D.  N.  L.,  Einleìtung  ;  ma  sopratutto  v.  Frankel,  Die 
Weìhe  der  Kraft,  passim,  a  proposito  dei  singoli  aspetti  della  tecnica 
del  dramma  da  lui  esaminato,  con  riferimenti  numerosi  agli  altri  drammi. 
V.  inoltre  anche  F.  DegENHART,  Z.  Wemers  Stil.  Progr.  Eichstàdt, 
1899,  e  Neue  Breiirage  zu  Z.    Wemers  Stil.  Progr.  Eichstàdt,    1907. 


//  dramma  95 


che  talora  nello  Schiller  si  trova,  corrisponde  alla  sua 
maniera  di  vedere  il  dramma  e  alla  necessità  sua  di 
servirsene.  Ed  egli  sogna  di  diventarne  il  successore  : 
«  Was  sagen  Sie  zu  Schillers  Tode?  Er  hat  mich  wie 
Blei  befallen  —  scrive  allo  Scheffner  —  Wie  kurz  ist  das 
Leben  !  Welcher  Posten  ist  jetzt  vacant  !  Das  waren  die 
ersten  Eindrùcke,  deren  ich  mir  bewusst  bin.  ÌVie  viel  hat 
jeder,  der  nur  cine  Ahnung  von  deutscher  Literatur  hat,  ihm 
zu  verdanken  !  Ich  bemitleide  die  Narren,  die  auf  ihn 
hohnlàchelnd  herauf  —  nicht  herabsehen:  zum  letzteren 
stehen  sie  zu  tief.  IVas  habe  ich  ihm  nicht  alles  zu  ver- 
dankcn!  Wie  weit  bin  ich  hinter  ihm!  Der  Mensch  ist 
37  Jahre  alt  geworden  und  hat  acht  Meisterstiìcke  hinter- 
lassen  :  ich  zahle  36  ^U  Jahre  und  habe  I  V^  confuse 
Trauerspiele  gemacht.  —  O  Gott  !  o  Gott  !  Unser  Wissen 
und  unser  Streben  ist  Stùckw^erk  !  »  (32).  Nessun  elogio 
lo  lusinga  di  più  che  quello  dello  Iffland,  parer  egli  nato 
per  riempir  la  lacuna  che  la  morte  dello  Schiller  ha  la- 
sciato nella  letteratura  tedesca.  Tien  presenti  i  drammi  di 
lui  mentre  scrive  i  suoi  proprii:  ne  trae  insegnamento  pro- 
ficuo per  la  costruzione  scenica  di  essi,  ne  trae  spunto 
per  le  sue  situazioni  :  li  legge  e  studia  così  bene  che 
movenze  e  frasi  e  immagini  schilleriane  passano  nella  sua 
opera:  li  considera  in  molta  parte  come  modelli  di  te- 
cnica teatrale  e  si  richiama  ad  essi  per  giustificare  la 
forma  che  ha  dato  ai  drammi  suoi  :  si  ingegna  anche  di 
metter  il  suo  proprio  pensiero  a  contatto  con  il  pensiero 
di  lui  :  rievocando  dinnanzi  al  pubblico  di  Berlino  la  sua 
figura,  sfrutta  quella  analogia  che  abbiam  sopra  ricordata 


(32)  Allo  ScHEFFNER.   «  Blàtter  f.  1.  U.».    1834,  p.    1181. 


96  Zacharias   Werner 


nella  concezione  delFarte  e  della  funzione  del  poeta,  ri- 
chiama i  pensieri  espressi  dallo  Schiller  nei  Worte  des 
Glauhens  e  riduce  la  fede  di  lui  a  quel  culto  dell'arte, 
della  bellezza  e  di  Dio,  che   forma  il  suo  proprio  (33). 

Pure,  malgrado  quest'influsso  forte  e  tenace,  non  si  lasciò 
deviare:  sentiva  in  se  un  artista  minore,  ma  il  cultore  di 
un  genere  d'arte  che  credeva  più  alto  (34),  e  questo  suo 
proprio  ideale  d'arte  e  il  suo  pensiero  lo  possedevano 
così  che  egli  non  poteva  altrimenti  procedere  alla  compo- 
sizione delle  sue  opere,  che  seguendo  le  sue  proprie 
idee  (35).  Gli  influssi  schilleriani  furono  quindi  esteriori, 
utili  alla  estrinsecazione  delle  sue  idee  e  dei  suoi  fan- 
tasmi, esempi  di  struttura  scenica  e  di  tecnica  drammatica, 
che  in  ogni  genere  di  dramma  si  possono  ugualmente 
sfruttare  (36). 

Lo  Schiller  maturo,  avvicinantesi  al  classicismo  greco, 
sognante  un  ideale  di  poesia  armonicamente  composta 
in  impassibile  serenità  di  linee,  gli  impose  più  dello 
Schiller  anteriore,  ed  egli  ricorda  il  Wallenstein  nelle 
sue  lettere  con  la  massima  frequenza:  ma  tra  questo 
tipo  di  dramma  e  il  suo  vi  è  un  abisso,  volti  come  sono 
per   direzioni  opposte  (37).  Più  s'accorderebbe  invece  il 


(33)  Ausgewàhlte  Schriften,  I,  p.    127. 

(34)  Cfr.  «Blàtter  f.  1.  U.  »,   1834.  p.   1183. 

(35)  «Blatter  f.  1.  U.  ».  1834,  cit..  p.  1179;  cfr.  quanto  nel  prossimo 
capitolo  dovrò  esporre  sul  Kreutz  an  der  Ostsee. 

(36)  In  questo  senso  gli  vedremo  infatti  stabilire  continui  raffronti  tra 
l'opera  sua  e  quella  schilleriana  ;  in  questo  senso  ancora  esprimeva  la 
sua  ammirazione  per  lui  nel  1820  pubblicando  la  Mutter  der  Makkobder, 
a  Ausgewàhlte  Schrifteny>,  X.  p.  Vili. 

(37)  È  quanto  non  videro  gli  studiosi  sopra  citati  o  almeno  non  mi- 
sero in  luce. 


//  dramma  .  97 


dramma  degli  «  Stùrmer  und  Drànger  »,  ugualmente  do- 
minato da  idee,  impostcìzione  e  risoluzione  di  un  pro- 
blema sociale,  libero  nella  sua  costruzione  e  facente  larga 
pcirte  alla  enfasi  lirica,  tendente  sopratutto  alla  rappresen- 
tazione caratteristica  :  ma  il  problema  che  là  era  posto 
era  un  problema  particolare  che  si  presenta  come  conse- 
guenza logica  di  verità  generalmente  ammesse:  le  idee, 
che  vi  venivano  offerte,  non  toccavano  le  quistioni  mas- 
sime, non  mutavano  sostanzialmente  Taspetto  della  vita, 
ed  erano  spesso  diverse  dalle  sue.  Oltracciò  il  dranmia 
non  riposava  completamente  su  di  esse,  in  quanto  che 
la  realtà  che  il  poeta  dipingeva  non  era  da  esse  condi- 
zionata. Vi  si  predicherà  infatti  un  vangelo  di  dignità 
e  di  libertà  umana  e  scatuiirà  un  insegnamento  di  rinno- 
vazione dallo  svolgimento  del  dranuna:  ma  la  realtà  vi 
vien  rappresentata  come  essa  è,  e  la  visione  di  questa 
realtà  è  l'ultimo  fondamento  su  cui  il  dramma  posa, 
non  le  idee  che  il  poeta  porta  nel  suo  capo.  Da  questa 
diversità  primitiva  deriva  naturalmente  una  divergenza  di 
tutte  le  qualità,  che  vedemmo  nascere  dal  modo  come  il 
dranmia  werneriano  è  impostato  e  che  sarebbe  qui  inu- 
tile di  nuovamente  enumerare.  L'obiettivo  dramma  della 
seconda  maniera  imponeva  invece  al  Werner  per  la  sua 
grandiosità  e  sopratutto  gli  pareva  modello  dal  punto  di 
vista  formale. 

Partito  dallo  Schiller,  il  Werner  s'accostò  poi  nel  suo 
procedimento  d'arte  ai  romantici,  come  loro  in  parte  si 
accostava  nelle  idee  e  in  parte  nell'indole  stessa  del  suo 
mondo  fantastico.  Non  vi  trovate  solo  lo  stesso  simbo- 
lismo, lo  stesso  soggetto  medioevale,  la  stessa  tinta  mi- 
stica, lo  stesso  cattolicismo,  la  stessa  invasione  lirica,  lo 
stesso  soprannaturale,  come  già  vedemmo  ;  vi  trovate  anche, 

G.    Gabetti,   //   dramma  di  Z.    Werner.  7 


98  Zacharias   Werner 

in  parte,  una  analoga  struttura  della  tragedia.  Ben  lo  ri- 
conosceva lo  Iffland  quando  gli  respingeva  il  Kreutz  an 
der  Ostsee  pur  riconoscendone  i  pregi,  perchè  gli  pa- 
reva inadatto  per  la  scena,  e  quando,  criticandogli  Wanda, 
gli  scriveva  con  aperto  biasimo:  «  Werner  sinkt  zu 
Tieck  »  (38).  Poiché  egli  era  sincero,  se  analoga  era  la 
loro  estetica,  anche  le  loro  creazioni  dovevano  incontrarsi. 

Prima  di  tutto  vi  è  lo  stesso  procedere  dall'interiore  al- 
l'esteriore senza  mirare  ad  altro  che  ad  esprimere  con  la 
maggior  pienezza  possibile  quanto  nell'anima  e  nella  fan- 
tasia si  agita,  senza  cercar  di  adattare  la  propria  crea- 
zione a  un  ideale  di  bellezza  formale  preesistente  alla 
concezione  di  essa.  E  questo  ha  poi  una  più  appariscente 
conseguenza.  Poiché  l'origine  del  dramma  è  in  idee 
proprie  del  poeta,  in  un  suo  sentimento  personale,  e  perchè 
quindi  la  unità  del  dramma  è  una  unità  di  «  Stimmung  », 
così  ne  deriva  naturalmente  e  necessariamente  una  forte  in- 
clinazione al  pittoresco  ;  quella  inclinazione,  che  i  romantici 
predicavano  come  qualità  distintiva  dell'arte  moderna. 
Finché  il  dramma  era  semplicemente  un  conflitto  di  pas- 
sioni, poteva  questo  e  doveva  concentrarsi  tutto  in  un 
gruppo  d'azione  esplicantesi  con  la  massima  evidenza  di 
forme  :  divenuto  esso  invece  la  espressione  di  una  gene- 
rale visione  della  vita,  ne  nasce  la  necessità  di  un  di- 
latarsi in  una  multiformità  di  aspetti:  l'effetto  che  prima 
nasceva  dalla  centralizzazione,  nasce  ora  dalla  decentra- 
lizzazione ed  è  quindi  un  effetto  più  pittorico  che  scul- 
torio. 

Così  si  avrà  prima  di  tutto  una  generale  pittura  d'am- 


(38)  Teichmann  cit.,  p.  325  e  «Blàtter  f.  1.  U.  ».   1834.  p.   1178. 


//  dramma  99 


I 


biente,  con  i  colori  più  vivi  che  la  tavolozza  del  Werner 
possiede.  Non  son  soltanto  genti  di  tempi  r-emoti  quelle 
che  egli  descrive,  ma  genti  ancor  mezzo  selvaggie  in 
terre  lontane,  viventi  con  costumi  ancor  primitivi  ma  ori- 
ginali :  Polacchi,  Unni,  Prussiani  :  uno  stato  di  civiltà 
ancor  vicino  alla  natura.  L'unica  verità  storica,  di  cui  il 
Werner  un  pò*  si  preoccupa,  è  questa  verità  di  color  lo- 
cale, su  di  cui  anche  i  romantici  assai  insistevano:  i 
personaggi  principali  devono  staccarsi  da  questo  sfondo 
perchè  possano  avere  un  valor  tipico,  e  questo  sfondo 
deve  esser  dipinto  con  vivacità  e  ricchezza  affinchè  il 
quadro  intero  abbia  vita.  Poiché  la  religione,  qual  che 
essa  sia,  domina  questi  uomini,  ed  essi  hanno  fantasia 
vivace,  si  può  scapricciar  la  fantasia  del  Werner  nella 
descrizione  di  riti  e  cerimonie  singolari:  i  riti  vari,  ch'egli 
trovava  descritti  nelle  opere  di  storia,  servono  come  base, 
su  cui  egli  va  liberamente  immaginando  oltre,  preoc- 
cupato soltanto  di  conservare  il  tono  generale.  Eccitata 
dal  sentimento  religioso,  la  fantasia  delle  sue  creature  si 
slancia  oltre  i  confini  del  mistero,  interpreta  i  fenomeni 
della  natura  e  della  umana  vita:  il  Werner  ha  occasione 
nelle  preghiere  loro  di  mostrare  anche  in  forme  rozze  e 
primitive  quel  simbolismo  mistico  che  egli  va  predicando. 
Ne  nascono  scene  di  un  colore  esotico  e  nello  stesso 
tempo  pomposo  e  una  visione  singolare  della  natura  si  af- 
faccia entro  famtasticherie  strane  e  ardite.  Queste  scene 
sono  come  accordi  che  conducono  al  dramma  vero  e 
proprio:  intrecciandovisi,  esse  vi  portano  in  molta  parte 
quella  «  Stimmung  »  vivace  che  la  lirica  sola  non  baste- 
rebbe a  dare. 

Quanto  il  Werner  si  preoccupi  di  questo  pittoresco,  pos- 
sono mostrare  le  didascalie   numerose  e  molto  abbondanti. 


100  Zacharias   Werner 


Egli  sceglie  i  colori  delle  stoffe  e  dei  mobili,  determina  e 
fissa  i  paesaggi,  si  indugia  a  descriver  forme  e  movenze  : 
cerca  la  decorazione  ricca,  opulenta.  E  tira  in  ballo  l'uni- 
verso intero  :  non  gli  basta  di  metter  in  scena  un  urto  di 
civiltà  o  un  urto  di  religioni,  non  gli  basta  di  tirare  in 
ballo  Dio  e  gli  angeli  e  tutti  i  santi  :  cerca  anche  con 
descrizioni  naturali  d'intensificare  la  «  Stimmung  »,  come 
più  tardi  meglio  vedremo.  E,  anche  in  questo,  seguendo 
gli  insegnamenti  romantici,  non  si  limita  alla  poesia,  si 
vale  delle  altre  arti:  vuol  far  della  poesia  una  pittura  e 
ne  vuol  far  una  musica.  E  della  musica  e  della  pittura 
si  giova  ampiamente  e  direttamente  (39). 

Della  pittura  ha  lo  stesso  senso  che  ne  hanno  i  ro- 
mantici: vi  vede,  come  essi,  più  una  sinfonia  di  colori  che 
disegno,  o,  se  si  vuole,  trova,  come  essi,  la  forma  nel  co- 
lore: condivide  il  culto  dell'antica  arte  religiosa  su  cui 
Friedrich  Schlegel  costruì  nell'Europa  teorie,  che  egli 
accolse  (40)  ;  celebra  in  Colonia  il  centro  dell'antica  arte 
tedesca  (41).  E  crede  anch'egli  che  dai  quadri  si  sprigioni 
una  misteriosa  virtù  fascinatrice,  indefinita  e  indefinibile, 
che  strappa  l'uomo  alla  sua  piccola  vita,  per  farlo  as- 
surgere al    presentimento   della  bellezza  celeste  (42).  Nel 


(39)  Cfr.  su  questo  il  FraNKEL,  op.  cit.,  cap.  VI. 

(40)  All'HlTZIG,  Amgew.  Schriften,  XIII.  p.  28  e  nei  Tagebucher  i 
passi   riguardanti   l'arte. 

(41)  Allo   SCHEFFNER.    «  Blàtter   f.    1.    U.  »,    1834,    p.    1346. 

(42)  Non  fu  studiata  ancora  la  posizione  presa  dal  Werner  di  fronte 
al  problema  artistico.  Un'indagine  mostrerebbe  come,  tratto  dapprima 
allo  Heinse  dalla  affinità  di  temperamento,  si  venne  a  poco  a  poco 
spiritualizzando  attraverso  il  Wackenroder  e  Friedrich  Schlegel.  Il  fondo 
però  del  suo  sentimento  artistico  restò  sempre,  malgrado  le  esaltazioni 
mistiche,    specialmente    sensuale. 


Il  dramma  101 


Kreutz  an  der  Ostsee  l'immagine  di  Sant'Adalberto  ri- 
vela a  Warmio  e  a  Malgona,  al  vescovo  Christian  e  alla 
regina  Agaphia  i  segreti  divini;  nella  Weihe  der  Kraft 
si  ripete  l'espediente  per  l'immagine  di  San  Sebastiano 
e  si  innalza  un  inno  wackenroderiano  : 

Diese    schònen   Bilder, 
Sie   malten  uns  die   schone  alte  Zeit, 
Die  jetzt  erwacht  in  sciion  gewordner  Welt 
Mit  Sturmgebraus',   wie  's  Wetter  jenen  Abend. 

Ma  più  che  della  pittura  si  serve  anch'egli  della  mu- 
sica :  «  Die  Musik  ist  die  hòchste  aller  Kunste  desshalb, 
w^eil  bei  ihr  gar  nichts  zu  verstehen  ist,  und  sie,  so  zu 
sagen,  das  Universum  mit  uns  in  unmittelbares  Rapport 
setzt  »  (43).  Fa  incomincicu^e  il  dramma  con  una  ouverture, 
riempie  gli  intermezzi  con  musica  orchestrale,  introduce 
suoni  di  campane  e  suoni  d'arpe  durante  la  scena  allo 
scopo  di  moltiplicare  l'effetto  della  situazione,  fa  mettere 
in  musica  cori,  duetti  e  monologhi,  e  la  musica  diventa 
un  elemento  importante  nella  composizione  d'insieme,  nel- 
l'intonazione che  il  dramma  riceve,  nell'unità  di  «  Stim- 
mung  »  che  a  tutto  si  imprime.  Quando  la  compagnia 
dell'Hofmann  suscita  maggior  fervore  nei  suoi  sogni  mu- 
sicali, inmiagina  la  musica  come  elemento  sostanziale  per 
poter  evocare  completamente  i  giganteschi  fantasmi  di 
quella  che  fu  una  delle  sue  più  grandi  concezioni,  e  trova 
nell'Hoffmann  stesso  l'amico,  che,  ammaliatQ  dall'idea^ 
compone  con  lui  la  musica  dell'opera  (44). 

E  la  musica  è  anche  uno  degli  elementi  sostanziali  per 


(43)  «  Gesellschafter  »,    1837,    p.    58. 

(44)  È  il  Kreutz  an  der  Ostsee,  di  cui  parleremo. 


102  Zacharias   Werner 


dare  al  dramma  la  tinta  religiosa:  sequenze  sacre,  canti 
religiosi,  melodie  liturgiche  vengon  profuse  dal  Werner 
nelle  sue  scene,  ogni  qualvolta  gli  sembri  opportuno. 

Il  dramma  già  melodrammatico  sotto  altri  aspetti  assume 
talora  la  fìsonomia  d'un*opera  lirica.  E  il  Werner,  conscio 
di  questa  sua  maniera  di  composizione,  ne  sente  anche 
gli  inconvenienti,  ma  la  giudica  corrispondente  allo  spi- 
rito che  egli  nella  sua  opera  vuole  infondere  :  i  suoi 
drammi,  dice,  sono  «  in  romantischem  Geiste  gehalten, 
mit  Prunk,  Szenerie,  und  vv^as  sonst  den  Haufen  mehrt, 
nicht  sparsam  versehen  »  (43). 

E  s'accosta  ai  Romantici  anche  nell'uso  dei  metri.  Ri- 
conosce che  il  verso  giambico  si  è  mostrato  nella  lingua 
tedesca  come  il  verso  tragico  per  eccellenza  e  che  esso 
deve  quindi  dominare  nel  dramma:  ma  la  miscela  dei  ge- 
neri letterari,  l' inclinazione  al  pittoresco,  la  fusione  di 
elementi  diversi  nella  sua  opera  gli  rendono  l'uso  anche 
di  metri  diversi  indispensabile.  Variare  i  metri  è,  dice, 
un  variare  la  «  Stimmung  »  lasciandola  in  fondo  sempre 
identica.  Ed  egli  scrive,  polemizzando  con  lo  Iffland,  su 
questo  argomento  :  «  Ich  habe,  nach  inniger  Uebei'zeugung 
von  der  Notwendigkeit  im  hohen  Tragischen,  nebst  den 
den  Grundton  ausmachenden  Jamben  wechselnde  Versar- 
ten  gebraucht  »  (46).  E  mette  naturalmente  a  profìtto  il  rin- 
frescamento  delle  strofe  romanze  che  il  Tieck  e  lo  Schlegel 


(45)  Queste  parole  rivolte  allo  Iffland  («Blatter  f.  1.  U.  ».  1834, 
p.  1 178)  hanno  lo  scopo  di  sostener  l'efficacia  scenica  del  dramma  che 
il  Werner  ha  composto  e  difende.  Che  non  si  tratti  però  soltanto  di 
artifizi  scenici  può  mostrar  facilmente  un  confronto  con  la  Genovefa, 
lo    Zerbino,    VOctavìanus    e    il   Gestiejelter   Kater. 

(46)  Allo   Iffland.   Teichmann,    ibid.,    p.    1178. 


//  dramma  103 


e  i  romantici  avevano  fatto  di  recente.  Prevalgono  queste 
strofe  nella  sua  vera  e  propria  lirica,  ed  eccellono  sopra 
le  altre  forme  metriche  i  sonetti,  forse  un  pò*  troppo  ri- 
gidi e  un  po'  troppo  rimbombanti,  ma  pieni  di  sicurezza 
e  di  vigore:  di  strofe  romanze  e  romantiche  fiorisce  anche 
il  suo  dramma  continuamente  :  terzine,  nella  cui  sonorità  un 
po'  aspra  e  massiccia  riconoscete  il  lettore  appassionato 
di  Dante,  sestine,  quartine,  ottave,  strofe  di  canzone  si 
alternano  col  verso  allitterato  del  «  Nibelungenlied  »  e  coi 
serbici  trochei:  la  rima  è  sfoggiata  con  un  grande  lusso 
di  rime  ricche. 

E  la  musicalità  trionfa  nelle  sue  opere,  come  presso  i 
romantici,  in  ogni  maniera.  Madama  di  Staèl  ne  era  ra- 
pita: «  La  versification  de  Werner  est  pleine  des  admi- 
rables  secrets  de  l'harmonie,  et  l'on  ne  saurait  donner  en 
fran^ais  l'idée  de  son  talent  à  cet  égard  »  (47).  Quanta 
importanza  assegnassero  i  romantici  alla  musicalità  nell'ef- 
fetto della  poesia,  nella  produzione  di  quell'incantamento, 
che  essi  alla  poesia  domandavano,  è  noto:  non  sognaron 
pei  primi  una  poesia  che  fosse  musica  e  che  riuscisse  a 
rivelar  ciò  che  riempie  l'anima  del  cantore  senza  che  le 
parole  avessero  un  preciso  concreto  significato?  E  anche 
il  Werner  scrive:  «  Daher  kònnte  ich  dir  mit  kurzen 
Worten  das  Wesen  der  neuen  Kunst  so  defìnirien:  sie 
strebt  die  Poesie  zur  Musik  zu  veredeln  »  (48).  Par  che 
la  materialità  della  parola,  determinando  e  precisando, 
rompa    l'incanto  in  cui  il  poeta   si   trova  e  renda  etereo 


(47)  De  l'Allemagne,  II.  eh.  XXIV. 

(48)  V.  «  Gesellschaf ter  » ,  1837,  p.  58,  sulla  prima  scena  del  Kreutz 
an  der  Ostsee  l'ironia  deirHoFFMANN,  Serapionsbriider.  Berlin,  1824, 
IV.  p.   173. 


Zacharias   Werner 


ciò  che  e  volgare.  La  lirica  del  Tieck  trae  la  sua  effi- 
cacia e  la  sua  debolezza  appunto  dalla  sua  musicalità  e  da 
un  vago  ondeggiar  di  immagini  a  contorni  indeterminati 
che  il  ritmo  e  l'armonia  delle  parole  uniscono:  forza,  perchè 
vi  è  slancio  e  volo  e  come  uno  schiudersi  dell'anima  del 
poeta  nella  luce  crepuscolare  in  cui  egli  indugia  con  le 
sue  armonie;  debolezza,  perchè  manca  la  forza  rappre- 
sentativa, e  v'è  ripetizione  e  disorganismo,  ed  è  cosa  che 
stanca  non  veder  mai  bene  ciò  che  il  poeta  vi  vuol  dire. 
Nel  Werner  avete  un  analogo  regno  dell'armonia:  talora 
le  immagini  si  confondono  l'una  nell'altra  e  il  pensiero  si 
ripete  e  si  diluisce,  ma  il  sentimento  si  esprime  nella  si- 
cura onda  ritmica  e  nell'armonia  piena  e  varia.  Scrive  la 
Staèl  intorno  all'armonia  dei  «  Cori  delle  Vergini  »  in 
14^ arida  :  «  Le  poète  sait  changer  l'allemand  en  une 
langue  molle  et  douce,  que  ces  ombres  fatiguées  et  désin- 
téressées  articulent  avec  des  sons  à  demi  formés:  tous  les 
mots  qu'elles  prononcent,  toutes  les  rimes  des  vers  sont, 
pour  ainsi  dire,  vaporeuses.  Le  sens  aussi  des  paroles  est 
adapté  à  la  situa  tion:  elles  peignent  si  bien  un  froid 
repos,  un  terne  regard  1  On  y  entend  le  ressentiment 
lointain  de  la  vie,  et  le  pale  reflet  des  impressions  effacées 
jette  sur  toute  la  nature  comme  un  voile  de  nuage  »  (49). 
E  per  la  bocca  della  Staèl  parla  ora  Schlegel,  parla 
il  romanticismo  a  cui  ella  si  è  convertita.  Iffland  invece 
se  ne  stancava,  e  quasi  la  rompeva  col  Werner  in  una 
lettera  aspramente  critica  e  in  qualche  istante  amara  pre- 
cisamente per  questi  cori  e  per  questa  lirica,  per  questa 
musicalità   che   par   talora   fine   a   sé   stessa   e   perciò    al 


(49)  Allerrtagne,  parte  II,   cap.   XXIV. 


//  dramma  105 


grande  attore  psureva  vuota,  ed  era  in  realtà  supremamente 
antiteatrale.  Così  egli,  rifiutandogli  la  rappresentazione  del 
Wanda,  lamenterà  che  egli  sprechi  il  suo  genio. 

Se  però  fra  il  dramma  del  Werner  e  i  drammi  roman- 
tici esistono  tante  analogie,  pure  anche  formalmente  il 
Werner  finisce  col  separarsi  da  loro.  Ne  era  possibile 
che  lo  scolaro  dello  Schiller  si  potesse  con  essi  identi- 
ficare. 

Prima  di  tutto  disdegnarono  i  romantici  come  cosa  in- 
degna di  vero  poeta  indulgere  alle  esigenze  della  scena 
e  al  gusto  del  pubblico  :  si  offersero  bensì,  quando  si  pre- 
sentò l'occasione,  di  far  per  la  scena  delle  rielaborazioni  (50), 
ma  crearono  sempre  le  loro  opere  indipendentemente  da 
tali  riguardi  e  senso  teatrale  vero  non  mostrarono  anche 
nelle  rielaborazioni  mai.  Nel  Werner  invece  tal  senso  fu 
sempre  assai  forte.  Non  solo  egli  apprezza  dello  Shake- 
speare, accanto  alla  autonomia  di  genialità  creatrice  così 
cara  agli  Schlegel,  anche  la  eccezionale  virtù  dramma- 
tica, ma  egli  rispetta  e,  fino  a  un  certo  segno,  stima 
perfino  il  Kotzebue,  malgrado  tutti  gli  attacchi  che  gli  vede 
muovere,  ed  esalta  lo  Iffland  «  den  grossen  Meister  », 
«  den  grossen  Theaterkiinstler  »  (51). 


(50)  V.  su  questa  curiosa  smania  dei  romantici  di  vedersi  rappresen- 
tati, malgrado  il  loro  sprezzante  atteggiamento,  una  lettera  del  Tieck 
allo  Iffland  nel  Teichmann  cit.  Cfr.  sull'argomento  E.  GroSS,  Die 
altere   Romantik    und    das    Theater.    Theatergeschichtliche   Forschungen, 

IV,  Berlin.    1910. 

(51)  V.   nel   Teichmann    (cit.)    la    sua    prima    lettera    allo    Iffland,    e 

V.  «Blatter  f.   1.   U.  »,    1834,   cit.,   p.    1177-79. 

Per  la  stima  che  il  Werner  aveva  del  KoTZEBUE,  cfr.  «Blatter 
f.  I.  U.  »,  1834,  pp.  1178,  1182,  etc.  Non  vi  è  fra  le  due  espressioni 
«  Tief  heruntergekommen  »  e   «  ich  schatze  ihn  »   nessuna  contraddizione» 


106  Zacharias   Werner 


Il  senso  scenico  gli  era  innato  e  il  suo  grande  interesse 
e  quel  suo  precoce  bazzicare  sui  palchi  teatrali  lo  avevano 
anche  più  sviluppato  (52).  La  condanna  che  i  romantici  ne 
facevano  non  poteva  condividere  neppure  in  teoria  :  voleva 
agire  sul  popolo  e  questo  era  l'unico  mezzo:  il  fine  alto 
nobilitava  il  mezzo  (53).  E  gli  era  d'altronde  una  ne- 
cessità di  creazione.  I  Sòhne  des  Tales  sono  il  solo 
dramma  che  egli  abbia  composto  senza  aver  lo  scopo 
preciso  di  venir  rappresentato  (54),  ed  anche  in  essi  vi  son 
parecchie  scene,  dove  si  sente  che  la  visione  del  pubblico 
era  presente  al  poeta.  Sul  Kreutz  an  der  Ostsee  scri- 
veva: «  Es  enthàlt  mehrere  Szenen  die,  meiner  Kenntni^s 
der  Biihne  nach,  bei  gehòriger  Darstellung,  von  vieler 
Wirkung  sein  miissten,  wie  es  iibrigens  ganz  mit  Riick- 
sicht  auf  Natur  und  Eigenart  der  Bùhne  bearbeitet  ist  »  (55). 
L'elogio  è  da  lui  ripetuto  per  tutti  i  suoi  drammi,  quando 
egli,  avendoli  composti,  li  annunzia  ai  conoscenti  e  ammi- 
ratori (56).  Egli  intitola  le  sue  composizioni  «  romantische 
Tragòdien  »  e  il  sogno  suo  fu  di  comporre  un  teatro  ro- 
mantico, ma  fatto,  in  contraddizione  coi  romantici,  per  esser 
rappresentato  con  successo  sopra  la  scena  (57). 


perchè  la  prima  allude  all'assenza  di  vera  ispirazione  e  specialmente 
all'assenza  di  spirito  religioso  in  lui  —  e  la  seconda  si  riferisce  invece 
a   quella   teatralità   che   nel   Kotzebue   nessuno   può  negare, 

(52)  Cfr.  lettera  allo  Iffland  nel  TeichmanN,  op.  cit.,  p.  291  e  segg. 

(53)  V.  a  questo  proposito  particolarmente  la  lettera  allo  Scheffner 
a  proposito  del  Kreutz  an  der  Ostsee  «  Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1178- 
1 183.  Vi  si  trovano  espresse  tutte  quelle  idee  che  io  qui  espongo. 

(54)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  291. 

(55)  Ibid..  p.  303. 

(56)  Cfr.  ibid.  le  lettere  a  proposito  della  Weihe  der  Kraft,  della 
Wanda,   del   24.   Februar. 

(57)  Egli  vuole  «  zum  Mittler  dienen  zw^ischen  der  atherischen  Kunst 
and  der  holzernen  Biihne»,    «Blatter  f.   1.   U.  »,    1834  cit.,   p.    1179. 


//  dramma  107 


Conseguenza  di  questo  suo  bisogno  e  di  questo  suo 
intento  è  in  parte  quella  purità  di  svolgimento  dell'azione 
che  già  innanzi  rilevammo.  Conseguenza  ulteriore  è  il  suo 
atteggiamento  di  fronte  alle  questioni  allora  tanto  dibattute 
dell'unità  di  tempo  e  di  luogo  (58).  Egli  non  le  accetta 
teoricamente  e  non  le  osserva  in  pratica  per  principio, 
ma  non  abusa  della  sua  libertà,  come  il  Tieck  faceva. 
Mostra  una  libertà  maggiore  rispetto  alla  unità  di  luogo, 
perchè  essa  non  importa  una  interruzione  dell'azione,  e  la 
distrazione,  che  il  lettore  riceve  dal  cambiamento  di  scena, 
è  largamente  compensata  dalla  maggior  vivacità  di  rap- 
presentazione che  si  può  ottenere,  facendo  svolger  quasi 
tutta  l'azione  davanti  all'uditorio.  Rispetta  invece  l'unità 
di  tempo  nei  Sòhne  des  Tales,  in  Wanda,  in  At- 
tila, in  Kunigunde,  nel  24.  Februar  e  non  se  ne  al- 
lontana troppo  nella  Weihe  der  Kraft  e  nel  Kreutz  an 
der  Ostsee  :  egli  non  vi  può  rinunziare  perchè  sente 
la  necessità  di  condensare  l'effetto,  per  afferrare  l'animo 
degli  spettatori  con  una  emozione  unica,  intensa  :  i 
drammi  a  tempo  libero  possono  fare  un'impressione  più 
profonda  e  più  complessa,  ma  non  teatralmente  così  forte. 
Questo  limite  di  tempo,  che  egli  si  impone,  fa  anche  sì 
che  egli,  per  una  parte,  vi  condensi  una  quantità  di  avve- 
nimenti, e  che,  per  l'altra  parte,  non  rappresenti  tutto  il 
divenire  dell'azione,  ma  ne  scelga  il  momento  critico,  in 
cui  essa  si  scioglie  nella  catastrofe  finale.  Cosa  anche 
questa    antiromantica. 

E  la  stessa  osservazione  si  deve  ripetere  per  altri   fra 


(58)   Cfr.    FraNKEL,    Zur   (.i  Weihe   der  Kraft  y>    clt.,   p.    26  e   seg.    Il 
Frànkel    espone    il    modo    come    il    Werner    si    comporta    di    fronte    a 


108  Zacharìas   Werner 


i  principi  che  i  romantici  sostennero  e  professarono  (59). 
Così  prima  di  tutto  la  miscela  del  comico  e  del  tragico» 
che  è  presso  i  romantici  uno  degli  elementi  che  danno 
al  dramma  varietà,  pienezza  e  multiformità,  ed  è  spesso 
anche  la  forma  in  cui  l'ironia  romantica  si  manifesta,  con 
una  voluta  e  capricciosa  distruzione,  che  il  poeta  stesso 
compie,  di  quel  pathos  che  egli  ha  suscitato.  Il  Werner, 
che  vedemmo  confonder  senza  scrupoli  i  confini  delle 
arti  e  dei  generi  letterari,  non  se  ne  trattiene  per  pre- 
giudizio :  nel  momento  della  massima  tensione,  nell'ultimo 
atto  del  Kreutz  an  der  Ostsee,  quando  l'azione  terrena 
e  l'azione  mistica  incrociate  e  fuse  hanno  raggiunto  il 
punto  estremo  della  crisi  e  lo  scioglimento  immane  oramai  è 
inevitabile,  egli  inserisce  l'episodio  della  giovane  barcaiola 
con  i  suoi  comici  ragionari  e  la  tragica,  eroica  azione 
finale:  anche  l'esempio  dello  Shakespeare,  da  lui  ammi- 
ratissimo  attraverso  la  traduzione  dello  Schlegel,  contribuì 
verosimilmente  a  liberarlo  da  ogni  preconcetto.  Ma,  come 
egli  non  accoglie  la  teoria  romantica  dell'ironia  (60),  così 
la  pratica  lo  allontanò  sempre  più  da  un  tale  uso.  Anzi- 


questa  questione,  senza  però  connetterla  cogli  altri  lati  dell'estetica  e 
dell'arte  Werneriana,  mentre  il  fatto  può  soltanto  in  tale  modo  venir 
pienamente  inteso. 

(59)  Come  infatti  il  romanzo  romantico  è  un  «  Bildungsroman  »,  così 
è  anche  il  dramma  un  «  Bildungsdrama  »  :  voler  ridurre  a  questa  qua- 
lità il  dramma  romantico,  come  fa  il  WendriNER  (op.  cit.,  p.  34),  è  un 
falsarne  il  carattere,  perchè  la  base  ne  è  in  una  unità  lirica,  che  non  si 
esprime  soltanto  nella  «  Bildung  »  del  carattere  principale,  ma  in  una 
complessa  libera  struttura  che  permette  al  poeta  di  tutto  espandersi  :  essa 
ne  è  uno  dei  caratteri  fondamentali.  Questo  carattere  imp>edisce  però  ai 
romantici  quel  concentramento  di  cui  qui  parlammo,  e  di  cui  il  Werner 
si   serve  specialmente   a   scopo   teatrale. 

(60)  Cfr.   Capitolo   I.    p.   67. 


//  dramma  109 


tutto,  pieno  com'era  della  sua  missione  sacerdotale,  come 
poteva  indugiar  volentieri  presso  lo  schei"zo  e  il  riso  ? 
Che  cosa  potevano  aver  in  comune  con  il  comico  la  sua 
azione  simbolica  e  sacra,  la  sua  predicazione  mistica  ?  Il 
misticismo  è  esclusivo,  dominatore,  non  fa  giustizia,  come 
i  romantici  facevano,  alle  altre  forme  di  vita.  In  secondo 
luogo  poi  neppur  la  sua  fantasia  e  neppur  la  sua  natura 
amavano  tali  scene.  La  natura  sconvolta  e  agitata  lo  por- 
tava a  veder  con  occhi  seri  le  cose,  la  fantasia  amava  il 
grande,  l'intenso,  lo  scoppiar  delle  passioni,  il  violento 
urtarsi  degli  avvenimenti.  E  a  poco  a  poco  il  comico  fu 
bandito  per  lasciar  che  l'unità  di  «  Stimmung  »  tragica  si 
imponesse  a  tutto  e  dominasse  tiranna  e  determinasse  il 
dramma  intero  con  veemenza  crescente. 

Lo  stesso  avviene  per  l'uso  del  verso  e  della  prosa.  Se 
il  Werner  accetta  tante  scene  di  realtà  nell'opera  sua,  se 
volge  la  sua  attenzione  ai  caratteri  degli  individui  e  al  pro- 
blema psicologico  mirando  a  dar  dei  cau-atteri  vivi  e  ben 
determinati  (61),  non  vi  è  ragione,  perchè  egli  escludesse 
la  prosa,  usata  tanto  dagli  «  Stùrmer  »  e  usata  insieme  col 
verso  dallo  Shakespeare.  Pure  egli  usa  sempre  il  verso  e 
lo  usa  per  una  specie  di  necessità  interiore  :  potreste  dire 
che  pensa  in  verso.  La  prosa  è  un  linguaggio  troppo  quo- 
tidiano e  troppo  volgare  per  le  verità  alte  che  egli  vuol 
promulgare,  per  le  ascensioni  mistiche  che  egli  vuole  de- 
scrivere :  quando  egli  ascende  al  mondo  dei  suoi  fantasmi, 
avviene  in  lui  quasi  una  trasformazione;  gli  par  di  avvi- 
cinarsi a  un   mondo    superiore  e  la  prosa  non  basta  più 


(61)   TeichmaNN  cit.,   p.   203.   Egli   vi  scrive  allo   Iffland  che   la   sua 
fantasia    inclina   a    «  charakteristisch   zu   marlciren». 


1 10  Zacharias   Werner 


ad  esprimere  anche  le  cose  più  semplici:  il  linguaggio 
poetico  è  una  specie  di  incanto,  che  vale  a  togliere  il 
lettore  dalla  piccola  realtà  che  lo  circonda  e  che  è  ne- 
cessario sia  costante,  perchè  il  lettore  venga  continua- 
mente riportato  nel  mondo  superiore  che  il  poeta  gli 
svela,  e  non  si  distrugga  quello  stato  d'animo  che  al 
godimento  dell'opera  è  necessario.  D'altronde,  data  l'in- 
dole essenzialmente  lirica  della  genesi  dei  suoi  drammi, 
era  naturale  che  il  verso  sorgesse  spontaneo  nella  sua 
fantasia  riccamente  melodica.  Il  verso  nasce  nello  stesso 
momento  in  cui  i  fantasmi  si  determinano  dinanzi  alla 
sua  immaginazione  e  questa  si  esalta  e  pone  in  bocca 
loro  le  parole  che  esprimono  la  loro  interna  vita.  Signi- 
ficativo è,  tra  l'altro,  sotto  questo  riguardo,  il  fatto  che  il 
Werner  verseggiatore  esperto,  ricco  e  varip  si  desta  nello 
stesso  tempo  che  il  poeta  drammatico  :  delle  sue  qualità  inso- 
lite non  è  traccia  ancora  nella  lirica  anteriore  composta  per 
la  maggior  parte  a  tavolino,  più  assai  frutto  di  cervello  che 
espressione  sincera  di  sentimenti  provati  (62).  A  questa 
ragione  interiore  se  ne  aggiunse  probabilmente  anche  una 
esterna  nell'esempio  del  Goethe  e.  dello  Schiller,  che, 
mossi  dalla  prosa,  vennero  invece  al  verso  quando  matu- 
rarono verso  una  concezione  più  alta  dell'arte  che  quella 
prima  professata,  e  cercarono  di  conciliar  nella  loro  opera 
realismo  e  idealismo,  realtà  di  vita  e  bellezza  ideale  (63). 
Una  miscela  di  prosa  e  di  verso   come  i  romantici   usa- 


(62)  Cfr.  AÙsgewahlte  Schriften,  I.  p.    1-148. 

(63)  Lo  osservò  già  il  FranKEL,  op.  cit.,  p.  123.  Ma  ne  trasse  con- 
clusioni errate,  in  quanto  che  Io  volle  mostrar  per  questa  ragione  come 
un  continuatore  dell'indirizzo  dal  Goethe  e  dallo  Schiller  seguito  :  il 
che  è  una  illazione  non  fondata. 


il  dramma  1 1 1 

vano  egli  respinse  per  quella  stessa   ragione    per  cui  re- 
spinse il  comico:  distruggeva  Tunità  di  intonazione. 

In  parecchi  di  questi  elementi,  in  cui  egli  si  staccò  dai 
romantici,  si  accostò  invece  al  Calderon  (64),  la  cui  for- 
tuna incomincia  realmente  in  Germania  dopo  la  pubbli- 
cazione dello  Spanisches  Theater  dello  Schlegel  e  la  cui 
ammirazione  fu  dal  Werner  assai  presto  condivisa  con 
Tamico   Hoffmann  (63).  Anche  più  di  quella  dello  Sha- 


(64)  Per  l'influenza  del  CalDERON  sul  Werner  v.  alcune  osserva- 
zioni di  H.  SCHNEIDER,  Friedrich  Halm  und  das  Spanische  Theater. 
Berlin,  1910,  «Palaestra»,  XXVIII,  p.  19.  Nulla  si  trova  in  proposito 
nella  Bibliografia  Calderoniana  del  BrEYMANN  (Calderon  Studien  -  I  - 
Die  Calderon  Literatur.  Miinchen,    1905). 

(65)  Cfr.  Serapionsbriider,  ed.  cit.,  IV,  p.  232  e  segg.  Prove  mate- 
riali che  il  Werner  abbia  conosciuto  il  Calderon  prima  del  1808  man- 
cano o  non  son  tali  che  bastino  a  far  concludere  in  tal  senso.  Ma  induce 
invece  a  tale  opinione  l'interesse  che  il  Werner  mostrò  per  lo  Schlegel 
e  la  lettura  ripetuta  che  egli  fece  dei  suoi  scritti,  e  l'opinione  viene  anche 
confermata  dal  fatto  che  il  Werner  quando  nel  1808  parla  del  Cal- 
deron ne  parla  come  di  poeta  già  noto.  Oltracciò  vedremo  nei  suoi 
drammi,  anche  nei  primi  —  delle  analogie  tali  che  rendono  verosimile 
l'ipotesi  che  si  tratti  di  reminiscenze.  Cfr.  Cap.  III.  El  Principe  Con- 
stante uscì  nella  traduzione  dello  Schlegel  solo  nel  1808  ;  il  primo 
volume  dello  Spanisches  Theater  (1804)  conteneva  solo  La  devocion 
de  la  Cruz,  El  mayor  Encanto  Amor,  La  banda  y  la  fior.  Da  queste 
tre  opere  però  il  Werner  può  essere  stato  invogliato  alla  lettura  di 
altre  che  pure  in  traduzione  già  erano  uscite  per  opera  dello  ZaCHARIAE 
e  del  GaRTNER,  del  GoTTER,  del  BECKER,  dello  ScHRÒDER.  D'altronde 
la  traduzione  che  il  Werthes  diede  delle  opere  teatrali  del  GOZZI  dai 
romantici  tanto  amate,  conteneva  anche  taluno  dei  rifacimenti  che  il 
Gozzi  aveva  fatti  delle  opere  del  drammaturgo  spagnuolo  :  El  secreto 
a  voces,  Gustos  y  disgustos  ebbero  anzi  in  questo  rifacimento  più  di 
una  traduzione.  Traduzioni  erano  uscite  poi  anche  della  Vida  es 
sueno.  Cfr.  Breymann,  op.  cit.,  Cap.  II,  Abschnitt  Deutschland.  — 
D'altronde  vedremo  come  il  raffronto  con  talune  opere  non  tradotte  in- 
duca a  credere  che  il  Werner,  che  condivideva  coi  romantici  il  culto 
della  poesia  dei  popoli  romanzi,  abbia  conosciuto  anche  talune  tragedie 
nell'originale. 


1 12  Zacharias   Werner 


kespeare  che  rivela  spesso  nella  profondità  dell'intuizione 
psicologica  uno  spirito  critico  stupefacente,  la  tragedia 
religiosa  del  Calderon,  con  quell'esclusivo  dominio  della 
religione  che  purifica  da  tutti  i  misfatti,  era  tale  da  eser- 
citare un  forte  fascino  sul  suo  spirito:  specialmente  «  La 
devocion  de  la  Cruz,  El  Purgatorio  de  San  Patricio 
e  El  Principe  constante  esercitarono  sul  Werner  un 
influsso  tenace,  che  va  dal  Kreutz  an  der  Ostsee,  anzi 
dalla  seconda  parte  dei  Sóhne  des  Tales  fino  alla  Ku- 
negunde  e  alla  Mutter  der  Makk^bàer  (66).  Egli  ne 
apprese  l'arte  di  iniziare  i  drammi  con  le  vaste  scene 
di  color  locale  che  al  Calderon  furon  tanto  care  (67), 
per  proseguir  poi  con  l'azione  vera  e  propria  che  s'allarga 
in  scene  liriche,  per  dar  riposo  alla  sensibilità  del  lettore 
e  dell'uditore;  ne  apprese  la  tendenza  alle  concezioni 
grandiose  e  allo  stile  magniloquente  e  ricco,  talora  barocco 
ed  enfatico;  ne  apprese  l'impeto  della  ispirazione  travol- 
gente sempre  anche  nelle  scene  dove  l'cizione  ristagna  od 
ha  un  troppo  tardo  e  lento  sviluppo;  ne  apprese  sopra- 
tutto l'arte  di  svolger  situazioni  liriche  con  tal  forza  da 
non  interrompere  l'interesse  drammatico,  l'arte  anzi  di  svi- 
luppar liricamente  scene  drammatiche. 

Ma  sentite  presto  anche  qui,  nel  confronto,  che  una 
eguale  distanza  di  secoli  separa  le  creazioni  tragiche  e  le 
anime  dei  due  poeti.  E  in  generale  l'influsso  suo  scom- 
pare così  come  l'influsso    dello  Shakespeare  nell'influsso 


(66)  Cfr.   i  singoli  Capitoli  intorno  ai  singoli  drammi. 

(67)  Eran  care  anche  allo  SHAKESPEARE,  come  notò  già  il  FraNKEL, 
op.  cit.,  p.  27;  ma  il  tono  lirico  delle  scene  Werneriane  riconducono  in 
generale  più  al  Calderon  che  non  allo  Shakespeare,  che  si  mantiene 
sempre  per  lo  piiì  in  un  indirizzo  realistico. 


//  dramma  1 1 3 


romantico,   separandosene  soltanto  nei   pcirticolciri  soprari- 
cordati. 

In  realtà  il  Werner  ne  nella  maniera  dello  Schiller, 
ne  nella  maniera  dei  romantici  e  del  Calderon  poteva 
interamente  appagarsi.  La  genesi  e  la  natura  della  sua 
opera  gli  rendevan  necessario  di  appoggiarsi  bensì  in  parte 
agli  uni  e  agli  altri,  ma  di  tendere  verso  una  forma  alquanto 
diversa,  verso  quella  forma  che  tutti  i  drammi  indicano  es- 
sergli balenata  innanzi  nella  composizione,  e  che  in  prin- 
cipio di  questo  capitolo  abbiamo  delineato.  E  il  torto  suo 
non  fu  di  aver  assorbito  elementi  dagli  uni  e  dagli  altri, 
per  scostarsi  in  egual  modo  da  essi  di  nuovo;  ma  fu  di  non 
esser  stato  interamente  consequente  nella  esecuzione  delle 
sue  concezioni,  e  di  aver  creduto  spesso  di  raggiungere 
lo  scopo  cercando  di  conciliare  le  due  maniere,  salvo  a 
introdurvi  —  e  non  sempre  consciamente  —  delle  ten- 
denze sue,  nuove  e  delle  nuove  forme:  il  torto  suo  fu  di 
esser  stato  malsicuro  e  incerto. 

La  ragione  di  tale  incertezza  e  in  un  contrasto,  che  la 
contraddizione  che  notammo  nella  sua  psiche  ripercosse 
nella  sua  indole  di  poeta  :  voi  vi  trovate  innanzi  a  un  dua- 
lismo di  tendenze  che  potevano  essere  e  non  furono  —  per 
varie  ragioni  che  vedremo  —  da  lui  portate  all'accordo. 

Per  una  parte  infatti,  se  egli  tenta  di  assurgere  alla 
pittura  di  mondi  ideali  e  di  una  pura  vita  celestiale,  per 
Taltra  parte  invece,  come  egli  è  un  sensuale  nella  vita, 
così  tende,  senza  ch'egli  stesso  se  ne  avveda,  al  realismo 
nell'arte. 

Quand'egli  rappresenta  una  qualsiasi  scena,  egli  vien 
trascinato  a  darle  colori  di  vita  materiale  e  sensuale.  Si  sol- 

G.    GabeTTI,   //   dramma   di  Z.    Werner.  8 


1 14  Zacharias   Werner 


leva  col  pensiero,  ma  la  realtà  gli  lega  i  sensi  e  la  fantasia 
che  di  sensazioni  è  tutta  materiata.  Ed  egli  indugia  così 
volentieri  —  come  nella  Weihe  der  Kraft  o  nel  Kreutz 
an  der  Ostsee  —  in  scene  tolte  alla  vita  comune,  che 
descrivono  quelle  usanze  e  quei  sentimenti  che  nella 
vita  comune  si  incontrano,  indugia  volentieri  in  scene 
storiche  e  sociali,  in  cui  il  popolo  vien  presentato  al 
lettore  nella  sua  semplicità  e  nella  sua  impulsività,  in- 
dugia volentieri  in  scene  violentemente  drammatiche,  in 
cui  le  passioni  erompono  e  si  scatenano  come  nella  vita 
reale  succede.  Una  delle  ragioni  anzi  per  cui  egli  fu 
tanto  più  che  i  romantici  aperto  all'influenza  del  dramma 
dello  Schiller  fu  appunto  questa. 

Osservate  chiarissima  questa  tendenza  persino  nello  stile, 
nella  lingua  (68).  La  musicalità  sua  ha  bensì  anche  la 
forma  celebrata  dalla  Staèl,  ma  la  forma  prevalente  non 
è  tale.  Essa  —  mi  si  permetta  la  parola  —  si  materializza, 
diventa  sopratutto  grande  sonorità  e  grande  rimbombo,  e 
questa  sonorità  e  questo  rimbombo  sono  spesso  così  fìssi, 
così  uniformi,  così  eguali  che  il  Werner  a  poco  a  poco  se 
ne  fa  quasi  una  maniera,  in  cui  accanto  alla  pienezza  di 
suono  ritrovate  un  non  so  che  di  rigido  e  quasi  di  predica- 
torio, che  vi  fa  riconoscere  subito,  incontrandolo,  il  suo 
verso.  Par  che  egli  senta  il  bisogno  di  sentirsi  piena  la  gola, 
quando  legge  i  suoi  versi,  e  che,  per  riunir  tutti  quei 
suoni,  prenda  un  ritmo  duro  e  sussiegoso,  necessario  come 
saldo  scheletro  che  ne  sostenga  la  mole  (69). 


(68)  Cfr.  su  questo  i  due  Programmi  già  citati  del  DegENHART,  Eich- 
stadt,    1899  e    1907. 

(69)  Anche   nella   lirica   trovate   questa   pastosità   di   suoni   che    finisce 
con  l'irrigidirsi  in  un  ritmo  dal  rimbombo  uniforme. 


//  dramma  115 


Questa  tendenza  alla  sonorità  è  spesse  volte  evidente. 
Guardate  i  nomi  proprii:  son  nomi  slavi  o  polacchi  o  la- 
tini, in  cui  abbondano  le  vocali,  i  suoni  liquidi  e  nasali  : 
Samo,  Warmio,  Silko,  Glaffo,  Olio,  Stephani,  Agaphia, 
Malgona,  Pregolla,  Dorotea,  Wanda,  Sv\rentislav,  Wladimir, 
Ludmilla,  Rudiger,  Ulfo,  Hildegundae,  Edecon,  Valamir, 
Euno,  Cunigunde  etc.  :  se  vi  incontrate  altri  nomi,  ciò  è 
quasi  sempre  perchè  egli  non  può  rifoggiare  a  suo  talento 
i  nomi  storici,  su  di  cui  la  sua  azione  si  impernia.  Così 
egli  ama  gli  arcaismi  (70)  non  soltanto  nelle  opere,  ma 
persino  nelle  lettere,  non  soltanto  nei  nominativi  ma  nelle 
desinenze  delle-  declinazioni  e  nelle  forme  del  verbo; 
nelle  frasi  inserisce  volentieri  forme  latine  (71)  e  ama  le 
parole  composte  e  crea  volontieri  composizioni  nuove. 
Se  voi  confrontate  la  forma  scelta  da  lui  con  la  forma 
usuale,  trovate  quasi  sempre  che  quella  scelta  ha  un  suono 
più  pieno:  «  Conterfei,  Abkonterfein,  Melodei,  Philo- 
sophei,  scharmuzieren  etc.  ».    Interessante   è    sotto  questo 


(70)  «  Alfanzen,  bedeuteln,  erkiesen,  eriustrieren,  fleuch,  Geneuss, 
Gebeut,  hub  rung,  wass  (per  war),  stahn  (per  stehen),  Adlermann, 
Canzellar,  Gauch  (per  Kukuk),  Fant,  Gebaren  (per  Gesamtverhalten), 
Gemahl  (per  Gemahlin),  Leichnam  (per  Korper),  Magedein,  Muhme, 
Miinch,  Reisige».  —  Anche  nelle  congiunzioni:  «  fiirbass,  beisachte, 
ohngefahr,  wasmassen,  sintemal,  dann  (per  denn),  etc».  Son  fre- 
quenti circonlocuzioni  con  k^mmen  e  tun  invece  della  forma  semplice, 
frequentemente  è  scelta  la  forma  aggettivale  in  -ig  quando  la  usuale  è  in 
-lich  e  viceversa.  Spesso  è  usata  la  forma  debole  nella  declinazione 
femminile:  «bei  unserer  lieben  Frauen,  der  Erden  Lust,  etc».  Cfr. 
DegENHART    cit.    (1899),    p.    39    e    segg. 

I  programmi  del  Degenhart  sono  coscienziose  e  utili  raccolte  di  mate- 
riale, che  però  l'A.  non  sfrutta  giungendo  a  conclusioni  che,  mentre 
spiegano  le  osservazioni  da  lui  fatte,  siano  in  rapporto  con  l'arte  del 
poeta  in  generale  e  la  chiariscano  e  la  illustrino. 

(71)  Cfr.  Degenhart  cit.  (1899),  p.  41  e  seg. 


116  Zacharias  Werner 


rispetto  la  ripetizione  continua  di  certe  parole  e  di  certe 
frasi  che  riempiono  la  bocca  e  abbagliano  la  vista: 
«  Blut  und  Nacht,  Nacht  und  Wuste,  Blut  und  Azur, 
Glut  und  Andacht,  Blut  und  Mitternacht  etc.  »  (72).  La 
medesima  osservazione  vale  anche  per  le  parole  composte 
su  sostantivi  (Grabesflur,  Grabesrasen,  Luftazur,  Grabes- 
nacht,  Luftgefilde,  Staubesknecht,  Hòllengluth  etc),  siano 
invece  aggettivi  (blutbefleckt,  mondenlang,  flutbeschàumt, 
mondumringt,  etc.)  (73).  La  sintassi  medesima  subisce  l'in- 
flusso di  questa  tendenza;  il  periodo  si  spezza  sovente, 
la  coordinazione  e  la  subordinazione  si  alternano  se- 
condo la  maggiore  o  minor  convenienza  per  il  verso;  la 
stessa  disposizione  anormale  delle  parole  non  è  dettata 
sempre  dalle  necessità  del  ritmo,  ma  dal  modo  con  cui  la 
combinazione  dei  suoni  vocalici  e  consonantici  riesce  più 
piena  e  più  musicale;  la  forma  infinitiva  prende  il  posto 
della  forma  finita,  il  pronome  personale  è  spesso  tralasciato, 
l'articolo  è  spesso  ripetuto  dopo  il  sostantivo.  Di  tutte  le 
figure  retoriche  si  trovano  poi    nelle   opere   Werneriane 


(72)  Ibid.,  p.  31. 

(73)  Ibid.,  p.  6-13.  La  ripetizione  continua  di  queste  espressioni  e 
anche  delle  parole  singole  (v.  DegENHART,  p.  18):  «Blut  (blutig 
u,  s.  w.),  wurgen,  erwùrgen,  Gewiihl,  Graus  (grausig,  etc,  etc), 
dunkel,  azur,  azurnen,  trunken,  matt,  etc.  »,  basterebbe  a  dar  un'idea 
del  mondo  fantastico  in  cui  il  Werner  si  compiace  e  delle  tendenze  anche 
stilistiche  da  cui  egli  è  dominato.  E  son  frequenti  le  frasi  violente: 
«  Bursch,  Dummbart,  Schurke,  Subjekt,  Tolpel,  Graukopf  »  (DegEN- 
HART  cit.,  p.  8  e  seg.).  Son  frequenti  anche  le  ripetizioni  di  frasi  intere 
e  paragoni  con  l'ostia  o  con  la  notte  della  tomba,  etc  Già  il  DegEN- 
HART  ha  visto  un'analogia  fra  il  linguaggio  del  Werner  e  quello  del 
Kleist  :  l'analogia  dipende  da  una  già  accennata  analogia  di  tempe- 
ramenti e  quindi  di  arte,  ma  il  Kleist  è  molto  più  vario,  più  creativo, 
più  sobrio  e  il  Werner  ha  fra  altro  quella  inclinazione  alla  prolissità  che 
è  propria  dei  predicatori  (v.   Progr.    1899,   p.   7). 


//  dramma  1 17 


esempi  numerosissimi  (74)  ;  particolarmente  frequenti  sono  le 
allitterazioni  e  le  assonanze,  che  a  scopo  onomatopeico  ven- 
gono prodigate  e  che  in  un'arte  come  quella  di  cui  ora  stiamo 
discorrendo  si  accordano  con  la  generale  intonazione  (73). 
Il  Werner  condivide  l'ammirazione  dei  romantici  per  le 
lingue  dei  popoli  meridionali  e  si  sforza  come  essi  di  av- 
vicinarvi la  lingua  sua  quanto  può,  anche  a  costo  talora 
di  farle  violenza.  Se  arcaismi,  neologismi,  movenze  anti- 
quate non  saltano  agli  occhi  e  non  turbano  il  lettore,  è 
perchè  esse  si  fondono  in  questo  egual  tono  generale  di 
tutto  il  resto. 

Una  tal  musicalità  sonora  ha  qualcosa  di  veramente 
materiale  che  si  presta  a  quella  conciliazione  fra  suono  e 
visione  dello  spettacolo  descritto  che  la  Staèl  loda  nel 
Werner  verso  la  fine  del  periodo  citato  e  che  stacca  il 
Werner  dai  romantici.  Quando  il  Werner  deve  esprimere 
voci  di  spiriti  celesti,  canti  di  esseri  puri,  angelici,  i  cui 
sentimenti  sono  sospiri  verso  Dio,  lievi  aliti  quasi  inaffer- 
rabili, e  la  sua  musicalità  deve  diventare  eterea  e  vapo- 
rosa, allora  l'armonia  e  la  melodia  vincono  sulla  visione: 
voi  sentite  che  il  suono  di  quei  versi  risponde  a  quello  stato 
d'animo  che  il  poeta  volle  esprimere,  ma  non  intendete 
esattamente  ciò  che  vi  vien  detto  :  nell'armonia  la  visione 
va  dispersa.  Questa  viene  invece  precisata  maggiormente 
dai  suoni  pieni  e  rotondi,  in  cui  è  un  non  so  che  di  de- 
terminato, che  par  direttamente  suggerire  una  immagine 
visiva.  Il  linguaggio  del  Werner  è  ricco  di  immagini,  fìo- 


(74)  V.  DegenharT  cit.,  pp.  15,  18.  Frequenti  più  che  le  altre  sono 
le  allitterazioni  con  w  —  e  le  assonanze  vengono  specialmente  fatte  con 
le  vocali  forti. 

(75)  Ibid..  p.    14  e  seg. 


1 1 8  Zacharias  Werner 


rato  e  colorito,  condensa  metafore  e  similitudini  ed  espres- 
sioni forti;  questa  materialità  di  suono  rende  anche  più 
intenso  un  tale   carattere. 

E  solo  un  tale  linguaggio  rende  possibili  certi  effetti 
potenti  che  il  Werner  talora  ottiene.  I  sentimenti  ven- 
gono espressi  qualche  volta  con  una  violenza  tale  che 
il  lettore  ne  è  afferrato  e  scosso  e  quasi  lasciato  senza 
respiro.  Solo  così  ad  esempio  può  la  fatalità  soffiare  nel 
24.  Februar  quell'irresistibile  vento  di  bufera,  che  tra- 
volge personaggi  e  uditori  fatti  proni  al  passar  di  una  po- 
tenza sola,  superna,  arcana  e  tragica.  Togliete  la  intensità 
delle  espressioni  pervase  tutte  da  uno  spavento  treme- 
bondo e  da  una  passione  cieca,  che  si  van  senza  posa 
moltiplicando  :  chi  crederà  ancora  alla  bufera  ?  E  togliete 
quella  bufera,  togliete  quell'illusione,  tutta  l'opera  d'arte 
cadrà.  Perchè  è  opera  di  genere  tale  che,  o  vi  abbatte  e 
prostra,  o  vi  lascia  increduli  e  impazienti  (76). 

Ora  che  riflesso  avrà  questa  inclinazione  realistica  pre- 
potente della  fantasia  sopra  la  materia  mistica,  che  è,  se- 
condo il  Werner,  il  vero  fondamento  e  allo  stesso  tempo 
il  vero  scopo  dei  suoi  drammi  ? 

La  elevazione  mistica  diventa  un  fatto  morboso  e  pato- 
logico, che  della  malattia  presenta  i  segni  più  evidenti  (77). 


(76)  La  determinatezza  espressiva  dello  stile  del  Werner  venne  messa 
in  rilievo  già  dal  PoPPENBERG,  op.  cit.,  Cap.  IV;  cfr.  anche  il  FraNKEL, 
op.  cit.,  Cap.  VI. 

Non  ne  vide  invece  completamente  il  carattere  il  DegeNHART,  &p. 
cit.,  avendo  egli  rivolto  la  sua  indagine  più  alle  qualità  esterne  dello 
stile  che  non  alle  questioni  sostanziali  e  avendo  lasciate  isolate  le  sue 
osservazioni. 

{77)  Sfuggì  tutto  questo  allo  IrmLER,  op.  cit.,  presso  di  cui  si  può 
trovare  un  elenco  delle  scene  mistiche  e  dei  personaggi  mistici  in  tutti 
i  singoli  drammi. 


//  dramma  1 1 9 


La  fantasia  del  Werner  non  ha  ripugnanze.  Morbosamente 
vive  egli  i  suoi  sogni  religiosi,  morbosamente  s'accosta  ad 
idee  anormali  ed  anche  perverse  come  talune  di  quelle 
che  esponemmo:  ed  egli  rappresenta  questi  fatti  come 
egli  li  vive. 

Si  è  accennato  nel  precedente  capitolo  a  qual  fantasia 
egli  abbia  ricorso  per  simboleggiar  la  mistica  unione 
di  amore  e  morte.  Così  egli  introduce  nei  suoi  drammi 
scene  di  voluttà  acre,  dove  il  desiderio  carnale  è  ac- 
cresciuto dalla  resistenza  che  trova  nelle  esaltcìzioni  reli- 
giose e  morali  a  cui  Teroina  per  lo  più  è  in  preda,  e  dove 
i  sensi  si  estenuano  in  una  sovieccitazione  che  diventa 
talora  parossismo  perchè  resta  insoddisfatta  :  fa  vivere  i  suoi 
personaggi  sull'orlo  del  peccato  sicché  l'odor  che  ne  sale 
li  inebria  e  oscura  loro  la  vista;  li  trattiene  dall'atto  estremo 
provvidenzialmente,  ma  li  fa  vivere  nello  smanioso  pen- 
siero di  quella  ultima  voluttà  che  loro  sfugge,  e  che  è  da 
loro  costantemente  goduta  nella  immaginazione.  E  tut- 
tociò,  mentre  quella  gente  crede  in  tal  modo  di  esser 
pervasa  da  amor  divino,  di  essere  squassata  e  devastata 
da  soffi  celesti,  trasumananti.  Ogni  dramma  ha  di  queste 
scene  :  la  Kunegunde  è  la  rappresentazione  di  una  con- 
tinua ebbrezza  inconscia  e  rosa  del  desiderio  carnale: 
il  Werner  ve  la  presenta  in  tutte  le  forme,  in  quanto 
essa  diventa  lo  stato  d'animo  permanente  dei  personaggi, 
che  di  quel  godimento  son  privati  e  passa  dal  parossismo 
all'abbattimento,  dalla  vertigine  al  languore.  11  dranmia  di 
una  santa  diventa  una  fantasia  erotica.  E  nulla  è  più 
patologico  che  queste  voluttà  tormentate  e  tormentose: 
.nulla  più  morboso  che  queste  lussurie  cerebrali  che  pre- 
tendono negare  il  godimento  ma  in  fondo  lo  moltipli- 
cano e  lo  eternano,  perchè  se  il  godimento  ottenuto  è   un 


120  Zacharias   Werner 


attimo  fuggente,  questi  godimenti  fantastici  e  artificiosi 
invece,  che  vi  son  sostituiti,  sono  perenni  e  duraturi.  Il 
Brentano  solo,  che  ha  un  temperamento  simile  al  Werner, 
si  accosta  a  lui  in  questo  erotismo  malsano  e  in  queste 
libidini  di  immaginazione:  l'erotismo  sensuale  degli  altri 
è  giocondo  —  al  confronto  —  e  sano  :  leggete  pure  la  Lu- 
ónde  :  vi  è  la  voluttà  che  si  espande  perchè  reclama  i 
diritti  che  le  furono  negati,  non  vi  è  la  voluttà  che  si 
raffina  tormentandosi. 

E  allo  stesso  modo  il  Werner  nella  sua  esaltazione 
mistica  si  inebria  in  visioni  di  sangue:  il  sangue  delle 
vittime  dei  sacrifìci  pagani  che  descrive  par  gli  dia  alla 
testa,  ed  egli  indugia  sulla  rappresentazione  di  quel  sangue 
che  sprizza  ribollendo  dagli  animali  immolati,  ed  egli  ri- 
chiama quel  sangue  continuamente,  e  ridiscrive  il  sacrificio  : 
il  sangue  di  Cristo  stesso  e  dei  martiri  par  gli  dia  una 
voluttà  acre,  e  i  personaggi  suoi  si  sprofondano  in  quella 
contemplazione  e,  invece  di  prender  soltanto  da  essa  lo 
spunto  per  esser  pieni  di  riconoscenza  e  di  amore  verso 
Dio  che  per  essi  si  è  sacrificato,  si  concedon  tutti  a  quella 
visione  e  più  non  vedono  se  non  quel  sangue  che  scorre 
e  che  stilla  raggrumandosi.  Un  certo  elemento  religioso 
esiste  in  loro  in  quanto  che  la  contemplazione  di  quel 
sangue  è  promossa  dal  fatto  che  è  sangue  di  Dio  fatto 
uomo,  ma  che  impurità  lutulenta  nel  loro  sentimento  !  Così 
ama  il  Werner  rappresentare  non  la  morte  per  vie  na- 
turali, ma  una  morte  cruenta.  Ed  essa  non  suole  essere 
mai  il  godimento  del  méutire,  che  già  vive  nei  cieli, 
mentre  il  suo  corpo  è  ancora  in  terra  e  sospira  il  mar- 
tirio perchè  esso  presenta  alla  sua  fantasia  uno  spalan-, 
carsi  delle  porte  del  paradiso  e  una  festa  di  angioli  che 
gli  vengono  incontro  osannando  e   uno  smarrirsi  inebriato 


//    dramma  121 


nella  luce  divina  che  abbagliando  beatifica;  essa  vi  offre 
invece  allo  stesso  tempo  anche  il  godimento  acre  del  dis- 
solversi, del  disfarsi  ;  vi  offre  in  una  forma  speciale  il  per- 
verso fascino  di  tutto  ciò  che  è  contro  natura.  E  l'erotismo 
mistico  celebra  anche  maggiori  trionfi  :  Wanda  e  Riidiger  si 
ammaiLzano  perchè  si  amano,  perchè  festeggiano  così  nella 
voluttà  cruenta  la  suprema  ebbrezza  e  la  suprema  eleva- 
zione religiosa.  Dimorate  nei  regni  confusi  e  oscuri  della 
subcoscienza,  dove  le  forme  di  vita  e  gli  istinti  non  si 
sono  ancora  districati  gli  uni  dagli  altri,  e  il  bene  ed  il 
male  son  mescolati  ancora  e  ancora  fusi  insieme  da  vin- 
coli misteriosi  che  solo  la  coscienza  riuscirà  a  spezzau-e; 
dimorate  nei  regni  della  degenerazione,  dove  Tuomo,  in- 
torbidando le  fonti  più  pure  della  vita,  ridiventa  preda 
agli  istinti  che  in  lui  s'agitano,  e  dalle  sue  stesse  raffina- 
tezze di  essere  superiore  vien  travolto  in  più  basse  e  com- 
plicate e  ributtanti  perversità  (78). 

Potete  rivoltarvi  dinanzi  a  questo  mondo  perchè  il 
vostro  senso  morale  si  ribella  (79),  ma  la  materia  è  pro- 
fondamente tragica,  e,  se  il  modo  come  il  Werner  la  rap- 
presenta, non  è  tale  da  destare  in  voi  invece  della  ripu- 
gnanza la  pietà,  in  quanto  che  il  poeta  stesso  vi  additi 
in  ciò  chiaramente  una  malattia  che  fa  meditare  e  pensare. 


(78)  Vi  è  nelle  opere  del  Werner,  sotto  questo  aspetto,  che  è  fonda- 
mentale della  sua  personalità  di  poeta,  una  progressiva  affermazione  e 
una  evoluzione  e  una  diversità  che  non  vide  il  PoPPENBERG,  che  di 
questo  soggetto  discorre,  op.  cit.,  Cap.  Ili  ;  ma  pone  il  problema  in 
una  luce  falsa  e  non  scorge  la  connessione  sua  con  l'insieme  del  dramma 
Werneriano,   e  non  ne  vede   il  vero  carattere. 

(79)  È.  in  questa  invincibile  nausea  morale  una  delle  ragioni,  che 
allontanarono  dal  Werner  lettori  e  studiosi:  v.,  ad  es.,  RlCHARDA  HuCH, 
Ausbreitung    und    Verfall    der    deutschen   Romantik  cit. 


122  Zacharias   Werner 

esso  e  però  tale  che  scuote  per  la  sua  forza  e  per  la  sua 
brutale  verità,  per  la  implacabilità  dell'analisi. 

Il  difetto  non  sta  quindi  nel  fatto  che  il  Werner  tras- 
formò questa  vita  in  malattia,  ma  sta  invece  in  ciò  che 
egli  si  lasciò  trascinare  dalla  sua  tendenza  mistica  a  con- 
siderarla come  vita  sana  e  santa  e  a  cercar  di  rappre- 
sentarla come  tale. 

Egli,  infatti,  se  descrive  con  verità  questi  fenomeni, 
perchè  egli  li  vive  in  se  medesimo,  e  riman  fedele  al 
realismo  appunto  perchè  egli  li  ha  vissuti,  egli,  tuttavia, 
pur  descrivendoli  in  tal  modo^  li  ritiene  brividi  di  cele- 
stialità  che  passano  in  questa  vita  nostra.  E  ciò  ha  un  forte 
riverbero  nel  modo  con  cui  egli  tratta  i  personaggi  sopran- 
naturali che  vedemmo  introdotti  nelle  sue    tragedie. 

Due  modi  gli  si  presentavano  di  dare  attuazione  alla 
sua  concezione:  o  impostare  il  dramma  come  mondo 
di  leggenda,  come  i  romantici  e  il  Calderon  e  il  Goethe 
avevan  fatto,  e  introdurvi  poi  questi  esseri  facendone 
personaggi  principali  e  attivi  come  tutti  gli  altri,  o 
usarli  come  riverbero  dell'azione  che  descriveva,  come 
aveva  fatto  lo  Shakespeare  neW Amleto  e  nel  Macbeth, 
dove  le  apparizioni  dello  spettro  del  padre  regale  in- 
vendicato e  dell'ombra  di  Banco  vengon  provocate,  per 
così  dire,  dallo  stato  d'animo  in  cui  Amleto  e  Macbeth 
si  trovano.  Era  quest'ultimo  il  modo  che  meglio  si  ac- 
cordava, che  anzi  solo  si  accordava,  con  quel  mondo  di 
allucinati  che  il  Werner  descriveva.  Il  Werner  invece 
s'attenne  al  primo.  Vi  contribuì  probabilmente  l'esempio 
dei  romantici,  ma  più  che  tutto  ciò  ebbe  la  sua  ragione 
nelle  idee  religiose  che  il  Werner  aveva.  Non  conside- 
rando egli  come  fenomeni  di  morbosità  quelli  che  egli 
descriveva,  considerandoli  invece  come  riverberi  della  di- 


//  dramma  123 


I 


vinità  dell'anima  umana,  quando  le  creature  celesti  inter- 
vengono, esse  non  vengon  più  rappresentate  così  che  si 
accordino  con  una  intonazione  realistica  della  tragedia.  Il 
Werner,  non  pago  che  essi  compaiano  a  suggellare  la 
santità  di  quanto  ha  descritto,  ne  fa  dei  personaggi  di 
importanza  essenziale,  i  quali  devon  mantenere  la  loro 
celeste  natura. 

Oltracciò,  se  egli  cercò  di  dare  loro  vita,  essi  però  gli 
sfuggirono  (80).  Chiciramente  lo  avvertiva  già  lo  Iffland(81). 
Quelle  sue  creature  si  amano,  si  adorano,  ma  son  lontane, 
inafferrabili  e  non  possono  rappresentarsi.  Chi  poteva  rappre- 
sentare Sant'Adalberto  ?  Lo  Iffland  si  immaginava  nella 
parte  ma  non  trovava  via  di  uscita  :  lo  stimolo  alla  ricrea- 
zione, che  l'attore  trova  nella  vita  dei  personaggi  in  cui 
si  deve  incarnare,  mancava  (82).  Eppure  il  Sant'Adalberto 
è  uno  degli  esseri  fantastici  che  più  s'accordano  con  l'in- 
dole del  dramma  e  più  ricevettero  vita  e  colorito.  Il 
Werner  sa  rappresentare  la  lotta  e  il  fermento  (83),  scru- 
tare nella  psiche  inferma  degli  esseri  umzmi;  ma  in  questi 
esseri  non  vi  è  più  lotta,  non  più  fermento,  non  più  in- 
fermità :  son  esseri  fatti  di  luce  e  di  armonia.  E  il  Werner 
per  quanto  si  sforzi  non  riesce  a  fermarli  nelle  parole  che 
mette  loro  in  bocca.  Egli  sopprime  talora  l'analisi  delle 
creature  terrene  per  spiegcu*  quanto  esse  compiono  sim- 
bolicamente   con    l'intervento  di  queste    nuove    creature  : 


(80)  Cfr.  i  Capitoli  seguenti  intorno  al  modo  continuamente  diverso 
con  cui  il  Werner  cercò  di  superare  questa  difficoltà,  che  le  critiche 
di  amici  e  nemici  gli  facevano  presente. 

(81)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  318. 

(82)  «Blàtter  i.  1.  U.  ».    1834,  cit..  p.   1183. 

(83)  Cfr.   ì  singoli  Capitoli  seguenti  a  proposito  dei  singoli  drammi. 


124  Zacharias   Werner 


ma  non  riesce  a  sostituire  alla  vita  che  ha  soppresso,  una 
vita  nuova.  Egli  vi  si  sforza.  Fa  che  questi  nuovi  perso- 
naggi non  agiscano  soltanto  come  inviati  di  Dio,  ma  di- 
rettamente e  personalmente  s'appassionino  agli  eroi  del 
dramma  (84).  E  l'artificio  giova  in  qualche  modo,  ma  nuoce 
però  anche  sotto  altri  riguardi  perchè  oscura  e  vela  il 
simbolo.  Essi  restano  sempre  imprecisi  ed  evanescenti, 
han  vicende  inspiegate,  oscillano  incerti  fra  l'umano  e  il 
celeste,  e  son  poveri  di  interna  vita.  La  fantasia  del 
Werner  è  tale  che  non  riesce  ad  illuminare  la  loro  es- 
senza spirituale. 

Così  il  Werner  creò  prima  di  tutto  un  contrasto  fra 
l'intonazione  di  quella  che  è  la  base  del  dramma,  e  lo 
svolgimento  che  questo  in  seguito  ottiene.  Siete  immersi 
nella  contemplazione  di  una  vita  terrena  e  anzi  morbosa, 
malata,  e  improvvisamente  vi  compaiono  innanzi  questi  per- 
sonaggi, e  non  sapete  perchè  vengano,  e  vi  sembra  strano 
che  essi  possano  immischicu-si  nelle  cose  di  questo  mondo 
e  specialmente  di  un  mondo  come  quello  in  cui  vi  tro- 
vavate. Vi  è  un  abisso  fra  di  essi  e  gli  uomini  che  prima 
s'agitavano,  amavano  e  soffrivano;  un  abisso,  e,  appunto 
perchè  non  veduto  dal  poeta,  esso  diventa  tanto  più  pro- 
fondo e  difficile  a  colmarsi. 

Oltracciò,  poiché  a  questo  danno  un  altro  se  ne  ag- 
giunse: quello  del  difetto  di  creazione,  così  accadde  che 
il  Werner  lasciò  avvenire  complicazioni  e  catastrofi  strane 
e  singolari  che  spesso  infransero  i  suoi  innegabili  sforzi 
d' arte. 

La  storia  del  dramma  del  Werner  è  così  la  storia  di 


(84)  Cfr.,  ad  esempio,  Die  Weihe  der  Kraft. 


//  dramma  125 


questa  lotta  continua  fra  la  tendenza  verso  il  realismo  e  il 
dramma  patologico  e  quella  verso  il  romauiticismo  e  la 
leggenda  mistica:  la  storia  delle  soluzioni  che  egli  nelle 
diverse  opere  via  via  venne  dando  a  questo  essenziale 
problema.  Vedremo ,  studiandone  V  evoluzione ,  che  il 
Werner  sentiva  questo  dissidio  e  che  cercava  di  com- 
porlo. Ma,  mancandogli  la  esatta  coscienza  di  ciò  che 
egli  medesimo  era,  non  riuscì  mai  a  raggiungere  comple- 
tsimente  una  esatta  visione  di  quel  che  il  suo  dranmia 
doveva  divenire.  Fu  anche  come  poeta  un  ricercatore, 
come  lo  era  stato  nella  vita  intellettuale.  Aveva  teso 
sempre  con  tutte  le  forze  verso  la  verità,  ma  il  suo  pen- 
siero restò  sempre  oscuro  e  confuso  finche  rinunziò  a  pen- 
sare; si  adoprò  per  dar  esecuzione  a  quel  tipo  di  dramma 
che  in  principio  di  questo  capitolo  delineammo,  ma  torbido 
e  confuso  rimase  anche  il  suo  dramma. 

11  dranuna,  ch'era  stato  per  tanto  tempo  il  suo  maggiore 
sogno.  S'illudeva  di  riuscire  a  dare  alla  Germania  la  tra- 
gedia nazionale  (85).  Si  sentiva  tedesco,  a  differenza  dei 
primi  romantici  che  tale  sentimento  di  patria  avevano 
sacrificato  a  un  ideale  universalmente  umano,  e  scriveva  allo 
Scheffner:  «  Còln  ist  der  Hauptsitz  der  prachtvollsten  Ue- 
berreste  altgothisch-deutscher  Architektur,  und,  w^as  Sie  am 
meisten  interessiren  wird,  beide  Uf  er  sind  noch  deutsch  »  (86). 
Quante  volte  gli  sorrise  il  pensiero  che  tragedie  composte 
come  egli  le  componeva  potessero  diventar  patrimonio 
della  sua  nazione!    Quante   volte    chiamò   le   sue    opere 


(85)  V.  «Blàtter  f.  1.  U.  ».  1834.  cit..  p.  1178-84;  «  Gesellschafter  ». 
1827,  cit..  p.  44-58;  Teichmann,  op.  cit..  p.  235-300;  Goethe  und 
die  Romantik  hrsgg.   v.    WaLZEL  u.   ScHUDDEKOPF   cit.,   passim. 

(86)  «Blatter  f.   1.   U.  »,    1834,   cit..   p.    1346. 


126  Zacharias    Werner 


(  àcht  deutsche  Tragòdien  ))  1  II  Kreutz  an  der  Ostsee, 
dove  egli  presenta  gli  antichi  abitanti  della  Prussia  in 
lotta  con  i  tedeschi  dell'Ordine  della  Croce  venuti  a  di- 
fender con  le  armi  la  diffusione  del  Cristianesimo,  la 
Weihe  der  Kraft  in  cui  celebra  l'eroe  della  Riforma, 
Lutero,  V Attila,  dove  nel  re  Unno  egli  descrive  la  forza 
brutale  ma  schietta  e  sana,  la  Urkraft,  propria  —  secondo 
il  suo  pensiero  —  della  razza  tedesca,  la  Kunegunde, 
dove  egli  esalta  il  casto  e  pio  imperatore  bavarese  En- 
rico, vincitore  del  ribelle  italiano  Arduino,  sono,  fra  altro, 
anche  tutti  tentativi  per  raggiungere  questo  scopo. 

Riuscì  molto  meno  di  quanto  aveva  sognato  di  diven- 
tare. Ma  ebbe  una  sua  personalità  e  vedremo  più  tardi 
così  quale  sia  l'importanza  sua  nella  storia  del  dramma 
tedesco,  e  quaU  riverberi  le  sue  concezioni  ebbero  su 
poeti  che  furon  maggiori  di  lui  e  che  pure  a  concezioni 
analoghe  alle  sue  si  volsero  (87).  Si  può  dire  di  lui  come  del 
Kleist  che  nutritosi  di  romanticismo  ed  educatosi  a  poeta 
drammatico  sullo  Schiller,  se  ne  staccò  per  esplicare  se 
stesso.  Ma  il  Kleist  fu  risoluto  e  sicuro  nel  suo  distacco 
e  riuscì  un  grande  artista.  Egli  non  lo  fu  e  riuscì  tuttavia 
qualcuno.  La  paura  di  non  esserlo  aveva  formato  sempre 
il  suo  tormento:  «  Ich  vv^erde  alt,  das  Bisschen  poetische 
Fiamme  verglimmt,  ich  sterbe  und  ich  habe  am  Ende 
umsonst  gelebt  »   (88). 


(87)  Conclusione. 

(88)  «Blatter   f.    1.   U.  »,    1834,    cit.,    p.    1170. 


CAPITOLO  TERZO 
Il  dramma  dell'utopìa  settaria. 


È  possibile  di  determinare  altri  caratteri  del  dramma 
del  Werner  soltanto  se  si  lascia  di  considerarlo  nella 
totalità  per  accostarsi  alle  produzioni  singole:  ciò  che  se 
ne  direbbe  non  potrebbe  essere  riferito  all'opera   intera. 

Vi  si  incontra  una  evoluzione.  E  la  ragione  di  questo 
divenire  è  doppia  :  per  una  parte  l'esercizio  della  sua 
arte,  la  conoscenza  dello  Iffland  e  del  Goethe,  se  non 
bastarono  a  far  che  il  Werner  rinnovasse  la  sua  conce- 
zione e  a  mutar  quella  generale  tendenza,  che  sopra  ab- 
biamo descritto,  pur  lo  condussero  a  vedere  il  dramma 
con  occhi  un  po'  diversi  da  quelli  con  cui  prima  lo  ve- 
deva: per  l'altra  parte  poi  le  sue  idee  subirono  una 
confusa  ma  continua  trasformazione,  producendo  neces- 
Scu-iamente  un  mutamento  anche  nella  forma  che  il 
dramma  assunse.  Questa  seconda  è  la  ragion  principale: 
la  prima  favorisce  questa  seconda  :  le  nuove  idee  si  espli- 
carono secondochè  consentiva  una  più  matura  esperienza. 
Così  si  può  dividere  la  produzione  drammatica  del  Werner 
in  quattro  successivi  periodi  :  il  dramma  dell'utopia  della 
società  secreta,  il  dramma  dell'utopia  erotica,  la  tragedia 
del    fato,    il    dramma    cattolico.    Il    primo    comprende    i 


128  Zacharias   Werner 


Sòhne  des  Tales  e  il  Kreutz  an  der  Ostsee,  il  secondo 
comprende  la  Weihe  der  Kraft,  la  Wanda  e  V Attila,  il 
terzo  comprende  il  24.  Februar  soltanto,  e  il  quarto  la 
Kunigunde  e  la  Mutter  der  Mak\ahàer  (1). 

Prendiamo  ora  in  esame  il  primo.  La  deformazione 
delle  idee  religiose  dei  romantici  assume  in  questo  primo 
momento  accanto  a  quelle  forme  generali,  che  conosciamo 
e  che  manterrà,  anche  quella  di  una  manìa  settaria.  Pas- 
sato al  Romanticismo  dalla  Massoneria,  il  Werner,  ac- 
cogliendone i  principi,  in  questo  primo  periodo,  li  mas- 
sonizzò. 

I  Sóhne  des  Tales  svolgono  Tidea  di  una  masso- 
neria romantica.  Come  siam  lontani  dalla  purità  idea- 
listica del  venerato  Schleiermacher  !  Questi  aveva  so- 
gnato, scrivendo  le  Reden,  di  rendere  la  religione 
cosa  tutta  interiore,  individuale,  di  promuovere  una  rina- 
scita religiosa,  in  cui  nessun  elemento  esterno  avesse 
più  posto,  ma  il  sentimento  personale  e  diretto,  imme- 
diato dell'infinito  dominasse  solo  e  puro  ;  da  ogni  spirito 
di  setta  era  stato  lontano,  poiché  la  setta  è  appunto  nega- 
zione di  questo  assoluto  individualismo,  e,  in  quanto  ha 
scopi  combattivi,  anche  negazione  di  quello  spirito  con- 
templativo a  cui  lo  Schleiermacher  riconduceva  le  sue 
teorie. 

II  Werner,  natura  di  predicatore,  mirante  a  risultati 
pratici,  conciliò  o  cercò  di  conciliar  le  nuove  idee  con  la 
sua  manìa,  in  quanto  che  rilevò  essere  dovere  degli  uomini 
veramente  religiosi  di  diffondere  la  religiosità  anche  presso 


(1)  Del  carattere  dei  singoli  periodi   si  discorrerà  via   via   nei   singoli 
capitoli  ad  essi  dedicati. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  129 

gli  altri  uomini,  e  giudicò  non  potersi  raggiungere  questo 
scopo  se  non  per  mezzo  di  società  attive  (2),  specie  di 
Chiese,  in  cui  si  custodisce  acceso  per  tutti  gli  uomini 
il  fuoco  dell'eterno  Amore  ». 

Pareva  infatti  a  lui  che  Tastenersene  fosse  colpa:  in 
tal  caso,  o  si  è  «  àsthetische  Lùgner  »,  ipocriti  avvolti 
in  un  manto  di  cui  si  è  indegni,  o  si  è  vittime  di  una 
falsa  aristocrazia  intellettuale,  fatale  alla  umanità  e  mal- 
visa  a  Dio,  perchè  essa  non  è  niente  altro  che  raffinata 
e  mascherata  vanità.  «  Es  tut  mir  in  der  Seele  weh, 
—  scrive  egli  allo  Hitzig  (3)  —  wenn  ich  die  herrli- 
chen  Kràfte  der  neuen  Menschen,  des  Schlegel,  des 
Tieck,  des  Schleiermacher  u.  s.  w.  verschw^endet,  den 
einen  eine  Komòdie,  den  anderen  ein  Journal,  den  dritten 
romantische  Dichtungen,  Sonnets  und  Gott  wreiss  was 
liefern  sehe,  sie  von  grossen  Zwecken,  wrie  die  Franzosen 
von  der  Landung  in  England,  praJilen  hòre,  und  doch 
Ideine  ernste  Tendenz,  k.eine  verbundene  Harmonie  zu 
dem  grossen  Ziele,  keine  Realisirung  der  gòttlichen  Idee 
einer  geselligen  Verbindung  edler  Freunde  zum  hòchsten 
Zwecke,  erblicke,  wie  Schlegel  sie  im  ersten  Hefte 
seiner  «Europa»  so  schòn  andeutet.  Ich  bin  iiberzeugt,  wàre 
ich  mit  diesen  Menschen  einen  Tag  zusammen,  sie  miiss- 
ten  mich  entweder  in  ihren  Bund  aufnehmen  und  sich  zu 
einer  kràftigeren  Wirksamkeit  entschliessen,  oder  mich 
fijr  einen  inkurablen  Narren  erklàren.  Alles  poetische  An- 
deuten  von  hohen  Verbindungen,  anbrechender  Morgen- 
ròte  u.   s.   w.   kann  nichts  helfen:   geben  muss  man  der 


(2)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.  41-50  passim. 

(3)  Ibid.,  XIV.  p.  41-42  (17  ott.  1803). 

G.    GaBETTI,   //   dramma   di  Z.    Werner. 


130  Zacharias   Werner 


Welt,  der  jàmmerlichen,  von  Gott  entfremdeten  Welt 
das  Beispiel  einer  solchen  Verbindung  in  Prosa,  in  Na- 
tura: sie  mag  Sekte,  Orden,  was  sie  will,  getauft  werden, 
und,  kann  ich  zu  einem  solchen  Zwecke  mitwirken,  so 
will  ich  geme  meine  poetische  Feder,  die  mir  nur  dazu 
Vehikel  ist,  niederlegen  auf  ewig;  dann  erst  werde  ich 
sagen  kònnen  :  Ich  lebe  »  (4). 

Tale  è,  in  questo  tempo,  il  criterio  con  cui  il  Werner 
giudica  i  romantici.  Hitzig  in  Berlino  deve  associarsi  a  lui 
nello  sforzo  di  dare  realtà  a  questo  sogno,  deve  sondar  questi 
uomini  nuovi  che  lasciano  assopire  «  il  genio,  che  Dio  loro 
ha  dato  perchè  essi  lo  sfruttino  a  Suo  servizio  »,  deve   ve- 
dere se  si  tratta  soltanto  di  una  ((  poetische  Floskel  » ,  di 
una  «  leere  Gaskonade  »  (5),  oppure  se  credono  veramente 
che  essi  posson  mutar  faccia  al  mondo  stampando  dei  libri  ; 
e,  in  quest'ultimo  caso,  deve  persuaderli  che  le  loro  spe- 
ranze non  han  fondamento,  che  i  loro  libri  non  si  leggono 
e  sui  più  non  hanno  nessuna  influenza  (6)  :   «  Suche  diese 
homines  novos  auf.  Associire  dich  ihnem  bonis  modis.  Ist 
dieser  oder  jener  ein  Narr,  tut  nichts  wenn  er  nur  àchten 
Sinn  hat  fiir  das  was  den  Menschen  Not  tut,  und  das  ist  : 
Verbindung  einiger  in  solchem  Sinne  begabten  Menschen 
zur  Erwdrmung  der  Menschheit,  die  weniger  durch  Biicher 
als  durch  eine  miindliche  Communikation  erreicht  wird  ». 
E  non  dubita   sull'esito  finale   del  tentativo.   Archimede 
diceva  :    ((  Datemi  una  leva  ed  io  solleverò  il  mondo  »  : 
egli  dice  :  ((  Datemi  dieci  giovani  di  buona  volontà  ed  io 


(4)  Ibid.,  XIV.  p.  42-43.  e  cfr.  anche  «Bl.  f.  1.  U.  »  cJt..  p.    1170. 

(5)  Ibid.,  XIV.  p.  44. 

(6)  Ibid. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  131 

rinnoverò  gli  uomini:  «  Was  kònnten  zehn  gefiihlvolle, 
reine,  begeisterte  Jùnglinge,  zu  einem  Zwecke  verbùndet, 
mit  der  Welt,  in  religlòser  Hinsicht,  machen,  wenn  sie  we- 
niger  schreiben  und  mehr  tun  wollten,  und  wenn  es  mò- 
glich  wàre,  noch  junge  Lente  dazu  zu  gewinnen  ?  ».  E 
si  rinfrescano  le  sue  speranze  nella  cieca  forza  della  sua 
fede  :  ((  Ich  will  nicht  faulenzen  »  :  il  momento  gli  par 
giunto  :  ((  Der  Zeitpunkt  ist  akkurrat  jetzo  gekommen,  jetzt 
wo  die  Welt  in  alien  Meinungen  verwirrt,  von  alien  Tu- 
genden  und  Redlichkeit  entblòsst,  keinen  Gòtzen  kennt 
als  das  Geld,  der,  sobald  ihm  die  Wiirde  der  Menschheit 
(gewiss  dass  blutigste  Opfer  !)  gebracht  worden  ist,  ebenso 
schleunig  seinen  Anbetern  entflieht.  Jetzt  ist  der  Zeit- 
punkt, wo  die  Welt  sich  nach  Rettung  sehnt  und  sie  er- 
halten  muss  »  (7). 

I  romantici  di  fronte  alle  sue  smanie  settarie  si  manten- 
nero indifferenti  :  quello  spirito  di  socievolezza  e  di  frater- 
nità, che  il  Werner  fraintendeva  come  una  apparizione 
della  sua  stessa  idea,  riposava  su  altro  fondamento  ed 
aveva  altra  tendenza.  Quando  i  romantici  parlavano  di 
«  Sympoetisiren,  Symphilosophiren  »  (8),  ciò  era  perchè, 
data  la  loro  concezione  unitaria  e  organica  dell'Universo, 
sentendosi  essi  fratelli  nella  natura  infinita  a  cui  apparte- 
nevano, questo  rendeva  possibile  il  lavoro  in  comunanza, 
perchè  era  nel  loro  lavoro  la  manifestazione  unica  di  una 


(7)  Ibid.,  XIV,  p.  47  (13  ott.  1804).  Interessanti  per  il  suo  giudizio 
posteriore  su  questo  argomento  sono  anche  le  lettere  che  manderà  al 
PeguilHEN    nel    «  Gesellschafter  »    cit. 

(8)  Cfr.  «Athenàum»,  1799,  p.  12;  «Europa»,  1803,  I  passim; 
e  le  Jugendschriften  di  F.  SCHLEGEL  nella  ediz.  del  MlNOR,  2*  ri- 
stampa,   Wien,    1903. 


132  Zacharias   Werner 


forza  unica  che  per  mezzo  di  loro  operava,  e  il  pensiero 
di  uno  non  era  che  un  frammento  del  pensiero  di  tutti; 
quando  essi  parlavano  di  una  «Verbriiderung  der  Besseren 
zur  Vergòttlichung  der  Menschheit  »  (9),  ciò  era  perchè 
solo  se  l'uomo  ha  un  ambiente  adatto  le  sue  forze  si  pos- 
sono completamente  esplicare  :  quella  «  Verbindung  »  e 
quella  «  Verbriiderung  »  non  indicavano  la  costituzione  di 
una  sètta  che  vuole  imporsi  altrui,  ma  soltanto  una  asso- 
ciazione di  uomini,  che  animati  dagli  stessi  sentimenti  si 
uniscono,  perchè  così  possono  meglio  vivere  secondo  i 
loro  bisogni,  e  meglio  dare  sfogo  a  quelle  inclinazioni 
che  in  loro  prevalgono.  Il  movente  di  Friedrich  Schlegel 
non  era  che  una  forza  di  attrazione  verso  gli  uomini  si- 
mili :  attrazione  naturale,  che  non  importa  un  organismo 
di  società  limitante  e  costringente  la  libertà  individuale, 
ma  soltanto  una  riunione  di  spiriti  e  di  sentimenti. 

Voltosf  il  pensiero  alla  formazione  di  una  sètta,  mo- 
stratesi anche  false  le  speranze  poste  sui  romantici,  il 
Werner  dovette  facilmente  venire  all'idea  di  sfruttare  a 
questo  scopo  la  sètta  cui  apparteneva,  facendovi  pene- 
trare —  s'intende  —  in  tutti  i  membri  il  nuovo  spirito  e 
rinnovandola.  E  così  dedicò  alla  diffusione  di  una  masso- 
neria romantico-mistica  tutte  le  sue  forze.  Scriveva  egli 
infatti  allo  Scheffner  :  «  Die  Maurerei  kann  keinen  anderen 
Zweck  haben.  Ist  er  in  ihr  verdunkelt,  so  muss  er  in  ihr 
aufgehellt,  oder,  mit  Wegschneidung  vieler  dummen  Sym- 
bolen  und  schalen  sentimentalen  Gewàsches  (w^ovon  das- 
Lumpenw^esen  voli  ist),  das  Urchristentum  in  seiner  Glorie 
wieder  hergestellt  werden,  und  das  ist  der  Hauptzw^eck 


(9)   «  Europa  »,   I,   n.   2. 


//   dramma   dell'utopia   settaria  133 

meines  Lebens  »  (10).  Un  amico  lo  confortò,  lo  con- 
fermò e  lo  esaltò  in  questi  propositi  :  il  pastore  Chri- 
stian Friedrich  Mayr  (11). 

Il  Mayr  era  uno  squilibrato,  affetto  da  manìa  religiosa, 
ma  la  sua  esaltazione  lo  conduceva  anche,  fra  tante  stra- 
nezze e  pazzie,  talvolta  ad  idee  fuor  del  comune,  e  lo  faceva 
vivere  continuamente  in  un  mondo  alto,  suscitatore  di  pen- 
sieri insoliti.  Non  ragionava,  lasciava  che  la  sua  immagi- 
nazione si  sbizzarrisse  senza  freni  e  aveva  nelle  sue 
fantasie  un  gran  fascino  ammaliatore,  perchè  vi  si  scorge- 
vano qua  e  là  balenare  delle  verità  profonde.  Non  vedeva 
nulla  al  mondo  fuorché  religione,  e  correva  dalla  Chiesa 
sua  alla  Chiesa  cattolica  e  alla  sinagoga,  dalla  loggia  mas- 
sonica alle  sedute  di  altri  ordini,  a  cui  apparteneva;  contro 
un  fedele  che  si  era  addormentato  alla  sua  predica  spa- 
rava un  colpo  di  pistola.  Un  tale  uomo  doveva  imporsi 
al  Werner:  il  contatto  di  una  tale  manìa  accresceva  i  suoi 
fervori  mistici  :  il  contatto  di  una  tale  esaltazione  accre- 
sceva la  esaltazione  sua  propria. 

Anche  il  Mayr  aveva  la  sua  stessa  inclinazione  a  cercar 
simboli  materiali  delle  verità  celesti,  e  s'entusiasmava  per 
il  simbolo  quanto  più  materiale  esso  fosse,  perchè  quella 
materialità  gli  pareva  espressiva  e  lo  inebriava  :  così  vo- 
leva che  nella  Comunione  si  bevesse  vero  sangue  e  si 
mangiasse  vera  carne.  Di  fronte  a  queste  esagerazioni, 
che  sarebbero  ridicole,  se  non  fossero  segno  di  uno  squi- 
librio mentale  grave,  la  materialità  di  simboli  del  Werner 
diventava  cosa   eterea.  E  si  può   affermare,  senza    esita- 


(10)  «Blàtter  f.  1.  U.».    r834,  p.    1171. 

(11)  DoROW,   Erlebtes.   Leipzig,    1845.    IV.    28    {Ch.   Mayr   und  Z. 
Werner). 


134  Zacharias   Werner 

zione  che  resempio  del  Mayr,  che  andava  ancora  oltre  il 
segno  a  cui  egli  giungeva,  contribuì  pure  grandemente  a 
fortificare  presso  il  Werner  quella  innata  sensuale  tendenza 
che  vedemmo  influire  sulla  determinazione  delle  sue  idee 
religiose.  Accresceva  l'influsso  la  venerazione  che  egli 
aveva  per  la  sua  persona. 

((  Die  Stunde  vor  der  Beichte  in  der  —  schen  Kirche, 
welche  ich,  nàchst  Gott,  Sincerus  (Mayr)  verdanke,  w^ar 
die  seligste,  die  einzige  —  meines  ganzen  Lebens.  Die 
Agape  —  niemais,  nie  werde  ich  sie  vergessen.  Diesem 
Manne,  bei  dem  Verstand  und  Willen  im  reinsten  Ein- 
klang  !  ich  bin  ihm  mehr  als  mein  Leben  schuldig  ))  (12). 
Anche  il  Mayr,  dato  il  frenetico  desiderio  di  render  reli- 
giosi gli  uomini  ricorrendo  ad  ogni  mezzo,  data  la  eb- 
brezza di  se  che  vi  si  accompagnava,  doveva  fatalmente 
inclinare  a  costituire  secrete  e  misteriose  associazioni, 
aspirare  a  godere  autorità  in  cerchio  angusto  di  eletti, 
dedicati  alla  causa  sola  a  cui  egli  si  dedicava:  anch'egli 
era  spirito  settario  per  eccellenza. 

La  tenacia,  con  cui  il  Werner  si  accanì  nelle  sue  ubbìe 
settarie,  è  in  parte  frutto  della  influenza  delle  sue  frenesie. 
Il  Mayr  apparteneva  ad  una  setta  della  Croce,  che  preten- 
deva riattaccarsi  nelle  origini  all'ordine  dei  Templari,  e  si 
manteneva  in  relazione  con  le  sètte  di  oriente,  riconosceva 
come  primo  gran  maestro  Gesù  Cristo,  e  pare  mettesse  anzi 
come  condizione  che  gli  adepti  avessero  raggiunto  almeno 
già  il  grado  di  «  Meister  »  nella  gerarchia  massonica  (13): 
una  specie  di  setta  nuova,   sovrappostasi  alla  setta  mag- 


(12)  Ibid..  p.  31. 

(13)  Ibid.,  p.   39. 


//  dramma   dell'utopia   settaria  135 

giore,  animata  da  spirito  mistico  e  teosofico.  Il  Werner, 
dimorando  a  Kònigsberg  presso  la  madre,  non  trovava 
nella  loggia  delle  ((  Drei  Kronen  »  quella  rispondenza  di 
spiriti  che  aveva  trovata  in  Varsavia  in  quella  ((  Zum 
Goldenen  Leuchter  »  :  sprezzava,  come  Tcunico  e  pro- 
tettore suo  Scheffner,  le  esteriorità  vuote  a  cui  quella 
massoneria  si  era  ridotta,  perchè  Tu  Aufklàrung  »,  toglien- 
done lo  spirito  mistico,  vi  aveva  lasciato  invece  le  cerimonie, 
e  queste  erano  ormai  senza  significato  ;  non  voleva  se  non 
riti  che  ^vesserò  un  vero  valor  simbolico;  desiderava  una 
distruzione  di  quello  spirito  pratico  e  terreno  che  già  anni 
prima  dalla  massoneria  lo  aveva  allontanato  (14).  L'idea 
di  essere  assunto  m  questo  nuovo  ordine  superiore,  costi- 
tuito di  massoni  che  avevano  i  suoi  stessi  scopi,  lo  affascinò 
fortemente.  E  conservato  un  dialogo  in  cui  il  Werner 
prega  di  esser  «  finalmente  ))  assunto  nell'ordine  in  cui  il 
Mayr  aveva  un  posto  elevato  :  ((  Erfiillen  Sie  den  sehn- 
lichsten  Wunsch  meines  Herzens  !  Veranstalten  sie  bató 
meine  Reception  !  Mit  Leib  und  Seele  und  alien  Kràften 
will  ich  unserem  Herrn  und  Meister  dienen  und  mit  Ihnen 
mitwirken.  Aber  —  es  ist  perìculum  in  mora.  Nicht  dass 
ich  abtriinnig  wiirde,  ich  bin  ewig  -j-  bruder,  auch  wenn 
Sie  mich  nicht  aufnehmen,  aber  ich  gliihe  zu  sehr  fùr  die 
Sache  und  kònnte  vielleicht  eben  desshalb  und  bei  dem 
besten  Willen  aus  Unkunde  Schritte  tun,  die  unrecht 
w^àren.  —  Also  eilen  Sie  mit  mir.  Ich  habe  lange  genug 
gelechzet  »  (15).  Il  dialogo  mostra  anche  come  lo  spirito 
della  sètta  fosse  tale  da  accordarsi  completamente  con  le 


(14)  «Blàtter  f.   1.   U.».    1834,   p.    1171, 

(15)  DoRow  cit.,  p.  40. 


136  Zacharias    Werner 


idee  che  già  egli  si  era  formate,  e  come,  d'altra  parte, 
l'abbandono  del  culto  della  religiosità  pura  per  acco- 
starsi al  Cristianesimo  sia  stato  eccitato  in  lui  molto  forte- 
mente da  queste  influenze  massoniche.  Lo  scopo  dell'or- 
dine che  egli  giudica  ((  Das  Gòttlichste  was  ich  kenne  » 
è  quel  pensiero  che  in  lui  trovammo  :  ((  Die  Kraft  aufzu- 
suchen  die  in  dem  Schwachen  màchtig  ist  ».  Questa  forza 
è  Dio.  Scopo  dell'ordine  è  quindi  quello  di  condur 
l'uomo  a  Dio,  ((  divinizzare  l'uomo  »  :  «  Der  Orden  w^ill 
den  Menschen  vergòttlichen  ».  E  sotto  l'influsso  del  nuovo 
insegnamento  che  egli  stesso  confessa  scoprir  sempre  più 
Dio  in  Cristo  :  ((  Die  Kraft  ist  Gott,  der  sich  im  Heilande 
vermenschlichte  ».  Così  arde  egli  del  desiderio  di  pe- 
netrar nel  secreto  dell'essenza  di  Cristo  :  ((  Der  erste  Un- 
terricht  und  der  letzte  scheint  mir  der  zu  sein,  Jesum 
Christum,  den  ich  bis  jetzt  nur  ahne,  und  die,  die  Er  ge- 
sandt  hat,  kennen  zu  lernen  »  (16).  Questa  via  lo  conduce 
anche  al  Cattolicismo  :  «  Ich  erbitte  vorlaiifìg  dariiber  Be- 
lehrung  ob  der  Weg  zum  Heilande  durch  die  Patriarchen 
der  Urwelt  allein  fùhrt,  oder  auch  durch  die  patres  ec- 
clesiae  romano- catholicae  (se.   der  Urkirche)  »   (17). 

Questo  brano  mostra  anche  il  secondo  elemento  spe- 
cifico che  distingue  questo  primo  momento  della  evolu- 
zione del  Werner. 

Alla  già  ricordata  simpatia  estetica  dei  romantici  per 
il  Cattolicismo,  al  riconoscimento  che  questa  è  la  religione 
in  cui  religiosità  e  arte  riunite  si  completano,  la  risorta 
ebbrezza  massonica  aggiunge  ora  un  nuovo  avvicinamento. 


(16)  Ibid.,  p.   28-40  passim. 

(17)  Ibid.,  p.  31-32. 


//   dramma   dell'utopia   settaria  137 

il  Werner  prese  ad  esaltare  il  Cattolicismo  perchè,  sotto 
l'influsso  degli  entusiasmi  del  Mayr  e  delFambiente  da 
lui  dominato,  ritenne  che  esso  fosse  la  più  alta  religione. 
Se  Cristo  è  il  più  grande  «  Mittler  »  che  la  religione 
abbia  avuto,  anche  la  Chiesa  Cattolica,  come  custode 
della  sua  dottrina,  è  la  Chiesa  più  ideale  (18):  «  Ich  bin 
fest  ùberzeugt  dass  unter  alien  Erzeugnissen  der  Christus- 
religion  der  Katholizismus  das  beste  ist  ». 

Anche  lasciando  però  da  parte  il  fatto  che  il  Werner 
non  resta  per  ora  fermo  in  un  tal  pensiero,  e  che  tende  in 
generale  a  considerar  Cristo  non  come  divinità  ma  come 
simbolo,  e  il  culto  di  Cristo  come  una  bella  forma, 
ma  soltanto  come  una  forma  e  quindi  non  come  l'elemento 
sostanziale  della  religione,  e  che  perciò  questa  tendenza 
si  risolve  in  un  incremento  della  tendenza  artistica,  il 
Cattolicismo  del  Werner  è  tale  che  non  solo  non  lo  con- 
duce alla  Chiesa  Cattolica  di  oggi,  ma  lo  fa  infierire 
contro  di  essa  :  ((  Ich  liebe  den  Katholizismus  nicht,  der 
zum  Ungeheuer  entstaltet  ist»  (19).  Allo  Scheffner,  che 
il  grimprovera  le  sue  troppo  vive  simpatie,  risponde  : 
«  Ich  fange  nur  gleich  damit  an,  dass  ich  ebenso  vv^ie  Sie 
als  Mensch  (si  noti  l'espressione,  non  ((  als  Dichter  »), 
den  jetzigen  Katholizismus  aufs  Aeusserste  perhorrescire 
und  verabscheue.  Elr  ist  so  tief  gesunken,  dass  kein  red- 


(18)  Ausg.  Schr.,  XIV.  p.  36.  e  cfr.  «  B lattei  f.  1.  U.  ».   1827.  n.    1. 
—  Lettera   a  Regiomontanus   (Pseudonimo   di  K.  S.   Feukohl)  —   «  Ich 

halte  Jesum  Christum  fiir  den  einzigen  grossen  Meister  der  Maurerei 

Ich  glaube  dass  die  Menschheit  abgeklàrt  werden  muss  durch  die  Ge- 
meinde  der  Heiligen,  nicht  etwa  ira  krass-katholischen  Sinne.  sondern 
im   veredelten,   wahrhaft   katholischen   Sinne». 

(19)  «Blatter  f.  1.  U.  »,   1834,  p.   1173. 


138  Zacharias   Werner 


licher  Mensch  mit  ihm  gemeinschaftliche  Sache  machen 
kann.  AUes  will  ich  werden,  nur  nicht  katholisch  unter 
Leitung  der  jetzigen  Schurken  und  Dummkòpfe,  die  sich 

fiir   Hiiter   des    Katholizismus   ausgeben Kònnte    ich 

anderer  Meinung  sein,  so  wàr*  ich  entweder  als  Dumm- 
kopf  Ihrer  Theilnahme  oder  als  Schurke  Ihres  Wohl- 
wollens  nicht  wert.  Der  Katholizismus  ist  jetzt  fast  noch 
liefer  gesunken  als  das  erbàrmliche  Cerulische  Quodlibet, 
was  man  Maurerei  nennt.  Beide,  wie  wohl  in  ihrem  Quel! 
gross,  heilig  und  gòttlich,  sind  jetzt  von  der  Art,  dass 
jeder  Mann,  dem  es  ums  Gute  zu  tun  ist,  erstern  als 
sundlich,  letztere  als  dumm  perhorresciren  muss.  Beide 
bediirfen  einer  Reform  und  einer  baldigen  »  (20). 

Massoneria  romantica  e  Cattolicismo  vero  sono  per 
il  Werner  una  cosa  sola  :  ricondotto  alla  sua  purità, 
questo  gli  pare  identificarsi  con  quella.  Un  tale  Cattoli- 
cismo è  da  lui  chiamato  «  idealisirter,  gelàuteter  Katho- 
lizismus »  (21).  E  il  «  vero  cattolico  »  è  colui,  il  quale 
veramente  ha  la  religione  universale,  colui  che,  come  il 
pastore  Mayr,  adora  Maria  ed  Isis  al  tempo  stesso,  e  prega 
ugualmente  in  un  tempio  cristiano  o  in  una  moschea,  colui 
il  quale  (vedemmo  già  che  questo  è  uno  dei  punti  in 
cui  i  due  influssi  romantico  e  massonico  coincidevano) 
considera  ogni  forma  di  credenza  e  ogni  forma  di  culto 
come  contingenza  della  religione  e  non  come  sostanza 
di  essa  e  i  dogmi  cattolici  come  un  mondo  di  simboli 
che  contengono  un  senso  ascoso  (22),  colui  che  sa  come 


(20)  Ibid. 

(21)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.  41. 

(22)  «  Blatter  f.  1.  U.  »,  1827  (A  Regiomontanus)  :  «Ich  glaube  dass 
der  Versòhner  mit  der  Schar  seiner  Heiligen  und  Propheten  auf  die 
Altare    wieder    hcrgestellt    werden    muss  » . 


//   dramma   dell'utopia   settaria  139 

in  nessuna  di  queste  credenze  e  in  nessuno  di  questi 
dogmi  è  la  verità  completa  :  esse  sono  la  lettera,  cercate 
lo  spirito  (23). 

Un  terzo  particolare  è  finalmente  caratteristico  di  questo 
primo  periodo.  Sotto  l'influenza  della  passione  settaria, 
anche  la  teoria  mistica  dell'uccisione  dell'egoismo  ottenne 
una  appliccizione  singolare.  Nella  sua  fedeltà  alle  idee 
massoniche  il  Werner  confuse  l'egoismo  con  l'individua- 
lismo, con  l'affermazione  della  propria  personalità.  L'uomo 
deve  diventare  schiavo  della  setta  a  cui  appartiene  :  deve 
avere  una  obbedienza  cieca  non  soltanto  alla  legge  divina 
e  alle  rivelazioni  divine,  ma  agli  ordini  dei  suoi  superiori. 
Non  ha  più  il  diritto  di  chiedersi  il  perchè  di  ciò  che  fa, 
non  agisce  più  in  conformità  delle  leggi  divine  perchè  educa 
sé  stesso  secondo  lo  spirito  di  quelle  leggi,  e  dal  suo  Io 
così  educato  vien  portato  ad  osservarle  :  agisce  come  un 
meccanismo. 

Quando  il  Werner  scrive  il  primo  dei  suoi  drammi  : 
Die  Sóhne  des  Tales,  ed  essendo  in  pieno  entusiasmo 
settario,  intende  comporre  un  «  Hymnus  an  die  àchte 
Maurerei  »  (24),  un  «  dramatisches  Gedicht  ùber  die 
kònigliche  Kunst  »  (25),  svolge  nella  sua  opera  una  tale 
concezione.  Era  credenza  allora  assai  diffusa  presso  i  mas- 
soni, ed  accolta  anche  dal  Lessing,  che  la  Massoneria 
derivasse  dall'Ordine  dei  Templari:  che  l'antico    ordine 


(23)  Fino  alla  sazietà  ripete  il  Werner  questa  idea.  V.  nella  cit. 
lettera  a  Regiomontanus  :  «  Ich  glaube  dass  der  jetzige  alles  unter  die 
Fiisse  tretende  V^'eltbeherrscher  Egoismus,  als  der  wahre  Antichrist, 
durch  Religion,  Kunst  und  Maurerei  gemeinschaftlich  verdràngt  werden 
muss  » . 

(24)  Ausg.  Schr.,  XIV.  p.  21. 

(25)  «Blatter  f.    1.   U.  ».    1834,    p.    1171. 


140  Zacharias    Werner 


glorioso  avesse  dato,  morendo,  origine  alFordine  nuovo. 
L'ordine  era  andato  in  rovina,  perchè  potesse  risorgere 
più  forte  e  più  puro  in  una  nuova  forma.  La  Massoneria 
doveva  al  modo  stesso  andare  a  morte,  per  rinascere  in 
tutta  la  sua  purità,  rinnovata  dalle  fondamenta.  Il  Werner 
trovava,  fra  il  momento  in  cui  l'ordine  dei  Templari  andò 
distrutto  e  il  momento  in  cui  egli  viveva,  un'analogia.  Quei 
tempi  gli  parevano  stare  «  in  intimem  Zusammenhang  mit 
den  neuesten  Zeitbegebenheiten  »  e  secondo  questa  idea 
egli  compose  il  suo  dramma. 


I. 


Lo  Schneider  ha  voluto  far  nascere  il  romanticismo  dalla 
Massoneria  attraverso  quelle  correnti  mistiche  e  neopla- 
toniche che  nella  Massoneria  del  secolo  XVIII  si  affer- 
marono :  tendenza  al  misticismo  e  ad  un  simbolismo  reli- 
gioso, risveglio  dell'ideale  ascetico  medioevale  congiun- 
gono in  realtà  il  romanticismo  con  la  Germania  anteriore 
a  Lutero  attraverso  le  ((  Geheime  Gesellschaften  »  (26)  : 
ma,  considerato  nelle  sue  origini  immediate,  il  romanti- 
cismo sorse  però  indipendentemente  da  queste  e  dai  mi- 
stici, a  cui  esse  ispirarono  il  loro  credo. 

Il  romanticismo  è  con  esse  in  qualche  rapporto  soltanto 
perciò  che  esse  attraverso  il  Protestantesimo  intellettuale 
e  moralista  e  la  «  Aufklàrung  »  razionalistica  mantennero 
viva  quella  corrente   idealistica  che  il  romanticismo  fece 


(26)  Si   legga  a  questo  proposito  il   libro  dello  SCHNEIDER,   Der  Ein- 
fluss  der  F  reimam  crei  auj  die   deutsche  Kultur,  cit.,   Cap.   III. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  141 

risorgere.  NuU'altro  però:  il  pensiero  dei  romantici  fu 
pensiero  loro  proprio,  e  dicemmo  già  che  il  Bòhme  stesso, 
malgrado  il  forte  influsso  esercitato,  non  fu  un  fattore 
essenziale.  Anche  senza  di  lui  il  romanticismo  avrebbe 
avuto  le  tendenze  che  esso  portò  a  vittoria.  Non  solo, 
ma  quelle  stesse  idee  mistiche,  che  avevano  costituito 
le  credenze  dei  massoni,  erano  diventate  alla  fine  del 
secolo  XVlll  imprecise  e  confuse,  ridotte  a  poco  più 
che  a  formule  di  rito,  alle  quali  colui  che  le  conosceva  dava 
il  significato  che  gli  pareva  meglio:  pochi  erano  coloro 
che  alla  lettura  dei  testi  mistici  direttamente  risalissero. 

La  composizione  dei  Sóhne  des  Tales  offre  una 
prova  evidente  di  questa  differenza  originaria  fra  Mas- 
soneria e  romanticismo.  Il  dramma  fu  scritto  dal  Werner 
in  un  lungo  periodo  di  tempo  che  va  dal  1 799  al  1 803  : 
e  consta  di  due  parti  :  ((  Die  Templer  auf  Cypern  »  e 
«  Die  Kreuzesbrùder  » .  La  maggior  parte  dei  ((  Templer 
auf  Cypern  »  fu  scritta  prima  della  sua  conoscenza  delle 
opere  dei  romantici,  la  seconda  invece  tutta  dopo.  Il 
Werner  rifoggiò  poi  e  ritoccò  la  prima  parte  in  con- 
formità della  seconda,  ma  restò  fra  le  due  parti  una  pro- 
fonda sostanziale  differenza  di  spirito  e  di  forme  (27). 

L'idea  generale,  infatti,  che  il  Werner  disse  di  aver 
messo  a  base  della  composizione  è,  secondo  le  sue  parole, 
«  der  Sieg  des  gelàuterten  Katholizismus  mittelst  der  Mau- 
rerei  iiber  den,  in  seinen  Grundsàtzen  zwar  ehrwiirdigen, 
aber  dem  Menschengeschlechte,  qua  talis,  nicht  angemes- 
senen,    durchaus    prosaischen  Drang    eines    durch    keine 


(27)  Non  vide  questo  il  PoPPENBERG,  op.  cit.,  Cap.  II.  Perciò  l'in- 
terpretazione che  egli  dà  dei  Sohrìe  des  Tales  e  il  giudizio  che  ne  fa, 
ci   paiono,    in   più   punti,    non  accettabili. 


142  Zacharias   Werner 


Phantasie  begrànzten  Critizismus  »  :  il  Werner  stesso 
però  dovette  riconoscere  che  questa  idea  non  si  mani- 
festa nella  prima  parte  troppo  chiaramente  (28).  Noi  di- 
remo di  più:  l'idea  direttiva  della  prima  parte  è  affatto 
diversa  da  quella  a  cui  la  seconda  fu  poi  informata. 

* 

*  * 

La  prima  parte  appare  in  realtà  scritta  sopra  un 
piano  più  semplice,  meno  complesso  e  meno  ardito.  Il 
Werner,  volendo  riformare  la  Massoneria  dei  suoi  tempi, 
disegnò  bensì  di  rappresentarne  il  tramonto  come  un  av- 
viamento alla  sua  rinascita,  ma  l'aspetto  con  cui  essa  do- 
veva rinascere,  era  conforme  soltanto  a  quelle  idee  a  cui 
vedemmo  il  Werner  condotto  dalla  sua  amicizia  col 
Mnioch. 

Queste  erano  (29)  :  religiosità  mistico-simbolica,  rinunzia 
all'egoismo: 

Das    stolze    Ich    wird    ans    Kreuz    geschlagen. 


(28)  Quando  il  Werner  terminò  la  prima  parte  (v.  Ausg.  Schr., 
XIV,   p.   20),   la  seconda  era  ancora  oscura   in   lui  :    «  Das  Skelett  (des 

zweiten  Teils)   steKt  noch   dunkel   vor  meinen  Augen Ich   will,   ehe 

ich  anfange,  den*  Pian  streng  entwerfen».  Inoltre,  si  confronti  ibid., 
p.  30,  la  lettera  allo  Hitzig  scritta  18  mesi  dopo  che  la  prima  parte 
era  terminata,  il  29  settembre  1802.  Anche  ora  la  seconda  parte  è 
ancora  in  divenire,  e  il  Werner  fatica  a  portar  ordine  nella  confusione 
delle  sue  fantasie. 

(29)  Cfr.  quanto  esponemmo  nel  primo  Capitolo  intorno  alle  idee 
del  Werner,   prima  della  sua  conoscenza   delle  teorie  dei   romantici. 

Che  anche  quest'ultimo  principio  fosse  al  di  fuori  dell'influsso  roman- 
tico posson  dimostrare  alcune  citazioni  :  «  Die  Abtotung  unserer 
Eigenheit  —  scrive  un  massone  del  tempo  —  und  die  gànzliche  Ver- 
senkung    unseres   Willens    in    den    Willen    Gottes  :    das    ist    das    nòtige 


//  dramma   dell'utopia   settaria  143 

e    finalmente    celebrazione    della    morte    come    fonte    di 
vita  : 

Nun    steigt    aus    der    Verwesung    griìnem    Staube 
In    Nebelformen    cine    Rosenlaube. 

II  Werner  intese  quindi  originariamente  di  presentare 
nei  suoi  Templari  non  già  un  ordine  che  deve  perire 
perchè  si  è  allontanato  dal  «  gelauterter  Katholizismus  » 
in  cui  è  la  salvezza,  ma  semplicemente  perchè  è  dege- 
nerato. 

Nell'ordine  il  Werner  descrive  infatti  intrigo,  pigrizia, 
godimento,  amore  delle  comodità  della  vita,  incuranza 
delle  cose  divine.  Persino  il  migliore  giovane  campione 
Robert  pecca  contro  Tobbedienza  cieca  che  ha  giurata, 
muove  di  sua  testa  a  imprese  belle  ma  condannabili,  perchè 
gli  furono  vietate,  rompe  gli  ordini,  insulta  il  Gross-Komptur 
che  lo  riprende  e  gli  annuncia  la  punizione.   E  i  più  di 


Stiick  der  Uebung  der  Gottesfurcht...  Sauer,  blutsauer  werden  uns 
diese  wenigen  Worte  im  Anfange  unserer  Bekehrung.  Tief  eingedruckt 
in  unserer  Seelè  ist  der  Eigenville  :  hier  zeigt  das  natiirliche  Verderben 
seine  grosse  Macht.  Doch  getrost  :  wenn  dieser  seibenkòpfige  Drache 
iiberwunden  ist,  so  gehet  alles  andere  viel  leichter».  Le  dottrine  della 
«  Entkòrperung  » ,  che  altrove  ricordammo,  non  erano  che  una  dedu- 
zione di  queste  affermazioni  :  «  Nur  durch  Ertòtung  des  tierischen  Men- 
schen  —  aggiunge  con  terminologia  bòhmiana  un  altro  massone  — 
wird  der  Geistige  ins  Leben  geboren,  und  keine  anderen  als  diese  konnen 
Biirger   der   heiligen   Gottesstadt   werden».    V.    SCHNEIDER,    loc.    cit. 

Anche  il  Werner  esalta  similmente  «  die  Weisheit  des  Ordens, 
der,  aus  Ertòdtung  des  Eigenwillens,  die  gottliche  Kraft  in  uns  zu  erzeugen 
bestimmt  ist,  sowie,  aus  Erstarrung  des  Materiellen  (Tod),  das  Leben 
neu  in  der  Gahrung  (Verwesung)  und  aus  ihr  die  Beschwichtigung  der 
streitenden  Krafte  entsteht.  Die  Maurerei  hat  nur  einen  Zweck,  Wie- 
dergeburt,  und  fùr  die,  welche  ihn  erreicht,  nur  einen  Trost,  Palin- 
genesie».    «  Blatter  f.    1.   U.  »,    1834.   p.    1170. 


144  Zacharias    Werner 


questi    uomini    son    vigliacchi,   ora,    davanti    alla    guerra, 
temono  la  morte,  amano  la  loro  vita  placida  e  inerte. 

Der  Orden  ist  dem  Tode  schon  gewelht, 
Nicht   seiner   Feinde   Zahl    ist   sein   Verderben  : 
Er    muss   an    seinem    eigenen    Unwert    sterben. 

Non  è  già  che  essi  vadano  perseguendo  un  falso  ideale. 
Non  perseguono  più  nessun  ideale,  tranne  alcuni  eletti, 
come   il  Gran  Maestro,  Molay  e   il   Gross-Komptur. 

Questi  s'accorgono  che  la  barca  affonda  e  Molay  ne 
indica  anche  chiaramente  la  ragione  : 

An  ihrem  eigenen  Unwert, 
An    den    Klippen    ihres    jammerlichen    Ichs, 
Da   muss  des   Ordens  schòne  Barke  stranden  : 
Des    Ordens    eigne    Sohne    morden    ihn. 

La  retta  Massoneria  werneriana  poi,  quella  che  evi- 
dentemente deve  risorgere,  in  questo  tempo  appare  an- 
cora dominata  dagli  ideali  umanitari,  a  cui  nel  primo 
capitolo  accennammo.  Molay  non  desidera  altro  che  «  ein 
Mensch  zu  sein  »,  e  si  rallegra  che  Franz,  il  figlio  del- 
l'amico Poitou,   abbia  un  cuore: 

Gelobt  sey  Gott! 
Er  hat  ein  Herz!  Er  ist  des  Bundes  wiirdig. 

Ed  esulta  quando  Robert  annuncia  che  egli  sopporterà 
la  sua  condanna  con  forza  virile  e  continuerà  a  dedicar 
la  sua  attività  al  bene  degli  uomini  : 

Robert  !  —  Ich  sag'  es  dir  zum  ersten  Mal  : 

Du  bist  ein  Held  !  —  Da  bist,  was  zehnmal  mehr  ist, 

Ein  echter  Mensch! 


//  dramma  dell'utopia   settaria  145 

E  quest'ultimo  particolare  ha  tanto  più  valore,  in  quanto 
che  proprio  Robert  è  colui  che,  fin  da  principio  del 
dramma,  è  destinato  a  sollevare  il  nuovo  «  Bund  ))  dalle 
rovine  dell'ordine. 

E  vi  è  altro  ancora  da  osservare. 

Nella  predica  che  Molay  fa  ai  due  neofiti  richiaman- 
dosi agli  statuti  dell'ordine,  cioè  al  fondamento  della 
vera  Massoneria,  è  detto  che  si  deve  rinunciare  all'amore 
terreno  : 

Des  Weibes  Mann  wird  hier  nicht  angenommen. 
Die  Liebe  die  in  seinem  Busen  tobet, 
Ist  nur  Genuss,  nicht  jene  grosse,   teine, 
Vergeltungslose,   der  wir  uns  verlobet  ; 

è  detto  che  si  deve  esser  sani,  ((  denn  die  Vollendung  ist 
ein  Kind  der  Kraft  »,  e,  se  si  deve  assoluta  obbedienza  al- 
l'ordine, se  si  professa  «  Demut  und  Vertrauen  »,  ciò 
accade,  perchè  maggiore  sia  la  forza  nella  completa  unità. 
Vi  è  in  tutti  questi  pensieri  quasi  una  contraddizione  con 
le  idee  che  troveremo  nella  seconda  parte   (30). 

Persino  l'idea  della  rinascita  dalla  morte  e  gli  altri  ele- 
menti, che  erano  comuni  alle  tendenze  romantiche  a  cui  in 
seguito  il  Werner  darà  svolgimento,  sono  in  questo  tempo 
ancora,  anche  presso  di  lui  come  presso  i  massoni,  sem- 


(30)  Io  credo  anzi  che  l'idea  di  far  morire  l'ordine  dei  Templari 
per  opera  del  «Tal»,  sia  venuta  al  Werner  soltanto  in  seguito,  dopo- 
ché egli,  passato  a  nuove  idee,  farà,  come  dicemmo,  perire  l'ordine, 
perchè  il  suo  indirizzo  è  errato.  Infatti  di  questo  piano  non  solo  non 
compaiono  traccie  nelle  lettere  del  Werner  degli  anni  1799-1800,  ma 
se  ne  scorgono  pochissime  traccie  anche  in  tutta  la  prima  parte  «e  Die 
Templer  auf  Cypem»,  nella  1*  edizione.  Queste  poche  poi  vennero 
aggiunte   probabilmente   a   stesura   finita. 

G.   Gabetti,  //  dramma  di  Z.    Werner.  10 


146  Zacharias   Werner 


plici  frasi  di  cerimoniale,  inserite   nella  scena  dell'assun- 
zione di  Franz  e  di  Adalbert  a  fratelli  della  società: 

Aus  Blut  und  Dunkel  quillt  die  Erlòsung  ! 
Verwesung  ist  des  Lebens  Name  !   etc. 

Questa  è  adunque  la  tendenza  della  prima  parte.  Ora 
si  esamini  invece  il  pensiero  che  la  parte  seguente  deter- 
minata dal  nuovo  entusiasmo  è  destinata  a  far  trionfare. 

La  scena  centrale  del  dramma,  in  cui  il  vecchio  Adam 
catechizza  Robert,  svolge  quello  che  fu  il  credo  dei  ro- 
mantici. Siccome  anzi  l'influsso  romantico  era  affatto  re- 
cente, il  Werner  restò  in  essa  vicino  ai  romantici  in 
misura  assai  più  grande  che  in  tutte  le  sue  opere  po- 
steriori. 

Vi  è  posta  a  base  di  tutto  quella  risoluta  concezione 
monistica  dell'universo,  di  cui  vedemmo  come  il  Werner 
poco  si  curasse  e  che  egli  poi  negligerà  (31).  Tutto 
deriva  da  un  solo  primitivo  elemento  e  Robert  ha  nel 
«  Tal  »   anche  questa  rivelazione: 

Bin  ich  zur  Unterwelt  entriickt?  Ich  hore 

Die  tiefen  Wasser  rauschen  —  Winde  brausen  — 

Der    Sphàrenklang    der    ewigen    Gestirne 

Tont   in   mein  trunknes   Ohr,   und   brennend   glùhn, 

Wie  bunte  Sterne,  Blumen  um  mich  ber. 

—  Ist  das  ein  Hain?  —  Und  diese  Flammen  Blàtter> 


(31)  Le  relazioni  dei  Sohjìe  des  Tales  con  il  romanticismo  fu- 
rono principale  argomento  del  libro  del  POPPENBERG  cit.,  ma,  data 
la  concezione  del  romanticismo  che  egli  aveva,  e  data  la  confusione 
della  prima  con  la  seconda  parte,  che  egli  fece,  giunse  a  risultati,  che 
peccano  di  unilateralità  e  perciò  ad  un  tempo  di  esagerazione  e  di 
manchevolezza. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  147 

Und  dies  melodisch  schreckliche   Geton, 
Das  aus  den  Blàttern  saiiselt  und  den  Liiften  — 
Ich  halt's  nicht  aus  —  ich  muss  in  diesen  Tonen  — 
In  diesen  Wogen  muss  ich  untergeh'n  ! 

Prima  conseguenza  di  questa  identità  delFuomo  con  la 
natura  è  la  possibilità  nel  nostro  spinto  di  «  disciogliersi 
(zerfliessen)  in  essa  » . 

Bin  ich  noch?  Ihr  Lufte  —  Wogen  — 
Ich  hier  —  und  dort  —  und  iiberall  —  verschwommen  — 
Zerrissen  —  aufgelòst  —  in  Schwestertropfen  — 
In  Bliìtenstaub  —  und  doch  so  selig  —  oh  ! 

Seconda  conseguenza  è  che  l'uomo  può  contemplare  la 
natura  in  sé  medesimo: 

Phosphoros    und    Wort   und    Heiland, 
Mehr  noch,   alles,   bist  du  selber. 

Da  questa  affermazione  nascono  alcune  altre,  che  già  co- 
nosciamo dal  primo  capitolo  :  la  superiorità  cioè  della  fan- 
tasia e  del  sogno  sulla  ragione,  perchè  attraverso  di  quelli 
ci  schiude  la  natura  i  suoi  misteri  direttamente  e  perciò 
non  esiste  possibilità  di  enore: 

Uns  taiischet  nicht  der  Traum,   nur  der  Gedanke. 

Geist  und  Korper  sind  wie  Luft  und  Wasser: 
Was  jener  niederstrahlt,   gibt  dieser  wieder  : 

So  spiegeln  auch  in  uns  sich  Licht  und  Stoff  : 
Was  sich  vom  Licht  im  Stoffe  wiederstrahlet, 
Heisst   Phantasie. 

Il  Werner  però  ne  viene  condotto  ora  al  tempo  stesso 


148  Zacharias   Werner 


a  idee,  che  prima  e  poi  gli  furono  completamente  estranee. 
Se  la  conoscenza  vera  avviene  in  noi  per  questa  via,  allora 
la  qualità  più  alta  dell'uomo  è  V«  auto-coscienza  ».  E  il 
Werner  esalta  in  questo  istante  lo  spirito  lucido  che  co- 
nosce e  guida  sé  stesso.  L'uomo,  egli  dice,  è  una  sfinge, 
angelo  e  bestia  fusi  insieme:  solo  «  ewige  Klarheit  in  der 
ewigen  Gàhrung  »  ci  può  rivelcire  la  verità.  E  condanna 
persino  l'istinto  come  fermento  proprio  soltanto  di  una 
vita  inferiore  :  la  lotta  deve  diventare  pace,  la  fiamma  deve 
diventare  luce: 

Glut  wird  Licht,  und  Kampf  wird  Frieden. 

Il  Chaos  deve  diventare  armonia;  la  qual  cosa  avviene 
dopo  che  la  lotta,  la  fiamma  e  il  Chaos  furono  com- 
presi : 

Du  hast  das  Chaos  der  Natur  verstanden  : 
Wir  ehren  dich  und  halten  dich  fur  wert 
Auch  ihre  Harmonie  zu  schauen. 

In  questa  guisa  il  Werner  viene  condotto  ancora  non 
soltanto  alla  esaltazione  dell'amore,  condannato  già,  come 
vedemmo  nella  prima  parte  del  dramma,  ma  anche  a 
quella  della  vita  morale,  fondata,  sì,  sopra  l'amore,  ma 
anche  sopra  la  volontà  dell'uomo,  che,  discoperta  in  sé 
stesso  la  legge  etica,  la  segue. 

Persino  in  quello  che  è  il  pernio  del  suo  sistema,  ve- 
dete il  Werner  contraddire  per  un  istante  a  quelle  idee 
che  suole  promulgare.  Egli  difatti  concepisce  la  religione 
come  «  contemplazione  »  del  ((  Weltall  » ,  come  ((  An- 
schauung  »   nel  senso  dello  Schleiermacher  : 

Durch  Selbstverlierung  lernst  du  anzuschauen. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  149 

E  questo  concetto  romantico  dello  spirito  veggente,  deter- 
mina tutti  gli  altri  aspetti  della  filosofia  della  vita.  L'uomo 
veggente  non  opera  d'impulso,  ma  opera  perchè  vuole:  e 
l'uomo  religioso  deve  volere,  ma  volere  ciò  che  Dio  lo 
ha  chiamato  a  compiere:  egli  deve,  con  frase  Werne- 
riana,  volere  Dio. 

Und  wenn  du  alles  was  du  willst,  vennagst, 

So  willst  du  nichts  als  Gott  —  und  bist  vollendet. 

Tutta  la  vita  diventa  così  un'opera  di  veggenza  e  di 
volontà.  Quella  esagerata  idea  della  potenza  della  volontà, 
che,  sotto  l'impressione  del  pensiero  di  Fichte,  faceva 
spezzMe  al  Novalis  tutti  i  limiti  della  potenza  del  nostro 
spirito,  si  comunica  anche  al  Werner.  Ed  anch' egli  esalta 
Fichte  e  il  suo  ((  Johanniten-System  »  (32),  e  professa 
Va  idealismo  magico  »  novalisiano.  La  lettura  del  Bòhme, 
ricordi  neoplatonici,  la  leggenda  del  Faust,  gli  scritti  di 
Schwedenborg,  esperimenti  spiritistici  si  associano  nella 
sua  fantasia  : 

Hast  du  noch  nie  von  Menschen  reden  horen, 
Die  durch  die  blosse  Allmacht  ihres  Willens 
Die   Geisterwelt   gestort   und   umgeschaffen? 

Affermeftido  la  possibilità  che  lo  spirito  possa  dominane 


(32)  «  Fichte  ist  eine  der  merkwtirdigsten  Erscheinungen.  Dem  Johan- 
nitensystem  ergeben,  ist  er  selbst  ein  Vorlaufer  der  Zeit,  in  der  Glaube 
und  Tat  sich  vereinigen  sollen,  die  wir  glaubend  erwarten  und  herbei- 
fuhren  miissen.  Fichtens  System  scheint  mir,  soweit  ich  es  kenne,  eine 
Vorschule  zur  Religion,  wie  Jean  Paul  eine  der  Aesthetik  geschrieben 
hat».  DOROW,  Erlebtes,  I,  p.  94. 

Questo  giudizio  è  di  qualche  tempo  posteriore  a  questa  data,  ma 
racchiude  sinteticamente  quanto  il  Werner  pensò  di  lui  nei  diversi  tempi. 


150  Zacharias   Werner 


completamente  la  materia,  il  Werner  deve  pure  moderare 
la  condanna  di  questa,  che  egli  in  generale  suol  fare. 
Materia  e  luce,  male  e  bene  (lo  insegnava  anche  il 
Bòhme),  hanno  ugualmente  in  Dio  la  loro  origine.  La 
materia  quindi  è  divina  purché  sia  ((  durchstrahlt  »  di  luce, 
purché  sia  ((  verklàrt  »  : 

Staubgenossen 
«     Wie  du,   sind  wir  vom  Element  erzeugt  ; 
Nur  dass  wir  iene  ewige  Verbindung 
Der  ersten  Stoffe  mit  dem  Geist  verstehen, 
Dass  wir  das  Element  zu  seinem  Urstoff 
Veredeln  konnen  —  scheidet  uns  und  dich. 

E  dal  pensiero  dello  Schleiermacher  é  pur  determinato, 
in  conformità  di  queste  teorie,  l'atteggiamento  del  Werner 
di  fronte  al  problema  dell'immortalità.  L'ubbìa  della  im- 
mortalità,  nel  senso  comune  della  parola,   é  un  assurdo: 

Die  icriipplichte  Unsterblichkeit  —  nicht  wahr? 
Die  unser  jaiamerliches  Ich 

So  dumm  und  klàglich  —  so  mit  allem  Unmut 
Nur  fortspinnt  ins  Unendliche  —  nicht  wahr? 
Auch  sie  muss  sterben  (33). 

Noi  esistiamo  esternamente  soltanto,  perchè  4a  sostanza 
é  eterna  mentre  le  forme  periscono. 

Formen  werden  und  verwehen, 
Leben   muss  Verwesung   sehen, 


(33)  Se  si  confrontino  queste  parole  col  già  citato  brano  della  lettera 
allo  Hitzig  (I  Cap.),  si  vedrà  come  qui  non  può  trattarsi  se  non  di 
una  influenza  diretta  dello  Schleiermacher.  Essa  lo  conduce  a  modifi- 
care momentaneamente  il  suo  pensiero. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  151 

UdgI  der  Strahl  zum  Urquell  gehen. 

Alles  ist  zum  Sein  erkoren, 
Alles  wird  durch  Tod  geboren, 
Und  kein  Saatkorn  geht  verloren. 

La  vita  nostra  dopo  la  morte,  essendo  estasi  assoluta 
In  Dio,  è  pure  distruzione  della  personalità,  distruzione 
dell' ((  Io  )). 

Preoccupato  di  esporre  tutto  il  suo  pensiero,  il  Werner 
parla  anche  dell'arte  : 

Ube  Kunst  mit  reinem  Sinnen, 
Dann  wirst  du  die  Kraft  gewinnen 
Um  in  Schonheit  zu  zerrinnen! 

ed  oppone  anch'egli  Toirmai  già  vieto  contrasto  di  arte 
ellenica  e  arte  nuova: 

Dem   heitern  Griechen   lebte   scine  Welt  ; 
Wir  raubten  ihr  des  Lebens  hellen  Firnis. 
Der  Wehkreis  ist  fur  uns  ein  Todtenhaus  ; 
Vernichtet  ist  der  Mensch,  wenn  nicht  zum  Leben 
Mit  Adlerflug  das  Ideal  ihn  reisst. 

Dopo  tutto  ciò  è  poi  naturale  che  il  Werner,  pur  asse- 
rendo che  tutte  le  religioni  hanno  ugualmente  valore: 

Was  dir  dein  Glaube  an  dein  Ideal, 

Das  ist  dem  Volke  sein  Heiland  und  sein  Fetisch, 

parli  molto  —  secondo  i  suoi  scopi  —  della  Chiesa,  la 
quale  è  custode  sacra,  rigida,  severa,  imperitura  del 
<(  Verbo  »  che  il  ((  Mittler  ))  ha  lasciato  agli  uomini. 

In  ihr  erscheint  die  Erdenhiille 

Des  Heiligen,  ein  leuchtend  Sternenbild. 


152  Zacharias   Werner 


La  Chiesa  è  necessaria  non  soltanto  come  custode  del 
vero,  ma  anche  perchè  nella  cooperazione  di  tutti  i  membri 
di  una  società  è  più  agevole  raggiungere  lo  scopo. 

Und  wenn  der  Mensch,  der  einzelne,  die  Geister, 
Wie  du  selbst  gestehst  —  verwandeln  kann, 
Wiewohl   beschrankt    durch    Gegenstand    und    Zufall  : 
Sag'  selber  —  solite  die  vereinte  Kraft 
Von  vielen  Besseren  dann  nicht  vermogen, 
Die  Korperwelt,  die  keinen  Zufall  kennt, 
Durch  einen  reinen  Willen  zu  verklàren? 

Questa  è  la  prima  deformazione  werneriana  del  Ro- 
manticismo, che  incontrate  nel  Vangelo  predicato.  La 
seconda  è  l'inno  a  Cristo,  di  cui  in  principio  di  questo 
capitolo  abbiamo  parlato,  l'inno  al  «  Mittler  »  che  espiò 
per  gli  uomini  la  prima  colpa,  insegnò  loro  la  via  della 
liberazione  e  della  redenzione,  e  fondò  la  Chiesa. 

Und  wenn  der  Mensch  vor  Todesnacht   erbebt 
Und  vor  dem  Sonnenglanz  des  hochsten  Lebens, 
So  siihnt,  ein  holder  Mond,  der  Mittler  ihn 
Mit  der  Natur  und  mit  der  Gottheit  aus. 

A  questa  si  aggiunga  come  terza  deformazione,  che  il 
Werner,  sebbene  proclami  tutte  queste  teorie,  su  una  sola 
insiste  continuamente  :  quella  che  ha  un  carattere  più 
spiccatamente  massonico  :  la  esaltazione  della  morte  come 
principio  della  vita  (34). 


(34)  Sohne  des  Tales,  parte  II,  atto  III  passim.  Se  si  raffron- 
tino le  idee  qui  riassunte;  con  quanto  dicemmo  nel  I  Capitolo  sul  suo 
pensiero,  risulterà  chiaro  come  l'influenza  romantica  sia  stata  grande 
su    di    lui,    e    come    veramente    quelle    fantasie    mistico-sensuali    di    cui 


//  dramma   dell'utopia  settaria  153 

Questa  era  adunque  la  verità:  non  soltanto  avevano 
errato  i  Templari  per  debolezza  di  carattere  :  essi  avevan 
perduto  il  giusto  sentiero.  L'ordine  loro  dovrà  ora  venir  di- 
strutto perchè  il  popolo  non  sia  anch'egli  traviato  dal  loro 
esempio,  perchè  sul  popolo  essi  non  possano  più  agire. 
Tutto  il  piano  dell'opera  viene  mutato. 

Date  queste  idee,  la  necessità  della  morte  dell'ordine 
acquista  una  nuova  importanza  e  un  nuovo  carattere.  Chi 
promuove  e  opera  la  distruzione  non  è  più,  come  qualsiasi 
lettore  crede  leggendo  la  prima  parte,  Filippo  il  Bello, 
re  di  Francia,  per  sopprimere  una  potenza  che  gli  dà  ge- 
losia e  gli  dà  pensiero,  per  appropriarsi  una  ricchezza  di 
cui  è  cupido,  ma  è  il  ((  Tal  ))  medesimo,  il  Consiglio  supe- 
riore, da  cui  l'ordine  è  nato,  la  Chiesa  universale,  rappre- 
sentata nella  sua  più  alta  dignità. 

La  lotta  del  a  Tal  ))  contro  l'ordine,  la  lotta  «  dell'i- 
dealismo puro  e  della  religione  vera  contro  il  criticismo 
nobile  ma  insufficiente  dei  Templari  »  diventò  in  tal  modo 
la  materia  della  seconda  parte. 

Il  Werner,  per  colmare  lo  ((  hiatus  »  che  fra  le  due  parti 
esiste,  introdusse  più  tardi  nella  prima  parte,  prima  di 
terminarla,    qualche   elemento   che   preludesse   alla   parte 


parlammo  non  debbano  essere  ricondotte  ad  altre  fonti,  che  al  roman- 
ticismo, che  glie  le  fornì  non  ancora  deformate  dalle  sue  tendenze 
()articolari. 

Io  non  mi  sono  dilungato  neppur  ora  in  citazioni  di  scrittori  ro- 
mantici, perchè  anche  qui  chiunque  sia  un  po'  famigliare  con  il  roman- 
ticismo tedesco  trova  facilmente  i  riscontri,  trattandosi  delle  idee  fon- 
damentali che  in  esso  dominarono,  e  di  un  influsso  che  non  fu  verbale 
e  particolare,  ma  generale  sopra  l'indirizzo  di  tutta  la  vita  spirituale. 
D'altronde  un  più  minuto  raffronto  mi  avrebbe  necessariamente  trasci- 
nato oltre  i  limiti,  entro  cui,  dato  lo  scopo  di  questo  libro,  io  mi  devo 
costringere.    Cfr.    sul   romanticismo   la   Bibl.    già   citata. 


154  Zacharias   Werner 


seguente:  i  canti  del  Trovatore,  la  profezia  dello  zio  di 
Molay  Eudo,  le  parole  veggenti  della  pazza  quando  i 
Templari  partono  da  Cipro:  ma  ciò  non  poteva  ba- 
stare (35).  Sarebbe  stato  necessario  rifarlo  tutto;  ma  ci  si 
accinge  sempre  con  enorme  difficoltà  a  rifare  da  capo 
un  lavoro  già  fatto,  specialmente  quando  il  lavoro  è 
ampio  (36). 

* 
*  * 

Ritrovate  il  contrasto  anche  nelle  tendenze  artistiche 
che  nelle  due  parti  si  affermano.  La  prima  non  presenta 
quei  caratteri  che  abbiam  detto  esser  caratteristici  del 
<Iramma  del  Werner:  di  comune  con  questo  non  ha  che 
lo  sfoggio  di  colorito  storico  in  ampie  scene  rituali,  in 
rappresentazioni  diluite  con  sviluppi  larghissimi,  e  nella 
gran  quantità  di  personaggi  secondari,  la  narrazione  delle 
cui  varie  vicende  viene  intrecciata  nell'azione  vera  e 
propria. 


(35)  Io  credo  che  questi  pochi  (rammenti  siano  posteriori  al  1801. 
Altrimenti  non  si  potrebbe  spiegare  la  contraddizione  in  cui  stanno  con 
il  resto  dell'opera. 

(36)  Riflettendo,  a  mente  calma  e  con  intenzioni  critiche,  sulla  sua 
opera,  il  Werner  tenterà  di  dimostrare  al  Peguilhen  l'unità  del  dramma 
e  cercherà  di  far  rientrare  questo  contrasto  nella  concezione  originaria. 
Egli  scrive  infatti  nel  1806:  «  Der  Mensch,  als  ein  Gefàss,  muss  von 
<lem  klaren  Wasser  der  Moral  erst  ausgespiilt  sein,  ehe  der  kòstliche 
Wein  der  Religion  in  ihn  gegossen  werden  kann  » .  Nei  Sohne  des 
Tales,  la  «  Ausspiilung  »  avverrebbe  nella  1^  parte,  il  versamento 
del  vino  squisito  nella  seconda.  Ma  la  realtà  è  che  la  prima  parte 
mostra  un  vaso  sporco,  che  qualcuno  dice  debba  essere  pulito  e  la 
«Ausspiilung»  non  avviene.  E  si  tratta  qui  di  nient'altro  che  di  uno 
<lei  tentativi  soliti  nei  poeti,  quando  riflettono  sull'opera  loro,  di  ap- 
profondire e  giustificare  teoricamente  ciò  che  ai  loro  occhi  stessi  risalta 
come  mancato. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  155 

Volendo  far  la  storia  di  una  setta,  in  cui  tutti  son  fra- 
telli e  nessuna  individualità  deve  dominare,  tutto  il 
dramma,  che  il  Werner  voleva  chiamar  ((  dramatische 
Idylle  )),  si  riduce  a  uno  studio  di  ambiente.  Ciò  che 
mandava  a  rovina  l'ordine  dei  Templari  era  lo  stato,  in  cui 
esso  si  trovava,  non  una  crisi  violenta  d'azione,  determi- 
nante una  catastrofe  :  questo  stato  era  dunque  che  conve- 
niva rappresentare  : 

Nein...Aus  diesen  dumpfen  Massen 

Erhebt  der  reine  Phonix  nimmer  sich. 

Dass  sie  mich  nicht  erkennen,  dass  sie  mich 

Verschmahn,  dass  sie  von  al  lem  dera  nichts  wissen, 

Es  gar  nicht  ahnden  wollen,   was  —  verzeih'es 

Dem  aufgeregten  Herzen  —  welche  Opfer 

Ich  unserem  heil'gen  Endzwecic  darbot, 

Das  —  Gott  ist  mir  Zeug!  —  Das  verschmerzt  mich, 

Das  quàlt  mit  tausend  Martern  meine  Brust. 

Avete  perciò  un  dramma  impostato  realisticamente: 
l'essenziale  per  un  tale  dramma  è  il  modo  come  i  molte- 
plici personaggi  sono  delineati.  E  il  Werner  volse  a  ciò 
le  sue  cure.  Ognuno  ha  un  suo  spiccato  carattere.  Molay, 
nobile,  dignitoso,  gran  cuore  che  s'è  dedicato  tutto  all'or- 
dine che  presiede,  incurante  di  sé,  una  grandezza  che  è 
fatta  di  placidità,  di  maturità  e  di  rassegnazione  ;  il  Gross- 
Comptur,  uom  d'un  pezzo  solo  che  unisce  ad  una  forza 
austera  e  dura  una  gran  tenerezza  di  sentimenti  e  non  sa 
sopportare  che  le  cose  vadano  in  modo  diverso  da  quello 
che  egli  vorrebbe  —  Gott  besser's  — ;  Gottfried  sem- 
plice e  onesto  ma  amante  della  quiete  ((  Gemùtlichkeit  »  ; 
Robert  tutto  fuoco  e  ardore  di  azione,  ma  impaziente, 
una  forza  in  fermento  che  non  si  sa  contenere;  Philipp, 


156  Zacharias    Werner 


Stoffa  di  guerriero  con  passioni  che  non  si  domano,  abbat- 
tuto dalle  esperienze  dure  della  vita,  a  suo  agio  soltanto 
nella  solitudine  in  cui  si  è  ritirato;  Franz  von  Brienne, 
rammollito  e  immaturo,  idealista  incapace  di  tradurre  in 
pratica  il  suo  idealismo;  Heribert,  non  ignobile,  ma  ro- 
vinato dalla  sua  ambizione  e  dalla  sua  smania  di  vendetta, 
perchè  Molay  è  diventato  Gran  Maestro  mentre  egli  alla 
stessa  carica  aspirava;  Noffo  von  Noffodei,  stoffa  di  vol- 
gare delinquente  senza  senso  morale;  Cyprian,  prete  senza 
coscienza,  falso,  simulatore,  egoista,  serpe  che  l'ordine 
si  è  nutrito  in  seno  perchè  lo  mordesse;  Adalbert,  figura 
ideale  ma  spirito  contemplativo  :  e  accanto  ad  essi  la 
folla  degli  innominati  cercanti  il  piacere  e  la  vita  comoda. 
Voi  capite  che  quella  società  non  si  possa  più  soste- 
nere :  solo  Molay  e  il  Gross-Comptur  sono  ancor  dediti 
interamente  al  bene  comune:  gli  altri,  anche  quando  sono 
animi  onesti  e  nobili,  come  Robert  e  Gottfried  e  Franz, 
seguono  le  inclinazioni  loro  e  obbediscono  a  malavoglia. 
Il  buon  Gottfried  sarebbe  «  froh  den  Mantel  zu  verlieren  »  : 
((  Man  hat  hier  nichts  als  Plackerei.  Gut,  wer  sein  Schàf- 
chen  auf  dem  Trocknen  hat  » . 

L'azione  esterna  consiste  nell'invito  che  Filippo  il 
Bello  fa  ai  Templari  di  recarsi  a  Parigi,  sotto  il  pretesto  di 
bandire  una  nuova  crociata:  Molay  indovina  le  mire 
oblique  dell'invito,  inclinerebbe  a  resistere  e  a  combat- 
tere, ma  il  Capitolo  è  vigliacco  e  sente  troppo  pesanti  le 
armi  e  decide  di  partire.  Fu  criticato  (37)  il  Werner  di 
non  aver  dato  la  scena  del  Capitolo  drammaticamente,  ma 
di  averla  fatta  raccontare  per  bocca  di  Molay  :  pure  questo 


(37)    POPPENBERG   cit.,    p.    67. 


f 


//  dramma   dell'utopia  settaria  157 

contribuisce  a  mantenere  nel  dramma  unità  d'intonazione. 
La  vera  azione  non  è  la  esterna  ma  la  interna,  il  processo 
di  dissoluzione  dell'ordine:  ora  il  procedimento,  che  il 
Werner  usò,  mette  in  sott'ordine  l'azione  esteriore  e  in 
tal  modo  fa  rilevar  di  più  quella  che  è  l'azione  principale: 
in  altre  condizioni,  quell'azione  esterna  si  sarebbe  svolta 
ben  diversamente  ! 

L'interno  processo  si  risolve  nella  catastrofe  dell'azione 
esteriore,  determinandola.  E  la  dissoluzione  è  molteplice. 
Franz  von  Poitou  viene  accolto  nel  seno  dell'ordine,  seb- 
bene le  qualità  che  egli  ha,  benché  in  molta  parte  buone, 
non  siano  quelle  che  l'ordine  richiede  :  egli  è  un  uomo  di 
libri  e  di  mondo,  non  uomo  di  rinunzia  e  di  azione.  Heri- 
bert  e  Noffo  imprigionati  attendono  la  vendetta.  Il  Cap- 
pellano Cyprian,  che  fa  il  secretario  dell'ordine,  sa  l'in- 
vito del  re,  sa  le  mene  che  questi  ordisce,  e,  sperando 
lauta  ricompensa,  guadagna  l'animo  di  Noffo  e  di  Heri- 
bert,  li  induce  a  porsi  ai  servigi  dei  nemici  dell'ordine  e 
a  giurare  delle  falsità  perchè  l'ordine  sottoposto  a  pro- 
cesso venga  condannato,  li  induce  a  fuggire,  perchè  pos- 
sano compiere  la  loro  opera  di  calunniatori.  Robert,  la 
giovane  forza,  richiamato  dal  Gross-Comptur  con  parole 
severe,  perchè  all'ora  del  capitolo  si  è  allontanato  senza 
permesso  a  cacciare  una  tigre,  perchè  s'è  avventurato 
contro  il  saraceno  senza  averne  avuto  l'ordine,  ed  ha  perciò 
mancato  quando  doveva  montar  la  guardia,  non  accetta 
sommesso  l'ammonimento:  si  sente  fiero  perchè  ha  vinto 
e  fatto  prigioniero  il  saraceno,  liberando  due  prigionieri 
cristiani:  si  esalta  nel  senso  della  sua  forza  così  che  in- 
sulta il  Gross-Comptur,  e  gli  mette  le  mani  addosso.  Egli 
si  pentirà  ben  presto,  accetterà  il  castigo  che  gli  viene 
inflitto  e  sopporterà  la  pena  con  animo  forte  e  nobile;  ma 


158  Zacharias   Werner 

egli  ha  violati  gli  statuti  e  deve  essere  espulso.  Philipp 
non  appartiene  all'ordine,  ma  ne  è  un  appoggio:  egli  ha 
ritrovato  nei  due  prigionieri,  che  Robert  ha  liberato,  suo 
figlio  Adalbert  :  ora  Adalbert  gli  racconta  che  egli  doveva 
essere  ucciso  per  ordine  di  Filippo  il  Bello  perchè  questi 
si  era  invaghito  della  sua  fidanzata  Agnese,  figlia  natu- 
rale di  Molay;  gli  racconta  che  Agnese  fu  uccisa  perchè 
gli  era  fedele:  ed  egli  fa  giurare  vendetta  a  suo  figlio,  che 
pure  in  questo  momento  è  accolto  nell'ordine  e  non  ha 
più  la  libertà  delle  sue  azioni.  Le  mire  di  Filippo  il 
Bello   daranno   l'ultimo   colpo    (38). 

Si  criticò  il  Werner  perchè  introdusse  la  lunga  scena 
dell'accoglimento  dei  due  nuovi  accoliti  Franz  e  Adalbert; 
quella  scena  è  in  verità  tutta  esteriore  e  di  nessuna  impor- 
tanza per  l'azione.  Ma  appunto  quella  scena  esteriore,  in 
cui  i  simbolici  riti  e  i  precetti  enunciati  rivelano  ciò  che  i 
membri  dell'ordine  dovrebbero  essere  e  dovrebbero  fare, 
mette  in  rilievo  il  contrasto  con  le  condizioni  reali  delle 
cose.  Quei  riti  sono  ormai  una  specie  di  giuoco  e  quei 
precetti  un  vano  suono  di  parole.  Il  Werner  introdusse  la 
scena  certamente  per  sfoggiare  le  cerimonie  massoniche 
che  vi  son  riprodotte  :  che  però  anche  il  secondo  fine  in 


(38)  Questa  prima  parte  riposa  sopra  una  base  storica.  Fonti  furono 
il  MoLDENHAUER,  Prozess  gegen  den  Orden  der  Templer.  Hamburg, 
1792;  MiJNTER,  Statutenbuch  des  Ordens  der  Templer.  Bruxelles,  1751  ; 
DuPUlS,  Histoire  de  l'ordre  militaire  des  Templiers.  Bruxelles,  1751  ; 
K.  G.  Anton,  Versuch  einer  Geschichte  der  Tempelherren.  Leipzig, 
1779;  M,  Jeune,  Histoire  critique  et  apologétique  de  l'ordre  des 
cheOaliers  du  Tempie  de  Jérusalem.  Paris,  1789.  Il  Werner  stesso,  che 
probabilmente  li  trovò  nella  Biblioteca  della  Loggia  a  Konigsberg  e  a 
Varsavia,   li  cita.   Cfr.   anche  il  PoPPENBERG  cit,,   p.   25. 

Cfr.   Prologo  alla  Mutter  der  Makkahàer  {Ausg.  Schr.,   p.   XVIl). 


//  dramma  dell'utopia  settaria  159 

lui  esistesse  mostrano  le  lettere,   in  cui  egli  su  tali  ceri- 
monie si  esprime. 

Il  dramma  manca  di  interesse  e  di  forza  drammatica; 
ma,  dato  l'argomento,  questo  era  inevitabile  (39).  Prima 
di  tutto  noi  non  ci  interessiamo  alla  storia  di  una  società 
come  a  una  storia  di  singole  individualità  in  lotta;  e  poi 
—  e  questo  è  il  principale  —  una  storia  di  tal  genere 
esclude  la  maggiore  intensità  drammatica.  Questa  nasce 
sempre  soltanto  quando  una  individualità,  trovandosi  in 
urto  o  con  un'altra  che  tenta  di  vincerla  e  di  sopraffarla, 
o  contro  un  ostacolo  qualsiasi,  che  sta  in  lei  o  fuori  di  lei, 
esplica  tutte  le  sue  forze  e  tutte  le  sue  qualità  nel  tenta- 
tivo di  affermare  se  stessa.  Qui  l'urto  avviene  contro  una 
verità  astratta,  contro  una  regola.  Ora  la  regola  non  com- 
batte :  può  essere  osservata,  se  si  opera  con  giustizia;  può 
essere  trasgredita,  se  si  opera  contro  giustizia:  Molay, 
che  personifica  questa  regola,  non  può  far  altro  che  appli- 
carla e  metter  fuori  dell'ordine  chi  la  viola.  Il  Werner 
cerca  di  rimediare  suscitando  delle  situazioni  drammatiche 
dalla  convivenza  delle  diverse  persone  e  dal  cozzo  delle 
loro  diverse  passioni  personali.  Così  il  primo  che  riprende 
Robert  dopo  il  suo  fallo  non  è  Molay,  giusto  e  mite,  ma 
il  Gross-Comptur.  Due  personalità  fiere  si  stanno  di 
fronte  :  nessuna  di  esse  cercherà  con  saviezza  di  persua- 
dere l'altra  a  ragione.  Villars  si  sente  appoggiato  dal  di- 


(39)  Il  Werner  stesso  lo  riconosceva  :  «  Ich  weiss  dass  das  Ding, 
wenn  auch  einige  Szenen  Erzeugnisse  einer  nicht  ganz  ungliicklichen 
Phantasie  sein  mogen,  doch  kein  richtiges  Verhàltniss  der  Teile,  viel 
Geschwatz,    und    wenig    Handlung,     noch    weniger    aber    dramatisches 

Interesse  hat Alles  Abkiirzen,   Feilen,   und  Schneiden  hilft  nichts». 

Ausg.   Schr.,    XIV,    p.    21.    E   cfr.    anche    la    prima   delle    lettere   allo 
Iffland  nel  Teichmann,  op.  cit.,  p.  298. 


160  Zacharias    Werner 


ritto  SUO,  e,  vedendosi  offeso  in  tal  diritto,  scatta  con  vee- 
menza: Robert  si  ribella,  vedendosi  trattato  con  durezza. 
E  tutta  una  vena  drammatica  scaturisce  così,  generando 
un  seguito  di  lotte  successive:  il  pentimento  di  Robert 
che  riconosce  di  aver  errato  e  si  agita  in  una  lotta  fra  il 
suo  rimorso  e  la  sua  orgogliosa  e  forte  natura;  il  tormento 
di  Molay  che  lo  ama  e  che  lo  deve  sacrificare;  il  dolore 
di  Villars  che  riconosce  di  essere  stato  anch' egli  ecces- 
sivo ed  è  infinitamente  triste  perchè  per  colpa  sua  l'or- 
dine perde  Robert,  il  migliore  dei  giovani  campioni.  II 
modo  come  il  Werner  sa  sfruttare  queste  situazioni  può 
mostrare,  ad  esempio,  la  scena  in  cui  il  Comptur  viene  a 
Robert  e  ha  bisogno  di  abbracciarlo  ancora  prima  che  si 
separino.  Partiranno  tutti  i  Templari  domani  e  Robert  man- 
cherà nel  numero:  l'uomo  dalla  fortezza  aspra  e  quasi  sel- 
vagia  si  sente  oppresso,  sente  che  le  cose  avrebbero  po- 
tuto andare  diversamente,  disapprova  il  proprio  operato: 
gli  è  difficile  e  faticoso  esprimere  quella  confessione  di 
errore,  tanto  più  che  egli  sa  che  in  fondo  era  nel  suo 
diritto,  ma  si  vince  e  va  da  colui  che  lo  ha  offeso.  Il  suo 
linguaggio  è  spezzato  e  aspro:  tenta  vie  oblique,  ma  il 
peso  interno  lo  porta  al  medesimo  pensiero  :  ((  Mein  alter 
Kopf  wird  manchmal   ein  w^enig  schwach...    Die   Reise 

wiirmt  mir Es  vs^ar  dumm,...  ich  alter  Murrkopf  »  :  è 

impossibile  discorrer  d'altro,  tutto  ricade  lì  dove  il  dolore 
lo  morde  :  finché  vien  fuori  il  suo  tormento  : 

Ja  —  ich  habe  freilich  — 
Ja  —  freilich  hab'  ich  —  (halb  vor  sich)  Nun,  so  brings  heraus, 
So  kannst's  auch  biissen!  {herausplatzeni)  Wie  ein  Tor  hab'  ich 
Gehandelt  !  —  Robert  !   —  Robert,  komm  !  —  vergieb   mir  ! 

{erleichtert) 
Gottlob!  Nun  ist's  heraus!  Das  druckte  schwer. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  161 

Robert  commosso  si  precipita  ai  suoi  ginocchi  e  a  lui  ven- 
gono le  lacrime  agli  occhi;  egli  lo  rialza  e  lo  abbraccia 
piangendo  : 

Pfui  !   Scham'   dich  dass  du  einem  alten  Manne 
Die  Schande  machst,  so  wie  ein  Weib  zu  weinen! 
{vor  sich)  —  Pfui  !  —  Scham'  dich,  Alter  —  Schàm*  dich  !  —  Gott 

[besser's!  —  (40). 

Aggiungete  a  questa  forza  di  costruzione  drammatica 
l'abile  ricerca  dell'effetto  teatrale.  Il  colpo  di  scena  in 
cui  Philipp  si  ritrova  improvvisamente  dinnanzi  suo  figlio, 
la  scena  in  cui  lo  fa  giurare  odio  al  tiranno,  l'invenzione 
della  lettera  di  Molay  con  ordine  della  uccisione  di  He- 
ribert,  tutti  questi  mezzi  di  effetto  sicuro  rivelano  la  sin- 
golare attitudine  del  compositore. 

Ed   è    quest'arte   realistica,   drammatica,    teatrale,    che 


(40)  Dal  contrasto  dei  caratteri  sa  del  resto  il  Werner  attingere  per 
tutta  la  vita  di  quella  società  in  disfacimento  una  forma  drammatica. 
È  ora  il  contrasto  fra  Molay  e  Franz,  fra  la  saviezza  dell'uomo  ma- 
turo e  la  «  Schw^armerei  »  dell'uomo  inesperto  e  passivo  ;  ora  il  con- 
trasto fra  la  scena  in  cui  Adalbert  giura  al  padre  vendetta  e  il  mo- 
mento seguente,  in  cui  fa  i  voti  entrando  nell'ordine  ;  ora  il  contrasto 
fra  Molay  e  l'ordine  che  regge,  contrasto  così  grave  che  Molay  per 
trovare  un  amico  deve  rifugiarsi  presso  Philipp  che  propriamente  sta 
fuori  dell'ordine  stesso.  L'intrigo  che  il  cappellano  Cyprian,  Noffo  e 
Herlbert  ordiscono  contro  l'ordine,  si  svolge  in  contrasto  con  gli  sforzi 
di  Molay  :  vedete  uomini  che  puntellano  e  uomini  che  minano  l'edificio 
e  siete  ansiosi  di  veder  l'esito  del  diverso  sforzo.  E  il  contrasto  è  acuito 
anche  dalla  opposizione  del  diverso  modo  come  i  due  avversari  si  com- 
portano :  l'uno,  Molay.  è  onesto  e  buono,  l'altro  invece  non  rifugge 
dalla  calunnia  :  nella  stessa  notte  in  cui  Molay  prima  di  partire,  per 
cancellar  fino  all'ultima  traccia  di  ogni  inimicizia,  perdona  a  Heribert 
e  ordina  di  scarcerarlo,  malgrado  le  dissuasioni  degli  altri  membri  del 
Capitolo,  nella  stessa  notte  Heribert  e  Noffo  fuggono  per  preparare  la 
sua  rovina. 

G.   GabETTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  II 


162  Zacharias    Werner 


colpì  lo  Iffland  alla  prima  lettura.  In  quasi  nessuna  parlata 
sentite  il  vuoto  della  retorica  :  quasi  sempre  sentite  nel  dia- 
logo le  emozioni  di  persone  bene  individuate:  un  senso 
vivo  della  vita  e  del  dramma  mostrava  dappertutto  un 
occhio  che  vede  chiaro,  una  mano  sicura  e  ferma,  una 
fantasia  ricca  che  sa  dare  ai  sentimenti  una  espressione 
vivace  e  intensa.  L'opera  era  mediocre,  ma  vi  si  intrav- 
vedevano  delle  qualità  fuori  dell'ordinario:  nessuna  me- 
raviglia che  Io  Iffland  pensasse  di  aver  scoperto  il  succes- 
sore dello  Schiller:  il  Werner  andava  in  questo  dramma 
interamente  ancora  per  le  vie  Schilleriane,  e  si  rivelava, 
dal  lato  artistico,  completamente  per  suo  scolaro. 

Affatto  diversa  è  la  condizione  delle  cose  nella  parte 
seconda. 

Al  dramma  realistico  storico  vi  si  sostituisce  quel  dramma 
di  pensiero,  a  cui  il  Werner  d'ora  innanzi  si  manterrà 
fedele.  Vi  avete  per  la  prima  volta  la  vittoria  di  una  cor- 
rente di  idee  sopra  un'altra  corrente  :  una  lotta  di  idee 
e  una  tragedia  di  vita  che  si  devono  fondere  insieme. 

Il  Werner,  per  raggiungere  lo  scopo  (41),  ricorse  alla 


(41)  Passando  a  questo  nuovo  dramma  il  Werner  è  convinto  di  pas- 
sare a  una  forma  più  alta  di  poesia.  La  prima  parte  gli  pare  al  con- 
fronto un  «Machwerk».  Ausg.  Schr.,  XIV,  22.  Anche  in  seguito 
riteneva  che  la  seconda  parte  gli  fosse  «  weit  besser  gelungen  » .  A  usg. 
Schr.,  XIV,  p.  46.  Gli  pareva  che  tutta  quanta  la  prima  parte  conte- 
nesse un  solo  «  Stiickchen  Poesie  »  :  «  die  Wiederfìndung  von  Adalbert 
und  Philipp,  zwischen  welche  der  letzte  Strahl  der  Sonne  und  das 
Abendlied  des  Troubadours  wie  ein  Ton  der  Gottheit  fallt  »  :  un 
brano  quindi  di  composizione  più  tarda  e  di  spirito  analogo  a  quello 
della  seconda  parte. 


II  dramma   dell'utopia  settaria  163 


tecnica  usata  dal  Lessing  nel  Nathan:  volle  esporre  le 
sue  idee  e  nello  stesso  tempo  dimostrarle  con  l'azione 
che  nel  dramma  viene  svolta.  L'influsso  del  Lessing  è  in- 
discutibile. La  scena  centrale  dei  ((  Kreuzesbriider  »  è 
quella  in  cui  uno  degli  anziani  del  ((  Tal  »,  Adam,  rivela 
a  Robert  il  nuovo  Vangelo,  che  egli,  il  risuscitatore  del- 
l'ordine, dovrà  custodire  fedelmente,  e  gli  spiega  le  ragioni 
della  sorte  che  ai  Templari  tocca  :  scena  che,  nella  sua 
posizione  centrale,  è  come  il  nodo  in  cui  tutti  i  fili  della 
azione  si  congiungono,  determinando  e  spiegando  al  tempo 
stesso  la  catastrofe  finale.  Così  nel  Nathan  la  scena 
centrale  era  quella  in  cui  Nathan  raccontava  la  novella 
dei  tre  anelli  e  ne  faceva  applicazione  alle  idee  religiose. 
Ma  il  Lessing  nel  Nathan  aveva  raggiunto  la  fusione 
dell'idea  nel  dramma,  perchè  si  trattava  di  una  idea  sola, 
che  dal  conflitto  dei  sentimenti  dei  personaggi  facilmente 
riusciva  ad  emergere  e  ad  imporsi  (42).  Il  Werner  invece 
nel  suo  dramma  si  era  proposto  di  presentare  il  trionfo  di 
molte  idee,  di  tante  idee,  da  cui  vengono  mutati  i  valori  e 
vengono  rovesciate  le  fondamenta  della  vita  intera,  ed 
era  difficile  in  tali  condizioni  trasformare  in  poesia  e 
quindi  in  analisi  psicologica  concreta  tutta  quella  massa 
di  pensieri  astratti.  Il  Werner  nella  gran  scena  centrale  le 
fece  esporre  tutte  quante,  ma  non  cercò  nel  corso  del 
dramma  di  rappresentare  in  realtà  di  vita  se  non  una  sola 
di  esse  :  la  sua  concezione  della  morte. 

Egli  vi   insistette  probabilmente  non  solo  per  l'impor- 


(42)  Avvertì  già  l'analogia  col  Nathan  il  PoPPENBERG,  op.  cit., 
p.  24,  ma  senza  scorger  l'importanza  fondamentale  che  essa  ha  per  la 
struttura  della  seconda  parte.  E  cfr.  l'analisi  di  questa  seconda  parte 
nel  PoPPENBERG,  op.  cit.,  p.  36  e  segg. 


164  Zacharias    Werner 


tanza  che  vi  vedemmo  assegnata,  ma  perchè  gli  parve 
che  essa  potesse  riferirsi  anche  alla  prima  parte  già  stesa 
e  che  potesse  perciò  attrarla  nel  piano  della  seconda. 

Ma  fu  una  mgenuità.  Per  chi  accettasse  il  sistema  del 
Werner,  la  funzione  redentrice  della  morte  potrebbe  aver 
valore  soltanto  se  la  si  riferisce  alle  anime  degli  uomini  : 
ora  invece  il  Werner  la  applica  all'ordine  medesimo  per 
spiegare  e  giustificare  la  condanna  che  il  «  Tal  »  ne  ha 
fatto.  Ma  l'individuo,  creatura  di  Dio,  sarà  redento  dalla 
morte,  perchè  ritorna  per  essa  al  suo  Creatore;  l'ordine 
invece  è  un  prodotto  umano  e,  scomparendo,  va  nel  nulla. 

Se  il  Werner  si  fosse  accontentato  delle  due  altre  ra- 
gioni prima  da  lui  addotte  :  il  destino  di  morte  che  in- 
combe su  tutto  ciò  che  è  umano,  la  necessità  di  morte  per 
tutto  ciò  che  è  corrotto,  ciò  sarebbe  bastato;  il  Werner 
invece  conchiude  con  un  sofisma.  E  per  questo  sofisma  fa 
morire  Molay,  Guido,  il  Gross-Comptur.  Ma  era  neces- 
sario che  tanto  sangue  venisse  sparso  perchè  l'ordine 
perisse  ?  Non  bastava  che  il  ((  Tal  »  richiamasse  Molay 
e  gli  altri  superiori  e  imponesse  loro  la  sua  volontà  ?  Ol- 
tracciò vi  ribellate  contro  questa  forza  che  opera  nel- 
l'ombra e  condanna  senza  mostrarsi.  Il  Werner  la  paragona 
al  ((  Fatum  »  della  tragedia  greca  (43)  ;  ma  il  paragone  non 
J^egge,  perchè  il  fato  è  emanazione  diretta  della  divinità, 
e  il  ((  Tal  »  invece,  per  quanto  costituito  di  persone  su- 
periori, è  pur  sempre  una  società  di  uomini. 

Questo  espediente  permise  però  al  Werner  di  svolgere 
psicologicamente  la  concezione  sua  della  morte  nella 
storia  dell'anima  di  Molay. 


(43)  Teichmann,    Literarìscher    Nachlass    cit.,    loc.    cit.    (lettera   allo 
Iffland). 


//  dramma   dell'utopia   settaria  165 


Se  il  riconoscimento  di  questa  verità  è  l'ascensione  su- 
prema che  l'uomo  possa  raggiungere,  se  il  godimento  che 
questa  verità  concede  a  chi  l'ha  raggiunta  è  il  godimento 
supremo  che  l'uomo  possa  avere,  allora  Molay  è  degno 
di  questo  premio.  D'altronde,  solo  l'idealismo  puro  e  il 
misticismo  assoluto,  sottraendo  gli  uomini  ad  ogni  influsso 
terreno  e  mondano,  possono  rendere  gli  uomini  completa- 
mente sicuri.  E  Molay  ha  anch'egli  peccato:  per  rag- 
giungere la  suprema  carica  dell'ordine,  non  ha  ripugnato 
dall'intrigo;  ora,  incarcerato  da  Filippo  il  Bello,  per 
salvare  l'amico  Philipp,  confessa  esser  vere  tutte  le  ca- 
lunnie che  i  nemici  dei  Templari  hanno  ordito  contro 
l'ordine  che  egli  presiede,  dirige  e  dovrebbe  difendere. 
Così  nel  ramo  più  forte  ha  mostrato  la  pianta  tutta  la  sua 
fragilità.  In  tal  guisa  la  morte,  rispondendo  alla  necessità 
della  sua  soppressione  come  pena  del  suo  errore,  è  anche 
il  premio  della  sua  vita  di  sacrifìcio. 

Rivolterebbe  di  veder  Molay  vittima  della  potenza  del 
Tal,  vederlo  andare  a  morte  rassegnato  sì,  ma  convinto  di 
subire  un'ingiustizia  e  pieno  di  rimpianto  per  l'ordine  che 
deve  lasciare.  Invece  prima  di  tutto  egli  stesso  si  convince, 
che,  avendo  errato,  merita  la  pena  :  convinto  di  questo, 
più  altro  non  cerca  che  la  espiazione.  Il  popolo  tiene  le 
sue  parti,  lo  potrebbe  liberare  con  la  forza:  egli  rifiuta, 
dice  di  aver  peccato,  di  meritare  la  condanna.  Ha  visto 
il  Gross-Comptur  morire  :  e  giura  sul  suo  cadavere  : 

Auf  deine  kalten  Lippen  seis's  geschworen  : 
Was  ich  gefrevelt,  ja,  ich  will's  entsùhnen. 

Quando  poi  egli  vien  portato  nella  caverna,  che  serve  di 
sede  alle  riunioni  del  ((  Tal  »,  e  gli  vien  rivelata  la  verità 


166  Zacharias    Werner 


sulla  morte,  allora  egli  è  preparato  a  ricevere  quell'inse- 
gnamento :  è  così  preparato  che  la  comparsa  e  il  canto  mi- 
sterioso dello  spirito  di  suo  zio  Eudo,  che  poco  prima 
ebbero  luogo,  vengon  da  lui  completamente  intesi.  E  al- 
lora avviene  l'ultimo  passo.  Alla  rinuncia  spontanea  alla 
vita,  succede  il  godimento  estatico  della  morte,  che  è 
la  coronazione  della  sua  attività  sessantenne  disinteressata, 
del  suo  sempre  praticato  spirito  d'amore.  Ed  ora  non  è  più 
in  Filippo  il  Bello,  non  è  più  nel  Tal  la  causa  per  cui 
egli  va  al  rogo,  ma  in  lui  medesimo.  È  lui  che  già  gode, 
nell'attesa,  l'istante  in  cui  cadranno  le  sue  mortali  spoglie 
ed  egli  ritornerà  nel  seno  di  Dio  :  i  suoi  ultimi  istanti  sono 
i  più  belli  della  sua  vita.  Gli  si  presenta  il  Cardinale  e  gli 
offre  di  fuggire  :  lutto  è  pronto  e  tutto  è  sicuro  :  egli  sor- 
ride dell'uomo  buono,  ma  avvinto  ancora  alla  terra.  Il 
siniscalco,  che  ha  affrontato  il  re  per  lui,  si  presenta  per 
liberarlo:  ed  egli  sorride  sempre.  Il  siniscalco  interverrà 
al  momento  in  cui  egli  starà  per  salire  il  rogo  ed  egli  guar- 
derà al  cielo.  Egli  vive  già  fuori  di  questo  mondo  :  quell'e- 
stasi d'infinito,  in  cui  era  la  sostanza  prima  dell'insegna- 
mento del  ((  Tal  )) ,  è  diventata  il  suo  permanente  stato 
d'animo.  Egli  è  imperturbato,  imperturbabile.  Ed  egli  si 
getta  nelle  fiamme  invocando  Dio: 

Zu  dir  !   Zu  dir  ! 

Se  anche  nella  esecuzione  del  piano  si  posson  notare  in- 
certezze e  debolezze,  l'idea  è  qui  svolta  in  una  definita  e 
precisa  storia  sentimentale. 

Se  il  Werner  fosse  stato  consequente,  ed  avesse  rap- 
presentato in  egual  modo  gli  altri  suoi  pensieri,  trasfor- 
mandoli in  un  modo  di  sentire  e  di  vivere  la  vita  presso 


//   dramma   dell'utopia  settaria  167 

i  suoi  personaggi,  il  dramma  si  sarebbe  impostato  con 
forza  grandiosa  come  conflitto  di  due  opposte  ((  Weltan- 
schauungen  » ,  e  quindi  come  conflitto  di  due  diversi  e 
opposti  mondi  :  il  mondo  degli  uomini  religiosi  ascendenti 
verso  la  suprema  rinunzia  e  verso  Dio,  in  lotta  contro 
il  mondo  degli  uomini  schiavi  delle  loro  passioni  e  del 
loro  egoismo:  quello  avrebbe  lottato  e  vinto,  sembrando 
soggiacere.  Ora  nel  dramma  suo  questo  non  accade.  Ciò 
importava  difatti,  fra  altro,  anche  con  due  opposte  ma- 
niere di  vita  due  opposte  maniere  di  lotta:  il  Werner 
invece  non  seppe  seguir  risoluto  per  la  via  su  cui  s  era 
messo.  L'emissario  del  ((Tal»,  colui  che  per  il  ((Tal)) 
agisce,  lotta  e  trionfa  è  Va  Erzbischof  )).'Ma  come  opera 
r ((  Erzbischof  ))  e  a  che  mezzi  ricorre  per  trionfare? 
Oppone  astuzia  ad  astuzia,  infingimento  a  infingimento: 
si  serve  di  calunnie,  non  ripugna  dal  calunniare  egli 
medesimo,  non  ripugna  dal  far  giurare  il  falso  a  Molay, 
abusando  di  una  sua  spiegabile  debolezza  e  di  un  suo 
momentaneo  spiegabile  smarrimento.  È  questa  l'applica- 
zione di  idee  così  pure  ?  È  questo  lo  estraniaursi  dal  mondo 
tanto  celebrato  ?  Vi  trovate  avvolti  in  una  rete  di  falsità 
e  di  intrighi  :  come  vi  diventa  moralmente  piccino  questo 
preteso  emissario  di  un  rinnovato  ((  Fatum  »  tragico  !  E  vi 
ribellate  contro  il  sofisma  di  Adam  che  spiega  a  Robert, 
che  la  colomba  per  combattere  il  serpente  deve  vestirsi  di 
squame  per  poter  vincere. 

Per  causa  di  questo  vizio  di  origine,  il  dramma  si  pre- 
senta anche  sotto  molti  altri  aspetti  informe  e  mancato. 
Avendo  rinunziato  a  svolgere  psicologicamente  il  senti- 
mento della  vita  da  lui  predicato,  i  personaggi  del  ((  Tal  )>, 
gli  esseri  superiori,  sono  rimasti  astrazioni,  idee,  ombre 
vane.  Il  prescelto  a  far  risorgere  l'ordine  traviato  è  Robert, 


168  Zacharias    Werner 


perchè  il  suo  fuoco  interno  e  la  sua  forza  sono  segni  di 
slancio  ideale.  Quella  sua  colpa  giovanile  era  una  conse- 
guenza del  suo  interno  fermento  :  essa  stessa  una  prova  che 
in  lui  esisteva  la  stoffa  di  quell'eroe  morale  che  egli  dovrà 
diventare.  Basterà  che  il  fermento  si  chiarifichi,  che  la  sua 
agitazione  si  tranquilli,  perchè  egli  giunga  d'un  balzo  alla 
mèta.  Ma  il  Werner  non  mostra  psicologicamente  questo 
trapasso  e  l'accedere,  con  il  maturar  del  carattere,  grada- 
tamente alle  nuove  forme  di  vita,  e  il  rispecchiarsi  della 
progressiva  elevazione  in  un  nuovo  modo  di  agire  :  nel  seno 
del  ((  Tal  »  il  Werner  fa  dare  al  giovane  ardente  e  fo- 
coso una  lezione,  e  il  mutamento  che  in  lui  la  vita  non 
aveva  prodotto  è  prodotto  invece  da  una  predica.  Né 
riuscì  meglio  la  creazione  degli  altri  personaggi.  Lo  stesso 
Erzbischof  che  il  Werner  ha  posto  nel  centro  della  sua 
opera,  facendo  che  egli  occultamente  muova  tutti  i  fili 
che  a  poco  a  poco  nell'azione  si  snodano,  lo  stesso  Erzbi- 
schof è  rimasto  per  più  rispetti  un  simbolo:  il  simbolo 
della  rinuncia  completa  alla  propria  personalità,  il  sim- 
bolo dell'obbedienza  cieca  all'ordine  abbracciato.  Egli  è 
la  volontà  ferrea  che  tutto  raggiunge  ciò  che  si  propone, 
ma  si  identifica  completamente  con  la  volontà  superiore, 
in  cui  vede  specchiata  la  volontà  divina;  egli  è  la  mente 
lucida,  riflessiva,  sempre  cosciente  di  sé;  egli  è  l'uomo  in 
perfetta  armonia  ;  egli  è  la  serenità  imperturbabile  :  è  tutto 
ciò  che  voi  volete,  ma  finisce  col  non  essere  più  un  uomo. 
Perchè  l'uomo  non  è  un  meccanismo  che  si  muove  secondo 
certe  norme  stabilite  :  l'uomo  è  un  essere  che  sente  e  che 
vive:  e  Va  Erzbischof  »  invece  non  sente  e  non  vive  che 
un  istante  solo  :  quando  si  congeda  da  Molay  che  è  pronto 
a  morire.  E  voi  vi  chiedete  invano  dove  è  la  vita  nuova  e 
più  alta  che  sostituisce  quella  a  cui  egli  ha  rinunciato. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  169 

Peggio  poi  è  degli  altri  personaggi.  Chi  è  Adam?  Egli 
potrebbe  benissimo  leggere  dal  Regolamento  dell'ordine 
tutto  ciò  che  dice.  Il  vecchio  del  Carmelo,  che  recita  la 
leggenda  di  Phosphoros  e  accompagna  Molay  al  rogo, 
non  ha  nulla  di  personale;  Agnes,  il  simbolo  dell'amore 
che,  ardendo,  tutto  purifica,  non  fa  se  non  generiche  descri- 
zioni dell'estasi  amorosa.  E  vane  ombre  inafferrabili  sono 
ancora  Adalbert  e  Kunigunde,  la  sorella  di  Molay  e  ab- 
batessa  del  convento  dove  Agnes,  sfuggita  alla  morte  che 
le  era  stata  decretata  dal  re,  ha  trovato  rifugio.  E  il  di- 
fetto si  estende,  travolge  anche  altre  persone  :  Mathilde  ad 
esempio,  la  seduttrice  di  Franz,  il  simbolo  dell'amore  pro- 
stituito da  anime  volgari,  un  vago  impreciso  riflesso  della 
Contessa  von  Eboli  nel  Don  Carlos. 

L'azione  poi,  almeno  in  quanto  questi  personaggi  vi 
prendono  parte,  non  può  necessariamente  avere  verità 
poetica  :  essa  acquista  un  non  so  che  di  esteriore  e  di  mec- 
canico e  si  intrica  con  artificiosità  evidente.  Adalbert  e 
Agnes  sono  salvati  dalla  condanna  ;  il  ((  Tal  »  li  ha  sot- 
tratti alla  loro  sorte  e  li  manda  nella  Tebaide  :  ma  il 
modo  migliore  di  mostrar  che  l'amore,  quando  è  puro  e 
santo,  è  una  forza,  era  di  fargli  aver  vittoria  senza  l'aiuto 
di  forze  estranee.  Philipp,  l'uomo  cercante  la  libertà,  ha 
tentato  il  regicidio  e  ha  ucciso  il  Nogaret;  ma  il  Tal  lo 
salva  perchè  il  Werner  vuol  salvar  l'idea  in  lui  simboleg- 
giata. Il  ((  Troubadour  »,  che  è  il  simbolo  dell'arte,  indo- 
vina, non  sapete  come,  l'avvenire,  sta  in  carcere  a  con- 
fortar Molay,  e  non  sapete  perchè  ciò  gli  sia  concesso, 
scompare,  e  non  sapete  dove,  quando  Molay  è  giunto 
alla  fine  del  suo  soffrire.  Gli  uomini  presso  a  morte  acqui- 
stano strane  virtù  di  veggenza,  né  sapete  donde  quella  luce 
improvvisa  loro  piova. 


170  Zacharias    Werner 


Vi  trovate  smarriti  in  un  mondo  sconvolto,  dove  non  vi 
potete  render  più  conto  di  ciò  che  succede  :  un  mondo  in 
cui  gli  avvenimenti  si  svolgono  secondo  una  loro  propria 
legge  quasi  indipendentemente  dagli  uomini  che  ne  sono 
vittima  :  un  mondo  in  cui  allo  stesso  tempo  tutta  la  vita 
consiste  nel  tenere  e  nel  sentire  discussioni. 

E  in  tal  guisa  non  avete  più  un  conflitto  di  due  ((  Welt- 
anschauungen  )) ,  che  si  combattono  apertamente  per  mezzo 
dei  loro  rappresentanti,  esplicando  tutta  la  forza  che  hanno 
in  una  lotta  grandiosamente  drammatica  ;  avete  invece 
per  una  parte  una  rappresentazione  di  vita  reale  nella 
descrizione  di  persone  malvagie  o  volgari,  per  l'altra  parte 
l'esposizione  di  un  sistema.  E  i  malvagi  sono,  alla  fine, 
puniti  :  il  perfido  Nogaret  muore  ammazzato,  Noffo  è 
ucciso,  Heribert  si  impicca,  Franz  espia,  gettandosi  nel 
fiume,  la  colpa  di  aver  tradito  l'ordine,  obbedendo  alle 
seduzioni  della  carne.   Il  sistema  ha  vinto  sulla  vita. 

Così  mancò  al  dramma  —  e  qui  è  il  suo  vero  difetto  — 
una  unità  organica:  gli  mancò  quella  serrata  logicità  che 
nasce  dalla  sicurezza  dell'impostazione  e  dalla  sicura 
conseguenza  dell'esecuzione.  Da  un  lato  esso  è  freddo, 
percl^è  tale  è  sempre  ogni  astratto  ragionamento,  dal- 
l'altro lato  esso  è  incoerente. 

E  la  parte  migliore  fu  ancora  quella  realistica  e  storica, 
secondo  la  maniera  seguita  nei  T empier  auf  Cypem. 
È  per  questa  parte  che  il  Werner  poteva  illudersi  che  il 
nuovo  dramma  suo  era  tenuto  ((  nach  den  Regeln  der 
dramatischen  Kunst  »  (44).  I  caratteri  sono  infatti  anche  qui 
segnati  con  sicurezza  e  precisione  di  contorni  :  Filippo  il 


{A4)Ausg.  Schr.,  XIV.  p.  29. 


I 


I 


//  dramma  dell'utopia  settaria  171 

Bello,  debole  e  violento  al  tempo  stesso,  timido  e  feroce, 
cupido  e  intollerante;  il  siniscalco  di  Poitou,  padre  di 
Franz,  uomo  di  acciaio,  che  con  dignità  maschia  pari  alla 
forza  materiale  e  morale  di  cui  dispone,  non  esita  ad  affron- 
tare il  re  medesimo  in  favore  di  Molay  e  ad  imporgli  di  ren- 
dere giustizia  all'ordine  ;  il  Nogaret,  cortigiano  cupido 
di  potenza,  simulatore,  calunniatore,  non  rifuggente  da  nes- 
suna ignominia  pur  di  giungere  al  suo  fine;  il  Cardinale, 
mite,  buono,  ma  debole  e  di  scarsa  intelligenza,  son  nuove 
figure  di  marcato  rilievo,  che  si  vengono  ad  aggiungere  a 
quelle  già  note  per  la  prima  parte.  E,  se  l'intima  vita  del- 
l'((  Erzbischof  ))  vi  sfugge,  è  pure  anche  innegabile,  che 
quando  lo  vedete  all'opera  con  la  sua  inesorabile  fred- 
dezza, con  la  sua  onniveggenza  tranquilla,  con  la  sua 
sapiente  accortezza;  quando  lo  vedete  far  di  tutti  zim- 
bello a  suo  talento,  giocando  con  le  passioni  e  le  debo- 
lezze di  tutti  e  movendo  con  passo  lento,  fermo  ed  eguale 
allo  scopo,  quest'aspetto  almeno  della  sua  figura  vi  balza 
innanzi  con  la  massima  evidenza.  L'immagine  del  Grande 
Inquisitore  del  Don  Carlos  ha  balenato  alla  fantasia  del 
Werner  :  ma  quegli  che  il  Werner  stesso  chiama  ((  Inqui- 
sitore ))  non  è  più  l'oscurantista  avvolto  di  fredda  ombra, 
che  soffiava  una  terribile  aria  di  gelo  nella  convulsa 
agitazione  dell'ultimo  atto  della  tragedia  schilleriana, 
è  invece  il  tipo  ((  des  aus  hòheren  Grundsàtzen  der 
Menschheit  intoleranten  edlen  und  erhabenen  Prie- 
sters».  E  il  Werner  lo  paragona  a  Richelieu,  —  un 
Richelieu  spoglio  d'egoismo  —  ((  ein  Mann  ohne  Lei- 
denschaft,    gemacht,    die    Welt    zu    beherrschen  »    (45). 


(45)  Ibid..  p.  30. 


172  Zacharias   Werner 


E  se  errore  fondamentale  del  Werner  fu,  come  vedemmo, 
di  far  trionfare  il  «  Tal  »  per  la  potenza  materiale  che 
esso  attraverso  T  «  Erzbischof  »  ha  acquistato,  perchè  un 
tal  procedimento  creò  nella  sua  opera  una  scissione  insa- 
nabile, tuttavia  la  lotta  che  guidata  dall' Erzbischof  si 
svolge,  ha  una  forza  drammatica  talora  molto  grande.  La 
scena  fra  il  re  e  il  Gross-Comptur,  quella  del  Giudizio, 
quella  della  morte  del  Gross-Comptur,  quella  fra  il  sini- 
scalco di  Poitou  ed  il  re,  sono  impostate  bene  e  svolte  con 
efficacia  (46). 

L'influenza  romantica  si  rivela  poi  in  questa  seconda 
parte  anche  sotto  un  altro  aspetto.  Mentre  la  prima  parte 
conteneva  scarsi  innesti  lirici,  questa  invece  ne  abbonda: 
il  trovatore  riprende  i  suoi  canti  ispirati  a  una  mistica  vo- 
lutamente nebulosa  e  confusa  :  voci  nascoste  cantano  nella 


(46)  E  più  che  tutto  si  impone  drammaticamente  l'azione  dell'Erz- 
bischof.  Pili  che  le  cupidigie  di  Filippo  il  Bello  che  si  lascierebbe  im- 
paurire dalle  sommosse  del  popolo  e  dall'intervento  dei  sovrani  stra- 
nieri, e  ,  per  mezzo  del  Cardinal  Nunzio,  del  papa  Clemente  mede- 
simo, piià  che  le  mene  del  Nogaret,  che  induce  Noffo,  Heribert  e  qualche 
altro  indegno  Templare  a  giurare  menzogne  e  assurdità  inaudite,  più 
che  la  debolezza  di  Franz  che,  lasciatosi  sedurre  da  Mathilde,  amante 
del  re,  le  dà .  la  cassetta  dell'ordine  che  Molay  gli  ha  affidata,  — 
cassetta  che  vien  poi  sostituita  da  un'altra  contenente  dei  documenti 
falsi  e  compromettenti  ;  più  che  la  colpa  di  Philipp  che  tenta  con 
Adalbert  di  uccidere  il  re  e  cosi  —  esasperandolo  —  gli  offre  anche 
il  pretesto  migliore  di  sopprimere  l'ordine  con  apparenze  di  giustizia, 
più  che  la  pazzia  di  Molay,  che,  incarcerato,  confessa  colpe  che  non 
ha  mai  commesse,  più  che  tutto,  è  lui,  l'Erzbischof,  che  con  mano  in- 
fallibile, tutto  sapendo  e  tutto  sfruttando,  conduce  l'ordine  alla  morte 
e  la  decisione  presa  dal  «  Tal  »  ad  effetto.  È  lui  che  decide  il  re 
sempre  incerto,  è  lui  che  induce  Molay,  che  ha  avuto  un  istante  di 
resipiscenza,  a  confermare  la  confessione  fatta  per  salvare  Philipp, 
è  lui  che  dirige  il  processo  e  lo  conduce  a  termine  contro  tutte  le 
opposizioni  che  incontra. 


//  dramma   dell'utopia   settaria  173 

caverna  il  verbo  di  verità,  ora  in  sentenze  apocalittiche, 
ora  in  sequenze  liturgiche:  !'((  Erzbischof  »  prega  e  pre- 
dica in  principio,  a  metà  e  alla  fine  del  dramma.  E  sim- 
boli si  sovrappongono  a  simboli,  canti  a  canti,  ballale  a 
ballate,    declamazioni  a  declamazioni. 

Tutto  ciò  che  il  Werner  aveva  dovuto  lasciar  fuori  del 
dram.ma,  vi  rientrò  per  questa  via. 

La  concezione  dell'amore,  l'unione  di  amore  e  morte 
non  erano  penetrati  nell'azione,  ed  il  Werner  vi  inserì 
quel  ((  Lied  der  Liebe  »  che  fu  già  ricordato  nel  primo 
capitolo,  e  che  credo  sia  stato  suggerito  alla  sua  fantasia 
dalla  accusa  che  egli  trovò  fatta  ai  Templari  nel  ((  Prozess 
gegen  den  Orden  der  Templer  »  del  Moldenhauer  (47), 
che  già  osservammo  avergli  servito  di  fonte.  Il  Molden- 
hauer racconta  infatti  che  un  cavaliere  dell'ordine  si  inna- 
morò di  una  ragazza  morta,  la  possedette  nella  tomba,  e 
nove  mesi  dopo  l'amplesso  trovò  ai  piedi  di  lei  una  testo- 
lina di  diavolo  e  una  voce  misteriosa  risonò  dal  profondo 
della  terra: 

Verwahr'  dies  Haupt  :  du  wirdst  Herr  des  Schicksals. 

Il  cavaliere,  che  aveva  portato  la  testolina  con  sé,  se  ne 
servì  in  guerra  contro  i  Grigioni,  e  salvò,  mostrandola  al 
nemico,  le  fortune  della  battaglia  :  dopo  varie  vicende, 
venne  essa  in  possesso  dei  Templari,  che  se  ne  fecero  un 
idolo  e  lo  adorarono.  Il  Werner  riprese  la  leggenda,  so- 
stituì alla  testa  di  diavolo  la  testolina  del  bambino  morto, 
e  se  ne  valse,  come  altrove  vedemmo,  per  simbolizzare  la 
sua  idea. 


(47)  Hamburg.   1792. 


174  Zacharias    Werner 


Anche  l'unità  del  suo  pensiero  non  parve  al  Werner 
chiarita  abbastanza,  ed  egli  ricorse  per  simbolizzarla  alla 
leggenda  di  Phosphoros:  invenzione  sua  con  qualche  ele- 
mento tratto  alle  fantasie  del  Bòhme,  una,  com'egli  si 
esprime,  continuazione  a  rovescio  della  storia  di  Baffo- 
met  (48). 

Phosphoros  è  un  eone  che,  desiderando  una  esistenza 
individuale,  fu  respinto  da  Dio  e  chiuso  in  un  carcere  che 
si  chiama  vita,  avvolto  in  una  veste  di  terra  e  di  acqua 
(il  corpo),  privato  del  ricordo  della  sua  origine  divina, 
condannato  a  divorarsi  il  suo  calice  di  fuoco  (le  passioni). 
La  luna,  sua  sorella  nella  luce,  impietosita  intercede  per 
lui,  e  il  Signore  apre  nel  suo  carcere  una  piccola  fessura, 
per  cui  egli  può  scorger  la  luce,  cioè  la  sua  propria 
natura  divina,  e,  quando  egli  la  contempla,  sente  meno  il 
peso  dell'elemento  che  lo  costringe.  L'intercessione  del 
sole  fa  sì  che  il  Signore  gli  conceda  il  sale  per  mode- 
rare l'azione  del  fuoco  che  deve  divorare  ;  ma  il  sale 
diventò  ghiaccio  e  Phosphoros  irrigidì.  La  preghiera  della 
Madre  Iside  indusse  dopo  di  ciò  il  Signore  a  mandargli 

Den  Kelch  der  Fliissigkeit,  und  in  dem  Kelche 

Den  Tropfen  Wehmut,   und  den  Tropfen  Sehnsucht. 

L'irrigidimento  si  disciolse  e  Phosphoros  potè  di  nuovo 
respirare:  ma  sempre  Io  premeva  il  suo  carcere.  E  il  Si- 
gnore gli  mandò  la  malattia,  che  ruppe  il  tetto  del  car- 
cere e  schiuse  interamente  la  visione  della  luce.  Allora 


(48)  Cfr.  nel  Capitolo  I  di  questo  libro  la  spiegazione  che  il  Werner 
dà  di  questa  leggenda  simbolica,  applicata  alla  vita  morale.  «  Blatter 
f.  1.  U.  »,    1834,   p.    1171    (Allo  Scheffner,   21   gennaio    1805). 


//   dramma   dell'utopia   settaria  175 

venne  il  ((  Verbo  sulla  terra  ))".  Il  Logos  (il  Messia)  gli  fece 
vuotare  il  calice  della  ((  Sehnsucht  »  (49)  e  il  carcere  di- 
ventò sottile  e  trasparente  come  cristallo  :  il  Logos  gli  porse 
il  calice  della  fede  e  compare  il  ((Salvatore  delle  Acque». 
E,  dopo  che  egli  ebbe  esercitato  pazienza  nell'attesa  e 
fu  purificato  dal  Verbo  che  lo  assisteva,  allora  il  Salva- 
tore giunse  a  lui,  lo  liberò  dal  carcere  che  lo  serrava, 
ed  egli  scivolò  nel  seno  della  luce  divina  donde  era  stato 
cacciato. 

Es  schwand  der  Wahn  zu  werden  Ein  und  Etwas; 
Sein  Wesen  war  ins  grosse  Ali  zerronnen. 

Il  ritmo  varia  :  trovate  il  verso  libero  e  la  stanza  di  can- 
zone, la  ottava  e  la  terzina,  la  sestina  e  la  strofa  di 
ballata. 

E  tutta  questa  lirica  romantica,  che  s'insinua  fra  il  giam- 
bico metro  tragico,  vi  dà  l'impressione  di  una  continua 
stuccatura  esterna,  che  con  l'interno  sta  in  scarsa  connes- 
sione e,  anziché  rivelare,  nasconde  le  linee  architetto- 
niche dell'edificio. 

I  Sòhne  des  Tales,  come  ci  appaiono  nella  prima 
edizione  del  1803-1804,  ci  offrono  quindi  il  dramma  del 
Werner  nella  sua  genesi.   La  sua  prima  educazione  arti- 


(49)  «Blatter  f.  I.  U.  »,  1834.  p.  1171.  Trovammo  già  questa  «  Weh- 
mut  »  e  questa  «  Sehnsucht  »  nel  Cap.  I  :  «  Sie  werden  bemerken  — 
scrive  il  Werner  —  dass  der  Mensch,  in  den  hoheren  Stunden  der 
Weihe,  alles  w^as  sich  sonst  nur  dammernd  in  seiner  Seele  darstellte, 
verklart  erblickt.  Es  ist  die  hòhere  Wehmuth,  Dagegen  gibt  es  eine 
andere  (eine  unnennbare  Sehnsucht),  wo  er  nicht  denkt,  nicht  schafft, 
nicht  einmal  Bilder  ver  seinem  Inneren  entstehen  sieht,  und  doch  von 
jenem  unnennbaren  Gefuhl,  w^as  sich  ins  Weite  Unermessliche  aus- 
dehnen   mochte,    ergriffen   fiihlt». 


176  Zacharias   Werner 

stica,  il  SUO  ingegno  naturale,  gli  influssi  schilleriani  lo 
fanno  inclinare  al  dramma  storico  :  egli  tende  invece  ad  una 
nuova  forma  che  gli  è  balenata  entro  le  idee  e  le  teorie  dei 
romantici,  ma  non  riesce  a  raggiungerla,  e  immerge  nel 
dramma  realistico  degli  elementi  romantici  estranei  che 
non  riescono  a  fondersi  con  esso.  L* opera  resta  una  nebu- 
losa in  fermento,  che  non  è  ancor  riuscita  a  prendere  la 
sua  forma. 


II. 


Se  il  Kreutz  an  der  Ostsee,  che  egli  compose  dopo 
i  Sòhne  des  Tales,  non  ha  scene  di  forza  drammatica 
tale  quale  in  questi  ci  venne  fatto  di  incontrare,  esso 
però  segna  un  maggiore  avvicinamento  a  quello  scopo 
verso  di  cui  il  Werner  tende.  Esso  riesce  infatti  meglio  a 
conciliare  quei  diversi  elementi  contrastanti,  dalla  cui 
miscela  i  «  Kreuzesbriider  »  erano  risultati. 

Prima  di  tutto  il  Werner  si  è  liberato  dai  ceppi 
che  gli  imponeva  la  sua  utopia  di  riformare  l'organismo 
massonico.  Riconosce  anch*egli  che  era  una  pazzia.  ((  Der 
Maurerei  kann  ich  (die  notige  Reform)  nicht  geben,  da  ich 
teils  weder  Geld  noch  Umgebung  dazu  habe,  teils  auch 
mir  Mut  und  Lust  fehit,  mich  durch  die  ùber  Gottes  Erd- 
boden  zerstreute  Legion  maurerische  Klòtze  durchzuren- 
nen,  und  mein  Leben  daran  zu  setzen,  um  selbigen  zu  be- 
w^eisen  dass  Klòtze  keine  behauenen  Steine  sind,  oder  gar 
ali  den  Wust  maurerischen  Unsinns  (bekanntlich  hat  die 
Schalkheit  ihre  Hauptresidenz  in  den  maurerischen 
Schriften)  durchzulesen  und  ihn  zu  v^iderlegen.  Es  geht 
mir  dabeì,  aufrichtig  zu  sagen,  wie  dem  Weinstocke,  wel- 


//  dramma   dell'utopia  settaria  177 

cher  im  Buche  der  Richter  sagt:  Warum  soli  ich  meinen 
Most  lassen  und  iiber  den  Bàumen  schweben  7  »  (50).  Egli 
resta  quindi  presso  il  suo  mosto  e  lascia  ogni  idea  di  ri- 
forma. Anche  riformare  il  Cattolicismo  gli  pare  impossi- 
bile :  Lutero  viveva  in  tempi  diversi  e  aveva  l'appoggio 
di  principi  :  a  lui  mancano  tempi  e  principi  :  a  che  prò 
sprecare  le  sue  forze  ?  ((  Ich  will  w^eder  hier  noch  ir- 
gendv^o  reformiren,  weil  es  nichts  hilft,  und  ich  es  fur 
vergeblich  und  albern  balte  auf  einem  zerlumpten  Rock 
Sammetflicken  zu  flicken  »  (51). 

È  ben  vero  che  egli  non  abbandona  l'idea  della  sètta, 
che  gli  par  Tunica  via  di  riuscire  in  quello  che  egli  con- 
sidera come  lo  scopo  della  sua  vita,  ma,  perchè  gli  uo- 
mini ben  disposti  si  incontrano  dappertutto,  egli  pensa  di 
fondare  una  sètta  completamente  nuova,  destinata  alla  dif- 
fusione di  quei  principi  di  verità  che  ora  sono  dimenti- 
cati :  della  vera  religiosità,  ora  sconosciuta.  ((  Was  ich  tun 
will  und  (wenn  ich  in  Leben  bleibe  und  Gott  mich  dessen 
wùrdigt)  auch  gewiss  tun  werde,  das  ist:  cine  Pepinière 
griinden  von  kraftigen,  mòglichst  unschuldigen  und  unver- 
dorbenen  Menschen,  eine  Pepinière  des  Heiligen,  frei 
von  alien  Formen  und  Formeln  —  denn  wozu  immer  die 
ewigen  starren  Falten,  wenn  w^ir  lebendiges  Fleisch 
haben  ?  —  Nicht  Kinder  der  Magd  miissen  wir  sein,  wie 
der  Apostel  Paulus  sagt  (in  der  Epistel  am  Sonntage  Là- 
tare,  an  die  Galater,  Gap.  4,  die  mir  aus  der  Seele  ge- 
nommen  ist),  sondern  Kinder  der  Freien.  Eine  jede  Form 
ist  nur  pour  le  coup  ;  sie  sanctioniren,  verewigen  wollen. 


(50)  «BIàtter  f.  1.  U.»,   1834,  p.   1173. 

(51)  Ibid. 

G.   Gabetti,  //  dramma  di  Z.    Werner.  12 


178  Zacharìas   Werner 


heisst  dem  neugeborenen  Kinde  das  Gift  inoculiren,  woran 

es   iiber   lang   oder   kurz   stirbt Diese   Pepinière   soli 

sich  keine   Glatzkòpfe,   keine   Schurzenmànner  anschlies- 

sen Aus    sich    selbst    soli    sie    hervorgehen,    wenn 

auch  nur  kleinen  Beginns,  und  in  ihr  sollen  sich  die 
Manner  ausbilden  und  vorbereiten,  welche,  vielleicht  lange 
nach  meinem  Tode,  aber  auf  keinen  Fall  eher  sie  selbst 
was  sind,  es  auch  anderen  vermachen  sollen,  was  man 
seyn  soli  »   (52). 

La  conseguenza  di  questo  mutamento  di  propositi  è  nel 
nuovo  dramma  notevole,  perchè  vi  diminuisce  quella  ten- 
denza didattica  sermoneggiante  che  domina  nel  dramma 
precedente.  Il  Werner  non  si  rivolge  più  a  un  pub- 
blico speciale,  a  un  pubblico  di  adepti  che  vuol  moraliz- 
zare —  egli  si  rivolge  invece  agli  uomini  in  generale  e 
presenta  loro  nei  membri  della  nuova  sètta  l'ideale  suo 
della  vita  umana. 

Propizio  alla  elaborazione  drammatica  fu  pure  il  maggiore 
avvicinamento  al  Cattolicismo,  che  si  produsse  in  lui 
in  questo  tempo  durante  la  malattia  e  la  morte  della 
madre  (53).  Egli  non  si  limita  più  a  immaginare  un 
suo  proprio  Cattolicismo:  egli  crede  ora  che  il  Cattoli- 
cismo, nei  suoi  primordi,  fu  veramente  una  religione 
ideale.  Da  quel  suo  singolare  Cattolicismo,  che  gli  ve- 
demmo esporre  nei  Sòhne  des  Tales,  egli  passa  così  alla 
venerazione    del    Cattolicismo    considerato    storicamente. 


(52)  Ibid. 

(53)  Negli  ultimi  due  anni  in  cui  sua   madre  visse,   il  Werner  rimase 
quasi  sempre  presso  di  lei  con  sua  moglie.  Essa  morì  il  24  febbr.    1804. 

La   prima   notizia   del   nuovo   dramma   si   trova   il   6   febbraio  :    la   ste- 
sura di  esso  è  già  incominciata. 


7/  dramma   dell'utopia  settaria  179 

E  chiama  cattolica  la  sètta  che  vuol  fondare,  catto- 
lica —  s'intende  —  nel  senso  che  egli  dà  alla  pa- 
rola :  una  ((  urkatholische  Sekte  )) .  ((  Diese  Pepinière 
des  Heiligen  soli  sich  mòglichst  der  Urfom  des  Chri- 
stentums  (d.  h.  cum  grano  salis,  so  wie  es  fiir  unser 
Zeitalter  mòglich  und  zweckdienlich  ist)  nàhern;  sie  soli 
bei  allem  Guten  des  Katholizimus  (bei  seinem  Ursprung 
war  vielleicht  alles  in  ihm  gut)  nichts  von  seinen  Feh- 
lern  haben:  sie  soli  die  Anschauung  des  Mittleramts 
Jesus  Christi  (die  Annàherung  der  Menschheit  zur  Gott- 
heit  durch  den  Mittler)  zu  Grunde  legen  und  keinen  in 
sich  aufnehmen,  fiir  den  diese  Anschauung  nicht  der  Mit- 
telpunkt  seines  religiòsen  Gefiihls  ist,  da  man,  ohne  dass 
letzterer  der  Fall  ist,  zwar  sehr  sittlich  und  sehr  religiòs 
aber  kein  Christ  sein  kann  ))  (54). 

Ora,  dato  questo  nuovo  suo  atteggiamento,  per  rive- 
stire ancora  una  volta  le  sue  idee  sotto  forma  di  dramma, 
si  offriva  al  Werner  un  mezzo  assai  semplice  :  rappre- 
sentare il  trionfo  del  Cristianesimo  primitivo,  del  Cattoli- 
cismo  puro  sopra  gli  uomini  del  Medio-Evo.  Il  Werner 
concepì  infatti  un  tale  piano,  e  anzi,  per  meglio  simboleg- 
giare la  sua  idea,  volle  rappresentare  un  trionfo  doppio 
da  esso  riportato  :  in  primo  luogo  sopra  uomini  ancora 
ignari  della  nuova  religione,  sopra  pagani  ;  in  secondo 
luogo  sopra  cristiani,  in  cui  la  vera  religiosità  già  si  fosse 
spenta.  Anche  questo  secondo  elemento  gli  parve  sostan- 


(54)  Importanti  sono  per  lo  studio  di  questo  dramma,  oltre  la  pre- 
fazione, anche  le  lettere  allo  Iffland  (nel  TeicHMANN,  op.  cit.)  e  allo 
Scheffner  («Blàtter  f.  1.  U.  »,  p.  1173  e  segg.).  Le  riporta  ora  riunite 
J.  Brandt  nella  sua  dissertazione  :  «  Studien  zu  Z.  Werners  Kreutz 
an  der  Ostseey>,  Marburg,   1912,  Cap.  II. 


180  Zacharias   Werner 


ziale,  perchè  la  superiorità  non  era  di  un  Cristianesimo 
qualunque  sopra  il  Paganesimo,  ma  del  vero  Cristiane- 
simo sopra  tutte  le  false  religioni.  Di  fronte  ai  veri  Cri- 
stiani doveva  esser  presentata  una  società  corrotta,  che, 
rammollendosi,  avesse  perduto  il  senso  della  verità,  ed 
avesse  deviato  in  un  Cristianesimo,  che  non  è  più  se  non 
fumo  e  vento,  vuoto  suono  di  parole. 

La  Geschichte  Preussens  dello  «  hochverdienter  »  sto- 
rico prussiano  Baczko,  che  ((  vv^enn  der  Kampf  àchter 
Seelengròsse  mit  einem  heiligen  Schicksal  tragisch  ist, 
schon  seit  manchen  Jahren  ein  wirklich  griechisches 
Trauerspiel,  wiew^ohl  fast  ohne  alle  Chòre,  spielt  »  (55), 
offerse  al  Werner  un  argomento  storico  acconcio.  Il  passo, 
che  colpì  il  Werner,  narrava  l'arrivo  dei  cavalieri  del- 
l'ordine tedesco  Conrad  von  Landsberg  e  Otto  von  Fa- 
leiden  a  Ploszk,  dove  la  duchessa  Sophia,  assente  il  ma- 
rito Conrad  von  der  Marau,  uomo  fiacco  e  molle  e  vile, 
era  minacciata  dai  Prussiani  :  essi  sono  mandati  dal  maestro 
dell'ordine  Hermann  von  Salza,  a  cui  il  vescovo  Christian 
von  Culm  si  è  rivolto,  nella  necessità  di  difendere  il  du- 
cato polacco  in  cui  egli  vive  e  il  Cristianesimo  che  egli 
deve  e  vuole  diffondere.  I  cavalieri  assumono  la  direzione 
della  guerra,  combattono  come  leoni  e  riescono  a  salvare 
il  ducato.  Warmio,  il  figlio  del  Waidewuth  dei  Prus- 
siani, sposa  la  figlia  di  Sophia  e  del  duca  Conrad  von  der 
Marau  e  si  fa  cristiano  (56). 

Qui  il  pensiero  del  Werner  assumeva  di  per  se  stesso 
forma  di  vita.  Quegli  antichi  cavalieri,  che  avevan  fatta 


(55)  Cfr.  Prologo  al  Kreutz  art  der  Ostsee  {Ausg.  Schr.,  IV,  p.  5). 

(56)  «Blàtter  f.  1.  U.  ».    1834,  p.   1173.  E  cfr.  anche  la  cit.  lettera  a 
Regiomontanus,  ibid.,    1827,  n.    1. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  181 

propria  natura  del  Verbo  che  professavano,  diventa van 
simboli  delle  sue  idee,  tanto  più  che  le  condizioni  in 
cui  essi  avevano  vinto  parevano  al  Werner  quelle  del 
tempo  suo: 

Sie  strebten,  so  wie  ihr,  nach  eltien  Freuden, 
Sie  hatten  Unschuld,   sowie  ihr,   verloren. 

Se  perciò  fu  ancora  una  volta  una  sètta  cristiana,  che  il 
Werner  rappresentò  come  fonte  di  salvezza,  non  fu  più  in- 
vece la  storia  interna  e  esterna  di  essa  che  egli  fece 
centro  dell'opera  (57).  La  sètta  —  un  pugno  di  uomini  au- 
steri, fedeli  ai  loro  principi  —  non  è  che  il  mezzo  per  cui  il 
trionfo  della  idea  religiosa  cristiana  drammaticamente  si 
opera.  ((  Der  Grundstoff  meines  neuen  Schauspiels  ist  die 
Einfiihrung  des  Christentums  :  der  Sieg  der  christlichen 
Gottheit  ùber  die  Heidengòtter  ))  (58).  E  allo  Iffland  : 
((  Die  Ausrottung  des  Heidentums  und  Einfiihrung  des 
Christentums  durch  die  deutschen  Ritter  in  Altpreussen  ist 
der  grosse  Grundstoff  des  Ganzen  »  (59). 

Questo  era  però  un  argomento  più  epico  che  dramma- 
tico e  il  Werner  si  preoccupò  di  atteggiarlo  in  modo  che 
si  prestasse  a  un  dramma.  Una  delle  ragioni  principali  per 
cui  la  seconda  parte  dei  Sòhne  des  Tales  era  riuscita 
così  farraginosa  e  informe,  era  stata  —  come  vedemmo  — 
lo  sforzo  di  condensarvi  dentro,  insieme  con  un  gran  nu- 
mero di  personaggi,  tutta  una  complessa  nuova  concezione 
della  vita  in  tutte  le  sue  forme.  Per  dar  realtà  a  un  tal 


(57)  Ibid..  p.  1177. 

(58)  Ibid. 

(59)  Teichmann,  p.  300. 


182  Zacharias    Werner 


proposito  sarebbe  stato  necessario  dare  all'opera  un  tale 
sviluppo  che  essa  risultasse  una  specie  di  poema  dell'uma- 
nità, in  cui  l'uomo  sotto  tutti  i  suoi  aspetti  si  rivelasse.  Ora 
col  nuovo  dramma  il  Werner  cercò  di  evitare  tale  difetto 
e  fece  sì  che  l'opera  si  avvolgesse  intorno  a  un'azione 
unica.  Ma  una  tale  azione  riposa  sempre  soltanto  sopra  ta- 
luno fra  gli  aspetti  che  la  vita,  considerata  astrattamente, 
può  avere,  non  sopra  tutti  :  anzi  una  tale  azione,  in  quanto 
era  un'azione  storica,  limitava  nel  caso  presente  anche  più 
il  numero  e  la  qualità  di  questi  aspetti  della  vita.  E  il 
Werner,  perciò,  pur  lasciando  che  nello  sfondo  tutta  la 
sua  concezione  della  vita  si  specchiasse,  ne  mise  un  ele- 
mento solo  in  speciale  rilievo.  E  questo  fu  ((  l'amore  ». 

L'amore,  s'intende,  come  lo  vedemmo  da  lui  conce- 
pito: amore  mistico,  amor  di  Dio  nelle  cose  terrene, 
amore  che  trasfigura  l'uomo  e  la  vita.  Lo  svolgimento  di 
questa  idea  era  rimasto  nei  Sòhne  des  Tales  inciden- 
tale :  un  episodio.  L'amore  diventa  invece  essenziale  nel 
nuovo  dramma.  Prevenendo  un  appunto  che  egli  si  aspet- 
tava: l'amore  di  Warmio  e  di  Malgona  essere  soltanto 
un  episodio,  scrive  il  Werner  allo  Iffland  :  «  Jene  Liebe  ist 
auf  den  ganzen  Grundstoff  nicht  etvv^a  wìe  die  sonst 
so  herrliche  Episode  von  Schillers  Max  und  Tecla  leicht 
aufgeheftet,  sondern  innigst  mit  ihm  amalgamirt,  da  der  das 
Ganze  beschliessende  Opfertod  der  Liebenden  zugleich 
obige  eingeleitete  Katastrophe  (distruzione  del  Pagane- 
simo) beschleunigt  und  herbeifiihrt  »   (60). 

Nella  storia  della  lotta  tra  Cristianesimo  e  Paganesimo, 
nella  storia  del  trionfo  della  religione  vera  sopra  le  false. 


(60)  Ibid..  p.  302. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  183 


l'amore  può  esser  parte  essenziale,  perchè  per  il  Werner 
vedemmo  che  religione  e  amore  si  identificano.  Il  diverso 
atteggiamento  che  gli  uomini  prendono  dinanzi  all'amore  è 
difatti  nel  suo  dramma  il  segno  esterno  del  grado  della 
loro  religiosità  (61). 

La  differenza,  che  il  Werner  segna  fra  i  seguaci  dell'or- 
dine tedesco  e  i  Prussiani,  può  esser  ridotta  a  ciò  che 
la  religione  dei  primi  è  religione  dell'amore,  e  quella 
dei  secondi  è  religione  della  forza. 

Umgarnet  von  dea  hòllischen  Dàmonen, 
Kann  Liebe  nicht  in  ihren  Herzen  tronen. 

Le  divinità  che  quei  Prussiani  adorano  sono  infatti 
personificazioni  di  forze  della  natura,  e  sono  adorate 
perchè,  essendo  personificazioni  della  forza,  viene  loro 
attribuita  una  potenza  tale,  che  contro  di  essa  tutte  le 
forze  umane  si  frangono.  Son  divinità  inventate  dal  Wai- 
dewuth,  che  vi  scorse  un  mezzo  per  sollevarsi  su  tutti  i 
suoi  pari  e  soddisfare  le  sue  cupidigie  ambiziose,  e  ri- 
specchian  la  natura  dell'inventore. 

Er  selbst,  der  Gotter  diesem  Volk  gegeben, 
Der  Waidewuth  ist  Diener  der  Gewalten, 
Die  in  der  Dunkelhelt .  dem  Dunkel  frohnen. 
Aus  Gottverfluchten  Gotter  zu  gestalten 
Gab  Formen  er  der  Kràfte  regem  Leben. 

Se  l'amore  contiene  in  se  un  soffio  divino,  la  forza  che 
ad  esso  si  oppone  rivela  uno  spirito  demoniaco. 


(61)  «Blatter  f.   I.   U.  »,    1834,  p.    1176.  E  cfr.  anche  le  lettere  allo 
land  nel  TeiCHMANN,   cit. 


184  Zacharias    Werner 


Il  Werner  attribuisce  la  riuscita  del  Waidewuth  e  dei 
misteri  religiosi,  che  egli  ha  regalato  ai  Prussiani,  a  una 
protezione  e  a  un  intervento  di  demoni,  di  spiriti  malefici. 
Così  la  lotta  fra  Paganesimo  e  Cristianesimo  diventa  «  ein 
Kampf,  den  ich  mòchte  sagen  dàmonische  Menschen  gegen 
Heilige  fuhren  »  (62). 

La  diversità  di  spirito  degli  «  heiligen  »  e  dei  «  dà- 
monischen  Menschen  »  ha  come  necessaria  conseguenza 
che,  di  fronte  a  una  storia  determinata  di  mistico  vero 
amore,  essi  si  schierino  da  parti  opposte  e  che  sorga 
intorno  a  quella  storia  una  lotta  di  grande  intensità  dram- 
matica. E  quanto  avviene  per  Tamore  di  Warmio,  figlio 
del  Waidewuth,  e  di  Malgona,  figlia  della  regina  Polacca. 

Malgona,  la  cristiana  ideale,  dice: 

Warmio,    so   eben 
Bepriifte  ich  mich,  wen  ich  wohl  starker  liebe, 

Ob  dich,  ob  Christus 

Wenn  meinen  Warmio 
Ich  starker  auch  als  meinen  Heiland   liebte, 
Kann  Er,  der  mir  ins  Herz  die  Liebe  flosste, 
Er,  der  aus  Liebe  und  Freisinn  mich  gewoben, 
Der  uns  am  Kreuz  durch  Liebe  frei  gemacht, 
Verdammen,   wenn  in  Freiheit  Liebe  wahlet? 

Vien  dipinto  in  una  realtà  concreta  il  matrimonio  mi- 
stico che  il  Werner  predicava  : 

Verhorst   du  die    Stimme 
Der   heiligen   Minne? 
Der   Mutter    von    Staube 


(62)  Ibid.,  p.   1177. 


//   dramma   dell'utopia   settaria  185 

Entreisst  sie  die  Mànnin, 
Und  fiihrt  sie  im  Manne 
Zum  Vater,   dera   Licht. 

Warmio  è  per  Malgona  il  «  Mittler  »  che  eleva  la 
sua  anima  a  Dio  distogliendola  da  tutti  gli  interessi  mon- 
dani :  sicché  ella  non  vede  più  nulla,  non  sente  più  nulla 
che  lui  e  Dio,  Dio  e  lui.  Malgona  è  per  Warmio  la 
guida  :  è  Malgona  che  lo  conduce  al  Cristianesimo,  Mal- 
gona che  lo  guida  nei  momenti  più  difficili,  Malgona  che 
gli  apre  la  via  alla  fede  coU'estasi  mistica. 

Tutti  i  cristiani  trovan  santo  quell'amore.  I  Cavalieri 
dell'ordine  tedesco  lo  rispettano  e  lo  ammirano  :  lo  spirito 
di  Santo  Adalberto  lo  favorisce  e  lo  protegge,  lo  volge 
per  la  retta  via,  lo  guida  verso  quello  che  è  il  suo  scopo» 

I  Prussiani  invece  non  possono  intenderlo:  per  essi 
Wcirmio  ha  rinnegato  se  stesso  e  la  sua  patria.  Samo  si 
libera  dalle  braccia  di  Pregolla  quando  questa  lo  vuol 
trattenere  :  Tuomo  —  secondo  lui  —  è  nato  per  la  lotta 
e  la  conquista:  egli,  il  figlio  del  Waidewuth,  è  nato  per 
la  forza  e  il  regno,  non  per  rammollirsi  in  languidi  tepori 
di  sentimento.  1  Prussiani  e  Samo  tentano  quindi  di  liberar 
Warmio  da  quella  che  essi  considerano  come  una  debo- 
lezza, e,  quando  questi  si  rifiuta  di  lasciar  la  sua  sposa,  giu- 
rano di  vendicarsi  e  son  pronti  ad  ucciderlo.  1  cortigiani 
polacchi,  poi,  intendono  per  amore  null'altro  che  mollezze 
di  godimento  sensuale,  e  quei  due  esseri  veramente  amanti 
sono  loro  incomprensibili. 

Così  l'eunore  di  Warmio  e  di  Malgona  diventa  il  centro 
vero  su  cui  il  dramma  è  imperniato,  essendo  esso  per  così 
dire  il  simbolo  della  idea  che  separa  i  contendenti.  Quel- 
l'amore provoca  la  lotta   e  quell'amore   la  risolverà.    La 


186  Zacharias   Werner 


seconda  delle  due  parti,  di  cui  il  dramma  constava  secondo 
il  piano  del  Werner,  doveva  appunto  così  conchiudere 
che  la  sorte  di  questo  amore  provoca  la  finale  cata- 
strofe (63). 

E  la  sorte  di  questo  amore  sarà  naturalmente,  pel 
Werner,  la  morte,  la  morte  che  è  ad  un  tempo  una  specie 
di  olocausto  che  ottiene  dal  Signore  la  vittoria  dei  cri- 
stiani, e  Fultimo  segno  del  trionfo  degli  amanti,  la  coro- 
nazione del  loro  sforzo.  Essi  han  camminato  attraverso 
errore  e  peccato,  ma  han  camminato  sempre  progredendo 
verso  la  redenzione.  Ed  è  giusto  che  la  raggiungano. 

Nachclem  mit  Welt  und  Siinde  sie  gerungen, 
Und  ihm,   dem  Treuen,   sich  treu  erwiesen, 
So  siegen  sie,   obgleich  die  Holle  wiitet. 

Nella  esaltazione  della  morte  vi  è  bensì  una  indiscu- 
tibile analogia  coi  Sòhne  des  Tales,  dove  la  morte  di 
Molay  ha  una  tal  duplice  funzione  :  ma  questa  è  una 
caratteristica  del  Werner  che,  tendendo  verso  un  tipo  di 
dramma,  che  non  riesce  a  fissare,  si  vale,  progredendo 
sempre,  delle  difficoltà  superate.  E  del  resto  l'analogo 
pensiero  doveva  portare  ad  una  analoga  concezione  :  «  Ein 
Kiinstler  kann  nur  ein  gòttliches  Thema  variiren  und 
schlecht  variiren  :  zwei  sind  fiir  einen  Menschen  zu  viel, 
sie  w^ùrden  ihn  zerreissen  »  (64). 

Il  dramma  del  Werner  incomincia  così  a  colorirsi  di 
quella  special  tinta  mistico- erotica  che  dicemmo  distin- 
guerlo ;  le  teorie  che  conosciamo  incominciano  a  esplicarsi. 


(63)  V.    Ausg.   Schr.,  XIV,    cit.,    l'ultima   delle   lettere   allo   Hitzig. 

(64)  «Blatter  f.  1.  U.»,   1834,  p.   1343. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  187 

Nei  Sòhne  des  Tales,  concepiti  direttamente  sotto 
Tinflusso  romantico,  non  era  ancora  condannato  Tamore 
sensuale  :  Agnes  seguiva  Adalbert  lasciando  il  chiostro  e 
lo  seguiva  nella  Tebaide,  dove  essi  ad  onore  e  gloria  di 
Dio  avran  certo  generato  un  paio  di  figli.  Ora  invece  com- 
pare quella  condanna,  che  più  tardi  ritornerà  col  trasfor- 
marsi del  suo  pensiero.  Quando,  dopo  che  le  nozze  si 
sono  compiute,  fra  tumulto  di  armi  e  vicende  varie,  Mal- 
gona  raggiunge  finalmente  Warmio  ed  è  sola  con  lui, 
Warmio  la  vuole  abbracciare  e  possedere.  Malgona,  lo 
spirito  amante  di  veramente  alto  amore,  promette  invece 
di  offrire  a  Dio  la  sua  verginità:  Wairmio  la  abbraccia  e 
la  bacia  e  la  investe  della  sua  fiamma  ardente,  con  ar- 
denti parole,  vibranti  di  tutto  il  fascino  della  seduzione 
cainale.  E  Malgona  cede  a  poco  a  poco,  travolta  da 
quell'onda  di  passione  irresistibile  : 

Siinde,   ich  erliege  dir! 

Ma  proprio  quando  la  ultima  resistenza  pare  vinta,  le 
cade  dal  petto  la  «  Monstranz  »,  che  Sant'Adalberto  le 
ha  dato,  e  questo  la  richiama  a  se.  E  tutti  e  due  trionfano 
della  crisi  sensuale.  E  tutti  e  due  son  felici  di  amarsi 
come  fratello  e  sorella  :  e  l'amore  che  godono  è  una  com- 
pleta estasi.  La  morte  renderà  impossibile  ogni  pericolo 
e  ogni  tentazione,  darà  alle  loro  lotte  e  alle  loro  vittorie 
su  se  stessi  il  meritato  premio. 

Nella  concezione  e  nella  rappresentazione  di  questa 
storia  d'amore  si  riflessero  recenti  vicende  personali  :  «  Ich 
bin  der  Warmio  und  meine  gewesene  Frau  die  Mal- 
gona :  beide  sind  Portraits.  Meines  ist  etv^as  idealisirt  ; 
das  meiner  Frau  ist  es  gar  nicht,  sondern  viel  mehr  der 
Natur    Zug    fili-    Zug    nachkopirt,    aber  zum    Sprechen 


188  Zachariaa   Werner 


getroffen,  was  ich  freilich  allein  beurteilen  kann,  weil  ich 
der  einzige  Mensch  auf  dieser  Welt  bin,  der  sie  kennt 
und  kennen  kann  »  (65).  Quella  esaltazione  mistica  e 
fantastica  del  godimento  sensuale,  su  cui  dicemmo  pog- 
giare la  vita  erotica  del  Werner,  aveva  generato  nei  primi 
tempi  un  idillio.  La  giovane  donna  era  essa  stessa  incline 
alle  fantasticherie  e  di  sensibilità  irrequieta:  così  fanta- 
siavano  insieme  :  «  Wir  haben  uns  eine  Sprache  erfunden, 
die  uns  recht  gut  geht.  Das  Rauschen  des  Waldes,  des 
Windes,  der  Wellen  heisst  bei  ihr  Jezyk  Boga,  die 
Stimme  Gottes.  Die  Fertigkeit  diese  zu  verstehen  und 
nachzustùmpern  in  Tònen  Farben  und  Worten  heisst 
Kunst  und  ein  solcher  Nachstùmperer  ist  Kùnstler  »  (66). 
Giorni  di  ebbrezze  fantastiche  e  di  felicità  :  il  mondo 
scompare  per  lasciare  il  posto  a  un  mondo  nuovo  creato 
dalla  propria  immaginazione  :  «  Du  siehst  wovon  ich 
ausgehe  um  mir  bei  der  Unertràglichkeit  der  w^irklichen 
Welt  meine  Kleine  zu  bilden!  »  (67).  Quel  tentativo  di 
fondere  Tamor  di  Dio  e  l'amor  maritale,  riuscito  per  un 
istante,  richiedeva  però  una  tensione  di  nervi  che  non 
poteva  durare  :  passata  la  esaltazione,  come  tutte  le  esal- 
tazioni passano,  il  Werner  ricominciò  a  correre  il  mondo 
coi  suoi  postiiboli  e  le  sue  taverne.  Ma  il  Werner  rico- 
noscerà sempre  in  quei  giorni  le  ore  della  sua  maggior 
felicità,  attribuirà  sempre  a  se  ogni  colpa  :  difenderà  sempre 
la  donna  che  più  delle  altre  da  lui  conosciute  e  amate 
era  suscettibile  d*idealizzazione  (68).    Che    cosa  importa 


(65)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.  39. 

(66)  Ibid. 

(67)  «Blàtter  f.  1.  U.  ».   1834,  p.   1341. 

(68)  Idib.,    1827,   n.    1. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  189 

il  mondo  com'è  in  sé  stesso  ?  Quel  che  importa  è  il  modo 
come  noi  ce  lo  facciamo.  La  prima  idea  del  Kreutz  an 
der  Ostsee  cade  in  tali  giorni  che  fra  ore  tristi  sempre 
rifiorivano,  nel  1 804,  quando  egli  scriveva  airamico  Re- 
giomontanus  di  condurre  «  ein  Anachoretenleben  :  was 
ich  um  so  lieber  fortsetzte,  als  es  meine  Idee  war  und 
noch  ist,  den  so  sehr  prosaischen  Ehestand  ins  Idealische 
zu  setzen  »  (69).  I  primi  due  atti  furono  anzi  stesi  in 
quel  tempo. 

Il  dramma  risulta  quindi  così  composto  e  orgemizzato: 
il  popolo  «  demoniaco  »  dei  Prussiani,  selvaggio  e  forte, 
con  il  suo  politeismo  di  origine  germanica,  affine  in  qualche 
elemento  al  mondo  mitologico  scandinavo  :  il  popolo  dei 
Polacchi  deteriorato  sotto  il  duce  imbelle,  rammollito  e  vi- 
gliacco: un  nucleo  di  cristiani  veri  e  «  santi  »  in  Agaphia 
e  in  alcuni  eletti  della  sua  corte,  nei  cavalieri  :  l'amore 
di  Warmio  e  di  Malgona  per  concentrare  tutto. 

Or,  data  questa  condizione  di  cose,  non  aveva  quasi  del 
miracolo  che  un  popolo  giovane,  pieno  di  forza  materiale 
e  di  sanità,  soggiacesse  a  un  popolo  corrotto,  guidato  sol- 
tanto da  un  pugno  di  uomini?  Questo  era  un  esempio 
nuovo  pel  Werner  dell'altra  idea  sua,  che  la  mano  di  Dio 
si  fa  sentire  sulle  vicende  terrene.  Così  nel  nuovo  dranuna 
idea  ed  azione  non  si  urtano  più,  ma  si  completano  e  si 
integrano  vicendevolmente.  E  vicendevolmente  si  spiegano 
e  sono,  per  così  dire,  l'una  all'altra  commentario. 


(69)  Ibid..   1834,  p.  1179. 


190  ZachoTÌas   Werner 


Accanto  alle  preoccupazioni  mistiche  il  Werner  aveva 
stavolta  anche  vive  preoccupazioni  teatrali.  Entrato  in 
rapporti  col  Wieland  dopo  la  pubblicazione  dei  Sóhne 
des  TaleSy  ne  aveva  ricevuto  incoraggiamento  è  l'invito 
a  comporre  un  dramma  storico  che  si  adattasse  alla  rap- 
presentazione (70).  L'interesse  drammatico  saltava  così  in 
prima  linea  :  in  una  lettera  allo  Iffland  egli  ne  dice  :  «  Es 
ist  von  der  didaktischen  Tendenz  frei,  an  poetischem  Wert 
meinem  vorigen  Werke  aiisserst  vorzuziehen  und  bis  jetzt 
meine  gelungenste  dramatische  Arbeit  ». 

La  materia  si  prestava  ad  una  tale  trattazione.  Accanto 
alla  lotta  di  reHgione  e  religione,  di  spirito  demoniaco  e 
spirito  d'amore  essa  offriva  difatti  anche  una  lotta  di  nazio- 
nalità: due  popoli  in  guerra,  intimamente  diversi  nello  spirito 
di  razza,  nelle  usanze,  nello  stato  di  civiltà.  La  lunga  prefa- 
zione mostra  gli  studi  da  lui  fatti  —  contro  le  sue  abitudini 
—  per  impadronirsi  del  color  locale  e  storico  riguardo  ai 
Prussiani  (71):  accanto  all'opera  del  Baczko  gli  fornirono 


(70)  «Blatter  f.  1.  U.  ».   1834.  p.   1180. 

(71)  V.  ora  sulle  fonti  il  BRANDT,  op.  cit.,  p,  45  e  segg..  oltre  la 
onesta  introduzione  in  cui  il  Werner  addita   le  sue  fonti. 

Per  la  pittura  dell'ordinamento  sociale,  per  la  ricostruzione  delle 
credenze  religiose,  per  la  descrizione  degli  usi  e  dei  costumi  il  Werner 
rimase  fedele  tanto  allo  Hartknoch,  quanto  al  Baczko,  cercando  di 
integrar  le  notizie  dell'uno  con  quelle  dell'altro. 

La  scena,  ad  esempio,  fra  Samo  e  Pregolla,  è  tolta  allo  Hartknoch 
quasi  letteralmente,  come  anche  nota  il  BRANDT,  p.  50-51.  Cfr.  i  canti 
nuziali. 

Hartknoch,  op.  cit.,  p.  179. 

O   hue  !    o   hue  !    o   hue  !    Wer  ?    Wer   wird    noch    hinfuro   meinem 


//  dramma   dell'utopia  settaria  191 

molti  elementi  Io  Altes  und  Neues  Preussen  dello  Hart- 
knoch  (72),    VAdrastea    dello    Herder  (73)    e    le    cro- 


Vater  und  meiner  Mutter  das  Beth  machen  ?  mein  liebstes  Hiinchen, 
mein  liebstes  Hiinchen,  mein  liebstes  Schwcinchen,  wer  wird  dich  auch 
noch    hinfuro    speisen  } 

Mein  liebes  heiliges  Feuer,  wer  wird  dir  hinfuro  Holz  zutragen, 
damit  der  Vater  und  die  Mutter  ihre  alte  und  abgelebte  Glieder  mit 
deiner  Warme  erfrischen?  Wer  wird  dich  hinfuro  hilten  hund  bewahren> 
(Werner,  Ausg.  Schr.,  IV,  p.  51). 

O  weh  !  o  weh  !  mein  Feuerlein  ! 

Wer  wird  nun  kiinftig  dein  Hiiter  sein  ? 

Wer,  Miitterchen,  machet  das  Lager  dir  nun, 

Wer  tranket  dein  Hiinchen,  wer  fiittert  dein  Huhn  ? 

Così  ripete  il  Werner  anche  la  vecchia  credenza  che  la  donna  perdesse 
la  verginità  soltanto  quando  avesse  partorito  un  figlio  maschio,  non 
quando  partorisse  femmine. 

HaRTKNOCH  : 

Desswegen  auch  die  Weiber  sich  dieser  Worte  bei  der  Aufsetzung 
des  Krantzes  (corona  nuziale)  bedienet  :  «  Die  Màgdlein,  die  du  tràgest, 
seyn  von  deinem  Fleische,  bringe  du  aber  ein  Knàblein  zur  Welt,  so 
ist  deine  Jungfrauschaft  aus». 

Werner  : 

Sie  schlangen  ums  Haar  mir  das  Linnengespinst, 
Die  sittsame  Krone  der  Frau'n  ; 
Sie  sangen  :  die  tragst  du  so  lange  im  Haar, 
Bis  einst  dein  Schoss  ein  Sohnlein  gebar. 
So   stark,    als   der  Vater,    zu   schaun. 

Certo  anche  questa  esoticità  di  vita  e  questo  simbolismo,  che  s'av- 
volge intorno  alle  cose  più  materiali,  trovati  già  l'una  e  l'altro  nelle 
fonti  storiche  consultate,  furono  causa  non  secondaria  nella  decisione 
presa  dal  Werner  di  trattar  questi  argomenti. 

Naturalmente  tutto  ciò  che  il  Werner  intreccia  intorno  alla  figura  di 
Sant'Adalberto,  e  il  finale  stesso  che  ha  la  storia,  esulano  completa- 
mente dalla  storia  e  sono  invenzioni  del  Werner. 

(72)  Ed.  Suphan,  voi.  VI. 

(73)  Berlin,    1799. 


192  Zacharias    Werner 


nache  antiche  a  cui  queste  opere  lo  rinviarono.  Quanto 
poi  al  color  nazionale  nella  rappresentazione  del  popolo 
polacco,  egli  riteneva  che  fosse  uno  dei  maggiori  pregi 
poetici  e  una  delle  maggiori  novità  della  sua  opera:  ed 
esaltava  la  sua  «  v^ohl  noch  in  keinem  deutschen  Kunst- 
w^erke  so  treu  dargestellte  Schilderung  des  polnischen 
Nationalcharakters,  besonders  des  w^eiblichen  »  (74).  Le 
quattro  figure  femminili  —  diceva  —  son  diverse  Tuna 
dall'altra,  tutte  «  charakteristisch  markirt  »,  e  formano  un 
ciclo  di  femminilità  polacca.  Tutti  i  caratteri  poi  sono 
ritratti  dal  vero:  «  Alle  polnische  Charaktere  sind  nach 
dem  Leben  gezeichnet,  ich  habe  sie  bei  meinem  elfjàhrigen 
Aufenthalt  in  hiesiger  Provinz  unablàssig  studiert,  und  hoffe 
um  so  mehr  dass  diese  Portraits  einigen  Effekt  nicht  ver- 
fehlen  werden,  als  unsere  Nation  nunmehro  mit  der  Sar- 
matischen  doch  amalgamirt  ist  ». 

Le  raccomandazioni  del  Wieland  e  dello  Iffland,  gli 
intendimenti  sopra  esposti  Io  riconducevano  così  una  volta 
ancora  allo  Schiller. 

Il  pensiero  dello  Schiller  gli  stette  infatti  ancora  sempre 
dinnanzi  mentr*egli  procedeva  alla  «  Gestaltung  »  della 
sua  opera  (75).  Sentite  lo  sforzo  di  rivaleggiare  con  lui 
anche  nella  maestà  che  all'opera  deriva  dalla  mole  che 
essa  ha:  aveva  diviso  il  suo  primo  dramma  in  due 
parti  come  il  Wallenstein:  divide,  come  il  Wallenstein, 
anche  questo  suo  nuovo  in  due  parti,   «  perchè  altrimenti 


(74)  Teichmann,  cit.,  p.  307. 

(75)  Qualcosa  su  quest'argomento  dice  già  il  MlNOR,  Die  Schicksah- 
tragodie  cit.,  p.  54;  altro  aggiunge  il  DegENHART,  op.  cit.,  e  altro  an- 
cora il  FraNKEL,  op.  cit.,  passim.  V.  adesso  anche  il  BRANDT,  cp.  cit., 
p.  57  e  segg.  ;  v.  anche  WaLZEL,    Vom  Geistesleben  eie,  cit. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  193 

sarebbe  riuscito  più  lungo  che  il  Don  Carlos  »,  senza  le 
soppressioni  che  gli  si  dovevano  far  subire  per  la  scena  : 
«  Ich  teilte  die  Handlung  in  zwei  gleichen  Teile,  von  denen 
der  erste,  zwar  nàchst  der  Exposition,  den  Knoten  schiirzt, 
zugleich  aber  auch  auf  die  Katastrophe  so  bestimmt  hin- 
weist,  dass  er  selbst  dadurch  ein  in  sich  abgeschlossenes 
Ganzes  bildet  »  (76).  E  suscettibile  di  rappresentazione  il 
Piccolomini }  Anche  la  prima  parte  del  suo  dramma 
Io  è.  Prima  di  tutto  è  «  ungleich  mehr  ein  Ganzes  »  ; 
in  secondo  luogo  contiene  «  ebensoviel,  w^o  nicht  mehr 
Handlung  »  ;  in  terzo  luogo  è  per  lo  meno  altrettanto 
lungo.  E  lo  sforzo  di  rivaleggiare  col  Wallenstein  portò 
il  Werner  anche  alla  conseguenza  che,  da  un  lato,  egli, 
dividendo  gli  atti  «  nach  der  Natur  der  dargestellten 
Handlung  »,  dovette  limitarsi  a  dividere  la  prima  parte 
in  tre  atti,  e  da  un  altro  lato  si  trovò  poi  con  assai  scarsa 
materia  nella  seconda  parte,  perchè  nella  prima  essa  era 
già    sostanzialmente   trattata  (77).    E    più   ancora  che  al 


(76)  Teichmann,  clt.,  p.  305.  E  cfr.  anche  «Blàtter  f.  1.  U.  »,  1834, 
p.  1177  e  segg.,  passim.  E  v.  anche  le  lettere  allo  HiTZIG  nelle  Ausg. 
Schr.,  XIV,  p.  40  e  segg.  Il  Werner  ripete  sempre  questo  pensiero,  il 
che  mostra  quanto  viva  fosse  la  preoccupazione  sua  a  questo  proposito. 

{77)  L'influsso  Schilleriano  non  si  limita  però  alla  concezione  totale, 
ma  si  estende  anchfe  alla  elaborazione  della  parte  compiuta.  Che  de- 
scrivendo l'amore  di  Warraio  e  di  Malgona  l'esempio  Schilleriano  di 
Max  e  di  Tecla  stesse  innanzi  al  Werner,  prova  la  sua  espressione  già 
citata  e  il  confronto  da  lui  stabilito:  Max  è  lo  stesso  giovane  impe- 
tuoso, ma  senza  sicuro  dominio  di  se,  Tecla,  pur  mancando  della  fiamma 
mistica  che  consuma  Malgona,  è  pur  un  personaggio  femminile  della 
stessa  purità  ideale.  Risorge  in  questo  dramma  il  soffio  di  ideali  di 
libertà  che  lo  Schiller  aveva  un  tempo  comunicati  al  Werner  e  che 
erano  scomparsi  :  le  figure  più  nobili  e  più  forti  sono  avverse  al  re  pre- 
potente o  imbelle:  Hermann,  spirito  d'eroe,  insofferente  di  giogo  e 
allo  stesso  tempK)  cavaliere   ardito  e   idealista,   è   un  riflesso  di  uno   dei 

G.   GaBETTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  13 


194  Zacharias   Werner 


Wallenstein  siete  richiamati  alla  Jungfrau  von  Orleans, 
dal  Werner  stesso  sempre  citata  ogniqualvolta  egli  parlò 
del  suo  dramma  (78).  Anche  là  un  combattimento  fra 
due  nazioni,  anche  là  una  corte  debole,  un  popolo  senza 
forza,  retto  da  un  braccio  senza  polso  :  anche  là  un 
arcivescovo  che  sostiene  la  causa  della  Chiesa  cattolica: 
anche  là,  finalmente  e  specialmente,  la  liberazione  mira- 
colosa per  mezzo  di  una  fanciulla  che  interviene  ed 
agisce  sotto  lo  stimolo  di  una  ispirazione  celeste,  come 
una  mandata  di  Dio.  £  il  Cattolicismo  trionfa  anche  là, 
per  mezzo  di  un  olocausto.  La  somiglianza  della  materia 
faceva  sì  che  più  facilmente  la  trattazione  di  essa  potesse 
servir  di  modello  al  Werner  per  la  trattazione  sua.  Per 
la  rappresentazione  della  vita  nei  due  campi  avversi,  per 
la  successione  delle  scene  e  lo  svolgimento  organico  della 
azione,  per  la  distribuzione  della  materia,  che  prima  è  pre- 
sentata parallela  e  poi  insiem  mescolata  nella  lotta  finale 
e  nella  catastrofe,  apprese  il  Werner  molto. 

Ma  accanto  allo  Schiller  ritrovate  pure  i  romantici:  lo 
spirito  dell'opera,  l'idea  mistica  che  vi  domina,  il  soggetto 
medioevale  e  religioso,  tutto  doveva  ricondurvi  il  Werner, 
mentre  egli  attendeva  alla  composizione.  L'  Oì^tavianuSy 
i  «  Pellegrins  Schaupiele  »  avevano  rinnovati  ed  accre- 
sciuti di  recente  i  suoi  entusiasmi  (79).  J^a  Genovefa  gli 


tipi  che  lo  Schiller  ebbe  cari  :  Silko  che  non  soffre  la  supremazia  del 
Waidewuth,  ma  lascia  soffocar  dall'ambizione  gli  istinti  più  alti,  ci 
ricorda  nella  sua  forza,  nel  suo  coraggio  e  nella  sua  debolezza  morale 
Wallenstein. 

(78)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  305.  «Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1179. 

(79)  «Blatter  f.  1.  U.  ».  1176.  «So  hat  mich  Tiecks  Oktavianus 
unendlich  erfreut.  Es  ist  eine  Kiihnheit  der  Phantasie  darin,  dass  ich 
es    in    der    Hinsicht,    wenn    gleich    nicht     als     Ganzes,    der     Genovefa 


//   dramma   dell'utopia  settaria  195 

è  presente  mentre  scrive  :  compariva  nella  Genovefa 
San  Bonifacio,  figura  mistica  e  simbolica,  compare  nel 
dramma  suo  proprio  lo  spirito  di  Santo  Adalberto  :  tutti 
e  due  chiudono  i  due  drammi.  E  se  il  dramma  era  aperto 
dal  Tieck  con  un  prologo  di  Bonifacio:  «  Ich  bin  die  heilige 
Kunst  »,  il  Werner  fa  pur  incominciare  ugualmente  il  suo 
dramma  con  un  prologo  pronunciato  dalla  «  heilige  Kunst  » 
in  persona  :  Scinto  Adalberto  e  San  Bonifacio  tornano 
alla  caverna  dove  è  la  loro  tomba  quando  l'opera  loro  è 
compiuta:   «  Ich  zeuch  zum  Vater  hin  ». 

Il  problema  del  dramma  verso  cui  il  Werner  tende  ci 
si  ripresenta  dunque  anche  questa  volta  quale  ci  si  offerse 
nella  seconda  parte  dei  Sóhne  des  Tales.  Ma  vi  è  ori- 
gineuiamente,  nella  posizione  stessa  del  problema,  una 
differenza.  Nei  Sóhne  des  Tales  il  Werner  aveva  pro- 
ceduto quasi  inconsciamente,  senza  avvertire  il  grande 
contrasto  che  esisteva  fra  le  due  tendenze,  e  aveva  con- 
cluso con  una  sovrapposizione  dell'una  all'altra;  ora,  in- 
vece, egli,  acquistata  conoscenza  del  problema,  ne  tenta 
—  e  raggiunge  fino  a  un  certo  segno  —  la  soluzione, 
come  la  già  descritta  struttura  organica  della  concezione 
gli  permetteva. 

Egli  stesso  fissa  chÌ2u*amente  la  sua  posizione  di  fronte 
allo  Schiller.  La  Jungfrau  von  Orleans  cade  nell'urto 
della  materia  religiosa  e  mistica  con  la  trattazione  dram- 
matico-psicologica  a  cui  lo  Schiller  inclina,  e  gli  ingredienti 
che  il  poeta,  costrettovi  dall'argomento,  vi  inserì,  vi  diven- 
tano accessori,  cosicché  i  romantici  sprezzarono  quel  ten- 


noch  vorziehe,  und  nlcht  begreifen  kann,  wie  sich  in  diesem  grossen 
kunstlerischen  Kopfe  diese  Welt  bildete.  Auch  «  Pellegrins  drama- 
tische   Schauspiele  »   sind  schon  » . 


196  Zacharias    Werner 


tativo  di  comporre  nella  loro  maniera.  Il  Werner  nota  il 
contrasto,  e,  osservando  che  quella  tragedia  e  scritta,  ma  non 
sentita  ne  pensata  cattolicamente,  dopo  di  aver  stabilita  la 
analogia  con  la  sua  opera,  ne  stabilisce  anche  la  differenza. 
La  sua  tragedia  —  dice  —  vuole  e  deve  riuscire  una  tra- 
gedia cattolica,  romantica  :  la  forma  deve  esservi  deter- 
minata dallo  spirito  dell'opera  e  lo  spirito  deve  corri- 
spondere alla  forma  scelta  e  sprigionarsi  da  essa.  Il  suo 
dramma  e  —  egli  scrive  —  «  ganz  in  romantischem  Geist 
gehalten,  etw^a  dem  Charakter,  in  dem  die  Jungfrau  von 
Orleans  gedacht,  jedoch  nur  sehr  entfernt,  analog  »:  la 
tragedia  schilleriana  è  «  bloss  in  eine  katholische  Form 
gegossen  »,  la  sua  è  «  romantisch  gedacht,  nich  bloss 
geschrieben  »  :  essa  è  un  tentativo  «  der  deutschen  Buhne 
ein  àcht  katholisch  gedachte  Stiick  zu  schenken  »  (80). 
Egli  sa  benissimo  che  molti  s'adombreranno  di  fronte  alla 
forma  da  lui  scelta  e  scrive  allo  Scheffner:  «  Ich  fùrchte 
dass  viele  —  vielleicht  Sie  selbst  —  in  ihren  gespannten 
Erwartungen...  getàuscht  sein  werden...  Es  ist  nicht  nur 
mòglich,  sondern  selbst  wrahrscheinlich  dass  es  das  zum 
Teil  unverdiente  Glùck  der  Talssòhne  nicht  macht  », 
ma  non  perciò  si  sgomenta.  E  allo  Iffland,  che  gli  pone 
innanzi  l'esempio  dello  Schiller,  risponde  apertamente  : 
«  dass  wir,  hei  allem  Grossen  was  wir  ihm  verdanken,  dock 
nicht  stehen  bleiben  konnen,  sondern  weiter  mùssen  »  (81). 
Allo  stesso  modo  egli  segna  nettamente  ciò  che  lo 
separa  dai  romantici.  Egli  difende  il  rispetto  alle  esigenze 
della  scena.   «  Ihre  Bemerkung  —  scrive  —   ich  wiirde 


(80)  Teichmann,  lett.  cit.  allo  Iffland.  e  «Blàtter  f.  1.  U.  »,  loc.  cit. 

(81)  «Blatter  f.  1.  U.  ».    1834.  cit.,  p.    1183. 


//  dramma   dell'utopia  settaria  197 

mich  nie  entschliessen  kònnen  fiir  die  gewòhniiche 
Biihne,  die  durch  Kotzebue  (so  sehr  ich  ihn  in  vielem 
Betracht  schàtze)   doch  so   ausgeartet   ist,  wie  etwa   die 

Abendmahlfeier  durch  Calvin,  ist  sehr   richtig Aber 

die  Biihne  ist  noch  der  einzige  Ort,  von  welchen  herab 
der  Priester  der  Gottheit  zum  Volke  sprechen  kann  : 
viva  vox,  Anschauung  !  »  (82).  Il  non  aver  voluto  in- 
tender questo  fu  un  torto  dei  romantici.  «  Ich  will  mich 
von  der  neuen  Kunstschule  dadurch  unterscheiden,  dass 
ich  ehre  was  zu  ehren  ist  von  Menschen  und  Dingen, 
und  dass  ich  ehrlich  genug  sein  will,  mich  selbst  preiszu- 
geben,  wo  es  den  Zweck  des  Ganzen  gilt,  nicht  aber, 
wie  jene,  mich  als  den  Centralpunkt  des  Universums 
betrachten  wàll.  Mein  neues  Schauspiel  soli  ein  Versuch 
sein  aufs  Volk  zu  wirken...  Ich  besitze  Schmiegsamkeit 
und  Màssigung,  und  kònnte  also,  ohne  etwas  Sonderliches 
zu  sein,  doch  zum  Mittler  zwischen  der  àtherischen  Kunst 
und  der  hòlzernen  Biihne  (ein  Band,  das  sie  bei  ihrer 
Hcu-tknàckigkeit  ewig  nie  kniipfen)  dienen,  zur  Befòr- 
derung  welches  grossen  Zweckes,  ich  meine  beschrànkte 
Individualitat  mit  Freuden  aufopfern  wàll  »    (83). 

Così,  se  nei  Sòhne  des  Tales  il  Werner  era  stato 
dominato  completamente  dalla  materia,  ora  invece  riesce 
a  dominarla.  Potete  osservarlo  anche  nella  stessa  tecnica. 

Il  Werner  usa  di  nuovo  e  largamente  quelle  «  Stim- 
mungsscenen  »  care  ai  romantici,  che  vi  effondevano  la 
loro  anima  lirica  ;  ma   se  ne  serve  ora  come  di  una  in- 


(82)  Ibld..  p.   1178. 

(83)  Ibid..   p.    1174. 


198  Zacharias   Werner 


troduzione  e  preparazione  alFazione  che  poco  dopo  ir- 
romperà. E  come  se  vi  venisse  rappresentato  il  graduale 
formarsi  della  tempesta  prima  che  essa  scoppi  (84). 


(84)  Questo  procedimento  determina  la  maniera  con  cui  il  Werner 
svolge  sia  le  singole  scene,  sia  gli  atti,  sia  il  dramma  intero. 

Per  lo  più  le  scene  incominciano  nello  Schiller  ex  ahrupto  :  il  dia- 
logo entrava  subito  nel  nodo  della  quistione,  senza  accordi  introdut- 
tivi, procedendo  subito  verso  l'intensità  drammatica.  Il  Werner  invece 
apre  la  scena  con  uno  «  Stimmungsbild  »  che  ha  lo  scopo  di  traspor- 
tare il  lettore  nell'ambiente  e  nello  stato  d'animo  delle  persone  in 
mezzo  a  cui  l'azione  si  svolgerà  ;  fa  annunciar  l'arrivo  dei  personaggi 
principali,  li  fa  giudicare  dai  personaggi  secondari,  così  che  il  lettore 
ne  ha  subito  una  prima  conoscenza  ;  in  mezzo  alle  parlate  che  rivelano 
Io  spirito  del  popolo,  le  usanze  e  la  momentanea  eccitazione  degli 
animi  fa  balenare  l'avvenimento  che  poi  dovrà  aver  luogo  ;  genera  un 
graduale  procedere  di  intensità  finché  i  personaggi  principali  arrivano 
e  la  scena  vera  e  propria  si  svolge.  Ed  è  in  questo  particolare,  che 
dal  punto  di  vista  tecnico  ci  balza  innanzi  quell'influsso  del  Calderon, 
che  fu  già  ricordato,  e  che,  dopo  la  pubblicazione  dello  Spanisches 
Theater  dello  Schlegel,  si  era  affacciato,  ma  fugacemente,  nei  Tals- 
sòhne.  Anche  le  scene  più  drammatiche  sono  dal  Werner  in  questo 
dramma  trattate  così.  Tale  è,  ad  es.,  nel  primo  atto  la  scena  in 
cui  Samo  racconta  la  prigionia  del  fratello  e  Samo  e  Silko  stanno 
di  fronte,  rappresentanti  l'uno  della  tirannia,  l'altro  del  popolo  ;  tali 
Del  secondo  atto  le  scene  dell'arrivo  dei  cavalieri,  del  matrimonio  di 
Wannio  e  Malgona  ;  dell'incontro  di  Wannio  e  di  Samo  :  tale  nel 
terzo  atto  quella  dell'incontro  ultimo  di  Malgona  e  di  Warmio.  Il 
popolo  discorre  di  Silko  e  di  Samo  prima  che  essi  arrivino  in  scena, 
discorre  di  Warmio,  discorre  dello  «  Spielmann  »  sant'Adalberto,  di 
Agapia. 

E  meglio  ancora  si  rivela  il  procedimento  nella  costruzione  degli 
atti.  11  primo  atto  incomincia  con  una  scena  fra  personaggi  secondari  : 
lo  spirito  del  popolo  e  la  sua  commozione  si  rivelano  nei  discorsi  del 
Waidelotte,  di  Silko,  Olio  e  Glappo,  nei  discorsi  delle  donne  e  della 
folla  :  poi  interviene  la  narrazione  dell'avvenimento  :  poi  la  scena  di 
amore  fra  Samo  e  la  moglie  Pregolla  :  poi  la  scena  principale  e  la 
decisione  della  guerra  e  la  separazione  di  Samo  da  Pregolla.  Così 
nell'atto  seguente  :  discorsi  dei  Cavalieri  giunti  in  Polonia,  conver- 
genti sui  loro  capi  e  sullo  Spielmann  che  li  guida  ;  discorsi  dei  magnati 


//  dramma  dell'utopia  settaria  199 

Questa  tecnica  permette  al  Werner  di  ottenere  pa- 
recchi di  quei  risultati  che  egli  si  era  proposto. 

Prima  di  tutto  essa  rende  possibile  quello  sviluppo  del 
colorito  nazionale  e  storico  su  di  cui  —  come  vedemmo 
—  il  Werner  insisteva.  Il  primo  atto  vi  presenta  il  popolo 
dei  Prussiani  :  vi  è  esposta  la  loro  visione  tra  misteriosa 
e  paurosa  dei  segreti  della  natura,  vi  son  celebrati  i  loro 
riti,  vi  è  esposta  l'ultima  storia,  da  cui  l'attuale  loro  con- 
dizione fu  provocata,  vi  son  mostrate  le  loro  costumanze, 
vi  si  agitano  anime  piene  di  passioni  forti  e  cieche,  di 
istinti  fieri  e  violenti  :  uomini  e  donne,  guerrieri  e  sacerdoti 
compaiono,  le  diverse  caste.  E  si  sprigiona  dall'insieme 
l'impressione  viva  della  forza  bruta  di  una  gente  che  è 
ancor  vicina  alla  natura  primitiva  e  pur  è  già  corrotta  : 
di  una  gente  in  cui  istinti  buoni  e  cattivi  si  combattono, 
assumendo    però  tutti  un  ugual  tono  forzato. 

Il  secondo  atto  invece  mostra  lo  spirito  fedele,  pronto 
all'azione  e  all'eroismo  dei  cavalieri,  la  loro  pietà  viva, 
il  loro  spirito   d'obbedienza  e  di  devozione:  e  di  fronte 


polacchi  a  corte  di  Agapia  ;  arrivo  dei  cavalieri  a  corte,  accoglimento 
di  essi,  matrimonio  di  Malgona  e  di  Warmio,  scoppiar  della  guerra, 
incontro  di  Warmio  e  Malgona.  E  così  anche  nell'atto  ultimo.  Mal- 
gona è  condotta  dallo  Spielmann  all'isola  in  mezzo  alla  Vistola:  sa- 
luto alla  madre,  episodio  di  Theotka,  discorsi  di  Warmio  e  di  Wil- 
helm, incontro  di  Warmio  e  Malgona,  arrivo  di  Samo  e  dei  Prussiani, 
lotta  dei  due  fratelli.  Vi  è  sempre,  per  così  dire,  una  scena  descrittiva, 
generica,  svolta  ampiamente,  che  va  a  terminare  in  una  azione  finale. 
Ed  anche  per  ciò  che  riguarda  la  costruzione  generale  del  dramma, 
la  cosa  è  evidente.  Il  primo  atto  è  la  presentazione  del  popolo  dei 
Prussiani  :  il  secondo  la  presentazione  dei  cavalieri  e  del  popolo  po- 
lacco :  risultato  dei  due  atti  è  che  i  due  mondi  vengono  a  contatto  e 
si  imposta  fra  di  essi  la  lotta.  La  vera  azione  del  dramma  vien  con- 
densata nell'atto  terzo  e   vi  si  scatena  provocando   la  catastrofe. 


200  Zacharias   Wemet 


ad  essi  il  popolo  polacco  :  effeminato,  debole,  senza  foi-za. 
Agaphia  sola  è  forte  fra  di  loro  :  la  occupazione  princi- 
pale dei  Magnati  non  è  Fattività  militare  ne  l'attività  ci- 
vile, ma  «  un'attività  da  salotto  »  :  l'ideale  dell'uomo  è, 
per  essi,  colui  che  sa  ben  fare  un  complimento  alla  sua 
dama,  sa  esser  disinvolto  ed  elegante  in  società,  ama  i 
buoni  cibi  e  anche  più  le  buone  bevande,  e  sa  tener  al- 
legra la  compagnia.  La  patria  può  andar  in  rovina  :  che 
importa  ?  purché  la  allegra  vita  non  venga  turbata.  Ep- 
pure hanno  ambizione:  non  san  più  tener  la  lancia  in 
mano  e  vorrebbero  aver  la  direzione  della  battaglia  :  non 
sanno  che  cosa  siano  diritto  e  giustizia  e  amministrazione 
e  vorrebbero  avere  il  ducato  intero  nelle  loro  mani.  Non 
hanno  orgoglio,  perchè  l'orgoglio  è  dei  forti,  ma  hanno 
invidia  e  gelosia.  E,  se  il  forte  compare,  tacciono.  Risor- 
gono qui  le  figure  dei  traditori  Cyprian  e  Noffo  nelle 
persone  del  Cappellano  e  di  Stefani,  che  si  vendono  al 
nemico  per  ambizione  e  rendono  possibile  a  Samo  l'en- 
trata nel  Castello  reale. 

In  secondo  luogo  poi  il  dramma  può  —  con  una  tale 
tecnica  —  ricevere  quella  forte  tinta  religioso-mistica  che 
al  Werner  stava  sopratutto  a  cuore.  La  religione  si  esplica 
nelle  sue  diverse  forme,  con  le  sue  cerimonie  e  con  i 
sentimenti  diversi  in  cui  si  mesce  passando  da  persona 
a  persona,  da  classe  a  classe. 

11  primo  atto  dipinge  le  forme  che  la  religiosità  assunse 
presso  i  Prussiani  :  esso  incomincia  con  un  sacrificio  a 
Bangputtis,  e  un  sentimento  misto  di  adorazione,  di  invo- 
cazione e  di  sgomento  anima  i  canti  corali  indirizzati  alla 
grande  divinità  del  mare  :  un  simbolismo  misterioso  si 
intravvede  nelle  cerimonie  e  nelle  preghiere  del  Waide- 
lotte.  La  personalità    di    Silko    si    imposta   specialmente 


//  dramma  dell'utopia  settaria  201 

nell'urto  suo  con  questa  religione  e  nella  sua  protesta  : 
«  Son  tutte  invenzioni  del  Waidewuth  per  sottometterci 
ed  ingannarci  ». 

*S   ist   alles   ein   fabelhaft   nàrrischer  Wahn. 

Queste  pau-ole  che  Glappo  pronuncia  esprimono  la  sua 
piena  assoluta  convinzione.  Il  pranzo  è  accompagnato  da 
un  canto  religioso  a  Picollos,  il  dio  della  guerra  e  della 
morte.  Arriva  durante  il  pranzo  un  messo  del  Waidewuth 
che  racconta  un  sogno  prodigioso  e  pauroso,  in  cui  Per- 
cunos,  il  dio  dell'aria  e  del  tuono,  minaccia  sterminio  se 
vien  mossa  guerra  ai  Polacchi,  a  cui  è  giunto  l'aiuto  dei 
cavalieri,  di  cui  il  Waidewuth  ha  avuto  notizia.  E  la 
decisione  della  guerra  che  tutti  desiderano  è. presa  sol- 
tanto dopo  un  sacrificio  cruento  fatto  dal  Waidelotte.  E 
il  sacrificio  sembra  avere  un  resultato  favorevole: 

Das  Blut!  — 
—    Es    spritzet    zum    Himmel    die    rosige    Flut  ! 
Es  treffe   die    Feinde    dar    Fluch  ! 

Ai  vaneggiamenti  dell'idolatria  pagana  il  Werner  op- 
pone nell'atto  seguente  l'elevazione  mistica  dei  cavalieri 
tedeschi,  nelle  cui  anime  «  la  scintilla  ha  divampato  in 
grande  fiamma  che  arde  inestinguibile  ».  Vivono  essi 
della  loro  fede  e  per  la  loro  fede,  fatti  puri  dal  loro  sogno, 
resi  superiori  a  tutte  le  miserie  e  a  tutte  le  passioni  mon- 
dane, aperti  solo  allo  spirito  di  Dio.  Suonano  gli  ultimi 
rintocchi  della  sera.  Quegli  uomini,  avvezzi  al  fragore 
della  battaglia,  s'inginocchiano  e  pregano:  «  Ave  Mairia  ». 
Sanno  l'abnegazione  più  completa,  sanno  la  rinunzia  ai 
piaceri  terreni  :  e  possono  accedere    per   ciò   stesso    alla 


202  Zacharias   Werner 


gioia  più  alta,  alla  mistica  estasi.  Il  secondo  atto  è  così 
tutto  riempito  di  sentimenti  religiosi  :  specialmente  Agaphia 
e  Malgona  si  rinchiudono  sempre  più  in  questo  cerchio 
chiuso,  da  cui  tutto  ciò  che  non  sia  mistica  aspirazione 
resta  escluso. 

Un'onda  di  lirismo  invade  il  dramma  mentre  la  cata- 
strofe va  maturando.  Ed  essa  alimenta  l'interesse  dram- 
matico, mentre  promuove  lo  svolgersi  dell'azione  :  essa 
delinea  il  contrasto  di  due  nazionalità  e  di  due  maniere 
di  vita,  estrae  dal  contrasto  come  inevitabile  conseguenza 
il  conflitto  e,  attraverso  l'amore  di  Warmio  e  di  Malgona, 
trasforma  il  conflitto  sordo  in  guerra  aperta  e  di  quella 
guerra  esplica  le  vicende. 

Giungete  così,  alla  fine  del  secondo  atto,  alla  crisi 
ultima,  che  deve  provocare  la  catastrofe. 

* 

*  * 

Senonchè,  in  questo  momento  essenziale,  il  Werner 
non  riuscì  più  a  dominare  la  vita  convulsa,  che  prima 
aveva  fatto  sviluppare  e  aveva  delineato.  Certo  vi  con- 
tribuì la  fretta  con  cui  compose  questa  ultima  parte,  senza 
averla  prima  maturata  completamente  dentro  di  sé  :  il 
desiderio  di  affrettar  la  sua  andata  a  Berlino,  la  voce 
giunta  a  lui  che  il  Kotzebue  stesse  trattando  un  medesimo 
argomento,  lo  indussero  a  stendere  senz'altro,  per  poter 
inviare  subito  il  manoscritto  allo  Iffland. 

Più  vi  contribuirono  altre  ragioni  e  queste  più  intime  : 
anzi  tutto  quella  che  nel  ritrarre  le  sue  mistiche  idee  il 
Werner  si  è  a  poco  a  poco  esaltato.  La  esaltazione  anzi 
si  è  impadronita  di  lui  e  lo  ha  tenuto  schiavo,  favorita 
anche  dalla  più  violenta   crisi   religiosa   che  ricordammo 


//  dramma  dell'utopia  settaria  203 

aver  egli  attraversato,  quando  gli  morì  la  madre  lascian- 
dolo in  acerbo  travaglio  di  dolore  e  di  rimorso.  Lo  ve- 
dete ritornare,  dopo  lunghissimo  tempo,  nuovamente  alla 
Chiesa  e  lo  vedete  comunicarsi  con  intensa  estasi.  In 
queste  condizioni,  la  sua  fantasia  sovreccitata  ritorna  facil- 
mente alle  leggende  di  santi  e  si  inebria  nel  pensiero 
di  quella  vita  (85). 

La  figura  di  Sant'Adalberto,  il  vescovo  che  fu  ucciso 
dai  Prussiani  per  aver  voluto  divulgare  presso  di  loro  la 
sua  fede  di  amore,  e  or  giaceva  sepolto  in  riva  al  mare, 
assunse  nella  sua  immaginazione  un'importanza  maggiore 
che  non  avesse  avuto  prima.  L'aveva  lasciata  dominare 
per  tutto  il  secondo  atto  ;  aveva  fatto  che  il  suo  spirito 
ricomparisse  sotto  la  figura  di  uno  «  Spielmann  »  per  ac- 
compagnare e  guidare  a  Ploszk  i  cavalieri  sbarcati  nella 
deserta  landa  e  ignari  dei  luoghi  ;  alla  corte  di  Agaphia 
aveva  fatto  che  egli  approvasse  l'amore  dei  due  fidanzati, 
predicasse  amore,  religione  e  morte:  ma  l'aveva  tenuto 
sempre  nei  limiti  di  un  personaggio,  che  —  come  il 
San  Bonifacio  del  Tieck  —  dà  una  specie  di  sacra  con- 
ferma a  quanto  gli  uomini  compiono. 

Infatti,  fino  alla  fine  del  secondo  atto,  Sant'Adalberto 
imprime  con  le  sue  parole  al  dramma  una  speciale  fiso- 
nomia  senza  turbarne  lo  svolgimento  e  alterarne  le  linee: 
una  special  tinta  di  leggenda.  Quando  Sant'Adalberto  pro- 
nuncia il  nome  di  Dio,  una  fiammella  s'accende  e  si 
spegne  sul  suo  capo:  quando  gli  altri  pregano  inginocchiati, 
egli  resta  in  piedi  e  gli  occhi  suoi  acquistano  improvvisi 
bagliori  di  luce  ultramondana.  Compare  e  dispare  miste- 


(85)  «Blatter  f.  1.  U.  ».    1834,  p.   1181. 


204  Zacharias   Werner 


riosamente  :  i  suoi  piedi  non  toccano  terra.  Non  mangia, 
non  beve,  «  non  si  nutre  che  di  Dio  ».  Ha  soltanto  ap- 
parenze di  umanità  :  nelle  sue  vene  non  scorre  sangue  e 
le  sue  mani  sono  gelide.  Ed  esercita  indistintamente  una 
suggestione  quasi  magnetica  su  quanti  lo  scorgono.  L'uomo 
buono  si  sente  irresistibilmente  attratto  verso  di  lui  come 
verso  un  focolare  di  bontà  infinita.  —  «  Vedi  tu  quel- 
l'uomo ?  »  chiede  Warmio  a  Malgona.  —  «  Non  vedo  che 
lui  »,gli  risponde  questa.  11  malvagio  ne  è  sgomento  e  atter- 
rito: i  volgari  e  vigliacchi  cortigiani  alla  corte  di  Agaphia 
ne  sono  sconvolti  senza  che  osino  ribellarsi.  Emana  da  lui 
una  potenza  occulta,  cui  tutti  soggiacciono. 

E  poiché  il  Werner  riesce  a  ritrarre  questo  stato  d'animo 
morboso  ed  eccezionale  di  uomini  di  questa  terra  di  fronte 
a  uno  spirito,  voi  lo  accettate.  Siete  stupiti,  ma  la  realtà 
poetica  non  è  franta. 

Ma  il  Werner,  ora,  nel  nuovo  suo  stato  d'animo,  ab- 
bandonò la  via  finora  seguita  e  mise  nelle  sue  mani  tutti 
i  fili  dell'azione,  perchè  egli  li  imbrogliasse  prima  e  poi 
li  sciogliesse.  Io  credo  che  due  altre  ragioni,  oltre  quelle 
già  accennate,  abbiano  influito  sopra  di  lui.  La  prima  è, 
che  egli  era  pur  sempre  ancora  sotto  il  fascino  della  let- 
teratura massonica,  dominata  dalla  figura  del  superiore  — 
«  Ober  »  — ,  il  quale  combina  misteriosamente  tutti  gli 
avvenimenti,  come  un  «  occulto  primo  motore  immobile  », 
che  alla  fine  dell'opera  compare  a  dar  spiegazione  di  tutti 
i  misteri  :  com'era  un  «  Ober  »  l'Arcivescovo  nei  Sòhne 
des  Tales,  e  ancora  un  «  Ober  »  Sant'Adalberto  :  la 
sola  differenza  è  che  mentre  quegli  era  un  uomo,  questi 
è  uno  spirito.  La  seconda  ragione  è  poi  l'esempio  del 
Calderon,  che  nel  Principe  Costante  fa  che  la  figura 
del  principe  risorga  dalla  sua  tomba  per  guidare   i    suoi 


//  dramma  dell'utopia  settaria  205 

uomini  alla  vittoria  contro  gli  infedeli,  esempio,  cui  forse 
si  aggiunsero  quello  del  Goethe,  che  accompagnò  a  Faust 
Mefistofele,  e  di  Shakespeare,  che  neWEnrico  IV  mi- 
rabilmente si  valse  di  un  espediente  analogo  (86). 


(86)  Gli  indizi  che  rendono  verosimile  la  influenza  del  Principe 
Costante  sono  numerosi.  Prima  di  tutto  vi  è  la  conoscenza  del  Cal- 
deron,  che  al  Werner  avevano  già  fornito  le  traduzioni  dello  Schlegel, 
e  che  fu  probabilmente  assai  presto  ampliata  con  la  lettura  di  altre 
traduzioni.    Cfr.    la   nota   64   e   sg.    del   cap.    precedente. 

Certo  conosceva  già  fin  da  ora  El  magico  Prodigioso,  a  cui  rimanda 
anche  un  altro  grande  ammiratore  di  Calderon,  lo  HoFFMANN,  allora  suo 
amico  {Serapionsbriìder  cit,,  p.  241).  All'influenza  del  Magico  Pro- 
digioso è  da  ricondursi  non  solo  la  concezione  del  Waidewuth  gi- 
gantesco, che  su  questa  prima  parte  domina  occulto  come  una  potenza 
tanto  più  grande  in  quanto  è  invisibile,  ma  forse  anche  l'idea  della 
morte  di  Warmio.  come  già  suppose  il  BrechleR  nella  Introduzione 
alla  Griìndung  Prags  del  Brentano  {Brentanos  sammtliche  Werì^e, 
hrsgg.  v.  A.  Sauer  und  O.  BreCHLER,  Munchen,  1910  voi.  IX, 
p.  Liv).  Simboli  per  le  sue  fantasie  religiose  gli  poteva  fornire  il  Cal- 
deron in  gran  numero  :  e  il  simbolo  di  «  Maria  col  Bambino  »  nel  se- 
condo atto  ha  il  suo  precedente  nella  Aurora  di  Copacavana.  La 
lotta  .dei  Pagani  e  dei  Cristiani,  l'assalto  dei  Cristiani,  la  resistenza 
dei  Pagani,  la  conversione  di  un  pagano  per  amore  di  una  cristiana  e 
l'imperniarsi  della  storia  intomo  a  questo  amore  si  trovano  già  nel 
Purgatorio  de  Sari  Patricio,  e  Cypriano  e  Giustina  soffrono  infine 
insieme  il  martirio  come  Warmio  e  Malgona  (Cfr.  H.  SCHNEIDER, 
Fr.  Halm  und  das  Spanische  Theater  cit.,  p.  19).  A  tutto  ciò  si 
possono  aggiungere  ancora  reminiscenze  del  Los  dos  amantes  del  Cielo, 
specialmente  per  quanto  riguarda  lo  spirito  di  rassegnazione  con 
cui  il  Warmio  e  Malgona  sopportano  le  loro  varie  vicende  (V.  ora 
anche  il  BRANDT,  cit.,  p.  63).  Chrysantus  converte  Daria  pagana  al 
Cristianesimo,  e  malgrado  l'amore  che  prova  per  lei,  domina  il  suo 
desiderio  sensuale.  E  l'uno  e  l'altro  cantano  in  duetto  il  comune  amore 
di  Dio,  in  cui  le  loro  anime  si  fondono  insieme  quasi  in  mistico  am- 
plesso, quasi  in  preludio  alla  unione  finale  delle  loro  anime  nella 
morte.  La  reminiscenza  è  poi  tanto  pili  verosimile  in  quanto  qui  com- 
pare uno  spirito  —  Carpoforo  —  e  anche  qui  si  operano  miracoli  e 
Chrysantus  è  liberato  dalle  catene,  come  Warmio,  miracolosamente. 
Ricordi   vari   vi   sono   anche   della  Devocion   de   la   Cruz.    A  Se.    XIII, 


206  Zacharias    Werner 


Ma  il  dramma  calderoniano  presenta  Feroe   dapprima 
in  vita  e  la  sua  apparizione  trae  verità  dall'amore  per  la 


Jor.  II,  la  croce,  che  Eusebio  vede  sul  petto  di  Julia,  produce  su  di  lui 
Io  sesso  effetto  che  produce  la  vista  della  «  Monstranz  » ,  che  Sant'Adal- 
berto ha  donato  a  Malgona,  sull'animo  dei  due  amanti  del  dramma  Wer- 
neriano.  Oltracciò  nella  Devocion  de  la  Cruz,  più  ancora  che  in  tutti  gli 
altri  drammi  del  Calderon,  trovate  a  base  dell'intera  concezione  della 
vita  l'idea  che  la  fede  sia  la  suprema  delle  virtiì  e  cancelli  tutte  le  colpe 
e  possa  solo  redimere  l'uomo  :  idea  che  par  volgare  e  sarebbe  tale  se 
non  si  radicasse  in  una  più  vasta  che  la  racchiude  in  sé  e  in  certo  modo 
la  giustifica  ;  il  senso  sconsolatamente  vivo  della  vanità  della  vita  : 

Siendo   la   vida   breve 
Una  caduca  sombra. 

Senza  dubbio  si  tratta  di  influenze  non  costitutive  ma  secondarie  (e 
anche  perciò  non  ne  facemmo  cenno  nel  testo),  ma  se  voi  vi  aggiungete 
quella  influenza  generale  sulla  struttura  del  dramma  e  sull'uso  scenico 
degli  innesti  liei  a  scopo  drammatico,  che  abbiamo  ricordato  già  an- 
teriormente, apparirà  chiaro  che  il  Werner  avesse  già  fin  da  questo 
tempo  una  conoscenza  assai  vasta  del  poeta  spagnuolo. 

E,  dato  tutto  ciò,  nulla  di  più  facile  che  egli  abbia  conosciuto  pure 
El  Principe  Constante,  che  fu  meritamente  una  delle  tragedie  cal- 
deroniane  più  fortunate  e  che  egli,  qualche  anno  più  tardi,  ricorderà 
con  un  entusiasmo  che  gli  strappava  le  lacrime,  e  con  parole  che 
lascian  credere  trattarsi  di  un'opera  già  da  tempo  nota. 

Già  Molay,  quando  nell'ultimo  atto  dei  KreuzesbrUder  rifiuta  di 
fuggire  e  preferisce  la  morte  e  prova  della  morte  nostalgia  e  desiderio, 
vi  fa  pensare  a  Don  Fernando  che  rifiuta  in  analoga  condizione  di 
animo  i  progetti  di  fuga  da  Fez  che  Muley  gli  propone.  Il  medesimo 
pensiero  è  divenuto  nel  Kreutz  an  der  Ostsee  centro  della  «  Lehre  » 
che  Sant'Adalberto  impartisce  e  Don  Fernando  ha  verso  la  morte  la 
nostalgia  di  cui  Sant'Adalberto  parla.  Non  solo  la  morte  è  centro  della 
vita  : 

Pisando  la  terra  dura. 

De    continuo   el    hombre    està, 

Y   cada   paso   che   dà 

Es  sobre  sa  sepultura, 

ma  ne  è  meta.  E  Don  Fernando  la  desidera,  amando  anche  la  malattia, 


//  dramma  dell'utopia  settaria  207 

sua  causa  che  gli  si  vide  esplicare.  Il  dramma  del  Werner 
ha  invece  la  assai  diversa  impostazione  che  conosciamo. 
E  Sant'Adalberto  divenne  un  «  deus  ex  machina  ». 


con  cui  Dio  lo  prova  :  «  los  cielos  me  cumplan  —  un  desco  de 
morir  —  par  la  fé...  —  ...y  sacrificar  a  Dios  vida  y  alma  juntas». 
Sente  la  morte  vicina  : 

Que  bien  se  que  he  de  morir 
De  està  enfermedad  que  turba 
Mis  sentidos,  que  mis  membros 
Discurre  helada  y  caduca. 

Ma  la  maggior  infermità  dell'uomo  è  la  sua  umana  natura  medesima  : 
«y  tu  eres  tu  mayor  enfermedad»  (Giornata  III,  Scena  VII  e  Vili.  E 
cfr.  anche  la  scena  XIV  dell'atto  li  in  cui  Don  Fernando  porge  fiori 
a  Fenix  e  tutto  un  lungo  discorso  si  svolge  sulla  caducità  delle  cose 
terrene.  Cito  della  edizione  di  JUAN  EUGENIO  HaRTZENBUSCH,  Madrid, 
1901,  nella  «  Goleccion  des  autores  espafioles  desde  la  formation  del 
lenguaje    basta   nuestros    dias  »). 

Anche  qui  del  resto  avete  la  lotta  dell'esercito  cristiano  contro  il  pa- 
gano e  nei  cristiani  la  fede  inconcussa  che  hanno  i  Cavalieri  dell'or- 
dine tedesco  malgrado  le  disperate  loro  condizioni. 

Don  Enrique.    Mira   que   la   noche, 

Envuelta  en  sombras,  el  luciente  coche 
Del  sol  esconde  entre  las  sombras  puras. 

Don   Alfonso.    Pelearemos   a   oscuras  ; 

Que  a  la  fé  que  me  anima 

Ni  el  tiempo,  ni  el  poter  la  disanima. 

Don  Fernando  poi  è  gran  maestro  dell'ordine  dei  Cavalieri  di  Avis, 
anch'egli  guida  i  soldati  dopo  lo  sbarco  in  Africa  ed  anche  qui  avete 
gli  oscuri  presagi  dell'avvenire  e  lo  sgomento  del  popolo,  che,  presen- 
tendo sciagure,  preferirebbe  evitar  la  guerra,  come  il  Werner  fa  suc- 
cedere presso  i  Prussiani  :  anche  qui  la  storia  dell'amore  di  Muley  e 
Fenix  innestata  alla  vicenda  guerresca,  anche  qui  la  vittoria  finale  dei 
cristiani  dopo  la  loro  disfatta. 

E,  venendo  finalmente  alla  grande  scena,  in  cui  Sant'Adalberto  com- 
pare agli   spalti   e  mette   in   fuga   i   nemici   già   vincitori,    non   solo  vi  è 


208  Zacharias   Werner 


Già  quando  Samo  irruppe  nel  castello  e  si  trovò  di 
fronte  a  Warmio  e  a  Malgona  e  sta  per  ucciderli,  già 
allora  nell'ultima  scena  del  second'atto,  egli  interviene 
impedendo  il  delitto  con  la  sua  presenza.  Samo,  cui  egli 
la  notte  innanzi  comparve  in  sogno,  si  sente  agghiadare 
a  quella  vista.  E  fugge.  D'ora  in  poi  procederà  tutto  da 
lui.  E  egli  che,  appesale  al  collo  una  «  Monstranz  »,  im- 
pone a  Malgona  di  lasciar  la  madre,  i  congiunti,  tutti, 
per  ricongiungersi  a  Warmio  sull'isola  nella  Vistola  ;  e 
egli  che  in  maniera  misteriosa  sottrae  Warmio  alla  pri- 
gione dov'era  stato  rinchiuso,  per  condurlo  a  Malgona  ;  è 
egli  che,  mentre  infuria  la  battaglia,  passa  sui  bastioni  se- 
guito da  Malgona  e  emana  una  luce  così  sfolgorante  dalla 
sua  figura  gigantesca,  che  i  Prussiani,  mentre  già  orano 
vincitori,  sono  improvvisamente  presi  da  un  tremore  e  da 
uno  spavento,  che  li  fa  immobili  o  li  volge  alla  fuga.  Tutti 
quanti  i  personaggi  diventano  passivi,  inutili  all'azione, 
zimbello  della  sua  potenza  :  nessuno  ha  più  la  sua  per- 
sonalità, nessuno  ha  più  il  suo  carattere,  la  sua  volontà. 
E  bensì  innegabile  che  la  prima  scena  dell'atto,  quando 


la  analogia  con  lo  spirito  di  Don  Fernando  che  risorge  dalla  tomba,  ma 
anche  la  impostazione  è  analoga.  Si  veda  lO,  ad  esempio,  le  didascalie  : 
«  Aparece  el  infante  Don  Fernando,  coi)  manto  capitolar,  y  una  hacha 
encendida...  Tocan  cajas  destempladas  ;  sale  Don  Fernando  delante, 
con  una  hacha  encendida,  y  det;^»  Don  Alfonso,  Don  Enrique,  y  sol- 
dados»   e  si  vedano  anche  le  ps'ole  di  Don  Fernando: 

Con  està  luciente 
Antorcha  desadida  del  Oriente, 
Tu  esercito  arrogante 
Alumbrado   he   de   ir   sempre   delante. 

La     figurazione    delle    due     scene    è     la     medesima     (Tornada     III, 
Escena   XI    e    seg.). 


//  dramma  dell'utopia  settaria  209 

tutti  nel  castello  sono  smarriti  e  disperati  sotto  il  premere 
della  minaccia  che  si  fa  sempre  più  grave  e  sempre  più 
sembra  inevitabile,  quando  la  battaglia  infuria  e  i  Prussiani 
incalzano,  incalzano  senza  posa  e  improvvisamente  quel 
fantasma  passa  abbattendo  d'un  tratto  tutto  quell'impeto  di 
forze  umane  col  puro  e  semplice  suo  passaggio  —  è  bensì 
innegabile  che  quella  scena  ha  una  grandiosa  bellezza 
fantastica  ;  ed  è  certo  anche  che  il  Werner  e  riuscito  a 
renderla  drammaticamente.  Ma  tutto  questo  nuoce  al 
dramma  interno  dei  personaggi,  anzi  lo  sopprime,  tras- 
formando tutto  il  finale  dell'opera  in  una  coreografia  com- 
pleteunente  esteriore. 

E  più  procedete,  più  il  difetto  si  fa  grave.  Dovreste 
scorger  per  lo  meno  nell'anima  del  Santo,  ma  egli,  strap- 
pato al  suo  mistero,  diventa  incomprensibile.  Perchè  im- 
provvisamente, giunto  alla  riva  del  fiume,  di  fronte  all'isola, 
abbandona  Malgona  alla  sua  sorte?  La  barcaiola  Teotka 
riesce  bensì,  uccidendo  con  astuzia  il  sopraggiunto  Ste- 
phani,  a  trasportar  Malgona  all'isola  dove  Weu-mio  là 
attende  ;  ma  Samo  e  Silko  che  sopraggiungono  possono 
inseguirli.  Perchè  ora  lo  «  Spielmann  »  non  difende  più 
e  non  impedisce  più  l'urto  fra  i  due  fratelli  ?  Succede  la 
scena  della  tentazione  carnale  vinta,  la  scena  d'amore  fra 
gli  sposi  che  si  sono  ritrovati  e  che  pur  rinunciano  al 
godimento  sensuale,  mentre  lo  «  Spielmann  »  nella  lonta- 
nanza assiste  tremando  di  paura  che  essi  non  cedano  e  non 
si  rendano  indegni  della  loro  sorte.  Sopraggiunge  Samo 
e  sta  per  uccidere  Malgona  :  ma  Warmio  ammazza  il 
fratello.  Warmio  e  Malgona  sono  fatti  prigionieri  dai 
Prussiani,  mentre  lo  «  Spielmann  »  canta  osanna  e  alle- 
luja  a  Dio. 

E  la  prima  parte  del  dramma  è  finita. 

G.  GabetTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  H 


210  Zacharias    Werner 


Vi  è  anche  in  questa  ultima  parte  una  irruzione  di 
lirica  religiosa  ed  erotica  a  cui  mal  si  sa  resistere;  le 
strofe  romanze  vi  si  alternano  con  il  giambo  tragico  rimasto 
alle  sole  scene  in  cui  la  violenza  drammatica  è  maggiore, 
si  alternano  e  cantano  con  varietà  e  ricchezza  di  suoni  e 
di  immagini.  E  vi  è  anche  talora  in  questa  ultima  parte 
un  senso  diretto  e  caldo  di  vita  che  riesce  talora  a  im- 
pregnar di  se  lo  stesso  suono  delle  parole  e  sempre  im- 
pedisce il  dilageu-  di  una  retorica  vuota  ;  vi  sono  anche 
in  questa  parte  frammenti  di  grande  forza  e  potenza,  scene 
in  cui  —  come  quella  dello  sgomento  dei  Polacchi  o 
quella  della  tentazione  vinta  —  delle  anime  umane  vivono 
e  si  agitano  e  soffrono  e  godono  nelle  convulsioni  di  una 
vita  che  per  esser  convulsa  non  è  men  vera  ;  ma  Torga- 
nismo  del  dramma  si  è  franto.  Lo  «  Spielmann  »  nell'ul- 
timo atteggiamento  che  egli  ha  assunto  è  la  vera  rovina 
dell'opera.  E  come  se  a  un  tratto  il  mondo  che  il  Werner 
aveva  creato  vada  in  frantumi  per  l'improvviso  scoppiar 
di  una  mina,  e  voi  vi  troviate  piombati  con  tutte  le  crea- 
ture, con  cui  il  poeta  vi  aveva  posto  a  contatto,  in  un 
mondo  nuovo,  ancora  primitivo,  in  un  mondo  in  cui  «  lo 
spirito  di  Dio  ancora  aleggia  sopra  le  acque  »,  e  delle 
grandi  rivoluzioni  si  compiono,  e  tutta  la  vita  assume  forme 
convulse,  e  tutti  gli  esseri  assumono  proporzioni  grandiose, 
figure  gigantesche. 

11  Werner  fu  trascinato  in  questo  nuovo  mondo  eviden- 
temente anche  perchè,  per  la  sua  immensità,  esso  gli  dava 
le  vertigini.  Ma  esso  gli  sfuggì.  Cercate  le  cause  delle  azioni 
dello  «  Spielmann  »  :  le  troverete  sempre  non  nel  suo  ca- 
rattere, ma  nelle  idee  che  il  Werner  voleva  sostenere  e 
applicare.  Egli  induce  Malgona  ad  abbandonar  la  madre, 
perchè  precisamente    l'amore  è  la  legge  suprema   a    cui 


//  dramma  dell'utopia  settaria  211 

tutto  si  deve  sacrificare  ;  egli  abbandona  Malgona    sulla 

riva  del  fiume,  perchè  in  tal  modo  si  provocherà  la  sua 

morte  e  la  morte  è  l'ideale  ;  egli  assiste  senza  intervenire 

alla  scena  della  tentazione,  perchè  in  tali  cose  gli  uomini 

debbono  sbrigarsela  da  sé  ;  egli  non  interviene  neppure 

a  difendere  Warmio  e  Malgona  nuovamente,  perchè    la 

morte  sarà  il  premio  della  loro  vittoria.  Ma  tutto    ciò  è 

predica  esemplificata  e  non  è  più  poesia. 

* 
*  * 

Quando  il  Werner  si  immerse  nella  elaborazione  della 
seconda  parte,  era  completamente  in  preda  di  questo 
vortice  di  fantasticherie  mistiche.  La  lotta  fra  il  santo  e 
il  demoniaco  era  uscita  fuor  delle  anime  dei  semplici  uomini, 
presso  di  cui  dapprima  era  stata  limitata,  e  si  impostava 
superbamente  fra  due  esseri  dotati  di  forze  superiori.  Alla 
figura  dello  «  Spielmann  »  veniva  ora  ad  opporsi  quella  del 
Waidewuth.  Questa,  che  prima  era  rimasta  sempre  solo 
nello  sfondo,  balzava  ora  in  prima  linea  sfoggiando  tutte 
le  forze  che  uno  spirito  satanico  può  esplicare  quaggiù. 
E  la  lotta  gigantesca  doveva  terminare  con  la  sua  sconfitta. 

Dai  frammenti  che  il  Werner  aveva  composti  e  letti 
agli  amici  l'Hoffmann  ricevette  una  profonda  impres- 
sione :  «  Es  mòchte  mir  unmòglich  seyn  Euch  ein  deut- 
liches  Bild  von  diesem  furchtbar  gigantischen  grauen- 
haften  Wesen  zu  geben,  das  der  Dichter,  des  gewal- 
tigen  Zaubers  màchtig,  aus  der  schauervollen  Tiefe 
des  unterirdischen  Reiches  heraufbeschworen  zu  haben 
schien  »  (87). 


(87)  Serapionsbruder,  IV,  p.  242.  E  v.  anche  la  ipotesi  dello  HagEN, 
Ceschichte  des  Theaters  in  Preussen  che  io  vedo  ora  soltanto  ripor- 
tata   dal    Brandt,    p.    69,    la    quale    però    porta    un    pensiero     nuovo 


212  Zacharias   Werner 


Per  render  più  tragica  la  sconfitta  del  Waidewuth  il 
Werner  ricorse  a  una  concezione,  che  riprenderà  anche 
più  tardi,  e  che  mostra,  per  la  sua  forza,  come  la  genialità 
degli  spunti  non  gH  venisse  mai  meno,  se  spesso  gli  mancò 
la  forza  delFesecuzione.  Il  Waidewuth,  per  comandare,  ha 
dato  al  popolo  una  religione  e  idoli  da  adorare  :  egli  mede- 
simo ha  scolpito  nel  legno  tre  idoli  e  li  ha  imposti  al  culto 
dei  sudditi  :  ma,  se  egli  sa  che  son  idoli  e  se  ne  ride  e 
crede  se  stesso  il  vero  dio  del  suo  popolo,  il  popolo  in- 
vece si  forma  di  quel  culto  una  fede.  Il  popolo  crede, 
e  quegli  idoli  che  il  Waidew^uth  ha  creato,  diventano 
più  forti  che  egli  medesimo.  Egli  non  riesce  più  a  domi- 
nare la  sua  creazione  :  il  bisogno  di  credere,  la  religione 
si  sono  svegliati  nelle  coscienze,  e  il  Waidew^uth  non  le 
può  più  domare.  Quel  bisogno  di  credere  e  quella  aspi- 
razione religiosa  saranno  il  motivo  per  cui  il  Cristianesimo 
riuscirà  vincitore  e  si  estenderà  fra  i  Prussiani.  Lo  Hoff- 
mann,  che  udì  i  frammenti  perduti,  così  si  esprime  a 
questo  proposito:  «  Geschichtlicher  Tradition  gemàss,  fing 
die  erste  Cultur  der  alten  Ròmer  von  ihrem  Kònig  Wai- 
dewuthis  an.  Er  fiihrte  die  Rechte  des  Eigentums  ein; 
die  Felder  wurden  umgrànzt,  Ackerbau  getrieben,  und 
auch  einen  religiòsen  Cultus  gab  er  dem  Volk,  in  dem 
er  selbst  drei  Gòtzenbilder  schnitzte,  denen,  unter  einer 


nella  2^  parte,  che  dai  cenni  che  il  Werner  fece  non  risulta. 
Lo  Hagen  vorrebbe  convertire  questa  2^  parte  in  una  annunciazione  di 
una  novella  vita .  «  Als  Mann  und  Frau,  als  Mann  und  Mannin 
miissen  eins  werden  das  schaffende  und  das  erhaltende  Prinzip  ;  jenes 
ist  das  Glànzende,  dieses  das  dauernde  »  ;  ma  si  tratta  qui  di  una  nuova 
creazione  che  lo  Hagen  verrebbe  a  sovrapporre  alla  werneriana,  che  pro- 
ietta la  novella  vita  in  un  futuro  vago,  che  non  doveva  affatto  venire 
descritto. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  213 

uralten  Eiche  an  die  sie  befestigt,  Opfer  dargebracht 
wurden.  Aber  eine  grause  Macht  erfasst  den,  der  sich 
selbst  allgewaltig,  sich  selbst  Gott  des  Volkes  glaubt, 
das  er  beherrscht.  Und  jene  einfaltige  starre  Gòtzen- 
bilder,  die  er  mit  eigner  Hand  schnitzte,  damit  des  Volkes 
Kraft  und  Wille  sich  beuge  der  sinnlichen  Gestaltung 
hòherer  Màchte,  erwachen  plòtzlich  zum  Leben.  Und  was 
diese  todten  Gebilde  zum  Leben  entflammt,  es  ist  das 
Feuer,  das  der  Faustische  Promelheus  aus  der  Hòlle 
selbst  stahl.  Abtriinnige  Leibeigne  ihres  Herm,  ihres 
Schòpfers,  strecken  die  Gòtzen  nun  die  bedrohlichen 
Waffen,  womit  er  sie  ausgerustet,  ihm  selbst  entgegen, 
und  so  beginnt  der  ungeheure  Kampf  des  Uebermenschli- 
chen  im  menschlichen  Prinzip  »   (88). 

Così  il  Waidewuth  doveva  soggiacere  perchè  non  si 
trovava  più  solo  a  combattere  con  Sant'Adalberto,  con 
i  Polacchi  e  con  i  Cavalieri  dell'ordine  tedesco,  ma  con 
il  suo  popolo  stesso.  La  fede  popolare  diventa  un  incendio 
che  sempre  più  divampa  e  più  non  può  essere  sedato: 
provocato  da  lui,  essa  finisce  col  distruggere  la  sua  po- 
tenza. 

E  il  Waidewuth  combatte  la  lotta  superbamente  con 
tutte  le  arti  di  cui  egli  dispone  :  lo  Hofhnann  osserva  : 
«  Der  Dichter  hat  mit  staunenswerter  Kraft  und  Origina- 
litàt  den  Dàmon  so  gross  und  gew^altig,  gigantisch  erfasst, 
dass  er  des  Kcunpfes  volkommen  wiirdig  erschien,  und  der 
Sieg,  die  Glorie  des  Christenthums  um  desto  herrlicher 
glànzender  strahlen  musste  ».  Paive  all'Hoffmann  che  il 
dantesco  «  imperator  del  doloroso  regno  »   medesimo  ri- 


(88)  Ibid.,  p.  237. 


214  Zacharias   Werner 


sorgesse  in  quella  figura,  che  nel  Magico  prodigioso  di 
Calderon  lo  Hoffmann  trovava  già  una  volta  mirabilmente 
rinnovata  (89). 

Tutti  gli  altri  elementi  del  dramma  si  ingrandivano 
nella  luce  trasfigurante  che  emanava  dalle  due  figure  prin- 
cipali. Le  stesse  figure  dei  cavalieri  finivano  col  mettersi 
a  contatto  diretto  con  la  divinità  e  con  Tassumere  un 
linguaggio  solenne,  come  se  lo  spirito  dell'intera  loro  na- 
zione parlasse  in  essi.  «  Auf  der  Dauer  —  scrive  il 
Werner  —  kann  der  Deutsche  den  Kern  alles  Wesens, 
den  er  vorzuglich  zu  entfalten  berufen  ist,  die  Liebe,  nie 
verkennen.  Das  ist  es,  was  unter  den  Vòlkern  der  Erde 
dem  Deutschen  seinen  Standpunkt  bezeichnet  und  seine 
Meisterschaft  verbiirgt.  In  diesem  Sinne  lasse  ich  dem 
ersten  Hoch-  und  Teutschmeister,  dem  grossen  Herrmann 
von  Salza  nachei-zàhlen  folgenden  Spruch  »  : 

Teutschmeister  —  rief  er  aus  —  der  Name 

Soli  nicht  untergehen,  denn  Gott  hat  ihn  gestempelt  (90). 

Gli  altri  personaggi  nuovi  introdotti  assumono  propor- 
zioni analoghe. 

Il  Waidevs^uth  sa  che  nessuno  dei  suoi  figli  erediterà 
il  suo  trono,  e  perchè  la  potenza  che  egli  ha  creata  non 
si  disperda,  alleva  un  ragazzo,  che  compar  dodicenne  nel 
dramma  ed  è  destinato  a  succedergU.  L'uno  e  l'altro 
stanno  sdraiati,  nella  notte,  presso  il  fuoco  e  il  Waidewuth 


(89)  V.  per  l'influenza  del  Calderon,  che  qui  è  anche  più  evidente 
per  il  Magico  prodigioso  (cfr.  pure  BreCHLER,  loc.  cit.),  la  nota  pre- 
cedente. 

(90)  Ausg.   Schr..    Introd.    Mutter   d.    M.   cit. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  215 


si  sforza  di  infiamm2u*e  l'anima  del  fanciullo  per  l'idea 
della  divina  potenza  che  possiede  un  reggitor  di  popoli. 
Il  fanciullo,  che  tiene  in  braccio  un  giovane  lupo  addo- 
mesticato, di  cui  egli  si  fece  il  proprio  compagno  di  giochi, 
ascolta  con  attenzione  le  parole  del  vecchio  re  ;  e  quando 
questi,  alla  fine  del  suo  discorso,  gli  chiede  se  egli,  per 
amore  di  una  tal  potenza,  non  sacrificherebbe  il  suo  lupo, 
il  fanciullo  lo  guarda  fìsso  e  fermo  negli  occhi,  2ifFerra  il 
lupo  e  lo  getta  senz'altro  nelle  fiamme  (91). 

Si  venne  così  a  poco  a  poco  formando  la  concezione 
di  un  dramma  che  per  potersi  svolgere  doveva  rasentar 
continuamente  i  limiti  estremi  della  umanità,  senza  oltre- 
passarli. Impresa  diffìcile  per  il  Werner,  che  già  non  aveva 
saputo  fermare  la  figura  dello  «  Spielmann  »,  e,  pur  rap- 
presentando gli  uomini,  tendeva  per  le  sue  esaltazioni 
fantastiche  a  smarrirsi  nel  sovrumano:  come  rappresentar 
l'umano  in  ciò  che  ne  trascende  già  per  propria  natura 
i  limiti  ?  Lo  Hoffmann  infatti,  di  fronte  alla  natura  sa- 
tanica che  nel  Waidew^uth  compariva,  non  riusciva  ad 
intendere  come  egli  «  wiederum  mit  dem  Menschlichen 
so  verkniipft  vs^erden  konnte,  um  w^ahrhaftes  dramatisches 
Leben  verspuren  zu  lassen,  ohne  das  keine  Aufregung  des 
Zuschauers  denkbar  ist  ».  E  come  ricondurre  alla  terra 
in  un  avvenimento  drammatico  la  catastrofe  finale  con  il 
trionfo  del  Cristianesimo,  dopo  che  l'azione  era  andata 
sempre  più  smarrendosi  nel  soprannaturale  ?  «  Die  Ka- 
tastrophe  seines  (del  Waidewuth)  Untergangs ,  jenen 
Sieg  des  Christentums,  mithin  den  wahrhaftigen  Schluss- 
akkord,  nach  dem  alles  hinstrebt  im  ganzen  Werke,  das 


(91)  Serapionsbriider,    loc.    cit. 


216  Zacharias    Werner 


mir,  wenigstens  nach  der  Anlage  des  zweiten  Theils, 
einer  anderen  Welt  anzugehòren  schien,  habe  ich  mir 
in  der  dramatischen  Gestaltung  niemals  recht  denken 
kònnen  ». 

L'unità  di  concezione  delle  due  parti  rendeva  neces- 
sario un  ritorno  nel  mondo  terreno,  inquantochè  anche 
questa  seconda  parte  della  lotta,  sebbene  così  grandio- 
samente impostata,  doveva  svolgersi  intorno  all'amore  di 
Warmio  e  di  Malgona.  E  Warmio  e  Malgona  dovevano 
esser  condotti  al  banchetto  nuziale,  cioè  a  morte,  e  quella 
morte  doveva  riverberarsi  nello  svolgimento  generale  della 
tragedia  di  quel  tramonto  del  paganesimo.  «  Der  zweite 
Teil  —  scriveva  il  Werner  —  soli  die  Weihnacht 
(Opfernacht)  heissen,  weil  er,  vv^ie  das  Ganze  iiberhaupt, 
mit  dem  Opfer  beider  Liebenden  und  der  heidnischen 
Getter,  schliesst,  an  deren  Stelle  das  gew^eihte  Kreutz 
errichtet  wird  »  (92).  Ma  come  doveva  e  poteva  questo 
succedere  ? 

L'opera,  trascendente  così  di  continuo  in  una  fantasia 
grandiosa  ma  imprecisa,  non  riuscì  a  giungere  a  maturità. 
Se  già  era  sfuggito  al  Werner  il  dominio  della  materia 
nell'ultimo  atto  della  Brautnacht^  ora  esso  gli  sfuggì  così, 
che  non  riuscì  più  a  districarne  in  niun  modo  le  fila. 
Quanto  più  egli  si  accostava  al  dramma,  tanto  più  questo 
—  per  la  naturai  tendenza  della  sua  immaginazione  — 
tendeva  ad  ingrandirsi  ancora  :  nuovi  elementi,  nuove  con- 
cezioni laterali,  nuove  idee  vi  venivano  introdotte.  E  la 
concezione  restò  un  caos  informe,  perchè,  quanto  più 
vasto  è  il  piano,  tanto  maggiore  è  il  dominio  che  il  poeta 
deve  avere  sulla  sua  opera. 


(92)  «Blatter  f.  I.  U.  ».   1834.  p.   1180. 


//  dramma  dell'utopia  settaria  217 

Restando  un  caos,  essa  lasciò  nell'cinima  del  Werner 
Timpressione,  che  sempre  lasciano  le  opere  non  condotte 
a  compimento:  l'impressione  di  un'idea  grande,  di  una 
bellezza  meravigliosa  non  ancora  deturpata  dalle  manche- 
volezze della  esecuzione.  Vent'anni  dopo  ancora  egli  pro- 
clamava questa  seconda  parte  incompleta  «  das  Beste  w^as 
er  geschrieben  »   e  godeva  di  ripensarla  e  di  richiamarla. 

Quante  volte  si  ripropose  di  riprendere  il  frammento 
lasciato  incompleto  !  Nel  1 806  scriveva  :  «  Ich  werde  nun 
den  zweiten  Teil  durch  Gottes  Beistand  so  zu  Ende 
fiihren  dass  ich  mit  der  tròstenden  Ueberzeugung  Averde 
sterben  kònnen,  ein  religiòses  Kunstwerk  (die  Talssòhne 
waren  Farbenversuche  auf  der  Palette,  mein  Luther  ist 
wie  sein  Originai  ein  einer  Silhouettennàhnlicher  Tin- 
tenfass)  der  Welt  unterlassen  zu  haben  ». 

Nel  1808  combinò  dalla  prima  e  dalla  seconda  parte 
un  dramma  in  cinque  atti  :  Der  Ostermorgen,  perchè 
fosse  rappresentato  a  Weimar;  ma  non  ad  esso  eviden- 
temente alludeva  il  Goethe  quando  giudicava  :  «  dies 
Werk  wird  in  unserer  Literatur  Epoche  machen  »  (93), 
sibbene  ai  soli  frammenti  della  parte  seconda  che  il 
Werner  gli  lesse.  Il  Werner  stesso  ne  era  insoddisfatto  e  ne 
avrebbe  permesso  solamente  al  Cotta  una  pubblicazione 
postuma,  quando  egli  fosse  morto  senza  soddisfare  gli 
obblighi    contratti    per   gli    anticipi    che    questi    gli   fece. 


(93)  Cfr.  ibid..  p.  1343.  il  racconto  del  Werner  allo  Scheffner; 
«Von  dem  noch  nicht  fertigen  und  annoch  ungedruckten  2.ten  Teil  des 
Kreutz  an  der  Ostsee  (der  so  excentrisch  ist,  dass  die  Konigsberger 
ihn  mit  Fiissen  treten  miissten)  sagt  Goethe  :  «  dies  Werk  wird  in 
unserer  Literatur  Epoche  machen,  und  Sie  sind  es  Ihrem  Ruhme 
schuldig,  es  bald  und  so,  wie  Sie  es  angefangen  haben,  zu  beendigen». 


218  Zacharias   Werner 


«  An  den  Druck  dieses  Ostermorgens  ist  nicht  zu  denken, 
denn  es  ist  ein  bloss  in  der  Eile  zusammengebastelter 
Auszug  des  Kreutzes  an  der  Ostsee,  und  ich  dieses  mein 
Lieblings  und  bestes  Werk  (nehmlich  dessen  2^^^  Teil) 
des  baldigsten,  zu  vollenden  gedenke  ».  I  Kreuzfahrer, 
stampati  nel  1820  sotto  il  nome  del  Werner,  sono  una 
falsifìccizione  :  nel  1823,  quando  il  Werner  morì,  il  Sander 
annunciò  a  Berlino  la  stampa  dell'opera  intera,  dando 
come  titolo  della  seconda  parte  non  più  «  Die  Weihnacht  », 
ma  «  die  Kreuzerhòhung  ».  Il  Brandt  crede  di  poterne  de- 
durre che  questa  fu  condotta  a  compimento,  ma  tutti  co- 
loro che  lo  videro  ne  conobbero  solamente  frammenti.  E 
che  la  prima  concezione  sia  rimasta  un  torso,  si  può, 
credo,  affermare.  Se  anche  il  vecchio  Werner  tentò  di 
compierla,  essa  non  fu  più  il  sogno  che  gli  era  balenato 
un  tempo  :  forse,  anzi,  fu  soltanto  una  rielaborazione  degli 
ultimi  atti  deìVOstermorgen  (94). 


(94)  Su  questa  elaborazione  scomparsa,  che  il  Werner  definisce, 
mandandola  al  Goethe  :  «  nur  2000  Jamben  stark,  aus  einem  Viertel 
Text  und  drei  Viertel  Parenthesen  bestehend,  Eilfertigkeits  halber  noch 
ungepresst,  also  mehr  dick  scheinend  als  dick»,  v.  le  notizie  che  dà 
il  Brandt,  op.  cit.,  p.  42-44. 

E  V.  ibid.,  p.  28  e  segg.,  la  storia  delle  sue  vane  ricerche  del  mns. 
perduto.  A  pag.  31  è  riprodotto  l'annuncio  editoriale  del  Sander.  a 
pag.  39  la  lettera  di  M.  Stark  all'editore  Schlòsser  per  una  edizione 
delle  opere  del  Werner  :  «  In  ersten  Bande  solite  des  Kreutz  an  der 
Ostsee  2. ter  Teil  aufgenommen  werden»,  ma  non  vi  si  fa  cenno  che  sì 
tratti  dell'opera  intera,  mentre  ciò  sarebbe  pur  detto,  data  l'impor- 
tanza della  cosa,  trattandosi  di  un'opera  di  cui  molto  si  era  parlato. 
Anche  il  Brandt  del  resto  (pag.  32)  dice  che  il  Sander  vide  soltanto 
un   frammento. 


CAPITOLO  QUARTO 
n  dramma  deirutopia  erotico-mìstica. 


Con  il  Kreutz  an  der  Ostsee  finisce  Tutopia  settaria  (I), 
e  si  inizia  nell'attività  drammatica  del  Werner  un  nuovo 
periodo. 

Il  Werner  credeva  che,  se  gli  fosse  stato  possibile 
di  vivere  a  Berlino,  avrebbe  trovato  adepti  e  avrebbe 
potuto  dar  realtà  al  suo  sogno  (2).  Grazie  all'  inter- 
vento dello  Iffland,  dell'aspirante  alla  mano  di  sua  moglie 
Geheimrat  Kunth,  del  Barone  von  Stein,  del  Conte  von 
Dohna,  del  Barone  Scheffner  e  sopra  tutto  del  Barone  von 
Schròtter,  ottenne  un  posto  di  «  expedirender  Sekretàr  » 
al  Dipartimento  della  Nuova  Prussia  Orientale  (3);  ma, 
malgrado  le  accoglienze  festose  della  capitale  e  malgrado 
la  relazione  cogli  uomini  più  noti  nel  mondo  intellettuale, 
vide  presto  che  egli  sarebbe  così  poco  riuscito  a  fondare 


(1)  Ben  ne  conserverà  ancora  in  parte  il  vocabolario  e  manterrà 
talune  forme  della  sua  concezione,  come  i  tre  gradi  di  religiosità  : 
«  Meisterschaft  »  «  Jiingerschaft  »  e  a  Lehrlingschaft  »,  ma  la  fede  nella 
utopia    scompare. 

(2)  «Blatter  f.  1.  U.»,    1834,  p.    1181. 

(3)  DUNTZER,    op.    cit.,    p.     123:    VlERLING,    op.    cit.,    p.     147. 


220  Zacharias    Werner 


una  setta  nuova,  come  aveva  dovuto  constatare  che  era 
inutile  cercar  di  riformar  la  Massoneria.  <(  Die  Gemeinheit 
hat  sich  in  den  Gemiitern  der  meisten  bejahrteren  Men- 
schen  petrifizirt  »  (4). 

Contro  tale  petrificazione  ogni  sforzo  è  inutile.  Il 
Werner  riesce  a^  comunicare  i  suoi  entusiasmi  mistici 
al  Chamisso,  incerto  ancora  e  vagante  in  cerca  di  sé 
stesso  (5),  ma  il  Varnhagen  gli  sfugge,  tenuto  fermo  dallo 
spirito  chiaro  della  Rahel  (6),  e  gli  sfugge  anche  l'an- 
tico scolaro  Hitzig  volto  per  vie  sempre  più  mondane  (7). 
La  vita  di  piacere  della  grande  città  lo  distrae  e  lo  dissipa  : 
stringe  amicizia  col  ((  fratello  in  Cristo  »  Johannes  von 
Miiller,  e  si  trovano  spesso  insieme,  e  si  rallegrano  nel 
Signore,  perchè  ((  dove  due  sono  riuniti  in  Suo  nome  Egli 
è  sempre  il  terzo  presente  »  :  poi,  dopo  che  si  son  debita- 
mente rallegrati,  corrono  insieme  per  le  ((Weinstuben»  (8). 
Oltracciò  succede  la  catastrofe  :  la  moglie  gli  annuncia  di 
volersi  separare  da  lui  e  di  voler  sposare  Kunth.  Accon- 
sente, ma  si  trova  come  smarrito.  Gli  par  che  il  mondo 
intorno  a  lui  precipiti  con  tutte  le  sue  illusioni  :  e  che  cos*è 
la  vita  senza  illusioni  ? 

Gli  pare  allora  di  essere  condannato  a  restar  solo  (9). 
E  l'idea   della  solitudine   lo  spaventa,   ma   anche   lo  at- 


(4)  «Euphorion»,    1895,  p.  361. 

(5)  V.  Lettera  al  Chamisso  in  DoROW,  op.   cit.,  p.  94. 

(6)  Varnhagen  von  Ense,  DenkwUrdigkeiten,  XII,  115  e  VII, 
passim. 

(7)  Lebensabriss    cit.,    p.    57. 

(8)  Briefe  an  und  Don  J.  v.  Miiller  hrsgg.  v.  MaURER  -  CONSTANT, 
Schaffhausen,  1842.  voi  IV,  p.  126.  Il  Muller  lo  consolerà  con  mistici 
pensieri,   quando  sua  moglie   chiederà   la  separazione,    v.    ibid.,   p.    112. 

(9)  «Blatter  f.   1.   U.  »,    1834,   p.    1342. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  221 

tira  :  ((  Ich  bin  ein  Schwàchling  :  Leiden  und  Kummer 
haben  mich  friih  alt  gemach;  ich  bin  unreinlich,  miir- 
risch,  launenhaft,  sparsam  (was  ich  sein  muss),  lebe 
immer  in  meinen  oft  albernen  Phantasien;  wie  konnte  das 
junge  Weib,  die  Arme,  mit  mir  gliicklich  sein  !  Ich 
bàtte  kliiger  sein,  der  Sucht  geliebt  zu  werden  friiher  ent- 
sagen,  kein  weibliches  Geschòpf  aufs  neue  in  die  uner- 
bittlich  gràssliche  Nemesis,  die  mich  verfolgt,  verflechten 
sollen  ))  (IO).  Tutte  le  idee  di  vita  in  comune  cadono: 
questo  è  il  segno  che  Dio  lo  vuol  tutto  per  sé.  E  Dio  lo 
aiuterà  :  «  Der  Gedanke  evv^ig  allein  zu  sein  und  allein  zu 
sterben  ergreift  mich,  besonders  ili  der  Stille  der  Natht, 
mit  fiirchterlicher  Wut,  und  noch  ist  mein  ganzer  Kopf 
dumpf  und  leer.  Aber  Gott,  dem  es  gefallt,  mich,  wie 
die  Martyrin,  meine  Mutter,  durch  dunkle  Wege  sich 
zuzufiihren,  w^ird  mich  stàrken,  wenn  es  sein  Wille 
ist»   (11). 

Non  rinuncia  dunque  alla  sua  missione,  al  suo  ((  gòttli- 
cher,  durch  kein  Schicksal  zu  zerstòrender  Lebens- 
zv^reck  »  (12);  anzi  più  ancora  vi  si  conferma  :  se  le  gioie 
della  famiglia,  i  trionfi  mondani  non  son  per  lui,  se  Dio  lo 
vuol  tutto  per  se,  egli  dedicherà  a  Lui  tutte  le  sue  forze. 
«  Seinem  heiligen  Werke  will  ich  mich,  von  alien  anderen 
Banden  der  Natur  losgerissen,  unausgesetzt  und  aus- 
schliesslich  widmen,  seinem  Winke  will  ich  folgen  und 
seinem  Rufe,  der  jetzt  laut  zu  mir  spricht.  Seelen  will 
ich  ihm  gewinnen,  sie  sollen  mir  Vater,  Mutter  und 
Frau  sein.  Ich  habe  jetzt  keinen  als  Gott  ». 


(10)  ScHUTZ,  cit.,  p.  47. 

(11)  «Blàtter  f.  1.  U.».    1834.  p.    1341. 

(12)  Ibid. 


222  Zacharias    Werner 


Egli  cercherà  ora  adunque  —  per  usar  la  sua  espressione 
—  delle  anime  e  si  adoprerà  di  convertirle  a  Dio.  Egli 
crede  sia  giunto  il  momento  di  agir  sulle  anime  dei  sin- 
goli individui  (13)  ed  egli  predicherà  liberamente  il  suo 
Vangelo:  la  scena  di  Berlino  gli  è  aperta:  dalla  scena 
egli  influirà  direttamente  sul  gran  pubblico,  sveglierà  gli 
spiriti  assopiti  e  sopratutto  svilupperà  i  germi  che  già  esi- 
stono. 

Egli  attribuisce  ora  al  teatro  la  virtù  che  attribuiva  an- 
teriormente alla  setta.  Lo  spirito  settario  cede  alla  cieca 
fede  nella  potenza  dell'arte  :  «  Ist  die  Biihne  nicht  das, 
wozu  ihr  sie  machen  v^ollt,  der  Nachhall  eurer  eigenen 
Wiinsche  ?...  so  erlaubt  ihr  sich  zu  dem  Heiligen  emporzu- 
schwingen))  (14). 

Ist  denn  die  Biihne  ein  Siindenhaus  ?  —  Nein. 
Ein   Tempel    des   Herren   soli   sie   sein  !    (15) 

La  celebrazione  dell'arte  prende  nei  suoi  drammi  un 
posto  sempre  maggiore  e  quelle  idee  che  trovammo  nel 
primo  capitolo  assumono  una  tinta  sempre  più  spiccata- 
mente mistica.  Essendo  la  bellezza  in  se  cosa  divina,  ed 
essendo  Tarte  ((  fleischgewordene  Schonheit  »,  questa  è  un 
sacramento,  come  ogni  cosa  —  Ein  jedes  Ding  ist  ein  Sa- 


(13)  «Ausser  der  gewohnlichen  unheiligen  Gemeinheit  hat  sich 
jetzt  noch  ein  heiliger  Egoismus  sich  zu  zeigen  begonnen,  d.  h.  es 
erscheinen  Menschen,  welche  das  Heilige  aus  reiner  Absicht  wunschen 
wollen,  und  ahnden,  es  aber  nicht  besitzen,  da  sie,  bel  aller  Klarheit 
der  Ideen,  doch  in  dem  Egoismus  des  Gefùhls,  wie  eine  Spinne  in 
ihrem  eigenen  Netze,  verflochten  sind».  Ed  è  su  questi  spiriti  che  egli 
crede  ora  di   poter   agire.    «Euphorion»,    1895,    p.    363. 

(14)  «Blatter  f.  1.  U.  »,    1834.  p.    1178. 

(15)  Teichmann,  cit.,  p.  280. 


//  dramma  dell'utopia  eTotico-mistica  223 

krament  dem  Reinen  —  e  più  di  ogni  altra  cosa,  perchè 
ai  consacrati  è  dato  di  scorgere  in  essa  direttamente  la  di- 
vinità. 

Es  uberspringt  die  Kunst  die  engen  Schranken, 
Durch  welche  Wesen  und  Gestalt  ihr  trennet, 
Sie  kann  nicht  zwischen  Sein  und  Nichtsein  schwanken. 

Ein  Sacraraent  muss  Geist  und  Leib  vermàhlen  ; 

War  jammerlich,    was  gòttlich   ist,   geschàndet. 

Soli   Kunst  den   Jaramer  denn   zum   Fiihrer  wàhlen  ?   (16) 

E  l'idea  dell'arte  si  mescola  ora  anche  nella  materia 
che  i  nuovi  drammi  svolgono. 

Essa  era  rappresentata  già  nei  Sòhne  des  Tales  dal 
«  Troubadour  »  ;  ma  questi  è  nella  prima  parte  una 
figura  secondaria  ed  anche  nella  seconda  una  specie  di 
consolatore  di  Molay:  l'arte  non  appare  ancora  fattore 
essenziale  di  santità.  Nel  Kreutz  an  der  Ostsee  la  figura 
dello  ((  Spielmann  »  dà  già  all'idea  un  maggior  ri- 
lievo; ma,  se  voi  analizzate  il  valor  simbolico  del  perso- 
naggio, e  osservate  le  azioni  che  compie,  le  parole  che 
pronuncia,  trovate  che  poca  parte  di  lui  si  può  ricondune  a 
questo  suo  aspetto.  Come  la  parola  stessa  ((  Spielmann  » 
dimostra,  deve  il  Werner  aver  dapprima  concepito  il  suo 
personaggio  come  un  simbolo  dell'efficacia  religiosa  della 
poesia;  il  pensiero  della  Provvidenza,  l'esempio  del 
Tieck  e  del  Calderon  lo  condussero  poi  a  dargli  quell'altro 
carattere  che  rilevammo:  restò  il  nome,  ma  la  sostanza 
mutò. 


(16)  Cfr.   Prolog,   alla   Weihe  der  Krafi. 


224  Zacharias   Werner 


I  nuovi  drammi  fanno  invece  all'arte  un  posto  mag- 
giore, più  risoluto  e  preciso:  essa  vien  rappresentata  in 
personaggi  importanti,  il  cui  valor  simbolico  non  muta: 
Theobald,   Valdecon,  Ludmilla. 

Ciò  è  anche  conforme  a  un'altra  tendenza  che  ora 
nel  Werner  compare,  la  tendenza  a  chiarificare  le  sue 
idee,  a  portarvi  ordine  e  armonia.  Egli  si  sente  stanco 
del  confuso  tumulto  che  in  lui  regna  e  lo  vuol  sedare, 
vuol  superare  la  in  lui  «  rasende  Wildheit  » ,  applicando 
a  se  stesso  il  principio  che  ((  die  Wildheit  in  Frieden, 
wie  die  Gàhrung  in  Klarheit  sich  auflòsen  muss  »  (17). 
E  fa  quindi  un'idea  unica  centro  del  suo  sistema.  Que- 
st'idea è  quella  che  trovammo  già  nel  Kreutz  an  der 
Ostsee,  quella  dell'amore.  Fra  tutte  le  teorie  che  i  ro- 
mantici gli  avevano  portate,  il  Werner  doveva  finire  di 
concentrarsi  su  questa  sola,  tanto  pili  che  la  separazione 
dalla  moglie  parve  aver  svegliati  in  lui  anche  maggiormente 
i  bisogni  erotici.  La  risoluzione  dell'assorbimento  di  idee 
romantiche  in  un  misticismo  erotico,  accennata  nel  primo 
capitolo,  si  compie  in  questo  tempo.  È  in  questo  tempo 
infatti  che  egli  riconosce  nella  promulgazione  di  questo 
nuovo  vangelo  la  sua  missione.  ((  Das  mir  von  Gott  zu 
seiner  Verkiindigung  ins  Gemiit  gelegte  Thema  ist:  Ver- 
gòttlichung  der  Menschheit  durch  die  Liebe,  vyrelche  (nàm- 
lich  die  Liebe)  das  glaùbig  gliihende  Versinken  in  die 
Gottheit  und  in  die  (die  Gottheit  darstellende)  Schònheit 
ist  » .  E  predica  le  sue  teorie  continuamente  anche  nelle 
conversazioni  private.  Quando  giunse  a  Coppet,  con  una 
tabacchiera  in  mano,  l'abito  e  il  naso  intabaccato,  si  pre- 


li?)    «Euphorion».    1895,   p.   361, 


Il  dramma  dell' utopia  erotico-mistica  225 

sento  alla  società  colà  raccolta  con  le  seguenti  parole  : 
((  Je  suis  Zachcirias  Werner,  poète  dramatique  et  profes- 
seur  d'amour  »  ;  baron  Vogt  cadeva  dalle  nuvole  e  Sis- 
mondi  si  sbellicava  dalle  risa  a  sentirlo  predicare  (18). 
Però  furono  naturalmente  i  drammi  in  cui  egli  riversò  i 
suoi  entusiasmi. 

L'amore  vien  da  lui  ora  esaltato  sopra  l'arte  e  sopra  la 
fede,  sopra  la  purità. 

Se  l'amore  è  godimento  di  Dio  in  terra  per  il  tramite 
della  persona  amata,  e  se  tutti  gli  atti  d'amore  sono  un 
«  Versinken  in  die  Gottheit  )) ,  esso  è  il  più  alto  sacra- 
mento, e,  a  un  tempo,  sacramento  quotidiano,  che  perenne- 
mente si  rinnova.  Nel  a  Liebestrieb  »  si  riassumono  e  si 
fondono  tutti  i  sentimenti  umani  che  tendono  verso  Dio. 
Alcune  pcirole  di  Katharina  von  Bora  formulano  ora 
questo  pensiero  con  chiarezza  e  con  precisione  (19). 

E)er  Heiland  ist  —  er   ist  es  nicht  allein, 

Der  mir   die   Seele    fiillt.    es    ist   der   Drang, 

Dar    ungestiime,    nie    befriedigte. 

Der  Drang,   o  Gott  !   —  ich  bebé   vor  mir  selber. 

So  drangt  es  mich  des  Heilands  hohes  Bild 

Mir  selbst,   wie  es  am  Himmel  tront,   zu  schaffen  : 
Verkorpert  mochte  ich's,  nicht  nur  glàubig  -  gluhend 
Mochte   ich's   umfassen,   mir  den  eignen   Heiland, 
Der   mir   gehort   und   doch  im   Geisterreich 
Versohnend    herrscht,    Aller    und    doch    mein; 


(18)  Su  questo  periodo  della  vita  del  Werner  cfr.  il  II  voi.  del  mio 
studio  Deutschland  in  Madame  de  StaSls  liteTarìschem  Schaffen, 
ora   in   corso   di   stampa. 

(19)  Weihe    der   Kraft.    Atto    11.    Scena    IV. 

G.  Gabetti,  //  dramma  di  Z.    Werner.  15 


226  Zacharias   Werner 


Den   mochte.  ich    fassen,    mir    ihn  selbst   gestalten, 
In   ihn   mich  ganz  versenken,   und   mit   ihm 
Aus    freier    Willkiir    liebend    untergehn.    (20) 

Ed  ella  non  dubiterà  di  pregare  il  suo  amato  perchè 
((  ist  Liebe  denn  nicht  beten  ?  ))  (21).  Pregando  lui  ella 
prega  Dio. 

—  Du  betest  zu  ihm  ? 

—  Ja,  ich  bete  zu  ihm   (22). 

((  Das  Leben  ist  Liebe  »  canta  il  Werner  nel  Linden- 
berger  Lied  (23).  E  una  nostalgia  vana  e  violenta  d'amore 
Io  travolge  e  lo  prostra. 

Was   hilft  das   Tal   mit   seinen   Griissen,    Gluten, 

Die    Strahlen,    welche   golden   niederfluten  ? 

Ich  seh'   nur  Geister  mich   zum   Abgrund   ziehen. 

Wozu  soli   ich   die  goldnen  Bliiten   pfliicken 

Darf  ich  doch  nie  mehr  das  Geliebte  schmiicken  ?  (24) 

Già  nel  Kreutz  an  der  Ostsee  sotto  l'influsso  diretto 
dei  romantici  aveva  il  Werner  veduto  l'essenza  del  Cri- 
stianesimo nell'amore:  ora,  a  Berlino,  sotto  l'influenza  del 
Fichte  (25)  il  suo  pensiero  si  è  determinato  con  anche  mag- 
gior nettezza.    E,   volto    sempre    più    verso    il    Cattoli- 


(20)  Ibid. 

(21)  Ibid..  p.  27. 

(22)  Ibid.,  Atto  II,  Scena  I. 

(23)  Schriften.  I,  p.    132. 

(24)  Tharands  Ruìnen  in  Ausg.  Schrifterì,  I,    136. 

(25)  È  questo  il  tempo  in  cui  il  Fichte  dall'idealismo  assoluto  della 
«  Wissenschaftslehre  39  voltosi  a  una  filosofia  della  pratica  si  imbeveva 
sempre  più  di  misticismo  e,  mentre  incitava  i  patriotti  tedeschi,  svol- 
geva a  un  tempo  anche   le  sue  teorie  sulla  religione. 


//  dramma  delVuiopia  erotico-mistica  227 

cismo,  ricevette  il  Werner  anche  una  profonda  impres- 
sione dalla  Geschichte  der  Religion  Jesus  Christi  dello 
Stolberg  (26).  Ora  anche  lo  Stolberg  scrive  :  ((  Wir 
lieben  alles  was  wir  lieben  in  Gott,  oder  wir  lieben  in 
allem  was  wir  zu  lieben  wàhnen,  nur  uns  selbst,  und 
eben  darum  etwas  sehr  Schlechtes...  In  unserem  kranken 
Willen  liegt  das  Wehe  unserer  Natur,  in  der  Genesung 
unseres  Willens  unser  Heil...  Die  Religion  Jesus  Christi 
ist  eine  Brautwerbung,  eine  Werbung  um  Liebe  »  (27). 
((  Liebe  zu  Gott  ist  unsre  Bestimmung.  Auch  uns  selbst 
sollen  wir  in  Gott  lieben.  Was  seine  Bestimmung  verfehlt, 
das  gehabt  sich  iibel  »  (28).  Solo  che  lo  spirito  dello  Stol- 


(26)  II  primo  volume  fu  stampato  ad  Hamburg  nel    1806. 

(27)  Voi.   I,   Prefazione,   p.   VI-IX,   passim. 

(28)  Ibid..  p.  VI. 

Un'altra  influenza  si  deve  aggiungere  qui,  che  si  fece  valere  .ora 
fortemente  nella  formulazione  teorica  del  pensiero  erotico  werneriano  : 
quella  dello  Zinzendorf  e  della  letteratura  herrenutistica.  Già  nel  primo 
capitolo  ne  avvertimmo  la  esistenza,  ma  questo  è  precisamente  il  mo- 
mento in  cui  essa,  per  la  evoluzione  che  stiamo  descrivendo,  trova  nel 
Werner  un  terreno  più  adatto.  Anche  nel  Werner,  si  tratta  di  una 
influenza  per  così  dire  formale  :  egli  trova  già  intorno  a  sé  delle  fan- 
tasticaggini, in  cui,  come  nella  sua  propria  anima,  erotismo  e  religione 
sono  insieme  mescolati,  anzi  talora  quasi  identificati.  È  curioso  osser- 
vare quale  deformazione  alcune  credenze  cristiane  assumano  nello  Zin- 
zendorf. Egli  è  dominato  da  una  viva  tendenza  al  panteismo,  come 
quasi  tutti  i  mistici  del  secolo  XVIII,  ma  accetta  la  dottrina  della 
Trinità  :  di  Dio  padre,  tuttavia,  e  dello  Spirito  Santo  fa  cenno  di  rado 
nei  suoi  scritti  :  il  suo  pensiero  è  tutto  concentrato  su  Cristo.  E 
Cristo  è  la  divinità  sotto  l'aspetto  dell'amore.  II  sangue  versato  da 
Cristo  è  «  l'olio  del  matrimonio  »  ;  la  generazione  dei  bambini  è 
«opera  di  Cristo,  perchè  Egli,  essendo  l'amore,  è  l'anima  del  mondo»: 
«i  mariti  sono  i  suoi  procuratori  a  cui  egli  ha  dato  l'incarico»,  il 
«  marito  è  Dio  »  ed  essi  sono  vicemariti.  Nello  Heiden\atechismus, 
nella  Siegfrids  bescheidene  Beleuchtang,  nel  Geheimer  Briefwechsel 
mit    den    Inspinrien,    in    tutte    le    innumerevoli    prediche    e     nei     vari 


228  Zacharias   Werner 


berg  convertito  è  profondamente  dissimile  da  quello  del 
Werner,  e  questi  dà  alla  parola  ((  Liebe  »  non  il  signifi- 
cato puro  che  lo  Stolberg  asceta  vi  dava,  ma  quel  signifi- 
cato che  dal  suo  temperamento  erotico  egli  era  trascinato 
a  darvi. 

L'amore,  acquistata  così  nei  nuovi  drammi  un'impor- 
tanza maggiore  ancora  di  quella  che  gli  vedemmo  data  nel 
Kreutz  an  der  Ostsee,  diventa  la  base  unica  di  essi. 

La  storia  dell'amore  di  Warmio  e  di  Malgona,  rias- 
sumendo la  lotta  fra  Paganesimo  e  Cristianesimo,  ponen- 
dola nella  sua  vera  luce  e  concentrando  su  di  sé  lo  svol- 
gimento dell'azione,  era  pure  allo  stesso  tempo  a  quella 
lotta  subordinata;  e  quella  lotta  e  non  propriamente  la 
storia  di  amore  formava  l'argomento  della  tragedia.  La 
storia  d'amore  non  era  la  pianta,  ma  il  fiore  che  sulla 
pianta  sboccia.  L'amore  invece  è  il  solo  e  vero  soggetto 
delle  nuove  opere,  scritte  tutte  ad  esaltazion  di  esso, 
tutte  ad  esso  subordinate. 


scritti  dello  Zinzendorf,  il  repertorio  di  immagini  con  cui  viene  descritta 
la  vita  religiosa  e  Testasi  mistica  è  fornito  quasi  sempre  dalla  vita 
sessuale,  così  come  anche  nella  realtà  la  vita  sessuale  interpretata  sim- 
bolicamente  suggerì   numerose    cerimonie   rituali. 

Io  inclino  anche  a  credere  che  quel  sostar  continuo  del  Werner  sulla 
voluttà  e  quel  proibirsene  l'ultimo  godimento,  che  trovammo  già  nel 
Kreutz  an  der  Ostsee  e  ritroveremo  in  seguito,  abbia  avuto  bensì 
la  prima  origine  in  ciò  che  egli  non  poteva  non  sentire  l'assurdità  di 
considerar  l'amplesso  una  cosa  divina,  ma  sia  stato  confermato  in 
essi  dalle  usanze  e  dalla  fede  che  ebbe  —  come  già  tante  sette  mistiche 
prima  di  essa  —  anche  la  herrenutistica.  Il  senso  della  realtà  condusse 
a  una  condanna  dell'amplesso  come  di  una  voluttà  materiale,  e  il 
Werner  che  spesso  disse  il  contrario  non  potè  far  a  meno  di  accedere 
teoricamente  a  questa  condanna.  Né  la  contradizione  poteva  molto 
turbarlo,  perchè  si  trattava  di  un  fatto  a  cui  egli  nel  suo  pensiero  dava 
una   importanza,    come   vedemmo   già,    secondaria. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-misiica  229 

Se  la  Weihe  der  Kraft  è  destinata  a  mostrar  Tele- 
vazione  suprema  dell'uomo  raggiunta  attraverso  l'amore, 
anche  deìV Aitila  e  della  Wanda  si  può  ripetere  lo  stesso 
giudizio.   Il  prologo  a\V Attila  dice  : 

Den   Hass,   die  Furcht,   das  Dunkel   bannt  die  Liebe, 

O    folget   ihrem    Triebe  ! 

Der    Tag    der    Siche  1    ist   der    Tag    der    Garben  ! 

Wie  Liebe  tut  genug,   wenn  sie  den  Tod  verhohnet, 

Das  stiirmt  im  Ozean,   wie  es   im  Liede  tonet, 

Im  Liede  das  nicht  hasst,  im  Liede  das  nicht  fròhnet, 

Im  schwachen  Liede,  das  der  Herr  mit  Macht  gekronet  I 

Il  motto  che  è  posto  alla  Wanda  suona  :  ((  Amor 
modum  saepe  nescit,  sed  super  onmem  modum  fervescit  » 
(Thom.  a  Kempis,  III,  5),  e  il  Werner  dice  che  ((  um 
der  Erdenliebe  Quellen  zu  belauschen  ))  egli  fu  condotto 
in  ((  tiefe  dunkle  Griinde  ».  La  condanna  dell'amore  sen- 
suale che  trovammo  nel  Kreutz  an  der  Ostsee  non  è  più 
ripetuta  ;  se  soltanto  Lutero  e  Katharina  si  sposano  e  condu- 
cono vita  completamente  matrimoniale,  e  se  né  in  Wanda, 
né  in  Attila  il  godimento  sessuale  avviene,  ciò  é  sofo 
perché  pel  Werner  —  come  nel  1  °  capitolo  avvertimmo  — 
lo  ((  Hòhepunkt  ))  dell'amore  é  un  altro  e  il  problema 
del  godimento  sensuale  é  trascurato  come  problema  se- 
condario. 

Il  contrasto  di  questo  nuovo  periodo  col  periodo  prece- 
dente risalta  chiarissimo  se  confrontate  con  la  prima  la 
nuova  edizione  che  egli  fece  dei  Sòhne  des  Tales 
nel  1807  (29).  All'amore  non  era  fatto  nessun  posto  nella 


(29)    Nella    cit.    ed.    delle    Ausgewàhlte    Schriften    è    data    soltanto 
questa   seconda   redazione.    Scrive   su  di   essa   ri   Werner   in  una   lettera 


230  Zacharias   Werner 


prima  parte,  nella  seconda  solo  un  posto  insignificante; 
oltracciò  Robert,  l'eroe  destinato  a  far  risorger  l'ordinie 
nel  futuro,  non  conosceva  tale  sentimento.  Ora  il  Werner 
sentì  nel  nuovo  stadio  del  suo  pensiero  la  mancanza,  e 
cercò  di  rimediarvi,  sperando  così  di  moderare  —  nei 
limiti  del  possibile  —  anche  maggiormente  quel  contrasto 
fra  le  due  parti,  che  abbiamo  denunciato.  Introdusse  nella 
prima  parte  un  essere  femminile  ((  Astralis  »,  giovane  ana- 
coreta cristiana,  mandata  del  «  Tal  »,  una  specie  di  spirito 
mistico,  creatura  eterea  inafferrabile,  che  seduce  Robert 
e  lo  conduce  a  quella  mistica  rigenerazione  che  nella 
seconda  parte,  nella  caverna  del  a  Tal  »  avrà  il  suo  compi- 
mento (30).  Essa  è  colei  che  è  destinata 

Zu   gliihn   mit    ihm,    in   Dem,    der   AH    ist, 
Durch   Schonheit   zu   siìhnen   den   Sohn   der   Kraft. 

«  Liebe  ))  è  a  Ahnung  ».  È  la  stella  polare  che  guida 
sulla  retta  via  Tuomo  esplicante  la  sua  attività.  Essa  com- 
pare a  Robert  fin  dalla  prima  scena  del  primo  atto  e  lo 
invita  : 

Akazien,    Roseti    gliihn 
Am   Isis-und   Marienbilde  wieder  ! 

Du  kommst,  nicht  wahr  >  Dich  lockt  der  G!anz  vom  Morgen  ! 

La  preghiera  sua  è  ardore  per  lui  :  ((  Hast  du  gebetet  ? 
—  Ja»  gegliiht  fiir  Robert  —    ».  Egli  la  interroga:  ((  Chi 


a   Johanna    Rink  :    «  dieses    mein    Haupt-    und    Elementarbuch    enthalt, 
als   ein  von  der  ersten  Auflage  GanZ   verschiedenes   Werk,   Aufschiusse 
iiber  mein  ganzes  System,  mein  ganzes  individuelles  Dasein». 
(30)  Cfr.  NOVALIS.  Heinrich  von  Ofterdingen,  Parte  II. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  231 

sei  tu  ?»  ;  essa  gli  risponde  :  ((  Fùr  dich  ein  Brandaltar  !  » 
Celebrano  insieme  una  specie  di  banchetto  Eucaristico  e 
si  abbracciano  e  baciano.  Robert  è  scacciato  dall'ordine  ; 
ella  lo  visita  in  carcere  e  lo  consola  :  ((  Nur  nach  Siegen 
duftet  die  Palme  »  ;  dal  dolore  nascerà  la  pace.  Ed  ella 
gli  parla  già  misteriosamente  del  ((  Tal  »  e  dei  destini  che 
esso  gli  ha  riservati  ;  gli  insegna  ciò  che  egli  deve  fare  per 
esser  degno  di  ciò  che  lo  attende  :  ((  Dich  selber  opfern 
ohne  Ruhm  und  Lohn».  Nell'ultimo  atto  essa  gli  con- 
segna la  lettera  che  il  «  Tal  »  gli  invia,  e  vien  dal  Werner 
sostituita  alla  ((  tolle  Klauserin  »  della  prima  versione, 
per  la  proclamazione  delle  parole  fatidiche  che  oscura- 
mente accennano  al  futuro.  Così  è  Astralis  colei  che 
strappa  ((  dem  Gew^iihl  der  Zeiten  den  Meisterstab  fiir 
des  Geliebten  Hand  ».  Per  mezzo  di  lei  e  insieme  con 
lei  compirà  Robert  la  sua  missione  :  ((  das  Land  des  Frie- 
dens  bauen  ». 

Amore  mistico  naturalmente,  come  s'adattava  allo  spi- 
rito del  dramma  già  fatto.  Quando  Robert  vuol  ((  genies- 
sen  » ,  Astralis  gli  risponde  ripetendo  il  paragone  biblico 
delle  palme  che  si  amano  con  le  frondi  e  non  con  le 
radici  : 

In  Farben,  .Diiften  mochten  sie   ineinander  fliessen, 
Nur   bliihen   sollen  sie   und   nicht  geniessen. 

Non  poteva  il  Werner  rifare  il  dramma  intero,  riposante 
tutto  sopra  altri  pensieri,  e  dovette  limitarsi  a  questo  rima- 
neggiamento. 1  nuovi  drammi  invece  saranno  dedicati  ad 
una  rigenerazione  prodotta  dall'amore. 

E  quella   che   l'amore   compie   sarà   una   rigenerazione 


232  Zacharias   Werner 


della  forza.  La  forza,  quella  che  era  stata  già  la  virtù 
di  Robert  nei  Sóhne  des  Tales,  è  considerata  ora  dal 
Werner  solo  più  come  la  potenzialità  dell'elevazione 
religiosa:  l'amore  è  lo  spirito  attivo  che  la  traduce  in 
atto,  o,  per  servirci  della  terminologia  werneriana,  ((  la 
forza  è  la  sostanza  primitiva  e  l'amore  è  la  forma 
per  cui  la  sostanza  assume  realtà  di  \ììa,  » .  Dovendo  sim- 
bolizzare la  forza,  il  Werner  creerà  un  uomo,  e,  dovendo 
simbolizzare  l'amore,  una  donna.  Amore  e  forza  devono 
essere  uniti  perchè  l'ascensione  a  Dio  si  possa  compiere; 
l'uomo  e  la  donna  devono  congiungersi,  e  la  loro  attività 
deve  esser  concorde  e  simultanea,  perchè  essi  possano 
sviluppare  i  germi  di  bene  che  contengono  in  sé,  perchè 
possano  raggiungere  quell'armonia  con  sé  medesimi  e  con 
Dio  che  è  la  prima  necessaria  condizione  per  arrivare  allo 
scopo  che  fu  prefìsso  all'uomo. 

I  nuovi  drammi  del  Werner  presentano  quindi  la  storia 
di  un  uomo  e  di  una  donna  che  tendono,  ciascuno  per  sé, 
verso  l'alto,  ma  raggiungono  il  loro  scopo  congiungendo 
i  loro  sforzi  per  il  miracolo  dell'amore.  Drammi  diversi, 
malgrado  il  motivo  comune,  perchè  questo  motivo  si  pre- 
senta sotto  forma  diversa,  a  seconda  del  diverso  punto 
di  vista  da  cui  lo  si  considera.  Lutero  e  Caterina,  Riidiger 
e  Wanda,  Attila  e  Honoria,  son  posizioni  diverse  dello 
stesso  problema  :  i  tre  drammi  di  questo  nuovo  periodo 
—  la  Weihe  der  Kraft,  V Attila  e  la  Wanda  —  ne  danno 
attraverso  diversi  conflitti  psicologici  una  analoga  soluzione. 

In  conformità  di  questa  trasformazione  si  trasforma 
anche  il  dramma  formalmente. 

E,  prima  di  tutto,  le  individualità  non  vengon  più 
sacrificate  alla  pittura  della  setta  e  alla  tendenza  didat- 
tica   che   per   la    setta    doveva    trionfare.    Compare    nella 


//  dramma  dell'utopia  eroiico-misiica  233 

Weihe  der  Kraft  e  neW Attila,  al  posto  della  setta,  lo 
stato,  uno  stato  secondo  la  concezione  del  «  Contract 
social)),  ma  a  fine  religioso:  ((Der  Staat  ist  eine  Ver- 
bindung,  die  einer  gegebenen  Menschenmasse  es  mòglich 
machen  soli,  ihre  hochste  Bestimmung  zu  erreichen.  Sie 
isolirt  die  Masse,  um  sie  veredelt  der  ganzen  Menschheit 
wiederzugeben,  und  zu  diesem  Zweck  muss  sie  ihr  freien 
Spielraum  ihrer  Krafte,  Genuss  ihrer  Rechte,  kurz  alles 
verstatten...  Der  Staat  soli  die  Pflanzschule  sein  der  durch 
ihn  begrànzten  Menschenmasse  fiir  die  gesamte  Mensch- 
heit )>  —  (31).  Un  tale  stato  ha,  come  la  Chiesa,  ma 
in  proporzioni  più  limitate,  perchè  la  Chiesa  è  universale, 
lo  scopo  di  reagire  ((  gegen  Egoismus  und  Uebermacht, 
die  Erbsùnde  der  nicht  hoher  gebildeten  Menschen  )>  : 
ma  un  tale  stato,  che  perciò  si  opporrà  come  la  Chiesa 
((  gegen  Kronen  und  Jacobiner  ))  (32),  ha  pure  il  rispetto 
dell'individuo.  Anzi  il  suo  scopo  è  l'educazione  dell'in- 
dividuo secondo  i  principii  di  un'alta  umanità. 

Nei  drammi,  la  concezione  werneriana  dello  stato 
compare  per  questa  ragione  soltanto  nello  sfondo,  attra- 
verso i  riflessi  diversi  e  talora  opposti,  che  vanno  da 
Carlo  V,  rappresentante  il  despotismo  e  quindi  la  nega- 
zione dello  stato  vero,  ad  Attila,  rappresentante  l'idea 
che  il  Werner  ha  dello  stato,  quando  esso  adempie  la 
sua  missione. 

Messa  così  risolutamente  una  storia  di  singoli  individui 
nel  centro  e  a  base  del  dramma,  s'attenua  quella  inclina- 
zione a   smarrirsi   in  una   grandiosità   indefinita,   che   tro- 


(31)  GUBITZ,    Erlebnisse,   cit.,    I,    217. 

(32)  Ibid..   I.  224. 


234  Zacharias    Werner 


vammo  nel  Kreutz  an  der  Ostsee.  Il  mondo  del  dramma, 
con  il  concentrarsi  delle  idee  intorno  a  una  sola  idea  cen- 
trale, si  limita,  e,  limitandosi,  rende  più  facilmente  attua- 
bile quel  proposito  d'arte  che  già  trovammo  nel  Kreutz 
an  der  Ostsee  a  proposito  dell'amore  di  Warmio  e  di 
Malgona  (33)  :  fondere  il  problema  di  idee  in  un  conflitto 
psicologico  di  persone,  che  di  quelle  idee  e  secondo 
quelle  idee  vivono.  La  promulgazione  delle  idee  erotiche 
viene  infatti  ora  risolta  dal  Werner  poeticamente  in  una 
rappresentazione  obiettiva  di  vita  erotica,  da  quel  punto 
di  vista  che  dalle  idee  è  segnalato.  E  in  tal  modo  il  pen- 
siero si  fonde  nella  poesia  spontaneamente  :  lo  svolgi- 
mento della  storia  intima  di  alcuni  individui  basta  perchè 
l'idea  sia  non  pur  espressa,  ma  messa  in  rilievo. 

In  questo  modo  il  Werner  viene  condotto  sempre  più 
a  far  consistere  i  drammi  suoi  in  una  analisi  della  vita 
sentimentale  delle  sue  umane  creature,  e  perciò  ad  elimi- 
nare o  almeno  a  limitare  quell'uso  di  personaggi  fantastici 
in  cui  le  sue  idee  mistiche  erano  state  prima  da  lui  perso- 
nificate. Egli  si  convince  di  ciò  che  l'esperienza  delle  sue 
prime  opere,  le  pressioni  dello  Mand,  i  consigli  del 
Goethe  gli  hanno  insegnato  :  la  poesia,  in  quanto  è  poesia, 
deve  creare  non  figure  eteree,  dai  contorni  inafferrabili, 
ma  creature  animate  da  sentimenti  e  da  passioni,  piene 
di  vita;  e  la  più  grande  debolezza  della  sua  poesia  consi- 
stette appunto  in  ciò,  che  egli  si  era  smarrito  fuor  della 
vita  in  un  mondo  fantastico  indefinito  e  impreciso. 
Nel  1 807  scrive  egli  infatti  allo  Iffland  :  a  Ich  bin  uberzeugt 
dass  die  hòchste  artistisch-dramatische  Mystik  darin  be- 


(33)  Cfr.  Cap.  Ili,  p.    173. 


//  dramma  dell'utopìa  erotico-mistica  235 

steht,  der  zwar  mystischen  aber  dock  klaren  Natur  gleich, 
Menschen  plaslisch  und  Leben  zu  schaffen  )>  (34).  E, 
sempre,  ora,  dopoché  ha  condotto  a  termine  una  sua 
opera,  scrive  agli  amici  essere  essa  libera  da  quella 
mistica  che  ha  turbato  e  deturpato  la  sua  poesia;  sempre 
si  vanta  di  esser  riuscito  a  suscitare  con  chiarezza  ed 
evidenza  dinnanzi  agli  occhi  del  lettore  un  mondo  pieno 
di  vita  e  di  poetica  verità  (35). 

11  Werner  tende  quindi  con  crescente  coerenza  verso 
una  rappresentazione  realistico  -  psicologica  del  problema 
mistico  che  è  all'origine  di  tutta  la  sua  opera.  Quella 
lotta  fra  le  sue  inclinazioni  realistiche  e  le  sue  idee  mi- 
stiche, che  dicemmo  formare  il  cardine  della  sua  attività, 
cerca  per  questa  via  la  soluzione,  e  conduce,  nelle  varie 
opere,  a  diversi  risultati. 

Una  conseguenza  però  di  questo  realismo  si  mostra  in 
tutti  i  drammi  non  solo  costante,  ma  in  continuo  pro- 
gresso :  è  in  questo  momento  e  per  questa  via  che  il 
Werner  si  va  affondando  risolutamente  in  quel  patolo- 
gico, che  non  mancava  ai  suoi  drammi  anteriori  ma  non 
ne  era  fondamento  (36).  tu  in  questo  momento  e  per 
questa  via,  che  gli  uomini  che  egli  crea  e  che  vogliono 
vivere  una  vita  superiore  alla  umana  o,  comunque,  di- 
versa da  essa,  riescono  a  farlo  soltanto  attraverso  una 
alterazione  della  sanità  della  loro  psiche,  e,  tendendo  a 
una  vita  più  alta,  degenerano  in  una  vita  malata. 


(34)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  307. 

(35)  Cfr.   le   lettere  di  questo   tempo  nelle   varie  pubbl.   cit.,    passim. 

(36)  È  questa  una  delle  esagerazioni  in  cui  cadde  il  POPPENBERG, 
discorrendo  dei  Sòhne  des  Tales;  l'elemento  patologico  è  —  come 
l'erotico  —  in  quel  dramma  elemento  secondario. 


236  Zacharias    Werner 


Il  primo  dramma  che  il  Werner,  giunto  a  Berlino,  com- 
pose, sotto  lo  stimolo  e  l'assistenza  dello  Iffland,  ma 
secondo  le  sue  nuove  idee,  fu  la  Weihe  der  Kraft,^ 
la  storia  drammatica  di  Lutero  fino  all'epoca  della  sua 
fuga  dalla  Wartburg  a  Wittenberg  (37).  Compose  rapida- 
mente, in  pochi  mesi. 

Non  che  nei  principii  Luterani  egli  potesse  sentire  una 
grande  analogia  con  i  principii  suoi  proprii  (ne  era  anzi 
lontano  più  che  mai);  ma  lo  dovette  attirar  l'idea  di  trat- 
tare un  tema  nazionale,  di  alto  interesse  per  i  suoi  lettori 
e  spettatori;  forse  il  tema  gli  avrebbe  reso  possibile  quel 
trionfo  teatrale  a  cui  aspirava  (38).  Ed  oltracciò  un'ana- 
logia c'era  :  Lutero  era  un  riformatore  sopravvenuto  ad 
accendere  nuovamente  gli  animi  in  una  età  in  cui  il  senti- 
mento religioso  si  era  assopito  e  la  religione  era  dege- 
nerata. Lutero  gli  si  offriva  nella  storia  come  una  per- 
sonalità ricca,  maschia,  potente,  drammatica  in  sé  stessa, 
in  quanto  che  mostrava  una  forza  che  si  afferma  attraverso 
mille  ostacoli  e  li  abbatte  e  trionfa.  Egli  non  lo  studiò 
solo  nel  Woltmann  (39)  :  gli  scritti  di  Lutero  son  ricordati 
nel  suo  dramma  ed  era  più  che  naturale  che  egli,  luterano 
di  nascita,   si  informasse  del  suo  eroe  direttamente  nelle 


(37)  V.  JONAS  FraNKEL,  Z.  Werjìers  n  Weihe  der  Kraftìì,  cit.,  e 
la  pur  già  citata  recensione  del  SULGER  -  Gebing. 

(38)  Cfr.,  oltre  le  lettere  nel  «  Gesellschafter  »  e  nei  «  B làttei 
f.  1.  U.  »,  la  conversazione  del  Werner  su  questo  argomento  nel 
GUBITZ.  cit..  I,  214-16. 

(39)  Geschichte   von  Luthers  Lehen,   Berlin,    1795. 


//  dramma  dell'utopia  eroHco-mistica  237 

opere  che  questi  aveva  composto.  Gli  lasciò  parecchi  dei 
caratteri  esteriori  (40):  natura  rude  e  bonaria  e  popola- 
resca, volontà  di  ferro,  completa  dedizione  all'idea  che 
si  crede  chiamato  a  diffondere,  attività  irrefrenabile,  in- 
tuizione dei  momenti  decisivi  e  azione  risoluta  e  forte  a 
dispetto  del  pericolo,  superstizione  di  uomo  del  volgo, 
robustezza  di  costituzione  psichica;  ma  ne  mutò  lo  spi- 
rito. Ne  fece  un  santo  della  sua  religione.  Il  Sant'Adal- 
berto del  Kreutz  an  der  Ostsee  e  Lutero  sono  colleghi  : 
la  differenza  tra  di  loro  è  tutta  nella  differenza  fra  la 
mistica  nuova  del  Werner  e  quella  che  vedemmo  prece- 
dentemente. 

Sentiva  la  difficoltà  di  poter  ridurre  Lutero  ad  uno  dei 
suoi  eroi  :  Lutero  aveva  avuto  delle  buone  intenzioni,  ma 
l'intenzione  non  risponde  sempre  alla  pratica.  ((  Ich  erliege 
schon  fast  unter  diesem  w^ohlmeinenden  reformatorischen 
Plumpsack  »    (41). 

Tuttavia  l'idea  fondamentale  di  lui  riusciva  a  conci- 
liarsi con  le  sue  idee.  Lutero  aveva  predicato  la  dot- 
trina del  libero  esame,  del  diretto  e  personale  riav- 
vicinamento dell'individuo  a  Dio.  —  Ora,  pur  ponendo 
a  base  della  religione  cristiana  una  specie  di  estasi  a.mo- 
rosa,  pur  ripudiando  ogni  mescolanza  di  morale  nella 
religione,  pur  riconoscendo  la  Chiesa,  la  necessità  del 
culto  esteriore  e  pur  facendo  dei  misteri  e  dei  sacra- 
menti una  celebrazione  continua,  il  Werner  si  accorda 
con  lui  in  questo  principio  :  ((  Jeder  Mensch  ist  Priester  » . 
Il  merito  di  Lutero  consiste  quindi  —  pel  Werner  —  in 
ciò,  che  egli  ha  combattuto  quella  corruzione  per  cui  culto 


(40)  Frankel,   op.   cit.,   cap.   IV. 

(41)  «Blatter  f.  1.  U.  »,    1834.  p.    1343. 


238  Zacharias    Werner 


e  rito  —  cose  in  sé  esteriori  —  erano  diventati  scopo  a 
se  stessi  e  per  cui  agli  spiriti  era  stata  tolta  quella  libertà 
individuale  di  pensare  e  di  sentire  che  sola  può  dare  alle 
cose  della  religione  il  vero  significato  e  il  vero  loro 
valore. 

Il  nuovo  principio  razionalistico  e  nìoralizzante  che  era 
contenuto  nella  riforma  luterana  viene  così  respinto.  Re- 
ligione pel  Lutero  wemeriano  è  sentimento  e  fantasia. 
Della  riforma  luterana  restò  soltanto  la  parte  negativa; 
Lutero  diventò  colui  che,  secondo  le  parole  del  suo  pro- 
tettore, il  Churfiirst  von  Main,  riconduce  la  fede  a  quel- 
r ((  altkatholischer  Glauben  », 

der  entstaltet 
Durch   Krankhelt,    die,    was   ja   der   heilige   Valer 
Selbst   eingesteht,    vom    Haupt    in   alle    Glieder 
Gedrungen    ist    (42). 

Trovate  espressa  completamente  la  concezione  werne- 
riana  nelle  parole  di  Theobald  all'ultimo  atto  : 

Der    Morgen    dàmmert   —    rote    Gluten    prangen, 
Und  die   Natur   erwacht   zum   Leben   schon. 
Die    Sterne    sind    im    Frieden    heimgegangen, 
Die   Nacht   des   Kinderglaubens    ist   entflohn, 
Der  Morgentraum  der  Kunst   mit  siissem  Bangen 
Eilt  er   zur  Braut   am   goldnen   Liebesthron. 
Erkenntnis  totet  und   belebt  sie   wieder, 
Wenn  Glaube  neu  erweckt  die  ewigen  Lieder  (43). 


(42)  Atto  III.  Scena  II. 

(43)  Intorno    alla   applicazione    della    idea    mistica    nella    Weihe    der 
Kraji  dice   il   FraNKEL   poche   parole,    p.    4-5;   questo   era   invece  Tu- 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  239 

E  Lutero  invoca  le  fiamme  del  Cielo  su  coloro  che 
abbattono  statue  e  quadri  e  altari.  Gli  si  risponde:  «Tu 
ce  lo  hai  insegnato  !  ))  Ed  egli  protesta  contro  queste 
parole  : 

Gelehrt  ? 
Der    Menschheit    letzte    Zuflucht    zu    vernichten  ? 

ich    gelehrt 

Altare    plùndern,    Heiligtiimer   schanden, 
Der   frommen   Einfalt   reinen  Sinn   entweihn  ? 
Ha  !    Siindige    Toren  ! 

E  sogna  anch' egli  talora  della  Madonna  che  gli  compare 
sopra  uno  <(  Hyazintenbeet  ))  : 

Zur  Nachtzeit,  manchmal  —  bin  ich  ein  rechter  Tor! 
Da    treib'    ich,     der    den    Gòtzendienst    verdammt, 
Ich    selber    treibe    manchmal    Gòtzendienst    (44). 

Come  giungerà  Lutero  a  compier  quella  riforma,  che 
egli  vuole  e  deve  ?  E,  prima  di  tutto,  come  giungerà  egli 
ad  elevare  sé  stesso  così  da  essere   veramente   degno  di 


nico  punto  di  partenza  per  penetrar  nel  dramma,  che  nato  da  essa, 
da  essa  fu  foggiato.  Così,  anche  nell'indagine  tecnica,  che  egli  si  pro- 
pose e  che  condusse  con  lucida  fermezza,  corse  dietro  a  una  quantità 
di  questioni  secondarie,  trascurando  il  nesso  loro  con  il  problema 
principale. 

(44)  Quanto  esponemmo  mostra  che  finora  non  si  è  prodotta  nell'at- 
teggiamento del  Werner  di  fronte  al  Cattolicismo  alcuna  ulteriore 
evoluzione.  Lo  arrestò  il  rinfrescato  influsso  romantico.  Ritornano  infatti 
dichiarazioni  di  religiosità  nel  senso  dello  Schleiermacher  :  «  Phantasie... 
ist  Religion».  È  fuori  del  Cattolicismo,  com'è  fuori  del  Protestan- 
tismo :  «  Dr.  Martin  Luther  !  Das  war  noch  ein  Mann.  Sieh  !  er  kàmpfte 
fiir  die  Freiheit  und  war  selber  frei  :  glaube  iibrigens  nicht  dass  ich 
darum  weniger  katholisch  sei,  Luther  war  es  gewiss  auch  im  hoheren 
Sinne  ». 


240  Zacharias   Werner 


tale  missione  ?  Il  Werner  naturalmente  spiega  il  fatto 
secondo  la  idea  che  ora  conosciamo:  per  virtù  dell'amore. 
Lutero  aveva  condannato  il  celibato  :  quindi  per  il  Werner 
il  vangelo  di  Lutero  è  un  vangelo  d'amore  :  ((  Was  ich 
lehrte,  war  freie  Liebe  !  Uebt  sie  friedlich  !  Geht  !  »  Ma 
l'amore  deve  esser  a  poco  a  poco  in  lui  preparato. 

Lutero  è  la  forza,  ma  la  forza  è  un  ((  Donnerton  »,  una 
materia  bruta,  donde  può  scaturire  tanto  il  bene  quanto  il 
male.  Il  primo  omaggio  che  la  divinità  esige  dagli  uomini 
è  la  purità  dell'anima:  l'uomo  puro  e  forte  ha  già  fin  dap- 
principio in  sé  una  norma  sicura:  sarà  volto  all'alto,  o, 
almeno,  «  non  potrà  affondare  nelle  paludi  fra  cui  scorre 
la  via  della  vita».  Elisabeth,  che  lo  accolse  fanciullo  e 
lo  assistette  e  lo  volse  per  la  sua  via,  rappresenta  questa 
purità;  ma  la  forza  non  basta,  e  non  basta  la  purità,  che 
volge  lo  spirito  verso  tutte  le  cose  buone  :  occorre  ancora 
il  ((  Gottesruf  » ,  la  diretta  voce  di  Dio  che  chiama  a  sé 
e  all'opera  santa  l'uomo,  che,  se  anche  non  erra,  facil- 
mente si  assopisce.  La  morte  di  Alexius,  l'indivisibile 
amico,  colpito  da  un  fulmine  al  suo  fianco,  fu  per  Lutero 
la  voce  di  Dio  :  perché  dimenticava  la  sua  missione  per 
abbandonarsi  al  torpore  dei  quieti  affetti  famigliari  ?  Do- 
veva scuotersi,  agire:  non  apparteneva  tutto  a  sé  stesso 
e  aveva  dei  doveri  :  gli  affetti  sono  riposo,  ma  come  ripo- 
sava egli,  se  nulla  aveva  compiuto  ?  Dio  lo  chiama, 
Lutero  lo  seguirà.  E  scenderà  in  campo  e  lotterà  contro  la 
potenza  di  papi  e  di  principi  e  contro  la  potenza  più 
grande  ancora  di  essi,  contro  la  potenza  del  male  che  tra- 
volge, del  piacere  che  seduce.  E  predicherà  la  virtù  del 
dubbio,  che  é  la  condizione  della  conoscenza,  predicherà 
1  omaggio  a  Dio  della  propria  anima,  perché  Dio  non 
vuole  che  anime:  ((  Da  mihi  animas,  cetera  tolle  ». 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  241 

Impresa  difficile  da  compiere  ((  durch  Triibsal  und  der 
Feinde  wildes  Wiiten  ».  Lutero,  che  potrebbe  essere  un 
<(  Sohn  des  Tales  » ,  ha  identificato  con  la  volontà  di- 
vina la  volontà  sua.  Ma  come  manterrà  la  sua  limitata 
forza  in  contatto  coli' infinita  forza  divina  ?  Per  mezzo 
dell'arte.  L'arte  è  una  a  Hyazintenbliite  »,  che  ((  den 
Himmel  wiederstrahlt  in  Blumenkronen  »,  essa  Io  conforta 
nella  sua  via,  gli  fa  presente  Dio  e  il  Cielo:  ed  egli, 
vivendo  circondato  da  queste  immagini,  non  potrà  più 
cedere,  non  potrà  più,  anche  solo  un  momento,  deviare. 
L'arte  fa  che  sempre  gli  aleggi  sopra  lo  spirito  di  Dio: 

Nach    Gottes    Wort 
Ist  nichts    so    kostlich    als   die   Musika  ! 

E  suona  sul  flauto  egli  stesso  nelle  ore  più  gravi, 
quando  il  pericolo  sovrasta;  non  vi  è  modo  migliore  di 
rafforzarsi  che  schiudersi  il  cielo  in  tal  modo  e  rinfrescarsi 
direttamente  alla  fonte  della  vita  (45). 

E  un'altra  forza  anche  s'accompagna  a  questa:  la  fede, 
la  fede  che,  come  il  ((  Karfunkelstein  »  nella  notte  di 
maggio,  risplende  nell'anima  umana  quando  la  luce  arti- 
ficiale della  nostra  misera  intelligenza  si  è  allontanata  e 
lo  spirito  è  aperto  ai  presentimenti  di  Dio  : 

Er  leuchtet  nur  im  mitternachtlichen  Dunkel, 
Er  zeiget  sich  den  Sehern  und  den  Kindern, 
Er  glviht  in  Bildern,   flammt  in  Sterngefunkel   (46). 

L'arte  e  la  fede  precedono  l'avvento  del  dubbio,  della 


(45)  Cfr.  Gap.   I. 

(46)  Gfr.  Prologo. 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.  16 


242  Zacharias   Werner 


libera  riflessione,  del  personale  esame;  svegliano  lo  spi- 
rito, preparano  T «  Erkenntnis  » ,  la  conoscenza.  E  la  co- 
noscenza pare  uccidere  i  suoi  precursori  (47),  ma  non 
è  così.  Arte  e  fede  erano,  prima  della  «  Erkeimtnis  » , 
un  prodotto  spontaneo  dello  spirito  fanciullo,  accompagna- 
vano lo  spirito  ignaro  e  sognante,  erano  fiori  che  sboccia- 
vano in  questa  inconscia  primavera  ;  sopravvenendo  la 
((  Erkenntnis  » ,  e  con  essa  la  tirannide  della  fredda 
ragione,  la  quale  ((  Gegenstànde  demonstriren  will,  wel- 
che  nur  durchs  Gemiit  (Geist  und  Herz)  angeschaut 
werden  kònnen  » ,  essi  restano  bensì  come  «  vergraben  in 
der  estarrenden  Kalte  des  Menschengeschlechts  » ,  ma  la 
morte  loro  è  solo  apparente.  La  vera  conoscenza  schiaccierà 
a  poco  a  poco  il  capo  alla  falsa  della  ragione  tiranna;  e 
arte  e  fede  risorgeranno  nuovamente  :  ((  Sie  bereiteten 
die  Sonne  der  Erkenntnis  vor,  sie  gingen  dadurch  in 
ihrer  Kindlichkeit  momentan  unter,  um  wieder  durch 
Erkenntnis  verklàrt  im  neuen  Lichte  zu  erscheinen  »  (48). 
Nella  crisi  del  dubbio  e  del  pensiero  essi  si  sono  temprati 
e  son  diventati  più  saldi.  Ora  sono  immortali:  prima  erano 
((  Bliiten  ))  ;  ora  sono  «  stelle  »  che  irraggiano  il  loro 
placido  splendore  dal  cielo  in  cui  son  fisse. 

E  il  cielo  che  esse  illuminano  è  l'amore.  In  tal  modo 
arte  e  fede  preparano  presso  Lutero  l'avvento  dell'amore 
e  si  fondono  in  esso.  Lo  preparano  perchè,  se  l'amore  è 
adorazione  di  Dio  nella  creatura  umana,  la  fede  è  con- 


(47)  Ibid,  :  «  Was  schauet  der  Glaube  —  Gestaltet  die  Kunst  ?  — 
Den  Morgen  im  ew'gen  Raum  —  Ihr  Leben  ist  Lieben,  ihr  Tagewerk 
bliìhn  :  —  Doch  reifet  Erkenntnis,  dann  miissen  sie  ziehn  —  Zu  hiiten 
den  liebenden  Traum  ». 

(48)  Cfr.  TeichmaNN,  cit.,  p.  310:  lettera  al  conte  di  Bruhl. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  243 

dizione  indispensabile  affinchè  l'amore  non  devii,  e  l'arte 
è  l'incanto  solo  che  può  fare  intendere  il  simbolo  da  cui 
l'amore  è  costituito.  Si  fondono  in  esso,  perchè  arte  e  fede 
sono  indivisibili  dall'amore.  Mentre  prima  esse  sostitui- 
vano Va  Erkenntnis  )),  ora  invece  esse  non  sono  più  se 
non  fonte  dell'amore  e  son  nell'amore  contenuti  e  non  han 
più  altro  scopo.  E  l'amore  è  per  Lutero  Katharina  von 
Bora. 

Lutero  e  Katharina  compaiono  ora  nell'opera  del 
Werner  come  primo  esempio  di  quella  teoria  androginica 
che  egli  condivise  coi  romantici,  a  cui  i  mistici,  e  fra  essi 
specialmente  il  Bòhme,  l'avevano  trasmessa  :  essa  serve 
come  di  spiegazione  e  dimostrazione  della  sua  interpre- 
tazione mistica. 

Uomo  e  donna  erano  originariamente  un  essere  solo: 
ora  son  separati  e  condannati  a  cercarsi.  ((  Vi  è  nel- 
l'amore un  non  so  che  di  predestinato  ».  Amare  vuol  dire 
ritrovare  l'altra  parte  di  sé  :  e  amare  veramente  non  si 
può  se  non  essa.  Quando  Katharina  vede  per  la  prima 
volta  Lutero,  si  cela  il  capo  con  le  mani  e  fugge:  ((  mein 
Urbild  !  »  Katharma,  che  è  l'amore,  lo  ha  riconosciuto 
subito,  e  da  quel  momento  lo  adora.  Un  amore  senza 
incertezze,  senza  titubanze,  senza  intime  lotte.  È  sua: 
perchè  gli  si  dovrebbe  sottrarre  ?  Non  solo  non  gli  si 
sottrarrà,  ma  gli  andrà  incontro  e  Io  cercherà  e  lo  invi- 
terà a  restar  con  lei  : 

Verweilet    hier, 
Es  ist  ein  lieblich  Waldrevler. 

Tutti  e  due,  l'uno  senza  l'altro,  sono  incompleti.  Katha- 
rina senza  Lutero,  chiusa  nel  suo  chiostro,  è  solo  un  tronco 
di  sé  medesima.  Una  grave  inquietudine  la  turba  :  è  chiusa 


244  Zacharias   Werner 


interamente  alle  nuove  verità  che  Lutero  annunzia,  le 
condanna  e  si  lascia  trascina.re  fino  ad  una  collera  pas- 
sionata, arde  di  odio  contro  quell'uomo  che  ella  non 
conosce  ma  che  le  distrugge  le  sue  credenze:  è  in  disac- 
cordo con  sé  stessa.  E  anche  Lutero  è  ancora  incerto  e 
malsicuro,  anch*egli  non  sa  che  cosa  gli  manchi;  ma  pur 
sente  che  gli  manca  qualcosa. 

Theob.  Mir  scheint  es  auch  als  fehl'  euch  was. 
LuT.  Das  ist's; 

Doch  was  mlr  fehlt,   das  weiss  der  liebe  Gott. 

Anch'egli  ondeggia  nel  suo  cammino  difficile  e  faticoso. 
Si  sente  oppresso  dal  peso  di  ciò  che  deve  e  vorrebbe 
compiere  e  vacilla: 

Nicht  nur  meln  aiissers  Leben,  auch  meln  inneres  ; 
Verhiit*    es   Gott!    ich   biìss'    hier   noch   ein! 

I  pericoli  e  le  difficoltà  si  accrescono.  Ai  vecchi  nemici 
nuovi  se  ne  aggiungono  negli  stessi  seguaci  che  frainten- 
dono e  falsano  il  suo  insegnamento.  Franz,  il  suo  antico 
discepolo,  gli  uccide  Theobald,  il  suo  piccolo  indivisibile 
amico.  E  lo  scoraggiamento  assale  l'uomo  stanco. 

Ein  Wurm  bin  ich!   Ein  Riese  wollt'    ich  sein, 
Mich  fliehet  Gott,  ich  bin,  ja,  ganz  allein! 


Vuol  lasciar  l'impresa,  ritirarsi  nel  deserto,  espiare  la 
sua  tracotanza  ;  vuole  andarsene  ((  wo  niemand  sein  ge- 
denket  ».  Che  cosa  gli  chiacchierano  ancora  della  sua  mis- 
sione ?  Restare  in  pace  e  vivere  nella  solitudine  è  l'ultimo 
suo  desiderio.  La  forza  pare  spezzata  :  era  una  forza  vera, 
ma  gli  mancava  l'ultima  ((  Weihe  »,  la  suprema  consecra- 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  245 

zione;  non  poteva  resistere,  quando  l'urto  più  grande  avve- 
niva. L'amore  la  consacra:  ed  essa  rinasce,  e  rinasce 
tale  che  non  potrà  più  cedere.  Lutero  si  apre  all'amore  di 
Katharina  e  la  vita  gli  rispunta  in  cuore  : 

Mit  Gott  zum  Ziel  !  Ja,  es  sey  gewagt. 

Ma  accanto  a  questo  consolidarsi  e  purificarsi  della 
forza  in  Lutero,  ha  l'amore  anche  altre  conseguenze.  Per 
tutti  e  due  gli  amanti  esso  è  la  completa  armonia  con  sé 
stessi.  Katharina  diventa,  dopo  che  ha  veduto  Lutero,  un 
essere  perfettamente  armonico.  Non  scatta  più,  non  im- 
preca più,  non  odia  più:  è  tutta  pervasa  da  quell'unica 
fiamma  d'amore  che  nella  sua  anima  arde.  Tutto  può 
intorno  a  lei  succedere  :  può  morir  Teresa,  potrebbe 
morir  anche  Lutero;  il  suo  dolore  è  profondo,  sarebbe 
profondissimo,  ma  essa  non  ne  sarà  atterrata,  essendo  ora 
egualmente  in  accordo  con  sé  e  con  Dio  : 

Stille,    stille,    meine    Seele  ! 
Hast  du  nicht  den  Wonnenbecher, 
Nichi  den  Schmerzenskelch  geleeret  ? 
Seele,  was  bedarfst  du  mehr  ? 


Was  geschehen  bleibt  gescheh'n, 
Immer  musst  du  vorwàrts  geh'n. 

E  la  sua  vita  é  ((  glùhen  im  Frieden  » .  Così  come  per 
Lutero  : 

Ich   wagt'    es,    des    Herra    Werk    zu    grunden  !    — 
Doch  blieb  ich  noch  entzweit  mit  mir  und  seiner  Welt, 
Drum  konnt'  ich  auch  nicht  richten,  was  Gott  durch  mich  bestellt  ; 
Schon  kam  der  Tod  noch  einmal  —  da  naht'  dies  Weib  und  spricht  : 
Mit   dir  sei   Frieden!   —  Amen! 


246  Zacharias   Werner 


Il  Frànkel  che  ha  veduto  e  segnato  bene  lo  svolgimento 
psicologico  che  ha  luogo  nell'anima  di  Caterina  (49)  nega 
invece  quello  che  avviene  in  Lutero  (50).  Ma,  se,  mentre 
quello  di  Katharina  è  presentato  coi  suoi  trapassi  nei  di- 
versi atti,  quello  di  Lutero  invece  è  tutto  nell'ultimo  atto, 
sorgendo  in  lui  l'amore  solo  all'ultimo  istante,  esso  però 
è  ancora  più  grande.  Katharina  mostra  solo  il  passaggio 
dalla  nostalgia  amorosa  al  sentimento  d'amore  vero  e 
proprio;  Lutero  invece  era  chiuso  all'amore.  Non  porse 
ascolto  a  Katharina  quando  essa  cercò  di  avvincerlo: 

KaT.    Ihr    liebt   wohl    nicht  ? 

LuT.  Ich  such'  ein  hohes  Licht. 

Pensò  bensì  a  lei  in  seguito,  non  senza  una  certa  commo- 
zione, ma  quando  essa  alla  fine  gli  ricompare,  si  dibatte 
entro  i  lacci  della  seduzione  e,  dopo  d'aver  ceduto  un 
istante  alla  «  Sehnsucht  »  della  sua  anima  stanca  —  a  Wie 
einsam  ist  mein  Herz  und  leer  !  » ,  si  riprende  —  ((  Was 
w^illst  du  Weib  ?  ))  — ,  cede  ancora  un  istante  e  di  nuovo 
si  riprende,  e  Katharina  gli  appare  come  una  tentazione 
del  demonio: 

Der  Teufel?  Ha,  er  will  mich  affen 

Mit  holder  Schonheit  —  starle  ist  die  Versuchung! 

Doch  triumphiren  soli  er  nicht  —  Entfleuch! 

E  l'amore  gli  schiude  alfine  un  mondo  che  gli  era  stato 
ignoto  : 

Auch  mich  ergreift  ein  sonderbar  Gefiihl, 
Als  stand'   er  vor   mir,   jener  Feuerbusch, 


(49)  Op.  cit..  p.  75  e  segg. 

(50)  Ibid..   p.  65  e  segg. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  247 

In  welchem  Moses  einst  den  Herrn  geschaut, 
Und,   wenn  ich  lange  dich  anseh*,   ist  es  mir, 
Als  ob  was  dir  im  klaren  Auge  spriiht, 
In  meinem   Innern   lodre  —  ich   begreif   es   nicht. 

Si  muta  il  suo  sentimento  religioso,  dal  momento  che 
egli  abbracciandola  esclama  :  ((  Mein  Stab  und  Licht  !  »  : 
prima  aveva  predicato  la  libertà  di  coscienza,  ora  predica 
il  più  alto  principio:  l'amore.  E  chiede  ai  principi  suoi 
protettori 

Die  Menschheit  rein  zu  lieben  wie  die  Gottheit, 
Sie  rein  zu  lieben,  rein  wie  Gott  sie  liebt. 

Né  è  piccolo  mutamento,  come  si  vede.  I  caratteri  che 
restan  fissi  in  lui  sono  quelli  che  indicammo  tolti  alla  storia 
e  che  riguardano  non  la  interna  struttura  psichica,  ma  la 
fisionomia  esterna.  E  questi  restano  fissi  anche  in  Katha- 
rina,  che  serba  la  sua  risolutezza  e  la  sua  fierezza 
sempre  (51). 

L'idea  che  sta  a  fondamento  della  Weihe  der  Kraft 
e  che  esponemm.o  farebbe  tuttavia  presumere  in  Lutero 
lo  svolgimento  di  una  evoluzione  psicologica  che  non  si 
limita  all'ultimo  atto,  ma  continua  dal  principio  fino  alla 
fine  della  tragedia.  Dicemmo  invece  che  il  mutamento 
domina  solo  nell'ultimo  atto  :  ciò  è  avvenuto  perchè  mentre 


(51)  Il  FraNKEL  trova  che  «  Katharina  ermangelt  der  festen  Zeich- 
nung  » ,  che  egli  trova  in  Lutero  :  ma  Lutero  è  personaggio  principale, 
che  esplica  la  sua  attività  in  tutti  i  modi  e  perciò  rivela,  in  tutti  i  lati, 
il  suo  carattere  :  Katharina  compare  invece  soltanto  come  donna  amante  : 
il  suo  carattere  si  può  manifestar  soltanto  nella  forma  che  in  lei  assume 
l'amore  e  nelle  azioni  che  in  lei  esso  provoca  :  un  più  ampio  svolgi- 
mento del  suo  carattere  sarebbe  stato  fuor  di  luogo. 


248  Zacharias   Werner 


l'idea  dell'amore  si  è  fusa  nella  rappresentazione  reali- 
stica, altrettanto  non  è  avvenuto  delle  due  forze  prepara- 
torie: arte  e  fede.  Il  Werner  ha  infatti  rappresentato 
l'assistenza  della  fede  e  dell'arte  a  Lutero  durante  la  sua 
opera  non  psicologicamente,  descrivendo  nell'animo  di 
lui  dei  sentimenti  e  delle  emozioni  conformi  a  questa  idea, 
ma  simbolicamente,  ricorrendo  al  mezzo  già  usato  nel 
drammi  anteriori,  di  dargli  come  compagni  e  guide  degli 
esseri  fantastici  da  cui  l'idea  vien  personificata.  Guidava 
lo  Spielmann  Malgona  e  Warmio;  ora  rappresentano 
Theobald  e  Therese  l'arte  e  la  fede  e  sono  coloro  che 
guidano  i  due  amanti  l'uno  verso  l'altro. 

Non  è  quindi  ad  imitazione  dei  confidenti  della  tragedia 
francese,  che  il  Werner  ha  introdotto  i  due  personaggi, 
come  fu  supposto  (52)  :  è  invece  per  un  procedimento  che 
gli  è  solito.  La  parte  che  essi  hanno  non  è  una  parte  pas- 
siva, ma  attiva;  essi  non  sono  soltanto  là  per  dar  modo  a 
Lutero  e  a  Katharina  di  sfogarsi,  ma  influiscono  in  mo- 
menti critici  sull'anima  loro  e  ne  decidono  la  storia: 
((  Es  war  ein  Fiirst  —  dice  Lutero  di  Theobald  —  Rein 
war  er,  drum  konnt'er  regieren  )).  Il  Werner  però  non  si 
abbandona  più  —  come  già  avvertimmo  nella  introduzione 
a  questo  capitolo  —  alla  creazione  di  un  simbolo  astratto, 
come  aveva  fatto  nel  Kreutz  an  der  Ostsee.  Il  ricordato 
sforzo  della  sua  fantasia  verso  il  dominio  della  sua 
mistica,  ha  come  conseguenza  che  egji  umanizza  Theobald 
e  Therese  e  ne  fa  due  fanciulli,  che  vivono  accanto  ai 
suoi  eroi  e  hanno  una  loro  storia.  Sono  esseri  angelici  per 
la  loro   innocenza   e  purità  ;   compiuta   la   loro   missione» 


(52)  Frankel,  op.  cit.,  p.  84. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-misUca  249 

muoiono,  ma  hanno  vita  e  affetti  umani  e  la  loro  morte 
avviene  per  vie  naturali. 

Theobald,  che  rappresenta  l'arte,  è  dato  specialmente 
come  compagno  a  Lutero.  Lutero  ha  la  forza  ed  ha  la 
religione;  ciò  di  cui  sopratutto  abbisogna  è  l'arte  che 
sempre  gli  faccia  presenti  le  cose  divine.  Therese,  che 
rappresenta  la  fede,  è  data  come  compagna  a  Katharina. 
Katharina  ha  l'amore,  ma  l'amore  potrebbe  sviarla  per 
falsi  sentieri  ed  ha  perciò  bisogno  della  fede  che  la 
sostenga  e  non  le  lasci  dimenticare  le  cose  celesti  per 
le  terrene.  Quando  Lutero  rinchiuso  nella  sua  camera 
traduce  la  Bibbia  per  tre  giorni  e  tre  notti  consecutive 
senza  toccar  cibo  e  gli  altri  sono  in  ansia  per  lui,  Theobald 
è  sicuro  e  tranquillo  :  ((  Ist  er  allein  ?  Ist  nicht  Gott  bei 
ihm  }  Treibt  er  nicht  Gottes  Werk  ?  ».  Gli  altri  lo  vorreb- 
bero trattenere  dal  recarsi  a  Worms;  egli  lo  incoraggia  e 
sorride  :  ((  Wenn  es  Gottes  Werk  ist,  kann  es  nicht  unter- 
gehen  ».  Più  tardi  quando  Lutero  sogna  della  Vergine 
e  dice  :  ((  Es  ist  Teufelsblendwerk  !  »  egli  gli  risponde  : 
((  Es  ist  Engelsblendwerk  )).  E  quando  lo  scoraggiamento 
lo  prende,   egli  ne  sorveglia  le   forze: 

Seid  Ihr  denn  nicht  ein  Ritter?  —  Herr,  ich  dachte, 
Ihr  hattet  euch   im  Doctor  nur  vermummelt, 
Und  scheint  nun  mal  auch  wieder  was  Ihr  seidl 

E  gli  richiama  in  seguito  la  visione  di  Wittenberg  in 
fiamme  per  scoterlo  dalla  pigrizia  che  lo  ha  vinto.  E  lo 
scote  infatti: 

LUT.  Komm',  denn  es  pressi  mich,  komm',  ich  muss  ins  Weite! 

Theob.   Wohin? 

LuT.  Wo   Gott   mich   ruft,    nach  Wittenberg. 


250  Zacharias   Werner 


Una  simile  posizione  ha  Therese  presso  Katharina. 
Quando  questa  deve  venir  cacciata  dai  chiostro  e  tutte 
le  suore  si  sono  allontanate,  Therese  sola  le  resta  fedele 
e  condivide  con  lei  la  solitudine  della  cella.  ((  O  da  lebt 
sich  doch  fròhlicher  in  unseren  stillen  Zellen  !  »  E  sempre 
le  ricorda  che  essa  deve  essere  «  dem  guten  Heiland 
Ireu  »,  e  sempre  la  invita  a  far  pace  con  se  stessa.  Katha- 
rina ha  veduto  Lutero  e  lo  adora  ;  essa  le  rinfaccia  :  ((  Tu 
hai  voluto  predicare  mentre  dovevi  pregare,  ora  sei  punita  ». 

Geh'  weg  !  Die  Blumen  da  !  sie  slnd  mir  lieber, 
Sie  sind  dem  Heiland  doch  getreu. 

Katharina  esclama  :  ((  Ich  habe  ihn  gefunden  !  »  ed  essa 
gli  risponde  :  «  Ist  es  auch  der  rechte  ?»  E  solo  si  tran- 
quilla quando  vede  che  Katharina  ama  Dio  in  Lutero  e 
che  nulla  vi  è  nel  suo  amore  che  non  sia  divino.  E  il  suo 
influsso  si  estende  anche  su  Lutero,  che  sulle  sue  parole 
così  si  esprime:  a  Wohl  tat  es  mir,  w^ie  ein  Psalm».  E 
il  Werner  scrive  di  lei  nel  prologo  in  termini  analoghi. 

Col  sorgere  dell'amore  nell'anima  dei  due  che  essi  assi- 
stono, la  loro  esistenza  nel  dramma  non  ha  più  ragione 
alcuna.  E  il  Werner  li  farà  morire.  S'intreccierà  perciò 
anzitutto  una  storia  d'amore  fra  di  essi  che  causerà  la  morte 
di  Therese.  Fede  ed  arte  si  integrano  a  vicenda,  si  ispi- 
rano l'una  all'altra  e  non  possono  andar  divise  :  Theobald 
e  Therese,  appena  si  vedono,  si  sentono  attratti  l'uno  verso 
l'altro  e  si  amano  (53).  Costretti  a  separarsi,  non  faranno 
più  altro  che  sospirare  l'uno  verso  l'altro.  Therese  si  sente 
superflua  a  Katharina,  sente  che  oramai  altri  ha  preso  il 


(53)  Teichmann,  cit.,  p.  311. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  251 

posto  che  essa  aveva  nel  suo  cuore  :  ((  Du  hast  deinen 
Stem  )),  le  dice,  sebbene  sia  sempre  affettuosa  e  la  curi  e 
la  assista,  E  così  non  vive  più  che  di  nostalgia  per  Theo- 
bald;  non  vive  più  che  per  i  giacinti  che  essa  ha  piantato 
nel  giardino,  e  che  gli  ricordano  lui,  perchè  come  lui, 
l'artista,  riflettono  l'azzurro  del  cielo.  Tutta  la  sua  vita 
diventa  un  sospiro  e  una  preghiera.  E  un  bel  giorno  Ka- 
tharina  la  trova  distesa  sopra  i  suoi  fiori  :  essa  esala  nelle 
sue  braccia  l'ultimo  sospiro:   ((  TTieo-bald  » . 

Therese  muore  prima  di  Theobald  perchè  l'amore  sorge 
e  si  matura  e  si  afferma  in  Katharina  prima  che  in  Lutero. 
Quando  l'ora  sarà  giunta  in  cui  Lutero  e  Katharina  si  uni- 
ranno, morirà  anch'egli.  Anch'egli,  d'altronde,  si  allon- 
tana da  Lutero  internamente,  a  poco  a  poco,  e  anch'egli 
vive  di  nostalgia  per  la  sua  Therese.  Non  canta  più  a 
Lutero  i  canti  che  lo  rianimavano;  ascolta  la  melodia 
d'amore  dolce  e  inesprimibile  che  continuamente  in  lui 
risuona  : 

Die  kleine  Pilgerin  singt  immer  in  mir. 

Ode  nella  notte  la  voce  di  lei  nella  natura: 

Und  dorten  ruft's  aus  Quellen,  winkt's  aus  Biischen; 
Was  flòtest  du  mir,   Bergwind,   hell  und  kiihl? 

E  Lutero  è  stupito,  quand'egli  ritrova  ancor  le  antiche 
voci  di  conforto  (54). 

Il    razionalismo   uccide    l'arte  :    Franz,    il    ((  Bilderstiir- 


(54)  Ibid.,  p.  310-11.  Il  FrXnkEL  discorre  di  Therese  e  di  Theo- 
bald a  pag.  83  e  della  «  Theresen-  und  Theobaldhanglung  »  a  pag.  23, 
ma  non  ne  vede  il  giusto  valore,  la  funzione  che  esse  hanno  nel  com- 
plesso della  tragedia. 


252  Zacharias    Werner 


mer)),  il  falso  luterano,  lo  uccide,  ed  egli  muore  sospi- 
rando  la   sua   fanciulla  :    ((  Theou-rousa  »  ! 


* 
*  * 


11  Werner  rappresenta  nel  suo  dramma,  accanto  a  questa 
storia  intima,  anche  la  storia  esterna  del  suo  eroe.  Se  per  la 
intima  vicenda  egli  si  era  consciamente  allontanato  dalla 
storia  : 

Sey  in  der  Chronik  nichts  davon  zu  lesen, 
Nicht  ihr,   dem  Ruf  des  Innern  muss  Ich  folgen  ; 
Was  im  Gemiit  gelebt,   ist  da  gewesen   (55), 

le  resta  invece  per  questa  parte  esterna,  in  complesso, 
fedele  (56).  Naturalmente  dovendo  concentrare  molti 
avvenimenti  in  più  piccolo  tempo  e  spazio  di  quello  in 
cui  essi  erano  avvenuti,  non  si  lasciò  inceppare  dal  timore 
di  inesattezze  e  specialmente  dalla  cronologia.  Anche 
senza  voler  rispettare  l'unità  di  tempo,  conveniva  spesso 
rappresentare  in  una  scena  unica  la  parte  drammatica  di 
avvenimenti  svoltisi  durante  una  serie  di  giorni,  e  conveniva 
perciò  mutar  il  luogo  in  cui  essi  avvenivano.  Ma  la  sostanza 
è  storica  nei  quattro  momenti  che  svolge  :  abbruciamento 
della  bolla  papale  a  Wittenberg,  andata  a  Worms  e 
difesa  della  sua  dottrina  davanti  al  Reichstag,  imboscata 
dei  soldati  del  Churfiirst  che  Io  trasportano  alla  Wartburg, 
ritorno  a  Wittenberg  per  porre  un  termine  agli  eccessi  dei 
suoi  seguaci,  matrimonio  con  Katharina  von  Bora.  Solo 
egli  la  rappresenta  come  gli  fa  comodo:  lascia  da  parte 


(55)  Prologo. 

(56)  Frankel,  op.  cit.,  p.  57. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  253 

le  trattative  fra  Carlo  V  e  Lutero,  fa  pronunciare  il  giu- 
dizio del  Reichstag  subito  dopo  l'arrivo  di  Lutero,  fa 
far  l'imboscata  presso  Worms,  muta  gli  eccessi  iconoclasti 
in  una  specie  di  rivoluzione  sanguinosa  che  Lutero  va  a 
sedare,  anticipa  di  tre  anni  il  matrimonio.  Fa  parlare 
ed  agire  come  gli  pare  diversi  personaggi  storici  :  ricorre 
per  Lutero  ai  suoi  scritti,  combina  il  discorso  di  Lutero 
davanti  al  Reichstag  con  un  colorito  storico  di  verità,  crea 
liberamente  dove  la  materia  storica  manca.  ' 

Così  il  dramma  risulta  dalla  unione  di  due  azioni  prin- 
cipali :  un'azione  simbolico-intima  e  una  azione  storica 
esterna,  che  sono  in  rapporti  stretti  e  continuati  e  si  fonde- 
ranno completamente  insieme  nella  catastrofe  finale.  Ad 
esse  si  sovrappongono  due  altre  azioni  secondarie  (57): 
quella  di  Theobald  e  di  Therese,  di  cui  già  si  è  parlato, 
e  quella  di  Franz  von  Wildeneck,  il  discepolo  entusiasta 
della  nuova  dottrina,  il  rappresentante  di  quell'indirizzo 
razionalistico  in  cui,  secondo  il  Werner,  il  Protestantismo 
dopo  Lutero  degenerò  (58).  Egli  ha  forza  ed  ha  amore; 
ma  la  sua  forza  è  senza  consecrazione  e  il  suo  amore  non 
è  celeste  ma  terreno;  il  cielo  è  a  lui  chiuso  perchè  l'egoi- 
smo delle  sue  passioni  e  della  sua  ragione  lo  rinserrano  in 
un  carcere  da  cui  egli  non  può  uscire.  Egli  fa  della  sua 
forza  malo  uso  e  ne  è  trascinato  alla  rovina  ;  innamorato  di 
Katharina  e  respinto  da  lei  che  a  Lutero  ha  dato  tutti  i  suoi 
sentimenti,  egli  diventa  furente,  guida  le  turbe  agli  eccessi 
che   Lutero  dovrà   con   fatica  calmare,   uccide   TTieobald 


(57)  Ibid..   Cap.   II. 

(58)  Egli  è  veramente  tale  e  non  il  freddo  politico  imperatore 
Carlo  V,  come  il  Frankel  suppone.  Così  sfugge  a  lui  il  valore  vero 
dell'azione  di  Wildeneck. 


254  Zacharias   Werner 


scagliando  nella  sua  furia  la  lancia  contro  il  suo  antico 
maestro.  Le  due  azioni  secondarie  hanno  l'intento  di  man- 
tener sempre  vivo  il  contatto  fra  le  due  azioni  principali. 

II  problema  principale  quindi,  che  il  Werner  doveva 
risolvere,  era  quello  di  unire  i  due  elementi  storico  e  sim- 
bolico in  un  organismo  compatto  e  vitale.  In  tal  modo 
egli  avrebbe  potuto  anche  addolcire  il  dissidio  inerente 
alla  concezione  fra  il  simbolismo  dell'azione  di  Theobald 
e  Therese  e  il  realismo  del  resto. 

La  tecnica,  a  cui  egli  ricorse,  rappresenta  un  passo  note- 
vole verso  questa  unione  e  ricorda  quanto  osservammo  a 
proposito  del  Kreutz  an  der  Ostsee  (59).  Nel  primo  atto 
vi  è  una  scena  di  realtà  storica  dominata  dalla  figura  di 
Lutero  anche  se  egli  ne  è  assente,  poi  una  scena  del 
chiostro  dominata  dalle  figure  di  Katharina  e  di  Therese  : 
alla  fine  dell'atto  Lutero  e  Katharina  si  incontrano  per 
la  prima  volta.  Nel  secondo  atto  è  dedicata  parimenti  a 
Lutero  la  prima  parte  e  la  seconda  a  Katharina  e  a  The- 
rese  :  il  terzo  e  la  prima  metà  del  quarto  son  dedicati 
alla  esplicazione  completa  della  personalità  di  Lutero  e 
la  fine  del  quarto  atto,  mentre  dà  la  soluzione  dell'azione 
di  Theobald  e  di  Therese,  prepara  in  un  nuovo  incontro 
con  Katharina  il  trionfo  dell'amore,  che  avverrà  nell'atto 
quinto.  Il  quinto  atto  presenta  la  crisi  spirituale  di  Ka- 
tharina, che  ha  perduto  Therese,  la  crisi  di  Lutero,  che 
vede  gli  scandali  a  cui  la  sua  dottrina  condusse  e  perde 
Theobald;  finalmente  la  consacrazione  della  forza  per 
mezzo  dell'amore  con  la  scena  finale  fra  Lutero  e  Ka- 
tharina. 

Così  le  azioni  principali   e   le  secondarie   si  alternano 


(59)  Frankel,  Cap.  III. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  255 

e  si  equilibrano  con  un  ordine  che  in  nessuna  delle  altre 
tragedie  werneriane  si  trova  e  la  struttura  del  dramma 
mostra  una  grande  chiarezza. 

Ma  la  fusione  vera  in  un  dramma  organico  mancò. 
Più  che  mai  sentì  infatti  il  Werner  in  questo  dramma  l'in- 
flusso di  quel  contrasto  di  tendenze  storico  e  simbolico, 
che  in  parte  era  già  riuscito  a  superare  nella  concezione  del 
Kreutz  an  der  Ostsee. 

E  rifece  —  malgrado  la  maggior  perizia  scenica  —  un 
passo  indietro.  Ritornò  al  procedimento  della  seconda 
parte  dei  Sòhne  des  Tales  :  sovrappose  all'azione  sto- 
rico-realistica una  stuccatura  di  poesia  romantico-simbolica. 

La  ragione  ne  fu  nell'origine  stessa  del  dramma.  Era 
premuto  da  tutte  le  parti  perchè  si  mettesse  una  buona 
volta  sulle  orme  dello  Schiller  e  componesse  tragedie  sto- 
riche ;  lo  Iffland  insisteva  perchè  il  lavoro  riuscisse  non  solo 
drammatico  ma  teatrale  ;  da  tutte  le  parti  gli  si  imponevano 
ceppi  e  limitazioni  (60).  a  Kònnte  ich  —  scrive  il  Werner 
allo  Scheffner  —  noch  einmal  wieder  das  Gliick  haben  auf 
Ihrem  Sofà  zu  sitzen  und  mit  Ihnen  iiber  die  Leiden  zu 
sprechen,  die  mir  nicht  etwa  meine  Feinde  sondern  meine 
hiesigen  gelehrten  Kunstfreunde  aus  der  besseren  Absicht 
zufiigen,  Sie  wiirden  Tranen  —  lachen  miissen  »  (61). 
Così  egli  diede  una  importanza  grande  all'azione  storica, 
una  importanza  così  grande  che  l'opera  gli  rimase  sempre 
fra  le  sue  meno  dilette;  soleva  dire  che  il  Lutero  era  solo 
per  la  prima  classe,  mentre  i  Sòhne  des  Tales  erano 
per  la  seconda,  e  il  Kreutz  an  der  Ostsee  per  la  terza. 


(60)  «Blatter  f.   1.  U.  »,   loc.   cit.  ;    «  Gesellschafter  » ,    loc.   cit. 

(61)  Ibid. 


256  Zacharias    Werner 


e  vi  trovava  troppa  di  quella  che  egli  non  riteneva  vera 
poesia  (62). 

Inserendo  poi  dentro  l'azione  storica  anche  l'azione 
simbolica,  vi  volle  seguire  tutte  le  sue  inclinazioni  mistiche, 
e  il  suo  romanticismo,  che  ha  ora  una  improvvisa  rifioritura, 
vi  celebrò  un  vero  trionfo.  È  il  tempo  in  cui  l'influenza  del- 
VOctavianus  è  ancor  fresca  e  perdura,  è  il  tempo  in 
cui  egli  legge  e  studia  Novalis  e  lo  esalta  come  uno  dei 
massimi  genii  che  la  Germania  abbia  mai  avuto  :  Jean 
Paul  ha  fatto  a  lui,  Werner,  troppo  onore  a  ricordarlo  ac- 
canto a  questo  santissimo  fra  tutti  i  poeti.  Novalis  diventa 
il  suo  maestro  e  i  Lehrlinge  zu  Sais  diventano  il  suo 
Vangelo  :  ((  Wie  ich  unter  alien  neueren  Heiligen  nur 
den  heiligen  Novalis  anerkenne,  so  kenne  ich  keinen  an- 
deren  Weg  zur  Heiligung  als  den  in  Novalis  Zòglingen  zu 
Sais  von  dem  poetischen  Schiiler  ausgesprochenen,  den  des 
Gefùhls  »  (63).  È  il  tempo,  oltracciò,  in  cui  egli  viene  a 
contatto  diretto  con  taluni  romantici  e  improvvise  nuove 
fiammate  di  romanticismo  e  lirismo  in  lui  divampano.  Così 
egli  non  potè  fare  a  meno  di  spargere  «  fiori  di  poesia  ro- 
mantica »  sopra  ((  la  prosa  del  suo  dramma  storico,  in  cui 
aveva  sepolto  il  suo  genio  » .  Poesia  della  ((  Sehnsucht  » , 
poesia  della  natura  in  senso  novalisiano,  poesia  che  svolge 
immagini  e  motivi  tolti  alle  arti  belle,  poesia  di  concetti 
mistici,  religiosi,  canti  e  fantasticherie  costituiscono  un 
arabesco  continuo  in  cui  il  Werner  sbizzarrisce  la  sua 
fantasia. 

In  questo  modo  il  Werner  invece  di  colmarlo  scavò 
anche  più  profondo  l'abisso  già  esistente  fra  i  due  ele- 


(62)  GUBITZ,  ErUbnisse,  I.  228. 

(63)  «Euphorion».    1895,  p.  363. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  257 

menti.  Avendo  scritto  l'una  e  T altra  parte  cedendo  a  di- 
verse tendenze,  quasi  come  se  si  trattasse  di  due  opere 
distinte,  egli  trascurò  di  subordinare  l'una  azione  all'altra, 
come  il  prologo  prometteva  e  come  la  concezione  stessa 
domandava. 

L'azione  storica  non  è  infatti  subordinata  all'interna 
simbolica:  anzi  le  due  azioni  non  procedono  neppure  di 
pari  passo,  e,  quando  la  prima  raggiunge  la  massima  inten- 
sità, la  seconda  invece  è  ancora  nel  suo  divenire.  Infatti 
leggete  la  scena  del  giudizio  di  Carlo  V  contro  Lutero. 

Der  allein  verehrend 
Die    Gotthelt    seines    Ichs,    garr    nicht    erkennt 
Dass  er  ein  Strahl  nur  ist  des  ew'gen  Lichts, 
Das  sich  in  Myriaden  Wesen  spiegelt. 

In  quella  scena  del  terz'atto,  che  è  la  pili  fortemente  dram- 
matica e  la  più  teatrale,  l'azione  storica  raggiunge  il  suo 
culmine  per  poi  in  seguito  declinare;  là  dimostra  Lutero 
la  più  grande  sicurezza  di  sé  medesimo,  della  sua  fede 
e  della  sua  missione  ;  là  esplica  Lutero  la  sua  natura  eroica. 
E  tutto  ciò  accade  prima  che  la  consecrazione  della  forza 
per  mezzo  dell'amore  anivi.  Quando  poi  questa  giunge, 
essa  non  compar  più  —  e  il  Werner  aveva  evidentemente 
mirato  a  un  tale  fine  (si  veda  infatti  il  prologo)  —  non 
compar  più  come  l'elemento  supremo  indispensabile,  per- 
chè l'uomo  sappia  resistere  in  tutti  i  frangenti  :  essa  com- 
pare invece  come  una  specie  di  coronazione  finale  degli 
sforzi  da  lui  compiuti,  come  se  Dio  in  premio  delle  sof- 
ferenze sopportate,  delle  lotte  sostenute,  dell'eroismo  dimo- 
strato, dia  a  Lutero  una  moglie  (64). 


(64)  Questo   è   il  difetto   fondamentale   del   dramma   anche   dal   punto 
di  vista  tecnico,  ciò  che  al  Frankel  sfuggì. 

G.   GABErn,  //  dramma  di  Z.    Werner.  17 


258  Zacharias    Werner 


Il  lettore  travolto  dalla  vicenda  drammatica  storica  — 
svolta  quasi  indipendentemente  —  ha  così  l'impressione 
come  se  dopo  la  metà  del  quart'atto  la  tragedia  vera  sia 
finita,  e  tutto  il  resto  sia  un'appendice  per  lo  meno 
superflua,  che  attenua  e  sbiadisce  l'effetto  dell'opera. 

E  la  catastrofe  finale  —  quella  che  doveva  rappresen- 
tare il  vero  «  Hohepunkt  »  dell'azione  tragica  —  è  arti- 
sticamente un  tentativo  mancato.  Che  essa  fosse,  nel  con- 
cetto del  poeta,  il  vero  ((  Hohepunkt  »  della  tragedia, 
oltreché  dal  pensiero  su  cui  il  dramma  posa,  è  dimostrato 
anche  dalla  accumulazione  di  delusioni,  sotto  di  cui  il 
Werner  opprime  il  suo  eroe.  Lutero  vede  la  sua  dottrina 
falsata,  divenuta  fonte  di  sacrilegi  e  di  sanguinosi  mas- 
sacri, di  colpe  religiose  e  umane  allo  stesso  tempo;  egli 
vede  ribelle  Franz  von  Wildeneck,  il  discepolo  un  tempo 
prediletto,  pensato  come  un  nuovo  Alexius;  egli  si  vede 
ucciso  Theobald,  il  fanciullo  adorato  che  gli  era  stato 
guida  e  conforto.  Ma  questa  crisi  violenta  è  più  interiore 
che  esternamente  drammatica,  e  produce  la  impressione 
di  un  pericolo  minore  di  quello  che  egli  già  ha  attraver- 
sato. E  quando  il  Werner  fa  che  Lutero  pieghi  sotto  il 
peso  di  tanta  sciagura,  pieghi  e  disperi,  voi  non  potete 
immaginar  che  ciò  succeda  dell'uomo,  che  già  altre  prove 
—  e  ben  maggiori  —  ha  saputo  sostenere. 

Oltracciò  il  Werner,  giunto  già  all'ultimo  atto,  non 
potè  più  dare  a  tutti  questi  fatti  una  rappresentazione 
adeguata,  di  svolgimento  tale  che  corrispondesse  a  quello 
che  gli  altri  fatti  ebbero.  E  schizzò  le  scene  sommaria- 
mente, riempiendole  di  fatti,  facendo  che  tutto  precipiti  a 
un  tratto  —  dietro  scarsa  preparazione  —  come  il  crollare 
improvviso  e  inaspettato  di  un  edificio. 

E  poco  psicologicamente   motivata,   poco   svolta   restò 


//  dramma  dell'utopia  erotico-misiica  259 

la  scena  stessa  dell'innamoramento.  Avete  innanzi  un  uomo 
in  cui  un  nuovo  sentimento  si  apre  la  via  fra  ostacoli  infi- 
niti interiori  e  esteriori;  avete  innanzi  un  uomo  che  da 
questo  nuovo  sentimento  deve  esser  come  ricreato  verso 
una  nuova  vita;  il  Werner  si  sbriga  di  tutto  ciò  rapida- 
mente —  perchè  lo  spazio  gli  manca. 

E  siccome  l'arte  di  scolpire  a  grandi  tratti  scultori  non  è 
da  lui  posseduta,  e  una  tale  arte  d'altronde  avrebbe  con- 
trastato al  carattere  generale  dell'opera,  così  il  Werner 
si  accontentò  di  segnar  la  trasformazione  nei  suoi  principali 
momenti  e  invece  di  darne  una  spiegazione  psicologica, 
impostò  fra  Lutero  e  Katharina  un  dialogo  intorno  all'a- 
more. E  il  risultato  del  dialogo  è  che  Lutero  si  lascia 
sposare  e  —  lasciandosi  convincere  della  bontà  del  matri- 
monio —  ritrova  la  sua  forza  perduta.  Ma  ha  ritrovato 
veramente  quella  forza  ?  si  chiede  il  lettore.  Il  dramma 
non  presenta  pili  nessuna  scena  in  cui  quella  forza  —  ora 
consecrata  —  si  esplichi. 

Così,  concludendo  sopra  la  Weihe  der  Kraft,  se  voi 
la  considerate  da  un  punto  di  vista  critico,  avete  un  dramma 
che,  malgrado  l'ordine  e  la  chiarezza  di  costruzione  non 
ha  raggiunto  una  unità  organica  e,  malgrado  questo  suo 
difetto,  presenta  invece  frammenti,  a  cui  nessuna  vostra 
critica  potrà  mai  togliere  la  bellezza  e  la  vitalità  che  il 
poeta  vi  ha  infuso;  se  poi  la  considerate  dal  punto  di 
vista  storico  dell'evoluzione  del  dramma  werneriano,  vi 
trovate  bensì  —  dovuto  a  cause  esteriori  —  un  momen- 
taneo ritorno  verso  una  forma  già  superata,  ma  vi  trovate 
pure  per  una  parte  una  maggior  perizia  nel  trattar  questa 
forma  e  per  l'altra  parte  un  più  cosciente  sforzo  di  do- 
minar la  materia  trattata  e  di  plasmarla  secondo  la  propria 
concezione.  Essa  rappresenta  un  passo  innanzi  verso  quel 


260  Zacharias   Werner 


simbolismo  che  consiste  soltanto  nel  valor  tipico  delle  indi 
vidualità,  da  cui  è  rappresentata  la  storia. 


IL 


Più  risoluto  ^ncora  e  più  fermo  ci  si  presenta  il  tenta- 
tivo di  continuar  per  questa  via  nel  nuovo  dramma  Attila, 
Kònig  der  Hunnen,  che  prima  di  partire  per  Vienna 
il  Werner  compose  in  Berlino,  per  incitamento  di  Johannes 
von  Miiller,  che  aveva  scelto  quell'argomento  per  una  sua 
trattazione  storica,  ristampata  anonima  in  quello  stesso  anno 
1806  (65).  Il  dramma  ha  come  motto:  ((  Cui  omnia  unum 


(65)  Attila,  Kònig  der  Hunnen,  Berlin,  1806.  Per  i  rapporti  del 
Werner  col  Muller  in  questo  tempo  cfr.  il  cit.  Briefwechsel  del  Miiller 
edito  dal  Maurer  -  CONSTANT,  IV,  p.  389  e  seg.  Il  Werner  ricorda 
al  Muller  V Attila  anche  anni  dopo,  v.  ibid.,  VI,  112.  Io  credo  tut- 
tavia, sebbene  il  Werner  non  ne  faccia  ricordo  nelle  sue  lettere,  che 
egli  si  sia  servito  anche  del  volume  di  D.  Fessler  :  Attila,  Kònig 
der  Hunnen,  Augsburg,  1803.  È  una  abbondante  raccolta  di  materiali 
con  precisa  indicazione  delle  fonti  :  da  esso  potè  il  Werner  esser  ri- 
mandato alla  Histoire  generale  des  Hans  del  De  Gingues,  voi,  I, 
parte  II,  Paris,  1793,  all'articolo  del  NachtigaL  nella  «Deutsche  Mo- 
natschrift  »,  1792  (Aprile  e  Maggio),  agli  Annales  Veteres  Hun- 
norum  etc,  editi  dal  Pray,  Vindobon.,  1761,  al  volume  di  F.  C. 
Fischer,  Sitten  und  Gehrauche  der  Europder  im  fUnften  und  sechsten 
Jahrhundert;  a  quello  del  GaTTERER,  Versuche  einer  allgemeinen 
Weltgeschichte  bis  zur  Entdeckung  Americas;  e  a  quello  del  KrauSE, 
Geschichte  der  wichtigsten  Begebenheiten  des  heutigen  Europas,  2°  voi. 
Se  il  Werner  li  abbia  consultati  non  è  possile  accertare  perchè  il  ma- 
teriale che  in  essi  si  trova  è  accuratamente  raccolto  dal  Fessler,  ed 
elaborato  dal  Muller,  che  furon  fonti  dirette.  Certo  invece  egli  ricorse 
alla  quarta  parte  delle  Ideen  zu  einer  Philosophie  der  Menschheit  dello 
Herder,  e  alla  traduzione  tedesca  della  History  of  the  decadence  of 
the  romish  Empire  del  GlBBON.  In  tutti  questi  libri  si  trova  rispecchiato 
quel  contrasto,   per  cui  la   leggenda  c^i  Attila  ebbe  nei  paesi  germanici 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  261 

sunt  et  omnia  ad  unum  trahit  et  omnia  in  unum  videt,  potest 
stabilis  corde  esse  et  in  Deo  pacificus  remanere  »  (Thom.  a 
Kempis,  I,  3). 


e  in  paesi  latini  così  opposta  elaborazione.  Mentre  la  figura  spettrale  e 
tremenda  del  re  Unno  comparve  nella  leggenda  nostra  come  barbara  e 
selvaggia,  simbolo  supremo  di  quella  smania  di  distruzione  che  parve 
alla  fantasia  popolare  essere  il  maggiore  stimolo  delle  invasioni  bar- 
bariche, in  Germania  invece  Attila  parve  il  vendicatore  mandato  da 
Dio  a  punire  il  popolo  romano  degenerato  e  vizioso,  simbolo  della 
razza  germanica  vincitrice  e  trionfante,  ringiovanitrice  e  ravvivatrice 
della   umanità  esaurita   e   stanca,   creatrice  di   nuova  civiltà. 

Non  solo  questo  nella  leggenda  antichissima,  che,  innestandosi  al 
mito  dei  Nibelungi,  lo  complicò  nella  storia  che  il  grande  poema  ci 
offre,  nella  stesura  che  ne  possediamo,  ma  anche  nella  età  moderna  e 
nei  tentativi  storici.  Gli  entusiasmi  per  il  medio-evo  del  tempo  imme- 
diatamente anteriore  al  Werner,  avevan  portato  a  quella  esaltazione 
del  Germanesimo  che  ha  tanta  parte  nelle  Ideen  dello  HERDER  e  nella 
Litérature  di  MADAME  DE  Stael.  Attila  parve  non  un  barbaro  ma  un 
eroe  :  gli  si  attribuirono  qualità  che  Etzel  possiede  nella  leggenda  epica 
e  si  spiegò  la  fama  di  barbarie  che  ebbe  nei  paesi  latini,  come  un 
effetto  dello  sgomento  di  una  gente  molle  e  effeminata  di  fronte  a  un 
uomo  giusto,  fiero,  attivo,  sano  ;  come  un  effetto  del  pavido  tremore 
del  vinto,  che  è  meritevole  della  sua  sconfitta,  di  fronte  a  un  vinci- 
tore, che  è  meritevole  della  sua  vittoria.  E  la  storia  tedesca  conchiuse, 
come  la  leggenda,  che  Attila  fu  sì  un  «  flagellum  Dei»,  ma  non  per 
la   sua   ferocia,    sibbene   semplicemente   per   la   sua   giustizia. 

Il  dramma  del  Werner  potè  sorgere  precisamente  p)erchè  questa 
era  la  figura  che  alla  sua  fantasia  si  affacciò  dai  libri  che  egli  lesse 
e  consultò:  «Attila  wusste  die  Tugend  zu  schatzen...  er  verachtete 
Pracht  und  Reichtiimer...  scine  Regierung  war  sanft  und  gerecht,  er 
beschiitzte  jedermann  bei  seinem  Eigentume,  hielt  taglich  Gericht  unter 
freiem  Himmel  und  suchte  sein  Recht  jedem,  so  wie  er  es  verdiente, 
offentlich  zuzuteilen».  Il  Fessler  riproduce  questo  giudizio  in  cui  il 
Fischer,   il  Gatterer,   il  Krause,   lo  Herder  si  accordarono  e   lo  fa  suo. 

L'influenza  del  Fessler  sull'organismo  del  dramma  Werneriano  pare 
a  me  non  solo  evidente  ma  essenziale.  Non  solo  la  tendenza  generale 
dell'opera  conduce  a  questa  affermazione,  ma  anche  il  raffronto  di 
molti  particolari.  Si  confrontino,  ad  esempio,  i  ricordi  della  giovinezza  di 
Aetius   e   di   Attila   nel   dramma   con    la  seguente   descrizione  :    «  Selige 


262 


Zacharias   Werner 


Questa  volta  il  Werner  compose  la  sua  tragedia  nuo- 
vamente seguendo  soltanto  le  sue  tendenze.  Il  Miiller,  che 
ne  aveva  suscitata  Tidea  e  assistette  alla  composizione, 
era  stato  sempre  egli  medesimo  incline  al  misticismo  e  ora 
nella  famigliarità  col  Werner  stava  attraversando  un 
nuovo  periodo  mistico  :  il  sonetto  che  il  Werner  gli  dedicò 
mostra  che  la  sola  influenza  che  il  Miiller  dovette  eser- 


Aug^nblicke  der  Weihe  und  Begeisterung  waren  fiir  Ihn  die  Stunden 
an  welchen  ihm  Aelius  die  Ursachen  entwickelte,  die  zur  Vergrosserung 
der  alten  Romer  so  màchtig  mitgewirkt  hatten...  Aber  bald  ver- 
schwand  der  Taumel  seines  Entziìckens  als  ihn  sein  Freund  mit  dem  ver- 
derbten  Zustande  seiner  Zeitgenossen  bekannt  machte,  etc.  »  (Fessler, 
cit.,  p.  76).  E  si  confrontino  i  lamenti  di  Aetius  sulla  condizione  di 
Roma  con  il  brano  seguente  in  cui  Aetius  descrive  nel  Fessler  (p.  77) 
la  sua  città  :  «  Die  entnervten  Enkel  der  alten  Romer  konnten  die 
schwere  Riìstung  ihrer  Vater  nicht  mehr  ertragen,  ihren  zarten  Schultern 
war  der  romische  Panzer  zu  schwer,  ihre  an  Tàndeleien  gewohnten 
Hànde  konnten  den  Schild  nicht  mehr  tragen...  Sklaven  der  Tràgheit 
und  Gebrachlichkeit,  weigerten  sie  sich  ihre  Lage  zu  befestigen  oder 
ihre  Stadte  zu  verteidigen  » .  La  descrizione  della  corte  di  Placidia 
imperatrice  è  presso  lo  storico  e  presso  il  poeta  identica,  è  identico 
l'episodio  dell'incontro  di  Aetius  e  di  Attila  :  quando  Attila  si  vide 
tradito  dall'amico  «  sein  reines  Gefiihl  der  Rechtsschaffenheit  emporte 
sich,  doch  heilig  waren  ihm  noch  die  Pflichten  der  Gastf reundschaf t  » . 
Già  il  Fessler  racconta  la  uccisione  di  Bleda,  mostrando  quali  riverberi 
essa  abbia  avuto,  e  già  anch'egli  cerca  di  spiegare  la  psicologia  di 
Hildegunde  dalla  uccisione  di  Walther.  Anche  l'incontro  di  Attila  con 
papa  Leone  è  trattato  diffusamente  e  la  vignetta  del  frontispizio  ripro- 
duce la  scena  dal  quadro  raflFaelliano. 

Il  Werner  ha  tolto  al  Miiller  e  più  ancora  al  Fessler,  che  era  più 
diffuso  e  ampio,  tutta  quanta  la  materia  della  sua  opera  :  di  suo  vi  portò 
lo  spirito  nuovo  con  cui  vide  e  svolse  l'azione  del  suo  dramma  :  le 
divergenze  di  essa  dalla  storia  o  almeno  da  quanto  allora  pareva  storia 
non  mancano,  ma  non  sono  molto  grandi,  e  rese  sempre  necessarie  dal 
pensiero  da  cui  egli  moveva  alla  composizione.  Sopratutto  venne  al- 
terata da  lui  la  storia  di  Honoria  :  oltracciò  egli  fece  di  nuovo  quella 
condensazione  di  fatti  diversi  in  breve  limite  di  tempo  che  era  neces- 
saria ai  suoi  scopi  artistici. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  263 

citare  su  di  lui,  fu  nel  senso  che  egli  sempre  più  lo  per- 
suase come  l'idea  in  opera  di  poesia  deva  scomparir  in  una 
visione  di  vita  ;  il  Werner  gli  dice  infatti  : 

Des  ewigen  Schicksals  Ràtsel  sckeint  gedeutet, 
Wenn,  Gottgesandt,  Johannes,  die  Geschichte, 
Der  Gottheit  Kind,  du  taufst  mit  Geist  und  Feuer  (66). 

E  il  dramma  mostra  realmente  tutta  l'attenzione  del 
Werner  intesa  verso  un  tale  scopo:  approfondire  la  psico- 
logia di  anime  che  vivono  una  mistico-romantica  vita. 

Le  idee  da  cui  il  Werner  parte  sono  ancora  quelle  già 
note  :  la  vita  concepita  (67)  come  un  problema  erotico,  la 
forza  che  ha  bisogno  della  consecrazione  dell'amore  e 
perchè  è  fatalità  che  tutto  ciò  che  è  mondano  sia  condan- 
nato a  deperire  dopo  aver  dato  i  suoi  frutti,  poiché  quel 
deperimento  non  significa  annichilazione  ma  rinascita,  l'a- 
more che  raggiunge  nella  morte  il  suo  scopo.  La  tragedia 
riposa  quindi,  assai  più  ancora  che  la  Weihe  der  Kraft, 
sopra  pensieri  w^erneriani,  perchè  taluni  di  questi,  che 
ora  ritroviamo,  erano  stati-  esclusi  dal  dramma  su  Lutero 
per  la   natura   dell'argomento   stesso   (68). 


(66)  Ausgewàhlte  Schriften,  I,  p.    127. 

(67)  VlERLING,   appendice,   lettere  a  Johanna  Rink,   p.    12-13. 

(68)  Manca  infatti  nella  Weihe  der  Kraft  l'idea  dell'amore  nella 
morte.  Alcune  osservazioni  suW Attila  fa  il  FranKEL  dal  punto  di 
vista  tecnico  dell'op.  cit.,  passim.  Superficialmente  discorse  anche  di 
questo  dramma  il  Werner  nel  «  Literarisches  Echo»,  1909,  in  un 
articolo:  «  Attiladramen  » .  Il  meglio  sull'argomento  è  ancora  nel  MlNOR, 
op.   cit.,   p.  44. 

U Attila  è  il  solo  dramma  Wemeriano  per  cui  manchino  quasi  com- 
pletamente informazioni  epistolari,  V.  in  TeichMANN,  op.  cit.  e  nei 
«Blatter  f.  1.  U.  »,  loc  cit.,  le  lettere  della  fine  del  1806  e  del 
principio  del  1807.  Vi  si  trova  se  non  altro  una  eco  della  disposi- 
zione d'animo  in  cui  il  Werner  si  trovava  all'epoca  della  composizione. 


264  Zacharias    Werner 


Ciò  che  deve  ora  cadere  è  la  potenza  dell'Impero 
romano.  La  sua  missione  è  terminata:  doveva  diffondere 
pel  mondo,  fra  le  genti  barbare  la  civiltà  e  il  sapere,  sve- 
gliare le  coscienze  ancora  smarrite  nella  cecità  degli  istinti 
d'una  natura  primitiva.  Ma  la  potenza  sua  divenne  fine  a 
sé  stessa,  degenerò  in  tracotanza,  si  insozzò  nell'ingiustizia; 
tutto  il  mondo  non  fu  più  che  un  giocattolo  con  cui  Roma 
baloccava  sé  stessa;  tutti  i  popoli  soggetti  non  ricevettero 
più  dalla  forza  sua  virtù  vivificatrice,  luce,  stimolo  a  pro- 
gredire e  a  svolgersi:  furono  sfruttati  invece,  fatti  schiavi, 
trattati  come  tali  contro  ogni  diritto  e  contro  ogni  onestà. 
Roma  non  esistette  più  per  essi  ;  essi  esistettero  invece  per 
Roma.  E  Roma,  per  tener  salda  la  sua  potenza  enorme,  non 
dubita  di  ingaggiare  e  sostener  nuove  guerre,  e  le  nuove 
battaglie  e  il  nuovo  sangue  versato  non  furono  più  a  servigio 
dell'umanità,  ma  a  servigio  di  pochi  uomini  che  trovavano 
così  il  mezzo  di  soddisfare  le  loro  libidini,  i  loro  vizi,  i 
loro  piaceri.  Sperperavano  milioni  per  il  godimento  di  un 
giorno  e  quei  milioni  erano  il  frutto  del  lavoro  di  uomini 
che  ora  erano  affamati,  spogliati  di  tutto.  Attila  dice  ad 
Heraclius,  il  rappresentante  di  Bisanzio,  che  ha  commesso 
le  stesse  colpe  di  Roma  : 

Ihr  habt  gelogen,   habt  mir  das  Gebiet, 

Das  mir  versprochen  war,   nlch  eingeraumt  ; 

Ihr  habt  die  Treue,  mein  Volk,  die  Welt  verletzt  ! 

Ich  bin  der  Liigen  miide  und  eurer  Frevel  ! 

Il  vescovo  Leone  volge  alla  corte  imperiale  gli  stessi 
ammonimenti  :.  Attila  é  mandato  da  Dio  per  punire  le  loro 
colpe.  Essi  han  deviato  dalla  loro  via  e  devono  essere 
puniti  : 

Du  hast,  so  spricht  der  Herr,  rebrochen  mir  den  Schwur, 
Du,  falsche  Roma,  hast  zerstòrt  der  Menschheit  Grund, 


//  dramma  dell'utopia  eroiico-mistica  265 


Derni  worauf  das  Gebau  der  Menschheit  niht, 

Drei  Pfeiler  :  Wahrhelt.  Recht  und  Klarheit  sind  es  nur. 

((Wahrheit,  Recht,  Klarheit».  Che  è  ormai  rimasto 
di  tutto  ciò  ?  E  questa  era  la  condizione  della  forza.  Solo 
colui  è  forte,  che  compie  Topera  che  gli  è  stata  affidata  e 
non  si  infiacchisce  nell'ozio  e  nel  godimento.  Finché  Roma 
fu  ciò  che  doveva  essere,  e  gli  uomini  ponevano  intera- 
mente se  al  servizio  della  causa  comune,  Roma  era  stata 
invincibile.  L'egoismo  ha  ora  prevalso;  non  si  cerca  più 
che  il  proprio  piacere  :  tutto  il  resto  è  nulla.  Roma  diventa 
imbelle;  oramai  è  una  «  entkràftete,  verruchte,  blutvoll- 
gesogne  Roma)).  Anche  Ezio  lo  riconosce,  l'unico  uomo 
rimasto  forte,  sebbene  sia  stato  travolto  dalla  sua  ambizione 
nella  corruzione  generale. 

Wo  ist  denn  Rom?  —  In  diesen  Steinkolossen? 

Rom  ist  wo  Ròmer  sind  —  Wo  sind  nun  Ròmer? 

Dei  Romer  lebte,  starb  fur's  Vaterland  : 

Wir  leben,  sterben  —  keiner  weiss  wofur  ! 

Der  Romer  zog  vom  Pfluge  zum  Triumph  ; 

Wir  fliehen  aus  der  Schlacht  zum  Schwanenlager  ! 

Sie   lebten  wirklich,   darum   starben  sie  ! 

Wir  sterben  eh'  wir  leben  —  's  ist  bequemer  (69)  ! 

Attila  è  il  flagello  di  cui  Dio  si  serve  per  abbattere 
la  potenza  che  non  è  più  forte  se  non  di  male  e  di  peccati. 
Vi   è   una   evidente   analogia  colla     Weihe    der    Kraft, 


(69)  Nella  pittura  di  Roma  è  evidente  l'influenza  della  Corinne 
di  Madame  de  Staél.  influenza  che  fu  assai  grande  sulla  concezione  che 
il  Werner  ora  si  fece  dell'Italia.  Cfr.  su  questo  argomento  il  mio  ar- 
ticolo :    Italien    in    Zacharias    Wemtr$    Leben    und  Dichten. 


266  Zacharias   Werner 

dove  Lutero  sorge  a  rigenerare  l'umanità  dalla  sua  degene- 
razione. 11  modo  però,  come  il  Werner  fa  sorgere  ora  in 
Attila  l'uomo  che  compie  questa  missione,  risponde  di 
più  alla  sua  sempre  piìi  forte  tendenza:  esso  non  è  più  né 
miracoloso  né  mistico.  Il  Werner  é  conscio  di  doversi  man- 
tenere fin  da  principio  nei  confini  della  vita  terrena.  Il 
modo,  con  cui  egli  fa  che  il  suo  eroe  diventi  il  flagello  di 
Dio,  é  infatti  un  modo  naturale.  Attila  è  la  coscienza  del- 
l'umanità che  si  sveglia  (70).  Troppo  tempo  fu  ferita  e  tor- 
mentata e  sofferse  :  ora  lentamente  il  gigante  si  drizza, 
scote  i  ceppi  e  abbatte  chi  glie  li  impose.  Attila  é  una 
personalità  eccezionale,  in  cui  questo  risveglio  é  stato  — 
in  corrispondenza  di  questo  suo  carattere  —  più  risoluto  e 
forte  che  negli  altri  suoi  contemporanei.  È  una  forza  ver- 
gine, un  germano  ancor  barbaro,  in  cui  la  voce  della 
natura  si  fa  sentire  con  tutta  la  sua  irresistibilità  e  con  tutta 
la  sua  chiarezza.  Sente  di  essere  forte;  ha  vinto  i  Sarmati, 
é  stato  proclamato  re  dagli  Unni  ;  la  sua  anima  é  gigan- 
tesca come  il  corpo  suo  e  il  corpo  dei  suoi  soldati.  L'im- 
presa titanica  che  gli  sta  innanzi  non  lo  sgomenta  :  lo  attira. 
È  nel  combattimento  che  la  sua  forza  gladiatoria  si  può 
esplicare.  E  oltracciò  egli  ha  coscienza  di  non  combattere 
per  sé,  ma  per  il  mondo.  Pensate  a  Don  Carlos  e  ai  suoi 
entusiasmi  di  libertà,  quando  Attila  racconta  la  sua  giovi- 
nezza e  i  suoi  sogni  ((  von  Menschenrecht,  Gefiihl  und 
Pflicht  und  Tugend  »,  quando  vi  narra  il  giuramento  che 
egli  fece  al  giovane  amico  e  compagno  d'armi  Ezio: 


(70)  Per  il  VlERLING  rimane  V Attila  un  libro  completamente  chiuso. 
Egli  parla,  op,  cit.,  p.  184,  di  «  appetits  brutaux  que  représente  le  rei 
des  Huns  » . 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  2Ò7 

Da  tratst  du  zu  mir,   lagst  an  meinem  Herzen  : 
Du,   Relter  deines  Volkes,   so  riefst  du  gliihend, 
Sey  auch  der  Menschheit  Retter  —  stiirze  Rom  ! 
Da  schwor  den  Gòttern  ich  und  dir  den  Schwur; 
Mein  ganzes  Dasein,   alle  Lebensfreude 
Zu  opfern,  um  der  Menschheit  blut'ge  Rache 
Und  Recht  zu  schafFen  an  der  Welttyrannin. 

La  ferocia,  che  la  leggenda  latina  aveva  addensata  nel- 
l'anima sanguinaria  e  selvaggia  del  re  Unno  inebriantesi 
della  sua  propria  forza,  dilegua  ;  feroce  appare  egli  ancora 
ma  in  pari  tempo  giusto,  e  meglio  che  di  ferocia  dovete 
parlare  di  inesorabilità.  Ha  una  sua  idea  naturale  di  giu- 
stizia e  annienta  tutto  ciò  che  vi  contrasta.  Annienta  perchè 
crede  essere  suo  dovere,  essendo  egli  la  spada  di  quella 
giustizia.  Wladimir,  che  egli  ha  amato  sempre  e  ama  come 
un  figlio,  è  spergiuro  :  glie  ne  duole  profondamente  :  ((  Du 
tat'st  mir  das?»,  ma  non  piega.  ((Abbracciami»,  gli 
dice,  dopo  che  lo  vede  confesso  e  pentito,  e  ordina  di 
farlo  squartare  da  cavalli.  Non  è  che  gli  manchi  il  cuore; 
lo  mostra  quando  non  ha  da  andar  contro  l'idea  a  cui  ob- 
bedisce. Lo  stimolano  ad  ammazzare  dei  cittadini  inermi 
ed  egli  uccide  di  una  sciabolata  l'Unno  che  insiste  sul 
suggerimento.  Lo  stimolano  ad  annientare  una  comunità 
cristiana,  ed  egli  risponde: 

Ist  mein  Beruf  den  Unbewehrten  morden? 
Ihr  habt  behaartes  Herz,   Ihr  Burgunden! 

Infuria,  quando  sa  che  i  soldati  suoi  saccheggiarono 
Ravenna  : 

Wer   in    Ravenna 
GeplUndert,   wird  vor  Abend  noch  gespiesst! 


268  Zacharias    Werner 


Walamir  gli  osserva  che  essi  furon  valorosi  :  ((  Miisst  ihr 
als  Menschen  dr*um  die  letzten  seyn  ?  ))  Vuol  diffondere  i 
due  principii  della  morale  sua:  verità  e  onestà.  Sono  i  due 
principii  in  cui  per  lui  —  Tuomo  della  natura  —  tutte  le 
regole  della  vita  si  riassumono.  Ed  è  incrollabile  nel  suo 
proposito  :  una  —  nella  sua  assolutezza  —  selvaggia  per- 
sonificazione dell'imperativo  categorico. 

Quella  porpora  che  indossa  e  che  lo  fa  ministro  della 
eterna  giustizia  gli  pesa  :  «  Es  ist  schwer  Gottes  Geissel 
zu  sein  !  ))  Non  vive  che  di  quel  precetto  che  trova  scritto 
nella  sua  coscienza,  ma  porta  la  sua  potenza  come  una 
croce  che  il  destino  gli  ha  addossata  :  non  conosce  più  la 
gioia  e  il  piacere  della  vita.  L'uomo,  che  s'agita  in  lui, 
è  atterrito  dal  programma  che  il  re  si  è  imposto.  Ed  è 
triste.  «  Sey  froh,  du  Starker  »  gli  grida  Edecon,  il  suo 
maestro  :  egli  sorride  amaramente  :  ((  Froh  und  cine 
Geissel!  Und  so  einsam  und  allein  !  »  (71).  Sospira  un 
istante  di  sosta,  in  cui  egli  possa  dimenticare  se  mede- 
simo :  ((  Ich  mòchte  heute  v^ohl  ein  Stiindchen  nicht 
Kònig  seyn  —  ich  mòchte  ein  Weilchen  nur  mit  mei- 
nem  Buben  spielen  !  »  (72).  Ma,  nella  rigidezza  sua, 
gli  pare  ogni  debolezza  di  sentimento  un  peccato:  un  le- 


(71)  Il  motivo  della  tristezza  dell'isolamento  incomincia  ad  affac- 
ciarsi ora,  naturale  riverbero  della  separazione  dalla  moglie  (Cfr.  in 
proposito  lettere  a  Johanna  Rinic  nel  VlERLlNG,  op.  cit..  Appendice, 
p.  17  e  segg.).  Nei  drammi  posteriori  il  motivo  acquisterà  un'importanza 
sempre  più  grande. 

(72)  Cfr.  ibid.,  20:  «  Glauben  Sie  dass  ich  nicht  fiihle  vf&s  ich 
entbehre  und  was  ich  opfre  ?  »...  «  Aber  da  muss  ich  sein  wo  ich 
notig  bin  und  tun  was  ich  soli  »  Nella  esaltazione  fantastica  in  cui 
vive,  il  Werner  sente  ora  se  stesso  come  uno  schiavo  della  sua  missione  : 
è  il  sentimento  medesimo  che  egli  ha  trasportato  in  Attila. 


dramma  dell'utopia  erotico-mìstica  269 

game  che  si  lascia  imporre  alla  sua  libertà.  Libero  è  solo 
colui  che  sa  lo  scopo  a  cui  deve  tendere,  e  va  verso  questo 
scopo,  senza  lasciarsi  arrestar  dalle  seduzioni  che  lo  vor- 
rebbero trattenere  per  via  :  libero  è  colui  che  vince  le  se- 
duzioni. ((  Mach'  dich  frei  —  dice  ad  Aetius,  l'amico 
della  sua  giovinezza  —  sonst  muss  ich  dich  verachten  !  » . 

Ed  egli  va,  chinando  talvolta  il  capo,  per  la  sua  via: 
((  Ich  will  gehen,  wohin  ich  muss!  ».  L'immagine  di  Na- 
poleone passava  certamente  dinanzi  alla  fantasia  del  poeta, 
quando  egli  creava  questa  volontà  di  ferro  e  dipingeva 
questa  attività  senza  posa  e  senza  tregua,  che  aveva  qual- 
cosa di  soprannaturale.  Anche  Napoleone  pareva  al  te- 
desco e  mistico  poeta  un  flagello  mandato  da  Dio  per  pu- 
nire l'umanità  :  qualcosa  di  soprannaturale  pareva  balenare 
((  in  quel  piccolo  corso  dallo  sguardo  d'aquila,  che  non  sa- 
peva che  cosa  fosse  il  riposo  e  la  pace,  e,  dopo  di  aver 
sedato  la  rivoluzione,  trasformato  la  Francia,  ed  essersi  as- 
soggettata mezza  Europa,  continuava  la  sua  opera  senza 
arrestarsi  mai,  senza  mai  sostare  un  istante  sui  suoi 
trionfi  !  »  (73). 

Il  Werner  innesta  a  questo  punto  nella  storia  di  Attila 
la  sua  teoria  dell'amore,  come  per  Lutero  aveva  fatto. 
Manca  difatti  ad  Attila,  come  mancava  a  Lutero,  l'amore. 
Egli  è  la  forza,  non  ancora  consecrata.  E  perciò  egli  erra. 


(73)  Per  riguardo  a  Napoleone  la  rappresentazione  venne  proibita 
a  Vienna  dalla  censura  nel  1807.  Briefe  von  und  an  J.  v.  Miìller, 
cit.,  VI,  110.  Il  frammento  deWAllemagne  di  MADAME  DE  Stael, 
che  è  dedicato  diìV Attila  werneriano,  è  scritto  in  parte  con  inten- 
zioni polemiche  :  esso  venne  pubblicato  a  parte  e  divulgato  in  opuscoli 
a  scopo  politico.  Alle  Biblioteche  di  Ginevra  e  di  Zurigo  se  ne  trovano 
esemplari. 


270  Zacharias   Werner 


Non  ha  l'amore  e  pecca  contro  di  esso.  Ben  si  sforza  di 
rendere  ad  esso  giustizia.  Due  amanti  gli  son  condotti  in- 
nanzi non  uniti  da  legittime  nozze  :  egli  condanna  la  fan- 
ciulla a  morte:  ((  Was  soli  sie  leben,  wenn  ihres  Lebens 
Bliite  Unschuld  wich?».  Ma,  mentre  la  fanciulla  è  fe- 
lice che  l'amante  suo  resta  in  vita,  il  suo  amante  chiede 
di  morire  per  lei.  Attila  assolve  tutti  e  due.  Gli  vengon 
condotti  innanzi  due  adulteri:  la  donna  era  stata  unita 
in  matrimonio  contro  sua  volontà  :  egli  condanna  l'uomo 
perchè  ha  tradito  l'amicizia  rubando  all'amico  la  donna 
che  gli  apparteneva,  assolve  la  donna  perchè  il  suo  ma- 
trimonio davanti  a  Dio  non  era  valido.  Eppure  egli  ha  pec- 
cato e  pecca  contro  l'amore.  Ha  ucciso  l'amante  di  Hilde- 
gunde,  Walther,  perchè  gli  si  è  ribellato,  ed  ha  assunta 
Hildegunde  a  sua  amica.  È  stato  un  delitto,  perchè  egli 
ha  separato  ciò  che  Dio  aveva  unito.  Ma  non  basta.  Egli 
sente  la  nostalgia  del  vero  amore  nel  suo  animo  e  mal- 
grado ciò  fa  di  Hildegunde  la  sua  amante.  E  Hildegunde 
è  la  morte.  Anche  per  questo  particolare  il  Werner  è  riu- 
scito a  concretar  la  sua  idea  in  un  conflitto  d'anime.  Hilde- 
gunde è  la  morte,  perchè  essa  è  per  Attila  l'amore  terreno. 

II  Werner  svolge  l'idea  e  il  fatto  con  una  psicologia 
geniale.  Hildegunde  non  ha  perdonato  ad  Attila.  Aveva 
amato  Walther  in  vita:  lo  ama  ancora  dopo  la  morte  e 
non  vive  che  per  lui.  Un  istinto  selvaggio  si  solleva  nella 
sua  natura  primitiva:  la  vendetta.  E  non  vive  più  che  di 
quel  pensiero.  Pensate  ad  Elettra  nel  rifacimento  di 
Hoffmannsdìal  :  tutta  la  vita  non  è  più  che  una  attesa  acre 
che  quell'ora  arrivi.  E  la  fantasia  sovreccitata  si  aggira 
continuamente  intomo  a  quell'istante,  che  le  darà  la  su- 
prema voluttà. 

Una  vita  malata,  d'inferno. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  271 

Seither  kann  ich  nicht  mehr  weinen, 
Nicht  mehr  schlummern,  noch  mich  f reu'n  ; 
Morden  kann  ich  nur  und  denken. 

Una  voluttà  di  sangue  irrita  i  suoi  nervi  esaltati  verti- 
ginosamente. Hildegunde  è,  come  Amleto  nel  IV  atto 
della  tragedia  Shakesperiana,  raffinata  nel  suo  desiderio 
di  vendetta:  potrebbe  uccidere  Attila  ogni  istante,  perchè 
Attila  ha  in  lei  la  maggiore  confidenza  e  non  ha  alcun 
sospetto.  Ma  non  vuole:  Attila  è  giusto,  morirebbe  inno- 
cente e  la  morte  lo  redimerebbe  davanti  a  Dio.  E  questo 
non  deve  avvenire.  Attila  deve  morire  come  un  delin- 
quente, deve  morire  dopo  di  essere  stato  ingiusto,  dopo  di 
essersi  insozzata  l'anima  di  una  qualche  grave  colpa.  L*ora 
più  atroce,  che  Hildegunde  ha  passato,  è  stata  quella,  in 
cui  Attila  era  stato  ferito  in  battaglia  e  correva  pericolo  di 
vita.  Sarebbe  stata  una  morte  da  eroe:  e  Hildegunde  lo 
ha  curato  con  un'ansia  ineffabile,  continuamente  :  Attila 
doveva  vivere  per  la  sua  vendetta  : 

Nein!    —  Erst    wiege    ich    ihm    den    Geist    in    Schlummer, 
Mach'  von  Mut  und  Ubermut  ihn  tranken, 
Und,  den  Sinn  des  Klaren  ihm  verdunkelnd, 

Alles  rach'  ich  dann,  und,  treu  dem  Schwure, 
Weih*  ich  den,  der  ali  mein  Gliick  geraubet, 
Nicht   dem  Tode  bloss,   der  schnell  verschwunden, 
Nein,  ich  sturz'  ihn  in  die  ewigen  Gluten  ! 

La  sua  anima  s'inacerbisce  :  essa  diventa  implacabile. 
Il  dolore  altrui  non  la  intenerisce:  pare  anzi  che  ci  trovi 
una  voluttà  acre.  Essa  diventa  il  demone  di  Attila  che  talor 
s'adombra.  ((Weib,  du  bist  fast  wie  mein  bòser  Dàmon  !». 
Ma  essa  gli  mostra  fedeltà  e  devozione,  ed  egli  s'arrende. 


272  Zacharias   Werner 


Ha  bisogno  di  aver  qualcuno  per  concedersi  un  po'  d'effu- 
sione, per  ridiventare  un  momento  uomo  e  ristorarsi  a  alla 
fonte  della  vita,  all'affetto  ».  Ed  essa  è  che  lo  incita  a  in- 
ferocire contro  i  cristiani  inermi,  contro  i  cittadini  fatti 
prigionieri;  essa  è  che  gli  ricorda  il  fratricidio  che  egli 
ha  compiuto  nella  persona  di  suo  fratello  Bleda  ribellatosi, 
e  glie  lo  ricorda  per  turbar  la  sua  serenità  e  la  sua  giu- 
stizia equilibrata;  essa  è  che  lo  stuzzica  perchè  uccida 
Aetius,  l'amico  suo  che  lo  tradisce  :  ((  Du  zauderst  noch  ?  » 
((  Bei  alien  Gottern,  Herr  !  »  ;  essa  è  che  cerca  di  in- 
durlo ad  affrontare  papa  Leone  :  ((  Ha,  Kònig  !  Glaub* 
ihm  nicht  !  den  Tod  ihm  !  ».  Così  vive  Hildegunde,  cinta 
la  mente  di  fantasie  sinistre,  e  tesse  la  sua  tela  che  tra- 
scinerà nella  morte  Attila  e  lei  egualmente  (74). 

Attila  vince  la  tentazione  e  resta  giusto.  Papa  Leone 
gli  dirà  per  provarlo  ancora  :  ((  Uccidi  Hildegunde  se  non 
vuoi  essere  ucciso  :  solo  in  tal  modo  puoi  salvare  te  stesso  » . 
Ed  Attila  resiste.  Quella  donna  gli  ha  salvata  la  vita  ed 
egli  ha  dei  doveri  verso  di  lei.  Sarebbe  un'ingiustizia.  Lo 
affanna  il  pensiero  di  non  cader  da  eroe  sul  campo  della 
battaglia  su  cui  ha  passata  la  vita,  di  morir  per  mano  di 
una  donna.  Ma  attende.  Se  deve  perire,  perirà.  Altri  con- 
tinuerà la  sua  opera  : 

Sie  hat  an  mich  ein  Recht  des  ew'gen  Danks  ; 
Das   Unheil   trag'    ich,    Unrecht    ub'    ich   nicht. 


(74)  Dal  suo  punto  di  vista  crìtico  -  realistico  non  intese  la  psiche  di 
Hildegunde  il  MlNOR,  che  la  paragonò  ad  Herìbert  e  al  Priore  dei 
Sóhne  des  Talesl  La  complessa  anima  malata,  di  cui  ora  parlammo, 
gli  sfuggì  completamente  ed  egli  la  definì  :  «  halb  Hamazone,  halb 
Teufel»,  op,  cit.,  p.  44. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  273 

Attila  resta  puro.  Ed  è  per  ciò  degno  che  l'amore  lo 
consacri  prima  che  muoia.  «  Den  Reinen  ruft  die  Vollen- 
dung»,  ed  egli  raggiungerà  l'amore.  E  l'amore  sarà  il 
premio  in  vita  della  sua  opera  di  abnegazione  e  di  giustizia. 

L'amore  è  Onoria,  principessa  di  Etruria,  figlia  di  Pla- 
cidia  Augusta,  la  reggente  madre  di  Valentiniano,  mino- 
renne imberbe  imperatore  di  Roma.  La  concezione  del- 
l'amore del  Werner  si  riflette  qui  di  nuovo  come  nella 
Weihe  der  Kraft  in  tutta  la  sua  chiarezza.  Onoria  non 
sa  come  l'amore  si  sia  in  lei  acceso:  non  ha  mai  veduto 
Attila  e  arde  d'amore  per  lui.  Il  Werner  anzi  concreta 
con  una  precisione  anche  maggiore  le  sue  teorie  androgi- 
niche:  l'amore  ha  origine  in  Dio  nell'attimo  istesso  in  cui 
il  suo  pensiero  crea  due  nuove  persone  viventi.  Papa 
Leone  lo  spiega  alla  giovinetta  ignara  :  ((  L'amor  tuo 
è  nato 

Als  Gott  den  Attila  und  dich  gedacht, 

Und  der  Gedanke  Leben  ward  auf  ewig  »  (75). 


(75)  Cfr.  nelle  lettere  a  Johanna  Rink,  cit..  p.  17-18,  analoghe 
fantasticaggini  fatte  dal  Werner  su  sé  stesso  :  Johanna  Rink  deve  dire 
alla  sua  ammiratrice  «  dass  er  nie  ein  andres  Wesen  geliebt  hatte 
und  lieben  konnte  als  die  eigentliche  Hàlfte  seines  Wesens  » .  «  Ich 
wiirde  ewig  ihr  Freund,  Bruder,  Meister,  kurz,  alles  sein,  was  der 
Mensch  einem  Wesen,  welches  nicht  die  Hàlfte  seines  Wesens  ist,  sein 
kann  »  ecc. 

11  KÒBBELING  nel  Cap.  IV  del  suo  volume  :  Kleists  «  Kàtchen  con 
HeilbronnD,  Halle,  1913  («Bausteine  z.  Litgesch.  »,  12)  vorrebbe 
ricondurre  queste  i^ee,  sia  pel  Kleist,  sia  pel  Werner,  a  una  in- 
fluenza del  Wieland.  Ed  è  verissimo  che  il  Wieland,  nel  suo  sen- 
timentale ellenismo,  ha  tolto  al  Convivio  di  Platone  l'idea  che  in 
tono  scherzoso  vi  svolge  Aristofane  ;  ma  il  Wieland  non  ne  fece  la 
base  della  sua  concezione  e  se  ne  servi  soltanto  a  guisa  di  similitudine  : 
la  motivazione  sua  è  sempre  sentimentale  soltanto,  limitata  alla  psico- 
logia   attuale    degli    uomini    di    cui    parla.    Pel    Werner    credo    anzi 

G.  Gabetti,  //  dramma  di  Z.    Werner.  18 


274  Zacharias   Werner 


Esiste  in  Onoria  una  irresistibile  «  Sehnsucht  ))  verso  di 
lui.  Ci  pensa  e  non  se  Io  sa  spiegare: 

Doch  diese  Liebe  fiir  das  Korperlose  — 

. fiir   leere  Luft 

Wie  sie  ein  Morgentraum  phantastisch  ausschmiickt  — 
Was  ist  das  —  diese  Sehnsucht  —  nach  dem  Nichts? 

Non  se  lo  sa  spiegare,  ma  la  «  Sehnsucht  ))  è  irresistibile. 
Tutto  ciò  che  essa  ode  di  lui  le  pare  ((  herrlich  und 
schòn  »  :  le  pare  che  egli  stia  ((  so  gross  allein  in  kleiner 
Welt!  ».  Già  prima  che  sapesse  di  lui,  se  lo  rappresen- 
tava quale  egli  ora  le  appare  nei  racconti  di  coloro  che  lo 
hanno  veduto  e  che  gli  hanno  parlato. 

Anche  Attila  ha  la  stessa  ((  Sehnsucht  »  verso  di  lei. 
Hanno  spogliato  per  ingordigia  Onoria  del  principato 
che  le  spetta  :  egli  non  l'ha  mai  veduta,  ma  si  sdegna 
e  muove  guerra  a  Roma  per  obbligarla  a  restituire  ciò 
che  non  le  tocca.  Anche  a  lui  compar  l'immagine  di 
Onoria  che  non  ha  mai  veduta.  Anch'egli  non  sa  ren- 
dersene conto  :  e,  uomo  che  non  bada  se  non  al  concreto  e 
non  si  cura  delle  ombre,  ci  sorride  pensandoci. 

Es   ist   nur  ein   Schattenbild  ; 
Es  làchelt  mein  Verstand  ob  meinen  Traumen, 
Von  etwas  was  ich  seibst  im  Traum  nicht  sah. 


che  si  debba  escludere  un  influsso  Platonico  vero  e  proprio  ;  questo 
esistette  sopra  i  romantici  certamente  (v.  L.  ZuRLINDEN,  Platonische 
Einfliìsse  auf  die  deutsche  Rorrìontik,  Leipzig,  1910),  ma  il  Werner 
fu  sempre  lontano  da  ogni  studio  classico. 

In  conclusione  io  ritengo,  che,  anche  in  questa  estrema  formulazione 
che  le  teorie  androginiche  del  Werner  ottennero,  gli  unici  influssi  siano 
stati  quelli  di  Bòhme,  della  setta  herrenutistica  e  massonica,  e  dei 
romantici  :  —  anzi  che  questi  medesimi  influssi  non  siano  stati  sostan- 
ziali, perchè  noi  non  ci  troviamo  dinnanzi  se  non  a  corollari  di  quelle 
idee  mistiche  generali  che  già  conosciamo. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  275 

Ne  sorride:  eppur  non  se  ne  sa  liberare.  Quel  nome 
gli  risuona  talora  neiranima. 

Ed  egli  lo  confessa  ad  Hildegunde  stessa.  11  sentimento 
che  egli  prova  pensando  a  lei  è  più  profondo  e  diverso  da 
quello  che  egli  nutre  per  Hildegunde. 

Zwar  offen  muss  ich  seyn  —  bei  jenem  Namen 
Empfìnde  ich  mehr  noch  —  ja,  unendlich  mehr; 
Es  zieht  zu  ihm  mich  hin  und  ab  von  dir. 

Egli  l'ha  chiesta  in  isposa  e  verme  rifiutato.  Ed  ora 
che  egli  scende  in  campo  contro  di  Roma,  ora  è  anche  il 
pensiero  di  lei  che  lo  fa  così  risoluto  e  inamovibile.  Ne 
questo  sentimento  s'acquieta  col  tempo,  anzi  con  le  nuove 
vicende  si  accresce. 

Attila  essendosi  mostrato  degno  di  lei,  si  uniranno. 
Prima  che  la  sua  ultima  ora  scocchi  egli  si  troverà  con 
Onoria  : 

Nebel   schwinden,    Sterne   scheinen, 
Ewig   muss  sich    Eins   vereinen. 

La  (c  Weihe  der  Kraft,  la  consecrazione  della  forza 
morte  finalmente  giunge. 

Att.  Wahr  ist  das  Lied...  —  Jetzt  bin  ich  ganz  durch  dich  ! 
HoN.  Wahr  ist  der  Christen  Glaube  —  Du  tust  genug  fiir  mich  ! 
Att.  Honoria  !  —  Die  Palmen  weh'n  —  zu  Dir  ! 

La  elevazione  spirituale  di  Attila  è  compiuta.  E  la 
morte  finalmente  giunge . 


276  Zacharias   Werner 


*  * 


La  forma  che  la  leggenda  di  Attila  aveva,  complica  e 
completa  la  storia  ora  narrata  (76),  introducendovi  di  nuovo 
quella  lotta  fra  Paganesimo,  Cristianesimo  degenerato  e 
Cristianesimo  vero  e  quella  vittoria  del  vero  Cristianesimo 
che  già  il  Werner  aveva  fatta  soggetto  di  tragedia.  La 
corte  di  Roma  si  sente  imbelle  di  fronte  alla  forza  Unna. 
Gli  Unni  giungono  a  Ravenna  e  continuano  risoluti  la 
marcia  su  Roma.  Invitato  e  pregato  dalla  corte  imperiale 
di  salvare  Roma,  papa  Leone,  preso  con  se  il  Sacramento, 
va  incontro  ad  Attila.  E  una  misteriosa  potenza  agghiada 
quell'uomo  che  mai  non  era  indietreggiato  davanti  alla 
morte  e  davanti  agli  eserciti  nemici.  Una  figura  gigantesca, 
enorme  gli  appare  nel  cielo,  che  ne  è  tutto  riempito:  il 
capo  di  vegliardo  è  cinto  da  riccioli  d'argento  e  porta  su 
se  un  tempio  d'oro  ornato  di  perle,  la  destra  brandisce 
una  spada  di  fuoco  e  di  fiamme,  la  sinistra  tiene  due  chiavi 
risplendenti  —  come  Raffaello  dipinse  in  uno  dei  suoi 
quadri  più  noti.  E  papa  Leone  annuncia  :  Roma  non  deve 
essere  distrutta  :  solo  l'impero  deve  cadere.  Roma  è  eterna  : 
quella  che  era  la  sede  dell'impero  romano  deve  restare 
per  diventare  la  sede  della  Chiesa  Cristiana.  Attila  piega, 
e  Roma  è  salva  (77). 

Il  Werner,  rappresentando  anche  questo  episodio,  si 
preoccupa  dell'impostazione  generale  del  suo  dramma  e  lo 
intrica  nella  storia  d'amore  che  egli  narra,  ponendo  in 
esso  la  crisi,  da  cui  la  soluzione  della  storia  d'amore  è 


(76)  Cfr.  J.  MOLLER,  op.  cit.  ;  D.  Fessler,  op.  cit. 

(77)  Ibid. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-misiica  277 

provocata.  La  storia  d'amore  resta  così  la  sostanza  del- 
l'opera :  e  l'episodio  storico  un  episodio  di  esso. 

La  catastrofe  della  storia  d'amore:  la  fine  dell'azione 
di  Attila  e  di  Hildegunde,  la  morte  di  Attila  sono  infatti 
da  questo  episodio  storico  determinati. 

Anche  Hildegunde  ha  assistito  all'arrivo  di  papa  Leone. 
Ed  è  diventata  furente,  perchè  ha  sentito  che  quell'uomo 
distruggeva  completamente  il  sogno  che  essa  aveva  per 
tanto  tempo  nutrito.  Papa  Leone  avendo  indotto  Attila  a 
rinunziare  al  progetto  di  distruggere  quella  che  è  la  città 
eterna,  ogni  possibilità  che  questi  possa  ancora  macchiarsi 
di  colpa  svanisce.  Hildegunde  spera  di  rifarsi  quando  so- 
praggiunge il  tradimento  di  Aetius.  Aetius  è  l'unico  ancor 
potente  generale  romano  :  egli  fu  amico  di  Attila  al  tempo 
della  guerra  di  Pannonia.  È  ambizioso  e  sogna  di  rovesciar 
l'impero  per  raggiungere  il  trono  appena  l'occasione  arrivi. 
Ora  crede  che  l'ora  sia  giunta.  Roma  è  alla  vigilia  della 
rovina  e  il  piccolo  imberbe  imperatore  gioca  a  dadi  e  alla 
palla:  Attila  è  giunto  a  Ravenna  e  la  corte  si  diverte. 
Giungono  messaggeri  che  annunziano  il  pericolo  imminente 
e  l'imperatore  ordina  che  si  continui  la  danza.  Il  pericolo 
urge.  Ed  allora  quegli  uomini  che  han  tenuto  Aetius 
sempre  lontano  dalle  cariche,  gli  si  prostrano  vilmente  in- 
nanzi, gli  abbraccian  le  ginocchia  e  lo  scongiurano  di  sal- 
varli. Così  Aetius  ha  ora  nelle  sue  mani  la  difesa  della 
città.  Egli  si  reca  al  campo  di  Attila,  ritrova  l'amico  e  gli 
propone  di  lasciare  a  lui  l'impero.  Ma  Attila  rifiuta:  lo 
ucciderà  in  duello  aperto,  in  campo  di  battaglia,  quando 
Aetius  si  avventerà  contro  di  lui. 

Anche  l'ultima  speranza  di  Hildegunde  è  svanita.  Così 
essa,  dominata  dal  pensiero  che  con  l'intervento  di  papa 
Leone  i  suoi  propositi  diventano  inattuabili,  gli  si  precipita 


278  Zacharias   Werner 


dietro  con  la  spada  sguainata  per  ammazzarlo.  Ma  Leone 
si  volta,  mostra  il  calice  consacrato  ed  essa  cade  al  suolo. 
Da  questo  punto  la  psicologia  di  Hildegunde,  in  cui 
è  l'origine  della  catastrofe,  si  svolge  complicata,  ma  si- 
cura. Si  produce  dapprima  in  lei  un  rivolgimento  miste- 
rioso, passeggero,  ma  profondo.  È  come  se  un'altra  donna 
risorgesse  in  lei,  una  donna  dolce,  mite,  com'essa  era 
prima  che  la  morte  di  Walther  l'avesse  sconvolta.  Essa 
perde  i  suoi  pensieri  di  odio  e  di  vendetta  :  sente  uno  spi- 
rito soave  passare  per  l'anima  turbolenta  e  irrequieta: 
penetra  in  lei  una  luce  che  quietamente  la  irradia  e  la 
risana. 

Der  Sonne  holder  Strahl,    der   lachelt  wleder  ; 

Es   kiihlet   Lebenshauch   die   matten   Wangen  ! 

Und  in  mir  klingen  neu  die  alten  Lieder  ; 

Nach  Frieden  will  ich  mich  und  nach  Ruh*   verlangen. 

Un  canto  dolce  come  ((  ein  lullend  Wiegenlied  von 
Mutterlippen  » ,  un  canto  sommesso  e  indistinto  le  ondeggia 
nell'anima  e  la  rende  mite. 

Nicht  wahr  —  der  Attila,  zwar  straft  er  blutig. 

Doch  ist  er  gut  —  nicht  wahr?  —  

Ein  strenger,   doch  ein  rechter  Mensch  ! 

Ma  la  tempesta  non  tarda  a  risorgere.  Tra  le  vergini  che 
la  accompagnano  è  anche  la  sorella  di  Walther:  e  questa 
ha  conservato  la  mazza  che  ha  servito  a  giustiziare  il  fra- 
tello :  e  sulla  mazza  sono  ancor  le  chiazze  di  sangue  :  e  ci 
sta  scritto  su:  ((  Des  armen  Walthers  Blut  ».  Hildegunde 
la  vede  :  e  riarde  di  tutta  la  fiamma  cupa  che  già  la  divora 
da  anni  e  che  ingigantisce  ora  sempre  più  col  passar  del 
tempo  e  con  l'avvicinarsi  dell'ora  fatale. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  279 


Hildegunde  è  come  ossessa  dalla  visione  di  sangue.  Non 
è  caduto  Attila  in  colpa  ?  È  fallito  il  suo  piano  ?  Ebbene 
Attila  morrà  ugualmente  e  la  stessa  mazza  che  è  ancor 
rossa  del  sangue  di  Walther,  diventerà  rossa  di  nuovo 
sangue,  rossa  del  sangue  del  tiranno.  E  l'abisso  l'at- 
tira vertiginosamente  e  Hildegunde  si  inebria  di  sentirsi 
in  preda  agli  spiriti  selvaggi  della  vendetta  e  dell'odio. 

E  l'occasione  per  cui  essa  potrà  saziare  la  sua  smania 
non  tarda  a  presentarsi.  Attila,  deciso  a  riposare  dopo  tanta 
impresa,  offre  a  Hildegunde  di  sposarla.  Ha  perso  ogni 
speranza  di  ottenere  Onoria  e  sposerà  Hildegunde  per 
gratitudine.  E  si  stabiliscono  le  nozze.  Attila  morì  in 
realtà  poco  tempo  dopo  l'impresa  di  Italia  e  poco  dopo 
le  sue  nozze  con  Hildico:  anche  il  Miiller  rinarrava 
nel  suo  opuscolo  la  leggenda  che  egli  fosse  morto  per 
mano  della  sposa  nella  stessa  notte.  Un'acre  voluttà  ero- 
tica sensuale  si  mesce  ora  nei  propositi  di  Hildegunde. 
Subito  ha  pensato  all'abisso  in  cui  tutti  e  due  saran  tra- 
volti, appena  egli  le  ha  offerto  di  sposarla:  e  la  visione 
della  ((  Brautnacht  ))  cruenta,  che  spesso  le  è  ritornata  alla 
fantasia,  si  risolleva  in  questo  ultimo  istante,  sollevando 
tutti  i  suoi  istinti  : 

Attila!  Die  Braut  ruft! 

Si  celebrano  le  nozze  e  le  sue  parole  han  tutte  un 
doppio  senso  arcano  :  essa  gode  già  nella  sua  fantasia 
l'ora  fatale  ed  è  come  demente  per  quell'ebbrezza  che  si 
è  di  lei  impadronita. 

Ed  essa  non  può  dirsi  paga  del  sangue  di  Attila  :  poiché 
non  lo  può  dannare,  bisogna  almeno  che  lo  torturi  anche 
moralmente,    che  gli   faccia  provare   un   supremo  dolore. 


280  Zacharias    Werner 


E  il  sangue  d'altronde  l'attira:  prende  Irnak,  il  piccolo 
figlio  di  Attila,  lo  sgozza  e  lo  porta  sanguinante  al  padre  : 
e  quando  questi  si  precipita  sulla  piccola  salma  gli  pianta 
l'ascia  in  mezzo  al  petto,  ed  esulta: 

Ich  erschlug  ihn  !  —  Das  ist  Walthers  Richtbeil  ! 

E  lascia  cadere  anche  sé  stessa  sulla  sua  spada. 

L'episodio  di  papa  Leone  servì  al  Werner  anche  per 
un  altro  scopo:  il  papa  santo  fu  quel  messo  della  divina 
Provvidenza  a  cui  il  Werner,  ritornato  a  una  struttura  di 
dramma  analoga  a  quella  del  Kreutz  and  der  Ostsee,  ri- 
tornò anche  questa  volta  per  le  ragioni  che  conosciamo. 

Anche  sotto  questo  aspetto,  V Attila  mostra  però  un 
progresso  sulla  Weihe  der  Kraft  e  sugli  altri  drammi  ante- 
riori. Per  quanto  umanizzati,  Theobald  e  Therese  avevano 
infatti  ancora  una  natura  angelica;  papa  Leone  invece  è 
bensì  un  santo,  ma  è  un  personaggio  storico,  un  uomo  di 
carne  e  d'ossa.  E  quando  alla  corte  di  Roma  egli  butta  in 
faccia  alla  corte  la  sua  corruzione  e  quando  egli  si  presenta 
ad  Attila  e  gli  si  impone  con  la  maestà  semplice  delle 
sue  parole,  egli  è  un  vegliardo  venerabile,  a  cui  la  santità 
dà  una  potenza  misteriosa,  ma  spiegabile. 

Senonchè  il  Werner  non  seppe  restar  coerente  a  questa 
impostazione.  Facendo  di  papa  Leone  il  messaggero  delle 
sue  idee,  egli  finì  col  sovrapporre  alla  sua  personalità  sto- 
rica definita  precisa  e  vivente  un  altro  personaggio  che  fu 
di  nuovo  un'astrazione.  E  avendo  riprodotto  nel  suo 
dramma  anche  la  leggenda  della  apparizione  celeste,  finì 
coll'addossargli  anche  tutte  quelle  virtù  sovrumane  che* 
aveva  dato  allo  ((  Spielmann  »  nel  Kreutz  an  der  Ostsee. 
E  ripetè  ancora  una  volta  l'errore  allora  commesso  (78). 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  281 

Che  papa  Leone  infatti  possa  presentire,  nell'arrivo  di 
Attila,  il  castigo  di  Dio,  si  capisce  facilmente,  dato  il  suo 
animo  pio  e  data  la  fama  che  di  Attila  coneva  :  ma  papa 
Leone  sa  —  prima  che  essa  glie  lo  lasci  trapelare  —  come 
Onoria  ami  Attila  e  la  conforta  anzi  nel  suo  amore,  e  sa 
anche  persino  il  momento  preciso  in  cui  Attila  dovrà  mo- 
rire. E  il  Werner  spiega  il  momentaneo  rivolgimento 
che  si  produce  nell'anima  di  Hildegunde,  quando  essa  lo 
vede,  col  fatto  che  Leone  libera  la  donna  dai  demoni  da 
cui  essa  era  ossessa:  ((  Entweiche,  Geist  der  Nacht». 

E,  come  lo  ((  Spielmaim  »  congiungeva  Warmio  e  Mal- 
gona,  così  ora  papa  Leone  toglie  Onoria  alla  prigione  in 
cui  l'imperatrice  l'ha  rinchiusa  accusandola  di  aver  pro- 
vocato l'impresa  di  Attila  con  le  sue  reclamazioni  del  do- 
minio di  cui  era  stata  spogliata,  la  toglie  alla  prigione  e 
la  conduce  ad  Attila  nel  momento  in  cui  egli  è  presso  a 
morire.  Ora,  se  era  naturale  la  prima  andata  di  lui  al 
campo  di  Attila,  dato  il  pericolo  in  cui  si  trovava  Roma, 
la  sede  della  religione  di  cui  egli  era  capo  e  sostegno,  il 
suo  ritorno  colà  solo  per  condurre  ad  Attila,  prima  che 
muoia,  la  sua  amante  predestinata,  è  invece  piccino  e  quasi 
comico.  Colui,  che  era  apparso  gigante  quando,  dopo  di 
aver  implorato  il  consiglio  e  l'assistenza  divina,  era  mosso 
solo  con  pochi  vegliardi  inermi  contro  il  nemico  fiero  e 
temuto,  colui  che  aveva  vissuto  momenti  di  così  sublime 
elevazione  e  di  commozione  così  profonda,  diventa  ora 
un  fantoccio,  o,  se  volete,  un  ruffiano.  Il  che  per  un  papa 
non  è  funzione  troppo  decorosa,  anche  se  si  tratti  di  con- 


(78)  Minor,  op.  cit,,  p.  45. 


282  Zacharias   Werner 


giungere  un  eroe  come  il  re  Unno,  con  una  Santa,  come  la 
sorella  dell'imperatore  di  Roma,  e  anche  se  l'amore  loro 
è  previsto  nei  registri  di  Dio. 

E  non  contento  di  ciò,  Leone  redime  anche  Hildegunde, 
sebbene  la  mandi  all'inferno. 

Leo.  —  Liebst  du  den  Walther  noch  ? 
HiLD.  Ich   lieb'    ihn  ewig. 

Leo.  —  Zeuch'  ein  zur  Qual.  —  Auch  in  der  Hòlle  Gluten. 
Kann  Liebe  kiihlend  noch  herniederfluten. 

Tutta    l'ultima    parte    ne    risulta    complicata,    confusa, 
artificiale.   Essa  è  complessivamente  mancata  (79). 


* 
*  * 


Da  tale  osservazione  però  all'affermare  che  V Attila 
segni  nell'attività  drammatica  del  Werner  un  regresso, 
il  passo  è  lungo  (80).  Anche  la  condanna  totale  del- 
l'ultimo atto,  ripetuta  spesso  dopo  Madama  di  Staèl  (81),  è 
ingiustificata  per  più  rispetti,  essendo,  ad  esempio,  l'azione 
di  Hildegunde  svolta  con  grande  verità  ed  evidenza 
tragica. 

Considerato  il  dramma  dal  lato  della  sua  struttura  sce- 
nica, esso  conserva  la  maestria  prima  raggiunta.  Il' Werner 
diede  ad  Attila,  ad  Hildegunde  e  al  popolo  unno  il  primo 


(79)  Ibid.,  p.  47. 

(80)  Cfr.  anche  DiJNTZER,  op.  cit.,  FraNKEL,  op.  cit..  passim. 
E  V.  il  Minor,  op.  cit.,  p.  44:  «Attila  bedeutet  eher  einen  Ruckschritt 
als  cine  Entwicklung  » .  Il  giudizio  dipende  da  quella  manchevole 
interpretazione   del    dramma,    a   cui   già   accennammo. 

(81)  De   l'Allemagne,    Parte    IL    cap.    XXIV. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  283 

atto,  a  Onoria,  papa  Leone  e  alla  corte  Romana  il 
secondo  atto,  senza  mettere  però  le  due  parti  a  contatto. 
Ciò  è  senza  dubbio  per  la  rappresentazione  teatrale  una 
debolezza,  in  quanto  l'interesse  dello  spettatore  non  ne 
viene  sovreccitato,  ma  è  per  la  lettura  un  vantaggio,  in 
quanto  meglio  equilibra  il  dramma.  Il  terzo  atto  contiene 
lo  svolgimento  dell'azione  di  Aetius,  il  quarto  la  venuta 
di  papa  Leone  al  campo  unno  e  la  crisi  generale  che  ne 
nasce,  il  quinto  la  catastrofe  finale.  E  quanto  alle  sin- 
gole scene  è  ripetuta  con  la  stessa  arte  usata  antecedente- 
mente la  preparazione  allo  sviluppo  del  dramma,  in  scene 
descrittive  di  intensità  crescente. 

Certo  voi  non  ritrovate  più  neiri4//i7a  quell'ordine 
e  quell'equilibrio  di  struttura  scenica  che  trovaste  nella 
Weihe  der  Kraft  (82)  (la  complessità  stessa  dell'a- 
zione lo  impediva),  ma  non  vi  ritrovate  neppure  quel 
dualismo  nello  sviluppo  dell'azione,  in  cui  l'organismo  di 
quel  dramma  si  era  franto.  Il  Werner  ha  raggiunto  una 
maggiore  unità  (83).  Preoccupato  solamente  di  fondere  il 
suo  pensiero  in  una  storia  di  sentimenti  umani,  egli  subor- 
dinò tutta  la  trattazione  a  questo  intendimento,  e,  mentre 
per  una  parte  escluse  gli  arabeschi  romantici  intrecciati 
nella  storia  di  Lutero,  restò  ugualmente  lontano  dalla  cura 
di  quei  particolari  storici,  che  nel  Lutero  aveva  dimostrato. 

Anche  quanto  fu  osservato  a  proposito  dei  caratteri 
deìV Attila  (84)  ha  in  questa  tendenza  la  sua  spiegazione. 
I  genitori  di  Lutero,  Lutero  stesso,  Carlo  V  hanno  segni 


(82)  FranKEL,    op.    cit.,    cap.    II,    passim. 

(83)  Caotica    la    trova    il    MlNOR,    p.     47.     ma    la    farragine    è    solo 
apparente. 

(84)  Frankel,   loc.   cit. 


284  Zacharias   Werner 


più  evidentemente  caratteristici  che  non  i  nuovi  perso- 
naggi della  nuova  opera  :  ma  la  differenza  sta  tutta  in  quei 
caratteri  che  io  già  chiamai  esteriori  della  personalità  e 
che  non  influiscono  sulla  sostanza  della  vita  interiore,  ma 
ne  determinano  solo  certe  forme  di  manifestazione. 

NeW Attila  invece  tutta  l'attenzione  è  concentrata  sopra 
l'essenza  della  personalità,  sopra  quel  problema  psicolo- 
gico di  cui  tutta  la  vita  fondamentale  dell'individuo  è 
determinata  :  sarà  in  Hildegunde  la  sempre  crescente  osses- 
sione della  vendetta  e  la  voluttà  malata  di  un  amore,  che 
nella  vendetta  cerca  la  sola  soddisfazione  che  gli  rimanga  ; 
sarà  in  Attila  la  ferma  volontà  di  giustizia  e  il  contrasto 
fra  la  tenerezza  del  cuore  e  quella  sua  volontà  inesora- 
bile; sarà  in  Onoria  l'isterismo  erotico,  che,  tingendosi 
di  estaticità  mistica,  estrania  dal  mondo  e  rende  sempre 
più  diafana  la  vita  spirituale;  sarà  in  Aetius  la  smania 
ambiziosa  che  trascina  a  mal  fine  tutte  le  qualità  buone 
che  egli  possiede  :  in  tutti  i  casi  il  Werner  anziché  cercar 
di  integrare  questo  carattere  fondamentale  dei  personaggi 
con  altri  caratteri  secondari  che  determinino  la  maniera 
come  esso  si  rivela,  trascura  per  lo  più  questo  facile  espe- 
diente e  riesce  ad  approfondire  il  problema  principale. 

È  indubitato  che  in  tal  maniera  il  Werner  attenua  ta- 
lora la  teatralità  dell'opera  ;  ma  è  pure  egualmente  certo 
che  il  dramma  ne  acquista  in  profondità.  Talora  il  Werner 
nello  svolgere  il  motivo  scelto  esagera  per  desiderio  di  un 
colorito  vivo  e  cade  in  forzate  artificiosità  ;  lo  potete  os- 
servare in  Attila  quando  uccide  l'Unno  che  vorrebbe 
distoglierlo  dalla  clemenza  coi  vinti  o  quando  fa  da  giu- 
dice ;  lo  potete  osservare  anche  nella  pittura  della  corte 
di  Roma  —  quella  pittura  che  Madame  de  Staél  giudicava 
mirabile  —  ;  ma  Attila  non  è  una  individualità  meno  de- 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  285 


terminata  idi  quanto  fosse  quella  di  Lutero  e  l'amore  nella 
sua  anima  ottiene  una  assai  più  efficace  rappresentazione. 
Se  poi  l'evoluzione  che  si  produce  nell'anima  di  Katharina 
dà  a  lei  più  vita  forse  di  quanta  il  poeta  abbia  saputo 
mettere  nella  inalterata  e  per  così  dire  statica  estasi  di 
Onoria,  la  figura  di  Hildegunde  invece,  attraversando 
continuamente  la  nuova  opera,  vi  porta  soffi  di  passione 
selvaggia  e  le  ebbrezze  oscure  e  tragiche  di  un'anima  che, 
perso  ogni  equilibrio,  vive  di  fantasie  morbose  e  perverse. 

Così  V Attila  rappresenta  nella  storia  del  dramma  wer- 
neriano  ancora  un  passo  innanzi  verso  quella  forma  di 
dramma  che  egli  cercava.  Ne  avete  una  riprova  anche 
in  ciò,  che,  mentre  lo  svolgimento  della  storia  umana,  in 
cui  le  idee  mistiche  son  fuse,  è  ancora  in  parte  arti- 
ficioso, non  subisce  d'altra  parte  più  deviazioni  per  in- 
fluenze esterne  e  si  sermonizza  dai  personaggi  meno  di 
quanto  negli  altri  drammi  avvenisse. 

Il  Werner  intitolò  anche  l'Attila  «  eine  romantische 
Tràgodie  »,  come  le  anteriori.  Materia  medioevale,  reli- 
giosità, spirito  mistico,  colorito  storico,  unità  del  dramma 
in  una  unità  di  pensiero,  quegli  elementi,  che  egli  aveva 
comuni  coi  romantici  e  non  soltanto  preso  a  prestito  da 
essi  momentaneamente,  si  trovano  anche  qui.  E  anche  qui 
avete  sparsa  la  lirica  qua  e  là  nelle  diverse  scene.  Ora 
però  il  Werner  ha  limitato  meglio  e  più  sapientemente  or- 
dinato nei  diversi  momenti  dell'azione  quella  lirica,  subor- 
dinandola all'effetto  drammatico,  come  ha  meglio  subor- 
dinato a  tale  effetto  anche  le  descrizioni  che  intendono 
dare  un  colorito  storico  o  religioso  all'opera.  È  dramma 
storico,  ma  è  dramma  :  i  metri  lirici  stessi  da  lui  adoperati 
(forse  in  essi  si  deve  ravvisare  l'influenza  del  Faust  del 
Goethe)  hanno  ricevuto  una  forma  che  a  tale  effetto  cor- 


286  Zacharias    Werner 

risponde  (85):  quando,  ad  esempio,  Hildegunde  nell'ul- 
timo atto  è  ripresa  dal  tetro  e  sinistro  turbine  di  vendetta 
e  di  odio,  il  verso  ansimante  e  accelerantesi  in  un  con- 
tinuo crescendo  esprime  assai  bene  nella  sua  sinfonia  di 
suoni  cupi  il  tumulto  che  in  lei  si  è  scatenato. 

Das  ist  sein  Blut 

Des   Heissgeliebten 

Treuen  Jiinglings! 

Hier  drang  es  den  lockigen  Nacken 

Das  Beil 

Das    Grause 

Des   Attila, 

Dem   ich,    des   Gemordeten   Braut, 

Die   Hand    will    reichen  ! 

In  Nacht  und  Schrecken  den  unten  waltenden  Dunkein 

Zu  rachen  das  blutende  Haupt  des  Treuen  : 

Dem  konnt'  ich  entsagen? 

Ich  fiihr   es  schon, 

Wie  's  in  mir  wuhlt  : 

Es  sind  die  Schauer  der  Unterwelt. 

Uinschlingt,    blutdurstende    Unsterne,    mich, 

Euch  will  ich,  Euch  will  ich  folgen,  Euch  ; 

Urnhiillt    mich,    erfiillt    mich    mit    Dunkel    und    Rache, 

Euch  such'   ich,  dir  fluch'   ich,  verfiihrendes  Licht. 

Di  tutte  le  tragedie  che  esaminammo  finora,  questa  è 
la  più  malata;  ma  la  fantasia  del  Werner,  appunto  perchè 
è  rmscita  a  chiudersi  in  un  mondo  d'eccezione  tutto  per- 
corso da   brividi   morbosi   —   fedele   specchio   della   sua 


(85)  Turbava  il  Minor  questo  mutamento  di  metro:  v.  op.  cit.,  p.  43. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  287 

propria  vita.  —  ha  potuto  affermarvi  con  maggior  forza 
la  sua  virtù  evocatrice. 


III. 


Una  delle  idee  principali  del  Werner  —  che  lo  «  Hòhe- 
punkt  ))  dell'amore  è  da  cercarsi  nella  morte  —  non  ha 
però  avuto  finora  una  adeguata  rappresentazione.  Il  Werner 
aveva  ispirato,  nei  Sòhne  des  Tales  k  questa  idea  sol- 
tanto la  ballata  del  cavaliere  di  Sidon;  aveva  poi  im- 
postato il  motivo  nel  Kreutz  an  der  Ostsee  e  la  condotta 
dello  ((  Spielmann  »  era  stata  dettata  da  questo  pen- 
siero, ma  lo  svolgimento  dell'azione  era  riservato  alla  se- 
conda parte  e  non  venne  più  trattato.  Nella  Weihe  der 
Kraft  raggiungono  nella  morte  l'ideale  del  loro  amore 
Theobald  e  Therese  ;  ma  essi  son  creature  angeliche,  la 
cui  vita  è  come  un  lento  svanir  di  tutto  ciò  che  vi  è  in 
loro  di  corporeo,  la  cui  morte  è  un  ritorno  alla  primitiva 
purità  celestiale  :  l'unione  di  amore  e  morte  è  nel  mo- 
mento del  loro  dipartire  fugacemente  accennata.  Nel- 
V Attila  raggiunge  il  re  Unno  nella  morte  l'amore,  ma 
improvvisamente,  perchè  papa  Leone  ha  provveduto  a 
tutto  e  gli  ha  anche  spiegato,  come  quella  che  a  lui  è  con- 
cessa sia  la  ((  suprema  voluptas  ))  ;  ma  né  la  nostalgia 
verso  quella  unione  finale,  né  il  tendere  cosciente  o  inco- 
sciente verso  di  essa,  né  il  godimento  spasmodico  di 
quell'ora  di  totale  annichilamento  vi  furono  descritti. 

Il  Werner  affronta  ora  —  dopo  l'esperienza  dell'ai /- 
tila   —   nel   nuovo   dramma    Wanda,  Konigin   der   Sar- 


288  Zacharias    Werner 


maten  il  problema  (86).  E  non  solo  lo  affronta  da  un 
punto  di  vista  psicologico  risolutamente,  secondo  le  ten- 
denze che  neW Attila  vedemmo  affermarsi,  ma  tenta  di 
rappresentarlo  nella  sua  genesi,  nella  sua  vertigine,  nella 
sua  soluzione  finale,  tenta  di  spiegarlo  per  mezzo  della 
eccitazione  che  un  conflitto  d'amore  provoca  nell'anima  e 
nei  sensi  dei  suoi  due  nuovi  personaggi.  È  la  logica  conti- 
nuazione di  quello  svolgimento  che  siam  venuti  trac- 
ciando. 

Mostrando  in  Hildegunde  lo  sconvolgimento  che  l'amore 
terreno  può  produrre  nella  natura  umana,  aveva  creato  già 
una  figura  di  donna  isterica  ed  esaltata  :  una  analoga  vita 
patologica  dà  al  Werner  la  soluzione  del  nuovo  problema 
che  egli  si  è  posto. 

Il  vizio  d'origine,  che  —  sotto  questo  aspetto  —  lo  svol- 
gimento del  tema  presentava  nel  Kreutz  an  der  Ostsee 
e  neW Attila,  consisteva  nel  fatto  che  il  personaggio  mi- 
stico superiore  dal  Werner  introdotto  nei  suoi  drammi  era 
colui  che  conduceva  l'azione  a  questo  scioglimento  finale  : 
i  personaggi  di  per  sé  non  vi  giungevano  attraverso  una 
loro  crisi  sensuale  o  sentimentale  :  essi  facevano  ciò  che 
il  personaggio  mistico  loro  consigliava.  Ora  invece  nella 
Wanda,  dati  i  suoi  nuovi  proposito  il  Werner  non  diede 


(86)  Il  dramma  fu  concepito  in  Praga  quando  il  Werner  vi  passò  du- 
rante il  suo  viaggio  a  Vienna,  nella  primavera  del  1807,  e  fu  condotto  a 
termine  a  Vienna  prima  della  fine  dell'estate.  Cfr.  la  lettera  allo  IfHand 
nel  Teichmann,  op.  cit.,  p.  288,  e  la  risposta  di  questo,  ibid.  Quanto 
però  il  Werner  qui  espone  riguarda  assai  più  la  tecnica  e  la  tea- 
tralità dell'opera  che  la  tendenza  di  essa  e  il  pensiero  che  vi  si 
esplica.  Su  questi  v.  il  Prologo,  e  alcuni  cenni  che  il  Werner 
dà  in  varie  lettere:  v.  «  Blatter  f.  1.  U.  »,  1834,  p.  1347.  e  VlERLING. 
op.    cit.,    Appendice   cit. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  289 

più  tanta  importanza  al  personaggio  mistico.  Egli  vi 
ricorse  ancora:  ma  la  funzione  di  quell'essere  fantastico 
venne  ridotta  a  una  spiegazione  teorica  dell' Erlebnis  dei 
due  eroi,  e,  per  ciò,  a  una  specie  di  riprova  e  con- 
ferma della  verità  dell'idea  per  bocca  di  una  creatura  so- 
prannaturale. Siccome  il  personaggio  mistico  spiega  ai 
due  amanti  la  verità  e  non  a  parte  all'uditore,  così  quella 
conferma  e  quella  riprova  si  rispecchiano  anche  nella  loro 
storia:  ma  l'eco  che  esse  vi  hanno,  non  ne  è  uno  dei  fat- 
tori essenziali.  Esso  ha  come  conseguenza  che  i  due  amanti 
trascinati  dal  turbine  della  loro  passione,  dal  tumulto  te- 
nebroso delle  loro  emozioni,  verso  la  morte  volontaria,  lo 
facciano  avendo  coscienza  di  quanto  fanno,  e  si  abbando- 
nino alla  loro  istintiva  frenesia  completamente,  senza 
aver  più  nessun  ritegno  interno  nella  opposizione  e  nella 
ripugnanza  della  loro  coscienza  morale.  Lo  stimolo  vero 
della  loro  azione  non  è  quindi  nelle  parole  della  divinità, 
ma  nella  loro  passione.  Anche  senza  quelle  parole  essi  sa- 
rebbero condotti  alla  stessa  fine  :  forse  ciò  sarebbe  avve- 
nuto attraverso  conflitti  interiori  in  parte  diversi  :  ma  ciò 
sarebbe  avvenuto  egualmente  (87). 

Così  il  personaggio  mistico  ha  qui  finalmente  una  parte 
completamente  passiva  (88);  fa  apparizioni  fugaci  e  mo- 
mentanee per  tosto  dileguare,  e  lascia  in  generale  che  ciò 


(87)  Sfuggì  questo  al  Minor  che  pure  scrisse  sulla  Wanda  quanto 
di  meglio  sia  stato  scritto  finora.  Cfr.  anche,  oltre  il  DuNTZER,  op.  cit., 
sopratutto  la  introduzione  che  premise  il  BreCHLER  alla  edizione  da  lui 
curata  dalla  Griindung  Prags  di  Clemens  Brentano.  (C.  Brentanos 
Sàmmtliche  Werke  hrsgg.  v.  D.  BrECHLER  und  O.  SaUER,  X, 
Munchen,    1910,  p.    19  e  segg.). 

(88)  Il  Minor,  op.  cit.,  p.  55  trova  che  qui  il  Werner  ridusse  le 
sue  tendenze  mistiche  e  fece  concessioni  al  pubblico  più  di  quanto  da 
lui  ci  si  potesse  aspettare. 

G.   Gabetti,   //  dramma  di  Z.    Werner.  19 


290  Zacharias    Werner 


che  la  fatalità  vuole  avvenga  attraverso  la  vita  che  gli 
uomini  stessi  vivono. 

Ma  appunto  per  questa  ragione  accade  ora  che  il 
Werner,  dopo  di  aver  cercato  coi  drammi  precedenti  di 
dare  al  personaggio  mistico  una  sempre  più  intensa  uma- 
nità e  una  sempre  più  terrena  realtà,  malgrado  il  suo 
nuovo  indirizzo  ritomi  alla  creatura  soprannaturale.  Non 
solo  gli  parve  necessario,  perchè  il  valore  di  quelle  pa- 
role diventasse  maggiore  per  la  divina  origine,  ma  cre- 
dette che  un  personaggio  storico  reale,  che  avesse  una 
funzione  così  passiva  nel  dramma,  dovesse  sembrare  in- 
giustificato, essendo  la  partecipazione  dei  personaggi  ai- 
Fazione  la  sola  causa  che  ne  renda  legittimo  l'intervento. 
Il  Werner  si  preoccupò  però  anche  stavolta  di  accre- 
scere l'illusione  di  verità  dell'apparizione  celeste,  fa- 
cendo che  lo  spirito  che  compare  fosse  in  relazioni  perso- 
nali con  l'eroe  e  in  parentela  diretta  con  l'eroina,  quindi 
personalmente  interessato  alle  vicende  che  si  stanno  svol- 
gendo. Anzi  trovate  in  ciò  uno  sforzo  di  verità  poetica 
anche  maggiore  di  quanto  fosse  accaduto  nella  Weihe 
der  Kraft:  Theobald  e  Therese  sono  solo  amici  di  Lu- 
tero e  di  Katharina,  e  nel  Kreutz  an  der  Ostsee  lo 
«  Spielmann  »  non  ha  con  i  personaggi  dell'azione  nessun 
rapporto  sentimentale. 

Per  la  rappresentazione  della  identità  di  amore  e  morte 
il  dramma  fu  quindi  scritto  e  tutta  la  composizione  fu 
dominata  da  questo  proposito  (89).  Quell'indirizzo  verso 
l'analisi  psicologica  di  singole  individualità  che  trovammo 
fra  i  caratteri  salienti  di  questo  periodo  dell'attività  dram- 


(89)   Il   Minor,    loc.   cit.,   lo   considera   invece   come   un   dramma   sto- 
rico di  stampo   schilleriano   e  necessariamente   lo   fraintende. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  291 

matica  werneriana  e  rilevammo  già  nelle  due  tragedie 
anteriori,  raggiunge  qui  per  questa  via  la  sua  più  piena 
affermazione.  Già  la  storia  di  Lutero  e  la  storia  di 
Attila  sono  storie  di  individui  accentrate  intomo  alla 
loro  storia  di  amore  :  ma  esse  si  svolgevano  ancor  sempre 
sullo  sfondo  di  grandiosi  avvenimenti  storici,  politici  e 
religiosi  come  erano  la  riforma  protestante  e  la  caduta 
dell'impero  romano.  Una  lotta  di  due  popoli  si  ripre- 
senta nel  nuovo  dramma,  ma  tutto  ciò  che  trascende 
la  storia  di  amore,  da  cui  la  lotta  trae  origine,  viene 
completamente  trascurato  (90).  Sebbene  i  tempi  descritti 
siano  lontani,  e  i  popoli  vi  vivano  una  vita  diversa  dalla 
nostra,  la  pittura  d'ambiente  è  ridotta  a  poca  cosa,  e  gli 
episodi  mancano  completamente.  I  due  eroi  amanti  do- 
minano soli  con  la  loro  tragica  vicenda  (91). 

Riidiger  è  principe  dei  Rugi  e  Wanda  è  regina  dei  Sar- 
mati. Quando  Riidiger  giovane  cavaliere,  correva  il  mondo 
in  cerca  di  avventure  e  di  onore,  udì  della  regina  Libussa 
in  Boemia,  come  essa  avesse  una  miracolosa  scienza  e  una 
miracolosa  potenza  e  si  recò  alla  sua  corte.  Colà  vide  egli 


I 


(90)  Io  credo  che  questo  fatto  si  debba  riconnettere  alla  prima  genesi 
psicologica  dell'opera  e  non  a  intendimenti  letterari,  come  sinora 
si  fece. 

(91)  Le  fonti  storiche  principali  sono  la  Fiaba,  raccontata  anche  dal 
MuSAUS  nei  notissimi  Vol^smarchen,  e  la  Tscheschische  Chronik 
dello  Hayek  VON  LiboTSCHAN,  Si  fecero  di  quest'ultima  parecchie 
traduzioni  tedesche:   una   comparve   anche  a   Berlino,    1787. 

Siccome  l'informazione  storica  servì  al  Werner,  sempre,  come  sap- 
piamo, sopratutto  alle  scene  episodiche  per  dare  il  colorito  al  dramma 
e  siccome  invece  questa  volta  egli  di  quest'  ultimo  si  curò  pochis- 
simo, avendo  concentrato  tutta  la  sua  attenzione  sopra  un  unico  pro- 
blema psicologico  e  artistico,  cosi  le  fonti  storiche  hanno  per  questo 
dramma  scarsa  impo^anza. 


292  Zacharias   Werner 


per  la  prima  volta  Wanda,  parente  di  Libussa  e  se  ne  in- 
namorò :  ((  Ich  sah*  sie  und  wie  ein  Blitz  durchzuckt's  mich 
bebend,  als  bàtte  ich  eher  sie  noch  als  mich  gekannt». 
Fu  ricambiato  di  amore,  ma  si  dovette  da  lei  separare  per 
recarsi  in  guerra.  Wanda  è  divenuta  regina  ed  egli  prin- 
cipe. E  si  amano  ancora,  sebbene  non  si  siano  mai  più 
veduti.  Ma  Wanda  crede  Rùdiger  morto  e  ne  porta  il 
lutto  in  cuore.  Invano  tentano  di  spingerla  a  sposarsi  sud- 
diti e  cortigiani,  desiderosi  che  un  uomo  l'assista  nella 
difficile  impresa  del  governo  (92).  Wanda  per  liberarsi 
dalle  insistenze  fa  voto  sull'altare  di  restar  vergine,  perchè 
non  potrà  mai  romper  fedeltà  all'uomo  a  cui  un  amore 
eterno  la  congiunge.  Riidiger  invece  sa  che  essa  è  diventata 
regina  e  viene  a  lei.  Manda  a  chieder  la  sua  mano  e  ne 
è  respinto.  Egli  si  sente  giovane  ed  eroe  :  farà  guerra, 
vincerà  e  farà  di  lei  la  sua  sposa.  E  lo  promette  solenne- 
mente ai  suoi  sudditi  : 

Noch  eh'  sich  neu  des  Mondes  Schelbe  fiillt, 
Bìn  ich  der  Kònig  jener  Konigin. 

Prima   di   decidersi  a  dar  battaglia  si  presenta  a   lei. 
Ma  è  troppo  tardi,  ora  che  essa  ha  fatto  il  voto. 

Hatte   ich   dich   frtìher   oder   nie   geschaut  ! 

È  la  sua  risposta.  Non  cede  essa  ?  Egli  dunque  la  con- 
quisterà. 


(92)  La  leggenda  svolgeva  la  rivalità  fra  i  cortigiani  per  giungere 
alla  mano  della  regina  Libussa,  come  svolgeranno  poi  il  Brentano  e 
il  Grillparzer  nei  loro  drammi  :  il  Werner  trasportò  il  motivo  nella 
storia  di  Wanda,  per  motivar  l'azione.  Cfr.  la  Tscheschische  Cro- 
nik  cit. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  293 

Nasce  così  un  conflitto  simile  a  quello  della  Pente- 
silea  del  Kleist  (92  bis).  Anche  Pentesilea  ama  Achille  e 
anche  Pentesilea  non  può  seguirlo  come  esige  Achille, 
in  cui  l'eroe  si  è  risvegliato.  Lei,  la  regina  delle  Amaz- 
zoni, deve  condur  lui,  l'eroe,  con  sé  nel  tempio  di  Diana 
a  Temiscyra,  e  non  può  abbandonare  il  suo  popolo  per 
seguir  l'eroe  che  ama.  Il  Kleist  sviluppa,  è  vero,  in  lei 
un  sentimento  di  orgoglio  ferito  e  di  ferita  ambizione  di 
dominio,  quando  il  messo  di  Achille  le  giunge  e  le  annun- 
zia che  l'eroe  l'invita  a  duello  singolare;  ma  ciò  che  la 
conduce  alla  furia  è  il  fatto  che  essa  sente  di  non  poter 
soddisfare  l'amore  suo:  crede  che  Achille  non  la  voglia 
seguire,  e,  se  egli  non  la  segue,  non  vede  per  il  suo  amore 
salvezza.  Già  una  volta  fu  vinta  da  Achille,  ma,  quando 
questi  si  mostrò  docile  e  innamorato  di  lei,  fiorì  ciò  mal- 
grado nella  sua  anima  l'idillio.  Non  è  quindi  la  sua  ambi- 
zione sola  che  la  fa  respinger  l'idea  di  seguire  Achille,  ma 
il  divieto  divino  che  glie  lo  impedisce.  Il  conflitto  fra  la 
coscienza  di  perdere  Achille  e  la  coscienza  del  divieto 
divino  produce  nella  sua  anima  passionata  e  tempestosa 
uno  sconvolgimento  :  le  par  che  Achille  non  l'ami  abba- 
stanza, non  l'ami  come  ella  vuole  essere  amata  ;  più  non 
appare  che  una  via:  ucciderlo,  saziare  il  proprio  amore 
e  il  proprio  orgoglio  nel  suo  sangue. 

In  parte  simile  è  anche  la  condizione  di  Wanda  e  di 
Riidiger.  Anche  Wanda  è  combattuta  fra  il  voto  che  ha 


(92  6is)  Avvertì  l'analogia  il  MlNOR,  op.  cit.,  p.  57,  ma  non  la  svolse 
e  non  ne  mostrò  i  vari  elementi  simili  né  le  varie  discordanze.  Ne  di- 
scorse in  seguito  anche  il  KayKA,  Kleist  und  die  Romantik,  Berlin,  1905, 
passim,  ma  per  esaltare  il  Kleist  egli  depresse  il  Werner  a  un  puro 
e   semplice    «  Coulissendichter  »,    senza    curarsi    di    intenderlo. 


294  Zachariaa    Werner 


fatto  e  la  paura  di  perder  Riidiger.  E  Riidiger  è  esaspe- 
rato di  non  poter  aver  Wanda.  Non  vi  è  che  una  via:  la 
morte.  I  due  amanti  si  incontrano  nella  battaglia: 

Wanda.   Ha!   —  Er  lebt!   Ich  kann  ihn  todten,   liebend  mit 

[ihm  untergeh'n. 
RUDIGER.   Stahl!   —  Dich  wird   ihr  Herzblut  roten!   —  Hass,   dir 

[wird  dein  Recht  gescheh'n. 

Con  la  massima  chiarezza  si  esprime  lo  stato  d'animo 
dei  due  amanti  nelle  parole  di  Wanda  : 

Soli  ich  den  Demani  nicht  besitzen, 

So    will    ich    ihn    zermalmen,    ihn    und    mich. 

Una  differenza  profonda  s'apre  a  questo  punto  fra  la 
.storia  di  Pentesilea  e  quella  di  Wanda.  Mancando  in 
Wanda  l'ambizione  che  è  in  Pentesilea,  manca  in  lei 
anche  l'odio  e  la  furia:  e  una  sola  volontà  si  impadronisce 
di  lei,  la  volontà  di  annientare  lui,  l'amato  e  se  stessa 
al  medesimo  tempo*  Le  parti  sono  come  invertite  :  Achille 
era  deciso  a  seguir  Pentesilea  e  la  sfidava  per  lasciarsi 
vincere.  Riidiger,  invece,  è  colui  nella  cui  natura  di  eroe 
passa  un  po'  del  furore  della  Sacerdotessa  greca. 

E  la  differenza  diventa  sempre  maggiore.  La  storia 
interna  di  Pentesilea  si  arresta  a  questo  momento:  quando 
Achille  è  stato  ucciso  ed  è  mezzo  divorato  dalle  cagne, 
il  Kleist  fa  che  anch'essa  si  getti  fra  le  cagne  selvaggia- 
mente e  lo  baci  e  lo  morda,  sì  che  tutto  il  viso  le  viene 
insozzato  di  sangue  ed  ella  resta  ossessa  dalla  visione, 
ebbra  di  voluttà  e  di  dolore,  quasi  pazza.  Il  Kleist  rappre- 
sentò così  nella  verità  patologicamente  una  scena  di  per- 
versità sensuale;  il  Werner,  che  doveva,  come  già  avver- 
timmo, condurre  i  suoi  due  amanti  coscientemente  ad  una 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica 


295 


morte    nel    pensiero    di    elevarsi    in    tal    modo,    svolse    in 
Wanda  la  storia  intima  ulteriormente. 

Egli  fece  perciò  comparire  in  questo  istante  lo  spirito 
della  protettrice  Libussa;  la  quale  spiega  il  werneriano 
Vangelo  androginico  : 

Alles,  was  erschaffen  ward, 
Ist  von  Ewigkeit  gepaart. 
Jeder   sucht    im    schnellen   Lauf 
Das.  fiir  ihn  Erschaffne  auf. 

E  le  vergini  che  fan  corteggio  alla  grande  regina  dei 
Boemi  cantano  intanto  un  mistico  canto  d'amore  : 

Schwimmend  in  Diiften  zieh'n 
Wir,    und  in   Wogen  bliih'n 
Wir,   und  in  Strahlen  gliih'n 
Wir   —   suchen   Ihn. 
Und  wo  wir  hin  auch  zieh'n, 
Alle   die   Wege   bliih'n. 
Alle  die  Tone  gliih'n 
Immer  nur  —   Ihn. 


Wanda  perde  ogni  sentimento  che  non  è  d'amore.  L'amore 
è  santo:  la  comparsa  di  Libussa  e  il  suo  linguaggio  oscuro 
volevano  dire  che  il  suo  voto  era  nullo  perchè  violava  la 
suprema  legge  della  natura.  Wanda  si  accosta  quindi  a. 
Riidiger  e  gli  mette  in  dito  l'anello  che  Libussa  le  ha 
regalato  e  lo  chiama  suo  fidanzato.  Ma  Riidiger  non  può 
più  accettar  quell'amore;  l'orgoglio  suo  non  glie  lo  per- 
mette ;  egli  ha  giurato  al  suo  popolo  di  vincerla  e  di  con- 
quistarla :  come  può  accettar  in  dono  ciò  che  doveva  esser 
frutto  della  sua  forza  e  della  sua  vittoria  ?  E  desidera  la 
morte  ancora  sempre.   Non  vede  salvezza  al  di  f«ori  di 


296  Zacharias   Werner 

essa.   Restituisce  a  Wanda  l'anello,   ma  baciandolo  per 
un'ultima  volta,  vi  legge  le  parole  che  Libussa  vi  incise  : 

Natur   halt   Schwur  ; 
Natur   ist   treu  ; 
Natur  ist  todt; 
Natur  ist  frei  ; 
Du,    Menschengott, 
Sey  die  Natur. 

Quelle  parole  spiegano  a  Wanda  la  verità.  Essa  non 
deve  rompere  il  voto,  e  l'amore  vero  è  nella  morte.  Anche 
Libussa  lo  aveva  cantato:  l'amore  vero  è  «  in  der  ewigen 
Liebe  )) . 

Selig  ruht  sie  in  dem  Schoss, 

Dem  sie  freudig  einst  entspross  (93). 

Il  sentimento  si  complica  e  si  muta.  Non  è  più  la  voluttà 
del  suicidio,  ma  la  voluttà  di  venir  ucciso  e  di  venir  ucciso 
dalla  persona  amata.  Un  duetto  che  fa  rabbrividire  si 
svolge  fra  i  due  amanti  : 

RiJD.   Jetzt  wirst  du   liebend   mich   ins  Reich   der   Schatten   tragen  ! 
Wanda.   Ich  dich  }  —  Das  Weib  ?  —  Du  bist  ein  Mann  ; 

Du  kannst  das  gràsslich  Schone  wagen  ! 
ROd.   Gib'   dem  Brautigam,   o  Braut,   den  sussen  Tod  ! 

Zu    deinen  Fùssenfleht   der   Brautigam    —   den    Tod  ! 

Riidiger  minaccia  di  uccidersi  da  se,  se  Wanda  non  lo 
vuole  appagare.  E  Wanda  si  induce  alfine.  La  più  ribut- 
tante  scena  si   svolge  ;   scena  di  voluttà   e   di   sangue,   di 


(93)  La  lunga  predica  di  Libussa  venne  sostituita  nel  testo  per  la 
rappresentazione  di  Weimar  con  un  Sonetto,  riportato  anche  nelle 
Sàmmtliche    Werke.   Cfr.   Goethe  und  die  Romaniik  cit. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  297 

baci  e  di  morte;  tutta  l'ebbrezza  del  male  vi  compare 
innanzi  con  i  suoi  gorghi  vorticosi.  Wanda  è  ((  zitternd» 
durchzuckt  von  Wonne  und  Qual  ». 

Ich  Ungliickselige  von  alien, 

Und  doch  allmàchtig  schwelgend  in  Genuss  ! 

Konnt'ich  zerrinnen  in  diesem  Gluterguss! 

Una  vampata  di  sensualità  divorante  la  arde  togliendole 
ogni  volontà  ed  ogni  titubanza.  E,  prima  di  ferirgli  il 
cuore,  ella  gli  passa  la  spada  sul  collo  sì  che  il  sangue  ne 
sgorga  a  fiotti  :  ((  Wanda  wird  von  einem  Strome  ihr 
gewaltsam  entquillender  siisser  Zàhren  bedeckt,  indem 
sie  den  Rudiger  mit  der  rechten  Hand,  worin  sie  das 
Schwert  hàlt,  umschlingt  und  ihm  mit  der  linken  die  Haare 
von  der  blutigen  Stime  wrischt  )) .  Ed  è  la  vista  di  quel 
sangue  che  le  dà  la  forza  —  in  un  parossismo  sfrenato  —  di 
compiere  l'atto  che  Rudiger  invoca.  E  quando  finalmente 
lo  ammazza  è  ((  wiitend  » ,  una  furia  —  poi  lo  abbraccia 
convulsa,  «  kràmpfigt  » ,  immergendo  se  stessa  nel  suo 
sangue,  e  cade  estenuata. 

Vi  ribellate  di  fronte  a  questa  rappresentazione  veri- 
stica di  esseri  in  cui  un  torbido  misticismo  ha  distrutto 
ogni  senso  morale.  Siete  nauseati  e  sgomenti  che  la  fan- 
tasia di  un  uomo  possa  indugiare  così  sopra  una  tale  scena  ; 
eppure  appunto  questa  scena  mostra  una  delle  forze  del 
Werner  nella  maniera  più  evidente.  Essa  è  il  naturale 
e  conseguente  epilogo  di  quella  corrente  di  erotismo  mi- 
stico e  di  realismo  patologico,  che  abbiamo  finora  se- 
guita (94),  e,  se  voi  riuscite  a  superare  la  ripugnanza,  do- 

(94)  V.  Gap.  III.  parte  I  e  II. 


298  Zacharias    Werner 


vete  riconoscerle,  da  un  punto  di  vista  puramente  poetico, 
potenza  e  ardimento.  Non  regge  al  paragone  con  la  fine 
della  Pentesilea,  perchè  essa  è  viziata  dalla  tendenza 
a  santificare  un  fenomeno  di  amoralità,  che  doveva  essere, 
come  nella  Pentesilea,  una  semplice  scena  di  malattia  ; 
ma  nella  minuzia  descrittiva,  nell'analisi  della  passione 
e  della  febbre  sensuale,  nei  suoi  successivi  momenti,  nella 
brutalità  stessa  della  rappresentazione  essa  è  talora  su- 
periore al  racconto  che  della  scena  fa  fare  il  Kleist. 

Malgrado  la  aberrazione,  che  rivela  il  suo  pensiero, 
il  Werner  è  riuscito  a  creare  in  Wanda  una  figura  di 
donna  malata,  come  era  riuscito  nella  figura  di  Hilde- 
gunde.  Egli  ha  veduto  chiaro  nello  sconvolgimento  della 
sua  psiche  ed  ha  espresso  con  determinatezza  e  preci- 
sione quella  tempesta  tragica. 

Una  riprova  è  nel  modo  come  il  dramma  finisce.  Rii- 
diger  è  ora  morto  e  Wanda  è  sola.  Ed  h^  deciso  an- 
ch'essa di  morire.  E  il  Werner  ritrae  assai  bene  lo  stato 
d'animo  suo,  ed  integra  assai  bene  nell'ultimo  atto  la 
sua  figura.  Ancora  passano  nei  suoi  nervi  le  ultime  vi- 
brazioni della  voluttà  tremenda  che  tutta  l'ha  squassata 
e  come  inabissata  : 

Wild  Gelust  !  Das  Herz  geht  unter  ! 
Doch  die  Lust  ergreìft  's  und  —  lacht!  — 
Und  das   Herz  rast,  bis  blutig 
Es  sich  selbst  zerfleischet  hat. 

Ma  a  poco  a  poco  quelle  vibrazioni  si  attenuano,  e 
lasciano  che  lentamente  la  coscienza  ritorni,  e  l'essere  così 
sconvolto  riprenda  chiarezza  di  visione,  volontà.  Non 
poteva  ciò  avvenire  di  Pentesilea,  travolta  dalla  sua  furia: 
deve  avvenire  di  Wanda  che  si  spinse  a  quell'atto  sapendo 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  299 

ciò  che  faceva  e  senz'altro  brivido  che  non  fosse  di  voluttà 
e  di  amore.  Wanda  ha  chiaro  il  ricordo  di  quanto  fece, 
ma  soffoca  ogni  tempesta  d'istinti  nel  pensiero  che  an- 
ch'essa fra  breve  morirà.  E  in  quel  pensiero  essa  —  seb- 
bene già  si  creda  pura  —  tuttavia  si  sente  ancora  come 
maggiormente  purificata.  Essa  ridiventa  serena,  ridiventa 
quello  che  essa  era  —  regina.  Tutta  la  terribile  eccitazione 
è  come  risolta  nella  ferma,  regalmente  incrollabile  deli- 
berazione. Essa  morrà.  E  tutti  piegano  la  fronte  a  quel  vo- 
lere, che  sem.bra,  nella  vicinanza  della  morte,  illuminarsi 
di  una  luce  di  espiazione  e  di  mistero,  e  irradiare  in  tran- 
quilla pienezza.  Wanda  diventa  una  amante  che  aspira 
al  suo  amato  morto,  una  amante  regina  che  ha  una  volontà 
e  la  può  attuare.  Il  popolo  che  aveva  considerato  l'ucci- 
sione di  Rùdiger  come  una  vittoria  di  lei  e  inneggiava  alla 
sua  forza  eroica,  quel  popolo  s'inchina  improvvisamente 
malgrado  il  suo  dolore  —  s'inchina  come  se  un'oscura  ri- 
velazione interna  a  tutti  faccia  sentire  che  quanto  Wanda 
sta  per  compiere  è  secondo  giustizia,  anzi  secondo  ne- 
cessità. Wanda  compare  ora  come  uno  spirito  veggente; 
e  vive  nello  stato  d'animo  che  conosciamo  dall'insegna- 
mento mistico  del  Werner  sulla  morte.  Così  giunta  ad 
armonia  con  sé  medesima,  trasfigurata  dalla  sua  rinunzia 
e  dal  suo  amore,  Wanda  assume  una  grandezza  maestosa 
e  triste.  Prende  congedo  con  placida  serenità  dal  suo  po- 
polo; il  popolo  è  là  e  la  acclama:  nessuno  ha  avuto  mai 
da  lei  se  non  prove  di  equità  e  di  benevolenza.  Essa  può 
prender  congedo  tranquilla.  E  si  butta  nelle  fiamme  (95). 


(95)   La   morbosa  anormalità   della   vita   di   Wanda   impedi   al   MlNOR 
(op.   cit.,   p.   60)  di  riconoscere  il  valore  artistico  dell'atto. 


300  Zacharias   Wt 


* 


Anche  più  che  neW Attila  concentrò  il  Werner  in 
questo  nuovo  dramma  tutta  la  sua  attenzione  sopra  gli 
elementi  fondamentali  del  carattere  degli  individui  rap- 
presentati, sopra  quegli  elementi  che,  nelle  crisi  provocate 
dall'azione,  dovevano  emergere  e  rivelarsi  in  tutta  la 
loro  forza  e  trascurò  tutti  quegli  elementi  laterali  che  com- 
pletano la  figura  presentata  e  le  danno  maggiori  appa- 
renze di  realtà. 

Ma  impostato  così  il  dramma,  l'azione  saltava  in  prima 
linea,  come  nelle  tragedie  alla  maniera  francese.  E  il 
Werner  s'accostò  ora  —  coscientemente  —  a  questa 
maniera.  Scriveva  infatti  allo  Iffland  a  questo  proposito  : 
{(  Es  ist  kurz,  es  hat  eine  regelrechte  fortschreitende  Hand- 
lung,  und  ohngeachtet  einer  ihm  noch  einigermassen 
anklebenden  Tendenz  zur  Mystik,  einen  klar  iibersehbaren 
selbst  dem  Volke  fasslichen  Pian,  kurz  einen  fast  franzò- 
sischen  Zuschnitt  »  (96). 

Soppresse  le  scene  di  ambiente,  soppressi  gli  episodi 
laterali,  il  Werner,  concentrato  il  soggetto  sulla  sola  scena 
d'amore  e  morte,  fece  raccontare,  come  nelle  tragedie 
francesi,  ampiamente  una  parte  dell'azione,  diede  perciò 
Valderon  come  confidente  a  Riidiger,  Ludmilla  come 
confidente  a  Wanda,  due  personaggi  che  non  han  più 
come  Theobald  e  Therese  una  giustificazione  simbolica  e 
una  parte  attiva  nel  dramma,  per  quanto  siano  personifi- 
cazione dell'arte  e  dell'amore.   Ma  egli  che  sempre  era 


(96)  Teichmann,  op.  cit.,  p    320. 


//  dramma  dell'utopia  erotico-mistica  301 

stato  volto  verso  altre  forme  e  per  altre  forme  più  era 
adatto,  non  seppe  né  combinare  l'azione  in  modo  da  tener 
continuamente  desto  l'interesse  in  tutti  gli  atti,  né  dare 
al  racconto  quella  eloquenza  e  quella  bellezza  stilistica, 
per  cui  la  tragedia  di  Racine  ha  sempre  slancio  e  volo 
malgrado  la  sua  uniformità  enfatica.  Il  primo  atto  é  quasi 
tutto  occupato  dal  racconto  di  Rùdiger  a  Valderon,  il 
secondo  dal  giuramento  di  castità  di  Wanda  col  dialogo 
di  Wanda  e  Ludmilla.  L'azione  si  imposta  solo  nel 
terz'atto  con  sicurezza,  con  l'incontro  dei  due  amanti; 
il  quart'atto  contiene  l'azione  vera  e  propria  e  il  quinto 
l'epilogo  nella  morte  di  Wanda.  E  il  dramma,  denu- 
dato da  tutti  gli  accessori,  si  presenta  singolarmente 
scarno  e,  fino  alla  metà  del  terz'atto,  privo  di  vita  (97). 
Il  Werner  per  renderlo  drammatico  non  rifugge  dal  ricor- 
rere ad  espedienti  che  dessero  all'azione  efficacia  teatrale  : 
((  Effekt,  Handlung,  Coups,  kurz  alles  Nòtige  ))  inserisce 
nell'azione  principale  medesima,  ricca  di  contrasti  improv- 
visi e  violenti  ;  ma  ne  risultò  una  complicazione  voluta  e 
forzata,  in  cui  é  spesso  palese  l'artificio.  Volendo  evitare 
uno  scoglio  il  Werner  cadde  nell'eccesso  opposto  (98). 

Per  rimpolparla  alquanto,  egli  diede  poi  alla  Wanda 
un  regolare  accompagnamento  lirico.  Aveva  fatto  già  uso 
sempre  più  ordinato  e  conscio  di  cori  lirici  ;  ora  se  ne 
servì  per  dar  quelle  ((  Stimmungen  »  preparatorie  allo 
scoppiar  del  dramma,  che  altrove  erano  date  dalle  scene 
descrittive.  Cori  guerreschi  preparano  nel  primo  atto  il 
racconto   di    Riidiger;    cori  guerreschi    nel    secondo    atto 


(97)  Cfr.   anche  MlNOR,    op.   cit.,    p.    60. 

(98)  Teichmann,  op.  cit.,  p.  319. 


302  Zacharias    Werner 


introducono  nel  mondo  da  cui  la  figura  di  Wanda  regina 
dovrà  balzar  fuori;  cori  di  vergini  intorno  all'amore  fanno 
una  specie  di  ouverture  sinfonica  all'incontro  di  Wanda 
e  Riidiger  nel  terz'atto;  cori  di  vergini,  lamenti  elegiaci 
di  Ludmilla,  canti  guerreschi,  cori  mistici  degli  spiriti 
che  accompagnano  Libussa,  s'intricano  nella  grande  scena 
principale  del  quarto  atto  ;  canti  dolci  e  stanchi  delle  don- 
zelle di  Wanda  fan  penetrare  nello  stato  d'animo  di  lei 
che,  svegliatasi  dall' incubo  tremendo,  ancor  vive  come 
in  sogno;  canti  di  vergini  e  di  fanciulle  l'accompagnano 
al  rogo;  canti  di  sacerdoti  chiudono  il  dramma. 

Il  Werner  che  aveva  condannato  già  in  Schiller  il  tenta- 
tivo di  suscitare  il  coro  della  tragedia  greca  e  aveva  con- 
siderato quel  tentativo  come  fallito,  tentò  ora,  condottovi 
dalla  struttura  data  al  suo  dramma,  quel  che  nello  Schiller 
aveva  biasimato. 

Ma  egli  lo  fece  con  diversi  intendimenti.  I  suoi  cori  ri- 
flettono bensì  le  impressioni  che  lo  svolgersi  delle  scene 
producono  sopra  gli  spettatori,  ma  essi  hanno  anche 
un'altra  funzione.  Il  Werner  stesso  ha  sentito  quel  contrasto 
che  esisteva  fra  la  voluttà  malata  e  peccaminosa  dei  suoi 
eroi  e  la  mistica  celebrazione  che  egli  ne  ha  fatta;  lo  ha 
sentito  così  bene  che  nel  Prologo  cerca  di  scusarlo  dicendo 
che  egli  dipinse  questa  volta  l'amore  presso  gente  ancor 
barbara,  ancor  pagana,  non  ancor  trasfigurata  dall'influsso 
purificatore  del  Cristianesimo  (99).  Fu  probabilmente  per 
questa  ragione  che  egli  volle  far  sentire  lo  svolgersi  della 
vicenda  come  una  legge  della  natura.  Ciò  riaffermava  il 
suo  pensiero,  esplicava  meglio  la  sua  concezione  e  giu- 


(99)  Prologo.  Ausg.  Schr.,  VII,  p.   1. 


//    dramma    dell'utopia    erotico-mistica  305 

stificava  al  tempo  stesso  quanto  egli  descriveva.  Una  giu- 
stificazione concisa  e  soprannaturale  aveva  dato  Libussa; 
in  conformità  di  essa  il  Werner  fece  comparir  la  stessa 
idea  come  confusa  rivelazione  sentimentale  nell'anima  dei 
personaggi  umani  del  coro,  come  legge  di  vita  degli  spiriti 
da  cui  Libussa  è  accompagnata.  Rimaneva  Libussa  nell'in- 
determinato e  nel  vago;  nel  vago  e  nell'indeterminato 
rimane  anche  il  nuovo  enunciamento  delle  oscure  verità 
mistiche.  Errava  nei  canti  la  vaga  nostalgia  di  pace  che 
s'agitava  nell'anima  del  poeta  stesso  :  le  vergini  di  Libussa 
cantano 

Uns  Jungfrauen  nebelgrau 
Uns   netzt   kein   Regen    nicht, 
Uns  warmt  kein  Sonnenlicht, 
Uns  kiihlt  kein  Tau, 
Uns  schmelzt  keine  Qual, 
Uns   labt   kein   Freudenmal, 
Noch    bunter   Farbenpracht  ; 
Wir  ruh'n   in  Nacht. 


Docb  uns  im  Innern  bebt 
Ein  Ton  der  wiederklingt, 
Ein    Ton   der    uns    durchdringt, 
Der   liebt  und    lebt. 
Wenn   dieser   Ton   erklingt 
Dann  ist  der  Leu  versòbnt  ; 
Die   Harfe   lispelt  Ruh' 
Uns  Miiden  zu. 


I 


In  questi  crepuscoli  della  coscienza  in  cui  il  Werner 
immerse  i  .suoi  cori,  appaiono  le  grandi  verità  mistiche 
ed  acquistano  nella  vaga  misteriosità  in  cui  restano  avvolte 
una  solennità  anche  più  sacra.  E  perchè  quelle  idee  com- 


304  Zacharias    Werner 


paiono  durante  e  per  le  emozioni,  che  lo  scatenarsi  del 
dramma  provoca,  così  passa  spesso  nei  cori  la  visione 
confusa  di  quanto  dovrà  avvenire  —  e  con  la  visione  si 
suscitano  nelle  anime  quei  medesimi  sentimenti  che  l'azione 
poi  dovrà  intensificare  e  rafforzare. 

Dunkel  ist  der  Sinn  von  deinen  Tonen, 

Doch  es   zleht   mlch,   wenn  du   sprkhst,    nach   oben. 

Queste  parole  di  Wanda  a  Ludmilla  danno  —  come 
già  lo  Iffland  osservava  —  il  carattere  di  tutta  questa  lirica. 
E  danno  il  carattere  di  Ludmilla,  l'amica  di  Wanda,  una 
fanciulla  ideale,  una  sorella  di  Therese,  ma  più  dolce 
e  più  affascinante  di  lei,  perchè  più  vera  e  mantenuta 
sempre  nei  limiti  della  umanità.  È  una  personificazione 
della  ((  Sehnsucht  »,  che  nella  lirica  così  spesso  si  esprime: 
è  lo  spirito  di  vero  amore,  che  con  la  «  Sehnsucht  ))  è  tut- 
t'uno.  Ha  perduto  il  suo  amante  Jaromir  e  sospira  il 
momento  in  cui  lo  raggiungerà  :  tutte  le  sue  parole  son  deli- 
cata poesia.  Non  sa  nulla  del  mondo,  ma,4)erchè  intende 
e  vive  in  sé  l'amore,  così  conosce  per  istinto  una  cosa 
assai  bene,  il  cuore  umano.  Wanda  passa  ed  essa  resta. 
Abbellisce  la  vita  ;  è  un'anima  in  tutta  la  sua  primitiva 
purità. 

Ludmilla  è  una  creatura  romantica  e  romantica  è  la 
lirica  del  dramma  che  in  lei  si  è  concretata  in  una  figura 
individuale.  «Werner  s'abbassa  a  Tieck  ))  (100),  diceva 
l'Iffland  a  questo  proposito,  disgustato  di  veder  l'antico 
protetto  seguir  vie  affatto  diverse  da  quelle  che  egli  desi- 


(100)  Op.   cit.,   loc.   cit.   La  musica  dei  cori,   per  questa  tragedia,   fu 
composta   dal    Destouches. 


//    dramma    dell'utopia    erotico-mistica  305 

derava.  Ma  questo  è  appunto  caratteristico  pel  Werner; 
che  nei  tentativi  suoi  di  comporre  un  suo  dramma,  mal- 
grado il  sempre  più  intenso  affermarsi  della  sua  persona- 
lità, sempre  in  diverso  modo  ritorna  ora  a  Schiller,  ora 
al  romanticismo  donde  era  mosso.  ((  Von  der  friiheren 
Mystik  —  gli  scriveva  l'iffland  —  kann  nicht  mehr  die 
Rede  sein.  Nur  ist  es  aber  eine  andere  Mystik,  und  zwar 
eine  schlimmere:  das  Unbestimmte  in  dem  Stil  »   (101). 

Il  Werner  ancora  una  volta  ha  cercato  sé  stesso  senza 
riuscire  a  raggiungersi.  È  andato  di  nuovo  errando  per  le 
vie  che  altri  già  apersero  e  che  gli  si  pararono  innanzi. 
Nella  Wanda  il  ritorno  ai  romantici  era  anche  più 
facile,  perchè  le  traccie  della  maniera  Schilleriana  non 
vi  esistevano  più  a  trascinarlo  in  altra  direzione.  Egli 
fece  perciò  più  ancora  che  nelle  opere  precedenti  ((  eine 
romantische  Tragòdie  »,  in  cui  il  romanticismo  è  bensì 
trasformato  dall'esclusività  mistica  e  erotica  delle  idee 
w^emeriane,  dalla  sensualità  di  sentimento  della  vita  attra- 
verso di  cui  il  Werner  lo  fa  passare,  e  bensì  ordinato 
in  una  struttura  che  non  gli  è  propria  per  la  tragedia  fran- 
cese a  cui  il  Werner  mira,  ma  si  è  pure  affermato  in  forme 
sue  proprie.  E  ancora  una  volta  si  franse  l'unità  stilistica 
e  artistica  della  sua  opera. 

Malgrado  le  debolezze  che  la  guastano  e  la  rendono 
inferiore  ad  altre  tragedie,  la  Wanda  continua  però 
l'evoluzione  del  dramma  w^erneriano  nella  soluzione  dei 
problemi  fondamentali  intorno  a  cui  questo  si  aggira.  È 
una  tragedia  scarna,  schematizzata  sopra  un  tema  di 
novella;  ma  la  unità  organica  di  concezione  è  superiore 


(101)  Teichmann,  op.  cit..  p.  322. 

G.  GabETTI,  //  dramma  di  Z.   Werner.  20 


306  Zacharias   Werner 


alle  altre,  la  fusione  del  pensiero  in  una  storia  umana  è 
maggiore  e  il  realismo  si  afferma  con  una  conseguenza  così 
inesorabile  nella  esecuzione  che  vi  sgomenta.  La  grande 
scena  del  quart'atto  e  l'ultimo  atto  sono  fra  le  cose 
migliori,  più  sicuramente  impostate  e  più  profondamente 
svolte,  che  il  Werner  abbia  composto.  Fu  per  ciò 
che,  fra  tutti  i  drammi  del  Werner  che  finora  abbiamo 
esaminati,  il  Goethe  fece  rappresentare  questo  solo  sul 
teatro  di  Weimar. 


CAPITOLO   QUINTO 
La  "  Schicksalstragòdie  „. 


L'idea  del  fato,  che  domina  al  disopra  degli  uomini  e 
degli  umani  eventi  e  or  direttamente  ora  indirettamente  at- 
traverso conflitti  di  passioni  li  guida,  non  si  esplica  sol- 
tanto nella  Wanda,  ma  è,  come  già  avvertimmo  fin  dal 
secondo  Capitolo,  uno  dei  caratteri  fondamentali  di  tutti  i 
drammi  wemeriani,  necessario  riverbero  della  conce- 
zione dell'uomo  e  della  vita  che  il  Werner  si  è  formato. 

Un  sentimento  fatalistico  della  vita  domina,  del  resto, 
sopra  tutta  la  poesia  romantica  dal  Blaubart  del  Tieck 
air^lxe/  und  Walburg  deH'Oehlenschlàger,  dallo  Halle 
und  Jerusalem  del  Fouqué  a\V  Ezzelino  dell'Eichen- 
dorff   (I):   Wilhelm   Schlegel   considera   il   problema   del 


(1)  Cfr.  WendrinER,  Das  romantische  Drama,  cit.,  p.  100  e  passim. 
Il  Wendrlner  però  vuol  ricondurre  questa  tendenza  letteraria  a  un  in- 
flusso del  Wilhelm  Meister,  il  che  non  è  possibile.  Questo  con- 
tiene bensì  delle  considerazioni  sul  fato,  ma  l'influenza  di  un  libro 
non  è  mai  di  frammenti  isolati,  sibbene  delle  qualità  da  cui  l'opera 
intera  è  dominata.  E  nulla  è  per  verità  più  lontano  dal  fatalismo 
che  il  pensiero,  secondo  cui  Wilhelm  Meister  ascende  a  modera- 
tore  e   signore    della   propria    vita. 


308  Zacharias  Werner 


fato  come  problema  sostanziale  della  tragedia  e  tra- 
duce da  Calderon  La  devocion  de  la  Cruz  (2)  e  lo 
Hoffmann  celebra  in  quell'opera  ((  die  geheimnisvolle 
dunkle  Macht,  die  iiber  Getter  und  Menschen  waltet  »  : 
((  Der  Zuschauer  hòrt  wie  in  seltsamen  ahnungsvollen 
Tònen  die  ewigen  unabanderlichen  Ratschliisse  des  Schick- 
sals,  das  selbst  die  Gòtter  béherrscht,  verkiindet 
werden  ))   (3). 

Si  cercarono  le  ragioni  di  questo  fatto  e  ogni  studioso 
ne  indicò  una  diversa  :  non  fu  risultato  di  una  ragione  sola, 
ma  fu,  come  ogni  fatto  storico  generale,  risultato  di  un 
concorrere  di  parecchie  ragioni  insieme.  Presso  taluni  pre- 
valse un  elemento,  presso  altri  un  altro  elemento  e 
presso  tutti  lo  assurgere  del  fatto  a  uno  stato  di  coscienza 
generale.  Certo  vi  contribuì  per  molta  parte  quella  rea- 
zione del  sentimento  e  della  fantasia  contro  la  aridità  della 
«  Aufklarung  »,  che  vedemmo  accompagnare  il  risveglio 
dello  spirito  tedesco  verso  la  fine  del  secolo  XVIII  ;  l'af- 
fermazione del  libero  arbitrio  esige  un  senso  così  chiaro 
della  propria  personalità  che  esso  presuppone  un  dominio 
della  ragione  serena  nella  coscienza  :  l'abbandono  dei 
propri  pensieri  all'impulso  della  passione  e  alla  immagi- 
nazione conduce  sempre  a  sentire  nelle  ore  tristi  la  propria 


(2)  Cfr.  Wiener  Vorlesungen,  XV  Vorl.,  e  la  Comparaison  de  la 
«  Phèdre  »  de  Racine  avec  celle  d'Euripide  ((Euores  écrites  en  FranQais 
—  voi.  II).  La  «  Devocion  de  la  Cruz  »  è,  fra  1  drammi  calde roniani, 
quello    che   è    più  strettamente,    anzi    più    veramente    fatalistico. 

All'influenza  calderoniana  si  deve  aggiunger  pure  quella  collaterale 
del  Gozzi.  Cfr.  ad  es.  l'HoFFMANN  nei  Serapionsbriider,  a  proposito 
del  Corvo  —  ed.  cit.,  I,  p.  188.  Sopra  tutto  sono  importanti,  per 
questo  rispetto,  le  elaborazioni  sue  di  drammi  spagnuoli,  che  in 
Germania   furono    notissime   e    frequentemente   tradotte. 

(3)  Serapionsbrader,    I,    198. 


La    «  Schicksalstragodie  »  309 

debolezza  e  a  ricercar  la  ragione  della  propria  infelicità 
in  una  potenza  superiore  da  cui  noi  dipendiamo.  Il  de- 
terminismo della  filosofia  sensistica,  affluendo  dall'Inghil- 
terra, inclinava  per  l'altra  parte  verso  tali  concezioni, 
e  vi  si  univa  un  influsso  letterario  in  doppia  forma:  nella 
forma  della  concezione  generalmente  accettata  della  poesia 
tragica  greca,  come  basata  sopra  la  lotta  degli  uomini 
contro  la  fatalità,  e  nella  forma  dell'influsso  della  poesia 
spagnuola  e  in  particolare  del  Calderon,  che  verso  questo 
tempo  diventa  sempre  più  grande  (4).  E  più  ancora  forse 
valse  il  risorgere  del  misticismo,  in  quanto  che  la  visione 
mistica  della  vita  e  delle  cose  implica  —  come  già  prima 
dicemmo  a  proposito  del  Werner  —  un  elemento  fatali- 
stico :  la  sua  conciliazione  con  il  libero  arbitrio  che  la  pre- 
dicata teoria  della  colpa  e  della  pena,  della  virtù  e  del 
premio  rendeva  necessario,  costituisce  anzi  uno  dei  pernii, 
su  cui  si  aggira  la  filosofia  cristiana  (5).  Lo  Schneider  ag- 
giunse ultimamente  un  nuovo  fattore  nella  sempre  crescente 
diffusione  delle  società  segrete  e  nel  riverbero  che  queste 
società  avevano  nella  poesia  del  tempo.  Il  mistero  in  cui 
i  personaggi  che  stavano  a  capo  della  setta  erano  avvolti, 
la  potenza  singolare  che  essi  riuscivano  a  procacciarsi  con 
i  mezzi  che  la  loro  posizione  poneva  ai  loro  servizi,  potenza 
che  appariva  miracolosa  e  che  facilmente  era  immaginata 


(4)  V.  Minor,  Die  Schicksalsfragddie  etc,  cit.  e  specialmente  il 
suo  nuovo  studio  nel  «  Grillparzer-Jahrbuch  »  1899.  p.  1.  Cfr.  di  lui 
anch«  il  saggio,  che,  contemporaneamente  a  quest'ultimo,  pubblicò 
nella  Festgabe  fur  R.  Heinzel,  sebbene  esso  concerna  principalmente 
la  Ahnfrau  del  Grillparzer.  E  v.  pure  di  lui  la  introduzione  alla 
sua  edizione  del  24.   Februar  nel  voi.   già  cit.   Schicksalsdrama. 

(5)  Der  Einfluss  der  FreimauTerei,  cit.,  passim  e  specialmente 
Gap.  IV. 


310  Zacharias  Werner 


di  gran  lunga  più  vasta  di  quello  che  essa  fosse,  lo 
stato  di  subordinazione,  in  cui  i  semplici  membri  si  tro- 
vano, tutto  ciò  metteva  questi  ultimi,  per  così  dire,  in  balìa 
dei  loro  superiori,  ed  essi  dovevano  aver  l'impressione 
di  vivere  in  un  mondo,  le  cui  vicende  erano  indipendenti 
dal  loro  sforzo  e  dalla  loro  opera,  determinate  dall'alto. 
La  diffusione  letteraria  che  questo  mondo  ottenne  ha  due 
ragioni  :  una  prima  ragione  nella  diffusione  delle  società 
stesse,  una  seconda  nella  eccellente  materia  che  veniva 
offerta  al  narratore  :  materia  piena  di  imprevisto,  di  miste- 
rioso, di  fantastico:  materia  poi,  che  non  riusciva  troppo 
ostica  e  non  urtava  con  la  sua  inverosimiglianza  perchè 
tutti  gli  avvenimenti  si  chiarivano  in  una  spiegazione  finale, 
in  cui  l'aOber»  si  rivelava  come  colui  che  tutto  aveva 
disposto  e  ordinato.  Lessing,  Goethe,  Schiller,  Jean  Paul 
s'incontrano  fra  coloro  che  coltivarono  questa  letteratura, 
e  la  diffusione  letteraria  abituò  facilmente  le  immagina- 
zioni a  rappresentarsi  la  vita  da  un  tal  punto  di  vista. 

La  filosofia  romantica  finalmente,  arrivata  come  ultima, 
faceva  bensì  l'uomo  libero,  e  poneva  bensì  in  tale  libertà 
l'essenza  dell'uomo;  ma,  rappresentando  l'uomo  come 
parte  del  ((  Weltall  »,  gettando  un  ponte  sopra  quell'a- 
bisso che  separava  anche  in  Kant  l'uomo  e  le  cose,  sta- 
bilendo l'unità  di  tutto  l'universo  pervaso  da  un  solo  spi- 
rito di  vita  e  dominato  da  una  sola  grande  legge,  stabiliva 
bensì,  considerata  la  cosa  dal  lato  logico,  un  pensiero 
lontano  dal  fatalismo,  ma  generava  negli  animi  una 
((  Stimmung  »  che  gli  era  favorevole.  Richiedeva  che 
l'uomo  vivesse  nel  senso  dell'identità  sua  con  la  natura 
infinita,  e  un  tale  senso  induce  facilmente  e  quasi  neces- 
sariamente a  sentire  se  stesso  come  determinato  dalla  infi- 
nita forza  che  nell'universo  si  manifesta. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  311 

Oltracciò,  poiché  seguendo  le  inclinazioni  verso  una 
concezione  esclusivamente  estetica  del  mondo,  i  romantici 
furono  condotti  a  celebrare  ciò  che  vi  è  di  inconscio  nella 
vita,  da  quello  sfondo  misterioso  e  da  questa  tendenza  un 
sentimento  fatalistico  doveva  necessariamente  sbocciare. 
Un  tal  sentimento  poi  si  intensificò  anche  più  nella  ((  Jiin- 
gere  Romantik  »  :  nel  nuovo  periodo,  con  Brentano,  Hoff- 
mann,  etc,  le  «  Nachtseiten  der  Natur  »  presero  il  so- 
pravvento sopra  quel  culto  della  vita  cosciente  e  della 
luce  che  i  primi  romantici  avevano  avuto  comune  con  lo 
Schelling  (6). 

Nel  Werner  poi  questa  tendenza  era  favorita  anche  dal 
fatto  che  egli  era  uno  di  quegli  uomini  che,  come  avverti 
Richarda  Huch,  «  mehr  gelebt  wurden  als  lebten,  und 
den  allgemeinen  Lebensstromen  stets  weniger  Einzelw^illen 
entegegensetzten  »  (7).  Molti  fra  i  romantici,  fatta  teori- 
camente quella  affermazione  della  libertà  come  supremo 
principio  della  vita  umana,  su  cui  riposa  la  loro  filosofia, 
si  abbandonarono  poi  alle  inclinazioni  spontanee  del  loro 
spirito  inquieto  e  vennero  trascinati  verso  fantasticherie  e 
verso  pensieri  che  a  quel  principio  contraddicevano.  Questo 
accadde  nel  Werner  assai  chiaramente  :  egli  afferma  nel 
Lutero  ì  diritti  della  libertà,  della  ragione,  della  coscienza 
e  ripete  spesso  quella  difesa  nelle  sue  lettere,  ma,  quando 
segue  le  proprie  tendenze  e  sogna  e  scrive  poesie,  diventa, 
persino  nello  stesso  dramma  su  Lutero,  fatalista. 

Di  affermazioni   fatalistiche   formicolano  le  sue  opere. 


(6)  Richarda  Huch,   Ausbreìtung  und   Verfall  der  Romantik,  cit. 
p.    2!6    e    segg.,    passim. 

(7)  Ibid.,  p.  222. 


312  Zacharias  Werner 


La  figura  che  prende  il  posto  del  Trovatore  nella  seconda 
parte  dei  Sòhne  des  Tales  canta: 

Tod   dem    Frevler,    Tod  ! 
Seines  Blutes   Rot 
Trank,   des  Bruders  Keule  !  — 
Das  ist  mein   Gebot  ! 

Agli  spiriti  di  Elisabetta  e  di  Therese  è  affidato  Io 
stesso  incarico  nella  Weihe  der  Kraft.  Nel  Kreutz  an  der 
Ostsee  presagisce  l'oracolo  la  morte  di  Samos: 

Im  Sternenkreis, 

Nach   alter  Weis', 

Drehn  wunderlich   sich  die  Gestalten. 

Du   strebst  sie   festzuhalten  : 

Doch  ziehn  sie  im  ew'gen  Geleis*  ; 

Du  musst  sie  lassen  walten. 

Nella  Wanda  il  ((  Gesangchor  der  Ritter  und  Rei- 
sigen  »  svolge  nuovamente  tali  idee  : 

Sei  schwach  oder  kuhn 

Des   Menschen   Bemiilin, 

Er  hat  dess  keinen  Gewinn. 

Die  Wogen  brausen,  die  Wogen  ziehn 

Der  Quelle,  der  er  entflossen,   ihn, 

Zur  stillen  Heimat   hin. 

L'intonazione  della  prima  scena  del  quarto  atto  del- 
l'i4//z7a  è  data  da  canti  dei  Druidi,  che  si  svolgono 
intorno  all'idea  che  tutto  quanto  cadrà,  ciò  che  le  Nome 
hanno  condannato  a  cadere  : 

Wem  die  Tochter  des  Schicksals, 
Wem  die  Nome  den  Tod  spinnt, 
Der  entrinnet  ihr  nicht. 


La    «.SchicksalstragddieD  313 

E  il  canto  s'alterna  ripetendosi,  mentre  la  scena  fra  At- 
tila, Hildegunde  ed  Edecon  si  svolge  : 

Manchen  umgarnet  das  Dunkel, 
Mancher  erhebet  den  Busen 
Klar  und  entfesselt  zum  Licht  ; 
Aber  es  spinnet  die  Nome, 
Beide  entrinnen  ihm  nicht. 

Soltanto  alla  fine  della  scena,  a  cui  la  ripetizione  del 
canto  dà  una  solennità  misteriosa,  si  applica  l'idea  a 
Roma  : 

Homa,  es  spinnet  die  Nome 
Und   du   entrinnest   ìhr  nicht! 

Non  esiste  il  caso  cieco.  —  n  Was  wir  blinden  Zufall 

nermen ist  der  Gottheit   weises   Werk...    Was   man 

Laune  des  Schicksais  zu  nennen  pflegt,  solite  man  hòhere 
Bestimmung  nennen  ))    (8)  — . 

E,  poiché  nello  svolgimento  del  dramma  werneriano  le 
tendenze  che  gli  sono  peculiari  si  affermano  progressiva- 
mente con  sempre  maggior  conseguenza  e  risolutezza, 
anche  questa,  che  era  un  elemento  sostanziale  della  sua 
natura,  si  rivela  con  una  forza  sempre  maggiore.  Si  ripe- 
tono con  sempre  maggior  frequenza  pensieri  come  quelli 
che  ora  abbiam  citato,  e,  sopratutto,  il  dramma  stesso 
assume  sempre  più  una  struttura  e  un  colorito  che  a  questa 
tendenza  rispondono. 

Il  Werner  fa  che  l'azione  si  svolga  fra  presentimenti 
continui   in  modo  da  provocar  l'impressione  che  gli  av- 


(8)   Ausg.   Schrìften,    II.    p.    253;    III.    p.    129   etc. 


314  Zacharias  Werner 


venimenti  descritti  abbiano  in  un  altro  mondo  superiore 
all'umano  la  loro  vera  origine.  È  questa  una  delle  qua- 
lità più  salienti  di  ogni  dramma  fatalistico  e  il  Maeterlinck 
se  ne  valse  ampiamente  nei  drammi  della  prima  maniera: 
gli  Aveugles,  ad  esempio,  consistono  in  un  tragico  in- 
tensificarsi del  presentimento  della  morte,  che  in  una  gior- 
nata di  autunno  invade  un  gruppo  di  vecchi  ciechi,  dalla 
loro  cecità  medesima  resi  più  pronti  a  coglier  la  voce  ar- 
cana di  una  fatalità  misteriosa. 

Il  Werner  ricorre  nei  drammi  suoi  a  due  mezzi  :  il 
sogno  e  il  presagio.  Abbiamo  accennato  anteriormente 
come  egli  seguisse  i  romantici  nell'importanza  assegnata 
ai  sogni  quali  rivelatori  di  verità  :  nulla  di  più  naturale 
che  egli  se  ne  valesse  nei  suoi  drammi. 

Scriveva  sul  sogno  nel  prologo  della  seconda  parte  dei 
Sòhne  des   Tales  : 

Traume  sind  ein  Wehen  von  der  Heimat  ; 
Die  Nacht  ist  Sonnenglanz  dem  innern  Auge, 
Und  geme  offenbaret  sich  die  Gottheit 
Der  frommen  Unschuld  in  prophet'schem  Traum. 

Ne  fa  uso  già  in  questo  primo  dramma  e  più  largo  uso 
nel  Kreutz  an  der  Ostsee.  Due  sogni  annunziano  fin 
dal  primo  atto  la  catastrofe  a  cui  i  Prussiani  vanno  incontro. 
Il  primo  è  quel  sogno  pauroso  del  Waidevsruth,  che  ri- 
cordammo: Percunos  ferito  e  pallido,  sanguinante,  gli  è 
comparso:  una  donna  con  un  bambino  in  braccio  lo  toccò 
con  un  giglio,  mentre  egli  si  voleva  scagliare  su  di  lei,  e  lo 
incenerì.  Il  secondo  è  ugualmente  sinistro:  Pregolla  sogna 
della  cerimonia  nuziale,  che  le  strapparono  la  corona  di 
fiori  dal  capo  sostituendovi  una  benda  di  lino  e  gridan- 


La    «  Schicksalstragodie  »  315 

dole  :  ((  Questa  porterai  finché  avrai  generato  un  figlio 
maschio  forte  come  il  padre  suo  »  :  come  potrà  ciò  avve- 
nire se  Samos  la  lascia  per  recarsi  in  guerra  ?  Samos  è  tor- 
mentato in  sogno  dalla  figura  dello  ((  Spielmann  »  prima  che 
egli  si  rechi  a  cercar  di  strappar  Warmio  a  Malgona.  La 
Weihe  der  Kraft  abbonda  di  sogni  :  Katharina  sogna 
che  la  Vergine  le  è  apparsa  travestita  con  una  lampada 
in  mano  e  che  dalla  fiamma  si  sprigionò  il  fantasma  di  un 
eroe:  e  la  Vergine  disse:  «Die  Lampe,  die  is  dein:  sia 
hiiten  soUst  du  —  einstens  glùht  sie  immer  » .  Anche  Lu- 
tero sogna  che  la  Vergine  gli  compare  e  gli  dà  un  bastone 
e  gli  dice  :  ((  Wen  dieser  stiitzt,  der  wanket  nicht  !  » . 
Quando  Therese  muore  nel  giardino  presso  i  suoi  giacinti, 
Katharina  ha  un  sogno  sconvolto:  le  par  che  fantasmi  pas- 
sino dinnanzi  a  lei  e  ognuno  abbia  una  foglia  appassita 
sulla  fronte,  e  un  occhio  enorme  s'affacci  nella  nebbia. 
Quando  gli  spiriti  di  Hierese  e  di  Elisabeth  compaiono 
sopra  il  capo  di  Lutero  e  Theobald,  questi  sogna  che  The- 
rese  lo  chiama  e  Lutero  che  Elisabeth  gli  dice  :  ((  Hegst  du 
schnòde  Ruhe,  Indem  der  Feind  den  Tempel  dir  zer- 
bricht  ?  ))  Attila  compare  nei  sogni  di  Onoria  che  non  lo 
ha  mai  visto  e  quel  fantasma  accende  e  tien  vivo  in  lei 
l'amore  del  grande  eroe  ignoto.  E  il  sogno  diventa  in  tal 
guisa  fattore  essenziale  della  psicologia  di  Onoria. 

Ancor  più  larga  parte  —  specialmente  negli  ultimi 
drammi  —  è  data  ai  presentimenti  veri  e  propri,  che  s'af- 
facciano al  fondo  della  coscienza  all'avvicinarsi  di  gravi 
avvenimenti.  Nella  prima  parte  dei  Sohne  des  Tales 
abbondano  quei  presentimenti  che  il  senso  della  realtà 
medesima  suggerisce.  Molay  è  continuamente  e  profonda- 
mente afflitto  dall'oscuro  presagio  a  cui  non  si  può  sottrarre, 
che  l'ordine  da  lui  retto    andrà  a    rovina.   Quando    vien 


316  Zacharias  Werner 


decisa    la    partenza    dei    Templari    da    Cipro,    il    Gross- 
Comptur  sente   che  più   non  ritornerà  : 

Da  war's  als  wenn  ins  Ohr  mir  jemand  raunte  : 
«  Das  ist  dein  Leichentuch,  und  jene  Ballen 
Sie  sind  der  Sarg,  der  auf  des  Ostwinds  Fittich 
Dich  morgen  bin  zu  deinen  Vatern  fiihrt  !  » 

((  Ich  ahne  »  è  una  delle  espressioni  che  più  spesso  tor- 
nano sul  labbro  dei  personaggi  Werneriani  e  Molay 
((  ahnt  ))  che  Robert  è  nato  a  grandi  cose  e  che  le  compirà  : 
Robert  stesso  sente  passar  nella  sua  anima  presentimenti 
della  sua  missione.  Nella  seconda  parte  del  dramma  era  fin 
da  principio  troppo  chiara  la  visione  dell'esito  finale  delle 
vicende  rappresentate,  esito  che  nelle  scene  del  ((  Tal  ))  si 
vede  in  formazione,  perchè  fosse  il  caso  di  valersi  spesso  di 
tale  espediente  :  anche  qui  però  esempi  non  mancano, 
come  le  cupe  ((  Ahnungen  ))  di  Filippo  il  Bello  o  come  la 
previsione  che  il  Gross-Comptur  fa  a  Molay  dopo  la  men- 
zogna che  questi  ha  detta  per  salvare  il  suo  amico  Philipp  : 

Ich  fiilil's  —  Es  kommt  iiber  mich  —  Du  hast  gesiindigt  ; 
Doch  was  dein  Blut  gefehit,   wirst  du  entsiihnen. 
Blick  auf  getróst  !  —  denn  nah'  Ist  die  Verklarung  ! 

Quest'ultimo  caso  ci  mostra  già  un'altra  forma  di  presen- 
timento, non  più  suggerita  dalla  visione  della  realtà  pre- 
sente :  una  forma  per  così  dire  mistica  :  la  stessa  forma 
ritorna  ancora  alla  fine  del  dramma  quando  Guido  grida 
a  Filippo  il  Bello  che  entro  un  anno  anch'egli  morirà,  e 
entro  quaranta  giorni  già  lo  precederà  papa  Clemente.  L'in- 
segnamento di  Adam  a  Robert  nel  «  Tal  »  è,  per  così  dire, 
una  vera  ((  Ahnungslehre  » . 

Pieni  di  presagi  sono  i  drammi  posteriori  :  le  cerimonie 


La    «  Schicksalstragodie  » 


317 


religiose,  i  canti  del  coro,  gli  oracoli  offrono  alla  fantasia 
del  Werner  il  modo  di  dar  completo  sfogo  alla  sua  incli- 
nazione. L'oracolo  del  sacrifìcio  a  Picollos,  prima  che  i 
Prussiani  decidano  la  guerra,  dà  un  responso  oscuro:  Pre- 
golia  sente  che  non  rivedrà  più  Samos,  che  non  le  dà  retta 
e  la  lascia  per  correre  il  rischio  della  battaglia: 


^^m         Quando   si   sta   preparando   la   cerimonia   di   nozze   di 
^^m     Warmìo  e  Malgona,  Agaphia  esclama: 


Er  zieht  in  die  Schlacht, 
Er  hat  sein  Taubchen  nicht  acht 

Und  nimmer  gebaren  werde  ich  den  Sohn. 


Wie    verstimmt 
Ist  heute  alles  !  —  Schlimme  Vorbedeutung  ! 


E  anche  Warmio  le  fa  coro  :  ((  Mir  ahnet  Unglùck  !  » . 
Malgona  è  invasa  da  confuse  e  simboliche  visioni  quando 
lo  ((  Spielmann  »  giunge  a  corte.  Un  presentimento  che 
Malgona  verrà  ancora  a  lui  solleva  Warmio  nell'isola, 
quando  si  tormenta  nel  pensiero  che  non  la  vedrà  più.  Silko 
e  lo  ((  Spielmann  »  predicono  alla  fine  del  terzo  atto  ciò 
che  nella  seconda  parte  del  dramma  il  Werner  intendeva 
svolgere. 

Anche  la  Weihe  der  Kraft  non  manca  di  esempi,  seb- 
bene essi  siano  meno  numerosi,  soppressi  per  la  preoccupa- 
zione teatrale  a  cui  il  Werner  obbedisce.  Therese  presente 
che,  se  Katharina  vede  Lutero,  ciò  avrà  grandi  conse- 
guenze ;  Theobald  presente  la  morte  di  Therese,  e,  quando 
Therese  si  reca  nel  giardino  dove  essa  morrà,  Katharina 
non  sa  perchè,  ma  è  piena  di  angoscia  e  di  turbamento: 

Am  hellen  Mittag  war  es  und  mir  graute 
—  Zum  erstenmal  in  meìnem  Leben. 


318  Zacharias  Werner 

Lutero  presente  che  qualcosa  di  insolito  avviene  a 
Wittenberg  e  decide  di  recarsi  colà: 

Dort  ja,  mir  sagt  's  dei  Geist,  der  nie  gelogen, 
Dort   muss   was   Ungeheures   geschehen  ! 

Presagi  continui  ci  si  presentano  nella  Wanda.  Fin 
dal  primo  atto  balena  a  Riidiger  la  visione  oscura  del  fu- 
turo che  l'attende  ed  egli  deve  lottar  contro  lo  sgomento, 
dopo  che  gli  spiriti  di  Libussa  e  delle  sue  Vergini  gli 
sono  apparsi  : 

Es  packt  mich  Ahnung  wiitend  ;   doch  bin  ich   lebensvoll  : 
Begonnen    war's  :    drum    end'es. 

E  il  presentimento  da  questo  istante  non  lo  lascia  più. 
Quando  si  reca  travestito  presso  Wanda,  si  deve  far  co- 
raggio : 

Was  soli  dies  bange  Beben 

Der  Brusi?  —  Ich  fiihlt'  es  nie  in  meinem  Leben  ! 

Du    bebst,    der,    unbezwungen, 

Mit  einem  Heer  von  Helden  oft  gerungen? 

Anche  Wanda  è  in  preda  a  uguali  commozioni.  Quando 
le  annunziano  il  messaggio  di  Valdecon  che  giunge  ac- 
compagnato da  Riidiger  travestito,  essa  ha  un  brivido  : 

Wie  wird  mein  Herz  bekiommen 
Und   voli  banger  Ahnung  ! 

E  sente  poi  in  sé  una  voce  che  par  le  dica  che  essa  lo 
rivedrà  sebbene  egli  sia  morto. 

Nei  soldati  di  Riidiger,  che  pure  eran  uomini  forti, 
passa  uno  sgomento  dinnanzi  a  questa  impresa,  sì  che  vor- 
rebbero ritornarsene  ai  loro  lari.  Anche  Valdecon  consiglia 


La    «iSchicksalstragòdieyi  319 


a  Riidiger  di  desistere.  La  morte  di  Wanda  è  preannun- 
ziata da  una  specie  di  simbolico  miracolo  avvenuto  du- 
rante il  sacrificio. 

NeW Attila,  il  presentimento  diventa  talora  persino 
motivo  drammatico  di  scene  intere.  Così  è  nella  scena  del 
primo  atto  in  cui  Hildegunde  narra  il  suo  passato  e  la 
sua  passione  :  tutte  le  vergini  del  coro  sono  colte  da.  uno 
sgomento  nell'oscuro  presagio  dell'avvenire  : 

Weh  dir,  unselige  Tochter  des  Ungliicks, 
Die  du  vom  Dunkel  umwunden  ! 

Il  tema  qui  appena  accennato  risorge  in  seguito.  Che 
Onoria  sia  piena  di  presagi  è  naturale,  data  la  teoria 
d'amore  che  il  Werner  professa  e  predica.  Anche  Attila 
è  soggetto  a  tali  fenomeni.  E  non  solo  in  rapporto  a 
Onoria:  un  certo  sgomento  gli  balena  talora  quando  vede 
Hildegunde  :  -  ((  o  meine  Ahnung  !  »  -  esclama  nell'ultimo 
atto,  quando  papa  Leone  gli  rivela  la  morte  che  l'attende. 
Quando  il  cameriere  porta  il  pocale  col  vino  in  cui 
Aetius  e  Heraclius  han  fatto  versare  del  veleno,  Irnak,  il 
figlio  di  Attila,  ha  un  grido  :  «  Ah  !  —  Mutter  Ospiru  ! 
mir  w^ar  als  rief  sie  !  ».  Quando  Hildegunde  vede  la 
mazza  che  ha  ucciso  Walther,  scoppia  nel  coro  un  tumulto 
e  lo  sgomento  attraversa  con  le  loro  esclamazioni  tutta 
la  scena.  Nella  cerimonia  nuziale  Attila  accende  due 
volte  la  lampada  all'altare  e  due  volte  la  lampada  si 
spegne.  I  sacrifici  presagiscono  ((  blutiges  Unheil  ».  Edecon 
vorrebbe  che  Attila  rimandasse  le  nozze  almeno  fino 
all'indomani.    Irnak  vede  nel  cielo  un  flagello  spezzato: 

Und  zwischen  drin  ein  blutig  Leichenhaupt, 
Wie  iMutter  Ospiru,   als  sie  entschlief  ! 


320  Zacharias   Werner 


I  Druidi  cantano  un  coro  lamentoso: 

Wehe   uns!   Wehe  ! 
Stark  ist  die  Geissel  die  Unbill  zu  rachen  ; 
Aber  das  Schicksal  kann  Geissel  zerbrechen! 
Web  !  er  zertritt  ibn,  der  kiihn  es  verlacbt  ! 

E  Attila  stesso  si  sente  per  la  prima  volta  incerto  di 
sé.  Pensa  che  forse  ha  errato  nel  cedere  a  Leone,  che  si  è 
((  im  Kerker  seiner  Wahl  verhaftet  »  : 

Ist  derni  der  Mensch  ein  Krebs,  den,   vorwàrts  schreitend, 
Ein    widerwillig    Etwas    riickwèirts    ziebt  ? 

Ma  i  pensieri  tristi  son  vinti -da  un  senso  di  pace  che 
or  sopravviene: 

Eine   frohe   Ahnung 

Durcbbebt  die  Brust — 

So  ist  mir   's 
Als  sei  nun  mein  die  Palme. 

Allo  scopo  di  accrescer  la  ((  Stimmung  »  generale  e  il 
generale  colorito,  il  Werner  pone  in  bocca  a  qualcuno  dei 
personaggi  principali  un  ((  Lied  »,  pieno  di  allusioni  miste- 
riose a  ciò  che  avverrà.  Attila  desidera  uno  a  Schlummer- 
lied  ))  e  canta  il  canto  della  civetta  e  dell'aquila  che  non 
possono  andare  insieme  :  Hildegunde  canta  invece  un 
canto  sinistro  della  civetta  e  dell'avvoltoio. 

Zum  Geier  kam  die  Eule 

Und  schnarrt'   ihr  ewiges  :    «  Komm'   mit  !   Komm'   mlt  !  » 

Der  Geier,  der  spracb  :   «  Das  kann  wohl  sein  I  » 

Da  flogen  sie  des  Nachts  bei  'm  Rabenstein 

Zur   heissen    Hohle    binein  ! 

Scblaf   einl   Scblaf   ein!  Scblaf,   Geier,   scblaf  ein! 


La    «  Schicksalstragodie  »  32 1 

La  medesima  forza  poi  a  cui  gli  uomini  soggiacciono 
regna  anche  sulla  natura;  essa  anzi  si  rivela  nel  modo  più 
evidente,  in  quanto  la  natura  stessa  partecipa  a  tutto  ciò 
che  avviene,  e  si  mostra  signoreggiata  da  quella  forza 
unica  che  nella  storia  umana  imperversa.  Questo  sfrutta- 
mento della  natura  per  rendere  più  intensa  l'impressione 
del  fatto  descritto  è  frequente  dopo  la  Nouvelle  Héloìse 
e  frequentissimo  presso  i  romantici,  ma  nel  dramma  dei 
Werner  esso  è  interamente  in  armonia  con  lo  spirito  di 
tutta  r opera.  Anche  con  questa  tecnica  raggiungerà  il 
Maeterlinck,  che  —  per  sua  aperta  confessione  —  alla 
poesia  fatalistica  della  prima  metà  del  secolo  XIX  si 
attacca,  degli  effetti  grandiosi,  come  negli  Aveugles  citati 
o  neWIntruse  o  in  Pelléas  et  Mélisande. 

Già  nella  prima  stesura  dei  ((  Templer  auf  Cypern  », 
quando  lo  spirito  di  Eudo  viene  a  Molay,  è  notte  oscura  : 
una  «  rabenschw^arze  Wetterwolke  »  vela  la  luna,  e  Eudo 
giunge  preannunciato  da  suoni  di  cetra  ; 

Was  klingen  dort  fiir  ferne  Lautentone, 

So  schmelzend  sanft,   als  ob  die  Mitternacht 

Sie  aus  dem  ersten  Schlaf  nicht  wecken  wollten? 

Quando,  nella  seconda  parte,  Molay  vien  condotto  nel 
seno  del  ((  Tal  » ,  si  ode  ((  das  Brausen  der  Elemente  »  : 
nubi  risplendenti  involgono  sull'alto  della  montagna  i  ve- 
gliardi del  ((  Tal  ))  ;  la  scena  dell'accettazione  di  Franz  e 
di  Adalbert  fra  i  Templari,  la  scena  dell'accettazione  di 
Robert  nel  ((  Tal  ))  avvengono  nella  notte  profonda.  Lo 
Schneider  (9)  ritiene  che  l'uso  di  questi  espedienti  sia  do- 


(9)   Der   Einfluss   der  Freimaurerei,   Cap.    IV. 
G.  Gabetti,  //  dramma  di  Z.   Werner.  21 


322  Zacharias   Werner 


vuto  al  gusto  di  tali  spettacoli  sviluppatosi  dalle  cerimonie 
massoniche.  Che  qualcosa  di  vero  vi  sia  nella  sua  opinione, 
mostra  qui  il  Werner,  presso  di  cui  la  derivazione  è  evi- 
dente ;  ma  la  tesi  dello  Schneider  ha  valore  soltanto  finché 
Telemento  naturale  resta  decorativo,  come  nel  caso  dei 
Sòhne  des  Tales.  Nelle  seguenti  opere  del  Werner 
esso  assume  invece  un  valore  intrinseco  ed  ha  una  diversa 
origine:  quella  che  sopra  abbiamo  accennato:  il  tempera- 
mento artistico  dell'autore  e  l'indole  della  sua  opera. 
Tuoni  e  lampi  attraversano  la  notte  tempestosa  in  cui  si 
svolgono  gli  avvenimenti  a  cui  è  dedicato  il  Kreutz  an 
der  Ostsee;  il  sole  sorgente  e  suoni  di  cetra  terminano 
la  prima  parte.  Nella  Weihe  der  Kraft  Lutero  invoca 
dal  cielo  un  fulmine,  quando  vede  il  saccheggio  compiuto 
dai  suoi  seguaci,  e  il  fulmine  cade.  Quando  neW Attila 
Hildegunde  riposa,  alleggerita  dei  suoi  pensieri  sinistri,  il 
cielo  è  sereno  e  Taria  tranquilla;  ma  il  cielo  si  oscura  e 
l'atmosfera  si  turba  quando  in  lei  la  tempesta  si  risolleva. 
Nella  Wanda  romba  il  tuono  quando  Wanda  e  Rii- 
diger  si  trovano  di  fronte  :  lampi  e  tuoni  scoppiano  quando 
Wanda  uccide  il  suo  amato;  la  notte  è  piena  di  brividi, 
spettrale;  Ludmilla  canta: 

Der  Mond  schaut  auch  hernieder 

So  traurìg  und  so  kalt  ! 

Du  kannst  wohl  auch  nicht  weinen, 

Du  starres  Leichenhaupt  ; 

Suchst  trostlos  auch  den  deinen, 

Den  dir  die  Nacht  beraubt? 

In  tutti  i  drammi,  tranne  che  nel  Lutero,  l'azione  si 
svolge  nella  notte;  nella  notte  avvengono  le  radunanze 
dei  Templari  e  del   ((  Tal  »,  persino  le  radunanze  della 


La    a  Schicksalstragòdie  »  323 

commissione  giudicatrice;  nella  notte  oscura,  tempestosa, 
diede  Adalbert  l'ultimo  bacio  alla  sua  Agnese;  nella 
notte  —  dalla  sera  alla  mattina  —  si  svolge  l'assalto  dei 
Prussiani  e  dei  Polacchi,  la  storia  del  Kreutz  an  der 
Ostsee;  nella  notte  l'assalto  dei  Rugi  ai  Sarmati  e  la 
storia  di  Wanda;  nella  notte  la  catastrofe  finale  dello 
Attila.  E  la  mezzanotte  rappresenta  sempre  il  momento 
in  cui  la  crisi  principale  dell'azione,  un  fatto  di  sangue  e 
di  morte,  avviene.  A  mezzanotte  si  raduna  il  Consiglio 
dei  Templari,  mentre  Noffodei  ed  Heribert  fuggono. 
A  mezzanotte  si  sposano  Warmio  e  Malgona  e  Warmio 
è  assalito  dal  fratello  Samos;  a  mezzanotte  Riidiger  e 
Wanda  s'incontrano  sul  campo  di  battaglia  e  Riidiger  è 
'  da  lei  ucciso;  a  mezzanotte  Hildegunde  sgozza  Irnak  e 
ammazza  Attila.  Né  il  fatto  vien  dal  Werner  lasciato 
passare  inosservato;  gli  eroi  stessi  dell'azione  s'avvolgono, 
per  così  dire,  di  tenebra  per  dar  atto  ai  loro  sinistri  propo- 
siti ;  passa  una  voluttà  di  tenebra  nelle  loro  parole,  mesco- 
lata con  la  voluttà  di  morte  e  di  sangue.  Wanda  non  vuol 
scendere  in  battaglia  fino  a  che  la  mezzanotte  sia  scoccata, 
e  pensa  con  voluttà  a  quell'ora. 

Auf,  Mitternacht,  du  briitest  Todessaaten! 

Ich  nehm*  es  auf  mit  dir  :  —  Zur  Schlacht,  Sarmaten  !  — 

esclama  poi  quando  ha  preso  la  sua  risoluzione;  e  Hilde- 
gunde, dopo  essersi  cento  volte  inebriata  nella  visione 
dell'ora  fatale  della  sua  «  Brautnacht  )),  quando  l'ora  è 
giunta  ed  essa  accende  la  fiaccola  all'altare  nuziale,  mor- 
mora sinistramente  : 

Euch  weih   ich   sie   in   Blut  und   Mitternacht! 


324  Zacharias   Werner 


Un  senso  pauroso  invade  tutti  quanti  :  la  notte  fosca 
sembra  a  tutti  piena  di  invisibili  agguati.  Irnak  ode 

Geheul, 
Als  flatterte  mit  einem  Heer  von  Eulen 
Die  wilde  Windsbraut  durch  die  Mitternacht! 

I  Druidi  sono  sgomenti: 

Wehe  uns  !  Wehe  !  In  brausender  Nacht 
Waltet  der  Unterwelt  grausige  Macht. 

E  Hildegunde  s'avvolge  d*ombra,  non  soltanto  per 
essere  più  sicura  all'azione,  ma  perchè  quell'ombra  le 
dà  una  non  so  qual  voluttà  cupa  e  fonda;  spegne  tutti  i 
lumi  : 

Nur  im  dunkeln  Schimmer 

Ist  's  mir  so  heimatlich  —  So  stili  und  traurig!   (IO). 

* 
*  * 

Ora  nella  evoluzione  del  dramma  werneriano  ci  si  pre- 
senta, dopo  la  Wanda  la  tragedia  Der  24.  Februar, 
che  segnò  il  principio  di  tutto  quel  dilagare  di  tetra  e 
misteriosa  poesia   del   fato   che   invase  per   un   decennio 


(10)  Alcune  osservazioni  ha  già  fatto  a  questo  proposito  il  Wen- 
DRINER,  cit.  Egli  però,  più  che  di  riattaccare  il  24.  Februar  al 
dramma  werneriano  anteriore,  si  preoccupa  di  connetterlo  al  dramma 
romantico  in  generale.  Eccone  la  conclusione  :  «  Ich  hoffe  dass  es  mir 
gelungen  ist  zu  beweisen  dass  der  24.  Februar  nicht  so  vereinzelt 
dasteht,  dass  er  kein  Anfang,  sondern  das  Glied  einer  langen  Kette  ist», 
p.  146.  Egli  trascura  perciò  tutti  quegli  elementi,  che  sono  caratte- 
ristici di  quel  genere  letterario  speciale  che  la  «  Schicksalstragòdie  »  fu, 
e  che  nei  drammi  wemeriani  anteriori  pur  già  si  trovano. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  325 

romanzi  e  liriche,  ma  sopratutto  il  dramma,  raggiunse 
nelle  composizioni  del  Miillne  e  dello  Houwald  la  sua 
espressione  più  piena  e  colorì  gli  albori  della  poesia  del 
Grillparzer  (11). 

Il  24.  Februar  diventò  un  tipo  su  cui  le  opere  poste- 
riori si  modellarono  e  determinò  il  fiorire  della  ((  Schick- 
salstragòdie ))  (12)  come  genere  letterario  a  sé,  avente 
certi  suoi  caratteri  distintivi,  come  li  ebbe  a  suo  tempo 
il  ((  biirgerliches  Drama  » ,  mentre  prima  nel  Karl  von 
Berneckp  del  Tieck,  nella  Brani  von  Messina  dello 
Schiller,  nel  Blunt  del  Moritz  essa  già  era  bensì  apparsa, 
ma  solo  come  una  trattazione  drammatica  di  un  motivo 
tragico,  che  si  collocava  accanto  a  tutti  gli  altri  tentativi 
di  tragedia  che  si  venivano  facendo.  Ciò  dà  al  dramma 
del  Werner  un'importanza  storica  particolare,  facendolo 
comparire  come  una  specie  di  creazione  di  un  nuovo 
genere  di  poesia.  Ciò  però  ebbe  anche  la  conseguenza 
che  lo  si  isolò  dal  complesso  dell'opera  werneriana  e 
lo  si  considerò  a  parte,  come  se  interrompesse  improvvi- 


(11)  Cfr.  Minor,  op.  cit.  Cfr.  inoltre  Max  Herzfeld,  //  24.  Feb- 
braio di  Z.  Werner,  Poszony,  1905.  È  scritto  in  ungherese,  ed  io  ne 
potei  prender  conoscenza  solo  per  la  cortesia  dell'amico  FRANK,  che 
gentilmente  me   lo  tradusse.   Sul  MAZZINI   v.   Conclusione. 

Merita  di  esser  rammentato  anche  l'articolo  di  A.  GraBOWSKY, 
Schicksalstragòdien,  «  Lit.  Echo  »,  15  Settembre,  1906.  Il  Gra- 
bowsky,  imbevuto  di  simbolismo  fatalistico  maeterlinckiano,  fraintende 
completamente  il  24.  Februar  e  cade  nell'errore,  in  cui  nel  testo 
accenniamo  :  «  Fatalistische  Dramen  mussten  so  zu  Fratzen  werden 
und  sind  es  auch  geworden».  Il  suo  articolo  contiene  però  parecchie 
osservazioni  buone. 

(12)  Cfr.  nel  GoEDEKE  e  nei  «  Jahresberichte  »  la  lunga  bibliografìa, 
che  io  qui  riporterei  inutilmente,  e  che  io  altrove  citerò  in  parte 
occasionalmente,  quando  ne  sarà  il  caso.  E  v.  ora  anche  il  breve 
saggio    del      Leysering,    Studien   zur   Schicksalstragòdie,    Berlin,    1913. 


326  Zacharias   Werner 


samente  lo  svolgimento  della  poesia  del  Werner  e  stesse 
con  esso  in  contraddizione  o,  per  lo  meno,  in  opposizione. 
Concezione  che,  dopo  quanto  finora  abbiamo  esposto,  più 
non  fa  bisogno  di  dimostrare  errata.  11  24.  Februar 
risulta  più  che  un'opposizione,  un  epilogo  dell'evoluzione 
generale  che  venimmo  seguendo  sin  qui. 

Si  son  cercate  le  origini  dell'opera  in  precedenti  lette- 
rari, e  il  Werner  si  è  ricordato  senza  dubbio,  scrivendo,  del 
Tieck  e  dello  Schiller,  certo  anche  del  Calderon,  di  cui 
discorreva  con  lo  Schlegel,  occupato  a  tradurlo,  nell'ot- 
tobre del  1808,  in  Coppet,  ma  le  vere  radici  della  sua 
composizione  sono  nel  suo  dramma  anteriore  (13), 

Non  solo  il  24.  Februar  mostra  —  per  così  dire  — 
concentrati  quei  procedimenti  stessi  d'arte,  di  cui  finora 
abbiamo  parlato  e  fu  una  delle  espressioni  più  coerenti, 
che  la  tendenza  artistica  del  Werner  sia  riuscita  ad  avere, 
ma  esso  riposa  sopra  un  pensiero  perfettamente  analogo, 
anzi  identico  a  quello  che  trovammo  negli  altri  drammi. 

È  stato  affermato  che  lo  ((  Schicksal  »  delle  ((  Schick- 
salstragòdien  »  è  una  «  miirrische  heimtiickische  Gewalt, 
die  in  der  Knechtung  des  menschlichen  Willens  ihren 
Beruf    findet  ))    (14),    un     vero     a  Mummenschanz  »     che 


(13)  Sui  precedenti  letterari  cfr.  specialmente  l'accurato  ed  erudi- 
tissimo saggio  del  MlNOR  nel  «  Grillparzer-Jahrbuch  »,  cit.,  1899, 
p.  1  e  segg.  Quando  però  il  Minor  rintraccia  i  drammi  del  parricidio  e 
del  fratricidio  anteriori  al  Werner,  anzi,  anteriori  all'introduzione 
di  essi  in  un  qualsiasi  dramma  fatalistico,  egli  allora  s'allontana  dalla 
genesi  che  il  24.  Februar  ebbe,  e  di  cui  tosto  ci  occuperemo,  e 
adduce  molto  materiale  erudito,  che  in  gran  parte  al  Werner  fu  ignoto, 
e  che,  ad  ogni  modo,  non  ebbe  ne  su  di  lui,  né  sul  genere  letterario, 
che  nel  suo  dramma  ebbe  le  origini  occasionali,  alcuna  influenza 
determinante. 

(14)  Minor,    Das   Schicksalsdrama,  Introd.,    p.    IV. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  327 

((  macht  aus  dem  Menschen  die  klàgiichste  Possenfigur, 
wenn  es  ihn  zermalmt  »  (15);  si  è  detto,  per  la  fine  casui- 
stica  su  cui  queste  opere  si  sogliono  basare,  che  esso 
è  un  ((  polizistisches  und  kriminalistisches  Genie  »  come  i 
((  wortreffiliche  Polizeispionen  »  del  Bonaparte,  o  come  i 
((  weniger  geschickte  Spitzel  aus  den  Zeiten  der  demago- 
gischen  Verfolgungen  »  (16).  Ma,  riferita  all'opera  del 
Werner,  l'osservazione  non  ha  valore.  Il  24.  Februar 
svolge  bensì  l'idea  che  la  colpa  è  funesta  e  viene  punita, 
come  conclude  il  coro  nella  Braut  von  Messina  : 

Das  Leben  ist  der  Guter  hochstes  nicht, 
Der  Ubel  grosstes  aber  ist  die  Schuld, 

e  la  concezione,  che  si  giudicava  costituire  il  pernio  del 
teatro  greco,  venir  le  colpe  dei  padri  punite  anche  nei 
figli  (17);  ma  idea  e  concezione  rientrano  nel  generale 
sistema  di  pensiero  del  Werner,  in  quanto  che  insegnano 
bensì  che  la  colpa  viene  espiata  —  gesiihnt  — ,  ma  mostrano 
come  il  risultato  generale  dell'azione  rappresentata  sia 
la  purificazione  degli  uomini  dai  legami  terreni  e  l'avvici- 
namento a  Dio.  Il  tema  del  24.  Februar  è,  come  per 
gli  altri  drammi  del  Werner,  «  durch  Todesnacht  in  Him- 
melsklarheit  schaun».  Kurt,  su  cui  pesa  la  maledizione 
del  padre,  giunto  alla  veglia  della  morte,  sebbene  egli 
non  sappia  di  dover  morire,  accetta  —  come  tutti  gli  eroi 
werneriani  —  il  pensiero  della  morte  e  la  desidera  anzi 
cadendo  ginocchioni  in  preghiera  : 


(15)  SCHNEIDER,   Der  Einfluss  der  Freimaurerei  cit.,   p.  210. 

(16)  Minor,  Ioc.  cit.,  p.  iv  e  seg. 

(17)  Dell'influenza  di  questo  pensiero  discorre  acutamente  il  MlNOR  — 
«Grillparzer-Jahrbuch»,    1899,    I. 


328  Zacharias   Werner 


Wenn  ich  einmal  soli  scheiden. 
So  scheide  nicht  von  mir  ! 
Schleuss'  auf  des  Himmels  Tur  ! 
Wenn  mir  am  allerbàngsten 
Wird  um  das  Herze  seyn, 
So  reiss'  mich  aus  den  Aengsten 
Kraft  delner  Angst  und  Pein  ! 

e  tosto  sente  —  come  tutti  gli  eroi  Werner iani  —  una  pace 
celeste  scendergli  nel  cuore,  e  raddolcirne  le  pene,  come 
soave  ((  Labsal  »  : 

Ich  bin  entsiihnt  —  Die  Ahnung  ist  erfiillt  : 
Wie  Alpenglocklein,  tont  's  von  oben  :  Frieden  ! 
Beschwichtigt  ist  's  —  erreicht  der  Heimat  Land  ! 

E  dopo  che  Kuntz  gli  ha  dato  due  stilettate,  egli  esclama 
solo: 

Mich  —  euren  Sohn  —  bringt  ihr  —  zur  Ruh'? 

E  muor  perdonando,  raggiungendo  la  pace.  E  l'espia- 
zione si  estende  anche  a  Kuntz  e  a  Trude,  su  cui  pur  pesa 
la  maledizione  del  vecchio  Kunth.  Kurt  annunzia  mo- 
rendo : 

Vergeben 
Hat  Euch  —  der  Vater  —  Ihr  —   Seyd   fluchentsiihnt  ! 

E  quando  Kuntz  gli  chiede:  ((  Und  du,  vergibst  du  ?  » 
egli  risponde  ((  Ja  »  —  «  Und  Gott  vergibt  er  ?  »  chiede 
ancora  Kuntz;  «Amen!  »  risponde  egli.  E  una  indistinta 
pace  scende  anche  nell'anima  accasciata  di  Kuntz,  dopo 
compiuto  il  misfatto.  Il  dramma  termina  :  ((  Gottes  Gnade 
ist  ewig  !  Amen  !  » .  Nel  dramma  werneriano  il  fato  non  è 
quindi   la   potenza   arcana,    che   ha   lo   scopo    suo    nella 


La    «  Schicksalstragódie  »  329 

((  Knechtung  des  menschlichen  Willens  )) ,  nella  ((  Zer- 
malmung  des  Menschen  )),  è  invece  il  ministro  di  Dio,  il 
purificatore  degli  uomini,  una  potenza  superna,  che,  attra- 
verso l'espiazione,  redime. 

La  condizione  è  diversa  nelle  ((  Schicksalstragòdien  )) 
che  al  24.  Februar  per  opera  di  imitatori  seguirono. 
Questi  furono  colpiti  dalle  qualità  più  appariscenti,  perchè 
esteriori,  dell'opera,  videro  che  il  fato  era  stato  sfruttato 
per  la  creazione  di  un  dramma  moderno  e  che  questo 
dramma  presentava  certi  caratteri  distintivi,  trascurarono 
il  modo  come  l'idea  del  fato  era  stata  applicata,  dimenti- 
carono che  i  caratteri  del  dramma  erano  con  la  genesi  di 
esso  e  col  pensiero,  su  di  cui  esso  posa,  intimamente  con- 
giunti, ne  tolsero  il  solo  motivo  fantastico,  e  fecero  del 
fato  quel  ((  Popanz  ))  di  cui  lo  Schneider  parla.  Le  loro 
tragedie  —  che  possono  con  ragione  paragonarsi  ai 
drammi  moderni  à  la  Grand-Guignol,  perchè  mirano  sol- 
tanto a  produrre  sgomento  negli  uditori  con  la  materia  trat- 
tata —  divennero  un  cumulo  di  orrori,  che  il  fato  spiega 
a  sufficienza,  senza  bisogno  di  una  più  profonda  motiva- 
zione psicologica.  L'interpretazione  spesso  data  al  dramma 
del  Werner  dipende  dall' enore  di  averlo  accomunato  con 
queste  degenerazioni.  Ben  avvertiva  invece  la  differenza 
uno  dei  più  fieri  avversari  che  la  «  Schicksalstragódie  )> 
abbia  avuto,  spirito  d'artista  tale  che  l'arte  finì  con 
l'isolarlo  dalla  vita  e  chiuderlo  in  un  sogno  di  forme 
pure,  il  Platen,  quando  notava  nel  suo  Tagebuch  essere 
il  24.  Februar  un  ((  Meisterwerk  » ,  in  cui  il  Werner  ha  tutto 
((  geleistet  »   quanto   ((  geleistet  werden  kann  »    (18). 


(18)    Tagebucher,   ed.  LauBMANN,    II,    p.    228. 


330  Zacharias   Werner 


Ciò  che  dà  al  24.  Februar  nella  serie  dei  drammi 
werneriani  una  sua  propria  fisonomia  è  il  fatto  che,  per  un 
cumulo  di  circostanze  esteriori,  il  Werner  fu  condotto  sta- 
volta a  presentare  il  suo  pensiero  —  per  così  dire  —  rove- 
sciato. Negli  altri  suoi  drammi  egli  aveva  svolto  ampia- 
mente la  progressiva  ((  Verklàrung  »  delle  anime  dei  perso- 
naggi ed  aveva  limitato  alla  prima  parte  la  pittura  di  quella 
che  egli  suol  chiamare  ((  notte  del  peccato  »  :  la  ((  my- 
stische  Verklàrung  »  si  rinnova  nel  24.  Februar,  come  già 
avvertimmo,  ma  è  ridotta  a  fievol  raggio  di  luce  che  illu- 
mina la  catastrofe  finale.  ((  Die  Grausnacht  des  Todes 
und  der  Siinde  »  occupa  tutta  T opera  fino  al  suo  finale. 

Le  conseguenze  di  questa  speciale  impostazione  del 
dramma  furono  molteplici.  Il  mondo  del  peccato  è  il 
mondo  degli  uomini,  la  terra.  Scompare  quella  lotta  fra 
inclinazioni  mistiche  e  tendenze  realistiche  che  negli  altri 
drammi  trovammo:  le  scene  di  pura  riproduzione  di  vita 
reale  erano  state  negli  altri  drammi  —  come  nella  Weihe 
der  Kraft  —  puri  espedienti  teatrali,  brani  di  impor- 
tanza secondaria  adatti  a  intensificare  il  colorito  storico, 
su  cui  l'azione  vera  e  propria  si  svolgeva;  ora  invece  tutta 
quanta  Topera  diventa  una  tale  rappresentazione,  perchè 
il  pensiero  stesso  lo  esige  per  esprimersi. 

Limitata  così  nelle  sue  manifestazioni,  l'idea  del  fato 
assume  necessariamente  un  aspetto  in  parte  diverso  da 
quello,  che  finora  ci  si  era  offerto.  La  tragicità  degli  av- 
venimenti era  stata  prima  raddolcita  dalla  loro  natura  stessa, 
inquantochè  erano  avvenimenti  di  un  mondo  mistico  fan- 
tastico, in  cui  la  tragicità  era  accompagnata  da  un'equiva- 
lente mistica  ((  Verklàrung  »  che  li  trasformava  in  ideali 
desiderabili  ;  ora  invece  la  elevazione  avviene  attraverso 
l'espiazione  di  colpe  commesse.  Il  fato  conduceva  prima 


La    «  Schicksalstragòdie  »  33 1 

gli  uomini  o  direttamente  o  indirettamente  attraverso  l'a- 
more al  supremo  ideale,  la  morte;  ora  il  fato  conduce  gli 
uomini  allo  stesso  fine  ma  attraverso  dolori  ed  angoscie. 
Pur  essendo  identico  con  la  Divina  Provvidenza,  il  fato 
si  accosta  di  più  a  quanto  era  il  fato  della  tragedia  greca; 
ne  è  diverso  inquantochè  diverso  è  il  suo  scopo,  ma  gli 
è  simile  inquantochè  simili  sono  alcuni  fra  i  mezzi  che  vi 
sono  adoperati. 

Questa  indole  dell'opera  fa  pur  scomparire  un  altro  dei 
contrasti  esistenti  nella  produzione  werneriana  anteriore: 
il  contrasto  fra  la  ((  mystische  Verklàrung  »  e  la  inclina- 
zione alle  visioni  fosche  e  orrende,  tetramente  tragiche. 
Questa  inclinazione  si  era  fatta  negli  ultimi  drammi  sem- 
pre più  viva,  favorita  da  ciò  che  il  Werner  aveva  trovato 
la  soluzione  del  problema  tragico  comune  a  tutta  la  sua 
opera  nella  creazione  di  personaggi  anormali  e  di  una  vita 
sentimentale  patologica.  Nei  Sòhne  des  Tales  essa  si 
era  affermata  in  elementi  laterali,  come  nella  scena  della 
consecrazione  dei  nuovi  adepti  o  nella  ballata  del  Cava- 
liere di  Sidon,  o  nelle  torture  inflitte  ai  Templari;  nel 
Kreutz  an  der  Ostsee  essa  si  era  esplicata  nella  pittura 
dell' ancor  barbaro  popolo  prussiano  e  nel  finale;  nella 
Weihe  der  Kraft.  essa  era  stata  subordinata  all'interesse 
teatrale  e  all'equilibrio  tecnico  dell'opera,  ma  s'era  pur 
qua  e  là  rivelata,  come  nella  scena  del  dolore  di  Ka- 
tharina  sulla  morte  di  Therese  ;  1*^4 //i7a  finalmente  e  la 
Wanda  ne  erano  stati  pervasi  e  dominati:  V Attila  con 
la  figura  di  Hildegunde  e  la  tragica  ((  Brautnacht  »  del 
re  eroe,  dove  la  fantasia  del  poeta  si  era  inebriata  di 
visioni  tetre;  la  Wanda  con  la  storia  stessa  dei  due  pro- 
tagonisti. Ma,  diventata  colla  Wanda  tendenza  fonda- 
mentale della  fantasia  w^erneriana,  essa  aveva  urtato  aper- 


332  Zacharias   Werner 


tamente  contro  la  celebrazione  nnistica  che  il  Werner  fa- 
ceva degli  avvenimenti.  Ora,  trasformatasi  l'idea  del 
fato,  come  vedemmo,  riposando  la  tragedia  sopra  un'altra 
impostazione,  la  tendenza  risponde  perfettamente  allo  spi- 
rito dell'opera  e  alle  altre  tendenze  da  cui  l'opera  fu 
determinata.  Essa  potè  celebrare  così  nel  24.  Februar  il 
suo  pieno  trionfo. 

Altra  conseguenza  è  che  il  personaggio  mistico  fan- 
tastico non  può  più  apparire.  Servendosi  di  un  proce- 
dimento, di  cui  si  serviranno  poi  altri  ((  Schicksalsdichter  », 
il  Tieck  si  era  giovato  nel  Karl  Voti  Bernecke  della 
comparsa  di  spettri  per  dare  all'idea  del  fato  una  per- 
sonificazione visibile.  Il  Werner  continuò  con  risolutezza 
per  la  via  su  cui  s'era  posto,  e  li  escluse  :  lasciò  che  il  fato 
fosse  una  forza  occulta  immanente.  Forse  giovò  la  vici- 
nanza e  la  diretta  assistenza  del  Goethe,  che  ad  un  pro- 
cedimento in  parte  analogo  ricorse  nelle  Wahlverwandt- 
schaften  e  che  nel  Wilhelm  Meìster  aveva  già  precedente- 
mente formulate  le  sue  idee  sopra  il  fato  nel  dramma  (19): 
((  So  vereinigte  man  sich  dariiber  dass  man  dem  Zufall  im 
Roman  gar  v^ohl  sein  Spiel  erlauben  kònne...  dass  hin- 
gegen  das  Schicksal,  das  die  Menschen  ohne  ihr  Zuthun 
durch   unzusammenhangende   aiissere  Umstande    zu    einer 


(19)  Jubilaums-Ausgabe,  p.  39  e  seg.  Cfr.  WendrinER,  op.  cit., 
p.    14   e   seg. 

L'influenza  del  Goethe  è,  per  questo  rispetto,  indubitabile.  Il 
Werner  stesso  lo  confermò  :  «  Ich  bin  durch  Goethe  von  der  Idee,  die 
Mystik  auf  dem  Theater  durchzusetzen  zuriickgekommen  »,  TeichmaNN, 
op.    cit.,    p.    319. 

Cfr.  per  questa  influenza  il  WalZEL  nella  introd.  citata,  alle  let- 
tere scambiate  fra  il  Werner  e  il  Goethe,  Goethe  urxd  die  Romantik, 
voi.  XIV.  E  V.  ibid.  anche  l'importante  numeroso  materiale  che  dili- 
gentemente raccolse  nelle  note  lo  SCHUDDEKOPF. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  333 

unvorhergesehenen  Katastrophe  hindràngt,  nur  im  Drama 
statthabe  :  dass  der  Zufall  wohl  pathetische,  niemals  aber 
tragische  Situationen  hervorbringen  diirfe;  das  Schicksal 
dagegen  nur  werde  im  hòchsten  Sinne  tragisch,  wenn  es 
schuldige  und  unschuldige,  von  einander  unabhàngige 
Tàter  in  cine  ungliickliche  Verkniipfung  bringt  » .  Il 
Werner,  per  applicar  la  sua  idea,  si  limita  in  tal  guisa  a 
collegar  gli  avvenimenti  in  modo  che  ne  risulti  l'impres- 
sione di  un  ((  Walten  einer  hòheren  Macht  » . 

Il  Goethe  nelle  Wahlverwandtschaften,  a  cui  allora 
lavorava,  rileva  alcune  coincidenze  di  date  che  accompa- 
gnano l'azione,  e  fa  che  questa,  già  fatale  per  la  verità 
psicologica  con  cui  gli  avvenimenti  secondo  necessità  si 
svolgono,  acquisti  un  carattere  di  ancor  più  tragica  fatalità, 
dall'  apparir  di  questa  forza  superiore  a  cui  essa  pare 
soggiacere  (20).  Il  Werner  ricorre  anch'egli  a  un  tale 
espediente,  perchè  anch'egli  vuole  restar  nel  mondo  degli 
uomini,  ma  se  ne  vale  necessariamente  in  maggior  misura, 
inquantochè  egli  compone  un  dramma,  e  pone  a  base  di 
esso  l'idea  medesima  della  fatalità,  mentre  nel  Goethe 
questa  non  era  stata  se  non  l'espressione  concreta  della 
sua  commozione  elegiaca,  l'espressione  della  pietà  con  cui 
egli  accompagnava  la  storia  dei  suoi  personaggi. 

Anche  il  Werner  ha  impostato  il  dramma  —  come  il 
Goethe  il  suo  romanzo  —  nella  età  contemporanea;  egli 
anzi,  in  conformità  di  quella  inclinazione  al  realismo  a  cui 
obbedisce,    lo   ha   posto   fra   uomini   del   popolo,    uomini 


(20)  Per  quel  che  riguarda  il  fatalismo  nelle  Wahlverwandtschaften, 
cercai  io  stesso  di  porre  il  problema  in  giusta  luce  nel  mio  volume  : 
Le  affinità  elettive  del  Goethe  come  espressione  di  una  crisi  pessi- 
mistica,  Milano,    Studio    Editoriale    Lombardo,     1914,    cap.    IIL 


334  Zacharias    Werner 


semplici,  rozzi,  dalle  passioni  primitive,  dagli  istinti  vio- 
lenti e  indomati.  L'idea  del  fato  vi  acquista  così  un  rilievo 
ancor  maggiore  per  la  terribilità  degli  avvenimenti  che 
provoca.  Delitto  risponde  a  delitto,  l'espiazione  risponde 
alla  colpa,  e  i  delitti  e  le  colpe  e  le  espiazioni  hanno 
luogo  alla  stessa  data  —  24  Febbraio. 

Così  il  fato  compare  solo  indirettamente  nell'azione  e 
questa  si  svolge  motivata  psicologicamente  per  l'incita- 
mento della  passione  e  per  il  premere  delle  condizioni  in 
cui  gli  uomini  si  trovano.  Esso  però  rivelandosi  soltanto 
nei  cupi  presentimenti  che  passano  per  le  anime  dei  perso- 
naggi, e  nella  misteriosa  corrispondenza  che  vi  è  fra  i 
particolari  della  storia  della  loro  vita,  ha  tanto  maggior 
forza  inquantochè  maggiore  è  la  sua  poetica  verità. 

E  il  24.  Februar  riuscì  in  tal  modo  il  tentativo  di 
dramma,  in  cui  il  Werner  riuscì  a  meglio  conciliare  le  prin- 
cipali diverse  tendenze  (Ja  cui  era  combattuto,  realismo 
e  misticismo,  rappresentazione  del  male  nella  vita  e  pro- 
iezione della  vita  umana  in  un  mondo  superiore  da  cui 
questa  scaturisce.  Anche  il  fermo  proposito  di  concentrar 
tutto  il  dramma  in  un  atto,  impedendo  al  Werner  di  diva- 
gare e  di  completar  divagando  il  piano  primitivo,  contribuì 
a  mantener  tale  ferma  unità  (21). 


(21)  Questo  era  oramai  per  il  Werner  un  antico  proposito  mai  saputo 
mantenere:  scriveva  già  nel  1807:  «  Ich  bin  fiir  die  Zukunft  fest 
entschlossen  nie  ein  anderes  ausfiihrbare  Schauspiel  zu  schreiben  als 
ein  solches,  welches  urspriinglicb  so  kurz  ist,  dass  es,  ohne  Ver- 
schnitzelung  und  ohne  mehr  als  das  gewòhnliche  Zeitmass  zu  fiillen, 
gegeben  werden  kann».  H.  SCHMIDT,  Erinnerurìgen  eines  W eimarìschen 
Veteranen  aus  dem  geselligen  literarischen  und  Theaterleben,  Leipzig, 
1856,  p.    150. 


La    «  Schicksalstragódie  »  335 


* 
*   * 

Ciò  che  si  narra  sulla  genesi  del  dramma  conferma 
precisamente  la  sopra  esposta  ricostruzione  (22).  Lo  Hitzig 
scrive  nella  più  volte  ricordata  biografia  ;  «  Werner 
ezàhlte  mir  er  habe  neuerdings  mit  Goethe  viel  iiber  die 
Aufgabe  gesprochen,  eine  bedeutende  Handlung  der- 
gestalt  zusammenzufassen  dass  sie  nur  einen  Akt  fiille 
und  dennoch  klar  motivirt  und  vollstàndig  entwickelt  er- 
scheine.  Das  Ende  der  Besprechung  sei  gewesen  dass 
beide  sich  vorgenommen  einen  Versuch  zu  machen  an 
einem  tragischen  und  an  einem  Stoffe  sanftriihrenden  In- 
haltes,   einem   Fluch   und   einem   Segensgemalde,    w^obei 


(22)  Nel  lungo  minutissimo  riassunto  analitico,  in  cui  il  suo  saggio 
per  intero  consiste,  dà  troppa  importanza  all'influsso  del  Goethe  lo 
Herzfeld,  loc.  cit.  Egli  ne  fa  quasi  un  suo  collaboratore.  Egli  attribuisce 
pure  un'influenza  troppo  grande  alla  Staél.  Il  24.  Februar  fu  rap- 
presentato per  la  prima  volta  a  Coppet  nel  1809,  poiché  i  rap- 
porti ormai  molto  tesi  fra  il  Goethe  e  lui,  e  difficoltà  di  vario  genere 
impedirono  che  se  ne  facesse  subito  una  rappresentazione  a  Weimar, 
secondo  la  promessa  che  il  Goethe  aveva  data.  La  Staèl  e  il  Constant 
fecero  al  Werner  parecchie  osservazioni  e  lo  consigliarono  sopratutto 
di  attenuare  l'impressione  di  quasi  inumana  brutalità  che  il  dramma 
dava  loro,  facendo  che  Kuntz  prima  di  decidersi  al  fatale  suo  atto 
si  dibattesse  in  molteplici  riflessioni.  Il  Werner  vide  benissimo,  che  ciò 
avrebbe  invece  nociuto  alla  dritta  linea  secondo  cui  il  dramma  si 
svolge  e  da  cui  esso  trae  la  sua  forza  ;  ma,  senza  ritoccare  il  mano- 
scritto, fece  le  proposte  modificazioni  e  le  mandò  insieme  col  testo 
primitivo  al  Goethe  affinchè  egli  se  ne  servisse,  se  lo  credeva  opportuno, 
per  la  rappresentazione,  che  egli  ne  curò  a  Weimar  nel  1810.  Le 
modificazioni  andarono  perdute  :  di  esse  almeno  non  è  traccia  nel 
testo  pubblicato.   L'influenza  della   Staél  si  riduce  a  tutto  questo. 

Cfr.  Goethe  und  die  Ronamiik,  hrgg.  v.  Walzel  u.  SchuD- 
DEKOPF,  cit.,  voi.  II,  p.  48. 


336  Zacharias   Werner 


Goethe  zu  Werner  die  mir  treu  im  Gedàchtnis  geblie- 
benen  Worte  sprach  :  —  Das  Fluchgemàlde  werdet  ihr 
besser  machen  als  ich  :  das  Segensgemàlde  mache  ich 
besser  als  ihr  —  »  (23). 

Come  si  vede,  l'origine  prima  dell'opera  fu  il  propo- 
sito di  condensare  in  un  atto  un'azione  drammatica  ((  klar 
motivirt  und  vollstàndig  entwickelt  »,  e  il  ((  Fluchge- 
màlde »,  che  a  ciò  si  mostrava  acconcio,  non  era  che  una 
forma  di  dar  effettuazione  al  progetto  :  non  implicava  nella 
sostanza  alcuna  diversità  di  procedimento  da  quello  te- 
nuto nei  drammi  anteriori,  che  anzi  le  parole,  che  il  Goethe 
pronunciò,  paiono  precisamente  indicare  che  —  secondo 
lui  —  l'arte  sinora  spiegata  dal  Werner  era  perfetta- 
mente adatta  a  tale  opera. 

Qualche  giorno  dopo  si  offerse  anche  Fargomento. 
Narra  lo  Schubart  che  si  trovava  allora  in  Weiméu-  (24): 
«  Bald  nachher  fand  Goethe  Gelegenheit  dem  Romantiker 
seinen  Rat  noch  dringender  und  mit  Erfolg  zu  empfehlen. 
In  einer  Gesellschaft  in  Goethes  Hause  w^urde  aus  den 
Zeitungen  eine  schauerliche  Criminalgeschichte  vorge- 
lesen,  vsrelche  mit  einem  merkwiirdigen  Zusammentreffen 
der  Jahrestage  verbunden  w^ar.  Diese  Geschichte  empfahl 
nun  Goethe  dem  auch  gegenwràrtigen  Werner  als  einen 
geeigneten  und  fruchtbaren  Stoff  zu  einem  kleinen  einak- 
tigen  Trauerspiel  wie  er  es  von  ihm  wunschte  ». 

Il  Werner  —  racconta  lo  Hitzig  —  si  mise  subito  al 
lavoro  (25).  Portò  naturalmente  nella  notizia  trovata  nel 
giornale  delle  modificazioni:  lo  dimostrano  le  parole    da 


(23)  Lebensabriss,  cit.  p.    108. 

(24)  Erinnerungerì  an  Goethe,    «  Schnorrs  Archiv»,    III,   p.   461, 

(25)  Lebensabriss,   loc.   cit. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  337 

lui  messe  in  nota  al  Prologo,  quando  nel  1814  si  de- 
cise a  dare  la  sua  opera  alle  stampe:  «  Die  Gottlob  er- 
dichtete  Fabel  und  Katastrophe  meines  Trauerspiels  »  (26). 
Il  Minor  basandosi  su  queste  parole  avanza  Tipotesi 
che  la  notizia  di  giornale  non  terminasse  con  l'ucci- 
sione (27);  ma  in  tal  caso  si  riferisce  1' «  erdichtet  » 
a  «  Katastrophe  »  soltanto,  mentre  il  Werner  lo  riferì 
anche  a  «  Fabel  »,  e  si  contraddice  —  parmi  —  al  rac- 
conto sopra  riportato  dello  Schubart  trattarsi  di  una  «  schau- 
derliche  Criminalgeschichte  ».  Io  credo  che  ricostruire 
dai  pochi  elementi  certi  che  si  hanno  la  notizia  di  gior- 
nale sia  impossibile,  ma  che  i  mutamenti  introdotti  ri- 
guardino la  determinazione  dell'azione  in  generale  secondo 
il  pensiero  che  il  Werner  vi  esplica.  Questa  ipotesi  è 
in  qualche  modo  appoggiata  da  un  racconto  del  Werner 
medesimo  che  scrive  allo  Iffland  intorno  alla  sua  nuova 
composizione  (28):  «  Der  Gegenstand  ist  die  bekannte 
Anekdote  dass  zwei  Eltern  ihren  als  Reisenden  bei  ihnen 
einkehrenden  Sohn,  ohne  zu  wissen  dass  es  ihr  Sohn  ist, 
umbringen  ».  La  «  bekannte  Anekdote  »  potè  affacciar- 
glisi  dal  Blunt  del  Moritz,  ricordatogli  forse  dal  Goethe 
che  col  Moritz  era  stato  in  stretti  rapporti,  ricordato  forse 
da  lui  stesso,  inquantochè  il  Moritz,  come  precursore  del 
Romanticismo,  come  inclinante  al  misticismo  e  come 
poeta  massone,  godeva  una  discreta  fama  e  doveva  eser- 

I citare  su  di  lui  una  certa  seduzione:  potè  affacciarglisi 
àa^* Ahschied  del  Tieck  a  lui  certamente  noto:  che 
I 


(26)  Ausg.  Schr.,  IX.  p.  ni. 

(27)  «Grillparzer-Jahrbuch»,    1899,  p.  68. 

(28)  Teichmann,   op.    cit..    p.   330. 

G.  Gabetti,  //  dramma  di  Z.   Werner.  22 


mi 

338  Zacharias   Werner 

von  Sancta  Clara  nei  «  Gemisch-Gemasch  »  escluse  egli 
medesimo  (29).  Il  fatto  di  aver  posto  la  scena  nella  Sviz- 
zera, di  essersi  valso  del  «  Lied  »  scozzese  Edward 
nel  corso  dell'opera,  come  vedremo,  indurrebbero  a  rite- 
nere anche  più  probabile  che  con  le  parole  «  bekannte 
Anekdote  »  il  Werner  abbia  alluso  a  canti  popolari,  in 
cui  tale  argomento  viene  spesso  trattato.  Il  dr.  A.  Andrae 
trovò  la  leggenda  anche  in  Svizzera  :  la  leggenda  della 
«  Graue  Frau  ».  Riporto  le  sue  parole:  «  Die  Graue 
Frau  war  einst  eine  bòse  Herbergsmutter,  welche  die 
wohlhabenden  Reisen  mordete  und  ausraubte.  Nun  kehrte 
der  Sohn  nach  langen  Jahren  aus  der  Fremde  zurùck. 
Unterw^egs  hòrt  er  von  der  unheimlichen  Herberge, 
glaubt  kein  Wort,  w^ill  die  Mutter  uberraschen,  ihren 
Verleumdern  den  Mund  stopfen.  Unbekannt  kommt  er 
ins  Haus  und  legt  sich  schlafen.  Mitten  in  der  Nacht 
erwacht  er  :  die  Mutter  steht  vor  ihm  und  giesst  dem  ent- 
setzt  sich  Aufrichtenden  siedende  Butter  in  den  zum 
Schreien  geòffneten  Mund  :  «  Mutter,  vs^as  hast  du 
getan?  »  Dann  sinkt  er  tot  zuriick  ».  Non  è  escluso  che 
nei  suoi  peregrinaggi  per  la  Svizzera  il  Werner  lo  abbia 
sentito  raccontare  (30). 

Comunque  sia,  il  Werner  fuse  la  notizia  di  giornale 
nel  tema  poetico  che  gli  era  noto,  serbandone  certi  par- 
ticolari —  come  la  coincidenza  del  giorno  — ,  che  s'adat- 


(29)11  Minor  («  GriUparzer- Jahrbuch».  1899,  p.  67)  insistette  di 
nuovo  sopra  Abraham  a  Sancta  Clara,  su  di  cui  v.  H.  Strigl.,  Ueber 
Anregungert  die  Schiller,  Vhland  und  Werner  aus  Abraham  a  Sancta 
Clara   empjangen    haben.    «  Deutsches    Volksblatt»,     1904,    n.    5391. 

(30)  «Euphorion»,    1905. 


La    «  Schicksalstragddie  »  339 

lavano  alla  forma  che  il  dramma  veniva  assumendo  nella 
sua  fantasia. 

E,  mentre  il  proiettarsi  della  storia  in  un  mondo  su- 
periore risultava  evidente  dalla  storia  stessa  —  maledizione 
che  pesa  sopra  una  famiglia  e  suscita  maledizione,  lo  stru- 
mento della  colpa  che  coincide  con  lo  strumento  delFespia- 
zione,  il  giorno  che  coincide  con  il  giorno  della  pena  —  il 
Werner  si  trovò  a  poter,  senza  far  violenza  alla  ispira- 
zione e  senza  rinunziare  alle  sue  idee,  comporre  un  dramma 
che  rispondesse  alle  esigenze  teatrali  e  alle  richieste  degli 
amici,  un  dramma  di  cui  potesse  dire  con  ragione,  come 
dirà:  «  es  ist  mein  gelungenstes  dramatisches  Stùck  ». 
Allo  Iffland  ne  scriveva  nei  seguenti  termini  (31):  «  Nur 
drei  Personen,  keine  Dekorationsverànderung,...  ein  grosses, 
immer  steigendes,  mit  alien  Vehikeln  der  Tragedie  ver- 
sehenes  Interesse,  in  einer  populàren  Sprache  geschrieben 
und  von  alien  Geistem,  Teufeln,  Engeln,  mystischem 
Wortgeklingel,  kurz  von  alien  Fehlern,  die  man  mir  mit 
Recht  oder  Unrecht  vorwirft,  frei,  von  rein  menschlichem, 
jeden  im  Volke  gleich  ergreifendem  Interesse,  und  in 
einer  jedem  verstàndlichen  Sprache  geschrieben  ». 

Si  ponga  attenzione  sopra  il  rilievo  dato  dal  Werner 
al  carattere  popolare  del  dramma:  esso  conferma  quanto 
sopra  esponenmio  sopra  il  carattere  realistico  dell'opera. 
Esso  mostra  difatti  come  il  Werner  stesso  abbia  sentito 
subito  che,  se  era  in  certo  modo  giustificato  l'intervento 
di  esseri  soprannaturali  quando  si  trattava  o  di  un  conflitto 
di  nazionalità  come  nel  Kreutz  an  der  Ostsee,  neW At- 
tila, nella   Wanda,  o  di   un  conflitto  di   concezioni   reli- 


(31)  Teichmann,  cit.,  p.  320. 


340  Zacharias   Werner 


giose  come  nei  Sòhne  des  Tales,  nel  Lutero,  e,  accom- 
pagnato col  conflitto  di  due  nazioni,  anche  nel  Kreutz 
an  der  Ostsee  e  neW Attila,  invece  esso  sarebbe  apparso 
fuor  di  luogo  nel  caso  presente,  in  cui  la  storia  si  svolgeva 
fra  uomini  del  popolo,  fra  gente  semplice  :  ne  sarebbe 
risultata  una  sproporzione  fra  argomento  e  forma,  che  non 
poteva  logicamente  sussistere.  Tanto  più  poi  egli  dovette 
confermarsi  in  questo  principio,  in  quanto  che  anche 
ragioni  esteriori  glie  lo  consigliarono:  l'espresso  desiderio 
del  Goethe  e  la  promessa  avuta  che  il  dramma  sarebbe 
stato  rappresentato. 

Nella  Wanda  ci  era  compeu-so  il  tentativo  di  dsu-e 
all'azione  il  più  rapido  e  intenso  sviluppo  possibile,  so- 
stituendo alla  descrizione  di  ambiente  uno  svolgimento 
ampio  ed  eloquente  delle  scene  direttamente  scaturite 
dall'azione,  riducendo  il  numero  dei  personaggi.  Il  Werner 
ripete  ora  il  tentativo  con  un  argomento  più  adatto,  come 
era  questo  puro  e  semplice  quadro  di  famiglia  disgra- 
ziata, con  una  forma  più  conveniente,  e  trattandosi  di  un 
atto  solo  che  non  dà  e  non  può  dare  dell'azione  se  non 
la  crisi  finale,  senza  quella  preparazione  che  negli  altri 
drammi  è  necessaria. 

Una  materia  ben  determinata,  una  visione  precisa  dello 
scopo  che  le  dava  forma,  un  corrispondere  della  materia 
e  delle  forme  alle  tendenze  generali  della  fantasia  :  il 
Werner  lavorò  con  slancio  :  «  Nach  einer  Woche  — 
narra  lo  Schubart  (32)  —  brachte  Werner  dem  Meister 
den  24.  Februar  ».  Lo  Schubart  esagera:  in  una  lettera 
allo  IfHand  il  Werner  psu-la  di  due  settimane  per  la  ste- 


(32)    «Schnorrs   Archiv»,    IV,    p.    461. 


I 


La    «.  Schicksalstragddie  li  341 

sura  e  di  altre  due  settimane  per  la  revisione  (33).  Tempo 
assai  breve  in  ogni  modo  e  che  mostra  la  rapidità  con 
cui  l'opera  maturò  nella  sua  fantasia. 

Il  primo  particolare  che  pare  esserglisi  affacciato  è  lo 
scencirio.  La  scena  di  realtà  s'inquadra  sopra  uno  sfondo 
reale.  Il  dramma  era  appena  concepito  e  già  descriveva 
allo  Hitzig  questo  sfondo  (34).  «  Er  fiigte  hinzu  —  narra 
lo  Hitzig  —  er  habe  schon  eine  pràchtige  Oertlichkeit  in 
dem  Sinne,  wo  sich  so  eine  entsetzlicheTatzugetragen  haben 
kònnte,  wobei  er  dann  in  ergreifenden  Worten  die  Lage 
des  Wirtshauses  am  Garterntale  schilderte,  in  welchem 
er  auf  seiner  Schw^eizerreise  im  Sommer  1 808  eine  Nacht 
zubrachte,  die  einen  tiefen  Eindruck  auf  ihn  gemacht 
hat  ».  II  Werner  medesimo  scrive  allo  Iffland  (35):  «  Um 
das  Gemàlde  mehr  der  Wirklichkeit  nahe  zu  bringen, 
habe  ich  die  Szene,  als  w^àre  sie  poetisch  vorgefallen, 
nach  einem  sehr  grausenvollen  Orte  in  der  Schw^eiz,  dem 
Wirtshaus  auf  der  Gemmialpe,  versetzt,  ein  von  der 
Natur  schon  zum  Entsetzlichen  gestempelter  Ort,  den 
ich  selbst  besucht  und  treu  geschildert  habe,  und  wo 
wirklich  ver  eine  paar  Jahren  ein  Mordtat,  wenn  gleich 
nicht  mit  den  in  meinem  Stiicke  erwàhnten  Umstànden, 
geschehen  ist  ».  Si  tratta  della  località  Schwarzbach  fra 
Kandersteg  e  Leuk,  sul  passo  di  Genmii,  dove  egh  passò 
il  21  agosto.  Il  Tagebuch  porta  sotto  questo  giorno  (36): 
«  Gang  auf  den  Gemmi  uber  den  Schneesturz.  Essen  in 
dem  einer  Morderhòhle  àhnlichen  Schmarbach  (errore  di 


(33)  Teichmann,   p.   331. 

(34)  Lebensabrìss,    cit.,    p.    107. 

(35)  Teichmann,   p.   330. 

(36)  Ausg.  Schr.,  XIV,   p.    109. 


342  Zacharias   Werner 


Stampa  per  Schwarzbach).  Schlechte  Suppe,  Geschichte 
der  ermordeten  Tochter  ». 

Altri  ricordi   del    viaggio   in    Svizzera  si  mescolarono 
subito  nell'opera:  il  «  munter  Liedel   »  che  Trude  canta 
sul  finir  della  prima  scena  è  il  medesimo  che  il  Werner^ 
udì  cantare   il  2   agosto    dalle    tre    «  Wirtstòchter  »    sul 
Rigi  (37): 

Und  wenn  ein  Bauer  ein  Bauer  ist. 

So  fiihrt  er  seinen  Pflug. 

Und  wenn  er  ein  Htìtli  und  Hemdli  hat, 

So  hat  er  Kleider  g'nug. 

Hutli  auf, 

Federli  drauf  s, 

Hirthemdli  dran  ! 

Buntbanderli  an! 

Der  Bauer  ist  kein  Edelmann, 

Der  Bauer  ist  ein  Bau'r, 

Das  Leben  wird  ihm  sau'r. 

Questo  canto  serve  a  far  spiccare  l'intonazione  reali- 
stica dell'opera  e  la  umiltà  dell'ambiente  in  cui  l'azione 
si  svolge  :  il  Werner  aveva  già  ricorso  a  tal  espediente  nel 
Kreutz  and  der  Ostsee  per  dar  rilievo  al  carattere  della 
barcaiola  Dorotka. 

E  tale  scopo  ha  anche  un  altro  Lied,  che,  dato  il  suo 
contenuto,  io  credo  esserglisi  affacciato  al  momento  stesso 
della  sua  concezione  :  la  ballata  scozzese  Edward,  rie- 
laborata dallo  Herder  anche  nei  suoi  Volkslieder  (38), 
ballata  di  cui  Kuntz  dice  essere  : 


(37)  Ausg.  Schr.,  XIV.  p.    103. 

(38)  V.   su  di  esso  EriCH  SchmiDT  nella  Festgabe  far  R.   Heinzel, 
Leipzig,    1898. 


La    «  Schicksalstragòdie  » 


343 


Wie    ein    Beil,    das    eiskalt    iiber    'n    Nacken    fàhrt. 

La  ballata  presenta  un  figlio  travagliato  dal  rimorso  per 
aver  ucciso  il  padre,  dietro  lo  stimolo  della  madre,  e  dalla 
forma  dialogica,  in  cui  essa  si  svolge,  si  sgaggia  una  os- 
sessione di  orrore  come  se  la  fantasia  s'aggiri  intorno  alla 
visione,  retrocedendone  inorridita,  e  avvicinandovisi  di 
nuovo  perchè  il  rimorso  ve  la  tiene  avvinta.  La  madre 
chiede  : 

Wovon  ist  dir  dein  Schwert  so  rot? 
Edward  Edward! 

e  il  figlio  risponde: 

Ich  hab'  geschlagen'nen  Geier  todt, 
Davon  ist  mein  Schwert  so  rot, 
O  weh,   o  web  ! 

La  madre  insiste  e  il  figlio  dopo  di  aver  girato  continua- 
mente la  risposta  finisce  col  confessare  : 

Ich  hab*  geschlag'n  meinen  Vater  todt, 
Davon  ist  mein  Schwert  so  rot, 
Daran  seid  ihr  Schuld,  Mutter. 


Il  Lied  è  cantato  da  Trude  nella  prima  scena  e  ritor- 
nerà nel  sogno  della  Trude:  la  fantasia  di  Trude  non  se 
ne  sa  liberare  nella  notte  funesta,  cosicché,  anche  mentre 
dorme,  esso  ritorna  sulle  sue  labbra;  e  anche  Kuntz, 
quando  lo  ode,  non  se  ne  sa  più  distaccare  :  Trude  discorre, 
discorre  e  Kuntz  rimane  presso  quel  Lied:  la  visione  di 
quella  spada  insanguinata  lo  tiene  inchiodato.   Ed  anche 


344  Zacharias   Werner 

l'altro  Lied  acquista  una  funzione  simile  per  il  fatto 
che  esso  era  il  Lied  che  Kuntz  cantava  nella  notte  in  cui 
il  padre  li  maledisse. 

* 

Mezzanotte  :  il  vento  infuria.  Una  vecchia  casupola 
mezzo  diroccata:  pareti  annerite,  scure,  disadorne;  a  tre 
ore  di  distanza  non  abita  persona  viva.  Il  cielo  è  cupo  e 
fra  le  ombre  enormi  delle  montagne  la  tenebra  è  fitta  :  la 
casupola  è  smarrita  entro  la  tenebra.  E  come  l'uomo  è  pic- 
colo e  sperduto  nella  tetra  solitudine  !  Come  si  sente 
in  balìa  di  quella  tenebra  enorme,  misteriosa,  che  pare 
emanazione  di  una  potenza  arcana  !  Brividi  di  paura  pas- 
sano nelle  ossa:  l'uomo  è  schiacciato  come  sotto  la  pe- 
sante cappa  di  un  incubo  che  gli  toglie  il  respiro.  Si  ri- 
sollevano dal  fondo  dell'anima  tutti  i  tremori:  tutti  gli  sgo- 
menti risorgono. 

Il  Werner  si  vai  di  questa  ((  Stimmung  ))  per  ricondur  la 
fantasia  dei  personaggi  suoi  a  quegli  antefatti  da  cui  sca- 
turirà la  storia  che  egli  vuol  rappresentare.  Presenta  Trude, 
la  donna,  nella  capanna.  È  meraviglia  che  in  tale  ora. 
e  in  tale  solitudine  ciò  che  vi  è  di  inquieto  nella  coscienza 
si  agiti  ? 

Così  viene  motivato  psicologicamente  il  racconto  degli 
antefatti.  Il  racconto  produrrà  necessariamente  nello  svol- 
gimento drammatico  dell'azione  un  ritardo  e  una  pausa, 
ma  il  ritardo  e  la  pausa,  anziché  attenuare,  approfondiranno 
l'effetto.  Quella  che  il  poeta  sbozza  con  mano  rude  e 
ferma  è  gente  che  vive  con  la  fantasia  nel  passato  e  sente 
in  quel  passato  la  fonte  delle  attuali  sciagure  :  presagisce 
da  quel  passato  qualche  sciagura  nuova.  L'idea  del  fato 


La    «  Schicksalstragòdie  »  345 

si  identifica  con  quel  passato,  e  lo  sminuzzato  racconto 
di  questo  pesa  continuamente  sulla  storia  con  una  forza 
immane. 

Kuntz  ha  sposato  Trude  contro  la  volontà  del  padre: 
la  vita  in  famiglia  divenne  un  inferno:  il  padre  gli  insul- 
♦tava  la  moglie  e  Kuntz  non  lo  poteva  soffrire.  Una  sera  — 
era  il  24  Febbraio  —  si  ripetè  la  scena  :  Kuntz  si  mostrò 
freddo  e  prese  a  molare  la  falce  :  il  padre  infuriò  veden- 
dolo indifferente  e  gridò  a  Trude  :  ((  Metze  !  )) .  Kuntz 
non  resistette  piìi:  scagliò  la  falce  contro  il  proprio  padre. 
Scagliò  senza  colpire.  Ma  il  padre  morì  quella  stessa  sera 
per  l'emozione  e  morì  maledicendo  loro  e  quelli  che  da 
loro  sarebbero  nati  :  ((  Fluch  Euch  und  Eurer  Brut,  Auf 
sie  und  Euch  komme  Eures  Vaters  Blut  !  Dea  Mòrders 
Mòrder  seid,  wie  mich  ihr  morden  tut  ».  Trude  era  in- 
cinta :  nacque  un  figlio,  Kurt,  e  portava  una  falce  sanguigna 
sul  braccio  sinistro.  Era  sempre  inquieto  :  «  unstet  und  flii- 
chtig  !  )).  Cinque  anni  dopo  nacque  una  bambina.  Una  sera 
—  di  nuovo  era  il  24  Febbraio  e  Kurt  aveva  sett'anni  e  la 
bambina  due  —  Trude  aveva  ammazzato  un  pollo  :  Kurt 
giocava  con  la  bambina,  volle  far  la  cuoca  e  che  la  bambina 
facesse  la  parte  del  pollo  :  prese  la  falce  e  le  tagliò  la  testa. 
Il  giudice  lo  assolse  perchè  era  un  bambino  inconscio,  ma 
Kuntz  lo  maledisse.  Trude  lo  mandò  presso  uno  zio.  Era 
buono,  forte,  intelligente,  ma  inquieto:  diceva:  a  Die 
Sens'am  Arm,  die  làsst  mir  nirgends  Ruh*  ».  Lo  zio  lo  pose 
in  un'officina,  ma  egli  fuggiva  spesso:  lo  zio  lo  pose  in 
una  casa  di  correzione  :  Kurt  fuggì  anche  di  là.  Nessuno 
seppe  più  nulla  di  lui  :  lo  si  disse  fuggito  a  Parigi  e  morto 
nella  rivoluzione.  Kurt  invece  si  è  salvato  con  il  suo  ca- 
pitano recandosi  in  America,  dopoché  il  partito  del  re 
era  stato  disfatto  e  nulla  più  era  da  salvare  :  il  capitano 


346  Zacharias  Werner 


gli  lasciò  il  suo  avere,  e  Kurt  torna  ora  in  patria  per  chie- 
dere perdono  ai  suoi  genitori  e  viver  con  loro  del  de- 
naro che  egli  ha  portato  con  sé.  Nel  frattempo  tutto  è  an- 
dato male  in  casa  di  Kuntz:  ora  deve  essere  messa  la 
casa  air  asta  e  Kuntz  deve  essere  trascinato  in  prigione 
come  debitore  insolubile.  È  di  nuovo  la  notte  del  «  24  Feb- 
braio »  :  egli  ha  chiesto  invano  una  proroga,  domani  ver- 
ranno i  gendarmi.  E  sarà  la  fine.  Kurt  arriva  sconosciuto 
proprio  in  questo  momento  critico. 

Il  racconto  di  questi  antefatti  occupa  più  che  la  metà 
del  dramma,  ma  non  è  soltanto  motivato  come  accennammo, 
diventando  parte  sostanziale  dell'azione:  prepara  anche 
l'azione  stessa. 

Il  Werner  presenta  dapprima  Trude  sola  :  il  marito  si  è 
recato  a  Leuk  per  chiedere  una  proroga:  essa  attende  e 
non  lo  vede  arrivare.  Presagi  sinistri  la  turbano:  ripensa 
alla  maledizione  del  padre  avvenuta  tanti  anni  prima: 

'S  ist  lange  schon  her,   und  dennoch  denk'   ich  dran, 

ripensa  alla  maledizione  che  Kuntz  ha  scagliato  contro  il 
figlio:  pensa  alla  strettezza  presente  e  alla  congiuntura  in 
cui  si  trovano:  sente  il  vento  fischiar  nella  notte,  sente  la 
sua  solitudine  :  —  Nur  ich  und  meine  Qual  mit  mir  !  —  e 
ripete  proprio,  senza  pensarvi,  quei  due  ((  Lieder  »  di  cui 
prima  abbiamo  discorso.  Le  corre  un  brivido  per  le  ossa: 

Es  iiberlàuft  mich  kalt, 

Kuntz  arriva,  racconta  che  la  proroga  non  è  stata  con- 
cessa, porta  l'atto  di  condanna:  porta  un  mezzo  pane  per 
sfamarsi  in  due.  Sente  anche  lui  pesare  su  di  sé  la  male- 
dizione, sente  anche  lui  presagi  sinistri.  Quando  tornava, 


«  Schicksalstragòdie  »  347 


lo  prese  per  la  prima  volta  la  paura  :  gli  parve  di  vedere 
nell'Alpe,  sulla  sua  sommità  coronata  di  ghiaccio,  suo 
padre,  come  era  giaciuto,  morto. 

Mir  fiel  der  Februar, 
Der  vier  und  zwanzigste,  aufs  Herz  —  Im  Naclten 
Traf  es  mich  wie  ein  Henkersbeil. 

E  da  quel  momento  fece  la  via  come  in  sogno.  Una 
farfalla  notturna  penetrò  nella  sua  lanterna  e  l'agitarsi 
della  fiamma  gli  richiamava  lo  ((  Aechzen  »  del  padre  mo- 
rente :  il  becco  di  essa  era  giallo  come  la  falce  fatale,  e 
lo  sbatter  delle  ali  era  come  ((  Sensenschleifen  »  !  E  in 
quel  momento  vide  il  gallo  che  fece  di  suo  figlio  un 
assassino. 

Il  racconto  si  concreta  così  a  poco  a  poco  dall'indeter- 
minatezza in  cui  il  soliloquio  di  Trude  lo  aveva  lasciato.  E 
insieme  coli' intensificarsi  dei  ricordi  procede  di  pari  passo 
la  preparazione  del  dramma.  Come  salvarsi  ?  Trude  pro- 
pone invano  di  rubare  al  ricco  vicino  Stoffi  tanto  quanto 
basti.  Kuntz  si  ribella:  egli  è  un  soldato,  onesto  nell'anima. 
Come  può  insozzarsi  così  ?  Domani,  quando  arriveranno  al 
ponte,  si  butterà  nell'acqua,  ed  espierà  la  maledizione 
che  grava  su  di  lui. 

Arriva  Kurt.  Porta  danaro  e  vivande:  offre  ai  suoi  ge- 
nitori affamati  quanto  tiene  nel  sacco,  senza  rivelarsi.  Kuntz 
mangia  e  beve:  sopratutto  beve.  Kurt  vuol  sapere  la  storia 
della  sua  miseria  e  vuol  sapere  se  egli  ha  ritirato  la  sua 
maledizione.  E  Kuntz  affronta  il  ricordo  tragico  e  racconta, 
racconta  tutto  per  disteso.  Dimentica  quasi  la  condizione 
presente  :  che  cosa  è  essa  di  fronte  a  quel  passato }  E 
anche  Kurt  racconta  la  sua  storia,  ma  solo  dalla  fuga  in 
Francia   in   poi,   per   non   farsi   riconoscere,    solo   confes- 


h 


348  Zacharias   Werner 


sando  di  aver  anch'egli  commesso  un  omicidio  quando  era 
bambino. 

Kurt  vorrebbe  gettarsi  ai  piedi  dei  genitori,  offrir  loro 
quanto  ha  con  se  :  ma  Kuntz  dice  che  non  vuol  rivedere 
suo  figlio  e  Kurt  rimanda  al  giorno  seguente  la  rivelazione 
e  si  reca  a  dormire  nella  camera  vicina. 

Il  ricordo  del  passato  sconvolge  Kuntz  interamente  e 
Kuntz  beve.  Il  racconto  di  Kurt  gli  fa  credere  di  avere 
in  casa  un  assassino  ;  lo  può  ammazzare  senz'essere  condan- 
nato per  questo.  Gli  può  prendere  l'oro  che  ha  con  se  e 
può  salvarsi.  Quell'oro  lo  attira,  lo  attira  irresistibilmente. 
La  naturale  onestà  ne  lo  trattiene  : 

Welch  neuer  Teufel  blies  mir  den  Gedanken  ein  ; 

ma  il  vino  e  la  sovreccitazione  gli  tolgono  il  dominio  di  sé 
stesso.  Vede  il  sangue  e  non  ne  inorridisce  più  : 

Im  Krieg  hab*  ich  wohl  andern  den  Kopf  vom  Rumpf  getrennt  ! 

Trude  canta  in  questo  istante,  sognando,  il  ((  Lied  ))  di 
Edward  :  suscita  visione  di  sangue.  Non  retrocede  più 
davanti  al  pensiero  :  ((  Sprach  nicht  der  Kerl  er  sei  ein 
Mòrder  ?  »  a  So  ist  der  Kerl  ja  vogelfrei  ;  ein  jeder 
kann  ihn  pliindern,  ihn  berauben  ».  Si  formula  anzi  il 
pensiero  con  tutta  chiarezza:  ((Ihn  tòdten  kònnt'ich  — 
darnach  kràht  kein  Hahn  !  »  A  Trude  ripugna  l'azione, 
ma  poiché  non  vi  é  salvezza,  cede.  L'importanza  che  ha  il 
ricordo  del  padre  nello  sconvolgimento  di  Kuntz  —  scon- 
volgimento da  cui  la  catastrofe  nasce  —  é  provata  dal 
fatto  che  continuamente  la  visione  del  padre  compare  nelle 
sue  parole  e,  anziché  arrestarlo,  sbriglia  il  suo  tumulto 
interiore  e  lo  eccita.  Nel  momento  decisivo,  quando  Kuntz 


I 


La    «  Schick^alstragòdie  »  349 

entra  nella  camera  dove  Kurt  dorme,  gioca  il  ricordo  una 
parte  essenziale.  Kuntz  dice: 

'S  ist  Mitternacht  !  —  Das  ist  'ne  gute  Stunde  !  — 
Da  hat  man  Mut  —  wenn  auch  der  Vater  blau 
Vom  Schlagfuss  da  liegt! 

Kuntz  ha  buttato  il  manico  della  falce  sul  fuoco;  ora 
vede  la  falce  al  suolo  e  dice,  con  una  ironia  amara: 
«  Hoho  !  da  liegst  du,  alter  Kunde  !  dich  nehm'  ich  mit  !  » 
Ancor  si  pente  un  istante  :  ((  Lasst  uns  schuldlos  sterben  !  »  : 
ma  si  nasconde  la  falce  nella  tasca.  Può  esser  ((  schuldlos» 
chi  fu  causa  della  morte  del  proprio  padre  ?  Può  esser 
«  schuldlos  ))  il  maledetto  ? 

Kuntz  vuol  pregare  un  momento  per  liberarsi  dalla  tenta- 
zione e  prega  così  :  ((  Vater  unser,  der  mich  hat  verflucht  !» 
Anche  Toro  di  quell'ignoto  gli  par  maledetto:  ((  Sein 
Gold!  —  es  ist  auch  verflucht!  ».  Dev'egli  morire  perchè 
è  ((  verflucht  und  arm  »?  E  non  dorme  tranquillo  quell'as- 
sassino davanti  agli  occhi  suoi  ?  ((  Nein,  mich  retten  muss 
ich  —  retten!  Sollt's  auch  ewig  mich  gereun!  ».  Davanti 
a  questa  specie  di  furore  di  maledizione  e  di  sangue  che 
cosa  può  la  povera  Trude  ?  Essa  aveva  ben  proposto  di 
rubare,  ma  non  vonebbe  uccider  quell'uomo  ignoto;  tanto 
più  che  essa  ha  una  specie  di  presentimento  che  egli  sia 
suo  figlio.  Essa  non  può  opporre  se  non  parole  senz'effi- 
cacia. «  Che  cosa  può  una  povera  quercia  contro  un  fiume 
che  dilaga  ?  »  Essa  segue  il  marito  e,  avendo  tutta  la 
coscienza  del  male  che  essi  stan  compiendo,  e  provando 
tutti  i  brividi  dello  spettatore  partecipe  della  scena,  ne 
accresce  il  terribile  effetto. 

La  terribilità  dello  spettacolo  si  moltiplica  pel  contrasto 
che  Kurt  fa  al  padre.   Kurt  sogna  liberazione  e  felicità. 


350  Zacharias   Werner 


mentre  tutto  questo  processo  nell'anima  di  suo  padre  si 
compie.  La  scena  è  divisa  in  due  parti:  la  cucina  e  la 
camera.  Nell'una  l'uditore  vede  Trude  e  Kuntz,  e  nel- 
l'altra Kurt.  Nell'anima  di  Kuntz  si  sviluppa  la  tempesta 
e  l'anima  di  Kurt  si  scioglie  in  una  grande  pace.  Le  par- 
late di  Kuntz  si  alternano  con  le  parlate  di  Kurt.  Quando 
Kurt  veniva  alla  sua  casa,  attraversando  la  montagna,  tutto 
gli  aveva  parlato  con  dolci  parole  di  invito  e  di  fede, 
Kuntz  dice  di  lui  che  si  tratta  di  un  «  Kerl  in  dem  kein 
gutes  Haar  !  »  E  Kurt  ha  verso  di  lui  un  desiderio  pieno 
di  amore.  Kuntz  non  può  pregare  e  Kurt  prega  e  sente 
sciogliersi  il  groppo  che  gli  serrava  l'anima.  Kuntz  decide 
di  ucciderlo  e  Kurt  si  sente  ((  entsiihnt  »  e  pensa  con  dolce 
gioia  all'indomani  e  alla  vita  che  condurranno  poi  :  un 
((  irdisches  Paradies  )) . 

Così  si  forma  e  si  prepara  il  finale.  Kuntz  fa  per  rubargli 
l'oro  che  egli  ha  messo  sotto  il  cuscino  pensando  con 
gioia  che  esso  sarebbe  stato  lo  strumento  della  riconcilia- 
zione ;  Kurt  si  agita  e  si  sveglia.  Kuntz  lo  uccide  con  due 
colpi  di  falce.  Kurt  dice,  riconoscendoli:  «  Uccidete  vostro 
figlio!)).  Mostra  il  suo  passaporto  e  muore  perdonando. 
Trude  scopre  il  braccio  :  vi  è  la  falce  sanguigna.  Non 
v'è  più  dubbio;  il  delitto  orribile  è  compiuto. 

Si  può  facilmente  rilevare  da  tutto  questo  la  verità  della 
nostra  asserzione  :  trattarsi  qui  di  un  dramma  realistico,  in 
cui  l'idea  del  fato  non  fa  alcuna  esteriore  violenza  allo 
svolgimento  naturale  delle  cose.  Non  vi  sono  che  passioni, 
e  la  forza  del  fato  si  identifica  con  queste  passioni  umane  ; 
il  modo  come  ciò  possa  avvenire  abbiamo  sopra  veduto, 
la  maledizione  e  il  delitto  imprimono  nella  psiche  una 
traccia  che  non  si  cancella  più;  sconvolgono  la  psiche.  Il 
Grillparzer  nella   Ahnfrau  svilupperà   più   ampiamente   il 


u 


La    «  Schicksalstragòdie  »  35 1 

tema  dell'atavismo;  il  tema,  che  rientra  completamente 
nella  intonazione  generale,  è  già  accennato  qui;  Kurt 
nasce  portando  in  sé  le  stigmate  di  Caino,  con  la  sua  irre- 
quietudine e  il  suo  delitto  infantile.  Più  però  che  il  tema 
dell'atavismo,  qui  secondario,  è  svolto  invece  il  tema  del 
mutamento  che  nell'anima  del  colpevole  si  produce.  Kuntz 
è  restato  uomo  onesto,  fermo  in  condizioni  normali;  ma  il 
ricordo,  il  rimorso  lo  tramutano  quando  lo  assalgono:  gli 
tolgono  la  coscienza  morale,  lo  fanno  cieco.  E  in  questo 
tema  è  il  processo  della  «  Schicksalstragòdie  ))  werneriana  ; 
processo  suo  proprio  e  artisticamente  ben  fondato. 

Il  realismo  della  concezione  può  essere  così  accompa- 
gnato anche  dal  realismo  del  linguaggio.  Intonata  con 
l'insieme  è  la  lettura  della  prosa  giudiziaria  che  condanna 
i  due  debitori  ;  vi  trovate  innanzi  a  uomini  di  quel  mondio 
in  cui  ciò  può  avvenire,  e  questi  uomini  parlano  come  uomini 
in  tale  condizione  possono  parlare.  Avvertite  il  fatto  fin 
dai  primi  versi  di  Trude  : 

Sc'hon  eilf  und  Kuntz  noch  immer  nicht  zu  Haus  ! 
Er  ging  nach  Leuk  doch  beute  friih  schon  aus. 

Kuntz  aniva: 

Bin  bis  aufs  Hemde  nass  !  —  Macb'  Feu'r  ! 

Specialmente  nelle  parole  di  Kuntz  potete  avvertire  il  fatto  : 
((  der  Kerl,  wunderlicher  Kauz,  Fluchkompan  ))  sono  i  ter- 
mini che  egli  usa  per  designare  l'incognito  arrivato.  Kurt 
desidera  un  coltello:  Kuntz  ordina  a  Trude  di  prender  la 
falce  alla  parete  :  ((  Langs  mal  herunter  !  )>  etc. 

Il  discorso  resta  per  tutto  il  dramma  così,  semplice,  disa- 
dorno, brutale.  E  questa  brutalità  e  disadornatezza  del  lin- 
guaggio ne  accresce   il  colorito  e   la   forza,   afferma  più 


352  Zacharias   Werner 


vigorosamente  i  caratteri  del  mondo  in  cui  i  personaggi 
vivono;  imprime  al  realismo  dell'insieme  una  forza  lirica, 
che  ne  centuplica  l'impressione. 

11  Werner  celebrò  qui  realmente  il  trionfo  della  sua 
inclinazione  al  sinistro,  al  patologico,  alle  visioni  di  pec- 
cato e  di  sangue.  Ciò  che  con  Hildegunde  attraversava 
l'azione  dello  Attila  costituisce  qui  il  colorito  generale 
del  dramma;  colorito  fosco,  uguale,  rischiarato  soltanto 
nel  momento  dopo  la  catastrofe  :  colorito  la  cui  cupezza 
s'accresce  sempre  più  col  procedere  del  dramma. 

Il  24  Febbraio  è  così  la  miglior  riprova  di  quello 
che  noi  fin  dapprincipio  affermammo  sulla  natura  e  sulle 
tendenze  del  dramma  werneriano;  in  questo  trionfo  del 
patologico  e  del  sinistro  avviene  per  la  prima  e  per  l'ul- 
tima volta  la  fusione  completa  delle  due  tendenze  op- 
poste a  cui  il  Werner  obbedisce  componendo  i  suoi 
drammi. 

Lo  Schubart  narra  che  in  Weimar  gli  uditori  perdettero 
il  fiato  per  lo  sgomento  (39).  Non  è  solo  la  conseguenza 
dei  truci  fatti  narrati  ;  è  specialmente  la  conseguenza  del- 
l'arte con  cui  il  Werner  li  ha  rappresentati.  11  24  Feb- 
braio presenta  in  un  lungo  atto  un  parricidio;  ma  il 
delitto  riempie  soltanto  l'ultima  pagina.  Il  Werner  ha 
concentrato  tutto  il  dramma  sopra  la  lenta  preparazione 
di  esso:  sopra  un  quadro  di  anime  turbate.  Vi  è  fin  dal 
principio  —  con  l'idea  generale  di  una  fatalità  gra- 
vante sui  personaggi,  idea  che  poi  si  vien  sempre  più 
a  poco  a  poco  specificando  —  una  visione  sinistra  che  mi- 


(39)    «  Schnorrs   Archiv»,    1877.    loc.   cit.   E   cfr.    anche   MADAME  DE 
Stael,    De   l'Allemagne,    II,    cap.    XXIV. 


La    «  Schicksalstragòdie  »  353 

naccia;  e  il  Werner  mostra  il  crescere  della  minaccia. 
Sentite  fin  dalla  prima  pagina  la  catastrofe  terribilmente 
vicina;  eppure  quella  catastrofe  non  curiva  mai.  Vivete 
sotto  un  incubo  come  i  personaggi  del  dramma.  Vi  sentite 
come  soffocati  sotto  quelF incubo  e  sotto  quella  visione, 
e  l'ansia  si  accresce  con  il  veramente  mirabile  accrescersi 
del  pathos  e  della  passione  nel  dranmia.  È  colta  Fazione 
nella  sua  crisi  finale,  ma  è  rappresentata  la  crisi  con  una 
verità  minuta  che  vi  fa  rabbrividire.  È  un  metodo  di  com- 
posizione che  si  potrebbe  chiamare  sinfonico:  un  tema 
unico  che  si  sviluppa  coerentemente  in  una  serie  di  parti- 
colari con  una  intensità  progressiva.  Quando  Kuntz  pianta 
la  falce  nel  petto  di  Kurt,  non  rabbrividite  più,  tirate 
un  respiro.  Eppure  è  arte  anch'essa  questa,  che  indugia 
sull'orlo  dell'abisso  e  vi  fa  scrutare  dove  il  vostro  occhio 
di  per  se  non  ardirebbe  di  arrestarsi. 


G.  Gabetti,  //  dramma  di  Z.   Werner.  23 


CAPITOLO  SESTO 
Il   dramma    cattolico. 


Se  nel  24.  Februar  rintendimento  mistico  vien  sub- 
ordinato air  intendimento  artistico  —  e  il  Werner  stesso 
lo  riconosceva  (1)  — ,  il  24.  Februar  non  significa  però 
che  nel  Werner  l'interesse  religioso  si  sia  momentanea- 
mente affievolito  e  che  il  predicatore  ceda  finalmente  il 
posto  al  poeta. 

Al  contrario,  il  predicatore  acquista  sempre  più  terreno 
nella  sua  anima  e  nella  sua  vita  interiore.  11  9  luglio  di 
questo  stesso  anno  il  Werner  noterà  nel  suo  Tage- 
buch  (2)  :  ((  Die  gute  Madame  von  der  Heyden  ermahnt 
mich  die  albeme  Theaterschreiberei  fahren  zu  lassen  und 
mich  ganz  dem  religiosen  Fache  zu  widmen.  Ich  ver- 
«preche  es  und  denke,  es  wills  Gott,  bald  zu  halten  ». 
E  io  credo  che  qualcosa  di  vero  vi  fosse  nella  voce  che, 
giunta  all'orecchio  del  già  maldisposto  Goethe,  lo  faceva 
anche  più  imbronciare  di  quanto  già  non  fosse,  avere  il 


(1)  Teichmann,  x:it.,  p.  319. 

(2)  Ausg.  Schr.,  XIV.  p.  686. 


356  Zacharias  Werner 


Werner  detto  (3)  :  a  II  24  Febbraio  è  il  mio  peggior  lavoro 
e  Goethe  me  lo  fa  rappresentare;  i  miei  migliori  lavori 
invece  vengon  lasciati  da  parte  ».  11  Werner  in  una  let- 
tera al  Goethe  protesta  che  si  tratta  di  menzogne,  che 
egli  è  convinto  essere  il  24  Febbraio  l'unico  ((  gelungenes 
dramatisches  Stiick»  che  egli  ha  scritto,  che  gli  altri  drammi 
eran  nulla,  tentativi  falliti,  etc.  ;  ma  la  cosa  non  è  affatto 
inverosimile  e  le  due  affermazioni  non  si  contraddicono 
che  in  apparenza.  Se  la  poesia  non  è  stata  mai  per  lui 
altro  che  un  ((  veicolo  »  della  predica  mistica,  essa  lo  è| 
specialmente  ora,  nel  tempo  in  cui  il  suo  misticismo  si 
intensifica  così  da  alienargli  definitivamente  l'afFetto  del 
Goethe,  già  disgustato  della  fine  che  vedeva  fare  dai 
giovani  romantici,  un  tempo  protetti  e  sostenuti,  precipi- 
tantisi  tutti,  chi  pili  chi  meno,  Friedrich  Schlegel  alla 
testa,  in  seno  della  Santa  Madre  Chiesa.  Niente  quindi  di 
più  naturale  che  il  Werner,  pur  riconoscendo  la  maggiore 
unità  e  organicità  dell'ultima  sua  creazione,  la  consi- 
derasse come  cosa  da  meno  che  le  altre  sue,  le  quali  delle 
sue  idee  e  del  suo  spirito  religioso  più  erano  ripiene. 

Abbonda  ora  nel  suo  Tagebuch,  nelle  sue  lettere  e 
nelle  sue  poesie  anche  più  di  prima  la  tinta  religiosa. 
Prima  egli  si  era  bensì  dedicato  alla  predicazione  di 
quella  che  egli  considerava  la  verità,  ma  la  aveva  vissuta 
egli  stesso  con  tanta  impurità  che  aveva  potuto  insozzarla 
con  la  difesa  di  fatti  che  non  si  posson  difendere;  oramai 
invece  egli  si  va  così  identificando  con  la  sua  missione  che 
egli  veramente  vede  e  sente  le  cose  attraverso  di  essa. 


(3)  Goethe    uni    die    Romantik,    hrsgg.    v.   WalZEL    und    SchOdde 
KOPF,  clt.,  p.  54. 


//  dramma  cattolico  357 


Né  la  dissolutezza  morale,  in  cui  egli  seguita  a  vivere, 
è  un  segno  contrario  a  questa  affermazione,  perchè  quella 
dissolutezza  in  una  natura  così  contrastante  come  è  la  sua, 
pare  ora  scindersi  interamente  dalla  vita  interiore  vera 
e  propria,  dalla  vita  spirituale,  e  rappresentare  quasi  uno 
sfogo  sensuale,  a  cui  egli  non  pone  nessun  ostacolo,  uno 
sfogo,  a  cui  si  abbandona  quasi  senza  pensarci,  per  quella 
abulia  patologica,  a  cui  egli  è  in  preda  (4).  Egli  sente 
ora  della  sua  missione  anche  la  purità. 

Son  passati  i  giorni  in  cui  egli  proclamava  di  cercar 
Dio  negli  amorazzi  da  trivio;  ora  egli  sente  che  Dio  ha 
assai  poco  da  fare  con  quegli  ((  esperimenti  erotici  )),  e, 
quando  pensa  un  istante  a  certi  lati  della  sua  vita,  vi 
pensa  non  senza  un  brivido  di  ripugnanza  e  di  penti- 
mento (5). 

Talora  lo  coglie  una  tristezza  profonda  senza  ragione 
precisa,  un  sentimento  vago  della  lontananza  sua  da  quel 
fine  che  egli  pur  predica  assegnato  agli  uomini;  un  senti- 
mento grave  del  vuoto  che  lo  circonda  (6).  ((  Schòner  Blick 
auf  den  Ziiricher  See  —  si  legge  ad  esempio  nel  suo 
Tagebuch;  —  Gang  in  den  Garten.  Weinen  bei  den 
Blumen  an  der  kleinen  Fontaine.  Das  hundertste  Teil 
dieser  Herrlichkeit  in  meinem  Besitz  bàtte  mich  vor  fiinf 
Jahren  beseligt  ;  jetzt  ist  es  zu  spàt  » .  Incomincia  a  sentir 
finalmente   il  peso   delle    sue    <(  Schwachen   und   iiberfìr- 


(4)  Solo    in   tal    modo    è    possibile    infatti    spiegarsi    come    in    un    sol 
giorno   il    Tagebuch  contenga   segnate   le  azioni  più  contradditorie. 

(5)  Cfr.    Tagebuch,    passim,    e    VlERLlNG,    op.    cit.,    Appendice,    pa- 
gina  18  e  segg. 

(6)  Ausg.  Schr.,  XIV.   p.    101.   E  V.   anche  p.    103:    «die   Erde  ist 
herrlich  ùberall,  wo  der  Mensch  nicht  hinkommt  mit  seiner  Qual». 


358  Zacharias  Werner 


miste  Torheitéh  »  (7).  Se  il  tema  suo  rimane  la  diviniz- 
ràzióne  della  uihanità  per  mezzo  dell'amore,  egli  aggiunge 
però  subito,  scrivendo  alla  sua  buona  amica  di  giovinezza 
Johanna  Rink  (8)  ;  ((  Den  Kommentar  dariiber  kònnen  ihré 
Freundinnen  nùr  ih  einem  wohlgeordneten  Ehestande 
erhalten,  w^enn  sie  ihn  mit  glaubigem,  ruhigem  und 
reinem  Herzen  antreten)).  Riconosce  che  la  purità  del- 
l'amore è  in  lui  possibile  soltanto  in  una  ((  Sehnsuclit  )) 
che  non  abbia  appagamento,  riconosce  che  egli  non  può 
amare  veramente  e  che  perciò  non  è  fatto  neppure  per 
quello  stato  matrimoniale,  che,  idealmente  concepito,  gli 
par  sempre  la  forma  più  alta  della  vita  -^  ((  das  Paradies 
der  Liebé  ist  mir  auf  immer  verschlosseri  »  (9)  —  :  rico- 
nosce le  sue  cadute  e  la  profondità  di  esse.  Una  fanciulla, 
Friederike,  amica  di  Johanna  Rink,  si  innamora  di  lui 
lèggendo  i  suoi  scritti  :  egli  sente  di  non  doverla  ingan- 
nare, di  non  poterle  dare  la  felicità  che  essa  si  immagina, 
è  disposto  a  farle  credere  di  essere  un  mascalzone  per 
liberarla  dall'illusione  pericolosa,  e  le  sérive  una  lettera, 
di  cui  ((  jede  Sylbe  »  è  ((  buchstablich  wahr  »,  una  lettera 
in  cui  dipinge  tutta  la  sua  ((  Jàmmerlichkeit  »  :  ((  So  v^ahr 
ich  von  Gottes  Versòhnung  meine  Schuld  hoffe,  so  wahr 
ist  dieser  Brief ,  und  jede  Zeile  desselben  nicht  etwa  bloss 


(7)  VlERLING,    op.    cit.,    Append.,    p.     17. 

(8)  Ibid..    p.    19. 

(9)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.  156.  Queste  parole  sono  scritte  a  pro- 
posito dì  Friederike  Werrlich  :  «  ein  bliihendes,  gescheutes,  an  Leib 
und  Seele  gesundes  Madchen  von  18  Jahren,  eine  vvahre  Rosenknospe, 
Voli  Unschuld  und  Reinheit,  die  ich  lieben  und  heiraten  und  mit  ihr 
elngeschrànkt  leben  wQrde  sogleich,  ware  das  Paradies  der  Liebe  mir 
nicK  auf  immer  verschlossen  » . 


//  dramma  cattolico  359 


zur  Beruhigung  eines  kranken  Madchens,  sondern  aus  dem 
Innersten  meines  zerrissenen  Herzens  geschrieben  »  !  (IO). 

Il  Werner  sente  così  che  la  liberazione  dal  suo  male  è 
ormai  solo  possibile,  in  quanto  egli  si  lasci  tutto  assorbire 
dall'ascetismo.  E  la  religione  pervade  in  realtà  tutti  i  suoi 
sentimenti. 

Le  impressioni  del  viaggio  attraverso  alla  Svizzera,  il 
sentimento  della  natura  ne  vengono  condizionati.  Scrive 
allo  Scheffner  (11):  ((  Vorlaiifìg  iiber  die  Schweiz  nur  so 
viel  :  der  Eintritt  ist,  wie  in  das  selige  Land  der  abge- 
schiedenen  Seele,  eine  Freistatt  des  Friedens;  die  Ge- 
wàsser  entschleiern  alle  Geheimnisse  der  ewigen  Liebe, 
von  der  im  Rheinfall  zu  Schaffhausen  ausgesprochenen 
hòchsten  tàndelnden  Wollust  an,  bis  zu  der  im  diamantinen 
Staubbach  zu  Lauterbrunnen  symbol isirtén  Verfliessung 
zweier  Liebenden  in  Gott;  die  Ufer  der  Seen,  namentlich 
des  Zùricher,  die  Tàler,  namentlich  das  Hasslital  sind 
Krànze  des  ewigen  Friedens,  die  Seen,  die  Berge,  mehr 
oder  minder  Erhebungen  des  sich  in  der  Ende  abbilden- 
den  )).  Il  Tagebuch  porta  la  data  (12)  «  15.  Au- 
gust  1808.  —  Besehen  des  gòttlichen  Staubbachs  im 
schonsten  Morgenglanze  mit  den  beiden  Zirkelformigen 
Regenbogen,  des  schonsten  Symbols  der  Liebe  so  wie  der 
Rheinfall  bei  Schaffhausen  das  der  Wollust  und  der 
Gletscher  bei  Grindelwald  zwischen  dem  Wetterschreck- 
horn  und  Mattenberge  das  der  ewigen  jungfràulich  klò- 
sterlichen  Entsagung,  und  der  Rigi  das  des  Wittwenstandes 
ist».  ((  12  Oktober.  Nochmaliger  Anblick  der  Fissa vache 


(10)  VlERLING.    op.    cit.,    Append.,    p.     17. 

(11)  «Blàtter  f.    1.   U.».    1834,    p.    1346. 

(12)  Ausg.  Schr.,  XIV.  p.    107.    135. 


360  Zacharias  Werner 


1 


aber  ohne  Sonnenschein.  Sie  hat  Aehnlichkeit  mit  dem 
Staubbach  im  Betreff  ihres  kràuselnden  Staube  ahnlichen 
Gewàssers,  nur  dass  jener  nur  bei  seinem  Ursprung  zwei- 
getheilt  und  dann  zusammenfliesst  ;  diese  ungleich  gròs- 
sere  Quelle  aber  in  sieben  zwar  nahe  beisammenflies- 
sende  aber  auch  geteilt  bleibende  Strahlen  zerfàllt; 
eine  Ròhre  a,us  dem  Bache  leitet  einer  kleinen  davor  lie- 
genden  Sonnenhiitte  Wasser  zu,  so  dass  mir  diese  Pissa- 
vache  ein  eben  so  treffendes  Bild  der  christlichen  Kirche 
als  der  Staubbach  eines  vom  Sakrament  des  Torus  er- 
schien  ».  Questo  smarrimento  dolce  di  sé  nel  senso  della 
natura  e  di  Dio  gli  resterà.  Nel  1811  scriveva  a  Ca- 
roline von  Humboldt  (13):  ((  Ich  schwelge  im  Genusse 
der  schònen  Natur,  die  der  Vorhof,  und  der  viel  schò- 
neren  Andacht,  die  der  Tempel  Gottes  ist...  Ich  habe  mir 
nur  noch  vor  ein  paar  Tagen  den  Exzess  erlaubt  in  einer 
gottlichen  Vollmondnacht,  die  ganze  Nacht  im  Capuziner 
Garten  herumzulaufen,  und  habe,  ohne  schlafen  zu  gehen, 
die  Sonne  unter  —  den  Mond  auf gehen  gesehen;  eine 
Schwelgerei  deren  Innigkeit  zu  beschreiben  ich  keine  Worte 
fìnde  )).  Malgrado  il  riflesso  che  vedemmo  nei  Sòhne  des 
Tales  della  poesia  romantica  della  natura,  il  Werner 
non  aveva  avuto  per  tal  genere  di  poesia  molto  tempo; 
quel  che  allora  era  riflesso  letterario  diventa  ora  espres- 
sione di  sentimenti  provati.  La  mistica  gli  ha  schiuso  il 
dramma,  la  nuova  fede  gli  schiude  la  poesia  della  natura. 
Le  sue  impressioni  naturali  ora  si  determinano  in  questo 
senso,  e,  determinandosi,  danno  origine  a  un  grande  nu- 
mero di  poesie  :  la  cascata  del  Reno,  il  Rigi,  lo  Staubbach, 


(13)  Leitzmann,  neir«Euphorion»,   1909.  p.  347. 


//  dramma  cattolico  361 


il  paesaggio  italiano  vengono  celebrati  nell'estate  del  1808 
con  una  serie  di  liriche,  basate  tutte  su  questa  religiosa 
interpretazione  dello  spettacolo  che  si  offre  ai  suoi 
occhi  (14).  Durante  la  sua  dimora  in  Italia  questo  genere 
di  poesia  si  moltiplicherà  (15). 

Incomincia  così  a  risvegliarsi  nel  Werner  un  forte 
bisogno  di  preghiera.  Incontrate  sempre  più  spesso  nel  suo 
Tagebuch  la  parola  ((Gebet».  Visita  la  tomba  di  Rous- 
seau e  prega  ;  visita  il  quadro  dell'Adorazione  dei  Magi 
in  Colonia  e  prega  ;  vi  visita  il  Duomo  e  prega  :  ((  Ich  bete 
von  11  bis  12  Uhr  unter  Gewitter  vor  einem  kleinen  mit 
Blumen  geschmùckten  wàchsernen  Marienbildchen  und 
dem  Kinde,  worunter  geschrieben  steht  :  ((  Consolatrix 
afflictorum  »  :  Tròsterin  der  Betrùbten.  Als  die  Domuhr 
zwòlfe  brummt,  ende  ich  das  andachtsvolle  Gebet  )). 
Quanto  più  nel  Tagebuch  si  procede,  tanto  più  queste 
annotazioni  abbondano  e  tanto  più  abbonda  l'elogio  della 
devozione,  della  a  Andacht  »   (16). 

Si  delinea  sempre  più  sicuro  e  sempre  più  risoluto  il 
processo  di  conversione.  E,  quanto  più  si  esamina  questa 
conversione  da v vicino,  con  animo  spassionato  e  con  occhio 
sereno,  tanto  più  si  riconosce  la  giustezza  delle  parole  di 
Caroline  von  Humboldt,  che  ne  fu  testimone  (17):  ((II 
m'a  souvent  fait  entendre  que  cette  religion  seule  guéris- 
sait  les  blessures  de  son  àme...  la  manière  comme  il  a 
changé   de  religion  n'a  rien  de  repoussant  pour  moi.   je 


(14)  Ausg.  Schr.,  I.   164-188. 

(15)  Ibid.,    I,    198  e  segg.,   II:    «Ich  erinnere  mich   nicht  seit  meinen 
Kinderjahren  so  wohl  gewesen  zu  sein».  «  Euphorion  » ,    1910,  p.  96. 

(16)  Ausg.  Schr.,  XIV.   152  e  segg. 

(17)  LeitzmanN,  neir a  Euphorion,   1910,  p.  428. 


362 


Zacharias  Werner 


suis  persuadée  quii  n'a  pas  pensé  à  suivre  la  mode  qui 
s*est  iiitroduite  dans  ces  sentiments  comme  dans  les  cou- 
tumes;  il  a  changé  par  conviction;  il  passe  des  heures 
entières  dans  le  plus  profond  recueillement  et  il  en  est 
devenu  plus  patient,   plus  modeste». 

La  conversione  fu  per  il  Werner  una  purificazione  e 
nacque  sopratutto  dal  bisogno  prepotente  che  di  tale  puri- 
ficazione egli  stesso  sentiva  (18).  Sentiva  d'affondare  ed 
ha  qualcosa  di  tragico  la  sua  invocazione  di  aiuto  : 

Jesus   Christus,    Heiland,    lass   mich   trinken 
Aus  dem  Lebensborrn,  doch  nicht  versinken. 


Lass  mir  schauen  In  der  Erden  Schone, 
Aber,  Meister,  lass  mich  sinken  nicht  (19). 

Così  si  produsse  la  crisi  :  il  Werner  avvertì  che  non  vi 
era  per  lui  se  non  quella  via  che  sopra  abbiamo  veduto 
aprirsi.  Ormai  le  sole  esaltazioni  ascetiche  più  non  potevano 
bastare  a  trasformare  la  sua  anima  ;  occorreva  rinunciare  a 
ciò  cui  ancora  in  questa  invocazione  credeva:  rinunciare 
alla  vita  per  esser  puro.  Il  Werner  racconta,  in  una  lettera 
al  Goethe,   che  loccasione  della  sua  conversione   furono 


(18)  Sulla  conversione  cfr.  P.  FRIEDRICH,  Ueber  romantische  Keli- 
giositài,  «Gegenwart»,  LXXI,  p.  71;  E.  REINHARD,  Zar  Biographie 
Z.  Werners,  «Gral»,  II,  p.  450  e  segg.  —  oltre  le  opere  generali  sul 
Werner.  V.  in  Italia  anche  un  articolo  di  E.  NencIONI,  nella  Nuova  An- 
tologia del  1885  :  l'articolo  è  ispirato  completamente  dalla  biografìa  del 
Werner  fatta  dal  CarlYLE  e  dal  saggio  sul  Werner,  che  il  MAZZINI 
premise  alla  trad.  italiana  del  24  Febbraio.  Il  VlERLING,  op,  cit., 
cap.  VII  e  Vili,  riassume  i  Tagebucher  senza  chiarire  in  nessun  modo 
il    problema. 

(19)  Ausg.   Schr.,  I,    181. 


//  dramma  cattolico  363 


le  Wahlverwandtschaften  (20)  ;  ora  il  passo ,  che  lo 
avrebbe  così  profondamente  colpito  da  indurlo  alla  risolu- 
zione decisa  e  sicura,  è  il  seguente:  «  Ottilie  batte  sich 
in  der  Tiefe  ibres  Herzens  nur  unter  der  Bedingung  des 
vòlligen  Entsagens  verzieben,  und  diese  Bedingung  war 
fiir  alle  Zukunft  unerlàsslicb  ».  Ancb'egli  aveva  bisogno 
di  f(  Verzeibung  fùr  entsetzlicb  vieles  fast  Unverzeibli- 
cbes  )) .  Ancbe  per  lui  non  poteva  esistere  altra  via  di  sal- 
vezza cbe  quella  cbe  Ottilie  aveva  scelto.  Dice  la  lettera 
al  Goetbe  :  a  Diese  von  Gottes  Geist  Ibnen  in  die  Feder 
diktirten  Worte  und,  als  icb  sie  zuerst,  vor  Ibrer  Herrlicb- 
keit  erstarrend,  las,  von  Gottes  Blitz,  auf  der  nebmlicben 
Stelle  an  der  icb  jetzt  scbreibe,  illuminirten  ewigen  Worte, 
sie  sind  es  —  was  aucb  der  deutscbe  Pòbel  iiber  micb 
liigen  mag  —  sie,  diese  Wortè  (und  nicbt  der  Sinnentand, 
die  Pbantasterey,  die  Gaukeley,  womit  man  alles  Heilige 
und  aucb  die  Kircbe,  die  ewige,  iiberkleistert  bat)  sind 
es,  die  micb  katboliscb  gemacbt  baben,  und  micb  zwingen, 
es  mag  aucb  iiber  micb  ergeben,  mag  aucb  dabey  von  mir 
zu  Grunde  geben  was  da  wolle,  es  lebenslang  und  ewiglicb 
zu  bleiben  » . 


(20)  Goethe  und  die  Romanfik,  hrsgg.  v.  WalZEL  u.  SchudDE- 
KOPF,  n,  p.  47.  E  cfr.  anche  lo  «  Abschied  von  Rom»,  Ausg.  Schr.,  Il, 
p.  83: 

Da  Hess  der  Herr  den  Blitz  ergliihn  : 

Nur  der  Entsagung  wird  verzieh  n, 

Sprach  Gott  im  Blitzesschimmer. 

Ottiliens  erstarrter  Schmerz 

Schoss  wie  ein  Blitz  ins  Herz, 

Und  ich  entsagt'  fiir  immer. 

e  il  sonetto  a  Die  Wahlverwandtschaften»,  Ausg.  Schr.,  II.  p.  24. 


364  Zacharias  Werner 


II  Werner,  che  si  sforza  con  questa  lettera  di  mitigare 
r  avversione  che  sapeva  dover  sorgere  nel  Goethe  al 
ricevere  una  tal  notizia,  esagerò  l'influsso  della  lettura; 
la  sua  conversione  fu  il  risultato  finale  necessario  di  una 
lunga  crisi  e  non  una  conversione  improvvisa.  Qualcosa  però 
vi  si  deve  riconoscere  di  vero  in  quanto  che  quell'esempio, 
che  gli  mostrava  chiaramente  formulato  e  praticato  il  pen- 
siero che  la  sua  voce  interna  gli  veniva  da  tanto  tempo 
suggerendo,  dovette  fargli  una  forte  impressione  e  mutare 
in  decisione  risoluta  il  vecchio  proposito. 

L'importanza  del  citato  brano  consiste  quindi  non 
tanto  nella  esattezza  nell'interpretazione  dell'avvenimento, 
quanto  nel  rilievo  dato  alla  ragione  principale  che  Io  de- 
terminò al  suo  passo. 

Questa  ragione  principale  era,  dicemmo,  un  vecchio 
pensiero  e  un  vecchio  proposito.  Già  essa  vi  compare 
nel  canto  con  cui  salutava  l'Italia,  la  prima  volta  che 
vi  metteva  piede  nell'estate  del  1808: 

Ihi  kommt  zu  spat,  ihr  ewig  jungen  Lauben  : 

Ach  !  hàtt'  ich  friiher  Euer  Griin  geschauet, 

Als  noch  des  Lebens  Morgen  mir  gegrauet  ! 

Ich  kann  nicht  leben  mehr,  Ich  kann  nur  glauben  (21). 

Già  allora  appariva  la  rinunzia  alla  vita  come  unica 
salvezza,  come  nel  1810  gli  confermerà  l'esempio  di 
Ottilie.  Perchè  si  ostinava  a  perseguire  la  antica  illusione  ? 
I  suoi  tentativi  non  erano  che  un  vano  correr  di  errore  in 
errore.   Il  suo   <(  Wandern  »   era  senza  scopo.  E  la  stan- 


(21)  Ausg.  Schr.,  I,  p.  172. 


//  dr 


ittolico 


365 


chezza  lo  vinceva  :  ((  Ich  bin  des  Wanderns  miide  »  (22). 
Passa  quella  stanchezza  nel  «  Pilgers  Abschiedslied  »  con 
cui  egli  pigliò  congedo  da  Weimar  in  primavera  del  1 808  : 

Der  Pilger  zieht  Stadt  ein,  Stadt  aus, 
Rs  treibt  ihn  fort  und  fort, 
Und  nirgends  heimisch  und  zu  Haus, 
Sucht  er  den  Gnadenort   (23). 

Ed  è  con  una  specie  di  disperazione  che  annuncia  la 
sua  partenza  per  Roma.  ((  Es  zieht  mich  unùberrwindliche 
Sehnsucht  nach  dem  hochgeliebten  Lande  Italia  ;  vielleicht 
ist  es  mein  Schicksal  das  mir  v^inkt,  vielleicht  will  es 
mich  heilen  oder  mit  mir  enden  ?  Ich  will,  ich  muss  diese 
Sehnsucht  stillen  »  (24). 

Dedizione  sempre  più  completa  alla  vita  contemplativa, 
smanimento  completo  di  sé  nella  devozione  :  ecco  quindi 
il  miraggio  che  lo  attira,  il  fermo  proposito  che  in  questo 
istante  egli  formula.  Ne  vedete  la  riprova  nel  Tagebuch. 
Lettura  di  libri  sacri,  meditazione  religiosa,  studio  della 
teologia  cristiana,  preghiera,  devozioni:  ecco  tutta  la 
sua  vita,  dopo  che  ha  segnato  in  Roma  nel  suo  Tagebuch 
r ultimo  «peccato».  E  sono  le  prime  ore  di  pace,  le 
ore  in  cui  confessa  di  sentirsi  felice  come  non  si  era 
sentito  mai.  Ne  vedete  un'altra  riprova  nel  fatto  che, 
convertitosi,  non  rimase  a  mezza  via,  ma  prese  gli  ordini 
religiosi,  e  si  ritirò,  pur  non  appartenendo  alla  Congrega- 
zione, presso  i  Redentoristi.  Il  convento  aveva  esercitato 


(22)  Goethe  tmd  die  Romantik,  hrsgg.  v.  WaLZEL  u.  SchOddekopf, 
cit.,  p.  46. 

(23)  Au5g.  Schr.,  I.  p.   157. 

(24)  (Goethe  und  die  Romantik»,  cit.,  p.  46  e  segg. 


366  Zacharias  Werner 


SU  di  lui  un  gran  fascino  sempre,  anche  in  Roma,  e,  se  non 
vi  entrò,  fu  perchè  credette  di  poter  meglio  servire  come 
prete  libero  alla  sua  missione.  Ne  vedete  anche  un'ultima 
riprova  nelle  sue  preghiere  entusiastiche  :  si  buttava  prono 
davanti  all'altare,  quando  la  chiesa  era  vuota,  e  vi  stava 
delle  ore  intere,  disteso,  a  pregare  (25). 

Altre  ragioni  naturalmente  si  aggiunsero.  11  pietismo  e 
il  misticismo  protestante  mostrano  che  per  compier  tal 
rinuncia  e  tal  mutamento  non  era  necessario  passare  alla 
religione  cattolica.  Ma  necessario  era  per  un  tempera- 
mento come  quello  del  Werner.  In  primo  luogo  egli 
trovava  in  seno  del  Cattolicismo  quella  relativa  separazione 
del  sentimento  religioso  dalle  altre  forme  di  vita,  verso  di 
cui  egli  aspirava,  mentre  il  Protestantesimo  lo  mescolava 
nella  vita  e  lo  fondeva  colla  morale  ;  in  secondo  luogo  egli 
trovava  nella  fede,  nei  dogmi,  nelle  cerimonie  religiose, 
nei  riti,  nelle  feste,  nel  culto  multiforme  e  ricco  un  nuovo 
mondo,  un  mondo  fantastico  ma  definito  e  preciso,  che  gli 
sostituiva  il  mondo  a  cui  rinunciava.  E  questa  era  per  lui, 
per  la  sua  continua  esaltazione  una  condizione  indispen- 
sabile. 

Egli  protestava,  anni  dopo,  che  la  ((  asthetische  Pomp 
des  katholischen  Rythus  »  non  solo  non  era  stato  il  mo- 
vente della  sua  conversione,  ma,  «  insofern  es  nur  Form 
sei  )),  gli  ripugnava  (26).  Occorre  quindi  intendersi  sul 
valore  che  si  deve  dare  alla  sua  asserzione.  L'asserzione 
è  documentata  dai  suoi  sfoghi  del  tempo  in  cui  la  con- 


(25)  Cfr.  specialmente  il  Tagebuch  dal  1810  in  poi.  Aug.  Schr., 
XV  e  le  lettere  a  Caroline  von  Humboldt,  «Euphorion»,  1909,  loc.  cit., 
il  GUBITZ,  Erlebnisse,  cit.,   I,  280. 

(26)  Ausg.   Schr.,  XII.   Prefaz.   alla  Mutier  der  Makhbàer. 


//  dramma  cattolico  367 


versione  si  veniva  in  lui  preparando.  ((  Sagen  Sie  es  wem 
Sie  wollen  —  scriveva  a  Johanna  Rink  —  hauptsàchlich 
aber  den  Narren  unter  meinen  Bewunderern  und  Gegnem, 
denn  unter  beiden  gibt  es  Ncinen,  die  mich,  den  Feind 
ailer  grillenhaften  Schwàrmerei,  Duckmauserei,  Geheim- 
niskràmerei,  fiir  einen  Cryptonarren  und  Lùgenpro- 
pheten  halten,  weil  sie  selber  Schafkòpfe  sind  und 
hòchstens  eine  formelle  Narrheit  mit  der  anderen  vertau- 
schen  woHen,  wàhrend  ich,  ohne  zu  untersuchen  was  5chlin- 
gel  und  Esel  auf  Conzilien  oder  Synoden  fiir  Narrheiten 
getrieben  haben,  es  von  jedem,  der  mit  mir  in  Verhàlt- 
nissen  steht,  fordre  dass  er  die  Vernunft,  die  mit  der 
Liebe  das  Heiligste  ist,  nicht  wie  ein  Tor  mit  Fiissen  trete, 
sondern  anbete  und  ihrem  Lichte  folge  »  (27).  Ciò  che  il 
Werner  condanna  come  «  pompa  vana  »  sono  certe  ceri- 
monie religiose  che  hanno  in  sé  qualcosa  di  teatrale,  ceri- 
monie che  sono  un  necessario  sfogo  della  vita  religiosa 
presso  nature  ricche  di  ardori  sentimentali  e  di  fantasia, 
cerimonie  che  egli  stesso  venne  poi  solo  più  tardi  accet- 
tando. Ciò  però,  che  io  sopra  intendevo  con  la  mia  afferma- 
zione, è  qualcosa  d'altro  :  è  il  patrimonio  di  leggende  sacre, 
di  misteri  e  di  credenze  che  sono  parte  sostanziale  della  reli- 
gione cattolica  e  possono  costituire,  come  dicevo,  un 
mondo  nuovo  per  la  fantasia,  un  mondo  in  cui  Tuomo  inte- 
ramente devoto  si  può  rifugiare  :  è  la  pratica  religiosa  tutta 
basata  sopra  misteri  come  la  liberazione  dalle  colpe  nella 
confessione,  o  la  unione  mistica  con  Dio  nella  Comunione, 
o  la  Consecrazione  nella  messa  ;  è  la  fede  nel  miracolo 
e  l'entusiasmo  del  fedele  che  negli  atti  della  sua  vita  reli- 


(27)  VlERLING,    op.    cit.,    Appendice,    cit.,    p.    23. 


368  Zacharias  Werner 

giosa  sente  realmente  uno  avvicinamento  a  Dio,  e  —  per 
così  dire  —  un  immediato  contatto  con  lui.  Il  Protestan- 
tesimo aveva  spogliato  la  religione  di  questo  elemento, 
riducendo  —  perchè  non  comprensibili  dalla  ragione  — 
queste  pratiche  a  cerimonie  simboliche  ;  e  questo  elemento 
è  ciò  che  al  Werner  abbisognava. 

A  dimostrare  che  così  fosse  basterebbe  il  fatto  che  il 
Werner  si  farà  prete  cattolico,  appunto  perchè,  voi  tosi 
per  questa  via,  non  potrà  resistere  alla  brama  di  compier 
tutti  quanti  questi  atti  religiosi,  anche  quelli  che  solo  in 
un  prete  —  secondo  le  credenze  cattoliche  -^  sono  pos- 
sibili. Ma  si  getti  uno  sguardo  nel  suo  Tagebuch  e  se  ne 
troveranno  altre  cento  più  particolari  riprove.  Quando  egli 
va  in  San  Pietro,  il  grande  tempio  gli  sembra  veramente 
((  der  eigentliche  Pallast  Gottes  »  ed  egli  sente  veramente 
una  uuTimittelbare  Beruhrung  und  Gegenwart  Gottes ))  (28). 
Se,  dopo  di  aver  lasciato  la  vita  mondana,  egli  sente 
tante  messe  e  visita  tante  chiese,  è  perchè  egli  vi  porta 
ora  questo  animo  e  si  crea  tutta  una  nuova  vita,  a  para- 
gone della  quale  l'altra  vita  gli  pare  un  nulla.  Il  più  chiaro 
esempio  si  può  avere  dalla  lettura  della  notizia  segnata 
nel  suo  Tagebuch  dopo  di  aver  assistito  in  Napoli  al 
miracolo  di  San  Gennaro  (29).  Tutto  quel  popolo  che  ra- 
dunato nella  chiesa  prega  e  grida  ad  alta  voce  mutando 
la  preghiera  quasi  in  uno  schiamazzo,  lo  turba  dapprima 
per  quella  teatralità  e  esteriorità  che  vedemmo  da  lui  con- 
dannate :  riconosce  che  la  scena  è  «  unendlich  riihrend  » 
ed  ((  herzenzerreissend  )),   riconosce   che  non  ha   mai   ve- 


(28)  Ausg.  Schr.,  XV,   p.  8  e  segg. 

(29)  Ibid,,  XV.  p.  61  e  segg. 


//  dramma  cattolico  369 


duto  pregare  con  tanta  e  così  generale  ((  Inbrunst  » , 
ma  gli  par  che  quello  sia  un  vero  ((  peruanischer  Gòtzen- 
dienst  » .  Non  bisogna  lasciarsi  spaventar  dalla  parola  : 
solo  lo  schiamazzo  lo  turba:  la  cosa  in  sé  lo  infiamma 
e  lo  entusiasma:  egli  vive  realmente  la  cerimonia  del 
miracolo:  u  Ich  w^ar  ergriffen...  ich  betete,  in  der  un- 
beschreiblichen  Angst  meines  Herzens,  dass  das  Wunder 
geschehen  mòge.  Umsonst  !  Endlich,  fast  einer  Ohnmacht 
nahe,  betete  ich  mit  noch  tieferer  Inbrunst:  Gott,  wenn  ich 
durch  deinen  Geist  getrieben  an  diesem  griinen  Donnerstage 
den  gròssten  und  entscheidendsten  Schritt  meines  Lebens 
tat,  vsrenn  wirklich  dieser  Glaube  der  einzige  alleinselig- 
machende  ist,  so  gieb  mir  durch  Fliissigwendung  des  Blutes 
deines  Heiìigen  davon  ein  untriigliches  Zeichen,  und  ende 
die  Angst  und  Zweifel  meiner  Seele,  gieb  mir  ein  Zei- 
chen dass  ich  recht  getan  habe  !  Kaum  batte  ich  das 
gebetet,  so  —  Dank  sei  dir,  ewig  allwaltende,  mit  unsern 
kindlichen  Unarten  barmherzige  Gnade  !  —  so  in  dem- 
selben  Augenblick  schrien  Priester  und  Volk  auf  :  —  das 
Blut  fliesst  !...  —  Ich  werde  diesen  Moment  des  Wunders, 
womit  Gott  mich  begnàdigte,  nie  vergessen...  Ewig  unver- 
gesslich  sei   dieser  Tag  !    Halleluja  !  )). 

Il  Werner  lascia  così  a  poco  a  poco  tutte  quelle  restri- 
zioni che  ancora  nel  1809  lo  facevano  incerto  (30):  tutto 
il  suo  passato  gli  pare  ora  un  continuo  errore.  E  se  ne  pente 
e  lo  conferma  apertamente.  Egli  abbisognava  —  dice  — 
di  perdono.  «  Diese  Verzeihung  war  das  Gift,  das  an 
meinem  Markt  zehrte,  und  als  Gegengift  brauchte  ich  — 
was  ?    Eine    alberne    Mystik,    ein    verriicktes   aus   plato- 


(30)  ViERLlNG,   op.   cit.,    Append.,   cit.,   p.   25. 

G.   GabeTTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  24 


370  Zacharias  Werner 


nisch  scholastischen  (nicht  diesem  wiirdigen  Namen,  nur 
mir  gilt  mein  Hohn)  Fetzen  zusammengeflicktes  Lum- 
pensystem,  das  ich  auf  nichts  als  auf  leere  Traiime  be- 
griindet,  mit  dem  Namen  eines  Systems  der  Liebe  (von 
dei  ich  eigentlich  so  wenig  verstand)  taufte,  welches  die 
viel  zu  gutmiitigen  Deutschen  viel  zu  nachsichtig  auf- 
nahmen,  und  welches  aufs  bitterste  zu  verhòhnen  ich  jetzt 
der  erste  seyn  wiirde,  wenn  ich  es  nicht  viel  bitter er  noch 
beweinen  miisste  »  (31).  La  conseguenza  logica  e  natu- 
rale di  questo  cambiamento  —  poiché  egli  riteneva  di  aver 
fatto  del  male  con  le  sue  opere  e  con  il  suo  esempio  e  ri- 
teneva di  dover  con  un  nuovo  esempio  e  con  una  nuova 
predica  rimediare  —  fu  quella  Weihe  der  Unkraft,  che 
gli  sollevò  contro  tante  ire  da  parte  dei  suoi  vecchi  amici 
protestanti  e  che  pare  non  essergli  stata  perdonata  neppure 
ora  dai  Protestanti  di  oggi.  Sentiva  di  trovarsi  agli  antipodi, 
e  scrisse  con  sincerità  la  palinodia  :  sconfessò  i  ((  reli- 
gióse und  sittliche  Irrtumer)),  che  ora  trovava  di  aver 
commessi  e  di  dover  sconfessare.  Con  sincerità.  Il  fatto 
che  r  opera  ha  un  valor  poetico  assolutamente  negativo  e 
che  i  versi  sono  spesso  miserabili,  il  fatto  che  il  Werner 
salta  in  questo  scritto  di  palo  in  frasca  e  discorre  della 
guerra  di  liberazione  e  di  Dante  e  di  Sant'Agostino  e 
di  Friedrich  Spee,  e  di  Tommaso  da  Kempis  e  di  sua 
madre,  non  giustificano  la  domanda  che  fu  posta:  «  Was 
ist  hier  Ejrnst  und  was  ist  Spass,  was  Wahrheit  und  was 
Heuchelei,  was  Physionomie  und  was  Grimasse  ?  ))  (32). 


(31)  GUBITZ,    ErUbnisse,    loc.   cit. 

(32)  Minor,   Die   Schicksolsiragòdie,    cit..    p.    83   e   v.    anche    la   sua 
introduzione  al  volume  Schicksalsdrama,  cit. 


(- 

n 


//  dramma  cattolico  371 


Questo  è  un  applicare  allo  spirito  ciò  che  si  riferisce  alla 
forma:  ben  si  rileva  talora  nella  forma  stessa  uno  spi- 
rito che  contraddice  alle  cose  che  sono  state  esposte;  ma 
questa  supposizione  urta  qui  contro  tutte  quelle  altre  prove 
che  un  esame  della  sua  vita  in  quel  tempo  facilmente  offre. 
Qualcosa  come  di  un  attore  ben  si  trovava  nel  suo  carattere 
sempre  malsicuro  e  sempre  inclinante  ad  una  ostentazione 
di  estremi  :  ma  la  prima  vittima  della  illusione  era  egli 
medesimo.  La  Weihe  der  IJnkraft  è  una  ((  causerie  »  con- 
fusa e  talora  inconcludente  :  ciò  che  fece  far  torto  al  suo 
autore  fu  semplicemente  il  tono  in  cui  essa  è  scritta. 

Che  il  processo  di  conversione  del  Werner  sia  stato 
realmente  quello  che  ora  abbiamo  segnato  conferma  anche 
Taperta  confessione  di  lui  medesimo.  Egli  stesso  soleva 
mettere  in  stretto  rapporto  i  due  elementi  fondamentali  di 
cui  abbiamo  discorso,  e  considerava  il  primo  come  prima 
fonte.  Nel  1813  diceva  al  principe  von  Dalberg:  ((Die 
Reue  iiber  eine  Anzahl  friiherer  Verinungen  und  Ver- 
gehungen  und  die  Leere,  die  ich  nach  einem  lebenslangli- 
chen  Tagen  nach  leeren  Geniissen  in  meinem  Innneren 
empfunden,  gesellt  zu  dem  fìir  jeden  consequenten  Men- 
schen  Unbefriedigenden  des  Protestantismus  und  Deismus, 
welchen  ich  wie  die  Geniisse  in  seinen  meisten  Formen 
erschòpft  und  dabei  um  so  griindlicher  zu  verachten  ge- 
lemt,  haben...  mich  fiir  die  Gnade  empfànglich  ge- 
macht  »  (33).  Mentee  qui  i  due  elementi  sono  riuniti  sol- 
tanto, un  rapporto  di  derivazione  è  chiaramente  segnato 
nella  Weihe  der  Unkraft: 


(33)  «Euphorion»,   1909,  p.  464. 


372  Zacharias  Werner 


Durch  falsche  Lust  verlocket  und  duich  das  Spici  der  Sinne, 

Doch  wissend  dass  aus  Liebe  der  Quell  der  Wesen  rinne, 

Setzt*    ich  der  kranken  Wollust  Bild   keck   auf   der  Liebe  Tron, 

Und  durch   dies   Gaukelblendwerk  sprach   ich   der   Wahrheit   Hohn 

Als  ob  das  was  den  Weisen  erleuchtet,  spornt  den  Held, 

Zerbricht  der  Vòlker  Ketten,  besat  das  Sternenfeld, 

Was  aus  des  Frommen  Busen  sich  empor  zu  Gott  erhebet, 

Aus  Schmerz-  und  Scherz-Getandel  sey  der  niedern  Lust  gewebet! 

Und  weil  solch  eitel  Goetzenbild  auf  krummen  Fiissen  stand, 

Das  nicht  nur  anzubeten  ich  mich  tdricht  unterwand, 

Dem    ich    auch    Tempel    bauen    wollt'    mit   meiner    schwachen    Hand, 

So  kam   *s,   dass  es  zu   hiillen   ich  manch  Himgespinst  erfand   (34). 

Importa  ora,  ricapitolando,  segnar  con  precisione  quali 
concrete  differenze  esistano  fra  quello  «  Urkatholizismus  » 
Werneriano  di  cui  tante  volte  ci  toccò  parlare  e  il  Catto- 
licismo  posteriore  alla  conversione. 

La  differenza  ci  dà  una  nuova  riprova  di  quanto  fi- 
nora abbiamo  asserito.  Essa  sta  infatti  sostanzialmente 
in  ciò  che  quanto  prima  era  simbolo,  è  diventato  ora 
per  il  fedele  credente  realtà  assoluta.  Sul  Sacramento 
posano  tutte  e  due  le  concezioni  :  ma,  mentre  nella  prima 
il  Sacramento  era  una  comunicazione  del  finito  con  T in- 
finito per  via  di  un  simbolo,  ora  essa  è  comunicazione 
diretta  nel  pieno  e  intero  senso  della  parola.  11  primo 
era  Cattolicismo  estetico,  il  secondo  Cattolicismo  dogma- 
tico, cioè,  dal  punto  di  vista  storico,  Cattolicismo  vero. 
L'abisso  che  li  separa  dipende  precisamente  dal  diverso 
atteggiamento  che   le  due  concezioni  mostrano  di  fronte 


(34)    La    ristampò    il    MlNOR    nel     volume     Schicksalsdrama,    cit. 
p.  515  e  segg. 


//  dramma  cattolico  373 


alla  vita.  La  prima  vuol  fondere  la  religione  nella  vita  e 
far  che  la  vita  sia  religione  in  tutte  le  sue  forme  :  il  se- 
condo invece  esclude  la  vita  sollevando  l'uomo  in  un  altro 
mondo.  La  prima  è  monistica  e  la  seconda  è  dualistica.  La 
prima  colma  l'abisso  che  vi  è  fra  l'umano  e  il  divino:  la 
seconda  scava  l'abisso  quanto  più  profondo  può,  strappa 
l'uomo  all'umano,  lo  conduce  al  divino.  La  prima  umanizza 
—  per  così  dire  —  Dio,  la  seconda  spoglia  l'uomo  di  ciò 
che  è  terreno  e  lo  divinizza  in  quanto  lo  fa  comunic2u:e  con 
Dio.  Ora  voi  portate  entro  la  prima  forma  la  rinuncia  alla 
vita  e  il  passaggio  alla  seconda  forma  avverrà  facilmente 
e  fatalmente,  come  la  storia  delle  numerose  conversioni 
romantiche  dimostra.  La  prima  rappresenta  anzi  quasi 
sempre  una  specie  di  preparazione  alla  seconda,  verso  di 
cui  necessariamente  aspira,  in  quanto  che  la  seconda  rap- 
presenta una  elevazione  religiosa  più  grande,  cancellando 
l'umano  per  lasciare  il  divino,  e  l'aspirazione  verso  l'ele- 
vazione religiosa  è  l'anima  di  tutte  e  due  le  forme.  Il  caso 
è  nel  Werner  evidente  :  ((  Lassen  vfìi  —  diceva  al  Gubitz 
nel  1814  —  die  Moder  des  Staubes  sich  im  Kreislauf 
abmiiden  und  wiinschen  wir  jedem,  dass  ihm  aus  dem  un- 
wermeidlichen  Schmerzen  des  Irrtums  die  Kraft  erwachse, 
vom  Weltlichen  alles  hinzugeben  um  durch  Glauben  und 
Ahnung  das  Reich  der  Unschuld  zuriickzuempfangen  wie 
es  einst  die  Menscheit  in  dem  Paradiese  war  »  (35).  E 
soleva  confessare  il  fatto  :  quando  lo  Herlossohn  lo  visitò 

Inel   1823,  ed  egli  s'aperse  con  lui  al  rimpianto  dei  suoi 
passati  errori  e  a  una  considerazione  elegiaca  della  vita, 
usava  le  stesse  parole  e  lo  invitava  a  entrare  in  un  chiostro. 
(35) 


(35)   Gubitz,   Edebnisse,  cit.,    I,   233. 


374  Zacharias  Werner 


Questo  sarà  anche  uno  dei  motivi  ritornanti  delle  sue  pre- 
diche (36). 

Se  il  passaggio,  malgrado  l'esistenza  di  queste  condizioni, 
talora  non  avviene,  ciò  è  perchè  lo  spirito  avvezzo  a  una 
considerazione  razionale  della  vita  e  delle  cose  si  può  rifiu- 
tare ad  accettare  certe  credenze  che  la  ragione  non  com- 
prende: o  vi  è  un  mondo  solo  a  cui  noi  apparteniamo  o 
ve  ne  son  due  e  noi  non  possiamo  conoscere  il  mondo  che 
non  è  il  nostro.  In  tal  caso  l'uomo,  ripudiata  la  vita,  si 
evolve  da  un  panteismo  mistico  verso  un  panteismo  ascetico 
e  finisce  in  questo.  Ma  l'ostacolo  non  esisteva  nel  Werner. 
Fin  dal  tempo  dei  Sòhne  des  Tales  trovate  in  lui  la 
fede  nel  «  Mittler  »,  nell'intarmediario  fra  l'uomo  e  Dio, 
senza  di  cui  diceva  non  poter  esistere  la  religione  che  pur 
può  esistere  senza  Dio.  Già  allora  era  un  avvicinamento 
alla  fede  in  Cristo.  La  credenza  nei  miracoli  e  nel  sopran- 
naturale si  può  arguire  facilmente  dai  suoi  drammi  in  cui 
ne  è  fatto  cosi  largo  uso:  ne  si  tratta  —  come  potrebbe 
essere  e  come  era  ad  esempio  nel  Tieck  —  di  una  pura 
credenza  poetica,  di  quella  credenza  che  nell'ora  della 
creazione  ogni  poeta  ha  e  deve  avere  di  fronte  ai  fantasmi 
di  cui  rappresenta  la  storia.  Egli  ci  credeva  veramente. 
Anche  nella  Germania  protestante,  in  cui  gli  scritti  di  Pa- 
racelsus  e  di  Schw^edenborg  hanno  larga  diffusione  verso 
la  fine  del  secolo  decimottavo,  la  credenza  era  diffusa,  fa- 
vorita dall'influsso  della  massoneria  e  delle  società  segrete. 
Una  volta  che  qualcuno  si  permise  di  ridere  della  credenza 
che  il  Werner  confessava,  il  Werner  scattò  in  un  urlo: 
«  Heten  gibt'es  !  ))  e  per  molto  tempo  non  si  lasciò  più  ve- 


(36)  «Gesellschafter».   1826.  r.  24. 


//  dramma  cattolico  375 


dere  in  quella  famiglia  (37).  Questa  tendenza  del  suo  spi- 
rito si  sviluppò  con  gli  anni  sempre  più.  Nel  1806  scrive 
a  Chamisso  che  la  credenza  in  Cristo  è  cosa  desiderabile, 
nel  1808  scrive  a  Johanna  Rink,  sottolineando  doppiamente 
le  parole  :  «  Christus  und  sein  Suhnungsamt  ist  wahr,  wie 
wohl  die  meisten  kirchlichen  Anordnungen  von  Prote- 
stanten  und  Katholiken  Fratzen  sind  »  (38).  Che  poi,  in 
generale,  la  credenza  nel  mistero  non  solo  non  gli  ripu- 
gnasse, ma  lo  attirasse,  mostra  tutta  la  evoluzione  del  suo 
spirito  e  della  sua  opera  che  sin  qui  siamo  venuti  seguendo. 
La  stessa  evoluzione  dimostra  che  neppure  la  necessaria 
sommissione  alla  autorità  della  Chiesa  poteva  essere  per 
lui  un  ostacolo. 

Queste  considerazioni  valgono  per  il  caso  particolare 
del  Werner,  Un'altra  considerazione  vale  anche  per  altre 
conversioni  romantiche.  Il  compatto  organismo  della  dot- 
trina cattolica  ha  per  spiriti  disarmonici,  turbati,  pieni 
di  fermento  e  di  aspirazioni,  inquieti,  una  seduzione  in- 
negabile: è  qualcosa  di  fermo,  solido,  concreto  che  facil- 
mente riesce  ad  imporsi  a  chi  va  errando  con  grandi  in- 
tenzioni, ma  con  forze  che  con  quelle  intenzioni  son 
disuguali.  A  segregarsi  dalla  vita  e  vivere  di  estasi  asce- 
tiche, guidati  soltanto  dalla  voce  della  propria  ragione, 
traendo  tutto  dalla  propria  individualità  psichica,  ba- 
sando tutto  su  di  essa,  occorre  una  maturità  e  un'armonia 
interiore,  che  di  rado  esiste  negli  spiriti,  che,  inclinando 
al  misticismo,  per  ciò  stesso  sono  in  squilibrio  con  sé  stessi. 
Nel  caso  del  Werner  questa  considerazione  ha  un  valore 


(37)  GUBITZ.  Erlebnùse,  l,  237. 

(38)  VlERLING,    op.    cit..    Append.,    p.    22. 


376  Zacharias  Werner 


particolare.  Quanta  confusione  e  quanto  intrico  vi  fosse 
nelle  sue  idee,  vedemmo,  il  che  ci  costrinse  a  cercar  l'ori- 
gine delle  concezioni  singole  assai  più  in  influssi  storici, 
in  fantastica  elaborazione  propria  di  germi  fornitigli  da 
altri,  che  non  in  un  libero  sviluppo  logico  di  convinzioni 
formulate  come  principio.  Le  facoltà  speculative  necessarie 
per  crearsi  da  sé  stesso  un  proprio  mondo  e  organizzarlo 
gli  mancavano.  La  rapida  evoluzione  delle  sue  idee  mostra 
come  facilmente  egli  depose  idee  professate,  per  ripren- 
derle di  nuovo,  e  fonderle,  mutate,  con  altre  idee.  Un  tal 
uomo  deve  sentirsi  spesso  mancare  il  terreno  sotto  i  piedi. 
La  parola  vuoto  a  Leere  »  ritorna  nelle  frasi  che  sopra  ab- 
biamo citato  continuamente.  E  la  parola  ((  Leere  ))  abbonda 
nelle  sue  lettere  e  nel  suo  Tagehuch.  Una  volta  superato 
quell'ostacolo  che  lo  tratteneva,  una  volta  deposta  l'illu- 
sione che  Fumano  e  il  Divino  potessero  fondersi,  una  volta 
avvicinatosi  alla  fede  cattolica  con  lo  spirito  credente, 
l'insieme  delle  credenze  cattoliche  così  compatto  e  deter- 
minato dovette  comparirgli  come  un  porto  tranquillo,  in  cui 
le  burrasche  che  aveva  attraversato  non  potevano  giungere 
più.  Era  la  ((  Stiitze  ))  di  cui  abbisognava.  Ben  lo  avvertì 
la  Staèl,  e,  protestante  com'essa  era,  avversa  alle  conver- 
sioni, fedele  alla  religione  professata  dagli  avi,  non  cercò 
di  trattenerlo  nell'ora  della  maggiore  crisi,  ma  gli  diede 
l'ultima  spinta,  e  lo  convinse  a  recarsi  in  Italia,  nel 
centro  del  cattolicismo,  a  Roma.  Quando  gli  altri  condan- 
narono poi  quel  suo  passo  definitivo,  essa  lo  difese.  Lo 
difese,  perchè  lo  aveva  capito  (39). 


(39)  Sul  rapporti  del  Werner  con  Madame  de  Staci  v.  il  II  voi., 
2*  parte,  del  mio  studio  :  Deuischlarìd  in  Madame  de  Staéls  litera- 
rischem  Schafen,   ora    in   corso   di   stampa. 


//  dramma  cattolico  377 


Il  prete  Werner  non  fu  soggetto  soltanto  alle  critiche 
e  agli  attacchi  dei  Protestanti,  ma  anche  dei  Cattolici. 
Assai  presto  gli  venne  anche  lanciata  l'accusa  di  non  essere 
un  vero  cattolico.  Già  nel  1827  un  anonimo  scriveva  con 
intendimento  apologetico,  un  opuscolo  :  Zacharìas  Wer- 
ner, k^in  Katholik,  discutendo  un  giudizio  che  venne 
in  seguito  ripetuto  spesso.  Uno  studio  delle  prediche 
mostrerebbe  in  realtà  non  solamente  la  continuità  di  certe 
forme  della  sua  vita  interiore,  non  solamente  quel  senso 
voluttuoso  che  egli  portò  dappertutto  con  sé  nella  vita 
come  nell'opera,  nel  misticismo  massonico  come  nel  cat- 
tolicismo  estetico,  nell'erotismo  mistico  come  nel  cat- 
tolicismo  dogmatico,  senso  che  turba  spesso  la  purità  delle 
emozioni  religiose  da  lui  vissute  e  da  lui  predicate,  non  so- 
lamente quello  sbizzarrirsi  della  fantasia  che  gli  cono- 
sciamo, ma  anche  molti  pensieri  antichi  che  colla  sua 
nuova  fede  si  posson  difficilmente  conciliare  (40).  Dato 
l'influsso  che  le  prediche  hanno  esercitato  sopra  il  va- 
stissimo uditorio  che  accorreva  ad  udir  la  parola  infiam- 
mata del  penitente  celebre,  un  tale  studio  spiegherebbe 
il  diffondersi  di  certe  forme  ambigue  di  vita  e  di  sentimen- 
talità romantica  nella  letteratura  viennese  del  Vormarz; 
un  tale  studio  mostrerebbe  però  ancora  che  il  mutamento  so- 
stanziale, che  nel  Werner  è  avvenuto,  è  stato  tale,  che  con 
ragione  la  Chiesa  non  solo  non  lo  sconfessò  mai,  ma  lo  lodò 
e  lo  approvò  sempre.  Poiché,  se  nella  dilucidazione  della 
nuova  dottrina  e  specialmente  nella  traduzione  di  essa  in 


(40)  Cfr.  anche  IsiDORIUS  RegiomonTANUS  :  G eistesfunken  aufge- 
fangen  im  Umgang  mit  Zacharias  Werner,  Wien,  1826.  Il  titolo 
dell'opuscolo  cit.  è  :  Z.  W.,  k^in  Katholik,  oder  vom  Wahren  Katholi- 
zismus  und  falscken  Proiestantismas.  Gottingen,    1825. 


378  Zacharias  Werner 


descrizioni  ed  in  esempi,  in  metafore  e  sfoghi  lirici,  il 
Werner  falsò  a  suo  modo  il  pensiero  che  intendeva  esporre, 
in  fondo  però  la  essenza  della  dottrina  rimase  intatta;  po- 
tranno essere  acattoliche  molte  parti  della  predica,  la  con- 
clusione della  predica  è  cattolica. 

Questa  crisi  religiosa  volse  naturalmente  T occhio  suo 
dalla  poesia  verso  altri  problemi.  Diceva  nel  1814  al 
Gubiz:  ((  Vielfach  hab'ich  gesiindigt...  Ich  flnde  nun 
im  Kindesglauben  die  bessere,  die  feinere  Erhebung  und 
das  armselige  Crucifìx  erfiillt  mich  mit  tieferer  Andacht 
als  das  geprieseste  w^eltliche  Kunstw^erk»  (41).  —  Pure  ciò 
non  bastò  a  soffocare  in  lui  le  forti  inclinazioni  naturali. 
Compose  in  questo  tempo  due  drammi  e  molte  liriche, 
sebbene  la  crisi  di  conversione  dapprima  e  la  predicazione 
poi  ne  lo  trattenessero  e  ne  lo  trattenesse  il  molto  tempo 
speso  in  meditazione  religiosa. 

Che  questa  poesia  dovesse  risentire  del  mutamento  è 
naturale  ;  mutato  lo  stato  d'animo,  muta  essa  sempre, 
anche  nelle  sue  forme.  Il  poeta  vien  sospinto  per  altre  vie 
e  intona  altro  canto. 

Prima  di  tutto  avvertite  il  mutamento  nella  scelta  degli 
argomenti.  Tutti  gli  influssi  esteriori  continuano  a  volgerlo 
verso  il  dramma  storico.  L'influsso  dell'Iffland  che  rompe 
con  lui  —  quasi  —  i  rapporti  un  tempo  tanto  cordiali,  rice- 
vendo la  Wanda  (42),  l'influsso  specialmente  del  Goethe, 
—  il  suo  ((  Helios  )),  il  suo  ((  Apollos  »,  il  suo  a  Se- 
midio )) ,  verso  di  cui  egli  guarda  con  una  venerazione  tre- 
pidante — ,  la  possibilità  di  ottenere  per  tal  via  e  solo  per 


(41)  GUBITZ.  Erlebnisse,  I,  243. 

(42)  Cfr.   infatti   il   Teichmann,  op.   cit.,   p.   223-30. 


//  dramma  cattolico  379 


tal  via  la  rappresentazione  sul  teatro,  tutto  concorre  a  sti- 
molarlo (43).  Ed  egli  vuol  sempre  decidersi  in  tal  senso 
e  concepisce  piani  su  piani.  Ma  non  sa  risolversi;  pensa 
nel  1808  a  una  tragedia  sui  Nibelunghi,  chiede  un  tema  al 
Goethe  e  consulta  storie  politiche  generali,  ma  non  ne 
ricava  nulla  e  si  volge  per  disperazione  nella  sua  incertezza 
a  una  rappresentazione  umoristica  del  Rattenfànger  aus 
Hameln  :  —  ((  Was  meine  dramatische  Wirksamkeit  be- 
trifft,  vergebens  suche  ich  nach  einem  Stoffe  herum,  und 
mir  ist  —  Gott  verzeihs  mir  —  sogar  der  Rattenfànger 
am  Hameln  als  Stoff  zu  einer  Posse  mit  Gesang  einge- 
fallen  »  (44).  —  Nel  1809  si  rinnova  la  stessa  incertezza, 
la  stessa  impossibilità  di  completamente  appropriarsi  il 
tema  scelto.  Pensa  a  un  tema  tratto  dalla  storia  di  Napoli  ; 
pensa  a  un  nuovo  dramma  su  Faust;  verosimilmente  per 
influsso  dantesco  (Dante  diventa  per  il  Werner,  dopo  l'av- 
vicinamento al  cattolicismo,  il  sommo  duce,  il  modello 
incurrivabile  che  scaccia  Goethe  dal  suo  seggio,  e  vi  si 
assiede;  la  Divina  Commedia  diventa  uno  dei  libri  che  il 
Werner  legge  ogni  giorno  cercandovi  una  guida  spirituale 
e  un  esempio  per  sé  ;  paragoni  fra  sé  e  Danle  ripete  il 
Werner  continuamente,  pur  sempre  restando  conscio  della 
smisurata  distanza  che  da  quel  colosso  lo  separa  (45)  ),  gli 
si  affacciano   i   fantasmi  dei  re  svevi   venuti   a  trovar  la 


(43)  «Goethe   und  die  Romantik»,   II,  Introd.   del  WaLZEL. 

(44)  Ibid..  p.  35. 

(45)  Cfr.  specialmente  la  Kunegunde,  la  Mutter  der  Makk<ibder,  e 
più  ancora  le  liriche  (Ausg.  Schr.,  II).  Taluna  delle  liriche  ha  anche 
Dante  come  soggetto:  LI,  p.  12,  71  etc.  Sul  Werner  e  Dante  v.  la 
Ree.  di  A.  Farinelli  al  Dante  und  Goethe  del  SuLGER  -  Gebing, 
<  Bollettino  dantesco  »,   1910. 


380  Zacharias  Werner 


tomba  in  Italia  :  pensa  a  una  tragedia  su  Corradino,  poi  al- 
larga il  piano,  concepisce  una  trilogia  sulla  Casa  di  Svevia» 
destinata  a  rappresentare  la  morte  di  Federico,  la  breve 
storia  di  Manfredi  e  la  storia  anche  più  breve  di  Corradino, 
e  lascia  il  progetto.  Si  volge  ad  altri  argomenti  :  gli  par  di 
trovare  un  tema  tragico  nella  morte  della  regina  Giovanna, 
ma  il  fantasma  di  lei  è  cacciato  da  quello  di  Cristina  di 
Svezia  nei  suoi  rapporti  con  Monaldeschi.  Per  breve 
tempo.  Gli  pare  eccellente  l'idea  di  compone  un  dramma 
su  ((  Gunther  von  Schwarzburg  »,  ma  la  storia  della  rela- 
zione di  Maria  Stuart  con  il  cantore  Rizio,  la  storia  di 
Mohamedjche  dopo  la  presa  di  Costantinopoli,  dietro  il  de- 
siderio espresso  dall'esercito,  uccide  la  sua  amata  Irene,  lo 
seducono,  d'altra  parte,  ugualmente.  E  pensa  anche  a  una 
((  Rosamunde  »,  a  una  ((  Agnes  Bernauer  )).  Torna  all'idea 
prima  della  trilogia,  che  lo  seduce  per  la  sua  grandiosità; 
chiede  al  Goethe  consiglio  e  non  scrive  di  nulla  neppure 
un  rigo  (46). 

Tra  gli  altri  temi  compaiono  ora  —  per  la  prima  volta 
—  anche  due  personaggi  offertigli  dalla  Bibbia  :  ((  Kònig 
Saul  »,  che  egli  lascia  perchè  non  vi  è  implicato  alcun 
((  rechtes  Frauenzimmer  » ,  e  la  figlia  di  Jephta.  Le  due 
sole  tragedie  che  scrive  realmente  sono  la  Kunegunde  e  la 
Mutter  der  Mokkahaer,  cioè  la  storia  del  martirio  di  due 
sante;  la  storia  di  due  persone  tolte  a  quel  mondo  di  cui 
sopra  abbiamo  parlato  e  in  cui  egli  si  va  sempre  più  rifu- 
giando. Santi  comparivano  anche  nelle  sue  tragedie  ante- 
riori ;  santi  erano,  se  si  vuole,  i  suoi  personaggi  principali: 
Molay,   Malgona,   Lutero,   Attila;  ma  erano  santi  della 


(46)  «Goethe   und  die   Romantik  »,    hrsgg.   v.    WaLZEL  u.   SchOddE- 
KOPF,  cit.,  p.  68. 


//  dramma  catiolico  381 

sua  religione;  i  santi  della  religione  cattolica,  sant'Adal- 
berto e  san  Leone,  erano  trasformati  in  modo  da  diventare 
irriconoscibili,  e,  oltracciò,  essi  intervenivano  bensì  nel- 
l'azione, e  anche  come  personaggi  principali,  ma  il 
dramma  non  posava  sopra  un'azione  che  svolgesse  l'es- 
senza della  santità  loro. 

La  Kunegunde  e  la  Mutter  der  Maìikahder  sono  invece 
rappresentazioni  drammatiche  della  santità  e,  in  modo 
particolare,  della  santità  cattolica. 

Risultò  da  questo  rinnovamento  una  nuova  tendenza 
che  condusse  il  Werner  ad  una  più  vasta  rinnovazione  del 
dramma. 

Facendo  una  rappresentazione  della  santità,  questo  non 
può  dimostrare  più  un  divenire,  ma  deve  esplicare  e  svolt 
gere  uno  stato  di  cose  sussistente  ;  non  può  essere  più  un 
((  Bildungsdrama  » ,  ma  deve  essere  un  dramma  basato 
sulla  azione  di  caratteri  già  maturati. 

La  differenza  è  essenziale.  Il  problema  drammatico  dei 
Sòhne  des  Tales,  del  Kreutz  an  der  Ostsee,  del  Lutero, 
dell' Attila  era  se  i  Templari,  i  cavalieri  cristiani,  Lu- 
tero, Attila,  Wanda  giungevano  alla  suprema  eleva- 
zione religiosa  finale,  e  nello  svolgimento  verso  questa 
meta.  Il  problema  drammatico  della  Kunegunde  e  della 
Mutter  der  Makhflhàer  sarà  invece  se  Kunegunde  e 
se  Salomè  subiranno  o  no  il  martirio  finale  e  fra  quali  vi- 
cende e  con  quale  animo  —  problema  interamente  storico 
e  psicologico,  in  cui  il  pensiero  si  smarrisce  diventando 
una  pura  e  semplice  descrizione  di  sentimenti.  È  la  impo- 
stazione stessa  del  dramma  che  vien  mutata  e  tutto  il 
dramma  tende  perciò  a  trasformarsi  in  conformità  di  essa. 

Mutata  infatti  la  concezione  della  vita,  abbandonate 
le    antiche    utopie,    cambiata    la    materia,    i    personaggi 


382  Zacharias  Werner 


avranno  nel  dramma  un'indole  diversa  da  quelle  che  sinora 
incontrammo  e  diverso  sarà  l'intrico  dell'azione.  I  perso- 
naggi non  son  più  ((  Griibler  »,  che  si  affannano  in  cerca 
di  una  verità  che  loro  sfugge  :  abbandonata  l'infusione  del 
divino  nel  terreno,  vi  sarà  fra  terreno  e  divino  un  abisso 
e  non  si  passerà  più  dall'uno  all'altro  elemento  se  non  at- 
traverso una  concezione  più  vasta  che  li  contenga  tutti  e 
due  in  sé. 

Ma  non  è  possibile  segnare  ulteriormente,  in  prece- 
denza i  caratteri  di  quest'ultima  forma  del  dramma  de! 
Werner,  perchè  le  due  opere  che  vi  appartengono  furono 
composte  da  lui  in  tempi  troppo  diversi,  e,  mentre  il 
primo  mostra  la  forma  in  divenire,  il  secondo  la  mostra 
già  attuata.  Occorre  quindi  accostarsi  al  primo  —  Kune- 
gunde  (46  his). 

I. 

E  prima  di  tutto  devo  spiegare  perchè  io  tiri  in  questo 
ultimo  periodo  la  Kunegunde,  mentre  la  conversione  del 
Werner  avvenne  solo  il  19  Aprile  1810  (47). 

Io  credo  la  composizione  della  Kunegunde  posteriore 
al  Marzo  1809,  in  cui  il  Werner  compose  il  24  Feb- 
braio. Questo  per  ragioni  esterne  che  subito  esporrò,  e 
per  ragioni  interne  che  metterò  in  rilievo  addentrandomi 
nell'esame  della  struttura  del  dramma. 


(46  bis)  Anche  il  Werner  la  considerava  dopo  la  conversione  come  un 
dramma  cattolico  ed  è  per  questo  che  mentre  condannava  i  drammi 
anteriori  scriveva  :  a  Bessere  Tragodien  als  die  Kunegunde  bin  ich  zu 
schreiben   nicht   im   stande».    «Euphorion»,    1910,    p.    426. 

(47)  Sulla  Kunegunde  v.  oltre  il  MlNOR,  op.  cit.,  p.  69  e  segg., 
il  DOnTZER,  op.  cit.,  p.  155.  È  questa  colla  Wanda  l'unica  tragedia 
werneriana   che   non   fu   ancor   oggetto  di   speciale   indagine. 


//  dramma  cattolico  383 


La  prima  idea  della  Kunegunde  balenò  al  Werner  nel- 
l'Ottobre del  1808,  quando  si  trovava  presso  la  Staél 
che  gli  imprestò  le  Ausfiihmngen  zur  Geschichte  des 
deutschen  Reiches  del  Passow  e  la  Deutsche  Geschichte 
del  Tittel,  perchè  ne  potesse  estrarre  le  notizie  che  gli 
occorrevano  (48).  Lo  Schlegel  gli  offrì  lo  Heldenhuch 
di  Pantaleone  e  gli  dimostrò  che  la  santa  di  cui  egli  voleva 
drammatizzare  la  storia  era  la  moglie  di  Enrico  II  duca 
di  Baviera  e  imperatore  (49).  Nel  novembre  egli  si  recò 
a  Parigi  dove  raccolse  altre  fonti  e  dove  non  diede  però 
principio  alla  composizione  perchè  la  novità  della  città, 
le  relazioni  con  conoscenti  tedeschi  e  con  personalità  let- 
terarie francesi,  le  divagazioni  lirico-erotiche  in  quella  che 
era  già  allora  la  vera  metropoli  di  tali  divagazioni,  ne  lo 
distrassero  (50).  Durante  il  viaggio  del  ritorno  scriveva  al 
Goethe — alla  fine  di  Novembre — esponendogli,  com'egli 
si  esprime,  il  a  nudo  canovaccio  »  —  ((  den  nackten  Ca- 
nevas  »  (51),  e  così  lontano  era  ancora  dalla  composizione 
che  le  stesse  linee  generali  dell'azione,  linee  risultanti  da 
una  fantastica  elaborazione  della  materia  offertagli  dalla 
storia,  non  erano  ancora  fissate,  e  nella  lettera  al  Goetìie 
gli  elementi  forniti  dalla  storia  non  presentano  ancora 
alcun   mutamento.    Egli   scrive   al   Goethe   che   prima   di 


(48)  Cfr.  il  Tagebuch  in  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.  137  e  segg.,  passim; 
nel  testo  è  stampato  Pfeffel,  ma  una  storia  di  tale  autore  su  questo 
argomento  non  esiste,  e  non  può  trattarsi  se  non  del  TlTTEL.  Leipzig, 
1794.  Il  Passow  (nel  testo  è  stampato  Masco w)  è  stampato  Leipzig, 
1774  e  segg,  È  comparsa  ora  sulle  fonti  storiche  del  Werner  una  diss. 
del  DlEKMANN,  che  mi  fu  impassibile  esaminare. 

(49)  Cfr.    Tagebuch,   loc.   cit. 

(50)  a  Goethe  und  die  Romantik  » ,  cit.,  lettera  al  Goethe,  p.  51  e  segg. 

(51)  Ibid.,  p.  57. 


384  Zacharias  Werner 


mettersi  al  lavoro  desiderava  consultarsi  con  lui  sul  piano 
generale;  poi,  dice,  si  getterà  a  capofitto  nella  composi- 
zione, e,  se  la  sua  fantasia  non  si  è  addormentata,  corrobo- 
rato dallo  incitamento  e  dalla  assistenza  del  suo  Helios, 
scriverà  rapidamente  la  tragedia,  in  modo  che  essa  sia 
pronta  per  il  31  Gennaio.  Al  principio  di  Dicembre  il 
Werner  è  a  Weimar  (52),  i  rapporti  col  Goethe  non  son 
più  quelli  d*un  tempo;  il  Goethe  sentendo  di  non  poterlo 
trarre  dal  misticismo  e  dal  cattolicismo  in  cui  egli  sempre 
più  affonda,  si  ritrae.  Né  nelle  lettere  del  Werner,  ne  nei 
Tagebiìcher  e  nelle  lettere  del  Goethe,  né  nei  racconti  di 
coloro  che  partecipavano  alla  vita  del  mondo  letterario  di 
Weimar  in  quell'inverno  compare  alcun  accenno  alla  Ku- 
negunde:  e,  data  la  forma  che  la  materia  storica  assunse 
nella  fantasia  del  Werner,  data  l'azione  generale  del 
dramma  quale  noi  lo  possediamo,  non  é  ingiustificata  la 
supposizione  che  da  parte  del  Goethe  il  Werner  non  abbia 
avuto  né  incitamento,  né  assistenza,  né  interessamento,  ma 
assai  più  probabilmente  un  brusco  consiglio  di  desistere 
dall'opera.  Vedete  ora  infatti  il  Goethe  staccarsi  da  lui 
sempre  più  e  solo  mostrar  disposizioni  migliori,  quando 
gli  pare  di  vedere  il  Werner  abbandonare  i  suoi  propo- 
siti ed  avviarsi  per  quella  direzione  che  a  lui  sembrava 
l'unica  giusta.  Il  Werner  cede  e  compone  nel  Febbraio- 
Marzo  il  24  Febbraio.  Alla  Kunegunde  non  può  in 
questo  tempo  aver  pensato.  Mandando  la  Wanda  allo 
Iffland  il  20  Marzo,  gli  parla  lungamente  già  del  24.  Fe- 
bruar  ma  non  ricorda  affatto  la  Kunegunde  (53).   Anzi, 


(52)  «Blàtter  f.  1.  U.  ».   1834.  p.  1345. 

(53)  Teichmann,   op.   cit.,   p.   319. 


//  dramma  cattolico  385 

dopo  la  lettera  al  Goethe  sopra  ricordata,  fino  al  mese 
di  Giugno  non  si  trova  più  notizia  alcuna  su  di  essa.  Alla 
data  IO  Giugno  si  leggono  finalmente  nel  Tagebuch  le 
parole  seguenti  (54):  «  Vorlesen  der  Kunegunde.  Unend- 
liche  Riihrung  Aller.  Die  Furstin  wiinscht  es  tausendmal 
zu  hòren.  Souper  mit  der  fiirstlichen  Familie  im  Schlosse. 
Ich  erzàhle  Kunegundens  Geschichte  )) .  Fu  questa  nota  spe- 
cialmente che  ha  condotto  prima  il  Diintzer  e  poi  il  Minor 
alla  conclusione  che  la  Kunegunde  sia  stata  composta  nel 
1808.  Conclusione  errata.  Anche  il  Minor  e  il  Diintzer 
ammettono  che  durante  il  soggiorno  a  Weimau:  il  Werner 
difficilmente  potè  attendere  a  questa  composizione;  onde 
essa  cadrebbe  negli  ultimi  giorni  di  Novembre,  ciò  che  la 
citata  lettera  al  Goethe  esclude. 

Il  Minor  e  il  Diintzer  ritengono  però  anche  che  pei 
mesi  di  Aprile  e  Maggio  la  composizione  debba  essere 
esclusa  per  la  stessa  ragione  che  vale  per  i  mesi  di  Gen- 
naio e  Febbraio;  il  che  è  errato,  perchè  in  questo  tempo 
avvenne  la  rottura  più  grave  con  il  Goethe,  rottura  che  se- 
parò i  due  uomini  completamente  e  che  si  compose  soltanto 
il  giorno  in  cui  il  Werner  partì  e  il  Goethe  gli  concesse  di 
scrivergli  (55).  La  composizione  cade,  secondo  me,  in 
questo  periodo  in  cui  il  Werner  non  avvicinò  il  Goethe, 
ed  essa  non  fu,  secondo  me,  compiuta.  È  ben  vero  che  il 
Werner  dice  :  ((  Vorlesen  der  Kunegunde  )) ,  non  ((  Ver- 
lesen  aus  der  Kunegunde  » ,   ma  in  primo  luogo  le  due 


(54)  Ausg.   Schr.,   XIV,    p.    158. 

(55)  Cfr.  su  questa  rottura  le  lettere  al  Goethe  in  «  Goethe  und  die 
Romantik».  cit.  e  le  sue  relative  note  del  SCHUDDEKOPF,  il  Tagebuch  del 
Werner,  e  le  espressioni  del  Goethe  in  Goethes  Gesprache,  ed.  BlE- 
DERMANN,    voi.    II,    Leipzig,     1909,    passim. 

G.   GaBETTI,   //  dramma  di  Z.    Werner.  25 


386  Zacharias  Werner 


espressioni  sono  scambiate  spesso  dal  Werner  nel  suo  Ta- 
gebuch  per  ragioni  di  brevità  —  si  veda,  ad  es.,  a  p.  140: 
((  Vogt  deklamirt  Minna  von  Bamhelm  n  ;  ibid.,  giorno  se- 
guente :  ((  Vogt  deklamirt  Minna  von  Barnhelm  »  etc.  — 
cosicché  non  ci  si  può  su  di  essa  basare  ;  in  secondo  luogo, 
se  si  considera  tutto  ciò  che  il  Werner  ha  segnato  nel  suo 
Tagebuch  sotto  il  giorno  IO  Giugno,  non  si  può  trovare 
tempo  per  una  così  lunga  lettura  come  sarebbe  quella  della 
intera  Kunegunde  ;  in  terzo  luogo  le  parole  ((  ich  erzàhle 
Kunegundens  Geschichte  )),  che  seguono  alla  lettura, 
mostrano  chiaramente  che  la  storia  di  Kunegunde  non  si 
era  svolta  per  intero  davanti  ai  suoi  uditori  ;  in  queurto 
luogo,  dal  carteggio  della  principessa  di  Schwarzburg- 
Rudolfstadt  con  Caroline  von  Humboldt  par  risultare  che 
la  principessa,  presso  di  cui  la  lettura  fu  fatta,  conosceva 
solo  il  terzo  atto.  La  tragedia  fu  quindi  probabilmente 
condotta  a  compimento  nell'estate  del  1809,  forse  durante 
i  mesi  che  il  Werner  passò  nuovamente  a  Coppet  presso 
Madama  di  Staél. 

La  composizione  della  Kunegunde  cade  quindi,  per 
così  dire,  alla  vigilia  della  conversione.  Il  1809  è  infatti 
Tanno  in  cui  quel  riavvicinamento  al  Cattolicismo,  che 
abbiamo  seguito  nei  suoi  diversi  momenti,  si  compie. 
Molti  ne  sono  i  segni. 

Già  sogna  ora  ((  Rom  zu  sehen  und  zu  sterben  »  (56),  già 
annunzia  di  aver  rinunciato  non  alla  ((heilige  àchte  Mystik» 
ma  ad  ogni  ((  mystisches  Wortgeklingel  ))  (57),  già  indugia 
volentieri  nelle  diverse  chiese  che  visita  e  assiste   spesso 


(56)  V.    VlERLlNG,    op.    cit..    Cap.    V,    e    cfr.    il    Tagebuch,   p.    150 
e    segg.,    passim,    e    le    lettere    al    Goethe,    loc.    cit. 

(57)  ViERLiNG,   op.   cit.,   Append.   cit.,   p.    18. 


//  dramma  cattolico 


387 


alla  messa,  già  condanna  la  ((  Schwàrmerei  »  basata  sopra 
una  sentimentalità  individuale  e  aspira  a  un  forte  concreto 
solido  sostegno,  già  si  sente  peccatore  e  chiede  preghiere, 
già  va  formulando  i  suoi  propositi  (58).  Fin  dall'Ottobre 
1 808  ha  con  lo  Schlegel  e  con  la  Staél  degli  ((  interessanti 
discorsi  sopra  il  Cattolicismo  »  (59).  Wilhelm  Schlegel 
attraversava  anch' egli  una  crisi  cattolicizzante  sotto  l'in- 
flusso della  conversione  di  suo  fratello  Friedrich  (60);  la 
recensione  di  Friedrich  alla  Kirchengeschichte  dello  Stol- 
berg  lo  occupa  per  parecchi  giorni  (61).  Continuano  le 
discussioni  a  Weimar  con  il  Goethe  che  se  ne  secca  e 
chiama  la  Vergine  Maria  col  Bambino  ((  eine  gewisse 
Amme  n  (62)  e  deve  avergli  risposto  più  volte  le  pa- 
role che  qualche  mese  dopo  gli  scrisse  :  (63)  «  Enthalten 
Sie  sich  ja  nur  Fussnageln  aus  der  Dornenkrone  vor  meine 
Schritte  hinzustreuen.  Lassen  sie  mich  den  Pfad,  den  ich 
mir  selbst  gebahnt  und  gekehrt,  ruhig  hin-  und  w^iederspa- 
zieren,  und  begleiten  Sie  mich  insofem  es  Gelegenheit 
gibt  » .  Quando  finalmente  il  Werner  nel  Novembre  scende 
in  Italia,  già  scende  con  il  desiderio  chiaro  di  convertirsi. 
Basta  leggere  le  poesie  composte  durante  il  viaggio; 
poesie  pervase  dall'ansia  di  arrivare  a  Roma,  dal  presen- 
timento ben  distinto  che  una  gran  rinnovazione  in  lui  si 
compirà.   L'adorazione  della  Vergine,  dei  Santi,  le  pra- 


(58)  Ibid.  e  cfr.  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.    150  e  segg. 

(59)  Ausg.  Schr.,  XIV.   p.    142  e  segg. 

(60)  Su    questa   crisi    cfr.    il    mio    studio   Deutschland   in   Madame    de 
Staèls  literarischem  Schaffen,  voi.  II. 

(61)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.   142  e  segg. 

(62)  Cfr.   Goethes   Tagebiicher  in    Werl^e,  ed.   di   Weimar,    III    Parte, 
voi.   IV,  e  anche   l'epistolario  fra   il  Goethe  e  il  Werner,    loc.  cit. 

(63)  a  Goethe   und   die   Romantik»,   cit.,    p.   47. 


388  Zacharias  Werner 


tiche  religiose  condivide  ormai  già  pienamente  con  i 
cattolici  ;  legge  vite  di  Santi  e  studia  San  Tommaso,  a  cui 
Dante  lo  riconduce  (64). 

La  Kunegunde  nasce  quindi  in  mezzo  a  questo  ger- 
mogliare della  sua  conversione,  in  un  tempo  in  cui  egli 
non  ha  ancora  deposte  definitivamente  tutte  le  sue  utopie 
erotico-mistiche,  ma  si  va  accostando  già  alla  nuova  fede. 
Coesistono  infatti  in  questo  momento  nel  Werner  delle 
idee  opposte;  è  un  periodo  di  crisi  e  di  transizione  più 
che  non  siano  stati  gli  altri  momenti  della  sua  vita.  E  la 
Kunegunde  porta  tutte  le  traccie  di  questa  crisi. 

La  materia  prima  gli  si  o£Ferse,  vedemmo,  nella  storia 
durante  il  suo  soggiorno  a  Coppet.  Nel  Tittel  e  nel  Passow, 
nello  Heldenbuch  di  Pantaleone  e  nelle  altre  antiche  Cro- 
nache consultate  a  Parigi  il  Werner  trovò  il  racconto  del- 
l'imperatore Enrico  che,  sceso  in  Italia,  combatteva  contro 
la  insurrezione  capitanata  da  Arduino;  Arduino,  richiesta 
invano  una  contea,  si  arrendeva  e  si  ritirava  spontanea- 
mente in  convento.  Lo  Heldenbuch  di  Pantaleone  mostrava 
accanto  alla  figura  dell'imperatore,  che  il  Tittel  designa: 
((  kein  Geistesheld  aber  auch  kein  Schwachling  »,  la  figura 
della  imperatrice  vergine  Kunegunde,  sua  moglie,  come 
lui  santificata  dalla  Chiesa  ;  e  le  Cronache  narravano  come 
Enrico  e  Kunegunde  fossero  insieme  vissuti  senza  aver 
avuto  rapporti  coniugali.  Tra  i  motivi  addotti  da  Enrico 
per  la  fondazione  del  Vescovato  di  Bamberg  era  anche 
questo  :    ((  ob    recompensationem    futuram    Christum    hae- 


(64)    Ausg.    Schr.,    XV,    passim. 

Per  il  piano  di  un  Faust  cfr.   HiTZIG,   Lebensabriss  E.    T.   A.   Ho0- 
manns,   cit.,   p.   332. 


//  dramma  cattolico 


389 


redem  elegi,  quia  in  sobole  acquirenda  nulla  spes  remaneat 
mihi  »  ;  tra  i  motivi  della  canonizzazione  era  anche  questo 
che  ((  imperatori  fuit  matrimonialiter  copulata,  sed  ab  eo 
non  fuit  carnaliter  cognita».  Morendo,  Enrico  aveva  rac- 
comandata sua  moglie  ai  presenti  con  queste  parole  : 
«  Hanc  ecce  mihi  a  vobis  immo  per  Christum  consignatam 
ipsi  Christo  nostro  et  vobis  resigno  virginem  vestram  ». 
Le  cronache  narravano  ancora  che  l'imperatore  sospettò 
una  volta  di  lei  e  credette  che  essa  accordasse  ad  un 
giovane  ufficiale  del  suo  esercito  ciò  che  a  lui  rifiutava; 
Kunegunde  si  sottopose  alla  prova  del  fuoco  —  ((  Te  enim 
testem  —  esclamando  —  et  judicem  invoco  quia  nec  hunc 
praesentem  Heinricum  nec  alterum  quenquam  virum  car- 
naliter commistione  unquam  cognovi  »  —  e  camminò  per 
quindici  metri  sui  carboni  ardenti  a  piedi  nudi  senza 
scottarsi.  Il  re  la  ripristinò  nella  sua  posizione  e  nei  suoi 
onori.  Quando  poi  l'imperatore  morì,  essa  si  ritirò  nel 
convento  di  Kaufungen  da  essa  medesima  fondato  (64  bis). 
Ancora  nel  novembre  del   1808  il  piano  della  tragedia 


{64  bis)  Cfr.  la  Vita  Heinrici  imperatoris  di  Adalberto  nei  Monum. 
Germ.  Hist.  —  1*  ed.  —  Scriptores  —  Tom.  IV,  p.  792  e  segg.  e 
V.   ibid.   la    Vita  SancttB   Cunegundis,   p.   821    e  segg. 

Fin  dal  Medio  Evo  la  vita  di  Santa  Cunegonda  fu  oggetto  di 
poemi.  Cfr.,  ad  es.,  lo  Heinrich  und  Kunegunde  edito  dal  BechSTEIN 
(Quedlinburg  und  Leipzig,  1840)  e  da  lui  attribuito  al  monaco  Eber- 
nando  di  Erfurt.  Naturalmente  il  poema  del  monaco  insiste  sul  voto 
di  castità  fatto  dai  due  personaggi  imperiali  :  solo  che  presso  Ebernando 
il  primo  a  volersi  conservare  vergine  è  l'imperatore  stesso.  Cfr.  il  carat- 
teristico canto  XVI li  :  «  Wi  keiser  Heinrich  unde  vrouwe  Konegunt 
bi  ein  ander  slifen  unde  kuschheit  behilden  unde  or  lebit  bi  koni- 
glichir  spise  mit  geringer  spise  henezogin  »  e  nel  canto  XIX  la  causa 
del  sospetto  deiriraf>eratore  spiegata  come  un  intrigo  del  diavolo  :  «  Wi 
sich  der  tufel  warf  in  ein  gestalt  eins  ritters  unde  gink  von  der  koniginne 
dri  morgin  sichtiglich  als  ob  er  bi  or  geslafìn  batte  ». 


390  Zacharias  Werner 


era  a  questo  punto.  Il  Werner  ne  scriveva  infatti  al 
Goethe  in  questi  termini  :  «  Ich  habe  den  Pian  einer 
àchtdeutschen  Tragedie  auf  dem  Korn,  zu  der  ich  aber 
erst  in  der  hiesigen  keyserlichen  Bibliothek  die  nòtigen 
Data  sammeln  muss  und  mich  also  noch  nicht  dariiber 
auslassen  kann.  Er  ist  aus  der  Geschichte  Kaisers  Heinrich 
des  Il.ten  und  seiner  Gemahlin  Kunegunde,  die  nach  ihrem 
Tode  heilig  gesprochen  und  zu  Bamberg  begraben  sind. 
Der  Keyser  hielt  seine  Gemahlin  in  einem  falschlichem 
Verdacht;  ein  Gottes  Gericht  (Ordalie)  solite  iiber  ihre 
Schuld  oder  Unschuld  entscheiden.  Ein  junger  Ritter 
verteidigte  sie  im  Zweikampf,  rettele  sie,  indem  er  den 
Verteumder  Kunigundens  erlegte,  starb  aber  selbst  an 
den  erbai tenen  Wunden.  So  weit  der  nackte  Canevas. 
Heinrichs  Kriege  gegen  Arduin,  angemaassten  Kònig  von 
Italien,  geben  mir,  da  ihr  Schauplatz  gerade  die  von 
mir  gereiste  Gegend  der  Lombardei  ist,  Veranlassung, 
das  was  ich  sah  an  das  Spiel  meiner  Phantasie  (das 
Reale  an  das  Phantastische)  anzukniipfen.  Ich  denke 
iibrigens  es  im  àcht  altdeutschen  Colorite,  so  populàr  als 
mòglich,  ohne  mystiche  Geistererscheinungen  pp.  zu 
machen  n  (65). 

Desiderando  —  come  appar  da  questa  lettera  —  trar 
partito  dalle  sue  impressioni  d'Italia,  il  Werner  si  trovò 
poi  nella  necessità  di  far  coincidere  la  storia  intima  di 
Enrico  e  di  Kunegunde  con  la  guerra  contro  Arduino, 
non  solo,  ma  di  mettere  le  due  azioni  in  rapporto,  in  modo 
che  l'una  si  riverberasse  nell'altra  e  il  dramma  ottenesse 
organicità  in  una  grande  azione  complessa  ma  unica.  — 


(65)  Goethe  und  die  Romantik,  II.  p.  53. 


//  dramma  cattolico 


391 


Ed  egli  si  valse  di  un  motivo  usato  già  da  altri  poeti  :  per 
giustificare  la  gelosia  e  il  sospetto  di  Enrico  suppose  che 
di  notte  —  spinta  dal  desiderio  di  riuscire  nell'intento 
senza  che  una  guerra  spargesse  sangue  —  Kunegunde  si 
sia  recata  nel  campo  di  Arduino  per  indurlo  a  desistere 
dalla  sua  ingiusta  intrapresa  e  a  dare  al  sovrano  quanto 
al  sovrano  apparteneva.  Così  si  spiegava  il  fatto  dal  Wer- 
ner trovato  nella  storia,  che  Arduino  spontaneamente 
rinunciò  al  trono  a  cui  già  aveva  proclamato  di  pretendere. 
Il  Werner  suppone  che  l'orgoglio  di  Arduino  abbia  fatto 
giurare  alla  imperatrice  di  tacere  quanto  fra  lei  e  lui  era 
avvenuto.  Così  il  sospetto  del  re  veniva  giustificato  e  si 
formava  la  crisi  dell'azione. 

Ma  alla  composizione  di  un  dramma  ciò  non  bastava 
ancora.  La  figura  di  Kunegunde  —  una  santa  —  era  in  se 
stessa  poco  tragica.  Occorreva  mettere  un  germe  di  tra- 
gedia anche  nella  sua  anima  con  un  sentimento  che  non 
contraddicesse  ma  rispondesse  alla  sua  natura. 

Una  sua  propria  esperienza  sentimentale  fu  —  io  credo 
—  che  suggerì  al  Werner  l'espediente  che  trasformò  Ku- 
negunde in  una  di  quelle  creature  femminili  malate  e 
isteriche,  in  cui  il  Werner  continua  a  compiacersi  (66). 
Per  tutta  la  vita  il  Werner  aveva  desiderato  invano  ardente- 
mente un  figlio,  e  già  nei  Sòhne  des  Tales  aveva  messo 
in  bocca  a  Molay  il  suo  proprio  amaro  lamento,  a  Molay, 

Der  nie  am  Fleisch  von  seinem  Fleische 

Das   wunde   Herz,    die   matte  Brust   gedriìckt. 

Quante  volte  ripetè  il  lamento  dopo  d'allora  e  con  che 


(66)   GoLDSMiTH,   Das  Leben   des   Geheimrats   Kunth,   Berlin,    1856, 
p.    470    e    segg. 


392  Zacharias  Werner 


passione  descrisse  l'amore  paterno  in  Philipp,  in  Agaphia, 
in  Hans  Luther,  in  Attila  stesso  che  nelle  ore  di  stanchezza 
si  consola  trastullandosi  col  suo  Irnak  !  È  un  motivo 
costante  che  si  riverbera  in  tutti  i  drammi  dalla  psiche 
stessa  del  poeta.  Una  gravidanza  dell'ultima  moglie  finì 
in  un  aborto.  ((  Mir  war  als  solite  mir  das  Herz  brechen, 
ich  sah  das  Fenster  an  mit  einer  fast  uniiberwindlichen 
Lust  hinunterzuspringen  und  mein  trauriges  Leben  zu 
enden.  Alle  meine  seligsten  Hoffnungen  auf  Vaterschaft 
und  Frieden  w^aren  vernichtet  !  o  Gott,  ich  biisse 
schwer  !  »  (67).  Tutte  le  volte  che  una  felicità  domestica 
gli  compare  innanzi  segna  il  quadro  del  suo  Tagebuch 
con  tacita  invidia.  I  versi  posti  in  bocca  di  Molay  gli  ritor- 
nano spesso  alla  memoria  dandogli  una  ebbrezza  amara; 
quando  assiste  in  Coppet  alla  rappresentazione  della  Su- 
namite  della  Staèl,  gli  si  gonfiano  gli  occhi  dinnanzi  allo 
spettacolo  della  gioia  e  della  superbia  materna  della 
punita  madre  :  «  Ich  zerfloss  fast  in  bitter-siissen  Trànen 
bei  dem  Gefiihl  dass  ich  nie  an  Fleisch  von  meinem  Flei- 
sche  das  matte  Herz  gedriickt  !  »  (68).  Ora,  quando  nel 
1808,  alcuni  mesi  prima  della  concezione  della  Kune- 
gunde,  gli  giunse  la  notizia  che  sua  moglie  aveva  avuto 
da  Kunth  una  bambina,  egli  esultò  di  gioia  come  se  la 
figlia  fosse  sua  propria.  E  questo  non  è  una  similitudine,  ma 
una  anormale  esaltazione  psicologica  che  si  espresse  in 
poesie  e  in  salmi  da  lui  mandati  a  sua  moglie  come  risposta 
della  notizia  ricevuta,  e  lo  condusse  alla  promessa  di  la- 
sciarle il  proprio  patrimonio  in  eredità,  promessa  non  man- 


(67)  «Blatter  f.  1.  U.  ».    1834,  cit..  p.    1338-40. 

(68)  Ausg.   Schr.,   XIV.   p.    147. 


//  dramma  cattolico  393 


tenuta  poi,  perchè  Kunth  si  rifiutò  al  desiderio  di  educare 
la  bambina  nella  religione  cattolica.  Nella  poesia  in  po- 
lacco, da  lui  tradotta  in  tedesco,  si  dice  fra  altro  : 

Ich  habe  vor  Freude  geweint, 
Als  ich  horte  dass  du  Mutter  warest  : 
Sei  gliicklich  mit  deinem  Manne, 
Gott  segne  euch. 

Deine  Tochter  wird  auch  die  meinige  sein  ; 
Sie  ist  das  Kleinod  meines  Herzens. 
Zufrieden  werde  ich  zum  Tode  gehen, 
Wenn  Gott  euch  segnet  (69), 

Fin  qui  egli  resta  ancora  nel  senso  esatto  della  realtà  ; 
ma  l'esaltazione  lo  travolge  poi,  ed  egli  afferma  quella 
bambina  esser  davvero  sua,  sua  davanti  a  Dio,  mandata 
da  Dio  a  lui  per  confortarlo  nella  sua  vita  errante  e  mise- 
randa :  «  Gott  der  Herr  segne  das  geliebte  Kind  der  treffi- 
chen  Mutter,  die  Hoffnung  und  letzte  Prende  meines 
einsamen  Lebens,  wrelches  ich  fiir  das  meinige  in  reinem 
frommen  Sinne  betrachte...  Das  w^iinscht  der  einsame  der... 
bei  dem  Empfange  des  freudebringenden  Briefes  Freude- 
trànen  geweint  hat  ))  (70). 

Fantasie  malate  di  un  malato,  ma  quanto  sfrenata  sia  la 
sua  immaginazione  basterebbe  a  mostrare  accanto  a  questo 
fatto  la  specie  di  presentimento  che  lo  colse  assistendo 
alla  sopraricordata  rappresentazione  della  Sunamite  :  che 
non  la  Staèl,  ma  Dio  stesso  attraverso  di  lei  avesse  scritto 
il  dramma,  e  che  Dio  forse  voleva  per  questa  via  —  «  die 


(69)  GOLDSMITH,    op.    cit.,    p.    48. 

(70)  Ibid.,  p.  50. 


394  Zacharias  Werner 


Bekehrung  einer  eitlen  Mutter  durch  den  Tod  ihrer  To- 
chter  ))   (71)  —  ricondurla  a  sé! 

Il  Werner  riversò  il  suo  proprio  sentimento  in  tutta  la  tra- 
gedia. La  pittura  delKamor  paterno  ne  è  Tanima.  Arduino 
non  vive,  non  lotta,  non  agisce  se  non  nel  pensiero  con- 
tinuo di  suo  figlio  Florestano.  Enrico  si  tortura  nel  pen- 
siero della  impossibilità  di  divenire  padre  : 

Gottes  reiner  Wille, 
Durch  ihren  Mund  gesprochen,   ist,  dass  ich  kinderlos, 
Allein     zieh'   an  den  Vatern  in  Aller  Mutter  Schoss. 
Drum  hab'  ich  fast  beschlossen  der  Krone  zu  entsagen  ! 
Nur  wer  des  Hauses  Valer,  kann  cine  Krone  erlragen. 

Per  Arduino  il  Werner  ripete  il  tema  della  Sunamite: 
—  le  ricordate  parole  del  Tagebuch  non  lasciano  dubbio 
che  di  qui  l'idea  gli  sia  venuta  — ,  fa  convertire  Arduino 
facendogli  morire  il  figlio.  Annunciano  ad  Arduino  che 
suo  figlio  è  morto:  che  cosa  gli  importa  più  la  corona,  ìa 
vita  ?  ((  Es  zieht  zu  Grabe  meine  Kraft  ».  Vi  è  una  pa- 
rola sconsolata,  la  più  sconsolata  di  tutte  le  parole,  che 
toglie  ogni  luce  e  ogni  bellezza  al  mondo  :  ((  Kinderlos  !  » . 

Ma  colei,  in  cui  questo  sentimento  assume  la  forma  pa- 
tologica che  esso  nel  Werner  ha  assunta,  è,  dicemmo, 
Kunegunde.  Essa  ha  fatto  voto  di  castità  a  Dio  e  lo  ha 
mantenuto;  ma  la  «  Sehnsucht  »  verso  un  figlio,  sangue 
del  suo  sangue,  non  le  lascia  tregua,  le  turba  continuamente 
la  fantasia. 

Wenn  auch  zu  Gott  schwebt  die  Seele  der  Frommen, 
Schmachtet  ihr  Herz  doch  voli  sehnenden  Harm. 
Darum  herzt  sie  so  schmerzhaft  die  Kleinen, 
Den  Eid  bejammernd,  den  heilig  sie  schwur. 


(71)  Ausg.  Schr.,  XIV,  p.    148. 


//  dramma  cattolico  395 


E  in  verità  l'idea  del  bambino  assedia  la  sua  imma- 
ginazione :  è  primavera  ed  essa  dice  : 

Wenn  ich  so  heute  tu'  um  mich  schauen 

Die  Pracht  des  Lenzes,  den  Schmelz  der  Auen, 

Ist  mir  's  als  hab'  sie  der  Herr  sich  vermahlt, 

Und  sich   zu  Lieblingskindern  die  Bliiten  auserwahlt. 

Parla  dei  suoi  sogni  e  dice  :  a  Lieb  waren  mir  die  Ge- 
danken  —  wie  Kinder  !  »  —  Quando  si  decide  ad  andar 
da  Arduino  lo  fa  perchè  pensa  di  mostrarsi  come  a  Mutter 
des  Volkes  »  : 

Ein  reines  Mutterwerk  einmal  in  meinem  Leben 
Zu  tun! 

Quando  prega,  il  Signore  le  appare  come  Ta  ewiger 
Vater  »  ;  quando  annunciano  ad  Arduino  la  morte  di  suo 
figlio,  gli  dice:  «  Uns  Kinderlosen  Frieden  !  ».  Non  solo; 
ma  il  Werner  conduce  Kunegunde  ad  una  vera  esal- 
tazione. 

Kunegunde  si  immagina,  quando  ode  l'annuncio  della 
morte  del  figlio  di  Arduino,  che  Iddio  ascolti  e  appaghi  il 
suo  desiderio  e  che  il  figlio  di  Arduino,  il  quale  morendo 
riconduce  sulla  retta  via  il  padre,  diventi,  in  certo  modo, 
spiritualmente  suo  proprio  figlio.  Il  figlio  d'Arduino  è  colui 
che  rende  efficace  la  sua  intrapresa:  egli  è  anche  il  figlio 
suo  proprio.  Egli  le  appare  : 

Der  goldne  Jiìngling  am  Rubinentron, 

Ist  das,  o  Herr,  mein  lang  ersehnter  Sohn? 

Ed  essa  vaneggia  :  ((  Er  làchelt  mir  !  —  Mein  Sohn  ist 
es,  den  mein  Glaub'errang  !  ».  Quando  ritorna  in  sé  dalla 
sua  manìa,  ha  di  nuovo  la  visione  chiara  della  realtà. 


3%  Zacharias  Werner 


Ich  arme  durfte  nie  ais  iMutter  mich  erfreu'n, 

Kein  Sohn  begrabt,  beweint  mein  schlummerncies  Gebein, 

Ich   —   kinderlose   —    sterb'    allein  ! 

Ma  la  manìa  la  riprende  :  rivede  il  fantasma  : 

Also  sah  den  Jiingling  ich  im  Strahle  glùhn, 

Ich  des  Greisen  Sohn  einst  mlr  als  Sohn  entbliihn. 

Il  figlio  di  Arduino  è  il  biondo  giovinetto  Florestano  e 
Kunegunde  —  nella  sua  allucinazione  —  lo  vede  come  egli 
è  realmente.  Il  caso  ha  dei  riscontri  patologici  che  forse 
il  Werner  ebbe  presenti  quando  concepiva  il  caso  suo. 

E  Kunegunde  —  poiché  Florestano  non  è  morto  — 
esclama,  quando  si  rivede  innanzi  vivente  il  fantasma  che 
le  apparve  nella  visione: 

Bist  du  's,  schoner  Jiingling,  ihm  und  mir  verwandt, 
Der  im  Morgendammer  liebend  mich  umwand? 
Du  —  Harduins  Sohn  —  mein  Einziger? 

In  questo  modo  Kunegunde  finisce  con  diventare  una 
malata  ossessa  da  un  vano  desiderio  di  maternità  :  di- 
venta con  ciò  una  figura  tragica,  ma  è  percorsa  nella  sua 
malattia  da  brividi  di  voluttà  fantastica,  che  sono  ab- 
bastanza singolari  in  una  santa. 

E  voi  —  già  nella  figura  stessa  di  Kunegunde  —  ve- 
dete confluire  le  due  tendenze  opposte,  che  dicemmo  al- 
ternarsi nel  dramma. 

Anche  altri  particolari  mostrano  come  il  Werner  abbia 
acconsentito  ora  al  nuovo  indirizzo  cattolico  e  ora  invece 
all'antico  indirizzo  erotico-mistico. 

Del  suo  nuovo  Cattolicismo  le  traccie  nel  dramma  sono 
molto  numerose.   Prima  di  tutto  la  santità  di  Kunegunde 


//  dramma  cattolico  397 


e  dell'imperatore  Enrico:  santità  che  data  dal  principio 
stesso  della  tragedia.  La  storia  nuova  che  si  svolge  in 
loro,  produrrà  nuove  decisioni  e  nuove  azioni,  non  pro- 
durrà nella  loro  anima  un  sostanziale  mutamento.  Fin  dal 
primo  atto  essi  sono  due  creature  che  alla  causa  di  Dio 
han  sacrificato  la  loro  vita  e  i  loro  desideri  :  la  causa 
di  Dio  è  la  sola  fonte  di  tutta  loro  condotta. 

La  guerra  di  Enrico  contro  Arduino  non  è  la  guerra  di 
un  re  contro  un  ribelle,  non  è  una  questione  di  conquista, 
ma  una  quistione  di  trionfo  della  fede  cattolica  contro 
l'empietà  —  perchè  Arduino  pretende  di  ignorare  Dio  e 
di  infischiarsene.  Fede  cattolica:  il  Dio  di  Kunegunde 
non  è  più  l'Essere  supremo,  universale,  infinito,  inafferra- 
bile alla  nostra  corta  mente,  fonte  di  tutta  la  vita,  ma 
è  un  Dio  personale,  il  Dio  dei  Cattolici.  E  la  religione 
sua  è  la  vera  religione  di  Cristo.  Cristo  non  è  più  un 
simbolo,  o  un  «Mittler»,  ma  Dio  fatto  uomo,  che  per 
l'uomo  ha  patito  e  sofferto.  Ed  è  circondato  di  Santi. 
E  i  Santi  non  sono  più  allegorie  di  una  virtù,  ma  crea- 
ture terrene  un  tempo,  che  s'elevarono  verso  Dio  in  vita 
e  dalla  fede  cattolica  furon  sollevati  in  cielo.  E  nel  dramma 
continuamente  si  parla  di  Santa  Madre  Chiesa,  di  papi  e 
di  vescovi,  di  conventi  e  di  chiese,  di  ostie  e  di  comu- 
nioni, di  crocefissi  e  di  messe  e  di  cerimonie  sacre.  Si 
prega  —  e  non  più  il  Dio  indefinito  di  un  tempo  — ,  ma 
Cristo  nella  sua  Chiesa  durante  la  messa  ;  si  prepara  il 
((  Todesamt  )) ,  non  più  come  nella  Weìhe  der  Kraft,  ma 
secondo  il  rito  cattolico. 

Il  Cattolicismo  si  riverbera  necessariamente  anche  nella 
struttura  dell'azione. 

Io  ho  insistito  —  come  causa  della  libertà  con  cui  il 
Werner  tratta  la  materia  storica  —  sopra  il   sentimento 


398  Zacharias  Werner 


cattolico  da  cui  egli  era  diretto  e  ispirato.  Nel  pensiero 
cattolico  è  infatti  il  movente  vero  che  rende  necessaria  la 
complicazione  degli  avvenimenti  che  sopra  abbiamo  nella 
loro  genesi  ricostruiti. 

La  ragione  che  spinge  Kunegunde  a  recarsi  da  Arduino 
è  il  pensiero  che  Arduino  è  diventato  empio,  che  non 
solo  non  riconosce  più  nessun  principio  di  giustizia,  ma 
neppure  Dio.  Ed  essa  spera  di  convertirlo.  È  per  questa 
speranza  che  essa  si  decide  a  un  passo  così  pericoloso. 
Quando  essa  gli  si  presenta,  vede  gli  altari  rovinati  e  ab- 
battuti ed  è  colpita  da  ((  Entsétzen  »  :  ((  Zertrìimmert  dein 
Aitar  ?  ))  Essa  vede  d'un  tratto  Inferno  e  Paradiso  innanzi 
a  sé  spalancati  nell'altro  mondo;  «  Der  Meineid  schiirt  die 
Flammen  der  ewigen  Qual  !  »  grida  ad  Arduino  che  sta 
per  spergiurare.  Fa  il  segno  della  croce  scongiurando: 
((  Entweiche,  Hòllenmacht  !  )).  E  prega  per  Arduino  pec- 
catore, prega  Cristo  morto  in  croce  per  redimere  gli  uomini, 
prega  Maria  Vergine  Addolorata:  ((Bei  deinen  Klagen, 
Mutter  Gottes,  am  Kreuz,   erette  ihn  ». 

Non  soltanto  il  suo  Cattolicismo  la  conduce  ad  Ar- 
duino: il  suo  Cattolicismo  fa  che  il  voto  di  castità,  che 
essa  fece,  le  resti  malgrado  il  pentimento,  malgrado  l'amore, 
infrangibile.  Ha  fatto  quel  voto  con  libertà  e  nessuno  più 
lo  può  sciogliere:  essa  deve  resteurgli  fedele.  È  quindi  il 
nodo  stesso  da  cui  tutta  l'azione  deriva,  che  ha  nel  nuovo 
cattolicismo  del  Werner  la  sua  origine. 

E  cattolico  sarà  anche  l'epilogo  della  storia.  Arduino 
finisce  in  un  convento,  l'imperatore  Enrico  desidererebbe 
di  fare  altrettanto.  Nel  chiostro  da  lei  fondato  si  ritira 
Kunegunde,  sebbene  la  storia  nani  che  essa  compì  tale 
passo  solo  dopo  la  morte  del  marito.  La  risoluzione  che 
essa  prende  di  lasciare  per  il  chiostro  suo  marito  non  può 


//  dramma  cattolico 


399 


spiegarsi  altrimenti  che  partendo  dalla  sua  concezione  cat- 
tolica della  vita:  cioè  dall'idea  che  la  vita  del  chiostro, 
interamente  sottratta  al  mondo,  sia  la  più  pura,  e  sia  cioè 
quella  sola  a  cui  Kunegunde,  una  santa,  è  adatta.  Natu- 
ralmente il  Werner  cerca  di  dare  all'azione  una  motiva- 
zione psicologica  e  con  ciò  una  poetica  verità  ;  ma  i  par- 
ticolari dell'azione  furono  suggeriti  prima  dal  pensiero 
cattolico,  e  poi  motivati  psicologicamente  in  seguito.  Così 
i  personaggi  son  cattolici  e  il  dramma  intero  posa  in  certo 
modo  sopra  un  pensiero  cattolico. 

A  questo  Cattolicismo  si  accompagna  però,  come  prima 
avvertimmo,  l'erotismo  mistico  in  molti  altri  particolari.  Il 
Werner  infatti  fa  innamorare  anche  Kunegunde  —  una 
donna  non  innamorata  è  per  la  fantasia  del  Werner  un 
assurdo  —  e,  trattandosi  di  una  santa  che  non  può  mac- 
chiarsi di  colpa,  la  fa  innamorare  di  quell'amor  vero  che 
rappresenta  la  suprema  elevazione   spirituale. 

Colui  di  cui  essa  si  rivelerà  innamorata  è  il  figlio  di  Ar- 
duino, Florestano.  La  sensualità  voluttuosa  della  sua  osses- 
sione di  maternità,  la  sensualità  voluttuosa  di  quella  sua 
allucinazione  che  il  figlio  di  Arduino  sia  diventato  suo 
figlio  eromperà  in  quello  scoppio  finale  di  passione  amorosa. 

Kunegunde  è  stata  riconosciuta  mentre  andava  al  campo 
di  Arduino  :  il  fatto  è  stato  riferito  al  re  che  naturalmente 
pensa  che  sua  moglie  conceda  ad  altri  quanto  a  lui  nega; 
Kunegunde  non  può  confessare  la  verità  perchè  è  legata 
dal  giuramento  fatto  ad  Arduino;  tutte  le  apparenze  sono 
contro  di  lei  —  non  rimane  che  il  giudizio  di  Dio.  Vien 
bandito  il  torneo.  Nessuno  si  presenta  a  difender  la  purità 
della  regina,  tutti  si  mostran  vili  di  fronte  al  guerriero  te- 
muto che  ne  sostiene  la  colpa.  Vonebbe  scendere  il  re 
nell'arena,  perchè,  malgrado  tutto,  egli  —  come  marito  — 


400  Zacharias  Werner 


non  può  persuadersi  che  sua  moglie  sia  colpevole,  ma  le 
leggi  lo  vietano.  Finalmente  si  presenta  un  biondo  giovi- 
netto imberbe,  bellissimo  come  un  angelo:  è  Florestano, 
il  figlio  di  Arduino,  di  cui  era  stata  annunciata  ad  Arduino 
falsamente  la  morte.  Egli  si  è  innamorato  della  regina,  che 
ha  visto  passare  nella  notte  mentre  egli  montava  di  guardia 
ed  ella  si  recava  da  Arduino.  Egli  si  presenta  e  vince. 
Ma  sconta  la  sua  vittoria  e  muore  della  ferita  riportata. 
Kunegunde  assiste  al  torneo  ed  è  tutta  sconvolta  quando 
vede  che  quel  giovinetto  eroe  corrisponde  perfettamente 
alla  figura  del  fanciullo  che  le  apparve  nelle  sue  visioni. 
E,  com'egli  combatte  e  vince,  quel  sentimento  che  era 
prima  apparso  come  un  riverbero  della  sua  brama  di  ma- 
ternità, incomincia  a  rivelarsi  per  quel  che  era:  amore. 
E  com'egli  muore,  e  la  pietà  s'aggiunge  per  il  giovinetto 
morto  per  lei,  la  passione  scoppia  irrefrenabile  nella  sua 
anima  ancor  vergine: 

Er  —  mein  Geliebter  —  war  *s  —  Ja,  jetzt  ist  *s  Ehebruch! 

Tutto  quanto  il  misticismo  erotico  w^erneriano  si  ritrova 
qui,  dalla  teoria  della  predestinazione  a  quella  del  raggiun- 
gimento dell'amore  nella  morte. 

Il  ripetersi  della  teoria  d'amore  produce  il  ripetersi 
dalla  figura  del  ((  Mittler  »  che  la  enuncia.  La  figura  di 
Adalbert,  di  Therese  e  Theobald,  di  Libussa,  di  Leone  ri- 
torna in  Romuald,  il  santo  monaco  eremita  che  vive  nella 
solitudine  ed  ha  una  misteriosa  sapienza,  una  diretta  ispira- 
zione da  Dio,  e  fa  quindi,  anch' egli,  come  tutti  i  suoi  prede- 
cessori, il  mezzano,  essendo  che  l'essenza  divina  della  vita 
consista  nell'amore.  È  lui  che  ha  custodito  Florestano, 
lui  che  sa  che  Kunegunde  si  reca  nel  campo  avversario 


//  dramma  cattolico 


401 


€  perchè  vi  si  rechi,  lui  che  annuncia  ad  Arduino  la  falsa 
notizia  della  morte  del  figlio  per  indurlo  a  cedere  all'in- 
vito di  Kunegunde,  lui  che  ha  il  presagio  delle  grandi 
cose  che  stanno  per  compiersi,  lui  che  manda  Florestano 
a  tempo  opportuno  nel  campo  dell'imperatore  Enrico, 
perchè  egli  possa  compiere  l'azione  eroica,  lui  quindi  che 
provoca  lo  scoppio  della  passione  di  amore,  ed  è  natural- 
mente lui  ancora,  che,  alla  fine,  quando  tutto  si  è  così 
complicato  che  non  trovate  più  dal  punto  di  vista  umano 
nessuna  via  di  uscita,  risolve  l'intrico,  che  egli,  come 
diretto  inviato  di  Dio,  ha  prodotto. 

Romuald  darà  anche  alla  fine  del  dramma  la  spiegazione 
mistica  delle  vicende  a  cui  l'uditore  ha  assistito.  Romuald 
annuncia  infatti  a  Enrico  che  Dio  gli  rivelò  in  sogno  tutto 
quanto  succede. 

Predestinazione  e  fatalità  s'adattavano  al  dramma  cat- 
tolico e  il  Werner  riproduce  qui  la  fatalità  del  24  Feb- 
braio, personificandola  in  Romuald  e  rendendola  così  at- 
tiva e  così  formatrice  che  l'indagine  psicologica  diventa 
quasi  superflua  e  sprecata.  Romuald  è  più  attivo  per  il 
dramma  che  sant'Adalberto  medesimo  :  sant'Adalberto, 
essendosi  formata  la  crisi,  interveniva  a  risolverla,  Ro- 
mualdo la  forma  e  la  risolve. 

Questa  così  grande  parte  che  Romuald  ha  nell'azione 
dipese  dal  fatto  che  il  Werner  cercò  con  questo  mezzo 
di  far  rientrar  con  forza  il  suo  pensiero  erotico-mistico 
nello  spirito  cattolico  dell'opera.  Egli  stesso  avvertì  la 
contraddizione  esistente  fra  le  due  tendenze  a  cui  il  suo 
dramma  era  ispirato,  ma  invece  di  conciliarle  le  imbrogliò 
in  tal  modo  anche  maggiormente. 

L'urto  infatti  fra  le  due  tendenze  è  continuo.  Prima 
<ii  tutto  come   conciliare   la   sensualità   erotica  di   Kune- 

G.   Gabetti,  //  dramma  di  Z.    Werner.  26 


402  Zacharias  Werner 


gunde  con  lo  spirito  di  santa,  che  il  Werner  in  lei  vuole 
rappresentare  ?  Come  conciliare  la  santificazione  del- 
Tamor  suo  adultero  con  l'indissolubilità  del  matrimonio  che 
la  Chiesa  predica  ?  Se  poi  togliete  all'avventura  amorosa 
di  Kunegunde  ogni  ombra  di  colpa,  sopprimete  anche  la 
base  della  tragedia.  Perchè  allora  Kunegunde  stessa  nel- 
l'ultimo atto  decide  di  ritirarsi  in  un  chiostro  ad  espiare  > 
Se  essa  si  sentisse  pura,  perchè  dovrebbe  espiare  ?  E  non 
è  strano  che  quel  Dio  medesimo  che  l'ha  predestinata 
a  santa  l'abbia  pur  predestinata  all'amor  di  Florestano  e 
le  faccia  compiere  quell'adulterio  spirituale  ? 

L'inconciliabilità  si  fa  poi  tanto  piìì  sentire,  inquantochè 
le  due  tendenze  nella  costruzione  dell'azione  continua- 
mente si  intersecano,  e  si  motivano  vicendevolmente.  Il 
Werner  fa  innamorar  Kunegunde,  perchè,  gittata  in  lei 
un'ombra  di  colpa,  se  ne  sviluppi  la  situazione  tragica  e 
la  soluzione  finale  del  chiostro.  Ma,  essendo  d'altra  parte 
Kunegunde  una  santa  cattolica,  il  Werner  deve  riconere  a 
quella  anormale  complicazione  psicologica  di  amor  ma- 
terno ed  amor  sessuale  :  una  santa  cattolica  sa  il  suo  do- 
vere e  custodisce  sé  stessa:  come  potrebbe  altrimenti  sor- 
gere in  lei  l'amore  ?  E  vi  sentite  più  urtati  dal  fatto, 
in  quanto  che  la  storia  di  amore  appare  una  superfetazione 
non  necessaria,  perchè  bastava  l'andata  misteriosa  di  Ku- 
negunde al  campo  di  Arduino  per  provocar  nell'animo  del 
re  quel  tumulto  di  passioni,  che  conduceva  al  giudizio  di 
Dio.  Il  dramma  è  farraginoso  in  tutti  i  trapassi  dall'uno  al- 
l'altro dei  due  elementi  su  cui  esso  è  combinato,  la  verità 
poetica  e  l'unità  intima  della  tragedia  sono  distrutte. 

Quando  la  materia  di  un'opera  è  ancor  così  contraddi- 
toria e  disorganica  e  informe,  quando  nell'anima  del  poeta 
non  vi  è  quell'unità  di  coscienza  in  cui  solo  la  materia 


//  dramma  cattolico  403 


I 


può  organizzarsi  e  unificarsi,  il  poeta  non  può  essere  com- 
pletamente preso  dalla  sua  opera  e  non  può  neppur  espli- 
carvi il  suo  talento  e  la  sua  personalità.  Così  il  Werner 
fallì  con  questo  dramma  anche  dal  punto  di  vista  tecnico. 
Egli  ora,  incerto  e  malsicuro,  si  ripose  nuovamente 
sulle  orme  del  Tieck.  La  Genovefa  gli  stava  presente 
quando  componeva.  La  figura  di  S.  Genovefa  è  il  pro- 
totipo di  Kunegunde.  Vi  è  in  lei  la  stessa  rassegna- 
zione, lo  stesso  spirito  di  dolcezza,  di  abnegazione,  la 
stessa  immersione  di  tutti  i  sentimenti  in  un  bagno  di  reli- 
giosità cattolica,  la  stessa  natura  passiva  ed  elegiaca.  Ge- 
novefa —  dice  Kunegunde  —  è  la  sua  «  Bas'am  Rheine  », 
e  si  fa  leggere  dalla  sua  nipote  tutta  la  storia  di  lei. 

Als    nun   Genovefa   in   der   Wiiste    sass, 
Nackend  und  in  Tranen  sie  da  Wurzeln  ass, 
Preiste  Gott  den  Herrn  doch  ohne  Unterlass,  etc. 

L*  addio  che  Enrico  le  ha  dato  prima  di  recarsi  in  guerra 
ricorda  assai  davvicino  l'addio  dato  a  Genovefa  dal  suo 
marito  e  signore.  Tutti  e  due  lodano  la  purità  angelica, 
la  fedeltà,  l'amore  incondizionato  e  incontaminato  della 
loro  moglie  :  tutti  e  due  la  celebrano  come  un  essere  su- 
periore sceso  dal  cielo  sulla  terra  a  diffondere  sorriso  e 
luce  e  serenità.  Tutti  e  due  si  trovano  —  tornando  — 
spinti  a  sospettare  della  sua  fedeltà,  tutti  e  due  sono  scon- 
volti internamente  cosicché  non  sanno  quasi  più  quel  che 
si  fanno.  Tutti  e  due  riconoscono  alfine  la  verità.  E  il 
contegno  di  Kunegunde  ricorda  quello  di  Genovefa  :  tutte 
e  due  si  consolano  nella  loro  purità,  nel  godimento  reli- 
gioso, riposano  nella  loro  elegiaca  a  Stimmung  )).  Andranno 
in  seguito  le  loro  vie  per  direzione  diversa,  ma  il  ricordo 
del   Tieck  è   indiscutibile. 


404  Zacharias  Werner 


La  differenza  fra  il  Tieck  e  lui  è  in  fondo  questa  :  che 
il  Werner  aveva  davanti  al  suo  quadro  cattolico  una  cre- 
denza per  molta  parte  assoluta.  La  differenza  è  profonda, 
ma  dal  punto  di  vista  estetico,  di  effetto  nullo:  inquanto- 
chè  la  condizione  essenziale  è  la  credenza  del  poeta;  se 
essa  scaturisca  da  una  vivacità  di  fantasia  d* artista,  o  da 
fede  nel  senso  vero  della  parola,  non  importa. 

11  Werner  ripetè  quindi  il  Tieck  anche  nella  forma: 
condotto  dalla  nuova  tendenza  alla  ricerca  di  una  forma 
nuova,  non  riuscendo  a  raggiungerla  per  la  sua  interna  in- 
certezza, si  volse  a  quella  che  il  dramma  cattolico  del 
Tieck  gli  offriva  già  concretata  e  stabilita.  Egli  era  riu- 
scito nella  serie  dei  suoi  tentativi  di  drammi  a  far  domi- 
nare l'azione  sopra  gli  ((  Stimmungsbilder  » .  L'azione  in- 
gigantiva e  travolgeva  tutti  i  momenti  che  il  Werner  pre- 
sentava. Era  come  un  soffio  veemente  che  trascinava  e 
che  nel  24  Febbraio  si  affermò  con  tutta  pienezza.  L'a- 
zione ora  procede  invece  di  nuovo  in  una  serie  di  quadri 
staccati  come  una  serie  di  episodi,  e  il  quadro  è  riempito 
di  materia  superflua. 

Vi  è  nell'opera  anche  dal  punto  di  vista  della  sceneg- 
giatura una  vera  disgregazione  (72). 


(72)  Accanto  alla  influenza  romantica  rifattasi  più  forte  e  più  deci- 
siva è  pure  da  rilevare  un  nuovo  risorgere  di  influssi  Calderoniani,  che 
dopo  il  Kreutz  an  der  Ostsee  si  erano  affievoliti  e  che  solo  ancora 
nella  fantastica  grandiosità  della  concezione  deìV Attila  e  nel  tono 
realistico  che  il  24.  Februar  ha  comune  con  la  Devoción  de  la  Cruz 
(si  confronti  anche  qualche  particolare:  ad  es.,  il  segno  d'ascia  sul 
braccio  di  Kurt  e  nel  C.  la  croce  sul  petto  di  Julia)  si  erano  rin- 
novati. È  un  po'  alle  letture  del  Calderon  fatte  a  Coppet  in  com- 
pagnia dello  Schlegel  e  di  Madame  de  Staèl  che  devono  esser  attri- 
buiti il  carattere  quasi  di  dramma  di  intreccio  che  la  Kunegurtde  è 
venuta  assumendo  e  la  libertà,  anzi  confusione  tecnica,  nello  allacciar 
gli  episodi,   che  qui  lamentiamo. 


é 


//  dramma  cattolico  405 


I 


Vi  trovate  innanzi  non  soltanto  a  una  grande  imma- 
turità e  confusione  di  concezione,  ma  a  uno  spirito  svo- 
gliato e  stanco.  Vedemmo  quanto  poche  notizie  si  ab- 
biano intorno  alla  composizione  del  dramma  ;  ma  anche 
questo  carattere  così  evidente  induce  a  credere  quanto 
già  sostenemmo:  non  avere  stavolta  il  Werner  scritto  di 
un  fiato  come  soleva,  ma  in  tempi  diversi,  senza  un'unità 
di  stato  d'animo  e  senza  l'impeto  d'ispirazione  che  gli 
era  proprio. 

La  nuova  profonda  crisi  religiosa,  assorbendo  tutta  la 
sua  vita  interiore,  affievoliva  la  libera  attività  creatrice 
della  fantasia.  Nell'opera  di  poesia  una  crisi  spirituale  può 
riflettersi,  ma  risolvendovisi,  in  quanto  il  poeta  ne  diventa 
conscio,  ne  trova  la  soluzione,  la  obiettiva  in  una  rappre- 
sentazione esterna  e  in  tal  modo  se  ne  libera.  Ora  invece  la 
crisi  era  ancora  in  formazione,  lontana  dal  momento  fi- 
nale. Come  dimenticarsi  completamente  nel  mondo  del- 
l'immaginazione con  quell'oblìo  totale  di  se  stessi  che 
la  creazione  richiede  ? 

Persino  nel  ritrane  la  vita  patologica  di  Kunegunde 
riuscì  il  Werner  distratto  e  fiacco.  Preoccupato  sopratutto 
della  sua  santità  cattolica,  egli  trascurò  quella  analisi  rea- 
listica della  sua  malattia,  che  in  altre  opere  aveva  già 
dato  di  altre  creature.  II  processo  sentimentale,  che 
esponemmo,  è  segnato  infatti  saltuariamente  in  modo 
diseguale.  Che,  ad  esempio,  sia  un'allucinazione  momen- 
tanea quella  che  ha  Kunegunde  di  Florestano  è  mostrato 
dal  fatto,  che  essa,  acquistata  coscienza  di  sé,  considera 
il  fatto  come  un'illusione;  ma  il  modo  come  ciò  avviene 
non  mostra  chiaro  questo  carattere.  Proprio  quando  annun- 
ciano ad  Arduino  la  morte  di  suo  figlio,  ha  Kunegunde  la 
sua  visione  —  essa  si  immagina  di  acquistare  un  figlio  e  lo 


406  Zacharias  Werner 


vede  com'è.  Il  modo  come  ciò  è  rappresentato  ha  più  del 
miracolo  che  dell'allucinazione. 

Momenti  felici  vi  sono  ancora:  il  primo  incontro  fra 
Kunegunde  e  Arduino,  lo  scoraggiamento  di  Arduino,  la 
disperazione  dell'imperatore,  la  decisione  del  Giudizio 
di  Dio,  che  strappava  le  lagrime  alla  principessa  di  Rudol-, 
stadt-Schw^arzburg,  la  desolazione  rassegnata  di  Kune- 
gunde dopo  che  il  sospetto  del  re  è  caduto  su  di  lei.  In 
generale,  però,  avete  anche  nei  motivi  singoli  continue  ri- 
petizioni di  temi  drammatici  già  incontrati  in  drammi  an- 
teriori (73). 

E  come  le  ripetizioni  son  lontane  dal  modello  !  Il  Werner 
imita  e  non  raggiunge  se  stesso.  Che  differenza,  ad  es., 
fra  il  finale  della   Wanda  e  quello  della  Kunegunde  ! 


(73)  Il  Werner  si  ripete  nella  figura  del  Markgraf  Heinrich  von 
Nordgau,  falso  e  traditore,  che  assume  le  parti  dell'imperatore  nel 
giudizio  di  Dio  ;  si  ripete  nella  scena  centrale  in  cui  lo  Herzog  mette 
a  posto  l'imperatore  che  vuol  mettere  in  carcere  Irner  e  vuole  scendere 
egli  stesso  in  campo  per  difendere  l'onore  di  Kunegunde,  così  come 
il  Churfiirst  metteva  a  posto  Carlo  V  che  voleva  da  solo  risolvere 
la  quistlone  di  Lutero  —  l'uno  e  l'altro  personificazioni  del  diritto 
e  della  giustizia  ;  si  ripete  nella  costruzione  della  scena  in  cui  si  decide 
il  giudizio  di  Dio  con  una  enumerazione  di  tutte  le  forme  in  cui  il  caso 
si  può  risolvere  ;  si  ripete  nella  figura  di  Luitgardis  data  a  compagna 
di  Kunegunde  come  Melitta  di  Wanda  o  come  Therese  di  Kaiharina 
von  Bora  ;  si  ripete  nello  sfruttamento  della  cerimonia  funebre  già  usata 
nel  Lutero;  si  ripete  nella  calma  dello  svolgimento  finale  nell'ultimo 
atto,  ove  Kunegunde  è  così  ferma  nella  sua  tristezza  e  nella  sua  riso- 
luzione come  Wanda  nel  suo  proposito  di  morte,  e  dove  la  costruzione 
delle  scene  s'ispira  alla  medesima  calma.  Tra  i  modi  di  ottener  questa 
calma,  ripete  il  Werner  quello  di  far  raccontare  ed  annunziare  anziché 
presentar  direttamente  un'azione.  Fa  che  Kunegunde  mandi  all'impera- 
tore una  lettera  annunciantegli  i  suoi  propositi,  invece  che  rappresentare 
quella  sua  prostrazione  spirituale  che  naturalmente  succede  all'esalta- 
zione erotica  che  è  su  di  lei  passata  ;  si  ripete  facendo  che  Enrico 
imperatore  accetti  rassegnato  il  suo  destino  come  Molay  accettava  il  suo. 


//  dramma  cattolico  407 


I 


Alles    ist   gescheh'n! 

Jetzt  kann  ich  zur  Ruhe  geh'n. 

Come  è  lontana  la  forza  drammatica  della  scena  cen- 
trale da  quella  raggiunta  nel  Lutero  quando  il  corteo  sfi- 
lava dinnanzi  al  riformatore  !  Com'è  lontana  la  forza  dram- 
matica della  cerimonia  funebre,  precedente  al  giudizio  di 
Dio,  veduta  attraverso  le  parole  di  Brigitta,  dalla  ceri- 
monia funebre  della  morta  Therese  ! 

Lo  ((  altdeutscher  »  colorito,  vantato  nella  lettera  al 
Goethe,  si  riduce  alla  declamazione  finale  di  Kunegunde 
che,  per  lusingare  in  nome  del  poeta  l'orgoglio  di  tutti 
i  protettori  passati,  presenti  e  futuri,  annuncia  le  glorie  di 
casa  Hohenstaufen,  di  casa  Habsburg  e  della  schiatta  di 
Zollern  e  di  Hessen;  le  glorie  di  Maria  Teresa,  di 
Pio  VII,  di  Luisa  regina  di  Prussia: 

Volk!  deutsches  Volk  !  sei  treu!  Habsburg  und  Zollern  wacht! 

si  riduce  alla  declamazione  fatta  da  Kunegunde  sopra  la 
bellezza  della  Sassonia  ((  Paradieseshallen  »  o  al  motto  del 
lascia-passare  : 

Trotz   dem   Teufel   die   deutsche   Frau. 

Anche  il  colorito  italico  manca  o  è  ridotto  a  ben  poca 
cosa  (74):  che  differenza  vi  è  fra  il  caunpo  di  Arduino  e 


(74)  Un  particolare  chiarimento  esige  l'influenza  dell'Italia  sul 
Werner.  Il  Werner  nel  primo  periodo  razionalistico  fu  ostile  all'Italia, 
che  considerava  sede  dell'oscurantismo  e  dell'ignoranza,  così  da  venirne 
tratto  a  condannare  senza  averlo  letto  anche  il  Tasso  e  a  ripudiar  Vir- 
gilio ;  in  seguito  egli  passò,  per  l'influenza  deWArdinghello  dello 
Heinse,  alla  concezione  dell'Italia  come  della  patria  del  godimento  sen- 
suale e  della  voluttà  e  cade  in  questo  secondo  periodo  la  traduzione  in 


408  Zacharias  Werner 


il  campo  dell'imperatore  ?  O  vuol  dire  Italia  forse  ribel- 
lione e  debolezza  ?  La  eco,  che  i  paesaggi  del  ((  viel  ge- 
lobtes  Land  ))  trovano  nella  tragedia,  è  tutta  in  pochi  versi 
di  Kunegunde. 

Geht,  Kinder,  auf  Auen  und  Bergeshoh'n, 

Wenn   ihr   wollt   den   Herrn    in   der    Gloria   seh'n. 


tedesco  della  Biondolina  in  Gondoleta.  Questa  sua  concezione  fu  ix>* 
favorita  anche  dalla  lettura  del  Viaggio  in  Italia  dell'amico  Woida, 
che  egli  conobbe  a  Varsavia.  Cfr.  Briefe  iìber  Italien,  Warschau,  1802. 
Cfr.  ad  es.  il  voi.  Ili,  p.  408  e  segg.  :  «  Hinter  dem  lockenden  Aussern 
tobt  im  heissen  Busen  der  Wollust  verzehrend  Feuer  ;  der  Ausdruck  der 
Unschuld  ist  leere  Maske,  die  gròssten  Reize  des  Weiber,  Tugend  und 
Sittsamkeit  fehlen  ganz  etc.  »,  ed  è  naturale  che  perciò  egli  non  potesse 
condividere  la  nostalgia  d'Italia  dei  romantici  :  nella  Weihe  der  Kraft 
l'Italia  è  ancora  presentata  come  la  sede  della  antireligione  e  della  cor- 
ruzione. Solo  la  lettura  della  Corinne  di  Madame  de  Staèl  gli  fece  cam- 
biar opinione,  offrendogli  nell'Italia  un  paese  dove  gli  uomini  son  dotati 
di  vivace  sentimento  e  di  vivace  fantasia,  dove  gli  uomini  sono  facili 
all'entusiasmo  e  la  religione  è  ad  un  tempo  fede  e  arte.  L'avversione 
divenne  allora  amore,  anzi  un  vero  e  proprio  culto,  e  quando,  dopa 
di  aver  manifestato  il  suo  atteggiamento  nella  nuova  tragedia  Attila, 
egli  venne  in  Italia  nel  1808,  egli  vi  scese  come  verso  la  sua  vera 
patria  (Cfr.  Eintriii  in  Italien,  «  Ausg.  Schr.  »,  I,  168),  e  ne  nacque 
il  progetto  di  fare  una  esaltazione  dell'Italia  nella  Kunegunde,  progetto 
che  vedemmo  fallire  per  il  prevalere  di  altri  interessi  maggiori  nel  suo 
spirito. 

Col  suo  progressivo  avvicinamento  alla  conversione  l'Italia  si  trasformò 
poi  a  poco  a  poco  in  una  patria  del  Cattolicismo,  e,  quindi,  della  vera 
religione.  A  lungo  la  sua  nuova  concezione  unilaterale  lottò  contro 
l'influenza  delle  impressioni  del  soggiorno  fra  noi  dal  1810  al  1813 
e  contro  la  duratura  influenza  del  ricordo  della  Corinne,  ma  essa  si 
affermò  sempre  più  risolutamente,  come  si  può  vedere  anche  dalle 
stanze  Italien,  scritte  da  lui  nell'ottobre  del  1810  a  Roma  (Ausg.  Schr., 
II,  p.  1).  D'accordo  con  questa  evoluzione  è  pure  il  suo  atteggiamento 
verso  la  nostra  letteratura,  di  cui  sopratutto  la  Divina  Commedia  e  la 
Gerusalemme  liberata  vennero  da  lui  celebrate. 

Cfr.  su  questo  argomento  un  mio  articolo  in  corso  di  stampa  :  Italien 
in   Zacharias    Werners   Leben   und  Dichten. 


//  dramma  cattolico  409 


I 


Vor  allem  zu  diesem  welschen  Land 
Hat  er  sich  gnadigllch  gewandt. 

In    alien 
Landen  stròmt  Gottes  Liebeswallen, 
Doch  nie,  von  alien,  die  ich  sah, 
Als  hier  in  der  hehren  Italia, 
Und  sia  zumai  zu  schauen  im  Maien 
In  der  Fliisse  Crystall  sich  konterfeien, 
Wenn  die  weissen  Schlòsser  im  hoffenden  Griin 
Wie   Engel    in   Traumen    voriiberzieh'n. 
Die,    nimmer   befriedigt,    den   Busen  uns   fiillt. 
Die    liebende   Sehnsucht,    hier   wird   sie   gestillt. 

Anche  il  linguaggio  ha  perso  la  sua  forza  espressiva. 
Abbiam  veduto  derivare  alla  poesia  drammatica  del  Wer- 
ner, malgrado  le  deficienze  che  presenta,  una  innegabile 
forza  che  le  critiche  all'organismo  generale  e  alla  psico- 
logia dei  personaggi  non  riescono  a  distruggere,  dal  fatto 
che  il  Werner  creava  i  suoi  fantasmi  così  precisi  e  concreti 
che  egli  riusciva  a  veder  bene  nell'anima  loro  e  ad  espri- 
mere con  chiarezza  e  forza  i  sentimenti  che  nelle  anime  loro 
passavano.  Colorito  e  ricco  è  il  linguaggio  ancora,  ma 
diventa    impreciso    e    decorativo    (75).    Riferito    a    The- 


(75)  Il  cattolicesimo  della  Kunegunde  è  pur  dimostrato  dal  linguaggio. 
Come  il  Werner  si  era  foggiato  un  linguaggio  simbolico  apocalittico 
al  tempo  delle  sue  esaltazioni  massoniche,  come  poi  aveva  mutato 
il  repertorio  di  frasi  e  di  immagini  nel  periodo  dell'utopia  erotico  -  mistica, 
così  ora  egli  si  forma  una  maniera  nuova  attingendo  espressioni  alla 
vita  religiosa  cattolica.  In  quelle  traccie  di  influenze  bibliche,  che  il 
DegENHART  (op.  cit.)  elencò  senza  distribuirle  secondo  la  evoluzione 
poetica  del  Werner,  si  nota  in  questo  tempo  un  prevalere  di  influssi 
del  Nuovo  Testamento.  Ad  esse  sono  da  aggiungersi  gli  influssi  del 
linguaggio  della  liturgia  e  le  immagini  tolte  alla  vita  religiosa  cattolica. 


410  Zacharias  Werner 


rese  e  a  Theobald,  certo  linguaggio  etereo  caro  ai  ro- 
mantici, fatto  per  esprimere  sentimenti  ultraterreni,  si  ac- 
cordava con  il  carattere  dei  personaggi,  e  faceva  pas- 
sare davanti  agli  occhi  dei  lettori  dei  fantasmi  vaghi  ed 
evanescenti,  ma  esigenti  un  tale  linguaggio.  Il  Werner 
riferisce  ora  quel  linguaggio  a  Kunegunde  e  agli  altri  per- 
sonaggi terreni  e  proprio  in  certi  momenti  di  crisi, 
mostrando  che  il  poeta  non  è  riuscito  a  vedere  affatto  nel- 
l'anima loro  e  divaga  in  una  cucitura  e  in  un  ricamo  di 
frasi  vacue.  Il  difetto  rasenta  talora  il  ridicolo. 

O    Sonnenocean    Dreieinigkeit  ! 

Halt'    ein!  Zu   gross   ist  deine   Herrlichkeit  ! 

Il  difetto  non  consiste  solo  in  questo  ricorrere  a  vaghe 
divagazioni  mistiche,  che  mal  suppliscono  il  reale  pro- 
blema psicologico,  ma  in  un  generale  dar  di  cozzo  nel 
declamatorio  e  in  una  fredda  cerebrale  combinazione  di 
frasi.  Il  soliloquio  del  Kaiser  che  al  quinto  atto  si  lamenta 
della  sua  mala  sorte  è  un  contrasto  fra  la  primavera  e  la 
tetraggine  della  sua  anima. 

Doch  in  meines  Herzens  Grunde  war  es  schon  am  Morgen  Nacht 
Deine  Wetter  sind  verzogen,   doch  in  mir,   da  blitzt  die  Qual. 


Per  ben  sei  volte  nella  Kunegunde  torna  a  ogni  proposito  l'immagine 
dell'Ostia  e  nel  sonetto  scritto  in  Genova,  che  fece  incollerire  il 
Goethe,  è  paragonata  all'Ostia  nientemeno  che  la  Luna!  Quando  egli 
scende  in  Italia,  allora  nelle  sue  visioni  italiche  ogni  forma  di  vita 
diventa  la  celebrazione  di  un  mistero  religioso  :  l'Italia  è  un  tempio  : 
le  Alpi  ne  sono  le  colonne,  il  cielo  ne  è  la  cupola,  Roma  è  il 
tabernacolo  che  racchiude  il  Santissimo,  il  mare  che  ne  lambe  le 
spiaggie  celebra  l'eterna  cerimonia  religiosa  a  onore  dell'Onnipossente. 
Il  più  caratteristico  è  forse  per  questo  rispetto  il  sonetto  FrUhlings- 
nachtmal,  dove  il  vulcano  diventa  un  prete  che  dice  la  messa. 


//  dramma  cattolico  4 1 1 


Più  decorativo  ancora  è  il  finale  del  quarto  atto.  Kune- 
gunde  dice  le  già  ricordate  parole  —  ((  Mein  geliebter 
war  es.  Ja.  Jetzt  ist's  Ehebruch  »  — ,  e  l'imperatore  si 
copre  il  viso  con  le  mani,  pieno  di  disperazione  :  ((Nacht  !  », 
L'incontro  di  Arduino  e  dell'imperatore  è  nello  stesso 
stile.  Si  presenta  Arduino:  a  Memento  mori»,  e  l'impe- 
ratore :  ((  Was  forderst  du  ?  die  Krone  7  Nimm  sie  zuriick  ». 
Anche  la  lingua,  nel  senso  stretto  della  parola,  soffre  della 
fiacchezza  generale.  È  spesso  involuta  e  contorta,  manca 
dell'eloquenza  fluente  che  negli  altri  drammi  aveva.  Il 
barocchismo  stilistico  ricorda  il  Calderon,  ma  è  nel  Werner 
frutto  della  mancata  ispirazione. 


II. 


La  Kunegunde  però  mostra  il  formarsi  dell'ultimo  tipo 
di  dramma:  il  dramma  cattolico  che  il  Werner  comporrà 
sette  anni  dopo  nella  Mutter  der  Makkahder. 

La  Mutter  der  Makkahàer  è  nata  dopo  la  sua  conver- 
sione e  la  sua  consacrazione  a  prete,  dopo  che  la  crisi  e  il 
fermento  interiore  da  cui  la  crisi  era  stata  accompagnata, 
si  erano  composti.  Già  si  era  volto  alla  predicazione.  Già 
aveva  compiuto  la  rinuncia  completa  alla  ragione  per 
accettare  le  verità  evangeliche. 

La  utopia  erotico-mistica  è  non  solo  passata  definitiva- 
mente, ma  condannata.  Il  Werner  sceglie  un  argomento  in 
cui  l'amore  compar  solo  come  episodio  e  come  una  debo- 
lezza, che  non  sospinge  verso  il  cielo  ma  lega  alla  terra, 
sebbene  anche  sia  suscettibile  di  purificazione  e  di  eleva- 
zione. L'argomento  è  tolto  dal  secondo  libro  dei  Maccabei, 
integrato  dai  commenti  di  Sant'Antonio,  di  S.  Geroleuno  e 


412  Zacharias  Werner 


dì  San  Gregorio  Nazanzieno  (76).  È  il  sacrifìcio  di  sette 
figli  che  una  madre  fa  alla  causa  di  Dio  (77). 

È  la  rappresentazione  diretta  non  solo  della  santità, 
ma  del  martirio  (78).  Chiamammo  martiri  anche  i  perso- 
naggi degli  altri  drammi  ;  ma  vi  è  una  differenza  profonda 
fra  quei  drammi  e  la  nuova  tragedia,  per  questo  ri- 
guardo. In  quei  dranuni  la  morte  era  un  premio  in  con- 
formità delle  teorie  mistiche  su  di  cui  i  drammi  riposa- 
vano, nel  nuovo  invece  la  morte  è  ancora  un  premio, 
ma  è  la  conseguenza  della  fede  che  i  martiri  professano 
e  che  sostengono  contro  ogni  minaccia.  Nei  primi  la  morte 
era  cercata,  nei  nuovi  essa  è  subita  a  gloria  di  Dio  e  della 
sua  Chiesa.  Questi  ultimi  sono  i  martiri  cattolici  nel  vero 
e  proprio  senso  della  parola. 

Il  testo  sacro  raccontava  di  questa  madre  che  la  Chiesa 
ha  fatto  santa  con  i  suoi  figli  e  celebra  il  1°  Agosto  col 
nome  dei  Maccabei,  ma  non  ne  indicava  ulteriormente  la 
famiglia  e  la  stirpe.  Il  Werner,  ricorrendo  a  un  espediente 
che  il  nome  suggeriva,  fece  della  madre,  che  chiamò 
Salomè,  la  sorella  di  Giuda  Maccabeo,  il  famoso  con- 
duttore dell'esercito  ebreo  contro  i  Romani  e  i  Siriaci, 
contro  Demetrio  e  Antioco,  il  grande  conduttore,  la  cui 


(76)  Il  Werner  medesimo  addita  le  sue  fonti.  Ausg.  Schr.,  X, 
p.  VII-VIII.  Ad  esse  si  deve  aggiungere  la  Geschichte  Jesu  Christi  dello 
StoLBERG,    cit.,   voi.    V,    p.    142  e  segg. 

(77)  Per  la  Mutter  der  Makk^h'àer,  composta  nel  1816,  è  importante 
la  prefazione  che  vi  premise  il  Werner  stesso  pubblicandola  nel  1820. 
Amg.  Schr.,  X,  p.  VII. 

(78)  Sulla  Mutter  der  Makkabàer,  v.  oltre  il  MlNOR,  op.  cit.,  p.  104 
e  il  DUNTZER,  op.  cit.,  p.  193,  anche  W.  SCHMIDT  -  ObERLÒSSNITZ, 
Ludwigs  a  Mutter  der  Makkobaer  »  nebst  einem  A  usblick  auf  Zacharias 
Werners  Drama,  Diss.  Leipzig,    1907. 


il  dramma  cattolico 


413 


figura  appariva  gigante  agli  occhi  del  poeta  dal  testo 
sacro  e  dalla  Kirchengeschichte  dello  Stolberg.  Si  ele- 
vava così  il  tono  della  tragedia,  sollevandosi  a  una  rap- 
presentazione della  tragica  fine  di  una  famiglia  regale. 

In  questo  primo  aperto  carattere  ci  si  presenta  quella 
diversità  di  materia  che  dicemmo  nella  introduzione  del 
capitolo  distinguere  la  nuova  tragedia  werneriana  e 
vedemmo  già  affacciarsi  nella  Kunegunde.  Il  Werner  ne 
era  conscio.  Nella  introduzione  alla  tragedia  egli,  ri- 
spondendo agli  attacchi  degli  antichi  amici  che  non  gli 
potevan  perdonare  il  passo  da  lui  compiuto,  scriveva: 
((  Eben  weil  ich  die  Qual  langen  lebenslàngligen  ehrli- 
chen,  jedoch  vergebenen  Suchens  aus  eigener  schmerz- 
haften  Erfahrung  kenne,  so  bin  ich  von  allem  Parteihasse 
gegen  edle  Sucher,  wess  Glaubens  und  Volks  sie  auch 
seyn  mògen,  aufs  w^eiteste  entfernt.  Ich  nehme  vielmehr, 
selbst  mit  Riicksicht  auf  meine  priesterliche  Wurde,  gar 
keinen  Anstand,  laut  zu  bekennen  dass  mir  edle,  rastlose 
Sucher  des  Wahren,  die  noch  nicht  dorthin  gelangt  sind, 
wo  das  Gefundene  (nicht  Erfundene,  noch  zu  Erfindende) 
alles  fernere  Suchen  zu  Torheit,  alles  Finden  zum  Lohne 
der  Entsagung  macht,  zwai,  insoferne  sie  das  ew^ig  nur  zu 
Findende  noch  erst  erfinden  wrollen,  je  edler  sie  sind, 
um  so  bedauerungswùrdiger,  aber  auch,  insofern  sie  aus 
ganzer  Seele  und  mit  reinem  Herzen  suchen,  nicht  nur 
unendlich  schàtzbarer,  sondern  sogar  dem  Ziele  nàher 
erscheinen,  als  die  vielen  der  gegenwàrtigen  Zeit,  die 
das  unverdiente  und  nie  zu  verdienende  Glùck,  im  Kreise 
des  ew^ig  und  einzig  Wahren,  im  katholischen  Glauben, 
nàmlich,  geboren  zu  seyn,  gedankenlos  verkennend,  dieses 
gòtdiche  Kleinod  bald  gemiidos  verbilden,  bald  gefiihllos 
vergeuden  ! . . .    Meine    ewig   treuen    Freunde    werden    es 


414  Zacharias  Werner 


mir  mithin  wohl  auf  mein  ihnen  bekanntes,  christliches 
Wort  glauben,  dass  ich  weit  entfernt  einem  von  mir  entwor- 
fenen  Zeitungszerrbilde,  selbst  da,  wo  es  geschmeichelt 
seyn  mòchte,  zu  ahnen,  vielmehr  immer  noch  (und  vom  stets 
tief  dunkeln  Grunde  meines  Innersten  abgesehen)  derselbe 
harmlose  Mensch  bin,  als  welchen  mich  jeder  kennt,  der 
mich  kennt,  und  dass  ich  niemals  aufhòren  werde,  nach 
dem  Willen  und  der  Tatkraft  (welche,  zum  Guten  vereint, 
man,  mit  Riicksicht  auf  ihrem  Ursprung,  im  christlichen 
Sinne  Gnade  nennt)  Vernunft  und  Verstand  als  die  hòch- 
sten  Gaben  des  Menschen  zu  schàtzen  »  (79).  Le  parole 
contro  lo  «  Zeitungszerrbild  »  mostrano  l'origine  della  di- 
chiarazione ;  le  parole  ((  nicht  Erfundene  noch  zu  Erfìn- 
dende  ))  ne  contengono  il  vero  spirito. 

Anche  un  altro  carattere  che  già  trovammo,  sebbene 
ancora  incerto,  e  che  dicemmo  fondamentale  alla  nuova 
tragedia,  ci  compare  ora  innanzi  definitivo  e  risoluto,  come 
conseguenza  del  mutato  pensiero  (80). 

La  Mutter  der  Makk^bàer  non  avendo  più  nulla  del 
«  Bildungsdrama  » ,  presentando  puramente  un  quadro  di 
vita  cattolica,  non  può  neppur  più  offrire  alcun  progres- 
sivo ascendere  alla  conquista  di  una  verità;  sparisce  lo 
sfondo  di  pensiero  su  cui  l'azione  si  svolgeva  assorben- 
dolo in  se. 

La  conseguenza  nella  struttura  del  dramma  è  molteplice. 
Prima  di  tutto,  mancando  ai  personaggi  quel  travaglio  in- 
teriore che  era  proprio  di  Molay,  di  Robert,  di  Warmio,  di 
Lutero,   di  Wanda  e  di  Attila,   quel  travaglio  in  cui   il 


(79)  Aasg.    Schr.,    X,    p.    XVI. 

(80)  Ibid.,  X.  p.  XX. 


//  dramma  cattolico  415 


Werner  riversava  il  suo  proprio,  viene  ricostituita  nei  per- 
sonaggi quella  franta  unità  di  coscienza  che  solo  nella 
morte  solevasi  di  nuovo  raggiungere.  Salomè,  i  suoi  figli, 
Judas  Makkabàus  sono  uomini  non  più  reclini  su  di  se, 
attenti  a  modificarsi  secondo  un  astratto  ideale  che  loro 
sorride,  ma  uomini  di  convinzioni  decise,  sicure,  seguenti 
quelle  convinzioni  che  sono  pienamente  d'accordo  con  la 
interiore  voce  della  loro  coscienza.  In  secondo  luogo 
diventa  superflua  la  figura  del  ((  Mittler  »  che  passava  per 
tutti  i  drammi  werneriani  e  ancora  nella  Kunegunde  aveva 
una  parte  così  importante.  Salomè  rappresenta  la  voce 
di  Dio,  la  voce  della  verità  ed  influisce  sui  figli  che, 
ancor  giovani,  paiono  talora  tentennare;  ma  quel  tenten- 
namento è  solo  apparente,  e  la  discendenza  della  madre, 
di  cui  harmo  ereditata  la  natura,  non  si  negherebbe  in  essi 
anche  senza  il  suo  influsso  :  il  suo  influsso  non  è  dettato 
quindi,  come  era  il  caso  nelle  opere  precedenti,  come  era 
il  caso  in  Romualdo,  da  una  specie  di  intervento  di  Dio 
che  imponga  il  da  farsi,  ma  invece  dall'affetto  materno  che 
non  vuole  vedere  i  suoi  giovani  rampolli  inclinare  per  una 
via  che  essa  condanna.  Non  v'è  fra  di  lei  e  il  «  Mittler  )) 
nessuna  analogia. 

Sparendo  questi  elementi  essenziali  del  dramma,  anche  il 
realismo,  a  cui  vedemmo  il  Werner  poeta  tendere,  si 
afferma  ora,  in  conformità  del  mutamento,  in  una  nuova 
forma.  Nella  Kunegunde  il  Werner  aveva  —  secondo 
questa  tendenza  —  eliminato  i  miracoli,  riducendo  ad 
allucinazione  le  fantasie  della  imperatrice  e  concentrando 
tutto  il  soprannaturale  sulla  persona  di  Romualdo,  non  par- 
tecipante direttamente  all'azione,  ma  rimasto  fuori,  specie 
di  primo  motore  invisibile  in  cui  hanno  origine  le  vi- 
cende che  si  vengono  svolgendo.  In  ogni  modo  era  sempre 


416  Zacharias  Werner 


un  realismo  in  cui  il  Werner  cercava  di  fondere  i  suoi 
simboli.  Ora  il  Werner  elimina  i  simboli.  Le  sue  persone 
sono  persone  di  questo  mondo,  pure  e  semplici  persone, 
in  cui  nessuna  idea  è  personificata,  come  nessuna  idea 
astratta  costituisce  più  il  nodo  dell'azione.  È  un'azione 
umana  quindi. 

Il  Werner  giungerebbe  per  questa  via  al  dramma  rea- 
listico vero  e  proprio.  Ma  il  mondo  che  egli  rappre- 
senta è  ora  il  mondo  cattolico.  E  nel  mondo  del  cre- 
dente i  miracoli  avvengono.  Non  occorrono  più  giusti- 
ficazioni psicologiche  o  giustificazioni  simboliche  ;  non 
occorrono  più  ((  Mittler  »  :  i  miracoli  sono  realtà  che  non 
ha  bisogno  di  spiegazione.  Esistono  così  come  esistono 
gli  uomini.  Son  cancellati  i  confini  fra  naturale  e  sopranna- 
turale. Il  mondo  della  madre  dei  Maccabei  è  un  mondo 
sacro.  Presenta  tutti  i  caratteri  del  mondo  della  leggenda 
e  dell'epopea,  e  il  poeta  crede  ai  fantasmi  perchè  l'uomo 
medesimo  crede  in  essi. 

E  gli  entusiasmi  religiosi  del  Werner  lo  fanno  com- 
piacere in  un  largo  e  grande  uso  di  tali  scene.  È  come 
se  egli  sentisse  di  potersi  una  buona  volta  sbizzarrire. 
E  non  vi  pone  freno.  Fin  dal  primo  atto  compare  Io 
spirito  del  profeta  Eleazar,  il  padre  di  Cidli,  morto 
martire  per  confessare  la  propria  fede  ;  compare  in  mezzo 
alla  famiglia  raccolta,  indicando  —  col  tocco  di  un  ramo 
di  palma  —  che,  tranne  Cidli,  tutta  quella  famiglia 
andrà  a  morte.  Ne  è  egli  —  come  già  avvertimmo  — 
un  «  Mittler  » ,  inquantochè  egli  non  esercita  propriamente 
influsso  alcuno  sopra  i  personaggi  per  mezzo  della  sua 
apparizione.  Dio  e  gli  uomini  sono  egualmente  personaggi 
della  tragedia  e  Eleazar  è  solo  lo  spirito  già  redento  che 
consacra    alla    morte    le    vittime.    Quando    Heliodor    nel 


//  dramma  cattolico  417 


tempio  in  Gerusalemme  intendeva  prender  con  sé  e  portare 
ad  Antioco  il  tesoro,  un  cavaliere  risplendente  ((  blitzte 
ihn  nieder  »  :  le  zampe  del  cavallo  lo  calpestarono  e  due 
angeli  lo  frustarono  fino  a  fargli  perdere  i  sensi.  Nella 
notte  in  cui  Tatto  primo  incomincia,  si  vede  passMe  sopra 
la  casa  dei  Maccabei  una  processione  funebre  accom- 
pagnante nell'aria  una  bianca  bara,  con  una  salma  regale, 
incoronata.  Un  vecchio  —  il  morto  Eleazar  —  guidava 
la  processione.  Si  fermarono  sopra  la  casa  e  cantarono 
un  canto  funebre  ((  ein  dumpfes  Grablied  raunten  )) ,  di 
cui  solo  due  parole  ((  Geduld  und  Tod  »  erano  intelligi- 
bili. Come  poi  essi  scomparvero,  restò  sopra  la  casa  una 
grande  stella  sormontata  da  una  croce  :  la  stella  si  spezzò 
in  sette  stelle  minori  e  queste  scomparvero  insieme  con  la 
croce  nell'azzurro  e  dalla  croce  emanò  una  voce  :  ((  Antio- 
chus  Epiphanes,  du  bist  gewogen  und  zu  leicht  befun- 
den  !  ))  Trionfa  il  soprannaturale  nell'atto  quinto.  Gli  occhi 
di  Salomè  hanno  bagliori  e  splendori  strani  che  afferrano 
tutti  coloro  su  cui  lo  sguardo  si  posa.  L'Oberpriester 
esclama  :  «  Lass'ab  !  Es  spriihet  dem  Auge  wie  Phòbus* 
Pfeil  so  heiss  »  !  Dietro  comando  di  Antioco,  il  rinnegato 
Jason  colloca  contro  la  ((  Zauberlade  »  lo  scudo  sacerdotale 
che  aveva  mantenuto,  unica  insegna  della  sua  deposta  qua- 
lità di  sacerdote  :  un  lampo  che  guizza  dalla  ((  Bundes- 
lade  ))  lo  fulmina.  Tutte  le  volte  che  Antioco  protesta 
la  sua  potenza  e  chiede  chi  gli  si  può  opporre,  una  voce 
terribile  gli  risponde  :  «  Gott  !  »  «  Wer  macht  zu  Spott 
mich  ?  ))  ((  Gott  !  »  E  dopo  :  «  Wer  kann  hier  Herr  sein  ?  » 
((  Gott  !  »  etc.  Antioco  è  colto  da  mali  di  ventre  spaven- 
tosi; è  come  se  tutte  le  fiamme  dell'Inferno  gli  passassero 
attraverso  il  ventre. 

G.   GabETTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  27 


418  Zacharias  Werner 


Furiengluten, 
Rasende  feurige  zuckende  Fluten, 
Wie  ein  zum  Orkus  Verdammter  sie  fiihlt, 
Brecnea  mìch,    zwicken   mlch  :    Ixlons    Geier 

Nagt  mir  die  Leber. 

E  {(  Gott  »  cantano  invisibili  voci  soavi  mentre  egli  cade 
al  suolo.  Finalmente,  dopo  che  Judas  Makkabàus  giunge, 
avendo  congiunto  le  sue  forze  con  quelle  di  Nicànore  e 
di  Lysias  insofferenti  del  giogo  del  tiranno,  lo  spirito  di 
Salomè  si  libra  sopra  le  fiamme  ed  esclama  :  «  Loschet 
die  Flammen  !  ))  Le  fiamme  si  spengono.  Esclama  : 
((  Stiirze,  Bild  des  Gòtzen  !  »  e  la  statua  di  Giove  piomba 
al  suolo  in  cento  pezzi.  Ed  essa  scompare  nel  cielo  dopo 
d'aver  detto  a  Giuda  di  sposare  Cidli,  la  fidanzata  di  Be- 
noni,  a  Nicànore  e  a  Lisia  di  non  usurpare  il  trono  ma  di 
lasciarlo  al  figlio  di  Antioco.  Ma,  come  Judas  ordina  di 
portare  al  Tabernacolo  i  resti  dei  suppliziati,  si  spalanca  il 
cielo,  e  sopra  una  nube  compare  ancora  una  volta  lo  spirito 
di  Salomè ,  e  tiene  nella  mano  una  grande  croce  ;  un  man- 
tello purpureo  seminato  di  stelle  la  avvolge  e  copre  anche  i 
suoi  sette  figli,  che  in  abiti  bianchi  risplendenti,  ricamati  di 
stole  purpuree  sono  inginocchiati  sotto  di  lei.  Otto  angeli 
stanno  sopra  il  loro  capo.  Ed  essi  cantano  una  canzone 
celeste  : 

Ein  reines  Opfer  will  sicK  Gott  bereiten, 

Durch  das  wird  Er,  im  reinen  Liebesklange 

Den  Heiden  Seinen  grossen  Namen  kiinden  (81). 


(81)  È  questo  anche  il  vero  atteggiamento  calderoniano  di  fronte 
al  soprannaturale,  che  il  Werner  però  secondo  le  sue  tendenze  esagera. 
L'influenza  calderoniana,  rinnovata  già  nella  Kunegunde,  continua  anche 
ora,  sia  per  la  eco  che  il  dramma  del  poeta  spagnuolo  su  Giuda  Mac- 


//  dramma  cattolico  419 


Questa  nuova  struttura  del  dramma,  in  cui  il  sopranna- 
turale, per  una  parte  funge  come  da  specchio  in  cui  tras- 
paiono le  vicende  umane,  e  per  l'altra  parte  interviene 
direttamente,  in  cui  il  soprannaturale  e  il  naturale  si  inte- 
grano vicendevolmente,  trascinò  con  se  un  riimovamento 
che  si  rivela  anche  sotto  altri  aspetti. 

Abbiam  veduto  che  il  conflitto  dell'idea  mistica  con  la 
realtà  e  la  fusione  dell'idea  mistica  nella  vita  condusse 
il  Werner  a  quella  a  Todessinnlichkeit  » ,  a  quel  patolo- 
gico che  così  riempiva  la  Wanda,  V Attila  e  il  24.  Fé- 
bruar.  Ora,  sparendo  il  conflitto,  questa  qualità  sparisce.  La 
m.orte  trionfa  in  questo  dramma,  come  in  nessuno  aveva 
trionfato  ancora:  tutto  quanto  il  quinto  atto  non  è  che  un 
seguito  di  tormenti  materiali  e  morali  che  in  otto  morti  si 
conchiudono.  Eppure  quel  carattere  tende  a  sparire.  Dice 
lo  spirito  di  Salomè  alla  fine  : 

Und  Millionen  Martyrer,  erkoren 
Zu  waschen  sich  im  Blut  des  Opferflammes, 
Mit  uns,  den  Heiligen,  Bliiten  eines  Stammes, 
Bliìhn  noch  am  Thron  und  werden  einst  geboren. 

Qui  la  morte  non  è  più  voluttà,  ma  sacrifizio;  non  è 
più  il  ((  non  plus  ultra  der  Wollust  » ,  ma  un  ((  Opfer  » .  E 
come   a   un   sacrifizio   vanno   incontro   alla   morte   i   sette 


cabeo  ebbe  sopra  di  lui  e  che  fu  anzi  uno  degli  spunti  che  forse  gli 
suggerirono  la  fusione  in  una  unica  storia  delle  vicende  della  madre 
martire  e  del  duce  condottiero,  sia  anche  e  sopratutto  per  la  affinità 
nella  compiacenza  di  ritrarre  scene  di  martirio  e  di  rassegnazione.  In 
questa  madre,  che  tutto  sopporta  per  la  sua  fede,  con  forza  serena, 
è  ben  passato  qualcosa  di  quello  spirito  di  abbandono  che  in  molti 
personaggi  calderoniani  si  afferma  e  che  nel  Principe  Constante  ebbe 
la  rappresentazione  poetica  più  efficace. 


420  Zacharias  Werner 


Maccabei,  un  sacrifìcio  che  essi  compiono  volentieri  perchè 
credono  esser  tale  il  loro  dovere,  perchè  sanno  che  vanno 
in  grembo  alla  felicità;  ma  un  sacrifìcio.  Il  cuor  della 
madre  si  spezza  pel  dolore,  sebbene  sappia  che  ella  li 
seguirà.  E  non  predica  ebbrezza,  ma  rammenta  il  canto 
di  Giobbe  : 

Ich  weiss  dass  mein  Erloser  lebt. 

I  morituri  non  si  stemprano  in  esclamazioni  di  voluttà 
estenuante  per  la  sua  forza  e  per  la  sua  intensità.  Cantano 
la  gloria  di  Dio  e  la  speranza  propria  : 

Ich  weiss  dass  mein  Erloser  lebt. 

Cantano  a  Er  wird  seiner  Knechte  sich  erbarmen.  Gott 
lebt  in  Ewigkeit».  Non  godono  il  tormento,  Io  vincono. 
Lo  vince  il  giovane  Judas  che  saluta  la  madre  con  animo 
sereno:  «  Meinst  du  dass  das  mich  schreckt  ?  Leb*,  Mut- 
ter,  wohi  !  Auf  baldiges  Wiedersehen  !  ».  Ma  è  tormento, 
e  la  madre  trema  che  uno  di  essi  non  ceda.  Achas  dice  ad 
Antioco  :  ((  Tòde  mich  !  Ich  schiede  so  gern  !  »,  ma  lo  dice 
per  irritar  con  lo  scherzo  il  tiranno;  e  il  tono  scherzoso  è 
accresciuto  da  Salomè  :  ((  Stirb  hiibsch  verniinftig  !  ))  Arath 
aggiunge  che  Dio  punirà  il  tiranno  e  il  piccolo  Jacob  lo 
piglia  in  giro.  E  Salomè  e  Arath  e  Jacob  non  sono  pieni 
che  del  pensiero  di  Dio  morendo  :  ((  Wer  ist  wie  Gott  ?  » . 

Passa  per  Tatto,  con  la  condanna  separata  di  ciascuno 
dei  fanciulli  e  la  morte  lenta,  perchè  successiva  di  tutta 
la  famiglia,  ancora  un  brivido  sensuale:  ma  è  un  bri- 
vido che  il  poeta  non  riporta  sui  suoi  personaggi  che  lascia 
puri,  un  brivido  che  prova  egli  perchè  il  lupo  perde  il 
pelo,  ma  non  il  vizio,  e  i  suoi  sensi  si  sollevano  sempre 
tempestosi  sotto  la  tonaca  che  ora  veste,  un  brivido  che 


//  dramma  cattolico  421 


sempre  gli  corre  per  le  ossa  e  gli  accende  la  fantasia  quando 
il  suo  sguardo  scende  su  ciò  che  è  voluttà  od  è  patologia, 
un  brivido  che  si  manifesta  in  questo  lungo  soffermarsi 
sopra  la  rappresentazione  del  martirio,  e  in  alcuni  parti- 
colari, come  in  quel  quadro  finale  in  cui,  spente  le  fiamme 
del  rogo  per  ordine  di  Salomè,  si  vedono  ancora  i  poveri 
resti  mortali  dei  martiri  caduti.  Però  anche  in  lui  lo  stato 
che  prevale  di  fronte  alla  contemplazione  della  morte  è 
quello  che  mostra  nei  suoi  personaggi:  l'accettazione  ras- 
segnata. Uno  sguardo  alle  prediche  basta  a  convincere. 
Più  ancora  che  nel  quinto  atto  potrebbe  passaure  un  bri- 
vido sensuale  nell'atto  primo  e  nell'atto  qucirto,  dove  a 
Salomè  balena  il  futuro  martirio  senza  che  la  sgomenti, 
mettendole  anzi  un  senso  di  gioia.  Ma  la  «  Todeswollust  )) 
anche  lì  non  ha  parte,  perchè  è  piuttosto  orgoglio  e  gioia 
religiosa;  e  quel  poco  che  vi  è,  non  è  intonato  con  il  resto 
del  dramma. 

E  fin  dal  primo  atto  si  rivela  anche  un  altro  mutamento 
avvenuto  nel  Werner.  Il  Werner  riverbera  nel  suo  dramma 
la  sua  rinuncia  alla  vita  terrena  per  vivere  di  estasi  asce- 
tiche. Non  vi  è  più  il  maturare  degli  uomini  alla  re- 
denzione religiosa  attraverso  la  vita.  Bisogna  rinunzicure  ad 
essa  come  il  Werner  ha  fatto.  Tutto  ciò  che  è  terreno  è 
di  impaccio  allo  spirito.  L'amor  di  Dio  sta  sopra  l'amor 
terreno:  e  questo  deve  soggiacergli.  Salomè  non  teme  di 
turbar  le  estasi  amorose  di  Benoni  e  di  Cidli  nel  giorno 
delle  loro  nozze.  I  Maccabei  non  vivono  che  per  il  Si- 
gnore, non  devono  vivere  che  per  il  Signore.  In  ciò  è  la 
loro  grandezza  e  la  loro  forza.  In  quel  giorno  stesso  deve 
Cidli  strapparsi  alla  sua  gioia,  moderare  i  suoi  fremiti, 
dimostrare  che  l'amore  non  può  occuparla  e  pervaderla  e 
signoreggiarla  a  danno  di  un  sentimento  più  alto.   Cidli 


422  Zacharias  Werner 


deve  in  quel  giorno  cantare  il  suo  più  grande  dolore  :  la 
morte  di  Eleazar  suo  padre  per  la  fede.  La  vita  ha  delle 
oasi,  in  cui  talora  ci  si  può  riposare,  e  l'amore  è  una  di 
esse.  Ma  ciò  avviene  solo  perchè  si  acceda  poi  freschi 
alla  lotta  e  al  sacrificio  allorché  la  nuova  occasione  si 
presenta  (82). 

Salomè  che  è  l'ideale  è  così  la  rinuncia  completa 
alla  terra.  Non  vede  che  le  vie  del  Signore  e  di  nulla  si 
cura.  Minaccia  Antioco  lo  sterminio  della  sua  gente,  la 
distruzione  del  suo  popolo  ?  II  suo  cuore  ne  geme,  ma 
essa  prega  :  ((  Chi  è  come  Dio  }  Chi  conosce  le  sue  vie  ?  ». 
Non  per  questo  essa  si  adatterà  ad  approvare  o  ad  accet- 
tare un  tradimento:  non  per  questo  tacerà  la  verità.  Rive- 
lerà ad  Antioco  il  tradimento  che  si  sta  complottando 
contro  di  lui  e  che  potrebbe  salvare  lei  e  la  sua  famiglia. 
Vuol  dire  la  morte  questo  ?  Vuol  dire  lo  sfacelo  della 
sua  stirpe  ?  E  che  importa  ?  Non  son  gli  uomini  che 
dirigon  le  vicende  umane.  È  Dio.  Chi  dovrà  osare  di  op- 
porsi a  Dio }  ((  Wer  ist  wie  Gott  ?  » .  Nulla  la  lega 
quaggiù.  Ha  un  tesoro,  che  nei  frangenti  critici  in  cui  essa 
e  la  sua  famiglia  si  trovano,  sarebbe  preziosissimo.   Essa 


(82)  Il  Werner  non  esalta  ora  più  se  non  l'amor  materno.  Il  motivo 
che  vedemmo  impadronirsi  così  fortemente  della  sua  anima  e  della  sua 
fantasia  al  tempo  della  composizione  della  Kunegunde  è  rimasto  pa- 
drone di  lui,  consecrandosi  in  un  continuo  appassionato  ricordo  di  sua 
madre.  Cfr.  RegiomontaNUS,  G eistesfunkerì  aufgefangen  im  Vmgang 
mit  Zacharias  Werner,  cit.,  p.  167:  «  Das  Hòchste  aller  irdischen 
Liebe  ist  Mutterliebe  ;  Mutterliebe  geht  iiber  alles.  Jede  andere  irdische 
Liebe,  selbst  die  edelste,  reinste,  ist  wenig  oder  gar  nichts  gegen  die 
kostliche  henliche,  hohe  und  herrliche  Mutterliebe».  Cfr.  anche  le 
frequenti  invocazioni  alla  Vergine,  madre  del  Salvatore  e  madre  di 
tutti  gli  uomini,   nelle  sue   prediche:   Ausg.   Schr.,   XI-XIII,    passim. 


//  dramma  cattolico  423 


ordina  di  spartirlo  fra  il  popolo  che  soffre  la  fame.  La  sua 
famiglia  propria  va  incontro  alla  fame  e  alle  sofferenze  ? 
Dio  provvedere.  I  suoi  figli  son  degni  della  corona  del 
meirtirio  perchè  son  come  lei.  Essi  approvan  pienamente  il 
suo  operato.  Essi  la  seguono  dappertutto.  Essi  giungeranno 
all'apoteosi  celeste.  Tre  persone  nel  suo  ambiente  non  han 
compiuta  la  rinuncia  :  Jonathas,  legato  interamente  alla 
tena,  Cidli  legata  all'amore,  Judas  legato  all'amor  del 
suo  popolo  e  al  suo  orgoglio  di  ((  Feldhen  » .  Essi  coneranno 
il  travaglio,  senza  accedere  al  fine  supremo.  Jonathas  è 
curestato  quando  ritorna  indietro  alla  casa  dei  Maccabei 
per  riprendersi  il  suo  Biindel.  Cidli  giunge  dopo  acerbe 
lotte  interne  a  lasciar  che  il  suo  sposo  Benoni  vada  incontro 
alla  morte  e  alla  palma  della  vittoria.  Judas  Makkabaus 
non  giunge  in  tempo  a  salvare  la  sorella  e  i  nipoti.  Resterà 
in  vita  con  la  missione  grave  e  pesante  di  reggere  e  di- 
fendere il  popolo  di  Israele. 

La  nuova  struttura  e  la  nuova  indole  del  dramma,  per 
quanto  si  affermassero  così  come  conseguenza  necessaria 
dello  svolgimento  interiore  del  Werner,  non  rispondevano 
però  a  quella  che  vedemmo  essere  la  dote  predominante 
della  sua  fantasia. 

Spostato  tutto  l'interesse  sul  problema  religioso,  il  con- 
flitto fra  religione  e  vita,  che  pur  costituisce  il  pernio  del 
dramma,  non  vien  più  approfondito.  La  vita  nei  suoi  aspetti 
sensuali,  malati,  nelle  sue  crisi  di  aspirazioni  inappagate 
essendo  esclusa,  la  fantasia  del  Werner  ben  s'accenderà 
ancora  nei  momenti  più  drammatici  e  darà  ancor  bagliori  e 
lampi  improvvisi,  ma  tosto  si  riaddormenterà.  Troppe 
scene  restarono  aride  e  vuote.  L'individuazione  dei  figli  di 
Salomè  non  è  più  curata  :  ciò  che  al  Werner  importava  non 
era  più  se  non  la  loro  fede  e  la  loro  forza  di  sacrifizio.  Sa- 


424  Zacharias  Werner 


lomè  è  un  essere  etereo  :  una  sibilla  quasi  fuor  dell'umano. 
Antiochus  è  un  fantoccio  messo  sul  trono  e  ciò  che  dice  è 
o  quel  tanto  che  è  necessario  perchè  s'intenda  il  proceder 
degli  avvenimenti,  o  un  cianciar  vano  in  cui  l'essenza  del 
suo  carattere  non  si  riveja.  Jason,  il  prete  rinnegato,  Va  O- 
berpriester  »  pagano,  Nicanor,  Lysias  non  son  segnati  con 
chiarezza  e  precisione:  ruote  meccaniche  anch'esse  dell'a- 
zione generale.  E  Judas  stesso,  l'eroe,  racconta,  racconta, 
ma  nell'ora  dell'azione  non  è  messo  sufi&cientemente  in 
rilievo. 

E,  mancato  l'interesse,  mancata  la  creazione  dei  perso- 
naggi, manca  la  forza  di  evocazione  a  cui  pur  il  Werner 
già  un  tempo  ci  aveva  abituati.  Una  freddezza  arida  in- 
combe sulle  scene  e  sulla  loro  successione.  Non  siete 
più  attirati  dal  quadro  vivente  nel  mondo  fantastico  che 
il  poeta  presenta.  Assistete  freddi  allo  svolgersi  delle 
varie  vicende  e  sentite  sempre  la  mano  del  poeta  che  le 
spinge  e  le  spinge  verso  la  soluzione  finale. 

Manca  la  concatenazione  motivata,  manca  l'organismo 
serrato  che  congiungendo  le  scene  e  gli  atti  vi  tenga  sospesi 
e  vi  agiti,  facendovi  sentire,  nella  situazione  vibrante  che 
vi  vien  presentata,  l'urgere  della  situazione  nuova  che  se  ne 
sprigionerà.  Inaridite  le  fonti  della  vita,  il  soprannaturale 
stesso  che  si  mescola  alla  storia  terrena,  diventa  coreo- 
grafico. Passa  ben  talor  nel  verso  l'eco  della  emozione 
credente  del  poeta,  ma  come  Dante  stesso  si  fa  esteriore 
nella  evocazione  del  Paradiso  fatta  da  Benoni  ! 

Sterne, 
Was  slnd  sie  gegen  jene  Wonnenferne 
Den  Strahlenozean  I   —  O  wàr'  ich  schon 
Wo  alle  Sterne  knien  am  Sonnentron! 


//  dramma  cattolico  425 


L'apoteosi  finale  ha  qualcosa,  peggio  che  di  opera,  di 
operetta. 

La  ferma  e  recisa  tendenza  del  dramma  ottiene  però  che 
la  rappresentazione  del  mcirtirio  sia  fatta  con  efficacia  e  con 
forza.  Tutto  il  dramma  è  costruito  per  quella  rappresen- 
tazione in  cui  esso  si  risolve.  Ve  lo  indica  la  stessa  lun- 
ghezza del  quint'atto.  Occupa  da  solo  50  pagine  su  168: 
un  terzo  dell'insieme.  Il  resto  è  dato  dalla  preparazione. 

È  preparazione  il  primo  atto,  in  cui  il  riverbero  dell'atto 
finale  è  pur  tale  che  quasi  lo  pensereste  scritto  sotto  l'in- 
cubo di  quella  visione  che  immane  sulla  fantasia  del  poeta. 

È  il  giorno  di  nozze  di  Cidli  e  Benoni.  Salomè 
pensa  che 

Erst  muss  die  Brust  zum  Grasslichen  sicb  stahlen. 
Eh'  Lieb*  und  Sieg  auf  ewig  sich  vermàhlen! 

E  Salomè  leva  il  bicchiere  al  ricordo  del  morto  Eleazar. 
Ne  fa  rievocar  le  imprese  compiute,  la  morte  gloriosa  per 
il  Dio  d'Israele,  ne  fa  cantar  da  Cidli  medesima  la  lode. 
Compare  intanto  il  fantasma  di  lui  e  consacra  le  vittime  alla 
morte,  con  un  ramo  di  palma.  Giunge  Jonathas  andato  a  di- 
stribuir il  tesoro  :  racconta  la  visione  del  ((  Leichenzug  » ,  fa 
sapere  ai  figli  di  Salomè  l'azione  che  egli  per  ordine  di 
lei  ha  compiuto.  Giunge  alla  fine  anche  Judas,  invitando 
tutti  a  subito  fuggire  perchè  l'ora  urge  e  il  nemico  è  vi- 
cino. Voi  osservate  l'accorgimento  di  troncar  così  l'atto 
per  tener  desta  l'attenzione  dello  spettatore  ;  ma  riconoscete 
l'artifizio  dal  suo  comparire  solo  nelle  ultime  parole  del- 
l'atto. Il  quale  atto  è  bensì  prefazione,  ma  non  prepara- 
zione del  conflitto  che  dovranno  svolgere  i  tre  atti  seguenti  : 
esso  prelude  soltanto  allo  spirito  che  dilagherà  poi  nel- 
l'atto ultimo. 


426  Zacharias  Werner 


Il  second'atto  lascia  subito  emergere  la  costruzione  fa- 
ticosa e  fredda.  V'è  nell'organismo  suo  stesso  una  sconnes- 
sione che  nessuno  sforzo  riesce  a  mascherare.  Salomè,  i 
suoi  figli,  Judas  si  dispongono  a  partire,  ma  non  è  mo- 
strata in  loro  l'emozione  che  li  deve  riempire.  Si  discute 
invece,  si  attende.  Giunge  Jonathas  e  Salomè  gli  rac- 
conta per  disteso,  il  pencolo  onde  son  minacciati  e  la  deci- 
sione presa.  Partono,  e  Jonathas  toma  indietro  a  ripren- 
dere il  suo  ((Biindel)).  È  colto  dagli  sgherri  di  Antioco 
che  credono  di  anestare  in  lui  Judas  e  lo  portan  prigioniero 
ad  Antioco.  Si  cambia  scena  e  son  presentati  Antioco 
e  la  sua  corte  con  Nicanor  e  Va  Oberpriester  ))  e  il  <(  Bùr- 
germeister  »  e  Jason.  Antioco  affida  a  Nicanor  l'incarico 
di  imprigionare  Judas. 

Il  terz'atto  mostra  Jonathas  che,  minacciato  di  morte, 
deve  condur  Nicanor  e  i  soldati  di  Antioco  al  nascon- 
diglio dei  Maccabei.  Nicanor  svela  in  soliloquio  i  suoi 
progetti.  Una  nuova  scena  presenta  invece  i  Maccabei. 
Judas  racconta  tutte  le  sue  imprese  e  spiega  a  Salomè  il 
complotto  ordito:  Salomè  lo  biasima,  finché  Judas  le  con- 
fessa di  non  poter  retrocedere  perchè  ha  giurato.  Allora 
essa  si  rassegna. 

Du  schwurst?  O  Gott  !  Dann  trennt  sich  unsre  Bahn  I 

Giungono,  guidati  da  Jonathas,  Nicanor  e  i  suoi. 
Salomè  fa  lasciar  libero  Jonathas  traditore,  che  Judas  vor- 
rebbe punire.  Salomè  se  ne  andrà  al  castello  di  Nicanor 
con  sei  dei  suoi  figli.  Abir  segue  Judas  in  battaglia. 

Quart'atto.  Nicanor  e  Judas  si  preparano  alla  loro  im- 
presa. Giunge  un  messo  e  narra  che  Jason  con  alcuni 
sgherri  fece  prigionieri  Salomè  ed  i  suoi  figli.  Jason  aveva 
lo  scudo  del  sacerdote  ebreo  e  i  Maccabei  non  si  difesero 
contro  di  lui,  ma  caddero  in  ginocchio  davanti  allo  scudo 


//  dramma  cattolico  427 


in  adorazione.  Abir  corre  a  liberarli.  Judas  si  decide  a 
precipitar  l'impresa  contro  Antioco.  Seconda  scena:  la 
corte  di  Antioco.  Un  messo  di  Nicanor  che  racconta 
che  Nicanor  arriverà  in  giornata,  e  porterà  Judas  prigio- 
niero. Ma  il  messo  si  imbroglia;  Antioco  dubita,  lo  fa 
incarcercure,  affida  a  Lysias  di  impadronirsi  di  Nicanor  e 
di  Judas.  Lysias  parte  ;  anch' egli  è  congiurato  ;  vuol  ven- 
dicarsi di  Antioco  che  gli  uccise  il  fratello.  Giunge  Jason 
e  gli  conduce  Salomè.  Conflitto  di  Salomè  con  Antioco. 
Salomè  gli  rivela  il  complotto.  Antioco  decide  di  pre-r 
parsirsi  alla  lotta;  decide  che  Salomè  e  i  suoi  figli  faccian 
parte  del  corteo  trionfale.  Terza  scena:  corteo  trionfale. 
Ripetizione  coreografica  e  vuota  del  corteo  nella  Weihe 
der  Kraft. 

E  si  arriva  al  quinto  atto,  in  cui  finalmente  passione  e 
fantasia  si  integrano  nel  poeta  conducendolo  alla  creazione 
di  una  scena  vivente.  Prima  cerimonia  pagana  di  sacri- 
fizio con  segni  funesti,  poi  la  morte  di  Jason,  dopo  che 
ha  rinnegato  ufficialmente  la  sua  fede  e  deposto  lo  scudo 
contro  il  tabernacolo. 

Antioco  è  dominato  da  una  vera  febbre  di  vanità,  di 
orgoglio  e  di  trionfo.  Pare  ebbro  della  sua  potenza  : 

Besteige    meinen    Thron    und    teile 

Mlt    mir,    Mutter,    meiner   Krone    Pracht. 

Il  Werner  sa  trarre  gran  partito  dal  contrasto  fra  An- 
tioco e  Salomè,  e  riesce  per  un  istante  a  trarre  da  quel 
pupazzo  di  imperatore  un  fremito  caratteristico,  segnando 
nella  sua  anima  il  conflitto  fra  l'ebbrezza  di  sé,  che  lo 
esalta,  e  la  forza  di  fascino  di  quella  donna,  che  gli  sta 
dinnanzi,  rappresentatrice  di  un  altro  mondo,  infinitamente 
superiore.  Ma  tosto  la  sua  mano  diventa  incerta,  quando  ha 


428  Zacharias  Werner 


da  mostrare  il  sorgere  in  lui  della  incrollabile  decisione 
di  condannare  al  martirio  Salomè  e  i  suoi  figli,  se  non 
consentono  ad  abiurare  la  loro  religione.  Ben  si  vede  che 
il  movente  non  può  essere  altro  che  il  sentimento  che  egli 
prova  :  essere  quello  il  supremo  segno  della  sua  potenza,  e 
l'esasperazione  di  veder  quest'ultimo  segno  sfuggirgli. 
Anche  passa  talora  in  lui  un  brivido  perverso:  la  voluttà 
acre  del  tiranno  che  gode  di  veder  scorrere  il  sangue.  Ma 
tutto  ciò  s'intravede  a  mala  pena. 

Ciò  che  dà  a  quest'atto  la  sua  forza  innegabile  è  l'curte 
con  cui  il  Werner  riesce  a  prolungar  variandola  la  rappre- 
sentazione del  martirio,  l'indugio  nella  pittura  degli  stréizii 
che  provano  quelli  che  restano,  mentre  a  uno  a  uno  i 
giovani  eroi  vanno  incontro  alla  morte.  Era  l'unico  aspetto 
in  cui  la  tendenza  della  fantasia  del  Werner  poteva  accor- 
darsi colla  nuova  materia.  L'esperienza  del  24.  Februar 
ha  insegnato  al  Werner  a  sostenere  a  lungo  una  situazione 
uniforme,  lasciando  che  si  risolva  con  una  gran  lentezza 
verso  la  finale  catastrofe,  tenendo  sospesa  sempre  e 
lasciando  cadere  a  poco  a  poco  la  spada  che  pende  sul 
capo  delle  vittime  e  che  ad  una  ad  una  tutte  le  trapasserà. 
E  il  Werner  ritrova  la  sua  arte. 

Antioco  non  è  riuscito  alle  buone  a  decider  Salomè 
all'abiura;  essa  gli  ha  risposto: 

Dir  naht  in  Eile 
Der    Todesstunde    finstre    Nacht. 

Proverà  nei  figli.  Primo  è  Benoni.  Cidli  gli  si  avvinghia 
al  collo  e  non  sa  decidersi  a  staccarsi  da  lui,  a  rinunziare 
alla  sua  felicità.  La  nuova  concezione  dell'amore  del 
Werner  balza  fuori  ora  dalla  scena  con  evidenza  :  si  esprime 
con  chiarezza  nelle  parole  di  Salomè  angustiata: 


//  dramma  cattolico  429 


Durch  den  gliihendsten  der  Himmelstrìebe 
Wild  Hoir  auch  oft  in  unsrer  Brust  entziìndet 

Cidli  compie  la  rinunzia  e  Benoni  è  condannato  al  rogo. 
Cidli  invoca  sul  tiranno  la  vendetta  del  da  lui  martirizzato 
padre  suo  Eleazar  e  il  tiranno  allibisce.  Benoni  le  porge 
la  mano  e  si  allontana.  Vien  la  volta  di  Abir.  Egli  giunge 
a  liberar  la  madre  e  i  suoi  fratelli,  e  si  scaglia  su  Antioco 
annunciandogli  che  la  sua  potenza  crolla  e  sguainando  la 
spada.  Heliodor  e  le  guardie  si  avventano  su  di  lui.  Sa- 
lomè  si  inframmette  e  gli  ordina  di  consegnar  la  spada. 
Anch*egli  rifiuta  di  abiurare  e  vien  condotto  al  patibolo 
insieme  a  Machir,  che  resiste  e  non  piega.  Salomè  assi- 
sterà al  martirio  dei  suoi  figli  maggiori.  Il  cuor  le  si  spezza, 
ma  la  preghiera  e  il  pensiero  di  Dio  la  confortano,  mentre 
i  tre  martiri  muoiono  cantando  le  lodi  del  Signore: 

Lob  sei  dem  Herrn  ;  der  Herr  ist  gut  ! 

Il  Werner  ritrae  il  martirio  per  le  parole  di  Salomè 
che  assiste  e  il  tanto  usato  procedimento  tecnico  acquista 
dalla  situazione  nuova  forza.  Il  quarto  Maccabeo,  Judas, 
compie  con  tranquillità  quasi  indifferente  il  suo  rifiuto  e 
raggiunge  i  fratelli.  Ad  Abir  son  tagliati  i  piedi,  prima 
che  gli  taglino  anche  il  capo.  Salomè  prega  Dio. 

Achas  si  mostra  degno  della  sua  schiatta  e  invita  An- 
tioco a  pentirsi,  e  lo  benedice;  Arath  canta  la  gloria  e  la 
bontà  del  suo  Dio.  Antioco  ordina  che  gli  sia  tagliata 
la  lingua.  Gli  sgherri  afferrano  anche  il  piccolo  Jacob,  che 
esclama  :  «  Ich  will  noch  leben  !  »  Ma  il  piccolo  martire 
voleva  solo  prendere  in  giro  il  tiranno.  E  Salomè  se  lo 
piglia  in  braccio  e  va  con  lui  al  rogo. 

Aggiunge  forza  alla  scena  il  canto  di  versetti  biblici  in- 


430  Zacharias  Werner 

tonati  da  Jonathas  per  dar  coraggio  ai  morenti,  mentre  essi 
soggiacciono  agli  infiniti  strazii.  Anche  la  terribile  voce 
che  suona  sul  capo  dei  presenti  :  ((  Gott  » ,  ripetuta  ogni 
volta  che  Antioco  si  irrigidisce  nel  pensiero  della  sua  po- 
tenza, non  stona  nella  scena,  ma  ne  accresce  la  forza. 
Le  furie  che  tormentano  moralmente  e  fisicamente  An- 
tioco dopo  che  la  scena  di  crudeltà  si  è  compiuta,  e  il  suo 
grido  disperato,  il  riconoscimento  della  sua  impotenza, 
sgorgano  —  restando  alla  tragica  altezza  —  dallo  spirito 
dell'insieme  : 

Der  erwiirgten  Millionen  Wirbeltanz 

Umkreist    mich    beim    Furienfackeltanz  ! 

Eleazar  —  das  Makkabàerweib 

Durchwiihlen  làchelnd  das  Hirn  mir,  das  Herz  und  den  Leib  ! 

O    Zebaoth,    du    hast  gesiegt. 

E  l'implorazione  di  pietà,  la  vigliaccheria  del  tiranno 
che  si  credeva  onnipotente  e  non  sa  neppur  morire  con 
dignità:  ((  Beten  will  ich  —  beten!...  Und  Zebaoths, 
meines  Besiegers  Gevs^alt  verkiindigen,  preisen  »,  l'e- 
spressione suprema  della  debolezza  sua  e  della  sua  va- 
cuità: ((  Ich  w^ill  ein  Jude  werden  »,  suggellano  la  scena, 
mostrando  di  nuovo  per  un  istante  il  vecchio  artista  creatore. 

Ma  sopravviene  il  finale  di  operetta.  Giunge  Judas 
Makkabàus  con  Nicanor,  vincitore;  la  sua  disperazione, 
l'apparizione  dello  spirito  di  Salomè  sopra  il  rogo  che 
si  è  spento  al  suono  della  sua  voce  :  ((  Loschet  die  Flam- 
men  »  degenerano  in  vuota  coreografia,  che,  per  giunta, 
divien  ributtante  pel  fatto  che,  aprendosi  nello  sfondo  il 
velario  che  lascia  scorger  la  scena  del  supplizio,  vi  se  ne 
vedono  gli  strumenti  accanto  agli  ultimi  resti  mortali  dei 
suppliziati.  Cidli  sta  inginocchiata  accanto  all'enorme  cai- 


//  dramma  cattolico  431 


daia,  in  cui  Benoni  fu  torturato,  e  vi  fissa  lo  sguardo  con 
occhi  vitrei  immobili. 

Lo  sciupìo  del  dramma  ottiene  la  consecrazione  nell'a- 
poteosi di  Salomè  e  dei  suoi  figli  e  nell'ordine  dato  dalla 
santa  a  Judas  Makkabàus  ed  a  Cidli  di  sposarsi.  Judas 
porge  la  mano  a  Cidli  e  così  tien  la  predica  al  popolo 
presente  !  Lo  spirito  di  Salomè  fa  ancora  un'ultima  predica. 

Così,  ancora  una  volta,  con  un'ultima  risurrezione  della 
sua  morbosità  e  della  sua  tendenza  didattica,  chiude  il 
Werner  il  suo  dramma. 

È  questo  l'opera  tarda  di  una  fantasia  ormai  esausta,  in- 
capace per  la  sua  natura  e  per  la  sua  stanchezza  di  sfruttar 
le  risorse  virtuali,  che  il  nuovo  tipo  di  dramma  offriva. 
Sempre,  quanto  più  la  vita  è  ebbra  e  vertiginosa,  tanto 
più  rapido  e  precoce  è  l'esaurimento. 


CONCLUSIONE 


Un'osservazione  conclusiva  si  offre  ora  spontanea  a  chi 
abbia  seguito  la  storia  del  lungo  sforzo  d'surte,  che  sinora 
abbiamo  minutamente  tracciato  :  tutta  la  forza  creatrice  del 
Werner,  e,  ad  un  tempo,  tutta  la  sua  organica  debolezza 
dipendono  egualmente  da  un  fatto  solo,  da  quella  tumul- 
tuaria e  incomposta  agitazione  del  suo  spirito,  da  cui  mo- 
vemmo in  questa  nostra  indagine. 

Il  Werner,  condannato  dalla  sua  natura  disgraziata  a 
non  raggiungere  mai  una  visione  ferma  di  sé  ed  un,  sia  pur 
momentaneo,  ma  totale  consolidamento  della  sua  vita  in- 
teriore, andò  errando  sempre  secondo  T  alternato  prevsJere 
delle  sue  tendenze  contradditorie;  e  a  tutte  le  sue  opere 
mancò  quella  unità  vitale,  che  solo  poteva  nascere  da  una 
ben  sicura  e  determinata  unità  interiore  dell'anima  del 
p>oeta.  Quella  relativa  unità  di  atteggiamento,  che  egli 
conseguì  nel  «24.  Februar»,  fu  infatti  ottenuta  da  lui 
col  sacrifìcio  d'una  paiìe  sostanziale  di  sé. 

Questa  vita  interna  informe  e  confusa  concretò  però 
anche  dinnanzi  alla  sua  fantasia  un  mondo  tutto  suo  pro- 
prio: il  mondo  delle  eccitazioni  torbide  e  incerte,  in  cui 
la  vita  spirituale  non  si  é  ancora  sprigionata,  chiarifìcan- 

G.   GabeTTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  28 


434  Zacharias    Werner 


dosi,  dalle  vampe  della  accensione  sensuale  :  un  mondo 
di  notte  che  s'inalba  con  luci  varie  e  strane  senza  che  il 
sole  vi  sorga  mai  e  vi  splenda  sereno.  Egli  comprese  e 
seppe  ridare  con  forza  espressiva  gli  urti  di  una  vita  ele- 
mentare, ancora  dominata  dall'impeto  degli  istinti  di  na- 
tura; vide  con  chiarezza  e  seppe  rappresentare,  nella  sua 
grandiosità  malata,  la  degenerazione  di  uomini  che,  ten- 
tando con  la  massima  intensità  di  sforzo  supreme  ele- 
vazioni, restarono  vittime  della  loro  sensualità  esasperata 
e  sconvolta.  Non  diede,  e,  per  tante  ragioni  che  espo- 
nemmo, non  poteva  dare  altro  che  frammenti  ;  ma  la  cri- 
tica ricostruttrice,  che,  rilevando  in  un'opera  la  disorga- 
nicità e  le  crepe  profonde  della  interna  struttura,  crede  di 
poterne  derivare  l'assenza  completa  di  ogni  poesia,  è  cri- 
tica fallace,  che  scaturisce  da  una  mancata  adesione  fra 
l'anima  di  colui  che  sentenzia  e  l'opera  da  lui  esaminata. 
In  questi  frammenti  egli  fu  poeta. 

In  questi  frammenti,  che  costituiscono  la  pcu:te  vera- 
mente personale  della  sua  opera,  sta  anche  la  sua  vera 
importanza  storica.  Per  tutto  il  resto  egli  può  essere 
considerato  quale  un  abile  scolare  dello  Schiller  o  quale 
un  esperto  sfruttatore  teatrale  dei  romantici,  come  finora 
sempre  si  fece  (I);  in  questi  frammenti  invece,  che, 
essendo  la  sua  sola  produzione  caratteristica  e  vitale, 
sono  anche  la  vera  opera  da  cui  egli  deve  essere  giudi- 
cato, egli  si  staccò  nitidamente  tanto  dal  primo  quanto 
dai  secondi,  e  fu  quel  che  nelle  prime  pagine  di  questo 
libro  dicemmo  essere  egli  stato:   un  precursore. 

Il  dramma  tedesco  del  secolo  decimonono  dal  Kleist 
fino  allo  Hebbel  aderì  infatti  alla  sua  tendenza  ad  orga- 


(I)  Cfr.  Minor,  op.  clt.  ;  Poppenberg,  op.  cit.  ;  Frankel,  op.  cit. 


Conclusione  435 


nizzare  drammaticamente  una  personale  concezione  tragica 
della  vita;  non  solo,  ma  ricercò  le  origini  più  profonde  e 
intime  delle  tragedie  umane  in  quello  stesso  caos  inconscio 
e  tumultuoso,  in  cui  egli  credette  di  dover  ricerccure  le  su- 
preme forze  dominatrici  dello  spirito  umano. 

Caduto,  con  il  primo  Romanticismo,  il  sogno  di  un  se- 
reno dominio  della  coscienza  su  tutte  le  forme  della  vita 
nostra,  il  movimento,  che  tendeva  a  dare  all'cc  Inconscio  » 
una  parte  preminente  nella  concezione  della  vita,  prese 
nella  poesia  tedesca  una  sempre  maggior  consistenza.  1 
drammi  del  Werner  trovarono  presso  i  suoi  contemporanei 
una  vasta  eco  appunto  perciò  che  intomo  a  lui  il  nuovo 
indirizzo  si  andava  preparando.  Quel  senso  di  stupore  e 
di  sgomento,  che  la  rappresentazione  realistica  del  mor- 
boso connubio  di  amore  e  morte  desta  oggi  in  noi,  non 
doveva  ad  esempio  prodursi  in  quei  tempi,  in  cui  già  ve- 
demmo anche  il  Kleist  comporre  la  ((  Pentesilea  »  e  in  cui 
lo  Schubert  nelle  popolari  ((  Nachtseiten  der  Naturwis- 
senschaft  »  scriveva  ;  «  Und  dieser  ist  der  alte  Weihege- 
sang  der  Mysterien,  ein  Brautlied  und  ein  Lied  der  Gràber. 
=  Wer  hat  dich  heraufgefiihrt,  hoher  Frieden,  wer  hat 
dich  uns  gezeigt,  ev^ige  Wonne  ?  Als  unsere  Seele  sich 
erhob  dich  zu  erfassen,  starbst  du  in  der  Glut  deines 
Sehnens  !  Der  Kranz  der  Liebe  sank  auf  Gràber.  — 
Dein  eigenes  Streben  hat  mich  heraufgefiihrt,  in  deinem 
eigenen  noch  hòheren  Streben  bin  ich  untergegangen  !  — 
Eile  hinaus  zu  immer  hoherem  Ziele...  Der  Winter  eilet 
schnell  voriiber,  die  Stunde  des  Todes  und  der  Liebe 
kommt  nahe,  etc.  ))  (2).  Lo  Hoffmann,  pur  allontanandosi 


(2)  Schubert,  op.  cit.,  p.  80.  E  cfr.  F.  R.  Merkel,  Dct  Natur- 
philosoph  Schubert  und  die  deutsche  Romantik,  Diss.   Strassburg,    1913. 


436  Zacharias    Werner 


dal  Werner,  perchè  non  poteva  accoglierne  le  credenze 
mistiche,  si  sentiva  però  soggiogato  da  quest'aspetto  della 
sua  natura,  e,  parlando  di  lui,  ne  esaltava  le  ((  henlichste 
Anlagen  » ,  i  ((  geniale  Ziige  ))  ed  evocava  nelle  novelle  mi- 
racolosamente la  singolare  vita  dell'uomo  nei  crepuscolari 
fondi  della  subcoscienza  (3);  lo  Amim  dopo  di  aver  tro- 
vato i  suoi  drammi  ((  hundertmal  besser  als  was  so  tàglich 
erscheint»,  dopo  di  aver  esaltato  l'inizio  del  24.  Februar 
^ —  ((  im  Anfang  henlich  mystisch  —  der  schauerlichste 
Tragòdieneingang  »  — ,  si  accendeva  di  sempre  più  caldo 
entusiasmo  per  lui,  così  da  giungere  a  dire  di  rivivere  in 
se  i  suoi  drammi  come  se  vi  avesse  collaborato  —  ((  als 
bàtte  ich  selbst  daran  mitgearbeitet  ))  — ;  W.  Grimm  rile- 
vava come  egli  sempre  progredisse  verso  sempre  più  ri- 
solute affermazioni  di  se  —  ((  Werner  wird  immer  freier 
jeder  Manier,  und  sein  System  in  ihm  lebendiger  »  (4)  — ; 
e  vedemmo  già  come  il  Goethe  medesimo  soggiacesse  per 
lungo  tempo  al  suo  fascino. 

La  corrente,  di  cui  il  Werner  era  tra  i  primi  esponenti, 
si  rinforzò  rapidamente  negli  anni  che  seguirono  il  pe- 
riodo della  sua  più  intensa  attività.  Se  il  secondo  roman- 
ticismo si  andò  estenuando  in  una  melodiosità  lirica  e  sen- 
timentale, la  grande  inclinazione  all'  idealismo,  che  i 
primi  romantici  avevano  potentemente  ravvivato,  non  si 
spense  quando  molte  delle  idee,  che  questi  avevano  pro- 
pugnato,  vennero  ripudiate  o  trascurate  ;   ma   continuò   a 


(3)  Cfr.  Briefwechsel,  hrsgg.  v,  H.  v.  MOLLER,  passim  ;  Serapions- 
briider,  loc.  cit,  ;  HiTZIG,  Aus  HoffmaTtrìs  Lehen  und  Nachlass, 
Berlin.    1823.   I.  p.  294.   324,  etc. 

(4)  V.  R.  Steig,  a.  V.  Amim  und  CI.  Brentano,  Stuttgart.  1894. 
p.   182,  212.  288.  etc. 


Conclusione  437 


restale  uno  dei  bisogni  spirituali  più  vivi  della  coscienza 
tedesca,  e  culminò  anzi  nelle  costruzioni  filosofiche  dello 
Hegel  e  dello  Schopenhauer.  La  poesia,  fiorendo  accanto 
al  gigantesco  sforzo  di  pensiero  che  si  veniva  compiendo, 
non  poteva  non  sentirne  il  riflesso.  E  i  grandi  poeti 
drammatici  di  questa  epoca,  pur  sentendo  la  necessità  di 
opporre  all'indeterminatezza  lirica  dei  romantici  un  ri- 
soluto realismo  della  rappresentazione  artistica,  furono  tra- 
scinati a  portare  nelle  loro  opere  i  travagli  di  pensiero  che 
affaticavano  gli  spiriti,  le  conquiste  che  la  filosofia  faceva. 

La  concezione  della  poesia  come  di  un  simbolo  di  ve- 
rità supreme,  come  di  una  rivelazione  dell'infinito,  con- 
tinuò a  domincire  anche  presso  molti  di  essi.  E  si  affacciò 
loro  un  problema  in  parte  analogo  a  quello  a  cui  il  Werner 
si  era  trovato  di  fronte  :  creare  una  vita  vissuta  idealisti- 
camente ;  creare  dei  personaggi,  nella  cui  anima  si  sentisse 
percotere  il  ritmo  della  vita  universa;  creare  dei  conflitti, 
dietro  di  cui  si  sentisse  palpitare  il  cuore  immenso  della 
umanità;  tradurre  in  una  realtà  concreta,  che  offrisse  una  in- 
tensità massima  di  sentimenti,  le  affermazioni  teoriche  del 
pensiero  intomo  alle  questioni  essenziali  che  la  vita  umana 
presenta.  E  anche  la  poesia  che  ne  nacque  offre  molte 
qualità  analoghe  a  quelle  che  nel  Werner  ci  toccò  di  ri- 
levare :  tendenza  delle  situazioni  a  dilatarsi  in  comples- 
sità grandiose,  eccezionalità  dei  personaggi  in  cui  qualche 
aspetto  dell'anima  umana  si  manifesta  con  una  forza  ele- 
mentare e  titanica,  prevalenza  del  mondo  primordiale 
degli  istinti  che  si  agitano  con  una  potenza  indomabile: 
esaltazione  dionisiaca  per  una  parte  e  per  l'altra  parte  un 
dilagare  e  traboccare  della  vita  in  forme  morbose. 

Su  questa  corrente  di  poesia  T influenza  del  Werner 
potè  essere  feconda.  Si  suol  considerare  sempre  l'influenza 


438  Zacharias    Werner 


del  Werner  come  l'imitata  alla  ((  Schicksalstragòdie  »  : 
ma  le  opere  che  ne  nacquero  furono  di  valore  scarso  e 
più  ancora  che  sul  ((  24.  Februar  »  furono  plasmate  sulle 
composizioni  del  Miillner  e  dello  Houwald,  che,  avendo 
esagerato  gli  elementi  formali  esteriori  di  tale  maniera 
letteraria,  potevano  servir  meglio  di  modello  (5).  L'in- 
fluenza più  meritevole  di  ricordo  fu  invece  quella  che  il 
Werner  esercitò  sul  Kleist  e  sul  Grabbe,  sul  Brentano  e 
sul  Fouqué,  sul  Grillparzer,  sul  Ludw^ig  e  persino  sullo 
Hebbel  :  su  poeti  veri  e  spiriti  profondi,  capaci  di  vera 
creazione  (6). 

All'analogia  fra  il  problema  psicologico  della  ((Wanda» 
e  quello  della  ((  Penthesilea  »  abbiamo  già  accennato  al- 
trove ;  ed  anche  della  parziale  affinità  di  temperamento  dei 
due  poeti  abbiamo  già  altrove  toccato.  Il  Kleist  ebbe  tutte 
quelle  qualità  che  al  Werner  mancavano:  per  quanto 
anch'egli  fosse  internamente  sconvolto  da  dissidi  profondi 
e  da  tormenti  inguaribili,  la  sua  fantasia,  unendo  ad  una 
intensità  quasi  allucinante  di  visione  una  forza  organiz- 
zatrice stupefacente,  obietti  va  va  i  suoi  stati  d'animo  in  tra- 
gedie che  offrono  una  unità  di  impostazione  e  di  svolgi- 
mento tale  da  sembrar  blocchi  massicci,  creati  così  dalla 
natura.  Malato  anch' egli  però,  come  il  Werner  era,  non 
può  stupire  che  egli  si  sia  avvicinato  alla  sua  opera  e  ne 
sia  stato  colpito  e  talora  sedotto  :  il  ((  Prinz  von  Homburg  » 
mostra  una  influenza  evidente  dei  ((  Sòhne  des  Tales  »,  e 
il  ((  Kathchen  von  Heilbronn  » ,  svolgendo  una  teoria  an- 
droginica  sull'amore  uguale  a  quella  offerta  del  Werner 


(5)  V.  Minor,  op.  cit.  ;  Wendriner,  op.  cit. 

(6)  S'intende  che  dell'influenza  del  Werner  non  do  qui  se  non 
qualche  cenno:  l'argomento  merita  un'indagine  che  condurrebbe  a  risul- 
tati interessanti  :   io  stesso  mi  propongo  di  trattarne  a  parte. 


Conclusione  439 

nei  drammi  del  suo  terzo  periodo,  presenta  situazioni  e 
spiegazioni  psicologiche,  che  hanno  nella  ((  Weihe  der 
Kraft»,  nella  «Wanda»,  nell' «  Attila  »  e  nella  ((  Ku- 
negunde  »    il   loro  precedente   (7). 

E  malato  come  il  Werner  fu  anche  il  Brentano,  an- 
ch'egli  agitato  da  una  lotta  diuturna  fra  la  sua  sensualità 
e  le  sue  tendenze  mistiche,  fra  le  più  alte  aspirazioni  ideali 
e  gli  enori  della  vita.  Già  il  suo  romanzo  ((  Godwi  » 
offre  l'esaltazione  mistico-romantica  dell'ebbrezza  sensuale 
che  del  Werner  fu  peculiare  e  la  compiacenza  di  enunciar 
le  verità  profeticamente  raggruppate  in  trinità,  come  il 
Werner  amò  sempre  fare  :  n  In  drei  Haufen  standen  die 
Edeln  am  Ufer  des  Weltmeeres...  Von  dem  einen  Haufen 
hòrte  man  unaufhòrlich  die  Worte:  Kraft,  ideale  Natur, 
Notwendigkeit ;  von  dem  anderen  die  Worte:  Streben  in 
sich  zuriick,  Selbsterkenntnis,  Tiefe;  und  von  dem  dritten 
hòrte  man:  Lebensgenuss,  Zuriickreissen  der  Natur  in 
sich  selbst,  Verindividualisirung  »  etc.  Tutti  e  due  si 
formarono  in  parte  sotto  l'influenza  dei  primi  romantici,  e 
il  giudizio  del  Brentano  sul  valore  della  storia  nella  poesia 
esprime  le  idee  stesse  del  Werner  :  «  Alles  Historische  ist 
vergànglich  und  nur  Materie;  es  muss  etwas  sich  in  uns 
entziinden,  das...  Fanatismus,...  dichterische  Begeisterung 
bis  zur  Verziickung...  hervonuft».  E  quando  la  scelta 
del  Brentano  cadde  sopra  un  tema  che  il  Werner  aveva 
sfiorato  :  Libussa,  egli  modellò  in  paite  la  sua  nuova  opera 
sopra  la  ((  Wanda  ))  (8). 

(7)  Sul  Kleist  e  il  Werner  cfr.  Kayka,  op.  cit.  ;  RoBBELING,  op.  cit.  ; 
O.  Fischer,  Mimische  Studien  zu  H.  V.  Kleist  in  «Euph.  »  XVI. 
p.    415.   Cfr.    oltracciò   le  grandi  monografie   sul   Kleist. 

(8)  Cfr.  Steig,  op.  cit.  ;  Brechler,  Introd.  cit.  alla  ed.  crit.  della 
Gmndung  Prags. 


440  Zacharias   Werner 


L*influenza  del  Werner  sul  Fouqué  è  pure  innega- 
bile, per  quanto  il  temperamento  del  fantasioso  evocatore 
del  Medioevo  fosse  disforme  da  quello  di  lui.  Traccie 
varie  se  ne  trovano  in  molte  delle  sue  opere,  e  pla- 
smata su  Hildegunde  è  la  figura  di  Rosmunda,  dopo  l'ar- 
rivo dei  Longobardi  in  Italia  (9).  Tutta  la  tragedia  anzi  è 
ispirata  dall' ((  Attila  »  Werneriano:  Alboino  ha  molti  tratti 
tolti  al  re  Unno,  Flavia  riproduce  la  dolcezza  eterea  di 
Honoria,  Longinus  la  imbelle  e  verbosa  vanità  bizantina 
dell'Esarca  di  Ravenna.  Il  popolo  che  vien  descritto  è 
come  quel  del  Werner,  misto  di  ferocia  beurbcura  e  di 
umanità  naturale  :  ((  Aus  solchem  Volk  wird  kein  Ver- 
standig  klug  »  :  la  battaglia  di  Asfeld  è  presentata  con 
la  complessità  grandiosa  della  battaglia  nel  «  Kreutz  an  der 
Ostsee  ».  Rosmunda,  tra  i  truci  orrori  della  guerra  e  le 
voluttà  della  lotta  sanguinosa,  passa  dapprima  gentile  e 
mite  come  Ludmilla,  cantando  e  ((  aspirando  tutti  i  pro- 
fumi della  primavera  italica  »  ;  poi,  quando  Alboino  nella 
ebbrezza  della  vittoria  la  obbliga  a  bere  nel  cranio  di 
Cunimondo,  essendo  risorti  tutti  i  suoi  istinti  barbari,  essa 
si  trasmuta  e  non  vive  più  che  nel  pensiero  della  vendetta. 
S'addensa  allora  sul  dramma  l'atmosfera  calda  e  morbosa 
che  grava. suir((  Attila  ))  Werneriano,  e  una  ebbrezza  di 
sangue  travolge  tutti.  Anche  i  particolari,  in  cui  le  situa- 
zioni drammaticamente  si  concretano  e  si  sviluppano,  ri- 
chiamano r((  Attila»   continuamente. 

Più  disforme  ancora  dal  Werner  che  non  il  Fouqué 
era  il  Grillparzer,  disforme  nell'animo  come  nell'ingegno. 


(9)  V.    Alboin,    der   Langobardenkonig,    Ein   Heldenspiel  in   6  Aben- 
teuern  von   Fr.   Baron  DE  LA  MoTTE  FoUQUÉ.  Leipzig,    1813. 


Conclusione  44 1 

Uomo  tutto  raccolto  nel  suo  mondo  intimo,  spirito  critico 
e  sereno,  alieno  da  ogni  esaltazione  vertiginosa,  non  pene 
che  in  Vienna  abbia  avvicinato  il  predicatore  famoso  :  il 
Sauer  credette  anzi  che  le  sue  poesie  italiche  siano  state 
concepite  in  contraddizione  alle  numerose  poesie  su  Roma 
che  questi  aveva  composto.  Ma  il  Grillparzer  non  fu  ca- 
pace di  avversiioni  sistematiche  :  conservava  innanzi  a  tutto 
ed  a  tutti  la  sua  intelligenza  equa  e  serena:  se  qualcuno 
gli  ripugnava,  se  ne  teneva  lontano  senza  disconoscere 
quanto  vi  fosse  in  lui  di  buono.  E  quando  il  Werner  morì, 
gli  dedicò  una  commossa  ode  : 

Du,   Armer,   hast  die  Ruhe  nie  gekannt, 

Dein  Streben  nahm  sie  dir,   und  strebtest  doch  um  Ruhe  ! 

Tutta  la  sua  prima  atticità  era  stata  in  parte  foggiata  dalle 
impressioni  ricevute  dalle  opere  di  lui.  Le  lesse  e  le  ri- 
lesse: le  sue  carte  ci  conservano  osservazioni  acute  sulla 
((  Mutter  der  Makkabàer  » ,  sui  «  Sòhne  des  Tales  )) ,  sul 
((  Kreutz  an  der  Ostsee  »  :  il  Brackmann,  pubblicando  un 
ampio  commento  all'edizione  critica  del  ((  Goldenes 
Vlies  )),  rilevò  reminiscenze  di  frasi  e  di  immagini  nume- 
rosissime. Ed  anche  sulle  concezioni  stesse,  nei  loro  ele- 
menti essenziali,  l'influsso  fu  forte  e  tenace.  Non  solo  f>er 
la  ((  Ahnfrau  »,  ma  anche  per  la  ((  Sappho  »  e  per  la 
((  Medea  )),  La  figura  di  Melitta,  così  armoniosa  e  fresca 
nella  sua  delicatezza  di  sentimenti,  ricorda  assai  davvicino 
Ludmilla  e  sopratutto  l'atto  della  morte  di  Saffo  è  ispirato 
intimamente  dall'ultimo  atto  della  ((  Wanda  ».  Vi  è  nelle 
due  eroine  il  medesimo  senso  di  superiorità  morale  nella 
deliberata  volontà  di  morte,  la  stessa  calma  e  serenità  tra- 
gica ;  e  nell'un  dramma  e  nell'altro,  mentre  con  la  regolare 


442  Zacharias    Werner 


compostezza  di  ciò  che  è  ineluttabile  la  fine  si  avvicina, 
impera  la  stessa  rassegnazione  quasi  religiosa.  Nel  ((  Gol- 
denes  Vlies»,  poi,  dove  il  Grillparzer  si  trovò  dinnanzi 
a  forme  di  vita  più  simili  a  quelle  che  dominano  nelle 
tragedie  Wemeriane,  l'influsso  fu  anche  più  vasto  e  più 
profondo.  La  barbara  Medea,  chiusa  nella  sua  tone,  errante 
cupa  nei  suoi  boschi  in  preda  al  presentimento  dei  fati 
che  incombono  sulla  sua  casa  regale  che  si  è  macchiata  di 
grave  colpa,  rimugina  in  se  pensieri  cupi  e  foschi,  in  cui 
già  si  inebriò  Hildegunde;  e,  come  le  eroine  Wemeriane, 
si  innamora  anche  Medea  di  Giasone  a  un  tratto,  appena 
lo  ha  veduto,  quasi  per  una  arcana  forza  di  predestina- 
zione. La  concezione  dell'amore  come  di  una  potenza  su- 
perna, mistica,  divina,  sulla  quale  riposa  la  psicologia 
dell'amore  di  Medea,  è  quella  Wemeriana.  E  simile  alla 
Werneriana  Hildegunde  è  Medea  %ncora  nel  terzo  dramma 
della  trilogia  quando  tutta  ^i  abbandona  alla  sinistra  osses- 
sione della  vendetta,  e  di  quella  sola  ossessione  vive, 
finche  orrendamente  l'ha  compiuta  (10). 

Il  Kleist  ed  il  Brentano,  il  Fouqué  ed  il  Grillparzer 
vissero  in  un  tempo  in  cui  i  drammi  del  Werner  erano  lar- 
gamente discussi,  in  un  tempo  in  cui  la  sua  personalità 
appassionava  gli  animi;  e  ciò  spiega  come  l'influsso  che 
essi  ne  subirono  sia  stato  più  intimo  e  più  vivo.  Dopo 
il  '20,  anche  presso  il  Grillparzer,  le  reminiscenze,  se 
s'incontrano  ancora  nel  ((  Traum  ein  Leben  ))  e  nella  ((  Li- 
bussa»,  si  fanno  sempre  più  rare. 


(10)  Sul  Werner  e  il  Grillparzer  cfr.  A.  Sauer,  Prohen  eina 
Kommeniars  zu  Grillparzers  Gedichten,  «  Jahrb.  der  Grillparzergesell- 
schaft»,  IX,  p.  45  e  segg.  E  v.  pure  le  note  del  BraCKMANN  alla  ed. 
viennese   delle  opere  del   Grillparzer. 


Conclusione  443 


Il  Grabbe,  il  Ludwig  e  lo  Hebbel,  venuti  più  tardi, 
quando  già  la  vita  letteraria  era  concentrata  sopra  altre 
opere  ed  altri  poeti  e  il  Werner  apparteneva  ormai  al 
passato,  provarono  per  lui  un  interesse  vivo  sì,  ma  limitato 
ad  alcune  opere,  la  cui  fama  si  era  conservata  più  univer- 
sale, o  il  cui  soggetto  offriva  analogia  con  i  disegni  di  tra- 
gedie che  occupavano  la  loro  immaginazione.  La  lettura 
però  delle  opere,  che  essi  conobbero,  non  passò  su  di 
loro  invano. 

Lo  «  Herzog  Theodor  von  Gothland  »,  in  cui  il  Grabbe 
accumulò  gli  orrori  e  le  voluttà  malate,  che  davano  eb- 
brezza alla  sua  fantasia  giovanile  turbolenta  e  intempe- 
rante, è  pieno  di  spunti  tolti  al  ((  Kreutz  an  der  Ostsee  », 
allo  ((  Attila  ))  e  alla  ((  Kunegunde  ))  :  egli  stesso  ricono- 
sceva più  tardi  di  aver  artificiosamente  a  pepato  »  —  egli 
dice  :  ((  eingesalzt  ))  —  la  sua  opera  con  tutti  gli  espe- 
dienti che  i  drammi  del  Werner  gli  avevano  offerto  :  l'im- 
perversare stesso  di  un  fato  inesorabile  che  vi  addensa 
sciagure  su  sciagure  con  sempre  più  nera  tetraggine  risale 
al  ((  24.  Februar  )).  E  non  nascose  anche  negli  anni  della 
sua  più  feconda  attività  le  impressioni  profonde,  che  taluni 
frammenti  in  lui  sempre  destavano  :  «  Die  Nachtwache 
des  Fùrsten  um  des  Kaisers  Zelt  hat  etwas  erhaben  Sym- 
bolisches  » .  Nella  tragedia  su  Napoleone  il  carattere  del- 
l'eroe e  molte  situazioni  furono  da  lui  impostate  e  svolte 
avendo  presente  l'cc  Attila  »  Werneriano  (11). 

Il  Ludwig  mosse  dal  Werner  direttamente  nella  conce- 
zione dei  suoi  ((  Makkabaer  » .  Accolse  l'identificazione 
della  martire  madre  di  sette  figli  con  la  Maccabea  Salomè  : 


(11)  Cfr.  Grabbes  Sammtliche  Werke,  ed.  NiETEN,  I,  15,  24,  102,  etc. 


444  Zacharias   Werner 


rinnovò  bensì  in  parte  la  storia  secondo  i  suoi  intendimenti 
meno  cattolici  e  più  realistici,  ma,  pur  ricreando  nei  suo 
spirito  i  vari  personaggi,  non  si  staccò  mai  fondamental- 
mente dalla  psicologia  che  il  Werner  ne  aveva  dato.  Il 
risoluto  e  deciso  realismo,  in  cui  il  Ludw^ig  ritrovò  la  sua 
vera  personalità  e  la  sua  maggior  forza,  è  bensì  l'elemento 
più  caratteristico,  in  cui  egli  supera  il  Werner  e  si  stacca 
da  lui  ;  ma  anche  per  questo  rispetto,  per  la  ((  Schreckens- 
macht  »  di  cui  ampiamente  si  serve,  per  la  ((  Todessinn- 
lichkeit  ))  in  cui  approfondisce  psicologicamente  la  scena 
del  martirio,  i  drammi  del  Werner  e  sopratutto  il  ((  24.  Fe- 
bruar  »  ebbero  su  di  lui  un  influsso  considerevole  (12). 

Nel  perpetuo  fermento  del  giovane  Hebbel,  i  germi  che 
la  lettura  del  Werner  vi  lasciò,  non  potevano  esser  nume- 
rosi. Lettore  indefesso,  attirato  vertiginosamente  verso  gli 
spiriti  più  profondi  e  i  genii  più  vasti  e  comprensivi,  uomo 
di  una  individualità  possente,  m  cui  tutto  ciò  che  af- 
fluiva dal  d'i  fuori  veniva  instancabilmente  rimuginato  e 
riplasmato  secondo  la  sua  personale  maniera  di  sentire, 
lo  Hebbel  non  poteva  toglier  da  lui  se  non  spunti  a  sue 
proprie  nuove  creazioni.  Egli  cita  infatti  il  Werner  qua 
e  là  nelle  lettere  e  nei  saggi  critici,  ma  il  nome  di  lui 
va  smarrito  nella  agitazione  grandiosa,  che  il  suo  spirito 
fino  all'epoca  della  sua  maturità  ci  offre.  E  al  Werner 
rimandano  non  solo  qualcuno  dei  drammi  peggiori,  come 
((  Das  Trauerspiel  in  Sizillen  »,  ma  la  ((  Judith  ))  e  il  ((  Mo- 
loch  ».  Holofemes  è  uomo  attivo,  come  Attila,  maschio, 
eroico,  ma  teatrale  e  amante  delle  grandi  frasi  ;  è,  come  At- 
tila, debole  zimbello  nelle  mani  di  una  donna;  Judith  è, 


(12)  Sul  Werner  e  sul  Ludwig  cfr.  ScHMIDT  -  ObERLÒSSNITZ,  loc.  cit. 


Conclusione  445 

come  Hildegunde,  soggetta  al  fascino  di  Holofernes  e  di- 
battuta fra  l'amore  e  la  volontà  di  vendetta  ;  il  problema  ses- 
suale, che  fu  nel  centro  della  vita  del  Werner  e  che  fu  per 
un  decennio  il  centro  della  vita  interiore  dello  Hebbel,  sta 
a  base  della  tragedia.  Il  frammento  su  «  Moloch  ))  riprende 
ridea  che  era  a  base  del  «  Kreutz  an  der  Ostsee  »  nella 
sua  concezione  totale:  l'idea  della  religione,  che  sorgendo, 
ingigantisce  e  schiaccia  colui,  che,  dopo  di  averla  creata, 
vorrebbe  frenarla  secondo  i  suoi  intendimenti.  Neil'  un 
dramma  e  nell'altro  Io  Hebbel  riuscì  a  concretar  la  con- 
cezione grandiosa,  che  nel  Werner  si  era  disciolta  in  una 
indeterminatezza  senza  contorni  ;  ma  i  fantasmi  che  lo 
Hebbel  suscitò  a  vita  di  poesia,  son  quelli  stessi  che  al 
Werner  erano  balenati  (13). 

I  fatti,  che  qui  abbiamo  rapidamente  accennati,  mo- 
strano che  quanto  di  un  poeta  resta  attivo  presso  la  po- 
sterità è  anche  quanto  la  sua  opera  contiene  di  vitale, 
indipendentemente  dal  giudizio  che  i  critici  fanno  di  lui, 
dalla  immagine  che  di  lui  nella  storia  letteraria  si  può 
per  ragioni  varie  venir  fissando.  Essi  bastano  a  darci  una 
riprova  di  quanto  nel  corso  di  questo  libro  affermammo. 

Questi  fatti  hanno  però  ancora  un  altro  valore  significa- 
tivo. Non  solo  illuminano  il  poeta,  ma  riabilitano  in  parte 
anche   l'uomo. 

La  poesia  sgorga  sempre  dall'intimo  del  cuore  del  poeta, 
e  il  poeta  materia  sempre  la  sua  opera  con  frammenti  della 
sua  propria  storia.   Tutto  ciò  che  nell'opera  del  Werner 


(13)  Cfr.  la  monografia  di  R.  M.  WERNER  e  le  osservazioni  che  Io 
stesso  R.  M.  Werner,  nella  ediz,  crit.  dello  Hebbel  da  lui  curata,  fa 
a   proposito   dei   singoli   drammi. 


446  Zacharias    Werner 


è  vivo  e  fu,  come  vedemmo,  germe  fecondo  di  nuova 
vita,  non  è  se  non  un  riflesso  della  tragedia,  che  il  Werner 
visse.  E  la  tragedia,  purificando,  nobilita.  Non  chi  non 
errò  è  l'uomo  superiore,  ma  chi  errando  imparò  a  diventare 
migliore.  Tutta  la  misera  umanità  che  il  Werner  mostrò 
talora,  tutta  la  volgarità  in  cui  cadde,  son  compensate 
dalla  sua  volontà  persistente  di  una  interna  elevazione 
morale,  dalla  tragedia  che  visse. 

E  in  verità  non  si  può  immaginare  tragedia  più  deso- 
lante. Cercando  pace  dovette  immolare  inesorabilmente 
sé  stesso.  E,  anche  quando  il  sacrificio  fu  compiuto  ed 
egli  fu  disposto  a  non  veder  più  nel  passato  suo  che  mi- 
seria e  peccato,  anche  allora  l'armonia  con  se  stesso  gli 
mancò.  Un  verso  prosaico  ed  amaro,  scritto  dal  Werner 
in  Firenze  nel  '13,  riassume  tutta  la  sua  vita  e  tutto  il 
suo  stato  d'animo: 

Du    bist   wahrhaftig   wie   der   ewige   Jude. 


INDICE 


Capitolo  Primo. 

Zacharias  Werner:  la  sua  personalità  e  le  sue  teorie 
mistiche Pag. 

Il  Werner  e  il  suo  dramma  —  La  personalità  del  Werner  : 
conflitto  fra  sensualità  ed  intellettualismo,  morbosità  — 
Le  idee  del  Werner:  l'influenza  della  «  Auf  klàrung  » ,  l'in- 
fluenza di  Rousseau,  l'iscrizione  alla  Massoneria  ;  il  destarsi 
della  religiosità  e  dell'interesse  per  la  filosofia,  l'influenza  di 
Kant,  l'influenza  di  Schiller,  la  vittoria  delle  tendenze  mi- 
stiche ;  l'entusiasmo  massonico  —  Le  idee  del  Werner  e 
le  idee  del  Mnioch  :  la  «  Humanitàtsidee  » ,  ragione  e  sensi 
nella  vita  umana,  l'educazione  estetica  e  la  moralità  ;  l'uomo 
e  il  sentimento  di  Dio,  la  religione  come  sentimento,  la  pu- 
rificazione religiosa  dello  spirito  nella  morte,  l'esaltazione 
;  della  morte  ;  la  celebrazione  dell'ascetismo  medioevale,  la 
ebbrezza  mistica  del  Werner  —  Il  Werner  e  il  Romanti- 
cismo :  giudizio  del  Werner  sui  Romantici,  affinità  di  spirito, 
reazione  al  razionalismo,  idealismo  monistico  —  La  defor- 
mazione Wemeriana  delle  teorie  romantiche  :  fantasie  sim- 
boliche del  Werner  sulla  natura  e  la  incoerenza  organica 
del  suo  pensiero  —  Religione  e  morale  :  le  idee  dello  Schleier- 
macher  e  la  subordinazione  che  il  Werner  fa  della  morale 
alla  religione  ;  la  morale  come  legge  pratica  della  vita  ;  la  re- 
ligione come  puro  sentimento  base  dell'esistenza  —  Il  misti- 
cismo del  Werner  e  l'influenza  di  Jacob  Bòhme  :  la  condanna 
della  vita  corporea  e  la  venerazione  della  morte  come  scopo 


448  Indice 

della  vita,  la  vita  come  una  serie  di  morti  volontarie  che 
noi  operiamo  entro  di  noi,  la  «  Wehmut  »  e  la  «  Sehnsucht  » 
come  sintomi  dell'aspirazione  alla  morte,  la  «  Entkorperung  » 
come  ideale  dell'uomo,  la  «  Verwesung  »  come  suprema  vo- 
luttà religiosa  —  La  sensualità  del  Werner  e  le  sue  teorie 
sull'amore  :  l'amore  come  solo  aspetto  religioso  della  vita 
umana,  l'amore  come  rinunzia  all'egoismo  e  smarrimento  della 
personalità,  l'amore  di  Dio  nella  creatura  terrena,  il  ca- 
rattere sacro  del  godimento  erotico,  la  voluttà  come  dissol- 
vimento dell'uomo  nel  senso  di  Dio  ;  l'ebbrezza  morbosa  di 
amore  e  morte  come  vertigine  di  estasi  religiosa  —  L'arte 
come  simbolo  di  alte  verità  :  l'arte  come  rivelazione  della 
divinità,  l'indole  religiosa  della  poesia,  la  necessità  dell'ispi- 
razione mistica,  l'abbandono  cieco  dell'artista  all'entusiasmo 
creatore  —  Conclusione. 

Capitolo  Secondo. 
TI  dramma Pag.     71 

Sensualità  e  morbosità  del  mondo  poetico  del  Werner  —  L'ori- 
gine schiettamente  lirica  delle  sue  tragedie  :  la  poesia  come 
veicolo  delle  idee  ;  esaltazione  e  conflitti  nella  vita  interiore 
del  Werner  come  causa  della  sua  tendenza  al  dramma  — 
Influenza  delle  teorie  mistiche  del  Werner  sulla  organizza- 
zione dei  suoi  drammi  :  libertà  di  fantasia  e  individualismo, 
il  dramma  come  simbolo  di  verità  mistiche,  il  dominio 
della  Provvidenza  sulle  umane  vicende,  il  sentimento  fata- 
listico della  vita,  la  passività  dei  personaggi,  il  sermoneggia- 
mento  dei  personaggi  spiritualmente  superiori  ;  le  idee  del 
Werner  e  la  materia  delle  sue  tragedie  :  Medio  Evo,  Cat- 
tolicismo,  subordinazione  della  verità  storica  all'intendimento 
religioso  della  composizione,  uso  del  Soprannaturale  ;  com- 
plessità dei  drammi  del  Werner  e  suoi  sforzi  di  portarvi  unità  : 
unità  di  azione,  unità  di  ispirazione  lirica  —  L'influenza 
dello  Schiller  sulla  concezione  Werneriana  del  dramma  ; 
l'indipendenza  che  il  Werner  conservò  ;  l'influenza  dei  ro- 
mantici :  concezione  dell'arte  come  di  una  creazione  orga- 
nica,   tendenza    all'espansione  lirica,    tendenza    al    pittoresco. 


Indice  449 

esaltazione  della  pittura  e  ricerca  di  effetti  musicali,  varietà 
di  metri  ;  la  reazione  contro  i  romantici  ;  senso  della  teatralità, 
purità  di  svolgimento  dell'azione,  esclusione  della  prosa, 
esclusione  del  comico,  rispetto  delle  leggi  di  unità;  l'influenza 
dello  Shakespeare  e  del  Calderon  —  Incertezza  del  Werner 
nel  dar  realtà  al  dramma  vagheggiato  :  le  tendenze  reali- 
stiche della  sua  fantasia,  il  bisogno  di  ritrar  la  vita  nelle 
sue  manifestazioni  sensuali,  la  sonorità  materiale  del  suo 
senso  musicale  della  lingua  ;  il  contrasto  di  tali  tendenze  con 
la   materia   religiosa  dei   suoi   drammi  —   Conclusione. 

Capitolo  Terzo. 
Il  dramma  deirutopia  settaria Pag.    127 

Il  primo  periodo  dell'attività  poetica  del  Werner  —  Il  dominio 
della  idea  massonica  sulle  teorie  che  egli  assimila  dai  roman- 
tici :  l'uomo  religioso  concepito  come  evangelizzatore,  la  ne- 
cessità della  setta,  la  esaltazione  della  Chiesa  Cattolica,  l'in- 
fluenza del  Mayr. 

I.  I  «Sohne  des  Tales  »  come  dramma  massonico  —  La  diffe- 
renza fra  la  «  Weltanschauung  »  della  prima  parte  e  quella 
della  seconda  parte  :  le  idee  a  cui  la  prima  parte  è  informata 
sono  soltanto  quelle  comuni  alla  massoneria  del  tempo  e  l'Or- 
dine dei  Templari  deve  sciogliersi  perchè  è  corrotto  ;  le  idee 
a  cui  la  seconda  parte  si  ispira  sono  quelle  dei  romantici  e 
l'Ordine  deve  morire  perchè  predica  un  falso  Vangelo  :  spie- 
gazione del  contrasto  con  l'influenza  romantica  che  cade  fra  la 
composizione  dei  due  drammi  —  Il  contrasto  nelle  tendenze 
formali  delle  due  parti  —  La  prima  parte  come  dramma  storico 
sul  modello  dello  Schiller  :  psicologia  realistica  dei  personaggi, 
ricerca  della  situazione  drammatica,  ricerca  dell'effetto  tea- 
trale —  La  forma  romantica  della  seconda  parte  :  necessità 
di  svolgere  delle  idee  astratte  e  l'esempio  del  «  Nathan  der 
Weise»,  mancata  fusione  delle  idee  nella  azione,  sovrap- 
posizione di  prediche  teoriche  a  un  dramma  storico  realistico, 
contrasto,  disorganismo,  artificiosità  di  innesti  lirici  e  ro- 
mantici, la  ballata  del  «  Ritter  von  Sidon  »  e  la  leggenda 
simbolica  di  Phosphoros. 
G.   GabETTI,  //  dramma  di  Z.    Werner.  29 


450  Indice 

II.  Il  «  Kreutz  an  der  Ostsee  »  —  Rinunzia  all'idea  della  setta 
e  predicazione  dell'»  Urkatholizismus  »  al  mondo:  il  «Kreutz 
an  der  Ostsee  »  come  rappresentazione  della  vittoria  del  Cat- 
tolicesimo primitivo  sul  Paganesimo  e  sul  falso  Cristianesimo  ; 
adattamento  del  soggetto  a  forma  di  dramma  :  l'idea  del- 
l'amore come  forza  organizzatrice  ;  la  vittoria  del  Cattoli- 
cismo  come  vittoria  della  religione  dell'amore  sulla  religione 
della  forza  e  della  corruzione  ;  trionfo  dell'amore  nella  morte  ; 
unità  organica  della  concezione  —  Il  Werner  acquista  netta 
coscienza  della  sua  posizione  di  fronte  allo  Schiller  e  di 
fronte  ai  romantici  :  dominio  maggiore  che  egli  ha  del  suo 
argomento  ;  sapienza  tecnica  della  costruzione  della  tragedia  ; 
gli  «  Stimmungsbilder  »  come  preparazione  della  situazione 
tragica  :  lo  svolgimento  progressivo  dell'azione  —  L'uso  del 
soprannaturale  e  il  contrasto  di  esso  con  l'impostazione  del 
dramma  :  disorganicità  che  ne  nasce  ;  influenza  del  Calderon  ; 
Sant'Adalberto  e  il  crollo  del  mondo  poetico  che  il  Werner 
aveva  creato  —  Il  disegno  della  seconda  parte  :  ricostru- 
zione di  esso  nelle  sue  grandi  linee  ;  lo  smarrimento  nella  in- 
determinata  grandiosità  dell'idea. 

Capitolo  Quarto. 
Il  dramma  deirutopia  erotico-mistica    .    .    .      Pag.    219 

La  fine  dell'utopia  settaria  ;  l'arte  sostituita  alla  setta  come 
mezzo  di  evangelizzazione  ;  evoluzione  delle  idee  del  Werner  : 
l'idea  dell'amore  diventata  centro  del  suo  sistema  ;  confronto 
fra  la  prima  e  la  seconda  edizione  dei  «  Sòhne  des  Tales  » 
sotto  tale  punto  di  vista  ;  l'amore  come  idea  dominante  nei 
nuovi  drammi  ;  conseguenze  formali  ;  tendenza  a  rappresen- 
tare la  vita  erotico-mistica  nelle  sue  manifestazioni  morbose  ; 
avvicinamento  del  dramma  werneriano  al  realismo  ;  tentativo 
di  adattare  le  idee  mistiche  alla  rappresentazione  della  realtà 
della   vita  umana. 

I.  «  Die  Weihe  der  Kraft  »  —  Lutero  come  ristauratore  della 
religione  in  senso  erotico-mistico  :  la  forza  in  Lutero  e  la  sua 
capacità  di  elevazione  ;  la  purità  di  spirito  e  l'educazione  di 
Lutero  compiuta  da  Elisabeth  ;  la  chiamata  divina  nella  morte 


Indice  451 

di  Alexius  ;  la  missione  di  Lutero  :  l'arte  che  gli  ravviva 
l'animo  e  lo  fa  vivere  nel  senso  continuo  di  Dio,  la  fede 
che  lo  tiene  a  contatto  con  la  suprema  fonte  della  vita, 
l'arte  e  la  fede  in  lotta  con  il  dubbio,  l'arte  e  la  fede  rinate 
dal  dubbio  fuse  nell'amore,  la  consecrazione  di  Lutero  nel 
raggiungimento  dell'amore  ;  l'amore  come  coronamento  della 
vita  —  La  psicologia  dell'amore  di  Lutero  e  di  Katharina  : 
predestinazione,  irrimediabilità,  origine  divina,  dissolvimento 
di  ogni  lotta  e  raggiungimento  di  una  completa  armonia  inte- 
riore :  la  psicologia  della  fede  e  dell'arte  in  Lutero  con  la 
storia  simbolica  di  Therese  e  di  Theobald  ;  la  struttura  in- 
terna del  dramma  —  Tentata  fusione  della  storia  esterna  di 
Lutero  in  questa  storia  intima  :  fusione  fallita  ;  mancata  cor- 
rispondenza fra  i  momenti  progressivi  delle  due  storie  ;  sovrap- 
posizione di  un  dramma  romantico  a  un  dramma  storico  ;  il 
realismo  della  storia  di  Lutero  e  il  romanticismo  simbolico 
della  storia  di  Theobald  e  Therese  ;  contrasto  formale  fra  i 
diversi  elementi  del  dramma  ;  la  debolezza  organica  del  fi- 
nale e  la  vitalità  di  alcune  parti. 
IL  «Attila,  Konig  der  Hunnen  »  —  La  più  risoluta  imposta- 
zione realistica  dell*  «  Attila  » ,  la  trascuranza  della  storia 
esterna  dell'eroe  e  il  piìi  forte  lirismo  dell'opera  :  la  mag- 
giore unità  —  L'idea  del  dramma  :  la  rinascita  dalla  morte 
attraverso  la  consecrazione  dell'amore  :  la  corruzione  di  Roma 
e  la  necessità  che  cada  la  sua  potenza,  Attila  come  stru- 
mento di  Dio  e  come  suo  profeta  presso  la  umanità  ;  la  psi- 
cologia di  Attila  secondo  l'idea  del  dramma  :  la  sua  forza 
primigenia  e  sacra,  la  dirittura  umana  ho.  inesorabile  del  suo 
sentimento,  il  suo  senso  profetico  e  la  sua  religiosità  ;  la  colpa 
di  Attila  :  la  mancanza  in  lui  dell'amore,  la  sua  colpa  verso 
Hildegunde  e  verso  l'amore,  Hildegunde  e  la  vendetta  del- 
l'amore offeso,  la  voluttuosa  ed  ebbra  voluttà  di  vendetta  di 
Hildegunde  che  ha  l'amore  ma  profano  e  non  purificato  da 
uno  spirito  divino,  la  nobiltà  morale  e  la  religiosità  di  Attila 
che  lo  rende  degno  di  raggiungere  l'amore  mistico  in  Honoria, 
la  necessità  che  egli  muoia  perchè  si  compia  in  lui  l'estrema 
purificazione,  la  consecrazione  dell'amore  nella  morte  —  Il 
trionfo  della  gioia  di  morire  e  dell'amore  mistico  come  trionfo 


452  Indice 

del  vero  Cristianesimo  :  l'influenza  di  papa  Leone  sopra  At- 
tila, l'influenza  di  papa  Leone  su  Hildegunde  ;  la  figura  di 
pap>a  Leone,  il  suo  valore  simbolico,  la  sua  realtà  storica  ;  il 
contrasto  di  realtà  e  soprannaturale  in  papa  Leone,  e  il 
crollo  della  architettura  del  dramma  che  esso  provoca  —  11 
sempre  più  reciso  realismo  nello  sviluppo  delle  situazioni;  il 
superamento  del  dissidio  che  era  nella  «  Weihe  der  Kraft  »  ; 
la  vita  spirituale  e  mistica  rappresentata  nei  suoi  caratteri 
patologici  ;  le  figure  di  Hildegunde  e  di  Attila  ;  la  voluttà 
della  tenebra  e  del  peccato  e  la  sua  espressione  lirica. 
III.  «Wanda,  Konigin  der  Sarmaten»  —  Unione  di  amore  e 
morte  nei  drammi  precedenti  :  amore  e  morte  come  problema 
fondamentale  e  come  centrale  argomento  del  nuovo  dramma  ; 
verismo  nell'impostazione  della  storia  e  nello  svolgimento 
di  essa  ;  l'intervento  soprannaturale  relegato  nello  sfondo  ; 
l'amore  come  istinto  indomabile  e  sacro  ;  l'amore  come 
conseguenza  dell'  origine  androginica  dell'  uomo  ;  1'  amore 
nella  morte  come  voluttà  sensuale  ;  la  psicologia  di  Rii- 
diger  e  Wanda  e  la  psicologia  di  Achille  e  Pentesilea  ;  il 
carattere  religioso  della  voluttà  sensuale  e  la  calma  sacra  e 
solenne  di  Wanda  che  muove  deliberatamente  alla  morte, 
dopo  di  aver  ucciso  in  ebbrezza  mistica  il  suo  amato  Rii- 
diger  ;  la  naturale  ripugnanza  umana  di  fronte  a  tali  fatti  e 
il  valore  artistico  del  dramma  —  L'esclusione  di  ogni  ele- 
mento episodico  dalla  tragedia,  l'influenza  della  tragedia 
francese,  gli  innesti  lirici  come  accompagnamento  sinfonico 
dell'azione,    il    giudizio   del    Goethe. 

Capitolo  Quinto. 
La  Schicksalstragòdie Pag.    307 

L'idea  del  fato  nella  letteratura  tedesca  sul  volger  del  secolo 
e  le  correnti  che  ne  favorirono  l'affermazione;  l'idea  del  fato 
e  la  poesia  romantica  ;  l'idea  del  fato  nella  poesia  del 
Werner  ;  il  crescere  del  sentimento  fatalistico  nel  succedersi 
dei  suoi  drammi  ;  espedienti  a  cui  il  Werner  ricorre  per  dare 
ai  suoi  drammi  un  colorito  fatalistico  :  la  frequente  manife- 
stazione diretta  del   suo   pensiero,    i   presentimenti   del   futuro. 


Indice  453 

i  presagi  sacri,  le  visioni,  i  sogni,  la  partecipazione  della  na- 
tura inanimata  alle  vicende  dell'azione  —  Il  24.  Februar 
come  epilogo  naturale  di  questa  tendenza  ;  identità  di  pen- 
siero con  gli  altri  drammi  :  la  purificazione  della  colpa  nella 
sciagura  e  nella  morte  ;  diversità  dagli  altri  drammi  :  la  rap- 
presentazione del  male  sostituita  alla  rappresentazione  della 
redenzione  nella  morte  ;  l'unità  di  intonazione  che  la  tragedia 
riceve  per  l'accordo  delle  tendenze  realistiche  del  Werner 
e  la  materia  scelta  a  trattare  ;  il  realismo  del  24.  Februar  e 
il  realismo  degli  altri  drammi  ;  la  potenza  del  fato  mostrata 
in  un  mondo  volgare  nella  vita  quotidiana  fra  gente  del  po- 
polo —  La  genesi  del  dramma  :  il  suggerimento  del  Goethe, 
la  notizia  di  giornale,  la  rapidità  di  concezione  e  di  compo- 
sizione ;  organismo  del  dramma  :  uno  stato  d'animo  solo  rap- 
presentato sinfonicamente  con  un  crescendo  continuo  di  or- 
rore per  l'intensificarsi  della  tragicità  delle  situazioni  — 
L'arte  del  Werner  nel  24.  Februar. 

Capitolo  Sesto. 
Il  dramma  cattolico Pag.    355 

La  crisi  religiosa  :  il  senso  della  vanità  di  tutto  di  fronte  al 
bisogno  religioso  ;  il  senso  del  fallimento  di  tutti  gli  sforzi 
per  raggiungere  la  verità  ;  la  nausea  di  sé  stesso  ;  la  tristezza 
per  gli  errori  della  vita  ;  l'oblio  nella  preghiera  ;  la  conver- 
sione —  Il  processo  di  conversione  :  il  riconoscimento  della 
necessità  di  rinunziare  totalmente  alla  vita  mondana  per  esser 
puro  ;  l'esempio  di  Ottilie  e  l'influenza  delle  pratiche  reli- 
giose ;  l'avvicinamento  al  Cattolicismo  Romano,  che  offre 
nelle  cerimonie,  nei  dogmi  e  nelle  leggende  un  mondo  nuovo 
che  sostituisce  quello  a  cui  il  Werner  sente  di  dover  rinun- 
ciare ;  l'entusiasmo  del  Werner  per  il  contatto  immediato  e 
diretto  con  Dio  nella  Comunione  e  nella  Messa  ;  la  sua  de- 
cisione di  farsi  prete  ;  la  a  Weihe  der  Unkraft  »  e  la  sua 
accettazione  di  tutti  i  dogmi  della  fede  cattolica;  la  diffe- 
renza tra  il  suo  nuovo  Cattolicismo  e  il  suo  anteriore 
«  Urkatholizismus  »  ;  l'organismo  compatto  della  dottrina  cat- 
tolica   come    fermo  sostegno,    che    dà    al    Werner  finalmente 


454  Indice 

un  senso  di  solidità  e  di  sicurezza  ;  la  conversione  del 
Werner  come  processo  di  purificazione  ;  l'armonia  inte- 
riore raggiunta  dal  Werner  con  la  decisione  di  convertirsi 
—  Influenza  del  nuovo  mutamento  di  convinzioni  sul  dramma 
del  Werner  :  suo  indebolito  interesse  per  la  poesia  e  sua 
scarsa  attività  ;  gli  unici  disegni  di  tragedia  presso  cui  si 
arresta  sono  tolti  alla  leggenda  cattolica  e  alla  Bibbia  ;  la 
soppressione  del  «  Bildungsproblem  »  dal  dramma  ;  il  dramma 
come   svolgimento   di  avvenimenti   sacri. 

I.  La  «  Kunegunde  »  —  La  data  della  sua  composizione  ;  con- 
temporaneità di  essa  con  la  più  intensa  e  decisiva  crisi  reli- 
giosa ;  la  materia  del  dramma  nelle  fonti  a  cui  fu  attinta  ;  la 
elaborazione  di  essa  e  la  creazione  di  un  dramma  nell'anima 
di  Kunegunde  che  è  dettato  da  una  sua  esperienza  personale 
di  esasperata  e  vana  nostalgia  paterna  —  Dissidio  nelle  idee 
del  Werner  che  si  riproduce  nel  pensiero  informatore  della 
tragedia  ;  il  Cattolicismo  di  taluni  elementi  :  la  santità  di 
Kunegunde  e  di  Heinrich,  il  concetto  ispirato  dalla  fede 
cattolica  che  spinge  Kunegunde  a  recarsi  al  campo  di  Ar- 
duino, il  pensiero  cattolico  che  domina  la  soluzione  finale; 
l'erotismo  mistico  che  si  afferma  in  altri  elementi  :  l'amore 
predestinato  in  Kunegunde  e  Florestano,  la  personalità  del 
«  Mittler  »  Romualdo  —  La  congestionata  confusione  che 
tale  dissidio  ha  provocato  nello  svolgimento  dell'azione  ;  la 
disorganicità  formale,  la  stanchezza  con  la  quale  il  Werner 
ha  composto  il  suo  dramma  ;  oscurità,  vacuità,  indetermina- 
tezza del  linguaggio  ;  la  frammentarietà  della  parte  viva  del- 
l'opera. 

II.  La  «  Mutter  der  Makkabàer  »  —  Il  dramma  come  rappre- 
sentazione di  un  martirio  ;  la  santità  dei  personaggi  già  formata 
con  l'inizio  del  dramma  ;  eliminazione  di  ogni  intendimento 
simbolistico  ;  il  soprannaturale  non  è  più  simbolo  ma  è  realtà 
come  la  vita  stessa  ;  dominante  ascetismo  nel  carattere  degli 
eroi  e  loro  incuranza  di  quanto  è  terreno  ;  la  vita  nel  con- 
tinuo pensiero  di  Dio  —  L'organismo  del  dramma  :  la  scena 
del  martirio  nell'ultimo  atto,  vero  argomento  della  tragedia  ; 
i  primi  quattro  atti  come  semplice  preparazione  di  quest'ul- 
timo —  Il  trionfo  della  tendenza  della  fantasia  del  Werner 


Indice  455 

alla  morbosità  nella  scena  del  martirio  ;  la  aridità  e  secchezza 
di  tutto  il  resto  ;  la  operettistica  coreografia  del  finale  ;  sin- 
tomi di  esaurimento. 

Conclusione -P^^-    433 

La  forza  e  la  debolezza  del  Werner  come  poeta  e  l'origine  del- 
l'una e  dell'altra  nel  suo  temperamento  anormale  e  malato  ; 
frammentarietà  della  parte  vitale  della  sua  opera  ;  il  carat- 
tere di  precursore  che  il  Werner  ha  in  tali  frammenti  ;  in- 
fluenza che  essi  esercitarono  sul  Kleist,  sul  Brentano,  sul 
Fouqué,  sul  Grillparzer,  sul  Ludwig,  sul  Grabbe,  sullo  Hebbel  ; 
conclusione  sul  poeta  e  sull'uomo. 


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