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Full text of "I promessi sposi di Alessandro Manzoni : raffrontati sulle due edizioni del 1825 e 1840 : con un commento storico, estetico e filologico"

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I PROMESSI SPOSI 


STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII. 


ini 


I PROMESSI SPOSI 


STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII 


SCOPERTA E RIFATTA 


DA 


ALESSANDRO MANZONI. 


EDIZIONE PER LE SCUOLE 
A CURA 
GIUSEPPE RIGUTINI ep ENRICO MESTICA 
PRECEDUTA DA UN DISCORSO 


INTORNO ALLA VITA R ALLE OPERE DELL'AUTORE 


GIOVANNI MESTICA. 





Seconda edizione. 





FIRENZE, 
G. BARBÈRA, EDITORE. 


1900. 


Tago aiT 
Y 


HARVARD COLLEGE LIBRARY 
FROM THE LIBRARY OF 
JOHN ALLAN CHILD 
AUGUST 14, 1930 











AVVERTIMENTO. vit 
oramai il libro del Manzoni, colpa anche del suo autore, è ca- 
nelle manî di noi poveri linguai, alla cui opera, se egli vi- 
, non sarebbe certamente ingrato, e si accorgerebbe che i suoi 
» per dire come egli disse, avrebbero bisogno di un’ altra buona 
ucquata in Arno. Finalmente, volendo provvedere questo vo- 
di uno scritto biografico e critico intorno al Manzoni e alle 
* sue, ripubblichiamo quello che il professore Giovanni Mestica 
per il suo Manuale della Letteratura italiana del secolo XIX, 
dal Barbèra (1885), e che fu, con alcune correzioni, ristam- 
innanzi alle Poesie di A. Manzoni nella Collezione Dia- 
e dello stesso editore (1888). 


G. RiauTINI. 
E. Mestioa. 
















































































I PROMESSI SPOSI 


STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII. 











































































































































































































CAPITOLO TERZO, tt) 


tare, ci guadagnò; perchè, dopo un così uran fatto, la c 
ci rendeva tanto, tanto, che un benefatto sO a com 
4 povero cercatore, feco al convento la carità d'un asino, che 
a portar le noci a casa, E si faceva tant'olio, che ogni po- 
niva a prenderno, secondo il suo bisogno; perelè noi sinm 
mare, che riceve acqua da tutte lo parti, 0 la torna a distri- 
tutti i fiumi,” ! 

ricomparve Lucia, col grembiule così carico di novi e 
fatica, tenendone le due cocche in alto, con le brar 
e. Mentro fra Galdino, levatasi di nuovo la bisteei 
1, e ne scioglieva la bocea,' per introdursi l’abbondai 
madre fece un volto attonito e severo a Luci 
1 ma Lucia le diede un'occhiata, che voleva dire: mi giustilic] 
dino proruppe in elogi, in auguri, in proinesse, in ringra 
*, rimessa la bisaccia al posto, s'avviava. Ma Lucia, r 
se: " Vorrei un servizio da voi; vorrei che diveste 
ro, che ho gran premura di parlargli, e che mi faccia la carità 
da noi. povorette, subito, subito; perchè non possi 

chiesa.” 

n volete altro? Non passerà un'or: 
> desiderio,” 

fido.” 

n dubitate.” E così detto, se n° andò, un po' più curvo è più 
>, di quel che fosse venuto.® 

cdere che una povera rugizzi mandava a chiamare con tanta 
wa il pudre Cristoforo, e cho il cercatore accettava la commi - 
enza meraviglia e senza difficoltà, nessun si pensi che quel Cr 
fosse un frato di dozzina, una cosa da strapazzo. Era i 
i molta autorità, presso i suoi, e in tutto il contorno: ma tale 
condizione de' cappuccini, che nulla pureva per loto troppo 
rè troppo elevato, Servir gl'infimi, ed esser servito da potenti, 
ne’ palazzi © ne tuguri, con lo stesso contegno d'umiltà e di si- 
esser talvolta, nella stessa cusi, uh soguetto di passatempo, 
rsonaggio senza il quale non si decideva null 

















Lola met 
clemo- 
a, per la sta pro 

























che il padre Cris 





foro saprà 


























nieder 1 ele- 






siumo come il mare ce. Questa si 
10, ma possiamo credro cho egli qui ripeta ciò cho avrà udito 
tre fra Galdino ec. Non oevurreva immaginare cho fra Galdino si rimettesso la hi- 
10 éssersela, come si dico più sopra, levata d' aldoss 

a motter giù o aspettaro che Lucia fosse tornafa con le noci. Qui il particolarez 
»verchio, — Più curvo: « Perchè più enrvo? : dimanda il Tommaso. 0 non senza 
l'abbondanza dell' elemosina fattagli da Lucia non poteva esser lanta, da i 

% il peso dello no 

arattore di fra Galdino fu compiutamente esaminato dal D'Ovidio © 
con quello di don Abboudio, N riferiamo qui alcuni punt 

are a forti tinte individuali ; è un albe rappresenta l'indole e Îl faro d' una 
di è scomo e freddo; îl suo egoismo è semplicemento cifetto di freddezza, non 
“a © propotonto preoccupazione per è stesso. La vita monastica, che ha fatto 
to. il fuoco della carità nella tempra già naturalmento eroica di fra Cristofor 
d'isteriliro l'animo giù insulso di fra (ialidino. 11 suo egoismo non è tanto p 
anto collegialo; è l'esoisno dol convonio, del refoltorio. Fra Galdino è il tipo 
semplico o volgare. Ila sentito dire che sulu l'abbondunto clemusina ai frati pitò 
‘o l'abbondanza delle messi, e, decolto nella sua mento passiva quosto comodo 
con tutto il corredo dei miracoli che lo confermano, non vi apporta nessuna 
o, perchè nel suo cuoro non v'è alcuna prooceupazione caritatevolo delle sotfe- 
ui che lo spinga a correggero quel principio, a_iutuiglorlo con disereziono, Le 


ce, pag. 298-211, 1 agrerde 





















































Vor i leon Ce Dci 












































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































ere: 





fe sue forze, erle; e appena gli parve di ] 
i dispose a part mise sotto panni una cintura, « 
1 »eudi, che non aveva mai intaccati, e de’ qu 
neppur con Bortolo ; prese alcuni altri 1 
aveva messi da parte giorno per giorno, risparmiaù 
sotto il braccio un fagottino di panni; si mise in t 
che » era fatto fare a buon conto dal’secondo pad: 
d’ Antonio Rivolta; in un taschino de' calzoni si mi 
el'era il meno che un galantuomo potesse portar 
‘avviò, agli ultimi d'agosto, tre giorni dopo che dor 
portato al lazzeretto. T'rese verso Lecco, volendo, p 
Ila cieca a Milano, passar dal suo paese, dove sperav: 
viva, e di cominciare a saper da lei qualcheduna de 
si sfrmegeva di sapero, 
1 pochi guariti dalla peste erano, in mezzo al re 
zione, veramente come una classe privilegiata. Una, 
geute languiva o moriva; e quelli ch’erano sta: 
dal morbo, ne vivevano în continuo timore; andava 
dinghi, con passi misurati, con visi sospettosi, con f 
insieme: chè tutto poteva esser contro di loro arme 
Quegli altri all'opposto, sicuri a un di presso del fi 
aver due volle la pesto era caso piuttosto prodigios 
vano per mezzo al contagio franchi e risoluti; come i ca 
del medio evo,! ferrati fin dove ferro ci poteva stare 
uccomodati anch'essi, per quanto era fattibile, in qu 
davano a zonzo (donde quella loro gloriosa denomir 
a zonzo e alla ventura, in mezzo a una povera mar: 
cittadini e di villani, che, per ribattere e ammortire 
vano indosso altro che cenci. Bello, savio ed utile n 
proprio, da far la prima figura in un trattato d’econor 













































































) 1 PROMESSI SPOST: 


* Sei proprio tu!" disse l'amico quando faron vicini: * ah cheesi 
ho di vederti ! Chi l'avrebbe pensato ? L'avevo preso per Paolin desi 
che vien sempre a tormentarmi, perchè vada’ a sotterrare. Sui clhaal 






































lo! sol. c no li 
' ) olo! solo, come un romito ! î 
» so pur troppo,” disse Renzo, E così, barattando‘ e mesclmfil * 
n i saluti, domande e risposte, entrarono insieme nella colli, 
I nza sospendere i discorsi, ] si mise in faccende per Wil 
un po' d'onore a Renzo, come si poteva così all'improvviso e in 
tempo. Mise l'nequa al fuoco, è cominciò a far la polenta; ma c 
I iuatterello a Renzo, perchò la dimenasse ; e se n' andò di 
ri » solo; ma! son rimasto solo!” 
l'ornò con un piccol secchio di latte, con un po” di carne seri 
un paio di raveggioli, con fichi e pesche; e posato il tutto, se 
n ulla talleria,* si misero insieme a tavola, ringraziand 
Ù l'uno della visita, l' altro del ricevimento, E, dopo w 
© due anni, si trovarono a un tratto molto più ani 
sser mai saputo d' essere nel tempo che sî vedeva 








l'uno e all'altro, dice qui il manoserit 
che fanno conoscere che balsamo 
n olenza; tauto quella che si sente, quanto quella che # 





Certo, nessino poteva tenere presso di Renzo il luogo d'dg 

rlu della di lei assenza, non solo per quell’ antica e sp 

one, ma unche perchè, tra le cose che a Iui premeva di de 

mera una di cui aveva la chiave, Stette un momeli 

continunre il suo viaggio, ndar prima in 

icchè n'era così poco lontano; ma, considerato che 

cia Agnese non ue saprebbe nulla, restò nel primo 
a a levarsi questo dubbio, a aver la 

rtar poi lui Je nuove alla madre® Però, anche dall 

orava, e di molte venne in chiaro che mi 

, € sulle persecuzioni che gli averai 

mu’ era andato con la coda tra le ni 











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1 addirittu 








































































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che ci pi 
scordati solo, cl 


aggunvoy voga un 
conto tutt'e di 




















































































































CAPITOL) TRENTESIMOTTAVO. 473, 


così giusta, che abbiam pensc'o di metterla qui, come il sugo di tutta 


la storia. 

La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliateno bene a chi l’ha 
scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fos- 
simo riusciti ad.annoiarvi, credete che non s°è fatto apposta.! 





4 La modestia di quest'uomo singolare, modestia quasi incredibile, gli feco attendere 
con trepidazione il giudizio dell'Italia, e gli dettò queste scuse, così nioe, come oaserra 
il Tommasto, ©, convien dirlo, così poco onorevoli alla nazione, in mezzo alla quale un 
tal uomo presentandosi ne ha sentito il bisogno, 


Fine. 





INDICE. 


Introduzione. . . . 
Capitolo primo. . 
» secondo. 
terzo .. 
quarto . 
quinto. . 
sesto... 
settimo . 
ottavo. . 
nono .. 
decimo... ... 
decimoprimo . . 
decimosecondo . 
decimoterzo. . . 
decimoquarto. . 
decimoquinto . . 
decimosesto. . . 
decimosettimo. . . 
decimottavo. . . 
decimonono . . . 
ventesimo . .. 
ventesimoprimo . .... 
ventesimosccondo . . . 
ventesimoterzo . 
ventesimoquarto 
ventesimoquinto 
ventesimosesto . 





























at INDICE. 
Capitolo vantesimosettimo . . vr Pag. 35 
» ventesimottavo 
*  ventesimonono 
trenteninio 
» trentenimoprimo n 
»  trontesimosecondo ’ 
» trenterimoterzo. x 
* trentemimogquarto,.... i ni 
» trentesimoquinto.... a 
° . trentesimosesto. 4 
» trontesimosottimo 3 A 
» trentesimotturo ..... "