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Full text of "Il risorgimento d'Italia: narrato dai principi di casa Savoia e dal Parlamento (1848-1878)."

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IL RISORGIMENTO D' ITALIA, 



IL RISORGIMENTO D' ITALIA 

NARRATO 

DAI PRIKCIPI DI CASA SAVOIA 
DAI PARLAMENTO. 

(1848-1878.) 
Tsrsft «disione. 



.^' 




FIRENZE, 
G. BARBÈRA, EDITORE. 

1888. 



Xiro^\ Soo. <g«B^^;i^ 



/IharvardN 
university 

LIBRARY 
l NOV 9 1956/ 



Proprietà letteraria. 



A SUA ALTEZZA REALE 

YITTOEIO EMANUELE 

PRINCIPE DI NAPOLI 



Altezza Reale, 

La generazione che ha rifatto V Italia viene 
meno 

Come d'autunno si levan lo foglie 
L'una appresso dell'altra, 

e si discolorano le vive ricordanze degli stupendi 
avvenimenti e degli affetti che li animavano. Ma 
perchè il progresso non consente l' oblio, e perchè 
le tradizioni maggiori di un grande Stato de- 
vono essere continuate, è necessario dare alla gio- 
ventù r agevolezza di apprenderle, massimamente 
quando valgono a sublimarla. Ecco il pensiero che 
ha dato origine a questo libro, nel quale sono 
uniti insieme documenti memorabili, che in ma- 
niera singolare fanno la storia del nostro risorgi- 
mento. Qui si parla per operare e per trarre dai 
rapidi racconti nuovi impulsi a cimenti nuovi. 



VI K nVA, ALTEZZA REALE VITTOBIO EMAIOJELE 

Qui Jiou ML oorca di acquistar gloria dalle parole, 
iim ih% iaibl bouòfioi a un popolo, clie avea lunga 
Il ardtnito brama di indipendenza, di unione, di li- 
h<irti\. l/animosa sapienza di queste pagine eteme 
rllmn lo Hpirito della vita nazionale di trent'anni. 
NiU ItigKt^rlo mì sonte ohe gli autori e i motori 
ìM patrio risorgimento appariranno anclie piìi 
Uraiull (M)l tompo, come le Alpi vedute da lontano. 

Vttulro air oooellonza e conseguire splendore 
(li kI^^ì'I*^ ^ impresa difficile per ogni dove, ma 
[Ah \n Italia, poroliò si deve gareggiare con le 
mauiorlu di uomini variamente grandi in ogni 
tttmpo, j^ra questi saranno eminenti i liberatori 
dalla j)atrla. 

I l^riuoipi di Oasa Savoia, movendo da Mo^ 
riana, Heguivano da otto secoli con imperturbabile 
gagliardla il loro cammino a meta gloriosa, ri- 
splendendo sempre per valore guerriero e per virtù 
civili. Fra tante ruine di Principi e di Stati, soli 
rimanevano di so sicuri, acquistando continuata- 
mente la fiducia di popolazioni valorose e forti; 
finché Carlo Alberto mise fra Tarmi la corona, i 
figli, la vita per T indipendenza d'Italia, e mar- 
tire ne mori. 

Neir antica età Eoma aveva conquistato ed 
unito per forza d'armi l'Italia; nel tempo no- 
stro, per contrario cammino, Vittorio Emanuele, 
uniti in concorde volere tutti gì' Italiani, li ha gui- 
dati a Eoma. Egli riposa glorioso nel Pantheon, 



PBINOIPE DI KAPOLT. VII 

He della libertà, dirimpetto a Raffaello Sanzio so- 
vrano neir arte. L' arte e la libertà sono i sempi- 
temi amori del popolo italiano. 

In questo volume sono felicemente descritti 
a dolori, le speranze, i timori, le gioie della ma* 
gnanima impresa, comuni ai Principi, al Popolo, 
al Parlamento. E v' è sapienza politica del mo- 
derno vivere civile. 

Altezza Beale, 

L' Italia, avendo per guida l' Augusto Prin- 
cipe Padre Vostro, prosegue sicura nella via della 
civiltà e guarda amorosa ai giovani, pensando 
che il conservare la libertà non è meno difficile 
che r acquistarla. 

A Voi, Principe della gioventù, ardente ama- 
tore della patria e degli studi, sarà caro rian- 
dare in questo volume i fatti gloriosi della Casa 
Vostra, che sono fatti d' Italia. Con Voi i gio- 
vani italiani da questi maravigliosi ricordi e ma- 
gnanimi esempi prenderanno conforto e vigore 
a opere condegne per la grandezza civile del 
nostro paese. 

Eoma, 21 aprile 1888, 

FILIPPO MARIOTTI. 



INDICE. 



Pabtb Psiha. 

CARLO ALBERTO E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 

I. 2848, Febbraio 8. — PROCLAMA col quale il Re Carlo Alberto an- 

nunzia la risolazione di concedere a* suoi popoli lo Statuto. Pag. 3 

II. Marzo 4. — Statuto fondamentale della Monarchia di Savoia. . 6 

III. Marzo 28. — Carlo Alberto, alla notizia della gloriosa cacciata 

degli Austriaci da Milano, annunzia ai popoli della Lombardia 
e della Venezia che accorre in loro soccorso. Proclama ... 20 

lY. Marzo 29, — Carlo Alberto, partendo per la Lombardia, prende 

commiato da' suoi popoli. Proclama 21 

y. Marzo 81, — Proclama diretto dal Re Carlo Alberto air esercito, 

giunto con rapida marcia sulle rive dell'Adda 22 

VI. Marzo 81, — Secondo Proclama di Carlo Alberto ai popoli della 

Lombardia e della Venezia 24 

VIL Maggio 8, — DISCORSO della Corona per V apertura della I* Le- 
gislatura del Parlamento subalpino 25 

Vili. Maggio 26, — Indirizzo del Senato del Regno in risposta al 
- medesimo 29 

IX. Giugno 7. — Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta 

al medesimo 85 

X. Maggio 28, — Proclama di Carlo Alberto ai popoli della Venezia 

dopo la Tittoria di Pastrengo e T arrivo dell* esercito sotto 
le mura di Verona 40 

XI. Luglio ^5. — Proclama del Re Carlo Alberto ali* esercito dopo 

i rovesci di Custoza e di Volta 41 

XII. Agosto 7. — Proclama di Carlo Alberto ai popoli dello Stato 
Sardo nel ricondurre sulla destra del Ticino il suo esercito, 
costretto ad accettare T armistizio detto di Salasco 48 

Xni. Agotto 7, — Ordine dkl giorno di Carlo Alberto ali* esercito, 

per rialzarne gli animi 45 

XIV. AgoHo 10, — Nuovo Proclama di Carlo Alberto a* suoi popoli 
per spiegare lo cause dei rovesci patiti 46 



X INDICE. 

XV. Agosto 28. — Carlo Alberto ordina all' esercito di prestar già- 

ramento allo Statuto. Pboolama Pag. 48 

XYI. Settembre 14. — Pboolaha del Re Carlo Alberto alla Guardia 

Nazionale 49 

XYII. 1849, Febbraio 1. — DisooRSo pronunziato dal Re Carlo Al- 
berto per l'apertura della II» Legislatura del Parlamento 
subalpino 50 

XYIII. Febbraio SO. — Risposta del Senato del Regno 63 

XIX. Marzo 2. — Risposta della Camera dei Deputati 56 

XX. Marzo IS. — Pboolaha rivolto dal Re Carlo Alberto alla Guar- 

dia Nazionale nel momento di riprendere le ostilità contro 
l'Austria 69 

XXI. Marzo 16. — Pboolaha del Re Carlo Alberto ai Savoiardi nella 
stessa occasione. 60 

XXII. Marzo 26. — Vinto 1* esercito sardo a Mortara ed a Novara, 
il Principe Eugenio di Carignano, luogotenente generale del 
Re, annunzia al popoli che Carlo Alberto ha abdicato a favore 

di suo figlio Vittorio Emanuele. Pboqlama 61 

XXIII. Marzo 26, — Pboolaha diretto nella stessa occasione dal 
Principe Eugenio alla Guardia Nazionale 62 

XXIV. Marzo 27. — Indibizzo a Carlo Alberto, votato dalla Camera 
dei Deputati alla notizia della sua rinunzia al trono 63 

XXV. Maggio 14'15. — Pabolb rivolte dal Re Carlo Alberto alla 
Deputazione incaricata di recargli in Oporto l' Indirizzo della 
Camera dei Deputati 65 

XXVI. Marzo 29. — Indirizzo a Carlo Alberto votato dal Senato 

del Regno nella stessa occasione 67 

XXVII. Maggio 81. — Pabole dette dal Re Carlo Alberto nel rice- 
vere la Deputazione incaricata di recargli in Oporto l'Indi- 
rizzo del Senato 68- 



Parte Seconda. 

VITTORIO EMANUELE II E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 

I. 1849, Marzo 27. — Pboolaha emanato dal Re Vittorio Emanuele II 

nel momento dì assumere la Corona 7d 

IL Marzo 29. — Indibizzo ietto da una Deputazione incaricata di 
presentare gli omaggi del Senato al Re Vittorio Emanuele II 
in occasione della sua assunzione al trono 74 

III. Marzo 29. — Risposta del Re Vittorio Emanuele II all' Indirizzo 

presentatogli dal Senato in occasione della sua assunzione 
al trono 76 

IV. Marzo 29. — Pabole pronunziate dal Re Vittorio Emanuele II 

avanti alle due Camere dopo aver prestato il giuramento di 
fedeltà allo Statuto 76 



INDICI. XI 

V. Luglio 8, — Proclama rìTolio dal Be Titiorio Emanoele II 

a' suoi popoli nel riprendere il Governo dopo una pericolosa 
malattia Pag. 76 

VI. Luglio 80, — Discorso pronunziato dal Ke Vittorio Emanoele II 

per r apertura della III» Legislatora del Parlamento sabalpino. 82 

VII. Agosto 18,.— Risposta del Senato del Beerno 85 

Vili. Agotto 22, — Risposta della Camera dei Deputati 89 

IX. Novembre 20, — Proclama riTolto dal Re Vittorio Emanuele II 

agli elettori in occasione dello scioglimento della Camera dei 
Deputati eletta nel luglio 1849 90 

X. Dicembre 20. — DISCORSO pronunziato dal Re Vittorio Emanuele II 

per r apertura della 1* Sessione della IV* Legrislatura del 
Parlamento subalpino 98 

XI. Dicembre 20, — Proclama rivolto dal Be Vittorio Emanuele alla 

Guardia Nazionale nella medesima occasione 95 

XII. 1850, Gennaio 6. — Indirizzo del Senato in risposta al Discorso 

della Corona del 20 dicembre 1849 96 

XIII. Oennaio 5, — Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta 

al Discorso medesimo 98 

XIV. Maggio 21, — Proclama del Re Vittorio Emanuele II agli abi- 
tanti della Savoia nel recarsi a visitare quella parte de' suoi 
Stati 100 

XV. Novembre 28, — Discorso del Re Vittorio Emanuele II per l'aper- 

tura della 2« Sessione della IV» Legislatura del Parlamento. 101 

XVI. Novembre 80, ~ Risposta del Senato del Regno 103 

XVII. Novembre 28, — Risposta della Camera dei Deputati 106 

XVIII. 1852, Marzo 4, — Discorso del Re Vittorio Emanuele II al- 
l' apertura della 8* Sessione della IV» Legislatura del Parla- 
mento 107 

XIX. Marzo 7;8. ~ Risposta del Senato del Regno 109 

XX. Marzo 9, — Risposta della Camera dei Deputati IH 

XXI. 1858, Dicembre 19, — Discorso del Re Vittorio Emanuele II 
all'apertura della 1* Sessione della V» Legislatura del Parla- 
mento 113 

£XII. Dicembre ;8$. — Risposta del Senato del Regno 115 

IXIII. Dicembre ;8$. — Risposta delia Camera dei Deputati .... 117 
KXIV. 1855, Oennaio 21, — Indirizzo dì condoglianza del Senato 
del Regno al Re Vittorio Emanuele II per la morte delle Re- 
gine Maria Teresa e Maria Adelaide 119 

XXV. Oennaio 26, — Indirizzo di condoglianza presentato dalla 
Camera dei Deputati al Re Vittorio Emanuele lì nella stessa 
occasione. 121 

XXVI. Febbraio 12. — Indirizzo di condoglianza del Senato del 
Regno al Re Vittorio Emanuele II per la morte del Duca 
Ferdinando di Genova 122 

XXVII. Aprile 14, — Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanuele II 

al corpo dell'esercito sardo che partiva per la Crimea. ... 124 



XII INDICE. 

XXVIII. Novembre 12, ~ Disoosso del Re TittorioEmaonele II airaper- 
tura della 2* Sessione della Y*^ Legislatura del Parlamento. Pag. 125 

XXIX. Novembre i5. — Risposta del Senato del Regno 126 

XXX. Novembre 17, — Risposta della Camera dei Dopatati 128 

XXXI. 18^6, Giugno 15, — Pboolaha rivolto dal Re Vittorio Ema- 
naele II al corpo dell* esercito sardo rednce dalla Crimea. . . 180 

XXXII. 1857, Gennaio 7. — Disoobso del Re Vittorio Emanuele II 
all'apertura della 8* Sessione della V» Legislatura del Par- 
lamento 181 

XXXIII. Gennaio 12. —Risposta del Senato del Regno 132 

XXXIV. Gennaio 12, — Risposta della Camera dei Deputati .... 134 

XXXV. Dicembre 14, — DisooBSO del Re Vittorio Emanuele II al- 
l' apertura della 1* Sessione della VI* Legislatura del Par- 
lamento 135 

XXXVI. Dicembre 29, — Risposta del Senato del Regno 137 

XXXVII. 1858, Gennaio 20, — Risposta della Camera dei Deputati. 189 
XXXVIil. 1859, Gennaio 10. — DisooBSO pronunziato dal Re Vittorio 

Emanuele II all' apertura della 2'^ Sessione della VI» Legisla- 
tura del Parlamento 141 

XXXIX. Gennaio iP. — Risposta del Senato del Regno H3 

XL. Gennaio 15, — Risposta della Camera dei Deputati 144 

XLI. Aprile 27, — Pboolama del Re Vittorio Emanuele II all'eser- 
cito, dopo la dichiarazione di guerra fatta dall'Austria alla 
Sardegna 145 

XLII. Aprile 29, — Pboolama rivolto nella stessa occasione dal 

Re Vittorio Emanuele II ai popoli d'Italia 147 

XLIII. Maggio 80. — Pboolama del Re Vittorio Emanuele II ali* eser- 
cito, dopo la vittoria riportata a Palestre, Vinzaglio e Ca- 
saline 148 

XL1V. Maggio 81. — Pboolaha del Re Vittorio Emanuele II al- 
l' esercito dopo la seconda giornata di Palestre 149 

XLV. Giugno 9. — Pboolama del Re Vittorio Emanuele II ai popoli 
della Lombardia, entrando a Milano per effetto della vittoria 
di Magenta 151 

XLVI. Giugno 25. — Pboolama diretto dal Re Vittorio Emanuele II 
all'esercito il giorno seguente alla battaglia di Solferino e 
San Martino 158 

XLVII. Luglio 12. — Pboolama col quale il Re Vittorio Emanuele II 
prende congedo dall' esercito dopo la stipulazione dei preli- 
minari di Villafranca 154 

XLVIII. Luglio 18, — Pboolama rivolto nella stessa occasione dal 

Re Vittorio Emanuele II ai popoli della Lombardia 155 

XLIX. 1860, Marzo 25. — Pboolama del Re Vittorio Emanuele II 
ai popoli dell' Italia centrale dopo l' annessione dell' Emilia 
e della Toscana 156 

I . Aprile 1. — Pboolama rivolto dal Re Vittorio Emanuele II agli 
abitanti della Savoia e della contea di Nizza in seguito alla 



INDICE. xm 

firma del trattato per la cessione di quelle provincie alla 
Francia " Pag. 157 

LI. Aprile ;?. — DtsooBSO del Be Vittorio Emanuele II air apertura 
della VII* Legislatura del Parlamento, accresciuto dai rappre- 
sentanti della Lombardia e dell* Italia centrale 159 

LII. Aprile 14. — Risposta del Senato del Regno 161 

LUI. Aprile 14. — Risposta della Camera dei Deputati 163 

LIY. Settembre 11, ~ Proclama riyolto dal Re Vittorio Emanuele II 
air esercito nel momento d* intraprendere la campagna del- 
l' Umbria e delle Marche 165 

LV. Ottobre 4, — Ordine del giorno del Re Vittorio Emanuele II 
air esercito dopo la battaglia di Castelfidardo e la presa di 
Ancona 167 

LVI. Ottobre 4. — Ordine del giorno del Re Vittorio Emanuele II 

alla marina militare nella stessa occasione 168 

LVII. Ottobre 9. — Pboolama rivolto dal Re Vittorio Emanuele II 
ai popoli delP Italia meridionale nel momento di passare il 
Tronto ivi 

LVIII. Ottobre 19. — Indirizzo che la Camera dei Deputati eletta 
dopo l'annessione delle Provincie della Lombardia e dell'Italia 
centrale, nel metter fine a' suoi lavori, dirigeva al Re Vittorio 
Emanuele II guerreggiante nelle provincie napoletane 174 

LIX. Ottobre 22. — Indirizzo diretto nella stessa occasione al Re 

Vittorio Emanuele II dal Senato del Regno 176 

LX. Novembre 7. — Proclama del Re Vittorio Emanuele II ai popoli 

dell'Italia meridionale nel giorno del suo ingresso in Napoli. 177 

LXI. Dicembre 1. — Proclama del Re Vittorio Emanuele II ai po- 
poli delia Sicilia nel giorno del suo ingresso in Palermo. . . 178 

LXII. 1861» Gennaio 7. — Proclama col quale il Re Vittorio Ema- 
nuele II annunzia ai popoli delle provincie napoletane la no- 
mina del Principe Eugenio a suo luogotenente generale nelle 
medesime. 179 

Parte Terza. 

VITTORIO EMANUELE II E IL PARLAMENTO ITALIANO. 

f. 1861, Febbraio 18. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II all'aper- 
tura dell' VIII* Legislatura del Parlamento nazionale, la prima 
del Parlamento italiano 18S 

II. Febbraio ^5. — Risposta del Senato del Regno 185 

III. Marzo 18. — Risposta della Camera dei Deputati 1 83 

IV. Febbraio 21. — Progetto di legge relativo all' assunzione dei 

titolo di Re d* Italia da parte del Re Vittorio Emanuele II e 
dei suoi successori 190 

V. Febhtaio 24. — Relazione al Senato intorno al progetto di legge 

surriferito 191 



XIV INDICE. 

VI. Marzo IL — Rrlazione con cui il presidente del Consiglio pre- 

sentava alla Camera dei Deputati il progetto di legge intorna 
al titolo di Re d' Italia Pag. 195 

VII. Marzo 14. — Relazionb sul medesimo disegno di legge, fatta 

dalla Commissione della Camera dei Deputati 196 

Vili. Giugno 8. — Ordine del giorno del Re Vittorio Emanuele II 
air esercito nella ricorrenza della prima festa nazionale oc- 
corsa dopo la fondazione del Regno d'Italia 200 

IX. 1868f Giugno 18. — Indirizzo rivolto dalla Camera dei Deputati 

al Re Vittorio Emanuele II in seguito alla dichiarazione fatta 
dall* Episcopato riunito, in Roma circa la necessità del potere 
temporale 202 

X. Agosto 8. — Proolaha indirizzato dal Re Vittorio Emanuele II 

alla nazione in occasione del movimento tentato dal generale 
Garibaldi nel 1862 204 

XI. 1863 f Maggio 25. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II airaper- 

tura della 2* Sessione deirVIII» Legislatura del Parlamento. 205 

XII. Giugno 1. — Risposta del Senato del Regno 207 

XIII. Giugno 8. — Risposta della Camera dei Deputati . 209 

XIV. 1865, Novembre 18. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II 
air apertura della IX* Legislatura del Parlamento, convocato 
per la prima volta in Firenze 213 

XV. Dicembre 4. —Risposta del Senato del Regno 216 

XVI. Dicembre 15. -— Risposta della Camera dei Deputati 218 

XVII. 1866, Giugno 20. — Proclama rivolto dal Re Vittorio Ema- 
nuele II alla nazione dopo la dichiarazione di guerra ali* Au- 
stria nel 1866 222 

XVIII. Giugno 20. — Proclama del Re Vittorio Emanuele II alla 
Guardia Nazionale nella stessa occasione 225 

XIX. Giugno 21, — Proclama del Re Vittorio Emanuele II air esercito 
neir intraprendere l'ultima guerra per l'indipendenza nazionale. 226 

XX. Dicembre 15, — Discorso del Re Vittorio Emanuele II all'aper- 
tura della 2* Sessione della IX<^ Legislatura del Parlamento. 227 

XXI. Dicembre 28. — Risposta del Senato del Regno . 280 

XXII. 1867, Gennaio 1. — Risposta della Camera dei Deputati . . , 233 

XXIII. Marzo 22. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II all'aper- 
tura della 1^ Sessione della X<^ Legislatura del Parlamento . 235 

XXIV. Marzo 81» — Risposta del Senato del Regno 288 

XXV. Aprile 4. — Risposta della Camera dei Deputati 240 

XXVI. Ottobre 27. — Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanuele II 
agli Italiani in occasione dell'impresa dei volontari nell'Agro 
romano 243 

XXVII. 1868f Febbraio 3. — Indirizzo di congratulazione della Ca- 
mera dei Deputati al Re Vittorio Emanuele II in occasione del 
matrimonio del Principe Umberto colla Principessa Margherita. 245 

KXVIII. Febbraio 7. — Indirizzo del Senato del Regno al Re Vittorio 

Emanuele il nella stessa occasione 246 



IKDIOE. XY 

XXIX. Febbraio 7. — Indirizzo rivolto nella stessa occasione dal 
Senato del Regno al Prìncipe Umberto Pag. 2k7 

XXX. Febbraio 7. — Indirizzo diretto nella stessa occasione dal 
Senato del Regno alla Duchessa di Genova 248 

XXXI. 1869, Novembre iS. — Discorso per l'apertura della 2* Ses- 
sione della X» Legislatura del Parlamento, letto, a nome del 
Re Vittorio Emanuele II, da una Commissione di alti digni- 
tari dello Stato 249 

XXXII. Novembre SS. — Risposta del Senato del Regno 251 

XXXIII. Novembre 24. — Risposta della Camera dei Deputati . . . 253 
XXX lY. 1870^ Dicembre 5. ~ Discorso del Re Vittorio Emanuele II 

air apertura della 1* Sessione dell' XI* Legislatura del Par- 
lamento 255 

XXXY. Dicembre 13. — Risposta del Senato del Regno 258 

XXXVJ. Dicembre 12. — Risposta della Camera dei Deputati . . . 269 
XXXVIT. 1871, Novembre 27, — Discorso del Re Vittorio Emanuele II 
all'apertura della 2» Sessione dell' XI* Legislatura del Par- 
lamento, convocato per la prima volta in Roma 265 

XXXVIIL Dicembre 5. - Risposta del Senato del Regno 268 

XXXIX. Dicembre 4. — Risposta della Camera dei Deputati .... 270 
XL. 1873, Novembre 15. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II 
all'apertura della 8* Sessione dell' XI* Legislatura del Par- 
lamento 273 

XLI. Novembre 29. — Risposta del Senato del Regno 276 

XLII. Novembre 25. — Risposta della Camera dei Deputati 279 

XLIII. 1874, Marzo 16. — Indirizzo rivolto dal Senato del Regno al 
Re Vittorio Emanuele II in occasione del 25o anniversario 

della sua assunzione al trono 282 

XLIV. Marzo 23. — Parolr dette dal Re Vittorio Emanuele II nel 
ricevere la Deputazione incaricata di presentargli l'indirizzo 

approvato dal Senato 283 

XLV. Marzo 16. — Indirizzo rivolto dalla Camera dei Deputati al 

Re Vittorio Emanuele II nella stessa occasione 284 

XLVI. Marzo 23. — Parole dette dal Re Vittorio Emanuele II 
alla Deputazione incaricata di presentargli l'indirizzo della 

Camera dei Deputati 286 

XLVII. Novembre 23. — Discorso del Ru Vittorio Emanuele II al- 
l'apertura della 1* Sessione della XII* Legislatura del Par- 
lamento 287 

XLVIII. Novembre 30. — Risposta del Senato del Regno 289 

XLIX. Novembre 30. — Risposta della Camera dei Deputati .... 291 
L. 1876, Marzo 6. — Discorso del Re Vittorio Emanuele II al- 
l' apertura della 2* Sessione della XII* Legislatura del Par- 
lamento 295 

LI. Marzo 10. — Risposta del Senato dei Regno 297 

LII. Marzo 11. —Risposta della Camera dei Deputati 209 

LUI. Novembre 20. — Discorso pronunziato dal Re Vittorio Ema- 



XYI iKDioa. 

nnole II ali*Apertara della 1* Sessione della XIII* Legislatara 

del Parlamento Pag. 302 

LIV. Dieembre h — Risposta del Senato del Regno 805 

LV. Novemhre 28, — Risposta della Camera dei Dopatati 309 

LSU 1877, Giugno 2. — Indirizzo diretto dal Senato del Regno al 
Re Vittorio Emanuele lì in occasione del SO^ anniversario della 

promulgazione dello Statuto 312 

LVII. Giugno 2, — Indirizzo rivolto nella stessa occasione al Re 

Vittorio Emanuele II dalla Camera dei Deputati 314 

ASSUNZIONE AL TRONO DEL RE UMBERTO I. 

I. 1878, Gennaio 9. — Proolama col quale il Re Umberto I annunzia 

alla nazione la morte di Vittorio Emanuele II 319 

II. Gennaio 19. — Disoorso pronunziato dal Re Umberto I al Par- 

lamento, dopo aver prestato il giuramento prescritto dallo 
Statuto 320 

Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati e Ministeri 
dall* attuazione dello Statuto alla fine del regno di Vittorio 
Emanuele II 323 



Parte Prima. 



CARLO ALBERTO 
E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 



Proclama cól quale il Be Carlo Alberto annunma la 
risoluzione di concedere d suoi popoli lo Statuto, 
quale complemento delle riforme attuate nel 1846 
e nel 18é7. 

[8 febbraio 1848.] 

CARLO ALBERTO 

per la grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ; 
Duca di Savoia, di Genova, di Monferrato, d'Aosta, del €hia- 
blese, del Genovese e di Piacenza; Principe di Piemonte e 
di Oneglia ; Marchese d* Italia, di Saluzzo, d* Ivrea, di Susa, 
di Cova, del Maro, di Oristano, di Cesana e di Savona ; Conte 
di Moriana, di Ginevra, di Nizza, di Tenda, di Eomonte, di 
Asti, di Alessandria, di Goceano, di Novara, di Tortona, di 
Vigevano e di Bobbio ; Barone di Vaud e del Faucigny ; Si- 
gnore di Vercelli, di Pinerolo, di Tarantasia, della Lomellina 
e della Valle di Sasia, ec. ec. ec. 

I popoli che per volere della Divina Provvidenza 
governiamo da diciassette anni con amore di padre, 
hanno sempre compreso il Nostro affetto, siccome Noi 
cercammo di comprendere i loro bisogni ; e fu sempre 
intendimento Nostro che il Principe e la Nazione fos- 
sero coi più stretti vincoli uniti pel bene della patria. 

Di questa unione ognor più salda avemmo prove 
ben consolanti nei sensi, con cui i Sudditi Nostri ac- 
colsero le recenti riforme, che il desiderio della loro 



4 CARLO ALBERTO [1848 

felicità Ci avea consigliate per migliorare i diversi 
rami di amministrazione, ed iniziarli alla discussione 
dei pubblici affari. 

Ora poi che i tempi sono disposti a cose maggiori, 
ed in mezzo alle mutazioni seguite in Italia, non du- 
bitiamo di dar loro la prova la più solenne che per 
Noi si possa della fede che conserviamo nella loro 
devozione e nel loro senno. 

Preparate nella calma, si maturano nei Nostri 
Consigli le politiche istituzioni, che saranno il com- 
plemento delle riforme da Noi fatte, e varranno a 
consolidarne il benefizio in modo consentaneo alle 
condizioni del paese. 

Ma fin d'ora Ci è grato il dichiarare, siccome col 
parere dei Nostri Ministri e dei principali Consiglieri 
della Nostra Corona abbiamo risoluto e determinato 
di adottare le seguenti basi di uno Statuto fonda- 
mentale per istabilire nei Nostri Stati un compiuto 
sistema di governo rappresentativo. 

Art. 1. La Eeligione Cattolica, Apostolica e Komana 
è la sola Eeligione dello Stato. 

Gli altri culti ora esistenti sono tollerati confor- 
memente alle Leggi. 

Art. 2. La persona del Re è sacra ed inviolabile. 
I suoi Ministri sono risponsabili. 

Art. 3. Al Re solo appartiene il potere esecutivo. 
Egli è il Capo supremo dello Stato. Egli comanda 
tutte le forze di terra e di mare: dichiara la guerra: 
fa i trattati di pace, d' alleanza e di commercio : no- 
mina a tutti gì' impieghi : e dà tutti gli ordini neces- 
sarii per l'esecuzione delle Leggi senza sospenderne o 
dispensarne l' osservanza. 

Art. 4. Il Re solo sanziona le Leggi, e le promulga. 

Art. 5. Ogni giustizia emana dal Re, ed è ammi- 



1848] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 5 

nistrata in suo Nome. Egli può far grazia e commu- 
tare le pene. 

Art. 6. Il Potere legislativo sarà collettivamente 
esercitato dal Re e da due Camere. 

Art. 7. La prima sarà composta da Membri nomi- 
nati a vita dal Re ; la seconda sarà elettiva, sulla base 
del censo da determinarsi. 

Art. 8. La proposizione delle Leggi apparterrà al 
Re ed a ciascuna delle Camere. 

Però ogni Legge d'imposizione di tributi sarà 
presentata prima alla Camera elettiva. 

Art. 9. Il Re convoca ogni anno le due Camere : 
ne proroga le sessioni, e può disciogliere la elettiva : 
ma in questo caso ne convoca un'altra nel termine 
di quattro mesi. 

Art. 10. Nessun tributo può essere imposto o ri- 
scosso se non sarà consentito dalle Camere e sanzio- 
nato dal Re. 

Art. 11. La stampa sarà libera, ma soggetta a Leggi 
repressive. 

Art. 12. La libertà individuale sarà guarentita. 

Art. 13. I Giudici, meno quelli di Mandamento, sa- 
ranno inamovibili dopo che avranno esercitate le loro 
funzioni per uno spazio di tempo da determinarsi. 

Art. 14. Ci riserviamo di stabilire una Milizia Co- 
munale composta di persone che paghino un censo 
da fissare. 

Essa verrà posta sotto gli ordini delle Autorità 
Amministrative, e la dipendenza del Ministero dell'In- 
terno. 

Il Re potrà sospenderla o discioglierla nei luo- 
ghi dove crederà opportuno. 

Lo Statuto fondamentale, che d'ordine Nostro vien 
preparato in conformità di queste basi, sarà messo in 



6 CARLO ALBERTO [1848 

vigore in seguito all' attivazione del nuovo ordinamento 
dello amministrazioni comunali. 

Mentre così provvediamo alle più alte emergenze 
doir ordine politico, non vogliamo più oltre differire di 
compiere un desiderio, che da lungo tempo nutriamo, 
con ridurre il prezzo del sale a trenta centesimi il chi- 
logranima fino dal primo di luglio prossimo venturo, 
a benefizio principalmente delle classi più povere, per- 
suasi di trovare nelle più agiate quel compenso di 
pubblica entrata, che i bisogni dello Stato richiedono. 

Protegga Iddio V era novella che si apre pei No- 
stri popoli, ed intanto ch'essi possano far uso delle 
maggiori libertà acquistate, di cui sono e saranno 
degni, aspettiamo da loro la rigorosa osservanza delle 
leggi vigenti, e la imperturbata quiete tanto neces- 
saria ad ultimare l' opera dell' ordinamento interno 
dello Stato. 

Dato iu Torino addì otto febbraio miUe ottocento quarantotto. 

Carlo Alberto. 



II. 

Statuto fondamèìitale dèlia Monarchia di Savoia. 

[4 marzo 1848.] 

CARLO ALBERTO 

per la grazia di Dìo Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalem- 
me, Duca di Savoia e di Genova, ec. ec. ec, Principe di Pie- 
monte, ec. oc. oc. 

Con lealtà di Re e con affetto di padre, Noi ve- 
niamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato 
ai Nostri amatissimi Sudditi, col Nostro proclama 



1848] B IL PAELAMENTO SUBALPINO. 7 

dell' 8 dell'ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo 
voluto dimostrare, in mezzo agli eventi straordinari 
che circondavano il paese, come la Nostra confidenza 
in loro crescesse colla gravità delle circostanze, o 
come, prendendo unicamente consiglio dagli impulsi 
del Nostro cuore, fosse ferma Nostra intenzione di 
conformare le loro sorti alla ragione dei tempi, agli 
interessi ed alla dignità della Nazione. 

Considerando Noi le larghe e forti istituzioni rap- 
presentative contenute nel presente Statuto fondamen- 
tale come un mezzo il più sicuro di raddoppiare quei 
vincoli d'indissolubile affetto che stringono all'Itala 
Nostra Corona un popolo, che tante prove Ci ha dato 
di fede, di obbedienza e d' amore, abbiamo determi- 
nato di sancirlo e promulgarlo, nella fiducia che Iddio 
benedirà le pure Nostre intenzioni, e che la Nazione 
libera, forte, e felice si mostrerà sempre più degna del- 
l' antica fama, e saprà meritarsi un glorioso avvenire. 

Perciò di Nostra certa scienza. Regia Autorità, 
avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato 
ed ordiniamo in forza di Statuto e Legge fondamentale 
perpetua ed irrevocabile della Monarchia, quanto segue: 

Art. 1. La Religione Cattolica, Apostolica e Ro- 
mana è la sola Religione dello Stato. 

Gli altri culti ora esistenti sono tollerati con- 
formemente alle Leggi. 

Art. 2. Lo Stato è retto da un Governo Monar- 
chico e Rappresentativo. 

Il Trono è ereditario secondo la Legge Salica. 

Art. 3. Il potere legislativo sarà collettivamente 
esercitato dal Re e da due Camere : il Senato e quella 
dei Deputati. 

Art. 4. La persona del Re è sacra ed inviolabile. 

Art. 5. Al Re solo appartiene il potere esecutivo. 



8 CABLO ALBERTO [1848 

Egli è il Capo supremo dello Stato ; comanda tutte 
le forze di terra e di mare : dichiara la guerra : fa 
i trattati di pace, d'alleanza, di commercio ed al- 
tri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse 
e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi 
le comunicazioni opportune. I trattati che importas- 
sero un onere alle finanze, o variazione di territorio 
dello Stato non avranno effetto se non dopo ottenuto 
l'assenso delle Camere. 

Art. 6. Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato: 
e fa i decreti e regolamenti necessari per l' esecuzione 
delle Leggi senza sospenderne l' osservanza o dispen- 
sarne. 

Art. 7. Il Re solo sanziona le Leggi e le promulga. 

Art. 8. Il Re può far grazia e commutare le pene. 

Art. 9. Il Re convoca in ogni anno le due Camere : 
può prorogarne le sessioni, e disciogliere quella dei 
Deputati ; ma in quest' ultimo caso ne convoca un'al- 
tra nel termine di quattro mesi. 

Art. 10. La proposizione delle Leggi apparterrà 
al Re ed a ciascuna delle due Camere. Però ogni 
Legge d'imposizione e di tributi, o di approvazione 
dei bilanci e dei conti dello Stato sarà presentata 
prima alla Camera dei Deputati. 

Art. 11. Il Re è maggiore all' età di diciotto anni 
compiti. 

Art. 12. Durante la minorità del Re, il Principe 
suo più prossimo parente nell'ordine della successione 
al Trono sarà Reggente del Reguo, se ha compiuti 
gli anni ventuno. 

Art. 13. Se per la minorità del Principe chiamato 
alla Reggenza, questa è devoluta ad un parente più 
lontano, il Reggente che sarà entrato in esercizio 
conserverà la Reggenza fino alla maggiorità del Re. 



1848} E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 9 

Art. 14. In mancanza di parenti maschi la Reg- 
genza apparterrà alla Regina madre. 

Art. 15. Se manca anche la Madre, le Camere, con- 
vocate fra dieci giorni dai Ministri, nomineranno il 
Reggente. 

Art. 16. Le disposizioni precedenti relative alla 
Reggenza sono applicabili al caso in cui il Re mag- 
giore si trovi nella fisica impossibilità di regnare. 

Però se V erede presuntivo del Trono ha com- 
piuti diciott'anni, egli sarà in tal caso di pien diritto 
il Reggente. 

Art. 17. La Regina madre è tutrice del Re finché 
egli abbia compiuta V età di sette anni ; da questo 
punto la tutela passa al Reggente. 

Art. 18. I diritti spettanti alla podestà civile in 
materia beneficiaria o concernenti all'esecuzione delle 
provvisioni di ogni natura provenienti dall'estero, sa- 
ranno esercitati dal Re. 

Art. 19. La dotazione della Corona è conservata 
durante il Regno attuale, quale risulterà dalla media 
degli ultimi dieci anni. 

Il Re continuerà ad avere F uso dei Reali pa- 
lazzi, ville e giardini e dipendenze, non che di tutti 
indistintamente i beni mobili spettanti alla Corona, 
di cui sarà fatto inventario a diligenza di un mini- 
stro risponsabile. 

Per r avvenire la dotaz ione predetta verrà sta- 
bilita per la durata di ogni Regno dalla prima Le- 
gislatura, dopo l'avvenimento del Re al trono. 

Art. 20. Oltre i beni che il Re attualmente pos- 
siede in proprio, formeranno il privato suo patrimonio 
ancora quelli che potesse in seguito acquistare, a ti- 
tolo oneroso o gratuito, durante il suo Regno. 

Il Re può disporre del suo patrimonio privato 



IO CAELO ALBERTO [1848 

sia per atti fra vivi, sia per testamento, senza essere 
tenuto alle regole delle Leggi civili che limitano la 
quantità disponibile. 

Nel rimanente il patrimonio del Ke è soggetto 
alle Leggi che reggono le altre proprietà. 

Art. 21. Sarà provveduto per legge ad un asse- 
gnamento annuo pel Principe ereditario giunto alla 
maggiorità od anche prima in occasione di matrimo- 
nio ; air appannaggio dei Principi della famiglia e del 
sangue Reale nelle condizioni predette ; alle doti delle 
Principesse ; ed al dovario delle Regine. 

Art. 22. Il Re salendo al trono, presta in presenza 
delle Camere riunite il giuramento di osservare leal- 
mente il presente Statuto. 

Art. 23. Il Reggente, prima di entrare in funzioni, 
presta il giuramento di essere fedele al Re, e di os- 
servare lealmente Io Statuto e le Leggi dello Stato. 

Dei diritti e dei doveri dei cittadini. 

Art. 24. Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro 
titolo grado, sono eguali dinanzi alla Legge. 

Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, 
e sono ammessibili alle cariche civili e militari, salve 
le eccezioni determinate dalle Leggi. 

Art. 25. Essi contribuiscono indistintamente nella 
proporzione dei loro averi, ai carichi dello Stato. 

Art. 26. La libertà individuale è guarentita. 
Niuno può essere arrestato o tradotto in giudi- 
zio, se non nei casi previsti dalla Legge, e nelle forme 
ch'essa prescrive. 

Art. 27. Il domicilio è inviolabile. Ninna visita 
domiciliare può aver luogo se non in forza della Legge, 
e nelle forme che essa prescrive. 



1848] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 11 

Art. 28. La stampa sarà libera, ma una Legge ne 
reprime gli abusi. 

Tuttavia le Bibbie, i Catechismi, i libri liturgici 
e di preghiere non potranno essere stampati senza il 
preventivo permesso del Vescovo. 

Art. 29. Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, 
sono inviolabili. 

Tuttavia quando l'interesse pubblico legalmente 
accertato lo esiga, si può essere tenuti a cederle in 
tutto od in parte mediante una giusta indennità con- 
formemente alle Leggi. 

Art. 30. Nessun tributo può essere imposto o ri- 
scosso se non è stato consentito dalle Camere e san- 
zionato dal Ke. 

Art. 31. Il debito pubblico è guarentito. 
Ogni impegno dello Stato verso i suoi Creditori 
è inviolabile. 

Art. 32. È riconosciuto il diritto di adunarsi pa- 
cificamente e senz'armi, uniformandosi alle Leggi che 
possono regolarne l' esercizio nell' interesse della cosa 
pubblica. 

Questa disposizione non è applicabile alle adu- 
nanze in luoghi pubblici od aperti al pubblico, i quali 
rimangono intieramente soggetti alle Leggi di polizia. 

Bel Senato. 

Art. 33. Il Senato è composto di Membri nominati 
a vita dal Ke, in numero non limitato, aventi l' età 
di quarant'anni compiuti, e scelti nelle categorie se- 
guenti: 

1) Gli Arcivescovi e Vescovi dello Stato; 

2) Il Presidente della Camera dei Deputati ; 

3) I Deputati dopo tre legislature, o sei anni 
di esercizio ; 



VJ CARLO ALBERTO [1848 

4) I Ministri di Stato; 

ft) 1 Ministri Segretari di Stato; 

r») (}li An^lmsciatori ; 

7) (Ui Inviati straordinari dopo tre anni di tali 
Ainv^ioui ; 

H) 1 pvinù Vivsidenti, e Presidenti del Magistrato 
(li ()uHMH^iono della Camera dei Conti ; 

U) l primi riH>8Ìdenti dei Magistrati di Appello ; 

10) li* Avvocato generale presso il Magistrato 
(li tluHHH^iono od il Procuratore generale, dopo cin- 
{\\\o unni di tnn^ioui; 

11)1 Prosidonti dì classe dei Magistrati d'Ap- 
l^Uo diipo tre anni di funzione; 

PJ) 1 (\nisiglion del Magistrato di Cassazione e 
disila Cuniera dei Conti dopo cinque anni di funzioni ; 

13) (ili Avvocati generali, o Fiscali generali 
preaao i Magistrati d* Appello, dopo cinque anni di 
funzioni ; 

11) Oli Ufflziali generali di terra e di mare; 

Tuttavia i Maggiori Generali e i Contr' Ammi- 
ragli dovranno avere da cinque anni quel grado in 
attiviti; 

15) 1 Consiglieri di Stato dopo cinque anni di 
funzioni ; 

10) I Membri dei Consigli di Divisione dopo tre 
elezioni alla loro ))residenza; 

17) Gli Intendenti generali dopo sette anni di 
esercizio ; 

18) I Membri della llegia Accademia delle Scienze 
dopo sette anni di nomina ; 

19) I Membri ordinari del Consiglio superiore 
d' Istruzione pubblica dopo sette anni di esercizio ; 

20) Coloro che con servizi, o meriti eminenti 
avranno illustrata la patria; 



1848] E IL PABLAMENTO StJBALPIKO. 13 

21) Le persone che da tre anni pagano tremila 
lire d' imposizione diretta in ragione dei loro beni, 
o della loro industria. 

Art. 34. I Principi della Famiglia Reale fanno di 
pien diritto parte del Senato. Essi seggono immedia- 
tamente dopo il Presidente. Entrano in Senato a ven- 
tun anno, ed hanno voto a venticinque. 

Art. 35. Il Presidente ed i Vice-Presidenti del Se- 
nato sono nominati dal Re. 

Il Senato nomina nel proprio seno i suoi Se- 
gretari. 

Art. 36. Il Senato è costituito in Alta Corte di 
Giustizia con decreto del Re per giudicare dei cri- 
mini di alto tradimento, e di attentato alla sicurezza 
dello Stato, e per giudicare i Ministri accusati dalla 
Camera dei Deputati. 

In questi casi il Senato non è corpo politico. 
Esso non può occuparsi se non degli affari giudiziari 
per cui fu convocato, sotto pena di nullità. 

Art. 37. Fuori del caso di flagrante delitto, niun 
Senatore può essere arrestato se non in forza di un 
ordine del Senato. Esso è solo competente per giudi- 
care dei reati imputati ai suoi Membri. 

Art. 38. Gli atti coi quali si accertano legalmente 
le nascite, i matrimoni e le morti dei Membri della 
Famiglia Reale sono presentati al Senato, che ne or- 
dina il deposito nei suoi Archivi. 

Bella Camera dei BeputatL 

Art. 39. La Camera elettiva è composta di Depu- 
tati scelti dai Collegi elettorali conformemente alla 
Legge. 

Art. 40. Nessun Deputato può essere ammesso alla 



U CABLO ALBERTO [1848 

Camera se non è suddito del Ke, non ha compiuta 
r età di trent' anni, non gode i diritti civili e politici, 
e non riunisce in sé gli altri requisiti voluti dalla Legge. 

Art. 41. I Deputati rappresentano la Nazione in 
generale, e non le sole Provincie in cui furono eletti. 
Nessun mandato imperativo può loro darsi dagli 
elettori. 

Art. 42. I Deputati sono eletti per cinque anni: 
il loro mandato cessa di pien diritto alla spirazione 
di questo termine. 

Art. 43. Il Presidente, i Vice-Presidenti e i Segre- 
tari della Camera dei Deputati sono da essa stessa 
nominati nel proprio seno al principio d' ogni ses* 
sione per tutta la sua durata. 

Art. 44. Se un Deputato cessa per qualunque mo- 
tivo dalle sue funzioni, il Collegio che l'aveva eletto 
sarà tosto convocato per fare una nuova elezione. 

Art. 45. Nessun Deputato può essere arrestato, 
fuori del caso di flagrante delitto, nel tempo della 
sessione né tradotto in giudizio in materia criminale 
senza il previo consenso della Camera. 

Art. 4G. Non può eseguirsi alcun mandato di cat- 
tura per debiti contro dì un Deputato durante la ses- 
sione della Camera, come neppure nelle tre settimane 
precedenti e susseguenti alla medesima. 

Art. 47. La Camera dei Deputati ha il diritto di 
accusare i Ministri del Re, e di tradurli dinanzi al- 
l' Alta Corte di Giustizia. 

Bisposkioni comuni alle due Camere, 

Art. 48. Le sessioni del Senato e della Camera dei 

Deputati cominciano e finiscono nello stesso tempo. 

Ogni riunione di una Camera fuori del tempo 



1848] B IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 15 

della sessione dell' altra è illegale, e gli atti ne sono 
intieramente nulli. 

Art. 49. I Senatori e i Deputati prima di essere 
ammessi all'esercizio delle loro funzioni prestano il 
giuramento di essere fedeli al Re, di osservare leal- 
mente lo Statuto e le Leggi dello Stato, e di eserci- 
tare le loro funzioni col solo scopo del bene insepa- 
rabile del Re e della Patria. 

Art. 50. Le funzioni di Senatore e di Deputato 
non danno luogo ad alcuna retribuzione od indennità. 

Art. 51. I Senatori ed i Deputati non sono sinda- 
cabili per ragione delle opinioni da loro emesse e dei 
voti dati nelle Camere. 

Art. 52. Le sedute delle Camere sono pubbliche. 
Ma quando dieci Membri ne facciano per iscritto 
la domanda esse possono deliberare in segreto. 

Art. 53. Le sedute e le deliberazioni delle Camere 
non sono legali né valide se la maggiorità assoluta 
dei loro Membri non è presente. 

Art. 54. Le deliberazioni non possono essere prese 
se non alla maggiorità de' voti. 

Art. 55. Ogni proposta di Legge debb' essere dap- 
prima esaminata dalle Giunte che saranno da ciascuna 
Camera nominate per i lavori preparatorii. Discussa 
ed approvata da una Camera, la proposta sarà tra- 
smessa all'altra per la discussione ed approvazione; 
e poi presentata alla sanzione del Re. 

Le discussioni si faranno articolo per articolo. 

Art. 56. Se un progetto di Legge è stato rigettato 
da uno dei tre poteri legislativi, non potrà essere più 
riprodotto nella stessa sessione. 

Art. 57. Ognuno che sia maggiore d' età ha il di- 
ritto di mandare petizioni alle Camere, le quali deb- 
bono farle esaminare da una Giunta, e dopo la re- 



16 OABLO ALBEBTO [1848 

lazione della medesima, deliberare se debbano essere 
prese in considerazione, ed in caso affermativo man- 
darsi al Ministro competente, o depositarsi negli uf- 
fizi per gli opportuni riguardi. 

Art. 58. Nissuna petizione può essere presentata 
personalmente alle Camere. 

Le Autorità costituite hanno solo il diritto di 
indirizzare petizioni in nome collettivo. 

Art. 59. Le Camere non possono ricevere alcuna 
deputazione, né sentire altri fuori dei propri Membri, 
dei Ministri e dei Commissari del Governo. 

Art. 60. Ognuna delle Camere è sola competente 
per giudicare della validità dei titoli di ammessione 
dei propri Membri. 

Art. 61. Così il Senato come la Camera dei De- 
putati determina per mezzo d'un suo regolamento 
interno il modo secondo il quale abbia da esercitare 
le proprie attribuzioni. 

Art. 62. La lingua italiana è la lingua oflSiciale delle 
Camere. È però facoltativo di servirsi della francese 
ai Membri che appartengono ai paesi in cui questa 
è in uso, od in risposta ai medesimi. 

Art. 63. Le votazioni si fanno per alzata e seduta, 
per divisione e per isquittinio segreto. 

Quest' ultimo mezzo sarà sempre impiegato per 
la votazione del complesso di una Legge, e per ciò 
che concerne al personale. 

Art. 64. Nessuno può essere ad un tempo Senatore 
e Deputato. 

Dei Ministri. 

Art. 65. Il Re nomina e revoca i suoi Ministri. 
Art. 66. I Ministri non hanno voto deliberativo 



1848] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 17 

neir una o nell' altra Camera se non quando ne sono 
Membri. 

Essi vi hanno sempre l'ingresso, e debbono es- 
sere sentiti semprechè lo richieggano. 
Art. 67. I Ministri sono risponsabili. 
Le Leggi e gli Atti del Governo non hanno vi- 
gore se non sono muniti d' una firma di un Ministro. 

•■« 

DéW Ordine Giudiziario. 

Art. 68. La Giustizia emana dal Re, ed è ammi- 
nistrata in Suo Nome dai Giudici ch'Egli istituisce. 

Art. 69. I Giudici nominati dal Re, ad eccezione 
di quelli di Mandamento, sono inamovibili dopo tre 
anni di esercizio. 

Art. 70. I Magistrati, Tribunali e Giudici attual- 
mente esistenti sono conservati. Non si potrà dero- 
gare all' organizzazione giudiziaria se non in forza di 
una Legge. 

Art. 71. Ninno può essere distolto dai suoi Giu- 
dici naturali. 

Non potranno perciò essere creati Tribunali o 
CJommissioni straordinarie. 

Art. 72. Le Udienze dei Tribunali in materia civile, 
ed i dibattimenti in materia criminale saranno pub- 
blici conformemente alle Leggi. 

Art. 73. L'interpretazione delle Leggi in modo per 
tutti obbligatorio spetta esclusivamente al potere le- 
gislativo. 

Art. 74. Le Istituzioni Comunali e Provinciali, e 
la circoscrizione dei Comuni e delle Provincie sono 
regolate dalla Legge. 



z 



18 OARLO AL6EBT0 [1848 

Disposmoni generali. 

Art. 75. La leva è regolata dalla Legge. 

Art. 76. È istituita una Milizia Comunale sovra 
basi fissate dalla Legge. 

Art. 77. Lo Stato conserva la sua bandiera; la coc- 
carda azzurra è la sola nazionale. 

Art. 78. Gli Ordini Cavallereschi ora esistenti sono 
mantenuti con lo loro dotazioni. Queste non possono 
essere impiegate in altro uso fuorché in quello pre- 
fisso dalla propria istituzione. 

Il Re può creare altri Ordini, e prescriverne gli 
Statuti. 

Art. 79. 1 titoli di Nobiltà sono mantenuti a coloro 
che vi hanno diritto. Il Re può conferirne dei nuovi. 

Art. 80. Ninno può ricevere decorazioni, titoli o 
pensioni da una potenza estera senza l'autorizzazione 
del Re. 

Art. 81. Ogni Legge contraria al presente Statuto 
è abrogata. 

JDisposmoni transitorie. 

Art. 82. Il presente Statuto avrà il pieno suo ef- 
fetto dal giorno della prima riunione delle due Ca- 
mere, la quale avrà luogo appena compiute le elezioni; 
fino a quel punto sarà provveduto al pubblico servi- 
zio d'urgenza con Sovrane Disposizioni, secondo i modi 
e le forme sin qui seguite, ommesse tuttavia le inte- 
rinazioni e registrazioni dei Magistrati che sono fin 
d'ora abolite. 

Art. 83. Per l'esecuzione del presente Statuto il 
Re si riserva di fare le Leggi sulla stampa, sulle eie- 



1848] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 19 

zioni, sulla Milìzia Comunale, e sul riordinamento del 
Consiglio di Stato. ^ 

Sino alla pubblicazione della Legge sulla stampa 
rimarranno in vigore gli ordini vigenti a quella re- 
lativi. 

Art. 84. I Ministri sono incaricati e risponsabili 
della esecuzione, e della piena osservanza delle pre- 
senti disposizioni transitorie. 

Dato a Torino addi quattro del mese di marzo, l'anno del Si* 
gnore miU' ottocento quarantotto, e del Begno Nostro il deci- 
mottavo. 

CARLO ALBERTO. 

H Miniatro e primo Segretario di Staio per gli 
Affari deW Interno 

BORELLI. 

H primo Segretario di Stato per gli Affari Ee- 
cleaiasticif di Grazia e di Giustizia, Beg» 
gente la Gran Cancelleria 

AVET. 

Il primo Segretario di Stato per gli Affari di 
Finanze 

DI BEVEL. 

Il primo Segretario di Stato dei Lavori Puh» 
blici, deU^ Agricoltura e del Commercio 

DES AMBROIS. 

Il primo Segretario di Stato per gli Affari 
Esteri 

E. DI SAN MARZANO. 

H primo Segretario di Stato per gli Affari di 
Guerra e Marina 

BROGLU. 

H primo Segretario di Stato, per la Ptihhlica 
Istruzione 

C. ALFIERI, 



20 CABLO ALBERTO [1848 

III. 

Carlo AlhertOy citta notma della gloriosa cacciata de- 
gli Austriaci da Milano, avvenuta nelle cinque ce- 
lebri giornate dal 18 al 22 mariso 18à8, armunda 
ai popoli della Lombardia e della Venezia che ac- 
corre in loro soccorso, iniziando la guerra delV in- 
dipendenza nazionale. Pboolamà. 

[23 mano 1848.] 

CARLO ALBERTO, EC. EC. EC. 

Popoli della Lombabdia e della Venezia! 

.1 destini d'Italia si maturano: sorti più felici ar- 
ridono agl'intrepidi difensori di conculcati diritti. 

Per amore di stirpe, per intelligenza di tempi, per 
comunanza di voti Noi ci associammo primi a quel- 
P unanime ammirazione che vi tributa l'Italia. 

Popoli della Lombardia e della Venezia, le Nostre 
armi che già si concentravano sulla vostra frontiera 
quando voi anticipaste la liberazione della gloriosa 
Milano, vengono ora a porgervi nelle ulteriori prove 
quell'aiuto che il fratello aspetta dal fratello, dal- 
l'amico P amico. 

Seconderemo i vostri giusti desiderii fidando nel- 
l'aiuto di quel Dio, che è visibilmente con Noi, di 
quel Dio che ha dato all'Italia Pio IX, di quel Dio 
che con sì maravigliosi impulsi pose P Italia in grado 
di fare da so. 

E per viemmeglio dimostrare con segni esteriori 
il sentimento dell'unione italiana vogliamo che 1^ 
Nostre truppe entrando sul territorio della Lombardia 



1848] E IL PABLAMENTO SUBALPIKO. 21 

e della Venezia portino lo Scudo di Savoia sovrap- 
posto alla Bandiera tricolore italiana. 

Torino, il 23 marzo 1848. 

Carlo Alberto. 



IV. 

Carlo Alberto, partendo per la Lombardia a capo 
d!un esercito, composto stdle prime di soli 25,000 mo- 
mini, prende commiato da! suoi popoli, affidando 
loro la tutela della tranquillità interna dello Stato. 
Froclama. 

[29 marzo 1848.] 

CARLO ALBERTO, EC. EC. EC. 

A' SUOI AMATISSIMI PoPOLI. 

I doveri di Re, gli obblighi che Ci stringono ai sa- 
cri interessi d'Italia C'impongono di portarci co'miei 
Figli nelle pianure lombarde ove stanno per decidersi 
i destini della Patria italiana.* 

L'Esercito, Nostra lunga cura ed amore, Ci segue; 
un gran numero di valorosi Cittadini spontaneo è ac- 
corso a dividere con Noi le fatiche della guerra ed i 
pericoli delle battaglie. 

* AssDmendo personalmente il comando dell* esercito, Carlo Alberto 
scioglieTa la promessa contenuta in una lettera diretta fin dal 2 set- 
tembre 1847 al conte di Castagnetto, affinchè ne desse comanicazìone 
si Congresso agrario di Casale. < Ajoutez seulement — diceva il Ee in 
qnella lettera, rimasta famosa — que, si jamais Dieu nous flt la gràce 
de pouvoir entreprendre une guerre d'indépendance, que c'est moi seul 
qui commandera l'armée ; et qu'alors je suis résolu à faire pour la cause 
Guelphe ce que Schamil fait contre l'immense empire russe.... Ah, le beau 
jour que colui où nous pourrous jeter le cri de l'indépendance natio- 
naie ! > V. BaoFFKRio, Storia del FarlametUo nibalpino, voi. I, Documenti. 



22 OARLO ALBERTO [1846 

Il Nostro cuore esulta a sì solenne ed universale 
entusiasmo ; bello e glorioso per Noi è l' esser Duce 
di Popoli generosi alla santa impresa iniziata dal 
Sommo Pio. 

Alle Milizie Comunali del Regno, all'affetto del 
Popolo commettiamo con piena fiducia la guardia 
della mia Famiglia e la custodia dell'ordine pubblico, 
primo fondamento di ogni libertà. 

Fedeli Savoiardi, valorosi Liguri, alla vostra fede, 
al vostro onore, al poderoso vostro braccio affidiamo 
la difesa dei Nostri confini e delle Nostre spiaggie; 
nell'assenza dei vostri fratelli dell'Esercito sarete 
pacati e dignitosi guardiani delle Libere Istituzioni e 
della integrità della Patria. 

Dato dal Nostro Quartier Generale in Voghera, 
addì 29 di marzo 1848. 

Carlo Alberto. 



V. 

Proclama diretto dal Re Carlo Alberto alV esercito 
giunto con rapida marcia sulle rive deWAdda in- 
seguendo il maresciallo JRadetzTcy in ritirata verso 
il quadrilatero. 

[31 marzo 1848.] 

CARLO ALBERTO, ec. ec. ec. 

Soldati ! 

Passammo il Ticino, e finalmente i nostri piedi 
premono la sacra terra lombarda! Ben è ragione 
ch'io lodi la somma alacrità colla quale, non curando 



1848] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 23 

le fatiche di una marcia forzata, percorreste nello spa- 
zio di 72 ore 110 miglia. Molti di voi accorsi dagli 
estremi confini dello Stato appena poteste raggiun- 
gere le nostre bandiere in Pavia; ma or non è tempo 
di pensare al riposo : di questo godremo dopo la vit- 
toria. 

Soldati ! Grande e sublime è la missione a cui la 
Divina Provvidenza ha voluto ne' suoi alti decreti 
chiamarci: noi dobbiamo liberare questa nostra co- 
mune Patria, questa Sacra Terra Italiana dalla pre- 
senza dello straniero che da più secoli la conculca e 
l'opprime: ogni età avvenire invidierà alla nostra i 
nobilissimi allori che Iddio ci promette: tra pochi 
giorni, anzi tra poche ore noi ci troveremo a fronte 
del nemico : per vincere basterà che ripensiate le glo- 
rie vostre di otto secoli, e gì' immortali fatti del po- 
polo milanese; basterà vi ricordiate che siete soldati 
italiani. Viva l' Italia ! 

Dal Nostro Quartier Generale in Lodi, li 31 marzo 1848* 
CARLO ALBERTO. 

Il Ministro della Guerra 
FRANZINI. 



24 CABLO ALBEBTO [1848 

VI. 

Secondo Proclama di Carlo Alberto ai popoli détta 
Lombardia e della Venejuia, per raccomandare a 
tutti la concordia nella guerra contro lo straniero. 

[31 marzo 1848.] 

CARLO ALBERTO, EC. EC. EC. 

Italiani della Lombabdia, della Venezia, 
DI Piagenza e Reggio! 

Chiamato da quei vostri concittadini nelle cui mani 
una ben meritata fiducia ha riposto la temperarla di- 
reziono della cosa pubblica, e sopratutto spinto vi- 
sibilmento dalla mano di Dio, il quale, condonando 
allo tante sciagure sofferte da questa nostra Italia le 
colpe antiche di lei, ha voluto ora suscitarla a nuova 
gloriosissima vita, io vengo fra voi alla testa del mio 
esercito, secondando così i più intimi impulsi del mio 
cuore. Io vengo tra voi non curando di prestabilire 
alcun patto ; vengo solo per compiere la grande opera 
dal vostro stupendo valore così felicemente incomin- 
ciata. 

Italiani! In breve la nostra patria sarà sgombra 
dallo straniero ! E benedetta le mille volte la Divina 
Provvidenza la quale volle serbarmi a così bel giorno, 
la quale volle che la mia spada potesse adoperarsi a 
procacciare il trionfo della più santa di tutte le cause. 

Italiani, la nostra vittoria è certa! le mie armi, 
abbreviando la lotta, ricondurranno fra voi quella si- 
curezza che vi permetterà di attendere con animo 
sereno e tranquillo a riordinare il vostro interno reg- 
gimento ; il voto della nazione potrà esprimersi vera- 



1848] E IL FABLAMENTO SUBALPINO. 25 

cernente e liberamente; in quest'ora solenne vi muo- 
vano sopratutto la carità della patria e Tabborri mento 
dolle antiche divisioni, delle antiche discordie le quali 
apersero le porte d' Italia allo straniero ; invocate 
dall'Alto le celesti ispirazioni, e che l'angelico spirito 
di Pio IX scorra sopra di voi : Italia sarà ! 

Dal Nostro Quartier Generale in Lodi; il 81 marzo 1848. 

CARLO ALBERTO. 

H Ministro della Guerra 
FRANZINL 



VIL 

Discorso della Corona per V apertura della T Le- 
gislatura del Parlamento nazionale^ pronunziato da 
S. A. B, il Principe Eugenio di Carignano^ nomi- 
nato da Carlo Alberto Luogotenente generale del 
Begno durante la guerra di Lombardia,^ 

[8 maggio 1848.] 

SiGNOBi Sbnatobi! Signobi Deputati! 

Vengo in nome del Re ad aprire la prima ses- 
sione del Parlamento Nazionale. 

La Provvidenza ci chiama ad inaugurare nella 

• CARLO ALBERTO 

FRR LA GRAZIA DI DIO RE DI SARDEGNA, EC. 

Considerando la necessità che, durante il tempo in cui dovremo 
staro assenti dai Nostri Stati pel comando dell'Esercito che ci gloriamo 
di condurre dove lo chiama la difesa della Indipendenza italiana, sia 
provveduto al regolare andamento del pubblico servizio mercè l'istitu- 
zione di un Nostro Rappresentante, il quale abbia 1' autorità di prov- 
vedere senza ritardo agli affari correnti ed a quelli d'urgenza; 

Attesa pure l'assenza dei Principi Reali, i quali Ci seguono al- 



26 CABLO ALBERTO [1848 

nostra Patria il regime rappresentativo in una delle 
epoche più memorande per l' Italia e per V Europa. 

Circondati da un fosco orizzonte noi uniti da mu- 
tuo amore, da mutua confidenza tra Popolo e Principe, 
avemmo in pace dalla saviezza del Re le riforme e le 
instituzioni che assicurano al Paese la forza e la libertà. 

Turbata poi la nostra felicità interna dal duolo 
di fratelli italiani che lo straniero conculcava, la Na- 
zione sorse sdegnata e si strinse al suo Capo per so- 
stenere r onore e V indipendenza d' Italia. 

Iddio ha finora benedette le nostre Armi; l'Eser- 
cito ammirabile non meno per la disciplina, che pel 
valore, aggiunge nuova gloria all'antica sua fama; la 
Croce di Savoia innestata al Vessillo dell' Unione Ita- 
liana sventola sulle rive dell' Adige. 

La nostra Armata di mare ha salpato da Genova. 
Se ella incontrasse nemici, ho ferma e personale fidu- 
cia che ella si mostrerà degna del nostro glorioso 
Re, del nostro glorioso Esercito. 

Al campo l'ardore dei nostri soldati in mezzo ai 
disagi della guerra: nell'interno il rapido attivarsi, ed 
il nobil contegno della Milizia Comunale : da ogni parte 
l'accordo delle opinioni e delle volontà dimostrano 



l'Esercito, e presi in considerazione i sentimenti di devozione alla 
Nostra Corona e di affetto alla Patria, dei quali conosciamo animato 
il Principe Eugenio di Savoia-Carignano, mio amatissimo Cugino, che 
sappiamo degno della piena Nostra confidenza, e di quella della Nazione, 

Abbiamo ordinato, ed ordiniamo quanto segue 

lì Principe Eugenio di Savoia-Carignano è nominato a Nostro Luogo- 
tenente Generale durante la prossima Nostra assenza dagli Stati Nostri. 

Egli provvederà in nome Nostro, sulla relazione dei ministri rispon- 
sabili, negli affari correnti o nelle cose di urgenza, firmando i Reali De- 
creti, i quali saranno contrassegnati e vidimati nelle solito forme. 

Gli altri affari continueranno ad esserci rassegnati dai rispettivi 
ministri, ec. ec. 

Dato ad Alessandria, il 28 di marzo 1848. 



1848] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 27 

quanto sia vivo l'amor patrio in tutta la Nazione, 
quanto essa sia forte e matura pei suoi alti destini. 

La Sardegna, rigettato il funesto retaggio di an- 
tichi privilegi, volle essere unita con più stretti vin- 
coli alla Terraferma, e fu accolta dalle altre Provin- 
cie come diletta sorella. 

La Savoia, cagione di momentaneo dolore,^ fu tosto 
causa di verace consolazione. I Savoiardi si mostra- 
rono degni figli della Patria, saldo baluardo d' Italia. 

La Liguria a queste contrade subalpine più di 
fresco unita, a loro con vieppiù tenaci nodi ogni giorno 
si stringe; nuovo argomento alla salute d'Italia. 

All'estero le potenze che hanno con noi comuni 
le forme di governo, e quelle in cui il popolo stesso 
regge lo Stato, ci danno prove delle loro simpatie. 

Si sono riannodate le relazioni diplomatiche col 
Governo Costituzionale di Spagna un tempo sospese. 

In Italia le disgiunte parti tendono ogni giorno 
ad avvicinarsi, e quindi vi è ferma speranza, che un 
comune accordo leghi i Popoli, che la natura destinò 
a formare una sola Nazione. 

Signori, il Governo del Re comprende la gravità 
della missione, a cui è chiamato in tempi cotanto 
difficili, ma pieni d'avvenire. Come ebbe il coraggio 
d'assumerla, così avrà quello di proseguirla. 

Voi gli presterete il vostro concorso per consoli- 
dare, e compiere l' opera di rigenerazione, a cui egli 
si è accinto. L'Europa, che ha gli occhi sopra di 
Boi, ci vedrà vincere difficoltà inseparabili dai pri- 
mordii d' una vita novella, mercè una potenza sem- 
pre invincibile, quella dell' Unione. 

* Il 2 aprile 1848 una mano dì anarchici, raccoltasi in Lione sotto 
il nome di Voracea, avendo all' improvviso invaso la Savoia sguarnita di 
presidio, no era stata bravamente cacciata dalla popolazione. 



28 CABLO ALBEBTO [1848 

Il Ministero vi presenterà il bilancio per l'anno 
1849 e vi proporrà ad un tempo i provvedimenti in- 
dispensabili per far fronte alle gravi spese necessi- 
tato dalle attuali circostanze, e dalla riduzione del- 
l' imposta sul sale. 

La riforma della patria legislazione, che fu la 
prima cura del Re nel salire al trono, verrà con- 
dotta a termine, mercè di un Codice di procedura 
civile e dell' ordinamento d' istituzioni giudiziarie 
conformate rigorosamente al sistema costituzionale. 

Vi sarà presentato un progetto di legge sul Con- 
siglio di Stato, che statuisca le attribuzioni consul- 
tive di questo Corpo. Un altro se ne prepara, che 
metta le istituzioni municipali e provinciali in armo- 
nia coi nostri ordini politici. 

L' organizzazione della pubblica istruzione, sulla 
quale si fondano le più belle speranze della Patria, 
verrà sottoposta al vostro esame. Altri progetti vi 
saranno pur rassegnati per la revisione delle leggi 
sui boschi, sulle acque e sulle strade, non che per 
migliorare altri rami d' amministrazione e coordinare 
le leggi attuali colla nuova forma del Governo, acciò 
il principio di libertà e di progresso che lo anima, 
si diffonda per ogni dove a vivificare tutte le parti 
del Corpo sociale e a benefizio morale ed economico 
specialmente delle classi più numerose. 

Se avviene che la desiderata fusione con altre 
parti della Penisola si compia, si promuoveranno 
quelle mutazioni nella legge che valgano a far gran- 
degcjiare i destini nostri, a farci aggiungere quel 
grado di potenza, a cui pel bene d' Italia ci vuole la 
Provvidenza condurre. 

Signori, il Re, commettendomi l'alto incarico di 
rappresentarlo in mezzo a Voi, mi ha ordinato dì 



1848] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 29 

esprimervi il suo affetto, di assicurarvi della profonda 
confidenza che ripone nei vostri lumi, nella vostra 
devozione alla Patria. Voi ben comprendete quanto 
dolce sarebbe stata al suo cuore la consolazione d' ini- 
ziare in persona l'era novella apertaci dal magna- 
nimo suo senno. 

Le necessità della guerra gliene impongono il sa- 
crifizio. 

Conceda Iddio un pronto e vittorioso ritorno a 
quello che io tengo in luogo di padre, ed a cui la 
Nazione è debitrice di tanti benefizi. 



Vili. 

Indirizzo del Senato del Eegno in risposta al Di- 
scorso deTla Corona délV 8 maggio 1848, compilato 
da una Commissione di cui era relatore il senatore 
G. Manno, e modificato in puhhlica seduta. 

[Approvato il 26 maggio 1848.] 

n Senato del Eegno, presentandosi al cospetto di 
V. A. S., inchina nella Vostra persona V alto Rappre- 
sentante dell' Augusto Monarca che vi destinò ad 
aprire in suo Real nome la prima sessione del Par- 
lamento nazionale, e a dare al reggimento rappre- 
sentativo auspicii tali che promettono all'Italia, an- 
nunziano all'Europa, fausto e glorioso avvenire. 

Era al certo turbata la serenità della lunga pace 
europea da fosche previsioni, da intestino collidersi 
di ragionevoli popolari voti e di aspre repulse. La 
Provvidenza ci preservò dal ricevere questo ammae- 
stramento della sventura: perchè ci concedette nel 



30 CABLO ALBSBTO [1848 

Principo reggitore dei nostri destini quella sapienza 
elio conosce da lontano tempo i bisogni del popolo, 
(inolia magnanimità e quel consiglio che gli appa- 
gaììo in tempo opportuno. Il popolo non reclama 
ciuaiido giustamente spera. E il regno di Carlo Al- 
borio, iuj^igurato con la libertà civile, svolgeva ogni 
(lì, noi succedersi di ottime leggi, di salutari disci- 
])\\\u\ di generosa protezione ad ogni utile coltura 
(l(^ir umano ingegno, i semi della politica libertà. I 
r(»f(gimento rappresentativo fu per altri popoli uno 
Hlau(no ad altra meta : per noi non fu che un passo. 

lUlimmo noi le voci di provocata ira; ammiram- 
mo la magnanima riscossa, le eroiche fazioni dei fra- 
tini li nostri della Lombardia; paventammo con essi, 
non fosso altro la vittoria popolare che indugio a tre- 
niiMida vendetta. Fu commosso Carlo Alberto dal 
cruccii^so nostro compianto; e il Re leale, che avea 
veduto violati già da una vicina potenza, a danno 
dello sue ragioni, a danno dell' Italia, i politici trat- 
tati, i quali guarentivano ad ogni Stato di essa la 
propria indipendenza, dovette anche porger orecchio 
al grido dell'umanità, che imponeagli di frapporsi 
tra l'oppressore e le sue vittime; dovette porgerlo 
air imperioso consiglio che gli veniva dal sentimento 
della comune italica stirpe, dalla previsione di comuni 
nazionali destini, dalla necessità di volgere ad italico 
benefizio quella ardenza di popolari spiriti, quel mo- 
vimento di anime sdegnose, che altrimenti sarebbe 
forse degenerato in italico scompiglio. 

Che se fuvvi chi appellò abbandono di politiche 
obbligazioni questa magnanima risoluzione, perchè se 
ne accagionerà chi salva, in quanto lo stringersi de- 
gli avvenimenti il concede, le sorti italiane, e non 
chi, avendo potuto in tempi cheti e di lunga prova, 



1848] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 31 

onorare la dignità della Nazione, indirizzare fausta- 
mente le sue sorti, compiere le larghe promessioni 
dei giorni pericolosi, conculcò o lasciò conculcare 
ogni legittimo diritto, ogni ragionevole speranza? 

Iddio benedice palesemente le nostre armi : ed il 
valoroso nostro esercito prende già V abito di non in- 
terrotte vittorie. Così conceda Iddio che l'abito dei 
pericoli giornalieri incontrati (oltre ai nostri voti) 
dal Re, sia per noi argomento solo di plauso, non mai 
di sgomento. 

Sia del pari gloria e auspicio per V esercito V ani- 
mo ed il braccio dei Principi di Savoia, mostratisi 
degni discendenti di eroica dinastia. 

Il Senato pertanto acclama animosi, longanimi, 
valenti i nostri prodi. Egli invoca sopra di essi la 
celeste protezione ; egli confida pienamente nel genio 
dell'augusto suo capitano e noli' alleanza della for- 
tuna guerresca e della constituzionale risponsabilità, 
la quale fa che non per la storia sola si registrino le 
grandi gesto, ma per lo Statuto ancora si spieghino. 

I prosperi augurii accompagnino Tarmata nostra 
di mare; e il suo stendale, già raccapriccio di bar- 
bari, sia oggi conforto a tanti popoli itahani, pei 
quali la gloria marittima è domestica gloria. 

Sia lenimento al dolore di tante famigliari dol- 
cezze abbandonate dall' una e dall' altra milizia, V ani- 
mo grande e patriotico dei rimasi nei propri lari ; i 
quali non lamentano la assenza di tanti amati, perchè 
il ritorno dei valorosi sarà rallegrato dall'annunzio 
della compiuta italica liberazione. 

Sia pur conforto alla vita del campo, al rischio 
dei cimenti l' esempio dell' animo virile, della costanza 
di cuore zelante che la milizia cittadina spiega sotto 
ai nostri occhi, nel proteggere in ogni parte dello 



32 CABLO ALBBBTO [1848 

Stato l'ordine pubblico. Forti petti vanno incontro 
ai nostri nemici: forti petti rinfrancano chi rimane. 

La Sardegna ha abbandonato volonterosa il re- 
taggio delle antiche sue instituzioni ; funesto certa- 
mente, se avesse esso durato in questo lume di tempi, 
in questa fortuna di vicende tutte fauste per lei, tutte 
promettitrici di quel rifiorimento che è talvolta mala- 
gevole a trattare fra soci, sicuro sempre tra fratelli. 

La Savoia ha incominciato la sua era costituzio- 
nale, cimentandola. Gelosa del glorioso vessillo dei 
suoi reali, fiera delle tradizioni del suo valore, fre- 
mente per l'onta minacciatale da insane bande rac- 
cogliticce, le quali osarono sperare che la sorpresa 
opererebbe ciò che opera il timore, mostrò in poche 
ore, come all' impeto dei ribaldi soprasta in ogni in- 
contro r impeto, anche disordinato, dei fedeli. 

Il nostro concorso sarà sempre spontaneo e calo- 
roso per conservare alla monarchia, in ogni qualunque 
evento, questa importante e nobilissima sua provincia. 

La Liguria, che scende in campo con la storica 
sua valentia, e col generoso slancio del suo popolo 
per la causa italica, stringe la destra ai confratelli 
suoi politici ; e mettendo in comune con essi i molti 
interessi che a noi l' univano, gli affetti, le simpatie, 
le fraterne sorti inseparabili, toglie ai nemici nostri 
r ultima speranza d' infiacchirci con la discordia. 

Il Senato è lieto della concorde volontà che a noi 
unisce le potenze governate da istituzioni alle nostre 
uniformi, o rette a popolo. Questo accordo di senti- 
menti e d' interessi spianerà le difficoltà che talvolta 
muovono dal conciliare la politica fiducia che quelli 
inspirano con la politica prudenza che questi impon- 
gono : difficoltà che il Governo ha sempre saggiamente 
superato. 



1848] E IL FABLAMENTO SUBALPINO. 33 

La Spagna darà a noi e riceverà imito condegno 
della rannodata politica amistà. 

E il darà soprattutto l'Italia nostra, che madre 
amorevole vuole i figliuoli suoi forti e poderosi ; ma- 
dre saggia non riconosce altra forza che nell' unione 
compiuta di quelli fra i suoi popoli che primi aflfron- 
teranno lo straniero nei giorni di nuovi pericoli. 
Unione di cui si ha un'arra preziosa nell'atto gene- 
roso e spontaneo dei popoli di Piacenza, che impa- 
zienti noi siamo di poter con le forme parlamentarie 
acclamare nostri politici fratelli. L'Italia è Nazione, 
è Patria. Nazione, essa segue il generale movimento 
europeo che ricompone le naturali o storiche associa- 
zioni, disordinate dalla moderna politica. Patria, for- 
tifica il nostro braccio con la più santa delle umane 
carità e dà all' eroico nostro sforzo la rigidezza di un 
nobile orgoglio che si riscatta. 

Che se mai a stabilire quella unità di dominio 
politico dovrà il Re promuovere le annunziateci mu- 
tazioni nella legge, il Senato, quantunque non tratto 
per óra ad alcuna precisa sentenza, dichiara eh' egli 
avrà unicamente in mira, nelle sue deliberazioni, la 
potenza della Corona, le libertà del popolo, la gran- 
dezza e la fortuna dell' Italia ; non mai le prerogative 
personali comunicate ai suoi membri dallo Statuto, 
che ognuno è pronto a deporre di tutto buon grado 
nelle mani del Re, dal quale al solo scopo e col solo 
desiderio di promuovere il maggior bene dello Stato 
e di tutta Italia, le ha ricevute. 

Il Governo del Re si è presentato a noi col mi- 
gliore degli auspicii, franchezza d' intenzioni, vigoria 
di opere. La Nazione applaudì nei collegi elettorali 
alla sapienza del Re, che pose in mani così fide, così 
operanti il sacro deposito delle nascenti nostre insti- 

8 



34 OABLO ALBEBTO [1848 

tuzioni. Dov' è tanta fiducia, ogni previsione di disac- 
cordo è fallace. 

Allorché si presenterà il bilancio finanziere per 
r anno 1849, allorché si proporranno i provvedimenti 
indispensabili a far fronte alle gravi spese cagionate 
dalle presenti condizioni del tempo e dalla diminu- 
zione ordinata nel prezzo del sale, il Senato non so- 
lamente porrà studio, ma anche impegno vivissimo 
perché alla grandezza delle imprese rispondano mezzi, 
i quali, mercé i più ampi apprestamenti guerreschi, val- 
gano a conseguire con le sole armi nazionali lo sgom- 
bramento dello straniero dall' ultima terra italiana. 

Faranno soggetto di seria disamina per noi le 
leggi della civile processura; alle quali dee precedere 
l'annunziatoci ordinamento novello delle giudiziarie 
instituzioni, conformate rigorosamente al sistema co- 
stituzionale : perchè non può essere uniformità di giu- 
dizi, prima che le giurisdizioni eccentriche sieno ri- 
dotte ad unità di principio ed a corrispondenza di 
azione con la legge fondamentale. 

Saranno del pari argomento di attenta discussione 
i progetti di legge, per mettere in armonia cogli ordini 
novelli politici le instituzioni municipali e provinciali ; 
pel governo delle selve, per la riforma del Consiglio 
di Stato e soprattutto pel riordinamento di quella 
pubblica istruzione che è il palladio dei futuri nostri 
destini ; perchè i lumi ugualmente e largamente di- 
stribuiti generano uniformità di pensieri e di giudizi. 

Il Re commettendo a voi. Serenissimo Principe, 
r alto officio di rappresentarlo, ha voluto che restasse 
a noi r onore di vedere assiso nel Parlamento nazio- 
nale un Principe del Real suo sangue. Noi tutti sen- 
tiamo il pregio del rinunziare che voi feste in tal 
guisa alla partecipazione vostra in quelle guerresche 



1848J E IL FABLAMENTO SXTBALFINO. 35 

fazioni, che furono sempre gloria immanchevole del- 
l' illustre prosapia. 

Kitorni a voi il glorioso padre vostro. Ritorni a 
noi il Sovrano amato, il Legislatore saggio, l'intre- 
pido guerriero, padre pure a noi tutti. Ritorni col 
trionfo, con le acclamazioni dell'intera Patria, con 
l'ammirazione dell'Europa, con la devozione e la 
gratitudine degli antichi e dei novelli suoi fedeli, colla 
rivendicata indipendenza italiana. 



IX. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona dell' 8 maggio 1848, compi- 
lato da una Commissione di cui era relatore U de- 
putato Pietro di Santarosa e modificato in pubblica 
seduta. 

[Approvato il 7 giugno 1848.] 

Sebenissimo Pbincipe! 

I Deputati del Popolo porgono per mezzo Vostro, 
Nobile Rappresentante della Reale Corona, l'espres- 
sione dell'amore e della gratitudine della nazione 
all'Augusto Monarca che, riconoscendone i diritti e 
secondandone i voti, la chiamò alla libertà ed alla 
indipendenza. 

La Provvidenza, maturando i tempi, condusse la 
Famiglia Italiana ad assidersi nel consesso delle Na- 
zioni libere e potenti. Il mutuo amore fra Principe e 
Popolo ci schiuse la via, la mutua fiducia ci assicura 
r acquisto di questa nuova grandezza ; e la storia scri- 
verà che i popoli governati dal Re Carlo Alberto 
giunsero alla libertà, diritto imprescrittibile dei pò- 



36 OABLO ALBERTO [1848 

poli, senza quelle commozioni che afflissero altre parti 
di Europa. 

Al grido della generosa ira lombarda rispose lo 
slancio unanime della Nazione, il maraviglioso corag- 
gio dell' Esercito, l'eroismo del Ke e dei Principi Reali. 

La bandiera tricolore che il Ke spiegava fra gli 
applausi del popolo fu e sarà benedetta da Dio, per- 
chè simbolo di una nazionalità dalla sua sapienza 
creatrice stabilita. 

La Patria era profondamente commossa alle prova 
di valore de' suoi figli; la fiducia nel supremo Capi- 
tano comprimeva l'ansietà che destavano i pericoli 
della guerra, e gli ostacoli d' ogni sorta che s' incon- 
trano dai combattenti. La resa di Peschiera e la splen- 
dida giornata di Goito, che scompose le forze e recise 
le speranze del nemico, fanno oramai sicura l'Italia 
delle nuove sue sorti. 

Confermata dalla vittoria e consacrata dal sangue 
dei prodi accorsi da ogni parte d'Italia, l'Unione e 
r Indipendenza Italiana, ninno sarà che non consenta 
volonteroso ogni maniera di sacrifici; sorgeranno 
dalla terra lombarda ordinate schiere a raddoppiare 
le file dei fratelli che stanno pugnando, e sarà irre- 
sistibilmente cacciato lo straniero che conculcava su- 
perbo, e feroce disertava le nostre contrade. 

La Nazione è sicura che la flotta emulerà la gloria 
dell' esercito, e, anelando a' nuovi destini di cui sono 
arra le memorie del passato e la celebrata perizia dei 
nostri uomini di mare, non dubita che il Governo 
non prenda pensiero del militare e commerciale na- 
viglio, doppio elemento di prosperità e di potenza. 

Sardegna, Savoia, Liguria, Piemonte non formano 
più che un solo popolo, che una sola famiglia. Pia- 
cenza, Parma, Guastalla, Modena e Reggio vollero as- 



1848] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 37 

sociare le loro sorti alle nostre. Noi le accogliemmo 
in fraterno amplesso sperando, congiunti, in un più 
grande avvenire. 

L' accordo delle opinioni e l' ardente amore di pa- 
tria che infiamma gl'Italiani darà il nobile esempio 
di un popolo che, mentre si difende con egregio va- 
lore da' forestieri nemici, si compone tranquillamente 
a sicura libertà riformando le sue leggi ed ordinando 
per tutto lo Stato quella Guardia Nazionale che & 
già di sé buona prova, e sarà saldissima guarentia 
delle libere instituzioni. La Camera si rende certa che 
il Governo porrà la più operosa sollecitudine nel 
pronto armamento ed ordinamento di essa. 

La Camera si rallegra delle simpatie delle nazioni 
straniere che hanno con noi comuni le forme di go- 
verno, o che si reggono a popolo ; e mentre ha ferma 
fiducia che l'Italia farà da sé, dichiara corrispon- 
dere colla più leale riconoscenza alle solenni dimo- 
strazioni della Repubblica Francese verso l'Italia. 
Proclamando il principio di libertà e d' indipendenza, 
come sola base delle relazioni internazionali, fa voti 
che sia questa oramai la sola norma d' ogni diplomazia, 
e spera che il Governo sarà per scegliere fedeli e sa- 
gaci rappresentanti a promuovere quel salutare prin- 
cipio presso le estere potenze e specialmente presso 
quei popoli che stanno rivendicando la propria nazio- 
nalità. Così, all' uscire dalla lotta presente, verrà assi- 
curata all'Italia l'amicizia di tutti i popoli della terra. 

Intanto facciam plauso alle riannodate relazioni 
colla Spagna, lungamente da tutti desiderate, e della 
cui interruzione si doleva altamente la Nazione. 

Il popolo comprende la gravità della missione che 
accettò il Ministero in tempi difficilissimi, e siccome 
la pubblica guarentia riposa sopra la sincera rispon- 



38 OABLO ALBEBTO [1848 

sabilità del Governo, la rigenerazione della Patria 
sorgerà compiuta dal perfetto accordo dei poteri. 

Il Bilancio sarà oggetto di coscienzioso esame e 
di ponderate deliberazioni. Non dubitiamo di trovare 
seguiti in esso i principii di un giusto sistema di 
finanza, che distribuisca equamente le imposte, che 
tenda ad esonerare le classi ridotte allo stretto vi- 
vere, e che mantenga una esatta economia del pub- 
blico denaro, evitandone lo spreco in pensioni non 
meritate, in impieghi e stipendi superflui, in ispese 
non giustificate da un utile scopo. Sicura da questo 
lato, la Camera non ricuserà il suo voto a quelle mag- 
giori gravezze che le straordinarie circostanze de'tempi 
potranno richiedere, avuto anche riguardo alla dimi- 
nuzione del prezzo del sale introdotta a sollievo del 
povero e ad incremento dell' agricoltura. . 

Molto fece il Re pel miglioramento della legisla- 
zione, ma ci gode V animo che il Governo comprenda 
il molto che resta da farsi, onde, nelle disposizioni e 
nelle forme, le leggi, le instituzioni giudiziarie, colla 
pubblica salvaguardia dei Giurati, le municipali e le 
provinciali vengano poste in armonia cogli ordini po- 
litici e sociali felicemente inaugurati. 

La Camera si adopererà efficacemente a che la 
proclamata eguaglianza dei cittadini al cospetto della 
legge politica e civile sia un diritto, una verità per 
tutti, senza distinzione di culto. 

Il Governo asseconderà il voto dell' universale rior- 
dinando la pubblica istruzione che informar debbo la 
crescente generazione alla virtù, indispensabile fon- 
damento alla vera libertà. La Camera apprezza il no- 
bile divisamente, confidando che si estenderà ognor 
più r istruzione gratuita ne' suoi elementi al povero, 
e che, portata negli studi superiori a quell'altezza 



1848] E IL PABLAMEXTO SUBALPINO. 39 

donde si gode vera luce, varrà a preparare gli uo- 
mini che debbono reggere ed illustrare la Patria. 
A questo scopo e a quello dell'educazione d'entrambi 
i sessi, e al migKoramento delle sorti del corpo inse- 
gnante, la Camera accoglierà con favore tutte le pro- 
posizioni che le saranno sottoposte. 

Con pari ardore concorrerà in tutti quei provve- 
dimenti che giovino a coordinare l'amministrazione 
dello Stato al maggiore sviluppo degl'interessi mo- 
rali e materiali del corpo sociale, e specialmente a 
benefizio delle classi meno agiate e più numerose. 
I Deputati del popolo desiderano che l'agricoltura, 
r industria, ed il commercio, sorgenti delle ricchezze 
dello Stato, siano sempre fra le precipue cure del 
Governo, e che le istituzioni di beneficenza, di cui è 
così ricca questa Italiana Terra, siano poste sotto la 
vigile guardia della Nazione ed abbiano un ordina- 
mento efficace ed educativo. 

Ora che i nostri voti si vanno compiendo con la 
fusione di altre Provincie sorelle, la Camera vede con 
gioia avvicinarsi il giorno in cui dal sufifragio univer- 
sale deve sorgere un'Assemblea Costituente che, so- 
pra basi liberissime e popolari, fondi uno Statuto il 
quale valga a render forte, grande e gloriosa la Mo- 
narchia che abbia a capo il Principe propugnatore 
dell'Indipendenza Italiana. La fortissima Sicilia si è 
composta a libertà ; Napoli anch' essa tergerà le sue 
lagrime, e Italia tutta sarà una e felice. 

La Nazione unanime affretta co' suoi voti l'istante 
in cui QUEGLI che tutti teniamo in luogo di Padre, 
torni trionfante in mezzo ai suoi figli, circondato da 
quella luce immortale che brilla in fronte ai libera- 
tori dei popoli e ai benefattori dell'umanità. 



1 



40 OABLO ALBEBTO [1848 



X. 

Carlo Alberto, vinti gli Austriaci a Pastrengo e in^ 
altri fatti cP armi e giunto sotto le mura di Ve- 
rona, invoca la cooperatone dei Veneti per com- 
piere V impresa felicemente iniziata. Froolamà ai 
popoli della Venezia, 

[23 maggio 1848.] 

CARLO ALBERTO, EC. EC. EC. 

Giunti sulle rive dell'Adige, il nostro sguardo ed 
il nostro pensiero si volgono direttamente a voi, po- 
poli della Venezia, a voi che sul rompere della guerra 
comprendemmo tutti nelle parole ispirateci dalla con- 
dizione di codeste italiane provinole, che si vanno via 
via liberando dalla oppressione straniera. 

Noi abbiamo mosso le nostre armi per assicurare 
r indipendenza italiana. Iddio ha benedetto finora la 
santa impresa, ma a compierla si ricercano fiducia e 
costante fermezza in tutti quelli che vi prendono parte. 
Quanto è irremovibile la nostra intenzione di spingere 
r impresa al fine che abbiamo altamente dichiarato 
neir assumerla, altrettanto viva è la fiducia che voi 
sarete per secondare le nostre mire ed i nostri sforzi. 
Così quelle, come questi non hanno altro scopo che 
r intiera liberazione della comune patria dal giogo 
straniero. 

Questo è il voto di tutta Italia, questa la necessità 
dei tempi, questo il supremo dovere che abbiamo ri- 
soluto di compiere. 



1848] E Hi PARLAMENTO SUBALPINO. 41 

La vostra fiducia risponda dunque alla mia e la 
causa per cui combattiamo non fallirà a compiuta 
vittoria. 

Dal Kostro Quartìer Generale in Sommacampagna, 
il 23 maggio 1848. 

Carlo Alberto. 



XI. 

Succeduti ai trionfi riportati daìV esercito piemontese 
a Pastrengo, a Goito, a Peschiera, a Staffalo e 
altrove i rovesci di distoma e di Volta, che Voi- 
hligano a retrocedere davanti alle forze soverchianti 
del nemico, già vincitrici a Vicenza, Carlo Alberto, 
ricusato un armistizio oneroso, si rivolge ai soldati 
e ai popoli per ridestarne il coraggio e invitarli 
a proseguire la lotta. Proclama. 

[28 lugUo 1848.] 

Soldati ! 

Le mirabili prove di coraggio nel combattimento, 
di fortezza nel sopportare i disagi, che avete dato in 
questi ultimi giorni, mi hanno commosso profonda- 
mente. L'inimico pagò assai caro l'acquisto delle 
nuove sue posizioni: nella nostra ritirata portiamo 
duemila prigionieri ; egli non può vantarsi di un solo 
trofeo. 

Alla vista delle privazioni e degli stenti derivati 
dalla mancanza di viveri, al pensiero di lasciar la 
Lombardia aperta a incursioni barbariche, l'animo mio 
cedette all'idea di cercare la sospensione delle osti- 
lità : ma le condizioni che mi si proponevano, erano 



42 CABLO ALBERTO [1848 

tali che ognuno di voi avrebbe dovuto arrossirne. 
L'onore dell' armata risplende in faccia a tutta l'Ita- 
lia, a tutta l'Europa; ninno potrà rapirglielo giammai, 
ed il vostro Re ne sarà sempre geloso sostenitore. 

Fra brevi giorni ritorneremo a fronte di quel ne- 
mico che tante volte abbiamo veduto fuggire dinauzA 
a noi : fra pochi giorni lo faremo pentire della sua 
audacia. Que' pochi che sregolatamente si ritrassero, 
ripiglino tosto le loro file. Io conto su di voi con 
fiducia, figli prediletti della patria, che versate il 
sangue per la sacra causa dell'indipendenza italiana. 

Popoli dell'Alta Italia! 

Dopo vari combattimenti, nei quali il nostro eser- 
cito, non ostante l'inferiorità delle forze, seppe ottenere 
con mirabile coraggio non pochi successi, sopraflFatto 
dal numero, sfinito dalla stanchezza per le continue 
fazioni sotto un calore eccessivo e per la mancata 
provvista di viveri, perdette e ripigliò, ma in defini- 
tiva non potè conservare le posizioni conquistate lujigo 
il Mincio, ed accerchiato quindi nei contorni di Goito 
si trovò ridotto ad una di quelle crisi terribili, nelle 
quali un supremo sforzo ha per effetto orrende stragi. 

In queste gravi circostanze che premevano il no- 
stro cuore come Re, e come capo di quel prode e 
benamato esercito, sentito un consiglio di guerra, 
cercammo di porre un termine a tanta effusione di 
sangue col proporre al nemico una sospensione d' armi. 
Ma le condizioni da lui apposte furono tali che non 
seppimo risolverci a porle nemmeno in discussione, 
pensando dovessimo esporci con voi a qualunque estre- 
mità, piuttosto che compromettere l' onore e l' inte- 
resse della patria. 

Italiani ! Armatevi e provvedete al pericolo col- 



1848J E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 43 

l'energia che il pericolo aumenta nei forti eredi di 
tante glorie. Preferirete l'ultimo sacrifizio all'umilia- 
zione ed alla perdita della vostra indipendenza. L'eser- 
cito, sostenuto dall' amor patrio in mezzo ai dolori ed 
alle disgrazie, è pronto ancora a dare per la Patria 
quanto gli avanza di sangue, e spero che la Provvi- 
denza non ci abbandonerà nella difesa della santa causa, 
a cui è consacrata la mia vita e quella de' miei Figli. 

Dal Nostro Quartier Generale di Bozzolo, il 28 luglio 1848. 

Carlo Alberto. 



XII. 

Proclama di Carlo Alberto ai popoli dello Stato 
Sardo nel ricondurre sulla destra del Ticino il 
suo esercito, nuovamente vinto in un estremo sforzo 
per salvare Milano e costretto ad accettare V ar- 
mistizio detto di Salasco. 

[7 agosto 1848.] 

Amatissimi miei Popoli! 

La sorte della guerra, che da prima perseverante 
arrise al valor sommo della prode nostra armata, ve- 
nutaci contraria per la fatalità di molte prepotenti 
circostanze, ci obbligò ad indietreggiare in faccia al 
nemico. In questa mossa però ci stava a cuore la 
bella metropoli della Lombardia, e, persuasi di tro- 
varla provvista abbondantemente, ci disponemmo a 
volgere ogni nostra cura alla sua difesa. 

Tutte le truppe vennero da noi guidate sotto le 
sue mura, pronte a valorosa resistenza, quando eb- 



44 OABLO ALBERTO [1848 

birao ad apprendere che si difettava colà di danaro 
e di munizioni da bocca e da guerra, mentre le no- 
stre erano state in gran parte consumate nella bat- 
taglia datasi ivi subito dopo il nostro arrivo. Con- 
correva ad aggravare la nostra condizione che il gran 
parco era stato incamminato verso Piacenza, né po- 
tea farsi retrocedere, perchè erano intercette le vie 
dal nemico. 

Queste circostanze allora ci mostrarono quanto 
nell'urgenza del bisogno, nell' incalzar del pericolo, 
fosse necessità suprema il cercar ogni via per salvar 
Milano e V armata, e risparmiare un' inutile effusione 
di sangue ; e ciò ottenemmo mediante una convenzione 
per cui, evacuandosi da noi la piazza, ci veniva la- 
sciato libero il passo fino al di qua del Ticino, e re- 
stavano, per quanto possibile, garantite le sostanze e 
le vite dei Milanesi. 

Eccovi, diletti popoli, perchè Tarmata, in cui 
stanno tutte le vostre affezioni, fa ritorno fra voi. Se 
un contrario destino le negò il conseguimento del- 
l' alto scopo di sua generosa missione, riede in ogni 
modo preclara pel titolo di forte e guerriera, che con 
tante fatiche e con tanto eroismo si acquistò pugnan- 
do; riede temuta e tale da proteggervi sempre con- 
tro ogni attentato nemico. 

Accoglietela, partecipando della fama che si ha 
guadagnata, e rendetele meno penoso il dolore delle 
sue avversità col fraterno vostro sorriso. 

Stanno fra le sue file i Principi miei figli, e vi 
sto Io, pronti tutti a nuovi sagrifizi, a nuove fatiche, 
a spendere la vita per la cara terra nativa. 

Vigevano, 7 agosto 1848. 

Carlo Alberto. 



1848] B IL PABLAMENTO SUBALPINO. 45 

xm. 

Ordine del giorno di Carlo Alberto alV esercito, 
per rioUeame gli animi e disporli a nuovi cimenti. 

[7 agosto 1848.] 

Soldati ! 

Le sorti della guerra ci costringono a ripassare il 
Ticino. Pur l' ultimo combattimento sotto le mura di 
Milano onora il vostro coraggio, e se la mancanza di 
munizioni ci tolse di continuarne la difesa come era 
ardente nostro desiderio, anche questa ritirata costò 
assai cara all'inimico. 

Soldati ! Sollevate gli animi sconfortati, ordinatevi 
tosto e fortemente. Io voglio che la disciplina più se- 
vera sia mantenuta, e che ogni infrazione di essa sia 
punita col massimo rigore : la polizia sia meglio cu- 
rata, e le proprietà dei cittadini sempre inviolabil- 
mente rispettate. Nei momenti difficili è necessaria 
più che mai V unità e la subordinazione. 

La causa dell' indipendenza italiana, che abbiamo 
preso a sostenere, è nobilissima e santa sovra tutte 
le altre. Essa fu il sospiro dei passati secoli, e testé 
ancora il voto delle popolazioni si pronunziava per 
noi libero, aperto ed unanime. Passeranno i giorni 
deH\-. versa fortuna, e il diritto trionferà della forza 
brutale. Che ninno disperi ! Che tutti adempiano il 
proprio dovere ! 

Dal Quartìer Generale principale^ Vigevano 7 agosto 1848. 

Cablo Alberto, 



46 CABLO ALBIBTO [18i8 

XIV. 

Nuovo Proclama di Carlo Alberto a^stm popoli per 
spiegare le cause dei rovesci patiti e anmnmtt 
il fermo proposito di riprender le armi se non 
ottiene ddlV Austria buone condizioni di pace. 

[10 agosto 1848.] 

Al Popoli del Regno. 

L' indipendenza della terra italiana mi spinse alla 
guerra contro il nostro nemico. — Secondato dal va- 
lore della mia armata la vittoria sorrise in prima 
alle nostre armi. — Né Io, né i miei Figli abbiamo 
retroceduto al pericolo. — La santità della causa rad- 
doppiava il nostro coraggio. 

11 sorriso della vittoria fu breve; il nemico in- 
grossato. — Il mio .esercito quasi solo a combattere. 
— La mancanza dei viveri ci costrinse ad abbando- 
nare le posizioni per noi conquistate, le terre già fatte 
libere dalle armi italiane. 

Coli' esercito Io mi era ritirato alla difesa di Mi- 
lano ; ma stanco dalle lunghe fatiche, non poteva que- 
sto resistere a una nuova battaglia campale, perchè 
anche la forza del prode soldato ha i suoi limiti. 

L'interna difesa della città non poteva soste- 
nersi. — Mancavano danari, mancavano sufficienti mu- 
nizioni di guerra e di bocca. — Il petto dei cittadini 
avrebbe forse potuto per alcuni giorni resistere, ma 
per seppellirci sotto le rovine — non per vincere il 
nostro nemico. 

Una convenzione fu da me iniziata : dai Milanesi 
medesimi fu proseguita, fu sottoscritta. 



1848] E IL PABLAIOENTO SUBALPINO. 47 

Non ignoro le accuse colle quali si vorrebbe da 
alcuni macchiare il mio nome ; — ma Dio, e la mia 
coscienza sono testimoni della integrità delle mie ope- 
razioni. — Abbandono alla storia imparziale il giudi- 
carne. 

Una tregua di sei settimane fu stabilita per ora 
col nemico; e avremo nell'intervallo condizioni ono- 
rate di pace, o ritorneremo un'altra volta a com- 
battere. 

I palpiti del mio cuore furono sempre per la in- 
dipendenza italiana; ma Italia non ha ancora fatto 
conoscere al mondo che può fare da sé. 

Popoli del regno ! Mostratevi forti in una prima 
sventura. — Mettete a calcolo le libere instituzioni che 
sorgono nuove fra voi. — Se, conosciuti i bisogni dei 
popoli, Io primo ve le ho concedute, Io saprò in ogni 
tempo fedelmente osservarle. 

Bicordo gli evviva con i quali avete salutato il 
mio Nome; essi risuonavano ancora al mio orecchio 
nel fragore della battaglia. — Confidate tranquilli nel 
vostro Ke. -— La causa dell' indipendenza italiana non 
è ancora perduta. 

Dato a Vigevano, 10 agosto 184S. 

Carlo Alberto. 



4S CABLO ALBERTO [1848 

XV. 

Carlo Alberto rivolge parole di fiducia e d^ incorag- 
giamento alV esercito che si va riordinando e au- 
mentando di numero e gli ordina di prestar giu- 
ramento allo Statuto. Pboclamà. 

[28 agosto 1848.] 

Soldati ! 

Mentre il tempo dell' armistizio trascorre, il mio 
governo provvede energicamente ai mezzi di ricomin- 
ciare la guerra. 

Da ogni parte nuovi fratelli, nuovi compagni ac- 
corrono con ispontanea alacrità sotto quelle bandiere 
che già faceste sventolare sulP Adige. 

So i disagi, le privazioni, le prolungate fatiche 
poterono toglierci la vittoria, il riposo ottenuto ed 
una severa disciplina faranno rinascere i giorni del 
trionfo. 

Soldati, a voi tocca provare siccome non siete pro- 
strati pel rovescio della fortuna; a voi tocca mo- 
strare alla patria, che tutto si ripromette da voi, sic- 
come ad ogni evento ella può contare sulla fedeltà 
dei vostri petti, e sul vostro indomito valore. 

Ai nuovi soldati sarà stimolo la memoria delle 
vostre glorie passate ; non mancando il vostro nobile 
esempio, essi saranno alteri di mostrarsi degni di voi. 

Così al termine dell' armistizio, o si otterranno 
patti consentanei ai diritti della nazione, o quando 
r onore lo voglia, vi vedrà il nemico tornare con ri- 
destato entusiasmo a combattere per quell'italiana 
indipendenza che è il voto di tutti, e lo scopo di tutti 
i nostri sacrilici. 



1848j E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 49 

Sappia intanto la patria, che pone in voi tutte le 
sue speranze, come siete vincolati indissolubilmente 
di amore e di fede a quelle libere instituzioni che 
sono il fondamento dei nuovi destini d' Italia. 

Ordino perciò, che quanto prima tutti indistinta- 
mente i capi ed uffiziali dell' esercito di terra e di 
mare, non che tutti i soldati che lo compongono, pre- 
stino il loro giuramento allo Statuto, col quale atto 
solenne verrà con più stretto legame sancita l'unità 
della nazione, rendendo inseparabile la qualità di cit- 
tadino da quella di soldato, a questa attribuendo 
tutti quei diritti che la legge accorda indistintamente 
a tutti i nostri fedeli ed amatissimi popoli. 

Alessandria, addì 2S agosto 1848. 

Carlo Alberto. 



XVI. 

^Proclama del Be Carlo Alberto 
alla Cruardia Nazionale. 

[14 settembre 1848.] 

Militi della Guardia Nazionale ! 

Allorquando io partiva a capo dell' esercito che si 
accingeva a combattere per la sacra causa dell' indi- 
pendenza italiana, commetteva a voi la mia famiglia 
e la capitale del regno. Il fatto mostrò quanto foste 
degni della mia fiducia : il vostro patriotismo chiarì 
come foste meritevoli de' nuovi destini ai quali è chia- 
mata la nostra patria. Nel ritrovarmi tra voi il mio 
cuore non può a meno di esprimervi il mio affetto, 
la mia gratitudine. 



50 CABLO ALBERTO [1848 

In questi solenni momenti daremo nuovo esempio 
della concordia che in queste contrade unì da tanti 
secoli Popolo e Principe, della concordia, della mutua 
fiducia che ci faranno riconoscere degni della libertà 
e della indipendenza alla quale ho dedicata la vita, 
alla quale sono rivolti tutti i miei pensieri, tutte le 
mie cure, tutti i miei sforzi. 

Torino, addi li di settembre 1848. 

Carlo àlbebto. 



XVII. 



Discorso pronunnato dal Be Carlo Alberto per Vaper- 
tura della II Legislatura del Parlamento, allorcliè 
il Piemonte, attendendo V esito della mediamone 
offerta dalla Francia e dalV Inghilterra, si apparec- 
chiava alla seconda campagna per V indipendenza 
nazionale, e, colla promessa di una Costituente, pro- 
curava di stringere tutti gli Stati italiani in lega 
contro V Austria, 

[lo febbraio 1849.3 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

Grato e soave conforto al mio cuore è il ritrovarmi 
tra voi che rappresentate sì degnamente la nazione, 
e il convenire a questa solenne apertura del Parla- 
mento. 

Quando esso s'inaugurava per la prima volta, di- 
versa era la nostra fortuna, ma non maggiore la no- 
stra speranza; anzi questa nei forti è accresciuta, perchè 
air efficacia dei nostri antichi titoli si aggiunge Pam- 



1849] E Hi PABLAMBNTO SUBALPINO. 51 

raaestramento dell'esperienza, il merito della prova, il 
coraggio e la costanza nella sventura. 

L'opera a cui dovrete attendere in questa seconda 
Sessione è moltiplico, varia, difficile e tanto più de- 
gna di voi. ! 

Kiguardo agli ordini interni dovrà essere nostra 
cura di svolgere le istituzioni che possediamo, met- 
terle in armonia perfetta col genio, coi bisogni del 
secolo, e proseguire alacremente quell'assunto che 
verrà compiuto dall'Assemblea Costituente del Kegno 
dell'Alta Italia. 

Il Governo costituzionale si aggira sopra due car- 
dini : il Re ed il Popolo. Dal primo nasce l' unità e 
la forza, dal secondo la libertà e il progresso della 
nazione. 

Io feci e fo la mia parte, ordinando fra i miei 
popoli libere istituzioni, conferendo i carichi e gli 
onori al merito e non alla fortuna, componendo la 
mia Corte coli' eletta dello Stato, consacrando la mia 
vita e quella de' miei figli alla salute e indipendenza 
della patria. 

Voi mi avete degnamente aiutato nella difficile 
impresa. Continuate a farlo, e persuadetevi che dal- 
l' unione iìitima dei nostri sforzi dee nascere la feli- 
cità e la salute comune. 

Ci aiuteranno nel nobile arringo l'affetto e la stima 
delle nazioni più colte ed illustri d'Europa, e special- 
mente di quelle che ci sono congiunte coi vincoli co- 
muni della nazionalità e della patria. A stringere vie- 
meglio questi nodi fraterni intesero le nostre industrie ; 
o se gli ultimi eventi dell'Italia centrale hanno sospeso 
l'effetto delle nostre pratiche, portiamo fiducia che 
non siano per impedirlo lungamente. La confederazione 
dei Pbincipi e dei Popoli italiani è uno dei voti più 



52 OABLO ALBERTO [1849 

cari del nostro cuore, e useremo ogni studio per man- 
darla prontamente ad effetto. 

I miei ministri vi dichiareranno più partitamente 
qual sia la politica del Governo intomo alle quistioni 
che agitano la Penisola, e mi affido che siate per giu- 
dicarla sapiente, generosa e nazionale. 

A me si spetta il parlarvi delle nostre armi e della 
nostra indipendenza, scopo supremo d'ogni nostra 
cura. Le schiere dell'esercito sono rifatte, accresciuta 
fiorenti, e gareggiano di bellezza, di eroismo colla no- 
stra flotta; e io testé visitandole potei ritrarre dai 
loro volti e dai loro applausi qual sia il patrio ardore 
che le infiamma. 

Tutto ci fa sperare che la mediazione offertaci da 
due Potentati generosi ed amici sia per aver pronto 
fine. E quando la nostra fiducia fosse delusa, ciò non 
c'impedirebbe di ripigliare la guerra con ferma spe- 
ranza della vittoria. 

Ma per vincere uopo è che all'esercito concorrala 
nazione ; e ciò, o signori, sta in voi. Ciò sta in mano 
di quelle provincie che sono parte così preziosa del 
nostro regno e del nostro cuore ; le quali aggiungono 
alle virtù comuni il vanto proprio della costanza e 
del martirio. Consolatevi dei sacrifici che dovrete 
fare, perchè questi riusciranno brevi e il frutto sarà 
perpetuo. Prudenza e ardire insieme accoppiati ci sal- 
veranno. Tale, signori, è il mio voto, tale è l' ufficio 
vostro ; nel cui adempimento avrete sempre l' esempio 
del vostro Principe. 



1849] E Hi PAELAIOINTO SUBALPINO. 53 



XVIII. 

Indirizzo del Senato del Segno in risposta al Di- 
scorso della Corona del T febbraio 1849, compilato 
da una Comissione composta dei senatori Picolet, 
Sauli, Peyron, Giidio e Gibrario, relatore, e modi- 
ficato in pubblica seduta. 

[ApproTato il 20 febbraio 1849.] 

Sibe! 

I. Da un trono cinto di nuovo splendore, rifondato 
qual fu sulla libertà dei popoli, fortificato dal senti- 
mento di nazionalità e d'indipendenza, desiderosamente 
aspettata e sempre più cara ci giunge, o Sire, la po- 
tente vostra parola. 

II. Un anno è corso dacché Vostra Maestà con atto 
magnanimo di giustizia e di sapienza ha dischiuso alla 
nazione la via delle franchigie costituzionali. Ora, a 
nuovo pegno dell' inviolabilità di tali franchigie ornai 
immedesimate nel popolo, divenuto un diritto ed un 
bisogno comune, abbiamo udito dal labbro degli au- 
gusti vostri Figliuoli il giuramento che, reduci dai 
campi testimoni del vostro e del loro valore, hanno 
prestato al cospetto del Parlamento nazionale. 

III. U cominciamento di una nuova era sociale non 
può mai essere pienamente tranquillo ; poiché molte 
nobili e grandi passioni s'infiammano, e lavorano al- 
l'opera rigeneratrice; ma levansi anche passioni anti- 
sociali e malvagie; e fin le buone talora divergono o 
trasmodano. Epperò, affinchè il moto del progresso 
e del legale sviluppo delle nostre istituzioni sia più 
regolare e più spedito, è necessario che il Governo 



54 CABLO ALBEBTO [1849 

di V. M. adoperi efficacemente a conciliare le varie 
opinioni e confonderle nel patrio sentimento di libertà 
e d' indipendenza ; e spieghi tutta V autorità e tutto 
il vigore necessario per far osservare pienamente lo 
Statuto e le leggi ; per impedire ogni usurpazione di 
quei diritti che soli appartengono all'azione dei poteri 
costituzionali ; per ristabilire quel rispetto alle leggi, 
agli uffici, alle persone, che guarentisce la pubblica 
tranquillità, ed è inseparabile dalla vera uguaglianza, 
dalla vera libertà, così giustamente care ad un popolo 
elio ha il sentimento dei propri diritti, la coscienza 
do' suoi doveri. 

IV. L'intima unione tra il Re ed il Popolo è ele- 
mento indestruttibile di forza e di libertà. Nello esa- 
minare le leggi che verranno proposte, onde conformar 
sempre più le nostre istituzioni al genio e ai bisogni 
del secolo, il Senato non dimenticherà mai questo 
grande principio e ne promuoverà costantemente l'ap- 
plicazione ; riputandolo opera non punto difficile in 
un paese dove il Re ha sapientemente e paternamente 
iniziato ciò che poteva soddisfare ai giusti desiderii 
dei popoli, secondarne i nobili affetti, o consolarne 
i dolori. 

V. Ma se prima condizione di forza e di libertà 
appresso a noi è l' unione intima del Principe e del 
Popolo, importa anche sommamente all'interesse d'Ita- 
lia ed alla causa dell'indipendenza che gli altri Stati, 
cui ci stringo il dolce vincolo di fratellanza e di nazio- 
nalità, concorrano insieme con noi alla difesa comune. 

Il Senato confida nella sapiente, generosa e nazio- 
nale politica del Governo di V. M., e intanto non può 
lasciare d'esprimere alla M. V. come s'associ intera- 
mente ai sentimenti d'inviolabile divozione professati 
in questi tempi difficili da V. M. e dal suo Ministero 



1849} E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 55 

verso il capo visibile della Chiesa cattolica, per i quali 
vi mostrate, o Sire, degno erede della fede e della 
pietà dell'augusta vostra Dinastia. 

VI. I popoli fidenti nel cuore e nelle armi proprio 
non temono la guerra ; ma consapevoli de' mali che 
seco adduce, non la imprendono se non quando i sa- 
cri interessi e Toner della nazione imperiosamente la 
vogliono. Di quest'onore non ha l'Italia miglior in- 
terprete, né più intrepido campione di V. M. ; onde, 
se la mediazione che hanno interposta due nazioni 
potenti ed amiche, più specialmente interessate al 
mantenimento della pace europea, non potesse riuscire 
al fine sperato, siamo sicuri che risponderanno eroi- 
camente, Sire, al vostro appello le antiche provincie 
del regno e quelle che, per voto spontaneo testé ag- 
gregate, hanno acquistato un nuovo titolo alle nostre 
più care simpatie ed all' ammirazione del mondo col- 
r imperterrita costanza con cui sopportano la dura 
oppressione del nemico. 

A consolidare il trono costituzionale dell'Alta Ita- 
lia concorreranno a gara la gloriosa nostra armata di 
terra e di mare, memore dell'antica fama, già segna- 
lata per illustri prove in questa guerra medesima, e 
parte della generosa milizia nazionale coli' opera del 
combattere; gli altri cittadini col mantener l'ordine 
interno, coi sussidi, coi conforti, colle preghiere, coi 
voti e con quella serena aspettazione di chi confida 
nel braccio dei forti, nella simpatia d'ogni nazion 
generosa, nell'energia dell'unanime consentimento 
nella santità d' imperscrittibili conculcati diritti. 



56 CABLO ALBEBTO [1849 

XIX. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta d 
Discorso della Corona del T febbraio 1849, com- 
pilato da una Commissione composta dei deputai 
Depretis, Colla, Mauri, MeUana, Beta, Montesemoh 
e Gabella, relatore, e modificato in pubblica seduta. 

[Approvato il 2 marzo 1849.] 

Sibe! 

Cliiaraati a tutelare in tempi difficilissimi gl'inte- 
ressi della nazione, ci conforta il pensiero dell'accordo 
meraviglioso che per singolare privilegio regna nel 
nostro Stato fra Principe e Popolo : grande elemento 
di forza e principale fondamento delle nostre speranze. 

Questo accordo, o Sire, è dovuto alla lealtà che 
voi poneste nel riconoscere e mantenere intatti i diritti 
della nazione, e al generoso abbandono col quale con- 
sacraste all'indipendenza italiana la vostra vita e quella 
dei vostri Figli. 

Le prime nostre parole devono perciò attestarvi la 
viva e profonda riconoscenza del popolo, il quale col 
suo amore e col suo voto conferma e consolida la vo- 
stra Corona. Né vi sarà ingrata l'Italia che vi dovrà 
tanta parte della sua redenzione. 

Il primo Parlamento si apriva nella gioia delle 
recenti istituzioni e nell'ebbrezza della vittoria. So- 
praggiunta r avversità, il vostro animo stette fermo 
nei magnanimi disegni. Ed ora la nazione da voi in- 
terrogata, fatta anch' essa più forte nella sventura, 
persiste nel volere ad ogni costo la libertà e l'indi- 
pendenza. Noi siamo, o Sire, i rappresentanti di questi 
due principii. 



1849] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 57 

Voi circondandovi dell' eletta del popolo e confe- 
rendo le cariche e gli onori al solo merito, noi rivol- 
gendo le nostre precipue cure all'ordinamento delle 
Finanze, del Municipio, della Milizia Nazionale, del- 
l' Istruzione pubblica, e delle altre civili istituzioni, 
daremo al principio democratico quel maggiore svi- 
luppo che nello stato di guerra ci sarà consentito. Ma 
solo la Costituente del regno potrà mettere le nostre 
istituzioni in perfetta armonia col genio e coi bisogni 
del secolo. 

Il vostro Governo tentò con lodevole intendimento 
di stringere fra i diversi Stati d'Italia una potente 
confederazione iniziatrice dei futuri destini nazionali. 
Noi confidiamo che esso vorrà promuovere l'unione 
dei popoli italiani qualunque possa essere per le re- 
centi mutazioni la forma dei loro Governi ; e che ri- 
conoscendo nei popoli il diritto di costituirsi, saprà 
opporsi e protestare, ove occorra, contro qualsivoglia 
intervento nell'Italia centrale, ed ottenere da quelle 
Provincie che contribuiscano con ogni mezzo alla guerra 
nazionale. 

Nel conquisto della nostra indipendenza saremo 
secondati dalle simpatie delle nazioni civili. Il Governo 
s' adoprerà di stringere più intimi legami con quelle 
che sono ordinate a libertà, e specialmente colle due 
grandi potenze che già ci hanno dato prove di ami- 
cizia e di affetto. 

Stringiamoci alla generosa Ungheria che combatte 
una stessa guerra contro lo stesso nemico. E quando i 
vicini Slavi tenteranno levarsi a dignità di nazione, 
abbiano da noi quegli aiuti che la comunanza degli 
interessi richiede. 

Kincorati dall'energico voto della nazione, la quale 
non può durare più oltre nella fatale incertezza, i de- 



68 CABLO ALBERTO [1&49 

putati del popolo vi confortano, o Sire, a rompere 
gl'indugi e bandire la guerra. Sì, guerra, e pronta. 
Noi confidiamo nelle nostre armi. Nelle armi sole e 
nel nostro diritto abbiamo fiducia. 

L'esercito, orgoglio nostro, speranza d'Italia, torni 
sui campi che furono testimoni del suo valore, e con 
fatti gloriosi ripari ai danni sofferti, e ristori la for- 
tuna delle armi nostre. La flotta, che con eroica co- 
stanza tenne illesa Venezia dalle navi nemiche, aiuti 
potentemente i successi della guerra, e rinnovi sul- 
r Adriatico le prove che un tempo fecero famoso sui 
mari il valore italiano. 

Voi, Sire, il diceste : non ci tornino inutili le prime 
prove; ci sia maestra l'esperienza. L'abilità dei capi, 
l'intelligenza degli amministratori raddoppi colla fidu- 
cia il valore dei soldati. Le riserve pronte alla riscossa, 
le milizie mobili esercitate alle militari discipline, la 
guardia nazionale ordinata ed in armi, e, dove stringa 
il pericolo, il popolo intero assicurino la vittoria alle 
nostro bandiere. 

Liberiamo, una volta dall' oppressione straniera 
tanta parte del regno, e dall'iniquo martirio que' no- 
stri fratelli, i quali, come furono costanti e magnanimi 
nella sventura, così ci saranno nel cimento forti e ri- 
soluti compagni. Affrettiamoci di dare la mano al- 
l'eroica Venezia che dura incolume nella lotta ineguale. 

La nazione è pronta, per il grande conflitto, ad 
ogni sacrifizio. Già troppi ne abbiamo fatti, ed inu- 
tilmente, al desiderio della pace europea. Per la guerra 
ci saranno lievi anche gli estremi. 



1849] fi tL PAltLAÌIfil^O StJBALPIKOj 59 



XX. 

Proclama rivólto dal He Carlo Alberto olla Guardia 
Nazionale nel momento di riprendere le ostilità 
coìitro V Austria, 

[13 marzo 1849.] 

Al Militi della Guabdia Nazionale. 

Nel procinto di avviarmi dove mi chiama V onore, 
ed il voto de' miei popoli, mi è grato manifestarvi 
quanto sia grande la fiducia che in Voi ripongo. 

L' affettuosa sollecitudine colla quale già vegliaste 
alla guardia della mia Famiglia, alla custodia della* 
pubblica quiete, alla difesa della Monarchia e delle 
libertà costituzionali, mi assicura, che Voi risponde- 
rete con pari zelo ed ardore al nuovo appello che v' in- 
dirizzo. Le condizioni del paese non sono meno d'allora 
solenni : i tempi non sono meno difficili : la vostra fer- 
mezza, il vostro onore, la vostra fede saprà vincere 
ogni ostacolo. 

Forte del vostro braccio, il mio governo potrà man- 
tenere r ordine pubblico, che è compagno inseparabile 
della vera libertà : qualunque attentato si volesse com- 
mettere contro le nostre instituzioni potrà essere col 
vostro concorso represso. 

Sicuro da questo lato Io, che ho consacrato la 
mia vita e quella de' miei Figli alla causa dell' indi- 
pendenza italiana, saprò lieto affrontare e fatiche e 
pericoli per ottenere una pace onorata, e perchè pos- 
sano ritornare fra breve nel seno delle loro famiglie 
quei generosi vostri fratelli, che sono pronti a com- 



60 OABLO ALBSETO [1849 

battere contro lo straniero, ed a versare il loro san- 
gue per la Patria. 

Torino, addi 13 marzo 1849. 

Carlo Alberto. 



XXI. 

Proclama rivòlto dal Be Carlo Alberto ai Savoiardi 

nella stessa occasione, 

[16 marzo 1849.] 

Bbaves Savoyards! 

L'armistice est dénoncé, et dans peu de jours nous 
reprendrons la lutte contro notre implacable ennemi. 

Dans cet instant solemnel, votre Roi s'adresse à 
vous avec confiance, car votre antique valeur et votre 
fidelitó inébranlable furent dans tous les périls les plus 
sùrs soutiens do notre Maison. 

Vous saurez conserver dans nos nouveaux combats 
la réputation glorieuse qui fait de vous l'émulation 
de tonte Tarmée; vos vaillans bataillons nous con- 
duiront à la victoire. 

Braves enfans de la Savoie ! la lutte sera glorieuse 
et bientót chacun de vous s'écriera avec orgueil au 
sein de sa famille : < J'étais un des libérateurs de 
ritalie ! > 

Du Quartier General principal, Alexandrie, 16 mars 1849. 

Charles- Albert. 



1849] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. ^ 61 



XXIL 

Vinto V esèrcito sardo a Mortara ed a Novara nei- 
giorni 21 e 23 marzo 1849, il Principe Eugenio 
di Carignano, incaricato nuovamente di reggere il 
potere sovrano durante V assenza del Be, annunzia 
ai popoli che Carlo Alberto, avendo fatto invano ogni 
sforzo per cambiare la fortuna delle armi o morire 
sul campo, ha risoluto di abdicare a ^ favore di suo 
figlio Vittorio Emanuele, Duca di Savoia. 

[26 marzo 1849.] 

EUGENIO DI SAVOIA, EC. EC. 

Doloroso annunzio debbo comunicarvi. Il Re Carlo 
Alberto, dopo aver intrepido incontrato le palle ne- 
miche, visto il rovescio delle nostre armi, non volle 
piegare all'avversa fortuna, e preferì coronare la sua 
vita con un nuovo sacrificio. Nel giorno 23 marzo ha 
abdicato la sua Corona a favore del Duca di Savoia.* 

* Ecco in quali termini Carlo Cadorna, ministro presso il Ee a) 
campo, dava la notizia del doloroso episodio a' suoi colleghi, i quali alla 
lor Tolta la comunicaTano al Parlamento : < S. M. Carlo Alberto stette 
sempre esposto al fuoco ot' era maggiore il pericolo : le palle fischia* 
vano del continuo sul di lui capo : molti caddero morti Ticino a lui : 
anche a notte egli continuava a stare sugli spalti della città ov' era 
ridotta la nostra difesa: il generale Giacomo Durando dovette trasci* 
Darlo pel braccio perchè cessasse di correre, ormai inutilmente, rischi 
terribili. — Generale, rispose il Re, è questo il mio ultimo giorno ; lascia- 
temi morire. — Quando il Re vide lo stato infelice dell'esercito, e gli parve 
impossìbile resistere ulteriormente, e quindi necessario di chiedere una 
sospensione d*armi e forse di accettare condizioni cui ripugnava l'animo 
sao, disse che il suo lavoro era compiuto ; eh' ei non potea più renderò 
servigio al paese, cui da diciotto anni avea consacrato la sua vita ; che 
aveva invano sperato di trovare la morte nella battaglia ; che in seguito 
ft jnatoro riflesso aveva risolato di abdicare. Erano presenti i Duchi di 



62 OABLO ALBBBTO [1849 

Perpetua starà per lui la riconoscenza dei popoli ed 
il nostro riverente affetto. 

Stringiamoci intorno al nuovo Re, degno emulatore 
delle virtù paterne nelle battaglie ed integro custode 
delle franchigie costituzionali sancite dall' augusto 
Genitore. 

VIVA IL RE VITTORIO EMANUELE I 

Torino, addì 26 marzo 1849. 



XXIII. 



Proclama diretto nella stessa occasione 
dal Principe Eugenio alla Guardia Nadonale, 

[26 maMO 1849.} 

Alla Guàrdia Nazionale. 

Il Re Carlo Alberto ha nel giorno 23 corrente 
abdicata la sua Corona a favore del Duca di Savoia. 
Io vi do annunzio della sua abdicazione coli' animo 
dolorosamente commosso. Egli nella vita privata ser- 
berà grata rimembranza verso di Voi per lo zelo e 
per r opera che prestaste nella custodia dell' augusta 
sua Famiglia, nel mantenimento dell' ordine e della 
pubblica quiete. 

Voi non cesserete, confido, di prestare al degno 
suo Erede il vostro amore, e di nutrire verso di Lui 



Savoia di Genova, il ministro Cadorna, il general maggiore e gli aia- 
tanti di S. M. Alle vivo istanze fattegli perchè revocasse la detta de- 
cisione, Carlo Alberto fermamente soggiunse : La mia risoluzione è presa; 
io non sono più il Re : il Re è Vittorio mio figlio. » Atti della Camera 
dei Deputati, seduta del 26 marzo 184:8. 



1849] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 63 

quei sentimenti di fedeltà e di affetto, che mostraste 
air augusto suo padre. 

VIVA VITTORIO EMANUELE! 

Torino; il 26 marzo 1849. 

Eugenio di Savoia. 



XXIV. 



Indirizzo a Carlo Allerto votato ddUa Camera dei 
Deputati alla notizia della sua rinunma al trono, 
e dettato da una Commissione composta dei deputati 
Lan^a, Marco, Ravina, Bosellini, Michelini G. S., 
Boncompagni e Mauri, relatore. 

[Approvato il 27 marzo 1849.] 

Sire! 

Fra questo lutto della patria, fra quest'ira miste- 
riosa di casi, i deputati del popolo subalpino vengono 
a riverire in voi la Maestà della sventura ; vengono 
a sciogliere un sacro debito in nome d'Italia tutta. 

Noi comprendiamo, o Sire, l'alto vostro dolore, 
noi sentiamo tutte le ambascio del vostro cuore di 
re, di soldato, di cittadino, e rispettiamo la risolu- 
zione a che vi siete condotto. 

Ma se gli errori della fortuna e degli uomini hanno 
indotto in voi lo sconforto delle anime nobili e grandi, 
non vi hanno certo scemata la fede nella causa di 
cui vi feste il soldato, e di che ora siete il martire 
più venerando. Essa del vostro martirio si fa più 
grande, più sacra; essa ne trae nuovi documenti da 
opporre ai ciechi sospetti delle parti, nuovi argomenti 



64 CABLO ALBERTO [1849 

l>er insegnare ai presenti ed ai futuri che il suo trionfo 
esige i più grandi sacrifici. 

E a questa causa, o Sire, il vostro nome consa- 
crato dalla gloria e dalla sventura, sarà pur sempre 
un vessillo, una forza. No: il vostro arringo non è 
compiuto, perchè su tutte le lahhra, in tutti i cuori 
risuona ancora quella magnanima vostra parola che 
tanto ci riconfortò dopo i primi disastri ; la causa 
deir italiana indipendenza non è perduta. 

Voi siete consociato, o Sire, a tutte le vicissitudini 
di questa gran causa; ed anche scomparendo dalla 
scena in cui si agitano i suoi destini, rimarrete del 
continuo nel pensiero, nell'animo, nella speranza dei 
suoi propugnatori. 

No, o Sire: togliendovi agli sguardi del vostro po- 
polo, voi non potete venir meno nella sua ammirazione, 
nella sua gratitudine, nell' amor suo. Voi vivrete con 
noi in quello Statuto nel quale avete aflFratellati i vo- 
stri coi nostri diritti, in quelle liberali istituzioni di 
che secondaste l'incremento, in quegli ordini militari, 
che provvidamente tentaste di ampliare; vivrete in 
perpetuo nella memoria nostra e dei futuri, esempio 
unico ed imitabile del Re cittadino e soldato, educato 
alla scuola dei nuovi tempi ed investito dell'aura loro. 

Singolarmente, o Sire, voi vivrete nel vostro au- 
gusto figlio e successore, a cui saranno luce i vostri 
esempi, ed a cui deponendo la corona voi insegnaste 
a che sole condizioni si possa di questi giorni nobil- 
mente portarla. 

Sire, voi avete voluto precorrere il giudizio della 
storia e dei posteri, e lo potevate. Dio vi conceda le 
consolazioni della calma solinga, del silenzio pensoso 
in elio avete voluto rifuggirvi. Vi seguiranno nel vo- 
stro ritiro assai crucciose, assai gloriose memorie. 



1849] fi IL PABLAMENTO SUBALPINO. 65 

Possano le une passar leggiere sul vostro cuore ; pos- 
sano le altre soavemente riconfortarvi. Di questo noi 
vi stiamo in fede che vi accompagneranno sempre i 
voti della gratitudine, della riverenza, dell' affetto del 
popolo subalpino, di quegli altri popoli infelici, che voi 
anelavate di rifare italiani, di tutta Italia a cui il nomo 
di Carlo Alberto sarà il glorioso simbolo delle sue non 
periture speranze. 



XXV. 



Parole dette dal Re Carlo Alberto alla Beputasione 
estratta a sorte dalla Camera dei Deputati per 
recargli in Oporto V Indirizzo approvato dalla me" 
desima nella seduta del 27 marzo 18é9, 

[14 e 15 maggio 1849.] 

Non so trovare espressioni che bastino per rin- 
graziare la Camera. Essa non poteva fare cosa che 
tornasse più grata al mio cuore. La di lei dimostra- 
zione mi sarà di perenne consolazione pel rimanente 
della mia vita. Ho sempre e sopratutto desiderato la 
stima e l'affetto della nazione. Ho fatto quanto era 
in me per il trionfo della causa italiana; né in ciò 
fui indotto da considerazione alcuna di personale in- 
teresse. Nei diciotto anni del mio regno ho avuto co- 
stantemente in mira il maggior bene dei miei popoli; 
ho procurato di migliorarne gli ordini e le institu- 
zioni; particolarmente ho sempre rivolto il pensiero 
alla nazionalità ed alla indipendenza d' Italia. 

La guerra che abbiamo sostenuta contro l' Austria 
era giustissima : bastava a renderla tale il contegno 
che tenne in addietro quella potenza verso di noi. 



66 CABLO ALBEBTO [1819 

quando pure, voluta dal Parlamento e da tutta la na- 
zione, non fosse giustificata dal dritto di rivendicare 
la indipendenza nazionale. Almeno io fui sempre con- 
vinto della giustizia di questo dritto, quantunque pur 
troppo debba confessare che non tutti avessero un 
aguale sentimento. Questa guerra non poteva nem- 
meno dirsi imprudente, perchè se, come alcuni corpi, 
tutti i soldati avessero combattuto nella seconda cam- 
pagna nel modo stesso che combatterono nella prima, 
le nostre armi sarebbero state certamente vittoriose. 

Dopo r infelice battaglia di Novara, nella quale ho 
più e più volte esposta la mia vita, desiderando d' in- 
contrare la morte, era mia intenzione di ripiegarmi 
sopra Alessandria e Genova per continuare la lotta; 
ma i miei generali mi dissero che questa ritirata era 
impossibile nello stato in cui si trovava il nostro eser- 
cito. Quindi, costretto di venire a patti col nemico, 
ho deliberato a preferenza di abdicare, anziché sot- 
toscrivere condizioni che offendessero V onor mio : 
abdicando portavo speranza che il nemico si sarebbe 
indotto da questo atto a convenzioni meno gravi e 
meno dure pel paese. Non ostante però la mia abdi* 
cazione, se mai sorgesse una guerra contro l'Austria, 
qualunque sia la potenza da cui le venga mossa, ac- 
correrò spontaneo anche qual semplice soldato fra le 
file dei di lei nemici. Solo non potrei ritornare in 
Italia, perchè non voglio colla mia presenza creare 
ostacoli: colà ho lasciato mio figlio, e farà egli. 

L'animo mio è profondamente angosciato per le 
sventure che pesano sopra l' Italia dopo il rovescio di 
Novara; ho sentito col più grande cordoglio i tristi 
casi di Brescia e di Bergamo : la miseranda sorte dei 
Lombardi e dei Veneti mi affligge vivamente il cuore. 

In mezzo a tante cause di dolore l'animo mio si 



1849] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 67 

solleva d' alquanto allorché ricordo le prove di va- 
lore che diedero negli ultimi fatti molti uffiziali, ed 
alcuni corpi, fra i quali mi è grato particolarmente 
menzionare l' artiglieria piemontese e la lombare a. Mi 
solleva del pari il pensiero e la speranza che, venendo 
maggiormente diffuso il sentimento di nazionalità e 
di indipendenza, si conseguirà un giorno ciò che io 
ho tentato. Questo è il voto che nel mio ritiro faccio 
costantemente per 1* infelice mia patria. 

Ieri dopo la lettura dell'indirizzo ero talmente 
commosso che mi sono dimenticato di ringraziare 
anche la Camera per la deliberazione da lei presa 
di farmi innalzare un monumento. Le manifesti ella 
questo sentimento per me; ma nel tempo stesso la 
preghi a nome mio di tralasciare 1* eseguimento di 
siffatta determinazione. L'animo mio è abbastanza 
soddisfatto dell'intenzione che fu espressa. Sarebbe 
una spesa troppo grave per il paese. In ora, che già 
tante gravezze pesano sopra di esso, sarei dolente che 
si dovessero accrescere per me. 



XXVL 



Indirizzo a Carlo Alberto votato dal Senato del He- 
gno alla notizia della sua abdicazione, e dettato da\. 
senatore Giacinto Provana di Collegno. 

[Approvato il 29 marzo 1849.] 

Sibb! 

Il Senato del Regno deve la sua esistenza allo Sta- 
tuto dalla M. Y. concesso ai suoi popoli. Esso è stato 
più d' una volta testimonio delle sublimi qualità che 



Gd CABLO ALBEBTO . [1849 

rendevano la M. V. oggetto di amore de' suoi popoli 
e di pubblica ammirazione. 

Al desiderio di far dividere ad altre nobili Pro- 
vincie d' Italia queir indipendenza di cui da tanti se- 
coli godono i popoli subalpini V. M. aveva consacrato 
In sua vita. La sorte delle armi fu avversa; e Y.M. 
illesa, malgrado ogni sforzo di valore, ha creduto di 
dover cedere alla fortuna e rinunciare al trono. 

Vittorio Emanuele, testimonio ed imitatore della 
prodezza di Y. M., continuerà sul trono per la felicità 
dei suoi popoli le virtù paterne; ma frattanto il Se- 
nato del Ilcgno profondamente commosso nel separarsi 
da V. M. ha voluto esprimerle solennemente una volta 
ancora la sua riconoscenza per le libertà sancite, la 
sua ammirazione pel valore senza pari spiegato onde 
sostenere T onore delle armi e l' antica fama della 
nazione. 

Spera il Senato che la M. Y. nella sua vita privata 
si degnerà di ricordare i sentimenti di cui abbiamo 
V onoro di rassegnarle la sincera e fervorosa espres- 
sione. 

XXVII. 

PAitOLK (lette dal lìc Carlo Alberto nel ricevere la 
JDepiitaj:ioHC detta dal Senato del Segno per re- 
cargli in Oporto V Indirizzo approvalo dal mede- 
sima il 39 marzo 1S49. 

[31 maggio 1819.3 

La testimonianza così distinta di stima e d' affetto 
datami dal Senato giunge carissima al mio cuore. 
La nazione può aver avuto prìncipi migliori di me, 
ma ninno che T abbia amatA tanto. Per farla libera, 



1849] B IL FASLAIOCNTO SUBALPINO. 6S 

indipendente e grande, per renderla pienamente fe- 
lice ho fatto tntti i miei sforzi, ho compiuto con 
pronto e lieto animo tutti i sagrifizi. Il mio personale 
interesse non ehhe mai il menomo peso nella bilancia 
degli interessi pubblici. Ma anche i sagrifizi hanno 
un limite che non si può varcare, ed è quando non 
s'accordano più coli' onore. Vidi giunto il momento 
in cui avrei dovuto tollerar cose alle quali l'animo 
mio altamente ripugnava. Invidiai la sorte di Terrone 
e di Fassalacqua, cercai la morte e non la trovai 
Allora conobbi che non avevo altro partito che rinun- 
ziar la Corona. La divina Provvidenza non ha per- 
messo per ora si compiesse la rigenerazione italiana. 
Confido che non sarà che differita, e che non riusci- 
ranno inutili tanti esempi virtuosi, tante prove di 
generosità e di valore date dalla nazione, e che un'av- 
versità passeggiera ammonirà solamente i popoli ita- 
liani ad essere un'altra volta più uniti ond' essere 
invincibili. 



Parte Seconda. 



VITTORIO E3IA^XELE II 
E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 



Proclama emanato dei Be Vittorio Emanuele H 
nel momento di assumere la Corona. 

[27 mano 1S49.] 

Cittadini ! 

Fatali aYTenimenfi e la Tolontà del Teneratissimo 
mio Genitóre mi chiamarono assai prima del tempo 
al trono de' miei avi. 

Le„ circostanze fra le quali io prendo le redini de! 
Governo sono' tali, che senza il più efficace concorso 
di tutti difficilmente io potrei compiere Fnnico mio 
voto, la salate della patria comune. 

I destini delle nazioni si maturano nei disegni di 
Dio ; r uomo vi debbe tutta la sua opera ; a questo 
debito noi non abbiamo fallito. 

Ora la nostra impresa debbe essere di mantenere 
salvo ed^ illeso V onore, di rimarginare le ferite della 
pubblica fortuna, di consolidare le nostre istituzioni 
costituzionali 

A questa impresa scongiuro tutti i miei popoli ; 
io mi appresto a dame solenne giuramento, ed attendo 
dalla nazione in ricambio aiuto, affetto e fiducia. 

Torino, addì 27 marzo 1849. 

Vittorio Emanuele. 



74 VITTOBIO EUAinTSLB H [1845 

II. 

Indirizzo letto da una Deputazione del Senato, com' 
posta del presidente Manno e dei senatori Della 
Torre, Colla, CoUi, BalU-Fiovera, Gallina e Gr 
Irario, e incaricata di presentare gli omaggi del 
primo ramo del Parlamento ci Be Vittorio JEmO' 
nude II in occasione della sua assunzione cH trono.^ 

[Approvato il 29 marzo 1849.] 

Sire! 

Nel grave dolore da cui è compreso pei funesti 
avvenimenti che si sono testé compiuti, il Senato è 
ansioso di esprimere a V. M. il conforto e la speranza 
che ritraggo dal vedere salito al trono de' suoi avi 
un principe caro alla nazione che ne ammira le rare 
qualità, caro all' esercito tra le cui file si è tante volte 
e così nobilmente segnalato. L'eccelso vostro Genitore 
ha con un ultimo e lamentato sacrificio posto il sug- 
gello a quei meriti che renderanno perpetuamente glo- 
rioso in Italia il nome dell'instauratorc delle nostre 
libertà. V. M., incaricata dell'alta missione di man- 
tenerle e di promuoverne il legale sviluppo, troverà 
sempre il leale concorso del Senato, il quale si pregia 
di recarle in questi primi momenti il tributo de'suoi 
omaggi e della sua fedele divozione. 



* Anche la Camera dei Deputati inviò in tale occasione ad inchi- 
nare il nuovo Sovrano una sua Deputazione, composta del vice-presi- 
dente Bunico, dei deputati Lanza, Rattazzi e Josti; ma né le sue pa- 
role, nò quelle di AMttorio Emanuele in risposta alle medesime vennero 
testualmente conservate. Il vice-presidente Bunico reso soltanto verbal- 
mente conto dell'abboccamento alla Camera nella seduta del 28 marzo. 



1849] B IL FABLAMSKTO SUBALFOTO. 75 



IIL 

Risposta del Ite Vittorio Emanuele II àW Indirizzo 
presentatogli dal Senato in occasione ddla sua as- 
sunzione al trono. 

[29 mazzo 1849.] 

Bingrazio il Senato dei sentimenti che mi esprìme. 
e dei quali faccio il massimo conto. La nostra patria 
Ila subito e subisce prove altamente dolorose e cru- 
deli. La mia speranza, il mio Toto più ardente era di 
poter versare tutto il mio sangue per essa. Anche 
questo conforto mi è mancato. Ora il mio conforto, 
il mio impegno sono di rimarginare il più presto e 
meglio che si potrà le nostre piaghe; di far godere 
alla nazione giorni più fortunati all'ombra di quelle 
istituzioni che il Be mio desideratissimo padre ha con 
tanta sapienza proclamate. 

A questo fine ho bisogno del concorso di tutti i 
buoni. Mi è grato l'assicurarvi che io m'appoggio 
sul leale concorso del Parlamento, sul concorso di 
ogni classe di cittadini. La quantità di mali a cui si 
debba prestar rimedio è immensa. Lnmenso ha da 
essere l' impegno di tutti nel cooperare al rimedio. 
Dal mio canto son disposto ad ogni personale sacri- 
ficio. Contate sulla mia costanza, sulla mia fermezza, 
oome io conto sui vostri lumi e sul vostro patriottismo 



76 VITTOBIO EMANUELB U [1849 

IV. 

Parole pranun/Hate dal Be Vittorio Emanuele II 
avanti aUe due Camere dopo aver prestato U giur 
ramento di fedeltà allo Statuto. 

[29 marzo 1849.] 

Nello assumere il reggimento dello Stato in queste 
circostanze, delle quali più d'ogni altro sento l'im- 
mensa gravità e l'amarezza, ho già espresso alla na- 
zione quale fosse il proposito dell'animo mio. Il con- 
solidamento delle nostre istituzioni costituzionali, la 
salute e l'onore della patria comune faranno il costante 
soggetto del mio pensiero, cui mi affido di poter com» 
piere coli' aiuto della divina Provvidenza ed il concorso 
vostro. Profondamente compreso dalla gravità de' miei 
doveri, ho compito davanti a voi il solenne atto del 
giuramento che dovrà compendiare la mia vita. 



V. 

H 15 maggio 1849 il Be Vittorio Emanuele II, af- 
franto dalle fatiche morali e fisiche sostenute, era 
stato colto da sì grave malattia, che aveva dovuto 
confidare provvisoriamente il Governo al Duca di 
Genova, suo fratello. * Intanto il paese, turbato dalle 



* Regio Decreto 21 maggio JS49 che delega il Governo 

al Duca di Genova durante la malattia del Re Vittorio Emanuele IL 

Attesoché per la malattia da cui testò fummo travagliati, e che seb- 
bene attualmente, la Dio mercè, volga al suo termino, richiede pur tut» 



i49] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 77 

passioni di parte, cól nemico in casa, V esercito 
scomposto, le finanze in disordine, versava in gra- 
vissime condizioni. Ter disporre gli animi alla 
calma, ai sacrifizi inevitabili, e massime alla dura 
necessità della pace, e per chiamare sui pericoli 
che correvano la libertà e V indipendenza dello 
Stato V attenzione degli elettori, i quali dovevano 
in breve riunirsi per eleggere una nuova Camera 
in luogo di quella sciolta dopo Novara, il Be, nel 
riprendere le redini del Governo, etnanava il se- 
guente Fboclama. 

[3 lugUo 1849.] 

Al Popoli del Regno. 

Nel riassumere coli' esercizio de' miei doveri la 
firma degli affari, che per la malattia onde fui tra- 



tayia aicnm giorni di convalescenza, non ci è possibile V occuparci del 
pubblico servizio; 

Considerando alla necessità di provvedere senza ritardo agli affari 
correnti ed a quelli d'urgenza; 

Sentito il Consiglio dei ministri, sulla proposta del ministro segre- 
tario di Stato per gli affari dell' interno, abbiamo detcrminato e deter- 
miniamo : 

Articolo unico. L'amatissimo nostro fratello Ferdinando Maria Al- 
berto, duca di Genova, è delegato, Unchè lo stato di salute non ci per- 
metta di riprendere le cure dello Stato, a provvedere in nome nostro, 
sulla relazione dei ministri risponsabili, negli affari correnti e nelle 
cause d'urgenza, firmando i reali decreti i quali saranno contrassegnati 
e yidimati nelle solite forme. 

Il presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri segretari di 
Stato sono incaricati, ciascuno in ciò che lo concerne, dell' esecuzione 
del presente decreto, il quale sarà registrato all' UiUzio del Controllo 
generale, pubblicato ed inserto nella Eaccolta degli atti del Governo. 

Torino, 21 maggio 1849. 

VITTORIO EMANUELE. 

PINELLI. 



Parte Seconda. 



VITTORIO EMANUELE II 
E IL PAELAMENTO SUBALPINO. 



80 VITTORIO BMANUELB TL [1849 

quale io mi sia veramente, e di quali calunnie fui 
fatto segno; e di leggieri ne saran fatti accorti, ove 
sieno nemici leali : ove noi fossero, saprò amarli egual- 
mente e saprò perdonare, purché non avversino e non 
turbino quelle leggi e quegli ordini che, stabiliti da 
Re Carlo Alberto, ho giurato difendere e man- 
tenere. 

Le nostre libere istituzioni hanno nemici di più 
fV un genere, ed in più d' un modo potrebbero perire: 
ma contro i più gravi pericoli possono trovar ferma 
e sicura difesa nella volontà e nel senno dell'uni- 
versale. 

D' ambedue ha date prove il Paese nel passato, e 
dovrà darne nell' avvenire ; saldo volere, e senso pra- 
tico sono i caratteri del suo Popolo. È giunta occa- 
sione di applicare al bisogno queste preziose £a,coltà. 

L'Europa minacciata nella sua esistenza sociale, 
è costretta oramai a scegliere fra questa e la libertà. 
L' una e l' altra potrebbero esistere unite non solo, 
ma aiutarsi a vicenda, ove fosse negli uomini operar 
giusto e temperato pensare: ma ciò non è, o è raro 
pur troppo. 

Costretti a scegliere fra le due, non esitano i po- 
poli, né i governi. Se volgiamo intorno lo sguardo ne 
vediamo numerosi gli esempi. Vediamo in più luoghi 
la società, scalzata ne' suoi fondamenti dagli eccessi 
della libertà, volgersi sbigottita a chi la salvi, anche 
a costo di perdere i beneficii d'una libertà vera ed 
onesta. 

Sta in voi, nel vostro senno preservarvi da questi 
estremi, non rendere la libertà impossibile, né impra- 
ticabile lo Statuto. Da voi dipende consolidare que- 
gli ordini che stabiliva Re Carlo Alberto, render 
compiuti i suoi voti, e se vi è avviso aver seco ob- 



1849] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 81 

blighi di gratitudine, tenete per fermo, che nessun 
segno potreste mostrarne che fossf> di Lui e di voi 
più degno, né che gli riuscisse più accetto. 

Gli Ordini politici, le Costituzioni, gli Statuti non 
gli stabilisce, né gli rende adatti a' veri bisogni di un 
popolo il Decreto che gli promulga, bensì il senno 
che li corregge, ed il tempo che li matura: e questo 
lavoro dal quale solo può sorgere la potenza e la fe- 
licità d' uno Stato, si conduce coli' azione calma e per- 
durante del raziocinio, non coli' urto delle passioni: 
si conduce procedendo a gradi per le vie del possi- 
bile e non gettandosi a slanci inconsiderati per sen- 
tieri che r esperienza da secoli ha dimostrato impra- 
ticabili. 

Una pace che non potrà essere se non onorata e 
degna di noi darà campo, lo spero, al senno del Po- 
polo e de' suoi Legislatori onde riparare alle ingiurie 
della fortuna, e collocare questo Kegno in quel grado 
che gli compete fra gli Stati liberi e civili. 

La mia Casa unita da secoli alle pubbliche ven- 
ture, a parte in ogni tempo de' lutti come delle alle- 
grezze comuni, è ora, mercè il Ke Carlo Alberto, 
stretta con un nuovo vincolo a questa nobil parte 
d' Italia. Solo segno de' miei desiderii, solo scopo delle 
mie parole é il rendere questo vincolo indissolubile, 
e restaurare con esso la forza, la dignità, e le fortune 
dello Stato. Coli' aiuto della Provvidenza, col concorso 
franco ed operoso dell'universale, non sarà vana la 
mia promessa, né tradita la speranza d' un avvenire 
che cancelli là memoria delle sofferte sventure; e 
potrà Re Carlo Alberto, che vorrà Iddio donare 
alle nostre tante e così ardenti preghiere, godersi, 
anco lontano, nel nobile pensiero d'aver poste alla 
sua fama quelle fondamenta che sole son degne d' un 

6 



82 VITTORIO EMANtTEL» 11 [1849 

Principe, la felicità del suo Popolo assicurata da ri- 
spettate e libere istituzioni. 

Dato dal E. CasteUo di Moncalieri il 3 luglio 1849. 

VITTORIO EMANUELE. 

D' AZEGLIO. 



VI. 

Discorso pronunciato dalBe Vittorio Emanuele li per 
V apertura della III Legislatura del Parlaìnento, 

[30 luglio 1849.] 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

L' opera alla quale vi chiama lo Stato in questa 
nuova Sessione è grave e difficile, ma per ciò appunto 
è sovr' ogni altra onorevole. Nel compierla con for- 
tezza e prudenza acquisterete validi titoli alla rico- 
noscenza del paese che tanto aspetta da voi. 

Le prove della fortuna, che per gli animi rimessi 
e volgari si risolvono in pretto danno, possono pei 
cuori animosi volgersi in beneficio e profitto. 

Un popolo forte si matura alla scuola delle avver- 
sità. Gli sforzi che esso fa per uscire da una difficile 
posizione gli insegnano a distinguere la realtà dalle 
illusioni; V informano della più rara, come della più fe- 
conda fra le virtù della vita pubblica: la perduranza. 

Io v' invito a mostrarla, ed io stesso, guidato dai 
grandi esempi paterni, saprò darne prova pel primo. 

Io v'invito a mostrare insieme quella serena ed 
illuminata fermezza che ha salvato tanti popoli ge- 
nerosi. 



1849] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 83 

È dell' essenza dei Governi rappresentativi che vi 
siano opinioni e partiti diversi ; ma vi sono questioni 
talmente vitali, vi sono occasioni nelle quali è tal- 
mente urgente il pericolo della cosa pubblica, che 
soltanto dall' obblio delle passioni di parte e delle 
gare personali è possibile aspettare salute. 

Tal è l'occasione presente: i negoziati coli' Austria 
sembrano presso al loro termine; quando saranno con- 
chiusi, il Parlamento ne riceverà dai miei ministri 
comunicazione e delibererà sulla parte che lo Statuto 
lo chiama ad esaminare. 

Io v' invito, signori, a porre in questa delibera- 
zione quella sapienza pratica che viene imposta dallo 
stato presente d' Italia e d' Europa. Ella è onorevole 
cosa per chi si commette alla fortuna saperne viril- 
mente accettare i giudicii. 

Le nostre relazioni colle potenze estere sono ge- 
neralmente amichevoli od in via di divenirlo. Alla 
Francia ed all'Inghilterra, che ci accordarono l'ap- 
poggio della loro potente parola, è dover nostro l'espri- 
mere gratitudine. 

Non meno della questione esterna avrà ad occu- 
parvi l'interna, onde riparare ai danni delle passate 
vicende. Ordine, miglioramenti ed economia, sono gli 
effetti cui tendono le leggi che verranno sottoposte 
al vostro esame. 

Esse avranno per oggetto gli ordini militari onde 
correggere quei difetti resi evidenti da una dura espe- 
rienza; il riordinamento del Consiglio di Stato; la 
riforma di alcune parti dei nostri Codici civile e pe- 
nale onde renderli più consentanei alle nostre politi- 
che istituzioni, e ridurre ad effetto quell'eguaglianza 
legale e politica proclamata dallo Statuto. 

Sarete pure chiamati a deliberare su alcune altre 



84 VITTOEIO EMANUELE II [1849 

proposizioni dirette ad introdurre nei vari rami della 
cosa pubblica i miglioramenti dai tempi richiesti. Io 
raccomando specialmente alla vostra sollecitudine 
quelle che hanno per iscopo il soddisfare al più alto 
ed urgente bisogno dell'epoca nostra: l'educazione 
popolare. 

La condizione delle pubbliche finanze richiede la 
massima vostra cura. È forza provvedere alle gravi 
necessità presenti, e ad un tempo stabilire un sistema 
finanziere che valga a mantenere inconcusso quell'alto 
credito di cui il Piemonte ha sempre mai goduto. 

Io confido che il mio Governo, mercè l'efficace 
vostro concorso, potrà coli' introdurre in ogni ramo 
del pubblico servizio tutti i miglioramenti possibili, 
raggiungere questo doppio scopo senza soverchiamente 
gravare i nostri popoli. 

Se le norme della più severa economia ci sono im- 
poste dalle attuali nostre condizioni, esse non deb- 
bono estendersi alle grandi opere di pubblica utilità, 
che, col fecondare le risorse dello Stato, danno frutti 
senza paragone maggiori dei sacrifizi che esse ri- 
chieggono. 

Quindi non giudicherete inopportune le proposte 
che vi saranno fatte per condurre a compimento rin- 
cominciata rete di strade ferrate, dalle quali ridondar 
debbono infiniti vantaggi materiali, e quello morale, 
non meno importante, di rendere ognor più stretti 
i legami di simpatia e d'interesse che uniscono fra 
loro lo Provincie dello Stato. 

Io son certo che vi mostrerete solleciti ad asse- 
condare il voto più caro del mio cuore, quello cioè 
di promuovere efficacemente il miglioramento della 
condizione fisica o morale della classe più numerosa 
e meno agiata. Coli' estendere viemaggiormente i be- 



1849J E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 85 

neficii della civiltà, col fare in modo che allo svolgi- 
mento delle istituzioni politiche corrispondano veri 
pregressi sociali, adempiremo non solo ad un sacro 
dovere di umanità, ma renderemo altresì più salde 
ed inconcusse le basi sulle quali riposa il moderno 
incivilimento, la famiglia e la proprietà. 

Signori senatori, signori deputati, il Piemonte, raf- 
fermando quelle istituzioni che sole possono darci sta- 
bile e vera libertà, acquisterà il raro vanto di essersi 
saputo guardare dagli eccessi d' anarchia, come di 
reazione, che turbano altre parti d'Europa. 

Se la posizione nostra è travagliosa e difficile, essa 
è pure confortata da molte speranze. Dopo quellst che 
ci porge la fiducia nella Provvidenza, la maggiore è 
nella virtù, nell'amor patrio, nella saviezza vostra, 
ed in essa confida lo Stato, ed io pienamente confido. 



VII. 

Indirizzo del Senato in risposta al Discorso della 
Corona del 30 luglio 1849, compilato da una Com- 
missione composta dei senatori Cesare Alfieri, Colla, 
Saldi, Sdopis e Giulio, relatore, 

[Approvato il 13 agosto 1819.] 

Sire! 

Un nuovo vincolo stringe oggi la nazione al suo 
Re: il comune dolore! * All'angoscia del vostro cuore 

< Alcuni giorni dopo l'apertura della Sessione, era giunta la notizia 
della morte del Re Carlo Alberto, avvenuta in Oporto addi 28 luglio. 
L'iscrizione incisa sopra la cassa di piombo dove riposa la salma di 
quel Re nei sotterranei della basilica di Superga, compendia egregiamente 
le vicende del principe il quale, fin dal 5 aprile 1820, annunziando a 



86 YITTOBIO EMANUELE n [1849 

risponde l' universale compianto : rara e sublime te- 
stimonianza dell'ammirazione e della gratitudine di 
tutto un popolo, per le rare virtù, pei sublimi bene- 
fizi del padre vostro e suo: pegno di unione indissolu- 
bile con l'augusta vostra Dinastia, chiamata a regnare 
in dolorose congiunture e tra formidabili difficoltà. 
La M. V., calcando con piede sicuro le grandi orme 
paterne, si mostra matura di consiglio sul trono, 
quanto si mostrò forte di cuore e di braccio sul campo. 
L' esempio vostro, o Sire, sarà scorta al Senato nel- 
r adempiere con fortezza e prudenza i gravi doveri 
che gli impongono lo Statuto e le condizioni presenti 
della patria. 

Le severe lezioni della sventura non andranno per- 
dute : «covri di illusioni lusinghiere, ma costanti ne' ge- 
nerosi propositi, noi faremo opera che, serbando illese 
le ragioni della libertà e dell' ordine, la monarchia 
costituzionale di Savoia spanda largamente d'intorno 
il lume dell' esempio, il conforto della speranza. 

Il Senato, fedele alle massime finora seguite, con- 
scio dei bisogni e dei sentimenti del popolo, sarà sem- 
pre alieno dalle gare di persone e dalle passioni di 



Gino Capponi la nascita di Vittorio Emanuele II, scriveva: «La na- 
scita di mio figlio è quella di un principe veramente italiano; ma. 
nello attaccamento per la nostra bella patria, non mi supererà sicura- 
mente giammai. » (Vedi Carraresi, Lettere di Gino Capponi e di altri 
» tut, voi. 0, pag. 186.) Eccola: 

carlo alberto di savoia 

be abdicatario di sardegna 

nacque li 2 ottobre 1798 

salì al trono li 27 aprile 1831 

abdicò a novara li 23 marzo 1849 

morì in oporto (portogallo) li 28 luglio 1819 

nell'età d'anni 50 mesi 9 giorni 27. 

(Vedi ClBBAElo, Notizie mila vita di Carlo Alberto inixiatore e mar* 
ìir« della indipendenza d* Italia, Torino 1861, pag. 257.) 



1849] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 87 

parte, né mai porrà in oblio che nelP esercizio delle 
sue prerogative costituzionali è posta una forza mo- 
deratrice che è dover suo di volgere al pubblico bene. 

Nel ricevere V annunzio che le nostre relazioni con 
le potenze estere sono generalmente amichevoli od in 
via di divenir tali, noi facciamo eco alla voce di gra- 
titudine proferita da V. M. verso due grandi nazioni 
amiche. 

Memori che, se la fortuna non ci arrise, voi però, 
Sire, nulla ometteste perchè la pace fosse auspicata 
dalla vittoria, noi aspettiamo la comunicazione del 
trattato coli' Austria, fidenti che, mantenendo illeso 
r onore della nazione ed intere V indipendenza e la 
politica importanza che sono avito nostro retaggio, ci 
serberà pure la simpatia de' popoli generosi. Nel pon- 
derare i sagrifizi che ci fossero domandati non di- 
menticheremo quali sieno le condizioni nostre presenti 
e quelle d'Italia e d'Europa. 

Le leggi che verranno presentate al Senato saranno 
oggetto della più attenta nostra considerazione. Le 
istituzioni costituzionali metteranno nell' intelligenza 
e nel cuore del popolo più profonde e ferme radici, 
quand' esso venga a gustarne i frutti, mercè di più 
perfetti codici di leggi adeguate a' suoi bisogni, con- 
formi all' indole ed a' costumi suoi, preparate dalle 
meditazioni di un Consiglio d'uomini eminenti che 
maturamente ne ponderino tutte le disposizioni. 

I buoni ordini militari, più che il numero dei sol- 
dati, fanno i popoli forti in guerra; noi confidiamo 
che la legge che ci sarà presentata darà all' esercito 
un ordinamento degno del suo alto valore, degno 
della inconcussa ^ua fede. 

Noi abbracceremo alacremente ogni occasione di 
promuovere l' educazione del popolo come valido mezzo 



88 VITTOBIO EMANUELE n [1849 

di vantaggiarne la condizione, di ammaestrarlo al- 
l' adempimento dei suoi doveri, all'esercizio de' suoi 
diritti, e di premunirlo contro quelle dottrine sovver- 
titrici che, audacemente bandite, hanno troppo facile 
accesso negli animi non corroborati dagli insegna- 
menti della morale e dai conforti della religione. 

L' ordine nell' amministrare, la saggia parsimonia 
nello spendere, molto potranno per restaurare le pub- 
bliche finanze, per mantenere inconcusso quell'alto 
credito cui dovremo ricorrere, e del quale andiamo 
debitori alla prudenza nel contrarre impegni, alla scru- 
polosa fedeltà nell' adempierli, e ad un rigoroso si- 
stema di bilanci e di computi che alcune delle più 
colte nazioni non hanno dubitato di imitare. 

Ma se urgenti necessità ci imporranno nuovi ca- 
richi, essi riusciranno men gravi ai contribuenti, 
quando sotto la tutela delle leggi si svolgano all' aure 
della pace e della libertà i semi fecondi della nazio- 
nale ricchezza. 

Il Senato farà plauso ad ogni proposta per cui, 
senza contrarre obblighi troppo onerosi, lo Stato trovi 
i mezzi di condurre a fine rincominciata rete di strade 
ferrate, di congiungere per esse a dispetto delle Alpi 
le nostre marine con le grandi vie del commercio eu- 
ropeo, di vivificare così e dì stringere tra loro con 
nuovi vincoli tutte le parti del regno. 

Diffondere l'istruzione conveniente a ciascuno; pro« 
muovere con un sano sistema economico e con utili 
lavori i progressi del commercio, della navigazione e 
dell'industria; fomentare i miglioramenti dell'agri- 
coltura nudrice di popoli e custode del buon costume 
tutelare con buone leggi, rigorosamente eseguite, le 
persone, l' onore, le sostanze di ciascuno e la tran- 
quillità di tutti, senza la quale il traffico languisce 



1849] B IL PARLAMENTO SUBaIìPINO. 8£ 

e il lavoro s'arresta; tali, o Sire, sono i mezzi per 
cui, secondo il voto del vostro cuore paterno, verrà 
a migliorarsi la condizione delle classi meno agiate 
col solo soccorso della carità privata, e di quella pub- 
blica beneficenza che, da essa traendo V origine, bastò 
finora a tenerci immuni dalle conseguenze cui con- 
dusse altrove il sistema della carità legale. Il con- 
corso del Senato in così benefica impresa non verrà 
mai meno al Governo di V. M. 

Dal cielo, ove cinge l'immortale corona dovuta 
alle sue virtù ed a' suoi dolori, veglierà il magnanimo 
Carlo Alberto su questa patria da lui sì fortemente 
e teneramente amata. Egli inspirerà alla intera na- 
zione sentimenti di giustizia, di moderazione, di con- 
cordia; egli otterrà dalla divina Provvidenza che si 
raffermino e si fecondino quelle libere istituzioni di 
cui ci fece dono con lealtà di Be e con affetto di padre. 



Vili. 

Indirizzo della Camera dei Dentati in risposta al 
Discorso della Corona del 30 luglio 1849, dettato, 
per incarico del Presidente, dal deputato Bosellini. 

[Approvato il 22 agosto 1849.] 

Sibe! 

Da che la vostra voce convocò il Parlamento alla 
nuova Sessione legislativa, una irreparabile sciagura 
venne ad accrescere la universale mestizia: ciò che 
era allora un' affannosa apprensione si mutò di lì a 
poco in dolorosa certezza, e noi nel rispondere oggi 
a quella voce, in tanto lutto nazionale, cediamo per 



90 TITTOBIO EHAKUXLB n [18 

prima cosa al bisogno di rinnovarvi, o Sire, le nosti 
condoglianze profonde. 

Ma come il dolore accomuna oggi la nazione ec 
il suo principe, cosi li accomunano le cagioni del con- 
forto, il quale non sarà scarso se ci mostreremo de- 
gni di ricevere il retaggio degli alti benefizi e degli 
splendidi esempi che eterneranno la gloria del ma- 
gnanimo Re del quale tutti piangiamo amaramente la 
perdita. 

Scorta da questo pensiero, la Camera dei Deputati 
si accinge a por mano air opera a cui dallo Statuto 
è chiamata : ella porrà ogni suo studio nel? esaminar 
quello leggi che i ministri di Vostra Maestà propor- 
ranno alle sue deliberazioni, e nel promuovere tutti 
quei miglioramenti che dai bisogni del paese sono 
richiesti. La Camera dei Deputati sente il grave de- 
bito che le impone il mandato della nazione e quella 
fiducia che alla Maestà Vostra, o Sire, piacque di 
esprimerle. 

Così col sincero concorso di tutti i poteri dello 
Stato, Isella fraterna concordia di tutti gli animi, ri- 
storati i danni sofferti, potrà il Piemonte perdurare 
con invitta costanza nella gloriosa via dischiusa dal 
vostro magnanimo Genitore verso quella meta a cui 
la Provvidenza visibilmente sospinge i popoli subal- 
pini nello sorti future della grande famiglia italiana. 



IX. 

Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanuele II agli 
elettori in occasione dello scioglimento della Camera 
dei Deputati eletta nel luglio 1849, che aveva ri- 



1849] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 91 

casato di ratificare la pace concima colF Austria, 
e noto sotto U nome di Proclama di Moncalieri, 

[20 novembre 1849.] 

VITTORIO EMANUELE II 

RE DI SARDEGNA, ec. ec. 

Nella gravità delle circostanze presenti, la lealtà 
che io credo aver dimostrata sinora nelle parole e 
negli atti dovrebbe forse bastare ad allontanare dagli 
animi ogni incertezza. Sento ciò non ostante, se non 
la necessità, il desiderio di volgere ai miei popoli pa- 
role che sieno nuovo pegno di sicurezza, ed espres- 
sione al tempo stesso di giustizia e di verità. 

Per la dissoluzione della Camera dei Deputati le 
libertà del paese non corrono rischio veruno. Esse 
sono tutelate dalla venerata memoria di Re Carlo Al- 
berto, mio padre ; sono affidate all' onore della Casa 
di Savoia ; sono protette dalla religione de' miei giu- 
ramenti: chi oserebbe temere per loro? 

Prima di radunare il Parlamento, volsi alla Na- 
zione, e più agli elettori, franche parole. Nel mio pro- 
clama del 3 luglio 1849 io li ammoniva a tener tali 
modi, che non si rendesse impossibile lo Statuto. Ma 
soltanto un terzo o poco più di essi concorreva alle 
elezioni. Il rimanente trascurava quel diritto, che è 
insieme stretto dovere di ognuno in un libero Stato. 
Io aveva adempiuto al dover mio : perchè non adem- 
pierono al loro? 

Nel discorso della Corona io faceva conoscere, e 
non era pur troppo bisogno, le tristi condizioni dello 
Stato. Io mostrava la necessità di dar tregua ad ogni 
passione di parte, e risolvere prontamente le vitali 



92 VITTORIO EMANUELE U [1849 

questioni che tenevano in forse la cosa pubblica. Le 
mie parole erano mosse da profondo amor patrio e 
da intemerata lealtà. Qual frutto ottennero? 

I primi atti della Camera furono ostili alla Corona. 
La Camera usò d'un suo diritto. Ma se io aveva di- 
menticato, essa non doveva dimenticare. 

Taccio della guerra fuor di ragione mossa dall' Op- 
posizione a quella politica che i miei ministri leal- 
mente seguivano, e che era la sola possibile. 

Taccio degli assalti mossi a detrimento di quella 
prerogativa che m' accorda la legge dello Stato. Ma 
bene ho ragione di chiedere severo conto alla Camera 
degli ultimi suoi atti, e ne appello, sicuro, al giudizio 
d' Italia e d' Europa. 

Io firmava un Trattato coli' Austria, onorevole e 
non rovinoso. Così voleva il bene pubblico. L'onore 
del Paese, la religione del mio giuramento volevano 
insieme che venisse fedelmente eseguito senza dop- 
piezza cavilli. I miei ministri ne chiedevano l'as- 
senso alla Camera, che, apponendovi una condizione, 
rerulcva tale assenso inaccettabile, poiché distruggeva 
la reciproca indipendenza dei tre Poteri, e violava 
così lo Statuto del Regno. Io ho giurato mantenere 
in esso giustizia, libertà nel suo diritto ad ognuno. 
Ilo promesso salvar la Nazione dalla tirannia dei par- 
titi, qualunque siasi il nome, lo scopo, il grado degli 
uomini che li compongono. 

Questa promessa, questi giuramenti li adempio di- 
sciogliendo una Camera divenuta impossibile ; li adem- 
])io convocandone un' altra immediatamente ; ma se 
il Paese, se gli Elettori mi negano il loro concorso, 
non su me ricadrà oramai la responsabilità del futuro, 
ne' disordini che potessero avvenire non avranno a 
dolersi di me, ma avranno a dolersi di loro. 



1849] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 93 

Se io credetti dover mio il far udire in quest' oc- 
casione parole severe, mi confido che il seni o, 1 1 giu- 
stizia pubblica conosca eh' esse sono impresse ai tempo 
stesso d' un profondo amore de' miei popoli e dei loro 
veri vantaggi, che sorgono dalla ferma mia volontà 
di mantenere la loro libertà, e di difenderla dagli 
estemi, come dagli interni nemici. 

Giammai sin qui la Casa di Savoia non ricorse in- 
vano alla fede, al senno, all'amore dei suoi popoli. 
Ho dunque il diritto di confidare in loro nell'occa- 
sione presente, e di tener per fermo che, uniti, po- 
tremo salvar lo Statuto ed il Paese dai pericoli che 
lo minacciano. 

Dato dal nostro reale casteUo di Moncalieri 
il 20 novembre 1849. 

VITTORIO EMANUELE. 

M. D'AZEGLIO. 



X. 

Discorso pronunziato dal Ee Vittorio Emanuele II 
per V apertura della T Sessione della IV Legislar 
tura del Parlamento. 

[20 dicembre 1849.] 

SiGNOBi Senatori! Signobi Deputati! 

I fatti che m'indussero a sciogliere il Parlamento, 
e che dopo un appello al paese mi conducono oggi 
a convocarne un nuovo, non debbono arrecarci scon- 
forto. 



94 VITTOTIIO EMANUELE U [184£ 

Essi ci maturarono a quella scuola, alla quale 
sola si apprende la vita politica, la scuola dell'espe- 
rienza. 

Essi furono occasione di un nobile esempio di fidu- 
cia e concordia tra popolo e principe. 

Essi diedero campo al paese di palesare ch'egli è 
atto a sostenere i suoi ordini politici e meritevole delle 
sue libertà. 

Le condizioni nostre che io diceva gravi, or fanno 
quattro mesi, non sono di molto mutate. 

Più agevoli bensì divennero le nostre relazioni colle 
potenze amiche, come più saldo si è fatto il nostro 
credito ; ma le più importanti questioni sia interne, 
che esterne, sono tuttora pendenti. 

Questa situazione incerta ci terrebbe, ove durasse, 
riputazione al di fuori e disgusterebbe il paese di quelle 
istituzioni che, promettendo buona amministrazione 
progresso, avessero invece incagliato questo, e posta 
quella in disordine. 

Il riparare a queste fatali conseguenze sta ora 
in voi. 

Sorge nel mio cuore una nuova e più ferma fidu- 
cia circa le future sorti del paese e delle nostre isti- 
tuzioni. Gli elettori udirono la mia voce. Concorsero 
numerosi alle elezioni. Io sono felice di potere in que- 
sta solenne occasione esprimere loro la mia gratitu- 
dine. Il beneficio ch'essi arrecarono alla cosa pub- 
blica io lo considero fatto a me stesso; l'ho anzi più 
in grado e più caro, pensoso qual sono prima del 
pubblico che del mio proprio bene. 

Non accade di accennare le questioni che per la 
loro urgenza richiedono una immediata soluzione. Vi 
son note abbastanza. Non mi resta adunque se non a 
raccomandarne alla vostra prudenza il pronto giudicio. 



1849] E IL l^ARLAMENTO StJBALPIKO. 95 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

Onde rafforzare quegli ordini politici che istituiva 
Ke Carlo Alberto, mio padre d'augusta memoria, io 
feci quant' era in poter mio. Ma a voler eh' essi get- 
tino profonde radici nei cuori e nelle volontà dell' uni- 
versale non basta volontà o decreto di Ke, se non 
s'aggiunge la prova, che li dimostri utili veramente 
e benefici nella loro pratica applicazione. ' 

Quest'indispensabile sanzione è ormai affidata alla 
vostra virtù. Io vi rammento che giammai maggiore 
occasione non vi si offerse di usarla, ed in nome di 
quella patria che tutti abbiamo cotanto addentro nel 
cuore io vi chiedo che, posto in disparte ogni altro 
pensiero, abbiate quel solo che può rimarginare le sue 
ferite ed arrecarle onore e salute. 



XI. 

Proclama rivolto dal Be Vittorio Emanuele 
alla Guardia Nazionale nella medesima occasione. 

[20 dicembre 1849.] 

Uffiziali e Militi della Guardia Nazionale! 

La presenza vostra sotto le armi in questa solen- 
nità dell'apertura del Parlamento vi dichiara tutto 
il mio pensiero: l'attuazione delle libere instituzioni 
come fondamento della felicità dei popoli. A questa è 
unicamente rivolta ogni mia cura. 

Voi non niegaste mai il vostro concorso al man- 
tenimento dell'ordine; Voi deste continue prove di 
affetto e di devozione al Trono ed alla mia Famiglia. 



% VITTORIO EMANUELE U [1849 

Non verrà mai meno la mia riconoscenza e l'affetto 
mio verso di Voi, siatene certi. 

A Voi qui presenti indirizzo queste parole, che 
pure vorrei fossero udite da tutta la Guardia Nazio- 
nale del Regno, colla quale formate una sola fami- 
glia, ed in cui è uguale la mia fiducia. 

Uffiziali e Militi! Proseguite, come faceste finora, 
neir adempimento dei vostri doveri. Ordine e libertà 
siano la vostra divisa; ed Io sarò sempre con Voi, 
com'è pure sin d'ora con Voi mio Figlio. 

Torino, 20 dicembre 1849. 

VITTORIO EMANUELE. 

GALVAGNO. 



XII. 

Indirizzo del Senato in risposta al Discorso della Co- 
rona del 20 dicenibre 1849, compilato da una Com- 
missione composta dei senatori Sclopis, Cesare Al- 
fieri, Colla, Gallina e Cibrario, relatore. 

[Approvato il 5 gennaio 1850.] 

Sire! 

Il fortunato accordo tra principe e popolo è un 
fatto già antico nella monarchia di Savoia. 

Erano sacri al principe gli interessi della nazione. 
Fu cara al popolo una signoria intesa a migliorare le 
condizioni morali e materiali del paese, a tutelarne 
r indipendenza, propugnarne 1' onore. 

Questo fatto, raro nella storia delle nazioni, noi 
siamo persuasi che non verrà meno giammai. 



1850] E IL PABLAMBirrO SUBALPINO. 97 

Anzi noi siamo convinti che gli ordini costituzio- 
nali, felicemente instaurati dal magnanimo Carlo Al- 
berto, porgeranno al popolo più frequente l'occasione 
di chiarirlo ; e già, o Sire, V. M., fra le altre prove 
che ne ha meritamente ricevute, quella a buon diritto 
ne vien rammentando degli elettori in gran numero 
accorsi al suo appello, onde procedere ad uno degli 
atti più importanti della vita politica, l'elezione dei 
deputati. 

Ed in voi, Sire, riposa degnamente la fiducia 
della nazione, in voi che vi associaste con tanta in- 
tensità d'affetto e con tanta efficacia di volontà ai 
nostri destini. 

Il medesimo accordo V. M. può aspettarsi di tro- 
vare nelle deliberazioni del Parlamento condotte con 
quella sincerità e con quel rigore d'illuminata coscienza 
su cui si fondano i buoni Governi costituzionali ; onde 
seguirà e agevolezza d'interne riforme, e sempre mag- 
giore accrescimento sia del credito pubblico, sia degli 
amichevoli Jiostri rapporti colle potenze estere. 

Mantenere illesa la libertà e l'indipendenza, riguar- 
dandovi, Sire, come il loro primo campione; 

Difendere la religione, senza la quale non solo le 
libertà periscono, ma la società si dissolve; 

Diffondere l'istruzione elementare, affinchè il po- 
polo impari di buon' ora a conoscere i suoi diritti ed 
suoi doveri, a distinguere la giusta libertà dall'in- 
sofferenza d' ogni autorità, i suoi veri amici da que' che 
cercano di corromperlo e fuorviarlo ; 

Migliorare, per quanto le circostanze il consentono, 
la condizione delle classi povere; 

Provvedere alle strettezze dell' erario, senza alte- 
rare le sorgenti della riproduzione; 

Introdurre negli ordini militari, giudiziari e am- 

7 



98 VITTORIO SMAKtTELE h [1850 

ministrativi quelle riforme che il reggimento costitu- 
zionale richiede, 

Ecco, o Sire, i punti sui quali ci sembra doversi 
rivolgere l'attenzione del Governo, la severa disamina 
del Parlamento. 

Il Senato vi promette, o Sire, il suo pronto e leale 
concorso. Esso ha piena fede nel Re e nello Statato. 
Esso è convinto che la nazione, generosa e prudente, 
saprà mostrare all' Europa com' essa è matura per 
r esercizio degli alti diritti cui fu chiamata a par- 
tecipare. 

XIII. 

Indirizzo détta Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso ddìa Corona del 20 dicembre 1849, dettato, 
per incarico del Presidente, dal deputato Bpncom- 
pagnL 

[Approvato il 5 gennaio 1860.] 

Sibe! 

L' amore della patria e delle libertà costituzionali 
che vive nel vostro cuore e che sta espresso nelle pa- 
role indirizzate da voi al Parlamento ci commosse a 
gratitudine, ad affetto, a riverenza. 

L' amore della patria e delle libertà costituzionali 
vive pure in tutta la nazione. Essa lo dimostrò, allor- 
quando, rispondendo alla chiamata di V. M., e non 
curando i disagi che opponeva P inclemenza della sta- 
gione, gli elettori concorrevano numerosi a compiere 
il più sacro dovere, e ad esercitare il più prezioso 
diritto di liberi cittadini. 

L' amore della patria e delle libertà costituzionali 
sancite dallo Statuto ispirerà le nostre deliberazioni. 



1850] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 99 

senza lasciar luogo od a spirito di parte, od a privati 
riguardi. 

La gravità delle nostre condizioni, anziché disani- 
marci, ci darà stimolo a perseverante e forte volere 
nel procurarvi d' accordo col Governo i rimedi. Corri- 
sponderemo air invito di V. M. ed al desiderio uni- 
versale coir adoperare quanto sta in noi affinchè il 
concerto di tutte le grandi potestà dello Stato, mi- 
gliorando l' amministrazione pubblica, portando in 
tutte le sue parti quegli spiriti di libertà e di pro- 
gresso che informano i nostri ordini politici, la nazione 
riconosca a prova di esperienza quanto questi possano 
riuscire utili e^ benefixìi nella loro pratica applicazione. 

Sire, interpreti del voto della nazione, noi vi por- 
tiamo l'espressione della sua inalterabile devozione 
alla persona ed alla dinastia di V. M. Questi senti- 
menti sono antichi nei popoli retti dalla Casa di Sa- 
voia. Ebbero argomento a ravvivarsi vieppiù, dappoiché 
il Re vostro padre, di augusta e venerata memoria, e 
la M. V. si fecero propugnatori valorosi dell'indipen- 
denza italiana, fondatori e mantenitori di libere isti- 
tuzioni. 

Noi portiamo fiducia che questo regno darà un 
grande e salutare esempio all'Italia, mostrando col 
fatto come in questi tempi fortunosi, quando tanti 
troni vacillarono, quello della dinastia di Savoia sia 
rimasto sicuro e glorioso, perchè fondato sull'amore 
della nazione, sulla concordia tra principe e popolo, 
sulla fede dall'uno e dall'altro serbata allo Statuto 
che introdusse fra noi le libere istituzioni. 

Noi portiamo fiducia che questo regno, protetto 
dall'aiuto onnipotente di Dio, retto dal senno e cu- 
stodito dal valore di V. M., unito di intenzioni e di 
voleri, forte d'armi, fiorente d'industria, di coltura. 



100 YITTOBIO EBIANUELB U [1850 

di libertà, potrà tenere il grado che gli compete tra 
gli altri Stati d'Italia, e stabilire per l'avvenire i fon- 
damenti di più lieti e più gloriosi destini. 



XIV. 

Proclama rivólto dal Re Vittorio Emanuele H agli 
abitanti ddla Savoia nel recarsi per la prima 
vòlta dopo aver cinto la Cd'hona a visitare quéUa 
parte de* suoi Stati. 

[21 maggio 1850.] 

Habitants db la Savoie! 

Ep me rendant au milieu de vous, je remplis un 
voeu bien cher à mon coeur. 

Un ancien pacte existe entro nous, scellé par huit 
siècles d'honneur,de loyauté et d'amour réciproque.Ni 
le temps, ni les révolutions, ni les désastres n'ont pu 
l'ébranler. Nous avons le droit d'en étre fiers, et j'ai 
besoin de vous dire que j'en suis fier et heureux. 

Témoin de la brillante valeur de vos soldats sur 
les champs de bataille de Monzambano, de Pastrengo, 
de Sainte-Justine, de Sainte-Lucie et de Volta, j'ai re- 
nouvelé ce pacte, sous le feu de l'ennemi, avec vos 
enfants mes frères d'armes. 

Je viens maintenant le renouveler avec leurs pères, 
avec vous qui, menacés dans vos foyers par une at- 
taque insensée,^ au moment où la voix de l'honneur 
en avait éloigné les défenseurs, avez fait payer cher à 
l'agresseur sa folle présomption. 



* Tedi la nota a pair. 27. 



1850] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 101 

Habitants de la Savoie ! 

Je vous amène mon fils, afin qu'il puise à de si 
nobles exemples, et qu'il apprenne do bonne heure 
que le dévouement des peuples est le prix de la ju- 
stice et de la loyauté des Kois. 

Pénétré moi-mème de cette grande vérité, j'ac- 
cueillerai vos demandes et j'examinerai vos besoins, 
avec le désir que les intérèts de l'Etat n'opposent 
aucun obstacle à raccomplissement de vos voeux. 

En m'éloignant de nouveau de cet antique berceau 
de ma famille, pour retourner où m'appellent mes de- 
voirs de Roi, j'emporterai la certitude que je puis 
compter sur vous: de votre coté comptez sur moi. 

Nos institutions, notre indépendance, nos droits 
protégés par la foi de mes serments, comme par la 
sagesse et la valeur de mes peuples, sont à l'abri de 
tout danger. 

Sachons par nos vertus, par notre dévouement à 
la religion de nos pères, et par notre amour pour la 
patrie, mériter la plus haute, la plus puìssante des 
protections, celle de la divine Providence. 

VICTOR EMMANUEL. 

M- D'AZEGLIO. 



XV. 

Discorso pronunciato dal Ee Vittorio Emanuele II 
per T apertura détta Sf Sessione della IV Legista- 
tura dei Parlamento. 

[23 novembre 1850.] 

SiGNOBi SbnatobiI Signobi Deputati! 

All'aprirsi della scorsa Sessione io volgeva a voi 
parole di fiducia e di speranza. 



102 VITTOBIO EMANUELB H [1850 

Gli atti vostri le hanno pienamente giustificate, ed 
io provo in cuore profondo contento nel rendervene 
in quest'occasione solenne testimonianza. 

Sulle basi gettate dall'augusto mio Genitore già 
sorge e si assoda Tedifizio delle nostre istituzioni mercè 
l'assennata prudenza del Parlamento, e la confidente 
tranquillità dei popoli dello Stato. 

In ogni tempo l'impresa più degna dell'umana virtù 
fu l'ordinare uno Stato a quella libertà che unicamente 
riposa sovra giuste leggi imparzialmente applicate, ed 
universalmente ubbidite. 

Proseguiamo nella grand' opera, e sorga dal suolo 
italiano il nobile esempio di un popolo il quale seppe 
pure, fra tanto lavoro di distruzione, trovare animo e 
senno ad edificare. 

A tale efietto importa primieramente ordinare la 
finanza. La crescente prosperità del paese ne porge 
materialmente i modi; come la sperimentata prontezza 
de' popoli del Piemonte a' necessari sacrifizi è per 
agevolarne le vie. 

Richiamo le vostre maggiori sollecitudini sulle 
leggi che i miei ministri vi proporranno a questo 
scopo, non che su quelle che al miglioramento delle 
vario amministrazioni sia civili che militari si life* 
risrono. 

Io confido che gli accordi commerciali testé con- 
olùtisi o in via di stringersi con alcune nazioni, ed i 
Ortiul>ÌM.nicnti che sono per introdursi nelle leggi eco- 
nntnirho, daranno al nostro commercio estensione ed 
Ili ili miiggiori. 

1.0 Inumo pacifiche relazioni fra il mio Governo 
\^ ^li Slnli esteri non hanno sofferte alterazioni. 

t.o vww. del mio Governo non giunsero sin ora a 
5^u»«Mfnp U) difficoltà che occorsero colla Corte di Roma 



1850] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 103 

in conseguenza di leggi che i poteri dello Stato non 
potevano ricusare alle sue nuove condizioni politiche 
e legali. Norma degli atti come delle pratiche usate 
fu quella costante riverenza che tutti professiamo verso 
la Santa Sede, unita ad un fermo proposito di man- 
tenere inviolata l'indipendenza della nostra legisla- 
zione. 

Fedeli ai nostri doveri e perseveranti nell'esercizio 
dei nostri diritti, confidiamo che il tempo e la bene- 
fica influenza del senso religioso, come della civiltà, 
ci condurranno a quell'accordo che è fra i primi bi- 
sogni dello stato sociale. 

1 Principi della mia casa non poser mente ad adu- 
nar tesoro, paghi a quello solo della stima e dell'amore 
dei loro popoli- Fu vostra cura il mostrare che quella 
non tanto era nobile imprevidenza, quanto meritata e 
ben posta fiducia. 

In questa nuova prova del vostro aftetto, come nel- 
l'operosa ed unanime prontezza con che reggeste al 
peso d' una lunga Sessione, scorgo il sicuro pegno d' un 
perfetto accordo fra i poteri che reggono lo Stato. 

Forti, perchè concordi, trapasseremo incolumi le 
gravi condizioni presenti, e ci condurremo a quella 
sicura ed onorevole stabilità che può derivar soltanto 
dalla fiducia dei popoli fondata sulla fede de' Principi, 
e sulla probità dei Governi. 



Indirizzo del Senato del Regno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 23 novembre 1850, compi- 
lato da una Commissione composta dei senatori 



104 VITTORIO EMANUELE II [1850 

I Di San Mareano, Di Collegno CHacinio, Di Cól- 
legno Luigi, Pinelli e Sclopis, relatore. 

[Approvato il 80 novembre 1850.] 

i 

Sibe! 

Le parole che V. M. pronunziava sull' aprirsi di 
questa Sessione parlamentare vi furono accolte con 
unanime applauso; espressione ad un tempo di rico- 
noscenza, d'ossequio e d'affetto. Esse rimarranno pro- 
fondamente scolpite negli animi nostri. 

Le più dure prove si vincono allorché si mira ad 
uno scopo provvido e grande, allorché un Principe 
generoso indirizza il suo Governo per una via franca 
e sicura. 

Tale é la condizione nostra, o Sire, e per quanto 
possano essere gravi le difficoltà da cui siamo circon- 
dati, il nobile esempio che ci proponeste sarà meta 
ai desiderii, conforto ai travagli, premio alla perseve- 
ranza d'un popolo degno di quelle libere istituzioni 
a cui fu dal magnanimo Padre vostro chiamato. 

Così sul suolo italiano, ricco di tante memorie, 
sacro per tante sventure, la virtù dell'opera s'aggua- 
glierà all'altezza del concetto ispirato dalla ragione 
dei tempi e dal dettame della sapienza civile. 

Al beneficio di tranquillità esterna che ci promet- 
tono le buone e pacifiche relazioni tra il Governo di 
V. M. e gli Stati esteri, siamo lieti di aggiungere la 
speranza che l'opportunità degli accordi commerciali 
ed i miglioramenti nelle varie leggi, specialmente nelle 
economiche, ci aprano l' adito a nuove sorgenti di pub- 
blica e privata prosperità. 

Noi non dubitiamo, o Sire, che i popoli del vostro 
Regno porgano pronti e sufficienti i mezzi onde rior- 
dinar le finanze. Su questo importantissimo oggetto 



1850J E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 105 

porterà il Senato con ogni sollecitudine un esame esteso 
e profondo, persuaso, siccome egli è, che la vigoria d'un 
paese si determini anzitutto dall'ordine interno del suo 
finanziere sistema. 

Quando la legislazione di uno Stato si mantiene 
nella indipendenza ed integrità del suo officio, e la 
religione esercita largamente a prò d' un popolo fedele 
ed incivilito la benefica influenza che da lei sola pro- 
cede, allora si può guardare con occhio sereno al pre- 
sente ed all'avvenire. 

Il Senato fa voti perchè tale felicità sia assicurata 
al regno della M. V. che per tanti titoli ne è meri- 
tevole. 

Un vincolo antico e santo, contro cui non valsero 
né mutare di tempo, né variare di fortuna, stringe la 
patria nostra ai suoi Principi. L'onore della vostra 
Casa, o Sire, è un vanto della nazione, e quella con- 
cordia che le felicita entrambe è un pegno di fausti 
destini. 

La M. V. col presagire che trapasseremo incolumi 
le gravi condizioni presenti si é fatta interprete della 
fiducia e del costante proposito dei popoli, dalla prov- 
videnza d'Iddio alle sue cure affidati. 

Questa fiducia non andrà fallita ; questo proposito 
sarà mantenuto coU'accordo dei poteri dello Stato, e 
col concorso di tutti i cittadini che sanno apprezzare 
la saviezza dei nostri ordini costituzionali, la probità 
del Governo, la fede ed il valore del Ke. 



lOG VITTOBIO EMANUELE II [185C 

XVII. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 23 novembre 1850, com- 
pilato, per incarico del Presidente, dal deptdato 
Brofferio.^ 

[Approvato il 28 novembre 1850.] 

Siee! 

Le sublimi vostre parole suonarono alla nazione 
come un annunzio di domestica felicità, e avranno lon« 
tano eco dove si soffre e si spera. Permettete, o Sire, 
che noi vi diciamo che i voti della patria furono rare 
volte così degnamente interpretati. 

Col mantenere le nostre istituzioni voi vi rendeste 
grande : promovendole, vi rendeste immortale. 

La Camera elettiva andrà superba di concorrere 
nella gloriosa opera di edificazione, a cui valorosamente 
attendete; e non sarà infecondo sopra la terra l'esem- 
pio di un italiano popolo, che fra le lotte e le mine 
sa resistere e perseverare. 

La libertà, o sia che si conquisti, o sia che si di- 
fenda, è frutto sempre di magnanimi sacrifizi. La na- 
zione saprà nobilmente sostenerla. 

Noi attendiamo con lieto animo che ci siano pre- 
sentati i miglioramenti a cui tutti aneliamo. Il pro- 
gresso non è soltanto legge dello Statuto, è provvidenza 
della umanità. Il rispetto alle religiose tradizioni e il 

' Prima del Brofferio, aveva ricevuto anche in questa occasione 
tale incarico il deputato Boncompagni ; ma lo schema d' indirizzo da 
lui disteso avendo suscitato qualche osservazione, perchè entrava in ap- 
l)rezzamenti politici a cui un lato della Camera non credeva di poter 
ailerire, egli rinunziò all' ufficio, e il Presidente, per delecrazione deÌPAs* 
semblea, lo affidò al rappresentante del colle{?io di Caraglio. 



1852] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 107 

sentimento dei patrii diritti sono la base della civiltà 
europea. Voi sapete, o Sire, e saprete ognora colle- 
garli entrambi con virile sapienza; la nazione ve ne 
ringrazia altamente. 

I supremi reggitori che hanno sacra sopra ogni cosa 
la felicità della patria sono sdegnosi delle proprie for- 
tune ; quindi non è meraviglia che sia tributo la fiducia 
quando è specchio la lealtà. 

Sono gravi le condizioni presenti, voi lo diceste, o 
Sire; ma noi pure abbiam fede nell'avvenire. Proteg- 
gono l'Europa i destini dell'umanità; sul Piemonte Dio 
pose custode la virtù del Principe e la costanza della 
nazione. 



xvni. 

Discorso pronunciato dal Be Vittorio Ema/nucU II 
aìV apertura della 5* Sessione della IV Legislatura 
del Parlamento, 

[4 marzo 1852.] 

SiGNOBi Senatobi! Signobi Deputati! 

La Sessione del 1851, della quale reggeste con ope- 
rosità costante le prolungate fatiche, riuscì vantag- 
giosa allo Stato quanto onorevole al Parlamento. 

I bilanci, principal cardine degli ordini rappresen- 
tativi, per la prima volta stanziati; le libertà econo- 
miche sancite per legge e raffermate da trattati; la 
finanza accresciuta; la pubblica sicurezza^ rassodata, 
fanno fede che l'opera vostra degnamente rispose ai 
bisogni dello Stato ed alla mia aspettazione. 

La nuova Sessione sarà, sotto tali auspicii, feconda 
del Dari di ottimi effetti. 



108 VITTORIO EMANUELE II [1852 

Le amichevoli relazioni del mio Governo cogli Stati 
esteri si mantengono inalterate. 

I miei ministri vi presenteranno nuovi trattati colla 
Svezia e colla Francia. Il Governo di questa grande 
nazione si mette con noi sulla via di que' principii 
economici che raffermano le amicizie degli Stati per 
mezzo del reciproco benefizio. 

Essi vi presenteranno importanti leggi relative al 
riordinamento delle amministrazioni centrali, degli 
studi, e ad altre gravi materie d' interno reggimento. 

Con queste leggi e con ogni suo atto il mio Go- 
verno intende ad operare, grado a grado ed opportu- 
namente, quelle riforme civili, le quali, lungi dal de- 
bilitare l'autorità, la conservano e la rendono più forte, 
ponendola iniziatrice d'ogni reale miglioramento. 

Sarà suo debito proseguire nell' ardua ma onorata 
impresa di portare a compimento il ristauro della no- 
stra finanza, e chiedere perciò nuovamente il vostro 
concorso. 

Nelle più gravi occasioni non mai venne meno quello 
spirito di volontario sacrificio eh' è antica virtù de' po- 
poli dello Stato; l'esperienza del passatoci fa sicuri 
quali siano per mostrarsi nell'avvenire, ed in essi pie- 
namente confido. 

E dovere d'ogni Governo dar norma e sicurezza 
allo stato civile delle famiglie. La legge che a tal fine 
vi verrà presentata, quantunque di carattere pura- 
mente civile, si connette però ad interessi religiosi e 
morali che alla vostra coscienza è commesso il tutelare. 

L'antica fede dei padri nostri, quella che diede al 
Piemonte virtù bastante a superare così perigliose 
prove, sia guida alle vostre menti, cosicché ne rimanga 
illeso il venerando retaggio. A questo fine medesimo 
sono intese le pratiche aperte con la Corte di Roma. 



1862] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 109 

Sinceri e riverenti nel condurle, confidiamo possano 
giungere a conciliare i diritti dello Stato con i veri 
interessi della Beligione e della Chiesa. 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

Ripensando le passate fortune dello Stato e raf- 
frontandole colle presenti, dobbiamo tutti sentire in 
cuore profonda gratitudine verso la Provvidenza che 
così palesemente ha benedetta l' opera nostra. 

Piena è la fiducia tra popoli e Principe; eguale 
quella che meritamente riponiamo tutti nel valore e 
fedeltà dell'esercito. 

Salda concordia lega i poteri dello Stato tra loro, 
e ne sia lode a Voi che in gravi occasioni preponeste 
ad ogni altro rispetto il pensiero del pubblico bene. 
Devoti alle istituzioni che,^ggi compie il quarto anno, 
l'augusto mio Padre instaurava, duriamo nell' intra- 
presa via, riposando in quella fede che abbiamo scam- 
bievole — Io nel vostro spontaneo ed efficace aiuto 
— Voi nella leale e ferma mia volontà. 



XIX. 

Indirizzo dd Senato del Begno in risposta al Discorso 
della Corona del 4 marzo 1852, dettato da una 
Commissione composta dei senatori Alfieri Cesare, 
Bes Ambrois, Di Follone, Sauli Lodovico e Di Ba- 
gnolo, relatore. 

[Approvato il 12 marzo 1852] 

Sibe! 

Dalla fiducia che la M. V. con nobilissime parole 
poneva nel Parlamento, il Senato trasse per sé argo- 



110 YITTOBIO EMAKUSLB n [185'^ 

mento di onorevole compiacenza; desunse pei popoli 
non fallibile speranza che l'inclita Monarchia di Sa- 
voia, fatta più salda dalla sua base costituzionale, sarà 
per spargere su di essi nuovi benefizi, e per confer- 
mare ed accrescere le glorie antiche. E tanto è in ciò 
più inconcussa la loro speranza, eh' eglino ben sanno 
come all'innato splendore della Dinastia vostra, voi 
aggiungete, Sire, la generosità del proporre, la lealtà 
dell'attenere, la fermezza dell'eseguire. 

Sì, o Sire, quello spirito di volontario sacrificio, 
che l'alta sapienza della M. V. seppe scorgere nei po- 
poli del suo Stato, non verrà meno giammai, sempre- 
chè esausti i mezzi tutti di ogni possibile non inde- 
coroso risparmio, non si vedrà dalla somma delle cose 
emergere quel pareggiamento di parti, che solo è scopo, 
è vanto solo d'ogni ben composta finanza. Ne abbia 
la M. V. mallevadrice la non dubbia fede della nazione, 
la provata sua costanza. 

Confortevoli parole vi piacque. Sire, darne sui ne- 
goziati che dal vostro Governo s'iniziarono alla Corte 
di Roma. Alla sublimità del Seggio Apostolico, alla 
santità degli interessi che vi si trattano, solo si ad- 
dice quella sincerità e quella reverenza con cui vi 
piacque, o Sire, solennemente manifestare, che ven- 
gano condotte queste delicate e gravi trattazioni dal 
vostro Governo. Fervidi sono i voti del Senato per- 
chè quanto dalla religiosa vostra sollecitudine venne 
incominciato, da essa si prosegua e si compia col fe- 
lice successo dalla M. V. a noi presagito, onde ciò che 
l'autorità della legge comanda, dai cittadini con in- 
tiera pace della coscienza s'adempia. 

Porrà, Sire, ogni acume di studio, ogni efficacia di 
perseveranza nell' assecondare le paterne mire della 
M. V. che mercè le Icffci annunziateci tendono a co- 



1852] B IL PAELAMBNTO SUBALPINO. Ili 

ronare il magnifico edifizio delle libere istituzioni, in- 
nalzato dal magnanimo Re, che vi fu padre. Ed avrà 
così il Senato, avrà l'intera nazione novelle ragioni di 
gratitudine verso quel Principe, che valoroso e ga- 
gliardo corse già i campi di guerra, ora leale e gene- 
roso alla legge giurata serba incontaminata la fede. 



XX. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 4 marzo 1852, compilato, 
per incarico del Presidente, dal deputato Michelan- 
gelo Castelli. 

[Approvato il 9 marzo 1852.] 

Sibb! 

La nazione accolse con gratitudine ed entusiasmo 
le parole con le quali la M. V. apriva la Sessione par- 
lamentare del 1852. 

La soddisfazione da voi mostrata per V opera com- 
piuta dalla Camera in concorso col vostro Governo, 
mentre costituisce per noi la più grata ricompensa, è 
auspicio sicuro, che né animo, né costanza ci falliranno 
nella presente Sessione. 

Il beneficio di quei principii economici per mezzo 
dei quali ci siamo legati colle estere nazioni, ed i nuovi 
trattati che ci vengono annunziati, coli' assicuranza 
delle amichevoli relazioni tra lo Stato nostro e gli Stati 
esteri, ci lasciano sperare che la via in cui camminiamo, 
e l'attitudine che manterremo, siano per essere nuove 
guarentigie del nostro avvenire economico e politico. 

Le riforme civili, i miglioramenti nelle amministra- 
zioni, nella pubblica istruzione, ed in ogni maniera di 



112 TiTTOsio raiAancsLB n [IS^ 

intorno reggimento che ci saranno j^^esentati dai to- 
Htri Ministri, saranno pei Rappresentanti ddla nar 
ziono oggetto di esame profondo ed accorato. 

Noi non ci dissimuliamo, o Sire, qnali siano le con- 
dizioni della nostra finanza; ma il paese goaidandosi 
d* intorno h* accorgerà al paragone che ninn sacrifizio 
\)\\ò dirni troppo grave a chi ne abbia in compenso ia- 
di|)(*n(lonza e libere istituzioni. 

don vivo interesse la Camera ha inteso Fannnnzio 
(li (| noi lo loggi che mirano ad assicurare lo stato ci- 
vilo della fiimiglia. 

iHpirandoci ai principii cui si è informata la vita 
roligioHa civile dei nostri padri, noi cercheremo in 
ogni nostra deliberazione di tutelare con eguale fer- 
nu^zza la dignità, l'indipendenza dello Stato, ed il vero 
l)on(^ d(^lla religione. 

Siro! So lo passate condizioni del paese, raffrontate 
(M)ll(^ proRonti, unanimi ci uniscono a voi in un sen- 
iinì(»ni() di gratitudine verso la Provvidenza, questo 
Hoiilinionio in noi tutti si riporta da essa all'augusto 
vostro nomo — a quel nome che è a noi guarentigia 
inlalllhihì dol prosonto, ed alla nazione di quell'avve- 
niro v\n^ dovo osaero premio alla lealtà, alla costanza, 
(mI ai Hju'rilizi incontrati per quei principii che ono- 
nuM) non hoIo il trionfo, ma anche la sventura. 

Un popolo, olio a fronte delle attuali vicissitudini 
(1(^1 nionilo ]K)litico, entra nel quinto anno della sua 
vitn, eostiiiizionalo, può nutrire ferma fiducia che le 
ÌHÌ,itiizioni ad esso largite dal magnanimo vostro Ge- 
niionì, consacrato dalla sua memoria, resisteranno in- 
ooncMisso ad ogni nemico sforzo. 

Voi ricordaste, o Sire, dal vostro Trono la fede 
senni bievolo tra voi ed il popolo, eguale a quella che 
noi dobbiamo riporre nel valore e nella fedeltà del- 



1853] S IL PAKTiAmtNTO SUBALFIKO. 113 

r esercito — Voi ci invitaste a perdurare nell' intra- 
presa via, ed a riposare nella ferma e leale vostra 
volontà. 

Qaeste parole, che troveranno un'eco in tutta Eu- 
ropa, ci confortano ad ogni prova, e rimarranno im- 
presse in tutti i cuori, sinché siano sacri i nomi di 
Riconoscenza — di Patria — di Onore. 



XXI. 

JDtscorso pronundato dal Be Vittorio Emanuele II 
alP apertura della T Sessione della V Legislatura 
del Farlamento. 

[19 dicembre 1853.] 

Signori Senatobi! Signobi Deputati! 

Nel dare principio ad una nuova Legislatura, io 
rammento con orgoglio come è presso a compiersi il 
sesto anno dacché l'augusto mio Genitore inaugurava 
in quest'antica monarchia le libertà costituzionali. 

La nazione le accolse con esultanza, ne usò con 
saviezza, e camminando in istretta confidente unione 
col suo Re, si mostrò conscia dei suoi veri interessi, 
degna dei suoi destini. 

A questa indissolubile unione, resa più splendida 
dal nobile contegno del paese, è dovuta la crescente 
simpatia dei popoli i più civili, l' ognora più stretta 
amicizia dei Governi più illuminati d'Europa. 

Li questa unione il mio Governo trovò forza ba- 
stante per mantenere incolume in circostanze dolorose 
e difficili la dignità nazionale, per preservare da ogni 
insulto il nobile principio d'indipendenza che sta in 
cima dei miei e dei vostri affetti, 

8 



114 VITTOBIO EMANUELE II [1853 

La Camera eletta nel 1849 aveva già corso una 
lunga e faticosa carriera; chiamata a riparare alle 
conseguenze di gravi e non meritati disastri, aveva 
compiuto, col concorso dell'altro ramo del Parlamento, 
la sua penosa missione, consentendo quelle tasse che 
una inevitabile necessità forzava il mio Governo a do- 
mandare. Ma essa approvò ad un tempo giuste riforme 
economiche, rinforzò ed accelerò il moto industriale 
e commerciale, inaugurò l'apertura di quella gran rete 
di vie ferrate che riunisce fin d'ora i Liguri ai Subal- 
pini, e starà monumento della potenza e grandezza 
del genio italiano. 

Al Parlamento che vengo quest' oggi ad aprire in- 
comberà un mandato non meno importante. 

Recato a compimento l' edificio della quasi ristau- 
rata finanza, procederà alacremente nella via delle ri- 
forme economiche, fatta ornai sicura dai lumi di non 
dubbie esperienze; ed estendendo ai prodotti del suolo 
i principii fecondi del libero scambio, procurerà ai pro- 
prietari largo compenso colla riforma del catasto e con 
istituzioni di credito innanzi alle quali verrà a dile- 
guarsi l'usura. 

Assicurata l'indipendenza del potere civile, esso 
proseguirà, nella sfera d'azione che gli compete, l'opera 
delle intraprese riforme, intese queste ad accrescere, 
non a menomare l'affetto e la riverenza dei popoli per 
la religione degli avi nostri, a rendere più efficace,' 
non ad infievolire la sua salutare influenza. 

Dovrà provvedere perchè meglio si conformino coi 
nuovi ordini il reggimento e l'amministrazione dei co- 
muni e delle provincie, perchè si compia la riforma 
dei Codici, si tuteli la pubblica sicurezza, si costitui- 
sca la magistratura, si riformino le varie parti del 
pubblico insegnamento. 



1853] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 115 

Il valoroso nostro esercito, che si va continuamente 
segnalando per nuovo progresso, sarà eziandio oggetto 
delle vostre sollecitudini. 

SiONOEi Senatori! Signori Deputati! 

Nel compiere questa missione, io confido in Dio, 
nella saviezza e concordia dei grandi poteri dello Stato, 
nel buon senso e patriottismo di cui la nazione ha dato 
sì nobili e sì recenti prove. Fidate voi in Me, ed uniti 
coroneremo il grande edificio che la mano di mio Padre 
innalzava, e che la mia saprà difendere e conservare. 



XXII. 



Indirizzo del Senato del Begno in risposta al Discorso 
della Corona del 19 dicembre 1853, dettato da una 
Commissione composta dei senatori Cesare Alfieri, 
De Margherita, Giulio, Sclopis e Massimo d'Aze- 
glio, relatore, 

[Approvato il 28 dicembre 1853.] 

Sire! 

Le nobili parole colle quali voi apriste la quinta 
Legislatura del regno, risplendono di quella sicura 
lealtà che è antico vanto della vostra Casa. Le udiva 
il Senato con rispettosa esultanza, altero a buon di- 
ritto nello scorgere onorate da Governi amici ed al- 
trettanto bene usate dai popoli dello Stato quelle li- 
bertà che Re Carlo Alberto proclamava e che stanno 
oramai per virtù vostra su valide fondamenta. 

Così raflFermati gli ordini politici, e resa segno al 
rispetto di tutti la nostra indipendenza, fu cura del 
vostro Governo, secondato dal Parlamento, di por mano 



116 VITTORIO EMANUELE II [1853 

a vaste ed efficaci riforme. Il potere civile richiamato 
verso la naturale sua sede; tolti ad antichi ceppi 
commercio e V industria ; fatti meno costosi e più ra- 
pidi i contatti morali e materiali, mercè l'elettricità 
ed il vapore. Voi già potete, guardando al cammino 
fatto, rallegrarvi, o Sire, di un bene nel quale aveste 
tanta e così degna parte. 

Ma voi ci ammonite che il da farsi è ancor molto, 
mentre all'edificio della restaurata finanza dite desi- 
derarsi tuttora quel culmine senza il quale non può 
dirsi- compiuto. Il Senato confida che il senno e le cure 
dei ministri di Vostra Maestà sapranno essere pari al 
grande assunto ; che il ristauro delle finanze si com- 
pirà principalmente con un procedere per assegnate 
spese e per saggio economie, raccomandato dalla con- 
dizione del paese, voluto dalle strettezze dei tempi; 
che si renderanno praticamente proficue quelle riforme 
che si riferiscono alla tutela dei veri interessi della 
religione, all'amministrazione comunale, all'insegna- 
mento, alla pubblica sicurezza, ai Codici ed ai mezzi 
di agevolare alla rispettata nostra magistratura la si- 
cura e pronta amministrazione della giustizia. 

Sire ! 

Iddio che benedice alla serbata fede dei principi, 
come dei popoli, non fallirà alla fiducia che in Lui 
riponete. Egli saprà spirare sensi di concordia nei 
grandi poteri, e di ottenibili desiderii nell'universale; 
ed il Senato del Regno, posponendo, come è suo co- 
stume e suo debito, ogni altro rispetto al bene del Re 
e della patria, potrà farsi non inutile aiuto all' opera 
vostra. 



1853] E IL FABLAMENTO SUBALPINO. 117 

XXIII. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 19 diQemire 1853, com- 
pilato, per incarico del Presidente, dal deputato 
Carlo Cadorna. 

[Approvato il 28 dicembre 1853.] 
SlBE ! 

La Camera dei Deputati è lieta di potere col primo 
dei suoi atti indirizzarsi a voi. Le nobili e generose 
parole colle quali inauguraste la presente Legislatura 
hanno commosso la nazione, la quale vi lesse la storia 
fedele degli atti del vostro Regno. 

Essa ricorda con orgoglio che voi combatteste 
valorosamente a fianco del magnanimo vostro Geni- 
tore per l'indipendenza dell'Italia. Essa sente che al 
senno ed alla politica temperanza, per cui va lodata 
nel mondo, voi deste efficace conforto e valido fon- 
damento colla fiducia che le ha inspirata la vostra 
fermezza in tempi difficili e l'inconcussa vostra lealtà. 
Essa si compiace di avere salvato insieme con voi dal 
generale eccidio tutte le sue libertà, di avere tenuti 
incolumi col vostro concorso l' indipendenza e l' onore 
nazionale da ogni attentato, e di portare con voi alta 
e incontaminata la bandiera, che è il simbolo dei no- 
stri voti e delle nostre speranze. 

Questo nobile popolo, o Sire, ha nel suo cuore l'au- 
gusto vostro nome profondamente scolpito e circonda 
la sacra vostra persona e la vostra Dinastia della sua 
devozione e della sua riconoscenza. 

Noi ce ne portiamo mallevadori, noi che, usciti ora 



118 VITTORIO BMANUELE II [1853 

dal suo seno, partecipiamo a tutti i suoi sentimenti 
ed ai suoi affetti. 

Ringraziamo la Divina Provvidenza che ci abbia 
destinati all'onore ed alla ventura di provare all'Eu- 
ropa che il regno della legge è assicurato in quelle 
nazioni nelle quali il Principe è palladio delle libertà. 

Voglia Iddio che la felicità di cui ha privilegiato 
questo Regno sia il preludio di quegli alti destini a cui 
speriamo Egli l'abbia nei suoi imperscrutabili decreti 
riservato. 

Continuando l'opera della precedente Legislatura, 
presteremo al Governo di V. M. quel concorso che per 
noi si potrà il più efficace all'incremento dell'agricol- 
tura, dell'industria e del commercio, non meno che 
al perfezionamento ed alla diffusione dell'educazione e 
dell'istruzione. Niun sacrificio ci parrà grave, il quale 
sia richiesto alla difesa dell'onore nazionale, al con- 
solidamento ed allo sviluppo delle istituzioni costitu- 
zionali che r augusto vostro Genitore ha inaugurate 
e che fioriscono sicure all' ombra del vostro Trono. 
Ogni nostra opera sarà indirizzata all'attuazione di 
quel progresso morale, intellettuale e materiale che è 
la vita delle nazioni. 

Sire ! 

Uniti e stretti intorno a voi, sentiamo crescere il 
nostro coraggio o le nostre forze. Benedica Iddio e 
renda perpetua questa unione, e conservi V. M. lun- 
gamente all'amore ed alla riconoscenza del suo popolo. 



1855] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 119 

XXIV. 

Indirizzo di condoglianza del Senato del Regno al 
Re Vittorio Emanuele II per la morte delle Regine 
Maria Teresa, sua madre, e Maria Adelaide, sua 
consorte, passate di questa vita addì 12 e 20 gen- 
naio 1855, dettato dall'Ufficio di Rresidenisa. 

[Deliberato il 21 gennaio 1855.] 

Sire! 

Con pochi giorni d'intervallo due delle maggiori 
sciagure che poteano portar la costernazione nel vostro 
animo, ha mandato Iddio all'augusta vostra famiglia. 
E quella famiglia vastissima, che i cittadini tutti dello 
Stato formano stretta ed unanime attorno al vostro 
Trono, angoscia vasi anch' essa profondamente nel dolor 
vostro e nel proprio. 

E come non accostarsi a tanta vostra afflizione, 
come non commuoversi a condoglianza, quando man- 
cano così inopinatamente in faccia a voi, o Sire, man- 
cano alla vostra prosapia, mancano alla nazione le due 
eccelse donne regali, destinate non solo a beare l' in- 
timo vostro consorzio, ma a presentare ancora a noi 
come un'arra e un'immagine durevole della divina 
beneficenza? 

Non havvi in alcun tempo, in alcun luogo, uguale 
esempio di tanta unanimità di dolore, quanta si ma- 
nifesta nel paese nostro, senza distinzione di politiche 
opinioni, per sì lagriraevoli perdite. Di così propagata, 
così sincera concordia di compianto non altrove deve 
cercarsi la spiegazione, se non nell' amore, che i citta- 
dini tutti sentono altissimo, e sgombero da ogni pen- 
siero di politiche ansietà o di politici voti, per la sacra 



120 YITTOBIO EliAHUELB H [1855 

persona di V. M, ; non altrove se non nella tradizio- 
nale potenza dei sentimenti nostri monarchici, i quali 
non che mutati, afforzatisi con franchigie liberamente 
date, confidentemente accolte, lealmente sostenute, 
fanno sì che la nazione, immedesimata nelle glorie, 
nelle speranze del sovrano, non mai partecipi cosi 
pienamente ai travagli di lui, come allorquando egli 
ò colpito nelle più intime, nelle più vive affezioni del- 
l' animo suo. 

In tale uniformità di mesti offici la Presidenza del 
Senato del Regno, autorizzata nella tornata del 21 gen- 
naio a rappresentarlo, condolendosi con voi, o Sire, 
dove tributarvi le stesse espressioni che escono con 
gemito da tutti i cuori, che suonano su tutte le labbra. 
Solo ci tocca di aggiungere al cordoglio nostro una 
cagione che informasi dall' esser proprio ; dappoiché 
il carattere deli' alto nostro mandato, i vincoli che ci 
stringono alla Maestà Vostra, la personale nostra rive- 
renza alla memoria del magnanimo Re padre vostro 
dello due lagrimate Regine, sono argomenti speciali 
perchè a noi sia durissimo il pensiero del doversi le 
passate vostre gioie tramutare in tanto lutto. 

Noi confidiamo, o Sire, che Iddio, il quale avea 
vibrato su quelle auguste fronti un raggio della sua 
bontà, il quale avea acceso nel loro cuore tanta copia 
e tanto fervore di virtù, il quale aveane così dolce- 
mente abituati ad inchinare in esse gli angeli delle 
nostre speranze, serberà loro in sede più serena, più 
secura, la stessa missione. 



1855] E IL FABLAMENTO SUBALPINO. 121 

XXV. 

Indirizzo di condoglianza ^presentato dalla Camera 
dei Deputati al Ee Vittorio Emanuele II nella 
stessa occasione^ e dettato daW Ufficio di Presidenza. 

[Approvato il 26 gennaio 1855] 

Sibb! 

Allorquando alla Camera dei Deputati già contri- 
stata dalla morte della vostra augusta Genitrice, la 
cui memoria vivrà sempre nella venerazione e nella 
gratitudine della nazione, pervenne l'annunzio della 
nuova e crudele sciagura che vi colpiva nella persona 
che aveste più cara, un solo pensiero sorse nel- 
l'animo, un solo desiderio entrò nel cuore di tutti 
noi, quello di confortare, se pure fosse possibile, un 
tanto cordoglio, esprimendovi il rispettoso affetto che 
sentiamo per la vostra persona, facendovi conoscere 
come sia nostro il vostro dolore. Noi piangiamo V im- 
mensa sventura del Ke e della Reale Famiglia con cui 
la nazione ebbe sempre comuni e le gioie e gli affanni. 
Noi piangiamo la perdita di una Regina a cui la bontà 
valse l' amore di tutti, in cui lo splendore del trono 
abbellì le virtù di donna, di sposa e di madre. 

Sire ! Iddio, che nei suoi decreti imperscrutabili 
ad ogni pensiero umano, volle sottoporvi a così dure 
prove, può Egli solo darvi un conforto che sia propor- 
zionato al vostro dolore, ispirandovi il coraggio della 
rassegnazione, come sui campi di battaglia vi ispirava 
il coraggio del valore, come nella vita civile vi ispira 
il coraggio della fortezza e della perseveranza per cui 
le istituzioni liberali, mercè la vostra lealtà, mante- 
nute illese in tempi difficilissimi, formano la gloria 



122 VITTORIO EMANUELE H [1855 

della vostra Corona. Valga intanto a sollievo del vostro 
cuore la certezza dei premi che una divina promessa 
assicura alla virtù e che rallegreranno ora V anima 
di colei che non è più fra noi. 

Possa pure contribuire qualche sollievo a tanto 
vostro lutto l'affetto di tutto un popolo, in cui ogni 
persona, ogni famiglia pianse ai vostri dolori, come a 
domestica sciagura. Possa pure contribuire qualche 
sollievo a tanto vostro lutto l'irremovibile proponi- 
mento, che rinnoviamo in questi solenni momenti 
di dolore, di cooperare sempre con Voi a tutto ciò che 
assicurerà la prosperità dell' Augusta Famiglia che vi 
cresce intorno, in cui si raccoglie il nostro amore, 
in cui riposano le nostre speranze, in cui rivive la 
madre, e la regina che piangiamo perduta. 



XXVI. 



Indirizzo di condoglianza del Senato del Regno al 
Re Vittorio Emanuele II ^}cr la morte del Duca 
Ferdinando di Genova, suo fratello, avvenuta il 
10 febbraio 1855, compilato dal presidente Manno. 

[Deliberato il 12 febbraio 1855.] 

Sire! 

Allorché io dovetti dar lettura al Senato del Regno 
della lettera ministeriale nella quale gli si annunziava 
in maniera officiale il novello luttuoso avvenimento 
che colpì r animo di V. M., io ebbi anche a leggere 
sul viso costernato di coloro che mi ascoltavano, come 
questa nuova calamità era da noi tutti tenuta per cala- 
mità nazionale. 



1855] E IL PARLAMBNTO SUBALPINO. 123 

La nazione era paga e gloriosa nel vedere accanto 
al vostro trono un Principe, le cui doti eccelse di 
mente e di cuore avevano anche ricevuto sì luminosa 
illustrazione dal militare coraggio, e dalla bellica 
perizia. 

La nazione aveva pure per tanti anni fatto plauso 
a quella fraterna dilezione della M. V. per l'augusto 
suo germano, la quale inspirata dagli alti paterni 
avvedimenti, e raffermata nella comune domestica 
istituzione, poteva lasciar luogo alla fiducia, che Iddio 
lo avesse destinato a scemare nell'int-mo vostro con- 
sorzio il gran vóto lasciatovi dalle dcplo/ato recenti 
vostre sciagure. 

La perdita di tanto Principe, il disinganno di tanta 
speranza non lasciano più luogo che all' universale 
compianto. E il Senato del Regno, commosso nel più 
profondo dell'animo dal vostro e dal suo cordoglio, 
non può che rassegnarvi, o Sire, i sentimenti, che 
r acerba sua angoscia può meglio eccitare che espri- 
mere. 

Avendo a tal uopo il Senato commesso alla sua 
Presidenza l'onorevole mandato di presentarvi il triste 
officio della sua condoglianza, io che nella piena della 
personale mia afflizione sento mancarmi ogni mezzo 
intellettuale per poter dare alle mie parole il movi- 
mento e r impronta dell' altissimo nostro rammarico, 
sono ridotto a supplicare la M. V., acciò che voglia 
tener conto in questa mia rispettosa lettera della par- 
tecipazione lealissima di tutti i Senatori al vostro 
cruccio, e delle ragioni per cui a me non è dato di 
eguagliare col mio omaggio tanta intensità di dolore. 



124 TITTOBIO EMANUELE n [1855 

XX va 

Pboclamà rivolto dal Re Vittorio Emanuele II al corpo 
dell' esercito sardo die partiva per la Crimea, in 
adempimento del trattato d! alleanza concluso il 
26 gennaio 1855 fra la Sardegna, la Francia e 
V Inghilterra contro la Russia. 

[14 aprile 1855.] 

Ufficiali, sott' ufficiali e soldati! 

Una guerrca fondata sulla giustizia, da cui dipen- 
dono la tranquillità dell' Europa e le sorti del nostro 
paese, vi chiama in Oriente. 

Vedrete lontane terre, dove la Croce di Savoia non 
è ignota; vedrete popoli ed eserciti valorosi, la cui 
fama riempie il mondo. Vi sia di stimolo il loro esem- 
pio e mostrate a tutti come in voi non è venuto meno 
i valore dei nostri padri. 

Io vi condussi altre volte sul campo dell'onore, e, 
lo rammento con orgoglio, divisi con voi pericoli e 
travagli ; ogi,à, dolente di separarmi da voi per qual- 
che tempo, il mio pensiero vi seguirà dappertutto, e 
sarà un giorno felice per me quello in cui mi sia dato 
di riunirmi a voi. 

Soldati ! 

Eccovi le vostre handiere. Generosamente spiegate 
dal Magnanimo Carlo Alberto, vi ricordino la patria 
lontana, ed otto secoli di nobili tradizioni. Sappiate 
difenderle; riportatele coronate di nuova gloria, ed i 
vostri sacrifizi saranno benedetti dalle presenti e dalle 
future generazioni. 

Alessandria, 14 aprilo 1855. 

Vittorio Emanuele. 



1855] B IL PABLAMENTO SUBALPINO. 125 

XXVIII. 

Discorso pronunziato dal Be Vittorio Emanuele II 
all'apertura della 2* Sessione della V Legislatura 
del Parlamento. 

[12 novembre 1855.] 

SiGNOBi Senatobi! Signobi Deputati! 

L'anno che è presso a finire fu pel mio cuore un 
tempo di prove crudeli. Le alleviò bensì il vedere le 
lagrime dell'intiera nazione associata ai lutti della mia 
Casa. Ma in mezzo ai dolori Iddio mi sostenne nel- 
l'adempimento dei miei doveri. 

Volto lo sguardo alla gran lotta che ferve da due 
anni in Oriente, non esitai ad unire le mie armi a 
quella parte che combatte per la causa della giustizia 
e della civiltà, e per la indipendenza delle nazioni. A 
ciò mi spingevano e il desiderio di concorrere al trionfo 
dei principii medesimi che noi propugniamo, e i ge- 
nerosi istinti dei popoli subalpini, e le tradizioni della 
mia famiglia. I nostri soldati, uniti ai valorosi eserciti 
di Francia, d' Inghilterra e di Turchia, secondati dallo 
zelo e dall'attività della nostra marina, hanno diviso 
con loro pericoli e glorie, ed accresciuta l'antica fama 
di queste bellicose contrade.* 

Voglia Iddio coronare con sempre maggiori suc- 
cessi gli sforzi comuni a rendere presto possibile una 
pace durevole, assicurando a ciascuna nazione i suoi 
legittimi diritti. 

Le spese della guerra renderanno necessario un 
nuovo ricorso al credito pubblico. 

^ Specialmente mercè la loro condotta alla battaglia della Cernaia, 
finta dalle armi alleate il 16 agosto di quell'anno. 



126 VITTORIO BMAKTJKLE II [1855 

La scarsità dei raccolti, il rinnovato flagello del 
cholera, uniti ad altre inaspettate contingenze, scema- 
rono le pubbliche entrate. Se contro al voto del mio 
cuore la necessità ci costringe a chiedere nuovi sa- 
crifizi alla nazione, il mio Governo per altro cercò il 
modo di rendere più sopportabile il peso di alcune im- 
poste. Esso vi sottoporrà progetti di legge indirizzati 
a meglio ordinarne la distribuzione nella parte spe- 
cialmente che gravita sulla classe meno agiata. 

Altre leggi destinate a migliorare l'amministra- 
zione politica ed economica dello Stato, l'ordinamento 
giudiziario, la pubblica istruzione, saranno di nuovo 
proposte alla vostra discussione. 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

Nell'ardua missione che vi è affidata voi prosegui- 
rete a dar prove di quella prudenza ed operosità, di 
quell'affetto costante agli interessi del paese per cui 
vi siete segnalati finora. 

Noi continueremo così il nobile esempio di un Re 
e di una nazione legati da vincoli indissolubili di amore 
e di fede, nella gioia come nel dolore, e sempre con- 
cordi nel mantenere illese le due gran basi della fe- 
licità pubblica: ordine e libertà. 



XXIX. 

INDIRIZZO del Senato del Becjno in risposta al Discorso 
della Corona del 12 novembre 1855, compilato dal- 
V ufficio di Presidenza, 

[Approvato il 15 novembre 1855.] 

Sire ! 
lì Senato udì, commosso e riconoscente, le nobili 
parole con le quali V. M. volle inaugurare la nuova 
Sessione parlamentare. 



1855] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 127 

Le crudeli sventure che afflissero T animo vostro 
ebbero dal sentimento nazionale il più efficace con- 
forto che possa offrirsi al cuore di un Re : l'amore ed 
il compianto di un popolo. 

Quel coraggio che manteneste invitto tra immensi 
dolori avrà da Dio il compenso di giorni più lieti. Egli 
benedice le vostre armi, o Sire! e là in Oriente, ove 
la M. V. rivolge con giusta compiacenza lo sguardo, 
il vostro esercito, mirabile per valore e per disciplina, 
aggiunge nuovo splendore al vessillo della patria, e 
continuando la serie dei grandi fatti che illustrarono 
r augusta vostra Casa, prepara con i vostri potenti 
alleati, ai popoli civili un avvenire degno di così ge- 
nerosi sforzi e della giustizia della causa, alla quale 
con magnanima risoluzione vi associaste. 

Il Senato confida che essa sarà coronata da felice 
successo, e che una pace onorata e durevole sarà per 
soddisfare al più inviolabile dei diritti, l'indipendenza 
delle nazioni. 

Le necessità dell'erario saranno con la più viva 
sollecitudine ponderate dal Senato; esso ha fiducia che 
il Governo di Vostra Maestà non vorrà sottoposta la 
già grave condizione del paese ad altri carichi, fuor 
quelli che da inevitabili contingenze siano richiesti, ed 
il cui saggio ed equo compartimento ne renda più pro- 
ficuo il provento alla pubblica finanza e più soppor- 
tabile il peso ai contribuenti. 

Saranno pure oggetto di profonda disamina le altre 
leggi che verranno riproposte alla discussione del Par- 
lamento. 

Sibe! 

Quando i vincoli che stringono il Re e la nazione 
hanno per fondamento V amore e la fede, essi durano 



128 VITTORIO KMANUBLB H [1855 

inalterabili in mezzo alle vicende prospere od avverse 
dei tempi; forti di questa unione, noi attendiamo 
fidenti l'avvenire che là provvidenza di Dio riserba 
ai popoli giusti, ordinati e liberi. 



XXX. 



Indirizzo déUa Camera dei Deputati in risposta d 
Discorso della Corona del 12 novembre 1855, det- 
tato, per incarico del Presidente, dal deputalo Luigi 
Torelli. 

[17 novembre 1855.] 
SlEK ! 

Per tre volte nel volgere di pochi mesi di gue- 
st' anno la Camera dei Deputati si presentava alla 
Maestà Vostra, interprete del dolore che affliggeva la 
nazione per le crudeli perdite che la Provvidenza im- 
poneva alla Maestà Vostra ed alla nazione intera. 

Confortava la speranza che 1' animo fortissimo di 
Vostra Maestà, rattemprato nel pensiero della sublime 
missione di Capo di un popolo libero e generoso, 
avrebbe opposto alla grande sventura pari forza di 
animo. Né fallirono le speranze. Nel mezzo alle dolo- 
rose prove, voi, guidato dall' istinto guerriero e ge- 
neroso proprio di Casa Savoia, giudicaste qual parto 
conveniva alla vostra nazione nella gran lotta per la 
civiltà e libertà. Senza titubanza, e nei momenti i più 
difficili, voi uniste le vostre armi a quelle delle grandi 
nazioni già impegnate nella guerra, e pochi mesi dopo 
la vittoria salutava quella bandiera che il prode vo- 
stro esercito riceveva dalle vostre mani ed è vessillo 
di gloria e speranza italiana. 



1855] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 129 

La lotta gigantesca c'impone gravi sacrifizi. La 
Camera elettiva, conscia della dura necessità, volgerà 
ogni studio ad attenuare la gravezza dei pubblici pesi 
col più equo riparto, e darà opera perchè in ogni al- 
tro ramo si segua quel progresso che genera la forza 
e consolida gli Stati. 

Avvenimenti superiori ad ogni possanza umana, 
come la calamità di raccolti falliti per una serie di 
anni, hanno contribuito ad aggravare la posizione del 
paese; ma confortati dall' esempio delle due grandi 
nazioni alleate nella lotta, che con eroica costanza sop- 
portano eguali pesi, noi speriamo sostenere egual prova. 
Possano sì grandi sforzi, e per sì giusta causa, essere 
coronati da adeguati successi. Fiano un giusto premio 
al vostro cuore gli encomi che già tributarono e tri- 
buteranno a voi ed al vostro esercito le nazioni al- 
leate che vi accingete a visitare nel viaggio, nel quale 
sarete sempre accompagnato dai voti del vostro po- 
polo esultante dei vostri onori.* La nazione a voi 
strettamente unita, e giustamente superba di essere 
rappresentata dai suoi prodi soldati sui campi della 
gloria, può aspirare con diritto a quel grande sviluppo, 
al quale sono chiamati i popoli che, come il vostro, 
hanno la ventura di aver a capo un Principe egual- 
mente fermo sul campo, sul trono e nella fede. 

' Si aUude al viaggio che il Re si disponeva a fare in Francia e 
in Inghilterra per conferire personalmente coi Sovrani suoi alleati. In- 
fatti Vittorio Emanuele partì da Torino a quella volta il 20 novemhre. 



130 TITTOBIO EMANUELS n [1856 

XXXI. 

Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanuele H al corpo 
di spedizione sardo, reduce daUa Crimea dopo la 
firma del trattato di pace stipulato il 30 marzo 1856 
a Parigi da un Congresso europeo, davanti ed quale 
i rappresentanti della Sardegna avevano per la 
prima volta portata ufficialmente la quistione ita- 
liana. 

[15 giugno 1856.] ^ 

Ufpiotalt, sott' ufficiali e soldati! 

È scorso appena un anno dacché io vi salutava, 
dolente di non esservi compagno nella memorabile im- 
presa. Or lieto vi riveggo, e vi dico: Avete ben meri- 
tato della patria. 

Voi rispondeste degnamente all'aspettazione mia, 
allo speranze del paese, alla fiducia dei nostri potenti 
alleati, che oggi ve ne danno una solenne testimonianza. 
Fermi nelle calamità che afflissero una eletta parte di 
voi, impavidi nei cimenti della guerra, disciplinati sem- 
pre, voi cresceste di potenza e di fama questa forte 
prediletta parte d'Italia. 

niprendo le bandiere che io vi consegnava, e che 
riportate vittoriose dall' Oriente. Le conserverò come 
ricordo delle vostre fatiche, e come un pegno sicuro 
che, quando l'onore e gli interessi della nazione m'im- 
ponessero di rendervele, esse sarebbero da voi sui 
campi (li guerra dovunque, sempre, ed in egual modo 
difese, e da nuove glorie illustrate. 

Torino, 15 giugno 1856. 

Vittorio Emanuele. 



1857] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 131 

XXXII. 

Discorso pronuneiato dal Be Vittorio Emanuele II 
aCC apertura della 5* Sessione della V Legislatura 
del Parlamento. 

[7 gennaio 1857.] 
SiGNOBI SeNATOBI! SiGNOBI DEPUTATI ! 

Quando io venni tra voi ad inaugurare la passata 
Sessione, una gran guerra combattevasi in Oriente. 
La Sardegna vi concorse con vigore e disinteresse. I 
nostri soldati di terra e di mare, gareggiando di ogni 
militare virtù coi più famosi eserciti del mondo, con- 
tribuirono alla pacificazione dell' Europa, crebbero la 
rinomanza del paese. 

Il Parlamento, interprete dei sentimenti della na- 
zione, ha già adempiuto un debito di riconoscenza e 
di aflfetto, tributando a quei prodi meritati encomi. 
Associandomi a voi in questa solenne circostanza, mi 
è grato ripetere che hanno bene meritato della patria. 

Il Congresso di Parigi ha posto fine alla guerra, 
rese più stretti i vincoli di alleanza che ci uniscono 
a Francia ed Inghilterra, ristabilì gli antichi legami 
d'amicizia coli' Imperatore delle Russie. 

La Sardegna ne uscì con fama di politica prudenza, 
di civile coraggio. Per la prima volta in un consesso 
europeo gl'interessi d'Italia furono propugnati da po- 
tenza italiana, e venne dimostrata ad evidenza la ne- 
cessità pel bene universale di migliorarne le sorti. 

Il mio Governo, sicuro del vostro concorso, con- 
fortato dal sentimento nazionale che non cessa di ma- 
nifestarsi con grandi e spontanee dimostrazioni, pro- 
se^ruirà costante nella politica che abbiamo iniziata. 



132 VITTORIO BMANUBLB H [1857 

Il ritorno della pace, più favorevoli raccolti, il pro- 
gressivo sviluppo della ricchezza nazionale avendo mi- 
gliorata la condizione del pubblico erario, discuterete 
per la prima volta un bilancio in cui le spese e le 
entrate ordinarie si pareggiano pienamente. 

Men preoccupati dagli argomenti di finanza, voi 
potrete, o signori, nella presente Sessione portare a 
compimento le riforme dell'amministrazione provin- 
ciale, dell'ordinamento giudiziario, dell'istruzione, non 
che di altri rami di pubblico servizio sui quali già 
siete stati altre volte chiamati a deliberare. 

Signori Senatori I Signori Deputati 1 

Le dure prove che, coli' aiuto della Provvidenza, 
abbiamo superate, le grandi opere ultimate in mezzo 
a straordinarie difficoltà finanziarie, la parte da noi 
presa nella politica europea, posero in chiaro l'effi- 
cacia e la bontà delle istituzioni che il mio magnanimo 
Genitore a' suoi popoli largiva. Kese più solide dal 
tempo, fatte feconde dall'unione intima del Trono colla 
nazione, esse assicureranno alla patria nostra un av- 
venire di prosperità e di gloria. 



XXXIII. 

Indirizzo del Senato del Begno in risposta al Discorso 
della Corona del 7 gennaio 1857, compilato dal- 
V Ufficio di Presidenza, 

[12 gennaio 1857.] 

Sire! 

Pura e splendida gloria è quella che s'acquista con 
le armi impugnate a difesa della giustizia, a tutela 
della indipendenza e del riposo dei popoli; i vostri 



1857] B IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 133 

soldati di terra e di mare, ministri di civiltà e di pro- 
gresso, hanno cresciuto onore alla nazionale bandiera, 
meritati i vostri encomi, la riconoscenza ed il plauso 
della nazione. 

Costante ne' suoi generosi intendimenti, forte per 
antiche e confermate alleanze e per rinnovate amici- 
zie, il Governo di V. M., propugnando con fermezza e 
con prudenza gli interessi d'Italia, che sono pure in- 
teressi d'Europa, continuerà a riscuotere le benedi- 
zioni della nazione, di cui ha fatto ascoltar la voce 
nel congresso delle grandi potenze. 

Il ragguaglio delle spese e delle entrate, un sistema 
di amministrazione che, nel dare efficacia alla rap- 
presentanza degli interessi locali, nulla detragga alla 
unità ed alla forza dell' azione governativa ; un ordi- 
namento giudiziario che sempre meglio assicuri la 
pronta, severa e non dispendiosa amministrazione della 
giustizia: un complesso di leggi, per cui lo Stato pro- 
muova l'incremento del sapere, provveda alla educa- 
zione del popolo, dia all'opera degl'insegnanti de- 
corosi compensi, e senza fare dell'insegnamento un 
monopolio, riserbi a sé stesso i mezzi di reprimere ogni 
pericoloso trascorso: l'applicazione insomma in tutte 
le parti del civile reggimento de' grandi principii pro- 
clamati dallo Statuto, sono fonti d'interna prosperità 
e di potenza al di fuori ; il Senato del regno, osser- 
vatore e custode di quei grandi principii, apporterà 
l'attenzione più matura nell'esame del bilancio e delle 
leggi che dai ministri di Y. M. saranno proposte alle 
sue deliberazioni. 

SlBB I 

La Divina Provvidenza, la quale non vien meno 
ai Principi ed ai popoli che non vengon meno a sé 



134 VITTORIO IKAHUBLB n [1857 

stessi, coronerà gli alti propositi della M. Y., gli stadi 
del Parlamento, i voti della nazione, e mantenendo 
quella stretta unione che fa la nostra forza, ci assi- 
sterà nel proseguimento dell'opera gloriosa, preparata 
dagli augusti vostri Predecessori, iniziata dal magna- 
nimo Padre vostro. 



XXXIV. 



Indirizzo della Camera dei DepiUati in risposta al 
Discorso della Corona del 7 gennaio 1857, dettato^ 
per incarico del Presidente, dal deputato Buffa. 

[Approvato il 12 gennaio 1857.] 

SirbI 

Non fu mai così caro ai Deputati del vostro po- 
polo presentarvi l'omaggio della loro lealtà ed affe- 
zione, come ora che possono salutarvi cinto di nuova 
gloria dallo armi e dal valore di esso, e vi veggono 
tenero incontrastato nella nostra Penisola e davanti 
all'Europa quell'alto posto che già vi era assegnato 
nel cuore di tutti. 

Accresciuto così lo splendore della vostra Casa e 
rinvigorito le speranze di sorti migliori per la patria 
comune, sentiamo di potere con animo più tranquillo 
continuare la difficile open delle riforme interne; nella 
quale ci sarà di non picciolo conforto il pensiero che 
i gravi sacrifizi sopportati con serena costanza dal 
vostro popolo cominciano finalmente a conseguire l'in- 
tento desiderato. 

FaI ora, preceduti da V. M., ci avanziamo sicuri 
verso l'avvenire, e più che mai per l' addietro confi- 
diamo che, svolgendo con assiduo studio nelle nuove 



1857J E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 135 

leggi i vitali principii racchiusi nello Statuto, n' ab- 
biano più rapido miglioramento le condizioni morali 
ed economiche dello Stato, ed alla gloria esterna pie- 
namente corrisponda l'interna prosperità. 



XXXV. 



Discorso pronunisiato dal Be Vittorio Emanuele II 
alV apertura della T Sessione della VI Legislatura 
del Parlamento, 

[14 dicembre 1857.] 

SiGNOEi Senatoki ! Signori Deptttati i 

Nel ritrovarmi in mezzo a voi dopo le recenti ele- 
zioni, mi è grato il manifestarvi la fiducia che la nuova 
Legislatura adempirà l'alta sua missione con patriot- 
tismo e senno pari a quello di cui già diede prova la 
Legislatura che ha testé compiuto il suo mandato. Non 
dubito rinvenire in voi il medesimo forte e leale con- 
corso nello applicare e svolgere quei principii liberali 
sui quali riposa, oramai in modo irremovibile, la no- 
stra politica nazionale. 

Le nostre relazioni colle potenze straniere si man- 
tengono regolari e soddisfacenti. 

L'interruzione delle relazioni diplomatiche con uno 
Stato vicino,* avvenuta per cagioni che l'Europa ha po- 
tuto apprezzare, sussiste tuttora ; essa però non pose 
ostacolo al corso normale dei rapporti civili e com- 
merciali dei due paesi. 

* Le relazioni diplomatiche fra la Sardegna e T Austria erano state 
rotte fin dal 1858, in conseguenza del sequestro posto dal Governo di 
Vienna sui beni derli emigrati lombardi. 



136 VITTORIO EMANUELE H [lfó7 

Ilo ordinato al mio Governo di comnnicarvi nnoTt 
trattati conchiusi nell'interesse della pubblica giustizia, 
(lolla navigazione e del commercio colla Spagna, colla 
Danimarca e colla Persia. 

L'aumento dei nostri interessi commerciali nei paesi 
stranieri ha reso indispensabile un miglior ordinamento 
del servizio consolare. Vi sarà sottoposto un progetto 
por attuare questa grave riforma. 

Dai miei ministri vi verranno pure presentati vari 
progetti sopra importanti argomenti d' intema ammi- 
nistrazione. 

Sarà possibile, mercè una rigorosa economia, il 
mantenere nei bilanci il pareggio fra le entrate e le 
sposo ordinarie, nonostante gli sfavorevoli eventi che 
si opi)osero al regolare sviluppo delle risorse dell 
Stato. Converrà nondimeno ricorrere al credito pe 
l)rovvcdero alle grandi opere iniziate alla Spezia e al 
Conisio a difesa dello Stato, a vantaggio ed onore dell 
nazione. 

SiGNoui Senatori! Signori Deputati! 

Volgono oramai dieci anni dacché il mio auguste^ 
(uMiitoro, chiamando i suoi popoli a libertà, dava lor(^ 
lo Statuto. Informando l'intiera mia vita a quell'atto 
inapfnaninio, ho dedicato ogni mia forza a fecondare 
il ponsicro che glielo aveva dettato. 

Possa la sua memoria, che oggi simboleggiata in 
marmo confido alla vostra venerazione,* ispirare tutte 
lo vostro deliberazioni pel bene e per la gloria del 
i'iomonto e della comune patria italiana. 

* Appunto in quoi {riorni era stata collocata nel Palazzo Madama 
ài Torino, resilienza dol Sonato, dove si teneva la seduta reale, la statua 
del \iv Carlo Alberto, opera dello scultore Cevasco, donata dal Re Vit- 
torio Enumuolo al Parlamento. 




1857J E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 137 

XXXVI. 

Indirizzo del Senato del Begno in risposta al Di- 
scorso della Corona del là dicembre 1857, compi- 
lato dall'Ufficio di Presidenza. 

[Approvato il 29 dicembre 1857.] 

Sibe! 

Alle generose parole che Vostra Maestà proferiva 
jell' aprirsi di questa sesta Legislatura s' accordano 
spontanei e rispettosi i sentimenti, non che del Parla- 
mento, della intiera nazione. 

In questo popolo assennato e leale il concorso dei 
poteri dello Stato non sarà mai per mancare ai prov- 
vedimenti di un Governo saggio e liberale. 

Alla fiducia che la Maestà Vostra ci manifesta ri- 
sponderanno sollecitamente il nostro zelo ed il nostro 
amor per la patria. 

Così procedendo, migliori vieppiù si faranno le con- 
dizioni interne del paese, e si manterrà anche all'estero 
r intemerato decoro della Corona sotto cui fioriscono le 
libere nostre istituzioni. 

Siamo lieti di udire che le nostre relazioni colle 
potenze straniere continuino ad essere regolari e sod- 
disfacenti. E se rimangono tuttora interrotti i rap- 
porti diplomatici con uno Stato vicino a noi, non di- 
scostandoci dalla ragione e dalla equità, godiamo di 
vedere che si seguano i dettami della civiltà odierna, 
non interrompendosi perciò il corso delle relazioni ci- 
vili e commerciali tra i due paesi. 

Tutto quello che tende ad accrescere facilità al 
commercio, appoggio alla pubblica giustizia, protezione 
ai nostri nazionali dimoranti in lontane contrade, sarà 



138 VITTOBIO VMASJIKLM U [1B57 

sempre vlal Senato altamente apprezzato e yigorosa- 
meute pn3mosso. 

Ciia rigorosa e costante economia è necessità im- 
periosa pel nostro paese che in tempi difficili ha già 
sostenuto tante gravezze. 

n Senato non ometterà certamente di secondare 
a tutto potere, nei limiti delle costituzionali sue fa- 
coltà, l' azione del Governo onde giungere a questo 
importantissimo scopo. Esso sarà non meno attento e 
circospetto nella scelta e nella misura dei mezzi di 
soddisfare ai contratti impegnL 

La Maestà Vostra con intendimento non meno be- 
nevolo che sapiente ha voluto ornare la nostra sede 
colla venerata effigie dell' augusto e magnanimo suo 
Genitore, che, dopo averci retti con illuminato governo, 
compì r opera della nostra rigenerazione politica dan- 
doci lo Statuto, e promosse la felicità degli aviti do- 
minii rannodandone la gloria con quella della comune 
patria italiana. 

L' atto che ci si rappresenta in questa effigie rac- 
chiude il doppio simbolo d' affetto alia legge e di pron- 
tezza alia difesa, ed in esso stanno riposte per noi la 
storia del passato, 1' ammaestramento del presente, le 
guarentigie delF avvenire. 

Degnatevi, Sire, di accogliere colla consueta beni- 
gnità il riverente omaggio che il Senato del vostro Re- 
gno depone ai piedi del Trono. 



185d] E IL PABLAMdTO SUBALPINO. 139 

XXXVU. 

Indirizzo déUa Camera dei Deputati in risposta ci Di- 
scorso déUa Corona del M dicembre 1857, dettato, 
per incarico dd Presidente, dal deputato Marco. 

[ApproTsto il 20 gennaio 1856.] 

Sibb! 

L' effigie dell' angasto vostro 6eDÌtore, ìnaagnrata 
con pietà figliale dinanzi all' aula del Senato lo stesso 
giorno che vi piacque di portarvi in mezzo al Parla- 
mento, richiamò alla mente di ognuno tutta quella 
serie di avvenimenti da cui il suo ed il vostro nome 
emersero splendidi di gloria. Re Carlo Alberto suona 
magnanimità, Re Vittorio Emanuele suona valore, co- 
stanza, lealtà, le più belle gemme che ornino dia- 
dema reale. 

Noi, memori del passato, fidenti nell' avvenire, sen- 
tiamo ora tutta la gioia di potervi rassegnare l'espres- 
sione dei nostri sentimenti di devozione alla vostra 
persona, verso cui stanno rivolti gli sguardi non solo 
del vostro popolo, ma d' Italia e d' Europa. 

Superate difficoltà di ogni maniera, per cui ci 
spinse la Provvidenza a fine di temperarci a maggior 
vigore e d'innalzarci a più alti disegni, vinceremo, 
stretti con voi, ancora le presenti, dando in mezzo 
all' urto delle passioni e degl' interessi il nobile esem- 
pio, presso noi già antico, di unione intima ed indisso- 
lubile di Popolo e Re. 

Le passate Legislature da voi, o Sire, commen- 
date, ne lasciarono eredità di grandi fatti nazionali. 
Noi e' inspireremo a quegli stessi sentimenti onde ori- 
ginarono, colla norma sempre del bene del paese. 



140 VITTOBIO BMÀNUELB n [1858 

Fermi nei principii liberali, i nostri sforzi saranno 
tutti intenti a svolgerne gli effetti, per mettere in ar- 
monia fra loro le parti che costituiscono il nostro 
edifizio politico, che riposa oramai sopra base irremo- 
vibile. 

La fermezza e la lealtà di Vostra Maestà sì nel- 
r interno che all' estero, mentre vi collocarono fra i 
più venerati sovrani, accrebbero altresì a questo re- 
gno l'amicizia dei primari Stati d'Europa. Le rela- 
zioni politiche e commerciali ristorate ed accresciute, 
l'incremento dei traffichi e delle industrie ne sono 
una prova. Noi ve ne ringraziamo e ci protestiamo 
riconoscenti. 

La finanza dello Stato, già migliorata, avrà tutta 
la nostra attenzione per introdurre il pareggio fra le 
entrate e le uscite, mediante quella parsimonia saggia 
e previdente che, mentre allevia da un lato il contri- 
buente, non scemi dall' altro le forze del paese, non 
turbi i pubblici servizi e non interrompa le grandi 
opere iniziate che mirano a guarentire l' indipendenza 
dello Stato, a metterlo in condizione di adempiere i 
doveri che gli possono venire imposti dalla sua poh- 
tica nazionale, ad avvicinare le popolazioni poste di 
qua e di là da' monti, e ad assicurare il benessere 
economico e morale di tutti. 

Sire l 

Il vessillo tricolore che sventola dalla cima delle 
Alpi a quella dell'Appennino testimonia alla patria 
comune italiana che qui principe e popolo ne com- 
prendono i destini. 



1859] E Hi PARLAMENTO SUBALPINO. 141 

xxxvm. 

Discorso pronundcUo dal Be Vittorio Emanuele II 
cUC apertura deUa 2" Sessione deUa VI Legislatura 
del Parlamento, quando già, nei convegni di Pioni- 
bières, il conte di Cavour e V Imperatore Napoleo- 
ne III avevano gettato le basi délV alleanza franco- 
sarda per la liheroMone delle provincie italiane 
soggette all'Austria. 

[10 gennaio 1859.] 

SionTOBi Senatori I Signori Deputati ! 

La nuova Legislatura, inaugurata or fa' un anno, 
non ha fallito alle speranze del paese, alla mia aspet- 
tazione. 

Mediante il suo illuminato e leale concorso Noi ab- 
biamo superate le difficoltà della politica interna ed 
estera, rendendo così più saldi quei larghi principii di 
nazionaUtà e di progresso sui quali riposano le nostre 
libere istituzioni. 

Proseguendo nella medesima via, porterete questo 
anno nuovi miglioramenti nei vari rami della legisla- 
zione e della pubblica amministrazione. 

Nella scorsa Sessione vi furono presentati alcuni 
progetti intorno all'amministrazione della giustizia. 

Kiprendendone l'interrotto esame, confido che in 
questa verrà provveduto al riordinamento della Ma- 
gistratura, alla istituzione delle Corti d'assisie ed alla 
revisione del Codice di procedura. 

Sarete di nuovo chiamati a deliberare intorno alla 
riforma dell'amministrazione dei comuni e delle prò- 



142 VITTORIO SMÀNUELB n [1859 

vincie. U vivissimo desiderio ch'essa desta vi sarà di 
eccitamento a dedicarvi le speciali vostre cure. 

Vi saranno proposte alcune modificazioni alia legge 
sulla Guardia Nazionale affinchè, serbate intatte le basi 
di questa nobile istituzione, sieno introdotti in essa 
quei miglioramenti suggeriti dall'esperienza atti a ren- 
dere la sua azione più efficace in tutti i tempi. 

La crisi commerciale da cui non andò immune il 
nostro paese, e la calamità che colpi ripetutamente la 
principale nostra industria, scemarono i proventi dello 
Stato ; ci tolsero di vedere fin d'ora realizzate le con- 
cepite speranze di un compiuto pareggio tra le spese 
e le entrate pubbliche. 

Ciò non v' impedirà di conciliare, nell'esame del fu- 
turo bilancio, i bisogni dello btato coi principii di se- 
vera economia. 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

L'orizzonte in mezzo a cui sorge il nuovo anno 
non è pienamente sereno; ciò nondimeno vi accinge- 
rete colla consueta alacrità ai vostri lavori parla- 
mentari. 

Confortati dall' esperienza del passato, andiamo ri- 
solutamente incontro alle eventualità dell'avvenire. 

Quest' avvenire sarà felice, riposando la nostra po- 
litica sulla giustizia, sull'amore della libertà e della 
patria. 

Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò cre- 
dito nei Consigli dell'Europa, perchè grande per le 
idee che rappresenta, per le simpatie eh' esso inspira. 

Questa condizione non è scevra di pericoli, giacché 
nel mentre che rispettiamo i trattati, non siamo in- 
sensibili al grido di dolore che da tante parti d' Italia 
si leva verso di Noi. 



1859] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 143 

Forti per la concordia, fidenti nel nostro buon 
diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della 
Divina Provvidenza. 



XXXIX. 



Indirizzo del Senato del Eegno in risposta al Discorso 
della Corona del 10 gennaio 1859, compilato dal- 
l'Ufficio di Presidenza. 

[Approvato il 19 gennaio 1859.] 
SiBE ! 

Sorgono nella vita dei popoli tali solenni con- 
giunture, che comandano di stringere colla prudenza 
il freno ai desiderii, di conformare con 1^ concordia 
l'energia della volontà. 

Nel richiamarci all'opera delle civili riforme, alla 
cura delle desiderate economie, la M. V. scorge in un 
turbato orizzonte indizi di complicazioni e forse di 
pericoli non molto lontani. Ferma nel rispetto dei trat- 
tati, quanto sollecita delle sorti italiane, eila c'in- 
cuora a sperare dalla Divina Provvidenza il rimedio 
di non meritati dolori. 

Il Senato del Regno, fedele al suo mandato, appor- 
terà al Governo di V. M. il leale concorso dei suoi 
studi e della sua esperienza pel miglioramento delle 
leggi e della interna condizione dello Stato, fatta in 
alcune parti meno lieta dalla scarsezza di qualche 
ricolta e dagli effetti di una lunga crisi commerciale. 

Intenti a cooperare con voi per riparare ai mali 
passati, per provvedere alla prosperità dell'avvenire, 
noi comprenderemo sempre in un solo affetto, in un 



144 VITTORIO BMANUBLB 11 [1859 

sol voto, in una sola speranza, la gloria di V.M., l'onore 
della sua Corona, la libertà, la grandezza e la felicità 
della patria. 



XL. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta d 
Discorso della Corona del 10 gennaio 1859, dettato, 
per incarico del Presidente, dal deputato Correnti 

[15 gennaio 1859.] 
SiBE ! 

La Camera elettiva, confortata dalla vostra appro- 
vazione e dai vostri consigli, si accinge a rendervi quei 
ringraziamenti, che soli sono degni di voi, colP asse- 
condare alacre ed unanime gli alti propositi maturati 
nella vostra mente e nei desiderii della nazione. 

Le proferte di leggi che V. M. ci annunzia, dirette a 
riordinare la magistratura, a rendere più pronta ed 
efficace T amministrazione della giustizia, a dare uno 
stabile assetto alle franchigie dei comuni e delle Pro- 
vincie, e a ricostituire la Guardia Nazionale per forma, 
ch'ella possa più attamente concorrere col vostro va- 
loroso esercito alla difesa del territorio dello Stato, 
ci sono novella prova del senno con cui la M. V. sa 
accordare le necessità d'una forte disciplina civile 
colle ragioni della libertà. 

E di questo sicuro senno sarà più che mai mestieri 
pei tempi gravi e difficili, che forse ci sovrastano, e 
ai quali la M. V. volle prepararci esortandoci a spe- 
rar bene della patria, e a bene augurare dell'avvenire. 
E voi avete veramente diritto, o Sire, di trarre dal 
passato auspicii di speranza e promesse di fiducia. Il 
vostro popolo, ricorrendo col pensiero gli eventi for- 



1859] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 145 

tunosi e vari di questi ultimi dieci anni, sa a prova 
che la vostra voce non lo ha mai ingannato, anche 
quando addolorata e austera consigliava rassegnazione, 
anche quando dimandava sacrifici, di cui non si po- 
tevano veder subito i frutti. Ed ora la vostra voce, 
cara e autorevole a tutte le genti civili, compatendo 
con magnanima pietà ai dolori d'Italia, destò certo 
il ricordo delle solenni promesse della diplomazia, che 
fin qui rimasero inadempite; ma nel tempo stesso calmò 
le cieche impazienze, e afforzò nei popoli la fede nella 
provvidenza della civiltà e nella potenza riparatrice 
della pubblica opinione. 

Se questo arbitrato consolatore, se questo appello 
alla ragione pubblica dovesse attirare pericoli o mi- 
naccio sul vostro sacro capo, la nazione, che venera 
in voi il suo Principe lealissimo, che vi riconosce come 
il possente intercessore della causa della libertà di- 
nanzi ai Consigli europei, che vede tutte le ire delle 
fazioni umiliarsi davanti al grand' esempio della vostra 
fedeltà, che sa come in voi e per voi siasi infine tro- 
vato il segreto, perduto da tanti secoli, della concordia 
italiana, s'accoglierà tutta intorno a voi e mostrerà 
com'essa abbia riappreso l'arte antica di conciliare 
l'ubbidienza del soldato colla libertà del cittadino. 



XLL 

Thoclàma rivólto dal Be Vittorio Emanuele II al- 
V esercito, dopo la dichiarazione di guerra fatta 
dalV Austria alla Sardegna. 

[27 aprile 1859.] 

Soldati! 

L'Austria che ai nostri confini ingrossa gli eser- 
citi, e minaccia d' invadere le nostre terre, perchè la 

10 



146 VITTOBIO EMANUISLE U [1859 

libertà qui regna con l'ordine, perchè non la forza 
ma la concordia e l'affetto tra popolo e Sovrano qui 
reggono lo Stato, perchè qui trovano ascolto le grida 
di dolore d'Italia oppressa; l'Austria osa intimare a 
noi, armati soltanto a difesa, che deponiamo le armi 
e ci mettiamo in sua balia. 

L'oltraggiosa intimazione doveva avere condegna 
risposta. Io la ho disdegnosamente respinta. 

Soldati! Ve ne do l'annuncio, sicuro che farete 
vostro l'oltraggio fatto al vostro Ke, alla nazione. 
L' annunzio che vi do è annunzio di guerra. AlParmi 
dunque, o soldati! 

Vi troverete a fronte di un nemico che non vi è 
nuovo ; ma s' egli è valoroso e disciplinato, voi non ne 
temete il confronto: e potete vantare le giornate di 
Goito, di Pastrengo, di Santa Lucia, di Sommacam- 
pagna, di Custoza stessa, in cui quattro sole brigate 
lottarono tre giorni contro cinque corpi d'armata. 

Io sarò vostro duce. Altre volte ci siamo conosciuti 
con gran parte di voi nel fervore delle pugne ; ed io, 
combattendo a fianco del magnanimo mio Genitore, 
ammirai con orgoglio il vostro valore. 

Sul campo dell'onore e della gloria, voi, son certo, 
saprete conservare, anzi accrescere, la vostra fama di 
prodi. 

Avrete a compagni quegli intrepidi soldati di Fran- 
cia, vincitori di tante e segnalate battaglie, di cui 
foste commilitoni alla Cernaia, e che Napoleone III, 
sempre accorrente là dove vi è una causa giusta da 
difendere e la civiltà da far prevalere, c'invia gene- 
rosamente in aiuto in numerose schiere. 

Movete dunque fidenti nella vittoria, e di novelli 
allori fregiate la vostra bandiera : quella bandiera che 
coi tre suoi colori, e colla eletta gioventù, qui da ogni 



1869] E IL PAELAMBNTO SUBALPINO. 147 

parte d'Italia convenuta, e sotto a lei raccolta, vi ad- 
dita che avete a compito vostro l'indipendenza d'Ita- 
lia : questa giusta e santa impresa, che sarà il vostro 
grido di guerra. 

Torino, 27 aprile 1869. 

Vittorio Emanuele. 



XLII. 

pRoriAVA rivólto nella stessa occasione 
Cai Be Vittorio Emanuele H ai popoli d'Italia. 

[29 aprile 1859.] 

Popoli del Eegno! 

L'Austria ci assale col poderoso esercito che, si- 
mulando amor di pace, ha adunato a nostra offesa 
nelle infelici provincie soggette alla sua dominazione. 

Non potendo sopportare l'esempio dei nostri ordini 
civili, né volendo sottomettersi al giudizio di un Con- 
gresso europeo sui mali e sui pericoli dei quali essa 
fu sola cagione in Italia, l'Austria viola la promessa 
data alla Gran Brettagna, e fa caso di guerra d' una 
legge d'onore. 

L'Austria osa domandare che siano diminuite le 
nostre truppe, disarmata e data in balìa quell'animosa 
gioventù che da tutte parti d' Italia è accorsa a difen- 
dere la nostra bandiera dell'indipendenza nazionale. 

Geloso custode dell'avito patrimonio comune di 
onore e di gloria, io do lo Stato a reggere al mio ama- 
tissimo Cugino, il Principe Eugenio, e ripiglio la spada. 

Coi miei soldati combatteranno le battaglie della 
libertà e della giustizia i prodi soldati dell'Impera- 
tore Napoleone, mio generoso alleato. 



14d TITTOBIO EMAinJILE U [1859 

Popoli d^ Italia! 

L'Austria assale il Piemonte perchè ha perorata 
la causa della comune patria nei Consìgli dell'Europa; 
perchè non fu insensibile ai vostri gridi di dolore. 

Così essa rompe oggi violentemente quei trattati 
che non ha rispettato mai. Così oggi è intero il diritto 
della nazione, ed io posso in piena coscienza sciogliere 
il voto fatto sulla tomba del mio magnanimo Genitore! 
Impugnando le armi per difendere il mio Trono, la 
libertà de' miei popoli, l'onore del nome italiano, io 
combatto pel diritto di tutta la nazione. 

Confidiamo in Dio e nella nostra concordia, con- 
fidiamo nel valore dei soldati italiani, nell'alleanza 
della nobile nazione francese, confidiamo nella giusti- 
zia della pubblica opinione. 

Io non ho altra ambizione che quella di essere il 
^^rimo soldato della indipendenza italiana. 

Viva l'Italia! 

Torino, 29 aprile '1859. 

VITTORIO EMANUELE. 

C. CAVOUR. 



XLIII. 

Proclama del Be Vittorio Emanuele II alV esercito, 
dopo la vittoria riportata dal medesimo a Falestro, 
Vinzaglio e Casalino il 80 maggio, anniversario 
della h attaglia di Goito nel 1848, 

[30 maggio 1859.] 

Soldati! 

La prima nostra battaglia segnò la prima nostra 
vittoria. L' eroico vostro coraggio, il mirabile ordine 



1859] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 149 

delle vostre file, l'ardire e la sagacia dei capi hanno 
oggi trionfato a Palestre, a Vinzaglio, a Casaline. 

L'avversario ripetutamente attaccato abbandonava, 
dopo ostinata difesa, le forti sue posizioni alle vostre 
mani. Questa campagna non poteva aprirsi sotto più 
felici auspicii. 

Il trionfo di oggi ci è arra sicura, che altre vit- 
torie voi riserverete alla gloria del vostro Re, alla fama 
della valorosa armata piemontese. 

Soldati! 

La patria esultante vi esprime per mezzo mio la 
sua riconoscenza, e, superba delle nostre battaglie, 
essa già addita alla storia i nomi degli eroici suoi 
figli, che per la seconda vòlta nel memorabile giorno 
del 3Ò maggio hanno valorosamente combattuto per lei. 

Dal Torrione, 80 maggio 1859. 

Vittorio Emanuele. 



XLIV. 

Proclama del Be Vittorio Emanuele II aW esercito 
dopo la seconda giornata di Falestro. 

[31 maggio 1859.] 

Soldati ! 

Oggi un nuovo e splendido fatto d'armi è stato 
segnalato da novella vittoria. Il nemico ci attaccava 
vigorosamente nelle posizioni di Palestre. Portando 
poderose forze contro la nostra destra, tendeva ad 
impedire la congiunzione delle nostre colle truppe 
del maresciallo Canrobert. L'istante era supremo. Di 



150 Ysm^wxo wmàmmm n [Ì8N 

gran lunga inferiori in wub&kh^ aU^aTMnariò etano 
te nostre schiere. Ma statano a fronto é^ assali- 
tori le Talorose truppe della 4^diri8kme, guidate dal 
generale Gialdini, e V ìmpareggiaìbìle 3* reggimento dei 
Zuavi, il quale, operando in questo gjkand ooll'esei^ 
cito sardo, possentemente contribuiva sH^ vittoria. 

Micidiale fu la mischia. M|i alla pecfine le truppe 
alleate respinsero il n^nico dopo av^gli t^to toccare 
gravissime perdite, fra le quali un g^meoBBiì» e parec- 
chi ufficiali. À mille circa sommano i prigionieri au- 
striaci. Otto cannoni furono presi alla baiemeita, cinque 
dai Zuavi, tre dai nostri. Nello stesso mentre in coi 
avveniva il combattimento di PalestrOt il g^ierale 
Fanti con pari successo recingeva colle tnq^pe ddla 
2* divisione un altro attacco diretto dbigli ioistrìaci 
sopra Gonfienza. 

S. M. V Imperatore, nel visitare il campo di battar 
glia, esprimeva le sue più sentite congratulazioni, ed 
apprezzava V immenso vantaggio di questa giornata. 

Soldati ! 

Perseverate in questi vostri sublimi propositi, ed 
Io vi assicuro che il Cielo coronerà la vostra opera 
così coraggiosamente iniziata. 

Dal Quartiere Generale principale al Torrione, 81 mag» 
gio 1859. 

ViTTOEio Emanuele. 



1859] £ IL PASLAHSNTO SUBALPIXO. 151 



XLV. 

Proclama rivolto dal Be Vittorio Emanude II ai po- 
poli della Lombardia, entrando a Milano per ef- 
fetto della vittoria di Magenta. 

[9 giugno 1859.] 

Popoli di Lombardia! 

La vittoria delle armi liberatrici mi condace fra voi. 

Ristaurato il diritto nazionale, i vostri voti raflfer- 
mano l'unione col mio regno che si fonda nelle guaren- 
tigie del vivere civile. La forma temporanea che oggi 
do al governo è richiesta dalle necessità della guerra. 
Assicurata T indipendenza, le menti acquisteranno la 
compostezza, gli animi la virtù, e sarà quindi fondato 
un libero e durevole reggimento. 

Popoli di Lombabdia! 

I Subalpini hanno fatto e fanno grandi sacrificii 
per la patria comune; il nostro esercito, che accoglie 
nelle sue file molti animosi volontari delle vostre e 
delle altre provincie italiane, già diede splendida 
prova del suo valore, vittoriosamente combattendo 
per la causa nazionale. 

L'Imperatore dei Francesi, generoso nostro alleato, 
degno del nome e del genio di Napoleone, facendosi 
duce dell'eroico esercito di quella grande nazione, 
vuole liberare l' Italia dalle Alpi all' Adriatico.* Fa- 

* Nel proclama rivolto dall' Imperatore Napoleone III al jiopolo fran- 
cese addi 3 maggio 1859, pochi giorni prima di partire per la campagna 

d' Italia, si leggeva la seguente frase : « L'Autriche a ameno les 

ehoses à cotte extrémité, quUl faut qu'elle domine jusqu'aux Alpes, oa 



152 VITTOBIO EMANUELE II [1859 

cendo a gara di sacrifici, seconderete questi magna- 
nimi propositi su i campi di battaglia, vi mostrerete 
degni dei destini a cui l'Italia è in ora chiamata dopo 
secoli di dolori. 

Dal Quartiere Generale principale di Milano, 9 giugno 1859. 

Vittorio Emanuele. 

que l'Italie soit libre jusqa'à l'Adriatique. » — Ecco ora il proclama che 
rimperatore diresse agli Italiani dopo il sao arrivo a Milano: 

« Italiani ! 

> La fortuna della guerra mi conduce oggi nella capitale della Lom- 
bardia ; or vengo a dirvi perchè ci sono. 

> Quando V Austria aggredì ingiustamente il Piemonte, io mi sona 
deciso di sostenere il mio alleato, il Re di Sardegna: 1* onore e gl'in- 
teressi della Francia me lo imponevano. I vostri nemici, che sono i miei, 
hanno tentato di sminuire la simpatia eh' era universale in Europa per 
la vostra causa, facendo credere eh' io non facessi la guerra che per 
ambizione personale o per ingrandire il territorio della Francia. Se mai 
v' hanno uomini che non comprendano il loro tempo, io non sono certo 
nel novero di costoro. L' opinione pubblica è oggi illuminata per modo 
che si diventa piti grande per l' influenza morale esercitata che per iste- 
rilì conquiste, e quest' influenza morale io la cerco con orgoglio contri- 
buendo a far libera una delle più belle parti d' Europa. La vostra ac- 
coglienza mi ha già provato che voi m'avete compreso. 

Io non vengo tra voi con un sistema preconcepito, per ispossessare 
sovrani, o per imporre la mia volontà ; il mio esercito non si occuperà 
che di due cose: combattere i vostri nemici e mantenere l'ordine interno; 
esso non porrà ostacolo alcuno alla libera manifestazione de' vostri legit- 
timi voti. La Provvidenza favorisco talvolta i popoli come gì' individui, 
dando loro occasione di farsi grandi d'un tratto; ma a questa condizione 
soltanto, che sappiano approfittarne. Il vostro desiderio d' indipendenza 
così vagamente espresso, così sovente deluso, si realizzerà se saprete 
mostrarvene degni. Unitevi dunque in un solo intento, la liberazione 
del vostro paese. Organizzatevi militarmente: volate sotto le bandiere 
di Re Vittorio Emanuele, che vi ha così nobilmente mostrata la via del- 
l' onore. Ricordatevi che senza disciplina non vi ha esercito, e ardenti 
del santo fuoco della patria, non siate oggi che soldati : domani sarete 
liberi cittadini di un grande paese, 

» Dal Quartiere Generale di Milano, 8 giugno 1859. 

» Napoleone. » 



1859] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 153 

XLVL 

Proclama diretto dal Be Vittorio Emanuele II al- 
V esercito il giorno segtiente alla battaglia di Sol- 
ferino e San Martino. 

[25 giugno 1859.] 

Soldati ! 

In due mesi di guerra dalle invase sponde della 
Sesia e del Po voi correste di vittoria in vittoria alle 
rive del Garda e del Mincio. Nella via gloriosa da voi 
percorsa, in compagnia del generoso e potente nostro 
alleato, voi deste ovunque le più splendide prove di 
disciplina e di eroismo. La nazione va altera di voi : 
l'Italia tutta, che conta con orgoglio tra le vostre file 
i migliori suoi figli, plaude alla vostra virtù, e dalle 
gesta vostre trae augurio e fiducia nei suoi futuri 
destini. Ora fuvvi nuova e grande vittoria: nuova- 
mente spargeste il vostro sangue, vincendo un nemico 
grosso di numero e protetto da fortissime posizioni. 

Nella giornata, oramai famosa, di Solferino e San 
Martino, voi respingeste, combattendo dall'alba a notte 
chiusa, preceduti dagli intrepidi vostri capi, i ripetuti 
assalti del nemico, e lo forzaste a ripassare il Mincio, 
lasciando nelle mani vostre e sul campo di battaglia 
uomini, armi e cannoni. 

Dal suo canto l'esercito francese ottenne eguali 
risultati ed egual gloria, dando nuove prove di quel- 
l'impareggiabile valore che da secoli chiama l'am- 
mirazione del mondo su quelle eroiche schiere. 

La vittoria costò gravi sacrifizi ; ma da quel no- 
bile sangue, largamente sparso per la più santa delle 
cause, imparerà l'Europa come l'Italia sia degna di 
sedere fra le nazioni. 



154 VITTORIO EMANUELB II [1859 

Soldati! 

Nelle precedenti battagKe io ebbi spesso occasione 
di segnalare all'ordine del giorno i nomi di molti 
di voi. Oggi io porto all'ordine del giorno l'intiero 
esercito. 

Dal Quartiere Generale principale di BiyolteUa, il 25 giu- 
gno 1859. 

Vittorio Emanuele. 



XLVn. 



Froclama cól quale il Re Vittorio Eman/ueìe H pren- 
deva congedo dcdV esercito dopo la sHpulajsfione dei^ 
preliminari di pace di Villafranca. 

[12 luglio 1859.] 

Soldati ! 

Dopo due mesi di campagna noi giungevamo vit- 
toriosi sulle rive del Mincio. Le nostre armi, unite a 
quelle valorose dei nostri alleati, hanno trionfato per 
ogni dove. 

Il vostro coraggio, la vostra disciplina, la vostra 
perseveranza, vi fecero ammirare da tutta l'Europa. 
11 nome del soldato italiano corre oggigiorno venerato 
sullo labbra di tutti. 

Io, che ebbi la gloria di comandarvi, ho potuto 
apprezzare quanto di eroico e di sublime vi fosse nel 
vostro contegno durante il periodo di questa guerra. 
Egli è inutile, o soldati, che io ripeta che avete acqui- 
stato il più gran titolo alla mia riconoscenza e a quella 
della patria. 



1859] b il pablamento subalpino. 155 

Soldati! 

Importanti affari di Stato mi chiamano alla capi- 
tale. Io affido il comando dell'esercito al distinto e 
prode generale La Marmora, che ha diviso con noi 
i pericoli e le glorie di questa campagna. Ora vi an- 
nuncio la pace; ma se mai nell'avvenire l'onore della 
patria nostra vi richiamasse alla pugna, voi mi rive- 
drete alla vostra testa, sicuro che noi marceremo di 
bel nuovo alla vittoria. 

MonzambanO; 12 lugUo 1859. 

Vittorio Emanuele. 



XLVIII. 



Fboclama rivolto nella stessa occasione 
dal Be Vittorio Emanuele II ai popoli della Lombardia. 

[18 lugUo 1859.] 

Popoli della Lombabdia! 

H Cielo ha benedetto le nostre armi. Col possente 
aiuto del magnanimo e valoroso nostro alleato, l' Im- 
peratore Napoleone, noi siamo giunti in pochi giorni 
di vittoria in vittoria sulle rive del Mincio. In oggi 
io ritorno fra voi per darvi il fausto annuncio che 
Iddio ha esauditi i nostri voti. 

Un armistizio, seguito da preliminari di pace, ha 
assicurato ai popoli della Lombardia la loro indipen- 
denza, secondo i desiderii da voi tante volte espressi. 
Voi formerete d'ora innanzi cogli antichi nostri Stati 
una sola libera famiglia. Io prenderò a reggere le 



136 TiTTORio sxjiaruzLS n [1860 

vostre sorti, e sicuro di troTare in voi quel concorso 
di cui ha d' uopo il capo dello Stato per creare una 
novella amministrazione, io vi dico: Popoli della Lom- 
bardia, fidate nel vostro Re : Egli provvedere a sta- 
bilire sovra solide ed imperiture basi la felicità delle 
vostre contrade, che il Cielo ha affidato al suo governo. 

Milano, li 13 lngHo 1859. 

Vittorio Emanuele. 



XLIX. 



Proclama dei Re Vittorio Emanuele II ai popoli deV 
V Italia centrale dopo V annessione ddV Emilia e 
della Toscana. 

[25 marzo 1860.] 

Popoli dell'Italia oentbale! 

I vostri voti sono soddisfatti. Voi siete uniti cogli 
altri miei popoli in una sola monarchia: questo pre- 
mio hanno meritato la vostra concordia e la perse- 
veranza. 

Grande benefizio è questo per la nostra patria, per 
la civiltà. Ma perchè se ne raccolga ogni miglior frutto, 
è necessario il perdurare ancora nella virtù, di cui 
avete dato mirabile esempio, e sovra tutto è neces- 
saria la ferma volontà di sacrificio, senza la quale male 
si compiono, male si assicurano le grandi imprese. 

Io pongo in voi quella fede che non indarno avete 
posta in me. Il patto che ci lega indissolubile, è patto 
d' onore verso la patria comune e la civiltà universale. 

Io non ebbi in passato altra ambizione che quella 
di porre a cimento la vita per l'indipendenza d'Italia, 



1860] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 157 

8 di dare ai popoli l' esempio della lealtà, per cui, 
ristorandosi la pubblica morale, si dà colla libertà 
saldo fondamento agli Stati. 

Ora ho l'ambizione di procacciare a Me ed alla 
mìa Famiglia dai popoli nuovamente uniti quella de- 
vota affezione per cui vanno celebrati i Subalpini: 
ambisco di fortificare gl'Italiani nella unanimità di 
quei nobili sentimenti per la quale si forma il forte 
temperamento dei popoli, che sa provare V avversa e 
preparare la buona fortuna. 

Torino, addì 25 marzo 1860. 

VITTORIO EMANUELE. 

FARINI. 



L. 

Proclama rivólto dal Be Vittorio Emanuele II agli 
abitanti della Savoia e della contea di Ni^^a in se- 
guito alla firtna del trattato per la cessione di quelle 
provincia alla Francia, 

[lo aprile 1860.] 

Atjx habitans db la Savoie et db Nice. 

Un traité, conclu le 24 mars, établit que la réu- 
nion de la Savoie et de Nice à la Franco aura lieu 
avec l'adbésion des populations, et la sanction du 
Parlement. 

Quelquó pénible qu'il me soit de me séparer de 
provinces qui ont fait si longtemps partie des Etats 
de mes ancètres, et auxquelles tant de souvenirs me 



158 VITTOKIO EMANUELE U [186C 

rattachent, j'aì dù considérer que les changements 
territoriaux, amenés par la guerre en Italie, justifiaient 
la demande que mon auguste allié PEmpereur Napo- 
léon m'a adressée pour obtenir cette réunion. J'ai dù 
en outre tenir compte des services immenses que la 
France a rendus à l'Italie ; des sacrifices qu'elle a faits 
dans l'intérèt de son indépendance, des liens que les 
batailles et les traités ont formés entre les deux pays. 
Je ne pouvais méconnaitre, d'ailleurs, que le dévelop- 
pement du commerce, la rapidité et la facilité des 
Communications augmentent chaque jour davantage 
Timportance et le nombre des rapports de la Savoie 
et de Nice avec la France. Je n'ai pu oublier enfin 
que des grandes affinités de race, de langage et de 
moeurs rendent ces rapports de plus en plus intimes 
et naturels. 

Toutefois ce grand changement dans le sort de 
vos provinces ne saurait vous ètre impose. Il doit 
étre le résultat de votre libre consentement. Telle 
est ma ferme volente : telle est aussi l'intention de 
l'Empereur des Frangais. Pour que rien ne puisse 
géner la libre manifestation de vos voeux, je rappelle 
ceux parmi les principaux fonctionnaires de l'ordre 
administratif, qui n'appartiennent pas à votre pays, 
et je les .remplace momentanément par plusieurs de 
vos concitoyens entourés de l'estime et de la consi- 
dération generale. 

Dans ces circonstances solennelles, vous vous mon- 
trerez dignes de la réputation que vous avez acquise. 
Si vous devrez suivre d'autres destinées, faites en sorte 
que les Frangais vous accueillent comme des frères, 
qu'on a depuis longtemps appris à apprécier et à 
estimer. Faites que votre réunion à la France soit un 
lien de plus entre deux nations dont la mission est 



1860] E IL PABLAMENTO SUBALPINO. 159 

de travailler de concert au développement de la ci- 
vilisation. 

Tìirin, 1" avril 1860. 

VICTOR EMMANUEL. 

C. CAVOUR. 



LI. 

Discorso pronundato dal Be Vittorio Emanuele 11 
(dV apertura della VII Legislatura del Parlamento^ 
accresciuito dai rappresentanti della Lombardia e 
delV Italia centrale. 

[2 aprile 1860.] 

SiGNOEi Sbnatobi! Signori Deputati! 

L' ultima volta che io apriva il Parlamento, ia 
mezzo ai dolori dell' Italia ed ai pericoli dello Stato, 
la fede nella divina giustizia confortavami a bene au- 
gurare delle nostre sorti. 

In tempo brevissimo un' invasione respinta, libera 
la Lombardia per gloriose gesta di eserciti, libera 
r Italia centrale per maravigliosa virtù dei popoli, ed 
oggi qui raccolti intorno a me i rappresentanti dei 
diritto e delle speranze della nazione. 

Di tanto bene andiamo debitori ad un alleato ma- 
gnanimo, alla prodezza de' suoi e dei nostri soldati, 
alla annegazione dei volontari, alla perseverante con- 
cordia dei popoli, e ne rendiamo merito a Dio, che 
senza aiuto sovraumano non si compiono imprese me- 
morabili alle presenti ed alle future generazioni. 

Per riconoscenza alla Francia, pel bene d' Italia, 
per assodare la unione delle due nazioni, che hanno 



160 VITTORIO EMANUELE II [1860 

comunanza di origini, di principii e di destini, abbi- 
sognando alcun sacrifizio, ho fatto quello che costava 
di più al mio cuore. 

Salvi il voto dei popoli e V approvazione del Par- 
lamento, salve in risguardo della Svizzera le guaren- 
tigie del diritto internazionale, ho stipulato un trat- 
tato sulla riunione della Savoia e del circondario di 
Nizza alla Francia. 

Molte difficoltà avremo ancora a superare, ma, 
sorretto dalla opinione pubblica e dall' amore dei po- 
poli, io non lascierò ofi;*endere né menomare verun 
diritto, veruna libertà. 

Fermo, come i miei maggiori, nei dommi cattolici 
e neir ossequio al Capo supremo della religione, se 
r autorità ecclesiastica adoperi armi spirituali per in- 
teressi temporali, io nella sicura coscienza, e nelle tra- 
dizioni degli avi stessi, troverò la forza per mante- 
nere intera la libertà civile e la mia autorità, della 
quale debbo ragione a Dio solo ed ai miei popoli. 

Le Provincie dell' Emilia hanno avuto ordinamento 
conforme a quello delle antiche; ma nelle toscane, 
che hanno leggi ed ordini propri, era necessaria una 
temporanea provvisione particolare. 

Il tempo breve e gli eventi rapidi hanno impedito 
di preparare le leggi che dovranno dare assestamento 
e forza al nuovo Stato. Nel primo periodo di questa 
Legislatura non avrete a discutere che le più urgenti 
proposte. I miei Ministri prepareranno poi, colle de- 
bite consulte, i disegni sui quali nel secondo periodo 
dovrete deliberare. 

Fondata sullo Statuto la unità politica, militare e 
finanziera, e la uniformità delle leggi civili e penali, 
la progressiva libertà amministrativa della provincia 
e del comune rinnoverà nei popoli italiani quella splen- 



1860] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 161 

dida e vigorosa vita che, in altre forme di civiltà e 
di assetto europeo, era il portato delle autonomie dei 
municipi, alle quali oggi ripugna la costituzione degli 
Stati forti ed il genio della nazione. 

SiGNOEi Sbnatobi! Signobi Deputati! 

Nel dar mano agli ordinamenti nuovi, non cer- 
cando nei vecchi partiti che la memoria dei servigi 
resi alla causa comune, noi invitiamo a nobile gara 
tutte le sincere opinioni per conseguire il sommo fine 
del benessere del popolo e della grandezza della pa- 
tria. La quale non è più l' Italia dei Romani, né quella 
del medio evo: non deve essere più il campo aperto 
delle ambizioni straniere, ma deve essere bensì l'Italia 
degli Italiani. 



LII. 

Indirizzo del Senato in risposta al Discorso della Co- 
rona del 2 aprile 1860, compilato dall' Ufficio di 
Presidenza. 

[Approvato il 14 aprile 1860.] 

Sibe! 

Durante il corso dei grandi avvenimenti che si 
compivano tra l' ultima Sessione legislativa e questo 
faustissimo giorno, i nostri voti sempre vi seguirono, 
o Sire, e tra i pericoli a cui vi esponeste per l'onore 
della Corona e la salute della patria, l'ansia del nostro 
affetto si ragguagliava allo slancio del vostro valore. 

Una guerra altrettanto breve quanto gloriosa, nella 
quale voi e il potente vostro alleato misuraste il nu- 
mero delle vittorie su quello ielle battaglie, ottenne 
splendidi risultamenti, e tali da preparare nuovi ed 

u 



162 VlTTOfttO XMÀKtTlfiLI H [1860 

alti destini a quell'Italia che vi acclamava Be, mentre 
vi salutava liberatore. U Senato, che ne partecipò i do- 
lori, ne partecipa ora l'esultazione, e s'allegra della 
vostra gloria personale, che è un nazionale trionfo. 

Il doloroso sacrificio, che V. M. s' impose per as- 
sodare l'unione di due nazioni in una scambievole 
fiducia ed in più stretti legami, è pure dal Senato 
profondamente sentito : sia almeno a voi. Sire, ed a noi 
conforto il pensiero che pel concorso di virtù che s'im- 
prontano di carattere uguale, la divina Provvidenza 
avvalori le nostre più care speranze. 

Il Senato si farà un dovere di cooperare col mag- 
gior zelo a quei provvedimenti che si richiedono per 
r ordinamento di uno Stato, in cui lo provincie nuove 
gareggiano colle antiche d'amore e di fede verso 
l'augusto Sovrano, non che di civile prudenza e di 
caldissimo affetto per la libertà e per l' indipendenza 
della patria. 

Se alcun grave ostacolo rimane ancora, V. M., se- 
guendo gli esempi di fermezza e di moderazione dei 
suoi gloriosi antenati, saprà superarlo, dimostrandosi 
ad un tempo Principe cattolico e Re costituzionale. 
E per questa, come per ogni altra impresa, avrà nel 
legittimo esercizio dei suoi diritti plaudenti e coope- 
ranti il Parlamento e la Nazione. 

Il Senato, che sente lo splendore e Y autorità sua 
accresciuti dai tesori di civile sapienza che gli recano 
nuovi onorandi colleghi da tante illustri provincie, 
oggi aggregate al vostro regno, nutre ferma fiducia 
che non si tarderà a raggiungere, anche in ciò che 
riguarda V interna amministrazione, quella felicità che 
conviensi al merito di magnanimi sacrifizi con tanto 
senno o sì gran cuore sostenuti. 



1860] E IL PARLAME5?T0 SUBALPINO. 1G3 

LUI. 

/^DIRIZZO ddla Gamet^a dei Depurati in risposta al 
Discorso della Corona del 2 aprile 18G0, dettato, 
per incarico del Presidente, dal deputato Tema. 

[Approvato il 14 aprile 1860.] 

Sibe! 

La solenne parola colla quale la M. V. annunziò 
usciti propizi quei presagi, fra cui s' aperse V ultima 
Sessione legislativa, è scesa negli animi commossi e 
grati dei rappresentanti del vostro popolo, dei rap- 
presentanti sopratutto di quelle provincie, di cui non 
indarno prendeste a compatire ai dolori e a proteg- 
gere le speranze. 

Se non tutte le speranze poterono ora essere esau- 
dite, né tutti i dolori venir alleviati, la Provvidenza 
ha pur benedetto altamente le vostre prove di valore 
e di lealtà; essa ha consacrato colla vittoria delle 
armi e con quella del suffragio popolare il desiderio 
unanime di undici milioni d'Italiani. 

Mercè V aiuto d' un possente alleato, mercè la pro- 
dezza degli eserciti e l'annegazione dei volontari, 
mercè il senno e la mirabile fermezza dei popoli. Voi 
avete aggiunto alle antiche le nuove provincie della 
Lombardia, dell'Emilia e della Toscana, e composto 
con esse quel forte Stato italiano, che sarà ormai il 
fondamento incrollabile della nazione. 

Adunati ora intorno a voi, i rappresentanti di que- 
sto Stato, custode e vindice dei diritti e delle sorti 
d' Italia, sentono il debito di ringraziarvi per quanto 
avete operato in beneficio della patria comune. 

Essi sanno che, se non fallì la costanza nella scia- 



164 VITTORIO EMANt£LE II [1860 

giira, se non venne meno la fede tra i pericoli, vostro 
è il vanto d' aver sorretti gli animi e dato il primo 
l'esempio dei grandi sacrifizi. Ed ora che v'è chiesto 
il sacrificio maggióre e il più grave al vòstro cuore, 
ora che alla fortuna d' Italia cedete il possesso di no- 
bili e fedeli provincie, essi sentono vivissimo il vostro 
rammarico e si stringono con affetto più intenso in- 
torno al vostro Trono. 

Gravi difficoltà rimangono ancora a superare. Ma 
voi traete dalla devozione dei popoli, dalla sicurezza 
del diritto, dalla riverenza *di tutte le genti civili tal 
forza che basta a rintuzzare ogni offesa, a fiaccare 
ogni minaccia. In un animo, quale è il vostro, pro- 
fondamente devoto alla fede degli avi e conscio del 
bene operato, nulla possono, se travolte a conflitti ed 
intenti mondani, le armi spirituali. Nulla ha da te- 
mere per esse la vostra autorità dovunque è sacro il 
nome di patria e vivo il culto delle civili virtù. Sim- 
bolo venerato delle comuni speranze, quest' autorità 
è pei vostri popoli e per V Italia il più alto e prezioso 
dei beni : nessuno può tentare di menomarne lo 
splendore. 

Discusse le più urgenti proposte, noi attenderemo 
che il maturo consiglio del Governo di V. M. ci porga 
a deliberare le leggi regolatrici del nuovo Stato. Nella 
varietà degli ordini che ressero le provincie insieme 
aggregate, noi cercheremo V unità che stringe ma noe 
aggioga; noi, lasciando a ciascuna quel parziale svol- 
gimento di forze da cui prende impronta la nativa 
civiltà, recheremo in uno quei vincoli supremi nel cui 
nodo sta la saldezza degli Stati. Questo felice con- 
nubio delle gloriose tradizioni isteriche colle nuove 
sorti italiane ci venne già da voi additato ; ad esso 
sarà affidata la futura prosperità della nazione. 



1860] e il parlamento subalpino. 165 

Sibe! 

Questa vita novella che, mercè vostra, s' apre a sì 
gran parte d'Italia; questo sì bello esempio di civili 
virtù; questa sì rara concordia degli animi, se fanno 
contrasto colle commozioni e coi dolori resi più gravi 
d' altre provincie italiane, fanno pur fede della ma- 
turità dei comuni destini e del valore delle acquistate 
libertà. Noi, qui raccolti presso a voi, quali membri 
d'una dispersa famiglia che si riconoscono e si ab- 
bracciano esultando, pur colla gioia amareggiata dal 
pietoso desiderio degli assenti, noi sentiamo tutto il 
pregio di quella vostra parola che annunzia un'Italia 
nuova, l'Italia degl'Italiani. Questa parola ci sarà 
presente in ogni nostra deliberazione, sarà il lume 
d' ogni nostro consiglio. Essa varrà a noi di stimolo, 
agli altri, meno di noi fortunati, di conforto e di au- 
gurio. A tutti sarà bello un giorno il ripeterla, poi- 
ché avrà consociata la grandezza della nazione alla 
gloria imperitura del vostro nome. 



LIV. 

Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanuele 11 alV eser- 
cito nel momento d! intraprendere la campagna del- 
V Umbria e delle Marche. 

[11 settembre 1860.] 

Soldati I 

Voi entrate nelle Marche e nell' Umbria per ri- 
staurare l' ordine civile nelle desolate città, e per dare 
ai popoli la libertà di esprimere i propri voti. Non 
avete a combattere potenti eserciti, ma a liberare in- 
felici Provincie italiane dalle straniere compagnie, di 



166 vmoBio ■■*»■»« . [1€60 

ventura. Kon andate a vendicare le inginrìe &tte t 
Uè all'Italia, ma ad impedire che gU odii popolari 
rompano a vendetta della mala aignorìA. Ora insegne- 
rete coli' esempio il perdono delle offése e la tolleranza 
cristiana a ctii stoltamente paragonò aìVtdcmtiamo^ 
l'amore alla patria italianii. 

In pace con tutte le grandi potenze, ed alieno da 
ogni provocazione, io intendo togliere dal centro d'Ita- 
lia una cagione perenne di turbamento e di discordia. 
Io voglio 'rispettare la sede del capo della Chiesa, ai 
quale sono sempre pronto a dare, in accordo colle 
potenze alleate ed amiche, tutto quelle guarentigie di 
indipendenza e di sicurezza che i suoi ciechi consi- 
glieri ei sono indarno ripromessi dal fanatismo della 
Betta malvagia cospirante contr o la mia autorità, e la 
libertà della nazione ■^•^^i^P^^^MC. 

Soldati l 
Mi accusano di ambizione. Si : bo una ambizione : 

ed è quella di ristanrare i principii dell' ordine mo- 
rale in Italia, e di preservare l'Europa dai continui 
pericoli della rivoluzione e della guerra. 

11 settembre 1860. 

VITTORIO EMANUELE. 

CAVOUH. — FAEIHI. 



' Nel proclama diletto dal ftoncrale Lamoricière air esercito poi 
tiRcio. assumendone addi 8 aprila 1S60 il comandi), ai IcEgovauo quvsl 
parole : • La revolution, conime autrcfois l'Isltimiame, inenacc nujouid'li. 



1860] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 167 

LV. 

Ordine DEL giorno diretto dal Be Vittorio Emanuele II 
cUr esercito dopo la battaglia di Castelfidardo e la 
presa di Ancona. 

[4 ottobre 1860.] 

Soldati ! 

Sono contento di voi, perchè voi siete degni del- 
l' Italia. Colle armi avete vinto i nemici, col contegno 
i calunniatori del nom^ italiano. I vinti che rimando 
liberi parleranno dell'Italia e di voi alle genti stra- 
niere. Essi avranno imparato che Dio premia chi lo 
serve colla giustizia e colla carità, non chi opprime 
i popoli e conculca il diritto delle nazioni. 

Noi dobbiamo fondare nella libertà la forte mo- 
narchia italiana. Ci aiuteranno i popoli coli' ordine e 
colla concordia. L' esercito nazionale accrescerà sem- 
pre più la gloria che da otto secoli splende sulla Croce 
di Savoia. 

Soldati ! 

Io piglio il comando. Mi costava troppo non tro- 
varmi il primo là dove può essere il pericolo. 

Ancona; 4 ottobre 1860. 

Vittorio Emanuele. 



' 1G8 VITTOMO EMANUELE U [1860 



LVI. 

Ordine del giorno diretto dal Re ViMorio Urna- 
nude II alla marina militare nétta stessa occa- 
sione. 

[4 ottobre 1860.] 

Soldati della mabika! 

Avete ben meritato di Me e della patria. Le vo- 
stre gesta sotto le mura di Ancona sono degne degli 
eredi delle glorie di Pisa, di Venezia e di Genova. 

Soldati ! 

La nazione vi guarda con orgoglio, il vostro Re vi 
ringrazia. Sono grandi i destini della marina italiana. 

Ancona; 4 ottobre 1860. 

Vittorio Emanuele. 



LVIL 



Proclama rivolto dal Re Vittorio Emanmle II ai popoli 
delV Italia meridionale nel momento di passare il 
Tronto colV esercito, per compiere V annessione di 
quelle provincie al Regno. 

[9 ottobre 1860.] 

Al POPOLI dell'Italia meridionale. 

In un momento solenne della storia nazionale e 
dei destini italiani, rivolgo la mia parola a voi, po- 
poli dell' Italia meridionale, che, mutato lo Stato nel 
nome mio, mi avete mandato oratori di o^^ni ordine 



1860] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 169 

di cittadini, magistrati e deputati dei municipi, chie- 
dendo di essere restituiti nell'ordine, confortati di 
libertà ed uniti al mio Regno. 

Io voglio dirvi quale pensiero mi guidi, e quale sia 
in me la coscienza dei doveri, che deve adempiere chi 
dalla Provvidenza fu posto sopra un Trono italiano. 

Io salii al Trono dopo una grande sventura nazio- 
nale. Mio Padre mi diede un alto esempio, rinunziando 
la Corona per salvare la propria dignità, e la libertà 
de' suoi popoli. Carlo Alberto cadde colle armi in pu- 
gno, e morì nell'esilio. La sua morte accomunò sem- 
pre più le sorti della sua Famiglia e quelle del popolo 
italiano, che da tanti secoli ha dato a tutte le terre 
straniere le ossa dei suoi esuli, volendo rivendicare il 
retaggio di ogni gente che Dio ha posta fra gli stessi 
confini, e stretta insieme col simbolo di una sola 
favella. 

Io mi educai a quello esempio e la memoria di 
mio Padre fu la mia stella tutelare. Fra la Corona e 
la parola data, non poteva per me essere dubbia la 
scelta mai. RajBfermai la libertà in tempi poco pro- 
pizi A libertà, e volli che, esplicandosi, essa gittasse 
radici nel costume dei popoli, non potendo io avere 
a sospetto ciò che ai miei popoli era caro. Nella li- 
bertà del Piemonte, fu religiosamente rispettata la 
eredità che l'animo presago del mio augusto Geni- 
tore aveva lasciato a tutti gli Italiani. Colle franchi- 
gie rappresentative, colla popolare istruzione, colle 
grandi opere pubbliche, colla libertà dell'industria e 
dei traffici, cercai di accrescere il benessere del mio 
popolo, e volendo sì rispettata la religione cattolica, 
ma libero ognuno nel santuario della propria coscienza, 
e ferma la civile autorità, resistetti apertamente a 
quella ostinata e procacciante fazione, che si vanta la 



170 VITTOEIO EMANUELE II [1860 

sola amica e tutrice dei troni, ma che intende a co- 
mandare in nome dei Ee, ed a frapporre fra il prin- 
cipe ed il popolo la barriera delle sue intolleranti 
passioni. 

Questi modi di governo non potevano essere senza 
efifetto per la rimanente Italia. La concordia del prin- 
cipe col popolo nel proponimento della indipendenza 
nazionale e della libertà civile e politica, la tribuna 
e la stampa libera, l' esercito che aveva salvata la tra- 
dizione militare italiana sotto la bandiera tricolore, 
fecero del Piemonte il vessillo e il braccio d'Italia. 
La forza del mio principato non derivò dalle arti 
di un' occulta politica, ma dall' aperto influsso delle 
idee e della pubblica opinione. Così potei mantenere 
nella parte di popolo italiano riunita sotto il mio 
scettro, il concetto di una egemonia nazionale, onde 
•aascer dovea la concorde armonia delle divise Pro- 
vincie in una sola nazione. 

L'Italia fu fatta capace del mio pensiero, quando 
vide mandare i miei soldati sui campi della Crimea 
accanto ai soldati delle due grandi potenze occiden- 
tali. Io volli far entrare il diritto d' Italia nella realtà 
dei fatti e degli interessi europei. Al Congresso di Pa- 
rigi, i miei legati poterono parlare per la prima volta 
all' Europa dei vostri dolori. E fu a tutti manifesto 
come la preponderanza dell' Austria in Italia fosse 
infesta all' equilibrio europeo, e quanti pericoli cor- 
vessero la indipendenza, la libertà del Piemonte, se la 
rimanente penisola non fosse francata dagli influssi 
stranieri. 

11 mio magnanimo alleato, l' Imperatore Napo- 
leone III, senti che la causa italiana era degna della 
grande nazione sulla quale impera. I nuovi destini 
della nostra patria furono inaugurati da giusta guerra. 



1860] E IL PARLAMENTO SUBALPINO. 171 

I soldati italiani combatterono degnamente accanto 
alle invitte legioni della Francia. I volontari accorsi 
da tutte le provincie e da tutte le famiglie italiane 
sotto la bandiera della Croce sabauda, addimostrarono 
come tutta T Italia mi avesse investito del diritto di 
parlare e di combattere in nome suo. La ragione di 
Stato pose line alla guerra, ma non ai suoi effetti, i 
quali si andarono esplicando per la inflessibile logica 
degli avvenimenti e dei popoli. 

Se io avessi avuto queir ambizione che è imputata 
alla mia Famiglia da chi non si fa addentro nella ra- 
gione dei tempi, io avrei potuto essere soddisfatto 
dello acquisto della Lombardia. Ma io avea speso il 
sangue prezioso dei miei soldati non per me, per. 
r Italia. Io aveva chiamato gli Italiani all' armi : al- 
cune Provincie italiano avevano mutato gli ordini in- 
terni per concorrere alla guerra d' indipendenza dalla 
quale i loro principi abborrivano. Dopo la pace di Vil- 
lafranca, quelle provincie domandarono la mia pro- 
tezione contro il minacciato ristauro degli antichi 
Governi. Se i fatti dell'Italia centrale erano la con- 
seguenza della guerra alla quale noi avevamo invitati 
i popoli, se il sistema delle intervenzioni straniere 
doveva essere per sempre sbandito dall' Italia, io do- 
veva sostenere e difendere in quei popoli il diritto 
di legalmente e liberamente manifestare i voti loro. 

Ritirai il mio Governo, essi fecero un Governo or- 
dinato: ritirai le mie truppe, essi ordinarono forze 
regolari : ed a gara di concordia e di civili virtù ven- 
nero in tanta riputazione e forza, che solo per violenza 
d'armi straniere avrebbero potuto esser vinti. Grazie 
al senno dei popoli dell'Italia centrale, l'idea monar- 
chica fu in modo costante affermata, e la monarchia 
moderò moralmente quel pacifico moto popolare. Così 



172 VITTORIO EMANUELE n [1860 

l'Italia crebbe nella estimazione delle genti civili, e 
fu manifesto all'Europa come gl'Italiani siano ac- 
conci a governare sé stessi. 

Accettando l'annessione, io sapeva a quali difficoltà 
europee andassi incontro. Ma io non poteva mancare 
alla parola data agli Italiani nei proclami della guerra. 
Chi in Europa mi taccia di imprudenza, giudichi con 
animo riposato che cosa sarebbe diventata, che cosa 
diverrebbe l'Italia il giorno nel quale la monarchia 
apparisse impotente a soddisfare il bisogno della ri- 
costituzione nazionale. 

Per le annessioni, il moto nazionale, se non mutò 
nella sostanza, pigliò forme nuove: accettando dal 
diritto popolare quelle belle e nobili provincie, io do- 
veva lealmente riconoscere l'applicazione di quel prin- 
cipio, né mi era lecito di misurarla colla norma dei 
miei affetti ed interessi particolari. In suffragio di quel 
principio, io feci per l' utilità dell' Italia il sacrificio 
che più costava al mio cuore, rinunciando due nobi- 
lissime Provincie del Eegno mio. 

Ai Principi italiani che han voluto essere miei ne- 
mici, ho sempre dato schietti consigli, risoluto, se vani 
fossero, ad incontrare il pericolo che l'accecamento 
loro avrebbe fatto correre ai troni, e ad accettare la 
volontjl dell'Italia. Al Granduca io aveva indarno of- 
ferta l'alleanza prima della guerra. Al Sommo Pon- 
tefice, nel quale venero il Capo della Religione dei miei 
avi e de' miei popoli, fatta la pace, indarno scrissi of- 
ferendo di assumere il vicariato per V Umbria e per le 
Marcile. Era manifesto che quelle provincie, contenute 
soltanto dalle armi di mercenari stranieri, se non ot- 
tenessero la guarentigia di governo civile che io pro- 
poneva, sarebbero tosto o tardi venute in termine di 
rivoluzione. 



iy(>OJ E IL PAKLAMKNTO SUBALPINO. 173 

Non ricorderò i consigli dati per molti anni dallo 
potenze al re Ferdinando di Napoli. I giudizi che 
nel Congresso di Parigi furono proferiti sul suo Go- 
verno, preparavano naturalmente i popoli a mutarlo 
se vane fossero le querele della pubblica opinione e 
le pratiche della diplomazia. Al giovane suo succes- 
sore io mandai offerendo alleanza per la guerra del- 
l' indipendenza. Là pure trovai gli animi chiusi ad 
ogni affetto italiano, e gli intelletti abbuiati dalla 
passione. Era cosa naturale, che i fatti succeduti nel- 
r Italia settentrionale e centrale sollevassero più e 
più gli animi nella meridionale. 

In Sicilia questa inclinazione degli animi ruppe in 
aperta rivolta. Si combatteva per la libertà in Sicilia, 
quando un prode guerriero, devoto all' Italia ed a Me, 
il generale Garibaldi, salpava in suo aiuto. Erano Ita- 
liani. Io non poteva, non doveva rattenerli. La caduta 
del Governo di Napoli raffermò quello che il mio cuore 
sapeva: cioè quanto sia necessario ai Re l'amore, ai 
Governi la stima dei popoli. 

Nelle due Sicilie il nuovo reggimento si inaugurò 
col mio nome. Ma alcuni atti diedero a temere che non 
bene interpretasse per ogni rispetto quella politica, 
che è dal mio nome rappresentata. Tutta l' Italia ha 
temuto che, all' ombra di una gloriosa popolarità, di 
una probità antica, tentasse di riannodarsi una fazione 
pronta a sacrificare il vero trionfo nazionale alla chi- 
mera del suo ambizioso fanatismo. 

Tutti gli Italiani si sono rivolti a Me, perchè scon- 
giurassi questo pericolo. Era mio obbligo il farlo, 
perchè nell'attuale condizione di cose non sarebbe 
moderazione, non sarebbe senno, ma fiacchezza ed im- 
prudenza il non assumere con mano ferma la dire- 
zione del moto nazionale, del quale sono responsabile 



174 VITTOMO KMAKtTELE 11 [1860 

dinanzi all' Europa. Ho fatto entrare i miei soldati 
nelle Marche e nell'Umbria disperdendo quell'accoz- 
zaglia di genti d'ogni paese, d'ogni lingua, che qui si 
era raccolta, nuova e strana forma di intervento stra- 
niero, e la peggiore di tutte. Io ho proclamato l'Italia 
degli Italiani, e non permetterò mai che l' Italia di- 
venti il nido di sètte cosmopolite, che vi si raccolgano 
a tramare i disegni o della reazione o della demagogia 
universale. 

Popoli dell'Italia mebidionale! 

Le mio truppe si avanzano fra voi per raffermare 
l'ordine ; io non vengo ad impervi la mia volontà, ma 
a far rispettare la vostra. Voi potrete liberamente 
manifestarla: la Provvidenza che protegge le cause 
giuste, ispirerà il voto che deporrete nell'urna. 

Qualunque sia la gravità degli eventi, io attendo 
tranquillo il giudizio dell' Europa civile, e quello della 
storia, perchè ho la coscienza di compiere i miei do- 
veri di Ile e di Italiano. In Europa la mia politica 
non sarà forse inutile a riconciliare il progresso dei 
popoli colla stabilità della monarchia. In Italia so che 
io chiudo r èra delle rivoluzioni. 

Dato in Ancona, addì 9 ottobre 1860. 

VITTORIO EMANUELE. 

FARINI. 



LVIII. 



Indirizzo che la Camera dei Deputati eletta dopo V an- 
nessione delle Provincie della Lombardia e delV Italia 
centrale, nel metter fine a' suoi lavori, dirigeva al 



1860] fi IL PAftLAMSKTO 8tJBAL]?lK0. 175 

Ee Vittorio Emanuele II, guerreggiante nelle Pro- 
vincie napoletane, e che il deputato Giorghn dettava 
per incarico del Presidente, 

[Approyato il 19 ottobre 1860] 

Sibe! 

Questa Camera, che deve la sua origine alle re- 
centi annessioni dell'Emilia e della Toscana, sarà 
presto sciolta ' da un evento egualmente fortunato, 
l'annessione di nuove e più estese provincie, per la 
quale potrà dirsi, se non in fatto, certo virtualmente 
compita la liberazione e l' unificazione dell' intera pe- 
nisola. 

Così nessun Parlamento avrà mai una storia più 
gloriosa di questo, perchè i termini tra i quali si 
trova compresa la sua breve esistenza sono veramente 
e resteranno ì fatti più grandi del nostro nazionale 
risorgimento, perchè a lui fu dato di ratificare il 
primo di questi due fatti, e di apparecchiare il se- 
condo, mediante il pieno e leale concorso che si gloria 
(li aver prestato alla politica del vostro Governo. 

Ma i Deputati delle provincie che già si chiamano, 
presto si chiameranno antiche, non potrebbero se- 
pararsi senza pensare che a voi principalmente, o 
Sire, si deve il merito dei maravigliosi successi ai 
quali ebbero l'onore di cooperare. 

Né essi crederebbero di essere stati interpreti fe- 
deli della nazione che rappresentano, se il loro forse 
ultimo atto non fosse un' espressione solenne di quella 
profonda e devota riconoscenza che in tutti i modi e 
in tutte le occasioni vi ha manifestata l' Italia. 

E nessun momento per far giungere sino a voi 
l'omaggio della nazionale riconoscenza potrebbe es- 

• Essa infatti venne sciolta il 17 dicembre 18fiO. 



176 iriftdBio inqliilÉ^ (im 

sere più opÌN>rt!ino di quello iNd'^ìÉ^èa^^M 
stra, alla testa del suo yaloMsè ^^oito^ aÉl^tta il 
compimento dell' alta iioapf^s^ die, asdoàrando eol- 
V unità del Regno rindip«id»za della nazione itidiana 
e il libero e regolare svolgimento delle s^ grandi 
facoltà, apre all' Euiropa una nuova èra di proap^ità, 
di progresso e di pace. 

Possa, o Sire, l'affetto e la fede ebe l'Italia ri- 
pone in Toi sostenere il vostro e il nostro coraggio 
tra le difficili prove, che forse ci dividono ancora dal 
giorno, in cui un nuovo e maggiore Parlamento, wt 
nito intorno a voi, acclami il Liberatore col titolo 
augusto che deve associare indissolubtlmeaite i destini 
d'Italia a quelli della vostra nobile Stirpe. 



UJL 

Indirizzo diretto nella stessa occasione al He Vittorio 
Emanuele II dal Senato del Begno e dettato dal 
senatore De Gori. 

[Approvato il 22 ottobre 1860.] 

Sire ! 

Seguitata dall' esercito valoroso, incontrata dai ge- 
nerosi volontari, invocata ed acclamata da tanto po- 
polo, la M. V. reca agli Italiani del mezzodì l' indi- 
pendenza, r ordine e la libertà. L' indipendenza per 
la quale una nazione dee bastare a sé stessa; l'ordine 
che riposa sulle grandi verità del cristianesimo; la 
libertà che, segnando colla legge i diritti di tutti e i 
doveri di ciascuno, nobilita a un tempo gli affetti dei 
popoli e la forza depili imperi. 



1860] E IL PABLAMBNTO SUBALPINO. 177 

In tanto solenne momento, il Senato del Regno, 
dopo d' avere col suo voto concorso alla riunione delle 
genti italiane, e confortato nel suo cammino il Go- 
verno di V. M., vuole direttamente ricordarvisi, o Sire, 
ed offerirsi cooperatore ad estendere e consolidare 
nella patria comune lo Statuto che V. M. salvava a 
Novara e custodiva a Torino; onde in questo patto 
fondamentale di franchigie e di sicurtà gli Italiani 
trovino virtù, prosperità e grandezza, e senza osci- 
tanze, senza discordie, senza improntitudini si compia 
la splendida opera che Carlo Alberto Magnanimo ini- 
ziava, e che voi, o Sire, proseguite col patrio ardi- 
mento d'Italiano, di soldato e di Re. 



LX. 

'Proclama rivolto dal Be Vittorio Emanuele II ai po- 
poli dell' Italia meridionale nel giorno del suo inr 
gresso in Napoli. 

[7 novembre 1860.] 
Al POPOLI NAPOLETANI E SICILIANI. 

Il suffragio universale mi dà la sovrana potestà di 
queste nobili provincie. Accetto quest' altro decreta 
della volontà nazionale, non per ambizione di Regno, 
ma per coscienza d'Italiano. Crescono i miei, crescono 
i doveri di tutti gli Italiani. Sono più che mai neces- 
sarie la sincera concordia e la costante abnegazione. 
Tutti i partiti debbono inchinarsi devoti dinanzi alla 
maestà dell' Italia che Dio solleva. Noi dobbiamo in- 
staurare un Governo che dia guarentigia di viver li- 
bero ai popoli, e di severa probità alla pubblica opi- 

i 12 

j 



m ^^^ftlTTOSls BUiimtELE n [li 

ÙMM. lù faccio assegnamento sul concorso (?fficace di 
tatta Ift gente onesta. Dove nella legge ha freno il 
potere e presidio la libertà, ivi il Governo tanto può 
pd pabblico bene, quanto il popolo vale per la virtil. 
All' Europa dobbiamo addimostrare che, se la ir- 
M Bi sti bilfe forza degli eventi superò le convenzioni 
fondate niDe aeoolari rrantvod' Italia, mxH^piaiii» 
lìstonure nella naxiòiia oaita Timpero di <pW|^ i» 
matalnU dommi, aenia dei quali ogni ■ocictt 4 !&• 
ferma, ogni «ttont& oombattata ed inoerta. 



Proclama rivolto Sei Be Vittorio Emamiete II ai pò- 
iwlt ddla SieUia U giorno dd ano imgreSfO m Pa- 
lermo. 

[!• diembrc ISSO.] 

Popoli dblla Sicilia! 
Coir animo profondamente commosso io metto il 
piede in questa isola illustre che già, quasi augurio 
dei presenti destini d'Italia, ebbe per Principe uno 
degli avi miei, che a' giorni nostri elesse a suo Ee il 
mio rimpianto fratello, e che oggi mi chiama con una- 
nime suffragio a stendere su di essa i beneficii del 
vivere libero e della unità nazionale. Grandi cose in 
breve volgere di tempo si sono operate: grandi cose 
rimangono ad operarsi : ma ho fede che, con l' aiuto 
di Dio e delie virtù dei popoli italiani, noi condur- 
remo a compimento la ma,gDaninia impresa. II go- 
verno che io qui vengo ad instaurare sarà governo di 
riparaitione e di concordia. Esso, ricettando sincera- 



1861] B IL PARLAMENTO SUBALPINO. 179 

mente la religione, manterrà salve le antichissime 
prerogative che sono decoro della Chiesa siciliana e 
presidio della podestà civile : fonderà un' amministra- 
zione la quale ristauri i principii morali di una so- 
cietà bene ordinata, e con incessante progresso eco- 
nomico, facendo rifiorire la fertilità del suo suolo, i 
suoi commerci, l'attività della sua marina, renda a 
tutti proficui i doni che la Provvidenza ha largamente 
profusi sopra questa terra privilegiata. 

Siciliani 1 

La vostra storia è storia di grandi gesta e di ge- 
nerosi ardimenti: ora è tempo per voi, come per tutti 
gli Italiani, di mostrare all' Europa, che se sapemmo 
conquistare col valore l' indipendenza e la libertà, le 
sappiamo altresì conservare colla unione degli animi 
e colle civili virtù. 

Palermo, !<> dicembre 1860. 

VITTORIO EMANUELE. 

G. B. CASSINIS. 



LXII. 



Proclama cól quale il Be Vittorio Emanuele li annun- 
cia ai popoli ddle provinde napoletane la nomina 
del ptincipe Eugenio a suo luogotenente generale 
nelle medesime in sostituzione di Luigi Carlo Farini 

[7 gennaio 1861.] 

Italiani delle Provincie napoletane! 

Le cure di Stato mi costrinsero a separarmi con 
rammarico da voi. Non saprei darvi maggior prova 



di affetto che inviandovi il mio amato cugino, prin- 
cipe Eugenio, al quale soglio affidare, in mia assenza, 
il reggimento della monarchia. Egli governerà, le Pro- 
vincie napoletane in mio nome e con quei poteri che 
esercitai io stesso e che delegai all' illustre uomo di 
'Stato, cui grave lutto domestico ' ritrae dall'onorato 
' ufficio. Ponete nel principe Eugenio quella fiducia 
della quale mi deste prove non dubbie, e mentre nt- 
' tendo i vostri rappresentanti al Parlamento, agevo- 
late colla vostra concordia e col vostro senno civile 
l' opera di unificazione che egli viene a promuovere. 
L'Europa che da due anni guarda meravigliando i 
grandi fatti che si compiono in Italia, apprenderà 
dalia ventura condotta clie le provincie napoletano, 
se più tardi vennero nel consorzio delle liberate so- 
relle, non sono meno ardenti nel volere fortemente 
l' unità, della patria comune. 
Torino, 7 gennaio ISSI.. 

VITTORIO EMAMUEUi. 



Parte Terza. 



VITTORIO EMANUELE II 
E IL PARLAMENTO ITALIANO. 



I. 

Discorso pronunziato dal Be Vittorio Emanuele II 
all'apertura della Vili Legislatura del Parlamento 
najsionale, la prima del Parlamento italiano. 

[18 febbraio 1861.] 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

Lìbera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto 
della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei 
popoli, e per lo splendido valore degli eserciti, V Italia 
confida nella virtù e nella sapienza vostra. A voi si 
appartiene il darle istituti comuni e stabile assetto. 
Neir attribuire le maggiori libertà amministrative a 
popoli che ebbero consuetudini ed ordini diversi, ve- 
glierete perchè la unità politica, sospiro di tanti se- 
coli, non possa mai essere menomata. L' opinione delle 
genti civili ci è propizia; ci sono propizi gli equi e 
liberali principii che vanno prevalendo nei consigli 
d' Europa. L' Italia diventerà per essa una guarentigia 
di ordine e di pace, e ritornerà efficace istrumento 
della civiltà universale. 

L'Imperatore dei Francesi mantenendo ferma la 
massima del non intervento, a noi sommamente be- 
nefica, stimò tuttavia di richiamare il suo inviato. Se 
questo fatto ci fu cagione di rammarico, esso non al- 
terò i sentimenti della nostra gratitudine, né la fidu- 
cia nel suo affetto alla causa italiana. La Francia e 



IM VITTORIO EMASUKLE n [ISfil 

l' ItalJa, oha ebbero comune la stirpe, le tradizioni, il 
cOBtam*, BtrÌDsero sui campi di Magenta e di Solftrino 
nn nodo ohe sarà indissolubile. Il Governo ed il popolo 
d' Inghilterra, patria antica della libertà, afiermaroDO 
altamente il nostro diritto ad essere arbitri delle pro- 
prie sorti, e ci furono largbi di confortevoli uffici, dei 
quali durerH imperìtara la riconoscente memoria. 

Salito Bai trono di Pmssìa un leale ed illaafare Frùi- 
cìpe,* gli mandai on ambasciat»e a Mgno di,5»u)KaBa 
verso di lui e di simpatia verso lanoli^ saKÌone ger- 
manica, la qnale, io spero, verri tentpn pftL ndla 
persuasione che l' Italia, costìtaita neUa sua nnitA na- 
turale, non pad offendere i diritti, nd gli intereasi delle 
altre nazioni. 

SlOHpSI SSKATOBlt 81OITOBI DEPUTATI ! 

Io sono certo che voi sarete solleciti a fornire al 
mio Governo i modi di compiere gli armamenti di 
terra e di mare. Coti il B^no d' Italia, posto in con- 
dizione di non temere offesa, troverà più facilmente 
nella coscienza delle proprie forze, la ragione dell' op- 
portuna prudenza. Altra volta la mia parola suonò ar- 
dimentosa, essendo savio cosi lo osar^ d tempo, come 
lo attendere a tempo. Devoto all' Italia, non ho mai' 
esitato a porre a cimento la vita e la corona : ma 
nissuno ha il diritto di cimentare la vita e le sortì 
di una nazione. 

Dopo molte segnalate vittorie, l' esercito itfdiano, 
crescente ogni giorno in fama, conseguiva nuovo ti- 
tolo di gloria espugnando una fortezza delle pid 
formidabili.' Mi consolo nel pensiero che là si chia- 

' Il He, poi Imper&toiB Guglielmo I, di coi la Genniuiìa intera 
piange oggi la peiditn. 

* Dopo tre mesi d'assedio. Gaeta orasi arrosii nelle mani del geue- 
late Claldlni il 1S febbraio 1861. 



18G1] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 185 

deva per sempre la serie dolorosa dei nostri conflitti 
civili. 

L' armata navale ha dimostrato nelle acque di An- 
cona e di Gaeta che rivivono in Italia i marinari di 
Pisa, di Genova e di Venezia, 

Una valente gioventù, condotta da un capitano che 
riempì del suo nome le più lontane contrade, fece ma- 
nifesto che né la servitù, né le lunghe sventure val- 
sero a snervare la fibra dei popoli italiani. Questi 
fatti hanno inspirato alla nazione una grande confi- 
denza nei propri destini. Mi compiaccio di manifestare 
al primo Parlamento d' Italia la gioia che ne sento 
il mio animo di Ke e di soldato. 



II. 

Indirizzo del Senato del Eegno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 18 febbraio 1861, compi- 
lato dalV Ufficio di Presidenza, 

[Approvato il 26 febbraio 1861.] 

SibeI 

La voce di V. M. ci annunzia V avvenimento per 
cui s' adempie quel voto di unità politica, vagheggiato 
da tanti eletti spiriti, promosso da tanti nobili cuori, 
accompagnato da tanta pietà e da tante lagrime. 

Travaglio di molti secoli, spiegasi ora, mercè di 
un prodigioso concorso di cause diverse tutte a noi 
propizie, la grandezza d' Italia. Il valore degli eserciti, 
il senno dei popoli hanno raggiunto tale scopo che 
pochi anni addietro pareva eccedere ogni umana pre- 
visione. 

Fidando nell'appoggio dell'opinione delle ejenti più 



flTTOniO EMANCELE n [1861 

civili, e nella coiiforinita di principii ispirati da libe- 
rali inclinazioni, e sorretti da illuminata esperienza, 
noi francamente speriamo che ci si darà modo di mo- 
etrare come chi rivendica il suo diritto è per ciò stesso 
più disposto a rispettare l' altrui ; come l' Italia, costi- 
tuita nella naturate sua condizione, è destinata a raf- 
fermare anziché a turbare la -vera firmonia e il giusto 
equilibrio delle potenze d' Europa. 

Il Senato è felice di unirsi alla Maestà Vostra nel 
credere cbo l' Imperatore dei Francesi non abbando- 
nerà 1 generosi propositi, che furono a lui sorgente 
di splendida gloria, a noi di valido aiuto, che Tennero 
consacrati dalle gesta dei prodi, dalle acclamazioni dei 
popoli. 

Il sangue latino non disdirà la sua origine, e le ' 
varie vicende delle sorti passate si confonderanno in 
un mutuo accordo d'interessi, d'aspirazioni e d'affetti. 

Quel conforto che la libera e possente Inghilterra 
nrn.'ijó nei più gravi cimenti alla causa dei popoli li- 
beri non è mancato nelle presenti contingenze all' Ita- 
lia, come non può venirci meno nell'avvenire. 

Non sarà vana al certo la fiducia che noi ripo- 
niamo nello schietto giudizio e nel profondo sentire 
della generosa Germania, dove ad un Principe degno 
della nazione che regge, già si sono per cura sollecita 
di Vostra Maestà aperti i sensi di onoranza e di sim- 
patia che gli si addicono. 

Tra ì valorosi facile è sempre l' intendersi. 

La moderazione e la calma sono la prerogativa dei 
forti. E noi che seguimmo con procellosa gioia gli 
ardimenti vostri, Sire, noi oggi ascoltiamo riverenti 
i consigli di prudenza che escono da! vostro labbro. 
Conoscere le ragioni del tempo presente è assicurarsi 
quelle dell' avvenire. 



1861] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 187 

La nazione intera non potrà se non applaudire a 
tutto che si faccia onde afforzare l' esercito e V ar- 
mata navale, verso di cui nessun elogio sarebbe mai 
troppo. 

L' indole militare del popolo italiano, che si spie- 
gava con tanto impeto da una gioventù gagliarda, gui- 
dato da un capitano di virtù antica, e che ben si può 
chiamare figlio prediletto della vittoria, accenna che 
oramai l'Italia si procaccerà colle sue proprie forze, 
sotto la protezione della Provvidenza, gli elementi tutti 
della disciplina interna e dell' esterna difesa. 

L'ordinamento del nuovo regno formerà oggetto 
delle più assidue meditazioni del Senato, affinchè ri- 
sponda a quanto ricerca il presente e raccomanda il 
passato. 

La Casa vostra. Sire, aveva da più remoti tempi 
pigliato il grande assunto di vegliare sui casi d' Italia 
e di procurarne l' indipendenza. Il magnanimo vostro 
Genitore ravvivò ed ampliò l' illustre concetto col lar- 
gire ai suoi popoli le franchigie costituzionali e col- 
r iniziare il moto del nazionale riscatto ; voi. Sire, 
foste chiamato alle ultime e decisive lotte, nelle quali, 
ponendo a cimento vita e corona, ne riportaste il me- 
ritato guiderdone: l'amore d'Italia, l'ammirazione 
d' Europa. 



■ 



VITTORIO E1I.1NCET.B li [1861 



in. 



Jsnintzzo cJeUa Camera dei Deputati in risposta ol 
Discorso della Corona del 18 febbraio 1861, dei- 
iato, per incarico del Presidente, dal deputato 
X. G. Farini. 

[AppruviLta il 13 mano 13^1.] 

Rappresentanti della nazione libera ed unita quasi 
tntta, noi ci contìdiamo nel vostro animo di Re ita- 
liano e di valoroso Soldato. 

Voi sapete che il nostru pensiero si volge pietoso 
alla desolata Venezia, e clie l' Italia aSiinnosa aspira 
alla sua Roma. Le vittorie degli eserciti di terra e di 
mare, le gesta dei volontari condotti da un maravi- 
glioso capitano, la virtù militare delle guardie nazio- 
nali hanno ravvivata negl' Italiani la confidenza nelle 
proprie forze. Ma né questo sentimento, né i favori 
della buona fortuna tolgono pregio ai consigli della 
prudenza : sarà ristaurata la riputazione del senno, 
come quella del valore italiano. Timidi consigli non 
può temere l' Italia da un Re, che per la sua libertà 
ha saputo porre a cimento la vita e la corona. 

L' Imperatore Napoleone e la Francia non indarno 
&inno a sicurtà colla nostra riconoscenza. Quasi nuovo 
benefizio scese nei nostri cuori ai passati giorni la 
franca parola del Principe imperiale, unito a voi per 
vincoli del sangue ed all'Italia per antico affetto,' 

Alt' amicizia dell' Inghilterra, fondata nel i 



1861] E IL PARLAMBNTO ITALIANO. 189 

amore della libertà, andiam grati dei morali aiuti, che 
sono potenti nelle battaglie della civiltà. 

Agli uffici di onoranza degnamente resi per voi 
al nuovo Ee di Prussia, ed alle testimonianze di sim- 
patia verso la nobile nazione germanica, aggiungiamo 
una parola grata pel voto parlamentare propizio al- 
l' unità d'Italia.* 

Questa unità, nella quale sola l' Italia può trovare 
stabile assetto, la Chiesa vera indipendenza, l'Europa 
naturale equilibrio, questa unità politica, o Sire, sarà 
da noi gelosamente tutelata nell'opera legislativa, alla 
quale ci poniamo. Fautori di ogni maggiore libertà 
amministrativa, ci guarderemo da tutti i pericoli delle 
discordie, da tutte le tentazioni delle borie municipali. 

Sarà lieve ai popoli italiani ogni carico che abbia 
per fine di accrescere gli armamenti, come fu caro ai 
generosi Subalpini il sopportarne tanti per preparare 
l'impresa che omai si compie. 

Sibe! 

Neil' anniversario della vostra nascita i suffragi di 
tutto un popolo pongono sul vostro capo benedetto 
dalla Provvidenza la corona d'Italia.* Questo degno 
premio hanno la fortezza degli Avi vostri, il sacrifizio 
del Padre, la fede che voi, unico fra gli antichi reg- 
gitori d' Italia, avete tenuto alla causa della libertà e 
del dritto popolare. 

* Nella seduta del 6 febbraio 1861 la Camera dei Deputati prus- 
siana, su proposta del deputato Yincke, ed a malgrado dell'opposizione 
del Governo, aveva approvato un emendamento al progetto di risposta 
al Discorso della Corona in cui si esprimevano sentimenti di viva sim- 
patia per la causa italiana. 

• Vedi qui appresso i Documenti IV, V, VI e VII. 



190 tifioito «toMniai A ' [ùn 

vr. 

Pbo&mtto di legge rdatke affàmmeeime M iMo X 
Be éPBàlia da pcurte M Se VUterto Mmmmée li 
e dei suoi eueceeeari, preee^itato al Semeh dSpm- 
eidmOe dd CkmsigUo dei MkUan, Carnato Òmmr} 

(SI iUMtetfD 18tU 

SicoroBi! 

I maiaTigliosi eventi dell' ultimo bieumio Iiftono 
con insperata {«oeperità di sneeeesl riiiidte in un solo 
Stato quasi tutte le sparae membra delta naakme. 
Alla varietà dei principati fra so divernL e troppo so- 
venti infra di sd pugnanti per disformitft d'intendi- 
menti e consigli politici, è finalmente succeduta Punita 
di governo fondata sulla salda base della ìfonarehia 
nazionale. H Begno d' Italia ò o|^ un &tto ; questo 
fatto dobbiamo affermarlo in cospetto dei popoli itsr 
liani e dell'Europa. 

Per ordine di S. M., e sul concorde avviso del 
Consiglio dei Ministri, ho quindi l'onore di presen- 
tare al Senato il qui unito disegno di legge, per cui 
il Re, nostro augusto signore, assume per sé e per i 
successori suoi il titolo di Re d'Italia. 

Fedele interprete della volontà nazionale, già in 
mille modi manifestata, il Parlamento, nel giorno so- 
lenne della seduta reale, coli' entusiasmo della rico- 
noscenza e dell'affetto, acclamava Vittorio Emanuele II 
Re d'Italia. 

' A causa della loro grande importanza per la storia e per le re* 
lazioni fra la Casa di Savoia e il Parlamento, stimiamo utile includei e 
in questa pubblicazione i documenti IV a VII, quantunque rigorosa» 
mente non appartengano alla stessa categoria degli altri. 



1861] E IL PARLAMEKTO ITALIANO. 191 

Il Senato sarà lieto di dare per il primo sollecita 
sanzione al voto di tutti gli Italiani, e di salutare col 
nuovo titolo la nobile Dinastia, che, nata in Italia, 
illustre per otto secoli di gloria e di virtù, fu dalla 
Provvidenza Divina serbata a vendicar le sventure, a 
sanar le ferite, a chiudere l'era delle divisioni italiane. 

Col vostro voto, o signori, voi ponete fine ai ricordi 
dei provinciali rivolgimenti, e scrivete le prime pa- 
gine di una nuova storia nazionale. 

Progetto di legge. 

Articolo unico. Il Re Vittorio Emanuele II assume 
per sé e suoi successori il titolo di Re d'Italia. 



V. 

Relazione intorno al progetto di legge surriferito^ 
fatta al Senato dalV Ufficio centrale, composto dei 
senatori De Gori, Giuliani, Giorgini Gaetano, Niutta 
e Matteucci, relatore. 

[24 febbraio 1861 J 

Signori 1 

L'Ufficio centrale cui affidaste l'incarico di rife- 
rire sulla proposta di legge, colla quale S. M. Vittorio 
Emanuele II deve assumere il titolo di Re d' Italia, 
è interprete dei sentimenti del Senato, lieto di poter 
dare il primo sanzione a quella legge che i rappre- 
sentanti della nazione, nel memorando giorno della 
seduta reale, avevano invocato con fervorosi segni di 
ossequio, di affetto e di gratitudine. 

Il vostro Ufficio fu unanime nel riconoscere cli6 
quella proposta di legge lia la sua origine e ragione 



Itt VITTÙHIO ElUSrELII li [18^1 

ÌB nn &tI:o già solennemente compiuto dalla volontà 
BUÙHule, che la coscienza dei popoli civili acckma 
oome nti principio d" ordine e di proj;resso per l' Eu- 
n^a, fl che la Prorridenza ha manifestamente pro- 
noMO coir ainto di potenti alleati, e ispirando nel- 
Fuinio degli Italiani senno, ardimento, concordia pari 
alla grandezza dell'impresa. 

Focbi sono i popoli che più di noi abbiano àaWu 
natura ricevuto virta tanto caratteristiche per un' esi- 
stenza propria; pochi ì popoli che più di noi, rima- 
nrado deboli e soggetti allo straniero, come per lun- 
ghe e oote sventure già fummo, nuocerebbero alla 
pace europea, all' equilibrio politico dei grandi Stati, 
al progresso dell' ordine civile e morale nel mondo. 
Né crediamo che amor di patria e' illuda affermando 
esser questo il più solenne esempio che oGFra la storia 
di un popolo, il quale per concordia mirabile di vo- 
lontà è giunto a costituire un grande Stat;o, stringenilo 
insieme i moltiplici elementi della nazione, da tanti 
secoli divisi e dispersi, e contrapponendo alle violenze 
dei suoi nemici, più che altro, l' infiueuza invincibile 
delle forze morali, 

L' augusto nostro alleato l' Imperatore dei Fran- 
cesi ben comprese queste verità, allorché ci aesiateva 
colle armi a liberare la Lombardia, e unitamente al- 
l' Inghilterra affermava nei Consigli europei che non 
doveva essere fatta violenza agli Italiani, né impedito 
loro di costituirsi in ano Stato forte. 

Le varie provincie della penisola non fecero che 
seguire le loro naturali inclinazioni, che spegnere gli 
antichi germi di debolezza, che provvedere ai supremi 
bisogni di un popolo Ubero, costituendo in mezzo al- 
l' Europa uno Stato potente, che è per sé e per i vicini 
un elemento nuovo di pace e di civiltà. 



1861] E IL PABLAMESTO ITALIANO. 193 

Questo Stato ha un nome: è il Regno d'Italia, 
nome che comprende il territorio naturale occnpato 
da ogni gente italiana e sta a significare la nostra 
costituzione politica; questo nome esprime che l'ul- 
timo termine dei rivolgimenti italiani è la creazione 
di una Monarchia nazionale. 

Acclamando Vittorio Emanuele Be d' Italia, la na- 
zione ha voluto premiare quella illustre Dinastia ita- 
liana che col senno civile, col coraggio militare, con 
spiriti indomiti d'indipendenza, rendeva il popolo 
subalpino degno delle libere istituzioni e custode della 
bandiera nazionale ; ha voluto rendere omaggio alla 
venerata memoria del magnanimo Be Carlo Alberto ed 
all'ardito patriottismo del Be. 

Il titolo di Be d'Italia pone in atto il concetto 
intero della volontà nazionale, cancella i simboli delle 
nostre interne divisioni, è per l' animo d' ogni Italiano 
un pegno di grandezza e di unione, accresce l'auto- 
rità del Governo del Be nei Consessi europei, ed offre 
alle grandi potenze, in mezzo alle quali il Begno 
d'Italia prende posto, degna occasione per accettare 
il risorgimento politico di un popolo che ha tanto 
contribuito alla civiltà universale. Salutando con que- 
sto nuovo titolo r illustre discendente di una delle più 
antiche e nobili dinastie, i grandi Stati d'Europa 
stringeranno coU'Italia quei vincoli di concordia, di 
fratellanza, d'interessi comuni, che sono oramai il 
solo fondamento delle relazioni diplomatiche fra popoli 
liberi e cristiani. 

Questi Stati, al pari di noi, custodi gelosi della pace 
e dell'ordine, porgeranno in tal modo nuova forza all'au- 
torità del Governo e del primo Parlamento italiano, 
affinchè con quella sapienza e moderazione che devono 
dominare nei consigli di un grande Begno possano 

13 



194 YmoBio muvmm n ' £18B1 ' 

essere risoluti gli ardui proUemi che iotoresfiiaio la 
pace dell'Italia e del xiiondo, noa oh^ la graiideaa e 
Ja liberti spirituale della Ghieea. 

Siffatte conrinziom persnadeTano l'Ufficio centrale 
a proporre al Sexmto l'adozioiie dell'articolo di legge 
presentato dal Ministero. 

Questa adozione ha perdlmplioita una diaposiiioiie 
legislativa, di cui sembra no^ possa ^sére contestato 
la ragione e la conTenienzai e per la quale il £fttto 
memorando ed il principio giuridico della novella Mo- 
narchia siano ognora presenti al popolo italiano e 
congiunti al nome de' suoi Be. 

La Prqvridenza Divina, che mai ti rivela m^lio 
nella sua bontà e nella sua giustìria ohe quando muove 
e dirige la volontà dei popoli a riconquistare dritti 
manomessi o perduti ; la virtùt la concordia e la 
perseveranza italiana che la mixabilB opera hanno 
compito, debbono iu»ociarsi al nome del Boi sic- 
ome la ragione più sacra e la forza più salda del 
Regno. 

Perciò l'Ufficio centrale vi propone l'aggiunta di 
un secondo articolo che completa la legge in questo 
intendimento.* 

L'Ufficio centrale vuol anche esprimere la fiducia 
che il Governo del Ee otterrà dall'animo affettuoso 
e benevolo del nostro augusto Monarca che il figlio 
primogenito del Re d'Italia s'intitoli costantemente 
Principe di Piemonte. 

Questo titolo rimarrà a ricordare ai nostri Ee la 
terra nativa ed un Regno glorioso e civile di otto 
secoli, sarà un segno imperituro di onoranza reso dagli 

* Su proposta del Governo, questo secondo articolo venne ritirato 
dair Ufficio centrale durante la pubblica discussione avvenuta in Se* 
nato, per farne oggetto di una legge speciale. 



1861] B IL PARLAMENTO ITALIANO. 195 

Italiani tutti a quella provincia che fu il primo scudo 
della loro libertà e della loro indipendenza. 

Si augura il vostro Ufficio centrale che vorrete 
accogliere il progetto di legge così ampliato, con quella 
unanimità di voti, con quei sentimenti di gratitudine 
e di riverenza che devono accompagnare il primo e 
i\ più grande atto che la volontà nazionale compie 
in cospetto del mondo. 



VI. 

Eelazione con cui il presidente del Consiglio dei Mi- 
nistri, Cavour, presentava alla Camera dei Depu- 
tati il progetto di legge intorno al titolo di Be 
d'Italia, approvato dal Senato nella seduta del 
26 febbraio 1861. 

CU marzo 1861.] 
SiGNOBI ! 

Ho r onore di presentare alla Camera dei Deputati 
il qui unito disegno di legge, col quale il Re nostro 
augusto signore assume per sé e suoi successori il 
titolo di Re d'Italia. 

La commozione che desta negli animi cotesta pro- 
posta, il plauso onde fu accolta, significa altamente 
che un gran fatto si è compiuto, e che una nuova era 
incomincia. 

È una nobile nazione, la quale, per colpa di for- 
tuna e per proprie colpe caduta in basso stato, con- 
culcata e flagellata per tre secoli da forestiere e do- 
mestiche tirannie, si riscuote finalmente invocando il 
suo diritto, rinnovella sé stessa in una magnanima 



ITTOBIO EMANUBLB 11 [1801 

lotta per dodici anni esercitata, ed afferma Bè stessa 
in cospetto del mondo. 

È questa nobile nazione che, serbatasi costante 
nei lunghi giorni delle prove, serbatasi prudente nei 
giorni dalie prosperità insperate, compie oggi l' opera- 
delia sua costituzione, si fa uua di reggimento e d'isti- 
tuti, come una già la rendono la stirpe, ìa lingua, ta 
religione, lo memorie degli strazi sopportati e le spe- 
ranze dell' intiero riscatto. 

Interpreti del nazionale sentimento, voi già avete, 
nel giorno solenne dell' apertura del Parlamento, sa^ 
lutato Vittorio Emanuele II col nuovo titolo che l' Italia 
da Torino a Palermo gli ha decretato con riconoscenta 
affetto. Ora è mestieri convertire in legge dello Stato 
quel grido d'entusiasmo. Il Senato del Regno l'ha di 
già sancita con unanime voto: voi, o signori, io ne 
sono certo, la confermerete coUa stessa concordia dì 
suffragi, affinchè il nuovo Regno possa presentare 
senza maggior indugio nel consesso delle nazioni col 
glorioso nome che gli compete. 



VII. 
Relazione 5uZ medesimo schema di legge, fatta alla 
Camera dàUa Commissione composta dei deputati 
Bicasóli Bettino, Cipriani, Paternostro, Pepoìi 

Gioachino, Moccio, Audinot, Natoli, Sarracco e 
Giorgini Giovanni Battista, relatore. 

SlGNOKI 1 
La Commissione incaricata di riferire aul progetto 
di legge, per cui il Re Vittorio Emanuele II assume 
il titolo di Re d'Italia, ha bisogno appena di avver- 
tire come questa legge, tanto per il suo oggetto, 



1861] B IL PABLAMENTO ITALIANO. 197 

quanto per la sua importanza, non abbia nulla di co- 
mune con quelle sulle quali noi siamo d'ordinario 
chiamati a deliberare. Dal punto di vista costituzionale 
ella potrebbe credersi fors' anco superflua. I titoli del 
Re Vittorio Emanuele II alla Corona d'Italia sono 
scritti in dodici anni di prodezza, di fede, di costanza. 
Questi titoli furono riconosciuti da migliaia di volon- 
tari riuniti intorno al glorioso vessillo, eh' egli aveva 
raccolto dalla polvere di Novara per innalzarlo al sole 
di Palestro e di San Martino; riconosciuti dalle cento 
città, che sotto gli occhi stessi dei loro tremanti op- 
pressori piantavano sulle loro torri questo glorioso 
vessillo; riconosciuti, validati, sanciti dal suflFragio 
unanime della nazione. Il diritto di Vittorio Emanuele II 
al Regno d'Italia emana dunque dal potere costituente 
della nazione ; egli vi regna in virtù di quegli stessi 
plebisciti ai quali si deve la formazione del Regno 
d' Italia. 

Il voto che il Governo ci chiede non è dunque un 
atto nuovo destinato a produrre tale o tal altro effetto 
giuridico ; è la ripetizione, o, per dir meglio, il rias- 
sunto finale, il compendio magnifico di tutti gli atti, 
mediante i quali il popolo italiano ha in tanti modi 
e in tante occasioni manifestata la sua volontà ; è, 
per dirlo colle parole della relazione che precede il 
progetto di legge, un' aff"ermazione solenne del diritto 
nazionale, un grido cP entusiasmo convertito in legge. 
Ma la significazione e il valore morale del voto 
non dispensavano la Camera dall' obbligo di conside- 
rare le pratiche conseguenze, che pc5r avventura avreb- 
bero potuto derivarne. 

Parve anzi alla maggioranza degli uffizi che, se 
questo grido di entusiasmo dovesse essere nel tempo 
stesso la formula ufficiale per l' intestazione degli atti, 



-.. -■-' 



196 waammo mi— iii n- - |WI 

questa formula non «tnMd m WH» tmìhtmtn 
MeMcaok rem ddla MoMMPehia iiiiiiof f ilhli M vt 
frigio unireraale. 

^n nn tnin nrnpn^ ni ipimln miniTi h Migtinrim 
patera essere cxms^gidia sia osa'caMnfaan la hgp 
proposta dal Goremo, sìa ùA pravfedera per wam 
d'una legge speciale e sttoesesim. 

Gli uffizi non esitarono a pioiisaiiarsipQrfMto 
secondo partito. 

Prima di tutto dorerà eonndefanni dha la loffii^ 
nella forma sotto la quala em atata pg ópo sl a i aieit 
già ottenuta V approrazbne del Senateb^ BMemMaii, 
noif arrebbe dovuto essere di ihioto eottoposta sUft 
deliberazioni di quell' Assemblea. Saiablia tfaito doto* 
roso che un atto politico di tanta ]mpertaiis% aq^ 
tato con un'impazienza cod Tira e coiA eoafidsnle 
dall' intera nazione, si trorasuBe ritardato. Il aeeoaAi 
partito aveva inoltre il vantaggio di separare af^ponto 
le questioni secondarie, sulle quali sì possono avere 
opinioni diverse, dal grande atto polìtico, la grandezza 
e r efficacia del quale starebbe tutta nella prontezza 
e neir unanimità dei sufiFragi. 

Ritenuto dunque che non dovesse più a lungo dif- 
ferirsi, né subordinarsi a tutti gì' incidenti d'una que* 
stione parlamentaria il primo e solenne atto col quale 
r Italia vuole affermare sé stessa al cospetto del mondo, 
la vostra Commissione non aveva che a proporvi, da 
una parte, l'approvazione pura e semplice della leggo 
colla quale il Re Vittorio Emanuele II assume il titolo 
di Re d' Italia, e assicurarsi, dall' altra, che il suo Go- 
verno ci avrebbe, senza indugio, presentata la pro- 
posta di legge, diretta a mettere negli atti pubblici 
r intitolazione del Re in armonia col diritto pubblico 
del Refluo. 



«61] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 199 

E sebbene l'impegno formale preso dal Governo 
lei Ee nella discussione di questa medesima legge che 
ìbbe luogo in Senato bastasse ad escludere ogni dubbio 
a questo riguardo, tuttavia la Commissione desiderò 
interpellare il Presidente del Consiglio, che, recatosi 
nel suo seno, confermò e ripetè le dichiarazioni già 
fatte nell'altra Camera dal suo collega il Ministro 
della giustizia; aggiungendo di più come il solo mo- 
tivo che aveva finora trattenuto il Governo dal pre- 
sentare la proposta di legge sull'intestazione degli 
atti pubblici fosse stato un sentimento di rispetto verso 
la Camera elettiva, che non s' è anche pronunziata su 
questa prima legge, della quale quella seconda non 
sarebbe che la conseguenza ed il compimento. 

Le questioni che furono sollevate in seno degli 
uffizi in ordine alla intestazione degli atti pubblici 
sono per tal modo riservate alla discussione che avrà 
luogo quando ci sia presentata la legge relativa. 

Il voto che oggi ci si chiede conserva dunque il 
carattere puramente nazionale che il Governo ha vo- 
luto dargli, e la Commissione unanime confida che 
sarà veramente un grido d'entusiasmo convertito in 
legge. 

Ci sono delle oasi nei deserti della storia; ci sono 
nella vita delle nazioni dei momenti solenni, che po- 
trebbero ch\9LmsiTSÌ la, poesia della storia; momenti di 
trionfo e d'ebbrezza, nei quali l'anima, assorta nel 
presente, si chiude ai rammarichi del passato, come 
alle preoccupazioni dell' avvenire. 

Noi traversiamo una di quelle oasi ; noi siamo in 
uno di quei momenti ; e come mai in tale momento 
si sarebbe invano fatto appello all'entusiasmo della 
Camera? Come mai il nostro voto non sarebbe oggi 
immediato ed unanime? Quale tra i sentimenti che 



* 900 ■ ~ TiTTonio KMiNDELE h ^^ibH 

ci aoimano potrebbe essere più forte di quello ched 
rianisoe tutti — l'amore d'Italia? 

Bendiamoci una volta giustizia ! quanti qui conve- 
nuti dfdle Tflrio parti d'Italia sediamo su questi scanni: 



Che poca gente ornai yì b1 desia, 1 

quao^ sediamo sui banchi di questa Camera, tutti sb» 1 
biamo diversamente lavorato per la medesima caaBftJr' 
tutti abbiamo portato la nostra pietra al grand' edìi' 
firao, sotto il qualo riposeranno le future generazioni 
Qui i TolODtari di Calatafìmi potrebbero mostrafd^ 
flul petto le gloriose cicatrici ; qui i prigionieri £ 
Sant'Elmo, intorno ai polsi, il callo delle pesanti 
catene ; qui colla canizie, colle rughe precoci, oratori, 
BCrìttori, apostoli dì quella fede che fece i soldati ed 
i martiri; qui ì generali che vinsero le nostre bat- 
taglie ; qui gli nomini di Stato ohe gòrepuurono lo 
nostre politiche ; di qni parta unanime adunque qnel 
grido di entusiasmo ! qui finalmente l' aspettata fra le 
nazioni sì levi, e dica : Io sono V Italia! ' 



Vili. 
Ordine del giorso rivolto dcU Se Vittorio Emanuele II 
aìl'esercHo nella ricorrenza della prima festa nagio- 
naie occorsa dopo la fondazione dd Segno Slteiia. 

[2 giugno 1861.] 

Ufficiali, so tt' ufficiali e soldati! 
Volgono ora tredici anni che il mio augusto Geni- 
tore, varcando il Ticino per combattere la guerra della 

' Il progetto ai legge, npprovato dalla Camera il Umario.fu san- 
lionnb) dal Ke ed entrò a far parte del diritta pubblico dello Stata 
il n dello stesso mese, 



1861] E IL PAELAMENTO ITALIANO. 201 

patria indipendenza, vi consegnava la bandiera trico- 
lore colla croce di Savoia, pronunciando le fatidiche 
parole : I destini d! Italia si maturano. Con quella ban- 
diera voi rispondeste all' augurio con brillanti vittorie 
arrestate per un momento da contraria fortuna. Ma 
la forza delle virtù e la costanza nei propositi la fe- 
cero sventolare nuovamente gloriosa in lontane regioni 
accanto alle insegne dei più potenti eserciti d' Europa. 
Poscia ricalcando i campi lombardi, memori ancora 
di Goito e di Pastrengo, voi coglieste splendidi allori 
insieme alle illustri aquile francesi. Nuova luce di glo- 
ria rifulse allora sulla intiera penisola, ed i popoli 
d'Italia, stringendosi con voi intorno al vessillo della 
indipendenza nazionale, compierono opere e fatti che 
i più tardi nepoti ricorderanno con riconoscenza ed 
amore. 

Oggi i destini d' Italia sono maturi. 

Soldati ! 

A voi consegno le nuove bandiere in nome del- 
l' Italia redenta. Sulle loro freccie sono scolpiti i nomi 
delle combattute battaglie. Alle vostre virtù affido 
questi segni di lealtà e di onore, in cui lo scudo della 
mia Famiglia, glorioso per otto secoli di valore, è in- 
nestato al simbolo del nazionale riscatto. 

Torino, 2 giugno 1861. 

Vittorio Emanuele. 



fOniO EMANUELE II 



[18fi2 



IX. 



Iubirizzo rivótto dalla Cantera dei Deputati al R- 
Vittorio JEtaanuàe II in seguito alla dichiarmw 
fatta dalF Episcopato riunito in Boma àrea la w- 
cesaità dd p(^ere ÌP»iporale, dettato da una C»- 
missione composta ihì deputati LìHgi Cario Fami, 
Vitwauo Sieei, Orispi e Boncompagni, reìaton. 



il 18 giDgno 1SB3.] 



.Il 



VescoTÌ quasi tutti stranieri all' Italia, raccoltilt.i 
Boma per una solennità religiosa, lanciarono cont^' 
la patria nostra contumelie, rese più gravi dalla n?*: 
gazione del nostro diritto nazionale, e dati' iuvocazios* ' 
della violenza straniera. 

All' inaudita dottrina che vtiol Roma mancipio 
dell'orbe cattolico, e i tini della religione incompa- 
tibili con r indipendenza della penisola, noi rispon- 
diamo, o Sire, raccoglienti ci intomo a voi, e procla- 
mando agli Italiani ed ai Romani che siamo risoluti 
a mantenere inviolato il diritto della nazione e quello 
della sua metropoli tenuta a forza sotto una signoria, 
a cui essa ripugna. 

Noi ci inspireremo, o Sire, a quella irremovibile 
constanza di cui siete così grande esempio alla nostra 
patria ed al mondo. Ai nostri nemici, quali che essi 
siano, noi opporremo !a serena fiducia del popolo ita- 
liano nella giustizia della sua causa, nell' efficacia dei 
suoi liberi ordinamenti, nel valore dell' esercito e dei 
cittadini, pronti a concorrere con esso alle battaglie 
nazionali, e soprattutto, o Sire, nel vostro valore, nella 



1862] E TL PARLAMENTO ITALIANO. 203 

vostra lealtà, nella riverenza che inspira universal- 
mente il nome vostro. 

Sono queste le ragioni per cui l'opinione univer- 
sale delle genti civili sente ora di dover ammettere 
r Italia fra le nazioni signore di sé. 

Certi di vedere uniti a noi quanti per natura e 
per diritto appartengono all'italiana famiglia, cre- 
diamo non lontano il momento in cui saranno tronchi 
gì' indugi che si frappongono all' adempimento del 
voto che acclamò Roma capitale del Regno. 

Le parole che risuonarono testé al Vaticano di- 
chiararono impossibili i temperamenti, per cui la di- 
plomazia credè conciliabile col potere temporale che 
manomette Roma, il diritto d'Italia medesimato in 
quello della vostra Corona. Cotesto linguaggio non ci 
sgomenta ; esso ha tolto ogni motivo a quelle esita- 
zioni che mettono a dura ed ardua prova la mode- 
razione del vostro popolo. 

Mentre prelati stranieri, immemori della natura 
tutta religiosa e spirituale del loro augusto ministero, 
aflfermano tanto solennemente un voto di riazione po- 
litica : mentre dai luoghi governati a nome del pon- 
tefice, uomini scellerati portano la desolazione nelle 
Provincie meridionali del Regno, V Europa dovrà pure 
convincersi che la vostra autorità, o Sire, e quella 
delle leggi del libero popolo, a cui è gloria avervi a 
capo, possono solo dare pacifico assetto alle cose di 
Roma, liberando l'Italia e l'Europa da quella con- 
fusione di poteri e da quel conflitto che conturba le 
coscienze e mette in pericolo la pace del mondo. 



#• • :';.\' ■•-.. 



201 . tmcmo wmàammm Ui * [18® 



X- 



Proclama indirieeato dei Se Vittorio Mnamde II 
àUa namone in occasione dà movmei^ teniato 
dal generale Garibcddi nd''lM2, 

It aliasti! 

Nel momento in cui V Europa rende omaggio al 
senno della nazione e ne riconosce i diritti, è doloroso 
al mio cuore ohe giovani inesperti ed illusi, dimentichi 
dei loro doveri, della gratitudine ai nc^stri migliori 
alleati, facciano segno di guerra il nome di Boma, 
quel nome al quale intendono concordi i votì e gli 
sforzi comuni. 

Fedele allo Statuto da me giurato, tenni alta la 
bandiera dell' Italia fatta sacra dal sangue e gloriosa 
dal valore dei miei popoli. Non segue questa bandiera 
chiunque violi le leggi e manometta la libertà e la si- 
curezza della patria facendosi giudice dei suoi destini. 

Italiani! 

Guardatevi dalle colpevoli impazienze e dalle im- 
provvide agitazioni. Quando l'ora del compimento 
della grande opera sarà giunta, la voce del vostro Ee 
si farà udire tra voi. Ogni appello che non è il suo, 
è un appello alla ribellione, alla guerra civile. 

La responsabilità ed il rigore delle leggi cadranno 
su coloro che non ascolteranno le mie parole. Re ac- 
clamato dalla nazione, conosco i miei doveri. Saprò 
conservare integra la dignità della Corona e del Par- 



1863] E IL PAKLAMENTO ITALIANO. 205 

lamento per avere il diritto di chiedere all' Europa in- 
tera giustizia per F Italia. 

Torino, 3 agosto 1862. 

VITTOEIO EMANUELE. 

U. RATTAZZI. 

GIACOMO DURANDO. 

R. CONFORTI. 

A. PETITTI. 

QUINTINO SELLA. 

C. MATTEUCCI. 

DEPRETIS. 

C. DI PERSANO. 

PEPOLL 



XI. 

Discorso pronunziato dal Be Vittorio Emanuele II 
aW apertura della ^ Sessione delV Vili Legisla- 
tura del Parlamento nazionale. 

d [25 maggio 1863.] 

SiGNOEi Senatori ! Signobi Deputati ! 

Neir aprire questa nuova Sessione come Re d'Italia, 
sono lieto di ringraziarvi per quanto operaste durante 
un lungo periodo di oltre due anni. 

Voi affermaste i diritti della nazione alla completa 
sua unità; questi diritti saprò mantenerli inviolati. 

Iniziati appena i lavori parlamentari, la Provvi- 
denza ci rapiva quelF uomo illustre che tanto mi coa- 
diuvò nell' ardua impresa della nostra rigenerazione.* 

* Camillo Cavour, com' è noto, era morto il 6 giugno 1861. 



[^TITTOIUO BMANTTKLB li [186> 

Questo lutto fu mio : al pari Ai me lo risenti l'Itali* 
£■ tutta. 

La massima parte delle potenze riconobbe il niiovu- 
[ Begno. Nel conserto di esse la nostra voce si farà udirà 
l- devota al trionfo della giustìzia, propugnatrice dei prior 
; cipii di libertà e di nazionalità. 

Il matrimonio di mia figlia col giovine Re di PoP' 
topallo, mentre sanciva un' utile alleanza fra due Uberi 
Stati, a me provava, come sempre, che le gioie dell». 
mia Casa sono quelle della nazione. 

Trattati di commercio furono conchiusi colla Fra* 
eia, col Belgio, colla Svezia, colla Turchia ; e stanno , 
per conchiuderai coli' Inghilterra e coli' Olanda. Cosi 
le relazioni di benevolenza fra i Governi si accrescono 
per comunanza d'interessi fra i popoli. 

Due anni or sono, intorno alle gloriose armi subal- 
pine, si ordinavano i soldati delle nuove proviucie. 
Oggi andiamo alteri di un esercito italiano, in cui ri- 
splende eguale il valore, egnsile la disciplina. La ma- 
rina, ricca di tanti buoni elementi, e per l'incremento 
della quale foste cosi solleciti, non sarà certo seconda 
all' esercito nei suoi progressi. Il mio più fervido voto 
A che la nazione possa affidarsi sccura sulla forza 
delle proprie armi ; e tale la ravvisi l' Europa intera. 
La libertà viene producendo ovunque i suoi effetti 
di ordine e di prosperità. 

Se in alcune provincie la sicurezza pubblica abbi- 
sogna di efBcaci provvedimenti, il mio Governo non 
manclierà a questo supremo dovere. Le guardie na- 
zionali, già tanto benemerite della patria, vi contri- 
buiranno col loro zelo. La Francia riconosce la op- 
portunità di accordi militari a tal fine, ed è pronta a 
stabilirli con noi. 

In ogni parte del Regno si dà opera sollecita ai 



1863] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 207 

lavori pubblici. Varcato il Tronto dalla locomotiva, è 
prossimo il tempo che tutte le parti d' Italia saranno 
congiunte per vicinanza, come lo sono per affetto. 

Il vostro compito più arduo e più urgente è quello 
di unificare le leggi del Regno, avvalorando in pari 
tempo lo svolgimento di tutte le forze locali. 

Raccomando soprattutto alle cure del Parlamento 
le disposizioni relative al riordinamento della finanza. 
Se al nostro appello concorsero i capitali d'Europa, 
fidenti nel nuovo ordine di cose, il corrispondervi 
colla prontezza dei sacrifizi è un debito d'onore. 

SiGNOBi Senatobi! Signor: Deputati! 

Sulla base dello Statuto consolidare la libertà, e 
colla libertà acquistare la intera indipendenza ed unità 
della patria, tal è l' intento al quale abbiamo consa- 
crato la nostra vita. 

A conseguirlo si richiede concordia, senno ed ener- 
gia. L' Italia ha mostrato di possedere in alto grado 
tutte queste doti. Perdurando in esse, umana forza 
non potrà distruggere ciò che abbiamo edificato ; ed 
io securo ed impavido affretto con piena fede il com- 
pimento dei destini d'Italia. 



XII. 

Indirizzo del Senato in risposta al Discorso della Co- 
rona del 25 maggio 1863, compilato daW Ufficio 
di Presidenza. 

[Approvato il !<> giugno 1863.] 

Sibb! 

La parola di V. M., devota ai principii di giusti- 
zia, di libertà, di nazionalità, suona sempre autorevole 
e desiderata all'Italia. 






.E n [im 1 

Noli' epoca in cui i destini della naziuoe pende- 
ÌTano ancora incerti, combattuti come erano da fiere 
iHinlrario fortune, la voce di V. M. apriva il cuore 
alle più lieto speranze; e queste non fnrono di'luse. 

Ora che il vostro valore, la vostra sapienza e h 
TÌrtù italiana ha fuso tutta quasi la penisola in un 
solo Regno, V. M. afferma che saprà, mantenere i J 
suoi diritti all'intera unità, e noi vi crediamo, o Sire, I 
* confidiamo in voi. I 

Consolidar la libertà, ordinar la finanza e l'ainmi- 
nist razione, tale è ora l' arduo compito che ci rimane. 
Se in questa difficile ma gloriosa impresa vi manca, 
Sire, il aeono ed il cuore di quell' insigne statista 
:che vi coadiuvò nell'opera della rigenerazione e la 
,cni perdita immatura l'Italia compiange con voi, sup- 
plirà il concorso d' altre menti elette, d' altri animi 
generosi, supplirà il concorso di tutti gli Italiani che 
ben sanno non potersi fondare un gran Regno senza 
conoscere e praticare concordemente, universalmente | 
la virtù dell' abnegazione e del sacrificio. 

Il matrimonio d' una leggiadra e virtuosa Princi' 
pessa con un Re saggio e liberale rallegrò il pa^mo 
vostro cuore. V. M. ha sentito una volta di più che 
h gioie della sua Famiglia sono gioie della nazione. 

Le principali potenze d' Europa hanno riconosciuto 
il nuovo Begno. Trattati di commercio introducendo 
nuova comunanza d'interessi, aggiungono nerbo e di- 
gnità alla nazione. Ma il maggior prestigio deriverà 
dalla forza e saggezza delle istituzioni che si verranno 
ordinando, dalla sufficienza e dal regolare esercizio 
della finanza, dalla pace pubblica mantenuta, e soprat- 
tutto dall' esemplare patriottismo della guardia na- 
zionale, da quel mirabile esercito che si sta accre- 
scendo, e dalla marineria la quale ha già gareggiato 



1863] E IL PÀBL AMÉNTO ITALIANO. 209 

di valore coli' esercito ; onde quando sia allargata la 
giusta proporzione coli' ampiezza dello Stato, e pode- 
rosa sui due mari, l' Italia sarà quale V. M. la vuole 
e noi la vogliamo, ammirata, rispettata e temuta. 

Sire, per tutte queste imprese voi potete far asse- 
gnamento sul cordiale, sull'operoso concorso del Se- 
nato ; voi troverete, noi ne siam certi, non solo nel 
Parlamento, ma in tutti gli ordini dei cittadini, la 
concordia, il senno e l'energia che voi invocate ad 
accelerare il compimento dei destini d' Italia ; e sarà 
la più gloriosa delle conquiste, in termine di pochi 
anni mostrare al mondo un' Italia libera, forte, ordi- 
nata, tranquilla. 



XIII. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 25 maggio 1863, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Andreucd, Bertólami, Monticelli e Tema, relatore, 

[Approvato il 2 giugno 1863.] 

Sire! 

Nel raccoglierci intorno a voi la prima volta dopo 
d' aver proclamato il nuovo Regno, noi sentiamo l' or- 
goglio di potervi dire Ee d'Italia e di parlarvi in 
nome della nazione quasi interamente costituita. 

Più di due anni son corsi dacché la vostra voce, 
additandoci il compito a noi serbato, ci incuorava a 
far pieni i destini del paese. Noi confidiamo che que- 
sto periodo non sia passato senza frutto. Affermando, 
come abbiamo fatto, i nostri diritti alla compiuta unità 
dell'Italia, noi abbiamo posta la meta dei nostri sforzi 

14 



210 rtÉfemo muémmm--ti (Mm 

e data alla Tcmirs paarok f eapMHrfom dléB^iìsoIiita 
Tolontà nasionak. 

Una grande aratura ei ha coligli udì itteglk^ ddr 
r opera nostra. Banunentando la iméHa déU^ nomo 
insigne che sì gito parte ebbe nella i^resanto loartiina 
d' Italia, voi non richìamaite soltanto la' ^nmmmm di 
un lutto profondamente sentito, ma 1' ^wipie altrsrt 
di una Tito nobilmente spesa néU' attuate il ipaii eoa- 
oetto deUa patria. Fedeli al pietoso riowdòi nei non 
verremo meno all'insilamento che in ese^ « aeOQj^e. 

Noi ci raUegriamo die il mi^^gior ms^ero dieUe 
potenze abbia riconosciuto il nuovo Begut^ #^hé tn^ 
tati di commercio conchiusi o presso '^ eonobilidem 
saldino i vincoli che ci stringono a Gt)vemì e popoli 
amici. Queste più intime relazioni cogli altri Stati, 
se danno forza alla nostra unità, crescono del pari 
autorità alla vostra parola. Forte qual dote del con- 
senso della vostra colla volontà della itasbìie, m 
potrete, dovunque ne sorga il bisogno, sostenere con 
efficacia i principii che sono il fondamento del nostro 
Regno. Chiedendo la giustizia pei popoli, propugnando 
i loro diritti alla nazionalità ed alla libertà, l'Italia 
non farà che affermare sempre più sé medesima. 

Il matrimonio dell'augusta vostra Figlia col Be 
di Portogallo fu letizia quasi domestica per l'intera 
nazione, e le città tutte del Regno gareggiarono nel- 
r esprimervi questo loro sentimento. Partecipi d' ogni 
vostra gioia, noi dobbiamo aver caro che questo ma- 
trimonio renda più stretti i legami d'amicizia fra due 
popoli affini per origine e per affetto alle libere isti- 
tuzioni. 

L'esercito italiano è gloria e sollecitudine suprema 
della nazione. Fatto oggi numeroso intorno al nucleo 
dell'esercito subalpino, esso ha conservato, ingran- 



1863J B IL PABLAMBNTO ITALIANO. 211 

dendosì, le tradizioni di fedeltà, di disciplina, di pro- 
dezza che resero illustre nell'armi l'antico Piemonte. 
Esso ha mostrato nel vigoroso suo ordinamento che 
la fibra militare risponde con pari energia in ogni 
parte d'Italia. Noi confidiamo che anche l'armata 
di mare potrà fra non molto emulare questa sua flo- 
ridezza. E poiché in ogni provincia si viene ordinando 
la milizia mobile cittadina, poiché il maneggio del- 
l' armi va diventando costume nel popolo che s' ad- 
destra ai futuri sagrifizi, noi dobbiam credere non 
lontano il momento in cui la nazione possa fidare 
sicura nelle proprie forze per giungere al compimento 
de' suoi destini. 

Ad accomunare interessi ed affetti, a fare che il 
concetto dell'unità si traduca per tutti in consorzio 
di vita, noi non indugiammo a sancire tutte le spese 
dirette a migliorare ed accrescere le interne comuni- 
cazioni. La locomotiva percorre già la più gran parte 
della penisola ; tra breve essa avrà suscitato in ogni 
punto d'Italia quel moto operoso che è il più pos- 
sente risveglio di civiltà, e la forza e la grandezza 
dei popoli liberi. 

Questi risultati non saranno senza efficacia anche 
per quelle provincie ove ora abbiamo a deplorare le 
tristi condizioni della sicurezza pubblica. Ma intanto 
l'urgenza del male chiede pronti e vigorosi provve- 
dimenti, e noi non dubitiamo che il Governo saprà 
ricorrervi. 

La nazione intera, recando spontanea la sua offerta 
in favore dei danneggiati, ha provato quanto le sta 
a cuore il liberar quelle provincie dai disastri che le 
affliggono. A questo fine già s' adoperano con mirabile 
sacrificio Esercito e Guardia Nazionale ; e vi concor- 
rerà, speriamo, la conclusione degli accordi militari 



inisiati dalla Frauda. Qualoti^ "fmrnsSSiaMAo di- 
retto a ridar quiete a^ quéDe provmcie non fiora ebe 
accostard sanpre più alla meta finale ?diite daSa 
nazione. 

La nnoTa Sessione si annnngja grate e laboriosa 
per le mdte leggi che attendono le nostoe delìto» 
sdoni È d'uopo che il paese s'adagi in un doreTok 
assetto amministrativo, e che di paro allo ardgersi 
della yita economica e ernie proceda il riordinamento 
della pubblica finanza. Noi non Terremo meno al- 
l' obbligo che incombe alla Bappresaitansa nazionale. 
Noi sappiamo che il credito mm d mantiene sensa 
Governo ordinato e sicuro, e che i capitali accorrono 
secondo la misura dd sacrifizi impesti dal paese. E 
noi porremo ogni cura affinchè l' unificadone l^pflla- 
tiva risponda a questi bisogni, e, dando valore e 
libertà alle forze locali, stringa in un tutto compatto 
i grandi interessi nadonali. 

Sire, volgendoci a considerare il cammino percorso, 
noi abbiamo motivo di esser lieti del presente e di 
guardare sicuri all'avvenire che ci attende. Questo 
ardore che avviva le forze più intime della nazione, 
questa crescente prosperità dei popoli, questo attrito 
inusato di commerci e di industrie, sono il frutto nar 
turale delle nuove libertà, e noi lo salutiamo come 
il principio e la promessa di una nuova grandezza 
per l'Italia. Ormai la nostra nazione ha mostrato 
d' esser degna del posto cui aspira. Pronta ai grandi 
sagrifizi, essa ha provato che gli entusiasmi si accop- 
piano in lei alla maturità del senno ed alla longani- 
mità dei propositi. 

Certo ancor molto ci resta da operare prima di 
giungere alla meta propostaci. Né noi possiamo dimen- 
ticare che v' hanno ancora in Italia dolori da sanare 



1865] E IL PAKLAMBNTO ITALIANO. 213 

e speranze insoddisfatte da adempiere. E noi ne af- 
frettiamo il momento, sicuri del nostro diritto, ani- 
mosi ma senza temerità, crucciati degli indugi ma 
senza vane querele. Se non che in questo attendere, 
Sire, noi non possiamo non guardare con affetto 
sempre più intenso a quanti sono in Italia disgiunti 
dal nuovo Regno, che lo invocano, che anelano a noi, 
che al par di noi tutti ripongono nel glorioso vostro 
nome l'augurio e la scorta dei loro destini. 



XIV. 

DiscoBSO pronunciato dal Re Vittorio Emanuele II 
all'apertura della IX Legislatura del Parlamento 
nazionale, convocato per la prima volta in Firenze. 

[18 novembre 1865.] 

SiGNOBi Senatori! Signobi Deputati! 

Allorquando nella città generosa, che seppe custo- 
dire i destini d'Italia nella rinascente sua fortuna, 
io inaugurava le sedute del Parlamento, le mie parole 
furono mai sempre d' incoraggiamento e di speranza. 
Vi seguirono costantemente fatti luminosi. 

Coir animo aperto alla stessa fiducia, oggi vi ho 
riuniti intorno a me in questa nobile sede d'illustri 
memorie. Qui pure, intenti alla piena rivendicazione 
della nostra autonomia, sapremo vincere qualunque 
ostacolo. 

Sul chiudersi dell'ultima Legislatura, per ossequio 
al Capo della Chiesa, e nel desiderio di soddisfare 
agl'interessi religiosi delle maggioranze, il mio Go- 
verno accolse proposte di negoziati colla Sede ponti- 



fida; ma li dovette ismttéstèqiÈmSùtÈ^ 

stare offsri i diritti della aik OmM e della i^^ 

La pienesza dei tem]^ # la fonsa iiiehtttabìle de|^ 
eventi soìoglieranno le vartezue tra il B^na d'Italki 
ed il Papato. JL noi frattanto inoombe di eerlbar fede 
alla Convenzione del 16 eettembre, eoi la Franom darà 
pare, nel tempo stabilito, eeeoosione eomjj^Mia. 

Là virtù ddi' aspettare è oggidì,^ iifto pd pas- 
sato, resa agevole idi* Italia. Dai i^mo ohe io vdW 
le ultime parole al Parlamento, le oondiaioni sue si 
fecero migliori. 

A progredire nell'opera nostra ci ccmfiMrlanó le 
simpatie dei popoli civili. Per comunanza d'interessi, 
per legami di gratitodine, ci maittmiianio in istietti 
accordi colla Francia. Piarne in boone rdaskaii colla 
più parte d^ altri Stati europei, e coi Gtovetm ddk 
due Americhe. Un vasto campo fu aperto bì commerci 
da vantaggiosi trattati conchiusi coli' Inghilterra, la 
Russia, l' Olanda, la Danimarca, la Svizzera, come già 
colla Francia, la Svezia, il Belgio, la Turchia e la 
Persia. La Spagna poc'anzi riconobbe il Regno d'Ita- 
lia ; la Baviera e la Sassonia anch' esse hanno testé 
manifestato lo stesso proposito, che, in Germania, la 
Prussia, il gran ducato di Baden e le Città Anseati- 
che già effettuarono. 

Rimangono così afforzati i vincoli fra i popoli della 
razza latina; e colle nobili genti germaniche sarà dato 
agli Italiani di meglio intrecciare interessi ed aspira- 
zioni, onde si estingueranno vieti pregiudizi e rancori. 

In tal guisa l'Italia, prendendo il posto che le com- 
pete fra i grandi Stati d' Europa, contribuirà vieppiù 
al trionfo della giustizia e della libertà. 

Questa, all'interno, già produsse frutti mirabili. 
In pochi anni, nelle amministrazioni, ne' pubblici la- 



1865] B IL PAUL AMENTO ITALIANO. 215 

Tori, ne' codici, negli ordinamenti militari si otten- 
nero risultati, pei quali altrove travagliarono parec- 
chie generazioni e si dovettero deplorare lotte intestine. 
Tante difficoltà superate sono di lieto augurio per 
r avvenire. 

I miei Ministri vi presenteranno disegni di leggi 
per dare compiuto assetto all' unificazione legislativa 
del Regno, redimere dall' ignoranza le classi men for- 
tunate, migliorare le condizioni del credito, spingere 
le opere pubbliche più urgenti. Emenderete altre leggi, 
come r esperienza o l' opportunità consigliano. 

La difficoltà maggiore è di riparare lo squilibrio 
della finanza, senza togliere alla nazione d' esser ro- 
busta d' armi in terra ed in mare. Mi è sommamente 
doloroso che, per necessità imprescindibile, abbiansi 
a chiedere dal mio popolo nuovi sacrifizi. Certo non 
vi farà difetto, o signori, la sua virtù : me ne stanno 
mallevadori quelli che già sostenne con meravigliosa 
costanza. Ma io vi raccomando di ripartire gli oneri 
nel modo il più equo e il men gravoso possibile, pur 
riducendo nei più stretti limiti le pubbliche spese. 

II popolo italiano deve sgombrarsi da quegli avanzi 
del passato, che gli tolgono di svolgere appieno la 
sua vita novella. Voi quindi avrete eziandio a delibe- 
rare intorno la segregazione della Chiesa dallo Stato, 
e la soppressione delle corporazioni religiose. 

Procedendo in tal maniera, insidie di nemici o 
malvagità di fortune non varranno a distruggere 
l'opera vostra. 

Un mutamento profondo, inevitabile, va attuan- 
dosi ne' popoli europei. L'avvenire è in mano di Dio. 
Se pel compimento delle sorti d'Italia sorger doves- 
sero nuovi cimenti, sono certo che intorno a me si 
stringerebbero un'altra volta i prodi suoi figli. Ove 



216 TiTTOBio uamDBUi n (1866 

prevalesse la forza morale deBa eiviltà, bob manche- 
rebbe di ìFame suo prò il maturo semao ddUà nazione. 

SiGNOBi Sbnatobi! SioxroBi Def0tatx1 

> 

Perchè ad ogni incontro il diritto e F onore d'Italia 
restino inviolati, è mestieri di francam^te progredire 
sulla via della nazionale {jblitica. 

Io, sicuro nel vostro concorso, fidente d^' affetto 
del popolo e nel valore dell' esercito, mm verrò rsmo 
all' impresa nobilissima, che dobbiamo tramandare 
compiuta alle future generazioni. 



XV. 

Indirizzo del Senato dd Begno m rispt^ta di di- 
scorso ddla Corona dd 18 novembre 1865, com- 
pUatOf per délegamne deW Ufficio di Presid^MOi 

dal senatore Cibrario. 

[Approvato il 4 dicembre 1865.] 

Sire! 

Sulle rive della Dora, come su quelle dell'Arno, 
famose ambedue per diverse glorie, suonò sempre gra- 
dita ai nostri cuori l' efficace parola di V. M., la quale, 
iniziando i lavori d'una nuova Sessione legislativa, 
conferma le nostre speranze e fa balenare agli occhi 
nostri l'immagine d'un lieto avvenire. 

Non può riuscire al compimento di magnanimi in- 
tenti se non chi, avendo fede in essi e nella propria 
virtù, nulla intanto trascura di ciò che possa agevo- 
larne il buon successo. Questa fede l'Italia la par- 
tecipa pienamente con V. M., e i grandi poteri dello 
Stato sono concordi col popolo nella volontà di ri- 



1865] E Hi PABLAMENTO ITALIANO. 217 

muovere con fermezza e prudenza gli ostacoli che ancor 
c'impediscono di raggiungere lo scopo, senza la pe- 
ricolosa pretesa di forzar la mano agli eventi, rispet- 
tando religiosamente i trattati, aiutandoci bensì costan- 
temente e lealmente di quella forza morale irresistibile 
che produce il visibile e quotidiano generalizzarsi della 
coscienza del diritto delle nazioni. 

Il Senato si compiace nello scorgere che, mercè 
la saviezza dei suoi atti, il novello Regno raccoglie 
le simpatie dei popoli e dei Governi stranieri, come lo 
provano i trattati di commercio conchiusi colle prin- 
cipali potenze ed il recente riconoscimento per parte 
della Spagna, e quello di cui già diedero intenzione 
la Baviera e la Sassonia. 

Se dolce torna ai cuori italiani l' amistà colle genti 
cognate, di razza latina, non riesce loro men cara 
quella che proferiscono le valorose stirpi germaniche 
e le slave ; poiché una sola è a questi tempi la mis- 
sione di tutti i popoli civili, ed è quella di promuo- 
vere bensì i materiali interessi, ma d'assicurare ad 
un tempo il trionfo della giustizia e della libertà. 

Sire, il Senato non dubita che negli sperimenti 
d'una desiderabile conciliazione colla Santa Sede, il 
Governo di V. M. avvertirà sempre a discernere gli 
spirituali interessi dai temporali, e non sarà mai per 
ammettere un partito che leda i diritti della sua Co- 
rona e della nazione. 

n Senato apporterà dal suo canto tutta la matu- 
rità de' suoi consigli e delle sue deliberazioni nell'esame 
delle leggi indicate da V. M., ossia che tendano a se- 
parare le ragioni della Chiesa da quelle dello Stato, 
a sopprimere la personalità civile delle corporazioni 
religiose, od a compiere l' unificazione legislativa del 
Regno ; s' occuperà eziandio con ispecial cura di quelle 



S18 TEROBio mummm n [1865 

che giusUmeiite inerébbe ài' ytàfotm mm» di Y. IL 
di dover annimciare, le quali, per ripamve «Uo mpàr 
tibrio deUa finanza, impormuio duotì sidiBpeDttbiE 
sacrifiad alla naidone, e delle altee che, me(^ eoom- 
partendo gli aeravi e sempUficamdo i jaetodi di ri- 
scossione, renderanno più tollerabile £1 pew> ed il 
rigore dell' imposte ; di queUe infine che, soemaado 
le spese senza nuocere alla regolarità de' pubblici se^ 
Tizi ed alla forza di terra e di mare rfeUeeta daBe 
condizioni della Monarchia, rendenumo aMmo impo- 
nente il disavanzo. 

Sire, il Senato d persuaso al pari di V. IL che la 
nazione stretta in vincolo indissolubile col suo Be 
saprà compiere V opera co^ glcriosaanente inoomiib 
ciata, senza temer mai che prevalgano insidie di ne- 
mici, malvagità dì fortune. Imperocehd il fi^gno 
d'Italia, a chi ben lo riguardi, appare non tanto opera 
di senno umano, quanto mirabile provvidenia di Dio. 



XVI. 



Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta oi 
Discorso della Corona del 18 novembre 1865, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Correnti, Coppino, Bargoni, Sabini e Domenico 
Berti, relatore. 



[Approvato il 18 dicembre 1865.] 

Sire ! 



Le parole di speranza che la V. M. ci rivolgeva 
nello inaugurare le tornate di questa nuova Legisla- 
tura sono tenute dai rappresentanti della nazione in 



1865] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 219 

quella fede che è dovuta al Ee che pose più volte u 
cimento la vita e la Corona per i suoi popoli, e le cui 
promesse ebbero costante riprova negli splendidi fatti 
della nostra restaurazione nazionale. 

Il linguaggio di V. M. ci conferma nella certezza 
che il vostro Governo, al quale toccò in sorte il no- 
bilissimo ufficio di comporre in unità di Eegno le genti 
italiche, proseguirà da questa monumentale città che 
ci donò il vincolo nazionale della lingua l'opera in- 
cominciata con tanti sacrifizi e con tanta gloria nella 
fedele e valorosa Torino. 

L'Italia accolse con lieto animo la notizia di nuove 
testimonianze di simpatia a noi date dalle estere na- 
zioni. Questo Eegno, che è parte integrante dell'or- 
dinamento politico europeo, puossi ormai dire ricono- 
sciuto e dalle genti che ci sono più affini per sangue 
e dai più cospicui popoli della Germania. 

La civiltà che si propaga mercè gli ordini liberi 
accomuna le razze, tempera e spegne le gelosie, gli 
odii, e sradica i pregiudizi che da tanto tempo tra- 
vagliano le nazioni d'Europa. 

Ci conforta l' udire che siamo in buone relazioni 
con quasi tutti gli Stati, e che i nobili legami di 
amicizia stretti sui campi di battaglia tra l' Italia e 
la Francia continuano ad essere avvalorati da intenti 
di comune interesse. 

La nazione approfitterà del vasto campo che i trat- 
tati di commercio aprono alla sua operosità economica, 
e farà quanto è da sé per moltiplicare e migliorare 
la produzione onde si alimentano i traffichi e le in- 
dustrie. 

Noi riconosciamo vero, o Sire, che all'efficacia 
degli ordini liberi andiamo debitori se in breve vol- 
gere di tempo si introdusse medesimezza di leggi ci- 



220 rrnoBXC^ WKÉXcmm u (IBfS 

vilii militari ed aimninirtnitiTg in pmnmSm vrtto da 
oonsuetudim ed ordinammti dtymii. 

Quest'opera di unifioazìoiie, ehe non ha tmemtio 
nella storia dei popoli, pnossi a nigione dbdamare i&e- 
ravigliosa. 

La Camera, apprezzando i motÌTÌ che indussero il 
GoTemo di Y. M. a troncare i negoadati con Boisi, 
è persuasa che le prerc^tiye deUa Corona e i diritti 
della nazione saranno sempre manteniotì inodiu&i. 
Toma necessario ed indispensabile eh» siaim, con h^ 
informate a libertà, definiti e dirtinti i rapporti ehe 
corrono tra lo Stato e la. Chiesa. I rappiMentaotì 
della nazione faranno perciò soggetto di matora de- 
liberazione i disegni di legge dei quali si è jgià riecH 
nosciuta l' urgenza intomo all' abolizione deUe etnpO' 
razioni religiose. 

Mentre essi confidano nel ÀToreroIe au&agfo die 
sat^ per dare l' opinione pubblica dell' Eurqpaefttfah 
lica alla separazione di ciò che è della Chiesa da ciò 
che compete alla nazione, sono lieti che gli accordi 
colla Francia sanzionati dalla Convenzione del 15 set- 
tembre comincino ad avere la loro esecuzione. 

Lo sgombero di milizie amiche, ma straniere, dal 
nostro suolo è novella conferma del principio del non 
intervento su cui si fonda il giure internazionale delle 
società moderne. 

Eiesce a noi, o Sire, altrettanto doloroso quanto 
al magnanimo vostro cuore lo squilibrio della finanza. 
I rappresentanti della nazione porranno tutta la loro 
opera per venirvi al riparo. E mentre non dubitano 
che il popolo saprà assoggettarsi a tutti i sacrifizi 
che si richiedono alla tutela della dignità e della 
libertà dello Stato, cureranno perchè siano equamente 
ripartite le gravezze, ridotte e sindacate efficacemente 



1865] a IL PABLAMJNTO ITALUNO. 221 

le spese, restaurato il credito, senza di cui la ric- 
chezza nazionale illanguidisce e scemano i proventi 
delle imposte. 

Daranno altresì volenterosi il suflFragio a tutti quei 
provvedimenti che hanno per iscopo di diffondere e 
di rendere proficua l' istruzione e V educazione popo- 
lare, fonte precipua di prosperità e potenza dello 
Stato. 

In tal guisa il Regno Italico acquisterà sempre 
maggior forza ed autorità così al di dentro, come al 
di fuori, e potrà raggiungere la meta a cui ò chìa^ 
mato dai voti unanimi della nazione. 

Gli ordini liberi che lo reggono e che vanno at- 
tuandosi anche in quelle monarchie, che per la loro 
composizione vi parevano repugnare, conferiranno a 
dar prevalenza a quella forza morale che già rendette 
per il passato, e renderà per V avvenire più agevolo 
all'Europa la risoluzione di molte quistioni: saprà 
certamente l' Italia trarre partito da questa forza mo- 
rale che già le fu di non lieve giovamento. 

In caso diverso, o Sire, il volere vostro e quello 
concorde del popolo e del Parlamento che in voi si 
confidano, supererà con indomata costanza gli ostacoli 
che si oppongono alla piena signoria di noi. 

Ben diceste, o Sire, che V opera incominciata vuole 
essere tramandata compiuta ai nostri figli. E come 
nei passati cimenti, così nei futuri, l'Italia si strin- 
gerà intorno alla nazionale bandiera, che tante glorie 
ricorda, e risponderà degnamente ai vostri incorag- 
giamenti. 



222 VITTOBIO EMANUELE U [1866 

XVII. 

Proclama rivolto dal Be Vittorio Etnanuele II àUa 
nazione dopo la dichiara0ione di guerra aWAur 
stria nel 1866. 

[20 giugno 1866.] 

Italiani ! 

Sono corsi ormai sette anni che l'Austria, assa- 
lendo armata i miei Stati, perchè io aveva perorata 
la causa della comune patria nei consigli di Europa, 
e non ero stato insensibile ai gridi di dolore che si 
levavano dall' Italia oppressa, ripresi la spada per di- 
fendere il mio trono, la libertà dei miei popoli, l' onore 
italiano e combattere pel diritto di tutta la nazione. 

La vittoria fu pel buon diritto ; e la virtù degli 
eserciti, il concorso dei volontari, la concordia ed il 
senno dei popoli e gli aiuti di un magnanimo alleato 
rivendicarono quasi intiera la indipendenza e la libertà 
d'Italia. 

Supreme ragioni che noi dovemmo rispettare ci 
vietarono di compiere allora la giusta e gloriosa im- 
presa : una delle più nobili ed illustri regioni della 
penisola, che il voto delle popolazioni aveva riunito 
alla nostra Corona, e che una eroica resistenza, e una 
continua e non meno eroica protesta contro il restau- 
rato dominio straniero ci rendeva particolarmente 
sacra e cara, rimase in balia dell' Austria. 

Benché ciò fosse grave al mio cuore, nondimeno 
mi astenni dal turbare l'Europa desiderosa di pace, 
che favoriva colle sue simpatie il crescere ed il fon- 
dersi del mio Regno. 

Le cure del mio Governo si volsero a preferenza ad 



1866] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 223 

accordare gli ordinamenti interni, ad aprire ed alimen- 
tare le fonti della pubblica prosperità, a compire gli 
armamenti di terra e di mare, perchè l' Italia, posta 
in condizione di non temere offesa, trovasse più facil- 
mente nella coscienza delle proprie forze la ragione 
delle opportune prudenze, aspettando che si maturasse 
col tempo, col favore dell'opinione delle genti civili 
e degli equi e liberali principii che andavano preva- 
lendo nei consigli d' Europa, V occasione propizia di 
ricuperare la Venezia e di compiere e di assicurare 
la sua indipendenza. Quantunque l'aspettare non fosse 
senza pericoli e senza dolori entro confini mal circo- 
scritti e disarmati, e sotto la perpetua minaccia di 
un inimico, il quale nelle infelici provincie rimaste 
soggette alla sua dominazione aveva accumulati i suoi 
formidabili argomenti della ojffesa e della difesa : collo 
Bpettacolo continuo innanzi agli occhi dello strazio, 
che egli faceva delle nostre popolazioni, che la con- 
quista e una spartizione iniqua gli avevano dato, pure 
io seppi frenare, in omaggio alla quiete di Europa, i 
miei sentimenti di Italiano e di Re, e la giusta impa- 
zienza de' miei popoli. Seppi conservare integro il di- 
ritto di cimentare opportunamente la vita e le sorti 
della nazione : integra la dignità della Corona e del 
Parlamento, perchè l'Europa comprendesse che doveva 
dal canto suo giustizia intiera all'Italia. 

L' Austria ingrossando improvvisamente sulla no- 
stra frontiera, e provocando con un atteggiamento 
ostile e minaccioso, è venuta a turbare l' opera paci- 
fica e riparatrice intesa a compiere l'ordinamento del 
regno, e ad alleviare i gravissimi sacrifici imposti ai 
miei popoli dalla sua presenza nemica nel territorio 
nazionale. 

Alla ingiustificata provocazione ho risposto ripren- 



dendo ìa "axaà, che già. si tiducevano alla proporzione 
ddle necesBÌtik della interna sicurezza : e voi aTete 
dato UDO Bpettacolo meraviglioso e grato a! mio coora 
colla prontem g con l' entusiasmo con che siete ac- 
oorei alla mia tocc nelle fìle gloriose dell' esercito 
dei Tolontari. . 

Ifondimemo quando le potenia ami<die tentarooo 
dì risolvere le difficoltà sasoitatiidlJl' Aoatria inOe^ 
mania ed in ItaliA per via di un Co^;tq8bOi io toUÌ 
dare im ultimo Begso da miri BODtiilLeQti di ooDciliii- 
none all'Europa, e mi afiettai di adèriTTÌ. 

L' Austria rifiutò anche qneata volta i negonàaiS!, e 
Respinse ogni accordo, e diede $1 mondo untfnoT^ 
prova che se confida ndle sue forze, Bon confida ^^■ 
mente nella bontà della sua caost e nella ginstìtàa dà 
diritti che usurpa. 

Voi pare potete confidare nelle vostra forze, Ita- 
liam, guardando orgogliosi ìl florido entcite e la 
formidabile marma pei quali né cure né sacrifìci fu- 
rono risparmiati ; ma potete anche confidare nella 
santità del vostro diritto, di cui ormai è immancabile 
la sospirata rivendicazione. 

Ci accompagna la giustizia della pubblica opinione, 
ci sostiene la simpatia dell' Europa, la quale sa che 
l' Italia indipendente e sicura del suo territorio diven- 
terà per essa una guarentigia d'ordine e di pace, e 
ritornerà efficace strumento della civiltà universale. 

IlALIAHI ! 

Io do lo Stato a reggere al mio amatissimo cugino 
il principe Eugenio, e riprendo la spada di Goito, di 
Pastrengo, di Palestre e di San Martino. 

Io sento in cuore la sicurezza che scioglierò pie- 
namente questa volta il voto fatto sulla tomba del 



1866] B IL PABLAMBNTO ITALIANO. 225 

mio magnanimo Genitore. Io voglio essere ancora il 
primo soldato della indipendenza italiana. 
Viva Italia ! 

Dato da Firenze, lì 20 giugno 1866. 

VITTORIO EMANUELE. 

EICASOLI. 

XVIII. 

Proclama diretto dal He Vittorio Emanuele li 
aUa Guardia Nazionale nella stessa occasione. 

[20 giugno 1866.] 

Ufficiali, Sott' Ufficiali e Militi della Guardia 
Nazionale del Kegno! 

Io lascio il reggimento dello Stato al mio amatis- 
simo cugino, il principe Eugenio, e torno a combattere 
le supreme battaglie per la libertà e la indipendenza 
d'Italia. Mentre le forze di terra e di mare riven- 
dicano alla nazione il suo diritto contro le minaccio 
e le provocazioni dell'Austria, voi la manterrete or- 
dinata e composta perchè nell' ossequio alle leggi for- 
tifichi le sue libertà e si prepari degnamente al glo- 
rioso avvenire che l'aspetta. Voi costituiste questo 
Regno coi vostri voti: serbatelo intatto adesso colla 
vostra disciplina e colle armi cittadine. A voi commetto 
con piena fiducia la tutela della sicurezza e dell'ordine 
pubblico, e tranquillo vado là dove la voce d'Italia 
mi chiama. 

Firenze, li 20 giugno 1866. 

VITTORIO EMANUELE. 

RICASOLI. 




V Esercito wB* i i Hr a gr mim » , ttiUimm fturra ftr 



UTncuu, Bon'Umeuii ■ SoshaxiI 

rione, n chiamo alle anaL Qoffte ^ricb di goem 
8ar& per Toi, come lo Ai Ban^sà, grido di gioia. QsalB 
■ia il -rostro dorerà, lun vste-fin^-iWiMùBO ohe 
bea lo conosoete. fidenti aaBa-^Ìiirthl>g"ili|iHi acati» 

causa, forti del nortro diiil||ii.lMli.*m JUlèlliWi ii" 
le armi la noafaca niiitiu., . ., ,-i ,-' ,-;'^i{-7i:;i • ■.'.: 

Ufficiali, Sott'UifiouIiI i Soi.datiI 
ÀBBumo oggi nuovamente il comando dell* eaercito 
per adempiere al dovere che a me ed a voi spetta, 
di rendere lìbero il popolo della Venezia, che da lungo 
tempo geme sotto ferreo gic^o. Voi vincerete, ed il- 
vostro nome sarà benedetto dalle presenti e fatare 
generazioni. 

Fireuxe, SI giugno 1860. 

Vittorio Emanuele. 



1866] B Hi PABLAMBNTO ITALIAKO. 227 



XX. 



Discorso pronun^ato dal Be Vittorio Emanuele II 
aW apertura della 2^ Sessione della IX Legisla- 
tura del Parlamento na^iorude, dopo V acquisto 
della Venezia e la partenza delle mUieie francesi 
da Boma. 

[15 dicembre 1866.] 

SiGKOBi Senatobi! Signobi Deputati! 

La patria è libera finalmente da ogni signorìa stra- 
niera. L'animo mio esulta nel dichiararlo ai rappre- 
sentanti di venticinque milioni di Italiani. La nazione 
ebbe fede in me, io l'ebbi nella nazione. Questo grande 
avvenimento, coronando gli sforzi comuni, dà nuovo 
vigore all'opera della civiltà, e rende più sicuro l'equi- 
librio politico dell'Europa. 

n pronto ordinamento militare, e la rapida unione 
de' suoi popoli acquistarono all'Italia quel credito che 
le era necessario, perchè potesse conseguire, per virtù 
propria e per concorso di efficaci alleanze, la sua in- 
dipendenza. Aggiunse stimolo e conforto a questa opera 
laboriosa la simpatia dei Governi e dei popoli civili, 
alimentata ed accresciuta dal coraggioso perseverare 
delle Provincie venete nel comune proposito del na- 
zionale riscatto. Il trattato di pace con l' Impero au- 
striaco, che vi verrà presentato, sarà seguito da nego- 
ziati che rendano più agevoli i reciproci «cambi. 

n Governo francese, fedele agli obblighi assunti 
colla Convenzione di settembre 1864, ha già ritirato 
le sue milizie da Eoma. Dal canto suo il Governo itar 



VITTOSIO EMANUELE U [1666 

liano, raantcnendo gli impegni presi, ha rispettato, e 
rispetterà il territorio pontificio. La buona intelligenza 
con r Imperatore dei Francesi al quale ci legano im- 
coli di amicizia e di gratitudine, la temperanza dei 
Romani, la sapienza del PonteSce, il sentimento reli- 
gioso ed il retto giudizio del popolo italiano aiuteranno 
a diatinguere e conciliare gli interessi cattolici e le 
aspirazioni nazionali che si confondono e si agitano 
in Boma. Ossequioso alla Religione dei nostri mag- 
giori, che è pure Ja massima parte degli 
Italiani, io rendo ( .e i pari tempo al principio 
di libertà che informa le nostre istituzioni e che, ap- 
plicato con sincerità e con h ghezza, gioverà a rimuo- 
vere le cagioni delle vecch differenze fra la Chiesa 
e lo Stato. Questi nostri vvedimenti, rassicurando 
le coscienze cattoliche, Ìa>.«.uno, io spero, esaudito Ìl 
mio voto che il Sommo Pontefice continui a rimanere 
indipendente in Roma. 

L' Italia è sicura di sé ora che, al valore dei suoi 
figli, non ìsmentitosi mai nella varia fortuna, in terra 
ed in mare, nelle file dell' esercito, come in quelle 
dei volontari, aggiunse a saldo propugnacolo della 
sua indipendenza 1 formidabili baluardi ohe servirono 
a renderla soggetta. L' Italia pertanto pud ora e deve 
volgere tutti i snoi sforzi all' incremento della sua 
prosperità. Come gli Italiani furono mirabilmente con- 
cordi nell' affermare la propria indipendenza, Io sieno 
ora nell' adoperarsi con intelligenza, con ardore e con 
indomabile costanza a far rifiorire le condizioni eco- 
nomiche della penisola. Vari disegni di legge vi saranno 
presentati per ottenere questo intento. 

Tra le arti dì pace favorite dalla nuova BÌcurczza 
dell' avvenire, non saranno trascurati quei provvedi- 
menti che valgano a perfezionare secondo i dettami 



1866] E IL PAELAMENTO ITALTA170. 229 

della esperienza i nostri ordinamenti militari, onde 
col minor dispendio possibile non manchi all' Italia 
la forza necessaria a sostenere il posto che le si ad- 
dice fra le grandi nazioni. 

I provvedimenti testé presi intorno agli ordini 
amministrativi, e quelli che vi saranno proposti, 
massime per ciò che concerne le riscossioni delle im- 
poste e la contabilità dello Stato, contribuiranno a 
migliorare la pubblica amministrazione. 

n mio Governo ha provveduto anticipatamente a 
quanto occorre per le spese del prossimo anno e pei 
pagamenti straordinari di ogni maniera. Esso vi ri- 
chiederà pel 1867 la continuazione dei provvedimenti 
approvati pel 1866. Per tal guisa il potere legislativo 
avrà campo di maturamente discutere i disegni di 
legge che gli verranno presentati per fornire allo 
Stato i mezzi necessari a' suoi bisogni, per miglio- 
rare l'assetto delle imposte e perequarle tra le vario 
Provincie del Kegno. Se nei popoli d'Italia, come io 
ne ho pienamente fede, non verrà meno quella ope- 
rosità che fece ricchi e potenti i nostri maggiori, non 
sarà necessario un lungo corso di tempo, perchè la 
pubblica fortuna raggiunga il suo definitivo assetto. 

SiGNOBi Sbnatobi! Signobi Deputati! 

L' Italia è ora lasciata a sé stessa. Là sua respon- 
sabilità è pari alla potenza a cui é giunta ed al pieno 
uso che essa può fare delle sue forze. L'avere in 
breve tempo operato grandi cose cresce in noi l'ob- 
bligo di non mancare al nuovo compito, che è quello 
di saperci governare colla vigoria richiesta dalle con- 
dizioni sociali del Begno, e colla larghezza voluta dalle 
nostre istituzioni. La libertà negli ordini dello Stato, 
l'autorità nel Governo, la operosità nei cittadini, l'im- 



230 VITTOEIO SMAIOJELE H [1866 

pero della legge sopra ogni cosa, faranno l'Italia pari 
ai suoi destini, pari alla aspettazione che di sé ha 
destato nel mondo. 



XXI. 

Indirizzo del Senato del Begno in risposta al Discorso 
della Corona del 15 dicembre 1866, compilato dcd- 
V Ufficio di Fresidenza. 

[Approvato il 28 dicembre 1866.] 

Sibb! 

Estremi sacrifici, magnanimi ardimenti, quali non 
poteva produrre fuorché la chiara coscienza d' un di- 
ritto e la forte volontà di farlo prevalere, guidarono 
r Italia al glorioso compimento de' suoi destini, otte- 
nuto mercé due nobili e poderose alleanze, e per vie 
diverse da quelle che la saggezza umana poteva 
prevedere. 

L' Italia ne rende le prime grazie alla Provvidenza, 
indi al suo Re che le fu splendida guida, all' armata 
di terra e di mare ed ai volontari che sparsero in- 
trepidi il sangue per la patria, all'aiuto di due grandi 
nazioni, all'appoggio morale ed alla simpatia di altre. 
Accresciuta, mercé la felice conclusione della pace, 
d'illustri e desiderate provincie e di formidabili di- 
fese, essa si stringe confidente intomo al Trono, 
aspettando quell'accordo cui V. M. accenna tra la 
Chiesa e lo Stato, che é voto e speranza non solo 
degli Italiani, ma di tutto l' orbe cattolico, e che dee 
farsi per modo, che la Chiesa, veramente libera e in- 
dipendente nella sublime sua sfera, non rechi impe- 
dimento allo Stato neir esercizio dei suoi diritti 
sovrani e nello svolgimento delle sue legittime aspi- 



1866] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 231 

razioni. Questo sarà il suggello della nostra grandezza 
ed anche il principio d'una restaurazione del senti- 
mento religioso, se in alcun luogo, per l'asprezza delle 
passate controversie, fosse per avventura debilitato. 

V. M., coli' usato suo senno, proclama giustamente 
che, fatta l'Italia, è tempo d'ordinarla definitivamente 
provvedendo alle condizioni interne militari, economi- 
che, amministrative. Il Senato pienamente s'accorda 
nel concetto di costituir le forze militari in modo, che 
senza troppo dispendio l'Italia possa sostenere il posto 
che le si addice fra le grandi nazioni. Ma spera che, 
riformando gli ordini militari, si scioglierà il problema 
in modo definitivo, essendo le frequenti modificazioni 
in questa materia un flagello per la finanza. 

Risparmi e grandi risparmi sono indispensabili 
per ristaurare le condizioni dell' erario. Il Senato spera 
«he il Governo di V. M., già entrato per questa via, 
vorrà proseguire coraggiosamente il suo compito. Né 
sfuggirà alla sua saviezza la considerazione che una. 
non dispregevole fonte di risparmio si troverà nel 
fuggir quel sistema d' incessanti mutazioni di funzio- 
nari provinciali, il quale ha nell'ordine amministra- 
tivo e nell'interesse delle province conseguenze più 
lamentevoli ancora che nell' economico. 

L' amor della patria fa tollerare i tributi, ancorché 
gravissimi, alla fortuna privata. Ma ciò che più dif- 
ficilmente si tollera sono i modi vessatorii nel riscuo- 
terli; è l'ingiusta ripartizione; è l'incertezza d'alcune 
basi di stima, causa di frequenti dispendiose contro- 
Tersie per i contribuenti. 

Il Senato ha udito con lieto animo dall'augusto 
vostro labbro, o Sire, la promessa di leggi riparatrici 
di questi gravi inconvenienti. Nell'esame di cotesto 
leggi il Senato adoprerà tutta quella diligenza e ma- 



232 VITTOBIO SMANUELE H [1866 

turità di consìglio che la M. Y. e l'Italia sono in 
diritto d'aspettarsi. 

Sire, il Senato non può a meno di render omaggio 
ad un altro grande principio da V. M. proclamato. 
Ogni sollecitudine del Ee e del suo Governo per far 
rifiorire le condizioni economiche d' Italia sarebbe di 
gran lunga insufficiente, se non l'avvalora e lo feconda 
l'attività, l'iniziativa individuale. L'intervento del 
Governo nelle imprese economiche è utile in certi 
casi ; più spesso nuoce. L' agricoltura, l' industria, il 
commercio, offrono inesauribili fonti di prosperità al 
lavoro individuale intelligente e perseverante, al lavoro 
collettivo di società private fornite di sufficienti capi- 
tali e della necessaria istruzione. 

Il Senato desidera con V. M. che la nostra forte 
ed ingegnosa gioventù non dimentichi che, non di- 
scutendo sempre, ma sibbene operando, i nostri avi 
arricchirono ed illustrarono la patria. 

La pubblica istruzione ne' suoi vari rami, e spe- 
cialmente nella Tecnica, richiamerà le cure del vostro 
Governo e tutta l'attenzione del Senato. Finora, pur 
troppo, si è fatto un infelice sperimento di vari sistemi 
con pochissimo frutto. Speriamo sia giunta l' ora d'un 
ordinamento definitivo stabilito su fondamenti migliori 

Sire, il Senato è persuaso che l'Italia sente la gran- 
de responsabilità che le incombe ; che saprà usare della 
libertà senza abusarne; che il Governo col senno, e 
colla maturità de' suoi consigli, colla stabilità de' suoi 
propositi, col valore degli uomini da esso adoperati, 
acquisterà quell'autorità di cui ha bisogno per ben 
governare ; e che pei governanti come pei governati 
l'impero della legge sarà intiero, evidente, assoluto, 
perenne. 



1867J E IL PABLAMENTO ITALIANO. 23S 

XXII. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 15 dicembre 1866, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Andreuccio Massa, Mordini, Valussi e Massarani, 
relatore. 

[Approvato il 1« gennaio 1867.] 

Sire! 

Quando la Maestà Vostra saliva al trono, l' Italia, 
dopo avere stancato l'avversità, come aveva un tempo 
soggiogato la fortuna, cercava indarno nelle sparse 
membra sé stessa. Voi la incuoraste a bene sperare ; 
le faceste abilità di riprendere, con la costanza e col 
senno, il suo posto nella estimazione delle genti, e 
nell' amicizia delle più generose ; e foste degnamente 
sortito a proclamare, dopo diciassette anni di regno, 
che la patria era libera da ogni signoria straniera. 

Unita in remote età, ma per oltrepotenza d' impe- 
rio, oggi più felicemente essa è una per virtù di con- 
cordi voleri. L' affidò la coscienza del proprio diritto, 
confessato alteramente, anche nelle distrette della ser- 
vitù, da tutti 1 suoi figli ; la scórse il valore dei suoi 
soldati, che in terra e in mare, regolari e volontari, 
cimentaronsi con un coraggio maggiore d' ogni for- 
tuna ; r afforzò col braccio di potenti alleanze il con- 
senso del mondo civile, che omai dal libero assetto 
di ciascuna stirpe riconosce le malleverie più sicure 
di ordine e di pace per tutte. 

Rivendicata con nobilissima corona di provincie 
all'Italia, Venezia anch'essa è messaggiera di pace. 
Insieme coi temuti baluardi, che, pur ieri strumento 
d'oppressione, oggi sono propugnacolo d'indipendenza, 



essa ci ocMBiiietto V etempo ddls oiifaitmo difiBst, il 
retaggio ddle tradisiom jtf|teiti ; e ooar«iift nano 
ri^lgendo lo ioiido,ooii ralteoe acUite. » X>KÌ6Bte k 
antiche ine del eomatarao wtoiwiiÉlet fla'md Pfaiàaihe 
e operoso gmiio dell'epoca «i eUiuÉa * liiifieieare 
r omie non ancor aoMiceUata èai awlil n^gpaii 

Noi pdnoiineramo qaert^Àa di gaalftcha wJWMmi 
e d'accordi, deUberando sai inttefeo ctmVMtao 
d'Austria, che il Ootenaio di T. IL M Ila torti pre» 
sentatp ; e auguriamo che gli ntterìori nfKJ^iiilti eoa 
qaella potenza meniao a naolfeQqi^ iOfnfq^^ 
della natura e dell' ìftorii^ la diffiAd^à,*!^ 
scono per entrambe le parti daII%aiiMi^^ Wa 
fittizia postura dei mntoi confieL ; , .; 

Un piti alto e piti oompleM» jpgnjWinpa m. MP^ 
in Boma. Sgomberata pniitndment^.daBa wdljaà^Jbsut 
cesi, la citt& etema vede UMOXfktaBmif^ 
seno quella incòndita nusoela delle nmime «eaa ^JaDa 
divine, che atfasnde ordine e nonna dalla pienetta dM 
tempi. In questa noi confidiamo ; e la aspetteremo os- 
sequienti alla libertà delle coscienze e alla fede dei 
trattati, non meno che costanti interpreti delle aspi- 
razioni nazionali. 

Quind' innanzi le nostre cure potranno essere pre- 
cipuamente intese a ravviare F equilibrio nelle finanze, 
a migliorare l'organamento e a prosperare l'economia 
dello Stato. Ci tarda di perfezionare, secondo recenti 
esperienze suggeriscono, gli ordini della milizia e le 
armi, perchè, fornito al paese un valido schermo, pos- 
sano rendersi al lavoro le braccia non necessarie per 
la difesa, e pel Tesoro onerose; e intantochè da- 
remo opera a distribuire, giusta più meditata ragione, 
il carico delle imposte, a incitare, per quanto può 
essere da savie leggi, la produzione, e a ristorare il 



1867] B IL PARLAMENTO ITALIANO. 235 

pubblico credito, porremo altresì vigorosamente la 
mano in quel soverchio dei congegni amministrativi, 
che moltiplica gli attriti e logora le forze, procurando 
che la semplicità conferisca alla speditezza e frequenza 
delle transazioni, e torni così doppiamente in beneficio 
dell'erario nazionale. 

Tutte le provvisioni che il Governo di V. M. ci 
verrà presentando con siffatti intendimenti, saranno 
da noi maturate con istudio e solerzia pari al costante 
desiderio del meglio. 

Sire, la nazione italiana atterrà le promesse che 
di sé ha date al mondo nei giorni fortunosi delle sue 
prove. Compresi dei nuovi doveri, sospinti dalle giuste 
impazienze del pubblico voto, confortati dalla vostra 
reale parola, noi ripigliamo l'intermesso ufficio, de- 
liberati di fare quanto è da noi perchè libertà e in- 
dipendenza, sospiratissimi beni, suscitino, secondo è 
loro natura, dalle viscere stesse del paese le potenze 
dell' intelletto e della volontà, svolgano i germi della 
pubblica e privata ricchezza, e ne assicurino i frutti, 
sì che questa Italia, arbitra omai della sua fama come 
delle sue sorti, versi novellamente un condegno tributo 
alla civiltà universale. 



xxm. 

Discorso pronuneiato doU Ite Vittorio Emanuele II 
dJX apertura della T Sessione della X Legislatura 
del Farlammto nazionale. 

[22 marzo 1867.] 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

Per il bene d' Italia, la quale mi affidava le sue 
sorti, stimai opportuno che la rappresentanza del 



asg ysnnat wtismai a - pBBÌ 

paeu bì rìtemprasM' an«r8or{;eiilì cM Mnffivgio tuuóo- 
Bale. Io ooBfido -che eUa tì ablnft «ttfnta la cosdeiui 
delle grarì DeceBsit& della patria, e U fottat di pnr- 
Tedervi. 

Fa già il tempo degli audaci propositi e delle ar- 
dite imprese. Io le incontrai fidente nella santità della 
caosa ehe Dio mi chiamò a difendere. La nazione ri- 
Bpose Toleoterosa alla mia Toce. Con opera concordo 
e persereraiite acquistammo la indipendenza e man- 
tenemmo la libertà,. Ma ora che la sua esistenza è assi- 
curata, l' Italia richiede che nelle intemperanze e nelle 
gare non si disperda la vigoria delle menti e degli 
animi, ma si raccolga a darle ordini stallili e sapienti, 
sicché, riposata e tranquilla, fecondi gli elementi di 
Tita e di prosperità che le largì la Provvidenza. 

La nazione domanda che Parlamento e Governo 
{ntendano con risolutezza a quest' opera riparatrice. 
I popoli amano e pregiano le istituzioni in ragione dei 
benefizi ohe loro apportano. È necessario mostrare 
che le nostre istituzioni soddìsfeno alle più nobili 
aspirazioni della operosità e della dignità nazionale, 
e sono in pari tempo di guarentigia al buon ordinar 
meato dello Stato a al benessere delle popolazioni, af- 
finchè non iscemi in queste la fede nella libertà che fa 
r onore e la forza della nostra politica ricostituzione. 

Ad ottenere questo intento, il mio Governo pre- 
senterà alle vostre deliberazioni un disegno compiuto 
di riordinamento amministrativo che fortifichi ad un 
tempo la libertà e 1' autorità, che renda più facili e 
meno costose le relazioni fra amministratori e am- 
ministrati. Mentre la provincia ed il comune potranno 
atteggiarsi e muoversi sempre più liberi nella sfera 
delle loro attribuzioni, si deve raccoglier nelle mani 
del capo della provincia una maggior somma di facoltà 



1867] B Hi PABLAMENTO ITALIANO. 237 

governative, scemando così gl'incomodi dell'accentra- 
mento con un rimedio che accresca saldezza al vin- 
colo della unità. 

Vi saranno presentati in pari tempo i disegni di 
legge per rendere più semplici ed uniformi i modi 
della riscossione delle imposte, per correggere alcune 
parti del sistema contributivo, e per ottenere, con un 
metodo più razionale di contabilità, il sicuro riscontro 
e la pronta dimostrazione dell'uso del pubblico denaro. 
Le necessità e gli impegni dello Stato vietano per 
ora di alleggerire, come vorrei, le gravezze che pe- 
sano su i miei popoli : ma una legittima liquidazione 
dell'asse ecclesiastico, una severa economia nelle spese, 
una diligente applicazione delle nuove leggi, un'au- 
stera moralità mantenuta in tutte le parti della pub- 
blica amministrazione, faranno sì che le imposte rie- 
scano intanto meno moleste. Solo la pronta discussione 
e la efficace attuazione delle proposte riforme pos- 
sono restaurare il nostro credito ed allontanare la 
necessità di nuove tasse. La questione delle finanze 
importa oggi per l' Italia non solo una suprema que- 
stione d' interesse, ma anche una questione d' onore 
e di dignità nazionale. Il Parlamento vorrà, non ne 
dubito, volgere tutta la sua operosità a risolverla. 

In occasioni solenni già promettemmo all' Europa 
che saremmo per lei una forza di civiltà, di ordine e 
di pace, quando fossimo reintegrati nel nostro essere 
di nazione. Ora ci tocca di mantenere la promessa, e 
rispondere alle speranze che abbiamo fatto concepire 
di noi. 

SiGKOBi Senatori ! Signori Deputati! 

L'onore, la salute, l'avvenire d'Italia sono adesso 
nelle vostre mani. Se fu gloria l'avere con tanti sa« 



[1867 

l crifici condotta a compimento l'opera clella oosti»' 
I indipendenza, ed impresso alla nazione il moto ed ìL 
vigore della vita, sarà, gloria non minore l' ordinarla 
' ìa sé stessa e farla sicara dì sé, rispettata, prosperi. 
1 fi forte. 



SXIV. 

iNDinizzo del Senato del 'Regno in risposta al Discorso ' 
della Corona del 32 mareo 1867, cotapilata dd- 
V Uffiào di Fresidensa. 

[Approvato il 31 mnrui ISOT.] J 

SibbI I 

H bene d' Italia, clie f^ià mosse in campo il braccio 
e la spada della Maestà Vostra, move quest' oggi il 
vostro senno civile a provvedere ad altri gravi fran- 
genti e vi ha persuaso d'interrogare di nuovo i pen- 
samenti della nazione nei suoi comizi riconvocata. 

Dio, favorendo la più legittima delle cause, chiu- 
deva per noi i! tempo delle magnanime ire e dei felici 
ardimenti e ci consentiva il privile^o invidiato di 
acquistare l'indipendenza serbando inviolata la HbertiL 
Kon saranno, o Sire, i frutti preziosi dell'una e del- 
l'altra manomessi o indugiati da sterilì gare, smo- 
data ambizione, spìrito fitzioso di parte. Peroccliè la 
nazione sente le dure necessitar e i perìcoli sovra- 
flt&nti e vorrà oggi mai travagliarsi a ricomporre sé 
stessa e fecondare i germi copiosi dì prosperità e gran- 
dezza largitile da natura e apparecchiatile dai ricchi 
avanzi e gloriosi d'una civiltà la più antica dell'Oc- 
cidente. 

Quindi il Parlamento e il Governo udiranno gì' in- 
viti urgenti che la Maestà Vostra addirizza loro al- 



1867] E Hi pablamento italiano. 23^ 

l'opera riparatrice, né scorderanno la vostra sentenza 
yerìssìma che i popoli amano e pregiano le istituMoni 
in ragione dei benefici, che loro apportano. Alle nostre, 
ancor troppo giovani, fa gran bisogno di provare che 
esse promovono ed assicurano per ogni parte l'atti- 
vità e moralità nazionale e il benessere comune e 
privato. Allora soltanto crescerà fede e amore verso 
quelle larghe franchigie da cui procede la forza e 
r onore più segnalato nel nostro risorgimento. 

Il Senato aspetta con desiderio un disegno intero 
di riordinamento amministrativo il quale agevoli e 
renda meno costose le relazioni fra Governo e gover- 
nati, e ne risulti maggior vigorezza all' Autorità in- 
sieme e alla libertà, i due cardini d' ogni bene ordi- 
nato corpo sociale. 

Per un verso debbono agli interessi locali provvedere 
con più latitudine gì' interessati medesimi. Per l'altra 
debbono nei capi delle provincie aumentare le facoltà 
e r azione. Così mentre scemeranno gli sconci e gli 
errori d'un accentramento eccessivo, stringerannosi 
davvantaggio i vincoli della unità dello Stato. 

Con non minor desiderio aspetta il Senato le altre 
proposte di legge per fare uniformi, semplici e rispar- 
nùevoli i modi del riscuotere le imposizioni, correg- 
gere queste in parecchie parti, correggere gli ordini 
e i metodi di computisteria, talché ne segua ad ogni 
momento una spedita e certa verificazione dello stato 
e uso del pubblico erario. 

Duole al core paterno di V. M. che non sia fatti- 
bile per al presente di alleviare le comuni gravezze» 
Spera per lo manco il Senato che mediante le eco- 
nomie e una esatta applicazione delle prefate riforme, 
e col liquidare equamente l' asse ecclesiastico e sopra- 
vegliare la probità di qualunque ufficio ed atto am- 



210 iirfmmmutìmmmm £IMf 

miiustraiiTo, i popoB «TMè» m ^MMqpiaÉÉa 
«Yvenire^ sonDOrtiiio nwagimti il peió «ifaiÉlcu 

n Senato p^ k ma ptrto afifljdMnrà^^Inte 
a tali materie, oQnTÌnto jriceomQ i^^ è.. ohe solo b 
pronta lor disoumone eiÒM^hiidcàie jmd jnMoanil 
nostro credito e ximaTere J? infortonia di . anon hù' , 
xellì, e che le qneetioai di fiiuoisa iionpmainmlgoao 
tutto quanto Teeeere noftro eoooconicai n» imgim 
in gran comproiaeieo la lealtà l^tOB0re^Ifa#L 

Demmo parola lacqnitiando Pjtorteiìoaiia di 'Am 
incremento di dtiltà-^e pegno di paoe^* d'.aqpiflim 
all' Europa. Giunge Toim di attener Ja. prfmmm a pr 
reggiare coi filiti le speranae i^pMcbéÀ ìosi auMÌIite. 

Il Senato, pieno di gratitudhie kì'imitAé^^ 
ed eccitamenti, non ihÉhA menò Al'tSftia aiko dia 
i tempi fanno laborioìEK) e diffiicdlé. Ttièfi lÀlNi^^ 
che riordinare interiormente la pileria è diiib pdlfainà, 
quiete, floridezza e splendore tornerà bello e glorioso, 
quanto averla redenta dal lungo giogo straniero, 
quanto aver ricongiunto le lacere membra della sua 
persona immortale. 

XXV. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta ci 
Discorso della Corona del 22 mareo 1867 ^ dettato 
da una Commissione composta deijd^utaii Poerio, 
Messedaglia, Begnoli, Siccardi e Fàbriei Gio- 
vanni, relatore. 

[Approvato il 4 aprile 1867.] 

Sire ! 

I rappresentanti della nazione sentono profondo il 
dovere di dedicarsi a ricomporre e compiere V ordi- 



1867] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 241 

namento dello Stato : a ciò li conforta la parola della 
Maestà Vostra, e li spinge la fiducia del paese che 
pur dianzi li elesse. 

Se necessari furono gli audaci propositi e le ardite 
imprese a rivendicare la libertà e l'indipendenza della 
patria per secoli oppressa, varranno ora a mantenerle 
intègre la prudenza e vigile fermezza del Governo 
della Maestà Vostra, e la sollecita costante operosità 
della rappresentanza nazionale. Così V Italia sarà pari 
alla aspettazione che di sé seppe ridestare nel mondo, 
e piglierà tra le genti europee il posto che pure le 
spetta. 

Assicurata è l' esistenza d' Italia, come nazione ; 
perciocché, se arduo riesce costituirla nel suo regolare 
intemo organismo, impossibile sarebbe disfarla, e rom- 
pere nuovamente la sua unità. 

Ma se tal sicurezza da un lato ci affida, dall' altro 
non sarebbe savio consiglio in quella riposarci tran- 
quilli, e non intendere con alacrità, con ardore inde- 
fesso alla meta della organica nostra ricostituzione ; 
onde conviene che alla soddisfazione delle aspirazioni 
più generose, tenga dietro il rinvigorire delle condi- 
zioni di forza e d'interna prosperità. 

Così la fede nei liberi ordini, che, auspice la Maestà 
Vostra, fu raro pregio del nostro risorgimento, viep- 
più si afforzerà, e diverrà incrollabile nell'animo degli 
Italiani. 

Che se l'ansia generosa di conseguire il fine su- 
premo della indipendenza nazionale riaccese in essi 
emulo ardore, ora con più pacato ma non meno intenso 
proponimento vorranno assicurarne i benefici frutti. 

La rappresentanza nazionale esaminerà con cura 
solerte i disegni di leggi amministrative, che dalla 
Maestà Vostra le vennero annunziati, mirando sempre 

16 



^* svolgere conTeiiientemente le libertà comunali e prò* 
I TÌnciali, e ad agevolare le relazioni fra amminiatratori 
I fl amministrati. 

I Assestare con mano risoluta e pronta le finanze 
I dello Stato è necessiti suprema universalmente sea- 
tita ; a tal fine gioverà per formo semplificare e render 
' meno costosa ìa riacosBlone delie imposte, con'eggerne 
le imperfezioni, e meglio assicurarne la legittima ero- 
' gazione. E a ciò varranno altresì quei larghi provve- 
I dimenti di ben ponderate e "evere economie, e qad 
' migliore assetto ed equa lir dazione dell'asso ecde- 
eiastico, che le necessità ] )liclie instantemente it- 
, chieggono. 

La rappresentanza oazioi le è tanto piti penetrata 
della importanza somma di riordinare efficacemente 
Q prontamente l'amministrazione e la finanza dello 
Stato, in quanto che sol per tal modo potrà il nostro 
credito acquistare la sua naturalo espansione, e po' 
tranne più ampie schiudersi le fonti delia pubbUcan 
ricchezza. Cosi all'Italia ordinata e forte sarfl datv 
raggiungerà il compimento dei nazionali destini, e 
soddisfare alla missione di civiltà che le è propria. 
Sire, il desiderio che sta nel vostro cuore sta pare 
nel nostro ; noi aspiriamo ad un saldo ordinamento 
interno, il quale ci faccia sicuri che l' Italia sarà una 
nazione paga della sua sorte, operosa, e per ogni dove 
e da tutti rispettata. 



1867] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 243 

XXVI. 

Proclama rivòlto dal Ee Vittorio Emanuele agii Itor 
liani in occasione ddT impresa dei volontari net- 
VAgro romano, 

[27 ottobre 1867.] 

Italiani ! 

Schiere dì volontari, eccitati e sedotti dall'opera 
di un partito, senza autorizzazione mia, né del mio 
Governo, hanno violato le frontiere dello Stato. Il ri- 
spetto egualmente da tutti i cittadini dovuto alle leggi 
ed ai patti intemazionali sanciti dal Parlamento e da 
me, stabilisce in queste gravi circostanze un inesora- 
bile debito d'onore. L'Europa sa che la bandiera 
inalzata nelle terre vicine alle nostre, sulla quale fu 
scritta la distruzione della suprema autorità spiri- 
tuale del capo della religione cattolica, non è la mia. 
Questo tentativo pone la patria comune in un grave 
pericolo, e ingiunge a me l' imperioso dovere di sai- 
vare ad un tempo l'onore del paese, e di non con- 
fondere in una due cause assolutamente distinte, due 
obiettivi diversi. 

L'Italia deve essere rassicurata dai pericoli che può 
correre: l'Europa deve essere convinta che l'Italia, 
fedele ai suoi impegni, non vuole né può essere per- 
turbatrice dell' ordine pubblico. La guerra col nostro 
Alleato sarebbe guerra fratricida fra due eserciti che 
pugnarono per la causa medesima. 

Depositario del diritto della pace e della guerra, 
non posso tollerarne l' usurpazione. Confido quindi che 
la voce della ragione sia ascoltata, e che i cittadini 
italiani che violarono quel diritto si porranno pron- 



SM. mnamo wmiaamm n pMf 

tftmente di«tro la Hbm déDa nostre fanij^d. I peri- 
Golii che il disordine e gl'inooiisiilti protranti possono 
creare fra nd, derono essere scongiiirati numtenendo 
ftrma raiitorit& del Governo e la bmolabilitfc deOi 

L' onore del paese è neUe mie mani e questa fida- 
eia che ebbe in me la nasone nei suoi giorni pift 
Inttnosi non può fiurmi difetto. AUoréhà la calma lia 
rientrata negli animi, e T ordine pnbUioo pienameote 
ristabilito, il mio Governo, d'aooordo odUa Fisncia, 
secondo il TOto dd Fsilaìnentoi, onnià con ogni ksttà 
e sferzo di trovare nn utpe cosqiMiiniettto cbevslgi 
a porre nn termine alla grave ed importante qw- 
stione dei BomanL 

IxALuai! 

Io feci e fero sempre a fidanas col vostro mmf^ 
come Toi lo feceste con ra&tto dd vostro Be per 
qneKta grande patria, la qnale, mercè i oomnni ts* 

orifizi, tornammo finalmente nel novero delle nazioni, 
e che dobbiamo consegnare ai nostri figli integra ed 
onorata. 

Firenze, 27 ottobre 1867. 

VITTORIO EMANUELE. 

MENABREA. 
CAMBRAY-DIGNY. . 
GUALTERIO. 
CANTELLI. 
BERTOLÈ-VIALE. 
A. MARI. 



1868] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 245 

XXVII. 

Indirizzo di congratulazione rivolto dalla Camera 
dei Dentati al Re Vittorio Emanuele II in oc-- 
casione dd matrimonio del Principe Umberto colla 
Principessa Margherita, figlia del Dtica Ferdi- 
nando di Genova, dettato, per incarico deW Ufficio 
di Presidenza, dal deputato Massari. 

[Approvato il 3 febbraio 1868.] 

Sire! 

La lieta novella, della quale la M. Y. si è com- 
piaciuta darci l'annunzio, esaudisce una delle più care 
speranze della nazione. 

Alla gioia che il matrimonio di S. A. B. il Princips 
Umberto con S. A. R. la Principessa Margherita reca 
all' animo di Y. M., si associano esultanti gP Italiani, 
che in quel matrimonio ravvisano appagato un loro 
vivo desiderio, e consacrato nuovamente l'avvenire 
indissolubile della Dinastia e della patria unità. 

E questo sentimento di soddisfazione amorevole e 
reverente cresce pensando che la Giovanetta augusta, 
la quale viene ora ad allegrare con le sue grazie e con 
le sue virtù l' antica reggia di Casa Savoia, discende 
dal valoroso Principe, più che fratello della M. Y., 
suo compagno nei pericoli delle battaglie per la indi- 
pendenza nazionale. 

Disposando alla figlia del Duca di Genova l' erede 
della Corona, la M. Y. intreccia le più splendide ri- 
membranze del passato con le più sante speranze 
dell' avvenire, e rende, a nome della nazione, pietoso 
omaggio di affetto alla memoria del Principe illustre. 

Sia tanta eredità dì esempi generosi e di nobili 



246 VITTOBIO EMANUELE U [1868 

tradizioni raccolta ed ampliata dagli augusti Sposi a 
maggior lustro dell' inclita stirpe, a beneficio perenne 
dell' Italia. 

Questo, o Sire, è l'augurio nostro. 

Nel porgerlo alla M. V. la Camera dei Deputati 
sa che l' augurio non tornerà vano, e che nessun altro 
potrebbe giungere più gradito al cuor vostro di So- 
prano e di padre. 



XXVIU. 



Indirizzo del Senato del Eegno al He Vittorio Ema- 
nuele II, nella stessa occasione, compilato dàlf Uf- 
ficio di Presidenjsa e letto dal senatore Cibrario. 

[ApproTato il 7 febbraio 1868.] 

Sire! 

Il Senato ha inteso con giubilo il fausto annuncio 
degli sponsali dell'augusto Principe Ereditario con 
S. A. R. la Principessa Margherita di Savoia. 

A questo giubilo s'associa la nazione impaziente 
di veder assicurata la perpetuità d' una stirpe che 
colla magnanima perseveranza di generosi propositi, 
col senno e colla mano,^ giunse ad ottenere il difficile 
intento, sospiro di tanti secoli, di riunire in uno le 
sparto membra d' Italia. 

E vieppiù si rallegra la nazione vedendo come si 
ritempri per così dire in sé stesso il glorioso sangue 
di Savoia, congiungendo al degno Erede del primo Re 
d'Italia già nobilmente provato sui campi di battaglia 
la leggiadra e virtuosa figlia dell' invitto espugnator 
di Peschiera, Ferdinando Duca di Genova. 

Così con felice innesto il fausto imeneo riunisco 
la memoria dei primi successi dell' armi italiane con 



1868] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 247 

quella del loro definitivo trionfo ; o coli' alta virtù che 
dai due lati concorre, ci affida che il cielo coronerà 
i voti della nazione conformi a quelli di Vostra Mae- 
stà, rallegrando, e fortificando di scelta e numerosa 
prole la patriottica vostra Stirpe, a tutela della libertà, 
della grandezza e dell' indipendenza d' Italia. 



XXIX. 

Indirizzo rivolto nella stessa occasione dal Senato del 
Begno cH Principe Umberto^ compilato dalV Uffi- 
cio di Presidenza e letto dal senatore Cibrario. 

[Approvato il 7 febbraio 1868.] 

Altezza Beale! 

Il Senato e l'Italia hanno inteso con sensi d'in- 
timo compiacimento il fausto annuncio degli sponsali 
conchiusi tra V. A. R. e l'augusta sua cugina la Prin- 
cipessa Margherita di Savoia. 

V. A. R., figliuolo di un Re guerriero e patriota, 
guerriero e patriota Ella pure, impalma la figliuola 
del glorioso vincitor di Peschiera. 

Gli auspicii che brillano suU' augusto imeneo sono 
tutti italiani. Qui maturo senno, forti propositi, zelo 
tenace ed operoso pel pubblico bene ; là congiunto ad 
ogni maniera di leggiadria, ad ogni più amabile virtù, 
quell'alto sentire che è proprio della vostra illustre 
Prosapia, le cui sorti, immedesimate nelle sorti d' Italia, 
saranno, lo speriamo, mercè le illustri vostre nozze, 
con perenne felicità assicurate. 

Si degni TA. V. R. di gradire l'espressione di 
questi rispettosi sentimenti. 



^K XXX. ■ 

Imjìirizzo diretto nella stessa occasione dd Senato 
del Jiegno alla Dudicssa di Genova, compilato ed- 
V Ufficio di Tresidenza e letto dal senatore (^^^^ J 

■■■ [Appronto il 7 febbriiia 1B68.] ^^^bJ 

n Smmìo li & ima grata pcem Bi a £ immrhk 
a T. A. B.10IW iberniti eo^pÉtalaaknifflr^ia- I 
■picatìniini ipoMaU fidiiMMiilu ooMMwà twt S-A-B. 
la Frind^eiw llari^ierita • l*aTC<>>tQ fi3Biq?0 di Pn- 
moote. 

Il Senato noa l'ingaaiia a&nuaiido eba oiioa 
notìzia poteva iìomÌt ^ aocetta <Ba .nmnan En 
lun ha dimestìoato il patijottinM fd, il fakfc dd 
oom^anto «nginto OooM^tadi T, A. . 

Ella Ba che 1* A. V. è figlinola di -tale dM eanlibe 
sempre un grand' uomo snche quando non fosse un 
savio Re ; né può che essergli grata delle nobili cure 
con bI splendido successo da luì rivolte a volgariz- 
zare iu Germania il culto del massimo fra i poeti 
italiani. 

Inclito rampollo di tali stirpi, iuform^lta dall'an- 
gusta Genitrice alle più rare virtù, ricca di ogni 
maniera di grazie, l'eccelsa Sposa darà, nell'altis- 
simo grado che le è destinato, invidiabili esempi, e 
sarà, circondata dall' amore e dalla riverenza dei popoli 
di cui è chiamata ad assicurare i destini. 

Il Senato supplica V. A. R. e l' augusta Sposa di 
gradire l' espressione di questi sinceri sensi che sono, 
possiamo affermarlo, quelli della intera nazione. 



.869] £ IL PARLAMENTO ITALIANO. 249 



XXXI. 

Discorso per V apertura della ^" Sessione della X Le- 
gislatura del Parlamento, letto, a nome del Re Vit" 
torio Emanuele II che trovavasi a San Rossore 
convalescente da gravissima malattia, da una Com- 
missione reale composta del ministro guardasigUU 
Vigliani e dei senatori Bes Ambrois, Cibrario, 
Conforti e Buchoqué, alti dignitari dello Stato. 

[18 novembre 18C9.] 

SiGNOEi Senatori! Signori Deputati! 

Sua Maestà ci ha onorati dell' incarico di aprire 
in suo npme la presente Sessione del Parlamento. 

Sua Maestà fu profondamente commossa delle vi- 
vissime testimonianze di affetto che da ogni parte del 
Regno si manifestarono durante la sua recente ma- 
lattia. Nell'ansia del pericolo scoppia spontaneo il 
sentimento del cuore. Sua Maestà vuole che ne sia 
altamente espressa la sua riconoscenza. 

La Provvidenza ha dato alla Casa di Savoia un 
Figlio, all' Italia un Principe.' La nazione ne gioisce, 
sentendosi ognor più collegata alla Dinastia che la 
regge. Il Re confida che sarà nuovo pegno dell'unità 
e della libertà della patria. 

Sua Maestà vi assicura per nostro mezzo che le 
sue relazioni con tutti gli Stati sono sommamente be- 
nevole. Se la pace è il voto di tutti coloro che amano 
il progresso dei popoli, lo è maggiormente degl' Ita- 

* S. A. B. il Principe di Napoli nacque addi 11 novembre 1869. 



Ftittoiho kmandki.e li [18M] 

liani, i quali souo intesi ad un'opera d'interno rior- 
dinamento. 

n Governo di Sua Maestà non ba creduto di porre 
llnio ostacolo a ciò clte i \'eacovi del Regno bì re- 
ohino al Ooucilio in Roma. Sua Maestfl augura clie 
da queir Asiemblea esca una parola conciliatrice della 
fede e della scienza, della religione e della civiltà, ìia^. 
in ogni evento, la nazione è sicura clie- il He serbeift 
intatti i diritti dello Stato e la propria dij^nità. 

Comporre una buona amiuioistrazione e ristorare 
le finanze, è questo il giusto desiderio delle popola- 
zioni, e ciò che il Re aspetta dal concorde lavoro del 
Senato, deUa Camera dm Deputati e del ano GoTemo. 

A questo fine importantisBimo è prìou ed vigente 
condizione ]a Totazione del bilancio. Sua Haesti ve 
lo raccomanda fortemmte, « & assegaaiiumto oellft 
vostra saviezza e nella vostra alaorìtàidM potr^ 
compiere quest'opera con tutta la sollAcitadiiie. 

In seguito alla votazione del bilancio, il suo Go- 
verno vi presenterà alcune leggi per le quali, correg- 
gendo e migliorando le imposte attuali, si provveda 
alle necessità dell' erario. La nazione non ha rifug- 
gito da alcun sacrifizio per naantenere inviolata la 
fede a tutti gì' impegni contratti ; spetta al Governo 
ed al Parlamento di fare che questi sacrifizi siano 
veramente efficaci. 

Insieme ai provvedimenti di finanza, vi saranno 
proposte eziandìo altre leggi che mirano a semplifi- 
care l'amministi-azione, a promuovere l'industria ed 
il credito, ad unificare la legislazione ed Ìl diritto 
penale, a riordinare la nostra forza di terra e di mare, 
a trasformare la gtiardia nazionale, ad assegnare a 
ciascuno la parte di responsabilità che gli compete 
nella cosa pubblica. 



mi 

1 



1869] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 251 

SiGNOBi Senatori! Signori Deputati! 

Un progresso economico della nazione si mostra 
evidente agli ocelli di tutti. Dovunque ferve la vo- 
lontà d' istruirsi e di produrre. Sono questi gli effetti 
della libertà lealmente e largamente praticata. Sua 
Maestà spera che questo progresso sarà assecondato 
dall'opera legislativa, e che il Parlamento volgerà 
tutta la sua sollecitudine a promuovere la pubblica 
prosperità. 

XXXII. 

Indirizzo dei Senato del Begno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 18 novmnbre 1869, compi- 
lato dall'Ufficio di Presidenza. 

[Approvato il 23 novembre 1869.] 

Sire! 

Nello inaugurare la presente Sessione, un' eco della 
augusta e sempre desiderata parola di V. M. ci ha 
recato sensi di gratitudine per V afifanno che V intera 
nazione ha dimostrato nel grave pericolo corso dalla 
M. V., e per la doppia gioia che ha risentita nello 
scorgere il felice vostro ristabilimento, coronato dalla 
(lascita d'un Principe lungamente invocata con voti 
concordi. 

In un paese dove la Monarchia ha fondato con 
rara abnegazione e sublime coraggio la libertà, l'in- 
dipendenza, dove il Re la mantiene con la più co- 
stante ed illibata lealtà, i popoli non separano mai 
le loro sorti da quelle del loro Sovrano, ma ne assa- 
porano le gioie, ne partecipano i dolori. 

11 Senato ha inteso con piacere la buona corri- 



.JIS VITTORIO EHAKEEIE II lla>3 

tpondenza clie corre fra l'Italia e le potenze estere. 
— La pace ò un bisogno ed un voto conaune dei po- 
poli, i quali hanno necessità, d' attendere a migliorare 
le loro inteme condizioni sulle quali riposa la loro 
Trera felicità. — Le migliori relazioni fra la Chiesa e 
lo Stato gioverebbero a conseguirla. Speriamo con 
T. M. che dal prossimo Concilio Ecumenico possa 
nscire una parola conciliatrice. 

Sollecito di promuovere il benessere della nazione 
Compromesso dalle condizioni poco liete del pubblico 
erario, voi accennate con ragione, o Sire, doversi 
porre anzitutto per base d'ogni riforma economica 
od amministrativa la votazione d'un regolare bilan- 
cio. Tale è pure, o Sire, la nostra opinione, e però 
V. M. può essere persuasa che votato il bilancio, il 
Senato esaminerà colla massima attenzione i provve- 
dimenti destinati a comporre una buona amministra- 
none ed a ristorar la finanza ; a procacciare che le 
tasse esistenti gittino quel maggior provento che se 
ne dee giustamente ritrarre, affinchè in un paese già 
tanto aggravato, men prossimo si faccia sentire il bi- 
sogno d'imporre nuovi balzelli. 

Ma le buone leggi non bastano, ss nella loro ap- 
plicazione gli agenti d' ogni classe non si inspirano 
a prìacipii d'alta moralità,; se non adoperano quel 
senso pratico e quella regolarità e moderazione di 
forme che sole possono rendere sopportabili i più duri 
sacrifizi ad una nazione, la quale, con gran ragione 
sollecita d' assicurare il proprio avvenire, ha dato già 
tante prove d'una devozione senza limiti alla causa 
comune. 

Né minore prontezza e buon volere apporterà il 
Senato nella discussione dell'altre leggi importanti 
accennate nel Messa;!gio Reale, snll' industria, sul ere- 



1869] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 253 

dito, sul dritto penale, sulla unificazione legislativa, 
sul riordinamento della forza di terra e di mare, sulla 
trasformazione della guardia nazionale, e sulla respon- 
sabilità dei pubblici funzionari. Solo desidera che le 
leggi che si voteranno, possano bastare un lungo nu- 
mero d'anni sicché mettan radice ed acquistino au- 
torità, essendo troppo manifesto che il rimutarle so- 
vente toglie ad esse ogni credito, e rimette ogni cosa 
in questione. E ad un tempo il Senato fa voti perchè, 
cessando le gare e le contese extralegali, nulla in- 
ceppi rallenti il grandioso progredire d'una nazione, 
che, conscia dei propri destini, è risoluta a raggiun- 
gerli, rinnovando antiche glorie di primato civile, 
me'i'cè l'esempio assai raro d'una Monarchia incar- 
nata nella libertà. 



XXXIII. 



Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 18 novembre 1869, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Domenico Berti, Correnti, De Sanctis, PisanélU 
e Chiaves, relatore. 

[Approvato il 24 novembre 1869.] 
SiBE ! 

La condizione di cose, nella quale oggi ci è dato 
di rivolgere all'augusto Capo dello Stato la nostra 
rispettosa parola, è singolarmente grave. 

Come dalla Maestà Vostra, così da noi è alta- 
mente sentita la necessità che i sacrifizi fatti dalla 
nazione per provvedere ai bisogni dell' erario e man- 
tener fede ai contratti impegni raggiungano lo scopo 



VITTOBtO EMANt'EtE It [1B69 

olie solo puft giustific.irli; e come le popolazioni ita- 
liane desiderano, così noi riconosciamo con voi, o Sire, 
elio il rimedio al male si avrà soprattutto dalla mi- 
gliorata amministrazione e dall'assetto della finanza. 

Nello apprestarsi a tal uopo, con quella cura so- 
lerte che r urgenza impone, a discuterò il bilancio 
coli' Amministrazione a cui Vostra Maestà Bara per 
affidare il governo della cosa pubblica,' la rappresen- 
tanza nazionale sa di adempiere al principale fra' suoi 
doveri. 

Essa esaminerà altresì i disegni di legge clic la 
Maestà Vostra le annunziava, e sarà in partioolar modo 
sollecita di quelli per cui si riesca ad ottenere in ma;;- 
gior copia i necessari risparmi e che tendano a svilup- 
pare le forze produttive del paese. 

£ mirabile inrero, o Sire, lo sluioio ed il propo- 
sito con coi gì' Italiani d' ogni parte del Bagno danno 
ojiera all' incremento dei lOró commerci e delle in- 
dustrie loro ; è tale &tto codesto che reca davvero 
conforto ; e più ne recherebbe se non fosse il pensiero 
della condizione finanziaria dello Stato che cosi poco 
risponde alle migliorate condizioni economiche della 
nazione. 

Né che questo incremento si rallenti è luogo a 
temere ; dappoiché lasceranno schiudersi ognor più 
vive ed ampio le fonti della ricchezza pubblica e le 
amichevoli relazioni cogli altri Stati, e la pace non 
minacciata, e le guarentigie della libertà. 

Della quale libertà, o Sire, a voi piacque con gentile 
pensiero additarci qual nuovo pegno il ram pollo augastn 
che Dio testé concedeva alla vostra gloriosa stirpe; 
tale lo aveva colle sue manifestazioni di esultanza 

' In aegiiitn iilla Totsiiono per la Domini àeì Presidente della Ca- 



1870J B IL PAStAHKKTO italuxo. ^ 

già salutato l' intera nazione, che nella indissolabilità 
dell'accordo tra Principe e popolo trova la migliore 
sicurtà per le sae istituzioni, al modo stesso che tì 
trovò il più efficace sussidio a costituirsi una ed in- 
dipendente, e yì troverà mai sempre la più salda 
tutela de' suoi diritti, e, qualunque evento si compia 
sulle rive del Tevere, la più valida ragione delle sue 
speranze. 

Ed era ben anco mercè di quel sacro vincolo, a 
cui non ha fallito mai la giurata fede, che il popolo 
italiano trepidava pur dianzi pei vostri giorni, ed 
esultò allo svanire del pericolo ; ed è pur ragione, o 
Sire, che la vita del Prìncipe, cimentata le tante volte 
in battaglia per la causa nazionale, sia lungamente 
conservata all' affetto della ricostituita nazione. 



XXXIV. 



Discorso pronwmato dal Re Vittorio Emanuele II 
aW apertura della T Sessione déW XI Legislatura 
del Parlamento, dopo V annessione di Soma al 
Begno d^ Italia. 

[5 dicembre 1870.] 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

L' anno che volge al suo termine ha reso attonito 
il mondo per la grandezza degli eventi che niun giu- 
dizio umano poteva prevedere. Il nostro diritto su 
Roma noi lo avevamo sempre altamente proclamato. 
e di fronte alle ultime risoluzioni, cui mi condusse 
l'amor della patria, ho creduto dover mio di convo- 
care i nazionali comizi. 



TITTOEIO KMANHELE II [1870 

Con Roma capitalo d' Italia ho sciolto la mia pro- 
'jnessa e coronata l'impresa che ventitré auni or sono 
_ Teniva iniziata dal magnanimo naio Genitore. 

Il mio cuore di Re e di figlio prova una gioia 
solenne nel salutare qui raccolti per la prima volta 
tutti i rappresentanti della nostra patria diletta, e 
nel pronunciare queste parole: t L'Italia è libera eil 
una, ormai non dipende più che da noi il farla 
grande e felice. > 

Mentre qui noi celebriamo questa solennità inau- 
gurale dell' Italia compiuta, due grandi popoli del 
■ Continente, gloriosi rappresentanti della civiltà mo- 
derna, si straziano in una terribile lotta. 

Legati alla Francia e alla Prussia dalla memoria 
di recenti e benefiche alleanze, noi abbiamo dovuto 
obbligarci ad una rigorosa neutralità, la quale ci era 
anche imposta dal dovero di non accrescere l' incendio 
e dal desiderio di poter sempre interporre una pa- 
rola imparziale fra le parti belligeranti. E questo 
dovere di umanità e di amicizia noi non cesseremo 
dall' adempierlo, aggiungendo ì nostri sforzi a quelli 
delle altre potenze neutrali per metter fine a ima 
guerra che non avrebbe mai dovuto romperai fra due 
nazioni la cui grandezza è egualmente necessaria alla 
civiltà del mondo. 

L'opinioue pubblica, consacrando col suo appoggio 
questa politica, ha mostrato una volta di pia che 
l' Italia libera e concorde è per l' Europa un elemento 
d'ordine, di libertà e di pace. 

Quest'attitudine agevolò il compito nostro quando, 
per la difesa e per l' integrità del territorio nazionale, 
e per restituire ai Romani l' arbitrio dei loro destini, 
i miei soldati, aspettati come fratelli e festeggiati come 
liberatori, entrarono a Roma. Roma, reclamata dal- 



1870] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 257 

r amore e dalla venerazione degl' Italiani, fu così resa 
a sé stessa, all' Italia ed al monlo inoderno. 

Noi entrammo in Roma in nome del diritto na- 
zionale, in nome del patto che vincola tutti gli Ita- 
liani ad unità di nazione ; vi rimarremo mantenendo 
le promesse che abbiamo fatto solennemente a noi 
stessi : libertà della Chiesa ; piena indipendenza della 
Sede Pontificia nell'esercizio del suo ministero reli- 
gioso, nelle sue relazioni colla cattolicità. 

Su queste basi, e dentro i limiti dei suoi poteri, 
il mio Governo ha già dato i provvedimenti iniziali, 
ma per condurre a termine la grande opera si richiede 
tutta l'autorità, tutto il senno del Parlamento. 

L' imminente trasferimento della sede del Governo 
a Roma ci obbliga a studiar modo di ridurre alla mas- 
sima semplicità gli ordinamenti amministrativi e giu- 
diziari, e rendere ai comuni e alle provinole le attri- 
buzioni che loro spettano. 

Anche la materia degli ordinamenti militari e 
della difesa nazionale vuole essere studiata, tenendo 
conto della nuova esperienza di guerra. Dalla terribile 
lotta che tiene tuttora attenta e sospesa 1' Europa 
sorgono insegnamenti che non è lecito di trascurare 
a un Governo che vuole tutelato l'onore e la sicu- 
rezza della nazione. 

Su tutti questi temi vi saranno sottoposti disegni 
di legge, e sulla pubblica istruzione eziandio, che vuol 
essere annoverata essa pure fra gì' istrumenti più 
efficaci della forza e della prosperità nazionale. 

Ci converrà poi riprendere colla più grande ala- 
crità l'opera forzatamente interrotta dell'assetto de- 
finitivo delle nostre finanze. 

Compiuta finalmente l'Italia, non vi può più essere 
fra voi altra gara che quella di consolidare con buone 

17 




ì 

adi 



yiTIOBIO EMANUELE li [1( 

'. un edificio che tutti abbiamo contribuito 
erigf^re. 

drcNOM Senatoiu! Signori Deputati! 

Mentre l'Italia s'inoltra sempre più sulle vie dei 
progresso, una grande nazione, che lo è sorella per 
stirpe e per gloria, affida ad un mio figlio la missione 
di reggerà i suoi destini.' Io sono lieto dell' onore che, 

) alla mìa Dinastia, 6 reso insieme all' Italia, e 
ini auguro che la Spagna grandeggi e prosperi me- 
diante la lealtà, del Principe e il senno del popolo. 
Codesto accordo & il più saldo fondamento degli Stati 
moderni che vedono così assicurato dinanzi a loro uti 
lungo avvenire di concordia, di progresso, di libertà. 



XXXV. 



Indìrizzo dei Senato del Bpgno hi risposta al Dksorsn 
della Corona del 5 dicembre 1870, compilato, per 
inamco dell' Ufficio di Prestdensa, dai s&iatore Ma- 
miatti. 

[Approvato il 13 dicembFe 1B70.] 

Sirb! 
Il Senato del Regno rendevi grazie solenni delle 
calde e sapienti parole che testé pronunziaste nel- 
Y aula parlamentare, colmando i cuori italiani di con- 
solazione, di fiducia e di gratitudine. Né il cuore stesso 
della Maestà Vostra le potè proferire senna gioia su- 
blime addirizzandole per la prima volta ai rappre- 

' Addi 16 novembre 1B70 le Cortes lii Spagna avevano eletto ao- 
Trano il principe Amedeo ili Savoia, duca d'Aoata. clie ai 
il 4 dicembre successivo. 



1870] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 259 

sentanti d'ogni parte d'Italia e loro annunziando che 
lo stendardo nazionale è inalberato per sempre sulla 
cima del Campidoglio. 

Nessun figliuolo di Re vendicò e compiette, come 
la Maestà Vostra, con devozione e coraggio eroico, i 
paterni proponimenti. Voi, dando Roma all'Italia, sua 
capitale gloriosa e desideratissima, scioglieste appieno 
il gran voto e confermaste a voi stesso il titolo sacro 
e invidiato di Re Galantuomo. 

Gli ansiosi pericoli, le sventure, le trepidazioni di 
ventitré anni sono oggidì compensate ad esuberanza, 
poiché vi condussero a potere affermare dall' alto del 
trono che l' Italia è libera ed una, e ormai non di- 
pendere più che da noi il farla grande e felice. E di- 
verrà, del sicuro, grande e felice, se un senso operoso 
del dovere, se il risorgimento nostro morale pareg- 
gerassi a quello delle sorti politiche. 

Ma sebbene voi siate compreso, o Sire, da giusta 
letizia per l' Italia compiuta, nuUameno vi é forza di 
riflettere che in questo mentre due nazioni potenti e 
eultissime si lacerano con lunga e terribile guerra, 
e sembrano far dubitare dei vantati progressi della 
età che viviamo. 

Il Senato approva la rigorosa neutralità osservata 
dal vostro Governo inverso due popoli a cui la pe- 
nisola è debitrice di alleanze recenti e fruttuose, e 
fra cui ci affrettammo d'interporre uffici schietta- 
mente amichevoli. 

Piaccia a Dio che l' intervenir nostro premuroso 
ed assiduo in unione con altri Stati giunga a mettere 
fine a un conflitto troppo ingiurioso all'umanità, troppo 
dannoso all' Europa, cui fa ugual bisogno la scienza, 
la prosperità e la forza della Francia e della Ger- 
mania. Tale su questi frangenti é il giudicio non già 




I 



ITTORIO KMANrELE II [1870 

di pochi, ma d'ogni ordine di cittadini, per quella 
imparzialità di animo che !' Italia assume dal sentirsi 
nata a crescere al mondo i pegni e le guarentigie di 
equilibrio e di paco internazionale. 

Salvochè per adempiere quest' alta di lei missione 
fra i popoli, conveniva serrare l' ultima porta rimaste 
dischiusa di qua dall' Alpi a qualunque straniero, e 
restituirà ai Romani il diritto imprescrittibile di poter 
disporre di sé medesimi. 

Pur ciò, Sire, voi comandaste che te truppe ita- 
liano entrassero nella Città Eterna, dove le accolse 
una festa ed una esultazione si fatta, che mai non fu 
mostrata maggiore a nessuna milizia liberatrice, e 
dove l' antico e tacito patto fraterno fu suggellato 
dall' autoriti irrefragabile d'un solenne plebiscito. 

Spetta ora al Parlamento di provvedere perchè 
le coscienze più timorate s'acquietino; l'alto ufficio 
spirituale della Santa Sede rimanga intatto e indi- 
pendente, rimandano franche lo relazioni di lei con 
l' universo cattolico e vi si aggiunga l' esempio, che 
intendiamo porgere a tutti, di allargare al possibile 
le libertà della Chiesa, la quale oggimai non avrà im- 
pedimento nessuno per ritemprarsi nelle venerande 
tradizioni dei secoli antichi. 

Il Senato applaude a Vostra Maestà, sentendola 
assicurare che la traslazione in Roma della sede ca- 
pitale è imminente ; e che ciò porge occasione al 
vostro Governo di studiar dì nuovo una maggiore 
semplicità negli ordinamenti giudiciari e ministrativi, 
dilatando in pari tempo le attribuzioni e le libertà 
provinciali e municipali, che sono, del certo, le più 
feconde e conformi in tutto all'indole nostra. 

Il Senato altresì è lieto di apprendere dalia vo- 
stra bocca che non andranno perduti per noi i copiosi 



1870] E TL PARLAMENTO ITALIANO. 261 

ammaestramenti che la guerra attuale scrive col san- 
gue di migliaia di yalorosi, e ci movono a credere 
che cittadino e soldato debbono essere un nome solo, 
e che tanto cresce la probabilità del vincere quanto 
le armi sono più dotte e disciplinate. Ciò studieremo 
con zelo nelle proposte ministeriali; per ciò stesso 
aspettiamo premurosi i disegni di legge promessi circa 
la istruzione pubblica, che Vostra Maestà reputa a 
gran ragione strumento primo ed efficacissimo della 
potenza nazionale. 

Ma i nervi della guerra come della pace sono 
eziandio le buone finanze ; e intorno ad esse ripiglie- 
remo, Sire, le nostre cure incessanti, con desiderio di 
racquistare al possibile il tempo involontariamente 
perduto. 

Su questo tema e sovr' altre proposte di legge che 
piaccia al vostro Governo di presentarci, noi adope- 
reremo tanto maggiore diligenza e ponderazione in 
quanto, come l'avverte la Maestà Vostra, compiuti 
oggimai il riscatto e l'unificazione della patria, si 
dileguano le cagioni dei passati dissidi!, e solo ci 
resta di gareggiare nobilmente fra noi nel fornir quella 
di buone leggi e condurre insino al fastigio il monu- 
mento incrollabile a cui tutti gli onesti ed i generosi 
recarono la loro pietra. 

Sibe! 

La lealtà proverbiale dei Principi di Savoia, e 
sopratutto la vostra, cimentata da mirabili prove 
mossero la nazione spagnuola a chiedervi un gran sa- 
crificio, concedendo a lei il vostro figliuolo Amedeo 
per reggerne ed accertarne i destini. 

L'Italia partecipando a quel sacrificio e privan- 
dosi insieme con voi d' una cara parte di sé mede- 



lima, goda tnttavolta che un degno rampollo di vostra 
stirpe chiamato a stringere Io scettro glorioso di 
Oturlo V, dedichi tutto sé stesso al felice l'iBorgimcnto 
d'un popolo affratellato con noi di achiatta, di genio, 
dì civiltò,, di sventuro, e saldo come noi nel propositi 
di conciliare quindi innanzi la libertà e il Principato, 
il progresso e l' ordine, le istituzioni popolari e l'au- 
torità delle leggi. 



XXXVI. 



Ismnizzo della Camera dei Deputati in risposta d 
Discorso della Corona dd 5 dicembre 1S7Q, M- 
taio da una Commissione composta dei deputaii 
Andreucci, Depretis, Mordini, Fisaneìli e MicheUif- 
gelo Caetani di Sennoneta, relatore. 

[ApproTuto 11 13 akambra 1870,] 
SlIlE ! I 

L' Italia ebbe sempre fede nella lealtà e nolle pro- 
messe del suo Be. 

E invero, tostochò fu consentito da straordinarie 
■vicende, la M. V. non tardò il grande e sospirato 
atto di sciogliere la Religione dai ceppi mondani del 
potere temporale e di rivendicare, in nome del diritto 
nazionale e dei voti acclamati in Parlamento, Roma 
all' Italia. 

Compensati sono alfine i dolori di tante genera- 
zioni e il martirio dei nostri più sovrani intelletti, 
imperocché sulla caduta degli ultimi avanzi della teo- 
crazia or si erga, mercè vostra, vittoriosa la civiltà, 
e si erga pure al fianco suo bella di vita nuova la 
patria nostra libera ed una e dello proprie sorti ormai 
arbitra essa sola. 



1870] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 263 

Più grande avvenimento e più benefico nelle sue 
conseguenze il mondo non vide mai n "11' età moderna! 

Così ha raggiunto il suo t'elico compimento la 
grande impresa a cui sacrificò vita e corona il ma- 
gnanimo vostro Genitore, e così è stata sciolta la 
storica promessa che alla M. V. inspirarono la filiale 
pietà e l'amore di patria. 

Per la qual cosa allorché sulle vostre labbra ri- 
suonò con legittima compiacenza un tanto ricordo, il 
plauso dei rappresentanti del paese non fu se non 
l'eco fedele del sentimento nazionale di gratitudine 
verso il Principe eletto che il popolo nel suo schietto 
ed espressivo linguaggio, aveva già chiamato Be Ga- 
lafUtiomo, 

Alla Camera nuova, sorta per opportuno consiglio 
vostro dai generali comizi e completata dai rappre- 
sentanti delle Provincie restituite ultime alla patria, 
spetta adesso il prendere arditamente e saviamente 
le mosse onde affrontare e risolvere le odierne diffi- 
coltà della questione romana, pur rispettando e as- 
sicurando la libertà della Chiesa e la indipendenza 
del sommo Pontefice nell' esercizio del suo ministerio 
spirituale. 

Intanto essa accolse con manifesta letizia la reale 
parola sull'imminente trasferimento a Roma della 
sede del Governo. 

Quivi ispirandosi ai bisogni della nazione ed alle 
memorie dell'antica sapienza, la Camera elettiva porrà 
tutto lo studio e tutta la diligenza nel rendere, giusta 
il desiderio di V. M., più semplice, più economica 
V amministrazione dello Stato, e nell' affrettare la ri- 
composizione della travagliata finanza. 

Né opera meno solerte essa darà perche si ag- 
giunga gagliardia e saldezza agli ordini militari, e 




I 



TITTomo EMANUELE II [1879 

perditi tra le moltitudini si spanda copiosamente il 
tesoro della pubblica istruzione. I buoni studi q le 
hnone armi sono oggi una suprema necessità per 
l' Italia. 

Alla nostra contentezza presente e alle speranza 
Se. il più acerbo contrasto la guerra immane che com- 
batte Francia e Germania. Mentre essa strappa uu 
grido di dolore ai popoli civili, è come un lutto lìi 
liimiglia per l' Italia che a quelle due illustri e potcu- 
tissime nazioni si sente unita da incancellabili me- 
morie di sangue versato insieme sui campi di battaglia 
e di grandiose imprese in comune ideate e compiuta 

Obbedendo alla volontà nazionale, con forma ao-j 
lenue manifestata in Parlamento, il Governo di V 
, osservò ed osserva la pift stretta neutralitA. Esso 
dunque tutto il diritto d'interporsi fra i belligeranl 
con una parola di pace, ed i rappresentanti del pat 
sono lieti di associarsi alla Maestà Vostra nello aafl 
gurio che al più presto !' occasione si presenti dr 
proferirla con efficacia. 
Sire '. 

Nel momento stesso in cui l'Italia coronava l'edi- 
fizìo della sua unità, la grande e nobile nazione di 
Spagna, bramosa di giustizia e di libertà, offrÌTa la 
Corona d'Isabella la Cattolica all'illustre vostro figlio 
Principe Amedeo. 

In questa offerta, degna del vostro nome, i rap- 
presentanti del paese, pur deplorando la perdita di 
un così valoroso soldato, ravvisano la più solenne ma- 
nifestazione della fede che i popoli liberi hanno nei 
patti giurati da Casa Savoia e un meritato omaggio 
reso alla concordia che regnò sempre in Italia fra 
Principe 



1871] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 2Gt 

XXXVII. 

Discorso pronunciato dal Be Vittorio Emanuele II 
air apertura della 2" Sessione della XI Legislatura 
del Parlamento, convocato per la prima volta in 
Roma, 

[27 novembre 1871.] 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

L'opera a cui consacrammo la nostra vita è com- 
piuta. Dopo lunghe prove di espiazione, V Italia è 
restituita a sé stessa e a Roma. Qui dove il nostro 
popolo, dopo la dispersione di molti secoli, si trova 
per la prima volta raccolto nella maestà dei suoi rap- 
presentanti, qui dove noi riconosciamo la patria dei 
nostri pensieri, ogni cosa ci parla di granfi ezza, ma 
nel tempo istesso ogni cosa ci ricorda i nostri doveri. 
Le gioie di questi giorni non ce li faranno dimenti- 
care. Noi abbiamo riconquistato il nostro posto nel 
mondo difendendo i diritti della nazione. Oggi che 
l'unità nazionale è compiuta e si riapre una nuova 
era della storia d'Italia, non falliremo ai nostri prin- 
cipii. Risorti in nome della libertà, dobbiamo cercare 
nella libertà e nell' ordine il segreto della forza e 
della conciliazione. 

Noi abbiamo proclamato la separazione dello Stato 
dalla Chiesa, e riconoscendo la piena indipendenza 
dell' autorità spirituale, dobbiamo aver fede che Roma 
capitale d' Italia possa continuare ad essere la sede 
pacifica e rispettata del Pontificato. Così noi riusci- 
remo a tranquillare le coscienze, come con la fermezza 
dei propositi, eguale alla temperanza dei modi, abbiamo 
saputo compiere l' unità nazionale, mantenendo inal- 
terate le amichevoli relazioni colle potenze estere. Le 



1 



TUTORIO BMAKUBLB II [1871 

proposte legislative che vi saranno presentate per re- 
golare le condizioni degli enti ecclesiastici, informan- 
dosi allo stesso principio di libertà, non riguarderanno . 
elle lo l'appreeentanze giuridiche, e la forma del poa- J 
Beesi, lasciando intatte quelle religiose istituzioni, chfr I 
bauno parte nel governo della Chiesa univei-sale. 1 
Oltre questo argomento gravissimo, le questioni I 
r«conomiche e finanziarie richieggono principalmente l6 j 
, vostre cure. Ora che l' Italia è costituita, si deve pen- 
sare a farla prospera collo assetto delle sue finanze; 
o ciò non può mancare se non ci vien meno quella 
virtù e perseveranza onde è sorta la vita della nazione. 
Le buone finanze ci daranno i mezzi di rinforzare gli 
ordini militari. I miei voti più ardenti sono per la pace, 
e nulla ci fa temere che possa venire turbata, ma l'or- 
dinamento dell'esercito e della marina, la rinnova- 
ì deììe armi, le opere di difesa del territorio na- 
aionale esigono lunghi e maturi studi, e l'avvenire 
potrebbe chiederci severo conto di ogni improvvido 
ritardo. Voi esaminerete ì provvedi mei iti clic a tale 
scopo vi saranno presentati dal mio Governo. Non 
mancheranno altre proposte di grave momento, come 
quella riguardante l' antonoraia dei comuni e delle 
Provincie, il decentramento amministrativo in quella 
misura che non scemi forza allo Stato, e quelle per 
un unico codice penale, per riformare l'istituzione dei 
giurati, e per crescere uniformità ed efficacia agli 
ordini giudiziari. Noi verremo per tal modo vantag- 
giando la pubblica sicurezza, senza la quale volgonsi 
in pericolo perfino i beneficii della libertà. 

SiOKoni Senatori ! Signobi Deputati ! 
Un vasto campo di lavoro vi sta dinanzi. Compiuta 
l'unità, nazionale, saranno, lo spero, meno ardenti le 



1871] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 267 

lotte dei partiti, che oramai gareggeranno solo nel 
promuovere lo svolgimento delle forze produttive della 
nazione : e mi gode V animo allo scorgere che già si 
manifesti a più indizi la crescente operosità della 
nostra popolazione. Al risorgimento politico seguita 
da vicino il risorgimento economico, si moltiplicano 
le istituzioni di credito, le associazioni commerciali, 
le mostre di arti e d'industria, i pubblici congressi 
degli studiosi. Conviene che Parlamento e Governo 
assecondino questo fecondo moto ampliando e raf- 
forzando l'insegnamento professionale e scientifico, 
aprendo nuove vie di comunicazione e nuovi sbocchi 
al commercio. 

L'opera meravigliosa del traforò del Cenisio è com- 
piuta, sta per essere intrapresa quella del San Got- 
tardo : la via mondiale, che percorrendo V Italia riesce 
a Brindisi, e avvicina l'Europa all'India, troverà aperti 
i tre varchi alla vaporiera per attraversare le Alpi. 
La celerità dei viaggi, l'agevolezza degli scambi ac- 
cresceranno le amichevoli relazioni che già ci legano 
ai popoli transalpini, e ravviveranno le nobili gare del 
lavoro e della civiltà. L'avvenire ci si schiude innanzi 
ricco di liete promesse: a noi tocca rispondere ai fa- 
vori della Provvidenza col mostrarci degni di rappre- 
sentare fra le grandi nazioni la parte gloriosa d' Italia 
e di Boma. 



XXXVIII. 



[isnj 



Indirizzo dei Senato del Regno in risposta ai Discorsa 
della Corona del 37 novembre 1871, letto, in nomi 
déW Ufficio di Tresidenea, dai senatore Ilamiani. 

lApprofnto il 5 flicombrc iS7I.] 

Sire! 

Quelle parole da voi pronunziate: l'opera a m 
■ mnsacrammo la nostra vita è compiuta, ci colmfirono 
di letizia, d'ammirazione e di gratitudine. Pensammo 
l' Italia tornata signora di s6, Roma restituita all'Ita- 
lia, ventitré anni di cimenti e di prove, la vostra- 
lealtà e costanza premiata di gloria immortale. 

In questa metropoli augusta, dove la patria nostm, 
divisa Q squarciata per lunghi secoli, si ricongiunge 
la prima volta nella persona e autorità, de' propri \ 
rappresentanti; in questa cìttfl imperitura onde si 
origina la storia e la civiltà delle schiatte latine, noi 
non iscorderemo che ogni cosa parla di eroismo e 
grandezza, perchè vi si mantenne saldissimo quel culto 
del dovere la cui dimenticanza espiammo con ineffa- 
bili sciagure, e il cui risorgimento durevole ci serberit 
le nuove fortune e il riacquisto prezioso della libertà. 

Né questa, Sire, vogliamo disdetta ad alcuno, 
assai meno alla Religione e alia Chiesa, che per pro- 
pria natura sono indipendenti e inviolabili; e quanto 
è più da cercare la unione morale fra esse e lo Stato, 
tanto diviene piiì necessaria la separazione loro giu- 
rìdica. 

Così noi, dimorando rispettosi d'accanto alla libera 
Sede del Pontificato, proseguiremo a tranquillare le 
coscienze cattoliche. 



1871] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 269 

Aspettiamo per tutto ciò con fiducia dal vostro 
Governo il disegno di legge il quale debbe, giusta 
sempre le massime di libertà, definire le condizioni 
degli enti ecclesiastici. 

Sollecitati dalla Maestà Vostra, noi torneremo, cor 
maggior quiete e non minore diligenza, a studiare e 
curare i gravi interessi economici e finanziari della 
nazione, ai quali tanto più bisogna il reintegrarsi ed 
il rifiorire, quanto importa oggi di spendere non poco 
ed a tempo negli armamenti di terra e di mare. Che 
sebbene V Italia sia per tutti gli Stati pegno naturale 
di pace e d'equilibrio europeo, la Maestà Vostra ci 
avverte con gran saviezza di crescere di previdenza e 
sollecitar le difese. 

Approviamo il concetto di riordinare e allargare 
al possibile le franchigie ministrative locali, cagione 
feconda di operosità, guarentigia insieme di ordine e 
conservazione. Ma fondamento primo di ordine e con- 
servazione è la sicurezza pubblica. Onde noi aspet- 
tiamo desiderosi dal vostro Governo le proposte di 
legge che mirano a convalidare ed unificare il Codice 
penale e V Autorità giudiziaria e togliere alla salutare 
istituzione dei giurati le mende che 1' esperienza ha 
messo in palese. 

Compiuta r unità della patria, assodato, all' ombra 
della vostra Corona, l' impero della legge e delle fran- 
chigie statutali, l'energia popolare, non più frastor- 
nata da esigenze politiche, si volge ai lavori di pace 
e di civiltà, e la Maestà Vostra ne accenna con giusto 
compiacimento i segni e le prove e fra queste le vi- 
scere delle Alpi traforate da parte e parte con ardi- 
mento e perseveranza degne dell'Italia antica. 

Le leggi della natura non mutano, e se noi non 
mancheremo troppo a noi stessi, la felice postura della 



fJO VITTORIO EMANUELE n [1871 

penilola per mezzo al Mediterraneo la costituirà fra 
brere uqo dei centri invidiati del commercio mondiale. 
Opportunamente, o Sire, ci ricordaste gli studiosi 
Congressi o l'insegnamento professionale e scientifieo. 
Attendiamo che il vostro Governo ci inviti ad accre- 
Bcerìo e migliorarlo, memori ohe nell'età «dìen» ogm 
fona, ogni rìocbetn, ogni prevalenza drile nunpidli- 
da vasto e profonòi sapere. - • 

Smt 
L' c^ra a cui d dùamate é lopranudo Umio» 
e dìffidte. furo d reobiomo a d^b> M MoeMnla 
senza orgt^lio e sema riltA. Fortonati darraio n 
potrem rioBcire non ingrati alla Fxorndeiua, noe 
troppo inferiori alle memorie di Roma «alla trim&le 
grandezza ohe Bpirs dalla dma.det Bette Colli 



I 



XXXIX. 



INDIRIZZO della Camera dei Deputati in risposta d 
Biscorso della Corona del 27 novembre 1871, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Mari, Mingketti, Uattaezi, Uicasoli e Pisandli, 
relatore. 

[ApproTsto il 4 dicembro 1S71.] 

Sibb! 

La parola che affermava compiuta l' opera a cui 
la M. V. Ila consacrato la vita, fu gioia di tutti i 
cuori italiani. 

L'aver potuto profferire quella parola è stato il 
più alto, il più degno premio della lealtà del Principe, 
della fede del popolo. 



1871] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 271 

Con questi auspizi T Italia, per secoli soggetta e 
divisa, è riuscita ad affrancarsi, a riunire le sue sparse 
membra, e, ponendo fine a un funesto e doloroso di- 
vorzio, ricongiungerle al suo capo, Roma. 

E qui la M. V. è stata salutata con un grido 
di piena esultanza da tutti i rappresentanti di quel 
popolo del quale in altro tempo sentì un grido di 
dolore. 

Raccolti nella città eterna, noi rappresentanti d' Ita- 
lia avremo perennemente innanzi agli occhi lo spet- 
tacolo vivo della grandezza dei nostri padri, perenne 
documento della grandezza dei nostri doveri e saldo 
augurio dell' avvenire. 

In nome della libertà, con nuovo e mirabile esem* 
pio, si è fondato il Regno d' Italia ; e con quel nome 
il nuovo Regno ha preso posto nel consorzio delle genti 
civili. 

Noi non potremmo fallire ai nostri principii; ed 
essi saranno la nostra guida nelle relazioni estere, 
nella politica interna. 

L'Italia, che non minaccia il diritto di alcuno, che 
anche tra le ansie di una politica affannosa è stata 
pegno di ordine e di pace all' Europa, può con fonda- 
mento sperare che mai non vengano meno le amiche- 
voli relazioni che la stringono alle altre nazioni. 

Fidenti nella libertà, noi proclamammo la separa- 
zione dello Stato dalla Chiesa, cioè la piena restaura- 
zione del potere civile, il sincero rispetto per le cre- 
denze religiose. 

Questa è la via nella quale ci siamo posti, nella 
quale persisteremo ; e vi persisteremo colla coscienza 
che solo in quella guisa rimarranno inviolate le ra- 
gioni dello Stato e sarà ad un tempo assicurata 
l'indipendenza dell'autorità spirituale. 



272 VITTORIO EMANUELE II [I87i 

Però anche noi abbiamo fede che, sperimentata 
l'equità e la costanza dei nostri propositi, perfioo 
nelle coscienze più dubbiose, succederà all'esitanza 
la sicurezza, e che Eoma, capitale d' Italia, non ces- 
serà di essere fida e propizia sede del Pontificato. 

A questi principii, che oramai costituiscono il di- 
ritto pubblico del Regno d'Italia, ci inspireremo nel- 
l' esaminare le proposto legislative che concernono le 
condizioni degli enti ecclesiastici. Avremo a cuore 
tutti i grandi interessi della nazione, e saremo heti 
di poter dare il nostro appoggio alle proposte del Go- 
verno di V. M. 

Saranno pure studiosamente esaminate dalla Ca- 
mera elettiva le altre proposte che V. M. ci annunziò, 
riguardanti la finanza, 1' ordinamento civile, l' ammi- 
nistrazione della giustizia, gli ordini militari. 

Tutti sentono quanto importi alla sicurezza, al 
decoro e alla prosperità del paese l'assetto della pub- 
blica finanza, una maggiore efficacia nella vita ammi- 
nistrativa, la retta amministrazione della giustizia, il 
vigore degli ordini militari. Ogni incauto ritardo po- 
trebbe portare danno e dolore. 

Sì, Sire, una maggiore operosità si risveglia in 
questa antica patria, che la M. V. ha richiamata ad 
una nuova e giovine vita. È maggiore l'attività de' com- 
merci ; maggiore 1' attività delle industrie ; maggioro, 
in ogni rispetto, 1' attività delle menti : e siamo lieti 
di udire come il Governo senta l'obbligo di assecon- 
dare questo spontaneo moto della nazione, ed aiutarlo 
a raggiungere una meta benefica. 

Certo, una nuova era si apre per l' Italia ; una 
terza storia comincia per Roma. Le doti proprie del 
popolo italiano, non più intese alla conquista del 
mondo, non più implicate col s:overno spirituale delle 



1873] E IL PABLAMKNTO ITALIANO. 273 

nazioni, dovranno e potranno rivolgersi tutte sopra 
sé stesso e promuovere quelle virtù, fecondare quelle 
forze che un tristo passato teneva impedite e com- 
presse. 

L' Italia non ha sospirato per tanti anni Roma, 
non l' ha ricercata con tanta ansietà, non ha udito 
<»n tanta esultanza dalla bocca della M. Y. la parola 
ohe diceva compiuta l' opera della vita sua, se non 
perchè era certa che qui, fiduciosa nel suo Re, sicura 
ne' suoi confini, padrona del suo fato, avrebbe sen- 
tito correre nelle sue riunite membra piena e rigo- 
gliosa la vita. 

La voce della M. Y. che addita agli Italiani il 
nuovo arringo, e li invita a percorrerlo animosi, è la 
Toce stessa che finora, accompagnando la coscienza 
del popolo, ha precorso con sicurezza gli eventi. 
Quella voce sarà sprone e conforto a tutti gli animi 
italiani; e concordi e fidenti tutti ci adopreremo 
perchè la nuova era e la nuova storia risponda al- 
l'alto concetto del Principe che l'ha dischiusa, e sia 
degna del nome glorioso d' Italia e di Roma. 



XL. 

Discorso pronundato dal Be Vittorio Emanuele II 
alP apertura della 3" Sessione ddV XI Legislatura 
del Parlamento. 

[15 novembre 1873.] 

Signori Senatori! Signori Deputati! 

Quando io inaugurava in Roma l' ultima Sessione 
del Parlamento, vi invitai a rivolgere tutti i pensieri 
sÀV ordinamento interno dello Stato. L' impresa a cui 



274 VITTOBIO EMANUELE H [1873 

vi esortava era lunga, difficile, severa. Ma il vostro 
patriottismo ed i progressi già fatti, mi sono oggi un 
pegno sicuro della vostra perseveranza. Essa sola potrà 
farci toccare la meta a cui ci spronano i voti più ar- 
denti delle popolazioni. La operosità che si risveglia 
in tutte le parti del Regno, ci manifesta clij all'Italia 
mancava soltanto la unità e la libertà per svolgere 
le forze onde è sì largamente dotata. Io confido in 
cotesta crescente operosità, e sarà cura del mio Go- 
verno assecondarla col mantenimento della sicurezza 
pubblica e dell'ordine, elementi indispensabili del 
lavoro e del progresso. 

L' Italia ha mostrato che Roma poteva divenire la 
capitale del Regno senza che fosse menomata la indi- 
pendenza del Pontefice nell' esercizio del suo ministero 
spirituale, e nelle sue attinenze coli' orbe cattolico. Ri- 
soluti di rispettare il sentimento e la libertà religiosa, 
noi non permetteremo che sotto il manto di questi 
sacri diritti si attenti alle leggi ed alle istituzioni 
nazionali. 

Sono lieto di assicurarvi che le nostre relazioni 
con tutte le potenze sono amichevoli. Queste buone 
relazioni ricevettero una solenne sanzione nella visita 
che feci testé all'Imperatore Austro-Ungarico e all'Im- 
peratore di Germania. Le dimostrazioni di cordiale 
simpatia che ho ricevuto da quei Sovrani e dai loro 
popoli erano rivolte all'Italia risorta, che ha saputo 
acquistare il posto che le compete fra le nazioni civili. 
L' Austria e V Italia furono già avversarie sul campo 
di battaglia. Tolta la cagione della lunga contesa, 
rimase solo la fiducia nei comuni interessi e nei van- 
taggi di una sicura amicizia. Questa amicizia mi è 
tanto più grata, perchè si associa con quegli afi'etti 
di famiglia, che un dovere più alto e più imperioso 



1873] E IL PAKLAMBNTO ITALIANO. 275 

aveva potuto dominare, ma non ispegnere nel mio 
cuore. 

L'Italia e la Germania si costituirono entrambe 
in nome dell'idea nazionale, entrambe seppero fon- 
dare gli ordini liberi sulle basi di una monarchia as- 
sociata per lunghi secoli ai dolori come alle glorie 
della nazione. Le relazioni fra i due Governi conformi 
alle simpatie fra i due popoli sono una guarentigia 
pel mantenimento della pace. Noi desideriamo di vi- 
vere in pace con tutte le nazioni, ma io sarò sempre 
il fermo custode del diritto e della dignità nazionale. 
Perciò la nazione deve confidare anzitutto nelle pro- 
prie forze. Io vi raccomando quindi le leggi che hanno 
per oggetto di compiere l' ordinamento dell' esercito e 
la difesa dello Stato. Voi non potete farmi cosa più 
grata, che occuparvi del bene e della forza di quel- 
l' esercito che io conosco, che mi conosce, che diede 
e darà sempre i primi esempi dell' abnegazione e del- 
l' onore. 

Con pari sollecitudine vi raccomando la nostra 
marina di guerra. Essa è degna dell'avvenire a cui 
la chiamano le sue antiche memorie. Voi vi occupe- 
rete eziandio dei modi per poter condurre a termine 
quei grandi lavori che lo Stato ha intrapreso per dar 
vita e prosperità a tutte le sue provincie. 

Ma agli apparecchi di guerra, come alle feconde 
opere della pace, alla prosperità ed al credito, come 
alla dignità ed alla forza dello Stato, è indispensabile 
fondamento una buona finanza. Il popolo italiano non 
si è mai rifiutato ai sacrifici che gli furono richiesti 
a questo fine. Spetta a voi di deliberare quei provve- 
dimenti che valgano a trarne tutto il profitto, e dare 
al paese quella piena sicurezza nell'avvenire, alla quale 
essoanela, e che ha meritato di conseguire. H restauro 



EMANUELE ir I 

f della finanza potrà solo iar cessare il male, che tuttì. 
deploriamo, del corso forzato. Però è dover nostro 
d'ora studiarci di attenuarne gli effetti, regolandolo 
con severe discipline. A tal uopo vi sarà, presentata 
una l(!p;ge speciale. 

Durante la Sessione il mio governo vi presentert; 
altre leggi importanti sulla materia giudiziaria, BuUa 
pubblica istruzione e suU' amministrazione civile. 

SiGNOKi Senatoei ! Signori Deputati ! 
Nella pace che io confido durevole, nell' ordi», 
interno, nell' unione fra i poteri dello Stato, le istitn- 
zioni libere ai svolgeranno insieme coi pregressi civili' 
e col benessere delle popolazioni. Cosi solamente nò' 
potremo dire di aver compiuta l' opera nostra, e, col* 
r aiuto di Dio, assicurata ai nostri figli quella patri»' 
ohe stava in cima dei nostri pensieri, quando 
, prove del passato le tenemmo una feda invincìbìls. 
l'Oggi come allora io confido nella nazione; sento 
i come allora la nazione confida nel Re. 



XLI. 



IsDiBizzo del Senato del Begno in risposta al Discorso 
della Corona del 15 novanbre 1873, dettato, per 
inc(mco dcB* Ufficio di Fresidema, dal senatore la- 
barrini. 

[ApproTAto n 29 uoTsmbre ISTI.] 

Sibb! 
Il Senato accolse sempre con riverenza e fiducia 
la parola della M. V., cosi nei giorni di prova, come 
ora che qui iu Roma godiamo dì veder compiuta 
l'unità, e l'indipendenza della patria. 



r^~\ 



1873] E n. PARLAÌftNTO ITAUAKO. 277 

n principio fecondo della libertà che informa tutte 
le nostre istituzioni, applicato anche alla Chiesa, ci 
ha dato il modo di risolvere la questione più ardua 
dei tempi moderni. La coscienza del mondo cattolico 
deve essere rassicurata, dacché il Pontefice, libero 
neir esercizio deUa spirituale autorità, mostrò la sua 
piena indipendenza nelle relazioni con tutte le nazioni 
cattoliche. Perseverando in questa via, e mantenendo 
inviolato in faccia a tutti l'impero della legge, il Se- 
nato confida che il tempo aiuterà a toglier di mezzo 
le difficoltà inerenti ad ogni grande mutamento. 

Noi seguimmo con animo appagato la M. Y. nelle 
visite recenti alle Corti imperiali di Vienna e di Ber- 
lino. La intiera nazione esultò delle liete accoglienze 
fatte al suo Re; nò mai si vide accordo amichevole 
di monarchi, cui rispondesse tanto vivace il sentimento 
dei popoli. 

n Senato intende la sodisfazione della M. Y. di 
av-er ristabilito relazioni cordiali con la Casa Impe- 
riale d' Austria ; come apprezzò il sacrificio degli af- 
fetti di famiglia al bene della patria, che Y. M. seppe 
imporre al suo cuore, finché durò la contesa che tenne 
divise le due nazioni. 

Noi siamo lietissimi di apprendere dalla M. Y. 
che le relazioni dell' Italia con tutte le potenze sono 
amichevoli, e che la pace é assicurata. L'Italia che 
ha potuto costituirsi nazione indipendente, mercè il 
rispetto che trovò in Europa il suo diritto, non può 
non rispettare i diritti delle altre nazioni. 

Colla pace, avrà rapido incremento la nuova vita 
economica che si é ridestata in tutte le provincie ita- 
liane ; e, per impulso d' una legislazione liberale, po- 
tremo veder cresciuta, coll'operosità privata, la pubblica 
ricchezza. L'unità dello Stato che ha tolto di mezzo 



J78 TITTOniO EMANITELE n [1873 

ì vincoli interni, e le istituzioni libere che assicurano 
tutti i diritti e tutti gì' interessi, sono la protezione 
più efficace dell' industria e del lavoro nazionale. 

Goal potrà provvedersi efficacemente al ristauro 
della finanza, che, a giusta ragione, forma soggetto 
delle soUecitadini della M. V, Il Senato presterà tutto 
la sua cooperazione al Governo in cosa di tanto vitale 
importanza, convinto com' è, che rialzare il credito 
dello Stato ed ordinane la finanza, sia rendere alla 
nazione, con la pienezza delle sue forze, il sentimento 
della sua sicurezza. 

A questo fine supremo debbono esser diretti gli 
sforzi del Governo e de! paese ; giacché, come ci ram- 
menta la M. V., la buona finanza è fondamento alla 
forza ed alla dignità dello Stato, e sola può dar moiìo 

tdi provvedere, con quella larghezza che si desidera, 
air esercito, alla marina ed alle opere pubbliche. 
L' esercito, questa difesa permanente della nostra 
indipendenza, questa scuola di disciplina, di abnega- 
zione e di spirito nazionale per la gioventù italiana, 
come sta a cuore alla M. T., cosi richiamerà tutta Is 
diligenza del Sonato nello studio delle leggi che deb- 
bono compirne l' ordinamento. 

Smx! 
L' Italia ha ripreso il suo poBto fra le nazioni, la. 
libertà entrata nel costume è guarentigia, non peri- 
colo dell' ordine interno. Nulla piil contrasta alla 
nostra civiltà di tornare alle sue tradizioni gloriose. 
La nazione confida nel stio Re : questo nobile senti- 
mento che le diede fermezza di virili propositi nel 
passato, la rassicura anch' oggi nelle speranze del- 
l' avvenire. 



1873] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 279 

XLH. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 15 novembre 1873, dei- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Coppino, Correnti, Finzi, Nicotera e Lioy, relatore, 

[Approvato il 25 novembre 1873.] 
SiBE ! 

La voce di V. M. risuona sempre gradita alla na- 
zione. Essa che fu V eco generosa dei nostri dolori e la 
annunziatrice delle nostre fortune e dei nostri trionfi, 
oggi è il più autorevole stimolo al compimento delle 
opere che la patria si aspetta da noi. 

Il popolo italiano, che vi offrì il suo sangue quando 
combatteste le patrie battaglie, vi ha seguito con pen- 
siero plaudente allorché vi recaste sulle rive del Da- 
nubio e della Sprea. Codesto viaggio, o Sire, prova 
novella della vostra devozione agli interessi nazionali, 
come fruttò nobili consolazioni al vostro cuore, così 
fu salutato come consacrazione del principio di nazio- 
nalità che, introdotto nel diritto pubblico europeo, 
potrà preparare più durevoli e umane soluzioni a quelle 
difficoltà le quali fin qui vennero commesse all'ar- 
bitrio della spada. 

Siamo lieti di avere udito da voi confermare che 
le nostre relazioni con tutti gli Stati sono amiche- 
voli. Memoria di antiche amistà ci avvince a quei 
popoli, che ci confortarono di consigli e di aiuti nelle 
ardue prove che abbiamo attraversate ; ed ora, spente 
le ambizioni e le gelosie, ai vinti e ai vincitori egual- 
mente funeste, stendiamo con viva contentezza la mano 
anco a quelle genti che ebbimo di fronte sui campi 



TITTOEIO EWAKDELE n [l®"' 

di hattaslia, e che adesso ci sono compagne ndk 
nobili gare della liberti e del progresso. 

Così potremo volgere tutti i nostri pensieri e h 
nostro cure a quelle riforme amministrative che da 
tanto tempo si aspettano, che tutti invocano. Romit 
b pegno di concordia e di stabilità per l' Italia, comò 
r Italia è divenuta una forza pacificatrice nel mondo; 
essa è entrata nel consesso dei popoli lìberi non aspi- 
rando ad altre vittorie che a quelle benefiche del 
lavoro, del sapere e della civiltà. 

Sara, indimenticabile per tutti i secoli, o Sire, quel 
momento quando voi avete annunziato, in nome delia 
libertà delle coscienze, il rispetto pel sentimento reli- 
gioso, il quale, essendo persuasione di affetto e ispi- 
razione di carità, non potrebbe rivolgersi in arma di 
fazioni e di i ivili discordie senza farsi degenere e senza 
meritamente cadere sotto il rigore delle leggi tutrici 
e vindici della comune libertà. 

Persuasi che della forza e della prosperità nazio- 
nale sono indispensabile fondamento le buone finanze, 
stndieremo le leggi che ci sono promesse per condurle 
a meta sicura, e le altre che intanto valgano ad atte- 
nuare i danni del corso forzoso. La nazioBe non ricusò 
di sobbarcarsi alle gravezze necessarie per mantenere 
r integrità del suo credito e del suo onore, ma noi 
dobbiamo far si che i sacrifizi a coi le popolazioni, 
conscie dei bisogni dello Stato e confidenti nell'av- 
venire, si rassegnano, siano insieme ed efficaci nei loro 
risultamenti e per quanto è possibile meno nocivi alla 
vita economica del paese. 

Come la Maestà Vostra ce ne conforta, noi asse- 
conderemo volenterosi il vostro Governo per dare 
all'amministrazione civile più naturale e spedito pro- 
cedere, riordinare l'amministrazione giudiziaria, dif- 



■1 

"1 



1873} B III PABLAMENTO ITALIANO. 281 

fondere l'istruzione e l'educazione del popolo, propor- 
zionare alle presenti condizioni economiche il compenso 
degli ufficiali dello Stato, e compiere i grandi lavori 
intrapresi per infondere vita e prosperità in tutte le 
provinole del Regno. 

Tra le leggi che dovremo discutere in questa Ses- 
sione, sentiamo, o Sire, la suprema importanza di 
quelle concementi la difesa dello Stato. Noi rivolge- 
remo attenzione speciale alle proposte che ci saranno 
presentate intorno alla marineria, cui la postura della 
penisola assegna difficili e gloriosi doveri, e al defi- 
nitivo assetto di queir esercito che fu sempre primo 
a porgere ogni più nobile esempio di abnegazione e 
di onore, non solo quando co' suoi petti si fece ba- 
luardo dell'indipendenza nazionale, ma anche dovunque 
una pubblica sventura ha reclamate le sue mani forti 
non meno che pie. 

SibeI 

Colla coscienza della vostra fede intemerata voi 
diceste : Io confido nella nasone ; e la nazione vi ri- 
sponde che essa confida nel Re fondatore dell'unità 
d'Italia, nel Re che dei diritti e della dignità della 
oatria è fermo custode. 



'M 



XLIII. 

' Indihizzo rivolto dal Senato dd Regno al ite Vittorio 
Emanuele II in occasione del 35" anniversario della 
t assunzione al trono, compilato, per incanco 
deli' Ufficio di Presidenza, dal sencUore Todamti&i^ 

[ApproTatd il 18 mino 1874-1 ' 

SibeI 

Sono oggi compiti venticinque anni dacché voi 
cìngeste l'avita, corona dei Re Sabaudi. Raccolta in 
un giorno di sventura sopra un campo di battaglia, 
1 solo le rendeste lo splendore antico, ma la 
faceste degna dell' Italia risorta. La Croce di Savoia, 
insegna gloriosa della vostra Casa, divenuta simbolo 
sacro dell' unità nazionale, sventola sulle torri delle no- 
stre cento città ; ed ha preso il luogo di tutte le inse- 
gne delle signorie cadute con la dominazione straniera. 

Quale storia memoranda avranno questi venticinque 
anni del vostro Regno ! La libertà, mantenuta anche 
quando pareva meritorio proscriverla ; la guerra d' in- 
dipendenza due volte ripresa, e due volte condotta a 
buon fine ; dinauzato non che seguito l' impeto dei po- 
poli anelanti di cancellare le divisioni antiche; l'unità 
della patria che sembrava sogno d'anime generose, 
felicemente compiuta ; data persona e parola nel con- 
certo delle nazioni a quest' Italia ieri conculcata e 
derisa ; composto, per quanto era da noi, il funesto dis- 
sidio tra r Italia e la Chiesa, senza rinnegare la fede 
dei nostri maggiori; son questi gli avvenimenti stu- 
pendi che riempiono questo quarto di secolo. 

Noi, testimoni fortunati di così splendida succes- 
sione di eventi, rendendo omaggio alla M. V. in questo 



1874] B Hi PARLAMENTO ITALIANO. 283 

luogo ed in questo giorno, quasi non crediamo a noi 
stessi ; e ringraziamo la Provvidenza di essere vissuti 
fino a veder soddisfatto in così breve tempo il voto 
di tante generazioni. 

Felice il Re che può unire il suo nome al risor- 
gimento del suo popolo ; felice il popolo che trovò nel 
suo Re il propugnatore coraggioso dei suoi diritti ! 
Questa ventura toccò a voi, o Sire; e non per cieco 
capriccio di sorte, ma come premio meritato di va- 
lore, di patriottismo e di lealtà. 

Tutta Italia saluta con giubilo questo giorno ben 
augurato. I popoli vi acclamano, perchè riconoscono 
in voi r espressione più alta e più risoluta del sen- 
timento nazionale. Dinanzi a voi non sono antago- 
nismi di parti, rivalità di dottrine ; e' è T Italia, e' è 
la nazione che in voi si sente rassicurata e difesa. 

Sibe! 

Il Senato del Regno non poteva rimaner muto ia 
mezzo a tanta pubblica esultanza. Coli' omaggio delle 
sue felicitazioni, esso vi saluta liberatore di' Italia^ e 
vi prega da Dio, che ha in mano i destini dei popoli 
e dei Re, giorni prosperi e tranquilli, nella pace d' un 
regno lungo e glorioso. 



XLIV. 



Parole dette dal Re Vittorio Emanuele II nel rice- 
vere la Deputojsione incaricata di presentargli V in- 
diriiszo approvato dal Senato il 16 marzo 187à, 

[23 marzo 1874.] 

Accetto con grato animo gli augurii del Senato 
del Regno. Rivolgendo indietro lo sguardo al lungo 



aS4 TITTORIO EMASIJKLE H |18TJ 



periodo elle abbiamo insieme percorso, sento cbe pos- 
siamo con patrio orgoglio raìlegrarci dei risultati ot- 
tenuti. Il Senato del Regno cooperò efficacemente alla 
redenzione d'Italia, tutelando in ogni occasione i prin- 
cipii della giustizia e di una savia e ferma politica. Se 
la impresa nazionale potè essere compiuta, egli è per- 
chè abbiamo mantenuta indissolubilmente congiunta 
la libertà coli' ordine, l'indipendenza nazionale col 

I rispetto della indipendenza altrui, la rivendicazione 
dei diritti dello Stato colla osservanza della Religione 
dei nostri padri, il progresso colla tradizione. A per- 
severare in questa via io fo grande assegnamento sa 
i consigli del Senato, e mi unisco ad esso per pregare 
Iddio che protegga sempre l'Italia. 



^ 



XLV. 



Indirizzo rivolto dalla Camera del Deputati al Be 
Vittorio Emanuele II nella stessa occasione, com- 
pilato daW Ufficio di Presidenza e letto dal, tfcpa- 
taio Giuseppe Massari. 

[Appronto 11 IS mano 1814.] 

Siqe! 
Venticìngae anni or sono la M. Y. saliva sul trono 
dal quale l'augusto Genitore, sfidata indamo la morte 

sul campo di battaglia, volontariamente scendeva. . 

Egli legava a voi, o Sire, la eredità di onorate 
sventure da riparare e di grandi destini da compiere. 

Voi raccoglieste quella eredità coli' animo deli- 
berato a cancellare i decreti dell'avversa fortuna. 
In quel giorno luttuoso prometteste a voi atesso di 



i 



1874] B IL PARLAMENTO ITALIANO. 285 

fare l'Italia. Questo fu il vostro voto a Novara il 
23 marzo 1849. Lo avete sciolto. 

Nel volgere di pochi anni avete percorsa una via 
secolare. Era via aspra, faticosa, irta di difficoltà e 
di pericoli: ma voi con l'illibata fede, col proposito 
pertinace, con l'inflessibile volere, non cedendo né 
ad illusioni né a sgomenti, confidando nella giustizia 
della causa, nella virtù delle libere istituzioni, nel- 
r amore dei popoli, avete superate le difficoltà, avete 
aflErontati e vinti i pericoli. Giungeste alla meta : oggi 
l'Italia, libera ed una, tiene il posto che ad essa 
compete tra le genti civili. 

CJongiungendo le più illustri tradizioni del passato 
con le più elevate aspirazioni dell'epoca presente, 
avete compito la maggiore opera di civiltà dei tempi 
moderni. Avete fatta dell'Italia una nazione e di 
questa nazione un esempio di libertà, una guarentigia 
di pace. Gol ricuperare agli Italiani la loro capitale, 
avete meritato il plauso riconoscente della coscienza 
umana, salvando da un danno comune gli interessi 
della Religione e quelli della civiltà. 

SiBs! 

In questo giorno solenne per voi, per l'augusta 
vostra Dinastia, per l'Italia, si compendia un memo- 
rabile periodo storico di venticinque anni. Fra tanta 
grandezza di rimembranze, sorge più vivo negli animi 
nostri il sentimento della gratitudine verso V.M. È il 
sentimento della nazione. La Gamera dei Deputati 
prega la M. V. ad accoglierne la espressione reve- 
rente ed affettuosa. 

Si, Sire, l'Italia vi é gratissima: l'Europa vi 
ammira: vi glorificherà la storia. 




TrrTOBIO EUANCELE II 



XLVl. 



I 



Parole dette dal Re Vittorio Emanuele II alla JDe- 
putaeione incaricata di presentargli V indirizzo vi>- 
tata daUa Camera dei Deputati il 16 marzo lS7i. 



La espreBSÌone dei sentimenti della Camera dei 
Deputati in questo giorno torna più che mai grata al 
Non ambizione di regno, nò desiderio di 
gloria, ma il solo sentimento del dovere mi spinse a 
continuare la grande opera iniziata da mio Padre, 
e che coli' aiuto di Dio e pel senno del popolo ita- 
liano e pel valore delle armi abbiamo compiuta. Fra 
gli erenti di questi venticinque anni trascorsi rimarrà, 
memorabile l' esempio della libertà esercitata cosi 
degnamente dal Parlamento, e rimasta inalterata in 
mezzo a tutte le agitazioni, le vicende ed i pericoli, 
per r intimo accordo della Corona con i rappreseo- 
tanti della nazione. Collo Statuto costituzionale abbiamo 
acquistato la indipendenza e la unità della patria, collo 
Statuto costituzionale sapremo consolidare e dare al 
popolo italiano quella grandezza e quella prosperità, 
alla quale i nostri comuni e concordi sforzi debbono 
essere incessantemente rivolti. 



1874] E IL PABIÀMENTO ITALIANO. 287 

XLvn. 

Discorso pronundato dal Be Vittorio Emanuele II 
all' apertura della T Sesiione della XII Legista' 
tura del Parlamento. 

[23 novembre 1874.] 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

Il mio primo pensiero, nel ritrovarmi in mezzo ai 
rappresentanti della nazione, è di rivolgere parole di 
gratitudine al popolo italiano per le cordiali sue dimo- 
strazioni nel venticinquesimo anniversario del mio 
regno. Quelle dimostrazioni tornarono tanto più grate 
al mio cuore, quanto furono più spontanee ed univer- 
sali. Pari air affetto di cui mi ha dato prova il paese 
io confido che sarà lo zelo della nuova legislatura nel 
proseguire l' opera del riordinamento dello Stato. La 
legislazione civile fu unificata: dev'esserlo anche la 
penale. Essa è stata soggetto di maturi studi nel Se- 
nato, e vi sarà riproposta. 

10 spero che dalle discussioni vostre escirà un Co- 
dice degno della scienza e del nome italiano. La 
riforma del giure commerciale, desiderata dal paese 
e promessa dal Governo, avrà principio dalle Società. 
L'ingerenza governativa vi sarà ristretta, la respon- 
sabilità degli amministratori resa più efficace. 

11 mio Governo vi proporrà alcuni provvedimenti 
per ristabilire la pubblica sicurezza in quelle Provin- 
cie dove fosse gravemente turbata. Voi seguirete nello 
accoglierli l' esempio delle nazioni più civili e dei Par- 
lamenti più gelosi delle pubbliche libertà, le quali 
cadono in dispregio dei popoli, se non guarentiscono 
la sicurezza delle persone e degli averi. 



1 



irloj 



"tiTIOUIO ItMAKLEl.E II [1ST4 

I nuori ordinamenti militari fecero buona prova, 
' ed io sono altero scorgendo i progressi dell' esercito, 
I al quale mi legano i più vivi affetti, e le più care 
' ti-adizioni della mia vita. Bisogna compiere l'opera e 

provvedere anche alla difesa dello Stato. 

La marina militare, da cui dipende tanta parte 
della nostra fiJucia nell'avvenire, sarà pure argomento 
delle vostre dclilierazioni. 

II mio Governo vi presenterà progetti di legge 
tesi a riordinare alcune imposte, a fine di ripartirlo 
più equamente e renderle più semplici e fruttnosR 
Sarà questo il principio di nna graduata riforma 
nostro sistema tributario ed amministrativo, il quale, 
creato in momenti difficili e concitati, ha bisogno di 
una ponderata revisione. Intanto bisogna far sosta a 
nuove spese ; il Parlamento avrà quindi ad occuparsi 
di quelle sole per le quali fu già preso impegno, e la 
cui urgenza aia evidente. Però il mio Governo nel 
proporvele vi indicherà insieme nuovi provvedimenti 
atti a farvi fronte. Non dipartendovi da tali norme 
voi riuscirete a porre nel bilancio del Regno l'equi- 
librio, che è il più ardente desiderio della nazione. 
Il conseguimento di questo fìne sar& compenso e cod' 
forto ai tanti sacrifizi che il popolo ha sostenuto con 
nobile coraggio. Cosi il risorgimento italiano, scevro 
di ogni macchia, avrà anche questo vanto, si raro 
nella storia dei mutamenti politici, dì non aver accolto 
mai il pensiero di venir meno alla pubblica fede. 

SiONom Senatori! Signobi Deputati I 
Sono lieto di assicurarvi che ci troviamo in buo- 
nissime relazioni con tutte le potenze estere. Io ricevo 
con gioia continue testimonianze del pregio in cui è 
tenuta dalle altre nazioni l'amicìzia dell'Italia. È que- 



1874] E IL PABL AMENTO ITALIANO. 289 

sto il premio della moderazione e della fermezza del 
nostro contegno. Perseverando in esso, V Italia con- 
tinuerà a dimostrare come la libertà congiunta col- 
r ordine possa risolvere i più ardui problemi, e non 
fallirà alla sua meta gloriosa. La Provvidenza ci ha 
assistito in ogni passo, e quest' anno è stata larga al 
paese di raccolti copiosi. Ne avranno sollievo le classi 
meno agiate, al cui bene il mio pensiero è ognora 
rivolto. Ringraziamo insieme Iddio e colla costante 
virtù dei propositi e degli atti continuiamo a meri- 
tarne la protezione e l'aiuto. 



XLVllI. 



Indirizzo del Senato del Regno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 23 novembre 1874, com- 
pilato, per incarico delV Ufficio di Presidenza, dal 
senatore Tabarrini, 

[ApproTato il 30 noTembre 1874.] 

Sibe! 

Con la stessa riverente fiducia con la quale il Se- 
nato del Regno udiva in passato la parola animosa 
di V. M. che preludeva alle battaglie della patria ed 
ai grandi fatti dell' unificazione d' Italia, ascolta oggi 
quella più pacata che lo invita a provvedere al riordi- 
namento dell' amministrazione e della finanza. L' opera 
a cui la M. V. ci chiama è più modesta, ma non è 
meno importante al bene dello Stato. 

Il primo bisogno dei popoli è la sicurezza delle 
persone e degli averi, senza la quale isterilisce la 
prosperità pubblica, e le istituzioni più liberali non 
hanno virtù di produrre i loro benefici effetti. I nemici 

19 



TJTTCIMO EMANDELE II [1874 

della liberti non vorrebbero meglio che vederla con- 
sumarsi nel!' anarchia e maccliiarBi di opere dì aangoe. 
Ma questo non avverrà tra noi, educati alla scuola 
di dolorose esperienze che la presente fortuna non ci 
fa dimenticare ; ed il Senato esaminerà con ogni cura 
i provvedimenti che gli saranno proposti per aggiunger 
forza alla legge, ed assicurare la tutela dei cittadini, 
A ciò varrà pure l' unificazione delle leggi penali; 
l il Codice che deve compierla, come è stato sog- 
getto dei nostri studi, cosi sarà tra breve argomento 
delle nostre discussioni ; nelle quali non porteremo 
proconcetti di scuole, ma la luce serena della scienza 
e i) sentimento delle condizioni morali della nazione, 
Il principio della libertà che informa la nostra 
gislazione economica, se consiglia a ristringere sem- 
pre più l'ingerenza de! Governo nelle private transa- 
sriooi, deve peraltro accrescere le guarentigie del ca- 
F pitale associato, e rendere efficace la responsabilifi 
r,di chi assumo la gestione degli interessi collettivi. Non 
irà. perciò senza compiacenza che il Senato accoglierà 
la proposta d' una riforma legislativa sulle Società 
commerciali, 

L' assetto delta finanza, tanto giustamente racco- 
mandato dalla M, V,, è stato sempre nei voti dei 
Senato, come una necessità superiore ad ogni effimero 
temperamento, È ormai tempo di misurare le spese 
colle entrate, e di ricavare dalle imposte, meglio or- 
dinate e più equamente repartite, quanto occorre per 
i veri bisogni dello Stato. Così potremo, secondando 
il nobile desiderio della M. V., provvedere all'ordina- 
mento dell'esercito che è nostro presidio e nostra gloria, 
ed alla marina militare che è pure nostra speranza. 

Questa revisione delie leggi tributarie possiamo 
faro con pensata risolutezza, oggi che non ci incalzano 



1874] E IL PABLAMBNTO ITALIANO. 291 

urgenze prepotenti, né siamo distratti da esterne 
complicazioni. E poiché la Provvidenza ci consolò di 
ubertosi raccolti, si potrà più agevolmente riuscire 
a rassodare il credito, ed a rendere vieppiù saldo il 
convincimento che l'Italia manterrà sempre integra 
la pubblica fede. Per tal modo gioveremo a tutti 
gì' interessi, restituendo alle cose il loro giusto valore. 

Sire ! 

Il Senato si gloria di essere stato il primo a pro- 
porre un'attestazione solenne di riconoscenza alla 
M. V., in occasione del venticinquesimo anniversario 
del suo regno ; e vide con gioia rispondere al suo 
invito tutta la nazione, che salutò in voi il suo libe- 
ratore. Quella politica che condusse l' Italia al com- 
pimento dei secolari suoi voti, e che ci meritò la stima 
e r affetto di tutte le nazioni civili, confida il Senato 
che sarà mantenuta; perchè se gli Stati si formano 
coli' audacia e coli' entusiasmo, si mantengono e si 
afforzano coli' ossequio alle leggi, e coi consigli della 
ragione e della giustizia. 



XLIX. 



Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 28 novembre 1874, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Chiaves, Mancini, Messedaglia, Teruzzi e Cor- 
renti, relatore, 

[Approvato il 30 novembre 1874.] 

Sire! 

Dacché saliste al trono dei vostri Avi, ogni anno 
ha segnato un passo verso il compimento delle spe- 



VITTOBIO EMANTJKI.B II [ISTI 

ranze nazionali ; onde ben a ragione il popolo italiano 
celebra e celebrerà in perpetuo gli aunivergari del suo 
primo Re, come feste della patria. Le sincere mani- 
festazioni d' affetto, che da ogni parte della penisola 
salutarono l'anno venticinquesimo del vostro glorioso 
regno, fecero solenne testimonianza, che a voi si deve 
quell'unanimità di fede, la quale iia creata e man- 
terrà infrangibile l'unità d'Italia. 

Ispirati da questi sentimenti, persuasi che oniw 
la grand' opera della instaurazione politica è compiuta, 
noi accogliamo con riconoscenza l'invito, che dalla 
vostra augusta parola ci vico fatto, di consacrare le 
nostre forze principalmente alla riforma degli ordini 
amministrativi ; e vi rendiamo grazie di averci ricor- 
dato il dovere di curare l' equa e proporzionata distri- 
buzione dei carichi, primo elemento della giustizia 
sociale. Per ciò aspettiamo con impazienza le proposto 
del vostro Governo per ridurre ad efficaco speditezza 
e semplicità l'azione degli uffici governativi, o por ren- 
dere meno complicata l'applicazione, meglio ponderata 
la ripartizione, e più profìcua l'esazione delle imposte. 

Per quanto gravi sieno : sacrifizi a cui ci ha ob- 
bligati la condizione delle nostre tìnanze, la nazione 
li ha sopportati coraggiosamente nella speranza che 
sì possano nna volta pareggiare alle pubbliche entrate 
le spese, le quali devono essere ricondotte nei limiti 
della più stretta necessità. A nessuno mai però cadde 
in animo di cercare economie in espedienti, che non 
potrebbero essere uè proposti, né accolti se non di- 
menticando che noi siamo i custodi dell'indipendenza 
e dell' onor nazionale, beni supremi che vogliamo tra- 
smettere intemerati ai nostri tìgli. 

Le vantaggiate condizioni economiche, l' istruzione 
diffusa a benefizio dì quelle classi popolari, a cui la 



1874J E IL PAELAMBNTO ITALIANO. 203 

M. V. ha costantemente rivolti i suoi pensieri, la 
pronta e imparziale applicazione delle leggi, la fermezza 
nel far rispettare da tutti i diritti dello Stato, sono, 
voi ce lo avete insegnato più volte, le migliori gua- 
rentigie dell' ordine pubblico. Che se, in onta della 
progrediente civiltà, la sicurezza degli averi e delle 
persone venisse in qualche parte d' Italia gravemente 
turbata, il Parlamento non potrà certo dimenticare, 
che le leggi voglionsi proporzionare alle circostanze in 
mezzo alle quali si deve raggiungere il supremo line 
della pubblica pace. 

Come la santità delle leggi e dei magistrati, così 
le provvide istituzioni militari sono pegno di pace e 
di sicurezza. Parlandoci del vostro affetto per V eser- 
cito, voi, Sire, ci obbligate a ricordare che l'Italia 
deve alle tradizioni della vostra augusta Casa, e al 
vostro esempio, l'invidiata fortuna d'aver potuto tra- 
sfondere la sicurezza di secolari e gloriose esperienze 
nelle milizie della nazione ringiovanita. Noi accettiamo 
con gioia la buona novella, che per bocca d' un tanto 
giudice ci annunzia l' esercito rinvigorito dai nuovi 
ordinamenti, e ci promette provvigioni atte ad assi- 
curare la difesa del territorio nazionale, ed a miglio- 
rare le condizioni della marineria militare, alla quale 
la fatidica parola del Re assegna un gran compito 
neir avvenire. 

Più vicine promesse, e accolte con non minore 
gratitudine, ci porta l'annunzio che si porrà subito 
mano agli ultimi lavori per compiere la unificazione 
legislativa. Il Codice penale, quando dal terribile di- 
ritto di punire non vada mai disgiunto il sacro dovere 
di correggere, porrà il suggello alla legislazione ita- 
liana, che riuscirà così una nuova affermazione e una 
nuova vittoria del genio nazionale. 



V.ac 

^ r.ru 

I 



1 



TITTOBIO BMANCELE U ^ISll 

Né meno gloriosa ed utile &a.rebbQ l'altra fatica, 
.a cui e' invita, la M. V., di ripigliare a disamina il 
Codice commerciale, cominciandone la riforma con 
una legge che dia norma allo Società, nelle quali yuolsi 
lasciare più larga parte alle sperienze di nuovi con- 
gegni economici, rendendo nel tempo stesso possibik 
verso gli anam ini s tra tori una più efficace vigilanza 
repressione degli abusi. 

SiebI 

L' Italia ricongiunta nel vostro nome in una sola 
ifamiglia, costituita in un popolo solo intomo alla 
vostra bandiera, sente in sé la forza di conservarsi, 
di difenderai, di muoversi con passo fermo e sicuro 
sullo vie del progresso. E però le altre nazioni, come 
ce ne assicura V, M., onorando il Re d' Italia, cei-- 
cando l' amicizia del suo Governo, chiamaudo i dele- 
gati italiani a sedere nei tribunali di paco, che sosti- 
tuiscono all'arbitrio della forza la conciliazione do! 
diritto, mostrano d' esser persuasi che voi avete saputo 
creare un nuovo elemento d' ordine e di stabilità in 
quest'Europa ancora sgomenta da recenti e formi- 
dabili commozioni. 

Noi ringraziamo con voi di gran cuore la Prov- 
videnza, che ci ha manifestamente condotti, in mezzo 
a tanta varietà e incertezza di casi, ad una meta, la 
quale parve possibile solo quando fu raggiunta; e 
aggiungiamo i nostri voti perchè il popolo italiano 
continui a meritare i favori del Cielo, e la simpatia 
dei popoli civili colla fedeltà dei propositi, colla co- 
Btai!za del lavoro, colla salutare ostinazione della 
concordia. 



1876] E Ed PAKLAMEirrO ITALIANO. 295 



Discorso pronunciato dal Re Vittorio Emanuele II 
all' apertura della 2^ Sessioìie della XII Legisla- 
tura del Parlamento. 

[6 marzo 1876.] 

Signori Senatori ! Signori Deputati ! 

• L' anno trascorso dacché io mi trovai in mezzo a 
voi, deve esserci cagione di conforto e di speranza. 
Le condizioni interne furono bqpne : le relazioni estere 
pienamente cordiali. L' obbligo di adempiere un patto 
internazionale con un Sovrano amico, maturò nel mio 
Governo l' idea del riscatto delle ferrovie. L' Italia 
affronta con ardire un problema gravissimo, che già 
da tempo occupa i Governi ed i Parlamenti delle na- 
zioni più civili. Vi sarà presentato un trattato col- 
r Austria-Ungheria e un progetto di legge per V acqui- 
sto e l'esercizio delle ferrovie principali del Regno, 
e per provvedere i capitali necessari a compierle. 
Sebbene una così grande innovazione arrechi qualche 
aggravio al tesoro, pure io confido che in questa Ses- 
sione per la prima volta si potrà pareggiare V entrata 
e la spesa dell'anno senza aumentare le imposte. 

11 buon volere col quale si prosegue V opera deli- 
cata e paziente della revisione daziaria, d'accordo 
colla Francia, la Svizzera e l' Austria-Ungheria, mi 
persuade che durante la Sessione potranno esservi 
presentati nuovi trattati di commercio. E mio desi- 
derio che siano emendati i difetti rilevati dalla espe- 
rienza, vantaggiato l'erario, aperto ai prodotti italiani 
più ampio e più sicuro mercato, serbando incolumi 
i principii del libero scambio. 



f 

■ SII 



Alcune leggi importanti per l' ordinamento deiU 
giuEtizia, per la istruzione Bopratutto popolare, per lil 
riforma, tributaria ed amministrativa, non poterono 
essere votate nella scorsa Sessione. Ho ordinato al 
mio Governo di riproporvele, e le raccomando alla 
vostra sollecitudine. 

Ho potuto io medesimo nei campi di istruzions 
scorgere con altero compiacimento i progressi dal 
nostro esercito. È tempo di rivolgere un pensiero 
più sollecito alla marina, clie merita, come l'esibì:- 
cito, l' aEFutto del paese e le cure del Parlamento. 
Mio supremo voto ò di dare all'Italia quella legittima 
fiducia nelle sue forze che mantiene salda l'ÌDdipea"g 
denza a assicura la tutela dei propri diritti. I 

Signori SenatoeiI Signori Deputati! 

L' Italia ebbe una conferma delle sue buone rela- 
zioni internazionali nella visita dell'Imperatore di 
Austna-Ui)f;heria e dell'Imperatore di Germania, Io 
fui sommamente lieto di ospitarli. Venezia e Milano 
si mostrarono degne interpreti del sentimento della 
nazione. In quelle dimostrazioni di cordiale amicizia 
fra i Sovrani vi era il pegno della simpatia duratura 
fra i popoli. 

La insurrezione nella Erzegovina e nella Bosnia 
diede luogo a negoziati fra le potenze garanti della in- 
tegriti dell'Impero Ottomano. Ho creduto conveniente 
di prendervi parte per ristabilire d' accordo con esse 
la tranquillità nell' Oriente, ed assicnrare le sorti 
delle popolazioni cristiane. S. M. il Sultano accolse 
di buon grado le proposte fattegli a questo fine. Io 
auguro cbe la pronta e fedele esecuzione dello annun- 
ziate riformo varrà a pacificare quelle contrade e a 
preparare loro un migliore avvenire. L'Italia adem- 



1876] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 297 

pira ai suoi doveri di grande potenza, contribuendo 
coi Governi amici al mantenimento della pace. Intenta 
a svolgere le sue libere istituzioni e la sua prospe- 
rità, essa saprà usare la propria influenza in modo 
da procacciarsi il rispetto e la fiducia delle nazioni 
civili. 



LI. 

INDIRIZZO del Senato del Begno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 6 marzo 1876, scritto, per 
incarico dell'Ufficio di Presidenza, dal senatore 
Tabarrini, 

[Approvato il 10 marzo 1876.] 

Sire! 

Il Senato del Regno, lieto di avere udito la parola 
franca e rassicurante della M. V., partecipa alla di 
lei soddisfazione per il tranquillo e prospero proce- 
dimento delle cose pubbliche durante l'ultima Ses- 
sione della presente Legislatura. 

Le amichevoli relazioni che uniscono l'Italia alle 
più potenti nazioni d' Europa ebbero solenne attesta- 
zione nelle visite dell'Imperatore Austro-Ungarico e 
dell'Imperatore di Germania; ed il plauso di Venezia 
e di Milano che salutò gli Ospiti augusti, fece palese 
come l'Italia vedesse in quel fatto più che una cor- 
tesia di Monarchi amici del suo Re. 

Il Senato apprese con viva compiacenza dalla M. V. 
che in occasione dei moti recenti dell'Erzegovina e 
della Bosnia, il Governo Italiano ha preso degna parte 
alle trattative diplomatiche, entrando nel concerto 
delle grandi potenze, e cooperando con esse, non senza 
speranza di buon successo, a migliorare la sorte delle 
popolazioni cristiane di quelle regioni. 



Confidiamo cbo i nostri consigli riescano tanto pid 
I Eutoreroli, quanto sono più disinteressati. 

A ralTorzai'o le buone relazioni internazionali assai 
potrà giovare anche la rinnovazione dei trattati di 
commercio; e se la revisione delle tariffe si fari con 
vantaggio dei nostri commerci e delle nostre indu- 
strie, senza offesa dei principiì di libertà economica 
che informano la nostra legislazione daziaria, la pro- 
flperìtfl nazionale e la finanza ne avranno del pnri 
, notftljile incremento. 

II Senato porrà ogni cura nello studio delle le^gì 
che si proporranno sul riscatto e Bull' esercizio delle 
principali lìnee ferroviarie del Regno, a cui diede ni(i«| 
tivo l'esecuzione di un patto già stipulato con un Gff« 
verno amico. In Italia le ferrovìa hanno una ìmpo^" 
tanza tutta speciale, perchè furono a sono mezzo 
necessario e potentissimo dell' unità uazionalc. Ln 
questione da risolvere è ariiua quanto altra mai, e 
tocca a dottrine e ari interessi moltiplioi; ma noi la 
studieremo senza preconcetti di scuole, e nel solo ri- 
guardo di far cosa utile alla nazione, e non dannosa 
alla finanza. La quale, se, malgrado dei carichi che 
potrebbero venirle da questa ardita innovazione, si 
troverà in tale stato da fare sperare che in questa 
Sessione, senza aggravio di nuove imposte, si pareggi 
finalmente l'entrata colla spesa, sarà un fatto gran- 
dissimo di cui col Senato si rallegrerà tutta la na- 
zione, ansiosa di vedere una volta ordinata la sua 
economia e rassicurato il suo credito. 

E noi vorremmo di gran cuore che le condizioni 
finanziane ci consentissero fin d'ora di fare sul bi- 
lancio delio Stato un più largo assegno alla marina 
di guerra, la quale insieme all' esercito a cui già prov- 
vedemmo, come per la M. V. cosi è per il Senato 



1876] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 299 

argomento di premurosa sollecitudine. L' esercito e 
la marina sono insieme saldo presidio e scuola virile 
alla nazione, che acquista ogni dì più il sentimento 
della sua forza e gode di vedere nella M. V. il custode 
più geloso della sua indipendenza. 

Sire ! 

La devozione del Senato verso la M. V. vi è nota 
e non abbisogna di nuove attestazioni. Tutti i prov- 
vedimenti legislativi che i vostri Ministri ci propor- 
ranno sulla istruzione popolare, sull'ordinamento della 
giustizia e sulla riforma tributaria, saranno da noi 
esaminati e discussi senza spirito di parte e con mente 
serena. La pace di Europa che V. M. ci assicura non 
minacciata, favorisce queste riforme interne che deb- 
bono cementare l'unità nazionale e togliere ogni ca- 
gione di mala contentezza. 

La pace è il supremo bisogno dei popoli civili; 
essa stringe sempre più i vincoli di fratellanza fra le 
nazioni, assicura la remunerazione del lavoro, e pro- 
muove lo svolgimento ordinato delle pubbliche libertà. 



LIT. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 6 marzo 1876, dettato da 
una Commissione composta dei deputati De Sanctis, 
Luszatti, Maiorana, Puccioni e Massari, relatore. 

[Approvato 1' 11 marzo 1876.] 

Sire! 

La parola augusta della M. V. scende sempre gra- 
dita al cuore dei rappresentanti della nazione. 



VITTORIO EM.\SUELB II [ISTfi' 

Quella parola, che, nei giorni del dolore, ci fu 
conforto a credere ed a sperare nei destini della psr 
tria italiana, oggi avvalora il nostro proposito di rete 
dere quei destini sempre più sicuri e durevoli. 

Le gravi questioni del riscatto delle ferrovie e delll-' 
revisione daziaria, sulle quali la M. V. lia richiamati' 
la nostra attenzione, saranno argomento delle noatn 
più serie considerazioni, e noi arrecheremo nell'esai» 
minarle quel paziente buon volere che è ispirato e aon 
retto dalla sollecita premura verso gì' interesai d^ 
paese, e la ferma risoluzione di reintegrare l'equifr; 
brio della finanza, e di serbare incolumi quei prittf 
, eipii di libertà, dai quali s'informa tutta la noal 
legislazione, e la cni attuazione è uno dei grandi 
, toli di gloria della M. V. 

Né riscuoteranno minore attenzione per parte nO* 
, fltra le proposte di legge sull' ordinamento della 
- Btizia, aull' istruzione popolare e sulla riforma tribu- 
^' taria ed amministrativa, clie V, M. lia ordinato al suo 
Governo di riproporci. 

I progressi del nostro esercito che la M. V. ha 
con compiacimento giustamente altero ravvisati sui 
campi d' istruzione, ci attestano che le cure del Par- 
lamento hanno sortito l' intento desiderato, e che è 
appagato in tal guisa il supremo voto della M. V., di 
dare all' Italia quella legittima fiducia nelle sue forze, 
che mantiene salda la indipendenza ed assicura la 
tutela dei propri diritti. Non cesseremo da quelle 
cure e, secondando il giusto desiderio della M. V., 
le rivolgeremo con uguale ed affettuosa premura alla 
marineria, che è pure tanta parte della difesa e della 
grandezza della nazione. 

Le relazioni di amicizia con le potenze estere eb- 
bero splendida conferma nella visita, che l'Imperatore 



. r\ 



1876] E IL PAELAMEKTO ITALIANO. 301» 

d'Austria-Ungheria in aprile deiranno scorso, e l'Im- 
peratore di Germania in ottobre dello stesso anno 
resero a V. M. La ospitalità cordiale usata dalla M. V. 
ai due Sovrani amici corrispose pienamente ai desi- 
derii ed agli affetti dell'Italia. Venezia e Milano fu- 
rono degne interpreti dei sentimenti di V. M. e di 
quelli di tutta la nazione. Le auguste visite e le fe- 
stevoli accoglienze sono argomento di soddisfazione e 
di orgoglio per voi, o Sire, e per l'Italia, e guaren- 
tigia nuova ed efficace per la pace dell'Europa. 

Partecipando ai negoziati fra le potenze garanti 
della integrità dell' Impero Ottomano, la M. V. è stata 
guidata dal pensiero di assicurare in pari tempo la 
tranquillità dell'Oriente, e le sorti delle popolazioni 
cristiane. Le buone accoglienze fatte dal Sultano alle 
proposte che a quel line gli erano rivolte attestano 
la deferenza con la quale oggi è dovunque ascoltata 
la voce del primo Re d'Italia. 

Sibb! 

L'Italia, grazie alla M. V., ha sciolto il suo de- 
bito verso la civiltà, ponendo fine a quella domina- 
zione, che della civiltà medesima era la negazione 
assoluta: ma con ciò i doveri suoi non sono cessati. 
È diventata una grande potenza, e deve contribuire 
con i Governi amici al mantenimento della pace. Noi 
portiamo fiducia che la patria nostra non sarà mai 
per tralasciare l'adempimento di questo dovere, e, 
duce la M. V., mentre saprà svolgere le sue libere 
istituzioni e la sua prosperità, saprà pure usare la 
propiia influenza in guisa da riscuotere sempre più 
la reverenza e la fiducia delle genti civili. 



■■Viti omo bmanttble r 



l.III. 



Ultimo Bisoonso pronuneiato dal Be Vittorio Emor 
nuele II all' apeiiura del Parlamento, inaugurai}- 
dosi la T Sessione della XIII Legislatitra, 



SioNOKi Sebatobi 1 Signori Deputati ! 

Contristato da domestico lutto,' a cui veggo con 
riconoscenza prendere sì viva parte il mio popolo, io 
vengo oggi a cercare la migliore delle consolazioni 
mpimento di un dovere, E per verità non mi 
accailde mai d' inaugurare questa solennità senza sen- 
tirmi crescere in cuore la fede nei destini d'Italia, 
e nell'avvenire delle libere istituzioni che abbiamo 
giurato. In mezzo ai nuovi rappresentanti della nazione 
cbe hanno potuto studiare ria vicino i bisogni e i dp- 
siderii delle popolazioni, e che se ne faranno inter- 
preti fedeli, io riveggo col pensiero la storia del nostro 
risorgimento, e rendo omaggio all' opera indefessa 
delle precedenti Legislature, che couBolidarono l' unità 
italiana. 

Ma nel tempo stesso sento il dovere di ricordarmi 
che da venti anni, quasi ogni volta che io diressi la 
parola agli eletti dalla nazione, ebbi a raccomandar 
loro di rendere semplice, spedita, economica l'azione 
tutelare dello Stato. Per raggiungere quest' intento i 
Ministri, che io, seguendo le indicazioni dei voti par- 
lamentari, ho chiamato con piena ed aperta fiducia 
a reggere Io Stato, vi dovranno presentare molte prò- 



1876] E IL PABLAMENTO ITALIANO. 303 

poste di leggi che io raccomando alla vostra patriotica 
sollecitudine. 

Le precedenti amministrazioni si sono studiate, 
in questi ultimi anni, di ravvicinare le rendite dello 
Stato alle spese. Il pareggio dei bilanci non è più 
una meta lontana, ma un beneficio vicino, di cui 
cominceremo fin d'ora a godere gli effetti. E pos- 
siamo sperare di mettere mano fra breve a togliere 
gradatamente i disordini del corso forzato. L' attuale 
Legislatura deve affrettare questa opera di liberazione. 
Il mio Governo avrà cura a tal uopo di preparare gli 
opportuni provvedimenti. Intanto ho desiderato che 
prima di tutte le altre, si chiamino ad esame le pro- 
poste intese a scemare la durezza delle esazioni, ed 
a distribuire più equamente le attuali gravezze. Noi 
non possiamo diminuire le spese gik tanto parcamente 
misurate per l' esercito e per la fiotta ; noi non pos- 
siamo abbandonare quei lavori, i quali, estendendo i 
beneficii delle comunicazioni dall' un capo all'altro 
d' Italia, possono trasfondere in ogni parte del paese 
la forza di compiere la sua economica trasformazione. 

Si è potuto temere che eventi minacciosi avessero 
a distrarci da questi provvidi pensieri. Ma le relazioni 
pienamente amichevoli che abbiamo sempre mante- 
nute con tutti gli Stati esteri ci affidano che prevar- 
ranno consigli di moderazione, a cui il mio Governo 
ha dato il più efficace concorso. Fedele a tutti gli 
impegni assunti, l'Italia non dimenticherà mai che, 
prendendo posto fra le grandi potenze, ha accettato 
una missione di progresso e di civiltà. Sperando nei 
benefizi della pace, voi userete, ne sono certo, questo 
tempo propizio per consolidare le nostre istituzioni. 

Importa sgravare il Governo dalle ingerenze sover- 
chie obbligando Provincie e comuni ad operosa autono- 



BU VITTO 

mia. Allo proposte che vi Terranno prtisentate in questa 
nuova Sessione per assicurare l'esercìzio delle fran- 
chigie locali, si accompagneranno quelle per rendere 
più pronta e più sicnra la vigilanza governativa sulla 
regola^it^ dei conti delle pubbliche ammìnistrai^iom 
delle opere pie. Altre proposte vi saranno presentate 
per mijrliorare le condizioni economiche degli ufficiali 
dello Stato, elevandone ad un tempo la dignità col 
rendere giudicabili tutti i loro atti. Il Codice penale 
ed il Codice di commercio che saranno, sottoposti alle 
vostre deliberazioni, coroneranno la grande opera della 
unificazione legislativa. 

Ci rimane poi ad affrontare un problema fin qui 
intentato. Le libertà concesse nel nostro lìegiio alla 
Chiesa tanto largamente quanto in nessun altro Stato 
cattolico, non possono essere applicate in modo che ne 
vengano offese le pubbliche libertà, o menomati i di- 
ritti della sovranità nazionale. 11 mio Governo presen- 
terà al vostro esame i provvedimenti nccessiiri per 
dare efficacia alle riserve e alle condizioni indicate nella 
stessa legge che sanciva le franchigie ecclesiastiche. 

Oltre la revisione dei trattati di commercio, il mio 
Governo presenterà al vostro esame le sue proposte 
sull' assetto definitivo che vuoisi dare all' esercizio 
delle strade ferrate e delle lineo postali marittime. 
Infine converrà pensare risolutamente a ristaurare la 
marineria italiana, a condurre senza indugi a termine 
il ben avviato ordinamento dell' esercito. Noi dob- 
biamo anche incominciare quelle opere di difesa, le 
quali rafforzino i maraviglioai baluardi concessi dalla 
Provvidenza al nostro paese. 

Ho desiderato che si richiamasse a studio la legge 
elettorale, affinchè sempreppiù largo riesca il concorso 
dei cittadini all'atto più importante della vita politica. 



1876] E IL PAKLAMENTO ITALIANO. 305 

Con questo gran tema di studio il mio Governo vi 
presenterà la proposta di una compiuta sistemazione 
delle scuole popolari. È necessario di rendere più effi- 
cace e più proficuo l' insegnamento, e di estendere a 
tutti l' obbligo di abilitare l' ingegno all' esercizio delle 
discipline civili, come dev' essere per tutti mantenuto 
r obbligo dell'educazione militare. 

SiGNOBi Sbnatobi! Sigkobi Deputati! 

Da sei anni celebriamo in Eoma la festa della unità 
nazionale. Dalla integrata unità avremo frutti di gloria 
e prova di sapienza civile. Molto si è fatto, ma molto 
rimane a fare. Rimane V opera che vuole maggioro 
pazienza di lavoro e maggiore concordia di intenti, 
quella di consolidare tutto T edificio governativo, e, 
dove occorre, correggerlo. A questo non si può riuscire 
che con una gara sincera di operosità e di costanza. 
Io vi addito la via, e sono certo che anche in queste 
battaglie pel riscatto civile, la mia voce troverà risposta 
di nobili sacrifici, e di gloriose vittorie. 



LIV. 

Indirizzo del Senato del Begno in risposta al Di- 
scorso della Corona del 20 novembre 1876, disteso, 
per incarico deW Ufficio di Presidenza, dal sena- 
tore Tdbarrini. 

[Approvato il l^ dicembre 1876.] 

Sire! 

La sventura recente che ha colpito la M. V. nelle 
sue afl;ezioni più care, non poteva avere conforto più 
degno del compianto del popolo italiano ; al quale si 



rJIQg TITTOBIO BUAmiELB ]I [ISTS'V 

associa con vivo sentimento il Senato de! RegQo, che I 
partecipò sempre alle gioie e ai dolori vostri. La ma- I 
morìa di una Principessa tanto virtuosa e tanto amata M 
rimarrà incancellabile nel cuore della nazione, come ■ 
nelle tradizioni domestiche della Casa di Savoia, ugosì- I 
mente ricche di eroismo virile e di femminile virtù. 
La fede noi destini d' Italia e nell' avvenire della 
Ubere istituzioni, che la M. V. ci ha confermato nel- 
l'inaugurare la XIII Legislatura, cresce animo al Se- 
nato per proseguire alacremente l'opera dell'ordina- 
mento dello Stato a cui siamo accinti. Progredire 
deve essere perfezionare, e perciò richiede opera in- 
^M cessante, mostrandosi sempre lontano il fine dell» 
^H perfezione che si vorrehhe raggiungere. ■ 

^V II Senato è convinto al i)ari di V. M. che il con-* 
gegno amministrativo che si dovè impiantare in mezzo 
a difficoltà gravissime ed incalzati da necessità pre- 
potenti, ha bisogno di essere corretto e semplitìcato. 
^^ Senza punto disconoscere i meriti di quanto fu fatto, 
^^ dobbiamo ora riprendere l'opera con paziente co- 
stanza; e, giovandoci della esperienza, emendarla in 
tutto quello che può avere di difettoso. Perciò il Se- 
nato, che non contrastò mai le riforme reclamate dal 
paese, esaminerà, senza preconcetti e col solo intento 
del pubblico bene, tutte le proposte che gli verranno 
fatte dai Ministri che V, AL, in omaggio al voto del 
Parlamento, chiamò a reggere lo Stato. 

E singolare cura porremo nella riforma delle leggi 
tributarie, premendo a tutti che, senza turbare l'eco- 
nomia delle entrate pubbliche che ci ha tanto avvi- 
cinati al pareggio del bilancio, siano tolto le vessa- 
zioni e le ingiustizio della esazione, fonte inesausta di 
malcontento. Sarebbe poi il maggiore dei benefizi, se 
il (roverno, uscito dalle difficoltà del disavanzo annuo, 



1876J K IL PARLAMENTO ITALIANO. 307 

potesse fin d' ora preordinare i mezzi necessari a to- 
gliere il corso forzato alle carte di credito, ciò che fu 
sempre per noi più un desiderio che una speranza. 
Liberi da questa servitù che ci impoverisce e ci mi- 
naccia, potremo con più coraggio e larghezza prov- 
vedere alle opere pubbliche di cui difettano alcune 
Provincie, al compiuto assetto dell'esercito e della 
flotta, ed alla più valida difesa dei valichi alpini. 

Le franchigie locali, le condizioni e la responsa- 
bilità degli ufficiali dello Stato, i codici delle pene e 
del commercio, complemento necessario all'unifica- 
zione legislativa, saranno pure argomento di riforme 
importanti, le quali troveranno in Senato animi ben 
disposti e menti apparecchiate a studiarle. 

L' esame della leggo sulla istruzione popolare più 
largamente diffusa e resa dovere civile, ci farà strada 
allo studio della riforma elettorale, ripugnando di 
estendere il diritto al suffragio a chi non abbia co- 
scienza illuminata per esercitarlo degnamente. La re- 
visione dei trattati di commercio, e la sistemazione 
definitiva dell'esercizio delle linee ferroviarie riscat- 
tate, saranno pure provvedimenti legislativi che toc- 
cano i più vitali interessi della nazione. 

Il problema arduo delle relazioni dello Stato colla 
Chiesa fu da noi risoluto col principio fecondo della 
libertà; e questa soluzione, togliendoci i danni di con- 
trasti e di lotte sempre deplorabili, ci valse l'appro- 
vazione dell'Europa civile. Se peraltro le prerogative 
dello Stato non si credessero abbastanza tutelate, il 
Senato esaminerà le leggi di complemento che gli 
verranno proposte, non d'altro sollecito che di man- 
tenere inviolato il principio della piena libertà di co- 
scienza, che, è la pietra angolare del nostro diritto 
pubblico interno su questa materia. 



legi 
di ( 



VlTTOmC) EMAHUELB 11 [iSIB ^ 

Annunziandoci questi gravi argomenti di riformo 
legislative, V. M, ci chiama ad uu' opera di pace b 
di concordia. Aggiungiamo i nostri voti alla spemuza 
da voi manifestata che la pace d' Europa si manterrà, 
a malgrado degli avvenimenti che ia minacciano in 
Oriente. In ogni evento, confidiamo che le relazioni 
amichevoli conservate dal Groverno di V. M. coi po- 
tentati Btranieri, mentre daranno autorità ai suoi con- 
Bigli di moderazione disinteressata, ci salveranno dal 
pericolo di trovarci involti in contese che non toc- j 
chino r onore e gì' interessi d' Italia. I 

Sibb! ^ 

Voi ci raccomandate la concordia, e lo vostro no- 
bili parole troveranno un eco fedele nel Senato del 
Regno, il quale per sua natura deve tenersi estraneo 
alle parti politiche, c!ie sono la vita della Camera 
elettiva. La costituzione dell' Italia fu opera dì tutti, 
e tutti ugualmente dobbiamo adoprarci a consolidaro 
e correggere l'edilizio che abbiamo inalzato. Gli au- 
spici! dell' avvenire si hanno a trarre dalla grandezza 
del momento presente, non dalle misere tradizioni 
delle antiche discordie municipali. La nazione, ora 
che in Roma sente compiuta la sua unità, vuole atti 
di buon governo, applicazione sincera degli istituti di 
libertà, e non sterile agitazione di partì. Il Senato 
darà il suo concorso ad ogni savia riforma, non d'al- 
tro ambizioso che di cooperare con V. M. e cogli eletti 
della nazione a tutto ciò che può conferire alla sicu- 
rezza ed alla prosperità della patria. 



1876] E n. PABLAMKirTO ITALIAKO. 309 

LV. 

Indirizzo della Camera dei Deputati in risposta al 
Discorso della Corona del 20 novembre 1876, det- 
tato da una Commissione composta dei deputati 
Ahignente, Macchi, Martini, Messedaglia e Cor- 
renti, relatore. 

[ApproTato il 28 novembre 1876.] 

L' Italia, usa da langhi anni ad associarsi a tutte 
le gioie e tutte le speranze dell'augusta vostra Casa, 
vede oggi con nuova ammirazione come voi sapete 
trarre anche dal dolore argomento per darci nobili 
esempi di operosa rassegnazione. Il nome della Prin- 
cipessa, di cui piangiamo la perdita, rimarrà nella 
storia austero ricordo d'amore e di virtù. Essa fu 
maggiore delle sue fortune, e degna dell'eroica Fami- 
glia a cui venne assunta. 

Voi, Sire, accogliendo con aperta e incoraggiante 
fiducia i nuovi eletti della nazione, avete loro addi- 
tata la via del dovere, mostrando come sapete com- 
piere il vostro. Noi ci sforzeremo di rispondere alla vo- 
stra aspettazione. Lunga ed ardua è l' opera alla quale 
voi ci confortate, e che la volontà nazionale ci im- 
pone. L'eredità di lavoro lasciatoci dalla precedente 
Legislatura, già per sé stessa ci avrebbe obbligati ad 
assidua operosità: discutere quei codici che ancora 
mancano a dar compiuta l'unificazione legislativa, 
ponderare i nuovi trattati di commercio, riordinare il 
servizio delle poste oltremarine e delle ferrovie, esten- 
derne i benefizi a quelle parti d'Italia che ancora ne 
difettano, assodare e mantenere l' equilibrio effettivo 
del bilancio. 

A questo compito, già sì grave, si aggiunge ora 



f 

^ Bt. 



'SIC VITTORIO EMANt^LB n [tSf 

la felice neceBaitiV di affrontare il grave tema propo»J 
Btoci dalla M. V.: quello di rivedere tutto l'edificiftj 
governativo per ridurne a robusta semplicità, i coa-l 
gegni, allargare il campo delle franchigie amministrw-a 
tive, e ricondurre Io Stato al suo naturale ufficio dj" 
tutore e mallevadore delle pubbliche libertà, e l'altro ' 
non meno difficile, né meno urgente di attenuare i 
disagi delle esazioni e le sproporzioni delle gravezze 
pubbliche, senza discapito del tesoro nazionale. 

In quest' opera di ritocchi e di compensi noi ci 
studieremo di procedere cauti e avvisati, desiderando 
di poter meritare alla nostra volta la onorata testi- 
monianza, che voi, Sire, avete resa alle precedenti 
Legislature, le quali ebbero la gloria di aiutarvi a ri- 
costituire l'unità nazionale. Cosi sia riservata ai no- 
stri aforzi la fortuna dì poter liberare il paese lìai 
disordini del corso forzato, e di ravviarlo alla sua eco- 
nomica rigenerazione ! 

Per raggiungere questa meta, ci è necessaria la 
pace. Noi confidiamo che il senno del vostro Governo, 
in mezzo a gravi difficoltà, da gran tempo preparate 
e prevedute, saprà mantenerla : ma noi sentiamo che 
il Re e il paese vogliono una pace onorata e sicura; 
e però accoglieremo confidenti le proposte intese a 
conchiudere il nuovo ordinamento dell' esercito, a ri- 
fondare la marineria, a rafforzare dei necessari muni- 
menti le nostre frontiere. Forte della sua postura 
geografica, e più della sua lealtà, della sua fedeltà ai 
trattati, della sua devozione pei veri interessi della 
civiltà europea, l' Italia desidera di potersi tutta con- 
sacrare agli studi ed al lavoro: e per ciò appunto 
essa sente che deve esser tanto forte, da poter rima- 
nere, dietro le sue Alpi e sotto la guardia del suo 
valoroso esercito, paziente, prudente e rispettata. 



1876] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 311 

E come essa desidera la pace con tutti, così deve 
studiare di aver pace in sé stessa. Le parole che V. M. 
ha pronunciate, ci annunziano, e noi le aspettiamo 
con impazienza, nuove proposte di legge, che avvalo- 
rino, colle necessarie riserve, le condizioni apposte 
alle libertà già si largamente consentite alla Chiesa 
cattolica. Né meno accetti ci saranno i nuovi disegni 
per diffondere con più sollecita efficacia l'istruzione 
popolare, prima condizione di libertà vera. L'obbligo 
della coscrizione scolastica renderà agevoli e naturali 
i provvedimenti da voi con sì magnanima fiducia pro- 
vocati per la riforma della legge elettorale, la quale 
ora troppo parcamente misura il diritto elementare 
del voto ai cittadini, che sono chiamati tutti a sov- 
venire la patria co' tributi, e a difenderla colle armi. 

Sibe! 

Voi r avete detto : la nuova Legislatura ha la mis- 
sione di compiere la riforma amministrativa, e di co- 
minciare la liberazione economica. Naturale che, dopo 
avere fatto ed edificato a dettato degli eventi, si ri- 
vegga e si corregga a scuola d'esperienza. Noi non 
porteremo certo sull'opera dei nostri predecessori una 
mano irriverente e frettolosa. E ci starà sempre in- 
nanzi al pensiero la benevola ammonizione con cui 
V. M. ci esortava a gara di pazienza e di sincerità. 
Quella voce, che nei giorni dell' abbandono e del do- 
lore ha insegnato la speranza ai nostri popoli, non 
avrà invano raccomandato, nei giorni della fortuna, 
la santa concordia degli intenti, e la nobile emula- 
zione dell'onore. 



LVI. 

1 XsDiiirzzo diretto dal Senato del Regno al Me W- 
torio Emanuele II in occasione del 3(f aMm'wr- 

) ddla promulgatone dello Statuto, dettalo, a , 
nome dell' Ufficio di Fresideiìsa, dal senatore Tu- j 
harrini. 

[Appronta il 2 gingno 1877.] 

SireI 

Volge ormai il trentesimo anno dacchù il magmi- 
I iiimo Re Carlo Alberto sancì nello Statuto le pub- 
bliclie libertà, e lìandita la guerra nazionale, chiamii 
i popoli d' Italia a combattere per l' indipendenza 
d'Italia, La memoria di quel gran fatto si volle con- 
sacrare dalla nazione riaorta, ed oggi è giorno di 
r-festa per tutti gì' Italiani : oggi il Re, V esercito e il 
popolo, uniti in un pensiero o in un affetto, celobrano 
qui, tra i monumenti della romana grandezza, il com- 
pimento dei fati d'Italia. 

Ora che il tempo trascorso in mezzo a tante for- 
tune ci fa considerare da che movemmo ed ove slam 
giunti, come superammo gli ostacoli e come si cementò 
la concordia, un sentimento spontaneo di riconoscenza 
si desta negli animi verso la M. V., alla quale dob- 
biamo di essere riusciti in un'impresa tentata indarno 
da secoli, e creduta temeraria anco dagli audaci. 

II Senato del Regno, interprete di questo senti- 
mento universale, è lieto di poterlo manifestare con 
franca parola alla M. V, in questo giorno solenne. 

Alla vostra fede, alla vostra costanza indomabile 
dobbiamo, o Sire, se non ci smarrimmo nei pericoli, se 
sapemmo usare dei prosperi eventi. Al vostro nome si 



1877] E IL PARLAMENTO ITALIANO. 313 

calmarono le diffidenze dell' Europa verso un popolo 
nuovo che chiedeva il suo posto nella vita politica 
moderna, dopo averlo avuto grandissimo nella storia. 
Dinanzi alla Croce di Savoia, simbolo incontaminato 
di valore, d' unità e di indipendenza, scomparvero le 
rivalità antiche, si sopirono i dissidi recenti. 

Ora l'Italia, ordinata e composta in sé stessa, 
vuole la pace, che è la condizione d' ogni attività pro- 
ficua, e di ogni fecondo svolgimento delle sue forze; 
ma è pure, la mercè vostra, fatta oramai tale da po- 
tere affrontare senza sgomento le complicazioni che 
turbassero momentaneamente le buone relazioni dei 
popoli. 

Siano qualunque gli eventi, la nazione per mezzo 
dei suoi rappresentanti si stringe a voi con quella 
fiducia che ebbe nei giorni delle dure prove, con quel- 
r affetto col quale vi salutò nell' ora del trionfo, e rin- 
nova oggi quel sacro patto che le valse la liberazione 
dal dominio straniero e 1' unità del reggimento. Forti 
del vostro nome, del nostro diritto, e della nostra 
concordia, noi guardiamo sicuri l' avvenire, anche in 
mezzo alle nubi che l' offuscano. 

Sibe! 

Accogliete coli' usata benevolenza l'omaggio del 
Senato in questo giorno che ci rammenta i primi 
albori della libertà, e la grande impresa a cui si ac- 
cinse, con una fede cresciuta e consacrata dalla sven- 
tura, il vostro augusto Genitore. Voi, che con sacrifizio 
di affetti e con pertinacia di volontà proseguiste l'opera 
e la conduceste a compimento, voi, con quel popolo 
di cui risuscitaste la virtù, saprete all' occorrenza di- 
fenderla. 



I-TITTOEIO ElIANTTELE n [IWRi 



1 



LVIL 

IHDiEizzo rivólto neUa stessa occasione al Ile Vittorio 
Emanuele II dalla Camera dei Deputati, steso da 
una Commissione composta dei deputati Correnti, 
Sella e Domenico Farini, relatore. 



In questo giorno solenne perchè destinato a ricor- 
dare Io Statuto largito dal grande vostro Genitore, a 
da voi, in mezzo a fortunose vicende, mantenuto con 
patriottica Jealtil, noi, rappresentanti del popolo itii- 
liano, sentiamo l' oljbligo di attestare alla Maestà Vo- 
stra la nostra devozione. Imperocché, sino da quando, 
nei giorni della servitù, il popolo italiano intuì nei 
giuramenti da voi solo mantenuti e nel vostro osbi>- 
quio alla libertà, la grande forza che avrebbe fatta 
leva alle male signorie onde era oppresso, lo Statuto 
■ costituzionale diventasse simbolo e cemento della unitil 
della patria e, nel nome vostro e nella acclamazione 
di questo patto, fossero vinte le lotte nazionali. 

Sui campi di battaglia, nei consigli dell'Europa, 
forte del diritto del popolo italiano, voi non esitaste, 
o Sire, a porre a cimento la Corona e la vita a prò 
della grande missione animosamente assunta, valoro- 
samente proseguita, pertinacemente compiuta. Ed il 
popolo italiano a tempo osando, attendendo a tempo, 
eletto voi, prima che a Re, a moderatore o guida dei 
propri destini, attinse dal vostro nome e dal vostro 
esempio la concordia che procaccia il successo, la ma- 
gnanima longanimità, che lo av\, .ora, la impavida 
energia che lo difende, 

E Re e popolo gareggiarono, per cittadina virtù t 



1877] e il pablambnto italiano. 315 

Sibe! 

Da questa comunanza di sentimenti, di afifetti, di 
propositi ; da questo indissolubile fascio di volontà e 
di forze, durante il grande spazio di tempo decorso 
dal 4 marzo 1848 ad oggi, e nel quale voi aveste 
tanta parte, noi ripetiamo la conquista del presente ; 
a questo affidiamo la sicurezza dell' avvenire. 

Il perchè, o Sire, festeggiandosi oggi per la tren- 
tesima volta lo Statuto del Regno, noi, qui adunati 
nella capitale della ricostituita nazione, abbiamo vo- 
luto confermarvi la immutabile fede degli Italiani nel 
loro Re e nei destini della patria. 



ASSUNZIONE AL TRONO 



DEL BE UMBEBTO I. 



r. 



Proclama col quale il Re Umberto I 
annunzia alla nazione la morte di Vittorio Emanuele II 

[9 gennaio 1878.] 

Italiani ! 

La più grave delle sventure ci ha improvvisamente 
colpiti. 

Vittorio Emanuele II, il fondatore del Regno d'Ita- 
lia, r instauratore dell' unità nazionale, ci fu tolto. 

Io raccolsi il suo ultimo respiro che fu per la na- 
zione, e il suo ultimo voto che fu per la felicità del 
popolo, a cui ha dato la libertà e la gloria. 

La sua voce paterna che risonerà sempre al mio 
cuore, m'impone di vincere il dolore e mi addita il 
mio dovere. 

In questo momento un solo conforto è possibile: 
mostrarci degni di lui — io col seguirne le orme — ' 
voi col serbarvi sempre devoti a quelle cittadine virtù, 
per cui egli potè compiere l'ardua impresa di fare 
grande ed una l' Italia. 

Io custodirò l'eredità dei grandi esempi che egli 
mi lascia, di devozione alla patria, di amore operoso 
di ogni civile progresso e di fede inconcussa a quelle 
libere istituzioni, che largite dall'augusto mio avo Re 



I 



AaSl'NKIONE AL TUONO [iSiS 

Carlo Alberto, religiosamente difeso e fecondate ih 
mio Padre, aono orgoglio e forza dt;lla mia Gas.!. 

Soldato, coni' essi, dell'indipendenza nazionale, nu 
earó il più vigile difensore. 

Meritarmi l'amore del mio popolo, quale già l'ebbe 
il mio augusto Genitore, sarà l'unica mia ambÌ£Ìaii<^' 

Itauahi! 

Il vostro primo Re è morto, il suo successore vi 
proverà che le istituzioni non muoiono. 

Stringiamoci insieme ; e in quest' ora di supremo 
dolore raffermiamo quella concordia di propositi o di 
.affetti che fu sempre presidio e salute d'Italia. 



Dato dal Palazzo del Quiricale, 11 9 gan 



II. 

Discordo pronumiiafo dal Be Umberto I al Parla- 
mento, dopo aver prestato il giuramento prescritto 
d(Ulo Stattdo. 

(19 gennaio 1S78.] 

I.e parole che nei primi momenti d! dolore di- 
ressi al mio popolo, vengo ora a ripeterle ai suoi rap- 
presentanti. 

Io mi sento incoraggiato a riprendere i doveri della 
vita dal vedere come il lutto della mia Casa abbia 
trovato un' eco sincera in ogni parte del nostro paese, 
come la benedetta memoria del Ke liberatore abbia 
fatto di tutte le famiglie italiane una sola famiglia. 



1878] DEL BB UMBERTO I. 321 

Tanta unanimità di affetti fu di gran lenimento 
anche al cuore della mia diletta consorte la Eegina 
Margherita, la quale educherà il nostro amatissimo 
Figlio ai gloriosi esempi del suo grand' Avo. 

Né meno confortevoli ci sono stati nell' improvviso 
lutto il compianto di tutta Europa ed il concorso di 
augusti Principi ed illustri personaggi stranieri che 
crebbero solennità e significanza agli onori resi al 
nostro primo Re nella capitale del Regno. 

Questi pegni di rispetto e di simpatia che ricon- 
sacrano il diritto italiano, e pei quali devo qui espri- 
mere la mia profonda riconoscenza, rafforzano la per- 
suasione che r Italia libera ed una è una guarentigia 
di pace e di progresso. 

A noi tocca di mantenere il paese a sì grande 
altezza. 

Noi non siamo nuovi alle difficoltà della vita pub- 
blica. Pieni di utili insegnamenti sono gli ultimi tren- 
t' anni della storia nazionale, nei quali, per alterne 
prove d' immeritate sventure e di preparate fortune, 
si compendia la storia di molti secoli. 

Questo è il pensiero che mi affida nell' assumere 
gli alti doveri che mi si impongono. 

L'Italia, che ha saputo comprendere Vittorio Ema- 
nuele, mi prova oggi quello che il mio gran Genitore 
non ha mai cessato d' insegnarmi : che la religiosa 
osservanza delle libere istituzioni è la più sicura sal- 
vaguardia contro tutti i pericoli. 

Questa è la fede della mia Gasa, questa sarà la 
mia forza. 

Il Parlamento, fedele alla volontà nazionale, vorrà 
guidarmi nei primi passi del mio regno con quella 
lealtà d'intenti che il glorioso Re, di cui tutti cele- 
brano la memoria, seppe inspirare anche nella viva 

21 



iSSTNZIONB AL TRONO EC. [1878] 

emulazione doi partiti e nell' inevitabile conflitto delle 
opinioni. 

Bincerita di pensieri, concordia di amor patrio mi 
accompagneranno, ne sono certo, nell' ardua via che 
prendiamo a percorrere, in fine della quale io non 
ambisco che meritare questa lode : Egli fu degno M 
Padre. 




PRESIDENTI 

DEL SENATO E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI 

E MINISTERI 

dall' attuazioke dello statuto alla fike del begko 

DI 

YITTORIO EMANUELE II. 



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Gioberti 


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Gilvogno 


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D'Azeglio 


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D'AiegUo 


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P>aa>n;i 






















Cavour 


Poma ^i Sin 




Cavour 


Paleowp» 


[aiHiioTiiii,tniiaS! 




Cnvoiit 








HatUiii(.-w) 








Cavour (4) 


KattaesI 
Cavour 


Cibrario 
Cavour 


Laais 


PalHKapi 


'^l'i s' l:,""J°is"]' 










La Marmora 


Hattaizl 




Ojtana 


UODtiMlIi 


^5'.';^'^°!^.;, 










_ Cavour (5) 


OSTnor (rw.) 


CiTour 


VoBOZKi 

Baatogi 


p"^i 


'liij't^im] 


Uiflgbutti 








Ricaioli 


MlnghDtti 
Biauoli 


Ricaaoli 


Butogi 


Pcruiii 


■■ = ■"""> '""> 











lapartafot": (1) Gioberti. (3) CoUa. (3) OiobertL (4) Paleocipt. (5) Cw 



(n) Il mioistero deUa mu-ina rimase unito a 

(»| Il ministero d'' agricoltura, ioduetrla è i 
benché per poiM mesi, il 2S dlceiubiis L311. 



] quello dell» guerra fino al 
poi delle Annua, 
immenio, creato il 23 ag 



AL GENNAIO 1878. 



327 



AZTA 


I8TBUZI0HE 












OUEBBA 


MABIHA 


AGBICOLTUBA 


7BTIZIA 


PCTBBLIOA 








3 


Boncompagni 


Franzini 


F. Quirra 


— 




Batt4izzi 
Gioberti 


Collegno 


p ' 


Durini 
Battazzi 




Merlo 
Boncompagni 


Franzini 
Dabormida 
La Marmerà 


• 

» 


Alfieri (ini.) 
Santa Bosa iint.) 
TorelU 


zi 


Cadorna 


De-Sonnaz 
La Marmont 
Chiodo 


» 


Buffa 


ini 

urgherita 

di 

gno (iti/.) 

3sta 


Gioberti (ini.) 
Mameli 
Gioia 
Farini , 


Dabormida 

Della Bocca 

Bava 

La Marmerà 


F. Gutrra, poi 
Agricoltura (a) 


Galvagno 
Mathieu 
Santa Boga 
Cavour 


^0 










mpagni 


Boncompagni 
ingg.) 


La Marmont 


F. Ouerra 


(6) 


mpagni 


Cibrario 


La Marmont 
Durando 


» 


— 


3sta 


Lanza 
Cadorna 


Durando 
La Marmont 


» 


— 


.tti 


Casati 


La Marmora 


» 


— 


da 


Mamiani 
De-Sancti8 


Fanti 


Cavour 


Corei 
NatoU 


itti 


De-Sanctis 


Bicasoli (rtgg.) 
Della Borere 


Menabrea 


Cordova 



Ministri residenti presso S.M. al Quartiere generale dell' Esercito: • Moffa d« 
pò dall' 11 ottobre 1850 al 29 maggio 1852, durante il quale fu annesso al mi- 
sso i! 26 febbraio 1852, ricostituito il 18 luglio 1860 e nuovamente soppresso, 





B28 KINISIERI 


DAL MAHZO 1848 ^^ 




COKSIOLIO 
DEIMINISTEl 


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....=. 


lEaoKO (=) 


...... 




RatUiii (1) 




DurindD 


Solla 


DeprsU. 




Farlnl 

pi>D'9d̻lllt>nlH] 


Penuzi 


pMolini 


MingLotti 


Uesibr» 




Minghettl 


pÉrUBEl 


Tiioonti-Vanost. 


Mìnglietti 


Men.l.r« 




La Marmora 


Natoli (int) 


UMmrmor» 


Solla 


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La Marmora 


ChiUTOB 


La Manno™ 


Bcisloja 






Ricaioli 12) 


BiouoU 


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Viacontì-Vonost» 


Srialoja 
Dgprotia 


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De Vln«!n! 




Battazii 


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Di Campollo 


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Menabrea 


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Cnmbray-Diguj- 


CintcUi 




Menabrea 


Oadoroa 
Catelli 


M«.ab«. 


Cambray-Digny 


CanloUl 




Menabrea 


Di'Kù 


Bleiubrea 


Cambtaj-DiBny 


Mortini 




Lama 


Linm 


Tticontl-Tenoeta 


Salla 


Gadda 
Da Vintani 




MinobaHi 

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CoatGlU 


ViBCoati-VflDoaU 


Minghettl 


Spaiente 














Depretri 


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HelBgari 


Doprotifl 


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Depretia 

IJiiHdi.™t™ia-T 


Crlapi 


DopniUa 


Maglipoii 

Ti.oro 
Bargonl 


pBroi 



(a) Con decreto 3S dloembre 1811 TsotT* tltitalto il mluiatero del tesaro. 



AL GENNAIO 1878. 



329 



BAZIA 
IU8TIZIA 



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ISTBUZIOITB 
PUBBLICA 



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Cini 



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GUBBBA 



MABIHA 



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Mancini 
Mattencci 

Amari 



Amari 



KatoU 



Berti 



Berti 
Correnti 



Ceppino 
Broglio 
Broglio 
Bargoni 



Correnti 
Sella (regg.) 
Scialoja 

Scialoja 
Cantelli {regg.) 
Bonghi 

Ceppino 



Ceppino 



Petitti 



Della BoTere 



Della BoTere 



Petitti 



Di Fettinengo 



Di Pettinengo 
Cugia 

G. di Beyel 



Bertolè-Viale 



Bertolè-Viale 



Di Persane 



Bicci G. 
Di Negro 
Menabrea (ini.) 

Menabrea (in/.) 
Cugia 

La Marmora(re^.) 
Angioletti 



Angioletti 



Depretis 
Bìancheri 



Peaeetto 



Menabrea (regg.) 
Provana 



Popoli 



Manna 



Manna 



ToreUi 



Biboty 



Bertolè-Yiale Biboty 



GoYone 
Bieotti 

Bioottt 



Mezzacapo 



Mezzaeapo 



Berti {regg.) 



Cordova 



De BlasiiB 



Cambray-Digny 

{ini.) 
broglio (regg,) 

Broglio (regg.) 
Ciccone 



Minghettf 



Castagnola (r«^j.) Castagnola 

Acton G. 

Biboty 



Di Saint-Bon 



Brin 



Brin 



FinaU 



Majorana-Cala- 
tabiano