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Full text of "Istoria del granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici .."

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RlOl-CCIO      GALIil^ZZI 


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STORIA 

DEL   GRANDUCATO 

DI  TOSCANA 

DI 

RIGUCCIO    GALLUZZI 

UTOUOGUro  KBGIO 

NVOFA  EDIZIONE 


TOMO  PRIMO. 


FIRENZE 

PRESSO  I,EOH4BDO  MARCHISI 
MDCCCXXII. 


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vTeu  ri  SXùr  Hrm^  ef  infitti  eireupe^n'o-vi 
n;  àXsQeiat^,  rè  xttTaXtijr^fUvo»  aùrS^  ava- 
^eAf  (  ylftTou  itnyn/iai  • 

Nam  ut  animai  lunùnUats  ademptis  prorsus  inu- 
tile redditur  j  ita  si  veritatem  ex  Historia  tol- 
las  t  ^uod  superest  illius ,  narratio  est  nullius 
usus. 

P0l7b.Hist.lib.  I. 


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5 
AVVERTIMENTI 

k  CHI   LEGGE 


L"  Opera  che  viene  alla  iude  ha  per  oggetto  di 
comprendere  le  Notizie  del  Gran  Ducatp  non  me~ 
no  che  quelle  della  Casa  Medici ,  e  perciò  il  me- 
todo iiUrapreao  è  sembrato  il  più  conveniente  per 
riunire  in  un  solo  punto  di  vista  db  che  essendo 
collocato  sparsamente  avrebbe  forse  interrotto  la 
serie  dei  Fatti. 

forse  fora  maraviglia  in  tdcuno  il  vedere  che 
un  Istòria  così  nuova  e  wduminósa  manchi  total- 
mente di  citazioni,  e  di  quei  riscontri  che  si  ri- 
chiedono comunemente  per  autenticare  la  verità 
dei  Fatti  che  si  producono.  Si  protesta  perciò 
V  autore  di  averle  tutte  estratte  fodelmente  dal- 
l' archivio  Mediceojove  mercè  le  premure  del  be- 
nefico  e  vigilantissimo  Sovrano  sono  state  dispo- 
ste con  ordine  e  con  accuratezza. 

B  siccome  il  Pubblico  a  cui  non  è  dato  V  ac- 
cesso di  queW  Archivio  non  avrebbe  potuto  in 
ogni  caso  fare  il  riscontro  dei  Documenti,  così 
l'  Autore  ha  creduto  superfluo  il  ricoprire  il 
margine  di  questo  libro  con  delle  inutili  indica- 
zioni di  Armadj ,  Filze,  e  Registri,  ma  si  riserva 
di  pubblicarli  autenticamente  nel  caso  che  nasca 
il  dubbio  della  verità  dei  medesimi. 


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■4 

La  Cronologìa  è  l'anima  delle  Istorie,  e  perciò 
V  Autore  si  è  creduto  ih  dovere  di  asservarìa 
scrupolosamente  anco  a  rìschio  di  comparire  forse 
troppo  irànuto  nette  indicazioni  di  certe  date.  Ha 
evitato  per  maggior  chiarezza  l'antico  metodo  dei 
Fiorentini  nella  computazione  dell'  anno ,  ed  ha 
regolalo  tutte  le  Date  secondo  lo  stile  comune  in- 
trodotto in  Toscana  nel  i^So. 

Quando  V  Autore  con  un  Documento  originale 
ha  potuto  esprimere  il  carattere  e  il  genio  della 
Persona  e  del  tempo  ha  creduto  dover  preforire 
questo  metodo  ad  una  semplice  descrizione.  Per 
non  mancare  di  accuratezza  nella  verificazione 
dei  Fatti  ha  impiegato  un  più  minuto  dettaglio 
nel  riportare  certi  avvenimenti,  i  qualio  da  una 
falsa  tradizione  o  da  supposte  memorie  sono  pres- 
so il  Pubblico  accreditati  sotto  un  aspetto  diverso 
dalla  verità. 

Finalmente  V  Autore  nello  scriver  V  Istoria 
della  sua  Patria  si  è  spogliato  di  ogni  riguardo  , 
ed  ha  avuto  unicamente  in  mira  la  verità ,  che  e 
il  più  bel  pregio  che  porti  seco  l' Istoria. 


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INTRODUZIONE 

S.  L 

Stato  delia  Toscana  avanti  l'elevaàoM 
della  Casa  Medici. 


XJa  'Toscana  che  forma  il  presente  Gran-Ducato 
è  ana  gran  parte  di  quel  tratto  di  Paese  situato  fra 
la  Magra^  e  il  Tevere^  che  i  Romani  deaominarano 
Etniria»  Fu  gover nata  dai  suoi  Lucumoni,  e  soggio- 
gata dai  RomaDÌ  corse  la  sorte  comuae  di  tutta  l'Ita- 
lia finché  darò  quell'  Impero.  ComuQi  a  lei  fur<Nio 
le  calamità  nelle  incoraioni  dei  Barbari,  e  comuni 
ancora  le  altre  vicende  fintanto  che  non  sì  forma* 
rono  io  Italia  diversi  Stati.  Fu  accettata  dai  Lon- 
gobardi ,  e  passò  in  appresso  sotto  il  Dominio  dei 
Franchi  ;  l' estinzione  della  Famiglia  di  Carlo  Ma- 
gno ,  ed  il  furore  dei  concorrenti  al  Regno  Italico 
fecero  soffrire  anche  a  lei  il  disastro  della  guerra  ci- 
vile. Di  questa  profittarono  le  principali  Città  Ita- 
liche per  rompere  la  catena  del  sistema  Feudale,  che 
le  opprimeva,  emettersi  in  libertà;  questa  produa- 
se  la  Legislazione,  le  Arti,  l'Àgricoltara,  e  Ìl  Com- 
mercio. In  Toscana  Pisa  la  più  comoda  per  la  sua 
situazione ,  a  la  più  felice  per  la  fertilità  delle  sue 
Can^gne  fu  la  prima  a  distinguersi.  Firenze 
Città  allora  ben  piccola ,  ma  situata  sulta  riva 
dell'  Arno  nell*  intemo  della  Provincia  ,  profittò 
cosi  bene  della  sua  situazione  e  delle  altrui  circo- 
stanze, che  in  breve  divenne  ricca  e  popolata.  Cia- 
scheduna Gtlà  diveDUta  allora  mia  Potenza  pensa- 


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6  mrnoDuzioNE 

Ta  a  ÌDgrandini  sulla  roviiu  delle  altre ,  e  a  scio- 
gliersi intieramente  dai  vincoli  dell'antico  sistemai 
ciò  servi  di  alimento  ad  una  guerra  intestina,, che 
durò  per  più  di  tre  «ecolì,  fomentata  ad  arte  da  chi 
aveva  interesse  nelle  gare  allora  vertenti  tra  il  Sa- 
cerdozio e  l' Impero.  Questo  sconvolgimento  mutòaf- 
fatto  la  forma  politica  dell'Italia,  poiché  produsse 
il  principio  di  diversi  Stati  formati  dall'  aggregato 
di  varie  piccole  Potenze  riunite  insieme  dalla  for- 
za, o  confederatesi  per  la  cornane  difesa.  Una  tal 
dilesa  era  necessaria  non  solo  per  conservare ,  e  sta- 
bilire la  propria  costituzione  e  grandezza ,  ma  ao" 
Cora  per  opporsi  validamente  a  chi,  ritenendo  tut- 
tavìa il  tìtolo  di  Re  d'Italia,  tentava  dì  ridurle  all' 
antico  aistema  Longobardico.  E  siccome  il  diritto 
proveniente  da  questo  titolo  sì  rendeva  efficace  a 
misura  delle  forze,  con  le  quali  si  faceva  valere,  ne 
s^uì  perciò  la  perpetua  contradizìone  ,  che  si  lico- 
uosceva  per  giusto  quando  se  ne  temeva  la  prova , 
e  si  dichiarava  insusaistente  quando  si  scorgeva  l'im- 
potenza in  chi  dovea  sostenerlo. 

Agitate  da  questo  vortice  potitico  dell'  Italia  le 
Città  di  Toscana  si  ridussero  dopo  varie  vicende  a 
filmare  principalmente  tre  diversi  Stati,  cioè  quel- 
lo di  Firmze,  dì  Siena  ,  e  di  Pisa.  Questa  ultima 
Città»  che  avea  con  tanta  gltoia  dato  esenqiìoaU' 
altre  per  ingrandirsi,  indebolita  dalle  rotte sofièrte 
dai  Genovesi ,  e  mal  diretta  dalla  intema  sua  costi" 
twione,  dovè  finalmente  cedere  al  suo  destino,  e 
flo^ettarsi  alla  Repubblica  di  Firenze,  la  quale  già 
divenuta  ricca  a  potente  avea  dilatato  il  suo  com- 
mercio in  varie  parti  dell'Europa,  e  à  raideva  for- 
midabile ai  suoi  vicini  per  la  violenta  passione  dì 
«stendere  il  sbo  Dofflinio..  Situata  fin  lo  Stato  Fon-» 


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IKTRODCZIOHE  y 

tìfiào  e  U'LotnlMrdU  era  in  contìnua  necessità  di 
stare  in  gminììa  per  non  essere  oppressa  dai  Papì^  dai 
Duchi  di  Milano,  e  dalla  Repubblica  di  Venezia,  t 
bilanciarsi  a  vicenda  con  1'  uno  e  con  l' altro ,  per 
potersi  schermire  egualmente  da  tutti.  Questo  piano 
di  Politica  fb  da  essa  eseguito  con  molto  ingegno  -, 
e  {il  nn  forte  ostacolo  a  ciascuna  di  dette  Potense 
per  giungere  al  punto  di  stabilire  la  Monarchia  uni- 
versale d'Italia. 

Se  la  costituzione  intema  di  questa  Repubblica 
avesse  avuto  cosi  solidi  fondamenti ,  non  avrebbe 
certamente  sofferto  le  tante  rivolusioni,  che  la  coo- 
dusaero  al  punto  di  perdere  la  sua  libertà,  seppure 
libertà  pud  chiamarsi  un  violento  e  continuato  con- 
trasto d'interessi  e  di  partiti,  che  degenera  in  Anar- 
chia. Nel  [oìmo  scompaginamento  del  R^no  Itali- 
co t|itti  li  spìriti  Italiani  ai  accesero  per  la  libertà, 
ma  senza  variare  l'aotica  costituzione  questo  frutto 
potee  godersi  da  pochi.  Le  Città  erano  senza  terri- 
torio,perchè  questo  era  diviso  fra  l'immensonumero 
dei  Feudatari,  ^^^  allora  formavano  il  Corpo  Nobile 
Militare  della  nazione;  lì  Agricoltori  erano  schiavi 
addetti  aUa  gleba  ;  ì  mani&ttori,  che  vivevano  nelle 
Città ,  e  nei  luoghi  pia  popolati,  erano  oppressi  da 
insopportabili  graveize;  il  Commercio  languiva  sot- 
to r  oppressione  ,  e  la  Giustizia  era  amministrata 
dalla  forza  e  dall'interesse.  Senza  abbattere  questo 
immenso  numero  di  Tiranni  era  inutile  la  libertà, 
e  questo  fu  il  primo  oggetto  della  Città  dì  Firenze. 
Molti  ne  ridusse  con  la  forza,  ed  albi  per  via  di  pat- 
to gì'  incnporò  nella  propria  Cittadinanza.  Porta- 
rono essi  anco  nella  Città  lo  spìrito  dì  prepotenza 
edi  oppressione,  che  li  animava  alla  Campagna.Pub- 
blìcata  la  libertà  per  tutto  il  Dominio  il  popolo  ac? 


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S  INTRODUZIONE 

erescìato  di  ùxn  si  animò  sempre  più  a  deprime' 
re  ì  fiuot  antichi  Tiranni  y  e  diede  principio  a  quel- 
le orribili  divisioni,  che  sotto  nome  di  Bianchi  e  dì 
Neri,  e  di  Guelfi  e  Ghibellini  afìlispero  per  due  in- 
tieri wcoli  questa  Provincia;  l'ambizione  delli  £c- 
desiastici  vi  ebbe  il  suo  principale  interesse.  Il  Po- 
polo sempre  intento  ad  abbattere  i  Nobili  per  ìsta- 
bilire  la  sua  libertà  ,  e  i  Nobili  a  vicenda  oppressi 
ed  oppressori,  gettando  continuamente  aenrì  di  di' 
Kordia  e  di  vendetta  non  davano  luogo  a  formare 
una  costituzione  die  abbracciasse  gl'interessi  delli 
unì  e  delli  altri. 

In  questi  contrasti  durò  lungo  tempo  a  Outtuare 
Ja  Repubblica  la  quale  per  una  ùngolare  combina- 
-zione  era  nel  maggior  punto  delb'sua  grandezza  ■ 
X'  Italia  era  divenuta  il  centro  delia  mercatura.  I 
Saraceni  conquistatori  d^U'  Egitto  ,  della  costa  di 
Afirica ,  e  della  Spagna  portavano  le  più  ricche 
merci  dell'Oriente  nei  porti  d' Italia  ;  i  Veoesiani, 
ì  Genovesi ,  e  i  Pisani  avevano  in  Levante  dei  ri- 
guardevolistabilìmeuti.  LaFrancia  e  il  Settentrione 
gemevano  sotto  il  peso  del  sistema  Feudale  troppo 
contrario  ai  progressi  del  Commercio ,  che  sempre 
.languisce  dove  aoa  è  libertà.  I  soli  Italiani  erano 
liberi.  Mancava  alla  Repubblica  di  Firenze  un  Porto 
per  intraprendeni  la  mercatura  del  Levante ,  e  per 
.xoBiao  di  trattati  potè  valevi  di  quelli  dei  Pisani  e 
dei  Senesi.  Si  stabilirono  le  manifatture  in  Firenze, 
.e  •'  ìnvitanniD  lì  Umiliati  per  inslruìre  la  plebe  nel 
lanificio  ;  s' introdusse  la  coltivatone  della  seta ,  e 
ai  coniò  il  Fiorino  d' Oro  per  il  maggior  comodo 
della  contrattaBÌc»e  edel  cambio.  Dopo  l'invasione 
,  iti  Barbari  l' Italia  non  area  più  coniato  alcuna 
moa«t«  (U  questo  xaftaUo*  Si  ««««ero  Banche  na- 


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niTROMTHWfE  9 

Monili'di  om^spoildeDza  e  di  cambio  nelle  princi- 
pkU  piazze  dell'  Europa .  Io  s^uito  per  coocessìo- 
ne  di  dÌTCTsi  Principi  si  stabilirono  GOTpi  delb  na- 
EÌooe  nelle  Città  commercianti  per  vivere  e  gover- 
naffli  aecondo  le  lej^i  della  Patria  .  La  feliciti  del 
Commercio  dovea  far  rinascere  le  lettere  e  le  belle 
Arti,  e  in  conseguenza  apparveroDante,  il  Petrar- 
ca ,  il  Boccaccio.  Giotto  restaurò  la  pittura,  e  ani- 
mò la  Repubblica  a  intraprendere  la  fabbrica  del 
T«npio  principale  della  Città.  Ma  eoo  tutto  ciò  non 
erano  calmate  le  inteme  divisioni  dei  Gttadini. 

Aveva  il  popolo  doipo  molti  contrasti  depressa  la 
potenza  dei  Nobili ,  e  assicuratosi  il  possesso  dell' 
intiero  governo  della  Repubblica,  pensò  a  stabilire 
una  coBtJtUEiooe  permanente,  che  Io  garantisse  da 
nuove  of^KVssioni.  Fu  esclusa  la  Nobiltà  dalle  Ma- 
gistrature, e  il  popolo  fu  ditiso  ini  XXI  Tribù,  che 
si  chiamarono  Arti,  a  una  delle  quali  dovesse  essere 
ascritto  chi  voleva  partecipare  del  Governo  ;  dì  que- 
ste Arti ,  VII.  furono  preferite  alle  altre  XIV ,  e 
secondo  la  niMva'  legidazione  allora  compilata  re- 
stava sempre  aprato  l'adito  per  aumentare  i  descrit- 
ti. Qoesto  bizzarro  sistema  di  Governo  aveva  per 
massima  fondamentale  lo  spìrito  di  voidetta  contro 
r  antica  Nobiltà ,  e  di  conciliare  l 'Aristocrazia  con 
la  Democraùa  perchè  l'una  servisse  all'altra  di  mo- 
deratrice. L'anima  delle  Repubbliche  è  l'eguaglian- 
za dei  Cittadini  autorizzata  dalla  legge.  -Nel  sistema 
di  Firenze  la  l^ge  che  autorizzò  questa  disegua- 
glianza raddoppiò  i  mali  e  condusse  insensibilmen- 
te la  Bepubblica  alla  sua  rovina.  I  NoIhU  mal  sof- 
frendo la  nuova  costituzione,  alcuni  tumultuarono 
nella  Città ,  ed  altri  si  elessero  un  enlìo  volontario 
dalla  Patria  per  macchinare  al  di  fuori  delle  ven- 


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dette  contro  là  medesima.  Essi  mossero  ai  danni 
di  Firenze  Gastroccio  tiranno  di  Lucca ,  che  dopo 
averle  occupato  il  Territorio,  la  minacciò  sotto  le 
stesse  sue  mura ,  e  la  ridusse  alla  dura  necessità  di 
alBttare  la  sua  libertà  a  chi  la  salvasse  dall'  ultima 
desolazione.  La  tirannide  del  Duca  di  Atene  fu  una 
giusta  conseguenza  di  questi  mali. 

Superò  la  Repubblica  tutti  i  disastri,  che  l'an- 
gustiavano neir  interno  e  al  di  fuori ,  e  giunse  fi- 
nalmente ad  opprimere  i  NoIhU  ed  esterminarli , 
imponendo  loro  la  dura  legge  di  restare  esclusi  dal- 
le Magistrature ,  o  di  farsi  descrìvere  alle  Arti , 
qualificarsi  per  Popolani ,  mutare  i  nomi  di  loro 
fiimiglie  «  riceverne  degli  abietti.  Con  l' estinzione 
dell'antica  Nobiltà  si  estinse  ancora  il  valore  della 
Nazione  perchè  ridotto  tutto  il  potere  nel  popolo 
commercianle ,  lo  spinto  militare  e  guerriero  fu 
preoccupato  dalla  mercatura.  La  Hepubblica  non 
ebbe  in  appresso  Truppe  nazionali  del  suo  Corpo, 
ma  Blilizie  e  Condottieri  presi  al  soldo  ,  dei  quali 
temeva  non  meno  che  del  nemico  medesimo.  GÌA 
non  ostante  questa  eguaglianza  produsse  una  breve 
calma  e  la  Gttà  afflitta  da  quella  fiera  pestilenza 
che  devastò  tutta  l' Europa ,  e  distrutta  dalla  guerra 
con  i  Visconti  non  fu  per  qualche  tempo  agitata 
dalle  solite  divisioni.  Vegliavano  però  tuttavia  i  vi- 
zj  radicali  della  costituzione ,  e  i  regolamenti  mo- 
della mente  stabiliti  dai  Magistrati  erano  fatti  se- 
condo i  casi  j  e  perciò  si  ricadde  insensibilmente  nel 
primo  disordine. 

La  prosperìtà  della  marcatura  aveva  già  condot- 
to molte  famiglie  popolane  ad  un  grado  di  ricchez- 
za da  dìatii^ersì  S(^ra  le  akre  ;  mólte  alleanze  ai 
erano  formate  per  parentela  e  per  interwsej  «d  in 


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INTRODUZIONE  ii 

]>reTe  sì  formò  la  distinzione  di  popolo  e  plebe.  Una 
Inquisinone  di  stato  eretta  contro  i  disceodenti  del- 
li  antichi  Nobili ,  ingiusta  perchè  riguardava  i  tem- 
jH  aildietro ,  e  perniciosa  perchè  aervira  d' istra-i 
mento  ai  potenti  per  opprimere  ì  deboli  sollevò  li 
sfàriti  della  Città  e  accese  la  iace  di  nuove  discor- 
die- La  plebfl  mal  soffriva  che  quelli  che  poco  là 
erano  a  lei  eguali ,  inalzati  ora  a  tanta  grandezza, 
abasassero  della  medesima  per  oppriigerla  i  le  Fa- 
m^lie  che  erano  dì  mezzo  fra  i  Potenti  e  la  pleba 
à  dolevano  dì  vedersi  allontanate  dal  Governo  della 
Repubblica ,  e  la  Repubblica  si  vedeva  minacciata 
da  una  Oligarchia.  I  pFovvedimenti  prudenziali  dei 
Magistrati  essendo  poco  efficaci  inasprivano  sempre. 
poò  li  animi  ^  e  la  plebe  andava  insensibilmente 
perdendo  per  le  Leggi ,  e  per  i  Magistrati  quella. 
Tcnerazione  che  è  il  sostegno  delle  Repubbliche . 
Tumultuò  finalmente  la  plebe ,  e  dopo  aver  com' 
mesti  -rarj  incend),  omicidj  e  rapine  rivestì  del  Su- 
premo Blagiatrato  Michele  di  Laudo  Scardassiere  . 
Costm  riformò  la  Repubblica  e  ammesse  al  Gover^ 
DO  della  medesima  persona  vili  ed  abiette;,  ma  eUw 
la  moderasiooe  di  non  farsi  Tiranno ,  e  la  genero- 
sità di  combattere  contro  la  plebe  medesima  per 
salvare  la  libertà  della  Patria.  Restò  in  parte  sedato 
qocato  furore,  ma  rimase  alla  plebe  nascosto  in  pet^ 
to  il  desiderio  di  abbattere  i  potenti ,  e  a  questi  lo 
spirito  di  vendicarsi  e  di  opprimere  la  plebe .  Que- 
sto  tempo  di  Anarchìa  sarebbe  stato  il  piiì  oppor- 
tono  per  chi  avesse  amlnto  a  &rsi  Tiranno.  Una 
Famiglia  popolana  chearea  goduto  sempre  il  favore 
della  pMw  profittò  di  questa  occasione  per  inalzarsi 
al  Primato  della  Repubblica,  non  con  la  violenza, 
ma  con  l' amore ,  e  ossequio  dell'  universale. 


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13  INTAODDZIONE 

S.  II. 

Principio  ed  elevazione  della  Famiglia  de'Med  ici* 

Troppo  diflìcile  sarebbe  il  ricercare  l'orìgine  di 
questa  Famiglia,  ed  egualmente  inutile  il  ritrovarla.  I 
suoi  nemici  gli  hanno  rimproverato  di  aver  fatto  il 
Carbonajo  in  Mugello,  l'Oste  e  il  Biscazziere  io  Fi- 
renze, e  di  avere  avuto  un  Medico  che  per  prezzo 
sollecitava  agli  ammalati  la  morte.  Li  adulahui  al- 
l'opposto l'hanno  fatta  discendere  da  Consoli  e  Im- 
peratori Romani.  Chi  ha  Voluto  tenersi  lontano  dal 
due  estremi  ha  supposto  che  abbia  fingine  da  un 
Medico  di  Carlo  Magno  stabilitosi  in  Firenze  quan- 
do quell'Imperatore  restaurò  la  Città;  ma  la  discen- 
denza di  un  Medicodi  Cari.  Mag.  sarebbe  stata  certa- 
mente fralefamiglieGhibeUioe^enoD  popolari.  Ve- 
ro è  che  detta  famiglia  era  gii  in  qualche  Ibrtuna 
nel  1 168  perchè  fabbricò  una  Torre,  e  fece  delle 
conveozioui  con  alcune  famiglie  potenti  per  questo 
effètto.  In  un  Diploma  «di  Federigo  II.  del  1330  è 
nominato  un  Giovanni  de'  Medici  Cavaliei^.  Nel 
.  ia3o  Averardo  di  Lorenzo  di  Lippo  de' Medici  era 
Potestà  di  Lucca.  A  misura  che  diveniva  potente 
in  Firenze  la  Fazione  popolare  cresceva  ancora  la 
grandezza  de' Medici.  Essi  molto  contribuirono  a 
spogliare  il  Duca  d'  Atene  dell'  usuqxita  tirannide 
delb  Città;  Guo  dal  1 397  erano  in  possesso  del  go- 
dimento della  prima  Magistratura/  loro  massima 
principale  fu  sempre  di  guadagnarsi  il  &vore  della 
plebe,  che  facilmente  seconda  chi  sa  farle  parte  del- 
le proprie  ricchezze.  Nel  tumulto  del  iSpS  la  plebe 
volendo  piuttosto  soggettarsi  ad  uu  solo  che  soffrire 


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HfTROBUZIONE  i3 

il  giogo  pesante  di  ona  Oligarchia  ofioi  laSigaorla 
libera  della  Città  a  Veri  de'  Medici;  ^li  l' avrebbe 
fàdlmeate  accettata  se  fosse  stato  più  ambizioso,  e 
meno  prudente.  Quest'atto  risvegliò  l'amore  dei 
potenti  e  della  plebe  per  .questa  famiglia,  e  gettò  i 
|MÌmi  fondamenti  della  sua  successiva  grandezza. 
£ssa  ù  era  talmente  accresciata ,  e  propagata ,  che 
doì»  la  peste  del  1 348  cinquaata  maschi  della  casa 
de'Medici  erano  restati  superstiti  aquesta;calainita. 
lacerto  ed  inutile  sar^be  il  tessere  uaa  gesealo-: 
già  esatta  di  questa  Famiglia,  e  perciò  lasciaodo  da 
parte  tutto  ciò  cbe  è  stato  opinato  sulla  medesima 
basterà  darle  principio  da  Averardo  di  Averardo^ 
stipite  comune  delle  due  branche  cbe  hanno  reguato, 
e  di  quelle  che  tuttora  sussìstono  io  Firenze  ed  in 
JVapoIi.  Molte  furono  le  ricchezze  da  esso  acquistate 
con  la  mercatura  che  poi  ai  divisero  nel  1319  fra  i 
sei  figli  che  li  successero.  Diqueati  si  foruurooo  sei 
branche^  delle  quali  due  sole  si  propagaroua .  La 
prosperità  del  commercio,  e  la  riunione  eventuale 
di  alcuni  di  detti  patrimoni  fecero  che  Giovanni 
d' Averasdo  detto  Bicci  si  trovasse  oppDrtunani.«u- 
te  il  più  ricco  nel  tempo  appunto  che  plii  impor- 
tava il  beo  radicare  la  propria  grandezza.  NéìÌA 
revoluùone  dì  Michele  di  Landò  e  nelle  successive 
avea  la  plebe  ottenuto  per  le  Arti  minori  la  parte- 
cipazione delle  principali  MagistraLuredellaRepu^. 
blica;  ciò  produceva  che  i  grandi  mal  soffrivano  di 
avere  per  eguali  persone  abiette,  e  i  plebei  contiaua-, 
mente  insidiavano  la  potenza  dei  Grandi.  Rinaldo 
degli  Albtczi  e  Niccolò  da  Uzzaoo  che  prime^iava- 
no  fra  i  JVobili  aveano  fra  loro  imaginato,  ad  imi- 
tazicme  di  quanto  avea  fatto  un  secolo  addietro  il 
Doge  Pietro  Gradeiiigo  in  Venezia,  di. sforare  il 


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i4  INTRODUZIONE   ' 

Gmsìglìo  ed  escluderne  a&ttolaplebe.Proponerano 
dì  restringere  tutta  la  Cittadinanza  partecipe  delle 
Magistrature  a  sole  sette  Arti ,  ed  escluderne  le  altre 
XIV.  Giovanni  de'Medici  si  oppose^  le  armi  del  Vi- 
sconti minacciaTano  in  Romagna  il  dominio  della 
Bepubblica,  eiNobilisofirirooola  mortificazione  di 
vedere  annnllate  dalla  volontà  di unsolo' le  bro  idee. 
Questa  risoluta  opposizione  di  Giovanni  de'Medici 
a  favore  delle  Arti  minori  gli  accrebbe  tanta  repu- 
ta#9ne  nella  Città^  die  lì  sarebbe  stato  facile  il  di- 
ventarne Sovrano,  «e  il  ano  carattere  quieto  e  mo- 
derato non  li  avesse  fiitto  desiderare  di  obbligarsi  ì 
Cittadini  piuttosto  con  la  stima  che  con  la  forza.  La 
guerra  col  Visconti  obbligava  la  Repubblica  ad  im- 
porre straordinarie  gravezze  ;  l'arbitrio  e  U  violente 
maniere  delli  esattori  sollevarono  li  spìriti  delb  ple- 
be; Giovanni  de  Medici  propose  il  Catasto,  per  cui 
la  gravezza  restasse  determinata  dalla  legge  ,  non 
dall'  arbitrio;  in  tal  forma  eguagliò  i  Grandi  alla 
plebe,  ed  essendo  ^li  il  più  ricco  della  Città,  mostrò 
che  volontieri  sacrificava  il  suo  interesse  per  la  quie- 
te e  sicurezza  della  Patria.  , 

La  morte  dì  questo  CittacUno  fìi  sommamente 
compianta,  e  le  Arti  onorarono  8tra<H^inariamente 
i  suoi  funerali.  Egli  avea  interesse  in  quasi  tutte  le 
case  di  Negouo  dei  Fiorentini  sparse  per  l' Europa 
e  per  il  Levante.  Fu  il  primo  Banchiere  d' Italia,  e 
molto  si  arricchì  col  cambio  ai  Concili  di  Basilea 
e  dì  Costanza.  Martino  V.  gli  avea  dato  in  p^^  la 
sua  Tiara  Pontificale,  e  poi  lo  creò  Conte  di  Mon- 
teverdi,  Castello  situato  nella  Diocesi  dì  Fermo.  Bal- 
dassarre Cossa  già  Papa  Giovanni  XXIII.  gli  era 
debitore  di  aver  salvato  al  Concilio  di  Costanza  la 
libertà,  e  l'avere.  Rifugiatosi  dopo  a  Firenze  lo  fece 


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INTRODUZIONE  i5 

amminutratore  delle  sue  ricchezze,  e  poi  esecu- 
tore testamentario  per  distribuire  la  sua  eredità  io 
opere  pie.  Giovaonida  Gagliano  ricco  Mercante 
Iifventino  lasciò  la  sua  pingue  eredità  per  impie- 
garsi in  c^re  pie  secondo  la  Tolontà  di  Giovanni  e 
Cosimo  de'Medici  siloi  esecutori.  Questi  capitali  di 
ricchezza,  reputazione,  e  iàvor  popolare  passarono 
in  Cosimo  suo  [M-imiogeaito,  che  seppe  ben  presto  ac- 
crescerli col  suo  genio  elevato  ed  intraprendente . 
I^U  era  nato  nei  i388  nel  giorno  del  Santo  dì  cut 
li  fu  assegnato  il  nome.  U  Padre  lo  aveva  iniziato 
in  tutti  i  misteri  della  mercatura,  e  fatto  partecipe 
di  tutti  li  afiàri  della  Repubblica^  li  aderbiti  della 
casa  li  offrirono  subito  la  loro  assistenza,  e  la  plebe 
lo  volle  per  suo  protettore  in  luogo  del  Padre  j  le  sue 
virtù  colpirono  talmente  l' animo  dei  Cittadini,  che 
in  breve  si  guadagnò  la  stima  e  l' ossequio  di  tutti. 
La  Lega  dei  Grandi  conobbe  subito  questi  rapidi 
progressi  della  Casa  Medici,  e  ne  giurò  la  vendetta 
e  l'umiliazione.  Rinaldo  delli  Àlbizzi  Capa  diquellii 
Fazione  propose  di  ucciderlo,  e  Niccolò  da  Uzzano 
che  era  il  più  savio  fra  loro  trattenne  la  risoluzione. 
Conosceva  egli  che  le  gare  tra  Cosimo  e  Rinaldo  non 
erano  altro  che  un  contrasto  per  il  Principato ,  e 
supponeva  che  il  tener  vivi  questi  partiti  contribuis- 
se ancora  alla  sicurezza  della  Repubblica.  Ciò  non 
ostante  mancato  di  vita  l'Uzzano,  fermo  l'Àlbizzi 
nel  suo  proposito  ,  imputando  a  Cosimo  l' infelice 
evento  della  guerra  di  Lucca,  potè  fra  l'incerta  mol- 
titudine formare  contro  di  lui  un  partito ,  e  presa 
r  opportunità  lo  fece  citare  come  sospetto  di  iarsi 
Tiranno  davanti  al  Supremo  Magistrato  della  Re- 
pubblica. Obbedì  egli  alla  legge  ,e  fu  arrestato  nel 
Palazzo  dei  Priori.  Alcuni  per  venerazione,  altri  per 


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i6  INTKODCZrOHE 

interesse  li  salvarono  Is  TÌta.  Prevalse  l'Albizzi  crf 
suo  partito,  e  Cosimo  fa  esiliato  a  Padova  assieme 
con  i  suoi  principali  aderenti.  Quest'esilio  fo  l'epoca 
della  elevazione  dei  Medici,  e  la  totale  roviiM  dd- 
V  Albizzi. 

■  Godè  Rinaldo  del  suo  trionfo,  ma  poco  li  fu  ap- 
plaudito dalla  Citti  che  mal  sofiriva  vedersi  senaa 
il  miglior  Gttadino  ;  la  plebe  piangeva  il  suo  Pro- 
tettore senza  del  quale  si  vedeva  esposta  alleoppres- 
fiioni  dei  Grandi  ;  occupaU  nelle  manifatture  e  nel 
commercio  avea  già  pmduto  l' antico  spirito  di  se- 
dizione, non  ambiva  più  di  dominare,  ma  non  aof- 
friva  di  essere  oppressa  ;  già  si  avvezzava  ìdsmuì- 
bilmente  al  comando  di  un  solo ,  punto  a  cui  ten- 
dono per  natura  tutti  i  governi  pop<^rì.  Le  famì- 
glie mediocri  perdevano  in  Cosimo  un  mezzo  per. 
elevarsi,  le  povere  l'intiera  sussistenza  nei  tanti  im- 
pieghi clie  gli  somministrava  ri8tessa.sua  mercatu^ 
Ta ,  e  gì'  infelici  un  sollievo  nella  di  Ini  liberalità, 
liì  zelanti  della  liberti  della  Patria  la  speravano  più 
dalla  di  lui  moderazione  che  dalla  sfrenata  ambi- 
zione dei  Grandi.  Il  Papa  Eugenio  IV-  oltre  i  par- 
ticolari riflessi  che  lo  tenevano  vincolato  con  Cosi- 
mo ,  trovava  più  il  suo  interesse  che  la  Repnblica 
fosse  goveraau  da  un  solo.  Mal  sicuro  in  Róma  do- 
ve infierivano  le  discordie  fra  quei  potenti  era  ve- 
nuto a  refugiarsi  a  Fi|«nze.  Trovò  la  Gttk  nell'atto 
che  la  plebe ,  le  Arti ,  e  Magistrati  volendo  richia- 
mar Cosimo ,  Rinaldo  e  la  sua  Fanone  armata  mi-, 
nacciavanola  Repubblica  dì  mutare  con  la  forza  lo 
Stato  ;  interpose  la  sua  mediazione  per  coDciUaie  il 
ritorno  di  Cosimo  con  gì'  interessi  dei  suoi  avvera 
sarj ,  ma  avendo  intanto  i  Magistrati  introdotto  dd' 
le  Milizie  in  Città,  Rinaldo  restò  succumbente.  IL 


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mnODtJElOHE  17 

^(^darialiìundrQwimo,  e  diede  alli  amici  di  hn 
U  potestà  dì  lifcwmare  lo  Stato.  Tomo  egli  dsl  suo 
.esilio  oDwtfo  dalla  Repubblica  di  Venezia  e  fu  rice- 
Tato  dai  Fiorentini  con  le  maggiori  dimostrazioni  dì 
anaore.  Tutti  si  moaaero  per  andare  ad  incontrarla 
t  lo  dicfaiaraTMto  Padre  della  Patria.  Questo  glorioso 
titolo  mai  è  stato  attribuito  con  tanto  sentimento 
«  eoa  tanta  giustina  quanto  in  questa  occasione. 

Dimortvò  Cosimo  di  esser  ben  degno  di  questa 
ojnnìOBe.  RifbrmÒ  la  Repuhbliqa  ;  proscrìsse  tutti 
quelli  ddla  of^Msta  fazione;  elevò  nuove  femiglie, 
e  stabilì  fra  i  Cittadini  una  maggiore  eguaglianza. 
J^acificò  la  Patria  col  Duca  di  Milano  che  la  minac- 
dava,  e  fiittosi  amico  Francesco  Sforza  cooperò  all' 
«fletiuawHie  del  dì  luì  matrimonio  con  l' unica  fi- 
glia di  detto  Duca.  Assicarata  la  pace  tanto  inter* 
munente  che  al  di  fuori  si  applicò  a  &re  uso  delle 
■ne  ricchezze  per  decoro  e  boiefizio  della  Patria  ; 
ftlibricò  Palazzi,  fondò  Monasteri  e  Spedali,  eresse 
Biblioteche,  e  lasciò  msite  gloriose  testimonianze, 
die  tuttora  rioungflraodel  soo^nio  edella  sua  gran- 
dezza. Egli  diede  principio  al  secolo  che  nell'Isto- 
ria  delle  lettere  porta  il  nome  di  secolo  dei  Medici. 
FiorìTano  già  da  un  secolo  in  Firenze  le  lettere  Gre- 
die  perchè  il  Petrarca  le  areTa  quivi  apprese  da 
Sarlaam  Monaco  Calabrése  ;  Leonzio  Pilato  fu  pub- 
blico Professore  delle  medesime ,  e  Manuelle  Gri- 
ifoian  fu  invitato  dalla  Grecia  per  succederli.  Go^ 
fimo  animato  da  Ambrogio  Gamaldolense  protesse 
priocìpalmeate  questo  studio.  Avendo  i  Turchi  nel 
1 453  occupato  Constantinopoli,  molti  dì  quei  Greci 
memori  delle  beneficenze  usato  da  Cosimo  a  quelli 
di  loro  naziwie  che  erano  intervenuti  al  Concilio  di 
T.J.  % 


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is  imitOBirzioifK 

Firenze ,  riconero  al  di  lai  pativcinio ,  è  lo  wnìt^ 
chirono  di  preziosi  Gidìci  sahrati  dalle  flamine  dà 
fiarbari:  II  Calcondila ,  l'Argin^ilo ,  Gio.  LaMarì> 
e  Teodcn^  Gasa  furoDo  di  qtwata  numero.  La  Gaaa 
di  Cosimo  era  divenuta  un  Liceo;  e  mentre  quivi  { 
Greti  propagaTano  la  loro  letterabira,  Hlaraìlio  Fi- 
cino  rìsvegliaTa  la  Filosofia  di  Platone.  Rene  Goai'» 
mopO'Si  an&o  la  Repubblica  con  gloria  universale 
nelli  ultimi  anni  della  sua  vita  ebbe  il  rammarico 
di  veder  soacitate  delle  discordie  nel  suo  partito, 
ma  il  rispetto  le  ten&e  occulte  finché  egli  visse.  Mo*- 
rì  il  primo  d'Agosto  14^4  ^^  età  di  76  anni;  ia  sua 
modestia  gli  fece  recusare  (^ai  onore ,  ma  la  Re» 
pubblica  volle  decorare  il  suo  sepolcro  col  glorioa» 
titòlodi  Padre  ddla  Patria.  Fu  untvertalmentecon> 
pianto  dai  Principi  e  dai  Popoli  come  il  più  insigne 
nomo  d'Italia.  La  sua  mn'caLura  fu  tale  che  quan- 
do Alfonso  Re  di  Napt^i  si  collegò  con  i  Veneziani 
conti^  la  Repubblica  di  Firenze  ^lì  potè  con  le  trat- 
te talmente  estenuarli  dì  danaro  cbe  furono  astretti 
ft  pacificarsi.  Pochi  esempj  vanta  l'istoria  di  un  Cit- 
tadino così  glorioso',  ohe  sensa  armi  >  e  con  la  sola 
ammirazione  dèlie  sue  vìrtà  «i  sia  resa  soggetta  la 
Patria. 

~  Pietro  de*  Medici  fti  erede  delle  ricchezseedella 
grandezza  del  Padre ,  ina  non  del  suo  genio.  Cosi- 
mo che  ben  lo  Conosceva  lo  aveva  raccomandato  a 
due  princìpdliarimi  Cittadini  Loca  Pitti,eBiotÌ8alTÌ 
Meroni  perchè  lo  dirìgessero  nelli  a£5irt  della  Repub* 
blica  e  della  mercatura.  Costoro  che  medibvanod' 
ingrandirsi  sulla dilui rovina  per  renderlo odioio  al- 
la Gltìk  gli  proposero  di  esigere  tutti  i  crediti  lasciati 
dal  Padre,  dal  quale  essendo  stati  ingranditi,  e  ri- 
colmati dì  benefizi  >  chbero  la  perfidia  dì  tramare 


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tlfntODDZICBfB  t9 

im»  eoBghm  per  ammassare  il  figlio.  EgU  Kpp« 
prevenirli  con  le  armi;  la  BepubUica  glijHìxcriave 
erùtabiiì  la  Gasa  Medici  nella  prìinitiva  gnindeu, 
Gawtmò  la  BepubUica  per  sei  anni  ;  il  suo  carattere 
&la  probità;  le  sue  infermità  non  gli  pernMUev»-: 
■od'inrigilare  alli  afiàri  dello  Stato,  cbefttrono 
«ari ministrati  dai  principali  aderenti  sotto  suo  nò< 
me.  FaTorìcon somma  liberalità  le  lettere ^prose^ 
gol  la  mercatura  del  I^dr*  e  morì  compiantò  dallin 
Città.  Fu  molto  amato  da  Luigi  XI.  fie  di  Francia^ 
€bo  oltre  ad  averlo  onorato  del  Carattere  di  sua 
€(Mingliere  volle  che  portasse  in  capo  al  amò  sterna 
ma  le  armi  di  Francia.  Lorenzo  suo  primogenito 
benché  giorioe  di  33  anni  assistito  dai  .principali 
aderenti  ddla  casa  ebbe  il  favore  della  Città  •  il 
governo  della  Bepobblica.  Fece  subito  tioaoscere  il 
suo  genio  elevato  non  inferìcM'e  a  qudlo  di  Cosimo^ 
e  nella  impresa  di  Volterra  da  esso  intenmeete  di* 
retta  dimostrò  tanta  prudenza  e  valore  che  si  obblì-* 
gò  subito  l'animo  dei  Cittadini.. 

Era  già  la  Città  ormai  aisaelatto  al  mod«ratt>  4 
dolce  governo  dei  Medici,  e  la  Ivto  graodezza  aveva 
stabilito  i  sum  fbndameoti  nel  cuoce  del  popolo  ;  i 
proscritti  da  Pietro  fecero  dei  tentativi,  che  sempre» 
riuscirono  inutili;  la  fiirza  aperta,  le sediztouieitUf 
molti  più  non  valevano  ad  umiliare  questa  fàmìgUa 
ebe  sempre  riceveva  maggior  vigore  dalli  attacchi 
i  pù  nolenti  dei  suoi  avversar)  ;  per  mutala  l(i  Sisto 
non  vi  èra  altro  caso  che  una  segreta  congiura  pes. 
estcrmìnsrli,  e  ^està  fu  tramala  con  la  più  oerA 
perfidia.  Era  in  Firenu  b  famiglia  de' Pacai  per 
ricchezze  e  per  nobiltà  fra  le  j^n  riguardevoli-  Cof 
Simo  avea  procurato  di  vincolarsela  c(41ocaadovi 
ona  sua  Nipote.  C  invidia  o  l' ìntoUn-anza  di  Ted«r 


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M  OTTROSCZIOIVE 

perpetnarc  il  governo  della  Repubblica  nei  filnliei, 
mentre  essa  se  ne  stimaTa  egualmente  tneriterole, 
la  fece  prorompere  in  qnalche  segno  di  amarezza 
contro  Lcwwzo;  egli  altreà  gli  procurò  qualche  di- 
spiacere per  mezao  dei  Magiitrati.  I  più  risoluti  di 
detta  famiglia  ne  giurarono  la  vendetta ,  e  li  altri 
vi  adeiinAio.  Sisto  IV.  allora  Pontefice  pensava  a 
stabilire  ai  suoi  parenti  una  fortuna  con  1'  oppres- 
sione dtii  Topar^i  della  Romugoa.  Lorenzo  per  di- 
fendere i  -Vitelli  suoi  amici  si  era  o^^usto  alla  ra- 
pacità del  Nipote  di  questo  Papa  che  ne  meditò.  la 
vendetta'  Fu  ccmccrtato  in  Roma  di  uccidere  pro- 
ditoriamente LtvmzQ  e  Giuliano,  furono  spedite 
Trtii^  in  Romagna  p«<chè  dopo  il  fatto  accorres- 
sero a  secondare  la  mutazìime  dello  Stato  che  si  m'e- 
ditava ,  e  il  Papa  volle  che  il  Cardinale  Riario  suo 
nipote  che  si  trovava  a  studio  in  Pisa  ai  portasse  a 
Firenze  per  incoraggire  con  la  sua  presenza'  l' im» 
presa.  Il  colpo  fu  riservato  a  eseguirsi  nel  Tempio 
principale  mentre  l' atto  il  più  fervoroso  della  Ror- 
iigione  distrae  gli  animi  da  ogni  altro  penaiera  Giu- 
liano cadde  ferito  da  mille  ccdpì ,  Lorenzo  fu  difeso 
dal  petto  delli  amici,  e  dai  SacerdoitL  che  lo  rìn- 
cbiu9eronelSacrario.L'Àrcivescovo  Salviaticbedo- 
vea  sollevare  la  Città,  i^^mere  il  Supremo  Hagit 
strato,  ed  occupare  il  Palazzo ,  mal  riescito  in  qae^ 
sto  suo  disegno  fu  impiccato  alle  finestre  del  mede* 
airao;  li  altri  capì  della  congiura  parte  ebbero  l'istes- 
èo  destino,  ed  altri  furono  strascinati  per.la  Città. 
Appena  bastò  l' autorità  dei  Magistrati  è  la  voce  di 
liOrenco  per  trattenere  il  furibondo  Popolo  dal  trat- 
tare qualmente  il  Cardinal  nipóte  il  quale  fu.  poi 
custodito  dalla  Repubblica.  Ogni  Gttadino  si  prer- 
sento  alla  diiesa  di  Lorenzo,  e  la  Repubblica  gli 


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nmtÓDUZIOHP'  ai- 

destinò'  ìuià  Guardia .  Le  proscricioai  e  ta  mort« 
non  futobo  riaparmiate,  ma  qui  non  fiuirono  le  ca- 
lamiti. 

Pieno  di  dispetto  il  Pontefice  vibrò  subito  contro 
la  Repubblica  i  fulmini  della  Chiesa  che  mai  erano 
Matì  scagliati  con  tanta  ingiustizia;  empi  diquere-' 
le  1'  Italia  per  lo  slrauo  che  i  Fiorentini  arerano 
£itto  di  persone  ecclesiastiche,  li  dichiarò  ribelli  del- 
la Chiesa  y  e  unitamente  col  Re  Ferdinando  di  Na- 
poli gli  mosse  la  gunra.  Protestò  inoltre  che  que-  . 
sta  guerra  si  faceva  unicamente  contro  Lorenso,  còl 
di  mi  sao-ìfiEÌo  si  potevano  risparmiare  alla  Città 
e  al  dominio  tutte  le  calamite.  Lorenzo  offrì  la  sua 
vita  perla  salvezza  della  Pàtria,  e  ta  Patria  costi- 
tuì la  sua  salvezza  in  quella  di  Lorenzo.  Erano  al- 
leati della  Repubblica  i  Venemni  e  il  Duca  di  Mi- 
lano; ìprirainonaicrederotionelcasodidovernMin- 
A^  Un  soccorso,  il  secondo  era  pupillo  ed  avea.lo  Stato 
agitato  delle  discordie  civili.  L'esercito  nemico  co- 
nandato dal  Duca  di  GalatH-tasiavvicinava'allàGa^ 
pitale:  Lorenso  temeva  per  se  e  per  la  Patria;  ecol 
hvorc  di  una  tregua  pteae  il  partito  di  portarsi  a 
Màpcdi  davanti  id  Re  Ferdinando.  Le  di  lar  Tfrtù 
sorpresero  quel  Monarca,  ì  suoi  ragionamenti  lo  eon- 
TÌnsero,  «  ottmuta  la  pace  pieno  di  onori  se  ne  tor- 
no-glorioso alla  Patria.  Anco  il  Ftapa  dovè  in  ap- 
]H«feso'padficarsi,  e  i  Turchi  che  attaccarono  Otran- 
to aollrcitanHiorcffettuauone  dì  questi  trattati.  Qué- 
sta óùndùtta  mosse  a  stupore  tutta  T  Italia ,  e  Lor 
rebco  si  aj^licò  a  profittare  della  pace  per  benefiiio 
della  Patria ,  di  cui  ristrinse  il  governo  nelli  ètnici 
sooi  pili  sicuri.  Fino  a  questo  tempo  la  Casa  Medici 
non  ricuiosceva  la  sua  grandezza  che  dalla  Patria, 
queste  vicende  fecero  ben  comprendere  a  Lc»vnzo 


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a»  Un'HODOZlpNE 

che  era  Becessario  il  farsi  grande  ancwa  aenn.la 
Patria  ;  coltÌTÒ  perciò  l'amicizia  d'Innocenzìo  Vili. 
nuovo  Pontefice,  delReFerdinando^e^DelIadiliO- 
doTÌco  Sfona.  Con  ì  doe  ultimi  nel  1480  stabilì  per 
a5  anni  una  Lega  per  tener  quieta  l'Italia  e  ìmpe- 
àw  ai  Veneziani  dì  maggiormente  ingrandirai.  M&< 
l'ito  una  sua  figlia  a  Francesco  Cibo  %lio  del  Papa, 
e  potè  aver  GioTanni  suo  secondogenito  Cardinale 
in  età  di  1 3  anni.  Ornò  la  Città,  e  protesse  le  lette- 
re e  i-letterati.  Fu  suo  precettore  (>itito&noIiandi' 
pi  restauratore  delle  lettere  latine,  e  il  Poliziano  fu 
foo  cojmpagno  di  stud).  Marsilio  Ficìno,  e  Pico  della 
^tirandola  erano.suoi  familiari  ;  celebri  sono  l'Ac- 
x:ademia  e  i  C^nviUPlatonicì  istituiti  a  Care^.  Fon- 
dò in  Pisa.  rUniversìtii  avendoTÌ  stabilito  i  Profss- 
«iri  più  eccellenti  nelle  Arti;  fa  amante  della  poe- 
sìa, fd  ^U  stesso  poeta;  spedi  il  Lascari  in  Grecia 
Iter  acquistare  àfii  codici,  ed  arricchirne  la  sua  Bi- 
hliotoca.  Desistè  dalla  mercatura,  e  rinvesti  in  fondi 
Xvni  i  suf]^  capitali  ;  i  suoi  nemici  gli  rimprovc^- 
row  di  avere  espilato  Ferario  del  pubUìco.  Bforì  in 
jCtà  di  43  anni  iwll'  Aprile  1^93. 
■  Qiie^  perditafurepoca  delle  calamità  dell'Italia; 
)>r9du8de  aUa  Casa  Bledid  infinite  disgrazie,eallaBe- 
pubbUca  ^  sua  totalerovina.  PijeCro  suo  prim<)genitp 
f  bb^^cilmente  il  governo  dello  Stato,  ma  inièriore 
al  Padre  in  tutte  le  sue  qualità  ben  presto  se  ne  mo- 
Atxò  indegnp.  L'Italia,  benché  divis»  in  tanti  pÌoc(di 
pripcipa  ti,era  pprò  dominata  da  quattro  principaJiPo. 
tmze.La  Repubblicadi  Venezia  era  la  più  Cu-midabile 
ed^fpiravaalla  conquista  di  tutte  le  altre  per  fondare 
)a  Monarchia  universale.  Il  Ae  di  Napoli,  il  Pàpa>  e 
il  Dwa  di  Milano  si  aquilibravanoscanUiieTolmentc 
fra  loroXa  Repubblica  diFìir«nw  era  muFotieiuw  at- 


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fNTBtXDUZIONB  ni 

•(Hidaria,cbeperla8iiR  situauoiie>perlencche.zze,e 
perii  sistema  politico  finwa  adottato  dai  Medici  ga- 
nggiava  ciai  le  altre.  LiorenBoiroagi(iòch«uaaLeg4 
tra  il  Re  di  ffapoli ,  la  Repubblica  di.  Firenze,  e  il 
Duca  dì  Milano  fbne  battaote  a  reprìmere  i  Vene- 
■ianì  jateoer  quieto  il  Papaie  ad  assicurare  la  tran- 
^nillità  dell'  Italia ,  e  fiacbà  visse  invigilò  sempre 
all'oBserTanBa  di  questo  trattato.  Le  Potenae  oltra- 
montane fino  a  queAo  tempo  non  ai  erana  infante 
negl'  interessi  d'Italia.  L'Impero  sviluppaodosi  dal- 
l' Anarcbia  feudale  e  riduceDdosi  a  una  confèdera- 
sionef  si  filmava  unaPotenaa  assai  TÌgoros».Li  Fran- 
cia ào^  che  Luigi  SJ.  area  abbattuto  l'oigogUo  dei 
Grandi  arerà  delU  Eserciti,  e  un  Be  giorine  deside- 
roao  dì  gUnia  ;  la  piagna  per  V  uoìone  dei  due  R»- 
gni  di  Gastiglìa  e  dì  Aragona  rìnniva  ancora  le  .finv 
te;  la  mercatura  cominciava  a  declinare  in  Ita- 
lia ,  e  prìncipalmeDLe  in  Toscana.  Le  Gita  Ansea- 
licbe  si  erano  messe  in  possesso  di  tutto  il  comoier- 
cio  del  SettentEione  ;  a  la  Fiandra  arca  le  mif^orì 
ittanìGittucc.  Oant,  Bruges,  e  Anversa  non  invìdia- 
Vano  le  {aaxae  prìncipali  d' Italia.  Le  proscrixiotii 
«Teano  assai  indebolUo  il  commercio  di  Firenze , 
dove  i  Medici  non  erano  più  Mercanti,  e  le  princi- 
pali famiglie  già  cominciavano  a  imitarli.  Colombo 
«  i  Poiti^heai  facevano  delle  scoperte,  e  preparava- 
no la  ftan  cràse  ddl'  Europa.  In  tale  stato  di  cose 
Pietro  de'  Medici  assunse  il  governo  della  Rqnbli^ 
ca,  giovine  seoEM  c«uiglio«  pieno  di  orgo^io,diè 
lasciandi>si  trasportare  dalle  insìnoauonì  delU  Or- 
sini suoi  parenti  disfece  in  un  momento  qncl^  che 
fioo  Padre  avea  edificato  eoo  tanto  travaglio. 
-  Lodovico  Sfiona  ToUhv  del  giovine  Duca  di  Mi- 
Uno  era  UDojspirito  turbolento  e  ambizioso,  ianiOT 


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a4  1NTR00DZI<»|£ 

do.  chenoB  Tolendo  deporre  la  tutela,  ne  nàcque» 
delle  domestiche  diasensioni  ccm  la  Madre  del  Duca 
la  quale  Y<Ale  interessarTÌ  il  fie  Ferdinando  di  Na- 
poh  suo  Padre.  In  tal  circostanza  Pietro  de'Hedid 
si  UDÌ  strettamente  al  Re^  e  fu  causa  che  si  scioglies- 
se la  Lega  fatta  da  Lorenzo ,  e  che  all'  opposto  Io 
Sforza  si  coUegasse  con  i  Veneziani ,  e  che  ad  am- 
bedue aderisse  Alessandro  VI.  PonteBce  disgustato 
per  altre  ragioni  del  Re  Ferdinando  e  dei  FioTenti- 
ni.  Di  ciò  Don  contento  lo  Sforza,  pensò  d'invìure 
in  Italia  Carlo  Vili.  Re  di  Francia,  per  £ir  valere 
con  l'armi  le  ragioni  della  Casa  d'Angiò  std  Ragno 
dì  Napoli.  Questa  novità  sconcertò  U  amici  e  nemici 
dello  Sforza ,  e  in  appresso  anche  lo  Sforza  mede- 
simo. Si  fecero  dei  tentativi  per  impedirla  ^  ma^  la 
mòrte  del  Re  Ferdinando  lì  rese  inutili,  eCarlo  VUL 
fli  dispose  risalutamaite  a  questa  spedizioDe.  Perciò 
spedi  a  tatti  i  Principi  d' Italia  Arnhàsciaton  per 
domandare  il  passo  libero  e  i  vÌTeri>  e  ai  Fiorentini 
in  particolare  un  soccorso,  e  l' alleanza;  ma  Pietro 
risolato  di  correre  la  fortuna  delli  Aragonesi  òp«rò 
che  non  ottenessero  dalIaR^ubUica  veruna  oonclu>- 
dente  risoluzióne ,  ed  esso  medeùmodi propria  au- 
torità impegnò  la  Patria  ad  tuia  dichiarata  resisten^ 
sa  ai  Francesi.  Erano  i  Fiorentini  naturalmente  piti 
inclinati  ^la  Francia  che  alliAragonen,  perchè  me- 
mori dei  tenti  da  essi  sofierti  a  tempo. di  Lorenzo  , 
«perchè  molti  di  essi  esercitando  la  mercatura  a 
Lione  erano  stati  sempre  ben  trattati  da  quella  Go> 
rana;  lo  stesso  Pietro  col  suo  contegno  arbitrario  ed 
«rrogante  si  attirava  1'  odio  della  moltitudine ,  la 
quale  già  prevedeva  che  egli  ambiva  all'assolata  So- 
vranità della  Patria.  In  tali  circostanze  giunto  Gar- 
ìo  YUI.  alle  frontiere  d«l  Detaùjiio  in  Luiiigi«u> 


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tenUMcto  pRtro  la  rsvina  pn^ìa  e  quella  dell;^  Re- 
pttbbticA  8  imìtazioDe  del  Padre  pensò  dì  portarsi  da- 
TBfttiaqnelRe.  Ttdta  la  gloria cheriportòdaquesta 
jpedisione  fu  di  doverli  consegnare  le  principali  for-  - 
teue  del  Domisio)  e  segnare  una  vergognosa  capi- 
toiaiione.  Tal  novità  commosse  i  Magistrati ,  e  la 
sua  [vesenxa  irritò  la  moltitudine,  che  poco  tard(S 
a  dichianrlo  rilwlle  e  ad  esiliare  dalla  Gttà  la  sua  fa- 
mìgUa .  Gosltìaì  il  Principato  della  Repubblica  nella. 
Cera  Medici ,  che  preparato  dalla  prudènza  di  Gio- 
vanni  di  Bicci  fu  solidamente  stabihto  da  Cosimo 
Padre  deUa  Patria  nel  i434-  e  per  lo  ^zio  di  60. 
anni  continuato  nei  anoi  «uccesaori  fino  9I 1 494*  -^ 
massima  di  questo  Governo  fu  di  equilibrare  la  No-- 
lùkà  coD  la  Plebe,  e  mantenere  l'^uaglianza  frai 
Cittadini.  Tiriti  Uaffiir^ei  amministravaDoconl'au- 
torìtàdn  Mostrati,  ed  i Medici  non  sì  attribuiva- 
no  altra  superiorità  che  qnella  che  li  era  accordata 
dall'  osBequìo  e  dallaopinioae  del  Pubbtico.  Sicco- 
me erano  d^itorì  alla  Patria  dì  questa  grandezza, 
fcodsta  unicamente  sulla  pubblica  stima  ^  perciò 
era  neceasaria  la  virtù  per  «ostenerla ,  né  è  maravi- 
vigiia  ae  Cosimo  e  Lorenzo  si  resero  V  ammirazione 
d^'£vropa  ;  ben  diversi  però  furono  quando  dive- 
notìgram^sensala  Patria  doverono  sostenere  la  loro 
grandezza  sulle  rovine  della  Patria  medenma. 

s-ra. 

Maggiore  elevazione  della  Casa  Medici ^  e  suo 
stabUimento  netf  assoluta  Sovranità  detta  To- 
scana per  opera  dVCarlo  F". 

Partiti  i  Medicf  dalla  Città  l'animo  dei  Fiorentini 
n  applicò  subito  a  stabilire  una  fcffma  di  Govn^Oj 


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s6  nrmoDiTZioHE 

1»  di  ,cui  sicurezza  dipendesse  dall'allontanamento 
di  detta  iàmiglia  ;  pwcid  siccome  la  somma  d^ 
afiàri  si  restringeva  [vima  in  un  Consiglio  dì  ao^ 
LXX  Cittadini ,  fu  determinato  di  ammettere  alla 
partecipazione  del  Governo  tutti  i  descritti  anco  alla 
arti  minori.  Pensarono  ì  nuovi  Riformatori  esser 
questo  un  mezzo  efficacissimo  per  elevare  lo  spirita 
del  Popolo  ed  impanarlo  a  aoa  tenere  la  sua  libertà; 
il  fanatismo  fu  preso  in  soccorso  per  questa  opera- 
zione, e  Fra  Girolamo  Savonarola  Domenicano  servi 
d' istruraento  per  ispirarlo.  Costui  sotto  V  estericav 
dell',  austerità  Claustrale  covava  la  più  fiirte  amM- 
moaéf  e  il  più  sfrenato  desiderio  di  dominare;  l'e- 
sercizio CMitinuo  della  predicazione  li  avea  resa  la- 
mitìare  la  moltitudine,  e  l'applauso  che  ne  ritraeva 
li  faceva  guatare  il  dtdce  di  questa  passicme  ;  elli  era 
ricbÌBSto  di  consiglio  nelle  contigenze  le  più  scatro- 
se ,  e  nelle  discordie  era  ricercata  sempre  la  «uà  me- 
diaiione;  Io  stato  tranquillo  rendeva  inutile  la  sua 
attività,  «  perciò  odiava  il  governo  de  Medici,  e 
promoveva  l' Anarchìa  pillare.  EUi  fii  che  pi'opo- 
se  in  questa  o<;casioDe  l'erezione  del  Gran  ConaigUo^ 
inspirò  al  popolo  la  ferocia  e  lo  Sfùrìto  di  sedizione, 
e  oceupandcjo  nelle  inutili  specolazioni  b  distraeva 
dalle  lettere ,  e  dalla  mercatura.  Costui  sotto  l' ap- 
parente zelo  di  t^liere  1'  occasioue  di  prevaricare 
ablMiiciò  quanti  manoscritti  potè  trovare  nella  Gt- 
tà  invitando  i  suoi  devoti  a  ctmcorrere  a  questa  nuO' 
va  forma  di  sacrìGzio;  divìse  la  Città  in  fazioni, si 
(liiHiiarò  Profeta  ,  e  resiste  apMtamente  ai  decreti 
del  Papa  ;  volle  confermare  la  sua  dottrina  con  l'e- 
sperimento del  fuoco,  ma  le  fiamme  lo  spavmtaro- 
IMI.  Fioalmenta  la  Repubblica  stimolata  dalle  ri- 
chieste  del  Pentefice  fece  arrestare  questo  ma  Iq^ 


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niTRODUZIOlQ!  7» 

Atora  ,  dopo  averlo  conTÌnto  per  fanatico  e  per  ìm»; 
poetore  lo  fece  impiccare  e  aUirudaru  nella  pabbli- 
ca  Piasn.  Bleatre  FìreDie^era  agitata  internamente 
da  querto  Frate,  Piaa  ribellatisi  della  Repubblica 
■osteneTa  la  sua  libertà,  e  Pietro  de  Medici  con  l'aia- 
to  dei  Senesi  tentava  di  ricuperare  la  Patria.  La  spe- 
dmone  di  Carlo  Vni.  aveva  scomposto  il  sistema 
politico  e  militare  d' Italia  ^tutte  le  Potente  Italia- 
ne cederoao  al  di  lui  furare  e  il  Begnodi'^apt^  fu 
cMiquistato  cMi  una  cel^ità  senza  esempio;  il  pe- 
ricolo comune  suggerì  i  mesii  per  la  difesa ,  e  riu- 
nite le  ùx%e  di  tutti  si  posero  in  grado  di  resistere 
■1  Conquistatore.  La  massima  dell'equilibrio^dottaT 
ta  in  pxigreBBQ  da  tutte  le  Poterne  per  rc^larela 
ipusta  distribuzione  delle  Suste  ddli  Stati  cmnpo- 
nentì  il  sistema  dell'  Europa  era  già  praticata  in  L 
{alia  Paese  diviso  in  tanti  Ihrincipati ,  dove  oascu* 
no  avea  motivo  di  temere  di  tutti.  Lorebao  de  V^ 
dici  era  stato  il  primo  ad  imaginarla  e  ad  effettuarla 
nel  1480.  allorché  concbiuse  la  lega  col  Re  di  Na<- 
poli  e  col  Ihica  di  Milano  per  cootraporsi  alte  flan$ 
del  Senato  Veneto  divenute  ormai  preponderaatL 
Gin  questo  prmcìpio  adunque  fu  stabilita  una  L^ 
in  Venezia  tra  il  Papa ,  quella  R^>ublica ,  e  Lodo- 
vico Sfbna  divenuto  Duca  di  Milano,  e  in  essa  fu* 
fono  comprese  due  Potenae  Oltramontane  cioè  Blas- 
rT''*nif  I.  Imperatore  e  Pedinando  il  Cattolico. 
I  m^  Fiorentim  non  vi  vollero  accedere  pnrcbi  {hù 
delli  altri  si  erano  vìno^ti  coni  Franerai,  e  perchè 
credevano  con  l' aasistensa  di  quella  Corcma  poter 
pia  ftcibncnte  sostenere  il  loro  governo  popolue  « 
tenore  esuli  i  Medici.  Questo  errare  di  politica  fU 
raddoppiò  i  bavagli  perchè  indebolite  le  Ioth  dei 
FnncMÌ  in  ItaUi,  Pisa  cUt  dcd  aocconi  dalk  Icg«, 


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iS  INTROlKTZIOMÈ 

e  in  eonseguenu  maggiori  furono  i  traTagti  |ierri- 
CDpenirla. 

Gessato  in  Italia  il  timore  dei  Francesi, la  divei** 
sita  d^l'interessi  discitìlse  facilmente  la  Lega.  I 
Veneziani  che  aspiravano  a  qualche  considerabile 
acquisto  sul  Littorale  Toscano  ynaero  la  protezione 
dì  Pisa  e  in  cons^uenza  dichiararono  k  guerra  ai 
Fiorentini  ;  a  questi  aderì  il  Duca  di  Milano  per  equi- 
brare  le  forze ,  e  mmtre  ai  gaerr^giava  intomo  Pi- 
sa con  danno  notabile  di  quelle  Campagne ^  altra  si- 
mile devastazione  si  faceva  in  Casentino  dove  ì  Ve- 
neziani aveano  &tto  una  diversione.  Pietro  de*  Me- 
dici era  divenuto  il  gioco  della  fortuna;  ciascuna  Po- 
lenza^  quando  avea  bisc^od'incuter  timore  ai  Fio- 
rentini, li  prometteva  di  rimetterlo  in  Patria.La  Re- 
pubnlica  era  agitata  dallo  spirito  tumultuario  della 
moltitudine,  e  dagl'interessi  dei  particolari,  che  la 
dominavano:  essa  avea  per  Segretario  il  Macchia- 
vello  senza  conoscerne  il  merito  ;  e  intanto  ai  la- 
sciava'trasportare  dalle  jnrediche  e  dai  cobsiglidi  un 
Frate  fanatico.  Pisaerari^gettodell'avidìtàdimol- 
ti  ;  ma  uite  nuova  revoluzione  mutò  inaspettatamen- 
te gl'interessi  degl'Italiani.  Luigi  XIL  era  succedu- 
to a  Carlo  Vili  ;  inasprito  ccmtro  il  Duca  di  Milano, 
che  dopo  a  ver  chiamato  il  suo  antecessore  in  Italia 
gli  avea  così  fieramente  contrastato  ilrìtomo;  pen- 
sò di  valersi  delleragiooi,  che  gliaicompeterano'sa 
quel  Ducato.  Per  ben  rìeseirri  si  collegò  con  i  Ve- 
neziani, i  quali  perciò  aU»ndonarono  la  protezione' 
dì  Pisa  e  la  guerra  con  ì  Fiorentini.  Anche  il  Papa , 
che  aspirava  a  formwe  uno- Stato  a  Cesare  Bòi^a 
suo  figlio^  concorse  vofentieriall'impresa» Milano  fu 
conquistata^  e  Lodovico  Sforza  dovè  finire  i  saoi  gior- 
ni in  una  oscura  prigione.  Cesare  Borgia  detto  dipoi 


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HfTBODDZIOHE  ay 

il  DoCa  Valentiiio  esferitaìnò  i  Feudatarj  della  Ro*> 
Kqagiia  j  ma  il  Teleno  e  i  tradimeDti  fuBono  le  sue 
futtae  jvincipali.  I  Re  di  Francia  e  di  Spagna  sì  di- 
vuero  il  R^no  di  Napoli  che  finalmente  dopo  osti- 
nata guerra  rimase  tutto  in  potere  della  ^gnfi.  In 
questa  occasione .  fini  di  vivere  Pietro  de' Medici 
aommeno ' nelle  acque  del  Garìgliano,  dove^  ser- 
vend»  al  Re  di  f^rancia,  si  ritrovò  alia  sconfitta  dzU 
all'esercito  di  quel  Re  da  Gonsalvo. 
DQpo  la  morte  di  Pietro  de'MedicirestavanoancOTadi 
oneaU  famiglia  ilCardinale  Giovanni  firatello  del  me- 
deamo,  il  quale  fino  dall'eli  dì  i8  anni  etal^gito 
P<aitificio  nelle'  Terre  del  Patrimonio,  Lorenzo  fi^ 
glìo  di  Pietro  in  et&  molto  tenera,  e  Giulio  figbo 
naturale  di  Giuliano  ucciso  già  nella  cougiura  4^1 
Pazzi.  Una  lunga  serie  di  avvilimenti  preparava  a 
tutti  questi  individui  li  loro  particolare  graodezia: 
Era  l'Italia  nel  punto  delle  suic  maggiori  calamità: 
il  Regno  di  Napoli  desolato  dalle  armi  Francesi  e 
Spdg  noie  ;  la  Romagna  devastata  da  Valentino  ;  la 
Toscana  angustiata  dalla  guerra  di  Pisa ,  e  Firenze 
agitata  neir  intemo  dalla  turbolenta  sua  costituzio- 
ne; il  Oucatodi  Milano  distrutto  dalle  armi  France- 
sine finalrd  ente  tatto  era  disordine,  e  sconvolgimen- 
mento.  I  popoli  oppressi  dalle  gravezze  e  dalle  ves- 
aaaoni  abbandonavano  il  Commercio  e  l'Àgricpl- 
tura.  L'America  era  scoperta^  e  l'Italia,  cbe  prima 
jcra  il  centro  della  mercatura,  aj^na  restava  nella 
prconferenza.  Le  maai&tture  richiamate  dall' utii- 
le,  e  spinte  dalla  violenza  passavano  i  monti;' e  a 
Firenze  restava  solo  la  gloria  che  un  suo  Cittadina 
avesse  dato  il  pome  a  quella  nuova  parte  del  globo, 
I  soli  Veneziani  avcano  saputo  ritrar  proQtto  da 
pinte  calamità ì  la  ,luro,na,vigazione  in  Egitto,  la  sì- 


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Su  TNTROStTZIONE 

curezzft  jet  Gólfo ,  U  qaietó  della  Capitale  e  del  Do^ 
minio  olb*  il  mantenerli  in  possesso  della  meroi'- 
tura  del  Levante  aveano  anche  riconcentrata  quivi 
tutta  quella  d'Italia;  e  perder  opulenza  e  la  fané 
gli  rendeano  superiori  a  tutte  la  altre  Nasoni.  Ld 
loro  costituùone  ben  diretta  per  riunire  in  un  «old 
apirito  la  volontà  di  tatti ,  conforme  in  tutte  le  sud 
Operaaioni^  e  senza  poter' essere  alterata  dai  parti- 
colari in  teresB)  avea  inalzatola  Nazione  al  punto  della 
•oa  maggiore  grandezza.  In  tutte  le  accennate  re- 
Toluzioni  aveano  vmduto  la  Ioto  alleanza^  e  perciò! 
parte  per  trattato,  e  parte  con  le  armi  aTeanoacqui-> 
stato  i  migliori  Forti  dei  B^no  dì  Napoli,  Raven- 
ntf  «  Altre  Città  nell'Esarcato;  estèso  il  levo  domi- 
nio nel  Friuli  e  smembrato  delle  migliori  piazze  il 
Duetto  di  Milano.  Tanta  potenza  già  minacciava 
l'Italia  quando  salì  al  PcMiU^càto  Giulio  II:  H  ge- 
irio  politico  e  guerriero  dì  questo  I^pa  conobbe  ù 
giusto  punto  dì  questa  forza  e  sì  applicò  validamen- 
te a  reprimerit;  collegò  a  Gambrai  l'Iinjperatore  ^ 
i  Re  di  Francia  e  di  Spagna  contro  quella  Repob- 
Uica,  e  labaOdglìa  di  <Shìaradadda  fb  l'epoca  fa- 
lde deHa  di  lei  decadenza.  L' avvedutezza  di  quel 
Senato  seppe  a  prezzi  diversi  comprarsi  ia  pace  da 
aleaiii  d^  suoi  nemici  e  salvarsi  dall' ultima  dcso- 
laziODe.  Anche  i  Fiorentini  aveano  recuperato  Pisa 
eocr  pagare  rilevanti  somme  ai  Francesi ,  e  alli  Spa- 
gnoli perchè  non  la  soccorressero. 

Il  felice  suecewo  di  questa  Lega  inspirò  nel  co»» 
te  delFintrapretodmte  Pontefice  un  madore  orgo- 
glio e  nuovi  pensieri  ;  s'imagìoò  di  potere  scacciar* 
dalf  Iteli»  le  FbtenzeoltramonUDe^e  cominciò  dal 
formare  ma  Lega  coatro  i  Francesi.  J  primi  ad 
avervi  interesse  furono  i  Veneziani ,  poi  il  Re  di 


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SmODUZIOtVB  3ì 

9p»ffiM\  «  fimlmente  l'Imperatore  e  il  Rè  d' laghili 
tom-  Le  amiì  Francesi  con  la  TÌttorìa  di  RaTenna 
Sbcsto  tremare  questo  Papa  gaorriero  nel  caore  dei 
•noi  Stati  medesimi;  ma  dopo  che  la  Itbnarcbìa ■! 
Tide  attaccata  da  tre  Potenze  in  tre  diversi  lati  do-> 
Tè  cedere  all'Italia,  e  cootentarsi  aolo  di  aTcr  goar- 
nigioae  nel  Castello  dì  Alibno.  Mentre  in  tal  guisa 
lltaliaera  aitata  dal  feroce  spinto  del  Papa  Gialio, 
la  ReptdkUi  ca  dì  Firenze  profasaifTa  im'«satta  iiei»< 
traKtà  per  ristorare  dalla  guerra  di  Pisa,  e  dalli 
diorsi  rìgoardeToU  £itti  alle  Poterne  per  sostener- 
si.* Un  solo  errnv  area  commesso ,  ma  per  esMr  fkt* 
to  contro  il  Papa  dorea  prevedere  che  non  li  sareb- 
be mai  perdonato.  Tentò  Luigi  XII.  di  sollevara 
contro  il  Papa  la  Chiesa  medesima ,  e  perciò  arerà 
ordito  DO  Concilio  àostnmtodapocfaiGardindli,cbe 
1^  si  erano  ribellati.  Per  renderli  più  sensibile  que* 
sto  oltn^o ,  e  per  richiamare  maggior  numero  di 
Prelati  imagioò  dì  radunarlo  rìcino  a  Roma  «su- 
gli occhi  del  Papa  ^  e  a  tal  eflbtto  ì  Fiorentini  gli 
concessero  Pisa.  Svanì  da  per  se  stessa  quesu  cbi- 
mera;  masi  accese  in  Giulio  (I^  il  desiderio  di  rea- 
dicarsi.  EralaRepubblica  molto  agitata  nell'interno 
dalle  discordie  e  mala  contentézza  dei  Gttadini.La 
somma  dell'  autorità  pubblica  si  riduceva  in  due  e* 
stremi  direttamente  contrari  fra  loro^cioinellcde* 
liberaiioni  del  Gran  Consiglio,  che  in  tanta  multi- 
todìne  di  persone  erano  per  lo  più  dirette  dal  pri- 
vato interesse ,  e  dalla  rulontà  di  Pietro  Soderini 
Gonfaloniere  perpetuo,  Uomo  atto  a  guadagnarsi  ri 
brore  del  Popolo  ceni  lì  nlBcj  A,am  t'ossequio,  ma 
non  dì  spìrito  elevato,  e  dì  talentìcapaò  per  il  go- 
verno dì  una  Repubblica.!  Medici  già  aveano  nella 
Città  delle  occulte  corrispondenze  ;  e  il  Cardinal* 


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3»  tMT&OStZIONE 

GtóvaDDÌ  imitando  Loreozo  suo  Psdre  era^ìk  l'anl'^ 
mirazione  d' Italia.  Troppo  grata  «ra  ai  Fiorentioi 
la  memona  dei  felici  tempi  di  Cosimo  e  di  Loreo- 
to,  e  l'imbecillità  del  Soderini  non  valeva  a  far- 
gliela obliare.  Dopo  l' espulsione  dei  Franced  d'Ita- 
lia egli  non  seppe  prender  parato  con  la  Lega ,  la 
quale  prevenuta  dal  Papa  deliberò  di  rimettere  ia 
Firenze  la  Casa  de' Medici.  Il  Cardìoale  Giovanni 
Legato  dì  Bolina  con  le  truppe  del  Papa  e  il  Gar- 
dona  Vice-Re  di  Napoli  con  le  truppe  Sp^^nole  ai 
accostarono  ai  confini  per  attendere  la  deliberazione 
della  Repubblica  a  cni  aveano  domandato  cbe  si  de- 
ponesse il  G<mfaloiiiere,  e  si  richiamassero  i  Medici. 
Il  Soderini  propose  al  Gran  Consiglio  il  peggìor  par- 
tito, e  fu  di  rimettere  ì  Medici  come  privati  fermo 
stante  il  Gtmfaloniere.  Questa  fu  la  replica  fatta  ai 
Collegati,  chesenz'altro  trattato  sorpresero  Prato,  e 
lo  saccheggiarono.  Tumultuò  Firenze  a  favore  dèi 
Medici  i  quali  entrati  con  la  truppa  nella  Gttàecon- 
vocato  il  Popolò,  rìatabìUroDO  il,GoTemo  hell'istessa 
forma  che  era  avanti  il  i494i  ecosì,  dopo  diciotto 
anni  di  esilio  nel  i5ia  ritornò  questa  Famiglia  nella 
sua  primitiva  grandezca.  .'        ".> 

■  Ritornati  i  Afedici  in  Patria  Lorenzo  figlio  di  Pie- 
tro ìissunae  la  Dittatura  della  Repubblica  sotto  la  di- 
rezione di  GiuhaDo  suo  zio;  avendo  con  dispostoli 
Cardinale  per  conservare  questa  pren^ativa  nella 
linea  primogenita.  Il  Governo  fu  ristretto  in  pochi 
Cittadini  i  più  attaccati  agl'interessi  di  quella  Fa'- 
miglia^unatal  mutazione  però,  se  non  fosse  stata  as- 
«stita  dalla  forza  non  avrebbe  certamente  potuto 
sussistere.  Fremevano  internamente  molti  incede- 
re che  una  famiglia  a  loro  eguaTe  facesse  valere  eoa 
la  forza  come  un  diritto  ereditario  quello  che  i  suoi 


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loitmati  aTeiBo  goduto  per  mera  coneémobétcat^ 
ponrìa  dei  Cittadini;  gli  afBig^va  ancon  il  rìflH- 
tere  che  i  Uadàci,  confante  ormai  n^le  passale  ca- 
lamità  le  pn^ie  ricchezze,  non  potevano  aoeteoeve 
ia  loro  grandezza,  se  non  con  l'erario  ddla  Rqmb. 
falica^il  quale  esausto  già  per  baiti  travi^U  aofièrti, 
aveva  an  il  nvovo  a^;ravìo  di  aosetoere  il  fiato  dì 
ona  Fara%lia  domÌDatrìce.  A  tatto  questo  si  a^nn- 
geva  che  in  dicìotto  anni  di  assemadaUa  Patria  a»* 
eoe&tti  i  Medici  a  vivere  in'  Roma  e  ndle  Corti  à 
Mano  già  scordati  dellì  un  e  maniere  cittadÌMScfae, 
edavevano^^resoperattodiallerigiaedi  disprezzo 
tatti  quei  medi,  che  sembravano  estranei  alb-Ottà. 
Qoesti  sentimenti  produssero  al  Cardinale  una  con- 
gìiva  che ]toi  scoperta,  corto  ad  alcnu  la  vita,  e  ad 
altri  la  perdìu  della  Patria.  La  morte  (K  Giulio  U., 
e  V  esaltazioa»  del  Cardinale  de'Hedid  al  Pontifi- 
cato stabili  più  solidamente  questo  Governo.  II  nuo- 
vo Pontefice  Leone  X.  era  in  tatto  cosifbnnea  Lo- 
raizasao  Padce^il  suogewo  elevato ,  la  sua  libe- 
ralità ,  b  magnificenza ,  e  le  Ictlere  fecero  i^lan- 
(Kre  da  tutta  l'EuFC^  questa  riemme.  Egli  era  l'u- 
DÌco.che  petesw  far  riaocgcra  le  lettere  i^ipnssegià 
»eUa  loro  naarita  daDs-  passate  calamità  ,  e  fissare 
ndli  auMli  daU»  Itettécatura  on'c^wca,  cbe  sempee 
sarà  memorabile.  La  Porpora  Ecclenaatìca  divenne 
il  premio  dd  piò.  naerìtevoli  per  questa  parte  ;  e  ìs 
Bibbotedie  più  insigai  conservano  ancivà.  ì  ta/m.9~ 
mesti  deUc  di  lui  premure  perla  propagazioned^ 
rtudf.ABcbe  la.Pattta  parteeipòdi  qiuste  soe  di^KH 
sizitHii,  perchè  ristabilito  in  Pisa  lo  studio  decaduto 
per  eagien  della  gneirr»  assegnò,  per  snasidÌQ  al  me- 
dc«im»  le  decime  da  esigersi  daÙi  Bcclesiàsfici  ddl 
TI.  3 


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34  INTRODUZIONE 

Dominio^  Concesse  molte  grazie  ai  Corpi  della  Cit- 
tà; creò  Cardinali  molti  Fiorentini  ;  ed  in  tal  guisa 
forti6ci>  il  partito  della  sua  famiglia-  Giuliano  suo  fra- 
tello fu  dicliiarato  Generale  di  S.  Chiesa,  e  contra»- 
se  matrimonio  con  la  Sorella  del  Duca  di  SaT<^a  ; 
ebbe  dal  Re  di  Francia  il  Ducato  di  Pfemoura,  e  dal 
Re  d'Inghilterra  l'ordine  della  Giarrettiera  ;  ma  po- 
co godè  di  tutti  questi  onori  percbè  nella  più  bella 
età  fu  rapito  da  una  malattia,  mentre  si  pensava  a 
formarli  uno  Stato  nel  Regno  di>  Napoli.  GiùUo  cu- 
gino del  Ps^-fia  Arcivescovo  di  Firenxc  j  poi  Car- 
dinale ,  e  L^ato  di  Bologna.  Lorenzo  fu  Duca  di 
Urbino  avendo  il  Papa  spogliato  la  casa  della  :IÌo* 
vere  dì  quello  Stato.;  ma  questa  violenza  non  piro< 
dusse  alb-o.che  una  dispendiosa  guerra  per  la  Re> 
pubblica;  ebbe  breve  vita,  edal  suo  matrimonio  con 
Maddalena  di  Bonlo^e  non  lasciò  che  una  figlia  che 
fu  poi  Regina  di  Francia. 

Dopo  cbeper  trista  iàtaiicà  dì  questa  Famìglia  era- 
no periti  tutti  qneUiy  che  doveano  propagarla,  i  ba- 
stardi ne  sostennero  la.  grandezza  e  lo  splendore.  Il 
Cardinale  Giulio  assmise  il  goveruodolla  Repubbli- 
ca e  benché  fosse  Legato  dì  Romagna  trasferì,  in  Fì- 
renzelasuaRefiideoza,ed^utò  per  capo  del  Governa 
in  sua  asseniail  Cardinale  Sii  vioPas8erinìd«CortODa< 
Tentarouoi Francesi  di  farlo  scacciare  daUaPatria, 
movendo  contro  la  Repubblica  le  loro  .forse  dalla 
parte  di  Sieuti;  ma  inutili  riescirono  ì  Ino  disegni. 
Soffi-i  anche  una  congiura,  che  poi  avanlcon  danno 
dei  congiurati.  Riunitisi  '  in  esso  per  dooaaione  di 
Lèone-X. tutti  ì  Beni  delle  ca8a;Madicì  imitò  la  li- 
beralità e  magnificenza  de'suoi  antenati.  Le  sue  Le- 
gazioni in  servizio  della  Santa  Sede,  i.suoi  nego- 
ziati cou^gl'Imperialie  con  i  Francesi, e.finalmenle 


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iNTRODOZfONP  3S 

k  mala  contentezza  della  Corte  dì  Roma  del  Ponu 
tificato  4i  Adriano  VI.  gli  meritarono  l'agsunùone 
al  PapatQ^  in  cui  prese  ilnoine  di  Clemente  VII. 
Nourestava  di  legittima  discendenza  del  Gran  Cosi- 
moj  se  non  Caterina  figlia  del  Duca  Lorenzo  in  età 
assai,  tenera  ;  vi  erano  però  due  bastardi  Ippo^to  ed 
Alessandro;  il  primo  nasceva  dal  Duca  Giqliano  e 
da  una  Dama  Urbinate;  il  secondo  da  una  Serva  di 
Casa,  incerta  se  l'avesse  generato  il  Duca  Lorenzo-, 
ovvero  il  Cardinale  Giulio»  Il  Papa  spedi  a  Firenze 
X[^)olitQ  il  pn  adulto^  perchè  sotto  la.  direzione  del 
Cardinale  Silvio  assumesse  il  governo  della  Repu- 
blica  e  si  esercitasse  atli  affari;  fu  mandato  ancora 
Alessandro  per  esser  quivi  educato .,  ed  apprendere 
per  tempo  i  costumi  e  le  maniere  della  Patria.  L'I-> 
talia  era  agitata  dalle  gare  fra  l'Imperatore  Carlo 
V.  e  Francesco  I.  Re  di  Francia,  I  PonteSci  aveano 
finora  aderito  alla  parte  Imperiale  e  gagnola,  oia 
alla  battaglia  di  Pavia  essendo  latto  prigioniei<o  da- 
gl'Imperiali il  Re  dì  Francia  l' Italia,  tutta  tremò  di 
vedersi  in  catene  e,8chiava  dell'Imperatore.  I  Prin- 
c^  Italiani  ricorsov  perciò  al  solito  compenso  di 
ibrmareuna  Lega.in  cui  restò  compreso  anche  def- 
inente VII.  Questa  fu  l'epoca  delle  di  lui  calamità 
perchè  aoltevò  i  Colonneai,  produsse  la  spedisrìooo 
di  Borbone,  e  finalmente  il  sacco  di  Roma.  I  Fio- 
rentini intanto  mal  sofirivano  il  governo  di  quei  Ba- 
stardi perchè  sostenuto  con  la  forca,  e  reso  pesan- 
te coi)  le  soverchie  gravezze  imposte  pw  supplire  a* 
gì'  impegni  che  contraevano  con  le  Potenze  ;  la  ru< 
sticìtà  e  la  poca  esperienza  del  Cardinale  Passerini 
rendevano  anche  più .  odioso  questo  governo,  di  mo< 
do  che  quando  il  Papa  era  angustiato  in  Roma  dai 
Golonnesi  cominciò  a  rumoreggiare  la  Città  ;  e  tan- 


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36  INTRODCZIONE 

to  [HÙ  n  accr^be  lo  spirito  di  soUeraKÌoiie  all'  ac- 
costarsi di  Borbone  all^K  Toscana ,  che  in  fine  giun- 
ta la  nuova  del  sacco  di  Roma  i  Medici  furono  scac- 
ciati e  fu  ristabilito  il  Goverao  popdlare  come  avan- 
ti il  i5ia.  Mancava  ora  un  nuovo  Frate  per  fare  3 
Riformatore^e  perciò  furono  venerati  i  detti  e  le  pro- 
feàe  del  Savonarola  il  quale  avea  sempre  consiglia- 
to l'unione  con  i  FVancesi  dicendo.  Gigli  con  Gi- 
gli dover  fiorire.  Fu  perciò  stabilita  alleanza  eoa 
quella  Corona,  e  con  li  altri  Principi  Italiani  colle- 
gati contro  l'Imperatore  e  furono  allora  formate  le 
Bande  per  la  Città  e  per  il  Dominio,  per  av^r  pron- 
ta una  Milizia  alle  occasiom.  II  popolo  armato  sol- 
levato dai  promotori  del  nuovo  governo  non  rispar- 
miò atto  alcuno  di  furore  contro  i  Medici;  le  loro 
imagini,  le  armi,  e  le  memorie  esistenti  nei  Palaz- 
zi é  nei  Tempi  fui^^o  abolite  e  distrutte  ;  il  Papa 
dichiarato  ribelle,  e  la  nipote  Caterina  non  aiAo  gli 
fu  denegata ,  ma  anche  non  mancò  chi  proponendo 
di  caricare  di  obbrobrioqueU'innocenteDoDzellaaU 
tirò  maggiori  calamità  alla  Patria. 

Tante  disavventure  combinatesi  in  uno  istesso  pun- 
to non  sbigottirono  l'animo  dell' avveduto -Ponte- 
fice che  subito  siapplicòaripararnelecons^nenze; 
conobbe  quanto  le  fbrae  dell' Imperatore  erano  per 
preponderare  in  Italia,  e  scordatosi  delli  oltraggi  da 
esso  ricevuti  procurò  di  guadagnarselo  per  vantaggio 
proprio  e  della  sua  Famiglia  j  l' Imperatore  altresì 
persuaso  che  la  confederazione  col  Papa  averebbe 
fomentato  li  altri  Principi  Italiani ,  e  ridotti  alla, 
necessità  di  domandarli  la  pace  ^  nel  Luglio  i5a9. 
aegnò  con  esso  in  Barcellona  un  trattato.  Fra  le  con- 
dizioni riguardanti  il  particolare  interesse  del  Papa 
promesse  il  matrimonio  di  fllargherita  sua  figlia  na- 


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umtoBuzioiog  tf 

timlè  con  Alenudro  de'  Medici  eoa  dote  di  veti' 
timik  scudi  d'oro  di  soleda  coatituini  in  Unti  Feu- 
di nel  R^^no  e  in  altri  Stati  d'Italia,  e  con  conditio- 
nedieU  Spoaa  eaiendo  allora  in  età  di  otto  anni  fosse 
c(HulotUaNapoU^e<}uÌTÌconvenienteinente  educata 
fino  air  età  di  dodici  anni  per  poi  consegnarsi  allo 
■poso.  Promesse  ancora  dì  rimettere  con  le  sue  f(U^ 
le  in  Firenze]  nipotied  eredidelHagnifico Lorenzo 
de' Medici  nello  slesso  stato  e  cì^gnità  in  cui  erano 
avanti  l'espulsione,  prendendo  ìotto  la  sua  prote- 
zione e  difesa  la  persona  del  Papa ,  tutta  la  sua  Fa- 
miglia ,  i  Beni  e  diritti  della  medesima.  Fra  i  due 
Bastardi  pareva  .che  Ippolito  già  Cardinale  per  es* 
sere  il  maggior  nato  dovesse  esser  prescelto  al  go> 
verno  della  Repubblica;  ma  il  Papa ^  o  sia  che  Al»- 
aandro  fosse  veramente  suo  figlio ,  ovvero  che  co* 
me  figlio  del  Duca  Lorenzo  volesse  ièlicitare  la  li- 
nea primf^enìtaj  avea  procurato  sempre  f^^  fiivo* 
re  per  esso.  Il  Re  di  Francia^  e  ì  IVincipi  della  Le- 
ga in  progivsso  tutti  si  pacificarono  con  l' Impera- 
tore j  e  i  soli  Fiorentini  rimasero  isolati  a  dìièbdera 
la  loro  cadente  libertà.  In  conseguenza  di  ciò  l'E- 
sercito Imperiale  composto  di  circa  quarantamila 
uomini  e  comandato  dìd  Fri  ncipe  d' Oranges  8ope> 
tate  facilmente  le  fi-ontiere  della  Toscana  sì  pre- 
sentò all'  assedio  dì  Firenze.  Ej^no  li  animi  della 
Guà  divisi  di  sentimenti  che  poi  formavano  tanti 
divern  partiti.  L' infima  plebe  agitata  da  tante  tur- 
bolenze ,  e  temendone  delle  martori  ,  resa  ormai 
ìndìfierente  per  la  libertà  o  per  la  servitù  desidera- 
va una  quiete  qualunque  fosse.  Fra  i  N<Àilì  e  ì  più 
sensati  della  Gttà  si  rifletteva  quanto  grave  perdita 
fosse  quella  della  libertàjmacheperòlìbertàncm  era 
quella  del  presente  sistema,  e  starano  in  dubbio  se 


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38  INTHODOZIOME 

fijsse  mioor  male  raTèreiMedicìorAnarchìa. Que- 
sti perciò  erano  chiamati  i  sospetti.  11  Partito  do- 
minante era  quello  detto  delli  Arrabbiati  :  queato 
per  la  ma^ior  parte  era  composto  di  una  classe  di 
persone  descrìtte  alle  Arti  minori  che  nella  Ditta- 
tura Medicea  erano  state  tenute  lontane  dalla  partecì- 
paxicne  delGoverno.Iogrossa  vano  il  numero  di  costo. 
To  tu  t  ti  queiNobili  che  o  per  ragionedidebiti,per  delit. 
tìoperahre cause  erano  nemici  delli  aderenti dejMe- 
dicij  e  cercavauo  d'ingrandirsi  con  la  loro  oppressio- 
ne. Il  Gran  Consiglio  era  tutto  composto  di  questa 
geute,ciiee8sendo  armata,  sotto  nomedi libertà  eoo- 
culcavR  tutte  le  leggi  e  usava  della  più  dissoluta  li- 
cenzaj  per  questa  ragione  appunto  la  RepubUicaera 
stata  male  a  proposito  impanata  a  resister  sola  al- 
l'Imperatore  con  forze  così  diseguali.  L'  altro  Par- 
tito era  quello  dei dìchiaratiadereati  dei  Medici ^detto 
per  ciò  dei  Palleschi  composto  tutto  di  famìglie  No- 
bili e  facoltose,  le  quali  esuli  dalla  Città,  non  pote- 
vano sperare  di  ricuperare  le  sostanze  e  la  Patria 
aenaa  il  ristabilimento  di  quella  Famiglia  ;  molti 
di  questi  erano  nell'Esercito  Imperiale,  ed  aveano 
per  Capo  Baccio  Valori  Commissario  del  Papa.  In 
così  ostinato  contrasto  di  volontà  e  d*  interessi  la 
vera  libn-tà  era  spenta  e  non  poteva  risorgere  ;  la 
sola  forza  dovea  decidere  e  questa  terminò  le  ctm- 
tese.  Durò  undici  mesi  l' ass^io ,  e  dopo  varie  vi- 
cende che  desolarono  le  Città  e  le  Campagne  del 
Dominio  la  Capitale'  estenuata  di  forze  e  di  vìveri 
fu  costretta  a  capitolare.  Le  principali  condizioni 
della  capitolaEione  furono:  che  restasse  salva  la  li- 
iwrU:  che  n  rimettessero  i  Medici  e  loro  aderenti  e 
si -perdonassero  reci[^'ocamente  le  ingiurie:  che  si 
pagasiero  otUatamiia  ducati  per  l'£sercitOj  e  si  en- 


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ENTRODtT^IONS  S9 

truse  in  lega  con  l' Imperatore  nel  quale  compro- 
messero  il  Papa ,  e  i  Fioreatioì  perchè  io  termine  di 
quattro  mesi  dicbìaraue  una  forma  dì  Govenio  per 
la  Repubblica. 

Introdotte  i  n  Firenze  le  Milizie  delli  assedianti  fu 
ristabilito  il  Geverno  nella  forma  isteasa  che  era  a- 
Tanti  l'espulsione  dui  Medici  ;  ma  poi ,  mediante  la 
coDTeDuta  contribuzione  ritiratesi  le  Truppe  Impe- 
rìali  rimase  la  Città  sotto  la  libera  dispoaizioné  del 
Papa  ;  e  siccome  Alessaudro  de'Medici  si  trovava  ia 
Fiandra  alla  Corte  di  Carlo  V.,  fu  perciò  costituto 
dal  Papa  per  Capo  del  Governo  Baccio  Valori  col 
carattere  disnoCommissario  eBappresenUnte  la  sua 
persona.  Le  morti  e  le  proscrizioui  coutro  i  princi- 
pali delPartito  delli  Arrablnafi  furono  tali  che  fece- 
ro pietì  allo  stesso  Commissario,  il  quale  procurò 
r  evasione  a  non  pochi  di  quelli  infelici.  La  peste  e 
la  Sante  successero  immediatamente  a  tutte  queste 
disavventure,  e  portarono  alla-  Città  qnell'  ultima 
desolazionechenonavea  finito  di  produrle  la  guerra. 
Ciò  non  ostante  la  Città  domandò  in  grazia  all'Im- 
peratore Alessandrode'Medici  per  Capo  della  Repub- 
blica, e  il  Papa  c<msullòcon  i  Cittadini  circa  la  nuo- 
va forma  di  governo  da  stabilirsi  per  l'avvenire.  5u 
questo  proposito  i  Palleschi  opinavano  diversament 
te  fra  loro;  proponevano  alcuni  una  forma  mista  dì 
Principato  e  di  Aristocrazia ,  ed  altri  il  Priucipato 
assolnto;  convenivano  però  tntd  che  il  vecchio  si* 
Btema  della  'Dittatura  Medicea  non  '  era  più  'coafk'^ 
ciente j  e  che  se  quelU  reggevano  lo  Stato  con  l'ap* 
poggio  degli  amici  ora  si  rendeva  necessario  il  va- 
erai della  forza.  Ofelia  proscrizione  del  t^S^.Cxtétao 
sostituì  nella  Republìca  tanti  nuovi  Cittadiniche  poi 
b  sostennero,  ora  che  tutti  partecipavano  del  Go- 


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4«  IKTBODnZlOKE 

temo  riceT«n^bero  per  gìiutìzìa  quello  che  «i  aU 
tribuiwe  iQro  per  grazia  :  |)ra'cì&  si  anelerebbe  iocon- 
Mo  a  Duove  soUevazìoni  «iinili  a  quelle  del  i494 1 
•  io  consegueoza  esser  aecesssria  uua  Guarnigionie 
che  le  prevenga.  Stabilite  queste  nusùme  Filippo 
Stroui,  e  Fraucesco  Vettori  i  più  iaformati  dell'a- 
nimo del  Papa  {voposero  che  ai  abolisse  ogni  vesti- 
gio di  libertà  fino  al  segno  di  fondere  la  Campana 
del  Gran  Consiglio ,  sì  abolisse  la  Signorìa  che  era  il 
liagistratopiti  rispettato  nellaRepubbllca, si  lascias- 
«no  alcune  Magistrature  inferiori  per  pura  sodisfa' 
sìooe,  sì  creasse  ho  Goosiglìo  di  dugento  Cittadini, 
dai  quali  se  ne  formasse  un  altro  dì  quaranto^o,  che 
avesse  per  Capa  Alessandro  de'  Medici  e  M  esso  si 
Tìducease  tutta  la  somma  detti  affiirì.  Il  Papa  avrddìe 
denderato  nei  Palleschi  {hù  uniformità  di  pensare  ia 
con  rilevante  negozio,  e  per  ciò  con  appareuza  di 
premiarli  con  rìguardevoli,  e  Inerose  cariche  nello 
Slato  Pontiiìcioj  aHontauò  daFir^ize  i  principali  di 
essi.  In  luogodel  Valori  dichiara  smo  Commissario 
Fra  Niccolò  deUa  Magna  Arcivescovo  di  Capua ,  uo- 
mo esperto  in  tutti  li  afian  della  Città.  Poco  tardft 
a  venire  il  Lodo  dell'  Imperatore  del  Compromesso 
iatto  in  lui  dal  Papa  e  dai  Fiorentini  neUa  CH[nto- 
lazione  circa  la  nuova  forma  del  Governo,  e  fu  de- 
cretalo Alessandra  de'Uedici  dovere  esser  Propost» 
e  Capo  di  tutte  le  Magistrature,  e  in  acuito  Duca 
di  Firenze,  venne  egli  a  prender  possesso  del  nuovo 
Principato  acclamato  e  «norato  dalla  Città.  La  pre- 
senza dì  questo  Giovine  educato  alla  Corte  animò  i 
priacipalidel  suo  Partito ,  po^hè  lo  coDlideravano 
l'aj^ggio della  lorograiulezza^eloroaostegnocon- 
tro  qualunque  nuovitàdi  un  p(^lo  fluttuante  ed  in- 
qoietoila  dolcecza,r«£G4>iUtàe  la  juniliarità  con  li 


^dbyG00\^IC 


iMmODCZIONE  4t 

altri  Cittadini  fecero  smmirare  i  principj  àe\  suo  Go> 
Teme  j  e  la  Cittì  gik  sì  adittavs  ìnseBsibilmeote  al- 
l'obbedienu  di  «a  Priacipe.  Il  Papa  però  conosceva 
troppo  bene  cke  6ata&to  che'  il  naovo  Capo  della 
Repubblica  doTea  partecipare  con  altri  dellasua  po- 
testà >  restava  essa  ancora  vacillante,  è  seggetta  a 
^ualcbeinàovaEÌone,  e  clie  l' opprimere  una  Repub- 
blica per  metà  è  un  espcHTe  l' oppressore  a  trt^pe 
vicende^  peirid  mutatoconsiglio  pensò  diassicurare 
con  la  forza  al  Nipote  la  Sovranità  di  Firoiae.  Fu 
risoluto  in  conseguenxa  di  tt^liere  tutte  le  armi  ai 
Cittadini, efu stabilita  ana  Hiliaia  permanente  nel 
Dominio  ncm  solo  per  difésa  delle  FronUere>  ma  an- 
cora, per  tenere  armata  la  Provincia  contro  la  Ca- 
pitale; le  GitUl  anhalteme  furono  decorate  di  {HTÌvì- 
l^j^efavOTitecoii  uxi  gavemo  più  dolce  econ  una 
|HÙ  retta  ammìnistraziònedi  giustiaia.  I  Provinciali 
divenuti  j  se  non  di  miglior  condiaione,  almeno  e~ 
guaU  ai  Cittadini  della  Dominante,  si  affezionarono 
al  nuovtf  Governo,  e  stabilirono  i  più  solidi  fonda- 
MKnti  della  Sovranità  del  Duca  Alessandro.  Ma  i. 
fiorentini  all'  opposto  vedendosi  degradati  con  la. 
perdita  ddle  antiche  Magistrature,  quagliati  ai  8ud<- 
diti  del  Dcnninìo,  aggravati  da  pesanti  contribuiio- 
BÌ,  raffrenati  da  severissiiAe  leggi  di  polizìa,  e  mi- 
nacciati di  un  giogo  ancora  più  grave  con  l' o^xio* 
ne  di  nnà  Fortezza,  molti  dal  dispetto,  edaltridal 
tiniore  n  ritìrartmo  dalla  Città  per  macchinare  nuo^ 
verevoloaioni,e  tmtare  qualche  novità  nrila  Patria. 
L'allontanamento  dei  più  potenti,  benché  volon- 
tarìo^rìsvegliò  nei  Cittadini  meravigUae  timcffe  per- 
chè si  croUrono  esposti  più  facilmente  aU'  opio-es- 
«ooe  e  al  capriccio  del  nuovo  Sovrano.  In. tal  situa-. 
Aone  alcunìpresero  il  partito  di  seguitare  la  sorte  da- 


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4a  1I«TR0DDZI0NE 

primi ,  e  altri  quello  di  dissimulare ,  e  guadagnare 
ÌQ  tal  forma  almeno  la  tolleranza  del  Duca ,  che 
sempre  piìj  inasprito  dal  timore  j  e  dal  sospetto  noa 
lasciava  di  assicurarsi  per  ria  di  spavento  e  delle  pe- 
ne  le  più  servere.  La  morte  di  Clemente  VII.  suc- 
cessa nel  i534  &ciUtb  ai  fuorusciti  il  modo  dì  effel- 
toare  i  loro  disegni ,  e  accrebbe  al  Duca  il  timore ,  e 
in  conseguenza  la  crudeltà.  Vìveva  in  Roma  il  Car- 
dinale Ippolito  de'Medici  applaudito  da  quella  Cor- 
te come  un  perfetto  imitatore  delle  vìrtù^edella  gran- 
dezza di  Lorenzo  e  di  Papa  Leone;  pieno  di  amarez- 
za contro  il  Duca  per  vederselo  preferito  nel  Gover- 
110  di  Firenze  riceveva  sotto  il  suo patrocìniogli  esuli 
Cittadini,  e  finalmente  dopo  la  mortedel  Papa  si  di- 
chiarò palesamente  Capo  del  Partito  nemico  del  Du- 
ca. Rappresentò  a  Carlo  V.  il  governo  tirannico  di 
Alessandro,  l'impossibilità  di  sostenersi  a  dispetto  di 
tutti ,  e  il  pericolo  di  turbare  la  quiete  d' Italia  ;  di» 
mostrb  che  esso  era  invitato  dalla  parte  più  nobile 
della  Città  a  quel  Governo,  che  li  si  competeva  per 
nascita  e  per  diritto  ;  che  non  li  sarebbe  stato  mmo 
fedele  del  Duca,  e  non  lo  avrebbe  meno  dì  esso  aiu- 
tato con  somministrarli  danaro  per  le  sue  spedisdo- 
Ili;  e  finalmente  che  senza  un  giusto  provvedimento 
la  Città  avrebbe  chiamato  in  soccorso  i  Francesi. 
Nello  stessotempo  non  mancò  diprocurarsi  un  altra 
valido  appoggio  in  Italia  nella  persona  del  Cardina- 
le Farnese ,  che  già  vedeva  prescelto  per  salire  al 
Pontificato.  Convennero  scambievolmente  il  Cardi- 
sale  de'  Medici  di  favorirlo  o>n  tutto  il  sao  parUto 
periarlo  eleggere  Pontefice,  e  il  Cardinale  Farnese 
promesse  che  essendo  Papa  lo  avreUie  aiutato  con 
tutte  le  sue  forze  per  rìmovereda  Firenze  il  Duca, 
f  in  caso  che  ciò  non  sortisse  lo  arrebbe  investito  di 


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IlfTRODDZlORE  43 

Ancona,  assegnandoli  quarantamila  scudi  dì  entratSi 
e  dandoli  in  matrìmonio  Vittoria  sua  uipote  ctm  dota 
assai  riguardevole.  Anche  i  Fuorusciti  ioviaroDO  De- 
putati al  la  Corte  dell'  Imperatwe  perreclatnarecon- 
tro  le  V  ìolenze  del  Duca,  e  l'infrazione  delle  Capito- 
laùoni  di  Firenze,  e  ne  fu  rimessa  la  cognizione  per 
giustizia  in  Napoli,  dove  Carlo  V.  voleva  fermarsi  al 
ritorno  della  sua  spedizione  d' Affrica.  L' apparato 
diquestoproceasorichiamò  a  Napoli  i  Cardinali  Sal- 
viatij  e  BidoUì  con  i  principali  dei  Fuorusciti,  e  il 
Cardinale  Ippol  ito,  mentre  andava  a  pwsi  alla  testa 
dei  medesimi  per  assistere  a  questa  causa  personal- 
mente, fu  prevenuto  dal  Duca  con  il  veleno,  che  ìa 
fece  morire  a  Itri  nella  Puglia.  Questo  successo  an- 
nunzia la  vittoria  a  favore  del  Duca,  che  in  tal  guisa 
restava  senza  competitore,  e  perei!),  poco  temendo 
deili  altri  ribelli,  si  portò  a  NapoU  davanti  all'Im- 
peratore. L' Istorico  Guicciardini  lo  servi  d' Avvo^ 
cato,  ma  quello  che  più  di  tutto  mosse  l' animo  di 
Carlo  V.  (a  il  t-iflettere  che  poco  potea  fidarsi  dì  un 
popolo,  che  sempre  aveva  abusato  della  isua  libertà, 
e  troppo  inclinava  al  partito  di  Francia,  e  che  sotto- 
ponendo questa  Provincia  ad  un  Principe,  che  aves- 
se una  sua  figlia  per  moglie  produceva  lo  stesso  ef- 
fetto che  tenerla  soggetta  al  proprio  dominio.  Molte 
ancora  contribuivano  a  stabilire  questa  massima  le 
attuali  circostanze  d' Italia,  e  specialmente  la  morte 
del  Duca  Milano,  e  perciò  fu  celebrato  col  Duca  il 
contratto  matrimonia  b,  furono  esattedal  medesimo, 
condizioni  molto  gravose  per  assicurare  le  conve- 
nienze della  Sposa,  e  gli  fu  fatto  promefttere,  che  in 
caso  ^li  premorisse  alla  idoglie  senta  figli  maschi, 
le  Fo'tezze  di  Toscana  sì  sarebbero  tenute  per  l'Imi 
peratore.  11  Duca  fitsteggiante  per  ^aesta  vittoria,  e 


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44  INTRODtTZIONE 

per  le  notze  con  Hai^berita  d' Àtiatrii  se  ne  ritornò 
a  Firenze  a  trioolàre  dei  suoi  nemici,  ore  ricevè  in 
casa  propria  Cario  Y . ,  che  ritornando  da  Napoli  se 
ne  passava  in  Piemoate  per  mnover  gaerra  al  Re  di 
Francia.  Non  vi  fu  più  ritegno  alle  gravezze^  e  alla 
severità;  e  il  disegno  concepito  di  militare  per'  Hm- 
peratuv  l'occupò  intieramente  in  valersi  di  tutti  i 
mezzi  per  accumulare  danaro;  la  sua  superbia  e  le 
dissolutezze  lo  resero  anche  più  odioso  al  pubblico, 
che  fremeva  sotto  un  gii^o  così  pesante.  Lorenzo 
de'  Medici,  che  era  il  suo  più  prossimo  agnato  ed  il 
Ministro  de  suoi  piaceri,  finalmente  l'uccise  la  notte 
dei  sei  di  Gennaro  iSSy. 

S.XV. 

Situazione  politica  del  Dominio  Fiorentina  alla 
morte  del  Duca  Alessandro  j  e  suoi  rapporti 
con  li  altri  Stati  d' Italia. 

£*a  Bepnbblica  di  Firenze  nata  già  da  bassi  prin- 
dp)  ha  avuto  ancora  lenti  i  progressi  della  dilatazio' 
ne  del  suo  Dominio.  Circondata  per  (^i  parte  da 
piccole  Signorìe  e  da  Comimità  libere  profittò  del- 
le fliscordie  civili  e  delle  turbolenze,  che  agitavano 
l'Italia  per  estendere  i  snoi  confini.  Seppe  secondo 
le  circostanze  valersi  delie  confcdcraaom,  dei  pat- 
ti, del  danaro,  e  della  f<ffca  per  ridurle  sotto  alla 
sua  obbedienza,  dì  modo  che  nel  corso  di  tre  seco- 
li pervenne  a  misurare  il  suo  Dominio  dal  mar  Tir- 
xeno  fino  al  Ducatod'Urbino  34  nuglia  in  distanza' 
dall'Adriatico.  Ristretta  fra  la  Lombardia,  lo  Stato 
Pontificio,  e  il  Sanese  trovò  sempre  più  forti  osta- 
xoli  per  dilatarsi,  e  nell'interni  suoi  scoavolgimen- 


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TNTRODCZIONE  45 

4i  perlopiù  perdeva  quello, checoD  tanti  pena  avera 
acqniotato  in  tempo  dd  nio  vigore.  Dopoché  Fìren- 
me  si  arrese  alle  annidi  Carlo  V-  le  furono  restituite 
tutte  le  parti  del  luo  Dominio ,  e  il  Duca  Àleaaan- 
dro  ne  divenne  in  seguito pacificio  posaessore.Que- 
«to  Paese ,  che  circa  un  mezzo  secolo  addietro  era 
uno  dei  pia  opulenti  e  deliziosi,  involto  nelle  comu- 
ni calamiti  d' Italia ,  e  lacerato  dalle  proprie  revo- 
Inzioni  ,  era  divenuto  uno  spettacolo  di  miseria  e  dì 
compasaione  ;  la  scoperta  dell'America  avea  richia- 
mato altrove  ilCommercioeleManifattura.Laspe- 
dìxìone  di  Carlo  Vili,  epoca  fatale  all'Italia, pro- 
dusse la  ribellione  di  Pisa,  che  fu  causa  di  tanto  di- 
spendio, e  della  desolazione  di  molte  Campagne.  lia 
guerra  dell'  Imperiali  e  l'assedio  di  Firenze  aveano 
distratto  le  migliori  Terre  del  Dominio  ;  e  la  Qttà 
dc^  la  Capitolazione  dovè  ricorrereallìarredi  del- 
le (^iese  per  fabbricare  tanta  moneta  da  licenziare 
le  Truppe  dell'  Imperatore.  I  fiumi  e  le  acque  sta- 
gnanti dominavano  le  Campagne  ;  le  [roprieti  era* 
no  mal  sicure  per  le  confiscazioni,  e  per  la  prepo>- 
tenza  dei  Grandi;  gli  Agricoltori  diapersi,  e  in  Gne 
il  Paeoe  esposto  alU  fame,  e  alle  più  orribili  care- 
stie. A  tanti  danni  non  potò  riparare  il  Duca  nel  auo 
brave  R^no  j  che  anzi  applicato  a  atabilire  il  vacil- 
lante suo  Trono ,  dovè  aggravare  maggiormente  i 
piqioli  di  nuovi  pesi,  e  impedire  in  tal  guisa  quel 
•oUievDj  che  essi  medesimi  avrebbero  procurato  al- 
le loro  calamità;  ciò  non  ostante  appena  potè  ridur* 
re  le  annue  rendite  dello  Stato  alla  somma  di  quat- 
trocentomila Ducati;  a  questo  m  aggiungeva ^  che 
nel  nuovo  Governo  il  fastoso  mantenimento  delPrin- 
cipe^  il  soldo  delle  Truppe  per  la  di  lui  sicurezza^ 
e  la  iàbbrica  della  nuova  Cittadella, loobbligavano 


oyGoOgIc 


46  INTRODUZIONE 

ancora  ad  un  dispendio  maggiore.  Siccome  la  con- 
tinua  Guardia  di  cinquecento  Cavalli  gli  aworbìTa 
una  parte  considerabile  di  queste  rendite^  perciò  ìma- 
gÌDÒ  là  Milìzia  permanente  dello  Stato  pagata  più 
con  privil^ j  edesenzionijcbe  col  soldo  ot^narìo. 
Questa  dipendeva  da  un  Commissario  scelto  tra  i 
Cittadini  più  confidenti;  ed  essendo  repartita  per  le 
Citiate  luoghi  popobtì  del  Dominio^  invigilava  a 
mantenére  la  quiete,  e  a  tenere  in  timore  ì.male af- 
fetti al  nuovo  Govwno.  Una  tal  vigilanza  si  rende- 
va tanto  più  necessaria  in  quelle  circostanze  ^  atte- 
«a  l'interna  costitunone  delle  diviirse  Comunità  del 
Domìnio  ,  che  tutte  aveano  L^gi  proprie j  e  per  lo 
più  discordanti  fra  loro. 

Fino  dai  tempi  i  più  remoti  era  il  Bòminio  della 
Bepubblica  diviso  in  due  parti;  l'una  comprende* 
va'il  Territorio  originario  di  Firenze  denominato 
Gontadojper  denotare  l'estensione  della  giurisdizio- 
ne dei  Conti  j  che  cosierano  chiamati  li  antichi  Giu- 
sdicenti della  Qttà;  l'altra  denominata  Distretto j 
in  cui  si  comprendevano  i  Territorj  che  per  conqui- 
ste ,  0  per  sommissione  spontanea  di  tempo  in  tem* 
pò  si  assoggettavano  alla  Repubblica.  In  ciaschedut 
na  di  queste  sommissioni  era  massima  costante  di 
rilasciarCaTTerritorio  di  nuovo  acquisto  l'ossM'van- 
aa  e  il  Vigore  dei  proprjStatuti^e  l'eserciziodeilepror 
prif  Uagistrature.  Quando  lo  spirito  di  libertà  ani- 
m&neH'undecimo  secolo  le  Città  d'Italia  a  scuotere 
il  gi<^o'dd  Regno  Longobardico  ogni  Città  ed  t^ni 
Popolazione,  detestando  la  l^slazione  dei  .Barba-r 
ri,  restituì  all'antico  splendore  la  Romana  Giuri- 
prudenza  ,  e  si  costituì  delle  L^gi  particolari  ri? 
guardanti  il  eomodo  e  l'utilità  di  ciascuna.  Queste 
Leggi  [articolari, che  si  diconoStatuti^noa  sonoal- 


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RITftODCZIONE  4f 

tro  cfae  proTTedimenti  locali  toccanti  il  Governo  e 
i' economia  delle  respettive  Gorouoità,  e  alcune  cor- 
rezioni delGiuj  Aoiuano  concernenti  principalmen- 
te le  successioni.  Avea  Giustiniano  con  le  Novelle 
Gostitozicme  derogato  alle  antiche  L^gi  di  Roma, 
tendenti  a  conservare  i  patrimon)  nelle  agnazio- 
ni t  supponendo  che  nella  Monarchia  sia  più  utile 
]a  moUìpUcasione  delle  famiglie  e  la  circolazione 
dei  beni ,  che  la  conservazione  dello  splendore  nelle 
agna  zionivl  Legislatori  dellsnuove  Repubbliche  rìas' 
sanserocui  varieliniitazioni  leantiche  nia.isimeRo- 
nane^  ed  in  particolare  le  disposizioni  della  legge 
Yoconia ,  che  dichiarava  le  fémmine  incapaci  di 
qualunque  eredità.  I  Provvedimenti  Locali  compre-  . 
si  in  questi  Statuti ,  sictome  sono  per  lo  più  occasio- 
nah  e  fatti  in  tempo  della  indipendenza  >  contengo- 
no qualche  volta  delle  disposizioni  non  solo  ingiu- 
riose f  ma  ancora  pi'egiudiciali  al  comodo  e  all'inte- 
resse dei  Territori  Enilinii.  Ciò  produceva  dei  dissi- 
di perpetui  fra  i  confinanti,  anche  dopo  essere  in- 
«H-ptwati  nel  Dominio  di  Firenze,  e  la  Repubblica 
godeva  di  esserne  l'arbitra  per  aver  motivo  di  re- 
cedere dai  patti  della  primitiva  toro  sommissioue.Un 
tal  sistema  di  legislazione  jAreva'  che  dovesse  esser 
contemplato  nella  Riforma  del  i53a,  ma  siccome  la 
£x'ma  del  Governo  fu  mutata  in  grazia  di  una  sola 
famiglia,  e  non  dello  Stato;  perciò  i  riformatiu'i  eb- 
bero in  mira  di  pensare  unicamente  a  stabilire  la 
potenza  del  nuovo  Sovrano,  e  lasciarono  che  si  fon- 
dasse insensibilmente  una  Monarchia  con,  le  Leggi 
della  Repubblica.  Quindi  è  che  i  Popoli'  variando 
governo,  aenza  aver  variato  le  leggi,  pmVarono nel 
loro  spirito  un  contrasto  ma^iore  per  aasuefiirsi  a 
questa  mutazione,  il  che  sempre  più  impegnava  il 


i,z.dbvCo(>glc 


ì{s  ìinnoDDZtORC 

Duca  a  maggiori  cautele  per  la  aicvreiza  AéHa  pnv 
pria  persfHia^  Perciò,  oltre  la  severa  proibÌEioiK  del- 
ie armi ,  non  trascurava  d' investigare  con  le  più 
esatte  ricerche  l'interoo  delle  famiglie  e  dà  Moaa- 
et«-j  ;  inttHvssandon  in  tutte  le  circoatanae  del  loro 
governo!  Riformò  le  Magistrature  MuDÌcipaU  dellff 
Gttft  del  Distretto  secondo  li  Statuti  di  ciaschedu- 
na di  esse  ad  oggetto  di  evitare  qualunque  diaùdio, 
che  potesse  nascere  tra  le  famiglie  partecipanti.  So- 
-rerchiamente  attentonellediscordie  che  insorgeva- 
no tra  i  particolari  obbligava  le  partì  a  pacificarsi' 
con  engere  cauuoBÌ  di  somme  assai  ritevamti.  Co- 
stretto a  BostenMV  gf  interesn  di  qo^  che  aieran» 
dichiarati  fautoridel  nuovoGovepROcendera  la  Giu- 
stizia vacillante  ed  incerta.  Divenato  S6iperi<n«  alle 
leggi  incitava  eoa  l' esempio  i  popoti  a  commettere 
quelli  eccessi ,  eh'  esso  cob  te  propie  leggi  perse- 
guitava ,  dimostrandosi  in  tal  guisa  uno  dei  piò  vi- 
ziosi Princìpi  nel  secolo  il  più  depravato. 

L'Italia  così  feconda  in  revoluzionì  ha  variatoco- 
stumi  secondo  la  diversità  dei  Governi  e  delle  Na- 
ziem,  che  l'hanno  doaùnata.  Tirann^iata  dai  Bar- 
bari adottò  i  loro  usi  e  la  loro  ferocia  ^  e  I»  OMuer- 
TÒ  fintanto  che  ridottasi  in  kho-tà^e  stabilita  hi  po- 
tenza e  la  iranqiHllità  nazionale  potè  profittare  dei- 
comodo  ,  che  la  propria  situazione  ti  dava  per  la 
mercatura.  It  CommncioaMmatore  delle  E^zioait 
e  che  avvicinandole  lira  loro  le  inipira  sentimenti 
di  pace  e  di  omaDità,  addolci  i  costumi  barbari  dà- 
V  Italiani ,  •  gH  richiamò  a  godere  di  quei  comodi, 
e  di  quella  quiete ,  che.  sono  il  ^mio  dell'  indu- 
stria ,  e  r  effetto  deH^opotenza .  Da  questa  ne  deri-^ 
vÒ  il  lasso  >  il  rinescimento  delle  arti  e  dalle  lec- 
ere ,    raccresemienlo  delle  Città  ,  e  f  ereoìonQ 


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'  VfttOttCTXOHE  -Ig 

£  molto  fìJ^riche,  le  quali  tdttsitift  fanno  l'orna  tì> 
^frincipale  delle  medesime.IlmcoloXIII.  rfll'epocd 
felice  di  <]uesto  cambiamento  indicatoci  daDanteeda 
diversi  latori eidiquelterapoXaCittàdiFirenze godè 
piùdelle  altre  di  queatoTaBteggio,esuoi  Cittadini  fa- 
fono  dei  prì&tì  A  spargere  per  l'Italia  il  buon  gusto 
«  la  pnlisa.  L'AgricoHara  già  risorgeva  dal  suo  ab- 
baiidoDamento;,  le  tnani&ttare  si  perfezionaTàn'o ,  e 
il  cambio  era  divenuto  una  sorgente  inestimabile 
dì  nccbezoe;  la  parsimonia' renava  nelle  famiglie', 
ma  il  lusso  non  mancava  nelle  pubbliche  oc- 
correnze, nell'ornato  delle  Fabbriche,  e  nell'eser- 
cìeìo  delle  Magistrature;  l'antica  ferocia  era  assai 
mitigata,  e  le  revoluzioni  nella  Repubblica  non  c»- 
slavano  più  torrenti  di  sangue  ;  le  leggi  e  l' autorità 
dei  Magistrati  prevalevano  all'impeto  naturale  dei 
pt^lij  e  la  giusttxia  era  amministrata  con  rettitu- 
dine e  disinteresse.  La  fine  del  secolo  XV.  fu  anco 
il  termine  di  questa  lelicità.  Qoando  Carlo- VIH. 
discese  dalle  Alpi  riempi  di  spartito  l'Italia  ,  dì- 
storiiò  il  Commeroio,  confuse gl'intereasi dei  Ria- 
cipì,  semind  la  discordia  ;  accese  li  animi  dì  ambi- 
zionie,  e  mutò  i  costumi.  Una  Milizia  composta  di 
Nasdoni  fereeianme  ,  la  nuova  forma  di.guerr^gia- 
re  edi  &re  uso  ddla artiglierìa ,  ed  una  Infànt»ìa 
atta  a  resìstere  alta  CavaUeria,  sorpresero  talmente 
lo  spirito  dell'  Italiani,  che  an-estati  piùdallo stu- 
pore che  dallo  ^vento,  diedero  luogo  al  '  conqui- 
statore di  scorrere  tutta  l'Italia  a  guisa  di  un  lam- 
po. Prima  collegati  per  la  otmane  difesa  congiura- 
rono poi  scaftibievoIra«nte  alla  loro  reciproca  distru- 
done  ;  impotaiti  a  ditendersi  daper  se  stesa ,  e  a 
distruggere  àtlrui  chiamarono  in  loro  soccorso  iaitm 
TI.  -      4      . 


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inazioni  oltramontane.  Quindi  è  cho  oltre  i  Frandh- 
ai  vennero  a  devastare  l' Italia  i  Tedeschi ,  li  Spa- 
gnoli ,  e  li  Svizseri.  Questi  ultimi  come  l^augne  lì- 
bera prendevano  soldo  da  chiunque  secondo  il  mag- 
giore interesse.  La  loro  infanterìa  conosciuta  sotto 
nome  di  Lanzìchinech  armata  dì  un  petto  di  ferro , 
di  una  spada  al  6anco  e  di  una  lunga  picca  era  ri- 
putata il  sostegno  d^li  eserciti,  e  spesso  decìdeva  del- 
le vittorie.  Quando  l'Italia  divenne  il  Campo  gene- 
rale di  battaglia  de' più  potenti  Principi  dell'Euro- 
pa tutte  queste  Nazioni  si  ritrovarono  insieme  a  far 
prova  del  loro  val(H%>  e  il  Regno  di NapoUelaliOm- 
bardi4  furono  il  Teatro  di  queste  guerre.  Siccome 
queste  Truppe  erano  per  lo  più  mal  pagate  spesso 
;ai  ammotinavanoj  o  si  ricompensavano  col  botti- 
no di  qualche  Terra.  Alcune  di  esse  quando  cala- 
rono in  Italia  erano  cosi  male  in  ordine,  e  tanto  mi- 
aeramentc  equipaggiate ,  eh*  gl'Italiani  per  derisio- 
ne le  rhìaroavaoo  Bisc^ni  ;  ta  loro  povertà  in  on 
Paese  cbe  ancera  riaentiva  dell'antica  opuloiaa  fii- 
ceva  che  non  avessero  ritegno,  ed  in  conscgoeuza 
rilasciarono  il  fi-epo  alle  più  on-ìbili  devastazioni. 
Questo  flconvolgimeoto  nnìveraale  nella  Sovranità 
d' Italia ,  «.iccome  sovvertì  l'ordina  e  il  lìstenia  ge- 
nerale, così  alterò  ancora  il  carattere  della  Nazio- 
ne, ed  inseBsibilment^  ridiw*  twtioal  nnafdice  sta- 
to di  forza.  Un'  altiematìva  dì  c|qiresaìoni  e  di  vio- 
lenze è  la  somma  ddli  anaaU  (Ù  questo  aecolo.  I 
Popoli  dovoaqMe  radaicmie  riroaatì  privi  del  Gom- 
mercioecMl'Agricolturadoverono  per  necessitìi  ri- 
-  vo]|;ersi  alle  armi ,  e  seguitare  la  sorte  dei  Grandi . 
L' ambizione  avea  già  preoccupato  ìPolentì,  e  quel- 
li  che  si  lusingavano  potere  divenir  taU  ;  ciascuno 
vendeva  la  sua  alleanza  o  il  suo  servìxioa  quella  Po- 


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tffiniada  cui ^«rava  maggior  pro&tto;  «ogni  geae- 
re  d'ìuiquìU  fu  posto  in  pratica  per  ingrandirai  d 
per  sottenerai.  Così  tojto  ogni  mez»  alla  mdnatria, 
i  delitti  fiiceTano  strada  «Ila  gnmdexzfi ,  e  perciò  ai 
vide  allora  ripiena  l'Italia  diMainadien,edi  Sgher- 
ri, che  con  i  frequenti  awaiMinamenti  la  ridusserw 
nn  Teatro  dì  orrore,  e  un  aggetto  di  aborrìmeata 
Il  Duca  Valentino  può  easere  il  modello  del  secolo 
in  questo  genere ,  e  l' istoria  dì  Alessaiidro  VI.  suo 
Padre  ci  pud.  conTmcere  sino  a  qu4  s4gQo  à  era 
avanzata  la  corruttda.  Le  più  enormi  depra  razioni 
dÌTcnnero  £i8to  nei  Grandi;  e  il  poter  comméttert 
impunemente  ogni  eccesso  era  la  più  accertata  ri> 
,  prova  della  loro  potcQxa.  Le  continue  guerre^  e  l'in- 
certezza della  SOTrutìtà  distraevano  i  Prìncipi  dalla 
retta  amministrazione  di  giusti zia,g  i  Tribunali  era* 
no  diretti  dal  iàvore  e  dall'  intereise.  Tutto  questo 
però  non  impediva  che  Raffililo  e  Michelan  gelo  fa- 
cessero onore  altalentoumano^ecbe  Leone X.  pro- 
movesse il  genio,erisvegliaase  le  lettere.  Tante  e  coù 
complicate  rev  oluùonì  jnoduBsero  nelU  spìriti  un  fer- 
mento taled'idee,»rìsvegliaronQ  li  animialle  novità, 
ealla  rifar  nudi  modochesiaudavanoinsensibilmen- 
tepreparando  tutte  quelle  circostanze,  che  poi  com* 
binate  formarono  di  questo  secolo  l' epoca  per  nm 
la  più  memorabile.  La  stessa  Religiftie  non  fu  esen- 
te da  questo  contagio ,  poichà  tutto  il  Setteotrìoo^  e 
l'Italia  medesima  ebbero  dei  Novatori,  Sorsero  in 
conseguenza  nuovtOrdini  regolari,  alcuni  per  istrui- 
re con  le  scuole,  altri  per  edificare  con  l' esempio, 
e  tutti  fondati  ad  oggetto  di  tencv  saldi  i  popoli 
nella  rdìgioiie.  Il  Tribunale  della  Inquisìiione  e> 
stese  maggiormente  le  sue  forze ,  ed  accrebbe  al  se- 
colo molte  altre  calamità  di  stragi ,  di  ribellioni  « 


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5a  IHmOTìUZIONÈ 

di  gnerre.  I  nuovi  tewri,  che  daU' Oriente  e  àaW 
Occidente  sì  ^avasarono  in  Eoropa,  aconcertarono 
il  sistema  generale  di  economia,  somministrarono 
al  fasto  un  meggione  alimento;  e  con  un'  apparente 
facilità  di  rapidamente  ingrandirsi,  tolsero  alla  ter- 
ra i  migliori  c(^tÌTatori.  Un  nuovo  genere  di  ma- 
lattie, die  insidiavano  la  vita  e  la  propagazione  del- 
lì  nomini,  concorse  ad  accrescere  il  cumulo  delle 
comuni  disavventore. 

Dopo  che  nella  persona  di  Carlo  V.  ai  erano  ria- 
niti  l'Impero,  gli  Stati  della  Casa  di  Borgogna,  la 
Spagna  e  il  Regno  di  Napoli,  e  che  in  conseguenza 
forze  così  preponderanti  repressero  l'ambizione  di 
altri  Competitori ,  si  pensò  in  tutti  gl'intervalli  di 
pace  tanto  da  esso  che  dalli  altri  Principi  Italiani, 'a 
riparare  in  qualche  forma  lì  antichi  disordini  :  h> 
stato  di  forza  che  tuttavia  sussisteva  inspirava  an- 
cora il  sospetto  e  la  diffidenza  di  tutti  ;  e  in  conse- 
guenza la  persuasione  e  la  dolcezza  furono  creduti 
mezzi  troppo  pericolosi  alla  sicurezza  dei  Governi 
per  richiamare  li  uomini  alla  virtù  ;  perciò  il  timo^ 
re  e  lo  spavento  dettarono  le  Leggi,  e  i  TribuDali, 
animati  più  da  uno  spirito  di  vendetta,  che  dal  zelò 
della  Giustizia  incrudelirono  contro  1*  umanità  con 
Torture ,  Bandi ,  Taglie,  Confiscaziom  e  Supplizj  di 
morte.  A  misura  che  sì  aumentava  con  tal  modo  dì 
procedere  lo  spavento  cresceva  a  ncora  l'atrocità  dei 
delitti,  e  sì  distruggevano  gli  uomini  senza  poterli 
rendei:  migliori;  Don  Pietro  dì  Toledo  Vice-Re  di 
Napoli ,  che  con  tanto  impegno  si  era  applicato  al- 
la  riforma  di  quei  Tribunali  confessò  nel  1 55o  a  un 
Segretario  del  Duca  Cosimo,  dopo  che  egli  sì  tro- 
vava a  quel  Governo,  nella  sola  Città  di  Napoli  es- 
ser perite  per  mano  della  Giustizia  diciotto  mila 


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INtRODDZIONE  53 

persone.  E  ùecome  per  lo  più  gli  uonvinì  non  sono 
mai  malvagi  wDza  una  caasa ,  perciò  ì  Governi  ap- 
pUcati  solo  ad  una  artifiziosa  polìtica  suppletoria  alla 
£>rza  ,  mai  non  conobbero  gì'  impulsi  principali  di 
questi  sconcerti.  Le  graveiee  mal  distribuite  distrae- 
vano dall'Agricoltura ,  il  Commercia  era  estinto^  i 
privilegi  esclusivi  opprimevano!' industria  j  e  ladi- 
sponzione  inspirata  dalla  miseria  ccHidaceva  al  de- 
fitto; le  particolari  revoluzioni  dei  Goveniì  d'Ita- 
lia cuitribuivano  ancb'  ense  ad  accrescere  il  nume- 
ro d^r  infelici.  Ogni  Stato  avea  dei  Fuorusciti,  dei 
Banditi,  e  dei  Ribelli;  molti  di  essi  aveano  la  ta- 
glia j.em  conseguenza  si  poteva  fare  il  Sicario  im* 
punemente  per  arricchirsi ,  e  sodisfare  alla  Giusti- 
lia .  Fra. questi  molti  erano  spogliati  di  Beni,  e  pri- 
yi  di  sussistenza,  e  perciò  doveano' vivere  d'iadu- 
6trÌ£  e  a  carico  d'altri;  gli  ammutìnaraoiti  fì^equem- 
ti  delle  Milizie  spargevano  da  per  tutto  delle  ma- 
snade di  facinorosi ,  e  di  malviventi.  Nelle  Gtlà  do- 
ve {HÙ  vigibva  la  pubblica  difesa,  il  timore  e  la  dif- 
fidensa  disturbavano  la  società  ;  un  falso  punto  di 
Qutav,  e  i  frequeuti  contrasti  tra  i  Privati  alimen- 
tavano la  ferocia  :  le  donne  ristrette  oell'  oscurità 
domestica  erano  gelosamente  custodite ,  giacché 
l' interna  direzione  delle  fàmigUe  era  forse  l' unico 
diritto  j  che  le  leggi  non  controvertesso-o  alli  uomi- 
ni :  ea«lusi  dalla  società  delle  donne  non  conosce- 
vano quella  dolcezza  di  costumi,  quella  grazia  e;pu- 
litezza,  che  suole  inspirare  la  compagna  del  bel  sas- 
sole siccome  erano  feroci ,  violenti  e  crudeli ,  spes- 
se tolte  l' amore  era  accompagnato  da  qualche  de- 
litto. Lo  spirito  di  galanterìa  introdotto  in  Francia 
da  Francesco  I.  non  aveva  potuto  stabilirsi  in  Italia, 


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a  fNTAOBUZIOAE 

dove  [iretalendo  le  forse  Spagnole  erano  stoU  adoU'' 
tati  i  costumi  di  quells  Nazione. 

Oltre  tatti  questi  mali  comuni  all'Italia,  Fireozs 
aofirira  quelli  prodotti  dalla  recente  sua  mutazione. 
di'Govenio.Lepià  potenti  famigliedellaCitth, esuli 
dal  Dominio  le  inaidiaTano  per  ogni  parte  la  quiete, 
e  macchinarano  delle  nuove  revr^nzioni  ;  ciò  nid- 
dopfHava  il  timore^e  la  TÌgilanta,  accresceva  le  Gon- 
&8ceBÌonì  ed  i  Bandi,  e  rendeva  sempre  più  violenta 
lo  stesBo  stato  di  forza.  Quantunque  le  Città  del  Do- 
minio preferi^ero  il  Governo  di  un  solo  all'  antìcti 
HepubblicRj  e  il  Baca  tenesse  armata  la  Provincia 
contro  la  Capitale,  dò  non  ostante  conoscendo  l'in- 
cerleB2ade4siM  Stato,avea  risoluto  di  tenereuna  Mi- 
lizia Spsgnofe,  che  maggiormente  lo  assicurasse ,  e 
l'avea  chiesta  all'  Imperatore.  Maggiore  ancora  fu  lo 
sconcerto  alla  sua  morte,  poiché  anco  l'esterna  si- 
ttiaEiane  dell' ItaUa  minacciava  nuove  aUeracioni  a 
tjnelli  cheaostenevanoilGovemo  della  Gasa  Medici. 
S^bene  net  1539  la  pace  di  Cambrai  eselndesse 
«tali'  Italia  i  Francesi,  e  l' iutiera  conquista  del  Du- 
cato dì  Milano  nel  i535  ponesse  un  argine  ad  ogtà 
loro  tentativo,  ciò  non  ostante  gl'interessi  e  li  animi 
deiritàliaBÌ  continuanHio  ad  esser  divisi  nei  due  Par- 
titi Imperiale  e  Francese.  Dispiaceva  loro  eguaU 
mente  il  dominio  dell'una  e  dell'altra  Nazione;  mai 
prevaleva  iti  molti  il  particolare  interesse,  perchè 
inalsatiotioslenutì  da  uno  di  questi  Partiti,  decaden* 
do  esso  vedevano  imminente  la  propria  rovina ,  o  al- 
menoimpeditala  strada  a  maggiori  speranze.  I  Fran- 
cesi in  tempo  delle  loro  conquiste,  disprezzandò  li 
usi  e  i  costumi  dell'  Italiani,  si  erano  perciò  poco 
ì  l'affeiióne  del  popolo;  ma  non  avendo  pia 


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mTRODOZIONE  SS 

birVB  TÌT«  in  Italia jiuTiisTaDo  t  priocipàU  delloro? 
partitoalla  Corte,  e  gl'isgrandiTatio  ad.  proprio  Re-^ 
gDo;  il  cbe  maatoieTà  vivo  in  molti  l'attaccameato 
a  quella  Gorona>elo«pÌrito  di  servire  alta  medesi- 
ma ia  ogni  tnoTÌmeoto  che  succedesse.  Li  Spagnoli 
all'opposto,  nsandodella  dissìnmlaaìone  inspirata  lo- 
ro da  Ferdinando  il  Cattolico,  e  mostrando  più  cfm- 
fideosa  nella  Nazione  Italiana  ricompensaraso  lar> 
gamente^  ingrandivano  nuove  Faniiglie  per  aflfeazìo- 
narsele^  e  le  confidavano  le  piilt  iniporLanti  cariche 
della  Monarchia.Con  tale^irito,  e  con  la  piti  esatta 
Tigilanza  dominavano  il  Regno  di  Napoh^e  il  Ducato 
di  Milano;  e  in  tal  guisa  dai  due  estremi  dell'Italia 
racchiudevano  con  le  loro  forse  li  altri  Prìncipi  (U 
questa  I^vincia,  che  alcuni  erano  con  loro  ittlera- 
znente  congiimti,  ed  altri  erano  coatrelti  a  tenersi  in 
una  perìètta  neutralità.  Il  Dnca  di  Saroja,  la  Repuh» 
Uica  di  Genova ,  Lucca,  Firenie,  e  Siena,  henchò 
non  S(^getti,  erano  però  intieramente  devoti  all'Im- 
peratM«>  che  poteva  liberamente  disporre  delle  fbr- 
iedicìaacfaeduno.IlDncadi  Ferrara,  quello diUr- 
lùiM,  e  altri  Feudatarj  ddla  Lombardia,  lì  mostra- 
vautt  avTvni  al  pattito  Imperiale,  ed  erano  aostenuti 
dalla  Francia  io  questa  dìspoaBÌone,  per  potere  in 
ogni  evento  rinv^lMre  delle  iiovìtà,«ten««occupa- 
^«  in  Italia  le  £irie-deUi  Spigaoli. 

Le  «Ine  «ale  PotMK,  che  in  Italia  potassero  di- 
dùanvai  libei«  erano  U  Repubblica  di  Venezia ,  e 
il  Papa  -,  k  printa  troppo  de&tì  gata  dalle  guerre  so* 
stenuie  in  ctms^venia  della  Lega  di  Cambrai,  ap- 
pi icataaristabilire  tema  ferae^  e  intenta  a  &reurgine 
ali»  pot^aa  dei  Tun^ ,  che  le  occupavano  i  suoi 
migliori  Domini  ^  Levante ,  si  manteneva  in  utia 
•salta  neutralità  c<»  l'Imperatore  e  eoa  la  Francia^ 


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56  DTT&ODCrZIOHE 

e  poco  o  niuno  ioteresM  prendéVa  nelli  àflùri  della 
Toscana.  Il  Papa  era  in  drcosldiize  molto  direne* 
Fiiu>  dal  i533  reggeva  il  Pontificato  col  nomtfdi 
Paolo  III.  Alessandro  Farnese  Domo  di  rari  talenti^ 
e  di  UDa  non  ordinaria  sagacità,  preoccupato  da  so- 
verchia ambizione  di  dominare,  e  di  ottenere  ano 
Stato  per  il  suo.  figlio  Pier  Luigi,  coltivava  1'  amici- 
ÙA  di  Carlo  V.,  e  di  Francesco  I . ,  e  progettava  dei 
Trattati  di  pace  fraquestì  due  guerreggiaati  Monar- 
(ìbi  per  unirli  più  facilmente  nel  punto  dei  suoi  de- 
siderj.  Nemico  internamentedellTmperatore ,  pw- 
<hè  si  era  reso  ormai  prepotente  in  Italia,  dissimu- 
lava questa  sua-pas^ione  per  tenerselo  bene  affetta 
^elle  turbolcDKedi  Religione  in  Gwmania,  ma  npa 
.  mitncava  però  per  vie  indirette  d' indebolirli  il  par- 
tito in  Italia,  e  di  opporsi  a  cjadlanque  progresso  à  i 
quelli  cbe  lo  componevano.  Inalzato  a  questo  grad» 
per  operai  Cardinale  Ippolito  de'  Medici,  finoda. 
quel  punto  s'interesBòcoo  esso  contro  il  DucaAIes- 
•andro,  e  sempre  favori  e  protesse  i  Fiorentini  ne- 
.  mici  erìbeUialmedesimo,coDpermettereaottaap- 
parenza  di  nealralitì  e  di  tolleranza  cbe  formassero 
dei  complotti  nella  Romagm^  per  in&stwre  teFroB- 
Uere.  della.  Toscana»  Àrtifìzioso  disseminat<H%  di  di- 
icordiefraìMinistriImp-,sirendeva  poigratoaì  me- 
desimi con  o&irsi  di  giustificare  olla  .Corte  la  loro 
condotta,  per  renderli  favorevolial  suo  PierLuigi,clie 
avea  tutti  i  viz  j  del  Itaca  Valen  tino  senza  possederne 
i  talenti.  Era  il  QAinistero  Imperiale  in  Italia  com- 
posto di  Soggetti  datati  dì  somma  perspicacia,  e  mu- 
niti di  molta  autorità.  Alfonso  d'Àvalos  Marchese 
del  Vasto  aveva  il  governo  dello  Stato  di  Milano,  e 
il.coraaudo  generale  delle  Traj^pe  di  Carlo  V.  in  I- 
»U4.  Andre»  Dom  en  ?riacipe  nella  Repubblica 


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nmtoDcziONE  s? 

di  GeooTB,  a  cui  avea  donato  la  liberti,  tà  avea  il 
comando  generale  della  Marina  dell'  Imperatore.  Il 
Re^o  di  9fapoli  era  governato  da  D.  Pietro  di  To- 
ledo, Uomo  aererò,  e  odiato  dalla  Nazione ,  ma  ac- 
cetto al  suo  Principe.  Era  Vice-Re  di  Sicilia  D.  Fer- 
rante Gonzaga  troppo  occupato  a  difen^^  dai  Tur- 
chi le  coste  di  quell'  Isola ,  e  troppo  remoto  per  in- 
teressarsi nel  Tortice' politico  d'Italia.  In  Roma  ri- 
sedevano col  carattere  di  Ambasciatori  il  Marchese 
di  Aguilar,  e  il  Conte  di  Sìfontes,  dei  quali  l'og- 
getto principale  era  quello  d'invigilare  non  solo  gli 
andamenti  di  quella  Corte,  ma  ancora  di  tutte  le 
alt^  piccole  Potenze,d'Italia  ;  a  questo  effetto  l'Im- 
peratore con  diversi  pretesti  e  caratteri  teneva  da 
per  tutto  Ministri,  che  esplorassero  e  corrispondes- 
sero con  questi  Ambasciatori.  In  Firenze  dimorava 
il  Cardinale  Qbo,  il  quale  nato  da  una  Sorella  di 
Leone  X.  ,era  perciò  congiunto  alDoca  di  parentela, 
e  coabitava  con  esso,  e  lo  assisterà  nelli  affari  del 
Governo  j  comeCapo  del  partito  Imperiale  nel  Col- 
legio dei  Cardinali  essendo  in  disgrazia  del  Papa , 
Carlo  V.  lo  aveva  stabilito  col  Buca,  perchè  lo  te- 
nesse saldo  nel  Partito  Imperiale ,  e  invigilasse  so- 
pra li  andamenti  del  medesimo.  Tale  era  la  situa- 
xione  politica  dell'Italia,  e  quelk  di  Firenze  alla 
mwtc  d«l  Duca  Alessandro  de'Hedid 


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LIBRO    PRIMO 

CAPITOLO  PRIMO. 

Cosimo  Medici  è  eletto  Priocìpe  di  Firenie  i  ottiene  un* 
Vittoria  contro  i  Psonitciti  a  Mootemurlojéconfennato 
Duca  di  Fìrenie  dii  Carlo  V  ,-  Altre  diipotisioni  di  detto 
Imperatore  n  livore  di  Cosimo  stabilite  al  Congresso  di 
Nitu..  . 


J-iA  GìtU  di  Fitenta,  agitata  per  qaattro  secoli  da  *~~ 
interae  rtroltiùóiii,  WMa  aver  taài  potato  stabilire  di  e. 
uba  SornUL  iti  Gotctiio  perihiaDente  e  tranquilla,  ri-  iSS^ 
dótta  flii«lai«(ite  setto  l'aMt^ufo  poteK  di  un  solo^  5i 
rìpouva  acatusa  da  tanti  travagli,  «juaédó  la  violeata 
mòtte  del  I)ue«  ÀteMandro  la  fidasse  in  nuove  ca- 
kmitàjemveglièiQellJ  «piriti  ambiitiosi  la  Sédixione 
e  il  tunaakdi  La  sette  dei  €  GeDndiD  1537  Lorenzo 
de'  Hedioi  privò  di  TÌta  questo  Pirincipe,  e  la  di  lui 
iDoru,  che  era  stata  occultata  a  tatti  lino  alla  mat- 
tina ,  pcrvedfie  fioalmeote  a  Aoti<la  del  Cardinale 
Gbo.  Fusuopriuao  pensierD  di  ridiiaoiare  a  Firen- 
■e  Alcssdiidro  ViteUi  Capita»  della  Guardia  del- 
l'flstiiito  Duoa>  che  u'  era  asaeate,  e  d' introdurvi  se- 
gpHuaaiU,  e  cmi  la  maasima  odoità  quel  mag- 
gior numero  di  armati,  che  permetterano  le  circo- 
stanze; e  contocato  il  Senato  dei  XLVUI.  per  no- 
tificarli questo  accidente,  farsi  attribuire  intnina- 
mente  tutta  la  potesti  di  regolare  a  suo  talento  le 
Stato  ina  a  nuovi  provvedimenti.  AsÀcvrò  nella 
nuora  Foneaza  lyiat^herit*  d'AdstriftVsdon  delDu* 
ca  coli  i  molali  più  prèiM  e  le  s«rkMte,  «  itabiliia 


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fìo  STORIA  DI  TOSCANA 

"ÀiT  in  tal  guisa  la  tranquilliUi,  comiqciò  a  trattare  col 
diC.  Vitelli,  e  con  i  principali  Senatori,  per  devenire  a 
'qualche  risoluzioDe  per  l'elezione  di  un  Prìncipe. 
Varie  erano  le  riflessioni,  che  si  presentarono  alla 
mente  del  Cardinale  e  dei  Senatori  in  questa  circo- 
stanza; la  prima  e  la  più  seria  era  il  timore  che  Car- 
Io  V.,  profittando  dello  specioso  pVetesto  dì  vendi- 
care la  morte  del  Genero,  riducesse  la  Città  in  un' 
assoluta  schiaTÌtii,  mandandovi  un  Governatore 
Spagnolo,  e  dichiarandola  una  Provincia  dei  suoi 
Begni  :  che  un  interregno  era  sottoposto  a  troppe  vi- 
cende ,  perchè  i  Fuorusciti  di  Roma  e  della  JJora- 
bardia  avrebbero  posto  la  Città  e  ìlDominio  in  com- 
busttope,  prìma  che  dall'Imperatore,  che  era  in 
Sj^gna,  fosse  venuta  qualqhe  determinazione;  final- 
mente che  era  impossibile  stabilire  una  forma  di 
Qoverno  j  che  riunisse  interessi,  tanto  diKordi,  par- 
che tra  iCittadini  alcuni  amavano  i  Medici;  ma  non 
laTiraiinide;  altri  detestavano  i  MeJici.e  il  loro  par- 
tito j  per  avere  un  Capo  a  levo  modo;  e. altri  desi- 
deravano il  Governo  Popolare.  La  Plebe,  e  le  Città 
del  Dominio  preferivano  il.GoTemo.di  on  aolo^ 
perchè  C05Ì  erano  garantite  dalla  prepotenza,  dei 
Grandi ,  ed  quagliate  ai  medeiimi  nell'  osservan- 
za delle  leggi  ;  ma  erano  credute  però  ÌDdiflEerentì 
ad  accettare. per  Sovnoio  uno  dei  Medici  >  o  chion- 
que  altro  ottenesse  questo  Domìnio.  In  tale  incer- 
tezza però  fii  considerato  esser  necessario  tenersi  a- 
mica.la  forza  principale,  e  uoa  discostarsi  dal  par- 
tito dell' Imperatore .,  anzi  fu  creduto  di  nMi  al- 
lontanarsi dalle  determinazioni^  dal  medesimo  ma- 
nifestate, nel  Lodi?  a  favore  del  Duca  Àlasandro  da- 
toin  Augusta  li  aS  OUobre  i53o,  in  cui  avea  de- 
cretatQ^  che  in  mancanza  del  Daca  Alessandro^  e 


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tlB.  I.  CAP.  I.  6i 

sttót  figli  j  ioyette  succedere  net  Principato  di  Fi-'X^ 
rence  il  maschio  più  prossimo  della  Famiglia  Medi-di  C. 
d ,  confermando  quest'  ordine  di  succedere  in  iu-  '    ^ 
finito.  Quest'  atto  ,  riconosciuto  dal  Cardinale  e  dai 
Senatori  per  una'  legge  fondamentale ,  li  ièce  risol- 
vere di  derenire  all'elezione  di  un  nuovo  Principe , 
pacche  la  Dacheàsa  Vedova  non  dava  segni  di  gra- 
vidanza. . 

Due  erano  ì  Soggetti,  sopra  dei  quali  a  tenore  del 
Ijodo  Imperiale  poteva  cadere  la  scelta  ;  il  primo 
era  Giulio  figlio  naturale  del  Duca  Alessandro,  nato 
da  una  Donna  Pratese  ,  e  in  età  di  tre  anni ,  sopra 
del  quale  il  Cardinale  e  il  Vitelli  pensavano  ti'a'- 
sferìre  la  grandezza  del  Padre ,  per  assicurare  in- 
tanto la  loro  propria  nella  minore  età  di  questo  fan- 
ciullo ;  l'altro  era  Cosimo  Medici  in  età  di  anni  i8; 
questo  giovine  nasceva  da  Giovanni  de'  Medici ,  il 
quale  avendo  servito  sotto  il  Marchese  di  Pescara 
nelle  guerre  d'Italia^  divenuto  il  restauratore  della 
Milizia  Italiana  ,  morì  ìu  servizio  dei  Papa  e  delta 
heg»  in  età  di  a^  anni  nel  i5a6.  La  Madre  sua  era 
Maria,  nàta  da  Jacopo  Salvìati  e  da  Lucrezia  de'Mé- 
dici  sorella  di  Leone  X.,  Donna  di  molta  prudenza, 
e  talmmte  affezionata  a  questo  figlio,  che  dopo  là 
morte  del  marito  ricusò  di  novamente  accasarsi', 
per  assistere  alla  di  lui  educazioue,  e  al  governo  del 
piccolo  suo  patrimonio.  Discendeva  direttamente  da 
Lorenzo  figlio  di  Giovanni  di  Bicci ,  e  fratello  ca- 
detto di  Cosimo  Padre  della  Patria,  se  non  che  Lo- 
rento  il  Traditore ,  procedente  dallo  stesso  stipite 
per  linea  maggtornata,  sarebbe  stato  il  primo  chia- 
mato dal  Lodo  Imperiale,  se  l'attentato  commesso 
non  l'avesse  degradato  da  questo  diritto.  Questo  ra- 
ino  cadetto ,  che  in  tempo  del  Governo  popolare  si 


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6i  STORU  DI  TOSCANA 

'  ^GtTcra  rese  accetto  alla  Repubblica ,  poco  favorito  Ì^ 
d>_t^' Leone  X. ,  fu  poi  perseguitato  da  Clemmte  VU. , 
^allorché,  estinta  la  legittima  diaceodenaa  del  Gran 
Cosimo,  volle  fiiTorire  i  Bastardi  io  pr^udiiio  dei 
prossimi  Agnati  ;  a  tal*  efletto  [xvciùò  il  Papa  i)ì 
tener  lontano  dalla  Patria  Giovanni^  dandoli  il  go* 
Terno  di  Fano  a  perpetuità  per  euo  e  suoi  diacea- 
denti ,  con  troncarli  però  tutte  le  f  brade  d'ingrao- 
dirsi  ed  emulare  i  Bastardi,  che  esso  aveva  esaUati. 
Per  tali  ragioni  riscuoteva  questa  Famiglia  in  Fireq- 
ze  la  commiserazionecl'amore  di  tutti  Cittadini;  9 
Cosimo  benché  giovinetto  era  iatemamente  amato 
da  tuttij  non  solo  pe^  i  meriti  e  la  gloria  del  Padre, 
ma  ancora  per  l'eapettativa  che  dava  delle  quaUtìt 
sue  personali.  Sopra  di  esso  rivolsero  le  loro  mire:i 
principali  del  Senato,  i  quali  erano  Francesco  Guic- 
ciardini r  latorico ,  Francesco  Vittori ,  Ottaviano 
de'Medici,  e  Matteo  Strozii.  Riflettevano  concorde- 
mente, che  eleggendosi  il  Bastardo  del  Duca.defun- 
to ,  il  Cardinale  e  il  Vitelli  sarebbero  stati  1  Tirao- 
qì  della  Città,  quale  non  conveniva  in  veruna  ibr- 
xna  abbandoQEire  al  governo  di  forestieri  ;  che  Co- 
simo educato  finora  privatamente,  e  avendo  già  spe- 
rimentato il  peso  della  spggezzione,  faceva  sperare 
sentimenti  più  umani,  e  un  governo  più  moderato; 
che  essendoNipote  jjel  Cardinale  Salviati,  il  quale 
«^  di  somma  aatorìtà  fra  i  Fuorusciti,  sareUte  sta- 
to  più  fàcile  il  riunire  per  questo  raezao  li  animi,  e 
gì  ÌDlcTessi  di  tanti  Cittadini  dispersi  per  1*  ItaUa , 
e  resUtuirli  alla  Patria.  Questi  sentimenti,  pruden- 
teinente  insinuati  nelli  altri  ^  fiarmarono  ìu  breve 
r  opinione  costante  del  ma^ior  numero  da  Sena- 
tori ,  che  finalmente  dovè  prevalere  a  queUa  del 
Cardinale  e  del  VitelU.  Perciò  introdotto  segreta-- 


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.  LDI.  I.  GAP.  ì:     .  & 

tfiAile  io  QUk  Couao ,  che  n'  era  assente ,  e  pre- &^ 
KPtato  ai  Senatori,  Tu  li  9  di  Geonaro  1537  elettoci  C. 
■écoudo  U  ordiili  Cafro  prinario  della  Città  iti  ft-  '  T 
rensc  e  suo  Ihoìinio,  con  la  madesioia  potestà  cbe 
avevv  il  One»  Akasaiidro,  e  con  k  preminense  at- 
tribuite il  «fl(k«modalLodoIiiii>erìal*;aperc]iè 
la  Cìuà  uoo  si  sgoawataasB  per  ^èata  denone,  cor 
altro  decreto  dimostraPOOO  dì  moderare  l'effrenata 
potestà  dell'  «lUiito  Dpcà,  ^laegiuBdo  all'Eletto  un 
C(Misiglio ,  e  litttttaadoli  una  prestazicaie  di  danari 
dai  pubblico  erario  per  il  decente  ino  trattamento. 
La  Plebe  ricevè  di  bnoD  grada  il  ddoto  Principe  e 
lo  acclamò  lietamente,  i  Gttadini  desiderosi  dì  no- 
vità ne  rionaero  aHlibii,  e  le  Città  del  Dominio,  ve- 
-dendo  stabilito  U  nuovo  Governo ,  crederono  assi^ 
curata  ancora  la  loro  tranquillità.  La  pubblica  alle- 
grezsa  fii  però  in  brere  disturbata  dal  Vitelli ,  al- 
iMTcbà  impadruDÌtoai  con  artifizio  della  Furtezia  di 
Firenze  protestò  di  tenerla  a  nome  dell'Imperato- 
re ,  e  per  sicurezza  del  preie&te  Governo.  Forae  li 
era  pota  lobbliganone  latta  a  Napoli  dal  Duca  Alea-  . 
aandro ,  orrero  non  contento  delle  pccbecze  am- 
ff  aasate  nel  sacco  dato  dai  anni  Soldati  alle  Case  dei 
Medici^  l'ingordigia  gli  auggerì  qneato  meszo,  per 
gnadagoarai  a  suo  tempo  una  riconipenaa  o  dall'Im- 
peratore 0  da  Coaimo.  Le  cirooatauae  obbligarono 
il  Prìncipe  e  il  Senato  a  dÌMÙmulare^  perchè  da  mol- 
ti maggiori  traragli  erano  minacciati  al  di  &uri. 

Alla  mort^  del  Duca  Alasaandro  il  Cardinale  e  il 
Senato  aveano  già  partecipato  il  oaao  ai  Miniatri  Im- 
periali, e  ipeditone  ravviso  all'Imperatore,  che  al- 
lora si  trovava  in  Caatigtia.  Il  Marchese  del  Vaato 
inviò  ^>editarnente  a  Firenze  Bernardo  Santi  da 
Rieti  Veacovo  dell'  A<[uila  con  ampliaairae  iàcoltà  ^ 


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64  STORIA.  DI  TOSCkHK 

amT  non  solo  per  trattare  ed  asùaten  agi'  interèsn  delk 
^'^ Duchessa  Vedova,  ma  ancora  per  mantenere  la  Cit-' 
^tà  sotto  la  devozione  di  Cesare.  Anche  il  Principe 
Doria  spedi  per  lo  stesso  effetto  l'Abbate  dì  Negra, 
ed  ambedue  questi  Ministri  esibirono  al  naovo  Go. 
T^rno  le  forze  dell'  Imperatore.  Fu  perciò  accelera- 
ta la  marcìadeUeHiUzie  Spagnole,  richieste  già  dal . 
Duca  Alessandro  ,  e  comandate  da  Francesco  Sai^ 
miento  ;  e  il  Marchese  del  Vasto  spedì  anch'  essa 
nuove  Truppe  comandate  da  Pirro  Geenna:  l'ant- 
mutinamento  dei  Fuorusciti  alle  frontiere,  e  l'an»- 
bizione  di  Paolo  III.  rendevano  troppo  neceesvj 
questi  soccorsL  U  Papa ,  appena  udito  il  caso  dì  A- 
lessandro,  aveva  ìmagìnato  che  la  Toscana  sardsbe 
stata  un  pascalo  ai  suoi  disunì  ambiziosi ,  e  che 
alimentandovi  la  discordia  e  la  guen-a^  avrebbe  po- 
tuto fàcilmente  stabilirvi  unoStato  per  il  suo  Pier 
Luigi;  e  perciò  dopo  essersi  obbligato  la  Duchessa 
con  la  solenne  spedizione  fattale  del  Vescovo  di  Pa- 
via ,  ed  avere  esortato  i  Magistrati  alla  concon^a  , 
insinuò  segretamente  ai  Cardinali  Fiorentini  ,  che 
erano  in  Roma  di  portarsi  speditamente  a-Firenze 
con  li  altri  Fuorusciti,  con  animo  in  apparènza  di 
conciliare  lispiriti^  ma  per  Impedire  sostanzialmen- 
te che  la  Città  si  tenesse  per  l' Imperatore,  e  pre- 
venire le  forze  che  avessero  tentato  introdurvi  i  Mi- 
nistri Imperiali.  Ciò  non  ostante  dissimulò  cosi  be- 
ne la  nuova  dell'elezione  di  Cosimo  portatali  da  A' 
lessandro  Strozzi,  che  esibì  tutta  l'opera  sua  in  be- 
nefizio della  Città.  Intanto  però  Pier  Luigi  Famiese 
meo  politico  del  Padre  spedì  a  Ksa  un  suo  (can- 
celliere; per  trattare  di  corrompere  con  l'oro  e  con 
le  [H-omesse  il  Castellano  di  quella  Fortezza  ,  per 
.averla  in  suo  potere  ;  e  benchèquestoGaocellìere 


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«nfrmBrtiP  Bel  tormento  tutto  il  Trattato;  e  le  ùtra-'^ 
soni  t  che  arerà,  iial  suo  Padrone,  ciò  non  ostante  di  G. 
fu  rilanciato  liberamente  per  non  dispiacere  a  Soa  ^^^ 
Santità.  I  Cardinali  Fiorentiai  Salviati  ,  Ridolfi  « 
Gaddi  intrapresero  la  loro  ^«dixione  a  Firenze  ;-.e 
Fili[^  Strozzi  introdusse  nella  Veldicbiana  due- 
mila Armati  commdati  da  Roberto  sito  figlio,  per 
secondare  le  nnovità  e  i  tumulti^che  iCardàialii^ie- 
ravano  di  suscitare.  Le  Fanterie  Spagnole  e  quell* 
del  Marchese  del  Vasto  ««no  contemporaneamenta 
transitate  dalla  Lunigiana  nel  Pisano  ,  per  avrìci- 
nara  alla  Capitale.  In  tali  circostanze^on  temendo 
più  Codmo  dello^irìto  sedizioso  dei  Cardìoali  pen- 
so d' inritarli  ad  entrare  nella  Gttà  pacificaiheate^ 
dimostrandosi  proiito  di  trattare  tanto  coneasi  cb$ 
con  i  principali  Fuorusciti ,  per  stabilire  tutto  eie 
che  potesse  prodarre  la  quiete^  la  sicurezza,  e  il  co» 
modo  dei  Cittadini.  Si  portò  ancora  ad  incoatrarU 
personalmente ,  e  mentre  essi  iiir  ono  presenti  alle 
acclamazioni  della  Plebe  per  il  nwro  Principe,  si 
persuasero  che  ogni  loro  tentatiro.  sarebbe  stato  inu- 
tile ed  infiruttuoao.  Dopo  rarie  proposizioni  fustabtr 
lito  tra  Cosimo  e  il  Cardinale  Salriati,  cbe  si  sarebr 
bere  licenùate  le  Truppe  di  Valdichiana  assoldate 
dallo  Stroaaò:  che  si  rimanderebbero  a  Geoora  le 
Fanterìe  Spagnole  :  che  sareUiera  rimessi  in  Patria 
tutti  i  Fuorusciti  ,  e  finalmeute  cbe  Cosimo  sarel>> 
he  rìconoBciiito  per  Principe  della  Città.  Avrebbe 
desiderato  il  Cardinale  Cibo  che  la  causa  dei  Fuo< 
rnsciti  fosse  inderamente  rimessa  Bell'  arbiicio  di 
Carlo  V.,  siccome  fu  &tto  nel  1535  sotto  il  Dnca 
Alessandro  ;  ma  poiché  il  Salviati  areva  adempito 
al  Trattato  con  licenuare  le  Truppe^  così  ¥oUe  il 

r./. 


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£6  STORIA  m  TOSCÀlfA. 

j^„  Vescovo  dell'  Aquik  die  si  sodis&cesse  por  b  parto 
di'  Cdi  Cosimo  al  ncbìamo  dei  Fuornaciti  >  pncbÀ^  li- 
^^^7  inanendo  in  900  potere  le  forse  dello  Stato,  mr  me- 
glio averli  deatro  cbe  fuori.  Ma  quelli  cke  aapira- 
Tano  alle  novità  vedendo  per  questo  accordo  fre- 
nata la  loroainbizìoDe ,  lo  disapprovarono  aperta- 
mente con  ritiravsi  dalla  Gitti,  e  macchinare  nuovi 
complotti  alle  freotiere  dello  Stato  Ecclcaiastìco. 
fialviati  e  Gaddi  erano  restati  in  Firease  per  ten- 
tare piùd'a|^esso  ^lianimideiCittadinira  inspirar- 
gli la  sedizione;  il  primo,  attesa  la  parlitela  che  ave- 
va con  Caterina  dei  MediciDelfinadiFraiicia  godendo 
il  favore  di  quellaCorte,  era  dicbiarataraente  vdo 
dei  Capi  principali  del  partito  Francese  in  Italia. 
I^usingavasi  egli  per  meozo  dì  larghe  promesse  di 
ientare  l'animo  delNipote  e  deUa  Sorella j  e  rimao» 
.  -verli  dalla  dcvaaiene  di  Cesare ,  o  almeno  «paven- 
tar Cosimo  con  meUerli  ìb  vedoU  i  pevicéH  del 
FrÌDcipatOj  e^  maaifissla  protenone  dd  Redi  Fran- 
cia per  i  Faorusciti/I^er  tal  mpdo  di  proceda»  co- 
nobbe il  nuov»GeTerno  quanto  pericoles»  sarebbe 
stata  una  più  lunga  permauenia  di  questo  St^ggetto 
in  Firenze ,  perciò  minacciato  dai  Vitrili  ai  ritiri 
prontamente  a  Bologna. 

Sebbenequestisaeces»  aveaseroassìauFatAla  quie- 
te della  Gttà  e  stabilito  il  Frincìpato  1^  Gonaie  , 
ciò  non  ostante  il  nuovo  Governo  bob  si  eredi  tra»- 
qnillo  fintante  cherinqperatore  npn  ebbe  in  qual- 
che forma  maDÌfesteto  le  sue  int^utioRÌ.  Era  Cvlo 
-V.  informate  di  tutti  li  accidenti  della  Città  ,  non 
solo  da  Giovanni  Bandìui,  che  si  trovava  alla  sua 
Gcvte  ìd'  qualUà  di  Agente  fino  d^I  i536,  ma  anco- 
ra da  altri  Mimstri  spediti  dal  Senato  e  dal  Cardi- 
nale ,  e  ultimamente  da  Bernardo  de 'Medici  Vesco- 


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-  H».  f.  GAP.  I?  --:  p 

99di  ForUiBTiato  da  Gonmea  partecjpttrlì  la  «ua"A^ 
élflùone;  9  coqaìderaqcio  che  pcndeote  la  gaeiTa<U<; 
eoi  Re  di  francia  ia  Piemonte  troppo  periciHosD*^' 
era  il  tentare  tiovità  in  ToscaBa^  e  dall'  altro  canto 
aasicorato  col  p^poddUa  Forteue  e  delle  Truppe 
introdotteTÌ,  che  ì  suoiDemici  non  potevano  avvaiw 
ti^;giai»  per  qoesta  parte,  rÌMlrà  di  non  innovaro, 
dando  all'aHare  un  trelio  di  lungbezuedi  Satmai- 
liti  t  per  profittare  del  tempo  e  delle  circoaUnxe.  I« 
cmsegueDza  di  ciòcon  suo  dispaccio  dato  in  Vagli». 
dolid  r  altimo  di  FeUirajo  i5^,  incaricò  il  Mafw 
cbeae  di  ÀgailaT^  e  il  Conte  di  Sifontes  sooi  Ani' 
basciat<wi  a  Roma  di  portarsi  in  FìrenWjper  quivi 
trattare  e  stabilire  tutto  ciò  che  poteaae  assicurare 
ia  quiete  della  Città ,  e  gì' interessi  e  la  convenicn* 
la  della  Duchessa .  Di  questi  due  Ministri  portoasi 
a  Firenze  il  Kfuntea  ,  il  quale  espolorati  gli  aniim 
dei  GiUadini,  e  sentiti  i  Personaggi  spediti  dai  Fu^ 
nucitipper  trattare  con  esso  della  riformaddlo Sta- 
lo ;  dichiarò  non  esser  luogo  a  veruna  innovazione^ 
«  in  conseguenu  potere  essi  ritornare  alla  Patria 
in  vigore  dell'  l&dulto  pubblicato  da  Cosimo.  Dir 
duarò  inoltre  con  suo  Atto  dei  ai  Giugno  iSJj 
l^ttima  e  valida  relesiooe  di  Coamo^  come  prò» 
«edenle  dall'  wdkie  stabilito  nel  Lodo  Impwiale 
Abì  iS3o^  confermando  al  medesimo  tutta  la  potè- 
■U^t^Ueiveminensa^  che  aveva  ilDucaAleasan»- 
dro,  da  usarne  liberamente  fintanto  che  l' Impera* 
tofe  non  avesse  spedito  la  sua  rati&casione.  Prov* 
vide  ancraa  agl'interessi  della  Duchessa  Vedova, 
e  riflettendo  die  tutti  fieni  del  Duca  Alessandro  era- 
no ipotecati  alla  medesima  per  le  obMigazioui  e  con* 
fessioni  da  esso  iàtte  a  Barcellona  ed  a  Napoli ,.  e 
«be  altresì  pretendeva  Cosimo  pervenirseli  Ijberap 


i,z.dbvCo(>glc 


<8  sTofiu  tit  fdseiirA: 

J^niente,Don  tanto  perii  Lodo  del  i^St  pronanmat* 
dì  dtra  Goaimo  Padre  della  Patria  e  Pier  Fcancesco  di 
1537  Lorenzo  de'  Medici,  quanto  fet  il  BdeconuniiBo,  io- 
dotto  da  Glflmente  VII  preae  il  compenso  cbe  cre- 
dè più  vaDtagJsioso  alla  Vedova ,  e  aenta  pr^iudi- 
care  ai  diritti  dell'  una  parte  e  dell'  altra  fece  che  U 
Duca  prendesse  in  affitto  da  Madama  d'Austria  p^ 
tre  Bimi  tatti  i  Beni  Stabili,  esistenti  nel  Dominio», 
per  la  somma  di  750D.  scudi  d'  oro.  Stabili  ancora 
in  Vigore  dell'  ofaUigazione  fatta  a  Napoli  dal  DtF- 
■ca  Alessandro,  che  le  Fortezze  di  Firenae  ,  Pisa  e 
Livorno  si  tenessero  aniHnedcil'  ImperatorCj  e  per 
servire  di  guardia  a  difesa  al  novello  Principe. 

La  proteaiiHte  dichiarata  da  Carlo  V.  per  il  ntf»- . 
To  Governo- riempì  la  Città  di  consoIanoDej  mai 
Fuoru«;iti  ben  presto  gli  prepararono  nuovi  disa- 
stri. Aveano  costoro  fino  dall'  elesione  di  Cosimo  > 
e  poi  ma^iormente  dopo  la  ritirata  del 'Cardinale 
Salviati  da  Firenze  ,  infestato  le  frontiere  éxA  Do- 
minio con  piccole  sorprese^  tentativi ,  e  complotti , 
particolarmcnteal  Borgo  S.  Sepolto,  a  Sestine^  e 
«  Castrocaro;  ma  la  vigUanaa  di  Cosimo,  e  la  fedel- 
tà dei  sarà  Miniatri  non  gli  'permessero  dì  stabilir- 
visi  solidamente  ;  qaello  però  che  più'  richiamava 
la  loro  attenzione  era  Pistoja.  Questa  Gttii  per  bar- 
Ittra  e  inuskata  politica  deUa  Repubblica  di  Firen- 
ze, non  potendo  a  tenore  delli  antichi  suoi  privil^j 
esser  tenuta  in  freno  con  una  guamigìoiie  ,  era  go^ 
vmiata  e  indebolita  con  tener  vive  doe  Fanoni  ^ 
che  continuamente  si  distruggessero  fra  di  loro. 
QuesteFazionij'cfae  nei  precedenti  sec^aveanoin^ 
fierito  sotto  diverse  denominaziani,  prendevano  al- 
lora il  nome  daUe  due  ^ncipali  fiimi^ie  che  le  di- 
rigevanoy  ed  erano  conosciute  sotto  il  nome  di  Par- 


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'     LIB.  L  Cip.  t.  «^ 

he  GanctUienij  e  Parte  Panciatìca.  E  siccome  in  ai-  ^„_ 
mili  cHcoatabw  è  nètl'  («dine  delle  cose  che  lAadi  C. 
Fazione  adotti  sempre  i  flentimenti  cwtrar)  a  quel-  '^^ 
li  dell'altra,  perciò  la  Farle  I^Dciatica  «Tendo  adut- 
tato  le  tnasnrae  del  nuovo  Governo,  e  gì'  ioleressi 
dì  Goaimo^  la  Parte  Cancelliera  teneva  intelligeaKef' 
ed  operava  a  faTore  dà  FuomKitì  ;  e  qoaotuoque 
da  Cosimo  fossero  state  spedite  in  qaetia  Città  Ui- 
licie,  e  prudentifilinistriper  iàrvi  osservare  la  quie- 
te, ciò  non  ostante  la  Campagna  erftcontjnuamcat 
te  infisstata  dalle  scaramuccie  delle  dne  nemicha 
Fazioni.  Dopo  che. per  la  dichiarauone  di  Sifuntet 
videro  i  Fuorusciti  troncata  ogni  strada  a  ristabi- 
lire pacificamente  1'  antica  Repubblicaj.giudicaro- 
no  non  restarvi  da  tentare  altro  mezzo  che  la  forza; 
eperciò  ottenuto  dal  Re4i  Francia  un  soccorso  di 
danari ,  impegnarono  Filippo  Strozzi  il  |HÌi  ricco- 
£ca.loro,per  cqptribuireprìncipalmenteaU'impresaj 
e  avventurare  alla  sorte  delle  armi  la  libertà  della 
Patria.  Aveva  egli  ricevuto  in  sua  casa  Lorenzo  Ìl 
Traditore,  e  con  rara  genorosità  aveva  congiunto  in  ~ 
Hatrimonio  a  due  proprj  Figli  due  Sorelle  dd  me-' 
de8Ìmoaenudote.Queatim«ritiete8uericch«ze  gli 
conciliarono  molta  autorità  fra  i  Fuorusciti,  talmen- 
techeera  dae8SÌre|Hitatocomeiloro  sost^fuo.  Confi* 
dando  pertanto  nella  protezione  del  Re  di  Francia, 
•nixnato  dallo  qnrito  guerriera  di  Pietro  suo  figlio^ 
e  Inàogato  dalle  intelligenze  e  promesse  della  Par- 
te Cancelliera  dì  Pistoja  ,  risolvè  di  muovere  l' ar- 
mi contro  Cosimo.  ICardinalì  Fiorentini  non  sim^ 
scolarono  apertamente  in  questo  aHare  per  non  at- 
tirarsi snaggiore  indignazione  deirimpentore,che 
già  li  &vea  sequestrato  ì  frutti  dei  benèfizj  che  pos- 
sedevano nei  swtt  Stati,  e  percbèas|iùiuu!U>dasche- 


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^      ytì  STORIA.  D)  TOSCLNA. 

^„,  duuo  al  Papato,  qiieaU  impresa  non  gli  iàcensis  o4 
di  CtaUcolo  per  coosegoirlo.  In  Bologna  m  fece  la  massa 
'  'generale  dell'  Esercito  da  muoversi  contro  la  To* 
Bcana  in  numero  di  quattromila  £iDti;  e  il  Papa  e  ì 
Suoi  Ministri  dissimularono  francamente  tuUe  que* 
fte  operaxìonì.  Il  Governo  di  Firenze ,  esattaiAento 
informato  di  tali  apparati,  non  mancò  di  maodarh 
incontro  lì  Spagnoli  del  Sarmiento^  che  ancora  Don 
erano  licenziati^  i  Tedeschi  di  PirroGolonna,  e  una 
parte  della  Guarnigione  del  Castello  sotto.il  Vitet 
li,  acciò  questi  tre  Corpi^  uniti  alle  altre  Milisie  del 
Dominio  e  alla  Parte  Panciatica ,  agisB«t>  all'  ceca- 
ùone.Iìi  Città  fìipubblìcataaottoildi3o  Luglio  1537 
una  legge ,  che  cHrdiuava  a  chiunque  di  tenere  dopo 
la  meu'  ora  di  noU«  il  lume  acceso  alle  finestre 
della  propria  Casa ,  sotto  pena  di  aS  fiorini  ki^hi 
d' oroj  parimente  prtHbiva  a  tutti  il  passeggiare  per 
la  Città  dopo  detta  ora  senza  una  espressa  licenza  , 
«otto  j)ena  di  essere  svaUgiato.  e  di  esserli  troncata 
Una  manoisìdichiarava  che  chiunque  in  occasione 
di  strepiti  j  che  insorgessero  p»  la  Città  tanto -dì 
^orno  che  di  notte,  non  si  fosse  ritiralo  nellapro- 
pria  Casa  potesse  essere,  inpimemente  ammatoato: 
«d  ogni  CoaveoticoU  fu  assonata  la  pena  di  5oa 
fiorini  larghi  d' oro  in  oro^  Queste  furono  credute 
le  pili  utili  disposìùoni  j  per  assicurare  b  quiete  ìb- 
tjenia  della  Città ,  mentre  al  di  fuori  la  sorte  {»«> 
parava  a  Cosimo  la.  vittoria.  La  difformità  di  sen- 
timenti ,  male  ordinario  in  simili  intraprese ,  e  la 
discordia,  procedente  dalla  varietà  degl'  interessi,  fe- 
cnocheBaccioValorijOno  dei  principali  trai  Fuoru- 
sciti, con  piccofós^^to  di  circaottanta  armati,  con- 
fidando nel  numero, e  nei  movimenti  della  Parte 

£ancfllUer«>  «  nelle  genti  di  uaa  awt  Yilb  vicina  a 


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Pk^tOf'mtieipò  dà  Bologna  la  marcia  per  portant  i^ 
i»  detto  loDgo;  ìunngandosì  di  poter  quivi  'col  cr&-^i  G. 
dito  e  cab  l'autt^ità  impadroDÌrti  di  Prato,  e  di"'^^^ 
atratroÌD  t^goisale  forse  diGoainiQ>eforseconla 
Ola  Ticiiuuitanfrv^UareiqFireiizeqQalcbe  tumulto^ 
Fd  seguitato  in  quatto  disegno  da  Filippo  Strozzi; 
ma  ambedue  trovati  tsuì  i  loro  peoaieri  >  ai  fi>rti& 
earono  in  MoAtcmurìo  antica  FortibEio^ridotto  già 
•d  nao  di  abitacione ,  ina  situato  vantaggiosamente 
par  lBdifesa;<pÌTÌ  fbroao  rinftxvatidaUa Parte Canf 
ceUiera;  e  da  un  diataccamenta  di  Soo  Fanti  con* 
dotti  da  Bologna  da  Piero  Strcou.  Ha  sopra^iunti 
dalie  MiliEte  di  Cosimo  i  dueCoq)!,  cioè  quello  dellA 
Parte  Gancelliera,  e  il  Distaccamento  d^o  SroEsi« 
e  diapeiiì  por  opera  dì  Federigo  da  Biontauto ,  eh* 
aveva  il  comando  delle  Miliiue  dd  Domìnio,riniaM 
aolo  il  FortiUzio  asaediato  dal  Colonna,  dal  Vitelli, 
e  dalli  Spegn<di.  Eà'ano  quivi  Tcfugiati  con  Filipp» 
Strozai  e  Baccio  Valori  i  principali  tra  i  Fuorusci*  . 
ti,  e  aolo  a  Pi«>o  Strorai  era  rieacito  di  salvarsi  per 
la  Blontagna.  L' importansa  dei  prigionieri^  e  il  ti- 
more, che  ac^traggiugaease  ti  rimabeote  dell'Eserci- 
to^ serTiroDodistimolo  alli  asaedianti  per  sollecitar* 
con  tttttoil  vigore  la  dediaicaie  del  Fortiliuo  ,  che 
finalmente  fu  occupato  per  forza.  Filippo  Stroza 
volle  anrcndersi  unicamente  al  VìteUi  ;  d^li  altri 
alcuni  ai  arres««  j  altri  furono  fatti  prigionieri ,  e 
s'imposero  ciascheduno  una  Tagha.  Questo  fattA 
accadmo  li  3  Agosto  iSS'j  scoraggi  il  rimanente 
dell'  Esercito  dei  Fuoroaciti  per  avanzarsi  nel  Do^ 
mioìo,  e  riempì  di  allegTtzxa  Conraoj  che  ai  vedevA 
tolto  il  più  forte  ostacolo  alnaacente  snoPrinqipBtOk 
Olire  Filif^  Strozzi  i  più  illustri  piigiottieri  fa- 
rono  Baccio  e  Filif^  ValQii ,  Anton  Frauoewio  deU 


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ft  STORIA  DI  TOBCàNA 

^  liAibizzi,eBernirdoGaDÌgiani.  CoBtorò-condoUi  id 
diC-Fireoze  in  vile  equipaggio,  e  umiliati  dfrranti  a 0(h 
*^^7aiiu>  furono  coDsegDati  alla  Giustizia  ordinaria  per 
CBaer- giudicati  come  ribelli,  a  riserra  però  dello 
Jìtrozzi,.clied^  Vitelli  fu  ritenut»inForteuta  adi' 
cpoaizione  dì  Carlo  V.  La  morte  fu  la  pena  ghwidir 
cameate  imposta  a  costoro ,  e  questa  fu  es^uita  con 
celerità ,  per  prevenire  tutti  quelli  ostacoli  ^cbe  ave- 
rbbbero  potuto  frapporre  il  &rore ,  V  interesse  ,  e  la 
potenza  dei  Ministri  Imperiali.  Cosimo  cousidnò 
questo  successo  per  l'epoca  vera  del  «io  Principato, 
eù  applicò  fio  da  questa  momento  a  svilupparsi  da 
tutti-queiTÌncolij  nei  quali  lo  aveano  finora  (eiuite 
avvolto  le  circostanze.  Il  riguardo  dovuto-ai  princi- 
pali Senatori ,  che  aveano  promosso  la  sua  efeùone , 
e  la  soggBzoine  che  gt'  imponevano  i  Mioistri  del- 
l'Imperatore  erano  catane  tro|^K>  peséati  perilge- 
.flio  elevato  di  questo  Giovine,  che  non  sofifrìra  di 
partecipare  con  altri  il  Principato  elaglorìa. Comin- 
ciò pntanto  a  ristringere  la  coguizione  dellì  «ffiiri 
fra-.pochi  dei  suoi  confidenti,  fintanto  che  issetaai- 
lùlmente  a  rese  Idwro  e  indipendente  da  ogni  ri- 
guardo. Pensò  «Mcora  esser  questo  il  memento  op- 
portuno per  stabilire  con  splendore  la  sua  Famiglia^ 
.e  Nndersi  rispettabile  al  di  fuori  non  meno  ette  frft  - 
i  suoi  Cittadini.  Perciò  in  occasione  di  spedire  a  Car- 
la y^  Averardo  Serristori  j  per  parteciparli  la  TÌtto- 
xìa  di  Montemurlo,diraandiì'in  matrimonio  Mar- 
gfa^ta  d'Austria  j  la  restìtuaione  delle  £orteaxe,  la 
«oitsflgna  di  Filippo  StroKzi  nelle  sue  forse,  e  la  ra- 
tificazione dell'atto  di  Sifuntes.  Accolse  lietamente 
l' Imperatore  la  nuora  della  vittoria ,  ed  approvò 
l'esecuzioDe  fatta  dei  prigionieri,  promettendo  aCo- 
fioM  tutto  il  suo  favore:  e  certamente  lo  avrebbe 


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■    1IB.T.CÀP.T  7l       ^ 

bitébiAo, MgU artifix) del  Papa  &on glielo aveasero  ^_ 
GontratUto.  Dopo  che  questo  Pontefice  avea  cono- di  C. 
•ciuto  che  releziiKM  di  Cosimo  garautita  dai  Mini-  ''^ 
atri  Imperiali  disturbava  tutti  i  suoi  dis^ni  sopra 
la  ToscaDa,  imaginò  non  ostante  di  ritrarre  tutto  il 
profitto  che  si  poteva  da  questo  casa,cou  ridurre  Co- 
nino ai  fuoi  voleri  dandoli  in  matrimonio  Vittoria 
Pamese  sua  nipote;  e  ottenendo  dall'Imperatore 
Margherita  d'  Austria  pv  Ottavio  altro  suo  nipote^ 
pensò  d'indurre  Cesare  in  una  certa  necessità  dicon- 
atìtairb  nao  Stato.  Con  la  coDclunone  di  questi  due 
matrìmoDJ  non  podeva  la  speranxa  di  stabilire  il 
Farnese  in  Toacana^e  dare  a  Cosimo  una  ricompeib- 
n  nel  Oomioio  Ecclesiastico;  essendosi  già  prefisso 
«ti  superare  l'anibixione  di  Clemente  VII.  nell'in- 
^randirelasttà  Famiglia,  ed  atrìcchirla  di  Stati.  In 
consegaenia  di  ciò  fece  trattareil  matrìraobio  di  sua 
-Kipotepermeasodel  Cardinale  Cibo,  al  quale, nel 
«aaò  che  ne  succedesse  la  conclusione,  promesse  di 
icatttuire  la  Lesione  di  Bologna,  che  li  avea  tolta, 
eiCaatdli  diraatili  da  Leone  X.;  e  di  più  darli  in 
Feudo  Gttà  di  Castello,  e  arricchirlo  di  benefixj.  Il 
Cardinale  non  si  lasciò  sedorre  da  queste  promesse, 
«  Coaimo  ben  conobbe  che  la  caduca  protezione  di 
OD  Papa  in  queste  circostanze  non  poteva  esserli  di 
fcron  giovamento.  Perciò  inasf»ito  sempre  più  il 
PUitefice  per  questa  repulsa ,  senza  dichiararlisi 
apertamente  nemico,  non  tralasciò  veruna  occasio- 
ne di  molestarlo  con  cm  l'imposizione  di  due  De- 
dme  nel  Dominio^  sotto  il  pretesta  dei  soccorsi  con- 
tro il  Turco,  e  eoa  inquietare  i  Popoli  con  interdetti 
e  censure  per  questa  causa.  Ma  una  violenza  più 
manifesta  poco  mancò,  che  non  gli  conducesse  ad 
una  aperta  rottura.  £n  io  Toscana  situato  tra  i  con- 


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___      74  STORIA  M  TOSC&NA 

^,  fini  di  Più  e  queUi  di  Lucca  l'aoticò  Spedate  del* 
di  C.  l'AJtopascio,  già  rasìdeaza  di  un  Online  di  CaTalieri 
"^7  di  quHatò  nome,  e  allora  rìdottjo  unicamente  a  Ospi't 
zio  di  Poveri^edi  FeUi^;rÌDÌ;  le  adìaceati  Gamjngm 
che  gli  apparteneTano,  essendo  molbt  fèrtili  in  graV 
noj  somministraTano  «Ila  Città  dì  Firenze  una  co> 
Apicua  quantità  di  queslo  genere  per  il  consumo;  a 
Ul  frontiera  era  molto  opportuna  per  swcitare  da 
questoduogo  in  Toscana  dcUe  nuoTità.  Il  Padrona^ 
to  apparteneva  alla  famiglia  Capponi,  che  ktavcTt 
acquistato  più  per  dotazionej  che  per  privileg)  ot* 
tenuti  dai  Papi.  Essendo  per'  recare  questo  bènefi* 
zo  credè  Cosimodi  molta  impOTtanst  il  farlo  cadere 
in  persona  di  sua  confidenae,  ed  ottenne  dai  Padmi* 
ni  la  presentazione  a  suo  piacere  ;  ebbe  ancora  dal 
Papa  speciale  promessa,  che  non  sarebbe  interpoate 
alcuno  ostacolo  a  detta  presentazione.  Ha  appena 
successa  la  morte  del  Gran  UaestrOj  il  Papa  con  fot* 
mule  inusitate  fino  a  quel  tempo  derogò  al  Padtt» 
nato,  e  conferì  il  Benefizio  al  Cardinale  Farnese  suo 
nipote.  Inasprito  Cosimo  da  cosìingioato  pro&ederei 
e  mal  soffrendo  che  un  figlio  di  Pier  Luigi,  che 
poco  avanti  avea  lottato  di  rapirgli  la  Cittadella  di  ' 
Pisa,  acquistasse  in  Toscana  un  cosi  importante  Do* 
minio,  gli  denegò  il  possesso,  e  diede  principio  ad 
nnà  lui^  controTOTsia  ,che  fu  necessario  soatenefo 
per  questo  fatto.  Fu  perciò  ìmpl<»ata  V  lasìatenza  di 
Carlo  V.,perchÀ  risolvendo  favorevolmente  le  istani 
ze  dì  Cosimo,  dimostrasse  al  Papa  quanto  gli  fosfeni 
a  cuore  i  di  luì  interessi. 

Sebbene  l'Imperatore  avesse  in  animo  di  aodi'i 
afiure  in  qualche  parte  alle  domande  di  Coaimo,  non 
ostante  j  oltre  la  lentezza  naturale  di  quella  Corte» 
s' ioterposero  ancora  gli  artifizj  di  varj  Uìnistn^ 


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\ 

UB.  I.  CAP.r.  ^s 

condotti  dali'  interesse  a  deprimrae  la  'grandezza  ^^ 
del  nuoTO  Principe.  11  matrimonio  di  Margherita^  C- 
d' Austria, elaliberazioQe  di  Filippo  Strozn  erano^  ^ 
per  esaì  due  oggetti  di  molta  cooseguenxa  ^  il  primo 
perchè  riguardava  il  Pontefice ,  e  il  Mcoi^do  pcjxbd 
intereisava  uno  dei  più  ricchi  Privati  d'Italia,  che 
per  h  propria  salrecza  oflerÌTa  delle  somme  assai 
rignardevoU  ;  e  perciò  Alessandro  Vitelli  con  qoe- 
st' oggetto  OOQ  traacurò  vnuno  sformo  per  riescir- 
vi.  Anche  il  Papa  ^  persuaso  che  la  salvezza  dello 
Strozzi  dovesse  produrre  la  depressione  di  Connio, 
adoprd  tutta  la  sua  efficacia  presso  Cesare  per'  otte- 
Derìa  ;  l' Imperatore  lo  supponeva  complice  dell' 
usasaioamento  del  Duca  Alessandro ,  e  Granvela 
avea  repUcato  io  questa  occasione  ai  Ministri  di  Co-  i 
«in»:  Uomo  morto  non  fa  più  guerra;  frattanto 
fii  «ordinato  al  Vitelli  di  pomettere  che  la  Ginsti- 
ÙB  di  Fùneoze  potesse  farli  il  processo.  Più  ìrreao^ 
luto  era  l' Imperatore  circa  il  Matrimonio  di  sua 
Figlia,  8(^a  del  quale  non  fu  omesso  di  dìh'- 
re  in  considerazione,  che  il  concedeiia  al  Farneae 
portava  in  cons^umza  il  dNrli  uno  Stato^  che  no» 
avrdibe  mai  eguagliato  quello  di  Firenze^  e  che  si 
awcszavano  in  tal  guisa  i  Papi  ad  ambire  simili 
nutrimonj.  Pendenti  queste  ambiguità,  stanche  or-^ 
aui  le  due  Potenze  che  gneireggiavano  in  Piemeo- 
tc,  stabilirono  una  tregua  di  tre  mesi,  per  dar  luo- 
go a  trattare  la  pace.  Paolo  ili.  interpose  subito  la 
MOM  mediamone-,  e  siccome  questa  era  una  favore^ 
Ti^  occasione,  non  solo  di  stabilire  con  l' Impera- 
tore i  suoi  aflari,  ma  ancora  di  tentare,  l' acquisto 
di  qualche  Stato  per  i  Nipoti ,  indusse  i  due  Monar* 
chi  ad  un  abboccamento  in  Nizza  ;  ed  egli  medesi- 
mo, benché  assai  Tecchio  è  debole  di  forze  v^e 


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^  76  STOMA  DI  TOSCANA 

j^^_  portarrùì  ^  per  dare  con  4a  sua  presenza  maggioK 
di  C.impulM  alle  pratiche.  la  tale  occasione  gli  fu  insi- 
*^^7ouato  di  non  condurre  i  Cardinali  SaWiati ,  Cad- 
di ^  e  Rìdolfi  troppo  odiosi  a  Cesare ,  per  aver  di- 
sturbato la  quiete  di  Firenze.  Al  Congresso  fu  ri- 
nerrata  b  risoluzione  delli  affari  d' Italia  j  e  in  par-* 
ticularedi  quelli  di  Toscana;  ma  prima  fu  pubbli- 
cata la  ratificazione  dell'atto  dì  Sifontes  con  Diplo* 
ma  dato  in  Monzone  il  dì  3o  SeLtemlve  iSSy.  Al 
ricevimento  di  questo  Atto  Cosimo  assunse  il  tìtolo 
di  Duca  di  Fìreoze.,  che  prima  non  avea  Toluta 
usare  in  ossequio  dell'  Imperatore.  Avrebbe  ^li  dfrr 
biderato  d'intervenire  personalmente  al  Congresso; 
mi  temendo  di  qualche  malo  umore  che  ancora  re- 
stava: nella  Otta,  e  diffidando  del  Vitelli,  col  qiia- 
le  avea  sostenuto  qualche  dissidio  relativamente  al» 
la  taglia  dì  Filippo  Strozzi,  e  a  diversi  atti  dì  yiur 
lisdizioue  e  di  prepotenza  che  sì  arrogava  ,  rìsolvà^ 
di  spedirvi  il  Ùirdinale  Cibo  ,  e  con  esso  M.  Fnin* 
cesGo  Campana  suo  primo  Segretario^  nomo,  espw- 
to  twl  maneggiare  li  affari  più  rilevanti  >  e  addetto 
al  servizio  della  Casa  Medici  fin  dal  tempo  del  Du- 
ca  Lorenzo.  Prevennero  «sai  l' arrivo  del  Papa  ,  e 
poterono  comodamente  trattare  la  laro  commissio- 
ne; e  primieramente^  quanto  alla  restituzione  dd- 
le  Fortezze,  trovarono  stalnlita  la  massìou  dì  ri- 
tenérle fintanto  che  il  Duca  ^  e  la  sua  Fa  miglia  non 
fossero  più  assicurati  dello  Stato ,  per  evitare,  na 
caso  simile  a  quello  del  Duca  Alessandro.  Fo  t«asata 
lajAgliadelloStrozziÌDveaticinquemìU  ducati,  eri- 
mosso  il.  Vitelli  con  darli  il  .Feudo  dell'  Amatrìce 
nel  Regno- per  ricompensa.  D.  Lopez  Hurtado  di. 
Mendozza  ebbe  il  comando  della  Fortezza  ^  e  la  so- 
prmtendenza  alli  affiuri  di  Margherita  d' Austria 


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IIB.Ì.CAP.  f.  77 

Inrono  regolate  le  spese  da  farsi  per  la  Fortezza  ,  e  ^„._ 
Ti  fa  destinata  la  Guarnitone  Spagnola.  Seconda^di  C. 
l^moite  fa  Mabilito,  che  si  continuasse  a  ritenere '^^^ 
FilìppoStrozidDella  stessa  forma  per  continuarlisi  il 
Processo,  non  ostante  che  il  Papa,  eil  RediFrancìa 
io' BTesiero  efficacemente  raccomandato  ^  per  ea- 
ker  riposto  in  libertà.  Restava  l' affare  più  impor- 
tante, ed  era  quello  del  matrimonio  con  Madama 
d'Austria,  ma  l'Imperatore  l'aveva  già  promessa 
al  I^pa  per  Ottavio' suo  nipote  Prefetto  di  Roma  ; 
le  ciscostance  loaveanò  condotto  a  questo  passo  per 
becessità  ;  poiché  gì'  infelici  successi  nella  guerra 
col  Re  di  Francia ,  il  pericolo  di  perder  Milano , 
letorfaelenze  della  Ga-mama^  la  guerra  contro  il 
Torco,  l'esser  solo  contro  tanti ,  e  il  non  aver  de- 
nari n^  sapere  dove  ricavarne  ^  '  JMiichè  le  Ckirti  di 
Aragona  glieliaveanodeoegati,  lo  costrinseroa  pren- 
dere questa  risoluzione,  peraver  del^  somme,  e 
la  iacokì  di  ricavarne  delle  altre  dalli  Ecclesiasti- 
ci dei  suoi  Stati.  Queste  stesse  ragioni  contribuiro- 
tu>t  perchè  nel  congresso  si  stabilisse  Una  tregua  di 
dieci  anni ,  giacché  non  si  era  potuto  convenire  del- 
le condizioni  di  una  pace.  Sì  riservò  però  j!^rlo  V. 
di  dare  al  Duca  Cosimo  una  Sposa,  che  gli  sareUie 
grata  qualmente  che  la  sua  Figlia ,  ed  egli,  adat- 
tandosi prudentemente  alle  circostanze,  accettò  con 
tranquillità  di  animo  tutte  queste  determinazioni. 
In  |aie  occasione  il  Girdinale,  e  il  Campana  si  pre- 
aentarono  al  Re  Francesco ,  e  alla  Delfina  per  osse- 
quiarli in  nome  di  Coshno  ;  ma  pdco  furono  accet- 
te qoeate  attenzicoii ,  petcbè  la  Delfina  ,  oltre  li  al- 
lodiali del  Duca  Alessandro,  pretendeva  esserle  an- 
cora devoluta  la  Sovranità  di  Firenze,  e  perciò  rì- 
gttardò  Cowmo  fino  dalla  sua  elezione  come  un  u- 


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7$  STORIA  DI  TOSCkVK 

^H.  8urpatore.il  Papa,  esultando  del  concluso  Blatrìmo- 
dì  C  Dio^coafessò  di  avere  ottenuto  in  dote  treceato  mila 
'  ^scudi ,  da  impiegarst  in  tanti  Feudi  ndU  Lombar- 
dia, nel  Dominio  Eedeiiastico,  e  nel  R^no  di  Na- 
poli. Margherita  d'Austria  all'opposto  sentì  owi  do- 
lore la  risoluzione  del  Padre,  quale  avea  procurati) 
anche  di  prevenire  per  mezzo  di  uà  Spretano  t 
spedito  a  Nisaa  per  questo  effetto-  Questa  Princi- 
pessa era  in  età  di  quindici  anni ,  ed  amava  oltre* 
modo  la  Toscana,  dove  era  da  tutti  singolarmente 
ossequiata.  Il  Conte  di  Sifontes  le  aveva  stabilito  la 
Besidraaa  a  Prato ,  dove  il  Duca  Cosimo  e  la  di  hù 
Madre  non  le  mancavano  di  tatto  quelle  attenzi»- 
ni,  che  convenivano  al  di  lei  rango,  e  ai  riguardi 
dovuti  al  Padre ,  ed  anche  per  guadagnarsi  la  di  lei 
benevolenza.  Se  la  politica  di  Carlo  V.  reae  scoa^ 
tenta  questa  Principessa  ,  non  felicitò  però  il  Far- 
nese suo  Sposo ,  come  il  progresso  di  questa  Istoria 
&rà  coooaeere. 


CAPITOLO   SECONDO 


n  Daca  Coùoio  piordina  il  Gorern*  delta  GittA  ;  fabbrioi 
'    dallff  FoTloue  per  lo  Stato ,  e  ai  oppoa*  all'  Kataaioaf 

del  Papa  i  paitenia  di  Madania  d' Aoctria  dalla  Toacani  ; 

morte  di  Filippo  Stroui  ;  matrimonio  del  Duca  con  & 

leonora  di  Toledo  ;  RibellioDO  di  Perugia  ;  ialerdetto  di 

Fimne. 


AH-  Li  allontanamefito  dei  Vitelli  da  Firenze  liberà  il 

di  Clhica  da  nn  .jvepotente  avrersario ,  e  dilegnò  i  suoi 

aoepetti  intmno  alla  peraona  di  Filippo  Strozai.  Aa- 

annse  nel  Giugno  i538  al  comando  della  Fortezza 

D.  Lopez  Hurtado  ,  il  quale  fino  dal  meae  di  Geo- 


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;     UB.I.GAP.n.  99      _^ 

.  MM  dì  quetto  Atvsso  anno  era  {punto  in  Firenxe  ^^ 
eoa  GTedoDiiali  di  Carlo  V.  al  Duca  e  al  Senato,  addi  C 
oggtttfi  di  poUilìeare  il  IMploma  di  nttficaaìoae  ' 
dell'  atto  di  Sifontes.  Qoeata  coauniisione  ea^uita 
con  pnlUica  fcnnalità  gli  conciliò  l'amore  e  il  ri- 
wpt^Ui  della  GiUà,  tanlofùn  che  oaieiidosì  ammuti- 
joiate  le  Truppe  Spagnole ,  e  cagionando  continua- 
BteBte  dei  danni,  potè  mediante  certa  sorama  abav 
ntadal  Duca  fiirle  alq^iaie  dal  Dmuìoìo,  e  Iibe> 
twe  i  Pofioli  da  qnnto  timore.  Filippa  Strozzi  all' 
^l^xiito  temè  assai  della  mutasione  del  comando, 
«  ai  ammalò  graveolente  ;  si  accrebbero  perciò  le 
premura  per  la  dì  lui  aalTazsa ,  a  le  coepicoe  som- 
me dì  danaro  ,  die  ai  offiivano  por  questo  e£»tto , 
impegnavano  talmrate  i  Miniatri  Imperiali ,  che 
Gofiimo ,  dolendoai  col  Marchese  del  Vaito  di  tanta 
loro  parnalità,  n  espresse  che  li  pareva  di  esser  di-' 
stentato  Filì|:^  Strocù ,  e"  che  Filippo  fosse  diven- 
tato il  Duca  ;  ciò  non  ottante  non  otteonero  dall'Im- 
peratore innovaaione  alcuna  softm  di  ciò.  Non  -mi- 
HOT  pena  apportava  al  Duca  l'anthiguità,  in  coi  l'a- 
vea  lasciato  Carlo  V.  circa  il  destinarli  una  Sposa. 
n  Papa  non  cessava  d'istigarlo  a  dichiararsi  per  la 
eoa  Nipote ,  ed  aveva  impegnalo  perciò  i  Miniabi 
Imperiati,  e  fra  essi  principalmente  il  Principe  Do- 
na. Avrebhe  egli  amhito  a  quakbe  Principessa  di 
Hngo ,  che  oltre  ai  hutr»  dei  natali  e  della  gran^ 
dezsa,  gli  procurasse  un  appoggio,  e  una  difesa  per 
la  sua  sicurezza  o«l  Principato  ;  e  perciò  col  mezza 
-  dei  suoi  Ministri  pressa  Cesare  faceva  varie  propo- 
Ùaooi  per  una  pronta  risoluziMie ,  ponendo  in  v^ 
duta  la  Duchessa  vedova  di  Milano ,  la  Figlia  del 
Ite  di  PoUonia  erede  del  Ducato  di  Bari,- e  un  altra 
Figlia  naturale  di  Carlo  V.,che  si  supponeva  essere 


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8»  STOBU  DI  toscana: 

-Ab-  ^^  Spagna.  Qoesti  pensieri  però  non  lo  diatol«« 
ài  Cdair  applicarsi  totalmente  a  stabilire  la  quiete  e  il 
'^^huon  governo  nel  suo  Dominio;  poiché^  per  dar  so- 
disfauone  a  -tutte  le  classi  di  Cittadini,  che  doveana 
partecipare  del  Consiglio  dei  Divento,  e  delle  altnk 
Magistrature  inferiori,  ordinò  a  ciascheduno  la  por- 
tata e  descrizione  delle  persone  e  beni  della  propri» 
famiglia  ^  e  secondo  li  ordini  della  Città^  inerendo 
•Uà  riforma  del  iSSa,  sodisfece  a  ciascuno  con  pio 
na  giustizia.  Elesse  ancora  alcinu  CommisBarj  pw 
invigilare  alH  sconcerti  prodotti  dalle  Parti  Gancel- 
liera  e  Panciatica  di  Pisb^a,  e  per  trovare  il  modo 
di  sedare  queste  Fazioni ,  ed  estingueme  anche  il 
nome  con  obbligare  i  Sedisìosi  alla  paee,  ed  esigera 
dalle  Parti  sicurtà  di  riguardevoli  somme.  Assoefe- 
ce  ì  Magistrati  ad  una  maggiore  subordinazitHie  alb 
di  lui  volontà,  obbligandoli  a  tenerlo  inlòrmato  di 
tutti  li  affari ,  e  a  non  risolvere  senza ,  la  sua  di* 
cbiarazione.  Quest'  autorità  cba  insensibilmente  ai 
arn^va,  non  ostante  la  limitazione  Cittali  nel 
punto  dell'elezione,  siccome  inaspriva,  li  animi  dei 
Cittadini ,  cosi  inspirava  nel  Duca  della  difiìdeusa, 
Terso  i  medemmi  ;  perciò  ristrinse  maggiormente  la. 
communicazione  delli  aflàri,  vvlendosi  solo  del  coni- 
sigilo  del  Cardinale  Cibo  e  dei  Segretar),  lasciando 
che  ai  ConsigUeri  OTdinar]  si  partecipassero  i  piccoli 
negozj ,  e  sì  tenessero  ben  pasciuti  di  avvisi,  afKib- 
che  potessero  raziocinare  sulle  pubbliche  contingeazt 
dell'Europa  .Una  imposizione  del  sette  per  centoac- 
compagnò  tuttiquesti  provvedimenti,  perchè  il  dana- 
ro era  troppo  necessario  per  assicurarsi  nell'interno, 
e  farsi  rispettare  al  di  fuori.  Vigilante  alla  sicurezza 
della  [MYiprìa  persona ,  non  trascurò  il  dettaglio  di 
tutti  U  aflari  criminaU  con  indagare  U  animi  dei 


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■  tiE-rcAPir.  8k 

jmA  «spetti,  e  pu'BÌre  sev'erameDtereJpresffloniani— — 
che  duMiie  ;'(HrdiaÒ  perciò  che  le  Confraternite,  che  *^ 
eraho-allorfi  in  gran  nomerò  per  la  Città ,  non  pò-  ,53]) 
tènera  adunarsi  èenita  sua  espressa  licenza.  Rastau- 
rd  la  Fortezza  di  S.  Miniato,  eretta  già  dalla  Repa&- 
blica  in  tempo  dell'assedio  di  Firenze,  e  poi  bscia- 
ti  in  abbandono,  e  vi  stabilì  una  Guarnigione  per 
ten««  in  freno  la  Città  da  quella  parte. 

Risoluto  l'Imperatore  d'inviare  a  Roma  Madama 
d'Aastiia  destinata  sposa  di  Ottavio  Farnese,  incari- 
cò Don  Lopez  di  accompagnarle,  e  quivi'  UatteB«r8Ì> 
-e  servirla  in  qualità  di  suo  Maggiordomo,  per. in- 
vigilare ai  di  lei  interest  ,  e  procurare  che  i  Far- 
nesi adempissero  a  tutte  le  condizioni  promesse.  Fa 
perciò  destinato  al  comando  delltf- Fortezza  di  Fi- 
lenise  Don  Giovanbi  de  Lana,  che  nel  Luglio  i538 
ne  prese  il  posesso,  e  Don  Lopez,  ritiratosi  a  Prato 
presso  la  Duchessa  ,  dispose  tutte  le  occorrenze  per 
la  partenza  della  medesima  ,  che  poi  fu  effettuala 
neU^ttobre  susseguente.  Il  Duca  Cosimo  l'ateom- 
pagnò  'fino  ai  coafini  del  Dominio ,  e  il  Cardinale 
Cibo  la  seguitò  fino  a  Siena.  Essa  e  tutto  il  suo  Se- 
goilo  ritennero  il  brauo,  che  già  aveano  dalla  mor- 
te del  Duca  Alessandro,  e  con  questo  lugubre  equi- 
paggio fece  il  suo  ingresso  in  Roma  ,  e  si  pressilo 
al  Papa  vestita  di  broccato  nero,  accompagnala  da 
tutte  le  Damigelle  del  suo  Seguito  vestite  di  velluto 
nero.  Sebbene  questa  Principessa  tanto  beneaffetta 
aUa  Toscana  tentasse  di  calmare  il  malumore  del 
Papa  contro  il  Duca^  ciò  non  oataote  esso  non  man- 
cò di  darle  continui  motivi  di  risentimento;  poiché 
oltre  ai  monitori  affìssi  relativamente  alla  conlro- 
verna  dell' Altopascio, la  sua  ambisùone  gli  presen> 
tò  nuovi  oggetti  por  iograudire  i  Nipoti,  e  sgomon»  ' 
T.J.  6 


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9t  STOtHk  IH  TOSCAITA. 

' —  tire  La  toUeranza  del  Duca.  laformato  che  k  mta- 
/p  «a  E^aco^ìe  di  Uasaa ,  Città  situau  nella  maram- 
i53tì  ina  ^i  Sieoa,  e  ^c^eUa  a  quella  Repubblica  «vava 
certe  aaticbe  ragioni  eofm  una  notabile  porzitwe 
Jello  Stato  .di  Piombioo ,  trasferì  qiiet  Vescovado 
■nel  Cardinale  Farnese  suo  Nipote ,  con  animo  di 
fiu-le  valere  contro  la  casa  d' Appiano  che  n'era  in 
possesso,  i|ualora  il  caso  o  le  circostaaie  d' Italia 
gliene  avessero  facilitata  l'occasiotie.  Siccome  que- 
sta Signorìa,  usurpata  dalli  A|^ni  alla  Rep*U>bU- 
jU  di  Pisa ,  apparteneva  più  Che  ad  ogni  altro  alla 
JHepubblica  di  Firenae,  era  fra  i  pensieri  di  Leone  X 
^  recpperargUehi,  «e  la  morte  non  lo  avesse  rapito 
liei  mi|;lior  punto  dei  suoi  progetti.  Perciò  ilDooa , 
temendo  dì  avere  un  cosi  «oAbisiosovicinoi  prevea- 
fte  Carlo  V-  e  i  sou  Ministri  per  impedirne  l'effet- 
tuazione :  ciò  non  ostento  non  ^  stancò  il  Ponte^- 
ce  di  preprarli  nuovp  molesti?-  Fino  aranti  la  sua 
assunzione  al  Pontificato  aveva  parziali  «laiàne  in 
Lucca  ,  e  proteggeva  io  {toma  li  aflàrì  di  queliti 
Bepubblica  i  divenuto  P9nte&{»  jvos^ui  1?  stessa 
benevolenti  verso  quella  CilUi ,  di  modo  cbe  nel 
BUQ  passaggio  a  Nizza ,  «0»endovisi  trattoautOt  fli  ob- 
bligò talmente  quei  Cittadini  ^  che  direnuU  bstosi 
di  questa  {woi^oim»  insolentivano  continiiacaente 
contro  il  Duca  sotto  pvetefto  di  omtrorwsie  dì 
confini ,  e  inleolavano  i  di  lui  Sudditi  eoo  replicar 
te  incnrsiom  e  ra{^)re«aglie  ;  e  siocqnu  il  Papa ,  oU 
tre  r  antica  inimicizia  cai  Cardinale  Càba ,  «i  era 
maggioraaente  inasprito  craitro  di-osso,  per  avere 
a  Nizza  attraversato  le  sue  pratiche ,  e  scoongliato 
il  Duca  dal  matrimonio  di  suaNipite^  perciò,  ani- 
mato da  questa  passione  ,  instigò  i  Lucchesi  a  muo- 
ver .guerra  amtro  la  Uturchesa  di  Massa  cognata  del 


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LIEI.  GAP.  n.  83 

Ordinale ,  5q1  [weteato  di'  mia  praidenza  gÌDrìsdi-~~** 
sionftle  aopra  mi  mucchio  di  caae.  Temendo  ì]  Do-^f^ 
c«  che  questo  inceadio  potesse  dilatarsi,  e  £icilt-i53ft 
ttfe  ai  Puoroscìti  la  «tiada  di  tentare  delle  ooTttà 
■in  Toscana ,  «pedi  a  Pietnuanta  Pirro  Colonna  con 
hooa  numero  di  Truppe,  e  Lucca  operò  cbe  vi  si 
portasse  il  Vescoro  deU'Ac[aila  a  nome  dei  Mar- 
chese del  Vtisto ,  e  con  esso  inviò  un  suo  Segretario 
per  dichiarare  apertamente  a  «{nella  R^ubbUca  -, 
che  qualora  non  vdesse  accordarsi ,  ^U  era  in  ne- 
cessità  di  sicnrarla,  attesa  la  stretta  relazione  cbe 
aveva  col  Cardinale  Cibo,  non  solo  per  la  parente- 
la, come  ancora  per  l'assistenza  ditali,  e  che  que- 
sta era  anche  la  mente  dell'Imperatore.  Il  compro- 
messo latto  dalle  Partì  beUigeranti  nel  Marc  hese  d^ 
Vasto  acquietò  il  rumore ,  ma  non  il  PonteGce,  che 
ccntemporaneameote  pensò  a  vendicarsi  ancora  del 
Campana,  con  imputarlo  di  mala  fede  presso  i  Mi- 
nistri Imperiali ,  e  procurare  dì  metterlo  in  difS- 
denca  dd  Duca.  Né  minori  furono  le  sue  premure 
per  la  aalvezsa  dì  Filippo  Stròzzi,  avendo  attacca- 
.to  atretlissime  pratiche  col  Marchese  di  Aguilar , 
e  eoo  Dm  Giovanni  de  Luna,  non  sob  per  tenta- 
re la  loro  avarisia ,  ina  ancora  per  far  prora  della 
costanza  di  Carlo  V.  nelle  sue  maggìcoi  necessità . 
Dalla  l^gOTezza  dellì  esami,  e  dai  riguardi^  che 
Dm  Giovanni  aveva  per  Filippo,  conosceva  piena- 
mente il  Duca  che  i  suoi  Protettori  con  la  dilazio- 
ne aumentavano  la  speranza  dellasua  salvezza;  pèt- 
ci6,  nnovamente  insistendo  presso  Carlo  V.,  fu  fi- 
nalmente CHfdìnato  che  si  consonasse  liberamente 
nelle  lÌH'ze  del  Duca,  acciò  ne  disponesse  secondo  le 
l^gì  della  Città.  Fu  perciò  stabilito  tra  it  Duca  e 
Don  Giovanni  d'introdurre  nella  Fortezza  i  Ministri 


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84  STORIA  DI  TOSCANA 

*~^del  Tribunale,  per  esaminarlo  rigorosamente,  e  da- 
j;  ^  vanti  a  testimoni  di  autorilà,per  poi  lasciarecbeìl  Ma- 
i5J8gistrato  su  quel  processo  ne  pronunciasse  la  conve- 
niente sentenza.  Ma  prima  di  dar  principio  a  que- 
sta operazione,  ritrovatasi  cbiusa  la  porta  delia  ca- 
mera, oveFilippo  abitava,  e  apertala  per  forza  fu  tro- 
~  vato  il  detto  Filippo  disteso  in  terra  ed  esangue,  eoa 
due  spade  accanto  nude  e  sanguinose  in  punta ,  ed. 
un  altra  nel  fodero  sopra  un  forziere  ;  fu  parimen- 
te trovata  una  carta  scritta  di  sua  mano,  e  bagnata 
di  sangue,  in  cui  giustificavalasua  condotta, ed  in- 
colpava altri  delie  proprie  disgrazie,  e  particolar- 
mente il  Cardinale  Cibo;  disponeva  dei  privati  in- 
teressi a  forma  di  Testamento ,  e  si  eleggeva  la  se- 
poltura; ringraziava  Don  Giovanni  de  Luna  dei  buo- 
ni trattamenti  che  li  aveva  fatto,  e  gloriandosi  di 
morire  come  Catone  ^  esortava  i  suoi  a  vendicare 
questa  morte  col  vtrso  Virgiliano:  Exoriare  ali(}uis 
nostris  ex  ossibus  u^tor.  Restarono  gli  animi  dei 
Cittadini  toccati  da  questa  morte;  tanto  più  cbe  po- 
co avanti  in  Roma  Vincenzo  uno  dei  figli  di  Filip- 
'poera  divenuto  frenetico  j  per  non  trovare  il  modo 
di  ammazzare  il  Duca,  e  le  sue  frenesie  non  sì  ag- 
giravano che  sopra  veleni  e  pugnali.  Fu  ancora  cre- 
duto in  questa  occasione  che  il  Marchese  dei  Vasto, 
e  Don  Giovanni  de  Luna  gli  facessero  togliere  se- 
gretamente la  vita  ,  obbligandolo  a  questa  simnla- 
zione^  per  risparmiarli  i  tormenti,  e  non  esporlo  al- 
l'ignominia di  un  supplizio  pubblico.  Qualunque  sìa 
stata  la  morte  dì  Filippo  Strozzi,  è  certo  che  così  fu 
'rappresentata  all'Imperatore,  che  nel  sentirla  sorri- 
se, e  disse  „  Thttti  quelli  che  où  offendono  possano 
fare  tal  fine  „  .  .  Siccome,  il  Duca  lo  a vea  .sem- 
pre considerato  come  un  animoso  e  potente  rivale  al 


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tm  I.  GAP.  IL  65 

■io  Prilici|MAò,  godè iDlemameute  di  questo  succes-~?~~ 
so,  e  8Ì  applicò  totalmente  a  stabilire  la  sicurezza  ^10, 
della  propria  persona  e  datloStato;  perciò  iutrapre-  ■^^t' 
tt  U  iahbrica  d^lla  Fortezza  di  Fistoja,  e  di  quella 
dì  Arecao;  nelle  quali  Città  covava  tuttavia  qualche 
cerne  di  discordia,  ed  erauo  esse  più  di  f^i  al- 
tra esposte  alla  sorpresa  ^  e  all'attacco  dei  suoi  ne- 
mici. 

La  guerra^  che  il  Papa  preparava  coDtro  ilDuca  i53g 
d'Urbino,  per  rapirli  il  Ducato  di  Camerino,  ad  og- 
getto dì  darlo  a  Ottavio  suo  Piipote  ;  e  le  discordie 
pendenti  col  Duca  dì  Ferrara,  obbligavano  il  Duca 
Cosimo  a  starcdi  continuo  in  guardia^  per  garantir' 
si  dalle  intraprese  di  Sua  SanLitb,  di  cui  pienamen- 
te conosceva  le  mire.  Eper  togliere  al  medesima o- 
gni  motivo  di  più  inquietarlo  con  l'oflerta  del  ma- 
trimonio di  sua  Nipote ,  sollecitò  l'Imperatore  a 
destÌBtirli  una  Sposa  qualunque  fosse.  Informato 
poì^  che  Don  Pietro  di  Toledo  Vice  .■  Re  dì  Napoli 
per  mezzo  del  Reggente  Figueroa  avea  fatto  istan- 
za all'Imperatore  di  risolversi  a  favore  dì  una  sua 
Figlia,  [M^vedendo  che  sopra  dì  essa  sarebbe  caduta 
la  scelta,  prevenne  la  dichiarazione  con  fame  ul- 
troneamente richiesta. 

Don  Pietro  di  Toledo  Cadetto  dei  Duchi  d' Alva, 
di  Famiglia  che  vantava  l' origine  dalli  antichi  Re 
di  Castigha^  era  Marchese  dì  Villafranca  Feudo  ere- 
ditario da  p.  Maria  Osoria  sua  prima  Moglie.  Da  es- 
sa aveva  quattro  femmine  nubili,  e  avrebbe  deside- 
rato di  dare  al  Duca  dì  Firenze  D.  Isabella,  la  mag- 
giore di  esse;  e  siccome  il  Duca  Alessandro  avea  do-, 
tato  Margherita  d' Austria  6glia  dì  Carlo  V.  j  cosi 
proponeva  che  Cosimo  dotasse  di  ottanta  mila  d  uca  - 
ti  la  sua  figlia  Isabella.  Rigettò  fìrancamente  il  Du- 


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«S  STOAIA.  DI  TOSC^^MA. 

^_  ca  queste  proposiirìoni,  perchè  volerà  libera  la  «cel* 
di  C.  ta  sema  limitarsi  alla  prìma^  e  perchè  Consideraodo 
'^^ia  dififeretiEa  da  una  figlia  d'ioipnatore  a  quella  di 
un  Vice-Re,  Don  sapeva  persuadersi  di  doverla  do- 
tare^ maitre  il  Papa  per  h  sua  Nipote  gli  offii-iva 
ima  dote  aasai  riguardevole.  Ma  la  propensione  di 
CarloV-,erimpegnod«)HÌnislri  per  questo  matrh' 
mouio  fecero  clie  il  Duca  avesse  la  scelta  libera  del- 
la Sposa,  con  dover  però  confessare  quella  quantità 
di  dote,  di  cui  covenisse  col  Vice-Be.  Avendo  per- 
ciò prescelto  D.  Eleonora,  la  secoad<^eDÌtà ,  fUrono, 
sollecitamente  inviati  s  Napoli  due  Personaggi  qua- 
lificati, affinchè  unitamente  con  un  Giureconsulto, 
assegnato  loro  per  questo  effetto,  stabilissero  le  con- 
dizioni dellisponsali^ecomeProcnratoridelDucali 
effettuassero,  ed  accompagnassero  la  Sposa  a  Livor- 
no. Fu  pertanto  convenuta  Ja  dote  nella  somma  di 
ventimila  ducati,  e  dopo  averne  stipulato  ìt  paga- 
mento, fa  confessata  a  nome  del  Duca,  e  costituito 
alla  Sposa  un  antifato  di  diecimila  ducati ,  e  un  do- 
nativo di  altri  Ventimila  in  aumento  di  dote,  dimo* 
dochè  il  tutto  facesse  la  somma  di  cinquantamila 
ducati.  Il  contratto  fu  stipulato  lì  39  Biarao  1539. 
Pendenti  questi  trattati  il  Daca  si  occupò  a  visitare 
personalmente  le  Gittà,e  Terre  pia  importanti  della 
parte  ìnOiriore  del  suo  Dominio,  ad  oggettodi  cono- 
scere sul  fatto,  e  correggere  li  abusi,  che  i  disastri, 
e  le  revolutioni  dello  Stato  vi  aveano  introdotto,  e 
Stabilire  un  ordine  più  confacente  alle  massime ,  e 
agi'  interessi  del  nuovo  Governo.  Ordinò  pertanto 
unavisita  generale  di  tutte  leFortezzedelloStatOjitt- 
vigilò  ai  risarei  menti  delle  mura  di  ciasceduna  Ter- 
ra, e  non  trascurando  gì'  interessi  proprj ,  e  quelli 
delle  Comniùtik;  deputò  Soggetti  per  rivedere  gli  e- 


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ut.  L  cu>.  a  tf 

itiiBÌ,  e  ngol&re  più  gioBUmente  le  ìiaponsùuì.  Pi-  '~~ 
ift  più  della  altre  godè  della  dì  lui  praseaza^  e  dei^j  e*, 
•ttù  proTTedineoli,  polchi  vi  accrebbe  le  fortifica- 1539 
timi,  e  prevvedde  al  naanamento  di  quella  pianu- 
ra con  erigOTe  un  filagtstrato,  che  incumbease  uni- 
canente  a  questa  importantissinia  cura.  Da  Pira  ri 
traalèrì  per  la  Collina  a  Volterra^  e  ritornato  a  Fi* 
fense  si  portò  DUovamentea  Piia  in  attenxionedelU 
Sposa,  la  quale  imbarcata  sulle  Galere  di  NapcJi,c 
accompagnata  da  Dm  Garaia  di  Toledo  suo  Fratel- 
lo, ^nnae  finalmente  a  Liromo  li  aa  Giugno.  In  Pi* 
aa  fu  ricevuta  dal  Duca  ceni  pompa  conveniente  al 
auo  ruigo,  «  alle  circostaaxe  dei  tempif  ma  molto 
più  featoso  fu  il  suo  ricevimento  in  Firenze,  ove  la 
Madre  delDuca,i  I^renti,ela  lidultà  non  tralaacia- 
rooo  alcuna  dimesurauose  di  onore  e  di  gioja.  An- 
che Carlo  V.  spedì  a  Firence  il  Geramendatore  Moa- 
qnira  pe^  CMigratiilarsi  colDgea  di  questo  matrimin 
nifh  Ben  pretfto  ìa  cimune  atkgrexia  fu  intorbidatai 
dalk  MTibik  carestia  topraggianta  in  cpiest'  anno, 
fer  Gin  fs  neceaisarie  spedire iu  Sieilia, in  Napoli,* 
in  varie  Pìazce  d'Italia  a  provveder  grano,  poiché, 
mancando  al  Dddiisie  la  raocalu,  era  minaociato  da 
WM  toule  ftMnénna  di  ^esto  geocreX'  Imperatore 
feccordé  k  traOle  dai  sum  Regni,  e  il  caro  prezzo  dei 
grani  in  FircMe  attiri  ben  presto  l'abbondanza,  che 
sollevò  i  Popoli  f  e  rallegrò  il  Duca,  a-  cui  fmò  non 
ma&canmo  altre  molertie  per  tenerlo  occupato. 

SiccoHie  per  qaeato  AiMrimoMD  avca  il  Duca  eoa- 
tratto  col  Vice-He  una  stPettH  anione  di  amiciaia  e 
à'  ÌRla^eMì  «)1*  Gort«,  ne  siiocesse  perciò  che  tutti 
li  aTTeraar}  di  Ti^edo  dtvé&Defo  «icora  nemici  di 
Cosimo.  Il  Marcbeae  del  Vatto,  il  Marchese  di  Agni- 
kr,  e  Don  Gievaam  do  Luna  si  nnìnmo  a  darli  mo- 


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S8  STORU  SI  'nOSCA^A 

— -  leslia  in  tutto  ciò  (he  peteva  peri^etlere  il  miniatene 
^^-  di  ciascheduno.Il  primo  sosteneva  i. Lacchisi  neU« 


«559 


loro  iusoleiize  e  scorrerìe  ai  coiifini,  e  niandaradei 
Corpi  di  Truppe  per  alloggiare  iu  Toscaua;  il.secon* 
do  promoTeva  la  mala  disposizione  del  Papa  verso 
il  Buca,  e  la  giustificava  -alla  Cagne;  il  terzo  poi  noa 
cessava  di  vessarlo  eoa  piccale,  ma  contioovate  mor 
lestiejed'informaredettagliatameute  li  altri  due  del- 
ie azioni  del  Duca,  per  tentare  di  screditarlo  presso  ' 
l'Imperatore.  Anche  il  Cardinale  Qbo,  mal  soffren- 
do di  vedere  il  Duca  «cnanciparsi  ormai  dalla  sua 
direzione,  si  univa  tacitamente  eoo  li  alUi  Ministri 
Imperiali  a  deprìmerlo  ;  ma  un  sucqeiso  svelò  più 
manifestamente  questa  sua  inclipauone.  Avendo 
Margherita  d'Austria  quando  parti  per  Roaaa  desi- 
derato di  condurre  seco  Giulio,  Bastardo  del  Duca 
Alessandro^  né  volendo  Cosimo  che  il. Papa  avesse 
io  dominio  chi  era  stato  sao  competitore  al  Prioci- 
pato,  permesse  solo  che  Giulio  l'aceompagnaaae  fino 
a  Siena;  a  condisioae  che  il  Cardinale  Cibo  loricon* 
ducesse  a  Firenze,  dove  avea  destinato  darlo  iu  cu- 
stodia alla  Signora  Marìa  sua  madre*  U  Cardinale 
ricondusse  Giulio ,  ma  lo  ritenne  presso  di  se ,  e  il 
Duca  supponendo  che  ciò  procedesse  da  uà  parciale 
_aSetto  verso  il  Fanciullo  se  ne  mostrò  indifferente} 
ma  vedendo  in  progresso  che  non  solo  dal  Cardioa- 
le,  ma  dalli  aiiUchi  servitori  del  Duca  Alessandro 
si  iàcevano  a  questoFauciuUodellestraordin^iedi- 
mostrazioBÌ,  accompagnate  ancora  da  qualche  ardi- 
ta espressioue,  entrò  in  sospetto  di  questo  contegno, 
tanto  più  che  dai  principali  Cittadini  ne  fu  repÙca- 
tamente  avv«'tito}  pensò  altresì  di  non  lo  richiede- 
re, perchè  se  a  caso  per  la  sua  debole  sanità ,  o  per 
opera  altrui  fosse  morto,  non  li  ùiase  attribuito  q, 


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US.  t.  CAP.  n.  89 

]troprì«  colpa  questo  accidente.  Sct^rto  intanto  l'a-  — 
■ùmo  del  Cardinale,  e  p«r  mezzo  di  varj  giudiziosi  ^^' 
esami  c0DTÌatO8Ì  del  di  lui  maltalento  in  aggravar-  ,530. 
lOf.ìmagioare  falsità  s  tenera  segrete  corrispoDden- 
se  per  suscitarli  delli  imbarazzi,  lo  privò  tolalmeate 
della  sua  confideiiBa,  e  li  tolse  ogni  communicazio- 
IM  delli  afiarit  II  Cardinale  credè  vendicarsi  con 
•propalare  cke  il  Duca  avesse  per  mezEo  di  un  certo 
J^>exiate  tentato  di  avvelenare  Giulio,  che  per  que- 
sta regione  riteneva  appresso  di  se;  ma  rimessa  al- 
i'Imperatpre  la  cognizione  di  questo  fatto,  e  rico- 
nosciuta la  falsiti,  dovè  poi  il  Cardinale^ìtirarsi  da 
Firenze  molta  beneficato  dal  Duca,  ma  con  qualcbe 
discapito  del  suo  decoro.  Don  GiovBnqi  de  Luna  in- 
carica to  dall'Imperatore  diriconoscereilverodi  que- 
sto .a&re,  adoprò  tuttiimezzipn^  risparmiare  al  Car- 
dinale il  roaau%  di  questa  impostura^  e  £ir  credere 
«Carlo  y.  necessaria  la  dì  lai  presenza  in  Firenze, 
non  soIq  a  riguardo  della  ddwlezza  del  Governo, 
ma  ancora  per  fare  argine  alle  macchinazioni  dei 
Foomsciti  riuniti  alla  Mirandola,  e  alle  intraprese 
del  Papa,  che  più  di  c^ni  altro  insidiava  la  trauquiK 
Utà  di  Toscana;  ed  in  fatti  Sua  Santità  impose  nel 
JDan£iÌDÌo  altre  due  Decime,  non  essendo  ancora  pa-, 
■  gate  le  prime,  ma  l'eftrema  penuria  ritardò  l'esa- 
xienc  dell'une  e  dell'altre.  £  accome  era  prossimo 
a  terminare  l'affitta  triennale  fatto  da  Sifontes  prov- 
TÌaÌMaalmente  per  dare  qualche  sistema  agl'interes- 
n  j  che  pendevano  tra  il  Duca  Cosimo  e  Madama 
d'Austria  sc^ra  l'eredità  del  Duca  Alessandro,  il  Pa- 
pa, preparava  tutte  le  strade  per  rendersi  l'arbitro 
di  questa  controversia,  e  attirarne  la  c(^nizione  ai 
Tribunali  dì  Roma.  H  Duca  prevenne  sopra  di  ciò 
l'aaìpio  di  Carlo  y.  e  dei  suoi^Ministri;  di  modo  che 


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9ff  '  STORU  M  TOSCkHA. 

-~     fu  atabilitù  farsene  da  ambedae  le  parti  compnmiM*; 

diC.**  *'*»Bro  io  Sua  Maeatàj  e  maDdarlin  Giwecon- 

i53<,iDUi,cheproctiicèflÌ9ero  le  ragioni  dell'uno  e  dell'aU 
tra.  11  Vescovo  dell'Aquila  fu  eletto  da  Madama  di 
Austria^  e  Angelo  Nicoolini  dal  Duca. 

i54o  Godeva  IXuropa  quella  precaria  tranquillità  clw 
le  concedeva  b  tr^ua aubiti ta  tra  Carlo  V.eFran' 
Cesco  I.,  e  che  era  Sostenuta  dalle  lusinghe  della  p«'> 
cific^  cessioDe  del  Milanese.  Le  premure  dell'  In^ 
peratoreedel  Papa  erano  tutte  rìvoltea  concertar* 
nna  lega  contro  il  Turcoj  che  minacciava  già  l'Un- 
gheria ^  e  infestava  le  coste  della  Sicilia.  L'<^getto 
principale  di  questa  guerra,  oltre  la  propria  di- 
fesa, era  quello  di  dare  qualche  sodis&Bionea  tant* 
Provincie,  che  sotto  questo  pretesto  erano  state  op^ 
presse  dall'esazioni  dei  Ministri  tanto  del  Papa  cho 
deU'  Imperatore ,  e  perciò  Cat-lo  V.  per  dare  mag'- 
giore  apparenza  a  questo  trattatO|  avea  apedito  com 
gran  fin'malità  a  Venezia  il  Marcheae  del  Vasto  , 
perchè  tentasse  d' impegnarvi  quella  Repubblica  j 
che  stinrà  meglio  per  Ih  sua  ncurecsa  pacificarsi  col 
Tutco,  chetargli  guerra  unitamente  con  gli  altri. Ha 
toh  tutte  le  Provincie  suddite  dell'  Imperatort  ai 
appagarono  di  questa  dimostrazione,  pmcbè  ai  n^ 
scitai^mo  dei  tomnlti  in  Fiandra;  e  laCiOftdiOBDd 
fn  la  prima  a  ribellarsi.  Questo  succeUo  oUdìgd 
Carla  V.  a  trasferirsi  con  emerita  dai  suoi  Itegai  di 
Spagna  in  quelle  parti,  e  Francesco  I.  gli  ofléri  bob 
iokt  il  pasìto  per  la  Francia,  lUa  anche  tua  grata  • 
piacevole  dccogUenza  a  Parigi.  V  abfttoceameBto  di 
questr  due  più  potenti  Moftat^hi  >  già  nemici  ìtn- 
oontilB^iU,  richiama  l' atteBsione  di  tutta  l'Euro- 
pa,  e  il  Papa  vi  spedi  con  carattere  di  Legato  il 
Cardinale  Alessandro  suo  nipote  ,  perdiè  gl'ìnlere»' 


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in.  i  càP.  n.  91    

li  dì  cu»  Farnese  oon  resUssero  obliati  ia  questa  ^^^^ 
«ccanone.  Qaivi  i  GiurecoiiMiIti  di  Cosimo  e  di  Ma-di  C 
daou  d'Austria  raggiunsero  l'Imperatore^  cheao*^^* 
coltili  benignamente,  sì  riservò  a  dichiarare  in  Fian- 
dra la  sua  volontà  ;  approv&  altresì  il  contano  di 
Cosimo  col  Cardinale  Gbo  ,  e  permesse  la  di  luì 
ritirata  da  Firenze.  Mentre  però  l' Imperatore  raf' 
frenava  r  audacia  dei  sollevati  di  Fiandra,  la  ribel- 
lione di  Penigia  originata  dalli  stessi  motivi  occu- 
pava il  Papa,  e  dava  al  Duca  occasione  di  star  vigi- 
lante. La  Città  diPerugia  fino  dal  1378.  sotto  Gre- 
genio  XI.  si  era  ribellata  dalla  Chiesa  per  le  molle 
gravezce  che  le  imponevano  i  Papi ,  e  Òs/^  un  an- 
no di  guerra  nel  1 879.  %otto  Urbano  VI.  ritornò  al- 
l'obbidienza  con  diverse  condizioni;  frale  quali  ora 
qnella  che  la  CÀKik  potesse  provvedere  il  sale  dove 
più  le  piacesse ,  e  quello  distribuii^  a  suo  talenta 
nel  ftfoprìo  Térrit(»io.  Eugenio  IV.  convenne  con 
la  Città  che  il  sale  si  prendesse  dalla  Camera  Apo- 
stolica per  lo  stesso  preUzo,  che  era  solita  contnt- 
tarlo  con  altri.  Paolo  III.  aumentò  notabilmente 
questo  prento,  e  oltre  di  ciò  sottopose  la  Città  a  con- 
triburione  dì  danaro  e  di  Soldati  con  grave  danno 
di  quel  Pubblico,  che  avendo  più  tolttimpidrato  sol- 
lievo a  tante  calamità  n'  era  stato  rigeltatocon  al- 
terigia e  disprAza  Alla  irritazione  delli  «nìmi  ne 
successe  la  ribelli(me;  e  questa  ìutMvssò  le  Potenze 
Italiane,  e  particolarmente  il  Dùca  Cceirao,  chenou 
mancò  d'inviaM  ai  confini  le  milizie  del  Dominio 
in  osservazione.  La  Città  era  ntnats  felicemente  peE 
la  difesa  «  per  l'apparatodi  munizioni,  e  di  Tni[^ 
si  prometteva  di  poter  lungamente  resistere  all'  £- 
sercìto  Papale  che  la  minacciava.  Era  al  servitiodel 
Duca  Ridolfl»  fiagliooi^  la  di  ctu  famiglia ,  «vtndo 


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93  STOKU  DI  TOSGàNA 

^~~doiii)Dato  io  quella  Cittì  ,  era  .cara  al  Popolo,  .tb^ 
?'^  lo  richiedeva  in  questa  occasionedi  servire  alla  Pa« 
1540  tria;  e  siccome  era  già  scorsoli  termine  del  pron>es- 
so  servizio ,  il  Duca  npu  potendolo  giustamente  ri- 
tenere^  lo  lascib  partire  a  condizione  che  non  mili- 
tasse contro  1  '  Imperatore,  né  contro  il  suo  Stato.  I 
Perugini  implorarono  in  queste  circostanze  la  pro- 
tezione di  Carlo  V.  per  mezzo  del  Duca,  e  spediro- 
no Ambasciatori  all'  uuq  e  all'  altro,  perchè  s' in- 
teressassero a  ristabilire  la  quiete,  eteuersaldii  pri- 
vilegi della  loro  Città.  Persisteva  il  Papa  nella  co- 
stante risoluzione  di  esporsi  a  qualunque  evento  per 
non  patteggiare  con  i  suoi  Sudditi,  e  perchè  preve- 
deva che  qualunque  fuoco  di  guerra  si  suscitasse  in 
Italia  dovea  abbruciare  più  le  altrui  Provincie  che 
leproprie.  Il  Duca  all'apposto,  cbe  temevache  que- 
sta tempesta  si  sciogliesse  sopra  il  suoStato,  rappre- 
sentò a  Carlo  V.  questo  emergente  nel  pììi  vero 
punto  di  vista ,  dimostrando  esser  necessario  il  sof- 
focarlo nel  suo  principio ,  o  non  potendovi  riescire, 
doversi  prendere  la  protezione  dei  Perugini,  per 
impedire  che  quella  Città  accettasse  la  parte  Fran- 
cese, e  divenisse  un'altra  Mirandola,  eon  darne  il 
pensiero  a  persona  che  avesse  a  cuore  gì'  interessi 
di  Sua  Maestà;  forse  egli  non  meno  ambizioso. di 
Paolo  III.  procurava  di  combatterlo  con  le  stesse 
sue  armi.  L' Imperatore  credè' che  per  estinguere 
questo  fuoco  fosse  a  proposito  il  non  mescolarsi ,  e- 
sortò  il  Duca  di  abbandonare  Perugia  all'evento, 
e  raccomandò  al  Papa  la  quiete.  La  fortuna  si  di- 
chiarò per  U  più  forte;  il  Territorio  restò  desolato, 
i  Cittadini  poterono  ritirarsi  ;  e  il  Duca  rimase  espo- 
sto ai  sospetti  ^  e  alla  vendetta  del  Papa .  Mentre 
I^erugia  era  assediata  fu  scritta  o  simulata  una  let- 


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LIB.  I.  CAI».  II.  .93 

tern  ,  iacui  si  DotiGcava  al  Papa  che  lì  assediati ,  ■""  ' 
inviando  un  Ambasciatore  a  Carlo V.,  erano  di  con- jr^ 
certo  col  Buca  Cosimo  dì  offerirli  quella  Città ,  co- 1540 
<me  dipendente  fino  dai  più  remoti  tempi  dall'  Im- 
pero ,  supplicandolo  di  farne  Governatore  Ridolfo 
Baglioni ,  che  gli  averebbe  corrisposto  (^ì  anno 
-con  quindicimila  ducati  di  censo.  Con  questo  do- 
cumento giustificò  in  appresso  il  Papa  il  maltaleii- 
to  che  nudrìva  per  il  Duca ,  e  di  cui  non  cessò  di 
darli  le  più  convincenti  riprove. 

Agitato  il  Duca  da  questa  animosità  del  Papa,  e- 
m  inquietato  per  un'altra  parte  dalla  prejutenza 
del  Marchese  del  Vasto,  che  per  il  Lucchese  face- 
va introdurre  1400  Spagnoli  nel  Dominio  per  al- 
loggiarvi, col  pretesto  di  aspettare  l'imbarco  per  la 
Sicilia,  e  fu  necessario  uno  aÌMtso  dì  danaro  per  U- 
berarai  da  questo  fastidio.  Istruito  pertanto  da  così 
frequenti  molestie ,  ed  animato  dal  rifletteì-e  che 
sempre  pili  sì  consolidava  nel  Principato,  in  cui  sì 
era  ormai  reso  libero ,  divenne  più  coraggioso  nel- 
li  attacchi  delli  avversarj;  e  dimostrò  ai  suoi  citta* 
dini  che  da  se  solo  sapeva  assicurarsi^edifendersìda 
«jaaltmque  attentato.  Per  far  maggiormenterispleii- 
dere  la  sua  dignità  trasferi  la  residenza  dall'antico 
Palazzo  de'Medici  in  quello  della  estinta  Repubbli- 
ca, giudicando  che  più  facilmente  in  tal  guisa  i  po- 
poli ra  sarebbero  acordati  dell'antica  libertà,  di  cui 
quelle  mura  ne  risiegliavano  la  rimembranza.  Fu 
U  nuova  abitazione  adornata  con  tutto  il  fasto,  e  la 
Duchessa  vi  aggiunse  ancora  la  delìzia  con  l'annesso 
dì  alcuni  Orti  pensili,  che  fecero  l'ammirazione  del- 
la Città.  Questa  Principessa  li  3.  Aprile  diede  alla 
luce  nnafemminaj  che  fu  denominata  Maria.  Vol- 
le il  Duca  die  ìu  questa  occasione  sì  seguitassero  le 


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94  STORIA  DI  TOSCANA' 

*~  tfDticlie  consuetudini  della  Casa  Medici ,  e  partico- 
jì^  Urmeote  quanto  fu  fatto  daLorenao  Duca  d'Urt»- 
t54ono  nella  nascita  di  Caterina  Delfina  di  Francia;  fu- 
rono Compari  lo  Spedalingo  di  SanU  Maria  Nuova, 
quello  dell'  Innocenti^  e  la  Badessa  dell  'insigne  Mo- 
nastero detto  delle  Murate.  Centodieci  Gentildonne 
bene  adorne  accompagnarono  la  pompa  del  Batte- 
aimo>  e  non  vi  mancò  la  profusione  e  lo  sj^endore 
tanto  nel  Principe  che  nei  Cittadini.  La  ■  fecondità 
della  Duchessa  iàceva  concepire  a  tutti  speranze  di 
prole  maschile^  mentre  a  Roma  tutta  l'efBcacia 
del  Papa  niKi  era  sufficiente  a  persuad««  Mada- 
ma d'Austria  di  adattarsi  a  vivere  eoa  Ottavio 
suo  sposo j  che  essa  trattava  con  disprezzo^  e  co- 
me un  fanciullo;  e  siccome  si  sospettava  che  questa 
mala  contentezza  gli  fosse  alimentata .  da  Don  Lo- 
pez Hurtado,  il  Cardinale  L^to  si  adoperò  aassai 
alla  Córte  'dell'ImperatcH'ej  per  ottenerne  la  revoca- 
cazione.  Ristabilita  la  Duchessa,  il  Duca  determinò 
di  campire  b  visita  del  suo  Stato  nella  part?  supe* 
riore  del  medesimot  cioè  nelle  Provincie  di  Micel- 
io e  del  Casentino^  per  poi  passare  nella  Valdichia- 
«a,  e  ad  Arezzo^  dove,  essendo  a  buon  termine  la 
Fortezza,  voleva  lasciare  li  opportuni  prowedimm- 
tì  per  Ja  custodia  e  difésa  della  medesima.  Molto  si 
eempiaeeva  egli  di  questa  opera,  mqntre  il  Duca 
Alessandro,  che  prima  di  esso  ne  avea  Girmato  il 
pensiero,  e  cominciato  già  ad  escavarne  i  Fossì^  n'e- 
ra stato  interrotto  dai  riguardi  e  dalle  ciicoatanze 
dei  tempi;  aveano  ancora  contribuito  a  questo  viag- 
gio i  sospetti  di  Peste  intorno  a  Firenze,  a  motivo 
dei  quali  erano  stati  già  apposti  i  Casotti  ed  eretto 
un  Lazaeretto  all'Ancisa  j  ma  non  ebbe  progresso 
questo  timore.  La  Gttì  era  tranquilla  per  la  vigilau- 


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-     xnt.  L  e&F.  II.  95 

<Mi  nngtdare  dei  Hagiatrati  j  e  le  discordie  civili  dì  ""^ 
JPish^  «i  erano  calmute  per  opera  dei  Commissari,^ 
deputati  per  questo  «nètto.  Solo  ì  ribelli  nou  cessa- 1 540 
vano  di  macchinare  al  di  iaani,  e  (ÙFe  dei  cbmplot- 
lialla  UirandoU,  e  odio  Stato  Pontificii),  dove  il  Pa- 
{ta  U  trattava  taa  tutto  il  favore.  La  Naxione  Fio- 
r^tìtWj  dHnoninteÌA  Roma,  nel  solennizzare  la  fé- 
#ta  di  $.  Giovanni  Protettore  della  Città,  awndo 
^eretto  sopra  la  pri^a  Chiesa  le  armi  del  Duca  col 
Dotto;  Non  inveni  tantan^dem  in  Israel;  furono 
Oue  attirate  a  lEiiria  di  MSsi  per  opera  dei  Fooru- 
KÌti>  aeiua  che  i  Capi  della  Maaiooe,  né  i  Ministri 
del  Duca,  poteasero  da  quei  Tribunali  ^lenema  la 
dovuta  sodisfiwfme.  Piero  il  maggiore  dei  &gli  dì 
Filippo  StroEfli  avea  tentato  la  protezione  di  Carlo 
'V.,  per  esaer  restituito  alla  Patria  ,  e  ^cilm^te  sa- 
relibe  stato  rimesso^,  se  un  suo  uomo,  che  spediva  a 
GoatantinojuJi,  arrestato  in  Ancona, non  avessecon- 
ièsaato  la  coirispoadenza  che  ^li  teacva  con  quel-  - 
la  Corte  contro  l'Imperatore.  Ciò  non  ostanteil  Pa- 
pn  non  mancava  dì  favorirlo ,  e  lo  avrebbe  ancora 
investito  dì  Fano  per  il  prezaio  di  Uentacìnquemi- 
la  ducati,  ae  il  Duca  non  avesse  rappresentato  al- 
riniperatorej  che  Fano  ibrtificato  dMÌÌo  Stroazi  po- 
teva diventare  un  aqilo  dei  loro  aeraici,  «  una  sca- 
la al  Turco,  al  Be  di  Francia,  e  a  qudli  della  Hi- 
randola  par  turbare  la  quiete  deUa  Toscaaa^  e  ea- 
adtaredaUe  novità  D^  Regno  di  DfKpc^.  il  Duca  p«^ 
«  i  Magietrati  noB  si  stanoavaao  d' incutere  timore 
ai  ribelli  con  severe  inquiainioni  a  canfiscaBÌoni  ;  per 
il  quale  eOèttii  sì  spedivano  in  varì^  partì  occulti 
esploratori,  per  indagare  i  loro  disegni,  e  convin- 
cere i  complici^  dimodoché  nei  [«'imi  quattro  anni 
del  Principato  dì  Cosimo  il  Tribunale  delti  Otto  di 


^dbyGooglc 


^  sTOMkVì  toscana: 

—  Bftlìaj  ai  quali  appartiene  in  Firenze  la  Cc^iaona 
^^  ddli  afiari  criminali,  aveva  registrato  43o  Banditi 
iSiòùi  contumacia ,  tutti  condannati  a  perder  la  vita, 
e  fra  questi  ve  n'erano  55  con  taglia. 

Bla  non  meno  dei  Fuorusciti  era  molesto  al  Du- 
ca il  Papa  medesimo.  G>TaTa  egli  nelcuore  il  de- 
siderio di  vendicarsi  di  luì,  non  solo  per  i  sospetti 
già  concepiti  nella  ribellione  di  Perugia,  ma  ^cora 
per  vedere  rifugiati  nel  DMuinio  di  Firenze  Ridt^fe 
Baglioni  e  i  XXV.  del  Reggimento  di  quella  Città 
Sollevata;  perciò  non  ostante  le  calamità  dei  tempi, 
e  li  a^avi  chesofFrivanoi  sudditi  di  Firenze,  ave^ 
va  imposto  al  Dominio  altre  due  decime,  di  modo 
che  in  sei  anni  di  Pontificato  ne  aveva  imposte^uat- 
tro  j  vessando  con  censure  e  interdetti  i  particolari 
per  l'esazione.  ToUttrò  il  Duca  questa  molestia  fino 
al  tempo  delle  raccolte,  e  allora  richiesto  del  brac- 
cio secolare  per  forzare  li  Ecclesiastici  ai  pagamen- 
ti, dichiarò  che  qualora  Sua  Santità  promettesse  di 
itoa  imporre  più  decime  per  l'avvenire,  e  per  queU 
le  già  imposte  dichiarasse  Gomniiasario  un  suddito 
del  Dominio,  ofTerìva  tutto  il  suo  potere  per  esiger- 
le, non  volendo  che  in  altra  guisa  si  procedesse  più 
avanti  in  questo  afi&re.  Fulminò  perciò  il  Papa  uà 
inderdetto  contro  il  Dominio ,  e  contro  il  Duca,  il 
quale  in  tali  circostanze  credè  il  miglior  partito  la 
costanza  nel  suo  proposito ,  e  l' indifferenza ,  tanto 
ipiù  che  il  popolo  non  se  ne  inquietava.  Un  tal  con- 
tano inasprì  maggiormente  il  Pontefice  ,  che  non 
cessava  di  riempire  di  querele  le  orecchie  dei  'Mini- 
stri Imperiali',  talmente  che  portò  il  suo  furore  al 
segno  di  revocare  la  &coltà  data  a  Don  Giovanni  da 
'Luna  di  celebrare  nella  Chiesa  della  Fortezza  idi- 
vini  UfBzj,  perchè  ai  medesimi  vi  sì  arametterano 


^dbyGooglc 


LIlLLCAF.n.  9f 

«Bcora  li  al»t8Dtì  della  OUà«  biterpose  dipoi  U  me-  ^^ 
4iHÌoiie  éA  Vìcc-Re  Toledo,  dm  iiep|iDre  qnesU  A  a 
fu  bastante  a  tinuioTere  ilDnca,  e  ■  fiàrli  variare  le  '^ 
«ondiziooi  proposte.  Citd  a  fioma  l'ArcÌTesoovo  dì 
VìMà,  il  Vescovo  di  Cortona,  e  i  Vescovi  di  Forlì  e 
di  Uirsico  come  cranpKd,  e  coadÌDTBtari  dei  Duca 
ìli  questo  aflare^  cod  Htttmar  loro  la  prÌTaùiae  ÒA 
VescoTado  nel  caso  che  non  coBopanssero;  ma  il 
Duca  gli  ièoe  crnuprendere  che  questi  Soletti  s»- 
reUien)  stati  rilerati  da  ogni  danno  cxxa  i  Beai  me- 
desimi della  Chiesa,  analmente  pieno  di  fii^ieUa 
che  né  l'interdetto,  né  la  medianone  del  Vice-B« 
avessero  potuto  pi^r  l'animo  di  Cosimo,  si  deter- 
minò di  tentare ,  se  lo  ^Ktrento  delle  armi  tempo- 
rali fosse  più  efficace  delle  armi  i|»ritnali,  e  radu- 
nate delle  Truppe  in  Pen^ia  sotto  pretesto  che  i  ri« 
iielli  di  quella  Gttà  refngiati  nello  Statadi  Fireme  , 
xnacchinaTanoddla  noviU, invase Doa  pwte  del 
Territorio  di  Cortona,  denomiuata  la  Valle  di  Pier- 
le.  Seimila  nomini  delle  Uìlisìe  del  Dominio  furono 
^deditamente  inviati  sul  luogo ,  eoa  dichiarare  ad 
Alessandro  Vitdli  Goierale  Pontificio,  che  qualora 
l'Esercito  di  Sua  Santità  s  fosse  ulteriornienteaTan- 
iato  avrebbe  trovato  maggiori  ostacoli,  chealle  ctm- 
quiste  di  Camerino  e  di  Perugia,  e  che  con  le  stesse 
Decime  pretese  dal  Papa ,  e  con  i  fi>odi  deUi  Ec- 
clesiastici, avrdbbe  potuto  ctxnodanieDte  il  Duca  di- 
Jèndwe  il  suo  Stato  da  con  inginsu  aggreanone. 
Ptevedeva  già  ^li  da  qualche  tempo  che  queste  fw- 
xe  del  I^ipa  minacciavano  una  sorpresa,  e  imaginaa- 
doM  che  le  sue  mire  tendessero  a  impadronirai  di 
Piomlnno ,  aveva  gik  prevenuto  t' Impratore^pro- 
penendolì  di  aoqnirtaiv  per  so  qndlo  Stato  per  rio* 
.    TI.  7  .     • 


idb,Go(5glc 


98  STORUDI  TOSCANA 

j^j,.  Dirlo  al  Dominio  di  Firenze,  con  dare  all'Àppian» 
di  Cuna  equivalente  ricompeysa  nel  Regno  di  Napoli; 

>^<^  ponendoli  ancora  in  considerazione  che  mentre  il 
Mediterraneo  era  signoreggiato  dai  Turclii,non  cod- 
Teniva  abbandonare  quel  posto  così  importante  alU 
discrezione  di  un  Feudatario  impotente  a  difen^ 
derlo.  La  proposizione  accompagnata  da  una  riguar- 
lievoltì  offerta  di  danaro  non  fu  rigettata,  lasciando 
che  a  tempo  piiì  opportuno  se  ne  trattasse  diretta- 
mente  l' accordo  fra  il  Duca  e  l' Appiano.  Intant* 
l' Imperatore  e  i  suoi  Ministri  operarono  che  il  Pa- 
pa  desistesse  dalle  aggressioni  contro  il  Dlicato  di 
Firenze,  e  perciò  Alessandro  Vittflli  e  Mons^nore 
della  Barba  Governatore  di  Perugia^  dopo  avere  9ta- 
•bilito  alcune  convenzioni  con  i  Marchesi  di  SorbeL- 
lo ,  perchè  non  ricevessero  i  ribelli  Perugini^  ai  ri- 
tirarono dai  confini  del  Cortoneae  con  1«  lor  genti, 
per  iinpiegarle  con  maggior  profitto  contro  un  pie 
«lebole. 

CAPITOLO    TERZO 

Il  Oaca  aceranoda  le  diffcretue  col  Papa  ;  gli  oaw*  il  prbi 
mu  figlio  maBcbio  :  ooogiara  dei  Fraoceci  in  Sisnt.-  ti  por- 
tit  a  GenuTa  a  inchinare  Carlo  V.:  cotitroTersia  di  prece- 
deoia  col  Duca  di  Ferrara  :  Trattato  di  confederazione 
con  i  Seneii:  ina  vigìlanu  in  occasione  della  gtierra  di- 
chiarata tra  gì'  Imperiali  e  i  FraMoesi:  nuovo  viaggio  a 
Gesova ,  dove  otUene  da  Cailo  V-  la  rcttitiuionc  dell* 
Fortexu. 

VtIì  stessi  motivi ,  che  aveano  fatto  ribellare  Fé* 
rugia,  somministrarono  al  Papa  un  pretesto  per  muo* 
ver  guerra  ad  Ascanio  Goluuna  proletto  dall'Impe* 
ratore,  ma  feudatario  della  Chiesa.  Noa  coaveniv* 
in  questa  occasione  trascurare  da  vantaggio  il  Duca, 


^dbyGooglc 


i54i 


tiB:  I.  C&P.  in.  gg 

perchèÌrritatodaUftsconiuoicheiion8ominÌDÌstra8-  717 
«e  dei  soccorsi  ad  Arcenio  ;  e  perciò  il  P&pa  mostran-  di  G. 
do  di  piegarsi  in  ossequio  di  Carlo  V.  ^  e  ad  istanza  *^' 
del  Vice-Ite  termÌDÒ  la  pendenia  delle  Decime^coa 
«l^^^e  un  Gimmiasarìo  FicHrenUno,  e  promettere 
soleoDeniente  di  dui  imporne  ulteriormeote^  ooa 
costretto  dalla  necessità.  Anche  la  controf  eraia  dell' 
Àitopascio^hedaiMinistridelPapa  era  stata  di  cavil- 
lasioneiu  caviUazxiooe  ccmdotta  fino  a  questo  termi- 
ne, in  grazia  diMadaniad'ÀastrìareatÒ8opitay»>n  es- 
aere investito  di  detta  Gom  menda  Ugolino  GriCimi 
presentato  in  nomedei Capponi, ma  peròcolriservo 
di  duemila  ducati  d'oro  a  &Tore  del  Farnese.  À  tali 
compiacenze  del  Papa  si  a^i  uose  per  il  Duca  un  mo- 
tivo di  maggiore  all^rezsa  nella  nascita  di  nn  figlio 
maschio,  accaduta  li  a5  Mano,  per  cui  sì  stalùliTa*- 
oo  |HÙ  prolbnde  le  radici  del  Principato.  Questo  «v- 
TMumento  rallegrò  tutti  quelli  che  amavano  il  nuo- 
ToGovemo,  e  lo  stesso  Carlo  V-  ne  dimostrò  straor- 
dinario contento ,  accettando  di  esser  compare  'del 
nato  Principe  ;  e  siccome  in  questo  stesso  tempo^per 
la  sopraggiunta  quantità  dei  granile  per  l'espett^va 
delle  prosarne  raccolte,  era  cessata  l'orrihile  penu- 
ria che  disastrava  il  Domìnio,  essendo  in  Firenze  il 
prezxo  del  grano  a  35  soldi  lo  stajo,  potè  il  Popolo 
ìd  ùmili  circostanae  partecipare  con  maggior  senti- 
mento ddl'  all^ezza  del  Principe.  Ma  la  guerra  dì 
Palliano,  e  l'imminente  oppressione  dei  Golonnesi 
non  lasciavano  il  Duca  tranquillo ,  nà  gli  dil^ua- 
vano  il  timore  che  il  Papa,  ormai  avvezzo  alle  con- 
quiste ,  voltasse  ì  suoi  diecimila  fanti  contro  il  Do- 
minio ;  e  perciò  pensò  a  costituirsi  in  grado  di  aver 
pronta  la  difesa  in  qualunque  ocCfHTenza  }  e  sotto 
i^pecie  di  supplire  ai  danni  sofierti  dal  pubblico  era- 


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too  STOMA  DI  TOSCANA 

.  ^  rio  per  le  antecedenti  penarìe^eterminò  che  si  fa- 
di  G.  cesse  UD  accatto  dai  Cittadini  per  la  somma  di  cin- 
p4i  quantamila  ducati.  Questi  accatti,  posti  in  usa  fino 
dai  tempi  della  Repubblica  ,  consistevano  nel  divì- 
dere in  tante  Poste  di  più  classi  la  somma  prefissa 
da  esigersi  prontamente  per  lo  Stato ,  e  quelle  re- 
partire fra  i  CittadÌDÌ  secondo  le  loro  fitcoltà ,  con 
-ipotecarli  una  branca  delle  rendite  pubbliche  per  il 
lem}  rimborso.  Qualora  poi  le  circostanze  non  per- 
mettevano di  obbligare  il  pubblico  erario  a  questa 
restituzione,  lo  Stato  si  dichiarava  formalmente  de- 
bitore delle  somme  percette ,  e  ne  pagava  il  frutto^ 
lasciando  libera  ai  Cittadini  la  contrattazione  di  tali 
crediti;  e  questo  era  dmomìnato accatto  a  perdita. 
Quando  il  Commercio  fioriva  nelle  Città ,  con  tal 
metodo  potè  la  Repubblica  disporre  di  somme  as- 
sai rilevanti ,  ma  nel  presente  stato  di  decadmza , 
o  si  spaventavano  i  Mercanti,  o  s' impediva  la  mer- 
catura; perciò  ilDucanou  astrinse  i  Cittadini  also- 
iHtaneo  pagamento,  e  si  contentò  della  semplice  fir- 
ma, ordinando  però  che  i  renitenti  asoBcriversì  fos- 
a^o  astretti  a' sborsare  prontamente  il  danaro.  Per 
la  restituzione  .di  questo  accatto  fu  obbligata  la  Gar 
bella  dei  Contratti.  Pendenti  questi  provvedimen- 
ti ,  una  congiura  scoperta  in  Siena  accrebbe  al  Du- 
éa  l'agitazione  e  il  timore.  Quella  Repubblica  per 
iatalità,  comune  a  tutte  le  Città  di  Toscana,  lace- 
rata continuamente  dalle  interne  sne  revoluzioni, 
non  aveva  mai  potuto  stabilirsi  una  costituzione  di 
Governo  permanente  e  tranquilla.  Sebbene  i  .Citta- 
dini partecipanti  delle  Uagistralure  fossero  divisi 
in  quattro  classi ,  cha  essi  cluamano  Mtmti ,  ciò  noa 
ostante  lo  spirito  dominante  della  diviiione  era  fra 
I^obUtà  e  Fo{>oIo,  a  similitudiue  della  Repubblica 


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L3.I.  GAP.  HI,  lat  .    ^ 

l^rentina  ;  ed  i  Petniccì  imitatori  ed  alleati  dei  ^ 
Medici  vi  aveano  dominalo  con  l'appoggio  della  di  C- 
Nobìltà  ;  ma  depresso  dopo  varie  vicende  il  potere  '^' 
deiKobili,  eridottoilGoverao  nei  Popolari, la Gttà 
viveva  tranquilla  sotto  la  protezioDe  di  Carlo  V. , 
ohe  vi  teneva  il  Dùca  di  Amalfi,  perchè  vi  rìwdesM. 
in  ano  nome,  e. vi  raROtenesse  la  quiete  ,  e  ilbuoui 
ordine.  Ma  siccome  nelle  Repubbliche  tumultuane,. 
dove  gl'interessi  dei  Cittadini  non  ai  utiifiirmanoy 
e  dovè  gli  apìritì  educati  nella  discordia  non  trova-r 
no  pascolo  sufficiente  alla  loro  ambizione ,  nw  man- 
cano amatori  di  novità  che  tentino  di  suscitare  delle 
revoluzioui  ;  perciò  anche  la  Città  di  Siena  era  at-. 
taccata  dalla  divisione  comune  all'  Italia ,  cioè  dai 
Partiti  Imp^ale  e  Francese.  Francesco  I. ,  che  già 
meditava  di  rompere  la  tregua  e  muovn  guerra  all' 
Impostore,  reputava  per  sommo  vantaggio  l'ave- 
re sotto  la  saa  devouooe  lo  Stato  di  quella  Bepub* 
blica  ,  non  solo  a  motivo  della  situazione  vantag- 
giosa per  attaccare  il  Dominio  di  Firenze  e  il  R^^o 
di  Napoli ,  ma  ancora  per  il  comodo  dei  suoi  Porti, 
e  per  l'abbondanza  delle  vettovaglie  ;  p«xù>  spedi 
segretamente  a  Siena  Lodovico  dell'Armi  Genti- 
luomo Bolognese,  bandito  dalla  sua  Patria  ,  e  refu- 
giato  già  alla  Corte  di  Francia  ,  acciò  ctni  donativi 
e  promesse  tentasse  l'animo  dei  piiì  potenti  Citta- 
dini ,  per  tt^liere  la  Città  dalla  ckvoEÌone  di  Carlo 
V.,  e  avere  in  suo  potere  Porto-Ercole.  Giulio  Salvi 
uno  dei  più  intraprenduiti  tra  essi.,  e  che-  avea  la 
custodia  di  detto  Porto,  accettò  1'  im[««sa  ;  e  Mon.- 
luG ,  Segretario  di  Inazione  in  Roma  per  il  Re  di 
Francia,  si  portò  e  Siena  per  concertare  col  Salvi  le 
condizioni  di  questo  Trattato ,  che  scopertosi  in 
tempo  da  Goaimo  e  dal  Uarcbese  dì  Agoilar^  potè 


.Cookie 


IO»  STORU  IH  TOSCINA. 

^K,  U  Duca  d' Amalfi  avviaato  da  essi  impedirne  l' ef- 

dì  C  fettoazione. 

*^'  Fra  questi  Mietetti  di  macchiiuEioDi  e  d'insidie 
firemeva  il  Duca  Cosimo  di  vedersi  vincolato  dalla 
tutela  delti  Spagnoli^  che  tenendo  tuttavia  le  prìn- 
cipali  FortCEze  del  Dominio ,  lo  astrìngevano  a  dipen- 
dere ìuti«ramente  dai  loro  disegni.  La  prole  ma" 
Bchile,  la  quiete  e  benevolenza  dei  Sudditi,  e  l'impo^ 
tenza  dei  Fuomaciti  non  erano  ancOTa  ragioni  ba- 
stanti a  muover  l'animo  di  Carlo  V.  per  restituir- 
gliele; e  perciò»  continuando  nel  sistema  di  ossequio 
intrapreso  fino  da  |HÌnci[Ho,  procurò  di  operare  che 
altri  non  lo  prevenisse  in  ciò,  che  ^U  avrebbe  di- 
rettamente eseguito,  se  fosse  stato  nella  iutiera  sua 
libertà.  Per  indebohre  in  qualche  parte  le  fonte  del 
Papa  pubblicò  una  legge ,  con  cui  proibiva  ai  suoi 
Sudditi  il  prender  soldo  militare  da  altro  Principe, 
e  richiamava  sotto  severìssime  pene  tutti  quelli , 
che  già  sì  trovavano  a  militare  fueri  del  Dominio. 
L'armata  Papale  sotto  Palliano  era  in  gran  parte 
composta  dei  Sudditi  del  Duca,  che,  o  perle  ante- 
cedenti revolucioni,  o  per  opera  di  Alessandro  Vi- 
telli^ erano  espatriati;  gravi  perciò  furono  le  querele 
del  Papa,  che  produssero  in  avvenire  maggiori  ama- 
rezze fra  loro  ;  vigilante  in  esplorare  li  andamenti 
«  le  corriapottdenze  dei  Ministri  di  Sua  Sanità,  con 
corromperei  S^retarjfp  intercettare  le  lettere,  e  te- 
nerne informati  gì'  Imperali,  godeva  di  prevenire 
tutti  ì  suoi  disunì,  e  principalmente  sopra  lo  Stato 
di  Siena  e  quello  di  Piombino ,  nei  quali  tro{^ 
gli  premeva  non  avorio  per  confinante.  I  man^ 
giati  spreti  tra  la  Francia  e  la  Porta  facevano  già 
temere  all'Italia  un  imminente  disastro^  e  il  Duca 
per  pofittare  di  questo  timore  univosale,  esagera- 


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tlB.  I.  CAP.  in.  i<^ 

va  all'Imperatore  i  perìcoli  dello  Stato  di  Piombi-  ^„ 
no,  e  le  conseguenze  che  potevano  derivarue  perladj  e. 
Toscana,  lauto  che  Curio  V.  oniinù  a  Don  Giovan-'^^ 
ni  de  Luna  che  insietne  col  Duca  trattasse  con  l'Ap^ 
piano,  per  costituire  quel  Littorale  in  una  più  sicu- 
ra difesa.  Per  questo  «fletto  nel  Giugno  il  Duc%  e 
Don  GioTanni  à  portarono  a  Volterra,  dove  ìoter-* 
Tenne  anche  rÀppiano,e  in  questo  congresso  fu  a>> 
ùcurata  all'Imperatore  la  Sede  di  quel  Feudatario,  e 
Gwlnio  otTeri  pronto  il  suo  ajuto  a  qualunque  tU 
chiesta,  fu  ancora  proposta  la  permuta  di  quelltk 
Stato,  alla  quale  apparentemente  l'Apiàano  non  con- 
tradisse,  ma  che  nel  jNrogresso  non  volle  mai  efiet^ 
tuare.  L'arresto  fatto  a  Montevarchi  di  Lodovico  deU 
l'Armi  offerì  al  Duca  una  bella  occauone  d'indagare 
ì  segreti  della  Corte  dì  Francia,  e  le  mire  di  quel 
Re  sopra  la  Toscana,  di  cni  era  animato  da  Pietro 
Strotzì  a  tentarne  la  conquista.  A  tanti  atti  di  ser- 
vitù e  di  attaccamento  corrispondeva  però  Carlo  Vi 
eoa  molta  indifferenza.  La  causa  con  Madama  d'Au- 
stria sopra  l'eredità  del  Duca  Alessandro,  agitata  in 
Fiandra  tra  il  Niccolini  e  il  Vescovo  dell'  Aquila  con 
tanto  impegno  e  dispendio,  fu  finalmente  risoluta,  e 
l'Imperatore  pronunziò  il  suo  Lodo  in  Ratiabona  in 
data  dei  33  Luglio  i54i'  Siccome  il  punto  princi* 
paledi  questa  controversia  consisteva  nell' esamina- 
re, se  Cosimo  fosse  erede  del  Duca  Alessandro^  e  in 
Conseguenza  tenuto  alle  obbligazioni  da  esso  fatte  a 
Barcellona  ed  a  Napoli,  ovvero  se  ai  Beni  di  detta 
eredità  fosse  chiamato  dalle  antiche  vocazioni,  e  spe- 
-cialmente  dal  Fidecommiaso  indotto  da  Clemente 
VII.;  l'Imperatore  senza  altra  dichiarazione  prò- 
nunzio  detta  sua  Figlia  esser  creditrice  dell'erediti 
di  Aleuaadro  dì  circa  sedicimila  ducati  annui  in  vi* 


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io4  STOEU  DI  -TOSCAITA 

^  gòre  delle  suddette  obbligazionL  Parve  al  Duca  eh» 
4i  C.qoesto  Lodo  le  aggravasse  assai,  perchè  l'eFedità  di' 
^t  Alessandro  depredata  già  di  tutto  il  mobile  più  jhv- 
uoso,  e  ridotta  alle  sole  Terre  per  l'araati  iscolte 
e  Dilette ,  DOB  dava  profitto  che  compensasse  il  ca- 
■gne  stabilita  da  Sifontes;  penàò  si  determinò  dì  noa 
accettu-lo,  e  di  trattarne  personalaieiite  con  l' Im- 
peratore, che  gii  si  avvicifiarft  all'  Italia. 

Dopb  acquieUte  le  tarbolenae  di  Fiandra  passi 
Carlo  V.  io  Germania,  per  conq>ofn  le  discordia  di 
Bel^ione^  che  minacciaraao  IT  mperodi  ona  guwra 
ovile.  Ambedoe  i  Partiti  desideravaoo  un  Goncilioj 
ma  ciasf^edmio  ditssi  avrebbe  voluta  adunarlo  nel 
luogOj  che  credeva  più  fiiToK  vote  alle  sue  circostan- 
■e;  l'Imperatore  altresì^  volendo  sodislàre  a  tatti, 
{MTchè  di  tutti  avea  bist^no  per  &r  danari,  e  per  va- 
lersene in  diiesa  dell'Ungheria  invasa  modemainen-^ 
4edaìTurchi,c^rò  che  niente  s'innovasse  in  quel 
pnnto,  per  son  dispiacere  a  veruno,  proraattendo  che 
fra  due  aani  si  aareUie  intimato  il  Goncitio.  Avreb* 
Ile  imàgìnafa}  ciascuno  che  egli  fosse  per  rivolgere 
tutte  le  sue  Sane  in  Ungheria,  ma  era  oecessarìò 
di  sodisfare  alla  Naaioue  Spagnola,  che  voleva  di- 
struggere Al^t,  che  gl'iulestava  continuamente  le 
Coste.  Questa  impresa  era  geoeralmente  desiderata 
dalla  Nazione,  che  per  tal  titolo  avea  contrìbuilo  ri- 
guardevoh  somme,  e  te  Corti  erano  già  stanche  dì 
aommìuistmrne  per  T  avvenire.  Preparata  intanto 
dal  Prìncipe  Doria  una  numerosa  Flotta  aoeae  l'Im- 
peratore in  Italia,  incontrato  da  lutti  i  Princìpi  e  suoi 
primarj  Umistri.  Anche  il  Duca  Cosimo  volle  por^ 
tarsi  ad  ossequiarlo^  ma  essendo  malsicwi  i  passi  del- 
la Lombaidia,e  temeudo  delti  agnati  dei- Fuorusciti, 
«  risolvè  di  audacie  per  mare  a  Genova,  e  quivi 


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LfB.  r.  CÀP.  nr.  ^  loj 

upettarIo.n  Papa  are»  concertato  con  rimpcratert  j^^ 
un  abboocani«rt«  a  Lacca,  e  il  DucadestiDÒPn-so-diC 
Daggipi^r  servirlo,  ed  onorarlo  nel  passaggio  che  «kn'^*' 
Tea  fine  per  il  Bwminio  di  Fùrenie,  e  intanto,  dopo- 
arere  il  (ti  prìno  di  Agosto  ceMmto  con  pompa  e 
nagnificsma  straordinaria  la  (unzioae  Batlesimala- 
delAooPrima^nitOj  alla  quale  in  nome  di  Cario  V:: 
assistè  Don  Giovaiini  de  Luna, il  di  a4del  medesiiBo 
mese  partì  per  Geno  va  jlasciaudo  alla  Duchessa  la  di- 
MsiMie  principele  del  Goremo,  e  ordinando  chedàt 
ftà  intereanati  Dicaster)  del  Dominio  li  fossero 
«ootÌDuatì  i  consueti  rappoitL  II  Campana  ed  altri 
snoi  confidanti  Ministri  ìosegaitarooo^  «  fit  ancora 
condotto  Lodovico  dell'Armi,  per  contestare  all'Im- 
peratore k  trama  ordita  dal  Redi  Francia.'  Fu  il  Du- 
ca accolto  con  molto  a&Uo  da  Carlo  V -,  e  assai  com- 
-mieudato  dei  servigi  prestati  alla  sua  Corona ,  cou  iar- 
1i  sperare  che  presto  li  sarebbero  restituite  le  Por tez- 
'ae;  Graavela  fu  incaricato  di  concertare  con  omo 
aspra  la  causa  con  Madama  d'Austrìa,  la  qualeera 
'vefuita  ad  inchinare  sao  Padre,  e  a  sollecitare  l'ese» 
cuzione  del  Lodo.  Questa  Principessa,  vevocato  Doa 
Xiopex,eKStituitoli  dall'Imperatore  Andelot,  e  dopo 
■esser  divenuta  Duchessa  di  CamerinOj  e  are»  otte>- 
«Qto  altri  Feudi  nel  Regno,  à  era  di  buon  animo 
-adattata  a  vivere  con  Ottavio  Farnese,  il  quale  nm 
■trascurava  ogni  mezzo  per  meritarsi  la  di  lei  benevo- 
lenza, e  quella  del  Suocero.  Granvela,  non  potendo 
coos^uire  davvantaggio  dal  Duca  per  l'esecuzione 
del  Lodo  di  Ratisbtma,  il  dì  34  Settembre  alla  Spe- 
cìa  riconfermò  per  tre  anni  il  contratto  di  affitto  fat- 
■Coda  Sìfontes.  Fu  Graavela  lasciato  dall'Imperatore 
àuo  Pleoipotenziario  in  Italia  pendente  l'impresa  di 
Algeri;  e  molto  ai  affiiticò  per  mantenere  la  traaquil- 


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iòti  STORIA.  DI  TOSCANA 

j^j,_  liU  dì  quesU  Froviucia,  e  tee»  quieto  il  Papa  »  che, 
diCnoD  aveudo  otteouto  daU'lmperatuv  se  non  parole,: 
*^'  si  mostrava  mal  sodisfatto  del  Congresso  di  Lucca} . 
tanto  più  erano  necessarie  queste  dtligense,  poiché 
per  l'arresto  e  uccisioae  socceasi  nel  Milanese  di  aU 
cuni  agenti ,  che  il  Ae  di  Francia  spedirà  a  Gostan  •- 
tÌDc^li ,  aveano  i  Francesi  dichiarata  rotta  la  tie-' 
gua.  In  tale  occasione  il  Duca  guadagnatasi  l'amìcU 
zia  di  Granvela  ,  e  per  opera  del  medesimo  ricon- 
ciliatosi col  Marchese  del  Vasto,  ae  ne  ritorna  a  Fi- 
Tenie  in  compagnia  del  Vice-Re  suo  Suocero,  e  do- 
pò  aver  quivi  sodis&tto  con  il  medesimo  ai  doveri 
di  parentela  e  di  alleania ,  lo  accompagnò  fino  al 
Boi^o  S.  Sepolcro  j  di  dove  il  Toledo  dovea  inca- 
minarsi  in  Abruzzo.  Ritornato  a  Firenze  attese  a 
porre  in  buon  grado  la  Miliiia  del  Dominio  e  la  sna 
guardia,  con  eleggere  nella  perdona  di  Stefano  Co* 
lonna  un  Comandante  insigne  nell'  Arte  Militare  ^ 
per  valersene  all'occorrenza^  che  già  prevedeva  im>> 
minente.  Da  queste  serie  applicazioni  lo  distrasse 
una  controvwsiaj  la  quale^  benché  le^iera  e  ridr- 
Cola  nei  suoi  prìncipi ,  fu  poi  cagione  di  animose 
gare,  e  di  fastidiose  conseguenze  per  l'avvenire.  Nel- 
l'essere il  Duca  a  Lucca  a  corteggiare  l'Imperatore 
avvenne  che  trovandovisì  per  la  stessa  causa  il  Du- 
ca di  Ferrara ,  Cosimo,  o  non  bene  istruito  nel  so- 
stenere la  sua  rappresentanza,  o  forse  avendo  riguar- 
do all'  età  ,  trascurò  che  l' Estense  gli  guadagnasse 
la  precedenza.  Passò  questo  successo  tranquillamen- 
te come  non  avvitito ,  ma  in  Roma  in  occasione 
della  festività  del  Natale  nel  solenne  intervento 
dei  Ministri  dei  Prìncipi,  ottenne  il  Duca  di  Ferra- 
ra che  il  suo  Ambasciatore  precedesse  a  quello  di  . 
Firenze.  Sorprese  Cosimo  da  questa  ionoTazioB* 


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xnr.  1.  CAP.  m.  mt- 

idipq^  il  muiiatro  Impnìale  e  lo  atessa  Gnmvsla  TT* 
a  suo  farorcj  dimoitrando  quanto  l'Estense  waindiC. 
Ceriore  di  dignità,  perchè  avea  servito  di  Generale  *^^ 
la  Bepobblica  di  Firenze^  e  perchè  eaaendo  Feada- 
tario  non  poteva  pareggiarsi  ad  un  Principe  libero 
«'uidipendente.  Dopo  varie  rimostranze  nou  creda 
il  Papa  pn-così  lieve  causa  irritarsi  il  Duca  e  gl'Im-- 
penali,  e  revocò  l'atto  a  favore  di  Ferrara.  Ciò  non* 
fiatante  rimase  per  tal  causa  in  questi  due  Prìn- 
ò.p\  una  reciproca  animosità  j  e  mentre  l'Italia 
rìdeva  di  questa  gara  ,  le  funeste  nuove  della  dia- 
fiftta  di  Cario  V.  in  Affrica  richiatQariwo  VmU 
tenvicaie  di  tutti ,  e  ^gottirono  universalmeMte'J 
Partito  Imperiale.  11  furore  dei  venti  e  la  tempesta 
«vendo  disperse  e  ingoiate  molte  delle  sue  Navi^  ap- 
Itena  potè  giunger  salvo  in  Spagna  con  qualche  »- 
vanzo  della  sna  ibrmidabile  Flotta.  Molte  di  questa 
Mavì  gìanaero  poi  a  Livorno  ^  e  il  Duca  non  man- 
cò di  far  sovvenire  quegl'iofelici ,  dei  quali  molti 
perirono  in  Porto  per  i  soflèrti  disagi. 

L'avversa  fortuna  di  Carlo  V.  in  Àflrica,  e  i  fe-iSf» 
liei  progressi  di  Scemano  in  Ungheria  animavano 
i  Francesi  a  dichiarare  la  guerra,  senza  che  lepra- 
ticlie  dì  Granvela  in  Roma  potessero  impegnare  il 
Pontefice  a  difTerirla  con  didiiarani  per  l'Impera- 
tore. Aveva  ^li,  consultando  ipro[H-j  into-esti,  pr»- 
tostato  di  esser  neutrale,  e  accettar  solo  le  parti  di 
mediatore;  godeva  internamente  di  vedere  insorgere 
una  guerra  che  distraesse  il  Concilio,  o  oUiligasse 
le  Potense  bdlìgeranti  a  ricorrere  a  esso,  per  avete 
occasione  di  potere  in  una  nuova  divisione  di  Stati 
profittare  di  qoalché  acquisto  per  suo  Nipote;  quindi 
è  che occoltaroente animava  i  Francesi, e  favoriva 
tutti  ìnemici  del  Partito  Imperiale.  Il  Itamtniodi  Sie- 


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IO»  STORIA  DI  TOSCANA' 

"""na  eradivenutoloscopopriocipale delle sttt  tain^  e.. 
<lic!p^"òGrativela^ubitandodìnuovetrameeinacchi- 
■Sanazioni,  si  portò  in  quella  Città  ad  t^getto  di  coati>> 
tuire  una  Corina  di  Governo  più  stabile  ^  e  di  mag-  ■ 
gioresodisfazioDe  all'universale.  Furono  allontanati 
i  Salvi,  e  il  Duca  di  Àmalii  fu  invitato  a  servire  a1- 
l'Arinata  ;  fu  ristretta  la  somma  del  Governo  ia 
quaranta  Cittadini  distribuiti  secondo  gli  Ordini 
delia  Città,  e  regolata  in  miglior  forma  l'elezion» 
delle  Magistrature.  Una  Guarnigione  didugento  Sol-, 
dati  somministrati  dal  Duea  dovea  sostenere  le  nuo^. 
Te  disposizioni,  e  il  Coote  Sfondratì  nuovo  Gom< 
nrissario  di  Carlo  V.  dovea  invigilare  alla  quiete^ 
al  buon  ordine.  Lo  stesso  Duca  Cosimo  fu  interes-. 
sato .nella  conservazione  di  questa  Riforma  con  un: 
Trattato  stabibto  con  la  Repubblica  di  Siena  lidie- 
eì  Marzo  i543,da  dover  durare  quindici  anni.  L'og- 
getto principale  dì  questo  Trattato  era  uaa  confe- 
derazione tra  il  Duca  e  il  nuovo  Governo  per  la  cot 
ninne  difesa,  e  altri  dieci  articoli  comprendevano 
quelle  condizioni  e  fadlicità  credute  necessarie  fra 
àdueStati,  per  la  piti  comoda  osservanza,  e  man* 
lenimento  di  questa  Confederazione.  Àaaicurate-tn 
tal  guisa  il  Duca  dello  Stato  di  Siena,  insorsero  nuo  - 
■vi  timori  dalla  parte  del  Duca  di  Urbino.  Dopo  l'in» 
Alice  successo  della  congiura  di  Lodovico  dell'Ar-* 
mi,  imaginar(Hio  i  Francesi  che  il  Ducato  di  Urbino 
ione  il  luc^o  più  opportuno  per  riunirvi  tutte  le  ù>x>- 
'Ze  del  Re  in  Italia ,  e  muoverle  contro  la  Toscana 
e  il  Begnp  di  Napoli.  Le  sarete  corrispondenze,  e 
le  lettere  intercetle  davano  facìlmmte  a  credere 
jcbe  quel  Duca  accettasse  il  partito,  e  perciò  Cosimo 
Men.  trascurò  di  porsi  ia'dJfe8a:aUe.Frontiere,eaoa 
UÀ  nuovo  accatto,  e  una  impoMaoDe  univosale  col 


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LiB- 1.  GAP.  nr.  109 

some  di  uvrenzìone ,  cumulare  il  danaro ,  che  è  ^„ 
l'anima della'^oerra;  né  minori  erano  le  sue  dili-diC. 
gcnze  per  investigare  gli  andamanti  del  Papa ,  il  *^* 
quale  per  una  nuova  querela  fremeva  contro  di  essao. 
Don  Ferrante  d'Appiano,  cadetto  della  linea  domi- 
Jiante  in  Piombino,  poasedeva  come  Feudo  Impe- 
riale Dna  porzione  di  questo  Stato  consistente  in  due 
-Tenute  denominate  Valle  e  Hontione  ;  quivi  era 
^xasi  Cava  di  Allumi  solita  a  darsi  in  appalto  ;  e  sic- 
■comela  Camera  Apostolica  possedendo  gli  Allumi 
•deUa  Tolfa  si  credeva  acquistato  il  diritto  di  eser- 
citare liberamente  per  l'Europa  il  monopolio  di  quA- 
«to  genere,  rìsentendodanaodalle  Allumiere  di  Ap^ 
pianori  Ctaiduttrari  ddla  Tolfà  avea  no  convenuta  di 
^pagarli  una  certa  somma ,  affinchè  ne  impedisse  l'es- 
cavaEìone.  Il  contratto  &tto  tra  l'Appiano  e  i Con- 
duttori della  Tolb  pretendeva  la  Camera  che  fosse 
un  toncordflto  perpetuo ,  e  a  Boma  enma  emanate 
.«opra  di- ciò  varie  sentenze  contro  di  esso,  né  si  era 
■mancato  di  procedere  ancora  con  le  censure.  Il  Pa- 
pa che  avea  investito  il  suo  Nipote  del  Vescovado 
dì  Massa,  per  costituirlo  più  a  portata  d' impadro- 
nirsi dello  Stato  di  Piombino,  vedendo  che  l'Ap- 
fàano  non  si  muoveva  dalle  sentenze,  né  dalle  cen- 
waiej  suscitò  le  pretensioni  di  quella  mensa  Episco* 
pale  sopra  queste  Tenute.  In  tali  circostanze  recla- 
mò Doik  Ferrante  l'alto  Dominio  dell'Imperatore, 
e  fex  maggiivmante  garantirsi  dal  Papa  impegnò 
•in-  questo  aliare  il  Duca  ;Cosimo ,  stipulando  con  il 
medesimo  un  contratto  di  Affitto  di  dette  AllumiO' 
re  per  quìndici  anni.  Assunse  il  Duca  questa  ìmpre> 
sa  j  perchè  assicurava  alle  Arti  della  CìtUi  l' abbon- 
danza di  un  genere  così  necessario  per  le  manilat- 
-tare,  e  perchè  volwntieri  accettava  qualunque  oo- 


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■  IO  STOftUDI  Tt^CAKA. 

^„  cantHK  per  ingfrìim  io  tutto  ciò  cbe  rignanlaTa  lo 
£  C- Stato  di  PiombÌDO.  Erano  già  cominciate  le  oper^- 
'^^zìodì  a  tedore  del  Contratto,  e  il  Papa  con  grareri- 
■entioiAnto  e  minacce  dichiarò  iu  Roma  ai  Miùiitrì 
Imperiali,  che  nou  avr^^besofTerto  questa  violenza 
del  Duca.  Il  Marchese  di  Aguilar ,  a  cui  premerà 
d'impegnare  il  Papa  a  trattare  la  pace,  o  almeno  eoo 
r intervallo  di  questi  trattati  dar  tempo  airimpe- 
ntore  di  ristorarsi  dalla  soffèrta  disgrana  di  Alge- 
ri/giudicò  inopportuna  questa  nuova  querela.  Per- 
cìòaì  affaticò  ad  esortare  il  Doca  con  le  più  vife  rì- 
HMMtranBe  a  desistere  da  questa  impresa ,  e  a  riaer- 
varia  a  miglMve  occasione.  Anche  i  Senesi  8nscita<- 
roQO  i  diritti  della  Città  di  Massa  sopra  queateTennU* 
•  tatti  questi  riguardi  fecero  finalmente  determinare 
àt  Duca  a  sospendere  le  operasioni. 

Inutili  però  furono  questi  reflessi ,  poiché  IVkn- 
cesco  I.,  premunito  ormai  di  danari  e  di  gente, ri- 
mAvé  di  tentare  la  sorte  della  guerra ,  e  lì  dieci  di 
Luglio  U  dichiarò  formalmente  all'  Imperatore.  A- 
Tera  diviso  le  sue  fbrEe  per  attaccare  nel  tempo 
«tesso  le  Frontiere  delta  ^gna,  quelle  della  Fian- 
dra,e  il  Piemeote  ;  aveva  sollevata  in  Germania  Gu^ 
l^elmo  Duca  di  Gleres,  per  dare  alle  fone  impe- 
riali una  diversione  in  qnella  ProTÌncia.  Aveva  inol*- 
tre  stipuhto  una  Lega  con  Solimano,  in  vigore  della 
quale  lo  stesso  Solimano  si  era  obbligato^  portarsi 
personalmente  contro  l'Ungheria  con  dogentomìb 
uoraini,  e  d'inviare  con  una  potente  Flotta  nel  Me- 
diterraneo Baiiiarossa  Re  d' Algeri ,  per  unirsi  con 
)'  Armata  Navale  di  Francia.  Apparati  così  formi- 
dabili riempivano  di  spavento  l'Italia,  e  solo  il  Papa 
sene  stava  tranquillo,  aspettando  l'universale  acom- 
pagVnamcnto  di  questa  Provincia  ,  per  guadajpare 


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tm.  I.  c&p.  m.  ,1, 

uno  Stato  a  Ottavio  mio  nipote,  matcontento  del  «do  T"" 
«  meBchiao  Ducato  di  Gamerino.  Il  Duca  all'oppo-di  e. 
«to,  agìuto  dal  perìcolo  della  ianDinente  tempesta,  '^ 
provvedeva  eoo  ogni  maturità  alU  propria  difeaa. 
Oltre  la  Guardia  compoata  di  Tedeschi,  e  le  Guar- 
DÌgioni  delle  Fortezie  furmate  di  Truppa  colletti- 
aia  aveva  le  Bande  del  Dominio  in  buon  ordine,  dv- 
modocbèiu  in  giorni  poteva  comodamente  riuair« 
dodicimila  «oldati  scelti,  e  atti  alla  guerra.  Ciò  uoa 
ostante  conosceva  il  bisogno  di  Truppa  Ausiliaria, 
ed  avrebbe  potuto  ottenerla  dal  Marchese  del  Vasto, 
ae  non  lo  avesse  trattenuto  il  riflettere,  che  U  Sp». 
gnoli  pur  troppo  col  giogo  delle  Fortezze  impone* 
vano  alla  sua  libertà.  Risolvè  pertanto  di  assoldare 
aotto  suo  nome  duemila  Tedeschi,  poiché  l'urgenza 
delle  circostanze  giustificava  abbastaoaa  questa  riso* 
luzìone.  I  Fuorusciti  Fiorentini  a  Veuezia  e  alla  Mi- 
randola ai  dimostravano  molto  animati  dalli  appa- 
rati Francesi.  Piero  Strozzi  per  opera  di  certi  suoi 
filasnadieri  avea  avuto  l'ardire  di  aurpreodere  Ala- 
rano,  piccole  Porto  ntoato  sul  Capo  d'Istrìa  Ira  le 
Paludi  appartenente  a  Ferdinando  Re  de' Romani, 
ed'introdurvii  Francesi  per  fortificarlo;  ma  easeod» 
Bcacciati  esso  e  li  altri  Fuornscili  da  Venezia  coma 
complici  delle  segrete  coiTÌ^>oodeoze ,  che  l'Am- 
basciatore di  Francia  teneva  col  Turco  a  danno  di 
quella  Repubblica,  ai  riunirono,  tutti  alla  MUrandiK 
la ,  già  Piazza  d'Arme ,  e  asilo  sicuro  di  tutti  i  mal- 
coutenti  dell'  Imperatore.  Quivi  si  arcbittettavauo 
tutte  le  insidie  >  e  macchinasiooi  coatre  il  Duca , 
il  quale ,  ben  consapevole  dei  lorodis^ai>  non  tras- 
curava di  valersi  delle  medwime  Arti  ^  senza  però 
che  né  l'una  parte  uè  l'altra  potesse  p^venire  a 
conseguire  il  suo  fine.Credeva  eglij  che  essendo  co* 


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- 112  STOHU  DI  TOSCANA 

"— ~  storo  rei  dì  ntille  n»orti,  noa  fosse  cosa  Ibd^na  l'a»! 
A^'  sassìnargti ,  mentre  essi  teDtaTano  lo  stesso  contali» 

'  154^^  l"'  j  i^a  qoello  che  pia  lo  inaspriT»  era  il  vede- 
re che  Loreoso  il  TradÌtoresia^;ira88eirap»DemeiiK 
-te  così  dappresso  al  suo  Stato ,  e  ìnspiraue  ìd  tal 
foisa  ai  matcoDtenti  dì  Firenze  il  coraggio  d'im»- 
-tarlo.  Lo  stesso  Curio  V.  iion  era  alieno  da  questi 
sentimenti,  e  se  n'era  manilèstameBle  egresso  in 
fiandra  col  NiccoKni.  Non  trascurava  perciò  il  Do- 
«a  di  Carli  continuameDte  osservare  da  fedeli  esplo- 
.ratorì  ;  e  così  non  solo  n  .garantiva  per  k  proprin 
-difesa,  ma  somministrava  ancora  delle  impcutaoti 
notizie  ai  Ministri  Imperiab.  La  trama  «rdila  d& 
Piero  Strozzi  di  sorpreudere  IKcmopoli  eon  fajat» 
delleGalereTurcbesche^cbe  dovevano  sopraggian- 
'gere  nell'  Adriatico ,  investigata  dal  Duca,  e  rilevata 
al  TiJedOj  risparmiò  d«  disastri  al  Regno  di  Na- 
-poli-A  tutti  qoesti  timori  si  smunse  Io  spavento  del 
-Terremoto^  che  danneggiò  notabilmente  la  FrovÌR- 
cìa  del  Hugeito,  «  il  terrore,  che  inspirarono  doe 
Leggi  pubblicate  dal  Duca  ;  in  una  ordinava  die  si 
■traforasse  con  un  chiodo  la  lingna  a  cfci  bestemmia- 
•VBj  reprimev» nell'altra  il-vizio  nefando;  e  >iceo~ 
«ne  per  una  e  per  Tahra  causa  Itirono  arrestati  dei 
Cittadini  di  qualità ,  egl' indiscreti  Mioiatri  del  Tri- 
banale  inquirevano  sopra  i  dditti  commessi  avanti 
la  pubUieazione  delle  Leggi ,  ne  successe  perciò 
l'evasione  di  motti  dalla  Città,  non  senza  [vegi»- 
diaìo  delle  Arti  e  della  Mercatura. 
,  Acceso  dai  Franceri  m  tante  prtiìl  fuoco  drfla 
Guerra ,  la  sorte  si  diaiostrò  per  tempo  proiMzia  al 
valore  dì  Carlo  V. ,  le  di  cui  armi  alIootaBariHia 
con  celerità  il  nemico  dalle  Frontiera  di  Spagna  ; 
e  perciò  vedendo  che  le  £wze  ma|^iori  d^'avver- 


^dbvGoogle 


'  tlB.  I.  GAP.  HI.  iiJ 

«rio  à  riunÌTano  ia  Fiandra  e  nella  Lonnbardia,  ^^ 
determinò  di  pwtarsi  io  Italia  per  inconggire  condì  C. 
la  presenza  le  operazioDi  dei  suoi  Generati,  ed  e»-'^43 
0er  froDto  a  tutte  quelle  risoluziooi ,  che  esige  l' ur- 
genza di  simili  circostanze.  Dispose  frattanto  ti  af- 
&ri  del  Govemo  dì  Spagna ,  preparò  danari ,  e  spe- 
dì Granvela  in  Germania ,  affinchè  ^  precorrendo  it 
SDo  arrivo ,  disponesse  li  animi  di  quei  Principi , 
non  solo  ad  acquietarsi  nelle  civili  discordie  di  Ke- 
lìgione ,  ma  ancora  ad  unirsi  contro  il  Turco  per  Ia- 
coni one  difesa.  Aveva  precedentemente  stalùlito  clte- 
ri  adunasse  il  Concilio  in  Trento ,  per  sodis&re  et 
desiderio  dell'  universale ,  the  sospirava  una  perfet- 
ta riunione  dei  Credenti,  e. si  lusingava  nel  tempo 
alesso  che  questo  Concilio  potesse  frenare  1'  org<^lto' 
del  Papa  ;  ma  egli ,  che  prevedeva  tutte  le  diIBcolt4 
della  efièttuazione ,  pubblicò  Bolle,  e  inviò  Legati 
con  molta  solennità  e  dimostrazione  di  desiderarlo.  ' 
L' espettativa  dell'  Imperatore  in  Italia  stimolò  il . 
Duca  Cosimo ainsistere  sulla  promessa  lattali  della  - 
restituzione  delle  Fortezze  ;  l' avarizia  e  la  dìfHden- 
za  di  Don  Giovanni  de  Luna  gli  davano  maggiore 
impulso,  per  tentare  di  liberarsi  da  questa  mole-> 
stia.  Sebbene  al  di  lui  arrivo  in  Firenze  fossero  sta-, 
te  stabilite  le  spese^tanto  p^  condurre  a  fine  le  For- 
tificazioni, quanto  por  le  paghe  assegnate  aliasi-, 
dio ,  e  oltre  di  ciò  il  Duca  gli  elargisse ,  durante  la  - 
soa  permanenza  ,  V  usufrutto  della  Villa  di  Ca&g-  ' 
giolo,  ciò  non  ostante  erano  continue  le  di  lui  que-- 
rcie  con  i  Ministri  del  Duca  ^  e  le  rimostranze  all' 
Imperatore,  e  al  Blarchese  del  Vasto  per  l'aecresd- 
meoto  del  Presidio  ,  ripari ,  Artiglierie,  e  spese  ao- 
Terchie.  Prevenne  pertanto  l' Imperatore  suU'inu- 
T.  I.  '8 


CfizoJ.vCtlD^lc 


m4  STOBU  di  TOSCAITA. 

—  -lUità  di  questo  dispendio ,  gli  ofierì  delle 
i'^  dauaro,  che  i  Gitudiui  volontioi  avrebbero  omtri- 
i&jjbaìto  per  vedersi  liberi  da  questo  giogo,  ed  edlù 
dei  soccorsi  di  Troppa  per  serriuo  di  Sua  Maestà 
nella  Lombardia^. il  Papa  ancora  fece  istania  dialv 
boocarsi  seco  in  Italia  per  trattare  delli  afiàri  dalla 
£eligione ,  e  con  animo  di  ottenere  in  queste  cùvo* 
■tanze  >  £he  esso  crederà  [àù  D{^rtime ,  il  Ducato 
di  Milano ,  il  Dominio  di  Siemi  ;  e  quanto  a  ^ena 
Carlo  y^  non  sarebbe  Mato  alieno  dall'  accordarla  , 
ae  il  Toledo  instigato  da  Cosimo  non  li  avesse  rap- 
presentato, cha  il  vendere  .per  danaro  Sudditi ,  che 
li  erano  itati  sempre  fedeli, non  solo  non  era  della 
dignità  di  un  Impa^tore ,  ma  che  avrebbe  anava 
acoraggito  tutti  quelli  che  lo  servivano  ;  e  finalmen- 
te che  i  denari,  e  l'amicizia  di  un  Papa,  ormai  de- 
crepito e' di  mala  fede ,  non  compensavano  il  torto, 
che  si  feceva  alla  aoa  gltwia  immortale.  Qoesto  con- 
sìglio non  fu  ignoto  a  Sua  Santità,  che  ben  presto 
dibe  occasione  di  vendicarsi ,  con  denegare  la  te- 
nuttiia  dell'Arcivescovado  di  Ravenna ,  che  il  Car- 
dinale Accolti  ad  istania  di  Cosimo  voleva  fere  al 
Cardinale  diBnqiosFrateUodelVice-Be.  AI  Duca  non 
mancò  delle  solite  molestie,  odirettamotte,  o  pw 
mezzo  dei  suoi  Blìnìstri ,  profittando  delle  minime 
OGcaaioni,  die  subito  si  preaeataroMo.  Gli  UiEziali 
della  Graacia ,  Magistrato  che  invigilava  aUa  vendi- 
taj  e  provvista  delle  vettovaglie  in  Firenze,  aveano 
otm  Ioto  Bando  ordinato  noo  potersi  introdurre  nel- 
la Città  il  Pesce  del  Traùmeno ,  ae  prima  li  Ap- 
paltatMÌ  del  Lago  non  avesno  C(mvennto  col  Magi- 
strato del  pezzo ,  da  stabihrai  rn-lla  vendita  del  me- 
desimo. Si  pretese  dal  Legato  di  Perugia-violata  cfin 
questo  Bando  l'immunità  Ecclenastica ,  quasi  che 


^dbvCoo^^lc 


tlB.  1.  c/lp.  ih.  ri5 

.cast  consistesse  nel  fiir  man^re  per  foi-Ea  i  Pesci^ 
<dri  Trasimeno  a  dà  nùi  è  Saddito  della  Chiesa  ;  di  C 
questo  capriccio  si  sarebbe  iaoilmente  sostraiuto  aa-  '^ 
.che  a  Roma,  se  ncm  ai  ibssero  T«gognati  della  ri* 
dicolezza  sparsa  nel  Ministero  per  tal  controversia. 
I  Senesi  in  questo  tempo  pensarono  di  preven  ire  l'ar- 
rivo dell'Imperatore,  con  teiUare  una  revolauone 
fomentata  dal  Conte  di  Pitigliano  in  assenza  del 
Commissario  Siòndrati ,  ed  avrebbe  facilmente  sor- 
tito l'effetto,  se  il  vigilante  Duca ,  con  avanaare  ■ 
P<^gibausi  le  sue  Bande,  non  avesse  arrestato  l'ar^ 
dire  dei  sediziosi. 

.  Mentre  Cai'Io  V.soUecìtava  a  Barcellona  la  FlottB> 
per  traghettare  a  Genova  prima  che  l' Armata  di 
Barbarossa  salisse  a  Ponente,  il  Dncaj  risoluto  di  an- 
dare a  incontrarlo  in  quella  Città  nella  fine  di  A> 
prile ,  si  parU  da  Firenze  con  la  Duchessa ,  tratte- 
nendosi in  Pisa ,  per  oncR^re  'con  la  Aia  presenza 
r  Università  da  esso  restaurata  ,  e  stabilire  i  r^o- 
lamenti  per  un  Collegio  eretto  in  ben^sìo  dei  Po- 
veri. Passò  in  appresso  a  Pietrasanta  ,  dove'r«sca- 
vasione  dei  marmi ,  e  delle  miniere  dì  .Allento,  « 
i  provvedimràti  per  la  riduzione  di  quel  Territorio 
insalubre  ed  incolto  lo  trattennero,  fintanto  che  gli 
giunse  l'avviso  della  partenza  di-Cesare.  Intraprese 
il  viaggio  per  la  Montagna^  dove  corse  qualche  pe- 
ricolo, perchè  una  Truppa  di  Masnadieri  già  lo  at- 
tendeva ,  e  alcuni  del  suo  seguito  rimasero  olTesi  ; 
ciò  non  ostante  li  36  Maggio  arrivò  a  Genova  feli- 
cemente,  dove  l'Imperatore  lo  accolse  con  molta 
parùalità  ,  e  volle  che  intervenisse  ai  Consigli,  che 
n  tennero  davanti  a  Ini  sopra  li  affari  d'Italia  uni- 
tamente col  Marchese  del  Vasto ,  e  con  Don  Fer- 
rante Gonzaga.  Si  trattò  in  essi  dei  mézzi  per  dì- 


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tl6  STORIA  DI  TOSCLNA. 

■"""fendere  il  XHtorale  di  Toscana  dall'  Armata  di 
di  e.  Barbaroflsa  ,  e  garantire  lo  Stato  di  Siena,  e  quello 
■543  di  Piombino  dalle  insidie  dei  Francesi,  e  del  Papa. 
Fu  risoluta  la  restituzione  delle  Fortezze  al  Duca , 
ed  egli  promesse  una  riguardevole  somma  dì  dana- 
ro per  la  guerra  di  Fiandra,  e  s'incaricò  dell'intiera 
^fesa  del  Littorale  di  Piombino.  Si  trattenne  per 
qualche  giorno  l'Imperatore  in  Genova,  ad  oggetto 
di  concordare  col  Papa  il  luogo  del  Congresso.  A- 
vrebbe  ^li  preteso  che  Carlo  V,.  si  portasse  espres- 
samente a  Bologna,  o  almeno  ai  confini  dello  Stato 
Ecclesiastico,  senza  riflettere  che  Sua  Maestà,  oltre 
al  desiderar  poco  questo  abboccamento,  procedeva 
con  molta  celerità,  e  ardeva  di  desiderio  di  potere 
esser  presto  a  reprìmere  l' arroganza  del  Duca  di 
GleVes.  Finalmente  per  opera  del  Marchese  del  Va- 
sto fu  stabilito  r  abboccamento  a  Busseto,  Castello 
tra  Cremona  e  Parma  ,'doTe  le  [U-omesse  del  Papa, 
e  le  lacrime  dì  Margherita  d'Austria  non  poterono 
muovere  l' accorto  Imperatore  a  conceder  Milano 
al  Farnese,  pascendoli  unicamente  di  remote  spe- 
ranze, col  promeUer  loro  di  trattarne  con  gli  Klet- 
torì  dell'Impero;  bensì  per  consolare  ih  qualche  co- 
sa Sua  Santità  gli  promesse  di  secondarlo  nellì  af- 
£iri  del  Concilio ,  e  il  Papa  ofleri  un  soccorso  di 
Truppe  per  la  guerra  d' Ungheria.  Il  Duca  accom- 
pagnò sempre  l' Imperatore  in  questo  viaggio,  e  l» 
seguitò  &no  a  Milano ,  di  dove  congedatosi  ritornb 
a  Firenze,  lieto  di' vedersi  nella  intiera  indipenden- 
za,  e  di  avere  piìi  che  il  Papa  ottenuto  da  Cesare 
sodisfazione,  e  profitto.  Don  Giovanni  de  Luna  era 
alla  Corte,  ed  aveva  il  dispaccio  per  la  restituzione, 
delle  Fortezze,  che  non  avrebbe  effettuata  volontie- 
ri .  L' Imperatore  le  aveva  destinato  a  Siena  in  luo- 


^dbyGooglc 


LIB.  I.  GAP.  III.  U7 

gD  ddlo  Sfondrati ,  e  perciò  troppo  gli  rincresceva  *""** 
il  passare  in  una  Città  piena  di  pericoli,  e  cm\  facile  jì  g. 
alle  sedizioni.  Dopo  essersi  trattenuto  soverchìamen-  '5^ 
te  a  Milano  tornò  pieno  di  dispetto  a  Firenze  ,  e 
quantunque  inalberasse  subito  sulla  Fortezza  laBan- 
dieradelDuca,ÌDterpose  molte  difBcoltà,pretenden- 
do  una  ricompensa  ,  e  sostenendo  le  ragioni  peo- 
dotte  da  Madama  d' Austria  sopra  le  Artiglierie,  co- 
me deTolute  a  lei  dall'eredità  del  Duca  Alessandro. 
Ma  siccome Granrela  avea  già  dichiarato  a  Milano, 
che  la  restituzione  dovesse  farsi  liberamente, eche 
le  Artigliere  si  considerassero  come  appartenenti  al- 
lo Stato ,  e  non  alli  Allodiali  del  Duca  Alessandro, 
perciò  dovè  Don  Giovanni  effettuare  la  consegna 
senza  condizione  veruna.  Lì  tre  di  Luglio  il  Duca 
prese  il  possesso  formale  della  F(»tezza  di  Firenze  ' 
con  molta  solennità,  e  vi  alloggiò  la  notte  con  tutta 
la  Famiglia  e  con  la  Corte.  La  Città ,  e  il  Popolo  ac' 
compagnarono  questo  attocon  pùbbliche  feste,  e  se* 
gni  di  gioja,  che  furono  ripetuti  universalmente  da 
tutte  le  Comunità  del  Dominio.  Le  Truppe  Tede- . 
fiche  rimpiazzarono  la  Guarnigione  Spagnola,  e  Don 
Giovanni  fu  regalato  con  largita.  All'Imperatore  fu' 
rono  immediatamente  inviati  centomila  Ducati,  e  . 
questi  U  portò  Giovanni  Ricasoli  Vescovo  di  Corto- 
na, che  il  Duca  li  avea-destinato  per  Ambasciatore. 
I^  Fortezze  di  Pisa  e  di  Livorno  -furono  ricevute  per_ 
Procuratore,  e  finalmente  dopo  tanti  travagli  restò 
il  Duca  Principe  indipendente,  e  libero  dalla  tutela- 
delli  Spagnoli. 


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-^  CAPITOLO  QUARTO 

di  e. 

1543  II  Duca  difetHle  il  Littorale  di  Tofcana  nel  pausalo  ddU 
Flotta  di  BarbarosBB.  Hnorì  disegni  dei  Franceii  ìa  Sie- 
na. Proteg^  il  Cardinale  di  Rarenoa  contro  il  Papa,cfae 
gl'iniidiata  la  vita.  Spedisce  dei  loccorsì  in  Piemonte  il 
Marchese  del  Vasto.  Pace  dì  Crepy.  Scaopn  una  oon- 
gimra  ordita  dal  Papa  conUo  l'imperatore.  Eip<dii«ae 
dei  Frati  di  S-  Marco.  Trattati  per  attenere  lo  SUto  di 
Piombino,  e  «ocoorsi  fomminiatrati  per  fortiEcarloj  e  di- 
fenderlo. 

Istruito  il  Daca  Cosimo  iwl  cono  di  sei  anni  nelV 
Arte  di  regnare,  ed  esercitato  contiauamente  dal  so- 
spetto de  proiM-j  Sudditi ,  dagl'  intrighi  e  animosttà 
dei  MìdìsIiì  Spagnoli ,  e- dalla  incessante  peraecv- 
sione  di  Paolo  IlL  era,  beo  persuaso  che  se  la  sorte 
avea  secondato  finorli  le  sue  opnaùoni ,  e  felicitar 
ya  di  ^omo  in  giorno  le  sue  circoatanze  ;  era  pia 
un  resultato'  delk  instancaJHle  stia  assidoiti  che  un 
aemplice  elUbtl»  del  caso.  E  perciò,  aoimato  sempre 
più  da  questa  persuasione  vedendesi  orinai  liberi» 
da  ^nitiaaore  nell'iiifertto  dello  SlatOjrìvolse  taitto 
il  pensiero  non  sole  a  garantirsi  ^11  Esteri,  ma  alt- 
Cora  a  estendere  seooodo  l'ojf^NVtumtà  i  limiti  del 
del  suo  Dominio.  L' appoggio  dell'  Imperatore  po^ 
teva  esser  l' unico  messo  dì  conseguire  questo  fi'- 
ne^noncredendo  ancna  opportuno  il  dichiararsi  a^- 
pertam«ite  indipendenti  da  qHalimqiK  riguardo . 
Gii  ned  consigli  tenuti  a  Genova  con  l'Imperatore, 
attesa  l' ìmpoleaxa  dell'  ApfHano,  si  era  incaricato 
della  difesa  del  Littorale  di  Piombino,  e  d'invigi- 
lare sopra  la  condotta  dei  Senesi,  dei  quali  ormai  si 
riconosceva  troppo  vacillante  la  fede .  Precorreva 
già  la  voce  dell'imminente  arrivo  di  Barbarossa  alle 
coste  di  Toscana,  quando  il  Daca,  appena  rìt(»iiato 


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tn.  I.  càp.  IV.  i^ 

in  FiKnze,ipc^a  Cam|MglÌa  Otto  da  BlonUnto  con  j^„, 
OB  diftaccamaito,  e  ordinò  che  si  rìiiiii«aero  in  det-di  C. 
-io  luogo  le  Bftnde  circonvicine  in  numero  di  quat-  *^ 
tromila.  Era  l'Appiano  uomo  debole  e  trascurato^ 
«  posto  ili  diffidtnia  col  Duca  dal  Cardinale  Salviati 
noGogoato,  e  dubitando  che,  sotto  pretesto  diaoc- 
oonerlo  attmtaise  Conino  di  occuparli  la  Piaau^ 
ivcnsò  dì  awmcttervi  le  Trof^  Ducali  fintanto  cbe 
il  timore  dei  Torchi ,  e  l' ioimìneBte  perìcolo  non 
lo  cwa^lianMio  dÌTersuneote.  Era  SjMwrvisto  di  d»- 
naru ,  di  muniucoii,  e  di  gente,  e  «ti  tatto  fn  aecea^ 
atti  aoTveoirlo.  Fu  intraprwo  il  risuvimento  dell» 
FortificacionideUaPiaBU»  raafu  ben  tosto  inlei^ 
«oUo  dallo  ^Tcnto  cbe  anacitò  l'anwo  dalia  Flotta 
1ÌIÌ'  imboccatura  del  Canale.  Tatti  gU  abitanti  ab- 
bandonarono la  Piausa,  e  Tolontieri  gU  avrebbe  se- 
guitati VAppàMio,  ae  la  VN^ogna,  a  le  rimostrani^ 
delli  Uffii^  àA  Duca  non  lo  areasaro  ritenuto. 
-Frattanto  con  cwqttecente  Douw  nmaatt  nella  Tn>- 
Ta,  «  rindunse  ndla  Fortem,  piangendo,  e  implo- 
rando  la  |^elà  del  Gide,  mentre  ì  Scadati  del  Duca 
•i  oceupaTMio  a  &T  dei  ripari.  Il  Libeccio  impedì 
alk  FhAta  d*  imboccare  il  Canale,  e  BBibBrossa,  es^ 
sendosi  poatato  neU'Elba  al  Tamjo  spedi  a  doman- 
dare aU'  Appiano  un  Figlio  di  un  Giudeo  suo  favo- 
ritOj  promettendob  di  non  apportarli  alcm  danno 
qualora  li  fosse  consegnato  costui.  Per  non  mostrav 
timore  in  <pieata  occasione^  di  concerto  delli  Uffi- 
siali  del  Duca  con  l'Appiano,  fu  replicato  a  Barba- 
rossa  che,  non  essendo  il  Giudeo  in  quella  iKama 
sarebbe  stato  ritrovate  per  dare  a  suo  Padre  tutto 
il  comodo  di  riscattarlo.  Avendo  poi  la  'Flotta  iu" 
dirisaato  il  suo  ebreo  verso  la  Corsica,  il  Lìtiorale 
Tossano  i-Htd  libero  da  c[BeBto  spavaite,  e  potè  il 


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b«  STORIA  DI  toscana; 

j^.  Duca  pili  ttanquUlàmente  atteadere  alla  Fortifica- 
dìCzioue  di  Piombino,  lasciandovi  il&l<Hitauto  con  pre- 
^^'^aidio  di  trecento.  Soldati.  Scampato  questo  peri- 
colo Boa  mancò  di  guarnir  maggiormente  il  Li- 
torale fino  a  Fietràsanta  «  edi  tenere  in  Pisaun  ni»- 
iB«fa  competente  di  Fanti  e  di  Cavalli  per  eoser 
|irouli  ad  ogni  tentativo  dì  sbarchi .  Prevedeva  già 
che  i  Francesi  avrebbero  voluto  in  qualche  ùtratM, 
{vofittare  di  questa  Flotta  per  awigiiaurai  in  Italia 
UDO  iUbiliweato chefiuae a  portata  per  tnitare  li 
conq«ùAa  del  Regno  di  Napoli  e  delia  Toscana  ;  e 
siccome  comprendeva  che  non -poteva  eawrvi  sita 
.|>iù  opportuno  dello  Stato  di  Piombiiui  e  di  quello 
di  Siena  ,  riparava  al  primo  ed  esortava  Don  Gio- 
vanni de  Luna  d' invigilare  al  secondo.  Né  furono 
inutili  i  suoi  timori ,  poiché  nel  inese  di  Loglio  ti 
fveaeaìò  a  Don  Giovansi  in  Siena  Giulio  Salvi  eoa 
una  lettera  scrittali  dal  Conte  Orsiai  dell'  Anguil- 
)ara,  in,  credenza  def  Capitano  Aurelio  da  Sutri. 
Confessò  il  Salvi  checlettoCapitanoAurelioghave- 
va  esposto  che  volendo  i  Francesi  fare  l' impresa  di 
Siena  gli  ofìerivano  diecimila  Ducati  per  suscitare 
un  tumulto  mentre  Barbarossa  si  fosse  avvicinato  ai 
Forti  di  quel  Dominio ,  e  che  Piero  Stroxxi ,  e  il  Con-r 
te  di  Pitigliano  si  fossero  accostati  alla  Capitale  con 
ciaquenùla  uomini^e  finalmente  che  il  Capitano  da 
Sutri  si  era  portato  a  Roma  per  concertare  con  l'Am- 
basciatore di  Francia  l'efiettuazione  di  questa  Con- 
giura. Oltre  il  timore  che  unite  a  questa  trama  vi 
-  £>8BeroaltremacclunauonidirettecontroilsuoStalo^ 
considerò  il  Duca  che  l' averla  discoperta  poco  gio- 
vava per  impedirla,  pwchè  potevano  lo  Strozzi  e  il 
Conte  toitare  l' impresa  senza  che  Siena  si  sollevasse. 
Itappresoitò  perciò  all'Imperatore  i  pericoli  della 


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'    IIB.  I.  CAP.  IV.  I"      

|iropria  ùtwzioiie  e  ì  vantaci  che  il  nemico  potè-  ^^ 
T«  ritrarre  dall' esito  felice  dei  suoi  disegni,  e  do- di  C 
mando  eaoporsij  e  ordini  precisi  a  tutti  iMioìstri  d'  ^^^ 
Italia  di  assisterlo  in  tale  occorrenza. 

4aiunta  ormai  a  Marsilia  la  FlotuTurchesca  volle 
Francmdo  I.-  che  con  essa  si  anissero  le  sue  Galere 
per  pbrtani  all'assedio  diNizEajlVell'aniko'anteoedea-. 
era  stato  arrestato  in  quella  Città  uno  vestito  da  Frate 
che  teneva  intellìgeava  con  alcuni  della  Terra  per 
dare  queUa  Piazza  con  le  persone  del  DucadiSaveja. 
«suoiPigli  in  potere  dei  Francesì.Fu  creduto  che  que- 
sta riaola2doDe  de]  Re  sascease  dal  dispiacere  che  rì- 
iBade88e8t:operto  il  Trattato.  Mentre  i  Gallo-Turchi 
sfogavano  il  loro  furore  contro  qadla  infelice  Città, 
Carlo  V.  trionfava  del  Duca  di  Cleves,  la  pericolosa 
■ituaxiòne  della  Toscana  richiamò  le  sue  premure  ad 
o|^ttodi  provvedervi.  ErailDucagravemeuteam^ 
malato  di  febbre,  senza  potere  applicare  alli  affari,  e 
Siebno  Colonna  Gena-ale  Comandante  delle  sue  Hi- 
lìde  serviva  nell'  Esercito  Cesareo;  il  Governo  era 
diretto  dalla  Duchessa,  e  dal  Campana  ;  PietroSlroz- 
■ì  reclutava  alla  Mirandola^  e  i  Francesi  in  Piemonte 
ingrossavano  l'Esercito.  Ordinò  pertanto  al  Vice<Re 
di  Nàpoli  di  tener  pronti  mille  Fanti  per  &rli  passare 
in  Toscana, e  al  Marchese  del  Yastodisomministra- 
we  tutto  il  soccorso,  che  avesse  potuto. Voleva  spedire 
a  Firence  Don  Garzìa  di  Toledo  Cognato  del  Duca, 
ma  lo  trattenne  la  nuova  del  di  lui  ristabilimento; 
e  le  istanze  fatte  perchè  fosse  rimandato  il  Colonna. 
Don  Giovanni  de  Vega^nnovo  Ambasciatore  Cesareo 
a  Roma«bbe  l'incarico  di  fare  es^uire  questi  ordini, 
e  di  più  il  Luna  a  Siena ,  e  l' Appiano  a  Piombino 
doverono  uniformarsi  alla  direzione  ordinata  da  Co- 
simo per  la  comune  difesa.  Dopo  tali  risolazioni  dr 
Carlo  Y.  procorò  il  Duca  di  sollecitare  gl'Imperiali 


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las  STORIA  DI  TOSCAKA 

Xir,  a  tener  pronti  ì  aoccom,  e  di  oasorrare  gU  àndanmi» 
^  C-ti  dei  nemici;  e  sebbene  k  Fianibifio  ioMero  stati  vy 
''^restati  il  Capitano  Aurelio,  «un  Orsini  figliodel  Cois- 
te dell'Anguillara,  ciò  non  astante  non  fu  possibile 
cstorquenie  remna  intereasante  Dotiiia,  se  non  «he 
ia  coaferma  del  complotto»  e  il  disino  di  fiirtificaT- 
m  a  Grosseto.  Per  {Hwrredere  a  qualun4]oe  caso  po- 
tesse accadere  riunì  molte  dell*  sue  Milizie  a  Vol- 
terra constitueDdo  quella  Città  come  Piazza  d'Anne 
per  essere  comoda  ad  accorrere  in  qualunque  ìao^ 
delU  Maremma  due  lòase  attaccato.  I»  mezzo  a  tanii 
travagli  la  Duchessa  li  39  Settembre  gli  partorì  im 
seeondo  maschio^efu scoperta  una  congiura  orditali 
contro  da  Giuliano  Buonaccorsi  cbe  con  l'ijuto  di  «a 
suo  Serrìtore  meditava  dì  ucciderlo  mentre  da  Fi- 
renze passava  alla  Villa  del  Poggio;  la  sorte  lo  br»- 
riva,  ed  ei  non  mancava  di  profittarne  con  prered*- 
re  i  perìcoli  e  preperarvisi.Perciò  oltre  al  rin  fwzare 
le  imposiaonì,  e  li  accatti  nel  Dominio  procorò  l'int- 
prestito  di  rflevantì  somme  di  danaro  dai  Mercanti 
dì  Genova,  e  di  Anversa  e  fino  dal  Re  d'Inghilterra 
dal  quale  ritrasse  tanto  piombo  e  stagno  per  la  som* 
ma  di  cìnquantacinque'teila  ducati  Tentò  ancora 
l'animo  delPontefice  aifincfaò  li  concedesse  di  levar 
le  decime  suUi  Ecclesiastici  a  titob  della  difesa  «ni- 
tro il  Turco,  ma  il  Papa  aeUiene  avesse  moderato  il 
suo  violento  procedere  ciHitroil  Duca  non  aveva  pe» 
rò  vana,to  l'animo  »  annchè  semprepiù  s'inaspriva 
per  la  dichiarata  protesone  che  il  Cardinale  di  Ra* 
venna  avea  trovato  in  Firenze.  Questo  Cardinale  già 
creatura  di  Clemente  VII.  e  da  esso  arricchito  di 
Vescovadi,  e  Benefizj  riguardevoli  età  in.di^raiin 
di  Paolo  HI.  perdbè  non  ave*  contributo  alla  di  lui 
elesiane  ed  era  unodti  piùaddeUi  al  Partito  Impe- 


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-    LIB.I.,Càf.IV.  nS      _^ 

nk.  loApaUto  di  nt)  delitti  toUc  il  Papa  che  lì  si  j^ 
fatieMC  il  più  rigotOH  Frocsfw anche  senza  rÌ8par>diC. 
■miarli  i  toniienti,  e  fu  detenuto  lungo  tempo  in  Ca-  '^'^ 
atri  S.  Angeloj  deve  pendente  canaa  ammalatosi  gr«> 
vvmeole,  avendo  ottoiuto  di  portarsi  ai  Bagni  per 
poi  costituire  m  iEloiaa  sohito  che  fosse  rittabìlito 
ÌH  salute,  essendo  in  libo-tà  iadirizsà  il  suo  cammi- 
no a  FìNDie  dove  ti  Duca  io  accolse  con  tutto  il  b^ 
vore.  Dnnmuló  il  Santo  Padre  l'eTauone  del  Cardia 
Bale>  ma  essendo  stati  in  quest'anno  arrestati  in  Fi- 
renae  a  di  lui  istanu  il  Conte  Galeotto  Malaftesta  da 
Sogliano,  e  un  Slaestro  Lodovico  Ringhiera  Bologa«- 
eeMedioocomeaaserti  Mandatari  di  Sub  Santità  per 
avreleDare  o  nccidne  in  altra  forma  il  Ravenna,  si 
dolse  il  I^pa  altamente  col  ]>Dca  che  si  fbrmtisse  in 
Firenze  un  jurocesso  contro  di  Ini  per  mandarsi  al- 
l'Imperatore, e  che  ti  si  maucasse  del  rispetto  do- 
vutoli con  rimettere  liberamente  nelle  sue  foru  que- 
sti Scelerati  che  nell'esame  aveano  ardito  dì  nomi- 
narlo; E  siccome  il  Duca  avea  freddamente  risposto 
essser  ^i  il  solo  cognitore  dei  delitti  machinati  nel 
ano  Dominio^  e  che  il  processo  avrebbe  fatto  cono- 
seere  la  veritè,  perciò  il  Papa  pn^ttutdo  del  prete- 
sto che  porgevano  ti  afiarì  del  Concilio  richiamò  per 
questo  e6ètto  a  Roma  con  una  circolare  tutti  i  Car- 
dinali, e  al  Ravenna  in  particolare  minacciò  la  depo- 
màc»ie,e  la  perdita  deiZienefizi  in  caso  d'inobbedien- 
za.  Conobbe  il  Duca  che  era  necessario  intn^xirre  in 
queato  afiàre  rsutorìtàdeIllmperatore,e  ottenne  che 
h)  dichiarasse  suo  ministro  a  Fii^ence.  Queste  gare  col 
Pontefice  erano  da  Cosimo  considerate  come  passa- 
tempi politici  ;  ma  quello  che  più  lo  agitava  era  la 
ddi^zxa  deH'Appiano,  e  la  sua  diflfidenza  aumen- 
tata da  an  certo  Bustamantc  Spagnolo  che  ri  tese- 


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Ui  STORIA.  DI  TOSCANA. 

j^„_  va  rAmbascìatoreVega  per  essere  informato  dì  con- 
ili Ctiiiuo  ditQUì  li  andamenti  dì  quel  Feudatario.  Co- 
'^  Doscéva  il  grave  pericolo  che  quella  piazza  cadesse  in 
potere  dei  Gallo-Turchi,  perchè  li  erano  note  certe 
corrispondenze  che  l'Appiano  teneva  con  Barbaros- 
sa,  e  col  Conte  dell'  Anguillara  sotto  pretesto  del 
riscatto  del  Giudeo;  perciò  era  tentato  d'impadro- 
nirsene  con  la  forza,  giacché  questo  attentato  poteva 
poi  giustificarsi  facilmente  con  un  titolo  così  plauu- 
bile  ;  comprendeva  ancora  che  tutti  li  ostacoli  per 
conseguire  quello  Stato  erano  tacitamente  pomos^ 
si  dal  Ministero  Spagnolo  guadagnato  dal  Papa  che 
vi  aspirava,  e  dalla  Repubblica  di  Genova  che  nou 
avrebbe  voluto  in  Cosimo  un  vicino  che  avesse 
forze  di  mare.  Perchè  divenuto  padrone  dell'Elba 
poteva  insignorirsicon  facilità  della  Corsi  cache  trop- 
po malvolontieri  obbediva  alle  Leggi  dei  Genovesi; 
a  tale  effetto  esagerava  a  Carlo  V.  i  pericoli  di  quel- 
la Piazza  >  e  visitava  personalmente  i  lu<^hi  del  suo 
Dominio  che  li  parevano  più  esposti  alla  invasicme 
dei  nemici.  Mentre  così  si  occupava  cessòdi  vivere 
li  1  aDicembre  la  Ilaria  Salviati  sua  madre  dì  emor- 
ragìa; erano  già  tre  anni  che  era  travagliata  da  tal 
malattia  per  cui  si  erano'fatti  veoire  a  Firenze  l'O- 
mobu<aio  da  Bologna,  e  altri  Medici  rinomati  d'Ita  - 
lia  ;  vìveva  ritirata  a  Castello,  Villa  già  dell'antico 
patrimonio  del  Duca,  per  non  turbare  la  libertà  della 
Nuora ,  della  quale  non  era  molto  contenta  ;  quivi 
sì  'occupava  nell'invigilare  alla  custodia  dei  pìccoli 
figli  dì  Cosimo,  che  apparentemente  non  mancava 
di  onorarla.  Il  Pubblico  però  lo  imputava  d'ingra- 
titudine verso  una  madre  cosi  affettuosa,  tanto  più 
che  fu  necessarìa  una  forte  rìmoatntuza  del  Cam- 


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LIB.  I.  CAP.  IV.  ij5      

pana  per  distrarlo  dalle  cacce,  e  indurlo  a  consolare  j^_ 
con  la  sua  presenza  la  madre  già  moribonda.  di  C. 

Dopo  che  per  la  vittoria  ottenuta  contro  il  Du-'  ^ 
ca  di  Gleves  l' Imperatore  Carlo  Y-,  »i  fu  assicu- 
calo  di  questo  nemico^  contrasse  una  Lega  ofTensiTa 
con  Enrico  Vili.  Re  d' Inghilterra  ,  ad  (^getto  di 
trasferire  il  furor  della  guerra  nel  cuor  della  Fran- 
cia. Il  Papa  che  tacitamente  godeva  di  vedere  il  Cri- 
stianìssimo assistito  dalla  Potenza  dei  Turchi  noa 
soffriva  con  indifferenza  che  un  Imperatore  Catto- 
lico si  fosse  collegato  con-un  Be  separato  dalla  Chie- 
sa Romana ,  e  nel  tempo  istesso  che  esagerava  que- 
sta irregolarità  minacciava  gì'  Imperiali  di  attizza- 
re il  furore  dei  Turchi  contro  di  loro .  Barbarossa 
con  la  sua  Flotta  dopo  la  desolazione  di  Nizza  sver- 
nava  tranquillamente  a  Tolone ,  e  minacciava  ali 
Italia  nuovi  disastri  nella  Primavera.  Il  Duca  Co- 
simo si  affaticava  per  provvedere  dì  soccorsi  l' Ap- 
piano e  i  Senesi  j  ma  i  Senesi ,  e  l' Appiano  teme- 
vano piiì  ì  soccorsi  del  Duca  che  il  furore  di  Bar- 
barossa. In  Piemonte  crescevano  le  fòrze  dei  Fran- 
cesi ,  e  il  Marchese  del  Vasto  era  stato  rotto  alla 
Ceresuola  presso  Asti  ;  questo  accidente  unito  alle 
premure  degl'Imperiali  fece  risolvere  il  Duca  a  spe- 
flire  all'Armata  duemila  Fanti  Comandati  di  Ridol- 
fòBaglioni,  e  pagati  per  tre  mesi ;[H'ovvedde  anco- 
ra all'imbarcOj  e  approvvisìohamento  di  quattro- 
inilaFaDti  che  il  Vice  Re,  ed  il  Vega  inviavano  iu 
Piemonte  j  dove  senza  questi  soccorsi  avrebbero  de- 
clinato assai  i  progressi  degl'Imperiali. Piero Su^z- 
à  scorreva  francamente  l' Italia  reclutando  da  per. 
tutto  Milizie,  e  scansando  con  singolare  avvedutez-. 
za  li  aguati  che  il  Duca  U  aveva  preparato  in  Lom- 
bardia e  iu  Rooiagaa.  h»  re8adìCangiiaiio,eivaa-> 


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ia6  STORIA  DI  TOSCANA. 

Ar.  taggiGketuUogioraoooDseguivaDoiFraDcen  la  ren- 
di elevano  più  andice,  dimodoché  unite- le  ne  genti 
'^*cM)  queUe  del  Conte  di  Pitiglinno,  s'imagiQd'di  po- 
t^dareagl'Imperiabruitìaia  rotta  e  di  acacciarli  dal 
Pièvonte;  ma  nel  tentare  i  passi  del  Genovesatore- 
Ito  «infitto  fra  Novi  e  Sernvalle.  Io  questo  fattadi 
armi  nipatero  prigionien  degl'Imperiali  molti  ti- 
lieUi  del  Ddc?>  segnaci  già  dello  Strosci ,  ed  eupude 
rickieitidal  Uài^befle  del  Vaate^eMw  k-firaacheiza 
di  denegarli,  diclHanndo  non  coDTenire  al  magra- 
dò  l'esser  Ministro  difiopplii^^ed'igDomiiue.  Questi 
SBCceasi  calmarono  la  guerra  in  Piemonte,  mentra 
Gonmo  «lava  sospeso  aspettando  la  mossa  ddla  Flot- 
ta TurcheBca.LaconfederaiionecolTurcononasevm 
finora  apportato  alla  Francia  quel  vantaggio,  che  il 
Be  ne  sperava  ,  anù  che  ijnesta  Flotta  la  quale  non 
evea  prodotto  che  delle  inutili  desolazitmi  l' obhli- 
-gavaad  un  notabile  di<|iendio  di  vettovaglie  e  di  mu- 
ludcoii  ;  ma  quello  cbe  finalmente  scosse  l'animo 
di  Francesco  I.  fu  U  vedere  cbe  aborrita  estpcnu- 
meute  dalla  Cristiamtà  questa  alleanza ,  tuttiì  fìnn- 
cipi  della  Germania  anco  Protestanti, ai  coUegava^ 
Bo  con  r  Imperatore  contro  U  nemico  del  nome  Cri- 
stiano.  Perciò  dopo  aver  regalato  e  onorato  Barba- 
rossa  lo  licenxiò,  e  seco  inviò  Leone  Strozzi  con  la 
Galere  di  Francia  per  attestare  a  Solimano  il  vaio* 
re  del  Re  di  Algeri  j  e  i  servigi  resili  da  questa  Flotta. 
Attendeva  il  Duca  questo  Barbaro  solle  sue  Coste, 
e  ridotte  gift  le  vettovaglie  nei  luoghi  forti  avea  pre- 
paralo 'qukttordicipùlu  uomini  per  la  difesa  ;  di  que- 
sti tremila  -ne  avea  spediti  nello  Stato  di  Siena  pra> 
dUender  quei  Portij  dove  quei  Popoli  troppo  diffi- 
denti delle  premureche  egli  dimostrava  per  loroeal- 
veua,  iotetposare  delli  edtacoli  per  Riceverli.  BoT' 


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xm.  I.  GAP.  ly.  »7 

etattìi  nuli  die  li  temevano  ctaUa  ferocìa~~~' 
di  cortili  non  ai  era  mancito  di  valerli  dei  comprasi  41  c;, 
•otiti  praticarsi  in  quel  aecola  Lo  Spagnolo  Busta- 1 544 
nante  che  lisedeva  a  PiombijioaTea  trattato  conna 
Fratello  riBOcgato  che  militata  nella  Flotta,  di  av- 
velenare Barbaroosa.  U  Vice-Re  di  Napoli  li  area  in- 
viato uno  Spinolo  che  era  stato  sua  sckiavo  per  in- 
durlo con  promesse,  e  liinnghe  di  premi  coospicBÌ 
a  lasciar  e  il  servizio  di  Sdamano  per  vt4tariì  a  quello 
di  Carlo  V.;  il  ponto  d'onore  di  ricondurre  la  Flotta 
a  Goataatùiop^i  trattenne  BarliarosBa  dall' accetta- 
re querto  partito.  Hoìuaai  di  Maraìlia  la  Flotta  andò 
a  postuli  nell'Ellba  al  Ferra  jg^  e  l'Appiano  per  preiao 
del  restitnito  Giudeo  ottenne  di  essn-e  immune  da 
(^i  dann^giamen  to.  Era  l'arma  ta  composta  di  cea- 
to  Galere^  e  t^tre  di  queste  vi  «wno  le.  cinque  del 
Be  di  Francia.  Fa  riaoluta  l'impresa  deiPorti  di  Siena 
sprovvisti  già  di  Preadto>  di  modo  che  Don  Gi«>- 
vannì  de  Luna  giudicò  opportuno  di  ritirarsi  in  Or- 
bet^Oj  e  abbandonare  gli  altri  alla  discrezione  del 
Vincitore.  Il  Comandante  dì  Porto-Ercole  dovè  ar- 
rendersi am  darli  la  Piana  con  dugento  abitanti, 
salva  la  persona  sua  ^  e  dodici  d«  medesimi  a  sua 
^sione;  la  stessa  sorte  soffri  Tahimone^  ed  ambe- 
due queste  Piazze  furono  incenerite.  Lo  Stroaai  avea 
proposto  dì  fmificarvisi ,  e  gii  si  erano  incominciate 
le  Fortificazioni,  ma  fu  abbandonato  il  pensiero  sul 
riflesso  di  non  aver  Guarnigione  sufficiente  a  guar- 
darle. Questo  esempo  fece  risolvere  i  Senesi  a  sol-' 
lecitare  le  Milizie  del  Duca ,  che  ben  presto  giunsero 
in  tempo  a  salvare  Orbetello.  Sua  Santità  avea  pro- 
curato che  in -tempo  di  queste  operazioni  n<u  man- 
cassero alla  FlòttàTiirdiesea  i  rinfreschi  e  le  vettova- 
^jchedi  con  tinuoU^e^unspedite  da  Civitavecchia. 


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n8  STOMA  DI  TOSCANA 

^„_  GinoKendò  dìlBcile  l'impresa  dì  Orbetello^  àap», 
di  Ceaser  sopraggiuDti  ì  aoccorsi  del  Duca>  risolvè  Btr- 
'^barossa  di  ritirarsi;  e  finalniente  liaa  Giugno  fece 
vela  per  Civitareccliìa  dove  rinforzata  la  Flotta  di 
TettoT^lie  e  di  gente,  andò  a  sfogare  il  suo  fnnHV 
sulle  coste  di  Napoli,  e  della  Sicilia. 
-^  Liberato  il  suo  Stato  da  tale  spavento  j  rivolse  il 
Duca  le  mire  alia  G>rte  di  Carlo  V.  per  far  valero 
gl'importanti  servigi,  cbe  avea  resi  a  Sua  Maestà 
in  questa  guerra  d' Italia  ;  rimostrò  di  aver  salvato 
PiomlÀno  ,  e  lo  Stato  di  Siena,  e  di  aver  contribui- 
to alla  vittoria  di  Serravalle,  e  alla  difesa  di  Mila- 
no. In  tale  occasione  dichiarò  che  era  co-mai  tempo. 
,cbe  si  risolvesse  il  trattato  della  cessione  di  Fiom-. 
bino ,  giacché  egli  non  poteva  più  pazientare  con 
onore  le  inquietudini  ^  e  la  dìfUdenza  di  quel  Feu- 
datario, troppo  povero  e  imbecille,  per  tener  saldo 
quel  posto  alla  devozione  di  Cesare.  E  siccomeFie- 
ro  Strozzi  si  aggirava  intomo  ai  confini  del  suo  Do- 
minio, e  il  Papa  arrolava  genti,  e  disegnava  di  por- 
tarsia  Perugia,  si  applicòaridurreatermiueleFor- 
tìGcazionì  dello  Stato,  e  specialmente  quelle  di  Ca-; 
strocaro  ,  e  del  Boi^  S.  Sepolcro.  Si  valeva  in  tali, 
operazioni  del  consiglio  di  Stefano  Colonna,  e  del- 
l'opera dì  Giovan  Battista  Belluzzi  da  S.  Marino, 
accreditato  Architetto  in  quel  tempo,e  jurowedea- 
do  da  per  se  stesso,  e  per  mezzo  dei  Ministrìa  sta- 
re in  guardia  contro  i  movimenti  dei  nemici,  atten- 
deva r  esito  della  guerra  di  Carlo  V. ,  per  poterre- 
golare  i  suoi  interessi  secondo  quelli  dell'  Impera- 
tore. Già  gì'  Imperiali  in  Sciampagna,  e  gl'Ioglesi 
a  Boulogne  minacciavano  Francesco  I.  di  riunirsi  per 
lae8pngnazionediParigì,quandofinalmente  l'Impe- 
ratore prestò  le  orecchie  alle  proposiùoui  di  paco. 


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IIB.  I.  CAP.  IT.  119 

GranreU  e  AnnibauU  si  abboccarono  ìd  una  Badìa  ^^ 
denomìnaU  Crepy,  e  li  diciotto  Settembre  stabili-di  C. 
mino  il  Trattato,  di  cui  lacondizionepriucipaleera,'^ 
che  l'Imperatore  per  quattro  mesi  voleva  essere  ia 
libertà  di  risolversi  a  dare  in  matrimonio  al  Duca 
d*  Orleans  >  o  una  Figlia  ,  o  una  Nipote ,  e  cederli  loi 
Stato  di  Milano,  ovvero  i  Paesi  Bassi  con  la  Borgo- 
gna :  fu  anccva  convenuto, che cedendoiPaesi Bas- 
si riservasse  l' usufrutto  sua  vita  durante,  e  il  pos- 
sesso delle  Fortezze^  finché  non  fossero  nati  al  Du- 
ca dei  figli  maschi;  cedendo  Milano  rilasciasse  an- 
cora l'usufrutto,  ma  ritenesse  egualmente  le  Fortec- 
te,  e  il  Duca  d'Orleans  fosse  obbligato  a  militare  sot- 
to di  lui  contro  il  Turco  con  diecimila  fanti,  e  otto- 
coito  cavalli.  Convenzioni  così  complicate  feceroso- 
spettare  esaere  state  architettate  in  tal  guisa,  per  ri- 
cavarne all'occasione  un  pretesto  plausibile  pernon, 
osservarle  ;  è  ben  vero  però  che  diverse  furono  in 
apparenza  le  ragioni  dei  contraenti  per  conveniro 
in  tal  forma.  Francesco  I.  e  Solimano  si  erano  ob- 
bligati scambievolmente  di  non  convenire  ctm  Car- 
lo V.  senza  la  cessione  del  Milanese.  L'Imperatore 
non  poteva  sull'  istante  disporre  di  quello  Stato  del- 
l' Impero  senza  il  consenso  delli  Elettori,  né  vole- 
va promettere  un  matrimonio  senza  la  partecipa- 
zione del  Fratello ,  e  delle  Cwli  di  Spagna.  Fu  e- 
s|H'essamente  spedito  a  Cosimo  da  Sua  Maestà  il  Ca- 
pitano Ghisiosa  per  parteciparh  il  trattato  ,  e  se  ne 
fecero  in  Firenze  pubblici  ringraziamenti,  e  feste 
di  gioja.  In  tale  occasione,  non  avendo-  il  Duca  do- 
po la  sua  elezione  inviato  Ambasciatcni  alla  Corte 
di  Francia,  risolvè  di  spedirvi  il  Vescovo  di  Forlì , 
ad  (^getto  di  mantenere  piiì  viva  la  corrisponden- 
za con  la  Delfina  Caterina  de'Medici.  Op^rò  anco- 
T  I.  •• 


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13*  STORIA.  DI  TOSCANA 

j^^  T»  che  r  Imperatore  ricef  esse  in  sna  grazia  il  Car- 
ìi  Cdinale  Salviati,  e  da  questo  tempo  ordinò  clie  tutti 
*544l'  onorassero,  e' rico'noscessero  come  suo  Zio.  Il  de- 
siderio di  esser  Papa  aveva  condotto  questo  Cardi- 
nale al  s^no  di  niHiliarsi  a  quelle  persone,  che  ^li 
aveva  gravemente  offeso  ^  e  che  facilmente  nell'in- 
twno  non  li  avreMiero  mai  perdonato.  L'universa- 
le allegrezza  concepita  dal  Duca,  e  dalla  Città  per 
questa  pace  fu  interrotta  dallo  spavento  di  una  su- 
bitanea inondazione.  Nel  Novembre  per  la  repen- 
tina liquefezione  delle  nevi  essendosi  indossata  stra- 
bocchevolmente la  Steve  rovinò  molte  case,e  moli'' 
DÌ,  ed  inondò  le  campagne  con  gravissimo  danno 
delli  abitanti. 
1S45  L'esecuzione  del  trattato  di  Grepy  teneva  sospe^ 
si  li  animi  dell'  Italiani^  non  meno  che  la  convo- 
dazione  del  Concilio  intimata  dal  Papa  con  tanta 
tolennìtà.  JVon  sapevano  persuadersi  che  Carlo  V* 
volesse  pure  cedere  il  Ducato  di  Milano,  benché  l'a- 
Tesse  promesso,  e  che  Paolo  IH.  fosse  per  conveni- 
re con  i  Protestanti  sopra  l' e^ttunzione  del  Con- 
cilio. La  malattìa  dell'Imperatore  e  ilfermentodei 
Luterani  in  Germania  facevano  attendere  con  an- 
sietà lo  scbiarimenlo  di  tante  dubbìesae^  quando 
una  dichiarazione  fatta  nel  FeblM'ajo  da^  Carlo  V. 
confuse  maggiormente  le  reduCs  dei  Politici  dell' 
Italia.  Dichiarava  Sua  MaestÀ  che  per  i  rìguardiche 
doveva  elli  Stati,e  alla  Famiglia  non  potevaaccor* 
dare  in  matrimonio  al  Duca  d'Orleans  se  non  la  se- 
conda Figlia  del  Re  dei  Itomani,eche  prima  di  ri- 
solvere r  alternativa  della  ce«sìone  delli  Stati  era 
conveniente,  che  il  Re  di  Francia  provvedesse  il  Du- 
ca d^'Orleans  di  uno  stato  sufficiente  a  sostenere  il 
suo  rango  ^  poiché  da  quello  che  li  sarebbe  ceduta 


t,z.dbvCo(>glc 


IXB.  t  CAP.  TV.  i3i 

non  avrebbe  per  qualche  tempopotuto  rìdiTarne  il  . 
Decessario  profitto.  Pendenti  queste  ambiguità  fradì  C. 
I«  dne  Corone,  ia  Toscana  il  Duca  Cosimo  era  oc-'^45 
capato  dalle  turbolenze  insorte  nella  Repubblica  dì 
Siena ,  dove  i  Popolari  cominciavano  a  prevalere  a 
quelli  dell'  ordine  dei  Nove ,  e  tmtavano  di  esclu- 
derli totalaaeate  ^klle  Magiatratuiie.  Accaddero  fra 
le  due  Fazioni  dei  tumulti;  e  delle  occìsioui  ;  e  il 
Duca  fece  avvicinare-le Bande  di  VoltfHTa^edi  Val- 
delsa  ai  confinì  j  e  sebbene  il  timore  faceste  acquie- 
tare ì  Partiti,  ciò  non  oAante  il  Duca  stimò  sno  de* 
bito  rimostrare  all'Imperatore  i  dìMrdini  di  quella 
Bepubblica  ,  e  so^erirli  i  rimedi  necMsar)  per  te- 
nerla nel  suo  dovere.  I  MagistraU  e  la  Legislazione 
non  provvedevano  bastantemente  a  impedire  le'tan- 
Ce  Faaioni ,  che  di  continuo  insorgevano ,  e  perciò 
«i  rendeva  necessario  un  Governo'  piùi  arbitrario  e 
severo.  Don  Giovanni  de  Luna  con  poche  e  deboli 
forze  j  e  corto  talento  era  poco  stimato  da  quella 
Nobiltà,  e  meno  dai  Popolari;  e  finalmente  l'en- 
trate della  Repubblica  essendo  male  amministrate^ 
e  divorate  dai  particolari ,  il  Pubt^co  era  sempre 
sfornito  di  danari  ancbe  per  le  più  piccole  occòr- 
HQze.  Questa  incertezza  dei  Senesi,  l'imbeciltitidel 
^gnore  di  Piombino,  e  l'irresolntezai  dell'Impe- 
ratore nel  provvedere  ai  mali ,  che  esigevano  un' 
pronto  rimedio^  erano  per  il  Duca  l'oggetto  dell» 
Maggiore  attenzione.  A  questo  effetto  spedì  all'Im- 
peratore Don  Francesco  di  Toledo  Zio  deH»  Du- 
cbessa^  perchè  unitamente  con  Granvele,  ecolDii- 
ca  d'Alva  lo  sollecitasse  a  qualche  determinazione. 
Oltre  ì  servìgi,  che  il  Duca  avea  prestato  allTmpe^ 
ratore ,  gli  accresceva  il  merito-  l'indifferenza  mo- 
strata dalla  Corte  di  Francia  al  suo  Ambasciatore  j 


^dbvGoo^^lc 


i3»  STORIA  DI  TOSCANA. 

Ah.  e  il  dispiacere  che  giÀ  li  andava  preparando.  Il  Du- 
di  G.  ca  di  Ferrara  avea  in  una  memoria  fatta  presenta- 

'  '^re  alla  Cort«  rimostrato  doversi  al  suo  Ambascia- 
tore la  precedenza  sopra  quello  di  Firenze,  per  es- 
KTe  la  sua  Famiglia  più  nobile  di  quella  de'  Medi- 
ci, e  in  possesso  della  Sovranità  da  qualche  secolo, 
Dientre  Cosimo  era  Duca  di  pochi  anni,  e  nasceva 
da -un  Privato;  esponera  i  servigi  resi  dalla  Gasa  di 
Este  a  quella  Corona  ,  e  i  torti  lattili  dal  Duca  di 
Firenze,  e  vantava  l' onore  di  aver  [>er  moglie  una 
Figlia,  e  cibata  di  Re.  La  Regina  di  Navarra  pro- 
teggeva le  sue  domande ,  e  Francesco  I.  era  dispo- 
sto a  farne  una  formale  dichiarazione.  Prevedendo 
Cosimo  che  l'Estense  poteva  facilmente  col  favore^ 
e  con  r  aderenza  prevalere  a  quella  Corte  sopra  di 
Idi,  (H'dind  all'Ambasciatore  di  prender  congedo, 
eoo  protesUre  perà,  che  essendo  egli  Principe  lìbe- 
ro, e  indipendente  da  qualunque  Monarca,  non  do-, 
veva  attendere  dal  Re  di  Francia  l'esame  dellesue 
conveaienxe ,  né  compromettere  in  lui  la  propria 
dignità.  Non  mancò  però  d'istruirlo  per  replicare 
alla  memoria  Ferrarese,  provando  che  la  Casa  Me* 
dici  benché  {vivata ,  e  senza  Sovranità  è  stata  più 
insigne  e  gloriosa  dell'  Estense,  che  ibndava  la  sua 
antica  nobiltà  sul  comando  di  qualche  Masnada,  e 
sulle  tavole  dell'Ariosto:  che  per  giudicare  della 
graodezEa  di  una  iàmiglia  dai  pareQtadi,  ai  deve  os- 
servare non  le  donne ,  che  entrano  in  quella ,  ma 
quelle  che  escono  :  e  finalmente  che  il  nascer  da  un 
{Hrivato,  e  l'esser  Duca  di  pochi  anni  non  deroga 
al  suo  carettere,  poiché  ^li  rappresenta  la  Repub- 
blica di  Firenze,  di  cui  il  moderno  Duca  di  Ferrara 
non  ha  avuto  rossore  di  essere  stipendiano. 

Mentre  con  animo  coeirisolutososteneva  ilDuca 


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LIB.  I.  GAP.  IV.  i35 

alla  G>rte  di  Francia  la  propria  dignità ,  un  caso  . 
che  successe  a  Venezia  offese  non  poco  la  sua  glo-di  C. 
ria;  Niccolò  Mozzi. ribelle  ebandtto^desideraadodi'^ 
poter  impunemente  venire  alla  Patria,  li  chiese  un 
Salvacondotto ,  col  protesto  di  avere  da  confidarti 
un  importante  segreto;  giunto  a  Firenze  sì  ofirì 
spontaneamente  al  Duca  di  ammazzare  Lorenzo 
Traditore,  e  fu  per  questo  effetto  indirizzato  a  Don 
Diego  di  Mendozza  Ambasciatore  Cesareo  in  Vene- 
zìa,  affinchè  lo  patrocinasse  in  questa  impresa.  Gira- 
jnunicò  il  Mozzi  a  Don  Diego  questa  commissione, 
ed  eghj  aborrendo  una  tal  forma  di  operare,  si  pro- 
testò che  se  Io  avesse  am  mazzato  secondo  le  leggi 
di  Cavalleria  gli  avrebbe  somministrato  tutto l'ajo- 
to,  come  altresì  lo  avrebbe  fatto  punire  usandodel  ' 
tradimento.  Dopo  tal  replica  si  presentò  il  Mozzi  a 
Lorenzo ,  e  in  presenza  di  due  persone  gli  svelò  la 
commissione  che  tenera  dal  Duca,  ne  ricevè  del 
danaro ,  e  gli  offerì  di  ammazzare  il  Mendozza  co- 
me complice  della  medesima.  Fu  da  Lorenzo  reso 
consapevole  l'Ambasciatore  di  quinto  era  successo, 
ed  esortato  a  guardarsi  da  costui ,  il  quale ,  prima 
arrestato  dalle  sue  genti,  fu  poi  detenuto n^W car- 
ceri della  Repubblica.  Palesatosi  per  V  Italia  tutto 
il  successo  Carlo  V.  fece  avvertire  il  Duca  di  esser 
più  cauto  oell'affidare  simili  commissioni,  e  d'im- 
panarvi i  suoi  Ambasciatori.  Ma  se  il  Duca  si  mo- 
strava cosi  animoso  contro  Lorenzo  de'  Medici ,  il 
Papa  però  non  lo  era  meno  contro  il  Cardinale  di 
Ravenna  ;  poiché  essendo  stato  conteiAporaneamen- 
te  arrestato  nella  Rocca  di  Forlì  I^eonida  Malatesta 
fu  tentato  con  promesse  di  danaro  e  di  onori,  e  poi 
minacciato  di  tormenti  e  di  morte,  perchè  attestas- 
se che  il  detto  Cardinale  avea  macchinato  contro 


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i34  STORIA  DI  TOSCANA. 

f^  la  perseua  àfì  Papa.eprocuratodìaTVeleuarlo.FcH 
iliC.tè  costai  evadere  dalla  Boccale  rifugiatosi  a  Firen- 
1545  2e  contestare  al  Duca  nop  solo  questo  nial  animo 
di  Sua  Santità  contro  il  Cardinale,  ma  ancora  una 
simile  iuteuzioue  verso  l'Imperatore.  Depose  il  Ha- 
latestà  che  il  motivo  deUuo  arresto  era  l'esser  noto 
.  al  Papa,  elicali  era  coqs^pevole  della  congiura  or- 
dita da  Sua  $^ptità,e  d^l  Cardinale  Farnese  contro 
r  Joip^atqre  Carlo  V.  fino  dal  tempo,  che  da  Ge- 
nova traversa  l'Italia  per  passare  in  Germanìa,co- 
municatali  da  Mattiaa  Varano  da  Camerino  ^  che 
doyea  easeroe  l'esecutore  principale.  I^Varano.se- 
dotto  dpUe  jKvmease  del  Papa  dì  restituirli  il  Du- 
cato di  Camerino,  si  era  obbligato  di  unirsi  con  una 
Masnada  di  gente  ardita ,  e  bene  armata  di  Archi- 
busi  per  aspettare  l' Imperatore  ad  un  certo  tra- 
ghetto,«  quivi  tentare  disperatamente  di  affrontar- 
loj  ed  ucciderlo,  Forse  il  tintore  e  la  discordia  dei 
Congiurati  ave«uo  impedito  l'esecuzione  di  questo 
attenuto.  11  Duc4  non  npaocò  di  avvisare  di  queste 
macclùnavioni  l' Imperatore  Carlo  V. ,  che  seppe. 
dissimularle  per  vendicarsi  a  suo  tempo;  e  il  Ma- 
late^ta  si  obbligò  di  star  sempre  a  disposizione  del 
Duca  ,per  contestareal  conli-onto quanto  Gnora ave- 
va deposto.  Fremeva  il  Papa^  che  si  presentassero 
al  Duca  puove  occasioni  di  denigrarlo  presso  l'Im- 
peratore^e  dissimulando  la  protezione  accordata  in 
Firenze  a  Ijeonida  Ualatesta  insistè  nuovamente , 
perchè  fusse  rilasciato  il  Conte  di  Sogliano ,  espo- 
nendo non  esser  conveniente  alla  gloria  di  Sua  San- 
tità, con  ritenere  in  carcere  costui ,  di  accreditare 
le  vocì'del  pubblico;  e  siccome  fu  replicato  che  ap- 
punto per  giustificare  se  il  pubblico  s'ingannava  o 
«0,  era  necessario  di  ritenerlo  per  procedere  secon- 


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LIS.  I.  GAP.  IV.  i35      

do  le  regole  dì  giustìzia,  crebbe  au£gì(»rmeate  al  ^^^ 
.Papa  l'indignazioue  coniro  il  Duca,  né  poU  con-di  C 
tQoersi  dal  dìmoatrarla  subitatQeDte  giacché  gliene  *^^ 
iU  floouainistrato  il  pretesto. 

in  Firenze  non  meno  che  nelle  aititi  Città  d'  I- 
talia,  attesa  la  varietà  dei  tempi,  lo  spirito  delli  Or* 
dini  regolari  allontanatosi  assai  dal  primitivo  Isti- 
tuto, iàceva  che  gl'indivìdui  orjnaì  df{H^vatì  si  ap- 
plicassero unicamente  a  tutto  quello,  da  evi  doveano 
«flsere  alieni.  Fra  questi  era  l'Ordine  dei  Domeni-  ' 
cani  Osservanti  dì  S.  Muco,  i  q^uali  in  tempo  del 
Governo  popolare  sotto  la  scorta  del  Savonarola  di- 
-]*ìgS¥aDo  col  fanatismo,  e  eoo  l'impostura  la  Bepub- 
-blìca,  e  iParticolari:  dopoes''ere  stato  pubblicamente 
abbruciatoli  loro  Maestro,  lo  veneravanpcoipe  Alari- 
tire  ,  segu  itavano  la  di  lui  dottrina ,  e  spargevano  nel 
popolo  ì  suoi  medesimi  insegnamenti:  ma  il  Gover- 
no di  un  solo  é  un  grande  ostacolo  per  chi  fa  pro- 
fessione dì  sedurre  la  moltitudine  col  fanatismo,  e 
tirarla  ai  suoi  voleri  con  l'impostura.  Cosimo  era  ve- 
nuto in  ct^nizìone ,  che  costoro  predicando  conti- 
nuamente il  Governo  popolare,  e  rammentandola 
protezione  d«Ua  Corona  di  Francia  per  la  RepuU>U- 
ca ,  tentavano  di  alterare  la  tranquillità  della  pre* 
sente  costituzione  j  spargavaA)  la  divisione  nelle  fa- 
miglie, fomentavano  i  partiti  nei  Magistrati, e  ten- 
devano a  divenire  gli  arbìtri  dellesentenzeje  a  di- 
sporre della  Giustizia  ;  ambivano  le  eredità ,  e  fomeu' 
tavano  ai  Testatori  gli  odj  e  le  dissensioni  contro  ^ 
più  prossimi  per  cons^uirlej  ai  rendevano  gli  arb). 
tri  dei  matrìmonj ,  e  li  dirigevano  secondo  i  propri 
ìnteressì.Ivarjrìcorsiportati  al  Duca  fecero  che  final- 
mente considerasse  questi  Frati  e  ome  una  Setta  ne- 
mica dello  Stato,cheeranecessario  estirpare,  tant«- 


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i36  iSTOiaA  DI  TOSCANA 

".  "  più  che  avrertìtone  più  volte  il  loro  Generale,  esso 
di  C.gli  sosteneva  come  persone  incapaci  dietrare.  Per- 
iM^ciò  il  ili  ultimo  di  Agosto  gli  fu  intimato  di  abban-^ 
donare  il  Convento  di  S.  Marco  ,  e  quelli  di  S.  Do- 
menico di  Fiesole ,  e  di  S-  Maddalena  in  Pian  di  Mu- 
gnone,  assonandoli  il  termine  di  un  mese  ad  ave- 
re ol:^)edito.  Destinò  il  Duca  il  Convento  di  S^Mar^ 
co  alli  Agostiniani,  ai  quali  in  tempo  dell'asaedioera 
itato  demcdite  il  suburbano  Convento  di  S.  Gallo. 
Implorarono  gli  espulsi  Frati,  come  è  solito  in  que- 
ste occasioni ,  l'a  juto  e  la  potenea  Papale ,  e  Sua  San- 
tità ben  volontierì  accettò  questa  occasione  per  da- 
re al  Duca  delle  molestie.  Chiamò  a  se  FAmbaicia- 
tore  Alessandro  del  Caccia,  e  in  collera  e  con  stra- 
pazzo inveì  contro  il  Doca ,  trattandolo  di.nalCri- 
etiano,  e  d'irreligioso ,  perchè  sì  era  ingerito  in  ciò 
che  non  li  appartnieva,  ed  avea  commesso  questo 
eccesso  in  un  tempo  il  più  pericoloso  per  l'eresie. 
Questo  trattamento  esacerbò  di  modo  l'animo  del 
Duca,  che  incaricò  l'Ambasciatore  di  giustificare  al- 
la Corte  di  Roma  la  sua  condotta  con  dimostrare^ 
che  questo  modo  di  procedere  tendeva  a  farlo  diven- 
tare Luterano,  ma  che  egli  non  voleva  esserlo  ad  on- 
ta di  Sua  Santità,  la  quale  mentre  tollerava  le  Ac- 
cademie di  eresìe  che^eneva  pubblicamente  la  Du- 
chessa di  Ferrara ,  calunniava  poi  di  eretico  il  Du- 
ca di  Firenze  ^  perchè  reprìmeva  l' ambizione ,  e  il 
malo  esempio  di  questi  Frati ,  che  pure  sentivano 
male  della  Religione.  Poiché  omettendo  il  culto 
.  idolatrico  alSavonarola,che  essi  imponevano  ai  lo- 
ro devoti,  e  la  venerazione  per  i  suoi  IìIhì  ,  e  per  le 
'  sue  profezìe  e  insegnamenti,  che  tutto  giorno  anda- 
vano disseminando  per  la  Città,  uno  di  questi 
Frati  avea  modernamente  scrìtto  un  libro  contro 


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ITB.  I.  CAP.  IV.  i37 

Vaiitorit&  del  Papa ,  provando  con  le  ragioni  del  Sa 

Tonarala  e  sue,  che  da  Sisto  IV  .[io  poi  niun  Ponte-  An. 
fice  era  stato  legittimamente  creato.  Non  poterano  ì^ 
questi  ragioni  convincere  Ìl  Papa,  il  quale  non  me- 
ditava altro  che  la  vendetta ,  e  il  modo  d' impegna- 
re tutti  j.  Principi  Cattolici  èontro  il  Duca  ,  da  esso 
rappresentato  come  Novatore  nella  Religione.  Inti- 
mò alti  Agostiniani  sotto  gravissinM^pene  di  ritirarsi 
dal  Convento  diS.  Marco, edichiarò  all'Ambascia- 
tore che  non  avrebbe  lasciata  impunita  questa  irre- 
golarità. Le  stesse  querele  lece  all'Ambasciatore  Ce- 
sareo Giovanni  de  Vega,  e  al  Vice-Re  di  Napoli,  i 
quali  non  tralasciarono  mezzo  veruno  per  tentare  di 
calmare  questo  furore  del  Papa.  Credevano  essi  che 
le  presenti  circostanie  non  permettessero  al  Duca  di 
«levenire  a  una  manifesta  rottura  col  Papaie  all'Im- 
peratore di  abbracciare  i  di  lui  interessi  ;  e  perciò 
continuamente  lo  esortavano  a  sacrificarsi  in  così 
piccolo  affare  per  la  pubblica  quiete.  Persistendo  Sua 
Santità  nello  stesso  proposito,  adunato  nel  mese  di 
Novembre  il  Concistoro,  pubblicò  ai  Cardinali  la 
minuta  di  un  Breve  da  dirig«'8i  al  Duca ,  in  cui  esa- 
gerando la  violazione  della  immunità  Ecclesiastica, 
e  l'ingiustizia  di  avere  scacciato  i  Frati  senza  cogni- 
zioae  di  causa ,  lo  minacciava  di  scomunica ,  se  den< 
tro  tre  giorni  dopo  ricevuto  il  Breve,  non  avesse  isti- 
tuito a  R(Hna  la  causa  contro  dei  Frati  per  starsene 
al  giudicato.  Informato  il  Duca  con  celerità  di  que- 
sta risoluzione ,  dubitando  della  indifferenza  di  Carlo 
V. ,  e  forse  dell'impegno  del  medesimo  per  i  fVatì 
essendo  il  suo  ConlèsMure  Domenicano,  determinò 
di  non  intorbidare  la  quiete  d'Italia^epassar  sopra 
ai  diritti  di  Sovranità  e  di  Padronato,  cheglicom- 
peterano  in  questo  tiffiire,  e  prevenire  la  pvsenta- 


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i38  STORIA  DI  TOSCANA. 

An.  2Ìone  del  Breve  j  avendo  perciò  rimesso  immediBU- 
^'•uK  ^^"'^  *  f  *'*ti  in  poasesBo  dei  loro  Gonveoti  oe  tra- 
'  smesse  l'attoall' Ambasciatore, ordinaadtdi  di  pre- 
sentarlo al  Papa,  e  tifi.  tempostesso-prendercoDge... 
do  y  e  ritornare  sollecitamente  a  Firenze.  Il  ricliia- 
mo  dell'Ambasciatore  fu  appreso  dal  Papa  peruua 
dichiarata  rottura,  e  triooiaudo  di  aver  ridottoCo* 
Simo  alla  debolezza  di  prevenire  le  sue  intimazioni  ^ 
li  preparava  nuove  violenze ,  e  disturbi. 

11  motivo  principale  però,  che  determinò  Cosimo 
a  sodisfare  il  Papa  si  fu  il  timore  che  gì'  interrom- 
jiesse  il  pendente  trattato  della  cessione  di  Piombi- 
no; poiché  Carlo  V.  mosso  finalmente  dalle  reite- 
rate istanze  del  Duca ,  avea  fino  dal  mese  di  Luglio 
incaricato  Don  Giovanni  deLunadi  trattare conl'Ap- 
piano  della  cessione ,  e  ricompensa  dì  quel  Feudo.  La 
diffideiisa,  l'interesse,  e  la  gelosìa  dell'iugrandi- 
meuto  dì  Cosimo  tennero  sempre  sospeso  questo  trat- 
tato, cheli  Spagnoli  non  vollero  intraprendere  mai 
con  impegno.  Ma  essendosi  egli  gravemente  amma- 
lato, pensò  Don  Giovanni  di  assicurarsi  di  quello 
Stato  a  nome  dell'Imperatore^  per  conservarlo  al 
Figlio  pu|Hllo,  e  nel  caso  che  la  Vedova  avesse  re- 
sistito, richiese  al  Duca  le  forze  cecassarie  per  ob- 
bligarla ,  standosi  egli  postato  nel  Dominio  Senese  a 
Monterotondoperaspettarerevento.  Morì  finalmen- 
te Jacopo  V.  d'Appiano^  e  gli  successe  Jacopo  VI. 
suo  figlio  pupillo,  a  cui  presenteDonGio  vanni  fugiura- 
tafedeltìdaisuddìtijedaesso,edaisuddìti  fu  giurata 
fedeltà  all'Imperatore.  Fu  apo-to  il  Testamento,  e  si 
pubblicarono  perTutori  l'Imperatore,  ilMarchese  del 
Vasto,DonGìovàn'DÌjdeV^a,ilCardinaleSalvìati,la 
Vedova,  Bustamante,  e  il  Dottore  Calefati^  con  la 
dichiarazione  che  sì  dovesse  reputar  valido  tuttoquel- 


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Wtt  I.  CAP.  iV.  139 

lo,  eh?  la  Vedova  operane  <^  consenso  di  due  4i  ^v. 
questi  Tut«ri.  In  \a^  circiwUQte  Dou  Gioratmi  de  <"  ^- 
LuD«  non  giudicò  oppoKtuoQ  di  ralersi  della  forza  '^ 
per  occupare  le  Fortezie,  e  ciHiiteiito  della  fedeltà 
giurata  all'Imperatore  se  ne  ritornò  a  Siena.  Il  Duca 
all'  opposto  rappresentò  a  Carlo  V.  quali  perìcoli  po- 
teva app<^tare  alla  quiete  d' Italia ,  e  alla  aicuresza 
di  Tofana  il  tenere  un  posto  di  tanta  importanza 
in  custodia  di  una  PoQua  e  di  un  FaDcìulla,e«otto 
U  direzioae  del  Cardinale  Salviati ,  U  quale  sebbe- 
ne si  fosse  dimostrato  Imperiale,  dalli  antecedenti 
però  9Ì  dovea  dubitare  assai  delle  di  luì  ìaclinazio- 
ni.  I  Tutori  arbitri  della  V^ova  doveano  «ssere  il . 
Bostamante  ed  il  Calefàti,  l'uno  domestico  diGÌo. 
vanni  de  Vega  y  e  l'altro  Medico,  e  perciò  incapaci 
ambedue,  e  indegni  dì  dirigere  il  goverDO,e  La  dife- 
sa di  quello  Stato-  Né  minore  ostacolo  dicevano  alla 
tranquillità  di  Piombino  Girola  moe  Ferrante  d'Ap- 
piano, il  primo  fratellobastardo, el' altro  cuginodi 
Jacopo  VI. ,  ambedue  esclusi  dalla  tutela ,  e  banditi 
da  quello  Stato, per  aver  congiuratounitamentecou 
on  Frate  contro  la  vita  di  quf^  Signore.  Si  tenevano 
essi  ingiustamente  aggravati  del  Bando ,  e  pretende- 
vano che  a  loro  e  non  ad  altri  si  competesse  per  giu- 
stizia la  tutela  del  Pupillo ,  tentando  di  risvegliare 
frai  Sudditi  un  valido  partito  a  loro  favore.  Tutti 
questi  reliessi  determinarono  l'Imperatore  a  ordina- 
re a  Don  Giovanni  de  Luna  di  prender  possesso  for- 
malmente dello  Statò  di  Piombino  a  nome  di  Sua 
Maestà ,  valendosi  in  caso  di  occorrenza  delle  forze 
del  Duca,  che  era  jitato  pr^ato  «  somministrarle.  In 
conseguenza  di  ciò  concertarono  il  Duca ,  e  Don  Gio- 
vanni di  avanzare  le  Bande  del  Dominio  a  Campi- 
glia  per  fiauch^iare  la  Gaaaiìgiope  Spagnola,  die 


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i4o  STOEIA  DI  TOSCANA. 

'~  dorea  introdursi  nelle  Fortezze,  obbligandosi  il  Duh  ■ 
di  e.  ca  di  supplire  con  danari ,  rettOTagUe ,  e  munizio* 
tS^ai  per  il  mantenimento  di  essa  e  delle  Fortificazio- 
ni. A  questo  efiètto  alla  metà  di  Novembre  si  portd 
a  Volterra,  non  solo  per  essef'prònto  alle  occorren- 
ze, ma  ancora  per  esser  più  facUmenM'aTTÌsato  del- 
la esecuzione  delli  ordini  di  Carlo  V^'  Trovò  Don 
Giovanni  la  Vedova  renitente,  ma  interposto^  per 
opera  del  Duca  il  Cardinale  Salviati ,  fu  finalmente 
accettata  la  GuarnigioneSpagnola,di  cui  ebbe  ileo* 
mando  Don  Diego  figlio  di  Don  Giovanni  de  Luna. 
Accettò  gratamente  l' Imperatore  questo  atto  di  ob- 
bedienza,  ed  esortò  la  Vedova, e,ilCardinaleacom- 
piaCM'lo  di  quello  Stato,  ddndo  al  Pupillo  una  ri- 
compensa equivalente^  non  conoscendo  altro  mezzo 
per  mantenere  la  quiete  d'Italia,  se  non  di  assicu- 
rarsi della  debolezza  di  quel  luogo. 

CAPITOLO    QUINTO 

I  Seoeii  ncciano  dalla  lor  Città  il  Plre*idio  Spagnolo.  It  Pa- 
pa ingiuria  in  Concistoro  il  Dnca,  e  fo  airestare  un  ttio 
Segretario-  L'Imperatore  puniice  i  Seneù,  e  riforma  U 
Gorerno  di  qnella  Repubblica  :  promette  al  Onca  l' inve- 
stitnra  e  poaieiso  dì  Piambino  per  riintrne  un  impreatito 
di  danari.  Congiura  del  Bnrlamacchi  Gonfaloniere  di  Lac- 
ca. Negando  ì  Seneù  r obbedienza  all'Imperatore  il  Dnea 
gli  riduce  a  sottomettersi  e  a  ricever  Presidio.  Soccorsi 
del  Duca  per  la  lollerauone  di  Genera ,  e  per  la  ribelli»» 
ne  di  Napoli;  Trattati  per  metterlo  in  possesso  di  Piom- 
bino. Dichìarasione  dell'Imperatore  della  precedenxa  so- 
pra Ferrara. 

Stava  spettatrice  l'Italia  delle  sgecubzioni  dei  Ga- 
binetti ,  e  delli  eventi  casuali ,  che  decidevano  del- 
la sorte  delli  Stati  edci  Popoli,e  <^pres8a  e  lacerata 
dai  Nazionali  e  dalli  Esteri  si  vedeva  compagne  nel- 


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im.  I.  GAP.  V.  i4i 

le  stesse  calaimt&  tutte  le  altre  Prorincie  di  Euro-  aw. 
pi.  La  pace  di  Crepy  non  aveva  alcuna  apparenza^!  ^' 
di  esser  diywole,  poiché  prolung^ata  con  arte  dalla  '  ^ 
avvedutezza  Spagnola  la  dichiarazione  dell' alterna- 
tiva, la  morte  del  Duca  di  Orleans  aveva  posto 
le  due  G>rone  in  necessità  o  di  trattare  nuove  con- 
dizioni di  pace  f  o  d' intraprendere  nuova  guerra.  Ma 
Francesco  J.  era  troppo  occupato  dal  Re  d'Inghil- 
terra nel  cuor  della  fVancia.  e  Carlo  V.  trc^po  era 
agitato  dalle  civili  t^scordie  della  Germania ,  ed  e- 
sausto  di  danari.  Queste  circostanze  sospendevano 
all'Italia  nuovi  disastri,  ma  non  consolavano  il  Pa* 
pa  ,  che  dalla  quiete  universale  non  ritraeva  profit- 
to veruno.  Vedeva  egli  wmai  perduta  lasperanza  di 
acquistar  nuovo  Stato  ai  nipoti ,  senza  che  i  servigi 
resi  alla  Francia ,  e  la  parentela  contratta  con  l'Im-* 
perabH-e  avessero  prodotto  l'e&tto desiderato;  essen- 
do ormai  in  età  decrepita  investi  Pier  Luigi  Farne- 
se suo  Figlio  delle  Gttà  di  Piacenza ,  e  di  Parma' 
Queste  due  Città,  di  antica  appartenenza  del  Duca' 
to  di  Milano,  erano  state  lidotte  aUa  obbedienza  della 
Chiesa  dalla  rapacità  di  Giulio  li. ,  e  l'incertezza 
di  questo  Dominio  servì  dì  pretesto  a  Paolo  III.  per 
indurre  il  Collegio  dei  Cardinali  a  concederne  l'alie- 
nazioue-  Agl'Imperiali  e  al  Duca  Cosinlo  non  piac- 
que la  fondanone  di  questo  Stato,  dove  già  preve- 
devano che  si  sarebbe  tenuta  sempre  viva  dal  Papa 
una  scuola  d'insidie ,  e  di  macchinazioni  persusci- 
tare  delle  novità  nelle  altre  parti  d' Italia.  Da  queste 
il  Duca  sapeva  ben  garantirsi  nel  proprio  Stato  ,  e 
attendeva  a  saldare  dalle  sorprese  anche  i  vicini. 

Nel  principio  di  quest'anno  dovendosi  eleggeret546 
nella  Repubblica  di  Siena  la  nuova  Balìa ,Ia  Fano- 
ne popolare  prevalse  a  quella  dell'ordine  dei  Nove 


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i4i  STORIA  M  TOSCANA 

Ah.  con  qualche  tumulto  ^  né  la  debolezza  di  Don  Gio- 
^^TaoDÌ  de-Lana  potè  altrimenti  acquietarlo,  se  non 
^  con  fare  accostare  ai  confìtti  le  Bande  4pl  Buca.  Il 
Papa  Tedende  l' irresolutezza  delli  affari  tra  Carlo 
Y.  e  Francesco  I ,  e  immaginandosi  imminente  una 
rottura  di  guerra,  per  opera  di  Iferio  Baadini,  e 
dell'Arcivescovo  di  Sìeua  suo  fratello  andava  pre- 
parando gli  animi  dei  Senesi  alla  ribellione.  Né  ftl- 
rono  vane  le  impreseioni  di  Sua  Santità  fb  quelli 
«piriti  &cili  a  commoversi ,  molta  più  che  ai  tratta 
Va  di  soUevare  dei  Poveri  contro  i  Ricchi  per  spo- 
gliarli, e  intrudere  nelle  Magistrature  chi  finora 
n'era  slato  tenuto  lontano;  perciò  il  dì  sei  di  Feb- 
brajo  ai  solleva  universalmente  la  Fazione  p(^la- 
rc  contro  il  Monte  dei  Move  con  tanto  furore^  che 
i  dugento  Spagnoli  della  Gaai^igione  fiurono  mesa 
in  fuga,  e  Dim  Giovanni  con  i  Principali  ai^pena 
potè  esser  salvo  nel  proprio  I^lazso  ;  perirono  in 
questa  ziifià  trentasei  persone^  il  Monte  dei  Neve 
fu  dichiarato  escluso  da  qualunque  Hagiatmra, 
e  furono  rimessi  in  ^ena  circa  trecento  banditi 
dal  vecchio  Governo.  Il  Duca  accosta  alla  Qt- 
tà  le  sue  Bande  consistenti  in  seimila  Fanti,  e  cen- 
tocinquantaCavallijecon  la  minaccia  di  queste  fòr- 
ze ottenne  la  libera  evasione  di  Don  Giovanni^  del- 
li Spagnoli,  e  di  tutte  l'ordine  dei  Nove,  e  che  si 
rimettesse  alla  assolata  determinazione  di  Carlo  V. 
la  Riforma  d^  Governo  di  quella  Bepi^lica.  Sta- 
bilite queste  condizioni  il  Duca  ritirò  le  sue  Trup- 
pe ,  e  Don  Giovanni  andò  a  render  conto  all'  Im- 
peratore di  tutto  il  successo. 

Non  sapeva  il  Papa  perdonare  al  Duca ,  che  egli 
fosse  cosi  sollecito  a  prevenirlo  in  tutte  le  sue  opeL' 
razioni ,  e  attraversarle  eoa  tanta  fecilità  ;  che  es- 


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LIB.  I.  CAP.  V-  143 

sendò  egli  giovine  e  novizio  dcU'  arte  di  regnare,  /^^ 
esso  ormai  decrepito  e  consumato  nelli  affari  non  ài  C. 
V  avesse  mai  potato  vincere  ;  li  stavano  a  cuore  le  '^^^^ 
vituperose  tUcerìe  sparse  per  l'Italia  sopra  la  deten- 
aione  del  Conte  di  S(^tiano ,  e  la  risoluta  fermezza 
dì  Cosimo  in  deuegarlielo.  I  Frati  dì  S.  Marco  gli 
aommìnistrarono  una  nuova  occasione  di  sfogare 
contro  il  Duca  questo  furore.  Dopo  che  essi  erano 
•tati  rimesm  nei  loro  Conventi  ^  credendo  i)  Duca 
essere  ìs  facoltà  di  ^iuiique  il  distribuire  l'elemo* 
nne  a  suo  talento  ^  oessò  dal  donare  ai  medesimi 
«pwllo  f  che  era  consueto  per  l' antecedente:  il  «10 
esempio  tirò  in  questo  proposito  ancora  dei  Parti- 
colari ,  e  i  Frati  calunniarono  il  Duca  presso  il  Pa- 
pa di  avere  ordinato ,  che  niono  facesse  piìi  loro 
elemosine.  Nel  Concistoro  tenuto  lì  i5  Marao,  es' 
•endosi  accostato  al  Papa- il  Cardinale  Salrìati  Pro- 
tettore dei  Domenicani,  per  annunziarh  il  prossimo 
Capitolo  Generale  dell'  Ordine,  il  Papa  gii  disse  : 
P^oi  non  mi  dite  niente  di  ciò,  che  ha/atto  a  Fi- 
renze il  Duca  contro  questi  Frati  ì  replicò  non 
saperlo ,  e  il  Papa  con  molta  collera  lo  rimproverò 
dì  mancare  al  suo  ministero  senza  aver  riguardo 
alla  coscienia,  e  all'  onore,  e  lo  scacciò  davanti  a 
se  senza  volere  accettare  la  disccdpa ,  di  modo  che 
il  Cardinale  pianse  per  vedersi  cosi  avvilito  pubbli- 
camente. Produsse  dipoi  Sua  Santità  il  memoriale, 
che  conteneva  le  caloODÌe  dei  Frati  ;  esclamò  ad 
alta  voce  contro  il  Duca  ,  dichiarandolo  Eretico ,  e 
protestò  di  voleiio  punire  come  tale.  Dopo  il  richia- 
mo dell'  Ambasciatore  aveva  il  Duca  ordinato,  che 
Francesca  Babbi  da  Volterra  già  Sttgretarìo  di  Le- 
gazione restasse  in  Roma  presso  il  Vega  Ambascia- 
tore Cesareo ,  ad  oggetto  di  communicare  con  il  me- 


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1 44  STORIA  DI  TOSCilV A 

*~  deaimo  li  a&ri  correatì  ;  due  giorni  dopo  ìlGooci- 
di  C. "toro  fu  il  BablM  arreatato,  e  jxindotto  in  Castel  S. 
1S46  Angelo,  e  toltoli  le  scritture,  e  la  mobilia  di  prez- 
zo ;  i  suoi  domestici  soffi-irono  la  stessa  sorte,  e  fu- 
rono detenuti  nelle  carceri  della  Città.  Beclamd  1' 
Ambasciatore  di  Carlo  V-  il  diritto  delle  gentil  e 
minacciò  la  vendetta  di  Cesare  se  non  si  pensava 
aUa  reparancme  di  questo  torto  ;  fu  dentato  al  Bal>< 
bi  il  carattere  di  persona  pubblica  ,  e  fa  Riarsa  vo- 
cCj  che  si  devea  processare,  perchè  tenera  di  mano 
agi'  intrighi  del  Cardinale  Salviati  per  esser  Papa. 
Bappresentò  il  Duca  all'  Imperatore  l' ingiusta  vio- 
lenza che  li  era  iatta  ^  e  siccome  vi  era  interessato 
anche  il  decoro  di  Sua  Maestà  lo  instigò  alla  ven- 
detta. Fu  male  intesa  alla  Corte  questa  oppressio- 
ne,  ma ,  connderate  le  circonstanze  e  gì'  interessi  ^ 
fu  risoluto  di  esortare  il  Duca  a  pazientare  fintanto 
che  Sua  Maestà  non  gli  somministrasse  i  mezzi  ^  e 
r  occasione  di  vendicarsi  segnalatamente. 

La  L^a  Smalcaldica  formata  dai  Luterani  sotto 
la  direzione  dell'EleUore  di  Sassonia^  e  del  Lan- 
gravio di  Assia  impanava  Cesare  ad  una  guerra , 
che  avendo  apparentemente  per  cretto  la  Religio- 
ne, dovea  in  conseguenza  l' Imperatore  divider  col 
Papa  il  carico  dì  sostenerla,  e  Don  Giovanni  de  Va- 
ga trattava  a  Roma  le  condizioni  di  una  Lega,  da 
stabilirsi  tra  il  Papa ,  e  l' Imperatore  per  questo  ef- 
fetto. Un  altro  potente  motivo  obbligava  Cosimo 
ad  astenersi  da  una  manifesta  rottura  col  Papa^  ed 
era  l'incertezza  dei  Senesi ,  e  gli  onde^iamentì  di 
quella  Repubblica;  poiché  avendo  l'Imperatore  ri- 
,  cevuto  con  clemenza  la  Imv  sommissione ,  elesse 
Francesco  Grasso  Senatore  Milanese  per  risedere 
in  quella  Città,  incaricandolo  con  suo  Imperiai  De- 


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LIB.  I.  CAP.  V.  145 

crete  d'ìroformarsi  giurìdicarneiite  della  passata  re-  j^ 
'Tolozìone,e  di  stabilire  ciò  cheave3segiudical»op-di&' 
poTtuDo  per  la  quiete  di  quella  Repabblica.  Ordinò  '^ 
ancora  che  gli  Ambasciatori  Senesi  venati  alla  Cor- 
te non  sì  partissero  senza  sua  espressa  licenza,  e  cbe 
8Ì  esiliassero  da  Siena  ventiquattro  Cittadini,  nomi- 
natamente i  più  sediziosi,  e  fossero  cmfinatiaLDo- 
ca  e  a  Milano  secondo  che  permettessero  le  laccata, 
le  forze,  e  l'età  di  ciascuno.  Accettarono  dì  mal 
animo  i  Senesi  questa  disposizione  Impalale,' e  ne 
sospesero  l'osservanza,  implorando  dal  Duca  la  sua 
mediazione,  affinchè  fosse  moderata  y  ma  intanto 
trattwvno  segretamente  col  Papa,e  eoa  i  nemicìdi 
Cesare  per  eseguire  più  validamente  la  loro  ribel- 
lione. Non  ostante  la  pericolosa  situauone  di  que- 
ste circostanze  credè  il  Duca  di  nqp  poter  mancare 
B  se  stesso,  e  giustiCcare  al  Mondo  la  caluunia  del 
Papa,  e  dei  Frati,  e  il  violento  procedere  dì  Sua 
Santità.  Scrisse  perciò  una  lettera  Circolare  diretta 
a  venti  Cardinali  j  in  cui  con  molto  ingenue  espres* 
sioni  dimostrava  l'animosità  del  Papa  nel  credere 
pia  ai  Frati,  che  a  luì,  la  sua  malignità  nel  calun- 
niarlo, e  accusario  dì  Eretico  j  e  finalmente  la  vio- 
latone del  diritto  delle  genti,  dichiarando  che,  se 
il  minacciato  gastìgo  fosse  spirituale ,  se  ne  sarebbe 
aj^Uato  per  ritorcerlo  come  ingiasto  sopra  di  lui, 
•e  poi  temporale ,  avrebbe  saputo  allontanarselo  con 
fiidhtà.  Avea  1'  Ambasciatore  Cesareo  più  volte 
trattato  di  comporre  in  qualche  forma  questa  pen- 
denza, tanto  poco  onorevole  per  Sua  Santità;  enc- 
come  CTa  stato  proposto  dal  Cardinale  Farnese  il 
baratto  del  BaUii  col  Conte  di  Sogliano ,  il  Duca , 
non  essendo  parità  fra  un  delinquente  e  una  per-« 
T.I.  IO 


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l46  STORIA  DI  TOSCJLNA 

,.^  sona  pubblica  detenuta  con  tanta  ingiustiua,  non 
dì  Cavea  Tot)ito  mai  conaentirvi.  Per  giustificarsi  in  qual-. 
'^°cfae  forma,  e  per  muovere  il  Duca  a  umiliarsi ,  il 
Papa  pensò  di  aggiungere  alla  Bolla  della  Cena  1' 
articolo,  che  niuoo  po»a  impedire  l'elemosine  ai. 
Frati.  Ma  la  lettera  Circolare,  siccome  svelava  e  ren- 
deva manifesto  1'  animo  di  Sua  Santità,  con  &ce 
ancora  che  si  mitigasse  il  suo  furore,  e  perciò  fu.iif-. 
caricato  il  Cardinale  Trìvolziodi  rispondere  al  Du- 
ca modestamente,  e  il  Papa  stesso  li  scrìsse  un  Bre- 
re amorevole,  pregfindolo  a  esortare  con  l'esemiuo. 
i  suoi  Sudditi  a  fare  l' elemosine  a  questi  Frati.  Ciò. 
non  ostante  il  Bahbi  non  era  rilasciato ,  e  il  Duca 
si  era  dichiarato  di  voler  ritenere  il  Copte  di  So- 
gliano,  finché  fossero  in  vita  il  Papa  e  il  Cardinale 
di  Ravenna.  Carlo  V. , benché  avesse  esortato  il  Dh--. 
CB  alla  pazien»  ,  volle  però  dimostrare  al  I^unzia- 
il  ano  grave  rìaentimento  per  questo  fatto ,  ppichò 
interrogatolo  sopra  V  espulsione  dei  Frati,  l'arresto 
del  Bahbijela  detenzione  del  Con  tedi  Sogliano  di»- 
ae,  che  si  maravigUava  che  il  Papa  facesse  tali  paz- 
zie :  jih  Sacra  Maestà^  riprete  ii  Ntaaio^  il  San- 
to.  Padre  fa  pazzie  ?  certamente,  rqiUco  V  Im- 
peratore f  questi  Jurori  non  si  cwtvengtmQ  a  un 
vecchio  t  e  specialmente  col  Duca  di  Firenze  ,  af, 
^uale  dobinamo  assai.  Era  già  stabilita  in  Remala; 
Ii^,  e  il  Papa  ai  era  obbligato  di  mandare  in  soo. 
corso  dell' Imperatore  dodicimila  ^ntì.,  e  (;inque- 
cento  cavalli,  e  di  contribuire  dugento  mila  ducati 
d'oro  per  le  spese  della  guerra.  Avendo  l'Impera-, 
tore  spedito  a  Roma  il  Cardinale  di  Trento,  per  spi- . 
lecitar^  la  spedizione  del  soccorso,  questo  Cardina- 
le, incaricato  segretamente  da  Sua  Maestà,  rappra- 
aentò  al  F»pa,  che  la  detenzione  del  Babbi.,,  oltre 


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LIB.  I.  CAP.  V.  147 

àll'enere  manifestamente  inginsfa,  ìmpedÌTi  die  f^jf 
Cosimo  contribuisse  anch'  6gli  qualche  soccorso  indi  C. 
vantaggio  della  Beligione.  Su  questi  riSessi  final- '^ 
mente  fu  Hlasdalo  il  Babbi,  dopo  cento  Ire  giorni 
di  prigÌDDÌa  in  una  Carcow  mal  sana  >  e  i^n  &rli 
cmlere  che  la  clemenza  di  Sua  Santitìi  gli  avesse 
risparmiata  la  m(»te-  £ra  ben  noto  all' Impostore 
che  il  LangraTio ,  e  l' Eletto^  di  Sassmia ,  infa- 
mati dei  disgusti  del  Duca  Coainio  eoo  Sua  Sanliti; 
aveano  tediato  d' indurlo  a  coll^arai  con  essi,  per. 
fiire  una  diversione  in  Italia  ;  e  perciò  il  Cardinale 
dì  Trentd  con  questa  notìzia  fece  risolvere  il  Papa 
più  facilmente  a  contentarsi  di  Cedere, 
La  fiducia,  cheavevanoì  Protestanti  nel DucaConmo 
non  «a  {bndatasoia  mente  nella  iniiniciziatcbetenera: 
ed  Papa^  ma  locredevano  assai  malcontento  delllm- 
peratore  medesimo.  Àrea  Carlo  V.  ordinato  con  suo 
Decreto,  cbe  non  si  amoiettessaro  alle  filmati  fnn- 
noni  della  Cappella  Imperiale  se  non  gli  Ambascia- 
^orì  dei  Re ,  e  della  Repubblica  di  Venezia  ,  e  che 
ù  escludessero  lutti  gli  altri  ;  in  questa  eaclQSÌ(»ie  Jh 
compreso  anche  quello  del  Duca  ,  il  quale  ,  essen- 
do impegnato  ed  ardente  nel  sostenne  le  preroga* 
tive  della  sua  dignità,  si  mostrò  straordinariamen- 
te sensibile  a  questa  innovasìone ,  perchè  a|^ntp 
ddla  Corte  Imperiale  sperava  l'appoggio,eresemr 
pio  per  estere  onorato  dalle  altre  Corti.  Rappresen- 
tò il  Duca  che  questo  onore  non  era  stato  df-neigato. 
allì  Ambasciatori  della  Repubblica  di  Firenze,eche 
i  suoi  medesimi  Taveano  fincwa  posseduto  «eum  coor 
trajto  ;  ma  nulla  potè  ottenere,  e  solo  gli  fìr  dato. 
speranza ,  che  sardibe  fatto  con  più  maturità l'esaf 
me  delle  sue  pretmsioni.  Quello  però,  che  pA  lo 
pvrtrti,  era  il  vedere  cfa«,dopo  lesperanae  fiittdi 


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i48  STORIA  DI  TOSCANA 

j^j,  coQcepire  Ji  ottener  Piombino,  si  andava  dì  prete- 
diC.ato  in  pretesto  procrastiiiando  la  risoluzione,  e  » 
^^^esigevanoda  luì  continui  sborsi  per  il  mantenimea' 
to  del  Presidio ,  e  delle  Fortificazioni  ;  si  alleava: 
la  giustizia  dì  Sua  Maestà,  che  non  voleva  astrin-» 
gere  la  Vedova  a  cedere  contro  sua  voglia  quel  Feu- 
do,  e  sì  adducevano  le  molte  difficoltà  ,  che  si  af- 
£icciavano  nello  ^bilirne  la  ricompensa.  In  qoe- 
Aa  pressante  occasione  della  Lega  Smalcaldica  fu 
chiesto  Iti  Diica  un  soccorso ,  ed  ^li  spedì  all'  Im- 
peratore dugentocinquanta  cavalli  sotto  il  comando 
dì  Ridolfo  Baglionij  ma  non  fu  cosi  proclive  alla' 
domanda  fattali  di  un  riguardevole  imprestito  di 
danari,  poiché  replicò  che  dovendosi  questi  e- 
strarre  dai  Sudditi ,  mal  volontieri  essi  avrebbero 
contribuito  senza  la  certezza  di  ottener  Piombino* 
Siccome  nelle  occorrenze  di  uno  Stato  il  Duca  re- 
putava il  danaro  perii  più  valido  soccorso,  per  mez- 
zo dei  soliti  accatti,  e  di  partiti  fatti  con  i  Mercan-' 
ti, "e  con  l'ajutodella  mercatura^  che  esercitava  an- 
che in  proprio,  aveva  accumulato  delle  riguarde- 
voli  somme  pò*  le  necessità,  che  già  vedeva  ìmmi- 
ttenti  per  la  ribellione,  che  andavano  preparando 
ì  Senesi.  Non  sapevano  essi  adattarsi  tranquilla-J 
ibente  all'  osservanza  del  decreto  Imperiale^  e  sof- 
fiire  con  indifferenza  l' esilio  di  tanti  loro  Concit- 
tadini ;  il  nuovo  Commissario  Imperiale,  uomo  piò 
adattato  al  Foro  che  al  governo  politico  di  unaAè- 
pubblicB,  era  manifestamente  disprezzato  dall'uni- 
versale. Vedevano  l' Imperatore  occupato  con  i  Pro- 
testanti ,  ed  essendo  per  finire  la  tr^ua  col  Turco, 
n  lusingavano  che  nuovamente  la  Porta,  e  la  Fran- 
cia dovessero  unirsi  ai  danni  dì  Cesare  ;  queste  cir- 
costanze erano  repQtate  le  più  favorevoli  per  assi- 


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LIB.  I.  GAP.  V.  i{9 

eann  la  loro  libertà^  e  perciò,  distraendo inseiiN- i. 

talmente  nei  Prirati  le  rendite  pubbliche,  impe-jj^' 
gnarono  molte  ismiglìe  tanto  di  Nobili  che  di  Po- 1546 
polari  ad  abbracciare  questo  partito.  Si  formò  in 
conseguensa  un  complotto  dì  circa  mille  persone 
<lì  diverse  classi  ^  le  quali  n  obbligarono  scambie- 
volmente a  no»  volere  Commissario  Imperiale ,  a 
aiOTi soffrire  piti  Guarnigione,. e  ad  escludere  total- 
mente dalle  Magistrature  il  Monte  d«  Move  ;  intro- 
ducevano segretamente  in  Città  vettovaglie ,  armi, 
e  munizioni ,  risarcivano  artiglierìe ,  e  provvedeva- 
no danaro  dai  Lucchesi  loro  amici  segreti.  11  Papa 
tacitamente  fomentava  questi  rumori ,  per  mettere 
il  Duca  in  agitaziour,  far  nascere  in  Italia  una  guer- 
ra,  ed  avere  un  pretesto  plausibde  di  revocare  il 
Concilio  da  Trento ,  ove  si  credeva  in  Italia ,  che 
ì  Protestanti  avrebbero  aderito  d'intervenire.  ì/ia- 
dolenza  del  Ministero  dì  Carlo  V. ,  pìix. volte  preve» 
nuto  sopra  gli  sconcerti  di  quella  Repubblica ,  ob- 
bligava il  Duca  ad  una  somma vigilanEa  per.lasua 
difesa;  tanto  più  che  Piero  Strozzi  ,  dalla  Corte  di 
'Parigi  essHido  passato  in  Piemonte,  faceva  .temere 
-nuove  macchinazioni,  esor{H:ese..Garlo  V.  era  trop- 
po distratto  dalla  guerra  con  i  Protestanti,  e  trop- 
po esausto  di  daniari  per  su[^lire  al  mantenimento 
di  un  Esercito  composto  di  quarantaquattromila 
'£uiti ,  e  milleqaattrocento  cavalli ,  e  perciò  spedi  a 
FÌKùte  Don  Francesco  di  Toledo,  il  quale  presen- 
tò, al  Duca  una  obbligazione  autt^^rafa  di  Sua  Mae-, 
sta,  in  cui  ii  prometteva  nel  termine  dì  nove  mesi 
d' investirlo  di  Piomlnno,  e  darli  il  possesso  dì  quel- 
lo Statoj  il  Duca  corrispose  con  1' im[a>estito  didu- 
gentomila  scudi ,  e  incaricò  il  Toledo  d' insistere 
presso  rimperatoKj  perchè  invigilasse  alla  perìco- 


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___^      i5o  CTOKIA  DI  TOSCANA. 

A„,  lon  «tuazione  della  Repubblica  di  Siena.  Era  pk 
4i  C.  morto  il  Harcbese  del  VastOj  e  sostituito  nel  Go- 
'-'^ verno  di  Milano  Doo  Ferrante  Gonsaga  ,  al  quale 
lu  dall'Imperatore  attribuito  l'incarico  delli affari 
a  Siena  ;  I)oa  Ferrante-era  legato  col  Duca  di  una 
stretta  atmeixia,  e  unito  al  partito  del  Toledo^e  di 
Granvela  alla  Corte^  aveva  ancora  con  esso  gì'  in- 
tn«S8Ì  comuni  ;  odiava  singolarmente  il  Papa  e  i 
Farnesi  j  e  conveniva  facilmente  col  Duca  4n  tutto 
ciò  t  che  potesse  cMitrìboire  a  reprimere  la  loro  am- 
lùaoue.  Rimostrò  pertanto  il  Goneaga  all'  Impera- 
tore non  potersi  più  dubitare ,  che  i  Senesi  si  pre- 
parassero a  resistere  a  qualunque  dispoaisione  ibsM 
per  &re  Sua  Maestà  sopra  il  loro  governo  ;  che  la 
sua  dignità  e  l' into'esse  richiedevano  il  ridurli  al* 
X'  c^^Mdìnaza  con  l' armi ,  prima  che  ricevessero  da 
altri  il  soccorso ,  e  che  il  Duca  di  Firente  sarebbt 
stato  il  più  sollecito,  e  valevole  mezzo  per  riescir- 
vi.  Questa  proposizione  ebbe  tutto  l' incontro  alla 
G>rte,  tanto  più  che  Granvela  area  persuaso  l'Ini'* 
peratore  che  la  Repubblica  di  Siena  non  poteva  cut*' 
servarsi  nella  devozione  Imperiale  senza  l' assisten- 
za del  Duca  ;  e  perciò  Carlo  V. ,  udito  il  prere  del 
Gonzaga,e  i  preparativi  dei  Senesi,  disse:  mandia- 
mo loro  addosso  il  Duca  di  Firenze. 

Altri  pensieri  però  imitavano  in  questo  tempo  il 
Duca  Cosimo, per  es8«si  scoperta  una  ompuraor- 
dita  daFrancescoBur lamacchi Gonfaloniere  di Luo 
ca.  Era  costui  un  uomo  fervido,  intraprendente,  e 
ardito,  più  facile  8des^ire,cheamiiturareleim> 
prese ,  il  quale  involto  Dellediscordiecbe  suscitava- 
no in  quella  Repubblica  le  nuove  massime  di  Reli- 
^;ione,eparteciped«com{dotti  e  sorprese,  che  tut- 
ti ì  fiorbì  macchinavano  i  Francesi,  i  ribelli  Fi<r 


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LIB.I.GAP.V.  lèi       _^ 

réntini,  gli  esbli  Senesi,  e  tanti  malconteDli  rìmiìti  ^g^ 
in  quella  Città,  più  per  un  fermento  d' idee  mal  com-dì  C. 
Hnate ,  che  per  matura  riflessione ,  e  ben  concertate  '^ 
misure ,  si  era  prefisso  di  sconvolgere^  non  solo  il  ai- 
stema  della  Toscana ,  ma  ancora  dì  provocare  alla 
ribellione,  e  alla  novità  tutto  ìi  rimanente  d'Italia. 
S' inraginava  egli  con  le  sole  Bande  Liicchen ,  delle 
quali  aveva  il  contando,  poter  sorpreadwe  Pisa,  e 
richtaroai4a  alla  libertà  ;  e  dopo  l' esito  felice  dì  que- 
sta impresa  si  lusingava  d'ingrossare  le  sue  forze,  e 
conl'ajuto  dello  Strozzi,  e  dì  tutti  i  malcontenti  d'I- 
taliapot»  rovesciare  i  Governi,  e  la  Religione.  Ri* 
Tdata  contemporaneamentequesta  Congiura  al  Du- 
ca  e  ai  Lucchesi ,  fu  da  quei  Senatori  fattoarresta^ 
tt  il  Burlamacchi,  e  Cosimo  fece  loro  iatansa  d'a*-  . 
'Verlo  in  deposito  per  iùrmarlì  il  processo  ;  ma  l'as> 
soluta  negativa  data  a  questa  richiesta  li  fece  nssc«»' 
te  dei  sospetti  contro  qudla  Repubblica,  molto  più 
che  l'Imperatore  determinò  che  costui  fosse trasfe* 
rito  a  Milano,  e  solo  permesse  che  il  Duca  potesse 
quivi  tener  presente  un  Ministro  ai  suoi  costituti.  In 
tali  circostanze^  verificate  per  altro  mezzo  le  parti- 
colarità di  questa  congiura,  giudicò  di  sua  maggior 
convenienza  il  dimostrarseneìndifiereDtejattribuen' 
do  tale  parraalità  per  i  Lucchesi  ai  centomila  scn" 
di,  da  essi  contribuiti  per  1»  guerra  presente.  Tatti 
questi  successi  sempre  più  loconfermavanonel  pro- 
posito di  ben  munirsi  ^  ud  aver  Ibrze  sufficienti  per 
ilìfendersi  dalle  sorprese,  e  lusingandosi  dì  perveni* 
re  una  volta  al  desiderato  possesso  dì  Pìomtnno,  edi* 
fico  in  Pisa  tm  Arsenale,  e  richiamati  da  G^ova  e 
da  Venezia  i  manifattori,  intraprese  la  fiiM>rìca  dì 
due  Galere  per  guardia  del  Littorale  i  accrebbe  an- 
cora il  numero  delle  sue  Miliùe ,  e  sollecitò  le  forti' 


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ìS%  STORI!  DI  TOSCANA 

^„  ficaKÌoni  di  Pisa,  noa  solo  a  nguardo  delli  antece^ 
diCdeflti  sortii  dì  Lucca,  niaaacoraper  le  nuove  tur-  ' 
^^boteatej  che  iasorgerauo  oel  contigoo  Marchesato 
di  Massa.  Ricciarda  Malas[»na>  erede  di  quel  Fen- 
do, diffidando  di  'Loceaio  Cibo  suo  marito ,  e  mal- 
contenta di  Giulio  suo  primogenito,  si  disponeva  a 
trasferire  il  Dominio  e  la  Fortetza  di  quello  Stato 
nel  secondogenito  Alberigo,  secoodataiii  questo  pen- 
aiero  dal  Cardinale  Cibo  suo  cibato.  Malsofirendo 
Giulio  questo  atto  contrario  alla  giustizia ,  e  alle  di> 
sposizioDi  paterne  ricorse  alla  fona  ,  ene  nacque  ia 
quel  piccolo  Stato  usa  guerra  civile  tra  Madre  e  Fi* 
glio;  e  siccome  la  madre  implorò  ilaoccomdelDa- 
ca  di  Ferrara,  perciò  anche  Cosimo  avanzò  le  Bao- 
de  di  Fietrasanta  a  &vore  di  Giulio,  per  bilanciare 
le  Iòne,  fintanto  che  Don  Ferrante  Gonzaga  a  nome 
di  Carlo  Y.  ordinò  cbelaBoccadiBbssa  foste  guar- 
data dalli  Spagnoli ,  e  si  tenesse  in  deponto  a  nomo 
di  sua  Maestà,  per  aspettare  da  qudla  le  resoluzio- 
nu  II  pensiero  della  propria  sicurezza,  e  il  zelo  del- 
la quiete  d'Italia  lo  tenevano  in  una  assidua  vigi- 
lanza sopra  i  movimenti  delli  Stati  vicini;  solo  gli 
restava  la  Corte  di  Roma  ^  dove  per  la  mancanza  di 
Ministrò)  e  per  l' animosità  del  Pontefice  li  era  im- 
pedita qualunque  corrispondenEa  ;  ma  finalmente  il 
Papaie  il  Cardinale  ^raese  crederono  di  lor  mag- 
giore intereaoe  dissimulare  l' odio,  che  aveano  per 
questo  Frmcipe,  e  dare  orecchio  alle  pratiche  del- 
l'An^MSciatore  Cesareo,  con  permettere  cheilDur 
canovamente  in  viasseaRomaunAmbasciatore  nella 
persona  di  Averardo  Serristori,  uomo  grato  al  Fon- 
tefice  ,e  a  Casa  Farnese. 
i5Ì4  ^  prosperità  e  il  valore  di  Carlo  V.  dissipavano 
ia  Germania  la  Lega  deiProtestanti^  e  la  stancbes- 


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'  tu.  I.  CàP.  V.  i35 

-wàfà  Re  di  Frauda^  e  l' unione  ckl  Papa  con  .Ce-  j^ 
are  maotoievano  l'Italia  tranquilla.  Ù  Stati  del- di  C. 
rimperatore  erano  debolqieate  {[oarniti  di  Trup-*^47 
pa  j  e  perciò  ai  porgeva  un'  assai  favorevole  occasio- 
ne per  tentare  deUe  novità.  Di  questa  T<die  profit-. 
tare  il  Conte  Giovanni  Luigi  del  Fiesco,  emulo  della 
pandeEta,  esuperiorità  acquistata  dal  Principe  Do- 
ria  nella  Bepubblìca  di  Genova  :  avea  egli  eoa  m- 
tellig^ta  di  Pier  Luigi  Farnese^  e  dei  Ministri  Fraa* 
cesi  determinato  di  uccidere  il  Doria  ^  sollevare  la 
Città ,  e  ridurla  alla  devozione  di  Francia.  Nella  not- 
te dei  due  di  Gennajo  eseguì  il  disegno,  ed  occupa- 
to uno  dei  più  importanti  posti  del  Porto  allarmò  • 
il  Popolose  Giannettioo  Dona  nipote  delIVÌDCip« 
accorso  al  tumulto  vi  perse  la  vita  j  potè  salvarsi  i 
Prìncipe,  allontanandosi  dalla  Gita ,  e  mentre  i 
Congiurati  teotavaoodioccupareilPalazEo  pubbli- 
co e  i  Forti ,  annegatosi  in  mare  il  Fiesco,  restò  per 
questo  accidente  interrotto  il  corso  della  Impresa , 
e  i  8^;uaci  del  Doria  potenHioallontanarìi,  e  rista- 
bilire la  quiete.  Si  refugiaroDo  i  Congiurati  in  Mour 
tobio  Castello  dei  Fieschi,  e  quivi  si  fortificarono. 
All'avviso  di  questa  revoluaiooe  Cosimo  spedì  im- 
mediatamente al  Principe ,  e  alla  RepuUilica.  ad 
'ofTerire  Le  sue  forse  ^  le  quali  in  pn^^esso  contri- 
buirono alla  eapugnaziope  di  Montobio,  e  aU' arre- 
sto dei  Congiurati,  ì  quali  finamente  pagarono  la 
pena  del  loro  attoitato.  Giudicò  ciascuno  in  Italia 
il  Papa  essere  stato  l'autore^  o almeno  complice  di 
questa  congiura ,  non  solo  per  la  particolare  inimir 
cizia  col  Doria  ,  ma  ancora  per  la  nuova  dissensione 
insorta  con  l' Imperatore.  Aveva  egli  richiamato  di 
Germania  le  sue  Miliade,  dolendosi,  che  siccome 
teneva  in  questa  guerra  una  egual  parte  con  sua  Macr 


i,z.dbvCo(>glc 


i54  StORU  DI  TOSCUIA. 

.  „  8t&  f  essa  iTease  conveDuto  con  i  nemici ,  e  p6n]o> 
di  Cnato  toro  cod  intempeativa  clenieoza  seDU  conimi* 
'^^tareil  Legato^  e  ai  fosse  attribuito  le  conqaiste,-  e 
le  spc^lie  senza  farne  parte  al  luedeiimo.  Con  que- 
ste querele  Colorì  il  timore ,  che  pesare ,  trionfando 
pienamente  dei  Protestanti ,  si  tendesse  l' arbitro 
de]  CkmciliOj  e  rinnovasse  l'esebipio  di  quello^ 
CostanEa ,  pariò ,  desiderando  più  le  vittorie  che 
la  depressione  dei  medesimi/ trattava  segretamente 
di  formare  una  I^ega  col  Re  di  Francia,  e  con  i  Ve- 
neziani, lusingandosi  che  o  l'uno^  o  gli  altri  vi  pò* 
tessero  includere  il  Turco.  Esplorava  G>simo  con 
■ingoiar  vigilanza  questi  andamenti  di  sua  Santità, 
«non  mancòd'insinuareall'ImperatOFe  tutto  ciò,  che 
giudicò  convenire  alla  gloria,e  all'intereitse  dei  mede- 
aimo^eal  vantaggio  comune.  Gli  rimostrò  per  tanto 
l'importanzadi  prevenire  questa  Lega  con  lusingare 
la  Francia,poichè,  senza  l'unione  di  quella  Fotenza^ì 
Veneziani  nm  si  sarebbero  cimentati  a  collegarsi  soU 
col  Papa;  che  sarebbe  stato  di  suo  interesatil  tnrmin»- 
i«  in  qualche  forma  la  guerra  con  ì  Protestanti ,  e  ri- 
Toigersi  alla  effettuazione  del  Concilio,  per  com- 
porre le  discordie  di  Religione,  impossibilia  togliern 
con  la  forza  ^  e  pMre  on  freno  al  Dispotismo  del  Pa- 
pa; così  operanda,  il  Pubblica  avrebbe  potato  deci- 
dere, se  la  guerra  contro  i  Protestanti  era  stata  mot^ 
«a  dall'interesse ,  odal  zelo  di  Beli^ìone.  La  vol- 
ta di  questo  Consiglio  fa  poi  giustificata  dal  Papa 
medesimo ,  perchè  sotto  pretesto  di  malattìe  e  dì 
mancanza  di  comodi  per  i  Prelati  di  Trento,  operò 
che  la  maggior  parte  di  esn  ai  determinasse  a  tra~ 
■ferire  il  Concilioa  Bologna,  dove  si  temeva  meno 
dell'  Imperatore ,  e  dei  Protertanti.  I  Prelati  sudditi 
di  Carlo  V.,  e  il  ano  Ambasciatore  restarono  in  Treu- 


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im  l.  CàP,  V,  i55 

t» ,  «d  «aaidQ  rìdiieste  il  Papa  di  reathuire  il  C(»-~~^ 
«ilio  io  fodla Città,  credè  di  eumerù  da  umi  ma-^^ 
nifesU  D^^atira >  coD  rìa)«Uenie  k  decisione  ai  Fre- iS4/ 
lati  medesiiuìdiBok^a. 

Queste  Duove  diueosiooi ,  e  dìfHdet»e  Ira  il  Pa- 
pa e  1'  Imperatore  scoasero  l' iodoleBxa  dei  Minittri 
Zmpaiali  relatiramente  alla  ioobbedieDEn  dei  Se> 
Beai  f  e  alla  loro  reaiatenoa  al  decreto  Cesareo  nel 
oon  volere  accettare  la  Guaroigiooe.  Rimostravaaa 
«ni  che  la  loro  libertà  insidiata contiaaameDtedai 
Fioreotini,  e  dai  Preti  j  in  mexxo  dei  quali  sirib*»- 
vavBiio,  gli  poneva  io  necessità  di  staraene  arma^ 
per  difendersi  dalli  noi  e  dalli  altri ,  e  che  noQ  po> 
tevano  perdo  accettare  onaGuamigioiie,  die  li  di- 
sarmaase.  11  Papa  per  meEXo  deU'ArciTCSCOTO  gli 
tnanteaeva  in  questi  aeutimenti^  ed  ì  Francesi  gli 
laaingaVluio  con  promesse  di  soccorsi  e  di  danaro. 
L'Imperatore  finalmeate  informato  della  loro  per» 
tinacia  ordinò  a  Don  FetTaate,'<Jke  ooacertassecol 
Duqi  il  modo  di  coalriDgerlì  con  la  forza.  OpinaTa 
Don  Ferrante  che  il  Duca  con  cinquemUa  Fanti,  e 
dugento  Cavalli  avrebbe  potuto  soqirendere  &ena 
avanti  che  ai  facessero  le  raccolte  j  e  ridurla  in  bre> 
ve  tempo  a  capitolare ,  non  avendo  quella  R^pub- 
Uica  f^ne  valevi^  nel  suo  Dominio  per  rimovera 
l'assedio  dalla  Capitale.  17wi  accetbì  il  Dacatapro- 
poaisicme  ,  per  non'eaporre  ^l' evento  la  gloria  dd- 
r  Imperatore ,  e  ia  propria  lama,  essendo  trof^  io- 
certo, e  pienodi  difficoltà  il  «uoccssodi  unagiierra 
intrapresa  con  poche  kntf  e  solo  appoggiata  snlr 
r  opportunità  del  tempo  j  e  la  discordia  dei  nemici. 
Kè  trovava  in  questa  knpreaa  il  |»opno  interesse, 
consideraDdo  i  bavagli  ^  che  ne  sarebbero  derivati 
al  proprio  Stato,*  l' incongruanta  d' iimp^yiarii  ad 


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i56  STORIA.  DI  TOSCANA 

^jj  nna  spesa  così  rìguardevole  per  la  quiete  e  comodo 

di  e.  d'altri,  senza  la  sìcurexza  di  esserne  rimborsato. 

>^7  Sosteneva  Don  Ferrante  che  con  Io  stesso  oumerij 
di  Truppe  aveva  egli  medesimo  occupato  in  altro 
tempo  lo  Stato  ai  Senesi ,  e  che  per  il  rimborso  non 
era  da  dubitare  della  promessa  fattaneda  Sua  Mae-> 
ita.  Ma  troppo  diverse  trovavailDucalecircostanze 
da  quelle  di  Don  Fn-rante ,  poiché  allora,  oi  il  Pa- 
pa, né  i  Francesi. aveano  interesse  per  quella  Re- 
pubblica. Né  lo  lusingavano  le  promesse  .Imperia- 
li di  ricompensarlo  con  le  conquiste,  mentre  anco- 
ra pendeva  non  adempita  la  promessa  di  Piombi- 
no, benché  &tta  con  le  maggiori  solennità }  e  sic- 
cóme dalla  conquista  dorea  dipendere  la  ricom- 
pensa j  teneva  per  certo  che  essendo  infelice  l'esi- 
to delia  guerra,  sarebbero  in  conseguenza  consi- 
derate (vme  perdute  le  spese-  Già  non  ostante  in? 
sistendo  maggiormente  1'  Imperatore  ,  perchè  il 
Duca  accettasse  l' impresa ,  finalmente  ne  assuQse 
l' impano,  con  so^pmdeme  però  l'esecuzione  fin- 
tanto che  fosse  calmata  la  soUevauone  di  Napoli. 
Pensò  egli  di  attaccare  ì  Senesi  con  il  doppip  del- 
le ùycze  precettate  da  Don  Ferrante ,  e  già  si  pre- 
parava per  ammassarle ,  quando  Andrea  Landuc- 
cì  Ambasciatore  dei  Senesi  a  Firenze  potè  accer- 
tarsi di  queste  sarete  risolusìooi  dell'  Imperalo^ 
re.  Si  lusingò  egli  di  poter  risparmiare  alla  Patria 
questo  disastro,  »  offerse  al  Duca  l'ultronea  aomr 
missioue  di  quella  RepubbUca  alle  determìnaziooi 
di  Sua  Maestà  ;  ed  in  fatti  trovò  in  Siena  i  principa- 
li Cittadini  disposti  a  questo  atto  ^  eseppe  insinuare 
ai  medesimi  la  confidenza  nel  Duca  ,  come  unico 
ed  efficace  mediatore  presso  Cesare,  per  risparmia- 
re alla  Repubblica  la  perdita  della  libertà,  e  l'estr»* 


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LIB.  I.  C\P.  V.  i57      

BM  roTÌna.  Accetto  Tolontierì  Cosimo  questo  vflì-  j^y_ 
ciò,  percbè  salvava  la  gloria  dell' Iinperatore/e  so- di  C  ■ 
■pendeva  una  guerra ,  e  perchè  ^U  ai  esimeva  co-  '^^7- 
n  da  un  impano  pieno  di  pericoli ,  e  di  difficoltà.  . 
Si  temeva  dell'imminente  passaggio  in  Piemonte  di 
Piero  StnnzijSeguitatoda  ragguardevoli  forze;e  iff 
Napoli  rinvigoriva  maggiormente  la  ribellione.  £ra 
già  morto  in  Francia  Francesco  I. ,  e  il  giovine  suc- 
cessore Enrico  II.  non  si  mostrava  meno  animoso 
del  Padre  contro  la  Chsa  d'Austria  ;  la  nuova  Re- 
gina Caterina  de' Medici  amava' più  gli  Strozzi  che 
il  I>uca  j  al  quale  si  persisteva  nel  denegare  la  me- 
achina  sodisfii^tione.di  precedere  sopra  Ferrara.  Sem- 
pre pili  crescevano  le  turbolenze  per  la  traslazione 
del  Concilio  a  Bologna ,  dove  il  Papa  voleva  che 
comparissero  i  Prdati  Imperiali  di  Trento,  e  dovè 
il  Re  di  Francia  aveva  promesso  di  mandare  i  Pre- 
kti  del  R^o,el'Ambasciatoreper  risedervi.  L'Im- 
peratMV  era  ancora  occupato  contro  il  Duca  di  Sas- 
Amia,  e  non  aveva  né  forze,  né  danari  per  ripartire 
sili  sconcerti  d' Italia.  Finalmente  il  Duca  nella  im-' 
presa  di  Siena  sarebbe  stato  solo  contro  tanti  senza 
speranza  di  soccorso  veruno ^  e  perciò,  ascrivendo 
a  fortuna  la  disposizione  dimostrata  dai  Senesi  di 
sottomettersi  ultroneamente ,  spedi  a  Siena  Angelo' 
Niccolini  ad  oggetto  di  concertare,  o  stabilire  nel 
pubblico  Consiglio  r  accettazione  di  ima  Guarnì 
gìoné  di  quattrocento  Spagnoli ,  da  riceversi  imme- 
diatamente ,  e  di  rimettere  l' ordine  dei  Nove  a  par- 
tecipare delle  Magistrature. 

Non  piacque  a  Don  Ferrante  Gonzaga  che  il  Du- 
ca solo,  e  senz'armi  si  fosse  fatto  merito  con  l'IoH 
ratore  della  riduzitHie  dei  Senesi^eperciò  non  man- 
cò alla  Corte  di  fare  apprendere  per  simulata  la  lo* 


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i59  STORIA  DI  TOSCANA 

ro  eoRT«rnone,e  come  pregiudiciate,  e  inconskle- 
a  Crata  k  compiacensa  del  Duca  per  i  medenaai.  Ma 
■M? ben  presto  l'evento  giustifirà  le  riflessioai  di  Cosi- 
mo, poiché  in  Napoli,  volendo  introdursi  tacifainieu. 
tedal  Goverao  l' In^oiaìzìone  ,  soUeratosi  tutto  il  Po- 
polo, e  tolta  al  Vice-Re  l' oUiedienza ,  fu  ebiesto  al 
Daca  dal  Suocero  un  valido  soccorso  per  reprìmer» 
il  furore  dei  ribelli  ;  funmo  perciò  ammassati  con 
gran  sollecitudine  quattromila.Faati ,  e  richiesto  il 
Doria  per  provvederli  d'imbarco  a  Livorno.  Questi 
preparativi  in  soccorso  del  Toledo^  quantunque  poi 
noò  avessero  effetto,  contribuirono  non  poco  a  cal- 
nare  il  tumulto  del  Popolo,  che  temendo  di  rima- 
nere opj|K«s«D  dalle  forze  che  si  richiamavano  nel 
B^no,  ritoraò  ultroneamente  alla  primitiva  obbe- 
dienaa-Dispostipertantolianimi  dei  Senesi  alla  som- 
missione il  Duca  esortò  alla  clemenza  l'Imperatore  , 
il  quale  sodisfatto  della  introduzione  del  Presidio  > 
attribuì  a  Don  Di^o  di  Mendozza  suo  Ambasciato- 
re a  Roma  la  plenipotenza  per  rejrolare  il  Governo 
di  quella  Repubblica-  Credeva  it  Duca  di  avere  in 
tal  guisa  allontanato  dall'Italia  la  guerra,  quando  un 
nitóvo  accidente  fece  temere  di  maggiori  aconcerti. 
Si  <$ava  io  Piacenaa  Pier  Luigi  figlio  del  Papa  tut- 
to 8(^licato  amaccbinarealtroideUeinsidìe^eaita- 
btlire  la  pn^a  sicurezza,  con  erìgere  una  Citta- 
della,  e  fortificarla  ;  detestato  dagl' Imperiali  per  Un- 
telligCDia  tenuta  nella  coogiura  dei  Fieschi,  esoqiei- 
to  a  tnttì  per  il  suo  vizioso  carattere,  fu  li  dieci  Set- 
temlKv  trafitto  dal  ConteGiovanniAnguisciola, Ca- 
pe di  Dna  congiura  ordita  per  questo  effètto.  S'im- 
padronirtHio  i  congiurati  ddla  Fortezza,  e  introdot- 
te le  Milizie  Imperiali  spedite  da  Don  Ferrante  in 
dai  Piacentini  giurate  fedeltà  all' Imperatore  ^accor- 


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LIB.  t  CAP.  V.  ,5!> 

dandoli  il  Gonzaga  certe  ctHidizionì  in  vantaggio  j—— 
edecore  delia  loroCitU.  Nìudo dubitò  che  Don  Fer- j^^'  , 
tante  aveue  pronuisoj  ed  animato  questa  congiu-  ,5/» 
ra ,  ed  il  &Tore  da  euo  dimostrato  per  i  congiurati 
ma^ioroiente  ne  confermò  ro[HnioDe.  Fu  tentata 
Parma,  ma  inutilmente,  perchà  quei  Cittadini  gìu'- 
raroDo  fedeltà  ad  Ottavio  Farnese.  Gran  timore  CMi-  , 
cepì  il  Papa  per  questo  successo,  e  molto  più  glisi 
accreblre  quando  udìcbel'Imperatoreaveaformal-- 
loente  approvato  le  operazioni  di  Dan  Ferrante  ^  e 
perciò ,  insistendo  con  gli  Ambasciatori  di  Venzia  « 
di  Francia ,  sollecitava  la  conclusione  della  I^ega  per . 
frenare  la  troppa  potenza  di  Cesare.  Àvea  Don  Fer- 
rante rimostrato  all'  Imperatore,  cbe  il  Papa  certa* 
mente  non  avrebbe  mancato  di  unirsi  con  ì  Fran-  ■ 
cesi  per  ricuperare  Piacenza,  e  pnrciò  convenireal-- 
Tinteresse,  e  alla  gloria  di  Sua  Maestà  il  prevenirlo 
con  r  occupauone  di  Parma  guarnita  di  poche  for- 
ze ^  e  non  senza  speranza  di  qualche  corrisponden* - 
zaj. proponeva  dì  attaccare  ilPapa  da  tre  parti,  cioi 
formare  con  le  forze  del.Hilanese  l'assedio  di  Par. 
ma,  muovere  U  Duca  di  Firenze  contro  Perugia, e  - 
spacitare  ì  Coìonnesi  nella  campagna  di  Roma>  In-- 
«inaò  pOTbtnto  al  Duca  Cosìpio  di  preparare  le  sue 
lbrBe,e  porre  Ridolfo  BagUoni  in  grado  di  muover  Pe- 
rugia alla  ribellione,  e  animarlo  a  ricuperare! suoi 
Feudi, già  confiscati  dal  Papa.  Ma  era  ben  diverso 
il  sentimento  di  CosimOjpoicbi  egli  propose  all'Im- 
paratore  di  considerare  il  Papa  (ffoiBi  decrepito,  e 
nella  massima  di  non  lasciare  la  sua  casa  soli' orlo 
del  precipizio  j  che  ambiva  la  restituzione  di  Piacen- 
za, non  meno  che  la  revocazione  del  Concilio,  e  in 
conseguenza  sarebbe  stato  tacile  il  lusingarlo  fino 
alla  morte  colla  speranza  dell'  uno ,  0  dell'altro,  sen- 


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i6o  STORIA,  n  TOSGAIVA 

^j,  za  porre  niente  ad  effetto.  A  questo  consiglio  pai» 
dì  C-cheàattenesserimpera  tore, poiché  sospese  ogni  ope- 
'^7 razione  militare  contro  Parma,  e  diede  loogo  allV 
urne  delle  ragiom ,  che  pr^Miderano  la  Chiesa,,  è 
rimperò  sopra  questa  Cittì,  e  aprì  la  strada  lu  tFat- 
tati  (li  cessione,  e  di  ricompensa.  Gd  non  ostante  il 
Duca  BOQ  mancò  dì  prepararsi  a  qualimqae  evento 
di  guerra,  dimodoché  il  timore  fece  imagÌDareàStm 
Santità ,  che  ^lì  volesse  sorprendere  Imola  e  For- 
lì, a  far  valere  con  le  Armi  le  ragioni,  che  gli  era- 
no state  trasmesse  da  Caterina  Sforsa  sul  domìnia 
di  quelle  Gtti. 

Altre  calamità  occuparono  il  Duca  in  soUievo  dei 
Popoli.  Le  rovinose  piogge  cadute  n^  mese  di  Ago- 
sto in  Mugello  e  su  i  Monti,  che  fanno  corona  a  Fi" 
reaze,  riunirono  con  una  prodigiosa  vapidiU^  nella 
Keve,  e  nell'Arno  così  enorme  copia  diacque,  che 
rotti  gli  a^ni,  ed  inondata  la  pianura,  non  potò  b 
Città  resistere  con  i  suoi  ripari  alla  violeoBa  deUà 
corrente.  Restò  inondato  tutto  il  quartiere  di  S.  Cro- 
ce, e  molte  furono  le  rovine  òeiìe  case ,  le  devasta- 
sioni  delle  vettovaglie ,  e  si  acinose  ancora  l'inibì 
none  cagionata  dalla  deposizione  delle  torbe  nella 
|»à  ardente  stagione  dell'anno.  Fu  perciò  necessa- 
ria, non  solo  la  prontezza  e  attività  di  Cosimo  per 
ordinare  le  comandate  di  genti,  che  nettassero  la 
dtà,  ma  ancora  la  sua  generosa  pietà  nel  soccor- 
vere  i  danneggiati,  e  provvedere  il  Pubblico  di  nuo- 
ve vettovaglie.  Questa  disgrazia  era  stata  già  prece- 
duta daUa  morte  di  Don  Pietro  suo  terzogenito ,  il 
quale, nato  li  dieci  dìAgosto  i54G,  era  morto  lì  die- 
a  di  Giugno  di  questo  anno ,  e  alli  cinque  di  Luglio 
la  Duchessa  avea  partorito  il  quarto  maschio,  a  cui 
Ih  apposto  il  nome  di  Garzia.  Tali  successi  non  trat- 


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L!B-  1.  CAP.  V.  i6i 

tennero  il  Duca  dal  proseguire  con  vigore  tutte  le  ye-  ._' 
dutéd'  ingrandimento  e  di  gloria ,  che  già  si  era  pre-  di  G. 
fisso  fino  dal  principio  del  suo  Govenio.  Fino  dal  ^^^7 
mese  di  Giugno  era  scorso  it  termine,  in  cui  Carlo 
Y.  ai  era  obbligato  d'investirlo  di  Piontbino,  senza  che 
ilei  tre  mesi  consecutivi  fosse  fatto  alcun  attOj  che 
dimostrasse  volontà  di  adempire  la  promessa ,  e  per- 
ciò non  mancò  di  rimostrare ,  che  troppo  male  si 
ricompensava  in  tal  guisa  la  servitù ,  da  esso  fat- 
ta all'  Imperatore  nelle  più  ui^enti  necessità  del  rae- 
deaìmo.  Non  potendosi  dissimulare  alla  Corte  la  giu- 
stizia delle  sue  dimnude ,  fu  ordinato  a  Dou  Di^o 
di  Hendozza  di  trattare  a  nome  di  Sua  Maestà  con 
la  Signora  dipiombino,  affinchè  di  buon  animo  si 
contoitasse  della  permuta  di  quello  Statole  dichia- 
rasse il  suo  desiderio  circa  la  ricompensa  da  stabi- 
lirsi. Trovò  Don  Diego  nella  vedova  tutta  la  repu- 
gnanza  per  aderire  a  questo  partito^  dichiarando  in- 
giusta la  determìnazioue  Imperiale,  fomeiftata  dal- 
l' ambizione  di  Cosimo ,  che  col  pretesto  della  comu- 
ne sicurezza  d'Italiaj  tendevaa  opprimere  l'Appia- 
no suo  cugino,  e  a  spogliarlo  di  quello  Stato  con  la 
sola  ragione  del  più  forte.  Lo  stesso  Don  Diego  non 
fu  esente  dal  sospetto  di  aver  confermato  la  Vedova 
in  questi  sentimenti  col  iìue  di  maritare  il  Pupillo 
con  una  sua  Nipote.  Ma  l'insistenza  del  Duca  alla 
Corte ,  prevalendo  alla  repuguauza  della  yedova,.e 
all'intrigodi  Don  Diego,  essendo  questi  pressato  dai 
replicati  ordini  dell'Imperatore, dovè  nuovamente 
portarsi  a  Piombino  per  fare  l' ultima  tentativo  sul- 
l'animo di  quella  Signora,  e  indurla  a  uniformarci 
alle  Imperiali  determinazioni  prima  di  esservi  astret- 
ta dalla  forza.  Questa  nuovf»  spedizioue  di  Don  Die- 
T.I.  u 


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i62  5T0RU  DI  TOSCkJik 

As,  go ,  e  le  lèttere  orUtorie  di  Carlo  V.  alla  Vedova  non 
diG.fiirouo  bastanti  a  rimoverla  dalla  sua  pertinacia, di 
'  ''^modo  che  fu  obbligato  il  MendozEa  di  assegnarle  uu 
termine  di  venti  giorni  a  depositare  con  «curtà  la 
aorania  di  cento  cinqnautacinqne  mila  Ducati,  da 
impilarsi  nelle  Fortificazioni  di  Piombino  e  del- 
l' Elba ,  e  a  pagare  i  debiti  di  suo  Marito,  dichia- 
randole inoltre  che,  non  sodisfacendo  altrimenti  al 
proscritto  deposito^  dovesse  manifestare  chiaramen- 
te il  suo  desiderio  circa  la  qualità  della  ricompen- 
sa, da  stabilirsi  per  quello  Stato.  Ordinò  ancora  a 
Don  Diego  de  Luna  Castellano  di  Piombino  che  ^ 
~  scorso  il  termine  dei  venti  giorni ,  slo^^sse  la  Si- 
gnora dal  Castello ,  obbligandola  ad  abitare  nella 
Terra  ,  e  accrescere  la  Guarnigione  di  nuovi  Solda* 
ti,  che  le  sarebbero  somministrati  da  Campiglia. 
Ciò  che  aveva  determinato  l' animo  di  Carlo  V.  a 
questa  risoluzione  era  principalmente  la  dichiarata 
nemici  Jla  del  Papa  contro  di  esso ,  i  complotti  che  sì 
formavauo  sotto  la  protezione  di  Sua  Santità  di  tut- 
ti i  Fuorusciti,  e  malcontenti  d'Italia  per  ordire  con- 
giure ,  e  macchinare  sorprese,  e  la  corrispondenza , 
che  aveano  in  Piombino  gli  Strozzi ,  e  i  Ministri  di 
Francia.  Voleva  ancora  l'Imperatore  gratificare  in 
tal  guisa  la  servìlìi  del  Duca  ,  e  animarlo  a  invigi- 
lare sempre  più  alla  sicurezza  d' Italia  ,  onde,  es- 
sendo in  Augusta,  e  dovendo  solennizzarsi  nella  Cap- 
pella Imperiale  la  Festività  del  Natale  ,  Tojle  che 
il  Vescovo  di  Forlì  Ambasciatore  del  Duca  vi  fosse 
ammesso  con  gli  altri.  A  tal  effetto  ilDucad'AIva 
Maggiordomo  maggiore  di  Sua  Maestà  1Ì  34  Dicem- 
bre notificò  al  Vescovo  che  non  solo  sarebbe  stato 
ammesso  in  Cappella ,  ma  ancora  a  tutte  le  funzio- 
ni di  Corte^  dove  juterveuis&ero  Ambasciatori, con 


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LIB.  I.  CAP.  V.  i63 

dovere  in  arvenire  precedere  all'Ambaseiatore  di  ]^^^ 
J^errani .  Questo  atto  fu  notato  ai  registri  dell'  Or- di  G. 
dine  del  Tosoue,  giacete  Cosimo  neir anno  aote-'^^? 
cedente  n'era  stalo  insigoito  dall'Imperatore. 

CAPITOLO  SESTO 

Iniidie  iiMctAiimte  io  lulU  tn  i  due  Partiti  domiuntì;  e  ne- 
.  ctaione  .di  Lonnao  Traditore'  Il  Dnca  fbrti6ca  l' Elba ,  e 
{ahbrica  Portofomjo.  Ottiene  dall'Imperatore  Piombino 
e  li  è  ritolto.  Il  Papa  procura  l'amìciaia  del  Duca- Sono  tol- 
te le  armi  ai  Seneii.  Dan  Francefco  Primogenito  del  Du- 
ca è  «peditoa  GenoTB  a  oatequiare  il  Principe  di  Spagna. 
Il  Dnca  è  ma  Icontento  del  rimperatore,perobé  non  gli  adeow 
piwe  la  promesaa  di  Piombino.  Umiliniione  del  Apa,  pe^ 
«he  gli  aia  reatiluita  Piacenaa.  Sna  morte. 

RislabilitalaquieteiaGermaoiarimperatOTeCar- 
loV.^esaustodidanariedi  forze,  attendeva  ai  mes- 
si di  allontanare  con  la  prudenza  una  nuova  guer- 
ra, e  col  freno' di  Piacenza,  e  con  la  costante  dimo- 
ra deisuoi  Prelati  io  Trento, ridurre  il  Papa  alla  ne- 
cessità di  aderire  al  Concìlio  io  modo  dà  sodisfare 
allagazione  AlemBnna,ecalmare  le  funeste  discordie 
dì  Religione,  che  agitavano  l'Impero.  Si  lusingava 
all'opposto  il  Pontefice  eoa  tener  vìvo  il  Concilio 
in  Boli^na  far  temere  all'Imperatore  maggiori  scon- 
certi, e  ridurlo  alla  necessità  dì  convenire  seco  sul- 
li  aflari  della  Religione ,  e  di  restituirli  Piacenza  ; 
perciò  n  stancavano  tutto  giorno  i  Ministri  dell'u- 
no ^  e  dell'  altro  Principe  con  inutili  rimostranze , 
atti  f  e  proteste ,  e  si  rendevano  lo  spettacolo  di 
.chi  ben  comprendeva  questa  lotta  politica.  Esicco- 
me  lo  spirito  dei  Principi  ben  tosto  si  difEonde  nei 
Popoli  sottopostile  drenerà  in  essi,perciò  non  èmara- 
TÌglia  se  l'esempiodi  questa  cavillosa  e  intralciata  po- 


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i64  STORIi  DI  TOSCANA 

jiv.  liticaproducevaiultalia  tanta  propensione  alle insi- 
diC-die,  e  alle  occulte  macchinazioni.  E  perchè  tanto  il 
^  Papa  che  l' Imperatore  conoscevano  perfettamente 
che  ninno  di  essi  era  in  circostanze  di  devenjre  a 
manifesta  rottura  y  si  molestavano  continuamente 
con  tradimenti,  e  congiure,  che  di  rado  sfuggirano 
la  vigilanza  troppo  necessaria  iu  qu«l  secolo.  Il  Re 
di  Francia  travagliato  dall'  Inglesi  era  nella  atessa 
impotenza  di  guerreggiare  contro  Cesare  ^  e  si  era 
perciò  unito  col  Papa,  secondando  le  sue  vedute. 
La  Mirandola  era  divenuta  il  quartiere  generale  dì 
tutti  ì  malcontenti  d' Italia  ;  quivi  ì  ribelli  di  Ge- 
nova ,  Firenze ,  Napoli ,  e  Siena  tenevano  le  loro 
assemblee  j  per  congiurare  contro  la  vita  dei  Prin- 
cipi, e  dei  Ministri,  e  per  sorprendere  dei  posti  im- 
portanti da  fortificarsi,  e  suscitare  delle  ribellioni. 
L' arresto  di  Giulio  Cibo  in  Pontremoli,  ed  il  pro- 
cesso fattoli  a  Milano,  resero  pubblico  il  resultato  di 
queste  assemblee,  le  quali  insidiavano  la  vita  del 
Doria  ,dì  Cosimo,  e  dì  Don  Ferrante,  e  tendevano 
principalmente  alla  sorpresa  diGenovaedipiombino; 
il  Cardinale  Farnese ,  e  Piero  Strozzi  dirigevano  que- 
ste trame,  ed  il  Cibo  con  la  vita  pagò  la  pena  di  a- 
vervi  preso  interesse.  In  Toscana  si  doveva  sorpren- 
dere Barga,  e  di  qui  spargere  la  ribellione  nelle  al- 
tre terre  del  Duca  j  Ceccotto  e  Agostino  da  Barga  , 
già  seguaci  del  FìescOj  doveano  esserne  gli  Esecu- 
tori, e  il  primo  di  essi  pervenne  nelle  fòrze  del  Du- 
ca. L'investigazione  di  questi  complotti  per  lo  più 
ai  faceva  in  Venezia,  dove  risedevano  ì  Ministri  di 
tutti  ì  Principi,  e  dove  era  libero  l'accesso  a  chiun- 
que ;  era  quivi  Ambasciatore  di  Carlo  V.  ,Don  Gio- 
vanni diMendozza,il  quale  di  concerto  con  Gran  vela, 
e  couDoD  Ferrant«Gonzaga  preparava  le  insidie  aPie^ 


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LIB.  I.  CA?.  VI.         .  165       

>oStròzzi,che8C0DO6CÌutoscorreTaIiberan)èntetutta  j^^ 
l'Ita1ia.A«{iiestoefletto8ÌeraÌ3truitouDpo8tiere  diRi-di  C. 
Toltella,luogo pereui era necessarìoil traositoachì dal  '^ 
Piemonte;  e  dalla' Mirandola  pesava  a  Veneziane. 
Granvela  ayea  comunicato  a  Cosimo  il  segreto  di- 
questa  (^Kraeione,  CBortandolo  a  procnrame  l'effet- 
to. Teneva  ^licon  cara  tterediÀmbasciatoreio  quel- 
la Gttà  Pier  Filippo  PandoIGni,  e  oltre  di  ciò  non 
gli  mancavano  Emìssarj  per  esplorare  le  asioni  dei 
Fuorusciti,  e  particolarmente  di  Lorenzo  Tradito- 
re^ che  quivi  si  sta  va  come  in  asilo  di  sicurezza  ;  pun- 
geva tuttavia  l'aoimo  del  Duca  la  memoria  della  ver- 
gogna iattalidal  Mozzi,  ed  avea  perciò  preparato  più 
sicure  strade  per  riescìrri.  Di  questi  disegni  era  par- 
tecipe Giovanni  Francesco  Lottici  dà  Voltai>a.suo 
SegretaiiO;  uomo  intraprendente  ed  ardito,  che  fa- 
cilmente accetta  l'incarico  di  eseguirli:  fu  egli  spe- 
dito a  Venezia  am  la  pubblica  commissione  di  fare 
istanza  a  quella  Repubblica  di  dichiarare  al  Duca 
la  precedenza  a  tenore  della  determinazione  di  Car- 
lo y.  Spaventò  i  Fuorusciti  l' arrivo  di  costui ,  co- 
nosciuto da  essi  per  uomo  fiero,  e  lo  stesso  Loren- 
zo, essendo  informato  dell'apparente  sua  commis-. 
none,disse:  Dio  voglia  che  nonsiaper  a/fro. Trat- 
tò il  Lettini  segretamente  le  insidie  contro  lo  Stroz- 
zi ,  che  poi  non  ebbero  effetto,  e  la  mattina  de*  36 
Febbrajo  Lorenzo  de'Hedici  fu  assalito  da  due  per- 
sone con  pugnali  j  che  lo  lasciarono  morto  ;  con  es- 
so era  Alessandro  Soderìni ,  il  quale  ferito  grave- 
mente morì  dopo  due  settimane. Gli  uccisorifurono 
Bebo  e  Riccio  da  Volterra,  i  quali, refugiatisi pres- 
so r  Ambasciatore  Cesareo,  furono  poi  da  esso  per- 
sonalmente accompagnati  in  barca  in  luogo  ,  dove 
potessero  ritornarsene  salvi  in  Toscana.  La  Repub- 


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■66  STORIA  DI  TOSCANA.      , 

f^t,^  blica  dissiniulò  questo  fatto  ,  e  Valerio  Oraini  Ca-- 
di  Cpìtano  Generale  dei  Veneziani  sohimiiiistrdalLo^: 
*^tÌDÌ  delli  uomini  per  sua.  difesa.  Nello  stesso  tempo 
in  Bologna  per  opera  di  Don  Ferrante  i  Bentivo- 
glìo  aveano  ordito  una  congiura  per  uccidere  il  Le- 
gato ,  scacciane  i  Quaranta  del  Reggimento,  e  riu-- 
sumere  il  Governo  di  quella  Città. 

Il  timore  di  tante  insidie  ,  e  gli  apparati  dì  una 
Flotta ,  che  il  Prior  delli  Strozzi  equipaggiava  ìu 
Provenza,  combinati  con  i  deposti  di  Giidio  Cìbo^ 
reuderanó  quasiché  indubitata  la  sorpresa  di  Piom- 
bino dalle  armi  Francesi;  e  sebbene  il  Diica  ben  co-* 
noscesse  non  esser  quel  He  in  tali  òrcostanze  da 
nroover  guerra  all'  Imperatore ,  ciò  non  ostante  sì 
prevaleva  della  comune  opinione  per  sollecitare 
Carlo  V.  a  risolvere  di  darli  il  possesso  di  quello 
Stato.  Scorso  il  termine  assegnato  da  Don  Diego  aK 
la  Vedeva  senza  che  si  vedesse  efiettualo  rintì- 
aiato  deposito^  fu  spetUto  dallo  stesso  Don  Diego 
a  PiomiMno  il  Spretano  Ayalla,  per  ricevere 
dalla  Signora  la  dicbiarazìone  della  ricompensa. 
Aveva  essa  ricercato  danari  dai  Genovesi ,  che  gli 
avevano  of&rto  ampie  cauzioni,  e  fino  i  Senesi  man- 
canti di  contante  gli  esibirono  abbondante  copia  di 
grano  per  convertirla  in  danaro,  e  perciò , depor- 
tando cauzioni  equivalenti  alla  somma  prescrittale, 
protestò  al  Spretano  Ayalla^che  non  avrebbeab- 
bandonato  lo  Stato,  se  non  ne  fosse  strascinata  per 
forza.  Questa  ostinata  resistenza  della  Vedova ,  sic- 
come impegnava  la  giustizia  di  Carlo  V-,  sconcer- 
^-  tava  altre»  le  vedute  del  Duca ,  che  rimostrando  1' 
imminente  pericolo  di  quella  Piazza ,  e  V  obbliga- 
zione fattali  da  sua  Maestà  non  soggetta  a  interpe- 
trazioni ,  ed  a  riservi ,  dimostrava  che  la  cauzioni, 


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LIB.  I.  CAP.  VI.  i$7 

e  le  sorrenEÌoai  dei  Genovesi  doq  rendevano  più  . 
^tente  l'Àppianoalla  difesa  del  Feudo,  e  che  noDdiC.. 
poteva  l'Imperatore  giiutamente  atabilire  sul  me-'^- 
desimo  nuove  ipoteche.  Gò  non  ostante ,  conoscen- 
do i  varj  interessi  di  chi  consigliava  l' Imperato- 
re, e  l'invidia  che  aveano  i  confinanti  di  questo 
suo  accrescimento ,  pose  Carlo  V.  in  liborU  di  ri- 
tirarsi dalla  promessa,  qualora  gli  restituisse  le 
somme  imjurestate  per  questo  titolo,  e  si  dichia- 
rasse in  tempo  che  egU  potesse  fortificare  vali» 
demente  le  frontiere  del  suo  Stato  j  che  sono  a  con- 
tatto di  quel  Feudo.  Ma  siccome  sempre  più  cre- 
scevano gli  armamenti  dei  Francesi  in  Provenxa  , 
e  si  scuoprìvano  le  corrispondenze  della  Vedova 
con  imedesimi,DoDFerrante propose  all'Imperatore 
che,  essendovi  gran  pericolo  nell'abitare  l'esame 
di  questo  aflère,  si  poteva  intanto  incaricare  il  Du- 
ca della  difesa  deir£lha,8ÌccomeaveafattodiPiom- 
bino  nel  passaggio  di  Barbarossa ,  e  commetterli  dì 
fortificare  il  Ferraio ,  nto  opportuno  non  solo  per 
la  difesa  di  tutta  l' Isola ,  ma  ancora  di  Piombino. 
Approvato  alla  Corte  questo  pensiero  ,  D(ki  Diego 
incaricato  della  esecuzione  volle  che  il  Duca ,  ob- 
bligandosi a  fortificare  il  Ferrajo ,  promettesse  an- 
cora con  ^leciale  obbligazione  di  restituirlo  ad  c^ì 
richiesta  dell'  Imperatore,  il  che  produsse  qualche 
difficoltà  per  accettere  il  partito.  Sosteneva  il  Duca 
non  essere  di  sua  convenienza  l' obbligarsi  giuridi- 
camentedi restituire  ciòcche  gliera dovuto  in  vigo- 
re di  ima  promessa  Imperiale,  né  dovere  Sua  Mae- 
sta  dopo  tante  riprove  della  sua  fede  esigere  un  at- 
to cosi  umiliante  ;  e  perciò  fu  indotto  Don  Diego  a 
contentarsi  che  il  Duca  gb  [«omettessesolo  per  let> 
lera,  e  senza  alcun  altra  formalitìi.  Riuniti  frattanto 


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i«8  STORU  m  TOSCANA 

*"  mille  Fanti  ,  e  trecento  Guastatori  sotto  il  coman- 
di C.  do  di  Otto  da  MantautOj  e  inviatili  all'Elba  alla 
i548nietà  di  Aprile,  intraprese  la  fortifìcazione  del  Por- 
to Ferrajo ,  valendosi  dell'  opera  di  Giovanni  Bat- 
tista Belluzzi  da  S.  Marino ,  già  suo  Architetto.  Re- 
etarono  allarmati  i  Genovesi  dalla  novità  di  questo 
successo,  perchè ,  prevenuti  dello  spirito  ambizioso 
e  intraprendente  del  Daca  ,  prevedevano  che  dive- 
nuto Padrone  dell'  Elba  potea  fàcilmente  diventar- 
lo di  Corsica^  e  dominare  le  coste  di  Toscana^e  del- 
la Liguria.  La  Signora  di  Piombino  gli  fomentava 
maggiormente  questi  sospetti ,  e  gli  animava  a  im- 
pedire a  qualunque  rischio  1'  erezione  di  questa  noo- 
Ta  Fortezza.  Risolverono  perciò ,  senza  che  vi  ade- 
lisse  manifèstamente  il  Doria ,  di  spedire  te  toro  Ga- 
lere all'Elba^  e  impedirne  con  la  violenza  la  forti- 
ficazione. Informato  il  Duca  di  questi  disegni  recla- 
mò al  Doria,  perchè  prevenisse  questo  attentatole 
richiamò  a  Piombino,  e  a  Gampìglia  le  Bande  per. 
averle  {M-onte  nel  caso  di  essere  attaccato.  Frenò  il 
Daria  l'impeto  dei  Genovesi,  i  quali  però  non  lascia- 
rono di  por  tare  le  loro  doglianze  all' imperatore,  che. 
gli  ordinò  di  acquietarsìallesuedeterminaziiHii.  Se- 
dati questi  rumcs*!  Cosimo  si  portò  all'Elba  per  vr- 
sitare  la  fabbrica ,  e  incoraggire  con  la  sua  presea- 
za  l'impresa. 

Dopo  che  r  animo  di  Carlo  V.  era  stato  per  tan- 
'to  tempo  agitato  dalle  dubbiezze  d'interesse  ,  e  di 
giustizia.,  per  astrìngere  l'Appiano  alla  permuta  del 
Feudo  si  determinò  finalmente  li  4  di  Maggio  di 
dare  a  Cosimo  l'intiero possessodi quello  Stato.Doo. 
Diego  fìi  incaricato  di  es^^uire  questo  atto ,  e  d' in- 
durre k  Vedova  a  contentarsi  di  buon  animo  della 
ricompensa,  senza  interporre  altri  oatacoU  in  queste 


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IIB.  I.  GAP.  TI-  169 

affnK }  ogni  tentatÌTo  fu  inutile  per  ottenerne  il  con-  — 
aeasòj  ma  ciò  non  ostante  li  a 3  di  Giugno  fu  con- ^  q.' 
sanato  al  Duca  lo  Stato  di  Piombino;  e  le  sue  For- 1548 
tezze.  Nel  ricevere  questo  possesso  si  obbligò  Cosi- 
mo flt  restituiere  lo  Stato  ad  ogni  richiesta  di  Sua 
Maestà  ,  qualora  fosae  sodisfatto  di  tutte  le  somme 
sborsate  per  il  medesimo ,  e  in  caso  che  l' Impera- 
tore segnalasse  all'Appiano  la  ricompensa  avrebbe 
«gli  contribuito  del  suo  quella  parte  j  che  Sua  Mae- 
stà fosse  per  giudicare  conveniente.  Furono  perciò 
introdotte  in  Piombino  le  sue  milizie  j  e  confidato 
a  Girolamo  degli  Àlbizzi  il  governo  di  quella  Piaz- 
za. Giunto  al  termine  dei  suoi  desider  j  prosegui  con 
TÌgore  la  Fortificazitme  del  Ferrajo ,  tantopiù  che 
gli  cessavano  tutti  gli  oracoli ,  che  finora  gli  aveva 
frapposto  la  Vedeva  per  mezzo  delli  abitanti  del- 
1  '  Isola.  Questo  Porto  è  dominato  da  due  Colli ,  uno 
più  basso,  che  guuda  l' imboccatura,  l'altro  più 
alto  >  e  discosto  alquanto  da  essa  :  fortificò  Cosimo 
i  due  Colli  in  modo  che  le  Fortezze  corrispondes- 
sero r  una  ccm  l'altra ,  ed  ambedue  contribuissero 
alla  difesa  della  Terra ,  e  del  Porto.  La  Vedova  tra- 
sferitasi a  Genova  determinò  d' inviare  alla  Corte 
il  FigUo  t  il  quale ,  già  prossimo  a  superare  la  mi- 
neve  età ,  poteva  con  la  presenza,  e  con  la  vìva  vo- 
ce pigiare  r  animo  dell'  Imperatore.  Assistito  dall'  1 
opera  dei  Genovesi ,  e  dalla  protezione  del  Confes- 
sore, che  anelava  di  vendicarsi  colDucadellaespul' 
sione  dei  Frati  di  S.  Marco,  potè  inspirare  nell'Im- 
peratore un  pentimento  di  quest'atto,  consideran- 
dolo come  contrario  alla  giustizia  j  avendo  tolto  ad 
uno  per  dare  a  un  altro  senza  averne  il  consenso,  e 
senzadarlìl'equivalente.Forse sperava  Cesare  ritrar- 
re dai  GeuovesiraaggiorprofittodiquestomercatOjO 


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170  STOAti  DI  TOSCAJfÀ 

1^  sospeltaTO  che  Cosimo  troppo  ingrandito  sialìenu- 
àì  C.$e  più  facilmente  dalla  sua  devozione, e  perciò  or- 
'^dÌDÒ  a  Don  Diego  di  farsi  restituire  immediatamen- 
te da  Cosimo  lo  Stato  ^  e  le  Fortezze  di  Piombino,  e 
tenerla  in  deposito  fintanto  che  foase  convenuta  & 
stabilita  la  ricompensa ,  scusando  il  fatto ,  con  di- 
chiarare che  Don  Diego  nel  dare  il  possesso  libero 
aveva  ecceduto  la  commissione.  Una  così  repentina 
mutazione  colpì  fortemente  l'animo  del  Duca^che^ 
non  sapendo  se  ciò  procedesse  da  leggierezza  o  ve- 
nalità dell'Imperatore ,  ovvero  da  qualche  artifi- 
zioso  intrigo  di  Corte ,  vedeva  in  qualunque  forma 
esposto  il  suo  decora  alla  maligna  derisione  dellì 
avversarj  ,  e  diveniva  la  favola  degl'  Italiani,  e  dei 
Sudditi.  Fu  inutile  il  rammentare  i  servizj ,  la  fe- 
deltà ,  e  b  devozione  dimostrata  a  Cesare  nelle  oc- 
casioni, poiché  li  34  (1'  Luglio  dovè  restituirealten 
Diego  lo  Stato  di  Piombino  ,  restandoli  però  tutta- 
via l'incarico  della  FortìGcadonedell' Elba. Quan- 
tunque dimostrasse  in  principio  molta  sensibilità 
per  questo  accidente ,  giudicò  però  miglior  partito 
il  dissimulare,  e  pros^^uire,  la  stessa  confidenza^ 
con  gl'Imperiali,  senza  ingolfarsi darrantaggio nei. 
loro  interessi ,  ma  dirig«^i  in  modo  di  calmare  1' 
animosità  dei  suoi  avversar)  a  misura,  che  s'inde- 
boliva l'af^Miggio dell'Imperatene  Questo  amte- 
gno ,  siccome  preparava  la  sua  sicurezza  ,lo  U^lie- 
Ta  ancora  insensibilmente  dalla  dipendenza  dellt 
Spagnoli,  nella  quale  lo  aveano  finora  tenuto  l'in- 
teresse ,  e  le  circostanze-  Il  Papa  cmvinto  della  sua 
falsa  pohtica  ,  e  oppresso  dalli  anni, e  delle  di^^- 
zie,  mostrò  di  desiderare  l'unione  di  Casa  Farnese 
conCo3Ìmo,eperciò  furono  bene  accolte  tutte  le  ìnsi- 
uuaùoni,  che  i  Ministri  dell  'uno,  e  dell  'altre  Prìncipe 


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LIB.  I.  CAP.  VI.  171 

avanzarono  per  questo  efifetto.  Il  rilascio  del  Conte  j^jf^^ 
Galeotto  da  Sc^liano,  e  la  sicurexxa  del  Cardinale  di  C. 
diBarenna  doTeano  essere  i' preliminari  di  questa    -^ 
buona  corrispondenza.  E  quantunque  pendente  il 
trattato  fosne  stato  arrestato  in  Firenze  nn  Emissario 
dei  Farnesi,  convinto  di  esser  trattanuto  quivi  da 
loro  ,  per  esaminare  i  mezzi  più  tacili  di  oHèDdere 
il  Duca,  e  alterare  il  suo  Stato ,  ciò  non  ostante  si 
prestò  a  obliara  generosamentetutte  le  offese,  per  non 
ritfeTeme  delle  maggiori,  e  a  stringere  col  Papa  un' 
amicìzia  j  che  ponesse  gli  Spagnoli  in  solito,  e  li 
fiuxsse  strada  a  riunirsi  ancora  con  i  Francesi. 

Era  il  Papa  in  età  di  ottanta  anni ,  e  col  timore 
di  lasciare  la  sua  Famigba  in  disgrazia  dell'  Impe- 
ratore, e  senza  l'appoggio  di  altra  Potenza;  poicbè 
Carlo  V.  dopo  essersi  accorto,  che  tante  dichiara- 
zioni  e  proteste  erano  inutili  a  piegare  l'animo  del 
Pontefice  per  restituire  in  Trento  il  GonciUo^  di 
concerto  con  la  Diete  dell'Impero  determinò  una 
normaj  che  regolasse  tutti  gli  atti  di  Rebgìonej  tanto 
per  ì  Cattolici ,  che  per  ì  Protestanti ,  fintanto  che 
non  fossati  statnbti  di  comun  consenso  ulteriori  prov- 
vedimenti ,  e  fu  denominata  l' interim.  Né  molto 
poteva  profittare  il  Papa  con  la  Corte  di  Francia  ; 
poiché,  sebbene  fosse  stata  promessa  a  Orazio  Far- 
nese' una  Figba  naturale  del  Re,  la  decrepitezza  del 
Pontefice  tratteneva  quel  Monarca  dall'  impegnarsi 
aeco  in  forma,  che  la  di  lui  m(M:ie  potesse  sconcer- 
tare le  sue  vediUe.  In  tale  stato  di  cose  si  prosegui- 
■  vano  daU' Impostore  le  istanze  per  la  restituzione 
del  Concilio  in  Trento ,  e  il  Papa  richiedeva  Piacen- 
za, e  1'  uno  e  l'altro  si  pascolavano  con  vaghe  re- 
pbche,  e  remote  speranze.  Questo  ond^iamento 
delle  Corti,  procedente  dalla  propria  debolézza  della 


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1^3  STORU  DI  TOSCANA. 

j^„  medesime ,  rèndeva  sempre  più  animosi  gU  giriti 
di  CsoUevatori  in  Italia ^  che  non  trascaraTano  veruna 
'^occasione  per  tentare  delle  novità.  In  Orbetello  si. 
sollevò  furiosamente  quel  Popolo ,  e  discacciò  dalla 
terra  il  Commissario^  e  il  Presidio  Spagnolo;  ninno 
dubitò  che  il  Papa^  ei  Farnesi  fossero  gli  autori  di 
questa  soUeraùone  ,  che  poi  restò  calmata  dalla  pre- 
senza delle  Galere  di  Genova  e  di  Napoli,  espres- 
samente avanzate  iu  quel  mare.  Maggiori  però  era- 
no i  Timori,  che  producevano  le  divisioni  dei  Se- 
nesi^ dopo  che  l'imperatore  avea  dato  la  direzione 
di  quella  Repubblica  a  Don  Diego  dì  Hondozzasuo 
Ambascìator»  a  Roma;  equantunque  una  Guarnigio- 
ne di  quattrocento  Spagnoli  tenesse  in  freno  i  piiì 
sediziosi ,  succedevano  non  ostante  assai  irequenti. 
i  tumulti.  Lacerati  portanti  anni  dalle  discordie 
civili,  e  distratti  dal  commercio,  e  dalla  cultura' 
del  loro  Terrìlorìo  languivano  nella  povertà  ,  né 
conoscevano  altro  mezzo  di  sollevarsi ,  che  l' usur- 
pazione delle  pubbliche  rendite,  a  cui  già  gli  area 
assuefatti  il  precedente  tumulto.  Non  poteano  sof- 
frire che  fosse  restituito  alla  Patria  l'ordine  dei  No- 
ve ,  perchè  essendo  quello  il  più  facoltosa ,  e  aven- 
dolioccupato  già  tutti  i  Beni  ,il  di  lui  rittH-no scon- 
certava il  possesso  delli  usurpatori  ;  quindi  è ,  che 
non  la  gara  e  l' ambizione  dei  Monti ,  ma  l'interes- 
se e  la  povertà  tenevano  discordi  gli  animi  di  quella 
Repubblica.  Per  -  ristabilire  la  pace  in  quella  Città 
fu  creduto  l' unico  mezzo  quello  di  tt^liere  ai  Cit- 
tadini il  modo  di  offendersi  j  e  privarli  delle  armi. 
A  tal  effetto  furono  richiamate  dalla  Lunigiana  quat- 
tro Compagnie  di  Spagnoli, per  farle  alloggiare  nei 
boi^hi  di  Siena,  e  incutere  timore  nella  Citta.  Fu 
concertato  col  Duca  che  inviasse  a  Colle  una.  Gom- 


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LIB.  I.  CAP.  VI.  173      _ 

pagnìa  di  caTalli ,  e  avanzasse  s  Sta^a  le  Bande  .  ^ 
del  suo  Dominio.  S'introdus&ero  per  opera  delli  Spa-  di  C 
gnoli  con  strattagemma  polveri ,  e  munÌEiaDi^  cbe  '^ 
ìlDucAsomministraTa^  cosi  richiesto  anomedìGar- 
lo  V.  Questi  pr^rativi ,  e  il  timcov  di  nna  immi'- 
nente  ribellione  dei  Senesi  trattennero  Cosimo  ilal 
portarsi  a  Geoova  a  ossequiare  Fili^m  Principe  Ere- 
ditario di  Spagna ,  che  passava  in  Fiandra  colà  ri~ 
chiamato  dall'Imperatore  suo  Padre. 
-  Vedeva  ormai  Carlo  V.  indebohrsi  ogni  giorno 
più  la  sna  salnte,  e  deposto  ogni  pennero  di  noove 
conquiste,  e  di  maggiore  ingrandimento^appren- 
deva  che  il  più  rilevante  <^getto,  che  gli  restava  ^ 
era  dì  stabilire  la  succes.iione  delli  Stati  in  forma, 
che  tutti  rimanessero  insieme  concatenati ,  e  con- 
corressero a  formare  una  sola  Potenea.  Perciò  ima- 
gìnava  di  assicurare  nel  PrÌDcipe  di  Spagna  la  suc- 
cessione all' Impero  ^  riflettendo  che  gh  Stati  d'Ita- 
lia male  erano  stali  retti  con  lesole  forzedi  Spagnk 
da  Ferdinando  il  Cattolico ,  e  che  la  Borgogna  ,e  la 
Fiandra,  vedendosi  senza  il  timore  delle  forze  Ale- 
manne ,  difficilmente  ai  sarebbero  mantenute  sog- 
gette alla  Spagna.  Considerava  ancora  che  Ferdinan- 
do Re  dei  Romani  suo  Fratello,  succedendo  all'im- 
pero ,  e  trovandolo  agitato  dalle  discordie  di  Reli- 
gione^ e  minacciato  dalla  formidabile  potenai  dei 
Turchi ,  con  le  sole  forze  dei  suoi  Stati  ereditarj,  e 
senza  l'unione  di  quelle  di  Fiandra  ed'Italiaj  ma- 
le avrebbe  potuto  sostenere  l' autorità  Imperiale,  e 
difendersi  dai  nemici.  Credeva  cheìPrìncipi  dell'Im- 
pero avrebbero  profittato  di  questo  scompaginamen- 
to, è  che  la  Potenza  Austriaca  così  divisa  facilmente 
sarebbe  ri ma6taop{a'e8sadailePoteQze,che la  insidia- 
vano. A  tal  effetto,  avendo  inviato  al  governo  di  Spa- 


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174  STqWA  DI  TOSCANA 

.  gna  Masaimiliano  Re  dì  Boemia  suo  Niftote,  ricbiaiii& 
di  C.  Filippo  auo  figlio  a  Bruselles,  non  solo  per  farlo  rico- 
iS4»ao»cen  come  Successore  delli  Stati  di  Fiandra,  ma 
ancora  par  trattare  con  la  sur  preaeoza  la  aacces- 
aume  all'Impero.  Aspettandosi  il  Prìncipe  a  Geno- 
va^ tutti  gl'Italiani  si  rivolsero  a  questo  Sole  na- 
jcenie,  e  il  Duca  Cosimo  diffidando  dei  GenoTea, 
né  volendo  compromettersi  con  tanti  Principi,  che 
quivl-concorserd,  abbracciò  volontierì  il  pretesto  dei 
pericoli  di  Siena  per  non  moversi  daUoStato,e^>e- 
di  perincbinare  Filippo  Don  Francesco  suo  Primo* 
genito.  Fu  questo  Fanciullo  accompagnato  dalVe- 
scovo  di  G>rtona ,  da  Don  Pietro  di  Toledo,  da  tSe$- 
per  Agnolo  Miccolini  tutti  consiglieri  del  Duca  con 
Regio  equipaggiojemagnifico  trattamento,  di  mo- 
Jo  cbe  questa  spedizione  risvegliò  1'  ammiraiio- 
nedel  Principe,  e  dei  circostanti.  Le  turbolenze 
di  Genova  fecero  cbe  il  Principe  poco  si  tratte- 
nesse in  quella  Città,  sollecitato  ancora  dal  Pa- 
dr(,  che  dimostrava  gran  desiderio  di  averlo  pre- 
sente. A  Siena  intanto  l'inconsideratezza  di  Don 
Diego  inas{»-iva  maggiormente  gli  animi  di  quei  Gt- 
ladini,  poiché  prima  propose- loro  di  acconsentire  > 
che  l'Imperatore  desse  in  Feudoquella  Repubblica 
mI  Principe  di  Spagna ,  promettendo  che  sarebbe 
salva  la  loro  libertà ,  e  il  governo  sarebbe  restato  80- 
lamente  in  quelli ,  che  attualmente  partecipavano 
Jelle  Magistrature;  profittando  in  tal  guisa  della  si- 
Inazione  dei  loro  interessi ,  per  astrìngerli  a  sacrifi- 
care la  libn-tit  della  Patrìa.  Riescitoli  inutile  un  tal 
■disegno^  non  meno  cbe  ì  tentativi  (atti  con  le  pro- 
messe e  con  l' oro ,  per  guadagnarsi  i  voti  dei  prin- 
cipali ,  dichiarò  cbe  n  richiamassero  i  Nove ,  e  gì' 
invitò  a  venire  a  Siena  liberamente  sotto  la  sua  fe- 


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LIB.  I.  CAK  V.  175 

àt.  Supponeva  egli  cbe,egu8gliatoìii  tal  guiaa  il  Con-  ^ 
nglio ,  gli  sarebbe  stato  più  facile  il  tiritere  le  armi  di  C 
alia  Città ,  e  ridurle  a  S.  Domenico,  loco  eminente,  '^ 
«Tantaggìoso  per  la  aituaxioae,  ove  pensava  dista- 
bilire  il  presidio  come  in  ona  Fortezia ,  per  poter 
poi  creare  una  Balìa  a  suo  talento  j  accréscere  con 
le  imposizioni  l'entrate  pubblicbe,  e  ridurre  insea- 
«ibilmente  la  BepubUica  sotto  il  dominio  di  Spa- 
gna. Dopo  avere  introdotto  nella  Città  armi,  eSol- 

dati,  e  avere  spaventato  l' universale  con  tanta  jati> 
tansa,  ordinò  finalmente  che  sitogliesserolearmi, 
rinnovando  l'ordine  pubblicato  da  Granvelu  nella 
riforma  del  i543;e8tccome  quello  disponeva  die, 
tolte  interamente  le  armiaUa  Plebe,  ogni  Cittadi- 
no partecipante  dellemagistratorepotesseritenerne 
appresso  di  se  per  armare  dieci  uominiyDonDiegù 
ridusse  questa  quantità  di  armi  solamente  per  sei. 
Avrebbe  il  Duca  Cosimo  desiderato  in  Don  Diego 
maggior  fermezza  e  coraggio ,  poiché  nella  presen- 
te situazione  delli  affari  d' Italia  era  di  parere  che 
ì  Senesi,  o  si  trattassero  con  dolcezza,  ovvero,  usan- 
do con  assidei  massimo  rigore,  si  rendessero  afiaUo 
impotenti  a  suscitare  delle  nuove  revoluzioui;  per- 
ciò disapprovava  totalmente  questo  contegno  j  per* 
che  prevedeva  che  finalmenteavrebbe  prodotto  delle 
cons^uenze  fatali  a  quella  Repubblica,  e  dei  dica* 
stri  al  suo  Stato  :  ed  in  fatti  dopo  avere  Don  Diego 
parificato  fra  loro  i  diversi  ordini  dei  Cittadini,  al- 
tro non  ottenne  che  renderli  tutti  egualmente  mal- 
contenti di  quella  inutile  violenza,  che  gli  esacer* 
bava  maggiormente  controTImperatore. 

Proseguiva  ilPrincipeFìIippoilsuo  viaggio  verso  Ia'549 
Fiandra,rÌscuotendo  da  pertutto  donati  vi,e  dimostra- 
ziooì  di  ossequio  dai  FopolijsilusiDgava  il  Pontefice 


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i-j6  STORIA  IN  TOSCANA 

.'"  che  il  dì  lui  arrivo  alla  Corte  avreUw  facilitatola  reati- 
ai  C.tuzione  di  Piacenza,eilDucasperavache  dovesse  pro- 
>M^  movere  la  consegna  libera  di  Piombino.  Ma  Don  Die- 
go di  Hendozza,  fingendo,  al  Docauna  sincera  ami^ 
cizia ,  area  potuto  inorare  nell'Imperatore  dei  wn- 
timenti  di  diffidenza  verao  di  esso,  dipingendolo  per 
troppo  ambizioso ,  e  intrigante,  sollevatore  dell'  l- 
Aalia,  e  nemico'di  tutti  ì  Governi  di  questa  Provio- 
cia.PoBe  ancora  io  considerazione  a  Sua  Maestà  che  es- 
sendo Piombino  situato  nel  ^ezzo  d' Italia > uè. po- 
tendo esser  certa  della  fède  dei  Genovési,  né  di  quel- 
la di  Cosimo,  e  sua  posterità^  non  ctmveniva  il  to- 
gliere alla  Monarchia  di  Spagna  il  comodo  di  poter 
dominare  da  quella  parte  d'Italia,  e  sovvenire  alle 
occorrenze  di  Milano  e  di  Napoli  ;  per  questo  effet- 
to dimostrava  esser  troppo  necessario  che  nel  Suc- 
cessore delle  Spagne  trapassasse  lo  Stalo  di  Siena,  e 
il  Feudo  di  Piombino.  Si  accorse  Cosimo  del  colpo 
vibratoli  dai  suoi  avversar} ,  a  piìl  li  doleva  che  que^ 
sta  diffidenza  di  Cesare  si  fosse  manifestata  con  to- 
glierli il  possesso  di  Piombino ,  e  pascerlo  tuttavia 
di  remote  speranze,  e.trattenerlo  con  inutili  forma- 
lità di  consulte,  esami,  e  dichiarazioni.  Lo  confer- 
mava ancora  in  questa  opinione  il  vedere  di  esser  te- 
nuto ignaro  delle  commissioni  dì  Don  Diego  sopra 
gli  afikrì  di  Siena,  e  che  solo  si  riccorreva  a  lui  nel- 
le occorrenze  di  danaro  ,  di  munizioni,  e  di  vetto- 
vaglie: in  conseguenza  di  ciÒ  dichiara  a  Don  Diego 
che  non  volendo  prestar  piij  fede  a  obbligazione,  e 
promesse ,  né  disastrare  la  sua  economia  per  uno 
Stato ,  cbe  già  vedeva  di  non  potere  ottenere ,  io  av- 
venire non  avrebbe  pagato  piii  per  l'Imperatore  la 
Guarnigione  di  Piombino.  Il  Papa  all'  opposto  ten- 
tò di  piegare  l' animo  dell'  Imperatore  con  l' umìlia- 


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.        .  ■   Iffi.  I.  CAP.  VT.  '  177  • 

Alone ,  p^chè ,  avéndo«pedUo  alla  Corbe  Gralio  0?~  ^^^ 
sìni  eìl  Vescovo  di  Fano,  cooaa&eaae  alla  fede,  ediC. 
demenza  dì  Sua  Macstài  «uoì  Nipoti,  la  Casale  m*^^ 
atauo  ;  beasi  prodiisse  le  tagi«DÌ  della  Ghieu  sopra 
le  dae  Citti  di  Parma ,  e  di  Piaccnsa  ^  e  hon  trascn-* 
rò  di  desamsfln  dalle  donauooi  di  Costantino  ,  di 
Pipino,  e^  Carlo  Magno.  Tanta  raansvetudiue  in 
un  Papa  co»  ferocefu  appresa  alla  Corte'p»' un  trat* 
to  di  fina  politica ,  per  muovere  altri  a  xon^uìo- 
ne  j  0  a  gelosa  della  troppa  grandeiza  dell'  Impera- 
tore; e  siccome  era  noto  al  Consiglio  l' infelice  sta* 
todi  sua  salute,  fu  risoluto  di  trattenerlo  con  reta- 
rne di  quelle  ragioni  fintanto  che  fosse  ib  vita,eda^ 
pò  morto  occuparli  anche  Parma,  La  mala  conten- 
tesza  che  il  Papa  e  il  Duca  aveano  dell'Imperato- 
re, operò  che  finalmente,  sensa  stabilire  altri  pre- 
iìmiaari ,  a'  intraprendesse  fra  loro  ona  stretta ,  e  sin- 
cera corrìflpondenia.  Conosceva  il  Papa  l'animo  del- 
l'Imperatore,  e  considerava  quanto  potesae  essere 
utile  alla  casa  Farnese  l' appoggio  di  Cosimo  dopo  la 
siu  m<ffte ,  e  ^>erava  iL  Duca  che  l' essere  unito  col 
Cardinale  Farnese  potesse  condurlo  facilmente  ad 
attenere  un  Pì^ta  a  suo  modo.  Perciò  disstmulanda 
i  trali  ricevuti  dall'Imperative  e  dai  suoi  Ministri  y 
emortrandosi  sempre  piiì  attaccato  al  partito  Impe-' 
naie ,  si  prestò  facilmente  a  tutte  le  jn^ppsizìooi,  die 
gli  erano  &tte  dai  Farneai  per  vincolare  |hù  sdida- 
mente  qiiest' alleanza.  Proponeva  Sua  Santità  il  ma-f 
trimonio  delPrimograito  del  Duca  Ottavio  con  Don» 
aa  Lua«zia  terza  figlia  di  Cosimo,  il  quale  vi  ad&<; 
riva  con  Cidlità,  perchè  vi  amtemplava  iivantag-^ 
gio.  Spo'ava  ^li  con  l'unione  del  Farnese  di  pote-< 
re  elevare  al  Papato  il  Cardinale  di  Bnrgos,  fratello 
del  Vice-Re ,  e  zio  della  Dnchesaa,  edirigere  aau» 
T.I.  Il 


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itS  storu  d)  toscana 

^„  talento  ilDucaiJttavio,lu8ÌDgaD(lo8ÌchflqiM8ta<lti« 
di  G.  caye  aoitg  insieme  aottola  devovone  di  Gesare^vrel). 
1^49  bera  dontiiu«to  glorìoumeate  in  Italia.  Ànclie  il  Cari 
dinaie  di'  BtUay  area  latta  coiopreDdere  a  Cosioia 
di  quRuU)  interesse  poteva  esserli  l'imirsi  ccm  la  Cot 
ronadi  Francia,  giacché  il  GristiaDiasioio  en  tanlq 
prupenso  verso  di  lui  ^  che  desiderala  ristringere 
con  Duori  vincoli  l' antica  parentela  y  avendo  due 
Figlie,  una  delle  quali  sarebbe  bea  collocata  npl 
primogcDitoOcai  Francesco.  Queste  proposiaioni  non 
furono  rigettate  dalOuca^raa  dichiarando  inof^xw 
tuQò  il  TrattatOj  attesa  la  tenera  età  del  Figlio,  mo- 
strò di  gradire  le  offerte  del  Re  in  modo  di  TRlar-: 
sane  all'occasione.  E  siccome,  non  ostante  qualun- 
que torto ,  si  era  prefissa  di  mantenersi  costante  e 
unifurme  nelle  sue  massime,  esoslenersi  perciò  nei 
partito  Imperiale  ,  partecipò  a  Carlo  V.  questi  se-, 
greti  trattati  per  eseguirli  secondo  la  direnone,  che 
da  esso- ne  ricevesse. 

ConlioDaTa  tuttavia  l' Imperatore  a  ritenere  lo 
Stato  di  Piombina  a  tìtolo  dì  depoMto,  £atanto  che 
non  lusse  concertata  dall' Appiano  ^  e  dai  tuo!  Hii 
nistri  la  valutazione  del  Feudo,  e  s^nalata  la  ri- 
compensa. Ma  dopa  che  eoa  tanto  trenodilongfaes-' 
la  e  di  &rmi|lità  erano  stati  compiti  gli  atti  of^m-- 
tuni ,  senxa  però  che  V  Appiano  vi  avesse  i&tef posta 
il  consenso ,  Granvela ,  siccome  autore  della  pro- 
messa fatta  da  Cesare  al  Duca ,  sì  credè  anche  tb 
doven  dì  &r  l' ultimo  tentativo  per  ìndurb  a  ese- 
guirìa  :  perciò  rammentò  a  Sua  Maestà  la  promessa,  i 
meriU  e  la  aervittì  del  Duca ,  il  dì  lui  credito  trascea- 
dtinte  la  somma  dì  quattroeentorailaducait\>efim- 
posaifailità  dì  pagarlo, la  deboleim dell'Af^ianoper 
difeudw  quel  pastoie,  le  insìdie,  che  iFraocMÌmac- 


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WB.'I.CAP.Vt.  t;9 

ebÌBarmo  per  sorprenderlo.  Il  Con^ssore  all*(^^M>-'][^ 
Ito  avea  persuaso  Cesare  che  non  potea  togliere  ai-di  C 
l'Appiano  il  Fendo  senxa  il  soo  consenso,  se  non'^ 
nel  caso  di  ritenerlo  per  se,  e  in  conseguenza  resta- 
va invalida  la  promessa  di  ciò,  che  non  si  poteva 
adempire.  Prevenuto  già  dalle  insinoaxioni  dì  Dcm 
Diego  restò  facilmente  convìnto  l' Imperatore  daU 
f  utile  ins^naroento  del  suo  Teologo^  e  rimprttve* 
rò  Granrela  ,  che -per  tàverire  Cosimo  si  lasciasst 
trasportare  a  tradire  b  sua  coscienza .  Rimostrò 
Granvela  umilmente  a  Sua  Maestà  chit  anche  i  Teo- 
logi  SMio  sf^getti  a  errare  ,  e  specialmente  nellt  af- 
iàh  di  Stato;  che  tutte  le  ragioni  l'obUigavano  a 
■odisfare  alla  obbligazione  contratta  col  Duca,  e  ch« 
se  li  dispiàcevono  tali  consigli  dimandava  di  poter- 
ti ritirare  in  Boi^t^na  sua- Patria,  per  nonessernel 
caso  di  dai^liene  in  avvenire.  Dispiacque  a  Cesare 
r  alterazione  di  così  fedele  Ministro,  e  con  grazicw 
parole,  dichiarandoli  di  non  aver  mai  dabitatodel- 
la  stia  fede,  lo  confortò  a  calmarsi,  e  rimesse  l' affit- 
te a  tm  nuovo  esame,  e  in  consegaena  a  nuov« 
hiDgbezze.Ctò  non  stante  Granvela,  siccome  in  on 
n  lungo  corso  di  servitù  e  di  favore  non  era  mai 
per  veruno  affare  caduto  in  diffidenza  del  suo  So- 
vrano ,  si  risenti  talmente  di  qoesto  accidente,  chd 
sopraggiuntali  la  febbre  dovè  per  qualcbé  settima- 
na stare  in  riguardo  di  sua  salute.  Il  Duca  d' Alva 
e  li  altri  amici  di  Cosimo  rìraostraronoalPnncipe 
Filippo ,-  che  il  caprìccio  di  uu  Frate,  oltre  al  de- 
nigrare la  gloria  dì  Cesare,  e  farlo  apparire  al  Mon- 
do nn  mancatore  di  fede^  esponeva  ì'  Italia  a  delle 
pericolose  rivoluzioni:  poiché  ,  rifieltendu  alla  ma- 
la contentezza  dei  Farnesi  a  motivo  di  Piacenza , 
alle  intestina  discordie  di  Genova,  è  alle  tntbolen-. 


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lao  STORU  DI  TOSCANA 

A ^  zedi  Siena,  se  a  tutto  ciò  si  aggiungeva  Is  poca  «>• 
di C.disraKione  di  Gosirao  ne  seguiva  cbe  egli,  o  potevs 
'^^Qoirai  con  gli  alto  a  danno  di  Sua  Maestà,  o  stàh* 
dosi  ancora  neutrale ,  e  non  temendo  quelli  delle 
di  lui  forze ,  e  della  sua  vigilanaa ,  sarebbero  dive- 
nuti più  arditi ,  ed  avrebbero  più  facilmente  inipe-< 
gnato  Cesare  ad  un  dispendio  maggiore.  £  siccome 
erano  certi  che  non  potendo  ,  né  l' Imperatore^nè 
r  Appiano  sodisiàre  9IU  somma  dovuta  a  Cosimo 
sopra  quel  Feudo,  e  cbe  sarebbero  stati  finalmente 
indotti  dalla  necessiti  a  metterlo  in  possessodelme» 
desimO;  reputavano  contrario  al  servizio  di  Sua  Hae^ 
sta  il  disgustarlo  eoa  queste  inutili  cavillasioni.  Fu 
po-ciò  risoluto  àx  sospenderne  per  qualche  tempo 
il  trattato  ^  ed ,  esortando  Cosimo  alla  paùenxa ,  lo 
consigliarono  ancora  a  non  impegnare  nei  Matri- 
moni proposti  dai  Francesi,  e  dal  Papa,  per  non  ac* 
crescere  all'  Imperatore  la  difBd«iza,  e  sommiai- 
starli  unpretestoper  denegare  l'adempì mentodelle 
sue  obbligazioni.  Di  questo  accidente  tentarono  dt 
profittare  i  Genovesi  eoa  esibire  la  somma  dovuta- 
a  Casimo,e  il  deposito  per  le  Fortificazioni^ad  og*. 
getto  di  rimetter  l'Appiano  in  possesso  del  Feudo, 
ma  furono  rigettate  le  offerte  per  nontt^lierealDu* 
ca  le  speranze^  e  mantenerlo  attaccato  al  partito 
Imperiale. 

L' Italia  intanto  era  agitata  dai  diversi  interessi, 
che  concepiva  ciascuno,  non  solo  per  l' esito  della, 
restituzione  di  Piacenza  ,  ma  ancora  per  le  turbo- 
lenze delle  Kupubbliche  di  Genova,  e  di  Siena  ì  1' 
una  per  il  solo  timore  di  essere  oppressa,  1' .altra, 
per  non  p«tersi  adattare  alla  servitù,  che  ogni  gior- 
no  più  l'aggravava.  Don  Ferrante  Gonzaga  avea  sco- 
perto, QOa  coDgiara  ordita  dal  Duca  Ottavio  per  am- 


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LIB.  I.  CAP.  VI.  i»i 

uazcarlO]  fl  il  Duca  Ottavio  area  «esperto  in  Psr--~*~ 
]dad«  trattati  di- Don  Ferrante  per  sorprendere^^ 
quella  Gttà.  la  Genova  en  stato  aireatato  il  Doge  1549 
Gioranaì  Batista  Foraarì  ,  e  un  Frate  Zoccolante^ 
che  maccbiiMiTaDo  di  rivolgere  quella  Repubblica  aU 
la  devoùoBe  di  Francia  ,  e  in  Sifsna  dodici  QttadiBÌ 
avéano  diseigDato  di  traS^^ere  io  Chiesa  Don  Die- 
go. XI  B^gente  Figucroa  avea  r^licato  alla  me- 
moria del  Papa  >  toccante  le  ragioni  della  (^ìesa 
•ul  Domiaio  di  Parma  e  Piacenza ,  ed  avea  dimo' 
atnito  che  le  donazioni  di  Costantino  e  di  Pipino 
aoD  erano  titoli  sufBcenti  per  jiossedere  l^ittiiiia- 
BWDte  «no  Stato.  Di  cosi  varj  successi  si  stava  ilDti-' 
ca  Ccsimo  spettatore  tranquillo,  e  solo  porgeva  at- 
teoaioue  ai  movimenti  dei  Senesi,  che  più  dì  tutto 
r. interessavano.  Dopo  che  Don  Di^o  avea  teilB  le- 
armi  a  quei  Cittadini,  e  restituito  alle  Magistrata- 
K l'Ordine  dei  Nove,  si  era  perfisso  di  estinguere, 
iueusibilmente  la  libertà,e, con  assuefarli  alla  sog-' 
gCEÌone,  aocxeicere  alla  Monarchia  di  Spagna  que-  ' 
sta  DDora  ProvÌDcia.  Si  valeva  di  ogni  pretesto  per  • 
oppriniere  i  più  lebnti  della  tibertì;  altri  ne  gua-' 
dàgòava  con  l' oro  e  con  le  promesse,  ed  altri  fioal- 
auBte  gli  spaventava  con  le  minacce.  Divenuto  l' 
ometto  del  pubblico  aborrimento  lì  fìi  insidiata  la 
tìtaf  e  vera  ,  o  falsa  che  fosse  questa  congiura j  servi  di' 
notàvoperlare  ìs^nza  all' Imperatore  di  erigere  in- 
Siena  una  Gìttadella.Fu  allaCorte  giudicata  pericolosa  - 
una  tal  novità ,  non  solo  per  il  torto  che  sì  faceva  ai 
Senesi,  ma  ancora  per  i  sospetti  che  ne  avrebberoccm-' 
cepitoinemicìdiCesaFeje  per  l'opionione  allora  cor-' 
raite  in  Italia ,  che.  Siena  si  assoggettava  p«  darla 
al  Farnese  in  ricompensa  di  Parma.  Per  superare 
queste  dìificfdtà  riesci  al  |tfeiuUiB»  di  corronipere  i- 


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iSi  STOnU  SI  TOSCANA 

j^„  principali  della  Balìa,  e  di  oUeii««  uà  pMtito,  af- 
diC.fiuchè  a'ÌDTÌissero  a  Sua  Maestà  Ambasciatori  ^  i 
*  Squali  j  esponeodo  altre  occorreoie  della  KepaU^ 
ca,  domandassero  l'eresione  della  Fortezza.  Da  co-- 
ù  inaspettato  successo  rest^  spaveotato  l'uniTeraale, 
ohe  non  mancò  d'implorare  dal  X>uca  la  sua  media- 
zione j  perchè  non  aresse  efTetto  l'incanno  di  Don 
Diego  ;  e  l'Ordine  dei  Nove  spedi  segretamente  uà 
Gttadino  alla  Corte,  afììndUè  svelasse  aì  Ministri  la 
falsità  delle  commissioni ,  che  portavauo  li  Amba- 
sciatori. Anche  il  Duca  si  credè  in  dovere  di  &ir  com- 
prendere che  a  questa  risoluzione  non  cancoFreva,' 
uè  r  universale ,  né  una  parte  della  Gttà ,  e  che  que- 
ste ena  un  mezzo  sicuro  ,  perchè  Sua  Maestà  non  per- 
venisse mai  a  togli«le  la  libertà.  Dispiaceva  troppo* 
a  Coónio  l'indecente  coat^ao  di  Don  JhsgOt  il 
qnale,  conpecendo  la  commozione  dei  Seoesi ,  prò* 
pose  alla  Balìa  che  con  lo  sborso  di  dogentomtl» 
ducati  avrebbe  potuta  redimersi  dalla  Cittadella. 
Considerava  il  Duca  che  volendo  l'Imperatore  sog- 
tare  i  Senesi  senza  tanto  dispendio ,  e  apparato  dd- 
la  Forteeta ,  serviva  solo  abbandonarli  in  preda  al- 
le loro  naturali  discordie  y  poicfaè  le  of^iressioni  di 
Dpu  Diego  altro  non  operavanoche riunire  gli  aui-^ 
mi  di  tutti  coatro  Sua  Muestà ,  per  profitUnt  del  pri- 
mo movimento  d' Italia  per  darsi  in  braccio  ei  suoi 
Beuuci,egià  gli  afiaridiParma  ne  presagivano  pras*. 
BÌmi  roGcuaioue. 

'  Non  potendo  il  Pontefice  vincere  la  durezza  deU 
r  Imperatore ,  per  ottenere  la  restituzione  di  Piacen- 
za >  interpose  la  medianone  di  Cosimo  presso  Sua 
Maestà,  ailìnchè  ricevesse  il  Genere,  e  kCasa  Far« 
Deee.  sotto  la  sua  protezione,  eoi  disponesse-a  ultima- 
re tranquillamente  que^  pendenia.  Proponeva  Sua 


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Stf&GU  Ji  etder  formalaKOte  Parma  e  Piae«nu,~~* 
4]na)on  le  foste  accordato  io  riconpcnsa  b  Statodi ^j^ 
SMna.pisaf^>KfVÒ  il  Duca  Cosimo  questa  ppoposnio-1549 
U0  Come  coutraria  alle  sue  vedute ,  e  progeUd  all'Im- 
|>*raUiredi  rilasciare  al  Farucae  Pai-ma  e  FiaceDcp^ 
ntèit«i»iòsl  leFurte«M,fioiaatoebenonfiM90ropiù 
cbiaraise&te  coooaciate  le  ragitmi  della  Gbiesa,  e 
dair  Jiqpcro  sopMt  questa  Città.  InUoto  il  Pape ,  per 
davo  maggior  pesoa  queUadellaC&iesB>rìuuÌ0QO- 
vameote  Parma  al  domibio  E^lesiaMico,  eridiia-i 
tnato  CHtatìo  a  Roma ,  volle  che  uè  aresae  il  oorban^ 
d»  e  la  gbardia  Ganamillo  Oniai  Oeuerale  comaa- 
darM*  ddleami  della  Gbiasa  ;  lu^agoadoii  fon»  cli« 
gì'  iMpetii^li  arrabberò  pia  rinpettat»  le  losegoe  di 
San  Pietro,  th«  queUa  di  Ottavio.  Qnesta  rìfioluiio^ 
aa  del  Papa  uon  variò  in  vknmaparie'la  mtr»  di 
Carlo  V. ,  e  ridusse  OUavifl!  al  pbtttódi  epeMTtt  da 
diaperate,  poiché  TcdcadosispogliatodsìtMikloifttiajj 
ae  i'oase  s^praggiuDta  io  lati  arcoiutabtt' la-' «torto 
del  Papa  TenÌTa  aiicii»a  perdere ogiri  speninaa  dive- 
cupcs-Bilì ;  perciò ^ ìiii|«riieutd  dii «apeltar f  esito- de) 
BCgoiiati  del  Papa  e  di  Cóaimo>  unta'  (ti  sorprende- 
rà Parma,  Ida  gli  M  ot^tose  l'avVeduteatt  «^  la  !»• 
d«Uà  dall'Orsini.  Ritiratosi  perciò  a  Tordii^ra  ia^ 
terpoae  la  mediaiione  del  Candin^U  di  Trento,  |ier 
reconcilieni  cou  De»  Ferrante,  et)  «eaer  rìedvut<^ 
BeUe  proteiicaie  di  Cesare.  Pjrtfiici^  Don  FA-ratite 
*Ua  Corte  questo  «uccesso,  e  «i  dicKìsttòctw  aeHh»* 
m  ìlDuca  OttavioperaverUtante  volte  lAsìdiateltf 
Ttta  non  meritasse  la  «ira  recobctliaitoiiej  non  ostan-' 
te  per  servìzio  di  Su»  llaeitè  gli  avretò*  perdona* 
to,  e  lo  avrebbe  ajutata  a  riprender* l'armk,  per  te- 
nerla a  deroaaone  di  Sua  Maestà/  fintaDftoefae  fosar 
stabilita  la  ricompensa  dei  quarantamila  ducati.  L'è* 


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i84  STORIA  DI  TOSCAJfA. 

j^„  roisrao  del  Gonz^a  nan  fu  bene  accolto  alla  C«r-. 
di  Cte,  che  anù  gli  fu  espreasamente  ordìuato  dtjftoa 
'^couveoire  con  Ottavio  ,  e  fu  dìsap}>roTata  qUalun-* 
que  convenzione  aveaSe  già  iaita  cim  il  medeflimo 
sopra  le  coae  di  Parma.  In  tale  inoertezca  era  la  Ga- 
sa Farnese ,  quando  una  breve  malattia  lolle  il  Pa- 
pa .di  vita  li  dieci  di  Novembre ,  iu  età  di  ottanta' 
due  anni  f  la  sua  salute  era  sconcertata  da  qii4lche. 
tempo ,  ina  le  disgraziej  e  l'afflizione  gli  acoeleca- 
rono  la  morte.  Convinto  della  falsità  del  suo  sitta' 
ma  politico  soffriva  in  vedere  la  Corte  di  Frtuicia , 
da  esso  parzialmente  faviorita>  cosi  indolente  pér«o- 
-stenere  i  suoi  Nipoti,  nel  tempo  éppliuto  ìl'più  iaìbe^j 
vessante  per  i  medesimi.  Gli  doleva  cbel'impata.- 
,  b»:e,beDclìè  da  esso  tanto  oltra^iato,  insistesse  tut- 
taivÌ9;iiflilU'v«ndf>ttaj«aitiu  sì  lasciasse  picare  dalla. 
sua  umtliftiiObe,  edibile  preghiere  della  Figlia,  e  del - 
Genero-;  reslava  ancora  inorttficata  Usua  naturale 
^terigia  nel  cedersi  :astririto  a  implorare  per  la  sua. 
Faroiglia  l'appoggu  di.Coainio,  alla  di  cui  de[H^»^ 
4iilne  aveano'sempre  mirato  tutti  i  suoi  sforai  poli« 
tid.  vPwbi  l<><  iTsaao  amato  in  vita,  e  piuno  locom- 
{Wnse  in  morte;  i  Sudditi  oppressi  sperarono  un  So-. 
Tntno.plù  mite, e i Principiun Pontefice  meno am-- 
biùoso.  Protesse  per  vanità  le  belle  Arti  e  le  Lette- 
re., e  sostenne  per  alterigia  la  dignità  dri  sira  gra-. 
i»,i  e  siccome  hf^o^ò  l'ordine  dei  Gesuiti,  non  gli: 
BMtnc^rMio  in  jHvgrèsso  in  quella  Società  delli  En-; 
<;aiyùaaMt  ìa  morte  di  questo  Papa  «n  stata  preve-: 
Duta  da  quella  del.Cardinale  di  Ravenna  suo  neaii--' 
co,  il  quale  ,cesià  di  vivere  ita  Firenze  li  a  i  Settem-. 
ìxe,  sorpreso  da^appplesia^.laKiòerede  fiduciario  il 
Duca  ^osiniio,  a$ji(hè  sostentasse  e  prot^gease  tre 


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UB.iCAr.yi  OS    ^ 

¥%U  8i)9i  natittali ,  verso  dei .  quali  non  nutiicò  il  x^_ 
Duca  ddla  jhù  beoefica ,  e  generosa  attenzioDe..     ài  C. . 

CAPITOLO    SETTIMO 

Intrighi  éà  CoodaVA.  Eleaione  del  Cardioalfi  di  Monte  col 
aotùf  di  Giulio  111.  per  opera  del  Diu».  Sua  corritpon- 
dcDsa  col  DUOTO  Pontefice.  Mal  goremo  di  Don  Diego  di 
MendouA  ìn  Siena,  e  rlsoluiione  dell' Imperatore  di  fab- 
-  bticarTi  una  Cittadella.  Animoarti  dei  Minutri    Imperiali 
COntM  Cosimo.  Turbolenie  in  Italia  tra  il  Papa;  a  i  Far- 
neaiper  la  reatitasionediPanaa.HeiitralitàproEBWata  Dal 
Duca.  La  Francia  rompe  la  guerra  contro  l'imperatore. 
La  morU.di  Paolo  III.  ^  eiccomedovea  produrre 
ila  Italia  una  notabile  varietà  nei  partiti  e  ittl««ffli 
allora  duainantì,  richiamò  perciò  l' attenóone  di^ 
tutti^ed  in  pwrUcolare  quella  del  Duca  Coaiiiu>,  cbe. 
per  la  siUttsione  del  suo  Stato  poteafùùdi,  ogni  al- 
tro sperare^  te  diere  delle  incLìnaiìoDidelnuovoPou-' 
te6ce.  Perciò  spedì  immediatameale  alle  irantiere 
^elDomioìolebaadein^merodì diecimila, ad  i^-. 
getto  d'impedire  laooi^municaxiooediqueìpiccoU 
Wcendj  d'invasiMii,  zuhe>«  vendette,  deiqBaU  ia> 
tempo  di  Sede  Tacanteimalcontentìallont  erano  so-. 
Utidi  riempire  il  Dominio  Ecdeaiaatico  Ed  in  Ìàtti< 
iColonneni  tentarono  di  recuperare  le  terre  già  tolte- 
li^e  Ridolfo  Baglioni  ajutato  dal  Duca  non  mancò' 
di  riacquistare  con  la  forta  il  possesso  dei  Beni  già 
confiscati,  fila  quello  che  occupava  principalmente 
FaàÌDdo  del  Duca  era  l' lezione  del  nuovo  Ponto<. 
ficsj  e  l'impedire  che  questa  cadesse  nella  perso-, 
na  del  Cardinale  GioTanni  Salviati  suo  Zìo:  aveva 
egli  un'  estrema  paaaione  di  es^er  Papa ,  e  perciò 
guadagnatasi  l'amicizia  dì  Granvela^  del  Gonzaga,- 
e  del  Mendocaa,  sperava  di  ottenere  dichiaratamen- 
te il  favore  di  Carlo  V.,  e  le  sue.  raccomand^ùom. 


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iM  StOMk  DI  tOSCAffA 

Tj*  ai  Cardinali  Imperiali:  anche  il  Dtlea^  ìiutigahHlaUi 
di  C.allri  saoì  ProtettOTi,  avea  dovuto  preporlo  apparm* 
■^49  temente  aU'Imperatorej  dimostrando  però  in  «egro* 
to  a  Sua  Maestìi  quanta  poca  fede  meritava  chi  sì 
eradimoHratotmfoappaniojiatoper  ilPartitoFran- 
cese.  Udita  appena  la  morte  del  Papa  si  portò  il  Car- 
dinale Salviati  a  FirenEe  per  impanare  il  Duca  a  ano 
Avore,  e  gU  laaciò  una  obligaiiooe  aoritta  di  sua  ma- 
no ,  in  cui  prornetteva^  essendo  Papa,  di  fare  ilGm- 
cilio,  concedere  all'Imperatore  i  Beni  delle  Chiese 
don  Curate ,  star  neutrale,  proteggere^  €  difentlere 
lo  Stato  di  FireoM ,  restituire  i  Feudi  al  C<4eiiiM , 
e  ftar  Cardinale  un  FigliodiDaoFerpante.'GidBÒa 
ostante  il  Duca  spedì  a  fioma  Don  Pietro  dì  Tole- 
do ,  perchè,  profittando  della  confidenca  finora^i* 
mestratalì  dal  Cardinale  Farnese ,  lo  Indacesae  ad 
usare  dei  veti  del  mo  partito  secondo  la  volontà  dell' 
Imperatore ,  lusingandolo  che  questo  potrebbe  eft- 
■ere  il  princìpio  della  grandessa  della  sua  Casa,  e  il- 
piiì  sicuro  mezzo  per  giungere  a  recuperare  ParoMj 
ePiaoenu.Con  questa  unione  restando  pretdusa  og^ni 
altra  strada  al  Papato  il  Duca  propose  il  CaréioaU 
di  £bargos.comed«aìdcnitodall'ImpeHrtore;>teBne- 
anconi  cornqpondenEa/COB  altri  Cardinali  suoi  con- 
fidenbi)  m  quali  insinuava^  che^sapponebdo esaere 
il  CaU^io  ormai  sazio  di  I^idieaUnaaofiflijiion 
cradori  vctiitmUe  l'eleeieBc  di  Saltiatì,  che  gii  ae 
area»  Irt  j 'i  qudk  avrebbero  dovuto  iligryaidiraà  a 
sciato  della  Chiesa.  luvigild  aucon  parcbànan  se*- 
guiasera  innovauoni  lìirca  le  coac  di  Panati,  por  aon 
disgustare  ì  Farnesi,  e  per  teoere  usiti  idoe  Partiti 
FarnesiaDo,  e  Imperiale.  Grandi  furono  gli  Ottecolt 
per  r  elesìoue  di  Bin^os^  poicbè  fu  considinrato  es- 
sere sflkJpagpBf^,  di  Fasaiglh  troppo  grande,  Ira- 


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'  imitAP-Vlt    '  la- 

trilo del  Vìce-fié,  e  siodiGo8àmo,edolDuoad'A)-Ait. 
va;  De  easeado  ancoara  del  tutto  estinta  lit  memoria^  ^ 
di  Alessandro  VI.^  aveano  ì  Cardinali  troppa  repn-^^^ 
gnania  ad  cingere  un  Fapa  di  quella  Naùoue.  L'Im- 
peratore intanto,  approvando  ie  operai^ólu diCosi- 
mo,  ordinò  l'esclusiva  per  Salfiati,  e  aoAituì  le  sue 
jwmare  a  favoredel  GanlinaleFolo,  appoggiandole' 
mpn.  ladottrina  e  candore  di  coaUmi  di  qifeato  Sog- 
getto ;  nut  l'arrìro  dei  Cardinali  Francesi  in  Con- 
clave  sconcertò  le  mirare  di  Coùmo,  e  del  Farnese,  V 
easendo  essi  totalmente  opposti  d' inelìnasionì ,  e 
di  miMinie.  DcsideravaBO  gl'ImperiaU  un  Pontefi- 
ce f-ohe  subito  condiMendesae  alta  restitusione  di 
Panna  al  Dnca  Ottavio  j  e  questa  restitiizìone  l'ap- 
provava ancora  l' ImpOTStorc,  purché  si  effettuasse 
in  Trento  il  CmicìIìo.  I  Francesi'  avreUwft}  voluto 
un  P^pa,  che  ntoi  ikccsse-nè  l'ano  uè  l'altre^eiu-' 
tanto  Fameie ,  tenendo  ventitré  Toti  a  disposizione 
di  darlo  V.,  e  di  Gonmo*,  toglieva  agli  aweraarj  la 
,  acala  per  salire  al  Pontificato.  Il  solo  Cardinale  Bi- 
ici&  era  in  prodotodi  conciliare  a  suo  fiivore  1  due 
oppoaU  Partiti  ^  se  la  morte  non  lo  avesse  rapito  ttA 
ptHito  il  più  ptoflumo  alltf  soa  elevazione. 

Ib  tale  ondq^iamwito  df  interesaie  di  Volontà  Ìli55« 
Dnca  Cosimo  preparava  appresso  1* Imperatore,  t 
oencertava  con  Farnese  l' elezione  del  GardinaleGio- 
vanni  dì  Monte.  £ni  ^li  déHo  nella  Terra  del  Mon- 
ta S.  Savino^  disIrvtlK»  dì  Areixo ,  e  ìncona^nenìM 
Suddito  del  Dominio  diFùrenEe.-neUaassunirioiw  di 
Conmosiera  aetentito  dall' nninè  congfi  altri  Ga|w 
dioali  Fiorentini  per  contrastarli  il  Principato,  e  in 
progresso  di  tempo  lo  av«ra  smorevolniente  serri- 
to  in  diversi  a&vì  alla  Corte  di  Roma ,  tanto  che 
Coaimof  tenendolo  coma  il  ^ù  aflewnato  Tósodi 


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.  i9»  ST0RIADITOSC\lfA 

An.  lui  in  tutto  il  Collegio ,  credè  nfficio  di  gratitàdÌDe/ 
diC-e  suo  proprio  interesse  il  procurarli  il  Ponti0CBto<' 
I  Francesi  vi  aderivano  fadlmente,  perchè  lo  nop- 
ponevano  in  disgrazia  dell'  Imperiali  ;  e  la  Corte  Im- 
periale non  lo  approvava,  per  essere  stato  uno  del 
principali'  promotori  della  traslazione  del  Concilio 
a  Bottina.  Vinse  U  Duca  le  difficoltà  S  Carlo  V., 
dimostrando  che  questo  Cardinale  essendo  di  carat* 
tere  ingenuo  e  lib««le ,  né  avendo  mai  tradito  ve*' 
runo  j  era  sicuro  di  guadagnarlo  per  Sua  Maestà ,  es- 
sendogli già  note  le  sue  iucliuauoni  :  ottenuto  per- 
ciò il  consenso  dell'Imperaiore ,  e  proposto  dal  Gar» 
dinaie  Farnese,  fu  eletto  li  otto  Fd^brajo  dopo  set- 
tantatre giorni  di  Conclave ,  e  prese  il  nome  di  Giu- 
lio III.  Così  inaspettata  elexione  empì  di  maraviglia; 
l'Italia,  e  il  nuovo  Pontefice  diede  princìpio  al  suo 
legno  >con  atti  di  virtù  e  di  grandezza.  Ordinò  la  iv 
stituzione  di  Parma  al  Farnese^  e  loconfermò  nel- 
1^  -dignità  dì  Gonfaloniere  della  Chiesa  ;  resUtol- 
gli  Stati  e  la  grazia  al  Colonna  e  al  Baglioni  ',  e 
spedì  immediatamente  al  Duca  un  S^retario  per 
pBgraziarlo ,  e  prometterli  la  sua  sua  amìcÌAa  ;  e 
all'  Imperatore  inviò  Don  Pietro  di  Toledo  per  aa- 
'  5Ìc»rarlo  del  suo  attacotmento,  e  della  buona  dis- 
posizione a  perfezionare  il  Concilio  ,  e  rìatabilire' 
nella  Chiesa  la  pace.  11  Duca  ne  risenti  singolare' 
al.Wgi'czza  f  non  solo  per  essere  opera  sua ,  ma  an- 
i^ora  per  avere  un  Papa  già  nato  suo  Suddito,  e 
congiunto  seco  d'amicizia,  e  d'inclinazione  ;  e  per- 
ciò volle  che  in  Firenze  si  facessero  le  stesse  di* 
mostrazioni  di  giojaj  che  funm  latte  nella  esaltazio-- 
ne  (lì  Leone  X.,  e  di  Ctemrate  VII.  suoi  agnati  J)oa 
Dìc^  di  Mendozzsj  che  per  opera  di  Cosimo  come 
troppo  parziale  dì  S^lvìati  era  stato  tenuto  ignau 


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riB.  I.  GAP.  VII.  i8^      

dà  segniti  dì  Carlo  V.,  e  del  Cooelave ,  nen  ^Atancd  ^^ 
di  screditare  alla  Corte  un  Papa  ,  alla  di  cai  ele-dt  C: 
none  non  aveva  contribaìto  ,  rappresentandolo  co-  '^^'* 
me  partitante  Francese  j  e  dipìngendo  questa  ele- 
zione come  un  tratto  maligno  contro  il  servizio  di 
Sua  Maestà.  Il  Duca  all'  opposto  ne  fece  sperare 
ogni  sodis&zione;  ed  in  fatti  operò  sabito  il  Pa> 
pa  che  ì  Prelati  di  Bologna  dichiaressero  cessata 
]m  causa  della  traslazione  del  Concilio,  che  ^li  in- 
timò nuovamentea  Trento  per  il  dì  primo  di  Mag- 
gio dell'anno  avvenire:  sì  apjdicà  ancora  per  ìlbene 
particolare  dei  suoi  Sudditi ,  qoali  sollevò  dalle  tan- 
te grarezze  imposte  dal  suo  antecessore  ,  e  a  restau- 
rare!'economìa  della  Chiesa  ;  già  sconcertata  j  e  dì- 
stratta  dalla  ambizione,  e  rapacità  dei  Farnesi.  Cosi, 
bei  prìncipi ,  e  tanti  gloria  acquistatasi  rimasero  os^ 
curati  dalla  indecente  traslazione  del  suo  pro[H-ìo 
Cappello  nella  persona  d'Innocenzio  di  Monte.  Co-- 
stai  f  figlio  di  un  questuante  in  Arezzo  j  fu  raccolto- 
da  garzoncello,  e  nutrito  da  Giovanni  di  Monte,  e 
destinato  alla  custodia  di  una  Sdmia  ,  cbe  il  Pre-i 
lato  teneva  per  suo  passatempo,  e  perciò  era  comu-' 
■emente  denominato  il  Botuccino  :  si  guadagnò  in- 
progresso  talmente  l'aniin-e  del  suo  Padrone^  che' 
divenuto  Papaloarriccfaìdtbenefizj;  esiccome  non: 
era  noto  chi  fosse  ano  Padre  lo  fece  adottare  da  Bai-, 
devino  sao  fratello,  e  finalmente ^  non  ostante  l'u-- 
BÌversale  .disap^H'ovazione  del  Sacro  Collegio  ,  lo 
creò  Cardinale  in  età  di  sedici  anni.  Alcuni  di  queb 
corpo  avrebbero  desiderato  che  Cosimo  s' iuterpo-'. 
Desse, affinchè  non  restasse  tanto  avvilita  laPorpo-. 
ra,  ma  egli  conosciuta  la  natura  di  questo  P^,die> 
dava  vigore  alle  sue  risoluzioni  a  misura  cbe  gli  e- 
nno  contrastate ,  non  volle  rendersi  odioso  inutil- 


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igo  STOHlJk  PI  TOSCANA 

4,^  mmte ,  9  riguardò  il  duovo  Porporato  come  un  m* 
a  Cdìvittuo  dellfi  Famiglia  di  Sua  Santità.  Né  trarcurà 
i55o  jj  Papa  (]i  procurare  onori  alta  sua  Famiglia,  poiché 
richiese  il  Buca  di  concedere  in  Feudo  la  Tetra  àA 
Ifoote  ma  Patria  a  BaldoTÌno  sdo  fratello^  perpw> 
Mre  in  Giovaooi  Batista  soo  figlio,  e  nella  di  ,lm 
legittima  discendoiza ,  ed  in  difètto  di  essa  in.  Fa* 
biano  figlio  naturale  legittimato  di  Baldovino,  o£- 
ferendoli  in  ricomprila  Givitella  ,  quale  fu  da  Co- 
nroo  recusatc ,  volendo  compiacere  gratoitaraente 
Sua  Santità  per  sempre  più  merìtarat  b  sua  faener 
Toleoia.  A.ucbe  all'Imperatore  chiese  in  Feudo  Ai* 
ainalunga ,  e  Turrita  nel  Dominio  di  Siena  per  e»* 
sere  patria  di  sua  Madre,  ma  le  tarltolcnie  ioaortA 
in  quella  Repubblica  impedirono  l'eiTetCuaaione  di 
questa  dimanda. 

Mmtrc  le  operanoni  di  Giulio  HI.  tenevano  in 
attenzione  tutte  l' Italia ,  Cari  o  V.  occnpalo  dai  soù 
pn^etti  per  far  succedere  ilPrincipe  Filippo  all'  Io»-, 
peroj  si  dispoaera  a  stabilire  la  quiete  nella  Ger< 
mania  f  eoa  obbligare  i  Protestanti  a  intervrnireal 
GmcUio;  a  questo  eEièttoavera  coavocatoin  Aof[ii^ 
sta  una  Dietaj  lusingandoai  di  potere  ebttndon  co* 
queato  mezao  l'csecusioDe  dell'inceri»,  perpotere- 
piiì.&cilmente  riescire  nel  lu»  disino-  IitFraBoìa. 
Enrico  II.  recuperata  Boulogne,  e  pacificaloei  et» 
r  la^ilterra ,  meditava  dì  tarbare  la  quiete  d' Ita^ 
lia,  edì  rompere  con  Carlo  V.  la  guerra.  U  Uadittr^ 
raneo  era  infestato  dal  GofMroDraguk^ilqBafecor^ 
rcdalo  di  quarantadue  vele,  e  fortificatosi  a  Tripoli,^ 
mioacciava  le  Coete  d'Italia.  L' armata  dd  Daria  ,- 
e  le  fone  marittime  di  Sicilia  >  e  di  Napoli  fìirooo 
Tiiwite  per  tentare  di  snidarlo  da  quel  postoj  e  il  Du- 
ca  vi  UDÌ  le  ne  quattro  Galere  comandate  da  Gier- 


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LAI.  GAP.  vi;-'  «91       __^ 

éueo  OfàiÀ  con  niiUe  Faati ,  e  riguardevole  qmn-  ]^ 
tìtà  dì  nntBiùoni,  che  cootri^oipoiio  al  buon  eeitodi  C. 
di  questa  iropreM.  Il  Duca  OttaTÌoaì  ■tavaioPar-'^^ 
ma ,  e  il  Cardinale  Faroefe  CiceT«  tratUn  alla  Cor- 
te di  Garlp  V.,  pcraiòcurare  al  Fratello  il  Pominio 
di  quella  Qttì,  eoUeBerelarealituuoiwdìPiaceii- 
sa,  per  dedi<are  onoinainente  la  ma  Famìglia  al 
wrrìaio ,  e  alla  devosiope  di  Ostare.  Don  Fermata 
Gonzaga  tenera  tuttavia  occupata  una  parte  del  Ttr^ 
ritorio  di  Parm*  ,  e  unitamente  con  Don  Di^o  41 
llendopu  progettava  all'Imperatore,  che,dop»aft< 
«cuvata  la  quiete  di  Germania ,-  traiièrisw  le  sua 
fiff-ie-iti  ItaUQ>  e  ctm  impadronini  di  GmiovSj  Par- 
Ma  ,  Siena  e  Piombino,  formaau  al  Principe  Filip* 
pò  un  nuove  Stato  in  Italia ,  cbe  lo  poQeaae  in  pra- 
do  di  non  temere  per  l'avvenire  di  elii  volease  di- 
atnrbarli  la  quiete^:  Perauaao  U  Dqqb  del  maltalento 
dei-lfiniatri  Ceaarei  vereo  di  Ita)  temeva  di  restar 
compreao  n«l  Piano  di  esecuziene } e pravedeqdo  or- 
mai imminente  la  guerra ,  <enaa  olieoarai  à*ì  par- 
tito di  Cesare ,  procorava  pa4  di  aobermirai  dall* 
aorpreee  dei  bu<h  Htnistii  ;  e  perciò,  dopo  aver  ri- 
mostrato  alla  Granché  nmili  peaserì  eraqo  diret- 
lam«ite  oontrarj  ad  assicurare  nel  ^incipedi%ia- 
gna  la  pacifica  suceeMonc  nelli  Stati  del  Padre,  pro- 
curò di  stringerai  sempre  |hù  in  amidaia  col  Pa- 
pa,  e  si  recoDcilìò  col  Duca  di  Ferrara  ,  profittand» 
delle  apertura cbegU aveva  som mi&iftntteDoaFer- 
nnte  Gonuga.  L'  emulaxione  fra  questi  due  Prin- 
ai|H ,  jvocedente  dalla  diversità  del  partito^  e  didU 
gara  della  preceden»,  era  finalmente  degenerata  in 
manifesta  rottura ,  per  cai  avea  aomminùitrato  il 
pr^eeto  una  turbativa  di  giorisdìaione ,  commessa 
dal  Pot«iCJt  di  Baiiga  nel  fare  ea«qoire  l'arrcato  di 


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I9>  StORIA  DI  tOSCANA. 

Ah.  un  dalinqnente  nella  Garfagnana.  ÀTentlo  il  Ddck 
^'C  cotidìsceso  a  certe  formali  sodisfazionì  d' inviare  a 

'  ''Ferrara  il  detto  Potestà  per  rimettersi  alla  diBicre-* 
sione  dell'Estense,  fu  stabilita  Ihi  quesUdue Prin- 
cìpi una  perfetta  atnicitia  ,  con  inviarai  reciproca- 
niente  ì  Ministri  per  risedere  alle  loro  Corti.  Piac^ 
que  a'Francesi  questa  riunione  diCosimo  con  t^Eaten- 
ae,  e  il  Cardinale  diParìginonlasciaTad'insinaarU 
dieilRediFraucia  glisarebbe  stato  piùgrato,  e[ni] 
lienefico  protettore  e  amico  che  Carlo  V.,  proponen- 
do nuovamente  trattati  di  matrimonioedialleanm 
ihi  loro:  silnaiogavadì  poter  vincere  la  ooatansa  del' 
Baca  in  òccasioneappnnto,Gheperrafl&rediPìoni- 
Inno  gli  si  accrescevano  i  motivi  di  alienarn  dalla 
devoàone  di  Ceaare.  Dc^  che  il  &Tore  di  Graiive- 
h  e  del  Duca  d' Alra  non  avea  potuto  vincere  la 
durezza  di  Carlo  V.,cbejOol  pretesto  della  coscien* 
'  ta  tenendo  sospesala  risoluzione,  faceva  torto  al  Du- 
ca e  all'Afflano,  si  era  dai  Ministri  e  dal  Daea  te- 
nuto in  silenzio  l'afTare,  con  animo  di  aspettare  au^ 
occasione  propizia  po'  promoveme  il  fine.  La  mortei 
di  Gradvela ,  e  una  preda  fatta  dai  Turchi  nel  Ca- 
nale di  Piombino  di  due  piccoli  legni  del  Duca  con 
intelligenza  a  favore  dei  Fiombinesi,  lo  mossot»  a 
bt  nuove  istanze  all'  ImperatcHv,  e-  al  Principe  Fi-: 
Kppo  perla  determinazione  di  un  affare  j,  la  di  coi' 
Sospensione  nen  giovava  a  veruna  delle  Parti ,  che. 
vi  aveano  interesse.  Promesse  l'Imperatoredi  con-' 
nderarlo  con  biona  volontà,  e  il  Duca  stanco  ormai 
dì  paroleordiuòasnoiMmistrijC  pregò  gli  amici  che 
nonfacessero  più  menzione  dìquesto  aflSire,  essendosi , 
risolutodiabbandonarlo  totalmente  alleinclinàziMkì 
diCesare,elasciarlo  guidare nnicamente  dal  caso. 
•  Fra* edvva  il  Duca  che  la  fàls^  politica  degllm-' 


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LO.  I.  CU>.  VK.    .  19I 

piràfi  in  ordine! alti  afiìiri  di  Porrtia,  e  ilmotamora  ^j^ 
àtiSeaen  per  l'ereolone  della  nuova  FoEtetcà  noa  ài  G. 
potevano  mancare' di  snstàtane  m  Italia  la  guerra.  '  ^ 
000  Feirtnte  Gomagà,  tàùma»  eviiBtb  di  danari, 

•  ridotto  alla  peosoaità  di  mendihare  dai  Luccheai 
ventiinila  ducati ,  tenera  non  ostante  l'Imperatoni 
fermo  nel  prc^oòtu di soatenerela Trikppa nel Pais 
BÙgiaau,  pascolare  di  aperanu  e  di  belle  parole  Qtr 
taTiae.itCardinalB  FameK, e  (vocurare  di  stancar* 
con  la  luogbeiza  il  Papa  a  continpse  nella  .spcm^ 

•  i  Farnesi  a  stare.  neU'incertoaaj  di  modo  cbe  L' 
imo  e  gli  altri  si  trovassero  astretti  a  ricevere  quali* 
condigioni,  che  più  piacessero  all'Ioiperatore.  Uoit* 
con  Don  Di^  di  Mendotaa  potè  finalmente  indori- 
re  la  Corte  a  eondescendere  alla  istanza  d^  Ant- 
iMsciatori  Senesi ,  gnadagniati  gi&  da  JDòii  Diego  j  t 
«  risolvere  l' anione  della  Forteiza.  Gnuvela  in- 
•tigato  d^l  Duca  età  atato  sempre  di  G<mtrarìopaii(t 
ve,  ma  dt^  la  sua  morte  fu  persuaso  l'Imperatorf  . 
die ,  essendo  .ormai  sooperta  ai  Sanesì  la  auà  inclì* 
Baiione  di  aasoggetteiiì,  qoa  con  vaniva,  avef  piùrì^ 
(iardoconquellispnitisadiiioai,e  tuomltuarj.  Crop 
aeevaperciòsen^repiùla  malacootenteaaa  in  quel- 
la  Repobblka,  e  i  Cittadini,  tanto  disoohli  ira  luro^ 
li  unirono  tutti  nel  compiangere  conaA^menbeU 
perdita  della  loro  libertà.  A  tutto  ciò  si  aggiungev*f 
no  il  violento  procedere  di  Don  Di^o,  é  della  Guanr* 
nìgione,  le  uccisioni,  i  ratti,  i  monopcdj,  e  il  fÒb 
care  om  le  minacce  i  saffiagj  nelle  Magistrature  ^ 
perciò  si  puUilicavano  per  Ik  Città  seditio^  lifaeU^ 
che  eaortavano  i  Cittadini  a  salvare  la  vita,.gìao:^ 
era  potiate  per  lov  l'avere  e  la  libertà^  Aecnesoeia 
Io  sbigottimente  il  lugubre  apparata  di  Procesàmi 

T.  r.  li 


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194  STOniA  SI  TOSCAHA 

^  ■  eli  penheoM,  e  di  pubUiche  preci  ^  perìmploniv 
d;c.<ial  Gittlo  tuigliorì  ooiuigli all' Imperat(H« ì  manna 
^^>^ai  trsKunivaito  peeò  ì  meui  umani  per  {jarantùv 
in  qualche'fbroiadaquntodiaaitrOtpoidi&si.leMe* 
Vano  in  Fnncia-  delle  sarete  oOTriipondenie  ,  pes 
knpqriitfe  U  Bea  proteggcrelaliberU  di  quella  cik 
dente  Rapafeblica.  RimoatraroiM}  aiKxtra  M^Kta^ 
nMnte  a  Coeimo  che  l'og^Ue  delli  Spagnoli  non  em 
wbmente  quello  della  loro  oppressione,  ma  che 
luntavano  eoa  qutàU  Giibadelk  tenere  in  freooaar 
«ha  il  suo  Stato,  e  che  Don  Diego  se  n'esprimerà 
tOD  chiunque  liberamente,  e  perciò,  avendo  egli  iuf 
tépssie  per  impedirne  l'effiAtuazione  ^  imploraTao* 
la  eua  nudianone  presso  Cesare  per  distorlo  da  qoe» 
atodis^Qa  Rcousà  il  Duca  d'ingerirsi  in  qoaUiaiqoe 
ibrraa  delli  aiJEkri  dì  quella  Bcf>ubUica>  giacchi  do- 
pft  la  commlsMotie  datane  dall'  Imperatore  a  SlOB 
Diego  se  n'era  seoifffe  astenuto:  non. comprenderà 
|ierò  come  gli  SpagnoU  .seou  danari  e  sema  prepa^ 
ntaieoi  di  mataiali  potessero  eficttuare  quella.  &b* 
Iwìea,  poiobè  contro  il  comune  dissauo  il  mioacf 
eivla ,  e  non  csequirla ,  oU'  esequirla  lentamente  ^ 
e  con  poco  vigore,  pcAera  dar  tempo  ai  Senesi  di 
tentar  qoridie  estremo.  Né  sapeva  approvare  che 
Con  inutili  formatiti  di  perisie  e  di  Architetti,  e  con 
.  le  pubbliche  controversie  insorte  fra  i  principah  sul 
oh)  j  s' insultasse  tanto  quel  Pubblico  per  còndurto 
all'ultima  disperaiione;  perciò,  sebbene accompa* 
gnasie  con  sue  lettere  gU  Ambasciatori,  che  qu^la 
BepobUica> inviava  all'Imperatore  per  ^ri'ulfcima 
prova  della  sua  clemenza,  ordinò  a  suoi  li inistri  di 
■on  ingerirà  in  venmo  aQare  dei  Seoesi. 
-  ^  era  già  prefisso  il  Duca  di  vincere  eoo  l'iodifr 
fèrenu  l' animo  sospettoso  di  Cesare^  e  rìcoóosceu- 


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AR. 


imi  CAf.msi  nss 

iaii  troppo  aeeeMdrìo  «l  pwiko  l«apemle  nel  caso  _ 
che  iOBqrgeaw  la  goem  m.  Ittlia ,  procurò  aacon  ^  & 
di  :af3crHKere  oqspetto  a  amp9V»i  p«-  potertoipib  &<  >5^ 
«ìUBMiteaoupteredaHb  ÌD<Ì9kiiu<  Perciò  in  occa- 

-  4o«e^<beh  filmina  Gat«ruM<UFffaiiciaamdato 
«Uà  Ince  Htt  naiKhioifedì  aqiicliaGòCteci)0^&> 
àt  apparato^  e  coti  carattere  «ti  AmbMeiakou  Lwgi 
^GappónL ,  cogoato  gii  di  Picco  Stnwii.  >  alEodià  ^ 
«aoeUteaaem  apparente  l'astiata,  a  la^buom  corri>- 
apondeam^.cliè  ^U  teoeTt  coaqualla  Corona-  £bp 
lia  il  Capponi  la.  'più  grata  aocoglinza  dalle  Fera»» 
IM  ReaiijiadaipnBeipeli  Miniatri;  e  io  dteasDStroazt 
jMa  mancò  per  il mo  Ct^aato  di  Yerulio.ufitciodi 
-cerUna,  ediafliethaoaabeBevolentUi  il  faroredaUa 
-Regina  boatefWTa  aUa  Carte  gU  StroE^i  eoo  moUii  ai*- 
storile  e  splendore,  poicbè  Pier»  il  maggiore  di  isaa 
era  Goinalc.ctsUe  Fanterie  Italiane,  e  parievaiM 
«ìpnnc  già  date  del  suo  ralore  era  apprasaOilKd« 
ìk  Nakione  in  ccmetto  di  prode  Gotariero:  pòMedrifa 
4<L'£eudi  infnaiuàa  in  nome  dì  Filippina  soo.fij- 
j^ia,e  eoo  le  proprie  ricebcaae  Bastautava  guelfi 

.  infelici ,  che  uelle  rarolaiioDi  della  Patm  awaiMi 
additata  I^  sua  fiartnoa.  Dotata  di:  rari  tateoti,  adi 
aÌDgolare  avvedutezza  avea  saputo  ftrsi  tenccwdàtt 
fiBcaT'e  con  mirabile  v^ibnzaaeanMreUiltale-in-' 
lidie,  cbb  fesso,  e  gli  Spagnoli  li  aveano  prepaott9 
in  (tirerseoocasiónt,  avendo  pure  reeeotementtescij!* 
forto  k  trame  di  un  certo  Gazcetto  riiwHe  Fiorao^ 
fino  t  che  il  Duca  gli  teneva  appresso  per  avvelenarq 
lO'  Iiaone  ano  Fratello ,  e  Priore  di  iGapaa  iotauaifl 
dava  k  Gaieredi  Francia,  e  l'altro  essendo  Vatcovo 
•mbiva^di  ciltenere  col  iarore  dalia  Begina  il  Capi* 
palio  ttrdinafaio,  ohe  il  Duca  gli  contrastava  aU^ 
Coito  di  Bonn,  Av«a  Pwvo  arniala  una  .GaUta  per 


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^j,  &ipione  ino  Eigtio  naturale ,  che  mattda;n  n'  Sfal- 
di Cta^'ivendolo  £(tto'  già  CkTaliere  di  quelfOrdine,  la 
■5^q'uale:fu  astretta  dalla  tempesta  a,  refogianri'  in  Li- 
vorno-nel  tempo  appunto,  die  il  Duca  visi  rkrors^ 
ira.  Essendo  riooDosclHta  dai  Ministri  di  Gosìmo,  voU 
ÌB  egli  ebe  il  Moretto  Capitano  della  medesima:  fbsM 
Bsaistito  di  rinfrescbi  e  di  muniàòniy  edspo  qiolte 
■cortesìe  regalò  al  Cavaliere  Stroaa  una  sciBait^nv, 
è  unaroo  TtHxhe9Codirarolavoro.L*aTTÌaodiqaci- 
«b>  trattamento  era  giunto  a  Piem  in  Francia  ap 
punto  quando  vi  comparve  l'AmbaBoiatorp-del  Du- 
ca j  e  arenddo  appreso  come  un  prelininahre  d^U 
aca  reconcìliasone  con  Cosimo,  e  delle  disposi cìmu, 
'  dle*6iB0  aveasa  di  attaccarsi  stabilmeatealla  Gcfttp- 
M  di  Francia,  dichiarò  all'Ambasciatore  lagratì- 
tndiàe;  che  per  Questo  fatto  profusava  al  Duca,  dh 
vuv  sperava  maggiori  grazie ,  proteatandoii  di  amie 
abboodonalx^ogni  penuero  delle  eoa*  di  Toicina>« 
di  desiderare  ardentemente  di  serrirlo,  quando  ì  dt 
lui<intereS8Ìfotearo  congiunti  con  quelli  ddRe.  Vi^ 
le  ik  Duca  mantenerrPiero  iu'  questo  proponto, pr(^ 
mettendoli  ogni  iàvore,  qualora  già  fòsse  sicuro  cht 
per  lui  più  non  i  restasse  alterata  la  quiete  deUft 
~  Toscana. 

Produssero  querte  dimostranoni  ¥  efetto  deside- 
rata da  Cosimo  ^  poiché ,  conoscendo  gl'Imperiali 
di  qual  dannoearèbbe  stato  in  simili  cimntaBce  all' 
Imperatore  l'alienazione  di  no  cosi  fedele  Alleate^ 
ai  ^valsero  dell' opera  del  Papa  per  richiamarlo  ini 
sensibilmente  alloro  partito  ^  o  almeno  trettentrló 
con  le  Speranze,  affinchè  non  si  gettasse'  id  braccib 
ai  Francesi.  II  punto  più  difficile  Ma  il  tanta  viilt* 
promesso,  e  non  mai  esibita  possesso  Ai  Pfom!»- 
noj  tanto  più  che  già  li  erano  note  le-  ultime  fto^ 


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tlB.  I.  CAP.  VII.  1^ 

^rioai  Atte  dai  Htaùtri  a  Sua  Bbnt^..  Am*  an. 
BÓ  finalmente  il  Doria^ilGonuga^e  illleiidona^<^ 
progetlatb  a  Cario  V.cfae  potendo  ilRe  asconda  te' 
erdinaxioiii  di  Spagna  riprendere  il  Fendo ,  quan- 
do con  eaigeva  l'intereise  aniTcraale  dcraiioi  Stati, 
dichiarane  bU' Appiano  la  ricompensa ,  e  investiaM 
di  Piombino  Filippo ,  con  sodii&re  il  Daca  di  og;m 
no  credito ,  olfreudo  i  Genoresi  le  somme  occor- 
renti per  questo  efletto^À  questo  trattato  aceoaseliti> 
Ta  ancora  l'Appiano,  e  «tentava  d' illaqueere  il 
Duca,  perchè  vi  aderisse;  ma  c^li  non  pota  cent*" 
Bersi  dal  &r  comprendere  alla  Corte  che  il  danatn 
aon  adempirà  l't^bligaxione  lattali  dall'  Impera 
forerai  quale  non  poteva  in  questa  occasione  man- 
care presso  il  Mondo  la  taccia  di  fraudolento,  e  ra- 
pace :  che  non  si  lusingassero  di  avere  in  imo  pote- 
re Portofietrajo,  oggetto  dì  tante  sue  jMvmnre ,  per 
valersene  contro  di  lui,  perchè  ^li  o  lo  avrebbe  sos- 
tenuto con  le  armi,  o ,  costretto  dalla  fbrsa  a  re- 
-stitairlo,  ne  avrebbe  spianato  le  Fratificacioiiì -,  e 
riempito  quel  Porto;  e  finalmente  che  siccome  l'Im- 
peratore credeva  piiì  ai  suoi  nemici  che  a  lui ,  così 
egli  per  l' awwiìre  avrebbe  confidato  meno  in  Sua 
Uaestà  fChe  Da  di  lei  nemici-  In  tali  circoatanaeGiu- 
ho  III.  insinuò  al  Duca  [^-udentemente  che  l' alie- 
narai  dal  partito  Cesareo  poteva  ìmptvtare  la  soa 
totale  rovina ,  poiché  avrebbe  dato  ardire  e  corag- 
gio a  quei  Cittadini,  ohe  aspettavano  con  ansietà 
r  occasione  di  tentare  novità  ;  che  anzi  era  smo  in- 
teresse il  dissimulare  qualunque  trattamento  li  ba- 
se fatto  da  Cesare,  e  iSÌre  die  gli  altri  lo  credessero 
tuttavia  attaccato  agi' interessi  di  quatta  C«Hte;cha 
il  tempo  e  gli  accidenti  avrelthero  taibo  d'inganna 
l' Imperatore ,  e  .finalmeote  che  ^li  oOeriTa  d' isr 


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tgB!  StORU  DI  TOSCANIl 

^j,  terpom.Éoo  Sna  M^esià,  perchè  deveanse  a  ^pùS.- 
diC-cbe  più  decorosa  risoluKÌoue  neU'aflàre  di  PÙHnbit 

i55oq^^  Il  VescoTO  d'Imola  fu  incaricato  da  Sua  San* 
tità  di  questo  ufficio ,  e  ne  ritnsae  da  Carlo  V.  ot- 
time speraofte ,  ed  eapresaioni  molto  amorevoli  Ter-n 
80  il  iWa ,  riierando  chiaramente  che  l' Imperato* 
M  tenevA  aoiBpew  adartel'aflare  per  non  dispiacer* 
■1  Doris ,  «ai  GeDoven  «  affinchè  nMi  altensaero  la 
^icte  d' Italia^  Tutto  occupato  dalle  stabilimwto 
della,  snccesaione-,  e  dalla  couvocazione  del  Gmci' 
lio>ftTea  aUsaodonato  ciecamente  alla  cura  dei  suoi 
Utnistri  gli  artari  S  questa  ProTincia ,  Che  erano 
GAudoUi  dalla  passione >  e  dall'  interesse,  piii  cha 
da  una  giusta  politica.  Il  Vice-Re  di  Napoli  era  ma? 
nifestame&te  nemico  di  Don  Fetrante  e  di  Don  Dìe^ 
go  ;  il  Duca  Cosimo  si  cooteoeTa  col  Vice-Re  da  pa- 
rente, con  Don  Ferrante  da  amico ,  e  odiava  iater- 
Bamente  Don  Diego,  phieurando  però  di  noadisr 
piacere  a  VOTuno ,  e  di  non  mesct^rsi  nei  loro  af^ 
&ci  y  ma  troppo  li  di^aceva  che  da  queste  animo- 
aita  e  contradiiioni  ne  dèrìvasse  manifestamente  la 
voTÌna  dei  Popoli ,  e  il  pr^iudiaio dell'  Imperatore; 
poiché  £iólmeiUe,  senza  la  mak  inleUigià»a  fra  il 
Duca  e  Don  Diego,  non  si  sareUw  eoo  tanta  ostina- 
sione  insistito  sulla  Forteaza  di  Siena ,  giacché  l'Ini- 
pcnitok«  mostrava  dì  piparsi  alle  lacrime  dei  Senen 
n;  e  senza  l'animosità  del  Gons^  coatro  i  Far' 
Wsi  nso  «t  sarebbe  accesa  in  Italia  una  goerni  per 
la.  ceaservaàone  di  Parma. 

RefcUtuiU  a  Ottavio  dal  Paf^  la  Città  di  Parma, 
e  introdotto  alla  Corte  iltrattato per  la  restitotio* 
ne  di  PittcéDBa  ,  gì'  Imperiali  trattennero  con  spe- 
vaiiie'9  promesse  i  Fariacn7^**ntoche  non  fnro- 
B*aastcm-ati  dell»  propmùone  di  Siua  Santità  -al 


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fvtitodi  C«aaK>  Allora  Don  FemntoyiafèstaDdo  ^^ 
eoli  attore  Truppe  qpel  Territorio.,  «  molesAandotodiC, 
eoa  prede  di  imìtUmii,  e  di  Grani  io  tempo  ddla  '^^ 
raccolta,  pietHideva  di  ridotte  Ottavio  alla  necessita 
di  «edere  finalmente  quella  PianBV'>ediooatentaraì 
4ella  ricompnUB  propostali.  Più  idtre  ancora  si  e* 
oteoderaBo  le  «stilità  del  Gonuga  j  poiché^  avendo 
tntelligcoB  oon molti  Feudetarj  dell'Imperatore 
«Aie  ri  trovamio  in  quella  Città,  stava  Ottavio  eoo 
wi  ottremo  tiinore^  e  con.  una  esattinnu  vigilan* 
nìngaardarc  )t  Ma  vita ,  e  in  cnatodire la  Piami 
-  Mri  principio  dell' anno  fìi' arrest»tò  iaPanauii££t 
fin  Guaaccmerilqwue  depose  £ra  i  tormenti  die 
Don  Ferrante  lo  spediva  e  BoMa  a  Doa  Diego  ^ 
perdiè  gli  desse  ogni  ajuto  per  awelenareil  Cor» 
di  naie  Farnese,  éti  quale  «ra  già  familiare  ,  «ven* 
doli  promesso  cinquecento  ducati  d' entnta  ,  qua* 
lora  effettuasse  l'impresa.  U  Cardinale  .mostrò.  ìl 
processo  al  Papa,  e  le  traMonesss  all'Imperatore  con 
esebire  il  Pri^ooerO'  per  contestale  i  dentasti  ^  nw 
uè  l'uu»nà  i'alt»  nMstnRvnadi  pnstar  fede  al 
Farnese.  Ridotto  perciò  Ottavio  al  ponto  di  cerca* 
re  un  estremo  rimedio  in  cnripwiotdoBi  sibnnane 
pro&tld  delle  oflerte,  che  cimtinuanevte  gli  &cevi 
il  Re  di  Francia^  annoso  di  rooowrgaerraia  Italiat 
Prima  peròdistalnlireil  trattato  «lomaB^à  al  Papa  i 
soccorsi  necttser  j  per  so8teneri{uelkPiafem,o  la  fiiool'' 
tà  di  chiederli  ad  aliti.  Sua  Santità  avoa  trovato  l'era* 
rio  esausto,  e  depredato  t^tto  dall'aateeessere^é 
in  oems^uenia  era  impotente  a  sManuaistrare  a  Oti. 
tavio  il  soccorso,  ma  non  poti  per  .giiutina^dMiifai^ 
li  di  chiederlo  ad  altri.  Di  questi  accidenti  4ra  il 
Duo*  Cosimo  inlamato  dal  Papa  mederinw  che  i» 
Ttcbiedera  di  consiglio ,  per  provvedere  nella- «qi*- 


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soo  STORU  DI  TOSCUTA 

^^  glior  forma  alla  quiete  d'Italia,  6  ak  beoe  UDÌvima-* 
di  C.  le  dei  Cristiani.  Rimostrò  U  Doca  a  Saa  Santità  cfaa 
^^'  l'Imperatore  e  il  He  di  Francia  erano  i  due  Piinci* 
pi,  che  regolanno  la  aorte  dell'Eon^;  ma  che  l'I- 
talia seguitava  quella  dell'Imperatore,  il  quale, 
poasedendoTi  molti  Stati  dorea  dasidsrare  che  oc» 
TÌat  turbasse  la  quiete  ,  perchè  non  gli  Jbsaevo.al- 
toratì  ì  posBeSBi  dei  medesimi  /  <^  il  Re  di  Fran* 
da^  non  avendo  alcuno  Stato  in  questa  Provincis^ 
non  avea  in  cons^uenza  altro  desiderio  che  di-  oo- 
mparne  ;  e  siccome  le  sole  sue  fiinc  noD  avrebbe- 
'  '  To  potuto  bilanciare  quelle  di  Cesare ,  avrebbe  aov- 
iKTtito  gli  altri  Stati  liberi  d' Italia  per  coll^arsi  eoa 
esso.  Fra  questi  lo  Stato  della  Chiesa,  e  per  la  (bi^ 
ca  e  per  l' autorità  del  Pontefice ,  essendo  il  più  po- 
deroso, poteva  in  conseguenaa  secondo  la  dì  lui  pru> 
denca  risolvere  della  pace,  o  della  guerra  di  quésta 
FrovinciB ,  in  cui  le  furze  non  essendo  divise ,  coma 
lo  erano  «i  tempi  di  Giulio  lì.  a  di  Leone  X ,  non 
«r«  perciò  piò  a  proposito  di  &r  l^he  e  trattati  di 
«quilibrìo ,  «Hne.eaai  fecero  senza  incorrere  in  ma|[- 
giori  pet-icoli:  che  non  vi  era  altro  partito  che  quel- 
lo di  duiservare  la  presente  aituazioDe  politica  delli 
Stati,  e  jH-ocurare,  che  Parma  non  cadesse  in  pete- 
n  né  ddl' Imperatore  né  del  Re,  ma  [H«aderU  in 
defusìto  a  neme  della  Chiesa  j  o  darla  ai  Yeneiiani 
ODO  questo  titolo ,  perchè  altrimenti  sarebbe  stata 
iMTitabik  la  guerra.  Si  puM>licò  frattanto  il  trat- 
tato di  Ottavio  col  Re ,  il  quale  assunse  la  proteziO' 
nediCasa  Farnese,  e  la  difissa  di  Parma.  Procuròil 
Papa  di.distorre  l'unoe  l' altro  da  questa  i&trapre- 
aa  jpnqttnsiido  ricompense , e  progettando  accomo- 
damenti pisr  jevibtre  la  guerra  ;  ma  provato  kuittl» 
0|m  tentativo  dichiarò  Ottavio  ribelle^  e  decaduta 


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Lffl.  I.  Càf.Tn.  •  MI 

éik  ogbi  dìiitto  ;  e  prerogatin  ;  perciò,  rtcUcIo  ar-  ^^ 
riccfaiti  i  àooi  eoo  le  ^toglie  del  Farnese,  assicurato  di  C' 
4eir  animo  di  Carlo  V ,  ai  preparò  alla  guerra ,  e  it  '^^^ 
Dùca  s'impiegò  anbìto  a  pròvvedM'li  geati ,  e  dana- 
ro .  L' Imperatore  à  scosse  dalla  sua  naturale  indo- 
lenza, e  feM  intendere  all'Ambasciatore  di  Fran- 
cia ,  che  riaedeva  alla  sua  Corte,  che  se  il  Re  non 
volere  mancare  a  Ottavio  rìbdle  della  Chiesa ,  così' 
egli  non  poteva  mancare  al  Pontefice ,  costretto  dal- 
la  necessità  a  prender  le  armi  :  incoricò  Don  Fer- 
rante di  assninere  sopra  dì  se  tutta  l'impresa  sotto 
nome  del  Papa ,  e  dichiarò  formalmente  in  scritto 
al  Pontefice  essere  sua  volontà  che  Parma  restasse 
alla  Chiesa. 

Ii'ìncendio  di  questa  guerra,  stccome  minaccia- 
ra  di  mettere  in  combustione  l' Italia ,  sgomentava 
perciò  il  Duca  Cosimo ,  che  per  la  situazione  del 
soo  Stato  era  più  di  ogni  altro  esposto  a  risentirne 
gli  effetti  ;  esaminò  pertanto  le  sue  circostanzej  e  cre- 
dè necessario  tenersi  in  una  perfetta  neutralità,  che 
non  potesse  dispiacere  a  vn'una  delle  I^rti  ;  dal- 
l'altro  canto  non  poteva  mancare  al  Pontefice,  co) 
^uale  era  congiunto  di  amistà  e  d'interrasi,  e  U*op- 
po  gli  dispàaceva  l'infelice  stato,  in  cui  si  tro- 
vavano in  Italia  gl'interessi  dell'  lmperatore>per 
il  mal  governo  dei  aatà  Hiniatri.  In  Siena  si  £ib- 
bricava  ormai  la  Gittaldella  con  danari  impresta- 
ti dai  Lucdiesi ,  e  spremuti  ctm  vitdenza  dai  me* 
desimi  Cittadini  ,  che  non  n  aaiàavano  di  piangA« 
la  perduta  loro  libertà  j  e  mordevano  il  freno  che 
gli  teneva  vincolati.  Piombino  era  mal  guardato  e 
senia  Fortificazioni,  e  unaArraata  Turchesca  di  cen- 
totrenta Galere  minacciava  di  salire  a  Ponente.'  In 
tale  stalo  di  cose,  titubandosela  neutralità  potesse 


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3M  STCmU'DI  TOSCANA 

Air,  a^cHtarlipiù'pericoIecheneunzi»,  riflieCtcìtclo&Ua 
dì  C.  iÌKddeiu  e  poca  gnititiuliiie  di  Carlo  V.  t  il  eaao  gli 
'^'  prsfentò  t' occauone  di  moitrarai  iadif{ìyente,e  ren- 
dere grato  aiFnac«n.OraBÌoJfàrDMeDiicadi  Ca- 
stro ,  Te4eDdo  dalia  Corte  di  Fraacia  con  due  Gai- 
kre ,  naiifragà  «Uà  ^Hag^a  di  Fìetrasanta  ;  arreata-^ 
lo  ^li  «d  il  suo  Segaito  dai  Ministri  e  Guardie  di 
^imo  »  Kriase  al  Duca  esaere  spedito  dal  Re  a  Par* 
ma  t  per  .trattare  con  Cfttavio  di  aedia&re  il  Papa  a 
a«ifiici]dere  k  ostilità}  il  Duca,  beochè  cocuMcasatt 
l'toaussiateasa  di  qwato  pretesto,  rcdle  nou  oatan- 
te  cbe  S9V9  noa  aolo  rilàaciato ,  ma  ancora  aaaiati-* 
lo  per  proaeguire  il  viaggio ,  e  che  ai  porgeae  ogni 
ajuto  per  sollerare  il  suo  seguito  dagl' incomodi  dd 
cofTerto  naufragio.  Quanto  fu  gradito  alla  Corte  cU 
Francia  questo  modo  di  procedere  del  Duca ,  altrat* 
tanto  dispiacque  agl'Imperiali»  che  tuo  tralaaci»* 
roDO  di  valersene  per  renderlo  maggiormente  so* 
spetta  all'Imperatore.  Piero  Croati  era  già  paasato 
in  Italia,epermeiao  del  Duca  diFeiraraicoecom* 
prendov  a  Cosimo  ehe  egli  non  era  p»  ntucerli  ^ 
«ssendo  spogliato  di  ogni  passione  circa  le  ooae  di 
ToM^na ,  avendo  aolo  in  mira  il  scrviaio  del  Re  i 
mosti^ó  il  Duca  di  gradire  questo  ufficio ,  e  replicò 
che  .^liera  solito  prestar  £^egnititiidÌDeaUe<^>e> 
re,  e  non  alle  paróle  ;  e  avendo  preaestito  che  «m 
per  passare  «Ila  difesa  dello  Sutn  dS  Gaatre^  prepa- 
rò  i. soliti  agttrti  «nUe. frontiere  del  Dominio  Senése. 
Area  intanto  OQDcertato  il  Papason  l'Ioiperatoredi 
porre  in  arme  eeimila  lènti  e  trecento  cavalli;  e  il 
Duca  permesse  a  Sua  Santità  di  cavametremiia  dal 
suo  Dominio,  e  altri  ottocento  ne  ooncessae  al. Le- 
gato di  Romagna  per,  dileaa  di  quella  ] 
6iò  x^on  impediva  che  il  Duca  di  Fen-ata  fi 


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tn.  I.  CAP.  vji-  *>3    __ 

tKuOUinrioraocoaaédanientojegiàUF^rziMeeraper  ^^ 
coBteMtarù  della  ricompensa  di  Camerino,  e  di  aìtrì  di  C 
aBB^^mentinc^Marca,  quando  Don  Ferrante,  per  '^^ 
ea^ave  le  iatrtizio&ì  di  C^arc,  si  messe  alla  metà 
di  Giiigno  in  campala ,  per  itepedire  il  trasporto 
dells  raccolta  nelU'  Città.  Questo  sucoesao  ruppe  6-> 
gni  trattato;  e  Gioranni  Batista  di  Monte,  IVipote  di 
Sua  Sentiti:,  si  mosse  anch'egli  col  auo  Esercito  Pon- 
tificio per  untrri  al  Goniaga. 

Sebbene  il  Duca  avesse  segretamente  soccorso  U 
Papa  di  uomini ,  munizioni ,  e  danari,  dimostrava 
BOU  oaUntc  di  mantenersi  nella  professata  neutra- 
Utè;  e  aiceeme  alla  Corte  di  Francia  era  stato  rap- 
^«seutatò  il  aoccorso  dato  al  Pontefice,  dopo  aver- 
lo dentato  aOUavio,  credè  necessario  di  cmiorarsi 
delle.  intensioDi  del  Re  verso  di  lai.  Giustifica  per 
mesao  dell'Abesciatorc,  che  avea  concesso  al  Papa 
la  leva  di  aoldati  uel  suo  Dominio,  come  l'avrebbe 
accordata  a><{ualunqii«aItro  Prìncipe  fuori  che  a 
Ottavio,  che,  volendo  valersene  per  la  Goamigkine 
di  Parma,  non  arrebbe  potuto  richiamarli  poi  al  suo 
•ervicio  nelle  occanoni.  Qtiesta  giustificazione  del 
Duca ,  benché  fosse  creduta  più  un'  apparente  oc- 
casiona di  scusarai,cheuDa  sufficiente  cagione,  ci^ 
BMi  ostante  dimostrò  il  Re  di  persuadersi ,  e  aasicn- 
rò  GoBimo ,  che  stando  neutro,  non  solo  le  sue  ar- 
mi noa  lo  avrebbero  offiaso ,  ma  piuttosto  gli  a- 
vrebbero  prestato  soccorso  ad  ogni  riehiesta.A88tcu- 
ratoai  perciò  il  Duca  dalle  aggresrioni  dei  Fran- 
cen  ,  si  applicò  interamente  a  provvedere  alla  di-: 
ièsB  idei  suo  Uttorale  nell'imminente  passaggio 
della  Fiotta  Torcheaca ,  TeclaUndoGaval)eria,  e  for- 
tificando i  posti  importanti  :  lo  affliggeva  però  l'in' 
aalonsa  di. Don  Diego  po'  la  di&M  di  Kombìno  a' 


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ao4  STORIA  DI  TOSCANA 

Am.  P^^  ^  cbiaoque ,  dove  erano  già  rovinati  e  distrili)- 
dìCti  i  Forti  da  esso  fatti  nel  paasaggio  di  BarhavoUB, 
''^^'  e  la  mancanza  di  genti,  e  di  danari  ^r  proTTedervi 
opporluuamente.  Tale  essendo  lo  auto  di  quella 
Piazza  prevenne  Don  Diego,  rimoatrandoli  che  al 
primo  cannone  postato  in  terra  dai  Turcbi  reatereb* 
be  subito  occupata  ;  e  questo  poteva  essere  il  d^no 
frutto  di  un  negoziato  di  sei  anni»  e  di  tanti  intri* 
ghi  per  impedirgliene  il  possesso  :  che  se  pensasse- 
ro  d' incaricarlo  della  Fortificazione  e  difesa  di  quel 
luogo  come  al  tempo  di  Barbarossa ,  egli  dichiarava, 
per  tempo  che  appena  avendo  danari ,  e  fbne  da 
difendere  il  suo  Littor^le,  avrebbe  aicuramóiteTe' 
cnsato  questo  assunto,  e  in  conseguenza  il  suo  pa- 
ttxe  era ,  che  piuttosto  si  smantellasse  tutto,  e  si  ri- 
ducessero gli  abitanti  nei  Castelli  circonvicini.  Ri- 
cevè Don  Diego  ben  vokmtieri  questa  dichìarauo- 
j  ne  del  Duca,  per  malignarlo  alla  Corte,  la  quala 
nra  stata  prevenuta  dallo  slisso  Cosimo ,  che  subi- 
to accesa  la  guerra  di  Parma  avea  già  scritto  ali* 
Imperatore ,  che  si  fwevalesae  pure  dì  quel  Feudo 
a  tuo  talento,  se  lo  avesse  giudicato  dì  suo  servizio^ 
perchè  non  dovea  esserli  molesto  in  tali  urgenze  pec 
questo  affare,  e  perchè  i  giusti  riguaitli .  non  gli  a- 
vrebbero  permesso  d' intraprenderne  la  difesa  per 
altri:  furono  perciò  imaginate  corrispondenze,  e 
trattati  del  Duca  con  i  Francesi ,  inndie  e  macchi- 
nazioni tali ,  che  Carlo  V.  credè  necessario  di  lare 
avvertito  il  Duca  delle  falsità ,  che  gli  erano  «^m>- 
ste ,  e  della  malignità  dei  suoi  avversàri.  Questo 
tratto  di  generosità  obbligò  Gobimo  a  svelare  all'Im- 
peratore le  animosità  de  suoi  Ministri ,  gli  ettari 
che  commettevsno  nel  suo  servizio ,  gl'inbighi  di 
£«lviati  p^  ingannarlo,  e  airivai'c  al  Papato,  e  fi- 


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LIB.  i.  CAP.  Vn.  aoS        .     . 

Aklìnenfe  il  pencolo,  che  correvano  gli  Stati  d'Ita-  j|^ 
]ÌB  'aeàm  DD  pronto  riniedìo.  Giu8ti6cò  che  questodi  Ci 
atto  procedeva  sola  da  zelo  e  affezione  per  Saa  Mae-  '^'* 
É&,  e  iioa  da  timore  che  avesse  di  costoro  ^  perchè 
^eVft  egKr  La  Maestà  yostfA  (kmsiderì  t^e  non 
avendo  '■  io  ancora  mancato  a  me  '  stesso  mi  trovo 
Uno  ^tàto  pacifico  di  presente  ^  non  vo^io  din 
liceo,  ma  ne  anco  al  tutto  pòvero^  dotato  di  peri 
sone  ingegnate  da  potersene  servire  ,  Jòrhito  dt 
fortezze,  munizioni,  e  arti^ierie  in  modo  da  con- 
tentarsehe;e  sabine  sono  esausto  di  danari,  tpte- 
tic  pelò  non  lo  sa  ogni  persona  ,  onde  per  tutti  i 
■rispetti  non  debito  avere  invidia  ad  altro  PrineU 
pe.  Italiano  a^iunta  la  ftUcità  ,  che  Dio  mi  ha 
dato  ^ei  figli  ;  le  qutili  oose  tutto  MÒbene  da  un 
cura  0  sono  di  mio  gran  concento,  d^'tUtro  to  be- 
ne che  ni  fanno  ta'nta  inmdià  appresto  dOli  altri^ 
che  ,  benché  di  mia  natura  io  ùerchi  giovare  a 
tutti,  non  per^basia-j  onde  moifi  ini  vogliano  ma-i 
le.  Protestò  alla  Corte  di  non  volere-  in  arveoiró 
tnttare  [mù  coni  Don  Diega  ,  il  quaW  ebJbe  U  corag* 
gin  di  portarai  a  Firenze  per  gìuatificarai  peraonaU 
mente  ;  fra  le  aue  diacolpe  disse  che  nell'affiiFe  di 
Piombìnb  non  avea  potuto  agire  diversamente,  per^ 
cbèessendo  l'Imperatore  cosi  avido, -era  necessaria 
cfce  i  Ministri  per  manteanti  in  gratta  lo  conn- 
glìaaaero  a  prender  ttitlo  per  a».' 
'  Avrelibe  il  Dueia  deaerato  di  potere  personal- 
jnenfte  infiumare  il  Prinape  Fili{^deUi  sconcerti 
d'Italiaj  e  del  maltalento  dei  Hiniètri  dell'Impera- 
tore, ma  la  gnenra,  che  iacfndeli<rfc  alle  Fhmtiere 
d^  SBO  Dominio  Aoa  fi  permeMse  di  aawintarsene . 
Qoesto  Principe  ritcM«ava  in  Spagna  col  rammarico 
dì  vedere  avaniti  ti  ambinosi  prediti  di  ano  Padre 


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m6  STORU  di  TOSGIMA 

Ah.  V^^  ^^^  anccedere  all'Impero,  e  con  la«ciara  ^d\^ 
di  C.  propria  famiglia  il  swspetto,  e  ladiflideu;ta.  Lai^f 
f^-'gioa  Maria,  a  cui  Carlo  Y.  «uo  fratello  ave^  coni» 
mewo  r  ea^oiuipne  di  (pacato;  piano,  non  poti  ot^ 
nere  che  "vi  acconfeoCissei^p  il  Re.  dei  .Eimiaaij  g^ 
Arc^divbi,  egli  Elettori.  Per  copciliare  gì'  ioterewi 
Ael\e  due  Branca  era  stato  iougiqato  di  br  dicljui^. 
rare  il  Re  dei  Romani  Conàorte  di  Cesare  oell'lnf 
|>^,  e  Massimiliano  Re  di  Boemiai  e  FUipfMi  Erìo' 
c^  di  Spagna  Consorti  in  IpogQ  del  Re  .dei  Boowni 
^Ua  soGcesqioDe;  ma  gli  JEUcttori,  «  i  Principi  d^^' 
i'  Impero  rigettarono  asK^utameate  quest'ocdineili 
sucobàsnJfvtàà,  asHUido  inutile  Ja  dimom  ài  Fìl)ì[ih 
pò  iu  Germania,  fiaeicettaria  la  aaa  presenia  in  Spft* 
gna  nella  imuiioenter«ltur«di|[iurra  co^kFnik- 
eia,  diacW)  ft  Tr«^.paMà  a  GeiwTa  per  tragliiit* 
tvr»  sulle  G^re  del  Ilorii  «i  Porti  di^pf^^  :  «pedt 
U  Duca  Ippo^todi  Coreggilo  cui  dinorgsu  S^pttA* 
per  ossequiarlo,  e  preaeoterloxdi  rar|dqni.  Actxiln 
U,Priacip«.gr»«bsa(neata  q«Mt*  dimostniione .di 
Gosirao,  ed  «pprovd  «he^^U  non  lì  bsae  al|oalu«ta 
dai  siioi  Stati  in  circostanze  cou  p^ricoloM;  ed  id- 
&tU,  oUre  ai  soccorsi  ch«4oa>mi«itriva. ai  Papi 
coBtiiuumente,  Barriva  anooraairimpent(H4>  OA 
procurane  di  tenftre  Sua  Santttiifiwna.'inqiiieitBiil'*  ' 
l4»Bn-  RìcmÀ  antonJa  Fireoi» «Ottilia  Ma  p»N^ 
it  Cardinale  Farnese,  dove  il£aptleaTC«  raieptUix 
c:9Cordatoai  dtìk  jaotùbe  bSe*e  l«all(^iònelU|n- 
lioo  F«lazri»4a'Medicij«lÌ4wegr)ò>l'wQ  delU  ViUt 
<^  Capeggi, 'c40J:'ioi}liQ«rW  di  aMufiUHye  di  ofBn 
cùMiti.  Questo  Carditialie  mentre  dimotà  in  Firenaa 
face  riaplend^ra  i  suoi  talenifi  DeLtr«tiwraa  faverirtt 
UominidiUttere,  dimostrò  m^ta  pn^leutt  nelcotf^ 
Tenore  col  Duca,  «  ^ustà  d«l  MUifTo.deUf  cafic«.> 


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1.1»  i  jc&p;  vn  ioj 

9  A  i^Uivmtà^  a  fÌMCf  f  Mbti  appetirà  dalteTiT 
gìoTMitù.  IijiquMa  quieta  A  ttava  «pettatoretran-di  e. 
quillo  dei  diuutri^cheaoflt-ÌTapwauacagimierita'''^^' 
be,e  che  laibacdaTano di  éaiendeni  per  l'Europa! 
Poco  aTe«i»fiaera  profittato  le  armi  Pontificie  ^  é 
Imperiali ,  peitltè,  fuori  della  oecnpaDOne  dì  Ga- 
Ara  t  e  d^  dcdiaieoe  di  GtdoriiOj  dod  altro  aveenà 
eperatoeheiiiutàUdèpre^xiDDi,  epiceoleacaranluc- 
ce  f  che  dok  affano  potute  ooitiUiire  Don  Feti-aiite 
ÌB  gradodìpOrreaPannaQaaavedio  formale,  itensl 
i  f  raiMeà.  sen^are  più  8Ì-aDÌma?atU)  contro  il  Pon^ 
isfice,  poicbè,  dopo  «ver  peeccatato  contro  il  Con* 
cìlio  già  i^)o«Bdetato  in  Trento,  inÌDBCCÌar«i<vaì 
Papa  un  Concilio  Danuaale  périlistaccarn  dalla  ob^ 
bedienaadella  ChiAa.  Avea  dato  moto  a  qtuato  pen* 
siero  un  Breve  ac^ìtto  al  Re  dà!  Pontefice  con  eq>tW9* 
itom  rìamtitee'paDgcnti,  m  cui  donandara  ilre* 
■ardmcDto.det  danni,  che  te  atte  Genti  aTeano  fatto 
DelBelogneie^elacitaTa  axéndertiecoDtoalTribn- 
Baie  di  Dio- nel  caso.,  che  denegasse  di  BodisTarlì'; 
Oltre  (U  céd  mancava  questo  Breve  delle  consuete 
formalità  e  titoli  di  dileDone,  il  che  finalmente  iiw 
pogaò  il.  Re  a  hcemiare  il  Nunzio  dalla  sua  Corte, 
dicendoli  che  il  Papa  lo  avea  trattato  da  peccatore, 
na  d\t  il  più  grave  peccato^  dì  cui  dovesse  rendec 
Gonto  a  Dio,  era  qtM^  di  aver  conaentito  alla  di 
Ini  dexione.  - 

Ciò  Boo  ostante  con  gran  maravigUa  dell'unlver' 
Mie  ai  stava  il  Papa  tranquillo  io  Roma,  ie  allonta-^ 
nandosi  dalli  aflari  godeva  i  piaceri  della  quiete,  s 
le  deliùe  della  eoa  Vigna ,  compiacendosi  della  sola 
compagnia  del  Cardinale  BertuCcino,  e  della  Ernlis 
soa  .Nipote.  Dall'altro  canto  fremeva  il  Duca  ohe, 
dopo  aver  tanto  promcs»  all'Imperatore  del  di  lai 


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9o8  STORIà  DI  TOSCàNÀ 

'"'^  t$T^)Lsin,  e  ddla.  soa  Gnrnwua  nelwatentf  ^Bàtt» 
ai  c.^P*^^*  «waaeDra  talmeoteTarùto  dÌMutiineo^ 
i55i  e  si  foase  taato  aUenato  dalla  ademiia  diCeaare,  a) 
fe^ag  di .  denegar»  le  udiente  ai  Ministri.  Né  sapeva 
TÌocere  la  di  lui  astioaU  iwiIvvmm  dimm  volere 
iar.OfyrdiiiaU  secondo  là  mente  deU'Iinperitore,per 
{lilaQfiiarf  i  partiti  del  Sacro  Gollegìe;  poicbè.per  la 
morte  di  volti  SoggMi,  addetti  già  Bipartito  Impe* 
riatfripredomitumoo  in  ^foesto  Ceif»i  Francési,  in 
niod^  che,«iiiCcodendo.ina^ett«taMettte  la  racaou^ 
sarebbero  stati  gli  arbitri  d^dla  iiuani:dexi(MM.vptf  * 
tiò  insisteva  continaamente.  pnaso  il  Pontefice  a£- 
^nchè ,  prevalcodesi  dcUa  preacote  eottora  con  la 
FraoCia^elcggesse  Oli  bnon  nomerò  di  Gantinali  Im- 
perlali; ma  l'irresolutezza  ttel  Papa,  tì  il  timore  dì 
non  intorbidare  nuggiormcute  gli  aflàri  del  Giaci- 
lio ,  rendevano  inatiU  k  premure  dì  Carlo  V.^  del 
Duca  perquetfof^getto.  Non  si  stancava  il  Duca  di 
scuoterlo  da  questa  indoleoza  con  frequenti  q>edi* 
sioni  ^  HBf^BVsentandoli  la  critica  situazione  dell'I- 
talia f  e  la  guerra  generale^  che  sovrastava  alTEuroi^ 
pe.  Finora  si  era  guerr^giato  tra  il  Papa  e  Ottavio; 
I  Francesi  vi  aveauo  preso  interesse  come  alleati  del 
Farnese ,  e  gl'Imperiali  come  Protetteri  della  San< 
taSede,  protestando  Tona  e  l'altra  Parte  dì  tener 
salda  la  pace  di  Grepy  ;  ma  mentre  tentavaDO  d'in- 
gannarsi scambievolmente,  ciascheduno  si  prepara- 
va alla  goó-ra.  Carlo  V.  avrebbe  voluto  espugnare 
la  Mirandola,  e  scacciar  dall'Italia  i  Fruicesi  por 
rendersi  l'arbitro  di  questa  Proviacia,  e  per  impe- 
dire che  li  frastornassero  gli  af&rt  del  Concilio , 
giacché,  i  Protestanti  anch'essi  lo  ingannavano  con 
]a  lusinga  d'intervenirvi.  Enrico  II-  all'i^^tosto  t»< 
mev^  della  Mirandola ,  e  col  presto  di  soocorrere 


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LiB.  I.  GAP.  yn.  009 

,OttaTR>  durava  di  assicurare  alla  sua  Mianarcbia  ^„ 
UQ  -riguarderole  stabilimento  in  Italia;  collega-di  C. 
tosi  col  Turco  attendeva  l'arrìTO  della. Flotta  Tur-'*^' 
chetea  per  dar  principio  alle  imprese.  L'Impera- 
tore -inTiara  dei  Tedeschi  a  Milano,  ed  egli  in- 
grossava le  sue  Guarnigioni  in  Piemonte.  Il  Duca 
-Cosimo  persisteva  nella  neutralità ,  e  ciascuna 
-delle  parti  tentava  d'impegnarlo  a  suo  favore.  Fi* 
talmente  intrapreso  dai  Papalini  l'assedio  della  Hi-r 
randola,  ed  avendo  l'armata  Turcheaca  devjistata 
il  Littorala  di  Sicilia,  depredata  l'Isola  di  Malta,  ed 
espugnata  la  Cittì  di  Tripoli,  i  Francesi  ropperodi* 
chiaratamente  la  guerra  all'Imperatore.  Fumico  su'* 
prese  alcune  Piazze  nel  Monferrato  ,  fu  tentato  di 
sorjK-endere  Barcellona ,  e  fitroQO  predate  alcuna 
Navi  in  quel  Porto;  lo  steaso-segui  nell'Oceano  di 
alcune  Navi  Fiamminghe,  che  passavano  in  Spa- 
gna ,  e  in  somma  sì  diede  principio  alla  lunga  e  p* 
stinata  guerra,  che  fu  fittale  a  questi  Honarhi^  e  de- 
solò le  migliori  Froviocie  dell'Europa. 

CAPITOLO  OTTAVQ 

Co«titasìoM  del  Govemo  di  Firenie.  Siitema  particolaTc 
del  Dock  per  lo  itabilimento  del  PrinciiMto  -•  «uoi  Hini- 
fltri  e  CofxigUeri.  Piano  di  RiCtvnia  di  Cottnoù,  e  Sàggio 

-   di  I^egiituione  dal  1537.  al  i55i. 

La  Costituzione  del  Governo  della  Gttà  dì  Fi- 
noze  per  lo  stalnlimento  del  Principato  si  desume 
dalla  riforma  del  1 533.,  allorché  Clemente  VII.  vol- 
le convertire  a  favore  di  Alessandro  de'  Medici  b 
Repubblica  in  Principato  senza  che  apparisse  di  to< 
gUerle  interamente  la  libertà  ;  imagìnò  una  forma 
di  Governo^  in  ciù  pascolando  l'amlnttìone  dei 


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MS  ST(»IA.  DI  TOSCkVk 

i  Cittadini  con  la  moUiplicità  delle  Magictrètnre, 
ac.Goa  un  Consiglio  quaoi  Democratico  ,  e  con  lo 
■^'splendore  di  uà  Senato,  producesse  però  l'efTetto 
<jie  la  pubUica  autorità ,  distaccandosi  da  tanti 
iHcaMarj  separati  fra  loro ,  veniase  a  rìuoìrn  in 
un  sol  punto.  Abolita  per  tanto  l'antica  Ibrma  dei- 
la  R^id>blica  per  sodiafare  alli  amatori  del  Govai^ 
no  popolare,  Du  creato  un  CcMisiglio  di  dugento  Gb- 
tadini,  e  attribuitali  la  facoltà  di  eleggere  alcune  iw- 
Ceriori  Magistrature ,  e  di  convalidare  o  rescìndere 
gli  atti  più  solenni  della  I^ge  civile  secondo  le  istan^ 
me  dei  FardeolariDa  questi  se  n'eatrassero  XLVIII^ 
'perchè  fiirmaasero  il  Consiglio  Supremo  della  Citr 
tàjincoì risedesse  l'autorità  l^islativa,e  la  somma 
della- Sovranità.  Dai  XLVIIL  si  separarono  quattro 
indisidui  per  turno  di  tre  in  tre  mesi ,  perchè  rap- 
preseitfaasero  l'antica  Signoria  della  Repubblica  » 
dessero  udienza ,  e  col  socciHvo  della  Rota  ammi* 
nirtraasero  la  Giustiaia  ;  questo  Magistrato  fu  denor 
minato  dei  Gonnglìeri,  e  il  Duca  con  essi  formava 
la  pubblica  Rappresentanza.  Furono  lasciate  nell'an- 
tico vigore  alcune  Magistrature  della  Repubblica  p«r 
li  aflàri  contenziosi,  cioè  il  Magistrato  delli  Otto  di 
Balìa  per  le  cause  criminali  e  per  la  polizia  della 
Qttàj  e  quello  dell!  Otto  di  Pratica  per  risolvere  le 
inteme  conbioversie  tra  le  Magistrature ,  e  invigi- 
lare  alla  conservazione  della  Giurisdizione  del  co- 
mune di  Firenze.  Furono  lasciati  sussistere  i  Tribu- 
nali, e  LeMagistraure  inferiori  delleArticon  la  loro  re- 
•pettiva  Giurìsdicione,  e  i  Rettori  della  Provincia  si 
proseguì  a  el^erli  per  Tratta.  Di  tutti  questi  Magi- 
strati ilDuca  era  Proposto  perpetuo,  non  potendo  prò- 
porsi o  risolverai  veruno  afl^re  senza  la  diluì  appro- 
Tazioiie.La  Sovranità  passata  eosiper  lambicco  appa- 


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tmi.  GAP.  vili.  4H 

gira  «ppumitemente  tutti  quelli ,  che  af  eino  parte  ^^ 
alle  Magistrature ,  e  manteneva  perciò  la  quiete  nel  dì  G- 
principio  della  motazioue.  Ma  siccome  una  opera- '^* 
sione  con  composta  per  il  concorso  di  tatite  parti  ìn- 
t«*medie  naa  poteva  adattarsi  a  tutte  le  vicende  dì 
uno  Stato,  dovea  perciò  nel  progresso  i»VTalem)  la 
parte  preponderante ,  che  era  quella  dei  hbero  ga- 
Temo  di  un  «olo.  I  talenti  e  l'attività  di  Gisimo  ac- 
celerarono questo  successo.  li  Duca  risedeva  perso- 
nalmente nel  Magistrato  dei  GonaigUerì  a  ricevere 
i  ricorsi  e  le  istanze  ^  ovvero  deputava  un  Soggetto, 
che  lo  rapfMVsentasse ,  l'intitolazione  nelU  atti  pub>. 
blici  era  :  hux  et  ConsUiarii  Reip.  Fior,  j  poiché 
l'oggetto  era  di  pascolare  la  vanità  dei  GiUadini  con 
lo  specioso  titolo  di  Repubblica.  L' abuso  di  questo 
vocabolo  fu  conservato  anche  nei  governi  i  più  ar)- 
Zntrarj  ddla  Gasa  Medici^  per  adempire  alta  condi- 
fjone  stabilite  nella  Gapitolaxione  della  Città  con 
Carlo  V.  salva  sen^re  la  Ubertà.  Il  Duca  Alessan> 
dro  nei  primi  anni  del  suo  governo  osservò  esatta» 
mente  questa  costituxidne,  ma  in  progresso,  disprex- 
»ando  il  voto  dei  Consiglieri»  arbitrava  Liberammte 
•enzadiesaiNdlaeleiionediGosimo  considerando  il 
Consigh'odei  XLVIII.  che  quattro  Cotìsiglieri  di  toi«> 
DO  per  soli  tre  mesi  non  potevano  esser  solficientì  a 
frenare  l'arbitrio  delBuca^imagiuarono  di  aggiunger- 
li un  Consiglio  permaoenteesegreto, acciò  dirigesse 
le  sue  operazioni  in  tutti  gli  aflari.  Furono  perUnto 
eletti  OUavianode'Medici ,  Francesco  Guicciardini, 
FrancescoVettOTÌ,  Roberto  Acciajoli,  Matteo  Kiocoli- 
ni,  e  Matteo  Strom ,  ì  quali  siccome  erano  quelli  che 
più  di  tutti  avèano  contribuito  alla  sua  elione,  per- 
ciò speravano  die  almeno  per  titolo  di  gratitudine 
«vrebbe  acculato  i  loro  conó^li.  Me  *'ingannaron(s 


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_^      ^n  STOBtfcDl  TOSCANA 

■Ah.  perchè  nel  princìpio  del  suo  goverm)  non  mancò  (fi 
di  C-deferire  ad  essi  singolarmeute,  partecipando  con  lont 
'r  esercizio  della  Sovranità.  Ma  dopo  la  vittoria  di 
MoDtemurlo  a  misura  che  si  vedeva  stabilito  nel 
Principato  si  alienava  insensibilniente  da  loro,  e  gK 
occupava  aoìo  in  politiche  riflessioni.  Siccome  il  Vet'- 
tori ,  e  il  Guicciardini  non  sopravvissero  molto  alla 
8ua  elezione,  incaricò  gli  altri  quattro  di  soprinten- 
dere privativamente  alli  afTari  di  Pistoja  ,  che  neU 
1'  antico  sistema  della  Repubblica  appartenevano 
privativamente  alla  Signoria,  e  poi  per  la  Riforma 
del  1 533  al  Dnca ,  e  a  quattro  Consiglieri  di  turno . 
Fra  i  domiaj  di  Firenzeqùclloera  il  piiì  pericoloso 
per  la  frontiera,  e  per  essere  stato  da  più  secoli. df- 
-viso  in  Fazioni  alimentatevi  ad  arte  dalla  Repub- 
blica, aveano  perciò  quei  Popoli  ctAitratta  per  abito 
la  sedizione.  Siccome  il  nuovo  governo  avea  bisogno 
di  consoUdarsi  con  la  tranquillità ,  era  necewaria 
per  quel  Paese  mia  cura,  e  una  legislazione  speciale 
con  la  vigilanza  di  persone  confidenti  del  Principe; 
Dopo  avCT  dichiarato  decaduta  quella  Città  da  t^ni 
prerogativa,e  dalla  amministrazione  delle  pubbliche 
rendite,  a  forza  di  terroreedi  spavento  furono asrette 
le  due  Fazioni  a  vivere  in  pace,  e  scordarsi  dell'ao- 
tica  rivalità.  Questo  Corpo  adunque  jHvse  due  aspet- 
ti, nno  di  Magistratura  con  immediata  giurisdizio- 
ne sopra  gli  affari  di  Pistoja,  e  l'altro  dì  Consiglio 
«egreto  del  Principe:  nel  primo  caso  avea  stabilito 
le  sue  ordinarie  sessioni ,  e  nel  secondo  il  Duca  lo 
adunava  nelle  occorrenze,  o  consultava  cisschedu-' 
no  dì  essi  separatamente. 

Dopo  che  per  l'allontanamento  del  Cardinale  Ci- 
bo, e  per  b  restituzione  delle  Fortezze  si  credè  Go- 
«nno  indipendente^  e  libero  dalla  tutela  delli  Spa- 


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LIB.  I.  CàP,  Vni.  ai3 

gnoli,  e  da  ogni  rigilardo  eoo  i  Sudditi,  cessò  ancora  ^j,, 
dalle  apparenti  ibrinalità  della  costìtuziooe,  è  di-diC. . 
diiaraudo  nel  Hagiatrato  dei  Consiglieri  ud  Luogo- 
tenente  per  Innio  col  pretesto  di  maggior  sicurexza 
della  sua  peraona  >  volle  esimersi  dall'  inteiTeairri 
personalmente)  e  privò  io  con9^;uenca  quel  Magi- 
atrato  della  Tenerazione  e  maestà,  che  gì' inspirava 
la  sua  presenza.  Volle  ancora  che  tutti  i  CanceUieri 
o  jSegretar}  dei  Magistrati  gli  facessero  in  carta ,  un 
esatto  raf^rtA  delli  aflàri ,  che  si  trattavano,  e  pre- 
v^iva  la  rìsoluaione  dei  medesimi  con  la  dichiara- 
rne delle  sua  volontà.  I  Rettori  della  Provincia , 
i  Capitani  di  Bande,  e  chiunque  esercitava  giurisdi- 
zione dovè  far  lo  stesso  o  per  rappresentaasa  o  per. 
lettera ,  e  anche  i  Particolari  furuoo  io  necessità  di 
avaosare  al  medesimo  in  carta  le  loro  domande.  Con. 
questo  metodo  snervò  di  iatto  l' autorità  delle  Ma- 
gistrature, rìdacendole  a  contentarsi  della  pura  for- 
inalità  di  dare  il  nome,e  l'approvazione  alle  diluì 
determinazioni*  I  Rescritti,  che  prima  non  erano  al- 
tro  che  semplici  indicaaitHii  al  Magistrato  della  sua 
volontà ,  divennero  in  appresso  documeoti  autenli-. 
ci,  senza  che  vi  concorressero  le  aolite  formalità. 
Gli  atti  pubblici  di  spedizioni,  ish'uzioni,  e  patenti, 
s'intitolarono  liberamente  dal  Duca  senza  l'agginota 
dei  Consiglieri  delb  Repubblica ,  ai  quali  però  la- 
fciò  la  vanagloria  d'intitolare  le  leggio  che  essogli 
trasmetteva  per  promulgarsi.  Con  l'  apparenza  di 
zelo  e  di  giustizia  invigilò,  affinchè  le  Magistrature 
fossero  egualmente  distribuite  nei  Cittadini  per  pa- 
cificarli fra  loro,  e  con  severe  leggi,  obbligando  lut- 
ti ad  una  esatta  ammioistraziooe,  raffrenò  l'ambi- 
zione dei  Grandi  ^e  incoraggi  i  Piccoli  a  sollevarsi. 
In  breve  I«  Magistrature ,  così  spogliate  di  autorità 


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ai  4  STORIA.  DI  TOSCAHA 

*J^  e  ili  potere,  (livennero  per  i  GUadioi  un  oggetto  di 
di  Csemplice  utilità,  e  non  più  di  amhisione.  Indeboliti 
>55>  ÌQ  tal  guisa  i  corpi  intermed)  riunì  in  se  direttamen- 
te tutte  le  Branche  della  Sovranità,  e  divenuto  sue* 
cessoredi  una  R^ubbLca  quasi  democratica,  stabilì 
il  Principato  il  più  assoluto  d'Italia.  Il  piano  di  que- 
ste operazioni  era  dellostesso  Clemente  VII.,cbe  a 
tal  effetto  avea  collocato  presso  Alessandro  il  Cam- 
pana ,  alBncliè  lo  dirìgesse;  ma  la  fierezza ,  e  le  ir- 
regolarità di  quel  IViucipe  iion  gli  permessero  di  e* 
seguirlo  tranquillamente.  Gl'insegnamenti  del  Cam- 
pana operarono  più  eJBcacemente  sulla  docilità  di 
Cosimo ,  che ,  sebbene  in  età  giovenile  j  aj^irese  pe- 
rò in  forma  l'arte  di  regnare,  die  divenne  il  più 
avveduto  Principe  di  quel  tttmpo.  Nacque  France- 
^  SCO  Campana  in  Colle  di  Valdelsa  ,  e  fu  addetto  al 
servizio  della  Casa  Medici  fino  dai  tempi  di  Loren- 
■0  Doca  di  Urbino  ;  servì  ancora  Clemente  VII. , 
che  io  adD{ró  nei  suoi  più  l'ilevanti  negozj ,  e  spe- 
cialmente per  inviarla  a  Londra,  mentre  si  agitava 
la  causa  dei  divwzio  di  Enrico  VIII.  con  la  Regi- 
aa  Caterina  zia  dell'  Imperatore  Carle  V.  Avea  Sua 
Santità  nel  1539  spedito  a  quella  Corte  in  qualità 
di  Legato  a  Latere  il  Cardinale  Campeggio,  affin- 
ebò  unitamente  col  Cardinale  Wobey  sentite  le  par- 
tì sentenziassero  in  questa  causa  ;  e  affinchè  riesci»- 
se  al  Legato  di  trattenere  il  Re ,  col  soggettarlo  alle 
f^malità  di  un  giudizio  ,  gli  avea  già  consegnato  la 
Bolla  dello  scioglimento  del  M<ttrimoDÌo  ,  perchè 
mostrandoglieia  segretamente  lo  persuadesse  della 
buona  fede  e  volontà ,  con  cui  Sua  Santità  trattava 
l'afiàre.  L'oggetto  del  Papa  era  di  aspettar  l'esito 
dell'accordo,  che  Fra  Niccolò  della  Magna  tràtU- 
Tacon  Carlo  V.  in  Barcellona ,  il  quale  essendo  poi 


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tlB.  1.  CAP.  Vini  iiS  _ 

•ttlHlito  oou  tanto  vanta^b  della  Gasa  Medie  i ,  m-  ^„^ 
crificò  Tolontierì  all'iDgraodimento  della  .sua  Fami  -dì  Ci 
glia  gì'  mtereisi  della  Gbtesa  con  l' laghilterra  ;  per-  '^' 
ciò  «pedi  il  Campatia  a  Londra  per  soUecìtuv  in 
apparenza  gli  atti  di  questa  causa  »  ma  in  sostanca 
per  ritirare  dalle  mani  del  Campeggio  la  B(^;  e* 
*^uì  ^li  con  esattecta  la«ua  commissioiie ,  e  il  Re 
supponendo  che  fosse  venuto  per  la  spediuooe  della 
causa  lo  regalò ,  ma  poi  sapendo  che  era  partito  im- 
|iroTÌsament«  entrò  io  sospetto,  e  disse:  ista  Cam* 
pana  maU  sonat;  tentò  di  brio  raggiungere,  ma 
non  gli  riesci ,  e  il  Papa  al  suo  ritomo  in  Roma  sen- 
ieniiò  contro  il  Re.  Stabilito  in  Firenae  Alessandro 
gli  confidò  la  diresìone  dtà  medesimo,  e  il  piano 
delle  operaaioni  da  farsi  per  assicurarli  il  IVìncipa- 
to  assoluto  della  Città.  Il  Duca  Cosimo  nella  sua  tts^ 
sunzione  lo  confo-mò  nel  grado  di  [ffimo  Spreta- 
no, e  fiuchè  visse  seguitò  i  suoi  consigli,  e  profitta 
dei  suoi  insegnamenti.  La  Duchessa  Eleonora aweb- 
he  desiderato  che  egli  assoggettasse  un  poco  più  ìl 
suo  Prìncipe  alla  natione  Spagnola  ,  e  perciò  nelU 
ultimi  anni  della  sua  vita  gli  mosse  qualche  perse- 
cuzione. Morì  nel  iS^Q'y  era  egli  uomo  di  lettere, 
pratico  delle  Corti  ^  e  istruito  nella  politica  da  Cle- 
mente VII. 

Oltre  il  Campana  era  dì  grande  autoritli  {Hresso 
Cosimo  Lelio  Torello  da  Fano,  insigne  Giurecon- 
Bulto  dei  suoi  tempi.  Avea  egli  servito  in  qualità  di 
Auditore  Giovanni  de'  Medici  Padre  di  Coàimo , 
Governatore  perpetuo  dì  Fano ,  e  dopo  la  di  lui  noor- 
te  Clemente  VII.  lo  adoprò  nel  Governo  di  Bene- 
Vento.  Fatto  Duca  dì  Firenze  Alessandro  fu  il  To- 
nello prescelto  per  la  Rota  Fiorentina,  dove  ebbe  due 
sonferme;  e  il  Duca  Cosimo  nel  iS3q  lo  dichiarò 


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U6  Stmik  DI  TOSCAlfA. 

j^.  SQO  primo  Auditor» ,  e  dopo  la  morte  del  Campai 
&G.na  nel  iS^G  lo  fece  auo  jù'jmo  Spretano  di  Stato.' 
'^'  Possedeva  questo  Soggetto  la  Legge  eulta  e  subii* 
nte ,  ed  era  ornato  dj  lettere,  e  bene  iatiuìto  nella 
■ciensa  del  Governo  e  della  politica,  neceaaana  alle 
Corti  per  ben  trattare  gli  affavi.  Esso  fu  che  diresse 
principalmente  il  Gorecyo^  iulemo  del  Duca ,  e  lo 
istruì  per  ristabilire  nei  Tribunali  del  Dominio  la 
Giustizia  e  l'osservansa  delle  Lef^i ,  che  le  passate 
rivoluùooj  >e  le  calamità  dei  tempi  arcano  rese  ina- 
tili  ed  inoperose.  Questi  due  Miuistri,  giic  ct^sture 
di  Fap^  Clemente,  furono  quelli ,  che  cob  gì'  inae- 
giumenti  i  e  col  fatto  formarono  alla  politica  e  «I 
Governo  lo  spirito  di  Goaimo  naturalmente  eleva* 
tt>^  ma  per  l' avanti  inculto,  e  inesperto.  Essi  p<4 
De  iormarooo  un  terzo,  che  fu  l'unico  tra  i  Fio» 
reatini  ^  che  arrivasse  a  possedere  superiorra«ite  ad 
Ogni  ^Itro  la  stima  e  la  roufidenu  del  Duca.  Fuque- 
sti  Angelo  JViccohni  figlio  dì  Afatteoj  uno  dei  Coii>^ 
nglieri  segreti,  che  istruito  aelU  Avvocatura,  a- 
vendo  dato  dei  saggi  di  sapere  e  di  probità ,  fu  in-' 
caricato  dal  Duca  nel  i54o  di  portarsi  alla  Corte  di 
Carlo  y.j  per  difendere  la  causa  della  eredità  del 
Duca  Alessandro  contro  le  pretensioni  di  Biadarne 
d'Austria:  ritornato  alla  Patria  fu  sostituito  nelCtmsi- 
gUo  Segreto  in  luogodi  suo  Padre  già  morto^eserviU 
Duca  in  molte  importanti  commissioni,  come  dimo- 
strerà il  corso  di  questa  Istoria.  Erano  alla  Corte  di 
Gosimodim'se  altre  creature  di  Papa  Clemente,  cioè 
ilVescoTO  di  Forlì^e  il  Vescovo  di  Assisi ,  ed  altri  Se- 
gretari KeltidalDuca  Alessandro,  che  egli  ritenne  co- 
me esperti  nel  maneggiodelli  afiari^e  delle  cose  della 
Cìtti.  Nella  sua  elezione  volle  Cosimo  esser  grato  a 
Pier  Francesco  del  Riccio ,  che  lo  avea  educato,  e 


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tra.  L  CAP.  VHt  -  aif      __, 

WdicUud  suo  Segretario)  dandoli  il  orico  di  tatti  ^^, 
li  affari  domestici  delb  sua  Corte,  e.  in  progresso <H  ò. 
le  fece  suo  Maggiordomo.  Era  costui  an  Ftete.  da  '  ^ 
Pratoy  che  dalla  Maria  Salviati  era  stato  destinato 
per  l'educaùone  di  Cosimo  ;  possedeva  mediocre- 
mente le  lettere ,  e  sebbene  il  suo  allievo  non  aves- 
•e  profittato  moltodelle istruzioni ^av caperò  sapu- 
to inspirarli  un  genio  ,  e  una  propensione  per  i  dot- 
tì^con  roetterU  davanti  agli  occhi  gliesempjdeisuo 
ahteDatij  fu  molto  amato  dal  Duca ^  die  finalmen-  • 
te  ricompenaò  la  sua  fedele  servitù  col  confetirU  la 
Prc^toeitura  di  Prato.  Ugolino  Grifoni  da  S.  Minia-' 
to,  e  Lorenzo  Pagni  da  Pescia  furono  due  S^re- 
tar)  y  che  resero  al  Duca  dei  servigi  importanti  ;  il 
primo  esercitato  sotto  l'Iatorico  Guicciardini  nella 
diverse  commissioni ,  die  egli  esegui  per  Papa  Cle- 
tnente,  passò  al  servizio  di  Alessandro,  e  fu  utile 
1  Cosimo  nei  principi  ^^^  ^"°  Governo;  fu  poi  ri- 
compensato-con  la  Commenda  di  Maestro  Genera- 
4e  dell' Àltopasso.  Il  Pagoi  era  un  Notare  addetto 
da  gran  tempo  al  servìzio  della  Casa  Medici^  di  cui 
■Cosimo  molto  si  valse  per  inviarlo  a  Carlo  V. ,  t 
ad  altre  Corti  d' Italia.  La  diffidenza^  vizio  albra 
dominante  tra  i  Principi  e  tra  i  Privati ,  non  per- 
metteva di  con&lare  alla  carta  i  più  rilevanti  ne» 
^zj  j  e  perciò  era  Necessario  uno  stuolo  di  persona 
fedeli  e  s^ete ,  le  quali  istruite,  vocalmente  si  por- 
tamero  a  trattare  gli  afiari ,  che  gU  erano  commes-- 
ìL  Le  notizie  restavano  in  tal  guisa  sepolte,  e  l'i- 
storia ha  perduto  assai  per  questa  causa.  Molti  alb-i 
di  minor  ctmto  servivano  il  Duca  nelli  a&ri  ì  più 
gelosi  del  Governo,  e  della  corrispondenza  con  le 
altre  Corti ,  e  tutti  custodivano  in  forma  il  scvreto^ 
che  mai  furono  chiaramente  note  alla  CitU  le  m.a»- 


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>t8  STOMA  DI  toscana: 

f^j,^  urne  di  Govemo^  e  ì  tntUti  di  questo  Prìncipe  eoa 

di  eie  altre  Corti. 

*^'  Allorché  ebbe  ridotto  slla  intera  soa  dipen* 
densa  le  Magistrature  del  Dominio ,  e  che  per  la 
quantità  delle  forie  divenne  rispettabile  anche  al 
di  fuori  j  con  farsi  distìnguere  nel  rango  dei  IVin- 
eìpi  Italiani,  intraprese  da  per  se  stesso  la  diroùo- 
ne  delli  afEari,  e  eoo  indefessa  attivitii ,  e  aandoa 
vigilanza  incumbeva  alla  risoluùooe  dei  medesimi 
Segnava  di  sua  mano  tutte  le  suppliche  dei  Parti- 
colari ,  e  le  rappresentanze  dei  Ministri ,  indicando 
con  precisione  la  sua  volontà,  e  dirigendo  le  opera- 
rioni  dei  Tribunali  all'interesse  delloStatOjC  alla  pub- 
blica quiete:  ben  informato  della  pubblica  ecoBomia 
e  della  sua  propria,  regolava  da  per  sestesfo  leammi* 
»ìstrazioni,e  correggeva  gli  abusi,  «  le  mancanze  di 
chi  ammifltrava.Occupato  da  un  immenso  numerodi 
corrispondenze  aldi  fuori,  e  Dell'interno  del  suo  Do- 
minio  suggeriva  ai  Segretarj  di  proprìa  mano  o  in 
pie  della  lettera,  o  nei  sommarj,  che  gli  erano  prfr< 
sentati,  la  replica  da  farsi  aciascano.  £  siccome  ers 
persuaso  che  il  segreto  fosse  nel  maneggio  delli  af- 
fari il  requisito  più  necessario  per  ben  riescÌEvi^  te- 
neva perciò  dei  cartai  dì  proprìa  mano  pergliaf- 
£irì  i  più  premurosi^  e  ne  poneva  al  r^istro  dì  suo 
|ff(^rio  pugno  le  lettere.  Qualunque  Ministro  o  Par- 
ticolare ,  che  gli  indirìxzBSse  qualche  importante 
notizia  in  prepria  mano. ,  ne  rìceveva  la  replica  dì 
•00  carattere.  Così  laboriosa  applicazione  in  breve 
tempo  lo  costitm  in  grado  di  potere  senza  l'altmi 
consiglio  dirigere  i  proprj  interesn,  e  di  valersi  dei 
Ministri  solamente  per  eseguire.  £  aricene  ordi- 
nasse in  pregresso  il  Consiglio  della  Pratica  Segre- 
ta per  soprintendere  alle  cootroversie  giuriadizio- 


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mlij  e  alla  coDaerrazione  dei  rnij^remì  diritti  della~~' 
$orranità  ,  volle  non  ostante  prevenire  sempre  1«  ^^' 
deliberazioni  del  medesimo  con  la  dicbÌara7tone,55[ 
della  sua  volontà.  Con  questo  spirito,  e  con  questa 
attivitìi  senea esempio  atteDdevaariparareconnup- 
TÌ  provvedimenti  alH  abusi  einccmveDieuti»  intro* 
dotti  nel  Dominio  per  le  sofferte  revoluzioni,  e  a 
quei  difetti  di  legislaziotKe,  che  non  aveano  corret- 
to ì  Riformatori  del  i533,e  il  Duca  Alessandro  nel 
«no  breve  regno.  Avrebbe  il  Duca  Cosimo  dovuto 
conia  sua  attività  ,  e  con  rajutodei  due  jnaigni 
Giureconsulti  Torelli  e  Miccotini  rifondere  la  vec- 
chia legislazione  della  Repubblica,  e  non  lasciare 
Vn  ammasso  di  leggi  occaaionali  in  parte  contra- 
dittorie,  e  in  parte  relative  a  qwlle  dell'  antico  si- 
stema ;  né  aggiungere  farragine ,  e  involvere  mag- 
giormeqte  i  Tribunali  e  i  Popoli  nell'oscurità.  Ciò 
non  ostante  non  mancò  di  mv|  r^olamenti  per  U 
polizia  Ecclenaatica ,  per  la  comune  sicurezza,  • 
per  la  pubblica  economìa.  £  primieramente  aven- 
do per  i  passati  disastri,  e  per  Kassenza  ddli  Ordi- 
narj  dalle  loro  residenze  trovato  nella  massima  de- 
clinazione il  culto  e  la  disciplina,  e  gli  Ecclesiasti- 
ci predominati  dall' ambiùone  e  dall'avidità ,  pn>- 
curò  di  richiamare  i  Pt^li  alloro  dovere,edÌ  fre- 
nare con  la  l^e  un  inconveniente ,  che  avrebbe 
potuto  alterare  U  Ijranquillità  dello  Stato:  perciò^ne- 
rendo  alle  di^Kwizioai  dello  Statuto  ("^  e  a  una 
provvisione  della  Repubblica  dell'anno  i344;  «oa 
sua  circolare  dei  i5  Lagtio  iSBp  ordinò  a  tnttii 
Rettori  e  Giuadicenti  del  Dominio,  che  in  ogni  va- 
canza dei  Benefizi  Ecclesiastici  ne  prendemero  for- 
malmente il  possesso  e  amminittraucHie,  per  resti* 


i,z.dbvCo(>glc 


Mo  STOMA  DI  TOSCANA. 

^^  tuirle  a  chi  di  ragione ,  e  deputassero  una  peruioa. 

di  cEccIesiastiOa'per  tutto  ciò,  che  appartiene  al  colto 

iS5i  Divioo,  con  sudisfarla  dei  frutti  correnti.  lacaricò  il 
Torello  suo  primo  Auditore  della  privativa  cogni- 
zione di  queste  cause ,  e  del  concedere  o  oo  la  facoltà 
dei  possessi  secondo  il  diritto  dei  postulanti,  svilup- 
pando la  giustizia  dalle  intrigate  sottigliezze  dei  ri- 
servi, espettative  j  regressi ,  rìsegne,  prevenzioni,  e 
da-  tutto  ciò  che  avea  saputo  imaginare  la  Curia 
Romana,  per  tenere  avviluppata  questa  materia.  Lo 
stesso  Paolo  III.  nel  conctnrdare  col  Duca  la  con- 
troversia dell'Àltopasso  non  potè  pei  opporsi  al  vi- 
gore, ch'egli  avea  dato  alle  antiche  leggi  e  consue- 
-tudini,  che  i  suoi  antecessori  aveano  già  concorda-; 
te  con  la'  Repubblica,  e  autenticate  con  tanti  Brevi 
ed  istanze^  perchè  fossero  ammessi  al  possesso  i  no- 
minati da  loro  ai  Benelìzj  del  Dominio.  L'osservan- 
za  di  questi  ordini  diede  principio  e  forma  al  Dica-' 
clero  Giurisdizionale  di  Toscana  per  l^ammissione 
-o  repulsa  di  giudizj ,  atti ,  e  documenti  iàbbrìcatì 
fuMÌ  del  Dominio. 

L'universale  depravazione  dei  costumi^  e  la  scan- 
dalosa licenza  delli  Ecclesiastici  richiedevano  nel 
pianodella  nuova  costituzione  tutta  l'attenzione  dd 
Legislatore-Aveva  ^lì  in  veduta  di  togliere  c^ni  mo> 
tìvo  ,  che  potesse  alterare  la  pubblica  ti-anquilUtÀ  , 
giacché  in  essa. era  principalmoite  fondata  la  sua 
sicurezza^  e  perciò  pubblicò  varie  le|^  per  raffre* 
nare  la  dissolutezza  ,  e  obbligare  la  gioventù  alla 
modestia  principalmente  nelle  Chiese,  comminan- 
do ai  trasgressori  severissime  pene,  e  specialmente 
ai  Beatemmiatori  la  perforazione  della  lingua.  E 
aiccome  la  l^e  non  ha  l'attiviti  di  operare  nelli 
uomini  abituati  nel  vizio unarnutazìoueistoatauea, 


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LIB.  I.CXP.vm.  alt      

percìàio  spavento  della  ecceuiva  pena,  prevalen-  j^^ 
do  alU  fiddcia  dipotersÌDniforniarealla volontà deldi  C; 
Xi^ifllatore,  fece  nascere  nella  Città  martore  apou-  '^^' 
certo  peri'  allontananiento  di  molti,  che  abbando- 
Bavano  le  Arti  e  la  Patria,  piuttosto  che  sogiacere 
al  furore  della  Liegge ,  e  dei  Ministri  che  l'eseguÌTA-. 
no.  Avrebbe  il  Duca  voluto  potere  estendere  con 
«uccèsso  questo  suo  velo  verso  i  R^olari  special- 
mente delli  Ordini  Medicanti,!  quali  con  la  loro 
licenziósa  vita  avvilivano  il  proprio  ministwo ,  ed 
impegnavano  maggiormente  i  Laici  a  perseverare 
nel  vizio.  Fra  questi  sì  distinguevano  in  grado  emi- 
nente i  Conventuali  di  S.  Francesco,  quali  tentò  ino- 
tilmente  di  ottenere  dal  Papa  di  potere  ridurre  iu 
tutto  il  suo  Stato  alla  osservanza ,  siccome  erasuc- 
cesso  nei  r^ni  di  Spagna.  AveanocoaUHTO  il  governo 
apirituale,  e  temporale  di  molti  Monasteri  di  Suore 
del  loro  Ordine,  del  quale  liberamente  abusavano^ 
essendo  per  opera  loro  quei  Sacri  asili  di  Vergini  ri- 
dotti scandalosi  alberghi  d' incontineuza ,  e  di  prdh  ' 
atituzione.  Facilitava  forse  questo  sconcerto  il  non 
Cfaere  la  clausura  prescritta  in  quei  rigorosi  termini, 
che  il  Concilio  Tridentino,  e  le  Costituzioni  di  Pio 
V.  e  di  Gr^orio  XIII.  hanno  stabiUto  posterior- 
mente; e  forse  ilBuca  Àleasandro  col  suo  malo  e- 
aempio  gli  avea  corifa'matì  in  questo  esercizio, 
in  cui  ben  volontierì  si  erano  associati  anche  i 
Laici .  Ma  Cosimo ,  volendo  ridurre  a  perfezid* 
ne  il  piano ,  che  si  era  prefisso  per  la  riforma  dei 
costumi,  punì  con  estrema  severità  ì  Laici,  che 
li  erano  direttamente  soggetti ,  ed  operò  in  fo#- 
ma  d' impedire  ai  Frati  dì  proseguire  ìb  appresso  in 
così  scandaloso  contegno.  Interpellò  frattanta  tutti 
i  Yesoovi  del  Dominio,  e  ì  Generali  dclU  Ordini, 


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^ 93*  STORU  DI  TOSCANA 

Ah.  ed  ottenuto-il  loro  consenso  elesse  una  DepilttBion* 
^  C.  composta  di  tre  St^gettì ,  cioè  del  Vicario  dell'Arci- 
'  '  vescovo  f  di  Alessandro  Strozzi  I^tiposto  della  Bfe< 
tropolitana^  e  di  Angelo  Niccolini  sno  ConsigUere  • 
Auditore;  diede  loro  istruzione  di  el^gere  qnattr» 
Operai  per  ciascun  Monastero  della  Gttà, e  d'invi- 
gìlare  che  lo  stesso  facessero  i  Rettori  per  la  Provine 
eia,  procurando  di  allontanare  dai  Monasto'j  per 
quanto  fi>sse  possibile  ì  Conventuali  dei  quattro  Oiv 
^nì  Mendicanti.  In  seguito  sotto  H  17  A]prile  i545 
pubblicò  una  Legge,  in  cui  distinguendo  iMonaste^ 
ri  sottoposti  all'  Ordinario  da  quelli  non  sotto*- 
posti  Del  primo  caso  incaricò  gli  Operai  del  solo 
Governo  lemponle,  rilasciando  ai  Vescovi  lo  spiri* 
toale  ;  ma  nel  secondo  volle  che  i  tre  Deputati  as* 
«nmesao»  l'intero  governo  tanto  spirituale  che  Cem« 
pcurale,  e  la  scelta  dciConressorì.  Stabilita  l'autorità 
dei  Deputati,  e  quella  delii  Operai  relatiramenteù 
Monasteri  sottoposti  bU'  Ordinario ,  quanto  al  dettt>^ 
glio  del  governo  intano  dei  non  sottoposti  si  rimes* 
«e  a  ciò ,  cbe  i  D^atati  avrebbero  conrenitto  con  ì 
Generali  delU  Ordini.FraetsisìdistiaBe  quello  dei 
Conventuali  di  S.  Francesco,  il  quale  con  atto  dei 
a3  Gennajo  iS^S  renuttiiò  in  mano  del  Duca  tutti 
i  Monasteri  del  Dominio  governati  dal  suo  Ordine^ 
con  ampia  facoltà  non  solo  di  &rli  dirigere  nello 
spirituale  e  nel  temporale ,  ma  ancora  di  puoire  a 
tratti  di  fune  tutti  quei  Frati,  cbe  si  acoostasseroa 
trattare  con  le  Monache  sema  espressa  licenaa.  La 
ktcasa  Rubrica  48.  del  libro  V.  dello  Statuto  avea 
suggerito  a  Cosimo- questo  pensiero,  poiché  in  essa 
è  prescritta  l' elezione  di  sei  Soggetti  da  deputarsi 
per  il  Governo  temporale  dei  Benefizj  e  dei  Mona- 
steri, e-per  invigilare  allo  spirituale,  acciò  aoa  man- 


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LIB-  I.  tlàP.  Vnt  9»3      ^^ 

«lù  Belle  Oàeaè  il  necessario  serviuo  per  ìl  colto,  ^m 
Con  qneito  itcuo  spirito  avrebbe  il  Duca  voluto  di  C 
jnfoniure  anche  i  Frati,  dei  costumi  e  ambizione'^* 
^m  «pulì  troppo  era  malcontento  per  le  cratìnue 
querele ,  che  lotto  giorno  ne  riceveva  dai  Popoli  > 
•  perciò,  non  avendo  potuto  efiettoare  il  siio  peoaìe* 
ro  di  ridurre  all'osservanxa  i  Gooventuab  di  S.  Fran- 
cesco ,  procurò  almeDo  di  toglier  l' abuso  introdot* 
to  in  tuUì  li  ordini  R^;olari  di  ricevere  le  profès* 
fìoni  dei  Fanciulli  di  età  immatura,  e  incapaci  di 
disporre  dd  propria- Stato.  Era  ^li  persuase ,  che 
gli  aomÌDÌ  costituiti  in  uno  stato  violento  senza  il 
concorso  della  pn^uia  volontà  doveano  essere  eoa* 
tmuamente  in  contradtzione  con  se  medesimi,  alie* 
al  da  quello  che  professavano,  nemici  della  soci» 
là ,  da  coi  erano  stati  remossi,  e  in  conseguenza  ù^ 
cilraenle  pertarbatori  della  pubblica  tranquillità;  et 
ttccomc,  secondo  la  qualità  dei  tempi,  credè  nece*« 
atrio  ÌQ  questa  operazione  il  concorso  dell'antoritk 
Pontificia,  ottenne  da  Paolo  UI.  no  Breve,  iu  coi 
ù  dichiarava  che  i  Frati  Osservanti  non  poteasera 
accettare  persone  di  minore  età  dì  anni  quattordi^ 
ei'>  e  ì  Conventnali  di  diciasette.  Pubblicò  pertanto 
mi  Settembre  i545  una  legge  per  l'esecuzione  di 
questo  Breve,  e  volle  che  dai  Rettori  6  Giusdicenti 
della  Provincia  fosse  inserita  ndli  Statuti  delle  Goi 
monìlà.  Tali  provvedimenti,  sebbene  raHrenarona 
in  parte  la  depravaaione  e  gli  abusi,  non  calmaro- 
no però  l'animo  del  Legislature,  intento  a  fare  ar-* 
gioe  alle  nuove  massime  di  Religione,  die  serp^* 
gìavano  per  l^talia.,1  progressi  e  l' ardire  dei  No- 
vatori in  Gnnmania,  e  la  persuasione  che  le  loro  dot- 
trineÌBsensibilmente trovavano  in  FVancia,non  po- 
tevano non  commoBÌcaraìairitalia troppo  unita  di 


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m4  storia  di  toscana. 

j^p,  commercio,  edirelaziooi  con  queste  Pràvincie.  Li» 
«li  C-calùnnie,  che  Paolo  III.  area  sparso  contro  dì  esso 
"^  'in  occasione  della  espnUioae  dei  Frati  di  S.  Marco^ 
lo  impegnavano  maggiormente  a  invigilare  alla  con- 
servazione della  purità  della  fede;  vedeva  ancora  ì» 
opinioni  di  Calvino  accolte  in  Ferrara  dalla  Duchessa 
Renata,  chenonarrossivadifavorirlepidiblicanien* 
te  i  sapeva  quali  massime  erano  state  disseminata 
dai  pulpiti  in  Napoli,  e  quali  sconcerti  avea  prodot- 
tò il  rimedio,  che  Carlo  V.  meditava  di  àpfiorvì.; 
vedeva  finalmente  che  alle  frontiere  dello  Stato  i 
Lucchesi  lasciavano  tacitamente  germogliare  fra  lo- 
ro questa  serneuza,  che  facilmente  potea  traptan» 
tarsi  nel  suo  Dominio.  Perciò,  imitando  qudla,  che 
Bvea  operotoinFiandi^rimperatore,  promulgò  od 
1549  ""^  l^S^  P^  intimare  «  chiunque  averàe  li- 
bri  di  Eretici ,  e  specialmente  :di  Fra  Bernardino 
Ochino  da  Siena,  e  di  Pietro  Martire  Fiorentino, 
che  dovesse  in  termine  di  quindici  giorni  presen- 
tarli al  -Vicario  dell'Arcivescovo,  sotto  pena  dì  ceq- 
to  ducati  e  dieci  anni  di  galera  ;  minacciando,  dopo 
scorso  il  predetto  termine,  la.  visita  alle  case  delle 
persone  sospette,  e  proibì  sotto  gravi  pene  la  stam*- 
pa  dei  libri  predetti.  £raìn  Firenze  già  fino  dai {vjl- 
mi  tempi  stabilito  il  Tribunale  dell'Inquisizione, 
esercitato  dai  Conventuali  di  S.'Francesoo,  che,  do- 
po avere  imperversato  con  varb  successo  contro  i 
Gttadinìed  i  Sudditi,  era  stato  finalmente  dalla  Rf- 
pubblica  l'anno  li^S.,  non  ostanti  le  coufure  e  ìm 
opposizioni  di  Clemente  VI.,  ristretto  fra  c«'ti  limi- 
ti di  moderazione,  togliendoli  b  forza,  le  carceri^  le 
oonfiacazionij  e  le  condanne  pecuniarie,  riducendo* 
vlo  alla  sempUce  cognizione  di  causa,  con.  potere  solo 
inserire  pene  personali,  da  esequirsi  però  dal  braccio 


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-ira.  I.  ekp.  via  uS 

■  Mcolsre.  In  tale  stato  «i  era  mantenuto  fino  g  questi  ^^_ 
tempìj  mi  quali,  senza  DìeHte  alterare  i  M]|M«(ldet-dt  C 
ti  ordiiri  della  Cittì ,  ensteva  una  Depataxiono  di  *^* 
tre  GommìaBarj  eietti  dalla  Congregaaiuuedi  Roma 
che  oDìtanKiite  eoa  l'Iaquiàtwe  cenoecevano  le 
caoae  di  Beligione  e  partecipavano  al  Duca  le  con- 
danne da  es^uirsi  ;  i  tre  Deputati  da  Roma  eranp 
il  Vicario  deU'Arcirescòvo,  il  Proposto  Alessandro 
StroE»^  e  lo  SpedalÌDgo  di  S.  Maria  Nuova.  Costoro 
■el  Dicembre  1 55 1«  diedero  alla  Città  un  logiUiK 
^>ettac(^  in  iwina  di  ^uto  da  Fé,  consìstente  ia 
una  IVocessioue  composta  dì  veotidue  Sedetti,  al- 
la tettli  diei  quali  era  Bart(4ommeo  Pancìatichi 
rìecoXìttadino^echeaTea  servito  il  Duca  in  qua- 
lità dì  Ambasciatore-alla  Corte  dì  Francia.  Erano 
tasi  vestiti  con  cappe  é  bavagli  dipinti  di  Croci  e  di 
Diavoli ,  e  cmdotti  alla  Metropolitana  furono  qui- 
vi pubblicamente  ribenedeiti  con  essere  àU>raciatì 
nella  pianta  ì  loro  likHri;alcaiM  dMmesvbirono  pri- 
vatamente la  stessa  fbfmalità'  ncAla  duesa  di  S;  Si- 
mone. Lo  xelo  di  questi  Commissarj  li  wgnalò  po^ 
co  dopo  nella  perioda  di  Lodovico  Dòoaeuiebt  Pia- 
centinoi  il  qaale  venuto  a  Firoiie  nel  Marto  i547 
avendo  dedicatosi  Duta  le  sne-tradaiàoni  dì  XeQ»< 
fitutej  era  da  esso  ìntrattAutò  in  'quésti  psercìsi  dì 
letteratura  ;  [H*oce8satD  dai  Gommissorf  fu  oondan-- 
nato ,  come  apparisce  dal  seguente  rappot4o  ,  che 
csn  fecero  al  Duea:  Lodùvico  Domemchì ,  persemi 
letterata  di  trentotto  amù  in  circa  j-ha  traiiott» 
di  latino  ut  volgara  la  Ifieoó*mÌamt  del  CoMnOy 
à  stato  asMìttente  se/Opre  aUa  stampa ,  e  a  coreg- 
gerlai  l'idra  è  dia(aìettistimu  e  stanziata  infìrea- 
xe^  sotto  il  titolo  e  itome  di  Basilea  falsamente  » 
e^per  mesto  f  gli,  è  sospetta  di  era^j  hencfièe^ 


^dbyGoo^^lc 


9b6  storia,  di  TOSGA^fA. 

^j,_  piaghi  twor  mai  tenuta  opinione:  cattiva^  Vt^afojk^. 

DA  ,  W*  FI«lt.CO?l^«A  I,Wf».  V.;  WC,  SOPSIl  »H»Vk-, 
•JOIfE.  ,,.;,■  ,  .■   ■.(   1.  , 

,  Non  ntcno'ffWet^ft^rp  Th  J'ÌJjq«vi?Ìo|»fl,,«fc«,  C»t 
«imo  eresse  coAti'p..i.rì|>fUt  e.i  p«rtvH>9tPi;^  4^  mk; 
$iat», e; doUa  ppbtilifin.U-atfquiÙitàrlAl^pùbUicaK 
(jUre  »1  tenera  (;<mtij»i|arajn;it9  towirieia^  ^  4Mnt«i 
'vtgi|«n9a  un  Maè^ì^^Ur.  (Hw^\i  ,Unìxu>U.«M!X<Nh 
sr^coU  enfi  lqggi«0c4us)Qrali^,vje4.pÀù,T<o^4»:ornt 
stofioatro  i  ine4e«A)i,e8p«CÌalitiput9nQl  iSsOt^Oi 
tra  i.  J|I^«Uf Qndp eletta qa  alU»  |tf BgÌ8tnM}j:4<4tu 
d^UiiOflUitli,  B.StnldaPÌ<ÌBÌ'  rìMU  d«  dura^  uq  40*^ 
uQt  nut  eoa  pianai  ^uriMliztqtw  d'iii<;9rporari3,(i/&--i. 

dei  ritMUìk!prttv«(u«ntÀ|M9:.cawti  d)  dotÌ9  fidecom- 
nhai  MDi»-9fi9mimifiliiciì^  tta,a$^wsn\'ìj  cbe  d«l 
i5i<i'fin»4  (ji^  Mfflpo  fc»pw  plinti»  ft4o«uU, 
perreoiffi.ìM  detti  rU»UiL-.QUiw>.  la  per^offìMw  dei, 
km:Doajniilone0r»  q«Ua,U«Ue.pflnoet)  ^  iilQu-> 
ca.C(MidK)iAetiBeu>.^eti(ai«  volU  uncbQjnjwrfroot 
i2  rigore  ^péiohff.iwl  tinvv»  ■i$a')  {9vilÙ4Ì. Sudditi 
opù  ocxritpfaàtarA.t^ia  htilwAU  ,  «Hto  p4)»..d'4n-: 
OQrcereii0l/TO«d«wA)O  pr^ji||dMtit>.ia4  ASSftjwoin 
lù.iMm  spJo.Udu'.jriceUQ.ai  màdwiinì  tdle  ifrfl«tii»^ 
w  del  Bostdi^Q.^  iu0'.'KoUe..fliv»»  chn  fthswiv.tn-k 
tmBuU^4DÌmaii4o\i':Rop«LiiCo«slo,vi«QM»piBawk  ». 
oUiligSQd9,QJMd»edmUhi  dia  iÌMW  QNHiycvaJ»  idei 
IiU^o'deU«  lurà  dinwra)>Hvelulo  <ubiUtal*ote<al 
TrìbaaaU:  le  CQni«ailàifu«;fiao.aitiieus.ci)niii£iv. 
VMÌ  alhi  óuervtftKk  di  %wsMi  ^9tS'*  rla>ibuiM  ^ 


^dbyGooglc 


EHt  IT  C4Jh  Tlir."    ■  ^»f 

«be  r«TeMero  ti«igiHliu,iwonodichwra(f  clccadu-  ^^^ 
te  dalle  ragioni  doteiì.  Noi  i54o  proibì  a  cbiiMitiiMdi  C. 
Uprvnder  foldo dal Pno^» «staro sba^HiMc^Hrei-'^* 
u  liecnu  ,  dichiarand»  «itti  pena  peninifrìa  p6r  il 
traagrenara  ^  a  cui  volle  che  fosa^  tonoboi  il  padrq 
per  iiiiglio,il  fratella'  par  il  Jrateil9,«  illaepe*  ilei, 
pote.  Kel  1 547  riniioTÒ  le  suddette  lag^  «  («oa^pera- 
M  il  perdobo  a  tirtU  qwlli  ^  dm  si  riinettMierfraeUt 
sua  demeois;  ma  iiel>54BpeD*ò  di  oostbinwe  eoa 
1*  pro|iria  sieuretza  aacon  l'inteaeiw  44  FwcOi  A* 
dattaUiamassJHHdtUl^no, chela  Oforta  Qo««4 
«nlBciante  a  lrgDC»«  il  Giudino  otti  datiti  «U  lesa 
Mteatà,  n>Uc  aa(»n.)iiSerinaopc8 1«  ^wponwoni  di 
Areadio  e  di  Qomtìd  (*),  cbe  privarviia  i  fi^U  4à  taU 
ddiaqmn  liddl»  eredi  tàiW)latiMb«vibijeglidi<:bii^' 
ranMfc»  ÌDcapaci  di  f'ìcekere  con  vwmdIi  per  testa* 
mento.  Quarta  di^pasiaiòfke  nun  parve  H  Cosi»*  saffi-' 
dente  a  render  iotalfiKObe  iu^d  i  %U  dfti  ribeUi 
ÌqualiperninuUtealiflna9Ì0DÌ,epef-  Tar:afcti  é\atat^ 
trovaf  aM  il  ineda  di  rientrala  «a  poMiWo  d«Ì  Belìi 
patenùpepMciqsi.niMMaAnAwyi  pravvedÀmebli 
cenUoi  aa^wnì^  Ait^tlUMHld*  pvrtaBbftia.  tMtft 
il'sao.ngorQl«4iftp*)ia«w.dttdiMltaF«DiApai»  6fl- 
coaiBriMfida  .le.-Uig^  d^U»  Ret)nUtlica«  pi*Qftriey 
dicìSiiarò  ebe  il  Fìsod  iaoorparwM  tutti  «:tf«bi  det 
ribaUe>  tasto  .fideeomaHati  obà  tivelUri ,  «ocorcb» 
aa^fattieMskitmMne,  «  si  pa*s8g^  inialtti  cbìa- 
mali  )  che  «'iMeAiesaera  coofiscala  qucUe  pbtviooi 
dihcni  dd  padre,  madre,  btMo  «  iviii,  dte.  sareb- 
beradiragionfl  dovnte  pwanraiiel  ddHM[ók4to>c«af' 
siderawlidi  ì^  «fueste  parte  da)  di  (lel.|i«ièafcoicUliu 
to  come  smorti  ak  inastata ,  da  prtUMbrac  pere  ii 
pqsmwa  «U«  lóri)  «orie.  Volle  ioolUe  «bf  it  Fisco 

<  l*)  L.  5.  Cod^  »<>  le(.  lui.  Mjwit  I.  nH»  tf-ll.  t       . 


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aa»  STOAU  DI  TOSCàltA. 

.A.ir  mpprflsentaase  la  persona  del  deliatfoent*  y  e  mic^ 
3i  C.(]j5c«n(lenti  maschi  quanto  aUe  condizioni,  vocaziò- 
'  '  ni ,  e  diritti ,  che  «  sarei>bcro  dovati  pnri6care  in 
qofllo  o  in  quelli.  I  figli  dei  ribelli,  condaDtnti  td^ 
la  infamia  ,  e  alla  povertà  dalla  le^je  Imperiale  « 
da  qaelle  di  Firanae  j,  doverono  per  questa  nuova 
dispoaiiìone  di  Conroo  aoggìacare  ancora  a  un  eò- 
lio perprtuo  dalla  Patria  ;  i  minori  dì  dodici  anni 
fbroao  soggetti  a  tal  pena,  per  doverla  subire  appe- 
na compiu  l'età  predietta.  Questa  h^ge,  dettata  dal- 
lo ^rito  di  vendetta  e  di  aviditk  ,  trovò  qaalcli* 
ostacolo  tra  i  Consiglieri  del  Duca ,  e  il  Niocolini 
non  arrossi  di  moatrarne  manifestamente  la  sua  di* 
«approvazione ,  ma  il  rigore  dì  Cosimo  prevalse  4 
qualunque  riguardo.  Dopo  obe  fìi  promulgatasi  de- 
nominò F(^verina  in  odio  delfautore,  che  fa  Jaco- 
po Polverini  da  Prato ,  Auditore  Ducale  nel  Magi- 
«trato  dei  Consiglieri^  Avvocato  Fiscale^  e  Beffe- 
tario^ella  Pratica  Segreta,  uomo  di  molta  aiftórìtà, 
e  impiegato  dal  Dnea  in  molte  commissioni,  e  spe- 
cialmente ecoQomicbe.  Stabilita  col  massimo  rigo- 
re l'osservansa  di  queste  disposiaìoni  nel  i556,  «•• 
«nido  nato  qpalcbedabbiasc^ira  l'inteH^ensa  del- 
le medesime  circa  i'ineorpOTO  dei  Fideeommiari, 
fii  dichiarate  che  la  legge ,  siccome  non  si  ooDJbr- 
mava  con  le  dispoaiaioni  di  ragion  comune ,  così  la 
mente  del  Legi^atore  era  che  comprendesse  aneli* 
quei  fldécommiasf  £itti  a  iavore  di  colore ,  che  Ì4is> 
eera  congiunti  al  ribelle  per  lìnea  traosvenale  qù- 
lottt  però  fcasevo  della  steasf  agnaiionee  casata. 

Così  ardente  e  animato  iselp  per  la  pr^musica- 
rexza  fu  esteso  da  Cosimo  anche  in  difesa  àsi  9m- 
ticolari  j  non  sole  per  la  retta  amministrasone  del- 
la Giustizia  j  ma  ancora  per  prevenire  in  quanto 


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LIB.  L  CAT.  rat.  U9 

ime  pcwùlnle  i  malefic}  e  ìnreitigftnie  gli  «uUoi ,  "^^ 
•finché  non  ne  rotuaero  impiuiiti.  Ii'iiitni{weio4iC 
pian*  ^Ib  Hiforina  dei  Goatuini  Ufm  tvera  tatto  <^' 
il  sDconso,  e  l'atrocità  delle  pene  inaspriva  inag^ 
gìornutntc  gli  nomioi ,  e  non  gU  ^ventava.  Le  eoa- 
fiacacionì,  i  bandì,  e  le  delastoiù  MgrHa  accreace- 
vano  gli  odj  prìtati  ;  le  asioni  amane ,  drcgacritt* 
fra  tasti  limiti ,  e  investigate  da  tanti  severi  oaaer- 
TBtori ,  difficilmente  poteanocontenenilragliatrat- 
tì  termini  preacritti  da  una  intrigata  I^idasione  , 
die  in  vece  di  dìHgei^  pìutloato  le  confondeva.Ua 
{Hcci^  eiTore  punito  con  troppa  aevoità  ne  prodti- 
cevB  dei  maggiori  ^  e  le  ^agreasioni  cagionarana 
m  breve  tempo  i  delitti.  L' antica,  {èrocia  della  na* 
flàone,  piuttosto  che  essere  ammi^lita  con  la  ragio- 
ne ^  era  incitata  dal  aoverchio  rigore.  Ancora  cova- 
va nel  cuore  di  motti  l'antico  qnrito  Repubblica- 
no;  le  lettere  e  le  arti,  ampiamente  riatabilite ,  e 
propagate  dal  Duca  p«-  addolcire  i  coatumì^  ope? 
ravano.  troppo  lentamente  per  vederne  il  auccesao  ; 
)a  miseria  >  e  gli  aggravj  peraonali  ^  e  reali  acfye* 
•cevano  i  delitti  j  le  aggreaaioni,  le  risae^  e  gli  «mì- 
cie] j  erano  tnq^  frequenti,  e  il  Duca,  seguitando 
lo  spirita  del  secolo,  credè  di  potere  rimediare  al 
disordine  con  raddoppiare  b  spavento ,  è  le  pene.^ 
Perciò  nelli  ondici  Harxo  i549  pi^mulgò  una  leg- 
ge contro  gli  omicidiarj,  in  cui ,  aenaa  &r  distia- 
uone  alcuna  alle  varie  chrcostanie  di  questo  delit- 
to y  proibi  a  chiunque  il  dare  a  tali  delinquenti  ve* 
nin  ricetto,  obbligando  ciascuno  a  notificarli.  Dfr< 
stinò  premj  a  chi  gli  ammazsasse,  o  qonsqinaf- 
ae  vìvi  in  potere  della  giustizia ,  e  finalmente  pri- 
TÒ  r  omiddiario  di  ogni  speranaa  di  ottener  grazia , 
•  di  poter  ritwnare  alla  Patria  eenia  conunettcre 


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a3«  .  STORIA.  Ili  TOSCARA 
H^  \m  altro  omicidio,  cioè  m  non  Bvt«te  i 
ài  G.  con^  {e  sue  proprie  mani  uo  rilieUe  ^  o  Inodita  la 
'^'  questa  stessa  legge  ordmò  che,  seguitaiulo  L'  uso 
delle  priDcipftU  CitU  d' Italia ,  si Jtalnlissnro  per  le 
direiM  contrade  4ella  Città  i  denuoiiatori  dei  ma- 
leficj  nella  dkattc-  delli  arUgiatii,  e  delle,  persooc 
solite  risederoftì  cootintio  nelle  laedesime.  Fer  leg- 
ge già  ripetuta  era  stato  vietato  il  ritenere  nelU 
Cktà  f  e  per  otto  m^lia  in  tomo  alla  medesini  a  qua* 
lunqiw  qualità  di  asmi  sotto  pena  della  vita ,  e  deU 
la  cooBscaiiimc  dei  beni/  ma  anche  questo  rime- 
1^  er9  riescito  inutile  a  stabilire  perfèttamente  la 
quiete.  Il  metodo  dei  denunziatori  fu  reputato  pia 
efficace^  e  finalmente  li  tredici  Febbrajo  fn  pah* 
blicalo  il'piano'j  e  «rdinata  l'esecaùone.  Fu  distri- 
iHiìta  laCittà  in  ciiiquanta  divisioni^  denominate 
SìuAdwpa^  io  CMVcbedBaa  delle  quaU  furono  sta^ 
biliti  una  e  due  dcBUiuìatOEi ,  secondo  la  ma^iore 
o  winiMre  popeUneD*  di  essa.  Si  formò  per  ogni 
Sindicberìa  vaabersa,  ia  cui  ViMienraiio  ii  nomi 
dei  Sedetti  giiid>icati  i  più  alnlì  a  quetto  miaietero, 
per  esiraneBe  in  ogni  anno  inuoTÌ  Sindaci, o de* 
nuDciatori.  Fu  loro  asicgnato  V  incarico  di  tenere 
informato  ilTrtbonato  di  ogni^uù  minato,  auceea^ 
so  ddU,  ÌMBO  Contrada,  e  gU  In  destinate  prtna  uno 
atipeadkr,  e  poi  on  premio  proponaonaloalla  dee 
nuitaia ,  e  finalmente  iumno  dichiarati  tmmnnii  dp 
ogni  esectnione  personale  fet  debiti  civili  :  questo 
metodo  fu  poi  esteso  nelle  altveCittà  del  Dominio^ 
e  per  la  Gampegu» 


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CAPITOLO    NONO 

CantìlasioM  econoBucn-detlo  Statodi  Fireiue.  Convencìo 
.  dei  Fiqteoliu.  Ei^iioaa  ,partwaiaie  ,-  e  mercatura  del 
t)ucB  Cosimo.  Stato  dell' Agricoltura^  Arti^  e  manifattu- 
re: Fabbriche  pubbliche  ;  Belle  Arti,  Lettere,  e  restau- 
ranonedello  Studio'dtFiM.  ' 

La  Repubblica  dì  Firenze,  nata  e  ingrandita  dal-  ~7~ 
le  Arti  e  dalla  Mercatura ,  ricaTara  da  esse  la  quau- ji  o. 
tili  necessaria  dei  tributi  per  l'eserciziu  ,  e  difesa  >55i 
delta  sua  Sovranilà.  TJ'n  Popolo  ricco  dei  guadagni 
delle  pi-oprie  manìfatlure  ^  Cittadini  opulénti  per 
l'estensione  del  loro  commèrcio  soffrivano  facil- 
niente  delle  gravose  gabelle ,  ancbe  su  ì  generi  di 
prima  necessità.  Nei  tempi  più  tranquilli  e  felici 
l'erezione  di  maestose  labbrìchè,  e  l'ornato  della 
Città  facevano  che  ai  spargesse  nuovamente  nel  Po- 
polo quel ,  cbe  soprarvanzava  all'  ordinurio  man> 
teoimeuto  delle.  Magistrature.  I  Mercanti,  dopò 
i  lungbi  e  pericolosi  travagli  della  mercatura  ,  tor- 
navano a  impiegare  una  parte  dei  loro  profitU^ 
per  procacciarsi  il  riposo  e  la  delizia  nell''Ame>' 
uità  delle  circonvicìoe campagne; e finalmeaie  la 
ricchezza  del  Popolo  formava  quella  ddla  Repub< 
blica.  Le  revoluzioni  d' Italia,  e  lo  spìrito  di'  con-' 
qajsta  ,  che  preoccupò  tutti  i  governi  di  questa 
Provincia,  trasportarono  anche  Firenze  a  intrapren- 
der gnerre,  far  leghe,  e  comprare  amicizie  e  àsai- 
atenza  dai  più  poteuti.La  ricchezza  dei  Cittadini  fu 
]'  unico  tesoro  aperto  alla  Repubblica  per,  sostenere 
isuoi  impegnile  gli  accatti  o  prestanze  gli  sommi- 
liislrarono  sempre  il  danaro  (ler  le  occorrenze.  La 
iurma  dì  tassarle  a  diserezione,  suscitando  delle 
querele,  fa  imaginato  T'Estimo,  il  Catasto ,  e  final- 
mente  la  Decima {*),  gravezza  ragionata  imposta  s« 
(*)  Vedui  il  celebre  trattato  delU  Decima  e   Gravezie 


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ftSf  StORU-M<TOSCM!(^ 

Ah.  i  Ikqì  stalxlì',  e  proporzicmatai  alle  facoM  <ti  chiun-* 
di  C.que.  Questo  però  non  tolse  il  bisogno  di  nnovf  ac*- 

'^'  catti ,  è  il  debito  contratto  dal  Pnbbìico  nelle  oc- 
casioni f  assorbendo  in  gran  parte  l'entrate  certe  e 
costanti  dello  Stato,  sconcertò  la  Repubblica  ia 
quel  punto  stesso,  cbe  andava  a  perdere  il  commer* 
ciò  e  la  liberti.  Il  principio  del  secolo  XVI.  fu  l'  e^ 
poca  fatale  di  questi  mali  ;  i  Medici  al  di  fuori  gli 
preparavaDO  la  scbìaTÌtii  >  le  nuove  scoperte  gli  as- 
sorbivano all'estremità  dell'Europa  la  mercatura, 
il  governo  popolare  ^  e  le  inteme  discordie  gU  di- 
sastravano r  economia*  Ciascuno  dì  questi  mali 
contribuiva  all'effettuazione  dell' altroj  e  tptti  ri 
combinarono  nello  stesso  tempo.  Quando  noi  i53o 
la  Città  ai  arrese  alle  armi  Imperiali,  per  pagare 
quarantamila  ducati  alle  Triippe  di  Carlo  V-, per- 
chè si  ritirassero  dal  Dominio ,  fu  spedito  Bartolom- 
meo  Cavalcanti  a  Clemente  VII.,  percbè  ne  acccH 
modaase  la  Repubblica ,  o  permettesse  ]di  valer» 
delli  alanti  di^e  Chiese,  non  essendo  possibile  di 
trovare  questa  somma  fra  i  Cittadini:  essendosi  di 
più  la  Città  obbligata  di  dare  a  Don  FerranteGoD- 
laga  cinquanta  dei  principali  in  oata^io^fu  il  Papa 
pregato  a  interporsi  per  togliere  questo  aggnvÌD: 
per  essere  trappoonerosoai  Cittadina  qualifissen- 
do  rimasti  tutti  poveri  non  avriano  comodità  di 
sostentare  la  vita  loro  in  altro  luog».  Incominciò 
Con  questi  auspìcj  il  Priucipato  di  Alessandro  ;  ì%- 
Riforma -del  i53i,  sebbene  avesse  in  considara- 
zione  un  risparmio  per  servire  alla  sicurezza  e  al 
fasto  del  Principe ,  fu  non  ostante  troppo  piccol* 
per  esser  bastante  a  sospendere  nuove  gravezieiCle- 
4«1  Commi  di  Fireate  ,  delia  moneU  ,  o  mercatura'  dcir 
Fioifotiai  in  data  di  LUbona^  «  dì  Locca  iT^S. 


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mente  VII. ,  oiccome  non  roUe  alteràn  di  troppo  ^^ 
gti  antichi  ordini  della  Gttà ,  con  lascia  i«sai0teredi  C 
hvecchia  Sanm  di  amministrare  Upabblidie  rea-  '^^* 
dite.  Lft  pregna  difésa ,  le  occorrenEe  pnbUicbe,  e  . 
i  ria)  astrìnsero  Alessandro  a  imporre  Daov«  e 
slrawdìnarie  gra-reue,  e  i  Cittadini  aofirirono  di 
OUdanimo  che  appena  ristabilita  in  Fatrìa  la  tran- 
quillità li  apponessero  deUi  ostacoli  al  rìnsscieote 
commercio.  Ndla  eleiiooe  di  Cosimo  fu-pensatodl 
jMirU  im  frenoj  affinchè  nota  si  arrogasse  con  tanto 
afliitrio  le  pubbliche  rendile,  e  gli  assegnarono  do- 
dicimtta  ducati  per  il  mantenimento,  della  sna  Cor- 
te. Qaeata  limitaxione  ^  non*  meno  irragionevole 
che  insussistente  non  produsse  altro  effetto  che  dì 
acquietare  in  quel  punto  gli  animi  dei  malcon- 
tenti ,  poiché  né  lo  spinto  di  Cosimo ,  né  la  costi- 
tuzione  et»nomica  dello  Stato  ammellerano  la  M- 
parasione  dell!  interessi  del  Pubblico  da  quelli 
del  Principe.  Ciò  non  ostante  sì  assoggettò  Co-, 
siipo  a  questa  l^e  per  qualche  mese ,  fintanto  ^ 
che  cessato.il  tinjpre  dei  Fuorusciti ,  e  risoluto  di 
fortificare  il  Domìnio  nel  i536^  ordinò  una  impo- 
sisione  ad  arbìtrio  del  sette  percento  suUi  Artigia- 
ni e  su  i  Cittadini^  e  una  Depntasìone  pw  tassare 
ed  esìgere.  Nel  j54i  impose  un  accatto»  nel  quale 
furono  tassati  anche  i  mercanti,  che  abitavano  fuo- 
ri del  Dominio^  brache  non  vi  truaero  beni;  la  ne- 
cessità di  aver  miliue ,  e  artiglierie  in  occasioa 
della  guerra  di  Perugia ,  e  U  proa^oimento  della 
ìntra|H«se  FortìQeanooi  lo  indussero  ad  accumula- 
re in  questa  forma  il  danaro.  Nel  1 543  fii  ordinato 
nn. altro  maggiore  accatto  a  perdita  ,  per  supplire 
alla  somma  sborsata  all'Imperatore  per  la  restìtn- 
ÀMM  delle  Fortcsce.  Con  ì^gfi  dei  dìeq  Ottobre 


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334^  STOBU.  m  TOSCikNil 

^  1S45  dichitrò  cbe  fittwro  a  carico  dello  Suto  Uiu! 

diCgU  alkfgVe passaggi  di  Truppe>persooaggi,egen- 

<35i  ^  (l'arme>  incaricando  il  Magistrato  dei  cinque  di 

Contado  dì  repartiroe  «  prqxmioiie  Is  «pese  fra  1» 

Comonità  dflt  Doaùnia 

Con  la  generale  revisione  dellì  «stiaiì  0  p«^  die 
«i  togliessero  gli  abiui,  introdotti  facilmeeie  in  qori- 
VamminijtraBiciie  nelle  passate  revolaiioni,  eoltrir 
racereaciniènto  dì  questo  prodotto  procurò  ancora 
che  si  stebiliaie  la  giuatiiiR  nella  eaaùone.  Pf«t  Gen* 
naro  i5^i  eloise  otte  CiUadini  col  titolo  di  Rìfor* 
nutori  del  Coptado  di  Piaa ,  arSnchè  invigiloMèro' 
tlla  diligente  mimr^one  dei  beni ,  e  oé  fornuiaM- 
ro  nn  estimo,  ad  c^gctto  di  far  concorrere  propor-' 
siooatamenle  ciascuno  alle  spese  necessarie  per  ri* 
stabilire  la  cultura,  e  la  salubrità  diqaella  Campa* 
gna.  Le  guerre,  e  l'ostinata  resistensa  dei  I^ui 
contro  la- Repubblica  di  FireuEe  nel  principio'  del 
secoloBveiDO talmente  desolato  quel  Territorio, che 
aignor^giato  dalle  acque,  e  abbandonato dalU  abj- 
Uoti,  era  divenuto  inculto  e  insalubre-,  la  stessa 
Città  Mniidiruta,edisabitata  era  divenuta  uno  spet- 
tacolo di  miseria  e  di  orrore.  A  tutti  questi  mali  vol- 
fe  Cosimo  riparare,  e  non  ostante  la  capitolazione 
del  i5o9.,.che  esentava  i  Pisani  da  qualunque gra- 
vMCa,  volh)  che  l'estimo  si  effettuasse  Nel  i55i 
raetò  esattamele  compita  queata  opera ,  e  la  stima 
di  tutti  i  beni  d»l  contado  di  Pisa,  non  comprese  le 
case,  montò  a  Dnoatì  a59444^  *  Gootadiai,  che  prì* 
ma  sopportavano  le  gravezae  per  gli  esentì,  furono 
sgravati  da  questo  peso  in  vantaggio  dell'agricolta' 
«.  Con  legge  dai  3o  Dicembre  i547  "Aiarad  per 
atEiodi  esentioDÌ  li  antichi  abitatori ,  t  ne  invita 
00^  var)  privilegj  dei  nuovi ,  ad  frettò  dì'ammnv 


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«OH  ìt  Oììbita ,  e  «ob  k  rìdincnfe  Stelle  «eque  su  ^„, 
Goil  fertile  Térrìlorie.  Con  «Ura  leggedel  prinedìa 
Maggio  iSSt  determinò  il  metodo  da  praticarei  per  '^* 
i^>plìeflve  f  prodotti  drii' estimo  «Ila  nduzioatf  del 
suola  Piasno,  al&nchÀ<tutti':H  ofaitotori  tanto noovi 
che  vocch>ncoacorreMe>oo.pnpcHaùoiie.^el  i5^S 
imvità  per  abitarvi  t  Grìatiani  hudtì,  e  h  Ebrei  peri- 
oegiiiblti>  •  eCaccifiki  dal  PortegoUik,  oflèrendtJi  va- 
rie eoBOzicHii  e  comodità  ;  volte  garantii^  da  qua* 
loM.q«e  peraecozioBe  della  Inquiàiìcioe,  gli  aancu- 
rù  da  qoakÌToglia  delitto  già  commefiao ,  e  gli  di'* 
pBRSò  da  ognigraTeazapenonalee  reale,  eccettuate 
le  ordioarie  gabelle.  Anche  il  Territorio  di  Pietra'* 
amta  afflitto  dalle  steste  calamità  meritò  i  suoi  paT'^ 
ticolaii  riflessi,  avendo  incoraggko  quei  Popoli  ali* 
agriocdtura,  e  a  procorat^  coU  l'escavanone  dei  feasi 
la  :aabilirità  dcU'arìs.  QiMBle.premare  eateee  ia  prò- 
gretto  a  tutte  le  paitti  del  «no  IXimitiio ,  unite  a  un 
eetreOia  rigore  e  vigilaooft  nella  esazione  j  [vodus' 
aero  ìtt  Kireve  tempo  on  qoalefae  accrescimento  alte 
rendite  pufali^idie,  ma  non  però  tale  da  poter  sup- 
plire all'  ordàaano  dispendio ,  e  alle  straordinarie 
totrapvcec.  MeU'anno  iSSo  lÌMeil  Dtica  da  per  se 
alesa»  1»  rimaaione  di  tulle  l'entrate  del  Dominio^ 
e  dal  risccmbn  di  sua  muM^  appariece  che  in  detto 
anso  l'entrale  Ordinarie  dcUoStato  di  Firenae  am-^ 
noirtaTano  al  iaràm  a  Ducati  437934- ,  <  al  netto  » 
Dnaati  3679o3.rÌlidibf  ndedettagliatamenteciasdieH 
duucapodidntiiata.Sébbene  per  cesi  angusto  Donai* 
ni*  nob  fesse  souw^UaMo  prodotto ,  ciò  non  ostante 
cwwbisiandolo  con  .ìegrapdtoee  spese  da  eaaa  &tte 
difortlfibanonie-fthbncke  di  Iusbq,  soccer^  di 
Tra[^  e  di  danari  aft"  Irtpeialwe  ^  fiiUvica  e  fiir* 
tiAoftn«»<fti  Pertoferrajo,  manteaiinatttBa  IM^t- 


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a3«  STOMA.  Iti  TÒSC&lf  A. 

A^  n  dì  quattro  Galere,  levane  reclute  di  Tni|^  per 
di  G  la  difesa  dello  Stato,  le  decorose  spediaioni  alle  Cor* 
'^'  ti  j  lo  stipendio  di  taati  eaploaatorì  per  l'Italia  e  nel 
Donunio ,  e  finalmente  il  fiuto  della  snaTkirte,  bod 
inferiore,  ma  superiore  a  quello  ddli  -atei  Flriiici* 
pi  Italiani  del  ano  rango,  resterà  certaonalie  ìndnb' 
feio  qual  fosse  la  vera  sorgente  delle  me  rìcchraw. 
Le  .tanto  esagerate  confiscaxioni  non  lo  furono  cer- 
tamente, poiché  sebbenesÌTalesseìnproprìodiuiia 
.  prte  del  loro  prodotto,  ciò  non  ostante  per  dimo- 
strare CMi  la  clemensa  >  e  con  la  generosità  il  con* 
trapposto  dell'estremo  rigwv  praticato  con  i  ribel- 
li, molti  di  essi  beni'donava  ai  più  prossimi  par«Lti 
dei  medesimi,  che  li  erano  stati  fedeli  ,  molti  ne 
impiegava  in. pie  fondazìoui^  e  molti  finalmente  n' 
elargiva  ai  suoi  Ministri ,  e  Servitori  i  più  favorìU. 
I  partiti  di  danaro ,  che  faceva  con  i  Mercanti 
dei  più  riguarderoli  empor)  dell' £uropa ,  quantun- 
que  alcuni  per  i)  pagamento  di  cospicui  cambi  li  fos- 
sero di  un  manifèsto  svantaggio,  altri  però  gli  ap- 
portavano un  notabil  profitto  per  meno  della  mer* 
calura ,  alla  quale  avea  già  riv^te  le  sue  appUcano- 
nì;  le  circostanze  della  Città  gliene  &cilitavano  i 
mezzi.  Fino  dai  più  felici  tempi  del  commercio  a- 
Teano  i  Fiorentini  stabilito  ndle  Piazze  mcFcantili 
dell'Europa,  e  del  Levante  diverse  Case  di  laro  na-< 
tione  per  la  più  fàcile  corrispoadeou  della  merc»> 
tura,  e  delcambio.  I  privilegi  dei  Principò,  e  la  spe- 
ranza del  profitto  gU  richiamavano  fiicilmente  » 
quell'esercizio,  formando  sull' eseùipio  delle  altre 
Nazioni  il  Coosolato  con  privativa  eognìzioaeddle 
cause  mercantili  fra  loro':  le  tArbolenie  della  Re- 
pubblica ,  e  le  divisiooi  dei  [fartiti  aveaoo  staccato 
totalmente  mnlti.di  essi  dàlU  Patria.,  «  ma  è  m*-. 


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.  LIB-  1.  CaP.  TX.  937         . 

nT^;1iamdq)ol'asse<]iodÌFÌrenze,ristd)ÌUtiiprin-  ar. 
cìpali  di  loro  nella  Città,  poterono  in  hreré  tempo^*^ 
farvi  rinascere  il  comnlercio,  e  le  irti,  f^orirano  i 
Consolati  dì  Boros,  Napoli,  e  Venezia^  e  molto  più 
qnelli  di  AnTCraa,  Londra,  e  Lì(xie.  In  questa  sola 
Città  nel  154S.  erano  à7'Case  di  Negozio,  o  «iano 
ragioni  cantanti  in  Hercaflti  Fiorentini ,  enunciato 
tutte  nel  Diploma  di  Enrico  II.  in  data  dei  a^.  Sel> 
tembre  i5^9.  per  conlèrmara  ai  medeaimì  ì  privi-' 
l^j  concessili  dai  suoi  predocessori.  Attesta  quel 
Monarca  in  detto  atto  eaaiet-H  'molto  accetta  questa 
Nazione  iu  rignardo  delle  cospicue  somme  impre- 
stateli al  quattro  eal  cinque  per  cento,  e'idel  dono 
gratuito  fattoli  al  suo  aTTentmeoto  alla  Cortina:  La' 
aomnia  dei  privilegj  si  ridoce  a  potergodere  di  tut- 
te le  facoltà  comuni  ai  Sudditi  Franééai,  e  ad  esM- 
re  esenti  dal  diritto  di  Auliajn«.  Farori  il  Duca  Co- 
simo fin  dal  jHÓncifHO  det  suo  governo  i  Gtta  din 
dispersi  per  queste  Piatze  ,  non  bc^o  ad  oggetto  di 
ristabilire  txm  la  loro  opera  l'antica  mercatura  uri- 
la  Gitti,  ma  ancora  per  interessarsi  con  i  Medesimi' 
nelle  branche  principali  del  loro  commercio,  e  pò-' 
tere  con  la  loro  assistenaa  e  si(*artà  ottenere  dai 
Ganalùsti  delle  riguardevidi  somme  di  danaro,  per 
Taleraene  all'  occorrenta.  Da  ciò  nasce  cbe  alciitìi  ' 
Istorici  gli  rimproverano  la  paì^liti,  e  il  soverchio 
fiiTore  per  j  ricebi.  Il  monopolio  esercitato  net  prò- 
prio  Dominio  ,  il  beile  imercio.  nello  Stalo  Eccle-' 
siastico  e  nei  Domio)  Spagnoli  gli  facilllavaiio  v 
maggiori  profittili  soli  Gmoreai  potevano  esserli  ri-' 
Tali  nella  mercatura  di  Ponènte,  ma  egli  non  ricu- 
sava di  anir«  con  .ean  il  proprio  interesse.  La  mer-  - 
catura  dei  metalli  fu  tra  le  sue  [vime  intraprese  ; 
•Urc  U  quantità  dèlli  itagnì ,  che  levava  dall'In- ' 


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___      *«  STORIA  «i  TOSCANA 

^^  ghiUerTa,Jul  tS^S.  fece  aLiaboaa  un  pirtito  cosi 
di  CcoDwieralùls  di  ar^^eolo^  che  sorvi  pef  qoalcbe  »a- 
*^'oo  a  User  forQÌte  di  ({uesto  metallo  molto  leccb* 
4'itali£  I  Fuccberì  ^lebri  negozianti  di  Ai^tuU  , 
che  t^iQavanpGaM  dln^gMioin  varie  Piaz^  dì  £u^ 
ropa,  e.particolarmeatein  Veoezia  erano  Buoi  ià- 
nailiari  corri^poiideDli  ie^ai-  aveano  l'appalto  deUe^ 
miniere  dlJugfaerìa,  In  Anversa  faceva  molti  par* 
liti  parte  .io  daQBro,e  parto  in  marcanzìe,  secondo 
lo  stile  di  quella  Piaua;  <;io&  prendeva  una  somma 
di  centomila-ducati)  «ettantacÌDqoemila  sborsati  in 
effettivo  cpntanto  per  pagarne  il  cambio  legale  di 
dodici  "ptw  cento  j  giacche  io  Anversa  «a  nna  leg> 
g^,  cbe  vietova  di  oltrepawjire  questa  somma,  e 
trqntacinqBemila  in  piercafVEi^B  giusto  stima,  sen- 
E^  però  che  per  questo  correas^  il. cambio;  si  davano 
le  opportune  sicurUi  per  la  reintograzÌDne  dalla. 
spmqiB  nei. termini coaveauti,  ipotecando  lau  par- 
to del^  rendita  del  pppiiaia  a  favore  dell'  intores^ 
aati'. Eolico  VII}.  Dfdla  gfierra  nostenuto  contro  la, 
Ifraocia  «vealevaU?  d'Anversa  iqqoeato  forma  più; 
di  U4  milione  di  ducati  /p  i  Mercanti  Fiorenlùd. 
gliene  aveano  gi^k  procurato  il  partìtor  Le.  mercau* 
zie  copsistevanoin  raim;,  S'^'j^t  fu^tap^i'  egrani^ 
c^e  il  Duca  iiu»va  p^i.r^veQ^er  per  l'iMtlia  iadet" 
t{igUo  opn  ^uo.ivafcabilc  pn^tto.  X^e  stesse.  cvotraUa- 
zioni  erftno  praticate  snc(H;a:da,  Carlo  .y.^  se  qoq 
cbe  facendole  ^If  a  tutto,  ^oqtanto.  gli  orano  sem^ 
gre  di  manifesto  8y;aotageip.  Teneva  .il,0|ica  due. 
Galeoni  eaercitoti  contiotwqen^  per  trasporto  del- 
le mercfinsate  d«l  I^fai^tSi  e  4'^tolia  nei. Porti  di 
Spaguii,  e  di  Ffandra;,  di.d^ve  ritornavano  carichi, 
di  quella  merci-.  Anche  .t  l^uchessa  £lpoDoraj  non. 
mfno  iittento  del  marito  a  fiesto  esercizio,  potè  io, 
j>ro.gre8So  accumulare  delle  :Ìgaardevoli  somme. 


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.     L»  I,  OtP,  IX.     '  »l9 

Per  tfbcMftngwne  Cowioo  fu  creduto  il  più  rie*  j^ 
co  e  dflpHtvw  Principe  dell' IUlia.>  potè  aommìai-iliC.- 
«trai^^.Carlo  Y*  delle  «ODvne  iu  qiu- 1  tempo  aasu  '^  * 
rUevftqti ,  e  far»  mpetUn»  «  Mtwve.daUitaliaaiy  ^ 
e  eoa  qveitio  mezco  pota  più  iucìlmante  raytabilire 
nel  tMtt  Stftto  le  arti,  già  di^rM  per  le  ptuMtc  re- 
Tolufiopl.  AUtt  nuL  ^eeione  iroi^ò  Ja|Gittè  oauican- 
%e  di  moUe  jvli  di  loaio,  4  di  elenne  di  necsaaiU^ 
ì{eU4  j539'in  occwiotie  ddJeiuaae  di  Eleonora  dì 
Tqledo'  iu.  necenario  Jer  lavorore  a  Napoli,  gli  ar» 
genti  ,  perchè  io  FiretiBa  nunaava  queat'arte  ;;  ooo.- 
eraQQ  ia  Città  ibrnaci  di  vetri^  iiou.f«U>ricbe  di  cai 
re*  e  molte  aUre  raaailàtliifv,  cbediepclveìiitflni-. 
pò  dell'aiaedìo,  il  J)ac&  Aleaetadroafea  Irabciirato 
dopo  di  richiamarle.  L'arte  dem  ùmM^aàltcb  m]»* 
mento  dcUa  mercatttra  di  Fircttee ,  appella  rial». 
bilila  la  quiete  nella;  €iUà«  «rea  riucquietato  vige-' 
re,  quale,  però  gli  fu  molto -aeeivaoiuto  dalla  "vigi'--. 
lajua  di  Gpaimo.  Nel  i537;enuio  in  Flreupe  seo* 
uiUittre  CaaBdinegOBÌo  di  laaa,  e  nel  jS5i  orano 
crwitìiitefino  itt  JiSC^frquanCuBqpueifal.diuiierdidi. 
e«e  noti  w  rilevi  cod  oàtteU»  1»  quantità  del  ìm^ 
TOKo^  «  l'i^ténaioDe  del -commercia,  a[^n«ce  paò' 
dùarBjnmte  l'atcraicìracsU*  dell'induttria  UaUi  9>-: 
lutanti.  L'eeito  dei  pendi  isi  làcera  per  l' avanti  iat 
l«veote  >  e  vi  cr»  iiiui  magittratarB  denonkioata  ii 
Cwtsitvatori  tM  Coaunercioiii  Levante,  éheia^»'{ 
gilave  eeprestamente  fa  qaota  mercatura:  Firenee- 
tetevB  un  Bailo  .«  Goitaatiiiopitli ,  e. la  oiKloiie  vt- 
godevb  afoplisaiiBi  privil^ij.cfaa'o^i  nuovo  Salta- 
no araaolito  di  tauferuarét  :Xie 'ì^iraleriedei  Tup* 
chi,  la  poca  «icureixa  jìoì  Mebeanti,  e  la  traslacionfe) 
del  commercio  in  altre  parti  ^TOano  iodeboliio  il 
traffico  dei  Fitveatinl  in  LerqnlS!,  di  niodo  che  nel 


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«f«  storia;  t>I  TOSCANA 

j^f,_  i55i  mercint^^giavaQO  in  Pera  sole  qnmdici'CaAt 
a  C  dì  Questa  nazione.  Per  tentare  di  restituirla  ndl'an- 
'^'  tico  vigore ,  concorsero  tutte  a  lare  uno  Btra(»tl>nfr- 
rio  r^lo  al  Visir  di  trenta  pesie^di  panno,  ^fùo- 
dici  di  garbo  e  altre  quindici  di  S.  Martino,  accom- 
pagnate da  altrettanli  drappi  di  seU,  ma  inutile  fu 
qaesto  sfi)rzo,  perckè  sempre  più  crebbe  il  laaguei^ 
re  di  quel  commercia  Piii  felice  riesci  certamnite 
questo  traf&co  dalla  parte  di  Ponente ,  dove  oltre  i 
saddetti  pHDDÌeranosingohrnieote8p(M«>ut»,eri- 
obieate  le  rasce  fabbricate  in  Firenie;  questa  maai^ 
iattura,  che  incontra  da  per  tutto  un  «Nto  singol»- 
pe,'lii  qudk  che  in  pn^;rèsto  dimìnù  k  stima  dri 
panni  dettidigardo^ciwfinalmentedoTeronaoederB 
a  quelli  di  Spagna^  e  di  Fiandra.  Non  trascuraTail 
Duca  di  favorire  eoo  tutto  il. suo  potere  quést'arta^ 
e  non  ostante  il  rigore  delle  antiche  It^gi  permcs- 
se  che  i  Forestio-i  potassero  associarsi  con  i  Fioreo-- 
tini  in  questo  esBrcisio.  L'arte  di  tingavi  panni  con- 
tiibnì  molto  a  mantenerne  la  stima:  nel  i543l'*P'> 
da  Diacccto  era  il  solo  in  Itiilia ,  che  avesse  il  se- 
greta d'impastare  la  tinta  del  chermisi  con  ia  eoa- 
oiniglia  portata  di  Spagna,  e  in  grana'  di  questo  se- 
greto ritrovato  da  lui,  non  ostante  la  1^^  dell'ar- 
te,' Cosimo. gli  permesse  di  tingere  in  casa  segreta- 
mente.  I  Veneziani  ofilersero  a  Lupo  molto  danfws 
perchè  gli  comunicasse  il  segreta,  e  nel  i543  pre- 
garono  il  Duca^  affincbi  gli  &ceine  noto  il  ^udiii» 
che  gli  Ufficiali  della  mercanzia  aveano  latto  sulU 
so^erta  di  quella-tiuta.  Qd  produsse  che  quantun- 
que vi  ostassero  le  leggi  dell'arte  si  trasportavano  « 
FireDM  fino  dall'Inghilterra,  edaUa  Fiandra  i  pan- 
ni per  tingersi  con  pagare  gravose  gabelle.  licolore- 
P0Oiia»o  per  le  vesti  prelatizie  era  proprio  dei  soli 


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XB.  I.  CAP.  ir.  44fr 

F3orentÌBÌ,nonmeDocbeil  chermisi,  e  l'uno  el'al-j^^. 
tro  furono  alla  Città  di  non  poco  profìttp.CoB  Dondi  G. 
minor  credito  fioriva  in  Firtìnze  la  mani&ttura  del-  **** 
della  seta,  e  i  suoi  dftppi  erano  molto  ricercati  in 
Spagna^  e  aUeakreOrtidJEuropa,  e  particolarmen- 
te quelli  tessuti  con  oro  ;  la  Ck>rte  di  Carlo  V.  ai 
prevaleva  dei  drapf»  di  Firenze,  e  di  essi  si'facerao- 
nore  il  Daca  nel-  regalare  i  Ministri  Impvriaili  y  ei 
pii^  rigùàrdevoli  Personaggi.  Per  que^-. arti  e^ 
costituiva  dei  fondi  nelle  diverse  Case  d\  negoEi» 
tanto  della  Città,  che  delle  altre  Piatte  mercantili 
«ssociandDsi  con' i  Mercanti)  donde  ritraeva  un  pre- 
fitto ;C0n8ÌderabÌleij  che  anito  all'entrate.  Midinarìe 
ddlo  Stato,  le  quali'  ai  aumentavano  a  proporzione 
del  coniniercio  ',  faceva  invidia  alli  altri  Principi 
-dell'Europa. 

-'  -NàmiriMÌ  fiiroBo -le  fine  premure,  pe^YJiè' olti!« 
-eHaCafàtaleiil  commercio  qi  estebdé^se-ancora  alle 
Città:  subalterne ,  poiché  a  molte  di  èsse  concene  la 
maAifattora  déHa  lam  [vima-^ielata  loiv  dalla  R«- 
pubblica,  pm-cbéi  panni  lion'ècbedeBaéra  'il  pre»^ 
ao  di  quaranta  fio^i  per  Ibracoio  ;  roa  aiiigòlarmenke 
■rivoiise  le  cura  alla  CÌttJi'diPisiÌ',.qUalejperla:feli(' 
ce  SUB  ntuàÉióne  ih  vdoinanza-del  oAtre^gilBdìcdva 
fin  opporiuns  per  farvi  fiorire  le  arta ,'»  ìm  mer* 
catara^  Dopaavere' per  meEsóddlelèggi,  edell'estir 
mo  promossa  la  cultura, elBclubriikdiqueUeicampev 
gne ,  e  avervi  richiamato  i.  vecthiie  nuoyì  >abitaot^ 
0an  la  ^eataurauone  delle  Stiidio'j  ejcaa  b'fìtUirica 
delle  Gdlere  risvegliò  quivi  le  artidìprinpaiaèoebsiti 
peTipoter  poi  più  facilounUe  rtabiliivi.quelle ,  che 
alimentano  il  lusso,  e  la  Mercatura.  Kel  i54dÌBecf 
casioBe  dell'arrivo  dai  Portngbeai  e  di  jmlti  altri 
Fotestieri  io  qadla  Città, divenuta  il  deposito  delle 
T.  T.  itì 


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a4s  STORU  DI  TOSCANA 

"^ìa  mereanrie,  ti  eresse  una  rajfineria  di  Zvfdnerì, 
di  C-cht^obbe  pn*  qualche  tempo  un  «qcceaKk  rwUo  I«- 
i55iiice:  U  raa  orUÌMna  re«iil«Ou  in  qu«lla  CiUi  w 
tempo  d'Invo-QQ  CMttribuira  non  poco  »  fàciUtare 
V  eaecuziooe  d«  ;)uoÌ  disegni  io  v«nta|^  d«Ua  io«- 
deainu.  Ànaìoso  di  riu<ar  proStto  dalie  occulte  rio 
«bene  della  terre  4  ti  détcrmioò  di  tentare  r«aQa- 
TawQMdi  tutte  le  minter*  del  suo  Stato;  ed  ave»' 
do  Del  1547  fatti  Tcoire  di  Ungheria  i  periti  di  qua- 
tta arte ,  «tahilì  con  Giovanni  Zeglier  loiv  capo  «mi 
l^iabaioBe  adattala  al  loro  flMrciao.  Le  miniefo 
tentata  furono  qucUe  del  rame  a  Moabcoatiu  di 
Vokerra,e  quelle  dell' allento  a  Caq)|rìgla  {-quelle 
dell'  arffento  di  Ptetraaahta  IttroDo  ritrovate  la  pia 
praficne  ,  di  modo  che  fermarono  la  «m  attiBciooe:, 
e  quella  dei  suoi  Successori  ;  l'eacavazìone  dell' aU 
lume  fu  fnà.  h  piìi  utile  alle  arti  delU  Città.  FIdo 
dal  aacolo  Sili.  la  BepuhUiea  attendava  alla  obo»* 
vauonc  dell'allume  oàl  sw»  DaminiQ  >  e  la  «pedi^ 
BÌoneddlbgiiìfio(iLarenioccatroiVc4temnìkraft> 
vai  suoi prìBcipidaUeallumitreddiSMip, Nel  1483 
la  RepuUdica  trasferì  aell'  arfe  della  lana  agni  aau 
ragione  aopra  Iq  allumiere  delDomiaia ,  e  i  Goiaerv 
▼atori  dell'arte  aUtoera  con  molta  villania  a  rac- 
cogliere un  gtmen  coù  necessaria  per  le  lory  mas^ 
Pitture.  Nel  prìB(àpiodel.aecola  XVI.  erp  niurutn 
questa  «accav^oae  quando  il  Duca  tastò  di  v)sv«» 
filarla  ,  «  prese  in  afitto  da  don  Farraale  d'Appi%< 
ne  le  alluaiare  di  Valla  e  MantiaM.  La  gelosìa  di 
P&ok)  III.  per  sosleMra  il  moM^alio  dell*  alhiB* 
deUa  T<J4,  del  dioni  vantaggia  pvtaejpava  a  O* 
rana  Farnew  suo  nipote ,  e  le  vcssanom  date  al  Du- 
ca per  queste  mobvainierTopperedì  tempo  i»  tem- 
po quella  CManwme ,  taiUo  più  cb»  Sua  Sautiti  m* 


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tifi.  I.  CAP.  HC  ^43 

B  ancora  delle  censure,  fiindamloai  sulle  ra-  ^ 
gìoai  della  menai  di  Massaie  K^>ta un lireve di PiodiG 
IL,  in  cai  asserisce  di  aver  concordato  con  ì  Principi  ' 
Cristiaai,  perchè  n6H  tòlgano  Dai  ìara  .stati  aperte 
le  care  di  atiume.  Questo  Breve,  prodatto  inotil-- 
mente  nei  tempi  fluocesiivi  idai  filinistri  delta  Ca- 
mera Apostolica ,  è  caduto  fiualìnente  aeU'oblÌTio- 
ne.  Alla  morte  di  Paolo  Ut.  riassuiiM  con  rigore 
r  impresa ,  e  con  Givlìo  IH.  «ao  £iiccetB<tfs  non  sci- 
la eoaconU  l'escavauone  delle  prc^trie  allumiere , 
un  non  rectuò  d' iutereeaarsi  ancora  ndl'  appaltodi 
quelle  della  Tolfa  con  ootalùle  profitto.  Questo  e- 
■ercixìo  delle  miniere  inspira  al  Ikica  il  pìtìo  do- 
minante del  secdo  di  foraaar  l'oro  con  la  comlM*. 
nazione  di  diversi  nKtalli.  Siccome  le  aemplici,  «d 
eridenti  teorie  della  fisica  erano  avrìluppats  nella 
peripatetica  oscurità ,  perciò  gli  effetti  della  natuca 
non  saperano  investigarsi  che  per  riè  occulte ,  e 
atraordinarie.  Cosimo,  «vendo  concepto  ima  aingop 
lare  inclinazione  per  questa  arte  la  pia  vana  di  taiif 
te,  eresse  nel  suo  Palasao  una  feotlena  j  In  c«ì  ai  boim* 
pia ceva  occuparsi  nelle  divene  «ampQSÌSioni  dèi  me- 
taUie  dei  minerali:  tutti  ISegretisti  del  Jocnlotra* 
DO  farorevolmente  accolti  da  esso,  éfae  godeva  di 
apprèndere  uuori  metodi  per  fiure  espenenze;  la 
composixiooe  dei  veleni  non  fa  l'nkiraa  delle  sné 
ricerche, ed  ebbe  credito  in  Italia  di  &hfaricare  i  piQ 
TÌoleBli  Siccome  gli  errori ,  e  la  ranità  epialdie  vol- 
ta conducoDO  alla  scoperta  di  cose  utili,  (jucrta  fon. 
derìa  ai  rese  celebre  per  l'Europa  per  i  rimolf  ■  me* 
djcinali,  che  ri  si  fabòhcaromo  in  pn^iresao.' 

Era  tosi  divalgata  per  l'Europa  l'espoàcnza  JT 
Cosimo  negli  ai^i  mercantili,  che  da  molte  deila 
pia  riguarderoli  PìiEze  li  orana  «dfarta  le  impreaa. 


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344  STORIA  DI  TOSCiNA 

"7  II  Pizzarro  p«  mezzo  di  Raffaello  Acciaioli  mo  coi^ 
di  C.  fidente  lo  invitò  a  interessarsi  con  esso  n:^  eaca- 
-1 55 1. fazione  delle  miniere  del  Perù  ;  ma  la  diattinza  dd 
Juogo,  è  il  timore  della  frode  lo  trattennero  dal  pren- 
dervi alcuno  interesse,  poiché  non  li  mancaTUio  in 
-Europa ,  e  in  Italia  particolarmente ,  imprese  di  ri- 
levante profitto.  Nel  i548  avea  intrapreso  l'appai- 
ato del  Sale  nello  Stato  di  Milano,  obbligandosi  di 
-darlo  allo  stesso  prezzo  di  quello  di  Cipro;  prese 
ancora' interesse  nella  pesca  dei  coralli  di  Tabarca, 
>]uale  unitamente  con  ^difesa  di  quell'Isola  soleva 
-darsi  in  appalto  dal  VÌce>Bè  di  Sicilia.  Oggetto  gran- 
de del  suo'profìtto  era  là  mercatura  del  grano,  vino 
e  oìioi  che  traeva  coaùnuamentedal  Levante  iedal- 
la  Sicilia,  per  distribuirli  ai  suoi  popoli,  e  in  altre 
parti  d'Italia:  il  deplorabile  sUto  dell'agricoltura 
Toscana ,  la  ^polazioiie  delle  campagne,  e  le  or- 
ribili carestìe,  che  l^affliggevaDo,  roU>ligaronoain* 
traprendere  questo  commercio.  La  naturale  alieoa- 
xione  dei  Mercanti  dall' Agricoltura ,  l'alto  frutto 
del  danaro  j  le  gravezze  imposte  sopra  ì  lavoratoli, 
e  le  leggi  della  Repubblica  j  poco  provide  per  un' 
arte^  che  sola  costituisce'la  sussistenza  ddli  uomi- 
ni, aveano  abbandonato  intieramente  la  cura  -delle 
campagne  alli  abitatori  del  Contado ,  a  quelli  dd 
Distretto.  La  massima  generale  dei  Mercanti^  che 
il  danaro  supplisca  a  tutti  i  bisogni,  &cea  che  sde- 
gnassero i' economia  rurate  e  il  possesso  dei  terre- 
ni ^  se  non  quanto  potevano  servire  per  il  fasto  ^  e 
per  la  delizra .  Allorché  Loraizo  il  Magnifica  rìn- 
Testi  in  possessioni  nel  Dominio  i  diversi  &adi  di 
Mercatura  ,  che  tenea  sparsi  per  le  Piaaza  delf  Eu- 
ropa , -molte  Famiglie  già  stanche  del  commercio 
che  Isavea  arricchite  lo  imitarono.  Le  vicende  della 


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'     1A  l  CAP.  ne  s45    _^ 

KeptabblicB  dal  i494'  "^  *53o.  furono. fatali  per  Fa-  ^^ 
grìcoltura,  e  ilDucaAleasandro  nel  suo  breve goreroo  di  G. 
non  potè  vedere*  i  frutti  della  ristabilita  tranquillità. 
Il  Principato  siccome  non  alterò  le  l^gi  «  la  costi- - 
tnsioneecoDoniica  della  Repubblica,!  Cittadini  dive- 
nuti sudditi  conaervarono  lo  stesso  spirito  di  merca» 
turale  coOtinuarono a  considerare  l'agricoltura  co- 
me un  arte  secondaria  ,  e  suiixirdiBata  al  commercio'. 
Il  Duca  Gjsimo  gli  mantenne  in  questo  prqposito^ 
se  non  die  l'orribile  carestìa  del  i539.  S^i  sugg^ì- 
il  messo  d'intraprendere  una  estesa  mercatura  dì 
Tettoyaglie^  per  soccorrere  i  Sudditi,  e  profittare, 
per  se  stesso  ;  lo  indoceva  facilmente  a  questa  de- 
terminazioue  il  riflettere ,  cbe  la  situacione  e  le  cir- 
oostanEe  delle  campagne  del  suo  Dominio  non  fa-, 
cevano  sperare,  senaa  uno  sfizio  straordinario ,  di 
poter  produrre  l' occoirente  sostentamento  per  li  a- 
bitanti.  Le  lèrtìli  campagne  del  Pisano  erano  sen- 
za abitatori,  edominate  dalle  acque  Ataguanti;  nel- 
territorio  Pistojese  incradelivano  le  Fazioni ,  e  i  la--, 
voratori ,  distratti  dallo  spirito  di  partito  e  di  sedi-: 
zione  f  abbandonavano  l'agricoltnia^laièrtile  Pro- 
vincia della  Valdichiana  era  ricoperta  dalle  lagune, 
cbe  il  Papa ,  i  Fiorentini  >  e  i  Senesi  aveano  sem- 
pre reputato  come  una  barriera  dei  loro  Stati.  La 
coltivasione  maggiore  si  rìduceva  nella  parte  mon-- 
tiiosa,  e  nei  tre  Vicariati,  cbe  circondano  la  Cittì.; 
Dalle  memorie ,  cbe  Cosimo  ha  lasciate  scritte  di 
sua  mano,  si  rileva  che,  avendo  l'anno  i-55o.  esa- 
minato lo  stato  dell'  Agricoltura  del  suo  Dominio , 
ritrovò  cbe  nel  Vicariato  di  Scat^>erìa  lavoravano  la 
terra  3^3 1 .  para  di  Bovi  ^  nel  Vicariato  di  San  Gio- 
vanni 3o5i,  e  53a5.  nd  Vicariato  di  Certaldo.  £' 
bensì  vero  cbe  i  contorni  dì  Fireuxe  dovevano  es- 


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s{S  STOnU  DI  T0SCAJf4 

sera  pia  inulti  eaelfoti,  poiché  nello  Mauo  aamt 
^  G.ft  Htte  miglia  io  distaoca  d«Ua  (^Uà  i  lup  feceva* 
i5Sì  no  strage  di  putoii  e  di  bestiami ,  e  il  Duca  fu  »• 
stretto  a  ordinare  una  cacci»,  e  asseguare  dei  pre- 
m}  a  chi  gli  uccidesie.  In  tali  drcostame ,  avendo 
€oiinio  proTTisto  o»  varie  leggi,  che  egli  secondo 
le  massinie  del  secolo  creda  utili  ^  a  far  rinaacoe 
V  abbondanza  delle  vettovaglie  della  Città ,  procurò 
di  tener  sempre  guaruite  le  Forteaze  del  Dominio 
di  abbondante  quantità  di  grani  e  di  viveri,  già 
provviati  al  di  fuori,  per  provvederne  i  Sudditi  all' 
occtwrensB.  Questo  pensiero  fu  quello,  che  più  fU 
ogni  altro  li  ctmciliò  l' amore  della  Plebe ,  la  quale 
gUen»  diede  una  sicura  dìmostrasione ,  allorché  e- 
•ercitd  il  ano  furore  contro  il  cadavere  di  Giuliano 
Bonacconij  esecntato  per  aver  congiurato  conttx) 
la  sua  persona.  JVellSSo.  •  t55i.,  essendo  afflitta 
l' Italia  da  una  crudeli  MÌaaa  carestìa ,  il  Duca  tro- 
vandosi ben  provvisto  di  gnmo,  potè  alimentare  i 
suoi  Sadditi,  e  tommioistnme  a  caro  presso  ai  Se- 
nesi ,  e  alle  Città  dell»  SUto  Ecckaiaatico.  Nella  Cit- 
tà di  Firenze  per  cinque  continui  mesi  fece  distri- 
buire a  SDOoo  di  campana  ogni  giorno  il  pane  ai 
polveri  della  Città ,  ohe  fino  in  novemila  per  gior- 
no concorrevano  «  partec^ian  di  questa  beoeficea- 
n  ;  lo  Stesso  fu  praticato  a  proporzione  «elle  Città 
subalterne ,  e  i  Ini^fai  fai  furono  asbretti  a  conoory 
rere  con  i  loro  fondi  a  questo  atto. 

Quali  ricchezze  ritrasse  Cosimo  dalla  mercatura 
lo  dimostrano  le  spese  da  esso  sostenute,  non  tanto 
per  la  difesa  e  decOTO  del  suo  Stato,  quanto  anoora 
per  il  lusso  e  mi^niGcenza  dei  suoi  palazzi^,  e  delU 
sua  Corte.  L'erezione  di  PortofèrrB)o  su  di  uno 
set^lìe remoto  dall'abitato,  e  la  neoeuità  di  traa- 


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LiB.i.c&p.a.  Hf 

Y&nani  tutti  i  nalerialì  di  Più  li  coat^ìmoMiiM  ^„, 
«HBXBC,  amtidcnnds  ■acsn  la  CeleriU  dell'im-diC 
|NMW^  poickè  ìa  tre  uiai  amapi  tutte  le  Fortifica-  '^^* 
sioni,  ■  già  TÌ  area  stabilito  [hù  di  aeiaanta  fiinii- 
gU*  per  abitarlo.  Dalle  Ibrtene  e  reparaaioni  inter* 
ne  del  Domiuio  akaoe  erano  state  fatte  a  spese  delio 
Stato,  ma  hrdilèse  per  la  marina^  e  la  làbbrica^s 
il  mantenimetito  delle  Galnv  Tufodo  tutte  a  carico 
dell'erario  suo  parttcobre.  Qaesta  prima  Decesaità 
di  labbricare  gl'io^ìró  una  siogoiare  passione  per 
i  grandi  edifitj  tanto  pubblici  cbe  suoi  particolari^ 
e  por  l'ornato  della  Citth,  o  forse  l'oenpio  delta 
BMgnìflcaisa ,  e  la  gloria  dei  suoi  maggiori  k»  aa>  - 
marono  a  risr^liare  ,  e  ricbiamarc  alla  Patria  le 
belle  arti,  già  dispMM ,  e  bandite  per  le  soRerte 
calamità.  Non  era  però  allatto  estinto  nella  Patrit 
di  Hiebeluigelo  il  genio,  cbe  egli  te  arsa  ia^nrto« 
•e  non  cbe  opprcsn  gì'  ìng^^i  dalle  oomuaì  disav- 
Tenture  Unguirano ,  a^ttande  cimi  impaaienia  chi 
aresse  animo  di  sc^levarlì.  La  gloria,  e  b  grandecaa 
dei  Principi  Italiani  in  quel  seculo  si  desumeva  m 
gran  parte  dal  lavore,  cbe  prestatano  «Uè  balle  ar- 
ti; i  Medici,  e  specialmente  Leene  X.  arcano  stai»* 
lito  questa  massima  così  utile  aUa  società ,  e  i  Fa»- 
leGcì  suoà  «iKcessorì  l'arcano  ceavalidata  col  &Uo. 
Le  ReptiU)li<^,  e  i  Sovrani  onoravavo  a  gara  gli 
artefici  ì  pà  eccrilenti ,  e  mai  è  stato  reso  {HÙ  sin- 
cero omaggio  al  merito  e  al  genie  ;  Micbelangelo  d»- 
be  il  titolo  di  Divino f  e  il  aste  d^  Ponchi  piega- 
Ta  avanti  di  esso.  Sa  queste  tracce  il  Due»  Goeimo 
fino  dai  primi  astti  del  suo  govcnio  favorì ,  e  prsi- 
tesse  le  belle  arti ,  ed  emalaodo  1»  gloria  dei  suoi 
antenati  si  compiaceva  dell'  opera  dei  fkù  ralenti 
artifici,  cbe  subito  yocwrA di  impiegare  per  fóma- 


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___      s4ft  STOaiAMTOSCAMi 

j^^  to  dà  suoi'  Palazzi.  Fraocesco  Salviati  »  il  Punt^^ 
ài  G.mo,  il  fiaodinelli,  il  BroDdoo^  e  Fra  Gioranni  Aa- 
■^5 'gelo  impiegarono  per  easo  Io  scarpello  e  i  pennelli; 
al  Tribolo  architetto  e  scultore  fu  data  la  direzioiM 
della  fi^rica,  e  delizie  della  villa  di  Castello:  Ben- 
Tenuto  Gellini  fu  richiamato  di  Francia^eil  «no  ri- 
torno abbellì  la  Città  della  statua  di  Peneo  ^  e  vi  ri- 
stabìU  la  perfezione  dell'arte  d'intaglio  di  cavo  per 
le  medaglie,  e  moaele.  Avrebbe  il  Duca  desiderato 
di  potere  ottenere  anche  il  ritorno  di  Michelangelo, 
ma  la  fabbrìcadì  S.  Pietro,  e  le  premare  di  Paolo  III. 
glielo  impedirono^  ciò  nonostante  nel  1 543.  tnFÌaodo 
a  Roma  il  Vescovo  Toruahuoni  gli  coo^^ò  uva 
credenaiale  per  Michelangelo,  e  lo  istruì  di.trattar  se- 
co del  suo  ritorno  con  offerirli  qualunque  esenzione  e 
stipendio,  il  grado  di  Seoabare  deiXLVIIl.,  e  qua- 
lunque carica  a  sua  elezione.  Ccm  tali  disposizioni  il 
Duca  nel  i546  intraprese  la  fàbbrica  della  Loggia  dei 
Mercanti  in  mercato  nuovo  j  enei  i548ilBandiaelli 
diede  ptiucipio  el  coro  e  altare  maggiore  di  S.  Ma- 
cia dd  Fiore,  che  prima  era  di  legno.  Nel  tempo 
steaM  fu  proseguita  l'interrotta  fabbrica  della  Li- 
brerìa di  S.  Lorenzo  intrapresa  già  da  Clemente  VII, 
iu  ampliata  la  ViUa.del  Foggio  a  Caiano,£tbl»-icati 
parchi,  viali ,  acquedotti ,  e  fontane  per  la  delizia. 
Fino  dal  i54o  aveaÌDlitapresodi<ridun'e  a  maggior 
comodo  e  magnificenza  il  Palazzo  Ducale ,  antica 
feeidenza  delh  Repubblica.  Nel  i545  fece  venire 
dalla  Fiandra  ima  compagnia  di  Tessitori  di  araazi, 
diretta  da  Gio.  Batista  Rosts,  ad  oggetto  di  stabih- 
re  ia  Firenze  quest'  arte  per  1'  ornato  dei  suoi  Pa- 
lazzi, e  {estenderle  la  mercatura  per  il  Dominio,  e 
per  i  luogh^  circonvicini;  il  Salviati,  ilPuntormo, 
•  il  BroDztoo  «mio  incaricati  di  fare  i  disunì  e  i 


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tT%  1.  C&P.  Dt.  :349 

«Artoiu  pieT  qncrta  fiibbrìca.  Nel  i549  comprò  (la~~~* 
Bonaccorso  Pitti  il  Palazzo^  che  riteneva  ,  e  tuttora  ^  ^  . 
ritiene  il  nome  dì  quellaFamiglia,  edificato  con  mol- 135 1 
ta  migniJ^ceuKa  da  Luca  Pitti  nel  1460,  quivi  deter-. 
minò  di  trasferire  laaua  residenza,  e.decorarla  non 
mio  con  la  maguificeoza  dell'edifizìo,  ma  eoa  l'eie* 
gansa  delli ornati,  e  con  la  delizia  dell'  annesso  Giar- 
diDO-Si  eatrassero  percià  dalle  viscere  dei  monti  nuo* 
ve  qualità  di  marmi  e  di  pietre,  equellidiSeravezza 
8oiainÌDÌstraronD  particolarmente  i  m'iacki ,  e  lo  sta- 
tuario non  ìnfericH^  a  quello  di  Carrara.Dalla  Sicilia 
e  dal  Begnodi  Napoli  si  fec«-o  venire  nuove  pian- 
te di  ihitti ,  e  di  fiorì  per  la  cultura  del  Giardino  di 
Boboli,  e  il  guato  della  delizia  ioapirò  in  progressoj 
anche  quello  più  interessante  dell'agricoltura.  Fi- 
nalmente il  genio  «  la  magnificenza  del  Duca  net 
breve  corso  dei  primi  dieci  anni  del  suo  regno  ani- 
marono talmente  le  arti  e  gli  artefici,  che  si  vider» 
erette  faUiriche ,  e  ornila  la  Città  in  modo  da  non 
invidiare  più  i  felici  tempi  della  Jtepubblica. 

Queste  gloriose  JncliDazioni  di  Cosimo  non  pote- 
vano esser  disgiunte  dalgusto,  e  splendidezza  selli 
spettacoli,  e  da  una  singolare  stima,  e  favore  per  le^ 
lettere,  e  per  chi  le  professava  con  credito.  A  imi-, 
tazione  di  Leone  X.  amava  con  straordinaria  pas- 
sone le  rappresentanze  sceniche,  quali  ornava  di 
quelle  decora^oni,  che  sapeva  imaginare  il  guato^ 
e  l'emulazione  dei  Pittori  e  Scultori  della  sua  Cor- 
te. Il  Dovùj,  il  Macchiavelli,  l'Ariosto,  e  il  Trissi- 
Bo  aveano  ad  imitazione  dei  Greci  e  dei  Latini  fino 
dai  principi  del  secolo  risvegliato  il  Teatro  Italia- . 
DO,  più  felice  nei  suoi  princìpi  '^^  ^^^  |M^resso, 
e  l'Accademia  Fiorentina  non  mancava  di  som- 
ministrare dei  nuovi  argomenti  per  gli  spettacoli  ; 


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%So  STOKU  DI  TOaCAITA. 

*r — fino  da  VeneÙB  Pietza  Aretino  invian  al  Dacé  It 
j^caae  Contraadie  per  siier  rsp{»«8entate  alla  Corta* 
^'Eglì  sì  compiaceTa  di  questo  tratttimnento  ^  non 
•olo  per  il  BoUiero  delle  mt  occapuiaiiì  >  ma  an- 
cora perchè  era  penaaio  che  an  tale»pettMJplo,irtil« 
alla  rifbrina  dei  coatumi ,  contrihuÌTa  a  lepdcr  pia 
gentili  gli  animi  feroci  dei  Qttadini ,  •  afGnionm- 
doU  insennfailinento  al  nuovo  governo  gli  diatrat- 
Va  dalla  capa^  e  trista  rimenibranu  delle  cose  Re^ 
pubblicane.  Maggiormente  ai  manifeatò  qoeato  suo 
sentimento,  allorché  nel  i545  volle  che  anche  il 
Popolo  ù  occupaaM ,  e  a'  intereasaue  per  gli  apet- 
tacoli  ;  perciò  rinnovò  le  rappresentanze  delle  Po> 
teuze  >  imaginate  già  dal  Duca  d'  Atene  «  allor- 
ché studiava  ogni  via  di  guadagnarsi  Ìl  £iTore 
del  Popolo  ,  per  assicurarsi  con  questo  meazo  l'n* 
■nrpata  Tirannide  della  Repubblica.  Consisteva 
questo  spettacolo  nel  rappresentarsi  in  occasione 
di  varie  lèste  dell'anno  nelle  diverse  cootrade  della 
Città  qualche  fetto  ideale  di  an  Principe  imaginario» 
o  dei  romanzi  per  occupare  il  Popolo,  e  imp^ario 
nella  gara ,  che  per  lo  più  nasceva  fra  gli  abitanti 
delle  divente  contrade,  non  meno  die  fra  quelli,  che 
dirigevano  ùmili  feste.  Per  sempre  più  in^ìrare  nel- 
la Città  questo  gusto  volle  ancora  che  le  Gompagnit 
laicali,  «olite  intervenire  alla  solenne  p^ceasioDedi 
S.  Gio.  Batiat»,  rapfwvsentaaaero  tutte  qualche  Isto- 
FJa,.alltt8Ìva  alle  geela  di  questo  PntettMW  della  Gt- 
tà.  Anche  gli  ordinar)  spettaooti  furono  di  «ao  ^ 
voriti  e  accresciuti,  e  dissipando  in  tal  gmaa  il  e»* 
ratiere  di  sospetto  e  di  diffidenia,  intuì  lanauoDa 
«  era  abituata  nelle  freqoenti  mutanmi  di  gover- 
no ,  la  restituì  all'antica  ilarità  e  allo  stesso  spìrito 
l^tUantc»  a  cui  l'aveano  assuebltail  vecchie  Gosinw 


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'  -UB,  I.  GA»,  a.  s5i 

e  Xsraiio  il  Hignfici).  £nUo  imitatore  di  corà^ 
glorìon  aotenati  ùctùii  non  meno  di  e«i  le  lettere  ,di  C 
amò  e  protesse  i  Letterati,  ed  «mom  on'Aecade-'^^' 
olia  nel  sue  pr^ria  Palaxnk  Persaaso  che  per  pro- 
pagare ed  estend««  la  cukuia  e  le  lettere  nella, 
ffazione  era  neccuario  di  render  commri  a  chiuta- 
que  i'sei^tiounti  dei  Greci  «  dei  Latuii,  ìmaginà 
il  medQ'  d'  incoragj;ire  i  Dotti  a  tradurre  ^  loro 
libri ,  e  soaUaere  intanto  il  Dialetto  Toscano  ia 
quel  grado  di  elcvanme  sopra  gU  altrì  d'Italia, 
in  cui  lo  aveino  inaliate  Dante  ,  il  Boccaccio,  ed  il 
Petrarca.  Lo  spìrito  dì  ornare  e  polire  il  proprio 
tinguaggio  doniinara  in  Firence  fino  dal  iS^S,  in 
cui  dal  Boccaccio  s'incominciò  a  interpetrare  pub- 
blicamente la  Commedia  di  Dante ,  e  lo  stesso  si  os- 
aervò  nello  Studio  di  Pisa  ,  dove  nel  i^65  eserci- 
tava questa  Gittedra  Francesco  da  Boti  GioTanni 
Blaxnioli ,  detto  lo  Stradino,  avea  formato  una  Com- 
pagnia di  uomini  di  lettere,  che  si  api^icavano  ai- 
l'esame  e  intelUgenca  dei  classici ,  con  idea  di  tra- 
iftortarli  nella  favela  Toscana.  Il  Duca  Gosimo  fi- 
no dai  primi  «hù  del  suo  regno  attirò  nel -suo  Pa- 
laaao  questa  Società ,  la  incoraggi  ean  dei  premj,  e, 
finalmente  stabilì  l'Accademia  Fiorentina,  che  toI- 
le  decorare  MKora  col  titolo  di  Sacra.  Lo  sprito  di 
questa  Accademia  si  rileva  chiaramente  dal  Diplo- 
ma, da  esso  pubblicato .  in  data  dei  aa  FeUràio 
iS^x  VEccelletitisaimo  Signor  Duca  etc.  consi- 
àerando  quanto  ifasmi  e  gli  ajtui  détta  fdicia. 
tinta  memoria  del  Magnifico  Cmdmo  e  conseguen- 
tfimente  poi  di  tutta  l' Illustrissima  Casa  de' Me- 
dici nel  ridurre  a  luce  ogni  smarrita  opera  vir- 
tuosa, e  massimamente  le  buone  lettere  greche  e 
latinej  abbiano  giovato  non  solamente  nàia  mbi* 


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aSi  STORU  DI  TOSCAMà 

j^jf_  lissinui  Patria  loro  ,  ma  a  tutto  il  mondo  ,  e  aUa- 
di  Conoratissima  memoria  di  sì  dotte  e  celebrate  Un^ 
**  gue  ;  e  desiderando ,  coinè  ottimo  Principe  della: 
Città  sua,  che  i  Jèdelissimi  sa<»,pop<dì  ancora  si 
Jàcciano  ognora  più  ricchi  ^  e  si  onorino  di  quél 
buono  e  bello,  che  D.  O.  M.  ha  dato  loro j  cioè  l'eo- 
cellenza  .della  prioria  lingua  ,  la  quale  oggi  da 
granftarte  del  mondo  é  tenuta  in  grandissimo p^- 
gio,  e  per  la  bellezza,  nobiltà,  e  graziasua  mtdto 
desiderata  ;  e  acciochè  quei  virtuosi  e  mAilissìmi- 
spiritij  che  oggi  si  trovano ,  e  per  li  tempi  si  tro^. 
veranno  netta  sua  felicissima  Accademia  Fioren- 
tina a  gloria  di  Sua  Eccellenza ,  onore  della  Pa-. 
tria  ,  ed  esaltazione  di  loro  stessi,  ajutati  da< 
quella  con  ogni  onestissimo  e  meritissimo  favore 
passino  più  arditamente  seguitare  i  detti  loro-  e~ 
sercizj y  interpetrando ,  componendo ,  e  da  ogni- 
altra  lingua  ogni  bella  Scienza  in  questa  nostra- 
riducendo,  ha  deliberato,  e  dichiarato  che  l'auto- 
rità ,  onore  j  privilegi ,  ed  emolumenti^  ed  ogni  e 
tutto  che  ha  conseguito,  e  s't^partiene  al  Rettore 
dello  Studio  di  Frrenze  da  ora  innanzi  sia  piena* 
mente  del  Magnifico  Consolo  dell'Accademia,  già- 
detta  Accademia  Fiorentina.  E  così  etc.  lu  con- 
seguensa  di  ciò  traUeaoe  Rpfreaao  di  se  gli  nomini 
di  lettere ,  che  erano  nella  Città ,  e  in  grazia  del 
Bembo  richiamò  alla  Patria  Benedetto  Varchi,  che. 
n'era  esule  come  ribelle.  Il  Caroesecchi ,  il  Oome- 
nichi,  il  GiambuUari,  e  il  Segni  erano  di  queato  nu- 
mero. Nel  i549  ^^^o  V*.  desiderò  da  questa  Acca-^ 
demia  la  traduzione  della  consolazione  di  Boezio  ,- 
e  il  Varchi  e  il  Domenìchi  ne  furono  ambedue  se- . 
paratamente  incaricati  dal  Dura.  Restaurò  ancora  ■ 
Iti  Studio  Fiorentino,  e  incaricò  Pietro  Vettori  di 


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LIB.  I.  CAP.  DC.  253      

leggere  pabbUcamente  le  lettere  greche;  il  Verino  ,  /^f, 
■e  dopo, di  esso  il  Lapino  lessero  pabblicamente  Fi-di  G. 
-losofia.  Nel  i546  Andrea  Dazz)  fu  deputato  a  leg-'^^' 
^ere  le  lettere  greche  e  latiue^  e  tatti  insieme  ani- 
^nati  dal  Principe  si  affaticarono  a  propagare  te  let- 
-tere,  e  a  incoraggire  allo  stadio  la  gioventù.  Ciò  die» 
-de  znotÌTO  alle  molte  traduzioBÌ  dei  Classici  Greci 
e  JLatini ,  che  furono  pubblicate  a  gara  in  Firenze 
«ei  primi  dodici  anni  del  regno  di  Cosìnio,  e  a  lui 
dedi(;ate  dalli  Accademici.  Per  sempre  più  facili- 
^re  il  successo  dell'Accademia  ,  e  il  comodo  dei 
Lettegli  nel  1 546  invitò  a  Firenze  Lmenzo  Torren- 
tino  Stampatore  Fiammingo,  ad  c^getto  di  eriger- 
TÌ  una  stamperìa  a  due  torcoli  con  caratteri  corsivi 
antichi^  e  greci,  accordandoli  varie  esenzioni  e  pri- 
vila) ,  e'  una  pensione  per  dodici  anni.  Col  Torren- 
tino  venne  ancora  Arnoldo  Artemio  autore  del  Les- 
aico;  che  già  avea  dedicato  al  Duca.  Perciò  acquista- 
tasi Cosimo  l'universale  opinione  di  Mecenate^  mol- 
ti libri  che  in  quel  tempo  videro  la  luce  ,  tanto  in 
Italia  che  fuori  erano  a  lui  dedicati,  e  molti  uomi- 
ni di  lettere  ambivano  il  suo  servizio,  e  la  sua  pro- 
tezione. Anche  il  Giorio  notissimo  scrittore  d'isto- 
rie era  singolarmente  accetto  al  Duca,  ilqualeaved 
commissione  da  Carlo  V.  d'invigilare  che  non  s'in- 
•erìsse  nelle  sue  Storie  alcun  fatto^  che  potesse  pre- 
giudicare alla  gloria ,  di  cui  quell'Imperatore  era 
tanto  geloso.  La  Compagnia  di  quest'uomo  di  lettera 
■ollevava  assai  lo  spirito  di  Cosimo  ,  che  molto  si 
compiaceva  dì  averlo  d' appresso ,  dandoli  perciò 
tutte  le  dimostrazioni  di  favrav  e  di  parzialità.  Mo- 
rì egli  li  i4  Dicembre  i55a  in  Firenze  ;  il  suo  fu- 
nerale fu  onorato  da  tutta  la  Corte  del  Duca  ,  e  il 
tuo  cadavere  fu  s^lto  nella  Chiesa  gentilizia  dei 


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sS4  STORI!  DI  TOSCANA 

j^  La  propftgaziooe  delU  leUere  dovera  &re  stndìi 
di  Callo  stabilimento  dsUe  acìense  e  dottrine  jnù  inu 
i^'porUuti»  e  ìnsegoafc  il  modo  di  trattarle,  e  perfe- 
-  sigiarle.  A  tal' effetto  peoaò  di  mtaoran  lo  Studi» 
PisanOf  e  ridnamarrilearti,  ìnvitaiido  con  rigoaiv 
devoU  stipendj  i  più  iiuigai  oomioi  dell'  Italia ,  • 
delle  nlkùoiii  CHlramoDtane  ptt  profainrle.  Fino 
dal  paaaaggio  di  Carlo  Vili.,  e  dalla  rìbelliutte  dei 
Piaaoi  à  era  disciolu  quella  UoiTeraità ,  e  la  He- 
pnbUica  di  Firenie  dopo  la  recnperasìooe  di  Fin 
tn  stata  troppo  diitratta  dalle  ìaterae  turboleDae, 
•ema  poter  mai  rirolgere  le  sue  care  a  questo  sta- 
InlìmeDto.  XI  Goremo  del  Duca  Aleanndra  fa  trop 
pò  breve  e  tempatoso,  e  le  sae  premure  non  ai  e- 
stetuferaiio  a  questo  Kgno;  questa  gloria  era  riaer* 
Tata  al  Duca  Gwmo,  e  al  Campana  suoCeosiglie- 
re ,  a  cui  fu  appoggiata  intieramente  l'esscuzione 
di  questo  piano.  Mei  iS4^  il  Duca  incaricò  Filippo 
dd  Migliore  di  accBrere  le  Città  della  Lombarda , 
per  reclutare  gli  utHaùni  più  accredita  io  qoelk 
Provincia .  Matteo  da  Corte,  Filosofò  insigne  di  quel 
tempo,  fa  condotto  per  mUleduganto  Docatiannni 
di  stipendio,  li  fu  assetata  congrua  abitasione,  « 
fu  indennìzxato  di  ogni  spesa  di  viaggio  e  di  tras- 
porto: -con  non  Tnioore  premura,  e  liberalità  fa 
condotto  il  Branda  Porro  Filosofo  Htlanese,  e  tutti 
gl'altri  destinati  ad  accreditare  L'apertura  ddlo  Stu- 
dio. Riordinò  pertanto  con  La  direrione  dello  stesso 
Campana  gli  Statuti  per  il  Governo ,  e  la  direaiouft 
della  Università  secondo  il  metodo  allora  praticalo 
in  Padova  ed  in  Pavia ,  assegnando  al  Rettore  un» 
libera  e  immediata  giarisdìaiane«o|n  tutto  ciò,  che 
potesse  in  qu^lcbe  forma  riguardare  lo  Studio  ,  e  1» 
persone  al  medesimo  subordinate.  BìvisegU  scolare 


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y 


LIB.  I.  CAP.  IX.  aK       

I  UaivMviU  Ìd  qoaUordià  NanoDÌj  delle  quali  j^^ 
I  avcHe  un  Coiu^Uere,  «  ì  quattordici  Con-  di  <& 
rigUerì,  fertnandtf  il  Cca-po  Suprtmo  deirUoiTeFsi-  *^^' 
tà ,  ToUe  cke  aveneni  il  diritto  di  «lecere  il  Ret- 
lore.  Per  accreacer*  aampre  più  il  concorso  allo  Sta- 
^o  d«termiQÀ  cbe  Pìh  fosw  per  li  Scolari,  che  vi 
oeocoiT«M«ro  di  fuori  dtil  Duiuìdìo,  luo^o  libero  e 
ikvkoo,  non  comprmdeiKlo  mai  quella  Città  nelle 
coQveniìoni,  eh*  Sk*  con  i  Friacipi  ctmUoanti  per 
U  reciproca  rCsUtoaipoa  dei  delinquenti  :  inviò  pa- 
nmsBte  va»  circolare  a  tutU  i  Generali  delli  Ordini 
di  Frati,  che  aveano  Convento  in  Piw ,  intintando 
loro  di  abolire  b«Uc  altre  Qiuii  del  Dominio  qua- 
lunque studio,  o  carriera  ataJbàlita  per  i  giovani  atur 
denti,  ad  oggetto  di  ridurla  in  Pua  e  richiamarvi 
la  gioventù ,  non  volendo  che  in  avvenire  si  depu- 
taaae  alcun  iHeggrate  fwwi  che  in  quella  Città  :  a  tal 
elTetto  oflefì  ai  ntedealmi  toUa  l'awùtenu  per  prov< 
Todere  alle  occorrente  di  quei  Conventi,  che  non 
aveasero  potuto  aoatenevecoaleproprierenditeque- 
sto  maggiore  aggravio.  Con  legge  dei  dieci  Luglio 
«543  viet^  li  Sudditi  di  portarvi  a  studiare,  e  c<m- 
Hguira  il  DottontQ  in  altre  UaÌTersità  fuori  del  Do- 
minio, obbligando  i  Padri  per  ì  figlioli  alla  pena  da 
caaD  ùnpestg  conUro  i  baagreHorj.  Paolo  IH.  accor- 
dò al  Duca  l'esasione  delle  Decinte  sopra  gli  Eccle- 
matici  per  lo  stwUo,  «ccome  l'aveuiocueeesaa  per 
i  tempi  passati  ì  Pontefici  suoi  predecessori.  Dopo 
tDtte  quMtc  dii|M>sisionì  il  dì  primo  di  Novembre 
1543  si  fece  la  aoli^ne  apertura  dello  Studiu  con 
numeroso  concorso  di  Scolari ,  e  il  Robertello  ram- 
mentando le  premure  del  Principe,  la  gloria  e  l'in- 
leresse  della  Nazione,  esortò  la  gioventù  ad  appren- 
dere le  scienu-  Me  si  stancò  il  Duca  d' impilare 


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^56  STORIA  DI  TOSCiLN\ 

j^j,  tutta  la  cara  per  render  lo  Stadio  ogni  giorno  pù 
dì  C.  florido  j  che  anzi  instituì  una  Oittei^  dì  BotAnica, 
'^'icienza  0no  a  quel  tempo  trascurata  e  néglAU ,  e 
stabilì  in  Pisa  un  orto  per  i  aemplicì.  Luca  GhÌDÌ 
da  Imola  fu  il  primo  incaricato  dell' eaercìùo  di 
questa  Cattedra  e  della  direzione  dell'orto^  e  aicco- 
me  Cosimo  n  compiaceva  assai  dì  quest'arte  potè 
trasferire  in  Toscana^  e  rendere  qoasi  indigene  mol- 
te piante  dell'Egitto^del  Levanta,  e  della  Sicilia. 
Trasportato  il  Puca  dallo  spinto  del  secdo ,  e  dal 
genio  di  tutti  i  Principi  suoi  contemporanei inalitai 
una  Cattedra  di  Astrologia ,  dandone  i'  esercizio  a 
Fra  Giuliano  Ristori  da'Prato  Carmelitano,  accr»< 
'  dilato  molto  in  quest'arte,  perchè  area  avuto  la  saga- 
cità  di  predire  la  morie  violenta  del  Duca  Alessan- 
dro, e  di  scoprire  alcune  insidie  preparate  allo  stesse 
Cosiitio.  Nel  i544  wcsse  un  Collegio  per  quaranta 
giorani  del  Dominio ,  dotandolo  con  i  fendi  ifei  ri- 
belli, affinchi  quelli,  che  per  mancanza  dì  propria 
rendite  non  avessero  potuto  mantenersi  nella  Gttè, 
trovassero  quivi  un  a^lo,  ed  un  comodo  per  intra- 
prmdere  gli  studi.  Tutti  i(^ui»dicenti  dello  Stato  fu- 
rono  incaricati  di  trasmettere  la  nota  esatta  di  ogni 
persona,  che  nella  loro  respettiva giurisdiiiooe  ap* 
plìcasse  alU  studj ,  con  indicare  ancora  a  quafi  stn- 
dj ,  e  con  quali  sostanze  si  ritrovassero.  Da  questi 
fu  scelto  il  numero  dei  quaranta  Alunni  del  nuovo 
Collegio,  e  all'apertura  del  medesimo  il  Campana, 
accomunandosi  con  essi  alla  loro  mensa,  gli  esortò 
ad  applicarsi  alle  scienze  fer  rendersi  utili  al  Stv- 
vrano ,  a  se  stessi,  e  alla  Patria.  Anche  il  Duca  velia 
onorare  della  sua  presenza  l' Università  e  il  Colle- 
gio ,  e  vedendo  il  fratto  di  tante  sue  premure ,  si 
animò  maggiormente  a  procurarne  lo  splendóre,  a 


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LIB.  I.  CàP.  IX.  aSy       __^ 

là  gloria;  A  così  bei  priDcipj,  e  ottime  disposìzioDÌ  ^^^ 
dì  Go8Ìmo  si  opposto  subito  l'insalubrità  del  clima,  di  C 
ìa  mancanza  dei  comodi  i  più  necessarj  in  una  Cit-  '  * 
U  semidiriita  ,  e  la  ferocia  naturale  delli  abitanti, 
^16  non  per  anche  ritorti  dal  grado  di  disperazio- 
ne>  in  cui  gli  aveva  ridotti  il  duro  e  ostile  governo 
della  Repubblica ,  incrudelivano  cootro  se  medesi- 
mi, e  sdegnavano  fino  le  stesse  beneficenze  del  Frio- 
•dpe.  Perciò  tanto  i  Professori  che  gli  Scolari  repu- 
gnando di  abitare  in  quella  Città,  e  facendo  istanza 
cbè  sì  trovasse  altro  nido  a  questo  stabilimento,  fu 
necessaria  tutta  la  vigilanza  di  Cosimo  e  dei  suoi 
Ministri  per  vincere  insensibilmente  tutti  gli  .ostar 
coli.  Né  fu  impossibile  al  Duca  di  superare  con  le 
l^gì  e  con  la  presenza  ogni  difficoltà.,  che  anzi  potè 
dipoi  compiacersi  di  vedere  gloriosamente  compita 
questa  opera  per  il  numero  delU  Scolari ,  che  vi  ac- 
correvano da.  c^ni  parte  d'Italia,  e  per  il  credito 
'che  gli  acquistavano  gli  stessi  Professcffi,  che  ai  glct- 
riavano  di  &r  pompa  dei  loro  talenti  in  questa  Uoi- 
veraità  ;  ed  in  fatti  sì  videro  in  essa  risplendere  i 
primi  luminari  di  quel  secolo:  si  distinsero  nella 
legge  il  V^o,  l'Àusuino,  Niccolò  Guicciardini, « 
il  Roncagallo  ;  nella  medicina  il  Corte,  e  il  Vesalio 
medico  di  Carlo  V.,  richiesto  espressamente  del  Du- 
ca all'Imperatore;  sareUw  venuto  anche  il  Fuchsio, 
se  non  lo  avesse  trattenuto  il  timore  della  Inquisi- 
zione ;  Guido  Guidi  Archiatra  di  Francesco  I.  dopo 
la  morte  di  quel  Monarca  fu  richiamato  alla  Patria^ 
e  nel  i548  esercitò  in  Pisa  la  Cattedra  di  Medicin^ 
Viccolò  Boldone,  e  Giovanni  Argenterio  professa- 
rono in  Pisa  nel  primo,  e  secondo  triennio  quest'ar- 
te; e  in  Firenze  l'esercitavano  con  multo  credito 
Andrea  Pasquali  Arcbiatro  del  Duca ^  Alessandro  ' 

r.  /.  i7 


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a38  STORIA.  DI  TOSC&NA 

Alt.  ài  Ripa ,  Francesco  dalla  Pieve ,  e  Franceto)  da 
a  e.  Montevarchi.  Per  l'Anatomìa  si  distinsero  Arealda 
'  'Colombo  Cremonese  dal  i545 al  iS^S,  e Gabbriel- 
lo  Falloppia  dal  i548b1  i55i>  RispUodenmo  nella 
Filosofia  il  Branda ,  Porro ,  Simone  Portio  Napole- 
tano, che  lesse  dal  i545  al  i548  con  stipendio  di 
mille  trecento  Borini ,  Remigio  Migliorati ,  Anto- 
nio Lapini,  Bartolommeo  Strada,  e  Michelangelo  dft 
Barga.  Per  la  Filol<^ìa  furono  aingolarmeate  ammi- 
rati il  Roberlello  da  Udine  nelle  lettere  latine,  che 
perorò  nell'  apertura  della  Università ,  e  Pietro  An^ 
geli  da  Bai^a ,  che  nel  1 5^7  successa  al  nedeùmo 
con  stipendio  di  mille  fiorini ,  che  nella  scelta  fu 
'preferito  al  Sigonio  ;  finalmente  per  le  lettere  gre- 
-che  si  rese  insigne  Chirico  Strozzi,  di  cui  son  note 
le  molte  traduzioni.  La  direuone  generale  dello 
studio  dopo  la  morte  del  Campana  fu  affidala  al 
Torello,  che  Sodisfece  a  questo  incarico  con  noD 
minor  gloria  del  suo  antecessore. 


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LIBRO  SECONDO 

CAPITOLO   PRIMO, 

PttBo  di  operazioni  di  Carlo  V.,  e  del  Re  di  Franerà  perla 
guerra  d'italia.  11  Doea  Cosimo  ai  deatnggia  eoo  l'nno  s 
con  l'altro.  Tregtw  tra  il  Papa  t  i  fVanceai  per  la  gueh 

.  itt  di  Panna.  Diagratie  dell'Imperatore.  Ribellione  di  Sie- 
na, e  Tnttati  del  Duca  Cosimo  con  qaella  Repobblica  e 
con  i  Franceai.  .Sapera  il  Duca  gl'intrigìii  dei  Hiaistri 
Imperiali:  ricere  io  depoiito  Io  Stato  di  Piombino;  è  maU 
contento  dei  Francesi,  e  dìMiaaala  con  i  msdestmi. 


JLj'AoabUione ,  e  lo  spirito  di  ctmquìsta  aveaDO  fi-  ^ 
jDora  diretto  scopertamente  la  politica  dei  Principi  Ah. 
dell'Europa.  Carlo  Y.,  che  possedeva  Stati  più  di  ^i^ 
cgni  altro,  e  perciò  rìsTegliava  il  sospetto  e  la  gelo 
fia  di  ciascuno,  conobbe  la  necessità  di  desistere  ap. 
par«ttemeute  dalle  conquiste,  e  introdurre  la  mas- 
sima di  conservare  piuttosto  che  accrescere:  eoa 
questo  oggetto  era  stata  restituita  a  Genova  la  liber- 
tà, e  ristabilito  intieramente  nei  suoi  Stali  Clemen- 
te yil.j  i  Medici  assicurati  in  Firenze  ,  e  CosÌra« 
messo  in  possesso  delle  Fortezze;  Siena  lasciata  go- 
dersi della  sua  libertà,  e  le  piccole  Repubbliche,  e 
Feudatari  d'Italia  protetti  contro  l'altrui  oppressione. 
Questa  apparente  moderazione ,  utile  non  meno  a 
lui  che  a  quellì,iqualì  vivevano  liberi  sotto  l'ombra 
del  suo  potere,  fu  quella  che  lo  garantì  dall'  inutili 
■forzi  di  Francesco  I.,  e  gU  assicurò  il  tranquillo  pos- 
•esso  di  tanti  Dominj;  ma  ottiuuto  il  fine.di  questa 
massima  ne  abbandÒ  ancora  la  pratica^  'poiché  nel 
declinare  dell'età  sua  ,  preoccupato  da  quella  pas- 
«ione,  che  anima  tutti  gli  uomini  alasciai'ei  poste- 


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aSe  STOMA  DI  TOSCANA 

j^j,_  ri  in  maggiori  grandezzej  rirobe  1  suoi  pensieri  aj 
(lì  G-  accrescere  a  Filippo  nuove  Provincie ,  e  ad  oppri- 
'^  '  mere  quella  libertà,  che  esso  altre  volte  avea  soste- 
nuta e  protetta.  Il  tentativo  fatto  di  stabilire  il  dis- 
potismo in  Germania  li  avea  sollevato  contro  gU 
•amia  e  i  nemici:  in  Italia  Siena  oppressa  con  la 
Cittadella,  Piombino  occupoto  sotto  pretestò  di  di- 
fenderlo' i  Farnesi  spigliati  di  Piacenza,  e  combat- 
tuti in  Parma,  Genova  in  timore  di  perdere  la  ius 
libertà ,  e  finalmente  il  Duca  di  Firenze  malcon- 
tento per  la  fede  mancatali  nell'afiaredi  Piombino, 
per  l'alterigia  dei  Ministri,  e  per  esser  di  continuo 
taglieggiato  in  ogni  minima  occorrenza  delli  Spa- 
gnoli. Enrico  II.  Re  di  Francia,  non  meno  ambizio- 
so, piti  càuto,  ma  egualmente  sfortunato  di  Fran- 
cesco I.  suo  padre,  pensòdi  ritrarre  dalla  mala  con- 
tentezza dei  Popoli  tutto  il  profitto^  ed  avendo  or- 
mai intrapresa  la  protezione  dei  Farnesi  ^  stabilito 
con  le  sue  forze  il  piede  in  Italia,  e  rotta  la  guerra 
all'Imperatore,  procurava  tutti  i  mezzi  per  accre^ 
scere  ìl  suo  Partito,  e  sollevare  contro  Cesare  le 
maldisposte  Provincie  per  contrastarli  il  Ducato  di 
Milano,e  ilRegnodilYapoli.  Il  piano  di  politica  for- 
mato da  quel  Monarca  era  dlmpegnare  le  Poten- 
ze Italiane  a  una  perfetta  neutralità  ,  promovendo 
una  Lega  da  farsi  fra  loro  per  la  comune  difesa  in 
caso  di  essere  attaccate ,  e  separare  dall'alleanza  di 
C^are  il  Papa:  quanto  al  Duca  di  Fùenze,  trovane 
dosi  egli  isolato  nel  partito  Imperiate ,  riputavano  i 
Francesi  fàcile  impresa  ridurlo  alla  neutralità  eoa 
Io  spavento,  ovvero  impegnarlo  nel  lord  partito  con 
le  promesse.  Scorgevano  nel  Papa  la  pusiUanimiti, 
e  prevedevano  che  questa  unita  al  desiderio  di  esau- 
rire l'erario],  piuttosto  a  favore  dei  IJiputi  che  per 


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int'  n.  GAP.  I.  aAi 

KidRsfiire  all'ambizione  di  Cesare,  lo  avrebbero  fi,-  '*" 
Aaltnente  condotto  alla  pace.  In  cimsegaenza  di  cià^i  (f; 
alla  Corte  di  Parigi  si  cominciòariguardareconse^iSSi 
T^ìUk  l'interessi  di  Cosimo,  e  della  Nazione;  in  una 
causa  ,  che  sino  dal  i54o  pendeva  ai  tribunali  di, 
Francia  tra  i  Fiorentini  e  i  Lucchesi ,  furono  i  prì-' 
mi  condannati  a  pagare  trentamila  Ducati^  e  lana-. 
ftìone  Fiorentina  in  Lione  fu  intimata  a  sborsare 
questa  somma  ;  l'Ambasciatore  Capponi  nel  licen- 
ziarsi dalla  Corte  fu  bruscamente  ricevuto  dal  Re^ 
che  li  fece  molte  querele  contro  il  contegno  del 
Duca  per  aver  denegato  le  reclute  al  Farnese,  e  u- 
tiite  le  sue  Galere  s  quelle  del  Doria.  Non  molto 
dopo  le  Galere  di  Francia  predarono  sotto  il  Hon-^ 
te  Argentara  una  Nave  Fìerentina>cheveniva  d'E^ 
gitto  con  merci  per  il  Duca ,  e  Particolari ,  e  eoa* 
dotta  a  Marsilia  gli  uomini  furono  tutti  ^x^liati , 
to  messi  alla  catena  come  gli  schiavi.  Inittili  furono 
perciò  ì  reclami  di  Cosimo  alla  R^ina,  e  il  rimo^ 
Urare  che  in  vita  di  Francesco  I.  qoando  Livwno 
era  in  potere  di  Carlo  V.  le  Navi  Francesi  erano  n^ 
cure  in  quel  Porto,  non  meno  che  le  Fiorentine  in 
Marsilia.  Comprendeva  però  il  fine,  a  cui  tendeva* 
no  queste  ostilità,  econosceva  altresì  cbe  la  preseo* 
te  situazione  dell'Italia  non  permetteva  cbe  essi  se 
li  dichiarassero  apertamente  nemici;  dall'altro  caiK 
to  era  persuaso  che  un  IVincipe  piccolo  ,  collocato 
in  niezeo  all'incendio  della  guei-ra,  non  poteva  preu" 
dere  il  peggior  partito  che  quello  della  neutralità, 
poiché  così  avrebbe  dovuto  fecilmente  soccombere 
all'una  parte  edall'altra;  considerò  ancora  che  sebbe- 
ne l'Imperatore  gli  avesse  finora  più  e  più  volte  man- 
cato alle  promesse,  l'urgenza  finalmente  Io  avreb- 
be ridotto  al  punto  di  adempire  ;  in  semma  risolvè 


iizcdbvCoo^^lc 


a^  STOMA  mTOSCkStL 

\f,_  àìAtieriùìawsi  t>er  queito partito, dove lorkluiimH 
di  Cvauo  l'onore,  e  la  maggiore  utUiU.  Volle  beoù  te^ 
'^^'  DCTe  occulta  questa  saa  determiDazione,  non  aolo  per 
■Ter  tèmpo  dì  premunirai,  ma  ancora  per  destreg- 
giarsi con  ambedue  i  Partiti,  e  ottenere  da  ciascuno 
le  condizioni  le  pili  vantaggiose. 

Carlo  y.  intanto,  lusingato  dalla  propria  fortuna 
e  dalle  cono^te  speranse  dei  snoi  disegni ,  repu- 
tando la  dichiaraziiHie  della  Francia  un  mezzo  piiì 
fàcile  per  eseguirli,  proseguiva  a  estendere  nell'lia- 
pero  il  suo  assoluto  potere^  e  a  obbligare  i  Prote- 
f  tanti  di  ass<^gettarsi  alle  determÌDazioni  del  Con- 
cilio' lÌDagìnava  ancora  di  potere  con  facilità  discac- 
ciare d*  Italia  i  Fraiiceti ,  e  per  potere  più  comoda- 
meDte  invigilare  •  tutte  queste  intraprese}  risolva 
beli'  OUobrle  di  questo  anno  di  stabilire  la  sua  re- 
sidenza a  loapruck ,  Città  importunamente  situata 
per  vigilare  egualmente  agli  a&ri  d' Italia ,  e  a  queU 
li  della  Germania ,  e  alle  operazioni  dd  Concilio  di 
Trento.  La  Iona ,  che  sempre  opfuime  e  mai  per- 
roode^impegnara  ma^iormente  i  Princi|H  della 
Gertnania  nelle  opinioni  della  nuova  rìfarma ,  e 
questa  ostinaùone,  unita  al  timore  di  vedere  rove-  ' 
sciata  dai  cardini  la  costituzione  dell'  Impero,  ris< 
vegliava  in  essi  un  invincibile  desiderio  di  abbat- 
tere la  soTO^ia  potenza ,  che  gli  sovrastava.  Id 
Francia  gli  animava  con  promesse  e  con  danari  al- 
la ribellione,  e  ilR«  si  preparava  con  l'esercito  per 
lichiamare  alle  firontì«e  le  forze  di  Cesare.  In  Ita- 
lia tutti  sospiravano  la  mutazione  ;  l'estorsioni  dì 
Don  Ferrante  in  Lombardia,  e  il  crudele  e  sangui- 
nario governo  del  Toledo  in  Napoli  risvegliavano 
da  per  tutto  nei  Sudditi  lo  spirito  dì  tumulto  e  di 
libelUone  :  i  trattati,  i  tradimenti,  e  le  segreta  CM*- 


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UB.n.ciP.1.  Oi    

ti^pondeiiBe  con  i  nraaicij  che  ogai  giorno  si  di-  ^^^ 
•cepTÌTSDO  ^  facevaog  che  ogni  giorao  più  a'iofie-di  G-, 
risse  cuDtro  gli  oppressi  >  e  che  esai  «Icidìassero  o-'^^' 
gni  meno  per  risorgere  da  coaì  misera  situasir^Dek 
21  Duca  Ottavio  era  comaDemeote  chiamato  il  re- 
stitutore della  Lbertii  dell'  Italia.  Il  Papa  ai  coa«<^ 
dera  va  impegnato  ìd  questa  guerra  imprudeoteoieo- 
te^  dÌ0preEzato,ec<Mi^aDato  universalmente,  ed  ia 
Boma  dai  suoi  medesimi  j  gli  doleva  di  essersi  ah- 
bandonato  all'aiiiitno  dell' Amhasciatore  di  Carlo 
V.;  ridotto  seum  danari  avea  richiesto  al  Duca  uà 
ìmprestito  di  centocinquantamil*  ducati  eoo  offe- 
rirli io  pegno  Città  di  Castello.  Circoadato  dai  Par-, 
titaoti  dei  Faroeù  era  sovente  coinÌ>attuto  dai  pen- 
timenti ,  e  dal  timore  della  propria  rovina.  II  Du- 
ca Goaimo  io  tali  circostanze  non  trascurò  con  aju- 
ti  e  coosigli  di  mantenere  Su»  Santità  nell'unione 
con  rimperat<^,ediraostraQdodi  ristringersi  sem^ 
pre  pi{ì  jiel  Partito  Imperiale  zelava  sopra  gl'inte- 
ressi di  Cesare j. e  si  dit^iaraya  malcco tento  della 
Corte  di  Francia  per  le  ostilità ,  che  si  commette* 
vano  contro  di  lui.  AL  Duca  Ottavio  dimostrò  tutta, 
la  sua  alienazione ,  avendo  sequestrato  i  pagamenti, 
convenuti  per  i  Beni  de'  Medici  a  Margherita  d'Au-, 
stria  j  imitando  in  ciò  lo  stesso  Carlo  V.^  che  avea 
arrestato  tutte  le  entrate  deìFamesì  nei  suoi  Stati,. 
•  mentre  Parma  era  stretta  d' assedio  avea  ordina- 
to a  Don  Ferrante,  che  non  accordasse  il  passaggio, 
tlle  vettovaglie ,  se  non  in  quella  discreta  quantità  i, 
che  fosse  necessaria  per  il  vitto  della  sua  Figlia.  Ma 
queUoche  più  richiamava  lasua  vigilanza  eral'immi* 
Dente  passaggio  della  Flotta  Turchesca  ,  col  favore 
della  quale  doveano  efiettuarsi  le  macchinazioni  dei 
Francesi,  l' indolenza i  con  eui  Cesare  rìguardara  ' 


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96{  STORf  A  DI  TÓSCkttk 

^n,  la  necesBarìa  difesa  d' Italia  j  e  la  sua  oaturaU  leD4 
di  C  tezza  in  risolvere  e  adempire ,  che  Unto  sgomenta* 
'^'  va  il  Pontefice,  e  gli  altri  interessati  nel  suo  Par-^ 
tito;  gli  era  nota  la  maocama  dei  danari ,  che  af- 
fliggeva sua  Maestà^  l'offerta  da  essa  fatta  alla  Re. 
pubblica  di  Genova  di  ritenere  per  se  Piombino  per 
averne  un  ìmprestito  considerabile^  e  finalmente  si' 
augurava  che  presto  anch'esso  sarebbe  stato  rìchi»- 
sto  di  qualche  somma .  Sì  preparò  pertanto  a  radu- 
nare danari ,  imponendo  un  accatto  generale  per  il 
Dominio,  alienando  capitali,  e  facendo  virj  partiti 
Con  i  Mercanti  ;  procurò  di  accrescere  le  F(H*tifica- 
tioni  di  fnHitiera  e  della  Marina ,  ed  eresse  una  noo- 
-Va  Fortezza  sul  colle  di  S«i  Mimato,  che  sovrasta^ 
a  Firepze. 
j553  Dopo  che  i  FVancesi  aveano  potuto  introdarre  ìa 
Parma  i  soccorsi ,  e  allar^re  alquanto  l'assedio, 
Con  cui  il  Marchese  di  Marignano  stringeva  quella 
Città,  restava  tuttavia  la  Mirandola  assediata  dalle 
genti  del  Papa  ^  comandate  da  Gio.  Batista  di  Mon- 
te nipote  di  Sua  Stantttà.  D(«  Ferrante  si  stava  oc- 
cupato iuPìemonte,dove  continuamente  dalla  Fran- 
cia calavano  nuove  Truppe ,  e  perciò  imagìnava  En- 
rico IL  che  indotto  il  Papa  alla  pace  o  alla  tregua 
poco  avesse  che  temere  in  Italia  delle  sole  forze  di 
Cesarei  considerava  anc(H^  che  condotto  a  quest'atta 
il  Pontefice  non  sarebbe  stato  dilEcile  attirarvi  an-- 
che  Cosimo ,  che  per  esser  negletn>  dall'  Imperiali , 
e  per  allontanare  la  guerra  dal  suo  Dominio,  avrd>- 
be  dovuto  aderirvi  per  necessità.  A  tal  efietto  inca- 
ricò'il  Cardinale  di  Tournon  Vescovo  Sabinense di 
trattare  col  Papa,  e  indurlo  a  una  lunga  sospensio- 
ne di  armi  prima  dell'arrivo  delta  Flcita  Tarche- 
•ca ,  per  poter  pù  più  comodamente  eseguire  k  al- 


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'  UB.  II.  ckr.  T.     -  ies        _ 

\re  imprese  disfate  in  Italia ,  e  perciò  palatosi  a  ^^^ 
Botna  usò  tutti  i  mezeì  affine  di  persoadereil  Poo-dì  C,' 
tefice  a  condurlo  a  questo  atto ,  desiderato  da  tutta  '^* 
la  Città  ,  e  prìacìpalmente  dal  Popolo.  Siccome  ìt 
commissione  del  Cardmale  resa  nota  a  tutta  1*  Ita- 
lia rìcfaianiaTa  l'attenzione  di  chiunq[ue  desidera  va 
la  pace,  Giulio  III.  volle  dimostrare  al  Du^  di 
proceder  seco  con  ingenuità ,  e  lo  richiese  di  con- 
siglio in  tale  occasione.  Rimostrò  principalmente 
che  gli  a£^ri  dell'  Imperatore  in  Germania  ,  essen- 
do ridotti  e  così  misera  condizione  ,  avrebbero  j>ro^ 
dotto  in  CMisegueuza  l'indebolimento  delle  sue  for- 
ze ìd  Italia  ;  chela  Flotta  Turchesca  comlMnata  ain 
quella  dei  Francesi  avrebbe  potuto  senea  contrasto 
devastare  il  Littorale  dello  Stato  Ecclesiastico ,  e 
portare  fino  a  Boraa  il  furore  di  quei  Barbari  ;  e  fi- 
nalmente, qualora  non  lo  riducesse  al  partito  di  ac>. 
cordarsi  il  prevedere  maggiori  disbvventure^  loco- 
«tringereUie  la  mancanza  d^  danari ,  non  avendo 
come  supplire  alla  «pesa  di  ventiqaattromila  do- 
tatì ,  che  ogni  mese  gli  eraiw  necessarj  per  pagare 
le  Truppe.  Disapprovò  Gisirao  questi  sentimenti  di 
pusillanimità  nel  Pontefice ,  rammentandoli  l'ìm- 
pegno  contratto  con  Cesare  ^  e  ponebdoli  in  CMisi- 
derazione  che  il  coraggio,  e  la  sua  fortuna  l'avea- 
no  finora  disimpegnato  gloriosamentedalle  fio  pe- 
rigliose situazioni  ;  che  la  Flotta  Tifrcbesca ,  non 
oltrepassando  il  numero  di  centoventi  Galere, 
e  cento  avendone  l'Imperatore  meglio  fomite,  e 
guarnite  di  scelta  Truppa ,  non  comprendeva  qual 
timpre  lo  potesse  sorprendere  ;  e  finalmente  che  ai 
Papi  risoluti ,  e  animosi  noh  mancano  mai  dana- 
ri ,  nccome  non  erano  mancati  a  Leone ,  Clemen- 
te^ e  Paolo  suoi  antecessori.  Credè  il  Papa  di  avere 


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i66.  8T0IUA  DI  TOSCAR\ 

^^  con  quMto  atto  bastanteineBte  «odisiàtto  all'amici^ 
di  C-zia  e  buooa  coiTU[>oDdenBa,  che  teneva  col  Duca» 
'^^*e,  seosB  comuaicsrli  aUrimenti  le  sue  incliDauonif 
concluse  finalmoate  il  trattato  di  sospenaione ,  cba 
fu  firmato  da  easo,  e  dal  Cardioate  di  Touraon  » 
nome  del  Re  iq  Roma  li  39.  di  Aprile.  Promettcn 
il  Papa  in  nome  proprio  e  dell'  Imperatore  di  to- 
glier le  armi  dall'assedio  di  Parma  e  della  Hinui* 
dola,  e  per  due  anni  di  non  far  guerra  contro  la 
due  Città,  obbligandosi  il  Cardinale  a  nome  del  Re 
che  uè  il  Papa  né  l'Imperatore  sarebbero  slati  per 
questo  tempo  molestali  da  dette  Città;  che  IFanie- 
si  e  loro  aderenti  sarebbero  rimessi  nella  grazia  di 
Sua  Santità ,  e  restituiti  nei  loro  beui  ;  cbe  passato 
il  termioe  dei  due  anni  il  Duca  Ottavio  sarebbe  in 
piena  libertà  di  trattare ,  e  Bccurdi>rsi  con  cbi  più 
gli  piacesse.  Restando  t^ouna  delle  parti  nelle  sua 
ragioni,  il  Papa  non  avrebbe  potuto  somministra? 
rs  veruno .ajuto  all'Imperatore  contro  la  Francia; 
cbe  l'Imperatore  in  termioe  di  sedi{:i  giorni  doveva 
dichiarare  per  lettere  patenti  di  acoettare  o  nò  quc^ 
sta  sospensione, quale  essendo  ricusata  s' intmdea* 
8f  niello  quanto  era  stato  capitolato  in  favore  aoo , 
e  dei  svoi  Statj.  A  tutto  ciò  ai  aggiungeva  cbe  il  Pa- 
pa ad  istanaa  dei  Francesi  con  Decreta  dei  a3>  A- 
prile,  av^a  spspeso  il  Concilio ,  prendendo  pw  mo- 
tivo di  questa  det^rraioazione  le  guerra-delia  Ger- 
mania^ e  U  JHOSM  dei  Protestanti  contro  l'imp^- 
ratOTe. 
Revtò  ppsimo  sconcertato  da  tapCa  compiacMua  del 
Papa  per  i  Francesi,  perdiècosì  e^li  restava  pìùiso-, 
lato,  e  perchè  colpiva  ^Imp^ratore  ^el  punto  dell^ 
maggiori  sue.  disavventure.  I  Principi  della  Germa- 
nia coligli  scambievolmente  e  uniti  col.R^  di  Fran- 


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118.  n:  GAP.  I.  «67     __^ 

eia  aveano  congiurato  fra  km  di  «cacciare  Cenre  ^^^ 
da  quella  Froviiicia,  e  di  rùtabilire  la  libertà  del-diC' 
rjmpero.  U  Duca  Maumio  di  Saafonia^  benché  «n-'^* 
golsrmeale  beneficato  da  Carlo  V-,  era  alta  testa  di 
questa  impresa ,  maue^iata  con  arli0zio^  e  diretta 
cau  vigore ,  e  percorreodo  l' alta  Germania  mioac- 
ciava  l'Imperatore  della  iiiTasione  del  TÌroIo.L'of- 
ièsa  dignità  dì  Cesare,  l'incertesza  dell'osserranKa 
di  quanto  il  Re  dei  Rotnaui  avea  stabilito  a  Linte 
li  3o  Aprile  con  i  ribelli,  le  pocbe  forze ,  e  la  scar< 
sita  del  danaro  aveano  ridotto  il  più  potente  Monar* 
ca  dell'  Europa  nelle  angustie  maggiori.  In  tale  si< 
tuatiooe  appunto  sofvaggiunse  alla  Corte  l' arrìso 
del  trattato  concluso  dal  Papa  con  i  Francesi:  seb- 
bene questa  novità  risvi^Uasse  nell'  Imperatore  ,  e 
nei  SIMM  Ministri  dei  sentimenti  di  furore  e  di  ven- 
detta contro  la  debolezia,  e  imbecilliti  del  Ponte- 
fice,ciò  non  ostante  le  presenti  circostanze  obbliga- 
vano  pur  troppo  a  dissimulare  questo  torto.  Il  Doca 
CùaÌDBO  u  credè  in  dovere  di  non  palliare  a  Cesare 
in  questo  frangente  i  suoi  sentimenti  per  mezzo  del 
Vescovo  di  Arras^ditnostrando  che  i  due  errori  com* 
messi  dal  Papa  della  soepeasione del  Concilio, «del 
trattato  con  i  Francesi  procedevano  pincipalmen- 
tedalla  indolenza  di  Sua  iUaestà,  che  troppo  lo  area 
negletto  senza  ni^ipure  lusingarlo,  e  che  dopo  qne* 
sto  disordine  non  consigliava  a  disapprovare  ciò, 
che  egli  avea  carato  per  non  disperarlo ,  e  oU[»IÌ- 
garlo  a  gettarsi  totalmente  in  braccio  ai  Francesi . 
Questo  consiglio  fondato  sulla  verità ,  e  promosw 
dalla  necesaiUi  fa  aUiracciato  dall'Imperatore,  e  fu 
ordinato  a  Don  Diego  di  ratificare  quanto  il  Papa 
aveva  cònchisD  in  suo  nome  con  i  Francesi.  Parve 
che  perciò  l'Italia  recuperasse  la  sua  tranquillità  « 


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___       s68  STOMA  DI  TOSCARA 

^y,  ina  il  Dncaj  conoscendo  che  ì  Fraacesi  non  ikiiraV 
di'CTiDO  ad  altro  che  a  guadagnar  tempo-per  eseguire' 
.'^'con  più  TÌg(n«  i  loro  dis^oi  contro  la  Toscana ,  » 
del  Regno,  procurò  di  valersi  della  stessa  arte  per 
eludere  le  loro  macchinazioDi,  e  per  la  difesa  del 
proprio  Stato-  Interpellò  frattanto  il  Pontefice  ac^ 
ciò  gli  communicasse  con  sincerità  i  suoi  sentimenti 
circa  la  neutralità,  i{ualora  insorgesse  nuoTaguem- 
in  Italia,  e,  dimostrandosi  unicamente  intento  alla 
propria  difesa, .propose  a  Sua  Santità  una  coofede- 
razicHie  per  la  comune  conservazione  dei  loro  Stati. 
Credè  il  Papa  che  il  timore  dei  Francesi ,  e  le  dia- 
avventure  di  Carlo  V.  conducessero  il  Duca  a  que* 
sto  partito,  e  perciò  sostenendo  la  superiorità,  che 
imagiuava  di  avere  acquistato  con  ayer  dato  leggi 
all'  Imperatore ,  né  disprezzando  totalmente  le  pro- 
posizioni di  Cosimo,  volle  che  per  pressa  di  questa 
confederazione  si  stabilisse  il  Matrimonio  di  Fatua- 
no  di  Monte  con  Lucrezia  terza  figl^t  del  Duca  , 
L'ambizione  di  Giulio  III.  per  ingrandire  la  sua  Fa- 
miglia non.  era  minore  di  quella  dei  suoi  antec^so- 
ri,  e  lo  aver  Carlo  V.  trascurato  quei  som  nipoti  en.  ■ 
la  causa  principale,  che  1'  avea  mosso  a  pacificarsi 
con  i  Francesi.  Quantunque  Cosimo  addasse  alta- 
mente di  maritare  una  figlia  a  un  bastardo  di  un 
contadino,  dò  n<Hi  ostante  non  rigettò  apertamenta 
la  proposizione,  e  dando  luogo  al  trattato  pensò tti 
prevalersi  di  questa  inclinazÌMie  del  Pontefice,  pò* 
tenerlo  vincolato  ai'  proprj  interessi ,  scoprire  per.^ 
mezzo  suo  le  mire  dei  Francesi ,  e  prevenire  qua-* 
lunque  determinaaìone^  che  egli  potesse  prendere 
contro  r  Imperatore. 

.  Anche  i  Francesi,  proseguendo  l'esecuzione  del 
piano  di  polìtica  già.BtabilitOfjienaavattoaÌm«lìdt 


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tlB.  II.  CàP.  I.  169      , 

•tmer  ferme  le  fané  del  Dnca^  pere&tttitrelflwra-  ^„' 
'mente  ì  loro  disunì  sullo  Stato  di  Siena  e  nel  He- di  Q. 
gno.  nCkidinalediToamoD,  anche  prima  ditrat-'^^' 
'tare  a  Roma  l' accordo  col  Papa,  avea  oKrto  all'À- 
-gente  del  Duca  in  Venezia  tutta  la  sua  antwità  alU 
Corte  di  Parigi ,  aiBochè  fosse  data  la  dovuta  so- 
ilisfazioDe  al  Duca  per  l'arresto  della  Nave  Fiorea- 
-tìna  y  e  perchè  si  ristabilisse  la  buona  corrispondeni- 
za  fra  loro:  e  quantunque  Cosimo  avesse  latto  rap- 
presaglia in  LÌTorno  sopra  od  Brigantino  Francese, 
nientedimeno  ordinò  il  Re  che  gli  si  amministrasse 
la  più  compita  giustizia,  e  dimostrò  con  espressioni 
Bmoreroli  di  gradire  la  sua  buona  amicizia.  &  ag- 
giunsero  a  tutto  ciò  le  insinuazioni  di  Toumou  ,  e 
le  aperture  &tte  per  mezzo  del  Papa^  affine  di  de- 
terminarlo a  stipulare  un  trattato,  che  lo  mettesse 
al  coperto  da  qualunque  insulto  dei  Francesi  tanto 
per  mare  che  per  terra,  specialmente  in  un  tempo*, 
che  le  disgrazie  dell'  Imperatore  aveano  sollevato 
l'Italia  contro  di  esso.  Il  Papa,  che  desiderava  di 
forti  ficare  la  sua  determinazione  con  tener  saldi  tutti 
i  Principi  d'Italia  nella  neutralità,  insisteva  col  Du- 
ca per  la  conclusi(Hie  dì  questo  trattato  ;  ma  Cosimo 
daU' altra  parte  risoluto  di  non  discostarsi  dal  par- 
tito Imperiale,  e  di  tenere  a  bada  ì  Francesi ,  ri- 
gettando' ogni  mediazione  ,  intraprese  i^reta  e  di- 
retta ccffrìspondenza  col  Cardinale  ,  con  cui  stabili 
che,  assicurato  dal  Re  di  esser  trattato  come  amico 
e  paraite,  ^U  n  starebbe  in  una  scrupolosa  neu- 
tralità, attendendo  alle  cose  sue,  e  perciò  non  avreb- 
be dato  airimperatfve  ajuti  dì  Truppe,  né  di  da- 
naro, eccettuato  il  caso  di  dover  iàr  uno  aborao  qua- 
lora fosse  messo  in  possesso  di  Piombino  ;  su  que- 
sto piede  n  sarebbe  ruotato  tua  trattato  con  Sua 


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vja  STORIA  DI  TOSCANA. 

""^""Maestà ,  sempre  che  fòsse  certo  delle  aae  mtenaia- 
di  C.  "'  )  9°^i  perà  avrebbe  dovuto  tenere  occulte  por 
~i55i.noii;  itnp^narn  coDtro  rimperatore.  Qaestecoadì- 
zionì  promosse  dal  Duca  a  Tonroon  furono  da  «asó 
esattameate  osaerrate  nella  ur^aza  la  più  preMan- 
-te  dell'  Imperatore.  Vedendosi  Carlo  V.  sempre  jùfa 
incalzato  dalle  forze  dei  Principi  sollevati»  e  costreb- 
to  dalla  necessità  a  levar  nuove  Truppe  per  la  pro- 
pria difesa,  spedimi  suo  Gentìtaomo  al  Duca  Cost- 
moj  per  chiederli  in  cosi  crìtica  circostenta  un  im- 
[««sUto  di  dugentomila  Dut^ti.  Dimostrò  egli  l'im* 
potenza  di  somministrare  questa  somma,  e  l'impoc- 
iibilità  di  ritrovarla  altroTe^'  poiché  a  Genov8,*doT 
ve  era  ridotto  tutto  il  danaro  d'Itelia  j  le  usure  a> 
scendevano  al  trentacinque  per  cento;  i  aooi  Citta- 
dini^ purtroppo  aggravati  dalli  accatti  e  dai  balzel- 
li imposti  finora,  erano  tattevia  irritati  per  la  fede 
mancateli  da  Sua  Sfaestà  neU'  affare  di  Piombino  ; 
ma  qualora  però  essi  lo  vedessero  nel  libero  posses- 
so di  quello  SttAo  farebbero  ogni  sforzo  per  aom- 
mistrare  qualche  riguardcvi^  somma-Questo  dioim- 
P^no  fu  accompagnatoda  un'  oflferta  di  picc(ds  par- 
tite dì  danaro^  e  da  molto  espreastem  di  buona  v<^■ 
lontàj  unite  a  un  consiglio  di  non  aUtandonare  la 
Germania  in  queste  circostanse,  per  enere  troppo 
necessaria  in.c[uella  Provincia  la  presoasa  Imperia- 
ÌOj  per  reprimere  la  prepotenia ,  e  l'aiidaciadeiaol* 
levati.  Anche  i  Consigli  potevano  essere  utili  all'Im* 
peratore,  pmcfaò  avendo  Maurilio  ibrsato  la  chiosa 
di  Fiessea  e  ^ragliato  là  Truppa  che  la  gaardavi> 
U  i9di  Maggio  dovi  Carlo  V.  ritirarsi  tumultaria- 
mente  da  lns|irDck,  e  rifugiarsi  a  ViUach,  Gttà  si* 
toate  sa  i  confini  del  Friuli^  e  MetropoU  della  Ca- 
riiiUa  f  opportuna  •  voluni  o  in  Germania  per  la 


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LIB:  II.  CAP.  t.  a?! 

parta  dì  Vienni,  o  io  Italia  per  lo  Stato  Veiiato.  j^^ 
Quivi  il  consiglio  di  G>BÌmo  fortificato  dal  V'esco- di  G. 
To  di  Arras  fu  reputato  il  piiì  e^iediente,  determi-  '^' 
nandoaì  r  Imperatore  di  voltarsi  alla  difesa  della 
Fiandra,  subito  che  fosse  coacluio  l'accordo  con 
Maurisio ,  e  che  di  Spagna  fosse  vanuto  il  Duca  di 
jUva  con  nuovi  rìniorzi  di  danaro  e  dì  genti.  L'ar- 
rivo di  questo  Generale  sì  rendeva  tanto  piiì  neces- 
inuio,  perchè  Carlo  V.,abfaattuto di  spirito  edifin-- 
ze,  si  rendeva  impotente  alle  spedixioni  e  alli  affiiri. 
Avrebbe  Cosimo  voluto  muovere  dai  suoi  Stati  quat- 
tromila fanti,  e  trecento  cavalli^  perchè  raggiun- 
gessero l'Imperatore  a  Vìllach ,  ma  il  pericolo  di 
suscitare  in  Lombardia  il  fuoco  della  guerra^  pen- 
dente la  tregua,  lo  distolse  da  questa  determioa- 
Bione ,  ofierendo  però  all'Imperatore  d' inviare  que- 
lla Troppa  in  evento  di  madori  necessità. 

Tante  disavventure  di  Cesare  animatono  i  snc4 
avversar}  in  Italia  a  sollecitare  l'efièttuatione  dei 
loro  disunì  sul  A^no  di  Napoli;  per  meglio  esegui- 
li fu  giudicato  opportuno  ildiscacciare  gli  Spagnoli 
da  Siena ,  e  rivolgere  qoelb  Stato  alla  deVouonQ 
della  Corona  di  Francia.  Le  oppressioni  di  Don  Die- 
go >  e  l'ereume  della  Cittadella  aveano  ridotto  quei 
Qttadini  io  tale  disperazione,  che  molti  espatrian- 
do scorrevano  l'Italia  per  commuovere  i  nemici  del* 
l'Imperatcffe,  e  impanarli  a  liberarli  da  tanta  mi- 
seria: le  poche  forze,  il  capriccio  e  l'incapacità  di 
Don  Diego  facilitavano  ai  Francesi  l'impresa  j  e  gì' 
intrighi  di  Corte  ne  toglievano  ancora  (^ni  impedi- 
mento. Dopo  la  morte  di  Granvela  tra  succeduto 
in  tutte  le  di  lui  cariche  il  Vescovo  di  Arras  suo  fi- 
glio, e  divenuto  in  cotaSf^oenza  primo  Ministro  di 
Carlo  Y>,  sebbene  non  inferiore  al  Padre  di  taleu- 


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.       a?»  STORIA  W  TOSCANA 

j^,  ti^to  fu  iwrd  di  previdenza  e  di  felicità  net  i 
A  Cai:  trasportato  dalto  spirito  di  vaaità  si  allobtaoA 
''dalle  tracce  di  suo  Padrone  invc^liatodi  farsi  nuo- 
ve creature  e  nuovi  appoggi  alla  Corte  avea  deci»- 
nato  dal  favore  e  dalpartito  dei  Toledo,  e  con^un* 
to  intrinsecamente  con  Don  Ferrante  Gonzaga  fe 
■con  Don  Diego-  di  Mendozza  non  trascurava  occ^ 
sione  per  innalzarli,  e  avvilire  il  contrario  Partito. 
Da  ciò  ebbe  origine  la  diffidenza  di  Carlo  V.  cxA 
Duca,  il  disprezzo  dei  suoi  consigli,  e  l'ingrata  cor* 
rispondtvza  verso  di  esso;  per  (jueata  causa  si  toller»> 
vano  la  prepetenza,  l'oppressione^  l'estensioni ,  e  !• 
fallaci  del  Gonzaga  nella  Lombardia,  e  si  pallia»- 
■vano  a  Cesare  gli  errori,  ì  capricci  e  le  violenze  di 
Don  Diego  a  Siena  ed  a  Roma.  Ambedue  coi  loro 
artìfiz)  aveano  fatto  nascere  la  guerra  di  Parma,  che 
Don  Ferrante  alimentava  con  sommo  stucUo  pet 
.pascolare  la  propria  avarìzia  ]  e  Don  Di^  con  !'»• 
reùone  della  Gttadella  di  Siena  godeva  di  ammi- 
nistrare libwamente  gl'imprestiti,  eie  gravezze  ini^ 
poste  per  questo  efietto:  divenuto  rÌBtrum«ito  del- 
la' umiliazione  di  Cosimo,  non  avendo  potuto  invi- 
lupparlo nella  guerra  di  Parma,  disprezzava  ogni 
suo  consiglio  e  avvertimento  circa  la  perìcolostt  si- 
tuazione di  Siena  per  attirarli  la  guerra  nel  suo  Do- 
teinio,  o  incolparlo  presso  l'Imperatore  di  c^ninni-' 
atro  evento  che  succedesse.  U  Vice-Re  di  Napoli  non 
era  piìi  atteso  alta  Corte  ,  e  il  Duca  Cosimo  era  in 
una  manifesta  diffidenza  di  Sua  Maestà,  la  c[uale  e- 
ra  mantenuta  in  questi  sentimenti  dal  Vescovo  di 
Arras,  cbe  godeva  di  vedere  avvilito  l'antico  Parti- 
to predominante.  Intanto  i  Senesi  continuamente 
oppressi  da  straordinarie  richieste  di  danaro,  allogT 
gì,  e  passaggi  di  Truppe,  violfHitatì  a  sommLUÌstr»> 


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LIB.  II.  CkV.  I.  173 

tale  vettoraglie  a  preazi  detel-minati,  malsicuri  del-  j^^ 
la  vita  e  deiravere  ,  oltraggiati  Dell'oDore  dalla  li- di  C. 
cenza  militare,  che  con  l'odio  nazionale  (^i  di  piiì  '^' 
«i  accresceva,  doverono  anche  soffirire  una  l^ge,  la 
quale  dichiarava  che  passate  le  due  ore  di  nott* 
chiunque  fosse  ritrovato  nuH-to  o  ferito  per  la  Gttà 
suo  danno.  Alla  oppressione  si  aggiungeva  ancora 
l'insuLto,  poiché  essendo  ritrovata  incatenata  la  Lo- 
pa  ina^na  di  quella  RepubbbUca  ^  ciò  fu  appreso 
per  una 'minaccia  di  toglierle  affiitto  ì  miseri  avao- 
s  della  liberti.  Perciò,  la  disperazione  animandoli 
a  procurare  la  comune  salvezza,  introdussero  segre- 
tamente delle  armi  nella  Città,  richiamarono  taci- 
tamente molti  che  erano  assenti,  e  alcuni  ne  invia- 
rono a  Ferrara ,  per  concertare  col  Cardinale  d'E- 
Me  capo  del  partito  Francese  il  modo  dì  liberarsi 
dal  giogo  delli  Spagnoli.  Giulio  Veri  Medico  di  prò* 
feaaione  fn  quello  ^  che  più  di  ogni  altro  ai  afiaticd 
per  la  salute  della  Patria,  poiché  nell'Àasemblea 
tenuta  in  Chioggia  dai  Ministri  e  Partitanti  di  Fran- 
t:ia  potè  determinarli  a  incominciare  le  loro  opera- 
làoni  dal  restituire  a  Siena  la  liberti ,  giacché  l' im- 
presa del  Regno,  non  volendovi  concwra^  i  Ve- 
neziani ,  non  poteva  effettuarsi  se  non  per  questo 
mezzo.  Perciò  ottenuto  soccorso  di  denari  fu  ordi- 
nata per  mezzo  di -Enea  Piccolomiui  una  spreta 
congiura ,  per  cui  introducendosi  genti  armate'  nel 
Dominio  ,  e  accostandosi  alla  Città ,  quei  dì  dentro 
le  ricevessero,  e  tatti  insieme  si  accordassero  a  dis- 
cacciare gli  Spagnoli  :  il  Conte  Niccola  Orsini  di 
Pitigliano ,  guadagnato  dal  partito  Francese ,  do- 
vea  dirigere  e  coadiuvare  1'  impresa  .  La  Fortézza 
era  guardata  per  ibrmalìti  da  cinquanta  Soldati  Qial 
pagati ,  e  aprovvista  di  vettovaglit  e  di  muuizbni^ 
T.  l,  18 


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374  STORIA  DI  TOSCANA 

f^f,  il  Presidio  della  Città  composto  di  circa  trecepta 
di  C.  Spagnoli  guardava  il  posto  di  San  Domenico ,  e  nd 
*55-i  ^gQ  j  j  QQ  tumulto  generale  non  poteva  sperare  dal- 
la Fortezza  verua  «occorso:  Don  Diego  se  ne  stava 
a  Roma ,  e  alla  siciireiza  di  Siena  invigilava  Don 
Francesco  de  Àlaba  Comandante  della  Guarnigìo- 
o«.  Il  Du.ca  Conmp .,  avvertito  di  ciò  che  era  per 
«nccedere>  aveva  offertoalComandanteSpagnolood' 
introdurre  in  Siena  quattromila  delle  sue  Bande  per 
prevenire  il  tumulto  ,  ma  l'alterigia  di  Don  Diego, 
«  la  suji  animosità  fecero  clie  piuttosto  sacrificasse 
il  servizio  di  Carl<)  V.  cbe  riconoscere  da  Cosùno  la 
conservazione  di  qu^la  Città.. 

Lb  voci  sparse  universalmente  per  l'Italia  dopo 
disciolta  l'ÀsseEpblea  di  Cbioggia  facevano  como- 
nemente  credere ,  che  i  dis^QÌ  della  Francia  teu-r 
dessero  unicamente  alla  sorfK-esa  del  Kegap;  da  que- 
ste ad  onta  dell!  avvertimenti  di  Cosiuo  mostrò  di 
fsser  persuaso  Don  Diego,  e  perciò  reputava  più  n- 
Ule  al  servizio  di  Cesare  risedere  in  Roma  piuttosto 
che  a  Siena  :  i  movimenti  della  Flotta  Turcbesca 
confermavano  questa  opinione.,  poiché  essendo  pa*> 
sata  davanti  a  Napoli ,  unu  lar  danno  alle  terre 
marittime  di  quel  Regno ,  fa  era  postata,  in  Proci- 
)da ,  aspettando  la  Flotta  Francese  per  coBihinarsì 
con  la  medesima.  II  Duca  però,  tentando  almeno 
d' intimorire  da  Imtano  i  Senesi ,  fece  radunare  a 
Staggia  mite  frontiere  del  loro  Dominio  ìfi  Bande 
circonvicine  ,  e  vi  spedi  il  Commissario  e  varj  Ca- 
pitani ,  per  iar  credere  di  volere  in  detto  luogo  far 
massa  generale  delle  sue  milizie.  Frattanto  il  Con- 
te di  PitigUapo  e  il  Piccoloinini  con  la  Truppa  , 
vaccolu  nello  Stato  di  Castro  e  (ulle  frontiere  di 
quelb  della  Cbievi,  essenlo  entrati  nel  Dutuinto  d 


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-kVBL  H.  CUV.  I.  tjH 

Siena ,  e  accoatatisi  sHa  Città  poterono  facilmente  ^^ 
ingrossare  il  naniero  delle  genti ,  e  invitare  ì  Cit-dì  C. 
ladini  a  concorrere  c<m»  esn  a  liberare  la  Patria  dalla  '*** 
icliìavìlù.  Ricorse  allora  il  Comandante  Spagnolo  ai 
«occorù  del  Duca^domandandoperòsolo  quattrocen- 
to iànti ,  che  gU  furono  spediti  con  celerità  niUo  il 
comando  di  Otto  da  Ittontanto  ;  ma  temendo  Cosi- 
mo che  il  fuoco  delta  goeira  e  d^a  ribelUcoie  m 
comma nicasse  ancora  al  ino  Stato,  rioni  a  Staggia 
tutte  le  mili»e  d' inikalena  e  cavalleria ,  che  avet 
giìt  disposte  a  guardia  della  marina  ,  e  ordio&a)  Ca- 
pitani delle  Bande  di  Valdichiana  che  occapasaero 
i  Castelli  e  Terre  dei  Senesi  da  qoella  parte-  !«  gen- 
ti del  Conte  di  Pitigliano,  avendo  fbraato  di  oolte 
la  Porta  Romana ,  entrarono  in  &ena ,  dorè  i  sol- 
dati del  Montaoto  combatterono  per  difésa  della 
Città  ,  postandosi  nella  parte  più  eminente  d^lla  me- 
desioia  ;  ma  poi  finalmente  con  gli  Spagnoli  foro- 
nò  costretti  a  rifogiarsi  nella  Fortezza,  dove,  con- 
correndo ogni  ora  piò  la  gente  armata  del  Contado 
e  della  Città ,  ù  trovarono  «Mediati  sensa  proTTÌsio- 
ne  Terona  da  far  renstenza  ,nMfi  avendo  altre  vei- 
toT^lie  che  qoelle,  che  potenzio  portar  via  «i  Fnt* 
ti  di  San  Pomenico  nel  ritirala  cui  esenta  da  qu^ 
posto.  11  solo  timor*  dei  Senesi  era  di  vedere  iqgros- 
sare  alte  frontiere  le  forae  del  Duca ,  e  perciò  la  Be- 
pobblica  mandò  a  pregarlo  di  non  opporsi  al  bfom 
di  così  bwHii  vicini ,  poiché  essa  liberata  dall'  op- 
pressione di  Don  Bic^  non  desiderava  altro  che  di 
vivere  nella  soa  libertà,  e  continoare  nella  devozio- 
ne di  Cesare.  Considn^  Cosimo  la  debolezza  delle 
forze  Spagnole  in  Italiane  l'impoasifailità  di  avere 
dei  pnuitì  socconn  dallif  Lombafdia  e  da  Ni^li,  l'è»- 
•CT  già  in  Siena  seimila  nomini  di  Tratta  ruotata , 


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S76  STORIA  DI  TOSCAHA 

^^  e  lutto  il  Contado  e  il  Popolo  in  armi,  e  in  con- 
dì Csegueiiza  previde  che  riDsiatereaUrìmeDtisalla  di- 
**^*fesa  della  Fortezza  non  era  altro  che  attirarsi  tutta 
la  guerra  sopra  di  se,  sensa  speranza  di  alcun  gio- 
vamento alli  interessi  proprj ,  né  a  quelli  dell'  Im- 
peratore. Perciò  determinò  di  dare  orecchio  all'ac- 
cordo ,  e  spedi  a  Siena  Ippolito  da  Goreggio  per  con- 
certare con  la  Repubblica  le  condizioni  del  tratta- 
to :  volte  ancora  assicurarsi  che  nella  Fortezza  non 
fossero  viveri  che  per  sei  giorni ,  e  temè  che  fosse- 
ro costretti  ad  arrendersi  vergognosamente,  e  a  per- 
der ventimila  ducati,  che  erano  quivi  in  custodia. 
Il  Papa  insisteva  presso  il  Duca  che  procurasse  di 
estìnguere  questo  incendio;  il  Cardinale  di  Tour- 
non  dichiarava  che  il  Re  dì  Francia  non  voleva  al- 
tro che  la  libertà  dei  Senesi;  la  Repubblica  con  nno- 
ve  Ambascerie  domandava  dì  vivere  in  pace  e  in 
buona  amicizia  con  Cosimo  ^  e  finalmente  era  giun- 
to in  Siena  Lansac  Ambasciatore  del  Re  a  Roma 
per  esortare  i  Senesi  alla  Indipendenza.  Tutto  'ciò 
lo  indusse  a  stabilire  con  quella  Repubblica  lì  tre 
Agosto  una  convenzione  dì  cui  le  principali  condì- 
xìoni  furono  :  Che  restasse  in  libertà  delle  genti  del 
Duca  assediate  nella  Fortezza  di  sortirne  con  le  ar- 
mi, equipari  e  robe  in  quella  forma ,  che  più  pia- 
cesse al  Muntauto  per  condursi  alle  frontiere  dello 
Stato  di  Firenze  :  che  la  Repubblica  di  Siena  ,  de- 
molita la  Fortezza ,  dovesse  licenziare  dalla  CitÙ  » 
Dominio  tutte  le  genti  forastìere,  e  loro  Capitani  di 
qualunque  grado:  che  la  Repubblica  continuasse 
sotto  la  protezione  e  fede  dell'  Impero ,  e  il  Duca 
s'interponesse  con  l'Imperatore,  affinchè  non  re- 
sUsse  offesa,  né  tenuta  a  rilàre  i  danni  della  For- 
tezza ,  obbligandosi  essa  di  non  offèndere  gli  amici 


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IIB.  U.  Cip.  I.  ayy       ^ 

^  Sua  Uaéstà  >  e  rinnoTando  a  questo  effetto  la  cou-  An. 
lederazioDe  fatta  col  Duca  oel  primo  Giugno  1547:^19' 
che  ratificata  qnesta  coovenzione  ai  restituissero  dall' 
una  parte  e  dall'altra  i  PrigioDÌeri,  i  Castelli ,  e  le 
robe  occupate  dal  di  2S.  Luglio  in  poi  :  e  Gitalmeu' 
te  che  Della  presente  conveuzioae  restasse  compre- 
40  Dou  Francesco  de  Alaba  con  gli  Spagnoli  volen- 
do accettarla,  e  non  l'approvando  dovesse  aver  tat- 
to l'effetto  Ira  il  Duca,  e  la  Repubblica.  Acc«itaro* 
no  gli  SpagnuU  col  consenso  di  Doo  Diego ,  che  ap- 
punto era  in  Firenze ,  queste  condizioni  e- li  cinque 
di  Agosto  restò  evacuala  la  Cittadella. 

L'eccessiva  allegreua  dei  Senesi  per  con  inaspet- 
tata felicità,  facendoli  scordare  la  promessa  fatta  al 
Duca  di. persistere  nella  devozione  dell'Impero^  gli 
4rasp(H'tò  furiosamente  nel  partito  cimtrario,  da  cui 
riconoscevano,  tutto  il  successo.  £d  in  fatti  dopo  che 
>la  Fortezza  fu  evacuata  dalli  S|^noli  il  Popolo  acr 
corsovi  tumultuariamente  v'introdusse  i  Francesi  j 
Xansac  Ambasciatore  del  Re  ricevè  in  pubblica  Sar^ 
forma  la  Signoria,  che  con  bandiere  sparse  di  gigli 
d'oro  ,  e  accompagnata  dal  Clero  e  dai  Magistrati 
della  Città  in  mezzo  al  Pop<^  festeggiante  si  pre- 
•eutò  all'ingresso  della  Cittadella:  La  Maestà  del 
£e  Cristianissimo,  disse  egli,  avendo  presentito  li 
•ftSgravj  già  Jàttivi  per  molti  anni  dàlf  Imperato- 
re, che  per  potervi  dei  continuo  tenere  in  questa 
■soggezione  uvea  ordinata  questa  Fortezza  j  mos- 
sa dunque  a  compassione  come  quel  Principe  giu- 
nto e  prode  che  è  per  carità,  ne  ha  mandati  con 
■questo  esercito  a  levarvi  di  sotto  questa  tiranni- 
-fife  ;  e  così  in  nome  di  sua  Maestà  vi  restituisco 
questa  Fortezza,  acciò  la  facciate  buttare  a  ter- 
ra, e  w  offurisoo.per  conservarvi  in  libertà  tutto 


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vf»  STOMA,  m  TOSGXirJL 

^^  3.  sua  potere  e^fitrze,  non  ricercando  altro  da  Vdl 
di  Cxé  non.  iJie  stiate  uniti  per  la  vostra  libertà,  e  cfu 
*^^vi  ricordiate  di  questo  benefizio.  'ProEeaaò  la  Re- 
pubblica eterna  gratitudine  al  Re  per  cosi  generon 
dimostrasioue  ,  e  protestò  di  aver  dedicato  a  Sua 
Maestà  quella  stessa  devoxioDe  e  fede,  che  giji  area 
finora  conservala  per  l'Imperatore.  Ciò  non  ostan- 
te it  Duca  Cki«mo,  salutando  il  suo  piano  di  poli- 
tica, e  giudicando  sempre  più  necessaria  in  siinili 
^costanze  la  dissimatazione  per  non  insospettire  i 
Francesi,  D(Kt  solo  eseguì  scrupolosamente  le  con 
Teozioni  £itte  con  la  Repubblica ,  ma  ToUe  ancora 
che  si  desse  l'altìnia  compimento  al  trattato  spre- 
to col  Re  di  Francia,  intavolato  già,  e  coof^'tato  dà 
qualcbe  mese  ai  Cardinale  di  Tournon.  Questo 
trattato  segnato  in  Fireù»  li  quattro  di  Agosto  sta- 
tnliva— Che  il  Duca  nm  dovesse  in  qualsivoglia 
fnodo disturbare  le  imprese  del  Re,  né  dare  ajuto 
di  gente  o  di  danari  all'imperatore ,  né  far  contro 
allì  amici  e  aderenti  di  Soa  Maestà,  dei  quali  den- 
tro il  termine  di  un  mese  gli  sarebbe  stata  caibila 
la  nota:  iu  correspetUvità  i  suoi  Stati  e  i  suoi  Vassalli 
non  sarebbero  mai  ttioleatati  dalle  armi  del  Re,  e 
11  Duca  sarebbe  tenuto  per  buono  amico  di  Sua 
filaesti:  che ,  ottenendo  il  Duca  dall'Imperatore  lo 
-Stato  di  Piombina ,  potesse  senaa  contravrenire  a 
qlKsta  convenzione  sborsar^'la  somma  per  eia  con- 
venata  :  che  mediante  questo  trattato  non  s' inten- 
desse dovere  il  Dnca  alicDarsi  dairamicizia  dell'Im- 
peratorCj  o  lare  cosa  contro  di  esso,  volendo  esserli 
servitola  C'amico,  e  nel  tempo  stesso  osservare  al  Re 
qoeste  promesse:  che  se  l'Imperatore  si  tenesse  ofTeao 
dì  questo,  trattato  e  desse  al  Duca  motivo  di  rilirarH 
dalla  saa  amicizia,  in  tal  caso  il. Re  le  EÌf^ereKbfae 


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LIB.  II.  C&P.  L  979 

sotto  la  sua  protezione  come  amico  e  cootederato  ^^^ 
contro  rimperatore,  per  il  die  all'ocxiasione  si  do-di  C 
Vesse  fare  uno  speciale  trattato:  che  il  Re  obbliga-  '^ 
Ta  la  ana  parola  di  tenere  occulta  e  segreta  questa 
convTOEÌone ,  fintaDto  che  aon  ai  fuue  di  concerto 
^  ambedee  le  parti  giudicato  opportuno  il  pubUi- 
caiia.  Dopo  questi  auccessì  poteremo  i  Senesi  lieta- 
mente godere  della  ricuperata  loro  lib^-tà  ,  poiché 
g\i  Spagnoli,  sostenendo  unicamente  Orbetello ,  e- 
ranu  stati  discacciati  da  tutte  le  altre  Terree  Piat- 
'bc  forti  dì  quel  Dominio:  Àflcanìo  della  Comia,  die 
ad  intuite  di  Don  Diego  infestaTa  le  loro  frontiere, 
dovè  per  ordine  del  Papa  denstere  da  questa  intra- 
presa. Da  Parma  e  dalla  Mirandola  erano  venute 
nuore  Truppe ,  alle  quali  il  Duca  cmcesse  libeni<- 
'nente  il  passo  per  il  sno  Stato,  e  Teroiea  assui^e 
a  nome  del  Re  la  custodia  di  quella  Repubblica  , 
usando  con  quei  Cittadini  tutta  la  moderazione  ,  è 
lasciandoli  goreroare  liberamente  i  loro  aflarì,  pe^ 
maggiormenteaffeziooarlialla  Corona  dìFraocìa.  Si 
stabilirono  tremila  .uomini  per  il  persidio  della  Cit- 
tà, e  altri  duemila  cinquecento  furono  spediti  per 
assediare  Orbetello. 

Mentre  trionfavano  i  Francesi  di  tante  perdite 
cagionate  all'Imperatore  era  giunto  a  Villach  il  Du- 
ca d'Alva  con  rinforao  di  danari,  e  di  genti  Ix-aspoN 
late  di  Spagna.  Questo  Ministro,  non  meno  pA  il 
suo  valore  che  per  la  sua  grandezza ,  poosedeva  e- 
gualmente  la  stima  di  Cesare,  e  quella  del  Prind- 
pe  Filippo;  essendo  a  Genova  il  Duca  lo  avea  fatto 
prevenire  sopra  tutti  li  sconcerti,  che  erano  net  ser- 
vizio dell'Imperatore  in  Italia  ,  e  degl'intrìghi  dei 
vuoi  Ministri,  e  perdÒ,  scuotendo  Carlo  V.  dal  le*- 
targo,  in  cui  lo  avea  tenuto  finora  il  Vescovo  di  Ap- 


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kS»  storia  m  TOSCANA. 

.  rasj  li  fece  cpinpreodere  esser  necessaria  maggiore 
di  Cattività  nelle  risoluzioni^  e  maggior  confidenza  nel- 
'^^li  amicij  che  nelle  presenti  circostanze  conveniva 
riguadagnarsi.  Fra  questi  dimostrò  essere  il  Duca 
Cosiroo,  a  cui  per  non  alienarselo,  pendenti  le  tur- 
Jbolenze  dei  Senesi,  era  prudenza  il  dare  qualche  ao- 
dis&zìonej  e  specialmente  nell'affare  di  Ponjiino^ 
potendosi  perciò  conseguire  una  ^ù  sicura  difesa 
di  quel  posto  dalla  invasione  dei  Francesi  e  dei 
Turchi,  e^  l'occasione  di  affezionarsi  maggiorraenta 
«in  Principe  di  tanta  reputazione  ia  Italia  ,  e  che 
già  aveareso.a  Sua  Maestàdeiservigj assai  rilevan- 
ti. Fu  perciò  ordinato  a  Don  Diego  di  Uendozia  che 
non  potendo  egU  difendere  Piombinoa  quello  Stato 
dalla  Flotta  Turchesca^  e  da  quella  del  Principe  di 
&)lerno,che  lo  minaccia vanoj  ne  mettesse  immedia- 
tamente in  possesso  il  Duca  Cosimo,  a  condizione  pe- 
rò che  egli  si  dichiarasse  di  tenerlo  in  depoaito ,  e  a 
UQme  di  Sua  Maestà,  a  solo  oggetto  di  costodirlo,  e 
difenderlo  con  tenere  nota  esatta  delle  spese ,  che 
sì  farebbero  a  questo  effetto ,  e  per  restituirlo  ad  o- 
^i  richiesta.  Sebbene  parvero  aspre  a  Cosimo  que- 
ste condizioni,  non  ostante  considerando  che  l'ave- 
re ottenuto  dall'Af^ino  il  consenso  per  la  permu> 
ta  di  questo  Stato  potesse  facilitarne  l'effettuazione, 
accettò  il  partito,  e  li  i  a  di  Agosto^  essendovi  ^un- 
to .Otto^da  Mpntauto  con  le  sue  milizie,  ne  ottenne 
&cilmente  il  possesso  dal  Verdugo  Governatore 
SpagnpIOj  che  vi  risedeva  per  Carlo  V.  Il  San 
Marìnofusubitoincaricatodelle  fortificazioni  di  quel- 
la piazza ,  e  dal  Ferrajo  si  [Hwvedde  alla  difesa 
dall'Elba,  minacciala  già  dal  Corsaro  Sala  Rais,  che 
con  trentaquattro  Vascelli  infestava  quelle  marine; 
IVon  trabsciò  però  il  Duca  di  rappresentare  alla 


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LIB.n.GiP.L  i»t 

€arte,ckeitUnflrIocosiaoqieMiinan'affitre  di  tanto  ^^ 
suo  iuteresse  non  era  di  ajctui  [ovfìtto  per  l'oggetto  <li  C. 
che  8Ì  erano  perfis»,  poiché  rìchiedeodo  le  fortìfi-  '^^* 
cazioni  un  grave  dispendio ,  mal  Tolontieri'egli  si 
aasc^gettava  a  diaputame  dopo  le  spese;  maiputili 
furono  queste  rimostranze,  poiché  l'Imperatore  ac- 
cordatosi già  con  Maurizio,  e  pacificate  col  trattato 
di  Passavia  le  cose  dell'Impero,  era  unicamente  ia- 
tento  a  procurare  dei  gagliardi  preparatÌTÌ  per  ri* 
spingere  i  Francesi  dalle  frontiere,  che  giii  occupa- 
to Metz  minacciavano  la  Fiandra.  A  tutto  ciò  si  ig* 
giungevano  le  imputazioni  di  Don  Diego  cootro  il 
Duca  ,  poiché  volendo  discolparsi  {fusibilmente 
della  negligenza ,  e  mala  condotta  tenuta  ^nella 
custodia  di  Siena ,  attribuiva  a  Cosimo  le  cagioni 
di  quella  revoluzione,  incolpandolo  d' intelligenza 
con  i  Francesi^  del  debole  soccorso  spedito,  e  del- 
la vergi^osa  convenzione  stabilita  con  quella 
Repubblica.  Sebbene  la  malignità  di  queste  accu- 
se avrebbe  facilmente  potuto  far  colpo  nell'animo 
sospettoso  di  Cesare,  ciò  non  ostante  il  predominio, 
che  già  prendeva  alla  Corte  il  Duca  d'Àlva ,  unito 
alle  sincere  e  comprovate  giustificazioni  trasmesse 
da  Cosimo,  operò  in  forma  che  l'accusa  si  ritorces- 
ae  contro  l'accusatore,  e  l'Imperatore  finalmente, 
persuaso  di  essere  stato  mal  servito  y  richiamasse 
Don  Diego  per  iàrli  render  conto  del  suo  operato. 
X>a  caduta  di  Don  Diego  alla  Corte  produsse  anche 
la  diffidenza  contro  il  Gonzaga ,  e  perciò  gli  a&ri 
deirimperatwe  in  Italia  restarono  sotto  la  princi- 
pale direzione  di  Cosimo  e  del  Yice-Bé  dì  Napoli^ 
i  quali  non  mancarono  dì  animarlo  a  ricuperare  la 
sua  gloria  ,  e  gli  amici  perduti ,  'per  vendicare  più 
Jàcilmente  l'ingiaria  dei  Senesi,  e  discaoMtfe  i  Fran- 
cesi da  quello  Stato. 


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^__      sSs  STORIi  M  TOSCANA     ;      . 

Ah,  Assicurata  la  libertà  e  la  tranquillità  della  Re- 
^j^'pnUrfica  di  Siena  da  ogni  timore  dellì  Spagnoli,  re^ 
stava  l'inetto  principale  di  stabilirà  una  costituì 
zione  di  goremo,  che,  eguagliando  gl^tnwsi,  ed 
appagando  l'ambizioBe  dei  Cittadini  dì  tatti  gli  or- 
dini, facesse  oHiare  le  antiche  discordie,  e  anìoiasst 
tutti  uniformemente  a  concorrere,  e  a  sostenere  eoa 
vigore  e  concordia  la  libertà ,  e  lo  splendore  delk 
Patria.  A  questo  prorredimento  gli  animò  Termes 
a  nome  del  Re ,  e  il  Papa  vi  spedi  espressamoite 
ton  carattere  di  Legato  il  Cardinale  Mignanello  ;  ma 
il  consiglio  elesse  perciò  sedici  Cittadini,  quattro  per 
monte,  affinchè  imaginassero  un  modello  di  quella 
Costituzione ,  che  potesse  più  dì  ogni  altra  conveni- 
re alla  Repubblica  nella  presente  situazione.  Opina- 
rono essi  che  l'abolire  i  diritti,  e  le  prerogative, 
che  distinguevano  un  ordine  dall'altro,  e  il  pariG'* 
care  in  un  sol  grado  tutte  le  classi  della  Cittadinan- 
za potesse  togliere  ogni  motivo  di  emulazione,  eia 
cous^uenza  di  discordia  :  proposero  perciò  che  si 
creasse  un  conngbo  di  novecento  Cittadini ,  reclu* 
tandone  dugentoventicinque  jier  monte,  e  da  quelk» 
si  eleggesse  il  Capitano  dA  Popolo,  che  durasse  un 
anno  nella  aua  MagistratuKi ,  e  la  Signorìa  per  sei 
mesL  Ma  siccome  questo  piano  portava  l'esclusione 
di  molti  dalle  Magistrature,  e  particolaf  mente  nd 
Montedel  Popolo,  che  era  il  più  numeroso  ,  e  quel- 
lo che  allora  prevaleva  nella  Repubblica  per  avere 
più  d'ogni  altro  contribuito  alla  espulsione  delti  Spa- 
gnoli, perciò  non  solo  non  fu  possibile  che  conve- 
nissero in  questo  sistema ,  ma  ancora ,  se  non  gli 
avesse  prevenuti  l'autorità  del  Cardinale  Legato,  e 
quella  di  Termes,  avreU)ero  segnalato  l'epoca  della 
loro  liberazione  con  un  tnnnlto ,  e  eoo  una  strage 


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im.  Il  ^CAP.  I.  i83 

Comuciuta  pa'lanto  là  dìIBceltà  deH'iiu^  — ^ 
presa  il  hegtìa  rftoraò  a  httìà,  «  Terimes  «i  portò  ^^^ 
all'oaseciìo^  OrbeteltOflasci^bda  gli  opporttfai  prcrr-  i55k 
vedimenti  per  ptevenke  te  novità,  le  (joalì  fitcdmeit- 
ie  aTTèbbero  avuto  «Hetto,  teìidn  gH  ateascTiunici 
il  limore  dàla  vendetta  di  Carlo  V ,  e  quello  defle 
iftiliàe  del  Duca ,  che  tuttavia  stavano  anttmasate 
a  Staggia  sulla  frontiera.  L''aggéttlo  di  <{ueflta  pre^* 
«alinone  di  Coumo  era  il  vedere,  che  a  tenore  delUi 
coavMiiioDe  da  esso  fermata  eoa  la  Repubblica  non 
aolo  non  erano  licensiate  le  genti  forestiere,  ma  che 
ogni  giorno  più  pe  comperivanodetleDUore:  àape- 
va  che  l' oggetto  aegreto  dei  Frafncesì  ntl  tumuUo 
«li  Siena  era  stato  d' inipadroairsì  assolutamente  di 
quella  Città,  e  gli  erano  noti  gli  occulti  diaegai  della 
Hegina  di  Francia  di  occiijKire  lo  Stato  di  Firenze, 
i  cùoaigU  che  essa  teneva  sa  qoesto  proposito  con 
'Laigì- Alamanni  e  con  gli'Strozzì,-e  gl'impubi  che 
di  coutinoo  dava  al  Be,  affinchène  tentasse  l'ioi- 
-preaa.  Vedeva  ancora  che  la  Flotta  Turchesca  po- 
atata  a  Frocida,  combinata  che  fosse  con  quella  del 
iViatìlpediSakrao, avrebbe  potuto  favorire i  Fran- 
cesi di  -Siena  per  attaccare  il  «uo  Stato  ;  e  pnxid  , 
noQ  ostante  il  traftato  di  buiaia  amicizia  stìpalato 
col  Re ,  attese  ad  ttcmmolare  danaro,  e  i^latarfe 
Anove  milizie,  e  a  Ibrtificare  San'Gasciano  Terra  si- 
tata in  piccda  distane  da  FìHote  dalla  parte  di 
Siena.  -Manteneva  -con  ì  Francesi  ogni  buttna  coiti- 
qrandenza ,  accordabdo  l<>ro  la  libertà  del  passo,  e 
la  provvista  di  Vai^  genierì  nel  suo  Dominio,  [Miche 
■vedendtrfi  ormai  stabiliti  bel  cuore  dell'Italia,  e-con 
r  unione  delli  Stati  di  Pitìgliano  e  di  Castro  signo- 
reggiare fino  alle  porte  di  Roma,  temeva  che  con  ac- 
crescere aospetti  di  guerra  e  di  parzialità  per  llmr- 


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384  STORIAI  DI  TOSCAKà 

.""peratore ,  il  Papa  naturalmente  debole  e  timoroM» 
jl  Q  gli  rendesse  ancora  più  prepotenti ,  con  darai  total- 
iSSsmente  in  braccio  ai  medesimi.  Ma  dopo  che  l'arma- 
ta Torcfaeaca  senza  tentare  altre  imprese  se  n'ra« 
ritornata  in  Levante,  e  che  il  Doria  area  introdot- 
to no  soccorso  di  genti  in  Orbetelloj  il  Duca  ritirò 
subito  da  Staggia  le  sue  milizie,  e  senza  restaro 
^ovviato  per  la  pro|a'ta  difesa  alcune  ne  licenziò, 
ed  altre  ne  ritenne  per  m^lio  assicurare  i  posti  sul- 
la marina. 

La  moderazione  dei  Francesi  verso  le  cose  di  Sie- 
jia ,  e  il  loro  zelo  per  la  libata  di  quella  Repubblica 
.poco  tardarono  a  smascherarsi,  e  a  lare  non  solo  co- 
noscere la  loroambiziooedistabihrein  quella  Cittì 
l'assoluto  dominio,  ma  apparvero  ancora  dei  ae^ui 
non  equivoci  d'insidiare  alla  quiete,  e  allo  Stato  del 
Duca  Cosimo.  La  condotta  di  Termes,  uomo  di  ma- 
tura riflessione^  ingenuo,  moderato,  ed  esatto  nei 
suoi  impegni  non  era  applaudita  aUa  Corte,  per- 
chè ^  reputando  vane  e  fallaci  le  speranze  e  i  pro- 
getti del  Principe  di  Salerno,  avea  recusato  d'intra- 
prendere contro  il  Regno  di  JVapoh,  per  non  arri- 
•chiare  con  tanta  facilità  la  gloria  della  sua  Nazio- 
ne. Per  riescìre  piìi  facilmente  nei  suoi  dis^ni  do- 
terminò  il  Re  di  fare  risedere  in  Siena  con  caratte- 
re di  suo  Lu(^o  Tenente  il  Cardinale  Ippolito  d'Este, 
Fratello  del  Duca  dì  Ferrara,  uomo  ambizioso,  ch^ 
nascendo  da  Lucrezia  Borgia  figlia  di  Papa  Alessan- 
dro VI.  pareva  che  avesse  ereditato  il  carattere  del- 
l' Avo^  e  quello  del  Duca  Valentino  suo  zio;  nemi- 
co  per  sistema  della  Casa  Medici  avea  più  volte  a 
Ferrara  dato  delli  ajuti  ai  ribelli  di  Cosimo,  e  fat- 
tali sperare  la  libertà  della  Patria.  11  Dwa  seld>ene 
persuaso  di  acquistare  in  co«tuÌ  un  mal  viciuo. 


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IIB.  n.  CAP..  I.   _;  a85 

osando  però  della  solita  dùsKnulajFione,  lo  invita  a  '~' 
Firenze  per  onorarlo,  e  concertare  con  esso  i  meczi  ^^  ^ 
più  sicuri  per  conserrare  la  baona  aniicÌEÌa  col  Re,  i55ft 
e  la  lil>ertà  dei  Senesi.  Non  poteva  il  Duca  appro- 
vare che,  dopo  avere  ^li  disarmato,  e  dimostrat»  - 
tanta  fiducia  nell'amicizia  del  Re ,  crescessero  agni 
giorno  più  in  Siena  le  forze  di  Francia  ;  e  la  libertà 
di  quella  BepubbUca,  piuttosto  cbe  essere  stabilita 
con  una  nuova  costituzione  di  governo,  restasse  ab- 
bandonata  liberamente  alle  discordie  dei  Cittadinif 
alimentate  ad  arte  da  quelli,  che  macchinavano  Top* 
pressione.  Ha  quello,  che  più  di  tutto  convinceva 
Cosimo  del  mal'  animo  dei  Francesi  verso  di  esso, 
era  il  vedere  che  nella  Nota  trasmessa  e  firmata  dal 
Re  dei  suoiamici  e  aderenti  in  Italia,  da  riconoscersi 
dal  Duca  a  tenore  del  trattato  segreto  dei  quattro  di 
Agosto,  vi  erano  gli  Stroui  suoi  dichiarati  ribelli,  i 
quali  finora  aveano  fatto  professione  di  attentare 
contro  la  sua  vita^  e  lo  Stato.  Questa  dichiarazione 
siccome  gì' imponeva  una  legge,  che  avviliva  la  di- 
gnità^ei  diritti  della  sua  Sovranità^  fu  da  esso  repu- 
tata nn  insulto  manifesto^  che  sempre  più  lo  impe- 
gnò a  procurare  i  mezzi  di  snidare  da  Siena  quella 
Nazione.  Pensò  nuovamente  a  fortificarsi  di  danaro 
e  di  Troppa,  e  ìnt^pellato  dal  Cardinale  di  Ferra- 
ra del  motivo  di  questa  novità  j  dichiarò  aperta- 
mente che  armando  i  vicini  egli  non  doveva  stare' 
in  oziOj  e  fidarsi  delle  parole:  bensì  mostrandosi  il 
Principe  il  più  aflezionalo  alla  tranquillità  dell'Ita- 
lia non  trascurò  d'impegnare  il  Papa^  i  Veneziani, 
e  il  Duca  di  Ferrara  a  trattare  con  ì  Francesi,  per- 
chè ormai  lasciassero  in  libertà  quella  RepahbUcSj 
e  ritirassero  le  loro  genti  da  quel  Dominio. 


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INDICE 

PE*  CAPITOLI. 

LIBHO  PMIMO. 

CAPITOLO!. 

Caiimo  Medw>  deletto  Pnìncipe  di  Firaise;  ottime  uni 
Vittorin  contro  i  Fuonuciti  a  Hontemorlo  ;  è  confei;- 
mato  Don  di  Firente  da  Carlo  V;  Altre  dtipoaiiioBi 
di  deMo  Imperatore  a  &TO*e  di Gotimo  stabilito  al  €on- 

'  gTMao  di  Miaaa. ■    .  . ,  S^ 

CAPITOLO  a 

Il  paca  Coaioo  riordina  il  Governo  della  Cittì  ;  iàbbcica 
delle  Portene  per  lo  Stato,  e  si  oppone  all' a  mbision* 
del  Papa  ;  parteosa  di  Madama  d'&iutrìadalla  Toaca- 

-  tutf  TiMTtfi  di  Filippo  Strouj;  Hatrimonio  del  Duca 

-  con  Eleonora  di  Toled»iRilwUuwe£Ptragiaj  inter- 
detto di  Pinna*. -•  7^ 

CAPITOLO  1(1. 

Il  Duca  accomoda  le  differanie  col  Papa;  gli  mi^  il 
primo  figlio  moK^bio;  congiara  dei  Praneesi  in  Siena: 
li  porta  a  Genova  a  inchinare  Carto  V..-  controTeraìa 
di  fweoedeBM  eolDnca  dtFecraniTnttalodieoBft- 
denstone  con  i  Seoeaii  an*  rt^Uma  in  opoa^iove  del- 
la goem  di«Aiarata  tra  gl'Imperiali  e  :,PrA9!pML-n99- 
vo  viaggio  a  GenoY*,  dove  ottiene  da  Carlo  V.  la  re- 

atitusione  d«He  Fortezte 93 

C  A  P  I  T  O  L  O  IV; 

V  Pbc4  AGsnde  il  Littonde  di  ToacaHaat  paai^^'o 
d^  PlotM  di  Barlurow.  Hnovi  ditegù  ^1  Franaeti 
in  SiiCBB.  Protegge  i|  Cardinale  di  Ravepoa  qontro  il 
Papa  che  gì' insidi(^T4  la  vita-  Spedisce  dei  soccorii  in 

-  KetnoBte  al  Mvcheae  del  Vado.    Pace  di  Crepf. 
■  Stuopre  nna  congiara  ordita  dal  Pape  centra  l' Im- 

perdkve.  ^pnliiove  ^  Frati  di  S.  Blaroo.  TratUti 
per  ottenere  lo  atsto  di  Piombino,  e  Bocconi  aonmi- 
mtrati  per  fi>rtìficarlo  e  difenderlo.     .....     iiS 


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CAPITOLO-.V. 

I  S«iwn  •caccìino  datta  lor  Città  il  FieBidio5pagnolo.il. 
Fbjm  ingiuria  in  Concistoro  il  Ducale  ia  arrestare  on 
■no  Se^etBrìo.L'Impanture  piuiiace  iSeoesi,  e  riforma 
il  Goremo  di  quella  Repubblica:  promette  al  Bocft 
l' inrestitara  e  pouetM  dj  Eioiifbii>o  per  ritr>me  un 
ìmprestitò  di  danari.  Coagiara  del  BorfamaCbhi  Gon- 
fitloDiere  di  Lnc«a.  ^egf«do  i,  t 
«ir  Impostore  il  Duca  g^  riduce 
ricever  Presidio.  Soccorai  del  Dw 
ne  di  GeooTa ,  «  par  la  ri^llioDti  ' 
per  metterlo  ìb  poueaao  di  Piom] 
dfsU'  Imperatore  delia  precedei)»  rfo 

CAPlTOtO    VI. 

Iniidie  maccbinate  in  Italia  tr»  i  ina  Pvtiti  domi- 
nanti ,-  e  uociuone  di  I.orens0  Traditore.  ^  Duca  Tor- 
tifica  r  Elba ,  e  fiibbnca  Portoferraio.  Ottiene  dall'Im- 
peivtore  Piombino,  e  li  d  ritolto.  Il  Papa  procara t'a- 
micizia  de)  Duca.  Sono  tolte  le  armi  ai  Seaeti.  Don 
Fnnceaco  Primogenito  del  Duca  i  spedito  a  GenoTa 
a  ossequiare  il  Prìncipe  di  Spagna.  Il  Duca  i  malcon- 
tento dall'  Imperatore,  percbé  non  gli  adempisce  la 
promessa  di  Piombino.  Umiliasione  del  Papa,  perchè 

gli  sia  restituita  Piacenu.  Sna  morte t63 

CAPITOLO    VII. 

Intrigbi  del  Conciare.  Elesione  delCardinale  dì  Monte 
col  nome  di  Giulio  IH.  per  open  del  Duca.  Sua  cor- 
TÌapondenaa  col  nuovo  Pontefice.  Mal  goremodi  Don 
Diego  di  Mendoua  in  Siena,  e  risoluaione  deli'  Impe- 
ratore dì  fiibbrìcarri  una  Cittadella.  Animosità  dei 
Ministri  Imperiali  contro  Cosimo.  Tnrbolenie  io  Ita- 
lia tn  il  Papa  e  i  Farnesi  per  la  reititusione  di  Par- 
ma. Ilentraliti  professata  dal  Duca.  La  Francia  rom- 
pe la  guerra  contro  l' Imperatore i85 

CAPITOLO   VJIL 

CostitaEÌone  dfl  Governo  di  Firense.  Sistema  partico- 
lare del  Duca  per  lo  stabilimento  del  Principato;  som 
Ministri  e  Consiglieri.  Piano  di  Hitbrnu  di  Costumi , 
e  Saggio  di  LegisUxione  da)  1537.  al  tSSi.       .     .    309 
CAPITOLO    IX. 

Costitttsìnaeeoononica  dello  Stato  di  Firense.  Commer- 


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ÙQ  iti  Plorentini.  ScoDOmta  pftrtioolàra,  a  mtréaUam 
del  Duca  Cosìtoo.  Stato  dell' Agricoltan  Arti ,  e  Ma- 
nifattore. Fabbricba  pnbblicbe  ;  belle  JUti  ;  Letten , 
e  resUarauone  dallo  Studio  di  Pisa.        ■     .     •    .    a3i 

IIBRQ   SECONDO 

CAPITOLO  I. 
Kane  di  operatìoni  di  Carlo  V.,  e  del  Ufi  di  Fnocia  ' 
per  la  guerra  d'italia.  Il  Daca  Cosimo  d  deitreggia  con 
1  UDO  e  con  l'altro.  Tregua  tra  il  Papa  e  i  Franceti 
per  la  guerra  di  Parma.  Disgrazie  dell'  Imperatore. 
Rib«|tìone  di'Siena,  e  TratUti  del  Duca  Cosimo  eoa 
quella  Repubblica  e  con  i  Francési.  Supera  il  Duca 
gV  intrighi  dei  Ministri  Impetitfli:  ricere  in  deposito 
Io  Stato  di  Piombino:  è  malòotttento  dei  FrancMÌ ,  < 

i  nédeaÌDu.     . 159 


Fin  DEL  FiuMo  Tono. 


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STORIA 

DEL    GRANDUCATO 

DI  TOSCANA 

DI 

RIGUCCIO    GALLUZZI 

moKioGUro  uGia 

suor  A  EDIZIONE 


TOMO  SECONDO. 


FIRENXE 

IVSMO  LBOHAMia  MÀKCmn 

mccoxxn. 


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.fl'|/i'.  .  !'  <.iii 


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LIBRO  SECONDO 

CAPITOLO   SECONDO 

Carlo  V-  rìsolr*  di  far  l<i  gaerra  ai  ScdmÌ  ,  a  il  Daca  lo  aoe* 
eorret  revoca  perciò  il  tntbito  eoa  i  Francni,  «  riaer» 
l'eiercito  Imperiala  nel  tao  Stato.  Arrìra  il  Vice-Re  a 
Fireiue  ,  dorè  mnore  ,  e  Dod  Garsla  tao  figlio  proiegas 
la  gaerra.  L'esercito  Imperiale  si  ritira  da  Siena,  e  U 
Papa  tratta  iautìl mente  Upaoe.La  Flotta  Tnrchesea  dan. 
neggia  l' Elba ,  e  torprende  la  Conica.  11  Doca  retta  ina« 
nifestamMte  fsmioo  dei  Francesi,  e  si  prepara  a  diioaa- 
òarli  da  Siena.  Hegotiati  tra  i  Francesi  «  il  Duca  per  ii^ 
gannarai  tea  mbleTol mente, 

jyi^l  soffrirà  la  Nazione  Spagnola,  aTreua  fino-  — 
ra  alle  conquiste  e  alla  gloria ,  di  eaane  Mata  così  ^"* 
Tituperosamente  acacciata  di  Siena ,  e  che  i  Fran*  ^^^ 
ceù  annidatin  io  quella  Città  l'insultassero  impu- 
oemente,  e  dì  lì  mÌDacciasaero  gli  altri  Stati  di  Car> 
lo  V.  Persuasa  che  il  Duca  Cosimo  avrebbe  potuto 
con  tutte  le  sue  forie  ooo  solo  soccoarere  la  Citta- 
della ,  ma  ancora  rìspingere  ì  Franceai  da  quel  I>o> 
minio  f  non  sapeva  perdonarli  questo  atto  di  maDf 
cania  verso' un  Monarca,  eum]yaxiùoe,clier»Tea 
collocato,  e  assicurato  sul  Trono  di  FireDW.1  due 
Gardioali  Toledo  e  Mendoiia  più  di  ogni  altro  re* 
clamaTano  al  Duca  stesso ,  e  alla  Corte  f  condao- 
nando  il  già  latto,  e  inaisteado  perchè  si  reparaift 
a  tanta  ret^t^na  :  ma  il  Ow»  non  vedeva  ancora 
VopptHrtunità  di  impanarsi  contro  t  Francesi  ìic<k 
PCTtameiite,e  l'Imperatore  era  troppa distrattodaU' 
assedio  di  Metx,  dove  vedeva  mancarsi  la  fbrtunso 
r«mqto.  Le  nctitedeUi  asaedìati,  e  le  malattie^ 


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4  STORIA  DI  TOSCANA 

^„^  chQ  si  erano  introdotte  nel  campo ,  ridussero  le  sns 
^i  C.  forse  in  uno  st^tQ  cqsì  dépbrabUe,'  che  dovè  per 
'^'necessità  desistere  dall'impresa,  e  ritirarsi  total- 
mente da  queir  assedio- Giò  non  optante  la  presen- 
za del  Duca  d' Alra  fece  che  non  si  obliassero  in- 
-  teranìente  gli  a&ri  d'Italia,  e  poiché,  avea  ctnvintQ 
'  l'Imperatore  del  mal  servino  di  Don  Diego,  auto- 
re dei  ^isa«tfidi  questa  Provincia ,  perciò  credè  noa 
dovef  fnaqcare  dell'  impulsi  necessarj ,  |>er  deter- 
-zniDarlo  a  qualche  separa^ioue.ToIta  di  mezzo  c^i 
eommuoioasime  con  Don  Ferrante  Gonzaga,  come 
'  imo  diffidente)  giudicò  opportuno  il  tentare  la  recu- 
'  perazioDc  di  Siepa  >  e  dar  1*  incarico  di  questa  im- 
prefia  al  D'Ica  Cosimo  j  e  al  Vice-Re  Toledo ,  te- 
nendo  per  certo  che  persone  con  congiunte  fra  lo* 
-  '  vo  dovessero  contribuire  concordemente,  e  OOQ  ogni 
9hna  al  aerviiio'di  sua  Uaestè.  Qpinim  CuMimo 
poter»  effettuare  l' impresa  ,  assaltando  i  Senesi  con 
quindieimila  fanti  e  seicento  cavalli ,  eoo  ì  quali  ea* 
trando  da  dac  parti  sì  aarebhe  potuto  in  tre.  ne^ 
Dccappn  tutto  il  loro  Domìnio,  e  in  minor  .tempo 
ibraarek  Gitt&  ad  arrenderai:  questo  [Hano  richieT 
deva  aolledtudina,  poidiè  la  Città  non  essendo  al 
tutto  provvista  di  vettovaglia  conveniva  non  dalla 
ìl-temjpo  di  [ffoVvederte.  Uà ,  qualora  le  cìrcostan-> 
Bè,  o  le  ione  non  avessero  pcmiasso  di  operare  cod 
h  Dccea^ria  celerìtit ,  credeva  conveniente  il  diasi- 
iduIarV)  e  non  dar  lora  ombra  vn'una ,  giacché  i 
Franca  avrebbero  trascurato  di  maggiormente  Ah-. 
Uficarsi  in  ^oeU*  QittA,  e  i  Senesi,  aempre  diaoun. 
éi  Ira  loro,  avreUieni  con  qualche  altro  tumulto 
poniminiatrato  ^  Sua  Uaestà  l' occasÌMM  di  potenieU 
diacacoiare  con  iàciUtà,  I  ccnsìgU  di  Cosimo  aoBt»« 
l)a(Ì^PiWl4'MT»  WCQKtmrosotiitU  l'afprawt* 


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LllitUP.Ìi.  i     _^ 

Mone  di  Cesare,  che,  lusingandom  dì  potere  in  sei^^, 
mesi  vedere  ultimata  felicemente  l'impresa,  spedìdi  C» 
m  ItMia I>oii  Franaeseudi Toledo^ afEochè  coocer-*^^^ 
tasse  segnUmvnte  con  Goiùiiio.>  v  col  Vìce-Re  di 
Napoli  tutto  ciò  s  che  fosse  ojiporttaiiD.  per  eseguirla-* 
Ma  siccome  j  o  sia  i'  ordinaria  iHftfeWM  deU'  Impe? 
nitore ,  o  il  metodo  introdotto  'da  quei  Hinùtri  nel 
trattare  gli  a&ri,  tutte  le  (tetermioasidni  prende^ 
vano  un  treno  di  soTerchìa  lu^heau}  Don  Fran^ 
Cesco  .^uBse  a  Firenze  nel  Novembre  )  tempo  ap- 
puntOj  in  cui  ì  Francesi  con  la  .direùoine  dal  CanU^ 
naie  di  Ferrara  pensavano  a  stabilirsi  in  &sna  più 
solidamente.  Nientedimeno  il  Duca ,  hencbè  ooOo' 
«cesse  l'impresa  più  difficile)  non  dìsaf^irord-là  ri-t 
aoluxiobè  della  Corte ,  e  non  ricttsò  d'interessarai- 
con  la  maanma  segretezka  nella  èsecnciorie  di  essa* 
non  volendo  comparire  di  alterare  ndla  minini* 
parte  le  convenzioni  btte  con  la  Repabblica,  ben^ 
che  da  quella  fosseco  state  violate  manifestamentet 
Perciò  si  crf^ligd  con  Den  Fraqcèsco  di. Toledo,  di 
somministrare  all' éabrciloInqierìale>  oltre.il  pass* 
•  gli  alloggi,  le  vettovaglie  i  mùnùnoni  occorrenii 
durante  la  guerra ,  e  parté,'dcdÌ'artigUerìa,  in  moda 
però  che  non  appuiase ,  Vivendo  in  ogni,  evento  a^ 
ver  lu(^  di  trattarla  pace  conte  mediatoce  ^enoa 
ingrossare  maggiormenle  con  le  sue  fiurae  l'eserci-' 
to  Imperiale  y  pruponendoai  che  discacciati  i  Fran- 
cesi, Siena  dovesse  restare  nella  intiera  sna.  liberta 
Questo  piano  di  p(^tica<^er8  appoggiato  sulla,  rà^s» 
aione,  che  Siena  ridotta  in  servitù  o  dai  Francesi  0 
dalli  Imperiali  era  settpre  un  posto  troppo  imporr 
tante  per  offendere  il  suo  Stato^  e.che  paftàò  eoa-< 
Veniva  procurare  di  tdanleoOTla  lilaem  Con  bilaO' 
ciare  le  forte  dei  CombaAelitij  aMisLeOda  Ì'tiil|t#^ 


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6  STOMA  DI  TOSCJLMl 

'^  ratore,  giacché  quelle  dei  Fnmcesi  préponden* 

di  C-vano. 

»55a  La  apedizioue  del  Toledo  a  FireoM  e  a  Ifapoli  > 
•ebbene  fosse  colorita  dal  Duca  coli'  apparente  fn* 
testo  di  ritrovar  danari  all'Imperatore,  sparse  non 
ostante  uà  Francesi,  e  nei  Senesi  un  grave  sospet- 
to che  ai  meditasse  la  guerra  contro  di  loro  ;  creb- 
bero  perciò  le  provvisioni  j  fortificarono  i  Castelli 
del  DomÌDÌo,  e  richiamarono  da  Parma  fiinti  e  ca- 
valli per  la  difesa:  furono  eletti  otto  Cittadini,  per- 
chè concordassero  col  Cardinale  e  con  l' Arcive* 
acovo  un  piano  di  govem&di  comune  sodisfazione;  e 
il  Cardinale  e  l'Arcivescovo  poterono  finalmente  per- 
suadere questi  Deputati  a  ridurre  i  due  consigli  in 
ìmoj  e  annullare  le  distinzioni  dei  Monti.  Il  timore, 
che  più  di  ogni  altra  cosa  riunisce  gli  uomini,  fece 
ajwovare  questi  due  punti,  che  in  progresso  facili- 
ta rono  il  rimanente  della  riforma>Nè  mancava  il  Dit- 
ca  di  accrescerli  questo  spavento,  con  esortarli  alla 
pace,  e  dimostrarli  che  l'Imperatore,  ricco  dei  da- 
nari venutili  recentemente  dairAmerica ,  e  dei  sua- 
BÌd)  accordatiU  dalla  Dieta  di  Vormasia ,  avrebbe 
potuto  piombare  aopra  di  loro  con  lòrEe  molto  ga- 
gliarde.A  tutto  ciò  si  aggiungevano  gli  avviai,  che  e*< 
ao  commanicava  alla  Repubblica  delle  fanterie  Spa* 
gnole  abarcate  a  Napoli ,  e  dei  Tedeschi,  che  cala- 
vano dalla  Lombardia;  gli  poneva  ancora  in  consi- 
derazione le  desola  zionij  chea  vrebbe  portato  la  guer- 
ra al  loro  Territorio  naturalmente  scarso  di  agricol- 
tori ,  che  riducendolo  una  Cascina  avrebbe  con- 
dotto alla  rovina  ancora  la  Capitale,  la  quale,  già 
mancante  di  arti  e  di  mercatura ,  sussisteva  unica- 
mente dei  proprj  prodotti.  Al  Papa  rammentava  il 
dovere  dì  una  rigorosa  neutralità,  é  rìnterease,  che 


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tA  II.  UIP.  il  f-    .^ 

(toVeva  avere  dì  procurare  la  jMce^  Uott.  solo  p«t;  e»  ^^ 
■lingU9re  il  fuoco  della  guerra,  e  risparmiare  ladi  G< 
strage  >  ma  ancorvj  p»chè  tutti  i  riguardi  esigeraT  *^^* 
no  che  «gli  stesse  af  mato  ìq  guradia  dei  prgprj  Sta-^ 
ti»  AI  Re  di  Fraucia  dichiarò  che  intendeva  dì  re^ 
Vocare  il  trattato  dei  quattro  Agosto^  poiché  ve^ 
ttendo  nel  suo  stato  il  Vice-Rè  coU'esercito  dell'Im- 
peratore, BOD  era  più  in  grado  di  ouervare  le  eoa-" 
liìraoai  seosa  tirarsi  addosso,  la  guerra  ^  ma  che  pe- 
rò cou  fare  al  Suocero  e  airescrcìto  Imperiale  quel-i 
l'aantlbnu  e  comodi,  che  bon  poteva  ^negarli  pef 
tasti  tìtoli.  Don  ioteudeva  di  dichiararsi  nbmicodi 
Sua  Maestà,  concotreado  anch'esso  nel  suo  pensie- 
ro di  conservare  la  libertà  dei  Senesit.  Restò  com7 
mossa  la  Corte  di  Francia  per  la  revocakiona  di  un 
trattato  con  solemie,  e  il  Re  non  ehbe  riguardo  di, 
ditrhiararlo  mancator  di  ièdey  ma  non  per  questo  si 
tìteooe  G)aimo  dal  iàr  conoscere  che  prima  di  es^, 
so  il  Re  area  mancato  alle  leggi  della  stipulata  a' 
micicia)  e  al  decoro  della  sua  ^nità,  esigendo  che 
e^li  rispettasse  e  trattasse  come  amico  il  più  osti-* 
nato  fra  ì  suoi  ribelli.  Frenò  l'impeto  dei  Francesi 
il  timore  di  avere  ia  Cosimo  un  nemico  scoperto  ^ 
e  it  Cardinale  di  Ferrara  procurò  dì  addolcirlo.,  assi' 
curandolo  di  aver  persuaso  i^  Re  della  sincerità  del 
Buo  procedere,  e  dimostrando  dèi  sentimenti  dì  pa^ 
ce  e  di  kIo  per  la  libertà  di  queUa  Repubblica.  Va^ 
essendo  ormai  nel  Regno  preparato  un  esercito  com- 
posto di  seimila  Spagnoli  e  seimila  Tedeschi,  fil 
pubblicata  solennemente  la  guerra,  c<hi  risolusLo' 
ne  d'inviare  una  parte  di  questo  esercito  per  ter> 
ra  sotto  il  comando  di  Don  Garnadi  Toledo ,  e  un' 
altra  parte  imbarcarsi  sulle  Galere  del  Dorìa  coti 
la  persona  del  Vic«-IUt  II  Pupa  coocesstf  il  pasio 


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^^      «  STOttlA  DI  tO«CANÀ 

^j,  all'esercito  Napi>lriaDo,-che  disegnava  di  imini  cut' 
«liCi  quattromil&  fatiti  di  Ascanìo  della  Goniìa  >  ptA* 
'^^'dar  principio  alla  guerra  ndla  Valdichìatia.  Tale 
apparato  spaventò  talmente  ì  Francesi,  che  richìe' 
aero  a  Cosimo  d'ìnterporai  col  Vice-Ke,  afiGo«  dì 
prevenire  con  un  accordo  le  desolazioni  della  guer^ 
raj  lo  atesso  ufficio  fu  iàtto  ancwa  al  Ponteice,  mt 
il  Dnca,  conoscendo  che  non  il  desiderio  della  pa- 
ce>  ma  il  rìfleaiao  di  guadagnar  tenapo  riduceva  i 
Francesi  a  questo  partito,  insinuò  al  Vice* Re  cfaìe 
ì  Senesi  ^  temendo  di  veder  desolate  le  loro  terre  f 
anelavano  alla  quiete,  ma  essendo  ormai  nella  ao^ 
gezione  dei  Francesi  non  potevano  disporre  di  loro 
medesimi}  e  die  per  ridurre  questi  a  oneste  coadi- 
ftioni  era  necenario  accostare  |tfima  l'esercito  a  Sie- 
na. Finalmente  le  disavventure  di  Carlo  V.  soUa 
Uetz  incoraggiróno  i  Francesi  alla  guerra,  e  tron- 
carono ogni  strada  di  accomodamento:  eressero  uq 
jbrte nella  Città, dalla  porta  di  Camullìa,  e  nel  Do- 
minio ai  determinarono  di  difender  Chiusi ,  Uon- 
talcino,  e  Grosseto;  il  loro  esercito  ascendeva  fino  a' 
decimila  lènti;  nella  Città  i  C^tudini  e  la  Plebea* 
Teano  preso  l'armi  per  difènder  la  Patria,  Ire  GoQ- 
iàlonieri  eletti  ddla  RepubUica  dovevano  dirigwe 
le  operaùone  dei  primis  e  tre  Centurioni  furono' 
deputati  per  tenere  la  Plebe  uell'obbedienza* 
i553  11  primo  di  Gennaro  si  moMe  da  Napoli  Don  Gar-. 
ùa  con  l'esercito,  e  dopo  easefv  stato  onorato  dal 
Pontefice  in  Roma  giunse  alla  fine  del  mese  all'Os- 
saia  nel  Territorio  di  Cortona,  per  unirsi  con  la  mi- 
lizie di  Ascanio  della  Gornia  ;  anche  il  Vice-Re  li 
i3  di  d!eUo  diese  arrivò  a  Livcano  con  trenta  Ga- 
)ere,  duerailacinquecento  Spagnoli,  e  buon  numero 
di  artiglierìa.  U  Duqa  avea  Riedito  a  Pisa  il  Priuci- 


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UB-ILCAIML  9' 

pt  Thù  Frailcesco  suo  |»-iniogeiiit(vp«r  nceterlo,  e  ^^ 
sccareraarlo  uoitatìsente  ^con  Id  Moglie  e  suo  nume' di  C 
roso  Seguito,  aia  il  Vice-Ré  già  Vecchie ,  infermo  * 
e  •ospettosodimostrònoD  solo  poco  gradimentodel-' 
le  attenzioni  del  Genero  >  ma  anni,  Tedmdo  che  il 
Seca  per  timore  dclli  gagnoli  area  introdotto  in 
Pisa  DB  numero  straordinario  di  genti  per  guardia 
di  quella  Città,  si  protestò  con  alterigia  ,  e  cone»^ 
pteanoai  dì  mala  contentezza,  che  se  Cosimo  aves-' 
se  diffidato  di  lui  se  ne  sarebbe  prontamente  rìtor- 
Uato  nel  R^o  ;  CBlraitosi  poi  per  ì  molti  favorì ,  e 
giùnto  a  Fìrense  concertò  col  Duca  il  piano  della 
guerra ,  chiamando  a  se  Don  Garzìa  suo  figlio,  Ales' 
«andrò  Vitelli,  e  ÀscaAio  delle  Comia  ad  oggetto  di 
dare  le  o|^rtune  d  tsposisioni  per  la  mossa  dell'eser'* 
cito  contro  i  Senen .  Ma  il  disagio  del  viaggio,  l'etk 
aVatrzata ,  e  il  rigore  della  stagione  at «idolo  rem 
infermo  di  terzana  doppia  con  aggravio  di  ca(erro| 
morì  finalmente  lì  a  a  di  FehiirBio  assistito  della  Fi- 
glia ,  e  dal  Góiero,  lasciando  Don  Gania  suo  Luogd 
Tenente  all'esercito.  Siecome  h  pompe  funebre  fa 
ordimtta  con  molte  parsimonia ,  e  il  cadavere  era 
alato  trasferito  alla  Metropolitana  di  notte  con  poco 
acuito  e  molta  segretezza ,  il  volgo ,  informato  di 
ciò  che  era  successa  a  Pisa ,  imaginò  che  per  opera 
del  Duca  gli  fosse  alata  accelerata  la  morte.  Questo 
Minìabt)  era  molto  accetta  all'Imperatore,  che  non 
ostante  il  soverchio  rigore  del  suo  governo,'^ le  rei- 
terate istanze  di  quei  popoli  per  la  sua  remozioney 
yti  le  ritenerlo  in  quel  R^no,  che  ^lì  resse  per  venti 
anni  CMi  molte  integrità ,  e  disinteresse,  lasciando 
ai  figli  una  povera  ei-edìtà>  aggravata  aBtortt  diìrtiòlli 
carichi.  L'esercito  Cesareo  frattkiato^  dopo  il  rifor^ 
bo  dei  suoi  Comandanti  da  FirenM  ia|res8atasi  di 


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u>  STORIA.  BI  TOSCAlt A. 

«  nnove  milizie ,  ù  mt»»  coutro  il  Domìpitt  Sei|eM 
^^  nella  ValdichiaiU)  occupando  tutte  le  Terre,  e  Ga> 

I  jjjslelli  abbandonati  già  dai  FraRcest>  e  fìia  questi  hw 
cjgDanpj  che  fucoiuegnatoaUemiliuedelDucapei: 
)e  r^ionì,  che  il  Comuue  di  FirmEe  aveva  bu  que* 
sta  Terra.  A  misura  che  l'esercito  si  avaanva  i  Fran? 
fesi.  abbandonavano  le  terre ,  e  perciò  PieniS)  Asi^ 
halunga  >  e  M<HitefolloDÌco  furono  &cilmente  ocCiifi 
pati  -f  a  Monte  Occhiello  luogo  assai  forte  per  natura 
e  .per  arte  fu  trovata  tutta  la  resistmsa,  essendo  alla 
guardia  del  niede^imo  Adriano  Baglioni  coti  seicea-^ 
\o  soldati  scelti,  i  quali,  dopo  averlo  difeso  valoro» 
sapiente ,  e  resistito  gagUanlamente  alla  batterla  , 
fJiie gì' Imperiali  aveano  piantata  da  ti^  parti,  si 
reseroa  dìscreuoDe  a  Don  Gar^,  che  gli  fece  sva- 
ligiare ,  e  liceuziare,  con  obbligo  di  non  servire  più 
ai  Francesi  per  un  anno,  ritenendo  prigionieri  dì 
gaerra  il  Comandante  congH  Uffiiiali^Fìa  qui  l'esef 
citp  aveo  proceduto  felicemente  wtto  il  comando  di 
Don  Gariìa  >  che  area  operato  secondo  il.  piano  del 
Vice-Re ,  e  iu  sequela  dei  consigli  del  Duca,  il  quale 
area  già  chiesLo  all'  Imperative  un  nuovo  capo,  che 
romandasse,  e  dirìgesse  l'impresat  JaÈopo  de 'Medici 
JAilanese  Marchese  di  Marìgnano  era  stato  proposta 
e  |M%sceIto  per  questo  incarico  ;  U  suo  valore,  dimo* 
strato  nelle  guerre  d'Italia  sotto  il  MarchesadelVa- 
Ho,  e  nelle, guerre  di  Uogherìa,  e  di  Germanìa,l0 
rendeva  d^no  di  (ale  elesione,  ma  essendosi  grave' 
inente  an)inal«tp  per  il;  viario  fu  coMreUo  di  rìtor- 
n^re  alU  Pati^iQ-a  curarela  we  salute.  Àvrdibe  va* 
loto  l'.Ifnp^E^tqre  che  il  Dufia  Cosimo  aaiuiAeste  da 
per  ae^ts^iil^aricoi di  questa  imfveaai  «la  egli^ 
.  ncuaapdoii^  cmù>^.  dal  suo  stabilito  sistema  di  una 
ffPpareij>t«'aeffty*Utà,  ri^nsi^.di  «ccettaslp^promet- 


^dbyGooglc 


tlB.  II.  CAI».  II.  II 

tendo  £  awbrtere  Dod  Gama  e  Tesoicìto  con  i  con-  j^^^ 
sigli,  ton  il  danaro,  e  con  le  TettoragUe.  la  tal  gui-di  C. 
ea  giudicava  piìi  praficba  all'Imperatore  l'opera  sua  '^' 
|>er  aver  luogo  d'interpurai  a  trattare  la  pace,  e  per 
uoa  iiTÌtare  inaggioriiiente  i  Senesi,  i  quali,  acorda- 
tisi  gii  delle  oppressioni  di  Don  Diego,  fremevano 
di  vedersi  insenaibil  mente  ridotti  in  altrettanta 
e  maggiore  sduaTÌtù  dei  Francesi. 

Dopo  che  il  Cardinale  di  Ferrara  atea  scoperto 
che  i  principali  Giltadini  di  quella  Repubblica,  ol- 
tre ad  essere  mal  sodisratti  delle  novità  introdotte 
nella  riformata  costituzione  del  governo^  soffrivano 
ancora  di  mal  animo  quràta  guerra,  che  gl'iùipove- 
riva,  e  piuttosto  che  conaervarU  la  libertà  gli  rido- 
ceva  io  uua  manifesta  servitù  dei  Francesi,  imagi- 
nò  il  modo  di  vincolarli  più  strettamente  alla  Co* 
rona  di  Francie  con  un  solenne  Trattato.  Fu  in  es- 
«o  convenuto  cbe  i  Senen  fossero  amici  del  Re  e 
suoi  aderenti,  come  ancora  nemici  di  tutti  quelli  cbc 
ai  dichiarassero  contro  Sua  Maestà:  che  il  Re  avreb- 
be pagato  loro  le  spese  fatte  e  quelle  da  farsi  nella 
presente  guerra,  promettendo  di  difenderti  sempre 
s  sue  spescj  e  finita  la  guerra  render  lo»  tutte  le 
Fortezze,  e  lasciarli  in  liberti,  né  mai  impedirglie- 
la, o  mescolarsi  nelli  afiàri  del  iato  governo:  che  ter- 
minata la  guerra  avrebbe  pagato  loro  un  persidio 
di  dugento  fanti  ce»  un  Capitano  suo  confidoite , 
ma  che  però  dovesse  dipendere  dalla  Repubblicai 
in  correspettiviti  sì  obbligò  la  Repubblica  di  per* 
mettere  al  Re  di  potersi  valere  della  Cittì  e  dei  suoi 
Porti  pò*  fiirvi  massa  di  eserciti,  o  altro  di  suo  ser- 
vizio, e  di  non  sì  mettere  sotto  altra  protezione  che 
quella  di  sua  Haestii,  né  far  l^a  o  capitolazione  con 
alcuno  aenia  Uso*  consenso.  Questo  Trattato,£be  il 


^dbvGoo^^lc 


_  19  STOMA  l>t  TÒSfcSWA 

Ah>  Cucinale  area  iina^nato  come  un  colpo  miratHttf 
,jj3  della  ana  politica,  produsse  piattoftoun  efrettocon' 
trario  alle  sue  vedute  j  siccome' sem{H%  prodocona 
tutti  quelli  atti,BÌ  quali  gli  UomÌDl  aderiscono  indotti 
dal  timore  o  dalla  violeata,  poiché  sempre  più  e-' 
ranocombattatigiianiniideiGitladJDÌBecon<togl'iiil-> 
(eressi  tra  particolari  e  particolari^  e  dei  varj  Mon- 
ti fra  loro;  ì  Popolari  come  autori  della  reroluao^ 
ne  soffrivaDO'  di  mala  voglia  dì  Tederai  eguaglìaU 
gli  altri  ordiai  della  Gttà  ,  e  i  Gttadinì  del  BÌont* 
dei  Nove-  temendo  -della  loro  superiorità  ^dis^na- 
vano  di  partirsi  dalla  Cittì,  per  non  e^rsi-Ml  ec^ 
serne  discacciati  in  qualche  dooto. tumulto;  gli  aU 
tri  due  Monti  s'interessa  vano  più  o  meno  nelle  dìf^ 
ferenee  di.  questi  due,  ma  tutti  insieme  temevan» 
di  restare  sotto  l'intiera  soggezione  dei  Francesi.  A-* 
veva  il  Duca  per  meno  di  [ffotezione  e  assistenza 
guadagnato  le  principali  fiimigtie  diqneUa  Repub- 
blica, e  dimostrandosi  sempre  zelante  della  loroli^ 
berta  si  era  fatto  mediatore  fra  l'ordine  dei  Nove  e 
quello  dd  Popolo)  affinchè  gli  imi  e  gli  altri  potes- 
sero vivere  nella  Patria  -con^sicurezzab  Quetta  cor^ 
rispondenza  li  facilitò  i\  modo  di  convincerU  ch« 
i  Fraucesi  tendevano  insidie. alla  loro  libertà,  la 
quale  gli  sarebbe  stata  più  fedélmente  conservata 
dall'Imperatore,  d^e di  cui  buone  disposiùoni  po- 
teva già  assicurarli  ;  gli  pose  ancora  in  consìderazio<- 
ne  che  scacciando  i  Francesi  dalla  Città,  oltre  il 
guadagnarsi  la  grazia  dell'  Imperatore ,  avrebbero 
risparmiato  alla  Patria  la  desolazione  e  la  atrage.Stai- 
biliti  questi  {H-incipj  con  i  prìmarj  di  tutti  gli  ordini 
convenne  con  ì  medesimi  che,  conosciiita  l' op^at* 
tunità,  avrebbero  suscitato  in  Siena  un  tamutto^ 
aldi  cui  iavore  occaptnd»ttna.portB  iareUaere  sta^ 


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LB.  H.  CAP.  n.  i3 

tt  introdótte  le  sue  proprie  miUxie  per  discacciaraci  ^^^^ 
Francesi.  li  Duca  promettoTa  che  scacciati  ì  Francesi  di  C. 
l'esercìtoGesareonoDsiaccosterebbe  alla  Città,  e  si 
-ritirerebbe  dal  Dominio  imniediatani«ite:  che  ^U 
'  aarebhe  avriaato  dieci  giorni  avanti  che  ai  suscitas- 
se il  tamnlto ,  con  Ctrli  intendere  in  qual  notte  ap- 
punto SQCoodereMie,  e  qual  jxH-ta  sarebbe  occupata 
per  potervi  spedire  in  tempo  le  soe  milizie..  A  tale 
effetto  messe  in  ordine'  ottomila  &nti  «  cinquecen- 
to cavalli  leggieri  da  polersiaqualuDqueaTvisospe-i 
dire  all'impresa.  Tanto  era  il  fervore  dei  congiurati 
per  questa  novità,  che  aveano  offerto  a  Cosimo  i  loCD 
prt^rj  figli  in  ostaggio ,  ed  ^li  per  maggiormente, 
facihtarlai  procurava  d'intrattenere  il  Cardtnale.di 
Ferrara  con  divene  proposizioni  di  pace.  Ma  qìccot 
me  dì  rado  avviene  che  le  congiure  formate  col 
«oocorao  di  molli  abbiano  il  successo,  per  cui  sono 
ordite  i  percià  informato  il  Duca  che  il  Cardinalq 
«ra  stato  avvertito  di  questo  fiUto  >  r«voqò  da  Siena 
l'Ambasciatore  col.pretesU),che,non  volendo  ì  Fran-> 
cesi  aderire  alla  pace,  era  totalmente  inutile  la  «oa 
dim(va  in  quella  Città;  bensì  gli  trasmeaae  ampi« 
facoltà  cti  prmMtter,  prem)  e  assegnare  provvisioni 
a  persone  confidenti  e  caute,  ^ifinchè  teneMero  il 
Dm»  avvisato  delle  avopi  dol  Gardinsle ,  e  di  tutti 
i  giomaìì^  tttGceaai  della  Città.  G  in  fttti  appena 
partito  da  Saena.' l'Ambasciatore  fu  arrestatoljkaaer 
Taddeo  da  Montcfcshi  «io  confidente ,  e  detenuto  in 
carcere  con  nv^t»  atrettesta  \  (i\  (ftyrsii  nell'uaiver- 
«ale  la  voce.di^sseregliaUtoaorpreao  nell'atto,  che 
misoravs  il  nuovo  fqrte  di  Caotullia-  M«  non  ma 
^ftò  tanta  dìuiinula^vie  il  Cardinale  di  Ferrara  ^ 

Eoicbè  davanti  al  Sujv«mp  If agistmtp  4cilla  .Repnb-> 
li««  ^cbi»rà  *{>ert»|iimt«  <^  4  ]>qc»  di  Fic«Q» 


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i4  STORIA  DI  TOSCANA. 

^^  era  un  b-aditore ,  e  cbe  egli  lo  a.vniibe  fatto  pmtW 
di  C.rcdi  questi  tradimenti  eoa  farli  rivoltare  quello  Sta- 
"^to,  cbe  tenera  cou  tanta  ìngiustixia.  Inaoraero  per* 
ciò  gravi  sospetti  e  diifideuv  tra  i  Francesi  e  ì  S»> 
nesì ,  che  sempre  più  si  accrescevano  a  miaitra  cb« 
il  Cardinale  ,  ostinandosi  a  volere  discoprire  tutti  ì 
complici  della  congiura ,  faceva  arrestare  ì  princi- 
pali fra  i  Gittadioi. 

Mentre  laRepubblica  eralacoratan^r  interooda 
questi  mali  l'esercito  Imperiale  al  di  fuori  le  occu- 
pava lo  Stato.  Essendosi  il  numero  di  questa  ac> 
cresciuto  fino  in  diciottomila  fanti  e  millecinqtw- 
ceyto  cavalli  imaginò  Don  Garùa  dopo  l'espugna- 
BÌone  di  Monte- Occhiello  di  formare  on  distacca- 
mento,  cbe,  movendosi  verso  OrbeteUo  per  unirai 
con  quella  giftmigione^occupasse  le  Terre  eVilag* 
gì  della  Maremma  ,  predando  vettovaglie  e  bestia- 
mi  i  ma  questo  corpo  caduto  in  una  imboscata  dei 
a«nici,'e  disfatto ,  fn  forsa  cbe  retrocedesse>  e  ritor* 
nasse  a  riunirsi  all'esercito  ;  ciò  non  ostante ,  veden- 
dosi gl'Imperiali  padroni  della  Valdicbiana  e  di  Val- 
doccia  senza  cbe  Siena  potesse  da  questi  luoghi  ri- 
cev«<e  verna  soccórso ,  determinò  Don  Garsìa  d'in- 
traprendere l'assedio  di  Hontatcino ,  luogo  il  pia 
forte  nel  DtMainio  Senese  per  situazione  e- perirle. 
Difendeva  Is  Piasaa  per  ì  fVaacesi  Giordano  Orsi- 
A  con  millecinquecento  fanti  scelti  j  ma  supponeva 
il'Toledo che- la  scarntk delle  munizioni, eia  poca 
intelligensa  fra  idiUsosori  dovessero  ridurre  in  bre- 
ve tempo  la  FiaBu  ad  arrendersi;  a  tal' effietta  pro- 
emi -di  foraarla  con  batterìe ,  e  mine ,  la  quali  sic- 
come non  V  offendevano  notabilmente,  fu  necessa- 
rio convertire  l'assedio  in  blocco  per  impedire  l'ìn- 
troduaionedei,.vÌTCri  edei  »ceoraì,  postandosi  in 


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L».  li.  Cip.  H.  iS 

!fbnnà  da  tagKare  la  communicazione  ddlk  Capitale  ^v. 
con  la  Haremma,  E  siccome  non  meno  dalle  armi  <*'  C. 
operavano  trai  nemici  le  congiure.egl'iDgaQnijgli'^^ 
assediati,  nnralaodo  un  occnlfeo  trattato  fra  loro^di 
arrebderù  all'Imperatore,  tentarono  di  aorprende- 
re  con  questo  me»o  D<m  Garàa ,  per  averlo  in  :loro 
poterete  gli  sarebbe  facilmente  riescilo,  se  una  aen'* 
tioélla  non  lo  avesse  avvertito  dell' ìmboacata  :  nien- 
tedimeno  mandò 'avanti  il  Capitano  Bìvero  Spa^ 
{hcAo  e  .un  sno  dom^tico,cke  caduti  in  potere  dei 
Demici  rive^anmo  la  congiuM  ordita  ia  Siena  iai 
J>ucaper  cui  sepù  l'arresto-di  quaranta  Cittadìoi^ 
tra  i  quali  fti Giulio  Salvia Gapitanodel Popolo.  Ma 
siccome  il  Re  di  Fraooia ,  snliito  che  si  puUdicò  ia 
mossa  dslli  Imperiali  conta-oSiena  ^  avea-^dito 
alla  Porta  il  \Principe  dì  Saiecno,  jter  ottenne  il  aoo* 
corso  della  Hcttà  Turcheaca,  psrciò:còo  falsi  hr-*, 
visidìtrattati;e  ccnrì^pondenab,  nieBcciando  il  Bc^ 
gno  di  sorprese  è  desolazioni ,  avea  iodoUe  Catare 
nello -spavento:  fupercàò  ordinato  cfaeairislriiigeft* 
se  con  la  possibile  celeritit  l' ùiaprem  di  Siena  ^  pelr 
petere  alb  finedi  Uaggioritiaari'esercHtijdd  quella 
Stato,  e  inviarlo  ailik;difesa-del'  Regno,  iGcel  ìmpeD* 
•ata  risoluaioDe  igomeDtò'il  fiiwa,  che  dopa  :iildv> 
^■dio  eofiìnto  per  laoilitare  ^agl' Imperiali  Vài»* 
presa-,  la  vedeva  aUwpdonaU  nel  uigUer  pufktodM 
suoi  prdgnasi;  ieneva  -cho  dopo-,  partite  l'eiercifcq 
dal  Seneaei  Francesi  si  sarebbero  voltati i centro  d} 
IiH  ,  e  che  egli  aedo  avrebbe  devalqi  soateoeve  il  per 
so  di  ^oells' guerra  ;  e  siccome  Ja  Flotta  Turoheeca» 
non  per  anche  aovtita  dfci  Sar^odli,  davji  tutta- «} 
tempo  di  pruvvedeoe  «Uà  diliisa'  del  ifiegno ,  b  .di 
CMitìawre  insieme'  il  blocce  di  Siena  e  ài  MoSttal'* 
cine, prepose  cbe,  ncluta«do  «o«-«elerità  altn 


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i6  STOni^  DI  TOSCANA. 

.  qaattromiU  fonti,  sì  déraataMcro  intieniiiMnìte  brtEe 
lU  Ó  le  Campagne  del  Senese  ,  poiché  prirati  tòtalinen- 
1 553  te  i  nemici  ddlla  raccolta  avrebbero  dorato  per  ne> 
ceasitìk  ritiralvi  da  un  Territorio ,  dóve  non  era  più 
q>eninia  di  potar .  aossistare ,  e  la  Gìtt^  più  feoil-* 
meiité  avrebbe,  potato  capitolare.  Gonoacera  egli  il 
timore,  die  i'Fraaceti  concepivano  del  auccesao  di 
.  querta  gtierra ,  poiché  per  meno  del  Dùca  di  :Fer< 
rara  e  del^pa  facevano  pervenire  agrimperialj,  a 
ad  eiso  specialdiente  delle  propoaiiiioni  di  pac^  gli 
tefrvflva  a  questo  partito  il  considerare  ohe,  eMan-* 
do  discacciati  per  fucxada  Siena ,  potevano  ancora 
&cilmente:perdere.la  BIiraiidola,fl  Parma,  quali 
ara  heoessario  di  conservaraì  con  uni  trattato*  Il  Pa- 
pa,  a  cui  era  tanto  tni^sitn  la  gomalcodi  vicina , 
intrapreae  con  gran  fenmée  a  teattaraia  ^}éce  ;  e  apedi 
unLégatoalDiica,efin  akrojifcCardinattf  di  Feirafa, 
non  solò  par  ritnne  dai»  ifaedepimi  il  precìsa  d«U« 
ómdiiioni,  ma  aasara  per  idvitsrli  a  concorcttw^ 
Vn  abboccamento  da  tenenì  in  Vitariio ,  dove  Sua 
Saalitè  'av«a  già  rifelute  di  portarsù  per  questo  ef-. 
fólto.  Blanda  ancora  «aa  dichiarazióne.,. in  cui,  di- 
BMstrando  che  iper' déinnira  «Ila  oònòlunoa»  del 
trattato  fitìi  necesMwlÀ  ^tróncars.^ni-dtUaiòn»  « 
controversiti  che  ipotesse  insorgere  >tra  fedo»  Por> 
<anKÌwUigeraBti,:atabili  per  preliminare  ^  che  una 
parte  e  l'altra  ri^iraspe  «htia  Gitile  Stato  di  ,Sì«aà  U 
fOe genti, es'ìntendesHatabiiita  qua  tregva  per  on 
iMse,  nelqual  termine  si  lusingava  che  pàteassian 
Terlu<^rukimaàioii«del  trattato.  Hh  aiccòme  l'Im- 
peratore ,  sénaa  attsadeic  la  rimootraiise  e  i  cons^ 
gli  di-CoBÌmo,.'avea  ordinMo  che  immediatamea? 
te  ai  ritirasse  dal  Senese  l' esercito ,  e  si  spedisse 
•Uà  difìMa  d^  Regno,  pwciò.Doa  Fronceoca  di 


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tra:  n.CAP.  n:  -  17     ^_ 

tfAaào  e  DÓB  Gìovìddì  Manriqwfl  de  L*ri  nuar*  j^ 
Ambasciatore  (mperiale  a  Roma  hccettaroao  a  nO'di  C. 
mie-di  Carlo  V.  la  dichiaraziaae  del  Papa,  e  ordi-'^ 
mrono  a  Don  Ganfa  l' esecozicwe  del  dispaccio  Im- 
po-tale.  n  Cardinale  di  Fnrara  all' oppoato ,  sicco- 
me per  occulte  vie  era  stato  preTentìvamente  av- 
TÌsatO'detli  ordini  spediti  dall' Imperatore^  reciud 
di  accettare  la  dicbiarazionedel  Papa  proinettcnd« 
dì  trattare  personalmeote  con  sua  Santità.  Così  int 
comiderata  risoluzione  di  Cesare  ridusse  Siena  nell' 
aiteluto  potere  dei  Francesi  j  impegnò  il  Papa  con 
i  inedesìmi ,  e  lasciò  Cesimo  isolato  ed  esposto  alle 
loro  véndette ,  e  con  l' acerbo  rammarico  di  Tode^ 
re  che  in  altri  due  mesi  la  guerra  avrebbe  potuta 
terniinarsi  con  gloria  dell'Imperative,  e  con  l'in- 
li«*a  st^gecione  della  Città  e  Stato  di  Siena.  ■  .•  • 
.  L'Imperatore  Carlo  V.  dopo  la  ritirata  da  Metz, 
oppresso  dalle  disavventure,  e^Ue  infermità,  ù  '  . 
stava  a  Bruselles  in  una  perfetta  iuaiùonB,  ritirata 
dai  Mioiatrì,  e  dalli  aflfari  senza  ammettere  alla  ma 
presenza  altri  che  quelli  espressamente  chianuti . 
La  sua  tristezia  lo  faceva  desiderare  con  ardore  di 
IMìterseneritoroare  in  Spagna,  e  per  mezxo  di  cónr 
(inue  orazioni,  e  pubbliche  preghiere  imptorava  dal 
Cielo  che  gliene  fossero  facilitati  ì  mezzi ,  con  to- 
glierlo ormai  da  tanti  imbarazzi.  Il  Duca  d'  Alya 
era  già  rìtMnatoin  qud,  R^iw,  per  disporre  il  Pria- 
c^w  Filippo  a  portarsi  in  Fiandra,  e  preparare  dei 
gagliardi  soccorsi  di  danaro  >  e  di  g^Ue,  per  prò' 
seguire  la  guerra  centra  i  Francesi^  La  Regina  Ma- 
ria, il  Consigliere  Prada,  e  il  Vescovo  di  Arras  era- 
no gli  arhitri  di  tutti  li  affari,  ma  dì  quelli  d'Ita- 
lia il  solo  Vescovo  ne  avea  cognizione  e  iotelligen- 
za ,  e  con  esso  era  necessario  trattarli.  Sebbene  egli 
T.  IL  a 


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I»  STOftU  SI  TOSCAV^ 

T^  viicced«iw  con  tanto  «{^nso  ip  tutu  le^  earidw  fi 
di  c.OniiveU  cuo  padre  non  ava»  perà  acquietato  coik 
•tSSii'  Imperatore  quella  autorità  e  fenneua ,  che  evo 
aTera,t)i  l'eaperìeniae  il  talento  ctHri^toadevw» 
alla  opinione  uoÌTersalinente  acquiitataii  neUa  Cor- 
te. Amico  dei  piaceri  e  dei  coaviti  toglievrtgli  éf- 
ftri  noa  gran  parte  del  giorno,  e  traaconodo  gli 
mtcreoi  del  Sovrano  e  dei  popoli  j  godeva  dì  occn» 
parsi  piuttoato  con  le  Dame  die  eoi  Blnistrì.  Il  Prin* 
eipe  Filippa  «ebbene  istruito  perlsttamente  nella 
«cuoia  della  «imulasioBe ,  nìrntediatnio  detestaTa 
nnniftitaniente  queito  Ministro-  Penecntore  dd 
9nca  Go«inK)  e  protettore  di  Don  Diego  mal  eoffii- 
va  ohe  il  <oo  aniico  foste  itato  avvilito  e  ridotta  in 
dii^aia  òeW  Imperatore  per  opera  dello  itenp  Do- 
ca,  e  perciò,  pr<4tUudo  della  lontanania  del  OncA 
d'AJFa,-atn>a  ribfexap  di  sacrificare  il  decMve  rio» 
tereaaa  di  Ceure ,  determina  di  vendicarsi  di  Co»* 
no,  priau  con  impt^narlo  ad  «gire  direttamente 
oratro  i  Fraoceii,  e  poi  mediante  la  repentina  ritio 
rata  dell' esercito  Imperiale  eqwrlo  alle  loro  vra- 
dette.  Iwinoavu  all'  Imperatore  eaur  già  ìmmineo- 
te  la  FI<ftCa  Tarciteaca  per  piombare  atilk  «orte  ^ 
B^no^  e  che  niona  l^ge  o  rigoorde  «aigerano  dì 
perdere  il  proprio  per  difendere  1*  altrui  :  qneeli  con- 
sigli operò  «he  fbastro  convalidati  dalle  finti  ietanas 
del  CweboalediGiaenyacut  enetatorecentemoi* 
te  affidata  ilGoveniodi  KapQti,nomo'poo9bcoeToki 
alDnca  p«<dtè«TeiR  (Usapprovata  aU'Impwatore  que- 
sta soelt»  sul  riflesso  che  un  R^fuo  «quatto  ai  tu* 
multi  intemi,  e  alW  invauooi  dei  nemici  mal  po^ 
poteva  esser  dileso  da  un  Prete.  Avea  il  Dnca  rini». 
strato  più  volte  all'Imperatore  che  il  disordmedei 
imi  Stati  in  ItnUa  era  ^mM  a  nn  t)il  {rado  di  di. 


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Lre.ILC4P.  It  «9 

«&cìitaédto,  <^e,  aeat»  uqb  proota  TvpanùoM ,  am^' 
corrovB  riacfaio  che  diveuiasero  prvda  dei  hiqì  oe-dit  G, 
mici.  La  preseoia  del  Principe  FUippo ,  e  il  conun-  -^ 
io  delle  armi  di  q^twtta  ProTÌncia  >  affidato  al  valun 
del  Buca  d' Alra ,  credeva  cbe  avreUiero  rìatajbh 
htm  la  sicoreEia  dei  suoi  VattalU  9  U  gloria  delkt 
atte  armi,  e  conferinato  gli  amici,  ««Ut  sf»  4efa> 
kione  ;  perciò  traeva  iniiioUiiieot9  ijafurniato  ì\ 
Principe  di  Ctitti  i  succewi  della  goerce  q  dei  traU 
tati,  e  di  tutti  gli  errori,  che  comtn^tteraao  it 
VeacoVo  d'Arras,  «  gU  altri  Miaiatri  ui;|«<(^vdiH() 
dell'  Imperatore.  Ma  tutto  ciò  noR  facon  «boTei^: 
dere  Hempre  più  scalvoaa  la  nw  àtmuifiva,  poiché . 
il  Cardinale  di  Ferrara  area  già  dicbiaMto  a)  Poih 
trfice  cbe ,  esaeodoti  oroiai  per  la  ritirata  .d^l'  ^la^ 
perlali  dalla  Stata  di  Siean  T»rÌBte  del  tntto  le  cirt 
cóctanae,'ni>q  poteva  sana*  QUOTO  ìoatTnÀoni  e^r 
trare  in  trattato  di  aeòomodaoiflnto,  tant»  più  fl^ 
occupando  tuttavia  gli  Spagnoli  QrtMtellpi  e  il  Dht 
ea  Lucigpano,  non  erano  .esattamente  «dooipiti  i 
preliminari  stabiliti  da  Sua  SantMi.  Jjia  ciò  ai  riWi 
TBva  roanìfeatamente  che  V  ammo  dai  Fraacefi  er% 
di  proittare  deUa  auperiorità,  in  cui  ù  iWfTavMippa! 
ofièudere  il  Duca,  e  dilatare  con  più  femaem  laiffW'r 
se  del  Be  in  Italia.  GonrermaTa  <^ie|to  KWpMiQ  U 
■apeni  che  Piero  Stroiu  era  stato  occult^nmt*  » 
Ferrara  per  ritrarre  da  quel  Dnca  dei  danari  ..e  ten- 
tare d' impegnarlo  nei  suoi  progetti  ;  anoora  lo  U* 
ccvano  credere  le  palesi  dimoatraEioni  di  ginhìlo 
dell'Estense  in  ogni  felice  §oceeaio  dai  Francen^ 
9  non  poco  faceva  temere  laanadinhiarataparaialità 
per  ì  medesimi ,  poidii,  ohre  il  sdoootsd  dm  danari 
cbe  aoranunistniTa ,  nulla  «i  operava  in  fiisna  aa»t 
IB  la  dilai  ai^prqvBiioae }  sì  aggiungeva  l'esiettì  m^ 


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.      M  STOfclA  BI  TOSCANA 

^„,  dernamenbe  scoperta  una  maccbiiuzione  deìFnn^ 
di  G.  cesi  per  sorprendere  Livorno  nel  passaggio  della 
'^^^  Flotta  ,  avendo  corrotto  alcuni  aoldati  Spagnoli  di 
quella  guarnigione^  e  l'etserà  verificata  una  irama'j 
che  già  avÀno  OTdita  gli  Strozii  per  miezzo  di  Pa<dò 
del  fiowo  e  di  Antonio  da  Barbó-ino  di  fare  avve- 
lenare il  Duca  e  il  Prìncipe  Doria.  Tutti-  questi  sdc* 
cessi  convinsero  Cosimo  del  pericolo,  in  cui  si  tro' 
vava  il  siio  Stato^  edelta  neceauti  di  fare  ogni  pos<^ 
Sibile  sfijrzo  per  diseacoìare  da  Siena  i  Francesi,  pct 
non.  vedersi  esposto  a  divenir  preda  dei  medesimL' 
A'tal'efienospedìaU'Iaiperatore  Don  Francesco  di 
Toledp  per  rappresentarli  l'infelice  ùCuazione  delle 
cose  d'Italia ,  e  il  desiderio  di  rinnovare  l' irnpren 
di  Siena ,  fc  di  prenderne  sojva  di  se  tutto  l' incari- 
co ,  a  condiziabe  però  di  potere  agire  con  liberti  • 
indipradentemente  dai  suoi  Ministri ,  dichiarando 
|irima  Sna  Maestà  quali  ajuti  gli  potesse  per  ciò  som< 
ministrare,  che  intanto  egli  avrebbe  con  la  media- 
ftione  del  Papa  trattato  l'accordo,  ad  (Rigetto  di  ac> 
cettare  le  condizi(Hiì  quando  fossero  state  onorevoli , 
è  in  caso  diverso  trattenere  con  destrezza  i  Fran- 
cesi, per  gnadagnar  tempo  di  prepararli  alla  gner- 
'  n  ,  ed  Aspettare  l'occasione  la  piiì  &vorevole. 
-  Stabilitogià  qaesto  impilò  tutte  le  sw  cure  per 
•fTettaarlo  cou  successo,  accamulaBdo  in  varie  ma- 
niere dai  Mercanti^  e  dai  sudditi  delle  rigoardevoli 
somme  di  danaro,  e  reclutando  in  Germaniacinque- 
mila  Tedeschi.  Il^Papa  frattanto,  senza  essere  infìir- 
mato  delle  segrete  risoluziooi  di  Gosiino,  prosegui- 
va col  Cardinale  dì  Ferrara  a  trattare  della  pace  , 
fi  rimostrando  che  per  opera  sua  era  stato  ritirato 
l'esercito  aeftza  dare  il  guasto,  senxa-incendj}  esén- 
la  quei  danni^  che  sogliràioapportare^i  eserciti ìa 


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Ufi.  n.  CAP.  lì.  ai 

(àie  occaùòne,  ai  credeva  perciò  io  diHtto  di  es^[e^  i  ^ 
re  dai  fVancesi  io  carrespettività  qualche  coadiacen-  dt  C. 
denca.  Ma  siccome  il. Re  non  voleva  lasciare  la  prò*  '^' 
tezione  di  Siena,  e  l'Imperatore  aon  vt^eva  renan'i 
«are  ai  dirìtti>  che  ^à  vi  aveva  l'Impero,  il  Cardia 
naie,  persuaso  non  eaaer  loogo  vefuno  aU'accomo^ 
damento  ,  intratteneva  questo  negosiato  per  teoep 
■ospeae  le  parti  fino  all'arrivo  della  Flótta  Turche^ 
•ca  ;  e  quanto  al  Duca  Cosimo  esagerava  la  viola* 
-EÌone  deltrattatodei4  Agosto  i553,  gli  oltraggi  fat- 
■ti  al  Re  col  mancaci  di  fede  in  faccia  a  tutto  il 
Mondo  j  i  «occorsi  di  danaro ,  di  moninone  ,■  e  di 
gente  dati  all'Imperatore,  e  finalmente  la  deteDEÌo» 
-ne  dì  Lucignano ,  protestando  che  tanfo  era  irrita»- 
to  il  Re,  e  tali  erano  le  sue  istruzioni  contro  il  Da- 
e»,  che  Termes  avrebbe  procèduto  ìmmediatamen» 
te  aUa  recnperaiione  di  queUa  Terra  j  e  alla  óccu- 
-paziooe  di  altre  del  Dominio  di  Firénie,  se'  egli 
non  lo  avesse  ritenuto  con  la  lusinga  di  ottenere 
-per  trattato  le  più  decorose  sodisfacioni  per  Sua 
Maestà.  Il  Papa  assunse  sopra  diselarestituùoDe  di 
Lucignano,  come  una  effettuasione  dei  prelimina- 
ri già  accettati  dall'Imperatore ,  ed  esortò  il  Duca 
ad  eseguirla  per  sempre  più  facilitare  ì  meizi  di 
•conseguire  la  pace;  non  mancò  ancora  iUridiostran- 
-li  la  necessità  di  prendere  ormai  un  determinato 
.partito,  poiché  questo  stato  di  perplessità  era'jier  ea- 
•0  pieno  d'inquietudini,  di  pericoli,  e  di  dispendi»; 
che  riflettesse  che  il  Re  di  Francia  era  giovine  e  ri- 
isolato,  e  Carlo  V.  mal  snrito  dai  saol  Mifiìslrì,  ed 
-in  continuo  combattimento  con  le  info'mità  e  oan 
la  morte.  Condiscese  Cosimo  à  restituire  Ladgna- 
no>  ma  dichiarò  al  Pontefice  che  non  le  minacele 
e  le  bravate  del  Re  lo  indncevano ,  ina  solo  il  ri- 


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M  STOnll  DI  TOSCllVÀ 

^{i_  gtiardo  per  Sua  Santità ,  e  ìl  deaiderio  dèlU  ( 
(£& d'Italia;  poiché  se  tentassero  di  aualirlo  trore* 
'^^rdbero  che  t^U  uoo  si  ala  legato  in  un  éocoo  ,  « 
che  il  tuo  Stato  boo  è  iàcil  preda  per  quelli  ,  di* 
vi  areaaero  dei  dìa^ni.  Pentiti  questi  inatilì  ne* 
gonati  eacì  li  tre  di  Giagno  da  GoatantinopoU  tla 
Flotta  Tnrcbeaca  comaDdata  dal  Corsaro  Dragai  » 
e  quella  di  Frantìa  dal  Capitano  Polioo  >  k  quali 
combinate  Jonnarano  il  numero  di  circa  cento  t«* 
le.  Il  disegno  dei  Gallo-Torchi  era  di  fare  capo  «t- 
k  marise  di  Siena ,  espugnare  Orfaetello ,  aorpren^ 
'  ders  Pionilùio  «  l'Elba^  per  farsi  itTfeda  a  conqoii' 
Mare  k  Corsica  :  meditaraiio  eoo  questo  ^aao  di 
«petazioni  di  «labilira  ia  quell'Isola  il  1<ho  domi* 
Wào,  ad  oggetto  di  potere  per  il  Genoreaato  aprir* 
k  conUmmioaBMie  ood  k  Mirandok  e  Parma,  e, 
«ÌDChiodeade  il  Duca  Cobìibo  nel  centro  d'Italia , 
rendHe.iDatilik  sue  Jbrai}  ai  assicuravano  perciò  il 
Dominio  di  Siesa^  treocaraho  k  strada  ai  soccorsi 
dd  RegiiO)CdiLoiBfaanlù,edÌTenutÌ  padroni  del- 
l'Elha  4oimaaVBBO  senza  ooolimMolutla  k  costa 
d'Itaba.  La  ibliceeaecucioDe.di  questo pianodovera 
prddnrra  alk  cca'oBB  di  Francia  aonsolo  Tacquiato 
del  piò  ìmpwtaBte  parie  d'  balia  ^  ma  ancora  i  - 
arnsì  i  più  lacili,  per  ooBtnataie  all'In^eratMe  il 
possesso  del  B^no  di  Napali  e  del  HikBese.  Con 
grandioso  progetto  ora  ben  noto  al  Dnca  Cosimo»  il 
fnaleiteesi  CMMBeera  che,  jenaa  esequirk  in  tutto  k 
«wpai4inoDpoterB|)n)d«rreÌ'eflbttacbenespa«v»* 
BD  ,  e  dw  egli  solò  poteva  contrastargliene  tutto  il 
JWceaso.  Perciò  spedi  a  Piombino  jasmedu^ento  fan- 
'  lÌButto  Jl  oomaiK^  di  Chiappino  Vitelli  per  il  prè- 
ndio  .di  qneUaPiaKa,  postando  ahri  quattromik 
&uti  e  k  cavaUem  l^icra  in  «ito  o{ip«rtMio  da 


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kilt  iL  a*.  H  ì>     ^ 

«ecoM«W  ifi  oéonooe  di  uno  ^Mrcp;  oìtiv  dì  cìÀ  ^ 
tcncrain  ordina  la  lUe  Bande  in  modo  da  potére  mdi  C 
à^  giorni  riuninM  un  nointfo  di  <|iÙQdicìixiiU  >  e  *^^ 
impedir*  ai Fnbcwi  di Tsoìn  pcrtefra  dal  Seowt 
ad  aaulire  quello  Slata.  Spedi  anoon  tutta  la  ca- 
valleria a  Colla  •  San  GiatigOano  aotto  il  comabda 
dì  Ridi^  Bagliabi>  a  il  Marchese  di  MahgtianOj 
che  già  riatahilitoii  in  salate  era  Tannto  a  Fireme^ 
fa  inviato  con  35oo.  fivatieri  a  San  Donato  in  Pog- 
gioj»  luogo  situato  Italie  frontiav  d^  Oominio  Fio* 
renliuo. tredici  miglia  distante  da  Siena ,  afònchè 
osservando  k  mossa  delld  nliliiie  ammassate  dai 
Francesi  in  quella  Gttà^  la  sctwndasscfo,  o  prere» 
dissero  nd  caso  che  fifsse  diretta  contro  PiombioOi 
In  Pcritofiimjo  introdusse  ottocento  Santi  provvisti' 
di  tutto  per  otto  mesi|  con  fesbeqaattvoQaterend 
Porto  comandate  dal  Signore  di  Piombioo,  Tettw 
Vagliate  -,  e  mtmite  per  dne  mesik  Tali  provvedi^ 
menti  lo  rendevano  sicoro  da  qualunque  attacca 
delle  Flotte  comlùnate  >  e  operava  di  pia  che  >  non 
potendosi  concordare  la  rapacità  d«i  Turchi  con  la 
povertà  e  l'arnhiiione  dei  Ffaneesi  >  i  due  Coman- 
danti Turno  e  Francese  non  opciwdo  di  concerto 
avrebbero  cop  fiicilìti  disunite  le  loro  ibcse> 

X'armata  intanto,  dopo  aver  danne|^to  le  «Mk 
stesila-Sicilia  e  deUa  &ird^naj  giunse  alla  fioedi 
Luglio  a  piombare  sull'Klba  j  quivi  Dragat  posta<^ 
toai  in  Lungone  distaccò  una  paUc  dei  sani  l^inl 
per  depredai»  la  Pianossi  che  in  heere  fii  spagliai. 
ta  di  tutti  i  suoi  aiutatori  >  e  costi|ggiare  le  oianne 
del  Duca  j  menUra  ^  desolaildo  quell'Isola  eoa 
stragi,  rapine,  e  idibruciamenti  meditava  di  attac« 
care  il  Ferra)».  Siccome  reyigmmiolM?  di  qoastA 
Piaaaa  doveva  JàciUUresucceaHvametlteriittprearif 


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3^  STOBU  Di  TOSCAIO. 

■.„.psetciò  i  Francesi nou  mancavano  di stìmolaralìai- 
dìG.gut ,  e  ìmp^iuu4o  con  larghe  promesse  di  rioom- 
i553peiue,  e  di  premj  a  teotara  l'assalto  ;  ma  io  una  sor- 
tita latta  dalle  miliiàe  del  Duca  unkamente  a  quel- 
le delle  Galere  acco^ndosii  Turcfaiscaramuociait- 
do  alla  Pia Exa,. avendola  vista. così  munita  di  gen- 
ti e  di^artigtieria,  Dragut  per  coonglio  aadie-di 
Giordano  Oraioi ,  che  ^  essendo  stato  Gomandante 
delle. Galere  del.Duca,  conosceva  la  gagliardezia  di 
qoelle  fortificasonijdetermiuòdinoB  imp^narvjsi; 
perciò,  imbarcati  su  i  Porti  di  Siena  duemila  ciuqnfr- 
«efito  fanti  con  Termes>  la  Flotta  dopo  avwe  stanaa- 
to  dieci  giorni  nell'iClba  s*  ipdìriiiò  verso  la  Corsica^ 
lasciando  intontito  Piombino  per  timore  deUe  fone, 
cbeilDucaviavea.rìaaile.  Trovarona  i  .Gallo-Tur- 
cfai.in  quell'Iseo  così  poca  resiatetfEa,  cbe  col  £ivpre 
di  San  Piero  Omaso  e  del  suo  Partito  poterono  in 
breve  tempa.itBpadronirsi  di.tutti  qaei  Porti,  eccet- 
t4utone  Gal;KÌ,cbe8olo,si,-tenDeperi(aawvesi.Noa 
ostante  questa  felicità  conoscendo  i  Minirtri  France- 
si, che  dovendo  Dràgut  ritornarsene  in  Iieraote  cmi 
1-a  sua  Flotta , .  e  che  perciò  il  Duca  padrone  di  Piom- 
bo e  deir£lbaavrd>be  potuto  iacilra^te  soccorre 
i  Genovesi  per  contraotaili  questa  nuova  conquista 
determinarono  d'intrattaierla,  e  laaingarlo.con  nuo- 
ve pit^ioiiutmidi  pace.  Rimostrarono  essi  per  me>io 
del  Papachejessendo  necessariodiaccordare  le  mol- 
te.emmplicat&difficQltà,  che  prima  dictmdudere  il 
fanttato  piAevano  iu8orgei;e  sulla  difesa  della  liber- 
tà di  Siena^  e  prote^oae,  di  quella  Repubblica ,  sa- 
rebbe stato  .t^potttino  il  fissare  una.aoapeasioae.  di 
arai.peir.seunesii.cfaeio  pia  breve  coeso  di. tempo, 
attesa  la'lontanauta  delle  Corti>  non  sarebbe  stato 


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'    tOiìt  CIP.  It  i5      ^^ 

^oas^iik'di  ■{Jttu^ie  le  cwdiuom  dal  trattato,  .è  fi-  ^. 
iMlnielDite  the iqbeate  aospeiuiòii»,  siceome dava  ìLdiC. 
òomodo  di  bcenznrelèlVuf^^che  la  comune  dif-'^ 
fidunia  teneva  amiate-iu  osserveaione,  perciò^  gìu- 
dicavaiio  il  partito  vantag^osó  a  tutti  egualmente. 
ComdwraTa  il  Papa  l'ialiti  di  queste  proposinoni, 
•  la  dispunsUmedéi  Francesi  per  accordarai ,  esor- 
tando d  Duca  a  setondarla  e  indurre  gl'Ini  p«riali  a  ri- 
lasciare  Orbetello.  Recato  esp  reuamentèCosiaioqiie- 
ìle  ofièrte^difdi tarando  non  esser  necessariosoopende- 
re  leaisBÌ^doTeBonefaho  state  messe,  nèattual men- 
te si  moverami  dalla  sua  parte,  oon  avendo  pcrcid 
i  Francesi  bist^no  di  aasicnmrsi  di  esso  percpwsto 
inetio:  che  non  «v«ndo  essi  «cciettÀtalaao^xoiio- 
ne  proposta  a  Viterbo  da  Sua  Santità,  Mseodod^i 
divenuti  padroni  di  Corsica  moflUwano  -  evidente- 
mente di  dimandarla,  per  prepararsì.a  ofBmdere  con 
più  vigore:  che  in  qoanto  a  se  non  sapeva  ritnirne 
alcun  vantaggio  par  l'economia,  dovendo  fidarsi  cosi 
p.oco  di  loro  y  chD  senipre  aveane  fiitto  professione 
di  macchinare  contro  il  suo  Stato  >  e  gH  aveano  re- 
centemente condotto  ì  THrehi  Dell'Elba  :>  •  -fioal- 
ntmtc  che  «gli  non  era  sì  vile  da  {madera,  e  de- 
porre le  anni  ascondo  il  annodo ,-  e  la  volontà  dei 
Francesi  ;  rot  non  per  questo  avrebbe,  rigettato  la 
pace,  e  l'amicizia  del  Re,  qualora  gli  fiisaerodate 
tali  ncareiae ,  che  lo  esimessero  da  qualsivoglia  ti- 
Dowre.  Restò  sorpreso  il  Papa,  e  più  di  easo  i Mini- 
stri Francen  iUnnaréplicacodvigorosa,e&ttaa>it 
tanta  dignità,  rìdendo  essi  che  il  Ducadi  Firame  ar- 
disse di  gar^iare  col  Re  di  Francia.  Ala  bm  cono- 
sceva Cosimo  l'opportunità,  e  le  circostanze,  poi- 
ché Carlo. V.,  risanato  alquanto  dalle  sueiafrrmi- 
tà,  e  dato  il  comando  g>eiurate  del  anoesercito  al 


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^_^     te  ffrttttA  tti  rbUtìLUk 

j^  I^indpc  di  Pwmontej  etpagnata  h  fotta  Aaiift  di' 
ACTeroaiiB  j  e  ripreso  £dìno>  fàcet  dai  ludabiti  priH 
^^^gfeui  cantro  i  Francai^  In  Xnghiltem  dopò  varj' 
cmtrasti  lera  stata  dichiarata  fia^na  Maria  cogin» 
deU'Impovtore)  ilchelàceta  temere  che  anclw  Id 
torwe  di  quel  Rt^no  ai  combiiuisseroa  danno  dì  quel 
He ,  il  quale  esausto  di  danaro  ai  trovava  di  giìk  im« 
potente  a  «ottenere  in  tante  parli  la  guerfa  i  percid 
w  moHe  fàcilmente  il  Duca  a  insegare  ì  Otenoveii 
■Ila  reoapnaiione  ddk  Conica  y  e  a  inainuare  all^ 
Imperatore  ,  e  al  Principe  di  Spagna  la  neccaaità  di 
•occererii  TÌgoroiamente.  Spedi  in  loro  a  jota  le  sue 
qnM^.Galue>  cdiigento  cavalli>  e  gliconcesaedi 
kvflTe  dal  liio  Stato  duemiU  finiti  aotto  il  comando 
di  Obiaiyino  Vibrili,  aomminiatrando  ancora  vat* 
tovaglie  y  e  uudiaioni  da  guerra. 

Cicacera  per  tale  encceoai  sempre  più  nel  Doca 
Coiìma  il  coraggio  d' intraprendete  da  per  ae  ateaig 
l'capolùoDC  dei  Francesi  da  Siene^  e  già  Don  Ora* 
cttoo  di  Toleda  avea  trattato  l'kfibre  con  Tlmpe- 
ratoM,'  aemiarche  ne  Ibai»  conaapc'vale  alcun  filini* 
atro.  Promettrra  Carlo  V.  di  ajutare  l'impresa  con 
quattromila. fiinti,  e  trecento  cavalli  afiutie  sue  spe^ 
hBftf  lodando  ilovaggtot  e  la  diriUBone  dd Dn« 
ctjkKMrtava  a  celliere  l'oppiR-tunità,  e  a  coosar*' 
Tane  il  a^retoj  perchè  dall'uno,  edalL'altra  poteva 
in  gran  parte  deiàrarne  la  felicità,  del  aoccnao;  re* 
«tau  .il  jegrato  nell'Ambasciatore  Imperiale  Don 
Giovanni- Manriqoea ,  e  nel  Cardinale  di  Giaen^  che 
^Bvevasomminìatrare  dal  R^noi socconi :  con  l'u- 
na  j  e  eoo  l'altro  conveniva  conoertare  le  operatia' 
ni,  a  a  ciò  rÌTolBe  da  per  se  stesso  le  sne  premure^ 
procwando. primieramente  di  mare  .tutta  la  dissi' 
tBulaàfliw ,  por  non  insospettire  i  Francesi ,  e  avcf 


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Mfttoalo  di  pKyafani.  Sictome  «lòpo  esse»  Mata  ri-  ^^ 
getUta  la  propoata  aoipeDÙone  per  wì  mesi  i  Miai-di  & 
atri  delRe^ciieperoppoatacaaaitcBdenBoalnia''"' 
deaimo  fiiie>  ncn:  ateaao  Tohito  troocara  il  fiiodel 
U^;o>iato,  dicfaianrabo  perciò  cbeSuaSaotitil  ma" 
aifeaUiae  quali  aiciveaze  deaidenifTa  il  lÌDca  dal  Ba 
per  viver  quietu»  e  aicvro  della  aoa  buona  atBÌcikiaj 
rìfleUcndo  però  alla  diaparilà  cherorreva  ira  quetti 
due  IVÌDcJpi.  Fu  p«t:Ìò  oeceaaario  innave  a  Roma 
peMona,  che,  «cuaa  eesarcoBcapcTole  delle  sarete 
inti^aioni  di  Gonmo ,  operaue  tneccanicamcnt* 
quanto  da  eaao  gli  «-a  suggerito  Dell' occorreusa.  Il 
solo  Uanriqucz  fa  ìatroito  perclii  interponease  dalle 
nuove  difficoltà  ^  e  ai  fuoaimase  inaoapeUìto  di  qAfr> 
aU  nuova  ^pediaiooe ,  e  mal  aodiifiUto  della  troppa 
propeniiiaie^  d^  Daca  ad  atìcordaraic*!  Re  di  Fran- 
cia. Fece  pertanto  tkciiiware  alPi^,cheNtibeDe 
ai  riconoacette  ineg«ale.di  SotaBj  e  di  digoilA  al  Re 
«lì  Francia,  non  fnò  ntcpotara  m«o  libero  dì  aa- 
aoy  e  in  oonaegucnaaeaacn  inutili  tutte  respraHÌ^pi 
di  clemenaa,  e  di  perdono  per  aver  aoccorto  flu  pi& 
gli  piaceva:  che»  ol^gandoà  di  eaaere  amico  del 
Re  non  voler»  «anrio  dà  anol  ainict ,  perdiè  noa 
intendeva  di  nuacolarai  con  Turchi,  Luterani  /e 
Rihelb ,  che  il  principale  oggd;to  dello  preaenti  dif- 
fideoae  esaendo  la  libertà  dei  Seneai  era  ctmvenìen- 
te  cbe  il  He  riticMM  le  ana  fòm  da  quello  Stato  , 
rsatando  Siena  in  dcpeatto  preaao  il  Papa^  fintanto 
che  Toaiars  atabiliti  conconknuBte  i  meati  per  a»> 
flicnran!  la  libertà  ^  «  la  quiete  di  qneUa  RepuU^ 
ca.  Ha  troppo  eian»  di&rmi  le  do^iande  del  Duca 
dalie.pvetenaiani  dei  Fmaccai ,  i  qnajiy  volendo  «o- 
atcnere  in  quahinqne  ftnna  la  -protauone  di  Siena, 
procuMvano  di  1^  comprendertal  PajM  chediao- 


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iS  STOKIA  W  TORCàKA. 

.     strando  egli  con  tali  sentimenti  dì  non,  voler  paca 

ai  C.  con  easi,  già  si  determinaTano  a  prepararli  'la  giMf' 
-  i553ra:  gli  oonfermaTa  ancora  in  questa  opinione  il  sa-* 
pere  che  a  Napoli  erano  state  &tte  delle  ricercho 
per  assicurarsi  dei  sogcch^ì,  che  si  sarebbero  potati 
ricavare  dal  Regno ,  rappresentando  a  Soa  &tntità 
che  mentre  il  Duca  lo  tratt«ieva  in  qucAi  a^oziati 
con  vane  promesse  di  accomodarsi  ,  lo  ingannava 
:  poi  con  preparare  segretamente  la  guerra.  Si  àsàtn 
perciò'Q  Ponteficecbe  Gisimo  trattasse  seco  con 
tanta  doppiezza ,  ma  egli  Io  acquietò  dimostnindoU 
che  chiunque  del  volgo  poleva  facilmente  im^inar- 
ai  che  (intanto  i  Francesi  tenessero  occupata  Sioia, 
l'Imperatore  avrebbe  tentato  di  discacciarnelì  con 
'  la  forza ,  è  che  egli  non'sok.velo  avrebbe  instigato, 
ma  ancora  ajutato  con  taltelesue  forze  y  poiché  v^ 
deva  nei  medesimi  così  poca  volontà  di  accordare 
'  ,con  ragionevoli  condiziinii.  Sconcertato  il  Papa  da 
tante  difficoltà ,  e  dubitando  d' inasprire  maggiop- 
"""^  le  parti ,  dichiarò  all'  Ambaaciatore  Linuac 
é  alVnistro  del  Duca  che,  conoscendo  da  quanto 
gli  era  stato  esposto  finora  non  esservi  meiio  alcu- 
no ,  per  riunire  in  un  punto  condizioni  con  remote 
ira  loro  ,  per  ordire  una  pace  sicura  e  durevole,  po- 
neva r  una  parte  e  l'altra  in  sua  piena  libertà,  ac- 
ciocché cia8cbeduna.operÉSBe  secondo  che  giodicaa- 
^  opportuno.  Non  piacque  a  veruna  delle  parti  que- 
sta risoluzione ,  ma  molto  meno  ai  Francesi,  i  qua- 
li ,  per  la  diffidenza  concepita  dai'Senesi  contro  di 
loro,  si  trovavano  in  molto  disordine ,  s  temevano 
di  qualche  sorpresa.'  Aveano.essi  segretamente  ape- 
dito  al  Papa  perpr^arioaiintecpórsi  col  Re,  alfin- 
.chè  n  Èompiacease  ^  prendere  sophi  di  loro  qual- 
<jie  migliore  delifaierazione  ;  autefuiicvano  la  m1uI« 


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U6.  II.  GAP.  n.  ^  fl^.      __ 

pqbUica  d^  Città  a  qualunque  iatereptt  partico-  xiì. 
ì»e  del  Re,  e  tro(^  gli  spaTentaya  una  «Monda  ilt  C 
goerro ,  mentre  ancorasi  riaentivano.-dei.  graTÌ  di- 
sastFÌ  cagionatili  dalla  prìnu:  pocq  aveana  raccolto, 
e  meno  potevano  seminare  per  maBeaDZÌ;deiil>9- 
atìanii,  giàdepredati  dalli  Spagnoli;  e  laiiarecnma 
Sfilita  aaomministrareilMttentaKientD.ifelb  Città, 
en  di-contìnao  infestata  dalla  guam^one  Spagno- 
la dì  Orbetello.  1m  plebe  &vorita  dal  CaitUualé  man- 
teqeva  un  govecno  turbolento,  arbitmrio^ed  inquie- 
to >  che  dii|guatava  i  migliori  Cittadini  centro  la  Pa- 
tria, ed  il  Jl6,  e  lo  atesao  Cardinale  picoodideboi 
lesza,  di  arabisÌMie,  e  di  vanità  avea;  iolrodotto  nel 
cosaiglio  la  feccia  dd.  p(^lo  po'  dominarvi  a  siio 
Talento  con  più  iàccjtà.  Finalmeatte  r^f^réaeu- 
tarono  a  Sua  Santità  che,  ae  il  Qeiìon  lo  allou' 
tanava  presto  da  Quella  Città ,  sarebbe  facilmente 
cnccesm  qualche  altemzìone  in  pr^iildisio  comuDo 
del  Re,,ed«llaRepuhUica.  Conosceva  aucbe  il  Car- 
dinale qoesti  pericoli  ;,  e  perciò  di^oandò  al  Re  un 
vinf(Hv>di  Tni]^,eimuomo  di  guwra,  cUq  aup- 
pUase  alla  mancanza  di  Termes ,  che  comandava 
l'esercko.ìp  Ccwsica. 

.  Vedeva  già  la  Corte  di  Francia  il  disordine  d^ 
suoi  stabilimenti  in  Italia ,  e  non  ostante  io  scon- 
certo della  sua  economi*,  meditava  uno.  sforzo  per 
assicurarli,  e  darli  maggior  vigore^  ma  intanto  eoo- 
veniva  raddoppiare  gli  artifizj^  per  contenere  ilDu- 
ca  di  Firenze,  che,  ingrossando  ogni  giorno. più  le 
,  sue  forze,  faceva  temere  qualche  novità.  Su  questo 
riflesso,  riprendendo  per  mezzo  del  Papa  il  filo  del- 
Vinlerrotto  n^oziato  ^  insinuarono, al  Duca,  che  il 
Re  non  poteva  darli  più  aicttra  riprova  della  sua  a- 
roicizia^  che  con  destinare  una  delle  sue  figlie  in    ■ 


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3o  STOMA  DI  TOSCANA 

^.  NwsacU Don {^Vameesco «io{irimogefiitò,didi{anti- 
dlC.4MÌ  pirò  ubeijMA'aUo  esi|;eva  «ueteo  «pudcbedU* 
'^^oHatiMoikd  nuggi«ie,^cbauaaseiDpIics  a^utriUiU: 
«-pvfKncvaidi  più  il  raatrìmooio  deUa  pnoKigfr» 
mia  idi  GoaiiD»  col  Fridcipe  di  Fenaxa  *  pooeadoai 
ia  opaaideraKtose  ohe,  unite  queste dticGaae.oon  n 
«trHto  TÌBSolo. fila  «ti  loro,  aTr«liliero|Kitaàa  facile 
noent*  eoa  l'af^oggia  del  &e  di  Fraacì*  .dar  leggfi 
all'Itaiia.  Bn  il  Duca  di  Ferrara  il  Ptincip*  U  p^ 
«ffezioDato  aiUa  G^roiia  di  Francia  ,  ed  avea  io  più 
volUimpreilatoalBs  centociaquanlaraila.diioiti  per 
le  ^ledÌMone  d'Italia,  eapecialoiaiteriaiprHaili 
Girsica  ara  data  òtta  con  lauoidea»^  per  tali  ra< 
giaoiiniagìDavMioi  FrancMidiceBlWaiare  ma^ior- 
meote  eoa  ({MSla  «Ueiuiaa  il  Daca  Coiiino  nell'a. 
«nicina  d^Re-IlI^apa,-che  aTaarecentemeDU^t^ 
tenuta  dal  Daca  la  prameesa  della  »ua  teraagfluita 
per  Fabiano  di  Monte,  benché  foue  in et^  dieci  an- 
ni traapertato  dall'ambicione  «pplaodiTa  %  qnettì 
progetti,  e  ai  lonogara  di  potere  operare  nntag- 
gioBamente  fin<!be  per  ringfaodivMato  di  «io  Ni- 
pote. Prevenute  il  Duna  OMÌeao^  M  qneate  nuova 
prifiosizioni  fìi  richiesto  dal  Cardinale  di  Ferrara 
di  concertare  seco  un  abboocamento,  «rreroìnTìar- 
Uperaona  dell* ina  maggior coafidenu,  adogget* 
to  di  trattore  liberannento ,  per  aasicunpe  con  «ta- 
bilità  e  con  deooro  la  quiete  d'Italia, gwocfaè il  Pk- 
pa  area  didràrato^i  non  volete  altrimenti  impto- 
gaiv  la  n»  mediazione  par  nn'  opera  oe»  aakitare. 
Propose  pertanto  il  Gaidinale  al  ornatori ,  invia-^ 
toli  da  Fipenxe  per  ^neato  efiplto,  che  il  Re  avreb^ 
bedato  in  natrioioniool  Principe  Franoeaco  la  ma 
figlia  netnrele^  già  vedova  di  Oracio  Farnese,  giac- 
ebè  q^eata  wU  en  in  età  da  poter  oSettuart  il  nu- 


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LIB.  11.  GAP.  II.  3t 

trinumio,  luaìogaBdoù  che,  avendo  U  Duca  deude-  ^„_ 
rato  ODB  volta  U  figlia  iuAiiral«  di  Carlo  V.,  iKMidi  C, 
•degner^ilie  per  Un»  Figlio  quella  del  Re;cfa«*^^ 
^li  voleva  essere  amico  del  Buca  qqanto  era  aervi* 
to<re  del  Re,  e  che  qualora  iion  |;li  fosae  grata  qu»<  ' 
ft»  propawiiooej  deciderà  va  che  caaogU  iiianUèitaa< 
te  tiberamcBie  l'aoimo  suo ,  perchè  volava  che  -  ia 
qualunque  fórma  avesae  effetto  questa  buoqa  di^o« 
«aioDe  del  Re  per  la  quiete  ,  e  tranquilliti  deÙ'I* 
tali*.  Repliciò  il  Serriatori  >  che  il  Duca  non  ambi- 
va- altro  che  l'anaicìsia  del  Re,  e  partict^nueBU 
pec  .esserli  congiunto  di  af&iaitik,  e  che  bw  itttenr 
dsvB  d'iatraprcuderc  guevra  aoatro  di  eaao^  aapeiH 
do  di  non  poter  miaware  le  mm  fivrae  con  uà  Re  ai 
poteofce:  c^  lo  peoeaaìtfl  dì  difè»de«ai  obbliga  ali* 
Tolte  a  prender  la  armi  centro  ia  volontà  »  e  eh* 
•questo  poteva  aueccderli  tanto  col  Re  ohe  con  l'IniT 
porpore:  che  quanto^lla  ^figlia  baatanda  per  Don 
Francesco  non  credeva  die  ceaveniase  aUcea  la  dii 
sparita  ^ell'eti,  e  la  legìttitna  non  ordiva  di  doniaa-i 
darla:  e  finalaMSte  dichiarò  dod  potere  il.  Duca  ri^ 
naoverai  dai  consigli  del  Papa ,  me  stipulare  ateon 
trattalo,  qnalcra  Ibase  vaaato  ia  Italia  Fiero  Stro»- 
n,«oine  ai  credeva,  perdiè  l'onore  «  la  dignità  «uà 
àon  permeCtevano  di  trattare  con  quel  Soggetto. 
Scbbcoe  il  Gardioak  ^ustificaase  che  lo  Stroazi  Te< 
aiva  in  Italia  con  preciae  ìatruiiani  di  oob  iàrli  tert 
to,  «  di  non  nuKolaan  nelle  coae  dello  Stato  di  Fi* 
renze,  ciò  non  ostante  il  Ducasi  valse  di  questo  prfr 
teato,  per  litirarai  da  qualunque  trattata. 


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3*- 

,      GAPITOLp    TERZO 

'  H  Re  <di  FraMcia  ipediice  Kdro  Stunu  ÌB.Italia..I|:  Dw» 
.eoecevta.con .rimpentore  l(icoiii<lÌi>opÌ  P^  ^  I*  Vi^'B'ip 

«i  Francesi.  Si  more  1'  esercito  del  Dùca ,  e  oc<»pa  ìl 

Forte  di  Camultìa.  Succeaao  di  Cliiasi.   Blocco  piantato 

iatomo  a  Siena.  DÌTertióne  dello  Stroiki'  neìto  Stato  di 

'    Fireo>e<'Soceorai  inviati  dall'  ìmfcntart  al  Dofa  ^  e  dat 

.iReallo  Strowi.&ibtllioiie.deU«.l!rui(nB:FioretfÌM  di 

-  JMW-.  ;r, 

^—  -  DojM)  ebeperla  spediziope  di  Termet  in  Goni- 
^>  c«,  e  perla  I^geretza  del  Cardinale  idilferrara'»- 
i^^nao  iiotabilmoile  deteradnte  in  Siena  le;foiizeiiK 
iiVuocia^  e  che  la  diffideoza  inserta  ira  ÌMWMie  tf 
nazione  focera  teinere  che  si  altwwe  nawffiameote 
lo  Statodi  qmAìa  Repabblica^  peoad  )a>Gortb  jIì 
Favigi.di  dar  YÌgoteia  quakhe  forma  a  quBala4fai[> 
bitirBeoto',  per  poter  sempre ■profiUM'e-de|l«  olicu- 
sioni  che  si  preeentaséero  per  ìograndirai ,  e  difim- 
dere  quello  Stato  dal  Duca  Gc»inio ,  le  dr  cai  fòrae, 
accrescendosi  di  f;ioroo  in  gìorao,  bperano  temer* 
di  qualche  soipresa.  Jjjuico  lI.ygìoTÌne,  e  isialn- 
zioso,  sì  lasciava  facilmetile<tr8sportarea.intrap«a- 
dere  con  piìi  ardire  che. conùderanooe  dell'impe- 
gni superiori  alle  proprie  forse  :  lusingato  da.  qual- 
che prospero  evento  già  s'imtpgiaaya'di'aUiatterQ 
U  potenza  di  Carlo  V. ,  e  ingrandirsi  con  le  di  Ini 
perdite ,  senza  riflettere  che  la  distraxìone  delle  tnè- 
forzein  tante  paniera- quella ,  <jieas8icarava.al  ne-: 
mico  k  snpo-iorità  sopra  di  essa:  oiUv l'cseccita di 
Fiandra  teneva  Vivele  sue  fiirze  in  Sccffia,  ìnFie^ 
monte^  in.Corsica,  a  I^rma^  alla  Mirandola,  e  a  - 
Siena.  Dopo  la  perdita  dì  Teroana  à  ritrovò  così 
esausto  il  suo  Tesoro,  che  fu  astretto  a  fiire  inven- 
tariare gli  argenti  delle  Chiese,  e  obhiigare  i Parti- 
colari a  fare  la  portata  di  quelli  di  loro  proprietà. 


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tra.  n.  CAP.  n.  j* 

II.  suo  Consiglio  era  dominato  da  due  fazioDÌj  ona  ^„. 
tta  furmata  dai  Prìncipi  della  casa  di  Guisa,  soste-di  Cj 
nota  dalla  Regina  ,  che  vi  avea  interessato  tutti  i'*** 
Fiorentini,  e  ribelli  del  Duca  refugiati  sotto  la  sua 
protezione,. e  l'altra  area  per  capo  il  Qrao  Conte- 
stabile del  Regno  -Anna  di  MontmoFeac j.  Le  spedU 
zioni  d'Italia  erano  per  lo  più  fomentate,  e  .propo- 
ste dal  Duca  di  Feirara ^  conginnto  di-s4ngue,'e  di 
alleanza  ctm  ì  Guisi,  promosse  dai  Fiorentini,  e  so- 
stenute dalla  Regina  per  la- naturale  avversione,  ohe- 
avea  al  Duca  Cosimo ,  e  per  il  deiìderio  di  rapirli 
lo  Stato  j  erano  perciò  disapprovate  dal  Conteiitabi-' 
le  ,  che  non  avendo  vedute  o  lini  particolari  in  Ita- 
lia ,  reputava  inutile  tanta  profnsione  per  sostener- 
visi ,  e  giudicava  che  il  vero  interesse'  del  Re  con- 
sistease  nel  tener  viva  j  e  ben  munita  la  guerra  dt 
Fiandra.  Da  tutte  ciò  succedeva  che  le  imprese  che' 
il  Contestabile  non  aVea  promos;)}  erano  da  esso  de-' 
bolmente  provviste,-  e  per  lo  -piò  languivano  infell- 
<iemente.  Volle  la  It^ina  che  per'animare  i  Senesi, 
e  intimorìre  il  Ddca  Cosimo  s'inviasse  a  Siena  Piev 
rO'Strozzi,  e  il  Contestabile  favofi  questa  spedizio-' 
ne  col  solo  inetto  di-  far  onta  al  Cardinale  di  Feis 
rarasno  principalenoraica  Fu  dunque  Piero  Strozzi'  ' 
dicchiarato  Luo^oteoeilte  del  Re,  e  general  Coman- 
dante di  tutte  le  sue  armi  in  Italia,  incaricato  dì 
condurre  dei  soccorsi  in  Oorsics,  e  dì  visitare  le  con-'' 
quiste  del  Re  in  quell'  Isola ,  di  trasferirsi  a  Roma 
per  confermare  col  Papa  la  tr^ua  biennale  di  Par- 
ma, di  cni  spirava  il  termine,  e  pei  passare  a  Siena 
per  prendere  il  comanda  delle  armi ,  lasciando  al 
Cardinale  di  Ferrara  il  governo  della  Città:  quivi 
gli  fu  ordinato  di  contenersi  in  grado  di  sensplice 
difesa ,  con  limitarli  gli  assegnacoenti  per  qoa  ag-- 
T.II.  3 


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94  STpfttà  BI  TOSt^ANA 

Anì  W^^^^  ^  BieueldÌ8pendio.IntaQta(t(){)o  avere  «gli 
^i  C^oHguito  io  Corsica  le  aoe  commissioDÌ  airivò  U  17 
t^|Hc<»*I)re  con  due  (kilerc  a  Civitavecchia,  e  il  gior-i 
90  dppo  entrò  ia  Roma  col  Vescovo  di  Bezier«  sna 
fr^^ilto  ,  e  coq  qn  se^to  di  ribelli  Fiorentini.  Fu 
GffddaRirni»  ricevutadnl  Papa,,  il  quale  moo  crede<i 
-  va  in  <[i4estf  .a^pKHtQnw  Q[|MwtunA  alla  quiete  41t«t 
^  la  «Ma  |(er<Ri>4,et  dìchiacandosi  di  non  Toler 
gaerv^  col  fte  di  Fi^&nci^  >  conferai  per  altri  duq 
tiMÙ  1k  tc^qa  dii  pEirn^-  Si  affiMicò,  lo  Strami  i^ 
^ma  «  persnwljnv  ilPqnteficej  e  Uitta  q»«IU  Cortq 
ebe  1»  aqa  apsdivooe  non  tei)d9v«  a  ^usci^re  ia  It^-j 
li^  la  gwHraii  ma  «oto  a  prowafera  ai  disordini  dì 
SiiSDM,.  9  aiHÌcur«re  <]i)ella  fispubtitica  da  nuove 
xwolq^nir  Gùu^to  in  Si^na,  q  pubblicata  «lU 
^jH^^ica,  il  im  «a^alfere»  {uirv9  al  CaD(baal«> 
che  cen  awwli  riapijvatQ  il  governo  di  wia  GiUi  , 
che  era,  in  (^■'itto  ài  govem»^  da  per  se  stt»> 
u ,  il  Eq  ,.  e  il  Contestabile  ai  jbssttra  burlati  di 
lui  t.  e  perciò  si  «crebbe  ritirato  ia,  Siena,,  sq  ««atì 
ortfoù  dffti^:  Cwtie  9pa  Ip  aveaser«  obbligato  e  re< 
«Iwvi,  e  4  copwgnaf«  allo  StEo^^  «env*  vevun  ri- 
tegiop.ilccwHivlAflrUft  «vn».  Ilw>vul4  p«irup;« 
quesM^  ainare«)ia,,6  iittWi  di  ci?mw^hD<cd  WA^niona 
aUa  &i;l9ftf»«iuie,di  Atanut^f^gg^^.,  Q,d^  Qué>i»  > 
T^rre  poalie  aMl.l«  IVofitiAredM  Qmi>i|i«i4i  Fìrenie . 
eatufir^n»^  pprò  «qI  &Ka.  l^;  t^l^ta  cpnii^tpwlim,-^ 
«0„  e  dijmjwttiawiqi^  di  b<Vuia  «miciwa^ 

I^el  riflette^  il  Duca  all'iaqi^cO;,(;bK  «Mimevq 
di  Scacciala  da.  Siem  iFranceù  ajrcaìiwpq^v^  ^», 
HedJfKcolt^^^non.tanjiiaper;  redfMVpiiiwnto  delle 
prQmesa?  TaU^U  dadl'iwfieraitqFfi ,  qu^^tq.  aqcqni 
pw  la,  €Wt9iw  disila  nwl^iRe^  giaf^  n«a  iw  as 
ui  aJ^PQ  Fùgontro  ctw.  ^UtU,  twla  vocsd»  Duo  Fc«i.- 


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I.IB.-1I.  GàP.  III.  U 

Cesco  di  Toledo;  perciò  nell'Ottobre  iaviò  a  Cario  "^ 
y.  un  Btio  fidato  S^retArio,  af&acbè  ne  ripartaMedi  &, 
da  Sua  Maestà  una  i^eci»,  e  fiurmale  moluzione:  '^^ 
L'Imperatore  cou  suo  diopaccio  d^i  2^  Norqmbre 
lodando  U  cM'aggio  e  attaccameato^cha  essoditno* 
strava  aì  suoi  ioleresai  j  dkburó,  cJm  dei  cpwltro* 
mila  fanti  e  trecento  cav«Ui  ivowqmìU  per  qaoAa 
inipresa  ne  stabiliva  la  paga  «erta  per-  f;ipquc  tafivi 
esibendo  perciò  gli  ordini  d(  trasmettavi  al  Cardia 
naie  di  Giaen  j  e  a  Don  Ferrante  Qowugy,  per  W 
•pedisione  >  e  pagamento  di  detta  wi')»'  £  fioco* 
me  il  dispendio,  cbe  il  Duca  avrebbe  dQS«t«9of&i* 
le  in  servizio  di  Sua  Ma#Ht)^  richiedeva  wu  <wtev 
tSL  della  retribuzione  ,  Carlo  V.  impegnava  la  SO»/ 
parola,  che  termiuata  la  guerra,  gli  •arobberocon'i 
segnate  tante  terre  del  paene  cqncpiistato  ,  da  rite^ 
'  Dersi  fìotaotoehè  fosse  di^hianta  ^  e  con  e^tto  a* 
dempita  la  dovuta  retribuaienie.  ^  petead^accadot 
re  che  o  per  rinfelice  si)ccew>  della  guerra  j  0  por- 
vno  sforzo  straordinario  det  Be  reqtaase  afsalito  i\ 
Dominio  di  Firenae ,  ViraperatereeailM'gU  erdini 
per  tattiisuoiUinistri  d'iùlia,  a£&nclw  ia  tal  caso 
soccorresaerp  con  tKtt«  le  loro  forse  il  Poca,  dichia^ 
nadochequestaimpresa  facendosi  per  suo  «erviw». 
dovea  essv  da  loro  conaidn^ta  come  sua  pcefHTÌa.  Ta-> 
li  ris4^uzioni  funsero  appunto  in  Italia  quando  aì  «• 
spettavaloStri»ai,eaebbeneilDiicacoDosee8aBelia&-  - 
questecoadizì(»)i,aelaguerraavevauaQQnbrariosue-' 
ceaao^egliviavrebbealnwio  perduto  c^rtameatede 
^sej  risolvi  non  ostante  di  eseguirla  con  celerità 
p^ma  che  lo  Strozzi  avesse  tempo  di  fortiflcarai. 
Considerava  ancwa  che  i  gagliardi  socoorei  spediti 
in  Corsica daUa  Spagna  tenevanoiFrancesi bastante-^ 
mente  occupati  io  quell'IaoUiC  nflettevaehe  il  nulrì*^ 


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SIS'  STORIA  DI  TOSCANA 

.  ^  monio  stabilito  dal  Principe  Fili[^  con  la  ft^inà 
dìC.dlngkilterra  gli  obbligava  a  stare  in  guardia  nel 
i^^R^no,  giacché  questa  alleanza  non  arrebbe  man- 
<ìato  di  moverli  contro  quella  Naiiione.  £  sebbene 
la  stagione  d'Inverno  fosse  poco  a  proposito  per  la 
gHerra,pensò  die  prolungandosi  alla  Primavera  non- 
A>lo  lo  Strozzi  si  sar^be  reso  piò  forte,  ma  ancora 
la  Flotta  Turebesca ,  richÌMnando  le  sue  forze  alla 
marinai  avrebbe  potuto  farli  oua  diveratone.  Dopo' 
ivere  pertanto  accresciuto  di  fortificazioni  Livorno, 
emunitediviveriediartiglieriateForteZaedelDomi- 
nio,  pensòdi  assicupareidel  Papa,  e  obbligarselo  in' 
forma eheosianissedicbiaratamenleall'ìmpresa  ,  *o' 
■volendo  restar  neutrale  non  potesse  denegarli  nel-- 
)o  Stato  Eoclesiastico  le  opportune  comodità  per  la 
guerra.  Fino  àtX  mese  di  Luglio  avea  stabilito  gli 
sponsali  d'Isabella  sua  secondogenita  con  Paolo- 
Giordano  Orsini ,  sul  riflesso  di  valersi  col  mexxo 
di-questa  alleansa  di  tutti  quei  comodi,  che  il  Du- 
cato di  Bracciano,  e  gli  altri  Stati,  cbe  quella  Fa- 
miglia poasetteva  in  vicinanaa  della  Toscana,  potes- 
sero somministrare  in  qualunque  occaràone  di  sua 
difesa  ,  e  per  operare  cfae  gli  Orsini ,  addetti  per 
molti  secoli  alla  devozione  di  Francia,  desiateasero 
dal  proeurai^e  col  loro  creditoj  e  con  la  loro  auturì- 
ti  dei  rilevatiti  servisi  al  Re  nello  Stato  Ecclesiastico. 
Con  questesbessevedute  aveva  impegnata  la  sna  pa- 
rola col  Papa  per  il  matrimonio  di  suo  Nipote  con 
laterzagenita  ,  e  volendone  ritrarre  subito  il  desi- 
derato profitto  gli  commnnicò  le  sue  intenuonij  t 
accordandoli  di  starsene  neutrale  per  non  rompeva 
la  tregua  già  rinnoTata  ,  lo  impegnò  a  operare  che 
i  Francesi  non  potessero  spprofittjira  nel  suo  Stata 
dì  -vemn  comodo  per  la  guerra ,  latciando  che  esao 


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itfr.  II.  ckp.  m  8f    ^_ 

Wr  Vìe  occulte  e  meva  indiretti  fiicesae  leva  dì  ^„ 
«frappe,  ed  eatmesse  le  accorrenti  vettoraglie  per.il  ó.  Ò. 
mio  approTTÌsiooa(Beiito.DipDstiintalgiiiauiiBe22Ì  '^^- 
perSicilrtarel'esecuiionedell'inipresajCooirtiltò  col 
Marchese  di  Marignaiio  ,  e  con  Don  Francesco  di 
.Toèedu  il  piano  delle  operazioni:  coucortaroao  esai 
che  4a  gaerra  s'intraprendesse  a  noioe  di  Carlo  V^ 
«  del  Duca  Cosimo  come  9»o  alleato,  e  il  Marcbese 
ne  assumesse  il  comando  a  nome  del  Iluca:  che  si 
profittasse  delia  buona  fede,  in  cui  Vivevano  i  Se- 
nesi, per  sorprenderli  movendo  le  armi  peìmA  th» 
atrivasaero  le  leve  di  Germania  ,  e  ì  Tedeschi  di 
Iiombardìa,  e  gli  Spagnoli  di  Napoli  proniean. dal- 
l'Imperatore ,  affinchè  l'arrivo  di  queste  -genti  ie 
Toscana  non  gli  mettesse  in  maggior  sospetto:  che 
«ccustaiido  segretamente  e  a  piccoli  corpi  le  Trup> 
fé  alle  frontiere  del  Senese^  n  tentasse  di  sorpren- 
dere la  Città  per  assalto,  o  almeno  di  postarsi  van- 
taggiosamente intorno  alla  medesima  ,  e  nel  tempo 
stesso  s'invadesse  il  Domibìo  da  due  parti,  occupao'' 
do  quei  luoghi,  che  fossero  creduti  più  oppuituni 
per  sosteoervisì ,  dovendosi  poi  regolare  le  suocesi- 
sive  operacioni  secondo  l'evento.  Doveva  favorire 
il  successo  lacircostanaa.dell'assenBa  dello  Strozzi 
da  Siena)  essendosi  egli  allontanato  da  quella  Città 
per  evitare  le  gare  col  Cardinale,  e  visitare  intanto 
le  forti&CBÙoni  del  Dominio»  Il  Duca  si  determinò 
a  fermarsi  in  Firenze  per  essere  in  situazione  op- 
portuna, per  provvedere  allioccorenti  bisogni  dell'e* 
«ercito  è  alla  difesa  del  snoStato,  edanche  per  im' 
{fedire con  lasca  preseniaqoalunqiie  alterazione  po^ 
tesse  succedere  nella  Capitale;poichiappena  ai  spaV* 
•e  in  Italia  la  nuova  dell'arrivo  di  Piero  Strozzi  sì  sol- 
IcTaronogbspiritiFiorentiniasperare  la  libertà* Id 


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S8  S-CQR1&  Di  tosc&na. 

T]jf  Boma  alcant  dì  quella  fiatioue  gli  fecero  deUe  di* 
ai  e  mOTtracioBi  non  indifiereati  di  attaccamento,  e  fra 
tiSSrgM  ù  difltiDse  siagoUirraeate  eoo  le  dimoatrauMii} 
e  ool  fiiUo  Biado  Àltonti  Padre  dell'Arcivescovo  di 
Fireme  e  Mercante  assai  faodtoso.  In  Firenze  di- 
•copriva  il  makaleoto  dai  Cittadini  verao  il  Duca  i! 
trovarn  tatto  giorno  affissi  ingiurio»  cartelli,  e  po> 
Heie  sparse  nei  lut^hi  pubblici  della  Città  col  motto 
wdieìoso:  véna  Francia  e  moja  l'ImpetO' 
'■554-  Frepanrtoai  il  Duca  io  tal  guisa  all'  imprega  ai  ac- 
cinse «uUto  alla  eiecuBione  della  medeaima ,  e  pri' 
roiewmMf  dìtfriiHÙ  le  sue  forse  in  tre  diviaioni , 
«nlÌBBodo  prerentivemente  la  riunione  delle  sue 
iDÌliuea  ciaachedMaa  di  enae.U  Conte  Federigoda 
UoDtauto  )  Comandante  delle  armi  in  Pisa  y  eU>e  il 
comando  deUa  priaoa  divisione ,  formata  di  otto- 
cento aomim  actdti  da  imbarcarsi  sulle  Galere,  e 
ddk  buide  territoriali  da  unirsi  tutte  a  Campìglìa, 
dove  nel  tempo  stosaedoTevaBo  concorrere  ancora 
le  foixe  dell' £lbe:  da  qaesta  massa  dorevansì  di- 
■taccare  seicmto  fanti ,  po'  tentare  nel  giorno  de- 
stinate l'afloalto di  Gìreaaeto , dovcodusi  riunire  neU 
lo  stfflse  punte  con  easiciaquecento  Spagntdi  di  Or- 
betello,  lasingaodun  Ae,  ncm  aveudoqudla  Pial- 
la altro  presidio  die  di  centoventi  uomini ,  ne  sa* 
rebbe  stala  beile  la  aaqj  resa:  dovevano  pariiDente 
diflfeaocarsi  idtrì  ducente  fanti  per  scvpreudere  Ca* 
ftìglJooe  della  Pesca ja,  e. altri  aebtecento  per  dar 
r  aaaalto  alla  Città  di  Hasaa  ,  procurando  di  agire 
uaiftvmeasokte  e  iutd  nel  gioroo  prefisso,  non  tra* 
laacàndo  di  predare  bestiami  e  vettovaglie ,  e  riu- 
nirsi poi  nel  liM^  piik  forte  ,  che  avessero  occupa 
to.  DeUa  aeconda  divisione  eldie  il  comando  Ridol- 
fo BagUoni,  equesU ,  fiirmata  di  seiceutp  làuti  già 


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ttt.  ti.  CkP.  m*  86 

spediti  akticipaUnvntc  a  Moiiteptilcitbo  ^  e  di  «Uri  j^^ 
dueiuiUKiuaUrocctttD  delle  bande  vicinali ,  doveva  lU  C. 
Iftel  gioruoappBBtatotcorrsrclaVsIdicbiahateteii-'^^ 
tare  It  «orprAsa  di  Ghiuti»  PimÉa  ^  e  di  Mootaloino  ^ 
e  laiioitto  bei  luoghi  oocufati  il  Bccemno  PKaidio 
gìuntan  con  k  t»na  diviaioiie ,  che  dovevn  esseM 
«ccampata  sotto  le  myra  di  Siena.  Questa  una  di-* 
<riBÌooe  era  coii:^)««ta  di  quattromilaoittqueceuto 
«c«U«uinii  fauti  j  quattrocento  cavalli  »  venti  fiec|À 
di  artiglieria ,  e  miUeduKedto  guastatcAi^  ìatitó  o»' 
CvUaRieBte  e  in  pìccolb  partita  a  Pu^ibMiii  ^  ì  quag- 
li f  comandati  dìt^tumeate  dal  Marchese  di  BAari- 
gnano ,  dovevano  aervx*  per  V  aasalte  ^  e  per  po" 
•trarai  sottt»  Sieoa  :  le  batide  circoavicise  della  Val- 
dehu  dovevano  aiiguìtare^uctto  Goi-poy  e  il  Ga[^ta«M 
SiVolietra  doveva  nello  etuao  tempo  ttatiovetiico* 
le  sue  faandea  acetamucciarey  e  dannag|iare  le  tar- 
r*  dei  Senesi  cMifinauti  con  qubl  Tefriurioi  II  ^ioT' 
no  >  destinato  per  dar  prìnupio  alle  ostilità ,  fo  1* 
Botte  del  a6.  di  Geunajo  j  giacché  tutte  le  divisiti' 
ai  dovevano  in  quel  punto  esser  pronte  alfe  operai 
■ioBÌ  :  la  segretcua  doveva  esibr  l'anima  di  questo 
diaegoo,  la  il  Duca  ìnTÌgilò  sjngol«rniente>  perchè 
wetaaee  occulto  ài  nemid.  A  tal' effetto  ìldla4fec0 
•errare  t«Ua  le  porte  della  Capitala  so^  pretesto  j 
che  la  notte  antecedente  fease  auta  ammazaata  per' 
aona  di  sua  coafidenaa  )  e  che  molto  iiaportoaie  al-> 
la  quiete  dello  State  ritrovare  l' uccisore  ^  tenendo' 
le  «errate  ì  dee  giorni  suasdgaettti  { né  laKia&do  sgT' 
tire  Blciitio>  se  non  cob  licMia  firinau  di  «m  jtfo* 
prio  pi^o.  Per  la  stessa  causa  erdìnò  t^e  si  semu- 
•ero  tutte  le  porta  delle  terre  murate  sulla  froatìe- 
ra  del  Senese ,  e  ordinò  nn  ourdcoe  di  guardie  dep> 
pie  ai  CDafiaì  di  Volterra  a  llotitcpolciano  i  offiHcfaè 


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4e  STORIA  DI  TOSCiNA. 

^j,^  miuiòpoles6edalDommìodìFireazepa8sareiii(iuel 
di  C.  Io  di  Siena.  Il  Marchese  fratUoto  Dell'  ìmbnuiire 
■ideila  notte  raggiunse  a  F<^gÌbonsi  le  sue  genti,  e 
intimata  la  marcia,  condottosi  a  Staggia  comunìoò 
loro  il  diseguo  animandoli  alla  esecuzione.  ^  avan- 
EÒ  esso  con  uno  scelto  distaccamento ,  arrivò  due 
ore  avanti  giorno  sotto  Siena^  non  trovando  altro 
ostacolo  obe  alcuni  pochi  soldati  a  cavallo,  spediti 
appunto  dal  Cardinale  per  verificare  l'ÌDcerta  fama 
insorta  nella  Città  della  moscb  di  queste  armi>  Pres- 
so alla  porta  detta  di  CamuUia  era  un  Forte ,  eretta 
da  Termes  nella  passata  guerra  dell'  Imperiali,  mu' 
aito  di  fOTtificauoni  esteriori^  ma  aperto  dalla  parte 
della  Città,  «ra  guardalo  da  pochi  soldati,  e  di  questi 
molti  passavano  la  notte  in  Siena ,  dove  la  magoi- 
ficeoEB  del  Cardinale  >  e  la  corrente  stagione  del 
carnevale  promovevano  gli  spettacoli ,  e  ì  passatem- 
pi. Il  Mardiese  assaltò  qaesto  forte ,  guardato  con 
tenta  trascbrateBBa ,  e  occupatelo  cou  facUità  pensò 
6  fortificarsi,  e  stabìlirri  l'alloggia  meato.  Mini  ten- 
tò r  assalto  della  Città,  perchè  le  genti  stanche  dalla 
marcia  forzata ,  dal  disastro  della  pioggia  ,  e  delle 
eattive  strade  non  erano  capaci  di  questo  sfijroo. 
Grande  iuloabigottioieoto  della  Città  per  così  ina- 
spettato successo,  e  maggiore  fu  quello  del  Cardi- 
nalcj  che  dubitò  subito  di. qualche  intelligenza  dei 
Cittadini  colDaca,e  trovandosi  mancante  diconsiglio 
e  di  forze  lasciò  che  essi  andassero  spontaneammte 
a  combattere  gli  occupatori  del  Forte)  dai  quali  lìi- 
rono  valorosamente  rispìuti  aella  Città.  Per  meglio 
assicurarsi  dalle  revoluuoui  iatmie ,  delle  quali 
temeva  non  meno  che  dell'attacco  dei  nemici ,  fe- 
ce fare  allaPiasza  unosteccato,  e  collocò  un  pesBodi 
artiglieria  per  c^i  imboccatura  di  strada.Moa  erano 


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ttB.  II.  Cài»,  m.  ^        _ 

tacila  Città  |HÙ  di  mille  fsDti,  e  milletrecento  per  il  ^^^ 
Dominio,  e  trecento  caTalli  aparsi  in  piccole  parti-di  Gì 
tite  pw  Tarj  Castelli:  fortificarono  sobito  la  Porta'"* 
di  Camollia ,  dove  anche  le  donne  impiegando  l'o- 
pera  loro  per  difendere  la  Patria.  Mentre  intanto  il 
Marchese  di  Marignano  assicurava  il  suo  all^gia- 
ftiento  ,  e  riparava  il  forte  dalle  offese  della  Città  , 
le  altre  due  divisioni  «aeguivano  cMi  minor  liciti 
U  c<Hicertato  disegno ,  poiché  Ridolfo  Bagliooi  dopo 
■corsa  la  Valdichiana  ,  e  tentato  inutilmente  Ften- 
■a  à  condusse  al  campo  il  dì  3i  di  Gennajo  carì- 
00  di  (nreod^  ma  seùka  avetv  occupato  alcun  luo- 
go i  lo  atesso  avvenne  al  Montallto  per  la  difficoltà 
del  passo  dei  fiumi  ingrossati  dalle  recenti  piogge, 
e  per  aver  trovato  che  lo  Strozzi  avea  contro  ogni 
•spettativa  munito  gagliardamente  le  Piazze  delta 
Maremma  ,  e  perciò  lasciati  ben  presidiati  i  Castelli 
del  PTombinese,  costeggiando  il  Volterrano  andò  a 
riunirsi  al  campo  sotto  Siena ,  senza  aver  potuto  ef- 
fettuare velina  delle  disegnate  intraprese. 

Avea  il  Duca  fino  dal  momento  della  mossa  del 
Mancese  di  Marignano  pubblicato  una  circolare  a 
tutti  i  Giusdicenti  del  suo  Dominio ,  in  cui ,  pale- 
sando la  dichiarazione  della  guerra  ,  ordinava  che 
i  Francesi  e  i  Senesi  fossero  in  ciascheduna  giori- 
sdisione  trattati  come  nemici ,  e  secondo  il  diritto 
della  guerra  :  ai  senesi  scrìsse  che  combatteva  pn* 
la  loro  libertà  ,  esco-tandoU  a  unirsi  seco  per  discac- 
ciare i  Francesi ,  e  ne  riporlo  la  taccia  di  manca- 
tore di  fede ,  e  oppressore  dei  vicini.  L' Italia  tutta 
restò  sorpresa  di  tanto  ardire  del  Duca ,  né  sapeva 
comprendere  come  egli  eoa  le  sole  sue  forze  potes- 
se resif^tere  a  quelle  di  francia  ,  e  come  potasse  a- 
vere  tanto  danaro  per  proaeguire  l' impresa:  lo  stésso' 


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<a  STO&Ià  fil  TOSbUTA. 

m  „  Carlo  V.  ne  t&ostrò  maraTiglÌB  ,  e  il  TeaooVo  di  Af> 
di  C.rti  goderà  che  Cosimo  si  fosae  prepntoda  se  ma' 
■^desirao  Ih  Boa  rovina.  Furono  mandate  ai  FrÌDci|tt 
d'Italia  giustificaiioni  io  forma  di  maoifeetoj  per 
dimostrure  la  giiutiiia  di  questa  guerra,  dicbùran-* 
dosi  il  Duca  che  in  tutte  le  occasioni  j  nelle  quali 
l' Jmper&bore  si  era  sdegnato  mn  i  Senesi,  aaa  d 
«ra  sempre  adoperato  per  ottenergli  il  perdono  ^  e 
Mantener  salda  la  loro  libertà  (  che  Don  poterà  vi* 
einare  con  eia  meglio  di  quello  avea  fatto  )  disap* 
provando  sempre  alla  Corte  il  contegno  di  Don  Die4 
go,  e  l'ereiione  della  GittadetU  :  cbe  la  conveiuio* 
■e  &tta  eoa  essi  nell'  ultima  reTohnionenOB  li  era 
stata  osserrata  :  che  per  non  turbare  maggìormen' 
ta  la  quiete  d'Italia  area  fatto  ai  Francesi  dei  conio" 
di,edellc  flneUEe,  che  erano  state  apprese  ptf  atti 
dì  TÌltìi>  e  di  timore  :  che  nella  guerra  dell'  Impe« 
viali  avea  fotto  quello  che  richiedeva  il  dovere,  e  U 
gralitodine,  e  moitraodosi  pronto  a  pacificarsi^  raen* 
tre  era  in  buona  fede  con  essi ,  gli  aasaltaroDo  all' 
improvriao  l' Elba  i  e  finalmente  che  esai  miravano 
B  ridurre  in  eervità  ta  Repubblica  di  Siena,  per  aog* 
giogare  più  comodHmente  il  suo  Stato ,  e  perciò  lo 
aveano  ridotto  alla  necessiti  di  prevenirlit  Avvisato 
pertanto  della  espognasione  del  Forte,  e  «aaicnra- 
to  dal  MarcItMB  di  poterlo  sosteoere ,  ptnaò  ai  me»- 
si  d'ingrossare  l' esercito  )  soUecitando  la  leva  di 
CÌCTtniiuia ,  e  gli  ejutì  dell'  Imperatore ,  e  con  jhyu- 
d«rc  al  soldo  in  qualità  di  GMerale  della  fanteria 
luUana  Ascanìo  dclk  Cornia  nipote  dd  Papa  eoa 
aeimìle  fentì ,  e  trecento  Cavalli.  Doveva  t^li  scor- 
T«n  la  Valdiehtanij  e;  postandoti  vantaggio»» 
mente  in  qnella  ProTHicia  f  tentare  con  i  ria- 
focsi  j  che  gli  dofev  ano  essere  inviati  dal  campo  di 


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xiB.  n.  CÀp.  m.  43    

«spogliare,  e  aaskurarsì  dielle  FiacBe  pia  impor-  j^^, 
taoti  della  niedeaiiiia>  mentre  iwlU  mapeoiiiM  ildiC. 
O^nneHo  Guppano  eoo  le  forse  del  Piombiiie-  '^^ 
«e ,  e  dell'  Elba  operava  in  coDformità.  Tali  ope^ 
rancHiì  BconcertaroBQ  ataai  Piero  Stroni  recleDdo- 
•i  prerenato  dal  Duca  eoa  Unte  Tone,  e  perciò  do- 
t»  avere  ordinato  nuove,  reclute  udii  Slati  di  Pi- 
tiglìaoo,  e  di  Castro,  ritiratosi  in  Siena  si  applica 
■eriamente  alla  difefia  di  qudla  Gittà^  visiundo  ds 
ae  atesw  i  larori,  e  aoimando  coll'esempio  i  solda* 
ti  alle  Dper»ìoni.  Il  Duca  ^  cozi9Ìderand(^o  pi  co- 
me «D  mo  ribelle,  esortò  um  una  lettera  circolare 
i  suiH  più  confidenti,  affinchè  tentaSBero  ogni  mez- 
«o  per  farlo  uccidere  prcnnettmdo  la  teglia  di  die- 
cimila Docati,  e  molte  altre  rieompense  ;  pwciA  se 
ne  stava  con  moka  cautela,  e  con  una  guardia  a  ca- 
vallo }  mangiava  «olo  o  col  fratallo  Roberto,  «  non 
«aciva  nui  nella  notte;  si  valeva  di  un  Frate  Fre-; 
dicatme  per  aoimare  i  Senesi  alla  vendetta,  e  ciò 
-produsse  che  s'incomincid  la  guerra  con  inceudj 
stragi  e  devastaaioni  all'uso  dei  Barbali-  Il  Duca 
avvertì  i  Senesi  cbe  se  non  avessero  desistito  da  co- 
«  atroce  modo  di  guMveggitkre  il  maggior  danno 
sarebbe Btato  per  loro;  a  tal  eflètto  s'introdussero 
ira  il  Mardiese,  e  lo  Stroui  alcune  contestaEÌ(Hii , 
perchè  i  soldati  del  Duca  volevano  esigere  la  taglia 
da  una  Dama  Sraese  loro  prigioniera ,  assermido 
«he  i  Franocii  non  usavano  alle  Dame  questo  traV 
lamento,  e  sopra  dì  ciò  il  Marchese  s'ioipegnd  a  n- 
ksciaiia  gratuitamoite;  quanto  all'  ìncendj  diceva 
lo  Stroui,  die  il  vietarli  portava  più  utile  al  paes*' 
di  Firenie  per  esser  pii^  ricco,  e  più  aUtato  di  quel- 
lo dì  Siena ,  ma  nientedimeno  propose  una  Capi- 
tolazione dì  buona  f^natra  relativa  al  trattamente 


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U  sttmu  M  ToscAitfA 

As.  dei  prigionieri,  e  al  triodo  dì  pred'^e,  e  dftonegtart 
d^C-ii  paese,  ma  il  Duca  dichiarò  apertamente  che  egli 

^aTrcbbeseozaveruDàcapitolazioueostervato  aleg- 
gi di  buoha  guerra  tra  soldati)  e  soldati,  non  già  con 
i  «uoi  ribelli,  i  quali  in  qualunque  furma  Tenìwero 
ia  suo  potere  intendeva  di  sc^gettarli  alla  giustizia 
ordinaria  ;  in  c<HisegueQX«  di  ciò  anche  lo  Strozzi 
stabilì  di  non  far  buona  goet-ra,  w  Boli  eoo  le  po^ 
sdne,  che  avessero  diretl^  dipendenza  dai  Marche- 
se di  Marignano,  lusingandoti  di  rìcereme  da  esao 
la  stessa  corrispoudenzat  Questa  coutroTVsia  fa 
causa  che  la  guerra  si  facesse  da  ambedue  le  partì 
con  crudeltà  e  animosità  straordinaria,  «1  che  coD'* 
trìbuiva. ancora  il  noa  commettersi  fatti  d'arme^ma 
semplici  scaramuccie,  ìnceDdjj  rapine  ,  e  devasta- 
zioni; poiché  l'esercito  Ducale  intento  unicamente  a 
TÌui)ire.le  sue  forze,  a  tener  hben.  la  comunicano' 
De  col  Dominio  di  Firence,  e  a  fortificarsi  in  modo 
di  ofl^eodNfe  la .  Città  era  continuamente  occupato 
in  piccole  azioni.,  tendenti  Unicamente  a  ilanneg- 
giare  il  nemico.  Durò  per  due  'mài  il  Marchese  di 
Marignano  in  questa  situazione^  rèndendo  il  Forte 
inespugnabile,  e  capace  di  contenere  il  presidio  di 
cinquemila  domini  con  offendere  dì  continuo  con 
l'artiglieria  la  Città,  aspettando  intanto  l'arrivo  dei 
aoccorsi  sperati  dal  Duca ,.  per  procedere  a  pia  se- 
gnalate operazioni^  Stavano  tanto  esso  che  .il  Du- 
ca nella  ferma  speranza  di  unfelice  successo,  poi- 
ché vedevano  lo  Strozzi  còsU-etto  a.  atarsi  sulla  pu- 
T»,  difesa,  e  conascevano  la  difficoltà  :di  aver  soccor- 
si dal  Re,  giacché  io  Corsica  «ì  em!  arresa  alli  Spa- 
gnoli laPiazza  di  San  Fiorenzo.,  con  essere  astretta  b 
guanùgipne  a  sortire  con  le  bandiere  in  un  sacco,  • 
le  armi  imballate.  Piii  fdici  enuio  i  prt^esai  dei 


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LIB.  ».  CAP.  III.  45      ^ 

Francesi  in  Kemontej  ma  non  al  segnò  di  temere  j^„ 
ima  dWersioue  per  quella  parte.  II  SDccesso  di  Chiù-  di  C 
m  variò  l'aspetto  di  tanta  proaperilà.  Era  h  Rocca '^ 
di  quella  Terra  guardata  per  i  Francesi  da  un  Pi^ 
slojesé  ribelle  del  Duca  ,  che  ,  dimostrando  volerai 
riguadagnare  la  grazia  del  ano  Sovrano  con  procu-' 
rarli  l'acquisto  di  quella  Piazza,  fece  int'eodere .se^ 
gretamente  ad  Ascanio  della  Gomia  ,  che,  avvicì-> 
nandosi  iiaa  tal  notte  con  le  sue  genti,  gli  avreUw 
dato  il  comodo  di  occuparla ,  concertando  t  metn 
creduti  j  piiì  fàcili  per  riescire  neUa  esecazione.  Ae< 
cettato  il  partito  di  consmso  del  Marchese,  e  del 
Duca  si  uni  Ascanio  con  Ridolfo  Baglionì  ,  e  scelti 
seicento  soldati  si  avanzò  nella  notte  deì  a3  Marzo 
già  concertata  verso  Chiusi  facendosi  seguitare  dal 
resto  dalla  cavallerìa.  Ridottosi  da  nn  Paese  aperto 
in  una  valle  angusta  alle  radici  del  Colle,  ove  era 
ntuatala  Rocca  avanzò  verso  la. medesima  alcnne 
delle  sue  genti  per  verificare  il.trattato  che  appena 
giunte  restarono  oppresse  dai  nemici ,  i  quali  dal- 
Tatto  della  Torre  dando  il  segno  ai  Francesi,  cheì 
erano  nell'imboscata  ibrooo  i  soldati  del  Duca  co- 
stretti ad  aprirsi  ctÀ  ferro  la  strada  per  la  Collina; 
ma  inviluppati  dalla  moltitudine,  e  trovando  tutti 
i  passi  occupati  restarono  &cilmente  sbaragliati,  e' 
vinti.  Il  Baglioni  lasciò  combatlencU  la  vita ,  é  A' 
Scanio  della  Cornia  restò  prigioniero;  la  perdita  del- 
le genti  non  fu  notabile,  perchè- essendosi  disperse 
poterono  poi  làcilmeule  salvarsi  nello  Stato  Eccle- 
«iastico,  i  Francesi,  apprendendo  il  successo  come 
una  primizia  dei  loro  Iriunfi,  magnificavano  questa' 
vittoria,  ed  esultavano  di  aver  prigioniero  un  niv 
potedi  Fap:  l'ambasciatore  LausacinRoma  presa-- 
giva  che  in  tutto  il  mese  di  Ottobre  il  Duca  Cosimo 
nrebbe  stato  condotto  prigioniero  a  Parigi. 


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4fi  STOKU  IH  TOSCANI 

^j,  Queste  succewo,  e  gli  (ksucoli  fiao  allora  i 
diCtrati  ud  coBqiù&tare  le  Terre  della  Maremma,  • 
*'*^deU«.  Valdicbiaaa  convissero  Cosimo,  che  ornut 
{um  era  interesse  dell'  impresa  il  diasipare  le  prò» 
prie  forze  oell'occapare  le  Terre  del  Dominio,  • 
disperderle  nel  preiidiarle ,  mentre  atiingeudo  la 
Capitale  I  e  rìduceodola  a  capitolare,  piii  iàcilesa-* 
rebbe  poi  Vespug^aasione  delle  Fiaoze  della  prorin* 
eia.  Perciò  dopo  l'arrivo  di  nuove  milizie  procord 
tt  Harcbese  di  occupare  i  posti  circoaricini,  che  do- 
minavano la  Cittàj  piantaodooppiu'tuaaraeote  buot 
tì  alloggiameufci  per  ristriagere  il  blocco^  e  ìmpe» 
dire  l'iQtrodnùoae  dei  viveri,  scaramucciando  di 
continuo  con  i  Senesi  ^  che  non  cessavano  d' infe- 
atarlo  con.  le  awtite.  Questo  nuovo  piano  di  opera- 
fiooi  fu  eaegajla  dal  MarcbeM  con  tanta  «cureioa, 
che  alla  metà  di  Aprile  la  CiUii  potea  dirsi  intiera- 
mente assediata,  pcàcbà,  di  otto  Porte  sei  ne  reati- 
yano  totalmenta  impedite  per  l' iutrodiuione  dei  vì- 
ytti  f  «  per  le  altre  due  >.  cha  irahoccavan?  V  una 
nella  strada  Romana^  e  Taltra  in  queUn  àrììn  Val- 
ciciliana,  prociwaia  il  Marchese  che  )a  fljoa  cavali** 
ria  battesse  contiauavente  le  strade  >  ohbligandai 
nemici  a  scortare  le  vettovaglie  con  grossi  djuitac* 
camenii,  e  ad  easereebaragliati  con  facilità-  Cidooo. 
ostante  cUaegn^va  Cosimo  che  ù  piantasi  un  akro 
^loggiamentQ  a  Porta  Koman^  ma  pimi  volle  ch« 
dalla  cavallgrìa  si  devastassero  tutte  le  circonvici- 
ne campagne,  per  togliere  affatto  ai  Senesi  ogni  spe- 
raoza  della  raccolta.  In  tale  stato  di  cose  le  forza- 
dei  Duca  ascendevano  ^  ventimila  fanti,  e  mille  c«t- 
Tilli,  e  quelle  dello  Strozsi  erano  in  tutta  ottomiU' 
iaoii,  e  ciu^aecento  cavalli:  sperava  il  jH-imo  che  la 
Città  vedendo  tanta  desotaùone  s'induTrrikbe  a  ca- 


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IIB.  II.  CaP.  ih.  47     

{ÙU^K  i  4  lusingava  ti  •ecoodo  che  la  mancanza  Àgi. 
dei  dfiBari  avrebbe  fittto  desistere  Gosimo  daU'im-<U  <^ 
preqa;  qqa  Tetjf  odo  sempre  più  restringere  il  bloc-  '^ 
cq,  «fwJtin  Francia  a  render  omtpal  Re  della  pe* 
ricoloaa  situazione  della  Città  dioioclraDdo  noacv* 
ter  possibiW  staccare  il  nemico  da  questa  assediq 
Kow  fnf  qua  potente  diwrHoae,  »  assaltar?  la  Star 
ti»  del  Jìnca  alU  p^^te  di  Pisa  otd^la  Yaldìni«vc4f 
If-forae  di  Parma,  lucile  a  c|uellB  delt^  Jt|irand«la^q 
una  eoi«|)eteqte  redota  di  Sriaieri  potevan»  |ar4 
Ve£^ttD  cb»  si  desiderava  e  f Uve  rawi^urare  ai^ 
Desi  la  poasina  racc«jtjii  isapedicU  ai  £tuGa,  e  a»< 
«e<i>arlo  nella  C«p>Ule.  AMt  de»olaaÌQ(u  delU  g,uer-> 
ra  ai  aggiungeva  u{ia  «rribilfl  carestia, die  affligge-* 
va  uniTersalmente  1'  I,talÌ8  ^  e  benctlè;  il  Duca  si  lo». 
te  opportunamente  jH^vvialo  p^c  U  sostentameiUd 
dell'  esercito  «  dei  sudditi,  era  ^r^  dimostrato  cba 
chi  reattiva  in  que^t'  anno  pancone  della.  faccoU» 
dei  due  Stati  Fiventùw  e  Seiwse  dovevi»  essere  aun 
cera  Kincitorci  4(tU'  ivprvia  i  perciò  ivtto  il  piwK» 
della  gMerfa  d^  làrsi  coatra  il  DH«a>  credeva  li» 
Sltrcu^i  X  cJ^  ^QVesie  ridvcu  a.  diventava  padrona 
della  campagna ,  Mtato  fàù  che  j  prometteindo  a  no> 
qae  i)el  Re  di  Fnncia  W  ^ibert^  alte  Qitt^  del  Do- 
minio^ «i  teneva  c«rto.«h9  avfeUmio  nbellat»  al 
J^ucft  per  unirsi  cov  esavw  Inaino  ancora  tm  abra 
diversione  da  epeguirsì  contemporameameittf ,  at- 
«Uaqde  1»  Stato-  di  Pioaabino  eoa  In  truppa  che 
andava  ^accogliendo  il  Priow  diCstpua  sw  fratello, 
che  nuovamenie  era  titoraato  al  «orvisio  diFraaeia. 
Questo  Generale,  evperto  nella  marìne  non  men» 
che  sao  firateUopdlla  wtU»ia  di  lena ,  era  beoem», 
rito  di  q^uelb  Corona  per  il  «ervKoioiMso  al  Re  Frao- 
cQgcoiC  uodernaoumlea  fòuicoli^nuiael  t5>So. 


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48  STORI&  DI  TOSCANA. 

j^„  trovandosi  mal  cootealo  del  Gontastabile ,  abbatt-r 
di  Cdonò  improvvisa meote  la  Francia  ,  ritirandosi  a 
'^^^Maha  ,  ove  dichiai-ò  non  voler  militare  se  non  con- 
tro i  Turchi ,  e  osservare  unicamente  l'istitato  che 
professava;  ma  vedendosi  in  quell'Isola  ridotto 
in  sorte  privata,  e  pentitosi  della  inconsiderata 
risoluzione,  introdusse  per  messo  di  Don  Gio- 
vanni de  Vega  Vice-Rè  di  Sicilia  una  pratica  per 
passare  al  servizio  di  Cesare.  Carlo  V.  riflettendo  al- 
la decrepiteeia  del  Doria  lo  avrebbe  fooitoiente  »6- 
cettato  y  se  non  cbe  il  Duca  Cosimo  ponendoli  ia 
considerazione  con  quante  congiure,  veleni,esic8rj 
avea  macchinato  contro  la  sua  persona  e  il  suo  Sta- 
to, e  come  area  tentato  di  avvelenare  il  Doria , 
sparse  perciò-delladiflìdeDze  in  quei  Ministri,  iqua- 
li'per  impegnarlo  à  non  ritornare  ai  servizidt  Fran- 
eia  operarono  che  fìisse  reinlegt-ato'  nei  frutti  det 
|HrIorato  di  Capua,da  luugo  tempo .già-sequéstrati, 
tratlenend(>lointanto  con  lusinghe  e  speranze  dire-' 
conciliarlo  col  Duca  y  e  stabilirlo  con  decoro  al  ser- 
vizio dell'Imperatore.  Accortosi  egli  dell'animo  de- 
degl' Imperiali  piSocurò  per  mfetzo  di  Piero  e  Rober- 
to suoi  fratelli  dì  ritornare  al  servisìo  del  Re,  il 
quale  lo  ricevè  di  buon  animo ,  dandc^i  il  titolo  di' 
suo  Luogo  Tenente  Generale  di  Mare .,  con  pren- 
dere al  soldo  le  sue  tr«  Galere,  edarti  il  comando 
generale  di  tutti  i  suoi  vascelli  net  Mediterraneo. - 
Accettato  il  carico  giustificò  in  questi  termkii  col 
Vice-Rè  dì  Sicilia  la  sua  risoluzione  :  Non  vedendo 
risoluzione  alcuna  nelle  pratiche  tenute  con  Vo* 
atra  £cceilenza  e  con  altri  Ministri  dell'  Impen^ 
e  trovandomi  Jbrtato  a  dovere  attendere  a  qual^' 
ohe  cosa  per  mio  trattenimento  :  nù  son  risolutù 
impiegarmi  nel  servizio  degno  di  og/ti  persona  di' 


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LIB.  IL  CAJP.  ni.    .  49.      

^oiùte,  dico  nel  servizio  della  Patria  miaj  la  quale  j^^ 
essendo  già  molti  anni  stata  oppressa  come  ognuna  C. 
■sa  j  richiama  al  presente  tutti  i^glioli  suoi  per '^ 
ajutarla  a  sollevarsi ,  fra  i  quali  non  penso  essere 
deUi  manco  utili,  e  delti  muAco  interessati^  ritro- 
vandomi offeso  nel  sanate,  nella  roba^  e^nelU  ami- 
ci- Arrivò  egli  con  Itj  dette  galère  a  Porto-Ercbie  ^ 
«spettando  quivi  di  congiuogerai  eoa  l' armata,  ch« 
doveva  Teoiré  di  Fraacia,  preparandoù  adaualU'' 
re  lo  Suto  di  Piombino,  mentre  Piero  joo  fratello 
con  ì  soccorsi,  che  aspettava  dalla  Lombardia,  ave*- 
.  ae  trasfento  la  goerra  in  quello  di  FirmK..  Sdibe* 
ne  al  Duca  non  fossero  iDtienmeDte  palesi  tali  di- 
segni, ciò  non  otiaDte  dalle  incerte  notizie  deUi 
esploratori  potè  comprendere  quanto  i  nemici  pre^ 
paravano  per  la  diversione,  e  perciò  domandò  all' 
-Imperatore  nuovi  soccMsi  di  gente  pagata,  e  gli  fu- 
rono accordati  duemila  iantì;  ordinò  parimente  uua- 
ve  reclute  ìd  Germania  ,enello  Stato  dei  Papa,  do 
vendo  tenere  ben  muniti  gli  alli^iamrntì  intonis 
Siena  ,  rinfuriare  i  preùd)  del  Piombineae^  e  della 
•Valdichiana ,  e  teucre  un  corpo  di  dif^  nel  Fio- 
rentino. Suggerì  ancora  all'Imperatore,  che  conls 
forze  del  Milanese  si  poteva  con  làcìlità  tagliare  la 
abrada  al  soccorso  di  Siena ,  il  che  ae  fosse  riescilo 
-restava  finita  U  guerra }  e  siccome  non  vi  ara  timo- 
re che  il  Turco  occupato  ocratro  i  Pernani  fosse  per 
mandare  nell'estate  una  nuova  Flotta, pn^}oee,cb« 
potendosi  sfbmire  il  R^no  di  forze,  si&cessedilà 
una  sufficiente  spedizione  pur  invadere  gli  Stat»  di 
Gvrtro,  e  di  Pitigliano. 

Prosegaira  intanto  il  Marchese  a  stringere  sem- 
pre più  il  blocco  di  Siena ,  e  occupandp  ì  posti  pift 
impiirtaati,  fld  eaptignando  i  Forti  eretti  dalliasaa- 
T.  IL  4 


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Sd  STORIA  Dt  TOSCANA. 

Aif.  diati,  ipargera  nella  CìtU  losbig^imen^  eil  taw 
^  <^-rere;  e  tutto  ciò  5Ì  aggiungeva  la'dif&denKa  conce» 
'  ^pita  da  Senesi  centro  la  Strozzi,  per  cui  recosaTan» 
di  ammettere  n«Ha  Gttà  nuovi  Fiiiforù  di  Truppa. 
{1  Duca  con  minacciarli  la  devastazione  accrescerà 
queste  discordie ,  che  arrebhero  ceptamente  opem- 
to  l'eSetto  che  deaiderava ,  i«  lo  Strozzi  non  gli  m- 
Tesse  di  continuo  Fiofrancati  con  la  aperanta  del  Yh- 
vino  loccopso  ;  ed  io  fatti  i  Uinistri  del  Re  prepa- 
ravano una  leva  di  tremila  Grìgioai ,  giacché  gU 
Sviswri  antichi  alleati  della  cbm  Medici  aveano  ro> 
«usato  di  servire  coatro  il  Duca  ;  il  Conte  della  Mif 
Tandi^  riuniva  settecento  cavalli ,  e  dacjuecento 
£tnti.  Tutte  queste  Truppe  dovevano  far  mas»  alU  ' 
Mirandola,  e  di  qui  con  diciotto  pezzi  di  arliglierì« 
raoTerai  sotto  il  comando  di  Forqueraidx  aUa  volta 
ilella  Toscana,  Doveva  conteoiporaneatnente  oao- 
versi  da  Uarsilia  l'armata  navale,  e  sbarcando  sui 
lidi  di  Toscana  genti  e  vettovaglie  rinforzare  qua- 
nto esercito ,  e  secondare  le  sue  opcrazionL  E'  il  Do^ 
«ninio  di  Ftrenae diviso  dalla  Lombardia  da  unadi- 
Tamaiione  d^'i^ penniao,.cbe  partendosi  dal  Tex- 
TÌtorio  di  Bologna^  e  proseguendo  fino  alla  marina 
di  Pietrasanta  fijrnia  una  Bairi^a  di  a^KÌssime 
«noBtagne ,  iosuperabili  per  il  peasa^io  dioneaer* 
-cito  da  qoeUa  parie:  le  angustie  dei  pass ,  la  sor^ 
«tjt  delle  vettovaglie  io  paese  nemico,  e  il  comodo 
dì  cwpbiiwraì  ooo  la  Flotta  rendevano  impnticB- 
lùle  il  pasao  del  Pìstojese^  dove  la  siHrpreaa  dì  Pi- 
0U^tk  odiPrataavrehbe  facilitato  i  loro  disegni,  per- 
ciò non  gli  restava  che  il  passo  di  Ponlremcrii  ^  o 
qudlo  della  Garfagnana  sul  Territorio  di  Barga  . 
Quanto  al  primo  sarebbe  «tato  per  eon  il  piA  corno- 
et  pw  iraboccar*  a  Pwtranntaj  equivi  cost^ìni* 


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L1B.  II.  GAP.  la       ■  Al 

do  la  marioa  aspettare  la  Fluita^  assaltare  Pisa ,  e  ^^ 
ÌDTadere  il  suo  Territorio;  ma  coDsidarando  che  ildi^ 
Duca  possederà  ìd  Laaìgìaaa  FivizsaBo,  eakre  Ter-  '^ 
re  ben  munite,  e  che  i  Malanni  e  i  GenoTosi  con- 
finaoti  con  riunire  le  ìoe  gmti  avrebbero  potuto  in- 
festarli la  marcia ,  e  impedirli  i  Viren  ;  acdsero  il 
passo  delta  Garfagnana  eoa  animo  di  postarsi  ani 
Territorio  di  Lucca ,  e  qoìvi  attendere  da  Viareg^ 
f;ìo  il  rinforzo  della  Flotta,  avendo  sempre  alle  spai» 
le  gli  Stati  del  Duca  di  Ferrara ,  da  cui  «rane  certi 
di  ricevere  ogni  comuditÀ.  Sulla  certenu  di  ({uesta 
^tedizione  Don  Giovanni  de  Litna  G>maadui.t0  Atl 
Castello  di  Milano  si  mosae  secondo  la  diretiooe  di 
Cosimo  con  trem  ila  tanti,  dugento  cavalli,  e  dugen^ 
to  uomini  d'arme  verso  il  G-emonese,  dove  unitosi 
con  duemila  cinquecento  Tedeschi ,  già  reclutati  da,' 
Cosimo,  poisava  di  tagliar  la  strada  al  nemico,  ov* 
vero  seguitandolo  alla  coda  raggiungerle  in  Toaca* 
na,  e  impedirli  le  opoazioni.  Anche  il  Gtffdinale  di 
Giaen  si  determinò  di  polvere  ajuto  al  Duca  eoa 
milledugeato  làuti ,  e  ditgeato  cavalli ,  che  già  ai 
trovava ,  ordinando  che  in  Abruizo  si  Uvassero  tt*« 
mila  fanti,  e  quattromila  nello  State  £ccleiiastica. 
Questo  soccorso  fu  concertato  di  farlo  jnareians  daJU 
l'Abruzzo,  s  passando  in  qoellodi  Perugia  arrùrar* 
al  confine  dri  Gorlonese.  Per  colorii^  al  Duca  i  loro 
sUaegni  richiesero  i  Fraaceù  il  passo  al  PoQteficcj 
simulando  di  voler  traversare  dal  ^(^pgneae  o  dalla 
BoiBagna,  per  tenere  sempre  piii  divise,  e  diatratt* 
k  forze  del  nemico.  Era  la  Ene  di  Blaggio^eilMar- 
chese  piantato  già  l' alloggiameulo  a  Poi^  Romaaa 
avea  distaccato  una  parte  del  suo  eeercito  in  nijune* 
PO  di'  settemila  fiuti  e  quattrocento  cavalli  per  ÌM 
Veldichiana ,  aOlochi  con  qn  corpodi  fiilf^tori  d*" 


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S*  STORIA  DI  TOSC&RA 

Am  Tastaue'  tatte  quelle  campagne  ;  e  sebbene  gli  taùm 
a  C-nota  la  mapcia  del  soccorso  Francese  per  la  Lom- 
'***ibardia  ignorava  però  quali  operazioni  dovesse  ese*' 
guircj  né  si  era  presa  altra  precauzione  che  distri- 
buire duemila  Uomini  tra  Pìetrasanta,  e  Barga.  HeD- 
tre  il  Duca  e  il  Marchese  erano  intenti  a  osservare 
questi  movinoenti  dd  nemico,  e  a  ristringere  il  bto^ 
co  di  Siena,  Piero  Strozai  la  notte  delti  undici  di 
Giugno  esci  dalla  Giti  con  quattromila  &nU  ,  • 
quattrocento  cavalli,  e  traversando  le  sentinelle  dek 
campo  si  portò  a  Caaola^  di  dove  iutroducendoii 
nel  Dominio  di  Firen»,  e  scorrendo  da  Gambassi 
eMontajoneperla  collina  si  condusse  dopo  duegioi^ 
fii  •  Pontedera,  terra  situata  8uU'ÀrDO,*oppòrtu> 
baper  il  passaggio  di  quel  fiume.  Resta  sconcertat* 
il  Marchese  per  così  inùpattata  e  ardito  risolnno- 
ne,  e  più  di  esso  il  Duca,  particolarmente  qoanda 
sentì  lo:  Strozii  essersi  avvicinato  a  venti  miglia  a 
Firense,  e  sebbene  tenesse  presidiata  la  Capitale  eoa 
duemila  iaati ,  temeva  non  ostante  che-occupando 
«gli  San  Cacciano ,  o  quakbe  altra  Teri»  circonvi* 
Cina ,  e  annidandoseli  con  dappresso  richiamasse'  i 
Cittadini  alla  ribellione,  e  risvegliasse  qualche  tu- 
multo nella  Città.  Avea  già  ordinato  al  Uarcbess 
ehe  seguitandolo  procurasse  di  attraversarli  la  mar- 
cia, ma  il  richiamare  il  distaccamento  di  Valdi- 
chiana,  il  lasciare  ai  Forti  la  debita  guardia,  e  I* 
naturale  saa  perplessità  lo  trattennero  in  modo  chft 
prima  della  sua  mossa  dal  campo  lo  Strozii,  passa- 
to già  VAmo  a  guazBOi,  e  traversate  le  Gerbaje,  en, 
andata  a  postarsi  sul  Lucchese  al  Ponte  a  Horiano, 
Àtne  avea  già  disegnato  di  tnnoierarai.  In  tali  cirt 
«oataaiw  volle  il  Duca  che  il  Marchese  con  settemii» 
feati ,  e  ^uattrocepto  oavalU  acgoibuse  il  nemico  > 


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tlB.  ».  Gi>.  m.  :  ts      ^ 

v  fonando  la  marcia  procurasse  dì  raggìangerlo  j  b  av, 
impelarli  r  anione  col  soocorsodi  Lombardia ,  teQ-di  C*. 
ÌHDdo  egli  di  combinarn  con  l'eaercito  di  Don  Gio-  " 
Vanni  di  Lana  ,  che ,  nota  avendo  potuto  raggino-' 
gene  i  FranceBi  nella  Lombardia  per  il  pasao  di- 
PoDtretnoli,  aiaTanzava  nella  Lunigiana.  Il  paasap 
gio  dell' Alino  ingrosaato  dall«  recenti  pio^  trai* 
tenne  alquanto  il  Marchete,  ulmentecliB  arrìnto 
li  i8  Giugno  a  Pescìa  trorò  che  Forquevaolx,  do» 
pò  una  lieve  scaramuccia  fatta  con  le  troppe  apedi» 
te  dal  Duca  per  difesa  di  Bai^a  ^  e  tentata  ioutil« 
mente  tpiella  terra  eoo  la  promessa  della  lifaertÀ) 
ai  era-Gnalmente  unito  con  lo  fitroitfci  al  PoAte  a 
Moriano ,  di  dove  fatti  alcuni  distaccametati  «nda-^ 
vano  infestando  la  VtildinieTdej  e  tentavano  Tea* 
pi^nanone  di  quelle  Terre.  Una  acaraiBBCciB  attaC' 
caia  a  FeBCÌa>  e  sostenuLa  con  qnalcIiedìscapitO}.fe> 
ce  comprendere  al  Marchese  che  non  coRvenìva  aT* 
Tentararsi  da  vantaggio^  e  risolvendo  di  non  aitar' 
dare  il  ci^fronto  si  porta  a  Seravalle  in  vicinania 
di  sei  miglia  con  animo  di  tenerlo  in  osservaaione^ 
e  col  custodire  quel  passo  inApedirli  di  acormw  ulte- 
riormente verso  Piatoja. 

Era  il  Marchese  cauto,  e  prudente  Geonralé,  quati*^ 
to  Io  Strozsi  animoso ,  e  arditoj  e  perciò,  tollerando 
ctin  indifferenza  che  egli  avesse  occupato  HooieCar* 
lu ,  e  Montecatini ,  si  stava  aspettando  dall'  evento 
l'occasione  di  offenderlo,  e  purgare  con  qualche  a< 
zione  più  gloriosa  la  macchia  acquistatasi  nella  ri', 
tirata  di  Pescia.  Si  lusingava  egli  che^  avaniandad 
a  Fiett^santa  Don  GioTanni  di  Luna)  e  contìaiud* 
do  le  piogge  a  tener  gonfio  il  Fiume  ^  e  togliere  ai 
nemici  il  comodo  dì  guadarlo  j  sarebbe  stata  Jàcilf 
rinchitiderli  in  quella  valle,  e  tTonCftttdoli  la  «trada 


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su  STORIà  Dt  tOSCAITi. 

"T"  alle  Tettovaglie  poterli  battere  ,  o  sbandare  oolt  jA& 
di  c.ncnteÉXA.  Arrivato  in  Pisa  il  aoccorao  Imperiale  di 
■^Lombardia  il  Duca  avea  ordinato  a  Don  Giovanni 
di  Lune  cbe,  passando  l'Arno  vicino  a  Cascina > 
unÌBse  il  Suo  esercito  con  quello  del  Marchese  ;  mft 
trovandosi  contrastato  il  passo  dai  nemici  ritornd 
ad  alleggiarsene  in  Pisa.  Gonoscendù  lo  Stroui  che 
l' unione  di  questi  eserciti  poteva  prodiure  la  sua 
intiera  disfatta  >  lancindo  seicento  fiinti  inMonteca-* 
tini^e  trecento  in  Monte  Carlo,  e  distribuendo  l'Ar* 
tuberia  venutali  dalla  Mirandola  fra  1'  nna  e  l'ali 
tra  di  quelle  Piatte  j  la  sera  dei  34,  pvato  a  guai* 
IO  l'Arno,  andò  con  l' esercito  a  Poutedera  di  dova 
pros^ni  la  marcia  per  la  Collina  verso  il  Senese . 
Se  Don  Giovanni  di  Luna  non  ritornava  inconsi- 
deratamsBte  a  Pisa  avrdihe  potuto  troncarli  il  Cam- 
minore  dar.  tempo  al  Harcheae  di  raggiungerlo  op- 
portunamraite }  ma  no»  ostante  questa  mancansa 
pensò  di  a^aitarki  a  marcia  forzata,  e  in  latti  lo 
nggiunse  al  Bosco  tondo  »  dove  lo  Strozai  avea  di- 
lunato  di  alleggiare, e  riposare  quivi  le  genti,  che^ 
^presse  dalla  fitme^  dal  caldo,  e  dalla  faticala 
ancora  asperse  del  loto  del  fiume  in  cui  ai  erano  im« 
merse  fino  al  petto  ,  aveano  estrema  necessiti  di  ri- 
storo. £rft-quivi  una  Valle  profonda»  e  tolta  co* 
perta  di  Alberi,  che  restava  chiusa  da  una  enunen-i 
u ,  su  cui  M-a  situato  il  Convento  di  San  Vivaldo  ; 
quivi  caseado  postati  i  Francesi ,  e  occupando  la 
part«  superiore  della  Valle ,  fredè  il  Marchese  trop- 
po pericolosa  impresa  attaccarli  in  attoaxione  così 
vantaggiosa  ,c  perciò^  si  caotmitÀ  di  s^uitartì  dap< 
presso,  e  gli  riesci  di  svaligiarne  mollit  e  ne  fec« 
prigionieri  più  di  dugento;  poiché  temendo  lo  Stroa- 
SÌ  di  e«er  raggiai^  anciw  dalle  genti  di  Dna  Gì»- 


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t».  ti.  cAt.  m.  tì    ^^ 

Yilllli  pfoii^uì  la  niarck  T«no  Casole ,  doTe  arri-  ^j^^ 
«sto  attese  per  quattro  gioroi  a  dare  riposo  e  rio-di  C. 
freicaiueoto  alt'  esercito.  Questo  fu  il  fine  della  tcor-  '^^ 
nrìa  di  Puro  SlnAzi  nel  Doouniu  dì  FircoEe>  che 
tanto  spaventò  Cktaimo,  e  confale  ilMardiew  di  Ha* 
riguauo  ,  e  che  «eccnido  i  vari  ioteressi  di  ciasche-' 
dune  risregliò  ibseme  laBperauta  e  lo  sbigottimeu-> 
to  nei  Popoli  >  il  suo  contegno  fu  fiero  e  crudele  eoa 
quelli  che  si  opponevano,  e  iosuluinte  contro  ÌHi* 
Bistri  e  la  persona  del  Duca.  A  Ponteder4  e  nelle 
•dtre  Terre  da  esso  occupate  abbruciò  le  Scritture 
pubbliche,  e  particolarmente  i  libri  del  daaio  :  ai 
■noi  bene  affetti  dispeUttaira  pateOti  di  franchigie  « 
■senùoni  f  come  se  già  avesse  conquistato  il  Domi* 
ilio  :  inspirava  da  per  tutto-ai  Popoli  la  ribellione  f 
premettendoli  la  libertà:  iog  dicevd  egli  >  non  JOA 
penuto  per  esser  Signore  né  Principe,  mtt  ton  ve* 
auto  per  etser  chiamato  j  e  per  togliere  le  tirartit 
me ,  che  Ja  quél  Duea  maligno  ,  e  liberar^  ehi  è 
soggetto  t  benché  iòsse  severo  oon  i  diBobbedienli  ^ 
tera  però  amalo  oltremfido  dai  auù  soldati  :  i  Lue* 
diesi  lo  lavoriroDo  assai  ctm  soecorsi  di  Vettovaglie 
e  di  genti»  ed  egU  eUw  per  le  cose  loro  egual  ri' 
spetto,  che  per  le  proprie.  A  Pesda  otdifaò  al  suo 
maestro  di  campo  che  nota  fosse  latto  oltraggio  o 
villania  a  veruno  ,  lusingandoR  che  l' esempio  di 
questo  trattamento  avreUie  Aiosso  facilmente  ad  at< 
h^nderai  lealtrc  terre  della  Valdiaievolei  Se  la  FlotU 
,  diBlarsilia  non  gli  avesse  mancatojoi  soccorsi  lai* 
perieli  di  Louibanlla  non  fossero  stati  così  selledti 
a  s^aitare  Forquevaulx,  il  Dominio  di  Fimute  di* 
ventava  Ìl  Teatro  della  guerra  »  e  si  trasentano  nel 
Duca  le  calamità  dei  Senesi)  ma  parve  chd  tutbj 
«UBgiarasst  a  leoiUrs  inutili  i  sowi  disegni  *  e  iti' 


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SA  STORI  à  DI  TOSCAAÀ 

j^j,  IhiUaoM  questo  soccorso;  poiché  arrivato  a  Canile^ 
diCe  sentendo  che  già  si  erano  giuntati  alli  alloggia- 
'^^moiti  Sotto  Siena  il  Marchese  di  Merignano  e  Dmi 
Giovanni  di. Luna,  conobbe  l' impossibilità  di  as- 
saltare i  Forti  e  le  Trincieredel  nemico,  divenuto 
troppo  superiore,  e  considerando  dall' altro  canto 
che  l'accrescer  di  nuova  truppa  il  presidio  di  Sie- 
na ,  attesa  la  scarsità  dei  viveri ,  era  un  accelerare 
la  rovina  di  quella  Città,  risolvè  d'inviare  F^que- 
vanlz  eoo  l' esercita  a  Massa  in  Maremma ,  non  so- 
lo per. attendere  l'arrivp  della  Flotta»  ma  ancwa 
per  .Umore  che  la  morte  del  Priore  di  Capua  non 
alterasse  la  situazicatedelli  affari  in  quella  Provin- 
cia. Avei  egli  con  rajutodi  alcune  Galere  France- 
si ,  e  con  un  corpo  di  Truppa  raccolt»'  nelli  Stati 
àdia  Chiesa  e  di  Castro  tentato  dì  artaltare  lo  Sta- 
to di  Piombino ,  e  meiltre  en  all'assedio  di  Scar- 
lino ferito  di  nna  archibusata  fini  di  vivere  ;  usai 
sensìbile  -era  stata  a  Piero  k  disavventura  del  fra- 
tello j  ma  non  meno  di  essa  lo  affliggeva  il  presen* 
te  stato  della  guerra;  vedeva  egli  ì  nemici,  cfae 
jHantati  gU  aUoggiamenti  a  porta  Romana ,  impedi- 
vano del  tutto  a  Siena  l' introduzione  dei  viveri ,  e, 
conoscendo  di  dod  aver  forze  bastanti  per  &ffi  sl<^- 
giare ,  procurava  almeno  di  riparare  in  parte  alle 
calamità  dell'  esercito ,  che  afflitto  dai  disagi  e  dalla 
mancansa  delle  vettovaglie ,  e  Ungoeute  per  l' in- 
salubrità del  clima  della  Maremma  tutto  giorno  si 
sbandava  e  dimÌDoive  j  ma  piìi  di  tutto  gli  doleva 
cfae  i.  Fiorentini  e  i  Sudditi  del  Duca  avessero  così 
mal  corrisposto  alle  sue  espettative,  mentre  egli  a- 
vea  tanto  promesso  al  Ite  del  loro  desiderio  fer  la 
libertà^ 

Subito  che  fu  risoluto  in  Francia  di  spedire  un 


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uc  a  GAP.  IH.  5r      _ 

tdccortoj  die  divn-tìsBe  il  blocco  da  Sieo» ,  e  rida-  ak. 
ceue  la  f^rra  nel  Fioreatioo  ìmagioò  lo  StrÓEzi  rit^  ' 
che  si  aaimassero  dal  Re  g-li  astichi  Repubblicani 
'dispersi  perle  Piazse nercantili dell'Eurofm^ afGa- 
che  Don  acAo  coacorreaacro  con  le  loro  ricchezze  al' 
t'impreBaj  ma  incoraggiuero  ancora  con  l'esempio' 
quelli  che  nella  Patria  si  stavano  tranquillamente* 
soggetti.  I  Mercanti  di  Lione  offersero  al  Re  rira- 
prestitodi  rìguardcToli  somme,  e  ai  Mercanti  di  Ro*- 
ma  fu  proposto-  che  a  spese  della  nazione  Fioren-< 
Una  si  Ibrmasse  un  corpo  di  duemila  fanti  edugen>' 
tocaTalli,  contribuendo  ciascuno  secondo  le  forze^. 
promettendo  il  Re  che  ,  liberati  i  Senesi,  e  dissi- 
pate le  forze  del  Duc«,  avrebbe  ristabilito iu  Firen- 
ze l'antica  Repubblica.  I  Fiorentini  di  Venezia  e. 
quelli  di  Ancona  dovevano  contribuire  alla  spesa, 
e  il  Segretario  d'Ambasciata  in  Roma  gU  animava: 
B  nome  di  Sua  Maestà  a  concertame  l'esecuzione.' 
Già  si  preparavano  le  insigne  con  le  armi  della  Re- 
pubblica e  col  motto  della  libertà,  quando  il  Papa 
ad  istanza  del  Duca  ordina  che  sì  adonaase  la  Na-. 
zione,  e  gli  ammonisse  a  non  fare  più  coQcìlfeboIi 
contro  il  SQO  Principe.  Adunata  per  questo  effetto  la 
Nazione  fu  introdotto  a  parlare  il  Segretario  Fran-' 
cese ,  il  quale  dimostrando  le  obbligazioni ,  che  a- 
veva  Firenze  alla  Girona  di  FVancia,  e  la  difesa  che 
sempre  avevano  tenuta  quei  Re  per  la  di  lei  liber- 
tà fu  ftal  Console  interrotto,  e  non  senza  qualche 
tumulto  costretto  a  partirsi  dalla  adunanza.  Gò  nini 
ostante ,  siccome  Bindo  AItoviti,.e  l'arcivescovo  di 
Firenze  suo  figlio  accendevano  gli  animi  di  ciasche- 
duno alla  ribellione ,  enno  inutiU  le  premure  del 
Papa  e  quelle  di  Cosimo,  pertroncare  il  corsoa  mag- 
giori consegueuK.  L'ani  mositi  e  lo  ^àrìto  sedizie- 


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^_        58  STOMA  Ut  TOSCA»*, 

^jmi.  So  della  Naskme  Si  manirestò  ma^ìoemebte  il  gÌOf> 
di  Cno  della  feRlività  di  San  Oio.  Batista  inoccasiooe, 
'^che  il  GoD9Dle  era  solùo  di  coQTÌtare  l'Àtnlnsciata- 
re  del  Buca,  A  i  priacipaki  Fiurentini  quando  era 
per  terinÌDarai  il  courito  comparve  au  Cameriere 
del  Papa,  cbe  ritoroando  dalla  Corte  di  Francia  era 
stato  dal  Re  incaricato  di  preseatare  al  Console  Una 
lettera  di  «Questo  tenore:  Caro  e  btitmoÀmico.  Fbi  a- 
tiTtfte  inteso  come  noi  abbiamo  grandemente  aumen* 
tato  le  nostre ^u  dalla  parte  di  Siena  ^e  quelle 
che  mandiamo  per  mure  e  per  terra  {U  nostro  Cugi^ 
no  Piera  Strozzi  nostro  Luogo  Tenente  Generale 
inìtaliaper/aredei  buoni  ejffitti^rditfUali  ci  sarà 
di  aingoiàrissimo  piaéére  che  Iddio  he  faccia  gra-* 
aia,  di  pater  rimettere  e  restituire  alla  primiera  e 
anticatibtrtà  sua  la  Signoria  e  RepubÒUca  di  Fi' 
renae  la  quale  sempremai  è  stata  si  devota^  e  affe- 
sionata  alUi  Corona  di  Francia.  Per  qttesta  cagio-' 
ne,  e  perchè  una  tale  impresa  deve  toccare  ben  pre^ 
MoalcuofedituttitfUelli  deUavostranaùone  ynan 
debòotìoperttò  risparmiate  cosa  nerunaper  liòe- 
rare  >»  medesimi  e  li  loro  dàUa  intaUerÒMle  ser- 
piiii  in  cui  si  trovafìo  oggi  ridiati.  Ifoi  abbiamo 
dato  tarictì  al  presente  apportdture  di  prof  tana  so- 
pra di  ciò  qualche  eoiaetc.  L'AmbaoCìatorc  Seiri- 
sterì  tobe  di  matto  al  Cauericn  del  Papa  queMa  let* 
fera ,  e  goU  parole  ÌBginrioae  gli  tin^roTcrà  l'au- 
dacia dr  aoTTertire  una  Kazìone  cotttro  U  Sovt-anOf 
nacuacàtalaai  neU'adunanaa  il  tinnuUo  dovè  l'Ani-* 
tasoiatore  mtituire  la  lettera ,  li  qnale  ,  esaeodoaì 
■gli  pà  ritirato^  fn  letta  tranqailtanaeDte  nell'ussem- 
Uea.  Reclamò  il  Cardinale  di  £eUay  al  Papa,  che  ù 
ItAciaSBe  impunita  in  Rama  sa  tanto  affronto  fatta 
ai  509  Rc^èilPaatafice  «querelò  i^nieate  oallhi*- 


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tlB.  n.  CAP.  IH.  s$      ^ 

ca  jichiarandon  ofleio  nella  persona  del  suo  C*-  ^^f, 
nierìere.  II  Duca  all'opposto  si  doleva  del  Papa  ^tUCf 
che  ad  onta  dello  stabilito  parentado^  e  delle  tan-'^ 
te  promesse  fatteli^  tollerasse  con  indiffisreoza  sot- 
to i  suoi  occhi  una  ribellione  con  «aodi^osa:  lo  pic'' 
cava  poi  inaErgiormeDte  l'apparato,  con  cui  si  faceva' 
il  processo  all'Ambasciatore  ad  istigalli<»]ie  dei  Fraa*' 
cesij  e  già  lo  avrebbe  richiamato  secondo  l'istanu 
che  glienWa  fatta,  se  riflettendo  alle  circostanxee 
alla  natura  del  Papa  pieghevole  a  tutti  gli  eventi 
tH»i  aveese  giudicato  più  utile  il  dissimuUre.  Bai- 
dorino  di  Monte  fratello  di  Sua  Santità  acquieti 
questa  pendenza  ,  e  il  Duca  distratto  da  più  gravi 
interessi  vi  si  pretestò  con  faciliti.  Ha  non  per  que- 
Bto  si  frenò  l'ardire  dei  Fiorentini,  poiché  non  es- 
sendosi accordati  per  armare  quel  numero  di  Trup* 
pCj  che  loro  era  stato  proposto  concorsero  i  principali 
a  formare  diverse  compagnie,  che  sireclotavane  in 
Boma  pubblicamente.  Bindo  AltoTiti  spi^ò  in  p«dH 
blico  la  sua  irapreae  rapprasen  tan  le  un  Toro  che  cóai 
le  coma  inalza  da  terra  un  giogo  e  lo  getta  in  arùb 
Né  qui  finirono  gl'insulti  contro  il  Duca  ,  poiché 
nella  festa  de)  Corpo  di  Cristo  la  Chiesa  della  Na- 
aioneera  ornata  di  araiai  rappresentanti  la  trasmi* 
grazione  di  Babilottiaj  e  sotto  le  armi  del  Duca  e^ 
ra  l'Istoria  di  Bmto  e  Cassio.  Ancba  in  Yeneaia  nel* 
lo  stesso  giorno  di  San  Gio.  Batista ,  mentre  i  Fio' 
trentini  erano  in  Chiesa  adtmati  fu  portata-  la  ialsk 
nuova  della  disfatta  del  Biarcbese  di  MarìgQMDo  f 
per  la  quale  si  trasportarono  a  fare  grandi  esclama- 
■ioni,  aahi ,  e  segni  di  strat^dinaria  letizia^  quivi  po- 
tè mentre  «raso  al  convito  l'AmbasciatoTe  di  Fran- 
cia inviò  loro  un  suo  domestico,  perché  a  boroedel 
Be  (U  esortasse  a  pranzare  crai  allegrezaa  j  voleoh 


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Ba  STOKtA  DI  TO.SC\ll^ 

j^  do  Sua  Mesta  renderà  aTiorentioi  la  libertà  siòCO>' 

4ÌCme aveva  fatto  ai  SeDesLPerciòÌDTeiraoocoatiaua* 

"^meete  contro  Cosimo,  e  Pietro  Aretino,  benché  peu". 

sìooato  da  esso  e  da  Carlo  V-,  diceva  cbe  la  guerra 

di  Siena  era  impresa  di  un  allievo  di  vedova.  L'e- 

Tentocontnirio  tradì  le  loro  «peraace^  e  lesevere. 

eeofiscaaioni  frenarono  la  Ichto  audaciav 

CAPITOLO   OITaRtÒ 

Cirtltera  del  Marchete  dì  MarignaDo  ,  e  di  Piero  Slfout  .' 
CircottaoBe  che  atonia  t  due  Generali  a  veAire  é  batta<' 
glia.  Vittoria  delt'Eieitito  del  Duca  a  Scanbagallo.  Pr»* 
pOHsioni  di  pace  rigettate  dall'Imperatore  ,  e  dal  Duca> 
Siena  i  itrettnUBggionneDte  d'assedio  .  De  tenti  inai  ioni 
della  Corte  di  Francia  circa  il  socoonerla,  o  nò.  Oedisio- 
tae  dei  Senesi  al  Duca  Coéimo,  e  tiapitolakiobi  Briiute  eoli 
il  mcdetiinoi 

Gemeva  sotto  ìl'peso  di  tante  calamità  l'afflitta 
Bépubblica  Senese,  è  deplorava  la  perdita  della  sua* 
libertà  ,  la  quale  o  vincitrice,  e  vinta  dovea  essere 
il  {H«mio  dì  chi  restava  superiore  in  questa  cam'^ 
pagna.  Non  mancava  il  Marchese  dì  Marignauo  per 
mezzo  di  segrete  corrispondenze  di  farli  compren-* 
dere  t'immìaente  pericolo,  a  cui  l'esponeva  lo  Sn»* 
si,  che  dopo  gli  ultimi  tentativi  del  sue  valore^  e  eoa 
il  pili  potente  sftH'zo  della  Monarchia  Francese  non 
area  potuto  allontanare  da  lei  la  foraa  che  lì  sovra- 
stava. Lo  Strozzi  all'opposto  convìncendola  dell'im- 
pegno contratto  dal  Re  di  liberarla  dalla  oppres* 
sione,  l'asncurava  che  un  tanto  Monarca  non  potè- 
va  mancarli  di  altri  maggiori  «occorsi.  La  classe 
del  Popolo  aostenuta  dai  Francesi  nellapartecipa» 
Kione  del  govinno  mossa  dall'interesse,  e  dal  fana^ 
tismo  persisteva  pertinacemeate  nel  proposito  di 


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ira.  ti.  CAP.  m.  6i     ^ 

Irrventaare  la  libertà  della  Patria  al  successo  delle  ^^ 
armi.  La  nttnzìone  delU  ewreìti  era  tale  ,  che  indi  & 
breve  tempo  dovea  risolverai  l'esito  della  guerra.  Il  '^** 
Marchese  dopo  essersi  giuntato  con  Don  Giovanoi 
di  Luna  ,  e  con  le  g«iti  venute  dal  R^no  coman- 
date da  bon  Giovanni  Blanriqnez  Ambasciatore  a 
Bontà  stringeva  sempre  più  il  blocco  della  Citti^ 
e  rendeva  piò  difficile  alnemìco  l'impresa  perlibe* 
'rarla  :  solo  poteva  giov^«  ai  Senen  il  non  poter 
Carfo  V.,  eil  Duca  Ckmmo  sostenere  più  lungo  tem- 
po il  dispendio  di  questa  guerra, -e  certamente,  i 
soccorsi  Imperìah  che  spesso  ai  ammutinavano  pw 
taaancanza  di  paghe,  si  sareMwro  anche  sbandati  sa 
le  premure,  eia  sollecitudine  del  Duca  in  accumular 
danari  non  avessero  suppUto  aldifetto.Àtuttociòài 
aggiungeva  la  poca  intelligenza  fra  il  Duca,  e  il  Uar- 
chese,  e  la  difficoltà  di  combinarsi  nelle  deliberazio* 
ni.  Il  Marchese  sebbene  non  mancasse  di  valore  en 
troppo  canto  nelle  sue  risolnaiiHÙ,  e  volendo  ope- 
rare sul  sicuro  sì  rendeva  perciò  tardo  >  dimaniéra- 
chè  mentre  ^lic(Hisiderava,loStrosù  eseguiva  pò- 
co  provido  in  prevedere  il  futuro  si  occupava  sedo 
del  presente  come  accadde  appunto  nella  scorreria 
che  fece  il  nemico  nel  Dominio  dì  Firrase;  geloso 
soverchiamente  del  comando  volea  risolvere  tutto, 
e  disgustando  i  suballemi  perdeva  il  tempo  nel  det* 
taglio  dellì  a&rì  dell'  Esalto  più  che  nella  dire- 
zione generale  dell'  im{««sa ,  singolarmente  avido 
di  qualunque  guadagno  voleva  intervenire  a  tult* 
le  imprese  per  partecipare  della  prede  ;  collerico, 
e  tenace  del  suo  parere  non  ammetteva  l' Aitimi  coo^ 
siglio,  e  aiocome  il  Duca  conoscendo  questi  dìfetd 
procurava  dì  correggerli  con  gli  ordini ,  e  disposi- 
liaii  che  mandava  nel  CAmpo,  bi^  prodncfT*  con» 


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«>  STORIA  DI .TOSCAJTA 

j^.g^  timumente  del  mal  umore  e  della  coatradìiìtwwJrq 
A  Cloro.  Credeva  il  Duca  che  per  aridità  di  guadagno 
'^egli  allungaaM  ad  arte  la  guerra ,  e  gli  rimprure- 
rava  più  di  uua  occanone  ^  in  cui  avrebbe  potuto 
batter  b Strozzi  ^etermiDare  la  campagoa  eoa  glo- 
ria. Cosimo  era  ÌèrTÌdo,aDÌ(noso,e  impaciente  quan- 
to il  Marcbeae  era  tardo  ed  irresoluto.  Lo  Struzzi  all' 
apporto  pi«io  di  coraggio ,  e  di  ardire  essendo  as- 
aoluto  nel  comando  es^uiva  indipeDdeotemeate  le 
eae  risolnzìoDi  senza  cbe  il  nemico  potesse  prev»* 
derle;  forse  il  suo  furore  coatruilDuca  loaref  im- 
pegnalo a  prometterai  trof^dai  Fiorentini, senza 
riflettoe  che  arvezzi  ormai  al  governo  di  un  solo 
aveano  perdute  afiUtto  l' idee  della  libertà.  Il  piana 
da  esso  imagioato  per  le  operazioni  dì  questa  guer- 
ra  dimostra  manifestameate  cke  i  suoi  talenti,  e  il 
suo  valore  meritavaso  miglior  successo;  gl'iiUrighi 
4i  Corte,  e  l' invidia cbe  allora  regnava  in  Francia 
contro  i  forestieri,  e  apeetalnunte  contro  i  Fioreor 
tini  dooiiaenti  alla  Gortp ,  gli  Iroocaroeo  là  strada 
alla  gloria,  e  eonfermareno  la  grandetaa  del  auooe- 
tuico.  Fino  dal  principio  detta  goeira  avea  già  pn»* 
veduto  che  la  fina*  dovea  oomfaBtteTe  ^ù  della  Cir- 
ca, concludendo  che  la  vittorìa  ddla  campagna  aà- 
rebbe  toccata  a  eh*  avcase  poCoto  fare  la  raccolta  in 
queet^anao;  perciò  Fiutando  inutile  w  maggie» 
dispendio',  risolvè  di  tenersi  sulla  pura  difesa  tutto 
H  mese  di  Maggio  doviCRdosi  poi  fiire  (^ni  afono  di 
camp^iare  nel  Giugno  e  net  Luglio  ,  che  aono  i 
mesi  d«Ua  mietitura.  Po'  questo  tempo  conaertd 
1' -arrivo  del  aoocorse  di  Lombardia  ,  e  quello  della 
flotta  per  trasièrive  la  guerra  nel  paese  n  emico  ctm 
l'of^tto  di  divertire  l' assedio  da  Siena  per  facÌU< 
«are  la  racc(4ta  ai  Senesi  j  e  toglierla  al  Duca  col 


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■LnLII-CAP.IH.  IB     __^ 

«Miiamo  delti  cMPCÌtì,  e  con  la  devastazione  delle  u, 
-campagD*.  Se  ì  Sene«i.aTesaero  potuto  fare  la  rac-^C. 
-colta  non  aveano  più  timore  di  m  nuovo  auedio,'^ 
-e  M  il  Duca  perdeva  la  sua  ,:nnune*b  egli  aaasdt»- 
-tDdalproprioeaercatoiKHimenò  cbeda  quello  dell' 
mimico.  Il  di  dieci  di  Giugno  era  il  termine  prefi»* 
«0  per  r  arrivo  del  soccocao  ai  confini  di  Lucca,  • 
per  quello  delta  flotta  allo  Scalo  di  Viareggio,  ti  avo 
pensiero  era  di  postarai  nella  migliore ,  e  pia  como> 
da  parte  della  Toscana  ,  e  occupando  Piato)B  e  Pr»- 
to  padroD^giare  dslb  manna  fino  alle  mura  deUft 
•Capitale  ;  i  Lucchesi,  e  lo  Stato  delDucadi  Ferra- 
ra doveaaosomminÌBtrarlileprovTÌJioni  occorrenti 
per'  starai  sulla  pura  dil^ ,  e  darli  il  posw  per  i  loe* 
corsi  per  mettersi  neir<^bn3Ìvasacondo  gli  eventi. 
La  mancanza  della  flotta  aconca-bò  tutte  le  sue  mi- 
Mire  poiché  il  solo  rin&vu  della  Mirandola  non  1» 
reaeegmlealaeiiiico^eia  aalledlndiiie  di  OooGia- 
Taiwi  di  Luna  lo  pose  in  pericolo  di  restare  rifu 
chiuso  fra  i  due  Eserciti  e  eoccombere  alle  force  del 
Duca.  L' unico  espediente  che  potesse  pnendere  in  eo^ 
ù  «càhroaa  sitaanooe  fuquelìo  di  rìvulgere  la  mar- 
cia con  celerità  verso  Sieoa  >  e  tentare  ardkameote 
di  prevenire  il  Bemica ,  assaltarli  Je  ««e  Trincio* 
le.l disagi «ofièiti mei  paiaaggiodelFiiuie,laman> 
<aOH  delle  vettovaglie  ^  e  l' essere  inn^ito  dal  ae> 
DÙCO  alla  coda  ^  tolsero  anofae  quatta  oeoMiane  di 
giovar*  si  Senesi ,  ed  essendo  dispenato  il  oaao  di 
«oateoersi,  fbraa  era  di  agin  disperataanente> e  av> 
Tentnrarsi  al  suocesso  idcll'armi . 
.  Talierano  le  drcottance  dei  due  Generali,  e  tale 
la  siliuaUQDedeìdne£aen:itidopD  iiritomo  diPìe> 
ISO  StroKuaciSeiie8e,eacbbsDeil])aca  vi  avesse 
tatto  il  Taatag|io,  ciò  ^loo  ostante  l'iDccrtcìndei 


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«4  STORIA  M  TOSCANA 

j^,  moTimeiìti  del  nemico  teneva  sosjyose  le  pperano- 
■diC.  ni  ;  insorsero  perciò  nell'  Esercito  due  diversi  par»- 
..iSa4^j  j  r  UDO  che  essendo  superiori  di  forze  si  seguiti»- 
se  it  nemico  per  affamiàrlo^  e  costringerlo  a  «ho- 
battere  >  l' altro  che  essendo  bea  presidiato  Piom- 
bino si  lasciasse  liberamente  8corr«% ,  e  sì  rìuni»- 
0ero  tutte  le  fone  per  stringere  la  Città  maggior- 
,iuente,  e  pressarla  a  capitolare.  Questo  secondo 
consiglio  era  quello  del  Marchese  disapprovato  ma- 
nifestamente dal  Duca^  cui  troppo  era  a  cuore  la 
pronta  risolmione  deHn  Campagna .  Ma  gli  aqda- 
jnmti  dello  Strozzi  ruppero  il. contrae  di  queste 
opinioni,  p<Hchè  egli  racoogliendo  in  Montalcino  tot- 
'  te  le  forze,  che  erano  sparse  per  ilDominio  di  Sie- 
na ,  e  òumùlando  vettovaglie  iacea  comunemente 
credere  di  volere  tentare  d'introdurle  nella  Città. 
Anco  in  questo  caso  opinava  il  Marchese  che  non 
convenisse  affirontarlo  poiché  era  certo  che  ei  noa 
poteva  tntrodarre  in  Siepa  tal  quantitìt  di  vìveri  da 
«ostentare  la  Città ,  e  l'esercito^  e  che  non  potet 
niente  perdere  in  una  battaglia  mentre  agiva  dadi- 
speratOj  giacché  tutto  era  perduto  per  lui,  e  io  fine 
che  lo  stancarlo  tentamoate  sarebbe  stato  il  pia  si- 
curo partito.  Parve  che  così  infelice  sitnacione  del* 
lo  Stroszt  dovesse  ristorarsi  all'arrivo  detta  Flottai 
Francese  combìnatta  con  quella  dì  Algeri ,  la  quale 
in  numero  di  quarantacinque  l^ni  da  remo  arrivò 
a  P(H-tercole  lì  undici  Luglio ,  cioè  un  mese  dopo  il 
tempo  ccHicertato  col  Re.  Sbarcò  essa  seinula  fanti 
di  truppa  vetfflvna  e  quantità  di  munizioni  e  di  vi>  ' 
Teri  ;  Roboto  Strozzi  ebbe  il  comando  diquttsto  ria- 
forzo  col  quale  si  dovei  assaltare  Piombino,  ma  poi 
trovava  difficile  l'impresa  andò  a  gìuuiarsì  con  IW 
«ercito  del  Fratello.  Biffsttwido  Pitto  Strozzi  eh* 


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tra.  li.  CAP.  IT.    ■  6tf 

CtiA  piccolo  soccorso  non  aTTantaggiavi  d'assarle  ^„^ 
lue  condizioni ,  cbe  si  eraoo-condDmsti  i  danari  as-di  C. 
«egnatili  dal  Re  per  la  progettata  caropagna  didue'^H 
mesi,  e  GDalmente  che  utando  fermo  sempre  pia 
oodaya  consumando  y  e  disperdendo  le  sue  genti 
restò  convinto  che  l' unica  speranza  di  'salvar  Sie< 
na  j  e  di  vincere  era  riposta  nelle  armi  ^  u  perciò 
Conveniva  ,  o  attaccare  disperatamente  il  nemico 
nelle  trincìere  ,  o  trasportare  il  furore  delia-guerra 
nel  paese  del  Duca ,  ove  più  focile  sarebbe  stata  la 
sussistenza , e  maggioreTimbarauo  del  nemico.  Di> 
segnava  di  scorrere  per  la  Valdkhiana ,  tentare  A- 
rezzo,  e  ìntroducendòiii  nel  Valdamo  spaventare 
nuovamente  il  Duca  nella  Capitale.  A  questo  effetto 
avea  ben  mauito  Lucignano ,  e  quivi  raccolto  tutto 
ciò  cbesi poteva  di  munizioni  ,  e  dì  vettuvagtie.Go* 
-nobbe  il  Marchese  di  Marignano  questi  dis^ni,  « 
giudicando  troppo  pericolosa  la  situazione  delnuo^ 
ya  alloggiamento  piantatoa  porta  Romana  ^per  non 
esser  colto  fra  la  Uttà  assediata  e  l' esercito  nemico 
risolvè  di  decampare-,  riunite  tutte  le  forze  postar^ 
m  in  luogo  da  non  perdere  la  commuiiìcazione  con 
lo  stato  di  Firenze ,  e  potere  osservare  opportuna^ 
niente  i  movimenti  del  nemico.  Questa  ritirata,  9 
-  l'avanzamento  dello  Strussi  verso  la  Città,  el'e- 
spugnazione  da  esso  fatta  di  alcuni  Forti  eretti  dal  - 
Marchese  ,  operarono  che  si  aprisse  la/:ommunica*- 
«Ì(me  tra  Siena  e  Montalcino,  e  si  desse  luogo  a  in-  ' 
trodurre  qualche  piccola  quantità  di  vettuvagtie, 
intrattenendosi  ad  arte  lo  Strozzi  in  questa  situa* 
zione  a  forza  di  scaramuccieche  mai  sì  decidevauò 
a  suo  vantaggio.  Egli  iulauto  dopo  essere  stato  in 
Siena  a  confermare  gli  animi  di  quei  Cittadini,  0 
lusingarli  con  la  speranza  di  una  prossima  .'vittoria, 

r,  IL  '5 


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88  STORIA.  Ut  TOSCANA. 

Ay,  e  di  no  8ollecito>  e  vigoroto  soccorso  d«l  te  stenda 
di  Ciocarìcato  Monluc  deUa  direzioqe  delii  affari  della 
(^Gittà ,  deliberà  di  voltarsi  vetao  la  Valdichiana,lja 
aoimò  a  questo  partito ^  oltre  la  necenilà ,  anco  la 
speransad'impadroDiriidi  Arezzo, dora Mon tanto  da 
MoQtaatQcheaulitaTanelsaoesercitD^area  oon  po' 
tsbecorrispoadeDM  di  parenti,  «di  amtciv  pwoiò  in* 
timata  lamarcia  alla  Tolta diLucigaano^di  li  pasaà 
r  caeroito  al  ponte  della  Gbiana ,  quale  guadagnato 
dopo  hrere  cootrèsto  oommetteado  per  vìa  iacen^ 
dj ,  stragi ,  e  devaataiioQi  si  avanzò  per  meixo  mi- 
glia in  vicinania  di  Àrezao.  Era  poco  presidio  nella 
Città ,  e  ì  Cittadini  lusingati  dallo  Crossi ,  e  d^l  Moo- 
tanto  con  la  aperania  della  libertà  avrebbero  tea* 
tato  delle  aovitii  se  la  vigilanza  di  cbì  goreraava  per 
il  Duca,  e  il  valore  dei  pochi  soldati ,  cbe  la  difèn- 
devano non  gli  avessero  tenuti  in  dovere,  Piero  Stroir 
n  vedendo  quella  guarnigione  sortita  a  acarainnc- 
eiare ,  e  dubitando  cbe  dentro  si  ritrovasse  maggior 
numero  dì  «iodati  pensò  di  ritirami  da  quella  inf 
presa  j  e  dopo  aver  tentato  i  circonvicini  Castelli , 
abbrucialo  Villaggi ,  e  fatto  prede,  e  danni  infiniti 
andò  a  postar»  al  Ponte  alle  Cbiane.  Quivi  fu  rag- 
giunto dal  Uarcbese  di  Marignano,  cbe  di  malanimo, 
«  contro  la  sua  opinione  era  stato  costretto  dal  Do-. 
ca  a  moverai  da  Siena,  e  solitario  alla  coda  per 
«ximbatterb»  T^itd  lo  Stroaii  con  assaltare  i  cir- 
convieiiiì  CaateUi  »  «  attaccata  delle  frequenti  scs'. 
ramuocie ,  dì  tirare  alia  battaglia  il  H^arclteae ,  ma 
«gli  scansando  sempre  il  cimento  si  destre^iava  in 
£inaa  da  aspettare  4'  occasione  di  poterki  combat, 
tare  c«a  vantaggio.  Intanto  l'esercito  fi-anceae  do* 
pò  aver  mcMQ  io  cantribnziQbe  il  Monte  San  Savi* 
DO  patii»  del  Papa  «  pmeot^  aU'asvdio  di  F<^ii- 


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LHI.  II.  GAP.  IV.    '  fiy 

ilo  terra  situata  fra  Lucigoano ,  e  MarcìaDo  j  che  in-  j^jf. 
terrompeva  la  comUDicazione  delle  guarDÌgioai  che  di  C 
i  Francesi  tenevano  in  quenti  due  luogln.  Fu  faci-  "^ 
le  r  espagnazione  dì  Fojano  per  es8«rvi  poco  presi' 
dio,  fl  aenza  troTarriai  «rtiglierte, né  fortificazioni, 
e  il  Marchese  non  essendo  stato  in  tempo  a  soccor- 
rerlo voltò  il  ino  Esercito  verso  Marciano  per  asse< 
diario.  Avendo  già  cominciato  a  batterlo  j  la  stros- 
Et  ai  mosse  subito  a  quella  volta  per  sioecorrer  la  , 
Terra ,  e  tirare  alla  battaglia  il  Mafchea*. 

Approssimatisi  i  due  Eserciti  sotto  Marciano,  « 
procurandociascunodi  accamparsi  Vati ta^iosamén^ 
te  ai  diede  principio  alle  scaramuccie  tanto  più  che 

10  Strozzi  non  perdeva  occasione  d'incitare  il  ne* 
mico  alla  battaglia.  Avea  il  Marchese  dodicimila  fan- 
ti ,  e  milledugento  cavalli  Con  piiì  dugento  uomini 
d'arme  ;  le  forze  dello  Strozzi  qod  erano  inJaiori 
quanto  alla  fanteria ,  ma  erano  assai  disegnali  nella 
cavallerìa;  il  Campo  dell'Imperiali  era  piantato  van- 
taggiosamente quanta  ai  Comodo  dell'  Esercito  ,  e 
al  tenere  aperta  la  communicaiiooe  per  ricevere  le 
provvisioni  ;  quello  dei  Francen  naancava  di  acqiia^ 
e  di  molti  altri  comodi  necessari  alla  suaaiatenia . 

11  Marchese  non  avrebbe  voluto  cimmtare  una  ^ior* 
nata  decisiva,  ma  il  Duca  voleva  che  si  veiiisae  a 
battaglia ,  non  potendo  aoffrìre  che  lo  Strozzi  acor- 
resse impunemente  per  il  suo  Stato  e  che  intanU 
Slena  restasse  aperta  da  potervi  introdurre  le  veU 
tovaglie.  In  tal  caso^  rifletti  il  Marignano  cbe  nella 
aitoaziiHie  in  cui  si  trovavano, il  primo  cbedecam'^ 
passe  «ra  perduto ,  e  che  lu  nccessitli  avrebbe  cer- 
tamente obbligato  la  Strozzi ,  a  moversi  il  primo. 
Separeva  i  due  eserciti  una  piccola  valle,  la  quaW 
pure  era  diviaa  da  no  Torrente,  eh*  in  quella  sta« 


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69  STORIi  DI  TOSCANA 

j^pj  gione  era  asciutto  j  quivi  per  quattro  giarni  cmiti- 
di  C.  nuaróno  le  scaramuccie  le  quali  essendo  in  disran* 
"^Mtaggiodei  Francesi  indebolirooo  assai  l'esercito  dello 
Strozzi;  questa  valleera  cinta  da  due  catene  di  colli 
che  la  continuavano  6no  presso  a  Foìano;  in  quella 
terra  si  t-rfugiavano  molti  soldati  del  campo  Fran- 
cese, costretti  dalla  necensité,  e  dalla -raaitoanza 
delle  pagbe  a  slìandarsi  di  modo  die  non  restava 
alla  Strozzi  altro  partite  che  cimentare  la  giornata 
o  ritirarsi  Sollecitamente  per  andare  a  mettersi  sulla 
difesa  nellepiazze  forti  del  dominiodi  Siena;  eper- 
ciò  il  pn'mo  di  Agosto  inviò  a  Foiaiio  i  carriaggi  con 
disegno  di  slc^gìare  il  giorno  seguente.  Avrebbe  po- 
tuto eseguire  il  suo  disegno  nella  notte  con  più  van- 
taggìo  y  ma  o  fosse  per  tirare  il  nemico  a  battaglia; 
o'per  salvare  l'onore  della  rìtirftta  volle  farla  al 
giortio,  C'con  gran  etrepìto  di  tamburi,  e  di  trom- 
be. Il  Marchese  di  Marìgnano  che  6no  della  notte 
stava  disposto  a  inseguire  lo  Strozzi  certificato  della 
sua  mossa  anch' egli  levò  il  campo  facendo  marcia- 
ré  l'esercito  in  ordine  di  battaglia.  Marciarono  que- 
sti due  eserciti  sulla  corona  dei  colli  sempre  sepa- 
rati dalla  valle  incontrandoiBi  in  essa  diversi  corpi 
fra  loro  a  scaramucciare  fintanto  che  nello  strin- 
gerai della  valle  calaifedo  ambedue  dalla  collina  sì 
trovarono  a  fronte  divisi  solo  dall'alveo  del  torren- 
te che  divideva  ancora  la  valle.  In  tal  situazione  si 
diede  prÌDcipìo  alle  scaramuccie  in  diversi  latifìn- 
tinto  che  il  Marchese  postata  l'artiglierìa,  e  spinta 
la  cavallerìa  addosso  ai  nemici  attaccò  la  battaglia. 
Erano  ì  Francesi  senza  artiglieria,  e  con  pocaxa- 
vallerìa  ,  e  quella  male  in  ordine  ^  e  mal  condotta 
per  le  sofièrte  scaramuccie  ^  talmentechè  ben  pre- 
cto  furono  meaai  io  fuga  ì  loro  cavaHi^  e  gli  sqiia- 


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UB.H.CAR1V.  ■,  6&        _ 

drota)  della  iafanterìa  rimasti  perdo  KCferti  dai  lati  ^(, 
e  combattuti  Taloroaamente  da  fronte  restarono  sba- di  C. 
ragliati ,  e  dispersi  in  forma  ,  cke  non  rimase  nel'^^ 
campo- Francese  j  corpo  di  dugento  uomini  che  si 
tene«6e  unito  a  combattere.  Durò  la  battaglia  dal  na- 
scere  al  transontare  del  mie,  e  la  mortabtà  dei  Fran* 
cesi  ascese  al  numero  di  circa  a  quattromila,  essen- 
do periti  centocinquanta  solamente  di  quellidélDu- 

t^k  Furono  faUi  prigiooieri  Forquevaulx,  e  un  sue 
fratella,  Paolo  Orsini,  e  altri  di  minor  cMito,  fra 
questi  vi  furono  ancora  alcuni  ribelli  del  Duca ,  i 

.quali  dal  Marchese  furono  consonati  al  Bargello 
per  vaaer  condotti  in  Firenze^  alloro  destino.  Piero 
Stroizi  lènto  gravemente  si  salvò  con  la  ftiga  a  Lu,*- 
cignano,  e  di  lì  passò  con  celerità  a:Montalcino;  il 
luogo  doveseguì  la  battaglia  dalli  abitanti  del  pa^ 

'B«  era  denominato  comunemente  ScarmàgaUe,  Prc^ 
seguì  il  Marchese  la  Vittorio  occupando  Liicignanp 

.  che  si  arrese  con  faciliti ,  e  dove  Uovo  tutti  i  baga- 

-gti ,  e.le  provvisioni  dei  nemici-che  quivi  erano  ri- 
poste ,  e  date  le  opportune. dìsposisioni  per:la  recu- 
perazione  dei  Castelli  tenuti  dai^  Francesi  andò  a 
postarsi  sotto  Sienit  a  Porta  fioraaua,  per  .togliere 

rafiatte  a  quella  Città  ^  c^ui  sperenza  di  ricevere  più 

-vettovagliev  Qual  fosse  l'allegreEza  del  Duca,  ^ 
questa  vitbH-ia  può  facilmeiite  imaginarsi  se  si  rt- 

-flette  che  da  questa  dipendeva  la  aua  sicurezza  ;  lu- 

.singava  ancora  la  sua  vanità  l'essere  egli  il  solo  au- 
tore di  questa  battaglia  contro  il  sentimento  del  Mai> 

-cheoe,  e  finalmente  l'aver  visto  lo  Slroui  auort' 
vale  nel  Principato.  In  .Firenze,  il  Popolo  applau- 
dì sinceramente  alla  felicillà  del  Principe,  ma  a 
moltideiCittardioi,  dispiacque  di  vedersi  ormai  tolta 
ogni.speranza  di  nct^erare  k  libei:là.  Più  di  ceaj» 


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7*  STOMà  DI  tOSCAN/k 

luDdiere  farono  esposte  per  trofiao  alla  pubblica  ti* 
ji(|.Bta,e  il  Duca  eoo  solenni  ringraziamenti  alùelo^ 
i5S4e  distributione  di  elemoBÌne,  Testei^iò  per  tre  gior- 
ni di  cosi  fortunato  succeaao.  Bilasciò  liberamente 
ottocento  Tedeschi  prigionieri  di  guerra,  e  quattro* 
cento  Francesi  dandoli  il  vitto  nel  passaggio  per  il 
«no  Stato j  e  fece  accompagnare,  e  sovvenire  fino 
alU  loro  Patria  cinquecento  Grigiooìj  dolendosi  con 
gli  Svizceri  loro  confederati  cbe  fosse  stata  così  vio- 
Lta  la  lega  cbe  essi  aveano  fatta  con  la  Gasa  Medi' 
ci  sotto  Papa  Leone.  Fu  generoso ,  e  compiacente 
«on  tutti  i  prigionieri  con  rilasciarli ,  e  accettarli  ^ 
al  suo  eervisio  per  fare  il  contrapposto  ai  Francesi^ 
-i  quali  aVeano  forzato  alla  galn«  molti  Spagnoli ,  e 
Tioreotiai,  a  molli  ne  faceaao  morir  dì  fame  nelle 
Stinche  di  Sieaa  >  amia  aentimento  di  amanita  ;  rì- 
leDOfl-perd  i  Ferson^gi  di  qualità  per  i  baratti  ,  e 
e  volle  «tnre  inesorabile  contro  i  propri  ribelli. 

Arrise  la  Fortona  alb  armi  del  Duca  anccva  in 
Valdinievole,  poiché  la  terra  di  Monte  Catini  forti- 
'  ficava  e  presidiata  da  ottocento  Francesi  dovè  ca- 
'pitolwe,  e  la  gu^nigione  esci  dalla  piaiaa  con  le 
bandiere  Bel  •acco'tconpremeandiiioasaTireal 
Re  per  un  anno}  il  Duca  la  fece  smantellare  par  non 
impiagarvi  taata  truppa  a  guardarla.  La  gtiamigio- 
ne  di  Monta  Carlo  si  ritirò  col  favore  dei  Lucchesi 
cha  non  mancarono  in  questa  guerra  di  porgere  al- 
lo Strosci  tutta  la  laro  aasiatenaa.  £  perciò  riunite 
«atto  Siena  tutte  le  sue  forxe,  e  stretto  il  blocco  in 
-ferma da  impedirli l'intreduzione di  qoalunqueg»' 
pere>  volleGusimo-cbe  s'intraprendesse  l'espugoatio* 
ne  di  Gasila,  e  Moutereggioni,  per  sempre  più  al- 
lontanare il  nemico  dalla  Città ,  e  toglierli  i  mei- 
«i  di  potala  vattoragliare.  Il  Marchesa  però  tras- 


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-{Miftattt  dalU  avamia  più  che  dal  duiderìo  dì  ^ 
temnìnan  gloriosameDte  la  Campagna  >  dotendosi  di  G' 
altamente  che  il  Duca  non  lo  ricompensasse  della  '^H 
vittoria,  gUadagtiatali  a  Scannagallo  »  si  portò  a  FÌ- 
renac  coli  abimo  di  dimettersi  dal  comando.  Pre> 
Venenuto  già  Cosimo  di  questa  sua  risoluaioneavea 
«eco  mednimo  determinato  di  lasciarlo  partire ,  • 
au  dare  esso  in  campo  a  comandare  l'esercito,  se  non 
che  Don  GioTanni  Blauriquei,  e  Don  Francesco  di 
Toledo>  disaf^ovando  questo  pensiero,  lo  riduS8»> 
Ito  all'impegno  di  dissimulare  j  e  otdkligarlo  a  prò* 
seguire  l'imftfvsat  Pbrciò  il  Duca  avendolo  ateolto 
grauoBamente,econ  madiere»  o]:d>li^nti  gli  donò 
»entidue  poderi  confiscati  già  a  Biodo  Altoriti,  nna 
magnifica  Villa,  e  un  Palano  in  FifenaB^  né  volle 
)1  Marchese  ritornare  all'eserciti^  finché  non  eUM 
in  mano  la  eolenne  donaiione  di  quatti  beni»  It'a* 
«trema  aTariua>  la  lenteiia  e  la  suberina  di  questo 
-Generale,  ofienderano  talmente  Cosimo>  che  aTreb* 
be  desiderato  di  disfarsene  decorosamente>  losingan'* 
dosi  che  aotto  qualunque  altro  comando  >  fiù  pre^ 
sto  si  sarebbedato  fine  alla  guerra.  Lo  fiicevano  tper 
rate  le  angustie  nelle  quali  ù  troTava  la  Città  >  do* 
Ve  cominciando  a  mancare  i  viveri,  Monluc  aveva 
^ìKftMo  diestramele  bocche  inutili,  e  perciò a« 
vcndone  latta  nel  Tempio  prin£ipale^  nna  «donan- 
ca  di  circa  a  tremila  furono  dal  furore  del  popolo  > 
rotte  le  Porte,  e  minacciato  di  fiir  tumulto  contte 
i  Francesi ,  fu  ciaschedune  rimandato  alle  pfopric 
CBset  L'ambaaciatorc  Lansac  che  alla  noefa  delle 
rotta,  ii  era  partito  da  Roma  per  MiHitaleino  «  coit' 
fiirtare  lo  Stroaai,  e  che  di  lì  passava  a  Siena  per 
coD&rmare  quei  Cittadini,  nella  devoaioOe  del  He^ 
ttadde  prifiookro  dei  saldaU  del  Duga.  Me)lt«^< 


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79  STORIA  DI  TOSCANA 

j^^  giooi  difeso. da  molti  Fiorentiai  ribelli  di  GosiiDOj 
di  Ccbe  temevano  la  forca  sì  arrese  con  accordare  a  co- 

'^^loro  il  perdono.  Avrebbe  il  Marchese  tentato  anche 
Casole  se  lo  Strozzi  risanato  già  dalle  Bue  ferite,  ra- 
dunandoaMontalcÌnolereliquedeU'esercifa),eproT- 
vedendo  viveri  non  avesse  fatto  credere  di  tentare 
l'ultimo  sforzo,  per  soccorrere  di  vettovaglie  i  Se- 
nesi. Erano  essi  ormai  inferociti  e  ostinati  a  difen- 
dersi, e  dividendosi  .in  varj  corpi,  sortivano  a  suono 
di  campana  dalla  Città  per  attaccare  le  trinciere, 
dallequati  èrano  sempre  rispintì  con  qualche  per- 
dita. Ma  avendo  il  Ma^besepiaDlatoi'alloggismeo- 
to  in  nu  sito  opportuno,  a  impedire  il  tratto  di  Mod- 
talcino  a  Siena ,  conoscendo  Io  Stroczi  la  dif&coltà 
di  rimuverlo  da  quel  posto .  pensò  ,  nuovamente  a 
lare  delle  diversioni  che  lo  richiamassero  altrove^ 
e  aprire  in  tal  guisa  la  comunicazione  xwn  gli  asst- 
diati.  Atalefiettodiviseinduecorpi  le  sue  genti,  uno 
inviandone  in  Valdichiana  affinchè  a  guisa  dei  Ma- 
snadieri, distru^esse  in  qualunque  f<^nia  il  Paese 
del  Duca^l'altro  in  Maremma  perchè  operasse  egual* 
mente  neLPiombiuese.Talì  invasioni  furono  reputate 
di  poco  momento,  giudicando  ilDuca  piii  profittevole 
lo  incalzare  maggiormente  l'assedio  e  impedire  al- 
lo Strozzi,  l'introduzione  dei  viveri;  e  infatti  aven- 
do egli  raccolto  circa  duemila  fanti  e  dhgento  ca- 
valli, occupato  un  posto  forte  vicino  .alla  Città  vol- 
le teotare  d'introdurre  in  Siena  le  vettovagUe  ;  a- 
vera  seco  .cento  mulicarichi  di  farina  e  ogni  soldato 
portava  sulle  spalle  un  competente  carica  di  biscot- 
to; la  notte  dovea  favorire  l'impresa^  ma  scoperto 
dei  nemici  si  attaccò  .la  iuSa  nella  quale  perirono 
'dei  Francesi  quattrocento  nomini  e  altrettanti  ne 
retarono  prigionieri.  L'oscurità  e  il  passe  moutuo' 


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LIB.  II.  GAP.  IV.      '.  73 

ao  e  piene  Ai  valli  salvò  molta  gente  che  potè  giuo-  ^^ 
gere  a  Sieóa  dove  arrivò  anco  lo  Strozzi ,  e  Seives  i\  C. 
Auibascialure  Regio  a  Veoczìa,  venuto  per  supplire  >^4 
alle  incumbenee  di  Laosac  gii  prigioniero.  SiecO' 
me. restarono  morti  anca  molti  soldati  del  Doca,  e 
a'ÌQtròduasero  in  Siena  circa  a  cinquanta  muli  col 
luru  carico,  i  Francesi  si  aurìbuirono  questo  succes< 
ao  a  vittoria.  Poco  dopo  un  altro  coi^  di  cinque^ 
cento  uoraioi,  comandato  da  Don  Carlo  CBra&  , 
distaccatosi  da  Mootalcioo  tentando  ristessi  sorte 
fu  intieramente  disfatto  da  una  imboscata  che  lo 
■spettava  ali  aguato.  La  presensa  dello  Strozzi' coit- 
fermò  i  Senesi  nella  ostinazione  di  sostenersi  ma 
uun  giovò  a  sollevarli  dalla  miseria,  poichà  a  rìsem 
del  pane,  quale  si  diceva  esservi  per  sei  mesi  manr 
cavano  intierameote  di  <^dì  altro  genere,  e  alla  ta* 
■vola  dell'istessd  Strozzi  si  mangiava,  canie  .d'asina 
«  non  si  beveva  vino.  Per  tali  ragioni  fu  nuovaraeiL- 
te  risoluto  dì  sgravare  la  Città  delle  bocche  inuti- 
li di  vecchi,  femmine,  ragazzi,  e  persone  inabiU  m 
combattere  ad  oggetto  di  sostenere  più  fiicìlmtnite 
l'assedio  fino  al  tempo  del  tanto  promesso  e  desi- 
^derato  soccorso.  Velie  però  Cosimo  che  si  riman- 
dassero per  forza  nella  Città  queste  gentil  e  che  si 
proibisse  a  chiunque  sotto  pena  della  vita  lo  accoh 
Btarvisi  con  vettovaglie.  11  Marchese  «Mo  dì  3.  Ot- 
tobre pufahUcò  no  bando  di  questo  tenore:  Si  noti- 
fica a  qualsivoglia  soldato  del  nostro  Jèlicitsimo 
■esercito  e  sottoposto  all'autorità  nostra  che  tut- 
te qu^ie  genti  che  troveranno  che  esckiao.  di  Sie- 
najUuQtmniUdei^àno ammazzare,  eccetto $e  Jiis- 
sera  persone  da  far  taglia^  ovvero  soldati  cfte  e- 
scissero  volontariamente  ,e  le  dorme,  le  debbino 
tutte  svalUgiare  e  farle  ritornare  dentro  in  Sie-- 


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j4  STOMA.»!  TOSCANA. 

.  ME.  £  se  trovassero  viUani  o  altri  okt  poHatSéf» 
di  c.vettovaglie  0  andassero  in  Siena  gli  debbino  am^ 
i^maziare  irremisxbUmenU  e  torgli  ogni  roba  cliA 
avesteroj  ovvero  condurli  nelle  nostre  mani  che 
gliene  sarà  fatto  dono  secondo  la  ^salita  della, 
persona,  non  mancando  in  ciò  per  guanto  hanno 
cara  la  gratta  di  Sua  £ccellen$a  e  nostra  etc.  Ts" 
le  na  l'ia&Uce  oondiiioQe  dei  Senen  allorcbè  l'iii- 
troduMe  la  pratica  por  aiùcnrart  eoa  ud  trattato  dì 
paca  la  Imo  libarti. 

'  La  vittoria  di  ScanOagaUo,  ùccoroe  areVa  sbi* 
gettito  tutto  il  partito  Francese  in  Italia,  afflitte  an- 
cora la  Corte  di  FVancia ,  cai  fortemente  doleva  di 
Vedere  oscurata  quella  gloria,  che  ai  era  acquistata 
eoo  tanto'diapendioj  e  perdere  uno  stabilimeuto  così 
importaote  per  quella  corona  ;  nondimeno  il  Be  dia- 
•imulaodo  ogni  sentimento  di  dis||Hacere  spedì  allo 
Strozzi  un  Segretario  affncbè  gli  portaaae  il  dipi»* 
ma  di  Maresciallo  di  Francia,  che  già  gli  aveva  de* 
•tinato  per  lavanti,  e  lo  coufortassea  sostenere  al* 
meno  le  piaz^  forti ,  e  se  possibil  fosse  anche  9m* 
-na,  fintanto  che  «^li  fosse  in  grado  di  fedirli  nnK 
vi  soccorsi.  In  Italia ,  poi  il  Ministero  Francflse  «ì 
idivise  in  due  sentinienti  ;  'Termes,  il  Vescovo  di 
liodeve,  i  Cardinali  di  9ellsy,  e  4Jiiiagnaclij  e  quali 
-lutti  ì  nacioaali  di  Francia  sostenevano  eoDvenìre 
«U'interessedel  Re,  abbandonare  intieramente  l'io- 
<|»résa  di  Siena.  11  Duca  di  Ferrara,  il  Cardinale  suq 
-fratello^  e  ì  Farnesi  «rano  dì  contraria  opinirae,  poi- 
ché giudicavano  che  la  gloria  del  Re  richiedesse  il 
proteggere  a  qualunque  rischio  quella  cadente  Rft> 
pubblica.  Dimostrava  però  il  Vescovo  dì  Lodeva, 
esser  minor  male  il  perdrae  una  parte  die  esporre 
a  juauifesto  perìcolo  il  tutto,  e  che  molte  voltcaoao 


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LtB.  tt:  CAf .  IV.     -  ^5 

leDutì  oBorerolì  quei  partiti  che  wno  tncfafe  ì  pia  j^^ 
utili;  tutti  però  erano  coQcordeinente  animati  con- di  O 
tro  lo  Struui ,  e  non  maDcavano  di  farli  dei  mali  "^* 
ufHcj  alla  Corte.  11  Contestabile  potè  in  questa  oc* 
casìone  convincere  il  Be^  della  verità  dei  suoi  primi 
consìgli^  e  con  la  prospettiva  di  tante  diiavventu» 
re  distorlo ,  a  poco  a  poco  dalle  imprese  d' Italia. 
Conosceva  egli  quanto  vigore  riacquistava  la  Poten- 
Ba  di  Carlo  V. ,  e  quanto  poco  restava  alla  Francia, 
da  opporre  d<^  essersi  tanto'  estenuata  di  danaro, 
e  di  forze.  Filippo  Principe  di  Spagna, divenuto  Re 
d'Inghilterra  e  di  Napoli,  e  Duca  di  Milano  medi- 
tava di  spedire  in  lulia,  il  Duca  d'Alva,  con  molte 
forse  per  discacciare  i  Francesi  da  questa  Provin* 
eia  ;  in  Fiandra ,  il  Re  aveva  dovuta  ritùarsi  pe^ 
non  poterai  pili  sostenere  in  campagna  ^  in  Conica 
i  Genovesi  attendevano  a  rect^ierare  quelle  pÌ8U«, 
«  Dragut  salito  4  Ponente  colla  Flotta  Turchesca, 
ttandosi  alla  Preyesa  era  state  richiamato  a  Con- 
stautiaopoli.  St4o  in  Piemonte  atteso  il  valore  dei 
Maresciallo  <li  Bnsac,  e  gli  scoBcerti  dal  governo 
di  Milano  per  il  richiamo  alla  Cwtedi  Dmb  Ferrante 
-Gonzaga  ,  prano  più  felici  le  armi  Francesi,  e  quivi 
«ratio  Boicamente  rivolte  le  loro  premure.  In  tali 
circostanze  per  salvare  la  gloria  del  |le ,  e  la  R^ 
pubblica  di  Siena,  ioapegnarone  il  Papa,  e  il  Duca 
di  Ferrara  a  promovcre  la  pace.  Accettò  Giulio  III. 
l'incarico  d'impiegarM  in  opera  poM  salutare,  e  tro- 
vando il  Duca  Cosimo  disposto  ad  accettare  ragio* 
nevolì  condiaioni  tentò  direttamente  l' animo  di 
Carlo  V.Si  accorse  l'Imperatore  che  tali  [lemure  ds- 
scerano  dal  vedere  i  Frakcesi  accordare  per  quello 
die  presto  sarebbero  stati  costretti  a  cedere  per  £jr- 
Hj  e  perciò  procurò  di  oiandare  in  lungo  la  pratica 


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76  STOAU  m  TOSCàNi. 

7""  eoi  pretesto  di  :  volere  sopra  di  .ciò ,  còosultare  il  R  a 
di  ò.à'  laghillérra-,  suo  0glio  :  oientediiiieno  pendente 
■554queato  trattato  uon  si  stancò  il  Duca  di  Firrara  d' 
iusistere  presso  il  Pontefice  per  concei'tare  le  codt 
dizioni  da  proporsi,  e  con  l' appaenza  di  queste  buo- 
ne disposizicmi  tener  sospeso  il  Duca  Gosin;)o,  aflÌD- 
cbè  con  maggiori  sforzi  non  obbligasse  Siena  a.ca- 
jHtolare.  Tanto  esso  che  il  Papa  avevano  in  mira  il 
proprio  interesse,  e  il  vantaggio  universale  d'Italia 
più  cbe  quello  delle  Potenze  belligeranti^  poiché  si 
voleva  per  preliminare,  cbe  ciascuno  ritirasse  le  ar- 
mi dal  dominio  di  Siena ,  per  lasciar  godere  quella 
Bepubblica  dell'antica  sua  libertà.  Disegnavano  per- 
ciò cbe  tutti  ì  Principi  d' Italia  ,  ne  prendessero  la 
protezione,  e  fra  questi  singolarmente,  o  il  Papao 
la  Repubblica  di  Venezia  vi  tenessero  una  garni- 
.gione,  il  di  cui  Comandante  fosse  eletto  a  sodisfar 
zieoe  dei  Senesi  medesimi.  Il  Papa ,  l' Imperatore, 
il  Re  j  e  il  Duca  dì  Firenze  dovessero  contribuir* 
#lla  spésa  di  questa  guarnigione,  e  quello  che  re- 
.stasse  dichiarato  Protettore  di  Siena,  dovesse depu:- 
tare  una  persona  co^ituita  in  dignità  Ecclesiastica 
alBncIiè  instìtuisse  in  quella  Repubblica  .una  for- 
ma di  .governo  pili  a  proposito  per  mantenervi  la 
quiete.  Il  Papa  si  esibiva  per  Protettore  e  promet- 
teva di  obbligare  il  Sacro  Collegio  e  i  auoi  succes- 
sori a  quelle  condizioni  che  lasserò  state  concerta- 
te per  il  bene  drqnella  R^ubbUca ,  anzi  che  ai  of- 
feriva di  portarsi  in  Siena  espressamente  per  que- 
sto effetto.  Il  Duca  di  Ferrara  aveva  dal  Re,  la  ple- 
nipotenza per  accordare,  ma  l'incertezza  deJla  men- 
te di  Carlo  V.,  lo  teneva  soqpisso.  II. Duca  Cosimo 
all'opposto  coqsiderava ,  questi  negoziati .  cQme  e- 
sercizj  accademici  dei  Gabinétti,  e  mentre  protesta- 


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•  Lm.  ii.cAP.iv.  ■  V    ^__ 

va  di  preferire  la  p«ce  alla  guerra  spronan  il  Mar-  j^, 
chese  di  Marigtiano  a  stringere  l'assedio  di  Siena,  ^i  C. 
e  consultava  diversamente  con  l'imperatore  il  mo-'^'^ 
do  di  finire  la  guerra.  Solo  la  forxa  o  l'accordo,  di- 
ceva egli,  potevano  dar  fine  all'impresa  ,  e  quanto 
ella  prima  già  sì  trovava  io  grado  da  sperare  cbe 
Siena  fosse  per  cader  presto  quando  i  Francesi  con 
nuovi  soccor«ij  o  il  Marchese  col  suo  lento  proce* 
dere  non  vi  apponessero  dilazione-  egli  però  teme* 
va  più  del  Marchese  che  dei  Francési.  L'aCcdrdo 
lo  vedea  impraticabile  perchè  i  Francesi  non  à-> 
Trebberò  mai  acconaeiitito  di  abbandonar  Siena  al- 
l'arbitrio dell'Imperatore  e  suo,  e  nella  vantaggio- 
sa situazione,  in  cui  erano  di  presente  le  sue  armi, 
non  vedeva  co^e  si  potesse  imaginare  un  compen- 
so decoroso  per  ambe  le  parti.  Né  avrebbe  mai  ap-- 
provato  il  progetto  della  protezione  Pontificia,  poi- 
ché per  la  sua  sicurézza  non  era  dimostrato  che  i 
Preti  fossero  meno  ambiziosi  dei  Francesi ,  e  che 
in  pregresso  i  Papi  non  disegnassero  quella  Statò 
per  i  loro  nipoti  i  quali  con  l'esempio  dei  Farnesi 
io  appoggiassero  novamente  alla  protezione  della 
Francia,  e  in  tal  caso  aver  per  vicini  egualmente  i 
Preti  e  ì  Francesi.  Essi  avevano  imaginato  questo 
piano  perchè  si  lusingavano  di  ritornare  con  qual- 
che strattagemma  al  possesso  di  Sien^;  e  ìl  Papa  spe- 
rava che  fra  i  due  litiganti  egli  sarebbe  divenuto  it 
terzo  possessore  di  quello  Stato.  Ma  riOettendo  che 
in  menodiun  secolo  quella  Città,  aveva  più  volte 
risvegliato  in  Toscana  la  guerra ,  e  con  hi  propria 
rovina  tentato'  ancora  di  tirar  seco  quella  dei  inai 
vicini  avrebbe  reputato  espediente  «fasciarla  del  tut- 
to delle  sue  mura ,  e  riservando  Montalcino ,  Qrbe^ 
teiloj  e  Portercòle,  con,  preaidio  Imperiale  resti- 


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tS  storia,  dì  TOSGikIfJL 

^j,_  tnirli  il  contado  >  eia  libertà  lasciandols  por  gover* 

di  C.  Darti  a  suo  taleoto  e  secondo  le  sue  passoni.  In  ta> 

*^le  itato  «gli  ai  reputava  «curo ,  e  crederà  aarebb» 

assicurata  la  quiete  per  quella  parte .  Ma  se  Soa  Hae< 

atk  pensasse  di  darU  ad  altri  con  le  conrenienti  si- 

curevxe  ^li  ai  lusingava  di  esser  preferito  a  chino- 

qne ,  sebbene  desiderava  [Hiittosto  il  rifacimento  det> 

le  apesa  in  danaro,  che  uno  Stato  desolato  afiatto  « 

distrutto. 

Reftarono  ben  deluse  le  speranze  dei  mediatori 
allorché  Carlo  V.  sensa  altra  replica  alle  loro  prò* 
posizioni  firmò  la  concessione  della  Città  è  stata  di 
Siena  al  Be  Filippo  in  Vicariato  perpetuo  dell'In»- 
pcro  eoa  facoltà  di  potervi  sostituire  un  altro  Vica- 
rio a  suo  piacimento.  Dichiarava  V  Imperatore  nel 
suo  diploma  in  data  dai  3o  Maggio  che  i  Senesi  per 
la  loro  ribellione  estendo  decaduti  da  tutte  le  gra- 
zie e  privilegi  accordatigli  da  Carlo  IV.  riprendeva 
in  se  tutte  le  ragioni  di  quello  Stato  e  ne  investiva 
Filippo  suo  figlio.  Questa  novità  averebbe  sconcer- 
tato ancoilDuca  se  già  non  avesse  convenuto  di  ri- 
tenere in  pegno  la  conquista  fino  al  suo  rimborso, 
quale  però  conosceva  dì  difficile  efièttuazione.  Solo 
temeva  che  la  Repubblica  di  Venezia ,  la  quale  si 
ara  mantenuta  fino  a  quH  tempo  nella  più  scrnpo* 
Iosa  neutralità  j  e  che  avea  finu  recasato  d'  inter- 
porsi  per  trattare  la  pace  instigata  di  continuo  dai 
Francesi  si  rlsolresse  a  ocdlAgarsi  con  i  medesimi. 
Sapeva  quanto  la  depressione  di  Siena  dispiaceva 
uni  versa  Imeisle  a  quei  Repubblicani ,  i  quali  mal- 
Tolf  ntierì  «offrivano  che  solvesse  in  Italia  una  nuo" 
va  Pofenka  che  minacciasse  di  farsi  grande,  e  sa- 
peva che  il  Turco  da  essi  tanto  temuta  gli  stimola- 
va efficacemeote  a  questo  partito.  A  tal  efiètto,  noai 


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UB.ILCA.P.IV.  79      . 

mancBTa  d' imigilare  tutti  i  loro  andamenU,  e  prò-  /^^ 
curare  di  oUiligarseU  eoa  delli  afficj  di  riguardo  e  di  d 
di  ouequìo.  Il  Duca  di  Ferrara  all'  opposto  freme-  '^^ 
TM  di  non  poterti  in  modo  akuno  rimaoTere  dallo 
stabilito  aistenu  di  neutralità  ,  poichà  disegnava  col 
loro  appoggio  potersi  più  firancamente  dichìarars 
contro  Cesare.  I  Miniatri  Iiaperlali  oSeai  g^  dalla 
•na  troppo  dimostrata  parzialità  averebbero  volute 
trattarlo  come  Deiai£<^  ae  Cosimo  non  aresae  gio- 
dicato  più  opportuno  il  diasimulare  affincfat  noa  si 
gettasse  totaimeute  io  braccio  ai  Francesi.  Essi  già 
lo  pressavano  con  vigore  per  potere  col  di  lui  80&< 
Corso  tentare  la  tiberauoae  di  Siena  «  pacche  l' Imi 
peratore  non  dava  orecchio  al  trattato  ;  ma  egli  te- 
mendo di  restare  oppresso  dalle  forze  Imperiali  • 
da  qnelledi  Cosimo  recuaò  costantemente  di  espof' 
si  al  cimento.  I  Frautìesi  pertanto  trovato  inutile 
ogni  mesco  per  liberar  Siena  a  eoa  la  Som  o  con 
il  trattato  proposero  al  Pepa  che  avrebbero  r»< 
Ceduto  da  ogni  pretenaioDe  sullo  Stalo  di  Siena  qua- 
lora r  Imperatore  privandone  il  Re  Filippo  lo  avefr< 
«e  concefrSo  ft  FatHano  di  Monte  nipote  dì  Sua  San- 
tità. Restò  lusingato  il  FonteSce  da  questa  propo- 
aisione ,  e  non  volendo  trascurare  cosi  bella  occa- 
sione d'ingrandire  la  sua  casa  uè  ititirpellò  il  Bu- 
ca Conmo.  Rimostrò  egli  all'Imperatore  che  questa 
sarebbe  un  mezzo  non  solo  per  terminare  oon  aol» 
lecitudine  l' Impresa  di  Siena  •  cavare  i  Francesi  da 
quello  Stato ,  ma  ancora  per  ricavare  dal  Papa  tal 
quantità  di  danaro  pitr  il  suo  rimborso ,  e  per  mure 
tante  forze  da  scacciare  i  Francesi  da  Parma, «dalla' 
Mirandola  ;  e  cbe  trattandosi  di  uno  già  destinato  sua 
genero  e  di  cui  dovrebbe  assumere  U  tutela ,  vi  tra- 
v^^bbe  ancora  tutta  la  aiciireua  per  il  suo  SUte. 


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Sa  STORIA  Dt  TOSCANA 

,^  Ma  siccome  l' Imperatore  »Tea  già  stabilito  il  de«- 
ii  Catino  di  Sietut  non  dava  orecchio  a  veruna  ^«posi- 
1 554  zioDe,  «eppure  il  tutto  non  fosse  rimesso  nel  suo  ar-- 
bitrio  e  uella  aaa  lilwra  potestà,  cbe  anzi  occupao- 
dosi  solo  del'processo  dì  Don  Ferraote  Gonzaga  ri 
stava  in  una  perfetta  inazione  ,  e  riinetteva  in  la- 
gbilterra  al  figlio  la  risoluzione  di  tutti  gli  affari  dì 
Italia  aU>andonaDdo  gli  altri  alla  disposiaiooe  della 
fiegiliB  Maria  e  del  Vescovodi  Arras.  Da  questa'iii'- 
dolenza  ne  derivava  ancora  il  ritardo  dei  succorai  v 
dei  provvedimenti  domandati  dal  Duca  e  l'ariutrio 
dei  Ministri  Cesarei  nella  esecuzione delli  ordini-Fra 
essi  si  distinse  singolarmente  il  Principe  Duna  il 
quale  con  varj  pretesti  tenendo  lontme  dal  Lìlto- 
rale  di  Siena'  le  sue  Galere  dava  luogo  ai  Francesi 
di  sbarcare  truppe  e  provvisioni  a  PurtercoW;  for- 
se i  Genovesi  sconoscenti  del  soccorso  ricevuto  dal 
Duca  nella  guerra  di  Corsica  ,  e  gelosi  del  suo  ÌO' 
g'ràndimeuto  instigavauo  quel  vecchio  Generale 
a  ritardare  l' esecuzione  délli  ordini  di  Carlo  V.  Ed 
in  fatti  il  DucaCusimo  conoscendo  esser  Siena  ba- 
stanlemente  stretta  dalle  snearmigiudicò  esserne- 
cessano  toglierli  la  principale  strada  al  socctovo  qn»- 
la  era  POTtercole;  a  tale  effetto  rectatate  io  Germa-' 
Dia  nuove  milizie^  e  richiamato  da  Napoli  un  altra 
corpo  di  Spagnoli  già  disegnava  l' impresa  quando 
H  Doria  sbarcato  a  Piombino  la  truppa  di  MapoU 
proseguì  con  le  sue  Galere  alta  volta  di  Genova. 
-  Né  minore  fu  il  dispiacere  cbe  apportò  al  Ducai 
k  fortunata  evasione  del  Maresciallo  Strozzi  nella 
sua  sortita  di  Sioia  ;  vedeva  egli  che  la  sua  perma- 
nenza in  quella  Città  non  era  piiì  di  vantaggio  ,  e 
che  il  suo  ardire  sarebbe  stato  più  utile  al  di  fuori 
per  introdurvi  dei  viveri,  e  perciò  ri8(dvè  temera- 


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LIB.  II.  CAP.  IV.  » 

riamente  d'escii'e  non  «Unte  ladiligeDia  del  Har-  ^^^ 
cheae  di  Harìgnano  di  tener  custoditi  tutti  i  passi  di  C. 
per  darli  la  caccia  Vestitosi  da  Vitlaoo  e  accompa-  ^^ 
gnato  da  centocinquanta  archibusieri  e  quìndici  ca- 
valli nell'  ora  più  cupa  della  notte  potè  ingannare 
ia  vigilanu  dei  nemici  e  superata  le  trinciei-e  coiv- 
durai  «alvo  a  Montalcino.  Questo  tratto  aingoiare  di 
ardire  sorprese  certamente  tutta  l'Italia  e  irritò 
■empre  più  il  Duca  contro  il  Marchese  rimprove- 
randolo di  negligeoia  per  aver  perduto  la  più  t>el* 
la  occasione  di  coronareil  fine  della. campagna.  E- 
rano  restati  in  Siena  MtHiluce  Cornelio  Bentiroglio, 
i  quali  divenuti  già  gli  arbitri  del  governo  della 
guerra  e  della  Repubblica  inlrattenevano  il  popolo 
con  vane  speranze  di  pronto  soccorso  ,  e  gli  fomen- 
tavano il  fanatismo  e  l' oatiniiEione  con  pascerlo  dì 
avvisi  dì  vittorie^  e  immagiuate  ie]icità  delle  arnii 
Francesi  in  Fiandra  e  in  Piemonte.  Erano  rimasti 
in  Siena  circa  mille  soldati  IlaLaiii,  ottocento  Te- 
desebi  e  cinquecento  Guasconi  ;  era  stato  cumulato 
tntto  il  grano  esistente  itella  Città  ,  e  ù  asaeguava 
ogni  giOTno  nn  pane  dì  quattordici  once  ai  soldati, 
e  di  nove  once  per  testa  alli  altri.  La  lame  spinge- 
va fuori  ciascuno  e  specialmente  i  soldati  i  quali  sa- 
pevano che  il  nemico  gli  lasciava  tramutare  Ubera- 
mente. Orrendo  spettacolo  era  per  l' utnanitk  il  ve- 
.  dere  le  donne  e  i  ragazzi  cacciati  fuori  dalla  Città, 
de[a«dati  e  insultati  dai  soldati  del  Duca ,  e  strtvci- 
nati  a  forza  per  ritornare  dentro  a  languire  di  fame; 
gli  artigiani  e  quelli  della  plebe  dopo  fessere  stra- 
ziati con  i  tormenti  per  eatrame  dèlie  notùiie  esser 
miseramente  appesi  a  costretti  a  ritornare  dentro 
le  mura.  I  villani  dei  cootorai  che  spinti  dai  Fria- 
cesi  o  lusingati  dal  guadagno  t^^Aavano  a  torme  di 
T.  II.  6 


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9>  STORIA  DI  TOSCANA 

7!^iiitro(ÌQrr«  i  TÌTeri  oeirouediata  CitU  enaoJiw- 
«li  C-MrahilHieDte  iiapìccati  lungo  le  tf  rade ,  se  oon  eh» 
>^la  robtuteBUidellii  persona  rispaDnvandAalcttniéeà 
più  gioTflDr  alla  morte  gli  liserrava  alle  gaUce 
del  Duca.  Il  rigore  o  sia  la  crudtUàdelMarcbeaeia 
gnade  in  (juerta-  occasiene ,  •  il  Baca  aon  cessava 
A'  iMtàgyrk)-  a  spai^[we  da  per  tuUa  lo  spavento  e 
tàmom  Fioodal  prìoctjMO  della  gwrraera  nel  can»« 
fvun  Aodiloee  davanti  al  quale  era»o  c<mdotti  tiii< 
ti  i  ritlaei  »  altri  pngioiucL-i  dell»  plebe ,  e  costrci* 
lì  daisobUiti  a  giurare  fedeltà  ai  Duca  per  essevpoi 
.rilaacóttti;  s»  dlcsciiverano  lutti  in  un  libro  e  at  io 
progresso  crado  ripce»  in  fiinone  e  risceirtrati  ia 
quel  litro  fittale  erano  immediatamente  ìmpiocati. 
Tutta-  oiò  fece  che  sebbene  nel  cono  di  questa  gner- 
19  SMGcedpaui'o  pochi'  £itti  d'amie  notabilijta  stm- 
gè- perà  ibsse  «ccesHva,  Ciò  non  ostante  a  misam 
dello^Tento  cresceva  ara  Seneù  roatioazione  ooo 
».  moTOido  per  i  progressi  che  làcera  >1  nemico  uè 

C"  kaminence  rovina  della  loro  Città  ;  poiché  il 
tkese  espugnato' Casole  e  Massa',  eoonquisttla 
tutto  ^wl  tratto-  di  dominio  Seneee'  ohe  confine  cet 
■territorìodì  Volterra  e  con  lo  ScatodiPiomiano  m- 
Tea  aacem  co^■  \'  espugninone  diOevoli  ioÌl9  ogni 
cenivnicavioBie'traf  Siene  e-Montalaino.  I^  Sironì 
Ulteivdevfi  ai  fbr^Qoare  Grosseto  e  Portercole ,  e  a 
confertnare>  aemprs  più  i  Ssnesii  nella  spevaoxa  del 
sooooFse  proinesao'pei-  lutto  il  mese-  di  SkKemlwet 
»  4  spingere  contànuameDlx^Terso  laGittà  delle>  vct- 
|0Tag[lìe  the  prricchivtino'  ii  ewidati  deLDuca.  Per 
mantenere  in  lede  i  Senesi  usò  lo  siraUagemma  di 
9t«re  docnlto  per  alcune  settimane  spei^endo  ¥««« 
di  eum»  «nd^to  a  Benia  per  abboccarsi  con  >  Car-^ 
dHwK  FlMceri,  e»PMiP»  per  «olUcìtiiK  i  «»«€«, 


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LiB.  II.  CIP.  IV.  ia 

«.Scopertosi  poi  in  Maremma  reclutò  quailiti  villa-  ^" 
ni  gli  fu  powilHle  puhblicaudo  che  in  Piemoate  e-  di  G. 
rano  arrivati  novemila  £iDti  e  quattroceoto  oavaUi'^ 
destiBati  per  il  soccorso  di  Siena  ;  e  verameate  aa- 
-àcurato  il  Duca  dei  riofiirBi  delta  Francia  io  tjueU 
la  parte  ne  concepìnon  poca  agitazione  temendo  di 
Tederai  disturbala  l'imjMvsa  nel  eolmo  delle  spe- 
.riDEe  dì  terminarla  c^n  gloria.  GÌ'  infelici  sttcce*> 
si  dello  Strozzi  e  i  mali  Ufficj  dei  suoi  aTVcraarj  a- 
Teano  già  indebolito  alla  Corte  il  suo  credito  e  il 
Ginteatabile  avea  determinato  il  Be  a  nuovo  piano 
di  guerra  in  Italia.  Si  dovea  ingrossare  l'esercito  in 
Piemonte  poichà  qualunque  acquista  si  lacesse  in 
quell»  parte  si  reputava  più  utile  per  laMonarchìa 
e  più  facile  a  conaervaru  f  Siena  ormai  si'  abbando- 
Basse  all'  evento  perchè  troppo  era  costato  &nor»a^ 
Re  il  difendere  b  sua  libertà  ,  bensì  doveano  con<- 
servarsi  e  fortificarsi  le  piaìtze  forti  dì  quel  dominì'o 
le  quali  commuti icando  colmare  poteano  essere  dì 
gran  comodo  ai  Re, e  staccate  dalla  capitale  sareb- 
be stato  più  fàcile  il  dominarle;  pcrdendbil  Bc  Sie- 
na non  perdeva  nuUa  e  restava  padrone:  delle  sue 
piarne.  Fu  però  giudicato  convenire  alla  gloria  di 
Sna  Ibestà  il  mostrarsi  tuttavìa'  impegnato'  per  la 
difesa  di  quella  Bepubblica  e  fu  ordinato  a  Uo'Stf  os- 
si di  fare  quanto  poteva  per  sooc(»>rerIa.  di  vetta* 
■vagliele  fu  promessa  la  spedizione  delsoecbisodal- 
la  parte  del  Piemonte.  lu'tal  goisameutr»  l'eseiv 
cito  Francese  operava  in  Piemonte  teoerra  in  sogg»- 
Itone  anco  il  nemico  sotto  Siena  ^  aDiroava  loStrozai 
a  tentare  qualche  colpo  di  ardire,  e  manteneva  in 
iede  ì  Senesi  i  quali  sostenendosi-  poteano-  sperar 
«smpre  qualche  evento  »  loro  favore. 

Il  timore  del  soccorso  Francese  avea  fatto  risol-|j<|j 


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t4  STORU  DI  TOSCANA 

j.^  vere  il  Duca  a  prevenirlo  e  per  mezzo  dello  ^m- 
di  evento  cotutriogere  la  Città  ad  arrendersi.  Ordina 
i^^pertaato  cfae  transportandoBÌ  al  campo  da  varie 
parti  le  artiglierìe  ai  tormentasae  Siena  eoo  una 
battola  ad  oggetto  o  d' insiuuarvisi  per  la  brec- 
cia o  almeno  apaventarla  e  preisarla  a  capitola- 
re. Non  approvava  il  Marchese  questa  determioa- 
none,  poiché  se  il  soccorso  avesse  preso  la  marcia 
prima  che  Siena  capitolasse  sarebbe  stato  di  neces- 
aità  il  muoversi  dall'  assedio  per  incontrarlo  e  io  tal 
caso  l'artiglierìa  avrebbe  apportato  più  imbaraa- 
«o  che  comodo;  ma  sorpreso  da  pericolosa  inferm»- 
U  ed  esercitando  il  comando  dell' esercito  Don  Gio- 
vanni Manriquex  fa  risolato  concordemente  col  Du- 
ca dì  tentare  la  Città  con  rartiglinìa-La  notte  dd 
dì  IO  di  6enna|o  fu  destinata  per  l'esecuzione  del 
diaagno  quale  però  fu  [veveunto  con  una  lettera  del 
Marchese  indiriziata  al  Supremo  Magistrato  della 
Repubblica ,  in  cui  riepilogando  tutti  gli  atti  di  »■ 
morcvolezza  èaercitati  dal  Duca  per  conservare  la 
libwUi  dei  Senesi  f  dimostrando  come  avendoli  essi 
tanto  mal  corri^Msto  lo  aveano  forzato  a  intrapren- 
dere qiiella  guerra  che  gli  riduceva  all'estrema  rovi- 
na ;  pure  non  voleva  tralasciare  quasi'  ultima  amore- 
Toleesortaaitme  a  riflettere  alte  loro  circostanse  e  all' 
inganno  in  cui  arano  tenuti  dai  Francesi ,  poiché  rì> 
Tolgendoù  alla  grazia  dell'Imperatore  il  Duca  gtiaa- 
aicurava  della  medesima  qualora  con  buona  fède  , 
-e  prontezza  ai  risolvessero  a  questa  partita  Fu  te- 
nuta occulta  ai  Cìttadim  la  lettera,  »  senza  veruiui 
replica  gli  Otto  della  guerra  persisterono  nella  oità- 
aata  rìaolunone  di  difendersi.  L' esercito  del  Duca 
piantata  l'artiglierìa  in  numerodì  circa  trenta  pesai 
nel  Colle,  detto  di  Bavaccìano  tormentò  la  Città  per 


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LIB.  It.  CkP.  tv.  tS 

M»  ktkira  fornata  j  maperlepocaopportQDiUcld  j^^^ 
>ito>«  per  rindefeasa  VigilanEa  dei  Senesi  ai  liparìdiC* 
BOB  prodiuae  questo  sfbrao  l'fl&tto  desiderato  dal>^^ 
Paca,  die  arni  ritirandosi  l'esercito  con  celerità 
alle  trìnciere  appresero  nella  Città,  questo  successo 
come  una  TÌttorìa.  Aveva  Honluc  fatto  toro  crede- 
re che  i  nemici  non  potendo  jhù  per  mancanza  di 
denari)  e  di  vettovaglie  continuare  quell'assedio , 
aveeno  veduto  per  mezzo  delta  lutterìa  far  l'ultimo 
tentativo  delle  loro  forze  per  poi  ritirarsi  affatto,  e 
abbandonare  l'impresa.  Persuasi  di  questa  opinio- 
ne il  giorno  susseguente  fecero  varie  dimostrazioni 
di  letizia  pe^  la  Città,  il  calcio  del  pallone  sulla  piaZ' 
■a  >  e  il  giuoco  dei  pugni.  Ben  presto  però  si  diMn' 
gannarono  di  queste  vanità,  poiché  il  Duca  fece  sem- 
pre pili  ristringere  l'assedio,  e  il  soccorso  del  Pie- 
monte  non  compariva.  liO  Strozn  era  venuto  a  Mon- 
talcino  con  le  sue  reclute,  ma  queste  erano  così  po- 
die  che  non  davano  da  pensare  al  nemico  i  il  Mar- 
chese sì  stava  convalescente  allo  alloggiamento,  ma 
dirigeva  il  comando  dell'esercito  e  stimolato  dai 
rini[Mt)veri  del  Duca  sollecitava  ormai  il  termine 
della  Campagna;  la  Corte  di  Francia  teneva  sospesi 
gli  amici ,  e  i  nemici  con  l'incertezza  della  spedi- 
none del  soccorso»  e  tutta  Italia  stava  nell'espetta- 
tiva  di  veder  risolvere  il  destino  dì  Siena.  L'incer- 
tezza della  quantità  dei  viveri  che  tuttora  esisteva- 
no nella  Città,  e  la  severa  economia  nella  distribu- 
zione dei  medesimi  fàceana  che  si  [vonostìcasse  di- 
versamente il  fine  dell'assedio.  I  Senesi  per  impe- 
gnare i  Francesi  a  sollecitare  il  soccorso  pubblica- 
vano già  dì  non  averne  che  per  tutto  Febbrajo,  e  i 
Francesi  all'opposto  sostenevano  che  vi  era  da  vì- 
T«re  per  tutto  Aprile.  Su  questa  asserzione  la  Stroz* 


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8«  STOMA,  nt  TOSCA.WA 

ù  aveva  progettato  al  fìe ,  che  intanto  soUecilaas» 
di  e.  in  PiàinoDte  le  sue  conquiste,  e  le  assicurattSe  in  ma' 
i555(1q  da  potere  a  Maggio  spedire  il  Maresciallo  di  Bri- 
sac  MI  Toscana  ;  la  sua  permaDenw  -s  MoulUlòno  » 
e  le  reclute  che  andava  ammassaDdo  oott  «veano 
altro  oggetto  che  di  tenere  occupati  gì'  Imperiali 
sotto  Siena  affinchè  oca  si  distaccasanv  per  sodare 
a  ingrossare  i  presidj  del  Milanese  ;  a  questo  effetto 
inip^DaTsa  gli  assediati  a  molestare  eontinttameDte 
con  le  sortite  ìl  nemico.  Il  Corpo  dei  Tedeschi  che 
era  in  Siena  richiamato  a  Montalciso  per  sgravare 
la  Gttà,  tentò  di  superare  le  trìnciera,  e  rimase  di- 
sfatto con  perdita  di  tutto  il  bagaglio  ;  lo  sconcerto 
della  Città ,  era  tale  che  gli  Otto  Bo[Ha  la  guerra  noi 
sapendo  più  come  governarsi  avevano  attribuito  a 
Monluc  l'autorità  dittatoria  aopra  tutto  ciò  che  po< 
tesse  conceniere  la  guerra;  numerose  erano  le  ri- 
chieste di  salvacondotto  per  quelli  cfa«  desiderava- 
no di  allontanarsi  da  tante  calamità,  e  {««stare  il 
giuramento  di  fedeltà  al  Duca  Cosimo  che  gli  rie»* 
Teva  di  buona  grasia. 

In  tale  stato  si  erano  condotti  i  Seneù  sino  alla 
fine  di  Febbrajo,  quando  la  fame  vincrado  l'osti' 
nasone  cominciava  il  popolo  a  rumoreggiare  con- 
tro ì  Francesi  ;  l'avviso  sopraggiunto  della  eapt^^* 
Eione  di  Casale  ea^uita  dai  Harescialb  di  Brìsac 
gli  fece  sperare  che  pi-esto  n  moverebbe  a  soocor* 
rerli,  ma  il  Duca  con  lettere,  e  insinuazioni  tacen- 
doli comprendo^  che  lo  StrozKi  gli  conduceva  all' 
estrema  rovina  ai  determinartmo  finalmente  a  trai* 
tare  d'accordo.  Avrebbero  esn  desiderato  che  que- 
sto ù  effettuasse  di  concerto  con  i  Francesi ,  e  spe- 
cialmente col  Cardinale  di  Ferrara  presso  del  qua- 
le era  l'assoluta  pleuipolenia  del  Ae  per  devenire 


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k  «in  taNAUto.  À  questo  efiètto  permeaM  loro  il  Duea"^ 
il  libero  trannto  olì  XmbuciaUiri,  •  diiettcre  belladi  C. 
Gittàj  DMatruicloai  i«clÌD«ta  a  favorire  la  laro  li-'^^' 
berti  mIto  sempre  raiK*e  dell'  laaperatoré,  e  la 
flicHrena  clid^o  Stato.  I  loro  ieBtimeiiitì  nba  eratao 
tiBiJbniii  :  lo  Strovsi ,  e  Muolac  avevano  tidniaite 
eedotto  i  ci^i  della  fatione  popolare*  cbe  littitìgati 
di  traeièirire  altrove  la  Loro  B^bblioa  giudicanno 
ifkli&rente  il  tìtct  lilwrì  ila  Siena  o  in  Montald- 
Ho^  e  perciò  contaMandosi  solo  di  podef  wrtireaaTvr 
dalla  Cittk,  poca  ai  cnraTano  della  af^reanoDadriU 
Patria.  QiieUi  del  Moirte  dei  Uovi  che  pet  nla  ni*- 
oessitè,  e  sicnrezia  ptopria  averaw»  aderito  all'nl- 
tina  peroluaiaae  socpiraTaao  l'antico  gafemo  della 
Bepnbblica  sotto  la  proteaoae  di  Cetara  ;  la  plebi 
denderara  aolo  un  ristoro  a  tanti  tMvagU  -,  e  cp»^ 
sto  voleva  cheletaesoUecitOyeMiiKaritatdD.  Il  Du- 
ca di  Firtnce,  era  tutto  prope»»  «Uà  pace,  ma  non 
essendo  i  Senesi  padrt»i  Decolla  lor<oGttà,iièdei 
loro  territorio  noe  aapeva  di  cbe  trattare  eoo  catit 
11  Cardinale  di  Ferrara  come  Plsnipotenaiario  «si-* 
biva  di  depoKtare  le  piaase  dal  Senese  in  potere  del 
Papa  a  dei  Vcnnìanì  Snunto  cbe  non  ìoAktd  sta- 
lulite  le  condiaioBi  del  trattato.  I>o  Stroxn  aveva 
ardine  dal  Re  di  conserraHe  >  e  fertiftcarle  )  e  gli 
Ambasciatori  <di  Siena  aggirandosi  ìnetitmente  da 
Roma  a  Montalcioo,  e  di  quivi  a  FirmaeesfioDffra* 
no  gli  estremi  della  lirico  patria  >  e  imploratano  in^ 
vano  la  clemtai»  del  Re,  e  la  j^età  d^  StKwai. 
^n  mancavano  però  i  Ministri  di  pasoerlioon  molte 
speraoBe ,  e  promesw  poiché  da  Montdclno  erano 
stati  spediti  al  Re  >  dee  Senesi  per  sollecitarlo  a  aoc' 
correre  la  loro  Patria^  mentre  si  tratteneva  U  Buca 
•wi  nuic>  e  mconctodenti  proporiiiofti.  MaeraUl' 


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9»  STORIA.  DI  tOSCAKA 

j^ff  mente  slretto  l'assedio,  e  la  Città  cosi  mancante  di 
di  C.  viveri  che  l'Ambasciatore  Senese  nel  ritornare  a  ren- 
'^^der  conto  alla  Repubblica  dei  suoi  negoziati  Ira  le  gra- 
zie che  chiese  al  Marchese  domandò  di  poter  portare 
ia  Siena  un  fiasco  di  vino.  E  siccome  il  Duca  dopo  la 
voce  sparsa  della  spedizione  di  Brisac  aveva  rinfor- 
zato il  suo  eserato  dove  oltre  ij>residj,  e  le  bande  del 
dominio  aveva  ottomila  Oltramontani,  qnattromila 
Italiani,  circa  mille  cavalli,  tali  forze  toglievano  or- 
mai allo  Strozzi  il  coraggio  di  tentare  qualche  colpo 
di  ardire.  Nel  canale  di  Piombino  erano  trenta  ga- 
kre  imperiali,  e  si  aspettava  da  Napoli  un  corpo  dì 
Spagnoli  per  intrapendere  l'assedio  di  PoFtercole.Lo 
Strozzi  non  avea  che  duemila  soldati  veterani,  tre- 
mila reclute  di  villani ,  e  dugento  cavalli  ;  il  Mar- 
chese sjMventava  gli  Ambasciatori  nel  loro  passag- 
gio e  gli  minacciava  il  bacco  della  Città.  Tali  aug»- 
fltie  mossero  finalmtnte  il  Re  di  Francia,  a  spedire 
ip  Italia  il  Segretario  Breton  per  notiGcare  ai  suoi 
Ministri^  che  togliessero  ai  Senesi,  ogni  speranza  dt 
soccorso,  ma  gli  aiutassero  a  devenire  a  qualche  o- 
norevole  composizione,  [vima  che  si  riducessero  al- 
l'ultimo estremo;  che  però  si  conservassero  le  Piaz- 
ze  e  «  munissero  senza  risparmio  ^  poiché  questo 
era  l'unico  mezzo  di  conservare  la  loro  libertà ,  e 
resiituirli  in  progresso  alla  patria.  In  tale  stato  di 
coke  il  consiglio  generale  deUa  Repubblica  di  con- 
certo col  dittatore  Monluc,  destinò  quattro  Amba- 
sciatori al  Buca  Cosimo  per  trattare  le  condizioni 
della  dedizione.  Zie  prime  loro  proposizioni ,  sicco- 
me altiv  Oggetto  non  aveanoche  di  guadagnar  tem- 
po, furono  piuttosto  da  vincitori  che  da  vinti ,  e  il 
Duca  senza  scoraggirli  tollerò  pazientemente  che  la 
Repubblica  con  nuove  ìstruùooi  gli  poiiesae  in  gra- 


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LiB.  n.  cap.  IV.  89         . 

do  di  poter  conTeoire  con  più  iacitità.  L»  basa  Ai  ^, 
tatto  questo  trattato  Tolera  il  Duca  ch«  fbue  b  re-  di  C. 
parazione  alla  offesa  digiiità  dì  Cesare,  e  la  sicorez-  '*'^ 
aa  del  auo  Stato;  il  coDciliare  le  vedale  dei  France- 
si e  Fui^enza  dei  Senesi  con  la  fennczEa  del  Duca 
portò  un  meae  di  dilaiione ,  ma  finalmente  strin- 
gendoli la  lame  e  perduta  ogui  speranza  di  aoltiero 
li  1^.  di  Aprile  stabiliroao  col  Duca  la  seguente ca- 
pitolaxi(Hie  :  Che  V Imperatori  ttcoettando  Siena 
sàtto  la  stut  protezione  gli  avrete  rilasciato  0  di 
nuovo  concesso  la  sua  libertà:  Che  avr^be  accora 
dato  un  general  perdww  a  tutti  i  Senesi ,  e  la 
conservazione  dei  loro  Beni ,  eccettuatine  però  i 
ribelli  dei  suoi  Stati  e  di  quello  del  Duca:  Che 
Jòsse  in  libertà  di  tfualuntfue  Senese  p<irtire  libe- 
ramente dalla  Città,  e  in  quella  ritornare  a  suo 
piacimento:  Che  la  Città  dovesse  acculare  quel~ 
la  guarnigione  che  fisse  creduta  conveniente  alle 
circostanze  da  pagarsi  però  dall'Imperatore  per 
impotenza  dalla  Itepubblica:  Che  Sua  Maestà  si 
Contenterà  di  non  erigere  nuova  Cittadella  e  si 
guasteranno  i  Forti  che  già  vi  sono  :  Potrà  Sua 
Maestà  stabilire  in  Siena  guella  firma  di  gover- 
no che  più  ti  piacerà  firmo  stante  il  Magistrato 
dei  Signori  e  Capitano  di  Popolo,  e  aver  conside- 
razione dei  privilegi  e  delle  entrate  di  quella  Re- 
pubblica secondo  c/10  li  parrà  codiente  ;  I  sol- 
d<ai  Francesi,  e  di  qualunque  nazione,  eccettua- 
tiiribeUi  st^ra  nottai, potranno esoire dalla- Cit- 
tà con  gli  onori  militari  e  con  tutto  il  loro  baga- 
glio: Che  si  dovessero  confirmare  le  antiche  con- 
venziom  fia  il  Duca  e  quella  Reptd)blica,  e  final- 
mente che  per  tatto  il  dì  33  di  jéprile  la  Città 
sarebbe  stata  evacuata  dai  Francesi  per  introdtir- 


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9»  STÙMk  tu  tÓSCkVK 

J^y,^  vi  la  giiamigìone  Imperiale^  il  che  non  ^kttuéJk* 
dì  C'dMì  nel  predetta  gitno  doveste  questa  ip^tUa'^ 
^^^zrone  intendersi  come  nonfaUa.  U  general  conù* 
glio  della  Repabblka  approvò  qusste  condìnoni,  « 
solo  si  penai  ■  motlerame  TeaecucioDe  ^oanto  « 
rìbelU  teDendooe  proposito  col  Harcliese  ,  41  quale 
previo  il  tacito  assenio  del  Duca,  proimste  di  ope- 
rare che  potessero  partitasi  ti  evadere  liberamente. 
Si  pn^anrouo  ioUnto  non  solo  le  troppe  per  la 
gnamigioUte ,  ma  ancora  Tettovaglie  in  'gran  copia 
per  satollare  l'afl&aata  Gttà,fl  fanmo  dal  Daca 
date  precise  iatrunoni  ai  comandanti  per  la  disci* 
plioa  deUa  Truppa  ,  e  per  il  buon  trattammto  da 
laru  ai  Senesi. 

CAPITOLO  QUINTO 

ti  Ddm  introdikoe  fn  Siena  U  {oarnìgioM}  e  ■  Montaleìira 
V  M  forma  nna  naora  Repubblica.  Il  Marcbne  di  AUrign» 

^  no  eipogna  Portercale.  t  Turchi  sban»no  •  Piombino  di 

dove  tono  riBpintì  con  perdita.  Si  prosiegne  s  combitte. 
te  «on  i  Francesi  nello  Stato  di  Siena.  Il  torbido  cant* 
tare  dì  Paolo  IV.,  &  naicen  in  Italia  il  tÌMore  di  nnovt 
goerrsk  G«rlo  V.  linuxia  i  nioi  Stati  al  i^iolo,  e  li  ita- 
bilifcfl  tra  gl'ImiMnali  e  i  Fnnoeiì  hm  tn^jUt  qoinqae»* 
naie  a  Cambra;. 

La  capitelaxtoDedi  Rena  apprersta  per  necessiti^ 
nonperimdinasioiiedBlGranCoDtigDodicpieUaBe- 
pobbUca  mesBeing[randeagftasiane  gli  animi  della 
ma^or  palie  di  ^eiCittadini,  die  mal  soffiivano 
di  tornare  jotto il  Gorenio  delli  odiati  Spagnoli-;  ai 
dalevaDo  delk  &talelorodtsaTTenturacbe  tanti  di' 
aagj  finora  sofferti  coraggiosamente  in  quindici 
mesi  d'assedio  j  e  tanto  sangue  inutilmente  qtariD 
non  fossero  stati  utili  a  conservar  loro  la  libertft> 
Tesaevano  il  rigore  di  Cesare,  e  l'ambiiione  di  Go- 


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lìtaoi  e  già  si  conoacetano  preda  dell'uDO,  o  ddl'al-  .  ^ 
tro^  pure  fu  foru  che  Mooluc  adenpisie  le  condì'  di  C. 
ftioBÌ  del  tratUto  ,  e  il  dì  si  dì  Aprile  sorti  dalla  '^^ 
CiUà  coD  le  sue  geutì  in  ordinanza  seguitato  da  cir- 
ca quattrocento  Senesi  che  con  le  loro  famiglie  ed 
equipaggi  abbaudoDavano  Toloatariamente  ]a  Patria 
per  cercare  altrove  la  libertà.  Il  Duca  introduss* 
in  Sieoa  duemila  fra  Spagnoli ,  e  Tedeschi  sotto  il' 
comando  del  Conte  Sforza  di  santa' I^ra ,  i  i]aaU 
furono  alleggiati  a  quartieri  per  le  case,  e  per  i  Mo- 
nasteri come  in  tempo  di  pace,  oaserrando  una  ri* 
gorosa  disciplina ,  ed  una  particolare  moderaaìone 
osn  gli  abitanti.  Spedi  ancora  Angelo  Niccolini  con 
carattere  di  suo  Plenipoteaxiario  presso  qaella  Re- 
pubbUca  f  affinchè  stabilisse  un  pialM  dì  Gorerno 
composto  di  persone  non  aospetlc,  e  atto  a  mante- 
nere quella  Città  nella  derosìone  dell'Imperatora 
fintanto  che  da  esso  non  renissero  nuore  dispósì- 
bìodì.  Fu  creata  una  Balia  di  reati  Cittadini  gii  be- 
Bemerki  della  &aìoDe  Imperiale ,  e  si  diede  prìii' 
cipioj  al  nuovo  Governo  cMi  togliere  a  tutti  le  ar- 
mi,  e  fare  di  esse  una  severa  inquisiiione  perla 
CittÀ.  Questa  prima  prora  dì  soggeaione  sbigottì  tal' 
mente  l'aniversale  che  a  fronte  dì  tutta  la  piacevo* 
lexxa  con  cui  era  stato  trattato  dal  vincitore  si  ac 
crebbero  le  emigrazioni^  e  fu  fona  raffrenarle  con 
JmDdi,  e  con  pene  non  ostante  la  capitotaaione  chs 
le  permetteva.  Si  aocreUie  maggiormente  il  sospet- 
to allorché  sì  sentì  eretta  in  Uontalcino  una  nuora 
Bepubblica  la  quale  concertata  dallo  Struzzi  avao' 
ti  la  dediiiona  con  i  principali  del  suo  partito ,  ed 
esguita  sobitodopo  l'introduiioDe  inSiena  della  guar^ 
nigiooe  del  Duca ,  invitata  col  nome  della  hbertìi  f 
ì  Senesi  a  riunirsi  con  essa.  Fu  creduto  perciò  espe- 


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9*  STORIA  DI  TOSCANA 

rj' diente  richiamar  tutti  alla  antica  t^bedienu  delU 
4iG.  capitale,  assegnar  termini,  e  dichiarare  ribelli  qobU 
'^'^lì  che  Davano  di  Mggettarsi  al  nuovo  Gorerno* 
In  tal  guisa  ai  accrebbero  i  sospetti,  e  le  infedeltài 
ne  nacquero  le  confìscasioDi^  e  ì  bandi  di  ribellfone^ 
e  la  guerra  direnata  civile  divenne  anco  in  progres- 
■0  più  animosa  e  crudele.  Le  famiglie  sinceramen- 
te attaccate  al  partito  Imperiale  enoo  poche>  e  tali 
po-cbè  oppresse  dal  Governo  Francese;  ù  nuova  Ba* 
lia  composta  di  queste,  e  delle  meno  sospette  tene- 
va un  contegno  incerto  secondando  il  Duca  di  Fi- 
reiize ,  e  la  Repubblica  di  Montalcino.  I  cartelli 
ritrovati  per  la  Città  col  motto  viva  Francia  >  e 
muoia  SSUirzoccO)  facevano  chìaramentecompreade- 
re  al  Duba  essne  inutile  la  piacevoleiza,  e  neceasa- 
aario  il  rigore.  Nondimeno  provredde  che  la  Città 
aUwndasse  di  viveri  a  prezzi  discreti  procurò  che 
vi  si  amministrasse  esatta  GiustÌEiaj  e  tenne  l'eser- 
cito accampato  in  vista  della  medesima  per  preve- 
nirequalunque  tentativo  che  bcessero  quelli  di  Mon- 
talcino. Volle  che  la  Repubblica  spedisse  due  Citta- 
diiii  all'Imperatore  per  implorare  la  conservasione 
della  libertà  ,  e  un  Ambasciatore  al  Re  di  Francia 
per  domandare  forlmamente  la  restituzione  delle 
sue  Piazze  promessa  già  a  nome  di  sua  Maestà  dal 
Cardinale  di  Ferrara;  i  primi  furono  s^retamente 
incaricati  di  fare  ufficj  Con  Cesare  affinchè  il  Duca 
Cosimo  non  acquistasse  vernn  Dominio,  né  sopra  la 
Città,  ne  in  parte  veruna  del  suo  Stato,  perchè  trop- 
po gli  spaventava  il  timiwe  di  essere  governati  da 
esso.  Le  terre  di  Lucignano,  Casole,  e  Maasa  volle 
che  ai  tenessero  sotto  suo  nome  e  senza  alcuna  di- 
pendenza dalla  Repubblica  come  pegno  della  aicu< 
rezza  del  suo  Stato  e  delle  spese  fatte  per  questa 


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LIB.  II.  CAP.  T.  93      ___ 

gaenn.  Non  tralasciò  modo  alcBBo  di  arte,  e  di  pia-  ^ 
cevolessa  per  richiamare  i  Senesi  refugiiti  gi&  a  di  C. 
Hontalcino,  ma  fioaLaaente  essendo  stato  inutile  o-  '^^ 
giù  altro  compenso  gli  dichiarò  tatti  incorsi  nella 
pena  di  ribellione.  £  siccome  iFrmcesi  areano  or- 
mai dichiarato  che  senza  esser  sicari  che  l'impera- 
tore rìstabibsse  Sena  nell'aotica  ma  libertà  non  a- 
Trebberò  restituito  le  Piafze,  perciò  il  Duca  deter- 
minò che  altro  espediente  non  vi  fosse  che  dì  pro< 
«egnire  con  celerità  la  campagna. 

Si  mosse  il  Duca  a  questa  risoluzione  sul  timore 
che  Tenissero  dalla  Francia  nnovi  rinforzi ,  e  eh* 
r  armata  Turchesca ,  che  si  attenderà  verso  Testar 
te  sbarcando  alle  marine  di  Siena  si  giuntasse  eoa 
i  Francesi  per  dann^giare  il  suo  Stato.  Per  prevo- 
nire.tutti  questi  soccessi  volle  che  s'intrafffendesae 
r  espugnazione  di  Portercole,  e  si  sollecitasse  l'im- 
presaprìma  che  l'aria  di  quelle  campagne  resa  io- 
salubredalcalore  estiro  potesse  danneggiare  l'essi^ 
cito .  Ita  piazza  di  Portercole  fortificata  già  dal 
'Priore  di  Capua  era  stata  finora  il  Porto  di  comu- 
nicazione con  la  Francia  per  dove  s'iatroducevano 
Jiello  Stato  di  Siena  i  rinfi»^  di  truppe  ,  e  di  vet> 
tovaglie  per  servizio  dell'esercito,  ed  era  perciò  dai 
Francesi  reputata  come  una  porta  per  introdurre  in 
.Italia  per  mare  le  loro  forze.  Era  situata  in  un  Col- 
le ma  però  dominata  da  altri  Colli  più  eminenti  so- 
pra dei  quali  erano  piantati  dei  Forti  ben  guarniti 
di  troppa,  e  di  artiglierìa.  Il  Maresciallo  Strozzi  do- 
•pò  la  resa  di  Siena  lasciate  in  Hontalcino  a  Corae- 
Jio  Bentivoglio  le  disposizioni  per  la  nuova  Repub* 
blica,  e  per  la  difesa  di  quella  Gttà  si  trasferì  a 
Portercole  col  miglior  nervo  delle  sue  truppe.  Co- 
nosceva egli  l'importanza  di  questo  posto,  e  confi* 


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94  STOMA  DI  TOSCANA 

Ai*-  ^Tai  nel  ano  valore  che  Tenendo  il  Hapchetrper 
^^espugnadoìavrebbe  potutoeonla  resistenza  dei Fw- 
ti  circaaTRàaiintratteBerbfinoaU'arrÌTodeUa flot- 
ta Turehesca.  U  aito  ei.-a  ancora  opportunoper  non 
testare  rinchiuso  dalle  forze  del  Duca,  e-  potere  in 
un  sinistra  evesto  saUaru  cou  la  fuga  uaitameate 
ai  priocipati  ribelUdi  Firenze  ^  che  correvano  la  aoa 
aortCi  Le  dìsavrentare,  e  la  puhblica  dìfi^mazioite 
benché' >ao  avassera  avrilìto  il  auo  ardire  lo  avea- 
no  però  reso  più  circospetto  ^  e  la  caduta  di  Siena 
KTcndoli  coBcitato  r  ocUo'  dei  Francesi ,  e  dellj  Ita- 
liani lo  avea^  ridotto  alla  necessità  di  domandare  il 
TÌtMiio  alla  CcHteper  giustificare  la  sua  condotta; 
:»taLcffttlo;avea  racbiamatoda  Parma  a  MwttalcH 
no  il  ^Generale  Sonbise  per  sostituirlo  in  suo  luogo. 
HAasicarato  il  Duca.  Ommodella  ritirata  dello  Strùi- 
zì  in  Porlereole  seliecitò  il  Doria  a  spingere  in  ca> 
sale  ifuaranta  Galem  per  assistece  alla  eapugnaùo- 
ne  ddla  Piazza  ^  e  servis«  al  trasporto  delle  Tett»> 
iTJgliea  Onbetellii}  ano» il  Marchese  mosse  il  soo 
«sercitoa  qaeUaiToka,e  occupate  nella  marcia  di- 
mse  piccole  terre  detenute'  dai  Francesi^  giunse 
ailtL  fine  dlUi^o  daTBOtiolkPiaiza  j  e  pisotò  gU 
'aUc^lgiamenlì  soprai  akane  Colline  annesse  al'  Ha^ 
Ae  Atgcniaro  avendoli  laGalere  ddfioria  soamì^ 
nistratoifaltiglierìa  neccssariaper  battem  i  FoitL 
Beala  cogito  b  Strozzi. da; IsmU'  sollecitadioe  ed 
Uaichesc,*  del  Boria  ai  perchè  lo  Fortificazioni 
■on  erana  nsL  ponto  cbe  e^  desiderava  ,  come  aa^ 
emi  perofaéi  non  eraow  arrivati  tutti  i  rinforzi  ordi- 
nati per  ìm  gnamigiDne;.  non.  mancò  però  ci^  sno 
corraggio  di  acdngcov  aUa  difesa ,  e  vaoci^iendò 
«pianta  trappa  gli  fii  poesihile  lar  resistenza  al  Ma»* 
dme^  cbe  senza- ritardo  cojqinciò l'assalto  dei  ^or* 


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riB.  n.  GAP.  T.  ^ 

ti.  Molti  dcii  ribelli  Fiorentini  maao  coraggioii  àtì  ^y^ 
HaPtaciftlto  si  ritiiaMna  a  Ciritancchia.,  «  fiia  esuidiC 
Giuliano:  d«  Usdici  fratalia  di  Lcuvoao  traditore.  I  '^^ 
FrancMÌ  irriliti  da  thols  meataw  pmgstvto  alU 
•aMki  dei  Marchese ,  e  ia  Breve  tempo  tutta  la  di- 
&B:d«UaPiaxxR  restò  uucaraenta  appoggiatoi  alÌR 
cesisteiiM  dal  Fwtie' detto  dello  Stsonàa ,  doine  era  ' 
lapiA  spella  nnlÌKÌa,«lB.  iBÌglioi]e'Bt^glierta..Vot 
le  il  Marchese  che  a  qualunque  rìschio  se.  ne  iatc» 
prendesse  l' assalto,  eia  notte:  dei  nere  di  Giugna 
In  destuiataall'  attacco fpwiroiio  in  eaBaeìica.tieii^ 
ts  soldati' del  Duca,  e  più  dò  quattiacento  Mstaroaa 
IcFÌtì  dai  «assi  cbc  pioniba.TmBO  dall'  ailto^ma:!!  Poiv 
te  lìi.  guadagnato  per  Iona ,  e  lo  Steosii  iaeoniint* 
-ciato  l'attacco^eooROSciutoil  penetra  sii  fiigginek 
la  DotbB  sur  «na  Gslen  a*  Givitareccliia  Ibscìbb. 
do  a  la  Ghapello  il  oomand*  di  queUa.  piaMza.  Se  le 
Galere  dei  Dona  aTeesero  ciicondsta  il.  Poeto ,  e 
SCOMO  quei  mari  cdom  dovevano^  il-  Maresciallo,  e 
Giuliano  de  MedlcisambfasBaccrtament»  t)ssbitì>pre»< 
da  delDuca, Espugnatolo StBoiico,esaimggiti  tutti 
dalh  fbg^  del  Laogo  Tenente  dei-Re  aodie:laHoo- 
M  si  arrese  con-oondiiiane  oboi  f  lancsai  si  partis- 
Mro- liberi.,  rostanda però  prìgiontei»  la  Ghapelle, 
.a  ooi' pavseass:  il  Mancheae  di  partlBuiia<iyoina:p« 
giustificaM  ÌH-csao  iUiaistri  di<Eraniiì»U< perdita  di 
<(|iiellh  piaman;  fìiroitariserTotituttLiiiiyieUi'Clieconi- 
segnati-  dal  Maocbeso  all'  armata  ruoooo  tnufenli  a 
-  Liecmo  per  qmw.sidnreil  loro  datino,  ipiù  riguae- 
deroli  ita  essi  furono  Ottobono  dal  Fiesoo  autore 
della  sollevazione  di  Genova'Qaiitn>it>DariayeAle»- 
Sandro  Salviati  ribelle  dALfinea-.-  L'sspugaaiionedi 
FoDteroole  fu  l'altiaw.impreaa.delMaEcbeaediM»- 
c^uuoj  poiché  aggntTatu  dalle  aoe:  iadispoaiiioaì 


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96  STORIA.  DI  TOSCANA. 

^  dovè  lasciare  il  comando  dell'  esercito  tf  Chiappa» 

di  C.  Vitelli  per  andare  a  curarsi  alla  patria,  dovelusift- 

"^^gandosì  di  recuperare  la  salute;  e  trovare  maggior 

pascolo  alla  sua  ambizione  finì  di  vivere  nel  mea» 

dì  Novembre.  Il  pu]:J>Uco  auribui  al  suo  valore  1' 

acquisto  di  Siena,  e  il  Duca  Coaimo  lo  attribuì  alU. 

propria  vigilansa ,  e  al  proprio  consiglio  repiUand» 

fl  Marchese  un  mediocre,  e  lento  esecutore  delle  sua 

liaoluzioni. 

L*  acquisto  dì  Portercole  fu  per  il  Duca  di  aom- 
ma  all^rexza ,  e  servì  a  sollevarlo  dall' agitaaionft 
io  cui  lo  averanD  posto  i  sospetti  di  Carlo  V. ,  e  gtì 
intrighi  dei  SDoi  IkÙnistri.  Subito  cfae  fu  presentata 
llll'Imperatore  la  capitolazione  df  Siena  gli  avversa- 
ri di  Cosimo  gl'ìnsinuaroDo  esse»  quell'atto  obhro- 
'brioso ,  e  indegno  della  Maesti  di  vn  Iraperatwe 
perchè  Donerà  altro  che  una  capitolaaione  coni  suoi 
ribelli.  Dimostravano  essi  che  il  Duca  gli  toglieva  il 
modo  di  usare  con  i  Senesi  la  clemensa ,  o  il  rigo- 
re; cfae  il  rimetterli  nell'antica  libertà  non  cor- 
rispondeva alle  ìntenxioQÌ  diSoa  Maestà  di  lasciare 
al  Re  d'InghilterrarassolatodominiodiquelloBt*- 
to ,  e  che  perciò  sarebbe  restato  inutile  tantn  di^m- 
dìo  iàlto  per  questa  ganra.  Sì  aggiungevano  le  aft> 
{rete  relazioni  del  Marchese,  il  quale  asseriva  che 
con  la  dilanone  dì  pochi  giorni  Siena  si  sareU»  ar- 
resa a  diacrezione  ;  ai  esaminò  il  diploma  di  Luog* 
Tenente  dato  dall'Imperatore  al  Duca  per  questa 
gnerra ,  e  ai  pretese  non  esservi  iàcolta  così  ampie 
■di  trattare  qnesto  accendo  ;  sì  rilevò  esser  questo  un 
-colpo  della  sua  polìtica  per  non  avere  le  fbrza  Spa- 
gnole al  confine ,  e  a  questo  oggetto  aver  promeas» 
-41  non  erigere  nuova  fortezza ,  e  .finalmente  .che  e- 
gli  {vote{^«Ta.Ia  libertà  dei  S«iesi  ^  per  potei*  i»- 


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LiB.  n.  cir.  V.  s?    ^^^ 

•ensibilinente  ifersi  padrone  di  quello  Stato.  Tutto  j^^. 
ciò  mosse  facilmeote  I'  aDÌmo  dì  Carlo  V.  sospetto-  di  C 
Bo,  e  diffidente  per  natnra,  a  den^re  a  Cosimo  la  ' 
ntificasione ,  accennandoli  in  parte  i  motivi  che  lo 
determinavano  a  questa  risoluzione.  Avea  il  Duea 
promesso  alla  Repubblica  la  ratificazione  nel  termi- 
ne di  due  mesi  ^  e  sorpreso  da  così  strano  procede- 
re non  sapeva  a  qua!  partito  appigliarsi  vedendo  leso 
il  suo  onore,  mal  ricompensato  così  importante  ser- 
TÌzio^e  laaua  persona  esposta  a  divenire  il  lodibrio 
di  tutta  l'Italia;  prima  perà  di  determinarsi  pensa 
di  giustificare  la  sua  condotta  rimproverando  a  Ce- 
sare la  sua  ingratitudine, o almeno  la  debolezza  di 
lasciarsi  sorprendere  da  Consiglieri  maligni,  asse- 
gnandoli un  termine  a  dichiararsi   di  ratificare,  o 
nò ,  le  capitolazioni  :  Se  Prostra  Maestà ,  diceva  e- 
gli,  vuole  usar  clemenza  coni  Senesi  ha  ìi  can^ 
largo  perchè  può  restituirli  l'antica ,  e  vera  loro 
libertà  ;  te  gli  vuol  sudditi ,  può  riformare  il  go- 
verno a  suo  arbitrio  t  e  darli  solo  quella  libertà 
che  ha  Firenze ,  giacché  anch'essa  ebbe  le  istesse 
capit<dazioni  ;■  se  vuole  usar  rigore ,  può  a  suo  ta- 
lento disporre  delle  entrate  pubbliche ,  e  se  vuol 
sangue ,  si  contenti  che  in  questa  guerra  nella  so- 
la Città  fon  morti  di' fonte,  e  di  forra  più  di  die- 
cimila abitanti  f  che  le  campagne  sono  neW  ulti- 
ma desolazione ,  e  che  per  molti  anni  non  vi  sarà 
ehi  coltivi  la  terra.  Dimostrò  di  non  ignorare  Tin-' 
trìgo  dei  suoi  Ministri ,  e  fece  comprendere  che  la. 
capitolazione  benché  salvasse  il  decoro  della  Re- 
pùbblica dava  peròa  Sua  Maestà  tuttol'adito  di  di- 
sporre a  suo  talento  della  medesima,  offerendosi  an- 
oora  di  operare  che  i  Senesi  domandassero  da  per 
ae  stessi  la  Cittadela ,  e  la  Sovranitàf  del  Re  d' In- 

r.  //.  j 


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98  STORU  DI  TOSCANA 

~j^  ghilterraìcredeva  però  inutile  la  rìe^Qcazioliedena 
di  C.  Fortezza  perchè  quando  vi  era  non  era  stata  sufficien- 
*^^''^te  a  salvare  la  Città ,  e  perchè  a  motivo  della  situa- 
zioiie ,  chi  è  padrone  della  Città  non  lia  che  teme- 
re della  Fortezza  in  qualunque  sito  sia  posta.  Provd 
finalmente  che  allora  non  conveniva  ritardare  la 
capitolazione  in  tempo  che  a  Roma  sì  eleggeva  un 
I^ipa  Senese ,  e  che  di  presente  insistei)do  Sua  Maer 
atà  sul  capriccio  dei  suoi  JUìnistii  a  torgli  l' ono- 
re non  avrebbe  guadagnato  »  perdere  il  più  fedele 
alleato  che  abbia  in  Italia.  Tali  risentite  giustifii 
CBzioni  determinarono  Carlo  V.  a  ratificare  il  trat- 
tato mostrando  però  dì  farlo  a  intercessitme  il^  Re 
d' Inghilterra ,  e  incaricò  il  Duca  di  usare  tutta  la 
Mia  prudenza  anÌDchè  ìnaensibilmente  quei  Gtta- 
diui  si  scordassero  dell'  antica  libertà ,  e  ai  adattasi 
«ero  a  vìver  quietamente  sotto  il  governo  di  un  so- 
lo. Approvò  che  il  Duca  tenesse  in  pegno ,  e  gover- 
nasse sovranamente  le  terre  conquistate  in  quello 
Stato ,  e  deputò  Don  Francesco  di  Toledo  al  gorer* 
no  di  Siami ,  e  alla  custodia  dalle  Piatie  di  Orbe- 
tello ,  e  Portcrcole  ,  fintanto  che  il  Re  d' Inghilter* 
ra  ivon  avesse  preso  ulteriori  risoluxionì  per  dispor- 
re dì  quello  stato.  Ciò  non  fa  tutta  oompìaoenu  dell' 
Imperatore,  poiché  le  circostanze  dei  suoi  afiàri  ia 
Italia  esigevano  di  contentare  il  Duca  per  non  ave- 
re in  esso  un  nnovo  nemico  mentre  i  Francesi  à 
avvantaggiavano  alla  Corte  di  Roma  ^  e  ti  Papa  si 
mostrava  tutta  propenso  per  aecoodarli. 

Fino  dalla  fine  di  Marzo  era  morto  in  Roma  Gìn- 
lio  III.^  con  opinione  universale  di  non  essere  stato 
utile  a  veruno,  ma  con  singolare  dispiacece  del  Du- 
ca il  quale  oltre  i  comodi,  che  rìcavaTa  dallo  Stato 
Ecclesiastico  per  la  ga»m  rinuneva  impegnato  a 


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LIB.  n.  CAP.  V.  99 

àdénipire  H  matrimonio  di  sua  figlia  cou  Fabiano  .  ^ 
di  Monte.  Foste  indolenza,  o  riguardo,  il  Papa  la-di  C. 
sciò  questo  nipote  in  bassa  fortuna,  e  in  tempo  ap-  '^^' 
punto  che  Cosimo  trattava  col  Re  Filippo  di  assicu- 
rarli qualche  stabilimento  nel  Regno.  La  Sede  va- 
cante risvegUò  l'ambizione  dei  Cardiliali,  ma  più 
dì  tolti  si  distinse  a  brigare  il  Cardinale  di  Ferra- 
ra. Piero  Strozzi  propose  ai  Cardinali  Francesi  di 
iarlo  eleggere  con  l'appoggio  di  seimila  fanti  da  spin- 
gersi Terso  Roma  per  il  Ducato  di  Castro.  Il  Duca 
di  Ferrara  propose  a  Cosimo  il  matrimonio  del  suo 
primogenito  con  una  soa  figlia  purché  il  Papato  per 
il  Cardinale  suo  fratello  fosse  il  frutto  di  questa  al- 
leanza. Il  Cardinale  Farnese  roleva  un  Papa  a  suo 
modo  per  assicorare  al 'Duca  Ottavio  la  Stato  di 
Parma  ,  e  tentare  ancora  la  recuperazione  di  Pia-. 
ceuza.  Tutte  queste  pratiche  furono  prevenute  dai 
Cardinali,  ì  quali  il  dì  g  di  Aprile  elessero  per  ado- 
razione, e  non  per  scrutinio  Marcello  Cervini  oriun- 
do da  Montepulciano ,  ma  però  domiciliato  in  Sifr< 
na.  I  Francesi  crederono  che  egli  dovesse  esser  ne- 
mico dell'Imperatore  per  gl'impegni  sostenuti  con- 
tro  di  esso  nel  Concilio  di  Trento,  e  gl'imperiali  fu- 
rono assicurati  delle  sue  rette  intenzioni ,  che  non 
potè  efiettuare  perchè  ventitré  giorni  dopo  la  sua 
elezione  finì  di  vivere.  Il  disinteresse ,  1'  austeritìi  e 
l'alienazione  dai  suoi  nipoti  dimostrate  nel  prioci- 
pio  del  suo  governo  fecero  che  l'universale  lo  com- 
piangesse sinceramente.  Questa  mancanza  animò  di 
nuovo  ì  Cardinali  a  brigare ,  e  il  Duca  di  Ferrara 
non  tralasciò  di  tentare  Cosimo,  e  i  Farnesi  per  uni- 
ri  i  loro  voti  a  quelli  di  Francia,  e  inalzare  suo  fra- 
tello al  Pontificato.  La  diffidenza  fra  le  Case  di  Fer- 
rara, e  Farnese  insorta  fino  dai  t#mpt  di  Paolo  IH. 


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iM  STORIA  DI  TOSCANA. 

non  pernietteTO  di  unire  i  loro  interessi,  perciò  rì- 
di evoltosi  a  Cosimo  afEnbègli  guadagnasse  ivotidellì 
f535  Impemli ,  oltre  la  già  progettaU  alleanza,  gli  pro- 
messe ancora  la  restituzione  delle  Piazze  che  teae- 
vano  i  Francesi  nello  Stato  di  Siena.  In  tal  guisa  i 
doe  partili  Imperiale ,  e  Francese  si  contrastavano 
con  i  loro  artifizi  l' elezione  del  Pontefice ,  quando 
il  Farnese  unitosi  col  Cardinaledi  Toledo  potè  com- 
binarli li  a3  Maggio  nella  persona  del  Cardinale 
Gio.  Pietro  Caraffa  Napoletano.  Prese  il  nuovo  Pa- 
'  pa  il  nome  di  Paolo  IV. ,  e  siccome  era  &ndatore 
dei  Teatini,  e  aveva  opinione  di  Santità,  di  dottrì- 
pa,  e  di  zelo,  s'immaginò  ciascheduno  che  ei  do- 
vesse essere  il  restitutore  della  gloria,  edella  digni- 
tà Pontificia.  Ma  nel  variare  condizione  variò  anco- 
ra carattere,  poiché  appena  assunto  al  Pontificato 
adottò  il  fasto  Regio,  e  fece  conoscere  che  il  suo  prì- 
-iDO  pensiero  era  quello  d'ingrandire  i  nopoti.  Si  aco- 
prì subito  nel  suo  contegno  un  eccesso  di  superbia, 
e  di  arroganza,  un  ambizione  senza  limiti,  eduna 
-estrema  debolezza  per  i  nipoti.  Benché  in  età  d»- 
crepita  non  ù  curò  di  occultare  i  difetti  del  suo  tem- 
•peramento,  che  la  portava  ai  più  sfrenati  eccessi  di 
collera  disonoranti  il  suo  grado ,  e  la  sua  dignità  ; 
.poche  settimane  dopo  la  sua  elezione  non  ebbe  ri- 
guardo di  trattare  a  pugni ,  e  oalci  il  Lnogoteneate 
del  Governo  di  Roma,  e  di  pelar  la  barba  a  un  Ava- 
baiciatore  di  Ragusi.  Non  risparmiava  villeoìe  a  per> 
Rone  dì  qualità ,  e  l' Ambasciatore  del  Duca  risentì 
anch'  esso  gli  effetti  delle  sue  stravaganze.  Avendo 
Cosimo  dichiarato  ribelle  l' Are ive^ovo  di  FireU'. 
«e>  e  sequestrato  i  frutti  di  quella  Chiesa  sul  Mout* 
della  Piet(( ,  voleva  il  Papa  ohe  gli  fossero  restituì. 
*     -ti,  e  minacciò  con  un  fireve  il  Duca  in  caso  dì  eoa* 


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lÌ6.lt.CàP.  V.  loi      ^^ 

ti^aVenziòiie  ;  fu  replicato  die  le  rendite  Ecclesiasti*  j^^ 
che  non  dovendo  servire  di  aiuto  ai  ribelli  per  fardi  C' 
là  guerra  contro  il  lor  Principe,  il  Duca  avea  ope-'"^ 
rato  giustamente  a  impedire  questo  efGstto ,  tanto 
più  che  dava  a  Sua  Santità  tutto  l'arbitrio  d'iinpie- 
garle  ih  benefìzio  dei  poveri  j  ma  insistendo  Ìl  Papa 
che  si  coDosciesae  in  Roma  la  Causa  della  ribellione 
deir  Arcivescovo ,  -e  non  soffrendo  coutradizioae  , 
stacciò  con  termihi  assai  villani  l'Ambasciatore  dal- 
k  sua  presenza.  Gosìstranomododiprocederecom- 
binato  con  la  parxialità  che  dimostrava  periFran- 
cesi,  e  l'attaccamento  con  i  Ministri  dì  Francia  k' 
ce  cbiefamente  comprendere  al  Duca  quanto  l'eie' 
xione  di  un  tale  uomo  fosse  giunta  in  mal  punto 
per  la  quiete  d' Italia  in  tempo  che  le  ciircostanze 
dell'Imperatore,  e  le  sue  erano  assai  perigliose. 
■  Dopo  che  Carlo  Vv  e  Enrico  11^  aveano  per  quat' 
faro  anni  con  si  ostinata  guerra  afflitto,  e  disastrato 
tente  nazioni,  la  Regina  d'Inghilterra  si  adoperò  di 
giovare  all'umanità  con  proporre  un  Congresso  per 
trattare  le  condizioni  della  pace.  I  Ministri  della 
Regina  mediatrice  intervennero  a  Cales ,  quelli  di 
Carlo  V.  a  Graveling,  e  quelli  di  Francia  a  Àrdresj 
grandi  furono  gli  apparati,  ma  brevi  ìé  pratiche  , 
poiché  non  convenendo  le  parti  fu  disciolto  il  Con- 
gresso subito  che  i  Francesi  furono  assicurati  che  il 
Turco  avrebbe  spedito  la  flotta;  si  rese  perciò  ne-> 
cessano  di  rinforzare  gli  eserciti,  e  specialmente  in 
Italia,  dove  i  Francesi  nel  Piemonte  facevano  dei 
botabili  progressi.  Fu  spedito  in  questa  Provincia  il 
Duca  d'Ai  va  col  comando  generale  delle  armile  con 
la  plenipotenza  del  Governo  tanto  nel  Milanese  che 
nel  Regno  diNapolij  portava  egli  ilonsolo  le  intenzio^ 
Mi  delRcFJippo  appra  la  direzione  della  guerra  ttu 


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iM  STORI*,  m  T0SC4HA. 

j^j,^  ancora  l'ordiDe  espresso  dì  consultare  con  Conmo  t 
di C mezzi perriescirvi  felicemente. Fensara il DocaCo* 
'^^simo  che  assicuratele  piazze  del  Piemonte  e  del 
Milanese  per  far  fronte  a  Brisad,  e  monìte  le  spiag-  - 
gie  del  Regno  di  Napoli  con  vari  corpi  di  cavalle- 
ria  postati  opportunamente  per  difendere  il  pae- 
se dall'aroiata  Turcbesca  ,  il  nervo  delle  ùtrze  si 
riunisse  tutto  nello  Stato  di  Siena  dove  era  opporr 
tuno  per  accorrere  con  celerità  nel  Milanese  o  uel. 
Regno,  e  eccupando  le  Piazze  dei  Francen  tenera 
in  st^ecione  il  Papa,  del  di  cui  malumore  già  co- 
minciava a  temersi.  Giunse  il  Duca  d'Ai  va  in  Italia 
nel  mese  di  Giugno  j  e  avido  di  acquistarsi  gloria 
contro  i  Francesi  trascurò  i  consigli  di  Cosimo ,  e 
v'impello  a  gunreggiare  con  i  medesimi  nel  Pie- 
monte; ciò  fu  causa  che  dopo  l'espugnazione  di  Pur- 
tercole  essendo  richiamate  nel  Milanese  le  truppe 
Tedesche,  e  Spagnole  restò  snervata  affatto  la  guer- 
ra nello  Stato  di  Siena  ,  e  attesa  la  debolezza  delle 
forze  da  ambedue  te  parti  tutte  le  ostilità  si  ridussero 
a  devastazioni,  incend),  e  rapine  sulle  frontiere.  Ha 
durò  poco  questo  trattenimento  perchè  l'armata 
Turchesca  composta  di  sessantotto  Galere  ,  e  vMi- 
ticiuque  Galeotte,  e  coraandata  dal  GorsaroOra- 
gut  passato  il  Faro  minacciava  di  venire  a  ripren- 
dere Portercole.  Fu  perciò  necessario  che  il  Duca 
rtwisse  alla  marina  tutte  le  sue  genti ,  [MVCU- 
rasse  dei  nuovi  rinforzi,  e  attendesse  alla  difesa  di 
Piombino,  e  dell'Elba.  Non  può  esprimersi  quanto 
questo  avviso  ravvivasse  Vanioto  dei  Senesi  di  Hoa- 
talcino  i  quali  anelando  di  contìnuo  alla  recupera- 
zione  della  patria  ,  e  della  libertà  *  s' imaginavano 
già  prossimo  quel  felice  momento.  Aveano  essi  per 
loro  maggiiH-  lusinga  eretta  in  &|<»itali;ino  la  nuova 


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LIB.  IL  CAP.  V.  mi 

Repubblica  a  simUitudìne  di  quella  di  Siena^  ed  a-  ^^^ 
TesDo  creato  ud  Supremo  Magistrato  composto  didi  Ci 
Quattro  soggetti,  e  del  Capitano  di  Popolo^  l'intito-  '^^ 
Iasione  di  questo  Magistrato  era:  //  Capitano  di 
Pepolo  ,  e  i  Deputati  alla  dijksa  della  libertà  di 
Siena.  ComaiulaTa  le  truppe  Francesi  il  Generale 
Soubiae  già  Luogotenente  del  Re  ta  Panna,  a  cui 
lo  Stroui  prima ,  ài  fuggire  da  Port«x:ole  avea 
^[tedìto  la  patente  di  suo  Lu(^otciienl«  Generale 
Mei  Dominio  dì  Siena.  Per  profittare  della  oppur- 
tunità  della  Flotta  imaginarono  essi  dì  fare  ogni 
aforzo  per  riunire  un  corpo  di  truppq  ,  e  men* 
tre  le  forte  del  Duca  fossero  occupate  alla  mari' 
Ba ,  fare  una  diversione ,  e  tentare  un  acquisto 
importante  nella  Valdìchìana  ,  o  almeno  occupa- 
re  qualcbe  posto  forte  verso  Siena  per  SBseitare 
qualche  reroluBÌone  in  qudlaCittà^  tal  efieCto  dal- 
li Stati  di  Castro,  e  di  Pitìglìano  levarono  huou  nu- 
mero di  truppe ,  e  sortiti  in  campagna  s'impadro- 
nirono di  Crevoli,  e  tentarono  BuonoHivento.  An- 
che nella  VaMichiana  la  guaroìgionedi  Chiusi  ten- 
tò di  sorprend«e  dei  Castrili  circ(HiTÌcÌni ,  ma  fu 
rìspìnta  con  perdita.  Questi  successi  siccome  impe- 
«tivano  al  Duca  il  distrarre  una  parte  della  guarni- 
gione di  Siena  per  accrescerla  all'esercito,  che  pre-- 
parava  sulla  marina,  t'obbligarono  ancora  a  procu> 
rare  maggiori  rinforù ,  e  tener  viva  da  più  parti  la 
|uerra. 

L'esercito  che  il  Duca  riuniva  in  Maremma  era' 
Mmposto  di  novecento  SpagnoK  ,  dnemilaciuque- 
ceato  Tedeschi ,  duemila  Italiani ,  e  cinquecento 
cavalli  sotto  il  cereando  di  Chiappino  Vitelli.  La 
terra  di  PiombtBo  poco  provvista ,  e  fortificata  do- 
V«a  .esser  difesa  da  questo  esercito  e  perciiì  il  Du- 


.,Cotiglc 


io4  STOBi\  DI  toscana; 

Aj,  ca  avea  ordioato  che  si  postasse  vicino  alla  med^ 
di  0'  sima  per  impedirne  l'assalto.  Intanto  la  Flotta  Tur->^ 
'^^^chesca  passato  Ìl  Faro  senza  mai  posarsi  giunse  li 
1 2  Luglio  alle  bocca  superiore  del  canale,  di  Piom- 
bino>  La  prima  impresa  fu  il  distaccare  venti  Ga- 
lere e  assaltare  Populonia  dove  gli  abitanti  esseu' 
dosi  ritirati  nella  Ròcca  si  difesero  con  valore^ 
e  furono  soccorsi  della  carallerìa  del  Vitelli;  pro- 
seguendo il  suo  corso  messe  a  terra  a  Piombino 
tremila  cinquecento  Turchi ,  i  quali  incontrati  dal 
corpo  dei  Tedeschi  furono  ributtati^  e  sconfitti.  Mo^ 
rirono  in  questa  azione  più  di  quattrocento  Turchi, 
fra  i  quali  un  capo  di  Giannizzeri,  e  moltisi  ann^a- 
rono  fuggendo;  pochi  restarono  prigionieri  perchi 
ìl  furore  de' soldati  non  perdonava  la  vita;  dei  Te- 
deschi solo  perirono  quattro^  e  molti  ne  restarono 
feriti;  un  altro  corpo  di  duemila  Turchi  che  già  en 
sbarcato  vedendo  la  sconfitta  dei  suoi  piutloso  che 
soccorrerU  ritornò  precipitosamente  all'armata.  Ve- 
dendo DcagQt  mal  principiata  la  sua  spedisìone  ri- 
tirò imiBediatameDterarmatadalLitt(H*ale  di  Pioni'- 
bino,e  postandosi  sulla  spiaggia  dell'E  Iba  verso  Luo- 
gonequiviaì  trattenne  aspettando  la  Flotta  Francese 
composta  di  a5  Galere  per  giuntarsi  con  la  medesiina 
con  animo  di  assediare  Portoferrajo,  e  tentare  uora- 
mente  con  più  vantaggio  Piombiuo.  Profittando  in- 
tanto delle  Cale^  e  piccoli  Porti  di  quell'Isola  per  di- 
leudersldaì  veDti,che  la  travagliavano,  abbruciava 
e  desolava  ì  villaggi  abbandcmati  dalli  Elbigini ,  ì 
quali  con  i  viveri,  e  loro  robe  ai  erano  refugiati  in 
Ferra  jo.  In  tal  positura  si  trattenne  la  Flotta  Tur- 
cbesca  per  due  settimàQe  in  quell'isola  ,  ma  final- 
mente coubinatasi  con  la  Francese  si  partì  dall'El- 
ba verso  Corsica  per  soggettare  intieramente  que}* 


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UB.  lì.  cu».  V.  leS 

Vls(^-  Trovò  i  Genovesi  ben  preparati  alla  difesa ,  ^^» 
«  seuza  molto  profittare  per  i  Francesi  contenta  del-  di  a 
Ifi  desolazioni  fatte  se  ne  ritornò  nel  Settembre  a'^^^ 
Costantinopoli.  La  ritirata  dei  Gallo-Turchi  dalle  co- 
ste della  Toscana  diede  a  Gwimo  tutto  il  tempo  di 
premunirsi  per  il  caso  cbe  ritornassero ,  fortifican- 
do Piombino,  e  Portercole  con  guarnigioile,  vetto- 
vaglia e  QHiDisioni.  La  Repubblica  di  Montalcìno 
con  un  corpo  di  tremilacinquecento  reclute  inquie- 
^va  la  Vaktichiana,  e' tentò  ancbe  l'assalto  di  Lu- 
cignaDo;  in  queir  infelice  paese  fu  impiegata  tutta 
l'Estate  in  diverse  piccole  scaramucce,  saccheggia- 
menti ,  e  incendj  che  finirono  di  desolarlo.  Se  dopo 
l'espognazioDe  di  Portercole  tion  fossero  state  rì- 
chiamte  tutte  le  truppe  Imperiali ,  certamente  il 
Duca  avrebbe  discacciato  i  Francesi  da  quelle  piaz- 
ze, e  perciò  malsoffriva  che  per  sodislàre  alla  vani- 
tà del  Duca  d'Àlva  potessero  i  Francesi ,  e  ì  ribel- 
li in  coai  piccolo  numero  escire  in  campagna  eoa. 
tanta  baldanza,  e  offendere  con  tanti  insulti  la  glo- 
ria delle  armi  dell'  Imperatore,  e  delle  sue.  Perciò 
fece  istanza  di  nuovi  rinforzi,  e  per  sollecitarli  più 
jacilmente  procurò  che  Carlo  V. ,  ottenesse  dai  Se- 
nesi quelle  sodisfazioni,  che  non  li  pareva  aver  ric«' 
TU  Lo  nella  capitolazione.  Operò  pertanto  che  in  Siena 
fòsse  ben  ricevuto  Don  Francesco  di  Toledo,edop(» 
aver  tolte  con  tanto  rigore  tutte  le  armi  a  queiCitta- 
dini  in  parte  con  lo  8pavento,ein  parte  con  le  lusinghe 
gli  ridussefinalmentealpuDtodirenunziare  solenne- 
mente alla  loro  libertà.  Fu  a  tale  effetto  «  nome  del- 
la Balia  decretato  un  atto,  in  cui  dichiarandosi  cbe 
i  mali  di  quella  Repubblica  essendo  derivati  dalla 
iniquità  di  quei  Cittadini,  che  avevano  mancato  al 
loro  dovere  verso  Cesare,  era  perciò  necessario  per 


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io6  STORIA  DI  TOSCANA 

.  ^  salute  della  patria  procurarne  la  repiaraziane,  peF- 
di  Cciò  deliberarooo  :  Che  s' intenda  conferita,  e  data 
*^^^  liberamente,  e  Uberamente  danno,  e  conjèriscono 
ogni  suprema  autorità  sopra  il  governo  della  Cit- 
tà j  suo  dominio,  e  giurisdizione  nella  potentissi- 
jtìa  mano  della  Maestà  Cesarea ,  e  del  Serenissi- 
mo Re  d' Inghilterra  riponendo  pienamente  pri- 
ma nel  sommo  Monarca  del  Cielo,  e  nella  Hegina 
immacolata  yergine  Avvocata  singolarmente  j  e 
Padrona  di  Siena ,  e  dipoi  ngW  una ,  e  nell'altra 
delle  suddette  Maestà  tutta  la  protezione,  defin- 
sione  ,  patrocinio ,  autorità ,  governo,  ed  fmperio 
della  Repubblica  senza  limitazione  alcuna  nwt  o~ 
stante  ogni  cosa  in  contrario  ,  e  particolarmente 
la  capitolazione ,  e  ogni  suo  tenore  etc.  Applaudi 
la  Corte  Imperiale  questo  atto  come  uaeolpo  di  po- 
litica di  Cosimo ,  il  ({uale  èra  però  sempre  dì  opi- 
nione cbe  ai  sarebbe  ottenuto  ristesse  intento  senza 
dare  a  quei  GittadÌDÌ  l'acerbo  rimorso  di  essere  stati 
loro  aiem  gli  autori  della  soggezione. 

Mentre  ritrovava  tanta  compiacenza  nei  Senesi , 
i  ribelli  Fiorentini  cbe  erano  in  Roma  sdl>bene  av- 
viliti da  tante  disfatte  animati  dal  hvon  dei  Garaf-^ 
fa  diedero  al  Duca  nuovi  segni  di  farxfre,  e  di  ostina- 
zione. Dopo  che  il  Papa  avea  eletto  per  suo  S^re- 
tario  Monsignor  della  Gasa  reputato  ribelle,  e  che 
con  vari  scritti  avea  denigrata  la  reputazione  e  la 
gloria  di  Cosimo,  il  favore  dimostrato  per  l'Arci- 
vescovo di  Firenze ,  la  stretta  amicìzia  del  Cardi- 
nale Caraffa  col  Maresciallo  Strozzi ,  1'  avversiiHie 
del  Papa  alli  Spagnoli,  e  finalmente  la  dichiarata 
protezione  di  Sua  Santità  a  favore  di  tutti  i  ribelli 
di  Cesare  e  del  Duca^  tutto  ciò  fece  risv^liare  in 
costoro  nuove  speranze  di  libertà  lusingandosi  cbe 


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LIB.  II.  Cip-  V.  t07 

anco  l'armi  della  Chiesa  s'impiegherebbero  pure  j^^, 
una  volta  per  rimetto-lì  in  patria.  Si  discoprironofti  C* 
queste  loro  Tanitd  allorché  nella  vigilia  di  S.  Oio. '^ 
Batista  furono  dalla  Chiesa  nazionale  tolte  con  for- 
za le  armi  del  Duca  e  a  quelle  sostituito  no  Mar* 
zoccu  col  motto  Senatus  Populns  Que  Ftorenti- 
nus  ,  e  sebbene  il  Governo  non  denegasse  man  fw- 
te  all'Ambasciatore  perla  reappo«iioDe  delle  pal- 
le,  nondimeno  fu  rìcoooscìuto  in  questo  successo  un 
tacito  favore  per  i  delinquenti.  Si  aggiunse  a  tutto 
eiò  la  circostanza  che  essendo  stato  ammassato  Gio.- 
Francesco  Giugni,  che  aveva  atterrato,  e  spezzato' 
le  armi  del  Duca  asseveravano  i  Fuorusciti  ciò  es-' 
sere  accaduto  di  commissione  di  Cosimo ,  e  per  o- 
pera  dell'Ambasciatore,  tanto  più  che  gli  uccisori  a- 
Tevanotrovato  l'Asilo  in  casa  dell'Ambasciatore  Im- 
periale ;  ciò  siccome  rendeva  poco  sicura  la  persona 
dell'  Ambasciatore  fu  necessità  che  Cosimo  lo  mu- 
tasse. Ma  quello  che  più  di  ogni  altra  cosa  lo  pone- 
va in  agitazione  era  il  modo  di  vincere  l' avversti 
natura  del  Papa,  e  contenerlo  nei  limiti  affinchè  non 
innovasse  contro  Toscana  nel  tempo  appunto  il  più 
pericoloso,  e  il  più  facile  a  farli  pèrdere  il  frutto 
delle  sue  vittorie-  Vedeva  ormai  i  Francesi  dive- 
nuti dominanti  a  qaella  Corte  ,  sentiva  minacciarsi- 
ima  l^a  per  ricuperar  Siena ,  e  occuparU  lo  Stato , 
conosceva  l' ambizione  dei  Caraffa  che  spogliavano 
i  Colonnesi  dei  loro  Stati,  usurpavano  i  Feudi  della 
Caaa  Baglioni ,  e  quelli  del  Conte  di  Bagno ,  e  men- 
dicavano speciosi  pretesti  per  fare  l'istesso  tratta- 
mento alli  altri  Baroni-Romani;  giit  parea  ritorna- 
to il  Pontificato  di  Alessandro  VI.,  e  risorto  dalle 
sue  ceneri  il  Valentino.  L' imperiosità ,  e  arroganza 
del  Pontefice  voleva  umiliazione  da  tutti  i  Pnnci-- 


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io8  STÒKtÀ  bl  TOSCÀRA 

^„  pi ,  e  perciò  Cosimo  risolvè  di  praticare  cdfl  ébo  Itf 
di  C-Tie  della  dolcezza ,  e  della  sotnmissioDe  senza  per& 

'^^^  offendere  la  sua  dignità.  Nella  pebdensa  dei  frutti 
dell'Arcivescovo  di  Firenze  dichiarò  finalmenre  che 
il  sequestro  stava  a  nome  di  Sua  Santità  per  poter 
dÌ8|>orre  di  essi ,  confidando  che  non  avesse  a  con-> 
sentire  che  andassero  in  potere  dei  suoi  ribelli  ;  fe-> 
ce  anco  segretamente  lusingare  ì  Caraffa  di  entrar* 
in  trattato  d' imparentarsi  con  essi ,  e  senza  darli 
attacco  d' impegno  procurò  di  pascerli  di  questa  va- 
Da  speranza.  Per  secondare  la  vanità  del  PouLefi- 
ce  risolvè  di  spedirli  una  solenne ,  e  fastosa  Amba- 
scerìa per  renderli  l'obbedienza,  deputando  a  que- 
sto effètto  quattro  dei  principali  Cittadini  di  Firen- 
Kj  affinchè  con  tutto  il  fasto,  e  con  numeroso  ac- 
compagnamento dicessero  risplendere  la  grande>« 
za  del  Principe  ohe  gli  sjpediva  >  e  la  dignità  di  quel», 
lo  a  cui  erano  inviati.  L'Ambasciatore  di  Carlo  V. 
e  quello  del  Re  d'Inghilterra  onorarono  con  la 
prese&fa  1'  introduzione  delli  Ambasciatori  del 
Duca  ,  e  Niccolò  Guicciardini  uno  di  essi  fece  am- 
mirare da  tutta  Roma  la  sua  eloquenza.  Queste  va- 
ne apparenze  sollecitavano  l'ambizione  del  Papa , 
ma  non  la  saziavano  poiché  oltre  gli  onori  voleva 
ancora  deUi  Statile  non  esser  da  meno  di  Clemen- 
te VII. ,  e  di  Paolo  111.,  che  aveaoo  saputo  cosi  be- 
ne collocare  in  grandezza  le  loro  famiglie  ^  ma  i  po- 
sti erano  già  occupati ,  e  solo  vi  era  da  sperare  sul- 
lo Stalo  di  Siena ,  e  questo  conveniva  rapirlo  all' 
Imperatore^  e  al  Duca;  del  primo  temevano  le  Sar- 
9e,  e  dell'altro  l'accortezza,  e  la  sagacìtà.  Ciò  non 
ostante  sotto  pretesto  di  tenere  in  dovere  i  ribelli 
dello  stato  Ecclesiastico  si  fece  in  Roma  nna  gran 
leva  di  truppe  j  eil  Popolo  Romano  favorito  con  pri' 


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UB.  11.  C&P.  V.  i«9 

TÌl^j ,  e  con  grazie  sì  distinse  nel  somministranie  ^^^^ 
un  corpo  di  ottomila  faoti  ;  il  vecchio  Papa  cavai- di  C 
ed  Pontificalmente ,  e  con  grande  accompagnatura  '^^ 
per'farela rivista  di  ({ueste genti. IlDucad'Àlvafe- 
ce  accostare  le  milizie  di  Napoli  ai  confini  della 
Chiesa  j  e  il  Dnca  Cosimo  rìnforxato|di  Truppa  mu- 
niva le  frontiere  ,  e  pro&eguìva  la  piccola  guerra  con- 
tro i  Francesi  in  Valdichiana ,  e  in  Maremma.  Il 
Papa  minacciava  l' Ambasciatore  Spagnolo ,  ed  ebbe 
la  sdocchezca  di  ordinare   al  Cardinale  dì  Toledo 
che  eaortasse^la  Duchessa  di  Firenze  sua  nipote  a 
vestirsi  a  Bruno  perchè  volea  punire  il  Duca  dei  suoi 
errori  denominandolo  ^Jtglio  del  Diavolo. 

Se  l'amtnzione,  e  il  furore  guidavano  gli  afiari 
alla  Corte  Papale,  ■  quella  dell'Imperatore  la  de* 
bolezza ,  rimbecillitj^,  e  l'intrigo  preparavano  nna 
mutazione  delle  più  sorprendenti.  Dopo  che  in  oc- 
casione del  Matrimonio  con  la  Regina  Maria  d' In- 
ghilterra avea  Carlo  V.  dichiarato  il  Principe  Filip- 
po Re  di  Napoli,  e  Duca  di  Milano,  la  Regina  Ma- 
ria dì  Ungheiù»  ì)  Vescovo  di  Arras,  e  gli  altri  del 
Consiglio  dell'  Imperatore  fecero  ogni  sforzo  affin- 
chè il  nuovo  Re  non  s' impadronisse  delli  affiirì  di 
questi  Stati ,  quali  solamente  li  erano  partecipati 
perchè  ne  dicesse  la  sua  opinitmeirisolvendoli  poiil 
consiglio  a  nome  dì  Cesare.  Ciò  {«vdusse  un  dissìdio 
ministeriale,  a  una  insoffribile  lunghetta  nelle  ri< 
solnzioni  dimodoché  i  reclami  dei  popoli ,  e  i  fìs«v< 
timenti  del  Re  Filippo  vinsero  l'ainbiziDne  del  Con- 
«iglioj  e  l'indolenza  dell'Imperatore.  Ma  siccome 
fino  dal  i548.  la  salute  di  Carlo  V.  era  talmente 
abbattuta  che  si  rendeva  inabile  alla  applicaiione  , 
e  alli  a&ri ,  e  l' estrema  passione  per  figlio  gli  ia- 
cea credere  che  per  auicurarli  k  successione  di  tau- 


;,.Cot'''jlc 


.IM  STORIA  DI  TOSCANA. 

.^  U  Stati  dÌTui  fra  loro ,  sicuro  mezzo  era  il  cUrglie- 
ji  C  ne  il  possesso  la  vita  ,  riaoKè  di  renuuziarli  aoowa 
i^^gli  Stati  ereditati  dalla  Gasa  di  Borgogna  riservan- 
dosi la  Spagna  ^  dove  sperava  trovare  riposo  a  tanti 
travagli ,  e  maggior  ristoro  alla  sua  salute  ;  lo  solle- 
citò a  questa  risoluzione  il  riflettere  clie  un  tale  atto 
interessando  maggiormente  gì'  Inglesi  alla  conser- 
vazione della  Fiandra ,  gli  arerebbe  più  iiicilraente 
determinati  a  mpv««  le  loro  armi  contro  la  Fran- 
cia. Le  sue  indisposizoni  furono.il  solo  motivo  che 
addusse  nella  circolare  spedita  ai  Friucipi ,  e  Stati 
di  Fiandra  intimandoli  a  interven  ire  all'  atto  della 
renunzia  per  il  dì  i4-  Ottobre.  Fu  esso  effettuato  il 
dì  35.  di  detto,  mese  nella  Sala  grande  di  Brussel- 
les  dove  l' Imperatore  comparve  con  una  veste  sem- 
plice di  panno  oero^  e  parlò  alli  Stati  con  molta 
enei^ìa  fintanto  che  non  futnterrotto  dal  pianto,  e 
dalla  tenerezsa  di  lasciare  il  paese  nativo  ,  e  così  fe- 
deli rassalli.  Questo  siorzo  gli  suscitò  maggtormm- 
te  le  sue  malattie  ,  e  mancanae  di  spiriti  in  modo 
che  sempre  più  si  roideva  incapace  d'invigilare  alli 
afiari  dell'impero  ^  e  della.  Spagna  che  tuttavia  gli 
restavano.  Il  Duca  Cosimo  trovò  in  Filippo  più  b^ 
Cile  corrispondenza  non  aoio  pa:  la  stima  che  quel 
Monarca  avea  fino  allora  dimostrata  per  i  suoi  ta-' 
lenti ,  ma  ancora  per  l' amicizia  ,  e  panialiti  cha 
sapeva  avere  per  esso  il  suo  più  confidente  Ministro 
Ruy  Comes  de  Silva  ;  e  perciò  ottenne  sobito  una 
sovvenzione  di  centomila  ducati  per  le  spese  della 
guerra  di  Siena,  e  un  soccorso  di  vettovaglie  dalla 
Sicilia  e  da  Napoli ,  giacché  la  Toscana  era  afflitta 
dalla  più  orribile  carestìaJn  questo  anno  erano  man- 
cate-universalmente  in  Italia  le  raccolte ,  e  nello 
Slato  di  Siena  erano  tre  anni  che  non  si  racct^lic* 


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LIB.  li.  CAP.  V.  tu 

s»,  «  non  ai  scmiDava,  e  neppure  vi  era  speraoHi  ^^ 
di  seminare  io  questo  anoo.  Tali  rinforzi  lo  poserudi  C- 
in  grado  di  riunir  nuove  truppe  par  contìnaara  la*  ^ 
gueira  contro  i  Francesi,  e  tentare  l'asaedio  di  al- 
cune delle  loro  piazze  più  vicine  allo  Stato  della 
Chiesa  ad  oggetto  d' ioipedirlì  i  soccorsi  da  quella 
parte.  Chiappino  Vitelli  ebbe  il  comando  di  questa 
nuova  spedizione  la  quale  si  consumò  ilell'  assedio 
dì  piccoli  Castelli  e  Terre  senza  nome, e  in  coati* 
Due  scaramuccie.  In  Siena  essendo  morto  Don  Frati' 
Cesco  di  Toledo  fu  sostituito  dal  Be  Filippo  in  quel 
governo  il  Cardinale  di  Mendozcadecto  comunemen- 
te dì  Buigos ,  il  quale  seguitando  le  insinuazioni  di 
Cosimo  non  tralasciò  veron  mMzodidolcezUjedi 
autorità  per  mantenervi  la  quiete ,  •  farvi  esercita- 
re la  giustizia.  La  fiaccheEza,  e  la  povertà  dei  Be-* 
pubblicani  di  Montakino  averdd>erodaper  se  stes-» 
se  terminato  la  guerra  te  il  furore  de]  Fapa  rinvi- 
gorito ogni  giorno  più  dai  Franceai  non  avesse  som- 
ministrato alimento  per  questo  fuoco. 

Il  contegno  ossequioBo,  e  reverenxiale,  che  il  Du- 
ca tenera  col  papa,  e  la  dichiarazione  da  esso  fatta. 
di  n<m  volerù  mescolare  nelli  interessi  del  Conte 
di  Bagno  y  boichà  suo  raccomandato  raddolcirono 
alquanto  la  di  lui  ferocia;  l'istesso  sistema  adottato 
dall'Ambasciatore  d^  Re  Filippo,  e  la  dichiarazio- 
ne  che  Sua  Maestà  non  pretendeva  di  farsi  giudice 
delle  querele  tra  Sua  Saatit&^aiColoDDesiaoquieta- 
rono  il  primo  impeto ,  ed  operarono  che  si  ritiras- 
sero respettivamente  dai  confini  le  truppe.  Ma  non 
per  questo  si  ristabilì  la  tranquillità,  e  si  frenò  l'am- 
bizione del  Pontefice ,  e  dei  nipoti ,  i  quali  conti-' 
nuamente  istigati  dai  fuorusciti  di  Napoli  ambiva- 
no già  a  togliere  quel  Regno  a  Fili|^.  I  Francesi 


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in  STORU  DI  TOSCANà 

j^j,  offerivano  la  loro  alleanza  non  perchè  reputassero  fa- 
di  Ccile  I9  conquista  del  Regno,  ma  ìmpeguato  ilPapa 
*  a  £ir  lega  con  essi  speravaDO  di  prevalersi  delle  di 
lui  forze  per  la  recuperazione  di  Siena;  perriescii'e 
in  questo  loro  dìsegnoaodavano  immaginando  iio* 
.prese,  e  cooqniate  per  foDdare  la  graudena  di  Casa 
Garafiaj  e  il  Duca  di  Ferrara  impegnando  alla  Cur- 
ie il  partito  dei  Quisi,  e  il  favore  della  Regina  fece 
che  il  Re  naturalmente  avido  di  gloria ,  e  ansioso 
di  cuitrastare  a  Filippo  il  Domiuio  d'Italia  s'inte- 
ressasse fèrvidamente  in  questa  intrapresa.  I  Car- 
dinali di  Lorena  e  di  Tournoo  furuao  iocaricati  di 
stabilire  in  un  trattato  con  Sua  Santità  il  |Haao  di 
esecuztiHie  dell'Impresa,  e  le  condizioni  opportune 
per  l'interesse  scambievole  delle  parti.  Li  i5  di  Di- 
cembre fu  segnato  il  trattato  in  vigore  del  quale  il 
Re  impegnava  tutte  le  sue  forze  per  difmdere  il  IVi- 
pa,eiCarafG  dovendo  mandare  io  Italia  dodicimila 
iaQti,  e  cinquecento  cavalli;  si  obbligava  il  Papa  di 
cmtribujre  diecimila  fanti ,  e  mille  cavalli  per  ce- 
miDciarsi  la  guerra  nel  Regno,  o  in  Toscana  secon- 
do che  si  giudicasse  pia  espediente  nell'occatio- 
ne.  II  secondogenito  del  Re  dovea  essere  investi- 
to del  Regno  di  Napoli  da  cui  peni  si  smem- 
brava una  porzione  per  accrescersi  allo  Stato  Ec- 
clesiasticOf  e  un  altra  per  darsi  in  libera  Sovranità 
a  CarafB.  Si  stabiliva  il  censo  da  pagarsi  ilìk  Cam»> 
ra  ,  la  tutela  del  Re  Pupillo ,  e  altre  condizioni  ri» 
guardanti  l'utilità  della  Chiesa ,  e  il  supremo  Do^ 
minio  che  il  Papa  si  riservava  sopra  quel  Regno. 
Fu  tenuto  occulto  il  trattato  afGnchè  gli  Spagnoli  , 
«  il  Duca  non  si  fortificessero,  e  per  aver  tempo  di 
far  venire  l'armata  Turchesca  contro  il  Regno  per 
«ecoDdareleoperazioiii.G*sìiifoQdatoredeÌTeatÌBÌ 


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LIB.  n.  CAP.  V.  iiS 

«  ìt  pia  ardente  promotore  della  Inquìsisìone  dì-  j^^. 
Veono  alleato  de;  Tnrcbi  per  sola  ambizione  didiC, 
far  graadi  i  nipoti.  Anco  il  Duca  dì  Ferrara  entrò  '     ^ 
in  1^  con  i  Francesi,  e  ù  tentarono  inutilmeate  i 
Veneziani. 

I  Oaraifi  attesero  a  reclatar  milizie,  e  a  fortidca-  ,55^ 
re  Palliano  tolto  già  ai  Colonna,  e  Piero  Stròfi  ven- 
ne a  Roma  segretamente  affine  di  concertare  l' e- 
secuziune  dell'impresa  di  cui  doveva  essere  il  Iìi-> 
rettore.  Ricevè  straordinarie  accoglienze  dal  Papa^ 
che  lo  baciò  in  presenza  dei  cortigiani,  e  fu  magni" 
ficamente  alloggiato  nel  quartiere  dei  Garafià  ;  te- 
neva  delle  conferenze  notturne  col  Papa ,  ìlquate 
non  si  saziava  di  encomiarlo  per  i)  «no  valore,  e 
per  la  pietà  poiché  nella  guerra  di  Siena  aveva  oh* 
bligato  i  soldati  ad  osservare  la  Quaresima.  Gorl^- 
giato  sempre  dai  raornsciti  di  Firenze  vigilava  al- 
la sua  «curezza  perchè  temeva  delle  insìdie  di  Co* 
simo.  Incaricato  di  visitare  le  farti&cazioni  dello 
stato  Ecclesiastico  si  abboccò  alle  frontiere  con  Sou* 
biae,  e  confortò  i  Senesi  di  Montalcino  a  sostenersi , 
facendoli  sperar  prossimo  il  momento  di  ricuperar* 
la  patria  .  Insospettito  da  queste  pratiche  pensò  Ìl 
Buca  alla  sicurezza  delle  soe  frontiere  e  a  prosegui* 
re  la  guerra  partiodsrmente  nella  Valdicbiaoa,  do 
Te  fu  espugnato  Sarteano  luogo  forte  e  difeso  da  quaU 
trocento  Francesi,  e  il  Castello  di  Getona  dove  e* 
rano  a  difenderlo  dugento  di  essi.  Tali  vantaggi  pe- 
rò non  lo  rendevano  piii  sicnrq,  e  tranquillo  riftet- 
tendo  alla  propria  debolezza  ,  e  allo  scuncort^ ,  in 
cai  erano  gli  affari  del  Re  Filippo  in  Italia. 

Dopo  la  renunzia  delle  Fiandre  avendo  asstiuta 
il  Re  Filippo  la  libera  aniaiÌDistraùone^  e  governo 
dalli  Stati' cedutili  conobbe  fàcUm^te  che  man-' 

r.  //.  8 


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1,4  STORIA.  DI  TOSCàKA, 

"Tj^*^**^**  **  **"^'  '  **  sovvenzioni  di  Spagoa  ew totaU 
tìi  C.  mente  impOMÌbìIe  il  sostenere  il  peao della  guwra, 9 
iSSSpercià  Ted«va  imminente  il  caso  di  dover  «occom- 
bere,  0  ricevere  dal  nemico  coodiaionì  le  più  um*-r 
lianti.  lì  dissidio  ministeriale  delle  duo  Certi  cmv 
tribuìva  non  poca  a  interporre  delli  ostacoli ,  di- 
modoché in  breve  la  mala  inteUìgenaa  ù  comuni-. 
co  ancora  fra  padre,  e  figUo.  U  Fiandra  era  ewu, 
•ta  per  le  molte  contribuaioni  e  donativi  ricavati 
dalTlmperatore  per  soaieuere  U  guerra  sulle  fron- 
tiere; il  D«cato  di  Milano  era  del  tutto  desolato  ,  e 
distrutto  dalle  guwre  obe  lo  aveaao  afflitto  fino  dal 
i4q4  i  nel  Regno  d»  Napoli  non  ai  <ra  atteso  che  * 
premere  (juei  popoli  j  e  le  Regie  rendile  erano  in 
gran  parte  alienate.  Tali  ragioni  mosaero  il  Re  Filip- 
po a  preKOtarsi  arditamente  al  padre  supplican- 
dolo a  farli  la  ceasione  della  Spagna,  o  a  ripigliar- 
«i  tutto  quello  che  li  avea  dato  finora,  non  ai  te- 
nendo sicura  di  poter  conservare  tutto  sen»  le  fop- 
I»  di  Spagna,  nò  volendo  ac^iacere  alla  vei^ogn* 
dì  qualche  perdila.  Benché  Tardire  di  Filippo  al- 
teraHe  Ift  quiete  dell'  Imperatore ,  li  cagioow< 
te.  gV  iosnlti  delle  sue  indi^iQsiitioai ,  nondìmena 
prevalse  in  euo  la  tenere v»  di  padre  ^  e  fu  allora 
che  ù  determinò  a  spogliarsi  del  tutto^  e  seppellire 
in  un  Chioitrole«uegrandeii^.lldìi6diGennaTtt 
£hce  la  renunwa  dei  Regni  di  Spagna  e  di  Sicilia,  cho 
arano  i  soli  che  penaava  di  riaerrarai  ;  difl^i  qori- 
la  della  Corona:  Imperiale  per  tentare  d'indwre  il 
fratello,  9  i  nipoti  a  coirteutarai  d»  collocate  il  R« 
Filippo  in  grado  di  cena^uirla  a  ano  tempo.  Qiic« 
Ito  aucoQsao  fece  deaidecacft  al  nuovo  Re  di  Spagna 
di  poter  dar  princifàa  al  ^ovareo  dei  suoi  Stati  coq 
qualche  tranquilli^,  «  perciò  mentre  alla  BRdia  di 


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tre.  n.  CAP.  V.  ii5 

Vaucellea  presso  Cambra;  si  teneva  ito  coogref- ^^ 
K>  per  il  baratto  dei  prigicHiieri  easeudo  state  fattediC 
dai Fraocesi  delle  proposizioni  di  tregua,  coatribui  *^^ 
che  si  deveoisse  allo  stabilimento  della  medeairaa* 
Iia  Corte  di  Francia  non  era  in  miiuvi  disastri  dì 
quella  di  Filippo  II.  per  aver  bis(^no  di  riposo,  • 
di  più  vi  si  aggiungerà  la  forte  inclinazione  del  Gon- 
tesUbUe  procedente  da  intrigo,  e  passitmi  di  mini- 
stcro.  Siccome  questo  Ministro  Ai  era  sempre  oppo- 
sto  a  qualunque  spedizione,  e  impano  del  Re  nel- 
le cose  d'Italia  ,  mal  soffriva  che  ad  onta  sua  dai 
Guisì,  e  dal  Cardinale  di  Lorena  ,  n  fosse  stabilito 
questo  nuovo  trattato  col  Papa,  quale  oltreché  da- 
va adito  ai  suol  avversari  di  avvantaggiarsi  in  suo 
pregiudizio  nel  favore  del  Re  conosceva  ancora  il 
disastro  ,  che  apportava  alla  Monarchia  in  così  de- 
plorabili circostaoni  profittando  perciò  dell' a«- 
senza  del  Cardinale  dì  Lorena ,  e  dell'occasione  di 
rendere  inutili  i  suoi  negoziati  col  Papà  ,  ristrìAae 
con  ì  Ministri  Imperiali  la  pratica ,  e  il  dì  cinquf 
di  Fet^rajo  restò  segnata  tr^  i  du*  Monarchi  una 
trsgoa  par  cinque  anni ,  noi  qual  tempo  ciascuao 
dovesse  rìtenAv  tutto  ciò  che  avea  ocoupato  fino  a 
quel  giorno  per  aver  ìuogo  di  devenir*  più  faoiU 
nente  alla  conclusione  dì  un  trattato  di  pace.  Tot^ 
ti  gli  alleati  delle  due  Potente  vi  fqroao  coiopreai 
«  fra  quelli  deU''Impeni(<H'e  il  Duca  Ge«mo  relat»^ 
'VamentA  al  suo  Stato,  e  alle  piasse  che  occupavano 
i  FniBcesi  nel  Dominio  di  Siena;  fu  fiuate  il  ternp* 
di  sei  settimane  pA  la  ratificaiionei  e  sicoame  l'in* 
tensione  del  fie  Filippo  era  che  il  termitie  di  que- 
sta tregua  non  oltrepassasse  ì  tK  aaai  «  credè  che 
oOeadesse  non  ptco  le  soa  tteria  Jo  aoceuarla  co* 
owtdirioni  coù  ivuitaggiose,  ho  MOfermaTMO  m 


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1(6  STORIA  SI  tOSCANA. 

"^    questo  sentimeoto  le  riiqostranze  di  tutti  gl'intere*- 

ài  C.sati  nella  guerra  fra  i  quali  il  Duca  Cosimo  rtippre-- 

*^~>^Kntava  che  in  cinque  anni  le  Piazse  della  Bepub-> 

blica  di  Montalcino  si  sarebbero  rese  inespugnabìU 

e  sarebbero  divenute  l'asilo  di  quanti  ribelli,  e  fk- 

cinorosi  erano  in  Italia  per  dare  cuntinue  molesti* 

ai  suoi  sudditi,  e  macchinare  impunemente  contro 

il  suo  Stato.  Premessero  i  Franresi  di  non  fiire  in. 

quello  Stato  innovazione  veruna  ^  e  il  Re  adattau* 

dosi  alle  circostanze  ratificò  la  tregua,  che  fu  pulk- 

blicata  in  Brusselles  li  13  di  Marzo. 

CAPITOLO   SESTO 

^  tregoa  a  QATfhnj[  dopa  rarie  c|)l"')ODÌ  «  ■ccettati  aiN  . 
con  nello  Stato  di  Siena.  Il  Papa  ti  prepan  a  invadere 
il  Regno  di  Napoli ,  e  il  Duca  d  Alva  tu  preTÌene.  11  Duv 
ca  Cmiinio  si  ati  neutrale  tra  il  Papa  ,0  gU  Spagnoli.  I 
Franceai  per  meuo  del  Papa  tentano  dì  tirurlo  al  Iure 
partito.  Ottiene  dal  Re  Filippo  lo  Stato  di  Siena  in  ^c^t 
da.  Trattato  &tto  in  ^irense  per  questa  qoiicesaioDe.  S\ 
esamiiwiio  le  (oadÌFioni  de|  n)edesiaio. 

Pendenti  le  ratificazioni  della  U^ua  giunto  io 
Italia,  l'avviso  della  medesima  risvegliò  l'allegrezza 
in  quelli  che  stanchi  dai  travagli ,  e  calamità  della 
guerra  anelavano  il  riposo, aafflisse coloro  eh? >g>* 
tati  dall'ambizione  aspiravano  per  mezzo  delle  ar- 
mi a  fabbricarsi  la  propria  grandezza.  Il  Duca  Co* 
simo  ne  ppovò  dispiacere,  non  perchè  fosse  aliena 
dalla  quiete,  ma  perchè  nelle  sue  circostanze  la  tre- 
gua gU  era  pregiudioiale,  e  forse  più  dannosa  deUa 
gn«-ra  medeaima  ;  poiché  le  turbolente  insorte  nello 
Stato  Eiodeaiastico,  dove  Io  Strozzi  dirìgeva  il  F«* 
pa  j  e  i  Carafii,  non  permettevano  alla  sua  vigilan-i 
■a  di  disarmare,  e  le  piane  ehe  i  Francesi  teaeva-r 
no  nel  Senese  «ssondQ  jwf  dÌTeoire  l'anlo  4ci  «loi 


^dbyGooglc 


t».  II.  CÀI».  Vt.  11?       ^^ 

Mmlcì  M  trovava  esposto  alle  insìdie,  e  macchina»  j^^j 
uoni  senza  poterle  reprimere  con  la  forza.  Conoidi  Gì 
Aceva  quanto  di  mela  voglia  i  Senesi  si  stessero  uel-  '^^ 
la  soggezione  delli  Spagnoli,  la  deboliesza  del  presi- 
dio che  era  in  Siena ,  e  nelle  piazze  marittime ,  e 
&i  era  accorto  della  leggerezza  del  Cardinale  di  Bur- 
gos  ,  il  quale  comidciaTa  a  renderlo  sospetto  al  Re, 
•  a  metterlo  in  diflìdenza  con  la  Balìa ,  e  inalzava 
una  Cittadella. sulle  fovine  di  quella  fabbricata  già 
da  Don  Diego.  Frattanto  i  Francesi  di  Montalcìno 
nella  perplessità  in  cui  erano  delle  condizioni  della 
tregua  tentarono  con  t^ni  maggiore  sforzo  di  occu- 
pare dei  Villaggi,  e  Castelli  circonvicini  per  trovar-* 
sene  in  possesso  alla  pubblicazione  della  medesima. 
Anche  il  Duca  Cosimo  non  mancò  di  fìir  l' istesso 
eoa  pili  vantaggio ,  poiché  dalla  parte  di  Valdichia- 
Óa  ,  e  da  quella  della  Mareinma  fece  movere  le  sue 
Iruppè  per  occupare  tutti  quei  luc^hi  che  fu  possi-* 
bile,  e  vi  stabili  presidio  per  conservarne  il  posses- 
so. Ma  restò  assai  sorpreso  allorché  venuta  dalle  re* 
spettive  Corti  l'opportuna  partecipazione  si  trovò 
nel  Generale  Soubise  della  repugiianea  per  l'esecu-' 
aione^  e  l'affettazione  di  vari  pretesti  per  fuggire  di 
concordare  le  condizioni.  L' esempio  di  questo  con- 
tegno procedeva  dal  Maresciallo  dì  Brìsac  in  Pìe^ 
monte ,  dove  essendo  insorte  tra  esso^  e  il  Marche- 
■e  di  Pescara  diverse  contestazioni  sopra  i  possessi 
da  ritenersi ,  si  prolungava  con  sorpresa  universale 
la  sospensione  delle  arnpi-  ^  Ministri  Francesi  d'Ita- 
lia addetti  per  lo  piiì  al  partito  della  Regina^  e  dei 
Guisi  disapprovavano  altamente  ciò  che  il  Conte-' 
stabile,  e  l'Ammiraglio  aveano  operato  per  render 
Vano  il  trattato  concluso  col  Papa^  e  con  i  CaraiUi 
Il  Pepa  iU'aTTÌN!  della  tregua  dichiarò  apertitne^H' 


';,.Cotì'jlc 


_  ti»  STORIA  DI  TOSCANA 

j^„_  t«'  di  essere  stato  tradito,  e  ÌDgaanato  dal  Gardihalfl 
di  Cdi  Lorena  ,  e  pungendolo  con  acerbi  rimproverilo 
i^^poae  in  necessità  dì  allontanarci  dalla  sua  presen- 
za ;  il  Cardinale  per  addolcirlo  sì  prevalse  delle  cre- 
denziali che  aveva  per  tutti  ì  Miaitfiri  d' Italia  ,  e 
operò  che  immaginando  pretesti  j  e  interponendo 
difBcoUà  ne  sospendessero  in  qtialclie  forma  l' ese- 
cuzione. Ma  finalmente  questa  mala  lède  ofenden» 
do  troppo  la  gloria,  e  la  dignità  di  Enrico  II.  ne  fa 
ordinata  da  per  tutto  l'esatta  osservanza.  Nacquero 
ciò  non  ostante  in  Toscana  varie  contestazioni,  poi* 
èlle  volendo  Soubise  che  per  la  validità  dell'atto  TÌ 
concorresse  l'  autorità  della  Rq>ubblica  di  Montal- 
cino,  il  Conte  di  Santa  Fiora,  che  trattava  a  nome 
del  Re  Fili|^  dichiarò  apertamente  di  non  potere 
riconoscere  alcuna  Sovranità  in  una  adunanza  di 
jàziosi  che  recusavano  l'obbedienza  alle  leggi  t  e  al 
governo  della  loro  patria.  Si  reputava  innovazione 
dopo  la  tr^ua  lo  avere  intrapreso  in  Siena  la  fab- 
brica della  Cittadella ,  e  si  trovarono  ancora  delle 
dilEcoltl  ini  carattere  ,  e  facoltà  delle  persone  che 
dovevano  convenire;  pnre  finalmente  superati  tutti 
gli  ostacoli  li  1 4  Maggio  fti  abilito  tra  il  Cardinale 
di  Burgofl  come  Luogo  Tenente  dell'Imperatore,  e 
deMte  di  Spagna,  e  il  Generale  Soubise  come  Luo- 
go Tenente  del  Re  di  Francia,  e  per  esso  il  Veeco* 
vo  di  Angoulem  che  inerendo  alla  tregua  dei  5  Feb< 
brajo  restassero  concordate  fhi  loro  le  a^^nniti  con- 
dizioni —  Che  tntto  rimanesse  nello  stato  in  cui  era 
quattro  gionii  indietro  fino  a  nuova  dichiarazione, 
la  quale  dovesse  aver  luogo  fra  due  mesi:  Qie tan- 
to i  Senesi  che  quei  di  Montalcino,  e  di  tutto  il  J)o- 
minio  di  Siena  potessero  andare  dovunque^  e  tor- 
nare liberamente,  possedere,  e  mercant^iare pa* 


^dbyGooglc 


Lffi.tt.C&P.vt  ki9 

gettito  W  (xdisUete  gabelle  >  e  finalmente  che  niuna  i^ 
delle  partì  potesse  impedire  traiuito,  imporre  nuo-di  Gì 
Ve  graveue  e  molestie)  ma  tutto  fosse  libero  a  f^^-  '  ^ 
ma  della  capitolazione  — .  Fu  ancora  concertato  il 
snodo  da  tebersi  nMi  «olo  per  la  reciproca  restitu- 
«ione  dei  luoghi  occupati  ma  aoCora  per  qtiella  dei 
Beni  dei  particolari  confiscati  da  ambe  le  partii 
.  Mentre  in  Francia  il  Gmtestahilej  e  l'Ailimini-> 
glio  ìMpiegaTanD  il  Goii6Ìglio>  e  l' atilorità  per  pro^ 
mover  la  pace  il  Papa  in  Roma  fao6ra  i^ni  sforzo 
pei*  impnÙrla.  In  tati  circo^nae  pensa  U  Duca  d' 
Alva  di  passare  da  Milano  nel  Regno  di  Napoli  >  é 
abboccatoù  in  Pisa  col  Duca  Cosimo  gustò  i  consi- 
gli,  e  Jc  riflesBiobi  dì  qUeato  Priacipe  che  più  di 
«gai  altro  conosceva  gU  amoTi  ddl'  Italiani^  espe^ 
cialmente  della  Corte  àf.  Romai  Comunicatesi  fra 
loro  te  scambicToli  noUsìe  rilevarono  essw  certa  la 
lega  stabilita  dal  Pepa  con  ì  Francesi  j  il  jùano  di 
assaltare  il  Regno,  t  la  necessità  di  {M'eTenirìo,di^ 
uostraodo  Cosimo  che  la  maggior  molestia  lihe  po' 
tesse  darsi  al  Papa  in  tale  occasione  sarebbe  stata 
r  occupare  Ostia  ,  e  lòrlificarla  per  bloccare  Boom 
da  quella  parte.  Giimto  il  Duca  d'Alva  a  Napoli^  » 
•asunto  il  carattere  di  Vice  Re  non  trascurò  mesto 
temno  per  prepararsi  gagliardamente  airimpreaa) 
tanto  più  che  ogni  giorno  gli  si  accTMcevano  i  mo' 
tivi  di  umere  qualche  sorpresa.  '  La  maggiore  diffi' 
Colt4  fu  quella  d'indurre  il  Re  Filippo  a  mover  guer' 
ira  al  Pontefice}  imbevuto  fino  dalla  prima  sua  edu-» 
caiìmm  dei  «ei|tìmenti  di  Tcnerasioue  verso  il  capo 
della  GhìesB)  e  parco  imitatore  del|i  esèmpi  pateT' 
ni  Motiva  con  ribrestc  il  dar  principio  al  a^e  fte> 
gao  con  far  la  guarra  a  un  Pouttffice.  I  Teologi  p«' 
vò  io  rìiraMero  da  questa  perpteMÌtà  >  «  i  Dudil  tU 


i,z.dbvCo(>glc 


^ tM  STORIA  WTOSGWf A 

^^  Firenze,  e  d'Alva  coùriocendolo  che  il  diritto  della 
di  G.  propria  difesa  è  superiore  a  qualunque  altro  rigiur- 
*^^^doj  lo  indussero  ad  approvare  le  propositioni ,  e  il 
piano  di  questa  guerra;  prima  però  volle  che  si  ten- 
tassero tutte  le  strade  della  dolcecza ,  e  dell'osse- 
quio per  piacere  l'irAto  Papa>  e  ilDncad'Alva  noa 
mancò  di  usare  i  termini  i  più  sominessi,  e  Cosimo 
praticò  gli  uIBci  i  più  insinuanti  per  inspirarli  la 
pace.  Più  di  tutto  calmò  il  suo  furore  l'avriso  della 
tregua  stabilita  a  Cambray ,  ma  non  per  questo  per- 
66  il  coraggio)  che  an£i  aHeltatido  di  volere  essere 
il  mediatore  fra  i  due  Principi  belligeranti  deputò 
il  Cardinale  di  HotuU  Atéìvcscoto  di  Fisa  per  an- 
dare alla  Corte  di  Fiandra^  e  il  Cardinale  Carft&  suo 
nipote  per  portarsi  a  Parigi.  Ambedue  daveTano  ap  - 
parentemente  promurer  la  pace  ,  ma  il  Cara&  an- 
dava  aegretameute  isttuitodi  sollecitare  la  spediùo- 
se  dei  Francesi ,  muntto  di  facoltà  per  assolvere  il 
Re  dal. giuramento  detla  tr^tia,  e  incaricato  di  usa- 
re <^BÌ  arte  possibile  per  Ikr  cadere  il  Grata  Conte» 
stabile  dal  favore  di  Sua  Maestà.  La  spedicìune  del 
Molula  con  vari  pretesti ,  e  dilacioni  si  andò  dile- 
guando ,  ma  quella  del  Caraffa  si  es^uì  con  gran- 
de appagato ,  e  eoa  tutto  il  fasto  possibile.  Il  Mare- 
^allo  Stronzi  dopo  aver  visitato  le  furtificaùoui  del- 
lo Stato  Ecclesiastico ,  6  quelle  della  Repubblica  di 
Montalciuo  disegnò  di  portarsi  col  L^to  alla  Cor- 
te per  avvalorare  con  la  [Xesena  ^  e  con  l' intrigo 
la  di  lui  commissione.  Con  esso  partirono  i  princi- 
pali dei  ribelli  di  Firenae  >  e  di  Napoli  >  e  un  nu- 
mero dei  principali  Baroni  dello  Stato  della  Chiesa 
&a  ì  quali  Paolo  Giordano.  Orsini  genero  del  Duca 
richiamato  a  Roma  dal  Papa  con  ia  tontmiaaaio- 
se  d' incamerarli  i  suoi  Feudi.  Fendente  1'  e«Ìto  di 


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-■    Ltt.U.CiP.VI.  »at        ^ 

ifUeétia  legaùone  accreUw  il  Papa  le  ostilitit  coniro  /^^^ 
gU  Spagaoli,  etl  avendo  pruìbite  tutte  le  Poste  obedi  G. 
i.diverai  Friacipi tenevano  in  Roma  per  loroservi-  '^* 
aio  iactva  visitare  dai  Caraffa  tutti  i  diapacoi  i  fil 
pertaato  asierito  essersi  scoperte  delle  congiure  di 
avvelenare  il  Papa  ,  e  i  nipoti ,  e  fu  con  questo  pre^ 
testo  arrestato  un  Ministro  Spagauolof  il  castello^ 
B  le  carceri  si  riempirono  di  [M'igioaieri  di  ogni  qua- 
lità ,  esi  fecero  insulti  all'Ambasciatore  Imperiale 
Uarcheee  di  Sarria.  Il  Fiscale  iu  Concistoro  fece* 
istanu  cke  sì  dichiarasse  il  Re  Filippo  decaduto  dal 
Begoo ,  e  si  togbesse  al  suo  Ambasciatore  il  carat' 
tere  pubblico  ;  ciò  non  ostante  si  iece  la  presenta- 
Biaae  delia  Cbinea  ,  e  si  spedivano  da  Roma  e  da 
Napoli  dei  Ministri  per  trattare  accomodamento  ^  6 
forse  per  ingannarsi  scambievolmente. 

Da  cosi  tumultuario  procedere  non  petffva  il 
Duca  Cosimo  rilevare  qual  sistema  gli  convenisse 
adottare  per  btìcnrezaa  del  proprio Stato>gÌHCcbà 
.udiva  per  ogni  parte  cbe  si  sarebbe  rotta  la  tr^ua , 
e  che  U  Toscana  sarebbe  divenuta  il  Teatro  della 
guerra  ^  ì  s^etì  avvisi^  le  ksttne  intercette,  le  mac- 
chinazioni che  si  scoprivano  ,  l'ardire  e  la  faakbn- 
Ea  dei  suoi  ribelli  >  e  Onal<nente  le  pubbliche  vo- 
ci contribuivano  a  coufiwmarlo  in  questo  timo- 
re. Esausto  di  dansa'i>  e  di  furie  non  vedeva  co' 
sne  poter  br  ergine  a  questo  torrente ,  tanto  più  cbe 
ìLRe  di  Spagna  ritrovandosi  n^a  istessa  sua  situa- 
■ione  era  impotente  a  soccorrerlo.  lootiU  perciò  fu- 
rono tutte  le  istanze  di  Cosimo  per  esser  rimborsa- 
to delle  spese  fatte  nella  guerra  di  Siena ,  poicbè  in 
compensazione  li  erano  ofièrti  delli  ampli  dominj 
in  America  ^  e  dei  carati  d' interesse  sulle  miniere4 
f^9Ì  non  sapete,  dicea  Ruy  Gomea  all'  Ambascia- 


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1»  sro&u  m  tosciUA. 

f^^  tore  di  Cosimo  ,  le  nostre  miaeriet  te  vi  fisse  dtttd 
di  Ci»  oura  Un  ammalMo ,  e  noti  avessi  le  medicine 
'^^necessaHe  alla  sua  salute,  che  partito  pnndereHi?. 
Tale  è  appunto  la  sitliaiioHe  delU  Stati,  tejmn^ 
iloti  al  Re  dall'  Imperatore,  la  Siena ,  e  in  quel* 
In  parte  di  dominio  tenuto  dalli  Spagnoli  le  trap* 
pe  erano  ammutinate  per  mancansa  di  paghe  >  :e  i 
popoli  costretti  a  emigrate  per  non  avere  di  che  tÌ'- 
tere.  Afflìggeva  generalmente  io  ItaUa  i  popoli  ]& 
più  orribile  carestia ,  e  l' epidemia  che  suol  acuirla 
dappresso  gli  diatiuggeva  ;  la  peate  che  apt^Kilava 
Veneiia ,  e  le  altre  Città  ptoasime  all'  Adriatico  mi* 
nacciava  l'ultimo  estermiuio,  e  nel  secolo  dell'Astro' 
logia  deve  mettersi  in  conto  lo  sparnito  che  sparse 
V  apparisione  della  Cometa.  Il  migliore  espediente 
che-  il  Duca  potesse  imaginare  in  cosi  pericolose  cìt' 
costanze  fu  quello  di  tenersi  neotrale  in  appamwaj 
aenaa  però  sprovvedersi  delb  neceMaria  dilésa  ^  e 
tentare  ogni  mesto  per  guadagnarsi  la  confidenia 
del  Papa  )  e  dei  Gara  fBt  Forti  lieo  intanto  le  sue  froD* 
Uerc^eparticdlarmentadalla  parte  delU  Romagna 
anmentaiido  a  Gastrocaro  quelle  iertificaBioni  che  gii 
vi  aveva  fatto  fino  dal  i549;  reclutò  in  Germania 
cinquemila  Tedeschi , «pose  in  grado  te  milinedcl 
suo  dominio  da  esser  pronte  a  qualunque  occorren- 
ca.  Il  GianQgtiani  suo  Ambaaciatore  a  Roma  uo' 
mo  avveduto ,  ed  insinoanDe aveaaapato  secondare 
eBatlamente  i  suoi  disegni^ e aiceome  ai  era  oomhi' 
nate  che  in  niuno  dei  processi  ^  e  lettre  intercetto 
mai  si  era  ritrovato  che  Cosimo  avesse  agito  contro 
i  capricd  ^  «  gl^  interessi  del  Papa ,  fu  ciò  appreso 
rome  una  ncura  riprova  di  attaceamcnlo ,  e  di  ve* 
ra  amicizia  ;  si  aggiungeva  a  tutto  ciò  la  lusmga  dri 
CarafB  d' imparentarsi  col  Duca,  e  di  avere  in  esse 


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tm  ir.  GAP.  vt  ti3    ^ 

m  ippoggìo  dopo  la  morie  del  Papa ,  il  rìflesw  cbe  ^ 
flUaccando  egli  con  le  aue  force  lo  Stato  della  Cliiewdi  G. 
avrebbe  potuto  facilmente ioipedire  la  couquista  del  '*^ 
Begno,  e  il  coDsiderare  che  qualunque  fosse  il  suc- 
cesso della  guerra ,  egli  era  l' aoico,  e  più  efEcacs 
mesco  per  reconci  liarai  col  Re  FilippcSi  fecero  dall' 
una  [Hirte ,  e  dall'  altra  delle  dimustrazioni  di  bao- 
na  currispundeusd  ,  e  il  Papa  asnicurava  il  Duca  eli« 
slaudotii  neutrale  non  aveva  clie  temere  ddl'  armi 
sue ,  né  di  quelle  di  Francia.  11  Duca  di  Palliano 
aggiungeva  a  queste  dichìaraxiooi  la  protezione  del« 
li  affari  di  Cosimo  a  quella  Corte ,  ed  anco  li  rive* 
lo  alcune  maccfaioalioni  clw  n  tramavano  coutro 
il  suo  Stato.  Tali  apparente  di  buona  voloutì  seb- 
bene  luaìngavano  il  Duca,  non  però  lo  assicurava-t 
no,  essendo  certo  del.  mal' animo  che  nutrivano  ì 
Francesi  contro  di  esso ,  e  ne  vedeva  le  riprove  in- 
rontrastabili  nella  effettuaiionedella'  tregua;  poiché 
iBno  dai  a5.  Maggio  essendo  stati  spediti  i  Commise 
sari  opportuni  per  fare  i  confronti  delle  prove  dei 
possessi ,  e  devenire  a  stabilire  i  confini  dei  doniin) 
imperiale ,  e  Francese  a  forma  del  trattato ,  fu  per 
parte  dei  Francesi ,  e  del  Magistrato  di  Muntalcino 
eoo  vari  pretesti  differita ,  e  sciolta  insensibilmen' 
te  ogni  pratica  di  accomoda mento.OUre  l'ambiguità 
rfei  possessi  a'  interponeva  ancora  1'  ostacolo  delU 
querele  d' innovaaioni  che  si  producevaiio  da  ambe 
le  parti.  Non  soffriva  il  Cardinale  di  Burgos  che  il 
Magistrato  di  Montalcino  esercitasse  pienamente  ì 
diritti ,  e  le  prerc^tive  di  Sovranità  denomìuan' 
dosi  Repubblica  Senese ,  e  buttaido  moneta  \  e  per. 
ci^  lì  a3  Gingilo  la  Balìa  dì  Siena  fece  un  decretOf 
in  cai  dichiarò  rei  di  ribellione ,  e  incorsi  nella  pe- 
na dì  coofiscauone  tutti  coloro  che  in  dispregio  del' 


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^^       14  StOW\  DTTOsCAWà 

.     la  pubblica  MaesU  e^^citasaero  pren^afire,  airìt* 
diCti,  e  autorilà  sotto  finto  nome  della  BepubJiUca  di 
iÌ36Siena.  Solo  la  debolezza  di  aoibediie  le  parti  man-^ 
teneva  la  tranquillità. 

-  Benché  tante  fossero  iti  Italia  le  prove  da  farte*- 
mere  immioente  la  rottura  della  tregua  niuuo  però 
aapea  persuadersi  che^il  Re  di  Francia  esausto  di 
forze ,  e  di  danari  nm  meno  del  Re  Filippo  >  e  il 
Papa  in  età  di  ottantuno  anno  rolessn^  intrapren-* 
dere  inconsideratamente  la  guerra.  Ha  già  lo  ^«^ 
▼edera  il  Duca  Cosimo,  il  quale  benché  .afièttasie 
cól  Papa  la  neutralità' corrispondeva  segretamente 
col  Re ,  e  col  Duca  d' Alva  communìcaudo  all'uno, 
«  all'altro  isuoi  consìgli.  Già  fino  di  Maggio  avea 
il  Re  ordinato  che  s'impedissero  con  la  (otzà  le  tot- 
tificBzioni  di  Palliano  ^  e  ai  sorprendesse  qualche 
piaata  importante  nello  Stato  Ecclesiastico^  Iie  po- 
che forze  del  Duca  d' Alva  impedirono  l'eaecusìone 
di  quest'ordine,  ed  essendosi  fra  il  Contestabile,  e 
Ray  Gomec  introdotta  qudche  pratica  per  la  pace 
fu  preso  il  partito  di  continuare  nella  dìsnmulaEio- 
ne  rimettendo  il  Re  liberamente  ncH'  arbitrio  di 
Cosinio  >  e  del  Duca  d'Alva  il  muover  l'armi  quan* 
do  più  loro  paresse  espediente.  Intanto  proseguen- 
dosi nel  Regno  i  preparativi  continuava  Cosimo  a 
iàre  delle  proposizioni  dì  pace  al  Pontefice,  e  ri- 
trovava in  esso  piò,  meno disposisione all'accordo 
secondo  le  speranze  che  il  Cardinale  Caraffa  li  dava 
della  inclinazione  del  Re  a  romper  la  tregua;  ma 
risoluto  questo  punto  nou  vi  fu  più  ritegno.  L'Am- 
.  basciatore  Cesareo  Marchese  di  Sarrìa  ottenne  fi- 
nalmente di  ritirarsi  a  Siena^il  dispresso  del  Papa 
ya  questo  Ministro  era  giunto  al  segno  che  un  gior- 
no parlandone  cmi  l'AmJiaaciatore  Veneto  gli  dia- 


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LIB.  n.  CKT.  VI.  laS 

«e:  io  tengo  questo  poltrone  in  Soma  suonudgrày  ^™ 
do  perchè  egli  sia  presente,  e  testimone  aUa  tea- ài  Ct 
munica  j  maledizione  j  e  privazimte  che  in  breve  *^^ 
si  farà  contro  quel  Marrano  dell'Imperatore  e  del 
Ite  di  Spagna  suo  figlio.  Già  era  arrivata  uD  coqM 
di  Goasconi  a  Civitavecchia^  e  si  aspettava  uo  altra 
rinforzo  di  FraDcia  col  ritorno  del  Legato ,  e  della 
Strozzi.  Io  tali  circostanze  il  Duca  d'Alva  avendo 
nuovamente  cuocerlato  con  Cosimo  il  piano  della 
operazioni  credè  conveniente  di  prevenire  il  nemi- 
co, e  eoa  un  esercito  composto  di  dodicinula  tanti» 
trecento  uomini  d'arme,  e  miUecinquecento  cavaU 
li  si  mosseli  primodi  Settembre  da  .Napoli  per  at- 
taccare lo  Stato  della  Chiosa.  Le  dichiarazioni ,  i 
protesti ,  e  le  proposiuoni  di  pace  furono  inutili . 
perchè  il  Papa  non  volle  piegarsi ,  e  perciò  prose^' 
gui  le  sue  con.quiste  fino  a  Tivoli,  e  riempì  Roma 
(li  spavento  ;  occupò  Ostia ,  e  vi  pose  presidio ,  e  fa- 
cilmente avrebbe  espugnato  Gvìtaveccfaia  «e  il  Car-i 
dinaie  di  Trento  Governatore  di  Milano,  eìl  Dona 
avesaem  spedito  opportunamente  ì  concertati  soc- 
corsi a  FiH'tercole.  II  Duca  Cosimo  avea  arrolato  nel 
suo  Stato  tremila  fanti  i  quali  per  la  mancanza  dei 
soccorsi  di  Lombardia  si  resero  inutili.  Ciò  però  non 
impedì  i  pn^ressi  del  Vice  Re  >  il  quale  tutti  i  luo* 
ghi  cbe  coBquistava  faceva  che  si  tenessero  a  nome 
del  Sacro  Collegio  e  del  futuro  Papa  a  cui  obbligai 
va  i  pi^li  a  prestare  il  giuramento  di  fedeltà.  Da 
questo  contegno  restò  estremamente  jàccata  Paolo 
IV.  e  il  Cardinale  di  Bellay  Decano  protestò  al  Vii 
ce  Re  che  il  Collegio  non  consentiva  all'infamia  ft 
al  torto  che  h  si  faceva  mentre  era  ancor  vivo  qq 
P^pa  cosi  Santo  e  amato  univ^-salmente  da  tutti* 
IX  Duca  d'ÀlVa  giustificava  questa  condotta  eoa  ri* 


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126  STORU  DI  TOSCktlk 

j_  mottrare  che  non  Toleodo  Filippo  II.  Bsn^re  K 
^1  cStiOi  alla  Chiesa,  e  ridotto  alla  necesùtà  di  fat  guer* 
*^n  per  puro  capriccio  delPapi  Toleva  cbe.il  ddoto 
Pontefice  ami'  altra  ìnnoTazioue  ricuperoaae  le  sue 
terre.  Intanto  il  terrore  cagionato  in  Boma  da  cosi 
felici  progressi  delle  armi  Spagnole  pie^  \'  animo 
feroce  del  Papa  che  finalmente  a'  indusse  «  inviare 
il  Cardinale  Cara£b  al  Vice  Re  per  entrare  intnU  ' 
tato  ;  ottenne  egli  li  1 9  di  Novembre  nna  trt^na  per 
dieci  giorni  che  poi  li  a-j  del  medesimo  mese  fu  con* 
fermata  per  altri  quaranta  giorni  ;  vi  condisoew  il 
Duca  d'Alva  con  bcilità  per  aver  tempo  di  Jàrnoo. 
vi  |Heparativi,  e  il  Papa  per  aspettare  i  soccorsi  di 
Francia.  Area  Enrica  II,  ordinato  che  ai  spediaae 
il  Duca  di  Gaiaacon  dodicimila  &nti,qaaiUroceiH 
to  uomini  d'arme  e  settecento  cavalli  ;  dovea  qne^ 
ato  esercito  per  il  Piemonte  introdursi  in  Italia  e 
ginotarai  a  Re^io  con  qoeUodel  Duca  di  Forara, 
e  quivi  ctmanltare  e  risolvere  il  piano  «Ielle  ofevz* 
xiani  secondo  la  volontà  del  Pontefice  alla  quale  il 
Dtica  di  Guisa  aveniatrozione  di  aniformarsì  sena 
cuQtradiiioiie. 

Approvò  Filippo  II.  la  condotta  del  Dnca  d'AI< 
va  giustificata  dalle  redessioui  e  dai  consigU  4iCa* 
éimo,  il  quale  tra  Principi  ItaliaBÌ  caasndEo  il  pà 
interessato  nel  partito  Spignola  avea  anco  ^rato 
ebe  i  Farnesi  tomasflero  aUa  devMioiM  di  Spagnai 
Il  {«ednninio  «ha  ilDnoa  di  Ferrara  per  opere  dei 
Gnisi  avea  acquistato  alla  Corte  di  Francia,  le  an* 
tìcfac  inimidne  e  rivalità  tra  i  Farnesi  •  l'£atcns^ 
e  la  poca  gratitudine  di  Paolo  IV.  verso  dtcssiaaoa* 
aero  fìnalmeate  il  Duca  Ottavio  a  accondare  gV'in»* 
palai  di  Cosino  pev  rUomare  alla  devesiona  della 
Cosa  d'Aaatci».  Li  iS  di  Settembre  fti  stipulato  ìa 


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MS.  Il  CAp.  VI.  ■  i»7 

Gand  un  tratUto  in  cui  il  Re  restituiva  a  Ottivio  "^ 
Tarneae  Piaceusa,  e  quella  parte  ià  tefritorio  didiC, 
Parma  che  già  teoeva  occupata  con  riteoerai  la  For-  ^^^ 
tezu  e  preudio  per  sicureixa  ;  l' isteuo  facea-dilio* 
Tara  e  dei  Feudi  del  Regno  a  coodiuone  che  non 
n  poteuero  ripetere  t  fruui  decorsi.  In  correapetti-' 
TÌtà  il  Duca  Ottavio  aottomeue  ae  e  tutta  la  sua  Ga'* 
fa  alla  protezione  e  difesa  di  Filippo  li,  confeda«D'* 
dosi  seco  all'  offesa  e  difesa ,  e  promesse  di  usar  cle< 
mensa  ai  Fìaceutìni  e  ai  coogiuretj  contro  suo  pa- 
dre. Nell'istesso  giorno  fu  staibilito  un  altro  trattata 
tato  da  tenersi  segreto ,  in  vigore  del  quale  il  Re  coih 
cedeva  al  Duca  Ottavio  Piacepu  e  quelb  parie  del 
Parmigiano  cbe  era>ÌD  suo  potere  a  condizione  cho 
la  riconoscesse  ia  Feudo  secondo  le  leggi  feudali  - 
li  obbligava  il  Farnese  ■  perdmiare  ai  congiurati 
contro  suo  padre ,  e  nel  caso  cbe  volessero  emigrq* 
re  dalla  patria  permetterli  di  estrarre  i  loro  beai 
mobili,  e  il  valore  delli  atabilì.  Si  concordava  cha 
mancando  il  Duca  Ottavio  seaxa  l^ittimi  disceo- 
denti  dovesse  ritornare  a  Sua  Maestà  tutto  eia  che 
ora  gli  omcedeTa,  ai  stabiliva  lega  difeosiva,  •  oA 
fensiva  >  e  Ottavia  prometteva  di  mandare  nel  ter< 
mine  di  aei  mesi  il  Principe  Aleaaaodro  suo  figlia 
al  aerviiio  di  Don  Cariai  ereditano  di  Sf»gna.Soon-< 
certo  non  poco  questo  trattato  i  disfai  dei  Franco- 
ai  e  dd  Papa ,  e  il  Fameae  non  potendo  moversi  ài* 
rettamente  contfo  la  Chiesa  per  il  Vassallaggio  di 
Castro  si  di^oie  tacitamente  per  agir»  contro  !'& 
•tense  tuo  particolare  nemica  I>  circostanae  aveana 
'  obbligato  Filippo  II.  a  dar  prìncìpMi  al  suo  Regno 
Cf>n  questi  tratti  di  generosità ,  né  vi  sì  poteano  pia 
^porre  i  vecchi  Ministri  di  Cario  V.  Quarto  imp»* 
Tutore  avendo  li  vj  AgMto  renuxiatith  corona  Ita* 


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loS  STORIA  DI  TOSCKA 

'~periale,  li  17  Settembre  s' imbiircò  in  Zelanda  fer 
i\  c.and«Fe  a  nascondersi  nel  suo  ritiro  in  Eslremada- 
i556i<gj  non  potè  lasciare  al  figlio  la:  corona  ;Xnip»> 
riale  perdiè  il  fratello  e  i  nipoti  non  vi  couseo- 
tirooo  j  ma  però  avendoli  dato  il  Vicariato  dell'Im^ 
pero  qoanto  a  Milana  >  Piaceiisa ,  Siena ,  e  Piombi- 
no non  mancò  di  fortificarli  con  ì  diritti  dell'  Im- 
però il  posteaso  di  questi  Stati.  Amava  e  stimava  il 
Duca  Cosimo  non  solo  per  la  sua  buona  fede  e  ami" 
sta,  come  ancora  per  la  sua  prudenxa  e  discerni- 
mento. Allorcliè  nel  i54d  le  sue  indisposizioni  gli 
fecero  temere  di  perderla  vita , dettò  ia  Augusta  in 
data  dei  18  Gennajo  di  detto  anno  una  serie  di  ri- 
cordi per  Filippo  suo  figlio  ad  oggetto  di  indirìz- 
sarlu  nella  intelligenza  delli  affari  correnti  e  nelgo- 
veno  delli  Stati  che  ereditava.  In  essi  all'  articolo 
XIX.  si  espresse  :  //  Duca  di  Fìreme  dopo  che  io 
V  ho  stabilita  in  quello  Stato  si  è  ntostrato  sempre 
affizionato  a  me  e  m  miei  interessi  ^  e  spero  eh» 
continuerà  ancora  con  voi  in  questa  amicizia  per~ 
che  ha  ricevuto  da  me  tarai  favori  ,  e  perchè  così 
facendo  sarà  il  suo  vantaggio  per  le  pretensioni 
che  hanno  i  Francesi  contro  il  suo  Stato.  £'  da 
considerarsi  ancora  l'essere  egli  congiunto  con  la 
Casa  di  Toledo  ,  e  perciò  sarà  bene  che  voi  pro- 
curiate di' mantenerlo  in  questa  buona  volontà  ^  e 
prestiate  favore  a  tutti  i  suoi  interessi ,  perchè  ol- 
tre di  do  egli  è  di  hutm  senso  e  di  giudizio,  911»- 
neilsuo  Stato  in  buQn  ardine  e  ben  munito  inpar- 
te che  molto  importa  per  la  sua  situzione.  La  par- 
tenza dell'  Imperatore  dalla  Fiandra  pose  il  Re  Fi- 
lippo in  grado  di  potere  più  comodamente  ifivigi. 
lare  alli  a&ri  della  guerra  e  a  dare  qualche  riparo 
al  grave  icQDcertQ  in-cui  sitfVT^vaiiO'da  per  tulio 


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LIB.  IT.  CAP.  TI.  i»9 

J  suoi  affari ,  e  quelli  dei  suoi  alleati ,  fra  i  quali  più  /^f,^ 
di  ogni  altro  era  agitato  il  Duca  Cosimo  per  i  pre-di  C. 
parativi  dei  Fraocesi  che  gi^  risuc^avaiio  per  ogui  '  -^ 
parte. 

Dopo  che  erano  rìtoroati  dì  Francif)  il  Cardinale 
Caraffa  e  lo  Strozzi  e  con  essi  i  principalt  ribelli  F)o« 
reatini  si  riassunsero  immediatamente  i  trattati  di 
Tnacchinazìoni  e  congiure  contro  lo  Stato  e  la  per- 
sona del  Duca.  Si  vantò  la  poderosa  spedizione  dei 
Francesi  in  Italia  e  si  asseriva  costantemente  d^ 
tutti  essere  indirizzata  contro  Toscana  ;  iV  Re  avea 
acrìtto  alla  Repubblica  di  Hontalcino  che  pensava 
dì  poter  sodisfare  pienamente  al  di  lei  desiderio 
mediante  il  favore  del  Papa.  Si  scopriroDO  delle  in- 
telligenze per  sorprendere  Montepulciano  e  Corto- 
na, e  una  congiara  ordita  in  Roma  da  Piero  Stroz-> 
ai  di  avvelenare  Cosimo  con  tutti  i  figli  per  mez- 
zo di  un  suo  lamiliare;  si  asserivano  depositati  dor 
dicimila  ducati  per  questo  e^tto ,  è  promesaa  uq 
Vescovado  al  figlio  dell'avvelenatore.  Il  sospetto  9 
le  circostanze  facevano  che  alcuni  rivendo  ptf  an 
vidità  delle  congiurenon  mai  architettate  eranofii^* 
cilmente  creduti  che  molti  innocenti  fossero  tenuti 
per  complici  delle  già  provate^  e  che  non  potendo- 
si facilmente  distinguere  il  vero  dal  iblso  la  diffi- 
denza si  estendesse  suU'univenale;  n  erano  percld' 
resi  difficili  i  passi  alte  frontiere  e  il  trsnntare  d4' 
uno  Stato  all'  altro  era  (^ni  volta  aoggetto  a  nii  pro- 
cesso. Ciò  avvenne  pia  facilmente  nello  Statp  di 
Siena  dove  essendosi  formate  tre  Giurisdiziotti  era- 
no tutte  in  timore  l'upa  dell'  altra.  I  Senesi  cono- 
«oevano  ormai  che  la  Iqro  situazione  era  tale  che  il' 
Re  Filippo  non  potea  più  disporre  liberamente  di  ' 
quella  Gittjk  «eosp  il  consmse  del  Duca  il  quale  amT 

r  II  9 


..i.,Cotiqlc 


»::«  STORIA  w  toscìna 

biv;i  ili  ptevU  suggelli;  per  evitare  questo  gfc^ 
«ti  C.ccederQaQ  espediente  di  spargere  la  dilOdenza  tr^ 
t^il  Ducq  e  il  Gardioatedi  3urgos  in  mpdo  chfi  anco 
il  Re  giangcsse  a  temere  dcll'ambizioue  di  Coumu- 
Gqstava  il  Gsrdioale  le  insinuazioni  della  Balta  cUe 
pascolavano  la  sua  vanità  riflettendo  cl>e  per  dura-< 
ve  lungo  temno  io  quel  governo  era  nece^s^rìo  YaiXi 
JontaQBFe  Cosinto  dal  posseitsa  4i  .^iepa.  Quindi  è 
cbe  non  fii  ometteva  di  ri  mostrare  al  Re  che  ewend» 
ifi  potere  del  Puca  le  migliori  terre  di  quvl  ItomiDici 
reslava  la  Capitale  in  un  pe^petMO  asaedio^e  il  Iki-t 
ca.a  non  Sqa  Maestà  era  il  vero  Sovriuo  di  quellq 
Sitato  j  cbo  i  Senesi  nel  domandare  la  CittadelLi  a« 
Vfiv^no  avuto  il  riflesso  di  non  restale  oppres^  dal~ 
le  d'  Imi  forw,  e  finaln^eute  che  se  qoq  si  r^tcùs. 
t»PO:  creile  terre  alla  Capitale  in  breve  tempo  Su^ 
Uaestà  la  vedrebbe  ridotta  UA  nlucchÌodÌ  sassi.  Coq 
tali  aeptinienti  s'intraprendevano  di  continuo  coi% 
4  Ministri  Pucali  controversie  di  giurisdizione ,  sì 
proqio.vpvanocontesetra  i  popoli  delle  (bqntiereesi 
cw^vw^^ttev^no  dell?  rnherie  e  delti  aAaas«inameati, 
^mproverava  il  Duca  al  Cardinale  la  sua  leggerei 
nao  ntiovcciava  di  trattare  osUlaiente  i  Senesi  se 
pQit4v«B8^*o  mutato  contegno,  noqdimeno  pon  tnt^ 
lasciqvBliio  di  dfirli  delle  (SontiQHe  riprove  del  toro 
ipalvniniOi  Tutto  ciò  era  un  ostacolo  «j  dia^gnieon-> 
cet^i^i.  didi  Pnc»  d'impadronirsi  delle  ^viHe  Fraa^ 
cesiallorehèv  dichiarsMe  rolla  Utregaa,:  Avea  egli 
per  qneeto  e^eu%  preparuta  w  Grosso  e  in  Moih 
talcinft  una  co9^ur«  compAsta  4i  persone  nalcoih 
tenie  del  governo  francese  ad  oggetto  di.  tener  tì- 
To  in  ,qne4e  pia^oe  w  coniplottodApecsone  ardito 
rhe  «Ila  rottura  delU  tregua  pro^ttando  della  debo> 
lena  -del  presidio  v'iatrodweHero  le  me  inili«ie,  H»< 


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'  am  n.  Cip,  VI.         .^  »3i 

velato  il  trattato  dal  Carduuile  alla  Balìa  ,  e  da  aU  ^^ 
cuni  individui  della  medesima  ai  Repubblicani  didiC 
MoDtalciuo'fu  fatto  uao  scempio  dei  congiurati.'  Si  '^^ 
aggiunse  a  tulio  ciò  l' imprudenza  dot  Cardinale  il 
quale  fu  causa  che  poco  mancasse  a  rompersi  da 
annbe  le  partì  la  tregua;  poiché  un  Francese  do- 
mestico del  Cardinale Garefia  portaudosi  a  Ficeuza 
per  tÌTelareal  DaGa.tina  congiura  ordita  daUoStrozzi 
coutro  la  Sua  vita,  arrecato  alla  Portadi  Siena  e  tro* 
-vatoli  lettore  credeiieiali  per  Cosimo  ,  pensando  il 
(cardinale  di  acoprìre  qualche  trattato  che  .il  Qucn 
avesse  con  i  Francesia  danno  del  Re  fece  ritìmeo 
costai  e  tormentarlo  per  estrarli  il  ae^to.  Ciò  prò* 
duflse  che  il  Duca  si  reputò  malignamente  oltrag- 
giato dal  Cardinale ,  e  i  Francesi  di  Montalcino  di-> 
ehiararoiio  violate  la  capitolazioni  della  itregua-  Ai 
ritonio  dello  Strozzi  da|la  Corte  avea  il  Rechia- 
mato  S<^uise,  e  soatituito  al  governo  di .  quello 
Piazce  Monluc  Guascone  inquieto  e^  tui^lento^ 
e  singolarmente  nemico  del  Duca. a  motiva  di  tut- 
to ciò  che  era  successo  nttìV  assedio  s  dedisiòne  dì 
Siena-  Costui  iafurmato  dell' acresto  del  auonazÌD^ 
naie  cominciò  a  scorrere  nelle  terre  dei  'Sanesi  -ao* 
cidendo  e  predando  senza  ritegno  ooa  .l' ipsolento 
dichiarazione  di  volere  impiccaTe  quanti  sudditi  del 
Be  Filippo  cadessero  in  suo  potere.  Fu  pepciò  rila- 
«ciato  il  Francese,  si maadaiuoo. dalla  Balia  Depu- 
tati po' acquietarlo,  e  si  fecero  dei  mani&sti' per 
ginatìBcazionej  ma  tutto  easendo  stato  inutile  fu 
necessario  che  Cosimo  interponesse  l'.aaiorità  dei 
Garaffi  per  sedare  questo  principio  di  nuova  guefra. 
i  Tanti  travagli  piuttosto  che  sgomaataret  il  Duca  iSSj 
accrescevano  vigore  alla  soa  attività  e  vigilanu  » 
psiche  avendo  visitato  persoDalments  tutte  le  Cir-* 


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iSa  STORIA  DI  TOSCANA. 

^tt_  tificaiioni  del  suo  stato  e  singolarmente  quelle  cteK 
di  eie  frontiere  dispose  le  sne  milizie  per  la  difesa  a»* 
'^spettandosi  giàdieasere  attaccato  dai  Francesi.  Scen- 
deva il  Duca  di  Guisa  col  suo  esercito  nel  Pienum- 
te ,  ed  avendo  già  rotto  la  tr^ia  con  l' assalto  di 
Valenza  veniva  a  congiangersì  a  Heggio  col  Dtica 
dì  Ferrara  per  concertare  con  esso  e  col  Caraffa  te 
operazioni  della  campagna  ;  anco  in  Fiandra  crac 
rotta  la  tregua  avendo  i  Francesi  tentato  invano 
di  sorprendere  Douaj.  Nella  Gampagiu  di  Boms 
era  già  spirata  la  sospensione  concordata  col  Dac;f 
d'Alva,  e  il  Maresciallo  Strozii  assediava  il  fiMledi 
Ostii  quale  potè  flualmentA  espugnarow  A  G»tan-i 
tinopoli  si  allestiva  un  flotta  formidabile  e  il  Por- 
to di  Ancona  si  preparava  per  lo  sbarco  deUa  me- 
desima. In  fioma  o  con  losioghe  o  con  forza  si  peQ'< 
aava  a  ricavar  danari  dai  particolari ,  e  principati 
mercanti  per  timore  della  violenza  si  fuggivano  dal- 
la Città  con  il  loro  capitale.  Il  Papa  mentre  vanta-t 
Ta  di  aver  sotto  i  piedi  tutti  i  Re  della  terra  Iacea 
col  Duca  Cosimo  gran  proteale  di  amicizia  e  ili  aC 
fetto ,  e  avea  fatto  intendere  al  Re  di  Francia  cfao 
non  voleva  che  si  attaccasse  la  Toscana,  poìcbò^U 
amava  quel  Duca  come  Ggliolo,  I  Francesi ,  e  par-> 
ticolarmente  lo  Strozzi  non  aapeano  darsi  pace  che 
con  si  valido  esercito  ai  perdesse  la  bella  occasione 
di  rendere  la  libertà  a  Siena  e  a  Firmze.  Quest* 
istesse  dicbiarazioni  furon  fatte  dal  Cardinale  Ga~ 
rafla  al  congresso  di  R^gio  a  nome  del  Papa,  e  fq 
forza  al  Duca  di  Guisa  di  secondare  la  dì  lui  volon* 
tà.  Il  piano  politico  di  Paolo  IV.  in  questa  guerra  ' 
siccome  era  quello  di  togliere  a  Filippo  il  R^no  dì 
Napoli  per  avvantaggiare  secondo  il  trattato  la  Se- 
de Poptificiv'e  i  nipoti^  così  volea  ancora  affetta  n- 


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tm.  II.  ca?.  vi.  tòì    _^ 

ìft  ìnoderanoiie  di  non  ambire  gli  Stali  dove  noù  ^^_ 
aveva  diritto;  coofliderava  iooltre  die  Cosimo  di-di  C* 
diiarandoii  pet  gli  Spagnoli)  e  attaccando  le  teite  *^^^ 
della  Qiieaa  io  Romagna  avreUie  potuto  fecilmen- 
te  divertire  l' impresa  del  Regno ,  ed  èra  pmvìA  con- 
-itnto  esser  più  utile  l'averlo  neutrale  che  nemico. 
iP^  manten«-lo  in  questa  disposizione  non  ttascU'>- 
rò  veruno  ufficio  e  dimostranone  di  anlìcitia  per 
maggiormente  (d>bligarlo  ed  operava  che  l'istessa 
facessero  anco  ì  Francesi.  Ma  non  per  questo  si  dile^' 
gtMva  il  sospetto  e  la  diffidenza  di  Cosimo  che  bed 
capeva  qoauto  il  Papa  era  dominato  dallo  Strozzi  j 
e  che  nelle  proposicioni  che  tntto  giorno  si  foceva" 
no  dalle  parti  per  concluder  la  pace  si  U>attava  di' 
dar  lo  Stato  di  Siena  ai  CarafB  in  ricompensa  dei- 
Feudi  nella  Gasa  Colonna  e  del  Conte  di  Bagtto.Re* 
sto  maggior-mente  sorpreso  allorché  il  Re  con  sua 
lettera  de  ai  di  Gennajo  gli  dichiarò  che  nell'ab* 
boceemento  tenuto  fra  il  Cardinale  Garafia  e  il  Du- 
ca d' Àlva  essendosi  trattato  di  accomodare  queste 
pendenze  con  investire  il  Duca  dì  Palliano  ileLlo 
Stato  di  Siena  e  che  il  Vice  Re  avendo  rigettata 
questa  proposizione ,  il  Cardinale  avea  spedito  alla 
sua  Corte  un  espresso  per  rinnovarla  dichiarando 
che  questo  sarebbe  l' unico  mezzo  per  c(«is^uire  U' 
pac»<  E  siccome  ciò  interessava  la  sicurezza  del  suo 
Stato  »0D  meuo  che  la  quiete  e  la  tranquillità  dell* 
Kuropa,  desiderava  che  comunicando  ^li  col  Duca- 
d' Alva  le  sue  intenzioni  gli  partecipasse  il  resulta' 
io  dei  loro  pareri  per  sodisfare  con  questo  mezzo  a 
esso  e  all'  universale.  Conobbe  il  Duca  Gosinio  che 
le  pratiche  del  Papa  e  dei  Caraffi  tendevano  unici' 
mente  a  distaccarlo  dall'  alleanza  del  Re  Filij^' 
ftr  ridurlo  alla  oeccsutii  di  unirti  con  tsio  tt  (tetti 


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i34  5T0RU  Dt  TOSC&NA 

.     Francesi  ed  effettuare  più  facilmente  l' iiupresa  del, 

diC.R^gno  die  già  riconoscevano  assai' diflicile;   in  taL. 

iÀ37caso  pensando  di- rivolgere  in  proprio  vantaggio  le. 
arti  da  essi  iniaginate  per  porlo  in  sconcerto  j^ 
spedì  a  Filìfi^.  II.  Dob  Luigi  di  Toledo  suo  ct^na-. 
to  iocarìcandolo  di  rimostrarli  :  Gli»  egli  non  potea 
scurire  [HÙ  dilazioni  per  il  rimborso  delle  spese  fat-- 
te  per  lo  Statp  di  Piombino  e  per  la  guerra  di  Sie- 
na; che  .quanto  al  primo  uou  si  era  finora  fatto  al- 
tro che  d^rli  larghe  promesse ,  obbliganti  e^tressio- 
ui,  e  dimostrattoni  apparanti  che  lo  aveano  lusin- 
gato per  lo  Spaiio  dì,dieci  anni  con  apremerlo  con- 
tinuamente per  difendere  quello  Stato  dai  nemici 
di  Sua  Maestà  :  Cbe  quanto  a  Siena ,  il  darla  ai  Ga- 
raffi  era  l' istesso  cbe  darla  ai  Francesi ,  e  obbligar 
luia  prender  partito  con  i  medesimi  :  Che  il  teuer' 
la  in  queUa  forma  con  forze  si  deboli  e  afììdata  alla 
incapacità  e  leggerezza  del  Cardinale  di  Burgos  era 
l'iste^so  che  sommìniab'are  ai  Francesi  i  messi  di 
riprenderla  con  la  forza  e  ritornare  al  medesimo 
caso  per  cui  fu  mossa  la  guerra ,  che  noti  risòlven- 
dosi sollecitamente  Sua  Maestà  a  rimbor&arlo  o  > 
darli  maggior  sicurezza  di.quello  Stato  egli  era  ìa 
stretta  necessità  di  flccomodai>si  con  i  Francesi  i 
quali  per  mezSo  del  Papa  lo  invitavano  ad  un  trat- 
tato: che  egli-  non  era  per  sofirire  tranquillameote 
altro  possessore  dello  Stato  di  Siena  che  Sua  Mae- 
stà e  in  conseguenza  l' unico  espediente  era  di  dar- 
glielo in  governo  assoluto  per  difenderlo  e  ridurla 
in  miglior  condizione.,  e  ritenerlo  fintanto  che  non 
gli  fossero  nfatle  le  spese*  E  finalmente  che  i  tra- 
vagli d' Italia  e  k  guerra  da  cui  si  trovava  circon- 
dato per  ogni  parte  esigevano  una.proula  rìsolo- 
Siene  di  Sua  Hiaestà  per  averlo aUoaio,  o  sospettp  « 


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Ltìi.ìnCÀt.Vt    ■  i3j     __^ 

^  Qbaato  a  se  per  pk-endere  il  partito  che  li  potesse  i^ 
l^iù  cooTebirei  di  Ci 

Dall'  altro  tanto  t*aolo  IV.  pro*gbiva  toh  ìtapè-  '^'^ 
f^no  il  piano  iutrapresu  di  collégal*e  Cosimo  Cou  i 
FrattCAsi  >  le  a  questo  e&etto  spedi  ■  Firelice  un  suo 
Ta  miliare  coìì  uu  breve  ui^cioso  6  obbligante  inca- 
l-icandok>di  proporli  uua  alleanza  col  fie  di  Fran^ 
via  da  viacolat'si  col  maltimuHiu  del  Prilkcipe  Ftrail-- 
tresco  eoo  una  figlia  legittima  di  Sua  MaesUk.  Di-: 
chiaraVa  il  Pontefice  di  avere  dal  Re  tutta  la  pleni- 
polcusa  di  trattate  e  ctHicludere  questo  affaré>  e  de- 
sidierava  che  fosse  incaricata  in  Roma  persoua  suf- 
fìciénte  é  di  sua  confideiisa  per  felrinare  le  condì-' 
feionj  Ib  fio  vantaggiose  per  arabe  le  partiv  Parvtf' 
al  Duca  tl^uppo  gt*ande  l' oSerla  ^  é  considerando  chd 
la  piccola  età  della  Principessa  esigeva  una  dila- 
EÌotic  per  r  cSuttuaiioue  del  niatriaiouii}  dubitò  es* 
Ber  questo  uno  strattugémma  dei  Francesi  |>er  mèi-' 
terlo  i»  diffidenza  ci>l  Re  Filippo  ,  tanto  più  che  il 
Vescovo  di  Vienna  che  avea  portatoqueslacommis^ 
sioiie  lion  avea  avuto  verun  riguardo  di  propalarlai- 
KundimeDo  pensò  di  ten^e  un  contegno  che  non 
potesse  dispiacere  al  fib  di  Spagna  e  lasciai^e  afctac-' 
cata  la  pratica  per  il  caso  che  dalla  Corte  dì  Brus^ 
aelles  vraissero  sinistre  tìsoluzioui  per  i  suoi  inte-' 
ressi.  Incaricò  pet*  tanto  il  Vescovo  di  Cortona  suo 
Gousigliere  segreto  di  portarsi  a  Roma  per  rÌngra-> 
siare  formalmente  il  Papa  di  questo  ufBaìO}  e  di- 
chiarare dì  non  potere  nelle  presentì  circostante  ri'- 
auKersi  Con  sollecitudine  in  così  importante  ueg<K' 
ciò  ;  pregaudo  altresì  il  PopA  in  altra  ndieniSa  fie> 
greta  dì  trattare  col  suo  Ambasciatore  oMiualiodel' 
le  condizioni  che  il  Re  volesse  esigere  da  luiìu  qué> 
sta  occasione^  Ss^guì  il  Ve^coto  la  Soiiitttistiotlé  j 


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^ I3«  ètORiA  Dì  TOSCAAa. 

^j,  ina  gli  acòideoli  che  sopraggiuiuero  reaero  la  ntt' 
di  C.Legazioae  più  difHcile,  e  pericolosa.  £rt  il  Por- 
'^7to  d'Aocona  alta  custodia  di  alcuni  Uffiziali  ri- 
belli di  Firenze  collocati  quivi  dallo  SU'ozzi  ad 
oggetto  di  potersi  valere  senza  contrasto  di  quel 
porto  per  lo  sbarco  dell'armata  Turchesca.  Al- 
cuni di  easi  per  a?iditii  di  guadagno  e  desiderio 
di  ripatriare  areano  fatto  ofTerire  a  Goumo  di  da- 
re quella  Piazza  al  Duca  d'Alva  ,  e  introdurvi  1« 
milizie  di  Napoli.  Questo  trattato  dovendo  par- 
teciparsi al  Vice  Re ,  Gusimo  gli  spedì  il  Goucino 
'suo  s^retario  il  più  confidente,  il  quale  avendo 
naurragato  alla  spiaggia  Romana  m  portò  a  Roma  do* 
ve  fu  arrestato  per  essere  esaminato  ;  fu  facile  al  Vé- 
scovo di  Cortona  di  ottenere  subito  il  suo  rilascio^ 
ma  avendo  il  mare  gettato  alla  spiaggia  gli  avanti 
del  naufragio  furono  fra  quelli  ritrovate  le  letloe 
concernenti  il  trattato  d'Ancona.  Fu  perciò  il  Se* 
gretarìo  nuovamente  condotto  inCasteUo  doveuon 
si  risparmiarono  esami  e  tormenti  per  estrarre  d^ 
medesimo  la  cognizione  di  questo  aflàre  ;  ma  aoa 
voluido  il  Papa  che  i  suoi  disegni  restassero  inter- 
rotti per  questo  accidente  accettò  qualunque  giu- 
stificazione e  concesse  ai  reclami  del  Duca  e  del 
Vescovo  la  libertà  del  Concino.  Anco  la  presniu 
del  Vescovo  non  era  in  Roma  opportuna  per  este- 
re egli  singolarmente  sospetto  allo  Strozzi  e  dete- 
stato generalmente  da  tutti  i  ribelli  del  Duca  ;  lo 
denominavano  essi  il  Vescovo  dell'  Ampollina  per- 
chè allorquando  Cosimo  lo  mandò  alla  Corte  dìFno- 
cia.a  complimentare  la  Regina  corroppe  un  dome- 
stico di  Pietro  Strozzi  e  gli  consegnò  uo  ampollina 
di  veleno  perchè  glielo  propinasse.  1  Fioreolìni  ri' 
belli  lo  iniiultavauopubblicameate  interrogandolo*^ 


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tlB.  11.  CAP.  VI.      '  i3? 

eka  ben  {urovrùto  di  ampoUe>  e  rìèmpivano  tutta  ^^ 
la  Corte  di  questo  fatto  sttmolaodo  lo  StroBzi  a  pre-dì  C. 
Talersi  dell'autorità  che  teneva  col  Papa  per  vcn*-      "^ 
dicarsi.  Ciò  fu  causa  del  suo  rìtomo  sollecito ,  e  l'Am- 
basciatore ordinario  proseguì  a  trattenere  il  Papa 
eon  ragionamenti  e  proposiiioni  sopra  la  pratica  del 
BlIatrimoDio  ad  oggetto  di  prender  tempo  fintanto 
che  ritornasse  dalla  Corte  di  firussellea  il  Cognato 
del  Duca. 

Arrivato  egli  alla  Corte  in  tempo  che  il  Re  era 
per  partire  per  Londra ,  e  Buy  Gomez  per  la  Spa- 
gna a  preparare  le  guerra,  parvero  al  Consiglio  trop- 
po ardite  le  proposizioni  di  Cosimo,  e  non  nuncò 
chi  dubitasse  esaere  in.  lui  mala  fede  giacché  facea 
tanbt  istanza  di  esser  messo  in  libertà  di  accomo' 
darai  con  i  Francesi.  Si  considerò  che  il  darli  Siena 
in  governo  in*  vece  di  estinguere  il  delùto  del  fie  lo 
accresceva  perchè  vi  sverebbe  latto  assai  di  spese 
da  non  potersi  poi  recuperare^  e  che  a  tenore  delift 
concessione  di  CaHo  V. ,  non  si  poteva  disporre  di 
queQo  Slato  se  non  col  vincolo  Feudale.  Si  osservò 
ancora  non  poterseli  dentare  uno  Stato  cha  con  le 
sole  sue  ibrze  potea  facilmente  occupare  ^  e  colle'' 
gandoai  col  Papa,  e  con  i  Francesi  mettei^in  estre* 
mo  pn-icolo  li  Stati  Spagnoli  d'Italia.  Fu  per  tanto 
creduto  miglior  partito  concederli  ciò  che  poteva 
pretendere  da  se  stesso,  e  vincolaclo  in  forma  che 
non  potesse  nuocere  al  Re,  ma  piuttosto  interessarlo 
e  astringerlo  a  ìuTÌgbre  alla  difesa,  e  conservazio- 
ne dellì  Stati  di  Sua  Maestà  in  Italia.  In  conaeguen-' 
Ea  di  ciò  il  Re  essendo  in  Cale»  li  17  Marzo  i^ruì 
Don  Giovanni  di  Figueroa  Castellano  di  Milano  ia- 
caricadolo  di  portarsi  a  Firenze  per  trattare,  e  ri- 
■olvere  col  Duca  le  condiùoni  della  concessione  A 


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»58  StObiA.  t>I  tOsCAiU 

j^„^  Siena.  Propose  il  Figueroa  a  Cosimo  i .  Cluì  il  tU  u" 

lilt  Cuvrebbe  coacesso  Sìuua  in  feudo  nobile  fiservandosì . 

'*^Orbelello  j  TalatnoUCi  Porlei'colej  e  il  Monte  Ar- 
geuUro  :  a.  Che  Siena  dovesse  restar  libera  e  gover* 
Darsi  in  forma  di  Repubblica  ;  3>  Cbe  il  Dbca  do- 
vesse restituire  Piombino  >  e  l'Elba  a  Sua  Haeslù 
con  tutte  le  fortificazioni^  o  dare  all'Appiano  una 
ricompensa  oquivaleale  nello-Stato  di  Siena.  4-  Che 
si  dicliìatvsse  sodisfallo  di  tutti  i  crediti  the  tene- 
va col  Re ,  e  si  obbligasse  a  somministrare  vettova-' 
glie^  dar  guastatori^  e  nuinizioni  a  spese  pei'ò  di  Sua 
Maestà  5-  Che  promettesse  di  cacciare  dì  Toscana 
i  Francesi,  e  concertasse  col  Castellano  le  condi- 
«ouioccoi'lenti  per  l'effettuazione,  obbligandosi 
tnollre  di  servire  il  Re  con  le  sue  Galere  ogni  vol- 
ta che  ne  fosse  richiesto  6.  Che  stabilissi*  una  Lega 
perpetua  offensiva ,  e  difensiva  con  la  Corona  di 
Spagna  concorrendo  alla  spesa  per  il  tempo  che  dn* 
rasse  la-guerra  con  soccorrere  Napoli  coti  settemila 
Italiani j  tremila  Tedeschi,  seicento  cavalli,  arti-^ 
gliene,  e  muniiioui  7>  £  finalmente  che  non  pò-' 
tesse  maritare  i  suoi  Ggli  senza  l'assenso  di  Sua  Mao* 
stài  L'offerta  di  qu«te  condiaioni  era  accompagnata 
dauna-dichiaranonedi  Filippo  IL  di  volere  in  qua' 
lunque  forma  essere  amico  di  Goaimo,  e  conservarsi 
lasua  confidenaa.  Ha  c^lì  accettando  solo  le  gra-- 
Eluse  «spreasiom  ricusò  apertamente  condizioni  cod 
lesive  della  sua  dignità,  e  del  suo  ìnleresse  repli- 
cando a  ciascuna  di  quelle  i.  Che  essendo  libero  é' 
indipeiidetile  non  amava  di  farsi  Vassallo  per  cosi' 
piccolo  Stato  come  quello  di  Siena ,  e  clte  il  Re  ri- 
servandosi quelle  piazze  offendeva  il  suootiore  mo- 
Ktrtindu  di  non  fidarsi  di  lui:  2.  Non  compi'endeva- 
ciuue  Sua  Maestà  volesse  ceocederli  Siena  a  condi» 


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tìoùecheTestasBe  libera  poiché  ciòsigDÌficava  noo  ^^ 
concederli  cosa  veruua  3.  Quanto  all'Elba  e  Pioni- di  C  * 
bino  replicò  c^e  prima  di  restituire  avrebbe aspet-  '^^^' 
tato  che  gli  tuiae  dato  ciò  che  gli  era  doviilo ,  ma 
che  PortorerraJQ  uoa  gli  ii  toglieva  se  noo  con  la 
forsa;  e  duveudo  dare  all'Appiano  la  ricompensa: 
uello  Stato  di  Si«na  che  tatto  insieme  non  rendeva 
quaruitamila  ducali  «i  contentava  dì  rilaaciare-al: 
Ke  così  latto  guadagno  4>  Itchiamarsisodiafaltodi 
tutti  ì  crediti  j  essendo  egli  piccolo  Prioctpe  lo  re- 
putava gran  perdita  j  ma  piuttosto  che  rilasciafli  a 
tali  CMidiBÌoui  era  cosi  ricco  di  animo  da  farne  al 
Be  \in  donativo  5.  Né  comprendeva  come  il  Be  po- 
tesse esigere  di  esser  servito  delle  sue  Galere  aven-' 
do  animo  di  toglierli  tutti  i  Porti  6.  Gie  te  leghe 
tra  due  Principi  cosi  ineguali  tocca  sempre  ad  oa* 
servarle  al  più  debole ,  e  che  le  forte  richieste  per 
il  soccorso  Superavano  quelle  che  il  Be  di  Francia 
uvea  spedito  contro  il  Regno;  che  l'onore  fiittoli  di  ' 
Sua  Maestà  di  stimarlo  così  polente  lo  fdceva  mva* 
uire,  e  se  in  vece  di  Siena  gli  avease  concesso  il 
Perù  avrebbe  potuto  più  facilmente  sodisfare  al  suo 
'deaiderÌD  7.  Che  il  toglierli  la  libertà  di  maritare  i' 
■taoi  figli  era  un  mauifetito  affrootO)  e  un  trattarlo- 
da  Schiavoi  Dopo  avere  cosi  replicato  al  Figueroa 
léce  comprendere  al  Re  che  se  queste  proposiàioni 
erano  fatte  per  correggere  l'ardire  delle  sue  dimaa- 
de,  egli  ne  restava  bastantemeute  mortificato  ^  ma 
ùccome  riconosceva  in  esse  la  sua  buona  volontà 
avviluppata  fra  i  mali  dfficj  dei  suoi  Ministri  lo  pra-> 
gava  a  dargliene  più  chiare  dimostraaioni,  e  ridar-* 
le  a  termini  più  ragionevoli^ 

Nim  si  stancò  nondimeno  il  Figueroa  dalla  pra^ 
tica  di  ridurre  il  Duca  Cosimo  ad  accettare  il  par* 


i,z.dbvCo(>glc 


i4»  STORIA,  m  TÓSC&Nà 

^^^  tìio  mediante  qualche  moderazioDe  dell»  coodìsto' 
di  C.  ni  proposte  ,  poiché  rigettando  l'iAtanza  della  Lno' 

'  ^  goteneDEa  e  governo  come  soggetta  a  troppe  contro- 
tei-aie  ,  pregiadiciale  all'  interessi  del  Re,  e  che  e-* 
sponeva  i  disceodenti  di  Cosimo  al  pericolo  di  re* 
starne  spt^liati  dai  SQCcessori  di  Spagna,  lo  persua- 
se a  secondare  le  prime  inteunoui  dì  Carlo  V.  al~ 
lorchè  ì  Senesi  renuEiarono  espressamente  alla  loro 
liberti  e  rimessero  l'assoluta  potestà  del  loro  gover-^ 
no  liberamente  nelle  mani  dell'  Imperatore^  e  del 
Re  Filippo.  Carlo  V.  eoa  atto  de  17  Aprile  i556 
CMifermò  e  ampliò  le  facoltà  concesse  al  figlio  neU 
l'atto  dei  3o Maggio  i554  e  considerando  che  le  cir' 
costanze  lo  sverebbero  obbligato  a  gratificare  il  hu* 
ca  Cosimo  di  tutto  o  di  una  parte  di  qQesttt  Stato^ 
dichiarò  più  apertamente  la  fact^tà  di  subinfeudar-^ 
Io  intieramente  o  singolarmente  senza  dovmie  ot* 
tenere  l'assenso  Imperiale  ;  gli  concesse  ancora  di 
traslèrire  nel  Subfeudatario  quelle  istesse  perogati-* 
Te ,  diritti  e  Sovranità  che  esso  aveva  senta  thè 
mai  potesse  esserli  Citta  dalla  parte  dell'Impe- 
ro veruna  opposizione.  Considerò  perciò  il  Duca 
esser  raglio  il  non  perder  l' occasione  di  acqui-  ' 
stare  quello  Stato  in  piena  Sovranità  ,  giacché  il 
possesso  e  le  circostanze  arerebbero  posto  ìd  gra- 
do se,  0  i  suoi  successori  di  alleggerire  questi  vin- 
coli; e  perciò  moderata  la  dureùa  delle  gii  pred- 
ate condizioni  stabilito  di  restituire  Piombino  al- 
l'Appiano che  già  era  in  Londra  a  domandare  il 
suo  Stato,  e  di  ritenersi  Fortoferrajo,  spedì  nuova-- 
mente  a  Londra  il  Toledo  il  quale  li  due  dì  Giu- 
gno ebbe  dal  Re  l'intiera  approvazione  di  quanto 
Cosimo  e  il  Figueroa  areaoo  concertato  ira  loco. 
Fu  pertanto  stìptdato  in  Firenze  un  trattato  in  da- 


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LIB.  n.  CAF.  VI.  i4i      ___ 

U  dei  tre  di  Luglio  in  cai  il  Figueroa  monito  dì  /^^ 
plenipotenza  dal  Re  conceueal  Ducala  Città  e Sta> di  C^ 
to  di  Siena  in  feudo  ligio  nobile  e  ooorìDco  riser-  '^7 
Tandosi  però  i  Porti  dì  Orbetello,  Talamone ,  Por> 
tercole,  Monte  Argentaro,  e  Santo  Stefano,  donando- 
li in  piena  e  libera  proprietà  la  tenuta  della  Marsi^ 
liana  e  i  Beni  compresi  sotto  la  medesima.  Fu  sta-* 
Inlito  che  il  Duca  avrebbe  restituito  a  Sua  Maesti 
Piombino  e  l'Elba  ritenendosi  Portoferrajo  cou  due 
miglia  di  territorio  all'intorno  con  l'istesso  Vincolo 
di  feudalità  >  rinuziando  a  tutti  i  crediti  che  per 
qualunque  titolo  avesse  eoa  Sua  Maestà  e  con  l'Ap> 
piano:  fosse  il  Duca  tenuto  a  somministrare  vetto- 
vaglie, munizì(Hii  e  operaj  per  difesa  dì  detti  Porti 
a  spese  del  He ,  e  obbligarsi  a  soccorrerli  io  caso 
d'assedio  e  contribuirvi  la  terza  parte  delle  spese- 
occorrenti  per  la  difesa.  Promesse  il  Re  dì  dare  al 
Duca  quattromila  fanti  e  quattrocento  cavalL  pa^. 
gati  per  sei  mesi  per  .valersene  all'effetto  di  scac- 
ciare di  Toscana  i  Francesi:  Reato  stabilita  una  Le^- 
ga  perpetua  offensiva  e  difensiva  tra  il  Re  e  il  Duca 
«  loro  successori,  e  nel  caso  che  lo  Stato  di  Firenze 
0  qaelto  di  Siena  restassero  attaccati  ai  obbligò  il 
Ae  di  aocciNrrere  il  Duca  con  diecimila  uomini  d'in.< 
&nteria ,  quattrocento  uomini  d'arme  ,  e  seicento' 
cavalli  leggieri  a  tutte  sue  spese,  dovendo  il  Duca 
in  correspettività  soccorrere  lo  Stato  di  Milano  e  il 
Regno  di  Napoli  quando  fossero  attaccati  dalle  ar- 
mi di  Principi  Italiani  c(»i  quattromila  iànti ,  e 
quattrocento  cavalli  ^  e  somministrare  le  Galere  in 
■ervizio  di  Sua  Maestà  ad  ogni  richiesta.  Oinven- 
nero  che  ninna  delle  parti  potesse  contrarre  leghe 
e  confederazioni  contradittorie  a  questo  trattato , 
quale  s'ipteqdesse  non  dovere  apportare  alcun  pr<h 


Cf,zo..i.vCtH>qlc 


i4»  STORU  DI  TOSCAWA 

S.V.  gi"^iz>^  s'Ib  ìadipendenza  dello  Slato  drFÌN 
di  cPer  »tto  suppletorio. a  questo  trattato  il  Duca  riìob* 
'^7bligò  s^retameute  io  una  cedola  dei:4:  LugltA  di 
accasare  i suoi  figli  a  sodiaTazìoDe e cualento diSaa 
Maestà.  Applaudì  L'Italia  all'avvedutela  di  Gosimo 
per  aver  saputo  otteuere  con  tanta  facilità  dal  Be 
Filif^  Va  Stato  di  Siena,  condannando  altreH  la 
debolezza  dalli  Spagnoli  di  aver  tanto  ingrandito 
un.  Principe  così  ambi^osu;  nja  considerando  le 
«ÌW:ostanze  dell'uno  e  dell'altro  si  rileverà  faci  Imen- 
te  che  il  Re  guadagnò  molto  più  di  quiello  donasse^ 
]1  Bue»  era  creditore  di  somme  riguarderoli  cbe 
non  era  possibile  senza  un  grande  incomodo  della 
Monarchia  li  fossero  restituite  in' quel  puah»;  tene* 
va  io  aio  potere  nel  Senese  la  Valdichiana^  Casole, 
e  Massa;  il  Re  essendo  in  Gand  area  decretato  che  do- 
vesse ritenere  ancora  Piombino  con  l'Elba,  e  il  Duca 
d'Àlva  era  incaricato  di  costituire  all'Appiano  una 
ricompensa  nei  Regno;  non  si  poteva  levare  il  Do* 
cada  questi  possessi  per  giustizia;  ne  «"a  tacile  l'ef- 
fettuarlo mediaute  la  forza;  non.conveaiva  l'irritarlo 
perchè  oongi  ungendosi  ccd^JPapa  e  con  i  Fraucosì 
don  solo  poteva  sostenere  i  'possessi  ma  mettere  in 
gl'Ut  pericolo  tutto  ciò  che  la  Monaccbbdi  Spagna 
tenera  in  Italia;dì  questo  temeva  appnnto  FilippoII, 
e  per-  tal  causa  di  ma  resoluzione  e  ad  onta  del  Gon- 
eigUo  Tolle  concederli  Siena,  ma  le  condizioni  con 
le^quali  pota  vincolarlo  valevano  certamente  il  do- 
no che  li  faceva.  Lo  Stato  di  Siena  non  rendeva  in- 
tieramente cinquantamila  Ducati,  tre  anni  di  erode- 
lissima  guerra  lo  aveano  desolato  e  privato  in  gran 
parte  di  abitatori  ;  quei  pochi  che  rimanevano  sic- 
come doveano  ritenersi  in  obbedienza  per  furia  e* 
vigevano  spesa  di  guarnigione  e  di  truppe;  sotto  il 


i,z.dbvCo(>glc 


LIB.  II.  GAP.  VI.  (43 

goveroo  Spagnaio  quello  Stato  non  avrebbe  prodot-  j^„ 
lo  tantochefossesuflìcienleperladifesd,  eildonar-di  C. 
lo  non  Eu  nua  perdita  per  la  Monapcliìa.  Il  Re  al-  '•*^? 
tresì  col  trattato  di  f  ireoae  sì  liberò  dai  debiti  che 
aveya  col  Duca,  si  risparmiò  la  rìcompenaa  della 
Stato  di  Piombino,  restò  padrotìe  dei  Porti  del  Se- 
nese ,  e  obbligandoci  la  fede  di  Cosimo  e  dei  suoi 
succesiori  assicurò  olla  Muoarcbìa  di  Spagna  il  traii-> 
quillo  piutseaso  del|i  Stati  d'Italia  ;  la  -ToaDCina  di-> 
Tenne  come  incorporata  alla  Muiiarchìa  Spagnola, 
percitè  la  condizione  dèi  soccorsi  oltre  alle  forze  di 
Sieiia  messe  a  pmSttti  dei  Re  di  Spagna  anco  queU 
\e  di  Fircnzei-  lì  Duca-  Gosirao  0  iion  iuteae  queato 
piano  di  politica  del  Re  Filippo  e  ii  lihseiò  tras* 
portale  dalla  vauttù  dì  acquietare  uno  &ata  cosi 
esteso  ,  o  furse  cumidà  troppo  nelle  TÌceod«  e 
Del  talento  dei  suoi  discendenti.  Vero  è  che  <}uc^ 
sto  acquisto  non  Decrebbe  mai  1«  poteitM  dei  So^ 
vraui  di  Toscana  à  quali ,  aiccome  il  (atto  ander4 
diniostraudo,  lo  banot)  più  volte  ricomprabo  eoa 
l'ecpecsivo  dispendio  sostenuto  per  soccorre  gli  Stali 
Spagnoli  d'Italia>  e  eoa  griouiili  tentatirt  fiUi  per 
ridurlo  ìr  miglior  grado,  e  «ollaivarlQ  dalle  antiche 
calamità,  delle  qnali  tutkoia  risente.  I  Sattà  conbi-< 
nati  di  quasi  due  aecoli  hanaa  dimostrato  che  il 
Doca  CoBÌrao  pt^ò  troppo  cara  la  Scurezza  delDo< 
minio  di  Firenze,  perchè  gli  Spinoli  non  permea- 
sero  mai  che  la  sua  Famiglia  emei^QaaB  d»  quei  li- 
mitij  Dei  quali  egli  l'avea  collocata  con  questa  trat- 
tato. Ma  l'Italia  condannò  il  ReFili{^dide^les-i 
za  ,  e  inalzò  liiio  alle  stelle  l'accartezia  di  Cosimo  , 
perchè  profittando  delle  «ircoatanze  avesse  saputfl 
vincere  la  di  lui  politica. 


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i44  STOKIA  DI  TOSCANA 

CAPITOLO  SETTIMO 

|t  Daca  Cniimo  prende  il  poiMMo  Ai  Siena:  stando  in  goar^ 
dia  con  i  Franoeù  •'  interpone  per  pacificare  il  Papa  e<d 
Ke  di  Spagna,  Speditione  del  Duca  di  Guiia  contro  il  Ae* 
gno  di  rtitpoli.  Concliuione  del  Trattato  di  Cari.  Cònti^ 
nuaiione  della  guerra  tra  gli  Spagnoli,  e  il  Diiva  di  Fer- 
rara. Il  Cardinale  GarafEk  progetta  di  loggettare  ■  Lnc> 
ebeai  a  Firenie.  L'  Amodanoeggia  In  Toseanaconle  ìnoa- 
dacìoni.  Contegno  del  Duca  con  i  Francesi  di  Montai- 
Cino;  Gonclode  in  Pita  un  trattato  dì  pHce  tra  il  Re  di 
Spagna  e  il  Duca  di  Ferrara.  Atatriraonio  di  OoDoa  Ln- 
creaia  de  Medici. 

^f,^  L' UDiversale  costerDBxione ,  in  cai  la  spedizione 
di  Cdel  Duca  dì  Guisa  area  gettato  gU  animi  detli  Ita- 
>^71ianij  faceva  già  temere  l'ultima  desolazioDedi  que- 
sta provÌDcia.  Tutti  gli  stati  di  essa ,  eccettriandooe 
la  Repubblica  di  Veneaia,  si  troTavauo  impegoati 
Della  guerra,  eil  Papa, e  lo  Strozzi  come  promo- 
tori della ^edeaima  si  attiravano  t'odio,  e  l'am- 
niirazioiie  di  tutti:  Il  Re  Filippo  area  spedito  fiuy 
Goraez  in  Spagna  per  far  uso  di  tutte  le  forze  pos- 
sibili di  quel  Regno,  ed  esso  si  era  portato  in  lo-  - 
ghilterra  ad  oggetto  d'impiegare  la  tenerezza  della  - 
Regina  sua  moglie ,  par  impegnare  quelb  nazione 
a  unir  aeco  le  forse  contro  i  Francesi.  Fortunata- 
niente  per  Filippo  1'  America  profuse  in  tempo  ì 
suoi  tesori  per  allestire  una  Flotta  e  un  esercito^  e 
la  nazione  Inglese  si  piegò  alla  premure  e  alle  istao-  - 
se<di  quella  Regina,  Enrico,  IT.  snervato  di  danari 
e  di  forze,  «  stavaaspetlandocoo  impazienza  l'av- 
■viao  della  conquista  del  Regno  di  Napoli,  e  affidava 
la  sicurezza  dellaFraocia  alle  soleFortezze  della  froD- 
tiera.Fraltaatoil  congressodi  R^gio  concertò  leope- 
I-anioni  della  campagna,  e  fu  risoluto  che  il  DllCA  di 


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LIB  II.  C&P.  Vll.^  145 

Guisa  passasse  per  laBomagua  ad  attaccare  l'Abruzzo  ^^^ 
il  Duca  di  Ferrara  agisse  ia  Lombardia  per  tentare  dì  di  C> 
UDÌrsi  con  Brisac  ai  danai  de)  Milanese,  e  lo  Strozzi  '^^7 
con  le  forze  Papali  operasse  contro  il  Colonna  nella 
campagna  Ronaana.  Il  Duca  d'Alva  in  Napoli  pren- 
deva con  vigore  le  opportune  disposizióni  per  la  di- 
fesa ,  non  trascurando  mezzo  veruno ,  perchè  ciò  ai 
.  effettuasse  principalmente  a  spese  delli  Eccleaia- 
fltici.  La  marcia  di  Guisa  verao  1'  Abruzzo  aoUevò 
alquanto  il  timore ,  in  cui  si  stava  la  parte  superio- 
re dell'  Italia,  poiché  le  forte  del  Duca  di  Ferrara, 
avendo  a  contrasto  quelle  del  Farnese,  e  dello  Sta- 
to di  Milano,  non  potevano  fare  progressi  notabili. 
Id  Toscana  non  era  ancora  risoluto  il  destino  di 
Siena,  e  le  gare  tra  il  Duca  Cosimo  e  il  Cardinale 
di  Burgoa  rendevano  quella  GittJt  piìi  soggetta'a  qual- 
che sorpresa  ;  dopo  cbe  sì  era  quivi  eretta  la  Citta- 
della il  Re  vi  avea  deputato  per  la  custodia  Don  Al- 
varo di  Sande ,  ÌDcaricandolo  ancora  del  cornando 
generale  delle  armi  in  quella  Provincia'  1  Francesi 
di  Montalcino  aveano  osservato  la  tregua  con  le  Ter- 
re, che  erano  in  dominio  del  Duca  più  per  una  ta- 
cita scambievole  acquiescenza  che'ìa  vigore  della 
capitolazione,  poiché  quella  era  stata  da  ambe  le 
parti  notabilmente  alterata  ^  né  mai  si  era  dichia- 
rata la  legittimità  dei  possessi,  né  determinati  i  con- 
fici delle  respetti  ve  Giurisdixioai.  Mooluc  affettava 
col  Duca  tutta  la  compiaceuza ,  e  dava  l'intiera  so- 
disfazione  in  qualunque  occasione  di  reclamo.  Il  Du-r 
ca  oltre  il  Reggimento  dei  Tedeschi  si  trovava  otto- 
mila lànti  Italiani  per  difesa  del  suo  Stato ,  e  que- 
sto esigeva  da  Mooluc  tutto  il  riguardo.  Tali  non 
erano  le  ferze  Spagnole  di  Siena  e  dei  Porti  \  e  per 
questa  ragione  I9  Repubblica  dì  Montalcino  all'ar- 
T.  Il,  IP 


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i4<  STORIA.  DI  TOSCA.MA 

'Tj^rfro  di  GuUa  in  lulia  avea  subita  rotta  la  Irq^ 
di  c.  con  gli  Spagnoli ,  depredando  Terre  e  Villi^,  al< 
-i5^7cunì  dei  quali  forti&cava,  e  aosteqeva  con  la  guar- 
nigione. Tutto  eia  avea  obbligato  Don  Alvarb  a  ^ 
scire  in  campagna  con  le  sqe  fané ,  non  aok  per 
recuperare  i  luoghi  occupati,  nia  ancora  per  soste- 
nere e  difendere  quelli^  che  erano  sotto  l'obbedinh 
za  Spagnola;  le  acaramucce,  le  sorprese,  le  depre- 
dazioni^ e  gl'incendi  afldiggerano  già  quella  infelice 
Provincia,  alltvcbè  si  pubblicò  la  cessione  di  Siena 
■  al  Duca  Gosimo.  Questo  arriso  riempi  di  timore  la 
Repubblica  di  Montalcino,  di  rabbia  e  di  disiwtto 
jl  Cardinale  con  i  suoi  Spagnoli,  e  di  tristena,  e  dì 
•costernavane  tutti  i  Senesi  :  comparvero  a  Sieoa 
Jkin  Giovanni  di  Figueroa  con  lettere,  e  mandala 
speciale  del  Re  per  consegnare  Siena  al  Duca  Così- 
mo,  e  Don  Luigi  di  Toledo  con  le  opportune  facol- 
tà per  riceverne  il  possesso  attuale  e  formale.  I  pra* 
testi,  le  difficoltà,  e  le  lunghezze  interpoatedal(^ 
dinaie  gianaero  al  segno  della  inobbedienaa  ,  e  la 
-Truppe  Spagnole  tumultnarono  per  mancan»  di 
pghe  ;  fu  (orsa  che  il  Duca  «m  un  riguardgTole 
sborso  saziasse  la  loro  ingordigia  per  non  comincia- 
Te  il  possesso  dalle  ostilità;  ai  cambiarono  fioalnwO' 
ie  i  presidi  >  e  il  Cardinale  partì  di  Siena  6scbiato, 
e  mott^gìato  dal  popola ,  e  detestato  dai  proprj 
Spagnoli,  Iti  19  di  Luglio  Airono  eseguite  le  debile 
formalità  del  possesso,  e  Angelo  Niccolioì  AnditcN 
re  e  Consigliere  del  Duca  assunse  il  grado  di  sim 
Luc^Tenente,  e  Governator  Generale  della  Citti 
e  Stato  di  3iena;  Federigo  da  Montauto  ebbe  la  cu- 
stodia della  Fortena,  e  il  comando  delle  miliai') 
e  le  Comunità  e  i  Fendatarj  dello  Stato  furono  io- 
timati  «  preatare  U  giummento  di  fedeltà  in  Fireo- 


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'  LIB.  n.  CàP.  VII.  t47 

M  al  Duca,  o  in  Siena  al  suo  Luogo-Tenente.  I  Se-  ^„^ 
sesi  Dpn  tralasciarono  di  ricoprire  con  le  azioni  e-diC. 
.  steriori  quella  triitezza,  che  già  maoifestavauo  col  '    "^ 
^llore  del  volto ,  e  deputarono  a  Coaimo  Amba- 
«ciatori  per  convincerlo  della  universale  all^rezza 
■della  Città  per  esser  ridotta  alla  sua  obbedieuza.  I 
-tratti  generosi,  e  la  grandezza  di  animo  da  esso  di- 
mostrata verso  i  nuovi  Sudditi  sollevarono  alquan- 
to il  loro  interno  lammarico,  e  contribuirono  a  te- 
nerli quieti  nel  tempo  Ìl  più  pericoloso,  e  il  più  ta.' 
■àie  alle  novili. 

'  Id  mossa  dell'esercito  Francese  v^so  l'Abrux- 
xo  fu  la  fiice  ,  che  accese  in  varie  parti  -dell'Italia 
)a  guerra.  In  Piemonte  il  Maresciallo  di  Brisac  es- 
pugnata Valfenera  avea  intrapreso  l'assedio  diCu- 
neo.  Il  Duca  di  Fen-ara  si  mosse  ad  assediare  Co- 
laggio )  B  minacciava  Guastalla.  Il  Duca  di  Guisa 
-passato  il  Tronto ,  dopo  le  più  crudeli  stragi ,  iti- 
ceudj  e  depredazioni,  sì  accinse  all'assedio  di  Ciri- 
Iella  Piazza  di  frontiera  situata  vantaggiosamente, 
e  dìlèsa  c<»i  Talt»«  dalle  Tru[^  del  Vice-Re.  Qui 
fu  ibrza  che  egli  restasse  convinto  delle  dÌfBcolt4 
della  conquista  del  Regno ,  perchè  il  Duca  d'Al\4, 
Bccostatosi  in  vicinanza  dì  quella  Piana  Con  ua 
«sercito  di  sedìcimila  tra  fanti  e  cavalli,  potè  non 
«ulo  impedire  l'espugnazione  della  medesima,  ma 
sucwa  il  passo  dell'  esercito  nemico  nel  Regno.  Do- 
vè pertanto  il  Guisa  ritirarsi  4*11'  assedio  ,  e  ripas- 
sato il  Tronto  trasferire  l'esercito  nella  Marca.  Il 
dispetto  di  vedersi  nel  principio  della  campagna 
troncata  la  strada  alla  gloria  animò  in  esso  la  mata 
sodisfazione  contro  il  Caraffa  per  esserli  mancate 
dalla  parte  delPapa  tutte  quelle  lórze^  e  preparati- 
'  Ti ,  da  «so  eoa  tanta  franchezza  promessi  al  Be  per 


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«40  STORIA.  DI  TOSCANA 

^.^'  impanarlo  alla  spedizioflie:  dal  mal' umore ^  dor 
,55.' Tenne  alle  contumelie  in  forma, che  ìIDuca  diGuìr 
sa  era  risoluto  di  ritirarsi  totalmente  dallo  Stato 
EccletìastìcD  per  andare  ad  unirsi  con  Brìsac  in  Pie- 
monte. Grandi  furono  le  smauie  del  Papa  in  que- 
sta occasione ,  e  lo  Strozzi  impilò  tatte  le  sue  pr& 
mure  per  impedire  la  ritirata  dell'  esercito ,  e  rìn- 
nire  il  Guisa  eoa  i  CarafB  ;  fu  perciò  concertato  che 
lo  Strozzi  si  portasse  alla  Corte  di  Francia  per  pre^ 
■entare  al  fie  il  figlio  del  Duca  di  Falliano  in  per 
gno  della  fede  di  Casa  Caraffa  verso  Sua  Maestà,  e, 
dimostrando  i  po-icoli  e  le  difficoltà  di  pros^ire 
la  guerra  contro  il  R^oo,  ai  variasse  il  piano  della 
medesima  ,  voltando  l' esercito  verso  Toscana  su* 
liito  che  si  lèssero  recuperale  le  Terre  della  Chiesa 
conquistatfr  dal  Duca  d'ÀÌva.  Il  Papa  per  noa  ea* 
Ber  prevenuto  anche  iu  questo  disino  peoaò  d'ia^ 
trattenere  il  Duca  Cosimo  con  varie  pratiche  e  pro- 
posizioni di  pace  fino  al  ritorno  dello  Stronzi,  il 
quale  o  avrebbe  portata  la  riaolaziwie  &vorevole 
con  gli  occorrènti  provvedimenti,  e  si  poteva  eae* 
guire  il  progetto ,  o  ritornando  con  una  n^ativa  ai 
dava  luogo  a  intavolare  di  proposito  un  trattato  di 
pace.  Operò  Cosimo  con  tutto  l' impegno  alBncbi 
flortissero  l'effetto  le  sue  premure,  ed  alle  soeiO' 
finuazioni  il  Be  Filippo  rimesse  le  c^portune  facol- 
tà a  Yargas  suo  Ambaviatore  a  Venezia ,  incariT 
candolo  di  valersene  secondo  le  istruzioni ,  che  gii 
fossero  date  dal  Duca,  Ha  ben  presto  si  accorse  che 
U  mflla  contentezzi)  dei  Francesi  col  Papa  ad  al* 
tro  non  tendeva  che  a  estorquere  dal  medesimo  s 
titolo  di  sicurezza  le  Piazze  di  Ancona  e  GriUvec- 
cbia  ,  e  che  }o  Strozzi  noq  avrebbe  mai  conaghato 
i&iricp  flils  pce,  poiché  «jq  la  gum-a  sarebbe  t«^ 


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tiB.tI.CÀf.VÌ!.  ti^ 

luWta  ancora  la  sua  grandezza.  Anche  il  Ituca  di  »  ^ 
AWa  non  recosò  di  dare  (H-ecchio  alle  proposiziobi^di  C^ 
tua  Don  mancò  nel  tempo  stesgo  di  rinforzare  l' e^  ■'^^ 
seirito  di  Marcantonio  Colonna  ,  il  quale  assediava 
I^lliano,  avea  occupata  la  Città  di  S^ni ,  ed  avan- 
sava  verso  Roma  le  sue  conquiste.  In  tale  kituazio- 
ne  informato  Cosimo  che  lo  Strozzi  ritorBava  dalla 
Corte  con  nuove  provviste  di  danari  -,  e  che  dai  Fran^ 
cesi  si  faceva  una  numerosa  leva  di  Svizzeri,  Con^' 
aiderò  che  il  soffrire  dispendio  per  tenersi  sulla  di-^ 
fesa  quando  si  può  offendere  è  sempre  un  cattivo 
partito ,  e  si  persuase  della  necessità  di  movere  le 
sue  forze  contro  lo  Stato  Ecclesiastico^  Accrebbe 
pertanto  le  sue  milite  >  e  concertò  col  Duca  d'Alva 
le  operazioni  per  moversi  ambedue  di  concerto ,  di-i 
segnando  egli  di  fortificare  la  sua  spedìziontt  con  le 
Galere  del  Dona ,  d' impadronirsi  di  Civitavecchia ^ 
é  di  tutta  la  spiaggia  Romana  fino  al  Tevere,  e  fa-. 
cilitare  la  dispersione  dei  Francesi  con  impedir  lo^ 
ro  q\ialunque  ajuto  della  parte  di  nìare  ;  procurò  nel 
tempo  stesso  che  il  Centurione  Comandante  delle 
sue  Galere  tentasse  ogni  diligenza  per  sorprendere 
lo  Strozzi  nel  suo  ritomo  di  Francia  >  stando  in  a- 
tuatD  a  Monte  Cristo^  0  alla  Pianosa,  e  facendo  scor-' 
rere  dei  legni  per  esplorarlo.  Ma  lo  Strozzi  era  trop^ 
pò  esercitato  nel  prevenire  ogni  insidia  ^  e  ritornò 
a  Roma  felicemente  con  ordine  del  Re  a  Guisa  di 
aoccorrere  il  Papa,  e  con  facoltà  di  tentare  l'impre-' 
aa  di  Toscana  dopo  che  avesse  recuperato  le  Terre 
occupate  dal  Duca  d' Alvat  La  nazione  Fiorentina 
di  Lio^p  somministrava  trecentomilaDucati  per  qu»> 
sto  effetto,  e  il  disegno  «a  di  attaccare  il  Dontìoio 
di  Firenze  dalla  parte  di  Cortona. 
'    Tali  risoluzioni  della  Corte  di  ^rancia  fecero  va* 


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I  Ja  STÒRIA  DI  rOSCKVk 

'Ait  '^"'^  al'Dncail  peoaiero  di  moversi  contro  il Piptl-^ 
di  C.che  atiii  determina  di  guadagnarsi  maggiormenta 
*^^71a  di  luì  cotifidenza  per  indurlo  a  concluder  la  p»- 
Cft  I  aucceaai  Io  lavorirono ,  poiché  il  Duca  d' Al* 
\a,  vedendo  che  il  Dqc8  di  Gtiiaa  ai  moveva  per  soc- 
correre Palliano,  avanza  verso  Roma  il  suo  esercito^ 
e  piantati  gli  accampamenti  sotto  Valmontonespar* 
se  il  terrore  in  Roma,  avendo  tentato  una  nottedi- 
dar  la  acalata.  Maggiore  però  fu  lo  spavento  dei  Ca-* 
ralli  allorché  a' inlesein  Italia  la  rotta  data  ai  Fran- 
cesi dal  fie  Filippo  a  San  Quintiooil  dì  io  di  Agosto» 
la  prigionia  del  Contestalnlei  e  dei  principali  della 
Gort«>  l'espugnazione  di  quella  Piazza  cun  la  pri- 
gionìa dell'  Ammiraglio  ,l' esserla  FraDctasenaa  dì* 
tesa,  e  il  ReFilippo^  superate  con  tanta  facilità  le 
frontiere  non  avere  ostacoli  per  passare  direttamente 
all'assedio  di  Parigi.  Verificò  maggiormente  questi 
successi  iX  repentino  richiamo  del  Duca  di  Guisa  m 
Francia  per  difendere  il  Regno ,  e  la  costemazipna 
universale  dì  tutti  i  partitanti  di  quella  Corona.  Va- 
riate le  circostanze  anche  il  Duca  variò  lingtu^io , 
éf  rimproverando  al  Papaie  ai  Garaffi  la  mala  fede 
con  cui  aveano  agito  Ùnor*  in  non  volere  cooclnde- 
re  la  pace  dopo  averlo  impegnato  a  far  venire  dal 
Bs  la  pleoipotenaa  f  ordinò  all'  Ambasciatore  ch« 
col  pretasto  della  salute ,  o  di  altra  propria  necessità 
n  congedasse.  Paolo  1V< ,  vedendosi  abbandonato 
dai  Francesi  alla  discrezione  del  Duca  d' Alva,  sgo< 
mento  e  avvilito  dal  timore ,  giustificò  all'  Amba- 
MÌatoredd  Duca  la  sua  condotta ,  imputando  ìlGa- 
ralBi  e  Io  Strozzi  di  aver  ritardata  la  pace  ^  lo  in-* 
caricò  di  pwtare  a  Firenze  le  condizioni,  che  pny 
poneva  per  il  trattato.  AI  Duca  Cosimo  scrisse ,  e> 
sMTtandolo  a  intraprendere  con  impegaò.  un'  opera 


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c<M  uluteToÌe>  poiché  egli  voleva  pef  mezzo  «ao  /^ 
pacificarsi  col  Re  Filippp.  Accettò  (kisinio  ben  vo-di  Cf 
lootierì  rìDcarico>  e  rappresento  al  Re  e  al  Duca*^^^ 
d' Alva  che,  qou  voie&do  opprimere  il  Papa,  eoa-, 
voniva  accordarli  la  paòe  per  distaccarlo  dai  Frao-i 
cesi ,  e  valersi  delle  foru  di  Napoli  per  recuperare  < 
le  Piaan  di  Toscana  >  e  in  Piemonte  ^  che  il  Diicà> 
di  Ferrara  sarebbe  rimasto  alla  discreaione  di  Savi 
Maestà ,  la  quale  non  avreUw  avuto  chi  potesse  op^ 
porlisi  in  Italia,  e  non  accordando  con  Sua  Santi- 
tà ,  i  VebeiiaDi  j  che  promovevano  questa  pace  con 
tanto  impegno  forse  non  avrebbero  tardato  a  dichia- 
varai  :  fbrae  ancora  il  Papa  ridotto  alla  disperazione 
nvreEdite  dato  in  jpotert  dà  Francesi  le  Piasse ,  che 
richiedevano  con  tanta  iatanza  per  la  loro  sicurez- 
aa  ,  e  allora  troppo  dilEcile  sarebbe  stato  snidarli^- 
e  devenire  ad  un  acarirdo.  Queste  considerauoDÌ  ri' 
irovate  giuste  dal  Duca  d' Alva  lo  fecero  recedere 
dalla  pretensione  che  aveva*  che  il  Papa  diclliaras^ 
se  di  aver  proceduto  ingiustamente  contro  il  Re,  e 
dal  puntiglio  col  Duca  Cosimo,  perchè  aenia  sua 
partecipazione  avesse  ottenuto  dalRelaplenìpoten-> 
fea  ,  e  li  fosse  esibito  col  Papa  per  mediatore  di  que- 
ato  -trattato.  Convenne  però  anche  al  Papa  di  rece* 
dare  dall'impegno  di  non  volere  trattare  diretta* 
mente  col  Diica  d'Àlva*  a  cui  spedì  i  Cardinali  di 
Santa  Fiora  e  Vitelli  ^  e  poi  lo  stesso  Garafia  >  che 
finalmente  stabilirono  il  trattato  di  pace  in  Cavi  li 
1 3  di  Settembre.  U  Duca  d' Alva  si  obbligò  di  por^. 
tarsi  a  Ruma  per  lare  delli  atti  di  sommissione  al 
Pontefice*  il  quale  però  dovesse  accoglierlo  con  tutta 
l'onorevulezzai  Promesse  il  Papa  di  reaiUuiare  al*  ' 
la  Lega  con  i  Francesine  Ucenuarli  dallo  Stato  £c* 
elesÌMtico,  «  starsene  nei  limiti  dì  PastoW  univei^ 


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^ ite  STOMA  ut  TOSCANA 

f^^  sale  della  Ghies».  Fii  promesM  la  restituzioiui  dell* 
di  C  Terra  occupate ,  e  la  remissione  delle  peue ,  ma  fa 
'^^7  stabilito  che  il  Colonna ,  il  Conte  di  Bagno ,  e  Aica- 
nio  della  Cornia  restassero  contumaci  ad  arbitrio 
di  Sua  Santità.  Palliano  fu  depositato  in  parsooi 
confidente  ad  ambe  le  parti  per  estitnirlo,  allof 
cfaèil  Papa  e  il  He  Filippo  ne  disponessero  di  comua 
concerto.  Esegtu  il  Buca  d' Alva  il  trattato,  e  por- 
tossi  a  Roma  come  in  trionfo  >  essendo  incontn- 
to  da  tutta  la  Corte  Pontificia  j  e  ricevuto  dalPa- 
pa  pontificalmente  in  presenza  di  ventidae  Car- 
dinali ,  e  distinto  con  le  onorìficenae  >  cb*  qoA- 
ìa  CtHte  è  solita  dì  accordare  ai  Begoontii  Al  Da- 
ca  Cosimo  spedì  il  Papa  PaoloQiordano  Ornniauo 
genero  per  ringraziarlo  ,  e  assicurarlo  della  sua  ot- 
tima volontà  verso  il  Re  di  Spagna,  e  i  di  luì  Al- 
leati. L'esercito  Francese  si  divise  in  due  parti, l'o' 
na  s'imbarca  a  CÌTÌtavecchia  col  Duca  ^  Guisa  e 
lo  Strozzi  per  ritornarsene  in  Francia ,  l'altra  aot- 
to  il  Duca  di  Humala  marciò  alla  volta  di  Ro- 
magna per  passare  a  Ferrara.  A  Montalcimr&rooo 
mandate  dieci  insane  di  fimtì  $  e  pochi  cavalli.  Pub- 
blicata io  Concistoro  la  pace  il  Papa  dichiarò  L^* 
ti  al  Re  Filif^  il  Cardinale  Caraffa ,  e  a  £nricolI< 
il  Cardinale  Trìvulzio  ad  oggetto  di  [ntimovere  U 
pace  universale. 

Bìl^ata  in  tal  guisa  la  spedizione  dei  Fran' 
cesi  in  Italia  restava  tuttavia  accesa  in  Lombardia 
k  guerra,  incautamente  intrapresa  dal  Duca  di  Ftf  ' 
rara,  ilqnalej  non  essnido  stato  considerato  neltnt- 
tato  di  Cavi,  rimaneva  solo  e^iosto  alle  forse  del  Re 
di  Spagna.  L'Imperatore  Carlo  V.  e  Filippo  U.  >' 
verano  procurato  dì  tenersi  questo  Principe  bene 
affetto,  e  obbligarselo  con  lebeneficenie,eoon  l'** 


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tm  tt.  Cip;  va  is^ 

Mkbt«Volezza:  l'essoù  ^U  collegato  con  i  Francesi  ^, 
senza  Ternn'  motiro  plausibile  mosse  talménte*  adiòv 
«degno  Filippo  II.,  che  Uno  dal  mese  dì  Luglio  io-  '^ 
caricò  il  Duca  Cosimo  di  punire  la  sua  ingratitudi- 
ne con  moverli  la  guerra^  ordinando  che  si  riunia-' 
aero  le  truppe  Regie  esistenti  in  Toscana  »  quelle,' 
che  il  Duca  si  era  obbligato  di  somministrare  nel 
trattato  dei  3  Luglio,  e  ai  lerassero  a  spese  di  Sua 
Maestà  altri  duemila  Cinti,  e,  fonoato  di  essi  uu  e- 
aercilD,  si  desse  il  comando  generale  di  questa  goef'^ 
ra  a  Ottavio  Farnese.  Provvide  ancóra  danari  e  Uf- 
fizialì  per  l' Inipresa^  alla  quale  disegnò  che  sì  des- 
se principio  con  assaltare  la  Garfagnana  dalla  para- 
te di  Barga,  considerando  che  Cosimo  avrebbe  po- 
tuto in  tal  guisa  sovvenire  facilmente  l'esercito  ^ 
vettovaglie  e  di  muniaioni.  Àncbe  la  Reptd>blica  di 
Lucca  fu  dal  Re  incaricata  di  assistere  questa  im- 
presa di  viveri,  e  di  altre  provvisioni  necessarie  a 
un  esntrito.  Il  Figiierua  ebbe  ordine  di  distaccare 
dal  Milanese  una  parte  delle  sue  forze  per  unirle 
con  quelle  del_Duca  Ottavio.  Invano  tentò  l'Estense 
d'implffl'are  la  Notezìone  dei  Veneziani,  né  sapeva 
a  qua!  partito  appigliarsi  in  circostanze  cosi  pericO' 
lose.  Pendente  Iv  guerra  col  Papa  il  Farnese  non 
volle  mai  accettare  questo  carico  per  timore  che 
Paolo  IV.  procedesse  alia  incamerazione  di  Gastrof 
ma  dopo  il  trattato  di  Cavi  si  accinse  dichiaratamen- 
te alla  impresa,  e  il  Duca  Cosimo  gli  qiedi  in  soc- 
corso dugento  fanti  Italiani,  mille  Tedeschi,  e  tre* 
cento  sessanta  cavalli.L''invasiraie  della  Garfagnanaf 
avanzandosi  la  stagione  parve  piena  di  perìcoU,-e 
éi  cominciò  la  guerra  con  l'occupazione  diScandia- 
Ho  e  dì  altre  Terre  di  pòco  momento.  Parve  a  chiun' 
^ue  che  i  Prìncipi  belligeranti  in  questa  camiM^na 


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^ i54  STOM\  Or  TOSCiSil 

^y^ofioraaseroperpura  apparenza,  i>oichè  si  SGOtgen  (U 
4i  C  ambe  le  parti  debalesza  dì  forie,  nuncaDu  dì  rei- 
^^^7  tovaglie,  e  desertionefUTru{^.FurìDiiproTeratoU: 
Duca  Gwinao.di  dod  avere  iovialo  quel  numero'  di 
soccorsi  prescrittili  dal  traUato,  ma  egli  li  acherml; 
colmotivodivedereaccreaciuteDotalnlmente  lefbr'. 
■e  dei  Francesi  di  Hootalcino.  Persuaso  che  l'oppres* 
none  dell'Esbense,  siccome  avrebbe  troppo  iogran-. 
dito  la  pc^enza  Spagnola  in  Italia*,  tuM  la  sua  con- 
wrvacione  credeva  potesse  essere  utile  ■  sostenere 
quella  poca  di  libertà,  che  era.  rimasta  ai  Principi 
di  questa  Provincia:,  a  tal' effetto  operò  in  forma  che 
le  forze  del  Hibnese  e  quelle  del  Daca  Ottavio  noft 
potessero  opprimerlo,  lusingandosi  con  ladilaaioqtt 
di  calmare  lo  sd^no  del  Re  Filippo)  e  dar  luogo  a 
an  trattato,  in  cui  si  combinaasMo  la  dignità  del  R« 
I&  sicurezza  dell'Estense^  e  le  previe  vedute.  Dopo 
che  i  Vene^ni  si  erano  mostrati  sordi  alle  istanae 
del  Duca  di  Ferrara ,  pensi  egli  che  Cosimo  fosse 
l'unico,  e  il  più  efficace  mezzo  per  ritrarlo  eoo  de* 
coro  da  cosi  penglioso  imharano;  ricorse  perciò  se^ 
gretemeute  a  lui,  gli  offi?rì  il  matrimimìo  del  Prin* 
cipe  ereditario  di  Ferrara  con  una  sua  figlia  >  e  la 
sua. raediaùone  con  i  Francesi,  afifincfaè  mediante 
qualche  ricompensa  gli  consonassero  le  Piasae  deI-> 
là  Repubblica  di  Hootalcino.  Questo  partito  fu  vo- 
lentieri accettato  da  Cosimo,  perchè,  oltre  all'inte- 
resse universale  d'Italia)  comprendeva  anche  il  suo 
particolare,  e  perciò  attese  sabito  a  determinare  le 
ooodisioni  per  rimettere  l'Estense  in  gra*ia  del  He^ 
poiché  da  questo  atto  doveva  procedere  l'effettua- 
tàone  del  rimanente.  Sia  prima  di  trattarne  txi  Re 
volle  vedere  l'esito,  che  prendeva  alla  Corte  dì  Rms* 
mUXes  il  trattata  di  Cavi,  giacché  dì  esso  tutta  l'Ila* 
lia  stava  in  espettatira. 


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llftlLCAP.TH.  |5*    ^_ 

£n  ^  Tenuto  s  Firenze  il  Lwato  Caràffii  p^  i^g, 
pmaaare  alla  Corte ,  e  con  esso  il  urdiDile  Vitelli^*  ^ 
mi  oggetto  di  &bboccsraì  con  Cosimo^  per  impegnar-  ^ 
lo  a  promovere  presao  il  Re  Filippo  la  rìcompenaà 
dello  Stato  di  Palliauo,  siccome  en  stato  conTeou* 
to  in  nnartìc^o  segreto  del  trattato  di  pace:  poH^ 
al  UncA  a  nome  del  Papa  la  maggiori  sicureExe  dt 
affetto  e  di  amicÌEÌa  per  esso,  e  propose  il  matrimo- 
nio dì  Donna  Lucrecia  de'Medicicol  figlio  del  Du- 
ca di  Palliano-  La  circostansa  di  esser  quel  bnciul- 
lo  tuttavia  in  ostaggio  del  Be  di  Francia  die  liu^o 
a  Cosimo  dì  sospendere  il  partito  senEa  recusarlo , 
ma  il  L^ato  per  maggiormente  impegnarlo  nella 
proteBÌone  di  Casa  Carafia  gli  ofièree  a  nome  di  Sua 
Santità  le  forse,  e  il  diritte  per  soggettare  i  Lncdifr> 
•i.  Fino  dalli  anni  antecedenti  eritno  insorte  in  qutd-* 
la  Bepubblica  gravi  c<Hitrp\er8Ìe  tra  il  Vescovo  t 
i  Migistrati  per  concernenBegturÌ8diuonali>diepoi 
fàcilmente  degenerarono  in  manitesta  discordia;  da 
questa  si  formarono  i-partiti^  e  l'impegno  prodaase 
le  animosità,  il  di&prezzo,  le  contumelie,  e  recces' 
so.  Quei  Cittadini,  che  per  l'eaercicio  dalla  loro  mer- 
t^tura  aveano  scorso  le  Piane  oltramtmtane,  oltre 
le  ricchezze  avevano  riportato  alla  Patria  le  mas- 
lime  dei  novatMÌ  della  Germania*  la  questa  accn- 
certo  presero  piede  le  nuove  opinioni ,  e  con  là  di< 
lèsa  della  giurisdizione  dei  Magiatrsti  ai  confuse  l'c^* 
fesa  diretta  della  Religione.  I  Frati,  e  singolamwa^ 
te  i  Domenicani  accesero  maggiormente  questo  fua- 
co  con  accusare  a  Roma  gl'individui,  e  le  citazioni 
trasmesse  dalli  Inquisitori  impedite  dai  Bfagiatnrti 
tenevano  irritato  il  Pontefice,  pendente  la  guerra 
altri  pensieri  lo  distraevano  dalla  vendetta  contnt 
i  liUGcbesi,  ma  dopo  che  furono  posate  le  armi,  • 


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ìS6'-  STORIA  fil  TÒStìANÀ 

^y,  che  egli  potè  rìtornara  a  esercitare  tmnt^illaiiie&ie 
di'G.la  sua  ferocia  per  meszo  della  lnquisÌKÌone,  imagi-^ 
^  nò  cbe  Cosimo  fosse  ristruineQto  il  più  atto  a  punirli^ 
Sapeva  bepe  quanto  ei  fosse  malcontento  di  loro  per 
il  contegno  tenuto  nella  goerra  di  Siena,  e  già  cor-^ 
reva  per  l'Italia  una  voce,  che  avt^ssb   fatto  istanza 
a-  Filippo  II.  di  avere  la  protezione  di  quella  Re^ 
pubblica^  per  potere  assicurare  il  suo  Stato  da  qoel- 
la  parte.  Offerì  pertanto  il  Legato  al  Duca  tutti  i 
diritti  del  Pontefice  sopra  una  Città  ,  che  deviava 
dalla  Religione  Cattolica,  e  gli  offerì  i  Beni  di  tutti 
ì  Novatori,  che  si  asserìvano  devoluti  al  Fisco  Fon* 
tificio ,  a  condizione  che  soggettasse  quella  Repaln 
Hica,  e  la  riducesse  con  la  forte  a  vivere  cattolica- 
mente. Replicò  il  Duca  die  i  Lucchesi  nella  guer- 
ra  di  Siena  gli  aveano  dato  tatto  il  motivo  di  sog-' 
gettarli!  ^  ^ì  ^&  contentato  di  ammonirli  semplice^ 
mentCf  e  gli  teneva  come  amici»  perchè  tali  gli  si 
dimostravano:  che  prima  di  risolversi  a  questa  im' 
prtfsa  esortava  Sua  Santità  a  spedirli  un  Pretato  di- 
screto e  prudente ,  che  gli  ammonisse  ,  poiché  la 
forza  in  tali  circostanze  doveva  esser  l'estremo  ri- 
medio: e  finalmente  promesse  al  Legato  di  proteg- 
gere sensa  altre  condizioni  presso  il  He  Filippo  gì' 
interessi  della  Casa  Caraffa.  Piiì  interessante  perd 
iìi  Tabboccamento  di  Cosimo  col  Duca  d'Alva ,  il 
quale  lasciate  le  opportune  disposizioni  per  il  go- 
verno, del  Regno ,  sbarcò  a  Livorno  per  trasferirsi 
per  terra  a  Milano.  Alloggiato  in  Pisa  dal  Duca  teo' 
ne  con  esso  dei  ragionamenti  sopra  lo  Stato  politi* 
co  dell'Italia,  ponendoli  in  considerazione  quant? 
più  utile  sarebbe  stato  per  il  Re  il  vincolarsi  il  Do* 
ca  di  Ferrara  con  un  trattato  piuttosto  chedisp^' 
Piarsi  per  farli  la  guitrra  }  lo  convinse  d«lta  n«c«f 


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^U' di  fortificare  Porto^Ercole,  e  tenere  batgosrni-  ^, 
to  Piombioo  ;  gli  progettò  di  valersi  delle  proprie  di  C 
'Galere ,  e  di  quelle  del  Doria  per  sorprendere  To*  1^ 
Ione,  avendo  sicori  riscontri  della  iàcilità  di  occu- 
pare quella  Piazza;  e  iÌDalnwate  istruitolo  delle  pro^ 
prie  occorrenze,  lo  aocompagoò  fina  a  Pietrasauta, 
TÌcbiamato  nell'  interno  dello  Stato  dalie  calamiU 
-dei  pc^li,  e  dalle  disgrazie  della  propria  famìglia. 
'  Le  rovinose  piogge  cadute  nel  Settembre  nel  Mu- 
gello e  nel  Casentino  apportarono  la  desolazione  a 
quelle  campagne,  e  alla  Capitale.  Queste  due  Pro- 
■rincie ,  l' una  situata  alle  falde  dell'  Àppramino ,  e 
l'ahra  su  i  moqti  scolano  nell'Amo  per  varj.tor- 
Tepti  le  loro  acque,  L'impeto  delle  pii^ge^ualeu 
ciascuna  di  ease  operò  cbe  combinatosi  contempor 
ranaaniente  lo  (^orgo  nell'Arno  si  accrebbe  tanta 
maggiormente  il  vigore,  che,  superate  te  rive,  e  roUi 
-i  ripari,  non  vi  fu  più  rit^no  contro  la  forza  ster<- 
-mìnàtrice.  1  mulini,  le  case,  e  tutti  li  edifiz)  vicini 
'al  fiume  furono  svelti  dai  fondamenti ,  e  annegati 
miseramente  con  gli  ah^tori  :  la  corrente,  formatk- 
do  nuovi  alvei  per  le  campagne,  le  rendeva  inutili 
per  la  sementa.  Con  repentina  inondazione  sorpoar 
ae  la  Città,  ai  ruppero  le  spande,  fu  atterrato  ilter-^ 
ló  ponte  j  e  le  rovine  formando  un  riparo  produsr 
«ero  più  fàcilmente  la  dilatazione  delle  acque;  à  al- 
caronoesse  in  alcune  contrade  fino  a  undici  brac-» 
eia ,  i  sotterranei  ne  furono  ripieni ,  e  perirona  1* 
vettovaglie,  che  vi  si  conservavano;  i  fondamenti, 
e  le  volte  sotterranee  d«lle  case  reataronò  .danneg'^ 
giate,  perirona  delli  abitanti,  la  Città  si  riempi  di 
fango ,  U  terrore  occupò  tutti ,  e.  al  terrore  successe 
l'insalubrità  dell'aria,  e  la  carestia.  La  stagione  caU 
da  del  Settembre,  fiiccQm^pi^afae.U  ferment^-P 


t5f  STOBIA  DI  TÓ6CUU 

.'jj'  none  della  dfposìuonl  delle  torbe,  cagiond  ascDni 
ai  (i  molte  febbri,  e  altresì  la  destratione  dei  mulini^  e 
155?  delle  vettoTaglie  fece  maQcore  per  qualcbe  gìuroo 
i  meri  all'afflitta  plebe.  Ordìoò  il  Duca  che  dalle 
«ircoavicine  popolaziutii  ti  trasferìsKru  alla  Gapt> 
.tale  fàriae,  e  altre  vettovaglie ,  e  nel .  contado  fece 
una  comandata  di  genti ,  aftÌDobè  eoa  la  maggior 
celerità  sì  Dettassero  le  contrade  dalla  immonde^ 
«a.  Fu  fatale  nel  tempo  della  universale  penuria  la 
perdita  di  tanti  viveri,  e  fu  bene  opportuna  la  na- 
turale vigilanza  del  Duca  per  sov.venire  i  Sudditi  ia 
tale  occasione.  Tutta  la  pianura  adiacente  all'Arso 
fiartecipò  di  queste  diaavvecfture,  pokhè  anche  nei 
territorio  Pisano  la  soverchia  quantità  delle  acque 
•concerbì  in  gran  partequantoerasta^operatocon 
tanto  dispendìo  per  la  salubrità  di  quelle  campagne: 
in  Pisa  alla  devastaaione  delle  acque  sì  aggioniB 
quella  del  fuoco,  aveud<^  alcuni  iàcinorosi  attac* 
cato  nel FalazBo  vecchio  d^laGttà,pre&)o  delquft> 
le  essendo  i  magaxainìdeUìstramidimunìxionene 
derivò  la  destruaione  di  molte  fabbriche.  Anche  ia 
Boma  il  Ter^e  non  fece  minor  danno  che  l'Àroo 
in  Firtnie,  e  quella  vasta  GHtà  sì  ridono  pt»  ataJ« 
estremità  di  viveri  che,  se  il  Duca  Cosimo  non  la 
soccorreva  con  due  Navi  dì  grano,  il  Papa  era  da- 
terminato  di  trasferirsi  a  Loreto  ad  ometto  dou  eolo 
dì  sgravare  la  Città  del  consumo  che  prodoceva  la 
Corte,  ma  ancora  per  evitare  quei  tumulti,  e  aedi* 
WODÌ,  che  la  mìao-ìs,  e  la  lame  fanno  per  lo  più  na*- 
ecere  tra  la  plebe.  Dopo  le  pubbUche  caUmità  af- 
flissero il  Duca  ancora  le  disavventure  domestiche. 
Donna  Maria  sua  primogenita,  per  cui  si  tratUva  il 
Hatrìmonio  eoa  l'ereditario  di  Ferraradopo  dodici 
giorni  di  febbre  acuta  mori  li  ao  di  Noveml»«  j  la 


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LIB.  II.  C&P.  VIL  1S9 

mortQ  dì  qnetla  Principeua  fece  imsgiaatedeìRi»-  j^^, 
manù  di  amóri  «egreti,  •  di  TeleDQ  propiDatoU  peiwdiC. 
«io  dello  steuo  padre.  Siccome  mc^ti  tra  i  Fiorev-*^ 
tini  eniQo  aDcora  animati  dallo  •piritoHcpqbbUca- 
aa,  8  perciò  ripieni  di  maltalento  coetro  il  lor  Vviiy 
.  cìpe  f  sì  compiacevano  dì  maligDare  upra  le  di  Ini 
«noni  le  i^à  eroiche  ^  non  è  inveriiimile  cfae  ima- 
■gituuano  ancora  delle  atraTaganti  aTTentureper  a- 
•curarli  la  gloria.  La  mia  costattoa ,  e  naturate  Set- 
mesca  di  animo  non  restò  però  alterata  da  tjaeata 
•vreraiti ,  che  ansi  esae  gì'  inapìravano  oMggior  vi- 
ffore  per  ìnTÌgìlare  alla  conaervazìona  edifeaa  dello 
Stato ,  e  dei  Sadditi,  Tra  le  principali  sue  core  non 
«ra  certamente  la  miu(»«  quella  del  nuovo  «oquiito 
^  Sima,  dove  la  deaolaiione,  la  miaeria,  e  il  so- 
spetto esigevano  dispendio  >  TÌgìUnaa,  e  dolcezaa 
per  dare  riposo,  e  sollievo  ai  popoli,  afUitti  da  tant^ 
{ulamità ,  in  tempo  appunto  ohe  i  Francasi,  aven- 
do ingrossate  le  guarnigioni,  lkcev%no  temere  delia 
'violaEÌune  della  tn^ua. 

Dopo  cfae  erano  state  adempite  dal  NicooUnì  ia 
Siena  le  debite  formalità  del  possesso,  edel  giura* 
piaitodìfodeltà,e  dopo  restituito  Piombino  all'Ap- 
piano ri  pnisò  a  stabilire  i  termini  giurisdìiionali  dei 
PortiSpaguolì,eqMellidelFemi)oneirìEUw.  Volle 
il  Duca  cbei  nuovi  Sudditiprorasaerogradatam^ta 
la  soggssione,  e  oominciò  prima  da  rinnovare  l'in- 
qinsiàtme  delle  armi,  breammìnistnire  con  rigorf 
una  «satta  giostisia,  ecbnlel^^,eaaridua  vigilMi- 
n  di  governo  tenere  in  freno  i  più  aoq>etti,  alBn- 
«ho  non  alterassero  la  quiete,  elatranquillitàdeUo 
Stato*  Fece  nella Gittàrenumerationedelle anime, 
le  quali  ai  trovarono  Bscmdere  al  numero  di  diecK 
mila,  cinquecento  iwn  compresa  la  goarnigio^e,  V 


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.i6o  STOMA.  DI  TOSCANA, 

^j^  economìa  pubblica,  e  quella  dei  privati  erano  b»1 
diC  tnassima  (concerto,  e  l'uaa  e  l'altra  ncbiaouroao 
*^7te  sue  premure  par  imagioarne  l' opportuno  rime- 
dio. Operò  che. abbondauero  le  Tettovaglie  neUa 
Città  a  preazì  discreti ,  e  finalmente,  moderaodo  il 
rigore  con  la  clemenza ,  ristabilì  la  calma  in  nna^ 
-naiione  asaueiatta  già  da  due  secoli  alla  sedizione, 
«  tumulto.  Ma  non  così  avvenne  della  Kepubbllca 
di  Montalcino^  dove  già  la  discordia  ,  1'  oppressio- 
ne, e.  la  difBdenaa  unite  oon  l'estrema  miseria  oo- 
mindavano  a  stancare  quei  Gltadini,  ipoltì  dei  qua- 
li-si  d^gevano.  piuttosto  di  vivere  in  Siena  sudditi 
al  Duca,  cfaft  esaere  oppressi  in  Montalcino  sotto  l'ap* 
.parensa  di  una  ohiraerica  libertà.  Àllorciiè  li  a  di 
'Maggio.  1 555  fu  dai  fuggitivi  Senesi  eoo  atto  pi^ 
h\ico  traslecita  in  quella  Terra  la  Repubblica  di  Sie<- 
na,  e  che  in  numero  dì  dugento  quarantacinque 
Gttadini  giurarono  in  mano  dello  Strofzi  fedeltà  al 
^  di  Francia  ,  il  fanatismo,  o  il  desiderio  di  ricu- 
perare la  Patria  gli  animava  a  considerare  ì  Fran- 
cesi come  ì  loro  difensori:  l'avvedutezza  di  Pi»v 
Strozzi,  l'esteriori  apparenze  di  Sovranità  attribuite 
a  quel  Magistrato ,  e  le  pensioni  e  gli  onori ,  che  il 
Be  concesse  ad  alcuni  di  essi  gli  lusingarono  per 
molto  tempo  a  contentarsi  di  quella  situauone,ea 
dispFezsare  gì' invita  delli  Spagnoli,  e  poidelUtuca 
Goagmoi,  per  ritornare  a  vivere  in  Patria  tranquit 
lamente.  A  tutto  ciòsuccesseìnseuaibilmeatelapO' 
verta,  la  miseria,  l'oppressione,  e  l'abbandonanteoto. 
La  Ma.narchìa  dì  Franpia  diretta  da  due  partiti,  cine 
di  ooptiniio  erano  in  contradilione  fra  loro  ,  trovò 
difficile  e  pericoloso,  il  rÌDDovarerimpresa  di  Tosca- 
jia,  reputò  il  possesso  di  quelle  Piazze  come  un  ca- 
jiitj^l^  da  inMenilìzaarla  delle  apese  fatte  iu.^lU 


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LIB.  n.  GAP;  VII.  i8i 

'  gbnrà,  e  non  avendo  più  bisogo  del  favore  dei  Po-  ^^^ 
poli  per  conservarle  cominciò  a  trascurarli ,  e  ab-  di  C. 
bandonarli  intieramente  alla  discrezione  dei  Mini-  "^ 
*tri.QuÌQdÌèchecolpreteaUiilispesedirorti6cazioai,  - 
e  di  stipendi  fulotta  al  Magistrato  l'amoiiDistrazLouo 
delle pubbliclie  rendite,  ascendeatiio  tuttoatreata-* 
cinquemila  Ducati  j  e  il  Magistrato  raedesìmo  fu' co* 
mandalo  dalRe  dì  trasferirli  da  Montalcino  aGrosse* 
to ,  dove  si  sperava ,  o  farli  insensibilmente  obliare 
ogni  ideadilibertjk  »  ovvero,  che  obbligandogli  l'ìu- 
salubrità  di  quell*  aere  a  dileguarsi ,  restasse  totali 
mente  disciulto  quel  Corpo  di  Magistratura.  Crodo- 
rono  quegl' infelici  d'impegnare  maggiorwente  a 
loro  favóre  i  riguardi  del  Re  col  soggettarsi  libera-' 
mente  al  suo  a&solutodominioj  ma  ciò  non  fece  cbe 
rendere  piìi  pesante  aopra  di  loro  l'aatorìtidi  Muqt 
lue.  Nel  passaggio  del  Duca  di  Guisa  avendo  egli 
aommìnistrato  delle  vettovoglìe  al  Campo  Fraoce- 
te,  ciò  produsse  in  quelle  Terre  tal  pefiurìa  di  vi-< 
veri,  che  fu  foraa  estrarre  dai  privati  il  grano  ne- 
cessario al  sostentamento  delle  miUzie.  Fu  poi  da 
Monluc  pubblicata  una  legge,  in  cui  si  ordinava  che 
chiunque  non  avesse  da  vivere  per  otto  mesi,  nel 
termine  di  un  mese  si  ritirasse  da  quel  Dominio  ;  si 
fecero  perciò  le  perquisizioni  ai  F^rticotarì ,  e  il  di 
più  gli  era  tolto,  e  posto  ^ei  magazzini  del  Re,  Cosi 
duro  trattamento  fu  cansa  che  molti  già  ritornava- 
no a  Siena,  dove  il  Bucae  il  sqo  LuugorTenente 
pon  mancavano  di  riceverli  con  umanità,  e  con  dol- 
cezza; altri  costretti  dalla  necessità  e  dalla  dispe- 
razione andaiioqo  vagando  per  l'Italia,  e  quelli  che 
quivi  rìmasem  infestavano  le  frontiere  con  ladro- 
neggi ,  e  con  prede  ;  i  soldati  non  essendo  pagati 
ffercitavano  aopra  gli  abitanti  altrettante  rapine, 
T.  Il  M 


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f Ss  STORIA  DI  TOSGiKi 

.  „        In  CQSt  compauìonevole  stato  lascia  Mooloo  ì^ 
4l  4  Repubblica  di  H^uQtalciao  per  ritornarsene  in  Fraq- 
l^^da,  dove  erq  richiamato  dal  Re.  DoR  Fraacesco  d' 
Este  fratello  del  JEtuca  di  Ferrara  gli  fu  destinata 
per  succe«9o|'e>  ma  la  si^  presenza  sarebibe  stat^ 
inutile  e  pericolasti  sensa  iin  valìdq  soccorv)  di  da- 
nari e  di  Teltoraglie;  l'qno  e  Vb!^!^  gemere  mai^- 
cara  totalmente  ai  Francesi,  e  il  Re,  piuttosto  cha 
dispendia^i  per  conserrare  quelle  Piaz^,  avea  bi- 
aognq  di  rilrarne  profitto  per  ceqtinuare  la  giierr* 
pella  Pìccardìa*  Furoqo  perciò  esibite  in  veqdita  a^ 
Puca  dì  Fwrara  ^  ed  egli  )e  arrel>l^  accettate  'm 
eompensttziooe  del  credito  di  cinqueceotomila  dq- 
tati,  the  aveya  cQn  qqelU  Gorona,con  aqiiqo  dì  ri- 
Tenderle  a  Cosimo  ;  ma ,  siccome  t'ofierta  di  essa 
^on  oltrepassara  i  trecei^tq  cinquantamila  «cudi,  il 
Ite  e  r  Estense  non  ai  accomodarono  a  questa  mef* 
catura.  Gopsiderd  bensì  il  Duca  Cosimo  ess^  quo- 
Sta  r occasione  la  più  propìzia  per  popquistarle^e, 
rammentando  al  B^  Filippo  l' obbligapope  contrat- 
ta nella  cessone  di  Sieqa ,  lo  ioatigaya  all'  adempi- 
mento della  medesima  »  dimostrando  cbe^  sommii 
nistrandoli  Sua  MaestJ)  qnattroinila  lànti ,  fra  i  qua- 
li vi  fossero  mille  Spagnoli  e  diiemila  Tedeschi  coq 
quattrocento  cavalli,  in  tre  ntesi  s'impanava  d^ 
«cacciare  dal  Senese  ì  Francesi  ;  c^ie  qpesta   mossq 
era  necessario  farta  avapti  il  raccolto  per  potei^lie- 
lo  disturbare,  e  avanti  T  arrivo  della  Flou*  Tnr- 
phesca  ,  per  togliere  alla  medesima  ogni  comodo  dj 
espugnare  Piombino,  o  Porto^f)rcole  ;  e  finatmenta 
cbe  conveniva  pacificarsi  col  Duca  dì  Ferrara ,  e  dar 
sodisfàzione  ai  GerafH  circa  la  ricompensa  di  PaU 
liano ,  per  non  avere  in  Italia  altri  ostacoli  per  Vun-! 
presa.  Filippo  IÌ.  lutto  intento  a  prevenire  i  {raa* 


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LIB.  n  CAp.  VII.  iftS 

di  apparati  dei  Francesi  riguardava  con  ìpdolenza^^^ 
le  cose  d'Italiane  tenendo  incautamente  sprovvisti  di  C. 
ì  suoi  Stati  di  fijrie  ,  di  danato ,  e  di  Generali ,  gli  '^^ 
laaciava  esposti  ad  ogni  sorpresa  ;  d'ipreizavai  gli 
slòrei  del  Duca  di  Ferrara ,  ma  il  Farnese  non  ave* 
va-denari  né  vettuTaglie  da  continuarli  la  guerra; 
differiva  l'adempimento  del  trattato  di  Cavi ,  per* 
che  sperava  che  b  morte  del  Papa>  o  qualche  air- 
tro  accidente  avrebbero  astretto  i  Garafiì  a  rimetn 
tersi  alla  sua  discrezione.  I  Francesi  all'  oppo* 
•to  ,  non  potendosi  persuadere  che  un  Papa  di  tao* 
ta  ambizione ,  e  tanto  nemico  delli  Spagnoli  si  po> 
tesse  restare  neutrale ,  non  mancavano  di  tcntam 
con  i  più  f(^i  impulsi  di  sovvertirlo  a  dicbiarani 
)iuovamente  contro  Filippo,  Paolo  IV.  non  rigeb- 
tava  le  loro  [^niposizioni ,  ma  ^  siccome  attendeva 
l'esito  delle  pratiche  di  Caraffa  per  la  ricompènsa 
dì  Palliano  j  aspettava  a  determinarsi  per  il  mag* 
giore  offerente.  [1  puca  Cosimo  osservava  esatta* 
mente  la  consueta  neutralità  con  i  Francesi,  pra- 
ticandosi da  ambe  le  partì  molte  oflicìosità  ;  coq 
i  presidj  Spagnoli  non  vi  era  riguardo,  e  i  Francesi 
di  Grosseto }  unitisi  con  quelli  di  Talamoae ,  tai- 
taroDO  una  notte  di  dare  la  scalata  a  Orbetello.  Sì 
sapeva  che  i  Turchi  allestivano  una  Flotta  di  cen^ 
toventi  Galere^  si  scoprirono  delle  mtelligenze  per 
«orprendei>e  Genova  ,  e  Portoferrajo ,  e  T  incertezza 
in  cui  si  trovava  V  Italia  divideva  gli  animi  fra  la 
speranza  e  il  timore.  Uno  strepitoso  avvenimento, 
siccome  rinvigorì  l'abbattuto  coraggio  del  partita 
FrancMe^  cosi  pose  in  necessiti  gli  Spagnoli  di  prov* 
vedere  con  pii  Circospezione  alla  loro  diièss .  Il 
Poca  di  Guisa  appena  ritornato  in  Francia  con  l'e- 
•ircita  f  che  l' nliimo  aforwi  di  queHa  Monarchia 


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ia4  STOBU  DI  TOSC&Rl 

xj,  potè  riunire,  ìmagÌDÒ  di  teotare  qualche  irafffvM^ 
ili  C'  che  tratteoésse  il  nemico  alle  frontiere ,  e  l' obbUv 
'^^gassea  retrocedere  con  qualche  svantaggio.  La  piafr* 
sa  di  Galea,  posseduta  per  due  secoli  dalla  Goroo« 
d' Inghilterra  1  e  creduta  finora  ioespugiiabile,  era 
guardata  da  poche  Truppe  ,  e  male  agguerrite  :  ed 
lusingò  il  Duca  di  Guisa  dì  poterla  sorprendere  ,  e 
risolvè  d' impiegarvi  tutto  il  coraggio  della  naziono 
per  tentarne  rìtnpresa  :  la  sagacità  dello  Strozzi  fa 
adoperata  per  esplorurae  le  furtificaxioni.,  e  deter- 
minarne l'attacco  ;  finalmente  fu  espugnata  la  Pial- 
la, e  la  felicità  dell'impresa,  e  l'importansa  dell' 
acquisto  restaurarono  la  perdita ,  e  T  avvilimento 
della  battaglia  di  San  Quintino.  In  Italia  i  partitantt 
Francesi  festeggiarono  con  gran  giubilo  cos'i  felica 
successo ,  e  si  accinsero  con  maggiore  impano  per 
espugnare  la  neutralità  del  Pontefice ,  e  tentar  nor 
vamente  l'animo  del  Puc9  C^mo  per  ritnoverlo 
dagl'  interessi  del  Re  Filippo. 

Con  tali  vedute  Don  Francesco  d' Este  in  Roma , 
rimostrando  al  Duca  di  Palliano  il  miilanimo  del 
Bc  Filippo  verso  di  esso ,  lo  esortaya  ad  accettare 
dal  Re  di  Francia  le  Piazze  della  R«puU>lica  di 
Montalcinq  ,  e  gettarsi  dichiaratamente  alla  deT<K 
fione  dì  quella  Corona.  Ma  rifletteva  il  Carafila  ea- 
«er  necessario  che  con  le  Piazze  il  Re  gU  desse  il 
inodo  di  conservarle  dopo  la  morte  del  Papa ,  e  Don 
Francesco  prometteva  che,  riassumendosi  il  trattato 
di  lega  con  Sua  Santità  ,  ^  sajebbe  nuovamente  in^ 
trapre^a  la  conquista  di  Sienq,  Mancavano  al  Pap* 
forse ,  e  ttapari,  e  aperanva  di  lunga  Tita  ,  e  l'inir 
pegqarsi  in  nuova  guerra  poteva  fàcilmente  appor- 
tare pili  danno  che  utile  alla  sua  Famiglia-  Dcm 
Frwce^cQ  pertanto ,  dopo  aver  r^ccpljo  quelle  fioah 


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tìi.  ti.  Ci*,  vii.  i6Ì     ^_. 

Uè  iìre  poterono  sommiDiatrare  ì  Mìilistri  del  Re  ^^^' 
per  pagare  le  truppe ,  passò  a  Hontalcino  a  eaefci-di  d 
tare  il  sDOCarico;  quivi  gibnto  inviò  al  Duca  un  aao^ 
Confidente  ;  per  farli  molte  proleste  di  amorerolez* 
za  j  e  di  desiderio  di  ben    vicinate ,  ofierendoaì  di 
divenire  a  un  trattato  formale  di  sospensione  ,  adi 
tregua  ,  per  riparare  ai  passati  daDdeggiameoti ,  é 
impedirne  dei  nuovi-  Rinnovò  le  ofTerVe  j  altre  voK 
te  fatte  dalla  G<*te  di  Francia ,  di  maritare  alPrin* 
cipe  Francesco  una  Bglia  del  Re  Enrico ,  offerendo 
in  dote  quelle  Piazze ,  e  V  alleanza  ,  e  la  protezione 
fli  Sua  Maestà  per  la  GaSa  Medici^  Accettò  il  Duca 
l'apparente  buon  animo  quanto  al  trattate  di  tre- 
gua ,  e  al  fissare  i  termini  giurisdisionali  dei  dutf 
domÌn)4  e,  non  estendo  tempo  opportuno  di  trat^ 
tar  matrimòni ,  mentre  infieriva  la  guerra ,  né  dif- 
ferì la  pratica  in  circostante  più  liete.  Qufeste  incesa 
santi  |ri«mure  dei  Francesi  per  avvantaggiarsi,  ilo' 
ro  preparativi^  e  le  macchinazioni)  che  ordivano 
per  agire  gagliardamente  all'  arrivo 'dellaFlotta  Tur-> 
chcsca  mossero  il  Duca  a  Spronare  il  Re  Filippo  fl 
qualche  risoluzionei  Rimostrò  che  la  guerra  di  Fer- 
rara poco  ùtile  )  e  gloriosa  a  Sua  Maestà  gli  occU'> 
pava  le  migliori  Jorze  dltalia ,  le  quali  con  più  r&n^ 
taggio ,  e  decoro  ai  sarebbero  impiegate  nella  recu^ 
perazione  delle  Piazze  Senesi  { che  dando  sodis&zio^ 
neaiCarafB  nella  permuta  di  Palliano  non  era  dif- 
ficile  che  il  Papa  )  inquieto  di  natura ,  attirato  dall* 
interesse  ^  e  dall'  ambizione  sì  dichiarasse  contro  1 
Francesi:  che  l'Italia  essendo  minacciata  dell' e^ 
sterminio  dalla  Flotta  Turchesca  era  necessario  ri-' 
chiamarvi  le  forze  ,efortificarevaIidamente  Porto* 
Ercole ,  e  guarnire  con  molta  truppa  Piombino } 
poiché  i  Francesi  prendevano  priacipalmén  te  di  mi' 


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_^      1^6  STORIA  ti  tOSCA**. 

^„,  ra  queste  due  Piazze.  Cosi  giuste  rìflesaioni  j  foitifl'* 
AiCciite  dal  consiglio  autorevole  del  Duca  d'Àlva^aco»- 
'^^sero  il  Re  Filippo  ,  é  lo  deterniinarouo  a  pn)VTe-> 
dere  opportunamente  secondo  le  circostanze.  Inca- 
ricò pertaoto  il  Duca  delh  furtificazione  di  Portai 
Ercole ,  e  li  rimesse  una  som  ma  per  qtlesto  effettoj 
Fu  essa  diretta  da  Chiappino  Vitelli ,  che  fece  insl-^ 
Bare  il  Forte  di  Monte  Filippo  j  ed  estuila  da  GUh 
Tanni  Camerini  Architetto  del  Duca.  Volle  ancorai 
il  Re  che  si  trattasse  la  pace  col  Duca  di  Ferrara,  in- 
viando a  Cosimo  le  opportune  facoltà  per  deter- 
minarne le  Condizioni^  e  procurò  che  si  riducessero 
ai  luoghi  forti  vicino  al  mare  le  Truppe ,  che  prt^ 
odiavano  l' interno  della  Provincia.  Il  Duca  d'  Àl- 
Ta  a\^do  renunuato  il  Governoe  it  Geoerjllato  d' 
Italia^  ed  essendo  già  ritornato  alla  Corte^  gli  a&ii 
di  Milano  e  di  Napoli  erano  diretti  interìnamente  di 
ministri  d'inferiore  esperienza  ;  perquesta  causa  il 
Ile  Filippo  Confidava  a  Cosimo  i  suoi  principali  in- 
teressi d'Italia  i  considerandolo  non  solo  come  il  più 
fedele  alleato ,  ma  ancora  il  più  avveduto  ed  esper- 
to nel  conoscere  gli  animi,  e  le  inclinazioni  degl' 
Italiani;  promettendosi  assai  della  sua  vigilanza  iu' 
dirizzò  ai  Comandanti  di  Orbetello  ,  Porto^Ercole  4 
e  Piombino  lettere  patenti,.afliuchè  eseguissero  gli 
ordini  di  Cosimo  come  i  suoi  proprp 
.  Il  Duca  di  Ferrara,  animato  dal  successo  di  Gt* 
les  a  proseguire  la  guerra  contro  il  Farnese  avea  con 
tigni  sforzo  accresciuto  il  suo  esercito,  e  recuperato 
alcune  delle  sue  Terre.  In  tali  circostanM,  reputatt* 
do  Cosimo  pili  difficile  il  tirarlo  a  lin  trattato  onore* 
Vole  per  il  Re^  giudicò  espediente  di  spaventarlo  eoa 
l'apparato  di  nuovi  armamenti,  e  provviste  di  vet- 
tovaglie; B  tale  oggetto  rinforzò  il  Farnese  di  danari 


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LÌB.  ÌÌ.  tAJP.  VÌt.  18)     ^_ 

tt  Ài  trtippte,  e,  pros^ueado  la  pratica,  clie  fiiio  dal-  j^^ 
ranno  antecedente  teneva  «egretamente  aperta  coacli& 
i'EIstebse,  Io  ridusse  al  ptkhUi  di  domandare  eoa '^'^ 
ianaggiure  efficacia  b  pace.  Ercole  II.  Duca  di  Fer- 
rara era  uu  Principe  totalmente  addetto  per  incli- 
'aatiane,  e  per  intereàse  alla  Corona  di  Francia.  Be^ 
nata  di  fYabcìa  sua  moglie,  'e  ì  Guisi  suoi  partenti  mol- 
to favoriti  alla  Corte  lo  aveailo  nlanteuilto  in  tjaé^ 
ilto  proposi tD>  e  la  Corona  area  ricevuto  da  esso  dei 
rilevanti  servizj.  Per  la  guerra  di  Siena  iropreatd 
ai  Francesi  trecento  cinquantamila  Ducati^  ed  aven- 
do somministrato  altre  somme  in  vatie  occasioni  si 
trovava  creditore  del  Re  di  più  di  seicentoaiila  Du- 
cati. Puasédeva  ancora  in  Francia  diverse  Terre,  è 
it  Cardinale  stio  ft^tello  era  arricchito  dai  beni  Ec- 
tlesiaatici  di  quel  R^no>  Carlo  V.  e  Filippo  II.,  ben- 
ché informati  del  di  lui  animo,  lo  aveatio  riguardato 
sempfe  con  periùaliti,  affinchè  non  gli  si dithiara»^ 
te  apertamente  nemicoj  ma  avendolo  il  Duca  di  Gui- 
«a  incautamente  impegnato  in  questa  guerra,  e  tro- 
vandosi abbandonato  dai  Francesi,  e  dal  Papa  pen^ 
kò  alla  sua  sicureua;  riflettendo  che  ormai  dopo  tanti 
inutili  sforzi  gl'interessi  d&i  Francesi  non  potevano 
ristabilirsi  in  Italia^  pudico  espediente  di  fare  un 
trattato,  in  ckii  restasse  assicurato  dalle  forze  del  Re 
Fili|^  senta  offendere  direttamente  ì  Francesi  j 
dai  quali  sperava  di  potere  una  volta  retuperar^ 
ì  suoi  crediti:  ctvdè  che  una  figlia  di  Cosimo  fnarì- 
tàia  al  silo  [dimogetiito  potesse  essere  il  più  certo 
pegno  ddla  re£oncilÌatione  del  Rè  di  Spagna,  é  di 
Combiuart  in  tal  guisa  l'interesse  e  la  sicurezza.  Sii 
ijtiesto  piano  di  politica  fondò  le  proposizioni  per  il 
trattato,  ed  essendo  morta  Donna  Maria  primoge^ 
4iita  di  Cosimo  si  contentò  làcilmeate  di  Donna  Liis 


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__  i88  STORU  DI  TOSCiKfc 

^,  crezia,  benché  inferiore  di  vaghezza,  e  di  aqietio* 
di  CGbnobbe  facilmente  Cosimo  le  vedute  deU^Estense, 
'  oè  diiapprovava  nel  suo  interno  il  giusto  merita 
delle  proposizioni,  ma  era  necessario  provvedere  aL 
decoro,  che  esigeva  Jl  Re  in  questo  trattato,  voleo-- 
do  che  si  depositasse  Bersello,  e  che  l' Estense  nom 
•i  restasse  neutrale,  ma  si  vincolasse  alla  Honarcbìa 
di  Spagna  in  forma  da  esserli  utile  senza  .polerU 
Buoca«.  La  difficoltà  di  conciliare  wntìmenli  cosi 
diversi  non  ritirò  GosiraO  djU'impresaj  che  anzi,  as-. 
«uniendola  con  maggiore  impegno  gli  rese  più  faci- 
le l'esecuzione;  poiché,  occultando  sempre  la  facoltà 
e  commissione  datali  dal  Re  Filippo,  intraprese  a 
trattare  in  nome  proprio,  e  con  la  sola  speranza  che 
il  Re  ne  avrebbe  approvato  le  condizioni  quando 
fossero  state  ragionevoli,  e  convenienti  alla  sua  di- 
gnità. Fu  perciò  necessario  discutere  lungo  tempo  le 
proposizioni  dell'Estense  ,  e  convincerlo  che  ae  il 
Papa  nel  trattato  di  Cavi  lo  avea  sacrificato  senza 
veruno  interesse  alle  vendette  del  Re  Filippo,  mol- 
to pili  lo  avrebbero  fatto  i  Francesi  in  un  trattato 
'g'eiierale,  quando  lo  avesse  richiesto  il  loro  vantag- 
gio; che  l'oggetto  pincipale  di  questa  conveaziixie 
doveva  easeve  la  loro  particolare  alleanza  j  e  noa 
l'interesse  dei  due  Re,  i  quali,  niente  curando  di 
mettere  a  ferro  e  a  fuoco  l'Italia  ,  apprezzavano  ì 
Friacipi  Italiani  tanto,  quanto  potevano  iàr  uso  del- 
le loro  forze,  e  dei  bro  danari  ;  che  l'unione  delle 
due  Case  Medici  e  d'Eite,  e  la  conservazione  dei  lo^ 
ro  Stati  avrebbe  stabilito  non  solo  la  cornane  loro 
sicurezza^  ma  avrebbe  posto  un  freno  all'ambizioDe 
dei  Papi,  sempre  intenti  a  ingrandire  le  loro  fami- 
gite  con  l'oppressione  delli  altri  Princìpi  dell'Italia) 
le  fòrze  di  AUkoa,  e  di  Jjapol^  non  gli  avrebbero  po^ 


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Ufi.  II.  GAP.  VII.  lèi)      _^ 

lab)  nSiacen  per  essere  ì  loro  StaU  ben  fortificati  ..j^h^ 
>  in  grado  dì  poter  ricevere  soccorsi  per  ogni  p&rte;di  C.^ 
così  imiti  avrebbero  potuto aostenere  più  facilmente  '^^ 
la  loro  libertà^  oè  essere  astretti  ad  obbedire  cieca' 
mente  al  volere  dei  Principi  CUtra  montani  ;  C<m- 
fuesti  Principi  grandi j  scriveva  Cosimo  all'Esten" 
te,  è  necessario  governarsi  in  modo  che  noi  otmsi- 
deriamo  bene  i  loro  fini,  e  ci  andiamo  ajutando  con 
tLVvertirsi  l'un  l'altro  e  opporsi  alle  loro  ingitute  mi-. 
re  infirma  che  non  ci  mova  la  passione  di  SpO' 
gnu  o  di  lancia,  ma  solo  U  bene  universale  d'I' 
talia  noatra  patria. 

•  Convinto  il  Duca  Ercole  dalle  persuafflonì  di  Co^. 
siqio  ^>edì  a  Firenze  il  Cavaliere  Alessandro  Fia* 
Khi  con. le  opportune  isirucioni  >  e  facoltà. di  con- 
venire;  e  finalmente  lì  i8  di  Marito  restò  firmato 
in  Pisa  da  Cosimo,  e  dal  Fiaschi  na  trattato  del  ae* 
guente  tenore  ■- Che  il  Duca  dì  Ferrara  renuasiando 
alla  lega  col  Re  di  Frdncìft,  sarebbe  restato  neutra- 
le) promettendo  di  niHi  offendere  il  Re  di  ^agua, 
né  i  SUOL  confederati!  che  sarebbero  tolte  le  armi , 
e  le  offese  da  ambedue  le  parli^  restituendosi  scarna 
bievolmente  le  Terre  occupate  dal  principio  delia 
guerra  nello  stesso  termine  in  cui  si  brovavanoattual- 
mentet  che  il  Re  di  Spagna  avrebbe  avuto  il  libero 
transito  dei  suoi  eserciti  per  li  Stati  di  Ferrara,  pa- 
gando le  vettovaglie  ai  prezii  correnti:  i  Francesi 
ausiliari  dell'Estense  avessero  il  passaggio  libero  per 
li  Stati  del  Re  Filippo  per  tornarsene  in  Francia: 
fira  i  Sudditi  dell'una  parte  e  dell'altra  fosse  liberà 
communicazìone^  e  commercio  senza  fiir  novità^  ni 
imporre  nuove  grevezae:  il  Duca  Ercole  promette' 
va  spedire  alla  Corte  un  Ministro  per  dare  al  Re  Fi' 
lippo  le  sqdisfazìonì  coaTMiientì  alla  dignità  del-- 


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igè  ÌTbRIA  fil  TbSCÀNi. 

Ì*^l'uho,  e  dell'altro:  il  Papa^  e  la  Repubblica  di  Ve-. 
i  G.nezia  darebbero  atati  pregati  a  ésaer  garanti  dì  qae- 
'^'^ato  trattato ,  di  cui  Guaintd  prométteTa  to  ratifica-* 
iione  in  teratìnè  di  un  nlese  --.  A  questd  eOetto  ai 
bODCordò  una  goapensione  di  arrìii  pcrqtiat'auta  gior- 
tai,  é  il  FafdeM)  e  il  Figiierda  fdtond  avf  ertiti  a  non 
IttnoT&re.  Si  appuntarono  nello  stesso  giorno  altri 
ite  articoli  segi^ti  coAseciltivi  al  trattato ,  Ilei  pri- 
tnodeiquaii  ai  stabiliva cbequalora il  Re  diFraocia 
avesse  tolto  all'Estense  i  belìi ,  che  possedeva  in 
quel  RegtiOi  e  li  avesse  denegato  la  sodisfazìone  dei 
auoi  crediti ,  allora  si  sarebbe  dichiarato  alleato  di 
Spagna.puf  che  il  ReFilippb  si  obbligasse  d'indeuniz^ 
Éarlo  di  questa  perdita»  Prometteva  inoltre  il  DucA 
di  Ferrara  di  perdonare  al  Signore  di  San  Martino 
suo  Vassallo,  e  restituirli  lo  Stato,  e  le  possessioni  ^ 
purché  il  Re  non  lo  nominasse  &a  i  suoi  cofedertf^ 
ili  Finalmente  si  obbligava  il  Duca  Ercole  che  Dod 
Alfonso  suo  primogenito  avrebbe  contratto  gli  Spon- 
■ab  con  Donna  Lucrezia  tet-sagenita  del  Duca  Cosi- 
mo ,  e  si  Coucordarano  le  coudiaioni  della  dote  ,  e 
della  efiellilaÉione  del  Matrimonio^ueeta  Princl' 
pessa  era  stata  promessa  a  Giulio  HI.  per  Fabiano 
di  Monto  suo  nipote  j  previa  perà  la  coadiatone 
che  il  Papa  gli  lasciaste  uUo  Stato  conveniente  alU 
dignità  del  parentado;  fu  egli  prevenuto  dalla  mtMr- 
te,  e  la  piccola  fortuna  della  (Msa  di  Monte,  eisen'* 
do  stata  usurpata  dalla  rapacità  dei  Garalfi  ,  e  dei 
Papa  j  Jo  aveaiio  determinato  a  firmate  questa 
Coiivenzione,  la  quale,  sebbene  in  apparenza  fi^s« 
architettata  con  molta  dignità  dell'Estense,  doodi- 
tneno  non  essendovi  Sua  Maestà  riguardata  com^ 
contraente,  la  sua  grandezza  non  restava  oscarata 
da  tale  capitolaxione.  Lo  convinse  che  gl'intereasì 


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tilt.  rt.  CAP.  vtt  i^i 

del  fiuCa  Ai  Ferrara  aon  pa-mettevano  il  dichiat^nl  j^^^ 
subilo  alleate  di  Spagna,  é  gli  fece  sperate  dì  ridop-  iì  G» 
lo  in  bteve  tempo  in  questo  proposito^  Ratificò  Fi-  ^^^ 
lippo  IL  il  trattato  di  f  iaa ,  e§igendo  solo  alcuiut 
dichiarazìotii  per  la  più  facile  esecuùoiié  .del  me^ 
desimo,  e,  deposte  le  armi  da  ambedue  le  partii  re* 
«tò  l'Italia  contenta  di  quoto  succesaok  Ilmatriino* 
Aio  ,  e  l'alleaDia  tra  queste  due  C^ss  dispiacqtiera 
<ÌDg(JarroeDte  ai  CaralB^  per  i  quali  fu  peraa  ogni 
■peranza  di  colueguiilo  per  loro  stesaii 

CAPITOLO  OTTAVO 

Morta  del  Marociallo  Stroui  tatto  ThionTillei  La  FlotU 
Turckem  mliuuccia  le  coste  delU  Toscaiui  11  Dnca  acquU 

'  ila  Gartiglione  il«IU  PéfCtt)»  e  I'ImU  del  Giglio.  Intat* 
gono  nooTB  «miete  tre  il  Ónca  e  i  Pranceai  di  MontaU 
cino.  Itatrighi  del  t)uca  di  Ferrara  per  ottebere  queliti 
t*isi(e  dal  Re  di  Francia.  Trattato  generale  di  pace  ita' 
bilito  •  Chateau  Cambresis;  difficoltà  iDcontrate  pere* 
seguirlo  nello  Stato  di  Siena,  bedizione  di  Hontalcind 

dileguato  dalle  viscere  dell'Italia  Ìl  faroredella 
guerra  gli  animi  degl'  Italiani  pendevano  incerti^ 
«spettando  l'evento  delle  Brmi>  che  ì due  Be  area'* 
no  già  preparate  alle  frontiere  di  Fiandra.  I  Fran- 
cesi dopo  r  espugtiazione  di  Gales  animati  di  nuo<' 
vo  coraggio  assediarono  Tliionville>  e  non  ostantfl 
la  piij  vigorosa  resistenaa  di  quel  presidio  la  ridus^ 
«ero  a  .capitoUret  Fu  sensibile  al  Re  Filippo  la  per* 
dita  di  questa  Piazza,  ma  però  io  gran  parte  reato 
compensata  con  la  morte  di  Piero  Strozzi,  accado* 
ta  li  31  di  Giugna  Questo  Generale  ^  essendo  aiH 
dato  a  rìcotioscere  una  trìnciera  a  piede  e  disarma'- 
•to  t  e  accompagnato  da  soli  qoatUv  dei  suoi  j  restò 
colpito  nel  petto  da  una  palla  di  arcbibuso^  che  non 


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_  i9«  9T0HU  M  TOSCiKA 

,  ^  gU  lasciò  spàzio  di  vita^  ZI  Duca  Gosimo  i^ati  ib  Ìal 
ài  C  guisa  libero  da  na  nemico  il  più  pericoloso,  e  rìce* 
tSM^g  delle  congratulauoDÌ  per  coaì  feustoarTaiìineD- 
'to.  Anche  l'Italia  guadilo  non  poco  per  la  sua 
tranquillità,  poiché  egli  era  stato  l'autore  della  guer-' 
ra  di  Parma)  di  quella  di  Siena,  e  di  quella  dei  Ga-' 
raffeschi.  L'esercizio  contiDuato  di  prevenire  le  ia-* 
sidte  del  Duca,  e  di  macchiDarne  altrettante  con* 
tra  di  esso  lo  avea.  reso  il  più  sagace  Generale  dei- 
secolo;  con  queste  qualità  sì  guadagnò  il  &vore,  a. 
la  parzialità  di  Paolo  IV., ilquaìeoltre  all'aver  da- 
to il  Cappello  al  Vescovo  dì  Bezìers  suo'  fratello  » 
nella  guerra  col  Duca  d' Àlva  deferiva  principal- 
inente  ai  di  lui  consìgli.  La  Francia  perse  un  ge- 
nerale valoroso  -,  intraprendente  >  e  ardito ,  e  il  ano 
■overcliio  ardire  fu  appunto  quello>  che  gli  acc^e* 
rò  la  morte;  gl'intrighi  di  Corte,  e  l'invìdia  dei 
Grandi  lo  aveano  reso  stanco  dì  piiì  servire  a  quella 
Corona,  e  già  avea  mosso  delle  pratiche  per  passare 
ai  servizj  del  Re  Fili[^  j  il  Montauto  avea  tentato 
di  riconciliarlo  con  Cosimo,  ma  la  mentoria  delltf 
iogiuriCj  e  l'odio  troppo  radicato  nell'aoimo  di  que» 
sto  Principe  ìmpedirona-tal  mutazione  di  partitOt 
Era  dotato  di  maniere  gentili,  e  possedeva  lelette^ 
re ,  e  l'architettura  militare  di  quel  tempo>  Se  noo 
avesse  assunlo  il  partito  di  br  rÌ8ot|;ere  una  Repul>> 
blica ,  estìnta  sotto  il  peso  di  tanta  forza ,  e  di  ser* 
Tire  la  Corona  di  Francia  in- Italia  contro  rihcli*' 
Oazione  del  Contestabile,  le  sue  imprese  avrebbero 
sortito  un  esito  più  fortunato}  e  la  sua  -  gloria  non 
sarebbe  inferiore  a  quella  delti  altri  Generali  coih 
temporanei.  L'acquisto  di  Thionville  spronò  il  Ma' 
resciallo  di  Twmes  Governatore  dì  Cales  a  secon* 
dare  il  favore  della  iortuna,  che  pareva  ormai  di' 


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LiB.  n.càp.  vm.  193 

f  hiarato  per  i  Francesi  ;  e  perciò  con  ini  esercito  di  ^j, 
quindicimila  nomÌDi  inoltratosi  nelU  Fiandra  ten-di  C, 
tò  l'acquisto  di  alcune  Piasse;  ma  raggiunto  a  Gra<*^^ 
telines  dall'esercito  Fiammingo  comandatodal  Con- 
te di  EgmoDt  restò  intieramente  disfatto^  duemila 
Francesi  rimasero  sul  Campo  di  Battaglia  ,  e  un 
maggiore  numero  dispersi ,  e  b-ucidati  per  la  cam< 
pagna  ;  e  lo  stesso  Termes  ed  altri  soggetti  di  qua- 
lità restarono  prigionieri.  Siccome  questa  TitbffJa 
delli  Spagnoli  obbligò  il  Re  Enrico  a  rinforzare  1' 
armata  del  Duca  di  Guisa  con  i  preaid]  ^  che  tene- 
Ta  sparsi  neUie  Piazze  di  suo  dom  inio ,  perciò  ai  re- 
se anche  piij  certa  per  tale  aTvenimento  la  tran- 
quillità d^ir  Italia ,  e  potè  il  Re  Filippo  provedere 
più  comodamente  alla  sicurezza,  a  al  buon  gover- 
no di  quelli  Stati.  Senza  questo  successo  l'ambi- 
zione dei  CarafG ,  e  1'  odio  di  Paolo  IV.  contro'  la 
Casa  d'  Austria  avrebbero  suscitato  nuovi  disastri  , 
poiché  ,  non  contento  il  Caraffa  delle .  propoaisioni 
fiitteli  dal  Re  Filippo  per  la  ricompensa  di  Palliano 
col  Principato  di  Rossano ,  e  dieoiraita  ducati  di 
rendita  in  R^no  si  ,OTa  partito  dalla  Corte  di  Bms- 
•elles  senza  accettarli,  e  il  Re  avea  protestato  soleu- 
neroente  di  avere  adempito  per  la  sua  [»rte  al  trat- 
tato di  Cari.  Ciò  avea  prodotto  che  nello  Stato  Ec- 
clesiasticQ  si  erano  fatti  nuovi  armamenti  di  caval- 
lerìa che  accostandosi  a  Civitareccbìa  &cevano  te- 
mere di  valersi  del  favore  dell'armata  Turcheica 
per  unirsi  eoo  i  Francesi  di  Montalcino ,  tentare 
l'impresa  di  Castro  e  anccessivaraente  quella  di  Or- 
betello,  e  Porto-Ercole.  Accresceva  questo  sospetto 
U  maltalento  dimostrato  dal  Papa  a  intuito  dei  Fran- 
cesi in  non  volere  riconoscere  il  nuovo  Imperatore 
Ferdinando  I.>  rin(iQV«ndo  W  rancide  caetrovenì^ 


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194  STORIA  DI  TOSC&RA. 

'kx  **"'  ilPapato^el'ImperQ,  agitate ae'secolibariMirlv 

^i  C.  poiché  CQi)»4erava  l'Injpero  come  uà  beoe^zio  Ec-< 

t^^clesiastico,  e  pretendeva  che  U   reQunÙa  dì  essa 

dovesse  dirigersi  secondo  le  regole  Konuqe  della 

fnateria  beqeQciaria , 

Tali  stravaganze  unite  all' avviso  deir  sttìcum* 
mento  delU  Flotta  Turchesca ,  e  di  qn  armamela 
to  di  Galere  a  Marailia  obbligavano  il  Duca  Gonmq 
«  Aare  TigilsDte  per  la  difésa  dei  PotU,  eper  ì  ma* 
pimenti ,  che  potessero  succedere  in  Moqtalcìnpj, 
dovej  introdottasi  la  discordia  fra  ì  na^onall ,  e  i 
Frapcesi  cominciaTa  a  iqaiicarelasukordinanoDej 
che  fatalmente  avrebbe  degenerato  in  una  totale  li* 
Toluùone,  Don  Francesco  d'E)ste  con  l' atto  di  aom-f 
missione  alla  mano  trattava  quei  Senesi  da  Sudditi, 
e  alterava  le  consuete  formalità  dei  Afagistrati.  Kssi 
per  affezionarselo  mqggiorniente  iwopOKra  di  el^-w 
gepto  loro  concittadino ,  ma  tra  i  veti  esBendoBeno 
ritrovato  uno  contrario  —  qon  piaccia  a  Dìqj  eacU* 
md  eglij  che  io  voglia  essere  annoverato  fra  voi, 
giacchà  vi  ft  uno  che  noq  mi  ci  vuole  ■•-.  Il  dispres* 
p>  che  uq  Francese  Gsmmissario  dei  viveri  aveva 
dimostrato  per  il  Sqpremo  Bfagistrata  della  Repub* 
bUcaj  e  l'impegno  di  Don  Francesco  qel  sostenerla 
accrcbberola  mala  sodis£i2Ìone  di  quello  Qiiìvemle, 
che  poi  produsse  ma^iorì  sconcerti;  poiché  molti  dei 
nazionali  stanchi  dell'oppressione  si  ritornavano  a 
$iena,e  i  soldati noq  pagati,  ammutinandosi,  e  de- 
negando  la  dovuta  obbedienza  ai  loro  Capi,  &ì  attmp* 
pavana  per  depredare  nel  Dominio  del  Dnca  :  Dòq 
Francesco  oqn  poteva  reprìmerli,  e  Cosimo,  inviaq* 
do  nel  Senese  la  cavalleria,  ordinò  che  senta  verqa 
rìgqardo  si  fiicessero  nel  Domìnio  Francesef  le  rap< 
pesaglie  di  cpiapto  era  vtato  depredato  fiqo  a  ^ue| 


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LiB.  II.  CAp.  vm,  195    

(anipo.  Conoscerà  egli  la  debolezza  dì  quelle  goarr^TT 
nigioni,  ridotta  ìq  stato  iiifelice  per  l'insalulvit^Jitk 
dell'aria ,  cou  pocl^  viverij  e  senzq  danari ,  dimo-  '^^ 
docbè  desideravaiio  la  guerra  per  avere  un  pretesto 
di  abbandopare  quelle  Piazze.  Era  pota  alla  Corta 
di  Francia  la  loro  situazione  ,  e  per  questa  caiisa 
appunto  il  Eie  sollecitava  il  Duca  di  Ferrara  a  prenn 
derle  in  compensazione  dei  suoi  crediti;  nofi  siccor 
me  negava  di  darle  liberamente,  «  leo^eriva  coq- 
dizionate  in  forma  che  l' E^sten^e  non  potesse  alisr 
liarlej  il  Dqca  Cosimo  si  protestò,  che  acc9ttaiidol« 
in  forma  da  non  poterle  rivendere  per  il  cuicerta* 
Xo  prezzo  di  trecento  ciuqiiantamila  Ducati ,  egli  ai 
vrebbe  fatte  vive  con  le  armi  le  r^gioqi  ceduteli  dal 
|le  Filippo.  Questa  fiacc^ez^  dei  Francesi  fu  cati* 
sa  che  pon  poteroQo  godere  dell'  appoggi^  d^i  Tur* 
chi  {KT  tentare  l' assedio  dell?  Piazze  Spagnole.  1j^ 
flotta  Tqrchesca  dopo  gì'  iiiceod) ,  9  le  devastaaio.^ 
pi  fatte  spile  coste  del  ^egnq  era  ai  primi  di  Lu- 
glio arrivata  pel  piare  di  X^scapa  e  ricoveratasi  ii^ 
Lungope  nell'flUia  mipacdava  del  suo  furore  i  pc^ 
poli 'circonvicipt  I  rìgoardevoli  apparati  di  dif^a„ 
(he  il  Duca  Cosimo  ayea  diniosti  al  Ferraio,  e  suU 
]e  marìpe  dì  Toscana ,  e  {a  mancanza  di  corriapont 
densa  (\eìlp  forze  Francesi  rimossero  il  ftissà  da( 
disegno  di  assaltare  Porto-Ercole  e  nerciò  avaoijta 
tpsi  veiso  la  Gofaica  si  voltò  all' assedio  di  Porto^ 
Maone  in  Minprca;  quivi  i  Turchi)  bBOch^  prep- 
desserQ  d'assalila  Pia^fa ,  furopo  popdimenQ 
IMStrett;  ad  abbandonarla  cop  perdita  ;  unttiai  poi 
con  la  Flotta  Francese  ji  ToluQ9  «  6  non  avenda 
Potuto  efietttiare  l'Assedio  di  £fizsa  ,  il  Bassa  mal 
PQdisJàtto  d^i  Francesi,  passando  paci^canteqte  % 


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ìg»  STOMA  DI  TOSCAJfA 

^  Titta  di  Genova ,  alla  metà  di  Agosto  se  ne  UmSr  « 
jiC.GostantÌDopoli.  Questa  formidabile  spedizione  di 
'■^centorenti  Galere  dopo  avere  sparso  la  desolazione 
fl  il  terrore  nel  Regno ,  e  tenute  in  gran  timore  tot* 
tele  Potenze  d'Italia  si  tornò  assai  indebolita  inL(^ 
'  Tante  ;  poiché ,  oltre  ad  aver  perduto  circa  mille 
uomini  in  Minorca,  le  infermità  gli  distriisaero  gran 
parte  dell'  Equipaggio ,  e  i  Francesi  non  ^veano  pcK 
tato  provvederla  di  viveri ,  e  dì  munizioni  secon- 
do il  bisogno  ,  e  perciò  nel  ritorno  lu  costretta  a  ri- 
mOTchiarsi  dietro  venti  Galere.  Dileguata  così  or> 
ribile  tempesta  la  letizia  successe  in  luogo  della 
spavento.  Il  Duca  Cosimo  fest^giava  le  nozze  dì 
iWina  Lucreaia ,  e  procurava  di  guadagnarsi  l'amo- 
re f  la  confidenza  del  Genero!  Quel  giovine  Prin« 
-cipe  avea  fatto  ammirare  la  sua  saviezza  ,  e  conce- 
pire al  Duca  le  migliori  speranze  di  questa  aliean- 
-za;  la  tenera  età  di  Donna  Lucrezia  esigeva  una  di* 
-lazione  alla  effettuazione  del  Matrimonio,  e  il  Friiw 
cipe  sposo  si  determinò  di  portarsi  alla  G)rte  di 
Francia  con  animo  di  ritornare  dopo  qualche  mess 
per  condurre  la  Sposa  a  Ferrara;  ravarizia^  e  le  in> 
discretezze  di  suo  Padre  gli  facevano  desiderare  di 
starne  assente^  e  gl'impegni  contratti  col  Re  obbK- 
'  gavano  il  suo  onore  di  ritornare  a  Parigi  ;  sì  lusin-» 
gava  ancora  con  la  sua  presenza  di  attenere  dal  Ho 
'  !a  sodisfazione  dei  suoi  crediti^  o  la  concessione  li- 
bera delle  Piazze  Senesi. 

'  Della  felidtà,  che  pn-geva  questa  calma,  e  la  de- 
bolezza dei  Francesi  in  Italia  pensò  di  jx^fitUre  il 
Duca  di  Sessa  nuovo  Gommatore  di  Milano,  e  per- 
ciò dopo  la  metà  di  Agosto,  essendosi  messo  in  cara- 
.-  pagna ,  recuperò  alcune  Terre  che  erano  in  loro  pth 
t^re,  e  altre,  che  eraqo  come  bloccate,. le  reae  li- 


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LIR  II.  CAP.  Vin,  197 

|»ere.  Auche  il  Duca  Cusimo  uon  trascurò  di  avvao-  . 
taggiarai  ocUo  Stato  di  Siena^  poiché  ,  cessata  il  ti- di  C. 
more  dei  Turchi ,  dovendosi  tragittare  in  Loaibar-  '^^^ 
dia  le  milizie  Spagnole,  die  erano  alla  difesit  del 
B^nu  di  Napoli,  avea  il  puca  concertato  col  R9 
che  posando  alle  marine  di  Siena  tentassero  di  es-' 
pugnare  Grosseto  j  e  togliessero  ai  Fraoceai  CastiT 
glione  della  Pescaia  ,  e  il  Furto  di  Talaiqone,  Ave- 
va a  tal  effetto  riunito  delie  genti  pelle  Piaz^  Spa- 
gnole e  spedito  a  Piombino  Chiappino  Vitelli  peF 
sollecitare  il  Comandante  all'impresa,  e  assister!? 
col  consiglio,  e  con  l'opefa.  Fu  occupato  Jalamo- 
ne,  e  Castiglione  senza  (:optrasto;  ma  non  si  pot^ 
indurre  lo  Spagnolo  a  tentare  Grosseto,  che  anzi  la- 
sciata la  guarnigione  in  quelle  due  Terre,  prosegui 
il  8140  viaggio  par  la  Lombardia.  Dolse  gravem^Dt? 
al  Duca  che  si  perdesse  co»  bella  occasione  di  an^ 
I^Stiare  i  Francesi ,  ma  noadimeqo  pensò  a  pro^tr 
tare  del  latto.  La  Terra  di  GastigtioMe,  e  ITso^a  del 
Giglio,  distaccate  intierantentedaldoipiniadiSier 
na ,  appartenevafiQ  in  piena  e  libera  Siovraniti  a) 
Duca  d'Amalfi  di  casa  Piccolpmìpi.  Altre  volte  Co- 
simo era  stato  in  trattato  di  acqpistare  questi  luogl\t 
per  compra  j  e  la  circostanza  di  essere  stati  occu- 
pati dalli  Spagnoli  ne  sollecitò  reffettuaj!Ì9n.e.  Rq- 
4tò  dunque  Talaraone  sotto  il  dominia  delire  a  fot- 
ma  del  trattato  della  cessione  di  Siena  ,  e  il  Duca 
introdusse  in  Castiglioite  ^  e  nel  Gìglio  le  proprie 
milizie.  Quella  Terra  essendo  es^ai  (;omoda  alti  sta- 
bilimenti Francesi ,  e  particolarmente  a  Grqs^tp 
per  il  trasporto  e  intrttdt)zione  dei  grani  ;  qi^eslo  suc- 
cesso gli  pqse  in  costernaiùone,  9  riflettendo  alla 
propria  debolezza  gli  fece  temere  dì  esaere  astrettì 
H  doyer  prestq  {ibb^ijdqnv  ^H^lf^  Piazze  ;  ciò  feco 
T.II.  I, 


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I^a  STORIA.  DI  TOSCAJtJ^ 

.  ^  risolver  Boti  Francesco  d'Ente  a  variar  conte^oa  co\ 

^i  CDuca,  e  offerirli  di  devenire  a  un  formale  trattata 

'f^^'^di  tregua,  e  alla  solenne  appovzioEte  dei  terDqim  giù- 

risdizionali ,  lusìogaqdosi  di  temporeggiare  j  e  trat-. 

(enerlo  dall'iptraprendere  dichiaratao^eate  la  gqer- 

ra;  si  dojse  perà  col  Duc^,  perchè  abusando  della 

buona  fède,  cou  cui  lo  trattavano  i  Francesi,  avesr 

se  segretaineiite  soccorso  gli  Spagnoli»  e  poi  coin- 

{)rato  Castiglione^  mentre  era  ìi\  loro  potere  per  va- 
ersepe  ip  pregiudico  deUe  Piazze  del  (le  di  Frai^- 
eia.  Dimostrò  Cosinjo  che  i^  trattato  di  Siena  lo  as- 
^ingeva  a  soccorrere  il  9^9  di  Spagna ,  cl^e  Castir 
glioue  era  comprato  dal  vero  proprietano,|  e  che 
qualora  fosse  molestato  eri^  p^nto  a  difeóderio;  e 
finalmenitè  ader^  a  concordare  ana  tregua  da  ratir 
Scarsi  dal  ^e,  qon  reputando  l'autorità  di  up  Luogo-: 
Tenente  bastantemente  sicura  per  l' effettuazione 
della  medesima.  Promesse  Don  Frapcesco  dì  bei^ 
vicinare  ancona  con  Castiglione^  e  si  elessero  da  am- 
Ifte  le  parti  Giureconsulti ,  afl^c^è ,  schiariti  i  (fub-'. 
b) ,  e  concertate  le  condizioni ,  sì  deveniaqe  alla  stir 
pulazione  della  tregua.  Si  tennero  perciò  dei  con- 
gressi,  si  feceitf  delle  scritture  ^  e  delli  alti  sens;^ 
mai  persuadersi,  e  finalmente,  avendo  ciaschedt^ 
~na  delle  parti  pnitestato  contro  dell'  altra ,  sì  scioU 
se'  il  congresso ,  e  la  pratica.  Cosiamo  e  Doin  FrtiD-i 
Cesco  teudevano  a  iptrattenersi  scambievolmeole 
per  vedere  l'esito  della  malattia  del  Papa,  edei 
disegni  di  esso  contro  il  (te  Filippo.  \Jn  accidente 
di  epilessìa  avea  minacciato  la  vita  di  Paolo  lY-  , 
e  fatto  sperare  all'  Italia  il  fine  di  un  così  turbolen- 
to Pontificato ,  ma  risorgendo  da  questo  colpo  ai 
stette  qualche  settimana  frenetico  ^  e  quando  i  Ca- 
raifi  aveano  giit  dato  il  sacco ,  e  i  Cardinali  corre- 


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LIB.  II.  C\P.  Vlir.  199 

vano  a  Roma  da  tulle  le  parli  a  disegnare  un  uuo-  . 
TO  Poutefìce ,  il  Papa  and<ì  in  lrÌuBft>  per  la  GtU  dì  G* 
a  mostrarsi  viro,  e  fece  pompa  di  suu  salute^  pas-'^^ 
seggìando  nella  Chiesa  di  San  Pietro  in  cospetto  del 
pubblico.  Riprese  perciò  gli  a^rì ,  ma  Luttaria  re- 
stava pendente  la  determioasiona  della  ricompen- 
sa di  Palliano,  e  questa  ambiguità  teneva  semprs 
sospesi  verso  di  esso  gli  animi  dei  Francesi  e  delti 
Spagnoli.  Il  Duca  Cosimo  era  ormai  in  manifesta 
diffidenza  dei  CaratH,!  quali  attribuivano  ai  di  lui 
consigli  la  renitenza  dimostrata  dal  Re  Filippo  di' 
accordarli  il  Ducato  di  Bari;  né  maucavanodì mo- 
strarne tutto  il  risentimento  j  perseguitando  dichia- 
ratamente gli  affari  del  Duca  a  quella  Corte ,  e  de< 
negando  al  suo  Ambasciatore  T  accesso  al  Pontefi- 
ce. In  tali  ondeggiamenti  il  Re  Filippo  inviò  a  Ro- 
ma con  carattere  d'  Ambasciatore  Don  Giovt^nni  di 
Fign^oa ,  bene  istruito  delle  sue  intenzioni  circa' 
il  presente  e  futuro  Pontificato  ,  incaricandolo  di 
Concertare  le  sue  operazioni  col  Duca  Coaìnio^'e 
valersi  dei  suoi  coosigli.  L'arrivo  di  questo  Mini- 
rtro,  siccome  scomponeva' i  disegni  dei  Caraf&>  e 
quelli  d>  alcuni  Cardinali,  che  con  l' intrigo  si  pre- 
paravano la  via  al  Papato,  fi^preveuuto  con  un  at-  - 
lo  conforme  al  carattere  di  Paolo  IV.  Gli  si  proibì 
l'ingresso  in  Roma , dichiarandolo  eretico,  perchè  , 
essendo  al  governo  di  Milano  j  avea  fatto  carcerare 
nnCursore  di  Roma  »  che  portava  delle  citazioni . 
Cod  strano  accidente  avreUie  prodotto  nuove  tur- 
bolenze in  Italia ,  se  il  Re  Filippo  ,  distratto  da  - 
maggiori  interessi ,  non  aveste  reputato  più  utile  al 
bene  comune  il  dissimulare  fino  alla  mortedel  Papa. 
Dopo  la  battaglia  di  .Gravelines  l'esercito  del  Du- 
c«.di  Guisa  composto  dì  quarantamila  uomini  era 


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20»  STORIA.  DI  TOSCANA 

"^  r  UDÌca  diresa  ^  che  la  Fraocia  potesse  opporle  aUq 
^jCaroù  gragnole.  Il  Goate  di  Egmoat  si  era  unito  col 
4^Ituca  di  Savoia  ;  e  questi  d4e  corpi  Ibrmavauo  uà 
esercito  aupecioce  di  numero  a  quello  dei  France- 
si. Poche  l^he  separavano  gli  accaiqpamenti  dei 
due  eserciti  nemici,  e  ì  due  Be  erano  iuterveouti 
personalmente,  ciascuno  alla  testa  delle  sue  milir* 
aie.  Una  sola  battaglia  poteva  decidere  dell'  intie- 
ra sorte  dell'  uno ,  o  dell'altro,  ma  aU'  uno  ,  e  ali* 
altra  mancava  il  coraggia  di  avventurare  il  loro  de-. 
stino. a  una  sola  giornata:  V inazione  faceva  cono-, 
ecere  ai  Francesi  con  più  maturità  le  loró  perdio 
te ,  la  fiacchezjEa  uoìversale  del  Regno,  e  il  fermen-t 
to ,  che  le  nuove  opinioni  di  religione  risvegliava- 
no nei  popoli;  al  He  Filippo  mancava  il  danaro,  le 
proviucie  oppresse  esclamavano ,  ed  egli  anelava  h 
godersi  con  quiete  i  suoi  Regni  :  l' Inghilterra  avea 
intrapreso  la  guerra  contro  l'iuclinatione  della  na- 
sione,  e  la  perditadìCales  avea  accresciuta  la  ma-, 
la  conteotezsa  dei  Grandi ,,  e  del  Popolo.  Final- 
mente la  necessità  avea  ridotto,  questi  Monarchi  al 
punto  di  pacificarsi ,  e  i  Francesi  furono  i  primi  ad 
aprime  la  pratica.  11  Maresciallo  di  S,  Andrea  ne  fe- 
ce le  propQsi^oni  al  Principe  di  Oranges^ abboccan- 
dosi con  esso  in]iin  villaggio  tra  Cambray  e  !&pau- 
me  ;  questo  abttoccamento  ne  produsse  un  altro  tra 
il  Bfaresciallo  e  il  Contestabile  ^  gid  prigioniero  del 
Ite  Filippo,  e  analmente  ne  successe  il  ritorno  dello 
stesso  Contestabile  in  Francia  sulla  parola,  per  con- 
certame le  condixioni.Lì  sette  di  Settembre  à  nni- 
|-ono  a  Jjilla  ì  Commissari  Spagnoli  col  Contestabi- 
le >  e  col  Maresciallo,  e  9i  diede  principio  alU  vp- 
puntamenti.  La  morte  d)  Carlo  y. ,  piuttosto  che 
interrompere  questo  u^oziafo,  inspirò  al  Re  Filip* 


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tft.  i\.  CÀ-i?.  viit.  iti       _, 

fo  mìiiggìor  ctenderiodi  ripassala iùSpagha.  Questo  j^^ 
ItdperatoreliquÌDdiddi  Agostg',  assalito  gravenleil-diC'. 
te  dalla  gcrfta  ,  Ib  torndmtatOd'a'quella  Aialattia  ft-'^'^  ' 
no  ai  34  dello  stesso  m^se,  €i  essendosi  ristabilita^ 
ùi  prinki  di  Settembre  fa  sorpresdda  una  Tebbrè  eoa 
freddo ,  "t  dolore  di  tèsta  jChe  j  ogni  giorno  più  cré^ 
Scendo  di  TÌoIcnza ,  ai  3t  di  Settèmbre  Io  privò  ài 
Vita.  Si  continuarono  perciò  Ira  i  deputati  lé  confo-' 
tenze ,  le  qiiali,  per  maggior  comodo;  e  quiete  lo^ 
fo  essendo  trasferite  alla  Badìa  di^Gercamp,  nel  rilag^ 
igìor  calore  dei  trattati  furono  ihterrotie  dalla  mori 
te  della  Regina  Sikria  d' Inghilterra ,  Successa  li  17 
di  Novembre  per  idropisìa.  La  nazione  IngléM  pro- 
fclamò  Regina  Elisabetta  sorella  di  Maria,  le  di  cui 
inclinazioni  non  essendo  note  né  &  Filippo ,  né  A 
Enrico,  ne  nacque  una sdspiénsioae  di  animi,,euD' 
ardente  prìemura  in  ciatebeduoo  di  essi  per  guada-i 
gnarla.lieproposizionidì  questi  due  Re  tennero E^ 
tisabetta  perplessa  a  determinarsi  ^  e  qtlestd'  pier- 
plessitì  tenne  sospesa  la  conclusiobé  della  pace.  In-^ 
tanto  la  speranza  di  questo  bbne  consolava  le  afflit- 
te nazioni,  e  ì  Princìpi  interessati  in  questo  degO'' 
iìato  non  trascUtavatio  c^ì  mezio  per  aTérVi  il  lo- 
ro vantaggio  :  gì'  iiitrigbi  di  Gabinetto  ,  e  gli  strat- 
tagCnlm)  |}olitici  bratto  silocedtlti  alla  forza  delle  ar^ 
ini ,  e  ib  quésto  genere  di  contbatliiniinto  ìl  DUcd 
Cosimo  non  era  ifaferìore  &  veruno,  he  Piazze  del- 
ta Repubblica  di  Moùtalcibo  erantf  l'tìggetto  delUt 
Ambizione  di  multi.  Cosimo  le  [to^teadeva  per  gitt- 
«tizia  a  fbfma  del  trattato  di  beiisione,edelletepli-' 
liate  phitnesSe  fattali  dal  Re  Filippo  di  procuta^glie^ 
he  il  possesso  :  i  Cai-affi  le  arat^vano  per  preniid 
(lell'  amicizia  del  Papa  col  Be  di  Francia ,  ma  Aì<!- 
Com*  la  decrepitezia  di  Paolo  IV;  non  dava  loogd 


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'An  ^  sperare  verun  profitto  dalla  sua  alleanza  ,i:où  tiQtJk 
tti  Ci  impegnava  a  meritarsela  con  simili  ricompense  :  it 
^^^^Duca  di  Ferrara  ledomandava  inconpenaazioDedei 
suoi  crediti^  aia  temeva  le  opposizioni  di  Cosimo > 
^  non  voleva  averle  vincolate  di  feudalità.  Dod  Fran-- 
Cesco  da  £ete  procurava  di  escludere  tutti  quef-ti 
compeUtori  ^  offerendosi  di  prenderle  con  qualuii'- 
qne  vincolo  ;  per  promovere  più  efficacemente  que-> 
Sto  interesse  operò  di  esser  richiamato  alla  Corte , 
e  che  ibsse  sostituito  in  suo  luogo  Cornelio  Benti'- 
yoglioi. 

.  Le  pratiche  dei  competitori  a  cosi  piccolo  Stato 
'  ^  impegnarono  tutta  la  vigilanza  del  Duca  Cosimo  per- 
renderle  infruttuose  con  l' appoggio  del  Be  Filippo 
nel  tempo  stesso,  che  estendeva  le  sue  Tedute  per 
insinuarsi  insensibilmente  in  un  più  vasto  dominio^- 
Siccome  il  pretesto  di  allontanare  dal  suo  Stato  ì 
Francesi  gli  avea  dato  il  comodo  di  stalulirsi  pri- 
ma in  Piombino^  e  poi  dì  acquistare  lo  Stato  di  Sie- 
na  ,  pensò  di  valersi  dello  stesso  metodo  per  intro- 
dursi a  dominare  la  Corsica:  la  discordia  teneva  già. 
divisi  gU.animi  dei  Gttadini  di  Genova^  e  il  Dorìa^ 
ormai  decrepito ^  e  infermo,  vedeva  con  le  forze 
mancarsi  ancora  l'autorità^  e  l'ossequio  dei  popolÌ4 
I  Francesi  aveaoo  un  partito  in  quella  Repubblica^ 
quale  se  fosse  stato  rinvigorito  con  la  conquista  di 
Corsica  avrebbe  potuto  facilmente  rivolger  Genova 
alla  devozione  di  Francia.  Con  questo  scopo  attac- 
carono i  Francesi  la  Bastia ,  lusingandosi  che  fon- 
dato con  l'espugnazione  di  quella  Piazza  uno  stabi- 
limento sicuro  nell'  Isola  >  gli  sarebbe  stato  più  fa- 
cile di  ridurla  tutta  sotto  il  loro  domioio.  Cono- 
sciuti questi  disegni  il  Duca  Cosimo  fece  compren-, 
dere  aì  Genovesi  it  pericolo^  in  cui  sitrovava  ^uel- 


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lÌB.  iì.  tfiP.  Viti.  ioJ 

t'ìsoìa,  le  loi^  deboli  force  per  diireu<ìèr)a  ^  la  ne-^^', 
tersità  dì  conservarla  per  mantenersi  padroni  del  ij^ 
mare ,  da  cui  ricevevano  tutu  la  loro  sussistenza , 
e  finalmente  gli  pi'o)>o9é  di  dare  al  Re  di  Spagna  le 
Piazze  di  Goriica ,  perchè  le  difendesse  durante  la 
guerra ,  e  recnsabdo  Sua  Matòtè  «questo  ikicarito  si 
offeriva  égli  di  rouoiHe  j  di^bderle ,  é  custodirle 
per  la  Repubblica.  Al  R'e  Filippo  rimostrò  il  van-. 
faggio  ;  che  avrebbe  apportato  ai  Fi^ncesi  quella 
ctMiqttbta  per  le  tiiire,  che  avèaho  in  Italiane  par- 
ticolarmente pet*  voltar  Genova  al  loro  partito,  è 
in  conseguenza  la  necessità ,  iu  cUi  era  di  prender- 
he  la  difesa  :  che  non  volendo  Sua  Maestà  assumersi 
t|uesto  carico ,  e  impegnarsi  al  disp<eiidio,  egli,  che 
Vi  era  egualmente  ibteressato  per  la  sicurezza  di 
Portoferraio  ^  e  dielle  marine  di  Toscana ,  si  offeri- 
va di  allontanare  con  le'  priorie  forze  i  Francesi 
dall'  Isola.  Nota  si  lasciò  Filippo  IL  determinare  dai 
consigli  di  Cosìmoj  ma  Jipedì  a  Genova  Gio.  An- 
drea Dona  con  istruzione  di  conciliare  gli  animi  di 
quei  Cittadini  j  e  procurare  di  tener  Sospeso  qua- 
lunque loro  movimento,  giacché  era  ìHiminente  la 
conclusione  della  pace.  Lu  Regiiia  Elisabetta,  pocd 
todisfatta  dèi  contegno  del  Re  di  Francia,  avea  giu- 
dicato miglior  partito  di  unire  i  suoi  interessi  Con 
quelli  del  Re  Filippdj  e,  lusingandoloJdi  prosegui- 
re nelle  stesse  massime  della  defubta  Sorella ,  si  er& 
determinata  a  procurare  la  pace  col  Re  dì  Frabcia; 
Questa  determitiazione  rinvigorì  nei  Monarchi  la  di- 
sposizione ad  effettuarla  j  e  diede  maggior  calotte  alle 
Conferenze  ^  che  da  Cerc^rop  In  erano  trasferite  a 
Chateau  Ghambresis.  S' inlèrvorirono  perciò  anche 
i  n^oziati  delli  Estensi  per  l'acquisto  delle  Piazze 
Senesi  ^  mentre  quei  di  Mootalcino  dimaodavan» 


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_         M  STORIA  W  TÒSCAKA. 

^^  istantemente  la  libertà  ;  e  particolaroieDtfc  di  tloit 
lU  C.  restare  suddili  del  Duca  Cosimo*  I  fuorusciti ,  e  rì- 
'^Sgjjeiij  Fiorentini  non  trascuravano  d' impegnare  il 
Re ,  e  il  Ginfestobile  a  procurare  il  loro  ritorno  in 
Pàtria  ,  e  la  recuperazìone  dei  Beni ,  ed  avendone 
fatto  causa  comune  spedirono  a  questo  effetto  al  luo- 
go delle  conferenze  Albizo  del  Bene  ,  uno  dei  più 
qualificati  fra  loroi 

Sanato  li  due  di  Aprile  in  Ghateau  Chambresis 
il  trattato  tra  Li  Francia  e  l'Inghilterra ,  il  giorno 
susseguente  fu  firmato  quello  tra  la  Spagua  e  la 
Franciai  La  base  di  questo  trattato  fu  il  Bfatrìmo^ 
nio  di  Filippo  con  la  primt^nita  di  Enrico,  quet> 
lo  del  Duca  di  Sovaia  con  la  sorella  del  medeùmo 
e  la  restituzione  di  tutti  li  Stali,  e  Piazze  conquista- 
te nel  corso  della  guerra)  Restarono  alle  Francia 
Galese  Metzj  ma  si  obbligò  il  Re  di  roKituire  il  Pie* 
monte,  la  Corsica  ,  e  le  piazze  Seftesii  Fu  dunque 
stabilito  che  ,  il  Re  Cristianissimo  ritirerà  tutte 
le  genti  di  guerra  di  qatdttmjue  nazione  siano  , 
eke  egli  ha  dentro  la  Terra  di  Montalcino,  e  al- 
tre Piazze  del  Senese  ^e  di  Toscana^  e  si  dipar- 
tirà, e  desisterà  da  ogni  diritto ,  che  potesse  pre* 
tendere  nelle  dette  Terre,  e  Paese  in  tjualunque 
modo  si  sia  in  ritirando  piima  l'artigUerìOj  armif 
viveri^  e  ogni  altra  munizione  f  che  vi  hanno.  E' 
ancora  convenuto ,  e  accordato  che  tutti  i  Genti' 
luomini  Senesi,  e  altri  Sùdditi  di  detto  Stato j  che 
si  determineranno  di  sottomettersi  al  Magisttat9 
stabilito  nel  Governo  della  Città  di  Siena,  vi  sa' 
ranno  ricevutile  sarà  loro  perdonato  tutto  quel-^ 
lo  che  si  potesse  pretendere  contro  di  loro  per  es-- 
sersi  ritirati  nel  detto  MorUalcino,  o  altrove,  sen-^ 
aa  eh*  per  Questa  causa,  e  per  aver  prese  le  ar^' 


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Lrt.n.<:AP.virt.  «bS     _^^ 

Mt  ih  questa  ultima  guèrra  contro  chi  si  sia,  &  j^„. 
per  aver  seguitata  la  parte  del  detto  Re  Cristia-à\  & 
nissìmo  non  abbino  per  questo  a  esser  travagliati,  ''*• 
Rè  dannificati  nel  Corpo,  né  nelli  loro  Benij  o  al* 
tt-imetiti  in  qualurUfue  modo  si  sia.  E  se  per  ca-' 
gione  di  questo  li  sopraddetti  loro  Berù  fissero 
stati  presi,  e  confiscati,  saranno  loro  resi  e  resti- 
tuiti per  goderli  pacificamente ,  e  pienamente.;  e 
per  il  compimento ,  e  sicurtà  di  quanto  di  sopra, 
H  Duca  di  Firenze  sarà  tenuto  di  ratificare  il 
contenuto  dentro  detto  tempoj  e  dame  loro  lette-' 
re  patenti  in  buona,  e  valida  forma,  e  medesima- 
mente sarà  perdonato  a  tutti  quelli  _,  ohe  in  Ta* 
scana  avranno  in  questa  guerra  seguitata  lupar- 
ie del  de/unto  Imperatore  padre  del  Re  Cottoli-' 
co,  la  sua  0  del  detto  Duca  di  Firenze,  e  sanuf 
HO  rimessi  in  tutti  i  Seni,  dei  quali  Jiieaero  stati 
privati  durante  questa  guerra,  e  per  cacone  di 
quella,  usando  di  buona  fede  né  sararmo  per  que- 
sta causa  inquietati  nei  Corpi,  né  nelli  loro  Beni  in 
qualunque  modo  che  si  sia.  Che  il  Generale  j^l- 
hiso  del  Bene  Fiorentino  antico  sertfitore,  e  Vi- 
ziale del  Re  Cristianissimo  abitante  la  Città  di 
Lione  sarà  o  Procuratore  suo  per  lui  rimésso  e 
restituito  alla  possessione  attuale  di  tutti  i  Beni  a 
lui  appartenenti  posti  nella  giurisdizionedet  Duca 
di  Firenze,  occupatigli,  e  detenutigli  dopo  la  rat' 
tura  di  questa  ultima  guerra.  E  il  simile  sarà 
faitj»  alli  altri  Fiorentini,  che  stanno,  e  abitano 
nel  Regno  di  Francia,  eccetto  che  quelli^  che  sa* 
ranno  stati  particolarmente  dichiarati  Banditi  , 
«fuorusciti  dello  Statodel  detto  Duca  diJFìren- 
»e,  in  caso  che  non  si  trovi  che  detto  del  Bene,  o 
altri  Fiorentini  n^raddeui  avessero  ebspirata 


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ìoff  STORIA  BI  TOSGAÌRÀ. 

^j,_  contro  la  persona  del  detto  Duca ,  o  in  pregi&iii^ 
di  C  iio  del  suo  Statò. 

'^  RisUbilìU  fra  i  Honalrchi  la  tranqUiìUÙk,  il  giub^ 
bilo,  e  la  letizia  uDÌversale  successero  agli  odj,  alle  de- 
solazioniealtestragi.IFrailceSi  reputarono  iltraUa- 
tosvanta^oso  alla  loro  Dazione,  e  lesivo  della  gloria 
del  Be,  ciò  non  ostante  Enrico  e  il  Contestabile  ne  cv- 
dinaronol'esecuziDDe  in  tuttele  sue  parti.  Piii  di  tutti 
si  rallegrò  il  Duca  Cosinìo^'percbè,  oltre  al  restare  as^ 
sicnrato  dello  Slato  di  Siena  ^  rimaneva  libero  di 
ogni  molestia  e  diritto,  che  avessero  i  Francési  sul- 
lo Stato  di  Filose.  Il  Re  non  mancò  di  renderlo 
subito  consapevole  del  trattato^  e  domandarli  la  ra- 
tificazione dello  articolo,  cbe  lo  interessavai  e  le  let* 
tere  patenti  in  cons^uenza  del  medesimo  >  al  che 
egli  sodisfece  con  la  massima  celerìtii  Ma  la  Lette^ 
ra  del  trattato  relativamente  alla  restituzione  delle 
Piazze  Senesi,  essendo  equivoca  e  dubbia,  tenne  il 
Duca  in  qualche  agitazione  che  il  He  volesse  appn>- 
priarsele,  ovvero  contrattarle  con  suo  profitto.  Ftt 
perciò  necessario  far  nuove  rimostranze  accompa- 
gnate ancora  da  qualcbe  offerta  e  Filippo  IL  gene- 
rosamente promesse  che  senza  veruno  interesse  o 
diificoltà  sarebbe  rimasto  in  qualunque  forma  a- 
dempito  il  trattato  della  cessione  di  Siena.  Le  re^ 
plicate  promesse,  cbe  il  Re  di  Francia,  e  i  suoi  Mi- 
nistri aveano  in  voce  e  per  lettera  latte  ai  Repub- 
blicani di  Montalcìno  di  garantirli  la  libertà  furo^ 
no  causa  cbe  non  patendo  adempire  col  latto  si  «con- 
tentarono di  Girlo  credere  almeno  con  l'espressiom. 
Aveftno  essi  procurato  di  sottrata  almeno  dalla  ob- 
bedienza di  Gmmo  e  nella  conferenze  di  Goramp 
aveano  proposto  di  asst^gettarsi  al  Duca  di  Ferra* 
ra;  e  siccome  sapeano  che  avea  conveunto  conCo^ 


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tm  n.  tkp.  vitr.  "         -«4 

ìHibo  eli  rtrenderli  quelle  Piazi*  diceano  'cfae  in  tal  /^j,^. 
guisa  restava  Salvata  la  dignità  del  Re  Enrico,  quel- di  Qt 
la  del  Re  Fdippo  e  l'interesse  dell'iatesso  Guaimo^'^^ 
Ciò  non  ostante  i  Deputati  Spagnoli  aveano  rigetta- 
to questa  proposizione ,  è  Filippo  avea'  dichiarato 
precisamente  cbe  sa  questo  articolo  non  si  poteva 
ccHi venire  in  altra  forma,  se  non  cedendo  a  lui  quel- 
le Piazze  libCTamentc-  Per  conciliare  questi  senti-^ 
menti  cosi  opposti  fra  loro,  il  Contestabile,  stinza 
obbligare  quei  di  Montalcino  a  sottomettersi  al  Be 
Cattolico  0  al  Duca  CosimO)  trovò  l'espediente  di  sa]-. 
Vare  la  dignità  del  suo  Re  col  nominare  il  Magi-' 
strato  di  Siena,  e  mostrare  in  apparenza  di  lasciarli 
nella  antica  loro  libertà';  obbligò  però  ai  Deputati 
Spagnoli  la  sua  parola'  dicendo:  Noi  leveremo  da 
quelle  Piazze  le  nostre  gentij  vettovaglie ,  mutò- 
zioni,  e  artiglierìe  e  quando  saremo  esciti  entrere- 
^eivicAe/uMnonc'im^f/ireniOiCoercntiaquesto  spi- 
rito furono  gli  atti  di  esecuzione ,  poiché  li  otto  di  À- 
prìle  il  Be  st:risse  al  Bentivoglio:  Io  devo  lasciare  Iti 
protezione  dei  Senesi  per  rimetterli  nella  loro  anti- 
ca libertà  di  Repubblica,  e  sotto  il  governo  dei  Ma^ 
gistratij  che  essi  costumavano  di  osservare  per  il- 
ftassato  nella  loro  Città  di  Siena  ,  il  che  facendo 
Saranno  restituiti  in  tUlti  i  loro  Seni  etd  Questa 
oscurità  produsse  doe  effetti,  l'uno  di  far  credere  di' 
buona  fede  ai  Senesi  di  Montalcino  di  esser  rimes'^ 
si  nella  piena  loro  libertà,  l'altro  di  dar  luogo  al  Du« 
ca  di  Ferrara  di  macchinare  per  mezzo  del  Benti-; 
voglio  d' impedire  al  Duca  Cosimo  il  possesso  di 
quelle  piaztCf  e  acquistarle  per  se  medesimo,  ad  on- 
ta di  quanto  aveano  concertato  fra  loro  i  Deputati 
Francesi  e  Spagnoli.  A  tal'effetto  il  Bentirtf  lÌo,im- 
nuginaudo  pretesti  e  difficoltà,  non  mancò  d'inter- 


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^ò8  STÒIlIà  01  tÒSCàki 

^^  porre  della  dìlazìoUè  non  solo  jier  la  pubbEcazioììd 
dìC.  ma  ancora  per  la  ordinatali  esecuzione  del  tratta-* 
^to.  I  Gittadioi  poi  di  Montalcino  reputandosi  liberi 
Bì  abbaAdoDarono  alla  letizia  e  decretarono  déll^ 
pubbliche  fèste  pét*  cosi  avventuroso  uucbesso.  Tut^ 
tD  combinava  a  tenerli  in  qtiesta  fède ,  e  l'Am- 
basciatore I^rabcese  di  Roma  poco  avanti  la  pub- 
bltcatiooe  del  trattatogli  avéa  consolati  coti  un  ar- 
ticolo di  lettera  del  Re  di  questo  tenore:  direte  d 
^uei  Senesi  di  MoTìtalàino  ycke  nei  principio,  mez- 
S.0,  e  fine  di  questa  gàerra  sono  stato  loro  Padre 
e  lo  vedranno  dalla  iibei'tà,  nella  qaale  gli  lascio: 
Ciò  non  ostante  siccome  il  Duca  iubalzava  il  Bentì-' 
Tiglio  a  Cvacuaf  e  l6  Piatte  delle  milizie  Francesi ,  é 
«^ome^iuformato  dei  disegni  deU'£stense^  accostava 
delle  Trilppe  alle  frontiere  di  Montalcino  il  Magistra- 
to di  qbella  Repubblica  in  questa  ambiguità  spedi 
Ambasciatori  alle  Corti  di  Francia  e  di  Spagna  coti 
precisa  istruzione  di  soggettarsi  liberamente  al  Rtf 
Filippo,  e  dichiararsi  apertamente  dì  non  volere  Ìd 
veruna  forma  divenir  Sudditi  del  Duca  Cosimo.  An- 
che al  Papa  furono  spediti  Ambasciatori  per  im- 
plorare la  sua  assistenza,  e  viver  liberi  sotto  la  pr»^ 
tezione  della  Chiesai 

Ma  in  Roma  tutto  era  Variato}  iCaralB  erano  te- 
lati. Paolo  IV.  non  era  più  ambizioso,  detestava 
la  guerra  >  ed  amava  la  giustizia  ;  1'  oppressioni ,  le 
violenze]  e  l' esorbitaati  gravezze  erano  abolite,  « 
il  Popolo  Romano  gli  aveva  inalzato  una  statua.  Il 
Duca  Cosimo  era  stato  il  principale  autore  di  que- 
sta trasfbrmazioDe,  che  sorprese  tutta  l'Europa^  Al-' 
torcile  eoo  la  di  lui  mediazione  sì  trattava  la  pace 
col  Duca  d'Alva  il  Papa  avea  dettato  da  per  se  stes^ 
so  all'Abasciatore  Fiorentino  il  preciso  d^a  afta  vv-'' 


i,z.dbvCooglc 


loDtà  aopra  le  coodizioDi  da  concertarsi  p«r  il  trat-  j^^~ 
tato.  Non  piaceva  al  Cardinale  Caraffa  ^ueata  me-diCL, 
diazioae,  perchè^  anelando  «  qalche  cospicua  rì-'^^9 
compensa,  volevi  egli  ^lo  iarsi  merito  col  He  Fii 
lippo  di  questa  pace;  impcpò  pertanto  il  Duca  d' 
Alva  ad  agire  dicettame^le  da  per, se  stesso^  e  per 
meglio  riescire  nella  (oQclusìone  de)  trattato,  pre-i 
valendosi  delle  facoltà  generali  dateli  dal  Foutefii 
ce,  avanzò  contro  le  isti'usioni  la  segreta  oltliliga-! 
TÌoneouUa  permuta  di  Palliano.  Yivev»  il  Papa  ign^* 
ro  di  questa  obbligaxiope ,  e  teneva  per  certo  chei 
Colonqeai  avewero  perduto  ogni  diritto  a  recuperai 
re  quel  Feudo,  e  il  Cardinale  procurava  d'inip^ir* 
gliene  la  natica  con  prevenire  gti  Ambasciatori,  s 
ì  Ministi'i  a  non  parlj^rli  di  questo  fatto  :  fra  essi  1' 
Ambasciatore  di  Firenze  era  stato  principalmente 
di  ciò  avvertito  dal  Cardinule  Vitelli  cpnfideule  dt 
Caraffa,  rimostrandoli  i  gravi  sconcerti, che avrelh 
be  prodotto  il  renderne  consapevole  Sua  Santità, 
Bla  dopo  che  i  Caraffi  attribuivano  ti  fonsigili  dì  Coi 
simo  la  repugoansa  d^l  Re  F.ilippo  a  concederli  ì( 
Ducato  di  Bari  penaaroqo  di  vendicarsi  col  mede-; 
simo ,  sollevando  i  Feudatari  della  Romagna, e. in-i 
quietando  quelle  frontiere,  impedirono  all'Amba- 
sciatore le  udienze,  e  il  Cardinale  nwdeumQ  ebbe 
V  imprudensa  di  serrargli  in  («coia  la  porta  della 
•uà  camera.  Mal  soffrì  Cosimo  questo  affronto ,  e 
per  meszo  dì  un  Cardinale  suo  confidente  fececom-! 
]wendere  al  Papa  che  ei  non  teneva  Ambasciatori 
presso  il  Caraffa,  ma  presso  Sua  Sqntitjt,  la  quale 
era  in  dovere  di  garantirli  dalle  villanie  dei  nipoti, 
.  Il  Papa  chiamò  a  se  l'Ambasciatore,  che  gh  rive- 
lò r  intrigo  di  Palliano,  e  lo  impanò  a  informarsi 
per  rn^^iso  4^  Teatini  deU«  iniquità  dei  Caraffi ,  i 


^dbyGooglc 


«I»  STORIA.  D^  TOSC.\flÀ 

A-  quali  poi  furono  allontanati  da  Ruma,  e  relegati  eia-* 
fliC-scuDo  separatamente  in  diverse  terre.  Il  Governo  fu 
^^^riformatOj  e  appesiate  a  più  discreti  Ministri,  e 
tutta  la  Città  esultò  per  così  iinpeosala  risoluzione, 
Molti  opinarono  che  il  Papa  cui  punire  i  nipoti  vo^ 
lesfie  pulsare  l'opinione  concepita  dsU' universale 
dei  suoi  difbtti,  alBnchè  ad  essi,  e  non  a  lui  sì at* 
trìbuisse  la  causa  dei  passati  sconcerti.  Al  Duca  Go^ 
simo  dimostrò  gratitudine  di  averlo  illuminato ,  e 
gli  promesse  espressamente  di  non  assistere  i  Senesi 
di  MoDtalcino,  sebbene  in  Roma  dispiacesse  gene- 
ralmente che  i)  Duca  si  accostasse  troppo  ai  loro 
conlìni.I  fuovuscitiFiorenti,  e  particolarmeatel^nda 
Altoviti  persuadevano  a  quei  Seoesi  di  nw  lasciarsi 
opprimere-  da  Gisimo ,  e  già  si  tenevano  delle  coni 
venticole  Ira  loro  per  trovare  i  meazi  di  sostener 
^ontalcino.  In  questa  occasicae  arrivarono  a  Roma 
glìAmbaseiatoridiquellaRepnbblìca,  iqualianume 
del  Papa  furono  esortati  di  soggettarsi  al  Duca  .pep 
il  loro  miglior  vantaggio ,  facendoli  licenziare  con 
queste  precise  parole:  Sua  Santità  rum  vuole  in^ 
tender  da  va  cosa  alcuna  j  per  l^  quale  si  venga 
a  trava^iare ,  e  disturbare  questa  santa  pace.  ■ 
Per  l'esecuzione  del  trattato  relativamente  allo 
Jtcambievali  restitutioni  delle  conquiste  era  stato 
eonvennto  cl^e  i  Francesi  dovessero  essere  ì  primi  » 
restituire,  cominciando  li  tre  di  Maggio  per  aver  ter- 
minato ai  tre  di  Giugno ,  e  dipoi  cominciassero  gU 
Spagnoli  per  aver  terminato  tutti  le  respettive  «in- 
segne ai  tre  di  liOglio.  Ij'anM  stati  incaricati  in  cia- 
scuna Provincia  ì  Ministri  per  consegnare,  e  rice- 
vere, e  peF  le  Piazze  del  Senese,  sebbene  a  tenore 
del  trattato  non  vi  pcc<»Tesse  una  formale  consegna, 

m>o  osante  il  Re  Enrico,  avea  incaricato  il  Sigouc 


^dbyGooglc 


LIB.  (I.  GAP.  VUI.  aii 

di  San  Salpice,  cbe  ,  ritirando  le  genti  di  guerra  e  ^^^ 
t'artiglieria,  esortasse  il  Magistrato  di  Montalcino  adi  Q, 
sottomettersi  al  Jle  f  ilippo,  e  per  esso  al  PMca  G>-  '^^ 
flimOtllMe  di  Spagna  deputò  Don  Gioranni  diGue- 
vara  per  sollecitare  Y  evacaaaione  delle  Piazze ,  e 
persuadere  a  ^uei  di  Houlalcino  di  assoggettarsi  seÌA 
fa  altre  diflScoltà  al  Magistrato  di  Siena.  Il  Ouc^ 
|ion  tralasciava  di  esortarli  umanamente  a  non  op^ 
porsi  alla  esecuziope  del. trattato,  ma  evi^  vantane 
do  le  lettere  del  Re ,  che  prometteva  loro  la  libera 
%ìi  f  si  rendevano  sempre  piti  arditi  con  proibire  ai 
Sudditi  del  poca  l'ingresso  qella  loro  giurisdizione, 
Xi!3enti?c^lio  gli  manteneva  io  (questo  proponimen- 
to,  e  la  loro  l48Ìnga  arrivava  al  s^no  di  credere 
ette  anche  Siena  a  tenore  del  trattato  dovesse  rima-t 
uer  lit)era-  Teqtarono  apcora  d' interporre  delti  ov 
taceli  fq^sso  l'Imperatore,  aifiuchè  la  Dieta  Imper 
fiale  esamioasae  severameptelallepiibJblicadìSie-^ 
<ia  era  decaduta  dai  privilegi  di  Carlo  I  V->  e  sie  Carla 
y.  potea  disporre  di  quello  Stato  a  favore  di  Filipt 
pò  suo  6gl>o  -  si  viQColaroQo  fra  loro  coq  le  più  so^ 
Jenni  soscri^onì  e  giitratnenti  di  soffrii^  qualuuqite 
calqmitA  t  e  la  morte  medesima ,  piuttosto  che  ao^" 
gettarsi  al  Duca  di  Firenze  ;  tanto  che-  considerata 
questa  loro  oatinazioqe  fu  necesaario  die  il  Re  Fi'-, 
lippo  ordinasse  al  DMca  di  Sessa  Governatore  di  Mi- 
lano, che  ad  ogni  richiesta  di  Quinvi  somministras-i 
se  que{  numero  d'unlàaterìa  e  cavallerìa^  con  venato, 
già  nel  trattato  dd  i557.IlDucaperò,  alieno  da  usa-i 
re  con  esai  la  forza,  si  lusingò  di  vincerli  col  tt;attata 
e  di  espugnare  con  te  beneficenze,  e  con  le  pronus'- 
se  la  durezza  del  fientivoglio,  procurava  egli  di 
temporeggiare  fintanto  che  dn  Parigi  fossero  venui 
\fi  a\  PMCa  di  Ferrara  le  risoluzioni  del  Re  per  ri-^ 


»z.dbvCo(>glc 


sia  STORIA  DI  TOSGADA 

.  cevere  quella  Repubblica  alla  sua  obbedienza  ;  m 
di  d'arrÌTO  del  Guevara  scoacerlò  uoii  poco  i  loro  dt< 
l^s^ni;  vedeodoegU  cbe  acorreFa  il  termine  prefi*- 
80  dal  trattato  per  l'evaciiaiioue  delle  Piazze  pn>< 
pose  al  Duca  cbe  ai  cominciasse  a  sLringerli  eoo  la 
forza,  e  gii  si  sarebbe  eseguito  ,  se  l'arriTO  dell'ar- 
mata Francese  conSanSulpiceoon  avesse  fatto  «per 
rare  ordini  più  precisi  dalla  Corte  di  Fraacia,beDst 
fu  fatto  comprendere  al  .Benti voglio  esser  note  le 
pratiche  da  esso  tenute  col  Duca  di  Ferrara ,  e 
che  perciò  subito  ritirate  le  Trupfie  Francesi , 
quelle  del  Re  di  Spagna  sarebbn^  entrate  per 
forza  al  possesso  di  quelle  Piazze  ;  in  eonseguenia 
di  eia  fu  esortata  a  proTvedere  con  piìiprudenza  ai 
proprio  interesse ,  e  a  quello  dei  popoli.  Gustò  il 
Beutivoglio  questi  consigli  ^  e  attesi  i  nuovi  ordioi 
venuti  di  Francia  di  evacuare  seaz^'altradiflicoIU 
quelle  Piazze,  conoscendo  ineseguibùle  il  piano  di 
soggettarle  at^Estense,  deliberò  di  rivolgerai  a  m^ 
oondare  il  Duca  Coàinfif  e  risparmiando  una  gne^ 
ra  ritrarre  profitto  per  se,  eper  i  componenti  .qufll> 
Repubblica.  Concertò  adunque  che  il  Duca  glidesr 
se  in  Feudo  la  terra  di  Hagliano  e  sua  Corte,  e  prò* 
mettesse  una  conveniente  pensione  vitalizia  a  vea- 
ticinque  Cittadini  Senesi  i  più  potenti  in  quella  He- 
pubblica,che  esso  nominerebbe;  furono  ancora  sta- 
bilita certe  altre  condizioni  da  inserirsi  in  ùn>  ca* 
pitplazione  nell'atto  della  sommisaione, 
-  Giunto  a  Montalcino  il  li|ÌnÌ8.tro  Francese  ,0  p>'* 
tecipati  al  Senato  gli  ordini  della  Cqrte ,  quei  ^ 
publicapi ,  vedendosi  abbandonati  da  tutti ,  e  te* 
mendo  di  quel  corpo  di  seimila  uomini ,  che  ill^ 
ca  teneva  a  Boncon vento,  dopo  ^arie  discoswc" 
fra  loro  deliberarono  finalmente  di  ricorrer«  a  Cor 


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LIB.  IT.  CAP.  VtlL  »iS 

^Ato,  eMttomettersi  ultroiMaraeate  alGoTO>Dodi  /^j,^ 
Siena:  doinandarooo  perciò  Salvoctmdotto  perinvia-di  G. 
re  a  Firense  ì  loro  Anibaiciatori>  e  iqtauto  il  Gtie*  '^^ 
vara  e  San  Sulpice  abboccatisi  a  Monte-oliveta  con- 
certarono il  modo  dh  tenersi  nella  evacuazione  deU 
le  Piazze^  e  gli  ajuti,  che  avrebbe  dato  il  Duca 
per  il  trasporto  delle  artiglierìe  al  Porto  di  Vada, 
La  buona. fede  del  Ministro  Francese,  e  lo  preinn« 
re  del  Guerara  sollecitavano  l' esecusione  del  trati 
tato,  cbe  restò  ritardata  dal  sopraggiuntQ  avTÌao 
della  morte  di  Enrico  II.  Questo  Monarca  il  di  3o 
GingDO  festeg^ando  le  NoKxe  delle  Principesse  fu 
ridotto  agli  estremi  per  un  incontro  di  lancia  nella 
giostra ,  cbe  alzatali  la  risiera  lo  l'eri  gravemente  con 
le  sverze  del  troncone  sopra  l' occhio  destro  ,  il  che 
aggiunto  alla  percossa  della  caduta  gli  produsse  l'in* 
fiammazìoae  j  9  mori  li  dieci  di  Loglio.  Così  impen» 
aato  accidente  fece  temere  a  Cosimo  qualche  mu- 
tazione di  massime  in  quella  Corte  ,  e  risvegliò  nei 
BepubblicanidiMontalcino  la  perduta  speranza  del* 
la  libertà,  l  Ministri  Francesi  sospesero  le  operazio- 
ni'per  attendere  nuovi  ordini  dalla  Corte,  e  il  Da-> 
oa  Cosimo  anch'esso  consultò  il  Re  Filippo  per  e- 
aplorare  la  sua  mente  io  caso  di  mutazione.  Ma  le 
ctrcostanae  deUa  Francia  non  permettevano  di  ya- 
riflre  lo^Stato  Selli  aSàrì ,  e  gii  in  molte  parti  era 
'  es^uito  il  trattato  :  lo  stesso  Re  prima  di  morire  n« 
avea  inculcato  l' osservanza  a  Francesco  II.  suo 
figlio,  e  li  avea  imposto  di  riconoscere  ìl  Re  Filip< 
DO  per  padre .  Proseguirono  perciò  i  due  He  di  co- 
inun  concerto  l'esecuzione  del  trattato  ,  e  gli  Am- 
basciatori di  Montalcino  si  portarono  finalmente  a 
Firenze  a  domandare  al  Duca  le  condizioni  delta 
eapitolanone  :  ma  non  avendo  essi  &coltà  suf&ciea- 
T-  //.  1» 


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»i4  STORIA  BI  TOSCANA 

Ah.  ti>ed  aranmado  duiqande  superiori  alle  loro  eÌHik 
di  c.ataDW  furono  licea^iati.  Il  Senato  ne  spedì  aUrì  coq 
4«^£>1' opportuna  plenipotenza»!  qnalì  finaliuente a noi 
me  della  Repubblica  di  Moqtiilciiio  ai  rimessero  iit< 
tieramente  alla  volontà  del  Duca  ,  e  giurarono  Ip- 
deltà  al  He  FiUppo,  e  allo  steuo  Oitca.  11  di  aS  <Ìi 
Loglio  restarono  evacua,te  le  Fiaxxe,  se  non  che» 
nodosi  ammutinati  per  mancaiifa  di  pagUe  Ì  Fnio- 
ceai,  che  erano  in  Grosseto  fii  aecessariu  die  Clii3[h 
pino  Vitelli  in  parte  con  le  minacce  y  e  Ì41  prie  cuq 
i  danari  gì' inducesse  &  cedere  la  ^ucca  >  e  ritirarsi 
dallo  Stata  di  Siena.  Al  ritorno  delli  Ambasciutun 
fu  in  pieno  Consiglio  ratificata  la  sojrnmisaione,  a 
pou  Giovanni  di  Guevara  a  nome  del  He  >  e  il  Nìc* 
colini  a  nome  del  Ducq  si  portarono  in  quella  ter- 
ta  per  prenderne  formalmente  il  possesso.  1  buo^ 
Sudditi  si  sformarono  per  dare  al  Duca  delle  diifi'>' 
«trazioni  di  buona  volontà ,  e  fecero  iqcontnire  i 
Peputati  da  una  truppa  di  cinquanta  lànciuUi  coD 
l^mi  di  ulivo  in  niano  che  acclaniavano  il  nuo'o 
Principe  col  grido  di  gioja.  PoUe  I*aUe;  segui^B  dit 
poi  la  Banda  di  Montalcino  conipusta  di  dugentn 
giovani  bene  in  ordine,  e  il  Magistrato  della  Rep"''' 
blica  riceva  il  Guevara>  e  il  Niccolini  all'iqgre»» 
di  quella  Terra,  introdotti  in  Senato  furono  ouer" 
vate  le  stesse  solennità  che  nel  possesso  di  Siena  1 
poiché  ilQuevara^dopo  aver  ricevuto  il  giuramen- 
to di  fedeltà  per  il  Re  di  Spagna ,  diede  il  posses» 
al  Niccolini  come  Procuratore  di  Cosimo  a  ron»» 
della  investitura.  S'introdussero  nellaCitU,e>i^'' 
la  Fortezza  le  guarnigioni  ^  e  si  pubblicarono  '^  ^"^' 
cessioni  fatte  da  G>simo  ai  nuovi  Sudditi.  11  t<a<^ 
fli  esse  in  data  dei  3|  di  Luglio  era;  Che  a  tuUii 
ijlitudini  Senesi  refugiati  a  Monulcinoo  altrove  ^ 


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HB.  II-  GAP.  vm.  »i5 

■e  lecito  ritornare  alla  Patria ,  et  godere  tranquilla-  ^j,^ 
meote  dei  luru  Beni ,  e  delle  Magistrature  a  forma  di  C 
della  Lettera  del  trattata  Sì  approvarono  tutti. gli '^ 
alti  del  Goveroo  di  Muiit«lcino>  salve  le  alienazio* 
ni  di  giunfidizionej  e  entrate -pubbliche.  Si  perdo- 
nò  a  tutti  quelli ,  che  arestero  contravvenuto  alb 
leggi  della  fispubblica  di  Siena,  ed  anche  per  i  de> 
litti commessi  nelloStatodi  Firenze, non  compren- 
dendovi però  i  latrocini ,  e  aasatsioartieoti  pnUJict. 
Si  accordarono- cinque  anni-di  dilasione  al  paga* 
zneuto  dei  debiti  civili ,  contralti  dai  Cittadini  col 
pubbico  avanti  la  guerra.  Determinò  àhe  aa  alcàn^ 
dei  Senesi  di  Muutalcìno  avesse  asione  auU'  entrai» 
pubbliche  per  titoli  acquistati  fino  ai  venti  di  Aprì* 
le  1 555-  dovesse  essere  liniborsato  di  quante  gli  ap- 
parteneva. Ordinò  che  foasere  conservati  ai-Terrieri 
di  Muntalcino  tutti  i  |H-ìvilegi  concessili  dalla  Re* 
pubblica  dì  Siena,  ecceltaati quelli  conceratHiti  Giu^ 
risdiziune,  o  Sovranità. 

Dopo  le  formalità  del  possesso  Tennero  alla  obk 
fcedienza  del  Duca  le' altre  Coninniti^  tenute  per 
r  avanti  dai  Francesi,  cÌoà Chiusi,  Gt-f>s8eto,Radi<^ 
cofani ,  Montepetcali ,  e  Buriane ,  il  qoale  appar<^ 
tenendo  all' Appiano  gli  fa  subito  restituito.  Cosi 
pervenne  nel  Duca  Cosimo  tatto  lo  Stato  di  Siena; 
eccettuata  Sovana,  occupata  dal  CcMite  di  Pidglia-* 
no,  il  quale  repugnando  arestitutrla  furono  perciè 
fatte  pubbliche  e  formali  proteste.  I  Sene»  j  che  e* 
rano  in  Roitta  j  e  belle  altre  parti  d' Italia  ai  sotto' 
messero  al  Duca  personalmente,  o  per  lettera  ,  e 
quelli ,  che  ritornarono  a  Siena  ^bero  da  quel  Go^ 
verno  una  graziosa  accoglienza  ,  e  ana  compita  so- 
disfàzione  di  quanto  era  state  loro  proraasso.  %  fe- 
cero io  Siena,  e  in  Firenze  4eUe  pubbliche  dimo- 


^dbyGooglc 


atti  STORIA  DI  TOSCANA 

Ah.  strazioni  di  gìoja  ,  e  Cosimo  in  mezzo  alle  congn* 
a  C-tulazionì  si  compiacque  di  esser  divenuUi  Prìncipe 
*  '^di  così  esteso  Domioio .  I  Prìncipi  Italiani  riguar- 
darono con  gelosìa  e  con  timore  «questo  accresci^ 
mento,  e  l'unirersale  restò  ammirato  della  sua cdHi 
dotta.  In  una  guerra  ,  che  area  desolato ,  e  impove- 
rito  la  maggior  parte  dell'*  Europa  ,  e  in  un  tratta- 
to ,  che  interessava  le  maggiori  Poteoae  di  questa 
parte  di  Mondo  egU  fu  il  solo ,  che  più  di  ogni  altro 
Vi  guadagnasse.  La  Francia  ritenne  Gales  e  Heti^ 
ma  dovè  restituire  (69  Città  fortiQcate^  occupate 
nel  corso  della  guerea  in  Fiandra,  e  in  Italia  ;  Co- 
simo potè  ritenere  lo  Stato  di  Siena  già  conquistaT 
to,  e  avere  dipoi  il  possesso  di  quelle  Piazze,  cbt 
mai  area  potuto  espugnare  Questo  acquisto  fu  star 
bUé  e  permanente ,  poiché  il  Re  Filippo  guadai 
gnò  la  superiorità  ìn  Italia ,  che  i  suoi  successori 
non  seppero  conservare,  e  la  Casa  Medici  lis  sem- 
pre tenuto  lo  $tato  di  $iena  unito  a  quellodi  Fimir 
ze.  Forse  s'ingannò  anche  Cosimo  nel  credere  du- 
revole qoesto  pano  di  politica  del  Re  Filippo  ^s 
perciò  non  tìthe  riguardo  di  lasciare  alla  sua  Faoih 
glia  un  possesso  garantito,  e  una  soggesione,  che  Io 
assicurasse ,  piuttosto  che  una  libertà  ,'  e  una  indi- 
pendenza esposta  a  mille  contrasti.  Il  corso  di  n» 
secolo  dimostrò  che  il  sistema  dì  Filippo  II.  non  en 
permanente,  e  che  Cosimo,  appoggiando  intiera- 
laente  la  sua  famiglia  alla  fortuna  di  Spagna,  l'are- 
va  espostaa  risentire  le  scosse  roilentedi  quella  Mo- 
narchia senza  metterla  a  parte  delle  sue  feliciti,  n 
trattato  di  Chatean  Gamhresil  diede  l'ultimo  coia- 
pimento  al  piano  politico  di  Filippa  l\. ,  percbè  1 
Francesi  riounzbrono  espFessamente  all'Itafis»  ed 
«fili  non  9vendoTì  più  competitori  divenne  V»'^*" 


^dby  Google 


tto  di  questa  IVoTmcia.  I  Ptriocipi  Italiaìii  erano  ~r' 
tatti  vincolati  alla  Monarchia  di  Spagna  con  paKi*- jj  q.^ 
colarì  trattati,  e  con  la  ricoooWcenza;  neppure  ilJDuca  i390 
di  Urbino  Vn  stato  trascurato  dal  Re  Filippo,  poi- 
ché anch'esso  GeneVa  d>bligate  le  sbe  Trup{«  e  la 
ifua  servitùj  b  ricerevà  pensionei  La  Repubblica  di 
Venezia  ilon  poteva  o[^r«i  aola  a  tanta  potensa,  é 
Paolo  IV.  avea  provato  per  esperienza  l'inatiliti 
dei  suoi  sfoTEit  II  Duca  Ckisimo  era  il  priflc^>ale  U 
stromento  'di  questa  Unione^  e  la  tranquilliù  deU 
l'Italia  ero  il  pretesto  per  invigilare  y  alBnchè  uoa 
^dlscif^iesiei 

GAiPitÒLÒ  KÒNO 

Forma  Ji  (oVerbo  tanuta  dal  Duca  Coainui.  Proacgnlmena 
to  della  Biforma  dei  cottami,  per  cui  >i  trova  il  maggiora 
ostacolo  nelli  Ecclefiaatìci.  Slilema  Giuriadiaionale.  Fó- 
litìa,  e  Leggi. 

Se  il  Duca  Gosimo  niecé  AiUoii^aiv  in  Italia  per 
l'indeièssa  vigilanzae  attività^  con  cui  diresse  il  Gabi^ 
nettoela  guerra  non  minore  ammirazione  deve  pro^ 
durre  il  vedere  che  con  altrettanta  assiduità^  e  proA-^ 
tezza  dirigeva  nel  tempostesso  anche  il  governo  dei 
pc^U.  Sebbene  per  lo  più  la  guerra  sia  in  qualunque 
Stato  nna  solante  di  abuai,  e  di  desuetudine  delle 
buone  leggi,  il  Duca  seppe  ptevenire  questo  ìncon-* 
veniente  nel  suo  Dominio ,  e  proseguire  con  vigore 
le  sue  intraprese.  Già  n  era  indeboUto  nei  Fioren- 
tini quello  spirito  d'indìpendenaa  Repubblicana) 
che  gli  faceva  per  il  passato  recalcitranti  alla  sogi- 
gezione,  alcuni  per  timore,  altri  per  necessità  ,  e 
molti  per  interesse^  tutti  finalmente  obbedivano,  nò 
più  si  temevano  le  aperte  revoluzioni:  il  rigora  del' 
ÌB  1^1  i>  «  la  rigida  osservaBòne  dei  Tribunali  prè*- 


^dbyGooglc 


»i8  STORIMJI  TOSCàSA 

Ah.  veuivano  le  oci^ulle  mfCchìnazioDÌ,  e  U  traaqtiiUì^ 

di  c-tà  (lellv  S^to  era  ormai  as^icoraU.  1  GitUdÌDÌ  tuf-. 

iS^bolvutiedinquietiviTevanoesuliì  dalla  Patria  ne  en-*. 
no  in  grado  d'iotraprtìnderecontFodiessaseuza  ao, 
valÌ4oappoggio.Questa  sicurezza  fu quetla^cbeiiico', 
l^ggt  Goaimo  a  incaricarsi  della  guerra  coatro  i 
FraDcesj^  i  quali  tentavano  ogni  n)etzo  di  disturbar-, 
gliela;  ciò  non  fece  che  accrescerli  Duove,  occupa-^ 
noni  senn  diatrarlo  dalle  ordinarie,  ì}.  Consiglio. 
segreto  era  divenuto  più  una  pultblica  oiioriGceuza. 
di  Ministri  henemeriti,  che  liii'asùstenza  necessaria 
alla  direzione  del  Governo  ;  qaivi  si  esaminavano 
gl'interessi  delle  Corti  di  Europa;  si  facevano  i  pro- 
gnostici al  Papaie  all'lroperatorej  ma  s'ignoravano  le 
roùe  «^reU  di  Conmo.  Egli  volle  esMr  solo  .a  di- 
rìgere la  gaerra  di  Siena  senza  ntai  communicame 
a  veruno  i  più  rilevanti  spreti.  Era  instancabile  il 
giorno  f  e  vegliava  le  notti  scrìvimdo  da  per  se  stes- 
so, e  Ordinando  le  operazioni  della  guerra,  e  l'econo- 
mia  della  medesima.  Allorché  dopo  la  pace  ai  lascia 
trasportare  dal  genfo  naturale  per  le  belle  arti ,  e 
cbe  ordinando  il  palazzo  Ducale  volle  che  nella  grair 
sala  di  esso  restassero  effigiale  le  imprese  di  qael* 
la  guerra,  il  Vasari  lo  disegnò  in  mezzo  a'suoi  Con- 
siglieri, che  gli  suggerivano  le  deliberauoni  per  la 
campagna.  Parve  al  Duca  troppo  contraria  alla  ve* 
rilà  questa  imagine,  e  con  sua  lettera  dei  1 4  Mar- 
zo 1 56a  ne  riprese  il  Pittore  in  questi  termini:  La  cO' 
ronuf  e  assiatenta  di  quei  Consi^ari,  che  volett 
metterci  attorno  rteUa  deléberazione.d«Ua  guerta 
di.  Siena  mmè  necessaria,  perchè  noi  solijumaw 
ma  aibbene  vi  si  potrebbe  figurare  il  sileruio  cam 
qualche  _altr a  0Ìrtìt;  che  rappreaentatae  il  med*- 
nmoche  li  Conù^lieri^  11  solo  Segretario  Bartok»»- 


^dbyQoo^^lc 


t\%  II.  Ci>.  Hfe    '  '^S"    _^ 

ttùo  tktocini  era  partecipe  della  sua  volontà  per  e-  ^^_ 
seguirla  senza  che  i  Gunsiglim  >  i  Gttadioi ,  e  ludi  G. 
«tesso  Marchese  di  Marignano  potessero  sapere  più  '^^ 
x>Ure  della  esecuzione.  Il  Concino  «rea  eobctdtiato 
y:oii  Carlo  V%  le  condizioni  della  gOerra^  avea  rise» 
tluto  bel  campo  per  iuvigilare  Sopra  la  condotta  del 
Marignano*  e  finulroente  fu  quello,  che  pid  di  ogni 
tiltro  giuDse  a  possedere  la  cuu0denza,  e  le  stretti 
snteneionì  di  Conmov  Era  egli  nato  da  uu  Contadi- 
no dì  Terranova  in  Valdamo,  ed  avendo  esercita- 
to  la  professione  dì  Mutaro  Criminale  per  i  Tribù- 
imli  del  Dominio^  potè  col  fiivore  di  Lucrezia  dei 
Medici  Àta  del  Dbca  introdarsi  nel  silo  dirètto  sen- 
Vizio.  L'esperienza  acquistata  bella  lunga  dimora^ 
«che  fece  alla  Corte  di  Carlo  V.  gli  meritò  dal  su(} 
Principe  le  commissioni  le  più  importanti,  che  be- 
ne eseguite  lo  condussero  al  favore,  e  alla  beneme^ 
rensa.  Sebbene  il  Torello  ritènesm!  ttittavia  il  gra^ 
do  di  primo  Segretario  del  Duca,  nondiméno  il  Cob-« 
iftinò  ebbe  la  principale  direzione  dbUe  «nrispòn* 
dente  con  le  Corti  Oltramontane.  Accresciuto  di 
meriti  crebbe  anche  di  lustro,  poiché  fu  dichiarato 
disceo4pnte  delli  antichi  Conti  della  Peona^  e  fatto 
partecipe  dì  tutte  lis  onorificenze  della  Cittì.  Cosi- 
mo lo  arricchì  di  doni  ^  e  di  beneficenze,  che  pòi 
trasmesse  ai  suoi  discendtilti;  fu  Aroidél  M&resciaU 
io  d'Ancre,  e  la  sua  Famìglia  si  eatìnse  nel  i633.  ' 
Più  attivo  certamente  era  il  Consiglio  della  Pra- 
tica Segreta,  al  quale  essendo  dal  Diica  Commesso 
l'esame  delli  afiàfì  contenziosi  così  econoitaici  cur&ti 
tìiurisdiiiionah  j  la  vigilanza  sopra  tutti  i  Magistra-> 
ti,  e  la  cognizione  dbgl'ilUeressl  e  cotiveiliéDze  del- 
lo Stato,  era  dì  continuo  occupato  Uetlft  più  Ìmpor'> 
tanti  d^iberationi.  1  Gttadini  pi&  afleziuiiati  alU 


i,z.dbvCo(>glc 


iM  STÒItrA.  ti  TOSCAKÀ 

4_  Gasa  Medici,  i  Miaistrì  più  consumali  ntUi  iÉttì  ^ 
di  C.  e  i  Capi  dei  Dicasterj  più  iateressati  etaoo  quelii , 

>'^che  lo  componevano.  Il  Duca  non  v'interreniTa  per- 
sonalmente ,  ma  riceveva  in  carta  il  rapporto  d^e 
loro  deliberauoni,  eie  approvava,  corre^eva*  e 
suppliva  secondo  la  sua  Volontà.  I  decreti  di  que- 
sto Consiglio  erano  decreti  del  Principe  ,  e  i  Mi^;i- 
■trati  ed  ì  Particolari  erano  tenuti  a  eseguirli.  Il  vi- 
gore e  l' attività  di  questo  Corpo  snervarono  1'  «■' 
torità  dei  Magistrati  Fiorentini  >  e  contrìbuirODO  a 
rendere  più  assoluto  il  Principato  di  Cosimo  ;  que- 
sto  indebolimento  fu  causa  della  rìibrma  di  alcuni 
di  essi ,  e  della  generale  decadenza  dellì  Miori  dellk 
Blagistratura.  Siccome  per  lo  più  l'o^Mnioiie  ,  e  il 
merito  delle  onorificenze  dipende  dalla  loro  rarità» 
a  dalla  difHcoltÀ  di  conseguirle  ^  cosi  a  misura  che 
si  moltiplicano,  e  che  ne  diventa  l'acquisto  piùfà-* 
Cile  perdono  accora  di  opiniouti ,  «  dì  stima.  Con 
questo  oggetto  il  Duca  concesse  largamente  a  molti 
la.  Cittadinanza  Fiorentina^  e  nel  i555  volle  esten- 
derla ancora  fra  i  DistrittualK  Le  gravezze  imposto 
per  sostenere  la  guerra)  e  la  necessità  di  tener  hene 
aflètti  1  popoli  in  circostanze  così  perigliose  lo  mos- 
sero 8  dargli  qualche  dimostrazione  di  rictHloscen-' 
za.  Con  suo  Motuproprio  dei  9  di  Agosto  >  dicbia- 
randosi  grato  per  ì  soccorsi  datili  dalle  Gtlà  e  T^rre 
del  Distrette  j  e  per  la  fede  mantenuta  coustanle* 
jnente  verso  di  esso»  volendo  dar  loro  un  s^odi 
benevolenza,  ordinò  che  potesse  ciascuna  concede* 
re  la  Cittadinanza  Fiorentina  a  quelle  DirnigUe^cfac 
giudicasse  più  degne  di  questo  onore.  Il  numero.dei 
Cittadini  da  eleggersi  era  proporzionato  al  rango^clie 
occupavano  singolarmen^te  le  Gttà  nel  Domioio  ) 
chiunque  fu  aounesso  in  conseguenza  di  questa  do* 


^dbyGooglc 


tilientÌMie  fu  ujcon  dichiarato  esente  dai  pesi>.dei  ^, 
quali  eraao  ordinariaiaeiite  gravati  gU  altri  Citta-di  ti' 
dini.  Così  il  Duca  senaa  altei'are  la  coalltuzioue  po^  '^^ 
tè  indebolirla,  e  senza  veruno  ostacola  ridurre  ìGit-. 
tadini  ìd  grado  da  non  potare  |»ù  opporsi  alla  sua: 
iliimitata  autorità  :  assorbì  portanto  1'  ammiDÌstra-* 
none  economica  ,  e  la  giotiadicioDe  di  alcuni  Ma* 
gistrati,  comAetteDdo  l' tina  e  l'altra  a  persone  di- 
pendenli  unicamente  dalla  sua  volontà  ;  altri  ne  fiic 
mò,  e  in  tutti  stabilì  qualche  nuovo  metodo,  e  prov- 
vedimento relativo  al  piano  di  operazioni ,  che  già 
éi  era  prefisaoi  Secondo  lo  spirito  apparente  della 
Riforma  generale  del  i53a ,  e  quello  delli  Elettori 
di  Cosimo  del  iSSy  il  Duca  doveva  servire  alla  co-* 
stituzione  del  Governo,  che  comunemente  ai  giu- 
dicava il:  capo  d'opera  della  politica  per  evitare  il 
potere  arbitrario  di  un  solo  :  nel  corso  diventi  anni 
-questa  stessa  coetkuiione)  sensa  essere  fondamen' 
talmente  alterata  j.  servì  a  stabilire  Con  più  validi» 
.  tit  l'assoluto  dominio  di  Cosimo.  Ridotta  in  tal  g^isa 
la  coBtituaìone  non  trascurò  dì  proseguire  le  st^ss* 
operazioni  per  asst^igettare  gli  spiriti.  La  riforma 
dei  costumi,  che.  caso  credeva  tanto  necessaria DOn 
avea  finora  operato  con  elBcacia^.e  la  90Tercbia.sfr- 
verìtà  delle  pene,  itritava  gli  uomini  senza  corr^» 
gerii;  il  male  esempio  delli  Eiiclesìastici,  especìaU 
mente  dei  Frati  ne  impediva  l'effettuazione.  Il  Cle- 
ro FicHTentino  era  senza  Pastore ,  perchè  era  rìbel' 
le,  e  la  precaria  autorità  di  un  Vicario nm  eraba« 
«tante  a  reprimere  i  Viz],  che  per  tal  causa  retta-- 
vano  impuniti.  I  Frati  fostosi  delli  ampj  priviJ^ 
ottenuti  dai  Papi ,'  essendo  esentì  da  ogni  giurìsdì'* 
uone ,  si  gloriavano  di  poter  lare  impunemente  cid 
che  iKHi  era  ffitmesso  aè  ai  Secolari,  né  ai  Freti>  11 


^dbyGooglc 


f^jf  Duca  avei  ^icbinto  al  Papa  che  prÒTTodette  a  ({tW''' 
À  C-fiti  sconcerti  con  mandare  in  ToacàDa  un  L^to , 

*^^il  quale  avesse  autorità  di  castigare  li  Friai  nel 
delitti  di  Eresìa,  Monasterj^  £estemrma  ec.',perJ 
che  i  Idrati  ni»t  gli  castigano  ancoi^  di  atsassinia 
e  omicidio  t  e  ohe  iton  gli  castighino  lo  abÒiamo 
provato  infinite  Voltcì  Ancora  avesse  aUtoHtà  di 
castigare  li  Preti,  ohe  dai  lóro  Vescovi  nonfis- 
itero  puniti  secondo  i  Canoni ,  perchè  ogni  giorno 
vediamo  grandissime  stravagantéf  é  iwrenuno  èa- 
ttigando  noi  ti  Laici  che  ancor  li  F^atieUPretl 
nonV in^unità  non  dessero  simile  etempio. 
'  La  Lef^s  dei  Monasteri  non  area  prodoUonelltf 
Monache  quella  disciplina,  cbe'GoBimodefideraTaj 
il  rigore  della  Deputazione  ^  che  invigilava  alla  lo- 
1^  omdotta  le  inaspriva  senza  emeadarlet  il  loro 
numero  era  eccessivo,  poiché  nella  numeralioDc  Óbt 
ne  fu  fatta  nel  i5Ga  si  trovò  essere  nella  aola  Città 
di  Firenze  434^*  Monache  divise  in  i^S  Monasteri^ 
La  schiavitù  domestica  delle  femmine,  favorita  dal- 
le Le^i  Toscane,  umta  alla  ferocia  dei  costumi  del 
cecolo,  opdrava  che  volontarìamenta  si  staffassero 
dalle  profffie  famiglie  per  cercare  altrove  più  di' 
Bcretezza^  e  meno  rigore.  Con  he^gedei  i3  Otto* 
bre  1557  fu  proibiti}  a  chiunque  l'accoatarn  ai  Ho^ 
Basteri  di  Monache  senza  licenza  degli  Ordinar]  j 
t' ioundazÌDue  dell'Arno  servi  di  motivo  alta  Leg-* 
gBj  la  quale,  però  fu  poi  tenuta  in  rigore  anche  ce»* 
Ubi  la  causa,  ma  conoscendo  inutilequalonqueope» 
rauone  senza  la  riforma  dei  Frati  si  apptic»  a  prcH 
cucarU>  Tentò  d'iaduire  i  loro  Superiori  a  concorre-< 
re  in  questo  medesimosentimentoje  ìntrodurrecon 
Tautorità  l'osservanza  per  i  GoDventì.  Fra  i  Goa« 
tenUialì  dì  San  Francesco  potò  indurne  «Icurì  cint 


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LtB.  ir.  c&B.  Ile  ai 

le  mnotUzioDÌ  a  cooteutarsì  dì  assoggettarsi  alla  oc-  ^^ 
aervaDzaspontaoeameDte.  In  Firenze  tolse  dal  Con- di  t' 
vento  di  Santa  Maria  ffovella  i  Domeuicani  Coii->^% 
veotuali ,  e  v'inlrodusse  gli  Oivervanti,  dai  ijaaU 
sperava  migliore  edificazione  per  il  pubblico^  IGe- 
aaitì ,  allora  denominati  Preti  Riformati  della  Gm-f 
gregazione  del  Gt«ù,  furono  da  e^so  accolti  per  istruì-* 
re  il  popolo  con  la  predicaxione  ,  e  edificarlo  con 
l'esempio.  Fiiiodal  1 546  il  Cardinale  di  Carpi  area 
fatto  un  presente  a  Cusimo  di  due  di  questi  Rifor-' 
matì,  a' quali  fu  subito  assegnato  un  Opiaio  pei* 
darli  a  suo  tempo  un  più  decente  stabilimentOi  In 
breve  si.  guadagnarono  il  farore  della  Ducbessa ,  e 
Iacopo  làjnei  divenne  Confessore  del  Duca ,  e  dì 
tutta  la  sua  Gasa,  e  predicò  nel  i554  in  Fireose,  Il 
Fondatore  S.  Ignaiio raccomandava  conine  loUneA 
Cosimo  questa  nascente  Compagnia,  ed  egli  concorse 
a  stabilirla  convenientemente  in  Firenze  ed  in  Siena* 
A,  tutte  queste  premure  aggiunse  lo  selod'tnvigilarey 
affinchè  non  allignastiero  nel  suo  Domìnio  le  nuove 
opinioni  di  Religione,  accordando  con  faciliti  agl'IiH 
qnisitori  quelle  persone,  che  li  erano  richieste,  e  che 
esso  avea  per  suepette,  per  essere  esaminate  in  Roma) 
a  condizione  però  che  il  castigo  dovessero  soffrirlo  in 
Firenze.  Proseguiva  in  Firenze  l' Inquisizione  a  ea* 
aer  governata  dai  Deputati  ^  dei  quali  nel  i557  ns 
fu  accresciuto  un  akro  ad  istanza  del  Papa  ;  il  Du- 
ca però  fu  guardingo  a  non  lasciarla  escile  dai  suoi 
limiti,  poiché  in  quello  stesso  anno  avea  tentato  di 
.acquistare  giurisdinone  sopra  altri  delitti  conosciuti 
fino  a  quel  lempa  dal  Tribunale  secolare  ;  molte 
volte  però  gio9ti6cava  le  parsone,  cheegU  credeva 
^eminziatc  per  oggetto  di  maligniti,  edopochedì' 
itenna Sovrano diSicna  non  fu facilea  credere  qDaiH 


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Ixi  STOilli  Di  TOSCiJiJL 

f^jf^  to  li  fu  rappresentato  delle  nuove  opìoitHii ,  cbè  ì 
(H  CSocaoi  e  loro  aderenti  spai|[eTaoo  in  quella  CitUi 
^^Per  mantenere  intatta  la  poritjk  del  culto  tenne  in 
oaservanEa  la  Legge  del  i549  "op''B  1»  proibizione 
dei  libri  Eretici  ^  e  nel  i553  permesse  che  si  pub* 
blicasse  in  Firenze  uu  Editto  delli  Inquisitori  di 
Roma  contro  i  libri  delli  Ebrei^  e  particolarmeale 
il  Talmud,  tollerando  ogni  perquisìiìone)  e  Tetta-> 
zione  contro  qtielli  infelici  j  questo  fu  il  primo  passo 
della  Corte  dì  Boma  per  mettersi  in  possesso  di  proi- 
bire-i  libri  in  Toscana. 

Aveano  i  Principi  secobri  fino  a  qilesto  tempo 
provveduto  indipendentemente  dal  Papa  a  qnesta 
parte  di  polizìa^  Carlo  V. ,  temendo  del  progresso^ 
che  potessero  fare  in  Fiandra  lenuovd  opnìoni  di 
Religione ,  pensò  di  proibire  i  libri ,  che  le  propa- 
gavano ,  e  la  Facoltà  Teologale  di  Lovanio ,  incari- 
cata da  quell'Imperatore,  pubblicò  nel  i546  uà 
Catalogo  di  quei  libri ,  che  non  credeva  doversi  leg- 
gere comunemente  dal  Popolo.  Dieci  anni  dopo 
questo  Catalogo  fu  accresciuto ,  e  autorizzato  eoa 
un  Editto  Imperiale.  Anche  il  Duca  Cosimo  nd 
1549.  proibì  lo  stampare, e  ritenere  IìIntÌ  ili  EreLb* 
ci, e  secondo  questa  Legge  fu  condannato  il  Dome* 
taichi.  In  Roma  le  Leggi  erano  locali  »  né  si  preten^ 
deva  ancora  estenderle  all'  orbe  Cattolico  t  ma  Pao- 
lo IV.  volte  imitare  Carlo  V.  bel  lare  il  catalogo> 
superarlo  nel  rigore,  e  renderne  universale  l'osser* 
vanza.  Pubblicò  pertanto  nel  i559  "■*  catal<^  di 
libri  accompagnato  dalla  comminazione  di  severi»- 
aime  pene  di  arbitrio  i  privazione  di  BeneBxj  Eccle^ 
^  aiastici,  infamia  ,  e  censure  par  chi  gli  Htenesiie} 
e  non  gli  presentasse  net  tempo  determinato  ai  Mi> 
tlistn  deputati  a  riceverli.  Era  queste  iaikx  divis» 


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LIB.  II.  GAP.  ne.  asif 

io  tre  classi ,  la  prima  conteneva  i  nomi  di  quelli  j^,, 
autori  ,  dei  quali  ]e  opere  di  qualunque  argomentodiG. 
eranu  condauoate  del  tutto.  Si  comprendevano  nel-  *^^ 
la  seconda  quelli ,  dei  quali  alcune  opwe  erano  già 
ooodannate,  ed  altra  si  tolleravano.  La  terza  ìodit 
cava  alcuni  Ltibri  sema  nome  delli  autori,  e  conte- 
neva l'espressa  proìbiiioue  di  tutti  gli  anonimi  stam* 
pati  dal  iSiQ.  ih  poi,  edi  tutti  quelli,  che  si  fu»i 
aero  stampati  per  l'avvenire  senza  1'  approvazione 
dell'Ordinario  ,  e  delF  Inquisitore,  da  imprimersi 
sul  libro  medesimo.  Si  aggiungeva  a  tutto  ciò  un  " 
c-atalogo  di  piò  di  sessanta  stampatori ,  dei  quali  le 
produzioni  di  qualunque  genere ,  o  idioma  si  Ibsse* 
ro,  dovessero  Kstare  interdette.  In  FiFenxe  i  De- 
putati della  Inquisizione  furuno  da  Roma  incaricati  ' 
di  pubblicare  il  decreto ,  e  il  catalogo ,  ma  il  Duca 
prima  di  autorizzarli  volle  esaminarne  le  conse*- 
guenze.  Siccome  Paolo  IV.  in  tutte  le  sue  delermi^ 
nazioni  non  conosceva  limiti ,  così  anche  in  questa 
volle  far  distinguere  il  suo  stravagante  carattere. 
Questo  atto  tendente  a  estinguere  le  lettere  nell''£u< 
Topa  per  seppellirla  nuovamente  nell'antica  barba- 
rie ,  Al  sorte  per  la  Toscana  che  dal  Duca  fooae  com* 
messo  al  Torello  per  considerarsi.  Rimostrò  egli  che 
il  danno  dei  particolari  nel  privarsi  di  questi  libri 
avrebbe  superato  in  Firenze  la  somma  di  centomila 
ducati ,  che  gli  Stampatori  ,  i  Librai  rimanevano 
distrutti ,  e  che  lo  spirito  di  ooù  indiscreta  Legge 
era  d' incenerire  tutti i libri  stampati  in  Germania, 
a  Parigi ,  e  a  Lione ,  che  erano  appunto  i  migliori, 
restandovi  comprese  le  Bibbie  e  i  Classici  Greci  e 
Latini,  e  altri  di  prezzo,  e  di  pubblica  utiUtà.  Il 
Collegio  Medico  per  mezzo  di  Andrea  Pasquali  Ar.. 
pbiatro  d»l  Duca  rimostrò  l'impedimento;,  ch^ 


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396  STORIA  DI  TOSCANA 

'TTsi  apportava  allo  studio  delle  Arti ,  e  gli  stessi  De* 
4i  C.  putati  della, luqulsixione  arrossivano  di  dovere  eao- 
■^^guire  così  stravagaate  deliberazione.  Si  attendeva- 
no le  rÌBolusioni  delli  altri  Governi  ,  ma  i  Venu- 
siani diauCQuIavano,  il  Vice-Re  di  Napoli,  e  il  Go- 
vernatore di  Milano  ne  areaao  dato  parte  al  Re  ia 
Fiandra  >  e  il  Cardinale  Alessandrino  insisteva  cbt 
si  eseguisse ,  Deterniiaò  pertanto  il  Duca  che  i  De- 
putati della  Inquisiaìone  lasciassero  eseguire  1'  &> 
ditto  di  Roma  sollanbo  per  i  libri  contrari  alla  Re* 
ligionfi,  e  cbe  trattassero  di  Magia,  e  astroli^ia  gin- 
dìciaria,  sospendendo  l'esecuzione  quanto  a  quel- 
li ,  cbe  non  avessero  relazione  alle  classi  predette. 
I  IVati  di  S.  Marco ,  che  avrebbero  voluto  obbedire 
cecamente  all'Editto  Romano  furono  ammoniti  a 
nome  del  Duca  >  11  quale  ,  come  Patrono  del  GoD' 
vento  e  della  Biblioteca  ,  vtdle  impedire  la  perdita 
di  tanti  libri  donati  loro  dai  sooi  maggiori.  li  otto 
di  Mario  i559  furono  nella  piazze  di  San  Giovan- 
ni ,e  diSanla  Croce  abbruciati  pubblicamentequei 
libri,  cbe  a  forma  della  corresione  di  Cosimo  resta- 
vano esprossaraenite  vietati.  Ciò  non  ostante  fu  tale 
lo  scoDcerte ,  cbe  sofTrì  la  viercatiuv  dei  libri ,  che 
.  i  Magistrati  di  Basilea,  di  Zurìgo,  e  di  Francfint  ri- 
corsero a  Cosimo,  alBnchò,  interponendo  col  Ponte- 
fice la  sua  mediaùone,  procurasse  qualcbe  riparo 
alle  fravi  perdite ,  che  rtsentivano  le  Imo  Cittì. 

Con  quello  stesso  vigore  ,  cqn  mi  aveii  procura- 
to la  riforma  della  disciplina  ^  e  sostenuto  U  purità 
della  fede,  opwò  ancora  per  difendere  le  Chiese  , 
e  gli  Eccieaiastici  iklle  esorbitanti  imposizioni  dì 
decime  ,  con  le  qaali  la  Corte  di  Roma  tutto  dì  gli 
spremeva.  Per  non  ripetere  in  quali  angustie  Pao- 
hi  IV.  avesse  po«to  la  Toscana  con  questa graveaw. 


i,z.dbvCoòglc 


LIB.  II.  piP.  IX.  >sy 

basti  il  dire  che  Le  Chiese  dello  Stito  di  Firense  nel  '^^ 
1547  perimpoteosa  eranu  arretrate  di  qtto  decime,  di  Q, 
Quanto  fosse  iqgiusto  il  procedere  di  quel  Papa  tut>  ^^  - 
to  il  Moudb  lo  conosceva ,  perchè  sotU)  Ìl  pretesto 
delle  invasioni  d«i  Turchi ,  dei  qu^li  ^li  era  taci- 
tani^aie  alleato ,  «premeva  le  Ghia«e  per  arrìccbirf 
}  Farnesi;  aggravava  questa  prepotenza  la  uanife- 
j)ta.infrdziuue  della  giurata  capitolazione  del  Gonr 
clave.  Allurchè  dopo  la  morte  di  Adriano  VI.  i  Car- 
dinali in  numero  dilrfntotto  si  congregarono  per 
l'elezione  di  un  Poo.ie^e,  giiirarono  tutti  una  ca? 
pitolazione  di  v^ntisei  artìcoli ,  nei  quali  crederono 
riposte  tutiequelle  coiulizioni,  che «i  potevano  ima^ 
ginare  per  l'interesse  e  splendore  della  Sede  Pan< 
tiQcia ,  e  per  il  bene  universale  della  Glùesa.  Tr% 
esse  all'Articola  ao  si ^rumottev^,  ejgiur^va  la  re- 
vocazione di  tutte  le  decime  impofte  da  Adriana 
VI.,  e  di  non  imporne  giammai  pfr  l'avveniror 
Questo  ginramenlu  non  in  oe^t8^>ent^  atteso  d^ 
Paolo  yi.  p  che  anzi)  dopo  averne  impMte  tante  ia 
^Toscan»,  pensò  ai  mezzi  di  costituire  le  Chiese  ii| 
grado  di  sodisfarle,  Cun  Breve  diretto  al  Csrdinala 
Camarlingo  imaginÒ  d' incaricarlo  della  esaziuno 
delle  otto  decime  Toscane  in  quattro  anni ,  dando 
facoltà  8  quelli ,  che  non  potessero  pagarla  di  ven* 
dere  i  Beni  statili  dei  BeneEzj ,  con  la  cautela  per4 
di  rinvestirgli  nel  termìue  di  dieci  anni,  Parve  ine-; 
fruibile  questo  piano ,  perchè  il  cor^  lU  dieci  an- 
ni fu  creduto  troppo  breve  per  potere.  nnuvamentQ 
accumulare  il  prezzo  dd  Beui  da  rinvestirsi  j  eper- 
f:iò  la  Camera  Apostolica  imaginò  un' nuovo  piano, 
Fu  proposto  chele  Chiese, e i  BeneGz) Ecclesiastici 
dessero  in  portata  tutti  i  loro  Beni  stabili  allivellati 
tt>P  aninio  di  venderli  per  il  prezzo,  che  »  ritrorav 


^dbyGooglc 


ks8  STORIA  DI  tOSGÀVA 

*T^  aCj  e  con  tener  termo  il  contratto  di  IìtcHo  ìn  mo- 
di C.  do  che  ì  Livellar)  non  piò  dovessero  pagare  alle 
*^  Cbiese  ì  canoni ,  ma  a  quelli ,  che  mediante  Io  sboiw 
so  ne  a.ve9sero  fatto  l' acquisto.  L' oggetto  principa-* 
le  era  dì  ritenere  aopra  quei  fieni  un  qaakbe  dì- 
ritto'  per  poterli  reviudicare  in  cìrcoatanze  pìiì  fa" 
vorevoli ,  tanto  più  che  sì  pretendeva  dì  lasciare  an-' 
nessi  ai  medesimi  qnei  pnvìl^j  e  immanitit>  eh* 
godevano  sotto  gli  ecclesiastici.  Tutti  i  Beni  dì  qaa-> 
lunqtie  Chiesa,  Luogo  Pio,  e  Beitefioìo^Eccleaiasti-* 
co  erano  compresi  in  qnésta  diaposìzicme ,  aU'  eci 
cezìone  di  quelli  della  Religione  di  Malta.  Il  Duca 
doveva  acquistarvi  Iti  gabella  di  tutti  t.contratti,  e  il 
prezzo  doveva  rimettersi-  alta  Camera  Apostolica 
per  mezzo  di  un  Banchiere  deputato  per  questo  ef- 
fetto. Le  condìtiom  per  la  esecuzione  erano  divise 
in  tredici  articoli  >  e  furono  presentate  a  Cosimo  ^ 
aIBnchè  lecunvaUdasse  con  la  sua  autorità.  Consul- 
tato il  Breve  prima  di  fiirlo  eseguire  volle  il  Duca 
concordare  col  Commissario  Apostolico  che  i  Beni 
restassero  sottoposti  a  tutte  le  gravezze  come  quelli 
dei  Laici ,  obbligandosi  però  esso  di  dare  alle  Chie- 
se e  luoghi  Pìi  delli assegnamenti  in  danaro  ,  afEn- 
chè  potessero  sodisfare  alti  oneri ,  che  gli  correvano. 
Stabilito  questo  punto  tutte  le  Chiese  del  Domini* 
furono  intimate  a  dare  in  portata  ì  Beni  Uvellarj; 
oltre  una  sooìetÀ  dì  Mercanti  formata  a  questo  og- 
gettOj  molti  particalari,  e  lo  steisso  Duca  Cosimo 
sotto  diversi  nomi  concorsero  per  làrne  l'acquisto. 
Si  eseguivano  con  celerità  le  contrattaaioni ,  e  si  ri-> 
mettevano  a  Roma  delle  riguardevolì  somme^  at- 
Idrcliè  i  reclami  delli  Ecclesiastici,  e  singolarmen- 
te dell'  Arcivescovo  di  Firenze,  indussero  Paolo  VI. 
a  revocare  U  Brève ,  e  spedire  un  nuQTo  Gomnii»> 


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.    LIB*n.  CKF.  IX.  .  «9 

atrio  a  Firense.  Giunse  egli  neìV  Aprile  i549 1  ^  *  Kn. 
talora  delle  sue  commissiooi  pretendeva  reacinde-  <'>  ^ 
re  ì  contratti,  allegando  la  manifesta  lesione  dello  ^ 
Chiese ,  e  V  inosaerranza  del  Breve  :  il  Duca  all'  op> 
posto  rimostrava  cke  tutto  era  fatto  alte  istanze  del* 
la  Camera,  e  che  non  era  giusto  che  i  suoi  Sudditi^ 
i  quali  aveano  comprato  con  buona  fede  restassertf 
defraudati.  Produsse  questo  successo  non  lieve  scon- 
certo ,  poiché  ne  nacquero  gravi  contestazioni  col 
Commissario ,  diffidenze  del  Duca  con  i  Ministri , 
e  il  timore  di  vedere  insieme  il  danno  delle  Ghie* 
ae>  e  la  perdita  dei  particolari.  Fu  forza  nuUadi- 
meno  condeKendere  a  qualche  oorresione ,  e  con- 
cordare col  Commissario  che  si  lasciassero  in  esse* 
re  le  contrattazioni  fatte  secondo  le  regale,  e  senza 
lesione ,  aonullandoù  le  altre  per  mezxo  di  due  De- 
putati, da  destinarsi  uno  dal  t^pa,  e  l'altro  dal  Do- 
ca  :  che  il  Papa  con  i  proprj  danari ,  o  con  un  sus- 
sidio cauto  e  sicuro ,  da  esigersi  io  sei  mesi  sopra  i 
Vescovadi  e  Abbazzìe ,  avrebbe  rimborsato  i  Mer* 
canti ,  che  ibssero  astretti  a  restituire  i  Beni  com- 
prati :  e  finalmente  che  il  Duca ,  restituendo  le  ga- 
belle e  decime  percette  da  questi  Beni  ^  sarebbe 
«tato  indennizzato  con  quattro  decime ,  da  esigersi 
in  quattri)  anni  dalli  Eixleaiastioi  del  Dominio:  ai 
Vescovadi  e  alle  Abaùe  si  dava  jàcoltà  di  vendere 
liberamente  i  Beni  per  conispoodere  al  sussidio,  « 
alle  decime.  Ma  ^sendo  morto  il  Papa  ,  il  nuovo 
Pontefice  Giulio  IH.,  reputando  questo  trattato  iU'* 
d^no  del  suo  carattere ,  eiqgìurioso  alla  Sede  Pon- 
tificia ,  rimostrò  a  Cosimo  la  reciproca  convenien- 
za in  rescinderlo  «oo  restituire  alle  Chiese  intera* 
mente  i  loro  Beni.  Promesse  adunque  il  Duca  di. 
.liire  eseguire  I«  donatMUtaFettitiiv^ne,  rimborsaai 
T,  Ih  14 


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aio  STORIK  Di  TOSCANA. 

'^  do  col  prt^rio  danaro  i  MercanU  ,'eìl  Papa  ìd  ccn»^ 
Si  G.peDsa«ioDegUaccordòdÌeci  4eciin«>.(U  esigerà daUi 
*^^GccleKa8tici  iu  un  tempo  determinato. 

L'dTidità  e  rambìzìoUe  dei  Pontefici  suggeriva* 
no  allora  simili  concordati,  ai  <]uali  Principi  italia- 
ni aderiyano  per  Uebolazi»,  e  per  timore  della  loro 
potenza  ;  ciò  non  ostante  il  Duca  Gofimo,  avvezzo 
già  a  lottare  con  Paolo  lY.,  n<ui  era  dei  .più  &cili  q 
condescepdere,  e  in<jueato  trattato  forse  lo  ioqpegnà 
Vinteresse  più  di  ogni  altro  riguardo;  poiché  sosten* 
ne  in  (qualunque  evento  con  tatto  il  vigore  i  dititta 
della  Si>yranità,  e  paTticolarinente  sopra  gli  Eccle- 
«iastici ,  Tnaateiieodo  nella  più  rigida  osservanza 
la  circolare  del  i53^  relativa  al  poaseaso  dei  Sene- 
fizj,  e  riservando  sempre  al  Giudice ^  da  esso  ttel&r 
gato  per  questo  effetto,  la  ct^izione  delle  cause  cu>ih 
cernenti  questa  materia.  Siccome  l'inviluppo,  delle 
Leggi  Pontificie  dava  un  apparente  titolo  a  piùcou- 
correati  ad  un  medesimo  benefìzio,  e  producev^ 
in  conseguenza  aspre  controversie  Chi  gli  E^lesia- 
9tici/la  tranquillila  dello  Stato  esigeva  tutta  la  vigi^ 
lanza^del  Principe  per  prevenirne  gli  effetti.  Per  que- 
sta stessa  causa  procurò  Cosimo  di  mettersi  insensibil- 
mente al  putsesaodei  padronati  delle  Comuiiità,Q  per 
piezao  di  mandati  di  procura  delle  niedesimea  ito- 
minare^ovvero  prevalendosi  in  certi  casi  apertamen- 
te del  diritto  diSovraQÌtìi,cbe  li  competeva.  Tolle* 
rò  j  padronati  ddpopolo,  l'eiexioni  dei  ilettori  dai  po- 
polani medesimi,  proponendolo  moderando  ilniuii&. 
ro  dei  soggetti  da  eleggersi^  arocdndo  però  a  se  I4 
bbera  elezione,  qualora  avesse  conosciuto  che  potes- 
se alter^M'si  la  pubblioa  quiete.  Nei  c{tei  di  Stato  e- 
sercitò  sopra  le  .persone  Ecclesiastiche  pi«ia  e  liba* 
m  giuri^2ioue,e  all'Ardvesoove  Alto  viti  dìchian- 


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LIB.  II  CAP.  IX.  3St    ' 

to  rUi>^1e  sequestrò  i  frutti  della  sua  Chiesa:  àopo'J^- 
l'acquisto  di  Sieoa,  ^uTendpsi  procedere  contro  uDdi  C. 
intiero   Conyento  di  Carmelitani  j  permesse  che  il '^^9 
loro  G^qerale  vi  mandasse  un  Gommi''^ria  perchè 
fosse  presente  alli  esooii.  Nei  casi  poi  dei  Monasteri 
.  procede  contro  di  essi  fioo  all'arresto^  lasciando  ch^ 
i  loro  Ordinar)  proseguissero  il  rìipaneute^  e  sicco-    ^ 
.  me  recusavano  di  obbedire  alle  sue  Leggi?  ^^  Qii  ^ 
che,  nel  i558   trovandosi  le  Carceri, piene  di  Preti 
e  di  Frati,  come  rei  di  tali  delitti,  domandò  a  Ro- 
ma  UQ  Legato  con  autorità  di  conoscere  le  loro  cau* 
se,  non  reputai)do  Qonreniepte  di  eseguire  le  pea^ 
contro  i  Laici,  s«  gli  Ecclesiastici  loro  complici  aves- 
sero dQVUto  restare  impi^nìti.  Le  gare  giurisdiziona:»   \, 
li  tra  il  foro  secolare,  e  l'ecclesiastico  ,  siccome  alf 
lora  Don  tendevano  che  a  superarsi  l'ui^  l'altro^  per 
ciò  turbavano  facilmente  la  pubblica  quiete,  poìchà 
ciascuna  procurava  dj  agire  per  vie  raanifestamea- 
te  opposte  a  qpelle  dell'altra,  Allorché  i  Pripcipt 
dell'Italia ,  e  Cosimo  particolarmente  ^  applica^- 
roqo .  con  seTerissime  Leggi  a  rif^m^re  i  costi^" 
mi,  i  vixj  trovarono  fra  li  £^lesiastici  l'impt^- 
oità ,  e  Paolo  IV.,  tutto  intento  alla  guerra,  e  a  prò* 
movere  l' Inquisizione  ,  trascuravfi  la  disciplii^a    . 
■del  Clero.  Cdò  produsse  infiniti  disordini  >.e  fi^ts^ 
stazioni  giurisdizionali ,  per  le  quali  si  t^evano,  di 
continuo  occupati  i  Qoverni  seazA  vantaggio  alca-    ' 
■no  d«i  popoli-  I^a  rapacità  dei  Caral^  non   trascu- 
rava però  ogni  nuz^o  per  estorquere  dei  danari  i  i 
«ODcordati  di  Vado  e  di  QiuUo  111.  aveauo  preclu- 
«a  la  strada  a.in^rre  nuove  decime  nella  Tosca- 
na,.  ma  nondìmeDo  trotrarooo. un  altro  titolo  per 
vessare  i  luoghi  jE^i  dello  Stato  con.ÌQtiQiare  l'esa^ 
«ione  d«i  quùideanj.  La  guerra ,  le  pwurì(> ,  «d  uh 


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«5i  STOIU\  SI  TOSCANA. 

\^'  tre  calamità,  cbe  aveaao  «uccessWameote  afllìN 
fliC-to  il  Dorainb,  aveano  ancora  estremaiDeate  dela- 
litigato  li  Spedali,  e  li  altri  luoghi  Pii  per  80ccor^ 
réfe  grinfelici.  I  Pontefici  eraao  soliti  a  condo- 
nare queste  tasse  in  benefizio  del  pubblico,  né  Co- 
simo volle  perinettere  cbe  si  disastrasse  così  inoppor- 
tunamente il  suo  Statoj  le  ostilità  del  Cadinale  Ca- 
raffa, e  l'avidità  dì  cons^uire  le  somme  pretese  fih 
rono  una  delle  principali  cause  ^  che  impegnarono 
il  Duca  a  promovere  la  sua  rovina,  e  Paolo  IV.  dì- 
venuto  più  ragionevole  recedè  facilmente  da  que- 
sto preteso  diritto  per  vanta^io  dell'universale. 

Gli  stassi  riflessi  mossero  i)  Duca  Cosimo  a  riget- 
tare dal  suo  Dominio  il  Tribunale  della  Fablmca 
di  San  Pietro.  Giulio  IL,  volendo  erigere  in  Roma 
un  Tempio,  che  superasse  in  magniGcesza  tutti  gU 
altri  di  Europa ,  ìmaginò  ancora  il  modo  dì  poterlo 
jàre  a  spese  di  tutti  i  Fedeli.  Pubblicò  pet4anto  nel 
iSoQ  una  Bolla,  in  cui  ordinò  che  tutti  i  Legati  Pii, 
che  fossero  lasciati  a  persone  incerte,  e  a  Intubi  in- 
capaci di  conseguirli,  e  quelli ,  che  dilli  eredi  uoa 
fossero  eseguiti  secondo  la  mente  dei  Testatori ,  « 
voltassero  tutti  a  profitto  di  quella  Fabbrica.  In  Ro- 
ma fb  eretto  un  Tribunale  con  ampia  giurìsdìcio- 
ne  da  delirai  poi  nei  Commissari,  cbe  si  doveva- 
no spedire  nelle  varie  Provincie  dell'orbe  Cattolico. 
Per  conseguire' questo  fine  piii  iàcilmente  fu  prov- 
YedutodtdarfacoltàiiCommiwafj  di  fkr partecipa^ 
re  i  diversi  Principi  delle  esazioni  da  eseguirsi  nei 
]oro$tati,  e  peranimarei  popoli  a  concorrere  a  qu». 
fta  opera  dispensare  Indulgerne  e  Giubhilei,  e  Gir 
grazie  in  materia  di  Ordine,  e  di  Matrimonio.  Seb- 
)>ene  Leone  X.  e  Clemente  Vii.,  ampliando  con 
puove  dispenaioni  la  BolU  di  Qiulio  II.j  ne  promò* 


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tft.  tt.  C4P.  ix.  àsS      ^^ 

te^ro  con  tatto  il  calore  l'effettuacione,  è  fcerto  che  ^ 
fino  al  i55i-  non  avM conseguito  alcun  vigore  iiidic^ 
ToSCflDa.  Allora  fu  che  il  Tribunale  di  Huma  fece  '^H 
ùtaoia  al  Duca  che  i  suoi  Goikimiaiarj  potessero  e 
Sercitare  Uberamente  nel  Dominio  di  Firenze  la  lo* 
ro  giurìsdixione,  ma  fu  loro  replicato  che  i  tempi 
Don  eraho  opportuni  per  inquietare  i  popoli  con 
umili  novità.  I^a  gQinta  di  SieOa^é  le  altre  caUmì' 
tà,  che  afflìssero  la  Toscana  servirono  di  pretesto 
per  rigettare  novamente  le  istanze  del  Tribunale  di 
Roma,  fintàbto  che  non  fu  creduto  convénientedi 
doverle  accMxlare  a  Fio  IV.,  a  cui  il  Dùca  era  tenn^ 
to  per  tanti  titoli.  FA  dtinque  nel  i56i  concordato  ■ 
col  Commissario,  spedito  da  Roiua  per  questo  efièt'^ 
%Oi  che  delle  tesazioiii,  che  si  lécessero  a  tenore  dèl- 
ia Bolla  il  Dilca  ne  Conseguisse  la  terza  pa.rte  per  e-^ 
rogarla  liberamente  in  opere  pie,  uo'allra  terza  par' 
te  pervenisse  nel  Commissario  con  obbligo  di  fare 
tutte  le  spese  per  l'eaaiione,  e  l'altra  terza  parte  re-* 
stasse  alla  Fabbrica;  il  Doòa  dovesse  elt^gere  un  suo 
Commissario,  perchè  unitamente  a  quellodi  Roma 
invigilasse  alla  esazione)  e  custodia  delle  somme.  Fu 
eletto  da  Cosimo  a  questo  carico  lo  S|)edalingo  de-* 
glTnnoc«lti,  e  il  Uagistrato  dei  Consiglieri  eoo  sua 
legge  del  tSQS.  ordinò  ai  Notari  di  mostrare  i  Re- 
giti di  tutte  le  disposizioni  ad  piai  òausàs.  Il  Vica'* 
rio  dell'Arci  vescovo  fu  eletto  Giudice  delle  prìme 
istanze,  e  il  Potestà  di  Fif^nàe  fu  dichiarato  perle 
appellaziunii  Quali  fossero  i  progressi  e  l'attività  di 
questo  Tribunale  in  Toscana  può  facilmente  rile-i 
Tarsi  dallo  stato>  in  cui  tà  trovava  nel  Novembre 
i568,  dal  quale  apparisce,  che  calcolando  i  danari , 
che  già  erano  in  cassa,  il  prezzo  dei  Beai>  dei  quali 
era  al  possesso,  e  i  crediti  fàcilitiente  esigibili  avca 
da  dÌTÌderc  FiorUù  Tentiduemila  tioTccebto  veit* 


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a34  STORIA  DI  TOStìASrA 

j^j,  ticioque.  Ma  aiccorae  io  breve  restò  sfruttato  ìt  Ì)o' 
drCmiaioda  questi  Gommissar)  Romani ,  le  loroia' 
'^combeaze  si  ridussero  a  manifeste  Teasationi,  tanto 
più  che  ia  Corte  di  Roma  inseasibìlmente  gb  di- 
sp<^lió-di  tutte  le  facoltà  di  coocedere  grazie  e  di-* 
spense j -che  almeno  riSparraiaTaiio  la  penale  ìldi- 
'    spèadio  di  ricorrere  a  Roma.  I  frequenti  ricorsi  di 
popòUj  e  -particolarmente  dei  Notari,  che  erano  tìo-* 
tentati  a'predorre  i  Rogiti  e  le  continne  inquietudini, 
die  ne  -risentiva  il  'Governo,  aggiunte  al  meschino 
profitto,  che  ritraeva  la  Fabbrica  dalla  Toscaija>  fu- 
rono causa  che  in-  progresso  n  consolidassero  nel 
Nunzio  FuntifidoicaràtterìdìCòmmissa  rio  edi  Giu- 
dice-di detta  Fabbrica.    ~ 

Tali  erano  le  disposfnoni ,  che  il  Duca  Cosimo 
davo  per  il  governo  dei  popoli,  e  per. la  difesa  dei 
suoi  diritti  in  tempo,  che  la  guerra  diSieoa, gl'in- 
trighi dei  gabinrtti ,  e  le  macchinazioni  dei  suoi  ri- 
belli l'ebbligavano  a  invigilare  alla  sieurezza  della 
persona  t  e  alla  quiete  della  Gittà>  I  Cittsldini  erano 
ogni  giorno  più  malcontenti  per  le  molte  gravezze 
imposte  per  supplire  alla  guerra^  e  pochi  erano  sin- 
ceramente afièzionati  agi'  interessi  del  Principe  :  i 
ribelli  trionfavano  in  Roma,  aspettando  novità  nello 
Stato,  e  lo  Strozzi  con  l'esercito  ai  confini  le  -mi- 
nacciava. La  plebe,  sebbene  addetta  al  Duca  Gosì- 
mo,  non  amava  però  il  suo  rigore^  ed  (^nì  piccolo 
successo  a  lui  contrario  l'avrebbe  facilmente  drter- 
minata  a  seguitare  la  sorte  del  vincitorei  In  tali  cir- 
costanze il  sospetto^  e  la  dilEdenza  suggerivano  le  , 
cautele;  la  vigdauza  sulle  aùmi  le  più  mdifferett-* 
ti,  le  frequenti)  e  replicate  espltH^zìoni ,  l'eccessi- 
vo rigore  stille  mìnime  -trasgressioni ,  -  gì'  iadiz|-  n* 
moti  puniti  come  fatti  compiorati-,  e  Giialmente  ■ 


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^b<ìi^  e  le  confisbauoni  spargeTauo  da  per  tatto  lo  ^„^ 
«Imrénto  e  il  terrore.  Cosi  Irìgida  poliùa  prodtlsée  il  ii  C' 
desiderato  effetto  di  tenere  in  uba  perfetta  quiete '^^ 
la  Gittk  fintanto  che  i  c^ccAssi  felici  delle  armi'  di 
Gosimo  tolseroa  tutti  la  sperahiÉa  di  potere  innova- 
re nello  Stato.  Conobbe  égiì  stesso  di  avere  forse  ec- 
ceduto Col  aoTerchio  rigore^  è  percid>  {umettando 
delta  occasione*^  che  gli  somminìstraTa  la  letìzia  di 
cosi  presperi  eveiìti,  con  ^uo  Indulto  dei  5  Ottobre 
i554Vi'chiamò  alla  patria  te  alle  pròprie  làmiglié 
ifuegl' infelici,  <^e  percossi  dal  rigore  delle  Leggi 
vivevano  assenti  ìb  conttimaciaj  q  per  sodisfare  alla 
péna,  tkfpo  diciassette  abnì  di  regno  fu  questo  il  pri> 
bio  Indulto  di  Cjosimo  ;  dispose  egli  cbe  si  elegges^ 
Mero  cinque  Cittadini  col  nome  di  Graziatori^  i  quali 
tàyesseto  piena  faboltà  di  assolvere  qualunque  con- 
dàbnato  anche  nella  vita ,  eccettuando  però  ì  de- 
litti di  Stato,  Con  quelle  prescrizioni,  facilità  e  mo- 
di, che  cì-edessero  più  convenienti  a  ciascubo.  L'au- 
torità di  quissti  GraEiatori  doveva  durare  due  mesi> 
e  in  tal  tempo  fu  data  a  chiunque  libera  franchigia 
dì  potersi  introdurre  nella  capitale  per  accettare  la 
grazia-  Questo  atto  di  clemenza  mitigò  lo  spavento^ 
che  aveatlo  risvegliato  i  Bandi  di  ribellione  pubbli-^ 
cati  contro  Biodo  Àltoviti  e  suoi  complici  ^  e  l'ine- 
sorabile cobfiscazioilk  che  fu  fatta  di  tanti  Beni.  L' 
ibfelicitik  dei  tempi^  e  U  situazione  della  Toscana 
richìedevabo  allora  qtteste  risoltiziobi ,  che  comu- 
nemente furono  interpetraté  tome  procedenti  da 
épirilo  di  crudeltà^  e  dì  Oppressione.  Conosceva  pe- 
rò il  l)uca  Cosimo  più  di  ogni  altro  il  carattere  del-» 
la  nazione  che  goTemava,  e  più  esattamente  dei  suoi 
Ministri  discerneva  le  inclina^oni,  fe  distinguevA, 
i' opportunità  di  usare  a  vicenda  il  rigore  e  laeom* 


Cf,zo..i.vCtH>glc 


a36  STOMAUrtOSCAKA 

^  piàceQzaj  ed  'ìoratti  nel  i555,  mentre  «beoni  dii*' 
di  C.  rava  la  guerra»  6  che  si  osservavano  con  rigore  Catta 
'^le  conventicole  della  Cittri^  si  era  formata  in  Fìren-* 
:ze.  un'  adunanza  di  Cittadini ,  che  s' intitolavatio  i 
Pianigiani ,  e  portavano  per  insegna  cavoli  e  rape. 
Costoro  in  numero  più  di  trenta  delle  principali  fa' 
miglio  si  adunavano  per  fare  dei  conviti ,  e  imagi> 
nando  ugni  vo^a  qualche  ideale  rappresentania  bur-* 
larsi  continuamente  delle  cose  del  Mondo,  motteg- 
giandu  e  ridendosi  di  tuttiiPrincipi,aciascuDo  dri 
quali  fiveano  attribuito  un  nome,  e  un  carattere. Ta- 
le adunanza  essendo  stata  rappresentata  al  Duca  co> 
ine  sospetta,  e  perniciosa  alla  tranquillità  dello  Sta- 
to,  e  in  conseguenza  meritevole  di  essere  proibita 
e  dispersa ,  disingannò  egli  stesso  i  Ministri  da  que- 
sto timore,  scrivendo  di  sua  mano  sotto  la  relazio- 
ne questa  8eDtensa:>S«fnpre  si  usò  nella  Città  fare 
di  simili  baje ,  e  non  hanno  semprt  tanti  Jènda* 
menti  quanto  le  persone  s'imaginano,  ma  sibbens 
a  tempo  della  Repubblica  si  soleva  in  simili  con- 
greghe Jàra  le  sette  nei  Consigli  ^e  nei  Magistra- 
ti ,  perchè  te  congiure  di  Stato  non  si  possono  fa- 
re in  tanto  Ttumero ,  né  con  tanta  varietà  di  per' 
sane ,  perchè  ,  sebbene  ve  né  d' ogni  sorie^  lifHÙ 
sono  persone  qniete  per  quello  si  è  poasutofin  qui 
scorgere,  e  perchè  li  cervelli  Morentini  non  sanno 
stare  oxiosi  ,  è  meglio  alle  volte  si  occupino  in  si- 
mili tresche  che  stiano  cogitabundi. 

Alternando  in  tal  guisa  la  severità  e  la  clemen* 
za  secondo  le  circostanze  proseguì  il  suo  piano  di 
legislazione ,  ohe  correggesse  le  antiche  Leggi  senza 
però  abolirle  e  stabilisse  una  più  esatta  amministra- 
zione di  giustizia.  1  giornalieri  successi  »  e  le  occa* 
'«ioDali  o<;correnae  suggerìvaOo  le  Leggi ,  le  quali  j 


^dbyGdoglc 


Ltt.  n.  CAI»,  nt  »5^    __^ 

dettate  d&  uo  governo  ancora  dìfèttoM  ed' incerto  ,  ^„^ 
portavano  seco  lo  spìrito  del  secolo,  e  dei  LegisUto-di  O 
ri;  la  giustisia  doveva  vendicare  ì  delitti  più  che*^^ 
correggerli^  e  la  vendetta >  siccome  non  corr^ps 
ma  irrita ,  sterminava  gli  nomini  senza  farli  mi- 
glìorì.  L'Indulto  e  i  Grasìatori  restituirono  alla  Pa- 
tria una  prodigiosa  quantità  di  Sudditi^-e  ne  risenti 
vantaggio  singolarmente  Pistoja ,  dove  l' Epidemia 
della  fauoni  avea  disperso  il  maggior  numero  dellr 
abitanti.  Tra  le  più  notabili  Leggi  di  questa  epoca. 
è  quella  dei  1 9  Giugno  1 556  contro  i  Sicar)  ;  in  tem- 
^  di  congiure,  di  guerra ,  e  di  ribellioni  questo  de- 
litto era  troppo  comune ,  e  meritava  un  riparo;  fa 
in  essa  prescrìtto  il  modo  di  procedere  contro  co* 
storo  liberamente^  e  senza  osservare  l' ordinario  me- 
todo di  giustizia;  furono  per  essi  dicbiarate  lestess» 
pene cbe per iprìncipali^e  promesso  il  premio  e  l'im- 
puaità  a  chiunque  rilevasae  il  mandato  prìma  di  e- 
acuirlo .  Stabili  nuovi  rq;olamenti  circa  la  ibrna 
di  j^ocedere  nel  Tribunale  criminale ,  e  provvida 
con  {àù  Le^  alla  pubblica  onesti  ,  e  a  richiamare 
alle  virtù  chi  ne  avesse  gii  deviato.  Con  L^ge  dei 
dodici  Agosto  i55o  preservò  alle  femmine  le  loro 
doti ,  volendo  che  fonerò  preferite  a  qualunque  cro- 
dìtore  posterìore,  e  precisamente  anche  al  Fisco ,« 
Camera  Fiscale  per  causa  di  gravezze.  Invigilò  % 
mantenere  il  buon  ordine  udla  Rota  Fiorentina  a- 
vendo  con  le  Leggi  dei  a6  Agosto  i54i>dei  3o  Mag- 
gioi543,edeÌQAgo$tQ  i56o provveduto  alta  forma 
dei  giudìzjj  e  prescritto  i  termini  delle  istanze  per 
comodo  dei  htiganti.  £U>e  ancora  in  considerazio- 
ne le  milizie  terrìtorìali  del  Dominio,  draominato' 
comunemente  le  Bande,  per  le  qnaU  sotto  il  dì  26 
Maggio  1548  istituì  una  particolare  Legislazione  j 


^dbyGooglc 


^ 43*  STOMA.  IM?rOSCÀ.IlA; 

^^  la  GìurJ^zioàe  aopra  ì  descrìtti  in  qoesta'  itiìììj^d 
di  G- fu  staccata  dal  Magistrato  delle  Baode,  rasideald 
*^^uella  Capitale,  e  repartita  nei  Tribunali  della  Pro> 
Tincia  ;  fiiilonp  regolati  i  giudizj  e  le  pene  tanto  per 
le  cause  puramente  militari  cbe  miste-.^  e  iì^ooa 
stabiliti  i  privilegi  ^^^  doTessero  godere^  le  perso* 
■e  dei  descrìtti  e  i  loro  Padri  dovevano  esoere^senti 
da  tutte  le  gravezze  eccettuate  le  gabelle  ^  e  il  prez- 
■0  del  sale  )  dovevano^ncora  essere  imborsati  nella 
borse  delle  ComuDità  senza  squittinio,  ed  essere 
esenti  dalla  Legge  delle  Siiidicberìe^e  in  coaa^uen- 
ta dal  divenire denunsiatori .dei  male^z).  Nel  iSSt 
i  descrìtti  a  questa  milizia  erano  quattordicimila 
seicento  aettantaquattro-j  repartiti  in  diciotto  Fnn 
Tincie  con  diciotta  Capitani.,  che  gli  goTeraaTana 
secondo  k.  Leggi  già  stabilite.  lu.  Siena  non  volltf 
innovare  nella  Legislazione  fintaotethè  la  pace  if 
liiversale  lo  ponesse  in  grado  di  agire  cou  piena  li- 
bertÀ;  bensì  trovògU  Statuti. di  quella  Repubblica 
poco  confaciénti  al  nuovo  sistema  di  Monarchia ,  e 
ne  ordinò  l' esame  per  riformarli  ;  ficee  però  che  ai 
ponessero  in  osservanza  alcune  Leggi  di  Firenze ,  ti 
^cialmente ,  la  circolare  del  1 539  "opra  il  poaseaso 
dei  BenefiEj  »  e  la  L^ge  dei  Monasterì  >  riaarvandosi 
di  iàre  una  Riforma  generale  di  governo  atccomeaTea 
prom^so  a  quei  Cittadini. 

CAPITOLO  DECIMO 

Vicentle  della  Kfercatara  Jopo  U  dicbur<)SÌoi>e  della  gnerra 

Commercia  particolare  dei  Fiorendoì.  Progresso  delle 

Arti ,  e  Manifiittare  In  Firenze.  OoTemo  econamico  del 

-  '  thicff  Cosimo  :  pi-openslone  del  ntedetimo  per  promovere 

le  belle  Arti|  e  le  Lettere. 

'  Fra  i  mali,  che  le  amtizitfte  gart  ti'a  trarlo  V.  i 
Enrico  II.  produssero  all'Europit  non  fa  il  ibinorit 


^dbyGooglc 


Itt  n.  CiP:  X.  iìg      

qbello  dello  interrompiinento  della  mcrcatnra.  Co-,  ^k 
pò  la  fatale  dicbiarasione  della  guerra  il  Minuterò^)  G. 
IiDperiale,iinagtnaDdormezzìdi  togliere  alla  Fraii-'^^ 
eia  il  nervo  principale  dì  tutte  le  imprese ,  cioè  il 
danaro ,  conobbe  esaer  necessario  per  questo  effet- 
to il  deviare  i  camb)  dalla  Fiera  di  Iiione.  Questa 
Piazza  «V  divenuta  il  centro  della  Mercatura  di 
Europa  i  d  suo  ptinto  di  facile  communicasiooe  eoa 
l'Italia  ,  Germania  e  Fiandra  la  rendeva  troppo 
opportuna  per  la  distribuzione  delle  merci  in  que* 
ste  Provincie  )  ciò  faceva  che  il  cambio  vi  avesse  la 
sua  sede ,  e  che  il  omtante  eflfeuivo  vi  abbonda»' 
ae  più  che  in  qualsivoglia  altra  Città  di  commer- 
cio. Tale  abbondanza  di  danaro  dava  al  Re  il  co* 
modo  di  profittare  nelle  sue  urgenze  di  riguarde* 
Toli  imprestiti  da  quei  Mercanti ,  ai  quali  assegna' 
va  poi  in  pagammto  le  rmdite  della  Corona.  Proibì 
Carlo  V.  a  tutti  i  Mercanti  dei  suoi  Domin j,  sotto 
gravi  pene  di  confiscastone  e  dì  arbitrio,  di  rimet' 
tere  per  l'avvenire  i  pagamenti  alle  Fiere  dì  Lio* 
ne^  trasferendoli  piuttosto  in  quelle  di  Augusta,  la. 
qnal  Cittì  egli  reputava  .più  opportuna  e  comoda 
per  la  commnnicazione  tra  l' Italia  e  la  Fiandra. 
Questa  L^ge  j  unita  alla  proibizione  generale  del 
commercio  fra  le  nemiche  nazioni ,  sconcertò  da 
per  tutto  la. mercatura  ,  ma  singolarmente  in  Ita- 
lia ;  gli  affari  mercantili  di  questa  Provincia  erano 
troppo  collegati  con  la  Piazza  di  Lione  ,  la  quale 
poteva  dirsi  una  Colonia  dì  Fiorcntìnij  Oenoveaì^ 
e  Lucchesi.  La  nazione  Fiorentina  quivi  dimoran- 
te potè  nel  corso  di  questa  guerra  imprestare  al  R# 
^  la  somma  di  Ducati  nS^Bio,  la  Nazione  Genove- 
se 1 1 33oo  ,la  Milanese  39390  ,la  Lucchese  7  30737 , 
k  Portoghese  44<'io^  e  finalmente  la  Tedesca 


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34*  STOIU&  ti  TOSCANA. 

.  n  543333  ;  ciò  convince  dello  stato  tnercantilé  til 
di  C.quella  Città  ,  e  che  il  commercio  era  in  mano  dei 
*^^  Forestieri,  poiché  la  nazione  Francese  Donerà  giun- 
ta ancora  al  segno  di  gustarne  i  vantaggi.  Gli  scon- 
certi ,  che  risentì  Lione  per  la  mancania  dei  paga- 
Bieoti  in  Fiera  produssero  in  Italia  dei  notabili  fal- 
limenti. In  Lucca  fu  tale  l'angustia  di  quei  Mercanti, 
che  ,  dopo  aver  battuta  in  Zecca  tutto  l'argento  e 
oro  delle  proprie  case,  e  quello  inserviente  all'or- 
nato dalle  loro  donne  ,  fu  consultato  Ìo  Consiglio 
di  valersi  delle  ricchezze  delle  Chiese  per  impedi- 
re gli  ulteriori  fallimenti.  La  Piazza  di  Firenze  noa 
soffrì  meno  di  seicentomila  Ducati  di  petdita  in 
questa  occasione ,  e  nelle  altre  Piazze  d' Italia  man-* 
cava  totalmente  il  danaro.  A  Genova  nel  iSSa  i 
eamb)  erano  arrivati  al  33  per  cento ,  e  a  Napoli 
mancava  la  specie  per  le  contrattazioni .  In  tali 
contingenze  il  Duca  Cosimo  avea  bisogno  di  trovar 
denari  per  prepararsi  alla  guerra  ,  e  di  spremere  i 
Sudditi  con  accatti,  e  balzelli.  Egli  avea  resi&dto 
alle  insinuazioni  del  Vescovo  di  Arras  di  unifbr* 
narsi  alle  risoluEÌonì  Imperiali ,  né  volle  mai  proi- 
bire ì  camb)  delle  suo  Statoper  Lione;  considerava 
dhe  ciò  avrebbe  apportato  alla  Città  la  totale  rovi- 
na ,  perchè  i  più  iacoltosi  Mercanti  Fiorentini  di- 
moranti in  Lione,  avendo  molti  dei  loro  capitati 
in  mano  del  Re ,  non  avrebbero  potuto  &cilniente 
abbandonarequell'EmporiO)  e  ritirarsi  alla  patria; 
che  anzi  non  trascurò  di  profittare  dell'  universale 
sconcerto  in  vantaggio  dei  propr)  Sudditi  ;  poiché  la 
Spagna ,  restando  priva  di  tutte  le  merci  sottili  ,  cha 
le  pervenivano  per  terra  dalle  manifatture  dì  Lio' 
ne  e  d' Italia  ,  procurò  il  favore  particolare  di  quel 
Governo  per  introdurre  in  quel  Regno  una  diretta 


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LIB.  II.  C&P.  X.  94) 

'corrìspoDdenza,  ed  ub  esito  più  Tantaggioto  per  le  ah. 
merci  Toscane.  lu  tal  guisa  i  drappi  d' oro  e  di  se-^,^ 
ÌH  ,  le  varie  sorti  dì  panni  j  V  oro  filato ,  e  le  altre  ^ 
maoifattare  di  Firenie  si  trasportavano  in  Spagna 
liberamente  per  estrame  cocciniglia ,  lana,  seta, 
perle,  e  altre  gioje.  Tentò  ancora  varj  Mercanti  di 
Anversa ,  e  dì  altre  Piazae ,  perchè  venissero  a  sta- 
bilire in  Pisa  il  loro  commercio,  e  il  Sammìniati, 
'che  era  it  primo  Mercante  di  Seta  in  Lucca ,  tra- 
aferì  in  Firenze  la  sua  mercatura  con  5oo  lavoran- 
ti in  quell'arte.  Egli  ai  era  preQsso  di  riconcentra- 
re in  Toscana  la  desolata  mercatura  d' Italia  per 
avere  nel  suo  Stato  una  sorgente  vìva  di  danaro  da  ' 
poter  sosteuere  la  guerra  ;  le  circostanze  favorirono 
.  assai  questo  piano ,  poiché  in  Italia  i  soli  Venena- 
ni  non  aveano  risentito  delle  pubbliche  calamità  ; 
le  arti  ^  e  le  manifatture  languivano  da  per  tutto  a 
'misura  che  ne  cresceva  il  bisogno.  iVel  Dominio  di 
Firenze  la  guarà  non  afflisse  mai  la  Capitale ,  nò 
r  interno,  e  la  scoiTerìa  dello  Strozzi  nella  Valdì* 
nievole  fu  rapida ,  né  portA  a  conseguenza  veruna. 
I  denari,  che  i  Francesi  diffondevano  nello  Stato 
di  Siena  colavano  tutti  per  meszo  della  Lombar- 
dia ,  0  dello  Stato  Ecclesiastico  nelBominio  di  Co- 
nmo ,  ed  i  suoi  Sudditi  seppero  ben  profittare  di 
questi  vantaggi.  ^ 

Si  accrebbero  perciò  straordinariamente  nella 
Città  le  manifatture^  ma  prìncipalmente  quelle  di 
lana  presero  maggior  vigore  per  lo  smercio  che  tro- 
varono nelle  parti  di  Ponente.  Le  L^gi,  che  Goai> 
mo  avea  pubblicate  nel  i54^  e  neri546-,GODceF- 
nenti  il  buon  ordine  tra  gU  Artefici^  e  ima  piii  ret> 
ta  direzione  per  le  contrattazioni  relative  a  quell'ar- 
te ^  «Teano  prodotto  de^  buoni  tSSttìi  per  t'au- 


^dbyGooglc 


ìi44  STORIA;  SI  TOSCANA. 

f^f,  mentodelUnudesinia.Nel  i554>  cioèaelra^ior 
di  C' calore  della  guerra  di  Siena  si  fabhricaroBQ  in  Fi- 
'^^^renze  paoni  l65oo,  dei  quali  1800  più  dell' fiODO 
antecedente f  e  il  guadagno  dei  Uercaoti  fu  TilnH 
Tato  maggiore  del  i5  per  cento.  Crebbe  <^ni  anno 
con  giusta  proporzione  quesU  m3qifattunt>  dimodo* 
chi  giunse  poi  non  solo  a  emulare^  ma  apche  9  su* 
perirei  felici  tempi  dell'antica  RepubUics-  La  ro» 
laziune  dell'anno  15.59  latta  al  Duca  dql  Cancelliere 
di  quell'arte  giustifica  ì  iàui  bastantemente,  e  coi^ 
vince  quanto  il  Duca  avesse  operatp  effioacemenif) 
per  felicitare  i  suoi  popoli.  Si  esprime  egli  U  37 
Gennajo  i56o.  Quest'anno  si  sono  lai'orati  qui  neìr 
la  Città  panai  ventimila^  e  l'anno  passato  sfml^ 
vararono  iedicimUa,  riducendo  ie  rasàe  e  panni . 
larghi  apannicorsivijComegià  siCQStitmavairagÌ9i' 
nasi  l'uà  panno  per  l'altro  Scudi  trenta  in  nod^  ohe 
li  tvntimila panni  montano  scudi  seice^aniila^e  40 
si  va  seguitando  come  si  è,GonHnciata  in  breve  »  ^*r 
pererà  la  magnar  somma  che  ^émnwjàtto  qut^ 
sta  Città,  che  una  voltasi  trova  essere  stata  pan- 
ni veruitremila  ;  e  tutto  proaede  dal  bum  Qovety 
no  di  p'ostra  JSccellenm  Illustrissuwt,.e  daU'es^ 
sere  nella  Città  più  somma  di  danniri  che  fine 
mai.  yedesi  per  l'anno  futuro  i^lio  apparato  di 
lavorare  ,  che  di  questo  mese  di  Qennajo,  che  ca- 
mincia  Vanno  si  sono  sballate  tante  l^net  celle 
quali  si  coadurranua  meglio  di  dueaùla  rasde , 
e  se  non  ci  sarà  wtoncamento  di  lavoranti  sf  tieii 
per  certa  che  s'akbia  a  superare  il  numera  di  que- 
si'anno^  e  così  la  Città  diventa  ogni  dì.  più  fio- 
fida,  più  feUce ,  ec.  Nel  (56^1.  eateudosi  lavorati 
in  Firenze  panni  treotamila,  il  Duca  potè  avere  la 
cuuteotezza  di  vedfr  superata  quau  ,d>  UQ-  tw  ìÌ 


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LIB.  II.  C&P.  X.  a4? 

maggior  lavoro  dei  tempi  Rapubfalicaai.  la  mao-  aa, 
canza  dei  tenitori  impedì. ancora  óiaggiori  progrea-il>  <^ 
n,  e  fu  nacessario  alletUrli  con  nuovi  oomodi,  epri-  '^ 
TÌlegj.  L'esito,  principale  dt:qaeiti  paoni  si  &ceva  ia 
Spagna  0  m  Sicilia,  e  molti  ne  passavano  in  FraUf 
eia  j  di  dove  sì  ntraevaDo  i  guadi  per  la  tintura-  U 
commercio  di  Levante  era  già  decaduto ,  e  i  Frau* 
cesi  non  aveàno  mancato  di  mettepe  la  Porta  in  dif- 
^denza  dei  Fiorentini.  IV«1  i554  erano  in  Parsola 
-quattro  Mercanti  di  questa  nazione  e  sebbene  il  Bai- 
lio  si  affaticasse  a  persuadere  quei  Turchi  cbe  la 
guerra  attuale  era  tra  Fiorentini  e  Fiorentiui>e  non 
con  i  Francesi,  ciò  perà  non  impediva  qualche  pen. 
aecuzione  di  quel  Governo;  di  qui  nacque  la  qua- 
si totale  estinzioue  di  quel'CoaaDnercio,  poicbè  nel 
l556  era  ridotto  ad  una  «(Ha  Gasa.  Il  Magistrato  dei 
Conservatori  del  Commerciò  dì  Levantereputò  inu*  . 
(ile  la  residenzadet  Bailo  alla  Porta,  ed  avea  progeti- 
tato  di  soggettave  la  nazione  «  qqello  dei  Venezia* 
pi.'  Disapprovò  il  Duca  queato  pensiero,  e  ji  applicò 
con  v^ure  a  procuraredi restituire  nell'antioo  spleor- 
dore  questd  brapea  di  mercatura.;  A  tal'efietto  a-» 
vendo  la  Porta  spedito  a  Venezia  un  Cbiaus  egli  lo 
invitò  a  passare  di  Firenze  neUua  ntoroo;  arrivato 
in  Toscana  fu  accolto  dal  Duca  con  le  maggiori 
cortesìej  e  r^alato  dì  preziose,  ed  esquisite  merci, 
«i  mostrò  (óeghevole  alle  proposizioni  che  gli  furo* 
PO  fatte  ;  promesse  primieramente  dì.  tarare  ch« 
il  Gran  Signore  confermasse  l'antica  capitolazione, 
che  teneva  con  la  Repubblica  ;  che  avrebbe  inter- 
posto il  suo  favore  presso  il  Visìr,  affiocbè  la  nazio- 
ne Fiorentinaibsse.  proacelta  dalla  Corte,  e  dal  Ser- 
raglio per  provvedecù  di  drappi  d'ora  e  di  seta,  e 
dì  {«niù  d^  qualità,  «he  Xu&wra  donuodate  per 


^dbyGooglc 


a44  STOKU  DI  TOSCiLNA 

AN.ricBnibiflre  queste  merci  con  seU  cruda,  speiìeiìe^ 
^'^co}ami,efrumeDtì.  IlDucapromeseedi  scasare  eoa 
'*^sua  lettera  al  Visir  i\  fatto  succeaso  cuitro  i  Turchi 
■  PiombÌDO ,  dichiarandosi  che  egli  sì  tenne  co» 
^pielhi  nazione  solamente  suUa  difesa,  e  si  astenoe 
di  ofiènderla  ma^iortneote  per  desiderio  di  noa 
averla  nemica.  Fu  spedito  col  Chiaos  un  Mercanta 
pratico  del  commercio  di  Levante ,  che  finalmente 
ottenne  la  conferma  delle  capitolasioni.  ConsisteT*- 
DO  ^ae  in  veutidue  articoli,  con  i  quali  si  accorda- 
Tano  alla  nazione  Fiorentina  gli  stesti  privilagj  dei 
Veneziani,  il  navigare  nel  Mare  maggiore  estrarre 
frumenti^  pagare  una  sola  volta  i  dasj  per  le  mer- 
canzie, ed  esser  giudicati  dal  proprio  Bailo  per  «»- 
trovOTsie  di  mercatura  fra  loro.  Fu  di  poi  inviato  un 
nuovo  Bailo,  e  s'intraprese  la  mercatura  già  coa< 
certata  col  Gbiau^  ma  la  geloùa  delle  altre  uasio- 
ni  e  le  successive  vicende  dell'Europa  resero  in  pro- 
-gresso  totalmente  inutile  questo  trattato. 

Senza  questi  provvedimenti  non  avrebbe  certa- 
mente potuto  il  Duca  Cosimo  ricavare  dai  propri 
Sudditi  lesommeeaorbitanti,cbeesaogrimposeper 
proseguire  la  guerra^  e  senza  queste  precedenti  no- 
tizie niunu  si  persuaderebbe  come  egli  potesse  a^ 
gravare  di  tanti  pesi  un  cosi  piccino  Stato.  Ordini 
primieramente  con  Legge  dei  7  Ottobre  i55a  una 
gabella  generale  per  tutto  il  Dominio  sopra  le  Fa- 
tine, che  si  macinavano  per  il  consumo  da  durar* 
tre  annij  e  ciò  ad  oggetto  di  fM'tificare  le  frontier* 
in  occasione  della  guerra,  che  preparavano  g|'Ink> 
periati  contro  lo  Stato  di  Siena.  L'astringere  i  po> 
poli  a  pagare  un  dazio  sopra  un  generedella  primft 
necessità  parve  un  bel  metodo  anche  al  Vice-Re  di 
•  I4;ipoli.JDon  Pietro  di  Toledo^  il  ^oale  adimitui^ 


^dbyGooglc 


se  di  Couno  impose  poAteriormente  na  carlino  di  j^„ 
dazio  so[H^  ciascheduD  tomolo  dì  grano,  c^e  si  ma-  dì  G. 
einasse  ia  .quel  RegaOj  perchè  ancbe  gli  Ecclesiasti-  *^^9 
ci  fossero  astretti  a  soffrire  questo  peso.  Giulio  HI. 
prestò  ad  ambedue  il  sua  tacito  assesso.  I  Caraffi  in 
Boma  perrezionarono  anche  dì  più  questa  scoperta 
poiché  imposero  una  gabella  sopra,  ciascheduu  par 
■e,  che  si  cuoceva  nei  Forni  pubblici,  ai  quali  tutti 
«nino  stati  forzati  a  ricorrere.  Il  Duca  Cosimo  eoa 
Duova  liCgge  dei  9  Dicembre  1 55à  variò  il  metodo 
della  esazione,  giacché  il  primo  fu  trovato  difettoso, 
e  fàcile  a  eludersi.  Successe  nello  slesso  anno  un  ac- 
catto, parziale  per  i  Fiorentini,  e  nel  i555  fìi  impo- 
sto un  accatto  a  perdita  generale  per  tutto  il  Domi- 
nio per  la  somma  di  dugentomila  ducati.  Fu  essa 
diviso  in  4a6o3  poste  distinte  in  più  classi,  e  pa- 
gato dai  popoli  con  la  massima  prontezia  e  celerìi 
U;  un  altro  non  minore  ne  fu  imposta  nel  i553 , 
e  in  ciascheduno  dì  essi  furono  tassati  anche  iGtx 
ladini  dimoranti  pelle  diverse  Piazze  dell'  Europa. 
Ja  facilita  di  questi  accatti  a  p^ìta  fu  il  oervQ 
principale  della  gueirit ,  non  già  il  totale ,  poiché 
fu  necessario  il  fare  dei  riguardevoli  partiti  di  da- 
naro a  Apversa  ,  a  Venexia ,  ed  ì^  Genova.  La  sua 
previdenza ,  e  l' esattezza  nel  sodisfare  alle  condi- 
Ùonl  con  i  Mercanti  furono  il  motivo  principale, 
per  cui  e%\i  si  trovò  sempre  provvisto  di  danari,men-< 
Ire  eh*  Carlo  Vu  Filippo  II. ,  e  i  Francesi  ne  que- 
stuavano in  tutte  le  PiasM.  Tutu  l'Italia  restò  am- 
mirata come  un  Principe  di  così  piccolo  Stato  po- 
tasse resistere  al  dispendio  di  una  gn^trra ,  che  gli 
eostò  circa  tre  milioni  di  ducati  d'oro;  poìchèr^U 
dovè  supplire  non  solo  per  le  proprie  milizie^  nu 
ancora  per  i  aocotursi  ìnTÌatUi  da  C^rto  Y.,  che  p^ 
T.  IL  i5 


346  9TQEIA  QI  TOSCANA 

"'  lo  più  gluDgevano  in  Toscana  ammutinati  par 
ili  C.  maocanza  di  paghe.  A  tutto  ciò  ù  aggiunse  il  ca- 
i^^ro  prezzo  j  e  la  iqaacauza  dei  TÌverij  etto  fu  la 
causa  del  totale  disfacimento  dell'Eccita  Fran- 
cese di  SietMi.  la  marcatura .  assistè  talmente  U 
Duca  in  questa  contingenza ,  che  non  solo  potè 
^oTvenire  ai  suoi  popoli ,  ma  anche  sommintstrap- 
ne  alli  amici  circonvicini,  Bell'Ottobre  del  t55^ 
fece  un  partito  con  la  Repubblica  di  Genova  di  con- 
legnarli in  tre  anni  noveniiU  ntoggia  di  grano,  ir&i 
mila  moggia  per  ciaschedup  anno  al  prezzo  di  imh 
Te  ducati  d'oro  il  ntoggìo  per  riceverne  il  pagamen- 
to nelle  consegne  da  farsi  it>  Pisa-,  a  I^ivorno.  Nel 
■  554  mentre  la  guerra  l' obbligava  a  maggiur  con-i 
•umo  procurò  di  richiamare  nel  suo  Stato  l'abboQi 
danza  del  grano ,  ordinando  che  ciascheduno  po- 
tesse vendere  liberamente  e  a  qualunque  prezzo  oef 
#uo  Dominio  il  grano,  e  biade  forestiere,  aso^naor 
do  ai  Mercanti  il  jffemio  di  un  ducato  per  moggio 
Qella  introduzione  Qno  alla  somma  4t  cento  salma 
per  posta.  Un  tale  provvedimento  tenneaerapceab- 
bottdante  (li  viveri  il  Dominio  di  Firenze^  e  contrii 
bui  a  sostenere  una  guerra ,  dove  non  meno  dell^ 
forza  combatteva  la  fàn^.  Oltre  di  ciò  egli  teneva 
più  navi  gii  destinate  per  il  servizio  della  propria 
mercfttura.afiìnchè,  scaricando  le  merci  d'Italia  nei 
Porti  di  Fiandra  e  di  Spagna,  ritornassero  cariche 
di  grano  in  f  oscana.  ^«1  i558  la  penuria  era  ri-; 
dotta  in  Jt^lia  a  tal  segno  che  il  grano  valeva  da 
per  tutto  sette  lire  Iq  sta  jo  ;  la  Sicilia  ne  mancava 
egualmente,  perchè  le  avanie  dei  Mìniotrì  Spagnoli 
vi  rendevano  più  dif^cili  le  semate.  I.Genove«  fu? 
fono  indotti  dalla  necessità  a  stabilire  con  la  Porl^ 
HO  trattato  di  pagarli  ogni  anno  trentamiUze^chtitì 


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Lre.H.C&P.  X.  a4f. 

pW  avere  la  tratta  libera  dei  grani  in  tutto  il  Ce-  ^^ 
vante  Ottomaiino.  Nel  Milanese  la  guerra  avea  di- di  C. 
stratto  i  coltivatori  dalla  campagna ,  e  la  Toscana  '^9 
era  un  paese  di  mercatura  ,  dove  Io  spirito  di  agri- 
coltura era  vinto  datila  apparenza  di  un  maggior 
guadagno  nel  trafQcu.  Finalmente  la  cura  prmci* 
|>ale  di  tutti  i  governi  d'Italia  era  il  provvedimento 
della  sussistenza  dei  popoli. 

Il  deplorabile  stato  della  agrìcoltnra  Toscana  ; 
oltre  la  mancanza  del  grano,  prodaceva  ^nelie  quel- 
la del  vino  e  dell'olio.  Candia^  le  Isole  dell' Arci- 
pelago ,  e  la  Corsica  sommioistrarano  il  vino  per 
l'ordiDario  consumo  delli  abitanti  di  Pisa,  e  di  tutta 
la  parte  inferiore  della  Toscana-  La  coltivatone 
delti  ulivi  era  così  trascurata  che  nel  l557,  avendo 
le  valli  di  Buti  e  di  Calci  prodotto  seimiù  barili  di 
olio,  fu  reputata  una  raccolta  multo  abbondante, 
e  in  Firenze  nel  i559,  mancando  l'olio  perle  ma- 
nifatture di  lana ,  fu  uecesserio  che  l' Arte  si  prov 
vedesse  a  caro  prezzo  di  buona  quantità  di  questo 
genere  da  Perugia,  da  Genova,  di  Provenza,  e  di 
Puglia.  Tali  accidenti  richiamavano  le  principali 
premure  di  Cosimo  per  provvedere  alle  occorrenze 
dei  Sudditi;  ed  in  fatti  nelli  anni  i  più  calamitosi 
ripetè  tlella  Capitale,  e  nelle  principali  Città  e  Ter- 
re del  dominio  la  distribuzione  del  pane  ai  Insogna- 
si ,  obbligando  i  luoghi  Pii ,  ed  esortando  ì  più  fa- 
coltosi tra  i  particolari  a  concorrere  a  quest'atto  dt 
umanità.  Fncertammtegran  sorte  per  essochepen* 
dente  la  guerra  di  Siena  la  mercatura  rendesse  flo-  . 
rido  il  suo  Dominio,  e  i  Sudditi  diretti  dal  suo  gran 
genio  fossero  in  grado  di  riparare  alle  pubbliche 
calamità,  e  di  somministrarli  i  mezzi  per  sostenere 
U  guerra-'  Egli  noa  meno  che  il  politico  risolveva! 


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»4I  STORIA,  DI  TOS<VlNA. 

T'alia  se  solo  ancor  l'economico;  il  Depositario  geo*- 
a;  c.rale  era  il  Ministro  incaricato  a  soprintendere- lum 
}^9olo  a  tutte  le  particolari  hraoclie  cU  econoniìa  pubr 
hlica  dello  Suia,  ma  ancora  alla  privata  mercatu- 
ra, agi'  imprestiti,  e  interessi  suoi  particolari; ren- 
deva conto  in  cartA  dello  Stato  attuale  detU  a&ri , 
e  Cosimo  di  proprio  pugno  gl'iodicava  io  margine 
la  sua  volontà.  La  perfetta  cognizione  dello  Stato  ^ 
e  l'esperìensa  acquistatanelgavernodi  essofaceva- 
oo  che  egli  suggerisse  al  Ministro  dei  lumi  piutbN 
sto  che  riceverne  dal  medesimo.  Nelle  impoaiùoni 
delli  accatti ,  lulzellì,  susaidj  ec-  »  ^li  stesso,  codo- 
aceodo  esattamente  le  for^e  di  ciascuno  dei  sucti  Sud- 
diti, assegnava  le  poste  j,  e  giudicava  della  ma^or 
re,  o  mÌQor  potenza  per  i  pagairientì.  Il  metodo  , 
che  ^U  teneva  in  tali  occasioni,  sebltepe  fosse  cor-i 
redato  dì  tutta  la  prudenza  per  conseguire  l' eSH* 
to,  noq  «a  però  fornito  della  più  esatta  giustiòa  ; 
poiché,  dividendo  Iv  persone  in  potenti,  mediocri,  e 
deboli ,  e  regolando  l'imposta  con  la  mira  della 
pronta  esazione,  ne  sucGedeva  che  nelU  accatti  da 
restituirai  i  potenti  erano  tassati  con  poste  coapicoe, 
e  gli  altri  leggiermente  in  proporzione  delle  loro  Gì' 
collii;  m^  nelli  acoatti  a  perdita  usava  di  aggrava- 
re alquanto  1?  due  cla«9Ì ,  o]i9  non  aveano  potuto 
supplire  ahhondantemeDte  all'  imprestitu,  Gorr^- 
geva  però  con  l'equità  questo  arl}itrto,  copcedendo 
^i  meno  fitcoltosi  dei  comodi  4i  teiqpo ,  e  di  comr 
peusafione.  Il  pubblico  (Ielle  due  classi  minori  sof- 
friva più  yoloQtieri  di  perder^  una  discreta  somma 
in  uq  })a)zello,  che  di  sborsarpe  Mna  raggi^rdevol^ 
pell'impreatito  ;  i  potenti  vi  concorrev^uq  af^nreti^ 
.  leqieiite  di  buoi)  animo  per  guadagniir«  il  favore 
d^l  Frtpcipe  ,  {he  }>en  grac^iya  tyies^  Iotq  €xv^df 


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Irt.  il.  t'kf.  X.  4^ 

Acfeb  Jefaza ,  ìe  solo  ì  lontani  erano  i  più  renitenti  a  ^-^^ 
obbedire.  Tutti  però  mal  Sofirivano  io  ternamente  <1>  G- 
di  vedersi  spogliati  del  frutto  della  propria  indù-  '^-*d 
ìètrìa ,  ed  è  ihirabilé  come  questo  metodo  pratica* 
Ijile  Solo  in  una  Repubblica  potesse  efiettuarsi  in  un 
GovenA)  così  assoluto  come  quello  di  Ckuimo.  Tutto 
tendeva  a  ricavare  danari  dai  Sudditi ,  poiché  oltre 
gli  accatti  ebalielli  ai  aggiunsero  nuoT^ gabelle, co- 
tne  quella  imposta  sulla  carne  'aeì  iSS-j.  Nei  i556 
fu  imaginato  anche  un  lotto  ^  per  cui  ai  formò  una 
compagnia  dì  Mérca&ti  >  ma  la  Caoie^a  fiscale  t1 
bbbé  il  ptihcipale  iateresse^  II' Capitale  consisteva 
in  denari  ^  che  si  sborsavano  dal  Duca ,  e  in  gioje  A 
(Tonto  dei  Mercanti  :  le  prime  otto  estrazioni  produs' 
fiero  agl'interessati  trentamila  ducati;  A  questo  tem- 
po si  deve  riferire  l'istituzione  delle  maggiori  gra^ 
Vezze  imposte  nel  Dominio  di  Fitenze>alcunié  delle 
quali ,  sebbene  fossero  lemporarie  e  relative  ai  bi-> 
kogni  della  guerra ,  ciò  noù  ostante  cessata  la  causi 
si  perpetuarono^  e  divennero  readite  foudamentali 
dello  Stato,  e  del  PHncipct 

Ma  siccome  ciò  potè  quietaihehtfe  esegtiiìMì  pét  il 
'florido  stato  della  nazione ,  così  conveniva  operare 
in  forma  che  tanti  aggfavj  non  la  distraessero  dal- 
la Mercatura  j  é  disttirbassero  la  sua  prosperiti;  A 
tal' effetto  pensò  di  facilitata  ai  Mercanti  l' ìngres^ 
8ù ,  e  r  introduzione  delle  Mercanzìe  estere  nei  suoi 
Stati  per  il  porto  dì  Livorno ,  e ,  avendo  terminata 
tU  costruiire  Portolerrajo  nell'Elba  ,  determinò  dì 
richiamarvi  la  popolazione,  e  il  commercio.  Pub^ 
blicò  pertanto  li  14  Settembre  i556  un  editto  a  fa« 
Vore  dei  nuovi  abitatori  di  quella  Piazza ,  in  cui  fd 
promesso  a  chiunque  occorl'ésse  per  abitarvi  liberi 
Iranchigia  di  persona  e  di  Beni^  non  ostante  qua» 


CcizoJ.vCoO^^IC 


i59  STORTA.  DI  TOSCANA. 

i_  luoquepregiudizio  altrove  4:oDtratto,  fa  dùJuanto 
^iaimiuuae  da  qualunque  gravezza  ordinaria  e  sbraor' 
*^9dÌDaria  per  ì  Beni,  cbe  possedeue  nel  Dominio  dA 
Duca  j  e  fu  stabilito  che  le  mercanzìe  di  qualunque 
genere,  che  s' iiitroducesaero  io  quel  Porto  fosse-* 
ro esenti  da  ogni  dazio  e  gabella  tanto  all'entrare 
che  al  sortire  del  mede«ìmo>  Fu  donato  il  mola  a 
tutti  quelli  j  che  volessero  fabbricarvi  le  abitazioni  ^ 
«  qualunque  naviglio ,  che  quivi  si  fabbricasse  fu 
dicbiarato  immune  dal  pagare  gravezze  nei  Porti , 
e  ecali  del  Domìnio.  Pisa  già  si  ristorava  dalle  sof' 
ferte  calamità  ;  le  acque  non  dominavano  più  le  sue 
pianare,  uè  l'aere  insalubre  spavttntava  gli  aiuta- 
tori j  la  florida  Università ,  la  presenza  del  Duca  e 
della  sua  Corte  per  multi  mesi  dell'anno ,  la  mer- 
catura già  introdottavi  dai  Portoghesi, e  da  altri  fb- 
reatieri  venuti  ad  abitarla  ^  contri  buivanc»  concor- 
demente alla  sua  prosperità.  Le  altre  Città  del  Do- 
minio rlHeiitirono  tutte  a  proporzione  il  Tantalio 
delle  pi'emure  di  Cosimo^  ed  egli  potè  riconoscere 
sella  loro  fedeltà  e  attaccamento  la  sodisfazione  , 
àie  dimostravano  del  suo  governoi  Perciò ,  essen- 
do Tessati  ì  gravi  timori  della  guerra  al  dì  fuori , 
potè^jlì  vivere  tranquillo  e  sicuro,  scorrendo  per 
Tarie'  parti  del  suo  Domìnio,  e  potè  con  varie  feste 
e  spettacoli  mettere  a  parte  i  suoi  Sudditi  della  le 
tizia  t  ^he  egli  stesso  provava  di  avere  abbattuto  cbì 
^r  insidiava  il  Trono  ,  e  la  vita.  Coo  questo  spirito 
nel  1 555  volle  che  si  celebrasse  in  Firenze  con  pom- 
pa sb'aordìharia  1'  anniversaria  commemorauoae 
della  vittoria  di  Scaunagallo ,  e  eon  pubblico  Ban' 
do  dei  3 1  di  Luglio  ordinò  pubblici  rendimenti  di 
grazie  nelle  Chiese  principali  della  Città  ^  invìUO' 
do ì  Magistrati  •  i  Cittadini  a  promovere  coo  Ulura 


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tra.  lì.  CÀ*.  *;  ^*  , 

jÌ)reSeta2a  l'  universale  allegrezEa  nel  popoto  ;  e  dopo  i . 
Varie  opere  pie  in  sollievo  dei  bisognosi  istituì  per-di  Ò. 
petuammte  feslÌTu  il  giorno  segnalato  da  quota  '^^ 
Vittoria  ,  Tofeodo  cbe  ogtii  anno  ai  ctvrease  per  la 
Città  un  Palio  di  tela  d' oro  in  memoria  di  txm  ^u* 
sto  avvenimentoi  Io  progt-easo  non  tralasciò  di  pro- 
knovere  taéUa  Città  ogni  piacevole  paasatempOtsfor-^ 
uiidràidi  estinguere  con  la  letizia  enovità  delli  spet- 
tacoli quella  amarezza,  che  risvegliava  nfei  Cittadini 
la  frequensa  delli  accatti ,  e  balzellL  Per  tal  caustf 
ancora  promosse  'con  vigore  particolare  le  belle  Arti 
per  lequali  nutriva  una  estrema  passione^  Laguerra 
di  Siena  l'obbligò  a  sospendere  per  qualche  tempo 
gli  stipendi  a  chi  lo  serviva ,  ma  gli  Artisti  furono 
da  «sso  trattati  con  piiì  moderaciuie  j  ne  lovpavento 
dei  pei-icoli,  e  la  somma  delle  cure  lo  distrassero 
-XDai  dal  proseguire  le  fabbrìcha  ,  e  ornare  la  Città 
con  le  opere  dà  più  rinomati  Artefici  di  qUel  secolo; 
Per  secondare  più  elHcacemente  questa  sua  ìnclina- 
zioue  ardeva  di  desiderio  di  rivedere  Michelangelo 
in  Patria;  gì'  itivitì,  le  promesse >  le  preghiere,  t 
■  la  mediazione  del  Cardinale  di  Carpi  non  enno 
atate  bastanti  a  piegarlo  >  e  perciò  egli  stesso  li  S  di 
Maggio  1557  lo  pr^ò  di  questo  tenore:  Poiché  là 
matita  dà  tempi  j  e  la  relatiom  delli  anaci  va'- 
ttri  ci  danno  gualche  speranza  che  voi  non  siate 
del  tutto  tdieno  dal  iioler  dare  una  volta  fino  a  Fì^ 
rense  per  rivedere  un  poco  dopo  tanti  anni  la  Pà^ 
trio,  e  le  cote  vostre ,  tjùàl  che  a  noi  sarebbe  di 
tanto  piacere  quanto  V  abbiamo  sèmpre  molto  de- 
gidemto  tCiè  parso  con  tfóesia  nostra  dovervent 
esortare  e  pregare  ,  conte  ve  he  esortiamo  e  pre- 
ghiamo con  tutto  il  cuore  ,  persuaderidovi  di  ave- 
Ift  a  estere  gratissimamente  vitto  da  noi  ^  né  vi 


^dbyGooglc 


__       aSi  STORIA  DI  TOSCANA 

Xn.  fitenga  dubbio  che  noi  siamo  per  gravawì  di  al* 
di  Ccuna  sorte  di  fatica  o  fastidio,  che  bene  sapfria^ 
*  ^moil  rispetto,  cìte  ormai  si  deve  così  all'età ,  tfo» 
me  alla  singolarità  della  virtù  vostra  ,  ma  venite 
pure  liberamente  ,  e  promettetevi  di  avere  a  pai* 
gare  quel  tempo ,  che  vi  tornerà  bene  dimorarci  a 
tutto  vostro  arbitrio  e  sodisfasione  e  perchè  a  noi 
bacerà  assai  il  vedervi  qua  >  e  nel  resto  tanto  pia- 
cere avremo  quanto  ne  sentirete  voi  maggiore  re* 
creazione ,  e  quiete ,  nk  penseremo  mai  se  non 
tisatvi  onore  e  comodai 

Quel  vecchio  ammirabile  pianse  di  teoerena  a 
così  graziosoinvitodel  Duca  ^  e  si  sarebbe  facilraeitte 
risoluto  di  compiacerlo,  se  il  timore  del  male  di  Vw- 
itt^y  a  cui  era  so^tto,  la  grave  etàj  la  FaU>rìca  di 
San  Pietro,  e  le  pr^hiere  delli  amici,  «dei Gran* 
di  non  lo  avessero  distolto  da  questo  pensietto  ;  pi>- 
re  egli  offerì  al  Duca  l' opera  sua  da  Roma  :  Daal^ 
nùj  dìcera  e^i^esser  sì  vecchio  e  mal  d'accordo  con 
la  vita  ,  che  poco  posso  promettere  di  me,  pure 
nù  sforzerò  standomi  in  casa  di  far  ciò  che  mi 
sarà  comandato  da  parte  di  f^ostra  Eccellenza, 
e  Dio  voglia  che  possa  non  mancare  di  nierìte  a 
quella .  Volle  perciò  Cosimo  consultarlo  per  la  di* 
rezione  delle  fabbriche  principali ,  e  singolarmeo* 
te  per  l'esecuzione  del  disegno  da  esso  già  fatto  delU 
celebre  Biblioteca  Laurenziana.  La  preziosa  raccolta 
di  codici  latta  dal  vecchio  Cosimo,  e  da  Lormio 
il  Magnifico ,  avendo  sofferto  nella  revolunoae  dA 
14941^^6886  vicende  della  Casa  Medici,  pasaò  con 
qualche  diminuzione  in  Leone  X ,  che  la  trasferì  ■ 
Roma  come  istnimeoto  necessario  per  segnalare  il 
secolo  delle  lettere ,  che  porta  il  suo  nome.  Nel  i5a3 
Clemente  VII.  la  trasferi  novamente  a  Fireiue~f- 


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tft.  ìi.  CAfe  t.  iiì      _^ 

musànclo  ai  mezzi  di  conserrarlaj  e  reo  Jerla  profit-  j^^ 
levole  per  la  Patria.  Le  circostanze  dei  tempi  pur-  di  C; 
lavano  allora  a  far  credere  che  un  Capitolo  di  Ga-  '^^ 
tionici  potessb  esaere  il  Custode  più  esatto  e  vigi-* 
Unte  di  co^  raro  tesoro ,  e  perciò  ne  affidò  la  cura 
al  Capitolo  di  S.  Lorenzo^  Michelangelo  fu  incari" 
cato  della  fabbrica  ,  ma  le  varie  vicende  della  Città 
ne  arre^laroHo  l' eiTettuacione.  Volle  il  Duca  Cosimo 
che  si  eseguisse  la  mente  del  Papa,  e  nel  t5^8  fìi  là 
Biblioteca  aperta  a  pubblica  utilità^  e  per  eternare  la 
memoria  di  uo  atto ,  che  interessa  gli  annali  della 
letteratura  si  battè  ilna  medaglia ,  che  lo  indicasse^ 
S'iutraprese  a  pros^ire  la  fabbrica  ,  e  l'Amman-^ 
nato  fu  incaricato  di  consultare  il  BiHiarroti  per  la 
perfetta  esecuzione  del  suo  disegno.  Mandò  ^U  nel 
iS5g  da  Roma  fatto  di  sua  mano  dn  modello  della. 
Scala  ,  la  ^ale  preacrisse  si  facesse  di  ùoCe,  e  che 
dì  presente  si  trova  eseguito  di  pietra.  LaFafabk-ica 
di  questo  insigne  deposito  delle  lettere  restò  com^ 
pita  nel  iS^i ,  e  intanto  il  Duca  non  trascurò  di 
arrìc<^irlo  eon  varj  codici  acquistati  nella  mmle 
del  Cardinale  Bidolfi  da  varie  Badie  ,  e  particola- 
ri del  Dominio ,  e  finalmente  col  nolo  codice  tU 
Viiplio.  Qnestocelebre  monumento  dell'  anticbitft> 
«ccome  è  stato  l' oggetto  delle  rtcerch»  ddli  bomi'- 
ni  di  lettere)  merita  che  tS  renda  nota  la  vera  stia 
derìvazioBe  p«-  mezzo  di  una  lettera  ,  che  il  Gàr>- 
dinaie  lunocenzìo  dì  Monte,  detto  già  il  Berlucci- 
no,  scrisse  a  Cosimo  li  a  Gennajo  i568  :  Perchè 
tosonó  desideroso  che  Vostra  Eccellenza  lUustris- 
sima  rimanga  in  aghi  occasione  interamente  sodisi 
fatta  del  buon  animò  mio  verSo  lei ,  e  che  anche 
mi  tenga  per  quel  sincero,  e  obbligato  servitore, 
the  veramente  Le  sono,  conviene  che  io  Le  dica 


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....        »H  SToMà  IM  TOSCANA 

^„  bre^mente  come  possiedo  il  Virgilio  antico  »ci^U* 
di  Cto  a  man»  y  che  Ella  con  V  umatùssima  sua  mi  hd 
*^^  ricercato,  ti  libro  Ju  della  buona  memoria  del 
Cardinale  Antomo  di  Monte ^  e.ne  resto  erede  lA 
Santa  ricordatione  di  Papa  Gialio  mio  Zio ,  che 
lo  tenne  sempre  come  cosa  rarissima  molto  cara  j 
e  quando  Sua  Santità  me  Tiejece  dona  mi  comoA- 
dò  che,  essendo  egli  stato  tanto  ten^o  di  casa  no^ 
stra ,  io  non  dovessi  per  qualsivoglia  mudo  privar* 
mene.  Avendo  poi  il  Signor  Cardinale  Farnese 
saputo  che  egli  era  in,  mano  mia  me  lo. dimando  più 
volte  con  grande  istanza^ein  effètto  io  non  volli 
mai  compiacernelo  ,  quantunque  li /ossi  molto  ob- 
bligato per.  quel  che  a  Prostra  Eccellenza  deve 
esser  nfani/estOfMaegli  volle  cAe  io  li  dessicome 
feci  la  fede  mìa  che  avendo  apri\>armene  lo  dessi 
piuttosto  a  lui  che  ad  altri  ,  di  che  io  certamente 
nonfo  tanto  conto  quanto  del  riatto -detto  di 
sopra.  Ultimamente  il  Cardinale  di  Carpi  desi' 
deroso  di  vedere  il  libro  me  lo  fece  dÙnaOdare  in 
prestito  per  suo  nome  dal  Signore  Gio.  Lodovico 
J*io  suo  fratello  ^  e  per  l' affezione ,  che  io  li  por-* 
tavOj  non  potei  meteore  di  compiacernelo  ^  ed 
essendo  poco  /^presso  successa  la  mia  prigionia  in 
Castello  egli  lo  tenne  poi  continuamente  presso 
di  se,fnfhè  venne  a  morte ,  non  ostante  che  io 
avessi  prima  fatto  ogm,  istanza  per  riaverlo,  ed 
alla  fine  f/H  è  bisognato  se  io  V  ho  ri\>oluto  addur- 
re in  iestimordo  N.  S.  _,  che  oggi  per  grazia  di 
J?io  vive ,  il  quale  sapeva  che  il  libro  era  nùo  ^  t 
con  tutto  che  fosse  già  stato  portalo  nella  Librt-^ 
ria  Vaticana,  Sua  Santità  ordinò  che  miftssé 
restituito  0c.  Corresse  ancora  il  Duca  Cosimo  la 
disposiziune  di  Cteniente  VII.  per  la  custodia  della 
Biblioteca  f  deputando  superiormente  al  Capitolo 


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m.tt.ckt.x.  «ss- 

^  'Preietto  Ducale  ,  che  iDTÌgilasae  alla  conserra-  '^j^, 
kioDe,  e  accrescimeDto  della  medesima.  (li  C. 

Non  minori  progreasì  nelle  Belle  Arti  produceva  '^^ 
il  genio  instancabile  di  Cosimo  per  l'ornato  della 
capitale^  e  per  la  magnificenBa  delle  proprie  fàbbri- 
che. Nel  i553  fu  eretta  nella  Loggia  Ducatela  sta- 
tua del  Perseo  di  Benvenuto  Cellini:  il  Duca  si  com- 
piaceva di  star  presente  alle  operazioni  di  questo 
Artefice j  per  cui  aveva  tale  affezione,  che  quando 
gli  mostrò  il  modello  del  Perseo  gli  disse:  Setiààil 
cuore  di  condurmi  grande  questa  opera  a  corrisport 
denza  di  questo  bel  modello  chiedimi  ciò  che  Vuol 
Oltre  di  ciò  eompt  Benvenuto  varie  altre  opere  per 
servisio  del  Duca,  e  ornato  dei  suoi  Palazzine  riem- 
pì la  Città  delle  sue  produzioni,  che  formano  tutto- 
ra il  pregio  dell'arte,  e  l'ammirazione  delti  oaser- 
Vatori.  Giorgio  Vasari  Aretino  fu  anch'esso  singo- 
larmente accetto  al  Duca  Cosimo ,  a  cui  fino  dal 
i55o  presentando  l'Istoria  dei  pittori  avea  offerto  la 
BUB  servitiì;  era  egli  pittore  ,  scultore^  e  architetto , 
e  in  queste  professioni  fu  adoperato  per  accrescere, 
e  ornare  il  Palazzo  Ducale.  Nel  iSS-j  avea  giit  com- 
pite le  scale,  e  la  fonte  del  Cortile  di  detto  Palazzo, 
e  fu  impiegato  dal  Duca  per  delineare  U  imprese 
pili  rimarchevoli  della  guerra  di  Siena  ,  e  quelle 
dei  suoi  antenati:  ai  meriti  della  professione  aggiun-> 
geva  una  certa  sagacità  e  prontezza  di  spirito,  per 
le  quali  Cosimo  si  compiaceva  assai  della  sua  oom* 
pagnìa.  Nel  i55q,  delineando  le  azioni  relatiye  al- 
la  resa  di  Siena  ,  l'Amhasciatore  di  Lucca  iaternH 
gandolo  qual  uso  dovesse  avere  certo  quadro  lascia- 
to  in  bianco ,  replicò:  per  dipingervi  l'asKdio,  « 
dedizione  di  Lucca,  e  fu  cagione  di  non  poco 
timore  in  quella  Repubblica.  Allorché  il  Duca^  as* 


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iÌ5  StORÌA  bl  TÓSCA'nA 

ÀJf.  sicurata  la  [>ace  e  la  tranquillità  dello  State,  si  elé>^ 
Ir* se  per  una  delle  sue  principali  occupaziooi  l'omatd 
della  Città,  il  Vasari  ebbe  gran  parte  in  svililppare 
il  genio  di  fjuesto  Pridcìpe,  ed  eseguire  i  dì  lui  pen- 
sieri. Nel  1559  fu  imaginata  la  fabbrica  dei  XIIL 
Magistrati,  e  nei  ^5  Giuglio  tSGo  De  fa  pobblkalo 
il  piano  da  eaeguirsi  con  la  ditetione  del  medesH 
hio.  Bartolommeo  Àmmannato  aVéa  la  direzione 
deU'accrescimeDto  del  nuovo  Palazzo  detto  dei  Pit^ 
ti,  dove  Cosimo  ambiva  di  faf  pompa  di  tutto  ciò^ 
che  la  magnìfìcensa^  6  l'eleganza  sapevano  produr- 
re iti  quel  secolo:  Giovan  Paolo  Fancelli,  e  altri  in- 
feriori Artefici  A  occupavamo  per  ornarti  di  grotte- 
schi, e  di  statue  l'annesso  Giardino,  che  la  blichessa 
Eleonora  arricchiva  ogni  giorno  più  di  Piante,  e  di 
fiori  raccolti  da  remote  Provincie,  e  lo  rendeva  n- 
tile  con  la  cultilra  dell'erbe  e  dei  frutti.  Il  Gavalie^ 
t-e  Baccio  Bandinelli  Scultore  e  Architetto  compi'^ 
Va  il  Coro  di  Santa  Mai-ia  del  Fiore  >  e  dirigeva  la 
fàbbrica  del  Palazzo  di  Cosimo  in  Pisa.  L'emulazio- 
ne di  Artefici  cosi  sublimij  siccome  contribuiva  aU 
la  maggior  perfezione  delle  loro  opere,  cosi  accen-t 
deva  nelli  inferiori  un  ardente  desidefio  di  giUD'- 
gere  a  pareggiarli.  Il  Duca  sonlrainistl^Vv  a  ciascu- 
no i  rae^zi  di  perfezionarsi  j  poiché  oltre  le  fabtMi- 
che  della  Città,  proseguiva  ancora  quelle  delle  Ville 
di  Castello,  e  del  Poggio,  costruendo  Parchi^ 
Giardini ,  e  Cascine  per  la  delìzia  e  pef  la  Caccia  ^ 
per  il  quale  esercizio  niltrìvm  una  Angolare  passio^ 
ne.  Tutte  queste  operazioni  furono  sospese  perqoaU 
che  mese  dalla  guerra  di  Sienaj  ma  noli  già  interrot- 
te ,  e  gh  ArteQci  >  sebbene  mancassero  della  ordi^ 
natia  mercede,  erano  però  sovvenuti  con  var)  sus^ 
ndj  per  la  sussistenza'  L'arte  .della  arazierla  Tecè 


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1,!B.II.CAP.X.  aSy  _ 

•ndi'ejsa  deisiogolari  progressi:  Ìl  Fiammingo  GÌo-  ^h, 
Tauai  Rosta  teaeT»  uoa  scuoJadi  ventiquattro  fan-dì  C- 
cìulli  da  istruirsi  in  sei  anni  in  quell'arte,  e  il  Du-  '^ 
ca  li  pacava  due  Ducati  il  mese  per  ciascheduno.  Ci^ 
fu  causa  che  ip  hreve  tempo  si  propagasse  in  Fireu- 
fe  questa  manifattura  e  che  la  Città^  abbeUita  ester 
rìormente  nelle  sqe  fabbriche  avesse  it  comodo  di 
ornare  internamente  le  abitazioni:  divenne  ancora 
un  oggetto  di  mercatura  per  l'Italia,  e  Paolo  IV.  3\ 
compiaceva  assai  di  esserne  servito  dal  Duca.  I  Pit- 
tori più  accreditati  ne  formavano  i  disegni,  eoe  diri^ 
^evano  l'esecuzione ,  quattro  telaia  operavanodi  con- 
tinuo per  Gosimo,ep«riFrìvati,ela^obiItà  Italia- 
pa  concorreva  a  gara  per  provvedersi  dlquesti  Arazzi. 
Il  genio  di  Cosimo  per  le  belle  Arti  era  promos- 
af>,  e  perfezionato  dalla  singolare  inclinazione,  che 
aveva  per  lo  studio  delle  antichità  ,  e  specialmente 
delle  medaglie.  Gli  stud)  della  sua  educazione  erq- 
po  stali  indirizzati  per  questa  parte  ,  per  guidarla 
sulle  tracce  dei  npoi  gloriosi  antenati  Cosimo  e  L>q- 
reozo,  e  perciò  fipo  da  privato  si  ocr.upava  nel  ra&> 
cogliere  ed  osservare  i  monumenti  dell'antichità. 
Appena  inalato  al  Principato  non  risparmiò  spea^ 
per  recuperare  quelli,  che  si  erano  dispersi  nel  sac-> 
'pò,  che  ì  Famihari  di  Madama  d'Austria,  e  t  Sol- 
dati del  Vitelli  aveauo  dato  al  Palazzo  dei  Medici, 
Il  Giovio,  essendo  gìnnto  e  possedere  la  di  lui  con-r 
fidenza,  gli  coltivò  quesU  inclinazione,  egli  procu- 
rò racqvisto  di  ciò,  che  in  Roma^  e  in  altre  Cilììi, 
d'Italia  si  poteva  rtccc^Uere  di  piò  raro  io  questo 
genere,  Pietro  Vettori  concorse  col  Giovio  n  ren^ 
derli  più  piacevole  questo  studio,  elucidandoli  qoel-i 
la  parie,  che  attiene  alla  greca  erudiùone;  perciò  ip 
Aowa  tepevA  corrispoodepti ,  incaricati  espre^u^* 


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i5S  STORIA.  DI  TOSCANA. 

Temente  per  racc<^liere,  e  acquistare  ciò  ciMgionuI* 
a  C.  mente  ritraeva  dalle  escavezìoDÌ,  e  dalle  rovine  di 
l^^quella  Capitale,  La  guerra  di  Siena  non  lo  distras- 
se da  così  piacevole  studio,  poiché  li  39  Seltemfara 
]  554  scrìsse  al  Vescovo  di  Pavia  Governatore  di  Ra< 
ma  delseguente  tenore:  Ebbi  le  medaglief  shepiac~ 
£fue  alla  S.  V-  R.  mandarmi,  e  quali  elle  si  sie^ 
no  mi  sono  state  grate,  ma  siccome  mi  rendo  cera- 
to che  Ella  abbia  voluto  provare  se  h  la  conosce- 
vo con  animo  di  mandarmene  d'altra  sorte ,  così 
aspetto  ora  delle  buone,  avendo  conosciuto  che  que- 
ste non  starmo  a  martello,  onde  io  la  prego  che  » 
degni  farmi  grazia  di  quelle  ,  che  sono  degne  di 
venire  dalle  sue  mam\  e  se  tra  esse  vi  sarà  un  Per- 
tinace, 0  un  Patella  tanto  mi  saranno  piìt  grate, 
L'iQcliuazioae  del  Duca  Cosimo  per  questo  studio, 
e  il  desiderio  di  acquistarsi  gloria  con  possedere  i 
mezzi  di  effettuarlo  sì  rileva  maggiormente  dalla 
istruzione,  che  nel  iS^G  diede  egli  steiso  al  Baila 
di  Costantinopoli  in  questi  termini;  Procurerete  di 
aver  quante  medaglie  antiche  potrete  d'oro^d'ar^ 
gento ,  e  di  metallo  ,  così  delti  antichi  Romani, 
Greci  ed  EgiziartifC  inviarle  qua  tutte  a  noi,  e 
usate  in  cih  ogni  buona  diligenza  ,  così  anche  in 
tro^re  libri  Greci  etc.  I  Ministri  non  mancavano 
di  secondare  cosi  buone  disposizioni  del  Prìncipe, 
e  fra  essi  Lelìo'Torelli  lo  stimolava  a  intraprender* 
la  pubblicasidnedei Codici piij  insìgaì delta  Biblio- 
teca Laurenziàna,  A  questo  effetto  nel  i553  avea 
progettifto  di  erigere  in  Firenze  una  Stamperìa 
Greca  sotto  la  direzione  di  Giovanni  Vergezio,af* 
finché  egli  ìmpriinesse  con  caratteri  eccellentemen- 
te intagliati  i  manoscritti  di  quella  lingua,  mentre 
il  Tomentino  pubblicava  le  traduzioni  dei  classici. 


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LIB.  II.  CkT.  X.  ìSs 

li'lmminente  guerra  dì  Sreoa  interroppe  così  glorio-  j^„ 
so  disegno,  clie  aiuao  più  del  Torello  coDoacera  di  C, 
quanto  potease  essere  utile  alla  propagazione  delle  ^  ^ 
lettere.  £^U  st^aso  vi  contribuì  piiì  di  ogoi  altro  con 
la  crebre  edizione  delle  Pandette,  fkttadal  Torre&d- 
no  sotto  Ululile  di  Fraucesco  Torelli  suo  figlio.  Questo 
prestioso  Codice  trasferito  aFirenze  dopo  la  conquista 
dìPisa,e({UÌTÌreligiosarqente  custodito  formava  l'og- 
getto della  curiosità  e  della  ammiraiùoue  dei  Giure* 
consutti^deUi  uomini  di  lettere.Lecopie,  e  le  ediziot 
ni,  che  da  esso  erano  derivate  erano  tutte  sparse  di 
errori,  che  osservati  dalTorello,  peosà  di  farne  unii 
edizione  la  pii)  corretta,  ed  esatta  fino  a  quel  tem- 
po. Il  Duca  gli  concesse  di  avere  in  sua  caaa  il  (^ 
dice,  che  ritenne  per  dieci  anni  ad  oggetto  di  col-» 
laziooarlo)  profitta  delle  fatiche  di  Angelo  Poliziano^ 
dì  Lodovico  Bolognini,  e  ÀntonÌQAgostini,e8Ìpre< 
valse  di  Pietro  Vettori  per  l'ioterpetrazioue  delle 
Toci  greche.  !^gU  fu  il  primo  a  correggere  l'errore, 
che  da  questo  Codice  sì  era  trasfuso  in  tutti  gli  e- 
«emplari,  che  allora  esìsterano,  procedente  da  una 
erronea  trasposizione  di  pagine  accaduta  nel  rilegar- 
Jo,  che  confondendo  i  sensi  imbarazzava  perciò  non 
'  poco  gl'Interpetri,  Nel  i553  vennero  alta  luce  que- 
ste Pandette  del  Torello  sotto  la  protezione  del  Du- 
ca, ma  a  spese  dal  Torrentino,  ìi  quale  per  l'accu- 
ratezza e  nitidezza  della  edizione  acquistò  molta  glo- 
ria per  lasuaprofesstooe.Giòfu  causa  che  il  Duca  di 
Savoja  Emmanuel  Fì^ibertOj  ritornata  dopo  la  paco 
del  1  55q.  al  governo  dei  suoi  Stati,  chiese  al  Duca  Co- 
simo il  TorTentino  per  erigere  una  Stamperìa  in 
Monte-r^ale,  dove  area  fondato  uno  Studio  in  be^ 
nefizio  dei  siioi  Vassalli. 

{ioD  è  perciò  maraviglia  ae  tali  preqiure  4i  Qm-* 


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aSo  STOKU  DI  TOSCAHA 

"^'^  mo ,  e  dei  suoi  Ministri  operarono  efficacetuente  ptr 
di  C.la  propagazione  delle  lettere  nel  Dominio,  e  sìngo- 
iSSgiarioente  nella  Capitale.  Fioriva  già  con  splendora 
l' Accademia  Fiwentina ,  e  i  componeutv  la  mede> 
mma  si  applicavano  incessantemente  nelle  Iradu- 
xioni,  e  illustrazioni  dei  Classici  Greci,  e  Latini,  e 
nel  polire,  e  nobilitare  la  lingua  patria.  S'into-pe- 
travano  pubblicamente  la  Commedia  di  Dante ,  o 
i  Sonetti delFetrarca;eCì.  Bat.GeUi,^GiuIiano  Se- 
gni si  applicarono  ad  illustrare  questi  due  luminari 
della  poesia  Toscana.  Il  Vettori ,  e  l' Adriani  ìuse- 
gnaroDo  le  lettere  Greche,  e  finalmente  reraulaùc^ 
ne  neir  Accademia  j  risvegliando  gli  spinti  di  cìa^ 
«cuoo ,  producevt  delle  opere  utili  alla  propagano* 
ne  delle  lettere.  Il  Duca  vi  cooperava  con  gli  onori, 
f  con  i  premj,  donando  a  ciascun  Console  c^oi  an- 
no una  tazza  di  allento,  e  procurava  di  contribuirà 
in  qualunque  forma  alia  giuria,  e  splendore  di' que- 
sto Corpo.  £d  in  fatti  le  altre  Accademie,  die  aor- 
gevano  allora  in  Italia,  tutte  procuravauo  di  ivo- 
dellarsi  su  quella  di  Firenze,  f^el  l554  'i  Accade^ 
mici  Pellegrini  di  Venezia  iecero  al  Duca  una  istan- 
za di  questu  tenore:  avendo  mvatnente  aggiunta 
V Accademia  nostra  al  Magistrato  un  Coasolo^U 
aueU  debba  benefiziare  i  virtuosi  Lettori,  twrernh 
mo.cfiro  di  farli  qualche  dono  per  un  segno  ^  ma 
che  Josse  prinfipiato  da  un  grandissimo  favore. 
Onde  tupplifihiafw  la  S.  V-  Illusfrissima  ed  ^c~ 
fienaissima  che  per  questa  $ua  prima  entrata  W 
voglia  degnare  per  sua  retilità,  e  amorevolezza  di 
qontpiac^rci  per  questa  sola  volta  di  una  tazza  si- 
mile in  dono ,  che  donate  ai  vostri  Signori  Coni 
soli  Fiorentini f  con  il  segno  medesimo,  egrandes-. 
sq  delle  qltre^  e  npn  altrirn^ntiì  hqut^e  donerà- 


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LIB.  II.  CAP.  X.  ati 

mo  al  elisolo  Jtostro,  e  a  imitazù^ie  di  f^ostra  j^^^ 
Eccellenza  seguiteremo  noi  ogni  anno:  efia  me-di  C. 
moria  eterna  si  onorato  principio.  Oltre  alla  ser^  '*'* 
vita  ,  che  avremo  con  Prostra  Eccellenza  faremo 
vedere  al  Mondo  quanto  ci  sìa  stato  graf»  il  pre- 
sente della  tazza^che  sì  familiarmente  domandia- 
mo perjUice  augurio  deW  ^cav^entia  etc.  11 1^ 
ca  si  compiaceva  di  questa  gloria ,  e  gradiva  gli  o- 
jnaggi ,  che  li  reudevano  tutti  t  Letterati  d' Italia  ; 
era  egli  siogolarmentf  avido  di  acquistar  qooie,  e 
reputazioqe  di  prudeqz4  e  valore  j  e  a  tale  efiètto 
nel  i555  il  Domeuìchi  Ai  incaricato  di  scrivere  1' 
Istoria  della  guarà  di  Siena,  mentre  già  il  Varchi 
nella  Suburbana  Villa  delb  Topaja  fra  le  delÌKÌe  « 
la  quiete  della  campagna  scriveva  le  Istorie  dell^ 
Città  dì  Fireoxe.  Non  ostante  qualunque  riforma  di 
spése,  cagionate  dalla  guerra,  gli  uomini  di  lettera 
trovavano  sempre  io  &)8Ìmo  un  Mecenate,  e  un  sol- 
lievo per  le  loro  calamità.  Nel  i553  la  sospensione 
delli  stipendj  fu  causa  che  lo  studio  di  Fisa  restasse 
ablundonato  da  molti  di  quei  Proiessori ,  ma  nel 
1 555  furono  essi  novamente  richiamati,  talmente- 
ehè  lo  .Studio  riprese  con  Gicilità  il  suo  antico  vigo* 
re  :  la  riduzione  dell'  Agro  Pisano,  la  restituita  sst 
lul»rìti  a  quel  clima ,  e  i  comodi,  accresciuti  nelU 
Città  dalle  premure ,  e  vigilansa  del  Duca,  contrii- 
buirono  assai  a  render  più  florù)^,  e  nomerosa  di 
Scolari  quella  Università. 


T.  JI.  ,9 


idb,Go(5glc 


LIBRO  TERZO 

CAPITOLO  PRIMO 

^uenclo  matto  il  Pontefice  è  eletto  Pio  IV.  per  oftn  del 
Duca  Cosimo.  Congiura  dì  Paodolfo  Pucci ,  e  pomicici 
della  medesima.  Curattere  del  nuoTO  Papa ,  e  ina  partia- 
litÀ  per  il  Iliaca.  Donna  (.ocrena  (i  porta  a  Ferrara  pe^ 
celebrare  le  ane  no»e ,  e  Don  GioTaoui  a  Rou^a  a  rìce- 

.  vere  il  Cappello.  Il  Duca  al  prepara  a  recuperare  eoo  la 
•mi  SoTdDa,  cbe  poi  è  restituita  liberamente.  Viaggio  ò\ 
Cosimo  a  Roma  per  consigliare,  e  dirigere  il  Papa  nelU 
lìaperttira  ànel  Concìlio  di  Trento, 


_&ic 


*iccome  il  tnttuto  dì  Chateau  Cambreau  |»oae  i) 
Ab.  termiiie  alle  gare  e  siilo  «[tìrito  di  conquista ,  che, 
^iC  preoccupando  i  à,afi  piti  potenti  Monarchi  dell'Eu- 
*^  ^ropa ,  iveano  cagionato  tante  reToluzìoni  iq  questa 
parte  dì  Mondo ,  eoeà  fq  anche  Vepoci^  più  marcata 
di  tanti  segnalati  avvenimenti,  che  poi  insensibil- 
mente variarono  il  sisteqia  politico,  e  intuirono  su 
ì  costumi.  La  dolcezza  della  pace,  atahilita  per  rì- 
«torare  le  antitte  nazioni,  fu  interrotta  daliànatis- 
mo  delle  nuove  riforme,  che,  sorprendendo  i  Prin- 
cipi nel  punto,  che  erano  snervati  per  i  [essati  di-t 
sastri,  e  interessando  l'ambinone  dei  Qraqdi  per 
fendersi  più,  potenti,  e  qt^Ua  dei  mediocri  per  inal- 
zarsi, minacciava  di  rovesciare  tutto  ilsistema,  L4 
Germania  avea  4ato  il  primo  eseo^pio  di  tal  muta- 
sione,  e ,  avendo  convertito  in  tanta  docilità  l'alte- 
pgia ,  e  il  genio  dispotico  di  Carlo  V. ,  avea  sparsa 
il  fermento,  e  lo  spirito  di  novità  nelle  iiazioni  cir^ 
F(U)vici(ie,  La  Francia  più  dì  ogni  altra  ne  fu  attafr 


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LIB.  III.  CAR  I.  tes 

catB,  e  la  morte  di  Enrico  IL  ruppeil  freno  dei  pò-  .  '" 
poli;  UB  Re  faDciulloj  e  una  Corte  dirisa  fra  duedì  C 
partiti  ambiziosi  erano  la  più  opportuna  occasione  '^^9 
per  suscitare  delle  reroluzioni:  la  Regina  Caterina 
de'  A^ici  era  donna  di  gran-cuore,  e  di  rara  pru^^ 
denza ,  ina  nel  deUberare  preferiva  per  lo  piiì  il  pro- 
prio interesseaqnelludelB^ao}  essa  adottò  il  par- 
tito dei  Guisì ,  e  il  Contestabile  mal  sodisfatto  della 
Corte  ebbe  in  soccorso  il  Corpo  dei  Novatori  ;  ud 
misto  dì  arabiiione  e  di  fanatismo  sconvolse  l'in- 
terno di  quella  Monarchia,  die  poi  restò  esposta  alle  ' 
piij  strane  revoluzigni.  Serpeggiò  anclie  in  Fiandra 
questo  veleno ,  che  la  presenza  di  Filippo  II,  tene- 
va nascosto,  e  che  pur  troppo  «i  manifestò  dipoi 
alla  suii  partenza.  In  Spagna  non  ebbe  luogo  d' in- 
sinuarsi ,  perchè  1'  atrocità  della  Inqiiisiziwie  inde* 
bohva  gU  spìriti,  e  stabihvu  il  Governo  assoluto  del 
}le>  Non  pa&sò  se  non  furtivamente  le  Alpi,  e,  osia 
che  lo  spirito  degr  Italiani  fosae  meno  soggetto  al 
trasportò ,  o  che  i  provvedimenti  dei  Governi  di 
questa  Provincia  fossero  ì  piti  opportuni,  non  vi 
produsse  che  lievÌRsìme  convulsioni.  L'Italia  sola 
parve  riservata  dal  Cielo  a  godere  i  frutti  di  questa 
pace,  e  la  Toscana  ,  assistita  dal  genio^  e  dalla  for- 
tuna di  Cosimo,  seppe  profittare  in  suo  vantaggio 
di  tutti  gli  eventi.  Dopo  che  per  la  dedizione  di 
Montalcino  restava  assicurato  il  possesso  dello  Stato 
di  Siena,  risolvè  il  Duca  di  sodisfkre  ampiamente 
a  quelli,  che  lo  aveano  servito  nella  passata  gua- 
rà ;  fra  questi  si  distinguevano  il  Conte  di  Bagno,  i 
di  cui  Feudi  in  Romagna  erano  stati  nsarpati  dai 
Caraffi ,  e  gli  libertini ,  ai  quali  da  Paolo  IV.  era 
stato  mancato  di  giustizia  e  di  fede  secondo  lepro-r 
ì  fatte  a  Cosimo  da  Giulio  III.  Il  Feqda'di 


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ad  STORU  DI  TOSCÀITl 

"J^JJ^  Pondo ,  lìtaato  nella  Romagna  Pontificia ,  n»  che 
aiC-però  per  antiche  capitolazioni  rilevava  dal  Gomnns 
>559^ì  Firenze,  era  posseduto  per  aucceMìvo  retaggio  da 
lineila  famiglia  ;  il  Conte  Malatesta  di  Sogliano  la 
levò  di  posMsso  con  violenza ,  «  Cosimo  come  Si- 
gnore diretto  del  Feudo  interpose  a  fiivore  del  Va»< 
sallo  la  sua  autorità.  Giulio  IH.  ricevè  in  deposito 
la  Bocca  di  Pondo  per  restituirla  dopo  cognizioae 
di  causa  a  chi  dì  ragione,  e  Paola  IV.  sensa  veru- 
na  formalità  di  Giustizia  ne  coocesse  liberamente 
al  Malatesta  il  possesso.  Anche  il  Cardinale  Vitelli 
avea  con  la  forza  usurpato  a  Chiappino  i  sucn  Feo- 
di,  e  il  Duca  diede  a  ciascuno  dei  soccorsi  per  re» 
cuperare  con  la  forza  quello,  che  con  la  forza  li  era 
stato  usurpato.  Per  eseguire  più  fàcilmente  questo 
pensiero  si  portò  egli  stesso  a  Castrocaro  in  Roma- 
gna ,  dove  avea  radunato  truppa  e  artiglierìa  da  di- 
stribuirsi per  l' esecuzione  dell'  impresa  ;  quivi  gli 
sopraggiunse  la  nuova  della  morte.del  Papa. 

Era  egli  Worto  li  id  di  Agosto  mentre  il  P<^>o- 
]o  Romano  già  sollevatosi  avea  furiosamente  spa- 
lancato le  carceri  della  Inquisizione,  e  minaccia- 
va di  esterrainare  i  Domenicani,  e  tutti  gli  albi  Sa- 
telliti di  quel  Tribunale.  Fu  gettata  nel  Tevere  la 
sua  statua,  esecrata  e  detestata  la-  sua  memoria,  e 
demolite  nella  Città  tutte  le  armi  e  memorie  dì 
Casa  Caraffa.  Questo  accidente  non  interruppe  i  di- 
segni del  Duca,  che  anzi  lo  stimolò  a  sollecitarne 
maggiormente  l'effettuazione;  ma  le  replicate  istaD> 
■e  del  Sacro  Coll^io  lo  determinarono  finalmente 
a  depositare  le  ctmquiste ,  e  starsene  a  ciò  che  a- 
vrebbe  giudicato  il  nuovo  Pontefice.Un  Ppelalo  Ro- 
mano fu  inviato  per  ricevere  questo  depasìto,  e  le 
parti  interessate  si  uaiforroarooo  a  quekU  delibo* 


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tB.  III.  CIP.  I.  ***      .^ 

Mittott^  pift  importanti  coiuiderauoni  tÌcliMniava<-  j^ 
Bolo  spirito  di  Goiimo  io  questa  occasione.  Dive-^c. 
auto  Vassallo  di  Filippo  II.  coDoscera  la  necessiU  >5^ 
di  uu  valido  appoggio,  che  almeoo  frenasse  quel  Re 
ormai  prepotente  in  Italia>dal  maggiormente  aggra- 
Tar  questo  vincolo,  e  considerava  che  l'alleaoui  di 
«n  Pontefice  j  e  l'uaioue  dei  [vopfj  interessi  eoo 
quelli  della  Gbieia  potevano  rendere  necessaria 
a  Filippo  la  sua  buona  amicizia^  conciliarli  opinio- 
ne, e  autorità  fra  i  Principi  d'Italia.  La  più  diffici- 
le impresa  per  es^nire  questo  piano  di  politica  era 
di  riescìre  nella  elezione  del  soggetto,  jgià  disegnalo 
con  questa  mira.  Ere  questi  il  Cardinale  Giovanni 
Angelo  de'lfledici  fratello  del  Marchese  di  Harigna-' 
no,  che  per  fuggii^  l'inquiete  e  turi>oIento  Pontifi' 
Cato  di  Paolo  IV.  si  tratteneva  ai  Bagni  di  Lucca; 
di  qui  spesso  passava  ad  abboccarsi  con  Cosimo  , 
il  quale  gli  avea  già  ottenuto  dal  Re  Filippo  l'Arci- 
vescovado di  Milano ,  e  gli  preparava  la  strada  al 
Papato.  Era  di  carattere  schietto  »  docile  )  umano  > 
intelligente  degl'interessi  delle  Corti,  e  sen»  paren'* 
ti  {HYMsimì  j  e  in  conseguenia  senza  occasione,  di 
BcoDTolger  l'Italia  per  procacciar  gliStatiiegrandec- 
za.  Siccome  la  quiete  d'Italia  era  di  comune  inte* 
rettw  ,  Filippo  non  meno  che  Cosimo  era  entzato 
in  queste  vedute ,  e  le  aveva  adottate  per  eSei- 
iuarle*  L'ambizione  sollevò  gli  spinti  dei  Cardi- 
nali ,  e  ventiaei  di  essi  si  dichiarartmo  manifèsta^- 
niente  dì  as[Hrare  al  Pontificato.  Il  Cardinale  di 
Ferrara ,  e  quello  di  Blaotova  aveano  impcpato  a 
loro  favore  i  principali  gabinetti  dì  Europa;  il  prì-* 
mo  era  sostenuto  dalla  Corte  di  Francia,  e  ilsecon* 
do  da  quella  di  Spagna,  e  sopra  di  essi,  aecoadó  Ìl 
costume  del  tempo  ^  cadevano  le  principali  icQra- 


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166  STORIA  m  TOSCAKA. 

j^jf^  messe  dei  Mercanli  e  dei  Grandi.  I  Gardimili  {»& 
di  Cpotenliin  Conclave  erano  Santa  Fiora  CamarliO' 
'  9go,  Farnese,  e  Caraffa  ;  il  Duca  poteva  disporre  li- 
beramente dei  voti'del  primo,  luaingarsi  di  qualche 
parzialità  del  Mcundu ,  ma  era  incerto  delle  mire 
del  terzo:  conosceva  però  che  due  cosi  polenti  com- 
petitori si  sarebbero  scambievolmente  distrutti  uo- 
sa  conseguire  l'effetto  f  e  cbe  Farnese ,  già  nemiA» 
e  rivale  di  quelle  due  Case,  non  avrebbe  aderito  né 
all'uno  j  né  all'altro.  Pensò  frattanto  di  situare  il 
Cardinale  de'  Medici  in  subalterna  conditioDe  di 
questi  duej  dimostrandosi  parziale  ,  ed  attaccato  k 
ciascuno  dì  essi ,  ì  quali  per  meritarsi  il  dì  lui  lì- 
Tore  si  erano  obbbgati  di  secondarlo.  Questo  piano 
concertato  con  tanta  destrezza  fu  comunicato  il 
Lottini  Sagretariu  del  Cardinale  GamarUngo^  a  cu 
il  Duca  li  34  Agosto  scrisse  di  sua  mano  questi  eoa- 
tetti:  LottÌTto  ,  al  buono  intenditore  poche  paroUi 
Non  vogliamo  in  Conclave  per  noi  altri  chele, 
però  ti  ricordiamo  che  ci  corrisponda  con  li  effèt- 
ti alla  opinitme, perchè  questa  sarà  l'ultima  aùc 
ne ,  che  vogliamo  aspettare  dalla  tua  servili*-  Ti 
vogliamo  solo  dire  quattro  parole  ,  e  nel  resto  ci 
rimettiamo  al  Concino.  Santa  Croce  fu  fatto  Par 
pa  dalCamarlingo,  essendo  il  maggior  nemico  chi 
avesse  Carlo  V.^  cosa  di  scandalo,  rovina^  e  nudis' 
simoesempio:  morissi^ejinìil  Papato.  Per  fa'  P»- 
teo facesti  Paolo If^.,  delquale il  MondOylasedeJ' 
fìQstolica,ltalia,ilCardinale,  etuìnparticolarenl 
portasti  squarciato  il  petto,eipanm>  Se  alla  ter' 
Za  con  ghiribizzi  di  costà  ne  riesce  un  simile  non 
vi  laverà  l'acqua  d'Arno;  Io  mando  un  bel  gioco 
ordito  se  lo  saprete  giocare,  quando  no  mi  prole* 
ttOi  e  in  particolare  del  passato  tattanehaiH  6»f 


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LÌB.  til.  CÀP.  i.  àéf 

H&>iù  per  aver  coti  persuasoal  Cardinale.  itoavvC'  ^^  ^ 
tùrelovedremofiseguacio  chevuolenoi saremo  Du-  di  Ci 
XM  di  Firenze  e  Siena  con  i  'appoggio  del  Re  Cottoli-  '  ^^ 
co,  che  per  la  parte  Sua  e  mia  ci  da  il  cuore  di  farà 
in  modo  di  rompw  la  testi  a  ognuno,  ma  non  ci  Jote 
tjualche  Papaccio  scàndolosoo  ambizioso, perchè, 
noi  ilprimo  grideremo  tanto  che  saremo  intesi  e  gua. 
sta  più  un  Maestro  che  non  acconciano  cento  ma- 
nuali etc.  il  Codcìdo  fedeU  esecutore  dei  suoi  di-^ 
segni  fu  incaricato  di  risedere  in  Roma  pef  suppli- 
te coi  consiglio^  e  coO  l'opera  nella  esecuzione  men- 
tre egli  dal  gabinetto  disponeva  le  Gortìelacilitava 
ilsuccesso.Ledilfidenzeii  contrasticela  confaMontt 
dominarono  per  quattro  mesi  intieri  Ìl  Conciare,  é 
Cosimo^  prima  di  ^vederne  ilCne  dèsideratoy  poco 
mancò  cbe  Soccombesse  alle  insidie  dei  suoi  nemicii 
Fendolfo  figlio  del  Cardinale  Roberto  Fucici  avea 
boligiurato  con  altri  Cittadini  di  ucciderlo.  La  sui 
Famiglia  fino  dai  tèmpi  di  Leotie  e  di  Clemente  a- 
vea  corso  la  medesima  fortuna  di  quella  dei  Medi- 
ci ,  e  quei  Papi  non  aTeaho  mancato  di  arricchirla 
«erap^e  di  onori,  e  di  dignità.  Per  tali  riflessi  il 
Duca  avea  sempre  favorito  Pandolfo, ricolmandolo 
di  onori  e  di  grazie  >  compiacendosi  di  averlospes^ 
so  alla  sua  presenza ,  e  viver  con  esso  fàmiliarmeD'^ 
te  :  la  sua  dissolutezza  lo  avea  più  volte  trasportatd 
à  contravvenire  scandalosamente  alle  Leggi ,  e  in 
Vece  di  esseme  punito  con  severità  era  graziosamen-^ 
te  consigliato  j  e  avvertito  di  astenersi  da  quelli  ec-^ 
Cessi .Maj  o  sia  cbe  il  vizio  difficilmente  soffre  contra- 
dizione ,  0  cbe  i  pubblici  lamenti  della  giovbnti^  di 
Firenze  relnttante  alla  riforma  dèi  costumi  Io  mo* 
Vesserò  a  ira-,  egli  piuttosto  cbe  cedere  alle  dolci 
ibsinuaziuii  di  Cosimo  s' inaspri  maggiormente  ^  é 


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^ ttò  STÒRIA  DI  tOStkni 

j^^  deliberò  di'  ammaz^t-Io.  Fra  un  imittenso  nuibero 
a  e*  di  malcontenti:  fti  fàcile  il  trovare  chi  si  uniforma»- 
^5^9  te  a  questo  coniiglio  ,  e  non  fu  ancora  dilHcile  dì 
ritrovare  un  Principe  Italiano ,  che  gli  promettes- 
te ajuto>  e  difesa.  Era  l'anuo  i55i ,  in  cui  il  Car- 
dinale Farnese  allontanato  da  Roma ,  e  perseguita- 
to da  Giulio  III.  j  rifugiatosi  a  Firenie  avea  trovato 
in  Cosimo  un  Ospite  cortese  e  lienevolo  ^  «gli  fa  . 
che ,  compensando  si  gentile  accoglienza  con  la  più 
nera  ingratitudine,  confermò  Pandollb  in  questo 
disegno,  e  indirìzzandolo  al  Duca  Ottavio  fece  ch« 
^uel  Principe  non  solo  gli  promettesse  ogni  asn- 
stenaa,  ma  ancora  gli  somministrasse  certe  armi, 
le  più  opportune  per  la  effettuazione  del  c^lpo.Tre 
modi  aveaho  concertato  per  riescirvi  ;  uno  era  di 
cogliere  l' opportunità  che  il  Duca  passeggiasae  per 
la  Città ,  e  con  le  Armi  somministrate  dal  Farnese 
spararli  contro  più  colpi  da  una  finestra  di  Puccio 
Pucci,  uno  dei  congiurati  \  il  secondo  ertt  che  Pan- 
dollb profittando  della  &ciUtà  dell'  accesso  fttaao 
Cosimo  lo  trafiggesse  con  le  pugnalate,  e  finalmen- 
te il  terzo  di  farlo  saltare  in  aria  con  la  polvere 
mentre  j  portandosi  alla  Chiesa  principale  «  sì  c^- 
locasae  nella  Aua  Residenza.  Il  disegno'  non  fu  ac- 
compagnato dal  coraggio ,  e  Pandolfo  prima  di  ef- 
fettuarlo volle  coDSDkare  in  Roma  i  principali  tra 
i  Fuorusciti.  La  guerra  di  Siena  tenne  sospesi  gU 
animi  dei  congiurati,  e  la  rotta  di  Scannagallo  gli 
pose  in  costernazione  :  il  pentimento  e  il  timc««  glì 
ritirarono  dall'impresa  iuseosibilmente, e  Pandol- 
fo non  ebbe  cuore  di  affrontarsi  solo  con  Cosimo , 
parchi  sapeva  di  trovarlo  armato ,  e  prode  della 
persona.  Il  Duca  da  varj  amici  >  e  principalmente 
dal  VefcoTo  di  Arfas  era  stato  avvertito  a  guardar- 


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;  IIB.  lU.  GAP.  I.  VS9 

m,  né  mai  avea- potuto  diacoprire  chi  Ib  tnndiiiiwe;  . 
potè  fioalmeiite  io  quattro  anoi  di  ricerche  «verdi  Ci 
«liiarì  indizi  di  questa  congiura  ,  e  li  quattro  di  Ot-^  '^^ 
tobre  fece  arrestare  quei  congiurati ,  che  gli  eraQo 
Boti ,  e  gli  altri  ai  ritirarono  a  Venezia^  ed  iu.Fian- 
cia.  Non  pubblicò  il  loro  Procewo  perchè  volle  aver 
riguardo  ai  Farnesi  t  V  iugratitudine  dei  quali  poa 
potè  parò  occultare  a  Filippo  11. ,  scrivendoli  di 
sua  mano  li  venticinque  Dicembre  :  Sappia  duitr 
tfue  che  il  Cardinale  Farnese  seppe  tal  congiura^ 
e  con  essere  in  Firenze  in  quel-  tei^m  quando  lo 
aveva  ricevuto  ,  scacciato,  e  perseguitato  da  Pa- 
pa Giulio  j  né  per  via  diretta  o  indiretta  me  ne 
avifertì  con  fare  V  anùcissimo  mio.  Dipiìi  Fostra 
Maestà  sappia  che  il  Capo  della  congiura  conferì 
col  Duca  Ottavio ,  al  quale  chiese  certi  archibu-^ 
setti  per  far  l'effiìtto ,  e  il  Duca  glieli  concesse  j 
dicendo  loro  che  non  voleva  esser  nominato ,  ma 
che /acessero  l'eletto  di  ammazzarmi  che  poi  non 
biancheria  loro  di  ogni  ajuto  e  favore  ,  e  Vostra 
Maestà  noti  che  in  quel  tempo  io  avevo  la  pr{Ui- 
ca  in  mano  di  reconciliarlo  con  l' Imperatore  ,  né 
mai  staocai  la  pratica  sinché  si  condusse  alfine. 
Ma  è  tanta  l'ingratitudine  delti  Uomini,  ohe  a' 
véndo  V  anno  avanti  rilasciato  il  Duca  Orazio  suo 
fratello/atto  prigione  nel  mio  Stato  con  molte  cor- 
tesie ,e  nel  tempo  stesso  ricevuto  il  Cardinale  in 
Firenze  con  tante  cortesie,  non  ostante  questo  pò- 
tè  più  V  ingratitudine  ,  essendo  vero  il  proverbio, 
che  chi  offende  non  perdona  mai  ec.  Dissimulò  H 
Re  coi  Farnesi  questo  successo,  e  congratulandosi 
col  Duca  del  superato  pericolo  ,  dimostrò  un  sinc^ 
ro  rammarico  che  si  annidasse  tanta  crudeltà  nellì 
animi  dei  FiorantinL 


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%f»  STOHii  bt  TÒSCè^k. 

j^„_  Eseguite  le  coudiziooi  della  pace ,  e  stabilite  tè 
Ai  C.  (^portune  disposicioni  per  il  (ìoveroo ,  si  èra  qael 

'^%  Monarca  partito  diilta  Fiandra  li  -aS  di  Agostu  coti 
Una  FlutU  di  sessaDU  vele^  ed  era  giunto  a  JLare- 
do  ti  6  di  Settembre.  Fu  combattuto  dai  venti ,  e 
perìnmo  tre  Navi ,  fra  le  quali  quella  ,  cbe  porta- 
va tutte  le  scritture  di  Carlo  V. ,  e  le  auet  La  Spa^ 
gna  festeggiò  in  varj  modi  la  recuperata  preseoza  del 
suo  Monarca ,  e  fra  essi  non  furono  lasciati  li  Auto 
da  Fé  :  e^ìi  intervenne  personalmente  ad  uno^  cbtf 
fu  celebrato  in  Vagliadolid  li  8  di  Ottobre  f  ia  cui 
di  trenta  pmitenviati  dile  furono  abln'uciati  viri,  e 
cinque  strozzati.  Alle  feste  dell'ingresso  successero 
quelle  per  il  ricevimento  della  Sposa  3  ma  tutto  ciò 
non  distrasse  il  Re  dalli  afiàri  y  e  singolarmente  da 
quelli  d' Italia ,  confidando  al  cunsiglid ,  e  «Ila  vi' 
gilanza  di  Cosimo  la  quiete  delli  Stati  di  questa 
Provincia*  Non  mancava  il  Duca  dì  considerare  co- 
me proprio  r  interesse  del  Re ,  e  con  le  opere ,  « 
con  i  consigli  prevenirlo  nelle  occorrenu  ;  ed  iii 
fatti ,  essendo  li  3.  Ottobre  dopo  una  breve  ma- 
lattìa passato  all'altra  vita  Ercole  II.  Duca  dì  Fw-i 
rara  -,  mentre  il  primogenito  e  l' aith}  suo  figlio  Ai 
trovavano  in  Francia  ,  pensò  Cosimo  di  ovviare  a 
qualunque  novità  potesse  insorgere  per  parte  della 
Diicbessa ,  che  sola  restava  al  governo  dì  quelli  Sta- 
ti. Spedì  perciò  a  Ferrata  Chiappino  Vitelli  con  1' 
apparente  commissioBe  dì  sodisfare  alli  ufBcj  di 
coodoglianaa ,  ma  con  segreta  istruzione  di  quivi 
trattenersi  per  osservare  gli  andamenti  della  Du- 
chessa,  e  in  caso  di occorrenzaintrodurreuelli  Stati 
di  Ferrara  le  Bande  Toscane ,  avviddandosi  già  alla 
Frontiera.  Il  nuovo  Duca  Alfonso  IL  venne  a  sbar- 
care a  Livorno ,  e  trattenutosi  a  Pisa  per  alquanti 


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tlÌJ.  Ili  CtP.  I.  .?i       

gìdt-ni  con  Cosimo  fu  da  esso  accompagnato  fino  al  . 
coofiai.  RÌDQOTÒ  quivi  le  sue  proteste  di  desiderare <iì  o,. 
r  amicizia  ,  e  la  protezione  della  Corona  di  Spagna,  ■'^^ 
e  di  esser  già  sciolto  da.ugDÌ  impegno  con  la  Fran- 
cia, volendo  comunicare  con  Cosimo  i  suoi  interes- 
si ,  e  star  sempre  unito  col  medesimo  per  la  quiete 
d' Italia.  I  Veneziani  sembravano  più  disposti  a- 
turlurla ,  e  dimostravano  direttamente  a  Cosimo 
tina  certa  avversione^  e  la  gelosìa  ^  che  avevano  del 
nuovo  suo  ingrandimento.  Oltre  al  non  aver  mai 
corrisposto  alli  ufficj  da  esso  fatti  di  ambascerie ,  e 
dimoatrazioDi  di  buona  volontà  verso  quella  Repub- 
blica >  aveauo  ancora  arrestato  in  Cipro  una  sua 
Galera  col  pretesto  che  esercitasse  delle  ostilità 
contro  il  Turco  loro  alleato.  Le  oscure  repliche  del 
Senato,  e  le  dilazioni  interposte  alla  restituzio- 
ne aveano  già  determinato  Cosimo  ad  una  rappre- 
oagliu,  ed  avea  già  intimato  ai  Mercanti  suoi  sud- 
diti che  provvedessero  a  star  sicuri  per  mare  e  per 
terra.  La  mediazione  del  Re  Filippo  fu  sollecita  non 
solo  a  estinguere  le  prime  scintille  di  questo  fuoco> 
tua  ancora  a  [vontovere  fra  loro  una  migliore  cor- 
rispondcDEa ,  avendo  finalmente  delìbOTato  il  Se-> 
nato  di  far  risedere  a  Firenze  un  Segretario  Delta 
forma  stessa ,  che  il  Duca  lo  teneva  presso  quella 
Repubblica.  Questa  unione  e  tranquiUità  delli  Sta- 
ti d'Italia  rendeva  Filippo  arbitro  detli  amici  non 
meno  che  dei  stretti ,  e  Cosimo ,  prevalendosi  dell' 
appoggio  e  della  confidenza  di  questo  Monarca,  ere» 
scova  ogni  giorno  più  di  autorità  ,  e  di  opinione  fra 
gl'Italianit  Solo  le  incertezze,  e  gli  ondeggiamenti 
del  Conclave  tenevano  sospesi  gli  animi  di  [ciascu* 
Ho ,  e  facevano  temere ,  o  sperare  qualche  mutazio* 
fee  di  questo  sistema» 


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«73  STORIA  DI  TOSCANA. 

j^jf^  SembrsiTa  impossìbile  ai  due  compelìtorì  Eaten*' 
di  Coee  Gonzaga  che  le  premure  delle  Corti,  che  gli 
'^9 proteggevano  nou  dovessero  pura  una  volta  vin- 
cere la  fermezza  di  quel  partilo ,  che  gli  etclu* 
deva  dal  PoDtificato.  Il  Duca  era  impegnato  col 
Re  Filippo  ,  e  col  suo  Ambasciatore  Francesco 
de  Vargas  di  procurare  l' eleaione  del  Ooozaga ,  e 
avea  promesso  alla  Regina  di  Francia  di  fare  ogni 
sforzo  a  favore  dell'Estense.  Siccome  avea  prepa* 
rato  tutte  le  strade  al  Cardinale  de'  Medici  si  afia^ 
tìcava  per  mantenersi  benevolo  e  l'uno  e  l'altro, 
intanto  che  il  disinganno  gli  determinasse  a  vol- 
tarsi dì  concerto  a  favore  del  medesimo.  A  tal' ef- 
fetto lasciava  a  questa  ambiziosa  lotta  un  libwosfo* 
go,  ma  prolungandosi  più  del  dovere  il  GonclaTC 
con  danno  e  scandalo  del  Cattoliciamo ,  e  dubitan- 
do che  da  tante  passioni  ne  derivassero  poi  delli 
strani  accidenti ,  si  adoperò  con  lutto  l'impegno  per 
sollecitare  l'elezione.  Il  Cardinale  di  Mantova ,  già 
persuaso  della  impossibilità  di  pervenira  al  Papato 
attesi  gli  ostacoli  di  Farnese  ,  cedeva  il  campo  li- 
bero al  Medici,  e  concorreva  per  esso.  Il  Duca  di 
Ferrara  potè  finalmente  disingannare  il  Cardinale 
suo  zìo,  e  Cosimo  unito  con  l'Ambasciatore  Var< 
gas,  promettendo  assistenza  e  protezione  ai  Caraffi^ 
poterono  uniformarli  alli  altri  partiti.  La  notte  dn 
35  Dicembre  fu  eletto  Papa  il  Cardinale  Gio.  An- 
gelo de'  Medici ,  che  assunse  il  nome  dì  Pio  IV.  Ap- 
plaudi Roma  al  nuovo  Prìncipe ,  e  alle  premure  dì 
Cosimo  per  esaltarlo,  e  il  Segretarìo  Concino  paa- 
s^giando  per  la  Città  riceveva  dal  Popolo  le  accla- 
mazioni per  avere  cosi  felicemente  eseguita  la  sua 
commissione.  Il  nuovo  Papa^  dissimile  in  tutto  al 
suo  antecessore  diede  principio  alPontificito  con  atti 


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LIB.  ni.  CAP.  I.  »7« 

di  clemenca,  e  dì  magDanimità;  sommamente  gra-  ^„_ 
to  al  Duca  per  averlo  ioalzato  a  quel  grado   glìene^i  C 
confessò  uu'  obbligazione  immortale  ,  e  desUnò  im-  '  ^ 
mediatamente  il  suo  proprio  Cappello  per  Don  Gio< 
Tanni  de'  Medici ,  e  volle  donarli  la  propria  casa  e 
giardino^  e  tenerlo  per  figlio.  Né  questo  doveva  es> 
aer  l' unico  contrassegno  della  sua  gratitudine  ,  poi' 
cbi  riserbava  a  darne  nelle  occasioni  delle  piij  si- 
cure riprove ,  ratificando  di  sua   mano  tali  senti- 
menti  con  questi  concetti  :  Le  cose  sue  le  abbiamo 
per  nostre ,  e  le  nostre  vogliamo  che  siano  sue  ,  e 
l'uno  avrà  sempre  a  servirsi  e  ajutarsi  dell'  al- 
tro t  £  sarà  sempre  tra  noi  un  cuore  ^euH  anima    ■ 
medesima. 

Questa  alleanza  e  stretta  unione  di  amiciaia  e  d' 
interessi  principiò  con  una  reciproca  emulazione  di 
grazie,  onori,  e  compiacenze  scambievoli.  Fio  IV., 
secondando  la  benignità  e  dolcezEa  del  suo  carat- 
tere, domandò  al  Duca  grazia  e  perdono  per  tanti 
infelici  Fuorusciti,  che  con  i  disastri  e  con  la  mise- 
ria pur  troppo  aveano  pagato  la  pena  dei  loro  erro- 
ri ;  desiderò  ancora  che  gli  fossero  restituiti  i  lor  Be- 
ni ,  ma  r  alienazione  di  essi  già  fatta  dal  Fisco  era 
UD  ostacolo  insuperabile;  nondimeno  per  incorag- 
gire  il  Duca  a  questa  deliberazione  sì  offerì  egli  di 
essere  il  primo  a  cedere  i  Beni  delti  Altoviti,  cbe 
Cosimo  avea  già  donati  al  Marchese  dì  Marignana 
I  primi  a  [covare  gli  effetti  di  cosi  generosa  inter- 
posìzicme  farono  il  Cardinale  Strozzi,  e  Giuliano  de' 
Medici.  Dopo  la  morte  del  Prior  di  Capua  e  del  Ma- 
resciallo la  Famìglia  Strozzi ,  rivale  dei  Medici  nel 
Principato  di  Fireqze,  si  residuava  in  Roberto,  e  in 
nn  figlio  del  HaTescìallo,  i  quali  vivevano  in  Fran- 
cia sotto  la  pQteùoKe  della  Begina  loro  cugina  j  il 


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»74  STORIA.  DI  TOSC4KA. 

A.H.  Cardinale  si  stava  in  Roma ,  dove  non  pia  i  Fraa^ 
^^^cesi,  ma  il  Duca  Cosimo,  e  i  suoi  partitanti  domi- 
oavano  la  Corte:  le  itnpreae  del  Maresciallo,  e  la 
mercatura  non  distinguevuno  più  la  Famiglia  per 
)a  potenza ,  e  per  le  riocliezze,  e  più  della  gloria  era 
necessario  il  riposo,  e  la  sicurezza.  Le  ricchezze  dellì 
Strozzi  erano  state  comuni  anehe  a  Giuliano  de'Me- 
dici,  che,  non  avendo  fuori  di  Toscana  capitali,  né 
mercatura ,  sussisteva  con  le  sovvenzioni  deUa  R»> 
gina,  e  delli  Strozu.  Sebbene  l'etii  sua  non  loren* 
desse  capace  di  partecipare  con  Lorenzo  suo  fratella 
dell'attentato  contro  il  Duca  Alessandro,  nondime- 
no i  suoi  Beni  eranostatiincorporati  da  Cosimo,  ed 
egli  cresciuto  in  età  avea  seguitatosempre  loStroc- 
KÌ,  e  alla  battaglia  di  Scannagallo  avea  combattuta 
ai  suoi  fianchi.  Era  egli  cugino  di  Cosimo,  e  secon- 
do il  ludo  di  Carlo  V-  in  lui  sarebbe  dovnto  passa- 
re il  trono  di  Firenze,  se  le  circostanze,  e  la  giu- 
risprudenza del  tempo  non  lo  avessero  dichiarato 
decaduto  da  questo  diritto  per  la  enormità  del  fra- 
tello ;  perciò  era  necessario  di  assicurare  il  Duca  da 
ogni  timore,  e  il  Papa  operò  con  la  Regina  affinchè 
si  facesse  uomo  di  Chiesa  ;  fu  Vescovo  di  Bexiers,  e 
e  poi  Arcivescovo  dì  AlbT  j  e  il  Duca  ritenendo  i 
suoi  Beni  gli  corrispose  con  una  conveniente  pen- 
sione. In  precesso  Roberto  Strozzi,  l'Arcivescoro, 
e  Gio.  Batista  Altoviti  ottennero  grazia  da  Cosimo, 
-il  quale ,  deposta  la  naturale  sua  austerità  ,  ceden- 
do alle  insinuazioni  di  Pio  IV-,  esercitò  la  clemen- 
za sopra  di  tutti.  Il  Duca  parimente  s'interessò  pres- 
so il  Papa  per  favorire,  e  proleggere  i  principali  Ba- 
roni dello  Stato  Ecclesiastico,  procurando  grazie^ 
onurì  ,  e  ricompense  ai  suoi  benaffetti.  Tutto  ciò  gli 
conciliò  in  Roota  gnmde  autorità  >  e  specìalmeeta 


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U9.  III.  CAP.  I.  375 

allorché  li  3i'di  Gennajo  si  pubblicò  la  prontuxio-  a.m, 
ne  di  Don  Giovanni  smo  Oglio  al  Cardinalato,  he-  ^j^9' 
ftò  ciascuno  conriiUo  della  paraialiUt  del  Papa  per 
il  Duca  Cosimo ,  il  quale  divenne  perciò  il  media- 
tore di  tqtte  le  grafie,  e  iavori  della  Corte  di  Ro- 
fna*  Prima  di  spedire  il  figtÌM  a  ricevere  il  Cappello 
fece  accompBgnare  a  Ferrara  Donna  Lucrezia^aposa 
|rià  di  quel  Duca.  Dun  Francesco  Principe  ereditai 
fio.  Don  Luigi  di  Toledo  cognato  del  Duca ,  i  molti 
principali  Geptiluoipiai  d' Italia  formarono  la  co^ 
initiva  :  il  Papa  spedì  a  Bologna  il  Serbelloni  suo 
cugino  per  ricevere,  e  intrattenere  la  Sposa  coq 
grandi  onori,  e  magnificenza  ;  e  li  i5  dì  Febbre jo 
fu  ricevuta  in  Ferrara  dal  Duca  suo  sposo  eoa  tutte 
\e  dimostrazioni  di  giubilo,  l  baqcbettij  le  Feste,  e 
gli  spettacoli  s^nalaron  in  que^  occasione  la  graq-r 
dezza  della  Casa  d'Este,  che  in  questo  genere,  e  siui 
polarmente  nel  gusto,  e  nella  eleganza,  superava  aU 
lora  tutte  le  altre  Corti  d' Italia. 

Partì  nel  seguente  Marzo  il  Cardinale  Giovanni 
per  Roma  ;  il  Duca  gli  avea  formato  una  Corte  de- 
gna della  sua  grandezza;,  e  composta  di  Personaggi 
di  lettere,  atti  a  dirigerlo  per  sostenere  il  carattere, 
che  doveva  rappresentare.  Il  suo  ingresso  in  quella 
Capitale  fu  onorato  dai  principali  in  tanto  numero 
che  ai  trovò  seguitato  da  duemilaciqqoecente  ca- 
valli. Il  Papa  fra  le  tenerezze,  e  gli  amplessi  li  au- 
gurò di  divenire  il  quarto  Pontefice  della  casa  Me^ 
dici.  Fu  alloggiato  nel  Palazzo  Poptificiu,  e  si  atti- 
rò subìtamenle  gli  ujficj,  e  i  riguardi  di  tutti  gli  ara- 
Iiiziosi  ,  e  delli  osservatori  di  quella  Corte.  Era  egli 
iu  etjt  di  quindici  anni,  e  ilPadre,  avendolo  fin  da 
principio  destinato  ad  essere  uomo  di  Chiesa,  lo  a- 
■vea  fatto  educare  relativamente  a  quel  miniera. 


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176  STORIA  DI  TOSCANA. 

^^  La  compostezza ,  la  modeatia  ,  e  lo  sfnrikò  ruotato 
diCdi  questo  Faociulto  fecero  l'ammirauone  di  tutti, 
'tanto  più  elle  senza  inteniarai  nelli  aflari  diqu^U 
Corte  si  occupò  aolainente  in  procurare  ai  partìeo' 
lari  delle  grazie  dal  Papa  ;  e  dal  Padre.  Fa  corteg- 
giato da  tutti  i  ribelli  Fioreatiai ,  che  erano  in  Ro- 
ma ,  perchè  così  volle  il  Pontefice;  e  questo  atto  di 
som  missione  giovò  a  ciascuno  di  «su  per  ritonuTt 
in  grazia  del  proprio  Sovrano.  Dimorò  tre  «oli  mesi 
in  quella  Città ,  lasciando  di  m  grandi  sperarne ,  e 
espettativa  di  maggiM*!  progressi .  Il  Papa  gli  CMiferì 
l'Arcivescovado  di  Pisa,  dando  al  Cardinale  di  ì&v 
tuia  una  ricompensa,  sebbene  lo'avesae  ottennCoin- 
giustamenle  da  Paolo  IV.  Me  qui  cessarono  le  sue 
premure ,  poiché  volle  ancora  pensare  ad  un  utile 
e  luminoso  accasamento  per  il  Principe  Ereditario: 
a  tal' effetto  per  mezzo  4el  Nunzio  mosse  pratica  per 
trattere  il  Matrimonio  con  la  Principessa  Maria  di 
Portogallo,  la  quale,  sebbene  superiore  d'età  al  Prin- 
cipe Francesco,  portava  in  dote  co^icue  ricchezze, 
e  stringeva  di  parentado  la  Casa  Medici  «>&  la  Casa 
di  Spagna  ;  e  siccome  semtvava  a  questa  Principessa 
di  abbassare  con  un  tal  nodo  la  sua  condiziime  pnn 
poneva  il  Pontefice  di  dare  a  Cosimo  il  titolo  di  Re 
di  Toscana ,  giacché  questa  Provincia,  non  solo  in 
altri  tempi  era  stata  governata  dai  Re,  ma  area  an- 
cora tenuto  soggetti  dei  Regni.  Ciò  avrebbe  potato 
effettuarsi  con  facilità,  se  non  si  fosse  opposta  la  ge- 
losìa ,  e  il  sospetto  del  Re  Filippo.  Quantunque  egli 
avesse  dimostrato  sodisfàzione,  e  contenteuastraop- 
diuaria  per  reiezione  di  Pio  IV.  già  suo  Vassallo, 
non  approvava  però  intemameute  la  dichiarata  al- 
^Dza,  e  stretta  unionediquestoPapacolOuca  Co* 
«imo,  poiché  qualunque  ingrandimento. di  ctsote- 


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LIB.  ni.  CAP.  I.  377 

meva  pt^esse  costituirlo  in  grado  di  alterare  la  quie-  ^^ 
te  d'Italia ,  o  contrastarli  forse  il  tranquillo  possesso  di  G, 
dei  suoi  Stati  in  questa  Provincia,  J  Ministri  Spa-  *^ 
gnoli  gelosi  della  sua  autorità,  ed  i  nemici  ìnTÌdioai 
della  sua  grandezza  fomentaTatio  nel  Re  questi  soi 
spetti  ]  gli  significarono  essersi  {ormata  uuft  l^a  tra 
il  Papa,  i  Veneziani^  e  i  Duchi  di  FireozeediFert 
l'ara  con  l' appc^gio  della  Francia  per  occupare  lo 
Stato  di  Milano  i  il  Duca  Ottavio  Farnese  autorizr 
■ava  più  di  c^ni  altro  queste  novelle  ,  e  le  conferà 
mava  con  la  delilierauone  fatta  dal  Papa  di  por:> 
tarsi  ncll'  estate  a  rivedere  la  Patria  i  ed  avere  sta-» 
hiiito.in  questa  occasione  un  abboccamento  in  Bo-^ 
logna  con  Cosima  Tali  accidenti  obbligarono  il  Pon- 
tefice e  il  Duca  a  ritirarsi  coq  decoro  dal  disegno 
del  Matrimonio,  consigliandoli  a  ciò  anchf  il  Duca 
d'Alva,  tanto  più  cbe  era  dì  somma  necessità  ren- 
dersi benevolo  il  Re  Cattolico ,  affinchè  favorisse 
r  intimazione  del  Concilio. 

.  Oltre  la  solenne  promessa  fatta  da  tutti  ì  Cardi- 
nali in  Conclave,  ardeva  singolarmente  Pio  IV.  del 
lodevole  desiderio  di  una  perfetta  riunione  dt  tatti 
i  Fedeli.  Conosceva  che  un  Concilio  ce  non  fosso 
alato  valevole  a  riunire  i  diffidenti  alla  Chiesa  R(h 
mana,  almeno  sarebbe  stato  efficace  a  confermare 
nella  obbedienza  della  medesima  quelli,  che  anco- 
ra non  sì  erano  separati^  e  che  inostravimo  dì  va- 
cilbre;  lo  sgomentavano  la  difficoltà  incontrate  dai 
predecessori,  lo  combatteva  il  timore  che  essi  pu- 
re aveano  dimostrato  in  questa  QcC{i'ionej  ma  loìn- 
coraggiva  il  vantaggio  della  Religione,  e  il  zelo  del 
tuo  ministero.  Il  consiglio  de\  Dtuca  Cosimo,  in  cui 
confidava  piò  che  ip  i^ni  altro,  servì  a  determiT 
Bario.  ì)imovtr4  egU  che  tatto  era  infetto,  o  proavi 
T.  Il,  17 


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if«  9T0RIÌL  TU  TOSCANA 

•  ^  mo  a  infettarsi  delle  nuore  opinioni,  e  che  qaatuBi 
(li  C.  que  dilazÌQDe  sarebbe  riescila  eTÌdeuteniente  dan- 
*^*^  nosaj  e  siccome  questo  fermento  producera  ancora  ' 
nelli  Stati  delle  inteme  revoluzioni,  tendenti  a  in- 
durr-e  i  popoli  in  manifesta  ribellione  contro  i  loro 
Sovrani,  non  poteva  perciò  dubitarsi  che  anch'essi 
fossero  per  concorrere  volontìeri  ad  un  atto,che  tanto 
avrebbe  interessato  la  loro  sicurezza,  e  tranquiUitàì 
né  vedeva  qual  timore  potesse  avere  un  Papa  elet- 
to canonicamente,  le  di  cui  azioni,  essendo  state  fi-* 
Dora  gloriose,  non davanoluogoa  scrqpolanel Con- 
cilio ;  e  se  fosse  stata  appo&ta  qualche  limitaùooe 
alla  sua  autorità,  poteva  essa  «offrirsi  dì  buon  ani- 
mo in  vista  del  gran  vantaggio,  che  l'universale  a- 
Trebbe  risentito  dal  rimanente.  In  somma:  P'ostra 
Santità^  scriveva  egli,  non  si  lasci  persuadere  a  in- 
timare il  Concilio  con  due  cuori ^  l'uno  d 'intimarlo^ 
faltro  di  non  lasciarlo  poi  seguire  Uberamente^ 
perchè  così/acendo,  quanto  a  queUoche  tocca  Dio, 
.  essendo  questa  sua  causa  non  bisogna  ingannar- 
si, ami  è  molta  maglio  lasàarìo  di  fare,  che  fare 
come  si  fece  a  Trento,  che  fu  di  scandalo  ai  Cri- 
stiani e  di  disonore  al  &iperiore,  perciò  lo  focati 
con  animo  risolutOj  e  liberamente.  A  tal'efietto  n<Mi 
tralasciò  verun  ulHcio  di  esortazione  e  di  consiglio 
presso  quelle  Corti ,  che  dovevano  concorrere  alla 
prosecuzione  del  medesimo,  fra  le  quali  essendo  non 
poche  oontrarietà  di  senlimenLi  facevano  temere 
della  effeltuaziooe.  In  Spagna  quei  Prelati,  che  |x-i- 
meggiavano ,  e  specialmente  il  Confessore  del  Re, 
e  l'Arcivescovo  di  Siviglia  si  oppottevano  a  questa 
novità.  La  Francia  voleva  un  Concilio,  ma  che  fos- 
se nazionale.  In  Germania  piuttotfo  che  desiderare 
la  continuazione  del  Concìlio  di.  Trento  facevano 


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.     LIB.  III.  C&P.  I.  379 

istanza  che  si  annullassero  gli  atti  fatti  nelPoptifi-  ^h. 
catoiìiPaoloedì  Ginlìo  III.  e. l'Imperatore  silusin-di  G 
gava  clie  i  Riformati  vi  sarebbero  iuterveou.ti ,  se  '^**' 
si  fosse  adunato  in  Colonia,  iu  Costauza,  o  in  RaU- 
fibona.  Non  si  i^omentò  il  PonteGce  a  tant$  diSi- 
coltà^eilDuca  uod  mancava  col  consiglio,  e  cod  l'o- 
pera di  ajutarlo  a  superarle  per  convincere  il  Mon- 
do delb  di  lui  retta  volontà,  e  sincere  disposizioni , 
con  cui  avea  intrapreso  a  procurare  il  vantaggio  del- 
la Religione.  L'Italia  tutta  ammirava  la  sua  ma- 
gnanimità ,  allorché  un  tratto  di  soverchio  rigore 
tenne  sospesi  gli  animi,  e  l'ammirazione  di  ciascuno. 
Fino  dal  mese  di  Maggio  era  slato  arrestato  in  Ca- 
stello il  Cardinale  di  Muiitej  levita  dissolut^,einde- 

-goa  del  suo  Ministero,  e  un  omicidio  commesso  di 
sua  mano  erano  le  cause  di  questo  arresto,  che  però 
appagavano  l'universale:  maggiore  fu  l'ammirazione 

'allorché  li  sette  diGiugno,furono  avrestatiil  Cardina- 
le Caraffa,  il  Cardinale  di  Napoli,  il  Conte  di  Mon- 

'  torio  e  altri  loro  aderenti.  Si  rinnovarono  subito  alla 
memoria  del  publico  le  iniquità  commesse  dacoatoru 

-nelPontìficato  di  Paolo  IV.  e  fu  rilevato  che  UConte 
di  Tendiglia  Ambasciatore  del  Re  Filippo  al  Pap» 

-lo  avesse  instigato  a  questa  deliberazione.  Anche  il 
Duca  Cosimo  n  trovò  interessato  in  questo  anare,poÌ- 

-chè  tra  le  scritture  del  Cardinale  Caraffa  si  trova- 
rono lettere  diPaudolfo  Pucci,  che  indicavano  es- 

-sere  ^li  uno  dei  promotori  di  quella  congiura.  Si 

■rese  noto  l'inganno,  iu  cui  avea  tenuto  di  continuo 
il  vecchio  Papa  nella  guerra  col  Duca  d*ÀlTa,.il  fal- 
so processò  dell'attentato  veleno  contro  il.  medesi- 

-mo,  i  dispacci  del  Re  di  Francia  falsificati,  e  gli  o- 
mictdi  commessi.  Furono  trovate  le  corrisponden- 

-le  tenute  col  Marchese  Alberto,  e  cui  Gran  Visir  , 


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a8tt  STOHU  DI  TOSCANA 

^,f,  per  i  quali  aoU  motivi  restark  coavinto  dìere^,* 
di  C-di  aUotrad>niento.Il  Conte  di  ModUh-ìo  restava  coa<- 
'^^viiito  di  j^vere  ucciso  la  nqt^lioj  e  il  Cardinale  dì 
Napoli  di  avsr  4accliBggia(a  di  gioje  e  di  danari  le 
camere  di  Paolo  IV.  Ciascuno  attendeva  dì  veder 
l'Italia  vepdicata  dei  suoi  perturbatori ,  e  il  Duca 
Cosimo  ù  9CGÌqgeva  apch'eaiq  a  punire  il  Conte  di 
'Pitiglianp  primo  autore  della  Guerra  di  ^ieaa.  La 
famiglia  delli  Orsiai  fioo  dal  <  iQ/^.  posiiedeva  per 
ctHicessionedeirimperatore  Federigo  I.  vari  castelli 
pella  Maremma  Seqese^  U  liberalità  di  altri  Imper^T 
-tori  erq  nqqcoT'aa  a,  ingrandirli^  e  a  questa  si  aggiun- 
se'ai^oora  la  auccessioae  della  Gasa  Aldobrandeaca. 
La  maggior  parte  del  littorale  Senese  era  possedu* 
fo  da  questa  ff|miglia  alloreliè  residuata  in  due  fen^- 
luine  si  dirise  apcora  in  d,ae  parti  la  successione: 
una  stabilì  la  Casa  dei  Conti  dì  SanU  Fiora ,  l'al- 
tra passò  n  ingrandire  quella  delli  Orsini  ;  fra  essi 
il  Pontefice  JNicco|à  III.  gli  procurò  in  Feudo  alcune 
-Terre,  e  Castelli  appartenenti  all' Abbazzi'a  delle  tre 
Fontane  ,  e  Bidollb  I.  Imperatore  nel  laSi.,  con- 
fermando tutti  i  privile^]  concessi  loro  dai  prede- 
cessorij  decorò  Bertoldo  Orsini  nipote  dì  Niccolò 
III.  det  titolo  d>  Copte  di  Pitrgliano,  Siccome  l'in* 
grandimento  di  qneiitii  famiglia  non  poteva  com- 
binarvì  con  qaello  della  Repubblica  di  Siena,  fu  far- 
xa  alli  Orsini  o  di  stare  con  l'armi  in  continua  di- 
fesa dei  foro  possessi,  ovvero  comprarsi  la  pace  dal- 
la Repqbblic^  oop  varie  accomandigie,  e  capìtol*- 
^oni.  Ciò  pon  ocit^pte  le  loro  divisioni,  il  mal  go- 
verno dei  popoli,  p  l'interesse,  che  prendevaDo  nel- 
le revoluziom  (^  Siena  facilitarono  a  quella  Repnb- 
.  blica  i  mezzi  di  estendere  il  suo  Domìnio  eoo  to> 
gliq*  toro  le  principali  'feire^  9  ridurli  al  solo  pos- 


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ite.  iù.  tàP.  i  i&t 

iettò  di  PitigUano,  Soraoo,  e  altri  pochi  Cadili  cir-  "ff^ 
tooTicioi^  ^el  1547.  il  Conte  Gìo.  Francesco^  «nv-ji'o. 
Malo  uella  Fortezza  di  Soraoo  per  c^ra  di  Micco' iSSd 
la  suo  Bglio ,  fii  da  tolto  spelliate  di  ogni  giurisdi- 
zione, e  scacciato  violentemente  dal  Feudo.  AssiHi->- 
ae  t'usurpato^  il  gov«rùo  dello  Stato-,  ma  perraan- 
tenersi  in  nn  posàekso  cosi  violeùto  era  nbc'eràario 
evitare  la  giustizia  dell'Impehitore ,  e  guàdaghard 
l'appog^O  dei  suoi  nemici.  Trovò   favorévoli  alU  • 
sua  situakione  le  cilrcostanfeé  della  Repubblica  di  Sie- 
na, e  ajutando  i  Francesi  a  impadrotlirsì  di  quella 
Gttk  atlontand  dal  siio  Stato  le  forze  Imperiali ,  9 
impegnò  la  Cortedi  Francia  a  prote^erlo.  Esse  fu 
che  sostenne  l'espulsione  delli  Spagnoli  da  Siena , 
«  nel  corso  della  guerra  assistè  Piero  Strozzi  di  tnip^ 
pa  ,  e  di  vettovaglie  )  dimOddttbè  per  riconoaceitXA 
dei  servigj  prestati  a  quella  Gorona  fò  messo  fecil- 
raente  al  possesso  della  Gitti  di  Sovana  ,  possedata 
già  in  altri  tempi  dai  augi  maggiori; 

Il  Conte  Gio;  Francesco  vivbva  in  Rohàa  ój^resad 
dalla  miseria,  e  dal  rammarico  di  vedersi  così  mal- 
trattato da  ÙD  figlio^  einvahoimploravadaU'Impé- 
tore,  e  da  PaoloIV.cfae  li  Ibsse  amministrata  gibstt- 
lìa.  Li  eccessi ,  e  le  contravvenziuii  commesSédal 
Conte  Niccola  nello  StAto  Ecclesiastico  lo  &veano 
Condotto  a  essere  arrestato  a  Roma  iù  Oastello ,  e 
tuo  padre,  implorando  in  tale  occa^ne  di  esser  ri-* 
messo  al  possesso  dello  Stato  e  dei  Betti,  fu  da!  Pfl^ 
pa  eletto  il  Duca  di  Palliano  per  arbitro  di  tutte 
le  vertenze  fra  loro:  ha  rettitudine  di  questo  Giu- 
dice obbligò  il  Padre  a  rennnziare  al  figlio  li  Stati, 
ma  il  Conte  Niccola  fu  astretto  «  domandarli  per- 
dono, a  passarli  gli  alimenti,  e  a  costituire  le  doti  per 
le  sue  figlie.QuestO Lodo autorikiò il cbo Operato, eìl 


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ifTi  STORTA  DI  TOSC^A 

An.  trattato  di  Chatean  Cambresìs ,  aveiuiolo  compreA» 
di  C.  fra  gli  alleati  del  Be  di  Francia ,  lo  stabili  maggior- 
'mente  nella  usurpazìoDe,  e  accrebbe  il  suo  ardire. 
A  tenore  delU  articoli  di  quel  trattato  avrebbe  do- 
vuto restituir  Sovana,  come  una  appartenenza  del- 
lo Stato  di  Siena^  ma  egli  la  denegò  al  Duca  Cosimo^ 
sostenendo  essere  di  sua  proprietà.  In  vano  faroDO 
reclamati  detti  arficoli  alle  Corti  dì  Francia  ,  e  dì 
■  Spagna,  poicbè  egli  pertinace  a  qualunque  iosinua- 
zioue  insisteva  sul  giustodiritto di  conservare  quel- 
lo, che  reputava  già  suo.  Dìsprezzatore  delle  Leggi 
Divine  ed  umane  opprimeva  i  popoli  con  le  vicden- 
ze,  e  gli  offendeva  col  mal  esempio  delle  sue  scele- 
ratezze.  Datosi  in  preda  a  Concubine  Giudee,  ino»' 
aequio  di  esse  calpestava  la  Religione  ,  e  allontava 
dal  suo  Stato  quelli  che  lo  ammonivano.  Insidiali' 
do  l'onore  della  Nuora,  il  suo  6glÌo  Alessandro,  noo 
potendo  soggiacere  all'oltraggio,  determinò  di  am- 
mazzarlo, e  ricorse  a  Cosimo  per  consiglio  ed  ajuto. 
If  on  approvò  il  Duca cbeilGonteAlessandro  eseguisse 
da  per  se  stesso  cosi  disperata  risoluzione,  ma  bensì, 
asanmendo  sopra  di  se  l'incarico  di  vendicarlo, deli- 
berò di  far  morire  il  Conte  Niccola  per  altre  mani,  o 
almeno  ajatarè  il  figlio  per  occilpargli  le  Fortezze,  e 
dìacaccìarlo  dal  Feudo.  Si  tesero  perciò  delli  aguati 
al  Conte  per  averlo  prigioniero ,  o  aramazzarla,  e 
n  spedirono  ancora  a  Pitìgliano  delle  persone  di  sua 
confidenza  per  questo  effetto;  ma  il  timore  di  cbt 
dovea  eseguire,  e  le  cautele  del  Conte,  avendo  reao 
vano  il  disegno  di  ucciderlo  ,  si  adottò  l'altro  peo- 
nero  cbe  il  Conte  Alessandro  occupasse  con  slratt»- 
gemma  la  Bocca  di  Pitìgliano^  e  il  Duca  lo  sostenes- 
se con  truppe ,  cbe  si  avvicinavano  ai  eon&ni.  per 
questa  causa.  Ma  ìl  Conte  Kiccola,  av«ido  scoperte 


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LU.  ììì.  CKP.  l  i8i 

la  tfama  arrestò  il  figlio,  e  pose  Coaimo  Ìd  nc<:ean-  i  _' 
tà  di  moverli  ctmtVo  le  armi  per  non  lasciare  il  Con-  di  Ci 
te  ÀlCssaDdro  in  preda  alla  sua  cnidcltà.  Perciò  ai  '^^ 
primi  di  Luglio  fece  accostare  a  Sovana  Ghiappioo 
Vitelli  con  cimila  fanti,  e  spedi  a  Roma  per  rap^ 
presentare  al  Pontefice  di  quale  ntilità  sarebbe  sta- 
to  all'univerasle  lo  snidare  dal  cuore  d'Italia  que* 
sto  mostro  d' iniquità,  e  quanto  era  gìosto  il  tenta- 
re di  salvar  la  vita  a  Un  figlio  ingiuriato,  e  ripren- 
der Savana,  che  già  età  sua;  che  perciò  non  intende^ 
Va  di  contravvenire  al  trattato  di  pace^  ma  piutto* 
Bto  perfetionirne  1'  esecuaione ,  pregandolo  a  ope* 
rare  cbe  dallo  Stato  Ecclesiastico  non  gli  fossero 
somministrati  soccorsi,  alBochè  con  la  lunga  re- 
aistetisa  del  Conte  non  si  desse  campo  ad  accen^ 
dersi  il  fuoco  di  nuova  guerra.  Notificò  questa 
mossa  ancbe  all'  Imperatore ,  al  Re  di  Spagna  ,  e 
a  quello  di  Francia ,  giustificando  a  ciascuno  la 
sua  rìsoluzitme,  e  dichiarando  di  voler  ripetere  il 
suo  con  la  foràa,  giacché  inutile  era  stata  la  cortesia^ 
e  la  mediazione  delli  amici.  L'ambasciatore  di  Fran^ 
eia  a  Roma  dichiarò  subito  infranta  la  pace,  e  il  Pa- 
pa spedì  il  Serbelloni  a  Pitigliano  per  estinguere 
questo  foocoi  II  Conte  Alessandfó  aveva  potuto  con 
^  fuga  salvarsi  da  ogni  pericoloje  Niccola,  imaginan-* 
dosi  di  trattener  Cosimo  con  la  dissimulazione,  t 
fcou  ringraziarlo  dì  averli  salvata  la  vita,  reclutava  ae-^ 
gretamente  delle  genti  per  la  dìfesai  II  Serbelloni  gli 
parlò  altamente  a  nome  del  Papa  per  la  restitnzio' 
ne  di  Sovana,  e  ii Conte  Ineriva  in  depositoa  Sua 
Santità,  ma  il  Duca  non  approvava  cbe  sì  deposi' 
tasse  quello  ,  che  non  reputava  soggetto  a  contesa  i 
Questa  insistenza  pose  finalmente  il  Conte  Niccoli 
in  oecessìtà  di  consegnar  libera  a  Chiappino  Sova<> 


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òU  stoBiA  DI  toscaHa: 

Air.  na,e  di  promettere  al  Papa  grazia,  e  uciiredU  per  il 

^'^  figlio  Àlessandrot 

Becuperata  Sovana  rìtiró  U.  Duca  tutte  le  genti 
di  guerra  da  quei  Coufini ,  e  riservò  a  più  faTorevo» 
le  occasione  la  vendetta  particolare  col  Conte,  dan- 
do luogo  a  ciascuDo  di  ammirare  in  tale  atto  la  fua 
moderazione.  Le  aue  premure  n  voltarono  tatta  alli 
aSari  generali  dell'Europa  >  e  aitlgolarmente  a  ijoel' 
lo  del  Concilio,  di  cui  essendo  stato  il  principale 
jH-omotore  presso  il  Pontefice,  troppo  gli rinGresce" 
va  di  vederlo  timido  ^  e  irresoluto  per  efiettnarlo. 
n  Papa  atesso  non  sapendo  come  imp^^nanì  iit 
così  importante  intrapresa  ,  lo  richiese  di  portartt 
a  Roma  in  tempo  appunto,  che  egli  «i  diyieva  dì 
portarsi  a  prendere  perstHiaimente  il  posseaio  di 
Siena  per  sodisfare  al  desiderio  di  quei  nuovi  Va>* 
salii ,  e  stabilire  un  sistema  di  Governo  per  quello 
Stato.  Alle  istanze  del  Papa  sì  aggiunsero  quelle  dà. 
principali  della  Corte,  e  particolarmente  dell'Ama 
basciatore  di  Spagna  ,  mossi  tutti  dalla  persuasime 
della  efficacia  di  Cosimo  per  dirigere,  e  delibn^re 
l'afiare.  Conoscendosi  utile  al  pubblico  in  tale  oc- 
casione si  presta  egli  con  facilità  a  portarsi  a  Roma 
dopo  una  breve  dimora  in  Siena,  riservaiido  al  ano 
ritorno  il  dar  forma  alli  affiiri  di  quel  Governo. 
Verso  U  fine  di  Ottobre  si  mosse  di  Firmae  con  la 
Duchessa;  e  il  Principe  Fraacesco ,  il  Cardinale  Gio- 
vanni ,  e  Don  Garaìa  suo  terzogenito  lo  seguitarimoi 
Li  a8  fece  il  suo  ingresso  iu  Siena ,  accompagnato 
da  numeroso  acuito  di  NobJlti  Fiorentina ,  e  rìf:e' 
vuto  dai  Senesi  con  singolari  dimostrazioni  di  pojt, 
e  di  comune  alterezza.  Tre  giorni  sì  trattenne  in 
quella  Città ,  e ,  lasciando  al  Principe  Francesco  il 
earico  del  Goveriio  delli  Statì^  iatraprew  il  viaggi» 


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Ite.  ih.  tkP.  t  485     ..^ 

•per  Bbma  tbn  la  Duchessa ,  e  con  li  altri  àùe  figUt  ^^, 
Oltre  ilbanieroso  seguito  della  sua  Corte  ireva  aa-dì  Ci 
Cora  una  comìtÌTa  dì  GeotiluomiDi  Fìnreatini  >  a'^^ 
«n'ahra  di  Senesi,  che  voUero  accMBpagnarto; 
compresi  i  carriaggi  ^  e  la  guardia,  tutto  il  convo* 
glio  oltrepassava  il  numero  di  ottocento  cavriB.  II 
Papa'  gli  preparò  l' alloggiamento  nel  proptio  Fa- 
lazso,enon  lasciò insienie  coni  nipoti ^ e conrÀin-> 
basciatore  di  dirìgere  personalmente  i  preparativi 
dei  qoartieri ,  e  delle  camere  per  il  comodo  dei  biHH 
vi  Ospitii  Volle  di  più  che  fosserrt  ricevuti  con  > 
principali  onori  di  qudk  CcHte ,  e  tutta  Roma  con- 
corse valoBtieri  a  secondare  il  genio  del  Principe , 
«  a  meritarsi  le  gzazie ,  e  il  fitvore  dì  Cosimo.  U 
quinto  giorno  di  !f  ovemln^  nella  mattina  fu  ^li  in- 
sieme con  i  due  figli  ricevuto  alla  porta  della  Città  dai 
Cardinali  Borromeo  «  Vitelli ,  e  poi  incontrato  dai 
Cardinali  dì  Fenira  e  Santa  Fiora ,  e  condotto  A 
Palairao  dal  Papa  ,  che  lo  ricevè  ìli  pubblico  Con- 
cistoro. La  nazione  Fiorentina  dì  Roma  era  concor- 
sa con  tutta  ilarità  ad  onorare  il  suo  Principe  ;  li 
adulti ,  e  ì  provetti  erano  tutti  -  a  cavallo  vestiti 
uniformemenle ,  e  i  giovani ,  vestiti  pura  di  cremi' 
gì  con  sopravveste  dì  velluto  pa<maiao  in  numerd 
di  quaranta ,  erano  disposti  in  online  alla  Porta  deU 
la  Città  per  accompagnarlo  a  Palaxto,  e  sn-virlo  alla 
stafiat  Sulla  aera>  e  con  Io  stesso  treno  fece  il  suo 
ingresso  ancor  la  Duchessa ,  che  fu  ricevuta  dal  Pa- 
pa in  presenaa  di  molti  Cardinali  nella  sala  detta 
di  CostanUoo.  Singolari  flirooo  le  dimoBtraxioni  di 
affetto  e  dì  ten«%ua  del  Papa  per  questi  Ospiti  ;  « 
gli  occlri  di  tutta  Roma  si  rivolsn-o  ad  osservare  1 
olenti  j  e  le  qualità  dì  Cosimo ,  dì  cui  taato  si  era 
parlalo  fin»  a  quel  tempo.  Fu  per  esso  Qn  trioni* 


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aM.  STORIii  !>I  lX)SGàlf4 

^.  il  vedersi  «MTteggiato  da  quelli'  stessi,. che poctii  Ub> 
<^  0.  Bt  avaiili  oooperarauo  alla  aaa  rovina  ^  e  lo  di&- 
*      mavaoo  oome  ud  tiranno ,  e  uà  usurpatore!. 

'  Dopo  aver  sodisfatto  alli  uffic)  di  accoglienia  • 
di  lonnalità  ,Fìo  IV.  e  il  Duca  Cosimo  si  applicaro* 
Ito  a  cMicertare  i  luezii  di  effettuare  il  Concilio.  L' 
aderenu,  e  gli  stimoli  del  Re  Filif^  &Toriroiu> 
l' impresa  in  modo  che  .il  Papa  reato  animato  a  e 
seguirla ,  e  ne  segui  finalmente  la  pubblicazione. 
Quel  parte  avesse  il  Duca  in  questa  risoluzione  fa-' 
eilmcnte  ai  rileva  da  ciò ,  cbe  egli  scriveva  a  do  suo 
Ministro  li  16  Novembre  da  Roma  :  Noi  tfotevama 
partire  per  ritornarcene  a  Siena  >  dove  lassammo 
pendenti  tutti  inostri  negozj ,  ma  Sua  Santità d 
onora  e  carena  troppo  ,eà.  ritiene  eoa  dire  che 
siccome  ^amo  stati  in  certo  modo  (attore  cheJEUa 
apra  il  Concilio  universale  j  cheju  la  cauta  del» 
la  chiamata  nottra  fuà,  vuole  ancora  che  ci 
trovioffW  ali  '  atta  dtìta  pubblicazione  j  e  alia  Met* 
sa  soìerme  dello  Spirita  Santo.  Attendiamo  ijUan' 
to  a  pacificare  per  quanto  starà  in  noi  li  Gonza- 
ghi,  i  Farnesi ,  i  ditelli,  e  altri,  Signori  assai 
disoordi/ra  loro.  La  prudenza ,  la  sagacità,  e  Tt^ 
nione ,  che  avea  neU'  universale ,  gli  resero  incile 
il  comporre  le  tantediacordie,  e  nemicize  >  vegliaoti 
non  sólo  tra  i  Baroui  Romani ,  ma  anche  tra  molti 
dei  Cardinali,  e  i  principali  della  Prelatura.;  osi 
del  faviure.del  Papa  per.  beneficarne  molti ,  e  si  r»' 
«e  talmente,  benevolo  il  Collegio  dei  Cardinali  ^cbe 
già  opinavano  gli  osservatori  avere  egli  stabilita ,  e 
ccmcertata  reiezione  del  futuro  Pontefice.  Ciascuno 
restò  ammirato  di  tanta  sua  autorità,  e  i  seotiinenti 
■  di  Roma  furono  pubblicati  da  Pasquino  eoa  un  car* 
t/tì^oy  in  cui  si  leggev>.  Coimus  Jliedi«et  Pontijèjf 


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LIB.  III.  Cip.  I.  «»?       _ 

Maximus:  Dondimeno  il  Papa  era  pemiaw  della  j^„, 
di  lui  prudenea  ,  e  della  saldezza  dei  suoi  conaigli  >  di  C 
tasto  cbt!  oltre  gliafiari  del  Concilio  coneerLù  <oU  ' 
«3SO  ii  piano  dì  una  l^a  contro  il  Turco  da  pro- 
porai  ai  principali  Monarchi .  11  Re  di  Spagna  )  a 
cui  erano  slate  concesae  varie  i  roposte  sol  Clero  per 
valersene  contro  gì*  iofedeli ,  doveva  avervi  il  pri- 
mo lut^o  ,  e  Cosimo  interpose  eoo  esso  i  suoi  uf- 
lìcj  perette  vi  aderisse.  Lodò  Filippo  il  zelo  del  Pa- 
pa, e  l'attività  del  Duca  per  il  pubblico  bene,  ma 
giudicò  inopportuna  in  tali  circostanze  questa  rìso- 
luzioue>  attesa  cbe  l'Imperatore  e  il  Re  di  Fran- 
cia, troppo  occupati  nei  loro  Stati  dai  nuovi  Settarj, 
erano  impossibilitati  ad  accedervi  ^  e  i  Veneziani 
troppo  timorosi  del  Turco  sì  sarebbero  astenuti  dall' 
impegnarsi  contro  di  eaao.  Senza  il  concorso  di  que- 
ste Potenze  niuno  rilevante  effetto  avrebbero  potu* 
to  operare  le  sole  sue  iòrze  ,  e  siccome  il  piano  di 
questa  lega  aveva  in  mira  dì  unire  le  armi  dei  Col* 
legati  per  espugnare  Ginevra ,  e  rafirebare  l'impe- 
to, e  l'audacia  dei  Luterani ,  e delli Ugonotti ,  giù-  ' 
dico  il  Re  cbe  pendente  il  Concilio  non  convenisse 
irritare  ì  Settarj  col  TÌgore ,  e  con  le  armi ,  ma  al- 
lettarli piuttosto  con  la  dolcezza ,  e  con  la  persua- 
flione.  Tali  furono  i  trattenimenti  del  Duca  in  Bo- 
ma  fino  alla  fine  di  Dicembre,  avendolo  il  Papa 
obbligato  con  le  attenzioni  a  dimorarvi  fino  a  tal 
tempo  per  averlo  compagno  nella  Solennità  del  Na- 
tale. In  tale  occasione  dopo  aver  donato  solenne- 
mente al  Cardinale  Giovanni  il  suo  proprio  Palaz- 
zo e  Giardino,  donò  alla  Duchessa  i  Beni  delli  Àl- 
toviti  >  appartenenti  già  al  Marchese  di  Marignano , 
o  condizione  però  cbe  ne  disponesse  a  favore  di  Don 
Garùa  ;  e  perchè  anch'esso  non  rimanesse  senza 


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_„.     *»■         Stoma,  di  toscamì 

^„.  qualche  p^uodeUa  sua  amorevoleEte  lo  dettino  pé^ 
a  e.  il  comando  delle  Galere  dello  Stato  Ecclesiastico: 
*^^I1  Duca  fu  regalato  di  tanti  monamentì  antichi , 

che  furono  traafsriti  aopra  ^[uattro  Barche  a  L(< 

Tomo< 


FnÌB  DBL  ItokO  SlCOttOtl; 


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INDICE 


itl^RQ  SECOIfDO 
CUCITOLO  II. 

Carlo  V,  riaolre  di  hr  lagnem  ai  Seoni,  e  il  Duca  la 
•occorre:  revoca  perciò  il  trattato  eoa  ì  Fraocrsì,  • 
riceve  l'eiercito  Imperiale  nfl  sao  Stato.  Arriva  il 
Vice-Re  a  Fireue  ,  dove  maore ,  e  Don  Oariila  i^o 
figlio  proaegne  la  guerra.  L' eiercito  Imperiale  li  rU 
tira  <la  Siena ,  e  il  Papa  tratta  ìnQtUmeote  la  pace. La 
Flotta Tnrcbeica  danneggia  l'Elba,  e  torprende la 
Carsica.  Il  Daca  resta  inani  rettamente  nemico  dei 
f>aBceu,  a  li  prepara  a  discacdarlì  da  Siena.  Negor 
fiati  tra  i  Franocat  e  il  Duca  per  ingannarli  acambie- 
Tolmepte.    , , 

CAPITOLO  III, 

P  Re  di  Francia  ipedìace  Piero  Slroul  in  lulia.  Il  Du- 
ca concerta  con  l'Imperatore  le  condisioniper  far  !« 
gnem  ai  Francesi.  Si  move  l' eiereito  del  Duca  ,  • 
occopa  i)  Forte  di  Cammollla.  Sncceiao  di  Chìnsi. 
Blocco  piantata  intomo  a  Siepa.  Diversione  dello 
Stressi  nello  Stato  di  Firenze.  Sopcorsi  inviati  dall' 
Imperatore  al  I>nca,e  daIReallo  Stroui.  Ribellione 
della  Na^on^  Ftorentina  di  Roma    ..,,.. 

CAPITOLO  IV, 

Carattere  delMarebese  di  HarignaDo,e  di  Piera  Stros* 
si.  Oircoslanse  che  mossero  i  dne  Generali  a  veni» 
a  batUglia.  Vittona  dell'  Esercito  del  Dnca  a  Scan- 
nagallo.  Proposixioni  di  pace  rigettate  dairimpera.) 
tor* ,  p  dal  Dvca.  S»pa  ì  itrettp  mpg^i«rment«  fi' 


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assedio.  Determ inazioni  delta  Corte  di  Francia  eira» 
i)  BocGoirerla,  o'  nò.  Dedizione  dei  Senesi  al  Duca  Co- 
simo ,  «  capitolaùoni  firmate  eoa  il  medeairao    .    .    6a 

CAPITOLO    V. 

Jt  Duca  introdace  in  Siena  la  guamigìone,  «  a  HtMital- 
cino  jì  forma  ana  nuoTa  Repubblica.  It  Uarcfaeae  di 
Man'gnano  eapagna  Fortercole.  I  Turchi  sbarcano  i 
Piombino  di  dove  sono  rlspinti  con  perdita.  Si  prò* 
iiegue  a  combattere  con  i  Francesi  nello  Stato  di 
Siena.  Il  torbido  carattere  di  Paolo  IV.,  (a  nascere  in 
Italia  il  timore  dì  naora  guerra.  Carlo  V.  rinunsia  i 
suoi  Slati  al  figliolo,  e  si  stabilisce  tra  gl'Imperialìe 
i  Francesi  tuia  tregua  qulnqaennale  a  Cambray    ■    •    9^ 

CAPITOLO   VL 

La  tregua  di  Cambray  dopo  rarie  dilationi  Ì  accettata 
ancora  noUo  Stato  di  Siena.  Il  Papa  bÌ  prepara  a  ii^ 
Tadcrc  il  Ragno  di  Napoli ,  e  ti  Duca  d' Alva  lo  pte- 
Tiene.  Il  Duca  Cosimo  si  sta  neutrale  tra  il  Papa ,  e 
gli  Spagnoli.  I  Francesi  per  mesto  del  Papa  tentano 
di  tirarlo  al  loi^>  partito.  Ottiene  dal  Re  Filippo  lo 
Stato  di  Siena  in  Feudo.  Trattato  fatto  in  Firense 
per  questa  concesaione.  St  eMminano  la  condiaioDi 
del  medesimo > Ii6 

CAPITOLO    VII. 

li  Duca  Cosimo  prende  il  possesso  di  Siena  :  stando  in 
guardia  con  i  Francesi  s' interpone  per  pacificare  il 
Papa  col  Re  dì  Spagna.  Spedìsione  del  Duca  di  Guisa 
controil  Regno  dì  Napoli.  Conclusione  del  TratUtO 
di  Cavi.  Contìnua  aio  ne  della  guerra  tra  gli  Spagnoli, 
e  ilDuca  di  Ferrara.  Il  Cardinale  Caraflb  progetta  di 
soggettare  i  Lucchesi  a  Firante.  L'Amodanneggiala 
Tbscftna  con  l«  inoadasioai.  Contegno  del  Duca  età 
i  Francesi  di  Montalcioo;  Condkde  iu  Pisa  nn  trat' 
tatodi  paté  tra  il  Re  di  Spagna  e  il  Duca  diFemra. 
Matrimonio  di  Donna  Lncremd«  Medici.    .    .    .  i44 


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CIPITOLOTIIL 

Hortedel  UsntcialloStroni  sotto Thionrillc.  Lslflot'* 
taTurcheBCBiaiiiaccU le  ooEte  della  Tofcana.II  DocM 
acqaiitaCaatìglione  della  Peicajae  l'Isola  del  Giglio, 
Insorgono  nuove  eontew  tra  il  Duca  e  ■  Franceii  di 
HuDtalcino.  Intrighi  del  Dnca  di  Ferrara  per  otte- 
nere  quel)*  FÌRue  dal  Re  di  Francia,  Trattato  geoòt 
rale  di  pace  itabilito  ■  Cbateau  Cambresli;  difEcolti 
locontmte  per  eseguirlo  nello  Stato  di  Sieni.  Oe- 
diiiooe  di'HootaloiDo. igi 

Capitolo  iz. 

Forn»  di  goTemo  tenuta  dal  Dnca  Cosimo.  Prosogni- 
mento  della  Riforma  dei  costami  ,  per  cui  si  tron 
U  maggiora  ostacolo  nelli  Ecclesiastici.  Sistema  Gia- 
risdisionale.  Politia,  e  Leggi  . i  atj 

CAPITOLO    X, 

Vicende  della  Mercatura  dopo  la  dicbìarasione  della 
guerra  Commercio  particolare  dei  Fiorentini.  Pro* 
gresso  delle  Arti ,  e  Manifatture  in  Flrente.  Gorer* 
no  economico  del  Duca  Cosimo  :  propensione  del 
medesimo  per  promoTere  le  belle  Àrli,  •  I«  Lettere.  i3S 

LIBRO    TERZO 

CAPITOLO   I. 

essendo  morto  il  Pontefice  è  eletto  Pio  IV.  per  opem 
del  Doca  Cosimo.  Congiura  dì  Pandolfo  Pucci,  « 
compi ìcide Ila  medesima.  Carattere  del  nnoTO  Papa, 
e  sua  parsialitA  per  il  Duca. Donna  Lncresia  si  porta 
a  Ferrara  per  celebrare  le  sue  Nosae  ,  e  Don  Gìo* 
Tanni  a  Roma  a  ricevere  il  Cappello.  Il  Duca  ù  pre-* 
para  a  recuperare  con  le  armi  Sovana,  che  poi  è  re« 
stituita  liberamente.  Viaggio  di  Cosimo  a  Roma  per 
consigliare,*  dirigere  il  Papa  nella  riapertura  del 
Concilio  di  Trento )Q« 


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