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Full text of "Il terremoto del 1887 in Liguria"

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TEEEEMOTO DEL 1887 



IN LIGTJEIA 



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APPUNTI 



DI 



ARTURO Z88EI. 



con quattro tavole ed una carta 



ROMA 

TIPOGRAFIA NAZIONALE 
di Reggiani & soci 

1888 



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300833 



Supplemento al Bollettino del R, Comitato Geologico d' Italia ^ anno 1887. 



I 



INTRODUZIONE 



Con sua lettera del 28 febbraio 1887, S. E, il Ministro 
d'Agricoltura, Industria e Commercio m'incaricava di uno 
studio intorno al terremoto che aveva sparso di lutti e di 
rovine, pochi giorni innanzi, gran parte della Liguria occi- 
dentale. Io accettai il compito con trasporto, pel desiderio di 
trattare una questione scientifica di alta importanza, che 
strettamente si connette all'oggetto dei miei precedenti la- 
vori, e per la lusinga, forse vana, di riuscire a dedurre dalle 
mie indagini una interpretazione soddisfacente del fenomeno. 

Appena ricevuta la lettera ministeriale, mi recai a vi- 
sitare i punti più gravemente colpiti dal disastro e a racco- 
gliere notizie sulle circostanze che l'avevano accompagnato. 
Di poi, con due altre gite fatte l'una alle fine di marzo e 
l'altra nel settembre p.p., completai le mie osservazioni, delle 
quali altre cure urgenti mi hanno impedito di render conto 
prima d'ora. 

Con queste note mi propongo Innanzi tutto di trattare per 
sommi capi delle condizioni geologiche del territorio colpito 
dal terremoto, descrivendo con particolar cura le formazioni 
plioceniche e quaternarie, la cui costituzione litologica ebbe sì 
gran parte nelle conseguenze rovinose di esso; mi propongo 
in secondo luogo di investigare le manifestazioni delle forze 
endogene in Liguria nel passato e nel presente, ponendo in 
chiaro i rapporti loro col fenomeno che forma oggetto pre- 



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— 4 — 

cipuo dei mio lavoro, e, finalmente, esposte le osservazioni di 
fatto raccolte intorno al terremoto del 23 ed ai successi vi, 
massime per quanto ha tratto agli effetti meccanici, intendo 
indagarne le cause probabili. 

Nel licenziare alle stampe la mia memoria, io debbo 
convenire che non sarei riuscito a riunire gli elementi ne- 
cessari per imprendere con fondamento l'analisi del terremoto 
ligure, senza il concorso di alcune gentili persone, che vol- 
lero somministrarmi indicazioni, notizie, carte e diagrammi. 
Mi sta a cuore di esprimere la mia riconoscenza, pel valido 
aiuto che vollero prestarmi, a S. E. il cav. G. Biancheri, 
presidente della Camera dei Deputati, ai signori Salvatori^ 
direttore generale dei telegrafi a Roma, ing. D. Zaccagna, 
a Carrara, capitano di vascello Magnaghi direttore dell'Uf- 
ficio idrografico della regia marina, capitano di corvetta 
6. Cassanello sotto-direttore dello stesso ufficio, tenente di 
vascello F. Rossari addetto al medesimo, capitano Enrico 
d'Albertis, ing. L. Mazzuoli e ing. F. M. Parodi in Genova, 
al prof. M. Pacini, all' ing. E. Del Moro e al prof. G. Pit- 
taluga di Savona, al prof. F. N. Vassallo e al prof. G. Gen- 
tile di Porto Maurizio, al prof. N. Morelli di Loano, all'in- 
gegnere E. Charlon di Diano Marina, al prof. L. Orsini di 
Ventimiglia, al signor C. Bicknell di Bordighera, al signor 
S. Bonfils di Mentone, al prof. A. Piccone di Albissola, al 
padre Denza di Moncalieri, al padre Rocca di Alassio. Ri- 
yolgo ancora speciali ringraziamenti al prof. S. Squinabol, 
mio assistente, il quale fece per me parecchie gite in Ri- 
viera ed osservò alcuni fatti importanti con sagacia non 
comune. 



— 5 — 



PAETE PÈIMA 



Cenni sulla costituzione geologica della Liguria occidentale. 



Il compito di descrivere geologicamente il territorio che fu teatro 
del terremoto è reso più facile dalla Carta Geologica delle Riviere Li- 
guri e delle Alpi Marittime^ testé pubblicata dal Mazzuoli, dallo Zaccagna 
e da me *, nella quale è compresa la regione che fu scossa più forte- 
mente, ad eccezione di una piccola zona ad occidente del meridiano di 
Monaco. 

Questa carta, la prima specialmente consacrata alla illustrazione 
della Liguria marittima dopo quella di Pareto, che rìsale al 1846, com- 
prende il territorio limitato, a nord, da un parallelo che passa a due 
chilometri a nord di Acqui, a levante dal meridiano di Corniglia, a po- 
nente da uno assai prossimo a Monaco. Essa è corredata di tre sezioni 
condotte attraverso le Alpi Marittime, una delle quali taglia Mondovì, 
il Mongioie, il Fronte e Ospedaletti, lungo una linea di 70 chilometri 
di lunghezza. ' 

Ad eccezione di un piccolo tratto situato nell'angolo nord-est e di una 
stretta zona nell'estremo lembo occidentale di essa, questa carta è opera 
nuova ed originale tanto in ordine ai confini dei terreni, quanto per ciò 
che riguarda le interpretazioni. 

Formazioni aroaiolie. — Le più antiche formazioni che figurano 
nel territorio considerato in questa memoria, riferibili indubbiamente alla 
serie precarbonifera, e, secondo ogni probabilità, alla cosi detta zona 



' Un foglio grande in cromolitografia. Genova, Lit. Arnianino, 1887. 

* Le sezioni con quanto ha tratto alle Alpi Marittime sono opera dello Zac- 
cagna. L' ing. Mazzuoli si occupò di preferenza della Riviera di Levante e dei 
bacini carboniferi dell* Appennino. A me spetta il rilievo di parte delle due Riviere 
e in ispecio della occidentale. 



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— 6 — 

delle pietre verdi (laurenziano ed huroniano di alcuni autori), appari- 
scono tra le valli superiori della Tinea e della Stura di Demonte, nei 
gruppi montuosi che hanno per punti culminanti il Mercantour e il Cla- 
pier e si estendono, verso levante, fino a breve distanza del Roia e, 
verso mezzogiorno, fino al crinale delle Alpi Marittime. 

Queste formazioni sono principalmente rappresentate da roccie cri- 
stalline gneissiformi e graniti, riferibili all'orizzonte inferiore che suol 
denominarsi gneiss centrale. A nord e a nord-ovest, fra la Stura e il 
Po, il medesimo nucleo di formazioni antiche offre invece i termini su- 
periori della serie, che sono micascisti, talcoscisti ed altri scisti cri- 
stallini, e roccie ofioiitiche, poco o punto distinte da quelle che vedremo 
comprese nei gruppi meno antichi. Verso levante, la zona cristallina 
si estende lungo una linea che passa per Saluzzo, Verzuolo, Caraglio, 
Vignolo, oltre la quale rimane coperta dalle alluvioni quaternarie. A po- 
nente di Fiasco, fu segnalata da Zaccagna una massa di serpentina in- 
terposta fra gli scisti. 

Formaxioni paleozololie. — Siffatto nucleo di roccie gneissiche e 
scistose è tutto circondato di formazioni paleozoiche e secondarie, le 
quali, da una parte, si protendono, mercè una lunga propaggine, fino al 
golfo di Genova, fra Sestri e Albenga, mentre, dall'altra, scendono al 
mare lungo il litorale situato a ponente di Ventimiglia, occupando tutto 
il Nizzardo e protraendosi per esteso tratto anche in Provenza. 

La porzione più antica della prima zona, la quale si manifesta in 
piccoli lembi, tutti situati lungo il versante settentrionale delle Alpi Ma- 
rittime, è costituita di assise carbonifere che offrono, alla base, scisti 
grafitici con banchi d*antracite, arenarie feldispatiche, breccie e pud- 
dinghe quarzose a piccoli elementi e, superiormente, calcari marmorei 
bianchi e bigi, quasi destituiti di magnesia. 

Nel bacino carbonifero di Antibo, poco lontano dalla Liguria occi- 
dentale^ la parte superiore della formazione è rappresentata da pud- 
dinghe a grossi cogoli, corrispondenti verosimilmente ai nostri con- 
glomerati ed arenarie, e la parte inferiore risulta di roccie scistose, 
fogliettate, a grana fina, che accludono banchi di arenaria di color chiaro 
ed un deposito di litantrace magro. Questo deposito è lavorato nella 
miniera des Vaux^ ove raggiunge la potenza media di 2 m. Alla peri- 
feria del bacino, tanto a mezzogiorno quanto a levante, giacciono altre 
assise superiori, scistose ed arenacee (con litantrace), le quali presso 
di noi mancano. 

Notevoli, fra i lembi carboniferi della regione di cui tengo discorso. 



— 7 — 

quello che corre lungo la riva sinistra del Vermenagna e s'arresta poi 
al Gesso, di contro a Roccavione, un altro che si trova sulla si- 
nistra del Tanaro e passa per Viozene, un terzo, assai più piccolo, sul 
quale è collocato il villaggio di Chioraira; poi, più a levante, uno al- 
quanto esteso^ che, dai pressi di Calizzano, si protende a Osiglia e al 
Settepani, e, mediante una catena di altri minori, si collega alla 
cospicua massa carbonifera interposta fra il Monte Alto e il Monte Burot, 
nella quale è compreso il paese di Mallare. 

Nei territori di Mallare, di Bormida, di Osiglia, di Calizzano, il car- 
bonifero emerge da una vasta plaga permiana, la quale si continua senza 
interruzione dal Savonese al Vermenagna. Nella medesima condizione 
si trova il lembo di Chioraira e nella porzione sua orientale quello di 
Viozene. All'incontro, il carbonifero del Vermenagna e parte del lembo 
di Viozene sono incorniciati nel trias, di cui dirò più innanzi. 

Fin dal settembre 1885, Ting. D. Zaccagna scopri nell'alta valle del 
Tanaro, poco sotto al pian del Fò, in quel di Viozene, alcune filliti che 
il prof. Portis riferiva testé alle specie: Senftenbergia (Pecopteris) 
elegans, Pecopteris nodosa e Annularia longifoliay ritenendole proprie 
al carbonifero superiore. * 

Durante una gita fatta il 15 settembre 1887 nella valle di Mallare 
dai membri della Società geologica italiana convenuti alla adunanza 
estiva di Savona, furono osservate varie impronte di Annularia ed altre 
piante carbonifere negli scisti grafìtici di Pietratagliata. Di poi, il dottore 
Squinabol segnalò nella stessa località VOdontopteria obtuaa e due cor- 
daitee * che pur si riferiscono all'orizzonte superiore del carbonifero. 

Il permiano ci si presenta nella nostra regione con apenninite, scisti 
gneissiformi (con talco o clorite), gneiss mandorlati e perfino con 
graniti quasi tipici e porfidi, roccie in ogni caso destituite di fossili. 

La nostra apenninite, * roccia gneissica, a plagioclasio dominante, di- 
stinta primamente da Gastaldi *, corrisponde certamente per la posizione 



• Boll, del R. Comit. geol., n. 11-12. Roma, 1887. 

* Giorn. della Soc. di Lett. e Conv. scientif. di Genova. Giugno, 1887. 

^ In una memoria comparsa quando io aveva già scritte queste pagine (Bol- 
lettino del R. Comit. geol., 1887, n. 11-12), T ing. Zaccagna propone di assegnare 
alla roccia di cui si tratta il nome di besimaudite, dal Monte Besimauda che ne 
è quasi esclusivamente formato, invece di apenninite, denominazione impropria 
per una specie litologica mancante airAppenhino propriamente detto. 

^ Sai rileeamenti geologici /atti nelle Alpi piemontesi durante la campagna 
del 1877 (Atti della R. Accademia dei Lincei, serie 3* voi. II. Roma 1878). 



— 8 — 

stratigrafica e probabilmente anche per la composizione mineralogica 
al gneiss verde del Monte Buretta (Suretta-Horn), presso il passo dello 
Spinga, il quale raggiunge colà un migliaio di metri di potenza ed è 
sottoposto ai calcari dolomitici e scisti del trias ^ Dal punto di vista 
stratigrafico, Tapenninite potrebbe anche considerarsi come equivalente 
al verrucano dei geologi di 30 anni fa. 

Quanto al porfido, qui come in parecchie località delle Alpi sviz- 
zere e lombarde, si mostra connesso, da una parte, agli scisti cristallini 
e alle quarziti più recenti del permiano, dall' altra, alle roccie clastiche 
più antiche del trias, laonde la sua posizione sembra quella di un ter- 
mine intermedio fra i due sistemi. Tutto considerato, e principalmente 
per l'analogia delle sue condizioni stratigrafiche con quelle che pre- 
senta in altre regioni più note, sembra che si possa legittimamente 
ascrivere al permiano superiore. 

Formazioni «eoondarie. — A settentrione della plaga permiana 
sopra ricordata, si trova una zona, ora sottile ora larga, a contorni 
frastagliatissimi, di formazioni stratificate triassiche, le quali, salvo 
lievi interruzioni, si protendono fino alla gran plaga serpentinosa, perti- 
nente al trias inferiore, che dal litorale di Varazze, Cogoleto, Veltri e 
Sestri, risale alle Langhe e all'alto Monferrato. 

In alcuni punti delle Alpi Marittime, a quanto avverte lo Zaccagna, 
sarebbe rappresentato il trias superiore da piccoli lembi di calcare 
bianco ceroide e di calcare grigio a lastre ; ma non mi fu dato osser- 
varlo nella Liguria marittima. Tanto in questa regione, quanto fra le 
Alpi Marittime, sono svilupatissimi i piani medio e inferiore. Al primo 
crediamo dover ascrivere, procedendo dall'alto al basso : marmi ceroidi, 
quarziti, anageniti (assai poco sviluppate), talcoscisti, steascisti, clorite- 
scisti, calcescisti, serpentine (con lehrzolite), eufotidi, talcoscisti con 
molto quarzo, ecc.; al secondo: carniole, calcari cavernosi, gessi, cal- 
cari da calce grigi e azzurrognoli, dolomie, calcari dolomitici ceroidi. 

Parecchi anni addietro il prof. C. Bruno scopri nei calcari dolo- 
mitici di Villanova di Mondovl, i quali, per Frabosa, Bossea, Ga- 
ressio, Zuccarello, si continuano, salvo lievi interruzioni, con quelli del 
Loanese e del Finalese, alcuni fossili indubbiamente pertinenti al trias 
medio, in ispecie encriniti, giroporelle e gasteropodi del genere Che- 
mnitzia. Io raccolsi di poi nelle quarziti scistose del Loanese, presso 



* ROLLB, Beitràge 2ur geologi Bchen Karte der Schweiz, 23 *• Lieferung. 
Bern, 1881. 



— 9 — 

la cascina di Castagnabanca, numerose impronte bivalve, trasversal- 
mente solcate, che credo riferibili al genere Esther ia. ^ Altri fossili, che 
mi parvero allora indeterminabili, osservai posteriormente nel calcare 
da calce di Cogoleto e di Cairo Montcnotte. Durante il congresso di 
Savona, furono riconosciuti dai geologi colà convenuti copiose giropo- 
relle nel calcare di Monte Moro; si ravvisarono poi alcune diplopore 
ed encriniti sul Monte Caprazoppa e si raccolsero infine buoni esem- 
plari di encriniti e di brachiopodi nell'isolotto di Bergeggi presso Vado. 
Fra i primi, De Stefani avrebbe determinato VEnerinus granulosua ; 
Munster, fra i secondi, la Retzia trigonella, Sch. ed una Rhynchonella, * 

Precedentemente, in uno dei punti più elevati delle Alpi Marittime, 
alla Scaletta presso V Argenterà, Portis aveva segnalato VEncrinus 
liliiformis del Musehelkalk. 

Nell'animo di alcuni geologi che visitarono la regione di cui mi 
occupo è rimasto il dubbio che le serpentine e le rocci e concomitanti, 
ritenute triassiche dai miei collaboratori e da me, possano invece ap- 
partenere ad un'orizzonte assai più antico, cioè arcaico. Inoltre, i me- 
desimi non credono dimostrata ancora la posizione che noi abbiamo 
assegnata al complesso delle roccie cristalline scistose e gneissiformi 
del Savonese * e le suppongono sottoposte al carbonifero di Mallare. 

Dopo il congresso di Savona, durante il quale questi dubbi furono 
presentati sotto una forma concreta, non ho mancato di raccogliere sul 
terreno nuovi elementi in ordine alla controversia. Tuttociò che ho ve- 
duto concorre ad avvalorare l'interpretazione già da noi proposta. 

Riserbandomi di ritornare sull'argomento con note più particola- 
reggiate, dirò soltanto, per incidenza, come lungo la via tra Arenzano 
e Cogoleto, osservai (presenti gli ingegneri Mazzuoli e Baldacri), im- 
mediatamente sottoposti alle quarziti del trias inferiore (che giacciono 
sotto al calcare dolomitico da calce del trias medio) e intimamente 
collegati ad esse, scisti cloritici e talcosi verdi che più innanzi acclu- 
dono interstrati di serpentina. La medesima connessione si verifica a 



* Trattandosi di esemplari mal conservati, è difficile il decidere se apparten- 
gono propriamente a questo genere e non sono invece Myacites Fassaensìs come 
suppone lo Zaccagna (Boll, del Comitato geol., 1887, n. 11-12). 

* Boll, della >'oc. geol. italiana, voi. VI, pag. 239. Roma, 1887. 

* Vedasi in [)roposito una comunicazione deiring. Pellati ed una memoria del 
prof. De Stefani, nel voi. VI del Bollettino della Società geologica italiana, la pri- 
ma alla pag. 460, la seconda alla pag. 235. 



— 10 — 

Cogoleto, tra i calcari dolomitici marmorei e gli stessi scisti, mancando 
le quarziti interposte. 

Presso la stazione di Bergeggi, ho potuto parimente verificare che 
sotto alle quarziti del trias inferiore giacciono, in perfetta concordanza, 
scisti quarzosi e cloritici, che passano grado grado, per insensibili 
transizioni, B,i gneiss protoginici o apenniniti ben caratterizzati, che 
si estendono poi a levante oltre il faro di Vado. 

I calcari presentano piccole pieghe e contorsioni, le quali, di contro 
all'isola di Bergeggi, costituiscono vere S assai stipate (in alcuni punti 
in numero di cinque o sei nello spazio di una ventina di metri). Essi 
pendono ora ad est, ora a nord-est, ora a nord (presso Bergeggi) e da 
lontano sembrano discordanti colle quarziti, maosservando la formazione 
da vicino, si vede che queste alla parte loro inferiore passano sotto 
al calcare assumendone Torientazione. 

A sud-est di Limone, le formazioni triassiche sottostanno ad ampio 
mantello giuraliassico (che sostiene piccoli lembi eocenici), il quale 
dalle alture della Testa Ciaudon scende, con sottile propaggine, fino 
al di là della via di Nava, nella valle del Tanaro. La formazione 
giuraliassica è marginata a sud-ovest, per lungo tratto, da una stri- 
sciolina di cretaceo che ha il suo massimo sviluppo ad Upega. 

La seconda zona di formazioni paleozoiche e secondarie segnalata 
poco addietro, zona che dalla medesima regione centrale si volge al 
mare con direzione predominante da nord a sud, ci presenta svilup- 
patissimo il trias medio nel suo tratto settentrionale tra il Gesso e i 
pressi di Saorgio. Vi si osservano quindi, presso il colle del Sabbione, 
una piccola espansione porfirica permiana, incorniciata di assise stra- 
tificate della stessa età, poi, un pò più a mezzogiorno, una piccola massa 
permiana, circondata di sottil zona di trias inferiore, sulla quale è fon- 
data la città di Tenda e, al sud di Tenda, un'altra plaga permiana più 
estesa e di forme assai irregolari, che è pur marginata di scisti trias- 
sici inferiori. Dai pressi di Saorgio fino al lido di Montone, Monaco e 
Nizza, vengono a mancare le assise paleozoiche e triassiche inferiori. 
Prescindendo da una piccola macchia di Musehelkalk, visibile a po- 
nente di Breil, la zona di cui tengo discorso risulta innanzi tutto di 
roccie cretacee precipuamente neocomiane, dalle quali emergono cal- 
cari giuraliassici. Una cospicua massa di questi calcari è attraversata 
per lungo tratto sopra Breil dalla via nazionale che conduce a Tenda 
e mette due propaggini che si rivolgono Tuna alla Cima Marta, Taltra 
alle Mille Forche. 



— 11 — 

Una seconda massa più piccola, di forma allungata, comincia a 
levante di Sospello e si protrae lungo la linea del confine franco-italiano 
fino al mare, ad oriente di Montone. Altre, con andamento presso a 
poco parallelo, mettono ad occidente delle prime al Capo Martin e a 
Monaco. 

Verso levante, la formazione cretacea costituisce il Cima Marta 
(m. 2138), si inflette, assottigliandosi ad occidente del Monte Lega 
(m. 1557), che è nummulitico, poi nuovamente si sviluppa presso Breil, 
correndo quindi per buon tratto lungo la via nazionale di Tenda per 
Airole, abbandona la valle del Roia un poco più innanzi, per guada- 
gnare il mare con una angusta striscia di calcari, visibili ai Balzi Rossi 
tra la Mortola e Mentone. 

Si è veduto come dalla massa gneissica e granitica del Clapier si 
diparta una gran zona di roccie antiche, la quale procede da ponente 
a levante fin nel cuore della Liguria, sul Chiaravagna. La porzione più 
orientale di questa plaga risulta, come si è avvertito, di roccie ser- 
pentinose che noi crediamo dover attribuire al trias inferiore. Prescin- 
dendo dai lembi terziari compresi in essa, residui rispettati da una 
ingentissima opera di denudazione, compiutasi probabilmente alla 
fine del miocene, e prescindendo altresì dalle alluvioni quaternarie, 
siffatta plaga comprende tuttavolta masse stratificate più o meno inti- 
mamente connesse alle serpentine, tra le quali, sulla carta geologica 
sopra citata, non figurano che le più importanti. Una di queste masse 
stratificate, che risulta principalmente di scisti talcosì, con calcescisti, 
quarziti ecc., forma come un cuneo tra Campofreddo e Veltri e si 
protende lungo il mare, a ponente e a levante. Un'altra si estende tra 
Àrenzano e Cogoleto. 

È poi da notarsi la catena tanto istruttiva dei rilievi di calcari do- 
lomitici, spettanti al Musckelkalk, la quale limita a levante l'accennata 
formazione serpentinosa, dividendola dalla emersione ofìolitica eocenica, 
visibile sulla sinistra del Chiaravagna e presso la Bocchetta, rilievi 
dolomitici che ricompariscono in vari punti sulla sinistra del Lemmo 
presso Voltaggio. 

Analoghe inclusioni di trias medio, nella formazione serpentinosa 
secondaria, si hanno ad Àrenzano, a Cogoleto, a Corona e presso il Giovo 
di Santa Giustina. 

Formaxlonl tarsiarle. — Siamo giunti al gruppo terziario, rappre- 
sentato largamente nella Liguria marittima e transappennina. 

Eocene. — Nella parte occidentale del nostro campo d'investigazione, 



— 12 — 

l'eocene incomincia in riva dei mare al capo della Mortola con assise 
nummulitiche riccamente fossilifere, limitate ad ovest dal cretaceo di 
Montone e, facendo astrazione dai sedimenti pliocenici e quaternari che 
parzialmente lo ricoprono, si estende attraverso a tutta la provincia di 
Porto Maurizio fino alla foce del Neva. A nord-est il suo confine 
passa presso Arnasco e Nasino, ove è limitato da calcari triassici, 
segue poi. verso settentrione, una linea assai frastagliata, parallela alla 
valle del Tanaro, raggiunge la striscia cretacea di Upega e s'insinua 
quindi, pel Monte Bertrand (m. 2482), nell'alta valle del Vermenagna 
con propaggini prolungatissime verso nord-ovest. 

Attorno al colle di Tenda (m. 1873), emergono dai pelago eocenico 
alcune isole triassiche. Alla cima delle Lose, tra le Alpi Marittime (a 
ponente di Bersezio), l'eocene, rappresentato da un piano ricco di 
nummuliti, s'innalza a 2800 metri sul livello del mare. I macigni superiori 
al piano nummulitico raggiungono poco lunge, all'Enchastraye, m. 2955 
d'altitudine. Ciò secondo le recenti osservazioni di Sacco. * Alcuni 
lembi che sembrano spiccati dal gran mantello eocenico di cui è 
coperta quasi tutte la provincia di Porto Maurizio, si osservano 
nell'alta valle del Varo presso Poggetto Theniers, fra la Tinca e la Ve- 
subia, tra i monti di Contes e di Berre, alla cima del Rocaillon e alla 
cima delle Caimette. Altri figurano nelle carte a pónente della via di 
Tenda (verso Piena), poi a nord del Moulinet, nella valle del Gesso pres- 
so Valdieri, alla Testa Ciaudon (m. 2365), al Passo Saline, e al Mongioie 
(m. 2631), quali circondati dal cretaceo, quali dal giuralias, quali dal 
trias, quali da terreni pertinenti a più d'un sistema. 

La grande formazione eocenica della Liguria Marittima è quasi 
costantemente rappresentata, lungo il suo confine occidentale e setten- 
trionale, da una zona irregolare di calcari bigi, bruni o rossastri, bene 
spesso arenacei, con rizopodi, coralli, conchiglie e qualche crostaceo, 
zona riferibile al piano medio o nummulitico, la quale si ritrova in pa- 
recchi lembi staccati nel Nizzardo. Le località più ricche di fossili sono : 
Roquestéron, la Palarea, l'Escarène, il Colle di Braus, i pressi di Men- 
tone e della Mortola; più a levante, raccolsi pure nummuliti al Passo 
dell'Arpetta, alla Testa d'41pe e, in scarsa copia, alla caverna della 
Giacheira sopra Pigna e sopra le Terre Bianche, non iunge da Santo 
Stefano. 



' Massima eleoazione delVeoeene nelle Alpi occidentali italiane. Torino ,1886. 



— 13 — 

In seguito ad uno studio assai accurato delle nummuliti del Nizzardo, 
De la Harpe riconobbe che appartengono a tre livelli, tutù e tre riferi- 
bili complessivamente al nummulitico medio. 

Nel primo, o più recente, dominano la Nummulitea variolaria e la 
N, Guettardiy associate alla striata e alla Biarritxensìs; nei secondo 
o medio, si trovano prevalenti Je assiline (N, exponens, N. granulosa) 
colla N, Biarritzensis e la striata. Nel terzo, o più antico, abbondano 
principalmente le N. perforata e Lucasana con grande varietà di forme. 

Il primo livello si presenta alla Palarea e a Roquestéron, il secon- 
dò nella villa Hanbury, alla Mortola, il terzo nelle cave di pietra della 
Mortola e a Garavan (Montone). 

Il rimanente della plaga eocenica summentovata appartiene all'eo- 
cene superiore (liguriano) e consiste in stratificazioni di calcari mar- 
nosi a fucoidi, con Chondrites intrieatus, C.furcatus, C. Targionii e 
Helminthoida di varie specie (subordinatamente, in calcescisti e scisti ar- 
gillosi) che riposano sopra una potente formazione di macigno. 

Sopra Diano, Oneglia, Porto Maurizio, Taggia, domina il calcare; 
sopra Santo Stefano, hanno ragguardevole sviluppo, oltre i calcari, an- 
che le arenarie; verso San Remo, Ospedaletti, Bordighera, Alassio, pre- 
valgono i macigni, che passano in qualche punto al conglomerato. 

Tra Albenga e Alassio, le assise superiori della formazione arena- 
cea si convertono localmente in un conglomerato poligenico, ora avel 
lanare, ora pugili are od anche a cogoli più voluminosi, in cui, oltre ad 
alcune roccie triassiche ed eoceniche, ravviso elementi riferibili indub- 
biamente al cretaceo, il quale non si trova in posto in questa parte della 
Liguria. Tali elementi sono principalmente piromaca, calcari bruni e cal- 
cari glauconiosi. 

L'arenaria è talvolta tutta impregnata di silice ed assume straordina- 
ria durezza e tenacità; le superfìcie dei suoi strati sono spesso ricoperte 
di minuti cristallini quarzosi. Al di sotto deirarenaria,8Ì vedono calcari 
ed argilloscisti alternanti che reputo di poco superiori al nummulitico. 

D sig. Geny di Nizza, descrivendo certi crepacci seguiti da piccole 
frane, formatisi sui fianchi del Monte Nero presso Bordighera, ' osservò, 
addossata alla formazione eocenica, una roccia arenacea e ciottolosa 
in cui credette di ravvisare polipai fossili e che fu da lui riferita al 



* CrevasBcs produites de nos jourt sur eertaine» montagnes (Con grès scien- 
tifique de Franca, 33« section, Nice, 1867). 



' - 14 - 

tongriano. Colgo l'occasione propizia per avvertire che la roccia sua- 
cennata (i cui massi franati ostruirono al principio del 1865 la bocca 
di una galleria ferroviaria) appartiene indubbiamente alFeocene (all'oriz- 
zonte delle arenarie sottoposte ai calcari del Flyseh) e non ricetta 
polipai fossili, ma modelli di grosse fucoidi. 

Miocene, — A settentrione della ampia zona permiana compresa 
fra il Vermenagna e il litorale di Savona, zona frangiata, come si è 
detto, di assise triassiche, sono scaglionati sedimenti riferibili a vari 
piani del miocene e al quaternario. Il tongriano, con potenti conglome- 
rati, mollasse ed arenarie fossiliferi, che offrono alternanza più volte 
ripetuta di sedimenti d'acqua dolce e marina, riposa direttamente sul 
suolo triassico a Monastero di Vasco, Bagnasco, Millesimo, e si estende 
ad una linea che passa per Vicoforte, un poco a sud di Ce va e a valle 
Saliceto, fino presso Cairo Montenotte. La formazione tongriana discen- 
de poi ai due Iati della valle della Bormida di Spigno fino a Monte- 
chiaro ed occupa i frastagli del gran promontorio serpentinoso, solcato dal- 
TErro, dall'Orba, dalla Stura e dal Gorzente, per modo che il suo limite 
settentrionale tocca Cartosio, Cassinelle, Ovada, Lerma, Mornese, Car- 
rosio. 

Dopo il Lemmo, la zona tongriana di cui tengo discorso è limitata a 
mezzogiorno dall'eocene superiore del Genovesato fino a Rocchetta 
Ligure. Si trovano poi macchie tongriana affatto isolate a Cadibona in 
campo permiano, a settentrione di Altare in campo parte permiano e 
parte triassico, a Santa Giustina e a Sassello in campo ofiolitico triassico, 
tra il Tiglieto e Rossiglione in condizioni analoghe, a Savignone e al 
Monte Maggio, sulla destra della Scrivia, in campo eocenico. 

A nord del confine del miocene inferiore, che passa per Vicoforte 
a monte di Ceva, a valle di Saliceto e presso Rocchetta Cengio, Cairo 
Montenotte, Brovida, Merana, Montechiaro, Cartosio, Cassinelle, Ovada, 
Lerma, Carrosio, Arquata, giacciono sedimenti attribuiti ai piani aqui- 
taniano, langhiano ed elveziano. L'aquitaniano, poco distinto dal piano 
sottoposto, si presenta con banchi arenacei e mamoso-arenacei assai 
uniformi che bene spesso contengono residui di piante terrestri. 

Non pochi geologi comprendono, sotto il nome di oligocene, l'aqui- 
taniano, il tongriano, e il liguriano, perciocché il concetto di siffatto 
gruppo, interposto fra il miocenico e l'eocenico, quadra colle condizioni 
statigrafìche dei terreni terziari della Germania settentrionale. 

Presso di noi, l'aquitaniano ha maggiori affinità litologiche col lan- 
ghiano che col tongriano, ma, in ordine ai fossili, si accosta più a que- 



— 15 — 

sto che a quello. D'altra parte, tra i conglomerati e le -arenarie ton- 
griane, da un lato, e i calcari e scisti del liguriano, dall'altro, v'ha 
un hiatus profondo, non solo nelle roccie e nei fossili, ma ancóra nella 
stratigrafia. Le assise liguriane sono ripiegate, contorte, spezzate nei 
modi più capricciosi in tutti i monti delia Liguria orientale ed occiden- 
tale; mentre quelle del tongriano, salvo alcuni casi affatto eccezionali, 
si presentano orizzontali o poco inclinate. Le seconde si vedono poi 
giacenti sulle prime, con spiccata discordanza, al promontorio di Por- 
tofino, nonché presso Ronco e Voltaggio. 

Il valore di queste osservazioni d' indole generale, che già furono 
esposte più volte da me e da altri, non è menomato dalla analogia e 
dalle concordanze che il Sacco segnalava testé tra le assise superiori 
dell'eocene e le inferiori del tongriano nel I^ortonese e propriamente in 
alcuni punti compresi fra S. Sebastiano Curone e la Borbera. ' Ciò tan- 
topiù che l'autore avverte come ivi compariscano strati di calcari ed 
arenarie che costituiscono la parte superiore del liguriano a od anche 
un piario a parte, tnodeniario, come giustamente propone Pareto, » 
Orbene, si é appunto Tabituale mancanza delForizzonte modeniano che 
induce gli accennati caratteri distintivi. 

Il miocene medio si estende con zone successive, più o meno am- 
pie, la prima di langhiano, la seconda di elveziano, la terza (che spesso 
manca) di tortoniano, nelle valli del Tanaro, della Bormida, della Seri- 
via, nonché nel Monferrato e nel Tortonese; sulle due rive del Tanaro 
e principalmente sulla diritta, nelle vicinanze di Narzole, esso é co- 
perto in parte da assise messiniane ricche di fossili, le quali soggiac- 
ciono al deposito pliocenico di Barolo e la Morra. 

Poiché ho accennato al miocene medio, giova ricordare che una 
grande isola riferibile a questo gruppo, e precisamente al piano elve- 
ziano riposa sul trias del Finalese, a settentrione di Finalpia e Finalma- 
rina, isola costituita di calcari grossolani fossiliferi (pietra di Finale), cal- 
cari arenacei, arenarie ecc.. Altra isola della medesima età e della stessa 
natura, ma più piccola, si trova, in condizioni analoghe a Verezzi. • 

Pliocene. — Il pliocene é rappresentato in Liguria da tre piani che 
non sempre vanno nettamente distinti dai caratteri litologici e paleon- 



* Boll, della Società geologica italiana, voi. VI, pag. 503. 
' IsSEL A., Contributi alla geologia ligustica (estratti dal Bollettino del 
R. Com. Geol. 1885 e 1886). Roma, 1886. 



— 16 — 

tologici. L'inferiore risulta di argille e marne, il cui colore trae gene- 
Talmente al grigio cenere e talvolta all'azzurrino; vi abbondano i fos- 
sili e in ispecie le grosse Pleura tomidae, columbelle, nasse, arche., ostri- 
che, pettini; fra questi, caratteristici WPecten latissimus e la Pleura- 
neetia cristata\ succedono ad esso sabbie e conglomerati, le prime non 
scarse di fossili, almeno in taluni punti, i secondi quasi destituiti di 
avanzi organici. Siccome la massima parte dei fossili propri alle sab- 
bie si trova pure nelle marne e nelle argille, è assai difficile lo sta- 
bilire tra le due formazioni una distinzione fondata sulla paleontologia. 
Nelle sabbie mancano generalmente le Pleuraneetia e scarseggiano 
le grosse Pleuratamay mentre abbondano specie dei generi Nassa, Ve- 
nusj Lucina ecc.. 

Finalmente, alla parte superiore del pliocene, si trovano, ma solo 
lungo il versante settentrionale dell'Appennino, depositi fossiliferi d'acqua 
dolce, riferibili al piano villafranchiano, i quali in gran parte furono re- 
centemente descritti dal prof. Sacco. * 

Questo geologo, tuttavolta, comprendendo nel villafranchiano una 
serie di depositi d'acqua dolce di varie età, alcuni cioè coevi all'astiano 
inferiore, altri all'astiano medio, altri al superiore, attribuisce al voca- 
bolo di cui si tratta un significato affatto nuovo, quello cioè di una 
facies d'acqua dolce dell'astiano. 

A me pare che, in omaggio alla legge di priorità e per non dar 
luogo ad una confusione dannosa, si debba ritornare al concetto di Pa- 
reto, il quale intendeva che il suo villafranchiano fosse posteriore al- 
l'astiano. Resta poi ad investigarsi se il piano di cui si tratta sia da 
riunirsi al pliocene e non piuttosto al postpliocene come credeva Pareto. 
Questa è più che altro questione di parole. Tuttavolta, mantenendo 
il villafranchiano nel pliocene, come ho fatto in un quadro cronolo- 
gico dei terreni della Liguria testé pubblicato, * converrà associarvi i 
depositi più antichi delle breccie e delle caverne ossifere della Liguria; 
quelli cioè in cui si trovano Elephas meridionalis e ffippapatamus 
majar. 

Da quanto lo studio dei fossili permette di argomentare, tanto le 
sabbie quanto le marne e argille, dovrebbero ascriversi al pliocene 



* Il Villafranchiano al piede delle Alpi (Bollettino del R. Comitato Geo- 
logico, anno 1886, n. 11-12). 

* Boll, della Società geologica, voi. VI, pag. 207. Roma, 1887. 



— 17 — 

inferiore, che alcuni geologi distinguono colla denominazione di pia- 
centino ed altri ascrivono all'astiano inferiore, non ammettendo un piano 
piacentino. Infatti, nel catalogo dei fossili di Castel d'Appio pubblicato 
dal Rivière, fossili che provengono da un giacimento superiore a gran 
parte dei conglomerali di Ventimiglia, figurano la Ficaia condita^ la 
Pleuronectia cristata e varie Pleurotoma proprie al pliocene inferiore. 
Fra 254 specie di molluschi, vi sono registrate 22 Pleura tomidae. 

I conglomerati non costituiscono, come a tutta prima si potrebbe 
credere, un piano ben distinto del pliocene, superiore alle sabbie e 
alle marne, ma, siccome a queste bene spesso si sostituiscono, mi sembra 
che si debbano piuttosto considerare come una facies peculiare del 
pliocene, sia delle sue assise inferiori sia di quelle un |jò meno antiche. 

Già de Chambrun de Rosemont si studiò di dimostrare che i 
conglomerati della valle del Varo sono i resti d'un antico delta. * Poco 
dopo, Desor manifestò la convinzione che tutti i conglomerati della 
Riviera di Ponente, da lui detti liguri^ avessero una tale origine, fos- 
sero cioè formazioni torrenziali depositate alla foce loro dal Varo, dal 
Roia, dal Nervia, dall'Arroscia ecc. ^ Egli diede inoltre a conoscere 
che il deposito di conglomerati del Varo si distingue da quello dei 
delta marini normali, perchè i suoi strati sono inclinati sulTorizzonte di 
12* a 15"; sarebbe questo, secondo Desor, un carattere comune a parecchi 
delta torrenziali lacustri '. L'accennata disposizione tutta volta non è 
peculiare al deposito della bassa valle del Varo e nemmeno alle as- 
sise di conglomerati pliocenici della Riviera, ma si trova in tutti i 
depositi pliocenici argillosi, sabbiosi o ciottolosi della Liguria e perciò 
nou si deve ascrivere alle condizioni nelle quali si producevano, ma 
sibbene ad un fenomeno avvenuto dopo la loro formazione, cioè ad un 
sollevamento che si manifestò con intensità crescente dalla riva del 
mare verso il crinale. 

II suolo della città di Mentone è costituito in gran parte di un 
lembo di pliocene, il quale da un lato è lambito dal mare, mentre dal- 



* Db Chambrun db Rosemont a., Ètudes géologiques sur le Var et le Rhóne 
pendant les pèriodes tertiairet et quaternaire* (Annales de la Societé des Let- 
tros, Sciences et Aris des Alpes Maritirnes, tome II. Nice, 1873). — Sur le delta 
du Var et la période pluciaire, (Bulleiin de la Societé Géologique de Franco, 
3" sèrie, tome V. Paris, 1887). 

* Coniptes rendus des séances de TAcadémie des Sciences, séance du 16 
février 1880. 

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— 18 - 



l'altro se ne allontana di oltre due chilometri e raggiunge circa 200 m. 
d'altiiudine. Questo lembo riposa in gran parte sul nummulitico e si 
può studiare nel miglior modo percorrendo la cosidetta valle di Men- 
tone. In riva al mare, esso è costituito di sabbione giallastro; più in- 
nanzi^ passa ad un conglomerato a piccoli elementi, nel quale si distin- 
guono ciottoli di quarzo, di anfìbolite, di micascisto e, se non m'in- 
ganno, anche di granito rosen; dopo il sabbione e il conglomerato, che 
rappresentano la parte superiore della formazione, si osservano marne 
micacee ed argille con vene di lignite. Ciò che vi ha di più notevole 
in siffatta formazipne si è che i suoi strati sono stranamente raddriz- 
zati. Nella valle di Mentone, di contro al Chalet Victoria^ infatti, si 
presentano diretti circa a N. 25" 0. mg. con immersione a N. 115° 0. ed 
inclinazione di ben 50°! Più innanzi, dopo la villa dell'abate Rocca, 
l'immersione si verifica in senso opposto, e da ciò argomento che le 
assise di cui si tratta sieno parte di una gran volta, della quale manca 
la porzione superiore. In altri punti della formazione, ho osservato 
soluzioni di continuità nella stratificazione che accennano a piccole 
fratture con rigetto. 

Io non ho osservato in alcun luogo sedimenti pliocenici, la cui 
posizione originaria abbia subito si grave turbamento e dubito che 
questa condizione loro, veramente eccezionale, non sia estranea alle 
cause che determinarono gli scuotimenti tellurici del 23 febbraio. 

Altro lembo più piccolo si trova a Roccabruna ed è prevalente- 
monte costituito di conglomerato simile a quello che si osserva alla 
foce del Varo. 

Nelle vicinanze di Ventimiglia, la formazione pliocenica risulla di 
marne arenacee, e sabbie alternanti con conglomerati. Questi sono 
costituiti di ciottoli di calcari, quarziti, scisti cristallini, porfido rosso. 
Alcune di tali roccie, come il porfido rosso e la quarzite, provengono 
dal sistema permiano e non si trovano in posto che in località assai 
lontane. 

I ciottoli di calcare, presso Castel d'Appio 'e probabilmente altrove, 
sono spesso coperti di una patina rossiccia e distintamente impressi. 
Credo che qui, come in altre località, la patina e Timpres^ione sieno 
conseguenza di un medesimo fenomeno chimico. 

La zona pliocenica di Ventimiglia, che è di gran lunga la più co- 
spicua della Liguria, incomincia verso levante a Bordighera, che è in 
parte fondata su questo terreno, e si estende a ponente fino a Pian 
di Latte. Di colà, il suo confine occidentale volge a nord-ovest e rag- 



— 19 - 

giunge il Rio di Latte, lo segue per lungo tratto, cioè fino a Sant'An- 
tonio, poi, dopo una punta verso Serro, scende alla Deverà, la quale 
fino alla sua confluenza col Roia ne costituisce il confine setten- 
trionale. Sulla sinistra del Roia il pliocene giunge a minor distanza 
dal mare, ma risale poi mercè una linea di confine diretta a nord-est^ 
fino ai pressi di Ciaise, d'onde discende nella valle del Nervia al 
di sotto di Camporosso, per poi risalire fin quasi a Vallecrosia e gua- 
dagnar Bordighera per Cima dei Monti e il Colletto. 

I sedimenti pliocenici delle vicinanze di Bordighera sono preva- 
lentemente arenacei e in alcuni punti assai ricchi di fossili. 

Sotto Castel d'Appio, massime nei campi coltivati che si trovano 
iin po' al di sotto dei ruderi del castello, s' incontrano fossili. Rivière 
pubblicò, non è molto, un elenco di 262 specie di questa località, il 
quale comprende 2 anellidi, 2 brachiopodi, 87 acefali, 1 pteropodo, 166 
gasteropodi, 1 briozoario, 1 echinoderma e 2 polipai. ^ 

Un piccolo lembo di questa zona, che direbbcsi distaccato dalla 
massa principale, si trova al Monte Bellinda, sopra la Mortola, oVe 
raggiunge la massima altitudine fin qui accertata in questa formazione, 
cioè m. 550. Esso lembo fu primamente indicato da Gaudin e Mog- 
gridge, in una loro memoria comparsa fin dal 1864 nel Bulletin de la 
Société vaudoise des Sciences naturelles (tomo vili, N. 52); recente- 
mente poi il prof. Taramelli ne ha accertata la natura e Taltitudine. 

In una sua memoria, pubblicata nel 1874 nella Revue de Nice^ col 
titolo « Terrains tertlaires du département des Alpes Maritimes » il 
dottore Niepce di Nizza scrive che le puddinghe plioceniche raggiungono 
il loro punto culminante a 1585 metri d'altitudine, sul monte Testa d'Alpe 
al nord di Bordighera. Ho visitato poco fa questo monte ed ho potuto 
accertarmi che esso e le alture circostanti non presentano traccia al- 
cuna di deposito pliocenico. La sua parte superiore e le vette più 
prossime della medesima catena sono costituite di calcari nummulitici, 
i quali riposano sopra calcari e calcescisti mesozoici (cretacei). 

Nei pressi di San Remo, il pliocene costituisce principalmente una 
piccola isola situata a sinistra del Rivo Borgo, sopra una altura detta 
della Madonna della Costa, dal santuario omonimo. 

II lembo di pliocene che denominerò di Taggia, dal nome del tor- 



* Le pliocene de Castel d'Appio en Italie eie. (Association fran^aise pour 
rAvanccment des Sciences, compie rendu du Congrés de Montpellier. Paris, 1880)- 






— 20 — 

rente che Tattraversa, si estende tra ii torrente Arma e il Monte Colmo, 
presso Santo Stefano, salvo qualche interruzione. A monte, risale a 
nord di Bussana, sui fianchi dell'altura denominata I Colli, s'insinua 
poi nella valle delTArgeniina o torrente di Taggia, fino quasi a questa 
città (la quale tuttavolta ò fondata sui calcari eocenici a fucoidi) e si 
innalza quindi a levante di Taggia fino a Castellaro. 

Lungo TArgentina, nel fondo della valle, il deposito pliocenico ri- 
mane quasi completamente coperto da alluvioni quaternarie e recenti. 
A levante della strada che conduce da Taggia alla stazione ferroviaria, 
si manifesta però alla superficie con argille azzurre che servono a 
fabbricare tegole e mattoni. 

Questo giacimento riposa sui calcari eocenici ed è costituito quasi 
esclusivamente di conglomerati alternanti con sabbie, con cemento ora 
argilloso, ora argilloso-calcareo e bene spesso rubiginoso. Gli elementi 
del conglomerato sono generalmente grossi e forniti dalle roccie del 
territorio circonvicino. Sopra alcuni ciottoli, lungo la via dall'Arma a 
Bussana, osservai piccole ostriche. Tra gli strali sabbiosi, si trovano 
intercalati, nella parte media del giacimento, depositi marnosi ed argil- 
losi, uno dei quali alimenta una fornace da mattoni anche lungo la 
strada già ricordata. 

Fra il colle o monte di Santo Stefano, prevalentemente costituito 
dipsammite eocenica, a strati quasi orizzontali, alternanti alla base con 
letti di scisto argilloso, e il Monte Negro, che risulta di calcari eoce- 
nici metamorfosati, si trova il piccolo bacino detto delle Terre Bian- 
che, occupato da marne giallastre e bianchiccie che si fanno superior- 
me.nte sabbiose e ghiaiose e si riducono superficialmente in un con- 
glomerato. Questa formazione, la quale raggiunge presso a poco una 
trentina di metri di potenza, presenta strati lievemente inclinati verso il 
mare. Alla parte superiore, il conglomerato ghiaioso e la sabbia ricet- 
tano pettini, ostriche ed altri fossili in cattivo stato di conservazione. 
E notevole, nel deposilo delle Terre Bianche, il fatto che si notano, al- 
ternanti cogli strati marnosi e sabbiosi, sottilissimi letti, direi quasi se- 
pimenti, di calcare concrezionato e rubiginoso che reputo dovuti all'a- 
zione di sorgenti minerali subacquee. ' 

Taccio di altri piccoli lembi pliocenici, non ben deliminati ancora, 
che giacciono nei pressi di S. Lorenzo. 



* Vedi a questo proposito una mia nota nel Boll, del R. Comit. Geol., anno 
1876, n. 11-12 



— 21 — 

Sopra Porto Maurizio, la formazione pliocenica comincia appena 
fuori della città verso nord-est e si estende in due propaggini irre- 
golari, da una parte, fino ai monti Bandelin, Barbandré e Rosa, e 
dall'altra, fin presso Cantalupo e Caramagna. Tramezzo a queste 
due propaggini, emerge il territorio di Artalla sul calcare eocenico. Il 
pliocene dei pressi di Porto Maurizio risulta in basso di sabbie bian- 
castre fossilifere, in alto di conglomerati poco saldi. 

A Costa Rossa sopra Onegha, a poca distanza dall'Impero, si os- 
serva un limitatissimo deposito di conglomerato pliocenico. 

Verso levante, s'incontra un* altra isola pliocenica compresa fra il 
torrente di S. Pietro e il rivo di Varcavello ed ha per centro Diano Ca- 
stello. Inferiormente, essa presenta un sabbione giallastro e in qualche 
punto argilla che si estrae per fabbricarne mattoni ; sopra vi ha un 
po' di conglomerato ad elementi calcarei. 

A destra del torrente Cervo, gli scisti e i calcari dell'eocene su- 
periore sostengono una piccola zona pliocenica, la quale incomincia 
a 700 m. dal mare e si estende verso settentrione, per un bel tratto 
oltre Pairolo e Costa, mantenendosi assai limitata in larghezza, tranne 
verso la sua estremità settentrionale, ove può raggiungere circa un 
un chilometro. Questa formazione presenta in basso marne sabbiose 
e in alto conglomerati ghiaiosi e ciottolosi poco resistenti. Gli strati 
pendono lievemente verso il mare. Lungo la via di Pairolo, la quale 
segue un torrentello corrispondente all'asse della formazione, si os- 
serva nella parte inferiore di essa un banco formato quasi esclusiva- 
mente di tritume di pettini. A Pairolo, sulla piazza della chiesa, si ve- 
dono nella roccia argillosa modelli di grossi litodomi. 

La formazione pliocenica di Albenga, la più estesa della Liguria 
dopo quella di Ventimiglia, occupa il territorio compreso fra il Neva 
e l'Arroscia fino alle vicinanze di Arnasco e di Vendone, a nord, e fino 
ad Ortovero, a sud. Sulla sinistra dell' Arroscia, essa cuopre le colline di 
Cisano, Campochiesa e Peagna e si accosta a Ceriale. A mezzogiorno 
di Campochiesa, come in tutta la zona litorale compresa fra Ceriale 
e Albenga, essa formazione riroane coperta da alluvioni quaternarie e 
recenti depositate dal Neva e dal Torsero. 

Anche nel territorio d'Albenga il pliocene è costituito superiormente 
di conglomerati e inferiormente di sabbie, marne e argille. Nell'alveo 
del Rio Torsero, alla parte superiore di esso, vedesi il deposito plio- 
cenico costituito di sabbione giallo e conglomerati, in strati un po' pen- 
denti verso il mare, sottoposto ad una assisa quaternaria perfettamente 



— 22 — 

orizzontale di terra rossa, con frammenti angolosi di roccie antiche e 
ciottoli nella parte inferiore. Più a valle, si trova scoperta la sabbia 
pliocenica lungo il Torsero ed appariscono nell'alveo di esso straterelli 
, di marne arenacee. 

Fin dal 1827, il proT. Sasso pubblicava un Saggio geologico sopra 
il bacino terziario d'Albenga \ in cui recava un elenco di 174 specie di 
fossili (tra le quali 10 nuove) di questo giacimento. Si tratta di un la- 
voro condotto con diligenza, il quale, tenuto conto dei tempi e delle 
condizioni in cui scrisse l'autore, si può tuttora consultare con profitto. 
Da Sasso in poi si è grandemente accresciuto il numero delle specie 
di fossili raccolte nel bacino d'Albenga, talché nella sola collezione del 
Museo geologico di Genova se ne contano più di 200. 

Giova notare, a proposito, che in uno dei punti più ricchi di fossili, 
nelTaveo del Rio Torsero, furono rinvenuti dal dottor Morelli, fra molte 
altre conchiglie, numerosi esemplari di Ancillaria^ appartenenti alcuni 
al tipo delia specie obsoleta^ altri ad una varietà della stessa. Il so- 
spetto che i sedimenti del Rio Torsero si riferiscano ad uno degli 
orizzonti superiori del miocene, anziché al pliocene, sospetto suggerito 
dal ritrovamento di quelle ancillarie, si manifesta insussistente se si 
consideri il complesso dei fossili del medesimo giacimento e i suoi 
caratteri litologici e stratigrafici. 

Nei pressi di Campochiesa, il pliocene emerge superficialmente con 
conglomerati ad elementi calcari e quarzosi mal connessi, che facilmente 
si confondono coi conglomerati quaternari, ciò tantopiù che questi bene 
spesso risultano formati dal rimaneggiamento dei primi. 

Nei colli che sorgono a levante di Cisano, sulla riva sinistra del 
Neva ed anche in piccola parte sulla sua destra di questo torrente, il 
conglomerato si fa più saldo e raggiunge in alcuni punti tal compattezza 
da servir di pietra da macina. Ciò proviene da che gli elementi di cui 
risulta sono localmente cementati da silice calcedoniosa. « Gli strati della 
pietra di Cisano sono immersi a mezzogiorno con inclinazione di 30^ 
a 40«. 

Dopo Ceriale, verso levante, il pliocene comparisce presso Pietra 
Ligure in un piccolo deposito d'argilla azzurra rimaneggiata, che si ado- 
pera per fabbricar mattoni. Questo è in gran parte coperto di alluvioni 
quaternarie e recenti e merita di essere ricordato solo per la circostanza 

* Giornale Ligustico di Scienze Lettere ed Arti, fascicolo V. Genova, 1827. 
' Questa silice sembra un prodotto di antichi fenomeni idrotermali. 



— 23 — 

che vi si raccolsero pochi avanzi scheletrici appartenenti airuomo o 
ad un animale assai affine all'uomo stesso. 

Nel Savonese, il pliocene ricomparisce sulla riva sinistra del Segno 
sopra Vado, ad oltre due chilometri dal mare, risale alquanto sul monte 
Costa delle Rocche, poi discende sotto Tessano e si estende nella valle 
del Quiliano, rimanendo però coperto, presso questo torrente, da alluvioni 
quaternarie e recenti. 

Sulla sinistra del Quiliano, la formazione incomincia a monte di 
S. Pietro e il suo confine discende poscia alla Casa dello Svizzero, e 
sotto Piazza Doria, fino ai piani del Letimbro, in cui le argille plioce- 
niche, coperte però in gran parte da sedimenti odierni, raggiungono 
quasi il sobborgo di Lavagnola. 

Gran parte della stessa città di Savona riposa pure su sedimenti 
pliocenici e in ispecie quel tratto compreso fra la piazza Chiabrera e 
il Castello. 

A levante di Savona, ricomparisce il pliocene dopo Valloria e si 
estende fino alle spalle di Albissola Marina, risalendo lungo il Sansobia 
fino a monte della Villa Faraggiana. Sulla sinistra del torrente, com- 
parisce ancora in alcune ville a settentrione della via nazionale. 

Nella valle del Segno, il pliocene risulta principalmente di sabbie 
gialle e di marne sabbiose, alle quali sì sovrappone, a monte di Bos- 
sarino, un potente deposito di ghiaie e conglomerati a cemento rubigi- 
noso. Le sabbie e i conglomerati presentano strati più o meno immersi 
a mezzogiorno. In alcuni punti la loro inclinazione raggiunge 30^* a 35", 
ma è forse da attribuirsi, in parte, a che furono depositati alla foce di 
un antico corso d'acjua, se, come credo, rappresentano anche questi 
un antico delta torrenziale. Notevole la collina alle falde della quale è 
edificata la chiesa parrocchiale di Vado, perchè ricca di materiali ferrug- 
ginosi, che vi costituiscono numerosi noduli di concentrazione. Bene 
spesso si trovano in questa località corpi organici e specialmente 
fusti di pianticelle convertiti in pirite o limonile. 

Verso Savona, prevalgono nella formazione pliocenica le argille 
grigie (che alimentano le fabbriche di mattoni e di stoviglie grossolane 
di Zinoia, delle Fornaci e di Albissola), nonché marne cineree, talvolta 
un po' sabbiose. Nella parte superiore di essa, tuttavolta, e per esempio 
a Piazza Doria, si danno sabbie minute. Le località di Zinoia e delle 
Fornaci sono ricchissime di fossili, in gran parte perfettamente conservati. 

Oltre ad alcuni avanzi di uno scheletro, il quale da principio si ri- 
teneva umano, ed ora, dopo recenti investigazioni, si dubita possa rife- 



^ 24 — 

rirsi invece ad un mammifero prossimo all'uomo, scheletro rinvenuto nella 
stessa città di Savona, il giacimento di cui tengo discorso somministrò 
resti di Mastodon, dì Rhinoceros, di Balaenoptera^ di delfino (?), di pin- 
nipedi e 16 specie di pesci pertinenti ai generi Odontaspia, Carcharodon^ 
Oxyrhinay GaleoeerdOy Pharyngodopilua^ Callorhyncus, Chrysophri/s, 
Acanthias, ecc. In fatto di invertebrati, vi si raccolsercC: crostacei (Por- 
tunuSj Cancer, CUocephalua, Coeloma, cirripedi diversi), almeno 300 
specie di molluschi, parecchi brachiopodi, 8 specie di echinodermi, tra 
i quali è rappresentato il genere Clr/peaster, 9 o 10 specie di coralli, 
alcuni briozoi ed una settantina almeno di rizopodi. Sono finalmente a 
ricordarsi avanzi di conifere, di palme e di Zoophyco^, Fra le specie di 
molluschi, circa 35 per 100 sono comprese nella fauna odierna; le altre 
tutte sono estinte. Una tal proporzione corrisponde a quella che si da 
pel pliocene più antico. 

Il dottore Squinabol ed io attendiamo a preparare un catalogo dei 
fossili di Savona, escluse le foraminifere, di cui si occupò il dottor Ma- 
riani, e i crostacei che furono già studiati dal Ristori. ' 

A levante di Savona, ricomparisce la formazione pliocenica ad Al- 
bissola con argille e marne povere di fossili. 

Lungo la strada tra Cogoleto ed Arenzano, presso quest'ultimo paese, 
nel punto denominato Terrai ba, vi ha un piccolo lembo di argille grigie 
plioceniche che si adoperano a fabbricar mattoni. Ivi, i fossili, assai 
scarsi, spettano alle specie più comuni a Savona e a Genova. 

Si ritrovano i sedimenti pliocenici poco lungi, a Voltri, ma sotto un 
aspetto diverso dal consueto. Fra i torrenti Cerusa ed Acquasanta, a 
circa mezzo chilometro dal mare, giacciono, sulle stratificazioni di scisti 
talcosi del trias inferiore, letti di sabbia fossilifera, grigia e giallastra 
immersi a sud-ovest, con inclinazione di quasi 20**; alla parte superiore, 
questa sabbia si fa a grossi elementi e si concreta in un conglomerato 
ghiaioso, contenente frammenti e ghiaie di serpentina e di talcoscisto. 
Mentre la forma litologica della formazione accenna al pliocene medio o 
superiore, vale a dire al piano delle sabbie gialle, i suoi fossili dimo- 
strano che si tratta dei medesimo orizzonte di Albenga, di Savona e di 
Genova, il quale è qui rappresentato da un deposito dì spiaggia. Questi 
fossili sono: Careharodon megalodon^ Lamna dubia^ Conus antidilu- 



* / crostacei brachiuri e anomuri del pliocene italiano (Boll, della Soc 
Geolog. italiana, voi. V. Roma, 1886). 



— 25 — 

vianuSf Pecten latissimus, P. glaber, Ostrea coehlear^ 0. exasperaia, 
Isis MelitensiSj ecc. ecc. 

Il terreno pliocenico di Genova costituisce una zona allungata da 
N.O a S.E che misura presso a poco un chilometro e mezzo di lar- 
ghezza. Esso riposa sopra il calcare a fucoidi dell'eocene e ne occupa 
le anfrattuosita; dalle alture di Carignauo e delFAcquasola, scende fino 
al mare, nel quale s'immerge, e verso levante passa verosimilmente 
sotto le alluvioni del Bisagno, per ricomparire a sinistra di questo tor- 
rente sotto l'abitato di S. Fruttuoso e d'Albaro. 

La potenza massima della formazione non può superare in Genova 
i 50 metri. I materiali di cui risulta sono, in bas^o, marne finissime, di 
color cenerino e, superiormente, marne dello stesso colore un po' are- 
nacee. 

I fossili, poco abbondanti e relativamente ad altri lembi della stessa 
età, non ben conservati, sono: i resti di 4 specie di pesci, fra i quali le 
piastre dentali di un nuovo Mfjliobates {M, ligustieuSy Issel), di cro- 
stacei brachiuri, 100 specie di conchiglie, 2 specie di brachiopodi^ 5 
specie di coralli, parecchi briozoi e rizopodi, nonché coni di conifere 
e frammenti di fusti carbonizzati. * 

I fossi'i terrestri dimostrano che i sedimenti pliocenici di Genova 
appartengono ad una formazione litorale. Taluni fossili marini che non 
allignano nelle acque sottili attestano uno spiccato carattere d'alto fondo. 
Il residuo di depositi pliocenici, osservato a maggior altitudine è 
quello veduto da Canobbio e Pareto sul Colle d'Oregina a circa un cen- 
tinaio di metri sul mare e consiste in piccola quantità di conglomerato 
ghiaioso, marino, con pettini, che rappresenta forse una formazione di 
spiaggia contemporanea alle marne precitate. 

Altri piccolissimi lembi pliocenici, poco elevati sul livello del mare, 
si trovano a Quarto e a Pieve di Sori, e sono gli ultimi che appari- 
scano verso levante nella Liguria. 

Formazioni quaternarie. — I depositi quaternari della Liguria con- 
sistono in anguste zone o piccoli lembi che si possono comprendere 
sotto le riibriche seguenti: 

1 Spiaggie emerse e formazioni analoghe; 

2. Alluvioni antiche e recenti; 



• Appunti paleontologici. I; Fossili delle marne di Genova (Annali del 
Museo Civico di Genova, voi. IX, 1876-1877). — Appendice (Come sopra, voi. X, 1877). 



— 26 — 

3. Morene; 

4. Breccie ossifere; 

5. Travertini; 

6. Dune. 

Spiaggie emerse, — Alla estremità meridionale della penisola di 
Sant'Ospizio, presso Nizza, si trova un deposito marino, conchiglifero, 
sollevato ad una ventina di metri sul livello marino, che è conosciuto 
da lungo tempo per le descrizioni datene da Risso e poi da Lamarmora. 
Si tratta di un calcare concrezionato, che potrebbe dirsi una panchina, 
il quale passa superiormente ad una sabbia e riposa sopra un calcare 
cretaceo. Risso enumera un centinaio di fossili in questa formazione e, 
a quanto si può argomentare dal suo catalogo, la cui nomenclatura 6 
scorretta e grmai antiquata, le specie son tutte o quasi tutte viventi 
nel vicino mare. In alcuni punti, alla base della penisola, il giacimento 
consiste solo in un sabbione senza fossili, a strati immersi verso est. 

Colla scorta di indicazioni somministrategli da Spada La vini, La- 
marmora rinvenne un secondo lelmbo di questa formazione all'ovest del 
piccolo istmo che unisce al continente il promontorio sul quale è col- 
locata la città di Monaco. La roccia è qui una specie d'arenaria abba- 
stanza resistente da servire di pietra da costruzione. ' Il prof. Gentile 
mi donò vari fossili di questo deposito, fra i quali le specie: Cerithium 
vulgaturrty Brug. ; Turbo rugosuSy hin,\ Lima squamosa^ Lam.; Spondglus 
gaederopus, Lin.; Arca barbata^ Lin. ; Venus verrucosa^ Lin; Cardium 
edule, Lin.; tutte viventi. ' 

A ponente delle caverne dei Balzi Rossi, che somministrarono così 
copiosi materiali per lo studio dell'uomo dell'età litica, lungo il sentiero 
che conduce a Mentono, si trova una formazione arenacea, oscuramente 
stratificata, ricca di conchiglie terrestri, la quale ebbe origine (almeno 
parzialmente), se non sono in errore, sotto il livello del mare; questa 
offre, alla parte superiore, frammenti angolosi di roccia e passa insen- 
sibilmente alla breccia ossifera (ora in gran parte asportata) che si 
estendeva all' innanzi delle caverne e ne occupava il fondo, breccia for- 
matasi sopra il livello marino col concorso delle acque di dilavamento. 

Un piccolo residuo della stessa formazione litorale, che doveva oc- 
cupare altra volta una estensione ben maggiore, si trova alla punta 
della Mortola nelle anfrattuosita del calcare nummulitico. 



* LaiìaRMORà, Voyage en Sardaigne, tome I, pag. 346. Turin — Paris, 1857. 
' Niepce cita la Caryophyllia cespitosa dello stesso giacimento. 



- 27 — 

Giacimento del Capo delle Mele. — Fra i giacimenti quaternari 
marini della Liguria marittima, merita special menzione, pel suo sviluppo 
in superfìcie e sopratutto per la sua aliitudine, quello che occupa gran 
parte del litorale compreso fra Andora e Alassio ^ Esso si presenta 
in piccoli lembi nel suolo stesso di questa città e lungo le colline che 
s'innalzano alle sue spalle; ricomparisce poi sul versante nord-est del 
Capo delle Mele e ivi raggiunge le proporzioni maggiori, risalendo a 
circa 150 metri d'altitudine. (Tav. XII, fig. 4). Finalmente, si presenta 
ancora sul fianco opposto del promontorio che costituisce il detto capo, 
un po' a mezzogiorno del faro. 

Il giacimento di cui si tratta consiste in sabbia calcarea grigia o 
bruna, più o meno aggregata da un cemento bene spesso rubiginoso, 
sabbia contenente frammenti di calcare angolosi, tanto abbondanti in 
certi tratti da convertire il deposito in una brq^cia, e altrove ciottoli 
poco numerosi. 

Laddove la sabbia non è commista a frammenti di roccia, si mo- 
stra ricca di fossili che sono conchiglie terrestri, bene spesso in buono 
stato di conservazione, e testacei marini, ridotti per lo più a tritume. Le 
une e gli altri spettano a specie per la massima parte viventi. Osservai 
fossili marini fino a 95 metri d'altitudine e conchiglie terrestri anche 
ad un livello superiore. ' 

Procedendo da Laigueglia verso Pigna d'Andora, per la via mae- 
stra, si osserva da principio una estesa spiaggia d'arena calcarea, as- 
sai fina, spiaggia la quale a poco a poco si fa più angusta, finché, pas- 
sa'o il camposanto del paese, è ridotta a strettissima striscia; ivi essa 
non è più sabbiosa, ma coperta di ciottoli. Ove comincia la salita del 
Capo delle Mele, manca affatto la spiaggia e si osservano al battente 
del mare le testate di assise marnoso-cal caree, eoceniche, incl i nate a monte 
di circa 40". Su queste assise, a poco più di un metro e mezzo sopra il 
livello medio del mare, si trova adagiato un conglomerato a cemento 
arenaceo, poco resistente e a stratificazione oscura, il quale raggiunge 
la spessezza di due o tre metri, secondo i punti. I suoi cogoli sono quasi 
tutti calcari e in gran pran parte forati dai litofagi; i più grossi rag- 



* Vedasi in proposito una mia nota nei Comptes rendus des séanccs de TAcad. 
des Sciences, séance du 14 novembre 1887. 

• Le conchiglie terrestri sono principalmente: Heliw nemoralis, H. cespitum^ 
CycloÈtoma elegans, ecc.; fra i fossili marini, si trovano frammenti di Cerithiuniy 
di Cordium, di Venus, foraminifere, ecc. 



— 28 — 

giungono la lunghezza di mezzo metro nell'asse maggiore e si trovano 
alla base della formazione; in alto, sono generalmente assai più piccoli. 

Alla parte superiore dell'assisa ciottolosa, questa passa al deposito 
arenaceo di cui ho descritte le condizioni generali, senza che vi sia 
una separazione ben netta fra il primo e il secondo (Tav, XII fig. 5). 
Infatti, il cemento del conglomerato ha, come ho detto, la costituzione 
arenacea del deposito stésso, il quale, inoltre, contiene piccoli ciottoli 
sparsi, sempre più radi quanto più s'innalza sul mare. 

Non ho mancato di rendermi conto dell'altitudine massima alla quale 
giungono tali ciottoli ed ho trovato che si mostrano ad un livello accu- 
sato dall'aneroide da una differenza di 4 millim., rispetto al battente 
del mare, il che, tenuto conto della temperatura nel momento della os- 
servazione, equivale presso a poco a 45 metri. 

Il ciottolo che osservai nel punto più elevato era grosso come il 
pugno, e formato di calcare compatto, ma non forato dai litofagi. Mi ò 
nato il sospetto che questo ciottolo ed altri, rinvenuti alle maggiori altitu- 
dini sul livello marino, potessero provenire da qualche giacimento 
più antico del quaternario, ma non avendo rinvenuto sul Capo delle 
Mele e sui monti soprastanti alcuna traccia di formazione pliocenica 
o miocenica, nò tampoco elementi di quel conglomerato liguriano già 
descritto precedentemente, conglomerato che comparisce fra Alassio e 
Albenga, ho dovuto inferirne che questo ciottolo e l'arena in cui era 
contenuto, fossero colà depositati dal mare. 

Il deposito, essendo di sua natura poco resistente e trovandosi sopra 
pendii generalmente ripidissimi, ha subito una ingente degradazione per 
effetto degli agenti esterni. Alla base, è battuto in breccia dalle onde 
marine, le quali vanno necessariamente logorando le assise inferiori 
della formazione, facendo quindi strapiombare quelle che sono immedia- 
mente sovrapposte; in alto, è profondamente inciso e dilavato dalle acque 
superficiali, talché ad ogni pioggia gran copia dei suoi detriti vien tra- 
scinala al mare. 

Laddove il deposito è potente e meglio conservato, si presenta in 
strati più o meno distinti, i quali sembrano secondare fino ad un certo 
segno l'andamento delle assise di calcare eocenico sottoposte. 

In un suo pregiato scritto intorno ai Terreni terziari presso il capo 
La Mortola in Liguria \ il prof. Taramelli avanza il supposto che 



* Rendiconto del R. Istituto Lombardo, serie II, voi, II, fase. XIX. 



— 29 — 

la sabbia con testacei marini osservata da me al Capo delle Mele 
potrebbe essere trasportata dal vento come quella delle Arene Candide, 
presso Finale, ed in ciò conviene col dottore E. Clerici, il quale, dopo 
aver visitato il giacimento di cui si tratta, esprimeva fìn dallo scorso 
novembre in una sua lettera, Tavviso che Tosse dovuto ad un fe- 
nomeno analogo a quello da cui ripete la sua origine la duna delle 
Arene Candide. Il dubbio esposto nacque anche a me, ma non credetti 
di poter ascrivere ad una semplice duna il giacimento di cui si tratta 
per le considerazioni seguenti : 

1. Manca d'innanzi al Capo delle Mele la spiaggia dalla quale il 
vento avrebbe potuto trarre la sabbia; ivi, infatti, la costa è a picco. 

2. Le due spiaggie più vicine, cioè quella di Laigueglia, a levante, 
e di Andora, a ponente, presentano arena bianca e non rubiginosa 
come quella del Capo delle Mele. 

3. Mentre un lembo di detta formazione è esposto a sud-ovest, 
Taltro è rivolto invece a nord- est; è diflRcile spiegare, perciò, come la 
supposta duna abbia potuto rivestire due fianchi opposti dello stesso 
promontorio, mentre altrove, in condizioni analoghe, rimane coperto 
di sabbia solo quel lato dello sprone che è esposto alla traversia do- 
minante. 

4. La formazione è distintamente stratificata, almeno nei cinquanta 
metri inferiori, ed acclude in questa parte ciottoli e ghiaie e superior- 
mente, in alcuni punti, frammenti di roccia angolosi. 

5. La sabbia non è sciolta come quella delle Arene Candide, ma 
concreta; in alcuni punti costituisce una arenaria salda. 

Visitata di nuovo la località al principio di quest'anno, ho dovuto 
persuadermi che malgrado le obbiezioni surriferite, i caratteri più spiccati 
del deposito, per quanto ha tratto alla sua parte superiore, sono pro- 
priamente inconciliabili colla interpretazione già da me prima d'ora ac- 
cettata e non si possono spiegare in modo soddisfacente se non invocando 
un trasporto per opera dei venti, come ammettono, a titolo di ipotesi, 
TaramelU e Clerici. Infatti, esso risulta di elementi sempre sottilissimi, 
se si prescinda da detriti caduti evidentemente dall'alto, e contiene in 
prevalenza le conchiglie terrestri che vivono sulle arene, con pochi fos- 
sili marini, i quali, perchè tutti minutissimi e leggieri, possono essere 
stati trasportati dal vento. La forma stessa del deposito, modellato 
sulle anfrattuosita delle rupi che esso ricopre a guisa di mantello, 
non va d'accordo con quella che si verifica nei casi consueti di sedi- 
menti quaternari marini. 



— 30 — 

Quanto alla mia principale obbiezione, desunta dal fatto che il de- 
posito è talvolta nettamento e regolarmente stratificato, \ale per la 
porzione inferiore di esso, ma non per la superiore, nella quale ho ve- 
rificato che gli strati appariscono solo per piccoli tratti e che sono in 
gran parte trasgressivi o discordanti come quelli delle dune (Tav. XII, 
figura 6). 

Ad interpretare condizioni cosi strane ed abberranti e ad attutire 
le difficoltà che opposi da principio al modo di vedere dei colleghi pre- 
citati, mi pare che sarebbe inadeguata da sola l'ipotesi d'una forma- 
zione aerea pura e semplice. Si potrebbe invece ricorrere alla successione 
di fenomeni qui appresso enumerati, tra i quali avrebbe avuto precipua 
parte radunarsi della rena sollevata dal vento. 

1. Si solleva il litorale del Capo delle Mele ed emerge un deposito 
ciottoloso ed arenaceo di più diecine di metri d'altitudine, insieme ad 
una estesa spiaggia coperta di arene minute e rugginose (quaternario 
antico). 

2. Da questa spiaggia venti gagliardissimi, turbinosi asportano rena 
conchiglifera e la depositano a nord-est e a sud-ovest del capo fino 
a più di 160 metri d'altitudine (quaternario superiore). 

3. Sotto l'azione delle acque piovane e di dilavamento, la rena es- 
sendo calcare e rubiginosa, si cementa. I materiali ferruginosi che con- 
corrono ad operare la cementazione sono pur somministrati, probabil- 
mente, dai calcari marnosi di cui ò costituita la vetta del promontorio 
(quaternario superiore ed attuale). 

4. Un avvallamento posteriore sommerge la spiaggia (dalla quale 
furono sottratte le arene) e parte del deposito ciottoloso superiore 
alla spiaggia. Il residuo è battuto in breccia dalle onde marine che 
tendono a distruggerlo. Frattanto la duna ha cessato di accrescersi 
ed anzi, per opera dell'erosione, va rapidamente scemando. Si sottrag- 
gono ad una rapida distruzione le parti di essa più saldamente cemen- 
tate e quelle coperte di materiali detritici caduti dall'alto (attuale). 

Sono inclinato ad attribuire l'origine stessa delle sabbie superiori 
del Capo delle Mele a certi piccoli lembi arenacei e rubiginosi, senza 
fossili, che osservai presso Ospedaletti e lungo la strada maestra fra 
questa città e San Remo, fino ad una cinquantina di metri d'altitudine. 

Altri depositi indubbiamente coevi o di poco posteriori a quello che 
si trova alla base del Capo delle Mele, sono i banchi di ciottoli e di 
ghiaie che si osservano lungo i litorali di Varazze, Cogoleto e Voltri. 

Alla Fontanella, lungo la via maestra del litorale, fra Voltri e 



— 31 — 

Arenzano, si vedono ciottoli marini e frammenti angolosi di roccia, 
cementati da terra rossa fino a circa 25 m. d'altitudine. 

Fra Cogoleto e Arenzano, ove tali deposili si presentano nelle condi- 
zioni più istruttive , essi risultano in basso di grossi ciottoli o massi e su- 
periormente di ciottoli minuti e ghiaie regolarmente stratificati; talvolta, 
passano inferiormente ad una breccia a cemento rossiccio, che si 
vede riposare sopra le roccie antiche (pertinenti al trias inferiore). 
Il complesso del deposito non raggiunge che 7 a 8 metri di potenza 
massima e s'innalza a non più di 20 metri sul livello del mare. I ciot- 
toli e le ghiaie sono costituiti delle stesse roccie, prevalentemente pie- 
tre verdi, di cui risulta il litorale e per una leggera alterazione superficiale 
si distinguono facilmente da quelli della spiaggia odierna. 

Allucioni antiche e recenti, — Se ci facciamo a considerare le 
formazioni quaternarie estramarine, dobbiamo innanzi tutto portare la 
nostra attenzione sulle grandi alluvioni più o meno antiche, situate presso 
la foce dei fiumi e torrenti, avvertendo tuttavolta che in alcuni territori, 
come alle foci del Varo, del Centa e del Segno, si confondono facilmente 
coi conglomerati del pliocene superiore e altrove, come nelle valli della 
Bormida e delTanaro, è facile scambiarle con quelli del miocene inferiore. 
Siffatte alluvioni risultano in generale di ciottoli tanto più voluminosi 
quanto più profondi, ciottoli che risultano di roccie in posto nelle alture 
più prossime, tranne il caso, frequentissimo, in cui sono elementi di con- 
glomerati più antichi rimaneggiati. 

Ai due lati del Nervla, si danno alluvioni più o mano elevate sul 
letto del torrente^ alluvioni ora ghiaiose e ciottolose, ora terrose (con- 
tenenti in questo caso frammenti di calcare), le quali di preferenza ri- 
salgono ai piani inferiore e medio del quaiernario. In un lembo di que- 
sta alluvione, che ora diffìcilmente può osservarsi, perchè coperto da 
colture, si rinvennero anni sono, presso la cappella di S. Andrea, sulla 
riva sinistra del Nervia, due bei molari di piccolo Elephas primige- 
nius^ ora conservati presso il Museo Civico di Storia naturale di Genova. 

Gran parte del piano d'Albenga e delle colline che fanno seguito 
a questo piano sono costituite di alluvioni quaternarie più o meno an- 
tiche, le quali giacciono quasi sempre sul pliocene, di cui si 6 già te- 
nuto discorso; lungo il Rio Torsero, ad una certa distanza dal mare, 
può vedersi una sezione delle due formazioni. Questa presenta dal basso 
all'alto : 1°, marna con fossili del pliocene inferiore (spessore ignoto); 
2^ sabbia del pliocene inferiore ricca di fossili (m. 7); 3", letto di de- 
triti con frammenti angolosi o appena un po' arrotondati di calcare, ri- 



^o 

feribile al quaternario medio (?) (m. 3); 4", ciottoli e ghiaie del quaternario 
medio e superiore (m. 5) ; 5°, alluvione recente e terra vegetale (pochi 
centimetri). I ciottoli che costituiscono la parte preponderante del de- 
posito quaternario sono forniti in massima parte dalle roccie quarzose 
del trias inferiore e spesso si presentano collegati insieme da un ce- 
mento terroso di color rossiccio. È sempre assai netto il piano di se- 
parazione fra la sabbia pliocenica e i sedimenti soprastanti. 

Le alluvioni quaternarie e recenti occupano, salvo lievi interru- 
zioni, tutto il triangolo che ha per base il litorale fra Ceriale ed Al- 
benga e per vertice un punto prossimo a Salea, triangolo nel cui lato 
settentrionale penetrano tuttavolta i colli pliocenici di Campochiesa. 
Oltre a ciò, queste alluvioni, limitate a nord da ingente formazione plio- 
cenica e, a mezzogiorno, da monti costituiti di assise liguriane fino 
a circa due chilometri sopra Ortovero suH'Airroscia, presentano una pro- 
paggine che si addentra a monte di Villanova sul Lerone. Presso 
la riva del mare e lungo le due rive del Centa e dei suoi grandi 
affluenti Neva ed Arroscia, per notevole estensione, il quaternario ri- 
mane coperto da alluvioni recenti ed anche moderne che sono preva- 
lentemente sabbiose e terrose. 

Durante il pliocene medio, il territorio d'Albenga costituiva un golfo 
profondo, che s'insinuava di 13 a 14 chilometri nella odierna valle del- 
l' Arroscia e un po' meno in quella del Neva, golfo il quale fu col- 
mato dai depositi dei due fiumi, allora indipendenti. Albenga, collocata 
presso la riva meridionale deirantico golfo, si trova in condizioni assai 
infelici in ordine ai terremoti, perciocché riposa sopra un Ietto sottile 
di alluvione, sostenuto dalle assise di calcari eocenici saldissimi, che 
emergono a brevissima distanza (300 a 350 m.), sollevandosi con ri- 
pido pendio fino al Monte Bignone (metri 320) e ad altre vette più 
elevate. 

Il giacimento quaternario di Loano, meno ampio di quello d'Al- 
benga, si estende lungo il litorale da Pietra Ligure a Borghetto Santo 
Spirito, si protrae entro terra fino ai Meceti e un poco più innanzi 
fino al molino Durante, verso nord-ovest ; si insinua pure, per un certo 
tratto, lungo la riva sinistra del torrente di Toirano o Varatiglia appiè 
del Monte Castellaro. 

L'alluvione è qui essenzialmente ciottolosa, ma comprende anche 
massi arrotondati del diametro di un metro e più; i materiali che la 
costituiscono sono, al solito, roccie del trias, cioè quarziti e calcari do- 
lomitici, cui si uniscono pure gneiss e scisti talcosi. A differenza del 



— 33 — 

piano d'Albenga, .quello di Loano offre quasi dovunque allo scoperto 
il deposito quaternario, mentre l'alluvione recente non si mostra che 
sopra piccolissimi tratti lungo i rivi e torrenti. La zona litorale del 
territorio di cui tengo discorso, zona sulla quale è collocata la città 
di Loano, è una spiaggia sabbiosa che sembra in via di accrescimento 
in grazia dei torrenti che vi mettono foce. 

Merita appena di essere ricordata la piccola plaga alluviale di 
Pietra Ligure e Borgio, attraversata dai torrenti Maremola e Botassano. 
Un poco più estesa è quella che risale lungo il Quiliano fino quasi a 
Valleggia e si prolunga a mezzogiorno fino all'abitato di Vado; nell'una 
e nell'altra il deposito ciottoloso quaternario è in gran parte ricoperto 
da sedimenti posteriori. Noto infine i piccoli depositi recenti, litorali di 
Finalmarina, Varigotti, Spotorno, Zinola, Fornaci, Savona, Albissola, 
Varazze, Voltri^ Pegli, Sestri Ponente. 

Alla foce di tutti i corsi d'acqua della Liguria e del Nizzardo, sotto 
il cono di defezione odierno, si espande un letto alluviale' più o meno 
esteso che copre generalmente alluvioni più antiche od anche la spiaggia 
emersa quaternaria. 

Nel caso del Varo e del Centa, le alluvioni sono melmose o sab- 
biose; quelle del Roia, del Nervia, del Quiliano, del Polcevera, sono 
per lo più ghiaiose. Alcuni torrenti, come il Sansobia, il Leone, la Ce- 
rusa, il Varenna, il Chiaravagna, conducono al mare ciottoli più o meno 
voluminosi. In ogni caso, i materiali di queste alluvioni, pervenuti al 
mare, sono dal moto ondoso distribuiti sulle spiaggie da un lato e dal- 
Taltro, allontanandosi pochissimo dal punto di partenza, come dimo- 
strava testé l'ingegnere Mazzuoli in una memoria pubblicata in questa 
raccolta. * 

I piccoli piani che si trovano alla foce dei principali corsi d'acqua 
e i litorali dovuti all'interrimento determinato dai medesimi son tutti 
formati adunque di alluvioni antiche e recenti. Orbene, tali piani e li- 
torali, son pur quelli in cui si danno le migliori condizioni, riguardo 
alle colture, perchè offrono terreni sciolti e facili ad irrigarsi ed anche 
in ordine alle comunicazioni, che risultano relativamente facili colle 
valli che si aprono a tergo e colla zona costiera. Perciò, ivi dovevano 
sorgere e sorsero in effetto i principali centri di popolazione, i quali 
si trovano per conseguenza sopra un suolo poco resistente rispetto ai 



' Boll, del R, Comit. Geol., anno 1887, n. 9-10. 



— 34 — 

terremoti. Sono queste le condizioni di Mentono (in parte), di Nizza (in 
parte), di Ventlmiglia bassa, di gran parte d'Oueglia, dì Diano Marina, 
d'Albenga, di Loano, di Savona, d'Albisscla, ecc. 

Se tra i punti collocati egualmente, suiralluvione recente poco 
salda, alcuni hanno sofferto più, altri meno, per le scosse del 23 feb- 
braio 1887, ciò si deve anche attribuire alla maggiore o minore spes- 
sezza del sedimento e alla prossimità di masse rocciose resistenti, in 
posto. Così ritengo che Albenga sia stata più danneggiata di Loano, 
perchè Talluvione sulla quale riposa è meno potente e giace sopra 
calcari compatti che emergono a brevissima distanza dal paese. 

Al di sopra della spiaggia emersa fra Arenzano e Cogoleto, si os- 
serva una formazione oscuramente stratificata, di notevole potenza (rag- 
giunge perfino una diecina di metri di spessezza) quantunque poco 
estesa, che a prima giunta è alquanto difficile a definire. E costituita 
di frammenti e scheggio angolosi, cementati da terra rubiginbsa u non 
si può legittimamente inscrivere né fra le alluvioni^ né tanto meno tra 
i depositi quaternari marini. Dal fatto che occupa la base di ripide 
montagne e dai suoi caratteri litologici, argomento che risulti dallo sfa- 
celo delle roccie superficiali di quei monti, accumulato dalle acque di 
dilavamento, in un periodo (alla fine del quaternario), durante il quale 
esse erano assai più attive del presente. Laddove, per ragioni locali, 
queste acque erano più regolari e copiose, il deposito si presenta oscu- 
ramente stratificalo; altrove ha piuttosto i caratteri di materiali franati. 

Siffatta formazione apparisce in piccoli lembi lungo tutto il lito- 
rale e specialmente nei pressi di Cogoleto. 

Morene, — In una sola località ebbi a riconoscere nel territorio 
di cui mi sono occupato in queste pagine una vera morena glaciale, 
e si trova a sinistra della via provinciale fra Garessìo e Bagnasco 
nei pressi di Piangranone. Si tratta di una collina dal profilo retti- 
lineo, diretta obliquamente rispetto al Tanaro, residuo d'^un ghiacciaio 
che scendeva dalla valle di questo fiume e s' incontrava con altri minori 
provenienti da valloni laterali. Essa collina, tutta formata di frammenti 
angolosi di roccia e di ciottoli impigliati in una sorta di mota grigia, 
si estende a tramontana fino a Priola, ma assume poco a poco ca- 
ratteri meno spiccati. 

Lungo la stessa valle, si incontrano altre accumulazioni detritiche 
dovute probabilmente ai ghiacciai; ma, o perchè sono conseguenza di 
fenomeni verificatisi in scala minima o perchè furono posteriormente 
rimaneggiate, la natura loro apparisce incerta. 



— 35 — 

Breccie ossifere, — La breccia ossifera della grotta di Grimaldi, 
presso la Mortola, con Hippopotamus major, Rhinoceros sp., Elephas 
merìdionaliSi risale al quaternario più antico o forse a quel periodo, 
il quale, sotto il nome di villafranchiano, si ascrive da alcuni autori al 
pliocene superiore. Essa dimostra che in questo periodo la Liguria era 
emersa e che le condizioni topografiche del {taese non dovevano essere 
molto diverse dalle presenti. La breccia di Santa Teresa presso la Spezia, 
nella quale il Capellini ha segnalato lo stesso Hippopotamus \ due 
specie di Cerous e una Mustela e in cui furono pur raccolti avanzi di 
Rhinocerosy risale alla medesima età ed ha lo stesso significato. 

La breccia ossifera del Monte Caprazoppa si trovava entro piccole 
soluzioni di continuità o fenditure del calcare triassico, a ponente di 
Finalmarina. Essa fu adoperata come materiale da costruzione ed è 
ora esaurita. Questa breccia, di cui si conservano nel Museo geolo- 
gico dell'Università di Genova numerosi esemplari, presenta un ce- 
mento di calcare rubiginoso, saldissimo ed acclude ossa di mammiferi 
in cattivo stato di conservazione, che appartengono ai generi UrsuSy 
BoSy Cervus ecc., noncbè testacei terrestri di specie estinte che sono: 
Helix Pareiianay Helix sp., Glandina antiqua (Issel). Dalle specie cui 
si riferiscono le conchiglie e dall'aspetto dei fossili in genere, argo- 
mento che la breccia risalga ai tempi più remoti del quaternario. 

Ad un orizzonte posteriore, ma pur quaternario, appartiene la 
breccia ossifera del Castello di Nizza, nella quale, fino dai tempi di 
Cuvier, furono rinvenuti avanzi umani, associati a quelli di Felis spe- 
laea ed antiqua, di cervo, d'antilope, di pecora, di cavallo, di un ro- 
ditore e d'una testuggine prossima alla Testudo radiata d'Australia, 
insieme a conchiglie terrestri e marine; non è però escluso il dubbio 
che siffatta associazione sia dovuta a rimaneggiamento. 

Seguono nell'ordine cronologico ascendente delle formazioni qua- 
ternarie della Liguria occidentale, la breccia ossifera di Verezzi, ric- 
chissima di mammiferi, d'uccelli e di molluschi. Fra i primi, si com- 
prendono i generi Antilope, Arctomr/s, Hyaena, Putorius e Ursus 
determinati da G. Ramorino. 

Altre breccie^ che spettano al quaternario medio (glaciale) e di età 
posteriore, sono contenute in caverne ossifere. Merita particolare men- 
zione, fra le altre, quella delle grotte dei Balzi Rossi, dalla quale Ri- 



' Sotto il nome di H, amphibius. 



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— 36 — 

vière ed altri esumarono, insieme a* parecchi scheletri umani e a nu- 
merosissimi manufatti litici, una fauna ricchissima di vertebrati e di 
uccelli, in cui sono rappresentati da scarsi avanzi Ursus spelaeus, 
Felis antiqua^ Felis spelaca^ Rhinoceros sp., e da gran copia di ossami, 
mammiferi ed uccelli di specie tuttora viventi, h assai probabile che 
la breccia ossifera di cui si tratta abbia avuto origine durante una 
lunga serie di tempi e si riferisca a due età successive dell'era qua- 
ternaria. L'uomo avrebbe lasciato le sue spoglie nella caverna solo 
alla fine della prima o al principio della seconda. 

La breccia a ciclostomi, riferibile all'età stessa di quella di Ve- 
rezzi di poco posteriore, si trova in riva del mare a mezzo chilo- 
metro a levante di Spotorno e riempie una ampia fenditura. Essa 
risulta essenzialmente di pietruzze e conchiglie cementate da una con- 
crezione assai tenace depositata da acque calcarifere. Le conchiglie 
appartengono alle specie Cyclostoma elegans^ Drap, e Hy alina celiarla^ 
Mìill. var. depressa. 

Travertini, — Il principale giacimento di travertini della Liguria 
si trova presso Pino, fra Varigotti e Finalmarina. La roccia, che è tut- 
tora in via di formazione, occupa il fondo di uh piccolo' burrone in cui 
scorrono acque calcarifere. Dalle vicinanze della via nazionale, il tra- 
vertino risale lungo il burrone fin quasi a mezza costa del monte. Esso è 
assai spugnoso e leggero; il suo colore è bruno. Secondo il consueto, 
vi si trovano impigliati residui vegetali e conchiglie che sembrano 
recentissimi. Ove l'ammasso raggiunge maggiore spessezza e sembra 
più resistente, se ne estraggono pietre da costruzione ricercate per 
la loro leggerezza e per la buona presa che fanno col cemento; l'uso 
loro è però 'limitatissimo. 

Si trova ancora un travertino assai compatto e ricco di fìUiti 
nei pressi di Spotorno, d'onde provengono alcuni belli esemplari conser- 
vati nella raccolta della Sezione Savonese del Club Alpino, ed altro con- 
simile a Colle Dulcedo (regione Cuccarello) presso Porto Maurizio, ove 
mi fu indicato dal prof. G. Gentile. 

Procedendo da levante a ponente, s'incontra la medesima roccia, 
tuttora in via di formazione nel cosi detto Rio du Tuvio (rivo del tufo) 
presso Terzorio, appiè del Monte Negro, rivo le cui acque sono cal- 
carifere. Ho motivo di credere, e sostenni in altra occasione questa tesi, 
che siffatto deposito rappresenti l'ultima fase di una attività idrotermale, 
la quale si sarebbe manifestata con energia assai maggiore durante le 
epoche pliocenica e miocenica. Un rivo che attraverso la strada rota- 



— 37 — 

bile tra San Remo e CeriaDa, ed accoglie le acque delle cosi dette 
Fontane Landrigo, abbandona esso pure una roccia concreta, la quale, 
quantunque poco tenace ed inquinata di terra, fu adoperata nella co- 
struzione della chiesa parrocchiale di Baiardo. 

Mi resta a ricordare il travertino della valle del Morsone, il quale 
si trova sul versante settentrionale dell' Appennino, a pochi chilometri 
a monte di Voltaggio. Anche di questo non è cessata la produzione, 
ma è ora, probabilmente, assai più lenta che per lo passato. 

Dune, — Appena oltrepassato lo sprone del Monte Caprazoppa, che 
è attraversato per mezzo di una piccola galleria dalla via nazionale, 
procedendo da Finalmarina verso ponente, si osserva che la spiaggia 
è alquanto estesa e sabbiosa e il fianco del monte scosceso che limita 
il litorale è coperto alla base di un manto ondulato di sabbia silicea, 
simile a quella della spiaggia vicina. Questa sabbia, scioltissima, bianca, 
si innalza, fino ad un centinaio di metri e si estende in lunghezza per 
circa quattrocento metri. Essa apparisce sul fianco sud-ovest del capo 
e manca asssolutamente sull'altro lato di esso. 

Supponevo altra volta che la duna delle Arene Candide (cosi ha 
nome) e le altre accumulazioni di sabbie silicee che s' incontrano a 
ponente di questa, verso Borgio, e, a levante^ tra Finalpia e Varigotti, 
avessero avuto origine a spese di un'antica spiaggia quaternaria in con- 
dizioni analoghe alle sopradescritte. Mi sono persuaso, di poi, che la for- 
mazione della duna ò un fenomeno recente e non ha connessione col 
sollevamento quaternario del litorale. Infatti, nella caverna di Galusso, 
presso la stazione di Borgio Verezzi, il suolo dello speco ò formato dalla 
medesima sabbia della duna e contiene avanzi di remoti tempi storici ed 
anche verosimilmente neolitici; ma questa sabbia viene a mancare del 
lutto nello strato più profondo della grotta, rappresentato di piccoli lembi 
di una breccia ossifera quaternaria con SuSy Lycorus nemesianus, Cervus 
ecc. Da ciò argomento che la formazione della duna debba essere co- 
minciata dopo il quaternario, o almeno alla fine di quest'epoca. 

Trovandomi sul lido delle Arene Candide, mentre spiravano venti 
temporaleschi di sud e sud-ovest, ho avuto agio di assicurarmi che, senza 
punto ricorrere alla ipotesi di una spiaggia emersa, si spiega facilmente 
come le correnti atmosferiche, assumendo, per le condizioni speciali del 
luogo, un moto vorticoso, abbiano il potere di sollevare l'arena e di adu- 
narla sul fianco della montagna. 

Teotonloa. — Se ora noi consideriamo i terreni della Liguria occi- 
dentale e delle Alpi Marittime dal punto di vista della tectonìca, ci si 



— 38 — 

palesa a tutta prima che i moDti di questa regione (e dico pensata- 
mente di questa regione, giacché non è possibile di stabilire fra gli 
Appennini Liguri e le Alpi Marittime una linea di divisione che non sia 
arbitraria) sono il risultato di un corrugamento assai risentito e com* 
plicato e ad un tempo di una erosione profondissima. 

Tale corrugamento diede luogo alla formazione di numerose pieghe 
che costituiscono o meglio costituirono originariamente altrettante ca- 
tene paralelle. 

La direzione dominante di queste pieghe, necessariamente normale 
a quelle delia pressione prevalente, è da est a ovest (verso ponente), 
poi si fa da nord-est a sud-ovest (nel Savonese) e da nord a sud (nel 
Genovesato). 

Il corrugamento, il quale avvenne senza dubbio, come vedremo, in 
più volte e a lunghi intervalli di tempo, si produsse principalmente dopo 
il deposito dei sedimenti eocenici superiori, vale a dire del piano ligu- 
riano, le cui assise, partecipano alla massima parte delle pieghe an- 
zidette, come apparisce chiaramente nei monti che si levano alle spalle 
di Genova, Porto Maurizio, Santo Stefano, San Remo, Ventimiglia ecc. 

A misura che si accusavano le pieghe, che si sollevavano le volte loro, 
si accresceva l'attività degli agenti distruttivi sui rilievi più prominenti; 
da ciò una erosione sempre più energica, la quale logorava le vette e i 
fianchi dei monti, mozzava a poco per volta gli anticlinali e denudava 
gran parte della regione, di cui tengo discorso, del suo mantello di for- 
mazioni terziarie. In alcuni tratti erano esportate eziandio le assise 
cretacee, le giuraliassicho e le triassiche, restando allo scoperto il 
permiano e il carbonifero. 

Verso Tovesi e il nord-ovest, si scoprirono perfino le serpentine e gli 
scisti della cosi detta zona delle pietre verdi e la massa cristallina sot- 
toposta dello gneiss centrale. Le assise paleozoiche venute alla luce 
occupano pertanto la parte interna degli anticlinali mozzati e sorreg- 
gono le stratificazioni meno antiche. Quanto alla zona delle pietre verdi 
e al gneiss centrale, appariscono in territori più profondamente denudati 
e costituiscono come grandi nuclei a stratificazione oscura e confusa od 
anche destituiti di stratificazione. 

Lungo la via che corre da Ospedaletti e Mondovl, linea particolar- 
mente studiata da D. Zaccagnae di cui diede testé unasplendidasezione \si 



' Vedasi la Carta geologica delle Riviere liguri e delle Alpi Marittime pubbli- 
cata nel 1887 per cura della Sezione Ligure del Club Alpino e il Boll, del R. Comit. 
Geol., anno 1887, n. 11-12. 



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osserva che al nord del Tanaro vi sono nove pieghe, tra grandi e piccole, 
tutte coricate con immersione a mezzogiorno, mentre dal Tanaro al 
mare ve ne sono non più di cinque, egualmente coricate, immerse 
a settentrione. 

Il numero delle pieghe tra il Tanaro e Mondovl dimostra che verso 
settentrione la pressione laterale fu molto più energica che a mezzo- 
giorno. Nel primo tratto, Terosione lasciò inoltre segni ben più profondi 
che nel secondo; infatti, vi si trovano allo scoperto, prescindendo da 
una formazione miocenica superficiale nella valle dell'Ellero, assise 
prevalentemente triassiche e permiane. 

La vetta del Mqngioie, punto culminante di questa linea, che si 
estolle a 2631 m., corrisponde tuttavolta al mezzo di un sinclinale, e a 
Viozene, che giace al fondo di una depressione limitata dal Mongioie 
e dal Pian Cavallo, depressione nella quale vengono alla luce le te- 
state di una potente formazione carbonifera, a Viozene, dicevo, passa 
precisamente la 'linea anticlinale di una delle pieghe più risentite, di 
una di quelle eziandio che furono più potentemente logorate. 

Dal Tanaro a Ospedaletti, vengono a mancare superficialmente tutte 
le formazioni antiche. Non vi comparisce che l'eocene, rappresentato 
in modo quasi esclusivo dal liguriano, coi suoi calcari e scisti argil- 
losi e i suoi macigni in basso ; dico in modo quasi esclusivo, perchè 
presso il crinale si trova allo scoperto una zona nummulitica, la quale 
corrisponde probabilmente al bartoniano. Fra il Tanarello e Pian Ca- 
vallo, lungo l'accennata sezione, v'ha una modesta eminenza, la quale 
si trova intermedia tra le pieghe coricate a nord e quelle coricate a 
sud, ed offre perciò quella disposizione a ventaglio caratteristica del 
Monte Bianco e del Gottardo che diede luogo a si diverse interpretazioni. 

II punto più elevato della sezione è il Mongioie la cui cima, alta, 
come ho detto, metri 2631, si mostra costituita di calcari del Mti- 
schelkalk. Se si supponessero adagiate sulla sua vetta le assise eoceni- 
che di cui risulta il vicino Fronte, pur prescindendo dal giuralias e dal 
cretaceo che spesso mancano in quella regione, tra i sistemi triassico ed 
eocenico, la montagna ne risulterebbe accresciuta di tale altitudine da su- 
perare i 6000 metri. Nulla per verità si oppone airipotesi che, in tempi 
geologicamente non molto remoti, alla fine del miocene, una tale alti- 
tudine sia stata raggiunta dalla montagna. 

In effetto, riesce a tutta prima difficile lo spiegarsi come nel trian- 
golo montuoso che ha per base il litorale tra Albenga e Ventimiglia 
e per vertice il Colle di Tenda sia rimasta quasi intatta la coperta 



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eocenica, mentre nelle zone che iimitano questo triangolo furono messe 
a nudo le roccie secondarie e paleozoiche. Le pieghe situate a mez- 
zogiorno dello spartiacque non sono meno risentite di quelle situate 
a nord e originariamente dovevano raggiungere presso a poco la 
medesima altezza; di più, è chiaro che le une e le altre sono conse 
guenza delle medesipie pressioni laterali, le quali si produssero simul- 
taneamente ai due lati. 

Siffatta disparità ripete la sua causa e la sua ragione, secondo il 
mio avviso, da che neiraccennato triangolo montuoso, furono sottratte 
per lungo tempo alla erosione, e forse durante la fase in cui fu più 
attiva, i sedimenti eocenici; e ciò avvenne verosimilmente o perchè 
l'emersione della plaga eocenica di cui mi occupo si produsse assai 
più tardi che non nelle altre parti della Liguria o perchè, durante 
la serie dei tempi miocenici, questa plaga subì avvallamenti che non 
si produssero tra le Alpi Marittime o* si fecero colà sentire in minor 
grado. 

Importa notare frattanto, che i conglomerati e le mollasse che com- 
pariscono a Portofino, Celle, Varazze, Santa Giustina, Sassello, Cadi- 
bona ed assumono tanto sviluppo nella valle della Bormida di Spigno 
e in quella del Tanaro (conglomerati e mollasse che accennano ad 
alternanze di emersione e di immersione) non solo mancano assoluta- 
mente sui monti e nelle valli situate alle spalle di Albenga, Alassio, 
Porto Maurizio, Taggia, San Remo, Bordighera, ma nemmeno vi lascia- 
rono traccie della loro esistenza, come le lasciarono in certe località 
del Genovesato *, lielle quali già furono ed ora più non si trovano. 

A rendere plausibile la mia ipotesi, giova richiamare V atten- 
zione del lettore sullo sprofondamento di ben 1450 m., verificatosi re- 
centemente lungo la stessa Riviera occidentale, e che è accertato dal 
fatto di. valli sommerse in continuazione delle valli odierne. 

Presso l'estremo confine della Liguria orientale, due promontori di- 
retti da nord-ovest a sud-est costituiscono il golfo della Spezia cele- 
brato per le sue bellezze naturali. Questi due promontori che offrono 
una delle serie stratigrafiche più complete e più ricche di fossili di 
cui si abbia esempio in Italia e mercè i lavori di De la Bèche, Pareto, 
A. Sismonda, Savi, di Collegno e Capellini diventarono un territorio prò- 



* Per esempio a San Martino d'Albaro, ove U conglomerato é ridotto a pochi 
massi isolati e tra i monti Dente e Rcisa, ove trovansi ad oltre 900 m. d'altitu- 
dine ciottoli isolati, a parer mio, residui di un antico deposito miocenico. 



— 41 — 

priamente classico pel geologo, sono anche assai istruttivi dal punto 
di vista della tectonica. 

Il promontorio orientale presenta, da levante a ponente, il macigno 
eocenico, la creta superiore, il neocomiano, il lias, il calcare cavernoso 
del trias superiore, il trias inferiore e il permiano nell'ordine della loro 
successione e nel promontorio occidentale, sempre da levante a ponente, 
ma con sovrapposizione invertita da rovesciamento, il calcare cavernoso 
del trias superiore, il calcare nero infraliassico, i calcari rossi liassici, 
i calcari del giura, gli scisti e le arenarie dell'eocene. 

Noi crediamo col Zaccagna (cui si deve uno studio accuratissimo 
della regione) e contrariamente all'avviso di altri osservatori, che siffatta 
disposizione si possa interpretare, ammettendo che le stratificazioni dei 
due promontori costituiscano i resti di un anticlinale coricato ad ovest 
(quindi a termini invertiti nel ramo occidentale), il quale negli ultimi 
tempi dell'era terziaria avrebbe perduto la volta e sarebbe stato lungo il 
suo asse profondamente incavato dalla erosione, generandosi cosi la 
valle sottomarina di cui risulta il golfo. 



/ 



42 — 



PAETE SECOI^DA 



Dei fenomeni endogeni in Liguria. 



Roooie vnloaniohe. — Le manifestazioni più schiette e sicure del 
vulcanismo consistono, come ognuno sa, nella emissione di roccie vul- 
caniche. Perciò, importando ricercare qual parte il vulcanismo può 
aver presa nel fenomeno di cui ho assunto lo studio, m'incombe Tob- 
bligo di esaminare se e in quali condizioni si presentano tali roccie 
nel territorio che fu teatro di questo fenomeno, a quale orizzonte geo- 
logico si riferiscono e infine se dalla loro composizione e struttura 
emerga alcun rapporto tra esse ed altre che appariscono in paesi cir- 
convicini. 

Nelle Provincie di Genova e di Porto Maurizio non si conoscono 
roccie vulcaniche propriamente dette; ma fra le Alpi Marittime, nella 
provincia di Cuneo, e precisamente al Pizzo d'Ormea e a Camino, com- 
parisce un porfido rosso che pei suoi caratteri precipui merita di essere 
considerato come tale, e al Capo d'Aglio, presso Monaco, si presenta 
una piccola massa di trachite plagioclasica o andesite, che sembra 
connessa alle emersioni trachitiche della prossima valle del Varo e 
dei pressi d'Antibo. 

Porfidi, — Il porfido del Pizzo d'Ormea fu osservato in posto dal- 
l'ingegnere Zaccagna che lo trovò incluso nella formazione permiana, 
alla parte superiore di essa, come apparisce dalla terza sezione pub- 
blicata dallo stesso Zaccagna, nella carta geologica più volte ricordata. 

Io non vidi questo porfido, se non in massi staccati nel letto del 
Tanaro, e quindi, riguardo al suo giacimento, non posso aggiungernulla 
a quanto disse il collega, come pure non sono in grado di porgere 
notizie circonstanziate circa il porfido di Camino, di cui ebbi in dono 



— 43 — 

alcuni campioni dal signor G. Dellepiane, socio del Club Alpino (se- 
zione ligure). 

Una terza massa di porfido si trova al colle del Sabbione, tra le 
Alpi Marittime, fuori del territorio di cui mi occupo specialmente 
nelle mie note ed anche di questo Ting. Zaccagna mi disse che lo ri- 
tiene permiano. 

Il porfido di Camino ha un fondo di color rosso vino, dato da una 
pasta microcristallina; vi sono disseminati voluminosi cristalli di colore 
carneo, che raggiungono perfino la lunghezza di due centimetri; oltre a 
ciò, vi si osservano macchiette irregolari di color verde pomo^ che con- 
sidero come cristalli di augite più o meno alterati. Nelle fessure dellc^ 
roccia e sulle superfìcie di essa che furono lungamente esposte all'azione 
degli agenti esterni vedonsi scagliette di clorite. 

Il porfido del Pizzo d'Ormea ha un fondo bruno, microcristallino, 
sul quale spiccano cristalli opachi, bianchi o carnei di feldispato, della 
lunghezza media di 2 a 4 millimetri. Vi si uniscono pochi cristalli ver- 
dastri, alterati, di pirosseno o d'anfibolo. La roccia è sparsa di cavità, 
che forse provengono dalla distruzione di qualcuno dei suoi cristalli, 
ma più probabilmente sono dovute ad una struttura bollosa, originaria. 
Talune di queste cavità sono occupate da un silicato cristallino giallo, 
altre da una polvere rugginosa attirabile dalla calamita. 

Mancano per questi porfidi le osservazioni microscopiche. 

Andesiti. — La massa trachitica del Capo d'Aglio costituisce la 
pìccola lingua di terra di questo nome, situata a mezz'ora di distanza 
a ponente di Monaco. Ivi la roccia risulta di una specie di conglome- 
rato o di breccia, formata di cogoli imperfettamente arrotondati, 
-cementati da detriti vulcanici. Questi cogoli, di dimensioni variabili 
(il più delle volte non raggiungono la grossezza di una testa umana), 
sono quali di color bruno, quali rossatri, quali verdastri ed anche neri 
e presentano distinta struttura cristallina e qualche volta anche tes- 
situra porfirica ben, manifesta. Quando sieno spezzati, apparisce, dal 
colore della periferia diverso da quello della parte interna, che soffri- 
rono alterazione più o meno profonda; alcuni acquistarono per tale 
alterazione una struttura distintamente concentrica. 

In questo punto la potenza della formazione può stimarsi, a occhio, 
di una diecina di metri; essa è oscuramente e irregolarmente stratifi- 
cata, presentandosi immersa verso levante, con inclinazione di una 
ventina di gradi. 

Alla periferia del piccolo capo, il mare copre la base del deposito 



— 44 — 

vulcanico, il quale, verosimilmente, si estende alquanto sott'acqua, mas- 
sime verso ponente. Alla radice del capo stesso, si vede il conglome- 
rato riposare sopra una dolomia biancastra o lionata, a struttura mi- 
nutamente cristallina, riferibile al giurassico. 

Risalendo il ripido pendio della costa fino alla strada maestra, si 
vedono emergere qua e là, dalla terra vegetale dei campi, detriti vulcanici 
assai alterati che accennano allo estendersi saltuario o continuo del 
deposito. Anche sopra la strada maestra, a più di cinquanta metri sul 
livello del mare, si vedono pietre vulcaniche. 

A ponente del Capo d'Aglio, la formazione vulcanica si estende lino 
al Capo Mala, altra piccola punta del litorale. Un secondo affioramento 
più piccolo, che non ho veduto, si troverebbe, secondo Chambrun de Rose- 
mont, alla base del Capo Martin, sulla costa orientale. 

Dalla posizione rispettiva e dalla natura dei due lembi di cui sopra, 
dalla configurazione della costa e del fondo marino, argomento che il 
cratere dal quale furono proiettati quei materiali vulcanici si trovasse 
probabilmente in un punto, ora sommerso, distante non più di cinque a sei 
chilometri dal Capo d' Aglio. La grossezza dei massi vulcanici rende poco 
probabile che lo spiraglio fosse più lontano e se fosse stato più vicino i 
prodotti delle sue eruzioni sarebbero caduti in copia maggiore lungo il 
litorale ed avrebbero lasciato residui più addentro nell' interno. 

La roccia del Capo d' Aglio presenta generalmente color bruno traente 
un po' al violaceo; talvolta invece passa al grigio e in altri esemplari 
al verde. Ila struttura distintamente cristaUina, che si manifesta ad occhio 
nudo con faccette di sfaldatura lucenti. In certi esemplari è facile verificare, 
anche senza far uso del microscopio, che risulta prevalentemente di un 
minerale di color chiaro bruno o grigio (feldispato) e di uno scuro, verde 
o nei astro (pirosseno) ; quest'ultimo offre perfino cristalli di mezzo centi- 
metro di lunghezza. In alcuni esemplari, la roccia apparisce rugginosa 
per alterazione; in altri, è intonacata di una incrostazione fibrosa di 
color verde*malachite, la quale, tuttavolta, non ricetta punto rame e si 
riferisce probabilmente al gruppo delle cloriti. * In ogni caso, la pietra 
ha il tatto ruvido ed è piuttosto tenace e pesante. 

Esaminata la roccia al microscopio, apparisce come un aggregato 
cristallino di feldispato, il quale, alla luce polarizzata, si colora vivamente 
e si manifesta quasi tutto formato di plagioclasio, colle sue zone a colori 



' Questa materia si liquefa agevolmente in smalto nero al cannello, senza co- 
lorare la iiamma; essa fornisce le reazioni del ferro. 



— 45 — 

alternanti. In questo aggregato sono sparsi in numero variabile (secondo 
la preparazione che si osserva) cristalli verdi con poco o punto dicroismo 
di un pirosseno che pare augite e molte opaciti a riflessi bruni (ferro 
magnetico?). Come minerale accessorio, ho riconosciuto eziandio in un 
esemplare la mica in piccole lamelle gialle e lucenti, ma non ho potuto 
accertare la presenza del quarzo. 

Una delle preparazioni offre accenno di tessitura sferolitica, cioè 
vi si notano piccoli adunamenti di un minerale concrezionato concen- 
tricamente, neirinterno dei quali sono sviluppati cristallini incolori e 
fibre convergenti al centro \ 

I cristalli di plagioclasio, generalmente voluminosi e distinti, sono 
connessi da un cemento microlitico della stessa natura, il quale assume 
lieve tinta rubiginosa dovuta, credo, alla alterazione delle opaciti. Essi 
ricettano inclusioni vetrose e pori a gas, bene spesso simetricamente 
disposti; non ho osservato inclusioni liquide. ' 

Notevoli, fra le opaciti, alcune a sezione regolarmente esagona ed 
altrs a contorno perfettamente circolare, che accennano a sferette ori- 
ginariamente fuse. 

Ad occidente di Nizza, le roccie vulcaniche, le quali spettano prin- 
palmente al tipo andesite, spuntano all'esterno in vicinanza del mare 
al Cros de Cagnes, poi nei pressi di Vence e di Aspres (come può vedersi 
dalla carta geologica dei dintorni di Vence del sig. Blanc) e, procedendo 
ancora verso occidente, si presentano in espandimenti di gran lunga 
maggiori a Villeneuve, S. Julien, Vaugrenier, Biot e nella penisola d'An- 
tibo. Queste sono alla loro volta, per cosi dire, le sentinelle avanzate di 
altre masse più cospicue, di tipi litologici diversi, che si estendono lungo 
la costa fra i golfi di Napoule e di Frejus e neirinterno fino a più di 
30 chilometri dal mare. 

Secondo Niepce, le trachiti della valle del Varo sarebbero riferibili 
a due diverse età; le une risalirebbero al miocene, le altre solo al 
quaternario. A Villeneuve e Biot, le trachiti traverserebbero una mollassa 
miocenica e alla Gaude, sul Varo, si presenterebbero in dicchi entro un 
deposito quaternario '. 

De Chambrun de Rosemont scrive che nella valle del Mardaric, al 



' Questi cristallini si fondono al cannello in vetro bolloso, colorando la fiamma 
in violetto. 

* Comptes Rendus des séances de TAcadémie des Sciences, séance du 21 
m ars 1887. 



— ^ — 

I I 

nord di Biot, le trachiti coprono l'eocene con Nummulitea papt/racea e 
sella, Cidaris serratus, ecc. e che, aireet, avrebbero sollevato e metamor- 
fosato una formazione fossilifera postpliocenica. A Villeneuve, soggiunge, 
un banco della stessa età avrebbe subito uno spostamento dovuto alla 
eruzione della trachite. Lungo il litorale gli affioramenti trachitici, os- 
serva lo stesso autore, sono allineati in un semicircolo che ha il suo 
centro in mare. Non sarebbe questo semicircolo, egli si chiede, il residuo 
di un vasto cratere? 

Secondo le mìe osservazioni, le andesiti, dei pressi dì Monaco e della 
valle del Varo sarebbero riferibili ad un solo orizzonte geologico pro- 
babilmente eocenico superiore. Infatti, queste roccie attraversano indub- 
biamente assise pertinenti al nummulìtico, ìnducendo nelle medesime 
sensibile metamorfismo, ma non si vedono in alcuna località propriamente 
iniettate tra sedimenti pliocenici e quaternari. Di più, nel conglomerato 
pliocenico di Cagnes e di Saint Laurent raccolsi ciottoli dì andesite 
che dimostrano la preesistenza di questa roccia al conglomerato. 

Nulla ho potuto osservare nei dipartimenti delle Alpi Marittime e 
del Varo che avvalorasse il suppósto di eruzioni vulcaniche plioceniche 
e quaternarie. 

Serpentine, — Nel considerare le traccie che i fenomeni del vulca- 
nismo hanno lasciato in Liguria, e dopo aver esaminato le roccie schiet- 
tamente vulcaniche, come le andesiti, i porfidi ecc. non posso a meno, 
di tener conto anche delle serpentine. 

Non ripeterò la descrizione già data in altri lavori dairing. Mazzuoli 
e da me delle masse serpentinose delia Liguria, né ripiglierò ab odo 
la discussione relativa all'origine di queste roccie ; ma, per coloro che 
non hanno tenuto dietro alla controversia, ricorderò per sommi capi le 
ragioni per le quali il mio collaboratore ed io crediamo fermamente che 
esse sono un prodotto endogeno, ragioni che in parte sono il frutto di 
indagini e scoperte recentissime. 

Le serpentine si presentano in maSse, talora enormi, adagiate fra 
strati di roccie sedimentari più o meno antiche e per la loro costitu- 
zione mineralogica, nonché per la compagine chimica, si discostano dalle 
roccie concomitanti, di cui dirò più innanzi. Esse risultano precipua- 
mente, come a tutti è noto, di un silicato di magnesio associato ad os- 
sidi di ferro. Orbene, se la serpentina fosse roccia di sedimento, d'onde 
potrebbe provenire Tingente quantità di magnesio che acclude ? Nessuna 
roccia superficiale magnesiaca avrebbe potuto somministrarlo, a quanto 
pare, in sufficiente quantità. 



— 47 — 

Si è detto che il magnesio poteva essere precipitato ( allo stato di 
silicato) dalle acque marine, per via di sorgenti minerali o di corsi 
d'acqua contenenti silicati alcalini e terrosi in soluzione. Ma è egli 
ammissibile che il solo magnesio, il quale costituisce una infima parte 
dei metalli contenuti nei sali del mare, ^ abbia lasciato traccie di se 
senza che nulla o quasi nulla sia rimasto del sodio, del calcio, del 
potassio? 

A me ciò pare inverosimile: 1.° perchè non si produce attualmente 
in simili condizioni alcun deposito di silicato di magnesio; 2.^ per Tenorme 
spessezza presentata in certe località dalla massa serpentinosa. 3.^ per- 
chè è accompagnata da minerali anidri, come olivina, enstatite, ma- 
gnetite, cromite e piccole quantità di ferro nativo, la cui formazione 
riuscirebbe inesplicabile nell'ipotesi suesposta. 

Certo è^ tuttavolta, che i terreni in cui sono intercluse le masse 
ofìolitiche offrono segni evidenti di energiche azioni idrotermali che ac- 
compagnarono la loro emissione. 

Ma veniamo alle prove dirette della loro origine. I grandi espandi- 
menti di cui si tratta occupano le depressioni di antichi bacini marittim^« 
pertanto passarono per lo stato liquido o semiliquido prima di trovarsi 
nelle condizioni attuali. Vi si trovano impigliati massi arrotondati di cal- 
care, di un calcare alquanto indurito e cristallino per effetto di una 
leggiera metamorfosi, da che si argomenta che le serpentine stesse non 
solo furono liquide, ma anche calde. Ciò si desume ancora, d'altronde, 
dai cristalli di bastite, che mancano al lembo estremo di talune masse, 
ove subirono rapido raffreddamento, e abbondano nelle parli non peri- 
feriche. Che più? Certi conglomerati, che si trovano agli estremi di al- 
cune emersioni serpentinose (non però tutti, che ad altri si addice una 
interpretazione diversa) rappresentano, se mal non mi appongo, i ma- 
teriali detritici, direi quasi i tufi, che la massa serpentinosa travolgeva 
d'innanzi a se nel suo rapido procedere. 

Un ultimo argomento, a parer mio perentorio, vale io credo a per- 
suadere i più ritrosi. L*ing. Mazzuoli ha scoperto nella valle del Penna 
che le serpentine eoceniche passano ad un gran nucleo di lehrzolite. * 
D'allora in poi questa roccia, che era primamente confusa in Liguria ed 



* Secondo Usiglio, 1000 parti di acqua del Mediterraneo contengono 37,655 
parti di sostanze diverse disciolte, fra le quali 3,219 di cloruro di magnesio e 
2,477 di solfato di magnesio. 

* Boll, del R. Comit. Geol., anno 1884, n. 11-12. 



— 48 — 

altrove con certe varietà di serpentina, fu ritrovata in copia in tutte 
le grandi masse ofiolitiche eoceniche e triassiche; io la raccolsi nel 
Levantese, presso Bargone, alla Gallinaria, nelPeocene, sul Varenna 
( sopra Pegli ), presso Cogoleto, sopra Sassello, al Monte Tobbio, al 
Monte Reisa, nel trias. Il Lotti la rinvenne nella formazione ofìolitica 
eocenica della Toscana. Orbene, la lehrzolite, roccia anidra di cui son 
tanto evidenti le affinità litologiche coi basalti, costituisce un nesso 
logico fra le roccie propriamente vulcaniche, da un lato, e le serpen- 
tine dall'altro. 

Alla questione che ho qui toccata si connette strettamente quella 
della genesi di altre roccie, che accompagnano abitualmente le serpen- 
tine, vale a dire delle eufotidi (dette impropriamente gabbri dai tede- 
schi) e dei diabasi e varioliti. Queste si vedono bene spesso passare 
alle roccie di sedimento, per cui da taluno furono credute metamorfiche 
e più raramente fanno transizione alla serpentina, motivo per cui da altri 
autori, clie ammettono Torigine eruttiva della serpentina, furono dette 
ignee. Orbene, Mazzuoli ed io riteniamo che, non essendo propriamente 
né ignee né metamorfiche, si formarono per la commistione dei materiali 
che costituiscono la serpentina, recati da acque termominerali, con 
quelli che si depositavano normalmente per effetto della sedimentazione ; ^ 
cosi si spiega la posizione loro costantemente periferica, rispetto alle 
serpentine normali, colle quali si compenetrano; cosi si spiega il fatto 
che compariscono sempre associate alle serpentine stesse, quantunque 
in certi casi assumano evidente stratificazione. Abbiamo attribuito a 
queste roccie la denominazione complessiva di anjimorjiche per alludere 
alla doppia loro origine. 

L'emissione delle serpentine si produsse indubbiamente nel fondo 
di depressioni occupate dalle acque marine, e ciò si desume dalla na- 
tura delle assise scistose e calcaree tra le quali sono incluse. Non si 
conoscono ancora vere vene e dicchi di serpentina; sono ignote perciò 
le vie seguite dal magma ofìolitico per giungere alla superfìcie. 

Le traccie non intense di metamorfismo che si trovano nelle roccie 
acquee in contatto colle serpentine accennano a temperatura poco ele- 
vata; il fatto che queste non sono bollose e cellulose significa eziandio, 
che non furono accompagnate da sviluppi di gas e di vapori. Dobbiamo 
pure argomentare dalle osservazioni suesposte che la loro emissione 



* Boll, del R. Comit Geol.^ anno 1881, n. 7-8. 



- 49 — 

non fu preceduta né seguita da violente esplosioni. Cosi si spiega 
eziandio la mancanza fra le formazioni ofiolitiche di materiali detritici 
analoghi a quelli che sono projettati dagli spiragli vulcanici per razione 
dei vapori sprigionati con violenza nelle roccie liquide e solide. Con ciò 
mi parrebbe arrischiata l'asserzione che le serpentine sieno venute alla 
luce senza agitazioni, senza scosse. Noi vediamo infatti che le forma- 
zioni in cui si trovano interclusi letti di serpentine sono sempre più 
o meno sollevate, ripiegate, contorte, spezzate, attraversate da filoni, 
spesse volte con spostamenti ingenti. Orbene, questa condizione di cose 
non potè verificarsi senza che la superficie delia terra fosse scossa 
più o meno violentemente. Sembra però che nei territori in cui domi- 
nano siffatte formazioni le pieghe, i contorcimenti, le fratture si sieno 
prodotti con maggior frequenza ed intensità dopo i fenomeni eruttivi. 

Sieno pure eruttive, come io credo, le roccie ofiolitiche della Li- 
guria, non è meno vero che l'emissione loro era del tutto cessata alla 
fine del liguriano e che durante la lunga serie dei tempi miocenici e 
quaternari, Tauiviià endogena alla quelle sare'obe dovuta la loro com- 
parsa non si fece più viva né con nuove eruzioni né con fenomeni 
manifestamente connessi alle eruzioni più antiche. 

La distribuzione delle sorgenti termo-minerali d'Acqui e dei paesi 
circonvicini, sorgenti situate presso il lembo settentrionale della grande 
emersione serpentinosa che giunge al mare fra Varazze e Sestri Ponente, 
potrebbe destare il sospetto di una relazione fra questa e quelle. Ma 
il sospetto non regge, se si riflette alla immensa distanza, nell'ordine 
del tempo, che separa l'attualità dal remoto periodo triassico, al quale 
risalgono le serpentine del Monferrato. 

Quanto a certe sorgenti minerali delle valli del Lemmo e della 
Polcevera, mentre si trovano ip prossimità di masse ofiolitiche assai 
meno antiche, vale a dire eoceniche, non son tali, come vedremo, da 
addursi a prove ^i attività endogena. 

Supposti monti vnlcanioi. — La fantasia popolare, forse eccitata 
dalla tradizione di qualche fenomeno naturale, erroneamente interpre- 
tato, addita due monti della Riviera di Ponente, come sede d'attività 
vulcanica mal sopita, che si ridesterebbe da quando a quando colla 
comparsa di vapori e fiamme accompagnati da boati e trepidazioni del 
suolo. 

Uno di questi, situato a nord-est di Bordighera, è il Monte Nero, 
alto m. 602 (secondo la recente carta topografica militare), l'altro sorge 
a tergo di Santo Stefano, in quel di Porto Maurizio, e porta un nome 







K-' ■ 



— 50 — 

quasi uguale, è detto cioè Monte Negro. ' Io li visitai entrambi, afHne 
d'investigare le ragioni e l'origine delle voci che corrono in proposito 
ed ecco in breve il risultato delle mie osservazioni. 

Oltrepassata la città di Bordighera, verso levante, e lasciate alle 
spalle le sue colline di sabbie gialle e di ai*enarie plioceniche, s* in- 
contra ben presto il vallone del Sasso, che limita ad ovest e nord*ovest 
il Monte Nero. Alla base, esso risulta di arenaria bruna, eocenica, * in 
banchi lievemente inclinati, ai quali si frappongono, tra i 200 e i 300 
metri d'altitudine, straterelli di calcare cenerino, duro e fragile. Gli in- 
feriori contengono il Chondrites intrieatus; i superiori, questa medesima 
fucoide con altra specie a fronde assai più larghe, che il dottore Squi- 
nabol denominò C. Ligurianus. In uno degli straterelli meno elevati 
raccolsi pure un fossile che mi sembra una nummulite in cattivo stato 
di conservazione. 

Superiormente, il monte risulta tutto di arenaria senza calcare in- 
terposto, arenaria generalmente alterata e talvolta quasi sfatta. Questa 
si presenta in qualche punto molto rubiginosa, e altrove manganesi- 
fera. Il minerale manganesìfero costituisce pure, talvolta, una specie di 
sottile rivestimento alla superficie degli strati. 

Presso la cresta, a circa 520 m. sul livello del mare, in una radura 
del bosco di cui è coperta la montagna, si trovano i cosidetti Ciotti 
Fumosi, tre orifizi irregolari che sono, a quanto pare, vacui rimasti tra 
massi di arenaria accatastati per effetto di un piccolo scoscendimento. 
I cespugli che ingombrano quelle cavità non permettono di apprezzarne 
il fondo e le dimensioni. Certo è che nulla accenna in esse ai feno- 
meni ignei, di cui, secondo la voce popolare, sarebbero stati sede e non 
v'ha traccia nemmeno, in quel punto e tutto all'intorno, di alcuna emana- 
zione o sorgente calda, la cui vista abbia potuto colpire l'immagina- 
zione degli abitanti. Una sorgente minerale solforosa esiste sibbene 
alla base del monte, presso la strada maestra, ma non è termale e non 



* A proposito del primo, ricorderò f*ome, dopo il terremoto che fuaestò la Li- 
guria Qccidentale nel 1831, era così diffusa nel paese l'aspettativa di una eruzione 
vulcanica dal Monte Nero, che Alìberto Nota, vice-intendente di S. Remo, accom- 
pagnato dal sindaco di quella città e da parecchi ingegneri, credette opportuno di 
recarsi sopra luogo per verificare se l'allarme fosse fondato (Rassegna Nazionale, 
n. del 16 marzo 1887). 

* Si riferisce probabilmente a quel piano sottoposto al ligurtano tipico, che ho 
denominato infraliguriano. 



— 51 — 

ha relazione alcuna colla credenza superstiziosa ispirata dai Ciotti Fu- 
mosi. Se Rii fosse lecito una semplice congettura per spiegare questa 
credenza, direi che potrebbe esser nata dalla vista dei fenomeni ignei 
(bagliore, emissione di vapori, arsione di vegetali secchi) determinati 
dall'attrito dei massi, durante lo scoscendimento che diede origine ai 
Ciotti. 

Il Monte Negro dei pressi di Porto Maurizio è situato a due chi- 
lometri e mezzo a settentrione di Santo Stefano a Mare e costituisce 
uno dei minori rilievi orografici, tra le pieghe numerose che si dira- 
mano dal Monte Faudo. * Siccome mi occupai a lungo di questo monte 
in una nota inserita anni sono nel Bollettino del R. Comitato Geolo- 
gico, * basterà ora che ricordi per sommi capi le cose osservate. 

Il Monte Negro, alto circa 560 m^tri, è formato, alla base, di maci- 
gno e, pili in alto, di calcari marnosi eocenici (riferibili al piano ligu- 
riano), profondamente metamorfosati, convertiti, cioè, in calcari cristallini 
e calcari silicei compatti, bene spesso rubiginosi e traenti alla ftanite. 
La silicizzazione è più spiccata sul versante orientale del monte e 
presso la cresta, nel punto denominato in dialetto Sutta du Feugo, vale 
a dire camera o ricettacolo del fuoco; ivi spesseggiano entro la massa 
rocciosa, la cui stratificazione si fa poco distinta, vene, nidi e geodi 
quarzosi e calcedoniosi. Sul versante occidentale del monte, ove man- 
cano o sono assai lievi i segni di metamorfismo, si presenta un filone 
metallifero con galena, a ganga di quarzo, pei quale furono tentati al- 
cuni lavori d'esplorazione. 

Il metamorfismo accusato da quelle roccie risale indubbiamente a 
tempi assai remoti, ad ogni modo più antichi del terziario superiore, 
poiché la formazione di marne e sabbie gialle plioceniche detta le 
Terre Bianche, adagiata alla base del Monte Negro, nella valle che lo 
divide dal monte di Santo Stefano, non ne porta alcuna traccia. 

Ancbe qui nulla si osserva che ricordi, nemmeno lontanamente, i 
fenomeni del vulcanismo. Tuttavolta, non si possono disconoscere nelle 
vicinanze i segni di una attività idrotermale ancora persistente. 

Infatti, il Rio du Tuvio o di Terzorio, poco lunge, reca acque calcari- 
fere, le quali, come si è detto, depositano anche attualmente un travertino, 
e le stesse Terre Bianche presentano fra le assise arenacee, sottili falde di 

* Il nome di Monte Negro figura nell'antica mappa dello Stato Maggiore 
«ardo, ma non più in quella a curve orizzontali deiristituto geografico militare, 
' Anno 1876, num. 11-12. 



— 52 — 

calcare concrezionato interstratificate che accennano ad antiche polle 
calcarifere, sottomarine. Pertanto, non è impossibile né inverosimile che 
qualche fenomeno idrotermico manifestatosi presso la vetta del monte 
ed ora scc^parso, abbia dato origine alla tradizione popolare cui da 
principio alludevo, tradizione omai ribadita dal disastro del 23 febbraio. 
D'altra parte, l'aspetto stesso di quelle rupi nerastre e rossigne, talché 
sembrano arse, può aver suscitato negli abitanti il pensiero che ivi 
altra volta si fosse spalancato un cratere. 



Bradisismi antichi e recenti in Liguria. 

La configurazione montuosa della Liguria, le pieghe, le contorsioni 
complicatissime delle formazioni stratificate più antiche del miocene. Tal- 
titudine raggiunta dalle assise dell'eocene superiore, tra le Alpi Marittime 
^; (m. 2955), nonché quella alla quale provengono presso il litorale i 

l^ conglomerati pliocenici (m. 550), fanno fede della ampiezza delle oscil- 

li lazioni subite dal suolo della regione colpita del terremoto fino al ter- 

fe mine dell'era terziaria. 

1^. Valli sommeme. — Un'altra prova di tale ampiezza emerge dal 

^ fatto recentemente verificato che gran parte delle valli della Liguria 

ì^ occidentale, dal Bisagno al Varo, si protraggono sotto il livello del mare 

^ fino ad una profondità non minore di 900 metri. 

si ■ 

r Se si tracciano sopra una carta del Golfo di Genova le linee iso- 



e 



,» 



i- batimetriche, ossia di uguale profondità, desunte dagli scandagli assai 

numerosi ed esattissimi testé eseguiti dalla R. nave idrografica «e Wa- 
shington » sotto il comando del capitano G. B. Magnaghi, si osserva 
che in tesi generale esse non corrono parallele alla costa, ma da le* 
vante a ponente si vanno avvicinando alia medesima. Inoltre, queste 
linee presentano sinuosità assai risentite dirette verso il litorale, mas- 
sime di contro alla Riviera occidentale, sinuosità che corrispondono, per 
la posizione e la direzione, ad altrettanti fiumi o torrenti. 

Di contro alle foci del Bisagno e della Polcevera son ben distinte, 
le sinuosità presentate dalle linee di 200, 500^ 600, 900 m. La depressione 
corrispondente alla Polcevera piega un pò a ponente, e ad una certa 
distanza da terra, sembra continuarsi al largo con un fondale di 1500 
e per fino 1800 m. ; ma oltre i 900 m. non si può asserire che essa sia 
proprio il prolungamento della valle della Polcevera, perché gli scan* 
dagli vi sono troppo radi. Certo é che, a circa 1 miglia a mezzogiorno 



J 



— 53 — 

da Genova, appariscono ben manifesti, nel prolungamento dei due corsi 
d* acqua, i due solchi, profondo Tuno 500 m. e l'altro 593, divisi mercè 
un rilievo che s'innalza a soli 135 m. dalla superficie (Tav. XIII). 

Alla foce del Taggia o Argentina comincia a manifestarsi una si- 
nuosità nelle linee batimètriche di 50 'e 100 metri, ma molto meglio si 
accusa in quelle di 200 e di 500 m. e, a quanto si può argomentare 
dagli scandagli, fa sentire la sua influenza fino alla linea dì 1000 m. 
Laddove, in mezzo alla valle sommersa, passa la linea di 900 m., lungo 
le rive di essa, il fondo s'innalza da una parte a 346 dall'altra a 460. 

Anche alle foci del Roia e del Nervia si presentano sinuose le linee 
di livello di 50 e 100 m. (in questa assai più che in quella) e la conca- 
vità, rivolta, s'intende, verso terra, è assai spiccata nella linea di 500 m. 
Alla distanza di 1 miglio e Vv dalla foce del Roia si trova nel mezzo della 
depressione una profondità di 536 m., mentre al due lati il fondo risale 
a circa 200 m. Ad una distanza un pò minore di 5 miglia da terra, 
mentre il punto più profondo della valle sottomarina è dato da una 
quota di 931 m., si trovano a breve distanza, ai due lati, fondi di 445 
e 410 m. 

La depressione che trovasi nel prolungamento del Roia segue la di- 
rezione dominante nell'ultimo tratto di questo corso d'acqua; quella in 
continuazione della Val di Nervia (la quale corre presso la foce paral- 
lelamente al meridiano) si mostra diretta da nord-ovest a sud-est. Qui 
può cadere il dubbio, tuttavolta, che il solco rappresenti il prolunga- 
mento di un'altra vaile più orientale. ' 

Sono questi gli esempi più spiccati di sì notevole configurazione, 
sulla quale già in altra circostanza chiamai ritenzione degli studiosi % 
ma il fatto si verifica più o meno per quasi tutti i corsi d'acqua della 
Riviera di Ponente. 

Le quote di pofondità che presentano in alcuni punti salti rapidi, proce- 
dendo da terra verso il largo, accennano a terrazzi sommersi e ciò tanto 
per la Riviera occidentale, quanto per la orientale. È assai probabile 
che il Capo di Noli, il quale ò indubbiamente un terrazzo emerso pliocenico, 
abbia per base due scaglioni sottomarini. Questo fatto si può argomentare 
dalla prossimità delle linee di livello di 200 e di 500 metri. 



' Il dubbio é per verità poco plausibile, perciocché i corsi d'acqua situati a 
levante del Nervia fino al fiume di Taggia, non sono che torrentelli. 

* Comptes Rendus des séances de TAcadémie des Sciences, séances du 24 
et du 31 janvier, 1887. 



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— 54 



Non sfuggirà ad alcuno l'importanza di cosi strana disposizione 
del fondo, alla quale si connettono altre particolarità che mi faccio ad 
esporre. 

À poco più di 30 miglia a mezzogiorno della Palmaria (cioè a circa 
'. 20 miglia a nord-ovest della Gorgona), si leva da una depressione di 

y ;^ 500 a 1000 metri un ampia gibbosità che giunge nel punto culminante 

vjt ;>. a soli 187 metri dalla superficie. Supponendo calato di 500 metri il livello 

;/; marino, questa gibbosità si convertirebbe in una isola di oltre 6 miglia 

di lunghezza. Della recente sommersione di siffatta isola porge indizio 
il fatto che in vari punti di essa Io scandaglio segnalò ghiaie e sabbia ; * 
f: e per resistenza delle valli sommerse di cui accennai l'indizio acquista 

quasi il valore di prova. 

Questa singolare configurazione del fondo nel mare Ligure risulta 
manifesta in una carta idrografica, ricchissima di quote batimetriche e di 
ogni altra indicazione relativa ai fondi marini, testé rilevata dalla R. nave 
« Washington » sotto il comando del capitano di vascello Magnaghi. 
E qui mi sta a cuore di rendere pubbliche grazie al valente ufficiale, 
il quale mi ha dato facoltà di consultare la minuta della sua carta prima 
che fosse fatta di pubblica ragione e mi ha messo cosi in grado di 
profittare di nozioni di grande importanza per l'interpretazione della 
geologia ligure '. 

Non v'ha dubbio che le depressioni sottomarine in continuazione 
delle valli torrenziali e fluviali della Liguria e i terrazzi esistenti sotto 
il livello del mare sono la conseguenza di una recente sommersione, 
per la quale una zona assai estesa delle Riviere liguri si è avvallata 
almeno di 900 metri e giace coperta dalle acque del Mediterraneo, 
Uno dei geologi più autorevoli. De Lapparent, avvertiva non è molto 
che si attribuiscono con soverchia facilità alle oscillazioni del suòlo ì 



* La presenza di ghiaia e sabbia ò assolutamente anormale ad una profonditàr 
maggiore di 100 metri e non si può spiegare plausibilmente se non ammettendo 
che questi materiali vi furono depositati per lo squagliamento di ghiacci galleg- 
gianti, i quali trasportavano detriti tratti alle coste, o pure invocando un bradi- 
sismo discendente. Nel caso presente, la prima ipotesi ò esclusa in modo quasi 
assoluto dai documenti che possediamo intorno alla climatologia dei tempi qua- 
ternari e terziari in Liguria. 

• Gli schizzi e i profili compresi nella tav. XIII, a corrodo di questa memoria 
sono desunti dalla carta generale del golfo di Genova (n. 126), nella quale si trovano 
tracciati i rilievi compiuti dal Washingtorij carta che fu pubblicata, quando già 
avevo scritto il capitolo della mia relazione relativo alle oscillazioni lente del suolo. 



— 55 — 

mutamenti verificatisi recentemente nei rapporti reciproci fra il livello 
medio del mare e la terra emersa, perciocché, soggiungeva, questi feno- 
meni sono dovuti bene spesso a deformazioni della superfìcie oceanica. 
Ora si potrebbe chiedere all' illustre scienziato a quale ordine di fenomeni 
si deve attribuire uno sprofondamento, il quale, se risale al pliocene 
(come io credo), non è inferiore ai 1450 metri e se invece data soltanto 
dai tempi quaternari raggiunge almeno i 900 metri! E egli possibile 
invocare un fenomeno diverso dal bradisismo, di un fenomeno che ripete 
la sua causa e la sua origine dalle forze endogene del globo, per spie- 
gare un dislivello di tale estensione ed altitudine? 

Non mi pare ammissibile che una sommersione cosi ingente dipenda 
da un fatto locale. Essa probabilmente si collega a vicende geologiche 
la cui influenza si è fatta sentire in tutta Italia, in tutto il bacino del 
Mediterraneo. Affine di apprezzare adeguatamente la sua importanza 
in ordine alle oscillazioni lente o rapide del suolo, cui andò soggetta 
la Liguria, è mestieri innanzi tutto detorminare l'epoca alla quale deve 
riferirsi la formazione delle valli e il successivo loro sprofondamento. 

È chiaro che le valli, dovute indubbiamente alla erosione fluviale 
e torrenziale, non risalgono oltre il miocene, perciocché le pieghe assai 
risentite, le contorsioni, gli sconvolgimenti di cui le assi-e del piano 
liguriano portano traccie nell'Appennino dimostrano che le vicende geo- 
logiche subite dal nostro territorio, dopo il liguriano, non hanno lasciato 
sussistere alcuna parte dell'antico regime orografico e idrografico; infatti, 
si osserva che bene spesso le cime dei monti corrispondono al fondo 
dei sinclinali del calcare a fucoidi e a certe valli odierne corrispondono 
invece gli anticlinali abrasi della i^tessa formazione. Le medesime con- 
siderazioni valgono per quanto riguarda i periodi tongriano ed aquita- 
niano, i più antichi dell'epoca miocenica. 

Non è del pari supponibile che le valli sottomarine ora sommerse 
sieno state scavate durante il langhiano, l'elveziano e il tortoniano, per- 
chè si tratta di una fase di sommersione, durante la quale quasi tutta la 
Liguria era sott'acqua. Da tali esclusioni risulta che la formazione delle 
vallate deve essere avvenuta posteriormente, in un periodo di emer- 
sione, e quindi o durante il messiniano o al principio del quaternario; 
nel primo caso la sommersione risalirebbe al pliocene, nel secondo sa- 
rebbe avvenuta durante la stessa era quaternaria, appena compiuta 
l'erosione delle valli. 

Nella seconda ipotesi si dovrebbe ammettere necessariamente che 
tra la fine del pliocene e l'attualità si sono compiuti nella Liguria occi- 
dentale i seguenti fenomeni: 



— 5G — 

1. SollevanisQto delle marne, sabbie e conglomerati pliocenici fino 
a lòOO m. (al Monte Bellinda presso Mentono). 

2. Erosione degli stessi per m. 500 almeno per formare le valli, 

3. Sommersione delle valli ad oltre 950 m. 

4. lìmersioue del lido quaternario di 50 m. almeno. ' 

5. Immersione di una diecina di metri almeno, verificatasi anche 
dopo i temfii storici. , 

Orbene, a meno di invocare cataclismi incompatibili colle dottrine 
gGologighe meritamente professate nelle migliori scuole, non pare che 
un tal complesso di fenomeni abbia potuto aver luogo nello spazio di 
tempo relativamente breve dal pliocene in poi. Non v'ha nessuna traccia, 
d'altra parte, d'alluvioni quaternarie antiche, situale a grande altezza 
sull'alveo dc'gli odierni corsi d'acqua, alluvioni che giustifichino il sup- 
posto di una erosione quaternaria di centinaia e centinaia di metri. 
Di più, si trovano lungo le due Riviere, a pochi metri d'attitudine, ca^ 
verne ossil'ere (che credo praticate dalle onde marine), contenenti 
ossami di matiiraiferi, riferibili al quaternario più o meno -antico 
come: Elephas meridionalis, Gulo apelaeus, Rhinoeeros sp-, Hippopo- 
tamus major, Felis spelaea, Felis antiqua, Hgaena spelaea, Ursus 
upelaeus var., ossami di cui non si saprebbe spiegare il ritrovamento, 
nello accennate condizioni di giacitura, se fosse avvenuto un avvalla- 
mento di 950 m. durante l'era quaternaria; percii>, io mi sono attenuto 
e mi attengo ancora alla prima ipotesi, secondo la quale le valli sca- 
vate durante il messìniano sarebbero state sommerge al principio dal 
pliocene. Se cosi fosse, lo sprofondamento non sarebbe di soli 900 m., 
ma di 1150 almeno, dovendosi aggiungere ai 000 quel tanto (m. 550) 
di cui furono sollevate, lungo la costa, le assise plioceniche. 

11 mio supposto non è inverosimile, perciocché il periodo measi- 
iiiano corrisponde, come è noto, ad una fase d'emersione, durante la quale, 
secondo le indicazioni somministrale dalla paleontologia e dalla stra- 
tigrafia, la Sardegna, la Corsica e le isole dell'Arcipelago Toscano erano 
unite al continente. Che durante il messiniano il territorio ligure acco- 
gliesse grandi bacini d'acqua dolce, i quali dovevano essere alimentali 
da fìumi o lorranli, lo dimostrano 1 giacimenti lignitiferi di Caniparola 
e Sarzanello presso la Spezia, quello di Garbagna nel Tortonese e le 
marne a fìlliti di Stradella. 

' VL'iUnsi le osservazioni relative all'altitudine del quaternario mariao ìa 



— 57 — 

L'egregio Taramellì, nel suo recente studio « Dei terreni terziari 
presso il capo della Mortola in Liguria 3, letto d'innanzi all'Istituto 
Lombardo, nell'adunanza del 15 dicembre 1887, muove alcuni gravi ob- 
bietti a questo modo di vedere è sostiene la tesi che Finterà oscilla- 
zione delle Riviere ligustiche, per la quale furono scavate le valli e 
poscia si inabissarono nel fondo del Mediterraneo, ebbe a compiersi 
tutta entro i tempi quaternari. Anche l'ing. Mazzuoli, che pure militò 
nel mio campo in altre e più gravi controversie e che mi fu più volte 
collaboratore e comlpagno d'escursioni, esprime i^ una sua memoria 
« Sul modo di formazione dei conglomerati miocenici dell'Appennino 
Ligure» ' testé comparsa nel Bollettino, un avviso che coincide per- 
fettamente con quello esposto dal Taramelii. Eccomi adunque in disac- 
cordo con due colleghi, e precisamente con quelli le cui idee sono 
d'ordinario più* conformi alle mie; ma un tal pensiero non mi turba, 
imperocché io vedo nei miei contradittori non già avversari, ma alleati 
nella ricerca del vero. 

Reco intanto le considerazioni del Taramelii che non ardisco rias- 
sumere per non scemarne l'efiicacia. ^ 

« Attribuisce quindi l'autore alla erosione esercitatasi sino dal periodo 
messiniano, non solo l' inizio, ma il compimento delle incisioni che si ve- 
dono formate nelle catene litoranee e che si continuano colle sommerse 
vallate. Ed in ciò parmi che ci sia già una prima difficoltà; perchè 
l'altitudine del lido pliocenico sui fondi di valle attuali presso alla foce 
ci obbliga ad ammettere che almeno per 550 m. queste vallette si sono 
approfondite dal pliocene in poi, quindi anche le maggiori vallate non 
potevano essere se non abbozzate, con una direzione probabilmente 
diversa, nei suoi particolari, della direzione attuale. Infatti nei conglo- 
merati di Castel d'Appio, a sensibile distanza dell'attuale corso del fiume 
Roja, si vedono gli elementi permiani dell'alta valle di questo fiume, e 
e non è molto facile precisare quale fosse l'idrografia nel precedente 
periodo del messiniano^ anteriore al potente deposito delle argille plio- 
ceniche ed agli spostamenti di livello e di pendenza avvenuti dopo il 
pliocene. Siccome poi il signor Issel attribuisce al messiniano non solo 
la erosione, ma ben anco la sommersione di queste valli liguri, ne ver- 
rebbe che essendo il pliocene sollevato a 550 metri questa sommersione 



• Boll, del R. Comit. geol., 1888, n. 1-2, 
' Memoria citata, pag. 10 e seguenti. 



— 58 — 

dopo il messiniano, quando pigliavano a deporsi le argille plioceniche, 
dovette essere per la Liguria della rilevante misura di 1450 metri. 

11 signor Issel prevede altra obiezione, che si potrebbe elevare alla 
sua ipotesi riuando ai domandasse come mai i potenti depositi pliocenici 
che sappiamo misurarsi a centinaia di metri, non abbiano obliterato 
'iueste valli ; e osserva che la rapidità del movimento non lasciò tempo 
ai depositi di Tormarsi, tanto più che il fondo di queste valli discese 
aduna profondità, alla quale la sedimentazione è molto lenta. Né l'una 
nÈ l'altia di i[uestc ragioni mi persuade. Se la sommersione tu rapida, 
come io credo del pari, fu poi regolare e lungo il deposito; e questo 
non può essere stato gran fatto meno potente della misura che attinge 
il pliocene marino nella regione subappennina, dove fu attraversato per 
oltre 4fX) metri a Rìvaltella ed a Sassuolo dai pozzi artesiani. Non po- 
trebbe essere che nel tratto del Tirreno, di fronte alla Liguria orientale, 
alla Lunigiana ed stila Toscana, dove gli scandagli non danno traccie 
di sommerse vallate, quivi appunto il pliocene sia rimasto o sia stato 
prontameiiti' ricondotto sotto il mare? 

n A me sembra che se i piccoli torrentelli liguri hanno potuto in 
epoca sicuramente pospliocenica incidere di centinaia di metri i depo- 
sili pliocenici e le raccie sottoposte, ben potevano essi ed i fiumi mag- 
giori incidere anche le vaili, che sono sommerse, nel medesimo lasso 
di tempo. Pare eziandio che il complesso dei fatti osservati nelle isole 
tirrene, allo stretto di Gibilterra, alle Baleari, alla sommersa dorsale 
tra Sicilia ed Africa, nell'Adriatico, nell'Arcipelago greco, ad onta dei 
parziali e sempre limitati sollevamenti posglaciali, concorra a dimo- 
strare una generale e considerevole sommersione, che tenne dietro 
ai vari spostamenti avvenuti durante ed appena dopo il pliocene. Forse 
amiche oltre lo stretto di Gibilterra, pur esso dovuto ad uno sprofon- 
damento, una simile sommersione fece scomparire dalla terra nei ri- 
stretti limiti dell'era recente. Né devonsi giudicare i fenomeni cosi della 
erosione come della sommersione, che qui suppongo, sproporzionati ai 
limiti relativainenie ristretti dei tempi posteriori al pliocene; perché 
l'erosione é dovuta piuttosto alla copia delie acque diluviali che alla 
durata della loro azione; perché ben più grandiosi esempi di erosioni 
poBterziarie ci porge l'esame della orogenesi nelle Alpi e nelle stesse 
regioni, che attualmente sono quasi o del tutto prive di pioggie; perché 
la sommersione deve essere stata rapida o subitanea, probabilmente al- 
lorquando ancora continuarono gli incendi del grandioso sistema dei 
vulcani quaternari, del quale noi vediamo un'avanzo di attività, come 



- 59 — 

vediamo un residuo soltanto delle precipitazioni di acqua e di neve, che 
accadevano in època quaternaria. I geologi, usi a considerare molto 
sinteticamente i tempi anteriori al pliocene, comprendono di solito in 
un semplice fenomeno di sollevamento il passaggio della orografìa plio- 
cenica alla attuale ; ma per poco che si considerino da vicino i fatti, 
come vanno moltiplicandosi le prove di varie espansioni glaciali e di 
diversi periodi diluviali, cosi si complica e si dimostra svariata la storia 
delle sommersioni e dei sollevamenti parziali e temporanei; ed il pas- 
saggio della orografìa e più ancora della idrografìa attuale alla plioce- 
nica diventa sempre più astruso e diremo anche, almeno per ora, più 
incerto. Quante migrazioni di valli, rimanendo selle e laghi a vestigia 
dell'abbandonato decorso dei fiumi! Infatti, senza abbandonare il ri- 
strettissimo campo delle osservazioni qui riportate, se ben consideriamo 
la carta topografica e la composizione de\ conglomerato pliocenico del 
M. Bellindo, di roccie cretacee ed eoceniche, risulta chiaramente che 
se fu esso eroso dai due torrentelli del Passo e del Latte, fu invece 
depositato e in parte anche eroso da una corrente più cospicua, che 
scendeva dalla valle della Bevera, che non ancora influiva nel fiume 
Roja; essendoché la sella di S. Antonio (230 m.) che separa le origini 
del Rio del Latte dalla valle della Bevera, è molto più bassa della massa 
di conglomerato che corona i due monti Bellindo e Marocca; e per quanto 
la si voglia supporre abbassata in periodo posglaciale, deve essere stata, 
come molte altre selle, abbozzata dal passaggio di una forte corrente, 

« Un'altra considerazione mi fa propenso ad ammettere la incisione 
delle sommerse valli liguri come un fenomeno quaternario, ed è lo 
smembramento dei numerosi lembi del pliocene marino, e litoraneo, 
che tanto contribuiscono a produrre la amenità e la ricchezza di suolo 
in quella bella contrada, ma che pur troppo segnano anche le aree 
dove furono più disastrose le scosse del recente terremoto. Smembra- 
mento non dissimile da quanto avvenne dei lidi pliocenici lombardi, 
per opera non tanto delle correnti principali quanto per l'erosione dei 
rigagnoli delle falde ; quivi come ovunque dimostrandosi per più vie la 
molteplicità e la complicazione dei fatti posterziari. Né molto diversa 
a mio avviso, può essere la storia geologica della Liguria e delPalta 
valle padana, come procurerò di dimostrare in altra nota, che spero 
di presentare ai riveriti colleghì. 

«Un ultimo argomento lo trarrei anche dalla tenuità degli apparati 
alluvionali, quaternari e posglaciali delle correnti principali della Li- 
guria paragonati ai depositi litoranei dei minori torrentelli. Confron- 



-T"v»»*, r 



— 60 — 

tiamo ad esempio le alluvioni posterziarie del Varo, del Roja, del Centa 
con quelle del Letimbro presso Savona, delFIoipero ad Oneglia, del 
Nervia tra Bordighera e Ventimiglia, del Paglione a Nizza. Pensiamo 
anche alla accennata abrasione subita dai lidi pliocenici, alla profon* 
dita dei solchi indubbiamente scavati dal pliocene in poi, mentre presso 
terra mancano del tutto dei rilievi che possano interpretarsi come 
delta sommersi. Veniamo alla conclusione che il golfo ligure fu invaso 
dal mare in epoca relativamente recenie ; cosicché vi furono sopra larga 
zona sommersi dei monti e dei colli di rocce secondarie ed eoceniche, 
e scomparvero valli, alluvioni ed apparati di delta, che ora, parzial- 
mente obliterati e sepolti dai recenti depositi marini, costituiscono il 
fondo del Tirreno. Secondari bradisismi ponno avere parzialmente eliso 
l'effetto di tale sommersione; ma il fenomeno saliente mi pare che 
nell'epoca posterziaria sia quivi pure un ampia oscillazione, dapprima 
positiva dopo il piacentino e poscia negativa in un periodo che rimane 
a determinarsi dell'epoca quaternaria. Evidentemente questa sommer- 
sione può entrare anche nei limiti dei tempi esostorici ed aver lasciato 
un ricordo delle sue ultime fasi nelle più confuse tradizioni della nostra 
specie ed una traccia nel carattere delle faune insulari tirrene, come 
ebbe a dimostrare in un notissimo scritto il signor Forsyth Major. Ma 
da pochi fatti non conviene assurgere tosto a deduzioni, che possono 
trovare ad un tempo agguerriti avversari e sostenitori entusiasti, anche 
in geologia, io spero, le verità si fanno strada da sole, poco alla volta, 
a furia di fatti che rimangono e di ipotesi che tramontano. 

«Osservo infine che la distanza in tempo dal periodo messiniano 
al quaternario antico può anche essere stata relativamente breve; poiché 
tanto la potenza delle formazioni terrestri e marine plioceniche quanto 
la grandiosità della erosione, compiutasi dal messiniano in poi ponno 
essere causate piuttosto dalla abbondanza delle pioggie che dalla du- 
rata di questi ultimi periodi terziari. Epperò la differenza tra il mio 
modo di vedere e quello dell'egregio collega può essere meno profonda 
di quanto pare a prima giunta. » 

A queste osservazioni, delle quali non mi dissimulo il valore per 
la natura stessa degli obbietti e per l'autorità dì chi li adduce, rispondo 
in prima che non mi sembra dimostrata la differenza che il prof. Tara- 
melli suppone fra l'idrografia messiniana e la odierna, perciocché, quan- 
tunque dal messiniano in poi sieno sopravvenute amplissime oscilla- 
zioni del suolo, oscillazioni regionali che dovevano manifestarsi sopra 
vasti tratti di paese, non é men vero che le assise sedimentari del 



- 61 — 

messiniano etesso e quelle posteriori sono generalmente poco inclinate 
sull'orizzonte, come può vedersi, in ordine alle prime, nella formazione 
gessosa della valle del Tanaro e di Stradella e, per quanto riguarda il 
pliocene, lungo tutto il litorale ligure. Il raddrizzamento del pliocene di 
Mentono e di qualche altro punto è un fatto puramente locale. 

Se la sommersione fosse avvenuta durante il pliocene, dice il Ta- 
ramelli, le vallate avrebbero dovuto rimaner colmate dalle melme plio- 
ceniche. Ciò avvenne in effetto, secondo la mia ipotesi, ma avvenne 
ove la sedimentazione è più attiva, cioè presso le coste. Egli ammette 
che le vallate odierne e quindi le loro continuazioni sottomarine furono 
erose durante il quaternario e, a titolo di prova, adduce l'erosione in* 
dubbiamente quaternaria operata dai torrenti attuali nelle formazioni 
plioceniche; a ciò parmi si possa obbiettare che T erosione odierna si 
è prodotta e si produce a spese di materiali mobili, argille, marne, 
sabbie, conglomerati, ed è perciò più attiva ; ma i corsi d'acqua attuali 
sarebbero stati insufficienti, io credo, a tracciare solchi di 500 metri di 
profondità entro roccie secondarie e paleozoiche per lo più dure e tenaci. 

La prova che le nostre vallate son più antiche del quaternario (in 
tesi generale) la ravviso poi in ciò che lo stesso conglomerato plioce- 
nico in mezzo al quale si verificano le più profonde incisioni, è pro- 
priamente, come si è studiato di dimostrare de Chambrun de Rosempnt, 
un deposito fluviale o meglio una formazione d'estuario. Infatti esso 
non si estende a tutto il lido della Riviera, ma si presenta solo alla 
foce dei maggiori corsi d'acqua, cioè del Varo, del Roia, del Nervia, del 
Conta. Manca quasi del tutto il conglomerato nei lembi pliocenici di 
Bordighera, di Savona, di Albiasola, di Arenzano, di Genova; a Mon- 
tone, a Bussana, Porto Maurizio, a Oneglia, a Cervo, a Vado, esso 
è ridotto alla minime espressione, perchè ivi mettono foce corsi d'acqua 
insignificanti. 

La disposizione delle assise di conglomerato, sempre più inclinc^te 
presso il mare che a monte, ciò in ispecie alle foci del Varo (nelle 
vicinanze di S. Laurent) e a Castel d'Appio, se dipende dalla inclina- 
zione del piano di sollevamento, accenna pure in alcuni casi ad una 
formazione d'estuario. Di più, il fatto che entro questa roccia clastica 
abbondano ciottoli provenienti da gran distanza (e qui alludo principal- 
mente a porfidi e gneiss permiani e alle quarziti triassiche tanto co- 
muni nelle puddinghe del Varo e di Ventimiglia) è segno che essa fu 
elaborata da potenti corsi d'acqua. 

Quanto alle osservazioni relative al conglomerato del Monte Bel- 



linda, citate dal prof. Taramelli, se giasUficano il Buppoeto che allra 
volta il corso d'acqua che ora, Botto il nome di Bevera, arBuisce nel 
Roia metteva più a ponente, mi sembrano insufficienti a far fede di un 
mutamento radicale nelle condizioni idrografiche del paese dal plio- 
cene in poi. 

Che dire dell'argomento che il Taramelli trae a vantaggio della 
sua tesi dalla tersità degli apparati alluvionali e postglaciali dei mag- 
giori corsi d'acqua in Liguria? A me pare che, accettando l' ipotesi 
dello sprofondameoto pliocenico, si spiega facilmente come durante Ìl 
quaternario mettendo i fiumi e i torrenti ad una costa a picco, fossero 
le condizioni poco propizie al prodursi di potenti ed estese formazioni 
di spiaggia. 

D'altra parte, se qua e 1& si palesano le traccie di un solleva- 
mento postpliocenico, si vedrà pure come a Monaco, a Diano Marina, 
a Rergeggi si manifestano le traccie di una progressiva sommersione, 
per la quale parte dei depositi alle foci dei fiumi deve essere neces- 
sariamente scomparsa- 
Contro la interpretazione ammessa dai miei egregi contradittori ri- 
mane poi sempre l'argomento capitale che io ho desunto dalle caverne 
ossìfere litorali, argomento non ancora adeguatamente sviluppato e che 
a me sembra decisivo. 

Infatti, se supponiamo che il grande avvallamento di 900 metri sia 
avvenuto durante il quaternario, ne vien di conseguenza che tutte le 
caverne scavate precedentemente presso Ìl mare debbono essere ora 
sommerse. Quelle che noi vediamo sopra il livello del mare o si tro- 
vavano dunque, un tempo, ad un livello superiore ai 900 metri o pure fu- 
rono scavate posteriormente. Orbene, a poche diecine di metri sul livello 
del mare nelle cavità del monte del Castello, a Nizza, in taluna delle ca- 
verne dei Balzi Rossi, presso Mentone, e in ispecie nella grotta di Gri- 
maldi alla Mortola, furono raccolti nella breccia ossifera avanzi di mam- 
miferi del quaternario più o meno antico. A Nizza fu segnalato il Felis 
nf.elaea, il Feli^ antiqua, l'Ursus spelaeus, un Hippopotamus, un Rhino- 
eeros (forse il iichorhinus), un elefante, probabilmente \\ primigenius. ' 

Ai Balzi Rossi si raccolsero resti di Ursus spelaeus. Hyaena ape- 
Itiea, Arctoniyx primigenia, Rhinoeeros tiehùrhinus. Boa primigenius, 



' Riviere. Paléaethnotogif, ou de l'antiquiti de t'h 

iiimet. l'ari», IS78-1880. 



— 63 — 

Cerous alees e di molte altre specie. ^ Nella grotta di Grimaldi, il Ri- 
vière rinvenne Elephas meridionalis, Hippopotamus major, Rhinoeeros 
sp., Gulo spelaeus, ecc. * 

Siccome alcuni dei fossili enumerati, massime quelli della grotta 
di Grimaldi, son propri all'orizzonte inferiore del quaternario, è mestieri 
ammettere che le caverne in cui erano contenuti si trovassero prima 
dello sprofondamento ad altitudine maggiore di 900 metri, oppure che 
lo sprofondamento fosse già avvenuto al principio del quaternario'. 
Se è poco probabile che, per la massima parte, quei mammiferi vives- 
sero a tale altezza sul livello del mare, mentre il clima già doveva 
subir l'influsso della fase glaciale, sarebbe addirittura assurdo il sup- 
porre che r ippopotamo, animale essenzialmente acquatico che non suole 
allontanarsi dal mare o dai grandi fiumi, vivesse in cosi elevata stazione. 
E si noti che l'ippopotamo fossile fu pure segnalato in analoghe condi- 
zioni in una breccia ossifera quaternaria a Santa Teresa nel Golfo della 
Spezia. * 

Perciò son condotto a concludere che la sommersione delle vallate 
non potè verifìcarsi che anteriormente ai tempi quaternari. 

Fori di litof)iisri. — Se ora consideriamo ulteriori traccio di oscil- 
lazioni secolari verificatesi in Liguria, in tempi geologicamente recentis- 
simi, dobbiamo ricordare innanzi tutto le antiche linee litorali, indubbia- 
mente quaternarie segnate sulle rupi calcaree delle nostre costiere. Ai Balzi 
Rossi, furono osservate da Gaudin e Moggridge a 8 metri e 20 metri. 
A due chilòmetri a ponente di Porto Maurizio, si vedono i fori a meno 
di 3 metri; presso Oneglia, a levante della città, a m. 3,59; nella grotta 
di Bergeggi fra 4 e 6 metri; a Genova (nel porto) fra 6 e 7 metri; a 
Camogli a m. 7,58 (circa). 

I fori di tali linee, e per la loro freschezza e perchè talvolta con- 
tengono avanzi di conchiglia dei litodomi che li hanno scavati, non 
sembrano più antichi dei tempi quaternari. Molti altri fori, distribuiti a 



* Vedasi Topcra precitata. 

' Grotte de Grimaldi en Italie f^Association Fran^aise pour rAvancement 
des Sciences, Congrés de Paris 1878, Paris 1878). 

' Alcuni dei giacimenti fossiliferi precitati potrebbero forse appartenere al pIio« 
cene superiore anziché al quaternario inferiore ; ma non rimarrebbe alterato perciò 
il significato loro in ordine alla mia tesi. 

^ Capellini, Breccia o$$i/era della caverna di Santa Teresa, (Memorie del- 
rAccademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna, serie III, tomo X. Bologna, 1879). 



— 64 — 

maggiore altitudine, sono probabitmente da attribuirsi ad et& più remote ; 
infatti, si osservano generalmente in calcari che portano traccie di ero- 
sione subita dopo praticata la cavità, talché alcuni di questi fori hanno 
profondità minore della normale; i fori più antichi non sono aggruppati in 
linee o zone ben definite, come bene spesso i fori quaternari e recenti, 
ma si presentano assai radi e sparsi senza ordine. Ne osservai a circa 
metri 30, 80, 100, 250, 400, 500, 600 e più sopra il livello marino. 

A San Fruttuoso e a Borzoll, il calcare eocenico in posto od anche 
ciottoli della medésima roccia offrono fori di litofagi freschissimi, perchè 
denudali recentemente dalla marna pliocenica onde erono coperti. Cosi 
pure, presso Millesimo si osservano nel calcare dolomitico triassico si- 
mili fori, ugualmente conservati, mercè la moll.issa del miocene inferiore, 
dalla quale erano coperti e difesi. 

BAosntl matajnentl nal rapporti alUmetrlol del mare • dalla 
terra. — Traccie di mutamenti recenti avvenuti nei rapporti re- 
ciproci fra i livelli della terra emersa e dal mare si possono 
verificare in vari punti della Liguria; ma giova notare in proposito che 
possono dipendere In parte da oscillazioni lente del suolo ed esser con- 
seguenza della attività propria del globo, e in parte possono invece ri- 
petere la causa loro da lenti mutamenti dì livello nella massa delle 
acque marine dovuti a cause astronomiche. 

Uno degli esempi più istruttivi del fenomeno di cui tengo discorso 
può osservarsi nel litorale di Bergeggt, entro la grotta di questo nome, 
che si apre in riva al mare e nella quale il mare stesso penetra per 
alcuni meiri, nei tempi calma, e quasi fino al fondo, quanti' è agitato. Le 
pareti calcaree della cavità sono forate dai litodomi fino a circa 6 metri 
d'altitudine e perciò se ne può argomentare che subirono una recente 
emersione. D'altra parte, il suolo, che declina dolcemente dal fondo (ino 
all'estprno, è coperto in gran parte di una breccia recente che contiene 
cocci e selci di facies neolitica, pezzetti di carbone, ossa di mammiferi 
spezzate e perfino denti umani. Questa breccia si continua anche sott'ac- 
qua fino alla profondità di circa un metro sotto il livello medio del mare. 
Orbene, essendo essenzialmente costituita dì detriti abbandonali dal 
l'uomo nella caverna, cementati poi da concrezioni stalagmiliche, essa 
non si potè formare sopra un suolo dilavato dalle acque marine e 
tanto meno sopra un suolo costantemente sommerso. È mestieri lo 
ammettere, adunque, che dopo la formazione della breccia si siano alte- 
rati i rapporti recìproci tra ì livelli del mare e della grotta. Eviden- 
temente le acque si sono innalzate o la grotta si è avvallata. Stimavo 



— 65 — 

da principio che la differenza di livèllo intervenuta dai tempi neolitici 
in poi fosse non minore di 2 metri; ora sono indotto da osservazioni 
ulteriori a valutarla di 5 metri almeno. 

Siffatte conclusioni sono corroborate dalla scoperta di parecchi sche- 
letri umani, accompagnati da molti oggetti lavorati e residui di pasti, 
fatta recentemente dal sig. Elio Modigliani, * nel cunìcolo che si protende 
a sud-ovest della cavità principale. Non è presumibile che questo co- 
nicolo, il cui suolo pianeggiante si trova appena a tre metri sul livello 
medio del mare, fosse stato adibito ad uso di tomba, nelle sue condizioni 
presenti, cioè essendo soggetto durante le mareggiate ad una temporaria 
sommersione. Anche da ciò si può argomentare che il mare non salisse 
tanto alto all' epoca del sepellimento ; e siccome tra la suppellettile 
funeraria son compresi cocci, vetri e frammenti di bronzo lavorato che 
non sono più antichi dei primordi del dominio romano in Liguria, ne con- 
segue che Tavvallamento del suolo o Tinnalzamento del mare si verifica- 
rono, almeno in parte, dopo l'epoca storica indicata da quei manufatti. 

Si osservano le traccio di recente sommersione di parecchi metri 
in altri punti della Liguria. Le mura delle cosi dette Antiche Saline 
presso Monaco, sono ora completamente sott'acqua, mentre alcuni se- 
coli addietro erano emerse. Nella stessa condizione si trovarono certi 
ruderi nel seno di Beaulieu. A Diano Marina la spiaggia retrocede ra- 
pidamente, non per effetto della erosione, ma per un mutamento nel livello, 
rispettivo del mare e della terra. Infatti, d'innanzi alla proprietà Demae- 
stri si vedono ruderi sommersi di fabbricati che erano, ancora all'asciutto 
40 o 50 anni addietro e si afferma dai vecchi che anni sono l'acqua giun- 
geva loro appena alla cintura, all'estremità della gettata, ove ora è pro- 
fonda due metri e mezzo. 

Nella proprietà Ruggero, al Borgo Paradisi, il mare ha distrutto un 
piccolo molino ed altri edifìzi vicini ; ora batte in breccia una casa. Il muro 
di cinta dello stabilimento Decauville, verso il mare, si mostra sempre 
più esposto all'urto delle onde. D'innanzi alla caserma dei carabinieri, 
ove ora il mare viene a frangersi nel muro di sostegno della strada 



* Vedansi a questo proposito le due note seguenti: 

Modigliani, Ricerche nella caoerna di Bergeggi (Savona), lettera al prof. 
Mantegazza (Archìvio per l'Antropologia e TEtnologia, vol.XVI, fase. II. Firenze, 1886). 

Del Mono, Degli acaoi recentemente eseguiti nella caoerna ossifera di Ber^ 
geggi (Giornale della Società di Letture e Conversazioni scientifiche di Genova, 
anno 1886, fase. 5). 

6 



— 66 — 

maestra, la spiaggia era tanto larga che nel 1823 vi si costruì una nave. 
Ivi si vedono, lambiti dalle onde, i resti di un bastione, che a memoria di 
uoipo erano discosti dal battente del mare. Allorché fu demolito questo 
bastione (cioè quando si pose mano alla costruzione della gettata), si 
trovò incastrato nella muratura un ceppo d'albero, il quale era nato e 
cresciuto in quel punto, in condizioni ben diverse dalle odierne. 

La mia attenzione fu richiamata su questi fatti da un sagace osser- 
vatore, l'ingegnere E. Charlon, il quale dimorava a Diano Marina quando 
avvenne il terremoto del 1887. 

Il P. Timoteo Bertelli, tanto benemerito degli studi sismici, esponeva 
testé in una sua memoria nel terremoto ligure ' alcune delle osserva- 
zioni surriferite e ne citava parecchie altre che pur concorrono a dimo- 
strare il medesimo fatto. 

Egli recò la testimonianza di persone intelligenti e pratiche di 
Diano Marina che attestano come, praticando fondazioni nel suolo della 
città, si trovassero più volte a certa profondità fondamenti di edifici pre- 
esistenti e come nello scavare un pozzo si scoprisse una specie di la- 
stricato (forse un tratto dell'antica Via Aurelia). 

Il signor G. Jervis ravvisa segni di abbassamento nel litorale 
d'Oneglia « dove le fondamenta delle case antiche sembrano essere 
sotto il livello attuale del mare ». ' 

In alcuni tratti della riva, fra Laigueglia e il Capo delle Mele, 
quantunque il suolo sia basso e pianeggiante, manca propriamente la 
spiaggia; ivi i marosi percuotono i ruderi di un antico muro parallelo 
al lido, eretto a difesa di un oliveto. A ridosso di un lembo di questo 
muro, rimasto in piedi, vegetano ancora alcuni olivi ; molti altri, colla 
terra vegetale che li sosteneva, andarono distrutti. 

Indizi di depressione appariscono ancora ad Albenga, in antichi 
edifìzi profondamente interrati. Cosi il battistero, che risale al VII se- 
colo, ha il suo pavimento collocato a circa m. 2,20 sotto il livello stra- 
dale e il Ponte Lungo (opera romana) sotto al quale, in tempi storici, 
passava il Centa, ha i suoi 10 archi interrati per 3 metri almeno. 

L'avanzamento del mare a detrimento delle spiagge si osserva ancora, 
ma in proporzioni minori, a Fina' e, Varazze, Cogoleto, Arenzano, Voi tri, 



* Osieroazioni fatte in occasione di una escursione sulla Riderà Ligure 
di ponente dopo i terremoti ioi seguiti in quest'anno (Memorie della Pontifìcia 
Accademia dei Nuovi Lincei, voi. III. Roma, 1888). 

• Delle cause dei mooimenti tellurici ecc. Torino, tip. Derossi, 1887. 



— 67 -* 

Sestri Ponente, Cornigliano, Sampierdarena, cóme pure in molti altri punti, 
e si procura di frenarlo con artificiali ripari e specialmente con gettate 
perpendicolari alle rive o pennelli che determinano lo accumularsi ai 
due lati, e sopra tutto verso ponente, di copiosi interrimenti. 

Nella Riviera di Levante, il mare è in via di avanzamento sulla 
spiaggia di Chiavari ed ogni tanto invade qualche campo o giardino e 
distrugge qualche casa. L'anno scorso atterrò in parte l'ospizio di Santa 
Maria e l'edifizio del gasometro e cagionò gravi danni alla proprietà 
Rivarola. Ciò avviene, quantunque l'Entella che mette foce poco lungi 
rechi a quella spiaggia ricco tributo di sedimenti. La costa retrocede 
pure alle Cinque Terre e in specie nel Golfo della Spezia, lungo la Ma- 
rinella, nel seno di Lavala, a S. Terenzo, ecc. * 

E poco presumibile che il fenomeno di cui si tratta, dipenda dalla 
erosione, nell'interno del golfo, le cui acque sono abitualmente tranquille. 

Nella sua lettera a Carlo Bonnet, pubblicata nel 1784 in Verona, 
tra le a Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle 
Scienze », lo Spallanzani accenna per incidenza ad un antico monumento 
da lui rinvenuto nell'isola del Tino, monumento in cui si avrebbe la 
dimostrazione dell'invariabilità del livello marino da ben 9 secoli. 

NuU'altro si trova in proposito tra le memorie stampate dall'in- 
signe naturalista, ma egli lasciò scritto in una sua nota inedita, rinve- 
nuta dal signor Giuseppe Manzotto, che il monumento in cui credette 
ravvisar la prova di cosi persistente immutabilità del livello marino 
consiste in una antichissima gradinata fatta nella roccia, per la quale 
si ascende all'isola dalla riva del mare; i due ultimi scalini di questa 
gradinata, a mare tranquillo, sono ora sommersi. 

Nel riferire i fatti qui ricordati^ Antonio Bertoloni avverte in prima 
che il Monastero di San Venerio, cui appartiene la scala scavata nel 
sasso, non risale a 9 secoli addietro come supponeva Spallanzani, ma 
solo a 7. Egli soggiunge poi che la circostanza dei due gradini som- 
mersi anziché provare l'invariabilità del livello marinò sarebbe piut- 
tosto un argomento valevole per sostenere l'opinione contraria, non 
potendosi ammettere che i due gradini sieno stati fatti per restar sot- 
t' acqua. 

Osserva ancora il medesimo autore che alla sommità dell'isolotto 



* Si troveranno particolareggiate notizie in proposito nella mia memoria in- 
titolata: Le oscillagioni lente del suolo o bradUiimi. Genova, 1883. 



w 



Tiaelto, presso il Tino, si trovano i ruderi di un piccolo cenobio (poeto 
altra volta sotto la giurisdizione di quello di San Venerio), ruderi cui 
ai giorni nostri giungono i più alti marosi durante le forti mareggiate; 
ora non k probabile che originariamente il cenobio fosse esposto al- 
l' impeto delle onde. 

AU'estrentità del Capo Corvo, o promontorio di Luni, havvi una 
grotta che ha nome Tana del Serpente, la cui apertura altra' volta 
ampia e lacilmente praticabile, è divenuta a poco a poco, col tempo, 
angusta, pcrcliè ostruita dai sedimenti della Magra; quando il mare è 
traoijuillo, esso lambisce ora la bocca della caverna e giunge alla su- 
porlìcie del deposito. Non è questo, chiede l'autore, un indizio di sol- 
levamento dal livello marino? 

Il medesimo fenomeno da cui dipendono i mutamenti ora accennati, 
□ci rapporti reciproci della terra emersa e del mare, si manifesta 
eziandio nella posizione delle rovine di Luni, le quali giacciono in parte 
ad un livello inferiore a quello del mare, come ebbe a verificare Carlo 
Promis negli scavi archeologici ivi da lui compiuti. È vero bensì che, 
come sappiamo da Rutilìo Numanziano, Luni era lambita dal mare, 
mentre i suni ruderi ne distano al presente di ben duemila passi; ma 
facilmente si spiega questa distanza, osservando la natura del terreno, 
il quale ò tutto formato di sedimenti depositati dalla Magra. 

Senza addurre alcun valido argomento a favore della sua tesi, 
Bertoloni reca i fatti precitati quali prove di un lento sollevamento 
del mare ' mentre con ugual ragione potrebbero considerarsi come 
dovuti ad un secolare avvallamento del suolo. 

Fuori dei territorio di cui precipuamente mi occupo in questo la- 
voro, sulle spiagge della Provenza, come su quelle della Toscana, gli 
accenni ^d una depressione del suolo, o ad un recente innalzamento del 
livello marino (che forse ancora continua), sono pur numerosi ed evidenti ; 
ma di questi ho trattato a lungo in altro lavoro e nulla potrei aggiungere 
alle cose già esposte. 

Se prescindiamo dalla ampiezza dei movimenti e ci facciamo ad 
investigare il numero di quelli, bene accertati, che si produssero du- 
rante le ei-e quaternaria e terziaria, e ciò limitandola nostre osserva- 
zioni all'angusto territorio che ha per lìmiti il mare a mezzogiorno, il 
parallelo d'Acqui a settentrione e i meridiani di Nizza e di Genova a 



\\ MUeeltanea botanica (Nuovi Coniment di Bologna, tomo Vili, 1S44). 



— 69 — 

ponente e a levante, giungiamo alla conclusione che furono almeno in 
numero di dieci, come apparisce dal prospetto seguente: 



Prospetto cronologico delle oscillazioni subite 
dal suolo della Liguria durante le ère terziaria e quaternaria» 



Attuale 



Pliocenico. . «» 



Spiaggia eon edifizi sommersi dal mare (Diano 
MariDa). 



Immersione 



Breccie ossifere neolitiche sommerse (Bergeggi). 



Emersione 



Spiaggie emerse, letti di ghiaie e ciottoli marini 
sollevati (penisola di S. Ospizio, Capo delle 
Mele, Cogoleto, Veltri). Formazione di spiaggia. 



Emersione 



Postpliocenico. . . 



Alluvioni fluviali antiche, terrazzi più o meno ele- 
vati lungo i corsi d'acqua (valli della Stura di 
Cuneo, del Nervia, ecc.). Formaz. d'acqua dolce. 



Emersione 



Conglomerati a grossi elementi con scarsi fossili 
marini (valli inferiori del Varo, del Roia, del 
Nervia, del Quiliano). Formaz. di spiaggia e 
d* estuario. 



Emersione 



Sabbioni e sabbie e marne sabbiose, con fossili 
marini (Ventimiglia, Bordighera, Porto Mau- 
rizio, Vado, Voltri). Formaz. di mare sottile. 



Emersione 



Argille e marne con fossili marini (Ventimiglia, 
Albenga, Zinola, Savona, Albissola, Borzoli). 
Formaz. di mare profondo. 



Immersione 



2 t'csHose con Alliti, conglomerati, calcari, 
nili {valle inf. del Tanaro, Carezzano, Stra- 
na, Tortonese). Formai, d'acqua dolce. 



Sabbie ed arenarie, calcari, conglomerati ghiaiosi 
con roisili marini (Finalese, Val di Scrina). 
Forma/, di mar sottile e di spiaggia. 



lame grigie e marne scistose, con pteropodi 
(Valle di Scrivia, territorio di Ac<jui, ecc.). 
Formaz. di mare profondo. 



lorni' nr^'nacee, arenarie, conglomerati ghiaioBi 
(alla valle di Scrivia, valli del Lemmo e della 
BorniÌ<ia di Spigno). Formaz. di mare poco 
profondo. 



Immeriion^ 



Conglomerati a grossi cogoli senza fossili, con- 
glomerati rubiginosi con tossili marini (Monte 
Giovo, Sassella). Forrhaz. di spiaggia. 



Immertione 



\rotla5sa scagliosa con filliti e testuggini (Monte 
Giovo, Sassello). Formaz. d'ac'jua dolce. 



Mollaasa rubiginosa o grigia con fossili marini 
l (Monte Giovo, Sassello, alto Sansobia). Forma- 
zione di maro poco profondo. 

1 

Arenaria e scisti bituminosi con filliti (Monte Giovo, 
alto Ssnsobia). Formaz. d'acqua dolce. 

Conglomerato e breccie a grossi elementi, mol- 
lasse (Monte Giovo, alto Sansobia). Forma- 
zioiio di spiaggia e di mare sottile. 



— 71 — 



§ 
1 



Calcari marnosi a fùcoidi, calcescisti, scisti argil- 
losi (Oenovesato, territorio di Oneglia e Porto 
Maurizio, Capo delle Mele). Formaz. di me- 
diocre profondità. 



Immeirsione 



Eocenico. . 



Macigni e psammiti, brecce calcaree e poligeniche 
•ì / (vicinanze di Alassio (Santo Stefano, Bordi- 
ghera). Formaz. di mare sottile. 






s 



\ 



Scisti argillosi, calcari bigi e neri con fossili 
marini (valli sup. del Taggia e del Nervia, 
Mortola, Mentone). Formaz. di media pro- 
fondità. 



Emersione 



Acque minerali e termali. 

Le acque minerali e termali si considerano da certi autori come 
manifestazioni secondarie e perimetriche del vulcanismo; la connessione 
loro coi fenomeni endogeni, in genere, e coi fenomeni vulcanici in parti- 
colare, d'altronde è, per talune regioni, così evidente che non può met- 
tersi in dubbio. 

Per questi motivi, nel considerare le traccie di attività endogena 
più o meno collegate ai movimenti del suolo cui soggiacque la Liguria 
non convien prescindere dalle acque minerali e termali. Porgerò per- 
tanto, Telenco di quelle che sgorgano entro al territorio più violente- 
mente scosso, poi enumererò le sorgenti che scaturiscono nei territori 
confinanti. 

Acque minerali che sgorgano dal territorio più violentemente scosso 

dal terremoto del 23 febbraio. 



(A) Sol/uree. 

Acqua di Isolabona. — A circa due chilometri da questo comune 
del circondario di S. Remo, presso Bordighera, sulla via di Pigna, si 
trova una sorgente solforosa che scaturisce dalle fessure d'una rupe, 
lì. fresca e abbandona copioso sedimento di zolfo. 



— 72 — 

AcouA D[ Pigna. — Si trova sulla riva destra del Nervia, ad uà 
chilometro dal paese, a monte, e scaturisca da un calcare oeraÉtro, eoce- 
nico. Ksga 6 limpida, dotata di sapore grasso particolare e di odore 
d'acido solfìdrico. Oltre all'acido soliìdrico, contiene solfato, cloruro e 
carbonato sodico, carbonati di calcio e di magnesio, gas acido carbo- 
nico, ecc. La sua teiii|jeratura è di 17°, 

Acqua di Giuncarkh-o. — Sgorga dalie falde del Monte Nero, tra 
Bordì^hera e Ospedaletti a pochi metri sul livello del mare. Appena 
raccolta t lìmpida e si mantiene tale se conservata in vasi chiusi, ma 
lasciata all'aria aperta, si intorbida; ha odore d'uova fracide, sapore 
nauseante; il suo peso specifico è circa 1,013. Essa contiene gas 
acido carbonico libero in piccola quantità, cloruri di sodio, di ma- 
gtioslo e di calcio. ' Il signor Clarence Bicknell, il quale volle misurare 
per me la temperatura di questa sorgente, la trovò due volte, a qualche 
giorno d'intervallo, durante l'inverno 1887-1888 di 19* '/, (cent.). 

SoiìfiENTiì DI San FIemo. — Questa sgorga presso la città di San 
Remo, in una proprietà del signor Carli. Essa è limpida, emette lieve 
odore di uova fracide eil ha sapore solfureo e lisciviale. Lasciata al- 
l'aria s'intorbida e forma un deposilo bianchìccio. Secondo il prof. Gen- 
tile ', il quale pur somministra le indicazioni surriferite, ccntìene: 

Gas neiJo solfidrico 0, 044 

Solfuro di calcio 0, ZIO 

Bicarbonato di calcio 0, 290 

Carbonato di sodio 0, 035 

Solfato di calcio 0. 115 

Cloruro di ealdo 0, 060 

Cloruro di magnesio 0, 025 

Acrjua e perdile 999, 2S1 

1000, 000 

Il prof. Gentile non somministra ulteriori notizie sulla ubicazione di 
questa sorgente che è probabilmente la stessa menzionata dal Da Prato 
iiolla sua < Guida dì San llemo * (S. Remo 1876), come quella che emerge 
dai calcari attraversati dal torrentello Foce a poco piti di un chilo- 
metro ad occidente dalla città. 

' CaMOBBIO, Analiii chimiche di dicerti corpi. Genova, 1834. 
' GSNTiLE, Analiti chimica di alane acque sol/orote, ecc. Porto Maurizio, 
tip. Deinaurizi, 1865. 



— 73 — 

Sorgente di Borgomaro. — Sgorga sulla sinistra del torrente Im- 
pero nel comune di Borgomaro, circondario di Porto Maurizio, propria- 
mente sotto l'abitazione del signor Demora. Si presenta in parecchie 
piccole sorgive che scaturiscono dal calcare eocenico, sorgive la cui por- 
tata è un po' maggiore nelT inverno che nelF estate. L'acqua è lim- 
pida, incolora, di odore epatico, di sapore sulfureo lisciviale; la sua tem- 
peratura, poco variabile tra le diverse stagioni e tra un ora e l'altra, 
oscilla dai 14° a 16*^ della scala di Reaumur; il suo peso specifico 
è 1,1018. Abbandonata a se stessa, forma un tenue deposito bianca- 
stro. L'analisi chimica di quest'acqua eseguita dal prof. G. Gentile ' 
diede i risultati seguenti: 

Gas acido solfidrico 0, 025 

Solfuro di calcio 0, 235 

Carbonato di calcio 0, 330 

Solfato di calcio 0, 165 

Cloruro di magnesio 0, 030 

Cloruro di calcio 0, 020 

Cloruro di potassio traode 

Acqua e perdita 999, 195 

1000, 000 

Il sedimento abbandonato dall'acqua stessa risulta per 100 parti, 
secondo lo stesso chimico, di: 

Carbonato di calcio 74 

Solfato di calcio 14 

Acido silicico 8 

Perdita 4 

100 

Sotto il nome di Aequa Amoretti, Barelli registra nello stesso cir- 
condario di Porto Maurizio un'altra fonte solforosa situata nel comune 
di Colla (ora Coldirodi). * 

(B) Calcari/ere. 

Sorgente di Mentone, — L'acqua della sorgente detta da Barma 
de PedaSy nella valle di Mentone, trae le sue scaturigini a pochi chi- 
lometri dalla città; quantunque non possa propriamente ascriversi alla 

* Memoria citata. 

' Cenni di statistica mineralogica degli stati di S. M, il re di Sarde- 
gna eie. Torino, 1835. 



categoria delle acque minerali e si adoperi ad uso di acqua potabile, 
essa forma nei condotti naturali od artificiali in cui scorre, un deposito 
calcarifero tilabastrino; in H anni rjup.sto deposito raggiunse in un tubo 
di terra cotta la spessezza di 5 centimetri. 

Fontana Landrfgo. — Questa si trova alle falde del Monte Colma, 
tutto costituito di arenarie e scisti eocenici, nel territorio di Ceriana e 
può vedersi lungo la via fra questo villaggio e Baìardo. Le acque, piut- 
tosto copiose, sono incrostanti, depositano cioè sui corpi di cui ven- 
gono a contatta e in ispecie sul fondo del rigagnolo in cui scorrono 
una sorta di travertino assai leggero e spugnoso, il quale si adopera 
colà per certe costruzioni. La volta della chiesa di Baiardo, che crollò 
durante il terremoto del 23 febbraio, era in gran parte fabbricata di 
questa roccia, la quale essendo fragile ed inquinata di terra si presta 
assai male all'uso cui fu adibita. 

Rivo DI Terzorfo. — Questo rivo, denominato colà Sia du Tuoio, 
scende dal Monte Negro a ponente di Terzorio, fra questo villaggio 
e Pompeiana, e scorre sopra calcari eocenici. Come già ho avvertito in 
altro capitolo, esso deposita nel suo alveo un travertino poco abbon- 
dante che si adopera localmente per l'edilizia. 

Sorgente di Pino. — La sorgente scaturisce in un burrone situato 
presse le case di Bricco, sotto la borgata d'Isasco, a levante dell'abi- 
tato di Pino, e giunge al mare dopo aver attraversato la ferrovia (a 
circa 25U m. a levante del casello N, 5*tl e la via nazionale. Le sue 
acque depositano un travertino assai spugnoso, di color bruno chiaro 
che ricopre di un potente intonaco il fondo del burrone ed incrosta i 
corpi sommersi. 

(G) Indeterminate. 

Fonte di Lucerna. — Nella sua Geografia medica dell'Italia 
(Acque minerali), il Mariani cita ancora un acqua minerale indetermi- 
nata, che sbocca dal Poggio del Ratto, fra Loano e Boissano, e si 
denomina localmente Luxerna. 



— 75 — 

Acque minerali che sgorgano alla periferia del territorio 

danneggiato dal terremoto. 

(A) Sol/uree. 

Sorgente dell'Acquasanta. — Sgorga sulla riva del torrente Leiro, 
a tre chilometri e mezzo da Voi tri, da un masso di serpentina trias- 
sica. E limpida, incolora, senza odore ed ha un sapore sgradevole, sul- 
fureo-lisciviale. Abbandonata per qualche ora in vasi aperti, s'intorbida 
e vi forma un deposito biancastro. Lungo il canale in cui scorre, essa 
lascia un deposito costituito di 86 parti di carbonato di calcio e 14 parti 
di solfato di calcio. ^ 

La seguente anaUsi di quest'acqua è desunta da una antica me- 
moria del Palmarini: 

Solfato di calcio gr. 0, 45012 

Cloruro di calcio » 0, 01988 

Cloruro di magnesio » 0, 06240 

gr. 0, 53240 
Acqua » 999, 46760 

Sorgente della Penna. — Sgorga a due chilometri a S.E dal- 
l'Acquasanta, nella località detta la Penna, da una fenditura che si apre 
appiè di una eminenza scistosa, quasi a livello di un vicino rivo, alle 
cui acque si unisce. Essa costituisce un getto perenne di 2 pollici di 
diametro (Mojon) e, pei suoi caratteri fisici, si mostra analoga alla pre- 
cedente. Secondo un antica analisi di Deferrari e Mojon, un chilogrammo 
di quest'acqua contiene: 

Calce gr. 0, 22046 

Solfo » 0, 08267 

Magnesia » 0, 04593 

Cloruro di calcio » 0, 51486 

Sorgente di Carpenea. — Sgorga nell'alta valle del Varenna da 
roccie serpentinose trassiche. 



1 La sua temperatura è compresa tra 20® a 25*^ (cent) e sembra indipendente 
dalle stagioni. Pesa specificamente 1,008. 



Sorgente di Moranego, Comune di Rosso (mandamento di Torri- 
glia). — Mi 6 noto soltanto che sgorga da roccie della formazione eoce- 
nica e che è più ricca d'acido solfidrico d^ quella dell'Acquasanta. 

Sorgenti di Voltaggio. — Sgorgano da roccie calcaree ed eoceniche 
presso Voltaggio, sulla riva sinistra del Morsone, poco prima delta sua 
confluenza col Lemmo. Son due sorgenti che scjaturìscono l'una ac- 
canto all'altra. Le acque loro sono limpide ed incolore; emanano leg- 
giero odore aoirureo ed hanno un lieve sapore di uova fradicie. Lungo 
il loro tragitto, abbandonano un deposito biancastro, il quale, almeno 
in gran parte, è organico (vegetale). Durante il terremoto del 23 feb- 
braio le sorgenti trasportarono in copia frammenti di un deposito ana- 
logo, il quale rivestiva probabilmente parte dei condotto sotterraneo 
delle sorgenti. La tempertitura loro, misurata in luglio USI, era di 
14° (cent.) e probabilmente si mantiene uguale o quaei negli altri mesi 
dell'anno. 

Sorgente di Galaneto. — Sgorga nel letto del Verde a Galaneto, 
in prossimità di Isoverde, presso la linea di contatto fra le formazioni 
eoceniche e triassiche. A breve distanza, si trovano adunamenti di gesso 
e masse di serpentina eocenica. 

Acqua solforosa di Carrosio. — Scaturisce sulla destra del Lemmo 
presso il paese di Carrosio, verso Gavi. 

Altra sorgente. — Si trova presso il Cascinotto, casolare situato 
a 2 chilometri a levante di Carrosio. 

Acqua solforosa di Serravalle-Scrivia. ^ Sbocca sulla sinistra 
della Scrivia, non lungi dal paese. È assai scarsa. 

ArQUA DELLA Baissa. — Sgorga ad un chilometro e mezzo a nord 
di Altare. Secondo alcuni è leggermente solforosa; altri non crede di 
poterla qualificare come minerale. 

La Bollente. — Sgorga nell'interno della città d'Acqui e fornisce 
circa GOOO etoUtri d'acqua al giorno, alla temperatura di circa 75°, Il suo 
peso specifico supera di 10 millesimi quello dell'acqua distillata. Contiene 
acido solfidrico libero, cloruri di sodio, di magnesio e di calcio, solfi- 
drato di calcio, ioduri, materie organiche, acido silicico e ossido dì 
ferro. 

Altre sorgenti d'Acqul — Scaturiscono salta riva destra della 
Bormida, a breve distanza l'una dall'altra e a circa un chilometro e 
mezzo (tatlacittà. Esse sono in numero di 7, quali calde, quali alla tempe- 
ratura dell'aria almisferica, forniscono complessivamente circa 7000 



— 77 — 

ettolitri d*acqua al giorno ed alimentano i reputati stabilimenti termali 
che traggono il nome loro dalla vicina città. ^ 

Acqua Puzzolente o del Ravanasco. — Scaturisce sulla riva sinistra 
del torrente di questo nome, appiè della collina di Bigogna, a circa 
360 metri dalle sorgenti dei Bagni d'Acqui, alle quali somiglia per le 
sostanze che trae seco in soluzione; la sua temperatura è di 17^,5. 

La Caldana. — Scaturisce nel centro dell'abitato di Visone e ri- 
sulta di più vene che si raccolgono in una vasca ; la sua temperatura 
è di circa 20». 

Fontana del Quarello. — Sbocca sulla sinistra del Quarello, a 
breve distanza a levante da Visone. Si trova presso a poco alla tem- 
peratura della precedente. 

Acqua del Medrio. — Questa scaturisce nel comune di Strevi, presso 
la via principale fra Acqui ed Alessandria, a circa un miglio dalla 
prima città, h limpida, leggermente salsa e appena attinta ha un lieve 
odore epatico; la sua temperatura è di circa 15», 6. Contiene cloruro 
sodico, carbonati alcalini e terrosi, solfato sodico, ioduro sodico, traccie 
di bromo, ecc. 

Fontana del Rodone. — Si trova nel comune di Strevi e fornisce 
un acqua salina, della quale gli autori non danno precise notizie. 

Sorgenti del Rio dei Chiodl — Due di esse scaturiscono ad una 
trentina di metri Tuna dall'altra a circa 400 m. a ponente di Visone e pel 
deposito ferruginoso che abbandonano lungo il loro corso e per altri 
caratteri si direbbero ferruginose. Una terza, situata, nel Rio dei Chiodi, 
a breve distanza dalle prime, è schiettamente solforosa. La sua tempe- 
ratura è di 21», 2. 

Acqua Marcia. — Quest'acqua, abbondantissima, sgorga a due chi- 
metri e mezzo al sud di Ponti, presso la sponda destra della Bormida e 
accanto alla strada nazionale. È limpida, dotata di sapore nauseante 
e di forte odore solfureo. Si dice che sia tepida. 

Altra sorgente. — Scaturisce essa pure presso la riva destra della 
Bormida, ad un quarto di chilometro dall'abitato di Ponti. È tepida. 

Sorgente di Cassinasco. — Sbocca alle falde del monte S. Pietro, 
a mezzogiorno del paese di Cassinasco. 

Sorgente di Sessame. — Scaturisce nel comune di Sessame (man- 



* Per notizie più particolareggiate sulle fonti minerali e termali d* Acqui, il let- 
tore potrà consultare numerose memorie delle quali il Mariani reca Telenoo alla 
pag. 63 della sua opera precitata* 



— 78 — 

(lamento di Bistagno) in prossimità del Rio dei Merli, ove questo afflui- 
sce nella Bormida; è limpida, di sapore nauseante e di odore solfureo. 
Poco lungi, vi ha anche una fonte acidula e fresca. 

Sorgente di Monastero Bormida. — Si trova nel comune omonimo 
(mandamento di Bubbio), sulla sponda sinistra della Bormida occiden- 
tale, a chilometri 3,20 a scirocco di Bubbio. Ha sapore salso e odore 
solfureo. 

Sorgente di Castelletto d'Orba. — È una sorgente salino-solfo- 
rosa che scaturisce a circa un chilometro da questo villaggio, presso 
il torrente Arbidosa. Limpida nel momento in cui viene alla luce, ben 
presto si fa lattiginosa; il suo sapore è nauseante e dolcigno, Todore 
solforoso; contiene in soluzione gas acido solfìdrico e carbonico in copia, 
cloruro sodico e calcico, carbonato e solfato di calcio ecc. 

Altre sorgenti, — Nell'alveo del Rio Albera si trovano altre pic- 
cole sorgenti solforose, meno ricche di materiali disciolti. 

Sorgente di Mombasiglio. — Si trova nel vallone di Mongia che 
mette al Corsaglia, a un chilometro a scirocco di Mombasiglio; è copio* 
sissima, chiara, limpida^ salmastra al palato e dotata di odore d'uova 
fracide. Essa contiene solfuro sodico, bicarbonato di calcio e di ma- 
gnesio, solfato e cloruro sodico ecc. 

Sorgente di Garessio. — Scaturisce da una collina detta la Menna, 
a circa mezzo miglio dal capoluogo del comune; contiene cloruro so- 
dico, iodio e solfuro sodico. 

Sorgente della Chiusa di Pesio. — È situata a 10 chilometri dal 
comune omonimo, presso la Certosa di Pesio; è fresca, un po' torbida, 
ha sapore ferruginoso ed acidulo ed esala odore di acido solfìdrico. 
Essa contiene in copia solfati di magnesio e di ferro, cloruro sodico, ecc. 

Acqua Solforosa di Vicoforte. — Scaturisce a 2 chilometri dal 
paese, presso il Santuario della Madonna, e somministra all'ora 7 etto- 
litri d'acqua fredda, limpida e leggermente solfurea. 

Acque di Valdierl — Scaturiscono a 15 chilometri a greco di Val- 
dieri, alle falde del Monte Stella. Fu eretto accanto ad esse un gran- 
dioso stabilimento termale. Segue l'elenco delle sorgenti solforose in 
numero di 8. Di altre, saline, si dirà più innanzi. 

Acqua termale di Santa Lucia. — È limpida, untuosa al tatto, leg- 
germente amara. Contiene idrogeno solforato, solfati e cloruri alcalini 
in copia. Temperatura 39**,65. 

Acque di S, Lorenzo e S. Martino. — Sono due polle che dopo breve 
tragitto si riuniscono ; hanno caratteri poco diversi da quelli della pre- 
cedente. Temperatura 69° (secondo altri 63'*,75), 



— 79 — 

Acque dei Polli e dei Fanghi antichi. — Sono due scaturigini assai 
prossime, che si congiungono dopo breve tragitto. Le acque loro, ana- 
loghe alle precedenti, si trovano alla temperatura di 68°. 

Acque di San Carlo, — La sorgente antica di questo nome si trova 
alla temperatura di 41®; la nuova a 55^ Delia prima, che è quasi scom- 
parsa sotto i materiali depositati dal Gesso, si hanno scarse notizie; la 
seconda contiene solfati, cloruri e silicati alcalini, ecc. 

Sorgente Cavour, — Questa esala forte odore d'acido solfidrico ed 
ha sapore epatico; è più ricca di materie fisse di quella di Santa Lucia. 
Temperatura 47". 

Acque di Vinadio. — Queste sorgenti in n° di 8, sono tutte solfuree e 
sgorgano a 2 ore dal comune (capoluogo del mandamento emoni alo), 
appiè del Monte Oluz, a 1275 m. sul livello del mare. Si udufruttano in 
uno stabilimento termale assai frequentato. Tali sorgenti recano tutte 
cloruro sodico, solfato calcico, carbonato calcico, acido silicico, gas acido 
solfidrico, gas acido carbonico, azoto e traccie di sostanze bituminose. 
Segue Telenco di esse, colla indicazione delle temperature rispettive : 

Sorgente della Cappella . 45** 

Sorgente della Stufa 62^.5 

Sorgente della Stufa dei Quartieri 67*^.5 

Sorgente laterale della Rocca 31®.6 

Sorgente inferiore della Rocca 57.**5 

Sorgente superiore della Rocca 60° 

Sorgente del Fango 62.°5 

Sorgente della Maddalena 47°.5 

Acqua di San Martino di Lantosca. — Sgorga a un quarto d'ora 
dal villaggio ; è solfureo-alcalina e contiene gas acido carbonico. La 
sua temperatura è di 16^ 

(B) Ferruginose, 

Acqua di Ponzone. — Scaturisce presso il casale di Pian di Latte 
a 1 chilometro e mezzo al sud di Ponzone. Si tratta di acqua ferrugi- 
nosa e magnesiaca. 

Acqua di Morbello. — Sbocca nell'alveo stesso del torrente Visone 
presso il paese di Morbello. 

Acqua ferruginosa di Visone. — Sgorga a mezzo chilometro dal 
paese di Visone, sulla riva destra del Rio dei Chiodi; è tiepida. 



— 80 — 

Acque di Vicoforte. — Sono due sorgenti che sgorgano a due 
chilometri a mezzogiorno dal paese, a pochi minuti di distanza dal cosi 
detto Santuario della Madonna. La portata loro complessiva è di ci rea 
60 litri all'ora; sono limpide, fredde e contengono bicarbonato di ferro. 

Acqua di Poggetto Theniers. — Nella località di Breuil, presso 
il comune di Poggetto Theniers, nel Nizzardo, scaturisce quest'acqua, 
la quale, a quanto si afferma, ha sapore stittico ed è molto ferru- 
ginosa. 

Sorgente della Bocchetta. — Scaturisce al passo della Bocchetta 
da roccie scistose eoceniche ; ha colore giallastro, dovuto ad una pic- 
cola quantità di idrato di ferro che tiene in sospensione ; il suo sapore 
è stittico. Coi reattivi essa somministra segni di ferro, di gas acido 
carbonico, di cloruri, ecc. 

Sorgente di Trebbiola. — Nel comune e mandamento di Torriglia. 
Mi risulta soltanto che scaturisce da terreni eocenici e che ha un sa- 
pore d'inchiostro molto sensibile. 

(CJ Manganesi/ere. 

Acqua di Sopra la Croce. — Contiene principalmente dei carbonati 
con traccie poco apprezzabili di solfati e qloruri; la calce ne sarebbe 
la base dominante», mentre vi esisterebbero in proporzioni minime 
l'allumina e l'ossido ferrico. 11 deposito formato dall'acqua risulta di 
carbonato calcico, di sostanze organiche e d'ossido ferrico in piccole 
quantità; cosi negli Atti della ottava Riunione degli Scienziati italiani, 

(DJ Saline. 

Acque di Valdieri. — Oltre alle fonti solfuree già enumerate, sono 
comprese fra quelle di Valdieri le quattro seguenti: 

Acqua purgante calda. — Questa sorgente produce 5700 litri in 
24 ore d'acqua limpida, incolora, inodora e dotata di sapore leggermente 
amaro, che contiene solfati alcalini, cloruro sodico e vari ossidi metal- 
lici. La sua temperatura è di 36^ Si dice anche acqua magnesiaca 
quantunque la magnesia vi sia assai scarsa. 

Acqua vitriolata, — E limpida, senza colore e un pò amara; il 
suo nome è affatto improprio, perciocché contiene principalmente solfato 
sodico e silicato potassico ed è priva di solfato di ferro. 

Acqua di S. Giovanni. — Quantunque prossima alle sorgenti calde, 
la sua temperatura varia tra i 10° e i 7^,5. Ricetta in soluzione clo- 
ruro sodico, solfati di sodio, di magnesio e di calcio, ossigeno libero, ecc. 



~ 81 — 

Acqua d'oro di Sant'Antonio. — E fredda, limpidissima e non ri- 
cetta che una piccola quantità di cloruro alcalino e copia relativamente 
gi*ande d'ossigeno. 

Acqua di Bobbio. — Scaturisce dalla sponda destra della Trebbia, 
presso Bobbio, all'altezza di circa m. 15 dal torrente. Essa è limpida, con 
sapore fortemente salso e leggero odore di idrogeno solforato; la sua 
temperatura fu trovata di gradi cent. 19, essendo 15 quella dell'aria. 
Secondo Mojon (1807), contiene 0,063 di sai comune e qualche indizio 
di cloruri di calcio e di magnesio, nonché di solfato di sodio e traccio 
di idrogeno solforato. Nel 1810, Cordier (Journal des minea^ n" 160) 
indicò per questa sorgente, un afflusso di m. e. 81 in 24 ore, e riconobbe in 
essa : 0,0345 di muriato di soda, 0,0058 di muriate di calce e traccie di idro- 
geno solforato. Più tardi, Baldracco verificava un afflusso di m. e. 32,05 
m 24 ore, e determinava il peso spec. dell'acqua in 1,07 (Atti della 
ottava Riiin, degli Scienz. italiani, p. 427). 

Acqua del Fonte Grande. — Sgorga a Pian di Casale, in vai di 
Trebbia, da macigni e arenarie inferiori ai calcari a fucoidi. Essa con- 
tiene: cloruri di sodio, di calcio e di magnesio e bicarbonati di calcio 
e di magnesio; si mantiene limpida all'aria. 

Acqua del Fonte Superiore. — Sgorga dallo stesso terreno, nella 
medesima località. Essa contiene: cloruri di sodio, di calcio e di ma- 
gnesio, solfati di calcio e di magnesio; si mantiene limpida all'aria. 

Acqua di Gonfiente. — Sgorga in piccolissima quantità alla con- 
fluenza dell'Avete colla Trebbia. Essa contiene: cloruri di sodio, di 
magnesio e di calcio e bicarbonati di calcio e di magnesio ; è limpida 
e fredda. 

(E) Acidule. 

Acqua di Grognardo. — Sgorga sulla riva sinistra del torrente 
Visone, a mezzo chilometro dal paese; è assai copiosa. 

Acqua di San Stefano d'Aveto. — Emerge dalla formazione eoce- 
nica; è fresca, ferruginosa e reca seco un pò di petrolio. 

(F) Indeterminate. 

Acqua di Pian Paludo. — Si trova a Pian Palude, presso Sassello 
nella località detta Rocca Tagliata. 

Acqua dei Greppini, — Greppini presso Sassello. 

6 



- 82 — 

Oonslder&Kioni desunte dalla dUitrllmzione delle aor^entl termo- 
mlneralL — In conclusione, Tarea principale sismica del terremoto ligure 
non ci presenta che un piccolo numero di sorgenti minerali, nessuna delle 
quali calda, tutte dovute, secondo ogni verosimiglianza, ad azioni chi- 
mico-fìsiche locali. Esse non danno segno di speciale attività endogena 
nel territorio di cui si tratta, non si trovano in relazione con roccie 
eruttive superficiali e la distribuzione loro non accenna a fratture pro- 
fonde ed estese. 

Per quanto ha tratto alle sorgenti termominerali segnalate al di 
fuori dell'area principale sismica, hanno importanza notevole i due 
gruppi di Valdieri e Vinadio, tra le Alpi Marittime, e quello d'Acqui, 
lungo il versante settentrionale deirAppennino ligure. 

Tutti e tre questi sistemi di sorgenti non presentano alcun rapporto di- 
retto con formazioni vulcaniche o semplicemente eruttive antiche o recenti; 
ma stanno ad indicare un attivo lavorio idrotermico ed accennano a vie di 
comunicazione tra la parte profonda della crosta terrestre e l'esterno. 

Non v'ha dubbio che tali manifestazioni dell'attività endogena deb- 
bano essere bene spesso accompagnate da trepidazioni del suolo. Ma, 
se le forti scosse del 23 febbraio 1887 si propagarono con notevole in- 
tensità fino al territorio da cui sgorgano le fonti minerali e termali e 
se, per queste scosse, taluna di esse ebbe a subire intorbidamento di 
acqua o temporaria alterazione di regime, non saprei attribuire a questo 
fenomeno che il significato d'una azione puramente meccanica, eserci- 
tata sui condotti sotterranei percorsi dalle acque^ né potrei ammettere 
un nesso qualsiasi tra il terremoto e le ' sorgenti. 

Principali terremoii subiti dalla Ligaria e dalle Alpi UariUlme. 

Per tentare l'interpretazione del terremoto del 23 febbraio 1887, è 
utile ricercare quali altre commozioni telluriche agitarono la Liguria 
e le Alpi marittime. Ho compilato all'uopo l'elenco, riferito qui appresso, 
dei principali terremoti, subiti da questa regione, di cui si conservano 
memorie negli annali, nelle cronache, nelle storie, nelle effemeridi ecc. 
Tali documenti abbracciano però un periodo di tempo assai breve in 
confronto di quelli contemplati dalla geologia. Dei tempi anteriori nulla 
sappiamo di certo '. 



' Immediatamente al disotto d^llo strato archeologico in cui si trovano 
manufatti romani, in alcune caverne ossifere del Finalese, s'incontrano detriti. 



— 83 — 
Prospetto del prinoipali terremoti osservati in questa reg^ione. ' 

951 . . . Molte scosse fortissime in Liguria (M). 

1135 . . . Terremoto fortissimo in Liguria (M). 

1182, Agosto 14. Forte terremoto a Genova (Giustiniani, libro 2"). E pro- 
babilmente lo stesso notato dal Mercalli come avvenuto il 15 Agosto. 

1197 . . . Terremoto fortissimo e rovinoso a Genova e in altre città 
deir Alla Italia (M.) 

1217, Gennaio 8. Terremoto di breve durata alle 3 di notte (Giustiniani, 
libro 3»). 

1222, Dicembre 25. Terremoto disastroso neirAlta Italia (M). < La città 
(Genova) fu tutta in pericolo di minare » (Giustiniani, libro 3°). 

1276, Luglio 29. Terremoto forte a Genova (M). 

1303, Luglio 23. Le acque del porto (Genova) si abbassarono lasciando 
parte del fondo all'asciutto fino alla cliiesa di S. Tommaso, tal- 
ché si raccolsero pesci à secco; la mancanza durò due ore (Tra- 
ctatus Chronologieus del padre Aurelio). 

1322, Ottobre 16. Terremoto a Genova (M). 

1377, Novembre 6-7. Terremoto a Genova (M). 

1481, Maggio, verso il 15. Terremoto disastroso a Fivizzano e intorno 
al Golfo della Spezia (M). 

1564, Marzo 15. Terremoto disastroso fra le Alpi Marittime. Si vuole 
che rimanessero 200 vittime alla Bollène (G. Jervis). 
» Luglio... Terremoto rovinoso a Nizza e in Provenza (M). * 

1612, Gennaio 30. La città di Genova fu scossa violentemente per due 
volte verso le ore 21 (Casoni, Annali, libro 1°). Il Mercalli nota 
un ierremoto fortissimo a Nizza avvenuto invece il 31 Gennaio. 

1644 . . . Terremoto a Nizza (M). 

» Febbraio 15. Terremoto a Nizza e Marsiglia (M). 

1688, Settembre 16. Terremoto nel Genovesato (M). 

1689, Ottobre 9. Terremoto a Genova (M). 



frammenti di roccia e massi caduti dalla volta, che accennano con molta proba- 
bilità a terremoti violenti di poco anteriori ai tempi storici. 

^ Vedasi nel paragrafo che segue il prospetto il significato delle abbreviazioni, 
• È probabilissimo che il terremoto registrato precedentemente sotto la data 
<lel 15 Marzo 1564 sia il medesimo indicato dal Mercalli come avvenuto nel Lu- 
glio dello stesso anno. 



— 84 — 

1703, Luglio 1 e 2. Scosse mediocri a Genova (M). 

1730, Marzo 28. Terremoto a Genova; poco dopo, a Massa e Carrara 

ove fu rovinoso (M). 
1741, Febbraio 7-8. Terremoto forte a Genova (M), 
1752, Gennaio 16. Terremoto à Nizza (De Parville, Comptes Rendus, 

séance du 14 Mars 1887). 
1767, Febbraio 7. Alcune scosse forti a Genova e a Torino, altre si 

sentirono il 9 (M). 
1775, Gennaio 5. Terremoto sl Genova, (Tableau chronologique dea prin- 

eipaux phén, metéor, etc. di Cotte). 
1780, Luglio 30. Terremoto a Genova (come sopra). 
1802, Maggio 12. Terremoto a Genova (come sopra). 

> Ottobre 27. Nella notte dal 26 al 27 le acque del porto (di Genova) 
si abbassarono improvvisamente per modo che le navi toccarono 
il fondo (Multedo).* Questo fenomeno probabilmente conseguiva 
da una commozione tellurica da cui era scosso il suolo di Co- 
stantinopoli, della Tracia e della Grecia. 

1806, Febbraio 23, ore 7 '/^ p. m., terrem. ondul., con direz. S-N, in Li- 
guria (Guida di Genova e del Genovesato), 
» Giugno 19. Terremoto fortissimo a Nizza (M). 
» Dicembre 8. Alle 7 */« pom. terremoto ondul. della durata di pochi 
secondi a Genova. Direz. dai S. al N. (Diario Avanzini). 
1811, Luglio 15. Terremoto forte a Genova (M). 

1818, Febbraio 23, Verso le 7. 15 pom. Terremoto fortissimo o rovinoso 
a Mondovl, Acqui, Nizza Monferrato, S. Remo, Porto Maurizio, 
Alassio. A Torino fu ondul. con direz. N-S. Gravi danni ad Alas- 
sio. Altra scossa alle 11 pom. che danneggiò S. Remo. Repliche 
il 24 e il 26 febbraio e il 2 marzo (M). 

1819, Gennaio 8. Terremoto forte a Genova, fortissimo lungo la Riviera 
occidentale, rovinoso a Porto Maurizio e S. Remo (M). 

1828, Settembre 9. Alle 12 e 30 di notte fortissimo terremoto che produsse 
qualche danno agli edifìzi di Genova. Gran parte della popola- 
zione dormi più notti all'aperto. Le scosse si fecero sentire due 
volte in 24 ore (Guida di Genova). 
» Ottobre 8. Terremoto forte a Genova, Torino, Porto Maurizio, Mar- 
siglia (M). 

> Replica il giorno 8 dicembre alle 4 p. m., con direz. E-0 (come 

sopra). 
1831, Maggio 26. Alle 11. 25 ant. scossa disastrosa diretta da N. NO a 



— 85 — 

S. SE, sussultoria poi ondulatoria; danneggiò San Remo, Taggia, 
Pompeiana e principalmente Bussana e Castellaro e fu preceduta 
da rombo. Altre il 27 e il 28 (M). 

1832, Febbraio 16 e 17. Scosse forti a Nizza. 

1834, Luglio 4. Forte scossa ondulatoria con direzione E-0 {Guida di Ge- 
nova). 

1837^ Aprile 11. Scossa con direz. E-0 (Guida di Genova), 

1838, Maggio 5. Terremoto forte a Genova; due o tre brevi scosse 
(Guida di Genova), 

1849, Giugno 17-18. Terremoto assai forte a Limone, Vernante e Tenda 
(M). Si ripeteva a Limone il 17 Novembre (M). 

1851, Ottobre 13. Alle ore 12, scossa forte diretta 0-E a San Remo (M). 

1854, Dicembre. . . Terremoto piuttosto violento fra le Alpi Marittime 

e nella Riviera occidentale, con lesione di qualche fabbricato e 
fuga di abitanti. Fu preceduto da rombo *. 

1855, Giugno 12. Terremoto forte alla Spezia. Scosse leggere il giorno 
11 e il 12 nella Riviera occidentale. 

1858, Agosto 30. Terremoto fortissimo a Demonte, forte a Cuneo, Mo- 
jola, Gajola (M). 

1871, Giugno 24. Scossa forte a Mondovì, con direz. N.NO-S.SE (M). 

1872, Aprile 23. Scossa piuttosto forte a Mondo vi (M). 

» Dicembre 31. Scossa forte a Bavari, in Val di Bisagno (Boll.). 
Secondo il Bollettino del vulcanismo ital., si produssero nella 
stessa notte avvallamenti del suolo a Mentone e a Ventimiglia, 
ma si tratta di frane superficiali di cui non è dimostrata la con- 
nessione coi fenomeni endogeni. 

1873, Gennaio. Il Bollettino del vulcanismo ital. segnala dall'I al 10 
movimenti del suolo nell'alta valle del Bisagno e nella valle di 
Fontanabuona; ma questi fenomeni furono provocati probabilmente 
dalle pioggie prolungate e non da cause endogene. Lieve scossa 
a Genova il 22 Dicembre. 

1874, Gennaio 7. Scossa forte a Genova (Boll.). 

» Giugno. Dal 2 al 13, varie scosse quali forti, quali leggere in Pie- 
monte; il 7 forte scossa a Taggia (Boll.). 

» Settembre 2. Scossa forte in Riviera (Charlon). 
1878, Giugno 7. Scossa forte a Cairo, mediocre a Mondovl e Savona; 
direz. NE-SO (Boll.). 

* Rassegna Nazionale, voi. XZJUY. Firenze, 16 marzo 1887. 



1878, Agosto :i. Altre scosse non lievi nella Riviera occidentale (Bollel.)- 
» Novembre 25. Scossa forte a Cuneo (M). 

1879, Dicembre 12. Due scosse a Demonte e Valdieri, la seconda piut- 
tosto forte (Boll). 

1880, Aprile 25. Scossa abbastanza forte, preceduta da rombo, a Porto 
Maurizio, S. Remo, Dolceacqua, Perinaldo ecc. Direz. E-0 (Boli). 

1882, Luglio 23. Scossa forte ondulai, a Savona. Direz. N-S. È l'eco dt 
quelle che si sentirono in Savoia, nelle valli della Saona e della 
Loira ecc. (Boll.) - 11 28 scossa sensibile a Masone (Boll.). 

1884. Giugno 5. Scossa sussultoria di 3" grado ad Alassio (Boll.). 

» Novembre 24. Scossa abbastanza forte fra le Alpi Marittime, in 
Provenza, nel Delfioato. Il 27 terremoto leggero a Nizza (Boll.). 

1885, Gennaio 24. Due forti scosse a Porto Maurizio che produssero 
f|ualche lesione nel palazzo della prefettura (Boll.). 

» Febbraio 10. Terremoto di 6°, preceduto da rombo a Genova. Si 
osservò anche a Santa Margherita, Recco ecc. Il 12 scossa leg- 
gera a Genova e Chiavari e scossa forte a Veniimiglia. Il IG 
scossa abbastanza forte, preceduta da rombo, in Riviera. Altre 
scosse più meno leggere il 26 febbraio, il 1° e il f2 marzo (Boll). 
» Dicembre 6. Si sentirono a Genova, a Santa Margherita e a Chia- 
vari alcune scosse di 3°. A Genova, fu notata la direzione E-0 
(Boll.). 
1887, Febbraio 23. Terremoto disastroso per la Riviera occidentale e 
il Nizzardo, rovinoso per il Piemonte e le Alpi Marittime, fortis- 
simo per parte dell'Alta Italia e della Provenza. 
Schiarimenti intorno al prospetto suesposto. — Per alcuni terre- 
moti antichi, il mio elenco reca l'indicazione della fonte dalla quale fu 
attinta la notizia, per altri che mancano di questa indicazione e portano 
per contrassegno la lettera (M), il lettore troverà opportuni schiarimenti 
nell'accuratissimo catalogo del Mercalli '. Finalnaente, le notizie relative 
ai terremoti più recenti, corredate della abbreviazione (Boll.) sono 
ricavate dal repertorio del prof. De Rossi « Bollettino del Vulcanismo 
Italiano n. Agli aggettivi che servono a qualificare le scosse e ai numeri 
d'ordine adoperati per determinarne l'intensità, si attribuisce nel pro- 
spetto il significato convenzionale dato loro dal De Rossi e dal Mercalli. 
Nell'elenco dei terremoti liguri osservati dopo il 1700 sono regi- 



' Vulcani e /enomeniBUlconiei in Itùtia. Nell'opera intilolaU: L'hatia 
l'aspetto tisico, storico, artistico, ecc. Milano, F- Vallardi et!., 1881. 



~ 87 - 

strale soltanto le scosse forti che furono avvertite da tutti e suscitarono 
allarme più o meno viva nella popolazione. Dei terremoti leggieri non 
si è tenuto conto, perchè, mentre i dati in proposito abbondano per gli 
ultimi 30 anni, mancano o sono scarsissimi rispetto ai tempi precedenti 
e quindi non sarebbe possibile tra essi un confronto istruttivo, poi 
perchè da pochi anni soltanto si possiedono apparecchi atti ad apprez- 
zare e a misurare siffatti fenomeni, i quali, ad ogni modo, anziché vere 
e proprie oscillazioni telluriche provocate da cause endogene, sono tal- 
volta fenomeni locali, dovuti a cause che hanno sede alla superfìcie. 
D'altra parte, i terremoti leggeri (e questo si può dire anche di molti 
tra i forti ) sono bene spesso l'eco affievolito di un fenomeno che ebbe 
Ja sua orìgine in un territorio più o meno lontano. 

Dei terremoti anteriori al 1700 ho citato anche quelli che gli au- 
tori non ricordano propriamente come forti, perchè è presumibile che 
in quei tempi si tenesse conto soltanto dei fenomeni, i quali per la loro 
intensità colpivano la fantasia popolare e perchè non è possibile, ad 
ogni modo rintracciar notizie più precise in proposito *. 

Considerazioni desante dal prospetto dei terremoti della Ligaria 
e delle Alpi Marittime. — Dal 951 al 1888, durante un periodo di oltre 
nove secoli, non si serbò memoria che di 52 anni in cui si verificarono 
terremoti forti o rovinosi subiti dalla Liguria, la quale cifra ci darebbe la 
media di un anno di tali terremoti ogni 16. Ma si tratta di una media 
fittizia, perciocché le notizie relative a certi tempi e a certi luoghi sono 
deficienti e talune non sono suscettibili di confronto perchè mal definite. 

Nei primi secoli di questo periodo si verificarono indubbiamente 
molte commozioni del suolo non meno violente di quelle qui registrate, 
e tuttavolta gli storici e i cronicisti trascurarono di prenderne nota o 
pure, vuoi per lo smarrimento delle antiche scritture, vuoi per altre 
circostanze, se ne cancellò il ricordo. 

Il caso che due o più terremoti assai forti si sieno prodotti, durante 
il corso di un solo anno, nello stesso territorio, è piuttosto raro; per 
ciò la cifra delle annate corrisponde presso a poco a quella dei terre- 
moti. D'altronde, allorché due o più scosse si producono a breve inter- 
vallo di tempo, si possono considerare come episodi dello stesso feno- 
meno. 

• Ho omesso di registrare ì terremoti degli anni 615, 815, 1000,1088,1116, 
1118, 1185, 1504, che si ricordano come fortissimi o rovinosi neiritalia superiore od 
anche in tutta la penisola e perfino in tutta Europa, senza che sia in qualche 
modo specificata Tintensità del fenomeno in Liguria. 



— 88 — 

Da questa enumerazione apparisce che tanto la Riviera di Levante 
quanto quella di Ponente subirono terremoti forti da tempi remoti fino 
ai giorni nostri. 

Non convien attribuire alcuna importanza al numero maggiore dei 
terremoti segnalati in Genova rispetto agli altri punti, nei secoli tra- 
scorsi, perciocché la copia delle indicazioni che datano da tempi re- 
moti dipende dall'importanza della città, dal numero e dalla diligenza 
degli osservatori, piuttosto che dalla frequenza dei terremoti stessi. 

Negli anni più prossimi a noi, vediamo che i terremoti segnalati 
nella estremità occidentale della Riviera di Ponente sono più numerosi 
di quelli della Riviera di Levante e del Genovesato. 

Dalle notizie raccolte, sembra che a Genova e nella Riviera orien- 
tale non vi fossero mai case atterrate e né si avessero a deplorare 
vittime umane per causa del terremoto. Si produssero solo lesioni degli 
edifizi in taluna della maggiori scosse subite dalla città, per esempio 
nel 1222, nel 1828 e nel 1887. Nei tre casi citati, tuttavolta, l'agitazione 
del suolo non giunse al Genovesato che affievolita, trovandosi più o 
meno lontano Tarea epicentrale o epiassiale del fenomeno. 

La zona più intensamente disastrosa del terremoto del 1222 attra- 
versa il Bresciano e il Bergamasco. Quanto ai terremoti del 1828 e del 
1887, flaggellarono principalmente la Liguria occidentale. Altri terre- 
moti che colpirono più o meno Genova e la Riviera di Levante furono 
invece disastrosi per la Lunigiana o la Toscana. Cosi quello del 1481 
che danneggiò Fivizzano, quello del 1730 che produsse rovine a Massa 
e Carrara e il memorabile terremoto della Toscana del 1846. 

La Riviera di Ponente, e in ispecie la parte di essa che è compresa 
fra Albe nga e Nizza, costituisce, un campo di notevole attività sismica, 
cui si può annettere a nord e nord-ovest buon tratto delle Alpi 
Marittime. Infatti le commozioni telluriche dalle quali fu più violente- 
mente scossa la Riviera sembrano essersi propagate in generale ben 
più tra le Alpi Marittime che nel resto della Liguria e nella Provenza. 
Si direbbe quasi che la Bollène, Cuneo, Mondovl e il territorio circo- 
stante sono solidali delle agitazioni del litorale ligustico. 

Nel presente secolo, Tarea sismica di cui si tratta fu colpita quattro 
volte, cioè nel 1818, nel 1828, nel 1831 e nel 1887, da scosse disa- 
strose. Nel 15G4 fu atterrato il villaggio della Bollène e morirono molti 
abitanti. 



/ 



- 89 — 



PARTE TERZA 



Il terremoto del 23 Febbraio 1887. 



BBgni preonrsorl e oonoomitantL — Prima della mattina del 23 
febbraio, furono segnalate in Liguria e nelle regioni vicine alcune lievi 
scosse di terremoto. Queste si fecero sentire a San Remo alle 4 e alle 
9 a. m. del 22, a Torino alle 8 p.m. del 22, alle 2 a. m. del 23, a Domo- 
dossola, e alle 4 a.m. del 23, a Milano alle 4.35' a.m. del 23. 

Secondo il prof. Galli, fin da parecchi giorni prima del 23, il sismo- 
dinamografo dell'osservatorio di Velletri accusava lievi scossette in 
numero sempre crescente, numero che raggiunse il 23 il massimo di 
60, per poi successivamente decrescere. In quello stesso giorno, alle 
ore 3.20' a. m., ne fu avvertita una anche senza sussidio degli strumenti. 
La prima scossa rovinosa per la Liguria fu colà sentita debolmente 
alle 6.26'. 

Qualche ora prima del terremoto ligustico, gli abitanti del Monte 
Baldo nel Veronese udirono un fortissimo rombo; ciò riferisce il profes- 
sore Goiran, ' avvertendo come in questa circostanza e in altre il Monte 
Baldo abbia funzionato da avvisatore sismico « precedendo con mani- 
festazioni sue proprie, l'azioni delle energie geodinamiche sì nella nostra 
(Verona) che in altre regioni d. 

Secondo il prof. M. S. De Rossi, regnò in gennaio e febbraio (prima 
del 22) per tutta la penisola sensibile agitazione microsismica con mas- 
simi nei giorni 5, 10, 16, gennaio, 4, 10, 16, 19, 21, febbraio; * il 22 vi 
sottentrò tuttavolta calma quasi perfetta. 

Il 5 e rS gennaio, avverte lo stesso sismologo, furono scossi il 
Gargano e il Vulture, il 15 e il 22 l'Etna, il 24 la Venezia. In febbraio. 



' Sul terremoto del giorno 9 novembre 1887. Verona, tip. Franchini, 1888. 
* Il 21 alle 4 p. rn. si udì a Norcia un rombo che non fu seguito da scossa. 



— 90 — 

dopo Afiuila, tremò l'Etna il 19 e il 20. Nel Veneto, 8Ì osservurooo tre- 
pidazioni Tra il 32 e il 23; finalmente una scossa fu sentita sul Gargano 
il 23 alle G e 8'. ' 

Sono tanto frequenti in Italia le piccole commozioni del suolo che 
non mi sembra doversi ammettere una connessione ben manifesta tra 
quelle ora accennate e il terremoto ligustico. 

Due giorni prima che avvenisse il terremoto, alcuni curiosi che vi- 
sitavano ia caverna di Verzi (sopra Loano), estesa cavità aperta nel 
calcare dolomitico del trias medio, sentirono forte odore di solfo (pro- 
babilmente di acido solfidrico), tale da togliere il respiro. Questo fatto 
fu rìTerito a don Morelli, che me ne diede comunicazione, da taluno 
dei testimoni, fra ì quali un maestro dì scuola. 

In alcuni osservatori magnetici, e segnatamente a Genova, a Milano 
e a Moncalieri, l'ago del declìnometro presentò perturbazioni sensibili 
in vari gioini di febbraio e in ìspCcie il 12, Ìl 13 e il 22; queste per- 
tanto possono essere considerate come segni precursori; ma siccome 
perturbazioni maggiori si verificarono dopo la prima scossa del 23, mi 
riserbo di rendere conto delle une e delle altre sotto la rubrica di fe- 
nomeni magnetici concomitanti. 

Rombo. — La prima scossa fu preceduta da un rombo di intensità 
ra^iidamente crescente che tosto scemava e cessava poi del tutto mentre 
incominciava il tremito del suolo. 

Il fanalista di guardia al faro di Genova avrebbe avvertito il rombo 
2 3 secondi prima del tremito; quello di guardia al faro di Vado 
avrebbe percepito il rombo 3 o 4 secondi prima del tremito. Il signor 
Bonfiis a. Mentono mi dìsee di aver udito il rombo 2 secondi prima di 
sentire il tremito. 

Secondo gli osservatori collocati nelle posizioni più favorevoli, il 
romì)o si sarebbe manifestato da prima come un soffio potente, talché 
alcuni credettero che si levasse un vento impetuoso, poi come il fra- 
stuono di un treno pesante che corre sulta via ferrata. A Ventimiglia, 
ìl prof. L. Orsini ed altri credettero che il treno diretto proveniente 
dalla Francia fosse uscito dalle rotaie entro la galleria che sbocca 
nella valle del Roia. 

Nell'area periferica agitata dal terremoto, il rombo, fu avvertito o 
alla fine della scossa o dopo la medesima. 



' Si vedn a, questo proposito: Comptes Rendila dea séances de l'Acaddrn 
I Sciences, sfance du 7 mars 1887. 



— 91 — 

Don Morelli, il quale si trovava a Pietra Ligure il 23 febbraio, ri- 
ferisce che il rombo si senti colà un momento prima della scossa di- 
sastrosa delle 6. 22^ e che il suono pareva giungesse da Loano. Anche 
la terza scossa (quella delle 8,54' a. m. fu preceduta da rombo, ma questo 
parve propagarsi invece da levante a ponente. 

Nebbia e lampo, — Nell'istante della prima scossa, narrasi che da 
Ceriale si vide una colonna di fumo cinereo correre in distanza sul 
mare, portandosi nella direzione di Diano Marina. 

Alcune persone che si trovavano a Savona la mattina del terremoto 
riferiscono d'aver osservato prima del fenomeno, in fondo al Corso, verso 
il mare, una nebbia (forse un pulviscolo), in mezzo alla quale si scor- 
gevano come lievi bagliori. 

Il sig. G. Bufifa, professore di geografia nella R. Università di Genova, 
mi disse come la mattina del terremoto un viandante che si trovava 
sulla pendice di un monte (Monte della Croce) sopra Cairo Montenotte, 
avverti nel momento della prima scossa un lampo e una vampa di caldo. 
Altri in Porto Maurizio mi parlarono dì questa impressione di caldo 
ma in termini poco precisi. 

Il professore Piccone mi assicurò che in Albissola Marina fu ve- 
duto il lampo che precedette di pochi secondi la prima scossa. Parve 
agli astanti che procedesse dal Capo di Noli verso l'Erme tta. Al sa- 
crestano della cattedrale, certo Sciaccarama, sembrò un istante che 
il tempio fosse tutto in fiamme. Secondo il prof. Pittaluga, una donna 
appena fuggita di casa dopo la prima scossa, in Savona, avrebbe ve- 
duto splendere di lieve fosforescenza la sommità della croce nel cam- 
panile della cattedrale. Qualche momento prima del fenomeno, apparve 
al parroco di Giustenice un vivo bagliore (Squinabol). 

L'asserto di coloro che dicono di aver osservato un lampo o ba- 
gliore, verso ponente nel momento del terremoto o poco prima, è avva- 
lorato dalla testimonianza del fanalista di Vado e credo non si possa 
revocare in dubbio. 

Quanto alla comparsa della nebbia o del fumo, non è ancora ben 
accertata, tanto più che coloro i quali affermano di averla osservata 
neir istante della scossa o poco appresso possono aver scambiate 
per nebbia o fumo la polvere sollevata dalle ruine. Non credo poi di 
poter accogliere come sufficientemente fondata l'osservazione di una 
vampa calda che si sarebbe sollevata dal suolo durante lo scuotimento. 

Odore solfureo, — Subito dopo la prima scossa si sparse in vari 
punti di Savona, di Diano Marina e probabilmente di altre città odore 
d'acido solfidrico. 



Questo (a avvertito distintamente anche alcuni minuti dopo la 
a da parecchie persone riunite nella Villa £eneeA presso Savona. 

Sono ancora incerto circa il significato di tali emanazioni che, 
nell'interno delle città, potrebbero essere state prodotte da lesioni ve- 
rificatesi nei condotti immondi e nelle cloache, nonché dalla agitazione 
dei liijuidi contenuti negli uni e nelle altre. La circostanza dell'odore 
di solfo che fu sentito nella caverna di Verzi prima del terremoto e 
presso Vado, ove si formarono fenditure nel terreno, durante il sus- 
sulto principale del 2'i febbraio, m'induca a supporre che potessero 
dipendere, almeno ni>Ila pluralità dei casi, dal reciproco attrito di masse 
rocciose contenenti solfuri metallici. 

Condizioni meteorologiche del 2'ì febbraio 1887, — La mattina del 
Hi il tempo era chiaro, sereno e calmo. A Genova (alle 8 a.m.) il baro- 
metro ridotto a e al livello del mare segnava mill. 7G9,5; la tempe- 
ratura era di 7" '. Nello stesso giorno la temperatura massima fu 9°i 
5 e la minima di 5°, G. 

A Porto Maurizio, la sera del 32 il barometro segnava, secondo il 
prof. Vassallo, direttore di quell'osservatorio meteorologico, mill. 761,03, 
il termometro de! barometro accusava esternamente 8° *. Il cielo era 
sereno e c-hiaro; soffiava leggero vento da S.E. 

Condizioni meicorologiche poco diverse regnavano in ogni altra 
parte della Riviera. 



Homanto d9]la prima tooMa. 

Il 23 febbraio la prima scossa di terremoto disastrosa per la Liguria 
occidentale si produsse nelle località qui appresso enumerate, nelle ore 
seguenti, riferite al tempo medio di Roma. 

1. Mentone — ore Q. 18'. 34' (Stazione della ferrovia e osserva- 
zioni di un privalo) ». 

' Queste oaserrazioni sono somministrate dall'Osservatorio della R. Marina 
situato B S. Giorgio, a in. 10.") sul livello marino. 

• L'Oasorvatorio di Porto Maurizio è situato a m. 62,92 aul livello marino. 

* -Secondo il sig, Offret. il (juala aotlopose ad una accuratiasima disamina i 
dati relativi ali'ora della prima scossa (Compie» Rendus dea sOanoes de l'Aca- 
démie dea Sciences, séance du S5 avril 1887). si può ritenere questa ìndìcaiìone 
come precisa. 



— 93 — 

2. Nizza — ore 6. 19'. 34" (Osservatorio astronomico). 

3. Torino — ore 6.20' (Osservatorio astronomico della R. Università). 

4. Alassio — ore 6.21'. 34" (Piccolo osservatorio, nel Collegio dei 
P. Salesiani «. 

5. Marsiglia — ore & 21'. 50" (Osservatorio) 

6. Moncalieri — fra le ore 6. 21.' 50" e le ore 6. 22' . 33 " (Padre 
Denza) ' 

7. Genova — ore 6,22' (Tenente di vascello Lasagna, addetto al- 
rOsservatorio della R. Marina) 

8. Milano — fra le ore 6, 23' e le 6. 24' (Osservatorio di Brera). 

9. Basilea — ore 6.24.' 26" (Grande orologio astronomico dell'os- 
servatorio) 

10. Firenze — ore 6. 25' (Padre T. Bertelli). 

Le ore per Mentone, Nizza, Àlassio e Marsiglia citate dal signor 
OflTret e da lui riferite al tempo medio di Parigi, furono da me ridotte 
al tempo medio di Roma, coU'aggiunta della cifra che esprime la lon- 
gitudine in tempo dell'Osservatorio di Parigi. {0\ 40'. 34", 52 '). Nella 
riduzione tuttavolta non ho tenuto conto delle frazioni di secondo, perchè 
le osservazioni di cui si tratta non comportano approssimazioni mag- 
giore del secondo. Cosi ho fatto per l'ora di Basilea data da Soret. 

In questo elenco ho registrato soltanto le indicazioni che presen- 
tano una certa garanzia d'esattezza, trascurandone molte altre che man- 
cano del medesimo requisito. Come già fu avvertito da altri, le indica- 
zioni orarie relative al fenomeno di cui tengo discorso sono deficienti 
ed incerte, soprattutto per quanto concerne la zona che fu scossa con 
maggior violenza. La mancanza di osservatori astronomici nelle città 
della Riviera tra Genova e Nizza, il sistema imperfetto addottato per 
regolar gli orologi lungo le linee ferroviarie italiane e francesi rendono 
impossibile l'apprezzamento delle notizie orarie raccolte nei piccoli 
centri della Riviera intorno al terremoto. CoU'impianto delle stazioni si- 



* Il padre Rocca, rettore del collegio e zelante cultore della meteorologia 
determinò immediatamente Torà della prima scossa per mezzo d'un buon orologio 
da tasca, del quale verificò poco appresso la precisione, confrontandolo con una 
meridiana che si reputa esattissima. 

' Queste indicazioni, desunte dall'orologio del sismografo Cecchi confrontate 
coi cronometri deirosservatorio, i quali vengono regolarmente paragonati a quelli 
dell'osservatorio di Torino, scrive il padre Denza, sono suscettibili di un errore 
che non oltrepassa db 5 secondi. 



— 94 — 

amiche tesiè deliberatcì dal Cor.siglio superiore di Metereologia e Geo- 
dinamica sarà provveduto in gran parte per l'avvenire a eiffatta lacuna. 

Dall'elenco presentalo, della cui esattezza assoluta non intendo nem- 
meno Tarmi mallevadore, risulta intanto che da un punto della Riviera, 
procedendo verso ponente e verso levante, ia indicazione oraria della 
prima scossa va gradatamente ritardando. Questo punto deve essere 
prossimo a Menione, in cui tu segnalata l'ora più mattiniera del feno- 
meno. Sembra infatti che la prima scossa si sia sentita a Nizza un 
minuto, a Marsiglia tre minuti e alcuni secondi dopo Mentooe; a 
Alassio due minuti, a Genova due minuti e mezzo dopo la stessa città. 

Se il terremoto avesse avuto un epicentro, questo si dovrebbe col- 
locare in prossimità di Mentono; ma si vedrà ìn seguito come tale ipo- 
tesi sia manifestamente in opposizione coi fatti. 

Il sig. Ofi'ret ha raccolto in un prospetto l'istante nel quale fu se- 
gnalata la prima scossa in molti punti dell'Alta Italia, della Francia 
e della Svizzera, situati fuori dell'area principale sismica e, calcolando 
la distanza di ciascun punto da Mentooe ne ha desunto la velocità 
superficiale di trasmissione delle scosse nei vari tratti. Reputo inutile 
ripetere la discussione dei dati orari che hanno servito a questo com- 
puto. Basta al mio assunto lo enunciare taluno dei risultati, i quali, giova 
ripeterlo, non hanno che un valore approssimativo. 

Tra Mentonc e Moncalieri, la velocità superficiale media della vi- 
brazione È Slimata di 450 m. al secondo ' con un errore possibile di 
'.X) m., tra Mentone e Milano risulta di 670 m, almeno, con un errore 
possibile di IIU m. Fra Montone e Venezia apparisce di 1040 m. con 
un errore possibile di 14LI. Da Mentone a Le Lode in Svizzera am- 
monta a 1000 m. almeno e 1440 al massimo * con errori possibili di 
140 e di 2m m. 

In tesi generale, si vede che le velocità crescono eolla distanxadal 
punto superficiale primamente colpito (da Offret e da altri sismologi 
designato epicuutro), risultalo il quale si trova in patente contraddizione 
col princi|iio generalmente ammesso e professato, secondo il quale la 



' h Ih minima velocità osservata. 

* SaR-bbe quasla la più alta cifra relativa alla velocità, cifra, la quale, se- 
condo recenti e9|ierii!niie, corrisponderebbe presso a poco alla velocità di trasmis- 
sione degli Bcuotimonti attraverso le trachiti porfiroidi e i graniti (NOGUÈS, tur 
la ritetie de CrantmiiMion dea ébranlemeiU» touterraini, Comptes Rendus des 
BéaacDB de l'Académie dos Sciences, séaace du 9 avril 1888). 



— 95 — 

velocità di propagazione delle oscillazioni diminuisce colle distanze. Non 
essendo supponibile che in un mezzo omogeneo la velocità delle vibra- 
zioni vada crescendo colle distanze, è mestieri inferirne che nel caso 
presente il rallentamento sia dovuto, in alcune direzioni, alla natura del 
suolo e alle pieghe orografiche. È questo il supposto di Offret; ma non 
esclude il dubbio che le sue deduzioni emanino in parte da indicazioni 
orarie poco esatte; se, a cagion d'esempio, fosse errata quella relativa 
alla città di Mentone, mancherebbero di fondamento i risultati di tutti 
quanti i calcoli surriferiti. ' 

Andamento della prima scossa. 

In proposito mi furono forniti ragguagli particolareggiati dai signori 
Bonfìls, direttore del museo di Mentone, prof. Orsini di Ventimiglia, 
prof. Vassallo direttore dell'osservatorio meteorologico di Porto Mau- 
rizio, prof. Gentile della stessa città, ing. Charlon a Diano Marina, 
ing. Del Moro di Savona. ; 

Secondo la maggior parte delle testimonianze, si senti da prima 
una lieve vibrazione che divenne, crescendo, un moto ondulatorio; questo 
poi alla^ sua volta si cangiò in sussulto irregolare, il quale affievolen- 
dosi cessò. Tutti ravvisarono nel fenomeno due o tre fasi di rinforzo; 
solo alcuni percepirono una differenza sensibile tra il movimento ondu- 
latorio e il successivo sussultorio. Questo apparve distintissimo al Bon- 
fìls, il quale descrive con molta efficacia il fragore che produceva il 
cozzo dei materiali negli edifizi agitati da movimenti verticali verso 
la fine del fenomeno. 

L'ispezione dei tetti d'ardesia, in gran parte sconnessi e sfasciati, 
nei paesi più gravemente colpiti ed anche a Savona, Vado, Spotorno, 
Finalmarina, Loano ecc., che soffrirono danni meno gravi, dimostra la 
realtà del moto sussultorio. Si vedrà in seguito come non sia mancato 
il moto vorticoso^ dovuto alla concomitanza di moti orizzontali in senso 
diverso. 

Diagrammi sismografiei, — Vale a dare un concetto preciso del 
fenomeno, per quanto riguarda le fasi principali delle oscillazioni com- 
piutesi orizzontalmente, la vista del diagramma tracciato dal sismografo 
di Cocchi a Moncalieri, la mattina del 23, e che qui riproduco (Tav. XIV). 

Il diagramma esordisce con una linea tremolata, poi presenta una 
serie di sinuosità irregolari, dirette da est a ovest e da ovest a est, che 



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- 96 - 

rappresentano altrettante OBcillazioni complete ' e si ripetono 6 volte, 
airiplissima fra tutte la quarta; ripigliano quindi ondulazioni meno ri- 
sentite e irregolari con direzione da oveet a est e viceversa e infine 
si termina il diagramma con altra linea più intensamente tremolata 
della prima. 

Il parallelepipedo del sismografo di Moncaiieri cominciò a muoversi, 
scrive il padre Denza, * circa alle ore 6. 21'. 50"; la grande e più forte 
scossa ondulatoria ebbe luogo alle 6. 33/ 6' e la successiva trepidazione 
duri!) 15", ora in un senso ora in un altro, secondo Ìl parallelo, con un 
massimo alle 6, 22. 14". Cessò l'ondulazione alle 6. 22'. 21" e succedette 
il tremolio già ricordato, il quale durò circa 12 secondi. 

L'ispezione del diagramma dimostra che il parallelepipedo del si- 
smograro subì verso la metà della scossa, e per effetto della scossa 
stessa, uno spostamento permanente verso est. Di questo fatto, che 
supponevo dipeodiinte da una imperfezione del sismografo, dimandai 
spiegazione al padre Denza, il quale mi scrisse doversi attribuire ad 
uno spostameniu permanente, verifìcstosi nel muro cui era appoggialo 
l'apparecchio. 

li sismografo non diede segni apprezzabili per quanto concer 
movimenti sussultori e vorlicosi, nonché quelli nel senso dei meridiani 

Nello alosso osservatorio di Moncaiieri un altro istromento regi- 
stratore, il sismoscopio Cavalieri, somministrò indicazioni istruttive '. 
Questo risulta di sei pendoli di lunghezza diversa (tra m. 0,20 e 1,20), 
i quali diedero tutti un tracciato di movimenti orizzontali manifestatisi 
la mattina del 23 febbraio. I più lunghi indicarono specialmente la di- 
rezione E-U, i più brevi quella N-S. Un pendolo della lunghezza di 
m. 0,80 produsse il tracciato più esteso. È notevole eziandio quello 
somministrato da un pendolo di m. 0,60, riprodotto nella memoria preci- 
tata del sig. Uffret. Esso consiste in un gruppo di curve elitticbe, assai 
irregolari e complicatissime che accusano due direzioni dominanti, e 
presso a poco equivalenti rispetto all'intensità, ben manifeste; una 0-E 



' S'intende che le direzioni date dal diagramma sono inverse di quelle dei 
movimcnli subiti ilnll'edi&zio e da) aismografo. 

■ Atr:une notizie fui terremoto del 23/ebbraio 1887. Torino, tip. S. Giu- 
seppe, 1SS7. 

' Vedasi in propoaito una nota di OfTret nei Comptes Hendus des aéanoes de 
l'Académie des Scieneea, fléance du 33 mai 1887. 



— 97 — 

ed una N.NE — S.SO. Vi hanno pur traccie di una oscillazione assai 
più breve N.O — S.E. Sembra adunque che V impulso abbia avuto luogo 
successivamente, ma a brevissimi intervalli di tempo, in sensi diversi. 

Nella interpretazione di siffatti documenti resta il dubbio, non chia- 
rito dalle notizie pubblicate per opera del padre Denza e d'altri, che i 
tracciati di cui sopra portino commisti i segni della prima scossa e della 
seconda *. 

Il 23 febbraio 1887, verso le 6. 25' a. m., trovandomi a Firenze in 
una stanza al secondo piano dell'albergo fìonciani, sentii distintamente 
una trepidazione prolungata e un oscillare della porta, cosicché mi parve 
che qualcuno all'esterno battesse sommessamente colla nocca. Il movi- 
mento non durò meno di 8 a 10 secondi. 

Al Collegio alla Quercia, ove è situato l'osservatorio del padre 
Bertelli, due sole persone sentirono la scossa, la quale fu indicata esa- 
geratamente dagli apparecchi sismici. 

(( De'miei pendoli sismici, scriveva, poco appresso, il Bertelli, in una 
sua memoria pubblicata nella Nazione, alcuni sono al pianterreno ap- 
plicati ad una colonna che sorge sopra un piedistallo assai solido, con 
fondamento profondo, circondato di sabbia, ed isolato dal resto del fab- 
bricato. L'escursione dei pendoli più lunghi ivi giunse a più di 5 cen- 
timetri! Un pendolo presso a poco della stessa lunghezza (3 metri) e 
dello stesso peso (chil. 3) posto al secondo piano, lasciò una traccia 
maggiore, assai singolare del moto sismico complessivo. » 

« Dalla natura del grafito di essa, più accuratamente esaminato, 
mi pare di poter rilevare che la prima impulsione (la quale credo pas- 
sasse inavvertita per la sua lentezza) fosse da S.E a N.O, e che le altre 
seguenti (quasi ortogonali alle prime, come quasi sempre si è osser- 
vato qui, anche in altri moti sismici) fossero in direziope S.O-N.E, e con 
leggero spostamento dalla verticale, come al solita » 

« Quanto all'ampiezza esagerata della traccia lasciata da alcuni pen- 
doli lunghi, io tengo per certo che ciò dipenda dalla circostanza (scien- 
tificamente assai istruttiva in questo terremoto) che cioè in queste 
regioni più remote dell'area di maggiore scuotimento, l'ondulazione ter- 
restre sia stata sincrona e di fase oscillatoria eguale a quella propria 
di codesti pendoli, e che quindi abbia prodotto nei medesimi un feno- 



' Mentre era in corso la stampa la presente memoria, questo dubbio fu dallo 
stesso padre Denza convertito in certezza. 

7 



N 



- 98 — 

meno d'interferenza sommatoria facendoli abalzare al di ìk del limile 
vero del tra scorrimento terrestre locale. Ciò viene confermato dal fatto 
osservato qui come pure negli altri due osservatorii sismici in Firenze, 
cioè al Ximenìano, diretto dall'illustre P. Filippo Cecchi seolopio, e da 
quello privato di Varlungo del sig. Giovanni Bertelli, lufatti tutti i pen- 
doli u più lunghi o più corti di quello sopra indicato (non ostante che 
collocati in piani elevati dal suolo dove, per lo svettare conseguente 
del fabbricato, l'oscillazione suol essere più ampia e più durevole) 
hanno invece date delle traccie più corte, e queste io qualche modo 
proporzionali alle loro diversità di lunghezza rispetto ai pendoli che ho 
detto. Questo fatto ripetuto già qui e altrove molte altre volte, mi pare 
che specialmente in questo terremoto, abbia confermato luminosamente 
la teoria accennata, la quale 35 anni or sono fu studiata la prima volta 
e sperimentata artificialmente da un mio confratello, Ìl P. Giovanni Ca- 
valieri di Crema: anzi appunto per tal ragione egli adottò nel suo si- 
smomeiro parecchi pendoli di lunghezza diversa. Ripeto pertanto, ciò 
che altre volte ho accennato che per avere una indicazione giusla 
e possibilmente completa e comparabile di un moto sismico occorrereb- 
bero diversi mezzi determinati oscillanti, fornita cioè di diversa rapidità 
oscillatoria, compresa, par esempio, tra il dondolamento di 1 secondo 
e mezzo di durata, ed il tremito di 1|10 di secondo, » 

Propagaiione della scossa. — Ad Alessandria, l'ago del declino- 
metro. nell'Osservatorio meteorologico, si abbatté la mattina del 2S feb- 
braio, sul suo sostegno. All'Osservatorio di Brera, in Milano, il declino- 
metro subì un salto di 4 centimetri e rimasero spezzati alcuni fili delift 
sospensione. 

All'Osservatorio di Marsiglia, si arrestò un orologio il cui pendolo oscii- 
lavA in un piano diretto da nord a sud e un altro orologio il cui pendolo sì 
muoveva lungo un piano normale al primo subì un ritardo di 5 secondi. 

A Perpignan un sismografo di Cecchi accusò un^ oscillazione di- 
retta da Vi S.O a E '/» N.E, In Svizzera si arrestarono orologi regola- 
loi'i ;i Ginevra, Zurigo, Le Lode, Chaux-de-Fonds, Sonceboz e si fermò un 
perniilo astronomico a Basilea; una campana di Morges fece sentire 
u;i:i dozzina di rintocchi. 

La vibrazione fu avvertita dal sig. Francois nella miniera carboni- 
fera d'Anzin, mediante il tromometro. 

Dopo il terremoto della Riviera, fu agitata anche la Grecia, mas- 
sime :l Pyrgos e a Calamata^ ma non sussiste verosimilmente alcun le- 
game fra il primo e il secondo terremoto. 



I 

t 



— 99 — 



Durata della prima scosta. 

La durata della prima scossa fu stimata diversamente nelle diverse 
località ed anche nella stessa località da diversi osservatori. 

In quel tratto di litorale che fu cosparso di rovine dal terremoto 
la cifra che esprime il numero de' secondi interceduto fra il principio 
e la fine della scossa varia fra 20 e 40. Il professore Vassallo dà per 
Porto Maurizio la cifra di 20 secondi. Il corrispondente del Bollettino 
meteorico a San Remo reca per quella città 40 secondi. Per Finalmarina 
il Bollettino meteorico nota 30". 

Gli apprezzamenti si fanno più divergenti rispetto ai punti situati 
fuori dell'area principale sismica. A Genova, secondo la direzione del- 
l'Osservatorio meteorologico della R. Università, la scossa ebbe la du- 
rata di 12 secondi, ma alcuni privati percepirono i sussulti e le vibra- 
zioni per più di 30 secondi. A Chiavari il prof. Bianchi afferma che du- 
rarono 30 a 40 secondi ; e alla Spezia il sig. Tamburini reca 40\ Queste 
differenze non sono da imputarsi che in piccola parte, ^io credo, alle 
facoltà e condizioni individuali dell'osservatore e dipendono piuttosto 
dalla natura e dell'altitucline del fabbricato in cui esso si trovava mentre 
avveniva la scossa, dalla costituzione litologica del suolo e del sot- 
tosuolo ecc. 

A Livorno il professor Monte stima la durata della scossa di 15 '\ 
il padre Bertelli la limita a 6" per Firenze, ma io potei apprezzarla 
colà ad una certa distanza dal punto in cui osservava il Bertelli, 
per un tempo certo maggiore. A Fiesole si stimò di 20 secondi (De- 
Stefani). A Novi parve che la scossa durasse 6'' (Boll, meteor.), a 
Pavia 20" (Boll, meteor.), a Milano si notò per circa 15" (periodici lo- 
cali), a Como per quasi un minuto primo (Boll, meteor.) A Moncalieri si 
prolungò, secondo dati forniti da un sismografo, come si è veduto, per 
oltre 40 '', a Torino per 17" (Osservatorio astronomico della R. Università), 
A Possano per 30 " (Boll, meteor.), a Valdieri per circa 60 " (Boll, meteor.). 

Verso ponente e lungo il litorale, fu sentita l'oscillazione per 12 
a 15 secondi, a Tolone (Boll, meteor.), per 16 a Saint-Tropez (Rè- 
veille). A Marsiglia, il direttore dell'Osservatorio astronomico, Stephan, 
scrisse che il terremoto si prolungò per lo spazio di 00 secondi, ed è il 
computo più elevato di quanti sono venuti a mia cognizione, computo 
notevolissimo, tanto più se si raffronta alla durata del fenomeno in altri 
dunti situati nel mezzo dell'area sismica. La straordinaria durata del 



— 100 - 

terremoto a Marsiglia, a Valdieri, a Como, come pure in altri punti più 
o meno lontani dalFarea principale sismica, si spiega, a parer mio, col 
riflesso che il fenomeno risultava di varie scosse simultanee o quasi 
con direzione diversa, le quali si propagarono per ciò con velocità di- 
suguale e quindi ad una certa distanza dal radiante o dai radianti 
sismici si fecero sentire successivamente. In altre parole, nella r^^gione 
superficiale più prossima a quella nella quale i sussulti si originarono, 
questi agitarono il suolo quasi in pari tempo e gli effetti loro si com- 
penetrarono, si confusero, accrescendosi per conseguenza Tintensitàloro 
complessiva; a distanza maggiore invece, giunsero poco a poco, risul- 
tandone una agitazione più prolungata, ma più regolare e leggera. 

Direzioni della prima sooMa. 

In ordine alla direzione o alle direzioni dell'impulso propagatosi 
attraverso al suolo, durante la prima scossa, ho raccolto le indicazioni 
qui appresso enumerate: 

Sisteron N.E— S.O (Tardieu). 

Marsiglia N.O— S.E (Stephan). 

Tolone 0— E (giornali locali). 

Cannes E— (T. Martin). 

Nizza N.E— S.O (Otto). 

Mentone S.O— N.E (dall'osservazione di corpi spostati). 

S. Remo S.E — N.O (Boll, meteorico). 

Porto Maurizio N.E— S.O (Boll, meteorico) 

Diano Marina N.O — S.E (da proiezioni). 

Capo delle Mele S.E — N.O (Dallo spostamento verificatosi nel faro), 

Alassio S.O— N.E (periodici). 

Noli S.O — N.E (Pittaluga, dalla caduta dei merli d'una torre). 

Savona S.O — N.E (Pittaluga). 

Genova S.O — N.E (Lasagna e Osserv. meteor. universitario). 

Chiavari S.O— N.E (Bianchi). 

Valdieri S.O— N.E (Boll, meteorico). 

Tossano S.O— N.E (Boll, meteorico). 

Cuneo N.E — S.O (Boll, meteorico). 

Moncalieri 0-E ed E-0 con intervalli O.NO— E.SE (Denza). 

Torino S.E— N.O (osservaz. fatte al Municipio). 

Torino N.E — S.O (Osserv. astronom. universitario). 



— 101 — ,.: 

-, ■ • «• » 

Torino N37**E— S 37" (Uzielli, da'spbVam'^^jita.di un tubo di 

stufa). '**':*/': 

Novi Ligure — ^E (Boll, meteorico). * / //*^ ,, 

Milano S.E— N.O (R. Osserv. di Brera). * '' '^^0^ 

Bergamo S.O— N.E (Boll, meteorico). 

Mantova S.E— N.O (Cavichioli). 

Spinea di Mestre S.E— N.O (Bellatti). 

Modena S.SO— N.NE (Boll, meteorico). 

Fiesole N— S (De Stefani). 

Firenze S.O —N.E (prevalentemente) S.E— N.O (Bertelli). 

Livorno S.E— N.O (P. Monte). 

Roma N.E— S.O e S.E— N.O (De Rossi). 

Capraia E— O (Boll, meteorico). 
I dati che figurano in questo elenco sono, come si vede, contrad- 
dittori e ciò molto probabilmente non per fatto degli osservatori, almeno 
nella pluralità dei casi, ma pel diverso modo di manifestarsi del feno- 
meno nelle varie località e in conseguenza della complicanza propria 
allo stesso. 

Prevale di gran lunga fra le direzioni notate quella da S.O a N.E ; 
ma non mancano la normale ad essa, come pure le direzioni E-0 e N-S. 
Tenuto conto dei movimenti giratori che si produssero in molti og- 
getti mobili, interpretando eziandio i tracciati forniti dai sismografi, si 
giunge alla conseguenza che le oscillazioni ebbero generalmente al- 
meno due impulsioni diverse (secondo il Bertelli, una cioè nella dire- 
zione 0-E e Taltra presso a poco nella normale a questa). 

Un punto di molto rilievo per l'analisi del fenomeno, e che risulta 
dalla massima parte delle osservazioni, si è che in Riviera, da Mena- 
tone a Genova, l'impulso più potente parve provenire da ponente. Circa 
i punti situati a ponente di Montone, le indicazioni sono assai scarse. 
Rispetto a Nizza, il sig. Perrotin, direttore di quell'Osservatorio, m'in- 
forma che l'urto sembrò procedere colà da levante. 



* Il pendolo lasciò una traccia sismograflca elittica con direzione predomi- 
Dante N.O-S.E. 






* 



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II' terremoto osaervato dai fiuri. 



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'.^ ' %X'ffine di procurarmi notizie sicure sulle circostanze che precedettero 
é accompagnarono le scosse la mattina del 23 febbraio^ nella parte 
centrale o meglio assiale dell'area sismica, visitai pochi giorni dopo 
il fenomeno i fari del Capo delle Mele e di Vado e interrogai in prò- 
posilo i fanalisti che erano di guardia in quella mattina. 

Il fanale del Capo delle Mele è una torre ettagona, alta m. 20,7 da 
terra (m. 93,8 sul livello del mare), fiancheggiata da piccola casa e fon- 
data presso Testremità del capo omonimo sopra calcare eocenico a fu- 
coidi, in potenti assise ondulate cui si interpongono straterelli di scisti 
fìssili neri. La mattina del 23 cominciava appena ad albeggiare e il cielo 
era chiaro e sereno, quando il fanalista di guardia udì rintronare un 
rombo, come un fragore di tuono lontano, poi senti un lieve tremito del 
suolo, che si cangiò ben presto in oscillazioni e scosse violentissime. 
Sembrandogli che la torre fosse per schiantarsi, egli fuggi precipito- 
samente al pian terreno e quindi fuori deiredifizio. Per la violenza del, 
Turto la lampada si spense, si spezzò il tubo di vetro che la difende e la 
lampada stessa, col meccanismo che determina l'ascensione deirolio si 
spoetò sulla sua base di circa 10 centimetri verso sud-est. Della lanterna 
che circonda la lampada si ruppero tre cristalli verso S.O e due verso 
N.E; ma tra questi uno solo andò in pezzi per cui dovette essere sosti- 
tuito, gli altri si spaccarono diagonalmente e possono ancora servire. 
La torre presenta una fessura longitudinale che l'attraversa dall'alto 
al basso. 

Prima della scossa e dopo, il fanalista non osservò lampo, nebbia 
od altro fenomeno insolito. 

Il fanale di Vado è fondato sopra una roccia gneissiforme (apen- 
ninite) permiana^ olire ogni dire salda e compatta, a pochi metri d'al- 
tezza sul livello del mare ed è quasi addossato ad una alta collina 
formata dalla stessa roccia. Esso consiste in una torre cilindrica, alta 
m. 42, 50, alla quale si appoggia una casetta a due piani in cui al- 
loggia il custode. La mattina del 23 febbraio, mentre cominciava a far 
giorno, il fanalista vide verso levante un bagliore, come un lampo e, dopo 
alcuni minuti udì il rombo, che cessò 3 o 4 secondi prima della scossa, 
la quale durò almeno mezzo minuto e fu fortissima. Le ondulazioni 
sembravano procedere da levante a ponente. , 

Non si verificarono danni nell'apparato illuminante e l'edifizio non 



— 103 — 

presentò dopo il terremoto che insignificanti screpolature. La scossa 
fece spalancare uno dei portelli di ferro della gabbia, verso E.NE. 

Non mancai di interrogare in proposito anche il fanalista di guardia 
«al faro di Genova la mattina del 23 febbraio. Questi non vide prima 
della scossa né lampo, nò nebbia ed osservò anzi che il cielo era lim- 
pido e l'orizzonte chiaro; il rombo fu udito circa tre secondi prima che 
cominciasse la vibrazione, la quale fu assai prolungata e violentissima 
in certi momenti, ma non tale da indurre il fanalista ad abbandonare 
il suo posto. Non si produsse alcun danno e non fu sensibilmente spo- 
stato alcuna parte dell'apparecchio illuminante; ma, dopo la scossa, 
uno dei portelli di ferro della gabbia in cui è collocata la lampada non 
si potè chiudere perchè non quadrava più nel suo telaio. 

Il faro di Genova risulta di due torri quadrangolari sovrapposte, alte 
complessivamente m. 69, 8 (la fiamma si trova a m. 114 sul livello marino); 
alla sua base è addossata una piccola casa. Uedifìzio è collocato sopra 
una pìccola eminenza costituita di strati di calcare marnoso eocenico 
(liguriano), diretti presso a poco da nord a sud, con pendenza di 70^ 
a 80* verso ovest. 

Fenomeni mifirnetiol oonoomitanti. 

Nella massima parte degli osservatori magnetici italiani si verifi- 
carono perturbazioni nell'ago del declinometro, non solo il giorno 23 
dopo le scosse di terremoto, ma parecchi giorni prima e pertanto queste 
perturbazioni possono considerarsi, almeno in parte, e da taluni si con- 
siderano, come fenomeni precursori. 

À Moncalieri e ad Alessandria si verificò un massimo di deviazione 
il 12 febbraio, un massimo consimile si ebbe a Genova il 13 e il 14. A 
Moncalieri, se ne produsse uno il 18 che non ebbe eco negli altri os- 
servatori dell'Alta Italia e a Milano si verificò un minimo straordinario 
il 21, senza che in alcun modo fosse accusato altrove. 

Questi fatti emergono dal quadro delle variazioni diurne della de- 
clinazione magnetica osservate a Milano, Moncalieri, Alessandria e Ge- 
nova testé pubblicato dal padre Denza. Dallo stesso quadro risulta come 
la deviazione massima fu il 23 di 12'. 5" a Moncalieri e di 13'. 5" a Ge- 
nova. 

Quantunque gradissima, questa fu però superata il 4 marzo nella 
prima località (14'. 6") e ad Alessandria (15'. 0") e il 6 marzo a Genova 
(15'. 9"). 



u. 



— im — 

Secoodo le osservafioo! del padre Denza, le perturbazioni dei ma- 
gnetometri si manifestarono con vibrazioni speciali, nel senso verticale, 
che non alteravnno la marcia diurna degli elementi magnetici e furono 
essenzialmente diverse da quelle provocate dalle tempeste magnetiche 
e dalle aurore boreali. 

A Genova il 32 febbraio il declinometro deirOsservatorio della regia 
Università presenti]), secondo il prof. P. M. Garibaldi, una deviazione di 3' 
ad 0, alle 12 a. ed una di 8', 1' ad K alle 9 p. II 23 si ebbero le indi- 
cazioni seguenti: 



Ore 8.00 a - 0' 0' 




» a 00 . — 4' 5 


E' 


» 12. 30 p. — .V 1' 


0. 


. 2.00 . - 3'G" 


E. 


. 5. 20 . - ff 9' 


E. 


> 8.;ìo > — 4' 5" 


0. 



Gli strumenti magnetici accusarono una perturbazione dovuta al 
terremoto del 33 febbraio 1887 anche a Parigi. All'osservatorio del 
Pare Saint-Maur, in quel'a città, si produsse nella 'jurva del magne- 
tometro registratore una traccia assai netta, la quale, per la sua esten- 
sione, sembra dovuta ad una causa che sarebbe stata attiva per lo 
spazio di parecchi minuti. L'ampiezza massima di questa traccia, veri- 
ficatasi al principio del fenomeno è di circa sette minuti. Analoga 
agitazione si osservò nel bifilare, nel declinometro e in altri elrumenti 
magnetici. 

Queste osservazioni riferite dal signor Th, Moureaux ' concordano 
con quelle fatte dal doit. Fines all'osservatorio di Perpignan e dal 
signor André all'osservatorio di Lione. La causa immediata delle per- 
turbazioni non fu probabilmente la vibrazione del suolo, ma una cor- 
rente tellurica provocata dalla scossa ; e ciò si argomenta prima dì tutto 
dalla durata del fenomeno quale apparisce nel tracciato grafico, poi 
da che il segno corrispondente al terremoto fe analogo a quello pro- 
dotto nel tracciato stesso dalla inscrizione automatica dell'ora, me- 
diante un circuito in cui passa per la durata di un secondo la corrente 
fornita da un elemento di Leclanché. Tuttavolta 6 da notarsi che Ìb 




' Comptes rendus des séances de l'Académie des Sciences; séance du 14 
mars 1887. 

* DBNZA, memoria citata, p. 28. 
' Comptes rendus, 1887, n". 14. 

* Comptes rendus, séance du 9 mai 1887. 



,s;v- 



>.' ♦ 






— 105— . 

quest'ultimo caso il segno è terminato sotto e sopra da un angolo 
acuto, mentre nel primo la traccia è arrotondata. 

Il sig. Fouqué riferisce che la mattina del 23 febbraio si verifì- 
careno perturbazioni negli apparati magnetici dell'osservatorio di Li- /u;l 

sbona (alle ore 6.32) e di Wilhelmshafen. Queste però incominciarono • ;>• 

alle 6. 10', presentarono un massimo alle 6. 31' e durarono fino alle 6. 44' *. 4/ 

Gli stromenti magnetici si mostrarono pure agitati a Kew. 1^ 

Risulta da informazioni private comunicate dal prof. Denza alla riu- /| 

riunione di sismologi tenuta a Savona nello scorso settembre, che a 
Farigliano, stazione della linea ferroviaria fra Bra e Savona, l'ago della 
bussola nell'uffizio telegrafico fti trovato smagnetizzato dopo la scossa 
del 23. Lo stesso giorno nell' uffizio telegrafico di Milano il filo n^ 3 
(che ha direzione costante S-N), incluso come intermedio l'uffizio di 
Milano, si mostrò percorso da una corrente continua di 5 gradi accu- 
sata dalla bussola di 1000 giri senza riduzione. Non si avverti alcuna 
corrente nel filo n.**133 normale al primo, sul quale fu ripetuta l'os- 
servazione *. 

Il sigt Resal riferì all'Istituto di Francia > con^e la mattina del 23 
febbraio il guardiano della batteria Miìller, al forte Téie-de-Chien presso 
la Turbia, stava comunicando telegraficamente con un collega di cdtra 
batteria (alla Dresse\ quando sopravvenne la terza scossa; egli osservò 
dapprima che il movimento d'orologeria funzionava irregolarmente scric- 
chiolando; poi, mentre afferrava il manipolatore, senti nel braccio destro 
una forte commozione elettrica, per la quale dovette astenersi dal la- 
voro per parecchie ore. 

In conclusione, le notizie raccolte si prestano poco a dedurne re- 
gole generali e spargono scarsa luce sull'intricato problema dei rap- 
porti che esistono tra i fenomeni sismici e gli elettromagnetici. La 
conseguenza più notevole che risulterebbe da quelle accuratamente va- 
gliate e discusse per opera del sig. Offret, sarebbe che la velocità di 
trasmissione dell'impulso elettromagnetico cresce colla distanza dal- 
l'epicentro (ammesso il supposto di Offret che l'epicentro sussista e 
corrisponda a Mentone) ^. 



- . 



— lOC — 

la qualche caso gli apparati magnetici hanno funzionato evidente- 
mente come sisEnometri, hanno subito cioè un agitazione meccanica; 
ma per altri casi, l'ora della perturbazione non si accorda con tale 
ipotesi. Per questi, come risulta dal quadro di OfTret, non fu certamente 
una corrente unica d'indole generale che provocò le deviazioni; ma 
sembra che la comparsa loro, non comune a tutti i punti dell'area si- 
smica, sia dovuta invece, a piccole correnti locali. Resta ora a vedersi 
se queste dipendono da una causa generale ignota e non piuttosto, come 
credo più probabile, dal reciproco attrito delle masse rocciose durante 
le scosse. 

Inflaania a«l teirBinoto migli animali. — Anche in occasione del 
terremoto ligure si osservarono negli animali quei segni dì inquietu- 
dine e d'angoscia che furono tante volte segnalati in casi consimili. 

Mostrarono più viva agitazione, durante il fenomeno o all'appros- 
simarsi di esso, i cavalli, i muli, gli asini, i buoi, i cani, te galline ed 
anche i pìccoli passeracei tenuti in gabbia. A Ventimiglia un tordo in 
gabbia ai poneva a starnazzare disordinatamente prima d'ogni scossa. 

Il turbamento degli animali domestici si osservò non solo durante 
le più forti scosse, ma anche generalmente alcuni secondi e in qualche 
caso alcuni minuti prima che incominciasse una ' vibrazione sensibile. 
Si mostrarono inquieti certi animali anche nella notte che precedette 
il terremoto del 23 febbraio. 

Reputo superfluo descrivere gli esempi di simile turbamento, av- 
vertiti in Liguria, perciocché non differiscono affatto da quelli osser- 
vati altrove e registrati in tutte Ifl storie dei grandi terremoti. 

Dalle notìzie raccolte dopo le scosse del 1887, come pure da quanto 
ho potuto raccogliere su questo soggetto nelle memorie che trattano 
dei terremoti in genere, mi sono formato ih proposito l'opinione che 
qui succintamente espongo: 

1. 1 cosi detti fenomeni fisiologici presentati dagli animali du- 
rante 1 terremoti o poco prima sono soltanto manifestazioni dì ansia 
e di terrore. 

2. Quest'ansia e questo terrore dipendono da che le oscillazioni 
del suolo grandi e piccole producono in essi il senso d'una insolita 
instabilità, di un avvenimento anormale, di un ignoto pericolo. 

3. I sensori degli animali, più fini di quelli dell'uomo, permettono 
loro di percepire le più lievi vibrazioni del suolo che noi non siamo 
in grado di avvertire. 

4. L'agitazione subita dagli animali nella notte precedente Ìl 



- 107 — 

terremoto del 23 febbraio fu indubbiamente prodotta da oscillazioni 
microsismiche. 

L'agitazione manifestata pochi istanti prima delle forti scosse sta 
ad indicare che queste cominciarono con lieve tremore, il quale andò 
sempre crescendo. 

5. I fenomeni provocati negli animali dai terremoti sono un ar- 
gomento favorevole per ammettere la possibilità di presagire certe 
agitazioni sismiche. 

De Rossi e Serpieri manifestano l'avviso che il presentimento del 
terremoto accusato dagli animali sia determinato da correnti elettro- 
magnetiche precedenti le scosse, correnti non percepite dall'uomo. Tale 
è pure l'opinione del capitano Gatta. ' Le poche osservazioni addotte 
a sussidio di questa ipotesi non porgono a parer mio che indizi e 
resta l'argomento negativo, ma pur meritevole di molta considerazione, 
che gli animali non si mostrano agitati per effetto di quei fenomeni, 
estranei alle commozioni sismiche, da cui ripetono maggior turbamento 
gli apparecchi magnetici. 

Fropagrazione delle onde slsmiohe attraverso le aoqae del mare. 

Seo88e percepite in alto mare, — La mattina del 23 febbraio verso 
le 6.20' la nave denominata Caterina Pietra veleggiava a circa 3 mi- 
glia al largo di Diano Marina, diretta per Genova, quando fu scossa due 
volte con tanta violenza che parve a bordo si schiantassero gli alberi. 
Altre scosse più lievi si sentirono di poi nella giornata. 

Il piroscafo Guadeloupe, della Società francese transatlantica, si 
trovava nello stesso giorno e verso la medesima ora a 43**. 45' lat. 
Nord e alla longitudine di 5^ 39^ Est da Parigi, in viaggio tra Genova 
e Marsiglia. A pochi minuti d'intervallo, riferisce il capitano, la nave 
fu scossa due volte in tutte le sue parti, come se avesse toccato il fondo. 
Dopo il primo movimento, scandagliate le stive, si vide che non si era 
prodotto alcun danno. Un'altra scossa più debole fu sentita verso le 8. 

Il capitano Gaibisso, del brik-goletta 5. Anna^ riferisce che il 23 
febbraio si trovava col suo legno nei paraggi di Ajaccio, in viaggio per 
Alassio, e né egli né il suo equipaggio avvertirono scuotimenti, ma os- 
servarono che il mare si faceva mosso e calmo a brevi intervalli e 



* Vedasi in proposito : La iiimologia e il magnetismo terrestre, Roma 1875. 



- 108 - 

udirono come un frastuono di cannonate in Iqntananza. Il 23 febbraio, 
mentre ìl basLJTnento era giunto a 15 miglia a mezzogiorno del Caj.o 
delie Mole, i marinai furono meravigliati da certi movimenti che face- 
vano traballare le botti in coperta e sentirono di nuovo rombi lontani. 
Soggiunge il capitano Gaibisso che l'atmosfera si mostrava, un pò sopra 
l'orizzonte, verso levante vivamente colorata di tinte vive e fugaci. 

Queste notizie, già pubblicate dal padre Denza, sono eslratte da 
una relazione inviata al medesimo da don L. Rocca direttore dell'Os- 
servatorio di Alassio. Il padre Denza, aggiunge alle indicaiioni già 
riferite sugli scuotimenti percepiti a bordo del piroscafo Gaadaloupe e 
del veliero S. >lnna, due comunicazioni concernenti straordinarie cor- 
renti osservale il 23 febbraio dai capitani dei piroscafi postali Permeo 
e Birmania che navigarono in quel giorno nel Mediterraneo. 

Il primo scrive; 

« Dal capo de Gata. Latit, 3fi°. 45' nord e Longil. 4°, 34' est Parigi. 
Deviazione di G a 7 gradi a sinistra in confronto ad altri viaggi, in cui 
fu tenuta la stessa rotta. > 

Il secondo; 

K Dal capo Tinosa, Latit. 37°. 31'. lìO" nord e Longit. 3". 29' est Parigi. 
Osservata forte corrente dal sud al nord di circa 3 miglia per la du- 
rala di quasi -ì ore dalle G alla 8 a. m. 

A tali notizie si può aggiungere che secondo le relazioni pubbli- 
cate dai giornali, ia mattina del 23 un piccolo veliero ancoralo nel porto 
di S. Remo ruppe gli ormeggi. 

Il prof. Giglioli annunziava nel Nature ', sulla fede del dottor Bellottì, 
noto ittiologo, testimonio oculare, che molti pesci di alto fondo furono 
presi moni o semimorli lungo il lido di Nizza, dopo il terremoto del 
23 febbraio. l'rd questi pesci, Giglioli nota: Alepoaephalus rostratii» 
(numerosi individui morti e galleggianti), Pomalomus teleseopiuni, Te- 
tragoniirus Cuoieri, Dentex macrophthalmua, Scopelus elongatus.Sao- 
peluH Hiimltoldti, Spinax niger. 

Questo fatto ha grande importanza, imperocché attesta che la com- 
mozione tellurica si fece sentire nel fondo marino con straordinaria 
intensità, non solo laddove le acque sono basse, ma ancora e più ad 
una profondità che, secondo la stazione abituate delle specie enumerate, 
deve essere compresa fra 1000 e 20U<) m. Lo sbalordimento e la morte 



— 109 — 

di quei pesci non si può spiegare se non supponendo che le vibrazioni 
trasmesse all'acqua marina sieno state forti e subitanee al pari di quelle 
provocate dallo scoppio di una cartuccia di dinamite. E lecito argomen- 
tare che un tal movimento si producesse lungo un asse o a breve di- 
stanza da un asse sismico. 

Diagramma del m^areografo di Genova^ — Alle 3 a. m. del 23 febbraio 
le acque marine erano assai basse, talché la curva data dal mareografo 
del porto di Genova (vedi Tav. XIV) si trovava a 27 millimetri sopra la 
linea del livello medio, quantità, la quale, stante la scala della curva, 
deve essere moliiplicata per 10 per dare il livello vero del mare nel 
porto di Genova. Le ondulazioni erano leggerissime. 

La prima scossa è indicata nella curva da un punto fortemente 
calcato che accenna ad una insolita pressione esercitata dallo stilo 
sulla carta in movimento ' destinata a ricevere l'impronta. Poi la linea 
presenta, fra il detto punto e l'ordinata che corrisponde alle 7 a. m., tre 
denti, ossia l'immagine di tre ondulazioni complete, lievi le due prime, 
maggiore la terza. Quest'ultima ha un ampiezza di 12 millimetri e ol- 
trepassa di poco il medio livello del mare ; successivamente, la curva 
presenta, fra le ordinate delle 7 e delie 8, dentellature irregolari in nu- 
mero di 8, tutte superiori al livello medio del mare; nella divisione se- 
guente (tra le 9 e le 10) si osserva un dente elevato (più alto di tutti i 
precedenti) che è provocato probabilmente dalla scossa delie 8. 54' ed 
altri minori assai irregolari. Dopo l'ordinata delle 10 a. m., le piccole 
ondulazioiii si ripetono in proporzioni sempre minori e con crescente 
irregolarità, mentre la curva continua nel suo generale andamento 
cioè nella salita raggiungendo il suo massimo livello di 27 7t millimetri 
sopra la linea media alle 3 p. m. Da quel punto la curva si abbassa un 
pò e grado grado acquista il suo andamento normale. 

Oscillazioni del livello marino lungo le spiaggie. — Subito dopo 
la prima scossa il mare si ritirò per piccolo tratto, il quale si può sti- 
mare secondo i punti dai 10 ai 30 metri. Certo è che rimasero sco- 
perti alcuni scogli abitualmente emersi. 

Per qnanio sia difficile di ottenere intorno a questo fenomeno ap- 
prezzamenti esatti, credo di non allontanarmi guari dai vero dicendo 
che l'abbassamento del livello marino fu a Porto Maurizio di poco più di 



* L'orologio del mareografo è regolato secondo il tempo medio di Genova; 
il giorno del terremoto era di 5 minuti in avanzo. 



— 110 — 

un metro. Trascorsi pochi minuti, il mare risali per brevissimo tempo a 
quasi un metro sopra il livello primitivo, invadendo un tratto di spiaggia 
sul quale erano depositate alcune botti vuote. Dopo altre oscillazioni 
sempre minori, si ripristinò il livello originario che era in quel giorno, 
come già dissi, straordinariamente basso. 

A San Remo, si verificò del pari e presso a poco nella stessa misura 
il ritirarsi delle acque dalla riva e ritornarono dopo 5 minuti. Di più 
un bastimento ancorato in porto ruppe gli ormeggi e si videro rigettati 
sulla spiaggia pesci morti. 

Anche ad Onegiia, ad Andora, ad Alassio e in molti altri punti 
del litorale si notò l'indietreggiare del mare e di poi il ritorno delle acque 
come a Porto Maurizio. Ad Antibo e a Cannes, che pur si trovano 
fuori dell'area principale sismica, il livello marinò si abbassò di circa 
un metro; Tonda di ritorno si sarebbe poi sollevata di circa un metro 
sul livello primitivo. 

Da alcuni giornali fu riferito che dopo le due prime scosse forti 
del 23, da persone che transitavano pel Capo Berta, si vide sollevarsi 
poco lunge, in mare, un getto d'acqua, il quale in breve scomparve. 
Non sono in grado di addurre alcuna testimonianza oculare in appoggio 
di questa notizia e reputo probabile che fu travisata o per lo meno 
esagerata. 

Il 28 febbraio il mare si sarebbe ritirato di alcuni metri (di 4 a 7 
secondo i punti) dalla spiaggia di Finalmarina e ciò per oltre 16 ore. 
Riferisco la notizia, come fu data dal Bollettino meteorico^ avvertendo 
che in quel giorno e nel precedente non si verificarono che lievi tre- 
pidazioni nel suolo della Liguria. 

Supposto gollevameiito del litorale. 

A eque basse. — Prima del terremoto, fin dalla metà di febbraio, il 
livello marino che era alto va gradatamente abbassandosi, fatto non 
raro lungo il nostro litorale e che si produce principalmente per effetto 
dei venti di terra e di un alta pressione atmosferica. 

Le acque continuarono a mantenersi più o meno basse fino al 
14 marzo, nel qual giorno salirono alquanto per effetto di abbassamento 
barometrico e di altri sconcerti atmosferici. Dopo qualche giorno, si 
ebbero di nuovo acque straordinariamente basse e cosi più volte nel 
corso dell'anno. 

La persistenza delle acque basse lungo i lidi della Riviera occi- 



— Ili — 

dentale richiamò l'attenzione del pubblico e fece nascere in molti il 
sospetto che fosse conseguenza di un subitaneo sollevamento del fondo. 

A Beaulieu e a Villafranca si osservò da varie persone, l'inverno 
scorso, che certe barche toccavano il fondo in piccoli seni nei quali, 
in passato, galleggiavano liberamente. 

Durante le basse acque verificatesi più volte nella primavera e 
neirestate del 1887, come pure nell'inverno e nella primavera del 1888, 
si videro emergere dai porti di Savona, di Porto Maurizio, dal lido di 
Ventimiglia e probabilmente da molti altri punti della costa, certe rupi 
che a memoria d'uomo erano sempre state sommerse. 

La spiaggetta della grotta di Bergeggi sembra ora emersa in tempo 
di calma di un buon tratto più di quel che non fosse gli anni scorsi. * 

Lungo tutto il litorale, si vede una zona di alghe verdi disseccate, 
la quale non è più sommersa che quando le acque sono eccessiva- 
mente alte od agitate, mentre corrispondeva in passato al livello 
medio. 

Il 13 maggio di quest'anno (1888), alle 8 a.m., mentre mi trovavo 
in compagnia dei professori Penzig e Fano dell' università di Genova, 
vidi essa zona d'alghe verdi e secche sui massi della gettata (pennello) 
di Voltri, a 95 centimetri sul pelo dell'acqua, mentre a circa 50 cen- 
timetri sullo stesso livello giungeva il margine superiore di una zona 
d'alghe verdi ancora fresche, emerse cioè da pochi giorni. 

Il 19 maggio dello stesso anno, alle 3. 30 pom. avendo a compagno 
il prof. P. M. Garibaldi dell'Università di Genova, osservai a Porto 
Maurizio di contro alla capitaneria del porto, l'anzidetta zona d'alghe 
secche a 40 centimetri sul livello dell'acqua; a soli 10 centimetri sopra 
il medesimo s*innalzava allora una striscia emersa d'alghe verdi fresche. 
Più tardi, in quel giorno ho ripetuto l'osservazione sulla gettata 
d'Alassio. 

Il 6 maggio 1888, il dott. Squinabol misurava sulla gettata di Final- 
marina, dall'alto al basso: 1® una zona di 45 a 50 centimetri d'altezza 
di alghe verdi, disseccate e morte ; 2® una zona di 12 a 15 centimetri di 
alghe verdi, appassite ; 3* una zona di 35 a 40 centimetri di alghe verdi 
fresche, il cui limite inferiore corrispondeva al pelo della marea bassa 
in acque magre. 



* Feci questa osservazione il 17 settembre 1887 quantunque il mare fosse 
alquanto mosso. 



— 112 — 

L'osservazione più importante in proposilo si è quella fatta dal 
pror. Pacini, nel mese di marzo del 1877, di una zona di piccoli mitili 
(Myiilua minimua) morii e disseccati lungo la costa rocciosa di Val- 
loria, di contro alla villeggiatura dei missionari. Ricercata questa zona 
jl ìN) maggio p. p., io compagnia dello stesso prof. Pacini e di altre 
cortesi persone che vollero prestarmi l'aiuto della loro esperienza, non 
si potè rintracciare, perchè il mare burrascoso dell'inverno scorso 
l'aveva probaliilmente distrutta; si videro tuttavolta le solite alghe 
verdi morte all'asciutto in vari punti. 

Il solo mezzo di convertire in certezza il dubbio di un supposto 
sollevamento non poteva essere somministrato che dalle indicazioni 
dei mareografi, i quali, nella regione specìalruente contemplata in queste 
pagine, sono soltanto due, uno a Nizza, cui accudisce un ingegnere di 
ponti e strade, l'altro a Genova custodito da un ufiìziale dell'Uffizio 
idrografico della R. Marina. Fin qui non mi fu possibile di procu- 
rarmi notizie sicure intorno alle indicazioni del primo, tranne quelle 
contenute in una nota pubblicata dal signor Bouquet de la Grye, della 
quale riassumerò pili innanzi il contenuto. ' Vi ha poi un idrometro 
nel porto di Savona. 

Rispetto al mareografo di Genova, il sig. capitano di corvetta Gae- 
tano Cassancllo, eotto direttore dell'Uffizio idrografico, mi forni gentil- 
mente, in seguito a mia richiesta, il compendio delle osservazioni di 
maggiore rilievo per l'indagine di cui si tratta, ma disgraziatamente 
sono insufficienti a rimuovere l'incertezza. 

Dati del mareor/rafo di Genova. — Sappiamo che il giorno 22 
febbraio il mareografo di Genova segnava unamedìa elevazione di m. 3, 124 
(essendo, come si vedrà, Io zero desunto da 3 anni di osservazioni a 
circa m. 3, (X)3). 

Nella notte dal '22 al 23 febbraio le acque vanno ribassando ancora 
tino alle 3, poi dopo un'ora di sosta assumono un movimento ascendente 
che dura fino alle 6.22, cioè fino al momento della prima scossatisi 
arresta allora questo movimento e mentre si producono ondulazioni 
successive, ciascuna della durata di circa 10 minuti, ondulazioni gi& 
descritte nell'analisi del diagramma fornito dal mareografo di Genova, 



' Comptes Rcnclus «le» Béances de l'Académie dea Seiences, aéance du 25 
juiUet 1887. 

* I! rìal/.arsi <li;|](! nuqiie é dovuto pili cbe altro, verosimilmente, at vento di N.E, 
sui^cciliito nlla oalma Jella vigilia. 



'f?^". 



■•^' •:: 



• t 



— 113 — , "f^>A 

il livello marino oscilla per alcune ore, cioè fin verao le 10 a. m., in- ^ 

tomo alla linea media; di poi nuovamente si abbassa (sempre perdu- ' 

rando, quantunque decrescenti, le ondulazioni secondarie) fino alle 3 pom^ 
quindi risale anche per 3 ore, senza raggiungere la linea media ed 
ancora ridiscende. La media altitudine del mareografo del giorno 23 
è m. 3,170, quella del 24 ascende a m. 3,196. 

Ma ciò che più importa, dal punto di vista delle nostra investiga- 
zioni, si è il confronto delle medie annuali. Ì^l 

L'altezza dello zero dello strpmento risultò nel 1884 di m. 3,013, 
nel 1885 di m. 3, 000, nel 1886 di m. 2, 988, nel 1887 di m. 3, 002. Te- 
nendo conto soltanto dei primi tre anni, Taltezza media dello zero sa- 
rebbe adunque di m. 3,0033, cifra che differisce appena da quella 
del 1887. 

Per intavolare più efficacemente il confronto fra i dati sommini- 
strati dal mareografo prima e dopo il 23 febbraio 1887, si sono dedotte 
le medie altezze mareografìche nei seguenti perìodi: 

Dal V marzo 1884, all'ultimo febbraio 1885, media m. 3, O08 
Dal 1» marzo 1885, all'ultimo febbraio 1886, media m. 2, 989 
Dal !• marzo 1886, all'ultimo febbraio 1887, media m. 3,001 
Dal 1* marzo 1887, all'ultimo febbraio 1888, media m. 2, 989. 

Dal confronto di queste quattro cifre risulta che nel periodo pò* 
steriore al terremoto il livello marino è stato in media un poco più 
alto che non nell'antecedente, più alto inoltre di circa 10 centimetri 
che non complessivamente in tutta la serie delle osservazioni che pre- 
cedono. 

Se si dovesse trarre da ciò una congettura, bisognerebbe inferirne 
che dopo il 23 febbraio non avvenne sollevamento, ma piuttosto de- 
pressione del lido, oppure che ad un innalzamento del suolo, avvenuto 
poco prima della scossa principale, tenne dietro un movimento lento 
in senso inverso '; ma la verità si è che in tre soli anni di osserva- 
zioni non è ancora possibile di determinare il livello medio del mare, 
e che quindi non siamo in grado di accertare uno spostamento dello 
zero mareografico; manca perciò il termine di confronto che sarebbe 
necessario per verificare il fenomeno. 



' Cerio é che il diagramma del mareografo di Genova non offre alcuna 
traccia corrispondente ad un movimento istantaneo e permanente del litorale sia 
dal basso all'alto, sia dall'alto al basso. 

8 



— 114 — 

Dati del mareografo di Nitxa. — Secondo la precitata 
cazioDS del signor Bouquet de la Grjre, nella quale si porgono rag- 
gu)j.gli particolareggiati sulla curva data dal mareografo di Nizza nelle 
prime ora del 23 febbraio 1887, apparisce da questa curva (riprodotta 
nella mia Tav. XII., flg. 7) che subito dopo la prima scossa avvenne 
un sollevamento rapido del suolo, cui succedette un abbassamento 
lentn. Dopo due ore, soggiunge l'autore, il livello del mare sembra 
essere tornato al punto di partenza. 

Il signor 66rard, ingegnere di ponti e strade che sopraintende al 
niaren^raro, assicura che il pendolo dello strotnento era regolato col 
tomjio medio di Nizza. 

Le diverse fasi del fenomeno sì sarebbero prodotte nei momenti 
'jiil appresso registrati, momenti riferiti al tempo medio di Parigi e a 
'jiiello di Roma. 

Ore di Parigi Ore di Roma 

Primo arresto della curva .... 5. 50 6. 30 

Principio del sollevamento del suolo. 5.55 6.35 

Primo massimo 6 — 6 40 

Secondo massimo G. OS G. 48 

Ritorno allo stato anteriore .... 7, 10 7,60 

Il sollevamento del suolo raggiunse, a norma della curva, uà mas- 
siiTiii di 55 millimetri. 

E da notarsi, rispetto alle osservazioni surriferite, la circostanza 
ohe l'ora corrispondente al primo arresto della curva non coincide con 
• jiiclla della prima scossa verificata presso l'Osservatorio di Nizza. 

Pertanto, o il sollevamento incominciò alcuni minuti dopo la scossa 
n |>ure l'orologio del mareografo non era ben regolato. 

A dilTerenza del diagramma somministrato dal mareografo di 
[Jenova, quello di cui ora tengo discorso manifesla poco o punto le 
picchile ondulazioni del livello marino provocate dal terremoto, ma 
accusa incontestabilmente una oscillazione temporaria del suolo che 
nvTL'l'be avuto la durata di poco più di un ora. Non b egli possibile e 
|j['nhabile che siffatta oscillazione fosse come un episodio di altro R>o- 
vimento più esteso e più lento! 

!': a desiderarsi che, onde chiarire ogni dubbio in proposito, il si* 
gnor Bouquet de la (ìrye voglia darci una analisi dei tracciati forniti 
dal (iiareografo di Nizza prima dei 23 febbraio 1887 e dopo. 

Dati dell' idrometro dì Sacona. — Ho lasciato in ultimo la disa- 



— 115 — 

mina delle indicazioni somministrate dair idrometro di Savona (situato 
presso la Capitaneria del Porto), perchè le reputo più importanti, ri- 
spetto all'ardua ricerca, come quelle che manifestano le variazioni re- 
lative del livello marino in un punto dell'area mesosismica. 

Le osservazioni idrometriche hanno luogo a Savona tre volte al 
giorno. Fino al dicembre 1885 erano eseguite per cura del prof. Ro- 
berto; da allora in poi vi attende il prof. Pittaluga. Questi si è com- 
piaciuto di stendere per me uno specchio riassuntivo di tali osserva- 
zioni che abbraccia il periodo compreso fra il gennaio 1882 e il mag- 
gio 1888, e re^ca: 1** le medie di ciascuna decade per le osservazioni 
della mattina, del mezzogiorno e del pomeriggio ; 2^ le medie comples- 
sive decadiche delle tre osservazioni giornaliere; 3° le medie mensili 
sempre delle tre osservazioni giornaliere. 

Da tale documento che, col consenso dell'autore, trascrivo più in- 
nanzi tra gli allegati, emergono i fatti seguenti: 

La media decadica più elevata è quella della seconda decade di 
settembre 1882, rappresentata dalla cifra 67, 3 ; la meno alta è data 
dalla terza decade di febbraio 1883 colla cifra 15, 9 e subito dopo 
dalla prima decade di febbraio 1887 colla cifra 21, 5. 

È bassissima anche la cifra (18, 0) che esprime la media delle 
osservazioni pomeridiane nella terza decade di gennaio del 1887. 

La media mensile più elevata si trova nel novembre 1882 (60, 8), 
la più bassa nel febbraio 1887 (28, 6) e subito dopo nel febbraio 1883 
(30, 7). 

Comparando con attenzione le cifre concernenti le ultime decadi 
del 1886 e le prime del 1887, vediamo che al principio di quest' anno 
(cioè durante le due prime decadi di gennaio) e alla fine del prece- 
dente (cioè per tutta la durata di dicembre) le acque erano assai alte, 
mentre erano bassissime in tutto il mese di febbraio e nella prima 
decade di marzo 1887. 

L'abbassamento delle acque sembra iniziarsi nella terza decade 
di gennaio e raggiungere il massimo nella prima di febbraio, per poi 
mantenersi nella prima decade di marzo e mancare alla successiva. 

Se si tirano le somme delle sei medie mensili di ciascun semestre 
considerato nello specchio di cui sopra, si osserva in prima che le 
somme delle medie relative al secondo semestre di un anno qualsiasi 
sono sempre superiori a quelle delle medie riferibili al primo semestre 
dello stesso anno. 

La cifra minore in tutto il periodo contemplato (222, 6) è data dal 




- 116 - 



primo semestre 1887, la maggiora (328, 8) fe fornita dal secondo 6 



Ci<') si);DÌfica che la inedia semestrale del primo semestre del 1887 
è notevolmente più bassa di ogni altra media semestrale. 

!^e li somme semestrali si .componessero comprendendo in un 
gruppo i mesi di febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno e luglio, e 
nell'altro quelli di agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre e 
gennaio (questo dell'anno successivo), la dilTerenza io ordine al primo 
seniesire del 1887 cosi costituito sarebbe assai maggiore. 

Dal complesso dei rapporti e delle considerazioni suesposti, risulta 
ben probabile un sollevamento temporario non lentissimo di alcuni 
centimetri, subito dalle coste della Liguria occidentale, sollevamento 
iniziato alla fine di gennaio del 1887, continuatosi nel mese successivo 
e poscia cessato dopo il terremoto, per dar luogo ad altro movimento 
io senso inverso che avrebbe ricondotto poco a poco le cose alla pri- 
stina condizione. Questo ritorno al livello primitivo si sarebbe com- 
piuto entro il primo semestre del 1887, perciocché le medie del secondo 
semestre di quest'anno e del primo del successivo nulla presentano di 
anormale. 

Ll' oscillazioni (non istantanee e nemmeno lente, giusta il si- 
gnificato attribuito comunemente a questo vocabolo) verificatesi tra 
le 5. 50 B le 7, 10 a. m. {tempo medio di Parigi) nel suolo di Nizza, 
secondo il signor Bouquet de la Grye , oscillazioni manifestate da quel 
mareografo, costituirebbero, sa fosse giusta la mia ipotesi, un episodio 
nei movimenti più lenti e più estesi subiti dal litorale della Liguria nei 
primi mesi del 1887. 

Ad avvalorare la congettura alla quale sono pervenuto gioverebbe 
uno siudio diligente e minuzioso per ricercare se l'anomalia verifica- 
tasi al principio del 1887 nei dati idrometrici del porto di Savona non 
dipendi} da insolite contingenze meteorologiche piuttostochè da una 
oscillazione del suolo. Non mi sento però la lena di accingermi a si- 
mile indagine che reputo assai difficile e complicata e per la quale 
mancano taluni elementi. 

Sono costretto a terminare questo capitolo coU'eiiunciato dì una 
congettura, di una ipotesi; ma se è vivo il rammarico che provo nel 
riconoscermi impotente a risolvere il problema, mi conforta il pensiero 
che i miei stessi dubbi dimostrano la convenienza di istituire osserva- 
zioni sistematiche e precisa lungo le coste allo scopo di accertare te 
oscillazioni lente cui sono soggette, oscillazioni forse più intimamente 
collegate di quanto si creda ai fenomeni sismici. 



'.V 



— 117 — 



ZI terremoto nelle gallerie. 

La nuova galleria dei Giovi. — La galleria aperta attraverso i 
Giovi, fra Pontedecimo e Busalla, in servizio della ferrovia che mette 
Genova in comunicazione col Piemonte, per la sua forte pendenza, che 
raggiunge in alcuni tratti il 27 per lUGO, rende lento e dispendioso il 
traffico in quella linea ferroviaria. Inoltre, per la natura franosa del 
terreno, è a temersi che la circolazione abbia a subire in galleria lunghe 
interruzioni, cagionate da scoscendimenti come già avvenne nel 1873. 

Per queste considerazioni, il Governo Italiano deliberò di far ese- 
guire una linea ferroviaria succursale a quella dei Giovi, la quale non 
avesse a superare pendenze maggiori del 12 per 1000. Fu adottato al- 
l'uopo un tracciato che attraversa la stessa montagna a poche centi- 
naia di metri dal primo, mediante una galleria di m. 8297, 55 di sviluppo. 

La nuova galleria incomincia a Ponterosso a m. 227, 47 sul livello 
del mare e finisce a Ronco am. 324,14. Dalla sua estremità meridio- 
nale fino al pozzo n^ 7, sopra una lunghezza di 5700 m. circa, la sua 
direzione è sud-nord. Da questo punto fino all'imbocco settentrionale, 
è diretta da sud-ovest a nord-est. Si è in questo primo tratto che va- 
lica la parte piCi alta della giogaia, la quale, a circuì, 2200 m. dalla 
estremità meridionale, supera appena di 300 m., col suo crinale, l'estra- 
dosso della galleria. 

Da questo punto fino a Ronco, la catena raggiunge un livello meno 
«levato e scende poi verso i pozzi n^ 7 e n° 8 come pure alla finestra 
di Pieve a qualche diecina di metri dal suolo della gaUeria. La roccia 
traversata dal traforo è tutta compresa nel piano superiore dell'eocene 
(liguriano) e risulta prevalentemente al nord, di calcari a grossi strati 
ben distinti con frequenti vene spatiche e di calcari marnosi e scistosi 
a strati più o meno sottili, al sud, di calcescisti e scisti argillosi a 
straterelli sottili. L'età della formazione è attestata àM! Helminthoida 
labyrinthica e da poche altre fucoidi che vi si trovano nel calcare. 

Dall'imbocco settentrionale fino al pozzo n^ 3, gli strati, leggermente 
ondulati, sono diretti dal nord al sud e quasi verticali (vi si riscontra 
generalmente una inclinazione di pochi gradi verso est). 

Da questo punto fino verso l'imbocco sud, la direzione degli strati si fa 
gradatamente da nord-nord-ovest a sud-sud-est, poi nord-ovest — sud-est, 
con decisa immersione prima verso ovest-sud-ovest, poi verso sud-ovest 
e inclinazione variabile. In tale condizione, si vedono distintamente gli 



-na- 
strati airimljocco di Ronco e nei burroni che solcano il monte alle 
spalle di questo paese (Tav. XV), 

Il 23 febbraio 1887, la galleria era completamente Torata, ma Tra 
l'imbocco Mierìdionale e il pozzo n" 2, come pure fra i pozzi n''2 e a" 3, 
erano rimasti due tratti di parecchie centinaia di metri aperti solo a 
piccola sezione e non rivestiti; il rivestimento mancava del pari in al- 
cuni anelli che avevano raggiunte le dimensioni normali. In varìi tratti 
si erano manirestati cedimenti nella roccia con deformazione di rivesti- 
menti e di aj'mature. 

Dopo il terremoto del 23 febbraio, il quale, come è ben noto, fu 
sentito eoo violen>^a non solo nella Liguria marittima e nella pianura pie- 
montese, nia anche nelle catene montuose alpina ed apenaina che in- 
tercedono fra le due regioni, ho assunto informazioni per sapere se il 
fenomeno fosse stato avvertito nella galleria. Debbo principalmente al 
cortese aiuto dell'ingegnere Lucio Mazzuoli di aver ottenuto particola- 
reggiate nolizte in proposito. 

Tutte le persone all'uopo interrogate dall'ingegnere Mazzuoli o da 
me, impresari, capimastri, operai, sono unanimi nell'affermare che le 
scosse () furono sentile assai leggermente in galleria o non furono av- 
venite affatto. Parecchie di queste persone si trovarono in galleria alle 
ore C. 22' Riempo medio di Roma), cioè nel momento in cui a Genova e 
nella Riviera occidentale l'oscillazione era più violenta. 

Il sig. Santiiiellp, (ingegnere capo-sezione della impresa costruttrice) 
riferì all'iiig. Mazzuiili le indicazioni seguenti: L'assistente Rosa, il quale 
si trovava, all'ora del terremoto, a m. 1485 dall'imbocco sud della galleria 
di direzione e dava ordini ai muratori di rinforzare un'armatura, vide cade- 
re qualche mailune dalla callotta, ma non si accorse di alcun movimento 
del suolo. Il cspo muratore Musso, il quale si trovava nell'ora stessa a 
circa 1500 m. dal detto imbocco, occupato a dirigere la muratura di un 
arco rovescio, non avverti nulla d'insolito e cosi accadde di tutti gli operai 
che lavoravano sotto i suoi ordini. Gli assistenti Pevere e Camerlo, i 
quali si trovavano io quel momento a m. 1235 dallo stesso imbocco, 
videro cadere pezzi di mattone da un anello antecedentemente infranto 
per pressioni subite, ma seppero solo più tardi del terremoto avvenuto- 
li minatore Saivetti, che era di guardia al termine della gallerìa 
di direzione a 175 m, dall'imbocco sud, dice di aver sentito verso le G 
e mezzo una lieve scossa. Analoghe informazioni mi furono trasmesse. 
per mezzo del prof. Agostino Perroni, dall'ing. Giuseppe Guani. 

Altre gallerie. — 11 terremoto fu sentito, ma assai leggermente. 



— 119 — 

dagli operai che lavoravano il 23 febbraio alla galleria in costruzione, 
detta di S. Tommaso, la quale riunisce la stazione orientale di Genova 
al porto> talché nessuno di loro abbandonò il proprio posto. Questa gal- 
leria misura 1176 m. di lunghezza ed attraversa calcari a fucoidi, in 
strati generalmente ripiegati e contorti ad un livello di poche diecine 
di metri sotto il suolo della città. 

Non fu avvertito il fenomeno, all'incontro, nella breve galleria di 
metri 387, denominata di Struppa, che si stava praticando nel comune 
omonimo in vai di Bisagno, per collocarvi poi un tratto dell'acquedotto 
civico. L'assistente Scrini, che stava eseguendo una livellazione, ed al- 
cuni muratori che lavoravano nella galleria all'ora stessa del terremoto 
non ebbero ad accorgersi di alcuna agitazione del suolo. Anche questa 
gallerìa è tutta forata nella formazione eocenica, specialmente nei 
calcescisti. 

Dirò pochissimo delle osservazioni fatte nelle gallerie della ferrovia 
litoranea, osservazioni intorno alle quali d'altronde non possiedo che 
notizie incomplete. I rapporti che ho potuto raccogliere in proposito 
concordano tutti nel dichiarare che il fenomeno si manifestò assai più 
leggermente che alla superfìcie o non si fece sentire affatto* 

È da notarsi il fatto che non una delle molte gallerie attraversate 
dalla strada ferrata fra Genova e Nizza, quali aperte nei gneiss per- 
miani, quali negli scisti e nelle quarziti del trias inferiore, quali nella 
formazione serpentinosa triassica, quali nei calcari dolomitici del trias 
medio, quali nei calcari giurassici, cretacei ed eocenici, quali final- 
mente nei conglomerati d^l tongriano e dell'astiano, fu menomamente 
danneggiata dal terremoto del 23 febbraio. Non cadde un mattone, non 
cadde una pietra del rivestimento, non si formarono crepacci nelle 
pareti o nelle volte; pure alcune di tali gallerie, come quelle del La- 
stroni e di Crevari, sono aperte in terreni soggetti agli scoscendimenti, 
e cosi durante come dopo la costruzione loro subirono guasti che 
resero necessari reiterati e dispendiosissimi risarcimenti. 

Questo fatto si verificò del pari fra le stazioni di Alassio e Diano 
Marino, mentre lungo la linea soffrirono assai le case cantoniere. 
L'unica traccia del fenomeno da me veduta in una galleria mi fu in- 
dicata da un cantoniere tra Cervo e Andora in quella detta di Capo 
Torre e consiste in ciò che, presso i due imbocchi, alcune pietre del 
rivestimento appariscono un pò scostate con caduta di cemento dagli 
interstizi. 

In breve, se la circolazione fu interrotta per qualche ora lungo la 



— 120 — 

ferrovia della Riviera occidentale dopo il terremoto del 23, ciò avvenna 
non per effetto di guasti verificatisi nelle gallerie, ma a causa di una 
piccola frana che si produsse fra Noli e Finalmarina. 

La spiegazione più naturale e legittima dei fatti suesposti mi sembra 
questa: che neir interno delle gallerie il terremoto é meno sensibile che 
alla superfìcie del suolo perchè si propaga generalmente attraverso 
masse rocciose più salde, più compatte ed omogenee, laonde le oscil- 
lazioni risultano più regolari, meno brusche e manca la causa di 
certe interferenze rovinose che si producono alla superficie. Inoltre, fa 
d'uopo notare che nelle gallerie è assai più difficile all'uomo di av- 
vertire scosse e di apprezzarne adeguatamente l'intensità, perchè ivi 
mancano i termini di confronto per misurare l'ampiezza delle oscilla- 
zioni e per le tenebre che vi regnano, o per la scarsa luce (quando 
la galleria è illuminata), il movimento del suolo vien poco o punto 
percepito dagli occhi. 

Spostamenti e proiezioni casrionati dal terremoto. * 

Spostamenti orizzontali. — Gli spostamenti provocati dalle scosse 
del 23 negli oggetti mobili collocati nell'area sismica, ci forniranno 
eziandio argomenti di molto valore per conoscere come fossero dirette 
le vibrazioni sismiche. 

Nel gabinetto di geologia e mineralogia in Genova una bilancia di pre- 
cisione di Lenoir, collocata entro la sua custodia di vetro in direzione 
N.O— S.E, si trovò col giogo spostato a S.E del coltello e coll'uncino 
che sorregge il piattello dal lato S.E parimente rimosso verso lo stesso 
punto; il che non può spiegarsi se non ammettendo che lo stromento 
abbia subito una viva impulsione da S.E a N.O. 

Una delle croci collocate sulla cappella di S. Benedetto ad Albissola, 
lungo quel tratto della via nazionale che mette a Savona^ è visibil- 
mente piegata verso ponente. Di contro alla cappella, si trova sulla 
stessa via V ingresso della villa Ponzone che offre un esempio istruttivo 
di spostamento: due vasi marmorei, collocati sui due pilastri quadran- 
golari che sostengono il cancello, hanno subito una rotazione di circa 
un quarto di circolo, talché le basi loro quadrate offrono gli angoli 
collocati verso i punti medi dei lati dei pilastri. 



' Le orientazioni date in questo paragrafo sono tutte magnetiche. 



— 121 — 

Nella villa Faraggiana caddero vasi collocati sopra pilastri e rima- 
sero piegati i perni di ferro coi quali erano assicurati. 

La torre di Leon Pancaldo, a Savona, è fessa e le labbra della fes- 
sura accusano un leggiero spostamento. 

La croce in ferro della cattedrale, croce che pesa circa mezza tonnel- 
lata, era disposta prima del terremoto nella direzione nord-nord-ovest— sud- 
sud-est; ora si è accostata alla direzione ovest-est, avendo girato di circa 
23^ da nord a sud passando per est. Nel museo del collegio della Missione 
furono scompigliate le raccolte contenute negli scaffali a muro diretti da 
nord a sud; mentre rimasero a loro posto o furono appena smossi gli 
oggetti disposti negli scaffali in direzione E-0. Parecchi esemplari, fra i 
quali una grossa stalattite collocata verticalmente sopra una base di 
legno e un uccello imbalsamato, girarono sul loro asse di 30^ a 40^ 

I cajnini della officina Tardy e Benech sono tutti rotti traversal- 
mente da 5 a 6 metri sotto la cima; e la parte superiore ha subito 
in ogni caso un piccolo movimento di rotazione nello stesso senso 
dell'arco descritto dalla croce della cattedrale. 

Lungo un muro della chiesa dei fra\i carmelitani in Loano, muro 
la cui direzione è E.NE — O.NO, una statua marmorea della Madonna, 
collocata nella sua nicchia subì un movimento rotatorio nel senso N-S 
passando per est, di circa 45^ e intanto si discostò di 3 centimetri dal 
perimetro della sua base. Nell'alto della stessa chiesa, due obelischi 
situati sopra gli archi eretti a sostegno delle campane, i quali archi 
sono disposti lungo un piano perpendicolare a quello del muro sopra 
indicato girarono di circa 90®, essi pure nel senso N-S per est. Queste 
indicazioni furono raccolte per me, insieme a molte altre, dai dottori 
N. Morelli e S. Squinabol. 

È interessante l'esempio di spostamento con rotazione presentato 
dalle cimase di due pilastri all'ingresso della villa Morteo in Alassio 
(Tav. XII, fig. 8). 

Ho già detto che la lanterna dell'apparato illuminato del faro che 
sorge al Capo delle Mele, quantunque assicurata ad una armatura di 
ferro, si spostò di circa 10 centimetri verso S.E. 

Presso San Remo, il cupolino del tempio denominato Madonna della 
Costa, il quale riposa sopra una cupola assai maggiore, si ruppe per 
metà, secondo un piano orizzontale, e la parte superiore si spostò 
alquanto ^sulla inferiore verso est. Nella parte bassa della città di San 
Remo molte bottiglie che erano disposte lungo un muro diretto da 
N.E a S.O si trovarono girate più o meno. 



— 122 — 

Nella Dilla Hanbury (palazzo Orengo), alla Mortolo, i balaustri in 
marmo di una gallerìa, la cui orientazione è N.O — S.E hanno descritto 
tutti un arco di circolo girando da sud a nord per est. A Mentone os- 
servai altri fatti consimili. 

La Dilla Emeri, nella via Partouaeaux, presenta la cimasa di una 
delle colonne che sostiene il cancello spostata senza rotazione verso S.0; 
il coronamento di un'altra polonna lascia veder traccie di un movimento 
in senso inverso, dovuto io credo ad una specie di rimbalzo o meglio 
di reazione provocata dalla elasticità della cancellata. 

Anche nella Promenade du Midi, d'innanzi alla villa Sans-Souei, 
ho veduto la cimasa di un pilastro, che sorregge una cancellata, spo- 
stata verso S-0; qui lo spostamento é stato dì S centimetri. 

Il cancello àeWHótel Victoria, orientato da N.E a S.0, fe sostenuto 
da pilastri, nei quali la pietra del coronamento ha subito una rotazione 
portanlosi due latt paralleli di essa dalla direzione anzidetta, alla di- 
rezione E-0, con movimento rotatorio da nord a sud per est. 

Parecchi esempi di analoghi movimenti di rotazione si vedono pure 
nelle lapidi e nei monumenti de! camposanto di Mentone. Colà furono 
abbattuti verso ponente vari cippi e colonnette, precipitò versolo stesso 
punto, ma con lieve deviazione a sud-ovest, un piccolo monumento; 
una croce marmorea cadde in direzione sud-ovest; nel monumento del 
defunto Dobiecki la parte superiore, formata da un dado di marmo che 
sostiene un'urna, subì una rotazione da nord a ovest. ' In vari punii 
della città osservai croci, ventole, comignoli voltati, ma non potei de- 
terminare il senso della rotazione. 

Il padre Bertelli spiega i fenomeni di rotazione summentovati am- 
mettendo che la mattina del 33 febbraio (alle ore 6. 32') si sieno pro- 
dotte quasi simultaneamente due scosse, una delle quali diretta presso 
a poco da ovest a est e l'altra dal mare verso terra o circa da sud 
a nord. Mentre i corpi situati in alto e suscettibili di oscillare, come 
croci, parafulmini, camini, ecc., già vibravano sotto l'azione della prima 
scossa, sopravvenne la seconda, e il movimento rettilineo si converti in 
circolare o vorticoso, facendo subire a taluno di quei corpi, mobile 
e del tutto o male assicurato, una rotazione da est a ovest per sud. ' 

' H. TrautsOHOLD, Einige Beobachtungen ùber die Folgen. de* Erdbebeni 
com 23 Februar 1887, eto. (Bull, de la Sociale imp. dea Natur. de Moscou, 1888, n. 1). 

* Otteroaiioni /atte ih oecatione di una eseuriione tulla Eioiera Ligure 
di Ponente dopo i terremoti tei ttgaiti in quett'anno (Memorie della Pontificii 
Accademia dei Nuovi Lincei, voi. IH, Roma, 1838). 



— 123 — 

Siffatta interpretazione è confermata nella sua generalità dal complesso 
dei documenti raccolti in queste pagine. 

Proiezioni. — A Oneglia il prof. Vassallo mi fece osservare un 
grosso pezzo di parapetto sbalzato dal tetto di una casa ad un'altro 
tetto, attraverso la via Des Geneys, via larga m. 5, 50. Il salto si prò- 
dusse obliquamente, cioè dal S.E a N.O e per un tratto di m. 7« £ questo 
uno dei casi di proiezione più notevoli; ma non conviene attribuirlo 
unicamente alla potenza dell'urto sismico, perciocché è probabile, se 
non certo, che sia dovuto in parte all'impulsione acquistata dal masso 
rotolando per un certo tratto sul piovente del tetto. 

Nell'orto dei missionari francesi, a Diano Marina, scrive V illustre 
padre Bertelli, la parte superiore di un arco destinato a sostegno di 
un pergolato, fu proiettata verso S.E a 5 metri di distanza. 

Don Morelli mi riferi che a Loano un doppio uncino da macellaio, 
il quale era appeso ad una sbarra di ferro orizzontale, ne fu sbalzato, 
facendo un salto verticale non minore di 3 centimetri e mezzo, che 
questa è appunto la lunghezza della piega superiore dell'uncino. 

A Noli alcuni vasi di fiori collocati sopra piccoli pilastri, in un 
giardino, furono balzati a terra dal terremoto, quantunque ciascuno 
di essi fosse assicurato da un'asta di ferro, di circa 6 centimetri di 
lunghezza, a guisa di perno^ fìssa al pilastrino rispettivo. Questa osser- 
vazione, fatta dal capitano Giuseppe Terrazzani, mi fu riferita per cor- 
tesia dal prof. Pacini. 

Certi gigli di terra cotta che adornavano le guglie della chiesa di 
Zinola, quantunque confìccati in un' asta di ferro, lunga da 6 a 10 cen- 
timetri, furono del pari proiettati ad una certa distanza, saltando fuori 
del perno. Anche su questo fatto, che potei verificare di persona, chiamò 
la attenzione il prof. Pacini. 

Mentre dimostrano che il movimento sussultorio si manifestò in 
vari punti dell'area principale sismica, nel terremoto dell'anno 1887, 
siffatti esempi accennano, tuttavolta, a scosse verticali di ampiezza ed 
intensità non straordinarie. 



" 



— 124 — 

Frane, orepaooi e fenomeni idrotermalL 

Frane, — L noto che lo scuotimento propagatosi con tanta vio- 
lenza per tutta la Lìguiùa la mattina del 23 febbraio determinò la ca- 
duta di massi e di piccole frane e diede luogo al formarsi di crepacci 
nel terreno, tutti però, a mia cognizione, entro sedimenti di età poco 
remota e di lieve consistenza. 

Fra Noli e Finalpia, cadde una piccola frana, la quale per poche ore 
intercettò la ferrovia del litorale. 

A Giustenice, sotto il castello dei Del Carretto e in altri punti vicini 
precipitarono da Una ripida altura, a causa del terremoto, alcuni massi 
di quarzite triassica, che strapiombavano. Il volume loro è stimato in 
complesso, dal dott S. Squinabol, che mi ha somministrato la relativa 
indicazione, di circa 150 metri cubi. 

AI Capo delle Mele il tremito del suolo fece ruinare dall'alto del 
promontorio parecchi massi di arenaria postpliocenica poco salda, i 
quali ingombrarono la via maestra coi loro detriti. 

Glori, frazione di Triora, fu gravemente colpita da una frana stac- 
catasi presso la vetta del monte, sul fianco del quale è situato il paese. 
Presso San Giacomo di Corte, altra frazione di Triora si produsse 
qualche guasto per un fenomeno analogo. 

Anche al di fuori delFarea principale sismica^ il terremoto ebbe per 
effetto di determinare la caduta di massi ed anche piccole frane. 

La mattina del 23 precipitò nel lago del Moncenisio un grosso 
sasso. 

Dal Soratte si staccarono parecchi macigni e caddero nel piano 
verso le 3 pomeridiane dello stesso giorno. 

Crepacci ed emissioni acquee, — La prima forte scossa di terre- 
moto determinò la formazione di lunghe spaccature a Vado, in una 
pianura d'alluvione alta circa 3 metri sul livello del mare e situata a 
circa 300 metri dal battente del mare a ponente dal paese. 

Fra queste spaccature, alcune, in numero di quattro, a breve di- 
stanza runa dall'altra e parallele, erano dirette da N.O a S.E, con 
una lunghezza massima di un centinaio di metri; un'altra, di lunghezza 
doppia, era perpendicolare alle prime. 

La più ampia era tale da potervi introdurre un braccio; ma a poco 
per volta andò restringendosi, in modo da scomparire quasi del tutto. 
In alcuni punti, si notava da principio un dislivello di parecchi centimetri 



— 125 — 

(fino di 25) tra le due labbra di essa. Appena aperte, le spaccature, 
emisero acqua (che emanava odore solfureo), melma e sabbia. Questi 
particolari furono osservati in prima dal prof. Pittaluga che ne diede 
conto nei giornali, poi dall'ing. E. Del «Moro e dal prof. M. Pacini, che 
si compiacquero d'informarmi per iscritto dei particolari del fenomeno 
qui succintamente riferito. 

La fenditura principale diretta da N.E a S.O era distante da 35 a 
40 metri dalla ferrovia; quando i signori Del Moro e Pacini la visita- 
rono, raccolsero accanto ad essa le sabbie e melme che ne erano 
uscite il primo giorno dopo la scossa. In vari punti del suolo, princi- 
palmente a S.E della fessura, essi osservarono dei piccoli rilievi attra- 
versati da fori, a guisa di formicai, formati da materia melmosa uscita 
dagli stessi fòri. Tra questi, uno di forma triangolare, misurava 35 
millimetri di lato, un altro, circolare, aveva un diametro dì 25 mil- 
limetri, un terzo, dittico, misurava 30 millimetri nella maggior lar- 
ghezza. Poco dopo il terremoto, mentre la spaccatura principale si an- 
dava socchiudendo, le altre quattro si allargavano. Allorché io visitai 
la località, il 5 aprile, trovai che erano ancora visibili per circa 60 
passi le traccie di una delle fessure secondarie, la quale per un pic- 
colo tratto, misurava 4 a 5 centimetri di larghezza e quelle eziandio 
della spaccatura principale, che però era più stretta e in parte rima- 
neva occultata dalla terra ond'era stata coperta in seguito alle pioggie 
recenti. 

Il cav. G. Foldi, professore di chimica nella Scuola d'Arti e Me- 
stieri di Savona, mi disse d'aver riscontrato traccie di zolfo nel fango 
uscito dalle spaccature e dai fori ora descritti ; il prof. Pacini ed altri 
mi assicurarono che la melma emetteva da principio distinto odore 
d'idrogeno solforato. 

La rena emessa da piccoli orifizi crateriformi di Vado, rena di 
cui possiedo campioni raccolti dall'ing. Del Moro e da ma stesso, è di 
color bruno giallastro. Essa risulta di frammenti, che misurano in media 
circa mezzo millimetro di diametro e raggiungono per eccezione 2 a 3 
millimetri di lunghezza. Questi granellini consistono per la massima 
parte di quarzo translucido o torbido, quale incoloro, quale giallastro, 
verdastro o azzurrognolo, cui si associano numerosi frammenti di talco, 
argentino o verdastro (alcuni di questi aderenti ai granuli quarzosi)/ 
pezzetti di feldispato bianco, laixielloso, a strie ben risentite (prevalen- 
temente plagioclasio), granellini opachi, neri o traenti al bruno, attira- 
bili dalla calamita, probabilmente magnetite, e particelle brune o gial- 
lastre, opache, fragili che mi sembrano di limonite. 






— 126 — 

I frammenti si mostrano al microscopio di Torma irregolare ed 
appena smussali od arrotondati sugli spigoli e gli angoli. 

La melma t fina e di color grigio. Osservata al microecopio, ei 
risolve in sabbia, nella quale si ritrovano gli stessi elementi dell'artìna 
già descritta con manifesta prevalenza dei quarzo. Tanto la melma 
quanto la rena, non si sciolgono che in piccola parte nell'acido clori- 
dico G senza produrre effervescenza. La soluzione fornisce poi le rea- 
zioni del ferro. 

A Pietra Ligure si osservarono spaccature in un suolo formato di 
argilla pliocenica rimaneggiala presso una fornace da mattoni lungo la 
ferrovia. Si accerta che al momento della prima scossa usci dalle 
fendiiure acqua che emanava odore d'acido solfìdrico. Morelli, il quale 
le vide l'indomani, non trovò più l'acqua e non senti odore di sorta. 

Dopo il terremoto, correva voce di spaccature formatesi anche a 
Giustenice, ove si trovano allo scoperto roecie anticiie (secondarie), 
ma non potei procurarmi notizie sicure in proposito. 

Un gros-o crepaccio si produsse nella formazione miocenica infe- 
riore. Ira Altare e Carcare presso il gruppo di case denominato Car- 
paneto, ed attraversava la strada provinciale ; secondo una circostan- 
ziata relazione pubblicata dal Corriere della aera (1887, n" G4), si 
manifestò istantaneamente colla scossa più forte del 23 febbraio. Certo 
Vincenzo Ottonello, contadino, che passava di là in quel momento, 
senti traballare il suolo e vide aprirsi il crepaccio per la larghezza 
di circa 2j centimetri, con un dislivello d'altrettanto fra un labbro e 
l'altro, mostrandosi soverchiante quello fra i due collocato verso la 
parte nella quale la sti'ada è in discesa; dopo un momento, la fendi- 
tura si richiuse sotto i suoi occhi, non però perfettamente, che rima- 
neva ancora visibile qualche ora dopo. L'indomani il corrispondente 
del periodico precitato, !a trovò ancora allargata, forse per effetto di 
ulteriori scosse, poi di nuovo si chiuse ed ora si afTerma che ne sieno 
scomparse le traccio. 

A Costa Rossa in quel d'Oneglia, lungo la slrada che conduce a 
Onoglia, vidi alcune spaccature irregolari che attraversano uno stra- 
lerello di terra e il conglomerato pliocenico sottoposto. La principale 
misurava -2 passi di lunghezza ed era diretta da N.E a S.O. 

Parecchie fessure si aprirono la mattina del 23 febbraio attraverso 
la via nazionale, Ira Porto Maurizio e Oneglia, ma quando percorsi 
questa via, il 4 marzo, esse non erano più visibili. 

Anche a San Remo si formarono spaccature sulla via maestra io 
riva al mare, ma tutte poco estese ed irregolari. 




— iTT — 

Fra 3ordigbera e Oepeduletu. i. eurb'r ' -tr-^ni:» l^i».-.-r,;. rt^tiinnie 
nella, prima dì queste citià, usee-i- m-?. i ;r-a*'--- ii-i-ia a-U «tenta 
causai, elle «iltraversavanci io bi-uul iì-z. u..-. 

11 monte di Castel d'ApiJH- * ' . i. ~^a;_i: -i -* ^ c'.^'-itni'o 'li 
conglomerati pliocenici aiiemuuL -r-z. — _-jt ; . :. -.-^w^ b^ìÌ-ìiI'^s*; ; 
formazione che si esiendt Iìhl u. ì—^Jk ;--^ì-j. i.-^ .>:.Vr «1^1 Iloiii 
e s'innalza fino a 615 tueiri eu ,i. .;■«: .'.a^. •-. .a. ?-«*, .-. r'y-'iti<i 'M 
Castel d'Appio, a circa li-lO m-:r. ..' ^ . : — :>_ -*?— ^ . ■; ic-irzo 1887, 
nel conglomeralo, due jiro; ji.J T"^a-.i .— =^_ *,i « a.r.'y,iti di J'J 
A 15 metri di lunghezza e 1'. t- 1' ■j>r.-..=.—i'. il .a.-;--»/z», fj<i':%H 
sono presso a poco paralr-A ^ ■. --e >= '-.. ... » vs-'.<:'~. sii a'-.'r.niili 
dei casolari vicini, si aprir fU: a. Zu^:...^ -^ Z-.. .\ -r.z'. jtt-.'.'-ì pezzi 
di mura medioevali, rÌ diS'^'.r:^r:-^. ib. - --.•- .-,«■ :< •..u*'a..j pfir ef- 
fetto delie scosse ed a.-.i-r'.Ji^-. c>- — ■:- .- .--j-. ■.-, < ^:-a',rdinaria- 
tnente forti- 
Secondo una con.uii.ei;. -1/-- .-i-^ ^ r. . --^ -^ » i;.ejT* d";!!» 
Repubblica francese «;! i*.:'..:; - ' r^^-.* - *-:- ;-r •:*^-v, -i^l f-r- 
remoio, una spaccfaii;n. :j^ .t^ .^ u^.-'. ■:.-.-' -, ,i /ir. '.■>,-.':,. chi; 
l'attraversa ci-iii,.ir:un«;:-i^ -!--.•-;.■.•-•... -, , j e,ìÌ ì,^._\,oi,t 
nelle opere ii i*rrt i^i^.ra.^^ ^:i- . ^--- &.-'-».-,- ..^:* il f'.rt-; 
* collocaJjj. * 

li crepA'-ci-: r^^..:.:;- .•■-,.^.--. . : :. . ;.. - „-. a,',,r.i p',r.:i 
della- ajura-.::rt- i-fc u •..:-_ ^; : . , i,- ,._^; ,,.;, f.^ j._ ^ :j 
millimetri; t«t^- i-.-^v » .•-= - .t, -- ,* -.-.. ;,. , ,'.;i-,a. [*.►•» 

pei* Casi;..'--^ t -■-■^^^ ^- -■' ' --■ "■ .: . <- ■^•^.-*. '.■. -.t. vi' ^iv.w: 

di contirj-^-ii ^ ^ * ^-i--. .. ,- s;,_4 

Corr.pfi^bC d. i.,-.-.' rj ■: . ^ .^ -_ ^. ,„ ^ ,-,,;:*.„(, ^ r^, 
poxxi prett.t:^--- — ^ . - . . - ,-,. ,_ „.-, ».^_r.r^ .,^, 

suolo press- '--:■-= '. ' '- ■'-^- -^ ~ . ^. -^ •.■.■■^'^. ;■;..>,•., j^,. -. 
d*a.cq"a, 1^ -.■-^- .-.-^e- ■. .-- . . ^... ,___ .^,rr-r,o, ). . i';- 

(jua si ai-'z-:--^-*^ i- '.'- --- -- — •..-. «- .^-:.t.,-.^ .,.^.._^ .^,^, 

L.e polle e.-*-i'- i — ^i.- _ . — -,» ^ .-., -^ . j, .,^. . , ^^ , ,. ^..^ 
di Umt'!— 




— 128 — 

emessa, la -liliale eomiglìa molto a quella della spiaggia vicina. Essa 
risulta di granellioi rotondeggianti di quarzo un po' rubiginoso, cui sono 
commiEte particelle nerastre di ossido di ferro; non emana alcun odore 
e, lasciata per qualche tempo nell'acqua, non 6Ì verifica nel liquido la 
presenza dello zolfo. 

A Verezzi una grossa sorgente che sgorga appiè dell'abitato dalla 
base del Monte Caprazoppa aumentò straordinariamente di volume dopo 
il terremoto e per circa 40 ore diede acque torbide. 

Una fontana intermittente che scaturisce a Borgio somminislrò 
acqua torbide e non potabili per la durata di 4 o 5 giorni dopo il 
23 febbraio (Morelli). 

In seguito al terremoto del 23 febbraio, comparvero nella provìn- 
cia di Porto Maurizio varie nuove sorgenti. Una di queste, potabile e 
limpida, scaturì a Maro Castello, un'altra in uguali condizioni a Bor- 
gomaro. Nel territorio di Dolcedo e precisamente nella valletta che sì 
trova sotto la borgata Costa sgorgò una sorgente fangosa nelle cui 
acque il prof. Gentile rinvenne notevoli quantità di bicarbonati di cal- 
cio e magnesio, di cloruri alcalino- terrosi, di acido silicico e silicati, 
nonché traccie di salì di ferro e manganese e di materie organiche. 

Nel comune di Cesio d'Arroscìa, regione Verne, due nuove sorgenti, 
una limpida l'altra torbida, analizzate dal Gentile gli somministrarono, 
la prima, bicarbonati alcalino-terrosi, cloruri, silice, allumina e abbon- 
danti materie organiche ; la seconda, sali alcalino-terrosi in minor copia 
che nella precedente, traccie di silice e d' allumina e materie orga- 
niche. ' 

Si citano inoltre numerosi esempi di sorgenti, nei territori di Porto 
Maurizio e di Oneglia, che diedero acque torbide o di cui aumentò o 
diniinul il tributo. 

La mattina del 23 febbraio s'intorbidavano le acque del fiume 
Centa e del torrente Anto gnana, nonché quelle dei pozzi d'Albenga. Fra 
questa cìttét e Loano, il dott N. Morelli vide, lungo la via provinciale, 
abbassata di circa 10 centimetri l'acqua dei pozzi che servono all'an- 



A quanto mi riferisce il sig. Clarence Bicknell, residente a Bordi- 
ghera, il tributo della sorgente d'acqua solfurea detta del Gìuncarello, 
presso questa città, k cresciuto di circa un lerzo dopo il terremoto. 
Non pare che la sua temperatura sia cambiata. 

' Lo Scarincìo, giornale, n. 39, 17 aprile 1887. 



— 129 — 



yit^'^'i 



A San Remo ricomparve l'acqua in alcuni pozzi che erano asciutti 
da molti anni| in altri l'acqua raggiunse un livello di 80 a 90 centi- 
metri superiore al primitivo. 

Altro fatto degno di nota verificatosi nella stessa mattina si è la 
temporaria ricomparsa a Nizza, nel greto del torrente Paillon, di contro 
alla profumeria Bermond, di una polla d'acqua tepida e torbida che 
sgorgava in quel punto molto tempo addietro. ' La sorgente rimase 
tosto inaridita. 

A Nizza, parecchie sorgenti recarono dopo il 23 acque torbide o 
melmose, contenenti gas acido carbonico in copia. Queste condizioni 
si mantennero per sei giorni dopo la scossa del 23. * 

A Mombouroux (dipartimento del Varo) una fontana pubblica si- 
tuata presso il villaggio somministrò acqua fangosa, dopo il terremoto 
fino al mezzogiorno del 23 febbraio. 

S'intorbidarono in quella mattina le acque delle terme di Valdieri. 

Non è vera tuttavolta la notizia, recata da certi giornali, che nello 
stesso giorno o più tardi taluna delle sorgenti termali di Acqui si sia 
inaridita o abbia subito qualche alterazione nella sua portata. 

Dopo il terremoto, le sorgenti solfuree di Voltaggio (di cui ho già 
fatto cenno precedentemente) trassero seco in copia brandelli di certe 
vegetazioni crittogamiche biancastre che si sviluppano nell'interno 
dei condotti in cui scorrono. 

Si accerta che in Milano un pozzo cosi detto americano diede 
acqua torbida. 

A distanza più o meno grande dall'area agitata dal terremoto, si 
manifestarono dopo il 23 febbraio fenomeni idrotermali che io qui stimo 
dover registrare, quantunque io non veda indizio di sorta, tranne la 
coincidenza del tempo, che accenni ad una qualsiasi connessione tra 
questi e il terremoto ligure. 

Nell'isola d'Ischia adunque scemò la temperatura delle sorgenti, 
il che può essere la conseguenza di un sollevarsi temporario del livello 
marino "(come per casi analoghi osservò il sig. Grablovitz). A Pala- 
genia, in Sicilia, s'intorbidarono le acque del lago Naftia e delle fon* 
tane Vauchella. 



iti 



.»: 



J 



' Si afferma dai periodici locali che questa sorgente venne a mancare 1800 anni 
addietro, ma ignoro se l'asserzione sia fondata sopra documenti storici degni di fede* 

* Comptes Rendus des séances de TAcadòmie des Sciences, n. 12, séance 
du 21 mars 1887. 



9 



'-', 



— 130 — 



Boome raooeralve alla prlnolpale del 23 fèbMralo. 

t 

Dopo la scossa avvertita a Genova alle 6. 22' a. m. e che fu la più 
disastrosa per la Riviera occidentale, se ne senti una seconda meno 
gagliarda trascorsi 10 minuti, poi una terza alle 8.54' più forte della 
precedente, ma non quanto la prima. Variano molto gli apprezzamenti 
relativi al momento preciso e alla durata di queste due scosse nelle 
varie località. * 

Da taluni si vuole che fra la prima scossa e la seconda l'inter- 
vallo sia stato di 11 minuti e da altri che sieno trascorsi 8 o pure 
9 minuti. Varia pure di qualche minuto o di qualche secondo, nei vari 
luoghi, r indicazione oraria relativaj[alla terza scossa, e ciò special- 
mente nel territorio colpito con maggior veemenza, perchè il turba- 
mento suscitato dalla vista di tante rovine non consentiva diligenti 
osservazioni. 

Nei giorni seguenti si succedono a brevi intervalli piccole scosse, 
mentre la colonna barometrica subisce lievi oscillazioni (mantenendosi 
però sempre straordinariamente alta) e il tempo si conserva sereno. Il 24 
si segnalano a Genova scosse verso le 2. 10, le 4. 15, le 5. 56 a. m. e le 
11. 20 p. m., scosse che sono più gagliardamente sentite nella Riviera 
occidentale. Il 25 ne è indicata una lieve a Camogli. Il 26 cade a 
Genova una leggiera pioggiarella ; si osservano scosse in questa città 
alle 4. 50 e alle 6. 7 a. m., alle ore 0. 55 e 1. 34 p. m. e alle 11 p. m. 
Altre lievissime si sentono l'indomani. 



Belaslonl fra le sooMe oonseontive e oerte oirooftanie 

meteorologlohe. 

Stimo utile di riassumere l'enumerazione delle scosse osservate 
nell'area principale sismica dal 1® marzo fino al 31 dicembre in un 
prospetto in cui sono pure indicate succintamente le condizioni me- 
teorologiche (specialmente in ordine alla -pioggia e all'altezza -della 
colonna barometrica) del giorno in cui si verificò il fenomeno e del 
precedente. 



* Si attribuisce, a S. Remo, una durata di 12" alla secooda e di 3" o 4" alla terza,. 



-- 131 — 



Prospetto delle scosse consecutive verificatesi nelVarea principale 
sismica dal 1 marzo al 31 dicembre 1887, 



Indicazioni meteorologiche. 

Mabzo. 

1. Sereno e barom. altissimo in tutta 
la Liguria. 

2. Come sopra. 

3. Come sopra. 



Scosse e vibrazioni sismiche. 



5. Sereno e barometro meno alto in Li- 
guria. 

6. Come sopra. 



9. Cielo più o meno coperto, barom. 
alto nella regione alpina e ligure. 

10. Cielo più o meno coperto, barom. 
abbassato in Liguria. 

11. Pioggiarella nella mattina e barom. 
calante (Genovesato). 



29. Pioggia dal 14 al 29 in Liguria. 

30. Sereno, barom. instabile. 

31. Come sopra. 

ApbOìB. 

2. Neve sui monti liguri, barom. ca- 

lante. 

3. Pioggia a Genova, barom. alzato, 

4. Sereno, barom. alto instabile. 



Scossa a S. Remo alle 3,15 a. m. 

Tremiti dalle 6 alle 9 p. m. e piccola 
scossa alle 10. 30 p. m. a S. Remo. 

Piccolissime scosse dalle 2 alle 5. 15 
a. m. a S. Remo, scossa alle 5. 2 
a Porto Maurizio, verso la stessa 
ora scossa a Savona. 



Due scosse a Savona nella notte tra il 
5 e il 6, la seconda preceduta da 
rombo. 

Scossa a Cuneo il 6, alle 6. 20 a. m. 

Scossa a Demonte alle 11. 14 p. m. 

Leggere scosse a Valdieri alle ore 0. 5 
e 3. 47 a. m. 



Scossa forte fra le 3. 15 e le 3. 20 p. m. 

in tutta l'area principale sismica. 
Piccola scossa ad Alessandria alle 8. 5 

p. m. circa. 

r 

Scossa leggera a Savona alle 6 a. m. 
Scossa leggera a Savona alle 4. 37 p. m. 



Scosse leggere a Savona e a S. Remo. 



Scossa mediocremente intensa a Savona 
alle 2. 48 a. m. 



r 



5. Pioggia a Porto Maurizio, 

S. Pioggia a Genova, barometro baaso. Fra il 5 i 



15. Temporale nel GenoTeHato, barom. 

16. Pioggia nel Genoveiato, neve ai 



Scosaa sensibile con rombo a Susa. 



Maqoio. 

3. Pioggia sulle Alpi, barom. basso in 
Liguria. 

4. Come aopra, 

7. Pioggia in Liguria, barom, alio. 

8. Come sopra. 



Dal 3 al 4, nella notte, scossa a Ge- 



Scossa a Cuneo 
6. 30 a. m. 



Valdierì i 



19. Poca pioggia a Genova, pioggia 

sulle Alpi orientali. 

20. Barom. alto in Liguria, pioggia nel- Scossa a Porto Maurizio alle 8. 10 a. m; 
l'Alta Italia. & Savona all'I. 30 p. m. 

21. Pioggia sulle Alpi, barom. basso ìn Scussa a Savona alle 7.20 a. m.; a 
Liguria. Porto Maurizio alle 8. 10 a. m. 



1. Cielo più o meno coperto, barom. 

alto e calante. 
«. Pioggia sulle Alpi, barom. calante Scossa a Diano Marina alle 2. 80 a. 

io Liguria. 
3. I^oggia in Liguria. 



18. Sereno in Liguria, barom. alto e 
calante. 

19. Sereno in Liguria, barom. alto e in 
via d'innalzamento. 

20. Come sopra. 



Nella notte dal 3 al 4 rombo e leggero 
moto ondulatorio a Diano Marina. 
Scossa ondulatoria a Porto Maurizio. 



22. Pioggia a Genova, barom. calante 
(nella notte dal 21 al 22, mill. 89 
di pioggia). 

23. Come sopra, barom. molto alzato. 

24. Barom. alto e sereno in Liguria- 



Scosse ad Alassio alle 3. 45 a. m.; a 
Porto Maurizio alle 9. 15 p. m. ; a 
Savona verso le 10 p. m. 



ScosM leggera a Savona bIIc 6. 30 



Luglio. 

11. Sereno in Liguria, baroni, alto. 

13. Come sopra. 



Scossa a Savona alle 
Porto Maurizio 



13. Come sopra. Temporali sulle Alpi. 

14. Sereno e barom. alto in Liguria. 
Temporali sulle Alpi e nella valle 

15. Come aopra. 

16. Temporali al nord di Genova, ba- 
rometro calante. 

17. Tempo turbata in Liguria. Tempo- Forte 
rali sulle Alpi. 

18. Temporali ad ovest di Genova. 

19. Temporali a nord di Genova. 

20. Poca pioggia a Genova. 

21. Poca pioggia in Liguria. 




Scossa a Savona a i\)rt() Mi 


rnriziu, circa 


alle MS p. m. 




Forte scossa a Porto Mani 


l'iiio, Diano 


Marina e in altri tiuni 


^i .lolla ni- 


viera verso le 11.35 ,,. 


ni. 


Scoesa a Genova alle IS. 3 


l>. NI. 


Pìccola scossa a Genova. 




Piccolo scosse a Genova. 




Come aopra. 





SffTTSMBBB. 

30. Dal 29 al 30 pioggia In Liguria, ba- Scossa ad Alassio alle 7 



Porto Maurizio alle 7. 35 )>. ni.; 
Varie acoaselte a Chiavari nel po- 
meriggio. 



Ottobbe. 

7. Pioggia a Genova il 6 e il 7, barom. 

calante. 

8. Fra il 7 e l'S barom. calante, 
S5. Pioggia nella Riviera di Ponente. 
Zìi, Barom. alzato cielo coperto in Li- 

30. Cielo coperto, barom. calante dal Piccole 

30 al 31. 

31. Pioggia copiosa in Liguria. 



Scossa leggera a Novi all'/ 
Piccola scossa a Chiava ri- 



Piccole scosse a Chiavari i. 
a Savona alle 5.53 ii. 



NOYXHBKB. 
9. Dal 1 al 9 ploggìe copiose in Ligu- 
ria, massime il 5, il 7 e l'S, ne! 
(jual giorno caddero a Genova 55 



Piccole scosse a Chiavar 
e alle 8. SO p. m. del t 

notte dairS al 9 pl.;< 
Savona. 



— 134 ^- 

26. Dal 18 al 26 pioggie abbondanti in Scossa a Demonte alle 7. 30 p. m. del 
Liguria e sulle Alpi Marittime, mas- giorno 26. 

sime nei giorni 19 20> 23, 25 e 26. 



Dicembre. 

1. Pioggia in Liguria e nell'Alta Italia 
in genere. Barometro alto. 

2. Barom. assai alto in Liguria. Piog- 

gia in qualche punto dell'A Ita Italia. 

3. Barom. assai alto; cielo più o meno 
coperto in Liguria. 

18. Barom. alto, calante in Liguria. 

19. Barom basso, calante in Liguria. 

20. Come sopra. Nere sulle Alpi. 

21. Cielo coperto, barom. basso calante. 

22. Neve a Genova. 

25. Barom. alzato in Liguria. 
26 Pioggia e neve in Liguria. 

27. Barom. assai abbassato in Liguria. 

28. Barom. un pò* alzato. Neve nell'Alta 

Italia (non in Liguria). 



Agitazione sismica a Chiavari. 



Scossa a Moncalieri alle 11. 54 a. m. 
Agitazione a Chiavari. 

Scosse a Moncalieri alle 8. 9 p. m. e 
alle 8. 37 p. m. 

Agitazione a Chiavari dopo il pome- 
riggio. 

Agitazione sismica a Chiavari. 

Scossa a Moncalieri alle 11.21 a. m.. 

Scossa a Moncalieri alle 8.34 a. m. 



Fra le scosse registrate in questo prospetto, fu relativamente forte 
quella sentita nella Riviera occidentale tra le 3. 12 e le 3. 15 p. m. del- 
l' 11 marzo che destò molto panico a Savona, Diano Marina, Oneglia, 
Porto Maurizio, Ventimiglia, ecc. A Diano cadde pel sussulto qualche 
muro pericolante e in vari edifìzi le fenditure già aperte acquistarono 
maggiore estensione. Uno dei tremiti più violenti fu pur quello che si 
produsse la sera del 14 aprile, il quale fece cadere alcuni lembi di muro 
a Diano. Altro notevolissimo si produsse il 17 luglio. 

Don Morelli mi assicura che a Loano avverti il rombo che pre- 
cedette la scossa del giorno 11 marzo circa quattro secondi prima 
della scossa medesima. 

Fino alla scossa delP 11 marzo non si ravvisa alcuna connessione 
fra le tavole meteorologiche e il terremoto, ma d'allora in poi, e spe- 
cialmente fra aprile e dicembre, quasi tutte le scosse sono precedute 
di qualche ora, o tutto al più di un giorno, da pioggie o nevi cadute 
sia nella Liguria occidentale sia nella regione alpina e prealpina. In 
alcuni rari casi, non essendo caduta pioggia nelle 24 ore che prece- 



— 135 — 

dono Tagitazione del suolo, là colonna barometrica era calante e si 
trovava in una fase d'instabilità. 

Considerando il complesso delle scosse prodottesi dopo il 23 feb- 
braio, le quali superano la settantina, si vede che si sottraggono alla 
regola la maggior parte di quelle avvenute nella quindicina succeduta 
al detto giorno, poi le scosse del 31 marzo, del 20 giugno, del 12 e 
del 13 luglio, del 30 settembre e infine le scosse dei giorni 3, 19 e 28 
dicembre. È probabile che alcuni di tali movimenti sieno state prece- 
duti e forse provocati da agitazioni manifestatesi in altre parti d'Italia; 
ma dai documenti che ho sotto gli occhi non risulta chiaramente. 



Keladone tra le soone seoondarie e le oeolllaxioni miorosUnniohe. 

Ho già notato come il terremoto ligure fosse preceduto da tremiti 
microsismici segnalati a Velletri, a Roma ed altrove, che principia- 
rono fin dal 13 febbraio. Se il tromometro fosse stato osservato allora 
nella regione ligure, è certo che avrebbe accusato, nel medesimo pe- 
riodo di tempo, un'agitazione anche più viva; ma questa, pur annun- 
ziando un prossimo parossismo sismico, non avrebbe potuto sommini- 
strare alcun indizio, nello stato attuale della scienza, circa la regione 
minacciata. Siccome però, dopo ogni terremoto regionale assai violento, 
l'area sismica in cui si è fatto sentire subisce un certo numero di 
scosse consecutive (o di second'ordine), è ragionevole il supposto che 
le indicazioni del tromometro valgano almeno a pronosticare alcune 
di siffatte scosse. 

Mosso da queste considerazioni ed incoraggiato dai nostri chiari 
sismologi Bertelli e Denza, Ting. E. Charlon collocò a Diano Marina 
alcuni strumenti microsismici e si diede ad osservarli a brevi inter- 
valli; cosi, dopo un po' di tirocinio affine di investigarne la sensibi- 
lità e l'andamento anche sotto l'azione degli urti ed attriti esterni, 
riuscì a ricavarne qualche presagio. 

Il 15 luglio 1887 ring. Charlon avvertì, a cagion d'esempio, che 
i suoi strumenti erano assai irrequieti; Tagitazione loro andò crescendo 
l'indomani, come pure il 17. Orbene, alle ore 11.35 p. m. di questo 
giorno si fece sentire una scossa discretamente forte (di 6*^) prece- 
duta da rombo e diretta da S.SO a N.NE. Previa ripresa di moti mi- 
crosismici, altre piccole scosse furono poi sentite dal 24 al 25 luglio. 

Dopo che il Charlon ebbe comunicato questi fatti, alla riunione 



— 136 — 

di sìemologi tenuta in Savona, in occasione del CongresBO geologico, 
il padre Bertelli soggiunie doversi appettare dal tromometro un [»«■ 
zioso suBsidio quando sia collocato presso un centro sismico, ma non 
potersi fare assegnamento sulle sue indicazioni ove esso si trovi in 

condizione diversa. 



niitiibiizlone K>OBT«fl<» del danni oagrionati dai terremoto. 

Nell'enumerare le città e villaggi più o meno danneggiati, proce- 
derò da ponente a levante, incominciando dai punti situati lungo il 
litorale ed accennando poi a quelli che si trovano nell'interno. Delle 
località situate lungo il versante settentrionale dirò brevemente in 
ultimo. Lasciando ad altri di> apprezzare l'entità dei danni dal punto 
di vista economico, di narrare gli episodi drammatici del flagello e di 
render conto della generosità e dell'abnegazione colla quale furono 
soccorse le vittime, mi occuperò qui soltanto di esporre qualche notizia 
che valga a dare aa adeguato concetto della estensione e dei limiti 
dell'area sismica principale e a dimostrare le differenze verificatesi tra 
un punto e l'altro nell'intensità del fenomeno. 

Protensa e Nittardo. 

A Marsiglia, a Tolone e a Cannes non si produsse per effetto del 
terremoto che qualche lieve lesione negli edifìzi fondati sopra terreno 
poco resistente. Non vi furono danni a mia cognizione a Cannes e 
a Vence. 

1 primi danni gravi in riva al mare, s'incontrano procedendo da 
ponente a levante nella stessa città dì Nizza. Ivi si produssero spacca- 
ture in molte case, e in alcune di esse caddero lembi di muro superior- 
mente; ciò io ispecie nelle vie Verdi e Mayerbeer. La chiesa di Santo 
Stefano ebbe spaccato il cornicione e gravemente conquassato il cam- 
panile. Cadde il cupolino del vecchio campanile di Sant'Agostino. Nel- 
l'edilìzio dell'osservatorio si formarono solo lievi fessure nel piano su- 
periore, sopra le finestre e le porte (Perrotin). Le case rese inabita- 
bili pel terremoto, quasi tutte situate nella città vecchia, sono un numero 
di una ventina (Héron); altri con manifesta esagerazione disse un cen- 






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— 137 — : i 1 

Il punto più occidentale nell'interno in cui si sieno segnalati danni . ^''^i, 

di qualche importanza negli edifizi è a mia cognizione Clans, nel cir- [.">'<'% 
condario di Poggetto Theniers. Questo paesello ebbe 25 case completa- 
mente diroccate ed altre 25 case pericolanti. A Bouyon rimasero 
danneggiate alcune case e fu rovinata la chiesa parrocchiale. Anche 
a Bezaudun e a Grasse sembra che i guasti agli edifizi sieno stati 
piuttosto rilevanti, quantunque non si tratti di case propriamente con- -. ^^ 

quassate. 

Le scosse ftirono poco sentite a Villafranca e a Beaulieu. A Mo- 
naco fli alquanto danneggiata una caserma. 

La città di Mentone, air incontro, fu flagellata con straordinaria 
violenza e, quantunque nessuno dei suoi abitanti sia rimasto grave- 
mente colpito dalle macerie (il che si deve parte al caso, parte alla 
buona costruzione delle case, in ispecie degli edifizi pubblici ), i guasti 
che ebbe a soffrire si possono paragonare e quelli di Alassio. Le adia- 
cenze della stazione e in genere la parte bassa della città verso po- 
nente fu la più bersagliata; guasti sensibili si produssero anche nella 
valle del Carei. Dall'Hotel dea Anglais fino al Ponte S. Luigi, sol- 
tanto lievi lesioni; cosi da Carnolet al Capo Martin. In molte case 'i| 
presso la marina e nel centro della città, caddero pezzi di muro, fram- 
menti di cornicione o solo calcinacci negli angoli, massime in quelli 
orientati perpendicolarmente alla scossa principale. In alcune osservai 
fessure che s'incontrano ad angolo retto e accennano a due o più 
impulsioni in senso diverso ; cosi in una piccola casa presso il Re* 
Oauranb de la Gare (Tav. XII, fig. 3) e all' Hòtd et Pmeion dee Etran- 
gers. Numerosi i comignoli, i pilastri, i vasi di fiori caduti o smossi. 
Molti presentano o piuttosto presentavano quando visitai la città i se- 
gni di aver subito un movimento giratorio; ma di ciò mi sono occu- 
pato in altro capitolo. Lungo la PtovMnade du Midi osservai che oltre 
agli spostamenti già segnalati, la facciata della Villa Paul, diretta da 
est a ovest, presentava, per le scosse del 23 febbraio 1887, due sistemi 
di fessure intersecantisi ad angolo retto e il tetto conquassato; l'an- 
golo situato verso sud-ovest era il più danneggiato ; ma, a breve di- 
stanza nella stessa via, il PaviUan Miramar, che è ugualmente orien- 
tato, aveva subito guasti maggiori nell'angolo sud-est. In complesso le 
case divenute inabitabili per effetto del terremoto furono a Mentone 
non meno di 150. 

Nell'interno, è stato quasi completamente distrutto dal flagello il 
villaggio di Castillon al nord di Mentone, il quale è collocato sopra una 



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— 138 — 

cresta acuta. Parte delle case di questo villaggio è fondata sopra ma- 
teriali detritici che occupano le cavità della roccia. ' 






Provincia di Porto Maurizio, 



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Alla Mortola, non si verificò che qualche spaccatura nelle case 
meno robuste. Anche alla villa Hanbury (palazzo Orengo), che pure si 
trova in perfette condizioni dal punto di vista della solidità, si pro- 
dussero screpolature. Poco lunge dalla Mortola, subirono gravi danni 
le cascine Cae e Zanoni ed alcuni dei loro abitanti rimasero feriti. 

A Ventimiglia vidi un gran numero di case ^dalle mura spaccate 
e ciò nella città nuova che riposa sulle alluvioni recenti del Roia 
come nella vecchia, fondata sopra una eminenza di pliocene. Notai al 
basso, nella via Aprosio, una casa recentissima e di bella apparenza, 
dalla facciata che guarda a N.NO, tutta fìssurata, mentre le pareti 
perpendicolari alla facciata stessa non lasciano scorgere che lievi 
screpolature. Nella parte alta, la casa in cui è collocato ii ginnasio è 
internamente diroccata. Nella chiesa di S. Francesco la piegatura del 
paletto delle chiavi indica la ingentissima forza di trazione alla quale 
furono le chiavi stesse assoggettate. Se queste avessero ceduto tutto 
Tedifìzio si sarebbe sfasciato. 

A monte di Ventimiglia, si deplorano guasti relativamente lievi 
(nella provincia di Cuneo) a Tenda, ma non vi furono colà ch'io sap- 
pia né morti né feriti. 

Nella valle del Nervia, ebbe qualche danno il grosso borgo di 
Camporosso, uno dei cui abitanti fu ferito. Ad Apricale, diroccarono 
alcune case e sette persone rimasero malconcio. Pigna, antica città, 
le cui case annerite dal tempo sono accatastate sopra erta collina, 
riportò guasti gravi negli edifizi meno resistenti, ma non danni di 
persone. Castel Vittorio, situato anch'esso sulla vetta di un cocuzzolo, 
ma più alto e più ripido di quello che serve di base a Pigna, la- 
menta ben più triste iattura, perciocché ivi furono cinque i morti e 
parecchi i feriti. Precipitò la vòlta della chiesa parrocchiale e rovinarono 
del tutto tre altri edifìzi. La maggior parte degli abitanti resta priva 
di ricovero. 

Camporosso riposa sulle sabbie plioceniche; gli altri paeselli ri* 



* Rcvue scientifique, n. 14 (2 avril 1887). 



— 139 — 

cordati sono fondati sopra un suolo di scisti marnosi e di calcari 
eocenici. 

Sul rivo di Vallecrosia, a levante della Val di Nervia, rovinò parte del 
villaggio omonimo; due persone vi rimasero morte e cinque ferite. Di- 
roccarono poi alcune case a S. Biagio della Cima. 

Bordighera ebbe a patire meno di Ventimiglia e molto meno di 
Mentone. Nella città vecchia, fondata sul macigno eocenico, se in molte 
case le mura furono screpolate o fesse, lo si deve alla vetustà o a di- 
fetto di costruzione; la nuova via dei villini, quantunque abbia per 
base le sabbie e marne plioceniche, soffri danni insignificanti. Lungo 
la marina, il suolo essendo quaternario, si osservano lesioni di qual- 
che entità in parecchi edifizi, fra i quali citerò la Villa Rosa di cui 
si dovettero rifare i solai, V Hotel Bordighera e V Hotel Windsor, 

Nel teatro che si trova in una nuova strada perpendicolare al li- 
torale, sono lese da due sistemi di fessure le pareli volte a S.E e 
a N«0, la prima più della seconda. 

A Ospedaletti, il terremoto non ha lasciato quasi traccie di sorta. 

Neir interno, a breve distanza del mare, il flagello colpi con mag- 
giore intensità Coldirodi, che ebbe due morti ed alcuni feriti e in minor 
grado Seborga. Tra le 349 case di Coldirodi, 97 debbono essere demo- 
lite e 196 richiedono importanti riparazioni. Tuttavolta, gli abitanti scam- 
parono tutti dal pericolo ad eccezione di due che rimasero feriti. 

A San Remo, furono gravemente danneggiate molte fabbriche della 
città vecchia, le quali, d'altronde, erano ben più in pericolo delle altre 
per la loro vetustà e perchè fondate sui fianchi di una ripida collina. 
Si dice che le case rese inabitabili o quasi fossero circa un centinaio, 
ma credo questo computo esagerato. Al solito, si vedono molte crepa- 
ture negli angoli degli edifizi e in continuazione dei vani delle porte 
e finestre. I muri che hanno più sofferto sono quelli diretti da nord 
a sud e da N.O a S.E. Nel sobborgo orientale osservai, dopo il terre- 
moto, numerosi edifizi nuovi o quasi, e non mal fabbricati, con fessure 
nelle mura maestre e nei volti, parapetti spaccati o scrostati, comignoli 
e balaustri caduti. Nel villino Gastaldi precipitarono alcuni solai. Du- 
rante la prima scossa, uno degli inquilini potè vedere, dall'interno, 
aprirsi poi richiudersi una spaccatura nella parete che guarda a S.E. 

Il santuario della Madonna della Costa, presso San Remo porta le 
traccie di scuotimenti rovinosi : i suoi due campanili sono spaccati 
trasversalmente sotto la cupola ed apparisce un po' spostata verso le- 
vante (senza però aver girato sul suo asse come si è detto) la parte 



— 140 — 

superiore di quello dei due situato all'angoln orientale dell'edifìzio. 
È pur spaccato treBveraalmeiite il cupolino che sormonta la. chiesa, 
presentandosi spostato nello stesso senso del campanile; esso porta 
l'asta del parafulmine mozzata all'attaccatura del conduttore e piegata 
verso ovest. Nei muri perimetrali della chiesa si vedono protonde 
fenditure presso a poco orizzontali, non aperte, ma riaperte il 23 feb- 
braio 1887, essendosi gi& formate per effetto di terremoto or sono 
molti anni. 

A San Romolo, santuario situato eopra San Remo, cadde la volta 
della chiesa e fu atterrato il campanile. Anche l'attìguo convento pi-e- 
senta gravi lesioni. 

Il grosso villaggio di Ceriana, a poco più di 7 chilometri a nord 
di San Remo, fu terribilmente fi^gellato .Parecchie cEise crollarono ed 
altre rimasero talmente fesse e guaste da doversi abbandonare. Una 
delle ciùese ha le mura screpolate, la volta spaccata e il campanile 
mozzato; un'altra è tutta fessa. Morti 5, feriti 13. 

La cappella di San Rocco, lungo la vìa di Baiardo, ha la facciata, 
diretta da E. SE a O.SO, attraversata da fessure che si tagliano, ad 
angolo retto; il suo campanile è crollato. 

Baiardo, che occupa il cocuzzolo di un ripido monte, contrafforte 
del Biguone, è una congerie dì abituri e misere casupole addossati gli 
uni agli altri, cui sovrasta, sul vertice del cacume, la chiesa parroc- 
chiale. Quel cumulo di mura decrepite e mal connesse fu lutto con- 
quassato dal terremoto e per maggior sventura precipitò la volta del 
tempio, durante la messa, seppellendo sotto le macerie un gran numero 
di persone. L'edifizioin cui avvenne la catastrofe consiste in una gran 
navata, ornata di stucchi e pitture del secolo scorso, coU'aese maggiore 
diretto a N 25*0 mg., il cui volto mal contesto di travertino della 
fontana Landrigo e di calcare ìn frammenti greggi o quasi, erastato a 
più riprese rivestito di spessa e pesante arricciatura. Legavano la 
volta alcune chiavi troppo sottili e di più già corrose nella bollitura, le 
quali si strapparono nel momento della scossa. Il letto, coperto di 
grossi e pesanti lastroni di calcescisto, contribuì non poco all'eccìdio. 

Le vittime furono 220 morti e 60 feriti, alcuni dei quali dovettero 
poco dopo soccombere. 

Il suolo di Baiardo e dì Ceriaua è scisto marnoso eocenico, alter- 
nante con calcare ed arenarie. Net primo di questi due villaggi la 
roccia, ìn cui domina l'elemento argilloso, è tutta rotta e fìssurata e 
sembra molto alterata dagli agenti esterni. 



~ 141 — 

Bussana è fondata sopra un poggio di conglomerato pliocenico, il 
quale, per la poca tenacità del suo cemento, fornisce agli edifìzi pessime 
fondamenta ; a questa circostanza prima di tutto, poi alla maniera bar- 
bara di fabbricare dei suoi abitanti, alla mancanza di buoni materiali 
da costruzione in prossimità del paese, deve Bussana la sua distruzione, 
avvenuta la mattina del 23 febbraio. In alcune delle sue meschine ca- 
tapecchie crollarono i solai e le scale; in molte altre le mura mae« 
stre cedettero, abbattendosi le une sulle altre. Se le case non fossero 
state fra loro collegate da archetti e muriccioli, in guisa da formare 
quasi un solo edifizio (come si vedono nei paesi della Liguria più 
spesso funestati dai terremoti), le vittime sarebbero state assai nu- 
merose. Furono tuttavia molte, considerata la popolazione del vil- 
laggio, che è di sole 820 anime, perchè ruinò sui fedeli, raccolti per 
l'uffizio religioso, la vòlta della chiesa parrocchiale. In tutto rimasero 
morti sul colpo 53, feriti 27. Il paese, come dissi, è distrutto; i super- 
stiti son tutti ricoverati in baracche di legno e tende, aspettando che 
le case loro possano riedificarsi in altra località vicina. 

All'Arma di Taggia non si vedono case crollate, ma solo mura 
più o meno fesse. Taggia, collocata all'estremo limite di un piccolo 
lembo alluviale, deplora molte ruine ed alcune vittime, cioè 8 morti e 
5 feriti. Nella via Soleri crollò all'interno la casa, assai antica, dei 
RufBni ed altra accanto. Quasi tutte le altre case sono più o meno 
danneggiate. 

A Castellaro, villaggio piantato, come un nido d'aquila, sul fianco 
dell'erto Monte Peuzzi, la catastrofe raggiunse ben maggiori propor- 
zioni, perchè cadde la vòlta della chiesa durante le funzioni religiose, 
e fece numerose vittime, I morti furono 38 e 65 i feriti, tra i quali pa- 
recchi, assai gravemente, vissero ancora pochi giorni. Oltre a ciò, molte 
case son da demolirsi o da ripararsi. 

A monte di Taggia, nel grosso borgo di Badalucco, fondato sulla 
roccia viva, i danni si limitano a numerose case screpolate o fesse, 
alcune delle quali si dovettero temporariamente abbandonare. 

Più innanzi, risalendo la valle, si trova il villaggio di Montalto, 
in cui un uomo fu ucciso e sei rimasero feriti dalle macerie. 

Soffrirono assai le frazioni dell'alpestre comune di Triora, sparse 
a varie altezze e a notevole distanza l'una dall'altra, sulle pendici dei 
monti che limitano la valle superiormente. Le case propriamente con- 
quassate raggiungono il numero di 74; circa 90 si resero inabitabili. 
I morti in numero di due, sei i feriti. 



— 142 — 

A Santo Stefano i danni non furono molto gravi ; ma a qualche di- 
stanza entroterra, Pompeiana perdette 5 abitanti schiacciati dalle mace- 
rie e ne ebbe 7 feriti più o meno gravemente. Si. segnalarono guasti e 
ruine nelle case a Cipressa poco lungi dal litorale, verso levante, e nel- 
l'interno, a Lingueglietta e Civezza. 

I villaggi fra Santo Stefano e Porto Maurizio, e in ispecie alcuni 
situati nell'interno a N.O di questa città, subirono guasti ingenti. 

Parecchi edifizi di Dolcedo furono resi inabitabili o almeno danneg- 
giati; fra questi l'ospedale. A Pietrabruna due terrazzani rimasero feriti. 
A Valloria, 4 furono offesi dalle macerie ed uno dovette soccombere; 
due terzi delle case subirono tale schianto da minacciar rovina. A 
Tavole vi furono 7 feriti, 2 a Prelà, 1 a Piani; a Villatalla perdettero 
la vita 2 persone e 4 furono ferite; altri 3 feriti ed un morto si la- 
mentano a Pantasina. A Vasia, non vi furono morti sotto le rovine, 
ma le case da demolirsi son parecchie e dicesi che due piccole fra? 
zioni si debbono abbandonare del tutto. Assai danneggiato anche Cair 
pasio. 

Allorché visitai in compagnia del prof. Gentile e del capitano d'Al- 
bertis, la frazione Massabovi (comune di Porto Maurizio), tutte le case 
minacciavano rovina; la piccola chiesa aveva inoltre il tetto sfondato 
e il peristilio fracassato, talché bastava un soffio di vento perchè precipi- 
tasse il campanile di cui erano spezzati i muri di sostegno 1. 11 disastro si 
spiega facilmente osservando che il villaggio è fondato su conglomerato 
ghiaioso pliocenico, assai poco resistente, e che le case sono fabbricate 
con grossi ciottoli anziché pietre squadrate o mattoni. 

Talla e Caramagnetta situati a breve distanza da Massabovi sof- 
frirono molto meno, perché fondate sulla roccia viva. 

A Porto Maurizio, il terremoto conquassò un gran numero di edifizi 
in vari quartieri, specialmente le case già sdruscite della città vecchia. 
Tuttavoita le adiacenze immediate del porto soffrirono assai meno di 
quanto poteva presumersi. Fu gravemente colpito, e in parte propria- 
mente sfasciato, l'ex-convento dell'Annunziata che accoglieva l'istituto 
tecnico, un antico edifìzio situato sopra una piccola altura a setten- 
trione della città. Muri fessi e devianti dalla verticale, volti attraver- 
sati da ampie soluzioni di continuità, pavimenti rotti e coperti di cal- 
cinacci; tal'é lo spettacolo che si offri ai miei occhi, allorché vi- 



' Malgrado tanto conquasso, i 60 abitanti della borgata si salvarono tutti| 
uno solo rimase ferito. 



— 143 — 

sitai i locali dell' istituto in compagnia dei professori Vassallo e 
Gentile. Oltre a ciò, osservai che era crollata una parte della torre 
sede dell'osservatorio meteorologico, per cui non vi si poteva più ac- 
cedere senza pericolo. Nei gabinetti di chimica e di storia naturale, 
gli scaffali erano tutti spalancati e gran parte del loro conteìiuto, sup- 
pellettile e raccolte, si vedeva sparsa in disordine sul pavimento. Poco 
lungi rimase conquassato l'ospedale che era quasi nuovo, ma imper- 
fettamente fabbricato. Notevoli le traccie del flagello nel teatro diurno, 
le cui mura maestre sono attraversate da spaccature verticali dirette 
presso a poco da levante a ponente. 

Uno solo tra gli abitanti di Porto Maurizio trovò la morte fra le 
macerie, 9 furono feriti. 

Nella valle dell'Impero i danni furono generali, ma si citano fra 
i paesi più danneggiati : Costa d'Oneglia, in cui le case inabitabili sono 
una trentina, il piccolo borgo di Costa Rossa ' che è tutto conquassato; 
poscia, a monte di questi: Pontedassio, Chiusanico, di cui fu sfasciata 
la casa parrocchiale, Maro Castello di cui rimasero diroccate alcune 
case e quasi tutte le altre inabitabili, Candeasco, presso Borgomaro 
d'Oneglia, con molte mura e volte spaccate. Aurigo, villaggio alpestre 
di 760 abitanti, situato presso le sorgenti dell'Impero in quel di Bor- 
gomaro, ebbe 10 morti e 2 feriti. Un morto e 3 feriti a Castelvecchio 
di Santa Maria Maggiore, sopra Oneglia. 

La città d'Oneglia fu una delle più crudelmente flagellate. Se si 
misura l'intensità del fenomeno non alla stregua del numero delle 
vittime e alla copia delle rovine, ma alla natura stessa dei guasti sof- 
ferti dagli edilizi, tenendo conto e del genere e della bontà delle costru- 
zioni, convien dire che in alcun punto il suolo fu agitato e scosso 
con tanta energia. Due sole in Oneglia sono le case completamente 
rovinate e queste erano mal fabbricate ^; ma tutte più o meno hanno 
sofferto e per la massima parte o furono già demolite o debbono subire 
la stessa sorte. Alcuni edifizi costruiti recentemente con materiali 
appropriati e secondo le regole dell'arte, ebbero .spaccate le pareti dal- 



' Ivi le mura della chiesa consacrata airAssunta sono attraversate da pro- 
fonde spaccature e il campanile, che pende verso nord-est, é condannato alla 
demolizione. 

^ Una delle due, situata in piazza Vittoria e sotto le cui rovine perirono il 
prof. Demura e il farmacista Capovilla, era costruita precipuamente di grossi 
ciottoli mal cementati, anziché di pietre opportunamente squadrate. 



— 144 — 

l'alto al baBSO, rotti i volti, staccati i solai dai muri, scompaginati i 
tetti. Si citano fra quelli che solfrirODo guasti più gravi il collegio, l'o- 
spedale civile, il ricovero di mendicità e ospizio provinciale. 

Ad Oneglia -perirono miseramente 20 persone e 23 furono ferite, 
ciò secondo notizie comunicate alla Commissiona Reale incaricata di 
ripartire i sussidi 'decretati a favore dei danneggiati del terremoto; ma 
taluno crede che il numero dei feriti aia assai maggiore. Il numero 
comparativamente alto dei feriti, rispetto a quelli dei morti, dipende 
più che altro, io credo, dalla solidità delle costruzioni, le quali, salvo 
poche eccezioni, sebbene malconcie dallo schianto, non crollarono com- 
pie tam«i te. 

A Diano Marina, si produsse la mauina del 23 febbraio tal cata- 
strofe che trova solo riscontro nei memorabili disastri di Lisbona, di 
Casamicciola e delle Calabrie. La prima scossa fece diroccare d'un 
tratto, con orribile fragore e in mezzo a denso polverio, buon numero 
di case situate quasi tutte nella parte media e occidentale del paese, 
lungo la marina. Molti abitanti, che a quell'ora mattutina stavano an- 
cora fra le coltri, rimasero sepolti fta i rottami, quali morti, quali 
malconci, ma ancora vivi. ; altri furono colti per via dalle macerie che 
precipitavano. 

Alcuni inquilini delle case rimaste in piedi che vollero indossare 
i propri panni o recar seco qualche oggetto prezioso prima di porsi 
in salvo, furono travolti dalle mura, dalle scale e dai solfù crollati per 
la seconda scossa. 

Mentre Ì più animosi fra i dianosi superstiti erano intenti a trarre 
fuori dalle macerie i disgraziati sepolti vìvi che imploravano unto, 
sopravvenne la terza scossa, la quale, provocando nuove rovine, ac- 
creUw ancora il numero delle vittime e destò tal terrore negli astanti 
da paralizzare per qualche tempo ogni tentativo di salvamento. Inbitti, 
lo sgombero delle macerie a quest'uopo non fu regolarmente iniziato 
che l'indomani, quando sopraggionsero militari ed operu in soccorso 
della disgraziata citl&. 

In tutte le case di Diano, salvo due o tre eccezioni, le mura mae- 
stre rimasero in piedi, ma i solai dei piani superiwi sì distaccarono 
e precipitando sui sottoposti convertirono in un mucchio di rottami 
tutto l'interno del febbricato. Spesse volte diroccarono le scale; quasi 
sempre si trovò scompaginato il tetto d' ardesia e non mancano casi 
in cui si vede addirittura sfondato. Le case rimaste in piedi presen- 
tano quasi tutte spaccature verticali sopra e sotto le linee che limi- 



••• »-, ». 



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/■■, •• 



— 145 — 

tano i vani delle porte e finestre. Ove si danno due o più finestre so- 
vrapposte, le fessure passano dall'una all'altra. Queste fessure sono poi 
sempre più spiccate in corrispondenza degli angoli e nei piani supe- 
riori. 

In tesi generale, sono assai più danneggiate le facciate con dire- 
zione N-S che quelle disposte normalmente. Nei pochi casi in cui cad- 
dero le mura esterne, queste si rovesciarono verso il mare. Né sono 
rovinate solo le casupole sdruscite dagli anni e mal conteste, ma 
anche case di villeggiatura nuove e palazzi fabbricati secondo le re- 
gole dell'arte. Nella villa Muratone, elegante palazzina di recente co- 
struzione, uno dei fabbricati che soffrirono meno, crollò la scala per 
cui gli abitanti dovettero uscirne da una finestra e inoltre si forma- 
rono nelle mura maestre profonde fenditure che si intersecano ad angolo 
retto, accennando cosi a due direzioni di scosse (Tav. XII, fig. 1). 

Il numero dei morti, 190, e quello dei feriti, 102, dica senz' altro 
quale- fu lo scempio della sventurata città. Nelle vicinanze di Diano 
Marina, di Oneglia e di Porto Maurizio, crollarono per piccoli tratti, in 
alcuni punti, muri a secco, destinati a dividere le proprietà Tuna dal- 
l'altra o a sostenere le terre tagliate a scaglioni, sul pendìo di colline 
e poggi. Si produssero pure in quelle terre smottamenti determinati 
della caduta dei muri. 

Fra Diano e Cervo, osservai fra varie case di villeggiatura più o 
meno danneggiate, un edifizio nuovo e di bell'aspetto, il cui asse è 
orientato da nord a sud. In questo è tutto spezzato, con caduta di un 
frammento di muro, il lato occidentale, mentre gli altri sono quasi 
intatti. 

Diano Castello, che sorge sopra un poggio di pliocene, ha poco 
da invidiare a Diano Marina. Quantunque le sue case sieno general- 
mente meglio fabbricate, ed anzi possano dirsi in parte veri palazzi, * 
offrono esse pure uno spettacolo di ruina e di desolazione, in cui si 
ripetono i particolari già descritti altrove. Mi colpirono fra gli altri un 
grande edifizio sfasciato nella piazza Mari e una chiesa dal tetto sfon- 
dato. Diano Castello ebbe 32 morti e 15 feriti. 

Intorno a taluni edifìzi di questa città, il padre Bertelli, reca i 
particolari seguenti che reputo meritevoli di considerazione: 

1 Diano Manna è stato per lungo tempo il sobborgo marittimo e commer- 
ciale di Diano Castello, ove dimoravano, nei loro palazzi e castelli, i principali 
possidenti ; qui si asserragliavano e si disponevano alla difesa, in caso di aggres- 
sione con gli abitanti dei territori circonvicini. 

10 




— 146 — 

CI Nella chiesa di Diano Castello la parte superiore del campaDile 
Tu troncata i^ sbalzata a molti metri di distanza sopra il tetto della 
chiesa, determinando cosi la caduta del tetto stesso e della volta sol- 
stante. 1.0 Rvettamento del campanile 6 stato nel piano SE-NW: però 
a caduta dì esso fu dalla parte di NW, cioè (a quanto pare) durante 
il periodo oscillatorio di ritorno, come sembra che avvenisse pure nel 
vasi della villa Farraggiana di Albissola, che si è 
detto sopra. Mi sembra però molto probabile che nel fatto accennalo 
del campanile abbia avuto luogo altresì una collisione di oscillazione 
per l'dse opposta, fra il muro della chiesa ed il campanile, il quale 
aderiva soltunto al muro di essa senza il necessario collegamento col 
medesimo. Al certo, attesa la sua maggiore lunghezza e mobilità, il 
campanile doveva necessariamente oscillare piCi ampiamente e come 
pondolo dlssincrono rispetto alla chiesa. A Diano Marina invece il 
campanile essendo isolato, non ha sofferto tali danni. Altrettanto si 
osserva nell;x grossa torre sotto la quale passa la via del Convento, a 
Nord dì Diano Castello, La volta inferiore però di questa torre è ar- 
mata di grosse chiavi di ferro, ed altre chiavi oriogonali alle prime 
vi si vegj^oiio a maggiore altezza nelle pareti; nondimeno, ivi i paletti 
posti verso la marina, hanno lavorato dì più, come appare dulie pie- 
gature ungoìari che presentano, sporgenti dal filo del muro. Del resto 
poco lungi d^t Diano Castello, ed in parecchi altri luoghi della riviera, 
si veggono |>ure altre torri e campanili che presentano i fenomeni 
sopra indicati. > ' 

A lirevissima distanza dalle due città. Diano San Pietro, villaggio 
fondato sui calcari dell'eocene, rimase quasi immune dal flagello. 
Quando io visitai, nel marzo dell'anno scorso, qualcuna delle sue case 
presentava lievi fenditure, e tutte erano abitale. 

A Cervii, i danni sono relativamente minimi e ciò dipende in gran 
parte da <^:he il paese è fondato sulla viva roccia. 

Lungo la via che conduce a San Bartolomeo, si trova una piccola 
casa, la vill.i Morrò, tutta sconquassata. A San Bartolomeo, il muro 
di cinta del camposanto presenta fessure verticali equidistanti un 
po' più vicine di quelle segnalate in altri muri dì cui dirò pili innanzi. 
La chiesa pitrrocchiale ha la facciata fessa in vari sensi e la parte 
anteriore del tetto sfondata, per la caduta della parte estrema del cam- 



/atte in oteatione di una egcurtione tuUa Riderà ligure di 



— 147 — 

panile. À poca distanza, si vede un piccolo oratorio dal tetto sfasciato. 
Uno degli abitanti mori sotto le macerie; i feriti furono due. 

I danni relativamente gravi sofferti da San Bartolomeo trovano la 
loro spiegazione nella natura del terreno che è una marna sabbiosa 
pliocenica. 

À Pigna d'Àndora, osservai un lungo muro di cinta diretto da le- 
vante a ponente, il quale, per effetto del terremoto, presenta numerose 
fessure e queste, tutte verticali, sono disposte alla distanza di 4 a 5 
metri Tuna dall'altra con regolarità strana. Le due spaccature situate 
ai due lati lati di una porta, che si trova presso a poco nel mezzo, 
sono un po' più larghe delle altre e dai loro lembi caddero calcinacci 
<;on qualche pietra. In un certo tratto del muro si osserva Talternanza 
tra una fessura più lunga e profonda ed altra minore. Questa disposi- 
zione di fessure accenna, se non sono in errore, a due sistemi di 
ondulazioni di second' ordine che potevano essere simultanei o sue- 
^^essivi. 

In Andora, grosso borgo giacente sopra un piano alluviale, rima- 
sero danneggiate quasi tutte le case^ e secondo gli ingegneri che ispe- 
zionarono il paese subito dopo il disastro, 133 non potevano più, senza 
riparazioni, dar sicuro ricovero agli abitanti, mentre 52 dovevano es- 
sere candannate. Non è a maravigliarsi con ciò se rimasero colà due 
morti e 16 feriti, 

A Laigueglia, fondata in parte sull'alluvione, alcune case sono da 
demolire, ma in complesso il paese pagò al flagello lieve tributo. 

Nella città di Atassie osservai numerose case sfasciate o conquas- 
sate nella parte bassa e sopratutto per le vie Umberto I e Maria 
Vittoria, che corrono lungo la marina. Ivi il suolo è detritico, quater- 
nario o recente. Rimasero quasi incolumi le case situate sulle colline 
che sono formate di calcare eocenico. Gravissime le rovine nella piazza 
del Commercio, di cui è completemente sfasciata una casa situata al- 
l' angolo nord-ovest ed altra nel lato ovest. 

La chiesa di San Vincenzo, che dall'esterno si direbbe intatta, ha 
la volta attraversata di profonde spaccature. La chiesa di San Fran- 
cesco ha la facciata spaccata per metà e i due lati solo appena scre- 
polati; il campanile minaccia di crollare. Nella via Maria Vittoria, havvi 
una piccola chiesa di cui si ruppe il campanile; in una casa contigua 
di due piani e terreno, la facciata presenta due spaccature longitudi- 
nali dal tetto alla base. In Alassio i morti furono 4 e feriti 3. 



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— 148 — 



Provincia di Genova, 



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Àlbenga, città antichissima fabbricata presso la foce del Genia, 
sopra un piano d'alluvione, il quale copre la linea di contatto fra le 
formazioni dell'eocene superiore, che si estendono a mezzogiorno, e le 
triassiche, sviluppate a settentrione, fu assai maltrattata. Ebbero a sof- 
frire, tra le altre, le piazze di San Michele e dell'Ospedale, la via 
Cavour, ecc., e richiedono ingenti riparazioni le case Cipollina, Spelta, 
Scola, Soracco, Gerardenghi, come pure gli edilìzi del convitto Oddi, del 
Regio Ginnasio, dell'asilo infantile; molti altri presentano lesioni di 
minore entità. La meno danneggiata è la pane dell'abitato che guarda 
verso nord-ovest. Una torre medioevale situata nella piazza dell'Ospe^ 
dale si mostra profondamente spaccata nella parte che guarda verso 
sud-ovest, mentre i lati normali a questa sono integri. 

Sopra Albenga ebbero case disfatte per lo schianto: Bastia (alla 
confluenza dell' Arroscia col Ne va) che conta tre feriti, Lusignano 
suU'Arroscia, in cui il campanile è pericolante, Salea, di cui parecchi 
terrazzani riportarono ferite. Fu in parte rovinato il piccolo villaggio 
di San Fedele, ma i suoi abitanti scamparono illesi dal pericolo. Qual- 
che danno a Campochiesa, ove due persone rimasero ferite. 

Nella valle del Lerrone, soffri assai Bassanico (frazione di Casanova 
Lerroné). Nell'alta valle dell'Arroscia, i punti più notevoli, sotto il me- 
desimo aspetto, sono : Ortovero (nella provincia di Genova), Vessalico, 
Pieve di Teco, Pornassio, Mendatica e Cosio (tutti in quella di Porto 
Maurizio) e lungo il rivo di Rezzo, affluente dell'Arroscia, si citano: 
Cenova, Lavina e Rezzo (Porto Maurizio). Di Ortovero crollò comple- 
tamente la frazione Pugli; a Pieve di Teco, rimase quasi rovinato l'edi- 
fizio della pretura e subirono gravi guasti il quartiere della milizia 
alpina, la chiesa parrocchiale e il convento dei cappuccini. Le spese 
di risarcimento necessarie alle case dei privati superano le 200 000 lire. 

Furono numerose le mura fesse o screpolate a Ceriale, Borghetto 
e specialmente a Loano ; ma non vi rimase alcyn abitante morto o fe- 
rito; lo stesso dicasi di Boissano. A Toirano, oltre a danni lievi toc- 
cati ad un certo numero di edifizi, alcuni di questi furono propriamente 
rovinati. Guasti anche maggiori toccarono a Balestrino. Pietra Ligure 
è quasi intatta, quantunque la sua ubicazione sia analoga a quella di 
Finalmarina e di Loauo; vi furono tuttavolta due feriti. Nell'alpestre 
villaggio di Giustenice, sopra Pietra Ligure, cadde il volto della navata 
destra della chiesa di San Michele e rimase malconcia la canonica* 



— 149 — 

La chiesa è attraversata da una grande spaccatura diretta da sud- 
sud-est a nord-nord-ovest. L'antico castello dei Del Carretto, a Giù* 
fitenice, quantunque cadente per vetustà, resistette all'urto del terremoto. 
Dall'alto di un muro sconnesso caddero solo alcune pietre nella dire- 
zione nord 75** est magn. (Squinabol). 

La chiesa di Tovo San Giacomo subì qualche guasto per essere 
caduta la parte superiore del campanile ed uno degli obelischi dì cui è 
ornata la facciata. Nello stesso comune di Tovo, 11 case, quasi tutte 
misere catapecchie, non sono più suscettibili di risarcimento, molte 
altre non potranno abitarsi senza lavori di consolidamento. 

A Borgio, i danni furono relativamente lievi, e solo tre case si 
resero inabitabili, mentre poche altre richiedono riparjazioni. Non cosi 
a Verezzi, forse perchè il paese è scaglionato sui fianchi assai ripidi 
del Caprazoppa; ebbe molto a soffrire in questo comune la borgata 
Orosa. 

A Finalmarina, città fondata in gran parte sulla sabbia e l'allu- 
vione, le case inabitabili sono in discreto numero, sopratulto verso la 
parte media della contrada principale; una di esse rovinò del tutto. 
Rimase ferita una sola persona. 

Gravi guasti a Finalpia, principalmente nella frazione di Calvisio, 
fondata sulle alluvioni di un torrentello; ivi due terzi dei fabbricati di- 
vennero inabitabili. Molte lesioni negli edifizi più vetusti di Finalborgo; 
una casa propriamente diroccata e 26 da demolirsi. Nessun morto, ma 
7 feriti. 

Tra i villaggi, poco distanti dal mare, offesi gravemente, vi sono 
Bardino Nuovo, che conta un ferito, Vezzi Portio, in cui rimasero un 
morto e un ferito, poi Bardino Vecchio ed Orco Feglino. A Vezzi 99 
case hanno dovuto subire o subiranno qualche riparazione e 22 sono 
condannate ad essere demolite. 

A Varigotti, qualche lesione nei muri, ma non rovine. Invece è stato 
funesto il terremoto all'antichissima città di Noli, nella quale 67 case 
sono rovinate o da demolirsi, ed altrettante richiedono urgenti risarci- 
menti. E qui pur troppo non mancano le vittime e soho in numero 
di 33, tra le quali ben 16 morti. A Noli, si sfasciarono principalmente 
ie case fondate sopra un suolo di detriti o d'arena. 

A Spotorno, a Bergeggi e a Vado molte case richiedono restauri; 
ma il guasto è incomparabilmente minore. Nel primo di questi paeselli 
vidi un campanile scoperchiato dai terremoto. A Vado osservai che si 
staccarono molte ardesie dai tetti, massime nei pioventi paralleli al 
lido. Ivi rimase un ferito. 



— 150 — 

A Segno, villaggio situato nella valle del torrente omonimo, sopra 
Vado, sono sette le case condannate alla demolizione e più di 50 quelle 
da riattarsi. Nel comune di Quiliano, poco distante dal precedente, mar 
in altra vallata più orientale, (gli ^difìzi tanto conquassati da non 
francar la spesa della riparazione sarebbero 11 e quelli in cattivo stata 
per fatto del terremoto 29. È degna di nota la circostanza cke i due 
villaggi sono in parte fondati su roccie antiche. 

Guasti limitati, almeno a quanto se ne può argomentare dairesterno^ 
nel borgo di Zinola. La chiesa delle Fornaci ha il tetto sfasciato verso 
S.O; il suo campanile minaccia rovina. 

À Savona, soffrirono principalmente i fabbricati che hanno le fon- 
damenta loro sul terreno alluviale, un pò meno quelli fondati sulla 
formazione pliocenica, qui ridotia a tenue potenza e rappresentata da 
argille e marne. Nella piazza Mazzini, osservai un edifìzio con grosse 
fessure oblique sulla facciata meridionale e senza lesioni apparenti verso 
levante. Nella via Tintoria precipitarono i solai di alcune case, le quali, 
per vetustà e viziosa costruzione erano in pericolo, ma altre in analoghe 
condizioni resistettero. Due piccole case quasi del tutto sfasciate e da 
demolirsi vidi presso il palazzo municipale. A S.O della città, la villa 
del cav. E. Benech fornisce esempio di fabbrica seriamente danneggiata, 
quantunque non lasci nulla a desiderare dal punto di vista dell'arte 
edilizia. Il corpo principale, cui va unita verso S.O una torre esagona, 
coperta di cupola e cerchiata di ferro, consta di due piani. Il superiore 
e la torre furono attraversate da una grossa spaccatura diretta presso 
a poco da ovest a est, la quale interessa i muri maestri e i soffitti; le 
divisioni interne dello stesso piano più prossime alla fenditura rimasero 
screpolate e scrostate. Il pian terreno e le cantine sono quasi in- 
tatti. 

In complesso, a Savona, 10 persone rimasero uccise sotto le ma- 
cerie e 15 furono ferite. Gli appartamenti che si dovettero sgombrare 
in questa città, perchè resi mal sicuri dalle scosse, non sono meno di 30O; 
altri, in numero di ben 1400, richiedevano riparazioni. Laonde per pa- 
recchi mesi dopo il disastro muratori e fabbri furono occupati in gran 
numero a collocar chiavi e catene e anche al di d'oggi il lavoro non 
può dirsi finito. 

Albissola Marina è il punto più orientale della Riviera in cui il 
terremoto fu disastroso. Ivi furono parecchie case sfasciate, colla morte 
di tre persone lungo la via principale, che corre parallela alla marina; 



— 151 — 

10 feriti. Fra gli edifìzì pubblici, subì lesioni gravissime V asilo in- 
fantile. * 

Il paese è fondato parte sopra un letto d'alluvione recente, assai 
sottile, parte sull'argilla pliocenica. Àlbissola Superiore, che giace in 
parte anch'essa sull'alluvione, subì solamente lievissimi guasta il che 
accenna a minore intensità o a diversa maniera di scosse. 

Lungo il versante settentrionale dell'Appennino e nel territorio 
coUinesco che si estende verso la pianura padana, il terremoto dan- 
neggiò principalmente i paesi situati in una zona diretta dal sud al 
nord per la quale passano i meridiani di Alassio, Diano Marina, Oneglia 
e Taggia. 

Procedendo da mezzogiorno a settentrione, notiamo in prima che 
il paese di Bardineto, sulla Bormida di Millesimo, figura nell' e- 
lenco dei paesi danneggiati con 23 case divenute inabitabili e 5 da de- 
molirsi. Calizzano (sullo stesso ramo della Bormida), quantunque fondato 
in gran parte sopra roccie cristalline permiane, ebbe le sue case e 
specialmente la chiesa parrocchiale, seriamente colpite. In questo co- 
mune sono 5 le case da demolirsi e 64 quelle divenute inservibili ove 
non fossero riparate. 

Da Àlbissola a Genova, le città e villaggi allineati lungo il litorale 
in serie quasi continua furono tutti qual più qual meno danneggiati; 
ma si tratta di guasti che generalmente appariscono poco o punto al- 
l'esterno e che non mettono i fabbricati in pericolo. Nelle mura maestre 
si osservano le solite fessure verticali sopra i vani delle finestre e 
delle porte, massime nei piani superiori; all'interno, i solai si distac- 
carono bene spesso di qualche centimetro dai muri, si aprirono fessure 
in un gran numero di vòlte, si ruppero tramezzi nei piani superiori e 
caddero moltissimi comignoli. 

Il fenomeno ha lasciato queste ed altre traccie a Celle, Varazze, 
Cogoleto, Arenzano, Veltri, Pra, Pegli, Sestri, Cornigliano, Sampierda- 
rena e Genova. I punti in cui sono più numerose si trovano nell'abitato 
di Varazze, nella porzione orientale d' Arenzano, in qualche tratto di 
Sestri e in certe strade di recente costruzione (fondate su depositi al- 



* Non è esatta l'asserzione del Meunier, secondo la quale sarebbe crollato 
il ponte di Àlbissola. Questo era bensi in riparazione il 23 febbraio, perché dan- 
neggiato da una piena avvenuta qualche tempo prima; ma dal terremoto nulla 
ebbe a soffrire. 



— 152 — 

luviaii), nei quarlieri bassi di Genova, in Ispecie nelle vie Minerva e 
VincL'nzo Ricci', A, Cogoleto vi fu un ferito. 

A. levante dell'area principale sismica, si produssero ancora spac- 
cature nelle case meno robuste o situate sopra terreni poco saldi a 
Racco, Santa Margherita, Rapatlo, Lavagna, Sestri Levante, Casarza, 
Borzonasca, ecc. 

A Rspallo cadde nella via Cavour un tratto di parapetto della 
lunghezza di 6 metri. 

A Sturla, Quarto, Quinto, Nervi, Camoeli, Zoagli, come pure nei 
paesi situati a levante di Sestri Ìl terremoto riuscì inoocuo. 



Prooineie di Cuneo, d' Alexandria ed altre. 

Soffrirono Priero e in minor grado Ceva sul Tanaro (paesi rondati 
su formazioni mioceniche inferiori) e, presso a poco sotto lo stesso 
parallelo, S. Michele di Mondovl e Mondovl stessa. In questa città la 
scossa fece spezzare molti vetri alle finestre; ciò principalmente nella 
parte alca della città, la quale riposa tuttavolta su roccie mioceniche. 

A Mondovl-Pìazza crollarono le vòlte nella casa del barone Gervasi. 
A Mondovl-Breo rovinarono quelle di un asilo. Verso S.O dobbiamo 
ricordare la rovina di parte del castello a Chiusa di Pesio. 

Un pò più a settentrione, subirono guasti rilevanti Monesiglio, sulla 
Bormida di Millesimo, e Mombarcaro tra la valle delta Bormida e 
quella di Balbo. 

Altri guasti, ma relativamente leggeri, sono a segnalarsi a S. Be- 
nedetto e a Bossolasco sul Belbo, nonché a Farigliano sul Tanaro. 

A Serravalle Langhe, si ecrepolò la vòlta della chiesa parrocchiale. 
A Monforie d'Alba, cadde un vòlto e qualche muro soffri danni lievi. Nella 
città d'Alba, come pure a Diano d'Alba, a mezzogiorno di questa città, 
a Guarene, Corneliano, Sommariva Perno, Baldissero, Monieu Roero> 
a nord e nord-ovest, la commozione del 23 febbraio lasciò treccie 
più meno profonde *. In Alba soffri assai la caserma di S. Domenico 



' A Genova, in molte case, si spostarono, pel terremoto, mobili, ijuadri, arredi; 
1 alcune caddero, nelle credenze, vetri e jiorcellane e ei rovesciarono bottìglie 
i vino. Dal parapetto del palazzo ove è collocato V Albergo di Genova cadde 
cita piazza EOttostante un vaso di marmo. 

' [I suolo di questo territorio é tutto plloi 



— 153 — 

e caddero alcuni comignoli; a Diano rovinarono due o tre vecchie case; 
a Guarene 8i spaccò la cupola della chiesa di S. Maria delle Grazie e 
cadde il piccolo campanile della chiesa di S. Rocco ; gravi guasti del 
pari a Corneliano; a Sommariva Perno ebbe a soffrire il castello di 
Mirafiori; a Baldissero crollò una torre; a Monteu Roero è quasi mi- 
nato l'antico castello. A Castellinaldo si ruppe il soffitto della chiesa, 
fu danneggiato il castello e caddero tegole e comignoli. 

Si ridusse a nulla o a quasi nulla il pregiudizio recato dal terre- 
moto a Bra e Cavai lermaggiore. 

Ad occidente della zona, di cui ho fatto cenno, i paesi lontani dal 
mare che subirono danni di qualche entità sono Tenda in vai di Roia, 
Cuneo e Possano. In queste due ultime città, e principalmente a Cuneo, 
rimasero screpolati alcuni muri e caddero pezzi di cornicione, tegoli e 
comignoli. A Valdieri rovinò parte di una casa e si verificarono scre- 
polature nel tempio della confraternita di Santa Croce e in altre fab- 
briche. 

A settentrione del Finalese e del Savonese, soffi irono Massimino, 
Millesimo e sopratutto Cosseria (che riposa sulla mollassa miocenica); 
11 case in questo comune hanno bisogno di riparazioni urgenti ed una 
è condannata. Caddero comignoli e tegoli e si aprirono muri, ma 
senza gravi conseguenze per la stabilità degli edifìzi^ a Cairo Monte- 
notte, Rocchetta Cairo, Dego, Piana e Spigno e non rimase immune 
la stessa città d'Acqui, quantunque lontana dall'area mesosismica. 

La scossa parve fortissima a Moncalieri, Alessandria e Torino, assai 
forte a Pavia, Milano, Cremona e probabilmente in altri punti intermedi fra 
questi. Danni più o meno lievi furono segnalati a Torino, Alessandria 
e Cremona. 



Dati oomplessivi. 

Dagli atti della commissione istituita dal Governo per dar pareri 
intorno all'applicazione della legge 31 maggio 1887 pei danneggiati 
dal terremoto, risulta che nella provincia di Porto Maurizio si ebbero 
a lamentare rovine o guasti più o meno gravi in 68 comuni del cir- 
condario omonimo e in 38 del circondario di San Remo. L' importo dei 
danni fu stimato dagli ufficiali del Genio civile in lire 6 790832 pel 
primo circondario e in lire 6 337 180 pel secondo. Nella provincia di 
Genova, il numero dei comuni danneggiati sarebbe, secondo la mede- 



— 154 — 

sima fonte, di 37 e l'ammontare delle spese necessarie alle riparazioni 
o ricostruzioni raggiungerebbe lire 2 281 830 per soli 29 comuni, esclusi 
cioè quelli di Savona, Albenga, Bormida, Casanova Lerrone, Massimino, 
Orco Feglino, Segno e Zuccarello pei quali manca il computo. 

A Savona i proprietari che invocarono anticipazioni per rifabbricare 
o risarcire le loro case a norma della legge del 31 maggio 1887 
sono 124, e la somma da essi richiesta ascende a lire 1 052 387. Ad 
Albenga, si trovano nello stesso caso 158 proprietari e chiedono 
lire 469 324. 

Si avverte che tanto le cifre suesposte, relative alla stima dei 
danni sofferti dai singoli comuni, quanto quelle che indicano l'importo 
complessivo delle richieste fatte dai proprietari non danno e non pos- 
sono dare che un criterio approssimativo per apprezzare l'entità del 
disastro nei singoli punti. Difatii, non è da aspettarsi una valutazione 
precisa, laddove intervengono elementi di giudizio disparatissimi, di- 
versi secondo i tempi e secondo i luoghi, e laddove sono impegnati 
eziandio gravi interessi economici. Oltre a ciò, nelle cifre di cui sopra 
non sono compresi i danni cagionati ai pubblici edifìzi, alle chiese ed 
ai fabbricati degli enti morali. ^ In ordine alla provincia di Cuneo e al 
Nizzardo, mi mancano fin qui documenti particolareggiati. 

Per quanto concerne le conseguenze del disastro in ordine alle 
persone, ho già accennato, comune per comune, al numero dei morti 
e dei feriti. In complesso, furono 258 i morti e 269 i feriti nel circon- 
dario di Porto Maurizio, 339 i morti e 205 i feriti in quello di S. Remo. 
Nella provincia di Genova 33 i morti e 81 i feriti. 



Forma ed estensione dell'area prlnoipale slsmloa. 

L'area principale sismica, limitata convenzionalmente a quel ter- 
ritorio nel quale il terremoto fu disastroso, in cui cioè si verificò la 
rovina totale o quasi di qualche edifizio (area mesosismica di Mallet), 
ha una figura assai irregolare che si può paragonare all' ingrosso ad 
un triangolo inequilatero, di cui uno degli angoli, il più acuto, cadrebbe 
ad Albissola Marina, il secondo, meno acuto, a Nizza e il terzo, ottuso, 
nella valle del Tinea sopra Clans; rimarrebbe cioè circoscritta per 



' Per la ricostruzione o riparazione di tali fabbricati furono concessi ai co- 
muni tanti mutui per più di tre milioni. 



— 155 — 

un lato dal mare, per un' altra dal crinale delle Alpi Marittime fino al 
Tanaro, poi da quello dell'Appennino, * pel terzo, volendo scegliere un 
confine topografico, dalla valle del Varo, poi dal suo affluente Tinea ; 
la sua direzione sarebbe adunque da S.O a N,E. La lunghezza di que- 
st'area, misurata fra Nizza ed Albissola, è di circa 120 chilometri; la 
sua massima larghezza fra Clans e Nizza è poco minore di 35 chilo- 
metri. Si avrebbe quindi una superfìcie di circa 2000 chilometri quadrati. 
Le cifre suesposte non esprimono però che le dimensioni appros- 
simative della zona mesosismica, quale apparisce dalla distribuzione 
dei paesi rovinati dal terremoto. Se si consideri la zona o area me- 
sosismica nel senso di quella che subì scosse più forti, indipenden- 
temente dal criterio fornito dalla rovina dei fabbricati, essa zona si 
deve estendere necessariamente oltre il litorale nel fondo marino; ma 
naturalmente ci mancano per la porzione sommersa criteri positivi che ci 
permettano di circoscriverla. Tenendo conto dei fortissimi sussulti subiti 
da alcuni bastimenti che navigavano il 23 febbraio 1887 nelle acque 
liguri e del fatto che furono rigettati morti sulla spiaggia di Nizza 
pesci i quali vivono abitualmente a profondità non minori di un migliaio 
di metri, si può congetturare che oscillazioni non meno energiche di 
quelle subite dalla zona principale sismica emersa e forse anche più 
si producessero fìno ad una trentina di chilometri da Nizza al largo, 
verso sud-est. Sappiamo inoltre che l'estremità settentrionale della Cor- 
sica, e in ispecie la parte volta a nord-ovest, provò scosse gagliarde, 
non sufficienti però a danneggiar fabbricati. 



DUitribusione del massimi e dei minimi nell'area prinoipale sismioa. 

Come avvertiva Mounier in una sua nota pubblicata nei Comptes 
Rendus des séances de l' Aeadémte des seienees, * si danno nella zona 
litorale colpita dal terremoto alternanze di maggiore e minore intensità 
con massimi e minimi simetrici ai due lati di un punto medio. Cosi a 
levante e a ponente di Diano Marina, in cui il fenomeno produsse la 
catastrofe che tutti sanno, egli scrive, vi sono due tratti quasi immuni; 
altri due massimi si trovano poscia da una parte ad Alassio e dall'altra 
a Oneglia; quindi, si ha un altro punto gravemente colpito a Noli, che 



' Ciò, supponendo che TAppennino incpminci a levante del Colle di Nava. 
* Séance du 14 mars 1887. 



— 156 — 

corrisponde a Mentone, e infine un terzo massimo aAlbissola che ha 
il suo simetrico a Nizza. In questa osservazione, quantunque rimanga 
alquanto attenuata se si consideri la natura del suolo sul quale sono 
fondati i paesi e la orientazione dominante dei fabbricati nei paesi 
stessi, vi ha tuttavolta molto di vero e sì spiega da taluni animettendo 
che l'onda sismica si propagasse con una certa regolarità in ondula- 
zioni i cui nodi ed internodi cadevano in punti simetrici. A me pare 
che i massimi suaccennati ripetano piuttosto la causa loro dalla in- 
terferenza di due o più scosse simultanee in direzione diversa, che si 
manifestarono, come si 6 veduto, anche in altro modo. 



OiroMtanze naturali oh* Inflolfloono mila dlstrlboilons del OmiiiL 

Le differenze nell'entità dei danni subiti dalle città e villaggi dt- 
pendjno non solo da differenze nell'intensità del fenomeno e dalla 
distanza dall'area principale sismica (o dall'asse o dagli assi si- 
smici), ma ancora, come già notai per incidenza, dalla natura del 
terreno, dalla solidità delle costruzioni, dal genere dei materiali ado- 
perati, ecc. 

Si è veduto che in Ligur a hanno principalmente sofferto i paesi 
fondati sulle alluvioni quaternarie, sabbiose e ghiaiose, sui conglome- 
rati e sui sabbioni pliocenici. Ciò perchè le vibrazioni del suolo sem- 
brano assai più esiziali agli edifìzi quando si trasmettono attraverso a 
roccìe sciolte o a deposili detriiici. Osservazioni consimili si fecero 
in occasione dei terremoti della Giammaìca (1693), della Toscana (1846), 
della Calabria e della Sicilia (1783-86), di Lisbona (1755), di Casamic- 
cìola (1881 e 1883) e poco addietro anche nelio studio dei terremoti 
andalusi del dicembre 1884, come risulta dalla relazione magistrale di 
Taramelli e Mercalli, pubblicata dalla R. Accademia dei Lincei. 

Il padre Bertelli attribuisce il diverso modo di comportarsi del 
suolo detritico o sciolto e del compatto o roccioso a che il primo, es- 
sendo eterogeneo, da luogo a rallentamenti nella propagazione delle 
scosse e quindi ad interferenze. Oltre a questa'causa un'altra ancora, 
che forse è la principale, porge a senso mio spiegazione adeguata del 
fatto: le roccie sciolte o conglomerate sono cedevoli e non elastiche. 
Per conseguenza, le vibrazioni sismiche determinano in esse successivi 
spostamenii non temporarì (come nelle masse rocciose salde), ma per- 
manenti, che si trasmettono ai fabbricati. Intanto, col ripetersi delle 



— 157 — 

oscillazioni o col prolungarsi delle scosse, sommandosi in generale gli 
effetti dei piccoli spostamenti, le varie parti dell'edifìzio strapiombano, 
cessano di trovarsi equilibrate e questo si sfascia. 

A favore di questa interpretazione si possono addurre i fatti che 
quando il terreno sciolto è di poco spessore le rovine dei fabbricati 
sono generalmente più gravi e nei casi in cui il suolo risulta di due 
roccie o di due formazioni assai diverse Tuna dall'altra, ma entrambe 
salde e compatte, non si verificano, ingenerale per tale contingenza 
condizioni peggiori del consueto. 

Altra circostanza, alla quale si attribuisce con ragione una in- 
fluenza, nel senso di concorrere ad accrescere le rovine provocate dal 
terremoto si è il collocamento dei paesi sopra una vetta, tanto più 
quanto è maggiore la sua acutezza e la sua elevazione. I disastri di 
cui furono teatro Baiardo, Castellaro, Castel Vittorio avvalorano que- 
sto apprezzamento, il quale, d'altronde, trova la sua spiegazione fisica 
nella nota esperienza delle aste vibranti. Anche la eccessiva inclina- 
zione del terreno costituisce condizione dannosa per gli edifizi che vi 
sono stabiliti. A Ceriana^ a Bussana, a Castellaro e altrove osservai 
che certe case poste sopra ripida pendenza avevano assai più sofferto 
di altre situate in piano. Tengo per fermo che la ragione di questo 
fatto si debba ricercare negli spostamenti permanenti, che si producono 
sotto l'azione simultanea delle vibrazioni sismiche e della gravità, nei 
materiali del terreno, spostamenti ben maggiori di quando il terreno 
stesso è piano o pianeggiante. 



Influenza ohe taluni materiali e modi di oostruzione 
ebbero sulla rovina degli ediflxi. 

Nella massima parte delle case che patirono maggiori danni pel 
terremoto del 23 febbraio, lungo la Riviera, il tetto è mal connesso alle 
mura e coperto di lavagne (laonde per effetto delle scosse e trepida- 
zioni si scompagina e si sfascia), le mura maestre sono sottili, mal 
connesse fra loro e non fortificate negli angoli, le divisioni interne 
son fatte per lo più di mattoni o d'altri materiali pesanti; i piani, bene 
spesso in numero soverchio, sono divisi l'uno dall'altro da vòlte o da 
impalcature di legno, le scale sono come si suol dire a stretta e con 
scalini di pietra d'un sol pezzo, sostenuti ad una delle loro estremità. 

Alcuni dei più lagrimevoli episodi del disastro di Diano Marina 



— 158 — 

sono dovuti alla cattiva costruzione delle scale sostenute da vòlte 
rampanti^ e che perciò crollarono alla prima scossa. 

A Savona la caduta dei palchi nelle case crollate in via Untoria 
si deve in gran parte alla vetustà dei travicelli di cui erano formati 
i palchi stessi; molti di questi travicelli erano inoltre tarlati. 

A Diano Marina, le condotte dei camini contribuirono alla caduta 
di parecchie case, rendendo assai deboli i muri principali, in cui for- 
mavano ampia soluzione di continuità. Presso alcune di queste con- 
dotte, essendo le pareti loro sottili e forse non del tutto impervie, i 
travicelli dei palchi non potevano più adempiere al proprio ufficio 
perchè carbonizzati. Nella stessa città, quasi tutte le case sfasciate sono 
fabbricate con ciottoli della vicina spiaggia, cementati da poca e cattiva 
calce. A OnegUa si trovava nella medesima condizione la casa in cui 
soccombette il farmacista Capovilla e il prof. Demura. 

A Baiardo e a Ceriana è pessima la pietra da costruzione, cal- 
care argilloso che passa bene spesso allo scisto; ivi poi il cemento 
adoperato consiste in un misto di terra e di calce che adempie assai male 
al suo ufficio. La vòlta della chiesa di Baiardo, che sepelli tante vittime 
sotto le sue rovine, era fatta in parte della pietra summentovata, in parte 
di un travertino attuale assai terroso, e perciò poco tenace, in pezzi 
appena digrossati. Per occultare le irregolarità dipendenti dalla imper- 
fetta preparazione delle pietre, la vòlta stessa era stata intonacata 
air interno di un grossissimo strato di cattivo cemento, il quale ne 
accresceva il peso, senza aumentarne adeguatamente la resistenza. 

La questione dei sistemi e delle pratiche da evitarsi e da seguirsi 
nei paesi soggetti ai terremoti fu già ampiamente trattata da parecchi 
sismologi ed ingegneri in ispecie da Serpieri, De Rossi, Bertelli, Mer- 
calli, Milne, Mallet, Giordano, Comotto per diverse regioni; i loro am- 
maestramenti si applicano in gran parte anche alla Liguria. Delle Pro- 
vincie liguri si occupò in modo speciale il Bertelli in varie sue memorie 
e segnatamente in una lettera pubblicata nella Nazione del 26 otto- 
bre 1887. Questa lettera compendia quanto di meglio fu scritto e detto 
in proposito. 



— 159 — 

Susrer^rimentl prmtloi d'ordine teonioo ed anuninietratlvo. 

Dal complesso delle osservazioni altrui e delle mie proprie desumo 
i suggerimenti qui appresso trascritti da seguirsi nelle provincie liguri 
acciocché i nuovi edifizi, oltre ai requisiti di durata che si richiedono 
nelle condizioni normali, possiedano anche quel grado di stabilità che 
è necessario per resistere a fortissime scosse di terremoto. 

In prima, sono necessarie buone fondazioni e ove non riposano 
sulla roccia viva, conviene che si pongano a profondità maggiore. 

Occorre che sia fatta una scelta diligente dei materiali da costru- 
zione; le pietre debbono essere squadrate e voluminose, massime nelle 
cantonate. Le migliori soiio in Liguria: i calcari marnosi del Genovesato, 
di Porto Maurizio, Taggia, S. Remo, ecc., i calcari nummulitici della 
Mortola, i calcari dolomititici di Sestri, Cogoleto, Spotorno e del Fi- 
nalese, le arenarie e i conglomerati eocenici di Alassio, Laigueglia, 
Ospedaletti, Bordighera, gli scisti cristallini e gneiss antichi del Sa- 
vonese, le quarziti e i calcescisti di parecchie località, la pietra di 
Finale (miocenica) e la pietra di Cisano (pliocenica). 

Sono meno buoni perchè facili ad alterarsi i conglomerati e le 
arenarie miocenici dei pressi dì Celle, del Monte Giovo, delle Langhe, 
della valle del Tanaro, ecc., e sopratutto le arenarie e i conglomerati 
del pliocene di Ventimiglia, Albenga, ecc.; poco opportune eziandio 
perchè fanno presa imperfetta col cemento le serpentine e le eufotidi. 
Ad ogni modo, sono da scartarsi assolutamente i ciottoli anche volu- 
minosi. La sabbia non deve essere troppo fina ne terrosa e se proviene 
dal mare è necessario che sia accuratamente lavata per toglierle il 
salmastro. 

È esiziale il costume di spegnere la calce coll'acqua marina e di 
unire la calce stessa a terra. 

Fa d'uopo che i muri perimetrali sieno ben collegati fra loro e 
non presentino aperture troppo numerose e troppo ampie. 

Il P. Bertelli osserva che sarebbe anche da proscriversi Tuso di 
innalzare prima i muri perimetrali, poi, senza alcun addentellato con 
essi, ma solo a combaciamento, i muri divisori; molti di questi infatti, 
che non erano lateralmente connessi agli altri, caddero, nelle città 
della Riviera, durante il terremoto del 1887. 

E pure da raccomandarsi la prescrizione di munire le porte e le 
finestre di travi di ferro ad architrave, vuoi per dare un migliore so* 



— 160 — 

stegno alle parti superiori deiredifizio, vuoi per offrire un pronto riparo 
agli abitanti, durante le scosse. Ad ogni modo, sono da evitarsi gli 
architravi di lastre sottili di pietra e in ispecie di lavagna. Gli scijini 
vogliono essere di un pezzo solò e profondamente incassati nel muro, 
meglio ancora, secondo Tuso toscano, introdotti per la loro testata nel 
muro stesso per tutta la sua grossezza durante la costruzione. È utile 
che le scale bilaterali sieno appoggiate ad un muro intermedio. Le 
scale comuni a eolio o a pozio possono essere rinforzate con molto 
vantaggio mediante travi di ferro o catene a sostegno delle rampe. 

Se non sono da proscriversi assolutamente le volte, convien limi- 
tarle al primo piano ed assicurarle con chiavi di ferro. 

I sistemi d'impalcatura da prescegliersi sono quelli a travi di 
ferro (longarine) paralleli. 

Sono anche opportuni i travi di ferro che sostengono «voltini di 
mattoni a piccola corda. In ogni caso, giova che i travicelli o mozzoni 
sieno fra loro riuniti a coppia con una traversa a guisa di catena e 
ciò a sufficienti intervalli. 

I tetti, invece di riposare direttamente sulla testa dei muri maestri 
e divisori senza collegamento di sorta, debbono essere collocati, sopra 
puntoni o cosciali, arcali, ecc., e ben connessi col rimanente dell'edi- 
fìzio; ne si debbono risparmiare le inmorsature e le leghe d'angolo. 

Nelle coperture, alle lavagne adoperate in quasi tutta la Liguria, 
è preferibile Tuso delle tegole, in ispecie di quelle alla foggia di Mar- 
siglia. E desiderabile che i fumaiuoli, le guglie, i vasi decorativi col- 
locati sopra i tetti sieno saldamente assicurati ai tetti medesimi, mercè 
staffe di ferro o altro artifizio; similmente, vogliono essere curati gli 
incastri delle mensole che sorreggono balconi e gallerie, nonché le 
attaccature dei cornicioni e degli ornati in stucco sporgenti dalle 
facciate. 

In complesso, bisogna aver presente, neir innalzare una fabbrica 
in territorio soggetto ai terremoti, che essa abbia a comportarsi, ri- 
spetto alle vibrazioni sismiche, a guisa di un corpo unico, che cioè le 
sue varie parti, piani, ali o compartimenti, quantunque diversamente 
contesti in ordine alla disposizione e natura dei materiali, abbiano a 
vibrare sincronicamente e simetricamente come se costituissero un solo 
pendolo composto. 

Pur troppo i precetti edilizi dettati dagli ingegneri e dai sismologi, 
per rendere meno esiziali gli effetti dei terremoti, sono destinati in 
Liguria, come in molti altri paesi in Italia e fuori, a rimanere sterili voti. 



— 101 — 

Se sotto r impressione degli immani disastri cagionati da insoliti 
e violenti scuotimenti del suolo si formano propositi di riforme edilizie, 
si escogitano provvedimenti allo scopo di rendere in avvenire meno 
micidiali e meno rovinosi i terremoti, passato il pericolo o piuttosto 
cessato lo spavento, i propositi sono dimenticati e le regole consigliate 
dalla prudenza non sono più osservate. 

La ragione di questo fatto si è che l'attuazione dei migliori pre- 
cetti edilizi, l'osservanza dei saggi provvedimenti suggeriti dall'espe- 
rienza, in vista dei terremoti, richiedono gravi sacrifizi da parte dei 
privati, da parte dei comuni e delle provincia e a questi mal volentieri 
si assoggettano gli interessati, allorché si tratta di preservarsi di un 
danno incerto, remoto, o che ricorre per lo meno ad intervalli indeter- 
minati. 

Come indurre i proprietari a rinnovare le loro case da capo a 
fondo o a consolidarle mercè opere dispendiose, solo perchè non sono 
conformi alle norme dell'edilizia sismologica? Come ottenere che, nel- 
l'edificare nuove case, sieno prescelte certe aree sotto altri aspetti 
meno convenienti, solo perchè taluno le reputa meno acconcie dal punto 
di vista dei terremoti? Come sperare che si abbandonino i più noti 
ed economici sistemi di costruzione, consacrati dall'uso per adottarne 
altri più costosi raccomandati in vista delle commozioni telluriche, 
per buona ventura tanto infrequenti nel nostro paese? 

Anche ammettendo che i prudenti consigli dei tecnici fossero ora 
ascoltati da molti, è certo che per ragioni facili ad intendersi la loro 
benefica influenza^ si estenderebbe solo ad una infima parte delle città 
e dei villaggi minacciati dal flagello e ad ogni modo andrebbe poco 
a poco dileguandosi pel lento degradarsi degli edifìzi nuovi e per la 
vetustà crescente negli antichi. 

Per tali riflessi, mi pare opportuno chiudere questa mia disquisi- 
zione colla proposta di un provvedimento d'ordine generale applica- 
bile alla Liguria ed alle altre provincie italiane, inteso non già ad 
evitare che i violenti terremoti abbiano a risultar disastrosi (raggiun- 
gere un simile intento non mi par possibile), ma a far si che, verifi- 
candosi terremoti siffatti, non possano dar luogo allo spaventevole 
eccidio avvenuto a Casamicciola nel 1883 e in Liguria nel 1887. 

Per brevità riassumo la mia proposta in uno schema di decreto 
che io vorrei fosse emanato dal Ministero dell'Interno. 

c< Ogni decennio una commissione di tre tecnici nominati dal 
Prefetto della provincia visiterà gli edifizi pubblici di ciascun comune 
della provincia, cioè chiese, scuole, ospedali, teatri ed alberghi. 

11 




^ii 



— 162 — 

(c Gli edifìzi riconosciuti dalla commissione pericolosi, in caso di 
teTremoto, per vetustà o difetto di costruzione, saranno immediatamente 
chiusi. 

« Quando però i comuni, i corpi morali o i privati cui spetta ab- 
biano provveduto ai lavori di consolidamento o di riparazione reputati 
necessari, potranno provocare, una seconda visita della commissione, e 
questa, ove ravvisi cessato il pericolo, revocherà l'ordine di chiusura^ a 

La memoria della repente catastrofe di Baiardo, di Bussana, di 
Castellaro rende superflua ogni spiegazione, ogni giustificazione di 
questa proposta. 

Un provvedimento analogo potrebbe essere adottato dai municipi 
rispetto alle case dei privati, ma incontrerebbe indubbiamente grave 
opposizione e nell'atto pratico, forse anche ostacoli insuperabili. 

Non essendo questo attuabile, affine di invitare gl'inquilini a diffi- 
dare delle case mal sicure, gioverebbe la pubblicazione in ciascun 
comune di un elenco di quelle riconosciute tali (dal punto di vista dei 
terremoti) da una commissione tecnica governativa. 

Ad ogni modo, sono d'avviso che riuscirebbe assai utile la diffu- 
sione larghissima nei territori più spesso visitati dalle agitazioni si- 
smiche di una memoria nella quale fossero compendiati in forma po- 
polare i precetti della edilizia sismica e suggerimenti da seguirsi in 
caso di terremoto, sia per diminuire il pericolo cui sono esposte le 
persone che si trovano nelle case mentre incomincia una scossa o una 
serie di scosse, ' sia per tentare nelle migliori condizioni il salvamento 
di coloro che fossero rimasti sepolti sotto le macerie. Gioverebbe, 
eziandio, che in ogni centro di popolazione di qualche importanza foS' 
sero anticipatamente ordinati i quadri di compagnie di soccorso, coi 
loro capi e sotto-capi, (come si usa per le guardie del fuoco), le quali 
avessero a prestar servizio, non solo in caso di terremoto, ma anche 
in occasione di altre disastrose contingenze da determinarsi. 

Credo poi che merita di essere caldamente raccomandata la pro- 
posta del prof. De Rossi di una istituzione fìnanziaria permanente, la 
quale abbia per oggetto di provvedere i primi soccorsi a vantaggio dei 
danneggiati dal terremoto. * 



* Come è noto la norma migliore per sottrarsi al pericolo al primo oscillare 
del suolo, si è di portarsi sotto il vano di una finestra o di una porta di muro 
perimetrale. 

* Vedasi la lettera indirizzata dal predetto professore al giornale « Il Popolo 
Romano » riprodotta di poi nel « Bullettino del Vulcanismo » nel numero di ottobre- 
dicembre 1877. 



~ 163 — 

Profondità dell' impuUiioiie sUmioa. 

In una recente memoria, che io considero come un modello di cri- 
tica scientifica, il P. Bertelli ha dimostrato come il metodo immaginato 
da Mallet per determinare la profondità della impulsione sismica, me- 
todo che ha per base il valore angolare degli spacchi o cretti prodotti 
in muri omogenei o in altre costruzioni opportunamente disposte, sia 
inefficace, perchè presuppone cene condizioni che sono affatto ipote- 
tiche. Egli diede pure le prove della fallacia del metodo cronometrico 
usato da von Seebach e da von Lasaulx, fondato sull'ora d'arrivo della 
scossa nei diversi punti e ciò pur prescindendo dalle difficoltà di ap- 
plicazione che sono grandissime. ' Infine, malgrado l'autorevole avviso 
di Fouquè, dichiarò reputar più incerto ancora dogli altri il sistema di 
Falb, che consiste nell'apprezzamento del tempo trascorso fra il rombo 
sotterraneo e l'oscillazione del suolo in un dato punto. 

Inutile lo esporre le dimostrazioni addotte, che non saprei riferire 
in termini più stringenti ne riassumere con maggiore efficacia. « Per- 
tanto, scrive il chiaro autore, ed io mi associo pienamente alla sua 
conclusione, considerando tutte le molteplici cause d'interferenza e di 
trasformazione di moto, che fin qui ho accennate, e che hanno luogo 
tanto alla superficie che nelle profondità del suolo, a me pare che la 
determinazione del centro sismico sia un desid«'rato della scienza e 
che questo problema per ora nou si possa nemmeno approssimativa- 
mente risolvere né col metodo di Mallet né col metodo cronome- 
trico. » * 

Aggiungerò ancora in proposito che nel caso del terremoto ligure 
non solo sono incerti e inapplicabili i detti metodi per le ragioni ad- 
dotte dQ.1 Bertelli, ma, di più, in questo terremoto, essendo provato dalla 
distribuzione geografica della città e villaggi danneggiati, che non si 
ebbe un solo radiante sismico, e che ve ne furono almeno due e due 
almeno furono, eziandio, le aree principali sismiche (in gran parte però 
compenetrate e confuse), l'orientazione degli spacchi, l'istante in cui 
giunsero le vibrazioni nei singoli punti e T intervallo verificatosi in 



* Circa la esposizione dei metodi precitati, si può consultare con profitto 
l'operetta del capitano L. Gatta intitolata: SUmolof/ia. Milano, Hoeplì, 1884. 
• Sopra una memoria dei professori Taramelli e MercalU: I terremoti arida' 
lu$i, pag. 9. 



— 1G4 — 

diversi luoghi fra la percezione del ronibo e quella della scossa pro- 
vengono da un complesso intricatissimo di circostanze, e perciò non sono 
suscettibili di porgere alcun criterio preciso per la determinazione del 
centro o del punto di partenza interno dell'urto sismico. 

Se i vari criteri adottati dagli autori per la determinazione del 
centro d'impulsione si mettono in opera, senza pretendere di ricavarne 
dati numerici, ma solo per dedurne una indicazione assai generale ed 
ipotetica, si giunge alla conclusione che il punto di partenza delle 
oscillazioni che agitarono il 23 febbraio 1887 il suolo della Liguria era 
assai profondo. 

La violenza della scossa sopra un' area estesa dalla superfìcie di- 
pende principalmente da due circostanze essenziali; cioè dalla energia 
dell'urto iniziale e dalla distanza dal punto o dai punti interni in cui 
questo urto si produsse primamente. Nel caso presente, la scossa 
non fu violentissima poiché non cadde un solo muro fabbricato secondo 
le regole d'arte e non si ebbero esempi di proiezioni paragonabili a 
quelle dei terremoti ricordati per la loro straordinaria violenza. D'altra 
parte, l'area colpita con violenza relativa è assai estesa; inoltre, si 
osservano in essa punti colpiti con diverso grado d'intensità indipenden- 
temente dalla natura del suolo, punti non già regolarmente distribuiti 
intorno ad un epicentro o degradanti regolarmente da un punto medio 
verso le due estremità di un asse, ma alternanti lungo il litorale, da 
una parte, e dall'altra in una zona, la quale, dirigendosi verso l'in- 
terno, attraversa le Alpi Marittime. In paragone di ciò che si è ve- 
rificato in altri terremoti, si osserva, eziandio, che alla periferia del- 
l'area sismica le oscillazioni furono, come è naturale, di forza decre- 
scente quanto più lontane da essa, ma decrescente con straordinaria 
lentezza, permodochè in varie località della Svizzera, ad oltre 400 chi- 
lometri dalle città atterrate in Liguria rimasero fermi per la scossa 
parecchi orologi a pendolo. 

Da tutte queste considerazioni è lecito argomentare che le impuU 
sioni ebbero origine da una regione piuttosto profonda. 



1G5 — 



Interpretazione del fenomeno. 



Legittimiti di queita rioeroa. — Dopo un lungo periodo di tempo 
durante ii quale fra noi si concludeva e si spiegava senza osservare, 
è nata una reazione per la quale gii studiosi si sono fatti quasi una 
legge di osservare senza concludere, senza spiegare. 

A forza di promuovere il metodo analitico, abbiamo scacciato la 
sintesi. Si descrive, si indaga, si enumera, si anatomizza, si analizza 
e poi basta. Se alcuno, sia pure timidamente, sia pure colla maggiore 
cautela, si arrischia a proporre una interpretazione, emette una ipotesi 
vien messo al bando come un reprobo. È un osservatore superficiale 
un falso scienziato. Fatti, ci si chiedono, sempre fatti! 

A che vale, nel campo della fisica terrestre, la faraggine di fatti 
previamente registrati nelle voluminose raccolte delle pubblicazioni 
accademiche, se non interviene la teoria a discuterli, ad aggrupparli, 
per farne scaturire la interpretazione più legittima? 

Vogliamo forse lasciare ai posteri il compito di cogliere il frutto 
dalle piante che abbiamo coltivate ì E sappiamo noi se i posteri si ap- 
pagheranno delle nostre osservazioni? Se non saranno in possesso di 
mezzi d'indagine più esatti e più pronti dei nostri? 

In effetto codesto orrore della ipotesi è intolleranza generata, come 
tante altre, dall'abito della mente di aggirarsi in un campo ristretto e 
forse è un mezzo di allontanare dal santuario chi si mostra meno os- 
sequente alla parola del sacerdote. Per me, mi ribello a questa legge 
e in nome della scuola italiana, della scuola di Galileo, di Redi e di 
Spallanzani, rivendico pel naturalista il diritto, anzi il dovere, di trarre 
dalle sue ricerche le deduzioni che sono del caso. 

Importa bensì, perchè nelT interesse della scienza non venga con- 
fuso il certo coir incerto, che le semplici ipotesi e le dubbie interpre- 
tazioni vengano presentate per quello che sono e non altrimenti. E su 
ciò credo utile di insistere energicamente. 

Premesse queste dichiarazioni, eccomi ad esporre le conclusioni 
del mio lavoro, conclusioni quali sicure, quali solamente probabili od 
ipotetiche. 



— 1G6 — 



Esame di varie ipotesi. 

Sarebbe superfluo lo esporre le ragioni per le quali non si può 
ammettere che il terremoto ligure sia stato provocato dal T aprirsi di 
nuovi spiragli vulcanici o dal risvegliarsi di una attività vulcanica so- 
pita. Che manchino a questo fenomeno tutti i caratteri di una mani* 
festazione eruttiva, di un terremoto vulcanico propriamente detto ap- 
parisce ad ogni occhio veggente. 

La circostanza che nell'area principale sismica affiorano roccie 
vulcaniche, cioè le andesiti del Capo d'Aglio (per verità in minime 
proporzioni) e che, poco lunge, nei pressi di Antibo, Villeneuve, Biot, ecc., 
si danno ingenti masse di tali roccie, ha suscitato in alcuno, e in me 
stesso, il sospetto che il terremoto ligure fosse da ascriversi al novero 
dei perimetrici. Dopo matura riflessione, ho creduto di dover respin- 
gere una simile congettura per le considerazioni seguenti: 

Il vulcanismo ha cessato di manifestarsi in Liguria ed in Provenza 
da tempi remotissimi, fin dallo scorcio del periodo eocenico. La man- 
canza assoluta di fumaruole, mofete e sorgenti termominerali, nelle 
adiacenze degli antichi < spiragli vulcanici, dimostra che questi sono 
pervenuti allo stadio della completa estinzione. Le località in cui sono 
più sviluppate le formazioni vulcaniche, come i dintorni di Antibo e di 
Biot, sembrano men soggette ai terremoti che non il litorale ligure tra 
Porto Maurizio e Nizza, né si osservano colà traccie di recenti straor- 
dinari bradisismi, i quali in alcune località, come a Pozzuoli, assumono 
i caratteri di fenomeni vulcanici secondari. 

Conviene notare, tuttavolta, che tre giorni prima del terremoto li- 
gure furono scosse da terrenioto ben sensibile le falde dell'Etna e 
parte della Sicilia. Dì più, si è osservato dal padre Denza e da altri, che 
anche i terremoti subiti dalla Liguria occidentale nel 1818 e nel 1828 
furono preceduti e quasi presagiti da terremoti siciliani. Infine, fa 
pure d'uopo ricordare che dopo gli scuotimenti disastrosi del marzo 
e maggio 1831, di cui tanto ebbero a soff*rire Taggia, Bussana e Ca- 
stellaro, sorse nel Mar di Sicilia risola Giulia (giugno e luglio) e che 
nel gennaio e nel febbraio dello stesso anno si erano sentite scosse 
forti e numerose in Sicilia e neir Italia meridionale. 

In tutto ciò io vedo qualche cosa di più che una coincidenza pu- 
ramente accidentale; ma il modo più semplice e razionale di spiegare 
la connessione non è già, a parer mio, di attribuire ad ura causa 



— 167 — 

unica i fenomeni vulcanici e sismici della Sicilia e della Liguria; sib- 
bene di ammettere, a titolo d'ipotesi, s'intende (fino a che non si pro- 
ducano argomenti positivi a favore di una interpretazione diversa) che 
i terremoti siciliani, indubbiamente vulcanici (almeno per la massima 
parte), propagandosi fino alla Liguria, determinarono o favorirono, in 
questa regione quelle rotture d'equilibrio che si traducono poscia in 
rapide oscillazioni del suolo. 

Acciocché r interpretazione dei terremoti, per quanto ha tratto . 
alla origine e alle jcause loro, cessi dall'aggirarsi nel campo delie ipo- 
tesi e delle congetture, è mestieri innanzi tutto che i movimenti rapidi 
o subitanei della corteccia terrestre si considerino non più come feno- 
meno unico, ma come manifestazioni di fenomeni fra loro essenzial- 
mente diversi, conviene che non si attribuiscano ai terremoti in genere 
le connessioni, le coincidenze, le leggi pertinenti ad una singola ca- 
tegoria di essi. 

Un masso che cade dall'alto sul suolo, una mina che esplode, un 
treno che corre sopra una via ferrata, una ondata che si frange sulla 
spiaggia, fanno tremar la terra tutto all'intorno e gli edifìzi che essa 
porta; ma, mentre è comune l'effetto, mentre nei tre casi le oscilla- 
zioni si propagano secondo la medesima legge e nella stessa guisa, 
ognun vede quanto differisca il fattore primo del movimento. Orbene, i 
veri terremoti dipendono, io credo, da cause altrettanto diverse e non 
si riuscirà a penetrarle se non collo stabilire numerose distinzioni ed 
coir eliminare le conclusioni troppo generiche. 

Ripudiamo assolutamente l'ipotesi secondo la quale il terremoto 
sarebbe suscitato da contingenze astronomiche. Senza negare il ripetersi 
di alcune coincidenze segnalate da Perrey^ J. Schmidt, Falb ed altri, noi 
potremmo tutt'al più ravvisare in esse Tindizio che in determinate posi- 
zioni del sole e della luna rispetto al globo la potenza attrattiva di tali 
astri, raggiungendo il massimo, favorisca la reazione che gas e liquidi 
imprigionati sotto la corteccia terrestre nei focolari vulcanici, eser- 
citano sulla medesima e si traduca nel ripetersi con maggior frequenza 
delle agitazioni sismiche; ma ciò solo in certe regioni e in certe spe- 
ciali circostanze. Ove e quando, infatti, si è verificata nei movimenti 
del suolo la periodicità, la regolarità delle contingenze sideree ? 

Dobbiamo ammettere invece il concetto propugnato da insigni 
geologi, secondo i quali le cause del terremoto ligure sarebbero da 
ricercarsi nella tensione dei gas o vapori premuti sotto la corteccia 
terrestre, tensione manifestatasi od almeno accresciutasi repentina- 
mente per effetto di circostanze estrinseche od intrinseche? 



— 168 — 

Se cosi fosse, a noi pare che l'area in cui il terremoto fu disa- 
stroso sarebbe stata circolare e non allungatissima, che il fenomeno 
avrebbe dovuto avere un centro e non uno o più assi; che esso non 
si sarebbe ripetuto più e più volte con intensità decrescente, a brevi 
intervalli di tempo, ciò specialmente dopo copiose pioggie. ' 

Inutile aggiungere che il vapore o il gas, origine supposta di 
tanto conquasso, non si vide erompere da alcun punto dell'area si- 
smica. Se prima e dopo il 23 febbraio fu notata da qualcuno la comparsa 
di vapori (la cui natura d'altronde non è ben accertata) e lo svolgersi 
di gas acido solfìdrico, le proporzioni stesse del fenomeno, affatto ina- 
deguate rispetto alla estensione e alla violenza del terremoto, ci dicono 
manifestamente che tali emanazioni sono efPetti e non cause, che, al 
pari delle variazioni nel regime delle sorgenti e fontane, dipendono 
dall' aprirsi o dal chiudersi di sottili meati neila parte più superficiale 
della corteccia terrestre. 

Eliminata in tesi generale una tale spiegazione, sarebbe ora ozioso 
il ricercare se avvenne sviluppo di gas o vapore provocato dalla pe- 
netrar di acque marine o d'altre nella zona interna calda o pure 
determinato dallo ascendere di roccie laviche incandescenti in cavità 
occupate già da sostanze liquide o solide suscettibili di passare allo 
stato di vapore. Sarebbe inutile lo investigare, eziandio, nell'ipotesi 
che a vapori o a gas preesistenti fosse da attribuirsi il fenomeno, per 
qual contingenza ebbe ad esaltarsi la tensione loro. 

Non è il caso nemmeno di far intervenire all'uopo l'azione dissol- 
vente delle acque circolanti sotterra, le quali, col produrre, a lungo 
andare, estesi vacui entro le masse rocciose, avrebbero poscia provo- 
cato il precipitar di quelle cui sarebbe mancato l'appoggio; d'onde 
schianti e vibrazioni più o meno violenti, secondo il peso delle masse 
rocciose distaccate, l'altezza della caduta, lo stato elastico dei terreni 
sottoposti che avessero subito l'urto. 

Le caverne scavate dalle acque non son rare in Liguria, massime 
nel Finalese e nella valle del Neva, ma le esigue proporzioni loro 
sono incompatibili affatto col supposto di grandi scoscendimenti su- 
scettibili di far sentire il proprio crollo ad intere Provincie. Di più, 
esse son limitate a certe formazioni secondarie e t'erziarie e mancano 
affatto alle più antiche e profonde. 



* Vedi alla pag. 130 il paragrafo relativo alle relazioni osservate tra i giorai 
piovosi e le scosse consecutive. 



— 169 — 

t 

Ne tampoco reputo premio dell'opera il confutar l'ipotesi che Ta- 
gitazioue tellurica del 23 febbraio fosse la conseguenza di una tem- 
pesta elettro-magnetica. Qual prova che si sia addensata nelle terre 
ligustiche straordinaria tensione alettrica? Dato Iche vi fosse stata^ in 
qual modo avrebbe potuto risolversi in un terremoto? Forse che la 
lieve agitazione degli strumenti magnetici nel momento della scossa più 
energica e poco prima basta ^ giustificare siffatta connessione fra i 
due ordini di fenomeni? Per quella parte che non dipende da agita- 
zione meccanica, mi pare che il turbamento dei magnetometri si possa 
agevolmente spiegare ritenendolo conseguenza di correnti secondarie 
generate dall'attrito di grandi masse rocciose in movimento. 

£ se in alcune località l'agitazione degli strumenti magnetici ha 
preceduto di pochi istanti la scossa più gagliarda, ciò si deve, nella 
pluralità dei casi, a che la corrente elettrica si propaga più rapida- 
mente delle vibrazioni sismiche. D'altra parte, ove la perturbazione si 
è verificata qualche tempo prima del sussulto, parrà legittimo il so- 
spetto che precedesse invece le altre scosse meno sensibili alla su- 
perfìcie, ma forse non meno importanti, dal punto di vista del lavoro 
meccanico compiuto nelle regioni profonde della corteccia terrestre. 

Nel presentare alla R. Accademia dei Lincei una nota del dottore 
C. Chistoni intorno alla intensità magnetica in vari punti d'Italia, il 
prof. P. Tacchini avvertiva testé che le tre aree dell'Alta Italia nelle 
quali le cifre che esprimono questa intensità raggiungono un valore 
più alto corrispondono appunto a tre aree di massima attività sismica, 
a tre regioni, cioè, nelle quali si danno terremoti più fre {uenti e più 
disastrosi. 

Coli' intento di rintracciare e di rendere pid perspicue le supposte 
correlazioni tra i due ordini di fenomeni, il dott. Chistoni tracciò un 
abbozzo di carta magnetica facendo uso dei valori assoluti degli ele- 
menti del magnetismo terrestre da lui determinati in Italia a latitudini 
maggiori di 43® \ 

Apparisce nell'abbozzo suaccennato che uno dei massimi d'intensità 
cade nel Veronese, un altro comprende il territorio alpino situato sopra 
Pinerolo ed un terzo, rappresentato, però da una cifra meno alta, è 
situato immediatamente a ponente di Genova. È pure a notarsi che 



* Curia maunetica dell'Italia Buperiore e sua relazione colle aree $i~ 
Mmiche (Memorie degli Spettroscopisti italiani, voi, XVI, 1887). 



— 170 — 

una linea di grande intensità magnetica attraversa il Bellunese e un 
altra il Vicentino. 

È assai probabile che tali coincidenze sieno affatto accidentali. 
Intanto giova osservare, per quanto concerne la Liguria, che il mas- 
simo d' intensità magnetica si trova a notevole distanza, da quella 
parte della Riviera che è più spesso e più intensamente funestata da 
commozioni sismiche. Secondo ogni verosimiglianza, i valori delia in- 
tensità magnetica subiscono influenze locali non lievi per efìfetto di 
certe masse rocciose. 

Per non uscire dai confini della Liguria, io credo pur probabile che 
la cifra relativamente tanto elevata (13®.49') ottenuta dal signor Chistoni 
per la declinazione nel territorio d'Arenzano, in cui si trovano ingenti 
masse di serpentine antiche e lehrzoliti, ricche di ferro magnetico, si 
debba appunto a siffatte roccip. 

L'azione delle roccie ofiolitiche sull'ago calamitato fu avvertita 
con semplici bussole da tasca al Monte Reisa, sopra Veltri, e al Monte 
Penna, sopra Chiavari. Fin dal principio del secolo, si osservarono in 
mare, lungo il litorale della Riviera di Pone ite di contro a Pegli, per- 
turbazioni Delle bussole marine e furono attribuite dal Viviani alla 
sabbia di ferro titanato magnetico di cui è sparsa la spic'ggia. 



Ipotesi teotonioa. 

Eliminate così talune delle cause principali alle quali si sogliono 
attribuire i terremoti, una ne rimane per la quale non sappiamo tro- 
var valevole motivo d'esclusione ed anzi quanto più meditiamo intorno 
ad eèsa e tanto maggiori ci sembrano le probabilità per ritenerla 
sotto ogni aspetto plausibile. 

Il territorio flagellato dal terremoto è uno di quelli nei quali le 
oscillazioni lente del suolo furono più grandiose ed anche al presente 
esercitano, a quanto pare, una azione potente. Se avvenne, come credo 
d'aver dimostrato, che in tempi recenti si inabissassero le vallate della 
Liguria a ben 1450 metri sotto il livello del mare, si sollevassero 
sedimenti marini a 550, si formassero iugentissime pieghe nelle masse 
pietrose di cui risulta il suolo della Liguria e dei territori limitrofi, è 
chiaro che per effetto dei bradisismi, tuttora attivi e di cui ho segna- 
late le traccio, queste pieghe sono ancora sottoposte ad enormi pres- 
sioni e deve pur succedere^ da quando a quando, che la resistenza loro 



— 171 - 

sia vinta e si producano rotture, d'onde, per l'elasticità delle roccie, 
scuotimenti e vibrazioni disastrosi. 

La prova principale di siffatta interpretazione la desumo da che 
il terremoto si propagò principalmente entro un'area assai sviluppata 
in lunghezza, manifestandosi con intensità quasi uguale in punti assai 
lontani distribuiti lungo la stessa linea. 




A«d sismloL 



Si è veduto che la prima forte scossa del 23 febbraio si sentì 
(secondo le maggiori probabilità) prima a Mentone, poi, successiva- 
mente, a levante e a ponente di questo punto ; ma, mentre nella prima 
direzione il crollo fu in varie località del litorale fino ad Albissola, 
violentissimo, e per certe (a Oneglia, a Diano Marina, a Alassio) più 
forte che a Mentone, verso ponente, non si fece sentire con grande 
intensità che a Nizza e pifi innanzi parve relativamente lieve. Or- 
bene, da ciò risulta evidentemente che la Ibrza impellente non si pro- 
pagò lungo la, Riviera da un centro, ma da un asse verosimilmente 
lineare. Osservando sulla carta la posizione rispettiva dei punti in cui 
il terremoto ebbe conseguenze disastrose, non si può a meno di am- 
mettere che Torientazione di quest'asse sia da sud-ovest a nord-est. Ri- 
guardo alla situazione del medesimo, sono possibili le ipotesi seguenti: 

1" o Tasse è tutto compreso nella terra emersa; 

2** o passa pel fondo marino e pel litorale; 

3* o è tutto compreso nel fondo marino. 
Supponendo che Tasse sia rettilineo e che la sua lunghezza sia 
equivalente alla distanza tra i due punii estremi più intensamente col- 
piti, cioè fra Albissola e Nizza, esso passerebbe necessariamente, nel 
primo caso più o meno lontano dal mare, ma sempre a maggior distanza 
dalle città crollate di Diano Marina e Oneglia, collocate sopra una conves- 
sità risentita della costa, che da Savona. Finalmarina, Mentone, Monaco, 
assai meno danneggiate e collocate entro insenature. Ognun vede 
come il supposto sia in contraddizione coi fatti. Anche la seconda ipo- 
tesi è poco plausibile, perchè in tal caso Tasse dovrebbe tagliare la 
costa in due punti, più o meno distanti da Diano ed Oneglia, i quali 
avrebbero dovuto essere scossi con maggior violenza di queste due 
ultime città; ma tali punti non si manifestano in alcun modo col cri- 
terio degli edifìzi guasti e crollati. La terza supposizione, secondo la 



— 172 — 

quale Tasse si troverebbe tutto sott'acqua, tenendo conto delle cir- 
costanze locali, si accorda assai meglio colle condizioni del fenomeno, 
quali sono indicate dalla distribuzione geografica delle rovine. 

È facile comprendere, stando le cose in questi tf'rmini, come la 
convessità della costa, che accoglie Diano Marina, Oneglia, Porto Mau- 
rizio, dovesse trovarsi più prossima air asse e dovesse subire per ciò 
con maggiore intensità Fazione degli scuotimenti. 

Ma la distribuzione geografica dei paesi e paeselli che subirono 
maggiori danni (tenendo anche il debito conto delia natura del suolo), 
dimostra che una forte impulsione si ebbe anche lungo una zona ben 
diversamente orientata, nella quale si trovano situate le valli superiori 
del Nervia, del Roia, della Vesubia e della Tinca. Questa zona accenna ad 
un secondo asse sismico diverso dal primo (lungo il quale, tuttavolta, 
le oscillazioni sarebbero state un po' meno gagliarde), asse diretto da 
nord-nord-ovest a sud-sud-est, che passerebbe per Mentone, Castellar, 
Castillon, il forte Barbonnet e |iiù a settentrione fra la Boi lène e Clans; 
oltre Mentone, verso mezzogiorno, esso si prolungherebbe alquanto 
nel fondo mar no. Siffatto concetto è avvalorato dall'esame delle dire- 
zioni dominanti verificatesi nelle scosse più violente del 23 febbraio. 

I due assi stanno ad indicare per me due fratture o, più probabil- 
mente, due sistemi di fratture, formatesi simultaneamente nella p>irte 
profonda della corteccia terrestre e spiegano Tinterferenza e la durata 
straordinaria delle scosse. 

Secondo il signor G. Jervis, la regione scossa più fortemente dal 
terremoto sarebbe compresa in una area elittica con due epicentri si- 
tuati tra le Alpi Marittime. Egli colloca l'asse del movimento fra l'Ea- 
chastraye (metri 2954), all'origine della Stura, e il Mediterraneo presso 
la Turbia, lungo una linea che, passando pel Mercantour (metri 3167), 
sarebbe orientata, nel primo tratto, da nord-nordovest a sud-sud-est 
per 42 chilometri, e nel secondo, da nord a sud per 44 chilometri. L'au- 
tore precitato non esclude tuttavolta la possibilità che l'asse si estenda 
verso il Monviso da un lato e nel fondo marino, per una certa distanza 
dall'altro. * 

Come si vede da questo cenno, l'ultimo tratto della seconda linea 
assiale ammessa da Jervis si discosterebbe poco dal secondo asse 
supposto da me, il quale tuttavolta sarebbe diretto da nord-nord-ovest 



* Or. Jbrvis, Delle cause dei mocimenti tellurici e dei poBsibili ripari con 
riguardo speciale al terremoto alpino dell'anno 1887 (Il Filotecnico, Torino, 1887). 



— 173 — 

a sud-sud-est e passerebbe un po' più a ponente. Non intendo le ra- 
gioni che hanno indotto l'egregio scienziato ad accogliere l'ipotesi di 
due epicentri e a prolungare il suo asse a settentrione fino all' En> 
chastraye. 

Il prof. M. S. De Rossi deduce dalle osservazioni proprie e da 
quelle del fu P. Serpieri che « coU'epicentro è sempre connesso un 
vero radiante sismico prescelto in una frattura principale, dalla quale 
poi la scossa si dirama in altre secondarie. Ciò apparisce^ egli sog- 
giunge, oltreché dalla intensità e dalla forma sussultoria dei movi- 
menti, anche dalla direzione delie ondulazioni. » 

Nel caso concreto del terremoto ligure, il De Rossi pone il radiante 
sismico sotto il mare, lungo una linea poco lontana dalla costa e circa 
parallela ad essa e facente capo più o meno alla regione dei Chiavari, 
avvertendo che nei terremoti anteriori della regione sismica di cui si 
tratta si era verificato il medesimo fatto. Egli crede che, in conse- 
guenza di ciò, l'onda principale ebbe le direzioni E-0 e N-S e, dilatan- 
dosi nel continente per seguire l'asse dell'Appennino, principalmente 
quella da N.O a S.E e la sua normale N.E-S.O. * 

Si è veduto come l'ipotesi di una frattura sottomarina quasi pa- 
rallela al litorale della Liguria occidentale apparisse ai miei occhi 
assai legittima e razionale, ma come eziandio per me risultasse da 
sola insufficiente a spiegare la straordinaria intensità delle manife- 
stazioni dinamiche del terremoto a settentrione di Mentone e di Nizza 
fino al cuore delle Alpi Marittime. E necessario perciò lo ammettere, 
come dissi, un secondo asse, una seconda frattura (o sistema di frat- 
ture) presso a poco normale alla prima. 

L'affermazione che l'onda principale ebbe le direzioni E-0 e N-S non 
mi pare conforme alla generalità dei fatti e tanto meno si può asserire, 
io credo, che la direzione generale dell'Appennino abbia esercitato una 
influenza palese sull'andamento delle scosse e queste abbiano seguito 
l'orientazione della grande catena e la sua normale. 

L'influenza delle catene montuose sulle oscillazioni sismiche è 
ancora poco nota e affine di investigarla occorrerebbero esperimenti 
ed osservazioni che non furono ancora fatti. Nel caso presente, e per 
la complicazione stessa del fenomeno di cui tengo discorso e per la 
moltiplicità e la diversa orientazione delle pieghe ond'è costituito l'Ap- 



' M. S. Db Rossi, Relazione a S, E, il Ministro d'Agricoltura Industria 
e Commercio ecc. (Bullettino del Vulcanismo Italiano, anno XVI, n. 1-7, Roma, 1887) 



— 174 — 

pennino ligure, non siamo ancora in grado di rintracciare gli effetti di 
siffatta influenza. 

Rispetto alle condizioni dell' Appennino ligustico, basti ora ricordare 
che lungo la Riviera orientale, sopra Chiavari e Recco, è duplice e corre 
da N.O a S.E, che a ponente di Genova acquista direzione N-S nelle 
catene che limitano la Polcevera fino al Passo dei Giovi e di poi dal 
Monte Reisa al Colle d'Altare segue Torientazione dominante N.E-S.O 
per assumere poscia, sotto il nome di Alpi Marittime da Ormea al 
Clapier, andamento normale al meridiano, presentando intanto numerose 
diramazioni e suddivisioni in ogni senso. 

Tengo per fermo che le perturbazioni prodotte nell'.andamento delle 
vibrazioni sismiche dalle differenze nella costituzione litologica del 
suolo e sopra tutto dalla orientazione degli strati debbono riuscire ben 
maggiori di quelle dipendenti dalla orografia. 

Secondo il prof. De Rossi, il terremoto si produce adunque nella 
pluralità dei casi, lungo una frattura preesistente e sotto T^infiuenza 
di cause intrinseche le due labbra di esse oscillano l'una suir altra. 
Tale sarebbe il caso della tempesta sismica del 23 febbraio 1887, la 
quale, se fosse vero il supposto, si potrebbe dire la ripetizione dei 
terremoti precedentemente sofferti dal medesimo territorio. 

Mentre riconosco volentieri con De Rossi, Mercalli ed altri nella 
parte occidentale della Riviera di Ponente, in ispecie nel tratto fra 
Alassio e Mentone, una zona sismica sottoposta ad agitazioni frequenti, 
in confronto ai territori confinanti, non posso però ammettere che i 
terremoti da cui questa regione è colpita da quando a quando sieno 
propriamente la ripetizione Tuno dell'altro e che gli stesai punti deb- 
bono subire per necessità, in ogni parossismo sismico, le scosse più 
rovinose. Questo modo di vedere conduce alla conseguenza, a parer 
mio un po' esagerata, che le scosse forti di cui suol essere colpito un 
dato paese debbano aver sempre o quasi sempre la medesima direzione 
e che quindi convenga orientare gli edifizi nel paese di cui si tratta 
in guisa da presentare la maggior resistenza alle scosse cosi dirette. 
Non ammetto in altre parole che il terremoto sia generalmente su- 
bordinato, in una data regione, alla oscillazione delle labbra di una 
sola ipotetica frattura. Il riaprirsi di una antica frattura, chiusa e sug- 
gellata coU'andar degli anni da depositi acquei, deve dar luogo evi- 
dentemente ad uno schianto; ma per opera delle stesse forze che 
hanno provocato la sua formazione originaria e il suo riaprirsi, la 
frattura stessa può essere, io credo, prolungata in un senso o nell'altro 



-~ 175 — 

superficialmente ed anche in profondità e, nulla osta a che si biforchi, 
a che si divida in più rami diversamente orientati, a che sia intersecata 
da altre, e ciò con nuove e diverse scosse. La rete di filoni e di vene 
metallifere di cui è intersecato il suolo di certi distretti minerari vale 
a dimostrare quanto può verificarsi e quanto verosimilmente si verifica 
in alcune regioni sismiche. È certo ad ogni modo che ove la corteccia ter- 
restre si ruppe una volta, si formeranno più facilmente nuove soluzioni 
di continuità. 

Allorché si produce uno spacco AB in una lamiba resistente ed 
elastica, ma ad un tempo fragile, come sarebbe una lastra 'di vetro, 
hanno luogo oscillazioni energiche normali allo spacco, ai due lati di 
esso, e vibrazioni meno sensibili nel senso della rottura, vibrazioni che 
son dirette dal punto in cui questa ebbe principio verso il prolunga- 
mento delia medesima, come indicano le freccie segnate nella figura 
qui appresso. 



■ B 



Y r 

Se la frattura di cui si tratta, incominciata in A, non giungesse 
oltre il punto C, le vibrazioni longitudinali sarebbero lungo il tratto CB 
assai debolmente sentite, mentre, se preesistendo la frattura in AC, si 
prolungasse in CB, a causa di un nuovo urto o di una nuova pressione, 
è chiaro che si avrebbero le maggiori vibrazioni lungo, quest'ultimo 
tratto. Quantunque dedotte da esperimenti assai imperfetti, queste regole 
sono pure indubbiamente applicabili alla corteccia terrestre e valgono 
a spiegare come in una stessa area sismica e nella direzione di una 
medesima frattura possano essere maggiormente colpiti dal terremoto 
punti diversi nei diversi parossismi sismici. Le fratture alle quali sono 
subordinati i terremoti si formeranno di preferenza ove le pressioni 
laterali si esercitano con maggiore energia, ove le pieghe sono più 
risentite, ove le masse rocciose son più dure e meno flessibili. Le for- 
mazioni antiche che subirono col volger dei tempi maggior somma di 
flessioni e contorsioni • che risultano generalmente di roccie cristal- 
line saranno per ciò bene spesso intersecate dalle fratture e agitate 
dalle scosse. Per queste considerazioni, è ragionevole il supporre che 
le fratture alle quali accenna il terremoto ligure penetrano almeno 
fino alla zona del gneiss centrale, se pure non hanno orìgine più 
profonda. 



— 17(5 — 

guanto alle linee lungo le quali produconsi di preferenza le frat- 
ture, debbon essere necessariamente le sinclinali e le anticlinali. 

Nella Liguria occidentale si osserva presso S. Remo e Albenga 
un corrugamento con direzione predominante O.SO-E.NE, di cui si può 
apprezzare l'importanza nelle bellissime seziom pubblicate dall'inge* 
gnere Zaccagna. Le pieghe acquistano un andamento diverso nelle 
parti più orientali della Riviera e lungo il litorale del Nizzardo. Non 
è sicuro che Tasse sismico da me supposto lungo il litorale sia co- 
stantemente parallelo alle pieghe e tanto meno si può asserire che 
si prolunghi nella direzione di queste senza presentar spezzature per tutta 
la sua lunghezza, che stimo non minore di un centinaio di chilometri. 

Dalle fratture con rigetto dei pressi di Saorgio e di Fontan, indi- 
cate nella mia mappa sismica secondo la carta geologica francese, 
si vede come, fino ad un certo segno, le soluzioni di continuità possano 
essere indipendenti dalle linee anticlinali e sinclinali. 

Ammettendo che le fratture sì producano di preferenza lungo 
tali linee, si deve pure argomentare che quando corrispondono ad 
un anticlinale incominciano dalla superficie e si propagano restrin- 
gendosi verso l* interno, mentre allorché corrispondono ad un sin- 
clinale, incominciano dall'interno e si continuano, restringendosi, verso 
la superfìcie. In quest'ultimo caso, la formazione delle spaccature 
deve essere accompagnata da manifestazioni sismiche più estese 
e più energiche, perchè l'impulso proviene dalle masse rocciose più 
salde e più profonde. L'ispezione della sezione ideale tracciata qui 
appresso basta a dimostrare come le spaccature sinclinali, quantunque 
profondissime ed estesissime, possano tuttavolta non' giungere all'esterno 
ed essere quindi invisibili alla superfìcie. 




Fratture nei loro rapporti colla stratigrafia. 



— 177 — 

Ad ogni modo, reputo assai importante lo studio delle relazioni 
che si danno indùbbiamente fira la genesi e il procedere del terremoto 
da un lato e l'andamento degli strati dall'altro. 



Signifioato delle varie fksl del terremoto. 

Le fasi della commozione sismica del 23 febbraio corrispondono 
perfettamente a quelle assegnate da Forel ai terremoti che egli deno- 
mina orogenicU tee Ionici o tellurici secondo altri. ' 

Egli distingue in essi: 
1® « Scosse preparatorie », le quali, come si è veduto, non sono 
mancate cosi nella Riviera, come pure fuori dell'area principale sismica; 
2® « La grande scossa » o scossa principale, che egli attribuisce 
molto opportunamente ad una frattura seguita da strisciamento; è quella 
che fu causa della catastrofe di Diano, Bussana, Bai ardo e di tante 
rovine in Liguria e fra le Alpi Marittime. 

3^* a Scosse consecutive », per le quali vibra tutto o in parte 
il territorio già scosso dalla prima; scosse tra le quali Forel distingue 
due tipi, cioè le centrali, dovute ad un fenomeno di successivo asset- 
tamento nel territorio deirarea sismica principale e le sporadiche, di- 
pendenti da piccoli movimenti locali, provocati nelle masse rocciose 
dalle nuove condizioni d'equilibrio, che conseguono dalla prima scossa. 

Le une e le altre si produssero evidentemente dopo la prima scossa 
delle 6. 22' del 23 febbraio ed abbiamo dimostrato che dalTll marzo 
in poi furono quasi sempre determinate od almeno favorite da pioggie 
nevi copiose. In alcuni casi si verifica forse una connessione tra 
queste scosse e le variazioni della pressione atmosferica, indipenden- 
temente dalle pioggie. 

Se è vero, come io credo, che nell'area mesosismica la corteccia 
terrestre, in seguito alla scossa del 23 febbraio 1887, rimase attraver- 
sata da profonde fratture, forse da sistemi di spaccature *, il suolo 
della Liguria dovette trovarsi allora nella condizione di una frana im- 



' Comptes Rendus des sòances de l'Académie des Sciences, séance du 21 
mars 1887. 

' Le soluzioni di continuità corrispondenti agli assi sismici forse in parte 
preesistevano al terremoto, ma le pareti loro si erano più o meno riunite per 
l'azione cementante delle acque. 

12 



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— 178 — 



mane; in altre parole, parte delle grandi masse rocciose che lo costi- 
tuiscono acquistarono una posizione di equilibrio instabile. Bastava 
quindi che si alterassero anche lievemente i rapporti statici rispettivi 
di queste masse rocciose perchè si producessero nelle medesime nuovi 
movimenti accompagnati da scosse e tremiti. Siffatte considerazioni, 
applicabili ad ogni altro terremoto, forniscono una spiegazione plau- 
sibile dei rapporti misteriosi fra la frequenza dei tremiti del suolo e 
lo stato barometrico dell'atmosfera, quali furono palesati dalle statisti- 
che di Mallet. 

Carta slsmioa. 



La mappa che va unita a questi appunti, e che ho corredata di 
opportuni segni convenzionali per lo studio del terremoto ligure, è 
parte di una carta topografica della Liguria e delle provincie limi- 
trofe fatta eseguire dall'editore Donath per uso itinerario. Vi figu- 
rano le formazioni vulcaniche la cui distribuzione superficiale è de- 
sunta quasi esclusivamente dal foglio intitolato Antibes della «e Carte 
géologique détaillée de la Franee » e dalla carta geologica del Nizzardo 
pubblicata da Camere. Vi sono rappresentati eziandio i depositi plio- 
cenici e quaternari, rispetto ai quali m'incombe l'obbligo di avvertire 
che furono rilevati da me sul terreno quelli della Riviera di Ponente 
e delle valli del Roia e del Varo, mentre altri, esistenti più ad occi- 
dente nel territorio francese, sono ricavati dalla Carte géologique de 
Franee di Carez e Vasseur (feuille XII, S.E) e dalla cartina delle vici- 
nanze di Vence di E. Blanc. Dai rilievi dell' ingegnere Zaccagna, pubblicati 
nel 1887 e nel 1888, ho tolto i contorni di alcuni lembi quaternari delle 
Alpi Marittime e delle valli della Stura di Demonte e del Tanaro. Fi- 
nalmente, per delimitare le aree plioceniche e quaternarie della valle 
di Scrivia, della valle dell'Orba e dei territori circonvicini ho consultato 
e messo a partito gli studi già, antichi, di C. Mayer e quelli recentissimi 
di F. Sacco (I terreni terziari del Piemonte e della Liguria setten- 
trionale). Noterò a questo proposito che ho impartito la stessa tinta, 
propria al pliocene, ai terreni riferibili ai piani piacentino ed astiano, 
nonché al fossaniano e al villafranchiano di Sacco, quantunque, come 
già dissi da principio, io ritenga che parte dei depositi ascritti al vil- 
lafranchiano appartengono propriamente al quaternario. 

Le direzioni ed immersioni dominanti degli strati furono indicate 
coi consueti segni convenzionali. Non mi dissimulo peraltro che questi 



— 179 — 

«egni sono in numero insufficiente e non danno che una imperfetta 
idea delle complicatissime pieghe e contorsioni del territorio rappre- 
sentato nella carta. 

Alcune fratture accertate in vari punti sono pure accennate con- 
venzionalmente;, ma di altre, meno note o poco sviluppate, manca 
ì* indicazione. 

Tra i molti punti in cui scaturiscono sorgenti minerali calde o 
fredde, non si sono segnati sulla carta che i principali, acciocché la 
moltìplicità loro non avesse a generar confusione. 

Le direzioni della prima scossa sono espresse graficamente per 
tutte le località comprese nella carta, in cui un osservatore degno di 
fede potè raccogliere in proposito indicazioni. 

Le città, i villaggi, le frazioni di qualche importanza, più o meno 
danneggiati dal terremoto, figurano sulla carta con due maniere di 
segni convenzionali, corrispondenti alle due rubriche di quelli in cui 
gran parte degli edifizi fu rovinata e di quelli che subirono solo 
danni ingenti, ma senza rovina totale di alcun fabbricato. 

I criteri che hanno servito a stabilire siffatta distinzione sono as- 
sai complessi e furono desunti, parte da osservazioni personali, parte 
dal numero delle vittime, cioè degli abitanti rimasti morti o feriti sotto 
le macerie (vedi Allegato II), parte dalle perizie ufficiali dei danni 
(vedi Allegati III e IV) a dall'ammontare delle somme chieste in pre- 
stito dai privati e dai comuni per rifabbricare o risarcire gli edilizi 
pericolanti. Le cifre relative a tali somme e air importo dei danni su- 
biti dai fabbricati, che provengono dalla commissione reale cui è affi- 
data la ripartizione dei sussidi concessi ai danneggiati del terremoto, 
sono state messe a partito non già in modo assoluto, ma subordina- 
tamente alla popolazione di ciascun comune. 

Già esposi le considerazioni per le quali fui condotto ad ammet- 
tere pel terremoto ligure due assi sismici, corrispondenti a due frat- 
ture (o a due sistemi di fratture), due assi sismici che convergono e forse 
s* intersecano nel fondo marino al largo di Mentone. Nella carta è tra- 
dotto questo concetto con due linee punteggiate che indicano la po- 
sizione approssimativa dei due assi, supposti rettilinei. Non è però 
improbabile che in effetto le fratture corrispondenti agli assi sieno 
spezzate anziché rettilinee. 



ALLEGATI. 



183 — 



Allegato 1. 



Medie decadiche delle altezze idrometriche del mare 

nel porto di Saoona. 

(^Prospetto compilato dal professore O, Pitfalugà), 

Anno 1882. 



Gennaio 
31,8 



Febbraio 
34,4 



Marzo 
44,2 



Aprile 
42,5 



Maggio 
43,7 



Giugno 
43,3 



Luglio 
49,0 



D^ade 1^. 

» a\ 

Decade 1*. 
» 2«. 
» 3*. 

Decade 1". 
» 2\ 
* Z\ 

Decade 1". 
» 2\ 
» 3\ 

Decade 1\ 






2\ 



Agosto 
46,3 



Decade 1'. 
» 2\ 
» 3«. 

Decade l*. 
» 2". 
» Z\ 

Decade 1*. 
» 2\ 
» 3\ 



9 ant. 
50,7 

27,0 

28,5 

37,0 

38,6 

40,4 

42,a 

28,5 
49,7 
45,3 
46,1 
51,5 
43,6 
51,3 
47,5 
51,5 
40,8 
53,3 
53,6 
47,5 
49,5 
56,3 
55,0 



12 merìd. 
47,2 

25,3 

27,5 

32,8 

31,5 

39,6 

47,4 

36,6 

55,8 

42,5 

43,0 

46.3 

4»,& 
35,4 
47,0 
45,0 
42,0 
36,3 
55,0 
46,5 
45,0 
48,0 
48,8 
47,2 



8 pom. 
38,9 

18,7 

24,7 

28,4 

26.6 

37,5 

36,8 

34,4 

42,1 

35,5 

36,0 

43,3 

39,5 

35,3 

46,5 

44,8 

89,0 

43,4 

51,3 

41,0 

48.2 

48,8 

44,8 

49,Q 



(45,3) 
(23,3) 
(26,9) 
(31,7) 
(32,5) 
(39,1) 
(45,9) 
(37,8) 
(48,8) 
(42 8) 
(41.4) 
(43,3) 
(44,8) 
(38,1) 
(48,2) 
(45.7) 
(44.1) 
(40.1) 
(53,2) 
(47,0) 
(46,9) 
(48.7) 
(49,9) 
(50,4) 



— 184 — 



Settembre 
581 



Ottobre 
59,7 



Novembre 
60,8 



Dicembre 
549 



Decade !■. 

» 3\ 
Decade 1*. 






2". 
3\ 



Decade 1*. 



» 



Decade 1*. 





» 



2\ 
3". 



fi ant. 
45,5 

69,5 

65,0 

52,5 

61,0 

65,0 

53.0 

63,0 

64,5 

57,0 

55,0 

59.0 



12 merid. 
42,0 

68,5 

59,0 

53,0 

61,0 

66,3 

56,5 

66,5 

61,0 

56,5 

58,9 

50,9 



3 pom. 
49,5 

64,0 

59,5 

57,5 

56,5 

65,4 

61,0 

62,0 

60,0 

60,0 

55,8 

42.0 



(45,7) 
(67,3) 
(61,2) 
(54,3) 
(59,5) 
(65,5) 
(56,8) 
(63.8) 
(61,8) 
(57,8) 
(56.6) 
(50,3) 



Anno 1883. 



Gennaio 
46,1 



Febbraio 
30,7 



Marzo 
43,8 



Aprile 
35,5 



Maggio 
41,9 



Decade IV 

» 2'. 

» 3'. 

Decade 1*. 

» 2". 

» 3\ 

Decade 1*. 

» 2\ 

» 3V 

Decade 1*. 

» 2V 

» 3«. 

Decade 1*. 

» 2". 

» 3'. 

Decade 1*. 



Giugno 
37,6 






2\ 
3«. 



46,5 
53,8 
42,5 
50,5 
34,5 
25,6 
40.8 
47.0 
59,0 
34,7 
35,0 
48,0 
56,6 
37.4 
41,2 
46,1 
40,8 
35,3 



41,5 
60,0 
41,8 
42,2 
34,9 
17,6 
30,5 
48,1 
52.2 
28 2 
33 2 
46,1 
49,8 
35,5 
37,2 
37,6 
38,3 
34,8 



40,7 
55,8 
32,7 
35,7 
31,3 
4,7 
26,9 
43,4 
46,4 
24,5 
80,8 
38,8 
47,7 
38,8 
33,2 
34,5 
41,3 
30.3 



(42.9) 
(56,5) 
(39,0) 
(42,8) 
(33.5) 
(15,9) 
(32,7) 
(46.2) 
(52,5) 
(29,1) 
(33.0) 
(44,3) 
(51,3) 
(37,2) 
(37,2) 
(39,4) 
(40,1) 
(33,4) 



— 185 — 



Luglio 
37,6 



Agosto 
33,8 



Settembre 
41,7 



Ottobre 
44,9 



Novembre 
45,4 



Decade 1*. 
» 2\ 
» 8\ 

Decade 1*. 
» 2\ 
» Z\ 

Decade 1». 
» 2\ 
» Z\ 

Decade 1\ 






2". 
3». 



Dicembre 
41,8 



Decade l^ 
» 2\ 
» 3«. 

Decade 1*. 

» 3\ 



9 aat. 
41,0 

39,3 

40,0 

40,0 

36,2 

33,4 

49,2 

39,3 

46,8 

53,0 

44,6 

44,0 

48,3 

52,2 

37,3 

45,5 

47,8 

40,6 



12 merid. 
32,6 

36,4 

40,3 

33,7 

30,5 

33,3 

44,8 

34,0 

44,3 

51,0 

40,6 

43,2 

52,8 

47,4 

36,5 

49,2 

45,2 

31,6 



3 pom. 
31,5 

38,1 

39,7 

29,3 

33,2 

34,8 

38,3 

32,4 

45,9 

43,6 

39,2 

45,5 

50,2 

44,2 

40,3 

47,5 

38,1 

31,2 



(36,0) 
(37,9) 
(40,0) 
(34,3) 
(33,3) 
(33,8) 
(44,1) 
(35.2) 
(45.7) 
(49,2) 
(41,5) 
(44,2) 
(50,4) 
(47,9) 
(38,0) 
(47,4) 
(43,7) 
(34,5) 



Anno 1884. 



Gennaio 
36,6 



Febbraio 
82,3 



Marzo 
34,3 



Aprile 
50,2 



Decade 1'. 

» 2\ 

» 3\ 
Decade V, 

» 2'. 

» 3». 
Decade 1*. 

» 2\ 

» 8'. 
Decade 1\ 

» 2*. 

» 3«. 



39,8 
38,3 
42,7 
28,7 
37,6 
42,6 
41,2 
34,6 
41,0 
46,0 
57.5 
61,8 



36,0 
36,5 
39,3 
28,5 
38,3 
34,7 
38,4 
32,9 
34,0 
41,3 
53,5 
52,7 



36,8 

26,4 

34,3 

26,8 

27,0 

26,5 

37,1 

20,0 

29,5 

42,9 

48,1 

47,8 



(37,5) 
(33,7) 
(38,7) 
(28,0) 
(34,3) 
(34,6) 
(38,9) 
(29,2) 
(34,8) 
(43.4) 
(53,0) 
(54 ,1) 






Maggio 
38.2 



Giugno 
43,1 



Luglio 
39,6 



A gosto 
41,3 



Settembre 
40,7 



Ottobre 
40,1 



Novembre 
37,7 



( 



Dicembre 
43,8 



Decade 1'. 

» 2'. 

» 8'. 
Decade 1'. 

» 2". 

» Z\ 
Decade 1". 

» 2*. 

» Z\ 

Decade 1*. 

2\ 

» 3«. 
Decade 1*. 

» 2'. 

» 3\ 
Decade 1*. 

» 2«. 

» 3\ 
Decade 1*. 

» 2». 

» 3«. 
Decade 1\ 

» 2». 

» 3«. 



- 186 — 

9 «Dt. 

43,9 
88,9 
39.4 
51,0 
38,8 
46,4 
41,2 
41,0 
41,2 

41,1 
40,3 
48,5 
49,7 
37,9 
41,4 
45,5 
39,7 
41,0 
37,8 
38,9 
40.3 
43,7 
42,7 
53,4 



12 merid. 
39,5 

37,1 

38,9 

45,4 

38,5 

41,6 

36,5 

38,9 

39,3 

34,9 

40,3 

45,7 

41,4 

35,5 

42,6 

40,9 

36,2 

41,0 

35,7 

33.7 

45,5 

41,1 
38,3 
52,4 



3 pom. 
41.7 

33,7 

30,3 

49,1 

40,9 

36,5 

40,3 

45,2 

32,9 

33,1 

44,0 

43,6 

40,a 
38,3 
39,2 
36,8 
39,2 
41,4 
29,1 
32,5 
46,2 
34,7 
34,8 
53,2 



(41.7) 
(36,6) 
(36,2) 
(48,5) 
(39,4) 
(41,5) 
(39,3) 
(41,7) 
(37,8) 

(36,4) 
(41,5) 
(45,9) 
(43,9) 
(37,2) 
(41,0) 
(41,0) 
(38,3) 

(41,1) 
(34,2) 
(35,0) 
(44,0) 
(39,8) 
(38,6) 
(53,0) 



Anno 1885. 



Gennaio 
46,3 



Febbraio 
46,1 



Decade 1*. 

» 2*. 

» 3". 
Decade 1^. 

» 2". 

» 3". 



45,5 
59,0 
43,3 
52,6 
51,4 
40,8 



48,3 
55,2 
43,0 
55,0 
48,5 
39,4 



39,0 
44,8 
38,7 
48,3 
39,4 
39,7 



(44.3) 
(53,0) 
(41,7) 
(51,9) 
(46,4) 
(39.9) 



- 187 — 



Marzo 
40 8 



Aprile 
41.9 



Maggio 
43,9 



Giugno 
36,2 



Luglio 
38,2 



Agosto 
47,1 



Settembre 
45,8 



Ottobre 
53,7 



Novembre 
52,0 



Dicembre 
43,4 



( 



Decade 1\ 
» 2\ 
» 3». 

Decade 1*. 
» 2\ 
» 3*. 

Decade l^. 
» 2\ 
» 3'. 

Decade 1\ 
» 2*. 
» 3'. 

Decade 1*. 



» 



2". 

3-. 



Decade 1". 
» 2\ 
» 3". 

Decade 1\ 
» 2". 
» Z\ 

Decade 1*. 
» 2\ 
» 3'. 

Decade 1*. 
» 2\ 
» 3*. 

Decade 1*. 
» 2\ 
» 3». 



ant. 


IS merìd. 


3 pom 


52,0 


51,1 


40,5 


45,0 


37,5 


30,5 


40,0 


36,8 


34,0 


46,0 


44,3 


41,5 


51,2 


41,7 


35,2 


42,8 


37,9 


36,9 


53,5 


49.5 


47,8 


52,6 


47,0 


37,9 


39,8 


33,0 


34,4 


33,2 


34,2 


35.0 


40,4 


37,6 


32,3 


43,0 


34,3 


36,1 


38,1 


38,9 


39,7 


40,5 


38,3 


33,5 


43,0 


37,8 


34.6 


46,1 


44,0 


47,9 


45,0 


44,7 


40,5 


57.0 


49,7 


48,8 


49,6 


49.7 


48,2 


40,4 


41,3 


41,8 


52,2 


48,0 


41,4 


46,0 


43,5 


46,3 


56,2 


56,7 


57,8 


61,3 


59,8 


56,1 


48,3 


43,4 


43,2 


46,7 


49,0 


49,6 


64,5 


64,8 


59,3 


56,9 


53,4 


50,0 


34,6 


36,5 


40,9 


41,2 


41,8 


35,2 



(47.9) 
(37.7) 
(36,9) 
(43,9) 
(42.7) 
(39.2) 
(50,2) 
(45.8) 
(35.7) 
(34.1) 
(36.8) 
(37,8) 
(38.9) 
(37,4) 
(38,4) 
(46,0) 
(43.4) 
(51,8) 
(49.1) 
(41,2) 
(47,2) 
(45,3) 
(56,9) 
(59,0) 
(44,9) 
(48,4) 
(62,8) 
(53,4) 
(37,3) 
(39,4) 



— 188 — 



Anno 1886. 



Gennaio 
49,4 



Febbraio 
39,2 



Marzo 
38,6 



Aprile 
367 



Maggio 
33,3 



Giugno 
35,7 



Luglio 
37,3 



Agosto 
41,8 



Settembre 
40,6 



Ottobre 
48,4 



Decade l'. 

» 2\ 

» 3«. 
Decade l*. 

» ' 2". 

» 8«. 
Decade !•. 

» '2\ 

» 3». 
Decade 1*. 

» 2\ 

» 3'. 
Decade l*. 

» 2*. 

» 3'. 
Decade l*. 

» 2'. 

» 3*. 
Decade 1*. 

» 2'. 

» 3". 
Decade 1". 

» 2". 

3'. 

Decade 1*. 

» 2'. 

» S*. 
Decade 1*. 

» 2». 

» 3'. 



9 ant. 
51,8 

51,8 

58,6 

52,3 

36,2 

38,6 

52,3 

43,8 

84,0 

33 8 

40,7 

46,8 

46,7 

38,0 

26.3 

38,0 

37,5 

36,0 

35,8 

41,9 

41,3 

42,0 

48,0 

44,7 

37,7 

44,4 

46,6 

43,8 

56,6 

49,8 



12 merid. 
45,8 

45,8 

57,9 

47,7 

32,2 

42,1 

43,3 

40,8 

32.2 

31,3 

34,9 

44,5 

40,2 

34,6 

25,1 

35,4 

32,9 

36,9 

35,7 

34,6 

39,3 

41,9 

41,1 

42,0 

38,7 

39,5 

42,6 

45,2 

54,6 

46,0 



3 pom. 
39,8 

39,8 

53,2 

38,5 

28,9 

36,1 

36,5 

39,1 

25,9 

21,5 

34,6 

42,9 

32,4 

32,5 

24,3 

32,8 

34,0 

37,5 

32,1 

34,2 

41.2 

39,1 

36,6 

41,3 

89,8 

33,0 

43,2 

46,0 

46,3 

47,3 



(45,8) 
(45,8) 
(56,6) 
(46,2) 
(32,4) 
(88.9) 
(44,0) 
(41,2) 
(30,7) 
(28,8) 
(36,7) 
(44.7) 
(89,7) 
(85,0) 
(25,2) 
(35,4) 
(34,8) 
(36»8) 
(34,5) 
(36,9) 
(40,6) 
(41,0) 
(41,9) 
(42,7) 
(38.7) 
(38,9) 
(44,1) 
(45,0) 
(52,5) 
(47,7) 



■y' ^ 



Novembre 
50,6 



Dicembre 
56,6 



Decade 1". 

» 2*. 

» 3*. 
Decade l*. 

» 2'. 

» 3*. 



— 189 — 

9 ant 
46,3 

64,5 

47,8 

49 6 

61,0 

63,3 



12 merìd. 
45,5 

62,0 

43,1 

51,0 

63,5 

58,4 



S pom. 
52,5 

52,5 

40,8 

55,0 

56,0 

52,9 



(48,1) 

(59,7; 

(43,9)v 
(51,9) 
(60,2) 
(57,8) 



Anno 1887. 



Gennaio 
43,5 



Febbraio 
28,6 



Marzo 
36,6 



Aprile 
41,3 



Maggio 
36,9 



Giugno 
36,7 



Luglio 
38,2 



Agosto 
44,7 



Decade l*. 

» 2". 

» 3*. 
Decade 1". 

» 2". 

» 3\ 
Decade l*. 

» 2». 

» 3». 
Decade 1'. 

» 2\ 

» 3». 
Decade 1*. 

» 2*. 

» 3*. 
Decade l*. 

» 2'. 

» 3*. 
Decade 1*. 

» 2". 

» 3". 
Decade 1*. 

» 2'. 

» 3». 



60,0 
46,8 
31,2 
25,3 
33,7 
38,5 
26,3 
48,1 
46,6 
53,6 
42,9 
41,7 
43,6 
37,3 
41,1 
41,7 
34,8 
41,0 
42,3 
37,0 
38,3 
45,6 
51,3 
43,3 



56,3 
49,5 
29,8 
20,3 
34,3 
33,0 
22,2 
48,0 
40.2 
46,1 
39,6 
36,5 
35,0 
86,6 
38,2 
34,1 
33,1 
40,2 
35,1 
37,0 
42,7 
40,0 
48,5 
44,2 



56,5 
43,8 
18,0 
18,8 
29,6 
23,6 
23,0 
41,9 
33,0 
44,8 
38,0 
28,2 
32,1 
35,5 
33,2 
30,5 
37,7 
37,4 
33,1 
39,5 
39,3 
33,3 
54,0 
42,3 



(57,6) 

(46,7) 

(26,3) 

(21,5) 

(32,5) 

(31.7) 

(23,8) 

(46,0) ' 

(39,9) 

(48,2) 

(40.2) 

(35,5) 

(36,9) 

(36,5) 

(37,5) 

(35,4) 

(35,2) 

(39,5) 

(36,8) 

(37,8) 

(40,1) 

(39,6) 

(51,3) 

(43,3) 




■ 4 
< . 



=ì. 



Settembre 
45,1 



Ottobre 
47,6 



Novembre 
^ 56,3 



Dicembre 
52,6 



( 



Decade 1". 

» 2». 

» 3". 
Decade l". 

» 2". 

» Z\ 
Decade 1®. 

» 2\ 

» 3^ 
Decade l^ 

» 2*. 

» 3". 



— 190 - 

9 JUA, 
47,7 

46.0 

47,7 

54,6 

55,3 

40,2 

53,1 

60,5 

62,8 

49,6 

46,7 

59,8 



li jDarid. 
45,3 

42,1 

49,0 

51,7 

47,8 

40,2 

50,1 

56,3 

58,8 

52,8 

47,5 

60,6 



3 poro. 
36,7 

40,1 

51,3 

46,4 

47,2 

44,8 
47,8 
54,8 
62,8 
48,8 
48,6 
58,9 



(43,2) 
(42,7) 
(49,3) 
(50,9) 
(50,1) 
(41.7) 
(50,3) 
(57,2) 
(61,5) 
(50,4) 
(47,6) 
(59,7) 



Anno 1888. 



Gennaio 
40,5 



Febbraio 
50,0 



Marzo 
51,8 



Aprile 
47,5 



Maggio 
39,4 



Decade 1^. 

» 2\ 

» 3^ 

Decade 1*. 

» 2". 

» 3*. 

Decade 1*. 

» 2*. 

» 3'. 

Decade 1\ 

» 2^ 

» 3*. 

Decade 1*. 

» 2". 

» 3*. 



51,1 
36,8 
38,2 
41,8 
59,3 
55,8 
45,0 
60,0 
58,6 
56,8 
53,8 
50,0 
39,7 
43,6 
51,6 



53,4 
35,3 
35,3 
43,0 
57,8 
53,2 
50,1 
62,6 
53,9 
53,0 
51,2 
45,0 
32,6 
40,2 
41,1 



53,8 
26,5 
34,5 
41,8 
49,1 
48,4 
35,8 
54,0 
46,8 
51,5 
42,7 
23,7 
35,9 
37,1 
32,4 



(52,7) 
(32,8) 
(36,0) 
(42,2) 
(55,4) 
(52,4) 
(43,6) 
(58,8) 
(53,1) 
(53,7) 
(49,2) 
(39,5) 
(36,1) 
(40,8) 
(41,7) 



— 191 — 




«» 



o o 

u a 
« •.= 

£^ 

3 O 



1 

2 
3 
4 
5 
6 
7 
8 
9 
10 
11 



12 
13 
14 



Allegato II. 

Elenco numerico delle persone morte e ferite 
in causa del terremoto. ' 

Provincia di Porto Maurizio. 



COMUNI 



Numero 

dei 
Morti 



Circondario di Porto Maurizio, 



Porto Maurizio 



Onegiia *. 

Castelvecchio di S. Maria Maggiore 



Diano Marina 
Diano Castello 



Cervo 



Aurigo . 
Piani . 



Pantasina 



Valloria Marittima 



Villatalia 



Totale pel 1*^ Circondario . . . 



20 

1 

190 

32 
1 

10 



1 
1 
1 



Circondario di S, Remo. 



Camporosso 
Coldirodi 
Triora . 



2 




Numero 

dei 
Feriti 



9 

22 

3 

102 

15 

4 

2 

1 

3 

3 

5 



1 
2 
6 



A riportar$L , . 

* Questo elenco fu comunicato all'autore dal presidente della Commissione reale 
incaricata del riporto dei sussidi erogati a favore dei danneggiati dal terremoto. 






1 ■. 



— 192 — 



Segue Provincia di Porto Maurizio. 



o 2 



COMUNI 



Numero 

dei 

Morti 



Numero 

dei 

Feriti 



Riporto. . . ' 

15 Baiardo 

16 Ceriana 

17 Castellaro 

18 Ppmpeiana 

19 Apricale 

20 Bussana 

21 Castelvittorio 

22 Taggia 

23 Montalto Ligure 

24 Vallecrosia 

Totale pel 2*^ Circondario . . . 
Riporto 1® Circondario . , . 

Totale generale — Prov. di Porto Maur. 



2 

220 

5 

38 



53 
5 
8 
1 
2 



339 
258 



597 



9 

60 

12 

65 

7 

7 

27 

2 

5 

6 

5 

205 
269 

474 



a 



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si 

55 TJ 



1 
2 
3 
4 
5 
6 
7 
8 
9 



1 
2 
3 
4 
5 
6 



— 193 — 

Provincia di Genova. 



COMUNI 



Circondario di Attenga. 



Alassio 



Andora 



Bardino Nuovo 



Bastia (frazione di Albenga) .... 

Campochiesa 

Finalborgo 



Finalmarina 



Finalpia . 
Pietra Ligure 



Totale Circondario di Albenga . . . 



Circondario di Savona. 



Savona 



Albissola Marina 



Noli 



Gogoleto 
Vezzi Portio 



Vado 



TOTAliB — Circondario di Savona . 



Riporto Circondario di Albenga 



Totale — Provincia di Genova 



... 



4 
2 



2 



8 



10 

3 

16 



30 



8 



38 



Numero 


Numero 


dei 


dei 


Morti 


Feriti 



3 

16 

1 



2 

7 
1 
1 
2 



36 



15 

10 

17 

1 

1 

1 



45 
36 



81 




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13 







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— 194 — 
Allegato III. 



Prospetto dei danni cagionati alle case dal terremoto 
del 23 febbraio 1887 nella provincia di Porto Maurilio^ 

Comuni del Circondario di Porto Maurizio. 



a 
'3 

u 
o 



1 

2 
3 
4 

5 

6 

7 

8 

9 

10 

11 

12 

13 

14 

15 

16 

17 

18 

19 

20 

21 



COMUNI 



Aquila d'Arroscia 

Armo 

Aurigo 

Bestagno 

Borghetto d'Arroscia. . - • 

BORGOMARO 

Borgo Sant'Agata . * . . 

Candeasco 

Caramagna Ligure . . . • 

Caravonica 

Carpasio 

Cartari e Calderara . • • . 
Castelvecchio di S. M. Mag. . 

Genova 

Cervo 

Cesio 

Chiusanico ^ . 

ChiuBavecchia 

Civezza 

Conio 

Cosio d'Arroscia 



Popolazione 
rispettiva 



VALUTAZIONE 

dei danni cagionati 
dal terremoto 



1004 
359 
760 
394 

1165 
844 
503 
224 
627 
324 
991 
529 
451 
330 
954 
319 
463 
389 
723 
566 
908 



L. 3000 
14490 
30350 
38230 

4000 
18800 
21200 
13750 
50000 
12250 
38717 

9600 

116410 

21065 

64450 

8700 
17910 
12550 
84800 
28950 
13500 



» 



1 Questo prospetto e i seguenti fUronoJcomunicati all'autore dal presidente della 
Commissione reale predetta. 



o 
e 

-5 
o 



25 



-^ 195 -- 

Segue Comuni dei Circondario di Porto Maurizio. 



COMUNI 



22 Costa d'Oneglia 

23 Diano Arentino ...... . . 

24 Diano Borello 

25 Diano Calderina 

26 Diano Castello 

27 DIANO MARINA 

28 Diano S. Pietro 

29 DOLCEDO 

30 Gazzelli 

31 Lavina 

32 Lucinasco 

33 Maro Castello 

34 Mendatica 

35 Moano . 

36 Moltedo Superiore 

37 Montegrazie 

38 Montegrosso Pian Latte. . . . . . 

39 Olivastri 

40 ONEGLIA 

41 Pantasina . • 

42 Pianavia 

43 Piani 

44 Pietrabruna 

45 PIEVE DI TECO 

46 Poggi 

• 

h 47 Pontedassio 



Popolazione 
rispettiva 



544 
517 
893 
501 
902 

2246 
828 

2707 
439 
332 
661 
160 
759 
804 
562 
610 
472 
114 

8006 
474 
276 
642 
876 

3146 
494 

1352 



VALUTAZIONE 

dei danni cagionati 
dal terremoto 



L. 69770 

54540 

56155 

52600 

516050 

1272560 

7510 
37880 
15635 

9400 
31790 
10000 

3000 
12100 
12500 
38000 

1100 

5470 
2000000 
19545 
22000 
27290 
37930 
210000 
62330 
29500 




» 
» 



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— 196 — 



L 



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o 



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48 
49 
50 
51 
52 
53 
54 
55 
56 
57 
58 
59 
60 
61 
62 
63 
64 
65 
66 
67 
68 



Segue Comuni del Circondario di Porto Maurizio 



COMUNI 



Popolazione 
rispettiva- 



VALUTAZIONE 

dei danni cagionati 
dal terremoto 



Pornassio 

PORTO MAURIZIO 

Prelà . . . 

Ranzo 

Rezzo 

San Bartolomeo del Cervo. . . 
San Bartolomeo ed Arzeno 

San Lazzaro Reale 

Sarola . '. 

Tavole 

Torrazza 

Torria 

Valloria Marittima . . . . . 

Vasia 

Vessalico 

Villa Faraldi ....... 

Villa Guardia • 

Villatalla . . . ... . . 

Villaviani 

Ville San Pietro 

Ville San Sebastiano • . . . 



TOTALE pel Circond. di Porto Maurizio. 



1344 
7219 
960 
1311 
1281 
993 
291 
300 
241 
488 
391 
548 
293 
626 
547 
1053 
334 
443 
551 
611 
345 



L. 



57700 

769800 

55605 

13000 

12700 

71450 

5600 

9300 

52000 

28720 

12110 

13450 

6810 

39000 

1200 

5700 

32895 

45720 

75080 

33350 

12265 



L. 6790832 



» 



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» 



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o 



e 



- 197 — 
Comuni del Ciroondarìo di Sanremo. 



COMUNI 



Popolazione 
rispettiva 



1 Airole 

2 Apricale • . . 

3 Badalucco 

4 fìaiardo 

5 BORDIGHERA 

6 Borghetto S. Nicolò 

7 Boscomare 

8 Bussana 

9 Camporosso • ^ . 

10 Castellare 

11 Castclvittorio 

12 CERIANA 

13 Cipressa 

14 Coldirodi 

15 Costa Rainera 

16 DOLCEACQUA 

17 Isolabona 

Id Lìnguegi ietta . 

19 Montalto Ligure 

20 Perinaldo 

21 Piena 

22 Pigna 

23 Ponripeiana 

24 Riva Ligure 

25 Rocchetta Nervina 

26 San Biagio della Cima 



1705 

2103 

2352 

1587 

2308 

544 

422 

820 

1526 

848 

1627 

2541 

603 

2268 

347 

2338 

1171 

509 

1291 

2022 

1558 

3421 

907 

579 

783 

966 



VALUTAZIONE 

dei danni cagionati] 
dal terremoto 



L. 27700 
117410 
125599 
182740 
295486 

47135 

29050 
235000 

78250 
180170 
396260 
283600 

87850 
208650 

25350 
9451 
7035 

28400 

56021 

80095 
7385 

76300 
241495 

20335 
3410 

10060 




» 
» 



» 
» 

}> 



-198 — 



Segue CoRiuni del Circondario di Sanremo. 



e 

u 
o 



o 



27 
28 
29 
30 
31 
32 
33 
34 
35 
36 
87 
38 



COMUNI 



Popolazione 
rispettiva 



San Lorenzo Mare . 
SANREMO ... 
SAN STEFANO MARE 
Sasso dì Bordighera. 
Seborga .... 
Soldano . . . . , 
TAGGIA . . . . , 
Terzorio .... 
TRIORA .... 

Vallebona 

Vallecrosia . . . . 
VENTIMIGLIA . . . 



VALUTAZIONE 

dei danni cagionati 
dal terremoto 



Totale pel Circond. di Sanremo . • 



231 
16189 
698 
174 
339 
528 

4494 
279 

5909 

1000 
754 

8880 



L. 80S5 

1510780 

63780 

9060 

10065 

8930 

731020 

15400 

327163 

5985 

240745 

536990 



L. 63371 80 









RIASSUNTO 



Circondario di Porto Maurizio 



Id. 



di Sanremo 



Totalb. 



IMPORTO 
dal danni constatati 



L. 6790832 



6337180 



L. 1S128012 




T'*/.- ••*»'■•** 



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^» ♦• "-' 



»^V^ ^J-.-.^.-^r 



— 199 — 



Allegato IV. 



Prospetto dei danni cagionati alle case dal terremoto 
del 23 febbraio 1887 nella provincia di Genova. * 



o 
> 

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00 

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2 



COMUNE 



NUMERO 
DELLE CA8B DANNEGGIATE 



abitabili 
subito 



abitabili 

dopo le 

riparazioni 



rovinate 

o da 
demolirsi 



AMMONTARE 



DEI DANNI 






1 
2 
3 
4 
5 
6 
7 
8 
9 

10 
11 
12 
13 
14 
15 
16 
M 



Alassio 



Albissola Marina. 
Albissola Superiore 
Andora . 



Bardineto 



Bardino Nuovo. 
Bardino Vecchio 



Bergeggi, 
Borniida. 



Cairo Montenptte 
Calice Ligure . 



Calizzano 



Casanova Lerrone 



Ceriale 



Celle Ligure. 



Cosseria 



Fin albergo 



230 

55 

119 

186 

159 

116 

78 

55 

» 

17 

141 

191 



78 
42 



34 



283 



196 

118 
71 

133 

23 

11 

9 

103 



163 
64 



23 
208 

11 
102 



81b 
6 
2 

52 
5 
5 
2 
4 



3 
5 

» 
3 
8 
1 

26 



L. 538000 
250014 
29535 
178830 
2903 
18000 
15200 
23170 



2810 
79963 
31097 

» 

40200 

53800 

10085 

• 260000 



» 



» 



» 



» 



» 



)» 



* Questo stato si riferisce al lavoro fatto fino al 20 aprile 1887. Mancano ancora oltre 
i comuni per i quali non è indicata la oifra, quelli di Savona e di Albenga. 

* Cifra approssimativa. 









/ 






QO 
« 

o 
u 






18 
19 
20 
21 
22 
23 
24 
25 

26 
27 
28 
29 
30 
31 
32 
33 
34 
35 



COMUNE 



TOTALB. . 



— 200 — 



NUMERO 
DKLLB CASE DANKBGGIATB 



abitabili 
subito 



Finalmarina 

Finalpia 

Laigueglia . . . . 

Magliolo 

Massimino 

Millesimo . . . . . 

Noli 

Orco Feglino . . . . 

Plodio 

Quiliano 

Rocchetta Cengio . 

Segno 

Spotomo 

Tovo S. Giacomo . . . 

Vado 

Varazze 

Vezzi Portio . . . . 
Zuccarello 



170 
62 
86 

112 



15 
165 
» 

4 
67 
25 



277 

130 

254 

57 

54 



abitabili 

dopo le 

riparazioni 



rovinate 

o da 
demolirsi 



AMMONTARE 



DEI DANNI 



115 
94 
82 
17 



5 
64 



29 

» 

52 
28 
36 
35 
18 
99 



1 

27 
5 
2 



1 
67 



11 

1 

7 

11 

13 

15 

1 

22 



L. 93000 
63500 
50000 
17500 



4120 
170910 



1240 
39000 

2715 
16620 
79790 
34000 
79700 
38000 
30000 



L. 2281830 




SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 



TAV. XII. 

Fig. 1. — Spaccature nella facciata della casa Muratorio a Diano Marina. 

> 2. — Spaccature ad angolo retto nella facciata di una casa situata presso 

la stazione ferroviaria a Mentonca 

» 3. — Cimasa e pilastro sorreggente un cancello, spostati dal terremoto nella 

Villa Emeri, Rue Partouneau, a M'entone \ 

» 4. — Capo delle Mele colla sua formazione quaternaria veduta dalla via 

maestra fra Alassio e Laigueglia (il deposito quaternario è indi- 
cato dalla punteggiatura rossa). 

» 5. — Sezione del ciottolato e di parte del deposito sabbioso quaternario, 

alla base del promontorio del Capo delle Mele. 

» 6. — Falsa stratificazione delle sabbie concrete giacenti al Capo delle Mele, 

a circa 50 metri sul livello marino, 

» 7. — Diagramma fornito il 23 febbraio 1887 dal mareografo di Nizza, secondo 

Bouquet de la Grye. 

» 8, — Coronamento di un pilastro della villa Morteo ad Alassio spostato dal 

terremoto. 

» 9. — Pietre di un pilastro sorreggenti un cancello spezzate dal terremoto, 

d'innanzi alla Capitaneria del Porto d'Oneglia. 

» 10. — Pietre di un pilastro spostate ; Promenade du Midi a Mentone (^Na- 
ture, n**. 719). 



> Nella linea tracciata al di sotto della figura per indicarne TorientazioDe, Ai invertita per inavver- 
tensa la posizione dei punti S.O e N.B. 



— 202 — 

TAV. XIII. 

A sinistra, idrografia del tratto di litorale ligure situato a ponente e a levante 
di Genova colle foci dei torrenti Bisagno e Polcevera. 

A destra, idrografia del litorale di contro ai torrenti Taggia e Arma. 

Inferiormente, sezioni delle valli sommerse della Polcevera e del Taggia. 

NB* — I dati idrografici contenuti in questa tavola furono desunti dai rilievi del 
Golfo di Genova eseguiti dal R. piroscafo Waihington comandato dal capitano 
di vascello G. B. Magnaghi, e in ispecie dalla carta n*^. 126, pubblicata nel 1887 dal- 
l'Uffizio idrografico della K. Marina in Genova. 

.— • • •? •. - 

TAV. XIV. 

Diagramma del terremoto fornito dal sismografo Cécchi neirOsservatorio di 
Moncalieri (comunicato dal padre F. Denza). 

Tracciato del mareografo del porto di Genova, dato il 23 febbraio 1887 (co- 
municato dal Direttore del H. Ufficio idrografico di Genova, comandante G. B. Ma* 
gnaghi). 

^ TAV. XV. 

Stratigrafia della nuova galleria succursale dei Giovi. 

Superiormente, sezione longitudinale. Allaparte inferiore, planimetria. In questa 
le linee ondulate che intersecano Tasse della galleria stanno ad indicare le te- 
state degli stratL 

NB. — I dati topografici e strati graficicompresi nella tavola sono tolti da una 
mappa che correda la Memoria tecnica degli ingegneri Giordano, Lanino e Sal- 
moiraghi sulla linea iuccuràale dei Gioci (Torino, Tip. Eredi Botta, 1887), memoria 
relativa alla causa arbitrale tra Tamministrazione dei Lavori Pubblici e l'impresa 
Ottavi» 

TAV. XVI. 

Carta topografica di parte della Liguria e della Provenza alla scala di 1/200 000 
coi segni convenzionali per lo studio del terremoto ligure (Vedasi il commenta e 
la spiegazione di questa carta, nel testo, alla pag. 178). 



INDICE 



INTRODUZIONE j 

Parte prima. — Cenni salla costituzione geologlcs 
della Liguria oecideDt«le 

Foimaxioiil «roalch» 

Fonuatonl paleosotolie 

Formaxlonl «eooadarl» 

Fomuudonl teislarl* 

Eocene . . ; 

Miocene, 

Pliocene 

FonoMSlonl qtutenuLrl* 

Spiagge emerse 

Giacimento del Capo delle Mele 

Alluoioni antiche e recenti 

Morene 

Breccie ossifere 

Traoertini 

Dune , 

Teotonloa 







*-< < * . ►: 



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I ' 



L 

i 



— 204 — 

Parte seconda. — Dei fenomeni endogeni in Ligaria Pag. 42 

Boooie vuloaniohe » ivi 

Porfidi > ivi 

Andesiti » 43 

Serpentine > 46 

Suppofti monti voloanioi » 49 

Bradisismi antichi e recenti in Liguria » 52 

Valli «ommer«6 » ivi 

Fori di litolkiri » 63 

Beoenti mutamenti nei rapporti altimetrici del mare 

e della terra » 64 

Prospetto cronologico delle oBcillazioni subite dal 

suolo della Liguria » 69 

Acque minerali e termali » 71 

Acque minerali che sgorgano dal territorio pia 

violentemente scosso dal terremoto » ivi 

Acque minerali che sgorgano dalla periferia del 

territorio danneggiato > 75 

Oonaiderasioni desunte dalla distribusione delle sor- 
genti eoo » 82 

Principali terremoti subiti dalla Liguria e dalle Alpi 

Marittime » 82 

Prospetto dei principali terremoti osservati in questa 

regione » 83 

Schiarimenti intorno al prospetto suesposto. ...» 86 

Ctonsideraiioni desunte dal prospetto dei terremoti della 

Liguria e deUe Alpi Karitttme. » 87 



~ 205 — 

Parte terza. — Il terremoto del 23 febbraio 1887. Pag. 89 

Seffnl precursori e oonoomltanti » ivi 

Rombo » 90 

Nebbia e lampo ^ » 91 

Odore solfureo > ivi 

Condizioni meteorologiche del 23 febbraio 1887 ...» 92 

Momento della prima sooiMa » ivi 

Andamento della prima soogsa » 95 

Diagrammi sismografiei ; » ivi 

Propagazione della scossa » 98 

Dorata della prima eooisa ., » 99 

Blrezlonl della prima sooisa » 100 

n terremoto osservato dal fkrl » 102 

Fenomeni magnetloi oonoomltanti . » 103 

Xnfluenaui del terremoto sugli animali » 100 

Propagazione delle onde slsmiohe attraverso alle aoque 

del mare » 10 






Scosse percepite in alto mare » ivi 

Diagramma del mareografo di Genova » 109 

Oscillazioni del livello marino lungo le spiagge . . » ivi 

Supposto sollevamento del litorale » 110 

Acque basse » ivi 

Dati del mareografo di Genova » 112 

Dati del mareografo di Nizza » 111 

Dati dell'idrometro di Savona » ivi 

n terremoto nelle glorie . • v 11^ 

La nuova galleria dei Giovi » ivi 

Altre gallerie » 118 

Spostamenti e proiezioni cagionati dal terremoto . . » 120 

Spostamenti orizzontali > ivi 

Proiezioni » 12o 



— 206 — 

Frane, orepaool e fenomeni idrotermali Pag. 124 

Frane » ivi 

Crepacci ed emissioni acquee » ivi 

Comparsa di nuove sorgenti ed alterazioni nelle sor-- 

genti e nei pozzi preesistenti » 127 

Soosae BueoeMive alla prinoipale del 23 febbraio . . » 130 

Relazione fira le sooMe oonseontive e oerte oiroostanze 

meteorologiohe » ivi 

Prospetto delle scosse consecutive verificatesi nel- 
Varca principale sismica dal 1 marzo al 31 

dicembre 1887 > 131 

Belasione fra le sooMè seoondarie e le osoillazioni 

mioromsmiohe » .135 

BUitribnxione geografloa dei danni oa^onati dal ter- 
remoto » 136 

Provenza e Nizzardo ^ » ivi 

Provincia di Porto Maurizio,, » 138 

Provincia di Genova » 148 

Provincie di Alessandria^ di Cuneo ed altre .... » 152 

Bati oomplemdvi » 153 

Forma ed estensione dell'area prinoipale sismioa . . » 154 

Bistribnsione dei maailmi e dei minimi nell'area prin- 
oipale eismioa » 155 

Oiroostanse naturali ohe inflnisoono sulla distribnzione 

dei danni » 156 

Znflnenssa ohe taluni materiali e modi di oostruzione 

ebbero sulla rovina degli ediflsi » 157 

Suggerimenti pratioi d'ordine teonioo ed amministrativo » 159 

Profondità dell'impulsione sismioa « 163 

Interpretazione del fenomeno » 165 

Legittimiti di questa rioeroa . » ivi 



— 207 — 

di varie ipotesi Pag. 166 

Ipotesi teotonloa » 170 

Ani siraiioi , » 171 

Signifloato delle varie fiuri del terremoto » 177 

Oarta sinnioa »... » 178 

ALLEGATI . » 181 

X. — Medie decadiche delle altezze idrometriche del mare 

nel porto di Savona » 183 

XX. — Elenco numerico delle persone morte o ferite in 

causa del terremoto » 191 

XXL — Prospetto dei danni cagionati alle case nella pro- 
vincia di Porto Maurizio » 194 

XV. — Prospetto dei danni cagionati alle case nella pro- 
vincia di Genova ••••. ••» 199 

Spiegasioiie delle tavole » 201 






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