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La Cfiviltà Cfttoìiea pubblica ogni I" e HI" sabato del mese u
quaderno ili 8 fogli In 16" grande. I sei quaderni di un trimettn
compiono un volume; sì che ut^ni anno si pubblicano quattro to<
lumi di 768 pagine ciascuno, Le asaociaiioni si prendono a trimestri
ed un volume »i pn^'o quanto un trimestre: un fascicolo separai
una lira; per l'Estero, più la spe&a dì posta.
Prtui p» ìt \mt\mm, pu&ta cinprtsa, itw :
Italia L
Tripoli di Barbcria, Tunìai, Susa d'ACrJca o la
Goletta. >
Stati deirUoiODe postale Franchi
India, Cina Giappone, Brasile, Messico e altri
Stati ileirAnicFÉca centrale e meridionale, e
dell'Affrico ooQ opparleaenti nll'Uniooo pò-
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Australia. Nuova Z-^lauda e altre ìsole dvl*
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o presso i Sipnori G'.-rcnd cfn' qui sullo notiianó:
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Coneo, Gia<!omo Slellino. libraio.
Farmo. Filippo Oiovenlii.
F*rrara. Antonio Taddei e F., Ptax
detta Pace.
rirenxe. Kui^ Mnnuelli — Iv
Cini. Via Ghibi^llian — Fn.:
Bocca. Via C«rrelaui — Frat
Biigginì, Via Condotta - Erra:
l.ocscher. Via Tornabuoni.
rorli. Curi r;iyv»nnì Bald^lli.
FrlbBrsO-(Bṛ<iJ'JVij,) Mi.lientnr, I
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LA
CIVILTÀ CATTOLICA
AMO miGESIMOSETTIMO
SB mttrto l^&H.
JL,j\.
CIVILTÀ CATTOLICA
AMO TEIGESIMOSETTIMO
Btatut populu» ctiiut Dominut Deus eiut-
PBA1.U. CXLIU, 15.
VOL. II.
BELLA SERIE DEGIBIATERZÀ
FIRENZE
FREB80 LUIGI HANQELLI, libeaio
Vl« dal Prooonaolo, IO,
fnm S. Uula la cuif •
1886
Proprietà Letteraria
PraCu, 1 ip. liwtineui. i<ì(f ijo e U
71 349
LA QUESTIONE DEL PAPA
E LA VIGILANZA ITALUNA
30
È proprio sing^olare il contrasto che, per rispetto alla q,ne-
stìone dol Papa Ìq Roma, dura da sedici anni, tra noi italiani
aUolìci ed i liberali italiani. Noi sempre abbiam sostenuto,
Mi» cedere mai, che essa non era finita, nò eolia breccia della
Porta Pia, nà colla legge delle Giiarentìge, né coir atto della
«pitale politica del regno, portata nella capitale religiosa del
noado cristiano; e sempre abbiamo ripetuto che il tempo non
le ooceva, ma le giorava. E gli avrersarii, alla lor rolta, sempre
à hanno risposto e Io han dotto a ridetto a so stessi per as-
ùorarseoe, che dei morti non era più a ragionare; morta e bella
« sepolta era la questione del Papa, ìrroTocabil mente e eempi-
lemamente chiosa nella tomba dai fatti compiutisi Tanno 1870.
Per altro noi non abbiamo neppur cessato mai di notare, che
ad ogni stormire di fronda in Europa e ad ogni ancorché lieve
ura propizia pel Papa che spirasse di fuori, sabito questa be-
nedetta questione, già morta e sepolta, tornare a moTersì, ed
Kl neeeesarìo che, almeno sei o sette volte Tanno costantemente,
Biofitro liberalismo ci facesse udire il ritornello dell'irrevocabile
«■enpiteroa sua morte. Caso che, per quanto la memoria ci detta,
MB sappiamo siasi mai dì nessun altra questione avverato.
£d ora. nel marso del 1886, eccoci di nuovo da capo col rì-
torsellci, rìpetato in tono assai mm baldanzoso che per T addietro.
0& dopo che la Germania mostrò dì volere por fine al KuUur'
ÌOTip/. che la metteva in gnenra diretta colla Chiesa cattolica;
e più dopo che implorò la mediazione del Papa, nella sua con-
tnivenna delle Caroline colla Spagna; e più aattìn dopo il feli-
ÓBÓmo esito di questa mediazione e lo scambio di cortesie che
ae segni; e più che mai dopo che si è pubblicato lo schema di
6 tA OUESTIOnE t>a. PAPA.
nuore leggi ecclesiastiche, le quali possono condurre l'Imperc
ad un accordo colla Sunta Sede, il liberalismo italiano è Tenui
perdendo a grado a gnido la pace sul conto della questione deli
Papa, ed ha preso a vivere in sospetti che lo tengono dubìtosoj
e irreqnioto.
È bastato un semplice telegramma, che annunziava da BRrIÌD>|
nn pranzo datovi e un discorso familiare tenutovi con alcuni i
personaggi dal principe di Bismark. per fare che tutto il campo-]
liberalesco d'Italia si levasse a ramore. II telegramma dicera:
« Parigi 9, — II Journal des Débais ha da Berlino: Bismark,]
al pranzo parhimeutare di ieri, fece un grandissimo elogio dell
Papa, che considera corno uno degli uomini di Stato più rimar-]
chevoli dei tempi moderni. Secondo Bismark, il Papa diedy provi
di alta perspicacia, comprendendo tutta l'iraportanM della Oer-l
mania conservatrice nel centro dell' Knropa. 11 Vescovo di Fulda»]
presente al pranzo, è considerato come un mandatario autoriK-j
zato dal Papa nella Commissione ecclesiastica della Camera deiq
Signori. »
II-
Quel che farebbe un fulmino, che a ciel sereno scoppiasse
ana turba di epensit'rati, lo fece questo telegramma tra i nostrll
giornalisti liberali. La gravo Opiniate di Roma, che ora, coli
vecchia gonna di servizio, si è rimessa nelle sale della ConsultaJ
allibì-, e perchè i suoi amici non se ne sgomentassero troppo,
senza perdere nn momento, prese la penna e, fingendo di scri-j
rere pei clericali, affinchè la intendessero i liberali, seriamentfrj
li auimonl che smettessero speranze, le quali, si noti bene, nessii
di loro ha mai espresse. K quali erano queste? e Che le dichiarv-]
«ioni del principe di Bismark conti- nes«!i>ro quasi la promrasa
nn'aziooe diplomatica, in favore della Santa Sede, contro l'Italia *.»(
Quindi con argomenti proprio senza sugo, chetati cosi ali
moglio i suoi, soggiungeva: < Ciò, ad ogni modo, come aUr
volta abbiamo dimostrato, non esonera il nostro fioverno daìt'oòA
òligo di vigilare. La questione di cui parliamo è assai più
' Nvm- dt^Ti II niaiio ISS6.
E UK VIGILANZA ITALU!(A 7
^lle moschine lotte parla montar!, nelle quali, da qualch'j tdmpo,
Ktapìatno la nastra attività. Ija concordia fra la Giìrmania e il
i^pa può, checché se ne dica, esorcitaro una qunlclie injìuvnza
«&ch» sullt) relazioni fra il Yaticaao >} l' Italia. Ma dipende da
Mi, dal senno del nostro Oorerno^ il far si che questa iriQuon?^
sia benefica e risponda pure ai nostri interessi. Sai passato non
é. rìttrna, ma nulla impedisce che sulle basi irrevocabilmente
gin stabilile, le relazìoui tra li Papato o V Italia assumano un
cftmttere meno aspro e ■piìi conforme allo scopo, ehe il Qoverno
italiano intese di conseguire con la le^e dello guarentìge. >
li quale oscuro lingLiuggio, spogliato da ogni involtura, o non
signifìcara nulla, o sìgnifìcava che probabilmente la concordia
fn la Germania ed il Papa farìL rivivere la ijuestìone della sna
Ubortà; ed al Governo italiano bisogneri^ vigilanza e senno,
ftocioochè non sì iornì sul passato; o alle basi irrevocabilmente
' ' 'lite dalla rivoluziutit; in Roma, con sts ne sostituiscano altre^
1. ,iiaU assicurino lo scopo della legge delle Guarentige, cioè
r indipendenza e dignità del Papato nella cittÀ sua, ben altri-
Bfinti che qaesta legge non faccia.
La Tribuna, portavoce della pentarchia, aspirante ad es&u-
toTBfe il Depretis nel Governo d'Italia ed a sucd^dergli, così
cODuuenbò invece quel tolegramnia: < Noi ricordiamo che, allor-
fondo, fondato l' Impero germanioo, il gran cancelliere si ab-
bftodonara alla latta titanica contro il Papato, i nostri uomini
d'ordine, gli attuali conservatori, vedevano in essa la più sicura
^amnzia dui uostro legittimo possesso di Koma. Quando si parl{)
dc'It' alleanza colla Germania, il miglior mezzo per sostenerla, ed
tocora recentemente T argomento precipuo per dichiararla indi-
sp^a^bilo, fu qaesto: la QtìrniiLnia protestante ci garantisce dalle
TelitiiU di ristorazione della Santa Sede, vista forse non di mal
«echio da qualche Stato cattolico. Orl)one, coloro che fino a poco
b COSI giudicavano delle relazioni rispettive tra la Germania, la
Santa Sede e T Italia, che cosa dicono oggi del nuovo, cosi bene-
nlo att^^iamento assunto verso il Papa dal cancelliere tedesco?
Bbì trovano che il ravvicinamento dell' Impero alla tiara, av-
l l'xiiu rispettivamente noi air Impero! Sicuro 1 II che, tradotto
8 LA QUKSTM.IE DEL PAPI
in Tolg&re, significa che dalla Santa S&de. a qaahiaqne coategnt
d voti, noi non abbiamo nulla da temere; che dalla Gerniania,!
qualunque politica adotti, noi abbiamo sempre qualchecosa a spe*
rare. Èia storia doi cortigiani di quel re degli Animali partantìi
i quali, pur di fargli piacere, negando egli che piovesse, rìcooo-j
scorano di essere slati bagnati dal solel >
Detto poscia che non pareva ai avesse fondamento a oon<
timori di ristaurazhne, di restituzione et similia. concludt
essa pure, come L* Opinione, a prò della vigilanza: ed ecco qual«j
liberalissimamente la consigliava: < La nuova politica ecclesìa
stica (della Qermanìa) potrebbe avere l'effetto d'imbaldanzire]
chi già troppo baldan7.oso si mostra di rianimare folli speranze.]
Mai come in questo momento si è fatto violento contro le nostra]
istitazloai il lingui^gio della stampa clericale, e attive le mea<
del Vaticano. Crediamo quindi che mentre una prudente vigilan»:]
ò indispensabile nulla politica estera ,| un po' di quella mano dij
ferm, tanto sciupata contro i radicali, sarebbe nella politica in-
toma singolarmente necessaria contro gli eterni nemici nostri^
contro i perpetui insidiatori e cospiratori, a danno dei nostri in-
teressi e del nostro avvenire, ì clericali '.>
Di maniera che nei due campi, che divìdono il liberalismo ita-
liano, cosi in quello che porta sugli scudi il Deprctis, come ii
quello che porta i pentarchì, si manda il grido di all'armi, e
prescrìve la vigilanza.
m.
Il monito ptTò dell* Opinio7ie seppe di agro al Diritto, licen-
ziato ora, che vi domina il conte di Eobilant, dalle anticamere
della Consulta, nelle quali, a' bei giorni del ministero del Man-
cini, spati nmoggiava; e, non potendo altro, negò fede al tuk
gramma del pranzo di Berlino, ed usci in rampogno e iiii)I.U>ggij
contro la comare, che le ha preso il posto, e contro t'articolo
essa pubblicato. Di che non tardò essa a rimbeccarlo, dando ai
solenne lezione a tutti quei liberali d'Italia, ch'^ credono le coat
correnti fra Berlino e il Vaticano sieno da prendersi a gabbo.
1 Htncro dei ì'i ài uurio 1&S&
B Lk nCILARZA TTAUtXA
Prima dì tatto al petnlante Diritto scoccò questa gentilezza:
tU Diritifi che, dopo la dimissione dell' onorevolo Mancini, ha
perdalo, pare, la bussola nello questioni iatornazionali, nello
quali del resto, sotto il ministero di qoell' uomo politioo, minac-
eiava talora di farla perdere, co' suoi coBf^igli e co' suoi ardi-
menti, al ministro, mette in burletta la notizia del Journal d€3
DéÒafs ecc. ' Ha detto che la notizia era oonfermata da corrispon-
denti berlinesi della Seue Freie Pr.sse di Vienna e del Times
di Londra, ooU'aggìnnta che in quel pran?,o il principe di Bi-
smark portata le insegne deirOrdine di Cristo, conferitogli testò
dal Papa Leone XtlI, seguitava dicendo: < Siamo stati ì primi ad
aTTertire il paese delle nuove tendenze del principe di Bismark;
e par troppo, come spesso succede di tutte le avvertenze serie,
il nostro ammonimento non fu accolto come si meritava. Qualche
giornale ha persino osato dire che noi volevamo sparentAre
r Italia a profitto del presente gabinetto! Non ragioniamo di
ooetoro e passiamo oltre. I sintomi da noi avvertiti, poco tempo
fia, cominciano a divenire ora un po'pìiì inquietanti. Il principe,
nelle sue relazioni col Papa, ci mette ^^W osteniazione nella r«-
VfrenzQy e coloro che la interpretano soltanto come atto dì astuzia
p(ditìca non conoscono l'oomo. Ei mira più in là e più in alto; e
vuol lasciare, quando eì dispaia dalla scena del mondo, i cat-
tolici pacidcatì con T Impero. »
lUastruta poi la necessità dì questa pacifìcazione, passava a
din: «Ma il prìncipe, nei suoi colloquiì confidenziali, che per
r indole loro, divengono spesso pubblici, ama da qualche tempo
Bonsidermre il Papa come un grande elemento di ordine e di con-
servazione; il quale deve pregiare l' effetto dell'accordo suo colla
'r-j.'mania, essenzialmente conservatrice, E se s'intende per or-
4ine^ l'ordine morale e politico, e per conaermzìatis, la invio-
bbìiitjl dei grandi principìi, i quali gli anarchici negano e
«Malcano, non vi ò dubbio alcuno eh* è nel vero. Ma for»', anche
Icoitn) U volontà personale del Pontefice, vi 6 molta probabilità
i(àe ordine e conservazione, sìeno interpretati dal Vaticano in
laido ben diverso; e Tono e l'altro non si possano da esso
* fimnerv ari 13 i\ mano 1S86.
10 tA QUESTIONE DEL PAPA
concepire, senza il fondamento del Poter temporale o di qualoo»]
die lo equivalga. »
È curiosa questa interpretaziono doll'orriing, che rO/>wifOiie'
ascrÌTe al Valicano, contro la volontà personale del Ponteficerl
come SB noi Vaticano fosso dualismo di dottrina e di dire;sione:j
come 86 mille volte il Santo Fadro non si fosse publilicameat
spiegato cbittrissimo, intorno ttXVwdine di giastizta, il qaal(
richiede che la Santa Sode flia rimessa nelle giuridiche condi-
zioni dì liberti^ che le spettano: e come se i grandi principila
d&W ordine fossero àik conserrarsi unicamente contro il deliri<
degli anarchici, e dod ancora contro le ipocrisie dì un libei
lisnto, cho da per tutto agli anarchici apre la strada. Se
che questi arzigogoli di parole servivano agl'intenti delT araldi
della Consulta, in quel modo che le serve la ridicola fìnsiiom
< dei clericali chi> già Sitgnano nel prìncipe di Bisinarli. il gr&ndt
ristoratore del Potere temporale. > Non lo sognano i clericali,
ma lo temono ì liberali, e la vecchia volpe dice a uuora, pei
suocera intenda.
IV.
Però torna ella a ripetere e conclude: < È corto che il
tatto amichovolo del Governo imperiale col Vaticano non pi
passare ìuoss^ìrvato in Italia, e ci obbliga a una grande caut
e a una grande vigilanza. Non bisogna dare al Vaticano alcui
pretesto, alcana sembianza di ragione, alcun fondamento dì lagaoj
pur mantenendo inviolati i diritti dello Stato e le prcrogatii
della Corona. I nostri errori, le nostro pazzie, lo nostro impron^
titudini, le nostre ciarlo imprudenti sarebbero usufruite dui ole
ricali, i quali possedono l'arte d'ingrossarle, e le deporrebbei
ora ai piedi del principe di Bismark, invocandolo come un tìi
dico. Fra il Potere temporale crudo e la garanzia interjiazk
va/e della legge delle guaretiUge, cho qualche liberale cattolìe
della tinta di Anastasio Leroy- Beaulieu non manchorobbo
mettere innanzi, come fu già fatto nella Hevm des deux mont
sì cercherebbe un compromesso, sapendo che nessun partito lil
rale in Italia potrebbe accettare su questa materia qualsii
L
B LA VIGILANZA ITALIANA
11
kr&nsurìone. Tattavia ae doì oontiauiamo a dar la Broglia e a
TÌDDovaro il grido d'allarmo, à perchè siamo persuasi cho nel
Taricanu 6 nella politica esttira stieoo sempre le nostre mag-
Ipori diffiooIU, le quali non si vÌdcodo che eolla m&ssima tem-
penum tt colla massima cautela, coatiuuando per <^uella via che
si batte sicarameute da qualche tempo, checche dica il Diritto,
nella nostra politica estom. >
1 monili dell' Olii» ion^ ai liberali, sotto forma di riprensione
ai clericali, non sono punto piaciuti alla Hi/orma di Francesco
Crispi, Essa con lei si accorda auU'auimetterB Ja gravità del
caso: < È necessario, die' ella, che l'Italia e gl'Italiani non sì
bedano illusioni. Noi abbiamo già da tempo rilevato V impor-
luza delle relazioni che s'andarano stringendo tra la Oertoania
ti il Valicano; e, oltre al pro^sento, un passato abbastau/.a re-
ffìntf. prora che quelle relazioni possono esercitare una certa
inUa^rixa anche sulla posizione delT Italia '. > Kinfaccia poi fìe-
naieate ai moderati la gran colpa di non essersi uniti al Bi-
filare, quand'egli nel 1873 ruppe guerra alla Chiesa; di non
«Ter abrogata allora la legge delle Guarentìge; e di averlo
«oAlretttì alla naova politica di alleanisa coli' Austria e col Papa,
alla quale si è dovuto attenere; e termina dicendo, con ispartano
«Btsiego: « ila se poteva essere ottimo consiglio l'unirsi a
Ksoark per combattere il Vaticano, pessimo sarebbe ora quello
dì piegare dinanzi ai Vaticano per paura di Bismark, corno, par
•ìi<r- rido il contrario, fìuisc« col consigliar V Opiniom, fedele in
qoesto ai suoi vecchi ideali. Contro Hismark, contro il Papa,
«fkotro lutti, un solo contegno può valere all'Italia: quello che
j opiri ad una coraggiosa e risoluta tutela di tutti gì' interessi
wnii e materiali della nazione; primo dei quali, ò certo Tìn-
<f=;):ndenza dall'oscurantismo, dal Vaticano rappresentato. >
V.
Ci ^ardì il cielo dall' entrare in questo battibecco, fra i più
icdtrosi campioni dell'Italia rivolujcionarìa e della sua bassa
us^meria! Noi, da semplici spettatori od ascoltatori, ce ne
' >nnwirD rl«i 14 nano )88t).
13 ^^^r LK OUESTIOnB DSL PAPA
teaìamu al tutto in disparte. Ma ciò oon deve impedirà dal faroj
alenao osserrazioDÌ, che & noi sembrano opportune.
Per esempio, non è strana la oondinìoue di uno Stato, la cui]
tranquillità, circa il possr-sso nientemeno che dtjlla stia capit&leJ
dìpeudu da tm pran7.u parlamentare, datosi fuor di paese, da onft]
insegna ciir&Ueresca che tì porta in petto il ministro che lo di,
e da un ragionamento privato, ch'egli vi fa con alcuni com-
mensali? Adunque tantae molis erat l' edificare una fabbrica,
le cui basi avessero poi da tremare, al solo eco dell' annunzio di
un pranzo si fatto? Ed è questa la i7tdipendema, doUa quale
Don si finisce mai di assordarci le orecchie, acquistata dall' Italia,!
dopo ventisei anni di miracolosa redenzione? Quando mai, noaj
diciamo V antica Italia, ma la Bepabblica di San Marino, da ohe
esìste, si è sgomentata per l'avviso di un pranzo, datosi a Vieni
0 a I^etroburgoP
Ma lasciando star ei&, è dunque vero, per confessione del li-
berali stessi, cho la questione papale non ò altrimenti mortA d]
sepolta, ma anche ora sussiste, ed hanno avuta ed hanno rat^ìono]
i clericali di asserire, che è questione tutt* altro che risoluta.]
Anzi sussiste così vivaco, che, al dire daiV Opinione, oggi, do[
sedici anni di domicilio in Roma, nel Vaiicano stanno semj
U inaggiori difficoltà dell'Italia; così che la questione del V»«
ticano ora dà più timori ai liberali, di quel che non dia sperai
u clericalL Di fatto noi ignoriamo che veruno di loro abbii
messa in campo, a proposito degli accordi della Germania coli
Santa Sede, non pure V idea che il Bismark possa ristorare ì|
Potere temporale del Papa, come paventano i liberali, ma
disegno altresì di una Guarentigia intemazionale delta teg^
delle Guarentige, che, per la rivoluzione in Roma, sarebbe
giore del Potttre temporale medesimo; giacché la costituirebl
pupilla sindacabile di tutta T Europa. Ond'ò cho i liberali, col]
l'eccesso delle loro apprensioni, hanno giustificate le spei
dei clericali, che non ai distendono a tante particolarità, ma
restringono a tenere per fermo che, quandochessia e coinechessi
sul passato si tornerà, e Dio rendere la libertà al Capo del
Chiesa; essendo impossibile che il presente suo stato, da
dichiarato intoUerabtle, duri sempre.
E LA \1UILAKZA ITAUA.tA 13
Qoftli poi siano por essere le consegaenzo aticho politiche di
im tale accordo della Germania colla Santa Sede, nelle materie
«xlesiastiche, non pensiamo che sia facile, né ai clericali, né ai
liberali indovinarlo. Che potò non debbano essere sfavorevoli alla
libertà del Papato, ci rallegriamo in sentircelo dire con tremola
voce &aM'Opiniom; dalla Tribuna e (Jalla Riforma. Noi non
gindichiaino pradente il far pronostici, né lì facciamo, neppure
Uttomo al valore pratico della conservazione, per la cnì via sembra
Vibrai mettere la Germania. Ma certo, se a questa parola sì
mftotìene il senso che le sì suol dare, non parrebbe che dovesse
pToonnsiar cose liete per VUic manebimits optimey irrevoca-
bilmente e seiupìternamente decretato ìn Roma dalla rivohiitione.
Qnindi noi iotondiamo benissimo che l'esegesi di questo voca-
bolo dia tormento al corvello daWOpinione e de'padroni snoi.
Merita invece ponderazione il corollario della viffìlanzn, che,
dftl temuto caso, deducono i due campi del liberalismo italiano.
— Tigilìamo! gridano ambedue in coro: ma quello capitanato
dallft Tribtina esclama : — Vigiliamo, con mano di ferro, sopra
i cUricali: dovochè l'altro, guidato àaXV Opinione, dice: — "Vi-
giliamo cautamente sopra noi stessi. 1/ uno ha paura dei cat-
tolici; e Paltro dei liberali. L'uno chiede manette per gli eierni
nemici; T altro suggerisce mordacchie pe' linguacciuti amici.
Quale dei due ha ragione?
Prìmìeramento si può dimandare al campo della pentarchia,
eom' entrino i catbilici d'Italia nelle faccende politico-ecclesia*
stiche della Germania; e se chi ha un granellino di buon gia-
fizio, a loro merito o demerito debba ascrivere le nuove, previste
0 impreviste, relazioni dell' Impero alemanno colla Santa Sede.
Id secondo luogo sì può dimandargli, se i pericoli che si teme
nano per nascere all'Italia legale da queste nuove relazioni,
sieoo imputabili ai cattolici medesimi; e quel ohe abbian ossi
htto per indurli, o accelerarli, o aggravarli. Essi continuamente
à aon tenuti lontani dalla politica; non si sono impacciati di
plebisciti, non di brogli elettorali, non di intrighi partigiani.
[4 LA QrEsnonE dbl papa
Essi non sono mai stati colti in nessuna congiura, uè mai con •
(lagnati da nessun tribunale come rei di una cospirazione (iualsia»i.
hlssi davvero hanno te mani nette e dal sangue e dalle lagrime,
che l'epopea rivohuìonaria ha spremuto a fiumi dallo vene e
dagli occhi dei loro connaKÌonali. Perchè dunque sottoporli ad
tina leggo di sosi>etto?
In terzo luogo si può dimandargli, se lo sperare o il mostrare
legittime speranze, che il Papa sia finalmente liberato dalle
angustio che h premono, sia delitto punibile da liberali. Come!
Voi, signori, non vi stancate mai d'imprecare ai Governi che
faceano, dite voi, processi di tendenze, che colpivano, secondo
voi, non l'atto, ma il pensiero; e voi osate invocare la mano
di ferro contro Italiani, solo perchè nutrono speranze, o le ma-
nifestano, contrarie ai rostri interessi, ai vostri odìi settarii?
Ma dov'è qui il rispetto alla libertà per tntti, di cui vi millan-
tute, nei vostri simposii, paladini? Punite pure i fatti, se fatti
colpevoli scoprite: ma punire gli affetti del cuore ed i sentiiuenti
della coscienza, sarebbe tale indegna tirannide, che scapiterebbe
al confronto di quella di Osman Digma. E voi, che la consigliate
e la invocate, avete ancora fronte di chiamarvi liberali?
lu quarto luogo si pud dimandare ai signori della pentarchia,
se la vigilanza colla mano di ferro, usata contro i clericali e
le attive mene del Vaticano, non fossa poi, in ogni caso, no
rimedio peggior del male; e non alfrettasse dure conseguente
per parte dì una Germania conservatrice e in buona armonìa
col Papa. Perocché questo sfogo di rabbia rivoluzionaria contro
il Vaticano non parrebbe che dovesse attirare all'Italia le ca-
rezze di Berlino, quando fosse divenuto ceutro d'un Impero con-
servatore. Di clie la mano di ferro che si volgesse a percotere
il Vaticano, non sarebbe sicura di evitarne una più forte, la quale
venisse a spezzarla, battendo qualche altro posto di Kuma.
Poste le quali considerazioni, la vigilanza sopra i clericali,
bandita dalla bissa massoneria, per guarentire il suo nido nella
oittÀ del Papa, date le coso quali sono o si apprendono, sarebbe
non solamente irragionevole ed iniqua, ma per giunta nocira e
dannosa a* suoi intenti.
E LA VlOIUnZ* rTALIANA
15
vn.
BestiL peNÌù quolla ìnculcaU, con pressantissimi termini, dal-
VOfìinione ai liberali, sopra so stessi: e deve consistere nello
KÌiifer irrori, nel non far pazzie, nel guardarsi dalle improìf
liiudini, noi contenersi dallo ciarle imprttdenfit noli' adoperare
wtas9inta temperanza e massima catUela, per non dare al Va-
ntano alcun pretesto, alcuna sembianza di ragione^ alcun
fondamento di lagno. (k»me ognun Tede, questa ò tutt'altra dalla
iBsensaU Ttgilauxa, con la mano di Jerro^ implorata dalla Tri-
buna: è invece la vigilanza in maschera, colle scarpe di panno
e coi guanti di velluto. La prima è canina, quest'altra è volpina.
Ma anzi tr?itto ci sia lecito chiedere agli accorti signori àe\-
V Opinione, se uaa vigilanza si fatta torni più possibile in
questo [Mndemonio d' Italia, così partigianamente scompigliata,
arruffata e divisa com'è ora; in questa loro Italia^ nella quale
U politica non mira più, né meno per indiretto, al bene pub-
Uico del paese, né al decoro, nò alla saluto della patria, ma
onicameote alla soddisfaitìono di cupidige e dì supi-rbie personali.
Non m avvedevo essi che questo lor metodo di vigilanm, appunto
parche consigliato da loro, è tosto impugnato, screditato e con-
trariato da tatto intero il campo degli avversarli, si numeroso
e potente, i quali se ne serpono corno di un'arma di più, per
dar loro addosso e balzarli dai seggi del Governo?
In effetto che è egli succeduto, con appena V Opinione ha
nundati i suoi gridi di all'armi e predicato il nuovo metodo di
ngìUm»? Che an urlo spaventoso di guerra al Vaticano ed ai
cUriaUi si è udito dall' uu capo all'altro della Penisola. Alla
Tribuna, al Diritta, alla Rifortna di Roma han fatto eco tutti
gli altri giornali grandi, piccoli e minimi dei fratelli delle logge
e dei collegati toro nel combattere il Ministero.
£ da questa torba di gente i signori dell' O/uh i'on« sperano,
per amor dell'Italia, t^mperattza massima dallo ciarle impru-
denti 0 dallo pazzie? Ma non sanno essi che questa gente appic-
eberebbe faoeo al Vaticano, pur di fkr loro dispetto, di scacciarli
dal potere e dMQnaI/.arTÌ i caporioni, dai quali si ripromettono,
Dfo la sicurezza d'Italia, ma posti, privilegi e quattrini?
16
LA QvesnoHE va. papi
vm.
Di poi ci sia lecito chiedere a questi signori, se il rimedio
della loro vìgilanm non sia ora ÌDutile, ul fiae cho intendereb-
bero. Col guardarsi dal dare alcuna sembianza di ragione ai
laijni del Vaticano, che cosa pretenderebbero? Di mostrare forse
che il Papa ri sta dentro assai bene, Ubero, indipendente, come
bisogna airaltcììza delPuffizio suo ed all'onore della sua maestà?
Ma questo è impossibile: giacché, dato ancora che non gli si
poi^es^e argomento di nuovi I^ni, per nuove offese cho gli si
recassero, le offese recute al suo diritto ed alla sua libertà, nei
sedici anni decorsi, e la durez!»i delle condizioni in cui lo ha
iwsto l'occupazioue di Roma, per parte dell'Italia legale, nosti-
tuiscouo una tale fonte di mali per esso, che egli non può fluir
di chiamare intollerabile il suo stito.
Lo smettere perciò di fargli nuove ingiurie, di strìngerlo In
nuove catene, di ferirlo con nuove punture, potrà servire a non
i^gravar il peso dei torti che ha l'Italia legale verso il mondo
criàtiauo e le Potenze conservatrici, pe' modi con cui ha trattato
il Fkpa; ma non a sgravarla da quello onde va carica e del
quale, presto o tardi, dovrà render conto a chi ha interesae e
pot«re di rendere alla Santa Sede la sua libertà.
Signori ^liW Opinione, che vi gioverà il dire: — Noi non
prendiamo più nulla al Papato; quando già avete ancor nelle
mani il tutto che gli avete preso? Noi non ribJidiamu più i ferri
ai polsi del Papa, quando già pur nei ferri glieli tenete? N(^
non facciamo a pezzi la Tiara del Papa, quando già sotto i piedi
Te la siet« messa? Noi rendiamo onori sovrani al Papa, quando
già gliene avete abbattuto il trono? Noi veneriamo il Papa,
quando lo avete ridotto a somigliare Cristo net Pretorio, con una
corona di spine nel capo, con un lembo di porpora sulle spalle,
con uno scettro di canna nelle dita e fra le contumelie e gl'im*
pniperii, che ogni giorno gli scaglia contro la stampa da voi e
dui vostri amici prezzolata? Credete sul serio che la vostra nuova
politica dellMtie liabbi valga a salvarvi dallo soudiscìo di una
Potenza, la quale intenda davvero rimettere le cose nell'ordine
I LA vicilaivi:a italiana ^^^^^" 17
tutelar© i primi principìi della sua conserrazionQ? Via, ponete
da baoda le baio; che baia più frivola della vigilanza che sag-
rite, non si può dare.
IX.
Finalmente i signori àeìVOpiniont! dovrebber capire che la
loro vigilanza politica si ridurrebbe ad una grossolana ipocrisia,
la quale troppo coofenncrobbo la ii-Tccssità di sottrarrò il Papato
ad ana servitù che non v^^ durare.
Al presente si vorrebbero usar-j cunti e delicati riguardi al
Papa, perchè? Non perchè sieno dovuti alla sua dignità, né
perchè il buon diritto li richiegga; ma per paura della Ger-
mania. Dunque se non fosse questa paura, si tratterebbe il Papa
a libito di passione. Dunquu Tunica e vera guarentigia che
abbia il Pap», nelle mani dell' Ibilia legale, è, non nella legge
delle Guarentige; ma nella p:tura che essa ha degli Stati, i f[ah\ì
vogliono il Papa immune dai mali estremi. Dunque la nuova
polìtica di vigilanza, persuasa dai signori àdìVOpinioìie, mette
in sempre più fulgida evidenza che il Papato, da sedici anni
in qoa^ è propriamente sub hosfili domittaiione constiiuius: e
che, toltagli li solida, giurìdica e stabile guareotigìa dMndipen-
dente sicurezza, che gli conferiva la Sovranità regia e reale, non
gli resta più altro, se non la tutela dell'Europa, contro il potere
che lo tiene assediato.
Ecco le conseguen;» che per RI dì logica derivano dallMpo-
erita vigilanza, con cui i signori deirO/)miort« presumerebbero
di dar polvere negli occhi al principe di Bìsmark, qualora qnestì
nutrisse disegni di render politicamente libero il Papato. Cose
da rideru, se non fossero da piangere e da vergognarsene! Ep-
pare a questo termino son giunti ì dis&^-poU e continuatori della
politica del Cavour, Tanno ventesimosesto da che il regno d'Italia
è fondato! E non abbi am noi ragione di diro, che il tempo giova
e non nnoce al Papato; e la causa delia sua libertà s'incammina
ad una di quelle vittorie, le quali manifestano sempre maglio
la provvidenza di Dio, che scherza nel mondo e fa si che i suoi
nemici lerram lingaiti'^
Sfit JUn. •<>/. //. fate. «5»
£3 mw(0 1886
STUOn RECEiNTI SOPRA I NURAGHI
E LOBO IMPORTANZA
Continua il Capo l.
e) Nicchie — In queste ha luogo evMeiitemeTito un altro pria-
eipio. ed à dì guadagnare spazio da usufruttuare, salva la sicu-
Koxx 6 la solidità. E forse per salvar questa il Nuraghe de is
Faras, avendo gii sopramnicHlo spaziosa la camera ' non mostra
QÌcrJiie dì sorta: quanti poi le hanno, per riguardo alla solidità,
aon sogliono averne dentro la camcnt se non una di fronte al-
l'ontnta e duo attraversate nel mezs» de' fianchi, ovvero quattro
tutte dai fianchi a rrociora. Ma il ?Jiiragho di Goni che ha nic-
chie straordinariamente graadi in proporzione delle pareti, è
compensato ad osara di questo indebolimento con aver nell'areft
della sua cinta sino a 36 HIo di pietre, in qualche direzione.
[S. M. US] come può qui rarcoglicrsi dai disegni del liauiannoni
[PI. X[[. 2] rappreseutautì lo spaccìito di due metà del Nu-
raghe e l'area della sua cinta con in mezzo la pianta ridotta
d'na tento.
* Veri) r)nad. 857, pa^. 556-57 1 del votame primo.
• Secondo lo Spaso ch« seinlira arer pcvw tnìjurft |>iii fsille <ii questo Nuraghe,
Q sua diaoii'iro misiimo sulla cìKontvrcuni t di 7." 20 [S. M. frft}.
sruni RECExn $o^h& i ncracmi e loro mrofirAMZA
19
Flg. XIV
ODE SPACCATI B PIAITTA DEf. N. GONI
MS*
'■--■*
^■y
V,.i
■giiais»
f..,,f,,.,i
k
Cun nu ctireluo di muro tar^^ due metri è compoasato attrosl
fi Nuraghe Corazza (lolla Giara, che per ine/xo allo parati (li
•5 metri ha uc*6ant;hi due celie ovali ed a mpola, capaci ciascuna
di diH persoue, che ri stiano a giacere non che diritte. E simile
rompeDW fa dato al Nuraghe Trepabulus, che per quanto in graa
ptrte di:4faito, uutstra tuttora una nicchia, dove si può comoda-
ueute staro e giacere, e mostra insieme uaa specie di sottoscala.
[q corrìspoa<leu/A di che egli à da notare, che per guadagnare
spKdfì seojia trop|M indebolir le pareti, certe nicchie arrivate al
mexzo del muro voltano dire^tione e così si raddoppiano ed anrhe
più si proloDgULO, come a ingoiar mente osserrasi nella pianta del
so STUDU nKcexn sopkì. i irtiniciii
grandioso Nuraghe Tuttaaone di VigQola, dìsegoata dall'Angius u
pul)blicata dal Lamanuora [PI. XIV, 3].
Tig XV.
PIANTA OBI NUn&CBE TUTrUTONB
Una nicchia simile a quella che apresi a sioistra dell* entrata
(la qiiitle dall'Aagius è cluamata mezza galleria) trovò egli al
Nuraghe Agug^ira del medesimo territorio, e uua vera retroca-
mera di simil forma vedasi al Nuraghe Pajolu di Nuratlao. Un'in-
tera gatlorìa con qiutttro larghi sbocchi por comuDicar eoo la ca-
mera vedesi poi al Saniiou.
Con ciò sì comprende cho le nicchie grandi da accogliere una
persona giacente non che diritta, non hanno da essere così rare;
e infatti ne furono trovate frequentemente, lunghe due metri ed
altee larghe in proporzione, dall'Augins ne' moltissimi Nuraghi
da lui osservati, quantunque il liam»rinora [41] poche ne osser*
Tassodi simil genere. E con l'ADgìus concorda il Tyndale ' per
cinque ^?u^a^'hidi parti diverse, mon esaminate, a quauto sembra,
dal liamarmora e pIO dall'Angius. Tali Nuraghi son due dell* Al-
ghnre-ie, due dol Jtfonte Acuto e un Tresnuragfaes tra Piombo ed
Ardara. ne'qnalì il Tyu<iale trovò tutto le nicchie, ad occezione
di nna, lunghe 2 metri e alcune stese ai quattro ed ai sui. Con-
eorda per divora nirnhie di tre Nuraghi del Cier Miss Bfacla'
gan,- e per quelle d'un altro i Si<;nuri Baux e Goain*. Quan-
tunque poi le nicchie siano sovente più brevi, non lasciano di
accrescere lo spazio per forma da poter servire in qualche modo
d'alcova a persone vive o defunte che mai vi giacessero. Gho
88 a questo non servivano massime le più piccole, erano ntili
■ Tht island of Sardinia Vnl [, i:>0; II. tìl. 62, 132.
■ Chip* from old Blone/i. R<lintiur^)i ISSI. Piate I.
* Maleritma 18». ~ V. aocbe per un Nui-achc di &i»ari, Pus, S81, «oc.
0.1^
e LORO 1IIP0ATA.1ZA
21
N
almeno a riporvi rasi, prorrigioui ed amosi, cbe è, secondo
altri, l'uso unico da assegniire ali» nicchie. K perchò all'utile
dorean aorvire aiuichà a belIo'/.yA noti si badò talvi>lta a farle
irregolari, come duo assai graudi del primo piaao del Santiuu.
[L. Pi. XIV]. Tuttavia il piit dello volte aochti alla bellezza sì
provvide, s\ nella disposizioue più ordloaria icdioata di sopra
[t. anche fig. XIU], »>me puro nella forma della baso dove
nda od elitiica, dove triangolare, quadra, pentagoria, esagona,
Toro costituita da duo parallelo ttsriuinauti ia punti od in se-
micerchio, e coD cielo quaadu piano, qnaudo a cupola, quan<Io a
I Beato acato, nel qual ultimo caso generalmente la nicchia si vien
Hri[>baa5ando sino al fondo, ove muore nel suolo.
^B ¥a per tutto questo suppongono for^e le uicchie, r.ome altri
^Bcrisse, che i Nuraghi, dove olle sì trorann, slausi edificati in
^■rtà tutta diveriia da quella de' Nuraghi più .semplici, ovvero che
a tal naova età solameute siansl apert>ì oe' Nuraghi già semplici?
Qoalcnna, non ve ne ha dubbio, potò veuir aperta col tempo;
e ciò potò farsi talora s^'ii/a troppa fatica, spex^Audo alcuno pietre
della parete e cosi traendone fuori molte, conformando poi le
rimaste uel vano alla mauiera che pìA piacesse per fare la nic-
chia. Su non che qui chiediamo. Bove sono, seppur non si tratti
di caso multo particolare, le tracco di tato lavoro? Deve ì tagli
3ì profondi e moltiplicati, che per esso volevauci? Questi tagli
dovrebbero saltare all' occhio di chicchessia ; perchè necessaria-
tinte avrebbero ad apparire assai più irregolari degli smussi
delle intaccature notato già nello camere. Kppuro nello nic-
ie non lia notato veruno questo maggiori irregolarità di pa-
reti, se non anche si nota, staudo ai disegni, il contrario. Come
poi sospettare anche solo un tale lavoro nel maggior numero
dei Nuraghi, costruiti corno sono, di pietre non lavorate? Forse
da pietre in/ormi lasciato al loro luogo nel muro, tanto solo
ohe dal loro mezzo se ne sottraussero delle simili, potea venir
fuori già bella e /ormata la nicchia? Eppure son appunto i
Nuraghi più semplici di pietre infermi quei che si reputarono
in generale più antichi, laonde sarebbero des.si, in cui si do-
vevano aprire col tempo più ordinariamento lo nicchie. Non è
dunque ragionevole Timmagiuare che molte tra esso venissero
% STUDI! UBCaXTI SOPBA I M'HACIII
fatte gran tempo dopo ì Nuraghi nei quali si trovano. Resta per
riguardo olle nicchie tutte U vedere, se ci volussti ima nuova
l'tii per concepirue l'idea o per metterla in fìsecu^iioDe, tautochà
siaaf» senm dubbio afisai più recenti i Nuraghi che le conten-
gono. Ma l'idea delle più piccole sta ne' ripostigli, con che i
pastori tra^ono partito dalla scarpa delle loro capanne; Tidea
delle massimo sta uol Nuraghe medosituo: né il farne la Itase
poligona, auKichò circolare od elittica, riesce ad altro che a to-
glierà la difficoltà delle cnrve nelle cestnaioni più piccole a
grosse pietre. Fioaliiieate l'idea delle mezzano sta nella porta
quadrangolare, quaudo sì supponga murata da fuori, ovvero sta
nel corridoio della porta mudosiiiiiL. Ciò voggasi da due schizzi
di Miss Haclagau [1. cj di cut uno rappri^seuta la pianta di un
Nuraghe di Pauli Teatino con le misure in piedi inglesi» TaUro
rappresenta ingrandita la porta col corridoio, il quale sulU
pianta si stende per il piedi sino alle lìnee AA. Si ritraggono
dall'origiimle singolarmente le linee più notevoli pel nostro scopo.
Fiff. XVI.
PUNTA KD E.vni.\TA 111 UX KVRAGirE Dt fAl'LtUTINO
,r^ — S-
! r
—K
I ' ■ ■ ' '1
Nel disegno a destra, che vale insieme a scolpir nella menta
come sia architettato il corridoio d'entrata, è facile lo scorger©
che prolungando qnoato ed al tempo medesimo gradatamente
abbassandolo oltre il luogo dell'uscio, andrà a toccar terra sènxtL
iDa oaoTiL difficoltà. K la tocchorÀ in dae parti opposte, se
in nna cella ovale, come sono lo trattoggiato nella pianta, la
Tolta sì faccia scendere alla stessa maniera dai due lati doll'ain-
pieusa madore. Non recano adunc[ne le nicchie nessuna nuova
dJflkoJtà nemmeno neir esecuzione, tantoché convenga tutto sup-
porlo opere d'età più tarda.
j) Scale — Il simile ha da dirsi, benchò sulle prime ciò non
ptrrebbe, di quelle scale a cfaiocfiola, di cui diceva il Iiamar*
mora [157], che fanno la nostra ammirazione. Suppongono quoste
al certo grande maestria negli artefici, o valga a mostrarlo
nn'UorizioDO di Sargon a Eorsabad, dov'egli si vanta d'una scala
ft chiocciola fatta costruire ad imitazione di altra trovatane in
an gran tempio di Siria '. Ma la grande maestria che ci voleva
per cimile costnixiono, non si trova già forse nei fabbricatori dei
Nuraghi più semplici? E quantn ora facile in primo luogo, che lor
renisse in mente di costruire una scala a chiocciola almeno este-
iofe ! Si noti di grazia. Per trasportare di suolo in suolo le pietre
Mine a iinalche notabile alte/'/a. nulla di meglio che addos-
alla parete estema del cono una scala o rampa di simile
eostrumne. E agevolmente ne potea sorgere il desiderio anche
per miifruttuaro più comodamente la cima del Nuraghe termi-
ite in terrazzo. In fatti scale di simil genere si trnovano e
torrette dui Sinai ' e nei Talayots delle Baleari quasi identici
•t costruzione ad esse ed insieme ai Nuraghi. Né vale oramai il
dubbio mosso dal Lamarmora sopm un l'alayot da se veduto, quasi
avesse la scala d'origino posteriore a quella del cono; perchè
oltr») il veduto altrove dall'Amstrong e dal Saint Sauvour con
cui s'accorda lo Smith ', oggidì il dubbio è dissipato per opera
,diìl Martorell y PeSa *, che riconoscendo due intere classi di
lyots a scala intema e d'altri a scala o rampa esteriore.
tiRlUNT, Manuel d'hìntoire ancienne de V Orimi, I. IV, e 111, 2. IV.
PAUIEn and TYltWIllTT-DfltKE, 1. &
L. 5i7. — Sumi. op. cit. pag. 5.
• Apinte^ arijuetìlitgicM de D. Foanciwo MAnTonRLL tf Perut, oràmado» por
SALTAnoii SAsrEni! V MiooBL. puMiraSos por tton Ican Mautoheu. y Pe.-,a.
elqna, 1KT9, l»jt: 199-20S. Qaeslo fplpiidiito loluuie, xlninpln in 300 «wTti|tlniÌ
• wtnto n rppilo. onorn nltamciite rAiiloiYi Hefanlo e il nabile fa nltrfllant» gi-tilile
Bdo Pnlrllo che r« I» fmori-
,^a_L
94 STtlHI BCCK^n SOPRi. I KtlRAGHI
traova o disegna la scala o rampa esteriore talvolta bensì dirìtU,
come uel Talayot di Torello ad un'ora da Kahoa, ma talor nuche
anipìammite svolta tutto intorao al cono aopra un piano jndìuato
spirale o quadrangolare, come se ne liaiino assoiìiati gli esempi
in due TalayoU di BcuicodreU de Dalt, aiiprusso Sau Orìstolnl
di Mìnorca. Tniovansì aurora scale esteriori a chiocciola nelle
casMdhe pagUesi, se uod che queste le haano a sitalzo, cioè
formate per ogni grado d'una sola pietra sporgente senz'altro
appoggio dalla parct.iv, n parimenti) a sbalxo, benché non a rhioc-
ciola, ma tutte in una striscia verticalo e con intramezzativi fori
come ne'pozxi, lo hanno lo torrette dei deserti verso Tjibia ed
Arabia ai fianchi del Nilo '.
Or se si desiderino le scale esteriori in Sardegna, queste non
mancano, e di vario genero por assicurarci, che fu abbastanza
comune il costruirle si veramente, che non ne avesse scapito, ma
piuttosto vantaggio la sìcure/^iia. K imprima una scala i-steriorc a
chiocciola, di oni riinaugouo tre scalini, menava sopra il cono
malore del Nuraghe Bingia de Crobus nel territorio di Gestori^
sorgendo da un irmraglionc che fortificava da settentrione tre
torri schierate quivi dì fronte in sul termine d'un altipiano, e
così servendo a far vigilare e respingere gli estranei o nomici
che volessero di là giungere all'imtrata, per ogni altra parte inac-
cessibile e difesa ancora al sud, doro stava, dal muro d'una
piattaforma. OsservaàoDi non guari dissimili potrebbero farsi
sopra le scale a chiocciola esterne di due altri tra' madori Nu-
raghi del medesimo territorio. It>;u e Simone, secondo le relazioni
oltreuiodo accurate del Cav. Onorato Puddu*. Un principio di
scala esteriore osservasi pariniento al cono nii^gioro del Nuraghe
Crastn, posto ancor esso ad un termine d'alto])iano e sopra una
cìnta neirisilesd; come anche sopra una cinta, trovasi una sca-
letta esterna', ma quasi diritta, del Nuraghe Coni di Nuragiis. Di
' Tultf Ir 0<8PmiÌ0Dl sopra tali torrellc, e su quelle di Belbeis, sonn del prò*
rtssor LiKzoME.
■ Cfui li-ltirra Aeì U mappìo IRTS.
* Cbe quesbi sia vstnrua. w l'asncorA il -riilorora l»pi>lU)r ddle antkbìti Dot-
tore neViu,4, il ijunle inchc iioU^a, a proposiln ileirinlonacoche ivi Irotawì sopn
DI carrìdoKllo, wm? a Nnragus vi sia una lem argiUosi e loolto allaccaliccia.
aieehè poA wr%'iiv in c«rio modo da miistice.
-ze.
E LORO lllPOnTl!«ZA
25
^'
quivi poi passando a GvDoni, ecco al nord del Kuraghu .>4upcrìord
dì Pobalus, dove in me/,^o a rupi scosceso è la porta con da lato
il Tìottolo pur la gente piuiroua o custode del luogo, dal lato
opposto aaa sc&ta esteriore, e nel fondo a sbatj»* che intìiia di-
lilto in cima al bastione formato dal Nuraghe inferiore, doTe
esto si cougiuDge e quasi si ragguaglia col superiore. Ma T<eg'
i rampa singolarissima del Nuraghe Santa Perda. Essa muore
m duo rami dalla sommità di uu Nuraghe inferiore a levante,
dove rispondeva, come sembra, niàa flner^tra del superiore, e av-
Tolge questo fia presso alla cima guardando ad occidente la punta
|*an bivio. Ma discendendo ai fìauchi si raddoppiava, e correva
Dcbd diritta dì qua e dì là per due bastioni assai belli, uno
fr'qoali riverso, e l'altro ancor tutto in piedi, e por questo prò-
ade, sinché per ria dì curva gra/Jnsa metto capo in uq ripiano
inferiore. Una rampii duplice estorna par che avvolgesse ancora
sino ad alttuxi considerevole il Nuraghe Muuaginì della Giara,
movendo dai due lati della porta e servendo ancora a diteuderla.
Ed altre o rampe o scalo, semplici o doppie, avremo poi forse
a Tedere oelPosterior dei Nuraghi quivi ed altrove.'
K Altre ne avea trovate già l' Angina (art. Nuraghi), nominata-
ente quella del rozzo Nuraghe Zuddas di Gus]titn, ed egli cru-
devale pmprie dei Nuraghi più antichi. Or questo in parte può
bea credersi: ma la rampa del Sautu Perda mostra rafBnata
eleganm, anrJchè primitiva rou^/:£!i.. Dall'altro tato la royMVi&
del NutHij'he 2uddas non Ijasta a provarlo più antico, giacché
essa può procedere da noncuranza, povertà, decadenza duU'arte;
né impedì a quel Nuraghe dì es:jei'si conservalo meglio di altri.
Molto meno vaie, considerando quel Nuraghe essere di pietra
Tult-anica, ohe piiì i^evolmeute sgrtitolamlosi si deforma, come
ootaao col Iiamannora{5V| i signori Baux e Goiiin '. Vale poi
ueor meno la mediocrità delle pietre che l'Angius purnotaìu
queir edifixio, giacché questa accenna piuttosto all'arte micro-
litira, die vien riguardati come più progressiva. Laonde messa
da banda questa sua o]iinione, noi q^ui procediamo con dire. Tanta
larietà di scale or diltìcilmente si può riconoscere: giacchia si
' JfffteWawx, p. 199.
se STUon HEcen'i sorn& i mntACUi
coufoDdono di loggierì cod quel cfao rimane dei coni, qaali in-
gombri, quali ridotti a jtarer tutta una scala [V. fìg. 1" B]. Ma
fissa coacorrd a mostrare quel che ci attestavano i vecchi più
pratici della Giara ode' luoghi d'intorno, che la scahi, quau*
tuuque non fosse propria d'ogni Nuraghe, tuttavia a mirar beuo
non solea mancare. Non era propria, ripetiamo, d'ogni Nuragh»,
perchè a cf^ion d'esempio non l'ha il Piscu di Suelli, né l'ebbe
m^, per quanto a noi sembra, il sant'Antiue di Crenoni, nò tam-
poco mostrano d'averla avuta molti de' Nuraghi piccoli aggiunti
a'maggiort Ma sopra i piccoli aggionti salivasi o direttamente
dai principali o dallo opere collegato agli uni e agli altri, comò
al Saat'Autitie, o queste opere 3tesso con esso la naturale ele-
vay.ione del suolo supplivano all'uso del terrazzo in certi do' prin-
cipali, posti addentro al sicuro, come appunto il Piscu u il San*
t'Antine. Oltrechò, com'è ben da notare, la mancau/a di scala
non impediva gijl d' usofruttuare il terrazzo sovrastante al Na-
raghu, ma potca risfìrbarlo, anche meglio di una scala esteriore,
ai padroni o costodi del sito. Bastava infatti adattarvi una scala
mobile di legno o di corda per cosi riserbarlosi. K qui valgano
prìuiierameute in esempio le case di legno del Fu» o d'Arabia,
quali eraao IG o 17 secoli innanzi all'Era cristiana, secondo
i monnmeuti Kgimui '.
Queste case, fatte a cupola conica ed elevate su quattro pali,
T^goQsi rappresentate con una scala mobile in legno simile in
tutto alle nostre, ma questa appnggiata con una punta sola, e
con Taltra pendente in aria, accìocchd le belve volendovi salire
invece precipitassero, e all'incontro gli abitatori riy.siudola scen-
dessero e salissero a lor piacere. Valgano pure in esempio le tor-
ricelle da guardia nel territorio di Belbeis, che per lo stesso pe-
ricolo delle fiere od anche di altri nemici hanno l'uscio a un
tre metri da terra, sicché non vi sì sale in diversa maniera. Val-
gano inline le torri quadro della Tripolìtania commemiirat« da
Biodoro come ripostigli di prede, che furono trovate con non
altro per penetrarvi che un foro uelhi sommità '.
' CSAftAS. StH^es tur Pantiqui^ hialoriitte, 1872, pag. 175.
• Ds RouiiEHOHT, L'Offe dn bronse, pag S70.
B LORO IMPORTANZA
27
Ma per serbare ai possessori dei "Nuraghi ed ai lor confidenti
l'oso più comodo ed insieme sicuro dei torrax:fi e dello camere
soperìori, nulla di meglio per fermo che lo scalo spirali interiori.
Queste adunque, come avverte il Iiamarniora [42J, sono nume-
rosissime, né paft valere in contrario l'autorità dello Spano, che
riapondeado a certa difficoltà nella ten» edi/jono della sua Me-
moria |5SJ dice r.m\: «Di tante migliaia di Nuraghi cho sono
in parte intieri, appuDa un centinaio hanno la scala intema per
alìro al terrazzo. Tutti gli altri si compougono di una sola ca-
mera terrena ». A queste parole se ne contrappongano altre pub-
blicate dair illustre Archeologo nella stessa Memoria |6S] e que-
ste scc^mde non una rolta sola e rispondendo ad una difficoltà,
ma in tutte e tre lo odixìoni, r^imìnciando dalla prima ' sottoposta.
al sindacato del pubblico sin da 13 anni innanzi o riuscita ad ac-
ereditare le posteriod. k i Nuraghi, egli dice, per lo più avevano
due camenj, sebb^ino la seconda raramente apparisca intera. L'uso
di molti piani nelle case era conosciuto dagli antichi. * Qui ma-
nifeitaiuunie (^lì afferma che non un centinaio di Nuraghi, ma
ì piA avevano due camere in diversi piani. Ora poiché, volendo
t^lt ui^re il gran numero delle scale interiori, i>er ciò appunto
Mgava quello dei Nuraghi a pili piani, ognuu vede cho dove
•ooo pili ]<iani. ammetteva col Ijamannora una simile scala, e
p«rciò nella sua seconda asserzione che ammette nel piiI de'Nu-
nghì duo piani, si suppongono le scalo interiori pii\ numerose
tha non le facesse il Tjamarmora. Son dunque numerosissime,
toniiamo pure a dirlo, le scale interiori a spira. Or vo^giksi come
lOB fossero difficili a costruin;, por chi sapesse addossare al cono,
com'era facile, una scala o rampa esteriore.
Mettiamoci dunquo dinanzi una di simili scale che sarà quella
del Nuragh*> Borghidu [L. PI. XUI], e perciò vediamola, come
sa demolita ne fosso ÌI muro esteriore, restando questo solamente
a'due fianchi contrassegnato dalle linee più chiare.
' Jfewtoria fOjtra i Nara'jhi, Cn^liari 1S&(, pa;. i3, e Appendice al ItulleU
tim Areheoi. tiardu Atitio Vili, |ng. 191.
38
STODII RECENTI SOPRA I HORACni
Fls- ZTH.
!>CAU DEL .STinAGUS BORGHtin)
Certo a chi trasportava pifi agernlmente le pietre per via della
scala 0 rampa a fin di posarle dal lato di dentro, tornava ugnai-
mente fiwilo per simil via il trasporto di nuove pietre a fio di
posarle dall'altro. N6 doveva ej^li penare a disporle, trattandosi
solo dì cingere con un cono maggiore un altro minore : eppcrciò
bastando posar lo pietre del lato di fuori al modo medosirao con
cui le posava nel cerchio prr>ssÌmo del lato di dentro. (The so
Tùie» coprire la scala a sesto acuto, Rorae fu assai frequente,
ovvero a lastre piatte, come pur non fu rado ', non area che da
imitare salendo qoe'corridoi che già si trovano iu piano all'en-
trate. Or in questo consiste tutto il magistero proprio della strut-
tura delle scalo inttTiori a spira. Allargausi esse infatti più or-
dinariameutp per un metro tra pareti targhe ciascuna altri duo
metri. E sia che talvolta le pareti ristringansi ad un metro per
parte, sia che talvolta si stendano a pìil di due metri, e sia che
la scala parimente ristringasi o allarghisi in propor/ìonc, o il
tetto, alto ordinariamonto a statura d'uomo, s'abbassi od ìnnaln
di più, la difficoltà non è punto diversa nella sostanza. Sarobbs
questa bensì d'un genere assai differente e in molti casi sarebbe
pur apparsa alla pruova invincibile, atteso le ragioni addotte nel
' Ciò Bou sl&golanneMe il Cocco, pniko dei Norastii del Mandrolisai.
B tono IMPORTANZA
39
ttrlir ddlle nicchi'^ quaodo lo srale -ii fossero volute aprire in
yarughi che non le avessero da prioi^ipio; ma appunto nelle
acsle, secoodo le osservazioni dui Cocco, non sì trovauo le in-
taecatare e gli smu^)^! s\ frequeiiti nelle camere ancor più por-
fette. Resterebbe dunque, per suppor tatUvia le scale fatto dopo
i Xura^'hi, crederle ag^onte di pianta con aggiungere nuova
astrazione di foori. Ma in tal caso le pareti interiori si trove-
rebbero assai volte maggiori di iliie metri, come trovanti ne* Nu-
raghi di qualche più notabile ampìo/za che non abbianri sciù&.
Or ne' Nuraghi di scala a chiocciola le pareti interne non sogliono
superare in ampiezza i due metri: e perciò convien dire che le
nsìf altresì siano state ordì narìam ente costruite co' Nuraghi
medesimi.
Fa certo con questo di gran Innga maggior la &tic& e con
^sa il dispendio o di tempo o di uomini net tanto ingrossare
Qn dall'orìgine te pareti per intrame/jtarvi scalo sì artificioso:
oift ciò dimostra eh» non si volle al certo prendere tal disagio
«Qza aver ben di mira que' compensi di solidità, sicurezui. co-
modità e lìbera padronanza o dell'intero Nuraghe o almeno della
sua parte di sopra^ che da scale cos) costruite procedono natu-
nlffiente. Ed è proprio delle scale arrecar sicurezza, comodità e
libera padronanza per rìgtiardo nll'intero Nuraghe, quando le
«aie stiano al suo ingrosso medesimo, com'è più frequente [L. 43].
Perchè così riesce più facile a chi stia sopra, t'uscirne all'aperto
9 poi risalirvi, ed accorrere quando sia d'uopo, ad impedir
l'accesso a chi se ne voglia escluso. Bensì ò chiaro che cou
questo vantaggio v'è congiunto il pericolo che un nemico od
estraneo s'introduca con minore difficriltà nella stessa parte dì
sopra; bionde por assicurare maggiormente questa, per cui son
fìitti> direttamente le scale, non è maraviglia che esse talvolta
& aprano allato alla nicchia che sta in fondo alla camera, od a
<ia<]Ue dij'Oanchi, od anche in un forame particolare. Dovunque
poi siano collocate le scale, giova che salgano alla sinistra del-
l'entrata lor propria, lascinndo alla diritta la nicchia o ridotto
rh(^ hanno di fronte, acriocphà una guardia in questo appostata
iV'- ì la sua man destra più libera per trattenere e respingerò
30 STUPII ItECE»n SOPRA 1 KVRACBI
chi voglia a forza o per frode inoLtrarsi. Sebbene ancora sia atUa
che talvolta, come al Corazm. siano scambiato le posizioni della <
scala lì del suo ridotto, afliiichò chi conoscendo V onlinaria pò-
SLiioue della scala creda imboccarla, trovi invece la ^ardìa ad
arrestarlo. GHora altresì per la sicuroKxa nell'un caso e nell'altro
che Tentrata propria della scala, corae quella del Nuraghe, sia
bassa/ e il suo corridoio s* innalzi sol dopo l'entrata, com'è più;
frequenta. Ma in questo «ravi ancora un pericolo, ogni qualvolta]
la scala stesso vicina all'adito del Nuraghe; perchè la dìflìcoltàj
di balKir fuori da tale strettoio per chi stessevi dietro a dìfesat]
e quella ancora di maueggiaro da dentro liberamente le armi,.]
impediva dal trattenere con ogni vigore il frodolento o l'audace,;
che tentasse di ponetntr nella camera. laonde per liberarsi daj
affatto pericolo potè anche piacere di far il corridoio della!
sr^a spazioso, come si vede al Corancu e non raramente altrove.
Invece se la scala riesca dentro alla camera stesso, né ad altrol
si miri nel fkrne l'nscita che ad assicurare la parte di sopra,]
non può recaro pericolo, ma unictiinonto vantaggio che vi .siano
impedimenti speciali a passarvi per entro. K lo speciale impedi-|
munto, che si vede usato, si Ò che l'adit/) a tali scale sìa ni
piccola buca situata a un dito metri dal suolo ', ovvero tanto di
scosto che il Cocco sfidava a trovarla in un Nuraghe del Uaa-
drotisHÌ,
Si scorgono in simili casi vere scale .segrete, che tuttavia, vai
cato che abbiasi il foro, sposso riescono comodissime per
tutto intorno il Nuraghe, conio avviene al Borghidu ed all*Ortt
(fig. XTI all'altexita D. e fig. VIU, D); ma iuvece altre voli
son poco girevoli e qaasi diritte e in un medesimo strette, c<
aver principio da celletta bassissima ^ S'incontrano queste
time principalmente in Nuraghi d'un solo piano: ed atteso
diroccamento di moltissimi tra tali Nuraghi, che sol si elevai
di pochi metri dal suolo, difficilmente vi si possono rintracciai
■ Li «ola iIpI Nnraghf Borphidu sU ad on mciro e assania dal hioK \L.
<tDelln d«'l Nuni!:ht> Jf ii; Pira» >U iit«KV ai i metri il'allrzu [L 63]: la<
3 metri 90flo nna misura di nmio.
' V. Bp. XIV — «i e.
LORO INPOBTAffZA
ero. Nondimeno oltre quelle de' Nu-
nghi Adoni, de ìs Paras e di Goni, disegnate dai Laniarmora \
e oltre quella trovata da Sliss Maolagaa al Nuraghe Anua ', altra
a« trOTamino al Nuraghe Biriii; e par che l'avesse volgente nel
salire a sinistra, come il Birìu. anche il Plann Olla, giacché tutti
t dae uè hauno adibì in(Hlesima pesi/aone il forame. È poi da
conginngere a simili acale quella trovata dal signor Pais [287]
sol Nuraghe di Sant'Anatolia presso Sassari, singolarissima, per-
ire quivi insieme v'è scala a chiocciola.
ila poichà tali scalo poco girevoli si trnovano di preferenza in
Xnraghi di pareti men ampio, è da veder» comò in questi siasi
assicurati la solidità. Avea già affermato TAugius, che ogniqual-
volta i Nuraghi abbiano scale oel grosso dello pareti, essi hanno
H cestro delia camera fuor del centro dell'edilizio. Negollo il
bunarmora [12] do'Nuraghi a gran moltitudine da sé misurati.
E a ragione il negft pe' Nuraghi numerosissimi di scala a chioc-
ciola che faccia tutto il giro deirodifizlo, porche questi non re-
^ndone indeboliti più da una parte che dall' altra non richìe-
' ":;io se non grosse pareti per ogni lato, e non già di varia
^....■.iHixm nelle vario parti, ila il coatrario avviene nei Nuraghi
dì scala quasi diritta, qualor non siano, come il Goui. iudeboUti
da ogni parte per altra uuiniera [t. fig. XIV]; e qui veggasi
ovatcla usata nel Nuraghe de is Pams. Salendo in mia rima per
b scaletta fa maraviglia veder più là dal mezito del terrazzo un
foro lai^ un decimetro, se non meno, che risponde alla ftommità
Mia cupola. Questo foro non potea vedere il Liinarmora, che
trovò il Nuraghe coperto d'arbusti, come il rappresenta massime
tftl disegno comunicato al Micnli : ma or nettato il terra/.Ko, questo
fero è patente, né lasria dubitare che in qoel Nuraghe perfet-
tissimo e principalissimo la parete indebolita dalla scaletta in-
tranessaTi (ed ò la parete medesima che ha sotto la porta) sia
«tata rinforzata con altri me?,/.ì giri dì pietra. Or che fossero si-
niUndute di varia grandezza in diverse pareti altri Nuraghi for-
i d - PL vn. s. — 03 —PI. VII. I, - so - n xii. 2.
■ CSItjw- Pbte 1.
33
sruDii REccm sopra i kuraghi
nìti di scaletta simile, già lo facca siippnrru il TodorL\ che
anche ìu essi gì* indebolimenti imiri o principati non si trova?anQ
nella parete opposta all'entrata.
Cosi nel Nuraghe Biria dove non sono nicchie, ma s\ a destra
dell'entrata la scaletta col proprio foro. Ma del Birin possiamo
dire hen più. Duo intelligenti Qenonesi, Q. Onida e F. Serra,
presero a nostra richiesta le più accarat» misnre di questo Nn-
laghe qnasì intatto. Misurarono sul tcrnu^to due opposti diametrtt
e li trovarono entrambi di S"", 50; misurarono tutto intomo al
terrazzo la differenza del diametro di sopra da quel delle basi
estiTÌori del cono, e la trovarono (Vogai parte di un metro e
venti. Con questo ebbero accertato il diametro delle basi essere
di 10*", 90. Non si contentarono, e presero le misure dello oircon-
feren»i del torrazzo e dello ba-ìi, o in queste misuro più difFìcili,
percliè nel contorno di sopra manuino dellft pietre o in quel di
sotto Ti è ingombro di t«rn. commisero due di que'piccoli errori
in meno che confermano la veritìi del massimo dMle primo misure,
r&stando il diametro di sopra così diminuito di 7 centimetri e
quel di sotto di 20. Misurarono poi la grossezza della paa'tc ai
lati dell'uscio e la trovarono di 4'". 40. Misurarono la circon-
ferenza interiore della carnea e la trovarono di 14% 30 risul-
tandone UD diametro di 4*", 50. Ora da tutto questo seguiva
necessariamente, che per essere il centro della camera al centro
dello stesso cdifizio, doveva anche la parete oppo:ita all'entrata
aver grossezza dì 4"', 40. Ma in tal caso il diametro delle basì
sarebbe di Ur, 30; laddove noi l'abbiamo veduto di 10", 90
al pili. Punqué il massimo in grosse/jca della jiarete opposta al-
l'entrata non può essere che di due metri ; e per consegnenKa è
chiaro, che la parete non indebolita da veruu vano non è rin-
forzata come le nltre. Ma un'evidente rìpruova del medesimo
aTTiMliuieiito ci Tìeu dato da Miss Maclagon ' nel Nuraghe Anna.
Veggasi il disegno.
' CAfiw... Plule I.
-;^.^^a^.,*^;;^NV
^ nella cani>?ra di sinistra che Doa ha scala, le pareti ap-
rono per ogni lato di i?j^aat grundezza: ma noli* altra la scala
Ngnata in AA, oltre all'essi^TO in laogo dove si scorgono mag-
giori parotì, s' innalza, dal proiungatacQto di noa di osse fatto
a maniera di virala : oode questo Nuraghe ò dichiarato di forma
«ngoUre dail'Angias '.
Per tal gui-^a più i XiirfLghi si studiano, o pìfi si scorgono in essi
gelosamente osser?ale le palitele piti accouce per ransolidarli.
^) SpiTagli. Ma già i furi trorati nello sommità dolle capole
Q chì&manu a parlare d'altro importante argomento: cì6 sono gli
tpvragli por arieggiare le camere, od anche alcun poco per illumi-
aarie ed inoltre por portarne ria il fumo, quando piaiie^sse accen-
derti il fuoco. Diciamo imprima per arieggiarle, perchè le camere
' Il giro klf (Mitrata rabhiam irotato tolo al Nuraghe SkcÌ ili Cinns, n» qQ)?i
tj ciwnijoia anrlir i4l«, tt pare cbf pmligiipndosi ^frri'sp per montare sopra il Nu-
nihf ri) Imienic per comunicare a mtta lia i:ou allrth Nuraghe s;eoielIo, ni.1 in
WÈSàm che U «codilo (irolungamfinU) uoa Tien»^ che rinfnnar^ \\ Nuraj^e da)
Ims ìDiirbolito pel lann M corndoio, così «iltaodo la soIidiUi, non allriinentì che
al Noraghe Kna».
StrU XJJS. •ol. //, fUK. IJ5» 3 Z4 nutno 1886
34
STVPii nBCEcm sopra i huracui
terrene di cui trattiamo, sia che ne abbiauo altra dì sopra, sia (tliej
non n'abbiano, non mostrano il più delle volte d'aver accolt&j
mai luce bastevole, se non per f entrata: o so questa era pic-
colissima 0 ìntCTuata nel fondo d'un corridoio, non potevano pi-1
gliar lame altro che artificiale per via di lampana o fiioi!o. K\
certo non dà tura al Nuraghe d'Istli quel foro, che dalla cameml
nemraen s'avverte. Ma per isfogar l'aria più calda che tonde]
all'alto, quel foro aperto in cima alla ramerà certo è valevole^]
come per mantenere la corrente deiTaria è valevole il foro sa-
periore della scaletta. E pel corso lihero dell'aria e della luce an-
che grandi sale Assire, sfornite di finestre ne' lati, avevano delle]
aperture ue'Iacunarì ', come arevane. a quanto sembra, un'aula
della reggia di Tirinto che molto ritraeva dell' oriontale ', e conia
uè hanno ne'lor soffitti le case moderno d'Armenia'. E meglio
per dar aria che prender luce le avevano le rase a cnpola co-{
Dica do'villaggi Assiri, come l'hanno le simiti della Siria'. Lei
hanno ancora lo torrette di Belbeis e par che le avessero le casa]
dei Pun, tt^minanti in una spedo d'abbaino circolare più alto<
da un lato che non duU'altro. acciocché una tenda o pelle ste-j
savi sopra e sollevata alquanto dal lato inferiore servisse al corso
dell'aria, senza dar adito a' raggi cocenti del sole.
Invece per dar più luco che aria evvi un foro nella sommità]
di certo sepolcro dì Petra, fiUto a tempio rettangolare con ampia i
porta e [)erÌstilio e scalea e di più cou iscala a chiocciola in vi-j
cinuiza per giungervi, il tutto scavato nel masso ^ Doveva poi :
servire principalmente a recar calore un foro somigliante, ohe
s'apre in cima ad una casa de' Pitti nella gelida S(w.ia *.
Ma quanti sono poi ne' Nuraghi gli spiragli di simil genere?
Non gli hanno le camere inferiori di Nuraghi a più piaui: pdiv{
che poco in e^i gioverebbero ad arieggiare ed anche meno adi
illuminare le camere, e darebbero impaccio a chi stesse sopra,!
' I^-MWaiwr. Mnmitl de Vhiitoire ancienne, 1. 1, J (j, tli.
' AoLsn. QuarterUj Raviea, l'&seic. 1886, [Mg. (23-130.
* Lewruìkt. 1. e.
' nA1VLIKW.S G., I. e.
■ LABOnpe, Voyas€ de l'Arabie Pilrét, p. 60, pE. il.
* Miss Maclacax, Hill farla. t6, dove si duna anche aUrf esempì.
B LORO INPORTA^ZA
3:
od ftlmeno diminuirebbero la solidità, più rinhii^ta ia tal caso,
impedeodo la chiusora del fc»ro con piètra centrale. Ma nun vale
il medesimo per la camera che non ne abbia altra dì sopra, e
molto meno pe' Nuraghi d'uu solo piano, che non hanno tan-
t'aria, atttwo l' elevazione minoro e la manoan/ii di ampia finestra
sostituita da porta generalmente piccola. K qui primo testimonio
à sitk il maniTigUoso Nuraghe Tittirìolo di Bolotana, alcuna delle
cai pietre ocenperebbe sin dieci planstri, e così collocata nem-
meno si molerebbe da tre gioghi di buoi [L. 105|; il Tittiriolo
della cai maggior camera asserisce sens» esagerazione lo Spano che
suol ricoverare attempi piovosi un branco d'oltre a cinquecento
animali ' ; il Tittiriolo privili^giato forse tra quanti ve n'erano a
tre piani, per averli tutti e ire intatti. Outìsto ha in cima lo
^l'iniglio, rome anche il 5^0* Chircost altro Nuraghe intattij iì>.d
4mo territorio. Scendendo poi a quei di Grencni. che con-
ni e- 1
servano b sommità dei cono, ha il foro assai ragguardevole in
cima il cono eentralo del Nuraghe Tresvias, e lo ha fiwciato di
pietre assai levigate il Nuraghe Secci di Cixins, nel quale noi
ci calammo per tal via. Inoltre il Nuraghe superiore ili Pobulus
ha pure aperta la cima, sebbene quivi, t-ssendo smosse lo pietre,
il foro non sia regolare. Che se non par che l'avesse il Nu-
raghe Biriu, questo nella parte inferiore della scaletta ha in
«ompeuso un Snestriao. Più notevole è il foro del Nuraghe Mas-
•enti di Bamminì. Quivi entro, come ci attestarono separata-
mt^nìa due intervenuti allo scavo, non solo si penetra per tal
via, ma nel pavimenta) di sotto si trovò a perpendicolo ona ci-
sterna in forma di pera, entro cui si raccoglieva l'acqua dal
tetto certamente concava. Anche il Nuraghe intatto d'Arnmngia
ha simil foro, come attestava rArcivesccivo itonsignor Balma.
L'ha parimente, e Tavea prima dello scavo fattovi sotto, il Nu-
laghe VìAcn di Suelli. E al Nuraghe di Goni il cavaliere D. GHu-
■ ■'^'i! Pnddu, già Sindaco di Gestori, trovò pure la lastra assai
o:r_tUi y sottile che lo copriva; il che vale a spiegare come e
quivi ed altrove non sia stato avrertito. Finalmente il foro me-
l'er lettera del Ruv. Parroco I). Kraucesco Cadfudi;, accompagnata da carta
lopoErUicJ ett altre indìraiionì pivcisc
36
sivvtt nBCExn sopra i kuractu
ilesimo fn trovato da Hiss MaiUagan, sbariu/AUilu la sommità
de' due coni {jornelli del Nur^lie Anna, doade calato iiD perpen-
dicolo D'ebbe T altezza di uu Ó metri p«r amenduc '.
Or se si considera, quanto pochi siano i Nuraglii che serbino
intatto il cono, qui ben si scorge quasi una regola per dar aria,
se non anche luce alle «imere. Bou è da avvirtiro che altri spi-
ragli si .scoprono nelle pareti. Singolare tra questi ó il sognato
tramezM) a'due coni dui Nuraghe Auna. non più grande di quanto
è necessario a^l introdurvi una mano, ma effiracissimo a luante-
nere il corso dell'aria nella stauza a sinistra, quando ne fosse
chiusa l'entrata. Altro spiraglio tì è molto pìccolo a quadro nel-
l'alto della piircte dui Nuraglie Coni di Nuragus. Altro quadrato
sta sulla porta del Piscu di Suelli, del Bidighin/u di Ploaghe,
d'uu N'uHigho di Laerrui di parecchi di Faulilaliuu, e r«sì ria
discorrendo in varie regioni '. Altri anche talora a triangolo se
ne veggono in direzioni ed altezze diverse delle pareti [S. )1. 64].
Altro sirailmcute quadrato nel 3" Nuraghe di Sant'Antino di
fienoDÌ, ma questo che potea dar modo di vedere e ferir dentro,
saldamente otturato con due pietre verticali. Altri finalmente
nell'alto delle nicchie (AN.).
Or passiamo a' Nuraghi che hanno scala a chiocciola. Questi
se non lianno più camere, hanno più virino lo spiraglio formato
dall'apertura superiore delia medesima scala. Che se abbiano una
seconda camera, all'eutrata di questa hanno per ordinario un'am-
pia finestra che porti ben l'aria ad aggirarsi per l'edifizio. S
altri spiragli dove quadri, dove triangolari, si vedono lungo le
scale [S. M. 64 L. di], siugolarumnte al San Luca d'Illorai, al
Losa d'Abbassanta, e al Santinu. ma in quest'ultimo per buona
parte alla banda dell'ovest che rimau nascosta nella Fìg. I. '.
Benché poi questi spiragli sembrino feritoie, tuttavia essendo,
corno i prementovati, e piccoli ed orizzontati, né per lo più vale-
voli a far vedere altro che il cielo, si veggono sol ordinati ancor
• r/ii>»... pap. 4-
* S. M. Ki. F'. ?HÓ. M. MAatfìAN. fìau 1. C<u1 pr<r alrro Noragha del Mar-
sliinc V. M\iiTunKU_ IK'j. <co.
' I,. U- III -PI. X.
e tono raPORTANZA
37
ead A rlar aria ed alquanto dì luco. Bensì al rinnovameuto del-
Vutìa salgono molto, troviindosi g<meralmcnte in alto sopra luoghi
ben Tuntilati. Or aggioDgasì che la pnrta dovea certo star aperta
almeno di giorno, perchè si chimic rtj dentro, o nessuno s'ìma-
ginerà ''ho ohi tì stosse per sorto la notte, volesse starvi chiuso
aurhe di giorno. Aggiungasi chu no'' casi medesimi dì pericolo
ti molto più noi tempi ordinarli, pfìr impedirli a nfìitiici ed estranei
l'ingrosso, tastava chiudere o stanar l' uscio in maniera che vi
rimanesse <jnalohe spiraglio. Aggiungasi iqfine quel che notava il
s^or Nissardi, che dentro camere murate a socco e a pietre non
esattamente collegate, come sì veggono ne' Nuraghi, una corta
penetraKiouo dell'aria ò infìillibilo ad avure rreqnoi ito mente ìaogu,
e no avverrà quel che sperimentammo in diverso stagioni, che
dentro i Nuraghi non si provi mai afa, ma solo una temperatura
fresca d'estate, e calda d'inverno, cimic succede nelle Basiliche
maf^ori di Roma, grazie aireuormì pareti. Certo l'afa non si
attesta sporìmentata da verun de^ moltissimi che volendoli cdder
tombe, 0 non li volendo creder luoghi atti all'abitazione, avrebbet')
in tal esperienza un perentorio argomento: o sì, che tra essi il
Lunariuora scese in Nuraghi chiusi ed ingombri per ogni late*,
tranne il pìccolo andito che vi scoperse od apri. Che se il Ten-
dale ' parU di afa ed aria mefitica trovata in nna stanza tutta
ottnrata. con entrovi gli avanzi di un assassinato, questo egli
twa qual eccezione tutta propria di quella camera, p<T così spio-
girno la denominazione che il volgo lo dava, di covo do'diavoli.
Per tutto questo è ben chiaro che por mancanza di aria non si
pad dire inabitabile il Xuragho, come infatti il signor Pais [280],
benché stimi improbabile il riputarlo casa, dice ben dimostrato
(lai Canonico Spano.
' Op. dL tu 131
ASSURBITi DELLA SEPARAZIONE DELLO STATO
UA].LA CHIESA
Pur un cattolico Tassurdità delia separazione deUo Stato dalla
Chiesa non lia bisogno di dimog trazione, bastandogli la voce del
Vicario di Cristo, maestro ìufullibilo di verità; il quale nel
numero LY del Sillabo condannò la proposizione: Erclesia a
Stahty Sfahisgtte ab Ecclesia seiungcndus est. A chi poi amasse
vederla altresì razionalmente dimostrata, dovrt'bho bast^ire il
preoedcDto articolo sopra il diritto della Chiesa ali* assistenza
dello Stato. Di fermo, se lo Stato ha dovere di assistere ed aiu-
tare co'suoì mezzi U Chiesa, non pnò in conto alcuno sepa-
rarsi da lei. Nondimono per rfrcdi-re più chiara ed aperta una
tal verità, stimìami} furne qui materia di diretta dimostra7.ione.
A schivar poi il pericolo dì ripeterci, ne tratteremo piuttosto
in forma ptilomica, ribattendo i sofismi onde il Liberalismo mo-
derno si studia di propugnare l'opposto errore.
I.
La c(mdizioì\e normale della società a'istiana richiede runìone
dello Stato colla Chiesa.
Noi non neghiamo che in alcuno contingenze la separaziona
dello Stato dalla Chiesa può essere una necessità sociale. Così
aTTÌene negli Stati Tuiti dì America. In una società costituitasi
di popoli, già professanti culti diversi. Io Stato non avrebbe
potuto, senza irritare furiosamente le passioni, protegger l'uno a
preferenza degli altri. Essendo poi irragionevole proteggerli
tutti (come il vero, cosi anche i falsi); non restava altro par-
tito, salvochè dì separarsene onninamente, lasciandoli in balia
dì loro stessi, e sol provvedendo cho l'uno non recasse all'altro
àssunofri della scrAnAZtnnR rcllo stato dalla cntesA
m
la menoma offesa. Ijo Stata dunqao avvisatamente sì realrinse
aliasela tutela do*diriUì comuni del cittadino, stremando cosi
il fine, assai più ampio dellik natura nolTordiuar 1' uomo a civìl
societÀ. Ma fu costretto a ciò dalla moral qualità della moititu-
dino che concorreva a formarlo.
Concediamo altresì che in quei paesi^ ore Io Stato per ispirito
dì eresia o di 'scisma pcrsoguita la verace Chiesa dì Cristo, la
sepaniziune tornerebbe a lei più vantaggiosa, porcile la lasce-
rebbe altiiono libera e senza impacci. Cosi in Russia, dove sì
buidiflcono i Vesoìvi porchtì fanno il loro dovere, s' impedisco la
libera corannica^ione tra i Pastori ed il gregge, e sì costringono
allo scisma i fedeli col fcnout e colla spada, certamente la se-
parazione dello Stato dalla Chiesa sar^^bbe nua manna. Lo stesso
dito della Prussia pel suo Kulturkamp/. Mon male assai non
riceverò almm' assistenza dallo Stato, che vedere dalla propotenza
politica cliiiisi i Seminarli, esiliati ì religiosi, assoggettato il
Clero ad insegnamento officiale, puniti colla multa e col carcere
i preti, iwl solo delitto d'avere amministrati i sacramenti o
«elebrata la Messa. La separazione è sons;a dubbio preferìbile
«Uà por&eca7,ione.
Ma quLyta è condizione fuor di norma, e riguarda Stati sci-
smatici o protestanti che manchino all'obbligo assunto di pro-
le^ate ì sudditi cattolici nel libero esercizio della loro Kelìgione.
Prescindendo da queste eccezioni e guardando la cosa in ni* stessa,
flecondo il disegno dirìno, è innegabile che ì due poteri debbono
«aser congiunti insieme e concordi pel regolare governo del mondo.
OoDvien qui revocare alla memoria ciò che dicemmo negli ar-
tìcoli precedenti. Uno è l'assoluto Sip;nore degli uomini, e questi
è Dìo. Egli a reggerli visibilmento noi puro ordine di natnra
«istituì il principato cirile, divìso secondo la dtversitì^ delle
gADti: In unamquamque ffetttem praejìosuii rectorem '■ Ma nel-
l'ordine della grazia volendo elevare a più sablime perfezione
l'opera sua, degnò di venire egli stesso tra noi nella persona del
Verbo fett'uorao a render visibile lo stesso suo regno, e dargli di
propria bocca costitusìuDO o leggi. Poni haee in terris visus est
• I lAbtr £ccie$ia9ttci, XVII. U.
rid^
iSa
4U
ASSURDITÀ DELLA SEfAnAZIONE DELLO STATO
et cum hominibus conversatus esi '. Questa costituzione, data da
Cristo, fu di scerdrare l'ordine spirituale. dal tomporale, e la-
sciando TuDo al reggimento del principato, commettere TalUo
al potere d' un supremo Sìic<)rdote che lasciava qual suo Vicario
sulla terra. Or, poìchft il corpo ncU'uoiao è congiunto collo spirito,
e il temporale dere servire allo spirituale; è impossibile con-
cepire non aver Cristo voluti Tuaione tra il Principato e il Sa-
cerdozio, oon soggezione del primo al secondo. Senna dubbio egli
lo volto, perchè autore dell'ordine: Qttae suiìf a Tko ardìnaiae
sunl -; ed ò questa l'idea cristiana, espressa divinamente dal
gran Pontefice Innoconr/; IH con quella elegantissima siniilitu-
diue del Sole e della Luna, stoltamente schernita dai liberali.
Ad jirmamentum caeli, hoc est U7ìiversalis Ecchsiae, feeU
Deus duo magna luminaria, idest duas instifuit dignìtates^
quae sunl Foutijicalis auclorìias et Regali$ pofestas. Sed illa
quae praeest diebus-, idest spiritual ibus^ maior est; guae vero
earnalihus, minor; ul quanta est inter solem et Ittnam^ tanta
iiUer Pontijices et Reges differsìifia dignoscalur \ l^a Urna ha
Boe influenze sulla terra, a lei non comunicate dal sole \ ma
ben l'è comnnìcata dal sole la luce che illumina insieme e ri-
scalda. Parimente il Principato civile non riceve dalla Chiesa il
potere sullo cose mcramonto temporali; ma ben riceve da lei la
legge evangelica, fondamento primo e regola suprema d'ogni
ordinamento civile tra' cristiani.
Q Dottor san Pier Damiani voleva che P unione tra il Sacer-
dozio e l'Impero fosse sì stretta, che in certa guisa il Pontefioe
à trovasse nell'Imperatore, e l'Imperitore nel Pontefice; ren-
dendo cosi un'immagine della congiunzione dei due poteri che
splendono in Cristo e da cui procedono entrambi : Sicut in uno
mediafore Dei et hotnìnum kaec duo, Regnum scilicet et Sa^
cerdotium divino sunt confata mysterio; ita ^uhlimes ìstae
dttae personae tanta sibimet invicem unanimitate iunganiuì\
' B.vnor.n, U, .18.
' A<] Box. XIII, I.
* Vedi Corpus luriè Canonici, 1. 1. T>ecrelaUs Gregorii, lil), I. Ut. 33, e. VJ.
Imptrinm non prattft Saccrdotio. »etl anbest el « O^dtrc lautur.
DALLI nniesA 41
irf qutìdammodo ?nutuae charitafis glutine et Rex in romano
Ptnttijice ut romanus Ponti/ex inmnmtur in Rrge '.
Questa è la uoiirersale e cosUvnto tradi?;ioQu detta Chiesa,
tiwmessa a noi da* suoi Pontefici, da' suoi Dottori, da' suoi teo-
logi; sicché heu può appellarsi dottrina cattolica.
II.
H0i^on» in nostro favore, non diaconosduU dagli stéssi av-
versarii.
Tra i difensori della separazione dolio Siato dalla Chiesa ben
può dirsi cho io Italia primeggi il Minghetti, non solo perchè
a sostenerla ha raccolto nel suo libro, Stato e Chiesa, i più
speciosi argomenti, ma ancora perchè li ha esposti in bello stile
e confortati di artifizii avvocateschi. Noi dunque combattendo
lai, arromo impHcitameute combattuto tutti, noti avendo gli
altri aggiunto nulla di meglio. Ora egli oomìncìa il suo scritto
«on la seguente confossiono: « Chiunque mediti lo istorie scorge
manifestamente come nei tempi passati la unione fra lo Stato
V la Chiesa fosse universalmente reputata necessaria. Questo
«ODcetto signoreggiò finora le monti, informò gli ordini civili
ed ecclesiastici, e lasciò impronta di sé in tutte le legislazioni.
Kno è fondato sulla identità del subbietto, in questo senso che
I'qihdo è ad un tempo ciltiidino e credente, né lo duo qualità
foaeono scindersi fra loro nella medesima persona. È fondata
tltresì nella intima connessione dell' ohbietto, in questo senso
the l'appagamento e la perfezione, il fine terreno e il fine oltre-
Dondano, ai quali l'uomo è indirì/.^ato. hanno comuni e strette
ittinonxe. È fondato finalmente nella nozione giuridica dello
Stato, al quale si attribuisce non solo la tutela dei diritti indlvi-
4i»Ii. ma altresì un'azione diretU al buon essere e al mìgliora-
IBentn del cìtbidino, alla coiiserva/.ìone e al progrtìsso della società.
Dìlk posto, si vede chiaro perchò si elevasse a principio la unione
* Opmrolo Vi, DiaetptaUo inter S^fù adrocalwn et nymaHat SKxlefitn
\4eftmtorrm, Cljiu:iuki «ìicliomis.
42
ASSURDITÀ DELLA Sllt>ARA£IOHC UCLLO STATO
0 per lo meno l' accordo iotimo doliti istìtiizioaì cìrili e relìgìoM^
ODd« il privato o Ji; sycietà sudo governati '. >
Non potevano in poche parole accennarsi con più limpìdez»
i fondameati a cui l'unione tra lo Stato o la Chiesa 3i appoggÌL
Quando i liberali vogliono esporre un concetto vero (il che è
rarissimo) lo san fare meglio di noi. I più di loro haoau ìd-
gegno, benché pervertito.
L'unità del soggetto, cittadino insieme e credente; lo stretto
vincolo che lega il fine temporale airetemo; la missione propria
dello Stato in bene de' sudditi, sono innesto ragioni tali, che c^
scana dì esse è sufficiente a dimostrare la necessità doirarmoniai
tra lo Stato e la Chiesa nel governo de'popoli.
E vaglia il vero, come volete che si concepisca nello stat
normale della società (giacché di questo parliamo) il medesinio^
uomo, soggetto a due supremi poteri, i quali non s'iiccurdin&j
insieme? Sarebbe come una nave governata da due piloti^ i quali I
sen^a intesa scambievole la guidino a diversi porti. Potrà acca-i
dere per avventura che l' un cammino sia come scala per l'altro;]
ma potrà anche accadere Tcpposto. Ed in tal caso che sarà delli
mistìra nave? Che sarà anche dei due Piloti? Ckinverrà che 9i|
azzuilìno tra loro, pLTchò il più forte prevalga. E cosi in coteat
sistema di separazione tra lo Stato e la Chiesa, ci sarà contini
pericolo che il potere spirituale vada in guerra col poter tee
porale, e la persona soggetta ad entrambi si trovi nella dora oc
cessità 0 di seguire Tobbligaìiioa di coscien:»i con danno d«
interessi civili, o di seguire gl'interessi civili con danno dell'I
bligazioue di coscienza. È conforme a ragione un tale state di
cose? Può esser conforme all' Intesa divina nell'ordinainent
delle due società a bene dell'uomo? Lo stesso dite del
argomento. Se il fine terreno e il fine oltremondano hanno, eoi
concede il Mìnghetti, continue e strette attinenze; come pot
mirarsi al primo, son// alcun riguardo al secondo? £ se un
riguardo deve aversi, non sarà necessario che ci sia concert»
subordina/ ione tra ì curatori di outrauibi? La separazione d«
Stato dalla Chiesa importa un indiriz») civile ai soli beni
' Stalo e Chiesa, |»g I.
qaaggiù. Un lale ìndirÌKxo potrà ben avrenirsi a una niandra
idi ciacchi ma non a una congregaziuno di uoiiiìdÌ. Oltreché por
•esso si giunge ad avirìllra e curroiupero la niission» stessa dello
Stftto. II floo dello Stato non ò Boatanzìalnioute direrso dal fino
deiruomo: Non aliunde beatus homo, aliitnde civitas ;
HOrt aliitd »U civiias. t/uam cotKors hùminum muUttudo:
«iraziono sapleatissima della mente sublime di S. Agostino '.
^1^ società Tnomo A sospinto dalla natura o, moglio da Dio. II
^P'dnnque della società non pud essere altro se non quello che
ai^eae Dio. Ora Dio eertament'j lotose che l'uomo pur essa rìce-
iresse un aiuto alla propria p^rreztone; e la perfcsione dell'uomo,
qoikl che ella sia, non può disgiungersi dall'ultimo fine. Come
Jungione di onte, per la sua unirersalità, riroca a sé tutti gU
^feti producibili dalla causa efficiente; cosi il bone 9'>mmo, l'ul-
^H line, per \& sua supremazia sottordìuii a sé tutti ì beni,
^■bili dal soggetto appetitivo. Niuu bisim pvi<^ sciridursi da Ini,
IBhndo bene. Di» duntine talmente inteso la società per l'uomo,
iCbe il bene, da ottenersi mediante lei, giorasse al conseguimento
[deiruttimo fine. Da ciò non può torcere il guardo il goremaote
», se ruol amformarsi agi' intendimenti divini. Egli dunque
talmente disporre l'ordinamento generale della società, che
lioio fine ne riceva sussìdi», o negli ordinamenti particolari
aliHun procurare che non ne riceva impedimento. Ciò non
'farsi nella separazione dello Stato dalla Chiesa. Dunque eo-
separa/jone contraddice al disegno divino; e perdountrad*
alia natura stessa dell' nomo.
UL
Vano ricorso alla Storia.
Minghetti, per farsi stnidu al suo vagh^gìato disegno di
ione, si volge alla storia. Pessimo metodo. La storia di
so d dice il fatto, non il diritto; e il fatto ci dice ciò che
m cifi che dev'essere. Più; la storia, maneggiata abilmente,
trasforma in tutto quello che voi volete, tanto solo che sap-
i S. ACOSTINU, D» Civitatg IkU
44
ASSURDITÀ DELLA SEPARAZrOKB DBLLO STATO
piate ili qua e di ih scegliere i pQxzi, che rispondono &1 tatti)
inteso, e somministriate ai suoi ugenti intuDzionì diverse da quelle
che vbboru, uu cbu ris^Kindmig al vostro proposito. Così il Mìii'
ghetti si studia di far apparire che l'unione tra lo Staio « Il
Chiesa non riuscì ad altro, che o alPassorhiinenti) del primo aelll
seconda o airassorbìmento delta seconda nel primo. E parlands
della lotta della potestà secolare contro i Papi, lungo il secolo XVU
e XYHI, dico cho « i Priucipi i qimti introdussert) le riforme
non si arvisarono di combattere la religione, ma soltanto di n»
dicarne gli abusi e di rivendicare allo Stato quei diritti che Bti<
marano giustamente competergli'. > Per contrario rappresenti
i Papi come intesi ad attribuirsi sopra i poteri civili uu dominii
assoluto ed universale, che quantunque potesse essere giudicati
profìcuo in tempi di barbarie, malamente si pretendeva eoati
nuaro in tempi di civiltà. < L' terrore nacque allorquando si fdl
di oiindi^iioni temporanee farne regole assolute e non ostante ti
mutata condizione dei tempi si pretese signoreggiare il l&ieatO|
mentre esso aveva già acquistato la coscienza dei propri! diritt
e la deliberata volontà di esercitarli. Però non è senza timori
che noi reggiamo questo terribile edifizio innaharsì e aduggiafl
poi con la sua ombri tutte le istituzioni civili'. »
Xel numero XXUI del Sillabo ò condannata la propt^ìsione
Romani Pontijices et Concilia oecutnettica a lìtnitihtts saae pò
testalls recesserunt, tura Principum lufurparunt E voramenl
se la Chiesa non può errare, come in fede, così ancora in co
Btume, gli ammaestrarne atì dì lei, come sono appunto quel
de' suoi Pontefici e do'suoi unirersali Concili!, non possono esser
usurpatori de' diritti altrui. Ma l'autorità del Sillabo, come aneb
rinfatttbitìtà Pontificia, non ò riconosciuta dal signor MinghotU
il quale reputa potersi impunemente tra' cattolici non ammetter
nò Tono né P altra \ Ma se egli, in cambio di travisare la stoni
volesse attenersi al razionale discorso, noi ben gli potremmo di
• Pbk- 16.
* (^li aDOovera ira le iatpronliiuilim del Clero: t L'airotel lamento coQtnt 1 r
ttonn^sti. la zelo tomaodiilo ^\ [mirr lrin[MralL- rli'lla Chii^, t \p. iinftnvntoai cMUi
coloro c)i« non ommeltono il Sillabo e U ìn^llibiliU del fiipa. > Plg. SO.
DALLA OlteSA
45
itnre come tutti gli atti de' Papi non furono che legittimo
_ oteri. èiti loro da Cristo pel governo de'fedeli. La Chiosa,
operante come Chiesa, cìuè per vimm de* suoi Pontefici e do' suoi
Concilìi, non ha Tatto mai altro, se non che sostenere V infiiienm
che dare avere la legge di Cristo nel formare e dirigere i costumi
de'popoli battezzati; e se osteggiò l>ene spesso ì potenti del se-
colo, non fu cho per respingere i loro assalti e difenderò i diritti
a lei Cfioferìti da Dio. Il sistema romano, come il Minghetti lo
appella, è quello che noi, salvo involontario errore, stiamo espo-
nendo in questi articoli, e sfidiamo il Minghetti a confutarci:
ma, badi btme. non con cìiince o gratuiti asserti, bensì con argo-
menti condotti a filo di Logica, da principii indubitati di Fede
t* di rugione.
La Chiesa, benché immutabile ne' suoi poteri, nondimeno nel
cono de'sacoli cambia tenore, quanto all' uso de' medesimi, sapien-
tornente accomodandolo alle diverse esigenze do' tempi, de' luoghi,
delle persone. Altro è il diritto, altro l'esercizio del diritto. Ha-
staado immobile il primo, ben pu6 variarsi il secondo; in con-
formità delle mutate ooudìzìonì del mondo. Omnia inihi licenl,
tova san Paolo, sed non omnia expedtuni. Omnia mikì Heent,
aed non omnia aedijicant '. Cortamente nessun Papa pensa oggidì
^\ esercitare sulla politica, e sopra i Be ed i popoli quel potere.
die i suoi antecessori esercitarono nel medio Evo. Ma ciò non
;hè siasi in sé cangiata la potestà dello Chiavi; sìbbene per-
le l'osarla in quel modo non tornerrbbe oggidì opportuna al
Iwi della Chiesa, pel quale essa fu data, nò giovevole al tran-
quillo vivere dello nazioni. Il fine determina, come il diritto, cosi
laeora la legittimiti^ del sno esercizio. L'Apostolo parlando della
potestà data da Dio ai reggitori della Chiesa, avverte che essa l
in aedijicaiìonan et non in desfructionem^. La Chiesa, assistita
ne'sooi atti dalla sapienza divina, tempera in alcuni casi perfino
Taso delle sue armi spirituali. Il Libemlismo cho nulla capisce
De dì Chiesa uè di Dìo, attribuisce ciò, col nostro Minghetti, al-
l'easersi quello armi spuntate. No; non sono esse spuntate né
• l" md Cor. X, W, M.
• a* lui Cor. X, 8.
{6 ASSURDITÀ DELLA SCPAtlAZIONE DELLO STATO
possono spuntarsi, giacché traggono fov?A non, come le armi del
secolo, dalle braccia dell'uomo, ma dall'onnipotenza divina.
Tornando ora alla storia, si cara al nostro scrittore, egli si
sollucehera alla vista dei passi successivaniunte dati dalla 8oàet&
nella via della lìbertÀ religiosa. Movendo dal trattato di Westfalìa,
in cui il Protestantesimo fu legalmente riconosciuto nelle svariate
sue forme, fino ai tempi nostri, si avverò < quella maniera di
generalizzazione, per la quale lo Stato si eleva ad una forma
ognora più astratta di religione, sino alla pura murale' >. Sta
l>eDe;-ma il valentuomo dovrebbe osservare Che di sopra a questa
forma astrutta, ci ha un'altra forma anche più astratta, ed è
quella dì proscindere dalla stessa morale ed elevarsi alla pura
volontà, sdolta da ogni t«^ge, coll'anarchia, coU'ateismo, col
libero amore. Ad essa sì perverrà senza fallo; ed il Minghettì
potrà compiacersene fin d'ora,
È molto infelice quol pubblicista, il quale senza esaminare se
la tendi-Dza sociale sia buona o rea, accomoda ad essa le suo
teoriche e consiglia il l^islatorc a seguirle. A questo modo la
sofietà non può non andare di male ìn peggio, fino ad Incorrere
in bi>tale soq*|uudro. Il governante non ò un pedissequo, ina na
condottìere. Lo stesso Mioghetti riconosce che lo Stato, < non
può considerarsi estraneo alla moralità ed al costume, in che il
cittadino attinge le forze necessarie allo svolgimento delle saa
facoltà'». Ora, senza religioae, non può darsi moralità; perchè
senza Dio non può darsi dovere. Pii^, che por la pt^rsona indivi-
dua, vale per le moltitudini queir osservazione Dantesca del bi-
sogno che ha l'uomo di freno e di legislatore, che della vera città
discema almen la torre '. Celesta torre della vera città, non ò Sft
• Stato t Chiesa, pos. 37.
• Pag. 31.
• ■ Di iiiwTìol IwDi! in pria stmlt M|ii)re.
(joivi t'ing»[ina. t i)ì«tro ad imso corre,
Sp pHJ'I-i 0 fn>n non torce il soo amore.
OaAc a>iitt>niie Ipkjtc pr tev« porri;,
flljivpnni' R<!gi! aver clip iliwerneBsc
Della vera citlade almen h torr«.
Puryatorio, Caolo XVI.
RALLA CIIIKSA
DDQ rnltìmo nostro fine, e la virtù che ad esso ci mena. Or elio
»llr<>, s*; non la religione, mostni all'uomo (luest'uUimo fine? »
ehi, se non la Chiesa., lo mostra all'uom cristiane? Non pu6
dtmqne in niui società cristiana dis^ungersi dalla Chiesa il
remante oÌTile d'un popolo fedelo.
Il Minghetti dice in sostanza: La BocieUi tendo al razionali-
smo; secondiamola. È corno se un medico dicesse: Il malato tendo
alla morte; oonfortiaiuocelo.
IV.
Si rispottde alle ragioni contrarie.
A quattro possono ridursi gli argomenti che i lihorali accam-
pano contro la tesi da noi propugnata; e sono esposti limpidamente
4al Hinghetti. Da lui li toglioremo, rispondendo ad ossi per
nugolo colla massima brevità.
PatKO ABT.oMESTO. « Il fine dello Stato è duplice: la difesa dei
diritti individuali, e la cura di quegli interessi generali, a cui
per se soli non possono supplire i cittadini e le loro spontiinee
associazioni '.> Né all'uno né all'altro è necessaria T unione
eoUa Chiesa. Pel primo bastano i principii della giustizia, attìnti
alla pitra ragione; al secoudo le forze sociali, non aventi alcuna
relaziono col culto.
Primieramente il fine dello Stato è qui malamente definito.
I liberali confondono il fine inteso dalla natura, neir ordinar
^ì uomini alla vita sociale, col fine che essi arbitrariamente si
stabiliscano. Certamente l'uomo, essendo dotato di libortà, può
volere V associazione civile per quei due soli scopi dianzi accen-
aati; an/j può restringersi al solo primo. Ma tale non è l' inten-
dimento della natura. L'intendimento della natuni ^ più ampio.
£881 spinge l'uomo alla società, acciocché ne venga aiutato al
«eseguimento della folicità t&mporalo; la quale, acciò sia propria
dell' nomo, convien che sia connessa c»)lla felicità sempiterna. Ora
alla felicità sempiterna non iscorgc, se non la Chiesa. Ma omot-
■ Pifj. 33 e 37,
48 ASUmWTA DKLLA SSPARAZtOIfE DELLO STATO
tiamo di argomentare da questo lato; sapponiamo puro quell'idea
lìberab>3ca, intorno al fìno dtilta socìetìi civile. Noi &:)acedìaiiio che
molti interessi pubblici, a cui provvede lo Stato, comu la Finanra,
r Igiene, Li Sicurezza interna ed esterna^ il Commercio, la Dì*
plomazia e va dicendo, non hanno alcuna rebizione cui Culto,
finché si tengono nel puro ordine materiale, sen/^i offesa deU
l'ordine morale. Ma della giusti/.ia non è cosi. La giustizia,
attìnta alla pura ragione, potrebbe bastare (sìa dato o non con-
ceaso, perchè fuori della prosente quistione), se l'uomo fosse
rimaso nel puro ordine naturalo. Ma la bisogna corre altnimeote.
L'uomo, per divina merco, ò prosentemunto elevato all'ordine
soprannaturale della fede e della grazia; e con esso è mestieri
che pongtLsi in armonia la giustìzia naturale. Si dirà: Lo Stato i
non bada a ciò. Deve badarci; perchè egli è chiamato non a{
reggere l'uomo in astratto, ma l'uomo in concreto; altrimenti noB|
salverà neppure i diritti individuali, che dice di voler proteggere.
Rechiamone un esempio. Lo Stato dalla giustizia naturale, iotesftl
a suo modo, deriverà verbigra:{ìa il divorzio, come ha fatto la
Francia ed è disposta a fare anche l'Italia. Or il divorzio offendei
il diritto individuale del cattolico, perche ne scjmpìglia la co-l
scienza, e lo costringo o al concubinato o a forzatA continenza. Lo
stesso dite di altri punti, connessi colla religione. Imperocché ij
liberali hanno un'arte ammirabìUtnel far i-ho lo Stato, dnpn lai
sua separazione, rientri in tutto ciò che gli aggrada, in virtù!
della tutela eminenie, che gli concedono, sulle amministrazioni]
parziali '. E così lo Stato, attingendo a suo modo ì principii della
giustizia dalla pura ragione, vi prescriverà la scuola atea, violando i
il diritto paterno; Iaici:ìzerà le opere pie di beneflceniui. costrìn-j
gendo il povero a ricevere la limosina dall'uomo in nome dull'uomo;]
vieterà la profiìssione de' consigli evangelici, con oppressione
diritto personale in ordino alla scelta del vìvere; e cosi del re
Il Minghetti mostra in ciì) un'abilità portentosa. Sotto lustra dP
libertà relìgÌos:i, riesce nel suo libro a porre interamente laj
Chiesa, e quindi i cattolici, sotto la piena tiniuriia dello Stato-j
SficoKDO AKOOXRN'TO. < La Chìesa cattolica, che un tempo e&*|
■ Fif. 36.
DiltA «RISSA 49
pifiUMTa la scienza e la socieU, s' è a poco a poco allontanata
di esse, ed ba finito coU'ostei^giarle entrambe '. > Or come to-
Me che lo Stato moderno, il quale ha vìscere bÌ pietose verso
la aeienKa e la società, sì coUcghl colla loro nemica?
I liberali, con singolare ooRtaii/,a non si stancano di ripetere
fibe U Chiesa è oggidì divenuta fìera avversaria delta civiltà.
Certose cìviltÀ ò la barbarie inassonioa, a cui ossi son mancìpatì;
DOD haooo torto. Ma se civiltà è quella che ci ba recata il
TiogeJo, la Chiesa come ne fu madre e promoirice in addietro,
cosi à al prestante. Per sostenere il contrario, converrebbiì diro
che la Chiesa abbia disertato il Vangelo. La miscredenza libe-
ralesca non si periterà di affermarlo; ma chi ha fedo nella pro-
messa di Cristo: Eoce ego vf^biscttm aum omnibus dieòits, vsque
di/ cofisumtnationem saecufi % ascolterà con orrore la sacrìlega
Beozognii. U Mioghotti per avverarlii, ne reca in provii il Sillabo
d l'infallibilità poiitìHcia. < Nel Sìllabo infatti, egli dice, tu trovi
ianmilate e sottoposte ad iinatema tutto le proposizioni più ossen*
aalì de-gli Statuti moderni e i diritti più gelosamente custoditi
dhi :i[>polì. Coir infallibilità del Papa poi è tolto ogni sostanziale
dirìibn ai fedeli, al clero, all'episcopato stesso nel roggimento
delU Chiesa'. »
(jimnto air infallibilità Pontificia, si compatisce l'ignoranza
iMlogica dello Scrittore. Quella dofìnizioue non potò togliere ai
Ett'eli 0 al clero inferiore nessun diritto sostanziale e neppure
icidciitale nel reggimento della Chiesa, per la semplice ragione
de ai fedeli ed al clero inferiore non compete alcun diritto In
Ul reggimento. Il reggimento della Chiesa appartiene ai soU
Vflcovi: apiriius Sonclus po-'^uif Episcopos ngerc Ecdesìam
■ki '. Ora i Vescovi appunto furono quelli, che raccolti io Cou-
alÌQ, definirono T infallibilità Pontifìcia; ed è credibile che essi
s'intendessero de'loro diritti un po' muglio del nostro Minghetti.
K deplorabile l'abuso, invalso oggidì, che laici, niente istruiti di
jetie ecclesiastiche, uc sfringuellino all' impazzatu.
' ì'^f. ah.
' MiiTTUlH. XVVIII.10.
» Pag. 55.
• Actu» Apo9t. ?C. S8.
Stri* XlJt. «of. //. ftuc. 85U 4 24 marta ISW
50 àsscrdità oetiA sePAitAnons oklm stato
Qu&Qto poi al Sillabo sfidiamo formalmente il signor Uin-
ghetti a mostrarci una sola proposiziotiu da esso condannati, 1
la qtiale alla stregua (lolla ragione contenga alcun diritto di
popoli 0 sentenza di Statato cbe non sia un solenne sproposito.
Torniamo a riputore : lo sfidiamo qui tbrmalniento. Or se la Chiesa |
condanna spropositi, con ciò non osteggia, farorìsce anzi I&<
scienza e la società
Tek/,0 jLRooiUHTO. Lo Stdto è incompetente in materia di reU-|
gione. < Fra le fanziooì essenziali dello Stato, scrive il Uìnghcttt,
non vi ò quella di discemere la verità dall'errore religioso, pro-
pugnare la prima e combattere il secondo... È incompetente fto
Staio) in materia religiosa '■ »
Noi domandiamo se Io Stato sia da meno di ciascun uom»
individuo; e se V uomo individuo sia incumpetnnte iu materia
religiosa nel senso dei libeuli, cioè incapace di discemere la
verità dall' errore. Se cosi fosse ciascun uomo, quanto a religione,
dovrebbe tenersi in un assolato scetticismo e non professate!
nessun culto; cosa assurdissima.
Quella proposizione, che ì liberali sempre mettono innanzi
come un assioma indiscutibile, i> ambigua; ha un senso vero ed
un senso falso. Lo Stato ò incompetente, rispetto alia religione,
quanto a regolarla, non quanto a discertierla. Posta la distinzioM]
del Sacerdozio dall'Impero, introdotta da Cristo, lo Stato non jutt
senza sacrilega usurpazione ingerirsi di affari religiosi. Ma. come '
i sìngoli cittadini, cosi anche lo Stato che socialmente li rappre-
senta, à tenuto di aderire alla vera religione, e conservarla ae{
già la possiede, e se n'è privo a cercarla. Gtli strasi doveri che
corrono all' uomo individuo, corrono pruporxionevolmt'Uto allft
Stato; il quale si distingue da loro, come dalla persona fisica, UJ
persona morale.
A reggere ed amministrare la religione si richieggono rii
denti poteri ; e questi non son dati allo Stato. Ma a discemerteì
dalla falsa basta il lume della ragione, e questo certamente èi
nello Stato, com* à nelle persone che Lo compongono. Se lo Stato]
mancasse del lume della ragiono, non sarebbe abile a governar
• SUtto e Chieaa, Png. 7t.
DALLA CHIESA 51
aeppiird i gatti. [ curutteri poi d^ìlla Cliiesa sono cosi chiari ed
tpo'tL, che basta aver occhi ìa fronte per ravvisarli. K nota
l'eofotìca sontonin di Riccardo da siin Vittore: Domhie^ si fal-
sum est quoii credimuSi a te decepfi sumus; ista enim itoltis ets
n^is conjìrtnaia sunt, quae nomiisi a te fieri pottieruni ^
ÌA sola ostinata e fiera guerra degli empiì contn> l:t Cliie^a
liasta a chiarii-Ia r-^ra figlia del cielo. Se ella non fosse tale, non
à sarebbe ragione, per cui Satana dovesse scagliarle addosso ood
luti) ìmpeto i suoi satelliti.
I liberali sono reraiueute piacevoli ! Dicono lo Stato incompe^
teste a conoscere la vera Chiosa, e poi Io fanno competfintissimo
ut entrare nulle sue leggi, ne' suoi giu(li?.ii, nella sua aiumini-
strasione. Ar rovesciamento d'ogni ordine!
QcASTO ABoosENTO. 1q taoto Sarebbe necessaria I' unione, in
^uoL» si suppone che la Chiesa sia una vem potesti!, boncbè
£ online spirìtnale; la qiuile jur conseguenza abbia mestieri di
parsi in armonia coIPaltra civile, per evitare conflitti. Ora questo
è falso. La Chieda non ha potestà nel senso proprio della parola.
Se l'aresse, godrebbe di facoltà coattiva., e questa appartitme al
' " ^tato, «Si parla souipre di due potestà, l' una temporale,
. ...la spirituale; e da questo concetto, accolto a priori, si deduce
;utu. una serie di conseguenze che repugnano al sistema della
SApirazione, 0 almeno inducono neir animo forti perplessità. Che
<88i intendesi pnr potestà, sovranità, im/jcrèum? Intendesi pro-
■-:ni.?nte la facoltà di fare leggi accompagnate da una sanzione
. Citiva, cioè di obbligare ì citt'tditii a<l osservarle unche colla
ftosa... Ora questa sovranità è la nota caratteristica dello Stato
ed appartiene ad esso solo'. >
L liberali hanno tanta flducin nella loro sapienza, che credono
£ poter facìlmeute con una semplice loro sentenza disfare la
à^ttrina di tutti i Dottori, di tutti i Teologi, di tutti i Giuristi, ì
^i&ii Bn qui nei loro libri han sempre parlato di una doppia po-
testà, runa Bcclesiastica, l'altra laicale. Né queste concetto è stato
anmcsfio a prióri^ come dice il Minghetti ; ma bensì ò stato cavato
' Dt Trimitlt, lib. -l, e. 1.
» Stato e Chieaa, Pag. 7T
52 ASSUnDIT\ OBLLA SEPARAZIONE DELLO STATO
dal fatto, cioè dall' istìtozione dì Cristo, il quale conferì a san Pietn
le chiavi del suo regno la Chiusa, o la facoltà dì sciogliere e d
legare, ossia di obblii^are con logge i fedeli. Per diciannovu seool
la costante tradizione ha conft^nnato ana tate dottrina. Ma poicb
presso i liberali non ha forza né Scrittura, né tradizione, né in
seguameuto di Padri e di Dotte-ri; guardino almeno c\ò che sfa
tuttavia avvynondo solfe) ì loro occhi. Le Potenw, anche di prin*
ordine, tengono presso il Pontefice raj» presenta» ti diplomatici, a
modo stesso onde costumano con gli Stati laicali. Che segno <
questo? È segno cho essi riconoscono nel Pontefice una veni potasti
pubblica, un vero Impero, benché di ordine spirituale. Ci ha an
che di pia. Gli stessi liberali han professato un tale rioonosoj
mento. Essi han fatto una legge, la famosa legge delle gniJ
rentìge, in cui assicurano al Pontefice prerogative sovrane. Oi
possono competere siffatte prerogative a chi non ò vcntmenti
sovrano in qualche senso? Vero è che i liberali sostengono chi
tali prerogative possono abolirsi. SI? Si attentino a &rlo.
Il Miughdtti per prova/e l'asserto suo ricorre alla definizioai
delle sovranità, dicendo che essa è la facoltà di far leggi ae
compagnata da una sanzione coercitiva. Ma primieramente
dovrebbe sapiiro che la dofìniziono sciontifica deve esprimere
senza, il iptod quid est, della cosa che vuol definirsi. Or la b
ooltà di far leggi ò una funzione della sovranità, non Pess&m
L'essenza della sovranità risiede nel diritto di ordinare la molti
tadine al ben comune. Da siffatto diritto risultano, come attri-
buinonisue proprie, le facoltà di far leggi, la facoltà dì giudicsn
la facoltà di punirò. Or non ha la Chiesa il diritto di ordiqv
ruDÌversità de'fedeli al conseguimento dell' etonia salute? Ma
dia pure per buona la definizione dui nostro pubblicista. No:
sono accompagnate da sanzione coercitiva le leggi della Chiea
mentre legano la coscienza sotto pena di eterna dannazione? Noi
è coercitiva, per esempio, la scomunica che separa il oontumaq
dal corpo de'fodeli? iS. Paolo parlando della sua autorità apo
stolica ai Corinti dice : In promptn lìaberites ulcisei omyten
inohedimtiam '. Questo utcisci omnem inobedìentiam, attribuì
• t* Ad Cor. X. C
DALLA CHIESA
53
al potare spirituale, noa risponde perfetUnieittc & quel vindex in
\ram «l tfui malum agii ', attribuito al poter tempurale?
Si dirà: ma cotesto pene inflitto dalla Chiesa, son pene spi-
rìtoalì. RtspuDilianio: Primieramente non è maraviglia che un
potere spirituale abbia come suo proprio attributo l'infliggere
pene spirituali ; le quali non, perchè spirituali, cessano dì esser
peni'. In secondo luogo, la scomunica, da noi recatìi in esempio,
benché pena spirituale, ha nondimeno eSTetti e^^iaudt» temporali,
ft>mu rinabilità a qualsiasi ufficio ecclesiastico e l'esclasioue da
«gni fomuieroio co'fodelì. Cum kuiu smodi lìec cibum sumereK
iVft,* ave ei dixerltìs '. In terw) luogo, se il signor Minshetti
richiedo (benché senza ragione) come esséiiziah carattere del
[vit:re k^^isIatÌTO, la forra matorialm^'ute presa, dìcianiu che
^oesta altresì appartiene alla Chiesa, se non formalmente, al
certo virtuahnetiie. ì& Chiesa ha diritto di esigerla, ove occorra,
dillo Stato, non per preghiera o richiesta, ma per comando. Si
ricordino le parole di S. Bernardo, e dì Papa Bonifazio YUI,
da noi recattì nell'artìcolo precedente. Ma il signor Minghelti in
ambio de' Ponteflci e dei Dottor Santi, ama ispirarsi a Scrittori
eterodoesi; e così in appoggio della sua tesi cita due protestJinti, il
Tossio ed il Bohemero *. Ma iu tal guisa ogli digiterà un diritto
pnbblìeo ad uso degli eterodossi, non de' cattolici. Or noi de' cat-
tolici ragioniamo.
Nà 8i obbietti che il Prìncipe potrebbe non obbedire a quel
eomaodo del Pontefice; perchè ciò potrebbe accadere anche al
Prìncipe in ordine alle proprie milizie. Queste, ribellandosi da
lai, potrebbero non obbedirgli. Segue da ciò che il Principe non
possegga la forza armata? Applicate un tal discorso propui'zìo-
ndinente al Pontefice, rispetto al Prìncipe.
• Ad homatm, \ì\ì, i.
» S. P*WN) f ad Cor. V 11.
> Epialola II. IOANNis, 10.
* Stato e CAa'cta, ra{. 77 ìn poU-
I DERELITTI
vili,
n. LAVORO E LA LOTTI CO» LA MISEKU E LB lALATTIK
•-Id casa Belfioro Uvoravasi di gran lena da mane a s«m «
gran parte della notte; e sino che v'era lavoro, vìvevasi è vero
sottilmente, per essoro lo fatìchL^ dolio donni) mal rimniiorate,
ma par si viveva, e col sopravanzo potevaaì pagare la riccbesn
mobile e la pigione di casa. Ma il guaio era quando il lavon
mancava, ovvero snaturati avventori diffalcavano o differiano la
dovuta mercede alla vedova e allo soe figlinole. Allora le tapine
troviwuiisi in si crudeli distrette, che non vedovano ver60 di
uscirne. Un di fra gli altri Emma e la Marìuccina prosentutoai
a ana ricca Dama, per riscuotere il prezzo dì un vistoso abito
di seta, furono con mal piglio da quella accolte e su duo pift
accomiatate, sotto pretesto che l'economo non era in casa. Torna-
rono indi a tre dì; ma non furono da lei ricevute; perche sa
quell'ora la Dama ritiratasi nei suo gabinetto di lettura, nim
dava udienza a veruno. Il bisogno le spinse a tornarvi ancora
per ben tre volte, e sempre invano; che una fiata ella era in
vìsite, un'altra in villa e la terza a zonzo per le Capitali d'Bu-
lepa. Ah cmdelaccia! ah ciurmiitrìcel Non sì recava a coscieusa,
né arrossiva di portare in mostra nelle sue sfarzose vestì i sa-
dorì e le lagrime di povero operaie defraudate della loro mer-
cede!... '
Immagini ognuno lo sgomento e la pena dolla povera fami-
glia Belfiore; la quale non aveva altro me?^^ di sussistenza
che 11 lavoro dello sue mani, e faceva assegnamento sa quel
guadagno per isdebitarsi col venditore delta stoffa di seta, e ti-
I dchklitti • rm. it lavoro e la lotta co.» la MisERtA e t.e malattie 55
rare inaaniii per qualche settimatia I» sua travagliosa viU! Nà
^oesta fu l'unica volta ch'ella si vedesse cos'i bruttametite acor-
iKchlata; che più altre fiate le incontrò Io Btesse; o alla men
trista Tidesi costretta a pazieolaro lunga pezza per avere il suo;
il che fio! di darle il tniceUo.
Se celesta razzaccia di avventori, rei di tanta immaniUi e in*
giustizia, veder potessero Io bigriiue che fanno versare al mi-
sero operaio, quando la sera non può recare il pane alla digiuna
&mìgliuola; se contemplar potessero la desolazione e il pianto
di una madre, che non sa come sfamare i suoi figliuoletti ; se
udir potessero le grida di questi, che' spunti e affilati per U
^e cLieggoale na tozzo di paoe: per quanto avessero un cuore
di selce in petto, se Io sentirebbero, ered' io, spetrare dalla
pietà- Sia essi iuebbriati di piaceri, e con sempre sugli occhi
Io spetlooulo del bel mondo lussureggiante nell'abbondanza e
nel fasto, ueppur sanuo immagiuare le scene strazianti, che per
loro colpa succedono entro le affumicate pareti di un abituro.
Le loro sfoggiate masserizie, Le sontuose vesti e gli sfarzosi
«bbigliaiuenti, dod pagati a tempo e a dovere, sudano sangue
e lagrìme; e sodo le lagrime e il siingue del povero, che gri-
danu al cielo vendetta. Dio le conta, Dio le nota, e guai a ohi
le fa versare!
La famiglia Belfiore mal rimuoerata delle sue fatiche, ebbe
a lottare con tutti gli orrori della miseria. Elia reggeva si sot-
tilmente la TÌta, che poco più era morte. Al mattino lo sdigiuno
er» a solo pane, e questo, duro e inferigno; e tutto U desinare,
pane e polenta con sugo di pomidoro. Solamente nelle feste con-
solava il povero desco un po' di brodo lungo con un lucchetto
di carne, e un virierelto annacquato o piuttosto acqua vinata.
Malgrado il rigore della stagione, non acceudevasi fuoco in
che pel desinare-, e tutti correvano a scaldarsi intorno al
fornello della cucina, la notte non illuminavano il salottino da
broro che due candele steariche; alla luce delle quali le donne
agucchiavano, e Pierino studiava la sua lezione. Nà era mai che
quelle togliesscro le mani dal lavoro, se non a tardissim'ora
quaudo sentivansi st^pralTatte dalla stauchezza e dal sonno.
56
I DCKBtirn
Solo allora gittaransi & sdraio sovra na misero letticcii
ovp penavano gran pezaa ad assaggiare an po' di sonno; perei
coperte appona da udii, semplice coltre, che mal le schermia dal ,
freddo.
Che contrasto tra qaesto genere di vita e quello che menabò]
ftierano oe' giorni della prosperità e dell'abbondanza! E a pen-'
Bare che a tanta estremità aveale ridotte l'istesso padre, il quale
per legge di natura dovea provvedere al loro avvenire! Orribile
a dirsi, ma pnr vero! Oggi più non si contano, tanti essi sono,
i padri dì famiglia che afTamano moglie e figliuoli per \ah-\
mare lo proprie passioni!
Ad aggravare la miserub della famìglia Bulfmre all'estrema;
peuDrìad'ogni cosa t-enne dietro, come naturai consegneny.a, l'in-
fermità. La prima ad esseme colpita fu la Mariuccìna, vittiiu]
di un lavoro superiore alle suo forze; la quale fin dai primi'
tocchi del male per non riuscire di poso alla casa, chiese csx
istanti di venire trasportata all'ospedale. Alla Marchesa però
non pativa il cuore di abbandonare alle curu altrui una vita sì
preziosa, su cui avrebbe voluto ella stessa invigilare.
Se non che pressata dalle tìto istan?^ dell'inferma e del-
l'istesso medico, acconciossi, mal suo grado, al loro volere; ftj
fatta venire una lettiga, adagiowi dentro la Mariuccioa, e
compagnoUa insieme con Kmma allo spedale; dove trattenutasi'
alquanto coir inferma, sul punto dì separarsene, abbraccìolla più,
volte lagrimundo, e premisele cho sarebbe venuta di frequente
a visitarla. Emma poi, che Tamara come sorella, potòappenij
con voce rotta dal pianto dirle — addio.
Le disgrazie, dice il proverbio, non vengono mai sole. Noni
istette guari cho cidde ammalata anche la Mima; a cui per
una forte infreddatura, cagionatale dai brivìdori end* era assa-l
lita nelle luughe ore del notturno lavoro, entroUe nell'ossa ami
febbrjciattula ostinata, che tennela inchiodata per ben due set-^
timane a letto, lasciandola in seguito assai svigorita.
Pierino auch'egli affilavasi ogni dì più e impallìdia: parea'
un fiore aduggiato dalla brina in sul primo sbucciare.
Emma era stremata di forze per lo scarso nutrimento e la
Tm. a LAVORO B LA LOTTA CON LA HISGItlA K LE XALAITIE 57
ktìca: e tutUvia liiagi dal rendersi a cura di iimdìco, per amore
eLU f&miglia dimeaticara sé stessa.
La poTem madre mal reg^entesì in pie, tant'era affranta
alia miseria e dall'ambascia, raddoppiala di zelo e d'ardore
«r oocorrore olle crescenti necessità; ootakhè il suo TÌrere e
oeltu della famiglia non era ornai più che una lotta suprema
disperata colla morte. Ila di la Marchtìsa leratasì, comò solea
baoD mattino, dopo aver passata una notte iosonne, nel met-
m&no a' suoi laTorietti, seutissi a un tmtto annebbiare la
Uta, vacillare le ginocchia, e smarriti gli spiriti, stramax/.0 a
un. Accorsero le figlìiiole atterrite; e levatala sulle loro brac-
adagiaronla in letto. Emma spruzzolkk d'acqua fredda in
; e la madre rìnrenne, apri gli occhi, mandò un sospiro, e
olle alzarsi; ma sopralfatta da un accesso di febbre g^liarda,
jffiincìò a dibattersi, a tremare, a crocchiare i denti, e ricadde
upina.
Emma corse pel medico; il quale udito il grave accidente,
ffrettossi a visitare T inferma; e a forza di chinino levoUe di
M30 la febbre. Tattavolta eli* era sì prostrata dal male, che non
Dtea lasciare il Ietto. Le figlie intanto pt;r accudire alla madre
ifenoa a al bimbo, e perdio aontìansi anch' esse dal tanto fa-
care o patire, che avean fatto, smunte le forze, non potuaoo
landaro innanzi ì lavori. Ondo venuta meno quest'unica risorsa,
TÌdttru ridotte a tanta estremità, che più non si accenderà
in casa, né vi avea per isdigianarsi se non del pane in-
dgno e sempre a scarsa misura. La madre pii^ sensibile ai
itìnenU de'Hgliuoli, che ai proprii, venta consumandosi sai
letto di tristezza. Mandò impegnare al monte di pietà al-
ano robicciuole; e non perdonò neppure all'anello numle
a do« quadri, che si teaoa carissimi; perch'erano il ritratto
l'gdoìtori sQoi. Ma ben presto veanole meno anclie questa
; ed eccola di nuovo colla sua famiglia in braccio a tutti
orrori della fame. 1 figUuoU le circondano il Ietto pallidi,
■iKÌlenti, stremati dal digiuno ; e la Mima e Pierino talora
Bngeudo, esclamano: — Mamma un pane, per pìeti un pane.
f
58
1 DEnELim
Ija povera madro odo que' prìoghi, vede quel pianto, som
scoppiare il cuore di doglia, e dod ha un pano da sfamarli.
Preso allora consiglio dalla nocessità, appigliasi a qndiranic
partito che le rìraane, e da cai tanto per lo innanzi abborc
Amto a sé Pierino, che per la tenerella età e le care manierìi
pareale tutt' acconcio a muovere l'aUraì cuore a compassione,
dico: — Figlio mio, tu ben vedi che qui ci moriamo di f»
Ta dunque a chiedere mercé per amore dì Dio.
Più dir rolea, ma il pianto soffucolle la voce. Pierino a ques
comando sentissi salire il fuo^ alla faccia, e inumidire gli occl
tuttavìa fattosi cuore: — Non piangere, le risposa;, mamma mi
eh' io vo tosto a chiedere V elemosina ; e cacciatosi in capo il si
berretto, partì come lampo.
rx.
VK po' DI ELEHOSINi PER ASORE DI DIO
Chi può ridire la lotta ch'ebbe a sostenere con so stoBSoj
povero Pierino, nato di nobilissimo lignaggio, e cresciuto tra
agi e le morbidezze di una ricca casa? Kgli accostasi a
Signore che pussavaglì dappresso, e col volto inriammato
vergogna o con voce tremante gli dice: — Signoro, uu po*|
limosina per amoro di Dio! — Ala quegli tira di lungo set
rispondergli. Quest'atto disdegnoso cavò al misero orfanello
lacrime dagli occhi. Indi a poco passa nn ricco borghese-,
rìno gli si fa innanzi, e rinnova la sua preghiera: — Un po*|
limosina per amore di Dio: — £ quegli senza neppure deg[
di un'occhiata, e crollando la testa, rispondeglì bru:ìcaD
— lo non fo limosina agli accattoni.
Queste ripnlsi; sconfortan)nIo par guisa, ch'egli avrebbe
tosto rincasare; ma il pensiero della madre inferma e delle
relle affamato gì* infondono coraggio st ch'egli non si rii
dallo stendere or all'uno ora all'altro de' passeggeri la
SenoQchè il tapinollo non sa domandare; molto meno sa imi
U. l'N po' di ELl^HOSIKA PKR AUORE DI DIO 50
tauare. Toma dnn'jtm a casa, a eapo chino, culle mani Tuote e
gli occhi pi^ni iVì lagrime.
Accorrono ansiose le sorelle: — Ebbene Pierino che ci porti ?
D silenzio e il pianto sono Tuaìca risposta. La madre senza
oeppure interrogarlo, intende Teloquea/^a di quel pianto, trae
m gran sospiro, riguarda muta i fìgliuoli, che famelici aspet-
tano ancora mi pane; e dimonticrbudo so stessa o la sua iiifer-
■iti, b«lza di letto, restesi in fretta, e vaol uscire. Emma tì
fì npjwne e fa ogni sfori» per dissuadernola, temendo che il
Itilo rincappellì, e le si appicchi miovaiuente addosso la feb-
bre, ila la madre non ascolta né ragioni, né preghi; esce, e
n a picchiare alla porta di nna ricci Dama, alla quale aveva
fit fntto un tempo di molte amorevolezKe e favori. Ahimè la
Isnefìcata era donna in tutto mondana, ni avea scintilla di
carità in cuore; chà il disordinato amore di sé slessii soffocava
io l>^i ogni più nobile e santo affetto! E però quando il portiere
lanunciolle la Marchesa Cecilia, rabbuiossi tutta in volto; e
avvisando il motivo di quella venuta, mandolle dire: — Incre-
nerle assai di non potoria ricerere i perchè era quel di trava-
g&tA da un forte mal di capo.
La i>overa Cecilia all'udire dal portiera questa risposta, si
A? di fiamma in viso, e se ne uscì coi cuoro amaruggiato da quel
|Ua^u per battere alla porta di un*aUra magione, ove ditno-
aaa gentildonna di sua conoscenza. Questa cortesemente
'■coolse iu una splendida sala messa a stucchi domtl e a tap-
iBtzerie di un rasetto finissimo color aranciato, con intorno alle
"luiulri e specchiere incorniciate di vaghissimi intagli»
e dorature ; e sottovì seggioloni felpati di un verde nio-
-ì sofò vellutati di rosso con origlieri e piumini a sovrap-
d' oro e di seta. Nel mezxo vi tondeggiava una gran tavola
Kaechiore coi quadrelli di malachite, di lapislazzuli, dì aga^,
altri marmi e pietre preziose; e sopravi vasi di fiori, sta-
di marmo di Carrara, panierini di frutta marmoreo fog-
6 fiolorìte al vero, gra/Jose conchiglie, vagluBsimi colibrì
liatt t colle alette spiegate, astucci a foggia di libretto,
60
IKHKLITTl
impiallacciati di tnadreporU e filettati d'oro, e mille altri nimudij
e gingilli.
Tanto lusso e splendore faceva an terribile contrasto colt&l
squaltidez/a del povero e nudo abituro, donde la Cecilia Tenira;]
e richiamandole a memoria ì giorni dell' antica opuleD7,a, fìiCd&U
sentire più acerba e dolorosa la sua presente misurìa.
Dopo i primi convenevoli, mentre la visitatrice accingevasi atfl
esporre alla Signora di casa il misero stati) in cui era caduta,^
questa mor.zollo le parole in bocca; e come sentiasi un gran pia-
zicorc alla lìngua, dio la stura alla sua p;irUntiiia, e fé' Ut
grand* afTolIata di ciance, taccolando della moda, del teatro, de
politica, di mille cose a un tempo, sen?^ rifiatare un istante.
che la povera Cecilia sentiasi i sudoretti addosso, e aspettai
con eroica piuienza che spiovesse, per potere, colto il dest
avviare il ragionamento a quello ch'essa volea. Ma la gentiU
donna, o fosso per un potdnto bisogno di mantenere ìn esercii
lo scilinguagnolo, o piiì vero, per furare le mosse a chi veait
a dimandarle soccorso, non le die mai agio di parlare. Per k
che la malcapitata Marchesa stanca e sfiduciata levossi, diman-
dolle mille scuse di averla importunata, e tolse da lei commiato.]
Di là fii a casa di un'altra sua conoscente ed amica: temi
perduto! La buona amica fé' dirle dalla fantesca che la ps
non era in casa. La povera Cecilia conobbe a prova cho bi(
le amicizie del mondo; a quanto sia vero quol grazioso detto
un poeta: < Tempore felici, multi numerantur amici : Si fa
tutta perii, nulltts amictit erit. »
Gli amici del mondo ìn fatti non amano l' amiro per Tat
ma sé Bteasi in quello. Sono amici c(.>me V ape del fiore e Tauf
della pianta. Finchò ride primavera, e ogni pianta si rir^
infiorasi ogni prato. Tape adescata dal guadagno, vola ^
per suggerne il nettare più soave, e l'angelhi allettato dal
cere alla pianta, per nidificarvi e trastullarsi tra'snoì rami,
aspettate che sopniggiungii, il verno, che le piante si schioi
e dislìorinsi i prati, e allora vedrete come l'ape e l'augello
deranno tosto il volo, e abbandoneranno alla vernata chi
bravano tanto amare alla primavera. R tale ò appunto il
PO or ELEMOSINA PETI AMORB DI DIO
fìl
amici mondaQi. Infino a tanto che a voi sorrido primavera,
dirdf che roi siete in sul fiorirò ds^U anni, della btìlle7.za e
prosperità, tì sono sompro d' altoroo, vezz'ggianTi, e tì
iscoDO 0 corttig^iuQo si che paiono spasimare & sdilinquire
jì. Ma non sì tosto vi coglie il verno di un'infermità che
Iggia e dislìors, o dolla sventura che vi ariiniìsorìsce, essi
nano incontanente le ali, o fuggonsone, quanto pili possono,
; lontani. Quti.st'abbandyno è cosa d'ogni giorno; nò v'è
le al mondo che non ne abbia più o meno assaggiata Tania-
e imparato a sue spese a conoscore la vaaitìk delle umane
ne.
doretìtta vedova bruciando di vergogna per tante ripulse
Bpre trapanato d'acuta doglia rincasò sfinita di forze, e
j^BOBSÌ aopra una seggiola oA volto chiuso tra le mani, in
^B angosciosi e stra-^iiinti pensieri.
^plÌTalft ridoa di troncarsi una vita peggiore della morte;
ni riteneva l'amor de' figliunli o il timor santo dì Pio; ed
•ss&v&le per l'animo un fugace pensiero di sacrificare ciò
Uè aowr più caro della vita, l'onoro; ma l'orrore della colpa
Dore dell'onestà faceanla a quest'idea tutta riscuotere, tre-
e abbrividìre. Povero cuore così atrocemente straziato e
In branil ìa Cecilia non era più che un'ombra dì sé stesaa:
ehi incavernati entro a due livide occhiaie, melanconico il
rdo, le guance smorte e affossate, i capelli innanzi tempo
tlo labbra scolorite, e spento in esse il sorriso. Sotto il
n'ambascia che serravale il cuore, sentissi venir meno
I e riaccendersi più gagliarda la febbre; onde non reg-
■ più in pie, gittoss) sul letto, e avuta a so Kmma.
Figlia mia, le disse con languida voce, io mi sento morire.
poeo tua madre nou sarà più!...
ima die in uno scoppio di pianto — Non piangere figlia
Per me, come vedi, it finir di vivere, nttn sarà che im finir
orini. Ma i figli, oh Dio, 1 figli miei eh* io lascio in tanta
da, ecco la spina che mi trafigge l'anima!... SI dicendo, il
HoRbcoUe la voce. Dopo alcuni momenti di silenzio, rì-
^inghio^zando. — In ine^z/) a tanta ambascia un solo pen-
62
1 biRKLirn
siero mi conforta, ed è, eh' io lascio in to una. seconda madl
non mouo tenera di mo per h fatuigliii, u coi vantaggio di
teria aiittaro meglio di me, clie in questo stato esserle ne
potrei so non di aggravio. Tu dunque sii più cho sorella, madi
a' tuoi fratellini e alla Mima; e se il Signore si compiacere
fondere la sanità e le for/.o alla Mariuccina, ella dividerà
il peso delle fatiche e delle cure materne. Io intanto mi dispone
a ben morire; e tu va tosto pel mio confessore, perché i'oj
mia si appressa.
Mentre la Marchesa facea, direm così, il suo testamento,'
Mimii e Ficrinu, che oransi per volere di lei ritirati nella
sima stan:ta, indovinando purtroppo dai singulti della
quello che la madre allora diceate, levarono altissimo pis
Emma con gli occhi gonfi di lacrime, lasciata l'inferma alle ca(
della Mima, alfr«ttos3Ì ad uscirò e fu prima pel confessore e
poi pel medico; ì quali non istettero guari a venire.
L'inferma acconciossi dell'anima con Dio, e rincorata
parole del buon sacerdote che udilla di confessione, abbandono
interamente nelle mani della Provvidenza. Questi non si
ancora da lei dipartito, cho sopravvenne il Modico; il quale
la diagnosi del male, concbiuse che lo stato dell'inferma peri
ricaduta era pericoloso, ma non disperato; e prescrisse gli 0|
tuni rimedii. l'oscia ch'egli o il confessore si furono
tati, Kinma tolta in mano la ricetta, entrò nella sua st
deposela a pie dì una devota imagine della Vergine, dioel
— Voi sapete, o Madre mia, eh' io non ho danaro per coi
queste medicine. Or tocca a voi il provvedermi. E che? Voi
voi ch'io ini vedessi morire sugli occhi miei la povera Ms
mia senza soccorreria? Ah non ò possibile, non è possibikv^^
pianse. Maria non fu sorda alla voce di quel pianto; e U^^j
mandolto dal cielo una di quello felici ispirazioni, che 80Q(
un raggio di luce tra le tenebre del dolore. Emma subito
colse, balfìni'i di un sorriso, ringraziò la Vergine, ed usci
lesamente di casa.
E qual era cotest' ispirazione del cielo, a cui la pietos.i dai
zolla allom ubbidiva, e con tanta prontezza, che tra il soni
n. TW T>0'l)t EIKHOSIKA PER AMORB 01 DIO G^
uscdre ÌD CQore e metterla ad eEfetto noD ri corse tempo ìa
Qezzu ?
Era nno di que'peuosi s&crifl:!ii che non s» Imporsi se non
n* anima pia, generosa, eroicatuente cristiana.
X.
RKOlSaO DKILA FIBT^ FILULE
Emma avriossì atta botte^ di un parrucchiere, che facoa
le incotta dì capii^liaturt), ondo cryscoro il volume delle
l*} alli^ giovani signore e ripararne le perdite alle attempate,
gli anni spogliano senza pietà di sì leggiadro nrnamimto.
Il parrucchiere ìaHù in opera di ben disciplinare il ^az-
dì un giorauotto in sulla ventina, non p<:>3e mente alla
slla che io quel momento entrava nulla sua bottega. Emma
occhi bassi e nna fiamma in vis» se gU fé* dappresso e bisbi-
jli con voce tremante all'orecchio. — Vorreste comprare i
capelli?'
Airìaaspettata proposta il parrucchiere giiatolla maravigliato
volto, e disse tra sé. — Costei mi ha aria di gentildonna
& vezzosa tanto ! Sarebbe dunque venuta a tanta estremità
dovere mercanteggiare per vivere queir impareggiabile ma-
di fili d'oro? IC potendo in lui pìCl Tamore del guadagno
^Ja oftmpassione, accetta di gnin cuore ta proposta nella spe-
di Éare un buon affaruccio, e risposale. — Damigella un
ite, e sono a'snoi comandi. E intanto affrettò l'acconciatura
testa del giovane; il quale udito quel pissi pisai tra la per-
sopravrennta e il parrucchiere, frugato dalla curiosità, sì
in dietro; e fo'lo maraviglie al contemplare quella graziosa
'Ila, a cui una splendida chioma d'oro incorniciava una
di neve e davu risalto al vivo ni bore di che la vergogna
tatto Doo (Ttur) JHtimile Tu. tnolU anni sobo, narralo dal it. P. franco,
"ntt ci tenne a noliiia noi copppfc che racemmo coll'occhio nni mccolw
ilìlkanti compliau 1I.1I It. D. Z»:<:aria ; il i|inl«> lo trasse dai Itìcìt* cot*-
la par Raoul oc ?Ìrvpit —L'Auttl <t U Fotfer. —
[
64
I ncRBLim
spargevalft le giiaoM. Ma qoando i suoi sgaardi incontraronsi ii
quelle due pupille brillanti in campo azzurro, ei le vide baleni
e sparir come lampo. Dappoicbò Emma al vedersi guatar flì
tutta vergognosa a sé raccolse gli sguardi e oonfìccolti in tari
Il parrucchiere intanto fornita intorno al giovane l'opera si
volgasi alla damigella, la quale area già disgroppata e Bcìoll
la sua bionda treccia, palpale i capelli, glieli pesa colla man<
e con aria Trodda e indifferente, come uomo ausato a simili coi
tratti :
— Questa chioma, le dice, non vale più di venti lire,
contenta signorina? Kmma senza rispondergli, gittasi sovra
seggiolone, o l'offre al taglio del pur ruc Ghiere. TuttavoUa
aspra ò la lotta interna che mettete in iscompiglio il cuoi
e cosi penoso è per lei cotesto sacrifizio, che mal suo gradfl
spuntante sugli occhi le lagrime. U parrucchiere mett-e mano atte
forfìci, solleva uua ciocca di capelli; e mentre Ò sul punto
reciderli, il giovane cavaliere agguantagli il braccio, gridando
Ferma; io non patirò mai cotesta profanazione. Poi volto
damigella: — Signorina, le dice, conservate le vostre trecce d'or
e consentite ch'io vi doni la tenue somma di cui abbisognai
£ s\ dicendo, le offre venti lire, che Emma dopo un moment
di esitazione, accetta con viva riconoscenza ; e ringraziato il
benefattore, va tosto per lo medicine e pel pano, o poi tori
di buon passo a casa. Il giovano tennele dietro da lungi, e
dntala ontrare ia quel misero abituro, richiese di lei ad
sua vicina; e seppe della nobile prosapia della donzella, e
venuta fosso in tanta miseria, che non avea neppure con ci
pagare i medicamenti per la madre inferma, né di che sfamai
elk e la famiglia se non con un poMi pane e di poleuta.
che il giovane impietosito e in pari tempo animiratissimo
l'atto eroico, di cui era stato testimone, fermò seco
venire iu aiuto della povera damigella: e poscia, a Dio pi«
di darle ancora la mano di sposo ; tanto era l'amore che ave
acceso in petto più che V avvenenza della persona, l'eroi!
della virtfi di lei! Emma come fu giunta a casa colle mediai
e col pane, ebbe i rallegramenti della sorella o del fratello,
X. EHOtSUO DKLLA PIETÀ FIUALR Gt
Il madre niiiravigliata le disse ; — Come mai in poco più di
mtj£z*ura hai pobito avore Unto ben di Dio?
— Mamma mia, ho avuto ricorso anxitultu alla Vergine be-
Dedctta; ed Klla mi ha inaTidato tosto un angelo consotatoro
iiìÌA srentura; il quale non appena ebbe udito da me il tuo
ToiseFo stato e quello doUa famiglia, mosso a pietà, dìenimi
reati lire. Cinque ne ho speso pei riroodii e pel pane, e le
ultro quindici lianuo da sorviro pur te, mamma mia, hai inteso?...
per te sola!... e sì dicendo, bacioUa teneramente in fronte.
— Emma miI^ ti rÌngra/.io: ma non pcnsaro a me, pensa alla
hmìglia che mi cale assai piU di questa mia miserabilissima
Tita ornai presso a finirò.
Emma non le risposo, asciugossi col dosso della mano una
lagrima, e uscì di nuovo per comprare un po' di vino generoso
da rinfrancare le forze alla madre, sfebbrata che fusse.
Il dì seguente ecco giungere alla Marchesa un» lettera ano-
rùioa con dentrori un biglietto di dneounte lire. La lettera
(licea e Pregiatissimi^ Signora — Mi perdoni la liberta che mi
prendo di mandarle questo tenue omaggio ch'io debbo all'eroica
Tìrtù di sua figlia e all'onorata porertà di sua famiglia. Spero
che qnesta offerta non sarà T ultima; e sol mi duole alVauima
di Don potere disporro del mio, perchò ancor minorenne; altri-
meuti di ben diversa guisa e pii*) degna vorrei addimi^strarle
tutUi la pietà che m'ispira la sua sventura e l'ammirazione in
che mi ha rapito Teroismo dell'angelica sua figliuola. — Un
Momiratore. >
Lft Marchesa al leggere queste liueo e al ricevere questo nuovo
e inupett^Lto soccorso, esalò un largo sospiro di soddisfazione,
ringraziando afTettuosamente la Provvidenza, di Dio.
Ma dava invano le speso al cervello per dociforaro il senso
di qaella lettera, la quale alluili3VLb a un certo atto eroico della
Sgliuohi, di cui non area avuto dato; che la modestia di Emma
srealo, come piìi sopra vedemmo, molto bene dissimulato. Però
tonuita che questa fu a casa, ond' era uscita per le domestiche
Ungne. contolle deiraviito soccorso e dielle a leggere la lett^*ra
dell^ anonimo benefattore.
Serie XJII. tU. ti. fmt. K» 6 26 ma^io 1&S6
Kmma imporporossi le guance di quel dolco Tennìglio, di eli»
le dipinge bellamente la modestia; e arrebbe voluto anche questo
volta oocultaro l'atto eroico di virtù da lei praticato; ma pres-
sata dalle vive istaniìtì della madre, glielo confessò, sebbene sotto
credenza^ acciocchò fuor di Lei uiuno in casa d^ avesse vento. DI
che la Marcliosa non ò a dire quanto rimanesse edificata e inte-
nerita fìno alle lagrime; e abbracciando con trasporto la figlia:
— Non piii> fare, sclamò, che Dio non ti benedica per la tua
filiale pietà; ma guardati por P avvenire di fare simili saerìnsii
per amor mio ; cliè troppo io ne sarei dolente.
La lettera, che riferimmo più sopra, avregnachà anonima, lar
sciava chiaramente scorgerà di che mano ella fosse; e mise in
cuore alla .Marchesa e alla figlia un grand' uzzolo di avere par-
ticolareggiato notizie del giovane benefattore. Xon andd guarì
che ne furono da luì medesimo, sopra quanto potevano desiderare,
appagato.
Poiché indi a tre giorni egli mandò una seconda lettera alla
Harohesu sottoscrittit col suo nome, e. nella quale aprìvale inte-
ramente l'animo suo. La missiva era del seguente tenore.
Pregiatissima Signora.
« Non mi soffre T animo di vedere languire nella miseria UDft
famiglia illustre, onorata e degna di miglior sorte, e alla quale
appartiene chi coireroismo della sua virtù liammi rapito il cuore.
Ho quindi divisato meco di unire per sempre la mia sorto a
quella di sua figlia, ore a tei piaccia e sia a grado di Vossi-
gnoria. Egli è questo il miglior modo dì assicurare Tarvonire
di Emma e di tutta la famiglia.
Non si prenda pensiero della dote; perch'io non ne abbisogno,
essendo dalla Provrideoza fornite di beni a dovizia, [e non di-
mando altro che il consenso di sua figlia, il beneplarìto di Y. S.
e per ora il segrete. Quanto al rimanente, ne lasci a me lu cura.
Iddio che vede la rettitudine delle mìe intenzioni e la puritik
di un amore figlio di un'alta stima, ispiratami dilli' eroismo delta
virtù, non mi può venir meno del suo santo aiuto. Aspetto con
L
K. EKOISMD DKLLA PIETÀ FILIALE
tJ7
■Ct
ansietii nna risposta, che spuro couforme a'miei desiderìi; meotr^
eoi seosì di profonda stima mi protesto di V. S.
Viho S/n-rìMrt
Birso Blanho.
Questa lettera era la genaina espressione dei sentimoiiU di
Brnno^ agli occhi del quale Emma apparta più angelica che
umana creatura.
lie esterne attrattive di lei non avrebbero avuto forica di ni-
i il cuore; ma ben avciigliolo oontiuisu la grandez?» e no-
óltà deirunifflo, di che la donsella avea dato si luminosa prova.
Una pietà filiale che giagnca fìoo al sacrifizio, una modestia
contegnosa e piena di nobiltà e di grazia, e quel raggio virgi-
nale che rifletteale nei sembiante tutta la lucentezza dcir anima
immacolata, ecco quanto avea potuto invaghire il cuore di Brune,
più accessìbile alle attrattive del bello morale che del cori>oreo;
perchè informato da una cristitma edLiciL7.ione, ricevuta dalla sua
piissima madre, airiimore e alla pratica dulia virtù.
Ija Marchesa gongolando di gioia al leggere questa lettera,
arrebbe voluto tosto comunicarla alla figliuola; ma prima volle
sapere di che vita, condizione e costumi fosse il giovane Bruno;
e presane voce da varie persone di sua conoscenza, n'ebbe le
più belle e consolanti notizie cho desiderare si potessero. Ond'ella
alTrt^ttossi acumiinicare la lettera ad Emma; la quale acouttò di
gran cuore la proposta di Bruno, a patto però, ch'ella non do-
lesse separarsi dalla madre u dalla famiglia, tinche '{uesta avesse
bisogno di lei. La Marchesa fe'nota per lettera a Bnino Tac-
c«ttazione di Emma e il proprio aggradimento, nngra;iiaDdo]e
in pari tempo dui generoso soccorso inviatole pochi giorni innanzi.
XI.
L'àSOKB ìLLB PltESE COLL'AVimZU
Bruno fu lietissimo della risposta eh' ebbe dalla Slarchesa, e
aapetiavii cho gli si offrisse il destro per farno motte al padre,
e chiedergli il suo beneplacito per !o divisate nozze colla da-
RÌgv'tla Belfiore. Se non che conoscendo P anime dì lui ognor
1 bEHELtm
volto airiateresse, tetaeva assai di averlo ostile al suo disegoo;
B ruminava il dì e la notte come |iot«sse parlargli di quest'affare
in guisa che si piegasse a dargli il suo cousenso. Mentr'egli
ondeggiava nel mare di questi p&nsieri, il padre avuto vento
delle iui/.ìata trattative di matfiiuonio, avvampò come zolfo,
troppo cocendogli che il figlio s'incapricciasse, com'egli diceva,
di una giovane sunza dote; e posetìi in cuore di cavargli quel
grillo di capo. Por lui, uomo d'affari, nobiltà, virtò, bellezza,
tutto dovua piegare o ÌDgÌnocchiarsÌ ìonunzi al Dio quatirino.
Kgli nun sapea valutare che a peso d'oro le pursone; ed è chiaro
che in questa sua bilancia Emma Bel6ore dovea essere uua spo-
sina ìmp;)nderabil6, e quiudi senza valore. Benché egli rugu-
masso fiele e veleno, tuttavia dissimulando Tira e il dispetto
sotto trauiiuillo sembiante, ebbe a so il figliuolo, e prese a dir-
gli: — Vorrei da to supero l'uso che facesti dui danaro ch'io
ti diedi pe'tijoi minuti piacaii.
— IIoIIl appunto spesi per contentare le mie Toglie.
— Bada Bruno ; non mentire a tuo padre. Credi tu eh' io non
sappia ove andarono a parare?
— A casa di una povera famiglia vergognosa, che sì moria
di fame. Qual piacere più puro e santo che stendere la mano
pietosa alT indìgeute, rasciugargli dagli ooctii le lagrime e rì-
chiamare sulle sue labbra inaridite il sorriso!
— Eh... eh... che cariti pelosa! Mal cerchi coprirla colla rerte
della tua poetica fantasìa. Non fu, no, la pietà verso la sventura,
ma r amore alla sventurata che ti mosse a mandarle una grossa
somma.
— La pietà, ò vero, fé' strada all'amore; ma a un amor puro
e santo, natomi in cuore dall'atto più eroico che mai si vedesse
io una donzella di nobile condizione. K qui si fo'a contargli
quant' era intervenuto nella bottega del parrucchiere, ove aveva
imparato a conoscerò chi fosse e di quanta virtù, Emma Bel-
fiore; e conchiuse la sua narrazione con dirgli: — Voi che sìet©
padre, potreste voi non apprezzare coteat' eroismo della pietà
filiale?
— Ti pare? Io ne fo gran conto; e convengo teco che Emmi
XU L AMORE ALLE PHESE COLL AVAniZtA
69
)QrIa di fìgliiiola, an angelo di donna, tutto quello eh»
QQÌ; e che por(> meritava d'essere soccorsii. Fin qni nulla ho
ridire; né ti fo carico dì averle mandato le tne limoaine: ma
ni dovea arrostarsi la tua pietà, e non trascorrere più oltre,
DO a dimandarle improvvidamente la mano. K che? un dglio
el banchiere Blando oserebbe dunque avrilire con un matriiaonio
risì disuguale la nostra ^miglia?
— Anzi Emma ed io faremo un bel paio; perchè nobiltà e
icchezza ben si appaiano insieme, imprestando V uno air altro
nello che gli manca per vivere in mezzo alla socìeIÀ con lustro
deeoro.
— Oh matto da catinai Che eonta oggi la nobiltà senza i
notanti ?
— Più di quel che vi pensate, Papà, E non vedete infatti
ome in questi tempi di democrazia ferve pìO che mai sma-
dosa la febbre de' tìtoli e delle commende; e come ognuno
mbisc« di nobilitarsi? Kon sarà dunque avvilirmi, ma illu-
tnrmi col dare la mìa mano ad una donzella nobile, avvegnaché
apt^rerìta.
— Baie, baie. Qìà voi altri fanciulloni avete sempre la testa
iena, come un'otre, di vento! Io che ho più età ed esperienza
[ te, eonosco meglio il mondo, e ti sa dire che, chi impalma
sa doQsella senza dote, sìa pur ella una duchessa, è messo in
vnXbk e proverbiato da tutti.
— Volete dire da tutti gli adoratori del vitello d' oro ? Ha
nate al cielo non è questa l'unica razza che viva al mondo.
wi pur di qaellì che nutrono suDtìmenti più elevati; e questi
pproveranno senza fallo la mia scelta e loderannola a cielo.
poi che cale a me de' motteggi e delle dicerìe del mondo?
— Ah. se non cale a te, gocciolone che sei, importa bene
tao padre, che ha da mantenere il credito della casa Blando.
A queste parole Bruno mestamente sorrise, e ttìntennaudo il
ipo soggiunse : — ■ Perdonatomi Papà, non so persuadermi che
li parliate da senno, quando mi dite che voi correte rischio
i perderà il vostro credito, se vostro figlio sposa una giovane
ov«n, è vero, ma nobile, virtuosa, un angelo di donna, come
IH stesso avete confessato essere la donzella di mia scelta.
70
— Bruno... ripigliò lutto accigliato il padre, alle corte. Io noi
to' superne di questo matrimonio. Scegliti un'ultra sposa
ooetumata e nobile, i^uanto vuoi, ma clie porti una buona ài
in ensa. Hai capito? una burina dote; altrimenti metto td e II
sposa alla porta. E sì dicendo, Iptossì tutto scornibbiato, e ar
doBsene pe'snoi affari, lasciando il povero Bruno triste e scorato^
Trascorsi appena un quindici giorni da questa prima vcrm
s&glia, ed eccoti il Blando venire a un nuovo assalto e niett«T
alle strette il figlio. Egli avea in questo mezzo intavolato delli
trattative txA signor Dorè suo intimo amico, e ricco banchier
francese, proferendogli la mano di Bruno per la figliuola di
Ermeliuda; e l'amico, avuto prima il consenso della figlia, arei
accettato di gran ctiore la preposta, come quegli che l»n «n
nosceva le belle e rare doti del ffiovune, e a quanUt amuiontassa
il suo ricco patrimonio. I>i che tutto arzillo ed esultante il BIi
avuto a f.^ il figliuolo, e fattagli lietissima aceoglienr^, pi
con modi umoreroli a persuadergli la convenìenm dì nn matriH
monto cosi orrevole e vantaggioso, qua! era il disegnato da Ini,
del quale già correvano col Dorò le trattative. Bnino impallidì^
e collo sguardo coufitto in terra ascoltò in silenzio le ragioni del
padre, senza mai interromperlo. Quando questi ebbe terminal
la sua dicerìa, risposigli colle lagrimt' iigli occhi, supplicandolfl
che non volefise violentare i sooi affetti; dappoiché troppo
pngnavagli l'anteporre un'Krraelinda, giovane mondana e
vola, all'angelica Belfiore, e per la sola e vilissima ragioj
delIMnteresse!
Brano infatti, giovane t!i cuor bennato e gentile, cui atoT
cavano le abbiette mire dciravarixia, non sarebbesi per cosa'
mondo condotto a menare in moglie la damigella destinatagli^
padre; la qnale posto che ricchissima o di Avviint»ggiata e
persona, era tuttavia d'animo in nulla rispondente' allo grazio
sembiante: egoista, bix,/arra, attesa, cervellina, e tutta fronxol
smancerie e svene volcstze. Avea dunque Bruno tutta ragione
non te dare né il cuore nì^ la mano; ma il pndro non art
gli occhi che nella pinguissima dote dì lei, erssi per tal
incapricciato di quo.<!to matrimonio, che serpcntuva ogni di
ZT. l'ahorc alle press coll' avarizia
7!
Sgliuolu, perchè oonseatisse a coleste nozze, metteadogli o^ora
ÌMUìZì i vantaggi delia famif^Iìa.
— Trattasi, diccra egli, di un milione di dote, hai capito? un
milioDtj! e Bbarrava tanto d'occhi. È egli per te un ninnolo un
tnilione? Eh grullo e hocco che sei, lasciarti scippare di toano
noa SI bella e inrìdiabile fortuna! S qui sbuffava al vedere il
figlio impassibile e freddo innanzi alla dorata prospettiva di un
nilioDe! Quando poi questi ardiva di contrariarlo, e mustraTa
di avere in picoiol conto la dote di una giovane ricca di ceaso,
na povera di virtù, il padre andava in bizza e dara^li del tan-
ghero e dello scempio pel capo.
Un di fra gli altri che il padre, pift incaponito che mai nel
no proposito, pressavalo con maggiore iusisteuza, il figlio dìs-
«egli chiaro e tnudo:
— L'affare del matrimonio non è un affare di banca. Con lutto
n rispetto filiale ch'io vi dehb:, dicevi una volta per sempre
«he Bruno non sarà mai sposo di Krmelìnda; e però vi prego
» ri scongiuro di non farmene più parola. A che violentare inu-
Ulmente gli alTettl miei? Io uoa l'amo, anzi la detesto; e si
dicendo, divenne di braciiv in viso, e fé' uno sforzo supremo per
c&ntenoro l' ira che sobbollivagli in petto.
A iiueste parole il padrB tutto accigliato, gonfio e serpentoso
balza in piò, e andandogli col pugni sul viso. — 0 tu, gli dice
tott voce cupa e arrangolata, farai a mio senno, o aspettati di
■>. :■■ cacciato di casa e diseredato! Pensaci sciagurato, e lan-
ciiiiagli uua fiera occhiata, volsegli dispettosamente le spalle,
hscìaudolo intronato, sgomento e fuor di misura accorato.
%N B. N«i baciio\o (iKc«dcntc, a
|*lq^ ttronfiafano.
'08, lin. 8, dove é statn[ntQ tronfiatsano
RIVISTA DELLA STAMPA ITALlAiNA
NOTIZIA UK' LAVORI UI KGriTOLOf-IA K LINGUE SEMITICh
PUBBLICATI LN ITAUA LN OUKSTI ULTIMI UECENNII '
nr.
LAVORI MITTOliOGlCt
Lavori del prof. E. Schiaparelli - del P. Cesare A, de Cara 5.
Del Prof. Ernesto Hdiiaparellì, conservatore del Altiseo egi
di Firenze, eome del più giovane dì tutti gii egittologi Italia
diremo qui aell'altimo luogo quel lauto, e non è poco, eh'
venne pubblicando dal 1877 sino al 1S85; stilvochè del Calalo
del Museo egizio gurentìno già compìluto da lui ma non ta
pubblicato, non potremo portar giudizio se non por quella ^
che riguarda il metodo e i eriterìi, cu' quali fu fatto, esseod
stato gentilmente permesso di percorrerlo nello studio stesso
eh. Autore.
Il primo lavoro adunque dello Schiaparelli è una Dìssertask
presontata come Tesi di laurea, e versa intorno al sontime
religioso degli antichi Egiziani ". L'Autore vonlonne, con ani:
pio e riconos&'nte, dedica questa sua prima fatica a' suoi gè
tori. 11 testo di a2 pagine è seguito da 60 pagine di Anno
xioni, le quali consistono in iltustraziuni fìlulogiche come sag
di trascriitione dal ieratico e di traditziono. Questa che può eh
marsi seconda parte della Dissertazione, è di molto valore.
dimostra la vasta erudìjsione e la buona scuola in cui quei
giovano studioso e diligente fu ammaestrato. Infatti egli et
per Maestri in Italia il eh. Prof. Rossi, del quale abbiamo
' Vedi qiiad. 857. pndg. 588-598 dd folunic prtccdi-rilc.
* Dti stnlimrtUo Tfh^iaso degli antichi Kffititttti aecondo i Monuwk
DÌKwrtatione <li Knii-.ito Selliti (liiralli, Hoina, Turimu, Firuuii-, Fintclli Boccs tS
DELLA STAMPA ITAUAItA
BBf»T80, e il Prof. Maspero a Parigi. Questo primo lavoro pf?r-
taoto, eoa tntti i sani difetti, merita lode per chiarez^ e grazia
£ esposiziono, e nella parte filologica, salvo qualche piccola ine-
sattezza, conserra ancora il sno progìo. I difetti che scorgiamo
« chi» sono doniti alla glo7ÌDd?,za dell'Autore, riguardano cert«
(oosidenuioni generali ch'egli fa a proposito dulia dilTerenza
tra la religione dell* antico Impero e quella de' periodi succes-
8ÌTÌ. Ora cotesta differenza non è così grande com'egli la sup-
pose. L'altro difetto, secondo noi, consisto noli* aver considerati
gji egiziani dotl'antico Impero molto migliori nella morale, dì
qDeilo che in rerìtii furono. Di pari a piiginu 36, 33, ci sombra
che il eh. Autore dia sorerchta importaniia alto spettacolo della
natura sopra la morale degli Egiziani, mentre a pagine 44, 45
«agdra alquanto. Oggi il eh. Autore giudica queste sue teoriche
loehe an po' troppo sererameate, corno ci consta o dagli scritti
pubblicati dopo, e dalle sue stesse dichiarazioni orali. Ciì) che
T'ha di più importante in questa scrittura del eh. Autore, Ò l'as-
nrziuno della realtà storica, del primitivo monoteismo egizio, dì-
ttoetrato da lui con molti e indisputabili testi. Ala come qoesto
punto fu trattato da noi altrove, a proposito d'un altro Lavoro
dell'Autore, ei contenteremo di ricordar qui semplicemente il
giudizio del eh. egittolog':) F. Robiou, il quale, esaminata questa
Dissertazione, conchiudeva così: e Jo n'avais pas formulò Tea-
flemble de ces romarques d'une manièro aussi pressante que l'a
hit M. Schìaparetlì '. >
Avendo noi già scritta in questo nostro Periodico ^ una lunga
rivista dell'altro bel lavoro dell'Autore: Il signijicato simbo'
Ubo delle Piramidi egiziane, non porta il pregio di ripetere
i quoto fa allora detto. Quello però chs ci piac<; ricordar qui al
cortese lettore, si è che i parecchi egittologi, co' quali avemmo
MCasionu di abboccarci nella visita da noi fatta lo scorso anno
a'princìpali Musei egizìi di Europa, ci parlarono tutti con molta
' a. Mmùm. T. IV, n. I janr. 1885, p. 9S-I0A — Ci>i7M CiUoìica, Sf-
rie XII, tol. X, 1)113']. 83(5. (love si le/gi" I» nn^Wa pccrnsioii'' del luroro dello
fcllÌ8|Bn'Iti. tDiiinblo: SI $igmf\cato simbolico dtUe Pirnmiiii egìiian'. Hi-
««*rrftÌiVnffi(o5oAia/«ireWsllMli'Accail.(lc'Liiicci. Aun.CCUXXI 1883 1884.
■ Civ. Catt. loc ài.
m
74 RIVISTA
lodo di qitosta Teramente pregevole fatica del Prof. SchiapareUi^j
Anzi possiamo aggiuogere che la spiegazione che noi dcnsmc
allora della frase del papiro n. U di Berlino, dove il Chaba»1
credeva indicato il moto della terra, e noi non vi Tcdemmo, al
contrario, che una scmplicu metafcra, fu trovata giusta dal com-j
pianto eminente egittologo e Conservatore del Brilish Musett
D'Bìrcb, col quale ne tenemmo discorso in Lomlra, nel giugno]
dell'anno scorso. Ci giovi dnnque chiudere qnesto breve cenno-]
sul Signijkaio simbolico delle Piramidi, con le parole onde
ne scriveva l'illustre Conservatore del Museo egiaio del Lnavr^^J
signor Pierret: J'avotte gue, jmitr ma part,pe» de mémoìre
égypiohgiqxies rnont autafU interesse qxte celui-là (Lett. de
3 marzo 1S8B).
Anche dell'altra Svtizìa deirAulore circa le Migrazioni degli
aniiehi popoli dell'Asia Minore '. facemmo già mon7.ioDft al^
lorchè rettìfìcammo un giudizio datone MVAcademy di Londnj
il quale non ci stmbrò giusto *. Del resto se l'ipotesi svolt
dal eh. Autore in quella breve Aotizia, riservandosi, com'egli
dice, di tornarvi sopra con un lavoro più ampio, all'Ebers pai
ardita, concede nondimeno il valente egittologo, che « l'ipot
dello Schiaparelli si lega ad idee simili di E. Curtius, e sembr
potersi accettare con alcuno restrizioni '. > Ma non sarà inutile
osservare che il Brngsch medesimo, il quale nella sua storii
dell' Egitto, e in una Liciterà allo Schliemauu, pubblicata nel'^
l'edizione tedesca dell' < Kivs >, aveva sostenuto idee quasi oj
poste, ha ora modificato radicalmente le sue opinioni, e neU<
stesso senso di quelle manifestate dallo Schiaparelli (Cfr. Scbli
«iss; Ilio.% ville et pays des Troycns, trad. de M'. Egj^
Append. XI, pag. 977 e segg.; Troie et VÉgijpte par le pi
H. BKnoscn-PiCBA). Il nostro Antoro tncca dello stesso ai^omeni
nelle illustrazioni che fa dei monumenti egiziani rinvenuti so]
' Le itigraiioni tìtslt nntichi pojioU delf^sia Minore studiale col si
«tdio dfi tnonuwenti fffieianù Nolìiin di Emesto Sc)ila[>:)rclli. Reale Acc^itleinl
dei LiRcd (Anno CCUXX 188^-83).
• f.r. Ciciltà CalMica, Seri.- XH. mi VI. fase 8U. mapnio 188-1.
* I^RKiifl. Anttrkità Sarde e loro pntvfttienca. tK^rutla AifM Annali <ìa
f/»f. de Cwrigp. archfol anno lt(S3> noui3. coi lipi del Salviucci ISK3. p. tSl
DELL* STAHPA ITALIANA 75
TArea dell' Isóo del Campo Marzio *. Ecco breremeute ìndicutg il
fiDUleuuto di questa dotta illustrazione. K primamente con^ide-
{wn<j l'importanza dello Sfinge di Amasi. Ksso ò ia basalto, di
squisito lavoro, e può riportardi al periodo saìtico pò' caratteri
^lìU'arte, latte le iscrizioni della baso, la iscrìzioue in tre co-
ioBDo incisa sul petto dello SRoge, salvo qualche sogno, furono
om singolare accuratezza martellato in odio del Faraone Atnaù,
la cui effigio ti riproilotta dallo Sfinge. Oodechìì corno otìserva il
cb. Autore < l'imptirtunza speciale e VKraiiioutu grande di questo
nonumento sta nolle orribili mutilazioni ohe attualmente pre-
senta (p. 5). * Cagione di tanto oltraggio alPellìgie di Amasi fu,
seenado lui, il disprezzo ch'egli mostrava della patria roligìone
nealrtì che proteggerà i Greci e la loro religione. Oltraccii» per-
»^QÌtuya e uialtrattara i S<tccrduti egizii, spogliara l templi di
Saìs, di MernH e di Eliopoli e viveva licenziosissimamente. Laonde
al primo urto dell' invasione Medo-Persiaua egli soggiacque. Cam*
in&e fu cousiderato dagli Egiziani pili come vendicatore de'loro
diritti Tìlipesi da Aniasi e da'Grecì, che quale iuTasore. Allora
ta per t'opera di Cambise e del popolo egiziano perseguitata la
ria di Amo.^il, le cui statue vennero infrante e cancellato il
..-..i'- dai monumenti ch'egli aveva fatto costruire, lì nostro Sfinge
fu segno a' colpi del martello iconoclasta ancho por questa prin-
apaliasima ragione, che lo sdugo pel suo significato simbolico,
n4>prùseulAva la Oivinità concretata nel Sole ; e e perciò, come
dice il eh. Autore, il nostro Sfiugo non solamenttì ripnuliiceva
FeSìgie del Faraone, di cui sì voleva distruggere la memoria,
B& ne affermava l'apoteosi e la sua unione colla Uivinitìi su-
prema di tutto l'Egitto. Non è quindi a stupire se gli Egi^iiani,
b cui mente era penetrata da questo concetto, si scagliassero
osn una rabbia spociale contro il nostro monumento (p. 9)...
Quindi ò, ch& Come già dissi, rìmport:iuza dì questo Sfinge sta
ipeniùal mente noUo stato di mutilazione ia cui giunse sino a
noi Ohìd.). >
' Monumenti effiriani rinreHnli ili rtcmte in Roma sttU'Area thlV I»to
4d Campo Martie. — Lo Sfi$tge di Ainaei, i Cinoexfaìi di N^tharheh, Voht'
iUto di HamuMi IL Notizia di Emesio Sclitafiarelti, Roma coi tipi ilei SaU
itvcci 1883.
76 RmsTX
I due cìDocefali troTati poco dÌBCoati dallo Sfinge, sono del
tempo di Se/tharhcb, il Neeianeìfo 1 de' Greci. Il eh. Autor»
dopo di averae iutorpretato Le iscrizioni, entra a tmttaro del colto
degli animali sacri e della teologìa egiziana, con molla profoa
dit& di concetti.
L'ultimo monumento scoperto nella stessa area dell'antico
Is^o, è l'okMisoo ^iRaimsse II. E&so fu luvoratu nelle cavo
dì Siene pressu le pi'ime cateratte del Nilo, verso Tanno 1400
av. C. U eh. Autore prima d'interpretare le iscrizioni che ne
coprono le quattro facce, fa una dotta e ingegnosa esposizione
sopra il nome, il tronco, la sommità o il pijramidion e final-
mente ^pra il sìgnifìcito simbolico dell'obelisco. Nel concetto
deirAutore, iuformato allo ìudicaitioiii furoite da* moniimenti,
gli obelischi e le piramidi di qualunque dimensione, rappre-
sentarano agli occhi degli Egiziani il sole raggiante, e pur na-
turale connessione diTcntavano il simbolo della DìtìiiìU Suprema
di tutto l'Egitto, il dio lià che ora appunto concretato nel Sole.
Sia lo svolgimento pieno di questo concetto è dato dull'Autore
nella sua Memoria sopra il Sitpiijicaio simbolico dello Piramidi,
da noi lodata in qtiosto Periodico.
L'ob<;lìsco in granito di Siene misura m. 6, 34 in altossza,*
presenta alla base un lato di 77 centimetri. Nel Pt/ramvlioH
le quattro facce presentano lo stesso simbolo del disco solare,
sotto il qualt' sta lo scarabeo ad ali spiegate, e sott'esso sodo
incisi i due cartelli reiili di Ramesse lì, non preceduti nò se-
guiti da' soliti titoli. Secondo il eh. Autore, avremmo nel com-
plesso di quusti sìmboli rusprosstono dell'apoteosi di Ramesse 11
e la sua unione col Sole, indicato da' due suoi simboli, il disco
e lo scarabi'o. So|>ra le quattro facce del tronco è incìsa una.
colonna i-orticaio d'iscrizioni, le quali non ci insegnano miUa
dì nuovo, ma contongono due espressioni che confermano l' ìdM
della potenza e delle conquisto fatto da Ramesse II, il quali
trascina da lontani paesi in Egitto, intere trlbi\ di popoli vìnU,
e se no servo per compire i grandi cdifìzii cominciati e noB
finiti da'suoi anttiuati. Il eh. Autore scolpisce in brevi tratti,
l'indole deiranìmo e la vita e le imprese di questo celebre
MLLA WAHPJ. ITALIANA 77
irionc, sotto il cui scettro il popolo di Dio fu tanto perse-
'^itato od oppresso.
Uft l'opera pift iraportanto e degna di particoI;ire encomio,
onde restt^rà chiaro il nome dyl giovane egittologo, t> la scoperta
« la pnbblirazione dui Libro de* fxtnerali degli antichi Egi-
ziani'. Egli con gentile pensiero intitola, il suo lavoro alla re-
Derata memoria d'ipplito Rosellini. Questo lavoro contiene la
tradusìone del Libro de' funerali degli antichi Egiziani, quale
risulta dallo tre versioni principali finora conosciuto, e (Jubblicate
dal cb- Autore sullo scorcio del 1830. La traduzione ò accompa-
gnata da nn continuo commento, con la discuss^lone critica del
It^tfì e indicazione di monumenti editi ed inediti, por illustrare
alcuni luoghi più oscuri. Allo studio del testo va innanzi una
dotta Introduzione soViti funebri egiziani, in riscontro con (luelli
de'Greci e de'Romani. L'antichità poi del Libro de' funerali è
pari a quella del Todtenbuch o Libro de'inortì^ come risulta da
molti passi notevolissimi contf^nutì nelle iscrizioni della piramide
di Z7«fl», riaperta dal Masporo sul cominciare dell'anno 1881.
L'argomento del Libro de' funerali 6 la Bcrie delle rarimonie
fiinebri. le quali celebravansi nella siringa, dopo l'arrivo della
Mummia, lino al momentfj in cui si murava la portai della camera
dor'erasi posto il sarcofago. Ora delle tre parti in che può di-
stiogacrsi il Cimplesso delle cerimonie funebri, cioè Pimbalsa-
mamento, il trasporto funebre e il rito nsato nel sepolcro stosso,
te prime due erano note, del terzo non si avi!va che un'idea vaga
a confusa. Il Masporo col duplice testo di Buliiq e del Louvre, ci
diede i riti deirimbalsamamento; un niimoro notabile di scene
sepolcrali aveva messo sotto i nostri occhi il convoglio funebre;
resteva danque a ben determinare il rito liturgico delta sepol-
hnr», e questo è appunto ciò che ha fatto conoscere il eh. Autore,
ristabilendo mediante tre testi simili, ma cho appartennero ad
individui o a tempi diversi, il t^sto intero dol Libro de" funerali.
Due de'tèsti sono in ieratico e trovansi sc^ritti, uno sopra un sar-
■ Cv(i:<tTO SailAPAncU.!. lì lihrù dei funerali defili antichi Kffisiani. Due
T«lnni in quarto moilc, Tavole e coiiiiiiniili. — Torinu. Roma e flreiue, K. Loe-
«jter, 18«l e. IKttl
78
RIVISTA
cofago del ifuseo di Torino; l'altro sopra papiro, e appartiene al
Museo del Louvre. U terzo finalmente è un testo monumentale e fa
parte dello iscrizinni che copronu le pareli del sepolcro di Seti I.
Il tòsto di Torino oinsta di 300 lÌDoe ieratìclie orizzontalmente
disposta, 0 delia lunghezza media di 0°, 25. Esso è scritto parte
S'>pra la superfìcie convessa d'un falso coperchio immediatament»
collocato sopra la mummia, e parte sulla superfìcie interna del
coperchio d' un doppio Karcof igo della stessa forma, ma di prò*
porzioni di (ferenti, e l'uno rinchiuso nelTaltro. L'uno e l'altro
sarcofago appiirtenenti al Museo di Torino, portano it nome del
regio scriba Butehaà/non che n*era il padrone. Dai cartelli reali
di Ainenofi I, delle regine Ààhhotep e Ààkmus Nofuràri^ o dell*
principesse Àmonsal e Àmottmeri e del principe etiope .^apaàri,
sì hanno le necessarie indicazioni per attribuire a'due monumenti
una grande antichità, e farli risalire a'primi re della SVIU di-
nastia'. Il Champollion, il Chabas, TEisenlohr e il do Rougó co-
nobbero l'importanza delle iscrizioni ieratiche del sarcofago nu-
nore: VEiscnlohr ne aruva anche copiato tutta la seconda parte,
ma Uno al 1S77 Tai-gonieato preciso di quelle iscrtsioni fu ignorato.
U testo del Louvre è scritto sopra un papiro lungo m. 5,50
diviso in 3-* pagine. Appartenne a una donna di nome Sais, e
può riportarsi al periodo romano, verso il secondo secolo d. C. Il
Dereria ne conobbe T importanza, e ne tradusse una pagina e
mezza circa; ma il primo a riprenderne lo studio e a scoprire il
vincolo tra questo testo e quello dì Torino, fu il nostro Autore.
Il t6r/,o è quello di Seti l. Lo duecento linee circa delle iscri-
zioni scendenti in colonne verticali sopra i bassorilievi del se-
polcro di quel Faraone, a BMn-el-Moliìk, furono copiate dal
Kosellini e dal Naville, ma non mai pubblicato. La copia accurata
ed esattissima del primo fu trovata dal nostro Autore fra' mano-
scritti del Roscllini, a Pisa; la soc-oiida fu, con alto di rara
genorofiitiL, messa a sua dispn^izioue dal eh. egittologo ginevrino
Edoardo faville. Con questi tre esemplari d'un medesimo libro
il oh. Autore ha potuto felicemente venire a capo della difficile
■ Dra.cmiiu Tu .iccc(id.-)Io pib addietro, il vii. fiiillologo peii» di versa Dieole iB<
lorno uil'iinticl)ili*i ili i|uhiì liui! moDumenti.
DELLA STAMPA rTALIAMA
79
iupresa di compilaro un'opera^ cui sì potesse dare a buon diritto,
il titolo di Libro (U'/unerali.
Questo ^andd lavoro del nostro egittologo ò diriso in due
parti. La primii coutieoe la riprodiuioDe de' tre testi rìcordiiti di
sopra. La seconda consiste in una esposi7.ione siooltioa compara-
tira du' medesimi testi, donde si possa rilegare la varietii delle
leadoni e qnella delle scritture. Ti à poi la trascrizione e la ver-
skme del /vtVo de' funerali, corredata di molte note e di com-
inenti, l'aae e gli altri de^oi di lode.
Un'opera di tauto pregio fu, compera naturale, salutata ed ac-
eolta con vera gioia, da tutti gli egittologi di Kuropa. Infatti nelle
Baliste e ne'Iibri Tenuti alla luce dopo la pubblicazione del Libro
fU" funerali, tutti i più illustri egittologi onorarono di sincere
lodi^ eome i pregi dell'opera, oosì la dottrina e la modestia del
aostro Autore. Ne parlò distesaiuonto e più d'nna volta, nella Zeit-
sehrift f aeg^pt. Sprache, 1879 Ìl Rcvillout; il quale designa
l'opera col nome di Rifttel Schiaparelli. Molto la commendò
]'£bera nel Literarisches Centralbiait, dove fra l'altre cose
dice, che col suo lavoro lo Schiaparelli faceva alta scienza un
dono utile e pregevole. Imperocché tanto la storia della reli-
gione, quanto Io studio della lingini egi:''i:ina ne traevano no-
tevole profìtto.
Una grande scoperta la dice il Lepsiua, che riconobbe T im-
portanza del libro, e la pubblictuione giudicò splendida e ben riu-
adta. Nò meno notabile è l'opinione del Maspero, che questa sia
osa delle migliori opere relative all'Egitto, che sieno vanute in
laoe da molti anni addietro. Il Dilmichen, il Bnigsch^ il Ma-
spero, ìl Von Lemm ed altri egittologi hanno fatto lor prò di
qoeet'opera, e lo dichiarano o L'attostano con le citazioni che ri-
petutamente De fanno ne' turo dotti lavori'.
Il Catalogo del Museo egizio di Firenze, compilato dall'Autore
e già in corso di stampa, sarà per Lui un altro titolo alla be-
" Cr Pinu., Miuéon. 1 8XS; 1>uiiioiEN, T)er Grabp'ilmt dee Patàummàp in
dtr T^ttomarhcn .VHropoWd ì/à\vìf;. t8S-l; M.vsr-Eiwi, Rectuil dm franine- re-
'■<•• i'' fi /rt PhitoUffie tt à f ArchfOÌagie /f/yptie-nne et asttfn'mne, »ol. HI p IV
Vr> Uhm. iMu RittuilitKh deti Aminondienutes, Uiptig, ìSKi.
t
80
nivuTA
nemerftnssa de' dotti. Diligenza, erudizione, esatta descrkione dai
monumenti, testi geroglifici e brevi discussioui storiche, filolch
giche e d'arte antica, sono ì pregi cha abjjiauio riconosciuto io
questa pazìdQtd, ma grandemente utile fìttica dolio Schiaparelli.
'SaW Album dedicato ed offerto da* dotti di tutta Europa, il
3 dwembre 1885, all'illustre egittologo D.'C- Leenians, pel cin-
quantesimo anniversario della sua nomina a Direttore del iluseo
Archeologico de'Paesi Bassi', leggiamo una Jlemuria del nostro
Autore sopra Li nocropoli di Chemmis (Acìimìm), da luì ritroTata
lo scorso anno in Egitto. La città di Achmim stirge a un di-
presso, sul luogo stesso dell'antica città cbìtimata Apu dagli Egi-
ziani, e men coniuuomeiite Chemnu, la cìtlilk cioò del Dio Chem,
Dom&che i Oreci mutarono in Xeuu(;, e che tradussero esatta-
mente in quello di nav^RoX*;. Essa fu fiorente a' tempi di Ì?rt-
messe II e i?amc5^ lU, e conservò il suo splendore sotto iToloinei
e gli Imperatori romani. Ma quel che ri ha di piil nobtbile sono
le sue due necropoli; l'uoa della XVIIl e XIX dinastia, è una
serio di grotte scavate nel masso della selvaggia valle che apresì
* Qrnsto superbo jI?/'»"» in i" srandc «oji cleKanl? Irgntur;!. ó u(i Icsorr; di eo-
ccI)«R(l Hcino-ji! «critlo iu'pib illustri wi^ntintì del noMro ti>mpo, sopra .ir^omentì
di areht?oln^Ì.i, <li iJiisiiPlica e >JÌ Moria, Ma la pirte. scronilo noi. piì] noliilp * Im-
porlantr è iti priiiia c!j« vci-si iiiloiiio a s<()jrpi*ni ('C<l«>lo;:irÌ. In ((iii-sia <j Ir^goOO
i fnCi bei nomi che toiHÌ al pivjcntp rcK'UuIojria: >l;i!t|>pru, Licbli-in. (vU-w, llwilloul,
WÌ«Ipinann,\S':iili3 Buil(rc. l'idil, Pleylp. Ermaii, l^félmre, Schi.i[iiii'i;lli, XaMlIr, ile Hor-
nicli, Vi>n Lemi]). Mis* A. Eduaitis, pd alili panvchi per ciA che m riferisce alla «torìa,
alla li'Itpnit 1)111 *■ all'sriii l'giii-i; cointt de CifM'jc, Sls. Briiiircpinl. MniimiM>:ii, Cope
Whiti'liou^i-, T'iitikiii*. Stciiiilarfr, Alitici ine» ii. in lutto l'Albiiui nrin abhinmo trovato
Hip ■liif' <^nli iinmi d'I lai in ni. lutti e din' ri<-llii ]mrU' r{ritt(iloirica, i)n(-lli dello Scbia*
paivUi e iJt*l P. C. (Il* Can. 0ii''*li illustri) h iiuuiimia d'un cerio Kf»t, porlal-i dal»
IT^illo al Mnwo di Firnnxp. dilln .Mrsso ScfiiaiiarHIi. Per cìA c)ie s'atliene all'Asii
nceiJentali^ ri sono laiori dnlli«inii del 1' Sli-i**<inier S- I., dfH'llalé»*, del Nviddie,
iM [i'-r'i-r, del IfcTlin. ilpll'lhupl e ildriIomriK-l. IVr (r Iiidii', l'Il^lirino Oriente «
l\\nit>rìc>, occorrono i nninì <l'-| KriTi. di Mn\ Mi^ll^'r. ili-l ItMli. Avi de ilatny, del
Hanr, ili-l Serrtiriir. Per Ir wipiiw iiatiirnH splende il nome del Ae OuatrefajH»;
per l'sitheologia g-'ucrale si Ifsnono i nomi dpi Willwia, du-l i'diiti, M da lliri;
dot I'. Vnn drn C,\\p\r\ S. I, n) »)tri tTisotnma (luest'Album è iiitn cnrona intrrcciab
sul capo vein'ratido del I)/ Lel■mIlll^ di 119 «:ieiw.iati di tiitla Rtimiu. e cli« re-
sterà, conili srrirrva il I'. ds tiara nrlb sua Nottiin. wmjirc Terrli* e imniO'rlale Le
quali parole nello lingua Mfi«si ìuliana. M piaceva njieleri! il lì.' Leeuiai» oelk Lnl-
l«ra L'uearisiica inviala a lutti ^li •wnilon ilell'Albutn.
nella catena arabica, e fronteggia la piaunra di Achmìm; l'altra
è di Utiiijio t;ri!C>>-romano, e fu stioporta io que^iii ultimi tempi,
rieoi di intimmid e di altre cose pre»io9D.
Seaoncbè maocavani) notizie esatte ddt perìodo storico ante-
òon alla XVIU dÌQ:i5tia, lo quali ora, almeno per l' antico Im-
\ ci son fumiti dalla necropoli che il eh. Autore ebbe la fer-
ia di ritrovare, dopocbò era stuta visitata, ma non iudioata in
'lessaiia c&rta, dalla Commissione franceae, nel princìpio di questo
«ob. Xò da quel tompo in qua vi arerà mai più posto mente
Tema egittologo. Questa nui^ropoli giai'e sul confine Ira la pia-
Biira di Achiniut e il deserto. Essa stendesi su'due fìaochi della
montagna, e delle tombe scavate nel sasso, altre verso me/!itogiorao,
apiartennoro alia IV e V dinastia, altro, tra settentrione e po-
nente, alla VI II eli. Autore confronta queste tombe con quello
di Giuhf di SaqqaraK dì fieni-Hassan. e di Tebe, e ne chia-
rtsoe le somiglianze e le differenze. Esse furono ab antico
riolat« dagli Egiziani, e poscia ne' primi secoli del Cristiane-
simo, servirono come luogo di rifugio a' monaci copti, che vi
lasciarono molti ricordi in graffiti e in croci dipinte in rosso,
orvero scolpite sulle porU^ e le pareti delle tombe. Illustra poi
gli scarsi frammenti d'iscrizioni rimastevi, specie quello delle
tombe di Clìemàny,, di Tdà e di Ànyu. Un'altra tomba della
parie sottontrionale della necropoli, che ci riporta al princìpio
della VI dinastia, consiste in una piccola cameni coperta tutta
di pitture assai ben conservate. II nome del dipintore ci è dato
dalla seguente iscrizione: « Pepi-senb chiamato Souà dice: io
dipinsi qtiesta ton^a dtU padre venerando > ; < ia sua moglie
diletta^ real favorita... Ursetii. >
Altri lavori di egittologia non si sono pubblicati fino ad oggi
éa Italiani; Tultimo è questa Memoria delle Schiapareilì, o una
Polizia del P. Cesare A. de Cara, tutte e due insurite nell'-U-
Um di Leida già ricordato. Daremo qui per intero, salvo l'in-
tmdnzione, a' nostri lettori, la Notizia ' del P. de Cara, non
esst:iidu possibile ritrovarla altrove che ntAXAlbum^ il quale non
■ Fltl'ìl E Comst. NELLE TAMBE ECIZUNS.
Sci* XJIt. •»/. //. fate. »Mi 0
8S mario 181»
82 mnsTA
è di pubblica ragione, ma pe'soli scrittori che vi presero parte.
Si oiimttoDu por mancane!» dì tipi, i gorogliftci.
< ViveQti e trapassati ebbero fìu dalla piiì remota antichiti,
tributo d'onore e d'affetto simboleggiato ne' fiori e nelld oroue.
L'Egitto (Uè ne porge esempii lucutentissiini. < Furono posti fiori
intorno al mìo collo, secondo che il re usa fare con colui cb'egli
favorisce'. » Così nella stela di Nebuaiu al Muiieo di Bulaq. Io
qui accennerè a' fiori e alle ghirlande funebri perchè ctisì esigQ
r illustrazione del nostro sarcofago. Chi voglia su questa materia
informay.ìoni pìi\ ampie, leggerà con profitto la dotta memorti
del D." Pleyte: « La conronne de la Jmtijicaiion. » (Act, dfl
six. Congr. intero, des Orientai, tenu à Leyde, 1333, pagg. 3-30
(Cfr. Miss Amelia B. Edwards, The Academy, Sept. 1882; —
SchwtMnfiirth, Ueber PJlamenresle aus aUaeffijpfischen Grabem;
nel Boi'ìchtc der deutscbon Botanìschen Gesellschaft. p. 351-371;
— Maspero, La Trouvaille de Deir-el-Bahari, Toste).
« La cassa che chiude la nostra mummia, fu rinvenuta net pas
sato autunno in quella parte della necropoli di Tebe che è conO'
scinta col nome di Sceikli abdef-Giimah. La tomba non era stati
violata, e vi fu altresì ritrovata la mummia d*an tale chiamato
Mahit, chiusa in una cassa di singolare riccheam e bellozza. I
nome del nostro defunto è (ìuogo del fferoglijieo) Kent: la lun-
ghezza della mummia l*" 58, della cassa 1*° 00. La maschera
8en/.a barba, il cht> dimostra la falsità dui volitare criterio di ri-
tenere per sarcofaghi di donne, quelli, la cui maschera è imberbft
Dalla qualità e disposizion delle fasce, dallo stile del sarcofago
dal nome del defunto, si deduce ch'essa appartiene al pili tardi
alla XX Dinastia. Due ghirlande pertanto fregiau la mummia
una intorno al collo, Taltra intorno al petto. La prima è coin
posta di gnmi d'orzo germogliato ('mali) riuniti in un feltramenta
formato dalle loro radici. La »!Conda è composta di foglie di appi
selraggio (apinm graveohns). Tutto il resto della mummia ei
coperto di rami di sicomoro, e la mummia stessa riposa sopra tu
graticcio di biist<:mcelli legati insieme. Un lungo bastone le sta
parimente da un lato.
< Noi conosciamo le diverse specie dì foglie e di fiori che so
DKLLA STAIPA ITALUHA 83
Aosi finora trorató ne' sarcofìighi egizìi, sia spicciolate, sia tn-
te^ute a ghirlande, e ne abbiam') vedute spocìalmente ne'Musei
Firenze, di I^ida e di Berlino. Le più comuni sono: VOlea
vropaea (Mus. dì Kjr. proveniente dalle tuiiibn di Tebe); te tre
vieta del Mìmiisops ElengU Kummel e Sehimperi che lo
Ichwbinfiirtb identifica cen la Persea degli antichi'; la .Vym-
Àaea caeruha, V Acar.ia nilotica, il Carthimus (ittctortus^
Aleea JkifoUa, il Salìx sa/saf; il Detphinium orieHtaUy la
ìtsbattia aegyptinca; la Parmelia furfuracsa, il Chrìjsantìm-
Nuin. la Centanrm depressa (Mas, di Pir.): la Ceruana pra-
fHSfS (Mus. di Fir); la Vitis vinifera (Mus. di Fir.); la Afentka
iafriia (Mus. di Fir.). Resta ora a vedere so i rami del sico-
IPii trerati dal nostro amico Prof. Scliiaparelli, non solo in (ine*
cassa del defaoto KetU, ma in altre tombe eziandio della
epoca, e in *ran quantità, possano avere un particolare
i^DÌRcato relativo a qualche credenza religiosa degli antichi
;i»iani.
« Certamente il sicomoro è connesso nel simbolismo egÌKÌo, con
purìfìeazione dell'anima e il coaseguimonto dell'immortalità.
nfatti la dea Kut o la dea Huthor versano l'acqua al defunto,
endeodo le braccia dal sicomoro. (Cfr. A. "VViedemanu Tlierati-
che Tejcte, pag. 4 e Tav. LI. — Due stele del iluseo di Fi-
ed» che portano rispetlivamentti Ì numeri d'inventario 2593
2591). La doa Hathor è chiamati! su'mouiinionti signora del
ieomora. (Cfr. E. Schìaparelli : Il signijìcato simbolico delle
iramidi egiziane, pag. 15 u 30, dove ò citata l'iscrizione di
Hotephiris sacerdote di Hatìior, signora del ificomoro, da' J/as^
bI Uariette pag. 90. Àgginngi che il defunto riceveva la co-
vsa dì giusti fi cazioDe sotto l'albero del sicomoro, all'ingresso
lall' inferno o dell'occidente, come risulta dal cap. 97 del Libro
le' morti, dove è d«tte: e Afis en éqmììbrfpar la divine coìt-
'ùnne sohs le sycomore » come traduce il nostro amico U.' Pleyte
iella Memoria da noi citata, pa^. 9.
< Non 6 dunque inverisìmile, anzi mi par molto probabile,
• « L"o noyaa lic Hfìmvsnps Schimperi Hochil. {Ptrsea des unciens). i BiilIcUn
84 RIVISTA
cho l'uso di coprir la mummia con ramoscelli di sicomoro, arosse
avuto UD slgaincato simbolieo religioso, all' epoca almeno delti
nostra mu tamia. »
Bai fin qui detto non è malagerole formarsi nn concotÈo ren
del presento sUto dogli studìi egittologici in Italia. Ije tradi-
zioni dol Rosellini vivono ancora fra noi, e non mancano opere,
doUe ([ualì egli, senza difficoltarsi dicliiarerebbi) volentiori l'Au-
tore. Ma pt)r l'Italia che p>3sìede ben cinque Musei di antichità
egizie, non ancora illustrate nella massima parte, il già fatto non
può dirsi molto, o quel cho piiì ci duole, non si vede oggi nolli
gioventù itiLliana umoro por la scieam egittologìca, e si ò forse
spento in quo* pochi e valenti, che in essa forse sì sarebbero
rosi illustri, qualora il Cluveme gli avesse posti in condizione di
prosegairo i loro onorati studii.
IL
Sancii Thomae Aqninatis Doetoris AngfUci OprswxxA philo-
sopiiici ET TiiEOLOfiicA ad usutn Studiosae luventutis sekcta
et iuxta ordinem rerum, quae in Schotis tractanlur, nunc
primum digesta et exada. Acceduni QciEsnosK Qi'odlibb-
TkhSi. Edilio accurate recogniia et nonnullis (fuaestiwtihus
et scholiis aucla a Micuìelb De Hisia S. 1. 1» Pontificia Uni-
versiiate Gregoriana Philosophiae Professore. Tro grossi vo-
lumi in grande ottavo: il primo di pagine XXVI-555, il se-
condo di pagine 6H, il terso di pagine 600. Prezzo L. 15.
L' egregio Professor De Maria ha aelo sì acceso per la pro-
pagazione della dottrina filosofica di san Tommaso d'Aquino, che
ben potrà veuiru pareggiato da altri, ma da ninno superato. Xon-J
contento d'infonderla colla voco ne* suoi numerosi uditori, appar-j
tenenti alle principali nazioni d'Kuropa e di America, ha volte lei
cure a propagarla colla diffusione do'preziosì volumi in cui quellM
ò contenuta. Por tale scopo nou solo fé* venir dalla Francia, daei
anni fa, più centinaia di copie dello duo Somme, la leol(^ica 6
la filosofica, con grande riduzione di prezzo, acciò i giovani
studenti potesst!ro più facilmente acquistarle; ma l'anno scorso
fe'rist»mparc. sotto il suo indirizzo, in ele^anto ma economica
eàmuno i i^uattro volumi dello Quistioni Disputate, aggiuntovi
rOpuscoIu De Ente ei Esseniia col famosi commenti d«l celebre
Cardinal Gaetano. A cunipimonto dell' opora^ ha curato ora una
fiiidi/.io9a rac-culta de*più rilovanti Opuscoli fìlofio6ci e teologici
dui Sunto Dottore, colla giunta dei QuodliheU.
Volendo nei di questa oolIezloDe dare qui conte7.za ai nostri
lettori} cominciamo dal notare ta sagacia del Do Maria non solo
aeUa scolta degli Opuscoli, ma nell'ordine in cui lì ha disposti,
e negli aiuti onde li Iia confortati pur fanlit;irne rintiìlli!;<3nm.
Egli nei primo volume lia raccolti tronta opuscoli fìlosofiei, di-
stribuendoli in modo rispondente all'ordino che suol tenersi nelle
scuole quanto alla trattazione delle divyrao miUerie. Prima i logi-
cali, poscia gli ontologici, t^uindi ì fisici e psicologici. Il secondo
Tolumc comprende l'opuscolo De regimine Prluripum e le qui-
stìonì Quodlibetali, in cui bene spesso sono svolte ''on grande
acume dottrine di gravissimo momeato. Il ter^o volume contiene
sotte opuscoli teologici, l'ultimo do'i^uali ('De pulcio et bono)
TÌeue qui pur la prinm volta aggiunto agli Opuscoli di san Tom-
Buso, dopo la acoperta fattane dal solertissimo Abbate Uccelli ;
il che vuol dirsi altresì della terza parte dell' opuscolo: De più-
ralitate formarum. Per comodo poi de* lettori, su ciascuna pa-
gina si è ripetuto il numero ed il titolo di ciascLiu opuscolo, e
il capo 0 r articolo che vi corrisponde.
A tutta l'opera il Do Maria ha premessa, in elegantùssimo
Latino, Dna dotta prefazione De fontibus et excelìentia disci-
plinae Docioris Angelini. In essa luminusamonte si dimostra la
«aperìorità della filosofìa di Aristotele sopni quella che la pre*
cedette, dal primi fisici o filosofi naturali fino a Piatone suo
maestro; e la sapienza di san Tommaso nell'averla saputa sca-
gliere e interpretare e svolgere, e comò a dire battezzarla r^n-
dead*,i|a nmile ancella della rivelazione cristiana. Aristutile, ap-
peUat«> il fìlusufo per ecciìllimza, con incrodìbilet acume speculò
sopra lo cosa tutte, ragioaaudo del mondo, dell'uomo, di Dio
mtflre « governatore dell'universo, e abbracciando nelL'ampìe/.za
della sua mente quasi tutte le svariato disciplìae che formano
86 UVIBTA
il patrimonio della scienza. Beo può dirsi (giustamonte osserra
il Dt! Maria.) esser egli pervenuto a. qimlla summità del sapere, a
cui la mente umana, priva del lume della fudo, poteva pervenire.
Onde alcuni Santi Padri, commossi alla vista di tanta e sì so-
blimo dottrina, fra le tenebre del paganesimo, ebbero a dire che
la peripatetica filosofia fu come un preambolo e una preparazione
alla dottriua ovanguLic:i.
Da tiuita a!tez/.a di razionale scienza S. Tommaso pigliando
le mosse, e purgatala dallo pecche a cui l'umana fralozsa noa
poteva sottrarsi, ed illustratala colia luce della fede divina, a
co' dettati della sapii^n^^a de' Padri, giunse a fornure un sistema
di fìlosoGa e teologia cristiana, che costituisce il piil valido ba-
luardo della religione contro gli assalti dell' empietà e dell' er-
rore. Il secolo stupefatto non seppe salutarlo altrimenti che col
Dorui! dì Angelu delle scuole. Le lodi di tanto Dottoro sono svolto
ampiameute dal De Maria con argomenti o mm tostimunìanzo
de' Papi; tra' quali sì segnala io modo singolarissimo il regnuut«
Pontefice Leone XIU, cho colla sua immortale enciclica Iluma'
num genus, richiamò gli animi, miseramente sviati, agli am-
maestramenti di un tanto Dottore. All' autorità de'Pontefìci tiea
dietro quella de'pirt grandi maestri io divinità, tra' quali il Cardi-
nale Pallavicino parlando di san Tommaso dico co.sl: SetUio quir
(lem in me tanti Seriptoris pretium una cum aetate^ sed longe
sìipra aelatin incrementa^ crevisse... Praeclare meeum eqìt di'
viìia bonitas, qtiod me vocarif ad eam religiomm cahoriem^
qttae iiibelur Angelici Praecef^oris tììeologiam segui; eam enim
sequerer vel iniussus, immo vix non sequerer vel pfohibr'ttts;
certe perinde sequerer scriptoris aucioritate nikil Ulectun^ stfi
cìiitisnam e-a essei ij^narus. Nimirum egregia scripta ceti vtna,
soli qiuxmquam inceriì sint, cum sapore pretium ferunf. lamr
r-ero hae postremi huius anni dispuialioties, qnas e suggesiu
dicittviy et qìiarum lihi summam dico, plus aìiquanto quam
superiores editae a tne, Ubi Aquinaiem redolebunt: quo faU'
topere nunc deleetor, vix ut alium e scholasiicìs diu teram
sine fasiidio. Non quod in ceteris ntìtUa non l'nceniam et
ignota mihi et oppido pulcra; sed alia plnra et ìonge pul-
DELLA STAKPA ITALIANA B7
criora me ìiivetituntm fuisse inielligo, si Divo Thomae tempus
illttd impendissem. Quis auletti piscatoHs eonsUium proòaret,
qui, omisso vivario certissimam lectisshnnmque praedam poi'
licentef in fluvio -potius, rpmmqiiam piscoso, reiia fot'tunae
mmmiiieret? Id ex me saejìe andiunt qukumque me saepe att-
diuni. Quamvis tanta ifit Divo Thoìnae et seciatorum frequen-
tia et i<iudatorum approbatio, utrumque (amen adeo infra
mtriiHm mihi pideri, ut inde eommnnetn humana^ perspìcien-
tiar tftìuiiait'm rei aspernari cogar mt minerari '.
Ma la parte più importante del lavoro del De Maria ci sembra
qaella dello note o dolio quistioni dottrinali e critiche!, da luì
fìiltd sopra molti opuscoli, intorno alla lot>7 autenticità, al concetto
oDde sono informati, alle provo dal S. Dottore recate, e alle obbio-
noni ohe sì proposero dagli aTTi?rsarii. Questa parte noi toglie-
remo a s*)ggetto dì (luttsttt nostra rivista; e por non allargarci
di troppo, ci restringeremo a due eoli opuscoli: quello cÌo^ De
ente et essentia^ o quello De pluralitate fonnarum. Comìnciiimo
dal primo.
Como ognun sa, in questo opuscolo son contentiti ì prìncipii
ontologici e fondamentali della filosofia di S. Tommaso. Il De Ma-
ria dopo aver dato un breve prospetto delle materie che vi si
trattano, prende a chiarire alcuni punti dì somma importanza.
1. Qual è Stìoondo san Tommaso il primo cognito? L'anima
umana, come rinfima delle inteltigcn/iU, prrchò ordinata ad ia-
liBrmara il corpo, è io potenza alla cono8ceu7.a, la quale dev'alia
prucacciarsì per astraziono dagli obbietti sensibili. Dovendo uscire
dalla potenrt all'atto, prima perviene alla oiiiosconiìa iiiiperfotta
e poscia alla perfetta, È questa la leggo d'ogni generazione:
non pervenire all'atto perfetto, se non per gradi. Or la conoscenza
è tanto piì) imperfetta, quanto ò più universale, percbf) meno
distinta. Donque il primn atto conoscitivo dell'anima umana è
quello che riguarda un oggetto unìversalissirao; e questa* è
l'ente *.
l
' E(ii<tnla nnncupaloria,(|aiini .Min libro TM f^ncramenlo paeniteniiae [>r»t{ì\il.
' Vnli »ot. I, pnp- fti. Ik origine et ordine coffniticnis, aeu dt primo ca-
$nitó noetri intelleelu». QUAESTIO.
88 RirtSTA,
Né si oppimga che Tonto siguificando ciò che ha un* essenza,
non prestìiiU la massi nui sirapliciU, richiesta noi primo cognito.
Più semplice sarebbe l'essenza; e però riaesta dovrebb' essere
il primo , oggetto della mente, non l'ente. A ciò ai risponde che
essendo proprio della mente umana, come si è detto, raccogliere
la sua cognizioni.'! dalle cose sonsibìli, lo iiiialì son composte non
Homplicì; essa ^ naturata a conoscere prima il composti) che il
semplice. Ondo il suo primo oggetto ò bensì nn nnirersalissimo,
ma ravvisato a modo non di semplice ma di composto; il che
appunto sì avvera dell'ente.
Nel resto l'essenza non ci offrirebbe maggiore semplicità di
concetto; perehAcome l'onte non può apprendersi senza l'essena,
essendo id guod habet e$.tentiam; così ancora l' essenza non pn5
apprendersi senza l'ente, essondo id quo determinalnr evs. Am-
bìdiiB adunque congiunti insieme, Tuuo m^ i/ihìiÌ est^ l'altro ut
quo est id qìwd est formano nn solo oggetto^ che preso nella
sua massima astrazione è il primo cognito rispetto a noi, né
pu& risolversi in obbietto più semplice. Fnfellerfus nnst^r, dice
san Tommaso, a sensibilibus inUium sumens, ilium ntodum
noti ira'isc^nditj qui in rebus sensibìlìhus invenitur; in quihtts
aliud est forma, et habens formam. propler /ornine et mat^
riae compositionem. Forma autem ìn hìs rebus invenitur tjui-
dem simplex; sed non per fede, utpofe ijon i;ubsìstenfi. flabens
aulem formam invenitur guidem substsiens sed non simplex^
immo coTtcrefionem habens. (Inde iniellecttts nosler quidquid
siffnijicat uf substsiens, in concreiione signijicat; quod nuiem
ut simplex, non ut quod est sed ut quo est (C. G. lib. I, e. 30) '.
Ora il più vicino alla conoscenza ìi il subsistens, ciò che vien
significato ut quod est^e però è l'ente non l'essenza.
2. Nelle sostanze composte l'essenza non dice nò la sola ma-
teria nò la sola forma, ma il risultato di entrambe; perchè esso
è propriami^nto il subbietto attuato riall' esistenza. E vagliai!
vero, la sostanza composta non si dice tale, perché l'esistenza
sua, ossia il suo ultimo atto (esse) che la pone in si^, fuori della
causa effettriee, sia composta. Se così fosse, svanirebbe la sua
* Velli png. !S8. ScHoiJùif. l'nopONiTCR buftiCM,
DELLA STAMPA ITALIANA
unità sostiiD7.iaIe, porche T unità procede dall'uno, ed uno non è
pr^iprìaomute so non ij semplice. L'esistenza duniuo, la qaale dà
(Mtesta unità, non può e.ssoro cbo soinplico. Enne (acconcia menta
s&n Tommaso) neque particìpat aliguid^ ui eius ratio consti-
Uiatur ex muUis, neqtui kab^ aliquid exlraneum admiztum...
tt idee IpsH/n esse non est cotnposilnm (in Boef-hinm de Hubd.
l'^t. 2'). Dunque la composizione in siffatta sostanze dere tro-
Tarsi aeiroasens». che riceve l'esistenza, e corno subbietto ri-
cettivo la restringe a tale o cotale natura. Si 8ubsiantìa (dice
egreglautjnte il De Maria) appellalur composita^ hoc non ai-
gnijicat ipsam aciaari osse aliguo composito, sed sofum de-
notai ip^sam habere parks, (jutte cui xmitatnn essindi evehuit-
tur per essa quoddam simplex et unum. Hoc paclo unitati
substantiali egregie consulitur; na$tt diver$ae parfes sttbstatì-
tiae, coagin-^niatae unico esso, const/ttmttt ch-s et unum per se.
Di qui risalta un nuovo argomento in favore delta reale di-
stinzione tra l'cssousa e l'esistenza '. £ poichò è questo un
punt) di gravissimo momento nella dottrina di san Tommaso,
il Dtt Maria ne tratta espressamente in una luoga nota che ap-
pone al primo opuscolo della sua raccolta '.
3. Tra i recenti avrersarii di questa distinzione reale del-
l'esistenza dall'essenza nelle cose creato, ci ha non pochi i quali
sostengono non averla san Tommaso in nessun luogo insegnata.
Imperiicchò l'unico luogo, che putrebbe allegarsi, ò riuollo del
dianzi citato opuscolo, e questo opuscolo evidentemente è spurio.
Due cose sono qui dette: Tuna che quest'opuscolo non è lavoro
di san Tommaso^ l'altra che solamente in esso si aGTurma la
pretesa distinzione: In creaturis esse essentiae et esse adualis
(xsistendae dìfferunt realìtcr.
Quanto alla prima il De Maria concede potersi prudentemente
dubitare delle genuità del detto opuscolo; perchè quantunque
contenga ottima dottrina e conforme al Santo Dottore, nondimeno
il suo stilo sì dilunga da quello di san Tonitiiaso, per essere
bene spesso, oscuro, coutorti> e rotto. Ma la seconda è falsissima.
fosso vera, lo Scoto e i suoi discepoli, osteggiando quella
' Vrdì Tul. I,
t'Ai. ScilOI.IOTf.
Paf. 23, OfOK. I, Lofficat SummaCy UacL II cnp. XI.
^ RIVISTA
distinzione come tenuta da san Tommiiso, uvrobbero preso lue*
cìole per lanteruo. Avróbben) inoltre errato tutti i segaaeì di
Boa Tommaso, in i qimli il Pallavicini dice che qnolla dii{tÌD>
zione è familiare al Santo Dottore o tenuta dal medesimo amie
certa e fondamontale. Il Cardinal Toledo poi ed il Tifano, benché
non l'ammettano, confessano nondimeno che essa è iusognata da
san Tommaso. Au7.i il Tifano proferisce questa iucisÌTa seulunm
contro coloro i quali negano o mettono in dubbio che quella
reale distinzione sìa insegnata dal Santo Dottore: Quod exi'
sfentiam in creainris rb diaiinguai ab essentia, ìd vel negare
vel in diibium rerocare bomiuis est impmìentis vel in eitu
doctrina peregrini. Ma Tenendo ad argomenti diretti, ìl De Maria
mostra con tutta evideu^a come dai ragionamenti^ che san Tom-
maso istituisce sopra le perfezioni divine, e la diversità funda-
mentale delle creature da Dio, risulta la fermissima sententi
di lui intorno alla dÌ3ttn;:ìone roale tra l'essenaa e l'esìstenxft
nelle creature. Non ammessa tal distinzione, quei ragionamenti
non avrebbero senso.
Ma per convincere ogni animo riottoso alla forza del discorso»
reca varii passi del Santo Dottore, nei quali quolla reale distin-
zione Ò formalmente asserita. Xol Commento al libro di K.te-m
De hehdonuuUhtts lezione seconda à detto; Esi ergo considvran-
dum qttod sicut esse et quod est differunt in simplicibus se-
cundum inteniionem, ii<i in coinposiiìs differunt realiter...
Deinde cum dicil — Omne simplex esse simm et id quod esfc
unum iuxbet — ostendit qualiter se habet in simplicibiis ih
quibus necesse est quod ipsum esse et id quod est sit unum
d idem realit«r. Si enlin esset aliud realiter ìd quod est et
ipsum esse, iam non esset simplex sed compositum... Hoc a«-
fem simplex unum et sublime est ipse Deus. Nel primo poi
delle Sentenze, Distinzione KIX, q. 2, a. 2, è detto : Actus qui
mensuratur aevo, scilicet ipsum esse aeviierni, differì ab «o
cuius est actus re quidem, sed noii secundum raiìonem sttc^
Cfssionis, quia utrumque sine successione est. Et sic eiiam est
intelliffendn differentiu aevi et nunc eius. Esse atttem quod
tnensttraiur aefernìiate esi idem re eum eo cuiits est actus, sed
9t
Mffert tantum rafìone, et ideo aeteniHas et nane aeternitaiis
non riifferunt re sed rottone tantum. lofioe nello Quìstiooi Di-
sputato alla Questione XKVIC De veriiaie articolo primo nella
rìspodU alla obbiezioDe ottava ò detto: Owne tjuod tal in ge-
nere Sì^taniiae est composUiim reali eomposìtioite, eo tjuod id
quoti ffirf fri praedicamento sub^antiae est in s\w esse subsi^
»itiis et oportet quod esse suum sit alind quam ipsum ete.
Bene osserva il Pnilavjcìao che ogni obbiezione che si muovo
eontro la distinzione re»lu deiressonm dall' esistenr^ nello nrea-
tnre, nasce dii questo, che essendo gli nomini assuefatti a trat-
tare mediante ì sensi e noreraru soltanto ì sussistenti indivi-
àxaXxy difficilmente concepiscono che una cosa sia ut quo. senza
cho la concepÌBceDO al tempo stesso ut quod. E per questa stessa
ragione i filosofi anteriori ad Aristotile e molti tra' moderni ne-
^no la. distinzione degli accidenti dal loro siibbietto, e tutto
ridaeoDo ad atomi non e«mposti '. »
■ 4. L*altrn punto rtlevautissimo è quello che riguarda il prin-
eipìo d'individaa/.ìone, ossìa la radico della moltìplicitib d'indi*
vidui nella stessa specie. Il Jourdain nella sua esposi/ione della
filosofìa di san Tommaso, taccia qui il Suutti Dottore d'inutile
suttiglie;:xa. Ma se una quistione per essere astrusa e sottile
deve trasandarsi, eonverrfi duro un addio alla scienza filosolìca,
la quale cerca le euuso, e tale ìnqiìtsizìotio non può non essere
sottile ed astrusa. Cho poi la pres'.mte quistione manchi d' uti-
lità, non puft dirsi se non da chi non pensa cho essa ò stretta-
mente connessa coU'immortalità dell'anima umana, e vale a ri-
battere l'errore di quelli che stoltamente opinano con Averroe
le anime Fu^jiarat-e dai loro corpi confondersi in un solo essere.
Il De .Maria, dopo aver mostrato la lotta ch'ebbe a sostener
san Tommaso per questo capo, espone limpidamente la dottrina
del Santo Dottore. Le forme separate, cioè esistentì-in loro stesse,
tuo possono moltiplicarsi numoricamente nella stessa specie. Se
ri moltiplicassero, la causa della loro scambievole distinzione
dorrebbe essore una differenza formale j e la differenza formale
ri dà ana specie diversa, non un indivìduo diverso in identica
* Pa^. f3 M primo ioIddki.
99 RIVISTA
specie. Neppure possono elle molti pli'-arsi por una qnalclie acd*
(lenza, perche l' uccidente presuppone la sustan/ji z\^ indÌTÌdinU
ed esso stesso s'individua in quanto inerisce in individuo so-
stanze. Dunque le forme appartenenti alia stisisa specie Qdd
possono muUipiicu.rsi, se non pRr ragione do' loro subbietti, Tale
a dire della utatoria in cui sorgono per aziono di agente fìsìco,
0 a cui sono ordinate se lattasi di forma spirituale, non pro-
ducibile che per creazione divina, come è Tanima umana. For-
mae indiv{dua»iur ;<uis subieetìs. Ma qual è questa materia,
principio e nidicc d'individuazione dello forme? Porse la ma-
teria riguardata di per sé in quanto ìa^, materia eommunis?
No; questa prescinde ancor essa da individuazione, ed è iadif-
ferento a trorarsi in qualsiasi indivìduo. Il principio d'indÌTÌ
duazione dev'esserti la materia desiff»ata o sif/nata, come or-
dinariamente rappella san Tommaso, cioè la materia in quanto
è questa o non altra, haec caro et haec ossa, non già caro tt
ossa in generale. Uà d'onde avviene che la materia sìa ^uea/i
e non altra'f Avviene dal suo stare kic et nunc sotto detormì
oate dimensioni, ossia sotto data quantità, essendo strettissima
la connessione tra le quantità e la materia, per essere la quantità
r affezione prima e TacLÌdenta primo delle cose materiate. Qn»
giunti non è dato procedere più oltre, perchè la quantità ò dì-
visibile per 3à stessa, e quindi moltiplicabile e individuabile per
so stessa. Si ascolti san Tommaso. Jlabet hoc proprìunt quantiUu
dimeìisiva inter accidentia reliqua^ gtwd ìpsct secundum se
dividuaittr; quod ideo est, quia ftositio quae est orda pariium
in to/o, in eiits rotione includìtitr: est enim qiiantifas posi-
tionem habens. l'hìnunujue autem inietligHttr diversUas par-
tium eiusdem speciei^ neaesse est intellirfi individuaiioìxem;
nam qtioe stint. nnius speciei non mitUipUcantur nisì seetM'
dum individuitm: et inde est quod non possunt apprehen^i
mtittae albedìnes^ nisì secundum quod sunf in dirersis su
biectis, possunt autem apprefiendi muHae lineae^ eiiamsì se-
cundum se considerantur : div&'stis enim st'/rtó, qui per se
lineae inest, ad pluralitatem linearum sttficiens est. Et quùt
quantitas dimensiva de sui rottone ftabet unde multiplicatio
DILLA STAMPA ITALIANA
93
tndìviduornm in eadem specie possìi accidere, prima radix
\uinsniodi muUipiicatiotìis ex dintensione t-sse videiur, quia
il IH genere substanita*^ mvltiplÌ<MtÌo fit secundum divìsiomm
ìiaifTÌne, quae nec intellitfi possei nisi secundum (jiiod ma-
ina srih dimensionibuìi consideratur; nam. remoia (juanlilaU,
mitìfaufia omnia remanei indivisibilis '.
lì l>e Maria epiloga cosi la sua dìscettaKione: I. Ogni co3a,
Nnnd<f che ha Tessere, lia la sua indiriduazione. 2. La causa
rima è lo stesso suo es^iere; dunque ò la st«ssa sua ìndivì-
luzione. cioè s'individua per la purezza stessa del proprio os-
erà. 3. Le sostanze sempticl ricevono Tessere nella stessa es-
eoa; duaqne s'individuano per la stessa loro osseuza o semplice
arma. 4. Le sostanze oompiiste non ricevono l' essitre meramente
tell^essenza. ma nel sabbietto che aggiunge qualche cosa sopra
'eissenza; dunque non sono singolari por loro stesse, ma per ciò
lode divengono subbiotto dell'essere, ó. L* essenza diviene sub-
Inetto deir esaere per la materia segnata, ossia per la materia
Inetta da detcrminata quantità; dunque la materia seg'natii, cioè
la materia in quanto soggiace a tale o ratal quantità, è il pria-
àpio d* individuazione nelle cose corporee'.
Né alcuno quinci inferisca: Se la radico delT individuazione
\ la materia segnata, e però T anima umana è individuata per
'ordin..' a tale o cotal corpo; dunque, cessata Tunione con esso,
Eessa in lei T individuazione. Imperocché altro è Tordine a una
BDsa, altro è Tattriazione efTettiva di esso ordine. Gesisando l'unione
pceaa Vattuazìone effettiva delTordine che T anima ha al corpo,
kb^iion cussa Tordine stesso, il quale è intrinseco a tei e non
Pwito realmente da lei; perchè appartiene alla stessa sua es-
tà, essendo essa essenzialmente forma del corpo e però essen-
Bàlioente ordinata al corpo.
Diciamo ora qualche cosa dell'altro magniflco opuscolo, quello
àie intitolato De pturalifak formarum, appellato aureo dal
bttìssimo Cardinale Toledo. La dissertazione sopra di esso del
le Uarìa abbraccia due parti: Tuna il contenuto ossia la ma-
teria del dotto opustulo, l'altra la sua autenticità. Quanto alla
' Cantra GfntiteM, lib. lY, e- G.1.
• l'affi. 547-50,
IL.
94 RIVISTA
prima, Passaoto, preso a trattaro dal Santo Dottore, si à la 4
ftiUuione di coloro, i qaali aminetteTano potersi dare uoità
sostanza, bonchò molte fossero le forme attuanti la materia. Di
una ^ la sostanza, una è la forum sostaomle. 8. Tommaso
dimostra con triplice argomentaKionc. La prima è tolta di
gradazione e distinzione scambievole delle forme sostanittali]
seconda dulia ragione di entità; la terza dalla ragione di un:
Le formi; sostansiali ì.tanQo tra loro come i numeri e le figi
Ija superiore contiene Tirtnalraente in sé l'inferiore, e Ti
giunge qualche altra cosa. Se la forma pii) perfetta contiene '
tnalmente la meno perfetta; la presenza di questa «ella mat&
è superflua, e niente di superfluo pui*) attribuirsi colla nati
Pifi, ò impossibile che più forme, appartenenti allo stesso
nere fisico^ attuino siinultaneauiente lu stesso soggetto. Cosi pO
il calore ed il sapore, trovarsi nella stessa bevanda, perchè
qualità appartenenti a generi diversi; ma non potrà giam
una bevanda esser calda e fredda ad un tempo amara e dio
Or lo formo sostanziali appartengono allo stesso genere; il cfa
ampiamente dìmostmtu da san Tommaso con nove argoineo
La seconda argomentazione, presa dalla lìigione di enliU,
epilogarsi cosi: L'ufficio della furma sostanmle ò di o&stib
il primo essere della co.sa, Vens s'mpliciter, ossìa l'ente
sussiste in sé. Le forme accidentali (a cagion d'esempio il
loro) non danno il primo essere, ma uu essere secondano
accessorio. Onde gli accidenti, in rigore parlando, non tanto
enti, quanto piuttosto appartenenze dell'ente: Non lam «i
eniia, quam jwlìus enlis entia^ come ben disse ÀristotU
enti secumiitm quid. Di che evidentemeutt; apparisce cho
forma sostao/Jale non può essere che una; perchè ogni altra
la seguisse non costituirebbe nella materia ii primo esserOi
una giunta dell'essere, un perfezionamento del soggetto, già ]
in attto pur la forma anteriore. Omnìs forma stthstanlù
condituìi ens subsislens... Omiie gttoiì advenit rei stthsùit
tatnqitam Ìpsu7n informam, acetdens est.
Di che segue che se la sostanza avesse più forme, cosi
tricì del proprio essere, non avrebbe vera unità sostanziale,
UELLA STAMPA ITALIANA
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miiUi accidentale; non sarebbe veramente una sostanza, ma
aggio meraxtone di sostanze; perocché quello stesso, che Ah
Bsere^ dà l'unità, non aggiungendo altro l'unità all'ofisere che
ndirìsioDo. Del pari, essendo ogni forma per sa distinta dalle
re, perchè diversa nel proprio essere; noli' attuare il soggetto,
ciò stesse lo distiugiie attualrnecte e lo separa da ogni altro.
ratione formae est, guod actit dmdat seu distinguat ilhtd^
M est /orma, ah omnt afio. Diiae ergo jorìtuie faciunt duo
isa. Oportei eitim quml ttrui sii acittalUer divisa ah alia.
EJaesto non h che un semplice schisi;») della lunga e striu-
Itiauma dimostratone fatta dairAngelico della sua tesi; dopo
ehe scioglie le difficoltà si fìlesofiche e sì teologiche che si
OToDo contro di essa.
DotC0to preclant opuscolo, celebrato con somme lodi dai cultori
tft Slosofla peripatetica, Ano a poco tempo fa, era incompiuto,
rehè mancante della term parte. Si deve alle solerti ricerche del
arìssimu Dottore Uccelli l'essersi questa dualmente rinvenuta
due codici manoscritti della Biblioteca vaticana, e cosi vedere
luce, ed essere qui aggiunta alle altre due parti per integrare
tutto. Che poi il detto opuscolo sia genuine parto di san Tom-
01^11 De Maria lo dimostra con argomenti irrepugnabili; tra
quali basterà qui ricordare il titolo ohe esso ha nel seconde
dne codici scoperti dall' Uccelli, vale a diro l'Otto^joniano,
qoal titolo dice così; Thtmvhs de gradihus formnrum. Al che
.aggiunge la testimonian:<a di antichissimi catalogi, i quali
rauo questo trattato tra le opere del Santo Dottore. Onde
ente il De Maria, conchìude la sua disquisi;',iane critica
le segwcuti parole: Quae cum ita se habeant, perspicuum
titó! ratumque est iractatum de pturalitate fortnarum, qui
nominibm congmentìiis inscribitur vel de Unitate forum-
vel de Unitate formae, vel centra pluralitatem formanim,
de gradibus fonnarum, ad Atjuinatem 7iostntm pertinere,
Codices speeianfur in Vaticana Biblioiheca nuperrime
%,»tve ivterum Cafalofforum testimonia coiuulantur^ sive
tifw dodrinae in eodem explicata^, quae ne iransversum qui-
ungmm a perìpatetìds pladtis dìsceditt ratio habeafur '.
' W. l log. 397.
96
RIVISTA
Noi ci ooDgratuliamo col dottissimo Professore por l'insìj
servìgio recato agli studiosi di san Tommuso colla scelt» e
sUmpa di questi opuscoli e per le sapienti &)Qsìderazioni
eriticlid vuoi duttrioali, di cui bene spesilo li ha corredati,
rito altresì notevole di questa eiÌ7.ione sì è la modicità, al tut
singolare, del prezzo; giacché tutti e tre i grossi volumi si si
discono franchi di porto in ogni parte d'Ibilia per sole 15 H
e a chi ne prende sei copie sì d^ anche gratis la settima, puc
si volga direttamente iill'Flilitore '. La qual cosa tt>rna a la
non solo del l>e Maria per averla agevolata col rifiutare
compenso del suo lavoro, sobbarcandosi per soprassello all'h
proba fatica della correzione tipografica, ma toma a lode
dell'ottimo signor Lapi, editore, il quale così ha mostrato
neir imprendere quest'opera non si proponeva di far guads
ma solo di promuovere lo studio di san Tommaso massiinam^
ne' giovani.
III.
IiKOiRii BuocKKONi e S. 1. Moralis Tlteologìae professoris
Pontificia Univer8il<ite Gregoriana C. R. Commeniarii
Beata l'irgine Maria. Editio altera ah Auetore reco^
et aucta. Bomae, ex typ. Poligl. 1885. Voi. in 16,di pa^. 31
Tra le tinte migliaia dì opere che proclamano le glorie d(
gran Madre di Dio, e la cui raccolta basterebbe ad arricchì
una Bibltuteca di forse cinquanta e più milu volumi, Topera
U. P. Bucceroni della Compagaia di G-esù ha un pregio
lare, onde andri^ tra le molte contraddistìnta e con peculi
favore d:igU eruditi accolta; ed è l'avere egli preso a tratl
teologicamente e con mirabile wpia di argomenti, assennat
di gindìzii e chiarezza di elocuiìione quanto sì attiene alla V4
gine benedetta. La forma della trattazione è scolastica, eie
dire, concisa, chiara, sugosa, e tutta acconcia a fornirò
materia a ehi giovare se ne volesse nel ragionare di Cole
■ L'indirtKo è: Slabilimenro Tipo-I ilojrafico Sig. Lapi. Cini ili CastnllA.
Per l'Esicro. aliesi la diffi^n-ii^u dcJ [lorlo. ci ha una jiiocoU nrimioiia
prmo. Kwt» è prr In Kraiicia e Belgio L. 16,00; per la Sp-ngna L IC&O; pH'j
tosallo L. (7,00, «uiailra Jpcsi.
HELLA STAMPA ITALUNA $7
lì (andi risuonano da tatti i pergami della cristianità. E perchè
fm^ piti uDiversate \ì nnUig^ìo, il nh. Autore duttulla nella
fogna della Chiesa, ch'era appunto quella che meglio si addicca
a on'opora di questa natnra.
£gli divide il sao trattato in dodici commentarii, coi ^uali,
a guisa di una corona dì dodici stelle, bellamente adorna e
ilitistni la vita e ì pregi singolarissimi di natura o di grazia,
(iDde Ta tra tntte le creature gloriosa la Vergine madre dì Dio
«ifidcnsando in poche pagine il più e il meglio che di Lei si
tìjgiie dalle Scritture, dai Padri, dai Teologi della Chiesa o dalle
' tndìjtioni cristiane. Ci duole che la rÌ8trettez7Ji dello spazio con-
flMso a questa nostra rivista non ci oonj<:'uta di dare ai nostri
lettori un sunto dì tutti cotesti commentarli ricchi di teologica
<nidi;:ìone: ma basterà sHorarae per saggio alcuni, ac«iocch^ da
inni poco ognun possa far si'oo ragiono del merito e valore del-
[fopen iul4;rj.
U eh. Autore esordisce, com'era naturale, dal Commentario
[intorno alla Predestiauiiione della Beata Vergine, ove dopo aver
léito un& succinta nox.ione della med^'sima e toccato della distin-
tm la Predestinazione adeguata e inadeguata, e delle due
itemse in che a proposito delta seconda si dividono le scuole,
[ifama e^seru la predestinazione della Vergine alla grazia attie
7ÙKI merita, ma alla gloria post praensa merita.
Da questa predestina/.ione, che è comune alla Vergine cogli
[Ari eletti, sci^nde il eh. Autore a parUre della peculiare pre*
lazìone di Lei a madre di Oio; la quale prodesti uaKÌoue,
rado il nostro modo di concepire, è anteriore a qui^lla che
irda la grazia e la gloria speciale annessa alla divina ma-
lità. Indi passii a ricercare se qut'sta predestinaziune della
poe a Matlre di Dio e quindi alla special grazia e gloria
la oonsegiiita, sia o no per sé stessa e assolutamente an-
alla previsione del peccato originale; o dice con ragione
la risposta a questo quesito dipende dalla soluzione di un-
problema, ciot\ se l' Incarnazione del Verbo sia stata de-
lla da Dio prima della previsione del peccato di Adamo,
idipendentemente da qnella, ovvero dopo e con relazione alla
MrII//.ro/. i/./wf. 8W
il ntar<i 1486
WS RIVISTA
medesima. E qui il eh. Autore adduce le due opposto opiaionlj
quella cioò, dì Scoto e del Suarez, i quali affermauo che l'Iu-
(^ruazione del Vei'bu fu decretata da Dio prima della prerisione
del peccato dì Adamo, cotalchè anche allora cho Adamo uoa
avesse peccato e qtiiuUi Tumauìtà non aveano livuto iiiBStierl di
essere riparata, il Figlio di'Dio sarebbosi tuttavia incarnato p«r
amore dell'uomo; e l' opinione di sin Tommaso che vuole il
decreto dell' Incirnazione posteriore e dipendente dalla previ-
sione della colpa di Adamo e dal cousegneute guasto dell* umana
natura. Il cb. Autore sembra inclinarsi alla prima di questo du<?
opÌDÌonì, dico sembra; perchè quanto in seguito va diceodo
puosfiì, a nostro avi^lso, intondcre benissimo anche nulla sen-
tenza tomistica, che ci pare più Rlosolica e meglio in armonia
col linguaggio delle Scritture e deTadri. Questo tenue saggio
del primo commentario ò pii^ che bastante a chiarire Timpor*
tan/a doEle dottrino teologiche cho il cb. Autore va svolgendo.
Tuttavolta ci piace di recarne qui in mesw un altro saggio;
e co To^re il ter//] Commentario, in cui tratta doirimmacohit
OoncfìpimfìQto di Maria. Ivi dopo avere accennato le prove tratt
dalla Scrittura, dai Padri o Dottori dflla Chiesa, dalle trudiaioi
cristiane e dalla definizione dommatica. che ha posto il suggel
di un'autorità infallibile alla costante e universale credenza
questo insigne privilegio della Vergine, il eh. Autore propone U'
questione so la Vergine immune essendo dal peccato originali
lo fosse altresì dal debito del medesimo.
Tn le diverse opinioni do' teologi egli abbraccia quella
Bellarmino, cui viene dilucidando; e dopo avere distinto
bito del peccato originale in prossimo e remoto, esclude
Vergine il primo e ammette soltanto in lei il secondo; e
arreca buono ragioni. Quindi si fa a ricercare se la Vergine olt
il singolare privilegio di un immacolato concepimento ai
anche quello dell'uso della ragione (in dal primo istante
sua concezione; e rafferma con Suarez e con altri Dottori,
che a dir vero, non abbia in ciò a suo favore san Tome
perchè questi proctidendo sempre a punta di ragione, nul
ferma che egli non possa con saldi argomenti provare. Ort
DELLA STAMPA ITALIANA Ìf9
Sn&rez ù fonda sol fatto chi; nn tal privilegio fu altresì con-
eosso al Battista, come si coglu, a suo avviso, dallo parolu:
Eztiltavit infatis in ntero imo. Donde egli deduce che non
putora essere siffatto privilegio ntìgatu alla Vergine. Ma è egli
certo che il Battista avesse (iti dal sno concepimento T uso della
r&gìone? È parimente certo che l'esultare che fece iu seno alta
madre ElisaÌM^tta p^r la presenza deirToraoDio, che Maria chiu-
deraei in grembo, fosse olTettu del couosclineatu, o dui) anzi un
moto inconscio ìd lui prodotto immediatamente da Dio? Come
H^pUD Tede da una premessa incerta uon puf) dedursi una con-
Wgaenza certa. 3Ia questo non era forse l' intento del eh. Autore;
il quale tiensi pago di avere esposte le dottrine teologiche in-
tonio a questo punto, inchiuandosi tuttavia a iiuelle pie credenze,
che sembrano meglio favorire i privilegi della Vetrine. Dopo
nvr egli trattate della Conceziono di Maria sectauium gratiam^
ptsik a ragionare della medesima serundum nalitram, la quale
non fìi certamente senza miracolo, perchè la Beata Vergine renne
procreata da una sterile, e dì straordinarii doni di natura nel-
l'anima e nel corpo arricchita, di che il eh. Autore con mirabile
erudizione e a hingo discorre.
Da questi due commeutiirìi, che per saggio citammo, può il
lettore far ragione degli altri che riguardano i vaticinii intorno
kllB Vergine, la Natività di lei e la sua genealogia, il suo Nome,
Ift sua FreBeotazione al tempio, il suo sposalizio, la Visita a
santa Elisabetta, il suo Parto, la sua Purificazione, la Fiij,'a in
Egitto, e tutti in fine i principali misteri della sua vita, fino
tlla sna beata Assunzione in cielo, a' quali U eh. Autore fa se-
guirò per coronamento dell'opera un Commentario sulle Congre-
mioni Mariano e un altro sulle preci che la Chiesa innalza alla
u» celeste Avvocata o Madre.
L'importanza e T utilità di questo libro, destinato a riempire
Bu lacuna tra le tante opere scritte a onore della Vergìu Madre
fi Dio, ci motto in cuore un vivissimo desiderio di vederlo pro-
pagato nel mondo cattolico, o ci auguriamo che lo sta quanto
^ima a giuria della Vetrine e a vantaggio della Chiesii.
BIBJLIO GRAFIA
AMtìFlOGIO(S.) — SaocLi Ambrosii Me-liolanensisopert omnia: lomus VI,
fase. IX, X, XI ai \l\. Anni VI, fase. K, XI, X[| ai X[ll. Pretium
L. I, 70. MetUoìntiK ly|)0^raphi.i Suntni loi^fiphì, via Sancii l^loj^rì)
D.9,Mm:CC!,XXXV.'la \\ di paji^. 40,
AUBIFODTyfA Siorico-bihlica, per cura del Canonico fi. G. Voi. VL
Torino, lìhreria inlRrn azionale callolica e scieniirica Cdv. L. Roinaon,'
editore, ISSti. In Hi, tlt pagg. \^\. Col presfnie seslo volume ha ler-j
mine quest'opera di somma ulilità, specialmente p«i predicaiorì. Si<
consulti il cenno che ire facemmo Dell'annunziare il primo voltuoe.
BONACCIA PAOLO — Il perfetto manuale di Sau Oiuseppe. compost»!
per uso dei suoi devoti dal Canonico Paolo llonaccla. IVofessore nel .
Veo. Seminario Arcivescovile dì Spaleio. Seconda edizione riveduta'
dall'Autore. Modena^ tip. Poniif. ed Arciv. delVImm. Concezione edi-j
Irice, 188'». In 16, picc, di pagg. 65fi. Prezzo lire *. — Vendibile^
ancora press') L ManuelH libraio in Firenze.
BOTTAHO LUIGI — Canta dei fratelli. Discorsi. S. Pier iCArma. 1885,!
lip. e libreria S. Vincenzo. In 16, di pag?. 140. Prezzo cent. 60.
— Carità di Dio. Discorsi. S. Pier rf'Xiwia, 188S, tip. e libreria S. Vin-
cenzo. In tfì, di pa^g. Dtì. Prezzo cent. 50.
— La felicilà nel cristianesimo, S. Pier d'Arena, 1883, tip. e librerìi^
S. Vincenzo. In IO, di pagif. 130. Prezzo cent. I>0.
Il primo AftW Annunciati oputcoli, nell'anibìln dvlln «oc^tè in cui x\y%i
|iÌMol» nella mole ma intlo suso di stura
ilotlrìnn, ilimortra in tiovp c-api(vli come
il solo crislianesimo è cspiM-e Ai ^oAMan
3I intunte i«tiiito, clic Fia l'uomo. dclU
relicilii. pn-M-Dnndojilkls in parte nella
[insenle vitic facendola !ipi?rarG compilila
I* piTrelia, in an online itifinilnitipnle nti-
piM-ion- alla natora, niella vita ;tvvciiin'.
.Non L> un'opera iiwramniite ascetica, ben-
dw TasceiicA tì entri la parte »ua. ma
pinllwin SlosoUca e polemici. «tauJii
rondili 1.1 a (!l «li nRione, collo sludìo del-
l' uotiin, i)g|le Nur facoltà, de'suoi bisogni,
tiiui ì t:inui;.'ji tV o;riiì ^«ncre che rjai
pli offiv. Ni'l qiinle compilo wne a
A nanri ^fniandn i falfi rnncitl Ati nthl
scredeuti di Ofiiii risina inluruo alla fai;
r.itìt, montrandn le fDotradkiofu in
K'ÌQipì]tliiinn e il lfrmìn« conlrnrio a ai|
mcilonn rapo i toroHì^rmi.
Gli Mitri ilue niniicnli conlt-njiODO al^
Clini di«-nr«i iij;nij lineine prcgt-voli. ì cu
Miggeltì, nvl primo, soiio onlìnati ad
rjlare rnmoi'f trino Dio, a, nnl secoo
la carità vi^no il pro««imo.
BIBLIOCHAKIA tfli
CAPRA LUIGI — Il ?i*nÌo de] focolare. Utture giovanili e famigliari.
Torino, lip. fi lih. \i. Oinonica e Filali erodi Binelli, Via Bolero,
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Il lilolo «Irsso il( fiui-si» til)rÌcuìiiQ Gli aninurslraiiirriti dH pi-iiinA'l foTOlurf
fono i)oi|ì |)iT >\:ì di U^n-lti. dei qiuli
ogHD» fs lunnio sirno gioiti i fanciitlli;
e ciascuno di qm-sti contiene sivif»iini
ilocumftili tli virili nuirnli e cnsitani-
proprie liM'i'lA piiirtM, e soiio rspo«ti
con uno siile ro<^l fuirile. rasi nlTi-ltuosA,
cesi iuviiiuBiilp, rlie debbono rimiinere
indctcbilmmir impfr<<-M iti ^uei coricinì.
Dal poco che ne aUliiim Orilo ojEoiino pw>
ar^ninciila l'p iti qiinnin iililJlii i1f1i1li riu-
scire l'opineHn (Ii'l eli Prof. Liiipi Capra
|ier «iluwir slln virlù i potinplti, nsan-
dolo coKiP irstti (li Icllure, die poi terrJ
loro tiicIiinraniJo rnr.coriH iisliininrn. Li
luoii» Kl.iinii.i III) f;>[|n phitiso » questo
libro, e ai pinosi comuni iiiiìdiiio anc^ip
I ootlri-
»eli i!fat»5laii£.i r ulilrtà d^lln scofio, al
^Ir il tit. AitDiT rtndinnn. Ffili vuole
«dtin' r nutrir^ nel cuore lid fanc'rullo
ronorp jlla fumii^lia, non lu-t »asù pa-
BiwDlo i*lii»lnD«BatoraliMna pra' col-
Hrjre, wrti'ddo^ ili noestn, in i[afgli
(mtcìdIpII) j semi delle vlriìi d»-
Mtfcfar. p fnrtc avsctrv impreziosii/^ di
^^^1 piti di «opniMiultiralpcIii' vi puiì
Blnifere la fi-dp e la relif^ioiircriFliaiia.
I m4o che t'm« 0 tulio acconcio a
lirfta etJi, ppr remlprb nuvole e docile
i siffi atDfli.-ii.-Atriiinenli cll^ le porge.
blrvduri.' a hr da maestro il s<^nia di^l
KOlan-; d:il ([uale t^li lìniie di avere
Kolliu i|aanio siti per dim, e clic a
I icinpa tifa nnche ai luoi pictoli udì-
{ sentire ioiuinlialurDtuiiR la san vocr.
CATECHISMO (IL) esposto iji ewmpii ad isiruzjone del popolo.
T ««linone riveduta ed ampliala. MotUtui, lip. Pootir. ed Arciv. del-
l'im ma cola t;t Concezione editrice, ISÌSj. Ln lii, di pagg. 490. Preitzo
Un: l.àO. Venditiile ancora ìa Fireuze presso Luij^i Manueili libraio
Via del Proconsnlo 10.
lUC^'nNO ANTONIO — Le fondazioni soppresse ed affranchile in Ple-
moDie e nel lj)m)>ardo Veneto in pririripto riel secolo XlX, per l'.Av-
Tiicaio Cauciiio Antoaio. Torino, 18Sr>, ijp. Subalpina di SlijfaQO Ma-
rino. Via Hertola, 21. In S, di pa}f]< :^IS.
JltARlNI OIL'SKPPB — Vita e virtii di Moasigoor Luigi Bianchini,
cattonico tiìolojio della cattedrale di BresctH, proposte a modello dei
sacerdoti, da Giuseppe [Jbiarìui P. D. U. ilrescia, (ìio. Hersi o C. lip.
' I Vescovili in Urescia, 1885. In 16, di pagg. iVl. Prezzo L. X
I irrazioiie tldl-i vita Hi nw.ì- delle virlù propri)^ dfl loro itDto, e «i
pnr h etilitira drllu vigna i)i>J Siinioir
colk open? :ipiwilolii;lip. l'er i|ui;&[a m-
^ioiit; .'^pecialuionitt. ali» litic di ciau'un
r,ipiloJrt, cpli ng^itin^u per niodo di tei-
rolhtrìo alcuno ritlcKioni nd ««oilaiionì
attissime ad ìtiliammarc il clero mW imi-
Inzionc di i|iiclk virtd di cui .irevn ili-
scoRKi, e ctie, conte vjfli dice, gli uscivjifiu
' ' wDio mccrdolp e p^rìii^imo
nmart tli spirito die fu Mou*. Luit^i
iPIPrilI,Ìl di. P.(>ii).%ppe (Chiarini iiou
lo ti è pr<)[K»to dì cckhranit; la mr-
Mrta t tniinandjrti ai postm, ma pria-
iptlainlr di porgere ai uc^rdoli iin
wniiiu praiiro da iniiuire, !<i por Ui
liuga dfJ proprio spirilo coll'acuiuitlu
J(K
OIBUOGRAriA
dalh peooa carnlt^li dnl gnnJt: amore
T«M t suoi coRfr^ti^lli di mìiiiMPt'O. Noi
starno certi che rci;re|rio Aulwv racco-
glieri Tniiù e l'allro frullo da (luesu
^^a n(iL'ml3. lanlo (if!i- b <)ualilò ilclle
cose cIk' iwrni, cofaci iH illustrare li
mcmfflia dH vewnnilo 'iio Kroe ed wii-
lìcania i Irltori, tiuialo im- lo stilr «mi*
(ilico-, iiilitlo, soaTP, die. s'iitsnoa dalM-
ujiTilc ncffli auiiiii t' H «idg:ca sno lenoo.
DK MARCHI ANTONIO - [I vero anin della nasciu di Gesù Cristo.
Vieens'i, lip. S. rTÌHs«pp« di (}. Rumor, IHHri. In 16, di jiag/. 30.
virato di rVii£ii*<l4i lìitu a\U Morie di Cnilo,
ni tffom i tasti Uomini e Giudaici Ai
quMto )»erioi]o.
O'ianlo idi' npininiii^ ?fguita dal
^Iro Aiitoi'e, eìia ha cffinnionir' in KiyOI
ìqq prandi probabilil^; tn:i le ba coi
irafto allrMi (lìlBcolli non leggiera, detta;
quali ei non fa molto. Tm queste, et
l)3sii accennnrr gli nrgomrnli, eoa col IT
tiollissimo P. G,\nRro;i ÌiilLTpri*U)iiiIo Ir
fìlli.- [sfriiioni niriirsiiiip sopni riDoiioalc,
mo^lrO non polri'si ammrltcre itinnA I»-
(raitione dì (inirinio in Sino, in mito il
coi-so []r| 741 (Vedi Cìtiltik Cattotka.
Serie XI, Voi. V, pagg. 7?4-:26>.
Il Vfro nnna ilellA NiiKila di G. C,
mcondo i) eh. Anlore, t il 7^7 dalla ha-
daxionc dì Roma, selliiiiu prima dell' En
votgare. Rtzii ifsai' in ci'> la salienza di
multi i* vult'nii^sìmi eluditi ; e «pccial-
niente dpi tS. Abnic Vìw;r\M) De Vit,
il lutale ocl suo egizio Onotruutieott,
alla voce legiu, pn-% a stAbilirLi. va-
lendosi siiiKola i-mrntu di due fNcrìtioni,
l'unn di ['. Sulpicio ijuirìnio. rnfcrn dì
Q. Eiriillo i^■el■^lIt^lo, LVirltcoIo del [ir Vii.
Iradotlo |)cr inil<-ro dal Itcmiin-ltj, (orma
la parie KriNbniI.tlfdpl {>rf«fnt»- llp(iK:i>lo;
s cni servo d'appcndic/t a eomplemcnlf)
un' ampia Tavola i:rùiio!o?ica, che va
dal 714 al 7Hi di Romu, cioè d^d Trium-
FERIURIS F. LUCIO — V. Lucii Ferraris Soler-Alexandrini, Onlinis.
Minoruni !{egularÌsr>t>servonLÌae Sancii IVaucisci Iliblioilieca c;>noQica
iuridica mor;ilì$ i]itM)Io^ic.-L; nec non ascetica, polemica, rtibricistìca,
historica: ediiio novissima meodis expurgata e\ novis addìiameolis
locupletala. Tonirts seciiridus — C. — iìofwi/, ex lyp. PolyplotUl S. C.
do ProiHigaiida lìde, MDCCCLXXXVI. In '*, di pagg. il-iS.
Vedi il c«nno che m-l tate. S^. piijt. 81 d^^irim» ili questa impnnfDiabile ofrn,
ed io poilicolan! dei pregi di i^uMla elep(iti«i)nia Mlitìone.
FKRRUSOLA PIETRO — Peiri Fcrnisolae e Socieiate Iwiii cotnmeiH
Luria in libnim exercìtioruin S. i*. Ignatii I/iiolaei, tiispanìce scrlpta
latine reddidit [acolms Nnimll eiusdem SocJel»lls pmsbyKT. Barrinone,
excudetrat t''r.ini;ÌscuK Rosulìus, MIUICCLXXKV. In lii, di pagg. 440^
Il 1'. ritiro FrriTisola d t. d. (1. ilo*-! gli eaTcirii spiriiuuli di saiit"irrauifl, nna
nella scono incoio non meno per virtù a maniera dì un continuato coinmcntanob
religiose e apwtoticlie. chf pei- lode d'In-
gifio e di dfìilrìiia. Hùpn b ?«o]tpiv_v«ioflo
della Compagnia ricoverowi in Bologna;
ed in «jne^la cinA sr^iiii/i n Amv pruovo
luinlnot« di it\Q npofiolko e dì t^niili-
lione di wrio pwirre. K(rli lajcitV fra gli
altri suoi maiiwcrittì, copio<>e noto sopra
mii wtpni vnrìi pnnli rli^ pìd larpamMi
sptifraii <> dic^innitì, \alt-«s<-ro « megli
far coiiippcndeiT tirintrndimrnti del «inio
Aolore, e dar a OBOfcore rìncstiinabilit
lesorc) di c«tesle safrinrat che é raci-Jii
in quel pia'olo IÌIhxcÌiio. Il eh. K Gt«-
conio Noiiftl non ha voluto cita Hiwh
BIBUOCRAnA
105
alira voltf pnrA {Hti nni« «ino eompreie
in un ^olo cirpo. ed una soln fifrta è |)ar-
tita in |)iìi Fupi. I trsti poi dui lihrn dc^'U
Kwrciaii, che >en!;on cilsii, imi sotto lollÌ
dalla vnrsionp voljcatn, liruclii- [«iti elo
ftulc, ma per lo più diillj Ictteriile, per*
elle )ilb conforme a)rArÌKÌD;ilcx])rip:nolo.
Al iletlo livoro il bem'toerJlo V. Nonell
prpniplle nn fora(ieiniio deli! vita del-
TAnloi'e. ctie nella sua brevìlà tt risnl-
Uiiv al vivo il rilnilU) ili qui'l dalto ed
a[ii>4ti>lìro sacwdùle.
btD' olilio qn«lo À pmaJMo icpiiio;
ni a renderlo pib fnitlaosti ha creduta
tene «fair un niijilicHv ordiiK ali? rruH
Wrw, «■ irasportorlo Mia Impia btina,
une fttnunenlQ di pia oniversnlo dilTu-
■law. E|;h p««'hiiIo iti qaelle iwlv ba
lenD>tto romr an latin da s^ staccandole
M tr»io «Ifcli K5>-n:i?ii 9 cai si nr^iv
«lao, p l'ialini iratlazion« ha diriga in
4tt parli, cMMuna il(')l>.> ()<):ili cunli^ne
BPTcWiioot, luddiviwaiich'iw.i' in allrti-
l3At< npi. I ijiiali Mpi Lrnch^ il più
4^» tnlic rorrùpoudauu a eia<4:uiia iioU,
FORMISANO M.' GIDSMPPB — li Giubileo. Catechismo ira un parroco
ed iin figliano, p^r Monsignor Giuseppe Formisano, Vescovo di Nola.
Opereua utile per gli ecclesiastici e jiei laici. IO* edizione. A"o/(i,
lip. Remigio Casori», (880. In 16, picc, di pajjg. Il'3. IVeno ceuL H5.
(iÉRl.N CAHIjO — l,e Pape Innoceat XI et le Siège de Vienne ea l(ì33,
d'aprèMles docunitiiils ìnéilils, par M. Charles Gvrìn, Ancien Gonseìller
^ la Cour d'appel de Paris. (E.xtraii de la Repue iles questiona hisfO'
riqttes, jaovicf, l88*jj. Paris, Librairie de Victor Palmo, édlieur,
70 Rue dcs Saiats Pèrefi, 188^}. [n 8. di pa^g. oG.
BLANfUNI MO.NS. GIOVANNI — Resolutiones casuum cooscienUaeet
casuun) liiurgicorum, qui ao. Dni MDCCCLXXXV propositi fueruot
clero Netutae lJìoi'ce<iis, iuiUu IHiìli ac Rrgi Dni toannìs Blandini Epi^
scopi Nciensift. Net», typis rrsnci.^cì Zammii, t8S^. In Ifì pìcc. 4t
pagg. 48.
Le Kiliniotiì (lei c;si <li co^cfuiiza ilaic posii nt>ll.i diucsi di Nolo, op]>orlunì«'
4l proonaggi iltiUi ed aiilori^voli ni ar- nimi pei- le ([ui^titml clii^ vi sì IniUniiu
«IpMO mopre eoo piactire e vaiitad^in it rìmltiti con (irofrinEU i? sicuro [loiirina
4()ì nvlitni della IlhiIo^iii intirjle 1^ i quali u«cìiijiii> alla luce ptT optra del
Merdai inaHtri. Citiamo <| Hindi voien- dolio n ittlanle l^reliiLocbe governa i|nL-l]a
lini ijiiaAa, che riguardano i cad prò- Diocesi.
MOVANNINI ENRICO — I doveri cristiani, esposti alla studiosa gio-
ventù italiana dal .^cerdote Bolognese Enrico Giovaiinini, dottore di
sacra teologia e Vicario Generale di Faenza ecc. Opera commendata
da Sua Santit.^ Papa Pio IX e approvata da parecchi Cardinali, Ar-
civeuovi e Vescovi e da altri ìllusiri scrittori e adottata già in milli
Semiuri e lostiiuli di educazione. Se^ia edizione, con nuova appeo-
dice ed aggiunte. Bologna, lip. Poniincia Mareg;;iani, 1886. Io 16.
di pagg. Ì.:«J. Priexro L, 5.50.
Sei r*KioDli Ò39. 633 e '09 del no- late loili iiiiwt'opcra dotta, prndiLi, np>
Ifv fwrìodko anuumiamiDo eolle meri- portnuìssiina, il cui pit^io non comune
104
&IBUOCRAFIA.
A ailesUilo aocora dalle Dunwra» cditiool
che w ne f«*ro nel tono ili pochi »mil.
Uniaiiw noi puiv l.i Dujlra deboli; voce
iille Unto piti antorovoti socvanaU! dal
eh. Antotv Rcl titolo tìsvo \
e lo raccomnndiaimo dì nuof
corte» li'ilori.
GIOVANNINl ENRICO — U forza della varila sull' erroreTfl
saji^io (li apaloj^ia cristiana olTerlo ai giovani studiosi ilalia^
ricft Giovannini, dottore in sacra leologia e Vicario Getter^
diocesi di Faenza. Secnn.ja ediiìoite rtotabilrneiile cofrelia e'
lata. Tonno, Likeria Salcsiau^, lìitìi}. lii Mj- di pagg. XIV,
Il eh. Aiilorv Afi lìoeen' Crigliam a pubblirark !n disparte eoi) a!
.iic%'a MI ìami-iit/> int>-iTìilaio ai imiti ))iù
slreH.imrnti" 4liilnM:;ilici dH siin libro,
akunc AppentVei, rivolle ad illuiiiraro
con cura pnnicdlan' rtuollc ttht li dicono
questioni niMltTne. Oj»T«Jndo poi cmne
siffatte .ipppiidici lorfiitMi'm^iiifrnbi-nicnle
{radili! D non podii iL-llorì. $ì dilemiiuA
f^unlp. •i'.orii" .iMii>Ii;it» e iiil4'erai
ocrnrrrvn, rostitui-^nno ori un'n
da s^*, (junnlo dilrtteToIe a ìtftit
lrL^tl.miù vjiiUi£i;io3a. E *[ua)lfc
ancti'ecli ('li)« in breve roftflfl
•iei:onilii(>iIii<one.cli«quÌ riiecoman
— Il grido d'allarme emesso dal Ponlefice Leone XIH coli' Eoe
JJmnonum Genits contro la Frammassoneria. O&servaziooì in
posilo all.i siovemìi di Mons. Korico Giovanoini. Vicario Gei
di Faea/a. Tbn'iio, Libreria Salesiana, ISSO. In \H picc- dì
Prezzo Ceni. 10.
0»p*l« oiwrvafionì sono esirait* in
massìna parte Uà un c-npiiolo dello ^rittu
or ora citala. La Fona delta Ve-
rità «ce; e alte» riin|>orl.inEa delPar-
frommlo r li mncarin, eoa
inllalo, Ix-nr tv (noriuvarto.
che ne ^ uwlio, sarft letto con ino!
Itti inasime dai gionni.
I
LANFRANCHI VINCENZIO — Vincenlii Linfrandiii de Stilo pi
acraasis facta studìis ausiticandis litieniriim laiiuarnni in Alb
taurinensi XI cai. decemlires an. MDUCCXXXV. Torino, tip.
stana 1886, npii»:c. In 8, di pagg. 24. ^
il cliiurj'>9 Doli. Vinc^nxo Lstifniiidii dei Intimiti ìialifini. e M'Olii dfl
ci di nu di qiKlIe omrioni di npertunt di
Aladii, che rATimnilc si incolUtnn, i-iìniidin
in Italia, oi'é rimario il ;%it*o <■ ti prvfio,
dclh sincen latìnilì. t!?Ii é rono<ciloi¥
profondo del suo soiiKelto: inipndiT! il h-
vorìo M\s eommcdb pTanliJU. ne addita
il fare romano, che ritrae In ilu cilia-
dina, I« sqniute vrneri ilei lin^LiafrfriO.
la Miciln e riiTHi'.-iRi ile'sBli, ì difetli.
Vi N .«ente il Ir-tleiTiIo, eoiiMiiii'itn neJln
tilolofiia. il quale Imita 1' .ir^zomrnto con
alia padronaiini e maestria, .wconilo l'iuo
il hello e noUlc dettalo eoo
inutili axlruwrie Iclesche. CDtn*ai
veniente al so^^-i'iio, e|rli me an
che ha t)el i^iccmniano, ma non
molli vui plautini. Noi in a«sop4
i)iir<tlo nobile lavoro, rcnderano SI
Dìo clic alinimo qupslo onore, ili
eKrirere datrei-o il latino, non è ;
inllo al nnsiro paese, ad onta delh
e l)artiBiÌ<ti.e jjramiiialiclte _
•coolr.
fli.
ÌA SAINTE BIBM-: — Texle di; la Vuk'ale, Iraduclion francaise rr
regard, avec Comm-'ntaires lbéolosi(|ues, raoraux, phiEosoiiliiques,
bislorlques, etc, rédi^és d'après les m«i)leur& iravaux anciens et
< l'nieraporaìns.
1. i> Livre de Job. Inlroduclian criUqiie, iraductìon francai^ ei
Commeutaires, par M. l'AbW il. LesAniB, Frtlre du Diocèse de Paris.
Poti*. I'. Leibielleux, lidiieur, I83G. Uo Volume. Io 8, gnmdo dì
'ì. 2ntrodueti<m Generale. Tome Premer, l. DéflnUìoQ. 11. Inspi-
rano!». IH. Caoonicii^. IV. Hisioire du icxit', V. Vcrsions de la Bible,
VI. IJvres apocryphes d perdus. VII. iivlcrprt^uilìon. Qaime piati'
eR« et farsimile. Par M. l'Ahlxi Tnoctios, Doaeur en ihmiogifi.
Parrn, P. TifMh'elleEix, i^diieur, IH8fi. Un Volume. In 8, i^r. dì pagg. 584.
.Vn'sniitindHrp rpiesii ilu6 nuovi Vo- rignardano il Tesio blbliRO, e ehn vep-
gonsi specifiiale nelle si-llt l'arli dpi li-
lolo; fra ìs quali la IV, Hiiftoire «fu
ttxU (poitj;. 20I-3K*>, coEIp sue Tavole
e Fncsimili. 6 un vero cnpol»voro. A qoe-
sio I* Tomo fari «'guiio in brere It li*
chE! abbraccci'à l'Ardieologia, h Geo-
grafia ecc.
A. compicn.- quiiiOi riiitiera Colle-
lionc, rcsipr.in '^lo da pubblicani i V(>-
lumi del Ptniaieuro, e dell' Evangelo
A' iS. Gìoranni, clic già sono i» corto
(ti sUmpa ; poi 1' Tntro<ììuiotK agli
Evanfffìi, f per otUmo le Tavole pt-
neraìi, oMinna Inditi, iinnlnicfl, cronolo-
gico ecc. «li lulla rOpi>ra, cli«!Ì ^lanito
apparfrehiantlo dalIVgifgio Editore per
la ^tiimpQ.
iall« le qneBlioni fonJ,^mnntall, che
MENEtrirZZI (jUISKFI'K — Calendario popolarfi perpetuo, Irasforma-
bile iu cakndano-lacciiifio perpetuo, ed in c;ileiidario perp^^uo da ga-
tiioelto; eoa le fasi della luna per cento anoì; una Tavola pUagorìca
s«lliaMoale d'aì^'iunla, indica a ([ual di della .settimana corrisponde
qoalmuiue giorno d'olii anno. Padova, tip. Orescinì, 18S3. io 16,
dì pagg. 96. PreoiA lire 1.
WNEO JANNY MARIO — Orazioni e discorsi del Can. Mario Mineo
J.inny, Diretlire della Polìantea Oralnrìa (anno t88r>, S'i del Pi-rio-
dìcn). Pti/emto, tip. deirArmmia. Vìa K. Hiagio, u. 2, 188."). In 8, di
pagi;. 236. Preuo lire '2.20 Tranoo di posta.
y cb. Oiiiooico JtJiwo JiDii) ci oITrc quenza (ti vario iicncrc, secondo i vnrii
■1 (reieiuc tolunie saggi di sacra do- soggetti da lai iraiiali ed i ilJTerti ndi-
lam 'li-IU fnn C^II'Vione di Comme-n-
urii laltlict. pabtilicata dal L"Lliìcll«us.
CI la»ti dire che ad «»i allrcti corurn-
|msi ^ ehitfii, elle già fjconimo dei (irp-
caJeHi, A mHDO a mnoo ch« vennero in
Ikt. AmJie qai. oltre il (iore della scienia
antica, trovasi raccoltoceli in bell'ordine
«eoa sa^ia cntica op<»(i>, quanto i più
•ondititì scrittori moderni, speciilinenie
ifktì e liMeschi, mrrrf te rcventi sco-
foir e il prosrfsso de?IÌ studii orì^nlali,
hana, laao a quesio dì. (rotato di me-
|S«, ail tllosl razione d'-lla Bibbia. In lin-
1«kraUNlo pfrAcÌMmbraiIacomnirndare
ì Tono I delta Introduction G^ntralt,
fr la £010 rittlieiza che coniirne di
■dU ervdi(Ìon« « di eccrHi'ntc doitrìna
i06
BIRtlOOftAFU
lorii n cui diiTfiSP la paivll- Aliri stma
tlÌ!!iCOi>Ì a inuOo (li canrcaeiun, per rac-
rniii'indiin' )u i-m'uì nitlolica in geùe.n\c,
o ijtiakli» Ili» opei'a in jiartK-ol'ire: iillri
sona {inn'i'gin'ci in Indo (li <]it»li:li(! Santo;
allrì sermoni sul SS. Sacramento e !ul
Nome di fiiPSfi n:c. In miti cpVi 9] mostra
ben iiwr{le<ro[c di i|iit>lla faiirn dì ccccl-
Icnle oratore che «i * piinflnfmnlo noti
pure nella sua Sicilia, mn nncho in ^■
rccchip principali eMih itigli' llalin. Lo-
diamo sinicolarmeiile in lui uii vig^orc s«m-
[irr Cfi'srentr'di arfrnmerttszionr' prr incuo
del quale «(Tingendo f^pm- più i }uoi udì
lM« nllrrltantA ÌiiovìuIhIÌ. A t]at^lc af"
Bìunfte Tom la udtìUi dei oonc^lli «ncbe
ofll'csprimeri' varili fon«icÌ«l«, li virt-
cità delle ìididskìhì. h splcudore della
parola, il catoi-c dell'alfetio : le quali
doti nuilP ÌRM-'mr, caKiititi!iL'Oi)0 (vr *&.
com^ ognun vedi?, la perfeiu i>[iW)ueiinL
Sp iinnlclie rnw. Tra li'inli [irogi, ci è I^
cito di iippnnliii-c, ò torse «M ^nTrrchta
psubeniniff a aHire di immagini e iti
f1|titr«, (toglili i^irnndenlr reilnn, p forw
ulla pncj [tazinij.! dWla Iìidìl Ma k ^
Rinfila Uri ci'ntiir.i, ^ m'alio mancar pPT
rcvcuo die non pT diretto.
tori 11 conduce a coDclusrnni quanto inat-
MOROHI DAKIO — Vila di Sua Satililà Ro Papa Nonn; per il sacer-
dote Dario Morosi. Volume secondo. Fireiìse, tip. della SS. Cooo^
ziotM dì Raffaello l^icci, 1885. ]n 8, di pagg. 48S.
Neiranniiniiìiri! il priiiio volume di cerp qu^m s-rconrln roluiiip nd (|UBle t
questa »iaria noi rsponfirinro il concolto
(Tcnerelc, del liliale il eh. Autore inten-
deva clic f-owc inronrmto il suo lavoro;
ed era (jiirlln spirito «jn^olnre di carit.^
cìtp. anintA il l'ontifiraln di Pi», e fit la
cagione poirssiina clrc i;u3dii(.'iiò alta Saiiu
Sede la stima f [ili affetti di tutto il mondo.
Facnnimo niicora Qotare 1 prt-^i artistici
dtll'npcrj 5Ì neltu sot[:in7..i tifila narn-
iÌoii« e M nella forma (Vvdi quad. 8^1,
pagjf. 3i7-8i. Anouniiamo ori con pia-
drui pmgi li»iitm pfTiivvciiInra inags>or
campo, altt'sa la vnriplà e praiìlit d«gK
avvcnimnnti. 5ppi;iii' jm-f I" empii fuena
cite il Homano Pontilicato <'l*lifì 3 Kttt*<
nen Hall» rivolirtioni?, d.i roi, v. mM
usci vittorioso Riateiiiilineulc, rijiortA ro
pc-riarito splcmlido irionra nifìnil« per
r ammirabile condotta del Santo Pad:
iHolume «i f.«li^nde dalla proctanatic
(li^l Doiiima di'ir Immacolata ììÌho a) Cei>
tPitóPio di San Pipiro celebrato net 1867
NONEr.[, GIACOMO - V. FERRUSOLA PIKTRO.
NOTIZIE istorìclie sulla miracolosa immagine di Maria SanlìsAÌma di
sotto gli Organi, che si venera nella chiosa l'rimaiiale Pisana. Seel^
eclj£ione, cou aggiiiuie. Pisa, tip. e libr. Ungher e 0. editrice, I885t
la IG, di patjg. 4S. Prezzo cent. 50.
OFFICIA cura eorum diehus infra oclavam srtlwinitaiis Fpijih
Dominicae Hesurrectionis, Pentecosifts, SS. Gorporis ('hristi. et
vitaiis D. N. J. C. ad commodiorem usum uirius(|ue eteri, tum saecii
larìs ciim rcgutaris i>ec non monìalium hreviarìo romano uiemiu
iuxla novam Ruhricam. Keapali, ex Oflinina DspiLii Mi^ndicai
rum MDCCCI.XXXIV. In l«, di |iagg. ia(i. Prezzo ceni. 75,
ORSEMliO LUIGI — Si muore sema Dio! Conferenze tenute nelle
nan»! ordinarie del pio consorzio di Sanla Savina dal Can.
Or&enigo. Milano, Coi tipi di L. 1'. CtìgUali, Via Pantano n. '2G, 1
In IG, picc di pagg. lOG.
BIBLIOCRAFU lOT
PAU.OTTI.VI SALVATORE. — Cilleclio omnium oncliisionum el re-
solnti5num, quaf! ìii causis priifiosiiis apirl Sacrani Congregali onera
Cardinali um S. Coiit>ilÌì Trideniini inierprétum prodieruiu, ah eitis in-
siitulione anno MDI-.XIV ad anuum MUfX<JLX. dìstinnìs ijlulìs. al-
ptubetico ordine per maierias digosia; cura « sIikMo Salvatoris F'allnt-
Uni. S. Theolofjiae docioris ecc. ecc. Tomus XI. Fascic. CVtlI, CIX,
ex, CXI, CXII- Jioinaf, typis S. Coiigreji;aUf>nis de Propai^auda fiJe,
MDiJCCLXXXV. Cinfjue fascicoli ìu i. piec, di pag^- W l'uno.
PARADISO (IL). Pensieri ed esempi. Torino, tipografìa e libreria
S. Giusei»!»?. Collegio Ariigianelli, Corso Palesiro, li, 188(J. In Itìt
di pagg. 23i l'rezzo lire 1. Vendibile anche presso L. Manuelli li-
braio in Firenze.
Hiporlìamo il gìuduio. a cnì tolrn-
lifri toUcecnviamn, die di <iuesto bel
IBw dà r esrt^" Unità Cattolica :
t Sniiri qnPMo M lìlnln. essa dice, h
«cito>l.illj iipAfn'afi.i S. liitivppe, defili
iriigiatulli di Torino, un lìbrclto, clic è
•u rvienlu di yetuieri ei\ esempi sul
Ma conuibinUMiino del Parndiso. Kìs\i
4ttftoilo !■ modo che, a «^uuluiKiue |>a-
pm à ipn. k1 trovano miis^inie e Talli
•ki* (Mitsouo «lari! il;t so, •^fiviì clic Ma
J*Diipn )r|;Ferc lo cose inve»lenii; n lut*
tnia iD»ti ratti e ^invsln nutrirne sono
colhpiie: Ira Inro in modo da fonniirc
l»iu intivra uni iratUìnoiic sul rara(li»o,
* èane noa «jitaiun {«[loinrc mi ovvia,
/ione. 1! lihi'D <i legFP ron V(*Po piacere
e diletin K^iirìta-ili;: In e»ao «t apprenda
.«peci.ilmrnli- dui lingii.'ìKsio Aei Santi.
c}\p cnsn *iin i|ui'l)3 nann pnLrin l>oala,
I! conH- >i ilobbiMno pm'iarv dilli i no-
stri ptiisicri cri ;iffi-lLi. 1.1 slissa Tlpft-
gr-ifiii l'jlitricp di S. (iiu'pppe .ivfia |»oi:o
Ta pnIiIilÌBiln l'Inferno Ae\ P. Schouppe,
al prwio ili coril. IKÌ-, ora il J'nradìto
fa coir»' il .S''-};uiLo a iiudh puliMivn-
m>m, atniilouo it iDritoiìmo fortiiatr). Ila
iins frop^ru elppantis.tÌHta, cniinolilojrra-
Hila Qi-lla stcsKi Tipo-litORntlia di S. Gin>
Sleppe, in cui sono ^nig^iosaint-ole sinibo-
tuf;];ial<> le dui; Gcru*al<.'mnic, la l«ni.'sin;
e la ccli^Ptc. »
JllmUn'o preci» «I allncnte descri-
PàTERNO (DA) P. RAFFAKLK - iìma'^ia del moudo catlolico s
San Francesco di Assid nella ricorrenza del VII centenario dalla na-
sciU, 1882; pel M. R. P. RanTaele da l'aierno, LtìUoregiidiiiatn M. O.
Parie V. Omaggio dei Poeli a San Franc«wco. Fascic. XXXVI-XMI,
15 agosto — 15 ottobre '-Hi oUohre 31 ditiembre ISSJ. Napoli, offi-
cina tipo^Taflca di H. Hiualdi e 4r. Sellato nell' :it»ol)to Mercato a
Forcella, l^^^. SiHle Tascicoli in 8, ijr., di pii^g. fU l'uno.
I^VCO EMILIO — Storia della leiicraiiira iialiatia. Volume primo. I>e
orìgini. Firensey tipngrafia dì G. Barbera, 1886. le 16, di pagg. 184.
Prezzo lire ì. ."jO.
!&n è mne il numero dì storie ttf>lla
Vomuoih ilaliiiiut, di<! fò pKit^tininn,
*»o in ampie Iraltiiiiiii. owia In com-
fn (iLOSk* ultime vt ne lia pripcn:-
■ stirili' nni altbijmo lodaU; comi;
opporliini- all^io^egimiiii'uta Ma iior pc-T
qii(?tlorÌputi.iiiio mr'ii v»niii);;io5.i h pcu-
ìcnic!, a. cui pulì nitiriu il di. Kinilio ['criRO
[iFi' ^11.11)10 [irti giiiAlami'iili.- po^M.inio .ir»
SjoJimciUirL' dal j)r<!Sttiile volume, in cui
lOH BIBLIOGRAFIA
ditcorre M\e orijiini Mìa nn«ln Ielle-
ralun. l'.p]i non sì propone ili scrìvere
un c4)r$o cliL- ilt*!')*:! •»-nir ili testo allv
scDfllc: il 5ira inir-titl inrnio. carne nlmcno
vi fi Fa miinircstu ilalln iurte clic aa é
pabUlintia, « piullo^to <li Taro uno Mndio
di pii>iui l'd EiCL-iimin (Tiiini ih-Ita nnHra
l«tfpniiiiM, fbi^ nnn I;ini(> t\f din a co-
nosctTi: i [iroctilinieiili. dirt'iii così mo-
l^riali, qtianin Ir caasc, la «oM-'inui, pH
fflTtUl )HT nii'llrriip in inosin il Im-Uo mI
.1 norniii fli'i nfwiri prniMii cscrnpbri for-
niiii'c il buciii ifu^lo li-Utcario. I) s»(i;gio
cbu ac ih tnilCindo tirile ori[:iiii della
Iplti-ratnra ci h noRiimrn un csìId r^iiia!-
mcnlc filìce prl riinnnpni^ ilcll' opera.
E):)] drwonv dapprima doll.i poesia perchè
pwiici ftirono I primi lApli <lclla iinpu-i
ii;isteiil!>; t^ coll'atutn della crilica Monca
ti lìi ìmI indapre fU iniiii probaliili dt'lla
QUQTa lingua, venutaci forinnudo co}:IÌ
antichi di.ilHIi iIi-Hh vnrid «nnlnde, so-
praffalli pitr gnn li>mpn dulia liiigiui
vITieiDlc chi- ersi la blina, r clicdopcila
caduta drl romano impero si tennero a
ffKO a poco n[JÌI1c:indi) in iiri wh Jìii-
^anpfiit l'oniunr. Fu un Livorio >1i molli
8i^-oIi, clii' il no<ilro Aiilorp Tii>n<> spic-
cando r.fìii fndiiiii. se non sempre- certi,
almeno probntiiti Ma «e lum ostante i
suoi srorti (K-ca luce poiè arrei'Oiyli su
questo punto la •noria, migliori M>rvigti
(li ba recala I'»u-tica nei giudìxii che
loniu ili •luci primi moniiriKiili ilelti
Mra po-un, dL<linpii<iida con ^ns
la parlf clic v'elibrm la .«tliictU Da
gli eipnx'nli »tninìen, r»»» delle cu
ia ri'Iiiriciiie. ih) afs^nando al nati
iMinto e pili nILi Ì!i|tiniliOAL' rrli^m
che \*lia di [)ià Mtave. afrc(tD<iM fd
roirahile in quelle prime pi'uove de'
(ce(tno italiano, (iollo stesso metodo
discon-e dei pn'nclpii della prosi, H
piCi lardo Sfilici meri lo aiTwa le ni
sioriclif. ed («mina iu inrllcotare
vai'ii peneri, le ojn'i-e e pli aotori
501)0 peneiiuli fino a noi; reli'E-md
colie di quelle Tn le apocrife e fU
uotareil pniioio tesoro dell'aurea ti
che li si trova rai spccialiDewle no
rinomali fra loro A qmsic fonti Tcp
Auloi'e nella sua coiiclusìoue rkl
frl'ltnii.-inì. se amano veramente la
pati~Ia. disila i]uale una delle Klorit
Hiteinnitte t. Ì9 «Mvissim» faiello
raatidaUifi dai noslri avi; a li «-sa
non voliTh imbiii'liarirr roi modi e
u«ì rore!ilÌ<>rl, i quali pur troppa nnlli
df'nie scrìlturp tronmo un hiiio ed
Noi ci e ondimi uliaiiio i^on lui di q
primo «issEif, anrlie pr-reh/-, ralpoP
OKiti umano rispclia. ha saputo ri
sccre nrlla «tnia no»ini itII^ìom
f\rf:Ti driiieuti [liJi e{[ic:ici della si
Dima rorni.-i che [tref-e Kino dai suoi
cipii la lìQgua ilati^ina.
a^
POMDORI EUGi^NIO — Dreve compendio delh Sinria (riialia.
lato secnndo il programma minisiorialt^ dal pi^f. Eu/L;«aio Poli
pei* l'Esame de^li studenti di [|uìnta giririiisìale, e per utile ed m
leiluru della giovenifr iiiiliana cl'amNo i sessi. Seconda edizione
reiui e mU'^liorata. Torino^ stamp. degli Ariigiiinelli. ISSfì. Cu
lo IO, di pagg. 1SH.
Aanuniiiamocan iiiiicere'juesla nuota
nlizione, di molto act'rcwiiiCi e mìirlio-
rala, che dopo pochi mesi iirralia h prima,
di HR ercelloJile miinaale ili «inria: che
fperinmo vedere ninmcsso nei coll^
schili e femminili, come di (traa
niìliliore di molli altri usati nelle»
in quiinlo a idee irlii^iOM^ e politic
PUUIilO IjU'jIO — Pdldius IjIicìus. De Supremo veritatis criteri
Ordine morali iuxia doctrinam SS. Eccl. doctorum Thomae Aqut
J
« Alphonsi M. A. IJj;opìo [Kx cphcmcrid-t Divus Thomas] Phicm'
liag, typis « Divus Tlioiiias », IHSr». In 16, di pagg. CO. Prezxo lire I.
SALA IJIUSEPHK MARIA — VeriUfi vanità. Considerazioni siiU'oriierno
progresso ioiellelluaie, di Giuseppe Maria Sala, se^^reiarin in rilirn dfii
MirrìMero della R. Casa. Torino, Ubr. editrice Eugenio Carello, 1886.
In Iti, ili pa^% 17. Vreui lire 1.
Ir jarit (\w*liuai ti-»tiatL' il) ([licito
Miro si nnUfKlduo wì coiicmo pririri-
fàtf ia evi è Millo jrniifutoil eh. Anlore.
[irllo ili rocilrn" In f\'n\fma k
■ I- liit«iUi dei moilprni sìMcmi «a-
. il- .iiicg;[i.itl di inat»rìili«iiio. c*)lln
.^L. jitiiila (liiMr vftÌIS riwliilp. F.pli tinn
seg.av un oritiiit) fijsu di lnilla£ione : si
contriiM d) esporre le xeriìli Ìaa(\ameavAi
lit'l rmliaiT^inio, iti moslnrle tali con
fiW .ir^iHiienii ilt>itì di crci)ib'i1iià. p cnn-
(rip^ioHi- al ili'IUim Mìa taìf^^ srÌPiiya che
¥i vii^lìoiio ail i-s<i(t snnitiiire. È un libro
di ulilu lelluru nd o|;nì cU<ae di persone
VINI OIUSEPPK — Ricordi della vita di Bernardo Savini, srriui
dal suo iiifxile Giuseppe Savini. Firenze, lip. di (ì. Barbera, IH85.
In 16. di pJiiiK. ti2.
pf^no. H j>i a\»m,!} im[p\ntmf^nlf in varif
di«ÌpIitgp<t|miHlin(^nu>nn1l(iRiati'matIci)^
N^' djir.iUro <Mnlo v^^nni» mai ni^iio In
1j DWinorìa di iìiitsrpiM' &ivini ^ i!e-
(H di TÌTvrc nella posurilA come (■RRnipìo
4i iin6 religio«r. morali u civili di puo-
forlp il'a iniÌL3EtoiK <lc0ti uomini del
atùìù, pi^rch^ pr-Jiicilr da una di loro
aMditiouv in niezio ìi(1r atlruKivR i*d 3i|«
dóVu*vDi dd mondo. Il Snvini ^orlì da
nun ouioio in^^o. Tu d' indtilp vi-
noe, tbbe \a ri'iituni iJi liiiùnn ^liir^i*
cune Irllrrsna i> murile n'-lhi fwt ttrm
BMim ; i; »<■ da pniii'ipio noni mollo *.i
■fnaliì |MT atnurr ullu Miidio, pruliiii
Dm poco w't t)UOiiÌ cOKliimi, ii4?lI'iiinorf
r Belle preiicfm della rrlitiluiiL'. Ma orila
{iATeatb coltivft ìuhbì inf^lio il suo in-
»ni ftìnii : la qin)'> niuì f:li crfltilie spin-
prf piri noi cuoiv, .iltm<-nt.ilii ilallVwr-
cIkìo Udir vind crÌMÌ-TiH'. « «prcì. il mente
di una cwmplare paiienia nel lolk-rare
1p conlinnair inrfi'mttò clic In iiccorapa-
pnaforiD dnlla jiriom fanriulleMa itisiiin
alla nmrlr. On *-I'' l'fWi' <1a itoi somma-
ii;irH('iili> ac<-.i'(inaii* si Inivrrninno ampia-
riL'iitL- (spusii; nei ricordi che ns scrive
il srio iippolD («iuspppc, con alTeUo si di
aoiuruso contiiunlo, ma ron tulli gl'in-
diui iti im|Kirziale veraciili.
SAVIO CARI/) FEDKI.E - Nozioni di lo^ic-a raziocinativa ed iodul-
liva, secondo gli ultimi pro^raincni g''V(;nialivi ['ih ollohre 188^) ad
uso del 1 e 11 corso Liceale. Torino, librerìa editrice 0. I). Peirioì,
Ib Via Crarihaldi, iStKJ. In ir., di pajiff. 216. Prezzo L. 1.80.
Le aonae e le mnlcrio, 5«condo le
ijgalì il di. Autore si ^ pi-oiiosio di com-
fiatr tyae^ta suo lavoro, sono (\wi\f) chn
«ogODO dt'temtiultf dall'ultimo pro^nitu-
n {ot«ii3iiio de) I8f<-i |wr T in^na-
Befllu rtl'twilW-0, li'vUe vlaEsi lit^ali. R;;]i
Rinviar ftOD era lib-^m di l'^npre qupi
neindi. iiiuxli |wrliiD|i;ae<[H-ri(!Nza »wo
tbii rifinkili piii tdnnei per t'ìnci^gna-
mcriio lilMolko uà tratture, almeno nrllii
mi5(ir.i cftjivpnieiiip, di latti i «Jgiftli pid
capitali di qiitrsla •i{^:ieiir,3. 1'^ ani. prr
qnesLa r:i(!ÌoRe, non vorrnniiio crrtainenle
comiglianì il suo Corso a r.lii non fosse
li'ipio dulie jiiisloii! t;()vn.nialì\G; gijcché
a pnrer no'ilrn nvrfiibe Jii;i itiiltuiiotie
pi!r diii^ cjpi incompiuta, maiicaiitf cJoò
di molle iio/ionL di pi'iiiia necesiilS, n in
HO
aiBLIOGRAFU
i|iielle ìteae che porge non Urne assodala
p spfssrt inwria fu^ì manco di (|ii.-U3 lucr*
the pruvL*iTf>bbi: (IjIIc p^irli viiiesjc. Mi
anno riguordo allo conditiani. a coi
l'Autore 9i è Ji«mo wltoporn-'. Jolbiainw
conrtftiarfl che il <tno corso niDrìia non
poco lodf, si per k dftllriiie che sodo
gflnprnlmPTilf giuste, p si per hi «po»)-
lione ctie è iiblnistaiiia diiura, che pfv-
Cxde con buon If^'amc Ioe:ìco, e vku
alle conclusioni con buon owbA dì ftrgo-
nii^ili dintostmitiri.
SERPIt^RI AL.ESS.\XDRO — Appuniì .sul skiema di educazione in un
collegio, pubblicali net primo anniversario della morie del P. Ale^
saodi-o Serpieri delle Kcuole Fie. Firmte, lip. Calasanuana, 1836f uo
opusc. in Itì, piec. di pafj}}. 92.
Il nlorgeo e uoiverulniente com-
pianto P. Serpieri salì in Eninn di dolio
tra irli «cimiìatì <rita]ìa e d' l^uropa per
tiobili^itni liivori piiblilii-ati per le «lain])R.
Il Kuo opuscolo postumo, che qui nonon-
liano. è poco eou in appni^ma, ma nel
jtcnere suo è un oro. J'a nni'avivlia come
un uomo int<'4o ;i pravi studii. abbia po-
tuto discendere a tnli miiiulpiie pi-alìdie.
IJue^to mnstra (Wii qituk coKitiJia, as-
ininlo il campilo di odueetore. egli lo
ewfitlìlei'. M.1 IrslnxiatA r.ot'':itii Ilio del
libro, che ii»i'la il cuoip p b inniLif del
rplijlioM), din-ino tW il libro in s^ >>tt«M
ci K.-Hibi'a Jiiipoi'taiiLi; apjiuuto \ki' le nù-
niite nsi^nnzioni, l<> qnsli agevolmente
sroffono asli cdncalori nnclu.' prortitl.
Cene dtliponie, cirrti .iwidiiiiffiti, ui'rti
consigli »u cose da outla noi ijli abbiamo
Imi. .iinmìrundonc !a ^iiutena, e persuasi
noi poiv dalb e^pirienu, che postano
divenir spim; di rilevami vantaci nella
fducjtzioue colkgiflk'. Si le^^ano. a ca-
gioii d'esempio, j>]i Appunti stU ^ìaochi
da promuovere nelle ricreaiiooi <f»i;.35^.
e sul provvedere al pioviin«lli pli opftelU
di »crivani'i (paji. O^t) Su ((uvstni iillima
nuilitàW sapietile tcrill(iii> ipi'imle quat-
tro pagine e mnvi, tutte flore di Pernio
educativo. P. un pereste <:be il Serpterì
non ahtiia ti-nulo piò a lun|;o l'nRIcio dì
dii'eKorr di convitli; fii arriccliiln rosi
i »ioÌ lire<ri Appunti. Ad opni modo noi
racicoinii udiamo il lilircito a lutti cui in-
combe l'obbligo di ben guidare o coU^
o sf^ninarii. Vìuno di loro aì pentire iG
livello letto; clit^ nnni rendere in cilor
suo h doTult; lotli ni eh. P. Mao»
Iticci, che sebbene occupato nei «upreini
affari del suo Ordine, hn tullaTìa imvMo
lenipo di apparecchiare alla nnmpa qae-
sto gioìHIo di sana prilairoicia del suo
codlralello. Noi per iriuiiUi t;li dobbtiin*
pubbliche ^raiie delb esquisita gelili-
lezsa, ond'egli si piacque di inlito{.-irf9a
un UMtro colkga, U P. Gio. fiiii-teppa
I'r3nco,con una dedica ([uaiitn cortese, al-
irettanio dignitosa e di alti sensi adorna ts.
SODARO ANTOjNIO —Aiuole puerili. o cerno poesie di occasiono per
fanciulli e giovaneue di Antonio Sodaro (As della Follia). NapoUy
Stabiliruenio tipoffralico dei fratelli Tornese, S, Geronimo alle Mi>-
nadie, 1885. in IO, di pag?. 116. Prezzo tire 1,50 presso Tiiuiore
S. liisgio dei Jjfirai l|-2 in Napoli.
fi iiuii rnwoliina di poi-sie. une pi-o- generalin««tL' ben concepile, ed esprimona
prie p»^j raiiciiilli, por le varie occjisioni
incuiiii «iiylin dir facciano nn .lunario,
nn sdato, una ^ralulaiìoDe, un coinpli-
mmto ai loro cari od «sii amia. Sono
in le^piadra forma pi^ii<.irri e conc^lt)
ailnili 0 quella elJl. Formano nn trsorii'lto
tatto all'uopo dei maestri e delle imcsire
in di'tte occasioni.
BfBLRMmAnA ti"
THDREAr-DANOIN PAUL — HùaMre de la Monarchie de Juillei par
Paul Tliureau-Dsngìn. Tome iroisième. Paris, Liltrairie Plon, K. Plon,
Nourrii el C", Impriineurs-Éditóurs, Bue (ìarancière, IO, 1886. In 8>,
di pagg. 552.
U Civilià CMtoUai neiraanuoziare
I >lw jnmi loiiu della Sùtria delia Mo-
wareJiM di Lttglio, tributata airiilnslrp
kvHion UM lotte riu:inlo mcrtUia per
rmnie (Ioli il'ÌDgEVOO B Splendore di sUIp
( Dobiltb (li »«nlìm«nlA rflieioso. iiMrel-
amo siocen »1 ìnipsrtialt; per ciù che
i< le opinioni iiilorno jlla bontà
.'in |iarìi«iraLane. L'Accademia di
rniK» rironoscetulo il ntpritn ìDtignc
£ ([pc'iliii' prinit volumi, nccordnva al-
l' IdUtfT il Gnu l'rrmio GoWri, di 1 0,OOU
bachi tti lIii' niH or ruecJniiio al i'\-
pwr ThurfMu-ltxiijrin le nostre (liij a(-
riinrw coograitiluiooi, e iiulriatiio ritii-
JjUi t^tn-aeta cb^ b Meua 3«ru^ sia ptr
loanri'Bl tomo urio drlb Sioria, venuto
in loM tu') corrrnte anno. Inipnrorché
e l'AcKMicaiìa lu il diriUo di diTrcinrc-
i fnwn>* per doe anni coii»(.'ctttitÌ nILa
ttaa tipera, e Topcr» del nostro Aritorf
(4rgiÙBÌiD:) di oltenprlo; aric$ocliè tuuc
le q«jit& FSn-ttiu dt^'dut primi Tnlunii.
Il wniDÌr»Do [lel leno, pri, te non for-
l'anco xaperìori.
L'Autore iafalti, sta per In oaiura e
qulità drllr com! eontimntc nel terso
km, fia ptr b pernia die si Ts «cmprc
■lipofe con IVsiTciiio Min «crivcrr,
ki aputo f|ui dure alla lutrraiione de'
btli m non so che di drammatico the
<Utta e npisp l'aniiiK) del lettore di
fom. che ioromiDriaU aaa volti) ta lel-
uin noti ti pila piìi deporre il libro. Or
limati HlMlo «rtanionle noicvolàssimo
«meda pia cjiuse; dalla ^iista propor-
noUf Mìf parti; dalla variai p dat con-
iflMa ilei caraUKi-p dp'pi-rsanaftK) ^iiipm-
duale »piT9so al VITO v conit- volpilo
dall'Anlorv; da una qiianlilil di no^iie
pariicol^ri ittitole liiiora e li-aitc da <lo-
catiieiiU iiii;diti,dl iinrddolÌ.ilÌ motti vivaci
e<l aiyuli, che- rittuiinl^iio lu rìta ÌEitinia,
le uonIJdenzf di nmìri. di diplomatici, di
ministri « del He slo.*Mi. L'c(|uÌlA de'fiu-
dixii iiitoiDo a'fntli e alle pt!i'MRf\ a'Ioro
uierili « (lemifrili, ì^nta ipiriln di ptn-te,
5(!iiZ3 passiOM!, A Qu' :]Uni i|iia[ilè chr
iiiPiitn' ci Ta ?«tiiiiarv di Atnaiv lo Jloricc,
ci renili- alU'oi pii*! cura e gustosa la sua
narrali Clip.
Li- i(uÌKtinni rclJfios'. quelle della
liLx-rlà dcirinM^snamentA, le predicaxiotii
del f*. Lacordaire e d«l P. de llnvignan,
i primi diKnrfi de) piovane Coiitft di' Mon-
uleinlicit alla Camera de'l'arì, 1 xuoi Torti
pro|vtsiti f rjivalirretctii di diliititer la
Glie») cuttolira solo sana apoir et tana
peur, in niiiw a'vollej-iaoi. ;isr indiffe-
renti, a'rrpuhbliiianì, a'cditolici di nome
« non d'cipcru, quali erano di quH tempo
[praAì cli>i> tutti i mcmliri delta ruimcm.
sono TorB! le pa^ltiv più Mie o almeno
emanile cW più polÈDtcmcDte conimovono
t'animo del Itiliore callolico.
A coloro die. arnano di sliidinre le arti,
le trame, ì rìpieclii dfpli «omini politici
cbe )i.iniio in mano il Govcrnii dflle na-
zioni, o^jvei'o l'agitarsi, il coware e il
nriar coniinao drilli uomini parlifrianì,
il ThiiTT» G il Guìtol, macsIrvvolnifRle
dipinti dall'Autore, pi>iy«>ranno ampia
maleri.1 ai utili coiKÌdcmiiuni. T(.'rmi-
ninniu qiioMo rapido cenno, (arenilo ^-oti
rhf! 1 niibili sudori del sìiinor Tliureau*
Ikingin rniitiiio amore per la verità e la
religione ne'prcicnli, riconosceva e kIo-
ria al nome deirAalore, negli aweoiii?
tJNGAlK) EMANULliil — Tobia, os.sìa lo specchio della hiiona religiasa
iatoigVu. Lezioni scfitiur^li, recitate nel Duomo di Cerrelo-Saomle
112
BtBUOCHAFIA
dal Cjiv. TiM)l. Emmanuel» Ungaro. Socio di varie Accademie. Cerreto
Sannit'^, tip. dì Fasiiuale I.en, lS8j. In 8, di pa^^. 284.
La racRÌ]!)ia ^ il pf-imo 'Iciwnto co-
slìluiivo della socielii; poiché Jnll'a^^e-
^alo ili:Ili! Fjintgli^, iiiiilIrJiU'fla aa pho-
vijilo L'omunc di nulorilà rìsiiilla il con-
»oniio cìTÌIe 0 nmam società che voglìn
dirsi, [tonde r.oiK'>(riiilo rlic la ben ordi-
nala i)iK:iplina iti?1lp ^m{!(>te rsiiiìKiJr é il
|irimo e pili ti eressi rio militilo pi-l Iman
jiidumi'ntfi lidi' icitfn »ocii-lil. Fi [lOrA,
noi vi>ili.inio rhe ^li sfoni delln fttilu an-
tisoPJAli? ed iitilicriiiianii np[9iinto coiilrn
la f;imiglia 5tiiio iirinciiKilniiMilc direni,
per alierame iii primft luopo h belln
armonia jmesQ ila Dio creatore e reden-
tore, ed »tliianidcnl« per dislrii^ipirlfl
afTiitto Non li if qnindi mesto più cflk'acc
per opponi >irnzJon<' neh:iin dH nemici
delki socÌRtà e del cristi ani^simo (della
quale aiione pur troppo vediamo coi
nssirì ocelli i p^inii eflettl) die rinvi-
gorire i vincoli tiAtunill delh f:iintj,'lia fd
aggiacitiervi q unii 'd Ili riiii ["wririioiit' che
II' TKÒ il cn«ttani^ino. f. qncslo ^ il
concetto tha b voltilo iraiiegiciaro il
eh. Can. l'ninro in quexio cono di Le-
lioaisuitliirali. .«crfrtir-mlo alale nopo il
Libro di Toliiis ^irronn* qiiHIo che offre
un tipo pi'rrollo della iaini^'lia, sta coh-
sidenilu ncirontinn naturale e sia nrll'or-
d'ruo so[ii'aniinturalr. K^li dnnquo pcrcofTF
il dello libro, espnni'iiila ordinai:! mente
la stori.i ihe vi e naimiit, toimiieu Landò
le esimie vinti drl pran Patriarca ifi.
Nef)i>li,cUe fa rilevare d.ille orrìUli tXnttt i
in cai. permettendolo IdJio, fo mtSM
dalli- condizioni di quei tempi, tIaM;i Ma
rpilMui n tutta jH-itovu ai prrc«lti Mia
\cg^i', e da t-nnli altri ca*i ed aTTenhirp
che il lr^;[orii) in quel Ithro. Nrl qtnle
ordito egli ha »«inpre la mitn al .'^uo coi*
cello principile, die. comcabbìain ck-lto. t
quello di far rilegare il tipo della perfriu
Tamiglia, segnata ini'' me nella nlncaiiooe
del Huo ToIjìoIo, che riu^vi anch' eiaA oo
esempio perfiMta di sp»so srcoiido il CDOre
di Ilio. I.e r|iiiili con^idpra/ionì rieitf pOf
il dotto e.'^posiiore applicando n<><;ii nccoa-
ciamentc allf condizioni Hei noMi-i tcropi,
coarorme il santo Une inteso dn prìnd-
pio, di propon* le norme e soffrire ì
penti pratici per la riforma cristiana
della ramipl'^. Crrdiamo che cguet bene
che potè operare nella piccola Tn-reio b
pnrola nJila, |>otrà piti ampiamentr op«-
nrlo 01*3 cMe ^ pubblioala \w le Kiampe:
ai qtiirle effrlto concorreranno non poco
eli estrinseci urnum:-nli ili-lla Torma, colta
ed clo^nle oelln sua «empliciti.
VBRDON.\ (ilOVANNI - Sac. Giovanni Verdona. Panegirici. Volume
primo. S. Pi(r d'Arm-i. ijp. e Libreria S. Vincenzo, 1886. In 16,
di pagg. :t54. Precto lire 2.25.
Non poteva iiKOOtrarc que*lo libro
nn (rioflice pii» compelenle a rili-vanii' i
pregi, ni l'AutorB di e»o un amico prii
passionato a faiite apprrxtHre lu dolce in-
dole e le care virtù iacrrdotiili che IVmi-
neiitistimn Cardinale Alimondu. al qu.ile
i;lì t>fTPp editori Salesiani lo Ikinno inii-
lobio. Il daiiiffiimo Porporato a tiiostnire
il fommo ^nvdiinenlo con cui accetta la
dedica, ricorre cotl'nnimo ai tempi della
prima ^oveniCi nei quali Icio^ col defiiHio
Aetore qncir inUuia amicizia cJie (hiÌ
nianienrH>i'o»emprc inviolata nfli nrgiteoli
anni; e fa deirnmiico un fndele ritrailo.
nnn&aiM piùnuKibileperlegìngcdai'i vìrtb
da cui risului, 0 più amnairevole per la ,
mano maestra che Io conduce. Ciò vaia
» far concepire Mim:! ed amon; vene
l' ilhwtie defuiuo \'*t le sue eitregie qaa*
\Ah tu\»n\i e piT reccelteuza delle 5iw
Tinti. M;i piti utile da an altro lato lifr
scirA a) lettore il t'ifU^'o che un per-!
sonii^Èo di tanto mi^rfto di drlleopett
oratorie dfl compianto amico. Ntuno co-
uiBLiocnAnA
H3
r>'it>i>' [iiu iniinuiQfiiif il Venjowi dt-\-
l'fimiru-ntisimo Alimomla; ninno i piti
il evo ii pititCAn- di-I »i<ì milito (ira-
bria, di cbi gode menii)Rii>nti> lo binii
M piò taieiUe orjilare df>ir lulia. Il <)•>•
{U Porporato prcnwtlp, eh« il dilcuo
no amico sin dai irìona) anni nvp.i pcr-
fab ([lusi del mito )ii villa, sicchr ad
am onltoalo uccniote ebbe [nr«lit}ri
A {articolare dispetua; uè mnlto lai-dA
(tw diictiiw a&iltn circa Pur ciA non
|b tobe che con l' inferno «traorrliiinrìo.
cu una metnuna (ironta i- tviiacmim»,
«rato dai din:epuli ed amici che gli
l^nrtana e scrìveviitio «cito In tua del-
atura non pntm«> rinseirR ([oo) valrn-
timtiio tiratore chi- fa d» tutti riputalo.
VoltJ (wgj b egli fOBsiderarp 5i dni |M-
k^mi n«) prewBte Tolunne pubblicali,
f à Belle prediciie, lu^ diaconi e atì
wnimnì di nrtft peucrp di cui chìm cono-
wrni-n 0 per udito o letr^t-ndoli inaii»-
scrilli. Moi riastRinrrido il (iittn in poche
parole, (lo^duin dire che. a ^indino del-
l' i:min<?nt̻irnA Atimonda, il Verdona
andii e^cnlt^ dalle pecclie di tario pnnrre
dei moderni oratori: chr In su;» *I*iue[iM
sì Tonda s^ù-pn i-oia e vìsìa dottrina: che
il 800 KPnerc ritrae, ()u;inl(i olii «oslanu
del tipo clastico SegrirUno, ma aMomft-
daln nella rorraii aljp nuove enKrme;
iiliH mira sempre, aiiclic nei panegirici,
al .solido riuUo defili uditori; che in-
!iornnia e un buon esempla it* a cui faranno
bene i giovani predicatori di conrormarsi.
Noi non «ipremmo che sjiirlunypre alla
Ri'DlL'iKa di trillo iriudici.\ al <in:>lp niuoo
vorrà f.irpil torlo di stutpeiiari* clip l'nnii-
ciiia per poco abbia potuto far telo al>
l'ÌJilelletto.
SXOL'ROUX F. — Us Lìvres Sainls ei la Grttiqiie Raiionalisle. Hi-
stoire el Ri^fulatinn des ohierlions tles inrri^dules contro Ics Sainles
ficritiires par F. Vigouroux fWlro de Saint- Sul pi ce, avec dps lllu-
stnitoos d'Après ìes MoDura^nt^ par M. l'ahhè Dmiillard, Archìiecte.
Tome premier, Paris, A. Roi.'er et F. Chernoviz, fiditfiurs, 7, Rue des
Graods — Augusiins, 7. ISSfi. In 8, di pagg. XVIl-53ti.
iHipo il Manuel bibliqn-! e La Hi- cordiiiio con tanto studio <• (ama opiTO-
Ut tt U* àrcoMverU» mniUrnff, due Mia, quanl'i ^ ricliipftla a .«crtvere operft
tinnì oAblliiisimì. Il secondo *]ii<ci3lnìeiile
fw Uftità di enidiiion*" xccHi e ivfon-
ita, lodalo aocbe da dotti IVou-tiluiili i;
?Kxla di frsncew ia ledevo, TilluMre
Ik Vigouroui rìiama Treico e spi^lìnio
« ampo per conibaltei'e b critica ra-
ÌH«!iiU e difmdiTe i lìhri sanlì.
CM noti ben cooosce fiuenl" uomo
tftrgin, »i maraviplieri cprtamcnle di
i«dsvIo n-nire innanzi, a non liiiifihì
liii-rrain di tmipn. con in nom qnnlcltn
■ntn e «inlalo lavora Iin]i''i™cli(!' li* oc-
'*[«i>»nì di lui rome ni.-i>rstro di ^rra
Scrinerà nel Seminaiio di S. Sulpim, e
TdMle della *ila frligiosa, e 1«' poche e
hfore thne die (ili concde iino Anto
di «Iute abtNiMania «ramo, non ben s\ic-
Btrié Xitì. wi. /;. /ìmc. tfis
•^^^ ■-■*».
cosi pregevoli e onirei-saluicnte lodale.
Ha chi wrivc <iiii^ti> pattini' non si me-
ravii^lia puuloi tnea'«cchi^ In potuto ve-
diTP B l'nrip TAb, Vipoiirmii: vptiire,
subito dopo il dosìnaiT, alla Uiblioli?ca
NmIoiidIi-, e studiarvi <^ni giorno sei ore
di seguito.
Lo fcopo di quMta opra èqnellotli
cemKillern In crìtica raiìonati;la, cTie
tolse j n'jraic la verìlil. la i.^toricilfi e Ìl
soprannalunile ihi'IJtiri Santi. Nella in-
Irodiiaionc l'Autore divorre con gran
chiuj-rtia intorno alle i-au»*! delie didl*
collS thf s'ini'onlnino nelle Scritliire,
e «f noitia i; discuti: Ic apecJe principali.
p.is-vi quindi a trattata del modo di ri-
spondere olle obbiezioni contro la Uibbìa,
7 27 mar^a 1886
114 MouocnAnA
e mpnn<de prima di lutto a qucllu clip Miinit-liei. de' primi i-azionaH-Mi, de
pu4 ilirsi t'obiiienour univrrtale, e loD-
(tilm«)lal<^ d<rl raiiotuitismo, il miracolo.
L'Autore iì ^prndR intorno ben renlì [ki-
ginP d'un njrionflmefllo Vitretto e vifforoio,
ilovp lu ragione e il buon Sfiiuia liiffncloiio
mirati inwii le la L'ausa il»lla poMibiliUi b
ddl'i-sisLeiiia rta\e e ^lorka del fnincolo.
Nella prima parlf si Ipwe la »tonH
ikfll Bratti L'-onti'o 1.1 Uitibia, e la intona
è diiin p«-r epoche-. Li prima Bpoc« \a
dalle calunnila ili?' papacii contro i Giudei
e i Lihri Snnti, tiiil princìpio del Crntia-
Q»4iDo, lino a Giuliauo Apostata. In que-
sto inrimln s' incontrano (tlì finosiiei,
Olso. Litniino di Suiiiorain, Porfirio. Ip-
rocK l-'ìrMlriilo e (ìiuliano ApOHtau.
Nell'epocn «cuonda .ibbiiinio ^i as-
silli roiitro b Uibbia dnrante ìi mnlio
ICto, L'Afltorc fiiirh prìmicmmente del-
l'onore e dflla rivoprnia in chp la Hihbin
mimici, deRlI AtcttoìMÌ t de^l'inen
LVpocn lena abhrnccia i tempi
■lenii, ft] esordisce con I3 ribrllioi
l.nU'rn. Sc^douo {;lt Anaballìsii, {eI'Ì
doli italiani, il ^ocinìtnetno, l'iinni]
ffiM e Sptnoxii. Ltinso iiupst'epoi
a\tlceiidani) liilora lalinE; e tenpes
npiiarc il pieiinno, « lo KetUcìSBlo <
rìndiflereniixino inrsdr da opil
ritalia. I] capitilo fk-uli inciWiiK IH
6 dcpio d* eseo* leltn, fpgnatamrnt^
ciò cb^ rìf^arda qni-l Giordano 1
che ora riceve onoranze |H'etSQcbft i
da' noMri po^nni iint«enitarii. ami
strati ((alla parola v. dall'cspnipin di 1
niiionali.ni « ma«onÌ ioliaoj. Fli
col tivo ilesidrrio di vuder pratoM
a qiiMlo primo il nAcondo Uhm cb
aifi^ mono bello pd importante. Id',
lustrai ioni sono mollo belle v accre
éni tenuta; e poscia inìta delle fiMte de' pregio all'opera.
WKRNER P. 0. — Atlas iles missions caiholiques. Viogi can«s leiis
«vec lexie explicatif; par le H. H. 0. Werner de la Compagni
J^sus. Trailiiii de rallemanil, reviie et augment^ par M. Vah
Gronier, aiilair ttti planisphère des cmyancRs relìgicii.ses el deS'
sions chn^iennes. chevalier de l'ordre Pontificai lìf. Si. GtégoU
Grand. Fribourg en lirisgau^ B. HciTler, lihrairp-i^dileur,
Id 4, di pagg. 4i coli uvola Preuro fr. 5. I^ato fr. 7.
CRONACA CONTEMPORANEA
Firente^ 36 morto 18d€.
COSE ITALIANE
». it g«ictKac« ili Ile liiiluTlo — 2. Rìftpwliirn M\n Camera — 3. Scarso nu-
twro ili dt-puUli alia Ciimrra e h ^ÌLuniioiic i1i-l Giiliiiii'tlo — 4. I'q (lasco <li-
|)lonialtco — 5. Le oojie d'arperilo dciriuilia uiiilìcala - G. IJ line delia
<lìKossioiic faierate sui provaci! imcnti lìnnniiarii — i. Il Ca[i<:Hliuru Rìsmiirk e
Lmdc \11I. — 8. La (|uc5traiie del polens li'inporale — ^ U dislnnìcne di
Rana e Vvscià\<> dei Cnbiii A{vn5taltci — )0. Il disasiro ferravi:! rio di Rao
cabnrna — 11. Canini siulomi — 12. P(;ll«griDaggi regionali dciriJin'ra dri (."on-
frtHÌ CaltnJieì a Loreto nel ms^o p, v.
I. La f»iU oaLalìzia di re Umberto i\\ mollo fmlda in li«lia. Faite
(Wbe eccttEionì. &i può dire che in qud giorno nevicasse io tuiia la
pnisota; e, dove uoa cudde neve, ljras.se uua brezza che iiTtgidìva. Ju
Boltt laogbi oon si poterono fare le coii&ueie parale iniliian, né le lumi-
one più 0 meno odlciati, né alcuna dì quelle manirestaxionì di uiw, alle
fuali t giornali della grepfNa sojiliono dare grande iroportanz». forse perchè
pnrzoQo loro materia di riempire le loro coloone di descrizioni, gonfiate
<air adulazione.
Io occasione |mì detta sua festa natili/ia re Umherlo fece alcune grazia,
In le t]tuilt è notevole quella al Sani, al Mollo e ai compH^i, (-ondannali
I {orecchi anni di carcere dal Tribunale di Roma a lifjlo di rik'tlione,
perchè netta notte del Vi lucrilo t8K4, tornando da un liunclioito, tenuto
ÌB campagna, in commom orazione de^li aiti selvaggi e sacrileghi com-
à coolro le venerali? spoglie del Ponteflco Fio tX di s. m. nella luU
|4Mta noLte del 13 lui^'tio IHHI. volevano passare da piaeza S. l'ielro, al
tfce si opponevano i luiiztodarii della quesLma.
'2. Il lù di mar^o, dopo dieci gioriii di ripuso, e per conseguenza di
II, SI riaprivano le porle di Monlecitnrto. I,' ordine del giorno portava
^ireniaselte capi, a cominciare dal disegno di legge [)er la dioiinu/iofld
U prezzo del &ai e, che era il primo, sino a quello dell'immersione emanu-
>^'jne dei cavi telegratìci snUoraariui. ch'era l' ultimo. Ma il vero ordine
gioroo, tanio di quella prima tornata, quanto delle altre non si riduca
1 16 CROrtACA
che ad auerrare o so&lniprc il Ministero Dfìpretis. È avviso però di moliij
che quejiio dei proweclimenlì finanziari), con cui il Governo intende rìj
rare al vuoio dt^lla di mi [milione del prezzo del sale e dell' atlevtainenio de
pesi clic opprimono la proprietà rondìaria, sarA un campo meno propino alt
imprese dcll'opposiiione. Costoro non sanno comprendere con nual fa
damemo 1'oppo.sizìoRC rimanda !»)ccon)l>en(e in una qiipsiinne d'indirìi
generale, iu cui erano cerio molli i I:ut detN)ÌÌ della politica miuisieriale
possa ancora sperare di vincere in un'altra questione, nelb quale e deal
e fuori la Cimbra incontrereblie meno Tavore, Iniperocehè si itatta di prov-^
vedimeiMi, alcuni dei quali rappresentano i)n vantnj^gio i>er certe clas
e che DOii m polrelibero respingere seaza produrre m alcune proviuce
vero malcontento, del quale profiiterebbero naturalmente quei i.ili cbd
volessero opp'Xsi alla rielezione di un deputato, dipitigendolo come ne
mfco; poDiam% che t^ia la diminuzione del preno del sale, ovvero
sgravio parnale dell'imposta fondiaria.
3. I giornali hanno bmeotaio lo scarso numero dei deputati
Camera hassa; dove dei 470 pre-seniì alla votazione del ó marzo,
vi erano che soli Ili? il giorno lo, i più ministeriali, e appena 90 >
l'oprio^zione. Sì spera dì vederne raddoppialo il numero al duplice a]
pello. Il G'^vemo intanto paro disf>ostissimo a cedere su tulli i punii il
controversia accettando tulu- le delilicrazionì prese intorno a\\'o-/inìb
Hnanziario dalla (ìiunla parlameitlare. lu lai caso luancherehbe all'op;
sizione ogni preiesto a comhallere, ed essa dovrebhe aspeliare coll'arii
al piede un'atira occasiono per ri{.)elere il voto del 5 marzo sopra un'all
quc^lioI)e politica. Cii") non toglie per altro che dal Dopnnis siano ani
vamenle c<^>[]iinuate le pratichn con gruppi e deputati influenti per induri
a modìllcare i l'irò crilerii sulla presente condizione politica. Comunque ;
la aìiuazione del Gabineiiouon è scevra di perìcoli, uè niaucano al pr
sidente del Consiglio gravi preoccupazioni, pel lìngiia>rgìo che i due
ddla stampa liberale continuano ad adoperare contro di lui, chiamii:
dolo in colpa di quanto si può imma^nare e dire a condanna di un
di Stato. Ebhene, contro questo fuoco incrociato di imputazioni, «
accuse, il Deprelis, che sembrò dapprima volersi dimettere, è ora più ci
deciso a tener fermo e a rimanere a qualunque co^o al potere. Per quE
i fojfli ministeriali del giorno II, ci davano l'ann'inzio che, in sognilo i
Consigli dei ministri lenuli nei giorni passati per esaminare e dLscut
la siiuazioTie parlamcoLare creala dal voto del 5 mai7.o, il Uabioetloi
venuto nella dKerminazinne dì presentarsi compatto, qual era stalo prie
del voto, alla Cantera, per propugnarvi l'approvazione dei provvedimene
lioanziarii. Né male sì appoMa-o.
■i. I.a risfiosla fatta il giorno 1^ marzo dall'onorevole ministero d{
affari e.sterni alla interrogazione mossagh dal deputalo Maurigi, riguard
alla missione di cui era incaricalo 11 generale LV>zzoliuL, ha messo a ri
COiVTBHPORAMeA. 117
mnfe non pure il campo dell' opposizione, mn 41 ludi coloro, che, come
od, luutiM secupre riguard;iio Ir cose (IflI'Abìssinìa un vero punto nero
per la politica colouìale (!'It;ilìa. Altri inraiti chiama il rìinrno del ge-
nerale una guanciata liillilia allMulia dal Ne^^us, altri una cattiva flj^ura.
Il Popolo Itomano ha cercalo, ^ vero, dì rappresentare il ritorno della
miflBioae diplomatica corno uoa determinazione prudente pi'esa dui mini-
siero; ma sna parnle jier colorire uon disdetta. Mollo ìwm\ poi »iti riu-
scui a persuadere amici e nnmicì gli arlì(l/ii diplomaiiri del ItoNìldOt.
Ouesti. per non dire che la missione del generale Pouulinì era andata a
Doote, ha voluto dare ad iuieodere alla Camera, che kI era creiliilo Tar
bew a sospeuderla. È vero che i! RoUilnnl non entra direil»in<>nle |Ui-
gsinre del ^asco presso la nazione, [lerchè tutii sanno, clif anclie questa
corUlleria Tu ideala dui genio di 1). Pascjualt! Stanislao Mancìui; ma il
bllo è un latlo. factum infeclMm fieri nerjttH, eonie le .•^cnse sono scuse.
La rerilà è che il Neijus dì Abissìnia nnn ha volulo sapf^re nemmeno
di ricevere la missione italiana capitannin dal Pojtzotinì. e per fìirla piti
spiccia, col preifiito d'aver-e a comprimere una ribellione in nn punto
auai remolo del suo regno, ha mandato a dire al generale italiano di
Ut fognilo col suo i^egiiito e coi sii>>i doni. Questa ci iì pavsa come una
9Kon<)a edizinne della viglia a Vienna non ancnrn reslilulia, con questo
divario che il Re Imrharo ha Tatio meno complìmenii, ma in conc1u«iione
rtia faito capir ctitnro.
5. Il 17 marzo riialia legale dall'Alpi al LiliI»co avreblw dovuto cs-
mttin fesu; come no? Essa avi-chlw^ dovriio celebrare le nnwe d'argento
dell» saa unità e in(li|}enden/a; |>crchi> vi'nilninqtie anni h appunto in quel
^no fu proclamata la costituzione del Regno. Invece appena un cenno
uri ihornatì, un cenno davvero glaciale somiglìanle al Kilentio. Perchè?
U Tribuna nel suo n. l'i si sforma dì Kpieuiarlo cm dire, che questo hel
ngDO è venuto mt-no al programma tracciato dal Cavour, che con Napo-
Inne IH e il Mazzini fu uno dei ratlori dell'unità ilatiana: donde la causa
ddI'tndilTereiiu puhblica. Noi e con noi nnlU allri peiisiiito che la vera
anca cau^ di sif^alla ìudìtTerenza dehtia atlrìbuìrsi all'abuso che si è
bUo di questa uoiU, Tacendola «servire a tuti'aUro fine che quello di
nodere l' Italia una nazione grdode. pro«:p«;rj, concorde.
0. La di*icu!»ioi>e generale sui provvedimenti tinaoziarii se il giorno
17 marzo non fu votala, fti però esaiiriia. In quel giorno parlarono ben
dio deputati senza comprendervi il rchtore on. Ltranca. La discus^iione
il complessa fu dagli uomini competenti in queste materie giudicata
nga^ tanto che ìt relatore si è trovalo a non avere alcuna ohhieiiinne alla
la^ da combattere, mentre t stato nece.'ìsdrìo al m)nt<itero d'agricoltura
e Gomaiercio esporre le ide« del Governo circa i dazii proieltori dei
cereah.
Uoesta è siala la precìpua que.sLiune sollevala iu questa discussone,
118
CRONACA
e sollevala conlro il Governo da Ire rappresenUnti dei tm diversi grvpp
io cui si divide l'omogenea niaggioraiiui che sostieoe il Gabinello Dfr-
prciis. In sostanza opposizìODe seria oon ce o'è stata, e il (ìoverno ha
fatto quanto meglio ha potuto per mettere un termine a questa cliscusi-ionft
7. Perchè ucerlo? Jl telegramma da Berlino al Journal des D^>at$
dì Pari^ ha messo sossopra il campo liberale, si ctie per poco leocbt
del Catn pi doglio non hanno gridalo: la patria in pericolo; oiveant eotè'
sHies/ Ma se non hanno parlalo in questi termini, non hanno però di:
simulato il loro dispetto; e chi sa a quale lingi)agp[io non sarebliero irt*
scorsi, se la paura tlel formidabile nomo di Stato tedesco, oon li avesse
costretti a mozzicarsi la lingua. Quel lolegramma infatti nel quale si
aunmizìavauo le parole c1(?lle da Itismark, nel pranzo parlamentare, io
oiua^t^iu a Ijfione XllI « designandolo come uno degU uomini di Stato
ptH aettti « più iilufninatì dei tempi attuali, il quale ha rìconosciuU)
l'importan/ji di una nazione ronservairice e ben ordinata, come, la Gè
manta, nfìH'Kiiropa centrale », quel lelognmma, diciamo, confennalo dal
corrÌRp<)ndeute lierlinese del Times di I^oodra, delta Neue Freie i*rtas9
di VicjiQa, e da tutti i più autorevoli organi dell'opinione pubblica 1d
Luropa. ii stato ed è ancora una pugnalata al cuore degl'irreconciliabili
nemici del Papato. Sul principio i giornali liberaleschi d'italia non voli
lero crederci; e il Diritto di Roma andò lant' oltre nella sua incrediUiiA
che non si peritò di scrivere, che quel lelegramma fosse una frottola be~
vuia dall'Anemia Stefani. Ma a poco a poco fu forza convincersi che k
parole erano state proferite dal Gran Cancelliere, e per non |)arere stupidi
0 mentitori, i giornali stessi che aveano gridato alla froltol», cambiarono
lattic», e subito si misero all'opera di attenuarne !'imp'Hian/.a, liircndo,
che quelle parole sonavano cortesia verso il l'onlelice, e punto uiiuacci
a quell'ordine di cose che in Italia sì è da un quarto di se»)ln sljiliilitn,
A noi non appartiene di indicare se l'einineuLe uomo di Sialo dell'impera
germanico abbia voluto, facemlo l'elngio del regiiaiae Fontellce, tra:
parlilo per eloi^iare l'opera propria; per noi «ta che l'elogio è data e Doa
si può distruggere a murctr) iti.s|teiln di intle li? invidie dei pirmli uoraio
di Stato, e di tutte le liiue dei liotoli della stampa. I-M C lauto più do
levole l'elogio, in quanto viene da tale di cui si tia motivo di cred
che oon abbia ancma smessa Javversinim che ei nutre contro i catlolicÌT
comecbè la sua politica verso di essi sia diventata da (lua)cbe tempo {liii
mite « più coDciliaute.
8. Le parole di lode e di aramiraeionc che Di.smark ha proferito
suU'alta mente e sul senno politico del nostro Santo Padre leeone X\U,
liati dato occasione di parlare della sempre viva questione del potcM
lentpnrale. Noi non riferiremo qui nò le spavalde minacce dei gion].
pentarchicì e radicati, ri^ le in^tmiiaxìoni inalile ed ipocrite dc^li or-
gioì odlciosj; qual prò? Sono oggimai quìndici anni che ci sentiamo
(»HTEUI>ORAnEA
119
iBMriiaLe le orecchte dal ripelio dd famoso delUi : in fioma ci siamo e
«i rrsbmemo : senza dubbio, Diolli ci son rìmas^li, 6 Qi')lti aucbe, se, a
Dio fiiac«r& di prolungare ancora quesui terrìbile prova per la sua Chìes:!,
0 resteranno: ma l» questione è di sapere se ci resterà sempre la rivo-
botoe. Forse perchè ci resti et<^riiamenio fu scrino l'articolo dell'Odi-
In esso il ^tornale del partilo rivoluzionano moderalo, potievu la
cbe la coudolia di Bìsmark potrebbe rendere necessario al Goveri»
lUtUaoo di modillcare e ammorbidire le sue relazioni col Papa; a patto
però cbe sul passato non si ritorni. « Nulla impedisce però, dice, che s«lle
b«n irrevocabilmente stabilite, le relazioni tra il Papato e l' Italia assumano
15 carattere meno a-Sfiro. » Ma VO/iinione igiinra, o fìnf^e ignorare che
uo c'è diritto rooiro il diritto. C'uii^di, lasciando da parie che queste
tesi non sono irrevocabilmente sibilile se non ueU' immaginazione del
ponule rivoluzionario moderato, e che il Sommo Pontelice é per dirìiio
wmfK il sovrano del buo Slnto, e lo ft in modo imprescrivibile; \'0[tmwnr
Ha può ignorarfit e se l'ignorasse potrebbe chieilerne all'onorevole dì
Bobilantf che Dell'ordine diplomalicci, nessuna Fnleiiza ha mai detto che il
Hftk aou sìa il sovrano del suo Slat<i ; tJiiU) vero cbe il (lorte dovette, al
Qttgresso dì BeHino, ritirare la mo/.iojje da luì falla a nome del Governo
Italiana, che fosse riconosciuta dalle potenze riunite io Congresso l' Julia
«li eoo Itoma capitale. Come dunque asserire cosi caiegoricamenlc:
Boti sUtbfìtttf sul passato tion sì ritorna?
U earioso si è che la Riforma, commentando l'articolo ùeìV Opinione
proromffe in queste parole di una spavalduria che tiene il luogo dì mezzo
Uà la grtHaijgKte e il ridicolo: < Sarebbe pessimo consiglio, cosi l'organo
dì Fraucesco Crispì, sarebbe ora pessimo consiglio di piegare dìnnnzì al
Vaticino per paura di Dismark, come, pur dicendo il contrario, Unisce
»l consigliar VOjunióHe. fedele in questo ai suoi vecchi ideali. (ìontro
Bismark, contro il Papa, contro miti, un solo conteso può valere al-
Viulia: quello che s'ispiri ail una coraggiosa e risoluta tutela di lultì
gl'b)tcre>si morali e maLerìalì della unzione; primo dei quali è certo
l'iidìpemltìnza dall'oscuraniismo, dal Valicano rappresentato. > Anchn il
tlfispì ha tlitnquc paura! Ma paura di cho? Che riiorni il potere tem-
porale dt't Hajia? Chi .sa? Tulio ^ jioNsiliìEe a que.sto mondo.
9. D'altra parte che ci sìa per l'aria qualche cosa sì sente da lutti,
udie da quelli che alTeltano ima certa inUiUercD», come se si tenessero
per Kìcurì da uno di quei colpì con cui la Provvidenza suole atterrare
k più suf<ert« altezze. La prima a sentir rapprcs.sarsi della lempcjita è
Il Massoneria, la quale, perchè il Pape non le sfugga dalle mani, né
Roma rìloroi a lui, come prima, ha pro.«:> 1e sue precauzioni, e avvisato ai
provvedimenlì. Si legga infatti la Capitala del 4 marzo e vedrassi, che non
ci «aoM malo apposti. L'or^Mno dei radicali scrivea in quel giorno. « Il
Vaticano, ora assediato, fra pochi mesi sarà bloccato come una fortezza...
I?0 CRONACA
UD rìcchissimo israelila di Torino ha acquistalo proprio sou^) le mura
del Valicano iioa larga mai d'area, al solo scojk» di erigere ìi un colo*-i
sale tempio israelitico, uoa specie di mole Adriana, dei cui siiidii e di-
segni veoDe incaricalo l'ingegnere Arnaldi. > t^ la Cnpitnìe conchiude:'
« 0 e' ioganniam'}, 0 questo è uno dei mezzi pii( pratici per tscìuglierai
Ja questione vaiJcaoa: si meiia il blocco ai palazzi ap'>stolici; il prt^tK
niei'o 0 presLAo tardi dovrà arreolersi. » Ma questo, se noi vediamo nuUa,i
è dar raj^ione a tulli coloro, che con il Papa dcpinrann Io sialo di raorals
e maieriale prigionia in mi da piii dì tò anni gt^me il Ca[>o della Chiesa.
U Lloi-co, nd assedici che vogliani dire dei palazzi apostolici, nei biechi
disegni della Massoneria è il primo mcz/o per finirla col Papa; il secondo <
è la dislru/.inDe o meglio la trasforraa/irtnc di Roma orii^iiana in cilU
inieramenie civile; un tenlativo cioè dt ritorno al paì-Mnesimo. Di questo
è un pezzo che s'erano accorti gli uomini di senno, e doì, con luna la
stampa cattolica, avevamo in altra occasione gridalo al Vandnftsmo
rivoluzionario che col martello in mano si arrabaila a mutare di punto
in tiiauco il carattere cnsiìano della ciUà dei Papi. Ma i giornali libe-
rale^clii aveauo fatto orecchie di mercanle. Non cosi oggi che alla voce
dei giornali caliolici si è uoìia quella di autorevoli e compeienii «iranieri,
che questo empio vandalismi) massonico hao tolto a sfatare, come coo-
viensi. Tra questi, dopo il Mommsen « il Gregorovius, si è segnalalo il
prof. Ermanno Grim « chiarissimo scriiiore d'arie e di lettere », come
Io chiama la RasseffnOy ed è di fatto. Ura il Grim ha pubblicalo testi
nella Deutsche Uudschau dì Berlino una sua leiiera magistrale da Roma,
che ha mesiio a rumore tutto il campo hberale, dal Governo al Municipio
romano, dalla Sasseyna alla Capitale. Il Grim accusa gì' Italiani inse-
diatisi a Roma di aver fatto qtiod nm fecorunt barbari, e di conlinuare
a fare quello che non si permisero le bande luterane e calviniste con-
dotte al sacco di Roma dal Conastabìle di Borbone; né ^h con parole,
ma con fatti di tanta evidtwza che nk il duca di Torlonia in Campidoglio^
né la Ritiseffna col suo Siminnco han potuto meiiomu mente indebolire^
Lo slesso C. Guerrieri -Gonzaga non polé a meno, vinto dall'evidenza dei
fatti addotti d»l Grim, di confessare « che alcune delle cose toccate con
aspra mano rial Grim, ei paiono degne di discussione e di considerazione.
r.a nuova Roma pare incamminala a gareggiare nel hrultn, nel mostruoso,
nel volgare m\\p, moderne ciuò, mentre poi, assai meno di queste, cura
l'igiene e ciò che serve ai bisogni ed alla ricreazione del maggior numero
dei cittadini. > hi coochìude: « Facciamo in modo di iraiieaerla su questa
vìa che in pane disdice al valore-storico ed artii^ico della vecchia Roma,
Cd io pane ai piii alti interassi della nostra (?) capitale. » Vana lusingai
« 1 democratici, dice l'egregia Unità Cattolica a. 60, si vantano di
migliorare Roma colle loro distruzioni; ma essi non sono guidali oell' im-
presa stolta che dalla rabbia contro la Chiesa, e dall'avidiU del lucro. »
CONTCMPOAANEA Iff
10. n ilisairo ferroviario «catlmo m Montecarlo « Uoceattruna il
IO ÓMrzo è slato sfiavenievole più che nm sì fosse credulo sul M prin-
dpto. La eaiastrofe avveuoe a '200 meirì da Moniecarlo verso Rnccabruii»
utpT* uu perit/ilnso iihìpiano in piTOpetlo del mare. I dtie treni viaggiatori,
pQveDiciiti l'unn da Suza e perciò dalla Francia, e l'altro da Vcniimigha
t (CTÒ dall' luilìa, spinti a grande velacìlA, sì urtarono in modo spaven-
tefolc e jjfueinironn iiuasi l'unn denlm l'altm. I vagnni e le macchiutì
hraurono un niUL-ciiio di roviite; le macdiine andarono in frantumi. Tre
nguoi, ici cui si trovavano cinqtie via;.;giaiori. e la parte di una mac-
dtitu preci|>iLsroiio in mare, V.a capo-iieno mori annegalo. Si ^ voluto
tv credere clit; i morti sieiin siati IO e i feriti SO, ma si assicura che
li oumefo .sia ittai > ìtea ma^^iore. La colpa della caiasLrofe pare che
ridila in ra(>lia parte sul capi sia/Jone di Montecarlo, che venne arre-
nalo; aiK'lie il capo della stagione di Galté-Hoccabruua non è scevro di
r«^p<>Qsatillill
L'Iieriori notJEÌo pervenuteci aggiutigooo che, il friomo Id marzo. «
;proeed«tie alla islmtioiia contro il capostiiirionR di Montecarlo, e furono
tutninaii lutti gì' impi&^ati che trovavano alla .sta/ione il giorno detU
utasirofc. lindicì uomini di suppleiiieuio entno .siali spediti a .Montecarlo
jKtkn il servizio di coloro che furono esjiminitti. Il capo stazione Chapuis
( rolpevnle di avtTO confuso il suono di due campanclln. Quando infolti
li cjm[iaoa son() due colili, cift che significava il treno essere partilo da
Kocc^Firuna, Chapuis senza liadare al rumorn dei colpi, credeitc che
bue uno dei suoi impiegali che dava il segnale della parlanza del treno
Jì Montecarlo; e lasciò che partisse, credendo libera la via. Il suo errore
(u dunque la eausa della catastrofe.
11. Pochi socialisti, non più di nn centinaio, snpravvegliali da mag-
^or ournero di potiziolli m assisa ed un hr>rghese ehhero il ticchio di
caniMinorare il 19 la Comurm parigina di scelleral;i memoria. Al Campo
Vanno dt!(x»sero una corona sulla tonila di un loro collega socialista,
du non el)t)« mai a far nulla colla Comune; ascoltarono un'arringa
iNigovernaiiva e antimonarchica, non mdto lunga per verìU, liscliiarooo
«a ispettore di questura che cMie il coraggio di chiamare al dovere il
fwwo oratore [nijur.irsi! im tipografo a nome RoiclliniJ, urlarono e sma-
oiarono un poco, ma poi si mÌ.sero la via tra le gambe e corsero a bevere
n gotto alla salute dei comunardi avvenire. Ma la vera commemora-
liOBe fu quella che si fece in due tarverne presso S. Lorenzo extra
mùaiia: colà demro si mangiò, si tracannò, si Lrìpiidiò senz'atcun grave
iDcaDTenicnle, dacidiè i (fuoslurini facevano hiinn servizio, o d'altronde
iumpi non sono ancora maturi... ma matureranno.
Dove le cose andarono male fu al Testaecio; quivi una mano dì gio-
avvioazzati penetrarono nel Cimitero dei pniiestiiuLi, divel^ero la
che sta sul monte, la fecero in pezzi, che poi gettarono ijua e coli.
122 cnoNACi.
Vi tu qualche opposÌTÌone da parie di atcutii guardiani municipali, mi
gli empii rurranti la vinsero, sicché poterono condurre a totale cnnijà*
mento il loro sacrilego divisamenio. Il giiaie, hencli6 trattisi di cimiten
protoNtaitte, non cessa di essere mie; ijerocchè da cerla canatflia ti
guerra si fa alla Croce perchè (^coce, luiJitTtìrente \ìm se sia caliotica 4
prate^Lant£.
13. Per predisporre con preghiere e con atti di pietà te Te^te, che
l'intero mondo cattolico prepara pel Giubileo Sacerdotale del Santo l'idre
Leone XIII, il Comitato generale dell' Upera dei Congressi caitoUci (Mr
mezzo dei suoi Comitali regionali sta organizzando pelleghoat^gi ndlt]
varie Itegioni d'Italia per vì:^iiare ud p. v. mese di maggio la Santa Cm
di Loreto.
]l Santo Padre I^iie XI[], dietro ist^nM umiliatagli dal medenmsj
Comitato generale, ha benignamente concesso che la visita che si IMJ
alla Santa Casa di l^reto dai pellegrini organizzali dall'aniidetia Oj
dei Congressi cattolici nrtl maggio p. v., valga per le sei visite prescritte!
pel conseguimtMiio del Santo Giubileo, purché i pellegrini compiano um^
vìsita pfr una sola volta alla rispettiva Chiesa Parrocchiale.
Sua Eccolleon Ktùa Mons, Vescovo di Lornio si ò compiaciuta Ji.
auloriziare i <accrdoii tulli, che prenderanno parte agli anzidetti pelte-]
grinaggi e che sono coiifessori «elle proprie diocesi, id esercitare
mimstero nella loro dimora a Loreto.
I Comiiaii regionali della suddeiu Opera sono particolarmente li
ricali della organi/zazìone di questi Pellegrinaggi.
II.
COSE STRANIERE
ami
FRANCIA — I. Asicnsione del!» Francia iieltn quesllono ori.^mnlc — S. La
i-eonomica — 3. II bando d'unii Orleans e rfiìi Uoniipsrte — 1. La ItlnrU iti
porre i runrmlì cì?éIì — 5. Ii'n«v.-iiil>lei3 f^eaeratc (t« Circoli cattolici open!
PorlKt — (}■ La c«Hbiiiu dt;! V«»oto di Pumìers — 7. Udo rotta intHSMilia
Porip — S. J^ rallacie ilH imitato conchioso col Mada^'aKar — U. L'aiuil
sario di-Ila (tmnuDO. — 10. hnìlo al Coaicn.'sso vucaii^lko di Tolina.
1. La sola Francia, quantunque la sua azione diplomatica sia stai
eguale a quella delle altre potenze, si è asteouia dall'iuviare le prof
navi neirpigeo. È staio \i«r opposizione all'Inghilterra o alla ijirrmai
che propugnano gl'interessi della Turrhia a danno della Orecia, ovi
accorgimento politico di non andarsi a impegnare in una questione rwl
quale si potrebl)cro trovare compromessi i principi! libcrah olio la Fr
professa o di cui sarÀ setn^ire l' antesignana, (Indi') quel l)enedi^to
sari governato dalla rìvuluzìoue? Vi lia chi crede, e noi siamo dell'ai
COST8lffOnA»tA
m
enstoro, che. lulte e (ìae le ntn^tìi aUìman infltitio nella deler-
mnuDone presa di non manilare ie su« corazznte nell'H^eo, come con
tuta leggerezza ha Tatto l'Italia, per avere la meschina sodithrazione.
ebu! riUilta eatra seR]{>rf^ se non la prima, non ultima in Limi i;li atTarì
che si agitano e si discutono nel gi-andn an^opa^o dell<^ nazioni. Od
rimaueiite, che la Francia tenga un contegno prudente e rìstirliato nelle
Uoni estere, k una ini[A>rio^a noressil.^. Assorta ttellc (jiiestìoui iii-
ndla crisi economica, negli sciO(iert che minacciano I" ordine so-
tiàky nelle lotte instancahili delle ragioni polìtiche, è savio consiglio dì
(bi governa la R'ipubhlica. ch^ non disperga di rnori le stie lwz&. Ma
fUMU politica se è un bene da un lato, è un male dall' altro, perchè
iQgbe alla Francia ogni prestigio e la fa discendere dal grado emioenle
che ella el't'C sempre nei consìgli dell'Europa, e Dio non voglia che la
ridarà un giorno a non cadere in quello slato ove cadde la Spagna per
le Mie lunghe e dcsolairici guerre civili.
3. Ma anche nelle questioni interne il ministero Frcycinet procede
eoo grande cautela e palpando le pa.s.>iìoni del giorno. Dicono che il faccia
I«r evitare luUo ciò che potrebbe maggiormeute dividere il partilo re-
rhblicaiio, minacciato sempre più che dalla nutnarcliia, dal soclali&mo.
ta soliU jxiliiica deU' opportunismo, il quale in Franniu come ali rove>
Don mira che a lenirsi in piedi ed avere il mestolo in mano. Sventura-
lamenie la crisi economica b eommerdale si aggrava ogi>i d\ più per ì
coatuiu) scioiicri, ulcuni del quali sono stati aci;ompagnati da fenici mi>
ditti. Il pelosi è die perOno l'assassinio dell' inrelìce Wairain a Deca-
uville, ha travato difensori nella Camera dei deputali. Grande è dunque
j] malessere in Francia, e ci sembrano pr>co adatti i me/zi immnginali
farlo cesure. Qualcuno di essi va addinilura contro lo scopo. Si
ige a ta) grado dì demenui, che per proleggere il lavoro nazionale sì
vorrebbe rendere diflìcile agli stranieri il soggiorno in Francia. Ma quando
Francesi saranno nusciii ad allomanare dal loro paese, e segnatamente
^^lodi centri industriali, come Parigi, Lione e Marsiglia, gli stranieri
prò ne ricaveranno per migliorare le loro scadute condizioni econn-
f tjual poivili) si è mai arricchito chiudendo i propriì confini agli
pnpoli? ivi resto i fautori dì qnesuo provvedimento dovrebl»ero ri-
fluiere clie uno dei mali, a cui soggiace in questo momenio la Francia,
è la iliminuila cspnnanione ilei suoi prodotti, il che dinoia chit gli altri
(i^lì, pr>it(re<liti iicllfì industne, tendono a diventare r>gai giora<i meno
Iribatirìi. Ouesla naturale tendenza non potrà che aumentare per
-^iQO degli slrauìeri dal territorio della Hepublilìca. Certo nesi^uno
<i>Q aspettalo che si pote»iero rimeUere in luce siffatte dottrine in
fiMio secolo decimonono, e pres.so nazioni, come la Francia e la Prussia,
feijuali, sebbene per lini diversi, han fallo dell' ostracisiDn un provvedi-
booto di ecuDOniia e di sicurezza pubblica, come si diee.
L
l?f CROflACA
'i. Uo aliro gravissimo errore si avrebbe voluto commi-linro col bsodt
degli Orleanft e dei Booaparte. Fnnuiiaiitmeiitfl i mitiìsirì otitvro ffta
abbastanza a non Tarsi trascinart» da quel gruppo di rppiiblilicsnì cbe
Tallo dj soperchieriR p di vinlcnzR non la cft'liino ai pii'i Torseniiali desf
che rammenti la slnria. Itjfatii, il l'J di Tebbrain la Conimissiorke d'ini
zialìva della Camera, dopo uditi i miiiisiri e presi gli accordi con
loro, respingeva, con IO voti coniro 7 la proposta Durhi^ di cspnltere di
suolo francese i Principi d'Orleans e di Honaparte ; approvando in quel!
vece, con I f voli contro fi, la proposta Rivet di dare semplicemfiote
ministero la TacoltA di cacciarli in esilio per decreto, se cominelle
alti noi-ivi aria sicurezza dello Stato. Ma questa propoMa, acceiiala
altro dalla Camera, se non é pance focaccia; anti (ptalche cosa di
perchè lascia all'arbitrio del ministero il giudicare sp convenga cspellcrl'
e iien« sempre sospeso sul loro capo la spada di Damocle. In qwaVt
casionp non polca mancare che il principe liìrolaino lìonaparie, ì\
preleudente all'impero, facesse udire la sua per nienie autorevole voc
Il principe Napoleone padre infaiii, ha pubblicato a lale proposito,
specie di raanif.'.sio o circolare che dir si voglia, per separare la caos
dei Bonaparie da quella degli Orlean.s. Però non si può dimpiilicare
sotto l'impero di Napoleone III gli Orleans e ì Borboni furoin barn:
dalla Francia. Ma i tempi sono molati, e d'altro canto è nhìaro che
prìncipe Napolrauc ha pre^iudJcalo sé stesso e il proprio parlilo domai
dante che il ifoverua della Rfpubtdica adoperi due pe.ii e due misure,
notevole, ad ogni modo, die 11 suo manifesto non ha falto né caldo
freddo. Ciò prova che l'autoritii del Principe » k fatta anche più se
cbe io passato, e che nulla ha da temere da lui la Repubblica.
4. Trasformare prontamente e colla forza una società cbe da
è cresciuta alla scuola del Cristianesimo sarebbe una vera illusioue.
sètte anticrisiiaoe in Francia l'han compreso, e quindi si affidano
libertà per in^^nnare col suo nome le molmudini. Cosi la proposta
legge che portava il titolo di ìe>}gf sui funerali cmìi u religiosi è
tornata il 1S febbraio dal Sanalo alla Camera col nome di legge
libertà dell' '•.■requie. f/inioMerante tirannia di quelita leg^e fu eloqa(
temente smascherala nella prima non menu che nella seconda disciiss)<
che ne fu fatta nrtlla Camera. Ma che giovarono luUe le arringhe de
oratori cHllolitn i^er iniperlire <piest' eccesso di tirannia mascheralo
nome di liberti^? I.a legge i: stala iiiesorahilmcnie votala. In virtìi
questa legge il minorenne, l'incapace perHoa, possono regolare prima
morire il carattere del loro funerale, senza l'assisltiTiza del tulore o de
curatori^, ma con un semplice scritto strappalo forse alla loro ine.speri<>(i
da qualche società di propaganda per i funerali civili. Trenta o qui
rant'anni dopo la morte, sebbene il dicliiaronte sia trapassalo cristiana
mente, se non v'è stala una disposizione testa monta ri a, il cadavere di^
co^TEM^onANeA
125
' !■? [iroin-icia JcH'aifisum. i cui agenti ciierplibem la famiglia
lunaazi al tribunale del sìu'lice di i»ace. K pnicliè non è iwssihile
'1 definire io 31 ore [(lerioio diiniDlc il quale può sospendersi l'inumi-
Tiriiii^j U> (iradrlie necessarie iHjr In viiriliea delle scriuure, delle maai-
hia/jo!ii di volouiiì, eer. cosi il sitiJac) ette, come il ^indire di pace,
f uà iltpentlenU.' dal governo, ptiò ordinare provvisoriji melile ì) seppelli-
I <- m$\ l'erTeito di un runerali; laìooÈ olLenulo! In bit cÌrcoslan/.e
kl ^ II', dii dttlla .siiiìMn fanno chiasso e si daa l'aria su|ifrha e Iran*
folla del vincitore, accusando i caltfilici, cioè la famiglia itel morto di
nUre i cadaveri; ina i .«eilarii della Camera .sarmo benisxitno quel che
tanno loro delio i cons^rvalori, che cioè la Cl^ie^a rirmia dì ricevere con
vutì e prc^tiiere il corpo di chìunijiic ha pas<)aio la vita e poi è morto
hori di essa. Sanno tuito ci&: ma ad gìesì conviene di mcniire; e-^i te-
mono di perdere un'altra preda come il IJttn^; e la st^xìsiicit degli
ntpedali idaliìlisce che i 9 decimi dei malati oell' entrarvi s' iscri veano,
I*r ihimaodare i soccorsi religiosi, in un re;^stro che ora è stato tolto!
La perse^riifioue, quindi, to riconoi^cono tutti, va diventando o^ni di plii
nnica e hbtillanle; non hasla pid l' astuzia, la violen/a ledale aiuterà
rtos^oaincnlo perverso, percliè la passione settaria k intpa^ieole di rag-
pitogere la meta. Per quanto pei^ questo stato di cosp sia doloroso, non
T> dubbio che la violenza ^ minor mate dì un'az)on<! lun^'a ed ipocrita:
h1 rooodn cattolico sì spera inTatti in una più pronta e più elTicace rea-
ànne di tante aniioe neghittose indilTerrnli.
5. [alauLo che i malvagi lavorano a scrìsiiaueggiare lu Francia, i buoni
JHM si sUUKano di ÌRualure artjìut al torrente dell'empietà. A questo
mirino principalmente i Circoli cattolici operai.
Il ir> fel'Iiraio sì fece inraltì a Fari){i l' apertura dell'Assemblea ge-
nerale di questi cìrcoli con una allocuzione pronunfiata dal R, 1'. xVlel.
La prìroa tomaia dell'Assemblea fu presieduta da Monii. Reichard, a cui
U flgDor de La Bouillerie, antico ministro, precidente del cnmiiaio della
Società augurò il ben venuto. Poscia ricordò in poche parole ciò che sono
i nunhri della Sficieià, ciò che vogliono e ciò che fanno. Monsignor
jfiuiore loiò in modo speciale la Sociel:\ dPi circoli jierrhè si man-
io una perfetta sommissione agrinse^iameniì delia Chiefia « impe-
rocché, e^li disse, le quisiioni sociali sono talmente delicate che .sarebbe
ve errore il non regolarsi ail ocni isianic! colle normp df^l Maestro
bile delU verità. » Ai^giunse lIonlmentR che prnviivu indicibile gioia
od potere ricordare ai membri dell'Assemblea urta parola pronunciala,
circa dinoi m-ui fa, duU'I-lmo Cardinal di Parigi il giorno in cui fu più
^ve il perìcolo di perderlo: « Una delle niiu grandi cons dafiooi a Fa-
ri^ ecjli diceva, è dì avervi trovato tanti cristiani e laute cristiane che
s dedicano a lotte le opere buone. »
U 10 U loroala del luaitino fu presieduta dal conte Alberto di Mun;
-^ *^=
iii-wa r-
m
CRONACA
qiiel[,*i del pomerìggio fu chiusa da un eloqueoiìssìmo discorso dì 3ioo
signor Uoiirrei, Vescovo di Rodei. la sei":» poi vi fu seduta iminia
lavoro iolerno. ]l signor I^one tlarmel esortò caldamente i coaiiuiì
guardar!:] fl-illo AcorAggiameno, e il coni? de Mufi ìnsistetle sui dover
sodali che le circostanze impongono alle classi elevale.
6. Il Consiglio di Stato, com'era per altro da a!t{)6llarsi, condannav
il 15 febbraio la Lettera pastorale del Vescovo di Pamiers ai 35 pr
privali dal lìoMet della loro Indennità per avere tncoragirialo gli eleUoi
a favorirli te «candidature contrarie al partito repabblicano. Il decrei
contiene le seguenti necuse: 1' di essersi il Vpsoovo di Pamiws ingfrit
nrt crit'Cftrc un allo della publiHua autorità, mediante una lt;tiera pasto
rate, letta dal pulpito per ordine del Vescovo; 2" di avere dichiaralo clii
la decisione ministeriale priva officiatmpnle dei loro pastori più di 30 mil
cattolici» non pssondo i 35 preti dal T' diceml're pifi obbligali a com
pierc le opere del loro ministero; invece di provvedere a quel servì»
legaliHP.nte ohbìiyaiorio^ di avere intPri«!ll!ito dirMlamenic i fedeli
pmvoratu uel loro spìrito il timore della sospensione del servizio rei
gioso; 4° di avere cosi snaturato ii caraiterK e il senso della decistoiM
ministeriale, e fatto uso di un procedere capace dì turbare arbìtrarìameoti
le coscienee. Cosi P ukase del Consiglio di Stato; ma da tutti i peti
catlolici prorompe ora una voce che dice come non si sia mai visto ani
siiDile offesa al buon senso, alta gìusiizia e a tutti i doveri di un goverK
che rispeiti si stesso e gli altri, e che miiìuri le conseguenze dei propri
atti. Il decreto del Consiglio di Slato provoca molte considerazioni,
vero 0 no infatti che il niinislPo Gohlet ha soppresso l'indennità al [tre*
della diocesi di Pamiers? Pi vero o no che ai preti privati della indenni
mancano i mezzi per vivere? Qual maraviglia dunque che l' egregio p»
slore di Pamiers abbia avvertito ì f«deii degli efTeiii inevitabili dell'aU
mìnìsterìale, cioè che saranno privati dei loro pastori? Il vescovo no
dovea dirlo! Ma perchè? Dove.i egli rendersi complice col silenzio?
governo sa il cattivo elfello della sua persecuzione; ma non potendo fa
altriiuenlì per i m passi hi iilA di resistere alla massoneria, corca di velar
abilmenie la violetiza. Inalile! Né i cattolici, né tulle le persone impa
ziah s'ingannano. [<a persfcuzion*:, da ipocrita qual ^ stata (inora, diveoi
Cìnica e viotenia, ma occorre ancora tio passo perchè divenga apertament
sfacciala.
7. Che poi la massoneria imperi in Francia si rileva dalla grand
pubblicità che ah alle sue feste. Non sarà dimenticato inietti 11 banched
che In massonica loggia la Juaficf, diedi- il li del mese di febb
Grande Oriente di Francia, presieduti dal signor Carlo Floquet,
dente della Camera dei deputati. Alla tavola d'onore accanto al Floqi
presero jìosio il signor Lockniy, ministro del commercio e dell'inda
Upportuu, membro della loggia Justice, e varii consiglieri munid;
COSTfiUPOnAXK*
127
Vani brìnilisi fiirooo fatti al presìileiue della Repulihlìca, ai due primi
doli di Parigi, che auistevano alla fe-st», alla stampa e ai propagatori
puhljlica iiUnuioac. Il liockray prese U parola e dopo aver detto
8àrà brt^ve per noa ritardare l' ora dai ballo, soggiunse che, ooaostaale
l'oMto iQ cui ha lasciato per qualche tempo i suoi doveri massonici, egli
iiahloal potere fedele ai suoi principii e pronto a difenderli. « Se voi
Mlale su noi, egli disse, anche nm vontiatno su voi, per questa propa-
Dftda ammirabile che voi fate. Che saremmo noi, e che sarelihe oggi la
RtfHihbhca, se souo t'itnpero, ({uaiido bisoguava resistere al tiranno, voi
Ku foste suiri là, imponendo la vostra volontà al paese per dargli la re-
pubblica ? Sieie voi che nelle vostre assemblee, uelle vostre feste, nei
VMlri ^ornali, spandete le grandi idee della f^iiiMizia e della fratellanza. »
Uu&sio è parlar chiaro! Il Loclcroy terminò propinando all'avvenire della
framaia!»onena e in particolare della loggia Justìce, E questi sono i mi-
nistri che Koveroano ora la Krancia * Né in Italia si su neglin.
8. Quando fu proposto alle Camere di accordare un credito di 7ó mi-
fiooi pel ToocbÌDo, il miuistero, afTme di conseguire ciò die domandava,
diede il fausto annunzio che s'era ciiHichiusa la pace col Madagascar a
condizioni vantaggiosissime. Or bette questo trattato, cosi vantato allora,
a cbe rese un si grande servizio al gabinetto Freveinet, non ha potuto
resistere all'analisi, a cui è stato .sottoposto dalla commissione incaricata
di esaminarlo. (Juando infatti si è avuto sotto gli occhi il testo autentico,
Ù è riconosciuto che non conteneva realmente un artìcolo che si potesse
dire vantaggioso e favorevole alla Krainria. K questo è il luiwtr male; il
|ieggio si è cbe vi si trovarono clausote sosp<!iie, equivoche, e di una per-
Adia ule da aversi raf^ooe di considerarlo come un trionfo polìtico del
governo malgascio. La Commissione én effetto ha riconosciuto, per esempio
die r articolo 1 1, il quale mt^te in ajjparen.u) gli Stati dtOla Hegina del Ma-
dagascar sotto la protezione del governo della Repubblica francese, po-
teva imporre, in certi casi, alla Francia, gravosissimi doveri. Kssa ha
pure rìconosciuio cbe 1* articolo 'ì pone la Francia nell' impossibilità di
tttnnre dal suo protettorato vantaggi commerciali ed industriali, e ba-
Hava quel solo articolo per ridurre in rumo tutta la teoria de^h sbocchi
tanto .«frullati dai signori Ferry, Lanessan e consorti. La commissione ha
notato alire.sl che, coll'anìcolo U, il governo della Repubblica olfrtva alla
Rgioa del Madagascar tutti gli istruttori militari, costnitiori ingegneri,
ynfesaori cbe le potessero giovare, ma che questa olTena era puramente
pbtotitt'a; che la Regina era perfeitamenie lilwra di non accanarla e dì
— '-r n> questi funiiionarli ira i sudditi di Sua Maestà JJrìiannica o del*
i.ìtore di (ìerroania. Ofianto poi all'articolo 0 relativo all'acquisto
•Iella proprietà, nel quale consiste, in ciualche guisa tutta la questione, è
GQOcejiilci in tali termioi da renderlo uua pura finnone, perche, non pre-
138
CRONACA CONTEHPORAKBA
vede aicnna saozirtnt? nel caso ni cui il guveruo iii:il;ja.^ìo si oppone
alla rouc)iìu.sJi>ne di coutratli di aflìtU) {ter un lenijn delerniinato.
Ln Coiu missione inLinio. no» ptiLendo T^re altrimenti, propose Taf
provmom del irailair), ma con f^ Umido linguaggio da lasciar miravi
derc di esservi cosirecia. la discussione che s'impegnò nelle Caro*
per que.<o tra nato fu Ijurrasmsa e scoperse, di nuovo luHe le piaghe
della politica coloniale, così le^^genuenie intraprese dalla consorieria F^
Tuttavia il 27 felidraio )a Camera dei depnUli, dopo avere udito il _
dente del Consìglio approvò con 4'iO voli contro 'Ì'J la ratifica del iraiial
ì). L'acmivcrsfirto della Comune é slato solennemente fcsicg^alo
Parigi e altrove il 19 di marzo, con banchetii, riunioni e conferenie.
Il prìncii>ale banclKito, organìnuito dal Gomitato cenintlu rivohii
oario, si tenne nella sala Kiviu a l^lrigi, sotto la presidenza di Viiilt
assistito da Rocherort, Camélioal, Boyer, Kiides, ed altri. Vi prespro
pifi di 81KI persone, ti die persone! Durante il pranzo quella for^irmil
di Ijiisa Miclit'l entrò nella sala e parlò Lrevemente, salutando la fnttsti
ricorrenni dell' anniversario della Comnne. Alla fine del hanrbetto Vaf
lant, Rochefoit e Cami'linat fecero l'af^iologia della f>)rauue e bevftU*
alla salute dei minatori di LK^cazevJlIe: dissero ini le altre cùse, spera
Odi prossimo rìlorao della rivoluzione. Povera Francia!
IO. Anche (jueM'anno nella Francia Calloiica sarà tenuto il Gong
Eucaristico, dal quale si ha ra^ooe di sperare truUi anche più cof
dì quelli di cui furono fecondi gli aliti quattro celehrati negli anni pr
oedcQii. Quello del presente anno si terrà uà il 'iO e il '^j di giugno iMlt
cittì di Tolosa; e, come negli altri, vi {lotranrio aver parte ancbe
tolicì di altre nazioni. Per inrormasioni più particolari si può far capo
Segretario dell'Opera, Roe Negrier, n, 9 a Lilla (Nord) in Francia.
. Lanata, Kassi-Cooio. — Rat-
» Olivi- ^ -alÌB Xniv.
lario >i libraio.
„ D, V. Ficarelii. raa de <^ue-
II. Giacomo Vecchi, Via S. Fmu-
». 39.
irico e C. Tipografia VbscotìIc.
Éfar&s. Burn^stOatiis.SSÙr-
PSlr. PortmtH &iuarc.
D. Fr. Moroni, Bcoef. della
igrale-
Huighrtti, libraio.
|R>Ia Baroni, libraio.
TraTerta v Do Giorgi.
Billjr Baitllàrc, PlmnS. An
■ — Sr Gregorio Di^l Amo,
K la Paz, 0.
PLiiigi Barbera. Floriana.
S&rrar^ Can. Giuseppe Ca-
■i.
Qittreatore Cattolico — S«-
laìocclii, libraio. — Paolo
ti. Via 8. Sepolcro, 7. —
la, libr. Via Bocchctlij.
irlo Viucenii, libraio —
irimm. Concazionfl.
iTicra-. Mr. Herder.
agrafia dei Paoli ui.
Ixio succuraitlt.', Strada
3, p. p. — Doriieuiuo Pa-
Nfo S Gregorio Ariueuo. 2.
^o GiuliaDDj libraio, Via
k'nitelU BoDziger librai,
troadwar.
o Giovaccliiui.
.,i.-du Utotitiiii, Via de]
IO.
. Pietro Ognibeiie libr. Corso
rio Gmanaele.
Ir. Victor Lecoffre. libraire,
ìanaparte, OO. — M.™» V,"
' libr. etrangòre rue de
??.
i|f, t'iaci^nduri.
^. Fratelli Fusi. -■ D. Pie-
olpt.
■'^*i"— tiro Santucci, libralo.
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Ordolini- Prosperi.
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del Duomo.
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Begglo TmUla. Leopoldo Bassi
nimUil. Can. Gaetano Niccolini.
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del GflSiì, 8. -- ÀDtooio Saraceni,
Via dell' Cnivfrsitii. — Cnv. Fed.
Melandri, Diroliore della Tip. di
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Mr. B'jnziger.
8. Sepolcro Cun. Carlo Uarlolli.
S. Beverino, n. Luigi Pieniìcohi,
Siena. Ferdinando Maz/Ì, libraio —
Tipografi» deirimmacolata Con-
cezione.
BlttlsraglU. L:brerisi del 3. Cuora.
Spoleto. Marco CardarolU.
Tlne. Supcriore della casa di Lutrà.
Tolentino. D. Angelo CosLacci.
Torino. Uilìcio succur«iaK% Vja stam-
patori, •! — Cuv. Pietr;) Marietti,
Cor»b Vittorio I!maniitìl6. — Gì*'
oioto lUariciti, Via Carlo Alberto.
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sa. — Tip. di Giulio Speiraoi —
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Tortona. Tipogi-afo Rossi.
Trento. Federico Uerli, o Luigi Ber-
nardi, librai.
Treviso. Luigi Zoppelli, libraio. Tipo-
grafia della Sonola Apostolica.
Trleato. Alessandro l.irvi.
Udine. Prak-lli Tosolinì, librai.
Urbino. Pelrsnguljni.
Venesla. Comm. Andrrn Battaggìa.
Tipografia Emiliana S. Giacomo
dell'Orio. 1-55.
Verosa.. Fp1ìc« Cinquettì, libraio —
Lìbri;ria la Uinerva.
Tloensa,. Angelo Crivellar!, libraio.
Vienna. Mr. Ma^er e Comp. Singer-
strasse.
Volterra. Annibale Cincl.
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Diocesano.
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OPUSCULA PHILOSOPHICA ET THEOLOCICi
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ACCEOl^T UliESTIO^LS QlOnLIDETALRS.
Bdilip awunl" reco^''i'n "■! ih-ihiuIìI' nuirsiijijtbiis ci fcholiJf
aucla a ]H1(;U\EU DE IIAKIA S. |.
in Ponliticift (Jitiirtriit.ilu L>r*r"rninH Cliiliiaa|<lii«> ì'mf'jt^i'r*
Tre grossi volumi ingranile ollavnnl iNimo di pxgine XXVL'Ò3>>,)1
di pagioe KI4, il lerm dì pagine fiUO. — Prezzo L. 15.
Si veda la rìvìMa die oe racdamo in questo ste&so quaderno a pa^. B\ e
LA CONTESSA INTERN&ZIONALE
R.vrcnxTo «lei P. 010. GIUSEPPI? FfUNCO d. C. d. O.
Seconda Edizione conforma al lesio pubblicato nella Civ. Catt. Serie Xl( e '
irava.ni*nts oorretto dtiU'Aatoro
l'rain. tip. GincheUi, Fi'jlio e C. 1836. Dtvtvnl. in 16. PTfiz
Tratta la ittorift dol It^TO-^l, e ah orrorr della MaaftODflrU n^. .
apttoilliUQDttf dalla Loga 8ocinlista IuterDazioaal<^ ìq lulio, S[iaaaii. Krai
RaMin, 0 U perfidie ftftttartt? in tutto le attin«n/.e d^lU viia ^oiiato; p Iqf
trappDno 1 grandi «Bcmpii <lena CHifidii catr^idicii. iiniroilui-aziont. D«ll4J
ceni», nella a.-i-jimu K pori i p^rsonng^^i d-;! tnecouio. p'r una svurìC
serie di awauture, »i Irovaao al cìui';d(o dtr^Ii errori Ii[)cr4li!<»cbi pid di<l
e De fsizntvì illnmiDati d^lln verità sinagliaDla dulia r<'li_'ì m'? : n%v:ii
coooi'io Vaticano « nll'auticoDcilto OBpoliUoo, al comun,- -7
l'o^pizici Cat'.oleiifrii e ftU'utfcrnala bolgia dol Cainuna di .3'
«cullo raet-'oglii? )■ fi'utlu delta sua aetnieata. Ti ai A nift;ÌuuU una T<i,vuJa
materie, importante.
Si rendt nirt'IPtio emtrale lIf■liaQlT.Ca^L e prntiio < princìpth OffffUi .ì^ln
P. RAFAELE CERCIÌ d. e. tf. G.
IL LIBRO DEL PERCHÈ IN FATTO DI RELIGIOHE
8S00in>A EDZZtOlTE
Napoìi ■l'-ii/o />)ifw/r-f/*Vy di S.ifrni'trc J/'irc/iw, Viro ii^iSS~
e ' II. ^i. iS'NJ. In 16. rìi pf>fj. 3Hd. Prerzo L. 3.
l,a molla opportmiilA •} g'H al': ^ rjucsl'npeva, Ji cui Irati
plarnsutc io una nostra Rivista (■■■ , l i^ll. pa-r. Qi » w\s.\. luu
che jn poclia SGttlri.auc qo Tu <jB«ariia la priiaa hIIiIodc. tJ» tncontu
fiià fftforevfile nr^rTjrinri-^i a quoatn Heconda. In «l'inlf ^l il ti:(tsi7i.H
« prima <lj ■ i; potcvili r • ' l,
fraoDO di j ' > . .. 'Autore Kap»'
AVVISO. — Chi volesse cedere aII'Amminl«nr;i
guonii fii.scicrtli : ÒÒrt, y}% 599, fi38, irm, fi.V., ir.7. mi e
Rliere in coniin-jiso fra i lltirl del DO!nru catalotfii i]ii.iiiin corri^iL:.- 4.:..
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T.A.
min CATTOLICA
Boatta populta cuiu$ Dominua Deut ciuf.
Psiui. CXIJII, 16..
ANNO TRIGESIMOSETTIMO
;ERIE XIII. — VOL. II. — quaderno 860
mmCB DI QUESTO QL'ADliRNO
tir, ^/i.MiL(3»ll) rtTAtlA — Il MAtE ì'ig. ]^
AtliO UBLr.' ENCICLICA « IHlTORTALe UBI >....,.. . . » 1 43
i ;^ .^' -»0 LlimO SVI. « SILLABA • 158
I DEJlfXlTTl • Ì79
XII. I.'abtMiii'Ioo') «- ivi
XI1[. Il !:occorsu del cielo e la Iniona Gliila. . . «. > IS*Ì
XIV. L'KrmHinJa e la sua vìla , • lf<9
JUt»ta uclla stampa italfana. » 1U8
I. N'oli/ia do' Invnri di egiilnlngia e Itfij^c semlUelie, pubblicHii
io luliii in f]!iesii uUimi depoiinii » ivi
It. Jacobi LfiynfB, stcuinli IVaetmsiii Cifflpralis S/H'icLiiis Icsii.
liisputtìUones Triinìiinne. Ad mamiscriplonim lìileiii cdiilit
ei comracnlariis hisfiriris insinixii flartmannus OristrS. 2.
Hisi. Kcrl. in IlnivcrsilaW OwiipruiUinB l'mf. V. 0 » 'itW
111. Rime, ài Giuseppe Fi'frtiftio — Versi di Vinct-aio Podestà. » 'WO
iB!f2K ■<atc;rau — I. Lo a|){<1ir3zinni nslrruimnicho dcllii foto*
praflB. Ii« cJirl« celesti fntogr;tfsie dni fralellj Ilriiry. Alcutifi
osservazioni sul mrlndn da rssi \cn\ì\n. Pregio di quelle cane.
2. Una piccola i)n!emica inlorno nlP acqua di Kiii^i;!. . . » 296
inOKACA CONTKXWOHANKA. * 237
L CO*K hOMANE • iwi
II. CuSS ITALUKE • 941
ili. CosB sriiA^iiBfiK — l'rossia (Xùstra corrisj>o»'tensfij . . * 21'J
PBBSBd LUIGI UANUKLLt, UBHkU
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17 aprile \m\
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AoTA SS. D. N. Pii PP. IX. Ex quibuB excorptua est S^IInbus cditus die
c<mbri9 MDCCCLXIV. Romae. typis &«t. Caiucraa Ajrastolìcae. Uà v«|
in 8, di pngf?. SfìO. »
Affeziomb accikca raoiohb. RaccoDto pubblicato nel Periodico In CimltA
totica. Un voi io 16, dì circa pagg. 250. Prato, tipo^afia Giaclictti.
e C tR"9. ►
Alile* Tommafo Gnslialmo. La Cattedra di S. Pietro, rondamento della
fallile de!U iiiurisdiziouu. centro dell'unità Uà Tolumo in S. 9
Avog'adro Umiliano Conte della Motta. La Filosofia dell'Abbate Ao
amini esamìoata dal coute Emiliano Avogidru dolla Motta. Un ro),
di pn^'?- SQO. Napoli, tip. di F. Giaouiai b
Ballaiiai Antonio {d. C< d- O.)- lus et officiuta Episcoporuui io Trreado
fragio prò iufatlibilitata RoiiiAni Pontiflcis. coiitra nupcnu cavilla
per disquiiiitiouem moralom a^serluui et vindìcatgio. Homao, irpia
litafi.1 Cufhalicae.
BM&rdÌa«lU Franoasoo :d. C. d. O.). TI Dominio t^oiporals d^i Papi
cetto polìtico di Dante Aligliiert, con un'appendice sul senso
della Divina Vommedia. Uu voi. io \Q, di pagg. 432. UudeoBi
della Immacolata Concezioni?, IHflI
Boaro Glxiseppe (d. C. d. O.)- Istoria dui Santuario della Beata V
Galloro. Terza ediz. Un opuscolo di pa^^. Ctì. Uoma, tipograHa
viltà Cattolica, 1863.
— Vita del B. Oiovanni de Dritto M d. C. d. G. Koma, coi tipi d
Cattolica. Un Voi. in 16, di pa^g. 3^4.
— Biatretto della Vita del a Oiov«nDÌ de Britto d C. d. G In IO. df
Roma, eoi tipi della Civiltà Cattolica,
— littoria della Vita del V. Padre Giusoppu U. PigaatellI d. 0. d 0.
lume io B, di pag^. 630. Ro<ua tip. della Oieitlà Cattolica I8S7.
Ili GIC^ff.lO TKA I^R NPI.WE
AMMAESTRAMENTI D[ S. ALFONSO M. DE' LIGI
VRSCOTO K DOTTOne
ALLE DONZELLE CRISTIANE
COGLI ATTI PUR LA 3 ilLSSA. CfJNKtibSIONSi E COMCNU
In 3U dipngg. 32S. Firenze presso L. jVamtelfi^ via del Proconsolo 16^ .
Si vende prt-sso i gerenti della Civiltà Cattolica al preszo di C4
Legato niringleae !•. 1,30.
DEL SOCIALISMO IN ITALIA
IL MALK
— Da per tutto il soci&liamo rh\7SL la testa, fa le sue pror»
e minaccia d'iogoiaro, ia uaaoomune catastrofo, la proprietà e
'il capitale. — Questo si Ò inteso diro e si è letto a sazietà i
[irimi mesi del corrente anno, di mano in mano cbo si son ve-
nnU succedendo i saccheggi di LoDdni e i tiimulii di Leicester,
di Kanccster e d'altri luoghi d'Inghìltorra; gli scioperi saogui-
■ oosì dèi minatori di Dua^evìllo in Francia e quelli dei fìac-
(■lihenu in Napoli, dei cocchieri e carrettieri in Roma; e poi quelli
de^li addetti alle officino dolio vìe ferrate in Napoli, in Foggia^
in Ancona, in B<)logna, in Teron^i; e qnelli si spietati e disastrosi
del Belgiu, al tempo medesimo nel quale il processo del socialisti
malici di Mantova si svolgeva innanzi la Corto d'Assise di Ye-
oi^ria, e si chiudeva con una sentenza assolutoria, segnita da
plausi trionfi. E chi ardirebbe negare una veritÀ che, con tanta
[tace di evidenra si manifesU? E chi, per giunta, se ne potrebbe
wigliaro?
Più che questi dolorosi fatti, ò per noi mirabile rammiraztone
jlbe sembra mostrarne quella parto delle cosi dette elassi diri-
li. che si oompuDu di piil o mono grassi borghesi, di pos-
^lidenti, di commercianti, di banchieri, di padroni d'officine, i
ypah non sanno persuadersi ohe, fra noi in ispecie, il preteso
josinnalismo liberulesco, da lor promosso a tutt'uomo, abbia così
inpidamuntf) genorat<) il socìulismo o questo siasi cosi bene or-
ilinntn e disciplinato; e meglio anzi nelle campagne che nelle
— Come! sclamaoo essi; ecco appena un quarto dì secolo,
cho le nostre plebi sono state redento a libertà, cho hanno
(ft patria, che godono diritti politici, prima non mai sognati;
Arfc XJU. wt. il. /*•»«. »S0 U :> <ij.''t7<' ItlSÙ
130
DEL SOCI Al
mas
toH
e già, nelle ambizioni di sociale ben essere, competono colle pio
d'Inghilterra e di Francia, adulte « quasi invecchiate nell'ese
cÌ7.to di questa libertà e di questi diritti? Che mistoro ò codesta
a
Signori, il mistero non è in ciò: è piiì tosto nella cortezn
del TtMier vostro, o meglio nel volontario vostro accecamento^
quale non vi fa disceniere il nesso che lega il nazionalism
rivoluzionario, da voi per int-eresse accarezzato, col socialismo eh
per interesse detestate. Le mille volto vi si ò provati), che Tu:
e l'altro hanno identica l'origioo di principii e di ^tti. ed osai
gì* identici meszi per giungere al fine, e l'uno anzi ò mas
necessario al fino dell' altro. Quelle stesse negazioni di d
che hanno condotto voi alla rivoluzione politicoreligiosa co
legittima antorità, debbon condurre naturalmente la plebo
rivoluziono politicosociale contro la legittima proprietà; giaecli
le due cose poggiano sopra un cardine medesimo: e non & leei
scardinare socialmente il principio delTautorìtà, salvo quello del
proprietà. Quella stessa massoneria, che ha prodotta e governa
la riToliizione da voi supposta nazionale, perchè dalle mani de
principato dovea far cadure la sovranità nelle mani di voi, cii
vi arrogaste il nome di nazione, doveva produrre e goTenni
r altra rivoluzione che, senza tante ipocrisie, si bandisce p<
sociale 0 mira a togliervi, col godimento della male usurpata
peggio aiuminìstrata sovranità, ancor quello del bene che a boo
diritto possedete. Quello stesse congiuro e violenze, che haai
iwrtata al trionfo la vostra si preparano per portarvi, tra
rovine dell'opera vostra, l'altra alla quale voi balordaraen
avete agevolata la via, atterrando il baluardo dell' autorità, cb
al tranquillo possesso delU proprietà era insuperabile scherni
Voi avete ricopiata in Italia la rivolu;fione francese; e vi stupite
vederne intorno a voi e contro v«ji solvere lo logiche consogueoaB
« Dal potere politico noi prenderemo le mosse; così scrìvo
tempo fa VÉgaiité^ giornale dei più moderati fra i socialisti,
primo a sparire, o colla dinamite o senza, sarà il Parlament
Il modo dì cacciare la borghesia dal Governo dipenderà piii dal
ÉSa
IL HAtS Ul
rene àrcostanz«, che dagli uomini. £ procedendo in questa guisa,
(Wcapando la fortezza del Governo, che domina tutta la società
Wghfse, noi non faremo novità. Sognìrcmo la lezione immor-
tale, che oi ò stata data alla fine dal secolo scorso dalla gente
ifel Tereo Stato, cioè dalla borghesìa stessa, e ne imiteremo
resempio. Prima farem uostro il potere e poi faremo uostra la
prupriotà. »
La cosa è logica; cammina, come snol dirsi, co' snoi piedi.
IH
— £ logica sìa, si risponderà. U mistero però non è qui : ò
«1» questa conseguenza del socialismo, inelusa nei principii del
Sberalismo, siasi con tale rapidità sviluppata in Italia. Che si
sii tanto allargata ed abbia fatta sì fort*j presa verbigrazia in
rrancia, dop«r quasi un secolo di libertà novella, s'intende: ma
eke rabbia fatta e la faccia, massimamente nelle nostre plebi
rustiche, appresso un cinque lustri appena di redenzione poli-
tica, è duro a romprendersi.
Baro per chi guarda alia superficie dei fatti, non per chi ne
jwofttrft lo cagioni. Già ventisei anni di uu lavorio iudefesso,
legale ed illegale, coperto e scoperto, oo.<^pirante a dissolvere
tntti i tìdooU della società, non sono tanto pochi. La rivoluzione
francese, dopo alcuni anni di freutrsia vandalica, fece una sosta:
floggi&cqae alla dittatura napoleonica ed a guerre diuturne, che
di dentro ne impacciarono il moto, e per qualche rispetto la
onstrinsero di dare indietro. Non cosi è stato in Italia, dove
l'opera corrompitrìce dt.d iiuzionalisrao liberalesC'O non s'è abbat-
tuta iu intoppi di nessuna sorta: anzi è stata favorita con ogni
Studio dal Governo che V ha capitanata.
Oltre ciò questa rivoluzione, con appareniie regìe sempre e
monarchicho, ancora quando speziava troni o corone, è progredita
pnr sempre d'accordo collo sètto massonicho o si è valsi;, pt.^r
rìuacire a' suoi intenti, d'ausiliarii di quaIuD(iue pelo^ non esclusi
ì demagoghi più sbracati. Di fatto sino al compimento dell'unità
politica, cho fvk concetto supremamente demasoerico. essa camminò
Appoggiata quasi più agV irregolari che ai regolari; e la storia
l'&i t>EL SOCUUSHO IN ITtUA
□arre quanto beae ì primi nelle due Sicilie la aerrìssoro. Quinc
è che, sotto l' ampio manto della sua monarohiii, fin» dagli esordii^
accolse quanto potè di democra:tia. Che più? Non giudicò n{
meno Stabile l'edinm che costruiva. Sd non no rafforzara U
mura maniìtre col suggello dei plebisciti. Conseguentemente U
leghe settarie^ che prima involgevano a pìccoli gruppi tutta
Penìsola, si moltiplicarono tosto come i funghì e, purché avesaei
innoono il titolo e legalo la bandiera dì mostra, ugni libei
goderono di disciplinarsi in segreto come meglio loro paress
Aggiungasi a questo il colico dolla nui>va moralo e del nuovo
diritto, canoDÌJizato da un Governo che, per potervi conformare li
politica sua, dovè promulgarsi ateo in massima ed anticristiano^
Aggiungasi la licenza d*una stampa, che non campava d'ali
alimento che non fosse menzogna, bestemmia, emptetik, scandali]
e derisione di quanto è più santo in cielo ed in terra. Aggìunj
Tesempio solenne di socialismo che diede ai popoli il Govem(
decretando che i beni della Chiesa eran beni dello Stato; e TÌolao^
così un diritto di proprietà che, per esser sacro, era considerai
universalmente dalla plebe anche più inviolabile del comune.
Finalmente, per tacere d' altro, si osservi come intanto che i|
Governo pervertiva il popolo con quella che fu detta corruzit
legalizzata della stampa e della scuola, e strappavagli cosi Dìt
colla religione, dal cuore, pian piano poi, per l'eccesso dìsorbi'
tante dei balzelli, gli toglievu il pane di bocca e lo riduce^
air estremo della disperaKÌone. Se tutte queste cause si riguar-
dino insieme, non che stupire del celere apprendersi che hi
fatto il fuoco del socialismo nelle plebi d* Italia, si ha più test
di che meravigliare che ancora non sia da per tutto cosi di^iiaoj
e gagliardo, che divori nelle sne fiamme le elassi, le quali
vantano dirigenti e della rivoluzione gustano gli onori e i
letti più lauti.
IV.
Se non che merita il conto che qnolla porzione di pingue]
borghesia, la quale può molto influire negli andamenti doli
cosa pubblica, e più teme, perchè più minacciata nell* interea
IL MALE
133
é:
».
T&mpiro d«I socialismo, avverta le tre cause cho meglio
d'ogni altra gli accrescono fra di noi vigore ed audacia: la
miseria, l'arte settaria e la irreligiosità dello scuole.
E conte Antonio d'Arco, rappresentante, del collegio di Man-
lare nel Parlamento e ricco proprietario di quella provincia,
interrogato all' udienza della Corte d'Assise di Yenex,iaf il 24 del
decorso febbraio, qual testimonio nella causa contro ì socialisti,
depose prima ch'irli aveva patito due inccndii, o nella sua casa
4i Santiiva era stato scritto: L' ottantanove e la ghigliottina
s'avanzano: e per altri capi rimandò i giudici alla lettura del
discorso da lui tennto in Montecitorio, quando il mar^o del pa8-
alto BADO Ti si discuteva la questione della così detta crisi
agraria. Ora in questo discorso, ragionando delle associa^iioni di
ooDtadlnì formate in Mantova, soggiungeva le sogueati parole
leviam di peso d^li Aiti iijficiali.
e I bassi fondi della plebe cittadina sono oramai pifi anar-
dfttct che socialistici.' Socialisti sono la maggior parte degli
iq>erai, e parte anche della borghesia benestante j il che potrà
sembrare strano, se non pensiate ai modi coi quali sì diventa
KKÓalisti. Essi, a mio parere, sono tre: o per un altissimo ideale
imore dell'umanità (ma gli esemplari di questa categoria sono
di !ina rarità desolante!) (Vìva ilarità. Benissimo fj *> perchè si
troppo male (e sono ì pii^!); o porchL\ pur non stando male,
soffre acutamente che altri stia meglio. La miseria dunque e
l'invìdia, ceco i grandi fattori della nuova dottrina (Bravai) ^i<^i
comunque sia, è positivo che la bandiera del socialismo raccoglie
eramaì nella nostra provincia nove decimi della popoiaidone '! >
Lasciamo T invidia, che può mono negli ordini infimi del po-
polo, e noi avremo per potìssimo fomento popolare di socialismo
la miseria. Di questa s' incontrano quadri o descrizioni orribili,
ovunque si volge l'occhio nelle cittS e nelle campagne. Ma ovun-
que si parla dì miseria, se ne ode ancora incolpato il QoTerno^
per la sformatamente esosa e crudele ingordìgia smi dì tasse.
Lo dichiarò pure nel discorso medesimo il conte d'Arco. < L'ec-
naso delle spese dello Stato, diss'egli, ripercotondosi nell'eccesso
Va{. ii,m.
134
J)EL SOaAUSMO IN FTALU
dello imposte, pone i propriutarìi ncll' impossibilità di sodisfare
alle lagnante ed alle pretese, in parte giuste, dei braccianti, e
TI prepara in parecchie proTÌnce del regno la rivolta '. > Questo
eccesso d' imposte, che il senatore Jacini chiama spcgliatore, che
il deputato Luzxatti qualifica di sehaf/ffio, che il deputato Son-
nÌD0*Sidney dice tugmlom del Paitr nosfer, o volere o noD
volere, entra per tre buoni quinti, nella causalità dell' odierno so-
cialismo d' Italia.
V.
L'accusa dì aGTiimatore del popolo, che general menta si scaglia
da per tutto e in ogni tono contro il Governo, ò pur troppo giu-
fltifieata dai fatto e dall' attestazione universale. Per non dire
dei quattordici millìoiii di pane, che esso cava di iMtccii ai poveri
sulle Opere pie, per farli mangiare ai loro amministratori, non
è egli spettacolo atroce, unico nel mondo incivilito e senza esempb
nelle storie, quello degli ottantamila possidentucci, espropriati
de' loro possessi, perchè inabili a pagare imposizioni di poche
lire? E chi sono questi miseri, sopra le cui carni s'infiggoo co^
spietati i denti dal cerbero del fisco? Li dipingeva alla Camera
il deputato Fìli-Aslolfoni, un giorno prima che il conte d'Arce
vi esponesse la congiura del socialismo mantovano. < Sono mi-
gliaia e migliaia d' infelici, ecco le sue parole, e quasi tutti ap-
partenenti alle classi bisognoso e diseredate dei contadini che,
spogliati inoHombiliiiente, privali del loro tugurio e del piccolo
campieello dal fìsco, traggono una vita di stenti, e spesso per
vivere devono stendere le scarne mani, appellandosi alla pubblica
carità. Questtì stati) è giure, contro di esso si rivolta il sentimente
dell'umanitÀ e nou può guardarsi con indifferenza', >
Chiunque a mente riposata e senza nebbia di passionati pre-
^udizii studia r aumento continuo delle tasse, gravanti sempre
più anche le cose pti^ necessario alla vita, non può non conclu-
dere che, a farlo apposta, non si potrebbe far peggio, per indurre
il popolo ai più disperati partiti. In verità l'Italia, gran uieroè
' Pag. 12.719.
• Atti ufjic. pag. i% 735.
n, «AU
135
<l9*ktrocÌDU fiscali, per la massima parte de' suoi abitanti, citta-
dini, borsliigiani e cainpagnuoli, si viene trasformando in una
Dazione di pitocchi, di inisonibili, di affamati: e vengono pro-
priamente i brividi in pensare a quello che sarà, quando sì sieno
spenti quei resti dì religione che ancora durano nel petto di molti,
«quando sia cresciuta la generazione, che si tenta ora di allevare
Senza fede e sen^ta Dio, cioè son:ca il freno salutare alle cupidìgo
vd ai furori più bestiali. Le fresche stragi e grincendii della plebe
scioperatasi nel Belgio, ci prennnzìano sinistramente quel chesar^
Il giornale L'Italia di Milano, il 27 del febbraio scorso, pub-
Mimva una lettera del conte Ignazio Lana, dalla quale ci piace
togliere questo passo, che dimostra se noi punto esageriamo lo
stato dì miseria estrunia a cui le tasse riducono oggi la plobe^ e
io ispMìe bi ^campestre. In essa, dopo accennate le condly^ioni
anserrime dell' agricoltura, pei proprietarii e pei lavoratori, e in-
^ntene vario particolarità, cosi proseguo.
^B < Ha cÌ6 non è tutto ed havvi ben peggio; e cioè, pel Lombardo-
^Boeto. la enorme ed ingiusta imposta fondiaria prediale, le sempre
crescenti sovrimposto provinciali e comunali, gli aumentati dazii
sugli zuccari e sugli spiriti, uecessarii per avvalorare i vini ; poi
sa tatto e i>erlìno sul chinino, quasi ad impedire che i poveri
«ontadini, massime quelli che prendono la febbre nei lavori delle
naie, possano combattere la malattìa che li martoria o rende
informi. Poi vi sono altre molteplici ed esagpmto tasse sul sale,
sul tabacco, sul vino, sulle carni, sul pane; tutto t> tassato, meno
Taria che si respira, ma che lo sarìi ben tosto. E tutte quoste
tasse, il prodotto delle quali sale al Ooverno, direttamente o in-
direttamente colpiscono la sola agricoltura ed i poveri agricol-
tori ; qnesti poveri contadini che hanno acquistato per la maggior
pariti il diritto di voto, ma non quello di sfamarsi; poicht), mentre
gii artieri han veduto, più o menu equamente, aumentati i loro
satarii, i coutadini sono pagati e maltrattati corno pul passato:
né i crudi proprietarii, e spesso ancor piti crudi afiìttiialì ten-
gono calcolo che questi infelici Paria, anco per l'aumentata mer-
codd ai caUolai, ai sarti, ecc., devono oggi pagare vitto e vestito
il doppio che per il passato. >
136
DEL SOCIAUSVO IK ITALIA
Vedono i nostri liberali borghesi a che plinto han condotto
le plt^bì d'Italia i Tentisei anni di Governo del nazionalismo ri>
voluzionario? Vedono la bella unitÀ che ò uscita dallo mani di
questo nazionalismo, alla cui intronizzazione si son sicrifìeati
tanti diritti um&ni e divini? Non ne ò uscita l'unità degli spi-
riti, né dei caori, né delle lingue, eh) mai non si è avuta Ba-
bele più disordinata di questa; ma ne è uscita l'unità della
miseria, che c'incammina tutti a quella dell'anarchia. < Se voi»
concludeva il conte d'Arco il suo discorso ai deputati e mÌDtstii,
se voi non provvedete a tempo, questa crisi agraria (madre del
nostro soaalismoj sì estenden^ iu tutta Italia e si estenderà ac-
compagnata dalle agitazioni, dalla turbolen?^, dalla rivolta dui
contadini; perchè se già cotnincia da noi, ore non stanno bene,
ma ove pure non stanno tm\ male come altrove, Ò logico che
questa scintilla debba trovare dpJle cartuoeie di dinamite da in-
cendiare iu altri luoghi, ove stanno assai peggio. E davvero nelle
questioni di simil genere non è concesso ad alcuno dì starsene
sicuro, come il villano del Manzoni, sulla porta, del qftieto ain^
turo, a sognar i nembi che scendon lontani,
Sovra i campi che arato d non ha '. »
VI.
Data la disporazìono dfitla fame, cui aggiungono stimoli d'ira
tanti nuovi bis^^gni artificiali, tabacco, spiriti, giuochi, spassi, e
tanti vizii fatti contrarrò al popolo ; e date le idee dì sbrigliata
libertà, ond^ per ogni modo si sono invasate le teste della plebe
più T07.7,a, si scorge subito quale e quanta materia infiammabile
siasi offerta agli agitatori delle sètte, dì suscitare incondii da
lunga pezza premeditati. Il povero popolo è sempre, in tutte le
rivoluzioni, lo strumento gabbiibile e gabbato, ma utilissimo,
dogli ambiziosi e degli arruffoni. Del popolo si servi, anzi nel
nome e pei diritti del popolo pretese operare, il nazionalismo li-
beralesco, por giungere alla signorìa di tutta Italia; e giuntovi
poi lo ha felicitato com'è al presente; spolpandone cioè le ossa,
' H paf. 12, 750.
)t VALE
137
fer « far niillionarii i vampiri » suoi favoriti, secondo il la-
oieobo del deputato RomuDo alla Camera di Moatociturio'. Ora
ii popolo attirano a sé, seducono e spingono avanti contro il gau-
dente naf.ionalismo, i corifei delle sètte radicali, agognanti a sca-
ntcare i suoi ingrassati, per sostitair^li un socialisoio che alla
aia Tulta ingrassi loro. Kd il popolo, sempre uguale a sé stesso,
n loro dietro o con loro s'imbranca e li segue tanto più volen-
tieri, quanto più gli sembra impossibile che il socialismo dei ra-
dicali lo burli e malmeni, peggio di quel che ha fatto il nazìo'
nliamo dei liberali
Ecco come il deputato d'Arco narrava a'suoi ooUeghi la storia
deirorganamento Bocialistioo nel Mantovano. < Or son pochi mesi,
(iDfliegli, ad imitazione di quanto era avvenuto l'anno scorso nel
Ticino Polesine, si costitairono due associazioni di contadini. È
mirabitti lo slancio col quale piovvero lo adesioni. F.sso trova la
m ragione nelle laute promesse d'immediato conseguimento e
uà più splendidi bagliori di un magnifico avvenire, lasciato in-
travedere o misteriosamente sussurrato alle orecchie, e più anoira
sella predisposizione dello spirito pubblico di quella provincia.
€ In poche settimane pare che il numero dogli adepti sia
salito a 30,000, ai quali potete francamente aggiungere anche
tutti gli altri che, tenutisi neutrali per momentanee ragioni di
prudenza, non mancherebbero di associarsi ai compagni in de-
terminate occasioni. Fari alla rapidità della propaganda è l'ar-
dore dal quale sono accesi, talché, alla festa, in tutti i borghi
delta provincia voi vedreste nelle osterìe e nelle piazze dei forti
«flieaibramenti di contadini, i quali discutono la loro causa, ed
infiammati, come per una guerra santa, demoliscono e rifabbri-
cano a loro modo tutto l' edifìcio sociale... La ragiono è molto
•«mplioe, ma è anche molto grave. Ed è questa: le nostre po-
polazioni sono quasi completamente socialiste. La propaganda
attiva, diffusa, incontrastata della città, in cui trova un'alleata
nella miseria di un paese in ispaveiitosa decadenza, si spande
nelle campagne, colla rapidità di una scintilla lungo una
lata di polvere '. >
Iri, pis. 15,063. - * hi pag. ÌÌ.U'.
138 PEL SDUALISMO IN ITAtlÀ
Ha questa propaganda con quali mezzi si è &tU e si fa?
Ooì soliti mezzi sottariì, di stampe e fogli che attizzano tutte
le pili malrage passioni, e liberamente si lasciano correre, di
bandi e proclami, e di arrolatori cho inserivono sempre novelli
adepti ai gruppi, che poi s'incentrano sotto la mano di chi in
occulto regola tutte le trame. Ed i fogli ed i proclami che si
SUD trovati ammucchiati nel banat doUeAssise di Venezia, eranOf
qoal più qual meno, conditi di frasi come queste, che il conte'
d'Arco leggeva nella Camera ai deputati: < Operai, rallegratevi!
i nostri nemici sono intimoriti. U regno dell'ingiustizia ornai
finisce, e sta per cominciare l'eguaglianm completa, la libertà r
U Governo della Monarchia barcollando sen va, e comincia il
Governo del popolo '. »
vn.
Dal Mantovano i rinfocolatorì di agitazioni socialistiche posero
gli occhi sui contadini della Brianza e dell'agro milanese; ed
è viva tuttora la memoria degli scioperi che V andato anno, per
bnono spazio di tempo, tennero come in istato d'assedio quella
tranquilla regione. L'egregio signor Giuseppe Balconi ha testé
pubblicato un molto savio lavoro, intomo a tali scioperi, del
qnale abbiamo reso conto ai lettori nostri'. Essi conoscono
futili pretesti a cui si ricorse per adonestare quei primi e^»^
rimeuti di turbolenze j ed il Balconi li ha con rara limpid'Uza
esposti e sfatati. Ma importa conoscere altresì d'onde provenis-
sero grìmpulsi ai moti, e con quali settarìi maneggi si condu-
cessero innanzi. < Gli scioperi agrarii di Lombardia della sooni
estate non nacquero, egli dice, spontanei, né sono opera dei eoD'
tadinì, furono merce importata da chi aveva interesse d' import
tarla. Non accade farsi illusioni. È la rivoluzione che serpeggia;
è il partito della sovversione generale che opera. Come si spid'
gherebbe altrimenti l'interesse delle società radicali, per qnest
movimenti? Come il patrocìnio che ne assumono i giornali de
* Iti Ì%U9.
' Gii «n'operi ilei amtadini ìtmbardi. Vedi il Tolume nusiro praxdenl
pag. j«3Mf.
IL UAU 13»
[artito? T&rdava al partito, il quale, è rìuseito a penetrare ornai
tstte le arterie dell'organismo sociale, di operare una ricognizioD»
tattica n«lle nostre campagne, he campagne non averano abboo-
«ta con soIBcionte prontezza Fesca dell'allargamento del voto
dottorale, dò pareva che gran presa ri avessero fatta ì giornali
diffusivi e io ideo importate dai reduci doirosercìto; il quale, di
^iì fatala presa, venne prima e più agevolmente avvicinato dagli
agitatori. E le campagne dispongono del contiDgente piil nume-
neo della società. LMmpurtante si era di organarlo e d'averlo
otibedieate.
« Trovato il pretesto sottile e maligno della esiguità della gior-
nata colonica, l'officio di banditori fu affidato ai reduci deireser-
<ilo, specialmente ad alenai dell'arma dei reali carabìniorì; feste
« passeggiate di socleti^ operaie servirono d'occasione per appic-
ore rapporti, prendere concerti e lasciare i semi della rivolta
die, ben ricevuti, misero poi i frutti che tutti sanno.
< Se non era un intervento estraneo, come sarebbe stato possi-
faite il movimento? Come mai quattn) contadini avrebbero da soli
Mogitato tutto un piano e trovato il coraggio di attuarlo? Essi
flortitnirsi in comitati, indire assemblea, formulari; programmi
«d esporre manifesti 1 Fatto sta che, scoppiati gli scioperi, la
diffusione dei giornali del partito si ò straordinariamente al-
largata in campagna. Appositi agenti ve li portano e spacciano^
esercitando il loro apostolato, e soffiando caritatevolmente nel
faoBO. Né solo i procaccini dì basso ordine; anche i sopracciò,
anche i grandi messeri del giornalismo e dello sòtte massoniche
sono in faccende. I tramways e le ferrovie li portano qua e colà,
seooodo il bisogno-, ed in qualche borgata si vedono scondere
alte soglie di certi palagi, ove ossi hanno portiera alzata e
«opexto a mensa, grazie alla sorprendente dolcezza di qualche
mecenate^ t/is millionario, ferqtte quaterqm buono I £ vorremo
«he questi semidei si degnino calare dai loro tripodi, proprio
per amore dei contadini?»
Il medesimo s'ba a dire degli scioperi dei fiaccherai di Napoli
e di Roma, imposti e diretti da capi misteriosi, e di quelli delle
vie ferrate, dai quali si deduce quale potenza dì lega abbiano
140
PEL S0C1ALISU0 IN ITALIA
già stretto fra toro tante migliaia di operai, tutti indettati da
giornali che predicano la crociata coatro la borghesia Torace,
tutti obbedifinti ad ordini che non ai sa d'onde Tengano, e sog-
getti a sicofanti, dei q.tiali ignorano U nome, il grado e gli
ultimi intendimenti.
Ed i nostri liberali, i quattrinai dello classi dirigenti, inti-
moriti per conto delle loro borse, sì battono i fianchi e diman-
dano attoniti, come mai sìa spuntato un tal brulicame dì so-
cialismo uellii così mite e civile term d'Italia? Il come lo mo-
stra loro la libertà, da loro tanto applaudita, della stampa e
delle associazioni. Per loro, erano pericoloso, anzi dannoso, le
unioni dei frati e dello monache; perciò le hanno disciolle, dopo
ingoiatisene i beni. Ai corpi morali dei frati e delle monache,
sotto il patrocinio del loro nazionalismo, sono sottentrato le sètte
proteiformi dei socialisti. Ed ora soltanto si aTvedono che, colla
Loro bella libertà, si sono alleTata la serpe in seno?
vm.
Qui non h tutto. Alle nostre popolazioni, così mal ridotte dalb
fame, por dato e fatto di un sist-^ma tributario che impoTeri-
rebbe nn popolo di Cresi, e abbandonate in balla di sètte che
le raggirano, le deprarano e le addestrano al saccheggio finale,
per soprappiù, quant'era ed ò possibile, sì è tolta e si fa ogni
opera di togliere la religione, co' suoi conforti e co' suoi freni. Nel
che ì propagatori di socialismo sono mirabilmente spalle^iatl
dal Gorerno, dalla sua politica, dalle sue leggi e dall'esempio sm.
Per non toccare altri punti, basti quello delle scuole primarie,
ohe sono le uniche frequentate dai fanciulli della plebe, ed ora
frequentate per obbligo legale: da un grandissimo numero d
queste già è sbandito ogni insegnamento religioso; ed il morale
è dato spesso con regole e da maestri, che daTTero non rassi
corano la coscienza della gente onesta, non che cristiana. La
pretesa educazione nazionale, tanto incielata dal liberalismo
OTe non ò direntata, ognora più inclina a dÌTentare una per
versiom bestiale. Lo proTò, tre anni sono, il deputato Bosano
alla Camera, adducendo le statistiche criminali del rt^no, dall
jSi_
IL MALE !4I
'liiftlj apparisce chi&ro corno più si dilatano e moltiplìcaDo le
ttoole, 0 più aocom crescono i delitti dei mÌnorenDÌ, dai quattor*
dici ai ventiin anno, alleTuti ia queste scuole. K l'ultima sta-
tistica ch'ei potò citare, quella del 1830, dava a coDtemplare
la orrida cifra di 22,527 miuorenai giudicati dai tribunali, con
OD aumenUi di oltre il terzo sopra la cifra del 1875 e del 1876;
kSérnkando poi che, per gli auQi ISSI e 18S2, questa cifra era
■ «aisuratamente cresciuta '. »
Dagli alunni, che si educano eosl nazionalmente al delitto,
passando quindi ai maestri educatori, il medesimo deputato
Ifitte sempre, s'intende, h debite e non poche eccezioni) ti
siudìeara in globo, o inetti air ufficio, o nemici dello Stato, e
Mcbiudera, che ia queste scuole: < iavece d'inculcare nel-
l'uùmo dei discepoli i sentimenti dì vero patriottismo, i sen-
timenti della verità, della rassegnaKiono, che le classi meno
abbienti debbono pur sempru avisre; invece di parlare a questa
gente dei loro doveri, il maestro parlerà loro soltanto dei loro
diritti ; ed invece di avere dalla scuola una fabbrica di cittadini,
fi avrà disgraziatamente una fabbrica di demagoghi. >
E Ruggero Bonghi, rincarando la dose, e dalle condizioni
eooDomiche di questi maestri, si mal pagati o tenuti sotto ì
piedi di certi satrapi doi Comuoi, arg'omentando Le condizioni
morali dell' ins<'^namento che danno, invocava una delle solite
inekiests che finiscono sempre in fumo: pur la invocava e sog-
gtODgeva: e La desidero, perchè cr^do fenuissimamente che, se
procediamo per molti anni alla cieca in questa materia, ci tro-
feremo col paese, non già più istruito, ma più corrotto; ed i
fotti ci proveranno, che questi maestri ulomentari cos\ maltrat-
tatit bestemmiando, come dice Dante:
Iddio e i Icir parenti,
L'umana spezie, il lempo, il luogo e il seme
Di lor semenza e di lor Dasciraenii,
in goerra perpetua contro questa societìi che li educa, per te-
aotU soggetti a persone meno educate di loro, diventeranno ogni
'SOOAUSMO in IT4LU - It.'
giorno pili incapaci di esercitare uq' influenza buona ò morale
sulle popolaaioui '. >
Né pur troppo i &ittì hanno confutato queste sentenze e la-
gnauze. È memorabilo l' indiriz?^ dei maestri elementari della
provincia di Milano, chiedenti alla Camera una legge « che im-
prìmessH alta scuola il carattero di pura laicità, in omaggio alla
libertà del pensiero »: il che significaTa ateismo legalmente
insegnato, con tutte q.uelte conseguenze, che dall'ateismo appli-
cato colla I<^ìca del libero pensiero, derìrano nelle relazioni
morali e sociali di ciascun uomo cogli altri; non eccettuate le
pratiche del petrolio e della dinamite.
Or l'ateìsmo, chi non lo sa? è la religione del socialismo. U
sistema religioso che parte dal principio negativo: Dio nonè^
termina poi nell'ultimo principio positivo del suo corrtspnndonte
sistema morale: La proprietà è un furio. D'indi riene tutto
il resto, come ben disse U deputato Odescalchi nella Camera il
Montecitorio V\\ marzo dell'anno trascorso. < Il socialismo ri-
Toluiìiunario, nella sua Formola ultima e più diralgata in It&lia
e Spagna, fi afTurmatirameutti ateo... alTurma l'anarchia... i suoi
adepti lavorano all'universale distruzione, col petrolio e colla
dinamite, sperandone poi un' ignota ricostruzione '. >
Ed ecco mostrato come la scnola laicizzata dal nazionalismo
liberale prepari la plebe, anche delle campagne, cui la scuoU
divelle Dio dal cuore, a cercare un sollievo alle sue miserie nelle
braccia delle sàtte socialistiche, promettitrìci dì una legge agraria,
che alla borghesia riroluzionaria faccia pagar lo scotto della sua
impresa per la redenzione dell'Italia.
Vedremo, in un altro artìcolo, se e quali rìmedii sopravvauzino
tuttora fra di noi ad una calamità sì esiziale.
• Alti uffk. pag. 12,7W.
COMMENTARIO DELL'ENCICLICA
niMOIÌTALE DEI'
VL
Roma e la Chiesa di GesU Cristo
Leone XIEI in ima nobilissima pdnD).-[lata presonta la Chiesa
luale dovrebbe essoro ncUu Società Cristianii. A rendere popo-
lari i ooncetti dell' aagusto Pontefice noi ora gì' incarneremo nel
atto storico. Ma innanzi tutto rìchiamiatno alla memoria la
spieganone che fece il Profeta Daniele della visione dì Nabu-
etidonosor Quattro impori dovevano succedersi, innalzandosi Tuno
toprft Le macerio dell'altro: e, dopo il quarto, un quinto aveva
da esordire, non per umana potenza, ma sut^citato da Dìo stesso
&tille mine dei precedenti, e sarebbe durato in eterno. I com-
mentatori hanno per cosa evidente elio i vaticinati imperii fos-
sero: Il primo, quello dei Babilonesi, che fu rovesciato dai Per-
siani: il secondo, quello dei Persiani distrutto dai Greci; il terzo,
quello dei Greci distrutto dai Romani; il quarto, quello dei
Bomani conquistato dal Regno di Cristo, il quale conta oggimai
più di diciotto secoli di esistenza, e innanzi alla fede dei credenti
e innanzi ancora alla ragiono dei pensatori, ha tutti i caratteri
d'intrinseca immortalità. Questo Regno di Cristo è la Chiesa
cattolica, apostolica romana, il cui centro è Roma, in cui risiede
qoal capo, che tiene il luogo di Gesù Cristo, il Papa.
Osserviamo come ciò avvinane. Roma la città che fa detta dù
pagani per un certo tal quale istiuto ìuoodbcìo dot futuro, la
città eterna (appellazione non mai concessa a veruna città) ebbe
Romolo a fondatore. Retta nei primi tempi dai re, sì tramntd
■ Vedi qaid. 867 pag. 555-539 del volume prerMenle.
144
COHHENTAaiO DELt ENCICLICA
in Repubblica, quindi io Imperio. L'indole del romano ò acu-
tez^'U e vastità d'ingegno, lealtà, tenacità di propositi, amore
di gloria, generosità di cuore, ed una costanza nelle imprese,
che ad altri può sembrare tal Rata temerità e pertinacia. I suoi
difetti, insi;parabili dalle umane pt_T fez ioni, non sono maggiori
di qualsiasi altro popolo della terra. Sfette bene recare qui il
panegirico che fa dei romani lo scrittore inspirato dei Maccabei.
La versione è del Martini.
< Allora Giuda ebbo contezza de' Romani, e come essi areano
gran possanza, e ai prestavano a tutto quello ch'era lor doman-
dato, e che con tutti quelli che si erano rivolti Terso di loro
arean fermata amìci/.ia, e che erano grandemente potenti. E
sentì parlare delle loro guerre e delle azioni grandi fatto da
loro nella Qalazia, di cui eraosi readutì padroni, e l'avean sog-
getta al tributo. E quante grandi cose aveano operato nella
Spagna, e come avean ridotte in lor potere quello miniere di
argento e d'uro, e avuan conquistato tutto quel paese col consiglio
e colla pazienita. E aveano assoggettati dei paesi grandemente
remoti, e sconfìtti de' re, che si erano mossi contro di loro dagli
ultimi confini àé mondo, e gli aveano totalmente abbattuti; e
che tutti gli altri pagavano ad essi tributo ogni anno: e cbe avean
vinto in battaglia e soggiogato Filippo e Perseo ro de'Oethei,
e gli altri che avean prese le armi contro di loro: e che Antioco
il grande re di Asia, il quale era venuto a battaglia con essi,
avendo centoventi elefanti e cavalleria e cocchi con un grandissimo
esercito, ora stato sconfìtto da loro. £ come lo ebber vivo io
loro potere, e gli ordinarono che dovesse pagare egli e i suoi
successori net regno un forte tributo, e desse ostaggio secondo
il convenuto. E il paese degl'Indiaiii n i Medi e i Lidi, ottime
province, le quali conquistate da essi le donarono &I re Eumene.
£ come quelli dulia Grecia fecer disegno di andare ad abbat*
torli, ed eglino lo seppero, e mandarono contro di essi un con-
dottìere, e venner con oasi allo mani, e ne fecero strage, e si
menarono in iscbiavittl lo loro mogli e i figliuoli, e diserò il
sacco al loro paese, e conquistarono le loro terre, e gettarono
per terra le loro mura, e li ridussero in servita, come sono
4 IMMORTALE DEI » 145
audio in o^L £ come desolarona e ridussero ìa loro potere
fli altri regni e le isolo, le quali una volta avean prose lo armi
ODDtTD di loro. Ha co' loro amici e cdq quoUì che si fidavan dì
loco, manteneran l'amicizia: e che i^i eran fatti padruni dei
regai ricÌDÌ o dei lontani, perchè erano temuti da tutti quelli,
tn i quali giungerà la fama dì essi. E che regnavano quelli,
li quali Tolerano dare aiuto per giuugere al regno; e scacciavano
lai trono quei, che volevano ; e che si erano sommamente in-
p^ditì. £) che con tutto questo nessuno portava Ìl dìaduina,
aè Teste dì porpora, per grandeggiare. E aveano formato un
KBato, e 9gni giorno consultavano trecento venti persone, ìa
foali ponderavano gli affari del popolo per far fare quello che
ara conveniente- E ogni anno conferiscono la loro magistratura
id un uomo, affinchè governi lo stato loro, e lutti obbediscono
4 un 9olo, e non v'Ò insidia, nd gelosia tra loro '. > Ecco qual era
< Gap. VIIL Lib- I. < Kl andìvit lurins DOmen nomoooruni. *|ui8 siiiil iH)ti>iitf>i
vikn^ et ac^imétcnal od omnia qaac pwltibntur nb eis; el quicunitiiK' acirranerunt
ut rtM, (UUDCruni cum ds amìcitias, ci quia siini polnili-s ttrihiis. Kl atidiprunt
fradii eorom et ^irlnles bonas, (|ua« rfM:i>runL in Gtilalb, iguJa olilinucrunt t>(»>, ci
iuenui suli iribiiluni. r.t quniiui ffcrninl in i-r[rtonc Ilif^panìaf, ci qiiml iti pAC^
<UMi mJrjteruni uirUlla arsemi et aurì, qnuc illic suol et [lossudc rulli oiuirni
locim coa«ÌlÌo «uo, et pcilìicnlia ijKaqo^, iiiiai> \anff. emm tallir ab ei% ci repr»
fu n/ienvBfnBl ea ab cxlrcaiis terne. cofilri>vruui, et peivu^serunt eof plaga
aajtai: epuri aab^tn doni tìt iribamm omnilirLi annis. Kl l'hilippnm et l'pwn
OliicnrutH Ttftsn fi cvt^rof (gnì d'ittersus cos ;inna lulcrant, contri vi<rujit in Iwllo
fi ALtiftQpninl eco, VA Anliaclinm mngnum ri*};!^!!! Asirtc, qui cis pii;;nain hnttilcral
hibeoi couiiiia vi)tiniì (■lL-iihaiit<» i-l vquilalnm rrl currus ex eicrvitum mairaum
fililf, roQirìltun ab eis. Kl quia i^ppeninl enm vitoro el 5liititeriinl ei, ut direi ipse
el ))ui ivfinareoi posi ifi^um, [rlliLitinit in;i^ririm. fìt darei nb^tdc» ri i:oii?iÌtiiiiim.
(.t rrfiarnw Indirinini el MeAa^ el Uydoi, de optimi* rfK<(>"'biM eorum; et acrept^t
r» ab eif, drderunl Kumrni regi. El quia ifuì crani apud Ildladam, voliirruni hi'
H tsllm* km: «1 iDnotnit wrino bis et mitrrijnt ad eoi duccm unum, ri pufrim-
lanini CHiiira lllas. et cflciilpnini n eix mtitti, et apliva» Juiijruot uxores eoruni et
uh» ri iliripucrunt ma et tt-mm tonm positiUrutil ti il^'vlruiornTit muros coram et
"Ji «pritirteni ÌII« rt-disernm usque in hunc dipni. Kt residua repna et ipsulas. quae
abiniado miitenint illis, eiterminavcriint ci in potesiatrin arleficrnat: cum amici»
aiton lail Pi qui In ipsis requiem hatirbaiit, consertavi' roDt atnìciliam: ci obtinup-
mai nefu, <|iiae crani proxiinn el qiia^ emitl lonjro: qnin qiiicnnque aiirlieb.iiil noninn
tflntm, timebaril eos. quibu:) vem Ti-lhiiit jiuiilio pese ul rcgnamni. re^iiabaiil, qiios
iQlmi telleni r^froo delurb;iI)aDt e) oiallati «ani Talde. Et in omnibuit islis oemv
S«f-M Xjrt. w>l. n. ftuf. a/&\ì lo 5 afiwUe IM86
1^
COHHEKTAniO tKtt' KKCKtìCX
Eoma destinata alla più grande missione, coi Dio abbia destina
un popolo.
Cessata la repubblica^ sotto Ottaviano Augusto fa tnaugorato
r Impero Romano. Tutto il mondo era in paco, quando il Verbo
divino unitosi alla natura umana nel seno della Vergine Maria
in N'azaret, nacque da lei in Betlemme di Giuda e gli fu dato,
per diviua rivelazione, il nome di Salvatore o flesù. Gesù costituì
la sua Chiesa, mettendole a capo, come suo Vicario, san Pietro,
quindi sulla croce offerse sé stesso vittima di espiazione per tntto
il genere umano. Qesù era il vatìciuato e l'aspettato Messìa;
ma il popolo ebreo, continuatamente inchinato alla terra, ma]e
interpretando i Taticinii divini si rafBgurava il Messia solo quale
apportatore di dovizie e di glorie terrene, non quale maestre^
di soprannaturali virtù, e quale vittima pura e divina per la
Teden;!Ìone del genere umano.
Gerusalemme ebbe il cuore indurato sotto la missione divina
di Gesù Cristo, ed, oltre l'averlo confitto in croce, perseguitò a
morte i suoi apostoli e ì suoi discepoli e volle esterminaro la
sua Chiesa. Allora il popolo ebreo fa da Dio reietto; Roma, nel
destino di Dio, fu surrogata a Gerusalemme e quella domina*
zione sopra tutto le genti, ch'era a Gerusalemme vaticinata, fu
trasferita a Koma.
Gli Apostoli scotendo la polvere dai loro calzari e voltando
le spalle al popolo ebreo proruppero iu quella grande sentenza
di condanna per esso, e di gloria e di gioia pei gentili. < A
voi si doveva da prima annunziare il verbo dì Dio: ma dacché
voi lo rigettate, e da per voi stessi vi giudicate indegni del-
Teterna vita, ecco che ci rivolgiamo ai goutìli. È Dìo che ci ha
comandato così. Io ti ho destinato luce delle genti, a ciò che
tu sia a salute fino all'estremo confìne della terra, l gentili
udendo queste cose godettero, e glorificavano il verbo del Signore:
poruboi diadema, dk indnebaiur piirpun m mflgnllìcaretur in e». Kt qnia curgiii»
roMrnm sibi. ci «inoitflic con»ulrlKiiil tri?(»?nt09 vigilili, conslUuin aj^entcìi myhjwt de
mnllitijdine, ut iiaae dign» sunt, gtnM. El commiUonl ani tiooiini DU^islratiuv
aumii per siiiguli» ^oiKis dnniinuri unii-crsae icrnic suae et omiies abedinni ani, Pt
non e$l iavidia, nfqoe tfh» intef «t». >
« IMHORTALE ÙKt »
147
i tutti qutilli ch'enuio preordinati alla vita eterna eredetlero '. »
fl rìcario di Gesù Cristo, Fiutro capo riaibile delia OhìeRa^ il-
laniiiatu dallo spirito del Sigoora mosse alla volta di Roma ed
eatratorì, la stabilì a sede dell' universale episcopato suo e dei
mi successori in perpetuo.
L'Imperatore Romano avrebbe dovuto prostrarsi a piedi dì
Fifttro. esultare per la fatta elezione di Roioa, e iavitare il
jwpolo a distniggere gì' idoli o ad abbandonare la superstizione
abbominevole oad'eru turpemente allacciato. Tutt' altro \ laco-
oiiiÉÌò in Roma una sanguinosa lotta contro Gesù Cristo e la
aoA Chiesa, spietate carneficine, orrìbili oppressioni, incredìbili
ÌBgiastude. Le carceri empieronsi di cristiani, gli anfiteatri
«ebeggiavano di clamori al vederli a migliaia dilacerati dalle
fiere, i carnefici rimanevano spossati innanzi alla costanza dei
martiri di ogni età, d'ambi i sessi, di ogni condizione. Paolo
ebbe tronco il capo nella via ostiense. Pietro fu crocefisso sopra
il Gianloolo. E se vero è cid che affermano gravi scrittori ', cioè
che Xoè sìa il Giano ch'ebbe culto nella sola Roma, e che sia
stato sepolto in i^oel colle Gianicolo che da lui prese questo
nome, si dovrebbe dire che, con ammirabile disposizione della
divina provvidenza, Dìo fece si che il Vicario del Redentore
del mondo per cui a tutto il gi.'nere umano si ofTria la vita
nell'ordine soprannaturale, là fosse estìnto dove ebbe tomba, colui
dal lanate nell'ordine uatunkle ebbe vita tutto il genere umano
I ^abìs oportelnt prinitiin loquì verbum Dei: sed qaonìaiD rcficlUtis illiid, ci
Mlfno* Tos iuilicsttt nelprnai' viUw, ecce convcpliuiur ad gtotes. Sic cnim praeccpiL
wit/à IkHntau. Pmai le in lumen ^enlium ut si! 1n ,salu[eni umiline aà oxin^raum
urne. ìuticues auUtn fcales gttviiai: «imi, i^t f;lorilic!ab3nt Ti^rbum Uomini: H
tKàìdtraat i)uol<|iiot eraul jii'a conlina li ail viiiim aelernam. Aet. Apoal. .Mll.
■ Vefj^n l'iTuititisiima A|if;ra ili Scipione Si^rnhato cliHla Compagnia ik tii^b.
^RbMiini telerh lesumcnli Libri tros. Naijiolì 1~(>3. Libcr f, Tilnlus XV[. Xoè.
Cià che àìCé qucu'aulurv ed filtri, si puA Hitiirrt^ al wfrutiilc siUn^LimA. |] Giano
de'Roinaiu è il Noè Oiblion: ma il Giano (li-i Itomaiiì iiatÌRÒ vcno l'Italia e Tu
*|wllo nd Gianicolo: dunque il Hoc Biblico naTi^A sprsD l' Malia e nel Gianìcolo
fa Kpnlio. Le proTe della ni3!;sÌo[Y sono roi-tÌKsiiiii> e rì»|wltiibJtiuiiti(! In autorità
'«alo pw (SU del Conulip a Lipid';, ili Nat:i9e Alessandro, (leirUuiio. del Vossirt ccc
! ■ |rot« della mJoore nuu «nno illspre^pvuli, ma erravi. Per la qua! cosa
me non si puà, ;t nottro atìiso, iliru iprcgevole non cliu ufeìurd;i.
146 COHUBltTARIO DKLl.' BltCICLIC*.
dopo l'uDÌrerBale dìliirìo. L'arca di No& simboleggìaTa la Chiesa,
e di questa il noochii^ro, ruffi^iimto in quello^ era Pietro.
Se noi oonsideriamo i fatti, dobbìam dir» che non fu tatta
Roma che respinse la fede in Gesù Cristo, ma una fazione ca-
pitanata da soz;ti tiranni, in gran parte stranieri, e che anzi per
lo contrario ìnnumeroroli romani piegarono docili la fronte alU
predii'aziono di Piotro e soffrirono glorioso martirio per la soa
dife-sa. Quindi p<^)3siam diro invece che la parte pìiì eletta dì
Roma si conTert'i a Oristo, e le testimonianze dei primi Padri
della Chiesa e la moltitudine tragrande del loculi delle catfr-
umibe romane assai bene ci ammaestrano della grandezza, del
furvore, della nobiltà della Chiesa Bomana primitiva. Uà sopra
ogni testimonianza va quella dell'apostolo Paolo che scrivendo
&* Romani convertiti a Cristo da san Pietro, fa della lor fede quel
sublime elogio e la vostra fede è annunoìata in tutto il mondo >
fides vfJìira annuntiatur in itniversn jniindo (e. I, S). QQ''' romani
che non abbracciarono allora il cristianesimo erano in vero
colpevoli, ma rispetto iigli obrei, militava per essi, direm cosi,
una circostanza attenuante, cioè che non erano i Romani i de-
positarli dei libri ispirati da Dio, nei quali, per dio e per segno
era tutto indicato ciò che riguarda la caduta dell'uomo, j^
redenzione del genere umano, le promesso del Messia, la 8^1
dignità divina, il tempo il luogo e tutto le circostanze della
sua vita e della sua morte. Gli ebrei erano cotesti depositarli.
Laonde al ripudio che fecero gli Ebrei del JUessia e della divina
parola dagli apostoli predicata, cessarono dì essere il popolo
eletto, e sopra essi piombarono tutto quelle sciagure che por
orano noi predetti libri vaticinate. Uà a cagione della persucu*
zione contro i seguaci di Cristo sollevatasi in Roma, Dio non
ehbe reietta questa città, bensì la ordinò dì fatto a quella gloria
che sarebbe stata riservata a Gerusalemme se non fosse st^ta
ricalcitrante, e così non avesse colmato il calice delle sue prevarì*
cazioni e dell'ira di Dio. Nel cuore di Gesù Cristo si vide la lotta
tra l'amore che portava alla sua prediletta città e la giustizia
che ne richiedeva il ripudio e lo sterminio, quando, pur piangendo,
le fe'il pauroso Tatìeioio. < Avvicinandosi alta città, rìmiraDdola
piiQse sopra di Idi e disse: o se conoscessi anche tn^ e in questo
fiomo, qu-jllo chtì importa al tuo T)tìno! ma ora quosto è a tuoi
MCbi celato. Concitjssiachà verrà per te il t«nipo, quando i tuoi
nemici ti ciroonderautto di trincera, e ti serreranno all' inturno,
t ti stringeranno per ogni parte, e cacceranno per terra te e i
tuoi figliuoli con te, e non lasceranno in te pietra sopra pietra;
■éhè non bui conosciuto il tempo della risita a te fatta'. >
pa dìTioa provvidenza prese p<^r mano Tito figlio dell'Imperatore
'Vespasiano lo condusse in Palestina, e gii dio l'ulHcio dì cotu-
ipiere la terribile predizione. Otìrusalemnio fu eguagliata al suolo,
' combusto il tempio, il popolo ebreo fatto cattivo e disperso per
lotto il mondo. L'arco di Tito net fóro romano offre eterna t-'sti-
toooianm della divina giustissima vendetta. Cosi pag6 0 paga
|il popolu maledetto quel sanffuis eius super nos et super Jilios
rosy come sublimemente cantò il Manzoni :
E quel sangue dai padri imprecalo
SulU mìsera prole ancor cade
Gite mtuaia d'etartc in cisdc
Scosso ancor dal suo capo aoii Tlia.
**eroÌca virtù dei cristiani fece traboccare le bilance della
tua mis'jricordia in favor» di^ì martiri; di questi Tu la vittoria
sconlUta dei tiranni che furono tutti atrocemente puniti.
manifesKi a Costantino la Croce con queste parole: In hoc
ììgno vinces; e l'eaercito di l'ostintìno sedendo il labaro della
I erwB, che negli scudi era pnr« incisa, sconfisse Massenzio alle
porte dì Uoma sulla sponda del Tevere al Ponte Mikio.
1 Qni citmincia un'cpc^cu novella. Spezzati gli oculoi, rotto le
^kri, prosciolti i prigioni, cerchi i carnefici, carichi dì ceppi i
amplici Con Massenzio nella iniqua persecuzione. Fa inalzato nu
^Sl alt I
« Et ut ap[Htipinq invìi vidcns ckilat^m fl^vii snpiT ìllam Akpns : quia ^i co-
et to. vi ^akh•al in hnc die lua. (fuse ìhJ iKicrni libi: nunc anicin alMcondiu
1 alt Acni» Ui\%. (Juia vetiipnl ilies in !<■, el ctrcuniilobunt u inimici Cui vallo:
circuRxbbnuL U', el cn>in;;usul]uni te unijiquc: Kl ad lormm prononionl tii llllos
r^dt in le sunl, l>I non ri>liii<iu<->iic iti t^ Upidrm saper Upidem; <»> quwl non
uni leoipns fisiuUoaJE \oae. Lue. ID.
IM cimuENTAmo dell' encicucA
arco marmoreo a Costantino, n&I quale ancor leggiamo che
TÌttoriu ai dovette ad uno straordinario concorso della divinità,
e impLicitamduto è così coafermaU T apparizione della luminosa
Croco e delle cifre misteriose. ìa Chiesa esce dallo cat&combo.
Ella si mostra cospicua nella sua grandezza o nella sua forzi.
Costantino le dà la libertà dì cui abbisognava, no riconosce la di-
vina origine, e piega le auguste spalle a portare le primo pietre
che sernranao per foadainento al Tempio eretto in onore del
primo Vicario di Gwù Cristo, là in quel luogo dove Nerone
ebbro di Lascivie e di sangue facea abbruciare impegolati i eri*
stiani, per diradare le tenebre dei suoi orti vaticani. Suscitò pnre
Costantino le Basilicfae del Luterano, dei Santi Apostoli, quella
di Santa Croc« ed altre.
Se non che fin dal primo suo manifestarsi pubblicamoute la
Chiesa Romana apparve quella società perfetta ch'ò por volere
di Gesù Cristo, e quale la dipiogo Lwmo XIIE nelle seguenti
parole: < Così il governo dell'umana famiglia Iddio lo volle com-
partito tra due potestà, che sono la Ecclesiastica e la cirìle,
l'una delle quali sovraintondesse alle cose divine, l'altra alle
terrene. Ambedue sono supreme, ciascuna nel suo ordine, hanno
amendue i loro propri! limiti entro cui contenersi, seguati dalla
natura e dal Une proprio di ciascuna: di che intorno ad esse
viene a descrìversi come una sfera, entro la quale ciascuna
dispone iure proprio. Ma poiché uno e medesimo è il soggetto
di ambedue le potestà, e potesdo una medesima cosa, quantunque
sotto ragione ed aspetto differente, appartenere alla giurisdizione
dell'una e dell'altra, la divina Provvidenza che le ha stabilite
ambedue, deve pure avorio ordinate convenientemente fra loro.
F4 quelle fpot-esiàj, cfie sono, son da Dio ordinate. U che se
non fosso, sorgerebbero spesso occasioni di contese e conflitti, ©
non di rado l'uomo sarebbe costretto di rimanere in forse, come
chi si trova in au bivio, e penosamente incerto circa il partito
da prendere, posto egli come sarebbe fra le contrario disposizioni
di due autorità, alle quali non può in coscienza ricusare di
obbedire. Or questo ripugna in sommo grado che si pensi doli»
sapienza e bontà di Dio, il quale eziandio nell'ordine fisico, oho
« tHHORTALS DKI
151
è Unto inferiore, accordò tra loro Io forze naturali o Io
loro leggi, con tanta soavità di arte e eoo una cotale armonia
die nessuna di osse è d'impedimento alle altre, o tutte insieme
ttflpirano concordemente e con aeeoueia maniera allo scopo finale
del mondo. >
E questo si Tid& tosto che la Chiesa gìttati i ceppi apparro
aocìetà perfetta, eoa fine proprio, dispositrice del mezzi acconci
al fine medesimo, retta da un solo indipendente e supremo
mooaroa, il Papa Vescovo di Koma. Imperocché Costantino com-
presa la perfetta natura della Chiesa, non si oppose alla suprema
papale autorità, ma le leggi del successore di Pietro volle che
limerò rispettato, fortificandole con proprie leggi. Comandò che
à santificassero le feste cristiane, che le sentenze dei vescovi
fossero ferme e indiscutibili da ogni potestà laicale; dispensò
ileleco dalla milizia e dagli ufficii dei laici; riconobbe il diritto
Della Chiesa di possedere beni stabili e territori!, ed egli stesso
dotò «un munificenza da Cesare le basiliche da so costrutte, e
parecchie di queste dotazioni tramezzo alle Ticissitiidini ed alle
guerre di tanti secoli, rimasero superstiti fino a giorni nostri.
Costantino riconobbe essere il Papa la mento e il cuore dcl-
riffiperio Eomano, sé essere il braccio; riconobbe T inferiorità
della civile autorità innanzi all' autorità divina della Chiosa; e
80 talvolta meritò dagli storici, imparziali in tale proposito,
qualche rimprovero, si fu perchè volea servire al bene della
Chiesa nn po' dì proprio senno e alquanto più là di quei limiti
che dal dovere e dalla obbediututa gli erano designati. Non mai
adde nell'assurdo princìpio che ora vuoisi porre a regola delle
relazioni tra Chiesa e Stato, cioè che la Chiesa sia una società
.«nbaltcrna allo Stato e che lo Stato debba considerarsi indipen-
dente dalle sue leggi.
À'tompi di Costantino l'Impero Romano cominciò ad essere
Socìeià Cristiana e ad esprimere io so quei caratteri che ci
daiineò Leone XUI eoa tanta saggezza in questa stupenda En-
cicliea. Fino a quell'epoca Tlmpero Romano era a gnisa di un
•Mpi) vivente di sola vita vegetativa e sensitiva siccome è un
bruto; materialmente cresceva e in quanto a delizie del senso
153
COMMI
nBLL CnCKLIOL
non era forse mm progredito di quello che ora sia la mode
società, come ne fanno feda le storie e le reliquie delle p;
mollezze che sono rimase nelle città vetuste. Mancava in
Imperio il priacipio superiore che nelFuomo è la parte razionale.
Qitftsto principio superiore glielo recò la Chiesa, e pert> l' im;
Horoano solo ai tempi di Costantino incominciò ad arere t
civiltà umatm, mentre prima, sotto le parvenze di eivilUt, era
tente sì, superbo si, lussureggiante sì, ma sostanzialmente barbaro.
A quei giorni, dopo che Costantino vittorioso per la croce, avei
proclamato quel Chrisfus imperata dalla Chiosa, nella quale sola
poteva germogliare l'albero della scien?^ vera e pura, pullula-
rono tosto que' grandi maestri di sapere che illominaroDo il mondo
con meravigliosa luce, tra' quali come stelle di prima grandezza
rifulsero ben presto Atanasio, Ilario, Efrem, i due Cirìlli il Gero*
solimitano e l'Alessandrino, Epifanio, Basilio, G^rogorio Nisseno,
Gregorio Nazianzeno, Crisostomo, Girolamo, Antonio, Agostino
ed altri. Allora nacquero i grandi ordini monastici nel cui seno
ebbero vitale nutrimento, nei secoli successivi, la pietà, le arti, te
scienze, la letteratura. Allora si raunarono ì Goncilii di Nicea «
di Costantinopoli che aprin>no la serie dei Concilii generali e
particolari di Roma e di tutto Torbe cattolico; i quali Concilii
furono sempre le auguste assemblee dei più sapienti di ogni
tempo, che tornarono a sommo vantaggio della Chiesa e ad uti-
lità tragrande dei popoli.
Quella solenne dichiarazione, Ckristus imperai, di Costantino,
fu per lo sterminato popolo dei pagani come la voce di £se-
chìello, quando ad una soonRnata moltitudine di cadaveri gridò:
o-^na arida audite verbum Domini: e alla voce del Signore sì
rimpolparono quello ossa, si vestirono di belle fattezze, di forme
gagliarde a guisa di un immenso esercito schierato a battaglia.
La Società principiò ad essere umana perchè incominciò ad essera
cristiana. K certo per T immensa gloria che t«xìì Costantino aU
l'Italia e al mondo, era egli non solo meritevole del nobile
monumento che torreggia a piò del Palatino, ma che altro se
ne ergesse più maestoso assai di quello che vuoisi ora ad altri
eigere in Campidoglio per secondare specialmente i voti di coloro
< IHMORTALE DEI > ^^^M 153
die Torrebbero anniontaU l'opera di Costantino, o tolta dui corpo
della società l'anima Tirificatrice per rifarla pa^jana, atea, cada-
Tere. Ma il Christiis imperai di Costantino sta scolpito nRll'etemo
gnmta deir0bclisft> neroniaiio cho sta iunanxl alta Basilica di
). Cotesto Christus imperai ha il sigillo di Dio nò si pui>
cvic«liard. Contro qodl marmo si romperanno le fronti di coloro
(èe Togliono C07.7AT9 contro il destino di Dio, come l'onda dei
secoli tumultuosi s'ìnfirange alla inconcussa sua base.
Allorché spunta suirorÌ22ont6 il Sole nella schietta su» luce,
la luna che prima, della compiirsa di quello, risplendeva bella
B6l Armamento o parea la regina tra gli astri all'occhio cor*
pareo nostro minori, impallidisco, pure restando visibile. Nessuno
più la degna di un guardo. In simile maaìdra atTappiirìre pub-
blicamente in Koma del Vicario di Qasù Cristo nella pienezza
dalla Bua autorità, Costantino s'avvide che il suo proprio splen-
dore Bcemara. Sia pure che non cedesse con sovrano chirografo la
(atta di Roma al Papa, ma resta fermo che, por cotisorvare cotesto
splendore, egli non fu né empio nò pazzo da ribtillarsi al Papa
aedflsimu o da menom^trne l'autorità e la libertà, ma giudicò che
Soma era anguaU per essere la stìde delle due supreme autorità.
Eppure la Roma odiern-L^ innan;!! alla Koma di Costantino po-
polata da parecchi milioni di uomini, ò a guisa di un viburno
dì fronte a un cipresso, ^Hir adoperare il paragone usato da Vir-
gilio tra Uoma e l'altre città de' suoi tempi.
ì'erum fui^c tantum alias int^r caput extulit ttrbcSy
Quantum lenta solent inter viburna cttpresii (Ed. 1,1.
Son possono disconoscere la verità di questa afformaziond coloro
che si assisoro por poco sopra gli augusti ruderi delU Roma
pigana, e con equa monte ralcolarono lu immensa grandezza di
qnal colosso dal quale furono diriiLsi e dal dente edace do; secoli
ccintritì.
Costantino edifica una città tatta cristiana senz'ombra di pa-
$SD«iimo, le dà il proprio uomo e la costituisce capitale dell'Im-
pero Romano. Costantino sul Bosforo fu ed è il sublime oggetto
M profondi pensatori politici. Cotesto imperatore vittorioso in
154 OOWlEXTAfllO DELL SKCtCLtCk
tutte le sae guerre, onusto di allori e riaplendente di glot
innanzi al dilemma; o il Pupa o l'Impemiure deve abbandonarej
Roma; coDchiuse, non il Papa che per divino volere iv VescoTOJ
di Boma. a cui Dio ha promessa suoc^ssione fino alla fine
tempi; nm Flmperatore trasporti lontano il suo trono. E s'avriftl
a Bisiinzio. Da quell'epoca naturalmente o per un arriceadanàj
di fatti ordinati e governati in sapientissimo modo dalla vvu»\
di Dìo, il Papa incominciò ad avere ed esercitare un'autorità cblj
non poteva competere a suddito, e a poco a poco apparve sovrano.
Cosi sì compio la desti na/jo no di Roma fissa nei divini decreti,!
come disse Dante in quo' versi non mai abbastanza ripetuti
Ch'eì fu dell'alma Roma e di suo impero
Nell'empìreo ctel per padre eletto :
La quale, e 11 quale (a voler dir lo vero)
Fur statiiliti per lo loco santo,
ITsieile il succÉstsor dui maggior Piero [Inf. II).
E qnesto ci viene indicato da Leone Xttl in quelle parola]
della Enciclica: « Nti certo ò da credere, che sen^a speciale con-|
siglio di Provvidenisa questa suprema potestà fosse munita
un principato cimle, sicurissimo riparo alla sua iudipendenisa.
E stoltamente fanno certi ceiumentatorì del divino poeta quandi
per mostrare cbo osso era avverso al principato civile dei
adducono que'noti versi:
Ahi, Co&taiilin, di quanto mal Tu matre,
Noa la tua cooversioD, ma quella dote,
Qm da te prese il primo ricco palre! (Inf. 19).
Imperocché Dante qui e in simili luoghi non disapprova
principato civile dei Papi, il quale anzi ammette entro ì lìoiit
di Stato particolare; come altrove sì è dimostrato ad erideoza il
questo stesso nostro Periodico, dandosi, dei testi che si recai
in contrario, con rigorosa esegesi, la vera si^ ni Reazione. Ciò di«
si può dire si è, che egli condanna l'operato di alcuni Papi: aè\
qui vogliamo entrare a discutere se, in così fatto giudìzio pratico^
Dante prendesse abbaglio od altrimenti. Che an/.i l'acuto poel
eni stava a cuore sommamente la proprietà delle voci, adopar
< niHOnTALE DEI »
155
ooDsigl latamente la parola mafre, ehe indica una causa la quale
è unÌToca nella specie, iu% equivoca nella qualità degli indiridui
che genera, o perciò no può dare di tristi e di buoni. Similmente
da (juella dote, nel concetto di Dante arriene ehe i Papi sieno
li, ma ossa dote non ò causa determinata a produrre sovrani
^tristi come che gli poBsa produrre tali e nel ^incotto di Dante
sii abbia prodotti. Quando il btino compensa il male, si può ben
porro la causa produttrice del bene, questo intendendo, oomechè
per aceidens ne venga alle volto un qualche malo dalla causa
nedesima. Questo è il criterio che in pratica usiamo nontinnata-
iDBnte, e secondo tale criterio vuoisi prendere la dote dì Costan-
tÌDO, alla quale Dante accenna.
Di certo egualmente peccano, perchè danno negli estremi, co-
loro che affermano essere il principato civile dei Papi es$enziale
alla Chiesa, e coloro che affermano essere incompatibile colla
papale spirituale antorità. Imperocché contro i primi v' è il fatto
die noi primi secoli sen/^ principato i>ontifìcio la Chiesa pur
esisteva, uè potè esistere senza la sua compiuta essenza: contro
i teeoiidì v' iì il fatto che per un quattordici secoli i Papi l'eb-
1)»ro, e in questo spajiio di tempo abbasUn?^ lungo, cioè pifì lungo
della durata di tutte le monarchie d'Kuropa, più furono per la
Chiesa i vantaggi ohe i danni. Tra ì vantaggi evvi quello po-
tiflEiimo accennato da Leone XILL della indipendenza, evidente a
tutti ì sovrani e i popoli, eh' è necessaria al carattere di Vicario
di Gesù Cristo, tcscoto e padre universale di tutti i pitpoii e
di tutti i re, quantunque di costumi diversi p contrarli o in guerra
tra loro. Per la qtial cosa dalT Episcopato cattolico fa cotesto
principato, nelle presenti circostanze, giudicato necessario al ben
cnere della Chiesa.
Che se sopra i fatti storici di tanti secoli vuoisi adoperare,
fld è un dovere adoperarlo, l'argomento potissimo della univer-
ale induzione, e se si voglia discorrere coi principii snggeritici
dim& prowidenz!» divina rispetto alla Chiesa, Ò pur mestieri con-
iare che Mdìo saprà bene trovar modo di ridare al Papa questo
tieurissiino ri/ìaro delta Si*a indipendenza, cf ò II principato
civile, 0 tosto 0 tardi. Per la qual cosa, posto che ad ugni modo
156 COHKB?tTAAIO DSL t' ENCICLICA
si fosse Tolnta l' unità sUtiiak> deiriUUa, avrebbono fotte ass
m^io, nel loro stesso interesse, coloro che furono a capo
QoTerno it»Liaao negli anni passati, ad imitare il gran Costanl
il quale cruò una nuova capitale dell'Impero, e in essa collocò
sua sedo. L'unità d'Italia sarebbe rìinasa intera, perchè come no
la toglie'' la iattuni di Mz/a, doL Ticino, di Trento, della Corsii
di Malta, di Trieste e di quel suolo al di sopra del
Quarnaro
Che lulìa chiude e ì suoi lermini bagna {Jnf. IX)
cosi dal piccolo principato del Papa non sarebbe stata diatrutt
ma sarebbe stata assicurata per secoli la patria indipendenza;
e per l'unione colla somma e suprema autorità morale domìni
tritìo in tutta la terra, sarebbe cresciuta la gloria civile o
fonia militare della nazione. Già si sa cb'à fìne politica incon-
tnire, qualora fosse uopo, un qualche sacrificio per allontani
pericoli e danni graviasimi, come che sìeno solo probabili noe
che moralmente certi. À capir ciò non è mestieri essere gì
pensatore, basta avere un dozzinale cervello. Ma questo forse DOI
l'ebbero i creatori dell'italica iudipenden^? È impossibile! P<
Io che è giuoco fon» il dire, o die intendono solamente la distra-
zione del Papato (voto da sciocchi che non discorrono niì coi fatt
né coi principii di ragione) e a laesto scopo sacrideano VaTV«
nire della patria; o che puerilmente sì lasciano trascinare
una fìttì/ia pubblica opinione che vociferando altro non sa ripeter
che frasi vuote di ogni significazione assennata sulla necessìt
che Roma sia capitale d'Italia.
Kppure non si fa altro che lamentarsi disila insalubrità de
snolo romano, e per più mesi di astate la si lascia deserta. Ch«
più? A questi giorui medesimi, perchè alcuni tedeschi strepita^
rooo contro la devastaaìone dethk Roma storica, della Roma
pale, dai giornali liberaloschi italiani pur si dico che sarebbe
stato mc-glin creare altrove una capitalo d'Italia, per lasciar Borni
eolle sue storiche vetuste fattezze. Per questo motivo al! e per
assicurarsi l'avvenire tranquillo, prospero e grande, no! È questa
logica dei nostri tempi, è questa la sapienza dei nostri barbasaonJ
« IKHORTALR DEE >
157
per clliudeni quest'articolo tjrniamo al poDto d'onde ab-
iam preso le mosse, cioè al fatto storico ohe fu iniziato da Co-
BlaatÌQo e che da sedici secoli dnm (Ino a A) nostri. Kgli rioo-
aobbOr rispetto alla Chiesa, la rotontA dì Oosù Cristo u la dottrina
4a questo espressa nel Vangelo. La Chiesa è società nel suo ordine
perfetto I' indipendente dalla civile società, comechò i suoi sudditi
pare appartengano alle HocieVi civili. La civile società, coi suoi
capi, coi suoi re, coi suoi imperatori ha il dovere di essere o diven-
tarle figlia, com'ella ha il diritto di esserle madre. Quella deve
rispettare la Chiesa, devo difenderla, deve amarla. C^omo la por-
feóoae del mondo fisico cousistfì nella sua corrispondenza, quale
«Bemplato, alle idee divine archetìpe; cosi il mondo morale tanto
più sarà perfetto quanto pii^ corrisponderà alla norma della mo-
itJità che sta nella legge naturale, e Delta legge divina lascia-
toci da Gteeii Cristo. Laonde Io sperare che si fa uà perfetto
WaMtamiaito dell'umana famiglia prescindendo dalia Chiesa e
antro La Chiesa è uno sperare vano; cagione di una fatale ir-
naolatezza nel prendere que* consigli che sono della massima ri-
IcTunza. Degl'immensi disastri sociali che si preparino e sono
forse imminenti sopra chi cadrà la responsabìlìU tutta quanta?
Spartaco alla testa di milioni di disperati, le^ttima prole del
progresso pagano, rialxa furibondo la testa. Qià nella Francia e
Mi Belgio è incominciata la selvaggia lotta. Invano è sperare di
ivere tra' potenti della corrotta Europa un Grasso, che annienti
qaell' esercito sterminato. .4Uro non resta che tutti i Re della
fc^rr» e che tutti i governi, esclamando o Papa o Morte, implo-
rino da Leone XIII il labaro di Costantino. Sopra questo e' 6
h Oroee col motto In hor .s/^ho vineeff: perchè solo dalla croce
deriva la carità e la pazienza onde il socialismo può essere
divelto dall'ime radici. Meglio è buttarsi a' pie di Leone XIII
A'essere schiacciato sotto i ruderi della società distrutta.
UN NUOVO LIHRO SUL SILLABO'
L'Abbate Bosseboeuf, ormai già noto ai nostri lettori,
critici) e da vero cattolico sente la necessità di bussare ad an'al|
porta ' per avere una spiogazione del Sillabo più esatta di qoQ
ohe no diano i supposti fideisti. Noi, a dir vero, abbiain laMi
di parlare din cinque che t^gli chiama « Prójngés », e sono ooi
altrettanti punti la cui couside razione basterà sola per rendq
sospetta la «interpetrazione fideista'. » Non potevamo notar tu
né T'ora bisogno dopo il già detto: imperocché al primo e
punto (cioè: lo spìrito dì passione e la stretta parentela col
calismo *) BÌ saprfk ornai dar il suo giusto peso. Nel tenw dice:
ne sait gue, après ses Pràlécessetirs, Pie IX a été qitelqw
— on l'a empèché de l'&tre plus longtemps — h Promot
acclamé d vènere des libres instUuthns^ en ce quelles
avoir de raisoìttuible et de chréden''? Dunque il Santo Ponte:
fu trascinato a riprovare ciò che nelle libres instifuiiotts v'ha
ragionevole e dì cristiano! L'assennato lettore non abbisogna
noi ci fermiamo a far communti ; meno male però che U
gnor Abbate ha avuto la deltcatezsa di aspettare la morte
venerato Pontefice per parlare di lui iu tal mtHÌol — Il quinto i^
sfuggirà alle nostre considerazioni quando esamiaeromo più
la dottrina sul valore dommatico del Sillabo. II quarto fìnalmen;
• Vedi quad. 858, pagf. 6Sie66 del Voi. pircfdijitf!.
• Pag. OH.
» Pag. 64.
• Ln paation, VentraitUìtunt, rtXMf^ration... 1,'necord qui existe
jttìfement rfw fidéisme et ceM du radicalitme : iéentitè de conci
praiqtu Ionie la tigne pag. G1-6&.
• ["ag. 05.
• Uabsenet dea prineipes rfoìrj et prAi» qu€ rfylamt ìa eritique, et I
notioì%s préltminoirea d'ej^^se, indirpcnsablea pour comprenHre ti cxpli^
exncttMCHt ita Uxte». Taf;. 66.
'tni xnovo
cispBce il dirlo, sembra proprio, socundo noi, il giudizio da por-
tarsi della spiegazione del Sillabo proposta dallo stesso Bosso-
IwQf: lo Tedremo a suo luogo.
r II LiberalisMO.
È il terso contendoate che vuole spìegpare il Sìllabo. \oi non
pHBmmo tener dietro a quanto vìen qui detto; dopo il tanto che
i^è scritto e prò e cotUra^ e si scrive tuttora del Liberalismo
e delle sue molteplici forme, vi bisognerebbe beu altro che un
Semplice cenno in passando, per dirne adi^quatamcutu e giusta-
BflnteT sfuggendo il pericolo di dar nel troppo o di rimanersi
ari poco.
D Bosseboeaf non è per certo fideista; sarà forse liberale^
Nò punto nò poco: egli non Io fu mai né ha veruna reIa7.ìone
ttm sìITatta scuola '. Ciò non ostante non può uascimdure la sim-
patia che ha per ossa; ed il lettore, benché non appartenga ai
sapposti fideisti, non potrà non restarnE! colpito, visto come egli
abbia trattato quest* ultimi e dì quali bei titoli gli abbia onorati.
U Liberalismo, secondo il Bosseboeuf, uè può dirsi sola ipotesi,
ri sola tesi; A piuttosto iesi-ìpoUsi^. È Vaccepiation sincire
it hyaie d'un fait\ quale è lo staio presente della società, am-
Betteadocon un esame e giudizio à tour approbatif et restriciif
ì diversi assiomi filosofici e sociali gui sont la trarne^ Vossature
de luts inslitutions politiqites *, e con ciò sì distingue bonissimo
fai liberalismo razionalistico'^. Vuol quindi chiamarsi piuttosto
fUsv expérimentale \ — È una asserzione dottrinale, matura,
pooderata^ se garde de ioute exagéraiìon fdckeuse, a ses ra-
ànes dntts le domaiue de la pensée et des faU$\ Dall'attenta
onsiderazione de' fatti, e dalla luce di principii della meute sa
inmare nn simbolo sociale, appoggiato sui priui^ipìì ra^tionalì o
Mila conoscenza de'tempì presenti, considerati nelle loro serie od
miìicibilì aspirazioni ', la cui corona, secondo il nostro Autore '*,
<* In sovranità del popolo con quel suo diritto... di cui parlammo
nel precedente articolo, (voi. prec. pag. 66i).
' Pij. Ki. - * hig. 7i. — • Pag. 79. - * Plf. "2. — ' P4p. 8«.
• P^ 79. — ' Pag. 82. — ■ Pag. R» — ' Pag. 53. - " Pag. 72-73.
tra nuovo uano
Oli addetti a questa 8Cu>jIu sud piem di zelo, cosciensiosi.
pronti al sacrijhiot dotati d' eloquenza , tVuna fede viva e lu^
minwa, d'una lealtà toute cheralerèsque, cruciati, nobili atleti,
ai quali fu dato di conoscere non sappiamo qaali decreti celesti^
di capire i disegni della Provridenza riguardo alla Chiesa, e la
grazia di secondarli '. Nau vuoisi con ciò dire, continua, che non
s'abbia presso di loro a l'elever de temiiH à autre guelgues errata,
anche riguardo a qualche ponto dottrinale (p. 86), specialmente
poi all'apparire del Sillabo (p. SS); ma ciò tu cosa jtasseggieraA
Poverini! il timore che i nemici della Chiesa s' inasprissero sempre
pili, li commosse alquanto (p. 89) ! A che prò malignar soverchio? ,
il /aiti voir là:, les frayewrs d'en/ants peinés rf« voirdes mi^-1
l'ables insnUer et ha/oner leur mère, et les angoisèes de coeurs
fidèles^ auxquels il pesati d'enitnàre les blasphèmes et tea ou-
tratjes lancés cantre l'Égli&e (p. 91 ). Oh, ci s'ìutonerisctì il cuore!
Del resto il signor Bosseboeuf ci presenta un boi modo d'inter-
pretare in buona parte i bei servigi invero che il cattolìcisawyf
liberale rendeva alla Chiesa per rispetto al domina dell' Infal-
libilità del Papa, fìno al tempo in cui questa renne soleDaemeotoi
definita dal Concilio Vaticano! Kinchò si può trovar un modo di'
scusare i nostri fratelli, perchè non farlo? Per i malcapitati sup-
posti fideisti questo modo non si trovò: pazienza! )Ia merìte-J
rebbe d'esser tutto qui riportato quante è detto a pag. 84; Ìl
nostro Abbate sente il bisogno di dare pieno sfogo albi sua elo-
quenza! È un mare tnagnum di elogi, in cui, secondo noi, ha
fatto interamente nauFnigio quel suo sans pìkti pbis messo a tì-
tolo del suo libro, e die ispira all' inconscio lettore tanta fiducia;:
mare magnum, in cui corro gnin pericolo d'affondare la logica
stossa: perche, dicianiulo pure sehiettam<>ntL\ signor Abbate, si
tratta di encomiare il Liberalismo, e si esaltano le virtù d'ai-
cani liberali, persone rispettabilissime quanto volete ; ma non vi
pare con tutto ciò che la questione sul Liberalismo rimanga tale
'filate era prima, nò più nò meno?
Pio IX, non sono anoom dieci anni, di quest* isteaso neao
termino ai serviva por trarne la conclusione del tutto opposta:
SUt « SILLABO » IN
fiamoinem ne^jitimus tton probare vos Syllabi Nostri senientms
pfopitytuituias, t.v/'ilicand^sqHf^ suscejnsse, praesertrm adversus
Liberalismum qttem dìcunt catholkumt gai cui vluriios habecU
a inis HosesTES asssclas ef mtnus a vero recedere videatur^
fo^ieris est rBRiuuLOsioR, FAciLiusttuB decipii incaittos... (Breve
ielCll dicembre 1876 spedito al signor Abbate Vernbet Dirat-
lore del giornale Le Peuple) '.Il signor Abbate Bosseboeuf non
urà a male se noi ci atteniamo al modo d'argomuntare dì Pio LX,
piuttosto che al suo: e, notate strana coincideoza, si trattava
proprio della spiegtdotie del Sillabo!
i' Il Sillabo e rAbbale Bosseboeuf; varii gradi di eetxsxtre
teàlogicìie.
Siamo ulta seconda parte dell'opera ch'andiamo esaminandi);
fc la miig^oft^, e iiuella che propriamente vuol dirsi dottrinale;
in cai il signor Abbai)) dura il vero si-nso di ciascheduna delle
propustKÌonì. È proprio il Sillabo, esso stesso, spiegato nò più nò
Beno di quello che riohiog^» la sana critica, la lugìoa, la teologia,
il gios: è la spiegazione vérifable du iitre syllabaire^ e ohe a
npon»' può designarsi eoa dire le Sijtlabtts dans le Syllabus -,
L'autore adunque nou soddisfatto neppure della spiegaiiione
prMontAta dal liberalismo cattolico, neir accingersi a proporre
Il sua ne sente tutta la difficoltà"; altro non desidera che far
ttn pu*di luce, si che cessino tanti uiilintesi. Premette alcune
«servazionì, vuoi generali, vuoi particolari sopra alcuni prin-
àpiì teologici intorno alle definizioni dommatlche e condanne
(l'errori e ai Tarli gradi delle note teologiche. Ciò va facendo
eoa brevità, ed ordine, non sempre però con aggiustatezza di
basi. Fatto il caso che una proposizione sia equivoca ', h os-
Mrrare cho le terme de condamnation est impropre. Il n'y a
rien id de condamné, ni dans la pensée, ni dans Vexpression.
Le Pape ne fait que siffìialer la phrase comtne étant sutice-
flìbte d'un mauvais sena, et pouvant induire en erreur. Elle
ai désiffuée comme ambigue^ captieuse, et rien de p^us^ Ciò
' Ve* Uiriltà Uatloìica, Serie X. toI I, pa?. 23*.
• Vnt. .VII. - » l'iff.i)3. — ' rag. 09. - ' Patf. 109.
StrU JUU. eoi. It, tate. 860 1 1
S aprile ISM
DH mwvo uà»
vuol dirsi tropiH) pircu, chi ouasid&ri che il Santo Padre daado
la uutu di equivoca ad una proposizione, QOQ solo la denunc'm
(sìgnale. de^igne) come equivoca, ma di più la riprova; non
determina il senso, è vero; imi Vespressione è censurata e pro<
scritta in modo che non possa più essere usata da scrittore sen
sato e cattolico. L'equivocare dioesi propriamente della locuzione;
ohò intanto il scuso si dice equivoco in quanto viene manifusUito
con termini, che sono segni del pensiero, non determinati é
precisi. Quindi in qual modo potrassi concepire una proposizkmt
proscritta come equìvoca, senza che la maniera di esprimerla resti
anche essa proscritta? Vuoisi notare dì più che non è lo stesso
parlare della nota ttM>logica di' equivoca, e della prop<>sizÌOM
equìvoca; epperciò diverse sono le quistioni se la censura datit
d'equivoca condanni o no la proposizione a cui è inflitta, e sa
la proposizione t^itirora, (che è equivocaj, SÌ possa condannare
0 DO con una censura teologii^a. Relativamente a questa seconda
i teologi sogliono dare risposte dì vario grado : citiamo il sole
De Uoatague, che IMsttìsso Bossehoeuf indica quale auto»
cUssico su tale materia. ^
Egli pertanto nell'opuscolo^ De censuris, articolo 3, alla do-
manda: an profiositiones mere ae.quimcae damnari po'^sini^
aggiunge una triplici) risposta: ~ la 1" col Suarez, dicendo ch«
trattandosi di proposizioni im/jropria»wnle equìvoche, merita
fiamnari possuntj — la 2' col P. Antonio Da Palermo, che si
trattisi dì proposizioni equivoche, le quali abbiano un dubbia
senso, quorum qtiilibet ita sii proprius ut muier alteri 5*
prae/erendus... huiiismodi propoaitiones non esse in rigore
damnatìdas; — la 3^ collo stesso Autore, che a quelle proposì-
:eionì equivoche può essere mjiitta la censura, qua^ etsi propria
oapaees sint uirìitsque sensus, sani et pravi^ attamen sensunt
pravuM praevaUntem involvunt; sive quod verba earumdtm
maiori cum proprieiaie expritnant setisum pravum quam sa<
num^9ive ob exirinsecas circumslantiasy praeciaa proferentium
&tndiUoru^.., S'avverta poi che la seconda risposta anch'essi
■ Pig. 103.
• PtTSso MiGXE: Theotogiac cnrauM eompUlus lom, I, pag. 1111.
* MlcriE, toc. cit. pag. 121».
SUL * SILLABO » IIVl
ò espressa con la condizione nisi ex proferentùim ivi operum
fiut tibrorum, in gnìbus extant, qualitatibus invoieseat eas in
pravo scnftH prolatas aut scripias. Diindo apparo cho trattandosi
ielle propoaÌ7.ioQÌ del Sillabo, attese le circostanze estrinseche
delle persone, de' tempi, do' libri ecc., secondo il De ^fonfag)^e
DOQ si darebbe caso in cai esse, benché equivoche, non possano con*
dannarsi. Ciò notiamo perchè il lettore del libro del Bosseboeiif,
redeodo ahe questi appalla al Du Montì^^no, non creda che in
(oanto Tiene poi esponendo s'attenga fedelmente a Ini. Un* altra
OBtarraziono, ed è che i teologi cercando 9<i alla proposizione e([ni'
voc» possa essere inflitta una censura, non determinauo quale sìa
il grado di questa, e ciò conferma la distinzione delle dne qne-
Qtioai differenti che abbiamo di sopra accennato. Xon perchè una
pn^usizione è equìvoca, la censura che le si può dare ò, o dee
flBsere di equivoca. Ciò dipenderii dalla materia su cui si versa,
egli eaerapii proposti dal De Montagne Io pn)Tano ad evidenza:
ne riportiamo il seguente; unus de Triniiate t'st cnic{p'xus\
Che aiui, chi per poco sia versato nella lettura dei teologi in
qoesta materia sa benissimo che la censura, la quale nelle mate-
rie in cui la Chiesa suole intervenire più comunemente vien data
ad una proposizione equivoca^ è di sapiens haeresim, o male
xmtans, o pinTum aurìnm offensiva. E potrà dirsi con ciò che
quando la proposizione ò equivoca non vi ha nuli» di condannato
propriamente parhindo? £ qui meglio s'intende il nostro argo-
mento intorno a quel brano del signor Bossoboouf: o si confonde
li censura à.' equivoca, con la proposizione equivoca; o si sup-
pone che alla proposiziono equivoca in generale nou compete, no
Sdole inSiggorsi altra censura fuorchò quella AxeipUvoca: nel-
1*000 e neiraltro caso sì ò lungi dal proporre la dottrina dei
teologi.
Né ci& è tutto: non può non destare meraviglia quanto il
signor Abbate premette al brano trascritto: il imporle de se
rappeler qtie ces not-es se rédtiisent à trois principales: néìti-
nqtiBS, ?AmsE9, ÉqurvoquEB. Dove ha trovato Egli che la cen-sura
di equivoca sìa tra lo principali ? Nou si ricava pnmieratnento
' toc. cit.
164 DN nuovo LIBJIO
rlair uso dulie Coiigrega?io[iì EoiiiaDe o du' Sommi Fonteflfli
noti' apporre tnoltt) censure, coni') suol dirsi in globo, ad un sil-
labo di proposizioai. Per convincersi di cii> basta riandare le
condanne fatta dal Concilio di Costanza dei 45 articoli di
Wicloffo e dei 30 di Giovaoni Hus, come pare quelle ern-'inate
dai Pontefici Alessandro VII, Inuocenz*) SI, Alessandro Vili,
Innocenzo SII, ■^d altri; tra laala variet'i di censuro non si ri-
scontra espressa quella di equivoca... Come spiegare rì6, se essa
fosse tra le principali? — Non si ricava in secondo luogo dai
teologi (il citarli sarebbe cosa lunga e superflua), i quali trat*
tando delle censure dicono di volere esporre lo principali, e non
^ mai che vi comprendano quella A'egnicoca. E tra costoro vuoisi
compreso anche il D^ Montagne, il quale dirìde le censure in tre
gruppi: le principaii ', dello quali tratta diffusamente; le meno
principali, delle quali così scrive: Bttcustjite celebriorea propo-
sitionwn censuras /iisius prosecuti sumus; iatn nonnuUae quae
minus praecipìtae stint ac usitatae compendiosim sunt per-
iraeiandae^. Ora, nò fra quelle ni\ tra questo enumera Vequi-
vof-a: sì trova bensì tra queste ultime quella à\ falsa: ma anche
ciò è contro il Boss^-boeuf, il quale la vorrebbe tra le tre princi-
pali, come abbiain visto. D^l ter/iO gruppo dice così; sten/ et
aliae guaedam notae diversis in censuris expressae, ut quod
propositiù sii nrrorjanH, aspera, aversa a fide, suf}erstitùfsa, cfc.
Verum cum iUae aint minus itsitaiae... N>>n IniUile tatn^n erit,
ìiec forte iniiicundum prospectmn alpkaheticum hic exhibere
omnium ferme cf».*wraKM?n, guae a Conciliis, SS. Potitijicibus,
nec non a iheologicis faeultaiibus fuerunl usurpala^. Eas ex
Àuciore scrutina extrahemns: V Abrogala, 2 ' Acerba, 3™ AeqxU'
poca, 4' -lm&ij«a\.. Dove apparisce maoifestamtìnte che 9
De Montagne avend»» sutto degli occhi il catalogo del P. Antonio
du Palermo, in cui sì trova enuraonta la censura 6." equivoca,
Tebbe in così poca considerazione, cha non la collocò in m.'ssuno
dei tre gradi da lui proposti : oom*3 pertanto concordarlo col nostro
* U"Ae. loc. ciL tln |up. tt^ lliM n |ki?. ìiOù.
^ Loc. cil. paiT. tJDr>.
' Loc. cil. pi^. Ii06,
SUL «SILLABO » 165
IMtìttì che la propone Ira le principali? Aggiungiamo che se per
oso Utiinij credesse potersi giustificare il Bosseboeiir quasi che,
dicendo la censura di equivoca tra le principali, volesse riguar-
dare Vitso cbe se ne è fatto o se ne fa, piuttosto che il valore
stesso di essa; ciò rimane escluso dal fin qui detto. Che anzi,
il De Montagne al catalogo delle 69 censure proposto dal P. An-
tonio da Palertno soggiunge cosi: celeòriores et. magi» usitatas
hantm censurarum species exposuimus: aliarum vero si ((CO
■ODO POTEST ESSK UTU.LS tKwiL soTiTM '... Giò vitol dire che il ce-
lebre teologo nputò le censure da lui omesse nei tre gruppi, tra le
quali quella di equivoca, di quasi nessun uso, e di poca o niuna
ulililìi. K pensare che il signor Abbate v' insiste ripetutamente
(pagg. 103, lOt), 117, 121), e tantfl: enjin., ob9krt.ition fosda-
iMTU.B, gite le caracière d'óiuivoquo... (pag.109); come so fosse
posto fuor d'ogni dubbio, che, non essendo, come dice egli,
espressa nessuna censura in fine al Sìllabo, una delle principali
a dovervisi Bottintendcre sia quella di equivoca! Noi non sap-
piamo il perchè di tanto interesse, nò insistiamo per investi-
garlo; ci siamo su questo punto fermati un po' più pel timore
che il lettore del libro del signor Bosseboeuf, vedendo dall'una
parte quanto questi dice della censura di equivoca^ e dall' altra
Che. giunti alla spiegazione delle singole proposizioni, molte di
qoeste snno esposte come areutì un doppio senso, non conchiuda
trattarsi al trar de'conti di un equivoco^ ò ryoWa. più.
3" Valore dommatico del Sillabo.
Tra le cose che premettonsi nel libro che andiamo esaminando
prima d'incomìnciaro la spiegazione dello singolo propo3Ì7.ioni
wnlenute nel Sillabo, era ben necessario che non mancasse no
ceoDo sull'autorità e sul valore dommatico del celebre documento
apostolico venti de Rome et < envoy^ a toits ies Kv^queiì du
mnnde catltolique » par Vordre d\t Pape^. Fa duopo sopra tutto
«ere esatti, cosi l'autore; vuoisi evitare ogni eccesso. Dio buono!
e chi non sa che qui ò proprio dove mancarono i fideisti? Kssi
' Uè. cil. jog. 1S07.
»Paf. ISI.
-'>!
IflS VK imOVO LIBRO
fiiDUo d&I Sillalio une sorte de cale absolu, un sytnhole suprètw
de croijanctì. » C'est Voracle, grida Mons. do Sogor, le Credo.
le sytnhole de tout ckrétien, prStrRou simple Jidèle. > Eco fedele
dì queste erano le parole di Puul Bert nel dichiarar cha fiweia
dalla Tribuna che il Sillabo è parole saorée qui fait loi^ et lai
infaiUihW. A nuli' altro molsi ciò attribuire che all'ignorar»
ohe il Sìllabo e rfinciclica < Quanta cura > non sono unu stessa
cosa. No; sono deur documenUy enmifé^ ensemble, il est vraij
mais séparés, completa chacun à teur manière, dijfèrenls de
nature^ de rt^dadion, deforme et de portée *. Il Sillabo, cel die©
la parola stessa, è une nomenclature $mis forme nxi.omali<imt
dcs principales proposttions plus oti rooins répréhensibles et
captieuses... Pas d'en-iéie épìstoìaire, pas de signature^ pas de
formule exptidie et concluanfe'. Conaultato ì principii teolo-
gici, prosegue; alla loro luce scorgerete che il Sillabo non pre-
senta ni le caradère^ ni le bui, ni la portée d'una bolla*; noD
rincontrerete in f-sso pa» une seule condamnatio» prMise^ pO'
sitive, direct, pas une seule note thmlogigue\S'ìQUiìià& UM
ìmona volta: qui non si tratta d^une dèjimlion dogmatiqite d'^au^
-cajie sorte *.
Non sappiamo l'impressione che riceverà il lettore net segniro
l'autore in tutto quello che noi abbiamo qui breTemente riepi-
logato; a noi per corto l'ha fatta varia e roen buona. Ci vuol
del bello e del buono per arrivaro a capire che cosa viglia dire,
affermare, proporre: quindi la difficoltfk di netterò tutte e sìngola
le cose che pur andrebbero notate, e che cosi come stanno non
possono passare. È un contìnuo parlare indeciso, inesatto, con-
fuso, improprio e, se vuoisi, anche poco coerente. Non vorremmo
passare per eccessivi: ma cho risponderebbe, di grafia al su»
lettore il Bosseboeuf, se egli trovasse un po' difficile accordare
insieme quanto i^ molto bene scritto a pag. 121 ': h catholique
tloil d'ahord Vembrasser (cioè il Sillabo) comme oeuvre do /w-
• ]'af!. 60, vedi ancbe pa^. 117-
* Pn?. 67. — * Pair. llu. — * Pay. 117. — ' Pag. U7.
' Vedasi .niclie pagf- 6", 120.
SUL « StLLABO k
107
mière, di direction, avec une volont** cbéissante et croi/ante; eoa
quelle altre a pag. 117 ': c'est done exagérer oh ignorer ia
ttature de ce docnment (jne rfVii i^ouloir /aìre aoee eertains
iibriiS'pHnseurs < la regie suprtiiitì et dorriière dos oonacienoes
catholiques? > 0 che s'ingannerebba forse chi considerasse e ri-
toneese come vera regota della sua coscienza, quella che dee
ammettersi comme oeuvre de lumière^ de direction? Qomii pò-
trebbe al contrario persuadersi che pel signor Abbate le due
parole del secondo testo supreme et damiere costituiscano co-
tanta dìFferenza dal primo, che d^bba ammettersi l' uno e rigettar
Taltro? Dovrebbe forse il lettore supporre che pel Bosseboenf
iiQ vetivrc ile lumière, de dire-'iion^ elio venga dal Papa, qui
tUi hatit de la colline rotnaine rappelU au monde le^ choses
necessaires, fondwmntales '» manchi del visto, come suol dirsi,
di qualche altra autorità dì quaggii\, per cui non possa aversi
oame suprème et dernière? Cif> non ^li farebbe guari onoro. Altro
adunque non gli rimarrebbe che considerare questo due parole
intese in riguardo al grado supremo ed ultimo di censura, qual
i quolla d'eresia. Ma come imina<;inare che il Bosseboenf creda
the la spina, la quale punge il cuore dei liberi pensatori, sia
proprio il maggiore o minor groilo dì censura, una volta che essi
appunto della cosa non vogliono sapere, fosse pur la meìxoma tra
le censure annessavi?
E qui eccoti un altro imbarazzo. A pag. 66 vengono confusi
insieme Mons. de Ségur e Paul Berti Ammosso pure che qnegli
tsagerasae nello stabilire il grado di censura dovuto a ciascuna
proposizione; certo che Paul Bert non si cura di ciò; ma sì
per le dottriìie del Sìllabo egli dista d'un immenso tratto da
Xons. de S6gur. Ora come congiungere ìnsiemo due locuzioni,
che al tuttf) sì dtfferoazìano per riguardo alla sostanza di ciò,
' V<(U» pure («lin;. 66. I ! *.
« Pa?. 1 U.
■ lei «ticorf, ih ti lideblil marctionl <1n concetl avcc lis mnttn?i Aa radicali-
Mar. T«l iWpiil^ faiwni *fi (Wcijnnt il In trilmnc. i|Uf le .5yWV>i« «t paroh
ncrée, qui fait PìÌ et loÌ infailUhU, qa'psl-il atilre tìllft»fi que l'écho di! ces jki-
Kia ifni) puli1icÌ«U> oatli<>Ii<]ij«: e- ai Votacht, le credo, ìt Kymdolt de font ehré-
ffan, prArt ou inmpìe fiiQk.
168 vs tivovo usuo
ft che esse sì riferiscono? Altro è cho ogni fedele deve ammet*
iere il SìlUbo, o non sì dt^ve scostare da veruuu delle proposi-
ùoui dì cui esso ò composti), altro ò cht) a ciò sia tenuto sotto
uno e stes-iu peua o cetisura. Questa seconda ò ((uestioiift per
così dire domestica, futta da Teologi, toccata dallo slesso Bo8Sft>
boeuf, nella quale si puf» pensare dirersamente seuxa incorrere
nella taccia i' imprestare le parole ad uu Paul Bert, il quale
ci rimprovera che noi S€gì4ia»t'j il Sillabo come legge, o non
ooDSidera i gradì di censura, nò la pena, nella naalù eadi-emmo
non seguendo detta legge. K quando Paul Bcrt ci fa prussa con
quel suo loi infaillible, non dubbi;u»o rulrocedore d'un milli-
metro. Infallibile, si! II Papa anche Infliggendo una censura
i»/eri<»-g a quella dVe/iVaè infallibile; ed è veramente mirabile
ehe il nostre Abbate creda infetta di radicalismo una proposizione
ehe deve essere ammessa da ogni cattolico.
Ma ritorniamo sul tratto che stavamo esaminaodo. Il fedele
deVH ammattere il SÌll;bbo aveo une volante obéissanle et croijanU
(p. 121); verissimo! il lettore però non potrà non esilaro ricor-
dandosi che a pag. 117 è stato scritto che nel Sillabo non si
tratta d'une dejinition dogmatìque 4'i.iiciine sobte. So ciò è vero,
non è fuor di luogo esigere la f&k'ì Ne il signor Abbate po-
trebbe rispondere, che ciò ò detto in conseguenza all'aver di»
mostrato che il Sillabo non ò identico alI'Kuciclica Quatiia cura.
Ma, era ciò nocussario? Darebbe l'animo al Bosseboeuf di soste-
nere che ove un documento non abbia forma d'una Bolla, d'uà
Breve, d' un' Enciclica, non può contenere una definizione dom-
matica di veruna sorta? N'on Io possiamo supporre. E poi? Non
si tratterebbe qui di sapere in forza di quale raziocinio sia
stata posta quella brutta atfermaKione; ù un fatto ebe b stata
scrìtta, e colla qualu non si può cupii'o qiiul croyant-e. Lasciamo
le altre osi^rvazioni che il lettore potrebbe faro simigliauti alte
precedenti: p. e. a pag. 117 è scritto molto bene che il Sillabo
nesi en quelque sorte qu'une tahh dcs matières, une nomen-
clature par ordre des censitres docirìnales p&rtées par les
DorJeurs, ìes Concìles^ et les Papes depuis plus de quime
siècles. Il ren/erme en ttubsiance lk8 propositeoss signalées OH
SUL < SILLARO > 109
ttnacvéta par les Princes df, la Science iìièoìogique, d'Àugu-
fJin à fìossuety — par hs Coìiciles. de }iicde à Trente^ —
par les Pape», de Dnmasc à Pu-- IX. Dopo lutto ciò TÌenfi a
parìar del suo raloro'. Qnalo sar^ mai la conclusione? Eccola:
Dan» le Syllabua pis use seule cosoaks,vtios précise, posìiive,
direete...; neppar l'ombra dUim d'^Jinition dotpttatiqtie rf'AiHjusi
i«Bn(p. 117)!
4' Le Sìflhbus est-U un acie ex cathedra? — Giudizio su di
ciò del fì'mseboeitf.
NtiD ti questo il luogo di tratUro una qui^stione si delicata:
pertanto ci lìmit«riìino a riferire e giudicare la risposta data dal
Boawboeaf alla questione, e a vedere se, ove pur taluno rimiri
la cosa sotto quel punto di vistix, nel quale egli la riguarda,
possaoo giustificarsi le parole da noi testò messe a riscontro con
altrt) espressioni del medesimo.
Le Syllabus estil un ade ex cathedra, c'est-à-dire ttn do-
cumeiif Olì le souv^aìn Ponti/e parie lui-mème, d'une fa^on
àutb'^ntique, à VÉglise unìverselle sur une matière qui soit
oheAument et intégrahment Tobjet de son in/aìllibUité dodri*
Mie '? Alcuni rispondono affermando'; il nostro Abbate la sente
tìversamento \ e motte sonz' altro mano alle prove contro la
Molenda alTermativa, dichiarando di voler insistere sur la forme
tìie deve avere un tale atto, perchè la lumière soìl complète \
Quindi, per dirla in breve, crede dì provare che nel Sìllabo:
— non è il Paini che parla; — non v'ha siijmiturei — manca
U neiteté d'expression et d'intenlìo'i'^; — affinchè sappiamo
doode esso venga, fa di mestieri ricorrere ad uua lettera del
C»rd. Antonelli, la quale mi; saurait en modijier la nature^ le
earactère, et les ejfets '.
Per determinar buae lo stato della questione e dare il giusto
*hg. 1l&-«Pa!t. 117.
* Lk. cit. Alcuni! Tim cy<vi luUo l'EpìKOpalo callolico, il i|iialc uppìamo molla
Ine «Hw! Ita aec«lLaio II Silinbo.
' Piy. 118. — • Lnc. cil. — • PaRg. H9, 120. VeJusi ancJie pag. 67.
' Pajr. 1 19.
170 VS NltOVO tlBBO
poso a ciascuna, cosa, preghiamo il lettore del libro del signor
BoflStìboeiif di porre mente alle seguenti distinzioni. — Altri
cosa è la propoatHt V invio o la trasmissione del Sillabo, ed
altra ò il Sillabo stesso: quindi il trattare del carattere della
proposta del Sillabo vuoisi dire diverso dal parlare del carattere
del Sillabo stesso. Gli è pure sommamonto neccs3ario uuo con-
fondere r atti) con cui sì raccolsero insients le proposizioni del
Sìllabo, e le proposizioni raccolte ovvero la raccolta o collezione
delle proposizioni ; che la collezione^ come tale, astrae, né dice
alcun che, sia in più sia in meno, diverso dalle cose raccolta e
riunite.
Ci6 posto, noi crediamo non andare errati affermando che, qua-
lunque dei membri sopra esposti si riguardi, il signor Abbate
non potr^ gìustilìcare quanto lisserisce sul valore dommutico dot
Sillabo.
I. Consideriamo il carattere deirmtn'o del Sillabo '. ^—
EsBo è /aito dal Papa, sebbene annunziato o fatto conoscere
' Ecco per iiilero la ien^n dftl Cani. Anionelli.
« Ul.mf^ iic Itpv.mp nomina
■ Snnclìssimu^ Uomìuus No^ur i'ius l\. Ponlirpi Maximus, ileanìninrmn talute
K de senn doctrina maiiim sollìcito*, vd nb ipm sui Pontitlenlu^ norrlio nnnitWHn
desUUl sui! ICpUloIif IJicyclìcis, et Allw^ulionibus in Concistwia habilis, d Apono-
licis sliis Lillcris in vnlfius edilis pnwipuos liaius pracscriìm infHii-Usifo« acliiUs
errores, ai: iaì^K iJociriias prose rifM-nr et dimnare, (Jum aulem forte evenire po-
tu^rìt. Dt iMinlii hn«c l'f^mlficia \cl3 ad Sln|;uf<Kc Ordìnarìos minitiii* pf^nrnpnoi:
iilcinio idfiii ijuaimus l'oatìlex toliiit, ut eorumUeai errorum Srllabw ad ODines lul-
verai cuiholicl orbis SBcrornm Anlìfititcs mìttcndusconflccri^iur, ffuo iitlcjn AiitisUla
(Wte ociilì.s liabiTc [loMinl omnp^ pnoiT^ «e pRniiciitw» doctrinas, i]u.ie :ib ipvt n-
pmliniiie .ir prfl'iTtpiae sunt. Mihi vero in mundnti^ dalil. lU hanc Svlhbuni tvfi»
ediiuDi ad le, lILnie ac Itev.mc Domiiie^. perrereuduin cnnirpin hai; cH:cii5toii« ac Irtn-
- pore, qaa idem Poniirei Maxiinus, prò rumina sun de i:iiiho]ic»r FxcIpsìsc >c univa
Dominici gresis slln divinili^ coiiimi»! incolumi Ut? ac bono, mollici lud ine, aliam
EocATlic-ìm Ppi^irìlnm ad cunciQ< cnihotirnfl Sacronim AntÌ«tìlM scribi'ndam rrmiilt.
Eiiwlcin igimr l'oDtitids iuwa onini citU* al.icnl.ite et, «li par «l, uW-juio elfi-
ciens, libi, IlLme <!t ltev.inc! fì<vijne, t'uindrin SvUaibiiin liis liiinris ailiniictnm inil-
Itifj pi-op«ro. Duin («ro ol»«qucnli»ij»ì me In le animi s«ii9tr) ti.«lari ci coiilìnnare
TfbpmE'ntnr gamleo, tanna omni» el saUillirìii Tllii a Pco O[iiimo Mn\imo e\ conte
ajipiruoc
< nominntioni» Tuae, lllme ne Rev.mc
< Roinn.- die 8 .lecembris mi . Addictmus Ser^
< I. Card. ANTUKEtxi
SUL « SILtADO > 171
ds ua MÌDlstro, che ministerìalifer promulffam attesta aateo-
ticameutie che è raandAto ilal Santo Padre. XoUa lotterà è il
Xisisiro il quale {KirU con parote, che con taittu T aiitunticìtà
riiTt'laDo e gli ordini del Sovrano e il pronto suo ossequio nel
porli in csecuxiono. Epperò considerato il documento ministeriale
ai ricava esser dichiarati anteatìcamente in rigaanlo al Sillabo
i punti seguenti: — 1" la qualità di Pastore e Dottore nel
FoBteRoe: Piu^ IX.., de animarum sahtfe ac de sarta doctrina
maxime soUicUm; — 2' la n/itura dell'alto Pontificio: num-
qtiam destilU proscribere or damnare; — 3' la soienttiià di
tal atto: suis Epistolis encydicis et AUocutionibtts in Con-
cistorio hahiiis et Apostolicis aliis lilteris; — 4" T Of/getto
del medesimo: etrores ac falsas doctrinas; — 5" Vatto del
neeoglìere insieme le 80 proposizioni: volnìt... conjiceretur ; —
6' la natura dell'elenco o collezione: eonimdem errorumsijl-
labus; — 7° la Chiesa universale alla qnale era diretto: ad
omnes universi calhotici orbis Saornrum Antistites; — 8" il
fine per mi il Papa mandava ÌI Sillabo: quo... prae vculis
fciterff passini omnes errores ac perniciosas d-odrinas ; —
9" quagli nhe condanna: ab ipso reproMae ac prosr.ripiae ; —
IO quegli cììQ Tnandaoa il Sillabo: in mandatis dedit ut hunc
•St(Uaò»m... perferendum curarem.
Da tutto ciò non abbiamo che a conchiudoro esprimendo il no-
stro pensiero così: Consideralo V invio fatto per mezzo del Car-
diaal'j Antonolli, consta con certoKzii ed autenticitìi che il Sìllabo
I? OD documento in cui lo sti^sso -Sommo Pontefice, dirigendosi
alla Chiesa Universale, parla come Pastore e Dottore de' fedeli
i condanna, riprova, proscrive gli errori e le perniciose dottrine
de'nostri tristissimi tempi. Dunque c<msidi.'rato V invio del Sil-
labo non può iu verna modo, a nostro credere, giustiricarsi il
BBgare che il Bossehoeiif fa che il Sillabo sia un dopumeni oìt le
99ttverain Ponlife parie tui-mSrne, d^une fa^on autì^entìqut à
i'Eglìse miiverselle &ur une maiière qui soit ahnolument et
^f-'gralement Vobjet de son in/aillibìHt'^ dodrìnale. Non po9-
^ustificarsi le affermazioni: — che nel Sillabo non ci sìa
iK/UU'd'expression et d'inUntion (p. 120); — che non v'abbia
m
D» HI
■pas HM seule cùndanitiation prhìse, positive, direeie (p. 117);
— cho Doa si tratti d'une d''JinUion dogmaiiqxte d^ aucune sorU
(p. 117); — che il nostro rispetto pel Sillabo devo essere dif-
férent de celui tenu à Vt'gard des (hcumenls ex cathedra
(p. 120); — che il Papa noi Sillabo non putrii egli stesso (p. 1 19);
— cho U Papa a entendu 8£tn.UEXT sionilbs (une proposition)
ailktirs comme caplieuse, obscure et éqitivotfue (p. 121); — che
i cosa da Uberi pensatori faro di tal documeuto la règie sh-
prème et dertùère des cottsciences catholiqttes (p. 117). Non
sappiamo ounprmidiìre cuino il nostro Abbate, che pur atea ri-
petatamontt) promosso di procedere con molta critica, arando la
lettera del Cardinale Antonolli non v'abbia saputo leggere altro
che e il riunire le SO proposizioni in un elenco era stAto fatto
per ordine dei Papa » '. £ tutto il resto? Eppure questo era quello
che importava per la questione del Bosseboeuf o per le affer-
mazioui che pone. Come mai non ha saputo leggerci che il Sillabo
è un elenco di condamie di errori^ di false e perniciose dot'
trine: oppure che è un elenco di proposizioni condannate, di
errori. Ai falsf. e perniciose ilotlriue riprovati e proscritti dallo
stesso Sommo Poutufice, qual Dottore e Pastore della Chiusa? Se
citt, ripetiamo, v'avesse lutto, si sarebbe ben guardato dallo seri*
verae in quella maniera, se non altro per non mettersi in aperta
oontradizione olla lettera doE Card. Aritonelli, u quindi anche
col giudL7.io dello stesso Pio IX espresso nella mede.sinm auten-
ticamente dal suo Ministro.
II. Passiamo ora a vedere che debba dirsi delle medesime
frasi considerate per rispetto al carattere del Sillabo ste^&o.
Prima d'ogni altro per^ fiicciamo d'iatt-uderci bene: U Bossc-
boouf vuole parlare della forma (p. US) d»;! Sillabo, d'una
certa auiitenlicité propre^ intrìnsèque (p. 119); dell'unii e del-
l'altra manca il Sillabo, quindi afferma quanto abbiamo visto.
Pas d'en-tUe épistolaire, pas de signature (pp. G7, 119), DOU
v'ò aggiuuta aucune note ni àchacune, ni à l'enseini/le (des
propositions) (p. 102). Non vi sembra con ci* provato ad evi-
denza che il Sillabo non è un documeuto dommatioo? L'argo-
*ft.g. 67.
* Srt SILLABO * 173
mento per noi ha qudstx) solo difutto, che la cosclusionò non é
euitenuU nelle premessa, e che lotius pakt. Molte sarebbero le
cose che, riguardo a quanto sì richiede purché un documento sia
dominatici}, ìl nostro Abbate atfornia cou iuesaUo^vza: il notarle
ad una ad una ci porterebbe truppo ìu lun^'o. Quel poco che
diremo varrà altiieac a persuadere il lettor» di attingere da altre
fonti dottrine più esatte e più sicure.
1" Quando il signor Abbate dico di Tolere insisier sur la
fornii gite doit présenter Vacte doctrinal (p. 118), perchè si
Tersa chiaro se il Sillabo ò documento dommatiw; di qunl/orwa
iDt'-ade parlwrtì? Affé, che per dedurrL^ iiualche cosa della rnarictnza
iiiVen-téfe ep'sfolaìre e della signattt-ie, bisognerebbe confondere
dae cose molto ben distinte fra loro; vugliam dire ciò che sì ri-
ehlede perchè un documento »i't domtnaticoy e ciò che è necessario
l'—'iiè un (loeumettio dommatko abbia foriìm. di Bolla, Brere,
Liuiclka, Letica apostolica ecc. Il Bosseboeuf si sentirtìbbe
fvnò r animo di sostenere che non vi può esser documeuto dom-
natioo, se non sotto una dì queste forme? A'orii... easentialis est
forma aliqua diterminat<i, dice il Card. tVanzelin, quam Ponti-
fa adhibere debeat ad ha'-ìc suam volunialeni mani/esi-atidam.
Qttamvis enim sinf. modi aliqui solemneSy qui ex se^se expri-
munt locutionem ex cathedra, et quibas proinde Ponti/ex num-
fiam uiitur nini loquendo ex cathedra, cunismodi sutit Bullae
'loginaticae : haec fa men forma non est essenttalìs et exclttsiva,
ita, ut sine illa Ponti/ex tamquam omptium ChriMianorum
Pa&lor ei iJoclor definire dodrinam d-e fide vel tnoribas ab
ttnii^ersa Ecclesia tenendam^ eique opposHos errores eodem hoc
modo damnare, atque fianc suam voluntaiem mani/esiam rtd-
d(re non /tossii ',
' Ite Divirut Traditione. SecL I, Th. XII.. Scliolion I. Corali, d). — CniWM)
ir hoc wl t7i'« pffrtirutari formt niliil cunniliim «w, modo eerto nt pubìico
bL'<P»o wignn tannut PoniilKcm velie Univprsani Kcclpsiam allofini el docprc Miir^
ni Ile I'VI<'»Ì-i Ctimli llt>p. XX. Si-'cl, II, u. I 15. — VeJjsi eiiimlio il dotliwìmn
t<-JiiAla dH l'almWi. \\f, ItnHAVO l'oNripinf; Th. \\\l, n. I. Qtiid nmplins potici
*»i>t<irari7 ui ut ileiermìnutur specialis modw, i]iiu Itnmiiiiis PdikìCim drilinìai
telrinam irncoilim ab nrtiv^nn KccI^mh, r|iin arJliibìln pìuk ttorinilio cKiiseiida .''il
B afilliliilb, i|a-i non ailhiliito llct:al non Uilctii emn aniscrc ? Vcrain l't iil neccse
174
ti.** ^UOVO UDRÒ
2" Ma v' ha im altra confusione, e consista nello scambiare
la questione se il Sillabo abbia valore domiuatlco, con TalUa
ben diversa donde consti che esso sia tale. Per questo al re
dere che oè al principio né alla fine dell* elenco delle SO pro-
posizioni condannate v'è Piu^ Papa IX (p. 66-67X il sìg. Ab-
bate vorrebbe couchiudere che manchi quivi la marque proj/re
et persoHueUc da Maitre (p. 119). No, non fa dunpo che cìA
consti dallu forma speciale del Sillabo stesso, che ò quella di
irn elenco. Vi sono altri mìqzaì onde venire con certoziui a tal
cognizione. Ma la lettera de! Card. Antonelli, secondo lui (p. 1 1 9),
è nn documento estrinseco... Lm concediamo di buon gnido, ma
essa non comtifuiiìce dommatico il Sillabo, solamente con tutta
l'autenticità Io fa conoscere tale. Quindi non è essa che dà al
nostro duciiinentu la marffjw intrinsèque et ptrsonnelle dn
.Vaiire, ma attestando che essa v*è la fa conoscere in modo
Cèrto, autentico a tutti i fedeli. In altri termini, la lettera del
Cardinale è documento estrinseco, se si riguarda ciò che deve
costituire dammatico l'atto dottrinale ; non è estrinseco ove si
cvDsideri il mezzo con cui nutenticamente iv fa palese che osse
è tale. Eppori\ la poca auc(>rtf7./>:i nel soggiungere che essa let-
tera non sarebbe capace dì modijier la nalure, le caraetère
et ks e^/fets del Sìllabo '. Setorqueo argumeittum^ direbbero i
li'gici : appunto purché quella lettera ti tate, a lui non serve nulla
vuoi per argoiuentaro in riguardo al valore del Sillabo, vuoi a sta-
bilire le sue assQVKÌoni, e pid ancora non vale a menoinurno
d'un apice il valore dommatico: come non lo accresce, così non
II) diminuisce, proprid perchè {\ documento estrìnseco.
3' Ma, è poi vero che dal Sillabo stesso non si possa ri-
cavar nulla? Non v' è forse a modo d' intesta/àone quel che solo
C'uupete alla forma di un elenco, vogliam dire: Sijllabus cottf
plectem nostra^ aei<ttÌH errores qui notantur in AUoeutioni-
buit Conci.tforiiililììis, in Enr^cUcis alii.iqiie Aposiollcìs lUtcris
Sandissimi Domini Xost'i Pii Papae /A'i^ Donde evidonte-
|wr !« non esi ()ro cm'Io cmtcÌIìd oaiusqiiL- nacLoriliilts staltivit-.,. E coochiurl? cQ*
rendo, che » piir un Ini iikkIo s'aves»^ a dL>tcriniDaro, Auttu rti dekrmiHntio ipti
(l'ontillci) rnuii5U!i rtUnqvtniia tat.
• Vai- 119.
SOL « SILLABO • t75
laenttì si rieara che il Sillabo è an elenco di errori condannati^
ffdi cofulanne d'errori, fatU; in Encicliche, eoe. Sogginngerassi,
non è il Papa che lo dice: lo ©incediamo: che se ne conchiu-
dem pertanto? Foree che noi Sillabo non è il Pupa che parli,
che condanni? Oh. il gran salto! Tutto si ridurrebbe a qiifStiK
il Sillabo non è documento domraatico. perchè non ce lo die© il
Papa stesso. Infatti dov'è che il Papa, trattindosi d'una con-
danna ex cathedra, deve parlare? Per certo, là dove condanna.
Or bene, dove è che il Papa condanna? Forse nuli' intestazione
dell'Elenco? no, ma nelle singole proposixioni di esso*, dunque
perchè l'elenco di quelle sìa documento dommatìco, si rìchie*
dvrà che il Papa parli nelle singole proposi-^ioni. Ora, doman-
diamo, Don ò in verità lo stesso Pio IX che parla nelle pro-
posizioni del Sillabo? Dunque non si richiede che il Papa parli
iwirintestazione del Sillabo, perchè parli o condanni nelle prò-
pusizioni contenute in esso. Dunque, avvegnaché nell'intostaziono
(che appartiene ad una della varie forme, diroimi così, {'.dcrinri
che può presentare nu documento che è dommatico) non sia il
Papa che parli, non resta menomato d'un apice il valore dom-
n&tioo del Sìllabo.
Ha e perchè dovrebbe, secondo il Bosseboeiif, essere il Papa
eh9 nell'intestazione parli solennemente? Forse perchè quel-
l'elenco di orrori sia documento dommatico, ovvero per definire
il Sillabo è un elenco di errori? Per il primo basta che mi
isti cortamente ed autenticamente (benché non in/aUibiÌntente\
le qnanto è contenuto nel Sillabo è condanna fattj; dal Papa
ttasso come Dottore de' fedeli ecc. Altro è che sia dichiarato
solennemente il valore dommatico del Sillabo, altro è che il
Sillabo abbia valore dommatìco; come pure altro è che, affinchè
io sia tenuto ad ammettere ii Sillabo come atto dommatico. debba
con ctìrUiz/Ài conoscere in qualche tnndo che è atto dommation,
altro, che debba conoscerlo in guesto determinato modo, cioè per
dichiarazione solenne dalla bocca dell' istesso Pontefice.
E qui chiaramente apparisce l'abbaglio preso dal Bosaeboeuf,
_qiiando pnr trattandosi di un elenco vuol argomoutare dalla man-
za dell' f»-/é(c épistolaire, e della signature. S'è messo a
176 UH «covo UBRO
riguardar la cosa sotto d'un punt'> sbagliati e fUso. Dnu è quindi
merariglia che noo abbia no' suoi riixi^KÌaìi olt» uòÌ sogno. Xè
r iniostaziono, od In (Irma appartengono a qiiolla speciale forma,
che è propria djl docuindnto ia i^iiiìstioad: v'è l'equi raion te. Tal
a dire il fitofo, e rindicazione del documootfl da cui fu Ulta
ciiwcuna proposizione, ed è quanto comporta la forina speciale,
sotto laqnaie Pio IX volle presentare ai feddi il Sillabu. Qaindi
possiain dire con tutta verità cho dall'elenco stesso ci consta
impli'ife, che il Papa e non altri in esso parli e ooodaoni.
Edall'app'irire soltanto imptìcUe e non eziandio explicite, nulla
puossi ricavare contro il valore di.il Sillabo, j^arrM l' implìcite
a Vexplieite sì liforìscc non già a quel che serve a costituirlo
doinmatic*), sìbbeue al mo^zo per cui si conosca che esso è tale,
stioondo la distinzione 90|>ra indicata. Se V intestazione e la
firma fossero state poste espUcitimente dal Papa stesso, si doTM
per certo concbiudure ohe il Sillabo ò documento domniatìoo:
se poi esse mancano non s'ha diritto a dedurne il contrario;
perchè la forma, di mi quelli sono i segni, non è la sola da
da ciii apparisca il valore dummatìco, uè taltiteute necessaria
che non possa mancare.
B con ciò si risponde all'altra osserva^tìone del nostro Abate.
che cioè non si scorge nel Sillabo espressa veruna nota uè alle
singolo proiwsixioni, né al tutto insieme. Se Pio IX avesse
«Oggiuato: noi condanniamo,.. i;cc., tutto sarebbe finito. Vale,
diciamo, la stessa risposta; cioè, che se l'tisservi tale aggiunta
gioverebbe 8en/.a dubbio per rafTennativa, il non esservi non
vale nulla por la negativa. Per queste parole aggiunte si sa-
rebbe condannato di bel nuovo quanto era stato già prhna da
Pio IX ripn>vato, e Ìl quando, il dovt. il '.'0;«^, iu quaì grado
Tengono a suffit^ionsa iadicati nel Sillabo stesso, per la cita-
zione del documento da cui ciascuna proposi/iìone fu tolta.
Quindi è die noi rigettiamo il modo d'opinare del signor Bos-
seb;>9uf circa il rispetto che ogni fedéle deve al Sillabo. C'est un
respect médiat et relatif, dice, qui dépìssi.>'t le Sillabus. se ré/ire
directement et JinaUment aux d^cìsions papales, doni il n't^
qm la tabte, al atizquellcs s'adresae noire adiiéston de catholi-
SUL «- SILLABO »
177
^wes, parce qudles portent avec eltes les garanties nécessaires
it soìenniU et d'duthejìticité inlrirì!<èque \ Xoi, 8e?n*^ndo l'esem-
f\i3 di-iV Epìscoixtto cattolico, e rìosegnament» doi più asseti'
wiii teologi, prufussiuiuo nn rispetto imntddiiiio, cbe> si riferisca
i] Sillabo stesso; perchè esso non t^ altro che un eleoei» di errori
condannali dal Santo Padre Pio IX. e questo consta autentica-
mente e con certexffii. Che v'entra qui ia distinzione accennata
dAll'autiire? Egli ammette e professa venera?!Ìoue per le deci-
fiboi Pap:ili; il Sillabo nun è che nn elenco di qneste; dnnque
dijTe esserne differente U rispetto doruto! Qnal conclusionol Se
il (ontenufo nell'Elenco non è altro che un estratto dì decisioìii
fontifirie con quale logica si potrii negargli quello stesHÌHsimo
risp'tto che si prifes^sa per le suddette decisioni? Non c'ò via
dimezzo, 0 disdirsi, o contraddirsi, o sostenere falsamr.nte, che
quelle decisioni papati cessino d'esser tuli e mulino natura pel
KDpIice fatto d'essere state raccolto insieme e presentate ai fedeli
mtto forma d'Elenco per ordino od autorità del Papa. Quindi
è che noi dichiariamo insttssistenie quella distinzione, che perù
de6«ssere sconosciuta ai fedeli, come lo è al felicoraentc regnante
lifiiDe XIII, il quale, tutt* altro che dépassant le Syllahiis, ecco
(noe parta in una sua lettera data il 27 luglio ISSI a Mon-
npor Dftbert Vescovo di i'eriguiMix; Gli insegnamenti emanati
alt (juesia Sede Apostolica e contenuti sia nel Sillìbo e negli
altri atti del nostro illustre Predecessore, sia nelle Xostre
L^Ure EncicJichey /antro chiaramente sapere ai fedeli quali
mnuio esìKre i loro srntiubnti e la loro condotta in mezzo
difa difficoltà dei tempi e delie cose; qui troveranno anche
um LRfìOB per dibidrkr il loro sfiHiTO « te loro wmn. E nell'En-
pjdica Immortale Dei: Non absimili modo Pius IX, ut sese
't.'l'ortttnttfjs dedit, ex opinionibus fahis, quae maxime valere
|*'^epf**?frt^ ftlures notavit, easdemque posteit in tisi:» cogi ìussit,
ut teilicet in tanta errorum collwione haìicreni cathoUci ho-
Biì/i&s, quon sinc offens'one sequsrentur. K nella lettera de ope-
'"'Iju.'! sancii Alpkonsi Marine de Ligorio (28 agosto 1879):...
»' pierae4fue e propositionibus post saeculum ix Stlliso dau-
' PV- 120.
S»n« Xtlì. -^ì. JI. /tee, SflO
12
» apfiU ISM
178 UN nOOTO tlBRO SOL « SLLADO >
NjLTkK... Alla luce di questi sovrani iusegnamenti si giudicliì b
coQClasione del 6o3se1)ooaf : O'est dotte exagérer ou ignorer la
nature de ce docutnent (dol Sìllabo) quc d'en vouloir Jairt at«
certaios libres-penseiirs < ìa règie supreme et dentière dts w»-
sciences catholiques » '. Ripetiamo il detto di sopra; trattandwi
d*im documento vomito dalla Santa Sede, sarebbe ridicolo il sop-
porre che le parole suprème et dernière sieno proprio quelle che
rendano riprovevole quella sdnteii:^a.
Dal fin qui discorso il lettore del libro del signor Abbate ne
conchiuderti che Kgli di fattouppartieneallacategorìadicotoroch4
sono e» deQà du Stjlla^ms '. Coochiudi-rà che per avere una giusta
idea delle censure teologiche Fa diiopo ricorrere ad altri autori.
Conchiaderi che dì quanto 'dico in riguardo al valore M.
Sìllabo: Primieramente; grande è la con/uKione, non poca l'iitf-
sattezza, contìnua Vincerle:' za e, per dir così, la relicenza. Se
coudainente, non sono da approvarsi le seguenti proposizioni:
I* Al Sillabo manca rauthenticiifi propre, intrinsèque^ d*
sia come lamarqtie propre ei personwUe du Maitre*.
IV Dans le Syllabus pas une seule condamnaiion préeU^
positive, directe, ni une définition dogmatique d' ancune sorisK
III' La nature des propoaitions qu'il (il Sillabo) coutieat,
ne pennet pas cette assimilation ^ (vale a dire colP Eacìclici,
insieme alla quale veoDe spedito).
IV" C'est donc exagèrer ou ignorer la nature de ce doco-
mont, quo d*en vouluir faìro avec certains libres-penseurs « la
règie Buprètne et dernière des consciences cntholigues*.
Queste proposi elioni, ove pur non suppongasi che rAntores'6
messo a parlare del valore dommatico del Sillabo sotto un /afa)
punto di vista, e confondendo tra sé questioni ben diverse^ Don
possono, a nostro giudizio, suonar bene a chiunque è assuehtto
alla lettura del Sillabo stesso, della lettera dol Card. Antonelli,
delle pastorali dei Vescovi, delle jìarole del Homano Pontejitt,
• Cag. 117.-' Pref. p. XII.-» Pag. 119. — * l-ag. 117.— ' Pajt. II".
* Hf,. 17. Si rìn^lta altresì alla proposizione pliidicau a pa|. CO ivgta M
Mantri iIpI radiea1Ì!iiiH>: U St/ÌIahut est paroUsttcrée fjui failìoi et tot infaiffibtt^
I DERELITTI
xii.
Pochi d: appresso & qiiosUi scena, Bruno obbu ordine dal padre
fii mettersi in riaggio per Amburgo, ove chiamavanlo gì' ìnte-
nasi della Banca. Kgli hon si addiedu ma ossero ootesto viaggio
cIk an pretesto per allontanarlo da Emma; ma stimò suo dovere
ubbidire; e scrisse alla Marchesa e alla figlia, rendendole avri-
sate della sua partenza, e dando loro speranza di un pronto ri-
torno. Chiudeva la lettera ad Emma con espressioni di caldo
"''■', e ani promessa che non le avrebbe per cosa del mondo
. • mai della sua fede.
Fregavala inoltre che gli scrìvesse dì frciuente e indicuvalo
ti suo ÌDdÌrÌ/.i»). La partonita di Bruno accon!) grandemente la
M&rdiesa e la figlia; e il loro rammarico crebbe a dismisura,
quando giansero a saperne la ragione. Chi la Dotifìcò loro fu
ristesse banchiere Blando; il quale il di appresso alla partenza
del figlio scrisse alta Marchesa, dicendole: — $&nou potere per
n{,noni di famiglia approvare le divisate nozze di Emma con
Bnmo ; e però pregarla che ritirasse a colui la parola data e
stornasse Emma da un matrimonio impossibile; altrimenti egli
sarebbesi veduto nella dura necessità di diseredare il figlio e
cacciarselo di casa. Aver egli giti promussa la mano di Bruno
a nna ricca straniera figlia dì un suo intimo amico; e non po-
tere però venir mono al preso impegno.
Questa lettera feTitCrutto che il Blando desiderava. Lo due
donne rimasero sgomente e atterrate; ed Emma stessa, a cui do-
leva airaniaia di essere cagione, Dio sa, dì quanti gnai pel suo
Bruno, scrissegli che ore non potesse ottenere lioeaza dal padre,
180 I DESiBLim
abbandonasse pur lei alla sua mistìra aorte, e cliiutldra la let-
tera con qiiuste generose espròssiojù: — È grande, è immeua) il
mio sacrifì/Jo, è tate che Dio solo può posarne il valore. Costami
uno schianto di cuore, qua! io non ti saprei ridire a parole; ma
pur. Bruno mìo, piuttosto che vederti meco e per me infelice,
preferisco redertl felice senza di me — .
Emma ba^uò questa lettera di molte lacrimo e inriuUa al suo
destino. Fu la prima e la sola lettera che non venisse intercet-
tata, avvegnaché aperta e letta da un vecchio Commesso di Banca,
che il Bbhuiju avea dato por compagno al figlio, con ordini se-
greli che lo tenesse corto a danari e impedisse, il pìiì che [totesse,
ogni sua corri sponden sia con Emma e con la madre di lei.
Non è a dire il cordoglio di Bruno al leggere quelle linee;
par ravvisando in esse T espressione di un affetto sincero, foi
e generoso, aCFrettossi a risponderle — stesso di buon Animo; sé
nutrire ferma spi^ranzià di ottenere, qiiaato prima, pLT le sospi
rate nozze il consenso del padre. Frattanto non intermettesse
punto la oorrispoiidfjnsa delle lettere.
Scrisse in questu senso eziandio alla Harchesa per raffermarla
nel suo proposito, rammentandole la santità della promessa fat-
tagli innan;ìi al partire. Uà le due lettere vennero intercettate
e segretamente spedite dal Commesso al Banchiere ; tenendo mano
a quest;L tranelliTÌa un famiglio, che avea l' incarico d' impostare
le lettere, e di cui Bruno non prendea sospetto. Trascorsero dae
settimane, e qu'isti non vedendo alcuna missiva né della Mar-
chesa DÒ della liglia, cordogliavasi a morte, interpretando questo
loro silenzio, come una rinunzia a ogni disegno dì noz&e. Tat*
tavia scrisse loro di bai nuovo, dolcemente U^uiudosi di oosl
Inngo silenzio; e acchiusi; nella lettera un biglietto di banca di
cinquanta lire, ch'era quid tutto, di cui allora poteva disporre,
sottraendolo a'suoi minuti piaceri. Questa lettera ebbd la aort^
delle altre, e andò a parare insieme col danaro nelle mani del
padre. Fiissavano intanto i giorni e le settimane in continua
aspettativa di una risposta, la quale non giungeva mai; ondS
Bruno più non dubitando che Emma atterrita dalle minacco del
Banchiere neppur si ardisse di scrivergli, cadde in tanta malin-
XII. LAUBAKDOSO
181
Qooii e «bbaUimeato dì spìrito, che cominciò a dimagrire e a
stroggersi sì che il fatto suo era una pietà.
Frattanto le lettere, di cui parlammo, Tenut» alle mani del
padre lìraou state dì mantice al suo sdegno, e avoanlu infiammato
vìe più nel propoait» di non lasciare nulla intentato per soIFucare
in caore al figlio un amore, che agli occhi suoi era riprovevole;
perchè ouUocat<.> in una giovane disoredata dalla fortuna. Però
ipptgUo3si a un partito, da cui non che l'amare di un padre,
la stessa onestà dell' uomo rifuggir dovrebbe; e noi vedremo in
segnito qual fosse e di quanti mali cagione.
In questo mezzo tempo Emma, anch'essa, non vedendo alcuna
risposta alla sua prima lettera, che più sopra accennammo, av-
TifiÒ che Bnmo si fosse veramente tolto gìil dal pensiero di spo-
arla; e avvegnaché da ciò sentissesi profondamente umiliata
e col cuore trapanato da acutissima doglia, pur memoro della
lettera scrittagli e del sacrifu/io fatto al bene di lui e alla pace
della fomigtìa Blando, si vivea malinconiosa sì, ma rassegnata
ilU sua sorte.
■ La M:irehesa sua madre, venutalo mono por la partenza di
" '. rimira fonte di beneficenza, piìl non sap'-a coma tirare
I, ....... i/.i la casa. Dappoiché quanto al primo soccorsn di duecento
n ii;e, da lui ricevuto, orale appena bastato a pagare la pigione a
li Petronio, e la ricchezza mobile all'inesorabile Fisco, che a niun
mortai pagar perdona ; potendo appena col sopravanzo provve-
4ènj di pane per una quindicina di giorui la famiglia.
Ed ora stilhivasi il cervuUo a veder via e modo da sopperire
ftl mancato soccorso: ma tutto in vano; ehò la famiglia era ornai
itile lunghe sofferenze stremata di forzo, e quindi impotente a
pCQOociarsi il piine col suo lavoro, ha. Marchesa infatti ancor
fnsca della malattìa, che aveala condotta sali' orlo del sepolcro,
nat poteva accudirò alle stesso faccende domestiche. L<t Rglif^,
cuntichò accasciate anch'esse e svigorite, davanle mano in tutto:
m Inro III)» S(.)|>nLvan:!ava nò tempo n^ tur;!a da lavorare per gli
iTTontori. ì quali già oransi quasi tutti ritirati: e la procac«ianto
■I « iufatìcabile Marìuccina non era ancora uscita dall'Ospedale.
1^1 lo questo stato dì coso le domestiche strettezze giunsero a
I
k
183
1 OERCurn
Ule, che le donne si videro costrette a imp>.?gnare perfino le
Testi ola biaocheriii, riteaeodo appena per si^ t^uant'era riciiiesto
dalla decenim» e un abito nero un po' pili orrevole per iiseire di
casa,clie madre e figlie indossavano a irìceoda secondo il bisogno.
Quanto poi al ntto, basti dire che la Marchesa venÌTa spo-
stando ogni di e differendo alquanto l'ora del desinare; accioc-
ché i figli mau mano si accostumassero a un solo pasto gior-
noliero ; e piìì non aveudo di che comprare legna o carbone, dan
di piglio alle foglia de' paglierìcci e a qualche vecchio trespolo
0 anche allo tavole de' lutti per cuocerò un po' di polenta. Chi
fosse in sul meriggio penetrato in queir ostello di miseria e di
dolore, avrebbe veduto quella misera famiglia consumata dal ro-
vello della fame circondare la madre e domandarle con dolente
voce — Mamma, e quando cuoci la polenta'?
. Ben vede il lettore che la derelitta famiglia non poteva dU'
rarla a lungo in questo stato suti/,u venir mono sotto il peso éi
taute prÌva;{ioQÌ, come alla maggior parte de' poveri, massime
vergognosi, interviene: i quali stillano a goccia a goccia la vita e
bevono a sorso a sorso la morte. E per6 ella si rivolse con fidacia
al gran padre e tutore delle famiglie cristiane, S. Giuseppe; U
quale accolse, come suole, pietoso e benigno la preghiera dei
derelitti ; ma volle che F aiuto lor venisse onde meno se l'aspet-
tavano.
xm.
n. 800001130 DSL CrSLO S LA BUONI OHITA
Pierino arca letto nel suo catechismo: — Iddio ò buon padre
e non abbandona mai chi con fiducia fa a Lui ricorso. — I^b-
bene, disse tra sé, io ve' scrivergli una lettera, come fa Poppino
(un suo compagno di scuola) col suo Papà, che ò lontano, quando
ricorrono le feste del Natale) e ne ha sempre una baona strenua.
E fregandosi [e mani di ootilento per la bella pensata, gitta giù
in cartA una letterina, naturalmente scombiccherata di sgorbii
e freghi di penna, nella quale con infantile candore e fiduci»
' TkIIo cgneoio è storia e Dm invemione.
Xin. IL SOCCORSO DBL CICLO C LA BUONA ClllTA
183
diceva fi Dio: e 0 Padre nostro che se* ao' cieli dacci oggi il
moriamo di fame. Abbi piòta della
Siro
perchè
povera
sorelle
tbd soffrono tanto, del mio frdtellino che piange tutto il giorno,
della Mariuccina che sta all'Ospedale, e di me tuo
Amantissimo figlio Pierino. >
Chiude la Mtera; vi scrive sopra — Al Signor Iddio —
< Sue proprio mani, in Cielo. >
E cueciatasì la lettera in seno, sen^a furne motto nò alla madre,
né alle sorelle, naa Domenica sull'ora del catechismo va alla
FarroecfaitL, si asside sul banco cogli altri fanciulli; e terminata
l'istruzione, aspetta che tutti i compagni siono usciti di chiesa;
« poi appressasi quatto quatto alla cassetta delle elemosine,
dicendo ìu caor suo: — Il Parroco ha detto che chi fi Telo-
nHeiaa al povero, la fa a Dio. Verrii dunque il Signore ad aprire
^Qesbi cassetta e vi troverà dentro la mia letterina.
^1 dicendo, guatasi d'attorno per tema di essere veduto, e
credendosi ornai soletto, allunga la sua manina per gittarri
dentro il foglio: ma mentre tenta indarno d'ìntrodiirvelo per la
itnlta apertura, ecco sopraggiiiguorgU improvvisa alle spalle
nu gentildonna da lui prima non veduta; la quale dal fondo
di lina cappella avealo tenuto d'occhio. — Che vuoi? che fai,
biubo, intorno a quella cassetta e con quella carta in mano?
Pierino impaurito, vergognoso e confuso dà in un pianto; ma
ictare^izato dairamorevole matrona e confortato a parlare, le
narra con infantile ingenuità ì guai della famiglia e mostrale
b ietterà eh' egli scriveva al Signor Iddio, chiedendogli aiuto.
La signora era forestiera, e nulla sapea del casi dolorosi della
nobìl famiglia Belfiore: ma per quel che ne udì dall' ingumio
^cinllo, no le prese grandissima pietà; e fattasi consegnare la
lèttec», mal pott> frenare le lagrime al leggervi qi<elle care pa-
^ fole ohe 1* innocente bimbo dirìgtìm a Dio. Gli rivolse una te-
li B«gra occhiata, o disseglì: — Figlio mio m'incarico io stessa di
M ricapitare questa lettera a cui è diretta. Però non veggo qui il
I tao ricapiti}, che sempre si suol mettere a pie delle lettera.
ì
1H4
I DERBtnn
— Mauiini mi ha détto le tante Toltfì che Dio sa tutto
tutto, e ristesse dice il catechismo.
— E dice rem, yerissimo, ripiglia sorridendo e intenerita la
matrona: ma Iddio si vale de' servi suoi por ricapitare le ri-
sposte a somiglianti lettere; e ben potrebbe intcrvtmiro che
il messo, che ne sarà incaricato, non sappia la tna abitazione.
Persuaso da qu^tstc parole, Pierino ne additò alla Signora la via
e il nnmero; e ringraziatala del favore, se ne tornò correndo e
tripudiando alla sua stamberga, senza però far motto in casa
di quest'incontro.
Poche ore appresso uno sconnsciuto picchiò alla porta di quella;
e introdotto, vi depose una gran costa piena dì roba; e seun
dire nò donde venisse né chi la mandasse, andossene con Dìo.
ha Marchiisa maravigliata aperse la wssta, e vi trovò dentro
un gran foglio su cui era scritto : — A Pierino il Signor Iddio —
e sotto, un involto di camìcie, faz7.oletti e lenzuola, ub sacchetto
di caffè, nn altro dì zucchero, e una busta con dcntrovi in bi-
glietti dì banca trecento lire '.
Non è a dire la maraviglia r la gioia di tutti per l'inaspet-
tato soccorso e i ringraziamenti a Dìo e al provveditore delle
cristiane famiglie S. Giuseppe! La Marchesa voltasi a Pieriao,
a cui il dono era dirotto, vollo sapere da Ini come e donde Te-
nìsse cotanto ben di Dio; e quegli contolle della lettera, della
Signora e del ooUoquio avuto con lei; ondechè la madre e le
sorelle ammirate della pietà e della viva fede del bimbo, ne lo
commendarono assai, e fecergli un mondo dì carezzp.
Quel dì fu un giorno dì festa per la povera furaiglìa; e se
l'ignota benefattrice avesse fatto per coli più lungo soggiorno
sarebtte forse stata per quella una fonte perenne, mentre non
fu che una pioggia passeggera. Triste condizione del povero
che un dì ha di che sfamarsi, e dieci non sa come sdigiunarsi!
Tuttavìa la Provvidenza dispose che la pietosa straniera venisse
in altri tempi e in eìrcostan;!e non meno difficili, come in seguilo
■ Qaeiiìù Mtn md poca varìeiA Oi cirtA4.inio venne rìffiriio dilln Untzfiia dpi
Villaggio, e riportalo dal II. D. Zsvcaria nel nio Tforo tt^ Raceont».
XIII. IL SOCCOItSO DEL CICLO E LA BUOKA CUtTA
185
redremo, Ìd soccorso dullu durclitU famigUa Bulfioro Che però
stimiamo ben fatto darla fin d' ora a conoscerò ai nostri Lettori.
£Lla chiamairasi Margherita, e por vezzo Ghita. Era stata un
<b povwra anch'olla; e poro sapeva taijglio corniiatin? i poveri, fd
an più iocliaata a soccorrerli. Nata iu umile aiadi/.iooe e rimasta
ìq tenera etìb orfana dì padre e di madre, non era in seguito
Sftlita a stato di agiata fort^ma, eh» mercii la carità di una re-
ligiosissima dama sua concittadina; là quale aveaLasi raccolta in
osa come figliuola, e chiamatala in mort*; erede di tutto il suo.
Cotalchò parve che Iddìo ora voloise per suo m-'^zo rendere allii
Xarehesa la mercede di un somigliante- atto di generosa carità
di questa praticato, come a sue luo^e dicemmo, colla Uariuc-
(ÌDa, urfana anch'essa, mendica e ab bau donata.
L'arrentara della Qhita merita che qui ne facciamo memoria.
D& che la morte rapito areale i genitori, chi ne facea con lei
h veci e prendeane amorosa cura, ora l'avida sua; la quale
pvrehè povera e assai innamei negli anni, era forte impensierita
pM' l'avvenire della sua diletta nepotina. Un dì, ed era Ìl prime
di novembre sull'ora del vespro, ull'udire i rìnto(-chì delle cam-
pue, che invitavano i fedeli a pagare l'annuo tributo della
peU agli estinti, l'avola presa per mano la sua Ohita, avvìossi
OD qnella al Cauiposant». Una tarba influita di pi.*pjlo, uomini,
lioDDe, fuieìulli verso coU parimente incamminaransì, mesti, si-
leotiosi, arieggiati a pietà, e molti di loro abbrunati pel recente
lulto. Chi recava in mano cerei da ardere sulla tomba de' suoi
Ari e chi corone dì freschi fiori o ghirlande dì semprevive da
d^rre solla gelida pietra, che ne chiudeva le ceneri amate.
La Ohita levando in volUt all'avola gli sguardi, e vedendole
i lucciconi agli occhi: — Perchò piitngi nonna mia? le disse,
« rtrìnsèle con affetto la mano.
— Ta io domandi Qhita mia? Non odi il suono di qaella
euipvia che ti dice: ìl tuo babbo e la tua mamma non sono più?
— Nonna mia cara, non mi hai tu detto le tante volte ch'essi
imù liusìi, lassù noi bel paradiso, ore si sta tanto bene? e ad-
ditava colla manina il cielo.
— Certamente, bimba mia; ma se essi sono lassù, tu se'an-
1 DERELTm
Cora quaggiù, ed io non so che sarà di te porera or&aellat B'
qui ascLugossi h lacrime che u gran goccioloni caderanle pefj
le aride g^un(^e.
— Perchè mi chiami tQ orfanella? Non sei forse la buoni j
mamma mia?
— Ma io, figlia mia, sono ornai con un pie nella fossa; e
quella campana ini arrisa cht) sU por sonare por me l'uliim'ora.
Ah quand' io non sar^ più, che sarà di te, mia Ohita? £ in cosi
dice le mori in un gran sospiro la voce.
— Datti paco, mamma mia, ch'io pregherò il Signore, perché]
mi chiami prima di te in paradiso.
— Ah no, figlia mìa, pregalo piuttosto che ti mandi dopo'
la morte mia chi abbia per te un cuore di miidre, o U teng» m
mie veci; e ai dicendo, careszavala colla scarna mano, chd lft|
nepotìna Tenia strìngendo e baciando con affetto.
Tra questi ragìunamentl erano giunto alla porta del cìmitonk
Qua e là vederansi pel funebre campo aggirarsi a coppie, a.
gruppi, a capaaelli gli accorsi al mesto rito; e sopra ogni rottoj
scorgCTiisi dipinto un senso profondo di pietà e di mesti/,ia. Tr&j
quella selvA di croci e di statue, di epitalTi e di marmi ognanoj
ricercava le tombe de* suoi cari; e trovateUs prostrarasi, baciav&le*
oospergevale di fiori e pregava loro L'eterna pace a pie di qn«lhi
croce, all'ombra della quale le amate ceneri riposavano, aspel-j
tando il giorno della beata risurrezione. A piJ di una piccola
croce, chu sorgeva sopra mi tumulo di terra duo o tre paini
dal suolo, prostraronsi la vecchia e la bimba piangendo, pregandtj
e baciando devotamente il segno augusto duU' umana Kedenzioc
Era quella la tomba, ove riposavano insieme le spoglie mortali'
dei genitori del l'or fa nella. Mentr'esse pregano, odono a pochi*
passi dietro a loro una voce che tra il pianto esclama gem&-J
benda: Ah mia Gbita, mia povera Ubita! L'orfanella a quell
voce sì volge, e vede una gentildonna abbrunata che facea
corrotto genuflessa innausi a uu' umetta sepolcrale; e avvisane!
nella sua infantile semplicità sé essere quella che la gentildonoi
cosi chiamava a nome, levasi ratta, corre a lei, ed eccomi qt
le dice con ingenuo candire, che volete da me, o Signomf
xm. IL SOCCOIISO DEL aELO e LA ei'OKA GUtTA
187
Qiiosta la guata attoniU, stupisce Titifispettato incontro, am-
nìra I& cara aeniplìcità della fancìalla, d sembrale che la sua
Qbita gliela mandi dal cielo in sua vece. Dopo pochi istanti
dì silonzìo et di riflessione:
— Chi sei tu fìglia mia? le domanda.
— Sono la Gbita che avete chiamata.
— Ojme qui bimba mia?
— Sono Tenuta colla \onaa a pre^re babbo o mamma, chtì
SbiSDO in paradiso, porchò mi chiamino con loro. Ma Xonna
fDole invece ch'io li preghi, perchè dopo la murte sua non ri-
niaa^ or5inell&.
Sorpresa da qnesta risposta, la gentildonna sta alquanto sopra
li sé, rirtetto, delibtìpa, o levatasi in piò — Dov'è tua nonna?
dice alla bimba.
— Eccola là che prega.
— Bene, andiamo a lei.
£ fkttasele d'appresso, salutoUa^ e le disse: — Buona donna
è questa la vostra nepotina?
— Si, signora mia, rispose la vecchia rizzandosi in pia, e
inchinandola.
— Io avevo una figlioletta che era tutto Famor mio, la mia
pitia, la mìa delizia. Chiamavasi jinch'essa Ghita- Pochi dì sono
li morte... me l'ha rapita... Ma ecco che queir angiolett<i mio
mi manda in sua vece dal paradiso questa vostra bimba, che
# tutta dttssa la mia Ohita. Sareste voi contenta ch'io me la
adottassi per figliuola? Non vo'che vi sapariate da lei: verrete
utche voi in mia casa, e dividerete meco gli uMzii della ma-
ternità.
La T«eehia che poc'anzi piangeva di dolore al pensiero di
dovere in breve lasciar sola e doreittbi al mondo la sua cara
nepotina, ora lacrimava dì gioia, benediceva Iddio, e ringraziava
U pietosa benefattrice; nella cui casa fu ad abitare colla sua
Ohìta e vi dimorò fino alta morte. Dopo tr<- lustri venne altresì
a fin di vita la Signora, la qnale non avendo Qgli né strettì
congiunti, legò in eredità ogni suo avere alla sua figliuola adot-
tivi. Se la Ghìla non arricchì con questo; perchè l'eredità non
188
riKRBLiTn
era dì gran valnro, ebbe tuttavia i^uanto le poteva bostwre
vivere cou quiilclie agiute?;r.a. Ed ora di gran ciioro sovveni
del suo l& derelitta famiglia Belfiore. Ma ella non era che
passaggio per B..,, ove trattetiBesì appena una fiuindicina
giorni^ però in sul partire mandò a Pierino nna seconda limo
Sina di cento lire con un biglietto anonimo che dicea — Il boo
Dio manda a Pierino Fuvo di Pasqua. Era il Oiovodì santo;
la Marchesa e l<! figlie pìenu di riconoscenza per iiucsto nuov
dono del cielo, offrirono a Dio la oomnaione pasquale per la \o\
occulta benefattrice.
Frattanto piacque al Signore consolarle c;<iand)o col rendei
loro sana e salva la fedel Mariuccìna; la quale uscita appan
il giorno di Pasqua dall'Ospedale, rientrò con gioia indìeibi
di tutti in seno alla famiglia. Glia era stata nella sua liing
epi.Ticolosa infermità di parecchi mesi visitataassai dì frequen
or dalla Marchesa od ora dalle figlie e da Pierino; e av(vi piea
txmiearA dì quanto era ad essi intervenuto nella sua prolungata
assenza.
Smaniosa di scoprire chi fosse l' ignota benefattrice della e&al
Belfiore, noli* intento di affe/.ìonarla viepìiì a una famiglia, cbff
ella riguardava come sua, dìessi tanto d'attorno, aiutandosi con
tutte le donnìcciuole di sua conoscensia, che vennele fatto di
saperne quanto l'averlo saputo fu in seguito d'indicibile con
forto e vantaggio alla Marchasn. Intese adunque esser lei nM
ootal Margherita Alessandri maritata in Cenci, domiciliata oo
suo marito in Alessandria d'Egitto; dond'ora tornata per dan
ricapito a certi suoi affari in Italia, e ripartitane dne gion
innanzi alla volta di Crenova, per imbarcarsi in un Vapore ita
liane che salp:iva per P Oriente. Queste ni)ti''.ic raccolte dal
Mariuccìna disacerbarono non poco alla Marchesa il dolore del
partenza di così generosa benefattrice; poicbà avendo ella, conn
si disse Un da princìpio, in Alessandria un figlio, bisognos
anch'esso di aìnto, sperava che la carità della Ohitt do
soTvenirlo. E perù scrissele una lettera, in cui dopo averla
eepr'-'ssìoni di sentita gratitudine ringra^iiata delle sue I
limosiue, scongìumvala per Kaniore di Dio che usasse la stc
xin. a socconso ukl osto r la boona. oiiita tH9
tnrWà col suo Cesarìno dimorauto nilà, e dì ctii dielle il ricapito.
Id fatti qnestì troTaraai presso a poco nelle stesse tristissime
ugQStief iu cui versavik la sua fiimij^Iia in Italia; e puro non
nrao di quella bisogno*) di chi gli sten-lessa una mano soccorri-
tiice. Non aTera ancora dopo molti mesi dal suo arrivo in Ales-
auidria trovato ria nò modo da iiupiegarnsi orrevolmente; e però
erasi messo per cameriere in un pubblico Albergo, mealeudo patria
A Dttmi^ a fino di non essure riconusciato dai molti italiani che ri
capiUf'ano. Di colà area scritto dne sole volte alla madre, scasando
La rarità delle lettere con dirle, cbe non osava scrivere ciance a
thx area mestieri di contanti, cosa che egli non potea mandarle,
perche Don avoa il becco di an quattrino. Al che la buona Mamma
ueagti risposto che mal conosceva il cuore dì una madre, se pen-
sava doverle tornare meno accetto le lettere di un figlio, perchè
MD aecsmpagnute da vernna rimessi di danaro; ed esortavalo a
dirle spesso sue notizie e ad avere paziijn:;a ai^petUndo dì mi*
gtiorì. E questi sorsero in fatti per lui fìn dal giorno, in cui la
Qliita, avuta la lettera della Marchesa, fé' di lui ricerca, e prese
I aoooorrerlo secondo suo potere, e a procacciargli per mezzo del
no consorte un'occupazione più onorata da guadagnarsi la vita,
come in seguito vedremo.
xrv.
L' KRHBLIKl)! K Lk SDA VITA
Mentre U famiglia Belfiore lottava eroicamente colla miseria,
ncevendo di tratto in tratto inaspettati soccorsi dalla Provvi-
dffua, perchè non avesse a s«)CCombere sotto il peso dì tante prì-
Yasìoni, Bruno là in Ambnr^'» battagliava fieramente col suo
ire appassionato, e tempestava di lettere il padre, perchè lo
GhiamtL^e in p:itria. Egli sperava di potere di presenta» sgom-
brare dall' animi) di Emma ogni timore e rtappìccare con lei le
bterruttc pratiche dì matrimonio. Ben diverso però era V intento
del padre; il quale vedendo ornai che non potoa tenere piiì a bada
il figlio; 0 pressato vivamente dalle istaasie di lui e della moglie,
ii risolvette di richiamarlo presso di so; ma prima fé' per lettere
1\
t DERCurn
gmn pressa al suo amico Dort- de Boh, perchè menuss» sooo
sua figlia a B..., dicoodogli: sa volere quanto primn wndnrre
capo le trattative di nozze tra Bruno e rRnuulinda; renisi
dimquo, ohe giil era ìa proato a riceverlo oa appartamento Q(
bilniente arredato. In fatti egli avealo tolto ad affitto in uno splea-
dido palii^io, che grandeggiava quasi di frotitfì alla staiubttrgaf
della Miivchesa, noi bel rao<;xo di un giardinetto ricco di fiori e|
dì venura. Non è malagevole avvisare la vera ragione di questa
sua scelta. U Banchiere voleva umiliare la decaduta famiglia Bel-i
fìoro con dispiegarh; sott' occhio tutta la pompa u il lusso (lolla
novella sposa da lui destinata al figlio ; e con questo tor gtilj
Emma d'ogni speramm e pensiem di nozso. Mu la bisogna noni
andò com'egli divisava; che una nobile povertfL non sentesi ut
Hata davanti a nn vano sroggio di pompe mondane!
Il Don'* do Boix dietro a questo invito affretVissi ii venire in-
sieme colla moglie o eoa la figliuola; e prese alloggio netl' appa-
recchiatogli appartamooto, evo trovossi a tutto suo agio, accoltovi,
a grande onore dall'amico Blando. Cotest' aristarco dolla borsa,
nuotante nell'oro fino a gobi, prese a tenervi gran vita e pom-
posa dì banchetti e di feste, tanto che in pochi di la eittà 61 j
piena della fama di sue sfondolate ricchezze.
Il Blando ne gongolava di piacere pensando come la Simiglia
Belfiore ne dovesse rimanere confusa, rappiccinita, annichilata.
E in vero il contrasto tra l'opulenza altrui 0 la propria i o-
d igeala snoie inacerbire la piaga della miseria por forma, eb«;
non avvi povero al mondo, a cni tomi più dolorosa u rea la au
sorte, come quello delle grandi città; il quale ha sempre si
occhi lo spettacolo dei godimoati e delle grandigie dei denarosa
Se non che la povertà, da che venne sposata^dal Figlinolo di
Dio sulla terra, nobìlìtossi tahnouto agli occhi del cristiano, de"
gDO dì qnesto nomo, ch'egli ben lungi dairiavidiara la sorte del
ricco gaudente, piuttosto) ìa compiange, e giugno perfino a spo-^
gliarsi non di rado delle sue ricchez:;e per abbracciare la po-
vertà di Gesù Cristo. Di quest'animo e di questi sentimenti er»j
Emma, la quale al vedere tanto sfoggio dei Dorò solea dire: — (
Anche noi fummo quel ch'essi sono: a Dio noy piaccia ch'i
xir. l'krmblixda e la sua vita 191
0 *A essere un giorno quel che noi siamo! Ogni fiata cho
[da passare in cocchio sotto lo finestre la sua rivale, non soa-
' tira per lei sregliarsi in cuore né rancore uè inridia, ma bensì
g^'^'tsim» compassione.
degna infatti più di pietà che d' invidia era l'ErmeliDda*,
, lale, posto cho ricchissima, non arrobbo mai potuto rendere
, felice un marito: eerrellin bizy,arro, estroso, tutto fumo di ranità
I tìd'orgoglio; e corpicìno cresciuto usila bainbiigia, dilicalo, sro-
mmle, insofferente drogai disagio e d*ogni ^tica.
Allevata tra T incenso degli adulatori e idolatrata, da mille
jdcisbei, che aleggia vunle ognora d'attorno, come le farfalle in-
j tonto al lome, TErmeliada inebbriavasi de'suoi femminili trionfi,
j e smammohkTasi di contento quando ecclissar poteva col suo fasto
le più nubili donneile. Non si studiava che in ben parere, né
■Éi ambiva che f^rsi vaghoggiare.
^Era poi sovente di nmor bisbetico e nero ; e allora tutto sa*
' pende agro, tutto facevala arrovellare e inserpentire contro la
|auefiera e le fantesche; alle quali amareggiava silfattamento
la vita, che queste votavaasi a tutti i santi del cielo, percb' ella
indMse quanto prima a marito, e si abbattesse in chi fìaccas-
9ele 0 almeno le attJitisse lo smisurato orgoglio. Giusti e santi
desiderìi, che il uelo doveva a suo tempo esaudire!
L'Krmulìnda non era solo altezzosa e arrogante coi famigli,
^^B[lì stessi genitori suoi ; coi quali spesso mostravasi dì mal
HRM^ e corrucciavasL e veniva con loro alle rotte, sempre che
IfcroTMBeli restii u secondarne i capricci. Dì religione poi non
Igiene restava briciolo; che la lettura dì alcuno opere atee e ma-
'terìalisto, messele in mano da una Mopsa di una loggia tedesca,
arealL' strappato ogni sontimonto roligioso dal cnuni. La sua ino-
raìe era la così detta moral civile, cho tanto accarezza le pas-
j^ù e acconciasi a tutto le esìgen^te della vanità e deirorgoglio,
^P prescrìvendo altri doveri, da quelli in fuori, che nascono dalle
^a^ioni sociali; e questi medesimi son?,» un principio di vera
KibbligaEÌonc onde emanino, e di un'adeguata rotribuaiono cho
'fa muova efficacemente, anche con nostro disagio e sacrifizio, ad
rorli. La sua vita poi era in perfetta armonia colla sua mo-
3
I 1>E»BLITTI
mle^ cioàf mollo, vuliitLuosa & tittla iu coultMitaro U sensuali
e 1& suporbia. Ella passava il suo taiapu in farsi iduUtrare e il
mezzo a delìzie sempre nuove e sompre moltiplicate. Oj^ai sta
gione offrìale qualche rosa di piareru; U verno, teatri e danxe
la primavera, viaggi e cavalcate; la state, Itagoi e villeggiature
Tautunno, caccia e gite a diporto.
CoD Io splendore delle gemme e dell'oro meglio ancora ehfl
oou quello della sua aggraziata persona e del suo vclto impa
stato di latte e rosa, ella faceasi largo la mezito alle brigate,
e tutta dentro scìr»ppav.i8Ì al vedersi ovunque accolta a grande
onore e corteggiata come una regina. La sua giornatti era un
crogiolarsi in o»io binato, sen>;'altn> pensiero in capo che quello
di piacere al mondo e dar^i buon tempo. E perchò l'Ermelindft
Ò per noi il tip*) della vita che m'iuane tante ricche e nobili da-
migelle de* giorni nostri, non sappia male al lettore di seguirci
nel segreto delle sue stan?^, per vedere cum'etla sciupi il dooa
più prezioso dì Dio, il tempo; mentre a pochi passi da lei la sin
rivale non mi perde briciolo, ma suda, si travaglia e consumasi
pel bene della sua famiglia.
Sono circa le nove ore del mattino, e l'Ermeliuda non apret
ancora le assonnate pupille alla luce del giorno, che giii Ria
suoi raggi per tutti gli .spiragli delle finestre. Solamente vera»
le dieci una strappata di caoipaDotlp avvisa i famigli che l'ora
dol suo destarci ò finalmente tuonata. Sia ringraziato il cielol
La cameriera a quel animo accorre, recandole in argentea guao
tiera del the e del latte bollente; porchf^ la signorina ha gli
stomHCUx/.i e abbis'jgna dì rifocillarci a letto, per sostenere l'iM'
mane fatica di levarsi suso. Ne' tempi and.iti inaaguravasi la
giornata col sollevare il cuore a Dio; oggi il primo pensiero di
molti si è darò un contentino allo stomaco, che è il Dio di chi
vive aU'aniuuilesca: Qitorum Deus vetUer est.
L'Krmelinda appena levatasi, untra nel suo tempio, vogltam
dire, nel suo abbiglìatoìo; e non n'esce che dopo avervi speso
una buon'ora di temi)o in lisciarsi tutta e alliudirsì, e ax>tìrairai
e profumariii come una rosa dì int^gio. Colà dentro ha tutto an
mondo di ba/.ìticature: vaselli di lìscio e belletto a ravvivare le
Tir. t SRKKtitrDA e la sda vita
Fnee dol volto; pomate ad allucidare ì capelli, e rammorbidire e
lefìgare la pelle; pinzetto a sbarbaro ogni sottìl piiluz/^. che
per reutura facria capolino in sul mento; saponette profumate,
polreri odorose, ftaline, alberelli e guastadìne con dentro?! acque
nanfe, distillati ed essenze aromatiche da imbulsainare tutta la
per*>na. I/i tutto un emporio di ninnoli, di piumini, di guancia-
letti, ili astucci, e spec<'hietti a mano e due grandi specchiere,
runa a fronte dell'altra, nelle quali l'Ermelìnda, dime Narciso
Bei limpidi cristalli di una fontana, lungamente specchiasi, si
ngh^ggta e innamorasi di so stessa.
Nel suo forzierino ella tiene guardato uno sfolgorio di vezzi,
^ dondoli, e di cincinni d'ogni ragione: una coUuua a file rin-
ate dì grosse perle; una catenus^ìa a maglia d'oro cadente
h una rosetta itig<!iamata di dìamauti e di berilli ; un paio di
vmille parimente d'oro niellato e grandinate dì baliiscì e di
smeraldi; boccole da petto Cf>n caiumui di finissimo intaglio; orcc-
cbini ooD eioadoli di grossi diamanti facettati a riflessi e sciniillii
di mille luci; ansila ingioiellate di rubini e zaffiri legati in oro,
Teetagli con le stecche di madreperla u di snudalo lavorato a
sterno e uà quadretto incorniciato di lama d'oro e di perle, in
ed campeggia l'idolo del i^uo cuore e il suo ritratto, miniato
ÌB suir avorio. E la sua vanità appena di tanto sì appaga; ehò
dbi non domanda meno per trabellire e pompeggiare.
Nulla p^>i diremo della sua guardaroba, fornita a dovìzia di
quanta l'imptiriosa moda, la tiranna del mondo femminile, esige.
Etvì uno sfoggio di vestì di seta schì'.'tta o a opera di bei ri-
euni; rasetti ed ermisioi a onde, gtierniti di balzane a crespe,
I ^^ fi etti, a festoncini; duo Hnissimì si^ialli cinesi a fiori
e arabeschi assai capricciosi; una polacchina orlata di martora
e di zibellino; mantìglie e slolelto da collo ricamatti a giorno;
eiaturini con b«>rchie e formagli d'oro vagauienle cìsellati, e
scarpettine di seta e di raso a tacco altissimo e toinaietto basso,
come oggi porta il caprìccio della moda, che fa andare sui tram-
poli la donna. Di cappellini poi non se ne parli : avveue dit rifor-
nire la bottega dì una modista, qual di seta o dì raso e qnal
di fino p^lia di Firenze, l'uno piumato di marabù, l' altro in-
Sm^ XStl. voi. II. f9K, «4 13 ì> opri/* 18M
191
DBflBLITTE
crestato di una vaghissima para4istui, questo inghirlandalo
fiori urlifìciuli, o qiitsllo di fìnti grupiititi o di altri frutti a pan-"
nocchia o a corimbo. Il tempio insomma dolle glorie dell'Erm^-
linda non potrebbe essere più splendido e suotuoso-, ed ella ts
tutta in brodo di snccìole, i^aando apre ì suoi armadii, gflì stipi
e ì for/,ierettì; e si la a contemplare tanta doviiiia di guernimenti
d'ogui fatta.
Ella non esco dalle sue stanm ohe sulle andioi, o siilPoni!
dell' asciolvere; e la sua prima comparsa ò nella sala da desinare
tra gP inchini de' famigli e i mirallogro de'pareutì e degli amici.
Siede a tavola, sflora le vivande, che vuol sempre ammanierate
coD leccornie, centella parecchie qualità di vini generosi e dà la
stura alla sua parlantina, taccolando di mille oose senza sagOi
È gi^ il meriggio; ed olla [ievasi di tavola, e tolto in manol
il giornale dello mudo, che è il libro delle sue devozioni, stn-^
dialo con occhio attento ed esamina ogni fìgurìno neirintenta
di uniformarsi scrupolosamente alle mode parigine, ancoraché
spesso bizzarre, e mutabili poi sempre come le fasi della lana.
Gitta anche un'occhiata sullo colonne di un qualche giornulo, cba
le pare più addentro no' secreti de'Gabinetti: perch'elJa ha il
vezzo di sfarfallaro in politica; e Dìo sa quante volte nel sag
cervellino ha rimpastato l'Europa e il mondo!
Ma la sua lettura prediletta t>i il romany.<); col quale passeggia
a suo talento sulle nuvole, e va spaziando m'Ha regione del
st^QÌ e de^ fantasmi. È un sollazzo il vederla languidamente
adagiata sovra un'ottomana o in un seggiolone a bilico divorare
a^li occhi qael suo libriccinolo legato in marocchino e filettati
d'oro, e appassionarvìsì dentro, e ora affocarsi tutta in volto ed
ora impallidire e di tratto iu tratto trar sospiri e lasciar cadere
furtive lagrime dagli occhi. La sua sensibilitiì à scossa, il sistema
nervoso ne patisce; e compassione e orrore serranle il onore a
le affollano il respiro. Povera Ermelinda!
Ma buon por lei che a dissiparlo i sogni dall'aDimo e a
richiamarla alla realtà della vita vengono su quest'ora ì soliti
visitatori, ch'ella riceve seduta, salutandoli appena con un liere^
piegare di capo, e porgendo loro a baciare la mano con un far da
XIV. l' EltHELi:<DA t LA SUA VITA 195
regina, inchini e cortosìo, complimenti e adulazioni s'all^rnauo
senza posa; cbè ognuno agogna di conquistare il cuore delia
deca erede del banchiere; ed ella sentesone tutta dentro insollu-
etierare l'anima, e se ae smammola di contento. Coloranlesi le
^anco, le hrìUaoo gli occhi, e uu sorrìsetto di compiacenza
^zzale tra labbro e labbro. Tuttavia studiasi di dissimulare con
paroline artatamente modeste il suo compiacimento: — ma che
4iM? è troppa bontà la sua... io non merito tanto...
Ogni adulatore sa quanto valgano questo lustro di umiltà^ e
IKrfi viepiù accalorasi nell' incensare il suo idolo. La lode è per
i'Ermelìnda un'aura sì care?Aorole, un profumo si dilicato, una
ouù dolce armooia, che la rapisce, l'attrae di sé, TalTascina, e
gonfiale il capo di pensieroni e di vento il cuore.
Tuttu inuzzolita ed arzilla scioglie aUora il suo scilinguagnolo;
flfrmguella di mille cose, saltando di palo in Frasca, senza mai
filare dritto nn ragionamento, e sputa aforismi e sentenze, che
è un sollazzo l'udirla. Novella di politica, ciugut-tta dì filosofìa,
ciucia dì estetica; ed entra poi in un pecoreccio di buassaggiui
tdi pappolate da non dire, sempre cho linguetta di religione.
Od&ì sq le salta il tìcchio di taccolare de' fatti alimi 1 Allora
morde, trincia, leva le berxe a questo e a quello, che è una
pietà. Ma qual ch'egli sia l'argomento della sua coftversav.ione,
U lìngua poi sempre le sdrucciola nel suo tema prediletto, cioè
Belle mode, ne' balli, nelle feste e ne' teatri. E qui è dove l'Er-
aelioda spiega tutta la pompa della sua fumuiìiiilo erudizione,
mesciando tntt'a un fiato addosso a chi l'ascolta un torrente di
pirolo, che non gli dà mai tempo da mettervi del suo una
sillaba in mezìso, se pur non ò un eh di maraviglia o un sì di
ipprovasione. Cosi tnuKorrono le due o tre ore in ciance inutili,
che se spremere si potessero o distillare in na lambicco, se ne
avrebbe per estratto qualche cosu mi-no di zero.
Frattanto giù nel cortile gli staffieri sodo in faccenda; trag-
gono la carrozza fuorì della rimessa e aggioganvi la ben pasciuta
e linda parìglia; la quale sbulTa, nitrisce e scalpiccia il terreno,
forse impaziente di trainare, come ì cavalli di Fetonte, questa
beLU aurora. L'£rmelinda spacciasi in fretta dai visitatori ;
I!)6
I DERCLim
ritirasi nelle sue stanise, rassettasi tutta, si ralfusula e oìdcìd*
nasi per fare di so vistosa comparsa al corso e per le TÌe pidl
popolato della città- Ma in ([iitvsto passa una buon'ora di tempo;!
U eoochiere mormora ti'a deuti di quel riUu-do; ì fumigli bi-
sbigliano, e Tua d'essi pit\ impaziente dei^li altri ì in procale a
voce sommessa: — IX>mìae Falla trista! E uu altro — Che morta
BÌa a ghiado!
Finalmente eccola spuntare a capo dolio scalone, tutta sfoU
gorante di vììmì e di gale, come una sultanina, e mollemente i
appoggiata al braccio di un cavalier serveute, che va superbo 1
dell' allo ufficio. Scende maestosamente le scale, traendosi dietro
uuo strascico da regina; monta tra due braccia, chi^ le ranno]
coloDDa, in carroz;fa; affondasi negli elastici cuscini e u
sulle ginocchia una vezzosa catellina dal lungo e bianco pelo,]
cai Tiene dolcemente coli' eburnea mano accarezzando. Ora
madre ed or la gofcrnuute tengonle compagnia, ma anchu allei
che le sta a fianco la madre, ella regola a 8uo senno la
soggiata, e dà suoi ordìui al cocchiere, indicandogli le ne
deve tenere, e che sono sempre le pil popolose dell'abitato,
agevole indovinarne la ragione: l'Ermelinda vuol essere vagheg-
giata; e però preferisce i luoghi frequentati ai S4)lLtarìi. Dair<ol
del suo cocchio, come dal trono dì sua vanità, abbassa con
sovrana degnazione sui passeggeri, che spronano le scarpe, ì
suoi sguardi; e tutta rìn^lltiaasi e gongola al vedere » s&j
rivolti gli occhi della gente, e molte tàste scoprirsi sul suo]
passaggio, e molto bocche aprirsi per maraviglia o atteggiarsi'
al sorrìso. Sono le soddisfdjstonì dell'urgoglio, di cui ella seuUj
ogni dì il bisogno.
Ma intanto Tana imbruna, e la serotina brezsoUna la h]
rientrare io palagio. Allo strepito delle ruote romoreggi&nti '
sull'ammattonato del portico e sul lastrico del cortile, tutti il
domestici dannosi moto e facwnda.
Già la mensa è imbandita, fumauo le vivande, spumeggUno]
i generosi vini nelle bottiglie, e il maggiordomo affrettasi a]
chiamare a tavola la signorina; la qnale dopo le fatiche di una)
giornata si travagliosa sonte il bisogno di rifucillarsi. L'Erme-
XIV. L enM£t,iNOA e la sua vm
linda a mensa non diluvia nò tracanna, ma pilucca, sfiora e
talla; perchè le portate e ì Tini sono molti, ed ella ruol
re di tutto. Tolte letavole, eccola di nuovo nell'abbigliatoio
fé la tolHtta della sera richiede da lei ben piiI accurato studio
e quella del mattino. Trattasi nuIlameDo che di una solenne
ra che ella dee far tra poco in meezo al mondo elegante,
CDOTenutn al teatro, ove sfuggiasi in ogni sorta di acconciature
B abbigliamenti; perche certe damigelle vi vanno per essere
iozichè spettatrici, spettacolo al fiore della cittadinan^ia. Ij*Kr-
Bfitinda infatti non mette piò fuori delle sue stanze se non
ipo aver consultato cento volte lo specchio e stancata la pa>
d'siÌA governante, della cameriera e delta faiitcscik, tutte
id a raGfaxxonarta e illeggiadrirla e imbalsaiuarla di man-
e d'acque profumate.
E quando l'alta impresa è già compita, l'Ermelinda esee dal
tempio femminile tutta raggiante di gioia, splendente di
i, e olezzante come una rosa di cento foglie. Dìi la voce agli
iffieri. riiuontH in cocchio, e via al teatro. Quivi le occhiate
«{ sorrisi de' cicisbei, le visite dello amiche, tra le qnali quasi
sempre traforasi un qualche damerino vago di faiie la corte,
gl'incanti della scena o lo armonie dulia musica, il turbinio
delle danzo procaci e i romorusi plausi della platea, tutto insomma
inefabriale i sensi, scaldale la fantasia e affascinale il cuore.
Ha scocca mezza notte: la giornata è tìnita, cala il sipario,
tasi il teatro; e rErmelìnda tornasene a casa cogli occhi
mbolati, e la testa a zonzo.
Tal è il tenore di sua vita: questa è la gioia di sposa che
il Banchiere destina a suo figlio. Ma buon per Bruno, che aven-
dola conosciuta un anno innanzi in un viaggio da lei fatto in
Italia, lungi dal rimanerne invaghita), avcala presa in uggia e in
disptitto, eotalchè nulla avrebbe mai potuto indurlo a menarsela
in moglie.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
NOTIZIA DE' LAVORI 01 EGITTOLOGIA E LINGUE SEMITICHE
PUBBLICATI IN ITALIA IN QUESTI ULTIMI DECENNI!'
IV.
La VOSI Copti
Lavori di B. Peyron — Francesco Rossi — G, Torteli
P. A. Ciasca — E. Teza.
La lìngua copta ò Tatitica lìngua egiziana, e I vocaboli
ziant scrìtti m caratteri geroglifici sopra i più antichi monO'
inenti di Tebe, e in caratteri greci ne' libri copti, non differiscoDO
in generalo se non per la muticaiiKa di corte vocali medie omesse,
giusta l'uso orientalo, nella primitiva ortografia. > Così il Cham-
poUion*. Il vocabolo copio ò un'abbreviazione di Ar/ysT^s;, egi-
ziano, come dimostrò il HevilloatMI copto consta di due dialetti:
il tnemjiiico e Ìl (ebano o sahidìco. Il Cosiddetto basmurieo ò
una specie dì dialetto dell'epoca musulmana, con una c«rta ten-
denza al vocalismo arabo, e segaatament« al suono a usato spesso
in luogo di o; ma esso non ha regola fissa, come ii memjiiko
e il iebano che son due dialetti al tutto regolari e d'origino
remotissima e ignota.
Non è qui il luogo di esporro le controversie intomo al posto
che spetta al copto tra le diverse famìglie di lìngue; se cioè
appartenga agli idiomi semìtici, come sostennero il Barthélemy,
ìl de Giiignes, il Giorgi, LI de Rossi e il Kopp fra gli antichi;
il Benfey, ìl Bunsen, il Ueìer, ìl Boetticher e il de Hougé
fra' moderni, contraddetti dal Pott, dalTEwald, (che poscia mutò
' Vedi qDail. 850. pci^g. TS-8Ì di qoMto volume.
' Gram. p. X' IH.
* a. Dti articola del nsYiLunjT, nel Dict. d'AreMoL ^ypt. ilei Pìerrei, p-
Eìne ISt-ieO.
RinSTA DELLA STAMPA tTALIANA 199
lione) e dal Venrìch. II Lepsìus sostouQc ridontità ori^naria
fare famiglie, indo -europea, semitica e copta, ed altri sono
urei od Hltra ipotesi. Il probltìiiia mm è ancora sciolto, corno
Mo faremo sciolti fln qui tanti altri problemi lingaistici della
mkfisiina importanza '.
Como, trattando dell* egittologia, abbiamo indicato i soli lavori
pubblicati in questi aitimi t^npi, lasciando daU'uQ desiati qaelll
BoSuUìdì, del SaWotini e di altri cospicui egittologi di più
data; cosi Tenendo ora allo scritture rignardauti il copto,
pass<>r»fflo sotto silenzio gì' immortali lavori di Amedeo Peyron,
quelli altresì meritevoli di lode del suo maestro, V illustre
Ab. Valporga di Misioo, conte di Calnso, e dello stesso Roael-
lioi, tanto benemerito degli stndìi copti, dell' Ab. Bardelli, cui
Mbiamo i preziosi codici Mpti da lui ìicquistati e ora posseduti
dalla Biblioteca Nazionale di Firenze, e di altri; e prenderemo
le mutise dui eh. lìtìmardino Peyron, nipote e discepolo di Amedeo
e)ie cosi dì lui scrisse: gitem in litUris copUcia aliisqtte discì-'
l/ulitm nai'um ac diligeittem h^uisae fflorior. Il più ìmportantft
lavoro pubblicato da lui, è un codice copto -tebauo, contenente
dieci frammenti di Salmi, e trentadue interi Salmi, con osser-
Tuìoui critiche'. Pubblicò pure una dissertazione postuma dì
Amedeo suo zio, di cui ora faremo menziono ^ Uo altro lavoro
del eh- Autore, inserito come i precedenti, fra le Memorie del-
V Accademia delle scienze dì Torino, tratta di cinque manoscritti
Copti della Biblioteca Nazionale di Torino \ Diremo ora dì eia-
tcana pubblicazione quale sìa la Importau?^ della nat'>ria, e
quale il marito dell'Autore che la tolse a studiare. Pertanto dì
questi tre lavori uno è dell'Ab. A. Peyron zìo dell'Autore, al
' O. ]\iyxH, llijtl. de* lamy. »fmiL Liv. 1, Clisp. Il, pag. KO-9*. quinU l'di-
simip, IH7H.
* pMtltfrii copto thtònni xpfi^im'H quoiì omniìtm primum itt ìnctm prodit
tamtineiu pr'uitr d*ctM p$aÌinoniiH /'raj/ittenta itttegros paaJmoi duo et tri-
finia nd fidftH codieit t*MriniMÌ$ cura il critica animadvtrtinnibu^ Bernar-
diti IVjTOni, IJt75 (aeììe 3f«iwr« deV' Aecad. deVt Snenre ài Tarino).
» Nrflc MetHnrie diiWArcad. detta Scienie di Torino, 187?).
■ Notiti* ed tìsxerciuinni intarHO a cinque manoscritti capti dtììa Bihlio-
ttea .Vii;rV»wi,V di Tonno.
^00 RIVISTA
qaole noDdìmeno abbiamo l'obbligo gi-ande di non averlo lasciati
iaedito. Ecco ìq poche parole il contenuto di questa cho s* intì
tola; Diiserfado posthuma de nom copticae linguae orthogra
pìtia aScJiivartzio excogitaia. U D'. Schwartze di Berlino, nel
Topera dottissima che scrisse col tìtolo: Das Alte Mgìji^en
«sposo oon mirabile enidìsìone, la sua teoria solle etimologi
egiziane, e io conformità di questa teoria, composo iV.ìandio uha
grammatica cho fu data iu luco dopo la sua mortd, dallo Steìiithat
Senonchè la ortografia copta ch'egli propone è al tutto diversa
dalla nnìversalmeate ac«ett;ita daMotti coptistì. Ora TAb. Peyron
confuta nulla sua di$sert;i;:ìuue, con rigorosi argomenti, la teoria
proposta dallo Scliwartzo.
Un'utilo futìca del eh. Autore deve riputarsi quella dello no*
ti/Je ed ossùrrasioni cho ci dà di cinque manoscritti copti della
Biblioteca Nazionale di Torino. Essi furono donati dui benemerito
Cav. Drovotti nll'Ab. Peyron quando era già stat») pubblicato il
suo Lexicon e la Grammatica ropta. Passarono quindi non il
lustrati, al tiiimti^, e dallo costui mani, con bolla generosità, alla
Biblioteca N'azìuualo di Torino. Reco ora le notizie che ce ne
fornisce l'Autore. Il primo è un papiro che ha 23 carto scritta
da una sola facciata, tranne la seconda carta che h vuota. Esso
contiene un tratt'to gnostico delle particolari virin che hanno
da Dio gli spiriti celesti secondo la tradizione cristiana. È scrìtta
in dialetto tubano misto dì formo mcmfltiche n di molti roca
boli greci. Sh se ne considera la mati'rrìa, esso è anteriore al
secolo XII, ma 6 forse piiì antico di tre o qnattro secoli. D
secondo papiro iS pure scrìtto nello stesso dialetto, e non ci d&
che un frammento di altro Trafialo gnostico sugli Angeli t
gli Arcangeli. Il ter^o è un codice iu carta bombicìneaf d«l
secolo XIV. di carto 139. Contiene Fromnimfl dt;l Salterio di
Davide in dialetto memlitico. Del quarto diremo fra poco, es-
sendo stato illustrato a parte, dal nostro Autore. Il quinto final-
mente è un codice in pergamena, del secolo XI^ di carte 27, ìa
• dialotto momfitico. Esso contiene parecchi frammenti; v'è un
discorso sulla Penitenza. Nel foglio 1& si ba un framtmnto
degli Atti del Martirio di Apa Victor Jiglio dì Romano; wA
DEttA STAMPA ITAUAMA, 301
fyglìo 20 si legge un /rammento degli Atti del Martirio di
S. Teodoro Stratelaie (Comandante iQ capo). Degne di special
Rumziontj sono lo osservuzioni fitologicbe delPAutoro, niassìma-
neate quelle che riguardano etimologie dì roci copte.
Ma il pnocìpale lairoro iloII'Autore è la sua pubblicazione
e r iUustra/.ìuDe dottissima del terzo codice ricordato dianzi.
prìtnamentd diamo la descrÌ7,ione dot codice. Usso è bombi-
ifleo e consta di 3& fogli sciulti, i quali sono scritti a let-
tere grandi, ma senza distinzion di parole. Manca la data. Il
Doetro Autore lo crede del secolo ZIV. La preziosità di questo
oidioe è manifesta da ci6 che la Torsione de' Salmi in dialetto
aihidioo, è rara. I codici borgiani descritti dallo Zoega (Catal.
{Mg. 197-19S), non ci danno che 8 Siimi interi; laddove U
Metro codice oltre a molti frammenti di Salmi, ne contiene 32
interi. Ondechè a bnun dirittt) può dirsi esemplare non solo di
Sommo pregio, ma unico. Il eh. Autore dimostra contro Io Schwar-
tn, di quanta importanza sìa il nostro codice neiresegesi biblica,
ittesa la stia grande antichità. Imperocché fu opinione del dotto
berlinese, che la versione de' Settanta fosse stata al tutto fedele
il testo ebraico, e però quanrju i codici memfUici sono discordi
^ loro, egli ricorre sempre alle lezioni greche de'cudici Alea-
nadrìno o Vaticano. Ora quanto sia falso questo criterio dello
Schtvartze, il nostro Autore lo prova da ciò, che la lezione
della primitiva versione greca fa presto corrotta, tantoché i
padri e gli scrittori de' primi secoli della Chiesa si adoperarono
di rioiendarta e appurarla. Così fecero Origene, Eusebiu, Esi-
(bio, Luciano e S. Girolamo. La traduzione copta adunque, la
^oale appartiene alla recensione Alessandrina, come supera per
antichità tutti i Codici greci celebrati in Europa, cesi funiisce
agli esegeti biblici, molti preziosi riscontri e schiarimenti circa
il significato e la forza di certi passi de* Salmi, comi- si fa chiaro
dalle Animadversiones che il nostro dotto Autore aggiunse al
lesto. Esse sono critiche osservazioni intorno alle voci del testo
oopto del Salterio, comparato con quello del testo menifitico,
ebraico, alessandrino, vaticano, aldino, di Alcalà, con l'esemplare
ambrosiano e con Vitata vetus. Questa pubblicazione del eh. Ber-
VtK RIVISTA
D&rdiao Peyr<>n, fatta con sagace critica ed erodLìioQe sìogol
torna a grande onora degli studii italiani.
Un altro valoroso coptista è cortamtìnte il Prof. Francesco
Rossi, come si par chiaro da'prcgovoli lavori finqni pubblicati^
e de' quali faremo ora, col solilo modo della breviti*, onorata men-
aiontó. Della sna Grammatica copto-geroglìfica, coìt un' Apinm-
dice ilei pi-inciiiati segni sittabici e dei toro signijkato^ illu-
siraii ila esempii, non accade trattenerci, essendo stata da noi
meriUiinetite lodata nella prima parte di qnesta Notizia. Diremo
dunque alcuna cosa della pubblicazione de' papiri copti del Museo
di Torino, intrapresa da lui nel 1883, e continuata fino al 18S5,
Tutti sanno quanta sìa la dovizia e 11 pregio singolare de' ma.
noscritti copti conservati nel Museo egizio torinese, e cbo appar-
tengono alla CAilobre oolbsione Drovotli, acquistata da R*i Carle
Felice nel 1S20. Essi venneri) assai malcnnci e sciupati dalTEgitto,
insieme eo^ papiri egizìi, e furono ordinati e in parto trascritti
dair illustre Ab. Peyron. 11 nostro eh. Autore gli ha ora quas
tutti copiati con la massima accuratezza, prima che la lettini
di essi divenga piti malagevole. Imperocché sopra ootc«tì fogl
fragilissimi dì papiro ^'oiine, non si sa ben da chi, distesa uni
vernice eompusta di resina, la quale, oltreché facilita b sfogliars
del papiro, lo rende eziandio di giorno in giorno più seuro, e M
rìSesso del Incido, porge fastidio all'occhio del b.-ttore.
I nostri codici, già descritti dal Peyron nella prefazione i
suo Lessico, contengono testi in dialetto tebano o sahidico, salv
un codice membranaceo antichissimo della sapienza di Sìraeh
di quella di Salomone, riunite in un volume. Tutti i manoecrit
sono in t^llissimi e gn>8.si ciiratlori su papiro, e, summati insiem
tutti i frammenti, si hanno non meno di uttocentti fugli di papii
scritti da ambe le parti, e formanti un totale di mille e seceal
pagine di testo, divìse generalmente in due colonne, di veatl
ventisette lìnee in media, per ciascuna.
II codice m*-mbrnnaceo, del quale accennammo, era stato ea
piato e destinato alla stampa, dal nostro Autore, quando si TÌd
provenuto dal do Jjagardc, nelle cui mani era stata nna copi
de'due antichi testi comunicatagli dal Pejron. Duo altri fran
DELLA STAMPA ITALUITA
9(Xi
meati furono editi dal Revilloiit col tìtolo : he Concile de Nieée
4'après les iexUs coptes. Première sèrie de documents — Expo-
iition de foi — Gnomes du Saint Concile (Papyrus dii Mast'jè
de Turili). vVache il nostro Autore nella eollezione tlo'codici trovò
alcuni tratti relativi allo stesso Concilio, in uno de'qnali leg-
gonsl i nomi di parecchi Vescori che v'intervennero'.
U primo tosto pubblicuto dal Prof. Rossi ò citato dal Peyron
e»sì: Fitpyru-8 3«c«H(/«-v Taurinensis foliorum 54. Exhibei
UifpomHemafa (acta) ^ervaiorìs conscripla stth Pontio Pilato
fraesìdef quo nomine venit Evangelìttm Nicodetni saepe edi-
ìam. titm non ita prtdem vulgattttn a Carolo Thilo: Codex
dimrt/phus Novi testamenti. Lipsiae 1831 \ Come la prim»
purte del cudice coutuuonto il Vatigulu di N'ioodemo, cioò i Gesta
Pitali^ secondo il titolo che ha ae^li Esangelin apocrypha pub-
bbeati dal Tìschcndorf nel 1 876, era uoU pur la traduzione latina,
il nostro Autore pensò bene di restringersi alla tradu-^inne di
oa'altra parte del codice stesse, dov'è una Eset/esi pronunziata
i!air Arci vescovo TeofiJo, la quale ha per argomento la Croce e
il Uilrooe. La pubblicazione d^I testo del Vangelo di Xicodemo
e fatta con ogni accuratezza, notando lo varianti, le voci o forme
«•frate 0 che non occorrono altrove, nò sono registrate ne' lessici.
N't)l ])riucì|iio della sua dotta fatica l'Autore d^ in pochi tratti,
li lettore, contezza della lìngua e letteratura copta, e del rina-
KÌm»ìnto di questi studi in Europa per opera massimamente dol
P«Ìr«9C. dì Clemente XI e del Cardinale Borgia.
Ia versione italiana dall'Esegesi è condotta on molta chia-
Tezza, e rende quanto è possibile, la forza de' concetti e delie
Difitaforo del testo, salvo certe locu^iioni metaforiche troppo di-
scordanti dal genio della nostra favella. In fine sono date quattro
Tavole chi) ripivducono, la I' e IV diifi pagine del codico coute-
amU il Vangelo dì Nicodemo, col principio dell'Esegesi di Teofilo;
• Tra»crÌtione di un codice copio ckl Mttaeo (ijisio di Torino con itluatro'
^Mìimt t HOt< del J'ror.'FftANCEK:o Koaiii, Torinn, Krmanno Lf»*cher, 18H3. (EsiniUo
^tfftorie dtlìa IleaJe Accwì. d'iie Si-Ìenie dì Torino. Scrii! Il, Tom. XXXV)
Cf. l'nrfxxtofiff alta: NoUtia {ibromm manu ti/pi»ve 'irtcriplorum, qui do-
Ah Thoma Valperffit-Calutio illtiti aunt ti* R, Taurintnais Alhenad
iQtìutam- LipNoe. IHiU, del l'oyron.
^k^
^i Br VISTA
la Iir diifì pagine del codice su pergamena, della sapienza dì
Siraih, la IV' da un saggio di diversi fnimmenti dì papiri.
Con puri dilig6nsi o dottrina è fatta la pubblicazione dei
testi copli del museo di Torino, i quali riguardano il Concilio
di Nicea e il gniude Atanasio, ArcìrosooTo dì Alessandria'. Tatti
questi testi con parec«liì altri papiri, erano stati raccolti in un
sol oudice di 95 fogli, dal Peyron, con quosto titolo: Conlittet
sennoìU's murales, sentenCias Synodi Nicaenae, tum viktw
JJftanasii spuriam. Senonchè la divisione per matoria, fatta dei
papiri copti dal Peyron, in setto codici, con una osatta o 80D1<
maria descrizione nella prefazione al suo celebre Lessico, non sì
muutennu Itinganientu, e quando il Prof. Russi sì accinse a tra*
Bcrìvorli, l'ordino delle pagine era alterato, come confusi erano
i fogli drllo Stesso codice con fogli di codici diversi.
Il dottissimo coptista francese signor Rovìllout pubblicava
nel 1873, due papiri del Museo torinese intorno al Concilio di
Nicea (V. sopra pag- 203), e in una nota a pag. 21 dicera: D$
ftoitwaux /ragmenis di'couverts par nous, iant à Turin qu^à
NapfeSt noHS ont ertjin conduìt à «»« iihntijiralion cerlaiw
de ce texte (Ìn(fmatiqne. Ma il nostro Autore, per ciò che riguarda
ì testi relativi al Concilio di Nicea, si crede in obbligo di far
osservare che essi erano stati riuniti tutti col titolo: SenletUiae
Synodi Nionenae, noi IV codice che il Peyron notificava ai dotti
fin dal 18:Vi.
Questa soconda pubblicazione del nostro Autore si compone di
tre parti. Nulla V si dà il testo che rimane ancora della Vita
dì sant'Atanasio; nella II" i t^sti spettanti al Sinodo N'iceno, «
finalmente nella IH*, parecchi frammenti da lai trovati dispersi
nella collezione torinese. Promette le notizie necitssarie sullo stato
de'testi e le loro lacune, e dìchiarii ch'egli sarebbesi astenuto
da qnesU pubblicazione, se il testo del Sinodo e il frammento
che gli lieo dietro, contenente la vita del santo anacoreta Afu^
testé pubblicato dal KeTÌllout (Rev. égypt. 3' sòr.), fossero stati
' Trattrirtone <U alami (exit rapti tratti dai Papiri dtì Museo rgitio di
Torino con traduiiunt italiana e nou di Fft\Ni:K3i;o Itossi. Torino. Emuomi
DELtA STiUPA ITALIANA 305
trascntfi da questo illustre coptisbt, con più ordine e fedeltà.
Egli iijfutti oon siigno rordine e la disposìzìoDe delle pagine
e delle linee, ma fa una trascrizione continuata; dove omette
talora alcuni tratti che dice illeggibili e che il nostro Autore
leSBeiOoine si put'i vedere p. o. nel uilco dato .alla Tar. Ut dì
questo rohime: modifica in alconi luoghi il testo, come per mezito
di asterischi vien notato dal nostro Autore nella sua trascrizione
del lesto originale. Il Rovilkuit finalmente chiude di spesso fra
pansntesì, lettere che ne' papiri sono ancora [)ggi o del tutto
visibili. 0 presentino vestigia tali da non lasciar dubbio circa
la loro forma originale. Queste ossiTvaiiioni dui Prof. R<tìsi intorno
alla trascrizione del Revillout, son certamento giusta, ma per noi
e per tutti cotoni che conoscono l'eccellenisa in questi stndii. del-
remini'nte coptista francese, non escluso lo stesso nostro Antoro
che pii^ volte la predica,, dimostrano lu fretta onde il Kevillout
copiò i testi, e mm aUn), [| nostro Autore per oontra, potò hivoraro
con pace e a tutto sno agio, sopra gli stessi tosti che sono sempre
a sua disposizione nel Mnsw egizio di Torìao, di cui è constirvatore.
La tnvduxioDC italiana del testo che contiene alcuni episodii
della viu di sant'Atanasio, e che scuibraan tolti da un sermone
dello stesso sunto, ^ fatta con buona lingua, e ritrae fedelmente
lo stile dell' orìsiinale. Le stesse doti si riconoscono nulla versione
delie Soticme del Santo Sinodo, e del P. LVIl che ha per ti-
tolo: // Sìnndo di Nicea sulla Fede sana. La Fede slabiUta
l'rt Nitxa dal Santo Sinodo. Le noto (Hologiche e storiche dal
eh. Autore son date con parca mano, e solamente dove il testo
le rìehi<*<le.
L'ultima pubblicazione del Prof. Rossi è del 1885 ', e oon-
tìenB la trasorì/.ì'me e traduzionL' di tre testi. Il I" in sedici
fogli di papiro, ci dii la vita del beato anacoreta Afit già ri-
cordato, il quale dalla solitudine del desorto venne chiamato
da Teofilo Arcivcsc^ivo di Alessandria, alla sode episcopale di
Pemge, nell'Alto Egitto. II U' è la storia o, come dice il Peyron,
il romana) della vergine Eudossia, sorelU di Costantino ìmpe-
' TVofirritiona di tre Xanoncritti copti del Musco egiiio di Torino con
tni4MtMiu itaìinna di Kntvcesro Rmst. Torino, Ennanao Lor*cb«r, 188fi..
206
RinSTA
ratnre, la quale, nati i Persiani dal fratello, mnove a ristorare
e abbellire i luoghi santi, e quiri persuade al fratello di per-
seguitare i Giudei, se non prendano il battesimo. Così il Pevron.
Ma il nostro Autore fatte altre ricerche, da' numerosi papiri,
pota mettore insieme un tosto dì ventÌHiii fogli, donde risulta che
Taatore copto avrebbe cominciato la sua narrazione dalla morte
di Dioclesìano, cui fa miccedere nell'impero Costantino: racconta
i prodigi ondo fu pmtelto da Dio questo monarca nella gaerra
contro i Persiani, li termina con una visione della Vergine En-
dossin. La parto ora pili compiuta del racconto ò questa visione
apponU), nella quale il Dirin Salvatore appare alla donzella, e
la sollecita a recarsi s*^nza indugio, a Gerusalemme, per irì ri-
cercare il luogo della sua tomba, e della sua resurrezione. Il
Iir manoscritto finalmente contiene un panegirico, mancante
però del principio e della fine, dove ai descrive il modo di vivere
di S. Qìov. Battista nel deserto, la causa della sua prigionia e
i) suo martìrio.
In questo lavoro l'Autore rendendo ragione delP avere pobbU*
cato il manoscritto della vita di Àfu^ dopoché era giìk stato
pubblicato nel 1883 dal Rerillout, ritorna su' difetti della tra-
scrizione del coptista francese, il quale perì» non ce ne aveva
dato la traduzione. Ll* lacune e lo iiltonwioni del testo, a gio-
dizio del Prof. Rn.ssì, sono tali nella trascrixiune del Revìllout,
che egli ha creduto neir interesse della scienza, dì ripubblicarlo
nella sua integrità e riempirne, por quanto si poteva, le lacune.
Due di queste sono abbastanza notevoli, perciocchò una com-
prende una intera pagina, la seconda noè del racconto; l'altr»
lacuna, che trovasi a pag. 27, è d'una intera colonna; e sebbt^ne
il papiro sia qui molto annerito, non vi manca tuttavia veruna
lettera, e il nostro Autore ha potuto con attento e paziente
esame, leggerlo ititoramente, couie risulta dal calco che si ha
nella l^v. II. Altre lacune indicate dal Rurillout, non esistono
nell'originale, e moltissime lettere ch'egli rinchiuse fra paren-
tesi, come restituite da lai, sono al contrario leggibìliBsime.
Tutte queste asserzioni dell'Autore sono provate con noie perpetue
a pie delle singole pagine del testo che egli ripubblica.
DELtA STAHf'A ITAUAKA 307
Del signor CHovanui Tortoli cultore della lìngua copta, non
abbìaitto finora altro die un saggio di traduzione '. Questo saggio
(■ certamente degno dì lode, e ci fa desiderare la continuazione
itftll' opera da lui promessa, nel presentar il sno Saggio agli
Urìentalìsti del IV Congresso Interna^iionale tenuto in Firenze,
nei scttembro del 1878. Leggiamo infatti innanzi alla tradu-
sone dtìl primo capìtolo del libro dì Giob, la seguente iscrixìone:
JOB
COPTO-SAHIDICE
NVNO PRiMVM EDlDtT
LATINE VERTtT
NOTISQVE ILIiUSTRAVIT
JOANNES TORTOLI
Saggio dunque consìsta nella Versione latina d'un capìtolo
k[ Qiob, in dialetto sahidico, preceduta da consìderaitìoni sopra
l'ìmpiirtanza e la rarità de'testi copti in dìali^tto sahidico. dia-
latto il quale ritiene più che gli altri, dell'indole primigenia
Mia lìngua ogiziana; e seguito da poche noto critiche e filo-
logiche riguardanti il testo del 1 capìtolo. Il testo dì questo
libro di Giob che il eh. Autore iotoudera recare in latino e il-
luatrare con note, è quello trascritt^i di mano dell' Ab. Bjirdollì,
lai celebre Codice Borgiano. Tutte le norme che il nostro Au-
tore dice di voler seguire nella sua pubblicazione, son commen-
doroli, e dimostrano le miglinri qualitii di giudizio e di dottrina
the per siffatti lavori son giustamente richieste. Ondechè ci sia
lecito sperare che quell'ETUDtT dell' ii^crì/.ione, indichi quando-
chessìa, un passato vero e nmlo, e non gì£k solo dì desiderio.
I>egrìniiX)rtanti e dotti lavori del P. Agostino Ciasca, poiché
Ite fu già data contezza in questo stesso Periodico, non crediamo
necessario ripetere l'encomio ben meritato ^
' Sulla Veraione enpta del Ginh m Maltlto aaiiifo, eoi saggio à' una etti-
rione di usa. Coinutiicaxione falla ila (ìiovasm ToiiTni.i (Cf. Alti del I V CoNpr.
JiUtm. dei/W Orioni. Un. ut h'iirnir hi-1 *ftt 1S78). Vril. pr. p, 7!>-90.
• S^CIlÒnVM BIHUOUVM FragmfMti Copto Sthidicn Musei Borjfi^tti. immm
el tumptihtt* S. Ctmijreffttli'oHi» de Propttfatuin Fiàf, $tudto ?. Adccstini (^iJifCA
mdinU ErtmUarum S. Auffmstini, edita. Yoinmen 1 nomar, lypts rìn<)dnn 5. Con-
iÉfi RIVISTA
Bue iscrizioni cristiane d'Egitto in copto, tradotte, illustrate
e pubblicate dal eh. Prof. Emilio Tezu, ci sono stato gentilmente
comunicato dal Prof. E. Schiaparelli '. Lo due iscrizioni appar-
tengono airArchigiunasio di Bologna. Alessandro Paliigi, * rac-
colto con molte futtcho, come dice il 'Tqz&^ un inaseo di anti-
chità etnische ed egi?<ìaii6, ne fect; per testamento dono a Bologna^
sua città: e la cittìl rìconos^rente pose nell'Archìginnasiu lo nuore
riccbozKtì. > Le iscri»ìoDÌ snuo in dialetto tubano, concepite e
scritte in semplice stile. Precede nel primo epitafio un'ìnroca-
KÌone alla .Santissima Trinità, a Geremia, ad Enoch con la Si-
billa e Sauta Maria, a'Hiintì tutti secondo Ì nouii loro, e poi
segue il nome del defunti), che ò mi Giorgio, prefetto, anziauo,
cu* suoi titoli e la data della morte. Nel secondo epìtafìo, dopo
invocato il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo, s'inroca padre
Geremia, padre Enoch con la Sibilla, e poi viene il nome del
defunto che è Macario, morto il diciotto di Thoyt. Il nostro
Autore ne ék una in greco, dello stesso stile delle due precedi-nti,
e un'altra copta, forse ìn-dita, che trovasi ne'fogli del llosellini,
donati liberaluiente da* figli alla Università di Pisa. Dopo recalo
di copto in Vi.il^aro iiuest* ultimo epìtafio, il Toxa co.<i chiudo b
sua dotta luemoria: < Anche Ippolito Eosellìnì giace sott^ a una
pietra: aspetta che al valoroso archeologo levi un monumento
degno la sua Pisa. *
Del Prof. V. Puntoni discepolo del Vescovo egizio Mons. Aga-
pito asciai, noa abbiatuo trovato che questi sola pubblicazione:
Gnomoloyii acrostici Fragmentwn gfaece una cum mf.tuphraxi
copto-sahidica e pnpyro Aem. Sartii edidH V. Pufifom, Pisis
ex officina ì^istriana, MDCCCLXXXIII. Sono alcune sentenze
greclio di Menandm, por la ma^ffinr parte, trodutte in dialetto
coplo-sahidico. Aspettiamo da questo giovane coltissimo, e nel
oopto nt&ssimamente, uno fra noi, do'piìl riputati, opere dì mag-
gior lena.
K^r|^IiAnì^ MUrXCTAXW. In i gr. di ji»^. \XXII, ti»; con Wni Tavole bw
Uloirniliche. Cf. Ciptìtà CatMien, »r. Xlir. voi. I, i|Da<l. «&3. poitir. 88-89.
' IttcrÌBioni criitiant d' Egitto, dite in copto, una in greco publilìcale ^
E. Teo. l'isa, tip. T. Nislri p i: MntCClAXVIlL
DELLA STAMPA rTALIANA
209
liCOBi Latsez, secundi PraeposHì Oeneralis Sncieiatis /esu,
DisjuTATiosES Tkidbxtjxab. Ad manusGriplorum jihm edidit
et commeiìtariis historicis instruxìt Hartscashvs Otìisìb S. I.
Hi'si. Eccl. in Univeraitafe Oenipontatta Prof. F. 0. —
Oenipontfj, Typis et sumplibus Folicìani Ranch, 1886. — Due
Tol. in 8- gr., di pagg. 106 * 512; 85,' 568 '.
Lo zelo Teramente ardente, da cui specialmente a'nostri giorni
non mossi tanti e tanti uomini dotti ad inresti^are e porre ogni
r&tica per dare alla luce con non ia*3diocre critica opere d'ogni
sorta do' Sapienti, che per molli secoli ci preciìdettero, non solo
poT» moltissimo al progresso scientifico; ma dimostra chiara-
mente dì quali o quanti frutti sìono stata feconde (inette età,
che pur vorrebbero farsi passare da' saccentucolì per tempi del-
l'oscarantismo. Novella prova no dà il eh. Prof. Orisar in questo
RM lavoro, io cui fanno si bolla mostra di sé la vasta erudirJone
itorieii, il giusto giudizio, la diligente e profonda critica M
rinomato Professore. La ristrettezza d'una semplice Rivista non
ci permette di porre solt*) dngli occhi di?I nustro lettore che un
pochissimo di quel tanto, che meriterebbe d'esser notato.
Duo sono i volumi: nel primo è raccolto quanto riguarda la
■luestione della Q)urì9dì/.ione de' Vescovi, e consiste in un lungo
.to, diviso in sei questioni, e in tre voti dati dal P. Laynez
tre differenti Congregazioni generali del Concilio di Trunto;
net secondo poi sono raunalì alcuni voti id alcune disserta/.ìoni
riguardanti lo stesso Concilio; seguono mme appendice alcune
ipute morali ed Estrusioni dull' insigne Teologo. All'uno e al-
lUro il eh. Professor Grisar premette un copioso e dotto prole-
rumeno, il cui valore critico e scientifico apparirii nel corso di
luesta Rivista.
Per dire adunque in primo luogo del secondo volume, la se-
conda parte di esso contiene dieci lavori, che per sa non hanno
' Si ireia veaiiiliili! : Ruma. Via ilfll'llnivcrsilii 13; Paris, P. UlhErllcas, 4, ruft
Quwiir; Mailrid, Adminitt radon de: h Cienci.i Cnstumu, VilUnu^va d.
Strw Xltl. ivW. IJ. fixn. «50 14 9 apHtt ISM
910
RIVISTA
veruna relaziono col Concilio di Trento; ciù non ostante non sem-
brarono al dotto Professore doversi tralasciaro, quia ad delinean-
dam ex suis ìpaitts scriplìs Lainii nus/n indohm moximopint
deserviujtt '. Son messi quivi a modo d'appendice e d'aggiunta
a tutto il resto, dal quale, oouie da parte maggiore, i due rolumi
sono intitolati. Essi serviranno se non altro come documenti isto-
rici, atti a porre ìu palese T iugeguu, la pietà, lu zelo, il gitidisiu
pratico del Laynez e la vasta scienza di cui dorrebbe anduru
adorno un ministro del Signore che si occupi della salute delle
anime. Così il trattato de usura et mriis negoiih mcrcalorunu
Cduiproso in 27 capitoli, pone sott' occhio come raccolto in uno
quanto aniiguiius a legibus ecclesiasticìs usurain prohìbeufibas
tradebatur ', ed ha gran valore se non altro in ciò, quod ima'
ginem rep'aesentaf renati socialium iltius aeci, ojìciorumque
tutrcaforibus tunc iemporis ineutnifeniìum ". E qui non pos-
siamo non unirci al eh. P. Grisar noli' «'Sprimero il vivo desiderio,
che uomini dotti fiac nostra aeia/e eodem aeutnine iurid-'co et
theologko varius contractus pecimiarios, quorum genera ei
speciea quotìdie non sine sttspicione dìeerstmodae iniitstiliae
muWplicantur^ pervestigarent, atque ad usutn con/essariorum
clariiate Laììtlava cxponerent *.
Nel trattato de Simonia, scritto dal Laynez per ordine di
Paolo IV, apparisco la sua grande erudizione e lettura de'SS. Pa-
dri; a la sevuritA con cui esso è vergato, mostra P evangelio
libertà con cui dall'autore sincero atque intrepido sentuìM
lafebrac omnes^in quas simoniarus animus curialinm re/uyen
possiti deteyantar '.
L'opuscolo contenuto in 4 capi che s'intesta insiittUìo scho'
laris christiani non i^trà non riuscire utilissimo a tutti coloro
che hanno cura di educare la Oìoventù.
La prima parte del secondo volume ha maggiore imporULom^
da cui appare in quale stima fosse il Laynez presso ì Padri del
• Voi. i Proleg. p. 00. •
• Voi. 4. Pro!, p. 6S. '
• Lflc. oit. p. 03. •
• ÌJK. eh.
• Loc. cit. p. Gì. '
DELLA STANtA ITAIUKA 3tl
Sacrosanto CodcìIìo, presso ì Legati, e presso Vistesso Sommo
Pont^lÌM; che a lui così di frequente, e eoa taata fidacìa, e in
materia di tale o tanta imi>ortanzt si av«a ricorso. Ed è bollo il
DDoaeere da per tutto il dottissimo teologo, l'ubbidiente ed
umile religi»>sn, il rispettoso ma franco consigliere, l'eterno ne-
aioo e terribile martello dell' eresia.
Il qQÌnto laroro tra i 1 2, che sono stati raccolti io questa prima
parte si Tersa nella concessione ai Laici della comunione sotto
inbedue lo specie: esso venne scritto in Trento e recitato pubbli-
amente nella Congregazione genoralo del 6 settembre del 1562,
dopo che tutti n'ebbero parlato in prò o coiitra. 11 Padre Grisar
pabblitò già questo discorso nel dottissimo Periodico Teologico '
>di Innsbruck; qui lo riproduce revisum et variis in Iocìh ad
tjtnuitattm maiorein revocatum '; esponendo nel Prolegoniono,
"" 'Hto giova a mettere in luce la causa, il progresso, l' esito della
, I ^--ione, della quale gli stessi Onitorì Cesarei al Concilio confes-
sarono che m'ha est unquam malori contentione et ciamorihus
m coneilio actitm ^ Domandavano tal concessione con grande
istanza gli oratori dì Ferdinando I. Imperatore, e di Alberto V,
Duca dì Baviera, entrambi mossi da buon fine o colla sperane
ebe essa gioverebbe a ritenere nel Cattolicismo i vacìlUnti, a
rìeliiamarn coloro che n'erano usciti. Il Laynez si schierò per
qqe' E*adrl i quali negavano tal concessione, e perorò con tale e
tanta forza d'argomenti, che gli oratori Cesarei perdettero ogni
^leruoza dì riuscire neirìntimto. Inde trae: scrissero airiinpe-
talore del Laynoz quel peggio che seppero; non per questo desi-
stette il dottissimo Twlogo dall'opposizione, conoscendo bene il
vero spirito che animava la nuova setta luterana. Sost-eneva per-
tanto che se l'uso del Calice ai laici dovesse concedersi a tutti,
cosiffatta omccssione sarebbe dovuti farsi dal Concilio, se poi si
trattasse di farla ad alcuni soltanto, sarebbe stato coureuientius,
vt per summtftn Ponifjicem Jieret \ Venuto quindi alia questione
« AtHtthrifl fùr Katholùche Th'ologù.- an. 18S2, pp. figO-TOa, e 708-713.
• Voi. 9. p il. *
' Loc. cìL p. li.*
' Voi 5. p *H
212 RITISTA
di fatto, se cioè dovesse farsi, conchiudera cho (iniint'iiKjue tale
usu pur 8è sitasse fossi! lecìtu, iiondìiimnu nun ora a ctmct^derBÌ alla
Chiti£u Occidentale '.Questo d quanto rj prurandudai cap. 4, alS,
ÌDclasiTainent^, conchiudendo : m kac mm «^ft/eri^Vi stcìUtts $um
taineti, ni fallar, maiorem et meliorem partem Patrum hitim
Concila K U dotto Professore nel suo Prolegotueno dopo arer
dato un breve sunto di tutto it discorso, fu notare chi fossero
coloro, ai quali il Liynez senza nuiuìnarli intcndovu rispondere'.
I le.gatl desiderosi d'accomodare in quiilche modo le cuse, cam-
biarono il decn.-to, e n^ prcseiitaronn un altro in cui si diceva
cbe il Sommo Poutefìce etìam tx ìhAo, Consilio et assensii huius
sattclae Stjnodi praefattétn calicìè vsuih.., concedere valeat *.
Uessa la cosa in questiono vi furoBo le stesse opposizioni, ed
il P. Ijayne» rispose: interim tamen thcntH.» proposUum non
miki placet ", e prosegue adducundo quuttro ragioni. Si tt>lsero k
parole: ex voto consiiio et asaensu imins SmieJne Si/nodi; e par
la terza volta il decruto fu prupoat» ai Padri, per la turxa volta-
discusso. Il Liiynez non cessò di mostrarsi contrario al decreto
con nuovo rugioui, specialinetite vista la Tìolen^a che dall' Im-
peratore parea farai al Sinodo; dio il stio voto dicendo: quod
per se res non placet, sed si maiori parti patrum phicuii,
mihi placet, luir. lege^ iti Hcrihafur ad SS. Domìnum nostrHMy
qitod conHuUa Synodiis non est ausa dare cunaUium *.
eh. Grisar espone come coloro i quali nel Concilio si upponevai
non s'ingannavano, stante il nessuno o il triste effetto della eoo*
cessione che in appresso Pio IV, uUe ripetute istanze deirim-
peratore o del Duca di Baviera, foce il giorno 16 aprile 1664,
e che Gregorio XLII. dovotto rivocare l'iiiinn 1572.
I lavori contenuti nei numeri VI e VII furono fatti per ON
dine dei Ijegati, che presiedevano al Concìlio. Nel VI si tratta
se il Papa debba essere rìforinuto dal Concilio: era ciò che do-
* Loc cit p. 31.
* Ui p. 09.
> Ivi, p. 09.
* l'air. 30. ■
* l>oc. tiL p. 70.
* Loc cit p. a:. ■
DBtU STANCA ITAUARA 3I<)
liierar&DD, e richìederiLao istanteineote gli oratori del Bd di
FnQcla al CodcìUo, aiutati non pi>co nei privati colloqui dai le-
nti dell' Itnpuniture KerdìoaDdo, beocbò contro gli ordioi che
qoesti ftveuno dal toro Signore, e sostenuti dai Vescovi francesi
colla lorfi pnoo edi^cante resistensia riguardo al priniatu del
Sommo PuiiU'tìce R-Miuiua '. Quindi ò che i Legati del Papa ri-
chiesero il IjayiiBX di scrìvere su di ciò, e d'aggiungervi un olencu
dì tati de'CuQCìli e de^Sommi Penttìfici, eoa aoimu di servirsi
d^lPilDO e dell'altro scrìtto quodam quasi acuto ad sui de/en-
'(. e c<)me un istruzione da coruinunicitrsì agli altri Padri -.
.. .^.oro d"! saiiicntissimo Te*iI<igo a provare qitod peli non
Hehent, ut Couci/ium re/onnt^ E-clesiam in Capite, è cunteuuto
ìfi su capitifli: — l ' Illud Jierì non potest de iure; — 2 ' Jllitd
de facto nunijtiam Jiet ac ite Jiei'i {juidem potest; — 3 ' Nulla
-' : -fas (pio*.i ita fat; — i" Nulla ulilitas; —$' Più-
^■"tììtnr incommoda^ si ita Jint; — 6' An Ponti/ex
rt/ormitiuius sit per Conciliitm ^ Incomincia la dimo9tra/.ìone
affermandit che Ponti/ex Romnniui iure divino est PastoTy
ti Episcopus univet'salis Etrlesiae*, e cwsì feriva it
^■«afco {W>priit nel cuere, e veniva dipoi provando questu e gli
altrì capì pnipestiai con eruiliitiune non comune \ c»n solidità
d'&rgoinunci d'ogni genere, con libertà^ e xt^Io veramìute apo-
stulioo, nulla risparmiandi'SÌ, di nulla temendo quando trattavasi
di difendere la Santa Sede di Pietro, dyvo siede il Viwirio di
Gesii Cristo, il SoniiiM Pastore e Dottoro de' Fedeli.
Ma 6 tempi) che diciamo alcuna cosa del l" volume, dove il
tb. Frofeasere lia raccolto e iUustrat^i quanto il Laynez fece nel
f'*irii*ilii> iuturuo alla questione insorta sulla Giurisdizione dei
Vescovi.
Esso è diviso in tre parti: la prìma contiene un Trattato de
• Voi. 8. p iS. *
• Vd 1 p 45. ■
' L«- ciL p 71.
' l«c. cil p. 75.
> tri p ti: K3.
• Iti p. 87 t».
^
314 RIVISTA
origine iurisdìdionis EpÌ$coporum, divisa iu sei Questioni '.
La secouda parte pfefieDta il Sumrnarium di tre Toti circa la
stessa questione proaunciati l primi due nelle due Congregazioni
Generali ai 20 ottobre e 9 decembre del 1562, e T ultimo pro-
babilmente in un adunanza particolare di Prelati davanti ai
Legati il 6 luglio del 1563.
Tja terza parte ripmduco in 65 lettere il carteggio finora ine-
dito, che dal 2Ì settembre del ]r)62 al 18 febbraio del 1563.
passò tra ì Legati dui Pontefice noi Concilio e S. Carlo Borro-
meo in Roma rolatiramente alla questione sopraccennata.
Nei prt'Iegonieni che il P. drisar vi preni-.'tttì nulla ò omesw
che valga in qualche modo» chiarire i documenti presentati al
publico; e con cÌ6 reude un gran nervigio alla scienza ed alla
sUiria; conciosiachi^, quantunque più o mono il Card. Pallavicino,
il Bartoli, il Sacchlni ed altri ci abbian lasciato nnn poche coM
relativamente alla parte che con gran servigio della S. Sede alla
Maggior Gloria di Dio ebbe il Laynez nel Concilio di Trento,
non pochi punti rìinaneTano ancora a mettere ìu luce. Il Pal-
laTÌcino, esempligrazia, per quanto ricerche facesso, nou fu mai
che potesse avere sotto dftgU occhi nò questo trattate sulla
Giurisdizione de' Yescovi, nò un altro qualsiasi, ad eccezione di
quello che riguarda la dottrina della giusti fìcaziooe riportato
negli atti autentici.
Una cosa pareva potersi opporre al eh- Professore, ed era che
tra le opere del Salmerone, anch'esso Teologo pontificio nel Concilio
di Trento, si trova un trattato sopra la Giurisdizione de' Vescovi,
aggiunto ai Commeutarii dello stosso sugli Atti degli Apostoli,
e stampato come se fosse del Salmerone, senza ch'appaia ve-
> l. De ratione i»ris divini; contif>iie \ capi. — li. I)e Pott»tntt EccItM-
ntka; ha 3 cai^. — III. He origine lurisdictionis Kpiscoporvm; ha due plftlt
111 priiiu éùttriwtk in riti con n^rgnnipnii i)(^olti dalla Scrittura, dai Pjidri, dai
T«o)o{!Ì, e sia Oiri-UaniL-nlc «a imlìn*lla[iii.'iite Oermli lUIla l'aliane teologica in
i f.:\\n ilimostn l'iic essa derivaUr a S^ttmmn Pontifici; ta seconda Po'fwuca in
cui per aUri i capi i-iijwnde nlle iliflicolti mu«c contro. — lY. De Modo fm»
JurisdùUio a Samma Pontifica in Epittcopùs derieatur, contiene pur em
1 capi. — V. Episcopornm luri^dieiio an tit cls tur* divino. — VI. Potestat
ordiniM et póUaM» iurtsdirtionis inter ae tonferuniur ; (uUo e»i>i»lo ia G capi.
...tefeL.
DELLA STAMPA ITALUXA 315
sUgìo (li surta del Layneis. D P. Grisar se no occupa, e fa os-
servare (p. 53 *) che t»ss<j trattato uon pii& dirsi altro, nisi mu-
tata ac deformala specìes DispitiiUioiiis Lainianae; e che due
608O aoDO da porsi fuor d*ogni dubbio: ]a prima: cho il Laytie»s,
DOQ già il Salmeroae è il raro autore del Trattato; la seconda:
ehe noD fu U Salmerone, quasi volesse farsi bello dell'opei-e
ritmi, che s'appropriasse sì dotto lavorìi. Ciò posto, ecco corno
il P. Orisar spiega la cosa. Morto il Salmorone in Napoli, venti
kodÌ dopo il LiifDQZ, nel 15S5, il R. P. Generale Acquaviva in-
earioò il F. Perez di stamparau le opere, che egli stesso a^ea
«nservato manoscritte presso di sé. Il primo tomo infatti delle
opere dui Saloierone apparve in Madrid nell'anno 1593, e nel 1602
li finì di stampare il decimosesto od ultimo tomo. Ora, nella
prefazione il Perez alTerma di restituire al R. P. Aiv^uaviva le
upfir» del Salmerone non solo stiunpate, non eitiaudio accresciute.
Diinde puussi arguire che il Perez, trovato a ca.so il Trattato del
liiiyiiex, crudutolo del Siilmerone lo incliinse di suo proprio giu-
dizio tra le opere dì costui '. Del resto non havvi alcun iaterao
tra il Trattato sulla Olurisdizìone ed i Oommentarii; che
tua t'istesso Salmorone nella Prefazione del Tomo XL(, dice dì
TOler solamente universas huius libri, seti Aduum apostolo-
rui», hi^iorìas concisis ac brevibus verhis explicare \
Gmodissima poi ò V utilità che il lettore riceverà dai saggi
« dotti prolegomeni dell'illustre Editore. In essi per tre interi
paragrafi vi troverà esposto e chiarito quanto riguarda il prin-
cìpio il progresso e V esito della controversia insorta tra i Padri
del Concilio intorno alla Giurisdiziouo de' Vescovi*. Quanto poi
al Trattato del Laynex, mette bene in luce il quando, per or-
dine di chi, Olili' antio di chi, conlro quali avversari fu scritto,
quattdij Iettai, Come giudicato dall'una e dall'altra parte do'cun-
teadr;QtÌ. quanta ricercato ed apprezzato.
Se non che. il P. Orisar col presentare al pubblico il lavoro del
Lajnezha meritato moltissimo degli studiosi della sacra Teologia.
* Loc ciL p. 5-1. >
• L«. cil. p. SS. '
» lù pji. 30;* tì»;' 88.*
Certo si è, a nostro giudìzio, che il Trattato, il quaìe por TinsorU
questiono nel Concilio vonnu intitolato de iuhsdictione Eliseo-
porttm, pu6 riguardarsi come uno do' più completi tratuti che
8Ì conoscano finora snl Primato del Romano Poutofico. È quindi
da tenersi in grandissimo pregio, e ciò sia che si riguardi l'autore
sìa cho si considerino coloro, dai qaali fu ascoltato, lutto, ap-
provato.
Vantoro infatti era da quanti U conobbero ripntato uno M
]iiù grandi ingegni o do' più valenti Tuologì del suo tempo. Ciò
provano il piacere e V iiUen'sse con cui dai Padri era ascoltalo
nelle adunan?^; — il luogo <ftWi»f«aluiasst>gnatop«^rdiro,dot-'^
solito che gli altri Generali, quandoché dicono, stanno in piedi
0 a luogo loro., il Laines è chiamato in mezzo e fatto sedere;
et alcune volte a' è fatta Congregatione per lui solo per dargli
commodiià di dire ffuanto volete: così il Visconti scriveva al
santo Cardinale Borromeo '; — il rimettere ad altro giorno 1»
congregazione dei Teologi, so il Layoez sì trovasse malato; — il
richiedersi da'Padri lo scrìtti') da Lui, il passarselo Tun Taltro,
rinviarlo in Roma, Né tutto ciò vuoisi credere cosa pa^seggiera,
ed impressione d'un momento, nti; conciosìach^ nella Chiesa di
S. Maria Maggiore in Trento nella velusta Pittura, in cui è
rappresentato accuratamente il Consesso de' Padri del Concilio,
il Laynez si vedo nel mezzo su d'una bigoncia in atto di par*
laro; e fin iti quest'ultimi tempi volendosi innalzare nella stessa
Chiesa un monumoiito a coloro che sopra degli altri morita-
rono bene dot (Lucilio, non si trascurò il Laynez; dacché delle
6 grandi immagini dipìnte, tre rappresentano ì Sommi Pon-
tefici Paolo HI, Giulio m, Pio IV; due i CardinUi S. Cario
Borromeo, e Ludovico Madruccio; l'ultima il P. Layoez. —
Il modo dì diportarsi dei difensori delta tesi contruria condooe
alla stessa conclusione. Il Layne/, era il temuto, dichiaravano
luì dover essor confutato, e mentre essi pur promettevano che
Pavrebber fatto, frattanto senza il menomo scru|«ilo al mondo
incominciavano a mettere in campo quegli argouii-nti, ai quali
non è mai che non ricorra, chi manchi dì solide ragioni da op-
' Voi. 1, p. 86 • in noli.
UBLLA STAMPA ITALIANA
217
; TO^lìum dire a,\\Q poco meno che ealannìe, falso insìnua-
iont, aMpt^ti (li seoundi tini ecc. Luì fucovano passare ciitiie il
sostegno duUu parte, che difeudova i diritti della Santa Sede di
Pietro. Oi sono pm, cosi scrìveva il nalino, anco molti de" no-
stri eanonistit i quali con V aiuto dei Padre Laynez stanno
fermi in questa opinione '.
I>4l msto. oltre a quanto finora ne conoscevamo per lu sturia,
bssta leg^'To i prologomeoi del dotto Professore (ìrisar, jier con-
Ttneersi quale giudizio portassero del Laynez i Padri del Con-
cilio, che difendevano i diritti del Romano FonteTice, e come
rìpatassitro il giudizio dì Liti il meglio di quanto fo33e detto da
i. liasciaodo stare quel che D'> scriase il Salmerone da Trento
in una sua lettera, il Card. PuUaricini nella sua rinoma-
tissima storia del Concilio di Trento, ed il Sacchìnì nel lib. VI
d^lla sua St«]riu della Corupiti^iiia di Qesù, ecco come il ¥> (ìrisar
riporta in latino lu parol'j dell'apostJita od eretico Paolo 8arpi.
Sulta ex orationibusy quae in Concilio habitae «an/, magis
fuit lawiata, nulla vìlu/jerala magn, scilicel iuxia varìum
andilorum affectum. A PonlifieUs celehrabatur vi doctissima,
!ierV'>3Ì5!iima. rationibas optimis innixa; ab aliis ttotahatnr nt
adulatoria, ab aliìs etinm ut hueretica ^.
Tutto il fin qui detto, varrà 8eny,ib dubbio meglio che qua-
lunque nostro encomio a commendare non poco il Trattato del
', Layne?.* e ad ìnculcartie una allenta, seria e protonda lettura.
Esso per verità non va scevro di qualche difetto sti si consi-
derÌDO qualche senteom che ora pud riputarsi antiquata, ed alcuno
citaxioai che non reggono di fronte alla critica; ma per que-
st'ultimo notisi col P. Grisar che era. piiì difetto de' tempi che
altro, e che diam ndeersarìoritm argtunenln, qnibits Lainii
thesei inipefeltaniur, hiiìnsmodi J'alsis alUgationibu^ piane
tcatdìanf '-. Il dotto editore però vi rimediò facendo avvertito,
quando ciò occorra, il lettore col presentare i tesfiuioni spurii
« minoribus tijpis in ipso iextti, ovvero Hncinis inclusa nel-
r'mdice ^aerale del 1 ' Volume.
Vdl. I, p.DO.-
«Uccil. p. 41."
■ W; p. 51. *
RIVISTA
Il maneargli poi, come suul dirsi, un ultima mano, Tiiolsi
attribuire, secondo l'istesso Professore, a ciò ctie esso non sU
opus lungi) olio maturatum atijne absolutum ; sed in ipso aestu
controversiarum syìiodalium feslioanter compositum. Che anxi
ciò vale a provare ancor meglio la ral^ntia ingcnii shiffularia
illìus hominis, qui hi ìjysa ade posifus tanta adhtic clariiate,
ubertate, sagacìtate scriben valuerif- '.
Ciò vie» diraostruto eriduotoraento dalla struttura stessa del
liinghissirao Trattato, e ai vede a pp. 62*-6r»*, dove il P, Grisar
oon saggia accortezza mette sotto gli occhi di ognuno quali fos-
sero gli avversarli e (lualt gli errori che II Laynez area di mira,
ed in quali luoghi lì confuti, trattenendosi piU a lungo e con
più energia su quo' punti ne' quali, 1 contrari nelle sessioni pre-
cedenti aveano riposta maggior fiditcìa.
Del resto l' attento lettore di tutto il Trattato non penerà od
accorgersi che esso può dirsi un preludio di quanto poi sanzionò
il Concilio Vaticano: fin da quel tempo il Lajmez non temeva
d'asserire contro i Gallicani con santa libertà di spirito qnelle
conclusioni, riguardanti il primato del Sommo Pontefice Romano,
quale dottrina cattolica ; perchè per legittima deduzione si de-
rivavano dalla Scrittura, dalia Tradizione, dulia unanime sentenza
dei Dottori scolastici. Cosi altamente asseriva, e ripetutamente
inculcava l'infallibilità eh» hahel Papa e cathedra ìoqaens'i
— la Potestà episcopale ed orditwria del Pontefice Romano su
tutte le diocesi, quale Pastore non sotum Hotnanonun,.. std
universalis Ecclesìae ', cioè Pastor Pastornm^ et OrdinariHi
Ordinariorum, et imniediafui ovium Ch'isti Pastor*, — ìfi>
culcava che il Papa è superiore ai Vescovi ed al Concilio *; — ehe
era falsìssimo parein ejsse iui'isdictionem omnium Episcoporum
cum ipso Papa, vel cnm nliquo Apostolornm *, concedendo chd
ì Vescovi succedevano agli Apostoli in episcopatu, non aufem «'»
' Iti p. 52. ■
* Pif. M, vrdf anche p. 2tl.
» P»Bg. lÓtì. 157. m. 21!.
* Va.f. 160, septimum.
• Paf. 218.
• l'aj. 225.
DKLLA STANPA rr&UANA 219
'olatu... In guo, licet UH no» mccedatU Apostolis, omnino
n Homani Potttijices swc&Iuni Petro in universalis
Ecchsiae regimine et pastoratu*. C«n riiie-ste e siruili afferma-
ibai il Layuez teneva fronte a que' GalUcaoi che spropositando
ftaserÌTUio non potersi dire: Episcopos locum habere depevdentem
a Papa ; il Sommo Pontefice non avere la potestà pascendi, re-
gendi, gubernandi universalem Ecclesìam; aggiungendo che il
Papa, successore di Pietro, non fosse con lui pari regiminis <xu-
Horitatt'; che la loro Religione ìaseguaYa Papam esse sitò
Concilio, por la ijual cosa di ci6 non doreasi neppure fare que-
itione, ea propter tiitlla prorsus ratione se assensurox in ter-
minum vsiXTJìSkim Gcci,ESua ^.
Daile medesime affermazioni deduceva il Loynez che la Giu-
Qsdiùone de' Vescovi derivava in essi dal Sommo Pttntefice, e
ecrroborava la sua conclusione con ogni sorta d'argomenti, giù*
dkando alla presenza di dottissimi Ptidri, senza tema d'avere
non smentita, la senten7,a contraria corno sostenuta, ctmtru quanto
asserivano paene omnes dodores scholastici, soltanto da pochis-
timi (i>aucÌ88ÌmÌ8), qui vel de schismate et de haeresi suspecti
fiterunt, ut Joannes de PolUaco d GoHifreàus rfe Fontìhus^
Gtiìidmus Okatn, vel certe in hoc etrantnt*. E per tra-
tare molte altre osservazioni in proposito, ecco come Egli
jtsrla in sul finire della Questione III. Non opus est igitur
mendicare Dorum et incertum ii*s divinami beri vel nndius tor-
tìns a paucis sckolasticis et a communi sententia Docloritm
^dinentieatibus inventum '.
* fag. ìSi.
• p»g. 81. •
» Pa?. 8t •
*Pif. 131.
■ Pag. «53.
m
RIVISTA
III.
Rime di Oicsbppb FcRKiniio, Fal4>rmo, tip. Tambarollo Vìa Sant'I
doro 19, 21, 1835, in 8, pa^. 55ó.
Veni di VwcESzo Podestì, Genova, tip. del B. Istituto SordJ
mati, 1885, in 8, pagg. 109.
n eh. P. Gaetano Zoci'hi d. G. d. G., Dell'egrogia sua o[
L'Ideale neWarte^ della quale d occuperemo «j pro/esto
una prossima rivista, ò di parere, che la bella e buojta
italiana, sdet^oosa di vedersi trascìaata noi fango dai c^tA
veristi, si sia rinoverata sotto le ali del chiericato oittidìco. h\
serTttMoae è giustissiiua. e noi nun esitiamo a farla nostra e
virfouo eom« preambolo della priìsente nvi.st& che coi
atresauid dui due volumi S'>praoceniiati.
Pare duuquc anche a noi che la poesia italiana cerchi
un ricovero nel Santuario, rinnovando Io spettacolo che in ant
diede al mondo la civiltà, quando per sottrarsi alla barbane tMl
nn a'dlo nei conventi. Tra (^uei t-impi e i nostri il divario stil
questo, che allora i barbari ai r.hiatnavano Goti e Vandali,
invece si chiamano veristi e realisti.
Chi leg^ infatti le belle poesie contenute in quoisti duu
Inmi non può a meno di portare questo giudizio, che il eli
italiano, come in ogni genere di cultura, co:^ì anche in ptutoi
poe:JÌa, ò in grado, non diremo ili sosteuere il paragone, per
questo non sarebbe infin dei conti uu gran merito, ma di
sciarsi indietro quel laicato scettico e orgoglioso che ha
dotto la regina dellt; arti alle sitzzure del paganesimo senza
levarsi alle splendide forme di qa^^ll'età. Vedano ora i
lettori se abbiamo ragione di affermarlo.
Cominciamo dall'egregio Can. Giuseppe Ferrigno di l^lenn^l
Le sue Hime, a volerle gimlìrare inii>;iri!ialment«, non sontntU
scevre di qualche neo, tuoì rispetto alla forma, vuoi ancwaij
ordine al concetto; ma tutt<e hanno però il gran merito di
informate di uno spirito eminentemente cattolico. Quindi ha <j
bCLLA STAMPA ITALIANA
221
benissimo di appellarle VArjni cattolica^ non fosse altro a con-
foodere il maltalento di quei Satanici «mfori che la divina urte
dai rarrai fanno oggi servire a struineat^o di perversione morate,
intt'llt'tliwlfj a rt'Ii^iosa. Tornando ai noi elio qua a là si rlnvon-
gooo su queste Hime, è il raso di dire con Orazio non ego paucis
ajfendar macuiÌ3, uscendo molto più grandi i pregi che vi rispleo-
doDO. £ questi pregi, oltre a quello arcenuato di sopra, sono una
imoile oatural^ffita di pensieri e d'iminagioi, spesso anche dei
Tcri slanci pi«i'tici, un'esuberante affetto ed un'un/.ione dì spinto
che va sino al fundo del cuora; un sentir nobile o dignitoso
Jf'lU n:itura, una. apontaneiià dì espressione che non cade mai
tifila tni-srurate/m. nno studio dili^ntc della forma ambiva di
'Igni air-tU^ione, uno stile, se non sempre corretto, però gene-
ndmonte ele^nte, facile, disinvolto; un'armonia dì ritmo chi» non
infoerà s.v.iutà, e per dir tutto in una parola, una rena di poesia
schietta e loggiadri. Il eh. Canonico palermitano tocca lutti i metri,
« piir dir meglio tutti i metri gli sono faniiUari; ma quello iu cui
più si f:i animiraro è l'ottonario. Si vede che l'egregio Ferrigno ha
pieno rorei-chiu dui versi di qm^ll'intniitiibilo poeta di Bibbiena,
do fu Giuseppe Borghi, uu vocchio ospito ed amico della bella
lUormo. Ma so nuilto egli apprese dal poeta toscano por rendere
vmouiosi e belli i metri lirici, moltissimo pure ha tolto, pt^r ben
tornire le sue ter/jne, dairAlJghieri io prima, il creatore deiVal-
Hssimc eanh, e poi da qu*ìl facitore di numeri divisiì, VincoDXQ
Uonti a euij come scr.sse il Manzoni^ larr^l natura il doppio
nagisteru dell'arto,
n cuor di Dame e dH mio duca il canlo.
Kon c'illudiamo: i poeti fanno i poeti; e se il eh. Ferrigno
desta colle sue Hitne tanto interesse; se agiti lo fibre più de-
licate del cuore; se solleva il pensiero non a bugiardi ideali, ma
i quell'eterno splendore del vero che è Dio, bolle?./» sempre
witira e sempre nuova, perchè increata; se ìnftne diletta tanto
l'orcMbìo con quella soavità di ritmo, che i poeti della scuola
va-Ì8Ìa hanno o^i bandita dalla sacra arto dei carmi, ciò accikdo
perchè, nudi'ito di buon'ora nello studio dei classici antichi e
^m
HtrrsTA
moderni ò riuscito a vestire le sae JUme di qaauto hawi di;
nobile e sostao^iosu uolla classica poesìa, u di quoto e guatile
nello forme moilerue.
Il Ferrigno nei Fruiti della Libertà 0 uelle Mascìtere 6 b&
ToiDto (laro un saggio della sua perizia ael luanegfriare lo stile
boniesro e satirico. Dì ugual merito anche in siffatto gt;nere sono
i pregi dello stile, uguale la spontaneità, e uaturalexza dei pen-
sieri; ma non seuipro le sue satiro ìiauno il lepurtì. die è il rarat-
tero di questo genere; equaudo diriamo lepore non intendiamone
il laz/.o plebeo della scuola bernesca, né nel gergo ingiustamente
mordace del Giusti: rodesti sono sconci e non doti: abuso di iogegaoj
ed arte aretina, ma non grazia di spirito, non vona di onesto urne
satirico. Ora il Ferrigno, sì nei Fruiti della Libertà, si nelle]
yfaschere, non riesce SBmpro a forti riderò, ma evita sempre dal
farsi censurare come o troppo mordace o di soverchio pungente.
Sommato tntto il volume delle Rime del eh. Canonico di Pa-
lermo, non è solamente splendido pei tipi, ma lo è aucora e sopra
tutto poi grandi pregi dì pensiero e di stile.
Veuiamo ora all'egregio poeta di S^rstri-levante. I suoi Ve
sono una eloquente smentita ai farabutti della letteratura
giaccbò ora tuttu vuoi essere laico, anco il poetare, corno se l'j
sere poeta debba credersi monopolio del laicato; i suoi Ve
diciamo, sono una smentita a costoro non mai stanchi di urlare'
contro l'ignoranza del prete.
K come no ? Uu uomo clic, in mezzo alle gruTÌ e fastid
euro del suo apostolico ministero, trova tempo anche per ooltii
la più nobile delle arti, e scrivere con tanto brio, con tanta v(
e con tiinta grazia, come s'egli vivesse noi boati ozii di un ril
campestni. é pif) che un vanto un prodigin. Ora quf^sto ha sapi
fitfe ed egregiamente il eh. Arciprete dì S estri-levante. E in
questo è degno emulo del Ferrigno; porchà come l'uno, seudOi
rettore del Seminario dell* Archediocesi palermitana, consacra i]
rit^li del suo tempo in coltivare l'arto dei carmi, cosi il Podestà»]
xelante delle animo a lui contldate, ma pur ingegnoso ed amante
dello studio, consacra ì suoi a vestire di bolla e splendida poesit
i più nobili pensieri dell'anima, i sentimenti più soavi del cnoM.!
li i»rimo pre^o doi Versi dui eh. IVdesU è questo : cho scotu-
iJSDono da an gran coucetto che nt: forma, & dir rosi, l'unitik;
eoooetto emioeateraonte cristiano o civile, od è il ristauro doUa
bmi^lÌA. Questo connetto cAinpeggJa dal priiicìjji'» ulla fine dei
Versiy dalla dedicA all'appendici}, dalla prefa/.ione all'acato.
Vediamolo alla prova.
Il poeta lirico dedica i suoi Versi alla Madre e con parole
M«l tenero, con sentimenti così elevati, con pensieri cosi nobili,
•ht hctì rivelano la belloraa d'animo di (questo ministro ilei san-
jll^o, e ti fanno esriamare: ecco un sacerdote secondo il cuore dì
^K — In questa dedica infatti dopo aver detto che « la poesìa è
u fiore delL-i parola cho fu data all' nomo per esprimere il più
bel fiore degli affetti. * aggiungo. « Voi certo, guidata, dal sen-
timento deiranìraa e dall'istinto di madre, mi avete insegnato e
fetio g:nstaro il buono etl il vero, o mi foste musa ispiratrìre di
una poesia tutta Fede, tutta Verità, tutt' Amore. » E sentano i
bttori le bolle parolu, cou cui ogii traccia, pur dir così, il disegno
dei suoi Versi. * Vorrei, nel presente scadimento dall' autorità
t deil'iiìea della Famiglia cristiima, vorrei col fatto mio, non
foss'aitro, spendere una parda per restituire intera la corona al
c^ delle Madri, cho a ricompensa dei mille i^crifÌ7Ji, passano
di8con'^sciQte, con cho amarezza loro non dico; mentre dovreb-
bero essere portate in trionfi sulle braccia pietoso dei figliuoli. »
Cìii srrivo cosi si apjjalesa uomo degno ili montare in Parnaso
tilt sedere al banclietto delie Mxtse. Ma, intendiamoci, a qual
Puraasn e a qual banchetto? Xou a quello certamente * dei bat-
laglieri alunni del bioud'i num*'. com'ei spiritosamente scrive
nella sua prefa/.ìone, intenti a saettarsi di avvelenati epigrammi;
^tiali a maledire la luna, aìeste paototta; chi a dir comò son
Hli maggio, lo peccatrici ed il peccato ; chi a dettar inni ai
wttftnta mila diavoli, quanti mai sono in inferno > ed altre simili
trompiaj^ini e castronerie piiì o meno blasfeme, e pirt o meno
lanlollate di sudiciumi. Questi pùetnastri di «Satana, di Bacco e di
Venere impudica, il cantore ligure li dispregia, e non vnnl avera
di &re eoa essi. TI suo ardente desiderio, com'egli dico, < è di
ri-Ypendero anzi tutto al compito che la Provviden/.a mi ha asse-
Tii RIVISTA
gnato e poi di consolare largamente il cuoro della madre luìa!
E sì. che a questo campito egli rispomlu egregiaiiieute. Un rapii
osarne lo ilimostn-nV
Dalle beUi.w.e della natura e^li trae argomento di levare
pensiero o il cuore,
« Della vita universa al grao Motore!
0D(Ì' 6i chiama
« Misero chi non mira oltre il conltae
D'ua'inrerma pupilla —egli non gusta
li'iulìnit!) bellezza che risjilende
l'è! regno ampio dell'acque...
Nato sutl'incaiitQvoIe ligure riviera. IL poeta ha sempre sot
gli occhi quel maro che, come il fìniiaiiitMUo, fiiroì sempre
poeti materie alle loro ispirazioni. Qa&iite belle e s^npende ìd<
non gli ijpira infatti uua Jiupe sul Mare?
E da quell'altura, o meglio dallo spettacolo che gli iti par
davanti, trae sempre argometito di lodare il Creatore.
immenso il mare
S'apre allo sguirdo atloniio. Respira
DilTusameiiie il cuor che questa vive
Piena vita di luce e d'armonia;
Fallo di sé magiifior, dentro, lo spino
Di oontenio lìamme^ia e seMe e allora
I^csenie il Dio della natura...
Il mare lo porta allo idee matoroe. caro argomento al pò
della Riviera: quindi nella Pesca delle Alici entità:
■ E voi [jr)vere madri
Che dal balcone del ben chiuso ostello
Col fargoleul figli
Dei vegliami lor padri
fìaj^iotiKte aliernaiido la preghiera
Deh quai veri possenti a me scoprite
E che fede sincera
la quel pio cr>[] fidar? Tulio qui dice:
« Povero, n»a felice! »
Xoi potremtao contiaaare così siao alla fiue senza temttl
stancare i lettori; perchè U poesìa del cuore vestita di una forni
DELLA STAHI'l ITALUNA
335
«tegaate, aozi splendida, Ò come U musica del Cijj^o catanese,
iB ricrea sempre, ma non sazia. E noi aggiungi amo, anche ixjr
Imostrare una volta di piiì come la bulla u buona puosìa si sia
og^ rifugiata nel santuario, che il eh. Podestà, so si jialusa posta
dftì teneri affetti domestici a dallo tinte un po'maliuconiclio, ha
pnfe degli slanci sublimi espressi o tradotti io un linguaggio
ugualmente sublime. Leggasi infatti la stupenda ode H Pen-
derò e VUman genere o vedrassi che, conrogli ci ricrea la
ibn più delicata del nuore negli Angioti o Fanciulli, negli
Afdti e Ricordi, nei Fiorellini di AtUunno; com'egli ci
Tìdfflpte ranimo di soavi.'ìsimo immagini, o quasi quasi ci fa &m-
I tv tutta le armonie della natura dal mare alla foresta, dalla
wtte al giorno, dalla ram[>agna olle stagioni, così riesce a col-
[■arci di stupore in quel suo canto polimotro che, se non ò il mì-
l^ore, è sen/JL dubbìr» di un merito incontrastabile.
E qui poniamo tennine alla nostra rivis'a rall^randoci di
[tiro cuore coli' egregio Arriprote di Sestri-levantedel bene im-
elle egli ha re.so coi saoi Versi all' Italia e alla Chiesa.
quella perchè Tha compensata, quanti) è da siy del disonore
\i à Tenuto dai poeti ispirantisi air empietà satanica e alla
cÌTÌa gentilesca; e alla Chiesa, perchè, se d vero che le glorie
M figli ridondano sulle loro madri, con più ragione qnetle dei
ti operai ed egregii sacerdoti tornano a vanto della Chiesa che
tu unti del suo crisma ed allevati col latte delle sue dottrine.
perchè T illustre P. Mauro Ricci Vicario Generale delle
sle Pie, rìnviavagli, per congratularsi, il seguente epigramma.
Explodis Victor, Vincenti, vera Poiestas
Qui, specie veri, <;armina Tocda canunl.
rà»^ xj/r. wùi. ri. fàM-. tiflu
1»
10 apHle 1S86
SCIENZE NATURALI
f. U ajiplicazEoiii adirono iiiÌcIum[ì>II» rotut^mifia. 1^ cane cekrtì iotofnblt lìì'ttn-
iclli Henry. Afcnnt ossmaiioni su! mctoilo t\a *>mì U-ntilo. Prf^iio dì quelle carte —
& dia piccola polemica intorno all'acqua ili Fiuiigi-
I. Non sono aè poche né poco importaoU le applicazìoai asirononiìcha
della /olografia. II Ituscli fu il primo ad applicare cotcsio ritrovalo il
l'osservaiiODe delle eclissi lotuli nel 1851, adauandoln airelioineiro di
KOnigsberg. L'esempio dftl Itiisch fu poi imitato con successo molto mi'
gliorp dal P. Seccjii e dal Warren de la Rue nell'eclissi del 180(1, il
quindi io poi da altri astronomi nel I8r>.S, oet 09, nel 70. nel 71 e cod dfii
seguito. Le imagioi foiograliche raccolte dal Secctii. dal Warren de la RiM
dal Tennant, dal Vogel, dai gesuiti di Manila, sotto la direzioofi del
P. Faura, dal Draper e da altri, (lirooo, sodo e saranno io avvenire di
giovamento non pìccolo allo studio della fisica solare.
Ricorderemo anche i ritratti fotografici dc^i spettri di stelle fisse,
ricavali in prima datl'Huf^gins e dal Miller uel I86ì, e ripigliati nel 1879
con migliori mezzi dall' Hiiggins ed anclie dal Uraper, il quale per iftn
000 li put^blicò. Classiche poi riuscirono le fotografie della Luna prese
dallo Struve: e i|ueste ed altre somigliami possono giovare segnaiameiM
ad accertare, nel corso dei secoli, la veriUl delle mutazioni che sem
occorrere talvolta sulla superflcie del nostro saiclliic, e dei piaoeif
vicini alla Terra.
Ma fra le varie applicazioni aslrooomiche della folograHa nessuna vi
per importanza quella tentata con ottimo riuscimenlo dai due asti
Paolo e Prospero Henry, nel ritrarre foUìgra fica mente il cielo
Abbiamo altra volta fatto meuzioue dei piìi famosi calairtghi di f
cominciando da quello d'ipparco, dell'anno l'2H av. C. colle posi:
di lO^ò stelle, fino agli ultimi che si sono venuti compilando ai
nostri, gli uni colla, semplice indicazione numerica delle («osizioni, gli
in carte che rappresentano l'aspetto reale della volu oetestc. .\Iì:
questi vanno segnalati per la squisita precisione, come <> quello
156U stelle di Argelandf^r, il quale servi a fissare i moti propril
stelle: e In simil mwlo si hanno per siogolarmcaie esatti quello dell'
quello del Johnson, ecc. Allrì poi sgomentano col numero delle m9>
migliata di astri, di cui appuotam le posizioni osservate ad una ad
SCIENZE NATUnALt ^7
(! notale o riportala nctle carte. Il catalogo di G748 siclle, accrcsdulo p^i
6dd alle 76i6, onde it P. Piazzi hamahila si rese immorsile Tra gli istro-
oomi. era slato preoìdiito da quello detto di I^alande, eoo 47 '^^ii stelle,
fl h seguilo da quello del Utincker con 1 1 '.)78 stelle, da quello del Weisse
eoa 62 530, e dal giganiesco catalogo dell' Argelander che ne con-
lioie :{24 183. Ognuno può far ragione dell' improba Tatica e del dispendio
intennìnabile di t<!ni;x> che silTatti lavori dovettero costare agli autori toro,
sema che però mai vi fosse speranza di rat;ioungerc in così gran numero
d'indicazioni un'esattezza libera da ogni errore. E a ciò si aggiunga che
to 5ies»o catalogo dell 'Argelander, colle sue :jlX)(K>() stelle, non indica
« non poco olire a un decimo dei circa *20 milioni di luoadì stellari, resi
visibili dai icloscopii moderni.
Ha ciò che coli' aiuto del telescopio e coti' opera del notare ad uno
jd mo gli astri e la loro posizione richiedeva lunghi anni di fatiche, si
Htabcbbe ottenere in poco d'ora e, ciò che non importa meno, senza pe>
nbolo d'errore alcuno, se la volta celeste, cogli astri che l' ingfinimann,
limrao&se a parte a pane in roio^'rafia. Forse gi^ per l' addietro se n'era
(cauta qualche prova ; ina perchè questa riuscisse era d'uopo che Tane
lltngnQca toccasse la perfe/inne-, a cui non è giunta rlm nogli ultinii anni.
Il comodo ritrovato delle lastre secche, la sensihilìià dei vetri al gelalìno-
tniinuro, la bontà degli obbiettivi, e tulli i diversi amminicoli che agevo-
lano il'allronde l'uso della Tologralla, ne ^cililarono altresì l'applicaiionti
di cui stiamo ragionando.
L due aslronomi Henry, addetti all'Osservatorta di Parigi, idearono per
db un apparecchio speciale, composto di due lelescopii appaiati insieme,
Kdoo dei quali serve a prendere la mira, l' utlro, am gemello, reca, al
poflù dell'oculare, l'apparato rotogranco. L'oggettivo fotografìco, il mag-
poK rm quanti ne siano stati finora costruiti, può coprire con imagtoi
Drtti<isimp, senza bisogno di diaframma, un campo di 3 Interi gradi di
Aiinetro. La Nnlure di Parigi riporta la copia di una delle carte ottenute
dai due predetti astronomi. On'«, sopra una superflce rappresemanie uno
qmio celeste di circa 5" quadrati, si coniano da 'M)00 stelle, delle quali
Ine cole sono visibìli ad occhio nudo, e tutte le altre vanno comprese
In h 6* grandezxa e la 14*, cotesie ultime essendo ralìlguraie da punti
niouttftsìmi, ma pure visìbili, di 'f,i, di millimetro in diamttlrr). A compiere
laa carta siffatta, non senza pnrecchi eiTori, sarelìbir OL-corso un lavoro di
(arecchi iiibsì, e la roLogralia lu dà compito in tre ore. l^a medesima inoltre
ttmuiinisira la maniera di trasportare in istanti la caria da un modulo
vuDore ad un altro maggiore senza alterare le distanze relative degli astri
' lUratti, fé pure non si preferisca di cHeltuare l'ingrandimento con un
apparalo di proiezione.
U pic»^ez<ai delle imak'inì delle stelle minori poteva dare occasione
tA ibùgli, occorrendo che simili leggere macclùuue rìlionscaiio sulla
K8
SCIENZE HAirnuU
lasira ancbe per efTeun di un granello di poirere: e nel
quel gi-aoello di polvere e quel puntino rtriuito menlireblj
meno che l'esistenza di un sole stellata. (ìli Henry prevldef
Ti trovarono un ingegnoso compenso, il quale consiste nel
una ma ire volte siicceÀ.tiv;ime[ile Milla stessa lastra l'imagii
trailo ili cielo. Imprassa che è la prima iniagine, essi sposi
di non piii che ",i di millimetro e lasciano tempo alla secoB
d' imprimersi; dopo ciò la lastra viene spostaUi di nuovo iu tal n
la terza imagine rormi colle altre (]u« un triao^Lo equilatero,
guisa ognuno dei punti rappresentami una sielln, l)«Dcbè per la
nomezza appaia semplice all'occliio nudo, è composto in veri:
punii disposti a triangolo, e come tnle si scorge applicaodod
La formazione di macchioline, ohe imitino a caso condizioni tal
minate, oltrepassa tutti i limiti del verosimile; e se pure si avvet
rolla su mille o s» dim mila, il ci)nfrontu di altre tavole, ci
mente si comporranno d'ora innanzi nel medesimo osservatorìofld
ri velerei ibero dt presente l'errore. ■
l fraielli Henry ci danno il tempo mìnimo di esposizione rÌcl
cia.scim orti ine di stelle («r ottenerne l' imagine. Ne) ruolo che
le stelle sono distribuite secondo le consuete classi di grande
d' asposizione in secondi, minuti e ore.
r grandezza . . .
2' » ....
3' > ....
0-, (HtS
D* grandezta
O',0I3
10* >
e», 03
11' »
O»,!»
12- »
0«,2
13- -
Cs
U* »
l'.3
15' .
3»
16" >
Ficeodo uso di lastre più celeri, che non .sono le Mooltt
.sono quelle di recente inirodoLle dal lìeerahaert, il tempo
zione si ridurreNbe ad un terzo dell'indicalo qui sopra.
Riscontrando i termini della noia sopra citala, il lettore
che il tempo di esposizione vi i^ regolato secondo la misura
dorè, sapendosi che fra le stelle di grandezze successive lo Sf
in ragguaglio come 1:3,^; onde occorre circa lOOOOOO
14)* grandezza por uguagliare il lume di una stella di 1'
cu^ dai T) millesimi di miouio secondo iiecossarii per fotogra
queste, all' 1 ora e :V2 minuti die occorrono a fotografarne uni
il divario è come di I : I 000 (Hk). Ora sebbene i due \'alenU
francesi non ne tengano conto, nondimeno ogni fotografo trovcr
cotesti varieU grandissima dì tempi s'asconde la cagìooe iuevi
V
SCtEKZe KATTRALI 229
ano sconcio n^tn leggiero; ed è che per avnro le jma^nni delle stelle di
Ì& grattdeua al puulu giuslo, tutte le altre si debboriD nilouere con ec-
cesso di esp iMzioue, il quale va ({radalainenU: dalle 2 volle e meuo Qoo
ad 1 00(1 0(Kt di volte oltre al tem[>o coQveaieate. E quariiiinqiie s'iuteada
per ^ che ìu c(K>itTjUo tfeoere di lavori è già ass:ii t'ouenere l'impronta
dell'oggetto celeste, e che non si richiede uq disegno ragguagliato dì una
siella come si ri'-liiede quella della Luna o di Mano o di Venere; ciò
nonostante, sapendoci quanto pregiudichi alla nettezza delle imaginì foto-
grallcbe ani soverchia esp'>siitìone, si ha ragione di d1l^)la^« che il me-
imo inl«rvengi nel raso nnslro, e jwr avvcniura so no ris^'niirchbero
eSèuì Dello studio di sinllc vìcini-csinie a vicenda ed ancora in parte
delle .solitarie. Ma di òi6 Itastt aver dato un cenno; chè^ (|ualora metta
coato di rutivgraruru, secondo la esposizione propria, ciascuna classe di
stelle, ora che ò dato l' impulso a cotesto genere dì lavori, gli astronomi
non tralasceranno di occuparsene.
Non vOi^liaino omettere un'altra nsservazlmie. I Tra lei! i Henry hanno
IfiMmto » nonna del teni|io di esposiziotie I» splendurf! tnngipìnre o minore
che rocchio i^corge nelle varie classi di stelle. Accennammo or ora che
la difTerenia di spli^ndor^ fra le stello dt un grado inferiore e quelle del
grado initnediiiiamenle superiore »i esprime colla ragione di 1:'2, 5. Ben
inteso che cotesto valore si prende in ragguaglio, giacchi^ gli astri non
si (tividODo rcaltnente Iq IO o in 20 classi, distinte fra loro rìcisanicnie
per ispleixlorì corrispondenti a quella espressione, ^nii digradano insen-
sìbilmente dalla massima ìniensiià Tino alla minima. Contuttocìò un certo
tallo pure si osserva fra le classi successive, e la citata formola si accetta
cane vera da tutti gli astronomi. Ma tuitì gli astronomi ammetiOino pure
che il grado dì vtsìhiliià di una stella non va del pari col gratin della
ma cHicacìa roiografìca. Può una .su-lla essere piii splendida, ed essere
li)tograt1cai(n!nte più fievole, in guisa da richiedere una es[>flsì2ioiie più
fHBga; e può un'altra stella essere meno splendida, anzi ancora iuvisibìle
all'occhio, e lullavia spandere una copia di raggi cliimicì haslevolead
imprimere la sua imagìne sulla lastra fotografica. Simili casi non si v&
rìficano soltanto a riguardo di^i corpi per sé rilucenti, uè dei soli astri io
pulicolare; e noi avemmo giii occasione di citare, a riguardo di oggetti
terrestri illuminali, l'esempio di macchie invisihìli all'occhio, e rivelate
ciò iton di meno dalla fotografia. E per non uscire d'argomento, la carta
titogratica dei fratelli Henry rivelò una piccola nebulosa, per iscorgere
la quale fu d'uopo ricorrere al gran teloscopio dì Pulkowa. Stando cosi
le cose, la determinazione del tempo dì esjmsi/ione scelta dai due valenti
astronomi francesi non ha propriamente altro valore che quello di un
)rimo saggio, ed è assai verisimile che un conh-onio fra la pnenia fo-
tografica dei varii astri rivelnUi dalln celerità deirimpres.siniio, e la po-
Mza laminosa determinata^ por esempio, dal Pickering per 'ili-ÌU stelle,
990 SaG?IZB »ATrRALI
e per le altre appro&sìmaUvumenle dal limile di visibililà nei varti tele-
&eopJÌ, è pos^bile, diciamo, che da lai coofrooto risuliioo dei faiu di non
leggero momeDio per la cognizione della fisica stellare.
Ma presa ancora qual i nei suoi esordii, l' spplicaimne della foiografii
al rilievo della volta celeste dee chiamarsi uà passo felicissimo e di van*
(aggio sommo per la scienia astronomica. Le nostre carie trasmesse at
posteri rappresenteranno loro con tutta csaiiena lo stato presente dei cieli;
e qualunque mutazione avvenga in essi, vi » potr^ riscontrare senza rischio
d'errore. Anche ai giorni nostri poi sì potranno scoprire tm mediala meiila
i pìccoli pianeti chti graviiaiin fra Marte e (liove. Difalti mentre le stelle
fisse si disegnano sulla lastra come pìccoli pui)ti, un pianeta, che si muove
fra esse durante l'esposizioEie, lascia impressa sulla medesima una linea.
Ciò non sì può avvertire nei pianeli piii lontani, come surelibe quello di
cui si sospetta resisten/a, collocato dì li da Netlunoi che il suo procedere
nello spazio di un'ora 6 Iroppn poca cosa; e a volerlo scorgere conrer^
rebbe confrontare [e imagioi della regione celeste m cui forse si trova, a
intervalli di qualche anno. Per gli asteroidi invece, circolami fra Marie
e Giove, lo spazio di un'ora è già bastevole a renderne visibile lo «pò*
ftiamento, e di uno d'essi ne ebbero esempio gli stessi fratelli Henry in
una delle loro cario.
?. Nel nostro fascicolo «ifi pel IO settembre 188.5, commendando, per
le molte ripruovc che ve ne sono, la virtù dell'acqua di Fiuggi contro i
mali di renella e di calcoli, citammo, come conferma indiretta, alcune
esperienze del eh. dottor Morfino, secondo una delle quali, per lacere
delle altre, un calcolo dì o^salain dì calce, immerso per 20 giorni in una
bottiglia piena di quell'acqua, s'era ridotto ad un terrò del suo peso;
ed altri 'S? calcolati di acido urico s'erano, Dell'acqua medesima e nel
medesimo spazio di tempo, sciolti del tutto. Ritornando però sullo stesso
argomento nel fascicolo 8'>? pel 19 dicembre dello stesso anno, ci facemo»
un dovere di rnccontarc in breve ai nostri leiiori, come, avendo noi tentata
una simile esperienza, non ne avevamo avuto nes.sim effetto adoperando
l'acqua di Fiuggi, ed un effetto assai mediocre usandovi l'acqua di Col-
IbIH. Ne coiichìiidevamo potersi avere costi un caso della diversa eflicveit
che ha un'acqua minerale .iliìnta di fresco dalla sorgente o trasporta
lungi da essa e tenuta in serbo. Cotesto racconto colla sua conclusione
ha attirata l'attenzione del eh. Prof. SiAtuti, die credette di prenderlo ad
esame in una sua Nota inserita negli Atti deir.Accademia Pontifìcia dei
Nuovi Lincei- Dobbiamo subito avvertire che lo Statuti, e prima del
Morfino e poi, aveva fatti studii speciali sulla predelta acqua minerale, e
commendatane aliamenie la virtù; onde si capisce come egli entri nell' argtn
mento con corrispondente cognizione di causa ed impegno. Dall'altro lato^
per non dir nulla deUa cortesia dei modi da lui usati, la qualità di Acca-
demico del Lincei Pontifìcii ci assicura da sé che i suoi appunti non muo-
scienze AATUitAU 33il
voQo, come egli si protesta, se non dall' interesse per la scieoza. Ciò pre-
Desto, risponderemo a parte a pane a1)e con^dcf azioni de) eh. Professore.
Incomincili egli dal dìebiarar^i dì non saper comprendere a quale
scopo noi abliìamo reso di pubblica ragione (piell'esperimenio, mentre
« può ai^irsi dal contesto del suddetto articolo • che doÌ siamo < ben
titro che sicuri dell' esattezza del nostro operalo. » lo argomento di cbe
egli reca il sei^uenic periodo da noi scritto in quella congiuoiura « Non
et fermiamo a dlsctilerc sti questa esperienza, né abbiamo intenzione di
ripeierU con tuitn l'apparalo di misure r di riscontri necessari (il maiu-
leoletln è qui introdotto dil eh. Proressore] a chi vuole sciogliere ded-
uitivuneaie una questione. » Onde concbiude lo Statuti domaiiilaudn, in
.sÉijU'iua, a che prò ci siamo lerati a rendere intralciata coiesla questione,
e ad insinuare comcchessìa una lai qu;ile diflldenzA stili' operosiU del-
Tiequa di Fiuggi, dopo averla nel sellenibre « encomiata e consigliata
OOBK un farmnciì salutare. *
Soddisfacciamo di liuoa grado a que.sie prime domande r dubbiezze
id eh. Professore. I^ liducìa, di t^he ci onorano i nostri lettori, esige
ia mi noa scrupolosa lealtà e scliìettezzu, segnatamente per ciò che ri-
arda non cbe i rìroedii, ma qualunque altra cosa da noi raccomandala
«d aocbe solo eocomìata. E similmente nelle questioni scieulilìcbe cre-
diamo d'avere non solo il diritto ma il dovere di comunicare loro quegli
eteokenli che lo studio proprir> ci sonHiiinì.slra a chiarìmmlo di ciascuna
fneslione. Noi non avevamo eon?iÌgÌìato l'uso delle acque dì Fiuggi; le
avevamo però in genere encomiale sopra autorevoli testimonianze cosi,
cte per molti queirencomìo ebbe il valore di una raccomandazione; né
iella ooticina del dicembre disdicemmo, come ora non disdiciamo» il peso
a quelle testimonianze e di que'fatti, che ci sembrano i più davvero
eaneiuilenli in favnre dì quelle acque. .\rrcc.ìmmo però tin'espcrii'Jiza che
Iffide ad intralciare la questione. Sia pure: e perciò appunto voleva la
lealtà che la puhhli cassi mo.
Il eli. Professore opina il conlrarif), postochè gli è sembrato cbe noi
sten mftìtra&simo di essere poco stcìtri dell' rsatteeea del nostro ope-
rato. Chiediamo .-(cusa: noi ne siamo anzi sicurissimi, perchè l'esattezza
OMMsarìa a verificare se un calcolo ìminersn nell'acqua di l'iuggi sì
aeiolga più 0 meno nel corso di un mese (uè uoi volevamo saggiare altro},
sinduce ad avere un calcolo e una boccetta di quell'acqua, mettere il
primo nella seconda e serbare il tutto in uno stipo per 'M) giorni. Ora
D« avemmo calcolo e acqua di Fiuggi; e l'operazione dell'immergere
([uello in questa e conservarla cosi per un mese, collo steiiso eseguìria
eseguita esaitanìente. Ma ad eseguìria inoltre con certo particolare
lore ri moveva l'eswirci ella richiesta da un nostro famigliare solTer^-nte
calcoli, il quale, u.>iata avendo fino allora senza bastevole giovamento
leqoa di CoÌIbIIì, pensava di volgersi a quella di Fiuggi, e ne voleva
532
SOEMUI KATOIIAU
innanzi trailo pr«so quel saggio. Sosteniaoto adunque cbe Del ansin
esperimeoio v'elib« luua l'esattezza, bisognevole a noi per asserire il
fatto che ri« mÌcoIo, immerso per itn mese in qn^W acqua, non se ne
risentì menomamente: e non altro che cotesto fatto abbiamo asserito ed
asseriamo, in5ii>tei)do di nuovo sulla probabile spie^^auone che noi m
demmo, e che lo Statuii alla perriite non ricusa, dello scemarsi coll'ao*
dare del tempo la virtù di quelle acque cont^rvate io bolligli»: nella
quale spiegazione ci conferma t'avere intero che realmente l'acqua, quale
» acquista ni^i depositi, può essere stata attinia alla fonte d'Aniicoti da
parerclii mesi ed anchn da un anno intero.
Ura quel dubbio nato imoruo alla durevolezza della virtù risolutivi,
sperimcniata fuori dell' organismo, dev'ei^scre di momento non leggiero
per vjo\ori\ che nel commendare o nell' estimare la potenza medicinale di
un'acqua aniilitlaiui danno gran peso a calali esperimenti estcmL Nni
gliene diamo ben.si, ma in misura multo ristretta : e ciò non osliinle, ponto
il caso da noi riferito, crediamo cbe si provvoderet)l.« meglio e alla salute
degl'infermi, e alla durevole riputazione dì quelle a<;que salutari, e alla
scienza, se io cambio di discutere a parole, si istituisse da chi oe tu
luto il comodo e gran pane dell'interesse, una serie di espoDeoze eoo
tutti i riguardi che dicemmo veeesanni. non già a scorgere il semplice
fallo da noi os!«rvato. ma a sciogìiere definitivamente ìa quentiame.
Colle quali parole imendiamo dire che lenendo immersi per vario numen
di giorni, in acqua auinta da diversi intervalli di tempo, calcoli di dh
versa natura ed età, si chiariscano delermìnaiamcnle gli sccm^imenti della
vini) diuliiìca esiraofganìcji, che la verchìez^a irreca per avventura a
questa coiti<! ad altre ats]w minerali. Tulio ciò è mollo facile ad elTet
tuare. Il peggio che possa seguirne, sarà che, irovandosi la suddetta viztii
esposti! a svanire nel corso, per asempio, di alcuni mesi o di uo •odo,
i pi-ophelariì della fonte .Steno costretti dall'esigenza tanto dei mediei
quanto dei clienti ad apporre alle bottiglie messe in commercio ti dalai
del giorno, in cui t'acqua fu attinta.
Il eh. Prof. Statuti cercando una spiegazione del fallo da noi asse*
rìlo, meiLe innanzi il dubbio che l'acqua adoperala da noi aoD fo&se delh
vera di Fiuggi, ma una < comuiie qualsiasi, od anche, se cosi voglian,
un'acqua di Fiuggi ddiiila alla n*"' potenza con altra ordinana >: il dxt
gli sembra lanio meno inverosimile, in quanto la suddetta acqua miM-
rale è « alTatlo limpida, senza verun sapore né odore parlicibrc. > Tra-
lasciamo 1" ipertesi della n'"* diluzione, ci» ha un po'iroppo dell' ingenuo;
e tocchiamo di quella della contraila zi one. A parer nostro, il cb. Pro-
fessore, al quale dis]iiaee che nni abbiamo col noiilro racconto iniraleiaU
la questione e insinuala qualclie ditfìden/a verso l'acqua di Fiuggi, in-
troduce egli qui davvero un elemento, che noi escludevamo ed eachi-
-diamo, di confusione e di diflldeoza. Foco monta che egli avvedendosi
Kasnx (tATURAU 233
del f^fìcolo, si protesti subito che < non tnteode di spargere il benché
mioifuo (lubttiu sulla ^uuiuiiA dell' acijiia dì Fiuggi, che si irnvi m com-
mercio nel divn^i depositi esilienti in varie cìtià d'Itali». * Txli prncesle
nan disiruj^gono l'impressiooe contraria, prodotta dal vedere come egli
uitni Oicile la ralsttìca/ìone, e come per luì sia già dì qualche pregiu-
dizio, contro al valore del nrtslro esperimento, l'essere esKo i4alo fatto -
ia Firaue e noo alla fmle d'Aotiooli. Siflatie insìnuamrrì non sono
rtNlaraentc idoneo a rassicurare i medici e ì pazienti, sfarsi per l'Italia
e ftwi, ai quali fosse per arrivare la Nota del eh. JYofKssore. Ma quanto
li lettori nostri, imo esiliamo a prenderci l'incarico noi di accertarli che
•lueOesooo vane nmhre. Segoaiameote poi qui in Firenze, ablfi-itoo buooo
iD maoo per asserire che l'acqua di Fiuggi vi ritrova genuina quanto
I Roina e quanto ad Aniicoli, dond'essa proviene direttamente con ol-
Une guar^niige; oltreché convieo pur dire che coiest' acqua è tuttora hm
Imgi dall'essere conosciuta e diffusa cosi da dare facile occasione a fal-
tiflauìoDì.
Ciò che ha mosso il eh. Professore a ricorrere a quell'ipotesi inve-
roaimile, è un equìvoco •>cc:)sìon<iio dalla concìsinne, colla ijuale raccon-
laamo il nostro speritnento. Kiferendoci a ciò che avovumo detto nel
«ttembre antecedente sulle espojiense del Mor/lnn, e ricordatane solo la
mei» splendida, quella cioè del calcolo di nssalalo di mire ridotto ad
tn terzo del suo peso, noi proseguivamo dicendo che avevamo voluto
lattare wna shnUe esperienea e che, avuti due calcoli àetia grandetwa
a uaa ìcnticfhia, avevamo operato, come quivi si espone. Da cotesle
parole il eh. Professore ha conchiusn senza più che noi avessimn ado-
peralo dei calcoli dì os'ulato di calce, senza avvertire che la nostra
eapenenza rimaneva sitnih a quella del Morfìno. ancorché ì calcoli usati
da noi non fossero dì- quella sostanza, ma o dì acido urico o dì fosfato
di calce 0 di altra concrezione. E nel fatto, avendo noi letto nell'opu-
leolo del Mrirfìno la serie d'e^iperimenti da luì eseguiti sopra sei diverse
MMUnze minerali inor^niche, e. A\[to\ sopra calcoli di unito e di acido
usalico, sempre con notevoli elTetiì, non facemmo la minima attenzione
>IU natura dei calcoli presentatici dal nostro paziente, lenendoci fier si-
oirì che, qualuuqut! ella si fosse, l'acqua dì Fiuggi iniarcherehhe poco
a molto il catcoh immerso in essa, il che non e.sserKlosì avveralo, ne
urgeva per nui, indipendentemente dalla natura del calrolo saggiato,
^tirl dubhin geuenco, che esprimemmo, intorno alla stahìlit^i del potere
dialitico estraufgariico dell' arqua. Letta poi la nota del eh. Professore, ah-
loiiDO voluto riscontrare quel malaugurato calcoletio, e che vi trovammo?
Paggio che peggio. Fgli Jt di acido urico, dì quelli cioè che nelle espe-
lìeoie del Morllno non solo diminuirono di peso, ma si sciolsero per-
■tUameote nell'acqua, recenhmenle altinta. dì Fiuggi.
con ciò l'equivoco, cade tutto insieme la bella e stringente
SM
«ATDRALl
dimoslrazione del eh. ProTessore. fondala sul suppa*ilo die noi avessìm
allrìbuiu la viriii risoluiiva di concrezioni di ossalaio di calcti all'acqua
di Collatli, che non la possiede per conressione del Taddei sno giiiMO
encomiatore, e l'avessimo negata all'acqua di Fiìtggì, die la possiede (cr-
senlcnza del MorDno e dello Statuti, ed anche per opinione nosira.
Speriamo di avere cosi soddisfatto a luite le obbiezioni eie ioicrro-
gazioni del nosifo cortese critico, del quale non possiamo a meno di ìo->
dnre )a saviezza e lo zelo nello studiare e far conoscere agritaliain un'aequit '
salutare, rhe miliì dì esni lasciano tm-sciiraln in casa loro per cercarne»
a grandi! spisa di assai meno preziose in pnesi forestieri. Molti di cntoro
cbesuffmnodel tormentoso male, a cuiquelleacque recano spesso rìaieiliQy
saranno grati a chi le trae dall' oscurila in etti giacevano, non ostante la
virtù loro attestata pel corso dì secoli. Ma in quest'opera di lodevole di-
vulgazione è certo che le raccomandazioni di un tal rimedio saranno tantff<
pili confurmi alla scienza e. alla coscienza, quanto pììi esse si regger:)Dm>>
sopra argomenti solidi, messi da parie o nel secondo luogo die loro s'ap-
particiie i più deboli, benché forse più speciosi agli occhi del volgo. K fra
questi vanno annoverali senza dubbio gli sperimenti esiraorganici.
Lo scamhio che in essi si prende è tanto evidente, che reca maraviglia
come si possano citare se non in coda a tutto il re.<o, a tesi provata,
qaasi per lusso e a tìtolo di dubbia erudizione. Sì noti il vtztn (onda*
inent;i1e di tali saggi. Voi immergete un calcolo in una hocrelta di acqua
aotiUtiaca, ve la lasciate 2(J giorni, cioè 48U ore contìnue (il che norr
si verificherà mai nel!' organismo) e in capo ad esse ci mostrate il cal-
coln 0 sciolto del tutto o diminuito di peso, llate poi una porzione del-
l'acqua nniilitiaca ad un chimico di valore, che con iscruftnto nota t
millesimi, i ceutnmitlesimi e le tracce dì ciascun minerale contentilo is
essa. Conveniamo che il volgo colto e incolto, ne) leggere il nome del
diimico e quelle cifre lauto [^ù scìentiUche quanto più minute, si senti
inchinalo a confidare maggiormente nella virtù di un'acqua, studiala da
lai uomo e con tanta esattezza: e quando gli si fa rilleilero die il calcd»
prefalo sì dovette sciogliere nella boccetta e. deve sciogliarsi nelli resi
per naturale elTello del tale e tale elemento rivelalo e dosalo dall'analisi
appena vi sarà cui cada in pensiero di osservare che lutti colesti sagg
e ragionamenti si reggono sopra un falso supposto.
E) pure tftn^^. L'acqua aniililìaca che desle ad analizzare al chtmicfl
e percht> ella fasse più genuina gliela recaste auinia di fresco dalla Ibou^
quell'acqua adunque non ti il liquido entro il quale si hanno da scfogliei
per ipolesi ì calcoli d'un malato clie ne beve; e il liquido che deve ese<
guirc una tale operazione è tutt' nitro da quell'acqua che sdolse il calod
nella bnccpiifl. Se vi (•. avvisa che l'analisi del liquido disisolvenle poaS
giovare a scoprire il suo modo d' azione, se bramale di conoscere rintimi
composizione di ootesio liquido, la via diriua perciò non k già di anatil
208 l'aniu» antililìara nel suo staio naturaì.e, nel quale non verrà mai
» tulUUo oi calonli ìtiUtnii, ma è quello il\iiializar1a nelio slato in cui
l'i tramutata cìrcnlando p^ va&ì lìnratici, pei chiliferi e pei sanguigni,
H fejjato, per ludi j varii tessuti e per le reoi : insomma quale airiva
uel Nerbaioio dove rìnalmenle irovcrù i calcoli e li sciorrà, se m ha la
Virtù. Ma essa iimi è allora più acqua di Fiugfji oè di CoUalIi oè di Evìan
0 (Ij Vicby; essa è secrezione urinaria, cioè un nuovo liquido cliimica-
mcnle diver«> dall'acqua primitiva, accresciuto di alcuni clemenlì, di altri
0 lirivato 0 stremato.
Per la qtial osa, a voler concbiudere alcun che di serio per coiesU
via, le analisi e i saggi avrehtiero a {Kirlarsi direttamctile r prìncipal-
meme sopra sccrvziODi urinarie di calcolosi, e prima della rum quando
ODO bevetleru che acqua ordinaria, e ai prìncipii di quella, quando l'acqua
mioerale non potè cominciare ancor» a scio^^liere i calcoli, e più innanzi,
ijuaiido si può presumere che ella già rechi in soluzione qnalcìie elemento
inllo ai medesimi. Certamente un tal nietndn saretibe più complesso e
ridtiedmihbe maggior numero di opcraziorù delicate, specie se vi si vo-
iMce, anche riguardo a punti secondahi ed accidfuitali, fare il solilo
sftiggM di superflua esalle/za: ma titicliè i saggi e le analisi si limitano ad
un'acqua Jiiotriiiica, qual essa è attinta dal fonte, ogni fisiologo, e cliiun-
t Kflso comune, tanto solo die capisca i termini, ammetterà ch«
— ..i^jtp ed analisi scienti ficanunte peccano contro la regola più et»-
flMMare del metodo sperimentale, poiché scambiano il soggetto; e pro'
nte servono a poco altro che a dare la polvere negli occhi ai
--..., ..cu
Ed ecco perchè, in ragione dei contrarìì, Tesperienza da noi pubblicala
noli detrae in nulla uH'elticacia dell'acqua di Fiuggi. Il eh. Prof. Statuti
por professando alto il principio del non potersi validamente argomentare
(tagli efietii cstraorganici agli ìntraorganici, inchina pur sempre nella sua
«lata Nota a rai^guagliare i primi coi secondi; ed In ciò è riposta la
differenza Tra il nostro modo di vedere e il suo. i'er noi sta in cjpoa
buio il principio che siccome un'acqua per sé lìtoliiìca può, introdotta
che sìa Dell'organismo e quivi trasformata, perdere in lutto o in parte
Usua virtù, così un'acqua inotpiice dì natura sua o forse anche per
i^ccluesea ad intaccare i calcoli, potrà intaccarli nulla di meno, elalKu^U
cbe aia dall'organismo. Quando colesla eOicacia è verilìcala direttamente,
f4ise rè [ter t'acqua di Fiuggi, non è huoua regola l'insistere con tanta
(Htaura sopra rìpruove fallaci. Perciò a noi non recò nessuna maraviglia
l'udire, e ci facciami anzi un pregio di riferire qui noi stessi, che mentre
l'itcqua di Fiuggi da noi saggiala lasciava incolume il calcolo immersovi
per 30 gtomi, un calcoloso qui stesso iu Firenze usando della slessa
«equa presa allosies&o deposilo, non sappiamo però se della stessa elJi,
iW^ dopo soli otto giorni espeilere con iarmito suo sollievo un grosso
936 SCIERZE NATOnALI
calcolo <*he lo tormeouva. Laonde, al Qostro modo di vedere, stando il
dubtnn sollevalo per la nostra esperienza inioroo alla durevolezza della
Tirlìi nsoluiìva di quell'acqua, gli esperimenii m avrebbero a rivolgere
ai suoi eiTetti iniraorganìci e non agli e^raori^iinici; perchè quando fosse
accertato che i primi per vecchiez/a dell'acqua non scemano, nulla ìo)'
porterebbe che cessassero anche del iriito i secondi.
Ma il soverchio peso dato a questi si trae dietro anclie un altro svan-
taggio non lej^ifiero per chi cerca di chiarire l'anione di uu'acqua aniì-
litiaca. Perocché fissandosi in quel materiale, oltreché difetto^), paragone
dello scioRlimenio dei calcoli, v> pericolo che ejrli prescinda da un
elemento che nell'azione di queH'aoqiia ha importanza capitale ed t forse
il fondaraenio della stessa azione risolvente. Il Morfino vi srcMioa mollo
savia iDetile nel suo opuscolo suirA«|ita di Fiugi^i (pa^;. ?'2). là dove asi^goa
due modi alPa/iOTie di lei; il primo in qiiunlo impedisce, secondo che
egli sjMP^a a p.-irte a parle^ alla Rec.rejfionc urinnrta di depositare i ma-
teriali onde SI Tirmano i calcoli e le renelle; il secondo^ in quanto dis-
solve i granuli che trova giik formali ed agi^lomerati. Ora per quanto
al pazieoie. già alle prese coi suoi calcoli, prema soprattutto questa se-
conda parte, chiaro è che la prima è i>er lui di non mmore monieaio,
traltandf>!ii di impedire il rinnovamento continuo di sifTatte concrenoai,
e di aapere qnìnli se e in qiml misura e a quali condizioni e per quanto
tempo l'uso di una data at!qua aniilitiaca valga ad ottenere queireffetio-
E pure tali que„«tioni importanti ss ime per la lei^rica e per la pratica
facilmente restano tnscurate, quando l'attenzione si volge di preferenza
al fallo pili apiiuriscenic della lilolisi, e massime delta esiraorà'anica. La
stessa ana!i!4 i-himica dell'acqua minerale giova senza dubbio a recarrt
lume, ma ve lo recherehl* assai nmggiore se fosse accompagnata dal-
l'altra, che sopra accennammo, delle Kecreiinni urinarie. Per cnnchiu-
dere, confessiamo di bunn grado clie altri pu6 presentare la questioni
delle acijiie anlilitiaclie sotto l'aspetto Kempticissìmo di una esftei
in cui mfislraiido un calcolo sciolto dopo ''Hi giorni d'immersioi
persuada ai malati di pietra che altrettanto avverrà nel loro interno, »
berranno dì qtietl'acq'ia. Ma la .<;pmplirità di una snhi/Jone- non dimostri
mai n^ il suo valore n^ la sua pieniu/a; <: se nelle mitni nostra la qnesUooa
apparisce piìi intralciata, ciò avviene perchè ella è piìi intralciala ìns&'l
slessa, Cóme i nostri lettori Iirooo potuto giudicare da cotesti brevi
-fc •
CRONACA CONTEMPORANEA
Firenze, fi aprUc 2886.
COSE ROMANE
I. Ite pro(«sU ori Seaato del Brlgio io U^\m tti;l dominio iempoml« d«l [>a|» —
lITriJeiizn piiililkiu — 3. Pt'IkgriiiBjegì rr^iunuli alSantuBriodi Loreto — 4. FcMi*
vfil^iurìca Savona «a Mintoin — h- fttwmw biMiciicenEediil $. Pndre LeoDcXIII.
6. U Sanui Soild e lo Stiliti del Congo.
I. Otiaodo ancora il Belgio non era divenuto teatro di scene mim-
rude por opem degli operai, il I? del mese di marzo, discutendosi ìn
ììttiU» il hilancio del minisiitro dfigli ftfTari e:ìlenii, rmifirevoltt senatore
IjmiDeits w toijljeva occasioue j-er fare uo' aperta e Tranca prulesta in
brore del Papa e dei' suoi imprescrivihili diriui, cno queste fiarole che
1 noi piaLv di (\\ù rìrerìre. uon Tosse |)er altro a disinganno di cobra ehe
■ arraUaiiaoo a voler diniosirare che la qiicsiion« del dominio tempo-
nleè morta e sepolta. > Sii^norì, cosi retwinente iiotoo di Stato, lio adot-
tilo per norma dì non vntare il bilancio degli alTarì esteri clie sotto ri-
«rra. N<iu saprei dare la mia approvazione al credilo io favore dì un
ntoistro beiffa. accreditalo presso colui che dal mondo diplomatico si
cbiami il ile d'HaUn, credito che mi sembra ottendere i diriUi seco-
lari dellj Santa Sede e la sovranità poniìticia. Se rinnovo oggi questa
£chiarazioGC, cbe potrebbe parere inutile, viste le mie anteriori proleste,
^ per i! grande avvenimento che, durante l'anno scorso, sorprese V lilu-
rapa, e da molti Tu interpretato come una nuova conrentia dei diritti
W Sommo Pontefice, voglia dire rarbiirato di Sua Santità Leone XIII
adla qttestione delle Caroline. * E pro.'>e>;uiva: « In presenta di questo
htlQ, n quale sembra ripristinare una condizione antica pienamente
Itaiocia a prevenire i cootliili armali o ristabilire la pace sociale, ho il
èrìuo di domandare a me .sltisso se coloro^ i quali presiedono ai destini
ddl'Europa, non concepirono il pensiero dì schiacciare la rivoluzione e
di appoggiare Unatmento le monarchie su basi durature, e se perciò non
(itasarooo di porre la Santa Sede in grado di esercitare seniza ostacoli,
U fua salutare azione nel mondo. Checché sìa dei disegni della Frov-
238 CRONACA
vìdRnu, fntorno alla risiaura^ìone della Monarchia ponliflcìa, non ioiendo
per pane mi» Tare alcun atto che possa considRrarsi come una diinina
ziooe dei dirilLi della Santa SihIk, e perciò rinnovo ie riserve precedei!-
lemeate espresse ndla diKcu6sioite del bilaacio degli affari esteri. • Il
IjmrneQ.s irovA appoggio nel senatore Ockroul: se non che, il minisira
degli esteri, prìncipe di Caramao Chiinay, si rcstriose a proj)orre la
questione preijiudiziale sulle cose delle dal Uroniens, senza però eoo-
trastare le toro tiobìli proteste, le quali dimostrano che la questione ro-
mani è sempre viva a dispetto di tutti i fatti compiuti e del nolo ri-
lornetlo a Ifoma ci sitmo e ci resteremo.
•?. La Saniiii di N. S. Papa Uone XIII si degnava ricevere ndU
maltiria dell' 1 1 marzo in udienza pariicolare il cavaliere dì tput^iim
Francesco Crìstorori del Sacro Militare Ordine gerosolimitano per inca-
ricarlo di curare a sue spese e per suo comando la ricognizione delle
tombe dei i'apì Alessandro IV e (ìiovanni XXI esislemì nella caltedrals
di Viterbo e di trasferirvi il monumento marmoreo, eretto a quest'iiliimo
Pontefice dal duca dì Saldanha, opera del defunto scultore Filippo Goao*
canili. Si conipiaciiue inoltre l'au^uslo PoiiileHce incoraggiare ti suddetto
signor Crislofon cun k-mivola approva^ioue per l' illustrazione da lui fatta
delle Ton^ ptipaìi esistenti io ViierlM). Ueneijisse l'autore e l'editore
il chiarissimo mnns. I^{)oldo Oufalini e confortò il Cristoforl a prose-
guire neijli s'udii storici, che da molti anm ha intrapreso nella lìihtio-
teoa e n^i Arcliivii vaticani.
Il giorno lU dello stesso mese la SaaiiU di N.S. riceveva in uifiUH
particolare S. E. il signor U. Lìioachlno J. Veler, venuto per preseol^H
te lettere che lo accreditano ministro residente degU Stali Uniti di C»-
lorobia presso la Santa Sede; e il ^'iorno *30 il CoUcjjio Lombarào onda
Seminario dell'Alia Italia, presentatole dall' Eminenlissimo Mgnor Car-
dinale Parocchi. Il Santo Padre accolse e intrattenne por un buon train^
dì tempo con paterna bunevolenia il rettore e gli aluimi di quel Semi-
nario, che gli umiliarono l'obolo della loro filiale pietà; e do|»o averli
oonforlati e consolati colle calde sue esortazioni, impartì loro l'Àposiolici
flenedizione, clie volle estesa alte loro famiglie e ai loro vescovi.
3. Come aunuuziammo nel precedente quaderno e crediamo tene di
ripetere anche adesso, il Comitato generale dell'Opera dei Congressi cat-
tolici pef mezzo dei suoi Comitati regionali, a predisporre con preghien
e con alti dì pietà le grandi forze che l'orbe cattolico prepara \.tì CiuhiW
sacerdotale del Santo Padre, va organizzando pellegrinaggi nelle varie
rogioni d'Italia, per visitare net prossimo venturo maggio la Sania Ci4
di Loreto. Il Santo Padre intanto, dietro istanza umiliatagli dal inedeùaH
Comitato generate-, ha ttenignsmpnic annuito, che la visita da (arsi alti
Santa Casa di l^retn dai pellegrini organizzati nel maggio p. v. valgi
per le sei visite prescritte pel conseguimento del Giubileo, purché 1 p^
to:n'EHPonAREA
539
' comi»aoo una visita per una sola voli» alla rtspeiliva chiesa par-
...vLiiule. Sua Eccellenza Reverendissima Moasignor Vescovo di Ijoreto
9 k compiaciuta inianto di autorizzare i sacerdoti luui, che prenderanno
le agli aiizidelti pellegrina gp e che sono orifossori nelle proprie dio-
II, ad e!»erciure tale ministero nella loro dimora a Loreta I Comitali
Rgionall della suddetta Opera sono particolarmente incaricali dell' orga-
il2U(tone di iguesii pello^rina^gi.
k. Narrare, anche in succinto, di luite e singole le grandi feste che
io molti luoghi d'Italia sono stale con grande pompa e solennìtii celebrale
ad M)lo scorcio del mcsr di marm e nella prima quiodicinii di aprile, i
diwtro ira|»ossiLile. Forz'è che ci restriogianid a quelle che hanno mag-
giore aitinenza con Roma papale sia per le memorie passale, sia anche
per le circoManze presenti. (Jii indi tralasciando di dire dell'incomnaz-ione
iMta Vergine Santissima nel Santuann di l'untelungn, il glcirno ^27i marzo;
edel in Onleoario dei Ministri degl'infermi, ci fermeremo a parlare delle
iMc al Santuario della Misericordia |>resM> Savona, e del Centenario dì
Sut'ADselmo celebcilo in Mantova.
Il Santuario di Savona ricoj-da i dolori e i Lriontl di Pio VII. Il
cowffso dei fedeli al Santuario durante te feste, fu immenso; la iranqitiila
«Ile del Letimhro non vide mai spettacolo somigliante. La (noia era in
imi i cuori, e la festi in tutti i punii; perchè dappertutto non si vedeano
die tiaadiere, anztù, archi di trionfo, ìscrinoni. Tutto parlava di Maria.
bocciala del Santuario, vera maraviglia d'arie, appariva io Qtiesia
tircostanza ancor più maravigliosa. Di dentro al Santuario è più facile
rinmaginare che il dire quanto bella fos^e la pompa degli apparati e
mi^nitico lo sfarzo dei dori, delle lampade e dei cerei. Vi intervennero
l'Effio Cardinal Alimonda Arcivescovo di Torino, l'ArcIvescoro di Genova
i Vescovi di Possano, di Veniiraiglia, di Savona, I^ feste cominciarono
il 18 marzo ed ebbero termine il 21 con una illiimina;:ionc così .splendida
che le strade, segnatamente le nuove, sembravano vere gallerie di ronco.
Degno di assere riferito è il telegramma che l'Kirio Cardinal Alimonda
spediva a Sua Santità leeone XIII d»l Santuario di Savona il 19 marzo
alte ire 9 anlimeriJiane, « Qni dove pianse e pregò il Settimo Pio, il
Mtloscritlo, in unione Arcivescovo Genova, Vescovi Savona, Ventimiglia,
FoBUQO e fedeli popolo savonese, piang^^, prega per la Chiesa, per Voi.
Padre Saoio, t^uedileci. (}. card. Alimonda.»
U risposta non tardò a venire. « Santo Padre, ringraziando Vostra
Eminenza, Prelati e fedeli secolari riuniti, per le preghiere fatte, imparte
a imii. con effusione di paterno affetto, la implorata apostolica beoedi*
lione. > L cstd. lacobioi.
la quella che Savona festeggiava Nostra Signora della Misericordia,
U pietà dei Mantovani rendeva uguale tributo di onori ali inclito suo
protettore e patrono sant'Anselmo Vescovo di Lucca, tenerissimo di Maria,
340
lÒHACA
quand'era in Mantova diruttore e consigliere delta pia contessa Matilde di
IJauos8a, che eolle silfi caste mani ^o.sleniie il irono cotntialluio di saal'llde-
brando, l'romoiorì di que$io oliavo ceoiuuaho sono stali MoosigDor Be-
r«Df^, Ria vescovo di Mantova, iraslato poi alla sede arcivescovile di Udine,
r attuate pastore monsignor Sano ed una CommissioDC di egregi niantovaoi
presieduta dall'Arciprete parroco della Cattedrale. Le feste furono s|deo-
didissìme; però ci duole cho di tanta puinpa spiedata nei tre giorni
del T6, 17 e tS mano non ci sia permes&o di dire, qnauio ci vorrebbe ail
encomiare la pieii^ dei caitnltci maoiovanl. Diremo soltanto, che tante
furono le belle cose vedute e udite, e tanto l'entusiasmo e la gioia del
popolo, che quei tre giorni non saranno mai dimenticali.
't. Non son ora che pochi tinnii, racconta nel n. 77 l'egregia Unità
CaitoUen, che un Vescovo d'Italia scrivea a ooo so quale persoiti di
Torino, palesandole die una famiglia della sua diocesi versava in peoo*
sissime disirrtie economirhi^, e che riponeva ogni sua fiducia nella infr-
saurihile geucrasiià del Padre comune dei fedeli. I>a persona che ricevette
la lettera del Prelato non indugiò a spedirla per la posta direttamente
al Vaticaiw, senza aggiungervi parola.
« Fu, dice l'egregio periodico un procedere troppo hliero, ma quella
libertà non proveniva da mancanza di rispetto, sibbeoe da liliale conO*
denza. * Comunque sia sialo, una cosa è certa che il Santo Padre vottf
leggere quella leiien, e alfidare alla persona stessa, a cui ftra indinola
ti generoso incarico di spedire un buoD soccorso a quella famiglia. ^ Donde
appare, conchìudìamo anrhe noi col diario cattolico di Torino, che ti
regnante l'oniellce, <M>t)lieufì .«oprafTattn da tante occupazioni, legge tutte
le lettere che gli arrivano, e quaudo conosce qualche grande bisogm
dei suoi figli, non bada nit al modo [lOco corretto con cui gli venne mani
Testato, ak alle condizioni ineschine in cui egli stesso si Irovn, ma toglie,
ptf cosi dire, a sé medesimo l'elemosina che gli fu falla, [ler distribuirla
ai poveri.
Carità veramente degna del Vicario di Gesti Cristo, e per la sostami
t per la forma e pel tempo; carità che dovrebl« servire di esempio ad
altri figli, per nascondere nei tesori dell'augusto Povero del Vaticano
quei tesori, che i socialisti si dispongono a ruUire cotta violenza, ed a
distruggere col petrolio e colla dinamite. »
6. I^a Ktìhxisehe Xeiiung ci reca una notizia consola ntisu ma. che è
pregio dell'opera che noi riferiamo in questa noslra cronaca. Ij notizia
rigH.ird:i i rapporti ira la Sitnia Sedft u lo Siato del Congo. Siaiiilo dunque
alle informazioni del diario catloEico di Colunia, il Santo Padre lia oramai
regolati i rapporti della Chiesa collo Stalo del Congo. Coofiirrae al de-
siderio del re del Belgio, I^e'potdo, ha delRrminato che il primate A4
Belgio, r.'Vrcivescovo di Mahnes, vi eserciti giurisdizione ecclesiastica, e
sia per l'avvenire il capo di lutto il clero dello Staio del Congo. U
^i^
ooinn porì rni a
otnKìoni intanto del Cardinile Lavigi^rìe nel Congo codiìdusdo s <:p!egare
grande ailività. Il Seruìnarìo afTricnno, i-ec«iil«moflle ìsiiiiiìto nell'IlDì versila
di Lovaaio, prepara i sauerdoit che divrumo poi e^iSi-re investili delle
pirroochie die si siahitiranno nd Congo.
li.
COSE ITALIANE
\. Li soerni al [leprelii t i Clericali — t. V OmnHf»t9 iìnaatìarìo — 3. 1) disastro
iW Praii di Cisiello — 1 La Irp dei Tìgli dfl Lavoro p i torbidi di Mibno —
5. Il ritoroo de] KeneraLe Pociolinì — U L' asMlatorìa dei <;ontadini di Nnalon
ci t iripndd socìatlitl — 7. Nobile conlejcno dì nn consìjilien^ tnnnli'ifKilG —
« Si'otpmi di socialismo oel Monfrrraro — 9. Lo ribellione dei minori commendi
•el reclo-^orlo di lirenn — IO. Prof.(>s<« in Genova contro naarthid ù soi^ialisti.
U. Fmì cotDunardi ìd varie provioce.
I. La discussone del bilancio d'as.seMamento terminala con un volo
liTorevole al Ministero nella seduta del ó marzo, pareva dover segnare
h lìw del com baili mento, da f^rocchi ingaggiato ira il Deprelit e i suoi
inersarii polilici. Ma non è stato cosi; perocché alla ripresa df-i lavori
pvla menta rii, si è veduto la quesLionf delle fmatize passare in seennda
IÌmi e gli assalti dell'Opposizione in^irìnarsi a tutta la politica del
llnoetto. Per la qvial r.-osa il vero itnputalo nnn h più il Magliaai, il
"(pile per confessione dei suoi avversarli non è colpevole d'altro che di
nere enegoìio le deliberazioni del Parlamento. Il vero, il solo, il gr:in
nipevole è il Depreiis. A cominciare dai {^ornali più moderali sino ai più
ndìeili è un Tuoco incrocialo dì iicco^ cosi gravi che hasierelibe una
iola di esse a mandare in Assise l'onorevole Presidente dei àMìnìsLri. [1
male che si dice di lui, è, che di tutta la cornicione onde l'Italia
dlTcntata la favola dellfl nazioni, la causa è quel vecchio gottoso che
n ostina a non cedere il mestolo a mani più abili e più oneste. [I gior-
nle ehiì più di tutti sì dislin^'ue in que^sia i^uerra è la Tribuna, l'organo
Uassiroo dei Peolarchi; il quale Ira le allre accuse che muove coDlro
il vecchio di Stradella è di essersi alleato, orrìbile a dirsi I coi Herìcali
per preparare le eleeioni, Che la Tribuna però non ispacci lucciole per
(mtènie; ì elencali ris|«iiano il Oeprtnis, come capo di un f^overno
ociKtiliulo, ma quanto a prestargli la mano \m le elezioni, nemmeno per
wgno. Imperocché dove non vi fossero nitre ragiam S'ardine atUsaimo
nnneha detto il nostro Santo Padre Leone Xlll, die vietano ai cattolici
tialiin) di presentarsi alle urne, hasterebtie u^'gidl per astenersene la
Intta ingaggiala tra il Ministero e l'Opposi/ione.
Tre sono i partiti che fanno guerra al Oepretis; quello di Destra
ctptanatu dal Rudinì; quello di Sinistra condotto dal Crispt e quello
SrW» SUI. «.>/. JI. ftuc. »UI Itì 10 aprila IMtì
34$ «OMCA
écìV Estrema Sinistra che ha per f^onraloniere il Itovio. 11 vecchio lU
Stradella dee dunque tener leAa a ititii e tre: vedremo se vi rìascirà.
2. Nella sediila del 93 muno Tu \niatn a scraliflio segrelo rotnmlii»
niinnziflrio, o meglio la legge sui provvedimeoli Quanzìarii. Il rìsuUalo
Tu il segueole.
Volanli "245 — MaggioraoM 123 — Favorevoli 196 — Contrarli 49.
La Camera approvò; ma prima che Tosse noto il risultato e la Camera
approvasse, comincìfi lo svolgimento delle interrogazìoDi e delle iDi«r-
pellanzQ accumulatesi io quest'ultimo mese nell'ordine del giorno. Ha
avuto il passo su tutte le altre quella presentata dal deputato Nicoiera
e da uua Irentina di altri deputali meridionali sulla ritardata costruzione
della E Ijo li-Reggio, della Mcssina-Cerda e di altre linee secondarie nti
ugualmente ioicressanii per quelle ricche regiouì. Queste ìoier{)ettaiize
nnnovaroQst nella tornata del 30 per m&tta del deputato Sciarra e del
deputalo l'arini. Il primo svolse un'interrogazione al ministro dei Urart
pubblici sul ritardo frapposto alla costruzione delle ferrovie. 1/ onorevole
interrogante avea in animo forse di allargare il campo dalla discussione
alle costruzioni in generale, ma il dìbaitimenlo avvenuto il 23 lo consl-
gh6 di limitarsi, a scanso di ripetizioni, alle sole linee abruzzesi e s|ie*
cìalmente alla Roma-Si il inona. In quella stessa tornata il deputato Pa-
uizza interpellò il ministro Tajani siili' inlerprelanonfl che gli udlciali del
Pubblico Ministero danno all'articolo '2(} di'llo Statuto, e di riverbero sui
DiiUi di Mantova, sul processo che ne segui, e sull' assolutoria colla quale
fu chiuRO. Il Tajani per nulla commosso dalla requisitoria del Pauìz/a,
rispose, che il proces^ era stato istruito «otto gli occhi del Goveruoi, ,
e che ì giornali veneziani avcano tenuto una condotta degna per ogoiJ
riguardo di biasimo.
3. Lagrimevole assai fu il caso avvenuto iu Roma il ?5 dì manco, ai
Prati di Castello, dove setle poveri operai furono sepolti sotto le rovine i
del cornicione di una nuova fabbrica. Gli operai muratori volevai» teoerej
una grande adunanza sulla piazza deiritidipendcoza, per discutere U\
questione degl'infortunii del lavoro. Ma la Questura non ha permesso |
l'adunanza che io luogo chioso. Il *34 [loi si celebrarono i funerali
disgraziale viuime. Riuscirono solenni, e vi assistettero molte niigliaiftj
di persone. Prima che i carri giungessero a Campo Verano furono dal
alcuni ojH^rai profTcriti dei discorsi piìi o meno sediziosi, e tulli ÌD(i>rmati]
dalle idee del più schietto socialismo.
4. E poicbè ci troviamo a parlare delle di.sgrazie accadute agli operai]
dei Prati di Castello, ecco alcuni particolari sulta Lega « dei Figli dell
Lavoro >■ di Milano. Questa società pretendeva il '2B marzo, giorno di]
domenica, inaugurare la sua liandiera; ciò che non fu consentito dall
prefello Basile. 11 Secolo, sempre propenso a tialtem le mani a tulio tìit\
che ba carattere settario ed anarchico, condannò il prefetto, parent
COrTTEKPORAMEA 243
^imostraiione «iella Le/ja (osse innocua, come tante che si Tanno
Ittsi ogni giorno in llalia. Il Corriere liella Sera però è sialo di cod-
tnno avviso, ed ecco le ra^'ioni su cui si appoggia per direndere il
Mcreto dai prefetto. •• Ci dicono che la proibizione sia .siala con<)igtiaUi
^l'aDloriU da uu complessai di considerazioni che si collegano coH'altiva
Ipropagaoda che il partilo socialista fa dapperiuiio; e più specialRKOte
^Ita coosiijeraziooe cbe nell'occasione delta fesiicciuola organizzata «dai
Ì5od«li.^i milanesi sarebbero convenuti a Milano gli elementi più Torosi,
piti iiirholenli, piìi < pericolosi » per l'ordine delle vicine citUi e ppovinoe.
Uaesu potrebbe essere un'auejiuaute algrave provvedimeuio pre^ dalle
aiitoiilà. >
Una circostanza deijuu di nota £ che gli operai componenti in Milano
K^ dei figti del Lnvaro occupano nella gerarchia anarchica un
eminrnit. « I soci di questa lega, prosegue il citato Corriere,
>«,-.jiscoQD la parte più rac]i<»le del [urtilo anarehicn milaii'as^ Sono
gfintnosigenti del radicalismo; ripudiano o^nì sistema, ogni si>etliejite
dinuu cosi di transizione per raUn;i/.Ìone del loro programtiia; non accet-
lìDO la teorìa dell'evoluzione; e confidaoo unicamente nella rivoluzione.»
5. Il giOTDo 29 marzo arrivavano a Roma il generale Pozzoliai, il
coiometlo brigadiere Saleiia, il dottor Nera^zini ed altri ufTIciali redud
ila Ma^saua. Il PoiMlini fu subito ricevuto dal ilobilant e dal Ricotti.
uolini insiste nell'afTermare che il Negus non l'ha ricevuto sol
si trova impegnalo in una guerra lontana. Però spedi corriere
corriere a Massaua, usandogli cortesie che t>on lo lasciano dubitare
buone disposiziotti del re [ohannes verso l' Italia. Cosi conveniva dire
a) sgDor generale per coprire il suo fiasco diplomaiico; ma ciò è smentilo
ùl htto che il Negus, cedendo ai consigli della Russia, ha dichiarato
Idw uè ora né mai vuol avern che fai'e cogli Italiani; Timeo Danaos
\d ioìut ferentes. Intanto l'Italia, tra dnui, ìndennitè di viaggio, paghe
iat^preli e simili ha speso [ter (juesia famosa spedinone piìi dì
301} mila franchi. Poveri contribuenli I
Il ministro Robiinnt, per quanto gli alibia detto, e per quante cooside-
taiiuoi gli abbia jnsle sotto gli occhi, non ha [nlto buon viso al gene-
nle Poz/oliui; e se noi non siamo male infunnali, abbiamo ragion di cre>
tee che gli abbia anzi ro^inifestaLo il parere, che oramai è t«npo di
Koirla eoi lisciare e lusingare l'Abissinia. e pensar piuttosto ad incuterle
timore. .Ma sta qui il no^ìo! I^ mnraliià poi di questa rollila spedizione
t, die l'occupazione italiana in Africa, l)en lungi dall'avere procurato al
W» b ricchezza, i commerci, te alleanze promesse, gli hanno fatto
buiare i quattrini e le vite dei suoi soldati, per raccogliere coll'umi-
liuime di un rifiuto palhato, un pugno di sabbia in un lembo di terra
«liiiiso fra popolazioni selvagge e nemiche. Buon per 1" Italia però che
spedidooc 0 imbasciata che si voglia dire, sia andata iu fumo e
344 otoKA»
non si sia corso il pericolo di dover fare nuovi sacrifici!, non più per
occu|ar isole n spii^^c descrie, ma per veudieare l'ooor nazionale, E
parliamo dell'onor naziouale e non del resto.
6. I^arlammo a sud tempo del proces-so che s'è Tallo alle Assise di
Venezia dei contadini di Mantova ; ora convien dire della loro assolutom
e dei iripudii dei sodali^ii. Per chi hi ÌDraiiì occhi per vedere, è ab-
bastknM rhiar.i la (mìricideiiza del verdetto assolutorio coi falli del Belgio.
1 quesiti a cui dovenii'i rispondere i giurali erano molti: e rienlraU,
nell'aula delle Assise, si die loUura del verdello. Nessuno dubitava cbt
saretil<e stalo ìnlieramonle oeipitivo per tutti; sicché appena n»ilo, scop*
pìarviuo applausi rreoetici. Uridavasi a squarcia gola: £crw't la giuria
v«n«siattn / la giustizia italiana ! in Difesa. E poi : Viva C^Tieri /
viva Vt-ntiln! viva Mantowxì Durante la firma del verdetto si seoi«
di fuori il suono di una banda. Echei^^^iano nuovi apptaitsf. Firmate le
questioni, rientrano gl'ìmpulìiti. Il presidente pronuncia l'assoluiione fra
applnusi fragorosi. Gl'imputati venic^ono rilasciati in libertà, e la folla H
acconipa),;iia c/in la musica lino a San Marco. Ivi la tkanda suona l' inori
di (ìarihaldi e la marcia reale. Knirali i difensori e gì' imputali all'al-
bergo de! Capju-Ho nero la genie si sbanda. Venuta la sera iwrft g]ì
operai olTerscrn un hamrheltn agli imputati. K qui lasciamo al Corrien
detta Sera ili Mitano di niccotitarr i [larticolari di questo bancbello
sQcialisiìco. « Krano le 0 poroerìdiDiie^ o gli assolti del proce.'vso di Man*
tova, ìmliarcatisi su un va|iorelto in Canal (jrando, andarono fn Cana>
regio, sbarcando a San Geremia, ov'erano attesi da gran folta con banda.
Recaron.si in un orto privalo, ov'ebbero la ref&tioue offerta loro dagli
operai. Si apri una collctta che fratto duecento tire, le quali furono dj>
slribuiic ni^li ass'iUi poveri. Sempre i solili evviv.i, sempre l'inno di Giri-
baldi. Alle oUo la comitiva ritornò alla spicciolala in piazza San Marco. ■
(^i terminava questa gazzarra! La difesa inuintn fa stamp.ire un re*
socontn .stpuografìco del dibattimento in tre volumi, a beni^flirin delle
raiglie degl'iniputali poveri. Ogni volume sar.t messo in vendila a 40
tesimi.
Questo è gii il terzo processo politico che nel breve giro di sei
lìnisctì con un'assolutoria.
7. Il fatto che saremo per raccontare è avvenuto in niella, la
di quel gran nemico del Papa e della Chiesa che fu Ouiolino Sei
venne lestfe riferito dall' UnUà Cattolica n. 76. Si trattava di uo
numento a Garibaldi che il Mimicipio di Uìeila ave» volato, sin dal
in cui li preteso eroe passò all'altro mondo. Sena tener conio e
delitterazlnne di un monumento a Garìtialdi ^ra un irasc»;ndire le atUh
buzioni dei Municipii, limitate ad interes.si escluuvamente locati, il Uo-
nicipio biell&se nella seduta consdiare del 12 marzo, deliberava sulh
concessione dell'area pel monumento, Questa deliberaiiooe porse il Aemn
COn'BMI'OftANF.À ?45
vao dei Con.qglierì di cimpìem un stin clm vimt essere additalo come
ipio <1> imitare da tulli quei Consiglieri che gli eleUori catLoiicì miD-
a far parte dell'azienda comunale. Sopra 17 eonidglieri vnianli,
diftkro il volo io favore ed 8 conii-o la coaoessione: Ira quest'uiiioii
n il sigoor nouio Secondo Caticint, fratello al celebre avvocalo, il quale
w ragione del propno roU) dicendo pubblicamente che J' avrebbe dato
Kgilivo, perch* i suoi priocipii reli^'iosi cosi Io consigliavano. (Juesi'aiio
nri^oso e d^nio di un vero cattolico fece entrar la stizza addosso
tì'EcK dell'Industria di Biella; ma tutta la rabbia del foglio gspibal-
Im doo torrA al Caucino il vanto d'aver votalo contro una cnncp.tsione
Oe^te e p»lesat« eoram popttJo le rai^ioni del suo rifiuio, (Jiiindi ri-
Dttmmio niefliorabilì le parole, che in quiìlla tornata fiimno prolTeriie
dall'egregio (^iMisii^liere caltotiro. « lo non posso separare nella vita del
^aerile ()ahb.il'ii gli atti die applaudo ed ammirn, da quelli che di-
Mpprppo e àrpìorof
8. Che in vario pmvrnriiì d'Italia sì vadano manÌf»sLando da qiial-
Ai lampo dei sintomi di sociaiìstuu, è cosa che sanno Uitij e flie tulli
lOSMioo veliere coi jimprìi occhi. Narrammo pid sopra tlfirinaiigura^ione
Min ban'lit?ra che La (ryn dei fifflì dH lavoro per divieto del prefello
Hit |piiè rjr«, come si voleva, in pubblico, e d«'i tripudiì socialisti in
Vwila per l' assolutoria dei Contadini maniovaoì. Or t>ene, in una coi^
ri^oodenza in daia del '29 marw all' Unità Oafto/i<yi eccn quanto è
Alto Krìlio da Casale Mo(ir»rraU). « I villaggi e hnrMlii dei più fertili e
licdii etili del basso Motirerraln sono fatali scelli dai capoccia del so-
(iattsnio a campo della loro azione; e reggiamo in cerio modo l' apo-
lli del socialismo. Si mandano alTiggere preventivamente in qualche
borico manire^ti, che annunciano per un giorno liscio festivo F. irrivo di
ino dei i-ap) della L'gn ilfi figli del lavoro per tentarvi conferena e
Ubilire la Sodetà. È prodigioso rcfTelto che produrie il mnniresio, o
iji vcramenie l'opera di porhi agenti secreti: le spiTiinzc pifi tnrredi-
tilt e le til'pie più inconcepibili s'impadroniscono dei;li aitimi; dall'uno
III* altro individuo e dall'uno all'altro villaggio si comunicano con ra-
lidili inrn'dibile, e l'apostoln soi'inlista ^ sicuro di essere circ uidato da
noliiiiidmi aiTallate e di es.sere frenetica m<>nl e applnudiin Tah Rceno sodo
avvenute a Fra.ssinello, Vignale. MiraliuDo e Caniagna: in quest'ul-
,'0 una turba di olire mille persone scese Un) alla sia/ione del
disiatile più di un chilomelro dall'abllato, e, in barba di tulle
aatorìU di polieia, con bandiera rossa scarlatta spiegata, senea che i
carabinieri presenti potessero osare di cimeniarsi colla moltitudine.
lOODO che l'apostolato s'icialisiico sia aUìdalo a quattri operai milanesi
si qualificano meccanici, bronzisti, e torse le loro mani non Jncal-
mai in ofiere meccaniche. »
corfisiM)n' lente ikù aggiunge quest'alii-e rìnessloni per dicooslrare
246 caonACA
che la coDiloiia de MooreiTtni è del e-tti bile. < \j& condì/ioni, egli
dei lavoralori dei colli m(»)rerriuì noo sono paragosabili con quella
M.iniorano. Qui naa t oonoscìiiu la pella^a, e il bracciante nelle ai
naie ordinarie A ben relribnito: in inedia negli anni passati giiadagnam:
più di due lire al giorno, iu primavera anche tre e seniprtt tiou un Utroi
dì tiuou vino... non conosce pane che non sia dì puro frumemo, vesuj
deconiemenLe e anche crm un po' di lusso. Neijlì uhinii due anni 6 veroJ
sono sopravvenute delle disgrazie e gli agiialorì lian saputo cogliere ili
turo tempo per trascinar l'onesto coltiratore alle più rovinose imprese. •]
9. Scriviamo questa cronaca in Firenze epperó potremmo Darrarelal
rivoluzione dei luiuoh corrigendi cotne ci è siala raccontata da persoMj
degne di fede e Lene informale delle sarete magatane di quel poveraj
istituto. Tuliavi» amiamo oieMlio di riferire il triste e lamentevole casa'
colle parale delta Xasione del 30 marzo, lasciando aì lettori la lit>arU
di farvi sopra le loro ntlcssinni.
« Nelle ore ponieridiane di domenica un buon numero di «orrigendi,
guidali da alcuni sorveglianti, si recarono ad una pa.'tioggiata a San Do-
menico di Fiesole, e via facendo sei di essi riuscirono per poco ad eludere
la vigilanza delle guardie e a darsi alla fuga; ma due vennero dulie
guardie slesse subito raggiuoii, eoo poca eoddìsfozione dei compa^.
Tornali i corrìgeDdt dalla passeggiata allo stahìlimt^aio, renarono e, .sapula
la fuga dei due, si moslrarono sdegnati perchè quesLi fosisero stali riprea
ed anche maggiore sdegno provarono quando . conobbero che i dme enm
stali puniti e chiù» perciò nelle eelle. L'intervento del direttore peraltro,
parve t^asiasse a calmare il malumore, e nella fiducia che gli aaimtàj
fossero pacificati, non si presero nella nottata staordiuarie precauzioni.
« ieri mattina, lunedì, v^.rso le 7, ricevuto l'ordiue solito, dopo k
refezione, di recarsi lutti ai rispettivi lal)OratorÌi, i minorenni dìsobbed^j
rono; e circa la metà dei 140, ette si irovaoo adesso in queJlo siabiU-
mento reclusi, sì portarono nel piamone, presero in dileggio il diraiore'
e i sorveglianti, quindi si ammutinarono nel piazzale stesso. afTerraroi»
dei tavoloni d» un capannone che appoggiarono al muro, il quale divide
i) pianai dalla strada, e {irocurarooo fanwne strada per fuggire. E^i
poiché ì sfirveglìauii tentarono d'impedire quella fuga, i ragazzi si died9ft|
a raccogliere ì sa&sì, ruppero le vetrate di parecchie finestre e coromijer»
altri guasti.
« Visto che l'aramutìnamenlo prendeva sempre più gravi proporziOBl» i
a che il personale dello stabilimento sarebbe stato iosudlcieiile a frenarlo»
il direttore ricbie!<e le guardie di puhblÌKi iùcurezza alla promma is|Jt-
ziono di Santa Maria Novella, contemporaneamente avvisando la truppa
della caserma di Ognissanti. Uiuiiti per allro e guardie e snidati eo-
rabìnieri, si trovò che gli ammutinati avevano chiuso e con molla d^,
strezza assicurato il cancello di ferro che mena nel pianale, tanto
COTfTSMPORAnEA
Modo carabim^rì, goirdie ed un gro^i$o plotone di soldati do] Mcoado
BgfCliDeolo, guidali da un sottoieneRic, si presentarono Innaniti ai fioltosj,
oesli si diedero a liDCtar sassi contro la forza e riuscirono a cogliere,
Da produeendo loro aoUanlo contiutoni l«ggier«, una guardia di put>blica
inirezu e tin soldato. Forzata iodi a poco la porta, la truppa entrò nel
portile, altorniò gli aminuiinaii che vennero dalle guardie e dai reali ca-
rabinieri arrestati in numero di 50, e portati subito nelle camere di ni-
tunrua della sezione di ^nia Maria Novella.
« Giungevano frauanto sul luogo l'onorevole nostro prefflito col suo
Kgretario caviiliere Aschel, i) questori; col delegato Seul, il colotuiello
U lecoDdo reggimenio, il capitano dei caralrinìeri; e l'ispeitore della
sedoue, e itello stesso tempo, tratti dai camliinieri, arrivavaDo altri ire
dei reclusi Tra coloro che erano fuggili il giorno avaoii, duranle la pas*
!<^giata ; tanto che uno solo rosla a trovarsi, e i^i fanno in projXisiU)
leeurate ricerche.
« 1," onorevole nostro prefetto ordinava che si procedesse subito ad
iH'ìiicliif>-«ia auiministrattva, che etibe luogo con t' intervento anche del
' ro di prefettura cavaliere Uarbìeri. Intervenuta quindi rAutorìlà
...^.,.arta, essa ordinava la immediata traduzione degli arrecati al car-
cere delle Murate, ove sì trovano adesso a disposizione del TrilMinale. »
la Nei gi-^rnaii di Geoora leggiamo, che giusta le cnnclusioni del
Procuratore generale di quella Corte d'appello, sono stati di recetite rin-
natì, non alle Assise, ou al Tribunale correzionale dì Massa Carrara
^individui tutti operai e lutti giovani dai 18 ai 30 anni, ad eccezione
di 00 solo che ne ha 40, accusati di associashne di maìfaltori • per
»ere in Massa, nell'anno t8Br>, fatto parte di un'associazione di mal-
umori in numero non minore di cinque, organizzata affine di delinquere
fiBDtro le persone e contro le proprietà, denominata iniemndonalc nnar-
cUm 0 tlti socialisti, con iscopo di ottenere violentemente la cosi detla
eguat^hanza sociale, mediante reali cniiiro le persone e contro le proprietà;
e di ostrìiigere cou violenze persouali, ad associarsi nell'associazione
nloro che richiesti non vi volessero appartenere. »
]l deputato radicalissimo Andrea Costa ^ montato su tulle le furie
perrht: a colesti poveri a>isodalÌ si sia ditta la qualifica di tnalfatiori.
E in un articolo, che porta il suo nome, puhhlinalo da quel laido gior-
" I che è i! Messaggero tli Roma del '20 marzo, intitolalo: « Un
, f>ce>% uifaniel > cosi sfoga la sua bile socialistica: < È una
libidine di persecunooe — libidine da vecchi e da ìsUluziont cadeoll.
Come !« non bastassero L processi di Roma e dì Venezia; come se non
bau»se (pit-lb di Padova, ecco il Procuratore generale di Genova, che
vuole siano rinviati non alle Assise, ma al Tribunale correzionale di
Hassa iJarrara) l>er rispondervi dei T^:k\.o tV Associaxione di maJfaUori,
cioè dei reato dì ^s^tt socialisti, i cittadini... (seguono i nomi dei 36 ac-
rfiA
a*
248
OtOffAC*
cmaii). Quali \wcief\\ abbiado dalo orione a qiie.tto processo, dirà altra
volta. Fr,iiiaiilo, imporla richiamane ro{iiriìoup pubblica sui conliniii d»
ittli che si roinmm'inn (tall'atiioriià polìlica e dalh magisiraliira t^onin
la libertà i}i>i cìuaditii. 1^ tempo che i processi poliiici finiscano una mila.
11. È a lutti ijriia la questione dei rigori da/iarìì adottali alle portA
delta ciliA di Milano da un certo signor Gerii, uomo del lempo, d'accordo
colla Giunta, composta di lìlantropi del pìii pur^) saa^iie Sulla legìUl'
raiU, od almeno Miiropjtoriunilà, d'introdurre huove ancjheric, ora ebi
bollono l« pasMoui popolari ])er le cattive condizioni economiche delle io*
dustrie. non è qui il momeato di discutere. In ogni modo questa è slatt
la causa ed insieme 'il pretesto del coalcontenio. i cui elTellt sono staU
dcplorartilÌ!>.simi.
Da qualche tempo succedevano alle porte tutte le matiinf delle scese
{nij 0 meno violenti tra guardie daziane e operai, per 1' im{>edimento a
inirodurre in città più di mezia libbra di panf^, n\m.n litro di vino eco.
Il I aprile alle ore 7 ani. in seguilo alle dispo^noni adottate dal MiH
nicipio, onde far cessare l'abuso dell'introduzione io città del pane ia
quantità eccedente quella tollerata dai rcKQlamcnli daziarii mtlti operai
commisero disnrduii al Dazio di Porla Tenaglia, volendo rilicllarsi ^
agenti daziarii che nhhedivano agli ordini rinevuti. Fumao lanciali sasà
contro l'ufTioi) d^iziario, che sj)ezzarono i veirì e Terimno alla l&sla una
giovinetta quitidìCBiitie. .\ccorsern ì questurini a prestar l'oitera loroagH
imfHegaii del dazio, e furooo falli molli arresti. In quello che qucAie soeM
avvenivaim a Tona Tenaglia, compariva sulle cantonate dolio vie j^ìl
conlrnlt e specialmente nei sobborghi un ainsso che invitava gli operaj
pel giovedì sera alle y a trovarsi tuUi rioniiì in Vìvua del Duomo- pei
recarsi a protestare contro le infami dispo:4JzÌoni del Municipio.
Alle i^ della sera di quel giorno ta Piazza del Duomo forniìcolavaA
gente. Si incontìnilò a gridare lAbasio il Municipio! abloftso gli afjfi
motori f ahtifisso i sciorri/ alieraali da evnva agli operai france,si e beli^.
Dalle grida si pass6 ai fallì. Si presero i .sassi lanciatidoli centro le lais*
pade a luce elctu-ica e i fonali da gaz. Indi si andft innanzi nelU sas
.«aiuola contro il negozio Campari. Fu allora un precipito-^) chiudere i
BCgozii della Galleria Vittorio llmmanuele. Frattanto dalla piazza delti
Scala giun>{evan') carabinieri e guardie di questura, .avvennero colluUi-
zioiiì fra militari e giovani borghesi, squilli di iromlia, arresti di ragazzi.
Fu uopo che iniKr venissero gli Alpini, che a passo di corsa atiraversaronO'
la piazza del Dunuio per farla sgombrare^ ma era la fatica delle Danaidi.
Vers I la me/,zau'>tte, quando ancora molti curiosi sUiuisvan'i vicine
al Duomo e sulla gradinata della cattedrale, il que.<4ore volendo OatM
ogni cosa, fece caricare la folla dal battaglione degli Alpini : la fuga ^
stata generale.
Gli arrestali sono 7ò; e il Frocuratore del Uè gli ha già iuterrogltl
CONTEMPORANEA S49
itniaDdoli al Tritiunale correzionale <toi(o l'accusa di JtìMìhne amano
wrmuta in numero m^jgìore di tre con atti di vioìenaa.
Anello ritiiloni;!»! sera una forza iinmen>u occufav.i la plagia del
Duomo e le vie adiamuii. Tuli) i iiegozìì erano siali chiudi a tempo. Dn
i^eraio parlA alta Tolla loviiandota ad essere calma; prf)po^ d'inviare
m commissione al Sindaco |wr esporre le iai^nanze dei lavoratori. AN
lora la dimoerò zio ne avriossi verso il Municipio, aura ventando la Gal-
leria; ma Qrin prima era ^uma in piaz/a didla Smla, cIik si irov/) n ri*oule
Mia Toro piiUlilica, la qunlo dopo raili molti arresti, la sgtmilirò suliiio
eoa uaa 0 più cariche di cavalleria-
Iti.
C03B STRANIERE
PSVSSIA (yo»tra carrupand-'nza) — l.La jitìlilica («IjTìi. — 2. Lft li^ contro
rrti-tm-iitn p>tar€0 ncllii l'iuwia orientJtle. -^ '3. Il KHlturkampf. — 4. La legxe
contro i svclalìsl). — 5. Il bilancio ili-irimpcni, e. il cnnide Ti-i 1 mari Uiiltico e
CavuùKO. — & Il rionlìnBmftnlo del partilo cullolico nel gr»ii^luc;)to di UiiiJen —
& Va ADOfo ponna sul Mf^siu,
1. Da parecchi anni le relazioni uRìciaU tra la Francia e la Germania
uno eccelleoii; negli alTari coloniali, soprattutto, i due rinv>Tni han pro-
adoto di pari passo e si son resi servigi scambievoli, tn questi ultimi
lonpi hanno concliiaso un trallalo dì conlìnaziotie de'ritpctilvi loro pos-
MESi io AtTrica. in forza del quale In Gemiaoìa ha ceduin alla Francia
lÉefae ooQ uè abbia ricevuto. Negli alTari d'Oriente e d'Kgiiio nessun
èaeoordo tì è mai mantfeAtato fra loro, e ordinariamente gli srorzt delle
due potenze lenddno al med'jsiino lino. A malgrado, pert», di questa biiona
intelligei]£a, la (k-rmania «oo pensa a partecipare ullicialmenle alla m»
itra ouiversale, che sia preparandosi a Tarigi pel 1889. Certi fogli ulfìcìost
pnteudouo di sapere che le maniresiazioni antjgcrmaiiiclie della lega dei
PllnoUi, le quali è da prevedere che di v«rre libero più spiccate per la
pNMOza nella mostra di una sezione tedesca, sono una delle cause del
rìfluU). D'altra parl^, la poca <li.4posizioncdogrinditstriati a cariran;i delle
ipeae ^ravissitne d'una mostra fuori della tìermania, è certamente una
r^toae serÌ.<MÌma. Nel 1878 la Germania non partecipò alla niQ.>4ra uni-
•enale di t'artgi: ed appunto da quel tempo iji poi i Francesi, gli In-
glen, gli Olandesi ed altri dolgonsi cotanto amarami^nie della concorrenEa
gennanlca negli altari indusiriali. Il vantaggio delia pariecipn/inne a
4CaUa tnosira ^ io conseguenza, pur Io meno diihbio. Io credo, d'al-
iTQBda, poier asserire che il nostro Imperatore e il suo governo ripugnano
I lar figurare il paose io una .solennità preordinata ad esaltare la Rivo*
luaQDe e con e.ssa il regicidio. Quanto all'Austria, la partecipazione è
950 citort&CA.
assolulamcnte impossihtlR per essere un'arcìducbessa austrìaca siala messi]
a morie rtalla Rivoluzione. Anche, per seDliiuenU) d'amicizia inverso lAil-J
Siria, deve la Oermaoìa aslenersi del pari cb« la Russia.
È cosa ormai certa che le grandi poieaze Uniranno eoo imporre il]
loro volere agli Slatj della penisola balcauica, e che coiti la pace geo^•j
rate sarà, per quest' anno almeno, assicurala : ciò. peraltro, wm toglie ^
la condiitione di essi sìa oUremodo precaria. Si la Grecia come la
si SODO ingolfate, a proposilo di guerra, in ispese assoluiamente
zinnale a' loro mezzi, che sono di gran lunga insuRìdenii a sopportare:
spe.se ordinarie: ^ quindi da temere una catastrofe late da mnanro a ^n1
rischio l'indipendenza di qiic'duc Slati e far nascere gravi dinicnltl N«lj
mentre che i laro Governi sono ben lungi dal farsi notare per desir
e («r elemenii di stabilità, il L,'tuvìne prìncipe di Bulf^aria sì è cbiaril«|
gran capilano e reggitore di piipoli dou meno vigoroso che perspicace.)
11 suo Slato giovanissimo, con una [lopolazione semplice e operosa, semi
adunquiN riunire assai mÌ{,'lìorÌ condizioni d'esistenu) e d' .tvvenirc, di
non la Grecia e la Serbia. ì^ ipiesto un punto, che non va uiai piTdaMJ
di vista.
'2. 1j6 terrìbili minacce scagliale, nella seduta del Undiag del 2tfj
Daìo, dai prìncipe Cancelliere routro i Polacchi non han tardato a ira
io fatti. DairS al 21 di febbraio, non meno di cinittie disegoi di
oontm le p'^polazioni d'orione polacca sono stali depositali nell' ufficip|
della seconda Camera. 11 primo domanda un credilo di 100 inìliooi
l'acquijtlo di proprlelà eque^rì apparteneutì alla nobìliii polacca,
dt trasformarle in colonie tedesche. Il secondo abolii^ce Utili i dirit
Comuni, della Chiesa e delle corporazioni sulte scuole primarie, per(
ferirli esclusi va mente allo Stato, che eleggerà e destituirA quìnd'ii
a suo talento, tutti quanti gV istilulori. Un aliro disegoo cnnfèrij
auioritik speciale il dirìlio d'iniligt^er punizioni a quei genitori, che
mandino i loro figli alla scuola. Un quario disegno conferisce aliai
ildinlto esclusivo di elcgjjere medici vaccinatori. Altro disegno di
per ultimo, domanda un credito di '200,01)1) marchi per istituire, io 111
cittì p comuni, alcuni corsi dì aduUi, che ì giovani Iton all'età di 18;
sarebbero tenuti a frequentare. Sembra, oltre di ci6. che sliausi medU
alcuni atlri disegni lendcnli a iraiiformare per forza i Polacchi in Te
I primi due fra gli accennati disegai sonn .siali discussi in adt
pnma d'esser rìoviati alta commissione. Aoimatissima, e talvolta vi<
è stata la discussione. I [H-incipalì argomeDii del Governo coosisl
ralTermazioue dei progressi delli liiii,ma polacca a srapito della
e nel rimprovero ai Polacchi di aspirare tuttora al ristabilimenti) >
Polonia: ma questo è tulio. Non si riusc) a provaro che ì Polacchi
più rivoluzionarìi dì tutti gli altri sudditi prussiaoì; come dall'altro
fu facile il rìdurre a oieule le aflTermauoat del governo. Dal 181 o m
mero dei Tedeschi si è triplicato, laddove quello dei Polacch) si è soltanto
nddoppUto nella provincia di Posen. Lo stesso si dic^ per la provincia
della (Prussia occidentale. M rimprovero che i cattolici tedeschi diventano
Polacchi è a <<.iinjcienza confutalo dal Tatto di esservi oggidì S^OOO cat-
iMìci tedeschi nella provincia di Posen, dove nel 1815 non se ne conta-
vano che 100,000. Da quel tempo in qua, '200,000 ettari di proprieià
«jaesire sono passiti dai Polacchi ai Tedeschi, i quali ultimi pnsse^^no
al pffcseole eirca itn lenro delle propri)>Là lUesse. K ora si vuole eeipro-
priire, iD via ammini8tmli%'a, i 'iSU possidenti equestri pniacclii, che tul-
liTi» nmaiijjofiri* I signori Hnene, del centro, e Gerlach e Meyep, con-
tervatori, tian Tatto risaltare che questa coloniz^azioue amministrativa non
approderà a aieote,e che i 100 milioni passeranno, a titolo di mance e
blòrct di altri raggiri, nelle mani degli sTacciali speculatori, onde sono
ideatale le province di che si tratta.
1 deputali del centra, soprattutto, ^ sono vivamente levali a combat*
t*re l'estensione all'Alta Slesia delle leggi concernenti l' insegnamento,
l' 1,100 000 cattolici parlanti un dialetto polacco, che abitano quella pro-
lincia. Don han giammai mostrata la menoma simpatia verso la Polonia,
hvMÌ trovansi scpnrali da cinque secoli in poi. Quelle popolazioni sono
frtissiaiie per cuore e per iradizime, ri^ han conservato memoria alcuna
della Polonia, cui il loro paese non appartenne che per un tempo brevis-
sitno. Quanto al clero cattolico, è un fallo incontrastabile che neir.A.lta
Slesia, del pari che nelle province di Pos^n e della Prussia occidentale,
i}r6lt jiredicaoo dappertutto ìn tedesco, allorché questa lingua ^ parlat^i
jalle l'ìm pecorelle. Se un rimprovero potesse muoversi ai preti, quello
.viroIiltH iHuttosto di consaenre, io proporzione del proprio numero, assai
piii tempo alle loro pecorelle tedesche, che non allo polacche.
1 ' r i'ìiie all'Alta Slesia delle leggi, che Tanno della scuola uno
flr 1' i>oStalo,è tanto pii'i significativa, quanto è eccettuata in questa
i-jne la provincia della Prussia orientale, quantunque essa conti
• i-v">-' abilant), che parlano un dialetto polacco. Se non che, questi
700,OOU abitanti proTessano il proleslaalesi mo, laddove i cattolici del-
I VErmelaod, loro vicini, sono Tedeschi. Di che, kIì oralori del centro non
ban durato fatica a dimostrare che queste leggi d'eccezione sono prin-
dpalmente dirette contro il cattolici srno, che sì vuole estirpalo a ogni
cosio. Kntrate tuta volta in vigore nelle province ove sono dei Polacchi,
verranno altresì introdotte nelle province tedesche cattoliche. Il line, cui
mra il principe Uismark, è sempre lo slesso: estirpare il caltollcismo.
La presfintadone di questi disegni di legge ha de.stato gran sensazione
nliitta la (ìormama- .\l di Tuori del contro, chi vi sì oppone con maggior
vigore sono i l'olacchi e i progressisti. Uno de'capi di questi ultimi, il
«gnor Virchow, ha fauo risaltare che il più gran pericolo della nermania
e nel panslavismo, onde la Prussia si è fatta rappresentante e &tru-
CflOMiCA
mento. I Polacchi saranno tutto quel che si vuole, mn sono avvi
risoluti del |uosl:ivisuio ; pt^r com^egiienu, sono piuttosto nosiri alU
che nostri nemici. Altri oralorì han fatto notare che le leggi proiMsle
(ìovenio. liiDgi ilal rJcoi)cili.ire i Polacchi con la Prussia, non faraano
ina-^rirli^ e lendtìrli neiihci ìrreconciiiubitl e oliremodo pericolosi.
Ma lutto ciò a che vale? Gli oratori dei oonRervaiori e dei nazioiu
lilierali han super-ito se stessi in puoto di servilità, ripetendo, e anzi r
ivtramlovi sii, gli ari^'onwoli zoppicanti del Governo. La na£Ì<>iialiià gì
manica, ouU'allro che la aazionalili germanica, e la distruzione dì >
altra; ecco tutto il loro rajjionameolo. Tanto enf-i quanto il Governo
si sono accorti del tono, che facevano alla Germania col dare ad tnienA
che e$sa e la sua civiltà sono Tnìtiacciaic dall'invasione [«lacca. F
coaservatori, due soli, cioft i signori Mcger-Arnswalde « (ìcrlacli, haa bi
prova d'indi [tendenza, rìlrneiidosi dal loro partito e prendt^udn le diJ|
del diritto contro l'arbiirio. Nella stampa stessa, i fogli progressisti h
fatto risaltare che il principe Dismark non sa fare as<iegnamMtto che su
foHM brutale, applicata da un'amministrauone ben congegnata e condfll
con rigore .straordinario. Hgli s'immagina di poter tuuo ottenere con fi
plìcaziniie della tara; l'imperio delle idee, le convinzioni, ì sefllìme!
non M)no nulla per lui. Quindi è che le sue leggi antìpolacclie i^li farao
provare lo stesso dihinganno che gli ha fatto provare la sua campaitl
del Kuliurknmpf.
3. 11 quale Kuìturkampf min adesso in nna nuova fase. Può dar
che il lìoverno prussiano abbia <;oltnposto al Papa il nuovo ilisegon
legge ecclesiastica; ma è assolutamente impossibile clie il Papa,
grado delta sua estrema condiscendenza, siasi risoluto ad a|iprov;
disegno è concepito in termini ingegnosissimi e tali da far ci'eder^
la PriLisia voglia lasciarsi andare a concessioni; laddove essa cerca
camenie di e-scguire le legni dì maggio souo un'altra forma. Il di:
abolisce l'asame ufficiale per i [»reli; permetie la riapertura dei sei
e il ristabilimento delle pensioni ecclesiastiche presso i ginnasii, che
nero un tempo il luogo dei piccoli seminarij; ma sottopone iati Isti
alla vigilanza e airispezione dello Stato set-ondo le rcgol« generali intoi
al pubblico ìnsfgnamentfì. Il disegno sopprime il tribLinalc ecclcslasti
ma ne trasferi.sce i potori nel ministero e nel Kammergerichi di Beri
Uuaste autoriU potranno, adumpic, mantenere nel suo iinirid un
quando l'autorità ecclesiastica glielo abliia ritirato; imtninno, alU
volta, destituire Vescovi e preti, dichiarandoli incapaci di adempiere (T
innanzi il loro ministero. É uaa destituzione in regola, s^za usai
cabolo destinato a signìHcarta. Si vuole con questa legge
Vescovi ad aflidare i loro seminaristi alle università, i cui [irol
de*ti dallo Stalo: imperocchi" sì sa benissimo che i Vescovi non
accettare giammai la vigilanza dello Slato sui seiuìnarii. U line é
CDNTEHPOnANEA 3j3
»le»io: mloiidere oelU Chiesa lo spirilo anlicaltolico, e reoderla sog-
gelU alto biaio.
È impossibile che quesia legge possa. Delta presente sua forma, essere
«cottau dai auolici. Frattanto, la stampa unkiosa e lilterale si sforza
dìlnrre in inganno l'opinione cattolica, rapprascriLintln il disegno come
un it^Uodono assoluto delle leggi di maggio e come ujia smt>uiiia, che
ioAigge I s>'> ste.'vso Io Sialo. Si noti però che i caiiolici non si lasciano
pmdere a simile tranello. Dfil rei^lo, le autorità non fan nascere alcun
Adibio circa le loro intensioni verso i medesimi: di questi giorni, hanno
■fttlso un prole della diocesi di Miinsler e un altro delhi diocesi di Posen
per « esercieio illegale d'ufììci ecclosiasiici. »
La Cifra totale delle rendile sequesIraLe a danno dei preti caliolid
ininonta |ir<:^uteaieoie a \7)fi'i2 I3ì marchi, che è quauto dire a circa
% milioni di franchi.
Gh Arcivescovi e Vescovi dell'Australia, raiioaiì in concilio a Sydney,
MUn la presidenra dell' BiTio Cardinale Moi:in, inviarono il 9!f novembre
OB iodinzKo di congratulazione all' Episcopitn ({crnianico, di cui commen-
daao il vigore e la perseverau/a nel difendere la causa della Chiesa. I
nnwrabìli prelati sì cougratulnno aliresi col clero e coi fedeli della Uer-
iBuia, c\w. con la loro unione e sommissione rendono certa la vittoria.
4. Il (tovern<i questa volta dotn;iiida il prnl un [f amento della legge contro
1 sociali.sli, ^fouendo in sodo, mediante mi fiiLtispecie assai patetico, che
qwela le^e non ba pii/toriio luLii gli elTeiii desiderati, e che per coq-
agaeuu n]\ è imimssihile farne di niLMio. II signor Wiifdihopsi ha pre-
aealala una scric d' eiuemia menti, che han per oggetto di togliere alla
logge il suo caratiere d'eccezione o preparare per tal modo il ritorno alla
Jflgge comune. In uo discorso, r:he ha destalo gran .sensRziiine, rìllu.stre
capo del centro lia esposto rrnsulTìcieoa e il laraiiere pencidn.so della
Iflgge. i cui eflcilì principali sodo stali di ristabilire l'accordo fra le di-
^■■iiftle socialiste e far nascere nel loro seno VatiurchisDU) e il ni-
• >. Gli attentali, cui nel discorso $1 ili tanto peso, uon sono che
opera degli anarchici.
Ijt stampa cattolica si mostra risolutamente contraria al prolunga-
iDento della legge. Noi solfriamo souo leggi d'eccenone, e non vogliamo
die altri si trovino nello sie<iso caso: ecco qual l'i il ragionamento dei
_,,,,,i..., j>jp| Rflipiisiag, il centro può fare accettare o andare a vtioto il
.'iiiienio dt<IU legge, secondoohò dia volo coi conservatori o coi
;sii. ICgli è quasi impossibile che il centro voti coi conservatori e
<.-u <M/ti>nali liberali, dacché gli uni e gli altri lian manife^stato, in occa-
af\w della legge contro i Polacchi, un odio cosi aecariito versa la (ìhiesa.
■V 11 Iteichstag ha operato una diminuzione di %'ASi\i 907 marchi sul
'''"'" ' dell' Impero, che rimane, per conseguenza, stabilito in marchi
- ì'i7. Su questa cifra, vi hanno 75,^^05,000 marchi di spese straor-
dinaha, 'IH mihoni delle quali saranno coperle da un imprestilo.
C3tONÀCA
Il 50 di febbraio. Il Reichsta^ approvò il disegno di cislruire un ami
iDahltitu') fra ì mari Batiico e GermaDÌco, con la s[»e.s3 dì tÒH miltoe
50 dei quali saranno sosienmi dalla Prussia, e il riroauenie doiriint
Ouesto canale, che dispensa dal oiniortiai-p la Danimarca e psi^urf
il ì^nnd, sarà d'una importanza capitale per il commercio e sopraUuill
per la manna militare della Oermania. Esso si parte dall' ioibnccaUir^
dell' bllba non lungi da Ambur^, che è il primo porto cooimercii
coniiitenie, e va a Tar capo odia baia di KicI, dove si trova il gran
di guerra del Baltico.
6. Da alcuni anni in qua, i cattolici del granducato di Iladeu, dopi
avere con grandi sforai, e nonostante l'ostilità del Governo, ac<luÌ5lato ul
luogo considerevole nel Farlameulo, avevano as-sai perduto di terreni
onde il Governo, che erasi trovato coslreilo a fare notevoli concessioni
aveva ripreso l' offensiva, dandosi di nuovo a perseguitare i catiolid
Questi non tardavano ad accorgersi che la causa principale di stiTiQ
rovesci era il modo di procedere del sig. tender, loro capo. 1) sig. Lfiide*
infatti, crasi spinto fìno a sostenere nelle Camere la tauica del Goveni
e a infliggere pubblicamente un biasimo alla stampa cattolica, cui morev
rìmproveru di fornire occasione a tutto il male colle sue disorbitanti m
g«axe e col suo spirito anticauolico. Stando alle sue affermazioni, soU
airArcivescovo si competeva il diritto di levarsi a difesa della causi
cattolica. Nou ci voleva altro. Il 'H di febbraio, un numero ra^uardevol
di cattolici, preti e secolari, raunarontti a Friburgo sotto la preiiiJen?^ tìt
signori Lindan e Marbi.^ per infliggere una smentita al signor Lender
ristabilire nella sua interezza il programma dei cattolici, consistente ne
rivendicare per la Ulùesa la sua autonomia, lutti i suoi legittimi dirilii)
guarentiti da trattati pubblici, la libertù dell' icsegnameato cattolico, Mif
eaziooe e la scelta del clero, la libera amministrazione dei beoi tttk
siasiici ecc. Tali rMuzioni furon prese a unanimità di suffragi, non tDcn
che quella di tenersi fermamente uniti al centro. Vennero, in/dirr, voui
indirizzi a monsignor Arcivescovo di Friburgo e al valoroso capo A
centro, signor Wiodtbtvst.
Speriamo che un simile riordinamento porti i suoi frutti. Intanto, pert
anche in questi uliimi giorni il Governo badesc Uà ns]}osiocon uo iirutali
rifluto ai richiami lien gtustiilcaii di monsignor Arcivescovo Orfiii, col
dipoi da grave malore.
7. Come notizia letteraria si può aggiungere la pubblicazione, avveonl
Dello scorcio del passato marzo, del GoigoiUa unti OeUterg di F«d. G*
glielmo licite. Coletto volume s'interza agli altri due, intitolali lieMdm
und Nazareth, Jordan unti Qethsemntii, e cjimiiie unito con essi f
nuova Messiade in versi esametri tedeschi, dovuta alla devota e U
vena del suddetto autore. Il poema ha riscosso lode io Germania dai
dici autorevoli e con ragione pei nwlil pregi di cui va adorno. &
cwmiPonAKeA
255
desiderare, ma da sperare altresì che queslo Ite) lavoro aliali
la coDsiderazione dei grandi misteri cristiani, presentali loro soilo
Dttova veste poetica miessula sulla Lrama di svarialissima entdiziotw:e
ad ogni modo non si pu^ n meno di encomiare il Ifulalìvo fatto perciò
dal Hclle, che vi lia dedicali lauti tesori d'ÌQijeguo a vt Ita speso lanle
hiicbe.
UNA RETTIFWAZIONE
Nella corrtspondRnu di Prussia, pubblicala da noi nel quaderoo 849,
il 7 di novemlire I8&r>, si contenevano, a riguardo d<!l .Mollo Reverendo
Si^r Kayser, prevosto llapiiolare di Hreslavìa, alcuni cenni che il me*
deamo in una leitera cortesissima ci |>regava di retiiricare.
Pubblicheremmo senxa meno, anche per solo amore di ginsiizìa, le
ASMtrvBzioRi del Molto Reverendo Prelato; ma lo facciamo dì tanto miglior
irato perchè esse, mentre chiariscono alcuni e[]niv(ci, dimoslrano al tempo
ftsw oon potersi dei medesimi accagionare l'egregio noidro corrìsjMin-
dnte, die seguk in essi l' altrui esempio e l'aulorità.
Primieramente adunque il cb. Prelato, dopo avere protestalo con una
modestia che l'oaora, di non riconoscere io sé le doti neceftsarie ad un
VBCOroC anzi di avere provato un senso di sgomento quante volle i giornali
noffooo il SUD nome a quello di una sede vaennte; dichiara che qua-
Inque proposla Tosse stata fatta della sua ptirsoua pel governo di una
(Chiesa, ella avvenne cmo senza il suo consenso e a sua insaputa. Né il
Bistro ccirrispon dente insinua mai il contrario.
Passa di poi ad Cifaminarc quelle parole della nostra corrì<ipondenza:
« II signor Kayser, quanturK|ue dal momento della sua sollomì.'Uiione ai
(lecreii dell'ultimo Concilio :ilibia tenuto una coiidolia n'golari.'isinia ecc. »
Rdle quali parole il Reverendo signor Kayser nota una doppia insinua-
Itooe: la prima che egli sia stato mai in opposizione col Q)qcì1ìq, t'aUra
inanzi alla sun presunta snmmi.ssione. Ir sua rj>ndolla non fosse re-
' >ra, scrive il Reverendo Pnflatn, il fniin è che egli nò prima del
CoocìUo né durante esso né dipoi, né a voce uè in iscrillo. non si irovA in
Dpposizione con verun decreto di ipiello; né il suo Vescovo Morisig. Marlin
di Paderborna, né allro dei Vescovi presso i quali il Kayser prestò l'opera
sua, ebbe mai occasione di ctiiedergU una speciale sottomissione, dò gliela
due»!, »é quesia ebbe mai luogo.
L' 8bl):)glio può essere nato da ciò che, a quanto sembra, un sacerdote
dello stesso casato e della stessa diocesi di Paderborna, il dotlor Kayser,
gii rappelUoQ militare ed ora defcnlo, fu per alcun tempo dei rcnilenii
alla decisione conciliare deirinfalUbilità pontiUcìa. E par che l'equivoco
35e
CnOMACA CONTEHPOBAKBI
fosse abtustanza dUTuìV), poìchi- l'acconu il Ueverendo l'relalo di averu
hcevuie più lettere di coagratulazione per la sua sottomissione al Coo-
cìlio, da persotte che suppoDevano essere luì stato il cappellano militsre.
Per qaanio poi concerne ta soa condotta sempre regolare, il Motto
Reverendo signor Kayser oc appella alta Qducia e all' amicizia dì pHi
etimìi Vescovi da lui goduta, alle cariche aflidaiegli, alle larghe testt-
tnooianze dategliene d,ii suoi Superiori.
Resta quella frase della noslra corrispondenza, nella quale » acceaoi
a • ceni aotecedeoti disgustosi », non ostanti i quali il Kayser sarebbe
slato promosso alla preposìtura. li eh. Prelato, notando che quelle vaghe
parole lasciano aperto il campo a qualunque più siavorevole interpreta-
òone, congettura che con esse si sia voluto accennare all'accusa mossagli
da qualche giornale, di avere accettala dal Governo Prussiam la caria
di Consigliere scoIssUco proviuciale, senza chiederne l'approvazione dal
suo Sfijwriorft crolesiastico che era il Vescovo Martin allora esulo. A ciò
risponde averla egli chiesta ed ottenuta in data del \'ì aprile 187H; e ne
cita le parole, clie smenUscono l'opposta asserzione di un certo giornale.
il quale pretese cfae cotesta Ucenza non gli fosse conceduta a sua riimaarii,
ma imposta.
Tale è in breve il contenuto della lettera indiri/.]:ataci dal Molto R^
vereodo Prelato; e noi siamo ben lieti di renderlo di pubblica ragione,
deùderosi oome siamo che la verità ritenga ognora il suo luogo sulle
nostre pagine o lo ripigli, quando abbagli non sempre evitabili bomeo-
taneamente in qualche parte le facessero torlo.
[strazile pratica iotomo ai SS. Unmtà Sella Feoìtra ed Eq[
l'iiiiiMSTA si*F,i:i^[.«i;NrK ai niuvASKTri
da nn Kelìgpioao della Compagnia, di Geaù
Scova Iùi>izior«e cuaiiETTA i^d Acaii!:sci(.'T&. Itoma, tip. Tiberini, 188C.
PrCKKOt C«al«ttlail SO franca di poaia.
Lb prima edÌ7.iODe dì 30O0 copi« in po-o più di quattro mesi fu esnurtU.
Qui-niK Dtiovs cdìtionc ni avvfiutairgìii ^ulln priiua per alcune aef^iuntu e cor-
—"■'-' 1 per QQit copiosa appendice, la quali! contitmu il modo di a$collare o
1 Sauta Messa, luoltv dìvuto uniziuui e alcuou mossinie e regole di vita
'. adaltnle sp'Cinliictite ai giovunetti
'uva vt^nJilfilu in H'iuta alla libraria Siracfloi. Via doll'UuivursiuV 13,
i r-iue alla litin-ria Uutiuutit. Via dol Pruconsolo, Iti.
P. R\FF\tlL' au\\ d. C. d. G.
IL LIBRO DEL PERCHÈ IN FATTO DI RELIGIONE
SECONDA EDIZIONE
ItiIBlì, ttabitimento Upografìm di S.il valore Mardiese^ Vicn dei SS. Ftììppo
r Oiaromù, n. 21, 1HS5. In 16, di poi/ff. 3S3. Prezzo L. 3.
t« molta opportuuità e ^'1ì altri preffì di qtiust'opQra, di cut tratlnnimo am-
piiaDat4 in una no^lra lUvislu {t'Qì quad. ttll. pnfr. 6i e seg), han fatto M
'^ -'■' a-jtiiu.ana no la còaurit» la pritn» edizione. Vn iocootro nuclia
I" :•: auguriamo a quirata iiccotida, la quale ha il vantaggio aopra
li^'..". 'ii^giur corriimnis e nolevoli aggiunta. Il pnizxo è L 3, a L. 3,30
itiLto ^1 peata- Dirigerai all'Autore. Ntpolt. Sopportico Lopez, N. SO.
UN ONORE DI ilAKIA VKRGINK MADRK DI niO
lU »'AftSI Si-cÉjAl.UKNTK DALt.B FAHIOUt: CI)nTAlll.\t;
Vcimia, iipogriifia lùniUana, IS-'^é. Un volume in 10, (U jtofftne .•57,?.
BdcMJruaudiaruo in modo particolare quelito pio libretta, appartenente atla
|)1)U«tcca gratuita, chu una pia e nobile puriiuiia ditfuude per iiu-/zu di;ltu Ti*
~~ Illa Euidiiina di Vonevla.
DI ESTERINA ANTINORI
imoiuE riDiiuaiE n.i in padre della coupagkia di gesù
Terxa Eillvlone
K1e$ut« eheiiro ii U, ji {tagg. VÌÌI-3lS,
Pt^zw): L. 1. — Con legatura all'inglese L. 1, 80.
Flreuxfì, presso Luigi JUnnueììi, via dei Procons<^o IG, l$$d.
DI ANGELINA NOSADINI
UCORDI f. smini riDBLICATI DA m rADHE DF.LM COHI'AGMA DI (iESO
IUtganU tli«vir» ia 32, di pagiac Vili :ìjS (un rilrilU
Iftsfp. Tip Giachrlti, Figlio e C, 2884. — P*rezzo Una I.'ira
n-Uhiti airr/ficto cenlrnlf ijUlta ClvtLTA CaTTOUCA inFir€HS€, t pretto
ili Gcrmli della medtnima.
I&
''innibìtir) Minio, ualo ia Trevcri, il uuile rof
. lina nronaci dal «Jfltto inonastiro nn'>r« Itu
m P. MlimO D.CHKIMITtlNO HA TREVERI
voskcn ?tKLta pnoTO-iubii oi sl'buco
Roma, tip. Befam, 1S8S. fTn voi. in tjuarlo gr. dipayg. XXVII'Ti
ì\ •
fll!bi:i
S ( iMiii «!iB(?ia criiica specialnii'iito HOiirs i r-
Il .Tlitnu.inl'' HI (lrv« rw|i)i)!ir<> ila [frun tu'":
ili uv-Liiii [t'ilj:»:ii:aU iiiIn«ao intcniinoiite,tlopo c!in nl(;iirii i^ag^i :li.l
urntir) sliitt i^h ilith D'?gii Sludii in Uatia. E una «diziano dod s
s' ' I ' ' ).)<ìt l'dfgaiiz'i >i)to^rRfi(!a. ma Bti'jura prtrzio^ii ijimiilo atte
ne. e'J urriculiita ilt (EotLu noie trd Uj/gpjnlc, »ii\ ilen>< più miUcbtf
M;i :iii r y luuito oel 17"ì 111 Suhittcoi Sia dolili [iiiì rficenli dt^l ilr)Ui9«i(;
viitCB il'ifl tuuua'itt'ru di Siiuta S>.-o;iiiiri>;n P. L-'utio Alleili O 3. 6. Iu<
ima iiilraprcAA che r« iiiol:» o»<.i^c m roligioii G4-iiD<l<:tiiiii fil al eli. Mun
Croataro%a, a cut è prÌDci|iiiliaonla doruta la elo^nutiijjiina editlone.
MANUALE DEI CONGREGATI DI MARIA
Ofr(.-rlo ull» GiovutiLti HliicliosLi do S C S. [■
tloniA, tip. Armnnni, Orf. C<m.^ 1385.
Ha dato ocoasioui? a qtioalo librt't'.u. iii>[i tn-iio i'ri!i:!D:iD ndlu ^uKtnncai
clcf^iitr [iflla rorirm tìpO;,'niScn, la n* '
gregali Mariani di «Da nuvi-ll» f&n\' '■■
fi«8urllo le più aiUlohfl. Il eh. P. Clilavnrflli irde si è [jr.
pUarlo, Bun »miIij hii qj<i*.sù ìn«ioni'.' (■^^■■•■■v- tc^iolti. ai gitoci i
come speciali i>-pli uddetti ni div il d'UtiCongreetiZioiiiìt ot ,
una Dovellu L-oulcrniu dnl M K. I' "' ii-thIu d.C. d. G.. ma n^b**
un cflnipimo Uatiiiok clic (n' in (ntti gii <■ '
quuCiUiiiui, o d'-i giurili dì COI'. . [inani occitsi' .
A <|Uestn olie à ciiiR(^ lii sosiuti/.k drA .ibrt^ttù, |t ere e dono ncc-- lij
0 crìtici iuLortio alk' CDn^rogaxionf Mariana, e fa sé^ultu uti'a^ A
tÌDiU< iitìlii4!<tmi aiiMiiiii'slrarnen'.i p<Tr l« vita spiriliialo 11 pnri.i ik-i H
rtlogalo in tfln con ta^rlio roma e monogrnin.-nii dm-nto, è di L.i.OOg^
Chi uo ao'iii'utar^ hfì copi» li: pa^licrà a ragione di L. l.lTi. « cpoIo vm
avranno pnr L. 1.30 ciasL-una. Vi" aoiio uncbn copiu l'--gale lo obagrìn e
dorato al presto di L. 5.00 ciucuaa.
0 a HESS ut MACtiin rO\SAC».kTO ALIA GLOUIl UELLA MiDUE Di
DECATO DAI. FnAKf.RW m ITAIlANO DAL P. TA&jUAl.E CAMl-flitA P.i:.ft.fi,.|
Mfrrond* K4liloii«
l'raio, tipografia Gìachetii, Figtio e C, ISSn. fa 33 dì pagg.
Prezzo Centesimi 40.
Ù> randibite in Fìrente ptt9M Uiiigì MhiiucHì. in tfapoH proaso 1*1
sacciiraaie duUa Civiltà CatloUca, càia Cla/diKU, niriiRI':iodel giornale IMI
dilla Verità.
prato. Tip. Oia^hetli. FigUo ■ C
PIO UaROM, 0<rrKU rsfrxm*
Lj^
[VILTÀ CATTOLICA
Beatut poputm euha DtHninu* IMui dut.
PSALM. UUIl, 15.
KMQ TRIGESIMOSETTIMO
SERIE XIII. — VOL. II. — QUADERNO 861
INDICE UI (iUKSTO QUADERNO
[Ha. SOOALISUQ t» ITALU — I HIHEDn Pig. 257
U» MOVO LIBRO SOL ■ SILLABO » > 772
Srimn nE^exn sopra i NunAGiii e Lono DipaiiTAitz& * 389
I DeREum ». SUO
XV. LVtimllìAzione e un iradtroento > ivi
XVi. Un v«loftt;irio esilio • 3(V>
XVII. In viaKtfio w-rum iin soldo » 309
XVIil. L'eremo di Rovorftlo > 'SVi
HinsrA i>nLLA stabpa italiana » 318
I. Noiim de' lavori di f^iilologia e lingue seraìticlio puliMicali
ID ll'itia Ìd (jiiesli ulliml nf^cenni » Ivi
II. Prof. Filippi) Lttsif'tniì. \a Circolazione del sangue ed i
Papi. Memoria Iella .-illa K. Accademia di Scienze, lettere
ed Arti in PadDva. nella tornata del giorno 17 gt-iinatu ltS80. > 32y
IH. Storia Sacra illustrala dol Nuovo Testamento di A. P. . » 'JSò
BrotiocnAiiA » 3;^8
Us BBEVE t.1 S. S. Leo:ìb Xlllal fi. P. Miclietc Ih Maria d. Cd. G.
IVoft^sore di Filosofia u«tlaPonlifioia Università Gregoriana. » 352
K>OI»ACA COSTCSPOrtANKA * 355
J, Uose noKASK. » ivi
II. Cmp rTALiAXE » ."Wa
ìli ' ntAMEWE — Uclgio (Smira eorri.^poniìtuzu). . . » 370
J \ ' : (Sottra torri apondenea) ,....* 377
V. Cantone Ticino (Nostra corri spondetuaj > 382
rnssau I.VIGÌ MANUBLLI, LUKAto
VIa ilei I'r.-oousol(>, ]()•
1 maggio 1886
LIBRI VENDIBILI
'ALLAMMI.MSTIU7J0XE DELLA CIVILTÀ CÀTTOlH
FIRENZE - 3, Via de' Conti - FIRENZE
Boero GlnieppA (d,C>d. O.)- Istoria delU couTcrsiooc atlB Cliiess efttt
di C&rlo II Uè d'Inghilterra carota da scrritture ftutonticbi! od origi^
Boma, coi tipi della Civiltà Cattolica. Va voi. ìd 8, dj pagg. HO. L.'
— Vita dot P. Salmcrone d- C. d. O. uno dei primi compagni dì 6. Igoi
Loiola. Va roì. io 16, di psgg> 187. Firenze, tip. Ricci. 1880. >
— Titadet P. Simone Itodriguoxd. Cd. G. ano dei primi compagni di S.Tj
di Loiola. Un Tol. in 16. dì pagg. 1%, Firenze, tip. Rìcci, ISflO. »
— Vita del P. Giacomo Lainox d. C d. O. uno dfl primi compagni di 8. ìgai
di Loiola. Un voi. in 16, di pagg. IX-3&V. Firenze, lip. Kioci.
— Vita del P. Claudio Jaio d. C- d. G. nno del primi compagni di S. If
di Loiola. Un ?ol. in 16, di pagg. Ìf50. Firenze, lip. Bfcci.
— Vita dal P. Niccolò Bobadiglia d. C. d. O. uno dei primi compagoil
S. Ignazio di Loiola. Un voi. in 16, di pagg. Sl>4. Firenze, tip. Ricci. > Il
— Vita del P. Pascnsio Broct d C d. O. uno dfli primi compagni di 8. Igni
Loiola. Un toI in IO, di pagg. VII-t32. Firenze, tip. Biccì.
— Vita del B. Fabro Pietro d. C. d. G. primo compagno dì 8. Igoawo di Lo
Un voi. in 16, di pagg. 887. Rema. tip. Bt-fani, 1873. »
— 8. Francesco di Girolamo e le sue missioni dentro e fuori di Napoli. Fìi
tip. Ricci, IR»?. »
— Vita di S. Slutiislao Kostka. Un voi. iu 3?, di pagg. 360. Prato, tip. Oli
Figlio e Compagai. 1863. »
— Bintretto dulia vita del B. Giovanni Bercbmatis. Un voi, in 3S, di pagg.]
Prato, tip, Giaclietti, Figlio e Compagni. 188^^. »
BorpIaneUKP.Boricod.Cd G). Discorso dell'Antica « Moderna GeMll
uKaia delle vere cagioni deirodio in Knropa contro la Compagnia di i
Voi. tia» gr., di pagg. 376 e 330. Napoli. Cip. Vitale, 1»5U.
BOTg^ Carlo (d. C. d. G.). Novena in preparazione alla fasta del 5(acro <
dì Gesù Cristo. Un bel volumetto in 16 piccolo, di pagg. 15:^ Bonia*!
della Civiltà Cattùìfea. 1870.
Br««olan] Antonio (d. Cd. G.). Dei costumi dell'Isola dì Sardegna e«j
cogli anricbiasimi popoli orientati. Due grandi voi. iu 8, di psgg.1
Ronia. lip. della CiviUà CaUoilca, ISM.
— tiei f^isiumi doli' Isola dì Sardegna ecc. Un volumu io 8. Roma,
CiviltA Cattolica.
— Descrizione dei trantn medaglioni dell'apparato e dalla fcata del CoB
Romano per la visita fatta dal S. P. Più IX. Napoli, Stabilimento ti|
di G, Nubile. Un voi. iu 10, di pagg- -'iX).
— Letture ramllìuri. cruditiì u descrittivo. Roma, coi tipi della Cioittà C«(
Oh voi. In 8 gr.
DEL SOCIALISMO IN ITALIA
I niMFIDII
Il male del socialismo ha, o non ha rimedi!? Tal è la
inda che, da molto in qua, suol forai comnoemeato: se ne
ria, aa no disputa, se do filosofa, se ne scrive in tatti i paesi.
essa poro si senton darò risposto assai diverse, secondo il
arso modo di gitidicare.
II m<ir2o doli' anno scorso, questa medesima dimanda fa posta
tappeto nella Camera altresì di Montecitorio. Si leggano lo
miì parole del deputato principe D. Baldassarre Odescalcht,
[5nale meglio di tutti ne nigionft. < L'onorevole Luzzatti, così
in nna discussione avvenuta poco tempo fa, diceva di at-
idoro unii parola che avesse vivificata l'umunitài e Io avesse
iaso rawoQÌrft; e l'onorevole Luxzatti diceva ancora, che dallo
tioni economiche non sì poteva attendere la rigenerazione,
bensì dalle morali. Non so da dorè e da olii attendesse
nuova parola. So invece che lo questioni oconomìcho sono
lente commisto collo morali, che non v'ha maniera di scia-
lo une dallo altro: credo che ogni quostlono inoralo, quando
li analizzi, arriva sino agli interessi economici; credo che
interesse economico, quando si siuteti/.za invece, si sablima
• raggiungere lo stadio dì questiono morale. Io credo infine
PumaniU^, giii da molto, ha udito ciò che doveva sapere,
SI perf(!ttameute riconosceru quello che è giusto e quello che
onesto. Ed ho visto che nel mondo vi è stato nn periodo, in
t ferri degli schiavi sono caduti; ò venuto un altro periodo,
j servì della gleba hanno riacquistata la libertà. Ora siamo
' rie XJIt. tot. TI. /Vmc «1
n
il) aprii* 1SS6
358 ^^^ DEI SOaALISMO IN ITALIA
al terzo, fi soq'ì i lavoratori che chiedono migliori condizioni
più eque, e su questo richiamo l'ikttdnzioDd roetra, perchò i;(ie3|
*.• il gran campilo dell'epoca nostra'.»
Si, l'umanità, ossìa rumun genere, da secoli non pochi
udito quello che doveva sapere, e Io ha udito dal Verbo di verit
chi; Iddio nlalld^^ sulla torra instaurare omnia; a ristorare
che l'ordine sociale, decaduto fra gli nomini. Per la luce del
Vangelo 0 ptir Topera dulia sua redett:4Ìone, pian piano si mn
suefecero i barbari, si spezzarono ì ferri nei piedi dogli schìa»
e i servi della gleba furono dall' abbiezione sollevati. Coll'ins
gnaro che tutti indistintamente, piccoli e grandi, siamo tìglìuol
di uno e identico Padre celeste, Creatore d'ognuno; che tutt
senza eccezione, siamo redenti con uno e identico preazo; chfi\
ricchi od i poveri, (inei che chiedon l'opera altrui e quei ti
la danno, son legati da reciproci doveri di carit^'i e di giastiinl
fra loro; e che prima d*ogni altra cosa s'ha da aver l'occbiq
al regno dei cieli, e il resto vorrà concesso per sopraggiunta;
è dubbio che Cristo fece udire al ntondo ciò che doveva sa[
per mettere in buona armonia gl'intercesi economici cegtì«t
blighi morali.
Il rimedio dunque al male del socialismo vi è; n, quanto
condizione del luogo & degli uditori lo comportavano, fu a ^nS-
cienxa indicato dall' Odescalchi nel Partamonto italiano.
II.
Ma con ben altra cxmpetenaa ed autorità indicoUo al
il Papa Leone XUl, uno do' cui primi atti, appena salito SG
Cattedra di san Pietro, fu l'enciclica Apostolici muneris
29 dicembre 1873, oolk quale, noverati ì pericoli del socialisn
ne additava lo scampo nelle basi morali e religiose, sopra
quali mostrava necc-ssario ristabilire la civile compagnia.
mava egli allora in sostaoiìa, che sa Tordine sucì:Uo pericol
ciò accadeva perchè s'era violato l'ordine etieogiuridtoo D(
politica e manomesso il divino nella religione. Quindi, a rii
' Aiti ufftc. pajr. H.765.
I niMBnn
SóW
potissimo, saggorìva ruuione di questi tre ordini, rimettendo il
nlijposo Del posto che tra gli nomini ad esso conviene.
Son vi ha dubbio cho la icUgiono' ò funto primaria e legge
rini, donde il concetto di ordine germoglia e si afforza e sì
perfeziona. Essa educa gli animi alla virtù e li eccita a com-
piere, per obbligo di coscienza, quello che insegna essere dovere
di eiucum); penetra così nella società domestica come nellii ci-
rile, e ne rogola le reUzioni, arinonixzaado i diritti e gli ufScii
scambievoli di padre e di figliuolo, dì padrone e di sottoposto,
di suddito e di sovrano, tempt^rando la legge della naturate
giuFitizia con vuoila della rristiana carità. Per consegupoza il
Santa Padre, qnale unico mezzo di salnte dalla sovrastante ca-
tffitrofe del socialismo, inculcava il ravvìciuamentr.» del fanciullo,
dell'operaio e del cittadino a Gesvl Cristo ed alta sua Cfiiesa,
da coi la millantata civiltà odierna con ogni sformo si affatica
di allontanarli.
tn una parola, il Papa venno a dire: — Si conservi o sì
rifaccia cristiana la società, ed i mali paventati spariranno. Qui
è il rimedio e non in altro. E lo avvisava già da tempo anche
UDO scrittore non sospptt/ì, il .Tourfi-uy, il quale, filosofando sopra
la fìUlacia di tutti i moderni sistemi di libertà, ondo i lor maestri
fi propugnatori han preteso felicitare il popolo, soggiungeva:
< Studiate (in che volete; e Toi vedrete che nessun materiale mu-
tamento ha virtù di appagare i nostri desiderii. Sottoponete pure
h società nostra a tutte le rivolusiioni che piiì vi piacciono;
neasnoa te darà mai le idee che le ntaucano e le gioverà. Quel
fihe ci manca ò una me/.za do;:2Ìiia di soluzioni di problemi, che
il cristianesimo già bene assai risolveva, e niuno e nulla a' nostri
' può risolvere. I tumulti delle nazioni e gli sconvolgimenti
Terni, meno che mai sono al 'Caso di risolverli. Chi ignora
uno dell' nomo, ignora pur quoLI" delhi società: orchi ignora
U destino della società è affatto incapace di ordinarla. La solu-
zione del problema politico adunque ò in una fede moi-ale e re-
ligiosa '. ► Ed il celebre nomo di Stato, il protestante G-uizot,
pbadiva la stessa verità, esclamando : < La religione, la religione!
' Zhà seiftimmc aetiuL
tlBL SOCrAUSNO I» ITALIA
Kc<» il grido dell' umauìtà in tutti i luoghi, in tutti i tempi,
eccetto aloani giorni di vergognosa decadenza. Più il niorimonto
sociale sarì^ vivo ed ampio, meno la politica basterà a dirìgere
l'amanita agitata »; e volgendosi alla Francia, così T apostro-
fava: < Tu niancbi di fede, di speranza, di carità. Se la tua
fede fosse piiI potente, il comunismo ed il socìalisnio per te sa-
rebbero inintelligibili pait/.ie '. *
UL
Sappiamo pnr troppo che il rimedio radicale di un ritorno ai
principii sociali del cristianesimo dipende più dai Governi, clie
non dagl'individui; e come il disordine politico religioso, pei tristi
esompiì, per gli scandali, per le empie leggi e per le tìranneache
ingiustìzie, è disceso in gran parte d'Europa dall'alto in basso,
cioò dai Poteri costituiti noUo moltitudini, cosi it ristoramento
non pnò aversi se in qualche modo questi Poteri non concor-
rono all'opera dei privati. Sappiamo inoltre che un tale concorso
non ò da sperare, finché il massonismo predomina nei Governi,
e li trasforma in legali strumenti di antìcrìstian esimo e quindi
di anarchia. E questo è il colmo del mali nel secol nostro, giac-
ché include uno stravolgimento di cose appena credibile; il qa&le
ò io cii>, che l'autorità, naturalmente fatta por tutelare Tordi'
namento dei diritti e dei doveri sociali, contraddica il suo line
e, per mero odio partigiano alla Chiesa, si renda autrice delU
distruzione, o complice dei distruttori di tale ordinamento.
Or questa è la condizione dì alcuni Governi, i quali, cadati
iti balìa del massonismo, non si propongono più per ìsoopo il
positivo bene del pubblico, ma l'interesse particolare della
e sopra lutto il negativo, che h se ristia aizzare con ogni
mento le plebi, e contentarsi di vederle imbestialito, parche
veggano cessare di credere e vivere da cristiane '. E siceomi
* 2>s in démaeratie tn Prance.
* tb (|ui?«lo furore di odia nntic ridiano è pitt che mai ÌH\aHto II Gofcmn |
oilìnnia Kppnbliliea in Kramia. Il phi nt.'iMonico ili lutti i CnTorni Anrnprì, a
tale clic il Ministero ricevo pM ordini dalle Logge e la pluraliLi ildli Camera'
I HiuBon 261
questi Gororni hanno la ragion d'ossero soltanto dalla rtvola-
xione, d'onde traggono ogni logittioiità, e sono stabiliti unica-
muite per promuuTore lo sviluppo pratico di si fiitia rivoluziono,
eosì loro non cale punto né di dinastie, nò di prosperità nazio-
nale, uè di ben essere popolare; ma, «luale a termine ultimo^
mirano al pieno trionfo del sistema massonico, che ninno oggimai
ignora essere la sorrersione della societlk.
Uezzi poi principalissimi, a conseguire questo finale intento,
sono il corrompimento dolio ideo o del costumo e l'impoveri-
menlo generale: col primo sì studiano di preparare un popolo
serrile, perchè dopnuato nei vizii, e col secondo di averlo docile,
perchè snervato dalla miseria. Si pensano di tenerlo p»r questo
modo più facilmente soggetto alla loro tirannide; oè mostrano
di sospettare, che nn popolo senza Dio e senza pane dìventorà
presto il flagello di chi crudelmente gli ha tolto e Dio dal cu«ro
e il pane dalla bocca; e legge di superna giustìzia si è, che i
Poteri oornittori soccombano sotto il ferro di genti corrotte. La
«lo, non «eooDiJo Ia nipnu i](f;li i?]eltorÌ, ma per m»n[l«tn impcntiro ilcUe Im/ì^q
■edoilBf. drlk quali è mpprcsi'iiunte. OnO'i^ che, nella aii» rathh, ({uel Goiri>riio
HA ( nA frsncesr, u^ nationalc, ne dcniocnlico, né repubblicaHo, ma puramcnle
MttrHk « cieco fsrcutore della volooti della wiu. la quah è presa da unii cm\
lonn libUlinu ili p«r«Pciiiiune crlMiaiui, die |i3s.<3 ol-hì {Kirte e mflCi- •jfcomi'nlo dpì
Haotil «testi menu scnpaU. Di fnilP T^ Chatne tTCtuon di Pnii^i. periodico ilcltn
miMMeriii vnÌTeralf. nel wo laailemio dvl x^nnaio di' quest'anno lS8ri. pubblica
Bn RdutooP inlornn al Congresso M grande orienlc di l'>anL-i», teiiuiosi l'uUobri:
MTaitno scorto, mI f|ii»lf il rplalorc. aiastono di prana wpraOìna, nc^rbnmenlr cen-
■n b (jrannia che $'i inirmlolUi nella mn^ri^ta; f nota t^pKinlniPRle «l'intol-
dei Duovi stillali dell' orhnoCrolio inn«yviiico, (luidita al pun(4> chu dai ))ai'(^nli,
ti per la poverli Cfininu'Uono i Inrn (i[:liii(ili n tuli- i^m'lnin, ^i l'ictiìFde pcrruio
li obblishiao a non laiciar (oro pmìcnre rn^uii cullu idigio^u, iii>ppurtr in ca«i
rborì dilla jcaols. > Biasima ili più che si sia ilifTuso il discorso di mi orntDi'c,
in quel CODfrreiAO dichiari': < chi< oFIJcìo della nu'^nnorìi era, non sciInmenlA
lUrre il elericatìFrao (|«i:t:i r;ninlÌi:Kmo) ma «dopcraisi ancora a sbanilire M
ltnD;:iii «rntiiTWDlo ivlijriom. » finalniMiip ripmYa die \a mns^unem [i-aneese < comi
■Millo al fulu) dell' iildsmo « del ii3alo]'iali'>nto, cullo ancor e^a piii Inlolloranie
rifltollerantisiiinode) culli »; e conclude che la uiassonei'ia in t'niQCia, demenuia
éiU'odro saLaaico a Dio, si npara scmpii- più dalla mnssoiirrii universale < pei (a-
BiliinMi <U>lb ncpzioni'. ■ E ponsurt- cIk> i|up«ln I1.1 oca ui mano U rniiicia. nella
diftriiirge Inllo inanlo ri h di naiioanto nella frde, nrllc iradiitoni e iid-
awrel
909 KL SOCULKHn I» ÌTktìk
quale rerìlÀ si udì intonata, il desembro del 1834, nel comis
di oltre tremila socialisti anarchici, raccoltisi nella sala Lei
di Parigi, quando uno degli oratori usci a dire : « I bari
presero Bisanzio corrotta! Ebbene, noi, barbari, distruggerei
la società moderna corrottissima! » Perchè corrottissima? Per
corrotta dall'opera di GoTenii anticristiani, faTorili da nn'i
biziosa 0 dissennata borghesia, la quale si vanta di dar lo
rindìrizM e l'appoggio.
TV.
Stando adunque le cose come stanno, niun Tondameato si
di speranza che i Governi mvttan mano ai solo rimedio ef
di evitare il socialismo. Tuttavia i singoli privati, quando il
lessero, potrebbero certamente far molto, per ritardarne la
toria, 0 renderla, non fosse altro, meno rutnosa e funesta. Al
dovrebbe muoverli, se non l'amore deir ordine e della pat
quello almanco dell' ìntiTesso proprio e dolio loro famifflie.
Le cosi detto classi iUrigentiy lo quali hanno tutto da penj
o nulla da ii^nadagnaro in una rivoluzione sociale, che sot
alla loro nazionale; esse che formano il bersaglio di tutte le
della plebe, messa su dai corifei dell* anarchia; esse che bi
professioni lucrose, capitali, officine, terreni, ville, palazzi e
sano sotto nome di signori, di ricchi, di padroni, di pose
di quattrinai, per nemici, oppressori e arfamatori del popolo;
non avrebbero a contentarsi di sterili esecnizioni del gì
fiitto che contro loro medita il socialismo, né di vano Ini
alla forza del Governo, affinchè lo difenda e protegga. AU
di più che questo avrebbero a Iure, che questo solo è ni
poco meno. K dacché il (lovemo sottostà non poco ai loro il
poiché esse molto possono su quel labile elemento che si ci
Xopiniovt pubblica, e più ancora su quella mobile aree
forma la massa del corpo elettorale; perciò avrebbero dtki
perarsi, acciocchò il Governo sia costretto dì ricorrere a
temperamenti murali ed economici, atti, più delle baionette e<
carabinieri, a frenare l'impeto della temuta fiumana.
niHEon
963
L Toechere1)be alle sì^orie loro bandire una poderosa crociata
Botitro la piiliblica Immoralità, non solo per ciò che spulta ai
Mstuiiiì polìtici e di partii», dei quali è moda farisaica ruffet-
bra gelosìa, ma piiì assai pur quel che riguarda i oostiinii olici
«d omani, dei quali non si tiene pressoché niim conto; doviìudo
bssere persuase che, sopra le mutabili istituzioni civili, stanno
le immutabili norme doli' oneste, violatele quali non ò monarchia
« democraxia che a luugo possa durare. E la crix'.iuta non si
.Trebbe da civcoscriroro a semplici roti, od arcadicliB lamenta-
ieni^ ma dovrebbe richiedere leggi, e leggi severo, da appli-
1 Con severità pronta ed esemplare. Né conrerrebbe che
ro poi tanto di offendere la libertà coli' imbrigliare la
« si lasciassero sbigottire dalle grida e dagrimproperìi
meccani e trafficanti di corruttele. De re magna agitar :
ragione sarebbe in ugni caso por loro; e sarebbe pure uu gran
U poter pri)VT(*ddre nel tempo medesimo alta ragione con
interesse loro, ed all'interesse loro con ragione.
Similmetite toccherebbe a loro collegarsi, per ottenere in sul
nno UD alleggerimento di tributi, che lasciasse respirare la
presse popolazioni ; cos'i che per loro Tltalia una e rigenerata
Boa BÌgnifìcassu poi sempro un' Ittilia, divisa in alTitmatrìce ed
affitmftta; e non avvenisse tanto presto che la dispera/Jono fa-
UBsa succedere al regnante nazionalismo un furibondo socialismo,
CMoe prenunzio il 3 del decorso m&rzo il deputato Bovio alla
Camera di Jlontecitorio '. £ l'interesse delle signorie loro si
arvantaggerebbe insieme con quello delle plebi, massimamente
.rurali: perocché il deputato d'Arco dimostra Tanno swrso al
'adamentii che le eccessive spese dello Stato, imponoHti tasse
r eccessive, mettevano in certe province italiane i proprietarii
terre tra il fullimento, se cedevano le entrate del patrimonio,
flooflsca dei beni, se ricusavano il pagamento d^lle tasse, e
ÌTuItA doi lavoranti, se non aumentavano ì salarii; tre coso
quali ninna da lor si poteva fare.
Per Io che, apostrofando i ministri, che negano sempre il so-
alleggerimento, e chiedendo loro se conoscessero un' altra
•4M» »ffk. (Kif. I«,749.
!2b4 DEL 50CULISHO IN ITfcUA
maniera di trarrò con eqmi^ il paose dalla formìdabilo stretta
in cui geiii6: « Se la couoscete^ diceva egli, atmuuziatecola, ed
avrete per compagni nell' attuarla, non solo le masse dei prole-
tarìi, non solo gli apostoli della nuova forma sociale, ma anche
una parte dei prediletti delia fortuna; perchè davvero i gandiì
ud i oonforti della ricchezza sono d' assai scemati, in qaesta lotta
contìnua di una classe contro l'altra, in quest'antagonismo feroce
di uomo ad nomo, che prendo tutte le forme e si presenta in
tutte lo circostanze \ »
Se non che bisogna ooncedero che, atteso il cozzo dai partiti
ed il confondimento delle passioni e dello idee che turbano l' Italia '
legale, un'operazione politicamente! collettiva della borghesia, por
difesa di sé contro una rivoluzione sociale, riuscirebbe difBcitis-
slma. Mono difficile però si dovrà concedere un'operazione, dircia
così, personale che, quando fosse praticata da molti, non man-
cherebbe dì buoni eSfettì. Or a questa so non altro s' avrebbero i
da attenere e da dare, non tanto per zelo di principi!, che forse
non li scaldano, quanto per tutela d' interessi che son loro gnui-
dumente a cuore. Noi toccheremo appena alcani capi più prin-
cipali.
Verbigrazia, posto che V indebolimento della fedo religiMftt
bilita nel popolo il senso morale, vi accresce l'ansia dell'ai
per bene stare e godere, vi eccita l'invidia di chi ha, beao,
e gode e s'apre la via a cupidigie le pia insensate, i si
della borghesia dovrebbero finire una volta di combattere o
giare questa fede, collo scherno e col malo esempio, dilatando^
le plebi la miscredenza e l'empietà. Una plebe che non
Dio, a mata pena temerà le baionette ed i carabinieri; e qns
la forza del ferro venga meno, trascorrerà in mille t>ceei>ii. È
questa nna verità che da tutti s'intendo. E perchò non l'inten-
deranno oggimai tanti di questi signori, i quali, benché sena
0 con poca religione, non possono però negare che oramai la
1 ntHEDii S65
ToU^toDe ha virtù sufficiento di salvare loro i quattrini e il
patrimonio?
Cessino dunque, almeno per amor dei quattrini e del patri-
monio, di spiirlare sempre o della Chiesa e del Papa e dei preti
e dei frati, come se fossero, mm già nn presidio di siciireiiiìa, ma
nn danno ed un malanno por la società. Guai a loro se non ti
fossero i preti!
Tempo fa, il Proijrés Natioìtal raccontava che in Bordeaux,
dentro il medesimo scompartimento di un carrozzone del vapore
salivano due passeggeri, un denaroso borghese ed un operaio.
Giunto che fu il treno in una stazione delle Lande od apparso
ivi un prete che lo aspottava, per montiirvi dentro: — Ma a
Che servono questi preti? esclamò il borghese con aria beffarda.
L* operaio non zitti; ed il treno riprese il corso.
Ad nn certo punto, quest») rivoltosi al borghese gli disse:
— Signore, eccoci in una contrada inabitata e deserta; la sta-
sene è lontana: io sono robusto e voi mingherlino. Se mi saltasse
il Ucehio di strangolarvi, per togliervi quel che avcto con voi
e gitUrvi dallo sportello, che direste voi?
— Direi, ripigliè l'altro impallidendo, che vi arrischiereste
invano; io non ho meco valori di nessuna specie.
— Oh, non mentite! rispose l'operaio. Voi avete ritirala dal
banchiere tale dei tali la bellezza dì trentamila franchi : io era
in quel biinco, sentii parlarne e so che li lotiete chiusi in co-
testa valigia.
U borghese allibì, sndft freddo e si tenne morto. Allora l'ope-
nio con tranquilla voce: — Rassicuratevi, signore, soggiunse; Ìo
amico, anzi scolare dei preti; per questo non vi toccherò
iffate un centesimo. Uà ricordatevi, che i preti e la religione
preti servono a qualche cosa-
VL
Servono persino, aggiungiamo noi, a con.'iervare intatta la borsa
ad un gran numero di paffuti ed imbecilli volteriani, che, in
lambiD di deriderli, dovrebbero baciar loro i piedi.
riÉlMta
366
DEL sor
Parecchi si sodo quasi spauriti, leggendo nelle uUirae sta-
tistiche demografiche d' ftalia, che vi si contano H'i diocesi con
204G5 parrocchie. — Quanti iMirrochi! hanno mormorato;' sono
troppi 1
Ah, sono troppi? Ma so questi parrochi non si affaticassero
notte e giorno a contenere nel dovere le popolazioni, i\ inaltnt-
tate dal QoTerno e spesso da crudeli soprastanti, segnatamente
delle ciinipagne; se non predicassor loro ogni fcsbi cho il furto,
il latrocinio e la vendetta sono in abhouiinio a Dio, che lì pii*
nisce con fuoco eterno; 8o non le esortassero alla pazienza ed alta
nwsegnaiiione. mostrando loro il premio nella vita avronire;»»
non inculcassero loro la soggezione alle leggi, il rispetto all'an-
torità, la fedeltà ai lor signori, la concordia coi prossimi, oredon
forse i prtidetti borghesi, cho avremmo ancora in Italia una parte
si grande, come l'alihiamo, di contadini e di braccianti, cho non
rubano, non assassinano, non sì stringono in leghe sottarie, noB
congiurano contro la roba, o la vita dei possidenti ? Forsochè i
ligi ai suggeritori di scioperi e gli adepti ai sicofanti del so*
cialismo si formano dai preti, nelle chiese? Oh, questi signori
TÌDgra/iino Dio con cento mani, che sopraranzino ancora alla per*
secuzione tanti preti ; se non fossero i quali, non sappiamo a cbe
punto sarebbero le terre, lo case, le ville o le officine di molti
e molti fra loro!
Il capo dol cenk.0, nel R«ichstag di Germania, il glorioso doi
tor ^Yindthorst, ai 19 febbraio di quest'anno, discntiìndorisi
leggi di repressione dei socialisti, non dubitò di dire francameli
qneste parole ai ministri del Governo: « Oggi avete p&rU
come 80 fosse in poter vostro il vincere la domocrazia
stiea, con me^.Ki puramente materiali, Questo ò il male capi
Hssimo dei ndbtri odierni Stati, il non volerò ca^Acitarsi d
potenza delle idee e della vigoria della forza morale. Coi mi
materiali, voi non arriverete mai, uè son certo, ad abbat
socialismo. Al contrario ho sempre fiducia che il sentimento
pio e ruLìgioso e l'efficacia della Chiesa varranno ad abba'
Noi domandiamo che diate finuluiento piena ed ampia libe
ali» nostra Cbiesa, e sopra tutto che richiamiate dall' esìlio
ifitf
I fUMKMI
2b7
nemici nati della democrazia socialista, gli Ordini religiosi. Ma
qnosto uon lo voleto; e fiDchò continuerete a sostituire «inque
carabinieri ad ogni Religioso che discacciate, e dieci ad ogni
Suora che {iroscrivete, non raggiungerete mui lo scepo vostro.
Bidonateci gli Ordini religiosi, e noi vi ringrazi eremo della tu-
ela che ci uvroto concessa ctjutro ì socialisti. »
Dalle quali savie parole del Windthorst impari la nostra bor-
ghesia liberalo rìrroparubilo nocumento, che ha recato a sé me-
desima ed a'suoi proprìi interessi, coll'oppriiuere il clero e di-
sereditarlo, eoi dispordore i frati e disseniJDaro nel popolo la
irreligione. Questo gran delitto, accompagutito coli' altro enormis-
Btmo dei latrocinio dei boni dolla Chiusa, rendono, a parer nostro,
berìtabile una preralen^ca del sociiilismo che, cun pena dì ta-
gUone, opprima alla lor yolta gli oppressori e strappi lor di mano,
M ben loro, il bene che hanim a Dio sacri le i^umento rubato.
Ci pensino pertanto i nostri borghesi, atterriti dall'odio che
érocemente contro di loro serpeggia uollu plebi, da loro, per vie
dirette o indirette, rifinite e scristianizzate; e smettano di av-
lìlire i ministri della r\;lÌgÌone, dei quali dorrebbero, ragionando
Mnpre e solo d'interessi, fare almeno quol conto, che fauno dei
carabioieri.
VU.
In secondo luogo, questi signori dovrebbero esercitare una sa-
ubre influenza sopra il gioruatismo che, per due terzi, si regge
loro. Essi per lo piil sono i sostenitori, i patroni, gli azio-
idsU di qriasi tutti i giornali, che sì diffondono nelle province
nello oitù, uon tiiuto coir abbonamento fìsse*, quanto colle spac-
Mo avventìzio a un soldo per numero. Questi poi sono i più letti
lai popolo nullo osterie, noi caffi), nei ridotti; o twssonu sugli
imi infìuitamente più dei maggiori giornali, supposti seni e
Nlitici, ma scarsi di lettori e tenuti ritti in buon numero coi
Mi detti fondi segreti, provenienti al Governo dal meretricio
ibellato; legione di giornali, che il deputato Cavallotti chiami^
obbrobrio della letteratura e dell'arte di Gutteuiboi^. »
^(i8
DEL SOGALISUO IN tTAUA.
£ r influenza avrebbe du mirare a rendere questi gìor'oaliJ
viventi por ordiuario di menzogne, di scandali, di luzxi, dì be-j
stemmio e di lordure, mon peruiciosi alla pubblica morale, elit
fosse possibile. Le loro signorie fanno sienramento una guemj
spietata ai giornali che attÌK/.'Lno i rancori fra ordino e ordine
di cittadini, e predicamo la guerra dei poveri contro i ricchi, d«ij
proletarii contro i possidenti ; e bene sta. Or perchè non la faoi
uguale agli altri che, con indefesso lavoro di corruzione, pi
rano la guerra medesima sotto i lor occhi? Forsechò il socialismo]
non ò uaturale conseguenza delia immoralità popolare? Forsechd
ogni alimento sottratto alla immoralità^ non è sottratto al
ùaMsmo ?
La stessa cosa è a dirsi delle scuole. LMnteresse, il puro
pretto interesso della borsa, dovrebbe indurre la borghesia, itó-*
naccinta appunto nollii borsa, a ctìrcaro un riparo nella edu
cazione cristiana doi figliuoli dei popolo e in quel benedet
catcchìsiao, che è Torco dei maestri di socialismo e di anarchu
perchè d*ogni buono e santo ordine è fondamento. Sappii
di una città doli* lUtia centrale, il cui Municìpio mise anni
sol tappeto nel consiglio la questione, se rinsegnamcnto dot
techismo fosse o no da conservarsi nelle scuole comunali. U pU
ardente proptiguatoro della sua couservaziouo s' iudovinerehbe
chi fosse? Ko un ebreo, il quale vinse il partito, con questa «•
gione da buon ebroo: che il catt.!Chismo, vìotando nel quinto
mandamento di Dio il rubare, provvedeva alla sicurAzza deE
roba dei cittadini.
Il qual ebreo ò anche oggidì imitato da u^ certo signore
sìdente di vaste terre, che, subbene, per sua disgrazia, forse
creda in cuor suo nò meno al pan bufotto, pure, quando va
sue fattorie a fare il saldo coi contadini, li raduna tutti
lameute insieme, tien loro un discorso da santo Padre, e
menta loro ben bene l'inferno che s'incorre dai ladri; usaaì
ripetere agli amici, i quali di ciò lo motteggiano: — Amici
la religione è una sì necttssarìa cosa per l' interesse nostro, el
se Don esìstesse, bisognerebbe crearla.
Kitongauo dunque per ferme i signori, ai quali preme il
I nmRDn ^&é
dBco possesso di quel che ìiann», fhe, a guarentirlo loro dal
socialismo, vde più un poco di dottrina cristiana, calcata nella
mente dei popolani, che non tatti gl'idillii alla libertà, al pro-
cesso, alla ciriltà, alla grandezza della patria. Tolta la fede e
la coscienza, la patria d'ognuno, in Rn dei conti, si riduce alla
famìglia propria ed al proprio bò stesso. IL reato tS ciance e
ani la più.
Vili.
Ud altro rimedio contro il socialismo la borghesia troverà nel
campiere i doveri suoi più sacri di giustizia prima, e poi di ca-
riti Terso i suoi sottoposti, contadini ed operai; nel trattarli con
bencvolena; nel non palparne le passioni per acattare aura dì
popolarità, e nel modorari' un lusso che li scandalizza e li pro-
roea ad indignazione. La democratica Italia dì Alilann stampava,
il *23 febbraio scorso, una lettera del conte Igna^tio Lana, che
&iaesto proposito contiene buoni documenti. « Mentre vedo uma-
nità, cosi egli si esprime, in qualcuno ìudìcato (iiialc aristocra-
|tioo, ne vedo ben poca in molti, che fanno professione di demo-
crazìa e van mitingando prò popttfo; come sarebbe il conte A. M.
.senatore del Begno, ricc« signore aristocratico di nascita e più
ancora di principìi, ma che ai ò messu, per note ragioni, a tin-
gersi da democratico, pnssidente di popolari meetingsy e grande
peroratore dei diritti della piazza: pagando però soli cinquanta
centesimi la giornata ai suoi braccianti, e retribuendo con eguaio
generosità o filantropia democratica gii altri suoi soggetti. E
dissi di questo signore, per nominare un pesce grosso, ma, pur
trijppo, sono molli cho mangiano i loro buoni bocconi, o spre-
cano in immodesto lusso, mentre i loro poveri contadini non
hanno pane per ìsfamarsi. E godo ripetermi: fra questi ve ne
ha molti che in piazza e nei meefittgs fanno professione di de-
mocrazìa, e lamentano le condizioni miserrime del povero popolo:
ciò cho li rendo più condannabili ancora dì quel predicatore, no-
tortamento conosciuto per vizioso e ghiottone, ma almeno sin-
iro, cho dopo aver predicato T astinenza ed altre virtù, conclu-
deva ; Fati quel cke dico e non guardate a quel che fo.
270 DEL SOClAllSIIO m ITALIA
« La è una vera vergogna, dir&, anzi, una bricc^aata, noo
disgianta da stupidaggine, quella manìa in certuni di spendere
ÌD vànìU e io lusso, cho poi non procura nessuna di quelle oo-
modjtà della rìta, che gli inglesi indicano e qunlificiLno con U
parola comfort, e consumare in fumo migliaia o migliaia di lire,
mentre si nega ai poveri contadini, che ranno dì porta iu porta
elemosinando, lavoro, per ìsfamiir sa e la famiglia.
* Signori stolti, riflettete che il lusso ri rovina e vi reude
ridicoli, mentre lo spendere, nel dar lavoro ai poveri, vi arric-
chirebbe presso Dio e presso gli nomini dabbene. Catcoliit« olia
la spesa di an solo paio di guanti sfamerebbe per nn giorno
una famiglia dì contadini.
« Ma che dir poi dovrei di coloro, che non vivono che per am*
massar quattrini, lasciando che il povero soGfra per mancanu
di lavoro? >
Le quali parole encomiando il signor Oldofrodi Tadinì, vi ag*
giungeva queste altre, che si leggono nel numero dei 9 marni
dello stesso giornale: e L'amico mìo conte Lana, parlando d«Ì
guai degli agricoltori e dì certi ricchi proprietari che si fanno
filantropi a parole, ha dimenticato dì toccare una delle prìnn-
pali cause del malcontento dei contadini, I grossi proprietari!
mai 0 quasi si pongono a contatto col contadino, lasciano
ai loro fattori ed amministratori, i quali hanno un interesse gì
dissimo che il colono non possa avvicinare il proprietario e fax
conoscere i suoi bisogni, i suoi reclami. Questi fìkttorì ed am-
ministratori sono per tal modo, in generale, veri despoti, e^
il rontudino, por timore dì essere fatto oggetto dì vendetta,
soffre, oppure per vendicarsi ai fa infedele. I grandi proprie
che il guaio maggiore è nei vasti possessi, dovrebbero m^lio
informarsi de' loro affari, avvicinare ÌI colono, vedere che loMW
tibitiizioni sìeno salubri, che il lavoro sia equamente distribuito
e retribuito. »
Cose tutte son queste eccellenti ed ottime, come ognun vede,
e dì non tenue vigore a medicare la piaga del socialismo, sa
dai più si effettuassero. Imperocché nel fondo della questione chQ
gli ha dato origino e lo tion vìvo o bollente, stanno sempre di
^
t itmemi
ritti 0 doveri di giustìzia ed usserranze di carità, dal cui atto
prttico dipenderebbe il farlo sparirò, se i biechi artificii di sòU»
Dffiinde non s'inframmettessero ad inasprirlo.
Altru sarebbe a dire del riposo e dolla san ti fi camion delle
feste, che i capi di officino e i padroni dovrebbero pronmoven;,
per iitipedire che ì loro sottoposti non imbestialissero» lontani
da ogni pratica religiosa, da ogni confortai di parola divina. Ma
di questo punto amiamo ragionare più posatamente, e lo friremo
ttn'altra volta con più agio.
Adogai modo l'avere acwnnato. cast |ìer le generali, questi
TÌmedti non sarà inutile, poiché il gran bisogno che si ha oggi,
QOQ è 9<)]an)ente di ricondurrò la parte traviata delle nostre plebi
migliori consìgli, ma di convincere gì' innumerevoli biasima-
tori del traviamento, che se ancor essi non sì rìmettflno nella
retta strada e non tornano ai sani prìricipìi della morale e della
religione, che secoli di pace sociale fruttarono già all'Italia, e
OOQ si adoperano a farli prevalere, omnes simul peribitnt, an-
iQo ancor essi a catafascio, con tutto il loro nazionalismo
ilosoo; ed a hnona legge si potrà dire di loro:
Chi è causa del suo mal pianga sé stesso.
UN NUOVO LIBKO SUL SILLAISO'
Il tera> capitolo della secoQiIa parte del libro del slgQor Boa-
seboeuf è la parte piii ToluiniQOsa; dacché si espengono io es»
ad una ad aaa te otlont^ proposizioni dei Sillabo. È inuUte eh«
avvortiamo di non poterci occupar© <1Ì tutte e singole, sarebbe
un non Unirla per adesso: ci basterà pertanto notare qui e coli
alcana cosa; rimettendo il re^to alla sogacità e dottrina del
lettore, se è in istato di potere in tali materie giudicare da si;
nel caso contrario, quel poco che ne diremo servirà a metterlo
in guardia pel rimanente. In generale, ci duole dirlo, ncIU sua
spiegazione il signor Abbate o non coglie nel segno n^^ si mette
nel vero stato della questione, o dà in equÌToei ed inesatte^»
alcuna volbi anche pericolose, specialmente quando parla dei di-
ritti della CUiosa come società e di quelli dello Stato.
V. Proposizione IH*. Hatìiana ratio, nullo prorstts re-
spectu Dei habito^ unicus est veri et falsi, boni el mali at-
biteti sibi ipst est lez; et nafuralibus suis vìribm ad hominum
ac jfoptdorum bonum curandum sufficit *.
Questa pniposizione contiene socoudo il nostro Autore (p. 125)
due parti: nulla prima delle quali si condanna chi affermasse che
la ragione umaua, considerata sen^ia veruna reloTiiono a Dio, è1
V unica regola del Tero e del falso, del bene e del male, e legge
a sÈ stessa; nella seconda si proscrive chi dicesse che la stesati
ragione umana è sufficiente colle sue forze naturali a procurare
il bene dogli nomini e dn' popoli, [^asciamo stare la prima parte
in cui il Bossel>i>euf parla sufficiontemente bene. Ha la spiega-j
Kione che dà poscia della seconda, non è esatta. Conciossiachft*
' Vedi «itwtl. 8(V1, |w?- I.*)S e Mgg. del piysente volume.
* Alloc. Marima quidem, 9 |Ìugno 1861
SUL « SILLAOO > 273
parlandosi nell'ipotesi non dì uno stato quatunqm possibile» ma
É quello delia presunle ocotiumìitt eh» <i sUto di elevazione al
9 soprantiatnrale, fa diiopo negare alle forze naturali della
ngione ogni possibilitii dì coordinare ad esso gli uomini ed i
popoli. Or il nostro Abkit<i si passa al tutto di ciò, e crede possa
bastargli il dimostrare con l' esperienza di quattromila anni che
la sola ragione non giunse di fatto a render fuiico il genere
nmsno: epporò propone la proposi KÌone vera da tenersi no' ter-
mini seguenti: Par ses propres forces uaturdles, elle (la raison
bnmaine) ne suffit pan fx vxn à pracurer le bonìieur des ìn-
'iiridus et deif peuphs '. Alla ragione lasciata a sé stessa si dee
oegaro la siifBcìonm non solo riguardo al fatto, ma eziandio
riguardo alla possibilità^ e questa non pur solamente morale sìa
tmtmÌHm quid sia simpUcìfer, mvi. ancora Jisim. Donde appa-
risce, che perchè s'abbia il vero senso dell'errore del razionai isuio,
ooDdannato in quella seconda parte, non puossi menar buona la
pirentesi del Bosseboeuf — t&uU Uiéorie sur les forces de la
nison et la puissajjck de la ììberté kumaine mise de còtr — .
*eift ai permette agli avversuril V antecedente, (ed Ò q,uel che
importa) e si nega il conseguente, per una ragione che pro-
priamente parlando non vale a dirimere la questione.
2". Proposizione VI*. ChrisU Jidss humanae refragatur
^màioni; divinaque retelaiio non solum niiiil prodesiy venim
iw» nocet lìOminis per/ectioni.
Dopo aver detto che non v' è, né vi può ©ssere opposizione tra
k fede e la ragione, poiché amendue vengono da ima e stessa
tbtite, cioè da Dio; il nostro scrittore passa a spiegare in che
Onsista Terrore condannato nella 2' parte d'ella proposi KÌuiie.
Esso, dice, apparisce di per so : conciossiachò, su la ragione
umana fosse infallibile e vi potes.S6 esser opposizione tra essa
É rivelazione, si capirebbe subito che questa é inutile e nociva
prima. Ma una volta che questa opposizione non v'ì', la ri-
TeIaìdoQO est graudement ufih à rimmanité pocit dosskr ti la
mriti morale et religieuse use ivutcsios plus OfiSKR.aK, jj/tw
1^*^
(•n?. 126,
Xltl. voi. II. feuf. 861
18
20 aprite 1886
?74
pRoupTK et pfus siìRg, ciò cho non può faro la Filosofia '. Questo
è ferissimo ma uon è tutto, anstl è il ineQu. Il Bosseboeuf (p. 131)
rìeorro aU' Enciclica * Qui plurìbus « da cui ò statai presa la
pFopo3Ì:iÌoim stessa, a ne cita iid brano per proraro non poterrì
essere disaccordo tra la ragione e la fede. Ma perchè non serrìrsi
altresì di ([uauto soggiunge rimmortalo Pontefice per eeporre
anche la seconda parte?-, atque ita sihi mutitam opetnferaìU,
ui reda ratto Jidei veritatem <hmoiistre(, Itttatur^ de/endal;
Jìdes vero ratìonem ab omnibus erroribus MBKKirr, eatrujne dhi-
narum rerum cognilione mirijiee UiLCStsot, cosfibmrt, aiqiu
pkbpicut'?
Ecco come parla Pio IX. Questa quadruplice utilità & non solo
precipua, ma ej^tandio di somma importanza; ed essa vuol essere
esposta e messa bene in vista, Unto pift che, chi ben riflptta.
con ciò veramente si rispondo ai razionalisti, negando essi l'uti*
lità che Ti sarebbe per riguardo non già alla difftiaione^ mft
alla stessa ragione^ coli' asseverare stoltamente che questa nea.
distrutta dalla fede, perchù legata ed inceppata dal Domma.
3 . Proposizione Vili'. Quum ratio humana ipsi rdigionl
aeguiparetitr, idcìrco theologicae dicipiinae periiide ac jihilo'
sophicae tracf^ndae suni.
Il Bossoboenf in dichiarazione dolla prima parte, dopo avere
affermato che sotto diverso rispetto la ragione ò sufìfriore, eguale,
inferiore alla fede, così parla qaanto al primo membro : sous ìa
rapport de la cerfitude si4biective, de la fermetè personnelle et
réftexe de Vadhésion, de Ventendemenfj la raison l'emporio sitr
la fot'. Per verità, diversamente sogliono parlare l Teologi
Questi infatti, allorché discorrono della relazione tra lu fede e la
ragione, alTormano tutto il contrario; cÌot> che la fode h superiore
alla ragione se si riguarda la femwzza dell'adesione, dìsthh
gueudo solo X ap'^etiai'we dall' ni/etistev. Non fa di mestieri chft
riportiamo qui tntlo quanto ossi dicono su tale materia. Ma h
fuor di dubbio che l' alformaziono cosi assoluta del Bosseboeat
' Epistola Cncvxlica < Qui pinribus » fi nav. tSIO. Ynluì aaclie Coik. Tot
C(»iÌL Dwn. e. 2. ^
' Pi?. 13«.
> Parp. 13M3S.
St't « SILLABO » 975
non ro^ti a Tronto della crìtica e del modo di parlare preciso od
esatto dei Dottori. Ci basterà citaru rAngcIieu 8. Toiumufio, il
qual6 &1 3. doUo Seotonzu D'tst. '2Z. q. 2. u. 2. sol. 3. ufferma
che yidfA- ìtalet tnaìotem certiltidinem (juanium ud piuicitatkii
ADtuKSiOMs, qtiamsii cerlUudo scieniiae vet itttcifecf us ; quamvis
in scienlia et inttlUctu sit maior evidentia eorum quihtm as-
MHtitur. £ proprio ta cuutrudittoria di quanto alfurma il nostro
Abbate! Mu come va che ogli pur cita il S. Dottoro a cunrorto
dotla 8Q& afformaìitonu? Kppiiro è un fatto! Farciamo prima dì
tatto osservare che il Card, de Lugo afformando che contmunis-
sùìia... et vens:iitna Theologorum sententia est /idem ease cerlio-
rem aliis cognUionibus evidentibm naturalibtéS, qttai reffulo
ì'iUr habemm, cita l'istesso luogo dell' Angolico Dottore indicato
dftl Bosseboouf. )Ia sin r-iilla di ciò; esatiiiuiaiuo brer^ìmente
il passo stesso dell'Aqaiuatij. Kglì pertanto nella Soraiiia Teolo-
gica 2. 2. q. 4. a. 3 disti ngiifj lii cortezza t;z parte causaae et ex
^te subiecli: quindi pone tre conclusloai. La prima, considd-
tando la cosa ex parie cnussae, Jides est gsrtiok; la seconda,
considerandola ex parte subiecti, Jidea est xiNns certa ; la torza,
&S8olatanwnt« parlando Jides est suplicitbb ceekob, alia sunt
eeriiora seocsDux qciD. Donde appariscono subito due cose : Pri-
nierameute il mudo di parlaro assoluto dui nostro Ab1)ato non
viene giustificato dal luogo del Santo Dottore; secondariamente
Dun si dura fatica a rapire dove stia l'abbaglio preso dal Bosse-
bwaf. Questi ha intesa per certezza soggettiva quella che l'An-
gelico dice ceYiez7A ex parte subiectì, senza fare attenzione che
il Santo Dottore nelia certezza ex parte subiecti considera in
questo luogo solament-e quello che sarebbe ciucia dell' assenso
ileterminaniL* nella ceguizione naf arale. Alio modo palesi con-
iiderari certìtudo ex parte subiecti, et sic dicitur esse certius,
^cen ELESius eonsequitur inleliectus homim's; et per hunc tno-
ium quia ea qitae sunt Jidei sunt supra intelledum komims-,
non auU:nt m gtuie subsunt tribus praedicUs (sapientiao, scien-
liae, \niiA\t(t\A\\\ ideo ex hac parti Jides est minm certa. Dalle
la&li parole il nostro Abbate, senza muli» studio, avrebbe potuto
»do?ato capire che S. Tommaso considera V evidenza e non evi-
976
vy vvovo uano
(lenza dell'oggetto, o che perciò parla della certezza che suole
deuorainarsi oggettiva, non soggettiva: cioè, parla dellii cognosà
biiità dell'oggetto e non dell' assemo che ad essa oorrisponde,
e tien dietro. L'Aquìnate distingue nel soggetto oonoscente dae
cose: visionem et assensum '; nel corpo dell'articolo, da cui è
tolto il presunte tratto, parla della prima, quando dice di cossi
derare la certezza ex farle subiectiy e snol chiamaci certezza
oggettiva; del secondo, che viene importato per la certezza sog'
gettiva, parla esplicitamente nella risposta alla terza difficoltà:
Iterfectio iniellecius et scientiae excedit cognìfinncm Jideì quan-
tum ad iLVJORBX XAMPESTATio.NEi, HO» (amen quantum ad ceh
TioKEJi niuiRsioxE». Coucordemente airAngelico parla ti s^^rafìco
Dottore S. Bonaventura (3. Disi 2S. a. I. q. 4.): Est córtiitiào
SPKCCLATiosK tt cst certitttdo iPHACSiON'is... Si ìoquamur de ctf'
iltttdÌM adhaesionis, sic maior est certitttdo in ipsajide... ResU
pertanto dimostrato il brutto equivoco preso dal Bosseboeuf, t
diciamo anche pericolóso^ in quanto che solo per esso, è giusto
il non dubitarne, egli ha scritto una propo8Ì;«ione che non può
reggere innanzi alla ragione ed alla dottrina commanissima e
verissima di tutti 1 Dottori cattolici.
Né minore ci sembra la confusione con cui ò esposta la
2"* parte della Proposizione. La seconde partii de la prop<m
iion, d/rivani de la première, les rfjlexions précédentes Ihtnt
laute diffìCiiW^^, Vergiamo se l'esposizione ci dica qualche con
di più chiaro. La tkéologie et la phitosophie, — ot c'est Ìcl I
eondition et la garantìe de leur grandeur et de leur dignité, -
ont chacane leur domaine dìstinct, leur mrtkode, leur pro<M
iì part, à Paidf dcsquels elles gravifent, traraillent et ckerchen
tibrement *. Mai no, signor Abbate. La filosofa ha un dominio
metodo, modo di procedere distinto s\, ma sitbordinato per ri'
gnardc alle sue conclusioni alla Teologia: quesU brero pareli
tralasciata rende sospetta quella proposizione: sa questa bn)T'
parola foese stata espressa, la frase « chercJtcnt ubrkilent » t
< IM Vrritatf, q. U. 4. 1 ad Ld">.
^ l>n;. 140.
» Iti.
SUL « SILLABO >
277
sarebbe rimasta nella penna; pcrchò 3arob1}0 apparso ad ondenza
che essa non era contauuta nelle premesso. Pili, questa breve
parola ò la sola che gardintisco lit vostra parentesi; perchd la
condizione e sicttrtà tanto della graitdez;ta che della dignità della
filosofia consiste appunto in ciò, che questa è e sì svolge suhordi-
natamctite alla Teologìa: chó la grandezza e dignità della filosofia
ooosiste Don già nel formar sillogismi, accumulare afferiuazioni pid
0 meno peregrine, presentare considerazioni pia o meno sublimi,
sì bene uel coglier nel sogno, mentre giusta il suo metodo pro-
cedere dar nel vero e non nell'errore: a ciò serve il tener sempre
d'occhio griasf^namontt della sacra scienza, perch'^ Jides rnth-
nein ah innniòus errar ibtitì liberata Pio IX nella sua Lettera
Tua» lìbenter,2\ dee 18G3, scrìveva: Quamvis enirtt naturales
Ulne disctiilinae suis propriìs ratione cognifia principUs nì-
iantiir, catholici inmen earum cultores divinam revftafionetn
peluti KHCTHicEM stella7n pra^! oollis habkant oporfet, qua praetu-
ixtite sibi a syrfibus et erroribrts caveaiU, ubi in auis isvestioi-
^BOXIKUS et comiESTATiOKiBus animadvertant, posse se iUìs addttci^
^Hf UKPissniK accldit, ad ea proferenda, qme plus mìnusve
^mveritentur infaUibili rerum rcriiati, 'ptae a Beo retelatae
fmre. Quel elterclisiit librement sparisce dirimpetto a cosi chiare
panile! Qitapropter, c'insogna ancora il felicemente regnante
Pontefice leeone XEIl, qui philosophiae stmlium ctitn oasBqujo
fidei christianae coniunfptnt, ìì optihk philomphanlar '.
Nel resto che il Bossuboeuf va dicendo a [lag. HO, dobbiaui
confessarlo, non ci riesce di vedere una esposizione della seconda
parte della proposizione a cui si riferisce. Tutto si riduce a questo:
La teologia e la filosofia altro non sono che la stessa ragione
ui»ona(?!) che viene a dedurre conclusioni rigoureuses, néces-
saires; per la prima partant des donw'es de la Hh^étaUon...,
par la seconda des données da bon sens..., e che perciò queste due
scienze procedono d'une facon tout à lafois distincie et iden-
tiqtte. Distinta^ perchò ciascuna ha i suoi principii certi ; iden-
tica, perchè è sempre la stessa ragione che discorre, sillogizza,
* Encyctica * Ooi phirìlras > ì') nov 1K46.
■ Iùic5c]ica « Aftcrui l>.ilm i I aug. i879.
;9P
^■vs
978 vv Koovo Liano
afferma, nega... des deiix cótt's c'eèt U ména moyen, le raisoH-
neoient, c'enfi la métue dialectìqm, le ìtièim procesaus logiguet
Vobservation de^i mémen règles p^ipeUifiiciennea '. Con ciò è
cbìiiriio pifl che u sufficienza perciò o come à coodaDDato il dire
che le scieaxd teolugichc dobl)»n0 esser trattate all' istesso Diodo
ch^ le filosufìcht). Beato chi ci capisce! Eppure sarebbe stato
cosi facile seguendo la stussa allocii/,ione Singulari guadam
(9 doc. 1S54), donde questa proposizione è stata U>lta, oompi-
lame una breve, chiara, giusta, aaiia esposizione ! Del resto il
luttore il quale si ricorda di quanto fu dai TÌ*)S8eboeuf scritto
sulla opposizione e convertibilità delle proposizioni (pag. 105-1 10)»
e della formale promessa hìUi ripetutamente (pagg. 105, 110)
d'attnnersi alle esposte regolo, appima crederà a' suoi occhi veg-
gendo il modo c<>q cui qui (» non pochi altri somiglianti esempi
si potrebbero citare) conchiude: I'oi7iì la perite SKìiè cO!n'n«ios.
C'est lui demairer Jidèle gtte de dire: « La raìson humaìne
n'ast pas égale de tout point à la róvélatìon, & la foi; supórieure
cu cgalc par un c6té, elle lui est iuférieurc par un autre; Us
nciencen Htcologìgues, tout en aijant ménte sujet, ménte inatnt-
inent, mime processm qm les sciences philosophigiteSf ont un
point partictUier par oit elles ne soni pas identigttes^ eoinme
développement^ à ces dernières > (pag. HO).
Nelle osservazioni poste in questa proposiziono 8* l' Autore
credo ritrovarsi la spiegazione della seguente ancora: se è cosi
il lettore ne rimarrà più confuso. Noi non crediamo dovercene
passare; facciamo petò brevemente osservare le coso seguenti:
Primieramcnto, la versione letterale della prima parte di
essa noa risponde al latino: omnia indìscriminaiim dogmaU
rotigionis chrìstiaoao sunt obiectum naturalis scientiae, sou
philosophiae.'; tous les dogmes de la religion sojU ìndisfinck'
metti, au imme titre^ Vohjel de la science naturelle oh de la
philoflophie'. Queir mrfiscr/mirtti/*»rt non si riferisce al modo
con cui un domma possa esser preneniato come oggetto alla
mente, ma alla natura degli stessi dommi: son dne cose molto
diverse. Quindi la confusione nell' asserire che il nostro Scrittoro
M Pag. 140. — ' Si/ll. [»roi>. IX. — ' iMjr. Ut.
tVl « SILLABO »
toute la question rouh sur h mot isdiscrisusitim (messo
cosi fuor di posto), wss distisction; al- mèke titbe '.
SecoDdameuW, non su[>[><>ue nù gt!Dcra nitro che cunfusiouo
il dire, cho la seconda parte dulia proposi :;ìono pud preseutaro
questo senso vero: la Teologia scolastica è vera scienza. Ecco
le parolo latine: humaiia ratio histtìrìce tantum ejrcuìta polcst
ex Buìs nafuraiibits viribus et- princijìiìx ad veram de omniitis
etiaui recomiitioribus dogmatibiis scienfiam pervenire, modo
Aure doffmata ìpsi ratimii famfjuam obtecta proposìta fuefint.
Per quanto taluno si lumbìcchi il corvello, non riuscirìt, crediiimo,
a IroTarri uua sola parola da cui si possa ricamr il senso so-
pmesposto: forae il signor Bosseboouf fu indotto ìii equivoci) por
Her tradotta' quel potest... ad veram... scientiam pervenire così:
petit... parvettir à une vraìe sciexcr invcco, di connaissance.
Nò raeno infelice vuoisi dire la esposizione fatta (p. 144-146)
della proposizione 10". Quum alìtid sii pltUtìSophus. alìud phi-
losophia, iUe ivs et ojficium hahet se submittetidi auetcritali
quatti veram ipse proitaverit ; at phùosophia neque poteat neque
Aéet ulti sese submitfere attctoriiati \ Kcco quale, secondo il
Boaseboeuf, sarebbe la prop^wizione contradittoria vera a tenersi:
Autr»^ ti est vrai, est la phitosojée, et autre la pkilosophie;
«pendant (comme en vertu de leur eonoexion de sujet à obJBt,
ìls ont certains droìts et dovoirs communs), s'il est vrai que
le phihsophe a le droit et le devoir de se soumetlre à
l'autorilé iju'il s'est d-'-moniré étre l^giiime, il est également
vrai que la pkilosophie peni et doit aussi ae soumettre à
Cautorité qtt'elle a'eat égalemeni et par la nihne démonirée
Ugitime\ — Ora, ecco brevissimamente come l'avea «sposta:
se l'autorità è legittima, il filosofo o la filosofiii debl>ono ri-
eoooscerla e rispettarla; poi viene a parlare di cost? che a dir
vero non c'entran nulla per esporre il senso della condanna.
Finalmente osserva che fliosofo e fìlosolla hanno un dirittf) co-
mune, ed è quello d'esser rispettati dall'umanità; ambedue
hanno anche nn dovere oouiune ed t quello di sottomettersi al-
_r autorità legittima*. Ma quale ò questa autorità? Xoi non ce
' \m. cit - » SyìL prop. X. — > Paf. U6. — * Pnj. liÓ.
suo vn ffuovo Ltano
uè orjìiipiamo, risponde; sìa quulla de la raison elìe-mhne, mlh
de V ensemble ile grands penseurs, ou celle des domtf'es tradì'
tiotielles de Ut raison unirerselle, révHée ou nafureUe '. Ma,
come cì<!», se Pio IX nella oondanna delle opero dì Froschhammer,
dulia quale ò stata tolta quella proposizione, dice espressameli te:...
ita denegai ut nulla iioctui!ìiIR ekvblatab habUa ratinne asserat
ipsam (philusophiam) nnncjuam dehere ae posse aticlwitaii se
stibtniitere''^ E più sotto Tengono nominate: dtmna revelatio.
Ecclesia, Ecclesiae auctùrilan V» Io stesso sì ricava dalla Let-
tera Tìtas Libenter\ Questo è il punto, e l'essenKiale, verso cai
e filosofo 0 filosofia hanno uno strcti tastino dovere cojirsB. Perchi
non accennarlo? Il non occuparsene lascia lo coso nell' oscuriti^
di prima. Ah, ì)Ì8og^na pur confessarlo-, non Ò questo il modo
dì dare une interprélation laterale et motivée du Sytlabus ',
né così s'arriverà giammai à en donner le Hens rigoureux et
authenfigue"! Nà quando noi ricorriamo ai documenti, donde
furono tolte lo proposizioui del Sillabo, per giudicare della espo-
sizione del nostro Abbate, altro, a dir vero, facciamo che ricor-
darci di quanto egli stesso ha scritto: Ajin de guider plm
sùrement notre marche, prenant d'une main le texie originai
du Sgllabm, notts aììonn entrejyris de Véelairer de Vautre par
lea DÉCLARiTioss poxnPiCALES aniérìeitres ou posiérìeures*... B
qui prendiamo Toccasìone di dirlo una volta per sempre: heti
poche sono le proposizioni in cui il Bosseboouf non abbia man-
cato a questa sua promessa.
4". Proposizione Xr. Ecclesia non sotum non d^Kf in
philosophiam unquam anìmadvertere, verttm eliam dehel ipsius
philosophiae tolerare errores eiqtte relinquere tU ipsa se mr*
rigat \
Diamo riassunto in poco quel che ne dice il Bosseboenf^:!*
■ Pag. Ufi.
* Liueme Graeitiima^, M di>c 18(ì3.
* IjltiTae Tt.a» libfHter, 21 dee. 1863.
* Pi'crace, png. XI.
* Ivi, p3g. X.
* Prtfatt, pag. XI.
' Epist. aH Arcliiep. Krisinp. Granitsimat, Il dee. 18^
* Pag. Ufi-U:.
SUL « SILLABO »
28!
(^ìesa fjnnnie sociéU doctrimle hti por suo scopo d'interpre-
tare la BibbiUf Ai propa^uro la rotigionc e la vorìbV Ci<> posto,
prinui questioDe: può essa e devtì de so[, oiitECTKaRNTt iiihkiìu-
mest ontrare nel dominio della scienza filosofica? Nulleìneni.
Seconda questione: lo pud o deve inoirkctejiest, c^est-à-dire en
veriu de la cosnkxios aree felle ou ielle vériié kkligibcsb? As'
surément elle nVn a ni le Umps, ni le moijen, ni la volente '.
Ter» questione : Le è forse assolutamente proibito di venire a
dare une indicanone un aviSt un $age conseil et une Juste ré-
prìmande? Via, sarebbe un'inUilIcniriza surtoul en tcmps de
lOìorté absalrn (p;ig. 148) il negare alla Chiesa ciò che peni
le demier Journaliate^ fkrivassier ou philosophàlre à peine
furti drs hancs!... Xa Chiesa, che possiede il piìl bel codice
filosoiico, e la cui dommaticii è ciò che v'ha di più snblime in
awtafisica; la Chiesa che pur ha ricevuto lu missione di inso-
goars in quel Docele omnes fjenies (jiMecnmgne mandavi rohis;
Bt, senza dubbio, la Chiesa io può^! Attenziono però; distili*
piele bene errori da errori. Si tratta forse dì errori gai n'onl
guère d*injlt4ettce au paini de vue tnorai^ relìgìeux, prattgite?
H^ Chiesa »'a pas à intervenir fositìvement. — E questione dì
VnTorì gravi che toccano la morale^ la coscienza ? La Chiesa de
mèmc et pln3 enc<tre que font penseitr sérieux... non seuìemeni
peni, mais dait intervenir^.,. (Quindi eccola proposizione con-
tradittma che è la verità da professarsi : •VEglise petti et doit
par/ois intervenir dans le domaine plillosophigne^ au tfwins
au atvtne titre gite leti particuliers, ut giCelU ne. peut ni doii
fermar les yeitx sur ioules les erreurs phìlosophiques *...
In questa esposizione non poche cose sono inesatte, od oscure,
alcune poi non vere. Prima di tutto per ciò che rìguurda la
secunda parte, so cosi rogliam dirla, dell'esposizione, quello che
coDcede alla Chiesa ò messo in modo da sembnir curue chi sta
in gran timore di dir troppo, qA offendere le delicate orecchie
dei laiacredenti, i quali per certo non potranno essere ridotti a!
nleaùo per alcune insinuanti concessioni avtmti forza d'argo-
lento ad homimm; come sarebbero, che la Chiesa può dire il
Pbj. H6. — ' Pjg. 14". — • l'ag. ìli. — • l'ag. H8-1W.
989 vs" KCTvo tiBiio
suo giadizio per quella libertà che si promulga per lutti, e ai
concede u-ll' ultimo giornalisla e 61osofotto. Quello eh» cuoce, e
vi ramatili.', i seguaci del P^dre della meui^ogoa è che il giudìsììo
delta Chiesa obblighi e leghi V intelletto, e la rolootii dei fodali.
No, non 8an\ tua! che la Chiosa accolti questo stato di cose, che
sia iinimessa u portare il suo gìndtKtn come una società dì no-
mini, sian puro dottissimi e sapientissimi, o nulla piiV Sicivime
poi cotesto modo dì procedere sembra molto familiare al nostro
Abbate, diremo che egli ha promesso ripetotamente di dare una
chiara, giusta, e ragionata spiegazione del Sìllabo; è necessario
perciò che prima d'ogni altro faccia vedere bone il vero senso
e la portati di ciascuna proposizione e rivendichi alla verità,
alla giustì:ìia, alla Chiesa i proprii diritti. SulUnto dopo cìd gli
sarà permesso, sen?^ scapilo della sua critica e scienza nioao-
fica, giurìdica, teologica, dì argomentare mi homìttcm. facendo
osservare ai nemici della Chiesa come ossi (iiuantanque contro
ogni ragione ed empiamente non vogliano riconoscere io quesU
qnel che por logge divina le si deve), almeno stanti i loro prin-
cìpi di libertà ecc., non altrimenti che sragionando e dando nel-
l' intolleranza s'arrovellano si stranamente contro dì Lei. Ciò
notato come di passaggio, si ponga monte a riuanto segue.
Certo si è che Tordind delle veritii naturali è di natura sua
subordinato all'ordine delle verità rivelate e soprannatarali, e li
nui)ifÉ'Rtazli)u«^ che Dio ft^ce nella croarjone è subordinata alla
manifestazione da Lui fatta nella Rivelazione. Donde per neces-
saria deduzione si conchìudi;, che ogni enunciato d'ordine natu-
rale sia razionale, sia etico, sia giuridico, sia storico, à di natura
sua subordinato alle verità rivelate. E poiché la Eivelazione non
è cosa che stia sulle nuvole, ma dall' istesso autore di essa ^ stato
istituito un vìvo, perenne, infallibile Magistero, che F abbia io
custodia cim diritto dì (jneUo stesso genere, dì cni è la sua mis-
siune, cioè divino; ne segue che ogni scienza sia teoretica, sia
pratica, sìa giuridica, sia storica, è per natura sua sottomossa e
subordinata in quanto al suo svolgimento a questo vivo Mogisterio
infallibile, imperituro. Notisi bene: diciamo svolginxento ; non
parliamo dei principti proprii^ AéiV oggeito, del metodo ecc. dì
J
SUL < STI.LABO » 383
^ scìetua. Qualsivoglia Rcien^a, pur coaservando quello che
d dì sua Datura nello svolgorsi che fa ilentro ì propri limiti con
proporre conclusioni, vuoi affermative, vuoi negativo, non deve
mal pon-e un'assyrzione che discordi da quanto il suddetto divino
Magistero possiede in custodia. So dunquo ogni .scion:ni di qualsiasi
specie d Del senso predetto di natura sua subordinata al magistero
della Chiesa, sarebbe un coatrosenso il dire. che esso non ha in so,
come in atto primo, la potestà o virtvì in ordine allf conclusioni
di quella. Ciò posto seguono altre questioni a farsi, quali sareb-
bero: — di fatto, cioè quando la Chiesa sogli» intervonire; —
di dovei^e, cioè quando la Chiesa debba intervenire; — della
tiu/Kfrt di tale intervento, cìoò se sia un atte con cui infalìi-
biliHente o si definisce m& verità, o si condanna nw errore, o
piuttosto con cni si mostra pur in/alt ibi! mente la sicurezza
(vuoi parlando assoUttamente, vuoi soltanto in tali o tali circo-
Stanzut nel seguire una via piiittosttì che un'altni. Por dare poi
mi chiara e sicura solu/Jone alle accennate questioni, anziché alla
àifftrt-nza tra orroro ed errore, vuoisi attendoro alla relazione,
che le dottrino che si spacciano come scientifiche possono avere
od hanno con il deposito della fede, di cni la Chiesa ò custode
indefettibile, interprete viva ed infallibile. Questa è la condizione.
al verificarsi della quale quella potestà, che ha la Chiesa vieue
ill'utlo. Condizione, la qualy non r/<'( alla Chiesa detta pot*!stà, sì
bene verìjìca ciò per cui essa passa airatto. Quindi alla domanda
^mndo e come la Chiesa deve e suofe intervenire, non si risponde
Hittamunie col dire: quando si tratta di tale o tale scienza, di
e 0 tale ordine di veritii, di tale o tale specie d'errori; s\ bene
coll'affermare ohe allorquando v^ha alcuna reìaziom eoi de-
ftiUo della fede, qualunque sia la scienza, qualsivoglia l'ordine
di verità, qnalechessia la specie d'errori. E so ò da*» assegnare
0 veri od errori, in riguardo ai quali la Chiesa non è mai in-
tonrecQta, non interviene, né interverrà; ciò non si deve, a parlar
ripetere dall' essere vern od errore d*«H<j piuttosto ohe
altra specie; si bene da ciò che essi o non hanno mai avuta,
0 non hanno o non avranno mai relaziona d'opposizione colle
rivelate. Sicchò rimane sempre cho questa e mm altra sia
%4 m nuovo libso
la condiziono o m^ìone da assegnarsi per parlar giusto. Questa
condizione, por ritornare al Bossoboeiif, è da lui sttjjkktiiemente
indicata là dove àìcaill y a rf*a erreura qui ìi'ont guère d'in-
Jìuence aii point de vuc moral, religiaux, pratiqwe; qui n'ci*-
tament et ne fattssent en rien la conscience (pJig. 117); non
ci sembra p«rù del tuff" esatto Dell'offerire a modo d'esempio:
tels sotit les systèmes plus oit moins erron-^s sitr la nafure dt$
éUtnents \ AfTorinn^JoDe men giusta riguardata sia nssol utilmente
sia relativamente a quel piintti di vista sotto cui egli T intende.
Inesatto ò pure quanto segue, c|ie cioè in tal caso la Chiesa di*
senta par le.'i organes cles ses pntseiirs émérites -. No, non è
la Chiesa cliu esamina o prontmcìa un giudizio sulla prol>abilÌtÌL
di tale 0 tale sistema: essa è fuori da tutto ciò; né coloro, che
Tongon detti ses pensears éméritts trattano in qualitii di teologi
tali materie, allorché se ne occupano, ove pur non le riguardas-
sero dal Iato di relazione che esse possono avuro o di conformila
0 ^'opposizione col depi>sito della fede. In tal caso però saremmo
fuor dell'ipotesi posta dal signor Abbate.
Andiamo avanti: il Boiseboenf (pag. 147) prova che alla Chiesa
«0» è proihiio d'intervenire; che sarebbe sfacciata intolleranza
il sostenerlo. Ciò non ra inteso detto da Lui in senso escliisivOy
perchè sarebbe errore gravissimo; nondimeno il modo con coi
parla non può andar a garbo. A che si ridurrebbe cosiffatto
intervento? a null'altro che a dare une indimlion, un avis^ un
suge conseil ei unejmfe réprimande^. Restando pur alla que-
stione che alla Chiesa non è proibito 1* intromettersi, non per
questo puossi sminuire la tuitura del suo atto. Né gioverebbe
gran fatto l'osserrtre che ivi si parla della Chiesa méme en-
visagée coinme soci''té purement kumaìne; perchè in primo luogo,
ciò TDol riferirsi non alla natura del permesso intervento, ma a
provare che questo non le deve esser proibito per la ragione cioè,
che essa, considerata pur solamente come società umana, ha il più
bel codice filosofico. In seoondo Inogo, più sotto parlando della
Chiesa come società fondata da Gesil Cristo, s'esprime airistesso
modo; Vempécherct-t-on... d'élabtir une cohparaisos enlre ce type
' rag. liT. — » P*j. 118. - ' I-aj. 147.
J
SUL « SILLABO • ^
(rÉvangiló) ei ielle dodrine plus ou moins niahainey
ée formuler mùremeni et dii}}tefn«»t les orskrvatioss CRiTiquBS,
5W la plupart du tvinps }W$ pi:bi.iCiste3 font au couratU de
h phnne et sans aucnn iitn ' ? Questo modo dì parlaro è ri-
pTevolt) e non imitabile da vorun cattolico, che ami parlar
fflnw si dove dtd magistero della Chiosa.
ila che dire della risposta che il Bosseb«.)eut' dà allo due
[iriiiie questioni delle tre surriferite? A nostro giudizio, egli i|ui
ND Bolamentd ha parlato coti poca critica, ma ha preso un forte
ibba^lio. Quanto noi pur ora abbiamo detto del magìsterìo della
Chiesa e della subordinazione di ogni ordine di veritiì e di
nme td esso, lo prova ad evidenza.
I* Proposizione: la, Chiesa non può, nò dere da sé, dirot-
tamente, immediatamente intrometterai nel campo della filofiofìa
0 d'altra scienza analoga ^
Questa proposizione se s'intendesse, prescindendo dalle parole
aggiunto de soi ecc., cho la Chiesa non pu6 né dove intromettersi
Ketle cose filosoficbe, s'arrebbe un'alTermaKione assoluta, da non
p>ter$i ammetterò; le cose premesse ne danno la prova, né cosi
l'inteso il Bo83ob*3euf. — Se pi>i esso si considera noi senso a
tal lo ristringono le parole de mi, directetnent, immédiatement;
tllora facciamo osservare che ben poco si guadagnerebbe. Con-
hè esse riguardano, se stiamo alla forza comune e rtafu-
dei termini, non il fatto d'ingerirsi, ma il 7nodo con cui,
ìe s'intervenisse, si agirebbe: cioè, esso significherebbero per
flif cosi la modalità dell'atto con cui s'interverrebbe, piuttosto
Il potere o dovere intervenire dì /alto. In tal caso (e neppur
crediamo voglia dire il nostro Autore) non potrebbe se
■E a sproposito supporsì che ta Chiesa avrebbe bisogno d'al-
Enoo che l'aiutasse, o per me^szo del quale essa potrebbe o do-
TTebbe agire- — L'unico senso, che, dato a quelle parole, to-
{lierebbe ulhi proposizione quel di brutto che presenta, sarebbe
■ Lac. cil.
■ ^ Pfut-elte iVtfiWK) tt doit-eile de toi directemcni, immédiatement s'in-
flftr JiiHÉ te d^mniité de la xcifftce pkiJoaaphi^ue, ou de tottte nutre scienee
toffue? Nulttmtnt, ta mitsion directe, intmédialf, c'tnt la difftmon de la
ti*ttt ti la minetìficaiion dea ilmea. i'n^. lifk
SST)
ttif nuovo Lnno
qtiesto; senza che v'oblia relaeiotie d* alcuna sorte colle verità
relìffiose. E questa» crrdìaino volesse vommentc tdtandere 11
Boasdboenf, visto il modo con cui spit^a pia sotto la paroU
indireeiemeui. 'Sé \\iwA oiiso, primìenttnonte : non piace che
egli siasi limiiato a premettere soltanto : VÉglise, come sodétf
doctrintile, mjant pour rùle princìpat (riNTEUPRÉTER la RihU,
et de TtiiPAXDRE ìa religìon et la vénV (pag. Ufi). Il Concilio
Vaticano, Const. Pistor aetkrkcs, c. IV, dice: Uuic pastorali
muneri ut satis/acerenl Praedecessores Nostri i-nde/essam
semper operam d<'Aerunl ut saluiarìs Chrisii doctrirta apud
omnes tetrae populos pkopaoakktur, parique cura viou-ari xt, ut,
ubi recepfa esset, sincera et pura cosservìRrtiib. Questa seconda
doveva esprimersi non solamente per essere esatti, tua, e molto
pili, perchè essa ò quella che verameatc fa al proposito per h
materia in cui si versa la proposizione che si sta spiegandole
ancora perohti hisogna siipporla per prendere la parola del signor
Abbate nel senso che abbiamo detto: essendoché quando udii
conclusione dì qualsiasi scienza è t« relazione colle writà re-
ligiose la Chit^sa non interviene se non cume custode del de-
posito della fede. — Secondamente, e si deduc-e dal detto toste;,
il modo di parlare del Bosseboeuf vuol dirsi nuovo, impropricr
ed oscuro per non diro onimmatico. Corto, Intendere che la
proposizione « la Chiesa non può né deve da sé, dirfffameute.
immediatamente ingerirsi nel campo della Jilosojìa ecc» •
equivale a questa * la Chiesa non può né deve infrotnetler»
ìlei campo della filosofa se non quando le conclusioni dì
questa hanno relazione colle verità religiose *, non pnA dird
così fkcilo e natiimle. In questa seconda s'esprime la condizionr
richiesta porche la Chiesa possa o debba intervenire; nella prima
si espone piuttosto il modo e la natura duiratto d'intervuota;
e Tuno e l'altra rimangono inalterabili, si verifichi o no U
condÌ!!Ìone. Breve: o la condizione, di cni parliamo non si Tfr-
Tìfica, e la Chiesa non interviene; ovvero si verifica, e allora la
Chiesa interviene da s^, diretfametiie, imniediatamenle. Con-
ciossiachò in tale ipotesi l'oggetto del giudinìo è la relazione dt
conformità o difformità di una oonclusionij scìeutifica .con JU^
SUI. « SILURO »
. l^jffffVa fede; e in ciò iioQ ò in grado di giudicare
ubeoticsaènte se noa chi possiede coi;nizione adeguata dtìirMjio
tàéìì'altt'o termine di comparazioQe. Tale è La sola Chiesa.
Oaindi ìu (\m\V ipotesi la Chiesa interviene da sé diretta menie,
iMmediatamenfe, perchè ò si tratta d'un oggetto esclusiva^
mnte huo. Dunque nella protwsistiono del signor Ahhatc » non
Q attende alle suddutto parole, e s'avrfi un senso intolliTabìle;
p ri s'attende, ed allora esse o non sono a proposito, ovrero rìe-
KOQo molto oscure.
ir Propusiaione: La Chiesa non ha né il tempo» né i mezzi,
DÌ il volere d'intervenire senza posa e contimiameTiIre, quando
Duconclasione filosofica o d'altra scien^ia analoga è conneasa con
verità religiosa '.
Siamo proprio all'error j^ior priore! SI, «questa seconda è
iorc della priiua ufferinazìone; perchò, come abbiam visto,
prima pii^Sii a tutto rigore addurr» una scusa per la quale
Bflsa, pur restando pessimamente espressa, può liberarsi dall' er-
am. In questa al contrario si parla proprio nell'ipotesi che
t'abbia relasiomcdi deposito della fede; perch'^ Vindirecttìmeni,
m» è spiegato^ suppone appunto la connessione esistetife tra
u conclusione filosofica o scientifica colle vorità religiose. Or
«, — affermare in questa ipotesi che la Chiesa non ha hi vo-
Wà d'iuterfenire, è supporla puco curanlo deiriuvìolabilità
fede; — dire che la Chiesa non no ha il tempo, è supporta
oceapata in affari di minore interesse; — asserire clw non
hi i rruszi è far passare il ano divino Fondatore ed Architetto
improvvido od impotente. Imperciocché, è sentenza eertissima
be la Chiesa ha il diritto ed il dovere stretto d'intervenire, ove
rattìai di custodire e difendere la Rivelazione che Le fu data in
tposito da Gosft Cristo stesso. Terribili conseguenze, lo veggiamo
eoe, ma se ne dee chiamare in colpa o 1» logica, o chi ha posto
» premesse? — Ma vi sono aggiunte le parole sans cesse, con-
tut^Tle (V^.tìt^) el doU eìlc indirtetemenl, e*e»t-à-àire en etrtu de la
ap« teUe ou ttlU vérité ifligìfaie, inlerrenir puh? c'«e et conti-
I? AasHidmfHi elle H'en a ni le temjts, ni le mo^rn, ni ìa volontà
?88 ppf NUOVO UBao sol « sillabo ■
thiuellemenf. G]\ è bon chiaro, rispondiamo; che perciò? fori<
qnella proposizioDe è sopportabile? Miù no! Noi non temiaum
che la Chiesa s'abbia a sUncaro aell'o8«;guiro fedoimente la sni
dÌTÌDa missione, quindi qael coniinuellement, non ci fa paan
anai dobbiamo tutti ammetterlo. Per verità i Papi nelle loro
lettore non mancano di attostarci la loro doverosa continua vi-
gilan;!a per conservare rintegritii della fodc; e in quasi tut
i documenti, da' quali sono state toU« le 80 proposizioni de
Sìllabo, Fio IX rafferma espressamente. Che anzi^ non solo O)
fatto, ma eziandio con solenni) dichìariizione dottrinate l'insego!!
ai fedeli nella stessa Lettera Gravissimits. dalla quale e stati
prosa la proposiziono XT. Ecclesia ex divina sua institution
et divinae Jidei deponittim interprum inviolatumque diligenlisf
sime custodire et animaruin saltUi summo stùdio debet Cui
TiBSRTEK advtffilare, oc samma cura ea omnia atnovere et tU
minare, quae vel fdei adversari vel ammanim saluli quovii
modo in discrimen addticere posstttif. Se il Bosseboeaf avosa
consultato questi lettera, non più che quattro righe più sotti
della proposizione condannata, avrebbe letto quanto noi abbiami)
qui riportato. E notisi che il conlinenier di Pio IX ò pnipriu
il continwllement del nostro Scrittore: quindi da questa parola,
non puossi ricavare nulla che valga a scusare Passerzione clii
stiamo esaminando. Essa, stando al comune e naturale sqdsh
delle parole, ha un suono molto disaggradevole por un catt^tlico
non è conforme alla pratica costante dei Romani Fontulici <i
della Ciiiesa; non si vedo come possa accordarsi con quello, citi
il Sommo Pontefice Pio IX asserisce nella Lettera Oravissimns
né colle parole indkpbssìx sbbfer operam del Concìlio Yaticaaa
STUDIl RECENTI SOPRA I NURAGHI
E LORO IMPORTANZA '
Continua il Capo I.
Appendice al paragrafo degli spiragli. Un uso ilei Nura-
ghi, £1 punto stabilitu .sul fino dol paragrafo autocedeote, che
i Nuraghi non si possano dire ioAbitabili per difetto di aria» ci
chiama subito a stabilire no oso dei Nuraghi, che vieti riguardato
da altri come l'unico loro scopo, e da noi invece come aua srala,
per conoscere a quanti scopi servissero. Troi)po i lettori sono
rimasti sospesi circa tale questione, dì cui tatti desiderano U
sollecito sciogUmentoj ed ora che il risoherla ò in parte pos-
sibile, non 91 dee loro tardare una soddisfazione sì i-agionevole.
I Nuraghi adunque son edifi/i più o meu forti, che valgono
ad assicurare all'occorrenza cose e persone. Questa lor proprietà
venne già affermata neir Introduzione": ed ora che manca per
hastt'voi mente provarla? Tutti i Nui-aghi son torri dì straordi-
naria sciIidiUl, e questi mosti-ano nello basi, nello pareti, nel
coronamento, e nelle rautele usate por afforzarli in proporitione
de' vani che in so racchiudono. Tutti ancora sono di entrata fa-
cile a serrar fortemente da chi stia dentro; e serrati che siano,
riescono il piò della volte poco meno che impenetrabili per chi
stia fuori. Tutti infine sorgono in posizione piii o meno elevata
sopra un vicin distretto; e così massime col terraiwo o con le
opere circostanti valgono a scoprire un uomico, che in tal di-
stretto presentisi. Valgono in un medesimo a darne awiao ad
abitatori che non debbono mancare sul luogo (come proveremo
bentosto), acxiocchè tutti costoro si guarJino: e i deboli tra essi
QOD tardino a rifugiarsi nel Nuraghe, recando pure al sicuro, per
' Vf-di quatl. S59. pagg. 11^7 del presente volarne.
' Cirt'Ità Cattolica. 9 gennaio I88R, pag. 11.
StrU Xjn. voi. II. fané. SCI 1»
t% aprii* Vm
990
sTi'uii nt^ctim SOPRA i kuhacui
(liianto si posso, ie robo non già prima riposto ed il bestiame;
ì forti poi, se Inastino a tanta (come pur vedremo poter avvenire
assiù volte] accorrano a discacciato il nemico. Che se questo ìd
ont« (leMoro sfor/,t da principio s'avanzi, lo combattano dall'al-
tura ove staono, col vantaggio del sito, e con quello unituri di
falde ben erte di rocce frequenti a trovarsi sn per l'altare sarde.
0 di argini, terrapieni e recinti che pur frequentemente si tro-
Tano, 0 di siepi e steccati che dovL-ano surrogare i recinti, quando
questi mancassero per custodirvi le mamlre, ed inoltre di grossi
alberi, dì forti cespugli, di massi sporgenti, di mucchi di vario
genere, tutti valevoli a riparo do'difunsori. Con questo succederà
di frequente, che il nemico s'arresti o seii vada: che se non
ostante vien oltre, restano ai difensori le cinte o gli antemurali,
fi dove questi non siano, gli scaglioni, i piedestalli, i corchi
di muro, o sopratutto la sommità delle torri co' loro terrazzi,
donde frombolare ciottoli, finché ì nemici rimangano a qualche
distanza, e donde avventare a mano e rotolare pietre maggiori,
quando si facciano sotto. Bensì è necessario, che di questo pie-
trame non manchino mucchi, per moltiplicare i colpi al crescere
dot pericolo. Questi mucchi poi, massime sul t,errar/.o, scuseranno
con vantaggio il riparo, che non ci si trova ', di merli e para-
petti, occupando da sé soli meno di spazio, uè obbligando a
spolvero la testa e sollevar le pietre oltre il parapetto per as-
sestare il colpo.
3ta il nemico del tutto stringa: qui tutti raccoltisi entro il
?3"uraghe i difensori, e sbarrato l'uscio; qual mezxo rimane li
nemici per espugnare la torre! Non è loro dato scalarla atteso
l'appianamento dolle mura, e la lor fievole inclinazione, e U
niancanm di fori nel basso, e la vigilanza dì guardie da s^pra.
0 forse à dato intromottorc il fuoco? Ma cift riesce impossibile,
< iNemmeD si iror». ne'moiniiiiefili iiQìni, come nc'Tabyols. riclk fpeccbie « cft-
sfilillic e truddli! dell' lUiIia uicrl^iDnalc, ncllr Kirrt'lli- ili tVIVis e del Sìnit. t pan
file noti «i Dsassr nejipurp nMh lem di (Inniiiin, \wnhè la kt^islaiìoBe Musaica $mpra
intera ad uDonkiiKtrf tfW Rbroi dnlle usante nm UiÌPvcAi <li^' Caiuitti'ì prescrìve %sfn^
atoettìe la coslruiioni? (if'pjtnipelU sopra i (Riruxì nel l'euinronoiiiio. Wtl. 8: o^
sLratìono, che. ;iI[rov<t (is-«ndn g'à usala p s\ ragioarvAlet non rarcHM* nata da
piVKriverf, n» cht- in Pnk^tio;] ancho o|!^i talor con si osserra, come altesla C
r. Noumano, Supi-rìorc di quella misùoiic d. C d. G.
^i.
E Lono lUPORTArrzi
991
quando l'uscio sia sbarrato del tatto; e nulla taIr, quando siavi
nel Nnraghe scala od altro spiraglio da sfo^re il fumo, o g^nte
apparecchiata a sinorzaro ogni materia iulìamiuata o fumante.
Forse dnuque otterrasai la roRa, perché gli assediati si sentano
soffocare dalla calca o dall'afa? Quando si pensa alla maniera,
eoa cui la giunte, per non pericolare la vita, sta .sepolta nello
stive 0 nelle grotte, orrero marcisce imprigionata per anni dentro
fon^ di torri ed altri sotterranei, Li difficoltà si dilegua; prin-
tipilmente perdio trattjindosi dì perderò tutti la vita o la libertà,
nemmen si bada, se alcuno od anche molti abbiano da morire.
Sa qtii rediamo di più. Un Nuraghe che abbia una sola cannerà
dì mezzana grande8/a (cioè di 5 metri di diametro) potrà con-
t«nerTÌ 25 persone, che tutte avendo un metro di spaxìo vi stiano
comodamente altresì coccoloni, come sogliono tuttora Lo Tillaneile
le atte prediche e gli orioiitiiU in ogni occasione. Con un
qnalcho disagio vo na stamnnci assai più; ed altrettanti non dì
ndo in quel che rimanga di spa/Ao, computando l'andito dell'en-
tnta, e le nìcchie e la scala e il terrazzo, o lasciando pur qualche
Tuoto per le provvigioni ed altre robe più preziose. Nò per poco
che così si duri, mancherà poi per ordinario un soccorso. Perchè
sin da quando sia cominciato il pericolo, sì sarà cominciato a
damo ranuunyjo ad altri Nuraghi del medtjsiiuo territorio, de'
liliali taluno non manca per solito di trorarsi iu veduta si del-
rajisediaiOr come dì altri. Che se i priuii annunzi non valgane
per nuvole o nebbie, almeno col tornare la luce, tornando fuori
ille opere e ai pascoli le genti vicine, avverrà die il pericolo
naoifestisi da sé medesimu, e dato allora l'allarmo concorra in
aiuto de* pericolanti anche un'intera tribù. E non dovrji dunque
l'assalitore alfrettarsi alla ritiratti? Ma poniamo pure che prima
che eia succeda, egli sia riuscito a .sforzar l' entrata. Bell'ingresso
trionfale sari veramente il suo net più dei Nuraghi, quando
debba penetrarvi carponi ed al buio, tanto che non vegga le
gurdìe appostate in sull'uscio u nelle nicchie per farne macello.
Che se por vedere questi nemici catiuninasse con in mano una
fiaccola, questa gì' impedirebbe il procedere, e il levarsi a difen-
dersi. Forsechè dunque non sarebbe &cile, che le guardie iu
29S STUDIl IIECEttn SOPRA. I RIIRACill
bello studio avessero lasciata cosi sforzare l'entrato, por attirar
nulla trappola gli aggressori più acciaiti ed ardimentosi? Giun-
gano pur (luesti sino all'adite della camera. Quivi troreranno
nuovi ostacoli e forise maggiori, contro i quali lottando restino
colpiti allo spalle ed uccisi : od anche penetrati che siano nella
camera, tra difensori appiattati di qua e dì là della porta, e tra
tua turba di gente compresa da disperato furore, forse avverrà
che sin dai fanciulli siano fatti cadere e dalle donne tratitti. E
chi nou vede adunque i Nuraghi nati fatti per assicurare all'oc-
correnza cose e persone?
Per supporli ad altro scopo ordiuati, quando v'ahhia una tanta
diflìcoltà di entrarvi, è necessario che si credano semplici case
od altri ricetti del tutto pacifici, come templi o sepelcri; ma par
8i suppongano fatti a tal modo per servirsene ad occulti consìgli,
od arcani misteri, od eyoca>:ioni magiche da celare al popolo. Ma
le conveuticoli! stìgreto di qualsiasi genere, appunto per esser tali,
sono mai sì frequenti, che eMgano l'iuiial/autento dì mille e mille
Nuraghi ì od amano di farsi scorgere col tenersi ne'più cospicni
edilnd, o non anzi cercano le tenebro degli spechi^ dei boschi,
e l'orrore delle solitudini? Che se codeste conventicole richie-
devano por loro scile torri sì forti ed impenetrabili, quanto uon
dovevano essere abborrite dal popolo, e quanto per consegueoza
esponevano chi le tenesse, alle ire comuni, appena fosse uscito
da* suoi recessi? Siam dunque da capo a dover dire i Nuraghi
fetti in bello studio per assicurare cose e persone esposte con-
tinuamente ad estremo pericolo. E per conseguenza non si pad
mni ammettere, che vi fosse gente da difenderli, e da riccttar-
visi, e da tenervi riposte le proprie cose con insieme provrigiooi
da bocca e da tiro per resistere agli assalitori.
Ma questa ragiono tratta dalla difficoltà dell'entrato ^-alepol'
più de' Nuraghi, nou però per tutti. Veniamo ad un'altra più
generale, che tuttjivia nou ha forza se non per quel tempo, in |
cui i Nuraghi già fossero grandomonttì in uso. Ttdè che allora.
i Nuraghi restassero per Io più a bbiin domiti per essere t»peraJ
come pur fu detto, di nomadi; o fato airaeuo che allora stesserei
ai tutto discosti dall'abitato, come avviene nou di rado de'saD-Ì
E LORO IHPORTAKZA 293
tnarti, e spessissimo de' sepolcri. EssHudo essi sparsi a tanto
QOmoro por tuttit l'isola, in luoghi donde si dominano i colli ed
i piani, ed anche in corrìspotidenza a motti insieme tra Loro; che
ne sarebbe avvenuto? Poiché non raaucano iu veran luogo de'fa-
cinorosì che agognano di rapire raltrui, si come prima ne ab-
biano il destro (e T occasione medesima fa molti tali), non ne
poteano mancar di molti ab antico, quando il rapimento delle
persone medesime celobravasi, come impresa di Numi ed oroi.
Son sarebbero marnati adunque dn-vvero ben molti, che si na-
scondessero nei Nuraghi (aperti com' erano al primo occupante)
per cosi stare alla vedetta e piombare alle prede e nelle torri
riporle. Né questi davvero avrebbero poi mancato, ogniqualvolta
potessero farseue iissoluti padroni, di asserra^lìarvisi, e di prov-
vedersi dell'armi cui dava il snolo, accumuìaDdo su per le citite
e i temiscì le pietre da grandinare coloro che snidar li volessero
da' loro covi ; ed a questo lavuro, iunanzirliè ad ogni altro, avreb-
bero sottoposti gli schiavi che fossero venuti facendo; e meglio
poi d' ogni altro si sarebbero ne' Nuraghi difesi, si per brutale
f«ro«ia, si per non avere probabilmente famiglia da mettere in
salve, ma solo masnadieri da aiutarsene per combattere, o vii
nundra di schiavi da stivare cornochossia. Questi rapaci poi,
quand'anche fussoro .sloggiati da un luogo, ricomincerebbero lor
mestiere tramutandosi in altro, e non bastando da soli avrebbero
riùamato neir isola gente straniera, o dalla Libia donde par che
ne venisse ab antico, o dalla Corsica, per dove era facile che
tragittassero anche altri venendo d' Italia. Or chi può dubitare
lu istante, se un uso cosi funesto fosse quello, a cui si lasciasse
ridurre anche un solo Nuraghe?
Siano pur dunque, se così piace, i Nunighi, o tutti o in qualche
namcro, templi, come hanno tenuto o tengono ancora gravi scrit-
tori. For^e per questo all'occorrenza non hanno da servire
d'asilo? E non hanno tenuto i popoli tutti o non tengono po-
poli diversissimi, che per impetrare mercè dal ciclo, ed ancho
talor da'ncmici più inesorabili, appunto negli ostrenii frangenti,
CQUveuga correre a'tnmpli e stringersi all'are? Anche pe'mas-
Bìmi delinquenti riguardarousi i sacri recinti come asili inviola*
S64 STDDii Hccsnri sovnK i kvragri
bili '; e non dovettero così rignanlursì per tutto il populo devoto
ad UD&DiTÌQitàf Così a cagi(m d'esempio, l'ultimo osilo della oa-
ziono Gindaica non fii il tempio di Gerasalemme? e l'ultimo asilo
di Monteituma non fii il maggior tbeocalU del Messico? Ohe aè
questi asili non valsero per chi vi si difesdeTa coU'armi, forse che
i templi non ralsero agl'inermi Romani per iscamparc dal furore
Taudalico con esso le robe portato seco? Ed anche a deposito'
ordinario delle cose di maggior pregio non raìso forse ab antico U
tempio di Gernsalemme? Ed anche tra'harbari dell'età di mezzo
i sacri recinti de'mouisteri non salvarono forse (oltre innumerevoli
moltitudini) tutti ì tesori delle arti, delle lettore, delle scieiufr
dell'antichità? Infine ancor là tra'FelIani di Palestina, residuo
di Cananei, il deposito fatto ad lui qnalche Santuario non è egU
forse sacro o inviolabile?* Dunque solo tra'Sardi richiedeva ud&
atolidissima supcrsti^ìono, che la rasa della divinila per non
essere difesa annata mano, diventasse spelonca dì ladroni, u in nn
medtìsimu insidia e sterminio di coloro che l' avevano dedicata e
rispettavanla? Pro aris et focis doveva essere invece il grido di
guerra che levassero i Sardi al vedere l'assalto sacrilego de'Nun-
ghi, quando fossero templi ; e cosi sotto l'invocazione e quasi sotto
la scorta dol Nume dovevano ìtifiaiiimarsi alla più vigorosa difesa.
Il simile si dica riguardo all'opinione di quelli che hanno
tenuto 0 tengono i Nuraghi (almeno iu nn qualche numero) per
sopolcri. Certo sepolcri che si chiudano dairiutemo, e non di
< Arapitsfo i Latini fu anche sinonimo del pib sicuro riCQ^ìo, pciT:hfi i rei fr
singoi armcntf gli «hiavì solftaQo là rìfinpiai-si, « ripulfli-asi «icrili-gio 11 partf (jnìrt
sorr'otti le maDi: ilei clic vrili il Korci'llini allii ivre Ara. f. aiipplires atì aram
chianavanst qtirMi prcfuiihi, «mr noia Ennio Visconli ae] Mateù Pio Clnnfnl. ttA. 3,
U*. S8. Fu poi quifla Vf9ta.ii ù universale nella geniilil-i, che il S.irpi toIIc tfa'dun»
le Icfiji caoonicho, nel suo traliaio dtirimmuriiià dello Chiese. Ma questa waut
unitpnalc in inatrria per ti non pbcvvolp. (inai è ài non porre \« matti ixMmD
alinfito ai ladri ni n»n5Nnl. >doI dirsi un rì«Uato Jclh naturo pir rì'tfK'tto al Ivoin
acro; e il dirìUo dflla Ctiicu noi eaucire Io imrnanii» sfrondo l'itiitica Icì^i- ili D»
che slibilÌTA imcK città di rirn^Jo, è [tifno pei^in ilal Yak Esi<en, De ìmmunilat»,
cip. 1 e sefis.
' OtomONr Cankf»!!. Tfie Arahs in J*nlr»liné, prtg. 320 di-lb riiccolta THe
Smnfy of vetlrrn l'alntinf. Sp<cial ìHìperr. IXSt. CIitìi il mpcHC. UNtlo dkgU
sUssi Fcllani |K'Mfliwi«'niì rÌfo»rraii*i ijr's»m|nani, vitIì oollii si<»»a rsttolu Etl-
SABETll Finn, The Feìlalmn of Palestine, jug. 345.
rado alibiano scalo, terra/./.), cainorB superiori e talora persia
cisterne^ e di più siano in corrispondenm tra loro, non furono
naìcamonte eretti a riposo du' morti, ma insieme a qualche uso
de'viri. Ora si che staremo a vedere se quest'uso do' vivi fosso
si beo conciliato col riposo de*Ior cari defunti, che il sepolcro
diventasse rìcotUeolo di assassini e giicsti poi mandassero ancora
i tìtì agli eterni riposi. Inverti un mausolei! di tal fatta non dà
egli piuttosto ragion di supporre, che lo volessero auch'osso un
renerato santuario o in onore della Diviniti^, o de^lì stessi dcrunti,
secondoclid santuarìi veneratifisimi dì tal genere ha la vera Eeli-
gjone, 0 la falsa altresì, seguatainonte dell'India, e come sono
presso i Fellaiii e Beduini tenuti per inviolabili 1 Alakaiu dulia
Triestina sur^eduti ai Makoni, di f:ui parla la Divina Scrittura? *
Per tali ragioni noi crediamo, che quanti tengono i Nuraghi o
aìcuni tra essi per templi e sepolcri, possano e debbano consentire,
che fossero non solo atti, h\ ancoi-a ordinati, almeno per fine
siKondario, ad assicurare al bit^ogno cose e persone.
ila ì Nuraghi son tutti dunque per qiialclie guisa altrettante
fortezze? ed in tre migliaia che tuttavia se ne contano, e nelle
soi 0 nelle nove che per avveutura ce ne furono, dovriissì i^li
credere che altrettante sentinelle vi stessero notte e dì alla vedetta.
e QQ nerbo di difeasori pur Asso per guarnigione, e che la gente
4i lor fami^ie, che corto nou si voleva abbandonare alla mercè
dei nemici, non dovesse dilungarsi da t-i-li rifugi per nun incapjwre
Delle costoro manie divenirne schiava?
Oh! non si tema che nulla di tutto questo si abbia daam-
nettere per sostenere il gik stabilito. Perchè (quando stiasi al
senso più proprio delle parole) tutt' altro sono i Nuraghi che
forte?^ da guerra, ovvero torri corrispondenti tra toro, che così
fostìtniscano, come ora si dice, nn sistema strategico di fortifi-
cazioni. Se questo fosse, giacche i vanì gruppi di Nuraghi cor-
rispondenti tra loro sì concatenano per tutta V Isola, la Sardegna
con tali difese costituirebbe il maggior sistema di fortifìcazioni
0 la maggior fortfì£<!a del mondo. 3Ia tale fii mai la Sardegna?
0 sono i Nuraghi, sia che premiausi isolatamente od a molti
* GBHMOrrr GikNNEAU, l e pae. 327.
1
Vio stmm nsceim sopra i niRAOHi
insieme, valevoli a trattenere un esercito regolare, od a ininac-
cìai^II le spalle^
Fortezze e torri di siinil genero non manciirono invero ai tempi
in cui adoiwravasi la cristniziouo gigantea de' Nuraghi; e noi le
troviamo nelle mura ed acropoli ciclopee d'Italia, Grecia ed Asia
minore, e in quelle di Sìria, Sicilia ed ÀfTrìra. innalzate da Fenìci
e Cartaginesi, e più nelle cittÌL deirAssiria, Mesopotamia e Su-
siana con quelle reggie elevate sopra altipiani artificiali, sui quali
puro torrfggiano le Zigurat, e nelle città turrite rappresentateci
dai monumenti Assiri, e nelle fortezze cavate nelle rocce di
Frigia ', e in quelle fondato su rocce tagliate a scarpa, che si
trovano in Palestina': come anche un campo trincerato marari-
glioso troviamo in quel d'IIaouar, capevoie di dugentoquaranta-
mila guerrieri, che avevano da sostenere la monarchia degli
Hylisos contro tutte le tnciirsioni d'Asia o le ribellioni d'Egitto *.
Ma in pamgoiic dì tutto questo che sonrj in generale i Kuraghi?
Pcgnaino chtì innau/.i ad un Nuraghe ordinario presentisi una
sola centuria, qual vanguardia d'esercito regolare. Contro di essa
correranno forse a far fronte i venti difensori del Nuraghe, o
avanzandosi la centuria sul monte, T attenderanno sparpagliati
sull'alto, 0 stringendo gli assalitori, si rintanoranno nella loro
fortexza, dando l'allarme agli altri del territorio, perchò tutti
corrano contro il nemico? Cosi facondo, già avranno perduto U
bestiame; ed or ecco qual fine gli aspetta. Oli assalitori collo-
cheranno a buon numero arcieri, che saettino quanti sporgano
punto il capo sul terrazzo, e altri intanto faranno ciò che or si
costuma inchiodando i canuooi che non siano da tmsportare;
chìnderanno cioè ron gran massi l'uscita, e poi scalando le mura,
e disfacendo il tomizzo, faranno il simile nella sommità della
scala. Così fatto del Nuraglio sepolcro a tutti i ricoverali, il suo
terraxu) varrà per gli assalitori, qual cwntro di propria difesa.
Tengano intanto d'ogni intomo i paesani: sopravverrà pure
' PennoT el Coiu-icir, Explomtion arche'ot. àe la Gaìnlir. etc. Tst. Vili « X.
• CONOeit, NoUa 0» archit6ctuT€ m PalrsHtw. pn?. \\t della luàata, nella
RnCCOlla Thr Surtty of ìrnirrn Vnltitint, IRRli.
* J(*SfKBO, Hisl. ancienne^ 1878, pagg. ("a e 77.
' ■' -™-
E LORO IMPOnTANU
937
l'esercito a riceverli, e troveralli impotenti a resistere perchè
dirisl. e poi a iiiaa salva occuporii altri Nuraghi rimasti privi
di difensori. E chi può credere adunque ch-j in tal cfrcostaiiwi
vogliansi difendere tntti e singoli i Nuraghi? Una. delle due. 0
i difensori, per salvar le proprie vite e famiglie con un po'degli
averi, s'arrenderanno; o cercheranno uno scampo verso un centro
più fortfl, là trasferendo le famiglio e il bestiame. Ma quale
inciampo alla dift»a in questo tumultuoso aiTollamento d'imbelli
6 d^aaimali, e qnal diflìcoità a sostoncro nn assedio contro an
esercito libero da ogni tupedìmeuto consimile, ed allottato da
à opime spoglie? Non basterebbe dunque uu centro minore, e
ronvieuc ridursi in qualche centro più vasto ed insieme più forte.
E qui non si può recare, uè recasi esempio più splendido che
ta Giara di Gestori. Di questa avremo a diro ben altro, essendo
stato un obbiotto singoiare do' nostri studii. Per om bastino al-
cuni cenni '.
LA CUIU III r.ESTOIII
E 1&7 Giara una magulfica tavola di basalto, che elevasi
5S6 metri sul livello del mare, e gira nel perimetro delL'alti-
piMJo un quaranta chilometri, e più del doppio con le sue pen-
fiifi. Neir interiore ha due monticelli vulcanici, il più elevato
' UVJknMonA, Vùjfoge, U. i% 50. PI. Vili, 7. — ìtinérairt. La Giara. Carta
ìAVUxAa. — Géoìogit.
998
ari'on rbcenti sopra i ìwiughi
de* quali aon sovra-sta all'altopiano pii) di 6 metri; ed ontramlii
s' iucoronaTauo d'un Nuraghe, come tutto parimcnto se ne inco-
ronava il contorno deiraltopiano ad ogni sao sporto. Ora il
Forgusson ', ci6 considerato, giunge a dire. Un uÉBcialc del genio
ammirerebbe l'abilità, con cui fu scelta la posizione, e come tuUi
fnryno tu'cupiiti i punti iinportanti del circuito, ron due punti
dell'interiore, rhe fanno un secondo ordine di difese, in rni ri-
tirarsi dopo sfornito il primo. L'autore del rampo trincerato di
Lhiz, così egli prosegue, resterebbe attonito in vedendo rec&to
in opera il suo disegno, tremila anni Innanzi che egli nascesse:
giacché qui si scorgono le medesime torri con differenze appena-
discemibili da un occhio sperimentato. Ma che? Popò sì magni-
fico epifoneraa il dotto sttiriro dell'architettura ha da sogginn-
gere. Così ragionando noi non 0i avvediamo di applicare allo
antiche difeso ciò che sol vale delle moderne, atteso Ja lunga
portata delle artiglierie, con cui è dato incrociare il fuoco tr»
due forti collocati a distanza, e con questo impedire ogni passo
in mexzo ad entrambe. K invero supponete pure, che le torri del
circuito fossero quaranta, mentre sedici sole uè segua il Laiuar-
mora omettendone altre: fato poi che rarii punti tra'più distanti
delle sì ampie pendici siano oprupate dall'esercito degl'iavasori:
6 come potranno accorrere prontamente a respìngerlo ì difensori,
quando per varie partì salga las^ù? Saliranno dunque le schiert^
a gettar lo scompiglio tra tant^ì mandre e famiglie quivi sopra
raccolte: e molti de'difensori a tal vista eleggeranno la resa, e
gli ostinati a resistf^re, tra tanto scompiglio, rcstoran sopraffatti.
Tal è il difetto di somiglianti difese, alla cui sformata gran-
dezza, nelle guerre ben regolate, non bastano i difensori. E gran
rìpruova ne ò, che i Ilomani medesimi quando si furono impa*
droniti dell'isola e vollero assicurarla contro le scorrerie de* bar-
bari delle montagne, avendo stabilito nn campo di guerra a fiy
rum Trajani, quivi pres^so tnisformarono un Nuraghe iu Castello,
0 alquanto più lungi il Nuraghe Longn di Samugheo ', ìu vedetta;
come poi i Grtci nell'itltro termine del medesimo territorio (dore
' Op. cit. 453, AÓi, donile ahlikimo u^Uo il ilbqtQo, rìlovnndoto attiianlo.
* S. M. M - I8C0, 19, - l»Gi, 61 - L 65.
E LORO IHPOItTANZA
299
«redram «rto che fossa un terzo Nuraghe) fabbricarono H Castel
di Medusa ': ma sulla Giara, nò Romani, uè Greci, nò altri lor
succedati lasciarono vestigio che ia fortificassero. Bensì presso
k CHara elessero i Homani un colle assai meno elevato e setim
pangone men ampio per fondarvi Taleiiza, nel cui sito par si-
milmente che gUk per rinnau/i si fossero fortifir^ti i Carta-
ginesi '.
E che fecero i Sardi medesimi quanilo ehlwro a combattere
contro Cartaginesi e Roiuatii? Non si liifesero con una resistcn»
che sia paruta agli atorici memorabile, ne' Nuraghi, come invece
ricorda la storia che si difenJesstìro contro i Romani nolle pro-
prie torri griberi": ma durarono secoli e secoli a manteaerc
Il propria indipendenza mWa fortiw^ie naturali de* loro monti, non
li si lasciando mai rintracciare, e tenendosi appiattati ad ogni
(fcricolo con le lor greggi ntì'soni do'modesimi monti e nello
ttrenie*: o forse allori difiMidendosi pura alla Scitica e Mgsc<H
vitica, distrassero da sé stessi assai volto e torri e colti e frut-
teti, perchè non ne approfittassen» i ntìTuici per trattenersi in
agiato nelle lor terr(\ Non erano dunque ordinati i Nuraghi
a difendersi contro eserciti poderosi, che nommen s'avevano a
temere noli' i.sola, quando veunero edificati, come vedremo. A qual
gdaere di difesa appartengono essi dunque, e contro a quali ne-
mici servivano? Lo vedremo nel seguente articolo.
' %h»i, Snrdrfftut Militare^ Caslflli.
* In faccia al Nuraghe Vali^iiiui r'b nel liaiso un tcpolcrcto Cariagiricsc nomnno.
* SmiB. HI, 1^3; (Il cùnijiaran:- con Livio Wll, (3.
* Dioo. iV, SU. V. 15 eoe Vi-dt Vwa, 311.
^M
I DERELITT
XV.
La vicioanza doliti ricca Ermelìnda e della povora Emma
p&rova umi di quelle bizxarrio, di che si piace la capricciosa
fortuna; ed era ìnrece, come pia innanzi vedemmo, cun find
astuzia ordinata dal Blando; il qualo avca scolto a bollo studio
per la fainìglia Ditte uno splendido appartamonto prossimo alla
stamberga Belfìore, acciocché Emma vedendo tant' opulenta •
lusso nella futura sposa di Bruno, cadesse dì speranza dì po-
terle essere preferita. Xt^ Io scaltro Bancliiere erasi mal apposto;
poiché il prolungato silenzio di Bruno faccale ornai cbiaro ed
aperto che sarebbe follia T aspirare alla mano di lui-, tanto più
ohe tutto accennava a ima prossima conclusione dello trattative
in corso tra ì due genitori de'promessi sposi. Tuttavolta Emma
accoglieva un raggìotino di speranza in fondo al cuore, senza
che sapesse darsene a sé stessa ragione. Tanto è vero che chi
ama osa sperare sovente coatra ogni speranza!
Quando l'Ermelinda passava in cocchio per la via, Emma
faceva capolino alla Hnestra, e dietro alle persiane sbirciava la
sua rivale; e al vederla così carica di lisci, di vezzi e di gin*
gilli, mestamente sorrìdeva, dicendo: — Che ricchezza! che
sfoggio! che contrasto colla mia povertà! — E di scatto un pen-
siero sorgevalc in mente. — Costei esser dovrebbe vanerella e
smancierosa! Ma t^st) con orrore cessava da so questa sinistra
idea; perch' ella era di delicata coscienza e d'animo bennato e
gentile. La Marchi'sa pere sentiasi un piszioore alla lingua, che
mal potea rintuzzare, e tal fiata sbottoneggiava; perchè troppo
farevaló afa quello svenevole atteggiamento e quella studiata
attilutura deir Krtuelinda. La Mima poi, ch'era una pispoletta,
I UERKLrrri - xv. un miLuzioNE e vh thauuiìmto
301
tutta pepe e sale, aroane bel tempo, e alle rollo coc^avala da
loBgi con atti di bertuccia; mentró Emma davale salla yoce e
ne la rimbrottava dicendo — Dove hai tu imparato le regole
della croan^ta e del rispetto che a tutti si deve?
Uq dì che il vicino palagio, ove bancliettavasi alta grande,
echeggiava di suoni, di canti e di evviva, la Marchesa disse
sospirando ad Kmma: — Costoro gavazzano neir abbondanza, e
noi ci moriamo di fame! Ah una sola di (inelle gioie, che porta
indosso r Krmelinda, basterebbe a trarci di cenci ! À cui Emuia,
— Certamente; ma ella non ha il cuore di Bruno. E qai le si
eolerìrono vivamente le guance, e lo caddero duo lacrime furtive
dagli occhi.
La sera di quel giorno la gazzarra che colà presso facevasi,
si protrasse fin oltre a mezza notte, tanto che la Marchesa ed
Emma non poterono prendere un sorsellitio di souiio. Altre volto
eitìandio incontrò eh' esse passassero le notti insonni a cagione
della baldoria che facevasi in nasn Dorè.
"So, non è mai cosi sensibile la miseria, come allora che raf-
frontasi coir altrui felicità. Onde il dett^v del filosofo yemo wiser
nixi comparatm. Quel continuo parallelo che fa il povero tra
il sno languire d'inedia e T epnloneggiare degli altri; tra lo
sqDaltore del suo abituro e lo splendore degli altrui palagi; tra
la luridezza do' suoi pantiicelli o lo sfarzo dello altnii vesti, non
fa che inasprirgli viepiù la piaga della miseria. Per lui vera-
mente la terra è la vallo del pianto, ed egli non sì consola che
colla speranza dì presto uscirne! Fu dunque crudele malizia
quella del Blando allora che metter volle presso che a cont-'itto
l'opulenza con la povert-^, noQ perchè quella stendesse a questa
la mano, ma perchè rniuiliasso maggiormente col contrasto. Se
non che la famiglia Belfiore era dì sentimenti più nobili ed
elaratich'ei non sì pRnsava; e Tistesso suo figlio Bnino, fatto
consapevole da lui delle grandigie dei Dorò, rispondevagli sec-
camente che nemmeno lo splendore di una corona avrebbegli
fatto obliare la povera ma virtuosissima damigella Belfiore; la
qaale ancorachft avesse per allora dismesso ogui pensiero di nozze,
(com'egli falsamente credeva) orì tuttavia tempre degna della
302 I DERELirn
sua stima e del suo affetto. Oadechè il Dlando uscito di speranza
di potere coll'adopcrato artifizio invaghire il figlio della novella
sposa, fo'suDÌ avvisi di allooUnare dulia città la famiglia Belfiore;
il che ove venissegli fatto, egli avrebbe presso di sé rìchianiato
il figlio, e icdottulu più aguvulmuDto a 8[>osare l'Eriiielinda.
Ma, per iiuaato ugli si beccasse il cefrE;]lo per trovar» via e
modo da colorire questo suo disegno, nou gli si affacciava al
pensiero cosa che valesse. Laonde venutogli meno ogni consìglio,
rimise l'affare «elle mani di un certo avvocato Bertone, piovuto
colà non si sapoa ben donde, ma bindolo e mascagno piil che
il fistoloso che per arrovìgliare e dipanar matasse, e all' uopo
anche trancUare il prossimo, non area chi lo pareggiasse, oA
manco V Azzeccagarbugli^ di cui parta il Man/xtni. Egli correva
per la bocca di tutti sotto il nomignolo di Trappola^ che cal-
zavagli a capello, e col quale anche noi lo designeremo.
Il Trappola adunque tutto arzilto e gongolante di gioia al
vedersi tra mano un affare, donde trar poteva dei grassi gua-
dagni, ri si mise coir arco della schlona, risoluto di farsi ouore,
fliccoui'eglì nel suo gergo dìcea, e voleva sigoÌ5cart.' che non
avrebbe indietreggiata innanzi a veruna sorta di mezzi, ooesU
0 ingiusti nou monta, pur di conseguire il suo intento.
Chiesto pertanto e avuto dal Blando uno scritto, ne contraf-
foco ojri arte iiiaravigliosa il carattere, e finse una Lettiira di
Bruno alla Marchesi; in cui dicevole — SÒ non potere più a
lungo ricalcitrare ai voleri del padre con rìschio di venire da lai
diseredato e cacciato di caso. Però perdonassogli, so ora vuderasi
dalla dura nect-ssità ustrotto n fallire della sua parola alla figlia,
di cui un in momento di giovanile trasporto d'amore aveale chiusto
la mano.
Tal era il tenore della lettera, ch'egli chiuse in una busta
improntata del timbro pestale e del francobollo di Ambnrgo.
datagli dal Blande, che ne riceveva di Oìik dal suo Commesso
quasi ogni giorno, e sulla quale cancellato con acqua chimica-
mente preparata T indirizzo del Banchiere, avea scritto quello
della Marchesa Belfiore. Quindi subornato con grossa mancia e
con maggiori promesse un postino, gliela fé' ricapitare. La tra-
XV. CV l'VILUZIOlte E UN THADIMENTO
303"
dita donna non sospettò mcaomamento della frode; e avendo
per Terala mentita lettera, diella a leggere alla figlia dicendo:
— Alla fine Bruno si è degnato di rìspondenai per farmi sa-
Kre che non sarà piiì tuo.
— Meglio per lui! rispose £imna eoa una fruddosza, che mal
rù disstmniara l'interna lotta delP animo. S^, meglio per lui,
»re9e, perchè sposando me si tirerebbe addosso lo sdegno del
padre e di tutto il parentado, e con quello, Dio sa, quanti gnail
Io stessa a piò della vostra lettera gli scrissi che — Preferivo
vederlo anzi folice sunza dì me, che meco infelice! Egli è stato
del mio avviso, ha seguito il mio consiglio, od io non ho di che
lagnarmi. Disse Emma queste cose con voce tremante, facendo
udh sforzo supremo per dominare il tumulto degli affetti suoi
e r interno affanno che soffocavale il respiro. Poi non reggendo
più a quello sforzo, fu a racchiudersi nella sua stanza per dare più
Ubero esalo al suo cuore trambrisciato. Tja Marchesa, avvegnaché
poco avesst) fino allora sperato di vedere un di la figlia unita
in matrimonio don Bruno; tuttavolta al vedersi a un tratto car
duU d'ogni speran/.a, ne fu assai di mala voglia.
Frattanto l'Autore dell'infamo tranello volendo accertarsi del
successo della sua bindoleria, simulo un'ultra lettera dì Bruno
ti padre, in cui quegli chiedevagli perdono della sua resistenza
e protestavasi pronto a fare a senno di lui, sposando V Erme-
linda. Con questa lettera in petb fu a visitare la Marchesa,
facendosi annunziare a lei come un incaricato d' affari del ban-
uhiere Blando, che aveva bisogno di parlarle.
Ella sentissi a quest'annunzio rimescolare il sangue e salire
Daa vampa al volto. Pure accolselo; ma con quel freddo contegno
di chi per mera cortesia riceve una visita, che le ò gnidita
qaaoto il fumo agli occhi. Lo scaltro Trappola avvisò tosto dover
esaere lei caduta nella sua tagliuola, avendo per vont la lettera
dì Bruno; e a fine di meglio avvotpinarla, fatto sembiante
d'uomo, cui forte incresca di dover dare una spiacevole notizia,
Signora mia, prese a dirle, sono assai dolente di dovere, fin
.Ila prima volta che ho l'onore di visitarla, venire a lei por-
>tore di ana lettera spedita testò dal signor Bnino al padre,
304 I oncurn
nella qnale egli chiamasi in colpa d'avemo contrariato i Tolerì,
e protesta di voler fare a scuuo di luì, spctsando l' Erinelìnda.
Ecco la lettera; e sì dicendo, trassela del suo poiiafoglio o di-
spicgolla migli occhi della Marcltusa; la quale sunxa degnarla
neppure di un guardo, risposegli con tuono ironico: — Biporti
pure la lettura al signor Blando, ringnizìandalo della sua ror-
lesia. Non facea mt^stieri ch'egli sì disagiasse; poicbò io sapea
prima di lui la nuora risoluzione di Bruno.
— Ah, sclamò tra so il Trappola, avea dunque abboccato
l'esca! Buono!
— Dica al signor Blando, proseguì la Marchesa, che mia lìglia
fa Tolif perchè il signor Bruno sia colla milionaria Ernielinda
felice!... Anzi gli aggiunga che a non intorbidargli la gioia di
qneste nozze, Emma se ne andrà il più che può Lontana. K dicca
questo, perchè avea voramenlo in animo di mandarla per qual-
che mese altrove.
Kra quello che il Trappola volea, o ne gongolò in suo cuore.
Ala, per non dante sentore, composto il volto a gravità e totto
in sembiauttì pensoso, soggiunse: — Mi duole veramente che
Vossignoria debba per qualche tempo privarsi della dolce com-
pagnia di così buona figliuola: ma veggo anch'io Tassennatesza
dì questa sua deliboraicione. Poiché coli' allontanare Emma dalla
città viene a risparmiarlo l' umiliazione di dovere essere spet-
tatrice del trionfo, dirò così, della .sua rivale, tanto più rhe da
pezza qui facevasi un grande chiacchierio di coteste progettate
nozze di Bruno con Emma.
— Mia figlia, ripigliò con mal dissimulato dispetto la Mar-
chesa, è superiore a cotesti meschini riguardi.
— Ma sicuro, sicuro! Voloa diro cho e non fini che
la Marchesa moK^xìgU le parole in bocca, soggiugneudo tosto:
— L'unica ragione cbe mi muovo a mandare altrove mia fìgUa
è un certo riguardo poi signor Bruno; il quale sarebbe un po'
imbarazzato dalla presenza di lei. Daahè egli non si è indotto
ad abbandonarla per capriccio, ma per acconciarsi alla TolonU
del padre.
— Già, già... ben inteso... Sarebbe sempre un atto dì dclica-
XT. CH UUILIAZIO.XE B UV THAbI»E»TO
3U5
tez^a Torso il signor Bruno... Ma dubito che £mm;i possa partire
prima cbo egli celebri le sue nozze coll'Ermelinda.
— E perchè?
— Perché cotesto matrìraouio dee farsi dentro il mese cor-
rente; tal essendo la volontà del padre.
La ftlarcfaesa tnrbossì u q u est* annunzio ; e dopo alcuni istanti
di esitazioni.^ soggiunse: — Quanto a me, allontanorui la figlia
sul momento, uiaudanduk per qualche mesi: a viUeggiam con
DQ mio vecchio sio, che xm ritirato in campagna là sui monti
tra Cagli o Urbino; ma egli è un benedetto uomo!... Basta...
gli scriverò tosto; o vedremo quol cht! mi rispondorii. -Ma poi
ewi ao altro guaio. I viaggi importano gravi spese; ed io sono
corta a quattrini ; nò saprei come averli neppure in prestan/.a.
— Quanto a questo, non si dia pensiero. M.' incarico io di tutte
"se; e se le aggrada, sono anche in acconcio di dare una
v.>L>it fino alia villa dello zio per ben disporlo a fare lieta ac-
cozUenm alla sua nipote. Diceva questo ìl Trappola, perchò
dalle reticenze della .Murchesa avea subodorato essere ìl vecchio
m uomo uggioso e avaro. Questa acct'ttò di buon cuore l' offerta;
ti il Trappola fattosi da lei promettere una lettera per lo zio,
Wite andò tosto a ragguagliare il Banchiere dei fulice successo
(UUe sue tranellerie.
XYt
UN VOLOSTiKlO ESILIO
Ia zio della Karchesa, signor Taddeo Belfiore, detto il Mala-
giunta, perchè facea per avariìsìa mal viso a quanti capitavangli
ÌB casa, ancoraché fosse abbastanza agiat>] di beni di fortuna,
vireva nondimeno assai sottilmente-, uom afferrato al danaro pio
ohe rostrìca allo scoglio, tanto che di lui si solea dire, celiando,
che sarebbesi lasciato trarre di frontti ambo gli occhi, anziché
due spiccioli di borsa. A costui avoa fatto più volte la Marclit^sa
ntorso pur lettera nello sub domesticho strettezze; ma da quella
felce non avea saputo cavarne che qualche goccia di poche lire,
che, sommate insieme per lo spazio dì quasi due anni, giun-
<rtt UH. vcL ir, fate, »! SO 22 oprile 18M
l
306 I oKfìELim
guraQo appena a una Stìttantina. E poi, oh quanto areale faito
sospirare, e costar di più carissime pei rimbi'otti, con che solea
accotiipaguarte, quasi che la ìUarcht'sa q la suo. iufijlice fairiiglia
fossero per loro colpa e uoa per quella del defunto Marchese
sprofondato in coUnta miseria! Chiudea di più le suo rarissima
lettere con questo bel ritornello. — Kicordatevi che quanto vi
Spedisco, ò altrettanto sangue che mi cavo dalle vene! La Mar-
chesa per sua mala ventura non aveva altro stretto parente che
lui*, e però anche questa fiata le convenne picchiare in quel
maci^^o', e lo fé* con una tenerissiuia lettera, che speziati) avrebbe
di piot:^ una roccia.
11 dì seguente venuttì il Trappohi a pigliiwla, gliela consegnò,
augurandogli un buon viaggio e un felice successo. Questi mes-
sosi in ferrovia e, dove questa terminava, in una vettura presa
a nolo, arrivò il giorno appresso alla sua partenza alla villa
Malagiunta; ove smontato, sì fé' presentare al vecchio e oonse-
gnogU la lettera della Marchesa. Il signor Taddeo salutatolo
freddamente, preso in mano la lettera, l'aperse, e inforcato il
naso con un paio di oochiatoni del suo trisavolo, si fé' a leggerla
attentamente, stringendo di tratto in tratto lo labbra, tenteo-
naiido il capo e facendo il niffolo, come cbi ha dato di duDt«
In una lazza sorba che allappa.
Il Trappola che seguiva coir occhio ogni suo movimento, bea
compreso l' umorti della boatia, e wjme convcnissegli aguziare i
suoi ferruzzi per entrare boi bello nell'animo dell'avaro e pie-
garlo a quello eh' egli intendeva. Ma trovò un osso assjw duro d»
rodere; che il Malagiunta entrato con lui a ragionare del cont«-
nuto di quella lettera, metteva innanzi mille scuse e pretesti p«C
non accogliery in casa la nipote. Non si smarrì per questo il
Trappola, e fattosi a contargli per filo quaiit'era occorso tra Rmnift
e Bruno, e come quella avea sacrificato alla felicita di questo
tutte le sue sporanze e ì suoi progetti, venne in seguito a liir^l
un mondo di belle cose della incomparabile hontil di Emmi
rallegrandosi con lui che avesse una ni{)oia di tanta virtù e,
assennatezza. Era questa per ventura una delle poclie volte che U{
Trappola dicea la verità; perchè tornavagli bene il dirla, li
XVI. Vn VOLONTAHIO B3ILI0
307
k
feeehio ili' udire tante maraviglie della nipote cominciò ad am-
mollare e a cedere; fìnchà dopo dd pu'di titubiinza recossi a tanto
iì concederle per un mese ospitalità in sua casa. E porche la Mar-
chesa aella lettera supplicaralo che avesse per bene di accogliere
MI Emma anche Pierino, non essendo cosa dicùvole 5ir viag*
^ré soletta una giovane onesta, Io zìo Taddeo consenti eh' ella
Tteism in compagnia del fratello; e incaricò il messo di riportare
•jot'Stii fiivoryvolit risposta alla .VIarch''sa. U Trappola dopo averne
commendato assai la geoenisità dell' anìni'), a fino di meglio
lafrormarlo Cun questa ìncensatina nel sno proposito, tolse in
tutta fretta da lui commiati^ e tornò a B..., ove era atteso con
(^ premura, ma per motivi ben diversi, dal Banchiere n dalla
Marchesa. La risposta favorevole dello zìa rincorò costai di guisa
ebe non frappose indugio a fare gli appresti pel viaggio di
Siuna e di Pierino, tanto più che l'Avvocato erasi proff^Ho a
brne egli slesso lo spese. E ben questi poteva sfoggiare in
glBerosità, perchà non cavava il valsente dalla sua borsa, ma
h quella del Banchiere, che a tal uopo emgli sempre aperta.
L £aiuia fatto fardello di alcnno robicriuote sue o di Pierino, o
r dito an abbraccio e un bacio alla Marìuccina, che struggevasi
^ in pianto e dovea rimanere in casa a cura del bimbo, avviossi
iuienie col fratellino, accompagnata dalla madre o dalla sorella,
stazione. Mentre atUmdevano il trono, la madre e i figli
;1Ì occhi pieni di lagrime guatavanHi l' un l' altro 8en7.a far
iio;to; che il dolore della separa:ìione. facea morir loro sul labbro
It parole. Era quella la prima volta che si separavano!... ama-
nasl tanto!... aveano sofferto insieme!... e chi non sa quanto
kwmunanza del patire rinvigorisca tra le persone i vincoli del-
l'amore e dia alle anime una tempra di più squisita sensi-
bilità?
Si ode un fischio acuto, suona la campanella, una voce sten*
grida: — treno per Falconara. I passeggeri si precipitano
lo sportello dei vagoni, e fanno russa per occupare i posti
fliori; gli amici stringono la mano agli amici, e i parenti
ino i parenti. — Addio, buon viaggio, a rivederci. Emma
'Pierino si slanciano piangendo al collo della madre e della
308 I DEFieLxm
sorella, die si sciolgono anch' esse in lacrime, e con voce sotfo-
caU dai singhiozzi dannosi a TÌcenda il doloroso addio.
— Presto, signorine, si parte... grida loro il Capo -stazione.
Emma e Pierino spiccansi dagli amplessi della madro e della
sorella^ e salgono in un vagone di torza classe.
Un nflSciale della stazione avvisando che avessero preso abba-
glio, ne additò loro uno di seconda.
— No, rispose Emma ritigraKÌando e colorendosi di viva por-
pora in viso, questo à il posto che ci conviene; e il hiion nffi-
ciale si strinse nelle spalle, parendogli quel posto dì ter^a classe
poco degno dì persone, le q^uali ancorché fossero in assai modesto
arnese di panni, avevano però aria e modi signorili.
Dietro loro, senza che essi vi badassero, erasi slanciato dentro
al vagone anche il cane. Un facchino della staziono volle affer-
rarlo pftr tramelo giù; ma Fido arnifTossi, rincnlft, puntó i pie
e ringhiando rabbiosamente mostrò le sue terribili difese.
In questo nrla e fischia la locomotiva, suona di nuovo la campa-
nella, si ode gridare l'ultima volta: — Partenza. Il treno si crolla
e piglia l'abbrivo, e il facchino lasciato in pace il cane e chiuso
in tutta fretta lo sportello, salta sul marciapiede della galloria.
Emma e Pierino fattisi a un fìnestrino del vagone, ricambiano
colla madriì e la sorella gli ultimi saluti; e poi gìttatisi a
sovra una panca, si abbandonano in silenzio ai loro tristi
sieri e copronsi con la bianca pe/./.uola la faccia inondata dì
lacrime; mentre la madre e la sort;lla, quasi avessero accompa-
guato il funebre convoglio de' loro cari, ritiransì desolato a casa,
ove danno libero sfogo al luro affanno. Pareva che il loro cuore
presagisse qualche nuora sventura; tanto Ò proclive a temere
il male chi è stato a lungo sottro il pressoio della sventural
Dopo sei ore di viaggio in ferrovia Emma e Pierino giunsero
a Fano, nltima stazione per chi tiene verso le montagne del
Furio, non potendosi fornire il rimanente del viaggio che in
vettura.
Fano, per chi noi sapesse, è una gaia e linda cittaduxza in
snlb sbocco deiramenissima e rideute valle del Metauro tra
-Pesaro e Senigallia; la qaale specchiasi nell^onda azzurra dd'
XVr. DN VOUISTABIO ESIUO 309
rAdrìatieo, che ne lambe il pie dì verso Oriente, ed è rìciota
di un lai^o fosse, di mura e di bastioni. Fondaronlit i legìonarii
romani capitanati da Livio Satìnatoro, t- dedicaronla alla dea
Fortuna, a cui ìnoalzarono un tempio e una statua di bronzo per
«eternare la memoria della gran rotta da essi data all'esercito
à\ Asdrubale nella planì/.iu giacontu a solatìo della città, dono-
minata HarottA, 0 mala rotta. La statua di bronzo nipt>ru$entaatd
U dea Fortuna» condotta con arte squisita, oggi campeggia sulla
fontana della piazza maggiore, e ne rammenta l'origine; e un arco
(li trionfo, chiamato l'arco d'Augusto, ne attesta l'antico splendore.
xvu.
IS TU6GI0 SlNZl UK SOLDO
La gentil viaggiatrice e il suo fratellino colà giunti scesero
di] trono; e si diedero tosto attorno in oerca di chi li vettu-
r^iassB fino ai monti. Ma i^piand'Kmma volle m^^ttor mano al
portafoglio per dare al vetturale la caparra, proruppe in un
»lùratV. Il portafoglio cnlle conto lire che v'orano dentro, ora
scomparso. Lascio pensare al lettore lo sgomento ed il dolore
ii Emma e di Pierino. I tapinelli guataronsi l'un l'altro sen/^
hr motto; ed EmtuiL divenuta di bracia in viso fé' le sue scuse
oot vetturale, prese per mano 11 fratello e avviossi fuor di città.
Mille pensieri attraversavansi loro in mente intorno alla cagione,
al tempo e al modo di quella fatale scomparsa: ma erano ben
hngi dal sospettare che avesse lor fatto si brutto tiro un cotal
Tìtggiatore, il quale facea mostra di molta urbanità e cortesìa
nrso dì loro. Eppure egli appunto e non altri era il ladro, e
foggiava adesso l' impiccataccio dove il diavolo lo portava col
800 mal acquisto. Emma dolente e sbigottita diceva tra vìa al
Catello: — Or che faremo Pìerìn*> mìo? Senza danaro uon si
riaggia che col cavallo di san Francesco. Io potrei tel^rafare
a Mamma^ e troverei forse qaalch<^ anima pietosa che mi volesse
lUre una lira pel telegramma. Ha non mi basta il cuore di do-
mandare del danaro alla povera mamma, che ha appena di che
4^
310
I DERBLim
sfamarsi. Ella per veairci in aiuto farebbe tosto un nuovo de-
bito, che poi sarebbe impotente a saldare.
— Sai, Eninia, soggiunse allora Pierino con una risolutesn
e nn ooniggìo cho mal sì poteva aspettare dalla sua tenera età, ì
monti non sono lontani; eccoli là: io sto bone in gambo, e to
vedrai che mi basta l'animo di fare il rimanente del viaggio
a piedi.
— Fratel mio, rispose Emma, i monti ti sembrano vicini,
porche altissimi; ma ti so dire che vi corre m bel tratto fin
là, forse un venti chilometri di cammino, e ancor d' avvantaggio.
— Eh che gran cosa!... sclamò Pierino, a cui tutto parea
^ile e piano.
— Ben be*, metteremo a prova il tuo coraggio. Andìam pure,
che Dio ci accompagni, e il suo buon angelo aia scorta ai nostri
passi.
Si dicendo, si misero per la strada che dall'Arco di Aiigtmto
mena diritto al Furio. Erano le otto del mattino, un'ora dopo
il loro arrivo a Fano col trono di Falconara; o i due poveri
derelitti attraversato sovra un ponte il cattale che deriva rao^ua
dal Metauro e la scarica per un piano inclinato ' al mare, an-
davano, studiando il passo, a loro viaggio. Giunsero in sol me-
riggio a un casale detto Lucrezia, forse dal nome della padrona;
ove fecero sosta e rifiatarono ; ma avendo fatto parecchie miglia
a piedi sotto la sferza di un cocentissiniu sole di luglio e tn
nembi di un fìtto polverio sollevato dai tanti carri e pedoni,
che battevano quella strada, aruano le fauci inaridite e riarse
[e labbra dalla sete, per nulla dire della fame che cominciava
a far loro sentire i suoi rabbiosi latrati. A chi ha valsente in
tasca, non manca mai modo di cavarsi di grinze; ma il gran
guaio è por chi non ha nella scarsella il becco di uu quattrino!
E tal era appunto il caso di Emma e di Pierino; Ì quali
.^dnti sovra un lastrone di pietni alta porta di quella locanda,
vi gettavano dentro delle furtive occhiate; e vedendola pienftdi
* Questo plano incllMta, delio eùl!\ la ìiacia, è un'opera brllissiina a xt^tm
e at»i stioiaU dai iirriU dcirarte idrautiui.
XVII. IK VIACCIO 8EXZA UN SOLDO 311
arreitieri o viaggiatori che sTionibeltavano allegraraonte e ìd-
gnbbiav&nsì di grossi catelli di carne, SiìQtivaiisi Tetiìre L'acquo-
lina alla bocca. Pieriuo fattosi anìiao e vìnta la naturale ri-
tiona, entrò, prcsontossi all'oste col cappello in mano e li volto
tinto di rossore, e a mezza voce dìssegU: — Ho fame e mia
sortjlla, cho è la fuori, ha fame anch'ossa.
— Eh bimbo mio, rispi>se l'osto sorridendo, qui ?' è da fare
naa scorpacciata e da distenderò ben bone la cute, che Dio 79
la conservi! Gnardate \ìk qiie' papponi come scuffiano e cioncano
9 ricioncano, che è una delizia a cederli! Dite su, bel Ninetto
nio, che volete, che comandate? lasagne, zuppa stufata, carne
bianca, cosciotto, costoletta, frittume con cn>cchette, fritlata ri-
piena 0 in zoccoli... sa parlato. E perchè Pierino abbassava gU
occhi e non rispondeva, Tosto incalvava: — Dito su, vorreste
pesce fri'sco o carpionato, moscìame, salumi? Qui v'ò di tutto.
— Mia sorèlla ed io saréui contenti di quul che ci darete,
pvr amor dt Dio, perchè non abbiamo neppure un centesimo da
pigarvi.
— Ah., ah... allora è un altro paio di maniche signorino!
Xa voi, Ninetto mio, ma mi avete aria di accattapane, soggiunse
l'oete sbirciandolo con occhio iTializiusetto e luiiteiiuando il capo,
r&te così; tornate dalla 3famma a pigliare i soldi.
— Ce li aveva dati; ma ci furono rubati, ris^Kise Pierino; e
la Kamma nostra è molto lontana.
— Kh via, le solite fandonie de' ragazzi! Avete visto quel che
Ma scritto sulla porta dell' osterìa? Doniaui qui si mangia e
beve a ufo. Avete capito? domani e non oggi. E sghignazzando,
iibegli un paio di spallacce, larghe come quelle di Gerioae. Il
povero Pìitrino tutto mortifìcato se no andava a capo chino e
«Ila faccia che ardeva di rorgogna, quando una bimba dell'oste
n»ssa a compassione di lui, corsegli dietro e dieglì di soppiatto
un piino, che Pierino uscito dall'osteria divise tosto colla sorella.
Enma non era stata presente al dialogo; perche il suo modf.sto
ritegno non avcaio consentito dì entrare colà, ove avoa ogni fatta
di gente, e non pochi amici di Bacco ben avvinazzati e brilli,
« più d' uno anche cotticelo.
312
DEREUTtl - XVn. Ilf V11GGI0 SF.ttZk TY SOLDO
Bla qiian(]o seppe dal Tratello la mala accoglionza che aveagli
fatta l'oste, sclamò sospirando: — Dio gli perdoni, e non per-
metta che aiich'egli abbia uu dì bisogno dell'altrui carità. Dis-
setaroQsi ontrumbi a una fontana ch'ivi era, e sbocconcellando
quel po' dì pano che avevano accattato dalla bimba doiroste, si
rimisero a cammino, facendo però di tratto in tratto nna fer-
matella per riposarsi e prendere un poM'asolo al rez:!o delle
piante; che il sole friggeva Loro le cervella, e la lunga via, fatta
quasi a digiuno, aveaii spossati si chu le ginocchia accasciavansi
e si pipavano sotto il peso del corpo. Oiù il sole volgeva ornai
al suo tramonto; od essi erano forte impensieriti del dorè rì-
I)ararsi a pernottare. — So ci oogliù la notte in cammino, di*
oeva Emma, ci converrà dormire a piò di un albero o salla
sponda di un fosso alla bella Diana.
— Non temi in i ladri? disse Pierino.
— E che ci possono rubare, mio caro, se siam nudi e brulli
senm un soldo in tasca? Non sai il proverbio che dice: — Il
mendicante può cantare in faccia al ladro? E poi conti per nalla
la guardia dA santo Angelo custode che ci accompagna?
— Dici bene^ Emma mia, e aggiungi anche quella del nostro
Fide, che saprfi ben mostrare ì denti a ehi ci volesse far del
male! E intanto accarezzava colla mano il villoso collo del cane,
che salteliavagli attorno e ganniva, come per confermare U
buona opinione che aveasi della sua fedeltà.
In questo sì avvennero in alcuni contadini che tornavano dai
lavori del caiupo; e interrogatili se vi fosse per colà intorno on
rifugio da passarvi la notte, seppero da loro che non guari lungi
di là sorgeva sovra un i)oggerellu a cavaliere della strada da essi
battuta, l'Eremo di Roveredo, ovo avrebbero trovato alloggio.
Questi notìzia riconfortulli per guisa che, dimentichi della stan-
chezza e della fame, tirarono di lungo verso il luogo loro in*
dicato senza mai far sosta a* passi.
313
xvm.
l'ebemo di kovbrbdo
IiaDghesso la via ehe costeggia il Metaiiro e, tagliando a
Mr.zo W, montagne dot Furio, gittasi per l'opposto versantu
dell'Appennino e di là corre fino a Roma, lievasi il terreno in
poverelli e collinette imboschite, pomate e ridenti, con qua e
colà sai dossi e in sullo cimo molte castella e terrieciaole, la
pift partii guernite dì mnra, e tiiluna pur anco munita di cortine
erinHancata di torrazzi e bastite con vecchi muniglioui a scarpa.
%n guari lungi da uno dì questi antichi castelli, chiamato
Semingh orina, sui^e in sulla poppa di un poggorello un eremo,
cbe biancheggiar si vede tra uaa selva, oggi assai diradata, di
aaoose roveri, donde le venne il nome di Boveredo; e dov'è fama
cbe si ritirasse in un suo viaggio il poverello di Assisi a gustiirvi
le delizie del cielo. Una sorgente di limpidissiiii'acfiua ch'egli
f, secondo che narra la tradizione, scaturire da una rupe indi
in poi chiusa nel recìnti} della cliiesa, riorda ai terriizzani
de' dintorni la gra^.Ìosa visita fatta loro dal Serafìuo d'Italia.
Alla porta di quest'eremo verso le due ore di notte rifiniti
di forze, trafelati, ansanti e fradici di sudore picchiarono Emma
È Pierino, cercando un asilo all'ombra di S. Francesco, dove a
niun infelice sì nioga ricovero e pane. L'Kremo fin dai tempi
dell'invasione francese, che mise a ruba e desolò l'It-alia, era
foerto di abitatori; e sol vi rimaneva a guardia un vecchio
Castaldo che tenea in buon assetto la casa e ne coltivava in suo
apo e a sue mani Tortfj dovizioso d'erbaggi e di frutta. Colà
iniaudosi Emma e Pierino, avvisavano che quell'eremo fosse
tuttora abitato dai figli di S. Francesco, dalla cui ospitalità
ripromette vansi cortese accoglienza. Ma picchia, ripicchia, niun
«i fa vivo. Alla fine dopo lungo aspettare, s'ode di dentro uno
ariscio di pie e una voce steutorea che grida; — Chi 6 là? Che
Toiete a quest'ora? A cui Emma:
— Siam due poveretti colti dalla notte in questi luoghi.
Apriteci per amor di Dio.
Tonio, il veccliio custode, alPiidirc quella pietosa voce feiumi-
nile rassicarato da ogui timore, toglie al portone la sbarra e il
chìaTÌstelIo, gira nella toppa la chiave, apre, e vedesi iunaoù
quella douitella e quel fanciullo, amendue di gentil fazione, in
abito cittadinesco, ma assai dimesso, madidi di sudore^ polrecosi
e stanchi-
— Poveri fìgliuolì! sclama egli mararigliato e impietosito.
Così soli?... a quest'ora?... in questo luogo?...
— C incresce, disse Emma, di darvi questo disagio. Forse t
quest'ora il Padre Guardiano sarà coricato?...
— U Padre Guardiano? risposo maravigliato o sorrìdonta il
vecchio. Ma il Guardiano sou io.
— Voi?
— Certamente; poiché è qmtsi un secolo che ì frati abban-
donarono questo convento, oggi affidato alla mia custodia, tb
entrate pure; che anche noi siamo cristiani, e sappiam fareoa
poMi bene al prossimo per amore di Dio. K sì dicendo, intr»-
dusseli in una stantìa a pian terreno, dicendo loro: — Aspet-
tatemi eh' io vado e tomo. E fu a destare la sua moglie, la qiialv
gi^ dormiva la grossa. La Monica tra uno sbadiglio e l'altro
lovossi di latto, stropicciossi gli occhi, vestissi in fretta e senso
a fare ai due ospiti le oneste accoglienise. ÀI primo vederli, usd
in un oh di maraviglia e di compassiono: — Povere creature! B
come siete capitati qua, di notte, e così soli? Avete forse smar-
rito la strada?...
— Non tanto ciance, dissole Tonio, Va; apparecchia loro Aw
letti, ch'io To ad ammannire un po^di cena.
La Menica fu alla sun bisogna, dicoudo in cuor suo: — Chi
cosa s*ha da vedere ai tempi nostri! Anche le signorine e i gar-
nonetti gironsano dì notte a rischio d'incappare ne' ladri e peggio.'
A tempo mio questa cose non succederauo. Ma ora il mondo i
tutto mutato. Lo diceva ben la buon'anima di babbo, rtquUsca
in pacé. E tra questi pensieri monta al piano superiora, cava;
fu'tr da un vecchio armadio due paia di lenzuola dì bucato, 9'
acconcia i lotti, che soleano servire a due cappellani, quando vi
venivano nelle feste per gli ufiBxii divini.
xvni. l' srsmo di noveneoo
311
ima e Pierino intanto in due stanse attigue, asfieguate loro
Il Tonio, poterono sciorinarsi, tergersi il sudore e rassettarsi.
JA cena era pronta: quattro ova incamiciate, una caciuola, delle
Mta, del pane e un Haschetto di vernaocja, che Tonio teneva
n serbo poi di solenni.
Pei due raminghi, allupati dalla fame, era quella più che una
WQa, un desinare luculliano. Solo il decoro Titenerali dal git-
arrìsi sopra e sparecchiare tutto in due minuti. Ma cenarono
li bum dente; e seppe lor ogni cosa come una maona del cielo.
fvaìo e la Menica incoraggiaranli a mangiare, e di tratto in
tntto mesceano loro la vernaccia.
t Poverini ! sciamava questa, si vede proprio che avete gran
Ah so non fosse l'ora cosi tarda, avrei tirato il collo a
MlIastr<ìllo per anuuannirvì un po' di brodo!
Grazie, grazie, buona donna, riprese Emma, ò anche troppo
qoesto ben di Dìo che ci date. Ch' Egli ve ne renda merito 1
La Uenica si moria di voglia di sapore chi fossero, e come
olà capitati. Tutta volta per non parere incivile, non osava in-
imngarli, e aspettava ch'essi stessi gliene dessero il destro.
Enmi non la tenne a lungo sullo gaicre; ma gentile e cortese,
km' era, prevenne il suo desiderio, prendendo a narrare breve-
DMte a lei e a Tonio i suoi casi e quelli della famiglia.
Udivaola amendne senza riavere il fiato per lo stupore C'}lla
HMiea semiaperta e gli occhi sbarrati ; e qnand' ella ebbe finito
li parlare, la .Monica asciugandosi col dosso della mano una
«erima di compassione: — Poveri figliuoli, sciamò, quanto avete
offerto dal mondo tristo! E poi si ha a diro che ì Signori sono
ietti? Eh quanti stanno peggio di noi povorottì! Figurarsi! Una
fiuehesa con an carico dì fìgliuoli costretta per la miseria a
hittdersi in una tana e a mangiare cruschello e polenta! Le
IQD cose da non credere!.. ■
— Peggio è, riprese Tonio, ch'era stato muto fino allora e
Noe intronato, peggio ò vedersi poi nella miseria da tutti ab-
udonato! Ah mondacelo infame! E dato d'un gran pugno sulla
ivola, che fé' saltellare piatti e bicchieri^ t)lse in mano la lu-
dicendo: — Questi signorini sono stanchi dal viaggio e
31 G
1 DERBLfm
cascano di sonno; andiamo a coricarli; e iatrodusse Emma «1
Pierino in due camerette ben assettate e pulite, ove la Menia
avea rifatti i letti; e data loro la buona notte, ritirossi colla
moglie nella sua stanza. Emma e Pierino ringraziarono la Fror-<
vìden;ìa di Dio; e dotte lor orazioni, non appena si furono co-j
ricali, che vinti dalla stanchezza profondarono in alto sonno.
Al seguente mattino in sullo schiarire gli acuti trilli di DQ
nugolo di rondinelle, che nidificavano nelle arcate del portico q |
sui cornicioni de'corridoì, avvisolli essere ora di rimettersi ini
viaggio. Levaronsi tosto, e scesero in chiosa; ove Tonio mostrò]
loro la prodigiosa fonte, di cui bebbero, e raccomandarono allk
protoiìioue dì S. Francesco il loro viaggio. Xell'usciru dì chiesa
Tonio additò ad Emma una lapit^ dicendo: — Qui fa sepolta
ana delle primo vittime della rivoluzione; e continuossi namu*
dolo la tragica fìoo di un antico e fedele impiegato del QoTerwj
Pontificio, chu da lunghi aoni colà giaceva dimentic<j da tutti,
ma non da Dio, che ne avea accolto tra le sue braccia Tanìaial
benedettji-
£ra infatti quello il sepolcro di chi pagato avea colla vita iti
suo attttoc-iunento al Pontefice e alla Chiosa, spento di lento ve-
leno dai Carbonari, fin d* allora che scoppiarono i moti di Rimìiii
precursori della rivoluzione del 1848. Egli conoscea gli aotorij
della sua morte, ma non volle mai rivelarne il nome. Perdockl
lor di cuore, supplicando la divina misericordia che ne avessel
pietà e concedoiìse lor salvezwi, pace e (^ni bene; e ricevuti gif
estremi conforti della religione, die a'fìgliuoli, che circondavanglìl
lacrimosi il letto, l'ultimo addiu; e addormentossi placidainentt]
nel bacio del Signore. Ed ora il trionfo della rivoluzione d'ot
ne coperse la tomba e il nome ; ma quella è agli occhi di
gloriosa, 0 questo ò scritto noi libro della vita. 1-a tnigica moi
di questa vittima del suo dovere, che in un sol tratto di pool
abbiam qui narrato, venne più distesamente o di un modo
meno seniplico che veritiero descritta da Tonio ad Emma.e
rino, che no furono commossi fino alle lacrime; e iirostran>Q6l|
su quella pietra a pregare l'eterna pace all'anima dell' estinto.]
Quindi rientrati nell'eremo, e tolta la loro sacchetta da rìagi
XVIII. L EREMO ìil ROVCnEDO
317
eni la Meoica avea riposto ;t.lcimì patii e dulie frutta, acconi-
Ìniatarou5Ì con molti riDgraziameuti dai loro ospiti, e ài rìmisdro
in ria.
Cammìn facendo veni&no ragionando non più de^ loro casi, ma
iella morte del poreio avvelenato e della misera sorto de'fìgliuoli,
rimasti orfani di padre e di madre, tanto è vero che cuori ben-
patj e gentili fanno proprie le altrui sveuture! Kmnm dicea al
fr^lo:
, — Se sapesti, Pierino mio, quante vittime hanno fatto cotesti
^ttarìi, che han nome di carbonari, frammassoni, e che so iol
iHimma mi ha contato casi atroci, o tanti, tanti, eh* io non ti
iBiprei diro! F.fta mi narrava che nelle passate rivoluzioni non vi
'aveaqaasi città d'Italia, ov'essì non levassero a tradimento di
iTita 0 cui pugnale o col rok-no clii era d'intoppo ai loro perversi
disegni; e gli assassinati erano la piil parto fior fiore di cittadini
— Che mi conti Emma mìa? E la polizia che faceva? Perchè
iBon davtt lor la caccia, e acciiiEfatìli non gì' impiccava?
— Ah, Pierino mio, non sai tutto. Anch* io feci questa do-
inianda a Mamma, e sai tu la risposta che n'ebbi? — La Po-
lizia, mi disse, nulla allor poteva contro una setta, la qnale
iavea saputo infiltrare i suoi afltliati in tutti i rami delia pubblica
amministrazione, e talora line hm' posti più alti del governo. Or
capisci bene che lupo non mangia lupo; e però quelli stessi che
IpQuir dovevano per ufRcio gli assassìni, se ne facevano per in*
teresse settario protettori. Che poteva dunque fare la Tolizia con
jQ^le buone lane alla testa del goveruo?
Tra questi discorsi pervennero verso il meriggio a Fossom-
brooe, antichissima città che siede in riva ai Mctauro nella gola
nidae monti, Pun de' quali lievalesi aspro e roccioso sopraccapo,
Km qua e colà sugli scheggiati fianchi, ruderi e avanzi di antichi
pdifizii; e l'altro che la fronteggia, spiegale dinanzi Io sue spalle
imboschite e la sua cima incoronata da un antico convento di
iPrancescani, che fu già santificato dalla presenza di S. Giuseppe
'da Copertìno.
■ Quivi riposatisi alquanto e rifocillati col pane della cariti^ le
, prosegtiirono alla volta del Furio il loro cammino.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
1.
NOTIZIA DE' LAVORI DI EGITTOLOGIA E LlNTiUE SEMITICHH
PUBBLICATI IN ITAUA IN QUESTI ULTIMI DECENNII •
LATORI BUUTICI
Lavori di
Amari
II campo più coltivato fra noi, e perci6 più fecondo, è stato
in questi ultimi t^mpi quello delta lingua e letteratura aniw,]
e ne fanno aporto segno le pubbtìcaziuni d* opero molteplici t\
di sommo pregio, che i dotti di Europa accolsero con noim-\
Bcenza e con plauso. Degno pertanto di essere ricordato pel
primo nolPonorata scbiera, è Michele Amari, il quale por na-
mero e splendore di dotte scritture, e per la ancor verde T«fr i
ohìezza di ottant'anni, può salutarsi col nome di Xestore di^Bi
italiani ambisti. X^acui principaU'! bonomerenza vuoisi riconosce»!
nella illustrazione storica ed epigrafica che s'attiene segnata^
mento alla sua torra natale, Tistda di Sicilia. L'Opera più ìiH']
portante e veramente monuinontale dell'Amari è la BiblioUca,
Araho-Sicula, la quale consta dì due parti, Tuna dove sono rac-
colti i testi arabi, l'altra che dà la versione di questi stessi
testi. La prima fu pubblicata in un volume, nel 1S57 in Lipsii»
& suese della Società Orientale di Glennania', e fu seguita da
an' Appendice Stampata anche a Lipsia, a spese della steasftj
• fedi qtfiul. KfiO. iMps. I98-W8 del pppwnli' voluim.
* Biòliateca Arabo-SìcuJa, otsin Raeeaita di tetti arabici cAt (rtconiA
Geografia, la Sloria, la Bioffrafi'i e la Bibìioffrafia dtUa SìdUa mes^i inaeB
A» VientìT. .WAni e Mamimii a ^pew rlnlh «mkÌi-iA (irirnUilc ili G<>rRMui>a-
pres!i(> F. A. UrocUisos libraio della SocicUk. 1i(57.
RIVli^TA DRLLA STAMPA ITAUaXA 319
cCi germanica noi 1S75 '. La seconda oontenento la vorsione
de' testi raccolti e tmdutti dal eh. Autore, è in due forti volumi
in S, publilicati nel 1880-IS81 '.
Nelle due profaziouì, Vntu alla Biblioteca arabo »icH!a con-
tenente i testi, V aiti'A alla stessa Biblioteca dove i testi sono
tradotti, il eh. Autore ti.'S8o la storia delie parecchie opere pub-
blicata prima di lui e ìutorno alla stessa materia. Ricorda egli
i nomi del Caruso e del di Gregorio, e ne nota i pregi o i difotti.
Nel dare ragione del titolo delPOpem dice: < Col titolo di Bi-
blioteca » ho volato designare 1 limiti dell'Opera, cioè: raccolta
di tiitt4) le memorie geografiche, storiche, biograftclie e biblio-
grafìcbe scritte in ambioo, che risguardlno la Sicilia. Non ab-
bnocia le opere di Àrabi Siciliani in prosa e ìn verso; né i
monumenti diplomatici, epigrafici e numismatici che rimangono
iM>ir isola. > Di siffatte esclusioni rende egli le sue buone ra-
i;ioni, mentre d'altra parto ci fa sapere, che dentro i limiti
locennati, preso tutti i testi inediti o pubblicati che gli avvenne
scoprire, tn questa Biblioteca egli riporta altresì quo' testi che
ai riforiscono alla Sicilia, prima e dopo la signoria musulmana;
Iff biografie arabiche di Empedocle e di Archimedo; alcuni ri-
»rdi del XIII e XIV secolo. Fra le moraorie storiche inserì
qnalche fhtto d' altri pae^i Italiani assaliti da' Musuluiani d'Africa,
ftrettamente connessi con que'di Sicilia, e finalmente lascid come
stava nel cLpitoIo di Fdrisi, la descrixiono dello altre isole ita-
liane, premessa a quella della Sicilia (pag. 1-8 della pn^f. alla
Bibl. arab. sic. 1857) ^
* ApjKndiee aila BibliotKa Arabo-Sieu!a per MrCHSLE Amari Cnn nu«ve
owMMrtoni criliclif lii-l Prof. FLRlt;nitKii, aggiimte evariaHii nntaU d^lTjRtli-
tsrt « corrtzioni di rntramln. staw\nl*: 8 s]ip« della Sodvlì OrieiiUil* ili G«r-
UHiili. Ijirsio. pmao F. A- ItrochtiRiis libraio rklla Società, 1875.
* SiblioUea Araòo-Sicula ossi] Ractoita di leali arabici rA< for.cnno ìa
9vffrafia, in Storia, la Sioffrafia e la BibliOffrafia delta Sieilia. Rncculti e
irWoni io iloiiiino da MiCHU.eAMA.ni. Voi, I e II 1880-1881. Turino e lloiai. ^v
* Cf. b iJ')Ua ndaTiofiu M cU. tuici ScniACAKKi-i i irilil-jlila ; L' Ilatin de^erilla
9el libro liti /?<! Rupffero rj>TnpìlalA Ah Fi>hi<ìi. Tiusto Ambo pubbUmia f.<m rcr-
linn r noie di Micaela .Va^ni s OeLEriKO Si:iliAr.MiE<.Li. UcJaiioiie pti'ircijul.i dii
^^■i<|(iMlro dfìfili Mndìl ^ogmlirì in Ocrirloiile dnt prinniivin dell' ln)|t<!ro l\oinati4 al
^^■Iv un. di Lu.f^i SuuArAHELU, Torino, t^nnauuo Locsctier. IHitS.
3S0 ninsTA
H eh. Autore dichiara nello prefazioai, d'aver posto ogni studio
nel ricercare e raccogliere tutte le notìzie che s'abbìaao od
Mss. arabi di Europa e della costiera d'Africa. Tratta poi del
pre^o delle notizie geografiche, storiche, biografiche e di rarii)
argomento contenute ne'tosti. La Biblioteca de' testi contiena
altresì Annotazin7n critiche del prof. Fleischer, aggiunti) dt!
l'Autore e correzioni di entrambi. Nella Prefazione della Bibliih
t«ca de' testi tradotti in italiano^ ripete quanto arerà detto io
quella denteati, e b qaella anteriore, della saa Storia de' Mu
mimarli in 5tct7ia (Firenze, 1854); solo vi aggiunge alcun»
DotÌ7;ìe circa gli studi! storici avanzati di molto dal 1S56 ift
poi, e ci espone i criterii e le normo da luì segnile nella Te^
sìone dentasti e nella trascrizione do' vocaboli arabi. Al qtnL
proposito discorre della confusione che r^na fra' dotti in questo
materia, e propone il sistema ch'egli intende adottare. Ija trv
dazione è nella più schietta lingua italiana; le narrazioni sto*
rìohe e lo descrizioni dì luoghi, di costumi e somiglianti cose,
sembrano scritte quelle da4 Oavanzati, o queste da Franco Sa6>
chetti. Noi II volume sono preziosi indici onomastici, topografia
bibliografici e un Glossario di vocaboli arabi.
Neir AppondrVY pubblicata nel 1875, le aggiunte piit notabili
SMio: nuovi articoli biografici; due frammenti preziosi, il ca-
pitolo cioè di Mokaddesi e i nuovi estratti del dittano del
Ibu-Harndìs, donde si traggono importanti indicazioni sto
geografiche e cenni caratteristici de' fuochi da guerra. Ha,
afferma lo stesso Autore, parto prìncipalissima di questa
dice sono le Nuove Annotasioni del Fleischer.
Come per la Biblioteca arabo-sicula TAntore accrebbe, correa»
e perfezionò quanto s'era fatto prima di lui dal di Gregorio»
da altri, cosi per l'opera delle Epìgrafi arabiche di Sicilia, teond
la stessa ria e approfittò uovarnento della fatica del di Oregorìo
e di tutti quelli che dipoi trattarono la stessa materia. « F>glì
era necessario di ristudiare da capo a fondo le epigrafi arabictte
di Sicilia già pubblicate, fissare, per quanto si potesse, lo lezioni.
dabbie, rifare le versioni (Prof, alla V par. delle Iscriz. edili-!
Palermo, 1876). » Così ogli. In un articolo della Rivista Sicttla,
IlELLA STAMPA ITAUAnA ^1
(Voi. I, feb. 1869) il eh. Antere fa la storia e la critica di tutti
i larori risguardanti l>pìgrafìa araba di Sicilia, e tratta delte
diverso scritture o formo di canittcri arabi nsati ntUe epigrafi.
Ripete le stesse cose nella Prefazione alla Parte prima pubbli-
cità nel 1875 ', come nella Biblioteca arabo-sicula tradotta,
arova rìpotnto quanto aveva dotto nella Bitiliofem amho-sicula
denteati, e in questa, quello chs aveva scritto nella Prefazione
tUa Storia de Musnlniani di Sidlia.
L'Aatore distribuisce tutte le Epigrafi arabe di Sicilia in tre
dassi : Bditiy Sepolcrali, Mobili- Le prime farono, come dì-
ft^mmo, pubblicato nel 1875; le .S>/>o^Trt/i uscirono dallo Sta-
bilimento tipografico del Viriil in Palermo, in due fascicoli, il
primo nel 1879 e il secondo nel ISSI, l'uno o l'altro ornati
di tavolo in fototipia. Ilosta la Parto torcia dello Epigmfi mobili
0 dumestich di cui è stilo finora messo in luce il primo fasci-
io. Notevoli fra le iscrizioni edili sono quelle del palazzo che
Knggero inaugurava in Messina, verso il 1 1 40. L'Autore tratta
di queste iscrizioni in una Memoria estratta dalle Memorie della
Riale Accailemia de* Lincei, e stampata in Roma co' tipi del Sal-
Tiaoci, 1881, col titolo: Su le iscrizioni arabi-eke del Palazzo
Refjìn di M^itsina^ Memoria dì Micbele Amari. Xoi facemmo
di questa Mi-moria una rivista nel nostro Periodico *, dove lo-
dammo P ingegno e la dottrina dell'Amari, e ribattemmo come
meritava, una bottata poco conforme a' canoni della buona critica,
che il valente Arabista dava a'Gesuiti e alla loro critica, critica
ch'egli chiamava grossolana, a proposito di queste epigrafi del
Palazzo di Ruggero, che il P. Kircher non aveva tradotte bene,
e che il Tychsen nn secolo e mcKzo dopy, credette eesere una
titta di locanda. L'Amavi pt^rtanto, che nelle Prefazioni alla
Jlìuteca arabo-sicula, saviamente osserva dovef^i tener conto
de' tempi e degli stadii e de' mezzi degli Autori che scrissero dì
(ose e di lingua araba, prima di lui in Sicilia, dimentica poi
t- * Z» epigrafi arabiche d» Sieifia, trmcritU, tradotte e iìlmtrate da Mi-
a<L£ AvtnL l'nrb! prirm. Jserisiom edili. — Pjli'rKio. Luigi Pedone •Laurid
riUdrc MlìCCaxXV. (Fap. 92 in 4, con IO invole. tolop-alirJiet.
' Cto. CfiU. Scr. XI, Voi. VII. Uuatlunio "i3. jiagg. SBU-yl
Serie Xltr, pel. Il, foMc. m. SI S3 aprite 18W
RIVISTA
iDOiie di bouaa critica, parlando del Kircher e de'QesaiUj
del B6C0I0 XVU, cou critica fp-ossolana.
Tiu lu iscri/.Ìoiii sepolci'alt muritanu particular m6nx.Ì0Di)
\a XXXII (Malta, Del pubblico Museo), della quale già averaoo
scrìttx) ritulinslvi, il Fra^ihn, il Badger, il Lanci, il Nurris, il
Lane, lo Shakesp^ar. il Fresnel ed alivi; e la XVII trilingue,
cioè arub4t, greca » latÌDu, cui testo arubo scritto due volte, nella
propria e Dolla scrittimi ebraica. L'epigrafó n. IS è trattnUi in
una iinportaiite Appendice, dov'è letto, iuterprutata 0 illustrata
OOD Sagace crìtica ed onidiìtiune '.
Della Storia de' Mnsubnfi ni di Sicilia^ diremo pochissimo;
Manteche da una parte la sosta naa de' fatti è ricavata da'tesUl
pubblicati nella Biblioteca atabo-sicula, come l'attesta lo stessei
Autore nella Prefazìtme al III voi. Parte Prima; testi, < i quali]
SODO la fonte priucipale di questo istorio »; e dall'altra è im-
possibile accennare anche alla breve, l'immenso tesoro di Dotixie
che l'Autore ha raccolto nel solo volume terso, Parte Seconda,
circa gli stadii delle 8cìeu;£e, delle lettere e delle &rti dall' XI'
al XII secolo. Il capitolo XI su'poeti, e gli altri sull'idioma
arabico che si parlava in Sicilia, sul dialetto italico di SìcUiftj
avanti il conquisto mii6iilmani>, ti uno de' più importuntj. If^j
1" voi. degna dì lode è la Tarala analitica delle sorgeuli ar^'^
biche della Storia di Sicilia^ fatta con grande erodì^iMue e sodi]
critica. È divrca in due partj, una delle opere perduto, e l'aUnl
dello esistenti, molto pili copiosa.
Abbiamo dello stesso Autore V < Abbozzo d' mi Catalo^ì
d«^ ManoserUti arabici della Lucchesiana dì Girginli • obi
ò del 1369. I codici sono XXX, alcuni de" quali preziosi, frati
quali è l'opera filologico d'Ibn-ol-Kutiia, compiuta, corrotta, U'\
tic» e bolla »pia. « Moneta, del Califfo fatemila Mi>o/.z-lÌdiii*
Utah * Lettera al signor H. Laroix Conservatore del Gabinetta '
Numismatico di Parigi (ronf. Rivista italiana U ott. 1863). — |
< 8u la data degli 8))onsali di Arrigo VI con la CostADza er<
' <X |j Cultura, Ilivi«t:i di ScietlJ^ LPltnreed \ni, on Art del di. PnLF^
I.A«r!tio, io|ira (tn«u polibHeaiioDfL
' Storia dei .Vuvu/mnnr di Sicilia, «rtllt di MlcUEtK AWARl. wl. l. ItótJ
Tol. II. I8.J», mA. Ili, l';irt<- prua. I8(i-i, fol. Ili, l'jrie sccoiiitd, IS73. FIj
Telice Le MonnUT, r Succfinufi Li- Moniiier.
DEtLA STAMPA ITALIANA 3?3
d'it trono di Sicilia e su i Divani dell'azleada Donnanna in Pa^
leruio, Lettera del Dr. 0. Hartwi^ e Alemoriri del socio M.
Amari. > Roma, ct)i tipi dol Siilviucci, 1878. (Estr. dalle Mem.
della a. Accad. dei LìDcei, Ann. CCLXXV, 1877-78).
Doir operoso ingegno doli' Amari e della sua scienza storica
&Mino altresì chiara testimonianza i DliAomi Arabi del R. Ar-
thivio Fiorentino*. Cotesti Diplomi sono altri arabi, e quasi
tatti inediti, altri latini ed italiani e per la uiet^ quasi, inediti
anch' essi. Concernono te reiaxioni politiche o commerciali di Pisa,
di Firenze, e incidentalmente di Lucca, di Piombino, della Sar-
degoa, di Oenora e di Venezia con l'Oriente, con l'Africa seltyn-
trìooale, l'Egitto, la Siria, lo [sol*_> Baleari. la costiera urinntale
di Spagna dal XII al XVI secolo. Il dotto Autore nelle LXXVII
grandi pagine dulia Profa;:ione, dichiara distesamente TotilitÀ
che viene alla Storia del Commercio italiano, delle scienKe, delle
arti e delle lettere, da questi documenti, per la lunga tratta dì
quattro secoli, ùm molta diligenita tt compilata la Tavola cra-
nclogica dei diplomi; dove è data una br»TÌssima indicazione
del contenuto in ciascun Diploma, del tempo e della lingua in
ehe è scritto, arai», latina, araba e latina, italiana. L'Autore
fu aiutato nella preseute piibblìca/iione dal Prof. Bonaioi, dal
conte ìlinisculchi e dal Prof. Lasinio, il quale anche rivide le
stampe de' testi arabi. Sono degne di cimsi de razione lo Lll note
apposte dall'Autore in fine dt-l Tolume, e similmente l'aggiunta
dei (Jlossario delle voci arabiche e dei air/nijìcati che mancano
nel Dizionario del Freytag; del Glossario latino, del Glos'
sarto italiano, e la notevolissima Tavola dei nomi proprìi e
delle materie. Con Io stesso metodo e la stessa perizia fu piib-
Uìnta dall'Autore un'Ap|)ondìco ', cui dieds occasione un Di-
ploma arabo-latino in pergamena, rinvenuto dopo l'odizìono dei
Diplomi fiorentini.
I 2 Diplomi Ara/li dei It. AreMvio Fiorentino. Testo orif^Ri^lf^ con la li-a-
l^adOBe kllfinle e t!)u^tJ■aIÌoni ili Michele Am.vri. In Kiri'H/t. diillu Tipot^ralia (il
^Min Lb Hooaitr, con i carutt^H ;iralji «lolla Stamperìa Mcdìcva. NLiCCCL^dU.
' I Thplomi Arabi dei R. Arrhitio Fiorentìito. TfsUt originale con la in-
'4a^ùae Irtrcnie e illastniioni *JJ MtrtiM.K Amaiu. Appendice. Iti Kircroip, dalla Ti-
|(fT«fia de' Suecrssori \*t Munaicr, eoo ì caruttcri anbi della S(.mj[ici'b Mniiccj,
Moccaxvii.
1^^
RrviSTA
La traduzione Aq' Frammenti del geografo arabo 'Jlm Sa '«(
su Vlfalia, è breve cosa, e il losttì non contiene nulla di molto
importante. Si fa menzione di Napoli, Salerno, Roma, Fisa, Ge-
nova e Puglia '.
^ello stesso Bollettino Italiano sotto l'anno 1376-1S77, leg-
gesi una Descrizione <ì{ lavori orientali con inci'iziom arabidte,
esposti nel Mus^'O artistico e industriale dì Roma, altrioienti
detti) A^fu^ieo del Medio Evo (Collegio Romano). Anche qui nulla
che meriti speciale menzione.
L'anno precedente (1875) nelle < Ptibblicazioni de! R. Isti-
tìUo di Studi Superiori in Firenze (sez. di filos. e filolog.),
troviamo la * Illustrazione di due Jserizioni arabiche, delle
tiuali possiede i gessi Io stesso Istituto ; una sepolcrale del 1 2%^
Taltra pubblica del iril5, tutte e due di non molta importanza
storica e filologica.
Uno do'pìù antichi lavori dell'Amari è la versione italiau
di un'opera di Ibn Zafer, arabo siciliano del X[I secolo, la qoaU
ha per titolo « Soltvan el Mota » ossiano Conforti Politici *. CU
fosse questo Ibn Zafer, dove nato, quale vita conducesse, qaaoU
opere scrivesse e di che pregio, tutto ciò è ampiamento esposta
nello liXXVlt pjtgine dell'introduzione, la quale contiene al-
tresì una grande riccheziia di notizie storiche e letterarie intorno
agli Arabi del Xll al XIU secolo. Il Solvran fu la pii) popo-
lare e celebrata opterà d'Ibn Zafer, il quale sotto specie di ap-
prestar nitri, ri inedii e consolazioni, intende additare a' prìncipi
quello che debbono fare ne* casi avversi del loro governo. Pos-
sono essi appigliarsi a cinque partiti: 1" abbandonarsi in Dio,
cioè dire, andar diritto allo scopo, se giusta è la causa, rinun-
KÌarvl se ingiusta; 2" confortarsi in quella via mentre che la
burrasca dura; 3** perseverar con costau7.a; 4" rimettersi alla
volontà di Dio, se l'esito 6 infelice; 5' considerar la vanità del
potere, e sgravarsene quando pesi troppo. Il metodo tenuto da
' Cf. Bollettino ilatiat%a <UgU Rtutìi Oritntali, Nuo^a Sem. Fìrcnw, coi 0|f
ilc'SiKcr*sori U' Mounier. )S77-IH82.
* Sfi'iraH el Moia, nyiiur.o Conforti Politici rf«" Zbn Znftr anlm sk'liaa*
<lcl \ll secolo. Veisione iuilianii ili Ultuirii: Amami, sul testo .inibo ineditov M
itailouo In nkuna liiigoa dcIfOtcìdcnlp- Firetite, Felice Le Mounier, J85I.
DELLA STAMPA tTALUNA
325
Zafer ò insieme sintetico ed analitìo. Pone i precetti del
nino, le sentt'nzo del Profeta, di antichi e fiiinosi dotti Mn-
Bolmani, di filosofi, di poeti, e v'è pure una sentenza data in
pome di Pudru Luca, com'egli chiama S. Lucìi. Poscia si passa
all'appi icazione de'detti a fatti Teri o supposti, o favolosi. L'ana-
lisi tuttavia ò la parte principale; mercccchd Ibn Zafer dice di
[roler solo riprodurre alcuni racconti relativi alla polìtica, abbelliti
le rallegrati di fiori letterarii. Egli attinse gran parte de* fatti
a lotteratura persiana, e perciò PAraari stimò cosa utile il fare
digressione dì 14 pagine, circa la storia e la civiltà del tmnpo
Sassanidì, e un'altra intorno alle favole indiane, perciocché
im Zafer ne riporta alcuno nel suo libro.
Al XH secolo appartiene parimente un capitolo che l'Amari
tndtiBse, togliendolo dal libro dì al-Haràwi che s' intitola: « In-
dicazioni de' luoghi che vanno visitati » Contiene questo capitole
i nomi di alciuii luoghi della Sicilia, con qualche ricordo storico
relativo alle prime incursioni musulmane in Sicilia '.
Anche al secolo XLL rìsalo l'IscrìzioDo arabica doUa Chiesa
élla .Hartorana in Palermo, tradotta dal nostro Autore. Essa fu
rttt dal prof. Palricolo nel mese di aprile 1871, nella cupola
la Chipsa di Santa AUria doU'Ammira^lio, vidgarraonte dotta
Oi!^ dtiila Martoraua. Il tempio fu fabbricato nella prima metà
liei XII secolo, dal potente e dovizioso Giorgio di Antiochia»
^ude Ammiraglio del Reame di Sicilia. L' iscrizione si wmpone
di due (Hirti, formate l'uiia dal Sanctus (Isaia, VI, 3) aggiuntovi
l'Ùsauoa cautato dalle turbe nelPingresso di N. S. in Oerusa-
leEQmo(Jffi//.,XXI,9); l'aggiunta è antica ocomuno alla liturgia
(TOriente e d'Occidente. NV*lla seconda parte si ha il « Gloria
in ezcehis » che era solito cantarsi e recitarsi dal popolo anche
Delle preghiere mattutine, come risalta da S. Atanasio (Martigny,
Did. d'Anf. Chr.. 221), ma piti in Oriente che in Occidente.
Cosi il prof. Ignaxio Guidi nella Lettem airAmari, del 27 giu-
gno 1872. riportata dal nostro Autore, il quale dice essere stato
liotato a decifrar l'iscrizione, da questo dotto giovane semitista'.
• (X Arch. Storico Si<itiano, faH-- HI IV, Arjijo VI. ISSI.
* Cf. Antuarut dfiia Sociflit italiana per ylt ttudi Orienlaii, KuM primo 1 87S
Flmtc, Ernuinno Luescher. 4873.
3M
Ht VISTA
Ed ora faremo onorata menzione d'altri lavori dell' iDfatiCabil
Arabista sicilìaDO, che se cedono a quelli già ricordati^ per]
ampiezza, non ne son meno pregevoli. Tali riputiamo prima-
mente i suoi » iViiot'i Ricordi arabici su ia Storia di Ge-j
nova '. » I testi messi insieme dal eh. Autore sono, parte editi]
e parte incditì, e da lui tradotti. Oli editi son quelli di SU-
Testro de Sacy, gli inediti quelli delI'Anbore, e fonino stampati*
a Firenze, coi tipi medìcei presso i Successori Le Sfonnier. Ec-j
cone la lista:
I. Trattato del Comune di Oenora con Ishakibn-Mohammedl
Signor delle Isole Baleari (1181).
li. Trattato del Cornane di Genova con Abd-All&b fìgliaoloi
e successore del precedente (1138),
in. Estratto dalla Ci-ouaca di Kelaon, Sultano d'Egitto, »
trattato di Genova con quel principe (1290).
IV. Estratto inedito di un Ct>dice arabico di Copenhagen, n-^
latìTo a' fatti di Ceuta.
V. Lettera inedita di OshmAn-ibn-Mohammed, principe hafsdU
di Tunis, indirizzata al Doge e Comune dì Genova (1462).
VI. Lettera inedita di Abu-Abd-Allfth-Alohammed, priDcipoi
hafsita di Tunis, indirizzutn ad Ottaviano dì Campofregoso, flo*
Tórnatore di Genova (1517).
VII. Iscrizione Cufica inedita di Santa Maria dì Castello io
Genova (X secolo?)
VUI. Frammenti di un diploma arabico che sembra uscit»'
dalla cancelleria dei CaliH fatemiti d'Egitto (prima metà del
Xll secolo).
IX. Passo inedito d'Ibu-el-Beitar su l'uso della Zedoariaìnl
Genova (prima metà del XlII secolo).
Nella lunga ed ermlitissima ìntroi1ti7.ionedi 42 p:igiiie, l'AutoR]
racconta ed illustra con sagace critica, tre episodii di quell'epope».
com'egli la chiama, d'otto secoli, ch'è la Storia murittima di
Genova. Trattasi d'una briga che ebbero i Genovesi con Centi,
verso la metà del secolo XIII; briga che fece muovere dal porto
* MlClir.l.K AvAlil, NuòdÌ Rieoriii nrahìri »u ìa Storia ili Gttwva i,Ya
dal Tol. V. Atti dtVa Società Ligure di Gloria Patria). GeiiOTa, Tipognlta^
ft. I. i]e'Sonlo-Mul>, MUaCIAMII.
MLLA STAMPA ITALIANA 3?7
dì Gettoni ben cento legni, dai quali fu stratta per parecclii
Bi«si qnt«lb, a qne' tempi, forte e potente città, e obbligata a
risarcire i daoni recati a' nuTcìtanti Genovesi. Ora rDri^ino dì
colesti danni, non ben cbiitrit;i i>er uddii^tr», rien meglio indagata
ti fatta paleso co'niiovi docinnonti dol nostro Autor». Il ijtiale
prende di qni occasione di darci una breve ma compiuta nar-
nzitine de' princi|)ali avveuiuientì do' popoli Musulmani stimziuti
ÌBtoruo il bucino occidentale del Aluditerranoo, traundola da sor-
genti iiiusulmane, e ristrettasi pe' tempi e si pe' luoghi, all'ar-
gomento de'nnovi Ricordi arabici.
Negli EsiralH del Tarkh ^faHs(ll•i ' il eh. Autore ci fa co-
Duscere l'importanza della cronaca di Abù al Fadai/l Afitham-
mad ibn Alt da Flatuah, p^^r Io nutìzic che contiene intorno
\ Federico II Imperatore, e la luce che sparge sopra certi 5itti
della sesta Crociata. I)i Federico U ci lia conservato due epi-
ilolo genuine scritto in arabo. U Codice appartiene al -Mus'-o
Asiatico di Pietroburgo; pare autografo, e s^ n'ebbo coutezm
dal catalogo de' codici arabi di quel Museo, pubblicato dal Ba-
!TOe de Rosea. Il nostro Autore si è limitato ad eslrarre i passi
della Cronaca, che toccano da lungi o da presso, la Storia d' Italia
e recarceli in volgare. Ma secondo il suo lodevoi costarne, oltre
lu noie storiche, critiche e filologiche, il valente storico ci porge
ma di quelle sintesi dogli avvenimenti del tempo, i quali hanno
rebkzìone co' fatti da lui trascelti a illustrare, che la mente del
lettore pienamente rischiarano e rendono atta a poter agevolmente
giadicaro da sé il valore o l'importanza delle coso. Notabile ò
poi in qnesta dotta scrittura dall'Amari, li digrossìono intorno
alla setta diagli Ismaelìani, com'essi cbiamavansi, Batouii, Mu-
Uhid; seguaci del Vecchio della Alontagna. o Assassini, come
erano chiamati dagli altri, e anche PAUAWl, ossìa < dovuti alla
Dorte. >
Da un testo arabo di ^Al 'Umarì che tratta ddlle condizioni
<l«glì stati cristiani dell' Occidente, secondo una relazione dì Do-
neoichino Dorìa da Genova, il nostro Autore ci dà la versione
It Aatftt, Eatratti del Tarich Mtnaarì. F.slr:rU<i daWArcbivio Storico
I, N. 8., Aiuio IX, H8)tt. l'alermn, tipAgnfia dello Suiliilo, 1884.
3!8
RIVISTA
accompagnata da molte note, u precodata da una intruduzionf,
dove ci si fa sapere che 'Al 'Umttri^ il cui uome proprio 6 7*»
fadr alhih, era nato in Damasco nel 1300, ch'era eruditissimo
0 diligentissimo nelle ricerche geografiche '. ha. relazione chft
^AVJJìnar\ ebbe dal Genovese riguarda, com'egli scrive, i più
celebri Stati degli adoratori della Croce, e devono intendersi gli
Stati continentali, efwliisi quo'dol maro. Si parla perciò dell»
Francia, dtdla Germania (Alemannìa), della Provenza, del MoD'
ferrato, de' Lombardi, del Ke de'Siciliani Federigo. de'VeneJsianì,
de'PÌ3aai, de' Catalani, de' Genovesi, e delle condizioni do'Fmo
chi in Oriento. ^Al ^Umarì morde e maledice come meglio piiù
e sa, 1 cristiani. A queste Memorie l'Amari feW) delle Agtjitinie
e Correzioni circa il Grande Emiro Bahadilr 'al Mu'ixr.i, pa
drono un tempo di Domenìchino Doria (Cf. R. Acc. de' Linea,
Voi. XI — Serie 3" — Classe di scienze morali ecc.).
La Memoria intorno al Trattato di Giacomo li di Aragona
col Sultano d'Egitto (1293)^ non 6 di grande importanza, es-
sendochìs esso in gran parto ò copia di quello stipolalo tre anni
prima da suo fratello Alfonso, e conosciuto per la versione h\f
tane da Sìlve.stro de Sacy e pel sunto del Reinaud. Lo stesso
Amari ne aveva anche pubblicato il testo nella sua Biblia
aratfo-sicnìa, e la traduzione nella stessa Biblioteca da luì
cata in italiano e nella Guerra del Vespro siciliano, D'a
parto il trattato di Giacomo con l'Egitto, non ha carattere
auteuticiti^, i\i*. si sa se in corte di Ancona fosse Rlato ratificato,
L'Amari in questo, come in pressoché tutti i suoi lavori,
sa temperarsi da una corta animosità contro il Cristian esime
contro i Papi, la quale non gli fa giudicane i fatti seomdo U
loro storica realtà, ed imparzialmente. Ci duole assai di vedor
dò in nomo tanto degno di stima e dì riconoscenza per le 99t
dotto fatiche.
* 'Al 'Vmari Condtiioni degli stati crlstiaDÌ dPjrOcviilfuie («condo una
di riOME-viaii.so DoiitA da Genotu Ivslo ^inifw coii \prMOiie italianii r- note ili >L Smì.%
Runia. cui lt|>l (li>l Solvlucei, 1K83.
' Tralliito ftìpulato da Oìacomo li di Aragona cot Sultano d'I
S9gonoAio 1S93. Meoiorìa del uwio MicuEtEAsi/iiii, UdtiLiroi ti|ii ild S«)nne«i'
(fMam dsgli Atti dtlla S. Acc. dei Lincei, Addo CCLXX. 188^83).
VCLLA STAVPA ITAI.IAIIA
II.
Prof. PaiiTO LcssANA. La Circolazione del sangue ed ì Papi.
Memoria Ulta alla li. Aeca/lemia dì Scienze, Lettere ed
Arti in Padova, nella tornata del giorno 17 gtnimio 188G.
Piulova. tip. Gio. Balt. Kundi, 1386. OpuM. di pogg. 28 in 8.
0 che e' entrino i Papi colla circolazione del sangue? Questa
demanda sorge spoDtftueaiaento alla letta ra dui titolo sopracci-
tiUK e forse insieme con essa sorgerà in (iiialwino il pensiero,
Ùe la connessione fra quei due soggetti cosi disidrati si debba
il t-inatismo di qualche insulso encomiatore dei P»pi. Tutto al
cnotrurìo: ella sì dorè al fanatismo de* loro insulsi detrattori. Il
4 iutord infatti ci fa sapere che egli s'indusse a scrivere
questa Memoria, dacché nel 2" volume k](ì]ì'' Encicloptdìa medica
ila/irtiia, io corso di pubblicazione, all'articolo Circolazione, gli
reonero lette le seguenti parole: * J^on potremmo tacere degli
walcmi scagliati alle pratiche anatomiche dalle ire papali di
B<mijncii' Vili e di Sisto l K, che a gran fatica seppe concedere
« qualcjw. medico e alla sola scuola di Tubinga le dissezioni
ùnatomirhe... Autopsie permesse da principi e severamente
pwfli/c dai papi, comandate a Salerno da Federico II e proibite
Wt fulminee bolle di Bonifacio Vili e di Sisto IV in quei
ili oppressi dalla sconjinata potenza del clero: » che sono
tltauti errori storici, men7»gnH e calunnie, quante panale. Ma
Boar^rave,rnaller, il ]ìlumenbiich,il Krank, l'Haesor, l'Hyrtl
IO ous), e i nostri piccoli increduli italiani, abituati ad in-
>rsi culla fronte a terra davanti allo decisioni della scienm
itiera, colpiti da una grettezza dì ui<}nte pari all' avvilimento
del caoro, ricevono con tutto l'ossequio dagli stranieri l'istoria di
propria,esi recano ad onore di ripeterne le spropositato lezioni,
eh. Prof, [.usaana è tino di quei pochi scipnxiati veramente
iani, che, conservando la più nobile fra le indipendenze, come
"opposta 6 la più abbietta delle codardie, quella cioè dell' inteU
sì rìfìutuno a piegaro il ginocchio davanti a cotesti simu-
i di divinitii gallichu e teutoniche; e ne mettono senxa cerimo-
ad esame e ne smentiscono, quando occorra, gli oracoli venerati.
RtnSTA
Xeir argomento presente gli somministrano già in parte k
notizie bisognevoli il Corradi in nnB sua dissertazione suH'Am-
tomia in Itali», letta al K. Istituto lombardo nella sedata dd
31 luglio 1S73, e il Morpurgo nel suo pregeYole scrìtto Roma
e la Sapienza ' pubblicato nel 1879.
Rifacendosi pertanto dalla nnica connessione cbe vi possa es*
sere fra l'argomento della Cimdar.iono del sangue e il nome dì
alcun Papa, fa notare il Lussana cbe il Cesalpino^ vero autore di
quella insigne scoperta, malament* attribuita all'inglese lUrreyS
per essa singolarmente venne in tsinta estiraanione del Papa Ole-
mente YIII, che questi lo chiamò da Pisa ad iua^gnare in Roma,
e qnìvi lo ricolmò dei sogni della sua benevolenza, secondo cbft
narra il FahbriiRCÌ contemporaneo dello stesso Cesalpino.
Passa dipoi il eh. Professore a discutere le spensierate
zioni dell'Enciclopedìa Medica, che nel sopraccitato artìcolo
le pratiche atiafomicfte j-roibiie dalle fuhni'.iee Bolle di
facio Vili e di Sisto IV, e comandate daW Imperatore F»-i
derica II: dove adoperando e/.iandio queste parole: < La scuoti
medica di Sulertto istituifu da Federico II di Svevìa ecr...
studio atmudle delVanatomia umana era obbligatorio dal 1
e di rigore la dissezione di un cndamre » accumula spro;
a apropoaiti. Federico II, osserva giustamente il Lussana,
bensì la scuola dì Napoli, ma non gì& quella dì Salerno, e
' In scAperu rfrUn clrcolaxionc tiri sang:up, coin« luU« le icnDdi Koiwrte,
ibi concursu di Turii iiigp^iiJ, iii;i xVw. ilir»i cwicepita, nau e compiitu ìd III
primi germi se mi p(K*«lcv.iiio ppr trfldiiionu iiclk- scuole il.tli.iur, r rc ne Uà
imliilo nell'opuscolo commcnl-ido ih maiu cardia Mlrihaiio a sta Tomaain.1
n>npiirio itn Carpì ilólO-lóSUc il Colombo ^IMlVilirtlcro gii primo e ■eeoodoi
atanli che il Seneio. gìoiaoiloti deylt Krilti ilH Coloniho. iintitiUnti H anni firil
ilclla sua Chrùli'anfsmi ratitutìo, vi aicfhri!iw<e. y\ì Col"nibu li«e dietro il
alpino, clif ilrstri«ie jnt iiitiro loilo il pino ili-l ».in|;(H! r eli Aink anrhf il do
rinwsiogli ili rirralaeinne. Tulio cotwic cose iTnno ^'i^ puliblicalr e»! inwimiii!
nniwi'silà il'Ilftlia fiuiiniJo l'HarTej oe\ U>9>( si reca a PaJnva per suiri^anl in
Rllorn.llo in patri;], piililtliC'^ la stia n.-lrlre Exercitalia nnnivmica de molu >
tt tai'gmnÌ»,:i{>f>rfipv\mii(»M non wlo le dwllriiie, ma porsìiifi in itim-clii trilli'
inrole sIi-mt di-l Duilio san niai^slro, «w,n rilirlo, cani»- da itimostralo il Z-tehii
l/llnricorlilK' il mehtoiti riscontrimcniidiliiicnli sa/yi [e YrrilJi Mopcrle ita
c di esporle con haoti online e binilo npjtir.itn, mn i]iill;i pib.
• Sa\uo ìtoì\PVM.O. Jitma f la inpiemn. Conipiwlio di notisie »lorieht\
tfàtSitkhe suUa Vnivernlà Somana. rioin», IK79.
mSL.
^^
Jb£:
txìivk italia:ta
331
tiorìTa si^ mi se<»Io ìanaD^tì alla venuta di queir Imperatore, e
ooetuì Don foco altro che riconfcrmarno gli Statuti. Celesta con-
ferma poi essendo avrenata uel 1241, e la scuola saJernìtaDR
«Tendo usato le sezioni anatomiche per obbligo fino dal 1213, ò
chiaro chti cotesto studio era ia roga a quella scuola 27 anni
prima che Federico II vi avesse parte, nemmeno imliretta.
Al contrario prima ancora che nascesse Federico. Papa Inno-
i!enzo III, nel 1200, fondava a Roma l'Ospedale di Sauto Spirito
t v'istituiva la scuola medica, ed una scuola d*<t7iatomia sana
< morbosa. Per l'Università di Bulognasi hanno documenti della
Ieratica di tagliare cadaveri, già vigente nei pi'ìnii anni del se-
colo XIV. A lloma poi, fondata da Bonifacio Vili l' Università,
«Ure alTnso non mai intnuncs.io del tagli», Paolo IH fonda
stabilmente nel 1540 una scuola speciale d'anatomia, e da
Pule III in poi tengono quivi cattedra, chiamativi ancora di
fuori, celeberrimi medici e anatomisti, come il Colombo, il
Varoli, il Piccolomioi, il Cesalpino. Il Castellani vi pubblicava le
Su rinomale tavole anatomicho, il Piccolomini dedicava a Sisto T
l« !tue prele/.ioQÌ anatomiche, il Lancisi, medico d'Innocon7/> XI,
iriva io tempo di earnefale pubbliclie dimostrazioni anatomiche,
Il via discorrendo.
n direttore del museo anatomico di Vienna non si peritava
di scrivere, nel 1869, mordeado la ^ledicina senza anaiomia
dei vecchi tempi, e la designava come una conseguenza dei (Jommc
inviolabili dei pari che gli articoli della fede cristianat ac-
casando lo spirito clericale che oslanae ad in^fegnare la strut-
tura dei corpo unui7W. Di riiicvmtn) alle quali ciance insipida
U Dfì Mattheìs dimostrava, tutto all'opposto^ che « la facoltà di
analonii?:/.are i ca^Iaveri si devt: ai Pupi e allo spirito del Cri-
stianesimo, che ha dissipato T irragiunerole orrore che quasi tutti
gli antichi ebbero pei cadaveri. >
Alle corte, stando alle dati; forniteci dalla storia dello varie
Kunlo di oltretuoutì e d' ottremar'', < in tutte esse l' insegnamento
dell' Anat4)niia con dissetìiorii cadav^icbe s' istituì pin lardi che
nella Romad«i Pontefici. Neil' Università di Praga 57 anni dopo;
101 anno dopo, a quella di Vienna; 73 anni ^ìù tardi, a .Hout-
^lier^ 316 a Lipsia, 247 in Ispugna, 200 in Inghilterra. »
3;«
BmSTiL
Era più d'un secolo, proseguo il Liissana, cho i Papi proteg-
gevauo e favorivano le autossio cadaveriche, quando per la prinui
volta, nel 1404, aprivasi, coq grande solennità, un cadavere nel*
l'Ospedale della capitale austrìaca per opera del maestro Ga*
leazzo di Santa Sofia: e solameute dopo 12 anni c^lebravasi colà
la secotida anatomia; e solamente ^tro sei volte, in tutto il
secolo, si ripeterono tali dituostrazìonì. E proprio di costi ci ave*
vano da venire le parole or ora citate, in ìspregio dolla Medi*
eina sema anatomia e dei dommi e dello spirito caricate ehd
la volevano in tale condizione! Un' improntitudine per qnanto
rara non può an'lvare a tanto travisamento di fatti: ma uat
volgare ignoranti e una cieoa avversione sì; e vada questo cogli
altri esempii, clie co ne danno in copia i mafstri esotici d^
nostri piccoli increduli, nò soltanto dì quelli AoW Enciclopedia
medica.
Ma questa, recitando sempre fedelmente le lezioni imparate,
allegava le fulminee bolle di Bonifacio VIU e di Sisto lY, per
le quali, secondo lei, erano proibite fé dissezioni anatomicht.
Il Liissana non sì confonde a dimostrare che l'articolista dell' Kx-
ciclopedia non ha lettone l'uno né l'altro di quei documenti;
che cotesto già s'intende: il eh. Professore si volge a mostrato
piuttosto elle non l'hanno Letto quei francesi e quei todcschì, i
cui pronunziati V Etmclopedia accettò come tanti dommi. Per
comodo di costoro egli reca il testo della Bolla di Bonifacio, «
non occorre altro elio scorrerlo per vedere come quivi mm si
tratti per nulla di dissezioni anatomiche, ma dì tntt' altro argo-
mento. A chiarircene basterebbe già la pratica mantenuta io
quegli stessi tempi, non cho a Salerno, ma nella scuola Pontifici»
dì Bologna, di dissecare ì cadaveri. La Bolla prende di mìm un
abuso determinato, introdottosi di quella sta;;ìone specìuluient»
a riguardo di forestieri venuti u morte, i cui cadaveri, volendoM
riportaro le ossa in patria o in altro luogo da loro eccito per
sepoltura, per maggiore speditezza si squartavano, si tagt
vano a pezzi, che si scarnavano facendoli bollire, sicché ne
manessero polite le osaa. Corpora defundorum exenteraj
ei ea immaniier decoqueiUes, ut ossa a carnibus separata^
rant sepelienda in terratn sitam, ipso facto swxt eJtrofflt
DELLA STAMPA tTALIARA
^%
)£:
Praefati namqtte fideks... si quisquatn ex eis fjenere
Vfl dìgmtafis tiiulo insignitm, praesertitn extra sua-
m partium limiles, debitum nalttrae persolmt> m suis vel
ìenis remotis partibns sepoltura eleeta, de/uncii corpus et qtto-
dani impiae pieiatis affecht. truat/enter exenterant a<; iìlud
' membratim vel in frusta immaniter ccncidentes ea sìthsequeìiier
t aquia imjnersa exponant ignibiis decoqttenda; ut tandem (ab
\^^sibHS teffumenlo cani'S ejcaissoj ead«m ad partes praedictas
^ÈÈtHant $eit deferant tvmulanda. Nel nostro secolo di civiltà
^P sono intesi doi miitcriu listi deplorare la perdita di sontunze
^Btili sia airilluminaìtìonfì sia ad altri scopi, lo qtiali si potreb-
"oero oltouero, distillando i ciidaveri degli uomini tome quelli dei
eani e d'altre bestie. I crorna/Jonìsti poi pn^tendonn di abìtiiarni
a tutte le forme di cottiim di carne umana, lessata o arrostita.
E ciò noodimeno ossi medesimi forse, e certamente quanti serbano
no senso di decenza e dì rispetto per la dignitii umana, si leve-
rebbero contro chi rinnovasse ai nostri di in casa sua quei mn^
celli e quella cucina di cadaveri, che Bonifacio VIU detesta e
condanna; e saprebbero che rispondere a chi lì accusasse perciò
di eundanmiro la scuola anatomica.
Resta a vedere a che ai riducessero Io ire fulminee di Sisto IV.
Qui il Lussana racconta come, dato il primo avriamento agli
studii anatomici, crescendo per una parte negli studiosi la cn-
riosit& scientifica e por l'altra parte ìnctmtnindo essa un ostacDlo
nell'avversione popolare, avvenne che si procedesso qualche volta
al dissotterramento clandestino e al rapimento di cadaveri, con
la conseguenza di altri disordini, onde la pubblica potestii dovette
intervenire e richiamare a sa il permesso ufficiale delle autossie.
E questo e non altro viene disposto nel suddetto Breve di Sisto IV.
« Si autorizzava, scrive Siiviamente il Fiussana, col suddetto
Brere il permesso delle sewoni cadaveriche, non si proibivano^
come asserirono erroneamente gli autori tedeschi. » E a maggior
dichiara/.iooe e giustificazione del fatto (che del rimanente sì
mantiene ancor nflle presenti lef islaxioni) il Lussana cita varii
I esempii di cimiteri manomessi, di avelli aperti, di cadaveri ra-
l piti con iadìgna^ione del pubblico e dei privati e con ìscEuidalo
HnoD tollerabile. Ecco portuntf) contro che emno rivolte le ire
3a4
RIVISTA
fulmhìee 0 per meglio diro i savii ordinamenti di Sisto IV; i
iiuiili non luutaronu nulla nella pratica del taglio, introdotta
prima dì lui nella scuoU roiuanu e sempre contÌQuatti sotto di
lui e dopo lui.
Soddisfatto così pienamente non alle obbiezioni ma all'ìgno*
ranza degli autori dì coteste insipienti calunnie, il eh. Professore
non si tiene dal rimanduro la palla a chi primo la gettò. «Tengo
alla conclusione. A codesti tedeschi, i quali accus;irono il Papa
cattolico siccome il persecutore delle pratiche anaU.>miche. io do-
mando volentieri che cosa ce n'abbia guadagnato la liberlii di
scienza colla Riforma anticattolicjt. Kcc<:tlo. Dopo la cuiifossione
di Augsburg... r anatomico Plater corre gravi pericoli per arerà
maieriem secandi. Basilea stessa non vide la prima sezione, se
non per mano dui Vesalio cha era venuto dall'Italia cattolica, ora
già parecchie f>u?!Ìoiii egli aveva eseguito. » K infine il eh. fnr
fessore ci mostra in Ginevra Michele Serreto medico>teo1ogo,
preparatore della immortale scoperta della circolazione del san-
gue, legato sul rogo e dato alle flamine insieme col suo libro
per ordine del gran prot«.slante riformatore Calvino: mentre il
Cesalpino autore della grande scoperta, e il Colontbo suo precur-
sore, erano accolti dai Pontefici e circondati d'onori e di favori.
La dissertazione del eh. Professore Lnssana non conta che
37 pAgine, ooraprosivì i documenti; ma dal sunto e dalle cita-
zioni che ne abbiamo dato, apparisce con quanta eviden/4i e eoa
quanto nerbo egli non solamente dissipi la 8t^>tta calunnia apposta
ai Papi, ma ranmìlii altresì i temerarii calunniatori. Allorché
il Santo Padre Lenne XII[, con larghesiza non uguagliata da
nt'^sun altro Governo, aperse alle indagini dei dotti gli Archivìi
Vaticani, dichiarando di ci^ ^re affiuchò se ne traessero docu-
menti in difesa della Santa Sede, parve a certi Tersiti che meglio
si sarebbo Ditto a dure per iscopo di quell'apertura il chiarimento
della TcrìtÀ storica, qual che ella si fosse, onorevole al Papat<i
od obbrobriosa. Costoro non s'accorgevano che nel fatto l'tina
cosa si risolveva nell'altra, mustraiidocì una costiinto esporìenn
che, dove alcuna nebbia sembra levarsi ad oscurare le glorie del
Papato, appena ò mai che sotto ai raggi della critica quelU nebbia
non si dissipi anziché addensarsi.
DELLA STAMPA ITALlAriA 3!
^b lo scritUi del Lussaua per uq altro capo ancora piace in
ringoiar modo e soddisfa II cb. Professore è caldo di qnel vero
uiLore di patria che non si termina alla patria mangiatoia, ma
della propria nazione cura folosaraunle l'oDure e la dignità. A Ini
non VA il naovo genero dì schiaviti!) intellettuale venuto dì moda
fra gl'italiani scienziati, nel tempo in cui si mena scalpore per
ta indipendenr^ polìtica d'It&lìa. Troppo bisogno vi sarebbe che
l'esempio del eh. Frofussore trovasse di molti imitatori, e già ci
sembra che qualche indi^.io, sebbene raro, di riscossa scienttlìca
si vada più qua pirt là manifestando. A promuoverla ogni dì più
w>a v'è altro eccitamento piti efficace che la pubblicazione dì
lavori simili a questo, dove il eh. Professore dà una lezione così
solenne a nna meitza serqua di maestri oltramontani, i cni nomi
altri non oserebbe di mentovare so non inchinandosi per rive-
ti^nzu. Uà solo fatto di tal natura hasta \ìfX s^ a scuoterò la fede
di chi la fonda, couie i piiì, sopra ropÌDione oramai fatta volgare
che gl'italiani abbiano a ricevere la scionw da oltreraontì, corno
ne ricevono il carbon fossile e i prodotti, che né la nostra terra
la nostra industria sono capaci di darci. Xon isperiamo però
10 la riscossa scientifica d'Italia sia mai per farsi univflrsule.
^vr essa stanno e staranuo sempre gritulìaoi difensori del Papato
e della fede cattolica: ma ì nemici e calunniatori non resteranno
mi dal prostrarsi come scolari davanti a quegli stranieri, ai cui
sentimenti e alle cui dottrine mostrano d'essersi informati.
III.
Storia Sacra illmtrata del Innovo Testamento rf» A. P. Trento,
stai), tip. 0. B. Motiaiini Kd., un voi. di 173 pag. in 16. Preazo
30 soldi austriaci ( — 15 soldi italiani).
Non sapremmo di leggieri indicare un altro libro simile, in
li si trovino accolte in eguale misura tante buone qualità a
renderlo commendevole. Il santo Vangelo, in cui sì racconta ciò
< che ha fatto l'Autore del Cristianesimo e per conseguenza il
Fondatore delhi rìnoovellata societiV che passò, mercè di Lui,
dagli errori e dalle brutture del paganesimo alla luce della t&-
i
336
RtVISTi
rilÀ >, è certamente < il libro per cccellensa ». Qaiadi « ottimo
e proT7ÌdÌ5simo dirisameoto si è quello di porgerlo ai fanciulli
qnal libro di lettum, percUù fino dai primi aani, in quell'età
in cui le impressioni sodo indelebili, s'iimamorino dello sue
OeliìStiali bellezze, apprendano a tenere in alto pregio la loro
Religione, a venerarti quella Chiesa, di cui sono vivi membri,
e ad amare st>mmameDt« quel Dlu, il quale pel riscatto delle
anime uostrc lauto fece e pati. * Sono tutte parole d* oro, che
noi trascriviamo dalla pn^fa^ione del libro annunziato, non po-
tL-odosi con maggiore semplìcìti^ e verità esprìiimre l'iniportania
della storia evaugelìc» nella prima educazione dei fanciulli, ud
insieme il fine a cui si deve mirare noli'insoguamento di quella.
ManOQSùDo uè poche uè facili le condizioni, a cui deve sa-
tisfare chi, sulla trama della uarraxione evangelica, si adopera
a comiwrrc «ii tesU> pei fauciuUi. L'Autore le ha adempiute peri»
con rara felicità.
I racconti vi sono tessuti con brevità, ritenendo in quanti»
era poRsibilo le parole stesse degli scrittori ispirati, ritoccan-
dole soltanto quanto era necessario per dare qua e \ò, maggiore
scurrevolti/.i'.H al dettato e maggiore pienezza alla narrazione.
Non possiamo poi a meno d' encomiare Io studio, posto dal-
l'Autore, neir usare dì una lingua assai pura e prettamente
italiana, non solamente Ifi dove si giova della ottima versione
del Martini, ma anche nelle giunte che ci fa di suo. Il pr^io
della buona lingua, che non pregiudica in nulla alla semplicità
dello stile, è senza dubbio una dote che verrà singolarmente
ajiprezzata in ordine all'ammettere cotesto trattatello come testo
di scuola. K nondimeno l'Autore, mirando allo scopo princi-
pale del suo lavoro, dichiara fino da principio dì avere sostituito
frasi e parole pìiì usuati a quelle del Ktartiui, quando gli paren
che queste rimdessiTo meno intelligibile e popolare il dettato.
Al tempo medesimo si studiò di evitare ogni trivialità ed ogQÌ
parola ed espressiouc che sentisse del dialetto.
Ottimo pensiero fu altresì quello dì aggiungere dopo ciuscun
racconto una o duo riflessioni ovvie, ma attinte tutto dallo spirito
di Cristo, con che mentre si dà ai fanciulli già spezzato il pane
della morale evangelica, se ne abituano le menti a non fermarsi
OEtLA STAMPA ITALUXA 337
corteccia dei f;itll, ma a p«ni!trarno il significato e grin*
rDftDieDti, e soprattatbj i piCi appropriati ai nostri tempi.
Similmento opportuna b la divisione della storia ovnngclici
ìli otto epoche distinte, la quali* giova ad impriiiierfl meglio e
pili ordì natamente iiolla memoria i hìiì distribuiti pur esse:
« buoni aitrosì sono i commenti storici, sparsi qua p !à con so-
hrietÀ somma, por chiarez;ui e per soddisfare a qualche piccolo
dubbio cbe può nascere nelle menti dei bambini in occasione
di qQttsto 0 di quel racconto.
[nfìne rAiit><re è venuto a capo d! farsi parvolo in ine^xo ui
parvoll, senza pargoleggiare : cosii che assai di rado riesce agli
writtori di gran merito; ma ai mediocri appena mai. Ct vien
dutto che cotesto libro sia di mano non di un autore, ma di
l'autrice. So C(jsì ò, ci spiegheremo più facilmente la felicità
la nell'adattarsi alla capacità dei bambini. Ma per converso
Bvremo Unto maggiormente ammirare la sobrietà d«l dettato,
U sicorez^ca della dottrina, la conoscenza ermeneutica dei libri
Stftri, ed altre tali doti per le quali può collocarsi con lode fra
k opere dei migliori autori-
Autore però 0 Autrice che sijit noi ne raccomandiamo ainpia-
tteote lo scritto non solo come testo per le scuole, ma come libro
di lettura cbe lo madri cristiane metteranno con gran frutto
tn le mani dei loro bambini. Ad esse è conceduta la prerogativa
«I iffidat) l'ufficio di coltivare quelle tenere menti, quando stmo
^wrjir vergini di ogni impri'ssiont). Così intendessero tutte quanto
ori a formare quei cuori il racconto delta vita e delle parole
|i Gesù Cristo nostro Redentore o Maestro! Andrebbero più guar-
;fae nel rivolgerne siibiVi la milite o l' imaginaziuae ad altri
soffitti vani, quali s'incontrano iu una moltitudine di libri
eooiposti pei fanciulli. Una Storia Sacra, segnatamente se illu-
strata da imagini, li diverte nienti:^ meno e li forma intanto cri-
stiani di cuore e di spiriti); dovecli-', con libri di altro genere,
il ililetto rimane sgiizìl fruttii, se pure nim rende a iweo a poco
il frutto micidiale di istillare loro una murale apparente, natura-
listica, sonata Dio, e perciò stesso di niun valore e di niuua durata.
k
XIIÌ,f>tìt.Il.f4Ue.èfA
22
U aprtu lìStA
BIBLIOGRAFIA
A!J)ECiRE G. — Impedimenlonim nialrìmonii Synnpsis seu breris expo-
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Ulto i)fi liniLili (lì mnrnlf Ii'oIo^a
[ih inrplii'Jli per !ii vurìi'tb [Ielle quesLioni
e cUf pi'itiìi suole l'.renii' non poco im-
paccio iiglì .ilnnnì di t[w^i9 ili^i'iplinii, b
riupll" m cui » ili*pulJi dpjtli inipedi-
nvoli dfl inalriniAnio. ddlu ilbpi^nst'clie
ks i»^ possono otteni^re e dd modi di
1:011 \iilpdiirlii i- Icgiliimarlo. (]uaiida ciò
m |i(>v*ibili-. Il vh. V,.m. XWr^re^ in scr-
vtim u|ipiiiito di!Ì diirfici studfrniì hi
compiliilo j! pn^'ntf opuscolo, nel ^luale
doltrirw^ f1pi pih ripuliti martiri )n ul
iniilei'i-i, le ha dispOJ^e con lirH'oiiliar
e fatConn carne un miiiiiialf^ por ritolvitrr
con s'cuiTna le moliepjlci qiKstìoiii ei
osi SìariMli dii' pomnao occorrer!" su tal
SDjigetlo. tiriii lidia pruova del nu'iìiiif
della iililiiÀ ilrl litiro, sono sii atlosuu
di pnn'ccJii vescovi di Fraocia l'dì altri
|)at«i. non che di ìnsipi jriornali cali»-
liei, ctie ^ntli'iiK!utr lo commeiidiBo prr
le ragioni minli'siinc da noi acceniutir. .
si É studialo dì ridurre in coinpcndio le
AKONIMO. ÌM Scala della Perfezione seconda le norme tracciale ili
S. Giovanili Ciinoaco. Due voi. di pagg. 4U ciascuno, in 16. Vmetìa,
tip. Emiliana, 1886.
ft iin.T niiov.i opirrvlta. TmntH art ac-
crrscffiv Ij BJhlJot«u yraluiia, fh« ptT
opera r sj**a di tina rafignardeTolc pcr-
fona fi pobljlìca dalla Tipogcalla Emiliana.
L'impronlii pnrlìcnlnrc di-ì litiri clif la
ctiiDponicnniD li 11U0 spirilo v(i..iai«iilf uri-
sliniio (li Mv I' di rami, che neppure
seiDbni addarsi del Crpfldo nniuralismo
regnaale Of^i net mondo. Gli opuscoli
cflirit qat-fio che anniinziaino. jiollevnuo
il li-lton; atl 1111 ordine di coQcctli che
rrnni'hf^iin <lajtli avelici moderni, pr
tenia elio i lettori tìeno incapaci il gì*'
inrsniCocl)« anche ne pmriano id^à
E %ui il lero pf>r molti; ma |ier aititi
allri lorna^rA pn<)vbil« 1^ fitovp.vob' il p(^
eludersi pralìcamcnlc ctie la (wrfpiìow
chiitiann non è con die jimitl:! le noroe
dal giudii-ii del mondo, iiù potrà cotv
guini nd secolo Xl\, se non sef orod*
!os( ancia linftktc le rie e i gradi clie al
««a con(hicr\MBo Ufi secoli possnlL
raromcntc si ìoìiIìodo pr^^dicarccon lanla
i)£l\ZIERI UIIUI — PrÌDci[)u fon da mentali tl»;lla Ternindinamica e lort
principati appHca/iotii atl» Fislcji, alla Chimica, alta Fisiologia eal*
r.Vsironomia per Lui|?i Bprzieri. Vme3t\ lipogpalla Emiliana 1885,
Un Tol. di pa;;;g. Atì'ì in 16.
K n» i)|icra veraainiic di |>olso, che littvnir^ superiore di Milano, ed anfln
l'esimio Prof. tVrrini, dd II. Istituto Po- nudi'igii di parwcbie opere di fr.iii |ir»-
li prtt*nUirc eoo pflrote
itllnlD Lomhardo ili Seii>nti)
t. coinè SI li^c oiyli Alti di
frvino Corpi) Accadi' mico (\ilu-
I id nov«in)ir(' uliimo): e qncMi
■U'Aiit4ir« UBA lettera di riii-
ito.
i|in propofiosi lini c!i. Ai>lori>
etìt slevo ci iltcliian, fli me-
fin on TolutDc di non moIt.i lanìe
ili e ptii iiil/'nii.'Uttilì rì<inlt.i|i, i
lijio lidia Tmno(liiu^iiic;i hii con-
lloUi iki Rfl«tri l^'miii. Il tihr» v
fliiuto u t'iiloro l'Ile pavscilt'iiilo
Vnw^tt (Ifllti FÌ*tM, tli^la Chi-
rlilfcpi-nzi.ilr ed ime-
rere b niiitm-ia, (ti cui
Blu, <!on iinnii-.irnif' ("ài^iisiorw r
wnxn ewwre .win-iti di rii;or-
tre opero, (arili, voi liminole, di
lllfllijCUUll.Ml Mccuiljìiì »ldUlDlO
lA d-fp in hn-viv il eh, Aulore
[BLU GERKMIA
BtBUOCriAPIA
h» miratn n cnmpicrr un'ojx'n di con-
cntlraiivtte « di t.et'iiil'ficaeiour ail oso
(1ri:rini(ri;nc!-i, di*i risici, (tei CJiimici, in
t^nenili.' dei cultori iìA\e scii-mi' mlunli.
C)iiun(|ii'' poi dc5id«r.i |inti>r p.irl.irt' dfHa
TiTiiiottiiiaiiiiriì ['on «rni cc>;:iitjioii'> di
musi, trovprù riii'colto iti i|i]i-^lo libro
lutto ciiì clif sii occami a u) iioek).
Suoi prciji piincipalr sono I.-1 cìmrvxat
deII'e«[iosRio3V!, la pìpiir/w diOb Initta-
Jtoiie, CHn^iiiii'acon la ifthrirlA <^con nnn
rarii av\«IolrHa iwllii wrlu d^-i (lunli
piti capitali e HsUp diinrt>triiionÌ piti
stringenti ''d olepaiili insii-nn», lriliii« il
rispriw ni'l n<in dare fr cltIi', come da
unti si Ta, conclusioni oprincipiiclii' *ono
solianto probabili od ii'niedci. bmiidi*.
Mbbenc in ijuakhp piU'tP sì possi dìssi-n-
tire dii] eli. Aotoi-e, M «un lilmi w ln(-
frcrà i)**rA wrnpre con mollo tuiiLijisì»
da chi tieue dialro allo «voIbÌihwiIo dell»
se iena moderna,
L'eco di nove anni <ii S. Pietro di Crainona.
lana, lipo^rrafia nell'lsiiluio Msnìai, Enrico MalToizoni libraio
1885, ID Ifi, di pagi,'. 241. PreiiO L. 1.
del titolo che riil.""' e «noi netmìci. die fanno opii oprra di Al-
nw'lt'i' in (rotiti" a »|uc»ii suoi
da lui sttwo *pirp.n.T tirila l.>l.
Hixioiip. Non «ino tetn-nilninnLe
eylì avrà recitati. nell'C annue
'. Ptiitro ni'lla Miipsa t^rcpogi-
ì. Pietro ili Cnynnnn : lìi-] qii;i1i
lriKt:)3li cb«> «amplici apjmiui:
mtosto nn'rt-o. pt'rclis pli ha
(|uelti flt'ffiì appunti fier
Icfi- al Tivo tliwidi rio mi^lra-
otan)t!Dl(! i!.-il l'rcpnslln dìdi'tui
r.urli di piiMdica ragione -i cu-
li di-i fi>dr|[. Il i>(H!K<!lt<> ^riip-
i t il primato ilei lloniTìno
ORDun T<>dc (laanla ni; hh
'jiic^ti mi^i-ri ii>iiipì. prr
1 popitli qiiidl'iiMion'. fjiiH
e qtwH'olibf'dieiiiD ;il supipmo
Ila Gì'ìvfH clic fominno comt
cri^liane^i mo, i; nii'lttrli in
■Irò k' \JolciiKV f \e insidii! dei
sln)(tgi'rae o altiiencj mt'noiiuirii»! i'snlo-
riti p r.ijinnt'. ti eh. Alitoiii prcndn |p
iii'USM> al suo ra[!Ponar<> dnlln ili^na iitli-
intionc del Pnmato di S. Pietro. Indi
pjiwa a diiiioslrare ne! «ctoiido diwoiijo
con nrpronipnti di mpiouf t di ieAc la
nwcAsiiii ili un nolo <■ supremo Capo
nella CliifSJi. Ti:iUiYÌ!Ì-i nitratiiliTifrl'' nrl
tn7o In llMOiioniia morali^ lì* H. l'ivlro.
Ne! quarto rovelli) dell' intriHihililà l'un-
lilìr.tn, innnlcrK'ndniie {-oiiii'n i moderni
<Hver!Cirii r di>lraltori li" r;i;;inni. l'nsi;in
ni'l qiiiiiiu <a iitvpsiigaiiilo il [H'frh.!: Pieim
ptwc lii ■>.m Si^de in llomx l'aria nH setto
della ruiidatium; del l'rìiiìnto del l'Hpa,
Hj! «a rdn min In siccomp *]i!in(lidis*inift pfo-
difio: e megli nllìini Ir** discomi mpiona
del l'onliliciilo, miracolo penna nen le, dclln
ma jutcniitii e della sua foiia morale.
Sono Irmi, come o^inuti lede. solili a irat-
tai-sf dalle cattedre, ed anche dai per-
340
MBUOCftAnA
pimi; p nirinn iK-i-ció ilflTpehhe ripPliarsi
■rulla di Hoovo da i)upiti ilìfcorsì. Con
itiltoRìò prpiiijnon iinn fomn co<i »tim>
t'ile^ cosi o|>|iur(u[i3, cosi vpti'utlida e
insiftrif popoliirf. ni>l)n fi'conrin paroln
i]dt*insi((iie Oi'storn, che fiinnn comn
t'tfrcilo di tosn nuove. (Jndlc vcnii si
insinDnrjo pai com proruudami'iiti: nL'jili
animi, eoa bntn lii<v di m'i(lrn»;n. zm
tanta FonD, chn non solo I» nmae lift
resta contprwn, m.i il cnore vi corrisponde
coti lutti i JUQt .-iITL-tli, di auimìniKionc, di
t;ntltDilìnp. di rivcmua, Adìvola sofs^
lionr verso l'augusta Ciiltfdra di S. Pietro,
AjTli accfimoti ragìonamrntj fanno scoilo
dot vptfiididi dìKor» da S. R. nxilalj
ueirnccsMooe di un fìlubliileo sacerdaiale
e (li fcsU' ci'ntt>nii'ii!. Aiiguriamo a qnnt»
nvijtnilieo saggio di soda * fruUoosa «fifl-
(pifriin acni un Inrjro spaccio; aitche
IKMX-lii^.sia sodisTdllD pi6 co)*io»fiie>te il
)!p[iera$odìwgnoillMoB)<tÌsnorf,cberoUfe
della vendila $ia dcMinnto a mitacp»
diìlla chiesa [irciinsliunilf dt S. PìHiu
UORllELM P.M. GIUSEPPE — Saggio stoiico. criiico ed archeologia)
{Il Niiniismiiica Biblica, ossia delle monele ricorilale nella S. SrriUufa
che ehhom corso presso gli Ebrei, preceduto (h uQ'irilrn(Ju/,i(uie su
l'armcmia ddic f-chme colla rivelazione, per opera del P. M. Giuseppe
Uorrelli .>uc>;rdoie napoiitano. JVa;»}/t, pe'iipi di Vincenzo Marchese,
Via Seitenibridi (già Onicelln) :ìH, ISÌj'j, Un volume 8 piccolo, Ai
paKff. IV. ?36.
Ckiti f|iii^sto S'ii/<)io il eh. AiilDrc offre
«Kli Miidiosi Ai'Wc hihliclic disciplini? un
dallo <■ prr^evolL' Mjniule di yumisn%a-
fica liibliea, nW iiiiali-, in |>ii:ctoI koUinif,
«ìXk raccolte, e con \if\ niPlndo nnlinnte
ed esposte, iiitonio alle Monett ritorilate
ni>)ln Saci-a Scrillura, inlU! Ir notili^ che
iiiaKgionacDti.' iuipoilano e giovano ad il-
lustraiw 11 sacro testo. Quanto alla so-
stanza della doLtrÌDa, taW si Bttietie ai
pili vatrnti r ccl''bnitì mnustri, cumG «ono
ìì Vilblpniido, l'Eckel,. Ìl Lctronoe, il
Mionni^l, Carlo Lpnnrmani, il UorslifJi, p
spctìa Inii'nlc il Cavcdonì, d»! «luale i dot-
tissimi IiTori Itiblico-iliiinìsnialici fon dui
llori'dii, non solo luiv»incnttt usufruitati,
ina tolti por puidii i-. niimia p^rfii'tiia. Un
ricca e sccll'i (-rndtzionp ddl'Aulore; il
largo c.ìm|to die abìu-accia, iliscorn^ndo
non .soWdotle monete gìmlaiclie. mn an-
che ilellc persiano. gr«hf e romane, \a
(|uanto hanno con quetl>> rapporto; I.i
solida crìtica con i^ui. nollt inaicrif l'on-
Irovprsi', Ri^'ionji e- slabiliscc b propria
vnt4>n>;t ; la fcIii-ilA, omly nwlTe p spicp
Icsli U5r.iiri ilrlb ilil)bi.i, e ne tnin luco
n tonfcrman- «if nK-glio la veradlà del
Libro divino; I\irtc infine di conKiungtre
con sii^P'') armonia I risoltalf pib tìnti
della scinnM antica coi prograwi intuii"
accertali iIMln mmna moderna; sona t
prci;i principali cIk' ivn^no i)iM$losn*
S&pfTirt di Miitnismatit^Ji grandfiiii'nt<f ntik
a chiunque s dilctUi di stuilìi bibSci-t
v>pralluIlo al giovane Gi-ro, |wr evi U
Itiljbia dci'ossere ìl liU'u di'Ì libri.
L"iirrii!o liifi^ito dell'Opera è la mevH-
nilè delb >e$lc nialerìah!, in cui ih*
pr{^nuLa al pnbbrìco: raui i tipi, mista
la r.irt.-i. scori'ellii-oon di rado la sawfk
caniiuri greci àie (an pìPtA, maoano
tolalr de'cunittrri ebraici, ai i]uali *oi
RorroKali alla bella nipfriin carall»ri li-
tini, e niun correJo inline dr tavole <
li;rur<% che prr la rsntta detcritton <klk
moneu* sono pare non solo alili, db
<|ii;isi iildl^prjiMbili. Il diTi-lto vini cOBh
[)4;Dsato toiv dalla lenuilà del preso
che ^ di lire 3. Ma ad Oifni nodo èib
de<ìderari!, die in una nuova piIìiÌom
rrgrrfio \ulorc pnt^a dare al «ito libra
una ronn.i incn povera e inoleg;iBte. U
i]uali' in'-jiliD rj*ipnii«1a i-d al valon* in*
triiiseco ilelln sciilto «t alle giosl^ psh
gvme degli odierni lettori.
JSS^
I
6ISLI0CR&FIA 34t
^SANZIO fP.) DA U.KVANERAS — Mariaift quoii-ìianiim, sive
brevissima Mariana otisequia per sin^'ulo^v anoi dies disi ri tinta, ijuibus
SS. Dei Geoliricìs nomeQ ei sublimiias Painini et Oorioruni encomiis
celelirantur. Opus omnibus Roginae Coelnnim feHcissimis wrvis valde
ioservififis, conrinnatoriliuwjuf! ci ecclesiasiicis haud inutile; cura et
studio Fr. losephi (^slasauctti a Mevanera.s Ord. Min. S. Francisci
Capii rcinorum. Mediotam^ ex typis Seraphìni Ghezri, Vìa A. Man-
zoni, Vie. Facchini, G. 13S5, In 1(5 picc, di payg. XVl-7r>2. Prezzo
per l'Italia lii^ 3, per l'estero lire 3, 50. Rivolgersi al ?. Egidio da
Milano Cappuccino, Piazza Baiberini, Homa.
Col litoln ili Miiri.ìle iJ'iotnliun*4m, ed una L'ralica specìiilc. corràpondcDle
ti[ cb. AuiorvineltP in Trontp ii igiirilo
MIO lllirD io otiorc Orila i!ran Hudru di
Ilio, fsli offpr ni fcilcli, [wr eiiKun giorno
Wl'annn un -leToto pell'-griimpeio ;■ qual-
che Saniunrio l'cHre di Lo« cA una pa-
nbvit, n K"'*-i ''i acrostico. Jflle ciiH|ue
lettere rie) :^ijo notù^ iti cui i Snnii l'a-
dii iwdbiio, con lireviainw un i>lut|iieii-
^■TBT «rnipnirp. Ir lirtii, le fiorir e le
^Kriconlii-. Ik^jK) (\[it*Av sontvtiEe, che
fn|ioraio il ciioiv i)H ilevfìio di Mnria,
fin» ana o ptù s\rofe dei cinti co»s.-i-
tnlt dai tanti l':idri alle gnnrir'ir.r di
quftta itr^n V<-?friii(!. ullc i^iiulì naliiral-
DMtfMPCfvi pmuliri.rn s>viiìIo iin'Orn-
ÙMK «slralia itariiiit^nte i];i.ll:i l';itm1iyÌ3
sia al p<-Ui'|n'ioapì:io del iriorno. sia a
qihilchp particolare iiilctiT.Ìii»c. Il Ma-
viale Qi4otidianum sarj .indie di (n'ntide
ulilitii e ^ant»(:ì!io ai itriniic^ttori «d ai
maestri di (pirite, clic vi irournnno in
siicciniu 1» inatenii ili di^ivrsi. re» r«il«
dn nji ìndice allitLetico, ni incilmiipnli
[liciii di dotlriii;! mih. sc«lainiale e cliiai's.
A crcsccri' il Mnsn di piftii, rhr iras^iira
ila lullv II' pag'iKT ilei libro, roncoriT Don
[HiCO il siggìo chi! rAuloiv mtlo Lmlio
ri itggÌuii{:o di quclb |»i^ia. cMf-, nvlta
Tcnlopin Mariann dei sunti Vinìrì. e'i mo-
f'tni comi' un rivcrlcro ilcIFa splendida
CAronndi f^loriAilcllii Mndredt l)Iaeilf);IÌ
iiumiiii.
CEPPETKLLl MONS.GIUSEPPE — Synodusdioccesana ab Ilbisirissimo
ac Reverendiwirao Domino loseplio Ceppewlli Dei ei A[mif»licae sedia
gratin Episcopo Ripano celebrata, diebus XIX, XX, XXI octobrìs
MDCCCLXXXV in cnlhedrali Ecclesia. Bipaetransonis 1883. Typis
u Iiffei et Nisi. In H, di pagg. 2-22.
^Ète ause ra^oni i;fii' Imntio ino»)! decreli in ordini; »II.1 (cili; ed allii dtsci-
wbiiti Vcm:ovÌ il'lulin a ii'iiin! si-
nodi dioc4<s:iaÌ, a noriDri delle pre^iiriiiìoni
del RKitxuiito cnnciFio di Trento, Imim'a
Ìa4olt() riti ino e R,mo Mons. rt'iijH'iclli
tetcfivo ili |{Ì|K) trincone nd iiiliiiiai'e il
ino (H-r qadla dìoci'si e cr1i!linir]<> nv'i
gitmi 19, 30 e §t itllobi-c Jtl |tQS<ifìlo
ma. Ciò che notammo noi d.ir conio
plins, cirea la elfiacia iloi ine/xi per ùr
ritlonn! l.i vita L'i'isliana nel (Kjpolo, circa
l'iipjnirliinilà dei provu-dìuifiili, avuto ri-
^iiiifilo nllr* cnnditidiii di-i li'ni|ii: lutto
allo .sli'fcMi modo è d;i 3pplÌi\ii->- .il Sinodo
picM-nlc. clic vicrtft antli*e«so ai intrec-
ciarsi a r|i]f] wvìo di i^lorìn che fregia
il nostro lelanilRsiino episcopaio.
dei ppecedenli Sinoili, cii-c» la santità dei
CEREBOTANl AB. DOTT. UIÌGI — La Tacbimctria senw studio, sc-
ooodo il nuovo metodo (brevettato in liiui gli Stati d' Euroiui) dol-
l|Ab. Do». L CfftìlKitani Sociu corrispondente dei Nuovi Lincei, Prof.
3«
«1 Seratniirìo di Verona. Ksposuioiie crìtica. Verorut, bbrerìa Aoli-
qitarì,i editrice Iv>o S. Olsctiki 18tM}. Un opii^c. di pagg. 91) in l'i,
con molte incisioni.
Noii rìsliiivinn dì hiornitiv qi).iDti?
volle 50 ne poi^prà roccnsioni' sutl'in-
•iCTi" rilro».ilo JH Ct-ivlnttunì, il cui si
li! nin trupiTa rns'i ciniKiinenU' slwiV pJ
.*iiiti]Kilri«tlic:t. non |:i»?r iillrw se non p<-r
««ITI- l'Aiilorp un siwrriolp, e un degno
«iKifi-doti*. Bs«lì il dire che a Torino prIÌ
iHui piiiA nlli'iipre cW iipjipor «no dei
iiH>nihri del k'"''' <'t^"''''*P'**'i'''oi'. n cui
?pciuiv.i U ^'inriiciirlo, koIcssc iroTnrsi prf-
ft'iit^-igji e«pi-riini?rili snnunniali i]>*l Te-
Iclopnrtifirft, fta chi <iMf poi al po^prnn
d'Itali.! 0 non »i rii't'OM: alle pnj|iostn dnl
l^iffÈDiani 0 vi <i fìspovi nel nioito più
incoile) iideiil^.
Gt'ìnjfognrri |K-i\'i r ì fisici t- rt qiwnli
altri poA importarr di corioscero in tco-
rii^n ci\ ifl praticu iid nuovo Islrnmcnia
e un nnovo melotfo per acc«njre le di-
stoni" « ledinien^ofii ili ogKftli loflUni;
cnMnm, diriaino. vorranno \mre alla Une
sa{wnie il nello; e trovando ctie il ritr»-
Viito del CciTbotnni procaccia toro, CM
miiiorf 5iii>«. lempo f falica. una pnti-
sionc di a^«rnrnxtont fa i|ni tnaodili,
liniraniio con farne loro pm, rli"C<:tièiì
$in Ipiitilo in cnnirariti.
Il [irewint*' optiafllo di-J eli. rro/ewore
e<qKinc da cnpo tnlin lo t«orÌA del Toh^
topomciro. e risponde nlle futili obMt-
iioni che pli ti sono levale contro. Noi
Jo rnccDmnndrHnio » quelli fru i no^trt
lellori 3 cui pali ÌnlwrMjir«. affineJrf lo
Wksho es*i V ne procurino la (lilTu^ioiH.
Cnr VrOL vìa CEUE a MAUÌA santifichi n mene di nutfffj.o —
Mese Mariano dp.tlicaln ni popolo delle cilli. PVnfrw, lipoKrafìa Kmi-
lisiia 18SG, Un voi. di pagg. :<70 in 16.
IM;r*oti3 difron[le pfr muso dcllii T'po-
fX»\\ii l'Inirliaiu. 1.0 ractomanilìaiDO conr
altissimo a nutrire la |tielJi delle ainm
detcìt; a Mann S<ui1Ìmìui>.
Ann lini ÌAn ima li^lù un aìniìk- Uev
Mariano ded calo nlle ge^Hli drl coutjtlo. I]
pr«ìicnte composto pel popolo di citlù è
dt-llfl Mt.'»a penna, e fa parie tlHIa Uì-
iilioiPCQ gratuita, i cai volumi una \m
ClNCl ANNIBALE — Dall'Archivio di Volterra, Memorie e dociimeoU.
Volterra. lip. Volterrana, 1885. In 8 gr, conleneiile veiiiiire mooo-
graPie. I*r«zzo L. 10.
ijit\ titolo .snoplife di Memorie e
Documenti il eh. Autore lia impj'rso a
puliblicnr» nel prisunie volume- le pr^
lime notate concernenti la Moria di Voi-
(erre, chi* ri coavruino nfll'iiitliivio ili
lineila i)ol»il*? t'itli. .No» *'ino \wt!i win-
ptrci («tnitli: pgli ne compila una ordi-
nata narnzione aceomp3f;nau dn uitt
DssLTv:ietoni, ixi tante monogralic i|tailli
sono i jdjjTgPtli particolari, a cui si rifc-
rifcono «pici ilocumi^nli. 1 più ImporUiti
dr^i qnnli E'ipoi1:t trMuaImcnie. II prcwiue
«oluiii(> contiiìnQ ana prima svrìe a cai
altrp furmnnn seguilo.
COLLANA di Letture Drammatiche — S. Ueriit;no Canavese, Lip. t
libreria Salesiana I88x
Questa publtlicaiionr fornìKe ura lii-
hlinlecliiua l«itnilt> di opi>retlP M:eltc n
17)1 iMy^vTi talli li <ln giotani noli, o sole
doiiuOlr iie'ci)lle!rìf!daducatorìi cristiani.
L'a^^ncia/ione obMi^'a sivio p<T mi anno,
nmliante l' aulicìfiauoor di I. 1 annue.
AsioclaudMi per IO copie te ne rice-
vono M. Ci:iscnn fuscicnlu si vrnili-rft an-
che separataniMile. Uivolp-rsi ulli Dire-
zione delle Letture Dramma licite. Vii
Colloleap), 32, Torino.
CAVAVI (PLINIO — S. Martino in Kio. Ricerche sloriche [<Iat 1050
al 1359J di Chnio Cottafavi. li-r/ffio ne//' i?wn7/.i, slabihruenlo lipo-
lìtogrellco dtiK'i Artigianelli, Id8j. In 8, di pagg. IBO.
Non ri bn i^ufl» niella uretra lulia
in (UKw, pFT i|unnto pircolo <a e nelle
MTpnie dt \itco conto, i) quulr nno
Uà una sin stnrìa di mii^'Kiorn a nii-
rìl<*v:itm iiiiilir p?r Ip .'iltinifiiu- nllit
«tnrìn pMipralr ildlii n.i7.iiiiir. FVrdii no»
gannii inni lodali ah)K)M:iiii[.l i|iirì h^oP-
rrili i qiiiili rivul;;ono i Ioni 5lu(]iì ad
liKtran* la 4urin tifili t'erri iinl.-ilo,
Cfndd così opm ili |jatri.-t f..inli, inni
ili nel witw» (tifi ri«|rt'l|o Mh [lacoln,
snelli' iti qorlln pÀJi nni]>i(i clii- roiri-
«udì' U iiilrrn ii;iAÌonc- V\-a t molli chF>
encomiali ^ ara da noiri'an- Il eli. Cliiiio
natiahvi, il (|iiali> iti'ir;iTìmiii7Ìflto vnlu-
metto ravcofllip Itttf le nnpinwir, da I«i
coosiHiiiia rtilìfifiiEii ricfC'cali'.iltM-iiRtHIo
i]i S;iii Mnrliiin in lliu, d;il|p oriiiriiii piii
iiiiIìcIk! clic rìKiliioiio iihiKriiii ull.i iiicià
ili-l so'ft'n l\- Kpli ne na\c.m Jc varie
siii:cr&sioni dinasiiclif, nobliJn li" c.i}tÌoni
lìfi loro miiinmenti, nai'i^ le dÌvri-$o vi*
ci'iidt- (tuliiiciMur luui ìiVi avtoi)iiiit.-i)li i!t
r|itnlf hi> cunln inoiiin all' iilliir^ inilniioni
|nilUirtii' ilririiatiu. Brn onlìnnui è la
iniT^xinnri e condotlA con istile srmpììts
mI a«'urnlo.
TUlte aLiliÌ;ii»u pi'i' qiii-ftlo [itolo
!. W. E. — li mese di maggio consacralo a Maria Santissima, eoa nuove
considerazioni iraiie dalla Manna deU'anima del P. Segiim per K. W. C.
Id 1*2, di pa?, 367. Seconda edi/ione. fiomn, tip. PoU^jImin della S. C.
di Propaganda fide I&8G. Si vende in qiii'sia litografia t: libreria me-
desima, ni prezzo di L !.25.
Fra I;iflt3 co|iti ili iiii<i\ì mi'-«i Riariniii
ctie ogni unno sì nmhi|ilìciiiii). iiiirr a noi
die mrrili -•^fi><rbl«' ri^innrcln qu^sln, li
qialp à □Itimi' ititarid ni sojit'plii, :il-
rord<tir inrliiram dnl crIiiJirR V. Mnn'^-
nm, clip dirilc l' itlm primitivo ài lai
«nu pniira. i- nrtlo Holv'inw'nln sì «t^o
'n più {Mi] pt'ii«ioi'i tolti d<ill'iiiii-tii
inno del P. Si'gnpri. Ondi- vicfie a
^uuf«i'e ÌRsiriiie pìptà, pcctlkrza tli
itriiu ■■ lirl]i-»i) di lUifaa e di Mii«>.
alla poi maiicii ni vultiuicUo ili àù die
liiniKTC g|li «Uri meni mnru-it)i, pei*
^expinpM. per ros*ef|uio j M;ina S."*. pcc.
liadi noi lo rarcomamiintno nsKii, par
liraUrmpiilP allo pprMiar clic alilii^ognano
di Ipllnif! lu'^vì V iufxase \m' ì\wsia pn-
ticn, drivf! noti pns.4ono tlvt:n'; In parola
lini (li pri'dicaloj'i: i- ciwnibm chi' powi
uliliini'nli' .«<MtÌttiii*r t\ttt>s,\ii pariìl.1 in moltt
L-liii'se (■ in molli* uimuiiilà d'o);ni horU
di pi>i'<>nni'. Il ti-iiui^^imn pn-iun poi al
i]ii,'ilp H Tende, dovrebbe otcui&Uinii! lo
spiccio.
A riitilìiui'nc l'acquìMo saranno accor-
flati ai Saii-rdolì sul pmio nr:i lidnllo
a I.. 1 la copia. ì scpui-nti ribassi: ['er
una rnpiftil IO"!,, L. (I,9lì — Pei- dirci
copie il 20 "l„ L 8,00 — Per venti copìf
il 30 \ 1,. i4.oa
)E FRANCISCIS P. DON PASQUALK dei Pii OpcrariI - Pia opera
di unn messa qiiniidiana per 1« sanie anime del Purgalnrift in S. I>o-
renio in Lucina. Manii^tle ad uso degli ascrìlli, comodo a lutti i devoti
delle anime sanie, per il P. Don Pasijiiale De Franciscìs dei Pii ope-
rarli. Iloma, lipogr. Artigianelli di S. (liii.ceppe, via Mr.nserrato 149.
Prezro una lira, e per [losla I.. I, IO. Un voi. in 8. pag. 274.
Il eli e wlinle I*. Ile Kmiciscìs coricL'iit clil ojUcoH. alliii^ uti'nprn, 11 crii scopo
^<U CflSlaolc atlivitó, superando non pò- vuol di\-%\ de'piii ciri al cuore de'fedeli.
344
BIDLIOCnAFIA
V.sa cùmi*it: nel tar ct-ioUsn mu iiiiSKa
qnoiidiniui in un'ara iNrrtnÌRal». e pratl>
care filtri «liiftii i-*ercini. sifiio ituolrdiatii
sìeno Hraai-iliiiurii nella rhin-a di S. lai-
rcatb in l.iii'ìi).i in Doma io su(Tr.i|;io
(Ielle anime del l'urgatorfo. Slnromc nnui
e salutar cosa vipn dctin dalla Scrittura
il pfiisarc a sovveiiin^ lAanitni' ptirsuiui,
COSI non potn non coinnu-mliìrti xlla-
nirnlf iiii'opcrs die è tmiii nrdiiinta con
ìncluslrìuKi piciiì a romiiere que' vincoli
cl)« tiene avvinte nrllp pene le animo
ilo'nosiri fnlelli ìu Cesù Cristo, v lai-
volifl i3 lidie de' nostri più cari p coi^iunli,
K un'opem, [wr ilir cos'i, di snltaingifio,
n cui DO euom ben fnito non può doq
concorrere iiitiBta lu «uà hm. [>etu
opera pia, eìw «h venne initnita nella
pmletla ctiiwa con rescrillo deirKiiiÌMPi]-
tissimo r..ii'(l!iiìil Vìrnho, si ^pei-n ed A
Dcfiiro «ivo ileMilpi'i», clic saixi ben pi'Mlo
trtUa canotucatntnte.
m UCUORl (S.) ALFONSO M. — Le glorie di Maria. Opera di S. Al-
fonso M. Dn Liguori, doiinre della Chiesa, ulile per leggere e pre-
dicare, divisa ìd due parli. Terza edizione. XapoU, lipoi;. e libr. di
A. e Salv. Fesia, S. Uiagio dei Lilirai, 14. 1883. In 16. di pai^. b88.
V\eno L. t, 50.
È una buona cditione rÌKt sj niceoniaitila anche pei- lu niiiczu del preiuk
DESLMOiNl CORNELIO — V. STATUTO.
DI VIANCLNO nONTB FRANCKSCO - U risposta dfilla sinraza alla
domauda del catechismo Chi vi ha creiio? Confdratu i«iuiasi neJ-
raduiiatizii dell' assoclazìutie cattolica uni versi la ria Torinese dal Coute
Francesco di Vlancino» la sera della prima domenii-a di Quaresima
del 1885. PìHcroio, lipasraViZ Chianlore e Mascarelli, 1885. In 8, di
pRgg. 'MI
Iut4iii(i il P. IV l'ranctKis per prcK
poppe ne' Tcdeti nn'open cosi pieU» e
crisUona, e p«r riicilitamo l<? pratiche di-
Vote hi stampato u moilo di ifaMuaU
un lilireUo di ^muo a 300 pupne. Il
quelle ò difi»o in due parli. Niella pnma
sono raccollc prrci rd (imutnii arrìocliiu
(Ì'iii(Ii)lgfn«' fvr Mi(Traji;iiiT r.>iiiitiF da
rr-dplì ilfCoiili; nella sciiiin^la mwo eipur
tali cinniie, def;ii Mio di*corsÌ che nel
prittH) solenni* OHarnria ct-lebralo io
S. I^oretito in Lucìim, ilnl S al 0 nnveiu-
lire. vennei-o rvciiali ni fi-deli iiccorti io
hiion nuinrro. V.^i ««niiino inolio mDI
per eitiflciinte ol ìslriittìrji tellora.
Noi inriiiamo i noiiri benoToli lettori
a eoncorrefv a cuu bella e santa o^wn,
rivolsendMì in moiln ^pn-ialc .ii kì^mì
Parroclii e xi>l:iTiti «.ieprili)li, aflìDCli^ prò-
[uig'tiiiio pr('.«.>^o i fed«]i uo f«crcÌzÌo co-
tanto RiluWre e praikuo.
Vìh volli- «)ibi:)iiio p^irlato «Iella uli-
lilk delle confei-cnif! scienlitiche, Calie con
lo scopo di inelt'ire in ariDOiiiu i veri
dellnti dfllii srirnui col donuni(1e?Tfl ffde.
Crìnrnyìyli ratino della iKtenia no" .inno
eotitPo la riTeliifiodf. spurciuddo i loro
M)^ì come logidie dcdojiiniii H;ieiuiliche.
] oiltolici devono adnprrare ogni ninzo
perÌ^entirli,D$$ia rolla «uiiu|).io£f la colln
viva voci\ Cd lino dei piO acconci per ren-
dere popolari le Irionfauli rìs|U)ilc elio U
veni scieiira pnò opporrv a euuait bili
scieniiali « appunto I'dmi delle oonlift-
renxe. l/:i.<^inln di qarstn rtir abfabnio
aniuuwiato rinuanl,i rondine dell'uOlB».
1 poititivini ili Miri» Donw a n|)])i|;lìaiio
a (|Uj|sivogtia piii assurdo rislrnia a col
iì KToitAnfl ili dare una (luilctic appo*
rcii7j suicnlilica \kt ispieiiarc l'isistGoa
dtiir (IORIO ìmlipeiiilen temente da Dio, »
JSSk
UBLIOGHAPIA
345
rdiOKlWl'&iiODe di Dio
rieorrnv alla irnsfonnazione dHtp.
SfKcie. Il eli. Conte Ili ViancJiio, riJu-
ccoilo eoo accnrJiia sintesi quei siMein)
li opi prìnci|iali, li <tt«solTe 3'l uno od
uno, Ricllendo in evidenisa le in«vilaliiH
ccioimdiciani a aù Tanno ca;vo, on> non
nmmMli*i r«ionp di Dìo crralorc, ov-
vero si vo^'liii s|)ii'f nrc rorìE:>"i^ flfll'iiono
col trajforinifnm.
DOXXA FORTE (LA) — Dono ofTeno alle siMse e alle raidri da
un vecchio cavaliere, Modena, tip. Poniiflcia eil Arcivescovile del-
b l'iDUiiacotala Coucezinii^ I88(>. In IG, dì pagg. 50. PrcK/o cent. 50.
■ Venilibile ancora prejwo L. MaiiuelH lihraio in Firenie.
Il tetchio cni.ilim-, "Iir t\ui non th
il 1U0 aotoe, prln alle «pn^^ ciì ntlc Die-
dri Dou solo da veccliio, cioè da nomo
hpii esperto «lei coMitmi ilei .vcolo, non
Min da faMlipav, cio^ con motll prfmli
» cort^. iilA t|iiel ctl« l>ilt mniitii da
dtÌa crìMiano, F^li prcuile a cammc-n-
Un; quel tnillo Jcl taj». XX\i iIpIIi- i'a-
nhaif (li ^ilnmniie, nel qualr l'nuloiT
ftnto h reIn;:io iIHla Donna forte,
nncDdota cùiaf (Ì|>o a ciiì ilpbban
toofarinanii Ir spOM e le Rindfì. Il trai-
uiiao de) noslro reechio cafaliere si di-
<i(lr in laoli pora^falì quanti fono i rer-
h.i tre imrti : b primu, elio h lolìtnlHla
Vner di Dia, espone e tlichiara I ucicla-
iijpiiie II! prnlo di-l ic^ln m'iliiirjle;
Il »«C0D<!n, intilolntn Vact del monito,
t)]ipnn^iilla |tìrnl;i di Pio i {;iDdÌ?Ji pil i
»(;iitiiiii-nli iHpìi':ili dal reo <>|>Ìi'ìlci di'l se-
colo; l:i Ipna, itilitolula Voce deìtAn-
grto, confuta i sofenii lidi» Jpiiilo midi,
dano ed nortn la donns a i>Mondari? li
TKfr (li Dio. 1,1? pochp pap'oc dtd tivictatino
non soIqcoii [ondano .sitissimi contii^li; triu
(\wix\ ìona r^spiMli con tnnta auennatcua
e inntìi frrBEiu che Tolentieri si ledono i>
penetrano soatemcnl»! nel fondo del cuorp.
Kilidf qoft contnio. «I o;rnl para^fo
DEFKRIS f'AOI/) — Discorso .sulla cronologia evangelica, dalla na-
scila alla morte di Gesù Cristo; del sacerdote Paol» Dep^^ris, t:anO'
Dico onorario della cattedrale di Tarenzo, Parroco di Valle iu Istria.
Trieste, tip. S, l'astori, 1860. In 8, di pagg. HI Prezzo lire 1. jO,
franco di porlo.
Il 7ft'«ro'JOè.ltvi,'n in irp ?Virfi, che
ri>i»9B(lono .1 ire Feriodi d^Ua VUa di
Oatit Vrhlo. In *»> Il eh. .\iilori> di-
KW. per ordine tutte le i)u«^Ìoiit die
%inn1an(> la Cmnnlojiiii di^i ratti prin-
lipali della Vita di N. S.. e che furono
( »wt Inliari*! aplBtc fni i doni, con
nyiwii quinci K •itiiu'li di non isprese-
i*le Tslorr. Li NautiLi «li H. C, {posta
ibll'l. al 'ìXi dkmihre d<<l 749 ili Roma)
ridomtrdie dei M:ij;i, In Fii};i in l'fìlio,
lì Slra;tP degrinmw^-nli, h Morie (In Erode
il (ìnnidr <in:ir](6. 751), il Itilnrno ifW^
%. Famiiitu dall' R^ilto. riiii{H!ni iiroron-
Hbfe di Tilu^rio, il Censi intanto della
Uv^tSk, la Misione «lei Untlìsla e il llat-
leslmo di G. C , infine h T'rrdirAzionp e
la Morte di C. C. t'iXì in.ino. '8:f>; soito
i M^jieLti capitali di [[iie^ta dÌ«qaÌ!Ì»on«
cmimlogica ; intorno ai quali piìi altri
spconthini si njcgriippiiiio.
Kra i pregi. cIjc in qncsto pìceolo iiiii
sugoso voliiiiie rnvtiiiiniiio. «pifc^inn la
Iiir.tdr-i«i«l'-1[*csposÌrione,la l'ìccn ed eletta
erii(lt;,Ìo(ip. il wy\>n «IrlU Iorìi;» rì]ioi-o<^i
COR chI rxiiiore pniewlr. e ^inpriUalto
la «i\ip«;i lidi'- wiiUjMe, a coi ejili i"
tolte :!OtcilR oonlroTfTsic si attiene. Al
Discordi) fa séguito ttna copiosi Tavaìa
Cfaaohyiea dei fatti evnnifeìiei f. pro-
fa»', io asso trattati; la titinle iiLbraccia
tin secolo giusto, diti GSS di fìomn, anno
346
BIBl-IOCKAPIA
«li'IU naiviti) (li Krodp il Grande, ni IH,
9i>iiu lidia Mo;'Ui di >. S.
timi Infn TOln ci avrcnne d'ineon-
ir-iK iK'l libro. Il iguale et jmv ineiio
*«iil.i ; <^ p a p3|; 9S, dove l'Autore,
|iRi'lnii(lo per incìdente del mnprMfo
unuiJKj, in Itti! stn tn nosira persona-
ÌUAi dice ciiff es<iO f non jiixl cDnsiile-
rai'sì comr rsiucnle tra ;Ii nomini, w
non qanndii iIìtìod prrfrtto cwii b Eia-
sciln. » Ora, il eompntlfi Htndno, a {nner
nwiro, dt'e dirsi ed esi»ttnte n p<rftlto,
i)uiinio atrcij«re, «ul>il<> chr T animi,
creata da IIÌd, vini)* imita al corpo ori
frto malcmo; In quale unione ceriaoWitt
anteciilc d'asmi In nascita.
FRANCO SKCONDO — Fnuliche morali e apologetiche, del Padre S«-
condo Franco d. C. d. I>. Votumn I. Modena, tip. Ponliflcia ed Ar-
civescovile dell' ImmacolaUi Concedone editrice, MDUOCl.XXXV.
In 16, di pagg. bòG. i'reuo L. ì.Vj. VeJìdibile ancora jjresso L Ma-
Duelli libraio in Firatze.
Annuntinnu) per ora rfoeila volume
ilHIt! predk'lie morali a apologetiche del
eh. e. Si?i!ondo Fnioco, risiTluiidoci di
(are ima nis^ivnu ili lutto le o]ici*e di
quMto insigne «rittorw ed oratore, cb*
vicnt! A maiiu n mano pnliklicanda la be-
nemmla lipof;i-nlìa iteli' linmncolaUt CM'
celione di Uoilenu.
IGNAZIO (S.) MARTIRK — oliera di S. Ignazio Martire Vescovo dì
Atiiinchìa ai Romani, volgarizzata. Bologna, Li|>ograna Poni. Mareg-
giaiii, I8H6. In Iti, di pagg. Iti.
//. FUTVliOE LE SCOPERTE MA JiA VIGLIOSE pel Sacer-
dote l/idivico Sc!iu)li*r. Roma, lihreria relip>sa di A. Sai^acem, Vùi
dell'Università, VX I88fi. Prewo miiI. HI).
Con Iropiia lef^scniiia, oltre iiU'ein-
pieli, M ripete tatto d) dni morirmi ff-VP-
dnntt. dio i donami della Me sono inien-
linni iimnne, «Olio ritrovati dei pMi. &'n
iillrimpntì flu).! ili-ilii ixivii-a •ani i Me itIiì
|)i-«rout]>inic]ilc la >tn(ii:t. |Krn:tiè "ladian-
dola la trova impmnlHla di tali ramtteri
di verilà e ragEÙinle di taolj luce divìiia.
che non pnò a meno di riconoscere divina
1.1 fede »te>Ki, e diiiiiaHifiitn riveijte le
uriti die esKì ìiiw-jrna come npcrwirir a
rrMi'i'ai pw b salute. Rd è questo tliu
si propone di diniostmrr I'AuIdiv dell»
(inMente open'tin, cioi- eome i dommi
di-IU fede lutigi dallV^sere npiiiatiit^nti
tinisiii, RÌeno a noi noli per iltvina rive-
lafioii'C Con tale intendimento, dopo par-
tilo in generale dei motivi di crtdibi-
hlà clic provano divina la rFligione
nostra .santissimo, si ferma a trallai-e di
iropoìilo del morivo di cfedibiìità de-
dollo dalle IVofczie reiiiMratc nellr fam
palline, sin dell'anttcA Ria del nnmn Te-
fMmenlQ, e dfl fedele avverameoiodiUi
medmiiiie. Il eli. Autore per l^rsi lefpn
e iiiiitare dnl popnlo e dai |;ÌovaDH1i, ■
cui principaline-nie è diretto il lihrrlld,
ha sapnlo inti-etciare ingepnooamentF nel
snu scritto Linta Kv.iriala erudizione, at-
tinta «nunlonnente dalle scoficrtc ino-
deriic e da sKiricì avvenimenti, die ima
si Mprplibe dire » il liljro sìa riuiciW
piti utile 0 più i};]i>lti>volc. PertaolA ooo
dubitiamo punta clic c]iiit«io nuoto laior*
did eli. Autore incuniri il forore nirde-
.«imo che iaeonlraronoKià rIì altri uni
liliri di maffìTÌor Iena, che si trovano ifl-
dimii nella coitertioa ilvasa del prcMola.
U'eiliuire poi r.iri delle fucili laiìooi a
(inrili rhf rivoljtrndoui diii-tunipou a
lai, arqnìrtenoiio Imon numem di «ofiik
BtBLIOGKJirtA 347
MACHBTTJ GESUALDO — Rotazione della missione FrancescaDa di
Manaos, pr^senUia al Rnìo Padre Ministro Uoneralc dei Minori Fran-
cescani; fjer il P. Gesualdo Maclietii, Prcfóllo della missione. Homa,
tip. editrice Romana, Via Nazareno, 14. I8B6. lo 16, di pagg. TiO-IV.
UARIM ANDREA — Memorie imornoal martirio e cullo di S. Biagio V.
Y e M. raccolte dall'AhhatP Andrea Marini. Ahtri, tip. di F. e C. Fra-
P" lelli Sirambi, l8Sf;. [n Itì, di pagg. 118.
Questo libn-iin i AeslUma a IHr ro-
BMct-re b fila i- t mìr.'Co!i di S ItH^io,
alia <l'i!i|itiiir(t iiflT animo [Iti'fpilcti iinu
wda e fmorovi liiviytiart'' tmo <li Ini.
Il eh. Autnrr ba nccolto [iittr le nolìiic
che ha potuto, at(in;r'nt)«l'- M\c fonti pib
fan e più sliin.ile. Lo siile t somplici?,
h nuramnit iioii manca ili un ciTlo ef-
IruoclipdiiTniBioHnnfnaticoie !<^ hrt\ì
«Kt dii-rwiniii (lall'argom^iito,
taaoccre, aggiungono Irlora (mia,
'*frilà ti f.>\i\vina de' hKOiilri tra
le TÌrtlj ik^li anticlii cristfnni tiinio ea-
tuffìn^i ti'-!!;i prnfrsfione ili'lb loro Me,
p h ttrMnjs o icpiilewa di moltissimi
ilei no5li'o tempfl. ericliani pifi <ti nomi"
clii" «li opcpp. XeiroUimo il «h. Aulnif
ti h di'scrifione iIcIIl' fettt celeiji'nle ìli
fìiinru diM ShiiKi MiirliiT, ni>llii rillA dì
Abtri. Iwtnfni(> iiirrilrimt'iilt' il ?i|r .\deo-
ihln T:irquì(ii clii- ne Tu p'''ii!i'eBn pr»-
mol«rp. Li liTifrua spci^inlmcnlp 111 qiift-
m p,irle, non è in generale: moliu cop-
rptti e Tortiita.
iRTUSCELLI FRANCKSCO — Canznnìere di Maria; per France.sco
Mart'.iscfìlli. Kdi/ionn n Tavori! dell' af^sìctaKÌnne per la rinhilita^ione
delle faitciulle dftrelitie. NnpoH, SlaltiliinfitiLct tipogrullco Perrntli,
Strada MezaocarinouB, u. lOi, t8Sr). In Ifì, di |*a;^g. 178. Prezza
lire 1,50.
U l'oc»Ì3, non meno che ìa altre arti
Medie. Iiit rtM) in tutti ì «m*o[Ì coMan'
teuMU* i iutti laiflti tributi di lodi e di
WM|Qi alh ^n Undr<^ di Din Qnunilo
h awira liiijiaa aiipttu i-ipMi in inilb,
h i pifi cari M>;;gptli .i cui corM'rn'i le
ne prime tnclodic. fii Mnrìn; r allthrr.lii?
tto Ilioto « con tVlrnn:.i locc<^ il M-^nn
pili alta dt-i suoi voli, uno id'^li oliifìiii
|llll Wìitì e piti nritjìli n i^iii «i indìrii:-
armo (|vglì cimici fu p:irin»'ii[t! Miiriii.
Kna prtU^ (lai>i|)ii' ninncur l,i rB.iti^ri:i ni
elwro pdilorr di qin'sin CnnioiiifR' ]ier
neroglipre dni nostri poeti componiinpnii
MATTKfJCCI Mimi — ha fniniglia Irlandese, o le crmsi5i?iiefii!fi ti' uq
primo fallo. Dal Trance-se per Luigi Malieucci. Torino, ISStJ. Tipogi-alia
e libreria Salesiana. In Ifì piec, di pajcg. 151). l'rerao cem. 40,
MAURO GIOVANXI —Tr.iti.itn della vita nomune perfeita, dedicalo a
lutti i Generali degli Ordtjji religiosi, per Giovanni Mauro, Prete della
irtìjrni Ki-'niira ia onor* lU'Ila auiiusia Un-
cina del Citila; la diffiroiiii pin limi» do-
veva incoiilrarlu nella scolla. Qii-itc cri-
IPdo nl)l)in p^rli sotruilo in quinM, vpra-
ii>i'iilL> uol i1ii!(.'. VL'di^iJiiu «julo i:tiL' f^iii bit
dìsirihiiita h malr-rin per mitri, non fa-
i!rnd<> nifo ili dÌvcr<rtÀ dì m-l-oIÌ. di siile,
e d-'l mnftgiore o minor mmco dr-gli
aolorl. Se qur-slo puA rìpalai'si un di-
r<'-tto (-.mMilciMmlo Ili raecolta dal lato
k-tlei-nrio, olire rioiidiniRnn (prulclK* v,iii-
t.ig^'n il.illn (Urti? tecnico della ilrutliin
dei Ycrsl.
348 «BLiocniFiA
MisKJotie. Homi, tip. D. Ripamonli, IHSO. In tGfncc., di pagg. 146.
iVeizo lire l,*2a.
li pfrtenlp opn^colulU) del eh. I'. fiio-
vaoili K:iiin> S.I nniiiiiMt<>. cnine Mpltcn^jiic,
Birjiltm «uu iin-zivftì opera «allo sU(o
relif^OM (Il reliyiano in chie»a, H«f
vMottro, nel tKch) ilH'-a (lunlc dcjnnn)
nn eciiRo rrl nnMrr» (jnafl. 701) a [ttfr, 93.
Il sogjiellD lì 1)1 mu c»iniiiii!, )irn)iri3
flpUa condriione Af\ rrli^ioso; f ne ili-
cliiara b iiaiiii-i. hl' Ta rjkvaiv i caolini
tatiUf^I e ta riKMsità Maliva |icr la
otaertaiua del >oto di povi*rlh. Quiriili
dlscon*!; drlh tìIii privala, fspotiwiìo le
tnolieplici l'DDilijLioni. per le* cfuall sino a
un corto puiiln puA rncr Icditn : comi»
dall' :<lln> ci'Dlo b considerai^ le varie
icsii sì po<Nt moncan*, io Uil U-nore di
vita, anclin irravcnk'iili'al volo ili povertà.
TuUo il trattalo ò diretto ni saoln 500fM
di ravT^vnrn in luili ulì istiinti rrlifia»
lo spirilo dt!lla porerta, di citi conwda
nAkf. germogliano i fruiti più eltUl
della iffiotarc osfervanza, e di tneltcTT' in
vigore, ornnqiie sEa pofsitiite. la p^rf^tu
vita cornane.
Con tianìA occasione neeocnaodliiia
di nuovo le altro opere del mednino
Aiilnri'. di «[lirLtualf amma^Mnimcnio pn
chierici t' Kiccrdoti, kìu- furono da nù
coirmendate negli auii pncolralL ijvau
wciu:
cÌrcosi.im«, nclt^ quali »oilo \Arii pi-p-
— It giovane guiJaln al Sauiuarìo l'Or le i^cre ordinaciooi; Seconda edi*
ziotie 188*2. Prez/o lire 2.
— JI Chierico guidato al .sacertlozio per ta via della pietà; Seconda edi-
zione. Prezzo lire '2.
— Il sauuntiitt) DovMIo, gnidaLo air esercizio del kuo sacro miniiueroi Se-
conda editine 188'3. Prczio lire 2.
— Collejtioue di (piallro importanti documenti, esiraiii dall'opera Pra^
tt'tn dai Confesu(mah, nocessarii ad ogni confessore, sj»eciaImeiiU
novello; Seconda edi/mnc IS82.
NUSSi MONSIGNOa VINCENZO — Dei malrlmonio cristiano per Mon-
sigoor Vincenzo Nussi. proloofilario apostolico, canonico valicano. Ri-
cordo agli sposi cristiani. Romri, tip. Poliglotta della S. C di Propa-
Saada, 1880. Prezzo ceni. -'jO.
PLaci' ii^ai ipir^lo liivoro del drillo
MoTi«. Nu^<<r, per l'arie con cnl In pocbe
partine h.i npnlo rutrin^fri? quanto puA
dirsi di iiiviiTio t'olia nalnni, ì caratteri
ed i pre;;i di-l rnitrimonio crijlìano: e
cìA COR i'tile SI propria e cbi^ro. die a
inllo ininndi'ie h.i«t.i una mmle volpire.
In leiTi|)i come i no^ri, aeì quali tanto
si fa ppT profmìfC il Sarratnentum mn~
jm«m, rhr è ridire della famifrlin cri-
sliana, ^ ulili^ che si adoperi ta scienn
K r eloquenti», come u«a in (jocKto sM
lavoro l'Aiilore chiarissmo, ]»r clcrirl»
nclb vitina dei craduulì rd inculcanir
it ris|>r-lin nella pratica. Utile poi sari
la WliiiM di ifuosio »ao Krìlto. aachl
ppiThè niccoplie con hrrrit.ì la snmu
dei doveri clic K-ituriiiono d.il matri*
■nonio f non mai ahM^lanm «i posnw
rjmmrntan! ni coniuj^l criMinnì.
S.\NNA SOti.XUO P. GIAMMARIA D. C. D. G. — Acquisto, conwrva-
zione, tisimra degli arredi sacri. Insegnamenlì pratici del P. Giam-
BisLiocHAru 349
maria Saana Solare J. C. d. G. Prima e*1izìone ìuliana siili» sesta
edizione ri^nc€J« de) medesimo Autore, rifusa ed ampliai.i. Un voi. di
imgg. 348 in IO. Torino, tip. e lib. B. Canonica e ll^li, credi UinelH,
Via Bolero n. 8, 1885. Pr^^zzo L. I, 50. Vendibile ancora presso
Luigi Mauuellì, liNraio in Firenze.
t du |in>jìiv;iuim.i mocolia ili elevile sili «o^ri ò nnn tacri At qualiiniiiuo in»-
Fili amniiinptili pi-alici che Joucbbe
A'ùn hinflini iroiarsi in lull*" li» "Jujitt^
*liA. ani nnooni in mite tu Eamigllc, Il
ti. [*. Sinn.1 Solaro. il cui nnriiir per
tffK di ^jn polfHt h fii cos) i^onnH'Iuin
vi monilA virnlitico. non pntrvn fnre
|ià bell'ileo dfll'r suk r.i.«tc co):nÌ£iDnì
Iti nrii rami dì tcmte aatnnli. che
[lyffiaiii) ad on anrommio pvdmrc^ In
iffanna. mi nobìtet^ntn quanto h il
I alto divino, al eni drcfìrn tf]ì prawcAK
tt{1i Qcpi*lli ad 0»o dertiiiDti. IVr Aarv
■t'Idea mrno iticompioin delle xviiria'
I tMdit fi tutte pnttkhi^ noiionl cond^n-
in qusto upiis<-olo. di>vn>iiiinn ri-
'«Imenoi titoli dn 17^ p.ii-;i;:nri
ÌeIk è dldw. >la pLT olTrìriH^ aNiicnu
n f^kt. il cunitore dì una gIiìpdi e
capo di fanii):lifl troveri quivi ì me-
1 Wi ppr remlen- il Iompo e loglieiv l«
cchir di «nric mani^^ne al va-ii e ulPn-
lullti; |icr Mgj.'iar'e le MoHn d'oro, d'ar-
genio, di 3<MA. di (ilo, di cnlnnr, ili Innn;
per l:i\aiii e stirare, col lucido o seiiKi,
i varii tesanti anroni pifi liticali; (>pr
lorrs ]•■ niaci^liii', or waiio (riniliiosli-o
» d'Alio a il'rfltra nnhnilto, dnlle ^lolTr,
dnlla arili, dui Irgiiì. dalle pietre; pw
ricoiunci'r« ]t vorie ri>l<i!GcniÌoiil della
enra, dH tìbu, delta rariu». Vn i nidodi
suggeriti dal eh. Knlorr si coniiinii -«iiIlc
dil:i r|iit?lli che rìchìf^onn una rcrta fa-
iiiilìiinli l'oi pri'priratì chimici. Tatti gli
altri SODO racili»)mi ed e!<pO)ili con somma
cht&i-eitta e precisione niipariniodi moll«
9pen' e ficurciza di g:i).irciilir.^i contro
le riibific-aiioni rtìvpiilaic op;!i così tomuni,
sono i dtif grandi ì'aiiUigi^i clip Ddro co-
lerlo piccolo ma preiio^o opiiscota Ce
ne coiisramli.'imo non meno che coliWu-
lorc, con lutti coloro chii ^.iiiranoo farne
loro prò.
SiNTI I-"RANCKSt;0 — Pra«leclion« iuris cunoniri, quas iiixln oriinfm
DMreialiitm Gregorii IX iradehal in schnli); jiont. Scirtiiwrii loiuani
fraocisciis Sanii professor. Ratisbona^, Neo Elioracì el Uiiiciunatii
snmiitibus f\ tipis Fridcritii Puslei, S. Sedis Aposlolicae tipOK., ISST».
5 wl. in 8, fli pag?. 438, 20fi, BS, 243, 15*). Pre//.o L. 18, :^. Si
irot'a vcndtiiilc anche presso L. Mannelli libraio in Firenze.
Uineaio di (|ii4.'«to pf^tole Cor>u -li Uirilto Oiiunicu una rawevn^i appnna ne
iWTB» l'apo.
'STATUTO ilei Padri litìl Comune della Heoirbblica Genovese, pubbli-
calo per cura del .Municipio. Illustralo dalt'Avv. Cornelio Desliimni.
Gt>iOF<\, slabilimenlo rralelli Pagano, Via Luccoli, n. \VÌ, 1883. In 4,
di pa««. XXXIV-446.
\on polrcl)lM'cnninifndaf^i:i|ib?(nn7i
il diiisuncnlo d>'irillii<lrr Mitiiiripìn di
Cmma. di nifllprc nlU \w. il pniio^n
\tike In cut si conu-n^ono %\\ Slatini
I iioel bnoMi inn^slnlo. il quali* c»l
xmt di Padri det Comittu lo ^ovnrnA
pc! cor50 di più srcoti. U loilp ili avnr
copi.ìln con ini'3 inLelIif^fiiita ed c^numa
il duitn Coilicp. in molli e molli lut^bl
i]iia«t ititlj'cil'rabili', kì deve al eh. Avv. Ip-
polito Kcderici che ineritamiMitP prosicele
all'Ar^hiTio Civi<!0: e b iDAgrnilìra Mi-
BlBUOGKAnA
inawnlf secontlo !'iirii!C*
dò che forsp ■• pia nouiMli
<ilil« ntl suo h*oto ci wm
ìmroduzÌDnt\ m'Ite quale el
si ilalb Mitiiiii;:.-) Od codice
Aa nitri <)ncunirnti di Gloria
ciò elle |)iiA ilc^ideram Ini
r ammiraliiEo JitlilniinitR de
Ci^MHiM. Lo epzia onrj ci
locfarnp i jinnicnlnri, clic
lorc poni (lu i!ì stesso con
50|iralarLìU inlnidtiiiont Ni
col eli. Kililorf, cbc «im-lla
un Mif^in ni.ir:t\ijrlÌo«i> iÌpII)
vica ik-i ì\anrì ina^-piori : e ^
ri'jjgiloii ili |jo|inIi Lli^Iilif
jìia, se prcni1fj.<:i^ notii.i{lro
Aa altre simili iitiiuiioni p«P
provM'ilìmeiiti pet t'ovrmo d
K si nobile sropo potrebbe U
qurMa, sotto ogni rìtpclto, p
pdiiionr.
]uoiie clf prr Is jifilrmliib rordin tu v»-
ninicnlf oii«r<> n (|ui*l Municìpio, fu cural.1
per commiMionr àe\ Municipio Mesin dal
eh. Avv. Cortii'tÌD Petimoiil. K^li, (l<?po
a\iT ri'so le (IcUlc lodi al (.'li. Federici
pi>r III t-faUa copili ilei Cmltcr, fa dì qut>-
»to h ilr«t'"«ioiir e ne »cc<'nna i difpiti
non pni'bi, si primrinsi'cì d»'IIa rcihninni!
uriiti Dille, t; st sii «itriiiswi di'ir.im.ì-
nu' DM-, ^i.icclli- aneli* fsw è una cop'^i il
cui onjÌMiiIv'più no» psìHp. 11^ <]iiinrti
rnfirijip dirll'opcra da lui pti^U (wt uv-
vìare ni tlifelti dtll'uno « dell'altro kc-
nerc: aII<> av.iirild od ambi^iillii del Lc^ln
niTTca In Ilice pc-r (hmjio di un giocarlo
in oriliiii- niritielico i:h(> dii il «.ilarr- dei
vocattolì riioiH (li usn; tH m-tr non tia.^lj,
li occorri? con note ui propri! hioichi. Gli
orrori ovldenli dell'antico fRncsnicnle
correi-pe, i diibfiii, dubiloUvaiiifnie ac-
ccnnii, stifiiiliscc l(> ciiii.viunì con voca-
boli .i^iriiinli Tra pniviite^i. lascia il ri-
STAZ2UGLIA AUGUSTO — Casiium raoralium de wcia ma
soluiionos, quis anno MUCCCLXXW canta llluslris». ac
Domino Domino loseptio Ceppatelli Episcopo d clero civìt*
liahcbst Au^uslU!! SLazzuglia rathedratìs Ecclesiae canonie
logiae dociorac professor. liìpaeiTansonis, lypog. laffei et
In 8, iH pagg. 40.
I rji5Ì clic ftinnin •>iikH:ìIÌ in qnefir
conferrnx»^ mfìrnli de! t«?tó ripuardano
lutti In srtia iiiss»onÌca r 0 iuii poiili-
flcii chi- la cAndarinano, e tì sono toccale
Ir riiiìMinni pid pnilirlir e le cii-cortanie
TOMEI.I.l CAIÌLO — V. IGNAZIO (S.) MARTIRK.
TOMMASO [S.) D'AOUINO — S. Thomao Aquinaiis Siimma i
diligenter emendala, On Rubeìs, DìDuart el nliorum nntis
naia. Pars 2' 2" a Qu. CXXIV, ad fìiicm; Pars :ì* a 0". I
Tomus quartus. Auffusfae Taurinorum^ ex ly^iographia
et Archiepiscopali eq. fieli o MarieUi, I8SG. In 8, di pai
Si veda t'anniii»iv olir Tu fallo di ove w Turoiio notali i pre^
i)iic?ta liella, cnrr^ltn r& (vonomioo edi- \f. «.-njiitiiìoiii drll'as^ociozioi
»one x\v\ fascicolo 839 a panine 596-97
TRIPLCPI LCiriI — Fonltifìci e scrittori, o nuovi aindii seiei
ai l'api, di Monsignor Luigi Tripepì. Homa^ lipograCa lìue:
piik ovt!c ad accadere. Aeca
sono lp ris/iluiioni. «1 oli
motto opportune nel lemfi
canf«'ttoi-i.
») [Wii^cnir vallimi nonn ncrAlli pii-
ntrhi ftntlii iiilorno.! r:inl )>;i|iì, che il
clu Aolorp avrva jiit ^ithMtfM* ix'l ^»o
(fregio iwrìodico 11 Papato. Sotto rL'daiiì
io fiirnu di <)Ì!uon>ì, di l'ontrovcivii^ o
ii narrazioni, e vi vengono cssiuìnKle e
BIBLIOCRAFU 351
Via Joi Carbonari n. 13 presiio Cobnna Troiana, 1S35. Jn 8, di
pagR. 442.
dwiisv s^niMitp di tario Rpnpre di scrii-
loi'i intorna ;iij iilctini smrniii l'onti-tiri.
NpIIp rni)Itf()ltcl (|iicj.lioiii iih(^ di^culi- «
iii3l<*rìii.' cln< <;iol^c> egli ^i fu amminrc non
mrno per \s vn*liriì flciln pruflriioni*. ci»
per l'ansi ii^tateu 3 e Mgucia liellìi critica.
Lf&AZlO GIUSEPPE ~ Necessità della religione dì Gesti Crisio per
salvarci. Oi»ere*ia del sacerdnie Giusftppe TTgazit>. Seorida elisione,
riloccaU iI.iirAuiore. Milnno, lipi);i;raria Ardveswivilo Dilla Oiacoino
Agoelli, Via Salila Marglicrìla, 'i, IS8G. [n Iti, di pagg. 102. Prouo
Ceol. 30.
VlLi/JRESI SILVIO — Elogio funebre do! P. Ermenegildo da Cliitignaiio,
MiQor« Hiforni:iL<), leUo nella Cliiesa del Collegio Serafico dì Galceii
dai Cao. Silvio Viiloresi. Doiiore in Sacra Teologia, li XVI dicem-
bre MUCCCLXXXV. Quaracchi, pre.'wo Firenze, lipoi?. del Collegio
di S. Bonaventura ilDCCCLXXXVI. In Iti picc. di paj?«. 4U.
. iiiiamn enn rtcsidi'rio una storia ricevere irsrii-ioil pmiiiodcijp siif mre
I La ili linci salilo relifiioso vd ituii|;u('
tfeRùo delLi Tipi» del Siprinrc. clic fu il
ampì;inla P. Kninir*iMo da r|iìiip;ino
iflIflnliDC di S. Frafiii^cù, il nuiile nd
fmaaa ooTptnlirp Tu cbìnimio da Dio a
vin{ieraticticapusluliclic.lDt;ii]toiid.iTi;re
un sa^ìo di 6\l\ che Cj^ll f)i f z\vf apcrA
ili prò iIi'IIp niiiiriR. rirril (iiicslo lirew
di«coiso ilri eli. ()ari Vilturp*!. il i)uìiIì!,
wiiljfiie in )iiccnlo. ne è un reilch rìlmuo.
VITA di Suor Emilia Cona Salesiana ; per G. L. P. Catania, siaraperia
di Boario Bonaignore, 1885. In 3"2, di pagi?. IK. Prezzo Cent. .'ìò.
Holapi di cui dif pruowrosninii e sempre
pili lumifioM' nrlli su-i brevi? ciirriTa, ne
fiinnci un li|tn iriinlUiEioiifi alle ^elV'ni
crisltanp, iiun *i>Io ni'i recinli dt-l cliiostro
ni.i nnclie nelle |inui[r' raiiMglÌP.
fi una lirmc storia della lila di un'an-
(din cre3tuni, Inpiunlata coitk! fiore
timo dajtll Klcrìli campi iti^l \Ka\n npl
tfcioKi irinniino delle vcrcini aJeAìaiic. e
*» i|itf«4o inuferiia oi-l cielo nc^tla (fio-
Tumau età dì tent'anni. \a TìriA sin-
VITA di due sanie V«ri^nl e di due sanlo vednvf. Ssuta Cri«;tina Ver-
gine e Martire, .santa Demeiriadc Vergine ron sania Giuliana sua
ottclre e santa Proba sua avola. Monen. 1866, lipo^raiia e libreria
de'I^olinì dì Luigi .\anoRi e C. In 16 picc, di pagg. Vii.
UN BREVE Di S.S. LEONE XIll
AL R. P. MICHELE DE MARIA D. C. D. G.
pRoressoDE tu riLOiiOriA ^£a& pontificii tntivEHSiTÀ <:Ha;onu:«\
Nel nostro (^uad. 859, a pagg. 84 e so^g., demmo conto delkl
magnifica edizione degli opuscoli filosofici e twlosrici di S. Tom-
maso, piti opportuni agli studiosi dell' una e dell' altra raonltìJ
scelti ed ordinati dal cb. Prof. V. Michele do Maria coli' ag-
giunta delle Quìstioni QuodlibelalU e da lui medesima arrìc-l
chiti qua e colà di altre analoghe quistionì, dotti ssìmameBtftl
trattate, e di scolii dichiaratìrì. Sarebbe inutile qui ripetere le]
ragioni, che ivi largamente esponemmo, della somma utilità di]
quest' Opera, resa a tutti accessibile per la modicità dol pn^xw.
Qui vogliamo recar» un argomento ben più autorevole, che i»al
fossero quelle nostre povere parole, della detta utilità ed impof')
tanza. Questo ai^omento ò il magnifico Breve, col quale il noslrol
Santo Padre lioone Xltl ha creduto di onorare l'illustre Profes-I
Boro, oommemiandolo altamente per l'opera indefessa e ìnUìlli-|
gente chtì egli pone nel formare i giovani alunni nelli* ammirabili]
e pure dottrine dell'Angelico Dottore; ed in particolare
miandolo per codesta edizione, da lui intrapresa e condotta al
termine con tanto senno e accorgimento. Se non che coUjsto Brev»!
^t\ sapicutissimo Pontefice non ò solamente un conforto ed uttj
premio alla persona partìeolure che l'uno e l'altro ba si
gnamento meritato; ma è di pìiì un novello impulso a rincalzar
quel movimento da Lui niedesìiiio si felicemente iniziato,
ricondurre l'insegnamento cattolico alle sincere fonti, che som-
bravano quasi universalmente abbandonate, del supremo maeat
della sapienza cattolica, S. Tommaso d' Aquino. Sotto qnes
rispetto il detto Brere ba un'importanza universale; e noi punt
DI 9. S. tBONT'
^n dabitiamo che non abbia ad esercitare grandissima Ìorm
per rendere sempre \nfi generale u accolurato ootusto moto dì
aalotare ritorno alla antica sapiisn^. Ai qiial vantaggio viene
Hd aggiaogersi un altro non inen salutare e riierunte. Questo ò,
che il Santo Padre nell'atto di commendare il eh. Professore,
traccia insieme la via certa e sicura che vuol tenersi per gina-
gere alla meta desiderata. La via sono lo stesse opere del santo
Dottore, interpetruto e commcntìito conforme all'antica e perenne
tradizione de* dottori scolastici : e non gii^ le interpet razioni prò-
poste a caprìccio secondo un sistema preconcopito^ e sostenute
con sofismi e carini, con testi muurhi e inanifoste contradi/àoni.
Ecco intanto il Breve del Santo Padre.
l rìpelm
r^ , ntOttl
del
pie, oh.
là ed
IkleU
iistre
DaECTO PILIO
IIICHAELI DE MARIA S. I.
Io PovtlBei* L'oircrtiUM OncpriaDii PliIlviopliMie Profi-iiiori
LEO PP. XIII.
DiUcte Jilì, salutem et Aposlolicam benedidionem.
lamprìdoni compertum nobis est studium tuum, quo purissi-
bam S. Thotiiae Aqniuatis aapietitìam proseiiiierls, et numerosiim
iareatutem in Pontificia Unìversltate Gregoriana ad taati Do-
etoris disciplinam inri>rm»ru strenue ut laudabiliter adniteris.
! Hoc nobis gratissimam semper accidit, qai, utì crebro et aperte
significavi mus, in theologicìs et philosophicis disciplinis impense
Uoptamns et volamus clericorum studia revocaci ad doctrinam
lib Angelico Dtwturo cxplicatam. Ad huuc flnem facile asstjquen-
dum Dihil antiqnius, et magis accommudatum habemus, quam
jpraedariora Opera ab Aquinato cutiscripta iuter iuvenes sludiosos
fiivulg&ri. Cum enim adolescenti uni auimns integer ot incorruptiis
ire accesserit ad purissimos tam excellentis Praeceptorìs
ites, gustata eius divina sapientia, ardentem amorem erga il-
excìtatum in se seutiet, et falsa dogmata, quae philosophiam
aetate male pervadnnt, et meutes trausversas agunt, nitro
Strie XIII. voi. II. fate. SOL £1 tK ajir-U/! ItUfS
2SÀ va BREVE n s. s. usost: un
aspdrnabttiir. Quaproptor liboati aDiino gratulamur tibi, dileete
nii, qui, in iinbueiida optliiiis discipliois iuventiite, egregìaiii ÌQ-|
dustricLiii tuam cjntulisti in editìoucs nunnullunim S. Tbuinad
oporum adornundas, qiiiu* umnibus, et maxime iureQÌbus, qui in
spem Sacerdotii ìnstitiiiiutur, sìqb ^ravi dispendio usui esse pos-
Stìttt. Sicut ergo merita laude te prosecuti sutnog propter Qttae-
stiones dispiifalas S. [X)ctoris, qiias concinna editione TulgasU,
sic te iteruiu &)mmtìiidatione Xostra dìgnum habemus, qui selecta
(tpusciila phiiosuptiica et theulogica curii Quaestiouìbus Quodlib»-
tiilìbns eiusdem Aogelicì Praeceptoris trìbus voluminibus nuper-
rimo trpìs edi curasti, ot quorum «xcmptum Nobis ubtnlisti in
txfStimouiiim tuae ùbstiqutìutissimae erga Nus voluntatis. BÌudqs
tuutu periucundum nobis fuit, et te optiiae consuluisse putamos
emolumento ac dlscipliniae udol^scentium, quod qiiasdam qua»-
stiones, et adìecta nonniillis Opusciilis scbolia elucubrasti, quae
inexpertae ne tenerae aetati fidelitflr aperirent ea doctrinae ca-
pita, quae Angelicus Magìstor iiti fundamenta proposuit totìui
dìscipliuae ab ipso expressae. Duui ergo imploramus, ut labori
a te prò doctrina S. Thomae Aquinatis dilatauda suscepto pro-
pitius adsit Deus, auspichili divìnorum mimuriim Àpostolìcam
Xostram beuedictioaum tibi, sodalibus, qui iu eodem oper*-- ad-
Iubonint,etdiscipulis tuis, sicnt petiìsti, peramanter impertlmus.
Datura Romae, apud S. Petruin die 1 aprilis an. «Mcasxin
Pontificatus Nostri Nono.
LEO P. P. XUL
CRONACA CONTEMPORANEA
Firmse, S aprile 7886.
\.
COSE BOMANE
I. RiMtimtnlI in Vaticano — 2. II (riubilco «nennlrtial.- ilei Santo Paiiiv — 3. Nnftvp
jnM^tii conim li ilintruvione <li Rama — i. I.a nofi iLiO Cimlimil f^f^^'ifiiiriD di
Stalo e la pace ectMiaslica in l'ru-.sia — 5. tlii numo ^Irvpo .-il Ontolicisiuo
wlla Itomi <lci rapi — 6 Ij) lient'Hinom- ili^Da cani|uii:i ilrlla Piiiriarcnlr tbsilica
di Saaia Maria Màgiare — 7. Decreto dello Sacra O>n|^«gatione ddl'IndiM.
1. Freqiieatj e numerosi sono stali ì ricevinieaii poniiflcii (felt* ultima
ifoindicina. Ci liinìifìrt^mo ai priucipli non polendo riferirli tutti.
Il 5 aprile il Satiio l'adre acco;^ìi«va t>eiiìgnaincnte in privata udienza
HoBsigDor Salvìai Vescovn di Camerino.
U 7 tn udienza di congedo Monsii^nor \itnm: vt;scovo di Briinn, Mon*
àgBV 0' fìri«ii vescovo di Halifax, « Monsignor l'uzyua vescovo ausiliare
di Lmpolt
n 9 i Rtlìi n. (ìiovanni Sierra e D. Torquato {^ramù^ Uignilarì e
Ciionìci della llasiitca Caticiirale di Granula iti Spa^n;( venuti a Kniua
|ir presentare al S. Padre i ricchi ed ariisiici paramenti sacri, taseia-
|UgtÌ In legato dal defunto Arcivescovo di Tiracata Mcnzon y Martins.
E niulmtinte il lU il uuovo Ambasciatore di Spagna. Alla muria pCH
' nerìdiana S. K. Don Alessaudro Croizard y (jomez de la Serena, reca-
I fati m forma pubblica, col treno di gala della reale Ambasciata di Spai^oa
'l legnilo dagli atiri equipaggi della medesima, al Vahiio Apostolico del
Vai;caao p& presentare a Sua Saniiià le ledere che lo accreditano Am-
tMcìitore straordinario e plenipoteoKiarìo di Sua Mae.st^ Caiiolica la
[Icpaa-Reggcrrte dì S)iagna pr&sso la S. Sede. Monsigrior Pfffeuo delle
GCrimonie Poniifieie ricereva il novello Ambasciatore, ed insieme al i^r-
[■Male dell'Ambasciata l'intrmluceva, dopo averlo annnnnato, nella Sala
[W Trono, ov'era seduto il Sommo Gerarca, circondato dalla sua nobile
jCdne eodesiasttca e serolare, in abito di TormalilA^ nd avendo ai lati i
l'&Ai BloiBÌginrì Maggiordomo *' Maestro di Camera. S. K. il signor Am-
^bisciaiore, dopo avere reso gli omaggi di uso e bacialo il piede al S. Padre,
ivagli le lettere credenziali» accompagnando quest'ano con nobi-
tìnx parole, alle quali rispondeva il Santo Padre colla più grande
356 cnoRACA
beili goilik. Intimntosi i)uini]ì da Monsignor PrercUo delle Cerimonie V extra
omtws, U5civan» lutti dalla S3I.1, rimnnmdo Sua Santità con S. K. l'Am-
liasciiilore, col quale s'jtJtralleueva in privalo colloquio. Uienlrala poi
nella Sala del Trono la Corte rnntìricia. e ritornato cia»cut»0 al suo poiiio
il Sani» l'adre [lerinclleva die fossero ntinvamento ìnlrodotU ì Segreta ni
e gli Addt;lti alla reale Aiiihascìata, i iiiiali da Sua Kccellenza venivaoo
l^resenlali al Sommo l'ontellce die m degnava rivolgere ad essi paterne
ed amorevoli parole. Infine t'ìllustre mp^re^ienidiiie della Cattolica Spa^^ia
accompagnalo con tuiii kIì onon dovuti ni suo grado pas&ava, prima i
complimentare TBifio (Jardmal Scgr^^tario di Slato, e poi alla Baalica
Vaticana a visilarf! la intutia de) J'rìndpe de^Ii AposloH.
^2. L'arustocraiìa romana, figlia fedele e devota al Romano PouleQoe
non ha voluto rimanere ioeile e indifferente in mezzo all' universale mo-
vimento caltolico pnr festeRgiarc solennemente il Giubileo sacrrdotak
del Santo Padre l^one XIII. Per fare ciò in modo de^no delle &ae notali
tradizioni, la parte più cospicua di {|uesla artslocraua si è costititila in
Ootnitalo per le^imouiaie ancora una volLa l'affetto e la veaerazlone che
la legano al Vicario di Gesù Cripto. Al grande Pontefice ctie Iddio lia
posto al governo della sua Cbiesa, se riuscirà aggradila ogni te&limo-
manza di alTeiio che gli venga da ogni classe di persone, grata soprato*
modo tornerà quella dell'arisiocrazia romana, la quale non vinta né dalle
blandizie uè dagP insulii della rivoluzione sopercbianle, come ha preso
parte alle sue tribolazioni, così desidera dì partecipare ancora della «aou
sua gioia nella fausta ricorrenza del suo Giubileo sacerdotale. Questo
Comitato promotore si compone dei più splendidi nomi del romano pa-
iriiiato: essi sono: Altieri principe, presidente; Dandinì-Giusiiniani pria-
cipe Don Sigismondo; Capranica marchese Alessandro; Chigi prìncipe
Don Mario; Laneellottì pririicipcì Don Filippo; Machì cooie VioceiM;
Moroni conte Michele; Patrizi marchesu Filippo; RiispoH priadptf
UoD Francesco; Salvìaii duca iJon Antonino; Serlupi marcbeiw Carlo-
Altieri pririi:ipessa n. Archinio; Itorghesc [irin<;ipf.s.sa t). de la Kocbft-
foucauid; I^ncellolli principessa n. Ald(il)randiui; Massimo prìnclpeau
n. della Porta Kodianì; Odescak-hi principessa a. Uraaicki; Pairìii ntu^
diesa n. Altieri; Piombino principessa n. Borgbe.se; Rospigliosi prìod*
pessa Q. Champaguy; Sacchetti mardiesa n. Orsini ; Serlupi marcbei
n. Fiu Gerald.
Come si vede a questa nobilissima gara non ban voluto mancare le
donne memori della jiieià e devozione delle amiche mnimne romane. Mi
di ciò non paghe si sono costituite in Gomitalo per {studiare i modi di
tH)1e}inintare ì» IUcn-ta tiorW/ir del cMiiun Padre dei fedeli. (Jiiesit modi
si faranno conosctrc alle si;7oorr.' c-attoliclie romane di ogni grado e con-
dizione, con prouria circolare; perche ognuna di esse in occasione delh
noMBe d'oro del Santo Padre 0 prepnri con le proprie mani un lav
BT le chiese povere, o lo comperi ?ià f:iHo. os'vero invìi al Gomitalo
«Ile signore promoirici tin'otlerla qualunque. L'invilo ^ firmalo dalle
reclurisMiDe signore; Principe»» Francesca Massimo; DiirhRssa SaWiaii ;
[archesa Chiara Antiri Maltei; Marchesa Maria Cnvallotii; Marchesa
iloiUde Vìtcllcschi, Krsilia Sierbìni; Giuseppina Bossi Uè Gasparis; Ào-
ieUna Celerini; Virgìnia \Unicchi; ed b chiuso da quesle tielte parole:
t Voglia il hHiignis'iirno IdJin tiMiffdire \c nostre InlcfiKioni, « far sì che
Dpiose .nienti le aLlesionì alle circolari, che invieremn; così che il noslro
ìoinilaU) possa rag^ungerc il santo fine di coFiforuii'e con uua grande
li maslr azione di afTctlo l'aniiLio cuore del Santo Padre. »
A questo nohilìssimo esempio delle .signore romane, bisogna aggiun-
gere quello della signorina Maiè de la Hocbe, che in un invito indirizzato
per mezzo dell'egregia Unità Cattolica di Torino u tulle le l'ie Unioni
Mie Figlie dì Maria e giovinette cadoliche, pmpone loro di festeggiare il
fatttto avvenimento con preghiere, eoa l'otTerta dell'obolo e con doni, e
fra questi un ricco Contraitare. L'egregia e nobile signorina si augura
dui. come i>el 1871 per lesleggiare il Giubileo sacerdotale di fio IX
'fi s. m. si raccolsero oltre 10,000 lire, tutto obolo delle Figlie di Maria
e giovinelle cattoliche; cosi ora sì abbia a rinnovare uno spettacolo so-
' toigliante. Jl generoso dìvìsamenio, siam certi, sarà coronato da uno
qileodìdo successo.
3. Il Vandalismo settario che vassi consumando nella Roma dei Papi
, coMinua ad eccitare le più vive proteste degli uomini onesti, assennali
' « eompeienii in opera d'arte e di storia. « A Roma, ha tesu'' detto a Fa-
lemio riUiLsire storico tedesco Gregorovius, non ho piii trovato le mi>
, TÌe, le n"'« piazze, i i»iW monumenti!... ]a Roma dei Papi conserva
taBbre il tipo veramente romano... oggi non la sì riconosce [liìi! Vi sor-
HRb casoni alti, senza estetica^ e le belle/^ antiche spariscono !... » Uneste
jarole farebbe bene a ponderare quel tale i^ignor Andrea prof. Husiri
pfesiderite dell' Accademia Romana di S. Luca che alle censure del Gre-
gorovius e a quelle molto più gravi del prof. (ìrimm, ugualmente tedesco
I t protestanle, risponde le i-gi versando, equivocando e spostando ta que-
«Kuie, come fece in '^onsiftiio municipale il Torlonia. La vcriii\ è che la
, coodanna della settaria distruzione di Roma ^ venula donde meno ì nio-
I itni vaodalì sì aspettavano, Questa ^ stata per essi una guanciata Isnio
più dura, quanto meno vi erano avvezzi : 1' Kuropa da gran lempo non si
occupava pu'i di quel che Tacessero i liberali in casa d'altri. Ma il risveglio
I è vpnnio, e gli inventori delle guarentìgie, che che ne dicano la Tribuna
t il Diriiio^ sanrn che oggi vi è chi si occupa dfll« cose di Roma, il
, Ironie Soderini ha risposto con un miignitko *ì sinni^enie scritto alle
I ladcnsaggìni de! Rusiri; e qucsi» risposta colla lettera dei Grimra for-
nnoo un bel paio da olTrìrc ai nemici di Roma e del Papato. Intanto,
le appaia sempre piii manifesto che colà dove futttì stjpuote ciò
JÀ
9p8 cronaca
du si t'ucìcs ^i pensa » Boma e atta questione romana; ecco gìuiigem'
in data del 15 il seguente iplfìgrninina at Monitfur lì^ Rome:
« L' imperatore Guglielmo ha scriUo teslè una letier» aldaUorfìrìmm,
« per feliciiarìo della s.va pruiesla contro la deformazìooe di Kon». »
A proposito: ^armo i aoslrì tellori quale rìiuedLO la Ili forma sugge-
risce? Ita prafetlnra del Tevere/
* Oli bel rimedio esclama la spiritosa Eeo d'Italia, soprattullo w
il prerelto fosse don Ciccio Crispì col direttore delia Biforma per se-
gretario generale ed una delle sue tre inof^li per Ninfa CgeriA! »
S« il telegramma al Momltur de Home è vero, come non c'è fl»{
dubitare, i nuovi padroni di Koma se noo si saranno Talli gialli perb
bile, l'avranno cerin masticato amaro. È una guerra ad olirania che lon
fanno gli scienziati di Germania, i quali da Monaco hanno fatto una pro-
teì.tii in questi termini: < La proiesia a favore della consrrvnzione di
Roma che Emanno Grimm ha elevato nella Dmische Rwtdschau, e Gtfr
gorovius ncW AHge7iie-tii' Heittittg, non ha fatto che esprimere i aenii-
menti che nutrono in cuore tutti f^li uomini colti del moudo, ed ha trovato
in Gerutaoia l'eco più dif^iiihta, Noi, e migliaia con noi, die atiiliama
debitori alla Città Kteriia dei più nobili ricordi, intendiamo con tutte ia
forze a conservare nel miglior modo postillile alle rmurc generauoni quelle
veneraiidp e rolnssali nia nife si azioni del grande e del licito. 1^ diciamo
espressamente, jiercliè sappiamo che là diive queste nostre dirliiaraironi
dovrebt>ern produrre un qualche elTetlo, si ha la cura di Tarle creden
come il suono di voci isolate. — Giammai U giudizio di tutti gV intd-
tigcnU i sl-jto jìiù concorde. » Non 8Ì (loteva meglio sfatare la Itfissepia
che con fronte invetriata accusava i clericali di Rama autori di queste
proteste! I nomi degli scrittori della protesta sono ì seguenti: Dottor Ilai>*
mei^ter; 11. Urum, M. Carriere; W. Chrisl; I. DoUinger; Uoiior Flaub;
Dottor K. Friedrich; V. Uobach; Dotior E. Lingy; Dottor Pranll; C. H-j
lotg; I. L Raab; F. Reber; A. Rothmund, R. SchoH; L. Tieracb;]
M. Widmann: E. WoliUin.
4. La pace religiosa in (ìennnnia non è ancora del tutto concbias»
ma U si può dire molto bene avviata. Un dispaccio alla Gazzetta di
Colonia alTermava ullimameDte che il principe di Blsmark. vuole aisth
lulamentc conchiiiderl». La nota per allrodel Cardinale Jacohini pubbli-
cata nel Mottiteur de Home ed in altri giornali caltolici, e che tanto bene '
fu accolta in lìeiniania ne è un buon presagio ■. 11 giornaliuno tcdcsoo,
ttlip pochissime eccezioni, è tutto d'accordo per far plauso al Gran Cai-
cellìere della buona volontà che ha messo nelle trattative colla Santa Sedej
per raggiungere questo scopo. L'Edio der Gcgentcart scrivea testé: « L»i
■ D leiiore oc Irm-rrà II tosto in fonilo allo Corrìgpondenia di Prussia e\ìi> po^J
lilicliiaino in inceto tU^o iu.idornE>. «.
CONTKMPORANEA 359
lAlo ti aodalo iinn a Ciooski, ma a Roma. Esso si rìlira dal /CaUnr-
VHpf passando per Roma: lo fa, p^rfA^ h ,iev€. L'evidenKi che Iloma
l>ls poA dare la pace ^ cosi granrlc, ch« i nostri slessì proU!siantì cantano
Il ÌDDO in Odore àtAValìmnsa col pnpiio. noma trionfa, e noi con essa! »
Invece appena giunse la notizia che VRerr^^nhaus, cio^ la Camera dei
ignori di Berlino, avea accettato la prima proposta della nuova legge
cc!<*siastlc.ì, il giornalismo litier,iie italiano pensò subito a trame pre-
esto di .iRoitlari* odio e maIev-ol4?n7.i alla ('hictsa ed al f'ajia. Li Tmp»-
nrHin di Milani si fac6A iriratii lele^'rarai'e da Roma: « Si teme cite in
nin|)rnsn dfHI'appoi^'^no dato dal Valicano alla politica dei principe di
tistnark, ijuesti ilar:\ fra non molto il stio appoggio al Papa nei rapporti
i8ienii(?} tra il Valicano e l'Italia. » Oreste parole non sono che una
rariatite di (public stampate dalla Tribuna di Roma, la quale dice, che
Sismark qnatrto pniiia passereliliK a trattare dei rappfiili tra il governo
(aliano e il l'apa. < ^ inutile noia Y OìSt!rvature Cattolico di Milano, ti
ftr rilevare lo scopo di queste perfide invenzioni, le quali per altro dannft
risalto agli avvemmenii di (ìermanìa e del Vaticano. I nostri lilierali,
ACDili a Caino, tremano a ogni stortnir di fì-onda, e leggono la vendetta
fi Dio in o?ni frase: il sangue sparso H perseguita. >
Intanto non h fuor di luogo il far conoscere ai nostri lettori cib che
nuova legge approvata dalla Carniera dei Signori cn:,'li emendamenti Ì\
DOOSÌgDOf Kopp, accorda ali,-) Ciiiesa. II Moniimr de Home in un sd6
lilleftlo riassume cosi l'imp-iriania della les^ge. Ess:i riconosce alla Chiesa:
l*la lilierti dei grandi Seminarii, senza il diritto di t>eto per la nomina
dei superiori e professori; 2° la lilierli dei Seminarii pratici di uri anoo^
mia di Seminarii un '[iiali gli alli<;vi in te'viogia delle Università com-
piono ì loro sludii, dopo avere freipinitiato durnnle un triennio una facoltà
di ii*riloi?Ìa cattolica; V la Hheni dei ('onvirl-ì, ossia dfii^rinleniati, che,
«at)ilitisi presso le università e ginnasi, cosiitiiiscouo i loro allievi sotto
la cTipendenza e direzione dell'autorità ecclesiastica; 4" la soppressione
dell'eame di Stato. Viene inoltre: 1" Rislahilita l'aulorii^ dÌ.sci]tHRare
della 3abta Sede in Prussia; 2' soppresso T appello per abuso e la de-
(ja'sizìoDe dei Vescovi e sacerdoti per parte della C'>rle ecclestastics.
5. Il ministro delle scuole, come venne qualificalo alla Camera il
Oppino, volendo fare un nuovo sfregio al Cattolici^mo e giltare un'olla
nelle bramose canne della Massoneria, eoo decrelo che rimarrà mamo-
rabile nella storia del liberalismo settario, ha istituito testò nell'Università
ili Rnnia una cattedra dì storia delle rcUgiùni La cattedra, che fu
«ntdata, se non fondata proprio per lui, al professore Batda«isarc Labanca,
non è che il trionfo del positivismo, in oggi dominante in quasi lutti gli
Aienei d'Italia. Il Labanca k uno sfratato napoletano, levalo agli oniiri
di professore di Filosofin morate & Padova da Guido Baccelli: traslocato
Pisa, nella cui università dopo 1 (ischi ricevuti a Padova fu destinato^
JiL
CnoNACA
e dove fjassava la vita seoza inraaiìa e seaia lode, o [ter meijiìo dir
senza allievi. Ui che sUoco chiese ai CopiHOO di cliiaiiiarlù a lloau
dove avrebbe Tallo stupire il mondo colla vastìU del suo sapere in fa
di religiose. Il Coppino tu lieto di conieotaflo. Indaroo gli si fece osse
vare che la inaieria che il I^ltanca volea trattare era molto scabrosa;
e indarno ancorìi che ^li, uod avendo mai lelio I testi religiosi dell'India,
della Cina, della Persia, della Grecia e degrtlhrei non aveva competenuj
!iCìoiUirica in questa ntaierja; l'extraie fn licenziato a ntoniara suU
Duova catiedra ; e 11 giorno 1 1 aprile a fare la sua prolusione al stnl
corso svolgendo questo lem»: « La religione per le Lmversilà non A uji[
«assioma, Iionsl un proMema. » Dasta il tema di qaenia prima lexiooej
per argomemare quali inse^amejilì e quali (irìncipii saranno Unditi da]
questo grande iliiiiore. Se la religione, ossia il culto dovuto a Dio,
un prolilema, o allora perche non polreltbero essere altresì un problenuj
l'obbedienza alle leggi, il rispetto alle autorità, l'ossequio al capo
Stalo, e via dicendo?
ti. 'loglìamo iia\[' Osservaiore Romano i iiarlìoolari di una belUl
cerimonia che, il giorno 15 aprile, fu fatta nel Talauo Apostolico del
Valicano; ove Sua Santità benedisse con solenne rito la nuova Campauj
delta Falri;trcale Basilica di Santa Maria Maggiore, fusa, per gea«msaj
munìtìcenifa del Sommo PooteGce, nelle ollìcine del Lucenli, valente roi*|
ditore romano.
< In fondo alla Sala Ducale spleodidamenle addobbata si elevava il]
trono, e di fronte ad esso la inbuna destinata al Coro dei cantori ddUJ
Capitila Poniillcìa. l^sso i gvAAww del irono erano disposte da aml)edaej
i lati le bancate pel Capitolo [liberiano e pei personaggi addetti ali
Corte I\)ntìncia. « Nel bel mezzo della Sala sorgeva un'elegante edicola.]
sotto la quale era sospesa la Uattijtana. « Disceso il Santo Padre dai mioìJ
privati appartamenti lino al piano delle prime logge, e recatosi ncirAula]
dei i>arantciiiì, venne incontralo dairEmo Cardinale di Hobenlohe, .\rd-|
prete della I^ilrìarcale Basilica Ulx^rìana e da quel (ìapìU^ in abilDj
corate. Indossali quindi gl'indumenti ponlìncali, Sua Saiititiì, precedulal
dalla sili] Corie e dalla Croce lupab', ed accompagnata dal Diacono e|
Suddiacono, vestiti io abito sacerdotale, sedevasi in trono, mentre i Ca(^|
pellani Cantori modulavano sulle armonie del Palestrina il DMttelto:!
Tu cs Petrus. Terminato il monello il Santo Padre dava principio atli]
sacra cerimonia intonando i salmi prescritti dal Ponteficale romai
Quindi il Sommo Ponieilce, doi>o la benedizioDc del sale e deira<
e le unzioni dei sacri olii e la ustione dei profumi secondo il nio, con
piva le altre cerimonie prescritte dal Pontcfìcale romano, durante le quali
i Cantori Poniitìci eseguivano le Antifone ed i Salmi indicali all'uo
Cantatosi Analmenie l' Evangelo proprio della solenniti), il Santo Padr
impartiva agli asianii l'apostolica benedizione.*
CONTEUPDRANEA 361
La cerìmoma fu maestosa; e il Saoln Padre beai guarnente atiaul che
Dicrvenissero l'Arcivescovo di Praga e il Vescovo di Aiaccio.
7- La S. Omgngarinw dell' Indice, con decreto del 1" aprile condanna
recenle opuscolo del signor Enrico dcs t\mx già direttore del Journal
)ìofii^. Eccone il leslo:
Dbchktuii Feuu V ms I Apjiii.is MDCCGlv^^XXVl.
.So/ra Congrcgatio Eminenti.'isimoram ae Ufivereìvìismnorum San-
ate Homfinm EcdcsifU Cardinnhum a SANCTISSTMO DOMINO
OSTRO LEOyE PAPA XIII Sanciaqiu Sede Aposhlicn Indici
'rrorunt pravae doetrintte, eorumdemque proscripiìoni, expurgationi,
pemtissioni in universa Christiana Bepvbiica ifracpositorum et
beffai orttm, mandnvii et mandnt in Indicem lihrorutn prohibitorum
ferri quoiì sequUur Opus ex Decreto Fer. I V diei .?/ martii 1686
tfremae Saerae Congregaiionis S. OffiHi.
Hekhi des Houx.— Souvenirs <Vun jottmaUste frangais à Rome. —
■irij., Paul OllendorlT, ódileur, 8 bis. rue de Richelica, 1886.
Itaifue nenio cuJuseitmqMe pradus et condUtotus praedictum Opus
mnatiim atque proscripttim, guocumqun lof.o, et guocumque HiomaU,
Jrt prt posterum edere, ant cdìtum legere vel retinere audeat, sed
Iseorum O/dinanis aut haeretictie pratnl/itis Inquìsitoribus Hlnd ira-
ìm teneatur sub poenìs in Ind-ce ìibrorum vetitorum indictis.
Qhìòhs ss, domino nostro LEONI PAPAE XIII per
infrascrtpttm S. I. C. n. Secrelis rehUis, SANCTITAS SUA
Duretum probovit et ^omulgari praecepit. In quorum fidem eie.
Daium Romae die i aprilis I^SB.
Fr. Thomas Maria Episc. Sabinen.
Card. Mabtiseli,! Praerecius.
Fr. IIienoNYiiiTS I*ius S*t:cneiit.
Onl. Pnwil. S. Intl. Coiigreg. a S«relÌ8. ,
liooo li! Sigilli.
Die 1 aprilis ISSC ego infrascriptas Mar}. Cttrsoriun testor 8H-
ndietum Deeretum a/fizun et piiblicatam fuisse in Urbe.
Vi.icsKTius Bb;«aglia Mag. Curs.
362
CRO.VACA
H.
COSE ITALIANE
i. Otiinilìci giorni dì chìacJiìcrc e dì pellf^coteu! — 2. Il IH
S'iti àlia>ci*1ii tiei parliti fDalumii - 'A. l'Itimi livori df^llk Ca
t'ainea bn»^ - 1. Tu inilotiio Inllilo rli niiiaoilnre in car
6- U prorflpii del Parlnincnift — G. L'apilnironc *l«llornle — |
tn molo — 8. Mene *ooiali*le e timori di MombuwoljiRenit
PaifiM e 0 !)r~:iMli«i — IO. Il Coltrgio-coiiTiilo roninno a Zìpoli
ArcivcfCOTO San Kriioe. M
1. Da [julmllci gioroi jl irgno d'Italia per longo r per lai
assJMere all'inaurato spvUacolo ili un nirirido di ctii'acrliiei
golezzi hlomacanli. La 8l»mpa, 1 circoli polilìci, le con^'reghi
i rilrovi (lei poliiicanii d'ogni Ta/jone e risma, i propugnale
e gli avveiilurieri del dtsordiike, hao fallo a chi ne sballavd
neiriuieulo di nietleré in mala viida il Depreiis, diveoUtP
ogni contraddizione, l'orco e la befana dei radicaleggia riti,
ninne della palria e delle isliluzioni. j^cr dne settimane ^ j
la Cantera si sringlie, il ininisipro si rimpasta ; Depreii.t gii
zavorra e cliìama altri uomini ad aiutarlo a menare io p(
Ma l'tiKtomani tulio l'fippnsio: la Camera non si scioglie pii
è dimissionario: la Corona ha chiamalo il Hohilanl i«r rl(
novello; un mtnisiern di nfTari; e poco dopo il Robilanl b^
s'^ diiYulo volgersi ni Iliauclipri; ma (]ur«i s'^ rifiuialo: s;
raccattare la croce del |)ntere sia stato invitato il gran pai
Che! chet Austria e (ìennaina non vogliono per oiun ca
governo ttn df^i caporioni della garihalderìs; e d'altra pari
ancora nella memoria gf infelici nuccpssì della stia imperijj
è moglio rimanga al potere il Depreiis, dandogli per coi
tera; cosLuì j- uomo da mantenere imbrigliata la canagl
segno i rarahulti; ce n'è uggì tanto hisogno; ma ÌI Ni(
da venir meno alla Tede giurata ai Peniarchi. Come far«f
ebiacL-btere. S'è determinato che fi proroghi la Camera « <
scioglimento ci sarà tempo da [«nsarci sopra durante le va
Iti spediscono ordini ai prefetti e soitoprcreiti per preparai
nuove eWioflì. Quando avverranno? Altri dice in maggio,!
no in oitobre; in sei mesi chi sa quante c>fse polrani
disiorrannn governo e paese dal riaprire le urne. A btJC
t'è il punto nero della questione orientale per quei bcD(
vogliono mettere l'Europa in fiamme; e non ci fo-ssc
CO>n'GMI'OflA»RA
S63
ilibiaiQO in vista il cliolera... iniaoln a dar peso alle chiacchiere eccoti
IQ fimeo iocrociato di peiiegoIezH. E ta Triìmnn ailacca il Popolo Ho-
nano. Zerbi onl suo Fìrmln il Deprulis. It Sttr.Uo gitta Tiioco e fiamme
nolro la Camera; la Perseveranaa si accende di nobile inde .^nazione,
^ida contro la slampa sovvertiirice. Per Rimila alla derrata i giuraali
Firenze son tialiali Tuori coti dire, che ìt Depreiis si è allealo col Va-
icano, il quale ha promesso che non gli verrà mono il concorso di tulli
parroci, curali, vicari e capp«llaiii (lolla gerarchia ecclesiasiìca italiana,
pano però che il Orprntis dia carta liianca ai clericali di disfare l'Italia.
uti'«uorniità! Calvari' mnsules!
Sommalo ludo a noi pare che lo stato presente delle cose abhìa molla
iglianza colla ooorusione babelica. Ecco tutto.
1 Abhiamo detto che il Dopretis, da che si t dichiaralo di voler
ire sulla breccia e l'arme in pu^no, ò sialo fuilo bersaglio ad accuse
i Tarìo genere- Tra queste ta più grave, di essere un operoso ed esperto
lUore di corruzione politica e morale 1 suoi avvcrsariicce n'èdi tutti
colori, di destra e di sini^iira, di moderali o di radicali, di pro^rre^sisli
idi Mcialisii, dal Rudiai al Itaccirinl, dal Oispì al MalTì; tutti costoro
[ridano in corn: per l'onore d'Italia e per la incolumiiA delle nostre isli-
tiiioni urttk si pub, non sì dee lollerurc che il Ueprelìs stia ancora al ti-
Bene d«!lta tmve: se le elozioni si Tarann» liti imperante la fattura Camera
lOfl sarà che un'acwwzni^lia fii furalnilli, di afTari?*i, uno scandaloso
lercaio dt compre e di vendite, [tumpie gìii Dejìreiis e viva l'Ilalia!
foi non fummo mai ammiratori del vecchio di Stradelta, per la sem-
rof^ione che egli vale tanto sotto il rispetto imliiico, religioso e
ile quanto valevano i suoi predecessori dui Cavour al Kicnsolì, da
[vestt al Miiighetti. E per questo diciamo noi che l'accusa Talta al De-
di corruttore, di despfili, di autorilirio e simili, non è ispirata da
i dì onestà e di patriot tisnio. mn da aiubì^ione e partigianeria.
iccurano di corruzione! Ma che il Cavour non creò l' unità italiana a
di corruzione e di birbonate (bnlosmtejì l^ lui morto non s'è
uaio su questo tono? Il Doprelis non ha altro torto che di avere
ilo le pedate ifel maestro. Da uomo avvisato che è, si è accorto che
governare il paese, quale è diveuiaio per opera delle <>èile e in parte
la fiatar» slessa dHle istituzioni, bisogna fare di ojj'tìi erl'a fascio, e
nkre gli uomini pel loro verso. Ora la corruzione in Italia è pressoché
liversale; e l'nnpsià una «himftra; si- tRcessp altrimpnii è da credere che
a\rfl'be questo matd e [te;^;,'io. Del resto si guardino bene allo specchio
tuoi ileirniiorì, e vedranno che il loro volto È macchialo f^rse più di
clic noi sia quello del loro ;ivvers;irÌo: an^ì r.tcciano l»ene l'esame
cicD/a t! trov-Tannn che non è dni loro pulpiti che l'Ililia aspella
"^prrdiche in favore deU'nn&stà. K se eglino snlisMero al pnt4;re, dopo
rovesciato il Depreiis, siamo sicuri, che non soliamo l'onesi.^ ne
364
CRONACA
sofTrìrebb«, ma la libertà, ma le isiìiu/ionì e qualche altra cosa che
possiamo nominare, e che Lnliì indovinano.
3. Kd ora volgiamo T aUcozione ai lavori della CaiDcra. Ltopo ave
volalo il bilancio di asscslamenio o l'Omnibus llnaniisrio, nvca nel
ordine del gionto un sacco di Icg^ a discutere ed approvare. Si cotoioc
il 3 di aprile da quella sul ri conosci mento giuridico delle socìeli
mutuo soccorso, di cui se n'approvarono gli articoli senza notevoli
ficazioni ; » venne in seguilo aliti discussione della iena It^^ sui lai
del Tevere; quindi colla soliu celerilà di tulle le cose che accauttooj
line, si jia&KÒ a votare, poiohè la lìamera era in numero, otto leggi,
lulte di UQ Gaio. A questo punto, e si ?ra al U di aprile, ebbero priocjf
le leggine; tra queste quella pel bonifìcamenio della ciuà di Turino;
quella per estendere a tulio il regno la legge delle serviiii militari. Qutt
seconda fu molto dibauitta e vivacemente. Governo però e ComiuiifSic
si SODO accordali su di un emendamento proposto dal Peruzzi ed
costretto il Itaccclli a ritirare quelli da lui presentati.
Ed ecco cinque leggine in una velia che i) giorno 10 sì pr
alla dÌscHs»nite. In quel giorno sì nolo per la prima volta nella Cu
un femineiio, non diremo nuovo, ma di trisEo pre&a;;^Ìo pel Governo;
(.Camera clic in principio dr^llii seduta e alla prìmn votazione, s'era inv
in numero, non l'era più' alla seciinda. Kra una protesta! ovvero
cliezza? Poteva hen esserti sfaceln. Questo pretesto o sfacelo, che firl
voglia, ùuTh per alquanti ii^ioriii. il 1!^ la Camera fu di nuovo in
Che cosa uvea potuto attrarre in maggior numero ^li onorevoli
l'aula di Monlecilorio? La domanda a procedere coniro lo Stiar
inaspcltAtanienle e con .sorpresa di niolti si trovò all'ordine dd
di cui ora diremo.
i. Fu qiifisui domanda un colpo Talliio. Io quella tomaia lo Sbart
tenue un lungo discorso iniercataio di allusioni più o meuo pungetffj
di insinuazioni piii o meno gravi. Il fìudini che invece del Ut
presiedeva alla seduta, era costretto a ricoodurlo sull'argomento
l'oratore divagava spesso per quella Invincibile propensioDC che lo^
baro ha avuio sempre » divagare. Lo Sbarbaro cercò di
r ingerenti che il potere esocuiivo ebbe sempre nel suo processo.^
questìoae in cui si Tonno l'attenzione della Camera fu quella che
in fio di seduta il Parenzo: acc^irduia l'auiorizzazioite s'iniendeJij
data la cattura ? La domanda nasceva s)K)nlanca, consideralo
CBltura dello Sbarharn era una condizione sine qua non pcrcbè U
discii.sso il suo ricorso. Il guardasigilli espresse il parere che la
mera non poteva far distinzione ed arresto; dopo il suo discorsa
duta fli rinviata al domani. L'indomani però i voli del De[:
furono esauditi, e il colpo, all'ultim'ora preparalo contiti lo Stial
andò a ferire nel vuoto. Difatto do^Kt i discorsi degli ou. Pareiuo,
Nicotpra e Bonghi si venne alln votazione per dÌTÌ»onc. La pnmn pane
era cosi conoepiU: < La Camera, prenitimdo allo iltìlle itìtihiaiii/iodi della
■Apro (Urss ione che per procedere all'arresio dì Sharltaro orc'orra nuova
PMt'>rìz/.azìone. > — Chi l'iipprova m alzi, dic« il l'reM'lente. — Restano
seduti solo parecchi di delira e del centro. Alla controprova si aliano
gli onorevoli Mingheiti, lirpii^'hi, Taiani e altri clni|ue o sei. Onesta prima
, parte approvala, si pass'j alla seconda, che dice*: < La Camera cotjsente
I ehe il prwedimento contro Pietro Sbarbaro .«ia approvalo? « £d ^ appro-
rato aH'iinaniniiiA. Votasi dunque ed approvasi l' intero ordine del gjomo
K° — enzo e la seduta è sospesa.
a. S6 non che prima vhe fosse ripresa la scinta, ecco il Dcpretls
tram Dell'aula. Vi venne accolto dai remori e dagli oh ' oh I della
Mjiiiera; Dio cosi r»ernieUcrnlo ehe gli anelici di rivoluzioni sìeno \m
^■K:rali dalle rivoluzioni. Chi potrebbe indovinare che cosa era riserhato
rtl Cavour se finn fosse, iiraan-Tmenle parlaotfo, mono a lempo? Ceno
dal modo onde è stato trattato Napoleone 111, e con cui è ora traUato
il Depretis ben » può argunieulare di guello che .sarebbe toccalo al
LJttlore principale dell' uoità ilaliana. La rivoluzione vuol gente che la
^^va e non che la laceppi ; e&sa è come il torrente che sdegna le dighe.
■ 0"ando gli onorevoli furono al loro posto e a bba ."Stanza tranquilli il
' Presidente Uudini diaae: « Do la parola al presldenic del Consipi'O. » li
' il Peprelìs si alza e legge il decreto ficl quale la Corona, sn proposta del
mmistro dell'interno, udito il consiglio dei minislri e visto l'articolo U
^^lù Statuto (ondameiiiale del Regno, decreta la proroga delle sessioni
Bilia Camera alta e della Camera bassa, sino a che con un altro decreto
'wa sarà provveduto iìh riconvocazione del Parlamento.
Il Presidente della Camera riprende la parola e dice: « Do alto al-
, l'on. presidente del Onsiglio della comuni Cif/inn e del decreto di proroga
della sessione. I^ seduta è sciolta ! » K si cupre. I deputali scendono
^^ora in frilla nell'einiciclo e le conversazioni si fanno animatisslme.
^p Brano le ore 4 e venti minuti del pomeriggio del 14 aprile I
" n. Non occorre osservare clin il |irovvc(Iìinento della proroga ha
impedito la discussione dei bilanci, e troncato a mezzo quella ad arte
procrastinala in Senato della legge per gl'ìiiforlunii del lavoro. R miai-
stero sa|ieva di dover essere Iiaiiuto su questa legge nella Camera alta;
e tMn ha voluto presentarsi alle urne coq una sconlìita, Era gù sìM-
fUDza grande la sua debolezza per non desiderare di aumentarla. Resta
nofìdinieflo dimostrato che egli non ha avuto auiorìtà per spingere i(iiian:;i
\e famoite let^ sociali che erano parte integrante ihì noto programma
di Stradella. K colle leggi sociali molte altre leggi sono state seppellite
ila lui, chi sa se per sempre.
Il decreto di proroga non •'' bastato a togli<?re iifTicialmente tutte le
ioceriezze dello sialo presente delle cose. Nelle condizioni attuali la proroga
36U CilONAlIA
può ri.solrersÌ o nella chiusura dtAi» segone o oetb scioglimento delli
Camera. Per quanlo guest' uUima sniu/ìone seml>n la più prntMibilc, pure
nulli è slato ancora délinitlvameiite dclìlieralo. Una deei^ione su quest/^
punto DOQ verrà presa se non quaudo lo penueiierà la salute del pre-
sidente del Coasiglto, che ora trovasi iDfermo per uoo dei suoi soliti
attacchi di gotta.
luanlo nella previsione di uno sctOKlimeulo della Camera, lutti ì
partili, tutte ìf arobiKÌoai e lulte le cupidigie, e ce ite li3, Dio sa quanie
hao comincialo ad jgiiarsi e ud agitare. Ognuno si vuol tenere prooit
pel giorno della battaglia, e non lasciarsi cogliere alla sprovvista. PhmJ
a dare l'esempio sono Mali i deptunii dell'opix^siiiione presenti a Rnni.i,
i quali, in una riunione tenuta il 17 aprile, hanno preso i loro accordi
sopra alcuni punii dei quali sarà Tana causa comune. Fra gli accordi
presi ci k questo che pel buon successo delle elezioni si debba dividere
il lavoro fluitonile.
Se il 8eeoh dì Milano dice il teto, io quel concilialMlo dell'oppo-
sizione pare si sia stabilito di dare la direzione del Ptemonie a Tntn-
maso Villa; del Lon>bardo-Vcneio al Cairoli e al Zanatd(!lli ; delle Ro-
inagne ed Emilia al Baccarini; del Napoletano, al Nicolera; della Sicilia
al Crìspì ti al Budini; insomma ni coprirci della Pentarchia, lutti aspirami
a raccogliere l'eredil.^ del Deprelis, che si reputa già mono e .v!p[>ellil0,
e a melteivi sulle spalle la pesante croce del potere. Né questo è tutta
Non .siamo ancora alto scioglimento e giA si mettono fuori programmi
e discorsi. Dei piograniroi il primo eh» si sia [icescniAto è quello dd
dis.sidenti del Ceolro destro, di coloro cioè che prepararono, inneggiarono
e aiutarono il tnisformismo, ed ora sou quelli che tirano sassi sui vetri
del povero vecchio di Stradella. Quanio ai discorsi non si conosce fibora
che quello che il Nicoiera far.^ a Napoli, a Regorio di Calabria, a Po-
tenza, a C:ttanzaro, a Chieli, ad Aquila, a Foggia, ad Avellino, a (^m-
pobasso e a Ij^iievcnin. Potenza di polmoni che dee avere 11 gran barow
di Salerno, se è capace di far risuonare la sua voce in giro per dodici
Provincie !
Tutto sia a vedere se questi signori faranno i conti senza l'oste; e
l'aste in questo caso potrebbe essere il cbolera che abbiamo alle porir.
7. Tra quesii garbugli bi.sngna anche conlaro la Massonerìa che b
capolino per pescare nel lorhido. Cominciamo dalla romana, la q'jsk tli
recente, se è da credere ali» Rassegna, nel Ristorante le Venete, in ri*
Camffo Marzio, tenue, il grande hancheit'j massonico o agape rralenia;
c'era un centinaio di Trammassoni, che rappresentavarn tulle le logge
massoniche di Homa. 11 gran Maesiro era assente non si sa per quali
domcsiicbe cìrco^stanze; ma presiedeva tigrati eommendatore della .Mas-
soneria italiana, il che non tòlse che « la più schietta cordialìtjk regnasm
dal phncitno alla line dell'agai» fraierna che si protrasse ad ora lard*
covTRHrnnANfu 367
^sera. » Menire i missoni rimani liancheliavnno e cinnf^Bvaoo nul
loraDle le Verfie, (\xm di Firenze seilevano a desco m i|iiet del-
ÌAtet Miinn. QueMo haDchello noD fu che il nKi-essario coin[iltimenlo
if^gello del Congresso massonico di rito simbolico, che si cominciò
la sede della Loggia CotteorJia di Firen/e. Ctie cosa Abl>ia de-
ll Coogresso non è più un mistero, per ({uanLo si sia cercato
«rio naseosln. SÌ sa infalli rhe, oltre all'avere discusso suWtnradrìile
pericoh itegli Ordini reliifiosi, e sulla alMau/.a dei clericali col governo
di Uepreiis i capoccia della Massoneria ìniervenuU in qiif^Ua sinagoga
iMuria proposero ch« si ralTerniasse la dipendenza dfi massoni floren-
Ibi dal Oraode Ortenie di Roma e si costiiuisse un fascio di tane le
knt massoniche. E poiché il line supremo della Massoneria è di dcmo-
At, se potesse, il Crislìanesimn, l'assemWca lenehrosa dftiibfjrh di riac-
Kiderti pm viva la lolla contro il Clero, nemico della patria e. ddla
tU«n.1, dappertutto risori^nnie! » Oue-tlo riferisce il Seenìo di Milano; e
COovicn prestargli fede, perchi^ delle cnse massoniche è or^uo ofQcialo.
iKanlo pei j^oroali belici corre una circolare proposta colla data di An-
versa 8.'. 7.'. 8 e li!.'. ;i877 per cj-sare un Papato massonico, che abbia
«^e, areopago e curia in Roma. Per ci^ fare converrehl» convocare nel*
l'alnui cilti un Congresso ffrneraìe dei ma.<>uom\ in ati (Uòbano eia-
bararsi gli statuti di una tate isiUìuìone: pttr la stfssa ragione si
^«erd a forma del Danaro di San Pietro un Danaro (klla Mnsso-
HrM, (Ih le scimie!
8. I^ mene socialiste si manirestauo o^ni di piii balde e amiacì. Ui
cbe ì padroni delta nova Koma sono in grande {«nsiero. Uue grandi pe-
ricoli infatti sono imminenti. Io scnp|iio di una guerra europea, e lo scop-
pio de) socialismo in Italia. Sentano i lettori che co.<;a scrive» .su questo
pmposilo la Democraeia del ì aprile. « Tulli i giornali conservatori
mdann: 4rt' firmi/ Dal lepido Fan/w/fa alla decrepita Opiwone, dalla
PfTsrveranta alla Hus^rgna, un urlo pauroso s'innatza all'unisono:
Caiilina è alle pone di Roma! • K noia che «l'epilessia mordile mi-
uccia d'impadronirsi dcll« mollìiiidinì lavoratrici dì tutto il mondo,
dagl'impiefali ìpì trams di New- York ai minatori di Discare vii le, dai
^en<ticftnli di Cbarleroi ni manuali di Milano •; ma di(!hiara c\w queste
^■Dvulsioni popolari «sono inevitabili consegnerue deiringìu.sti7ia. * In-
i^nto da Uorna ci è ehi ha scritto alla Perset^eranea che « nella Lnm-
hardia e nei Novarese i Tugi* del Laroro, Il Consnfato Oitrraio di
Milano ed altri Bodalizii minori mandano appositi cinìssarii nelle cam-
pagne per diflondere le loro dollriue sovversive. Nell'alto mikinese. pf^r
etìenipio, dove la coltivazione dei hachi ha iin'imporian/a speciale, la
pnrola d'ordine, che gli emissari] cercano di far provalere nelle frequenti
riunioni che ora tengano, ^ questa: nfli tersa. * fjt corrispnndf^n/a spieira
che t|uesie due parole .signilicauo tutto un piano di guerra. < 'Juando la
368 CROI
coltivazione dei tiactii sarà giuau alta terja mula, i cooudini pre^ea-
iKrarioQ ai proprìetarii le loro pretese minacciandoli, ove non le acceitino,
ili non fiiii prestare l'opera loro per condurr-e a termiDe quella coltiva-
Eione, mancando cosi aìrobljligo che hanno T>cr ontratto rortnalc. E pol-
t-lift le toro pretese saranno ìnacceliabiti, è probabile che accada sppunu
ciò che sì mÌDaccia. con quaoio danno di lotti è inutile il dire.»
Ouesto lavorio dell? s^Uc anarctiiclie non è meno attivo ed inenìcace
ne] Veneto. « Il Costa, dice 1' l'nìM C/ittoiitio, die b slato a Vennia
durante il processo dei Mantovani, no »nrlr.t, se non ^ già andato, a Pa-
dova {»er il proce.>uio dei socialisti padovani. Nel Verjeto poi i radicali
fatino dappertutto causa comune coi BocìnlLsii, e lo slesso, ^ fari dicesif
nel Bresciano.» Pur cooehìudere: le mene del Sicialismo aci)uisuin
sempre più foru; e quel che è peggio oon si vede ctii contro questa
crescente marea voglia e sappia resistere; anzi se si deve prestar fede
alle noti^ift che ci vengmo da Roma, ei è qualche sintomo singolire di
pusillauiuittj dm fa paura.
9. 1 porti di mare furono sempre ì più esposti al iriMe morL» cht
(li tanto in tanto Ilagetla l'Europa. L'anno scorso fu la volta della I>elU
i'alermo, oggi lo è di Brindisi, da dove si annunzia il luttuoso avv<ni-
menio della comparsa del cbolera. Il nwboera egli latente, ovvero dì-
vamp/i improvviso, rome è accaduto in atire parli? La prp.tur»lnr»e Al
pfl primo caso; e non ci fosse altra prova basterebbe quella della de-
stituzione del Sottoprefeiio e del Sindaco; il morbo quindi eaislcva in
liriitdisi, ma si lenea nascosto, e non si pensò a farlo sapere che quando
gli attaccali ascesero a 75 e i morti a non sappiamo quanti.
L'annunzio funesto ha messo i brividi ai Siciliani, i quali subito banw
richiesto Ir iittarantcne e l'otterranno. I falli di Palem» dell' anno scorso
non sono arn-ora dinientirati dal Depretìs e dal suo segretario guncnle
ilorana; sicché è vnce, che dopo avere il Ministro dell' iuierno Hrmato
il decreto delle quarantene per \e provcnieo/.e da Jtrindisì, lirraerA anche
quello delle cotiiumacic generati por te isole. In questo caso, la (alla
cadrebbe al hal/o del Depretis; perchè poste le contumacie generali è
una necessità rimandare alle calende greche te elezioni. Che è quel che
desidera. « In tal caso, dice la Trìbima, il suo programma sarebbe;
Non chiudere la sessione, onde non riaprirla con vota/ioni contrarie;
ritardare te relazioni dei bilanci e domandare che sieuo approvati senza
significato pobtico-
11. Nel cliiuderc questa nostra Cronaca della quindicina, non pos-
siamo asienerL'i dal irihutare i nastri omaggi a quell'emineole Porponio
e magnanimo Pastore, che fe il Card Arcivescovo di Napoli Guglielmo
San Kelice. Qup.st'unmn secondo il cuore di Dìo, e che la Prowideoa
chiamò a governare la diocesi principe del regno di Napoli, prende sempre
il più vivo interesse per tuim ciò che può conferire ni bene .spirituale^
corrreitPonAKBA
Ciuate (^ morale della mn dilfttu gre;;i;ia. Gli sta a cmtc. (>riiici{iat-
eate rwJurarionp cristiana d^lla Rioveniù; * non si lascia mai sfuRpire
iCisoDe di paleure ti sun grariftp smora per essa. l'À un' ultima pruova
t è i'afTcsio veramente paierun diraostralo verso ;d;Iì alunni dui Collegio
tonno, nella occa.>:ìone del trasrerìmenio di qiiesm i>lleKÌo nella ca^a
9U della Conocchia- t/inaut^iranone del novello collegio, dir«ito da
ìligiosi esperti nella ddirata e diflìeil arie ilell'ofliicare, fu falla il 1° aprile
ilio <acvu> illustre Por{inrntQ, rhc soiLO il suo patrncìnìn lin |)osto quel
im ed uicantevnle sito dixiiinatn ad fìdiirjire la Kii>ventii perchè divenga
D giorno la ^'loria della iiatria e il vanto della retii;io»e. Terminala la
Boedizioor; della Casa, Tati» secondo il riU). 1' KminenlissÌRir> Cani. Arci-
escovo, lìRdendn pmsso l'alLirr; della napiiellfi. agli alunni, alle loro
iinìglie e a quauii eram couvi-jiuii in quel santo luogo volle manifestare
In Dna allocuzione il seulimeuto che lraho(^;aYa dal mio nobile animo
ella solenne cerimonia che s'era cr>mpit)l3. Un »uoto di quel discorso Tu
aio dalla Ubertà Cattoiicn di Napoli del 3 aprite: e noi non vogliamo
Mutarne i nostri Icnori, tanto appropriati alle circostanze del luogo e delle
lenone, tanto commoventi furono ì sensi da L<ii espressi, dei quali non
ttra mai cancellarsi la memiiria eia impressione in quanti li ascoltarono.
tAllopchè, miei fi^i (così in sentenza PErao Arcivescovo', poco innaitzj io
isaliva a questo colle in me^zo all' onda festiva di jnoviinetii e di siitnorì;
pii dove una volta sorge» l'ostello del dolore e della morte, i riii pianti
ri i giui risonavano in eco spavcnievoie nella vicina città invasa dal-
'qiidemia del chnlera, al ravvicina mfinin di tali idee il cuore mi ballava
Kr lenovjia, e mi sono venute sul lahhro quelle cnmrnovenli parole che
B^àmo nel XXXII capitolo della Vjmvs\, allorché (Jiacol)tie^ carico di
unìgiiaedi beni rìpasKiva il Giordano:-- Dio dei padri mìei, ek'lisclam\
||awio picciolo innanzi alle mist^itcordie ed alln leali» che lini usato al
^■rvn. Io passai questo (lume con un bastone solo ed oggi vi riloroo
^■iM schiere.
Buu^tì pensieri rìcorsei-o alla mia mente alla >ista degli splendidi
ocelli che salgono questo colle, donde discendevan cigolando i funebri
Vri: all'aspetto fedivo di questa gioventii studiosa piena di ardore e
Ti speranza che inconiro sulla soglia onde la speranza fuggiva, a questa
rimavera che ci soiride ^In dalle piante, d.ille quali l'una dopo l'altra
ira? e gialle cadevan le foglie in qnel triste autunno. Si, il mutamento
I (lue.sia scena mi fa piatii<<-re e rìn>;razi:ire Dio con i sentimenti di
Naeolif*c.
•e Allorcli^, cessala la morìa, gli illustri ni ppresen tanti dì questa cillà
KKKfO a ri ni; radiarmi, io risposi ad essi dì :iver compiuto se tu pi icf mente
pastorale dovere verso il mio caro po[jolo, e che io inveoe dovevo
agra/iar loro per Topera dnl risjinamenlo a cui si accìngevano. Rìsa-
ttwfo pure .Napoli inalerìalmeulA, ma non trascurassero il mighora-
StrU XUI. poi 11. /lue. 8«1 2i ii "pr-iU l»5ij
370
CRONACA
memo iiiornle del popolo, e specie la educazione della f^oventù ini;idìaU
da lanli impuri miasmi.
« H noi die esultammo non appena le chiare e fresche onde del Senno
volsero fra noi pel commodo e la salubniik dei ciiladini, esuUiamo non
meno oggi. Tingendo laoli doNÌIì giovanetti, educarsi al sapere, alla vini)
alla religione soUo la guida di eocelleoli e ooti isiiiutorl. E qui. ilove la
provvidenza del magistrato di salute ordinò un lazzaretto per arrestare
i passi ai morbi infetitvi, qui appunto zampilleranDn ie mistiche fontt,
e cosi, 0 miei cari giovanetti, attìm/eretc con gaudio le lutqnf alle fomti
dfiì Stivatore. Non bastano Ititi'i materiali vantaggi •^mm c)uest'ac(iua si*
hitflrc, per cui sì tempera la febbre delle passioni sociali, che furiosamente
oggi divampa e va seminando stragi e rovine in tante parti del mondo.
« Avrei mollo a dire, ma l'ora ed il hiogo noi consente, lo i]ui giunsi
col pensiero di Giacobbe, e di qui mi parto con la benedizione che egli
lasciò ai suoi figli. Innanzi a me si schierino tanti e tnnti nobili gio*
vanelii: or io dimando con Giacobbe: qui snnf isti? Che vogliono essi?
— Son llgli miei, mi risponde Giuseppe: fìtii mei stmi, quos donavit
mihi Dfus in hoc loco— M io di rimando: avvicinali a me perchè li
benedica — VA ecco, o glorioso ]s4ituto, o Oiuseppe, che io ho riveduto
il luo aspetto e di più il Signore mi ha mostralo i ttioì figli. — Io io*
Èmcio le mani e benedico Efraim e Manasse, scio, scio; Cfln la sinistri
0 giovanetti, vi strìngo su questo cuore die sente per voi il palpito del
Vescovo, ed altiingo la destra sulla popolosa città che un di rimirando
da i|ucsta altura mi riempiva di ansie e dì timoii — Autjfìmt qui eripuit
me de cHìictis malis fxnedimt puens ist-s; o Au^etu di Dio, tu che
mi serbasti incolume fra tanti pericoli, benedici a questi fanciulli.»
Ed ora anche noi facciamo i nostri voti perchè i magnanimi doW
derii dell' instane Porporato sì vedano realizzali, ed auguraotkt agli abili
maestri del Pnntano i pì{i felici success), confidiamo che la Pro^'videnn
copra delle sue sante ali quel caro nido di giovancui, speranze della pttrii
e ilelle famiglie.
III.
COSE STHANIEHE
BRLOIO fNof tra a>rritpond*nia) — I. Hwcrhionp cIpUp pani lo ehi» «i iifìit
il popolo Mg» ~ 2- Grari rfìMniini nwpnulì in vnrir provìnec, notanirainiH
a Liciti, a Tournni, a riiarltroi e a Swpiii'*, l,mlcu»lp ('nnic;;no ilei mìiii'
giirri'a r ilft gcnenle V.in Aev S[iiiss''n - 3. IU«iiliatiK>iili di^li .vci i
sonlini. Urguiit« iM<c«ssi(ji di uii iberno ciisliaiio e forlfi che uppia pivtrjiifv
nuli ulteriori.
I gravi avvenimenti, de* quali il Be1(;ioè sialo da un mn.'« in qua 3
teatro, e te Inquietudini ch'essi h»n destate per l'avvenire, han hsvi^lljis
CO.NTEMPORAKEA
il desiderio di arere una relazione fedele e spassionata inlomo alle
inse, alle circostaiue e agli efTetii rlì tal commozione non meno rejTtMIé
le inaspettata. In qiiinili mi fo uà dovere di soddisfare, luitoctiè a<»8i
[evempnte, al vostro desiderio.
1. Il ooslro piccolo paese si divide in due parli beii dlsjjnie fra toro,
^ntunqoe unite per religione e per amore di piitria. Dette nove prò-
ncc che il compon^nnn, quattro, quelle einh (ti Namur, Lle;?i, Hainatil
. tiUssemhurgo. parlano la lingua vnllona o la francese; (piatirò purlano
i UtuuB fiamminLia ; la urMia, che è il Itrabaute, è per metà vaUnria, per
keiit lìaminiuH'a. La pane iiai»uiìni{u del paese consiste iu piiiiiurt-, dove
gncottra è quasi l'unico provento de^rli atiitanii, ciie delle lor terre
Meriti tiau fatto il /jiartUno it Europi. L'agricoltore sente di
esclusivarn''i]le dalla Frnvvideuza; onde, per que-sLo solo fallo,
religioso e ama la iranquillìtà. Ad eccezione della citla di Irand,
le hinumorevnlt mauifiiUure di paoni e di telerìe tiauuo aij;;;lomi.'ralo
bglìaia d'operai, attaccali come tanti siruiueoli alle lor macelline, può
irsi che iMtia la parte IlanamiDxa del Belgio è pacifica e alTaito immune
iillo spirilo di sciopero e di sommossa. Anversa, col suo ceteUre porto,
lalines e ilrugeit col loro commercio di trine e telerie, sono città calio-
Bbe pef eccellenza, e dove ì giornali sociali-tii, per lo più francesi, non
nnino che poehi adepti. Favorire l'agricollura, che è, g^insia un celebre
etto, tuia delle mammelle dello Stato, è 1' imere.sse dei governi, * la cura
rinapali-ssima del ministero cattolico, il quale ba perfino crealo a tal
Beito un dipartimento di agricoltura e commercio.
j La parie vallooa si ditTerenzia, per piti d'un rispclio, dalle quattro
roriore fiamminghe. Specialmente da un secolo in qua, rindiistria vi
B preso un prodì^o.«io <;vituppo. Nei bacini della Mense e della Samhra,
I ricchi ilepnsiti di rarbnn russile e di ferro, le cave di pietra da eostru-
bkK, di caloe. di marmo, sono fonti di rendite immense. Liefn f^on le
ÉM fiibbricbe d'armi e cannoni, Mons cil suo carhone, Soigriies con la
ka pietra da costruzione, Cliarloroi Ropratlutto con le sue miniere di
IvbOD fossile, le su)t fabbriche di vtitro, le sue fonderie metallurgiche,
tmn divenuti i centri rinomati dell' industria betj^ica. Ne' .soli dintorni di
■barleroi si cnnLani^ un ceoiinain di foiiflerìe, ITiO sedi di escavazione di
lirbOD fossile; e in questo centro ìndusihale, sopra uno spa^tio di pliche
fhe, trovansj Impiegali meglio ctie fiU.lKKI o[>ei"ai. Non è mia intenzioae
nule del popolo vallone: il Iteli^io caUi:)lic<> ricorda tuttora con rico-
psceoza che furono le bande vallone, celebrate dal ljos>uoi nella sua
hfiooe funebre del Condii che ■'ioiio la guida dei Lalaing, dei d'Arscbot,
b de Crojr e di altri signori mnteontenti, aiutarono t'ilìppo II e il Tar-
ine a ristorare l'ordine e la religirtne ne' Paesi Bassi. Non pn.sMO però
e che lo svolgimento dell'industria atibia afrievolito in quella j>art6
paese lo spirito religioso. \a comtman/a di lingua con la Francia
òri CKOKACA
vi 11» fatto eoo più dì radlìl& peitelrare le idfitt della rivoluzione det 17t^^
r industria, piii fiorenle e piii lucrativa dell 'agricoltura, vi ha fotta aflU
n^n solo gran quantitiì d'operai liamiDin.i^hì ^e notiM ii^q esuere,
ralmeoie parlando, i piii coimuendevoli iiuelli cbe $i ras^egoioo ad'at
baodonare la toro provincia}, ma anche parecchi operai francesi e tedescUj
Jvi natura stessa del lavrtro, cui l'iudustria assoggetta l'operaio
(duderie, non lascia di esercitare una influenza sfavorevole sugl'ini
religiosi di lui. Non potendo t forni e le macchine essere spenti semij
gravi perdile per l'industriale, diventa una specie di necessiti ìl lavorai
piirziale dolla domenica, e cosi rimane soppressa per un gran oumeroj
d'operai 1* influenza mnraliziuiirice del cullo. Poiché l'industriale trova dell
suo inierense il diminuire le mfircedi, e^li divide il lavoro, e djstlnj^uej
gli o|)erai in lanle categorie, cìaseuira dolte quRli ha la sua parte ar*
coscrìtta nel lavoro; dunne, fanciulle, ragaz-d nono impiegali ne'livnrrl
pili facili, e finn dall'eli di dieci anni guadagnano uti tenue salano; liftl
deve necessari a mcnle tornare a scapito dell'educazione; le fanciulle, giunte!
una volta all'età di prendei- marito, entrano in famiiilia senz'avere affi
preso nuli' altro che un mestiere non avente alcun che di comune caai
Ja direzione d'una casa. Questa popolazione, che passa i tre quarti dcDil
giornata e della noue soiierra nelle miniere di carhon fossile o in jin^j
simili^ delle fornaci, pot^ quando r industria prosperava, guadagnare!
salari considerevoli; ci6 malgrado si è mantentua imprevidenlr, disi-j
palrice, povera. Nel 187'^, le mercedi giornaliere ragguagliavano a
od otto franchi; ordinariamente^ esse andav.ino perdute in piac^, i>]
spese pazze, in gozzoviglie; col borgogna e con Io sciampagna que'pov
operai inghiottivano in poche ore il loro gujiilagno di scitimani' inim.l
V'hanno, senja duhhio, non poche eccezioni; le Suore di Santa Marii
della Provvidenza e Lame altre religiose, che hanno in quelle pravioc
stahilito floride scuole, pongono o;^'n' impegno ad eccitare nell'aninm
quella buona gente l'am'iriì dd bvoro, della famiglia, del risparmio. L'i
diecina di collegi diretti dai Gesuiti o da preti secolari, un gran
di scuole tenute dai Fratelli della l)fitirin.i cri.-tliauR, esercitano in
paese una salutevole innuenza. Non ^ quindi raro il caso di rìot
famiglie ricche, pie e che van debitrici della loro fortuna a un [udre,]
a un avo stato un tempo semplice o])eraio; case provviste di luU)
comodi possibili, quautuuqiie annerile dal fumo del cariioue, le quali ^-j
vono di riceito a famiglie patriarcali e animale da scniim«nti religio
Gli stranieri, che iraversann quelle cave di carbo/i fossile, rima
attoniti in vedere ì piii degli o|>erai pieni di rispcito verso il prete,
osservatori del precello domenicale, e che non scendono nella fossa
prima essersi muniti del segno distia croce. Con lutto ciò molli cari
allorcli^ r inilustrin maggiormenie fioriva, lungi dal jionsare all' inde
e procacciarli |iel giorno nero un risparmio, che loro il rendesse me
OOATEMPORÀNEA
373
appsreccbiavano a se stessi amari disingaDoi e desolante mi-
ria. Avviene, infatti, un inforiiinio, uno scoppio di gas, uno sciopero;
«eco che la famiglia si trova senza pane. Immat^malcvi U sorte, che dovea
loro apprestare un'educazione irreligiosa, quale l'aveva nel 1870 stabilita
il ministero liberale.
Alle cause da me poc'anzi additate sono da aggiungere gli ccciu-
Dienti della cattiva stampa, i concerti, le cas« di giuoco, le bdtolt;, e
sopralliilto le congreghe dei socialisti. Nelle campagne del paese flam-
tniiigt), queste inllueD^e sono mf^no sensihili, giacché alle II) della sera
tulle te bettole si cliìudono. Nel paese valium:^ iuvece, le autorità comunali
si moslranu \nii indulgenti ; sicché l'operaio, avendo da spendere di più,
consuma la notte, i giorni interi all'osteria. Ora, quando le mercedi sof-
{roQO una for/,ala diminuzione, che cosa fa egli? Dà retta ai meslatnrt,
ebe gì' ine 11 1(^110 U resistenza al principale. Un lirauco d'avvocati si fa
imtaiizi a perorare contro il capitale; una torma dì socialÌM.i difTomle a
miuiiaia d'esemplari opuscoli rìvoluxiouarii e^«di£iosi. .-Vll'operuio più non
^^'ms«goa in un catechismo cattolico, essef ejjli cristiano, crealo per una
Hna eternamente beala, de^iiinato (piaF;giù al travaglio, al merito, alla
^prova ; sibbenc gli s' insegna nel mtcchismo dei popolo, esser egli schiavo,
it suo principale essere un lirannu, lutii gli uomini, essendo eguali, aver
diritto a eguali godimeciu e alla spartizione della ricclieziEa e dei beni
della lirra. Ouei poveri ignoranti cedono alla seduzione, si raccolgono
tasìeroe per poter i^'sistere ali» necessiti del lavoro; una cassa socialista
lomisce loro del di'nani per qiuilchc giorno; e frattanto il lavoro viene a
maurari?; il priiicijiale si rovina «perde il frullo dei caplLali impiccali
oeir industria. IL più delle volte, l'uperaiu deve tìriice cnl sriiiiiiiieilersi.
L'operaio è egli colpevole? io ben mi guardo da scusarlo iotera mente;
più colpevoli assai sono spesse volte i principali, che ne.ssuna cun
s prendono de' suoi ìnlere.ssi religiosi, piii importanti di tulio il resto.
iudustrìalì, homines novi, giunti io poco tempo al possesso dì
fortune, gl'ingegneri, eh 'essi prendono al loro servizio, sono il più
volle uomini senza fede pratica e di costumi liberali. Come sapete,
lO le province vallone quelle, che forniscono al panilo liberale un eoa*
'Ugeote poderoso: illainaul e Liegi non dàmio mai ni; senatori nò rap-
preseoianti cattolici. Il Baudoux, l'operaio venuto dal nulla, le cui fonderie
iDO siate devastate, incendiate, rovinate, era egli stes.<u), a quanto mi
eoe assicurato, uno di quei lilierati esagerali, che vogliono revisiono
della Costituzione, scuole neutre, suUragìo universale. Eppure, gli scioperi,
i .sacctieiggi, le sommosse sanguinose dovrebbero servire a costóro d'in-
weutn, e mastrar loro che, sen/a la religione, il pupolo più favorito
t tieni della terra è un popolo sventurato, che pu6 da un ijionio al-
l'altro trascorrere agli ultimi eccessi.
Ma io m'accorgo d'insister forse un po' troppo sulla de&crizioiK delle
tnesli
leUe
374 cnoKACA
due pani, in che si dhide il popolo belga ; mH^ scendo senz' altro a p«r-
Ure d(!gU avvcriimi-nti, che han lronc:ita di mtl^ In nnsir.i pacifica .«lorìa.
3. I recRnli disOTdini di I/tnJra, stali roprc^v'^i dalla polizìa e dal-
l'esercito inglese, ma sopniiuio la debolezzn, il funfìsiii favorc dim»«inti
dalla Carniera rraiiccsc dinanzi a>;r insordenti di Dera/evillo, i uiiìtI
giornali, che commentavano a moiìo loro silTmii avvcnim^^mi e istigavano
dappertutto la clafi.se operaia alla rìvetidìcazìnfie sociale; lutto ci6 dnvevs
produrre, iacomimnando dal paese, di Liegi, gli efTetti, di cui siamo stati
testini'tni, e&sendochè iàn <|aella la parte del paese, in cui l'operaio le^^e
il maggior numom di giomaìì. I^i prtlizia, n malgrad'i delta sua miglio-
rala organi/.;.!! ;(iGnfl doveva a tm dato momi-nto trovaiM inijioteole; ts-
itore, m virtìi delle moderne teoiif, uo-stretta a Ldllerare e incoraggiare
la liberta di a ssocia ^iotie, gli «ccitainenii alla soiuuio<>sa, e per altra parte
a reprìmere questa e quelli appena abbian prodotto l'efretlo voluto, i
condi/iune assurda, ma alla Tine la poliitia Ta di tulio per lirari^rie fuori
Sembra evidente che il socialismo non avesse orrjanistafo a siifliciean
tulle le .«ommosM!, che abhiiimn avute nell'ultima quindicina; w tss»
fossero sco[>piaie ftimiiliancsmcnte, nessuno ardirebbe atr(>rmare che tnssb
Slato po-<;sihile reprìmerlo. — Fraitanto che la polizia di Liegi vigilava
il giovedì 18 di marzo un mer^tìng, in quella parie della città che si
stendi- olire Mense, bande d'operai scriba lavoro, d'anarchici, di mnudli
assembra va nai in gruppi, e;, nnn trovando rc^^isicnza, fracassavano e .uo-
ch^gìivano quanto voniva loro alle roani nel ctintro .stes-sn della dtli;
cosi essi iiiiendftviino di celebrare l'anniversarìo della (Comune di Parigi.
Fu i[uefla per l'aulorilà una sorpresa, e in pari tempo un avvertimento.
Il momento era tale da mettere a grave rìschio t'avvenire del Belgio,
conciossiachè, mediante la npidiU del telegrafo e della stampa, il fuoco
prtteva comunicarsi a tulli i cenlri d'industria. Al pritm aunun»o della
sommossa, io mi rammentai die nel 15tìfì [giacché convien risalire l
quell'epoca per trovare nella nostra storia scene cotanto selva^ di
saceh^lo e devastazione} la deliolena d'un sol uomo, d'un gran guer-
riero mise io rìvolunone il paese: il d* Llgmooi, che n<»n aveva fuat tn-
dieireiggiaio dinanzi agli eserciti francesi, indietreggiò dinanzi a un'orda
di predoni, che alz^iva il capo allora in Fiandra; e, grazie a questa de-
botena (che il duca d'Alba non volle perdonargli} imjierversaroao né
Paesi Ba-isi venl'anni di rivoluKinne e di guerra civile. Queiua volta però
noi avevamo, la Dio mercè, un ministero forle e vigilarne, un ministro
della guejra coraggioso e intrepido, un esercito fedele alla causa dell'off
dine. Appena il mini.slcro ebbe oerlt^zEa che polizia, gendarmeria e guardia
civica erano state impolenli a mantener l'ordine nella ciuà di Liegi, t
che nei comuni limitroll erasi fesleggialo l'anniversario delta Comune di
Parigi, .si tenne pronio ad ogni evento; il governatore della provincia in-
vocò l'iiitervenio della truppa, e il generale Ponlus, ministro delta guerra»
Cn.STEJtl-OHAKCA
375
vlgi?ft in persona ad assicurare il inanteniraefiio dell' ordine. Da piti parli
gidOi^eTiino rtntom; la sommossa iwrò uou cedeva, e poicli^ ikuvìi vio-
Lriiz.1, i snidati Tccer usn delle anni; furnnvi multi Terili, qnalrlie morto,
e UQ onmcro considerevole di pri^lonierì. l/auituiline vigom.sn de^ti
uintriali, che nioslravafiw risoluU a] comlialiimento, fe'sospciMlere la re-
sislr&za ; gli operai rirusavano di lavorare, Io scio[]ern andava altresì
KLendendosi a lullo il Uicìno carhooìrero e alli; Tiibbriche d'aroii; ma
Kordiue sembrava assicurato.
Nel tempo stesso Urussetle assisteva allo spettacoli di numerosi nneffinys
tcìatisti e di alcune mamfcsiaiioni minacciose; la polixia e la ^eiidar-
leria disficrscro i dimostranti^ e volta iier volta clic tornavano » formare
in gruppi, arre^slavann i principali agitatori. Ij bnrgl)e.sia stette per un
momento io grave apprerusione, il re fu preso da impjietHdine. Tutto, [lerò,
H ridusse alla rottura dì qualche cristallo: parve che Hnisselle votcs.se
Mnenl in serbo per la dimostrazione socialisui dfl i:i giugno prossimo.
^^ L'o movimento ben piò inquietante incominciava a Charleroi. Onivi
Blglt sciopen sono, più che altrove, Trequenli; raro è che passino due anni
senza elte l'esercito debba protegfrer l'ordine. Il 2ó di marzo, bande di
scioperanti circolavano qua e là, costringendo gli operai a cessare dal
lavoro, ìrromiiÉjndo nelle officine, e minacciando gli «scavatori di tagliare
le ruoi M non risaliAsern. Sul princìpio, le auinrtlà locali non sì s]>8v«i]-
larooo: il Koveniatore dell' Hjinanl aveva presi però gli opportuni prov-
vedimeoli, facendo rinforzare la «narni^oone di Charleroi.
11 ?6 gli srio|«raniì piombarono sui comuni di lumet e di Lodelinsarl;
accanto a operai fuorviati, noiavansì non pochi condannali usciti dal luogo
dì pena e alcuni siranicri tra franci'si e ledescbl. In men che si dìcf, e
prima che le truppe dì Charleroi avessero il tempo di gitiogere sul lungo,
le fatdirìche di vetro e \\ capitello l>audeitix furono in preda al saccheggio
fil al fuoco: il Itoiidobix e la sna ffniiit^lia durarono gran fatica a porsi
^kp salvo. Si die l'asi^allo ad altre latibriche di vetro e case particolari.
Fu un'ora terribile: inanimiti dal successo, i predoni erano determinali
a rif5.ist<.*re all' esercito, «'s.sendo parecchi di essi miuiiti ancora d'armi a
fuoco. Ma la pre^en» del generale Van der Smissen, che il di '27 iro-
vavasi sul luogo del pericolo, rassicurò pienamente il paese. A malgrado
di luuc le notizie sconrofiaolì, a malgrado A\ quei primi dispacci, che
uinuozìavano falsamente l'incendio di cinque castelli, di tutte le fonderìe,
la ((ente assennala di Brusselle non ebbe un solo quarto d'ora d' inquie-
tudine. « Il ministro d«lla guerra, essa diceva, e il generate [iresei.ie a
Charleroi sono uomini capaci di tener fronte alle circostanze; l'ordine
iri, senza dubbio, ristabilito. — Non bisogna tirare in aria, — avoa
il Pontus — ciò rende ridicolo l'uso della forza militare, e scema
il credito dell' autorità; ni predoni, che fanno la guerra civile, bisogna
isjjondere con hi guerra. — L' esercito belga è fedele; il tradimento
tOItlCA
sembm nel suo seno cosa impossiliile; può la franmiassoneria avere qual-
che adepto Tra gli udìeiali, il s^icinlismo iiefiimr uno. Olire a ciò, ucssup
tninisiro della guerra è sialo mai taoio rispfllato, tanto amato, quante
({DeUn del prexcnie i^atiìnctlo. G un vero soldato. Ottindi ^ clic., fino dalli
prìnis Kioriijia, rì conobbe far^ì dalla truppa non vaoe dimostrazioni, ni
un aitaeco sul serio; col massimo sangue freddo, e dopo le iDiimatiml
d'uso, c.'tsa Tece fuoco; fn uno de'primi Aconiri, a Roux, nove scioperanti
caddero moni, e un numero as<iaì mai^giorc ne rfmascr Terilì. I [liii fra
questi ultimi, min apiienn trovatisi in mano dttlle Suore ìnfiaricaie dì
asRisterli, mnaravansi pentiti: «ninn stati, diwvann, costretti a riliellarsi.
Solo un yiovme ventenne, die i^nadagu:iv.i 'iOO franchi il mase, affermava
che sa^eb^e tornato a prender le armi. (Inauro o cinque volte solianto,
doveliero le truppe tirare sui rivoltosi.
Lo sciopero, eìò nonostante, anilava estendendosi; meno vinlenlo, egli
è vero, che a Charlf^rol, ma siwventevole per i! numero. Nei dintorni di
Hons, nelle miniere carbonifere del Jloriiiage, nei dinlnrni, di Tournai, e
perfino di Dinaui, il lavoro cessava, e una popolazione di 60,000 operai
propa^fava la ribellione contro la capitale. Non eraoo, invpm, da temersi
i medesimi ei-cessi ; ma ì 4vl,000 uomini di truppa. sparpai?liali su laoti
punti, potevano diventare insudicieoLi a proteggere il paese. Furono dun-
que ricliiamate soiin le armi le leve del 1881 e del I89'2; il che porta
la forza dell'esercito a fi5,000 nomini. È corsa voce che la Oermanìa
volesse intervenire, e che i) suo esercito sarebbe per entrare sul nostro
territorio; notizia falsa quant'alira mai. Un simile intervento non aveva,
d'altronde, ragion d'essere, e neppure pretesto.
Dal 97 di marr^ In qua, grazie alla vigìlarna e ai severi provveda
mentì presi dalle autorità, snnn rcssnic le violenze a mimo armata; gB
scioperami snnn a poco a (locn tornati al lavoro; alcune migliaia hanno
esitato. Tutto, forse, non ft per anco finito; il perimlo, però, è rimosso.
X Quali sono di queste sommosse i risultamenli? Snpiio assoluto,
si per i principali, si per gli operai, in complesso, una trentina di questi
sono caduti vittime: molti dei feriti sono morti, riconciliati e loc^ì ds
jientimcfllo: parecchie eeiitiniiin di rivoltosi .•iranno condannali dai tri-
liunal'. Ma l'industria ha .sofferto un danno considerevole^ e del quale si
risentiranno tanto gli operai quanto i principali.
Il grande risultamento è sialo di mostrare col fatto l'inlluMiza delle
teorìe sociahsle, e per ciò 8tes.so di fare aprir gli occhi a molli e molli
liberali. I giornali hanno fino da principio notaio che l'operaio non ha
dato addosso ai convonii o alle chiese, sibbene alle proprietà ; che non
ha sfolla la cieca sua rabbia contro la religione, .litbene contro ì ca-
pitalisti. I conservatori, e soprattutto il ministero cattolico, hanno, per
questo solo fatto, immensamente guadagnato nell'opinione pubblica. Ijt
elezioni d*una metA dei rappresentami !;aranno (v'ha ogni ragione di ere-
COKTBMPOnAItBA
STOfeynli al [(a^lil'^) caltolico. l^ provino» in cui esse debbono farsi,
quuile apjNnil» tìnte la Miiiitiios^a Iia Ìuii)i:rver.salo; cosi a Toiirnai,
a Cliarleroi, a Soignies potranno i callolici riparlare uq pieno trioiifo.
C(Mi tulio tift. non c'è da farsi illusione. L'avvenire è fosco, li socia-
lUsmo, al quale laute sommosse hao ninslraio la sua terribile possanza,
n a^ia dappertutto e notantemente a' nostri confini. I^a vicinanza della
repubblica francese è un pericolo permauenle pei- l'ordioe pubbbco. L'eser-
cito ha potuto coitiprinoero la rivoluzione, perchè ha potuto arrestarne i
pritDordii: tmitdpiis oOsta, Ma quanto necessario crebbe il potere ap-
plicare quciia massima di saggezza ad altri principiì. che sono dovunque,
e anche nd lìekio, la vera causa del [icrlcolo! 11 mettere in innim di
un fanciullo o d'un pazio armi micidiali o sostanze venelìctie b certo
una crudeltà; ma non minor crudeltà è il lasciar difTondere fra le mol-
titudini dottrine sediziose e immorali. Ora, la libertà di stampa e d'as-
sodazione, favorevole innanzi tutto al male e alla licenza, come ite fa
Me r esperienza d'un secolo intero, crea fra noi e dapperiuito cerilo or*
. gaoi di rivoluzione per dieci organi d'ordine. l£ auliche tradizioni» le
doUrine del buon senso, le verit:^ più evìdi^ntì lian perdalo assai del loro
credilo; dappertutto si vede scosso il ^rau principio d'autorità, h chi
soffre m:iggiDfmeoie di un tale stato di cose noD è già t* autorità reli-
giosa; ma t'auiontà civile, la magistratura, i padrifaraiglia, i principali
di iranici sono quelli, che ne risentono le più funeste conseguenze. Che
lui dunque ì) ministero litiga per opporsi ai principii del male? Farà
quello, eh' è in suo potere di fare: ed è beo poco. Uuando un Ooverao
C, quando il sovrano d'un grande Stalo ardirà lloalmenle « rassicu-
i buoni e far tremare 1 malragi » non solamente per via di repressione
.uo.^^riale, ma per via dì repres.«ioDe morale; quando un grande Stato
no avri il coraggio di professare la fede in ('olui, che k via, verità
e che è la salute si delle nazioni come d^V individui; allora il
I popolo belga entrerà nello sU'sso movimento di riparazione socìtile
e di pace. Vu^Ua Iddio che non liiccia di mestieri passare pei- una va.sta
rovina sociale, prima che le monti umane si lascino convincere! 1) gn-
veraarc consiste nel prev^li^re e provvedere ; e jioirbè non si prevede
abbaslAnza^ per questo i governi son dcljoli. Kssi rasscj migli ano a co-
loro, do' quali il Vangelo dice: Claudicatis in utrnmque partem.
^^USSTA fìfoitfa eorrùpondensa) — I . Gli nflarì estpri — ?. Iji nnova ìffft
^Kc«l«[ast!ei — 3. Il ministro ilei culti « i Polneckt — i. Altari i-eligioji, e Tatlì
^^dl pmccmione — 5. Morie di monsifrnorc vad Aw Marwilt.
1. Il nastro (lOverno noti ri(1iii.'«e dal professarsi sostegno principale
pBC« in Europa. L' Ituperatoro, al cerio, i> sincero nelle sue assi-
IV.
378
CRONACA
ciirazìoni paciflclie, «, quanto »'sum coasiglieri, a'oon si possono mei-
(ere in aperta ei>niraJdi/.ìnnti con lui: ma nel mentre che es» ranno (ti-
chiaraKìwì pacilche insilino alla Cantera, la slampa, che direnile d'uffìcto
la loro politica, fa lutto il conirario. Noi assìsiìamo in questo momiiiio
a un nuovo armeggiare dir' nnstri fiigli ulliciosi. U Koifm'sciii Ztutnng^
la ^orddeutsche Atlgemeine Zcitung, e dietro ad esso Uitli i (^ornili
rettili, putrhiicano un subisso d'ariicoli, che rappre^ntano la FraitcU
cnmo animata da intenzioni bellicose. A .«entir toro, lo chaupiìtisme
francese xarehhe alla vigilia di una nuova esplosione al di fuori, e l'eser-
cito si apparccchierebbe alla guerra, intanto che la ìega ari patrioti
fomenterebbe una coalizione dei popoli contro la Germania. In una pa-
rola, quei giornali cercano dì far pnura ai Tede»!hi ; lo die oon ^, cer-
lamcnie, adatto a ispirar loro quella fiducia nelle proprie fi>n:e, che ^ il
carattere distintivo delle grandi uazioni. Si va dicendo che cosi filile ma-
novre mirano a preparare il pubblico a un nuovo numenln delle $pei
militari; ciò vuol dire che ne" posti governativi si fa ben jmhw asssegna-
tnento sul vero patriottismo. K quanto a far paura ai Francesi, il pm-
cedimento non è meno meschino. 11 solo elTetio, che può produm.', si é
dì scuotere la fiducia delt'Kuropa nelle intenzioni pacilìche e nella forn
della Germania, e far st che i Francesi Iroviosi, alla lor volta, ofluscaii
e ini]isi«»i verso di noi. Tutto sommato, le manovre della slampa ntH-
ctosa sono uno dei mei^zi più meschini e piti malaccorti, che possa ado*
perare un Governo, il quale rispetta sé stesso. Fino a questo momffll»
essi non hauno avuto citrise^ueu/e immediate ; ma simili minacce Hp»-
luiamenie indiriz7^te alla Francia manterranno e aumenteranno m \(i
l'animosili e ta sete di riscossa contro la Germania. Gli ulUciosi spar-
gono cosi un seme assai pericoloso per l'avvenire.
La Norddetit^ehe Aìl;i'rnmne Zeìtung ("■ andata fii\ tutle le furie
contro il Momtxur de Ihymr per aver questo fatta parola d'una coalh
zioue nni^Io-francnriissa roniro Germania, Austria e Turchia. Essa lia
credulo ravvisare un nianei^io dei Gesuiti in un'asserzione, che altri
giornali avevan messa innanzi prima del Momteiir: ma è incotiirasiaUto
che le relazioni fra la Germania e In Russia non sono piìi quelle d'aita
V'>lla. Da qualche giorno, i fogli ulllciosi prendono »d assalire tu Rnsal
perchè si oppone alle prelensioui del principe di Oulgarìa. adesso sì adV
nunzia che la Russia rifiuta di partecipare alta dimistrauone udivate
contro la Grecia, di cui vuol conciliarsi l'amicizia. Da un'altra [uirie, U
si:impft russa domanda con iusisietiu provvedimenti coercitivi contro iXt*
deschi delle province l)altiche e <MIa Russia lu f^enerale, e non cessa dal*
l'eccitare l'opinione puhlilica contro Germania ed Au.siria, le due nemiclM
d<*l [cinslavismo russo. Oramai non è piti un mistero per chicchessia ctM
la mtlura della Russia con le [wtonze K^rmaniche è diventata, da wi
pezu, questione di tempo e dì circostanze, lu questo caso, non è da
COtn-EMPOR&IVEA 379
n dubbio che essa cercherà di assicurar» l'appoggio delle altre
potenze.
2. Dopo r ultimi) mia corri sponden/a le irallalive per la pacificazione
religiosa della Prussia sono i-nlrak in una tiunva Tist;; e grazie alln
rìjplanza, alla tenntiiis ed al garl)o dìjibtaalicu della Santa i^ede uè)
trtelare gl'interessi più vitali dì queste ctiiese, promeiioiio di riuscire
I lieto termine. Siccome io aveva arccnaalo od era da preTedersi, la
Suta Sede non potè accellnie nella loro pninìtiva riMrelle/za le proposte
dd nofitro Governo. Ixione Xlll era prouto di accondiscendere Ano al-
ruhimo lìmite pecme^^so dulia co-^cienza, come lo Turono ognora i Pon-
tefici coi potentati restii nel nudere aWa Chieda i suoi diritti: ma la sua
coodiftcendenxa non poteva de^t^nerare né in dettolczia né in ìropi'eveg-
pau. Avrete avuta gii notizia della Noia ', colla quale il Cardinale la-
'Onliamo ticnt rii ripoitair t\n\ il lato dt-Hji Noia rii'lI'K.mo 4jntifl.ile latco-
tini, > coi iiIIimJp ri tmim iiurrispiiniJi'iUp o cìw fu ]iahlilÌr:iL'i dill'cprt'i/i'» Om/t-
Mtote Jiomano e dagli iillri ^ìoriiiili c^illoiìci ib]tai)ì. l leUnri \Ì polrsuno aiiiin'pi'are
El un esempio ilnlla (iìwri3ÌQne, fnint'ua, vigìt^nz.-) che «i accolgono vs^M ani
< Jìal PnUiut M Vaticano, i aprile 18SIÌ.
«KeirDltiaa nota in data ÌQ ild mese kotìo. ii sotioxrìito ùirdrnnlest^rctsrìo
imitilo In infomialo S. K. Il «ignor liiviitlo nnioriliiinrio e niliiiMro |ilf>ii))>ntcnKiari<i
4> hunia clw immediabnieate ilofra ctir il proK^Uo di lc!!yi' "ttunio collo noli'
ttBSkuiim sarclibe necfUflto e ^mimul^io. st inciiricticrt-libero i vcscniì dì noti-
itwri) goremo pnjS5iaB0 i nomi df^li ecclesiastici clic «mniio chianinti, in <]u3litft
Mftrrochi, ait r<<en:il;irp il minittcì'o nelle cure nttunlmpnU! vacnnii. Si n^^iniiii'f^ii
Atte,tVttK K *ia[a «prrnirc. In ]>»(< rRlijrioM fa'vie vtlciuta, Ih nolilicutioiii? (toliY-blif
■M nleu nll'av^pnirr. 0(k-'<Io moda» procfdfndi n sUito i>ri{tìn)10 iliillii r.m\sì-
^BKioM.ebc, qumilunniiw l'^iUuvIr )ir«)j[<<t1o con ìr iillìini' moilì Tic M inni, rnnti-n|?r
^ fliÌ|lkmii>eDl) iss^uivli. di fini ben volriuicrì si riconincr Tiiniiortnimn. liitUTìa
ìM.A pu& amineltere chr In {kicl' rviinìosn »ia coiiiiilrlaTni^iiti- ragii^iuntn, lincile
mMana anconi alln? ilispa^iiìntii dilla [irii:(>i)cnl(- Ic^ììkIu/ìoiu-, di-Ilc i[ii:iti noti si
fc WniHìtt nel prt^^irlto di hf^e. Kd <^ \wr i|ue«tn clii> si rilìpnf I'.iiiIai'ìzx.i/Ìoiìr
Mi notiùta per le (urrocchii! ailuiilniciiU' incanti conituin- un pasxD iniporcanic,
• otU'ac-conlo iirogresMvo pivparaj^ il IciTeno aduno pac« rt^lÌRiotn comnJrta. Co»
tH PaiiiorinMione prTiniiiciilu drllu iioliPica v collw-jiia mi un IrveUo e.ìì« corri*
tponderrlilie con (inolio «laln d'm'iliiie cmiipli'Io clin la Santa S«Mlft vcilri-lilie con
IMEere (valìuarsì il pifi presto pn!&ìbitif\
I Ha [i<>rt>! loro i calcolici non tcdtrbben) con MHliil«raiione che la Saoui Sede
RnràuM questa aDtorìiiaziDnc pcrimincntc prìinn che Inro foiuc dato di godere
Ma poc» relifciosa ilflinilìv^i. Si fa pare ajae^iaiiipiito su conti de raiicini che d^rivunu
iblb ratara della co^a, e die si U'ovnno espresse fiRk |iniKF'jlnnli dDcuminii dnlb
Stati Se<lv.
«Tuttavia sièappmoda diverse pani e spet-iahii^ntE'. per Tullimu lilchiuruiiouft
CROIfACi
cobinì io data del 4 aprile h diperidfìrf: la cotioessìoiie pifrmanenie de)-
VAne^igrpfhclit />d oiiblìgo di iiruseuUire al Uovortiu gli elelli alla curi
di anime) dalla condiziooe che si sottopongano a revisione completa te
legpi di magjrio, o alniwio se ne paranlisca !a revisione per un avveoifU
mollo prossimo- La sua iswnza e Mata accolta in buon senso. Il progOIO
di legge è già proposto alle «liscussioni del Parlaraenlo. Ud lueraorabile
discorso del Pnncipe di Bismark iodica in luì la volontà e pel paese U
couveoienza dì mettere un termino all'inlollerabile napello del KuUur-
kampf. ],B pacineazione dunque si farà, speriamo, e si farà salvo Vaoon
e l'interesse essenziale delle due pani. [| gran Cancelliere l'ha espresso
per la parte sua assai bene, dichiarando che il liovorno» deponendo le
arni), andava nno a Canossa ma a Roma.
3. Il mese passato, nel presefiiure le leggi aniipolacche, il ministro del
culti, signor von Gossler, inge^nossi a giusiìdcarle con accuse perllde da
di S. EL il priiiciiM: di Etisinnrck, die T sii unte pioi^etto rli l>'?|r^, con le tur ultìtat
mnlilicniionl, »areÌitM> ilffllcilmimir! uiloliatti dfllla iimpf'inTnnta del ParliinvAto, se ti
Snnu S^dr non consentisse ari .lutoriitMPe fin <ta om la notilìcn pprouneitl*.
( II Sanio Padrr, (i«nelniia (ìnlla gravili di questa peama siuinTÌoni-. |»ro|MmUi
al privernn pniMiano, pej' (lltniuuìif^ da amlwdor le pMì lo dìTicollà, dì coinpb^UK
il lU'PtfMlff progftilo di Icggt^ cna In revlnoim di disposlitnni anU^rìori, d> rn> noi
li è parlato in qnel profielto, in modo da poti>r coniare sicuramcitte M>pra na>
compiala rcj-taumionn disila pace rflijfioai.
« La ren]ìzuziDDc di qiH'ila pniposta darebliv intiera ^ixIJisfaxioiw- al Santo
i> sarchbi^ accatta ron gioii) <:ì iìncfn prr parte dei cattolici, che Saa Santità pai
tln da 01*3 concedere la notlDca pcrmnnento.
iSp, lulliiTin, nello nttunli cirta«liimi? la complnla ed imm/^ìati Kvuìnne iék
le^gi di inailo nou potesse essere compluia nei itntjj imlicaii}, »ppciia il sMUKriW
CJiiilÌn.i]e «o^etarin di Stnm ntrà ricoinlo nfflcialinr'iiti' l'asjir^nrazionp ehr io M
HTTMiiie tiiollo prossimo si porrò mano a ()u«<U revisione. la Snnta Sedo accordrtl
imnedlatanwitle la nntìlica prriitin<>nle nel vnso rnmenuio nrlla risposta del 16
alta lena riupMionc pasti dulia Iff'viìone prussi?)na nella suu Nota del nedeslniii i^lonii
< ijuanto a i|ursla trrta (|i)p.Miom>, la Sanili Scile inli^n^tc laKÌare il tnmpo lilirr*
al gotvriio di far \a\en> pre.«»o ìv aiilorìlii diocesane i motivi por l'miduMOna
persona |iropo«ta, appena fs*o ci'*d#rà h sua nomina definitila qI poitfl, iw
coD l'onliiie pubblico il causa di un Tatto conosciuto dal gOTimoeda ma
come grave.
fll gnreiTio prussliinn riconOM:eiìk In queiti? nltìme proposle ni» pron norrtH
doirin<^eMnflIe prpmiim diìl Smio l'aiiri- di rajcginnpfln' la p.ic* reli([i«a
(lei fiiDÌ .«Toni \ipt riinuoifre pU c»i.iculi iii^iresame dei memi che polreld)er4'
rjurrc nllu dettJi pnce.
( Il »ttlowrtlto cardinale «K^FLirìn d[ Stalo ha l'onora di aMicurare VoMn
fnoria dei wnsi della Mia piti aliti consideraiioni;.
e Firmato Cauoimlr Jacohmi >
(Nota ^lia SeJj
CDNTBHPORArtEA 381
]Cìale conlro il clero delle province polacche, cernirò il Vescovo <li
ifina, e contro il sifiinor Kra'-iii?, ilircitore della divisione catiolii?» dei
liistro dei culli, siala .•ioppros.^m nei 1871 sui primnrJi del Ktiflar-
mpf. Il signor von fiosHter accusò noiantemenle il signor Kraetrig di
er fallo sparire varii dociimenit riferentósi sd afrnri im|ioriaDii, e la
i custodia era ad e^so alhtUta. A questo punto, i depiiLiU lìeì centrn
tiauroiio primiera menie ai miolfiro d'intentare un processo contro il
jBOT Kraetóig p farlo piiiiim ai termini (IcIIh Ifiis'gp; poi forulntno ampie
DW che qiKìir onorevoli! fiinzinnario, il qual« fece un t«mpo parte del
DUO, non aveva giammai mancato a'proprii dovori, e che quando, nel 1871,
ibandooò la commessaceli amministrazione, il ministem d'allor», con alla
SU il signor dì Bistnurk, gli manifeslò la sua graiiiudinc o In sua siima
Irb fedcluV con che aveva adempiuto l'oflìcìo siio. IVea fu quindi al
gnor (jossler di convenirti, in pubtilica adunanza, che le sue accuse
Miro il signor Kraelzig niHiicavauo di ogni {bndjmenlo di giiistìiia.
Lo sle&sn si dica delle sue accuse contro il clero. A sentire il mioi-
|fcU clero si arrabaiiava dapperlutlo a propagare l'idioma polacco a
^ào del tedesco. I deputati del centro e i Polacchi gli provano, in
Rita vece, che il clero favorisce, in quanto le circostanze glioi permet-
no, la lingua tedesca. Per citare un esempio, a Schweiz, su fÌ,(Klf) cal-
liici non ve ne sono che ^OO, i quali non .sappiano il polacco: contui-
kcjò, si predica in tedesco anche nella cliiesa parrocchiale. La statìstica
lesM prova che il clero cattolico sa conservare in mezzo al suo gregge
lingua tedesca. Nella provincia di Posen, infatti, si contano IJ?U,(JO(>
molici, de'quali 870,(HX) sono polacchi e 250,000 tedeschi; nella Prussia
rimale {diocesi di Culmal su 700,000 cattolici ve ne sono 900,000 tedeschi.
Il signor vort (dossier moveva sopraliiitto rimprovero a monsig. von der
lamitz, vescovo di Citlma. di dar opera alla pnlnniwa/ione. Su questo
centro gli rispose vivameiiie, e lo costrinse a riconoscere il suo torio.
uomma, il ministro dei culli fu tuli'allro che felice nella sua guerra
'accuse contro il clero cattolico, Proliabilissimamenle, egli era in buona
ide, fiiccoiue quegli, che sì appoggiava sulte rclanoni de' suoi subalterni:
Il che tìtolo si meritano quei fununnarii, che stendono relazioni men-
IgDere per nuocere a un'intera popobmne, e jier Iscrediiiire vescovi e
Ktì? Quanto poi alle accuse lanciate contro il signor Kraetzig, esse sono
Kolglameme inescusabilì. Quindi è che tulli i giornali indipendenti haa
XKhiuso a una voce, non rimanere al signor von Go^ster alu-o partito
lie quello di ritirarsi.
4. Con leuera del 2 di marzo Sua Eminenza il cardinale Ledochowski
Mgnìlic.iia la sua rinunzia alla sededi iJnesna-Posnauia. Il Capo su-
Bo della (Chiesa ha ripudilo un lai sacrifizio neces.^rio alla quiete 6
bene dei diocesnnf. Il Cardinale ringrazia le popolazioni della loro fe-
Jjà verso la sua persona durante la persecuzione, e le esorla a ricevere
L^^
38^ atoHAu
con (Itlucin ìl nuovo Pandoro inviato dal Santo Padro e serbarsi a
parinienie fi^ieJi.
In rirlii d'un ordine del itrìo gabinetto, m^insig. Dinder, provo«lo »
Ko«ni|>(sk'rga, è sliiUi rìcoiiosciiitn cnme Arci^Bscovo di (ìneAna-rosnaiiii.
Con unni 4 pr;)nea monte è staio lotlo, ìniumiiiciaodo dal 1" di gejinan. il
sequestro già messo sulle rendite occlesìasùche di quella diocesi. Mo»*,
signor Dinder verri quanto prìni» consacralo, o prenderà allora possttWj
della Sua Sede.
CoDliDiiano pur lultavia .snllo aunve forme, io quella diocesi colulft
tribolala, le per^^ecuEioni. I preti ausiliari, che cercjuo di soddiiifire al
bisogni religiosi dei fedeli, sono incalzali di vilisni^io in vilagitio salii <
minjiccc fli processi. Si lasciano «erciiare per qualche giorno il low
ministero, e poi s'intima loro di sloggiare, se non vogliono essere in
sili. S])(>r)amo che il novello Arcivescovo sappia rimediare a questa :
zkme veramrnte intollerabile.
Le espulsioni dei Polacchi russi proseguono a tuli' andare. A ZaI
ÌD Slesia, f^ìiO persone, ira cui 38 fanciulli, lian rice^ulo ordine dlabbai^
donare U territorio; a Koenigshulie, lo. Un lavorante fornaciaio,
Spaiek, di FiUcben, si è loltn la vita per la disperazione di vediirsi es[
un alln> è morlo di freddo sulla [nibblica via. La pulizia dà b
ai Polacchi, die. invoce di passare il confine, prendono un'altra st
per ishiggire all'espuKsioae.
A Ponen, gli orfanoti-oli municipali sono dirolli da prolestaptt, OMt*
stante die ire quarti degli nrf^ini profe-ssino il cattoticismo.
0. Il *29 di manto {aas-ò a mii^lior vita in Pelplin, sua città epìscopsh,
moDsig. (HovauQi von der Marwilz, Vescovo di Ciilma. Il venerabile 4s*
funto era nato il $0 aprile I7yó, ed era staio eletto Vescovo ori 1857.
Dopo aver falle le campagne dal 1813 al IRId siccome volontario bì\-
t'esercito prussiano, non avev;i abbracciato che piii lardi lo stato «<hh_
siastico. I .tuoi ukimi giorni sono siali mntrisiati dalle persncuzinni i
meuo violente ctie ingiuste, onde rilliistn; prillalo fu vittima da
del ministro dei culli, e che atTrettarono la fine del santo vegliardi]
V.
CANTONE TÌCINO (Noétru MrrisponthnBaJ.
U 21 marzo 1886 sarà rcffisiraio a caratteri d'oro negli annali delh
pìccola repubblica ticinese; in quel giorno il popolo, chiamato a pmnuo-
ciarsi sull'accettazione 0 meno della ìcg^ per la libertà deìh CiùMm
e relativa ammitùstranone dei beni eeclMiastìei sancita dal nostra
Gran Consiglio il 28 passato gennaio, eoo voti 1,331 di maggioranza ha
COn^E«i>OnA.XBA
383
U \esR^^ ta quale, oUemiti così la stazione popolare, potrà
in vigore %nza altre dldicoliik.
Voi già oonOMele la bont-^ inlrìnseca di questa legge, che ridona alta
Ihieta ed al cirro la loro \mna libertà d'esercizio tini loro minÌKiero, e
determina in tondo chiaro ed e.s|tliciio i limiti e te aiirìbunoni delle due
antorlui, ecclesiastica e civile, assicurando la cuucordia a l'armonia uel-
Veseraiio delle ris|iettÌYe attrì))u/.ìnni. Se si lieo rampone dei lei]i]iì cIm
corrono, si puh diro con verità cbc questa è una delle migliori leggi,
rlie eslKtr)oo in paesi caliolici. Una prova evideole della bniiLà delta me-
deiima ta h può trovare uell" accanimento inferuale con cui essa fu com-
baltata dai nostri radicali e dalla uiassoueria ìiviuera ed italiana loro
alleata, Non furono rUparmiati meot di sorla per stravolgere il senso
della legge, nnn arti le piìi infami per sorprendere ed ingannare la buona
lisd« del popatft; lutti i jiregiudizii, possibili «il impossibili, furom evo-
cati contro la Chiesa, contro la suprema sua autoritA e contro il clero.
Uaa stampa quoiìdiann la piii impudente e xraertala difTondevasi Tra il
popolo per ecxitarlo nlla rf-si.st(>ni;:i e per dispurlo alla ril)ellioiié cnolro
il partilo conservatore. In sulle prime gli em|iìi riuscirono ad ini^annare
m poebi cittadini, i quali con troppa facilità favorironr) coli» toro llrnia
la domanda del rrffrendum. Infalii ìn mono di un mese furono racciolte
ahre a 9 mila lirme, numero cnrlamcnte non pìccolo e che rappresenta
fiui la mctÀ dei ntliftini ticinesi aventi dirillo di voto; queMa fa-
dlkà trarata nel racco^iere le firme per il referen'luìn fece conceiijre
il radicali le più liete s]>eranj!e di potere non solo impediit; ta sanzìoiie
tila legge, ma ben anclie di poter dare un colpo moriate .ni (joverno
taiservatore e riallerrare il ptìrdulo potere. Iddio perù Iia sventali i loro
fCQgetti ed ha salvato il (Cantone Ticino dall' anarchia religioKa e civile.
Chi per caso si f'tsw trovato nel Cantone Ticino nei pajisali mesi di fetj-
lirùo e di marto nou avrebbe potuto a meno di fonu^inti un cailivo con-
eeuo e un giusto timore sull'opinione pubblica fuorviala. Negli alberghi,
■ri ailTè. nelle bettole, sulle piazze, nelle strade ferrate, era un couiinuo
dir coolfo, falMiicare, iolert»ieiare a rovescio la saggia legge sancita dal
Gran Consiglio; di guisa che fa mepaviglia che il buon senso popolare
ablùa potuto farsi .strada e prevalere. Laonde biso^ìoa proprio conchiu-
dere che fu Iddio quello che salvò il Ticino da una irrepnraliile mina.
È beQsl vero che il partito cattolico-conservatore si scosse anch'esso;
che comprese l'imporlan/a della lotta; la necessità e la bontà della legge,
e ebe con lodevole slancio affermò ta sua ferma fiducia nel Lìoveroo e
nel (Iran Ctom^'Iio; ma senza ta lllvina prntrzione. non sarclilie rinsf^ilo
alla vittoria, percliè gli avversarli erano irnpjio hen prcpaniiic dispnnevaw)
ili me£2i formidabili e di puLenii alleoLi. Siano adunque rese le ilovnie
Itrazic alla Ihvinn UonU che ancora una verità ebbe di noi misericordia.
il jxtjwlo ticinese riconosca piii da Dio ette dagli sforzi degli
384 CBOSACA COriTEMPORANBA
uomini la conseguila viuuria lo uiaaifestò apeflamenie »ppt^a ebbe
tizia ili'ir oll«riulo trionfo. Non solo fé' palese la viva &ua gioia col m
TesUvo delle campane in quasi tutte le parrocchie del Cantone, cu
eziandio sollecito, in moltissimi paesi, di raccogliersi Delle chie» a
tare iooi ili ringrazia mento al Dator di ogtii beoe, dal quale princii
meaie rlcooo^icevano la olteoula viiioria.
L' entusiasmi popolare e la soddisfazione di tulli i buoni si scerei
assai i|uando si seppe pi>sitiva mente quello che i rniticali avevano \*
paralo, dato il caso che la vittoria fosse stata per loro. Fi;;iir.iit!n,
avevano organi/zato un pronunciimcnto nei principali centri del
tnne; avevano desit^ale le bande armale, die dovevano pìoiuttare
capoluogo, Itellinzona, per olibllgare II Lioverno a ilimeiirr.'u, Gi:i
desgnatc le |wr.sone clic dovevano costituire un (Jovemo provvi
quelle che dovean sedere nel tribunale statario, r:he sarebbesi etdio ^
la circostanza. Irtsoniina avevano orgauizzaia la rivoluzione, speraù'Ioi
comiivcn/a e ueiraìiito dei radicali della Svizzera inlema, dai quali al
ricevuto incoraggiamenti ed as^curazioQi.
Delle scandalose dimostrazioni eransi preparale a Chiasso, a
s BelUnzona ed a Uiasca. Ir queste dimostrazioni dovevano
preti, frati e monache, e penino, inorrÌdì.«co al solo pennarlo, sì
trascinare sulla scena le venerale immaf^ni del Sommo PAnieficea^
l'amalissimo nostro Amministrulorc Apostolico. Db! quanto dohti
ringraziare la divina Provvidenza che ci ha salvati da laoii mali
risparmiato il noslro liei fiacsedal cadere nell'anarchìa religiosa e
Vi dico in verità die il nostro Cantone ha superata una brutta
e die il Governo nostro non fu per alcuni giorni senza appren^
Umore. Fu questa In vero una paterna ammonizione di Uìo, [terch'^
a lungo fu protratta l'abolizione dì quelle leggi infami, che lei
schiava dello Stalo la Immacolata Sposa di Gesù Crìjsto, che è la
Santa. iSi può dire che da questa lotta iddio volle cavare due
benencìi a v.inlaggio del popolo ticiocite. Volle cioè assicurarci la Ut
religiosa colta sanzione popolare della nuova leu'ge •^clesiaslica civile,
allo stesso tempo ammonire le auioriià «d i capi del parlilo coacervi
aninch^, abbandonate le rivaliti^ personali e le gelosie di campeoil
parino a tenersi più streuamfule uniti e concordi, a fine di poter
promuovere il benessere murale e materiale del popolo, in tutto pr
col buon esempio.
Quando la nuova le;2ge san*^ messa In pratica, noi «iiemmo che
durr.'i i piìi salutari e ImneHci effnii, che farà cadere i più invc
pregiudìzi! contro della Chiesa e del clero, e finirà col guadagnarsi ili
Toro degli stes.si avversari!.
MESI DI MAGGIO
Annunziamo per comodo di chi amasse pronttame i sef^uenti Uesi
UsggL9 ultimamente pabblicatì.
iXDpora. — NaoTo mese di Mnria o il mese di Maggio «oosaorato
«Ila gloria delU Madre di Dio, recato dal francese in italiano dal
P.Pasi^mk Campora d. Cd. G. Seconda edizione. Prato, tipografia
Oiaohetti, Figlio o C, 1885. In 32 di pagg. 227. Prozw U — 40.
t TAadJbils in Firenze presso Vskì^ Manuelli, in Napoìl presso l' officio
Kcimk dclU CivUtà Cattolica, ed in Catania, sU' ulHoio d«l gioruale V Amico
Vtrità.
hi tqqI piacere a Maria santifichi il mese di Magg^io. —
yiiiè ariano dedicato al popolo della città. Venezia, tipogr. Knii-
iiana, 1886. Un voL di pagg. 370 in 16.
VmIì il preseote quid«ruo a pag. 342.
l V. E. — Il meso di Maggio consacrato a Maria Santìssiiua, con
nuove ooQsiderazìoni tratto dalla Manna dotrauiina del P. Si'gneri
pt C. ÌV. E. In 12. di pag. 367. Seconda edizione. Itoma, tip. Po-
Ijgtotta delta S.C. di Propaganda fìdu 1880. Si vende in questa
tipografia e libreria modesìma. » 1. 25.
Tedi il pret»0i)to quaderno a png. 343.
ari», — Sermoni sullo virtA e pregi della B. Vergine. Sorto di Fiori
idatto massime pel mese dì Maggio, del Prof. C. A. Torino coi tipi
£ Giacinto Marietti, 1886. Un voi. in S, di pagg. 150. » 4. —
Vandibila ancora praaiìa L. MaDaelIi librato io Firenze.
ab Paolo. La scuota di Maria nel suo Mese di Maggio pei niì-
lierì del S. Rosario. Meditazioni cou esempi del P. Paulo Slub
Barnabita. Torino, tipografìa Giulio Speìrani e Figli Via S. Fran-
»9m d'Assisi, 11. 1886. In 16 di pag^. 430. > 1. 50.
Satidl Tlifimar Ai|uiiintis Ducleris Aii^cllrl
OPUSCIJLA PHILOSOPHICA ET THEOLOGICi
AD UStm STUWOSAE lUVnNTI^TlS SCLICri RT TOSTA ORDIMltl* RKRLTI,
yUAE irr scrolk inACTA-iTm, m:.vi: phimcm iucs^ta et macta.
ACCEULNT Q1:AEST10I«KS UlODLillETALES.
RttlllD accontili rccos'iitii el noiuiaìll^ <i ii'i^s tinnì bn." el schotra
aueUa UICHAELeDEHUmS.1.
iit I* otiti iK' in l.'fii»Br«rii" iir'-j;'""ii"i" Plii'.i! ijiL'ii"? l'rftf*«»c<»
Tre grossi volumi in grande «lavo : il primo dì jva;^ìnc XXV|-(w5, il
(li pa^ne 614, il term di pagine WH). — Prezzo U 15-
DI questa eilixìODe verameatii prvztotiit ]>er U amta&ta, 6 aoQ p<M9 .
g<evoI« aucora per la forma pstcrìon». demnii» rwpRimjrlio ti'»! uo^tro q<
J»g. f-i e HegS- il S. Padre Leonn XltT, si ò degnnto di onorare di ar
co Bravo ifch, Prof. P. De Maria, il qitnlt; con (unto -'•■•" -- '
parK, e vi agglua» del stio opportuDt^^lme qiiifltioul r
egli altri socitoiameQto comnieDdeToli ^bi* profouilii e soda <ì'J
possono legge** il test» in questi ste«<o quailcnio a pasr '■'S-'
Tendìliila lu prezzo di L. 15, pruìiso l'cdilorii Snipiorm Lapt i; — .:.
(Parogia) a presso Luigi Msuuelli Itbnua in Vixtxnn.
DELLE ELEZIOM POPOLAKI ^ELL\ CHIESA
DISCUSSIONE STORICA, CANONICA, PAATICA
l'ntO, lipoijrafia GiachftU. Fifftio e C. 1S7S. Vh ì^-ìlitm'- in 16 lìi pti^. VIII-<
rrrzxo ridotto, ^r taUt r lUlla. L I.
si pvo trnnuv vniUhlfg prerr^i j Sigij. tì^rra-tii dtlUt firiliA CalloKoa
fi on'opom iinportsDtÌ38ini& ai per conoioere la falsiti storica o ..
de*prÌDCipii. sopra ctit i'iposrito zelo di alcoDi fallaci cattoliri Torreblia
dare il diritto ti " ^ ~'":oni popolari de'sacn p&stori nella Cliicsa. t ~^
IMorgcre le fu- eonsognuuzc, a cai esse inenpfcbbero. 8« no »r|
rivfiOa fattauf .„..;^ '..:iUà Cailolìoa nel quadcruu lì7d a pag. 70.
S'
TL CERTO E L'INCERTO
LA NATURA. I PRESERVATIVI E I RIMEDI! DEL COI
TllATlATF-Lhl SCIFNTlIKrt CrU'ni.Alli:
» del P. PIUNCKSCO SALIS SKEWIS S. I.
Pnilo, Tip. GiarJititi, Figlio e C. Zf-f^-t. Prezzo ridotte Cent 25.
6 art Opuftculo di circa flO pagioe In IR, ani quale si svoli^ono pia
(liutaiiiRntff a con imporl^inli ntfgitinte le ct>ae todenUi ttt'irAppeudlcv
JalurBli del qnadcrQn8;]2 diilVa rJii'ttfà Cattutica.
Ri ■'_-' ■•■(ilu e dihK'iiCrndu I« vari« opinioni « la pr»"'-"" ''■""' ' — "
tradì' lilicatM da iiadirnlisri n da medici ititor&b
l'AuU- MIMI» nellmnoutu ciò vite *>ì uà Onora «■ '->''
tul Mso; indica poi ì piil »i>.<uri modi di pregi?rva7i
la acfenzA csporiiuontnlc dimostra inafioaci e che mi
gravissimo (li chi vi rì affida: per nliimo anin
denti a ciascuno stadio dDlI'iafoztune colerica, air
0 conimcudnli dall'aunlisi scientìfica.
Coai il U'Lturu trovurà in poche pagine vagliato e ravcoltv il uìà 6 H I
di ciò cb« fu scritto fin qui per la Conoscenza del t<irribi[e tnoroo e dÀI
di flooiliat torlo.
Si pmdf air Itfiian etnlraìf .MlaQr. Ci», e pregio i prÌHcipaìi Grrenli tUUt
fìMlo. Tip- liis'-iielti, Kiidi» i C
PIO UOKOm. Otmu «W;hm«
liA
ilVILTA CATTOLICA
Btatta popuìua euiu$ Dominui Dati «iW.
PsAiJi. CXUII, I&
MNO TBIGESIMOSEITIMO
SERIE XIII. — VOL. II. — QUADERNO 862
INDICE DI OCESTO QDADBRPTO
TlOVtMì ITAIIA E IL VECCHIO rAPA,TO Pag. 385
Del lillItlTO DELLA CHIESA ALL'lHUliniTA ECCLESIASTICA )» 401
It TKSOnO, Li. MltLIOTBCA B L'aRCIIIVIO DBI PAPI NEL SECOLO XIV. » 419
Deu.*K(tnAiQA PERSECTJiioHE cownin 11, criisTUSESiMO. Art. I. Come
flu à»ì [nucipuì DOD gii \ crislìaaì ^li t!lin;ì, mi] gli ehm ab-,
Uaao sempre persoguìUli i cristiani > 437
I DiJiEiim ...» 447
XIX. Il trafwro e la lacca del Farlo ...» ivi
XX. Le loriure iIrIUi Taine e l'angelo del soccorso » 451
XXI. II vocchiii .ivnro e la governante » 455
Rin<iTA DELLA ST.\MI'A ITALIANA » 465
L La Kiiuazioue del paese e le ^eiiooi. Nuova Anloloffìa, fase. '2°
di aprile. » ivi
Monsignor Donato Vflìuli di S. Vlement*. Vescovo ijiolare
dì Oro|to : t.<e2ìoni escgciìche e morali soiira il sacro libro di
GioWie » 472
Cfl01«ACA COnrEXPORANEA » 475
1. Cose robane » ivi
li. COSK ITAMAtTE • 483
ni. Cose smANtErtE — Spagna. . , , . » 493
IV. Ingliillerra (Nostra eorn'spondensa ritardata) » 503
FUnKNZE
PBsseti LUIGI MA.NUt:LLI. libiui'I
Vm (tei Hrouoiiaolo, IO
fniH S. Uiria la Cta^a
15 maggio im
LIBRI VENDIBILI
ALL'AM3UAISTIIAZI0:VE DELU CIVILTÀ CATTOUi
FIRENZE - 3, Vlo do'Corili — FIRENZE
Bretolkai Antonio \i. C d. O.)- Opero edite ed inedite p«r Ik prima ra
riunite e corretie sopra gli origÌDali emendati e preparati dallo al
Autore. Rouia, coi tipi della CicUtà Cattolica. Diciaasettu volutQi io tt
L. iO non cotaprese le spese di porto; franco per tutta Italia L. iS
■^ Opere minori. Volumi due che contengono i srjjucQli opaicoU: Mani
iotorno alia vita del P. Michele ScitirxTtt — Arte di goder sempre —
morie intorno ad Eugenio Cusani — Arte di bea governare —
apiritnali — Vita dì Abulcher Bi-3ciarah — Oiof^rafle di tre alunni di
patjTKnda — Aniwoniuieiili di Tiouide — Avvisi a dii vuol pigliar
Romantici /mio italiano — Saggio di alcune voci loscnnc. Roma. co'tl|
Civiltà Cattolica, i volumi in H grande, di circa òOO pagine cìkìmiuoo. > 6
BranaoBV Olnieppe td. C. J. C). l primi Papi Re e rnliimo dei Re Lou
bardi. Roma, coi IjpildelU Cioittà Cattnlica. Un voi. in 9, •
— Le origini della SovranitA temporale dei Papi. Roma, coi tipi dalla Oit
Cattolica. Cu voL in 8. (Rimangono poche copie). »
■^ L'impero dì Babilonia e dì Nini ve, dalle origini fino alla conquista di Or
descritto secondo i monumealì cuneifuniiì comparali con la Bibbia. Da
volumi in 8, di pagg- 599.53ft. Prato, tip. Oiaf-hetti, ISai. »
Oallno P. Oei&ra. Considerazioni e discorsi ramiliarì e morali per ogni ^e
dell'nono. Prato, per Raairn Guasti, tHHl, .1 voi. ta S- » Di
Catfirlml P.Pietro. Dell* origine dell'uomo seeondo il trasformismo,
»cieQ tifi co-filosofico* teologico, t'u voi. in A, di pagg. X-3S0. Prato, lip.1
chetti, Figlio e Compagni, 1884. (Rimangono poche copiuK » ft
Outarlone P. Alberto ■■ (d. C. d. 0.;. Vita d..'l P. Fed«r>co M. Toc
Va vùl. in If). di pu^g. 304. Torino, tip. Q. Speirani, ISSO. % 3
Oh&Uoner Hoaa. Biooaxclo. Delli vita e gloriosa morto di molti Sacerdoti!
laici, uucìhì iu odio delta fede cattolica uell' Inghilterra. On voJ. io lii
pagg. 008. Prato tip. Giachetti. Figlio e C. IB84. » T'
Comoldi O. M. (d. C. d. Q.). La Filoiìofla scolastica speculativa di 3. Te
mo^ù d'.\quino. Terxa cditionc italiana accresciuta dall'Autore, Bolo
tip. Pt;utlQcìa Alnreggianì, ìi)i\}, in H grande, pressa a IODI) pagiae. » ff-
— Instituliooea Philoaopliicae ad mcntein Saucti Ttiomae Aquinatis Aac
1. M. Comotdi S. I. in latinum versae ab Ex.mo et Bev.mo Vonetii
Patriarcha et ab auctorc rcoogaita« et auctae. Bononias, Irp. Pont,
giani. Va voi, in H, di circa 8l>D p-ngiUL'. » &
— Alcune orazioni panegiriche e discorsi. Parma, 1875, ToL in ìù,
pttgg. 172. » 1
— Della plurnlilA delle fìjrme, secondo 8. Tommaso d'Aqutao — Commootar
asconda edixioDo rivedo la dall'Auturo. Voi. io S, di pagg. ìiOi. Roaa, tip. :
fanL , 4
LA GIOVINH ITALIA
E IL VECCHIO P»Ar>ATO
I.
Al)bÌJimo in Italia, iwste runa di rincontro all'altra, due isti-
Vi;/)oDÌ sociali: l'nna recente, ma non così che non abbia avuto
nel c^TSo di tiuasi otto lustri lutto l'agio di svolgersi e d' invigo-
lirsì^ r altra, antica di Tenti secoli, e che ogni giorno, da chi vi
ha interesse, si dà per decrepita e moribonda. La prima, già ci
tf intende, ò l'Italia nuova coi suoi nuovi ordini, foggiati sui
principii della rivoluzione, coi suoi propositi anticristiani, eoa a
capo, per autori e sostenitori, ì settarii di una lega iinticrìstiana.
l'«ltra istituzione è il vecchio Papato, coi suoi irremovibili prin-
dpii religiosi, morali, politici e scientìfici, attinti dalla dottrina
di Qesii Cristo.
Uolti suppongono alla leggiera che un'Italia nuova, an as-
setto, cioè, in cui fosse conceduto agi' Italiaui di godere i van-
tlggì provenienti dalla unità dì Stato, e una più larga ma giusti^
aisora di franchige, non si potesse ottenere per altra via da
VUllftì per cui la presente unità e gli ordini presouti sì sono
ottenuti, e comunque si mantengono. Altri, andando più in là,
iti lisciano cosi abbagliare dal poco bene acquistato, che non ve-
lano 0 non curano il cumulo di mali, che Taccompagnano così
Mll*ordine morale come altresì nel materiale. Non ci fermiamo
& dimostrare quanto v'abbia di falso e di perverso in cosiffatti
BBDtimenti. Il fatto sta che l'Italia nuova si è costituita, qiial
è, Don solo abbattendo i troni, ma combattendo sempre la Chiesa
di 0e8ù Cristo ed il Papato.
E si noti che una tale ostilità non ebbe origine dalla que-
fltioDe sul possesso degli Stati Pontifìcii e di Homa. Chiunque
ÌB Itali» ha varcato di poco il quarantesimo anno di età, si ram-
Sfrù Xin.wol II. /are. mi 19. & .Haggio 1886
LA GIOVrnB ITALIl
meuta come il partito dominante, fino dal IS'ìS, nel suo trionroj
momentaneo por tutta I» penisola e durerole nel Piemonte, in
tendesse ognora, come a parte essenziale del suo programmai
alla spogliazione della Chiesa, alla persecuzione del clero, alla
espulsione dei religiosi, allMaceppamento dell'autoritÌL Pontificia
nel governo spirituale: o come a mano a mano che 8*impadn>>
nira nel 1869 della Lombardia e di gran parte dello Stato del
Papa, e nel 1860 del regno delle due Sicilie, non si desse mag
gior premura di introdurvi i nuovi ordini politici, che di com-
battere la Chiesa nei suoi ministri, nel culto, nell' istrtiJììom.' e
nel governo suo intemo. Sì volle insomma un'Italia una, ma
cosi che fosse scristi ani aliata : né al secondo scopo si lavorò mai
meno attìvameote che al primo.
Solo vent'anni dopo gittate le fondamenta deiredifìzio, gli «
pose il fastigio colla pru^ di Roma e col totale spogliamenb
del Pontefìce. Le due istituzioni, la nuova Italia e il FbpaU,
si trovarono così a faccia a faccia nella stessi capitale, ma in uà*
dizioni troppo dìssomiglianti a vicenda: la prima, rittorioaa, oollt
forza in pugno, coirimpuuità assicurata, cou tutti i mezzi wMtd
per ìsTolgersi in pieno rigoglio: il Papato invece, material m«Dfae
abbattuto, spogliato, senza appoggio e senza speranze da parto
dei Governi, amici tutti dei suoi spogliatori.
Sono corsi da quel tempo quindici interi anni, e i^uali sploi-
dide prove di vitalità e di vigore stagniti a dare il l'apatf», lo
vedremo poco stante. Quantj alla nuora Italia, sorta colla pre-
tensione di avversarlo o colla speranza di distruggerlo, se le
debobjvze e 1 danni del suo primo ventennio si poterono voler
ricoprire ascrivendoli alle difScoltà dei primordii, superati questi,
e scorso oramai poco meuo che un altro ventonnio nelle più fa-
Torovoli condi^ìioni, si poteva ragionevolmente aspettare che U
nuora istituzione, se non era viziata nelle radici e in tutto il
suo organismo, ci stesse innanzi in tutto lo splendore, U roba-
stezxa e la fecondità di una rigogliosa gìoventiV E in quelUb
vece che vediamo? Egli è un fatto che dovrebbe aprire gli occhi
a quanti vi sono ancora illusi : non i cattolici no, ma gli stoni
autori 0 sostenitori della nuora Italia antipapale, divisi in non-
B IL VECCHIO PiPATO 387
TÌi partiti, Tanno oggi più che mai concordi nel confeesare
lo sfacelo sompre crescoute di cotesta loro fiitliira. Il noto Seeoto
di Milano, per cominciare da ana cÌta;fìone qualunque, arrìrara
ad sciamare testé': A qual prò fsiansì dislrufli sette (rojii, siasi
sparso tanto sanytttr depauperata tanta gmt4 in Italia, lo
v9ggano gV italiani!
k
II.
U SkoIo ha ragiono da vondore, pt^rch*^ donde che bì miri
la nuova Italia, tì si vedono non che le minacce lontane, ma,
Domo nello società decrepite, il processo già avanzato della di9-
6olu:doao, negli stessi ordini suoi costituenti. Ija Riforma^ non
ha molto ^ io un articolo intitolato Parlamentarismo in rotta,
predicava apertamente la trista pruova, anzi la disfatta oramai
Compiuta, dì quel sistema in tutti i paesi, dove lo introdusse la
lega liberalesca. K mostratane la vergognosa impotenza rA in-
tossistenza in Francia, in Ispagna, in Austria, in Oeruianìa,
leOa stessa Inghilterra, conchiudea: Nulla diciatno ddV Italia^
percJiè tutti sanno che essa si trova tra tutti i paesi nella
condizione peggiore. E poco più sotto: Quello che non ha scttsa,
ì ii parlamentarismo italiano : ed appunto per questo gli effetti
iella sua malattia sono ancor piit dannosi; perchè qìtella ma-
tacita non dipende già da eause gravi^ estranee^ che come non
frano prima, possono cessare, cessandone con esse gli effetti;
na si è prodotta speciabnente come conseguenza di una na-
turale decomposizione degli spiriti, per cui si è perduto ogni
retto senso intillettuale, quando pur non fa difetto la coscienza
norale. Le quali parole conterrebbero la verità tutta intiera,
M Ti bì aggiungesse che il parlamontarismo racchiude negli
itessi prineipii, su cui si fonda, il germe della propria disso-
luiose; e che la dissoluzione degli spiriti e la perdit;i del senso
atellottuale e del morale in prò dell* individualismo, ò conse-
^ir fJitoìo, ìi-ih aprile I88&
' La Riforma, 2 oprilo I8W.
38B iJ^ Gionnc itaua
gneD;:a naturale ed ÌDevìtabile della rÌTiiinzìa ai grandi prineip'
morali e sociali stabiliti du QviSh Cristo, insegnati dalla Chiesa,
e voluti sempre escludere dalla vita politica della nuora Italia.
Perciò la decoinp03ÌKÌono degli spiriti, lamentata pel presdnté.i
dalla Riforma, non è UQ male duoto, se non in quanto col pro-
ci-dere del tempo si è esteso largamente intorno: che quanto
ai corifei della nuoTa istituzione, siccome impUcaron» nella lom
oi)era la rinnozia alla morale cristiana, così era inoTitabìle
ìnnestHseroa quella un contagio d'immoralitil, rcranU' alla dì
1ii7,ione. Ciò conftìssa, senza volerlo, la stessa Riforma \ la
lamentando che la politica del Depretis sia gitiiita ad involgere
^1 urCaura sospetta tutta quanta la nostra vita parhunmtaru
dichiara però che l' immoratìtà fu dote costante dei capi di
nuova Italia: .Vf la cosa era nuova (cosi la Riforma):... Ti
ministri da Cavour appunto a Depretis...^ meno rare fceezit
pensarono che bastasse l'onest-à personale, e che di slrumtnH
disonesti si potesse indirettatnenie o direttamente servìrsit pel
trionfo d'una causa cìie ritenevano buoiui. Questa teoria, eke/n
applicata sin dai primordii del regno, non ha poco coiUribuitò
aW abbassamento della politica italiana.
Lo crediamo anche noi. Perocché estendendosi nna cosiffatti
morale alla maggioranza e alla quasi totalità del Parlamento,
che sempre spalleggiò qaella politica nei successivi Hinisten,
quale moralità era da aspettarsi che regnasse nell'aula parili-
luentare e presedesse alto stabilimento dtti nuovi ordini e deUt
nuova legislazione? Quale amore sincero di pa^a? Quale pre>
mura pel suo vero bene? Anzi quale gelosia ancora per il de4Mni
proveniente al corpo dall' irreprensibilità dei suoi eomponeuti?
Il vero è che da auni e da lustri sentiamo dagli stessi fugU
libei-alì deplorarsi la neghittosità dei rappresentanti del popolo,
che lasciano deserta la Camera, accorrendovi molli di ossi al-
lora soltanto quando vi sono chiamati a dare qualche voto par-
ticolare, pagato, da ehi tiene il mestolo, a pre£;!o di favori paUog-
giati: da anni e da lustri vediamo negli ultimi giorni di eiasonaa
.V ilei Iti .i;>rìle IHSn.
trenta
j obbligano, gravano,
[Mittun trenta tnilttxii d'IUiliuni: vediamo e Tedemtuu sompre
T^uanloa rìforìrci la niooinhii, ì) popolo, o &TTorso o 85dQ-
ito, aon si eiirure del diritto dì eledone, lasciundone l'esercìzio
■BBO, spintiri pt>r la maggior parte dai capì delle leghe o
xUistiehe 0 muDirch ielle, a cui si ascrissero pi;r tutt' altri
Andìmenti: Tediamo unchi* e Tedetnmo sempre sedere nel
krlascoto Atto l'e^da detr immunità e della protexìoue della
uuroìtii domandati ìnTann dalla gìustÌ7.ìa por Imputazione
fankidio, dì truffa, dì altri dt'litti comuni. per5i]o borsaiuoli,
aad grau numero, da ussorsì potuto diro che la crìmiualitài
Camera italiana supera la proporzione raggiunta in qua-
altro corpo onorato del regao.
T«rgo^e non si Tìdero mai a mille miglia in nessuno
emi soppressi. Quindi il Secoh area ragiono di scrivere
Idsao artìcolo sopra citato, che A>.<(shh Parlamento, o meglio
Mwn goìvrno ha giammai offerto uno spettacolo co^ «oii-
■fit; e la Riforma: Siamo arrivati a tal grado di sfacelo
ismo, che il G(n:erno piu) dìspensarH pure dal salvare
■f,f^.!e}tze. Ma il torto dì quo' due giornali, e degli altri del
colore, è di ritardare cotesto sfacelo come ud fenomeno
lare nella storia della nuova Italia, dovuto allo sgoverno
Dcprtìtìs. Sia pure che lo sraculo sìa giunto ora ad un grado
i evìdeoi» e dì gravità, che dia a temere una catastrofe : egli
ft giunto porA con uaturalo svolgimento di visiìi organici, ondo
Mova ìstituKÌoDe nacque decrepita senza meno, o, fi« cosi si
le, da una infanzia e adolescenza già per sé morbosa passò,
ena on perìodo di florida gioventi'i, al disracimento della dc-
re^tezza.
IIL
Colbi docrepitezita le paure dt^lla morte ^ aiVRicciano ad ogni
ntomo sinistro, e peggio se i sintomi sieno molti e gravi. Ohe
. eostìtu^iìone giovane e robusta trova in so st«ssa le riprese
390
LA CIOVIHS iTiLU
contro malattie ancho mortali; ma uon così uà org&oistuo cfa«
sì va sfacendo per intrinseca dissoluzione. Quindi ì timori di nna
crisi Tunesta per questa giovino Itali», odia sua freschissima etì
di meno che otto lustri, pochi alla rita di un uomo, im nulla ali»
durata di un'istituzione che si darà per imperitura. Giova sen-
tirò quel che ne scrire ['Opinioue, rìferondost allo unovn elettosi
dei Deputati, indotte come exi>erimentum crucis, alla Toutura «
di dare all'informo Tultima spinta o di prolungargli il filo di
vita che ancora gli rimane. Aoi, così l'Opinione, non preoccupa
sfgnaiamente tV pernierò di chi vinetrà dei partiti o meglh
delie fazioni, che stanno nelVorbiia costituzionale: tna noi
punge ramaro dubbio che h eiezioni generali, iinpegnaia in
quesis contingenze, possano profittare agli avversarti delie no-
stre istituzioni... Dì fronte alla comune difesa delle istìtu*
zioni bisognerebbe far tacere gli odii di parte. Si parlerebb»
egli altrimenti di un assetto sociale che per generale disgrega
mento dei suoi elementi sia per andarne in isfascio? E pure ai
medesimi timori e alle medesime inutili esortazioni dedicava il
Bonghi nylla Permvranza del H aprile un suo articolo, ad-
ditando iigli elettori il fantisma non vano del socialismo, spai*
loggiato dalla formidabile lega di associazioni popolari nelle
quali s' incarna; e ne inferiva il pericolo che correrebbe la si*
etirez^ta del paoso e ì suoi supremi interessi^ se dalle elezioni
uscisse una Camera radicale.
N6 sì dia lungo alla vana sperimita che, qualora fra gli elementi
ragnnatìcci dell' Opposizione venga al potere quella frazione, ohd
si professa radicalo bensì ma non anarchica, sia rimosso il p»
rioolo accennato sia àAÌVOpinione sia dal Bonghi. Perocché ogni
passo che ora si dia innan^.i ueirapplicazione dei priucipii libe-
raleschi, primieramente mirerebbe a scuotere le presenti isUlo-
ssioni; secondamento ci recherebbe più da presso all'attuaziune
d^H'uHiraH conseguenza logica di quelli, che ò il socialismo «
Panarchia; e in turxu luogo^ dat^) che, per un miracolo di genio
politico, fosse attuabile l'assurdo di un assetto, che si consolidi
per rapplìcazione di principii dissolventi, di siffatti genii V Italift
Doa ne possiede. Oi<> è sì conosciuto, che la stessa Opposizione,
E It VEaHlO PAPATO 39t
mentre rinfaccia al Depretis lo stmAo dellu p(i1)blìca cosa con-
Bnmatost sotto di lui, noo trora da contrapporre al suo un altro
nome cbe ispiri la fiducia di una qualsiasi ristorazioue. Sì sono
Irilw-ttute agramonto dai Sinistri raolt*3 a8ser?,ioni doli' articolo
dal BoDghi, ma i* rimaata intatta quella che < se il Afiniiìtiro
fiiiuale non ha forse energia ed autorità bastevole al presente
\bisoffno. si sa però che un altro ne avref^, ancora menò. >
!S qaolla della Nazione, che a rendere piil grare il pericolo
presf^nte contribuisca la mancanza di qtmUhe personalità po-
fiUicfi intorno a cui poHsa raccogliersi una forte maggioranza
^Insomma la massoneria italiana che si assanse il compito e
|l||upt>gDO di guidare l'Italia, da sé trasformata, ai suoi alti
|RUni, a cjuTÌDta di non arere nei suoi ruoli una mezza serqua
'é'nomini capar.ì di mautenere il paese netta forma di governo
che essa gli diede, e di rattencrlo sulla china della scioglimento
I flocialistìco e anarchico, su cui essa modosima lo oollooò. Clio
tm essa non ha un uomo solo capace di quegli nfficii meglio
Doprotìfl, accagionato ora d'arerò condotto il parlamentarismo
timo sfacelo. Non può negarsi al vecchio di Stradella una
abilità nel mantenere a sé il proprio posto, al paese nn
0 sufficiente di tranquillità, al parlamentarismo l'unità al-
Beoo strettamente necessaria alla sua esistenza, poniamo che
«IQftlla anitìi di elementi oramai sciolti fosse tuttih artifloiale e
nsrcanteggiata. Or bene; il Depretis è l'ultimo uomo rimasto di
quolU falcione, capace ancora di solo tanto: rigettato luì, non ne
Tvsta alla massoneria un altro da ripromettersene neppure quel
poco; e il Bunghi o VOpìnione se ne sgomentano, prevedendo
il ca» che, crollato l'ordine presente, la nuora Italia scenda dì
Caduta in caduta a queir estremo di obbrobrio e di miseria, di
UB ci dà spettacolo la vicina Francia.
"l
IT.
[| dif(>tto di uomini atti al governo h uno dei sintomi più gravi
decrepitezza di uno SUto, come lo ò per un albero il non
392 t* CIOVtMf ITALIA
gettare piiì se noa rami strati e svigoriti, o U non mettere pia
It&rbe robusto che inrunduuo la vita al tronco e ai rami. On
Deanchtì oottìsto siiitumo, benché oggi Boltauto sentiamo lamdQ
tarlo, non è nuovo nell' Italia della rivoluzione, allii miale la copia
di insigni uomini di Stato era tanto piti indispensabile quanto pii'i
ella recava nelle sue stesse massime fondamentali il geme della
propria dissoluzione. L'edifìzio della nnova Italia fu costruito e
altiraato sul disegno obbligalo delle massime massoniche, sena
un lampo di gonio, senza che fra i suoi architetti e fabbri af'
parìssero mai altro che uomini mediocri e al tutto insufficitìoti
al grande assniito di dare un nuovo assetto ad una nazione. Q
maggiore luminare fra gli uomini di Stato dell' Italia nuon è
il Cavour, appetto del qaale tutti gli altri si nominano ixtm
astri ineomparubilmont« minori: e pure la storia dirà come li
colui politica si assommasse nel Watto di Nlzsa e Savoia, ptf
la concessione fattagli dalla Francia massonica ed inleressatli,
dMnvadere, per vìa più di tradimenti ch<^ di for7,a, lo terre &
Stati amici. Se fra gli architetti più an^^iani del nooro edifiiio
non mancarono uomini dotati dì qualche loffegno, essi Io rivol-
sero tutto alla facile opera di spogliare e incatenare la Cbioa
inerme; nel rimanente né essi né i loro successori, specie dopo
il coronamento dell' udifiziu, quando era piil da aspettarsi, sep-
pero venire a capo di verun memorabile, anzi neppur tollerabile,
ordinamento in qualunque siasi ramo; nella poli^iìa, nelle fìnaniA,
neir istruzione, nell'esercito, nella marina, nella politica estea
Se noi esageriamo, sarà facìl cosa il convincercene con noUi
più che proferirò i nomi dogli uomiui di SUto italiani, rendatinì
degni di passare alla memoria della posterità, per avere pro-
cacciato all'Italia nuova l'ordinamento di alcuno di quei capi
tutti vitali ; 0 per averle procurato fra le nazioni europee qnal
grado dì considcnizione, a cui poteva con tatta ragione aspirate
Quanto a noi, se dovessimo formare cotesto catalogo di nomi e dì
fatti insigui, non sapremmo donde rifarci per pare incora in ci ari».
So volgiamo l'occhio alla [wlitica osterà, non ci si presentan»
alla memoria altri trattati pifl famosi, che l'illusoria ammissione
dell'Italia come quarto membro nella triplice alleanza uurdi»
B IL VeCCdlO PAPATO 39S
ovvero il soleoDe rifluto dato nel Congresso di Serlìoo al Corti,
chiedente il riconoscimento di;l nuovo Regno; ovvero rincoosulta
difesa dei profanatori dol cadavere dì Pio IX, pubblicata dal
Hancini o smentita appuato la ditaane dalla sentonm del Tri-
lonale: ovvero La tragicomica siwdiztono di Malsana: & in tempi
più recenti, continuando sempre nel modosimo tf^nore, i donneschi
inutili maneggi per impedire lo. modiazione dui Santo Padre
lU* affare delle Caroline; poi U ph\ fortunate ma non meno don-
ii«6cbe pratiche per impedire l'accettazione del Kelley presso
b Corte di Vienna; e per nltìmo la fam^tsa rlpntstL soTerta per
parte dell'Abissinia dal Puzzoliiii. Se in questo novero ci è sfuggito
gualche atto, per cui si vcdosso la nuova Italia, nel consossu delle
ioni europeo, gettando sulla bilancia la sua spada o il con-
sìglio, pesare sulle determinazioni comuni, siamo contentissimi
Cke altri ce lo rammenti. Ma se non ostante la proverbiale sagacia
della politica itiliana, non ostiinti i trenta milioni di abitanti che
lilla rappresenta, noi vediamo 1* Italia trascurata nei convieni
4elle grandi nazioni, costretta ad introdurvisi non chiamata, e
ottenervi un posto poco pìi*! rlio onorario solo per gli nlBcii dei
amici massonici; né runìre a capo, non che d'altro, ma
pna* dì far ricom^scero la sua lugale esistenza, anzi neppure
eonchindere un solo trattato commerciale veramente vantag'
&io5o: dica chi vuole se una tale impotenza politica, in tale sog-
getto, non ne indica l'ostPoma, fjuantnnquo precoce, dvcrepìtezKa.
E alle meschinità della politica esterna corrisponde l'inettezza,
li confusione, lo sfascio degli ordini interni. Nel CLmpo della
Siusti:ìia e della polizia la storta della nuova Italia non ci pre-
t& che T esotica istituzione della giuria, con qnel tristo nasci-
Wto che tutti deplorano, e che si confessa dagli stessi giuristi
ralì: poi l'abolizione pratica della pena dì morte, non am-
Deancho dalla odierna Francia repubblicana e radicale: o
gtl esempli d'incredìbili assolutorìii, che, come l'ultima dei oon-
bdìni di Mantova, abbandonano gli onesti proprietarìi alla balia
dei socialisti: e gli scandali dì alti e bassi impiegati della polizia,
■Diti iu leghe facinorose. Risalendo colla memoria alquanto piil
•ddietro, il ruolo dì tali vergogne non farebbe che accrescersi,
394 u eiovirtE itaua
sdUKa mutare dUspotto: e il tutto si esprime con una parola^
nimmeiitando che gli architetti della nuova Italia rhaaou con-
dotta ad avere fra lo naaioni civili il funesto e obbrohrìoso pri-
mato del delitto.
Nel campo della pubblica auiiuinist raziono altri migliori fatti
non ci si aFTuccìano se non 1* accrescimento del debito pubblico
fino alla opprimente somma di 12 miliardi col carico d'almeno
600 milioni d' interessi annui da pagarsi all'estero; e se si to-
lesse entrare in ragguagli, le ripetute compere e Tendite delle
ferroTÌe, collo spreco i>gnì volta di parecchie centinaia di milioni
in prò degli affaristi; e le fantasmagorìe del pareggio; e l'aboli-
zione illusoria della tassa sul macinato; e i sopra ad 80,000 pnh
prietarii inesorabilmente espropriati por soddisfare al fisoo; e
l'un miliardo e me:izo di beni ecclesiastici confiscati col diritto
della forxa e sparnaz?.ato ; e il 45 per cento dei frutti delle
Opere pie, sottratto alle miserie del popolo, parte sotto nome di
tussa, parte sotto tìtolo di retribuzione ai loro amministratori: a
il 45 per cento delle entrate del popolo estorto per daaio: e per
ultimo risultaraeuto ìl primato prouuM^iato alta Italia novella
come nei delitti, così ancora nelle tasse, nei debiti e nella mi-
seria. Ik) ripetiamo: so questi non sono fatti o 8e la fazione do*
minante seppe arricchire ìl paese, se crescere T agiatezza, d«b
dei grossi speculatori ma del popolo, se diminuire gli aggrarii
esistenti sotto i governi soppressi, se arrestarsi almeno con sarà
ed efHcaci economie sullo sdniccìulo poi quale sì mise nei pri*
mordiì, sarti ugevol cosa il citare i nomi e i fatti: ma in realtà
se fra ì tanti economisti incaricati dall' Italia massonica d^
pubblica aminìnistrasione corre una differenza, non è che ([ioiìt
può correre fra parecchi prestigiatori, che con maggiore o miaOT
destrezza, con maggiore o minore eloi^uen/A ciarlata aesca, fanao
sparire il napoleone d'oro dalle tasche degli astanti.
Che dire dell* ordinamento della pubblica istruzione ? Tutti
convengono non essersene recato in atto uessuno che meriti tal
nome, poiché ogni nuovo Ministro crede necessario un nuoTO.
programma. Nò in ciò si procede per modo di svolgimento, e
per via di contraddizione: e il solo punto, in che si persista da
G IL TCCCMIO PAPATO
3U5
tutti, è di volere imporre alle menti italiane i metodi e le dot-
trine tedesche. Qiial prò di; abbia ricavato l' istm/.ìoQd della
nostra giovdDtùf lo dicono ad ogni occasione i dolorosi Rapporti
delle stesse Commissioni scolastiche governatile; e sono scritti
«65i medesimi in lingua e stile cosi barbaro e con tanta povertà
di criterio, che basterebbero da sé a dichiarare il decadimento
-delle lettore e dell'insegnamento in Italia. A dir breve, i liberali
non vennero a capo di dare alla nuova Italia un regolamento
scolastico, non che tale da proporsi ad esempio, o tale che fosse
almeuo cosa italiana e adattata al genio iUliano, ma seppur
tale che si potesse per pochi anni tollerare. Ala in compenso di
ciò la storia del rinnovamento scolastico potrà raccontare con
qoantiL pntmura si siano commosse lo catledro a profosdori ostili
olla Ktìligione, chiamandone eziaudio d' oltremonti, ad insegnare
itpiù schifoso materialismo; o come nei consigli, iDCarìouti di
presiedere alla ediicaKÌone della gioventi^ italiana, sì sieuo an-
norerati inneggiatori dì Satana, autori di scritti pornografici i
pifL nauseanti, ed altri di simile farina: e come il credito degli
wituti governativi sia caduto così che un gran numero di dò-
fatati, senatori e funzionarli liberali ne sottraggono i figliuoli
per affidarne l'educaìiioue agli scolopii, ai barnabiti o ai gesuiti.
Xon dìreruo nulla dell'organamento militare, perchè di esso
lOD si giudica bene so non ai fatti; e, dopo la rotta di Ciistoza,
l'esercito italiano non ebbe a compiere altra impresa da quella
in fuori di schiacciare con 70,000 uomini e eoo formidabile ar-
tiglieria ì 10,000 difensori di lloma papale. Ben sappiamo delia
marina che duo volto si rinnovò, vendendo le navi quasi appena
Btruite per ferrarecce; sappiamo che al varo di ogni nave
italiana si dà maggioro solennità, clie non se ne darebbe da un
popolo di bambini; ci rammentiamo lo schianto dei cannoni del
Ihifio avvenuto per l'imperizia di chi ne volle riformata la
struttura : ed oggi ancora siamo divenuti la favola di tutta
l'Kuropa che ride alta notizia dei due caunoni da 120 tonnellate
hbbrìcati dal ICrupp per ordine del Governo italiano, il quale
non pensò che non v'aveva modo di trasportare poi quei ccdossi
Italia. Che più? Xon sono ancora finite di costruire le navi
:m
LA CIOVinE ITAUA
giganti, e già si discorre del vantaggio che v'avrebbe a seao-
biarle con altre minori. Madie cosa valgano e la marina e l'eser-
dto italiano si vedrfL :igU effetti: per ora le sole giornate a coi
li guidò la ra?,ione massonica, senza aiuto uè dì stranieri nàdi
tradimenti, sono denominata da Lissa, Custoza e Novara.
Ricapitoliamo. Le condizioni della nuova Italia, oontrapposU
dalla rivoluisione massonica al Papato, si riasso minano noi tratti
seguenti: all'estero non calcolata nei consigli delle grandi Po-
ton^e, mirata con diffidenza per le doppie»^ della sua politica,
non riconosciuta neppure nella sua legale esisteuza, ridotta a
campare di petttigole/^i da fantesca. Air interno con da una parto
il primato dei delitti, dall'altra lo sfacelo nelt'amministraziow
della giustizia: [e tasse, giunte a tale da rendere impossibile il
migliommento né dell'agricoltura né delle mercedi de* contadini
che già ai sollevano sotto ia bandiera del socialismo: la nascioiK,
smunta dai debiti; lo ultimo riprese della finanza, esaurite colli
vendita recente delle ferrovie: rosencito o la marina, sebbona
chiusi nel segreto, screditati nondimeno da fatti che ne fan presi-
gire altri tutt' altro che gloriosi. E ciò che conta più di tutto, li
stessa fazione dominante, abbandonatasi tutta senza freno nò ver-
gogna all'afTarismo, cioè allo sfruttamento delle cariche in pn> di
privati interessi, sgninollatii in fazioni irreconciliabili, inoapaw
perciò di mettere più insieme un governo e un corpo logìslativu,
che secondo i prÌDcipii parlamentari regga le pubblichi^ sorti:
sfacelo insomma dell'ordine presente ed imminente caduta
lo sdnicciolo che mena all'anarchia, poiché il Depretis è Tal
uomo che l' Italia nuova potesse produrre, capace di tenero >
galla questa barca sdrucita.
Che tale sia l'immagine viva delle soeietii decrepite, Io od*
gherii soltanto chi ignora tutto insieme e la storia e i principii
della filosofìa politica. £ In tali condizioni la giovine Italia cutn*
parisce oggi, dopo meno dì quarant'aoni di vita e dopo vent'anoi
di pace, di rincontro al vecchio Papato. &Ia a quale contrasto di
Titalità, di vigore, di decorosa e splendida operosità, nMi sì trova
ella esposta in quel paragone!
e IL vEcano papato
397
V.
Potremmo rammentare qui le dimostrazìoui d'i rirereoza e di
BTozione che Pio IX riscosse dal mondo cattolico allora più che
lai, quando la giorine Italia compiè Topera sacrilega: onde il
icario di Cristo, appigliato d'ogni diiminio in lorra, fu costretto
costituirsi prigionieru in Vaticano. Pur nondimeno la inasso-
BTÌa imbaldan^fita dal suo trionfo poteva consolarsi di quelle
imostrazioQÌ avverse all'opera sua, confidando che il tempo
riebbe fiaccata la costanza dei Pontefici prìgioaieri, e il tavorio
mcorde della setta mondiale avrebbe stremata rautoritii loro
resso i popoli ed ì Governi. Essa non prevedeva quale serie
^umilianti disingaoni le preparasse il divino Istitutore e So-
lenitore del Papato. Per cominciare, sceso nella tomba Pio IX,
teatro la nuova Italia finiva di mostrarsi al tutto sfornita di
omini veramente politici, ella vide sorgere sulla cattedra di
in Pietro un Pontefìc*,', che, ancora umanamente, sarà ricordato
"a i politici più segnalati del nostro secolo. Lo riconobbero gli
tessi likirali italiani fino dai primordii del suo Pontificato, e
iDStrò di rìconoscoritt a piii riprose il gnindu politico dolTIm-
ero germanico: buon giudice egli in cosiffatta partita, come i
ofitrt libei'&ti sono testiuionii non sospetti quando lodano un
'onteflce. E questo è il primo termine di parsone, fra le con-
istoni delta giovine Italia decrepita e quelle del vecchio Papato,
smpre del pari vigoroso. Con tale differenza negli uomini, già
'intende qual differenza debba scorgersi fra le due istituzioni
er rispetto sia all'operosità, sia alla considerazione, che esse
orruino godere anche per soli riguardi umani, in faccia al
tondo civile.
S« non che sarebbe un avvilire di troppo la grande politica
'un Pontefice, so ne restringessimo alla stregua comune il con-
stto e la dignità- Il grande politico qui è tutto insieme il Pastore
il Maestro universale, incaricato dall'Uomo Dio di reggere i
Dpoli cristiani, di difenderne gì' interessi spirituali, di predicare
teorìe non solamente morati ma sociali di Gesù Cristo, nel
398 LA. CIOTIKE IT&Ui.
quale solo possono trovar salute come gl'mdiriiJai, cos\ le »■
cietà. Io un personaggio tale la sapienza delle deliberaziooì, la
giustezza teorica e pratica delle massime, la sagacia dei cno-
pensì, rirremoTibilità dello resistenze, rivestono un carattere di
grandiosità, dinanzi a cui spariscono non eho i maneggi dei pia
abili ministri, ma le imprese dei più grandi sovrani. E talee
il carattere degli Atti meraornljili, che, succedeudusi con serie
non interrotta, tennero l'attenzione del mondo volta con riTe*
reasa e stupore al gran prigioniero del Vaticano.
Mentre la nuova Ltalia. trascinata noi gran vortice della ri*
voluziono, veniva avvicinandosi al baratro soeialistìoo, sul cui
margine oramai si trova; Papa Leone XUl, nell'anno primo del
suo Pontificato, alzava la voce autorevole, ammonendo e popoli «
Sovrani & premunirsi, ritornando alle massime sociali cristiaoe.
contro le lusinghe e contro le minacce del socialismo giii im-
minente. E le riconoscenti espressioni della Germania protestante
e della Russia scismatica, a riguardo dell'Enciclica Quod Apo-
stolici muneris, sognarono il primo splendido trionfo del Pont*'
fico della polìtica cristiana. Gli altri non tardarono a seguirà
Mentre la nuota Italia con uno scompìglio dì metodi assurdi
8*«0tìnaTa di rifondere le teste italiano sopra stampi ledoficlù,
Leone XLU, colla sua sempre memorabile Enciclica Aeterni Pa-
tris, proponeva ai cattolici di tutte le nazioni, come maestro nel
pensare, il sole dulia fìlusuna italiana e cattolica, san Tommaw
d'Aquino; quindi apriva con esempio inaudito gli Archivi! Va*
ticanì allo studio lìboro dei dotti, promoveva gli studìi storici,
incoraggiava quelli delle scienze naturali, onorava e sussidian
nelle sue ristrettezze ì dotti, fondava scuole. Gli applausi eoo
che furono ricevuti in tutta Europa quei primi atti, e gli alta
appresso in Italia e in Korna, fecero sentire come il Papato coo-
serri inalienabilmente quel patronato della scienza, a cui le
società cristiane vanno debitrici della loro superiorità iuteUet-
tuale sopra tutte le altro nazioni.
Intanto la massoneria, insignoritasi oramai in ogni luogo della
pubblica 0060^ proseguiva in tutti gli Stati civili la sua guerra a
morte contro il cristianosinm, e in Italia e in Roma segnata-
K IL TECCntO PAPATO
m
mente raffermava lo sne usurpazioni ; q T invitto Pontufice fii[-
minaTft liberamente La masstiiieria nella sua gloriosa Encìclica
Hutnattum ffenus, & ad ogni occasione protestava altamente,
dalla 9Qa carcere, respingendo ogni lasioga di codarde cessioni
e ridomandando i diritti della Santa Sede. Quanto pagherebbe
l'Italia liberalesca, non riconoscinta dalle potente se non come
tin fatto senui diritU), perche tac>t>S8e quolta voce- che rimette
sempre in campo la trepida questione romana! Essa sente che
il Papato TÌve, uè vive soltanto, ma, mootre essa disviene, egli
(quando meno s'aspetta, toma a rinnovare i fasti delle me età
più gloriose.
Chi s'aspettava piìl nel secolo nostro di vedere l'esempio di
arbitrato pontificio fra due potenze in litigio? E di vederlo
roprato da una potenza protestante? E dai protestanti giudi-
irsl ragionevolissimo, attesa la di|;nità di Pontofic« e di Sovrano,
uon dire dalle qualità perstìuati? Quanto non si pavoneggiò
nnova Italia tuttora lattante, per 1* arbitrato circa all'ala-
deferito non al suo (Governo, ma ad un giureconsulto
liaDO? Ora, già adulta h insediata in Koma, le dovette sapere
"igro che il messo, inviato a chiedere nn mediatore, si volgesse
_il Vaticano anziché a Montecitorio. Ma che farci? Supposta la
hita presunzione di floRrycare nella stossa sua Sode il Papato,
nuovo lampo, che questi desse della sua maestà, doveva
lominare le vergogno della sua avversaria umiliata. E i lampi
succedettero senza posa. Mentre la diplomazìa italiana si sor-
ìti le ripulse che più sopra ricordammo, Papa Leone XIII
jlieva l'Inghilterra, desiderosa di riannodare colla Santa Sede
relazioni interrotte da tre secoli; spianava le differenze man-
Itaata per pia lustri colla Svizzera; ristabiliva la nunziatura
_4t] Belgio; apriva rebizioni ufficiati colla Cina: e dava princìpio
i]iielle trattative che doveano condurre, non a Canos.sa ma a
la, il Cancelliere di ferro, il maggiore dei politici viventi,
indurlo a ridonare ai cattolici di Germania una pace ormai
jjsperata.
Non 6 scopo del nostro articolo di rappresentare in tutta la sua
ideista la maestusa figura dì Papa Leone XIII, nò di esporre
iJb
4(10
LA GIOVILE ITALIA E IL VECCHIO PAPATO
tutte le splendido mostre di ìodefettibìld vigore che sotto Lai'
per Lui ha dato e dà al cospotto del mondo il Papato. L'abboz
che no abbiamo t ratti i^giatu, <) piil ch<; bastfjrote all'intento no-
stro. Noi ci eravitmo sempIiiM^meute proposto di presentare riuniti
entro una sola coruìfìe due fritti, l'uno confessato dui suoi stessi
autori, r altro evidente a chiunque ha gli oixhi iu fronte: il primo
è lo .sfacelo della nuova Italia antipapale, l'altro la gloriosa vi-
talitilt di quella divina istitu?,iene che è il Papato. Questo doppio
spettacolo varrà forse a disingannare grillusi di nionU; sincera,
0 certo infonderà nuovo contagio noi cattolici, fedeli senKa re'
strizione al Vicario di Gesù Cristo. Se la fa-zione dominante nu-
trisse vero autor di patria, se di questa ^meno le calesse piA che
della satanica sua avversione a Cristo e alla sua Chiesa, quel
doppio fatto, a lei troppo ben noto, l'avrebbe già indotta a rian-
dare la via mal battuta, e lavorare al ristoramcnto di un'Italia
unita, ma sui principi! delta morate eterna ed evangelica. Ma la
maftsoneria, padrona oggi delle sorti d'Italia, la getterà prima in
braccio agli orrori estremi del nichilismo, che lasciarla ritornar*'
a Cristo. Si manterrà essa nel reo proposito? Speriamo che no.
Ad ogni modo una cosa è posta ora fuor di dubbio: che il Papato
non ha nò bisogno né paura della nuova Italia, e che la -vera
Italia non ha altra spei'nu/,a di salute che nel Papato.
lEL DIRITTO DELLA CHIESA
Ahl/iailUNITÀ ECCLESIASTICA
!!or nooie d'iminuniU ecclesiastica vien sigoificata Teseozione
dc'MÌDÌstri e delle cose sacre dalla potesU laicale. CutesU esen-
iKoe è strettamente connessa colla libertà della Chiesa, non pò-
ttndosi dire libera una società, quando i suoi officiali e le sue
a{ipartenonze soii sog^utte ad estrimeo poterò. Launde il Libe-
Utismo. che vuole schiava la Chiesa, si sforza dappertutto di
distniggero' ogni otuLira d'iminuQÌt:\ ecclusia^tìca, iiaitiindo l'em-
[ND Apostata Giuliano, il quale, si tosto come fa giunto air Im-
pero, riToc^t tutti ì pririlegi, di cui godeva la Chiesa sotto ì
precedenti Imperatori cristiani.
Tre specie d'itumunìtiv sogliono noverarsi: La personale, che
ritarda la persomi stessa de'cleriei; la locale, che riguardai
bogbi a Dio dedicati ; la reale, che riguarda le cose o le pos-
Ksmioni appai-tenenti alla prima od ai secondi. Noi comodamente
poniamo ridurle a due: alla pei'Souale cioè e alla reale, giacché
uche i luoghi sono cose. Tuutu più che siffatta divisione sembra
lilpoadere assai beae al liogiiaggio de' sacri canoni; i quali, par-
b&do dell'immunità ecclesiastica, nomiuano per ordinario per-
«jiww et rea.
Bagioaeremo prima dell' immanità ecclesiastica in generale,
tóroandone l'origino: poscia diremo della pt^sonale e della reale;
4mhimo di quella iu particolare che corniate al Sommo Pontefice.
I.
DfN'immunitù ecclesiastica, tptanfo aWoriglne.
Gli Statolatri pretendono che l' immunità ecclesiastica, gene-
nlmeate presa, sia dì mero diritto civile, nel senso che tragga
■rìgìitò da pura concessione dell'autorità politici. Questa sea-
tSS^
402
tenxa è in termini espressi coodannatn dal Sommo Poateflce
Pio IX nella trigesima proposizione del Sillabo: Ecclesiae et
personarum ecelesiaslicarum immuniias a iure civili ortum
hahuU\ Forse ai predetti Statolatri fe'velo alla mente il ro-
dere r immanità ecclesiastica sancita con legge civile fin dai
primi tempi della conversione degl' Imperatori, e il vederla po-
scia allargata bene spesso o ristretta da leggi parimente civili.
Ma ogni persona d'intelletto comprende Che (|uella sanziono del-
l'autorità laica, fu un riconoBci mento, non una creazione, di diritto;
altrimenti potrebbe dirsi in egual modo che il diritto dell'uomo
alla proprietà e alla vita trae origine dalla legge civile, perchè
troviamo proibito l'omicidio' e il furto ne' Codici. Oltreché, come
nel processo del nostro discorso apparirà, la Chiesa si attribuì
rimmiinità, e la mantenne tra' fedeli, per quanto riniquità
de' tempi gliel permetteva, anche prima che gl'Imperatori 8i
convertissero alla Fede. Quanto poi allo modiricazioni fatte all'im-
raunità ecclesiastica, nel corso de' tempi, dal potere civile, esse o
furono consentite dalla Chiesa, e in tal caso dall' autorità dì lei
ricevettero la loro legittimità; o non furono consentite, e in t&l
caso debbono aversi per destitnte d'ogni valore. Il diritto noo è
costituito dal fatto, ma dal tìtolo che origina il fatto.
L' immunit\ erclesiastica trae orìgine da ordinazione divina;
in altri termini, è di diritto divino. Ci& non può in conto alcuno
negarsi, essendo formalmente insegnato dui Concilio Tridentino;
il quale, parlando dell'immunità ecclesiastica, la dice Dei ordì-
natione et canonicis sancttonibus coiisfittitam*. Lo stesso con
parole poco diverse avevano affermato i Concilii anteriori, ogni
qual volta toccarono dell'immunità ecclesiastica. Così il CoDcilio
Coloniese.dice: Immunìtas eo-lesiastica v^fustissima rts w^ iure
pariter divino ei humano introducta '; e il Concìlio Lateranose V
dice non aver i Tjaici per diritto divino ed umano nessuna potesti
sopra le persone ecclesiastiche: Cum a iure iam divino quam
humauo Laìcis potestas nulla in ecclesiasticas personas aitri-
' SyUabtu fcc. J V.
- Sfwione .VXV. /te JUformaUone e, 20t
» Par. IX, CUP. JO.
^^
ALL' IMHUMTÀ KCCLeSIASnCA 403
buia sìt K Cosiffatto linguaggio è conforiiiu al costante magistaro
delia Chiesa. È cotesto un punto dì dottrina cuttvilica; n^ sopra
di esso pui^ cader dubbio di sorto alcuna. Solo pu^ disputarsi del
senso in cui debba togliersi quella frase: diritto divino; e di
clft vogliamo qui ragionar breremeate.
Ci ha de'Ttìoiogi, i tiuali non leggondo noi Vangelo alcun
testo, in cui T immunità ecclesiastica venga esplicitamente im-
posta, hurno opinato che esi^a propriamonto derivi dal diritto
cmonico; e si dica de iure divino, in quanto l'autorità della
Chiesa, da cui è costituito il diritto canonico, è divina, essendo
l'autoritù stessa di Cristo. Mii una tale spiegazione non può
aocottarsi, perchè non consuona al parlare de' Padri, dei Pon-
tefici, de' Concili], se non in senso improprio: ed oltre a ciò
sembra esclusa dalla Sinodo Tridentina; la quale, dicendo l'ito-
manità ecclesiastica Dei ordinaliom el canonicis sanctìonihìts
constitutam, evidentemente ammette, a rispetto di essa, oltre la
legge canonica, una legge che venga direttamente e immedia-
tamente da Dio.
I Altri spiegano quel iits divinum si per legge naturale, e sì
per illaziune da testi scritturali e dall'esempio de' Leviti nel-
l'antico Testamento. La leggo di natura è certamente legge
divina, da Dio stesso scrìtta ne' nostri cuori; e ad ossa giusta-
mente si attribuiscono noti solo i primi priactpìi della sinderesi
e le loro immediate illa/iioni, ma anche le illazioni mediate, che
non appariscono a prima giunta^ ma esigono studioso discorso
della ragione. A questo secondo genere d'illazioni, che suol de-
signarsi col nome di diritto naturale non primario ma secondario,
dicono appartenero V ìnjmunità ecclesiastica, e però andar sog-
getta a temperamenti e modificazioni, indotte dall'autoriti^ della
Chiesa, [n tal senso T immunità, ecclesiastica sarebbe di diritto
divino naturale. Sarebbe altresì di diritto divino positivo, in quanto
cavata per raziocinio da ciò che Iddio prescrisse alla Sinagoga
in ordine ai lioritì, sopiirandolì dal resto del popolo e donandoli,
come cosa in particolar modo sua, al Sommo Sacerdote Aronne
' Sessione IX, OMiluiiane dì Uoiie X, Superttm <ÌÌspatitÌo»Ìi arltitno.
net DiRmo della chiesa
ed a* suoi sncceasori. Ego luti Levitas a Jiliia Israel '. Trtuti-
digm eos dono Aaron et Jiliis ehts de medio poputi, ut ser*
viant mihi'. Cotesta prescrixione, come apparteaente non ai
preatti cereimmiali o giudi^tiali, ma ai precotti taorali, non è
abolita; ed a pii'l forti3 ragiono dt» valero pel Clero cristiano,
di Cui la dignitfL è tauto pili alta & la CDus^crazìoue più santa.
Iddio impose che non si rechi offesa agli Unti suoi: Nolite lan-
ffere Christos meos \ Un ttl divieto vuol intendersi anche del
vilipendio che loro si recherebbe con sottoporli ad ufficiì difforioi
dal loro grado e a giudizio laicale. Ora Unti del Signore sono
in senso rigorosissimo i Ministri della Chiesa di Cristo. Lo stasso
discorso si faccia sopra quei luoghi evangelici, dove si porla
della missione degli Apostoli e della potestà data a Pietro di
reggere e governare la Chiesa. Certamente con tal potestà gli
fu implicitamente conferito ìl diritto di ordinare, a rispetto ddt
Clero, tutto ciò che riputasse necessario per mantenerne la libertà
in faccia ai magistrati civili, e il decoro in faccia al popolo
de' fedeli. Per ambidtiu questi scopi era necessaria T esenzione
dulia potestà laicato.
Quaiitiinquu tutto questo sia vero, e assohitami^nto parlando
basti a dire di diritto divino l'immunità ecclesiastica; nondi-
meno stimiamo che non risponda in tutto rigore alla foitnah
iuterprt-tazlone delle frasi adoperate da'Concilii, massime dftt
Tridentino che dice l'immunità ecclesiastica Dei ordinati&ne...
consiitufatn. SeconAo la predetta spicgastiono l'immunità eccle-
siastica avrebbe fondamento in uua ordinazione divina, ma ooD
potrebbe in proprietà di termini dirsi co^itttHa da ordinazioni)
diviua. Per dirsi tale, noi crediamo che debba ammettersi, ri-
spetto ad essa, un positivo comando, dato da Cristo agli Apostoli.
Xè il non trovarsene espressa meny.ione nell'Evangelio Ò dif-
ficoltà dì alcun momento. Imperocché ognun sa che oltre U
parola scritta, verbtim scriptum, ci ha nella Chiesa k jiarota
trasmessa, verf>um traditum: la tradizione divina. Or che U.
■ .yiinereruM, III, 0.
■ Numerorum, Vlil. 19.
* PMmtmtta 101.
all' IMUrxiTJt ECCLESIASTICA
405
tradi?.ioiie dirina mìliti a favore dell' iininiiiiità ecclesiastica, ben
può raccoglierai dal vedere che il diritto ad essa fu sempre af-
fermato nella Chiesa, senza che possa assegnarsi alcui] tempo in
^i sorgesse In prima volta. Hanc exemptimiem, scrive il Suarez,
mdam esse in Ecclesia docuentnt et praeceperunt Ponti'
Jices et Concilia, fere ab ìnitio Ecclesiae ìisqite ad prat^senfcm
diem '. Ora la tradizione quando A perpetua e costante, dimostra
ehiaramente il gius diiino, segnatamente quando nun apparisce n-
^ione alcuna ^ì attribuirla ad Isti tu ''.ione apostolica, né di questa
liane menzione i Pontefici ed i Concilii, ma in forma assoluta
10 essere la cosa de iure divino '.
Cristo, dopo la sua risurrcxlone, si ferui''» sulla terra per qua-
mnta giorni, apparendo spesso a^Ii Apostoli e istruendoli delle
oose che riguardavano il regno di Dio, cioè I» sua Cbìfìsa. Prae-
biiit seipnum vivitrn, post passionem Hiiam. in mnltis arfju-
mentis^ per dies quadraginia apparens eis et loquens de regno
Dei*. Qual meraviglia cho tra le altre istruzioni che diede, fosse
anche questa dell'immunità ecclesiastica, sì strettamente legata
colla dignità del ministero sacro e colta liberai della Chiesa?
Ciò, a parer nostro, sembra indubitabile.
' Jkftfuào Piati Calhnìifae, lib. IV. C. IV.
* Quando traditio tut constati* ti perpetua, oalmdtre $oltt iu» liìrinttm.
praetfrtitn quando nan apparti ratio iliam Iriòuendi Apostolicat: tHttt(ti<
lioHì. Talis auten videlur traditio Kmus e.templÌonÌt. Eèt tnim adto aNfw/iMl.
Mt HiàllitìH tiiu agnoncaUir iniltum. Tfam pra fmporum ap/iortunititlf. tumpcr
obafrvala ut, praestrtim cera posi tempora Chritlianorum Imperatarum, ut
capite XIJ lalitn viilt/umu.t. Sub Imperaloriftu» attlrm ethnicÌ9 non pofiùt
ijuidem execuiionì mandari retpectu maffintratwim infideìium, qui Eteìmae
non pnre/Atnl, qw>d ad fnelnm perlinel; tiM nutem Krrìrniitt non tUfnit,
Cìaus ai'jnmn est qwjd Praeìati ErrìeBiaMiei hoc ìaa immunitntis aemper oh-
ttrvari frcvrunl, quantum inter fidete* fieri polrral; et hoc otUnditnt antiqui
ctnonet in fine eapitis tertii allufatit qui nitn^nam mferunt hanc caiuuelu-
dtnan in aiiquom ÌnstÌtutÌonem apoi-toIicam,ted tnmquavi lììttnam illam w
ncrantur tt obtervari studfnt. Siiark, rtf^fpuiìio Hiii'ì ciilliolìar ili-eli»!, U IV cK
* Aetii» ApMtolorum 1, S.
DEL DiniTTO Dn,tA CHIB8A
IL
Uno schiarimatio.
Dirà talimo: Ciò, che ò di diritto divino immediato, ò ìmua-
tabile ed intangibile, anche a rispetto della suprema autoriti
ecclesiastica. Or noi nella pratica dolla Chiesa vediamo che il
Sommo Pontetiee m'>difiea e tempera l' immunità del Clero, s»*
ooudo Topportunità de'templ, doMuoghì, dolio (wr^one; ed anche
per grave demerito ne spoglia talora il soggetto, corno fk col
chierico degradato.
Rispondiamo : Senisa alcun dubbio ciò che ò dì diritto dìviao
immediato, è immntabile ed intangibile, anche a rispetto del-
l'autorità papale; raa da quel solo lato, in cui la cosa è di diritto
divino immediato. Or noi diciamo che Timniunità ecclesiastica
è dì positivo ed immodiutu diritto divino qmmto alla istituzione,
non quanto alla determinazione. Rispetto a questa la diciamo di
diritto cttnoDtoo. L'immunità ecclesiastica fn stabilita da Crisbi
e prescritta agli Apostoli in forma generalo, io quanto cioò foflsa
richiesta dalla dignità de' sacri Uìnistri e dalla sanlitù delle tis^
a Dio dedicate. La determinazione poi di essa in particolare e
r attuazione nelle sìngole materie e nelle singolo persone fu da
Cristo lanciata al senno de* Sacri Pastori e segnatamente dui
Sommo Pontefico; così richiedendo il ben delU Chiesa e il sir
piente governo della medesima. Onde l' istituzione generica dvl-
r immunità ecclesiastica d immutabile ed intangibile, sìcthh
nessun Pontefice potrebbe abolirla del tutto o rinunciare vali-
damoute a ciò che ò essenzialmente connesso colla dignità sa-
cerdotale, e santità de' luoghi sacri. Tal sarebbe, per esempio, il
privilegio del foro, almeno nello cause criminali, e rindipeudeoza
do' templi dal potere politico. Per contrario ben può il Ponteflcd
in molte altre cose, relative all'immunità ecclesiastica, recare
quelle modificazioni che son o^nsigliate dalle circostanze, e attri-
buirne maggior godimento a tale o cotale persona costituita io
tate 0 cotai grado della gerarchia ecclesiastica, e spogliamo al
ALL n)H[ItflT& BCCLRSIASTICA
407
tlo il cbìerieo, reo dì enorme delitto, degradandolo econwgnan-
dolo, corno suol dirsi, al braccio secoUro.
Yale qnì, in certi gitìsii, ciò che diciamo del governo epi-
scopale. Cristo stabilì cbfì I& Chiesa fosse retta, e governata da
Vescovi, Como da Pasturi ordinarii, con dipendenza dal Supremo
Fontefìce. Va tale ordinamento ò d' istita^ione difilla^ o nessun
Papa potrebbe sopprìmere l'Episcopato in generale, né esimerlo
dalla sua dipenden^:» e negare ai Vescovi quel grado di giù-
risdisiune, che è ossen/.ialmente richiesto all' esercizio dol pa*
stomi ministero. Ma ben può allargare n restringere in tale
0 tal altro Vescovo rosteosione dell'autorità giurisdizionale, ed
esautorarlo eziandio del tutto in pena di commessi delitti.
Ondò conchiudendo diciamo rimmimità ecclesiastica, riguar-
data nella sua sosUnza, essere d'istituzione divina. Dei ordina-
tione constitutam; riguardata nell'estensione o nelle accidente
essere d' ìslituzioue canonica, comtiiulam caiionìcis sanctioni-
btt». Sotto il primo riguardo, à immutabile ; sotto Ìl secondo ò
mutabile per autorità della Chiesa, traauH, ben ioldso, quei punti,
Ht.'az& i quali la sostanza stessa verrebbe meno.
ftp,
IO.
Dell' imìnuniià persotiale.
Che la persona de'sacrl Ministri sia al tutto immane dall'aa-
torità laica, quanto all'ordine spirituale, ò cosa di por sé fuori
di coQtroversia. latendesì per ordine spirituale quello, che rì-
larda il ciilio divino e la salute delle anime; come verbigrazia
Toblazìone del divin sacrificio, le feste,! riti sacri, l' ammini-
strazione de' sacramenti, la predicazione della divina parola, e
«a dicendo, la cose tali Io Stato non ha ricevuto nessun potere
da Cristo; e però rispetto ad esse la persona do' Ministri eccle-
liasticì ò del tutto indipeadeate da ogni ingerenza del maestrato
laico. Ciò, almeno teoricamente, è conceduto dagli stessi statolatri.
Anzi cotesta indipendenza non è talmente propria del CIùe-
rìeato, che non si stenda proporzione volmen te a tutto il popolo
de* fedeli. Nessun battezzato ò soggetto in modo alcuno alla le-
40S
IVKL DIRirfO DB&U CHIESA
gistazìoDo dello Stato, quanto air esercìitio della religione. Come
Don è soggetto in olì) alle loggi civili; così non è tuniilo a ri-
sponderue ai tribunali laicali. Egli dee risponderne al solo tri-
Ijunale della Chiesa. Le persone soggiucciono a tale o ootal foro,
per ragione di tate o cotale materia, intorno a cui la leggo obbli-
gavale. Onde l'assioma: Personae sorliunlur forum rat-ime
maieriae. Se la matteria ù talu, che trascenda la potuStÀ legislativa
del gorernante, ne trascende ancora V autorità giudiziale o coer-
citiva. In ordine alle materie spirituali l'autorità civile non può
avere altra iugeronm, che quella di prestar braccio alla Chiosa
contro i riottosi o ribolli. Onde apparisce non Bsser altro che
sacrilega violenza quella dulie Stato, quando si arroga di giudi-
care i Ministri della Chiesa o anche i seutplici fedeli, in ooee
concernenti T esercizio del Culto, o come che sia connesse wl-
l'ordine spirituale.
Se non che, a parlar proprìnnionte, celesta eson^sione del Clero
dal poter laicale, in ordine alle materie spirituali, non può ap*
pollarsi immunitii; non arando carattere dì privilegio, ma di
proprietà essenziale, che non ammette temperamento o variazione
alcuna dì piti o di meno. L'immunità personale va intesa a ri-
spetto di quelle cose, in cui la persona altrimontì sarebbe sog-
getta, se non avesse quella data qualità per cui si considera
esente. Ora il cherico, anche se non fosse cherico ma semplice
fedele, sarebbe esento, come abbiam detto, dalla soggezione alla
autorità civile a rispetto delle materie spirituali, non avendo
sopra di esse l'autorità civile giurisdizione alcuna. LMmmnniti
dunque propria del Clero, acciò abbia senso, si riferisce a quelle
ooee di per sé puramente civili, in ordine alle quali la potestà
laica ha vera giurisdizione.
Qui si presenta in primo luogo Tesenzione da quegli ufficii
che disdicono alla dignità e al carattere clericale. Tal sarebbe
segnutamente la milistia. Il cloro è un ceto dì persone, separate
dal comun della gente, e dedicate con solenne oonseerazione a
Dio, acciocché attendano alle opere del divin culto. Distoglierle
dal sauto ministero por applicarle ad nfficii profani, è vero sa-
crìl^io. E livore sacrilego lo disse l'Imperatore Costantino nella
all' IMMr.flTA ECCI-ESrASTICA
409
légge che fece sopra qaesto proposito, ortlioaudo che t Chierici
fossero disobl)ligatL da tatti gli iiffioii civili. Qui divino culliti
minisleritt retigionis ìmfjendioit, idest hi qm Clerici appel^
lantury ab omnibus otnnitio muneribus excusenlur; ne sacri-
lego livore gtMrumdatn a dìvinis obscquìis avoceniur '. Il Clero
è appartenenza di Dio; e a Dio fa oltraggio chiuniiao lo volge
ad ocoupu»ioDe profana.
Quanto poi alle Leggi, riguardanti la pace pubblica o le re-
laziooi puramente temporali tra* cittadini, il Clero è aeoKa dubbio
obbligato alla loro osservanza. Ciò è ordinato da' sacri Canoni;
e il santo Pontefice Nicolò 1 Io ripete dalla volontà stossa di
Cristo, il quale nel dividere le due potestà stabilì che come l&
secolare nelle coso spirituali dovesse essere regolata dalla spiri-
taalo, così la spirituale ooU'uso delle coso puramente temporali
si valesse delle leggi della potestù. secolare: Idem mediator Dei
et hominum. iiomo Chrislus lesas, sic actibits propriis et di-
gnitat'bus dìstinctis officia potestatia utriiisgue discrevit {pro-
pria vcìens medicinali humilitate sitrsum ejferri, non humana
mperhia rursus in infcrnitm demergi), ut et chrisfiani Impe-
ratores prò aeierna vita Poniijicibus indigerent^ et Poniijices
procursH iemporalìnm tantummodo rerum legibus imperialibns
utrritHtuv''. Il Clerico, benchò a Dio considerato, non cessa per
questo di essere eziandìo cittadino. Quantunque separato dal
TMto del popolo, in quanto Clerico, rimane nondimeno congiunto
era esso quanto agli usi della vita civile, che non contrastino
con le funzioni del proprio miiiiatoro o colla santità del proprio
stato. Rispetto dunqne a cotesti usi egli è tenuto a conformarsi
alla legge comune, come ogni altro cittadino soggetto all'autorìtìi
dello Stato.
Se non che. a non togliere abbaglio, vuoisi qui distinguere
nna doppia obbligazione: Tona monile, o vogliam dire direttiva,
che sì riferisce al reato di colpa, l'altra penale, o voglìaui dire
oiattiva, che si rìrerisce al reato di pena. II sacro Ministro sog-
giace, senza dubbio, alle leggi civili, quanto alla prima delle
" Tipili il l^odicc TpotUiiiiiio, IìIp V.E, Sw.
' JEputola ad MichatUm Imperaiorem.
tt'L i.
410 BEL DIRITTO DEtLA CHIESA
dette obbligazioni. È innesto un legamo che scondo nella cosciensa
di lai non si>lu dallik |)(>sitirb prew:ri/>ione della Chiesa, ma dalla
atessa legge eterna di Dio, la ((naie influisce la virtù sna in ogni
legge giusta, quantunque umana. Ma quanta alla seconda obbli*
ga/.ione, cioè alla coattiva, il Clero soggiace non alla giurisdi-
zione laicale, bensì alla giurisdizione ecclesiastica. È questo, nella
sua parte principalissima, il così detto privil'gium fori; pel
quale i Sacri Ministri non possono eisscrtì giudicati o paniti à^
magistrato laico, ma sol dalla Chiosa. La convenienza di nn tal
privilegio fu veduta dagli stessi Prìncipi secolari, come prima fl
Cristianesimo obbe pùbblico riconoscimenti?. Il pio Costantino,
avendo nel Concilio N'iceno avuto querela da alcuni Vescovi contro
altri Vescovi, risposo: Voi non potete easoro giudicati da nessuno:
perchè siete riserbati al giudìzio del solo Dio. Voi siete chiamati
Diì (allude al ti'sto scrittunUur Ego dixi THi estia); e pori» non
potete essere giudicati dairuomo '. La legge poi di Teodosio e dì
Valentiniano e di Arcadio Imperatori porta cbe nessun Vescovo o
altra persona addetta ai servigi della Chiesa sia deferita ai tri*
bunali laici, vuoi ordinarli vuoi straordinarii '. E per non esser
prolissi, Carlomagno ne' suoi Capitolari ordina: Clerici non sa$-
citlaribns hidin'bNs, ned h'piscopali audientiae resenyentur. K
addncendone la ragione, soggiunge: Fas enim non est ut divini
muneris Min istri temporaVuni poleatnlum suManiur arbitrio '.
E veramente, il laico sta al sacerdote, come il figliuolo al
padre, lo scolare al maestro, la pecorella al pastore. É questo il
parlare delle Sante Scritture, la dottrina dti' Padri, il sentìmoab»
stesso del popolo cristiano. Né ciò a rispetto de' semplici fedeli,
ma de' Legislutorì ancora e de* Prìncipi. Or giustamente esclanii
qui S. Gregorio VU: Nonne miserabilis insatiiae e^fse eogno^
' Vos a nemine diiiitiiearì poUalis; qttia soìiut Dei ìudicìo re»erramini
J)ìi fienim rocati esitt; «t idctrco tunt pottÉtis ab tìomine indicari. Imi. F%-
titram t:t, MI, i]. 1.
* Cùnbnui Itge *^n~.ìmM ut nutl'H Episeoporum, vel firum qui h'ftì^iai
■necea»f£qlifi«ff «prriitn/, ad tudicia site ordiniriorum iti're txtraoritinartorvwk
iudUuM pertrtthalMr. Ilahtnt illi suoa itidicta; nec quid^wim hit piiittM
at commutiif cam tfffibm. Vedi i) Codice Teoimianfl : De Bpltcapia et Citrieia.
» Ulro VI. e IO».
ILL* IXHtlMTÀ eCCLSSUSnCA
scitur, SI Jìlhis patrerHy discipuhis magistrum sibi conetur
eubiugan; et inUfuis obiigationihus illum suae potatati subii-
ceret a qtio credit non sofum in terra sed eiiam in caetìs se
ligari posse et univi '? N^ò SÌ dica, che l'ordino è diverso, o eho
pero bon può chi soprasU nell'uno, sottostarà neiriUtro. Im-
peroMhò ciò può arrenire, quando gli ordini siono paralleli, ma
non quiuido sodo toio yenere coordinati. In tal caso il magi-
strato doirordine superiore non pa6 eondecentemente 9ottoporsi
alU ginrisdiziune del magistrato dell'ordine inferiore. Ottruchò, i
JUinistri del Santuario rappresentano Cristo, son Legati di ('risto,
Sono ascritti alla sua Corte con solonue conseeraisìone. Or non
vi sembra che la dignità di silfattt? persone esiga che esao nelle
eanse massimamente criminali, Steno sottratte a' tribunali eo-
muoi ì Son si usa nn analogo rigoardo con gli alti magistrati,
nello slesso colo laicale? Il privilegium fori pel Cloro non pui>
disconoscersi, se non in una società caduta più basso che in pieno
nataraliamo '.
Né si obbietti che cosi si a in metterebbe T impunità de' delitti
nelle persone ecclesiastiche. Tutt' altro. La Chiesa nel punirei
• IJbra Vni. Kpùtl. 31.
* Oggidì ù KtfH) oKumte tnlrainnifi le ìAee sopri qupslo j-ile^intlMinio punto ili
■BrilLO canonico, anche pn>^o ali:v)»i membri di;l Clvro (poclilQÌmi per rerìtà), ctio
un molili tempo .-Klitifli-o velemmo in una ciuì «l'Ilali» un ]iK%e arcdure aliri
»reU »l irìbnnalc !aic«>. Unoii p«r lui, che non si trorava in l'rancia iii tempi del
Coooitio dì Macon ! Sarpbbo No;;7laclulo i Ir^nunorc colpi di vrr^, o ulmeno a
Ir^oli F'omi di prìgioni-l. Nntlus clericut ad iMtticem laecularem qurincnmque
aliMm f'raimt de citrici» accusare aut ad cau/tam Hicendam trnhere qHOCHm^jue
Ho pT'teifumati sed omne fifgottuin etericorum aut in Epitcopi sui aut in
J*raeMttfterorum vet ArrJudMf^ni prae-sentia finialur. t^itod si qnicitnqtte cle^
M hoc impfve distuUrit, si iunior fuerit, uno wihim quadraginta tetw
ipiat; »in wrU honoratiór, triginta dittum condiaione mulMur (fan. 8,
an. 581).
Alcuni voplinno Mitnre II lurp<- fatto co\h non fijstrnia atti Concordato « col-
alwliùoae del fin icclesiasUco. Ma il Concordato esiale lultavEa de iure, perchè
Boa rescino dal TonteAc^ ma solo da allo arbilnirio drl Governo; e quand'anche
niiUne; sistono i Snuri Cunoni e le Censure Ponliflcic. L'obolttìODe poi drl
Uro ecdaiasUco non è che un «oprila (rovemativo, il (|nalo uon ha ditlmtio né
pnò diftr Udii ere il iriliaiulc dd Vescovo, sialo Ìd piedi fin dal principio (l<>Il.i riiìr<o.
Urne apparifce dalle parole di Mo Paolo a TimoiM: AdverBw Prt^itt/Urum oc
ciuatìonrm noli reeipere, miri aub duaòiu aut tribut tatibua (RpbU [, V, Iti).
MI MmiTO dglU chiesi
AvWiià ne'chìenci oou è men severa dellu potestà secolare rispetto
uì laici. Soltanto essa nelle pene mira più direttauieote alla
cmcndasiione del reo. Iksti iu prova il canoiio A'otiwMS, dove
r ultimo paragrafo riporta un'ingiunzione d'Innocenzo Hi al
Vescovo dì Parigi, la qiialo dico cosi: Pro ilio vero falsario
scelerafOt qiiem ad numdalum nostrum capì jecislì, hitc Uhi
diiximus consitletidum, ut in perpeiuum carcerem ad affetulam
puenìteniiam ipsttm ivcìudas, pane doloris el aqua angustiae
sustentandum, u6 commissa defteat et Jienda «Uerii4S moH
commitiai '. Un chierico condannato a perpetuo caroerd, dovp
pianga il buo peccato o si sostenti del pane del dolore e del*
l'acqua dell'angoscia, non sembra per corto un reo impunito.
Che su p«)i trattisi di delitti degni di pena uncho più gravarla
Chiesa degrada il colpevole, e così espulso dairordino cloricale,
lo consegna al braccio seeoUre, affinchè sia punito ascondo le
leggi civili.
Dal fin qui detto apparisce che al trar de' conti rimmuniti
personale del Clero si riduce a due semplici cosa: Air esenzione
da officii civili che non si affanno alla dignità clericale, e al
privilegio del fóro nelle causo principalmente criminali, senza che
però ne s^ua alcuna impunità nei delinquente '.
{
IV.
Dell' immunità reale.
Tra le coso, a cui compete Timmunìtik ecclesiastica primeg-
giano i luoghi che dìconsi sacri, perehò deputati all'eserciiuo del
divin culto. Questi soui^ segnutaiuonto i templi; appellati tn
noi con più proprio vocabolo Ciiiese, per esser luoghi ove k
moltitudine de* fedeli suol cougregarsi. Essi sono in singolar
modo dedicati a Dio, e come tali sogliono coosacrarsi con soleiud
riti dal Vescovo. In essi si olfre a Dio il sacrifizio cristiano,
rommomoratìvo della passione di Cristo; si distribniscono al po-
* Non (KriJiaw ntrmifìiip ikl jtrìifili^ìo. titola dei CnnetHf, ptrclir <)ui axaii^
r'nnra le imnnnilik fCctt«a<^lictK iWl» sola loro diretta n\n\otut cai polciv ehflh
j^
■&
iMiuPir
i dirini misteri; si ascolta la parola evangelica, e così del
.to. In essi Iddio in certa guisa dà pubblica udionxa ed ascolta
Maudisce la preghiera dti'supplicanti. Iddio li chiama soreate
^elle divine scritture su» casa. Satttijicavi domum kanc, quatti
pediJicasU, ut poHcrcm ti'nnm meum ibi in sempHertinm H erunf
utenti mei ti cor mettm ibi cuncfis dit^ma. Così parlò Dio stesso
in Salomone, rispetto all'antico tempio '. Quanto più ciò ha luogo
la rispetto delle nostre chiese, dove Iddio non pure in senso mi-
stico ma in tntt» realtà è presente sotto le specie sacramentali?
È dunque manifesto che ìl tempio di natura sua è sottrHtto ad
ìogni uso proDiUo, e di esso vale i^imiimtiientu ((uolla regola LI del
jDirìtto: Semel Deo dicatum, tìon emt ad ustis hutnanm ulteritis
ìfrans/erendum. 1/ unica volta in cui il mitissimo Oesfk sì TÌde
jarmar dì flagello la mano e percuotere altrui sdegnosamente, sì
{fa quando scorse profanato il santo tempio. Domus wm, domus
ioratiotiis est} et vos fecistis illam speìuncam latroitum*.
Quindi è che lo chiese essendo così strettamente vincolate
colla religione, son di per sd sottratte ad ogni giurisdijiiono laica,
9 soggette alla sola giurisdizione religiosa. Il diritto esclusivo
dell'autorità ecclesiastini sopra dì esse, come sopra coso del tutto
sue, e la facoltà di disporne, secondo che giudica, e di vietare in
cose non solo ciò che no offende la riverenza, ma anche ciò che
altrimenti potrebbe riputarsi indifferente, è chiaro pivi che la
luco del giorno, né ha mostìeri di altra dimostrazione.
L'immunità delle Chiese si tira dietro T immunità di altri
luoghi connessi con quelle o aggiunti » quelle, e però parteci-
panti della lor santità, secondo la regola XLII del Giure: Ac-
tesaoriuiH naturam sequi congruil priticipaf-s. Ma la determi-
nazione di cift, per esser cosa di per sé indeterminata, spetta
«ir autorità ecclesiastica.
V altro capo d' immunità reale rigiiarda i beni ecclesiastici,
('u generale persuasione de' popoli che ì beni, destinati al decoro
ile templi o al mantenimento do' sacri Ministri, dovessero andare
esenii da' comuni tributi. Un tal costume fu religiosamente os-
' > Uber 111, a<ffum IX, 3.
' VAnc Xl. 17.
DEt DinflTO DELLA CHIESA
servato anche da' Prìncipi gentili. Oli egiziani sotto Faraone, nei
famosi sette anni di carestìa, per arer grano furono obbligati
di vendi^re al Fi3co le loro terre. Da tale obbligazione fiiron»
eccettuati i Sacerdoti: Vendentìbtcs singulis possessiottes suas...
praeter ierram Sac&rdotum qttm a Rege tradita fmrat ei$ '.
Artaserse Re di Persia, dopo la riedificazione del tempio di Ge-
rosoiima, comandò che i Sacerdoti e tutti gli altri ehe vi pre-
stavano luinistcro fossero esenti da ogni tributo: V(Ai3 quogue
notum facìmus de unìversis Sacerdotìbiis et Levitts et CanlO'
ribits, et lanitorìbus et ministris donius Dei kuiits, iU vecJigaì
et tribiUum et annontis non habeatU pote-it^tem imponendÀ
super eos '. Giulio Cesare narra che nella G^llìa ì Druidi (oo^
appellavansi ivi i Sacerdoti) non pagavano alcun tributo, oè
erano soggetti al servìgio militaro, ma in ogni cosa godevano di
piena immunità: Dmides ai>esse cottA-ueverunt, nec trilntta re-
luti reliquf pendnnt, militiae vaeationem, omnemqtte rerttm
ìiabetit immuniiatem '. Lo stesso potrebbe riferirsi di altri po-
poli, benché idolatri. Il semplice lume di ragione dettava luro
che la riverenm dovuta a Dio, padrone supremo delle cose tutte,
portava che si usasse un particolare riguardo ai suoi ministri,
anche in ciò che si riferisse al possesso di beni materiali. Onde
da sì^atti esempii S. Giovanni Crisostomo traeva argomento è
rimprovero a quei cristiani, ì quali fossero restii ad usare Io stesw
riguardo ai Sacerdoti del vero Dio. E non sapete, conchiuden
egli, che ridonda in Dio stesso l'onore che fate ai siwi Ministriì
An nescith honorem <td Deum ipfsum traiisire *?
Non appena la Chiesa ebbe politico riconoscimento, che il
primo Imperatore, pubblicaiuente cristiano, vale a dire OosUd-
tino il grande, concedette esenzione da ogni balzello alle chiese
cattoliche, nel modo stesso onde esenti» ì suol beni privaU e quelU
delle famiglie di Eusebio exconsolo e di Arsace Ee di Armenia.
Praeter privatas res nostraa et Ecclesia^ Catholicas, ei do-
' Gknkìs. XLVII. si, ìt.
' R^DHAE. lib. I, e i.
' JJe Mio Gallico, lib. Vr.
* UomìIm es in eap. XL VII Ottusi».
ALt DIHirmTJl BCClESIASTtCA
mum clarùsimaé mejnonae Eusebii ex comulia et maifintri
equiium et pediium, et Arsacis regis Armenioruniy nemo ex
no-^tra iuasimie praecipuis emolumeniìs familiaris iuvetur sub-
nianiiae... ideoque omnei ftensitare dehebunt '. Questa pietà di
Cofltantino fa poscia imitata dai seguenti Imperatori cristiani,
e dagli altri Principi generalmente, fino ai tempi del moderno
Liberalismo
Né da tal privilegio, se ben si considera, risultava danno
materiali! alla sociotÀ civile. Imperocchiì dei beni della Chiesa,
tolte le spese del culto e boltu il mantenimento dei sacri Mi-
nistri, tutto il resto erugavasi a beneficio do' poveri. Onde come
appullavansi res Domintcae, cosi ancora dicevansi palrimoniitm
pauperuin. Lo Stato poi ne'biso^i straordìiiariì ne veniva lar*
gamente sovvenuto con ispontanee largizioni; le quali bene spesso
salivano ad ingenti Bomiue. JV Ini ponitore Carlo V motteggiando
della confisctuione de' beni ecclesiastici fatta da' Principi prote-
stanti, diceva: Hanno uccisa la gallina, che faceva l'uovo. E gallina
{fondissima di uova per lo Stato e pei singoli cittadini era la
proprietà del Clero^ dal cui iDcamoramcuto nò la sost&nza pub-
blica oà la privata^ al trar de' conti, ha sentito vantaggio. Ma'
eheccbossia di ciò, noi qui consideriamo semplicemente il diritto ;
ed il diritto non guarda l'utile, ma la giustizia.
V.
Immunità del Romano Pantere
L' immiiDÌtà ecclesiastica si assomma ed assolve nel Ilomano
itefice; nel quale si assomma ed assolve la dìgaitù 8a(jerdo-
lle. Negli altri membri del Clero 1* esenzione dalla potestà laica
è relativa, ed ò maggiore e minore a seconda do'gradì gerar-
chici e delle dispi>si7iiunl canoniche; net Romano Pontefice è as-
aotuta e totale e non è governata da legge, ma reggesi per sé
Medesima. La ragione si è, perchè egli è all'apice della Gerar-
i; ed i canoni dipendono da lui, non egli da'canoni. Egli riceve
• Cod. Theod. llb. XI. (il. I, llb. Ut.
416
DEL DIRITTO DELIA CmCSA
l'itamunìtà immediatamente da Cristo, pcrchà immediatanieQtt
da Cristo rictìve La giurisdizione; uè putì essere giudicato da
Teruuo, pei'chò giudice supremo di tutti: Prima Sedeii a nemint
ittdicatur.
Quosta ò dottrina cattolica, perpetuumdiito insegnata da* Pon-
tefici 0 da'Couciliì, 0 oostantomeoto difusa da' Canonisti e dai
Teologi. [I Concilio Roiiiano, tenuto sutto san Silrostro Papa, nel
suo Canone ultimo parla oosì; Nemo iudicabit primam SedeM.»
Neqtte ah Augitsto mgue a Regìbns, neque ab omni Clero, nequi
a popttlo iudkahiiur FrùtM Sedes. Quelle frasi: Sequ* 46
Augusto, ne(jue a Rrgibus, ntufue a popitlo mostranti chiara-
mento che non si dice ciò in ordine a' soli punti dommatici, ma
in ordino a qualunque materia in generale. Xel Concilio pari
mente romano sotto Sisto III, al capo quinto leggiamo essersi detto
da' Padri: Non lied in Pontijìcem sententiatn /erre. Qui ì
termini sono assoluti, e non ristretti a tale 0 coiai giro di oos«.
Nel Concilio V sotto Papa Simmaco fu approvato il libro di
Ennodio diacono, in cui tra le altre cose stava acritto: Aliorutit
ìiomittìtm cansas Dem vohnt per homims terminar}^ sed Setlis
islius Praesutem suo sine qnaestione resercavit arbitrio. Il
Concilio VII! nell'Azione decima, Canone TÌgesimo primo sancisce
non esser lecito a nessuna potestà terrena giudicare i PutriarcM
e precipuamente il romano Pontefice: praecipue t/Hìdem Sanctii-
simum Pa^Hnn senior is Romae. Quanto poi a' Pontefici, basti per
tutti citare S. Nicolò I nella sua lott^Ta a Michele Imperatore,
dove dopo molte prove conchiudu: Satin evidenter oatejuìitur a
aaeeuliari potestaie nee ligari prorsus nec solvi posse Ponti'
ficem, idest nec damnai'i nec absohn. Questo sono alcuno poche
delle molte testimonianze, che sogliono recarsi da'sacri scrittori
in confo r maglione della presente tesi. Vedi segnatamente il Suarez *
e il Bellarmino'.
Quanto poi agli argomenti raitionalì, basti quest'uno: U
Chiesa di per so e in ragiono slo:jsa di Società è sopra lo SUtff,
non 0 converso. Dunque ìl Cap') di quella di por so e in ntgioiw
' Ikfamo FiiM Catholieae eie. Uh. IV. cip. JV, V el VI.
' IM itontano Pontifitt, Ub. II. np XWI el UVII.
Ém
allTiwumtì rcclcsustica 417
stessa di potestà è snpni il Capo di questa. Se dunque il Pitpa ò
sopra il Principo temporale, come rniete che soggiaccia iu qual-
8ia« modo al suo poterò logishtiro o giudisiarjo? !^on sarebbe
qaesta una coutnidd iasione ne' termini ? Nd si ricorra al diverso
rispetto: ^aochò ì due rispetti, che qui si allegassero, debbono
stare in ordine tra loro, o quindi i'uno subordinarsi all'altro.
(Htrechò la legge, chi) il Pontr^Hc»} promulga e sucondo citi giu-
dica^ ò \0ggQ universale, sottintesa in ogni altra legge, e (òn-
dameoto di tntte le leggi nella società cristiana; giacché & la
leggd eterna di Dìo, qua! fu atinan7.iata ed espressa dalla bocca
stessa dì Cristo, vale a dire è la legge evangelica. Diiuqae nes-
sana altra potesU può giudicare il Pontelice; perchè dovrebbd
farlo per applicazione di legge, e nessuna legge pu6 uscire fuori
di quella, nonchò sollevarsi sopra di qaella. Ogni legge, per essor
tale, convien che si fondi nella legge eterna di Dio, e bunditoru
della legge eterna di Dio è Cristo, del quale tiene le veci press'j
noi il Pontefice.
Si dirà: La legge eterna ci si manifesta altresì mediante la
logge naturale, che ne è partecipai! ione, fatta da Dìo stesso, nella
coseienxa dell'uomo.
Si, senza dubbio. ]Ia, presupposta V elevazione dell' uomo allo
st^to suprannatura, la legge naturale non può più prendersi
isolata e per sò stossa nell'ordine morale o giuridico, ma dt>6
prendersi in quanto sublimata o svolta e determinata dall' ìnse-
gnamonto di Cristi, ha. custodia e l'interpretazioni! di ossa, come
tale, è affidata al Pontedce. Onde giustamoute si dice in formola
generale che fondamento d'ogni Stato cristiano e d'ogni legisla-
irionc cristiana debb* essere la li^ge di Dio inturpretita dalla
Chiesa, ossia dal romano Pontefìce. In questo senso Uoma continua
ad eaaere regina del mondo, e il romano Impero non ò cessato,
ma da materiale si fi convertito in spirituale.
Da questa immunità assoluta del Romano Pontefice noi a ra*
gione ri levali) nio altra volta la neces.sità del suo principato civile;
non potendosi concepire attni. forma sociale di tutelarla, se non
te politica Bovranitii. Ogni altra forma è efìmera. Acciocché il
Papa sìa vcramoQte immnae da ogni soggezione a Principe tem-
Svi» XtU. wi. //, fait. 8« «3 e uiaggio 18M
4t8 DEL DIRirrO della CMIBSA all' IMMIftlTÀ eccLEsiAsnci
pomlo, cooTÌen che egli sia padrone in cAsa sua, eoa piena pò
testa di servirsi dMstrumenti liberi e non dipendenti che da lui,
per l^esercixio della sua mondiale autorìlÀ. Ciò non paò ottenersi,
86 egli non sia vemmente serrano del territorio, dove dimora. Il
Papa, in quanto Papa, è padre e sovrano di tutti i fedeli, sparsi
per tutto il mondo. Come tale egli non appartiene a nessuna na-
sione; Egli è soprannazionale, cosmopolita. Per mantenersi ed
apparir tale, sensfi gelosia o sospetto da parte di questo o quel
popolo, di questo o quel Principe, egli deve tnwarsi effettira-
mente fuori d' ogni Stato particolare. Ci6 non può farsi altrìmenli,
se non in quanto egli abbia uno Stinto a so; uno Stato, in cui ^li
stesso sia principe temporale '. Ciò non compresero, o meglio non
Tollero comprendere ì moderni facitori d' Italia; ma accecati dal-
l'orgoglio credettero di far opora non peritura, scoronando il
PoQteflcd. Ad essi ben sì attaglia quel rabbuOfo Dantesco:
0 superbi crì.siian, miseri, lis-si;
Che, della vi^ della mente infermi,
i^idanza avi^ie De'nirosì passi *\
■ VmIì <^pn quello (lunio L'HSitATone. La China r In SUUo, Cape Iti, *^
citlo XVII, XVML
* Purgatorio, tztAtt \.
IL TESORO, LA BIBLIOTECA E L'ARCHIVIO DEI PAPI
NEL SECOLO XIV.
ra le pubbliciuìoDi di maggior pregio, le quali, grazie al
Qtd impulso (luto agli studii storici dalla gran voce dol Fon-
; t«fice Leone XIU, ed alla generosità ond'egli aperse ai dotti i
toeorì degli Archivii Vaticani, si son venate in questi ultimi
unni intraprendendo e prosieguouo atacremcnte il loro corso;
' nerita singoiar menzione, quella a cui lian posto mano testò
I due eruditi tedeschi, il P. Enrico DuniQe drlL'Urdine dei Pre-
dicatori^ e il P. Francosoo Ehrie della Compagnia di Gesil;
amendue per dottrìnn diplomatica e perizia pttteograflca insigni,
I «d amcnduc oossecratisì a Httidìare in Vaticano, sotto gli auspicìi
' del Pontefice, e ad illustrare i codici di quel nobilissimo fra gli
^rchiviì. L* Opera loro s'intitola: Archivio di storia Wferarìa
fci«c/ga»urftiM del Medio Evo; e ne è uscito in luce a Berlino,
^Qlo scorcio del ISS!), il primo Volume ' ; il quale, colla bella
I mostra che fa di sé, promette egregiamente anche pei futuri,
che dorranno a mano a mano, ed a non grandi interTaUi, te-
I Bergli dietro'.
Secondo l'usanza di cosiffatti Archivii storici, esso contiene
due Parti. Nell'una, che è di gran lunga la piti importante, si
pDbblìcano Testi e Documenti inediti, e Situiti originali sopra
leeti met^esimi — Textpubliktìtionen und ò'tudien; nell'altra,
' jlrfAiV far LitUratuT-und K&fhftvjeichirhtt da MiUelallfr», htritu»-
gtjrtlm ron V. Heimucb I^emh e 0. P. nini fiiA>z eiu'le S. I. — JSV-g/w Satid —
Berlin, n'tidmannseiie Bucìthandlunff, 1885. -- L'n Torte votum'C di pagìiic G43,
rii 8* grande.
^* VArchit si pubblica a grp*si rasctcoll. di un 160 pagine c'jMeiirio* fimilno
qtnli roniLinn tir gni.<;ln vnlitmc Non f^cntin :i ginrno o mese Gs^o, inu rb[ioti-
doBo incirca a vn (rimc^ire l'uito.
9
4% IL TESOnn, la UmLIOTEOA B t^ARCHrno dei PiPI
intitolata MUlheihmgeti, si comunicano brevi Notizie e svariate
relativo ai soggetti trattati nella prima Parte.
Il Volume che abbiain sott' occhio, comprende, sotto la prima
categoria, una ricca serto di Documenti, tratti per la massima
parte dai Codici Vaticani, ed oditi ora per la prima volta, col
currudo di ampi*-' annotasioDi e dissertav.ioDÌ storiche, mercd le
qflalì il valore dei Documenti modesìmi dai PP. Deniflo od Ebrle
vien posto io iaplendido rilievo.
Kd ecco i titoli delle materie, a cai rìferìscoosi.
r^ Notizie storiche del Tesoro, ileita BiblioUca e del-
l'Archivio dei Papi, mi secolo XIV (del P. Ehrle, pag. 1-48,
228-3(S4);
2' V Evangi-lium aeiernnm e la Commissione di Anatriti,
relativa alle dottrina del celebre Abbate calabrese loacbÌDi e del
francescano Fra Gerardo da Borgo S. Donnino (del F. Denifle,
pag. 49-142);
3" Le Ooslituzioni ddV Ordine deFredicatori, del I22S
(del P. Denifle, pag. 165-227);
4" Kitrieo di Oand: ([ueslioni divpr-Jrt, rignarJauti la bio-
grafia di questo celebre Dottore scolastico, soprannominato il
Doclor solemnis (del P. Ehrle, pag. 365-401);
5" Le Sentenze di Abelardo, e le compitazioni della s»
Uologia, fattesi prima del mezzo del secolo Xli (del P. De-
nifle, pag. 402-469, 584-624);
6' Gli Spiritunli, e loro relazione coW Ordine dei Fran-
cescani e coi Fraticelli (del P. Ehrle, pag. 509-5(59);
7" La prima casa di studio dei Bettedettini aZ/Tniref-
sità di Parigi (del P. Deiiifle ', pag. 570-533).
■ Della ^nimrOprra, inlnpn>5n ilnl V. De.vii'I.b satira lo UnÌTenili ift JlcdioM
Duo ul 1400 {Dit Unirprifiuileft dta MiHe^a,Utr» bin HOO), ti M\Ktì»la
pran dixìderio dui dntli, è fimo publilinito testé il pritno Vnlnnir, rhe {i
(itolo »(><*cnlii: Vie £:nlttehHfiff {VOhpnnt dtr Univrrsitàttn ifea Mìttttnik"
òii JIW. llerlin. ÌVeidrannn, IHS5; di [«}:■;. XLV. 8ii in p. X*. Es^:-
In tratti»«Ìoiii si^ui'nli: Caraltei'i! (■ conrellinlpir['HÌ\prs)là M Mitlìo ¥.\f . <
»■ STiIuppo delle line .inlicbi* IniiT-rAit* il'urigì e Itolnsrna); Oripine e «»iliip|rt àtììf
«lire Scuole <iu|if!riorÌ Oi Rurupa tino ul t iOO; KelnaioiK! iJL-ile raitrrnt.'i colle KSOh
anteriori, lìli Arcliivii (M Vaticiiio, e Ev j>rÌTicì[uli Bibliotcclie d' [t;ilia, G-.Ttntnia,
»
ft
•sei SBCOto xìv. 421
Tra le MiffJteiluttgeti poi, che fùrmano la seconda categoria.
!e^e dì speciale ntteazione son le seguenti: Notizie intorno ai
SI$s. del Dirccforium InquìsUionis ddlRymcrich; e io torno
allo Fonti della sio^'ia dei Fiancescani e dei Domenicani (de!
P. Denifle, pag. 143-149, 630-640); Descriziene dei Msa. storici
Iella Borifhesiana (del P. Ehrle, pag. 151053); Ludovico
Bavaro, e i Fraticelli e Ghibellini di Todi ed Amelia,
1328 (del P. Ehde, pag. 15i)-164); Aggiunte alle Notizie
del Beihnann sopra i Mss. dì 5. Francesco in Assisi (del
P. Ebrle, pag. 470-507); Il Liber dimaiouis Cortesianorum
ei Civium Romanae Curiae et Civitaiis Avenionensis (del
P. Donine, piw?. 627-6;iO).
Dai titoli medesimi di queste tratta»ieni il lettore può scor-
gere ageTolmente la loro importan/,a e misurare il vasto campo
cbo abbracciano. Esse si stendono dal secolo XII fin oltre al XIV.
e si versano in soggetti di grande interesse per la storia occle-
siaatìca in genere, e singolarmente per qneila d'Italia e di
Francia: onde si raccomandano per sé medesime airattenziono
di tutti ì dotti di questi; nostre conti'ade. IìA sola cot;a, di cnl
altri può per avventura dolersi, ò che elle siano dettute iti te-
desco: lingua bensì nobilissima, e nobilmente maneggiata dai
dot) Autori, Denifle ed Ehrle, ai quali ella è nativa; ma poco
diffusa fuor dei paesi Germanici, e du motti anche fra gli nomini
colti delle altre nazioni ignorata. Un'Opera di cotal fatta, come
questo Archivio, la quale per l' ìndole sua s' indirizza agli stu-
diosi e\ eniditi di tutte le genti, ma sopratutto delle genti
latine e cattoliche, dovrebbe, a parer nostro, come furono* e sono
tattora, altre opere di siuiil genere, essere scrìtta in latino, che
è la vera lìngua universale dei dotti, ed insieme la lingua pro-
pria ed ufficiale, per dir cosi, della Chiesa cattolica, od ò inoltre
la lingna dei Documenti medesimi, che VArdiivio professa d'il-
Fnncìa F Spagna, lian sommi nbirnto a) doiUssinD Antore ^li Hnmpnii di i^iifst' opera
mcpuaiucntalc. Il secondo Volume Iratlcr-k detf'arganaincnlo e della compouiioue
étWr l'niversilà e dei CoUi?^. Tre ollri Voinmi sii-nnno cnn^acrali ctclaslvaiiicntc
airi'iiiM'i^iU ili Parigi. Cf. IIevue des uvsstions ursTOnioUES, AvrU IHdU, |n<
iao 59.'. 50(ì.
It TESORO, LA BIBLIOTECA E L' AnCHJVIO CSI PIPI
lustrare. Vero è che cotesti Pociimonti boti recali qui por disteso
net loro originale latino, e nel presente Volume no innpìnno da
sé eoli piressochè la metà (circa 300 pagine): di guisa chù ogni
niedìooro latiuuute può farne suo prò. Ma egli A pure un groD
guaio, che In maggior parte, l^rse, dei latinuuti che sono al
mondo, siccome digiuni affatto di tedesco, non possano leggere
ed usufruttare i dottissimi eoinmcntarii, onde il I>enÌf)o o TEbrle
acoompaguRuo i documenti; e che eglino non di rado, dopo no
tratto di testo lutino, abbattendosi all'improvviso in un periodo
0 pagina di commento tedesco, intercalato Bel corpo medesìnw
del testo, si trovino in un subito smarriti e abbandonati a brsn-
rolar nel buio. Ma c\!> sia 'letto di passata, e saho il rispetto
alle ragioni speciali, che gli egregi Autori dovettero avere di
preferire V idioma tedesco.
Ora, volendo noi qui dare ai nostri lettori italiani un breve
saggio dell'Opera, sc'^glieremo fra le trattazioni sopra enumerate
quella che ci sembra dover loro riuscire di maggior interesse
e meglio a grado: ed 6 appunto la prima nell'ordine testé ri-
ferito, la qnrie ha per t^ma il Tesoro, la Biblioteca e VAr-
rhim'o dei Papi nul secolo XIV. Il P. Ehrle ha ivi radunato
una bella rinchcKza di nuovi Documenti, da lui scoperti nella
Vaticana ed altrove: colla scorta dei quali egli intesse e svolg»
un largo tratto della storia della gran ColleTdone pontificia.
< Non già (scrivo egli) che io presuma esaurire col mio scritto
cotesto argomento storico, anche soltanto pel periodo che corre
da Bonifacio Vili a Calisto IH (12941453); ma spero bensì
di arrecare una utile contribuzione di materiali per Pedìnciu
della Sttìfin della Vntieana, la quale ancora è da scrivere*»;
e che sappiamo essere, oggidì piA che raai, dal voto universali
dei dotti sollecitata. Siccome poi non v' è quasi brano dì storia
pontificia, che non cA oolleghi colla storia civile d' Italia, cosi
vedremo il P. Ehrle recarci qui anche un bel mazzo di curiose
notizie, riguardanti le rìcende politicho d'Italia, e specìalment»
dell'Umbria e Toscana, in quel tempestoso secolo XIV.
■ ArcMiv eie. («£. I.
ireL SECOLO jciv.
in
ft"
I.
Il Tesoro, e i suoi Inventari!.
Qnel che nel secolo VI e nei seguenti chiainavasi Vestiarium
papale, ed era teniiti» lo «islodia dal Vesiiarius o Vestararìus
sanefae Romaìuie Ecctesiae, pili tardi trovasi appellato The-
saurus 0 Camera^ ed affiliato al Thesanrarìus o Camerarius.
Le quali QiioTd appellazioni, come saggiamente nota V Ekrle
eontro il Galletti \ non ebbero già principio col secolo XIV,
dopo la morte di Bonifacio Vili, ma risalgono a circa due se-
coli innanzi. Il Tesoro poi comprendeva, come diauxi ì] Vestia-
rium, non solo tutta la siip]>olI<'ttìle e gli oggotti preziosi,
appftrttìnunti alla Corte del Pont(^fìe^ Re, ma anche la Bibliotsca
e V Archivio papale; l'uaa e l'altro aDtiohìsaimì, risalendo l'ori-
gine loro ai primi secoli del Papato, e Tenutisi poscia di mano
in mitno sempre accrescendo.
Ecco infatti nn saggio dei Tarii oggetti, che atan registrali
oegl* [i-'Tentarii del Tesoro, compilatisi dal finire del seoolo Xlll
fino al me/,20 del XV. Ivi si leggono, dice 1' Ehrle, annoverati,
insieme collo sedie., fmncfialia, facistorìa^ carpeia, cortine e
mi» ad parandutn conslsforiiim ; coi vasellami da mensa,
tric, brocce, poti, euppe, fiascones, scHltelli, piate, «rceoli,
saleria; cogli arredi dì cappella e saoristia, elemosìrìarie, ha-
rifi^, ihephanif, fiatìella^ tobaleey frixa, cape^ dorsalia^ fron-
iaiia, aliarla viaiìca, e (a cominciar dal Tesoro di Clemente V)
il triri'gno, ossia la corona^ quc vocatur regnum, cum iribttB
rculùt aureis; coi cophiiiHti, saccuti e bttrse, contenenti mi-
gliaia dì dupli, carlini, -fiorini; coll'armeria di tancee ed al-
Mffwtie (Bagaglio), ballisie coi loro tendiioria e gasanqne, lorice
H9 maihia, piatine seu coirasse, cervehrie feree^ ciroiece de
ferro, garroii prò mnonibus et Hpingalis; col tesoro delle sacro
Reliquie-, colle pergamene, coi Documenti e volumi di Regesti,
« libri di computi delta Cancelleria pap:ite; si reggono, diciamo,
' Vnli G^uent, Del Vestarario delta S. R. C; Roma, 1758, iiag. 58.
£
AH IL TESORO, tA B1BT.I0t8CA t t' ».RCH»10 DEI PiPt
in mezzo a tutto questo catalo^dti, tioa dovizia, coH'andar dei
tempi sempre più ragguardevole, dì llaaoscritti, di Messali e
Pontificali e codici dì diritto civile ed ecclesiastico fino all'Al-
magesto di Tolomeo, ed opere medicali di Arabi, e comraeutatori
greci di Aristotile. Tutto questo era dai Papi chiamato il The-
saunts noskr et sanctae Romanae JUccfesiae \ *
Ma, sotto Clemente V, che trasportò in Provenza la Sede pon-
tifìcia, si cominciarono a distinguere due Tesori: Vnutico e il
nuovo. Fu dotto thesaurus ant'tiiuus quello che rimase a Roma
0 in altre città dello Stato romano (Perugia, Assisi); e thesaurus
novus quel che si formò e crebbe intorno alla nuova stanza di
Avignone.
D'entrambi i Tesori si hanno parecchi InverUariit totali o
parziali, compilali per ordine dei Pontefici in rarii tempi da uffi-
ciali a cÌ6 deputati, sotto la sovrìntendenza del Camerario o Te-
soriere prò tempore: ed essi dal P. Ehrle vengono qui enumcTatì
e diligentemente doscritti. Bel Tesoro antico, si hanno 5 Io-
ventarii, appartenenti agli anni, 1295, 1304. 1311, 1327, 1329;
del nuovo, se ne contano fino oltre a 10, e riferisconsi agli
anni 1314, 1320. 1339, 1342 e 1343. 1353. 1358 e seguenti,
1369, 1371 e sogacnti fino al 1333, 1411; coll'aggiunta £
due Cataloghi della Biblioteca di Pietro da Luna (Benedetto Xm,
1408-1423), e d'un luventarìo del Tesoro, e specialmente d«
Ubri, di Gregorio XII (1411, 1412, 1415).
11 i>rogio di cotesti Inventarii ò laestiniabile per due capi prin-
cipalmente: 1" per la storia medioevale della Biblioteca e del-
l'Archivio pontificio; giacchò ivi si hanno t Cataloghi e registri
autentici delle ricchezze cht) t'una e l'altro c^intenevano fino allo
scorcio del medio evo, ossia lino al tempo di Xiccolò V, quandi
la Biblioteca Vaticana, chiamata da quel letteratìssimo Ponte-
fice quasi a nuova vita, entrò nello splendido periodo dell' età
moderna; 2" per la Storia dell'Arto; atteso le curiose e minat«
descrizioni che in questi Inventari) si incimlrano degli oggetti
preziosi del Tesoro, espresse nel barluro latino dì quei bassi tempit
* Arehie, pog. 3.
^ -.
WEL secow xtv.
"ma ottime ad iUiialrare un dei Iati meno conosciuti di quella oscura
età, cioè il iato artìstico. Il P. Elirle, il cui iutendiiaoato nello
studiare grinrctitarii dt.-l Tesoro tnirii sopnitutto ai Catulughi dei
codici, chfì dobbono servirgli per la Storia dtilla Biblioteca Va-
ticana, abbandona agli studiosi o Storici dell'Arte cotestu do*
scrizioni, e la fati&i del ctuniueTitarle, non occupandosi di esse
aUrament?. .\L:t pur qua e colà ne dà qualche saggio, atto a sol-
leticare la curiositi! dei lettori. Eccone^ ad esempio, alcuni tratti.
Nell'Inventario del 1311, il cui testo originale occupa nel
Volume X dei Regesti di Clemente VI circa 86 fogli (dal fo-
glio 152" fino al 538"), fli l^gge !a seguente descrizione dei
frammenti dì due /acvfioria (ussian faldiatorif) chiamati l'uno
di CosTASTiNO, l'altro di Frdrrico II: (f. é66'). Item unum caput
iwnis de auro, gttod videtur de ficistoeìo' Cosstastjsi^ tu
quo suut oculi (le a'ìsiallo, laboraiutn in capite et in collo
ad botinum, et haid sul capite yrossitudiiiem cum quaintìr
comitassibus quadrati ffulatis et relevaiìSy d in dieta groasitu-
dine sunl duo grossi ìmlatii et sepiem minùres et odo éxme-
ralde. communes et sex grosse pei-le^ et dejieiunt duo grossi
lapiiles et unus parvits balaliun, et h-abet concavitatem, intus
in qua concavitaie cideiur esse de Ugno; ponderis totìon trium
librarum. — (f. 47'i") Item XXI lapìdes incastonafos in argento
deaurato, de guibus undecim suni saphirt., Ires granata^ sex
exmeralde et unus lapis doto; suut eitani cum eìs sex resede
de argento deaurato^ in quorum duabus su»t due perle et in
' Nrll'lnitnlario ffi-l l^S". si irovn nnclie r*gÌslrnto Unum fnleisttìriH/it lìe
tre dtauratum; r Item falcialoria, eive cattedre episcopaUf tiffiue denurate
nmmero trigimla umiu* {Arekiv, pig. 3!!^}. U faldùtorium wi monumottlj del
Wriko (tto k r.Uìna\.ìio puri* fandislwiutn., faldislaitum, falaistoriuvi, faìdeslotus,
faUstorìuntf foTixlatorium IuUp corruzioni della phm.l vocf, inlorno alta cui ori-
|iie lituani sii ilispnu.
* l.'linprraiom Co^hnlino' pnilnljilmi^iitr fu il donatore di quMlo fildlltorio,
al 'jualn perciA ne rìmiLic il iKJine. In iimil gulsii, Carlo ] d'An^i't donò al Papa
Onnentc ]V un ricchi:Uiino faldisloi-io d'»ro con fmatt mlutato ben lOOOf) lìarìni
d'oro; t in kmpi a noi più vkÌHÌ, Il Principi.^ n la I'rìndp<H'^ di S-iKc-riothii a
Ko VII dwiargno, in S4>sno rii ditozìoiip, nel 1816. un praiow faMi&loriu ili S(|iiìb<Io
btoro, cdD cuscini ili lama d'ar'gento e eoa rtcctii ortianieiilì d'oro. Vedi Muiiuni»
Vniomario ài erudiz. ttorico^ccUtiaaliiM, alla TOce Faldùtorio.
IL TESORO, LA BIQtlOTf.CA E l' AllClliriO Dei PKVI
aliis suìU granati ; que omnia videntur fitiase de rAi'isroRio
FxuEKicE '. Stint etiam r.um eìs duo (franati sine castontbusì
pojideì-is toium uuins linde et trium tfuatiorum ei dimìdii.
Ligati sani omites per se. IL nome di Costantino ricorre anche
nella descrizione di altri ciiiioliì (f. 453''): Item unum ci/itm
atppe de iUiit Constantini sine pede iotum deanratum de opere
duplici eunt homittibujf et beaiiis reieraiis ex parla exteriuri^
inius «ero est figura hotninis saper unum animai; ponderi»
irium libiarum et dimidte: e poco appresso (f. 456'') sì h doe
Tolte menzione de cìipis Constìstini. Talora Tien espresso anche
Tubo a cui servÌTa l'oggetto descritto: come (f. 471') pemum
ad ponenditm ad nasum cantra reuma, e poimon ambre coMra
reuma; (f. 460'') crux... que ^mmìHt portari ante papam in
asta; (f. 461') magi\a candelabra... ad tenendum facutaa ma-
gnaa gite ardetit ante altare vel in camera pape de nocte'.
Sovente a queste descri/iuni Tanno accompagnati cenni noD
ispregevoU per la storia di quel tempo, e particolarità euriow,
relative ai Papi e ad altri personaggi. Così in nn brano dMa-
Tent&rio avignoDose del 1380, son registrate guatuor morastpu
sire piate de auro cum lifteris grecis, gite fiterunt poriedt
Rome per dintm Urbanum }<apam V H reportate Avinionem^
ifuas morasguas habuil dhìts nosftr papa Clemens VII'* pv
nuinus dhorum Geraldi Mercaderii et lohannis Rosseti li
ipsas re.posuit dhus nosier papa in archipo camere »«c palaci}
aplici Avi)ìionertsi4\ K nel grande Inventario del 1369, verto
il fine, 8Ì fa ricordo di nn magno instrumenio in quatticr
pellibus pergameni conglutinatis. il quale conteneva diversdS
obligatiotìcs factas per nonntUtos hominet oc universilaitt
' Qui<:5to Facì'storium Federici nadde In mano dei GufHI. nel rtecliiaBtmo boOìM
che fVii rwero M if*om iiiifiprialp. iit>po In viunria rii»plani cnnirv KMefiu Hi
fHrRn, il 18 febbraio 1S48: n ì Cui-lri dp trcr-m àtna al F'npn.
' ArcJtw, psgiE. 150 IBI.
* L'an(t|Ki(B Ckniwle VII (I3~I*-I3^^J' ('"po nter {ll-'H<n»lo arniau nuiM <l
posavo di Roma al l^tlimo PontpOM tVtiaiio VI. «i ritir<S .td Avijtnoiw, Amt
pianti In snle, e h tpnii<> lino ulh fiia mortp rivvnnutn nel 139l;ninulo pvW'
eCMOre l'ìrtnt da Inni, col nwQi! <1< ib-nrdirKA VII!
' ^rcAtr, yuf. ti.
HCt SECOLO XIV. 427
mitafus Venayssìni scil. lU amesiis sice artUheria ìpsis
unitttrsilafibus iradiiis per supradkhtm dìtum. eat'dinalem
ClherosoUmitanumJ prò de/entiione comitatus eiusdem, e por-
Uva la data dd -l marxo 13tìS '. Sotto Grògorio XII. il ^ lu-
glio 1411, sì ha rtarentario de ommhus paramattis spec-
tanfibttì ad aitare^ que /uerunt cum SS'" diio nostro papa
Gregorio XII, qttando ivU Gaidam, que ftieruiU recepta de
'endiis, que fuenmt sub custodia fune reverendi patris dhi
'Anlonii episcopi Cenelensis et aliia para/mviùs speciantibus
4id altare, que fuernnt postea portata de civUate Austria Ga-
ieiant^. ^'el Codice 4-75 à^WArdiiviuin Avìnìonejvse, ai tempi
d'Ionoceazo VI (13Ó2-1362), si legge l'eleoco dei vasellami —
vaxetla -- e altri oggetti, cho il Citiiicrario o il Tesoriere (di-
gnità oho, fin dal 1320, sì trovano ijiatinte o Httribuibe a du»
porsuai^gì diversi) oonsegnarouo a varii officiali siibalturtiì della
taaft pootifìcia, ai buticulariiH, custodì vazdle^ ayquerio, pn-
neUirio etc o ai nipoti del Papa, nepotibus domini ; come pure
degli oggetti amota et e^'tracta de inmniario wl asaognati, per
urdioe del Papa, alla Certosa di VUIauova, da lui fondata, o donati
a varii illuatri personaggi, come il Conte di Poitiers figlio del
Re di Francia, al Duca di Bijrb<)rio, al nipote del Ke di Cipro*.
IL
Il Tesoro a Perugia.
Sotto Bonifacio VILI, il tesoro papale sorbarasi, come nei tempi
iDoaniii, in Koma: e Tìaventario che nel primo anno del sito pon-
tificato, I295,Bonifacioaefe'comporre,èilpiù perfetto e il meglio
•)rdinato, dice l'Khrle, fra ^tiaTiti ne sono a noi pervt^nuti. È
partito in 83 rubriche, le iiuali formano un mediocre volume in
foliofdi 79 carte in pergamena: eeumincìacun quest'epìgrafe:
/n nomitte Dhi Amen. Istud est inventarium de omnibus rtbua
ila in themuro sedis apostolice factum de inatulato sat
438
sono, LA UBLIOTICA K L AltCRIVIO DB PAI
diasimi patris domini Bonifacìi pape Vili sub anno mi7/«-
aimo Oc nonage^itno quinto, anno primo potiti jicotus ipsius.
Vorigìnalti sta neirarchiTio Vaticano: la Biblioteca NasioDate
ài Parigi ne possiede una copia, eseguita nel secolo SVtl, e
geoeralmente assai fnAoìe, per quanto può giudicarsi dalla parte
che il signor À. Molinior no ha finora pubblicata, e che dal-
l'Ehrle fu riscoatrata col testo Valicano. Il medesimo Ehrle dopo
una esatta descrì^.ione del prezioso Codice, ne pubblica qnì nel-
VArchìv' rultiinu sozione (f. 62 '-73"), quella cioè che contiene
il catalogo dei Mss., ed lia per titolo; Libri Theolotjìe, luris
dtfiiis, luris Canonici et Medicine et muHi aliì^ sicut in/erius
sinrfuìariUr descrilmniun Sono 443 opere, le quali formavano
tutta la Biblioteca di Bonifacio Vili, ed oggidì col nodo elenca
dei lor titoli mostmno in iscorcio qual fosse Io stato degli stadib
sacri e profani in sul volgere del secolo XUl al XLV.
lìi\, dojK) la morto di Bonifacio (11 ottobre 1303), il tesoro
dei Papi cominciò a peltegriuiu'e fuor di Roma in vario parti,
ed a correre anch'esso le fortune, non sempre liete, che il Papato
medosimo, per Innghi anni esule volontario da Roma, andò in-
contrando. Benedetto XI, eletto il 22 ottobre 1303, e coronato
il 27, per liberarsi dai tumulti di Roma, dove i Colonnesi tor-
navano a prepotere, trasportò, sui primi del maggio 1304, la
sua stanza nella sicura e fedelissima città di Perugia. E come
egli ben inteudea, che dovrebbe far quivi, non già a breve tempo
ma chi sa quanto lunga stagione, soggiorno; a Perugia tea
altresì traslocare da Roma il tesoro, almeno in ^ran parte, con
esso la Biblioteca e l'Archivio che vi erano incorporati. Dì questo
traslocamento a Perugia, ignorato dal Marini nelle sue Memorie
storiche degli ArchivH delta Santa Sede (Roma, 18*25), «
taciuto anche da altri Autori, il P. Ehrle produce insigni e
ìrre&agabili documenti ; e al tempo stesso ricorda gì* Inventarii
che in Perugia furono fatti del Tesoro, l'uno nel 1304, l'altr»
nel 1311.
ÀI santo Pontefice Benedetto XI, rapito alla Chiesa e al mondo,
* Anktp, pagg. U-M.
i
^e
otto mesi di regni}(6 luglio 1304), succedette Ciemetite V
Ounclaru dì Perugia il 5 giugno 1303. Egli era Arci-
TeeeoTo di Bordeaux, e T inaspettata elffisione trovollo in Francia,
doVegti inimaDtÌQdntd risolse di stabilir la Sede Pontificia:
laonde agi' inviti e alle preghiere dei Cardinali che il soUoct-
tavano di venir to3to a Rotua per U coroT]a?,ione, rispose coman-
dando loro dì rr>carsì prontamente, eoi p^^ntirieali e cju tutta la
corte in Lione, dov'ogli si coronerebbe, e dove infatti, il 14 no-
vembre, cinse con solennìsstma pompa la tiara. Per tul occasione
adnnqu'', una buona parte dui Tesoro, che serbavasi a Perugia,
sopratult^) arredi preziosi, gioie, vasellami e cimelii d'oro e di
amento (tra i quali, nell' Inventario di Carpentras, del 13U,
90D ricordati XX/l p ti de aitro^ XVII amili, XXVI II cupe
auro, eie.) vennero per ordine del Papa, da Giovanni Vescovo
Ito di Spoleto, a quei dì Oaraenirio, trasporUtt in Francia.
Più tardi, stabilitosi già Clemente eoa piede saldo in Avi-
gnone, ed appressandosi II tempo del Concilio Mumouici>, da lui
intimato per Pottobre del 1310, ma apertosi poi di fatto sola-
mente il 16 ott'tbre 1311; egli si avvisò di non dover più a
lungo lasciare giacente in Penigia il Tesoro papale. Con lettere
pertanto, date da Avignone il 15 marm 1310, egli: 1" deputò
tre messi, che dovessero recarsi a Perugia per pigliar possesso
ddl Teeoro, e trasp)rtarlo ad Avignone; 2 ««mandò ni due custodi
che in Perugia lo arcano in guardia * di consegnarlo ai predetti
messi; 3*^ scrìsso ai Vescovi e ai Principi laici, per le cui term
doveasi faro il geloso trasporto, di prestare ai messi pontificii
ogni sicurtà e favore.
Nella prima lettera, indirizzata ai Dilectis film Magtstris
Gregorio de Phcentia, ArchìpresbijUro ecdesie Montisiiic«^
capeilatw nostro, et Vitali de Cabanaco, clerioi Paduano et
' Un ItocudWOlo Vaticano del 1307, cibilo dulPHnou (.ircAi'r, pie. S38}, fa
tDiloDe ili qaetti Custodi, jvenlt ri«ìi1efi/.a (iist in Poru^in jnvisd il Tcsoi'o. t
qaieunm btld iti banchici-j ponlilìcii lioreotini della Conipa|!7ii> di^* Orchi, tie
»oeÌ€taÉe CiVcutorum de Florentia, di unn ccru nomma da essi pagatii pei àeìtì
Custodi ; ItCfn tolviatit prò Vfstra tertia parte duceMios itToginla fftx /tor.
aoH ti Vili turontnsta groBao» de argento familiaribué nMfria Pentrsn ad
imi CCBTOOUI ReSlOE.VTI»t3 prò eorum expentit.
430 IL TESORO, LA BIBLIOTECA E L* ARCHIVIO DEI PAH
Burdigaiensis diocesis, oc Guillelmo de Lua, servienti nastro^
il Pontefice scrive: Dìscretioni vestre mandamus^ quaUntts ad
civitaiem Ferusinam aceedeìites oos vel duo mstrwn a dtl.
/ìliis magisfris laf-obo de Casalibits, decatto S. Severhii Bar-
digaknsis, ei Petra de Euguhio canonico Laudunemis eccU-
siarutn^ camere nostre clerico, thbsiukui kostkus sive in aurea
vel argentea pecuniis atU attri ve/ argenti massii aut va9Ì$
sive annulis, lapid>bit3 pretìosis, oc sericis scarlctìs atit li-
neis et tappefis seti guìbuscumque alm panni» et rebus etm-
sisiani cntito/lie ipnorum commtsaum petere ei recipere^ et ad
eameram noBtram una cttm allero predìctorum magìstrorum
ìacobi et Petri de/erre jideliter studealiit '. NelU seconda, »i
due custodi di Perugia, lacoho de Casalihus et Petro de Bngti-
bio, dopo l'ordine di consegnare ai messi d'Avignone il Tesoro
sopra descritto, soggiunge: Volumm insuper, gaod alter pe-
strum^ qui cum nuntiis et tltesauro prediciis non tentffti,
TBtNguMFTA omniuTH privìlegiorum^ instruìnentornm, munimeM'
torum et registrorum in llbris de pergrimeno scriptorum^ qtte
cttatoditis ctvn tliesauro preilieio, Jieri faciat, iUnque «oèi*
quam citius facta exiiterint^ studeat d^fstinare; quodque OBh
oiKALiA dictorum privilegiorum, instrumentorttm, manimetti*'
rum et regestrorum, ac res ilias modici valori»^ quas in
ikesauro consermtis eodem, qtieve vobìs et dictis nuntiis non
videhuniur portandc^ in dntno fratrum minorum b. Francisci
de Asisio in aliquo loco tuto deponere studeatis. Ad quorum
cusfodiam ille ex vobt)t duohus, qui citm thesauro prediclo, ut
premiciitur, tum venerit. remaneat, quousque a nobis super
hoc aliud receperit in mandatisi.
lì Tesoro adunque di Perugia doveva divìderai ia due parti;
l'una por Avignone, l'altra por Assisi. Ad Avigoone doreano
tramandarsi tutti gli ori, argenti e drappi e arredi pre^josi; e
insieme con essi i transunti, Ossian le copie autentiche di tatti
1 documenti in pergamena dell'archivio. In Assisi doreaa ripors
gli oggetti rimanenti di minor valore, del Tesoro propriameote
' Arekiv, pag. ìL
* Ivi, pag. 45.
REL SBCOLO KIT.
43!
detto; e tutti gli ùrigìnali doi documenti dell'archivio. Intorno
a questi documenti però, ^ da notare coli' Ehrle, che almeno i
Eegestì di Bunifacio VILI, e di Benedetto Xt, doveano già essere
stati trasmessi alla Curia pa[Kkle in Francia fìn dal 1305 o poco
appresso, siccome troppo necessarìi ad aversi colà alU mano per
ttt gran questione con Filippo il Bello, che Tolea condannato
Bonifiuio '.
Gli ordini di Clemeoto V pel trasporto del Tesoro cominciarono
ad aror esecuzione nel novembre de! medesimo anno 1310. In
questo mese, i tre messi pontificii trovansi giunti in Perugia;
dorè, da parte del Papa, richiesero il Comune di prestar loro
sicura scorta per condurre il goloso deposito a sé affidato, parte
lino a Siena (per procedere quindi ad Àrìgnone) parte fìno ad
Assisi. Qui rEhrle, dagli Annali decemvirali di Perugia, pre-
zioso registro degli atti aut<^ntici del Comune, che fa parte del
così detto Archìvio decemmrah, trae in luce il raccouto esalto
dei procedimenLl usati allora dai Perugini: ed è una bella pagina
di storia municipale che fa toccar con mano, come a quei dì
Perugia saperne conciliare l'obbedienza dovuta al Papa, del quale
era politicamente suddita, colla libertà o autonomìa cittadina dì
cai ì Comuni di quella età erano cotanto gelosi.
II dì 7 novembre 1310, così nanano gli Annali decemviraliy
radunatisi a snon di rampana del popolo e a voce di banditore
— sono campane popttli et preconia voce — nel Palazzo del
Comune, i Priori in numero di nove (il decimo trovandosi as-
9eDte)f con 25 aavii CnapientesJ ; l'un dei Priori, Paulitcius
Andree, per commission dei colleghi, espose il fatto dell'arrivo
dui tre messi papali e della loro domanda, con cui pdebatur
• QircsU congelluni dutrEiifiLE è ora i\inphia in ctnaia dal DEHmE, mcrré
^Qi> UneiirwaU.da lui hrpriii ne) I* (luaderuo (late pitbblicata] dH Vi>lume II del-
ì'Arehiv (jag. 13-i.l). in oua iloiin Ap(M'mIIc*, clip ser\c di coinplpiiimlo alla irai-
taiioiw ilH siin colUg^. I iliiP llnoiiriii-nli «Orio: 1° Uiki dicliianizioiii; uutfiilica [ii>i
Xnial Oddo efe Serminelo e Andreas de Setia iipra Ip miurrw Scancella Iure), che
fsai sUfitaoo airr fallo, per ordine di Cli'iuPiilu V, in :ilcuiu> Ullitrt! di Bonifiicio VIIL
iVll'aoDO '*; V Do trailo ddtNnTrnlarìo. btlo a CnrpenlrAs nei 13U, ove tea re-
l'Mlnii : Jttm ftovtm Itti/eslra d'ii Bonifacii papt Vili, nnttm Re^estrum d'H
ikntdicti pape XI, et decem Utgr*tra d-'i CtetaentU pape quinii.
433
VAPI
a Communi Perttsii scorta usque Senas prò tesauro ad ìpsitm
pontijicem defereìido, et prò truauro depottendo in luce b. Fra»-
cisci de Assisio usgite ad Asaishim; e sopra ciò chiese che si
dftliberasse. Atcuai dei SaTÌi sorbirò a dire U lor sentenza: e
tosto tutti s'accordarono in quella del signor Lamberto: che cioè,
« quantunque tra i patti stipulati dal Comuae con Benedetto XI
quand'egli venne a stabilirsi in Porugia, non si trovi esse Co'
mune obbligato per uulla riguardo al Tosoro, si obbedisca uondi*
meno libenimente ai voleri del Pontefice e alta domanda de' suoi
nunzi, purché prima il Comune, con [attera scritta al Pontefice
e ai Oardìoali, si assicuri tal essere Turamente la lor volontà.»
E messo ai voti il partito, pei* levata e sedata, fii a pieni suffra^
approvalo — facto et misso diligenti partilo, de sedendo ad
levandìtm, piaatit omnibus, nemìne discordante '.
Due mesi appa^sso, avuta, come pare, da Avignone l'assicaraziene
domandata, il Comune procedette a nuovo delibenusioni per dar
esecuzione alla richiesta del Pontefice. Il giorno 5 gennaio del 1 311
radunossì pertanto il minor Consiglio, composto di 254 membri,
cioè dei Cùìisultì ìnercatorum, aitditores cambii, caoierariM
caliolariorum, 32 camerii aliarum artium et artijtcum^ e 202
reetores artium et arttjicum: ed esso deliberò, con 178 voci con-
tro 76, elle si desser pioni poteri al Muestrato della cilU, ossia ai
10 Priori delle arti, di statuirò le spese da farsi per la scorta del
Tesoro e per la provvigione din messi papali, super facto impens$
fende prò scorta tfie^auri domiiti pape, et provisioins fendi
mtnciis domini pape deferentibus ipsum theraitrum — . In pari
tempo, fu intimata pel dì seguente una generaits adunaiUia
artium et ariifcnm cìvHaiis et Burgorum Feru^ii, ossìa il
Gran Consiglio: il quiile tenutosi iuFatti, il G gennaio 1311,
coir intervento dì 51-7 de artifcibus artium pr&iiciarum, con-
fermò a piene voci, meno due contntrìe, i pieni poteri dati il
di innaQ-/.ì dal uiinor Consiglio ai Priori. Conforme poi agli
Statuti di'l Comune, il modu8imo negozio, due mesi appresso
(5 e 6 marzo 1311), fu riproposto al minore ed al gran Consiglio;
< JLrAity pio- ^^ssi.
net SBCQLO XIV. 433
i qaali rutiOcaroDo la plenìpotem'.a gii^ data ai Priori, muoeiidola
cosi doU'ultìmu siiggollu legale'.
Frattanto, due dei mesìtt poQlificii, insieme coi due custodì
del Tesoro, avean posto mano a far di questo ]' luventarw, il
quale occultili dal '2S fubbraio fiuo fil 4 giuguo dì queiranno 1311.
£ compiatolo, il mandarono ad AvigDoue al CardttuiJ Camerario.
Con ciò, nulla ormai pili muuairu, ad osogiiire il trasporto dol
Tesoro via da Perugia, Becoado gli ordini dati 1' auuo innansi
da Cloniente T. Ma, quali clie si fossero le cagioni doIT indugio,
0 le nuore difficoltà alt rare rsatesi, il fatto ò elio coti^sto tra-
slocaiuento non potè cominciarsi che nell'anno seguente 1312,
e dopoché il Pontefice a capo dì quest'ardua impresa ebbe de-
putato un nuovo e piti autorevole uiioistro.
Questi fu il Cardinal Gentile Partìno da MonteCiore nella
Marca^ fnito francescano, un de' più saggi e valorosi porpurati,
che ornassero in quel stKXito ia (Iurte Fimtificia. Egli era allora
in Ungheria, dove era stato mandato sul fine del 1307^ per
la coronazione di Carlo Roberto, che fu il primo He della di-
nastìa Angioina, e per comporre in pace, sotto lo scettro do]
nuovo Monarca, quella nobìL contrada dalle lunghe agitazioni che
l'aveano sotto gli ultimi Arpudi tempestata. Il gran Cardinale
aveva, appunto sul comiuciare del 1312, gloriosamente adem-
piuta la difficìl missione ^, quando da Papa Clemente ricevette
il ormando di recarsi direttamente a Perugia. A mexzo il marzo
di fatto, egli già troravasi in Assisi, dove offerHe alla tomba
' 4fll suo gran Patriarca san Francesco ì ricchi doni mandati dal
Be e dalla Regina d' Ungheria, e dove, presso la tomba me-
• Ili. ine- ni.
^ Ut l)U(^tA Ir^tfiione ilei CArdiasI Gf nlile parla aocho il ViiXAKr, Ittorie Fio-
rtntine, lìb. IX, ciip. ^1, di[| ne !ib.i;.'IÌii il li^mpo. (KHiciidDla ni"! 13ll: ilei che
^wii cofh'iu» AiU'KlinLF- [Archiv, pag. 23<i, noia 3l.
' KecMlMnmte Taran puliblicati ^li Aeta kfiationùi CanlìfMlis Gttttiìit,
iXff-lSil (IIikLipttsliDi CI VicnnjiL', WoQrl. 18S5. in fol. iti \>i^. CVX-ólO), die
rwflWftO il Tomo U lidia Serie I dei Monumenta Vaticana ftialortam regni
Ttar itlmtranlia; ■^miHìotn CollMÌoot' inlni[iif>a pvv cura e a fi^stt M-
,< jipalo l'n^nrico. Sono i.XWVjd Atti, con Lll l-'ormolf^ Oellu ciiiicctlcria delk
l^aiione e od Fminmeiito ili^l libro d«' conti fliber raCioiuunJ.
f<T<( XJJI. wl- If. fàtf, Sdi 88 0 maggio ISSiI
434
a TESOnO, tA BIBt.IOTECi B t (LBraiIVlO Da TAPI
desima, scelse una cappella per proprio sepolcro. Io Assisi ìnolir»
egli composo un litigio territoriale che U Comune aTea coli»
vicina e sua gran riviile Penigìa.
Becatosi quindi in Perugia, ivi fu ac<:tìlto a grandissimo onoro;
e siccome i Penigini avoano a quei di presa» la Corte ponlificta
gravi e difiScili negozii da spedire, raccomandarono al Cardinale,
siccome a speciale lor signore e protettore — specialis domirtM
d proieetor in sitis negotiia communts Penutìi — la propria
causa; e per tal riguardo, i Priori coi Savi e coi Camerariì
arfitim, il 2fi marzo decretarono che venisse presentata in dono
al Cardinale una coppa d' argento dorato con entrori 200 fìorìni
d'oro — presentetur et dotietur una cupa argenti deauraia,
valoris et extimationis que ipsis Prhriòiis vidt^hitur^ et in
ipsa cupa donentur et presenUnlur dneenU ftoreni auri K
Fu quindi agevole al Cardinal Gentile il condurre coi Pemglm
prontamente a termine l'affare, per cui egli era venuto, cioè il
trasporto del Tesoro papale. Lo stesso dì 26 marzo 1513, \
Priori e i Savi del Comune, ricordando la domanda già ritta
dal Papa, guod commum Penisii dihent facere et dare securam
eottdudam partantibm thesauntm nmmne ecclesie, quod actt-
MMs cotìsuevit esse in civifate PerusH, ad romanam curiaai
per totum vestrum districlnm et etiam iisque ad civitatm
Senarum ; decretarono, guod boìia et sufftciw& scoria et sof ietta
militum Jiat et f\eri debeai defe^eufibiis dictum thesaurus
nsqiie (td civitatent ifenarum, si mUifes de civitate Perusii
secttre possint accedere ; et si secure non possint accedere od
civiiatem Senarum ratione preseliaium {repressai ium, rapprfr
saglio — cosa frequeutissima in quella tarbolenta età) que di-
cuiUur esse concesse quibusdam conira cives Perustttos ptf
eommune Senarum^ vadant et scAtriam secure faciant et con-
ductam, quantum secure ire et facere poierunt. Il di seguente,
27 marzo, fu allestito il danaro per Io stipendio della scorta,
causa dandi et solvendì milittbus, qitì debent ire in /avo
acortam Ikesauri domini pape usque Sena$; ed i signori
Jnhtv, pug. 531.
HEL SRCOLQ XIT.
435
ex audoritate «i pottsiah eis cancesìa ab aduìtand'a generali
cundarnm ariium ciritads Perusii, et etiam a Consilio «a-
pieniunt, scelsero 20 miliies^ osaian cavalieri in arme (di cui
8oa recitati i nomi), i quali dovessero faro scort^m et secnram
conduc/am ai portatori di'l Toaini; ed assogoaron loro por sti-
pendio, 20 soldi il gioroo ai milites che aveano ud sol cavallo,
e 30 soldi a quel che ne coadiicean due '. Fin qui giungono le
notizie, fornito all'Ehrte d&glì Annali d^cemcirali di Perugia.
Pn>babilaicQte, Iìd dal sej^ueate aprile, il Oardii]alu, eoo tutta
la gran Siilmoria delle ciisa*, ben chiuse o sugigellate, del Tesoro,
someggiate a dorso di giumenti ^ e colla squadra dei 20 caralieri
dì scorta, si mosso da Perugia e pervenne a Siena: donde, pro-
cedendo per me?.») la Toscana alla volta di Francia, giunse
fino a Lucca. Egli conducua del Tesoro di Perugia soltanto la
p«rte più proziosa, in ori, argenti, gioie e arnesi di gn^n valore,
che era, secondo gli ordini sopra riferiti dal Papa Clemente, la
pontiono opima destinata ad Avignone, ed ammontava, a stima
dì alcuni contemporanei, ad oltre un milione di fìorìui. Oli altri
oggotti di minor predio, insieme colla Biblioteca e l'Archivio,
e colla m^gìor parte delle sacro roliquiu ond'era ricca la cap-
pella papale, rimasero in Perugia ; donde tuttavia (come rilevasi
dalle note marginali apposto all'Inventario del 1311, e dagli
ireutarii del 1827 e lB39)furoQ poco appresso portati nella
Bina Assisi e riposti in salvo nella BllsìUcu di San Francesco;
giusta il comando del medesimo Pontefice.
Lneea era città guelfa: e guelfa altresì, cioè devota alta Chiesa,
Ora per la maggior parto la regione della Toscana, per cui il
Cardinal Gl'HììIo area dovuto, da Perugia in su, ti^ner suo viaggio,
predominando ivi la possanza della guelfissima Firenze: ondagli
area di leggieri potuto per queste terre amiche condurre a sicurtà
> ArcA». pass. ^3i-33!>.
1 In fine ilfirinh«>iiLarÌa del 131 1, i notato che a pmart solo una ponlone del
[Tmoto da Roma a Porugid, c(oé le carie dell'Archivio p ^W smisi ili cucina e ili
IBn^S. UDII arai bliUU 6lJ (Otnirrì — quando porlalttnlitr dr. una terra ntt
\iam, nan n/ffiei^oM èèXaginta àoìmerii prò predìctù porlandù lArcAir,
434;.
4% IL TESORO, LA UtBLIOTECA E l' ARCHIVIO DEI PAn !(EL SECOLO XIV.
il prezioso deposito affidatogli. Ma i tompi correano torbidi;
e la calata in Italia di Karìco V[[, avvenuta appnnto in quel-
l'aono medosìmo 1312, e il suo vi^gio a Roma per la corona-
zione imperiale, la quale ebbe laogo il 29 giugno, aveano messo
in iscompigtio tiitbi l'Italia, e riaccesa più che mai viva Teleraa
lotta fra Guelfi e Ghibeltini; inaspriti quelli ben tosto dal
contegoo poco amico dell'Imperatore, il quale da prìneipio erasi
pur professato neutrale, e imbaldanxiti questi del nuovo vigore
che la presenta e il favore di lui inipttrtivano al lor partito.
Giunto adunque a Lucca^ il Cardinale dovette ivi fermarsi e
soprastare alcun tempo, troppo apparendo mal sicure le vìe, e
pericoloso T inoltrarsi verso Pisa, nido e centro del ghibellinismo.
£gli depose pertanto, e colò il Tesoro nella s^restia di S. Fre-
diano. Foco appresso, ima grave informità che Io assalse o tosto
TOlse agli estremi, gli troncò a mezao non pure il viaggio ma
la vita. Il gran Cardinale mori in Lucca, il 27 ottobre di quello
stesso anno 1312'; o la sua salma, trasferita in Assisi, renne
sepolta nella basilica di San Franct^soo, nella cappella cb*? ivi,
come dicemmo, egli già si era scelta per ultima stanza.
Qual trista sorte toccasse poscia al Tesoro papale, riposto io
Ijuccu, e pii'i tardi anche all'altra parte del Tesoro, rimasta io
Assisi, r udiremo fra poco dall' Khrle nella seconda parte dd
racconto, da lui fornitoci ueWArchiv.
■ Ardiiv, pag. S35.
DELL'EBRAICA PERSECUZIONE
CONTHO IL CRISTIA\^ESIMO
Abticolo I.
Comic fin dal pfindjtio non già i cristiani gli ebrei^ ma gli
eterei abbiano sempn parsegititati i cristiani.
Del Pro luHaeis dell' eìjreo Treves, camuffatosi in ftilso cri-
fltùuio sotto la iiukschera di Corrado Guidetti Dottore in lei-
terey crediamo avere w\ dieci articoli finora qui pubblicati di-
mostrata nbbaataaxa Tiusi^e ranìtà. E t>enchè molti altri punti
del suo libretto ci potrebbero ancona fornire abbondaritu materia
di daellu letteraria nella sala delia Ragiono padoraua dove egli
ei diede si*nK» mantenerlo (giacché cbi l'ha più udito o risto?)
l'appuntamouto; tuttavia pur non proseguire più oltre un fu^gì-
liTo, non curandoci piìì di Ini ma passando oltre, Ten*emo ora a
mantenere la pmmessa fatta ai nostri It^ttori nell'articolo X pab-
blicato a pagina 173 e seguenti del Voi. l'^di questa Serie. La
i^aale è di dimostrare che mai i cristiani non }ìtrse(fuitarono
gli ebrei siccome gli ebrei ed ebraizzanti liberali e frammassoni
eontinuumente mentono, ma che invece gli ebrei perseguitarono
sempre i cristiani secondo che o'instigna la veridica istoria. Che
se qua o là troreremo il TreTes-rniidutti sulla nostra strada, non
mancheremo dì salutarlo per via senza entrar^^ pìi'i oltre con cbi
non si fa vivo in Inngo e particolare coUoiiuio. Cominciamo dunque
ài capo [ina nuova tratta;:ioncolla sopra il proposto argomenti)
non del lutto inutile, come crediamo.
Giacché, anche non volendii toner conto di quei tanti ebrei e
■OD ebrei, i quali insatauassatì, indiavolati, spiritati e mossi
insomma da odio satanico contro il nomo cristiano, sono perciò
sempre pronti non solo ad inghiottire ma anche a cucinare ogni
^orno calunnie e paradossi purché acconci comunque sìa a fare
438
DELL
PBRSBCl'UOKS
onta e dispetto al crislianesimo: o perciò, cmne ogni altro spro-
posito e lutìQKugna, così specialineute amiuetUiuo facìlmtìDle anchd
questo della p«r6ecu!!Ìurm cristiana contro gli ebrei; anche, di-
ciamo, senza voler tenor conto di costoro, consta ciò nonostante
abbastanza che assaìssimo sono oni anche ti'a i non ineruditi niì
cattivi cristiani coloro che, troppo facili soventi volte a lasciarsi
mangiare in capo la pappa fatta, dai loro nemici, prestano loro tu-
lontieri fede, come noi resto, cosi anche in questo falsissìmo punto;
cioè che non già gli ebrei persi^gnitarono sempre e segiioDo
anche ora a perseguitare accani tauK^ntu sempre e dappertutto
il cristianesimo, ma che invece i cristiani perseguitarono s«mpr«
e seguono anche ora a perseguitare dorè e come possono gli ebrei.
Cotulehè, grazie non meno alla perfìdia ebraica che alla dabbenag*
gine nostra, passa ormai iìht cosa giudicata ed i neon trovarti bili)
che r ebreo ò un popolo martire e noi cristiani siamo perciò
ì suoi tiranuì ed i suoi carnefici. Ride perciò gluataueate di
noi tra noi V ubreo. Siccome per esempio il Vessillo isiatlUit»
di Casale. Il quale a pagina 47 del suo numero di febbraio di
quest'anno 1686 cbiaramente trionfa che nelle suo Forche del
13 gennaio 18S5 lo Sbarbaro, * non posso, scrivesse, forinatfl
« senza fremere lo sguardo sulla liuiga e scellerata epopea dell*
« srenture e del martirio secolare della gloriosa stirpe giudaica. >
Como debbono ridere t Ghetti vedendo uno che si vanta cristiana
proclamare martire gloriosa la stirpe giudaica e scellerata U
propria stirpe cristiana! E Dio volesse che molti altri cristiani pia
savii, a ci vuol poco, dello Sbarbaro non dicessero ootidìauameBW
anche peggio. Ondechè gli ebrei si ringollnzmuo prodigiosamenh»
e profondamonto ci dispre^szano. Leggiamo infatti, pur citare ub
solo esempio, a pagina 137 dei Deicides dell'ebreo Cohen edito
a Parigi nel 1861 che: < La verità irresistibile strappata al-
< r ultimu momento della sua vita alla coscienza del Kiforuir
< toro Galileo fu ; Padre perdonate loro perchè ettsi non sanno
« quello che fanno. 3\: gli ebrei non sapevano né poturauo sa-
« pere quello che facevano. Or come dunque poterono essere r*Ì
« dì Deicidio? Bei di un delitto che servì contro loro di inttp»
< preksto per milleottocento anni di persecuzione? Ma lungi
CONThO IL CRtSTTANESmO
'< perdonare, i cristiani conserrarono (tempre contro gli ebrei un
< odio senza tregua e sen7,a piota. E per lunghi secoli di tor-
« menti milioni di innocenti ebrei espiarono il supposto delitto
< dei padri loro. Ecco corno ì cristiani praticarono i^uoUa bella
< parola di perdono e di oblio. Oh nere passioni! Oh dispotismo
< degli interessi ! Oh crudele violazione delle sante leggi dì
e caritÀl > Ci sembra che anche prescindendo, se fosso possìbile,
da ogni idea religiosa, tali ebraici insulti a tutti i non ebrei
del mondo tatti accasati di iniquo odio, dì crudeltà e di nere
fOssi&Hi secolari ed anzi millenarie contro gli ebrei che si
mtaDO innocenti, dovrebbero far arrossire gli stessi liberi pen-
satori, frammassoni e liberali, e farli seriamente riflettere se sia
a&efae umanamente parlando savia T opera che essi cotìdiaaa-
mente fanno nelk ciittodro, noi libri e ne' giornali. Dove sotto
il pretesto di scienza e dì crìtica, falsando la storia e sragio-
Dando, sacrificano volontieri lo stosso unore proprio e di tatto il
mondo civile non ebreo a gloria ed ossequio del solo ebr^o. Il
^Oftle di noi per cii> giustAmente tra noi se la rìde come dì
gente che tanto più si crede critica, scienziata e progressiva
qoanto più fa coro ai vìtiiperii di cui egli ci copre contìnuamente.
È infatti notissimo che ebrei ed ebrei specialmente todeschi
sono in sostanza coloro che primi ai Renan ed agli altri suoi e
loro pappagalli dì razra latina e cristiana insegnarono ed anzi
dettarono la lezione anticristiana massonica e liberale. La quale
ora pomposamente vestita del Mso titolo di critica e di scienza
moderna dalle Universitifc, dai Licei, dai libri e dai giornali,
aggiungendo al danno la beffa, et versa cotidianamente sul capo
l'insulto e l'obbrobriu ebraico e forastìero.
GioTorà dunque Ìl rettificare alquanto, nel punto per ora qui
sopra accennato, ootiìste torte idee; e dimostrare come promet-
temmo, eoi fatti alla mano, che mai gli ebrei non furono propria-
mente parlando perseguitati né molto meno odiati dai cristiani.
[ quali hanno per loro legge l'amore del prossimo, la carità
Terso tutti, il perdono delle offese e la dilezione dei nemici;
poniamo pure che per propria giusta difesa contro l'odio ebraico
e le ebraiche perseciwidnì abbiano i cristiani dovuto e debbano
440 dell'ebraica pERseaniONR
ancora presentomeute ia molti luoghi servirsi di m^zzì più o meno
coercitivi e violenti second» i vani tempi e le vario circostan«e.
Che se talvolta i cristiani troppo oppressi daU*obraicii perfidia
oltrepassarono, e vanno forse anche or» oltropassimdo qua e coli
i termini ilella giusta difesa, sempre sopravvenne la Chiesa a
frenare i cristiani e proteggere gli ebrei; siccome insegna la
storia antica e moduruissima o noi a suo luogo dimostr^reiflo.
Appunto al rovescio della Sinagoga, ha qii&le da Cristo a noi
ha per propria legge talmudica L' odio contro tntto ciò che non
è ebreo e specialmente contro i cristiani; nò mai cessò di aggiun-
gere legna a questo fuoco e sofBarvì dentro rabbiosamente^
sempre attizzando cogli scrìtti e cogli insegnamenti dei sooi
Rabbini l'odio ebreo contro il nome cristiano da Cristo a noi,
secondo le proprie inique leggi.
£ per cominciare, come è giusto, dal princìpio, ammirabile €
del tutto nuova è la sfacciataggine con cui gli ebrei e gli
ebraizzanti moderni ci stampano ora pubblicamente in sul tìbo
ciò che prima soltanto nascostamente osavano dire nei loro libri
e discorsi segretissimi; cioè, in primo luogo, che Gesù Cristo
fu da loro giustamente e secondo la loro legge condannato: io
secondo luogo che, quanto all'esecuzione della condanna, essi
ebrei ne sono innocenti non avendovi posta la roano; in ter»
luogo, che se anche vi avessero posta la mano gli ebrei del
primo secolo dell'era Volgare, sempre ne sarebbero innocenti
gli ebrei dei secoli posteriori e specialmente i presenti dot se-
colo XIK; e finalmente in quarto luogo che, come dicera testé
il Cohen nei luogo citato del suo Dekides, iniqui perciò furoM
sempre contro gli ebrei da Cristo a noi tutti i cristiani, cioè
tutta r Europa ed anzi il mondo civile, che per questo iniquo
pretesto fecero loro espiare per mille ed ottocento anni di
persecuzione il supposlo (notisi bene il supposto) delitio dà
padri loro.
Or quanto al primo punto; cioè che Gesù Cristo f\x dagli
ebrei giustamente e secondo la toro legge condannato ; sonn
volere ricopiare qui quanto è noto a tutti fuorchù agli ebrei •
fu vittoriosamente anche ai nostri tempi sostenuto contro V ebrea
Jt SH.
CONTRO a cmsTiAnEsmo 441
Salvador dal pooo cristiano Dupin lume della franc&st^ giuris-
prodenza, ci ooDteiiter>r?mo di notare l'insigne contraddizione in
«ai contro sé stesso si pone l'ebreo pretondeuto dall' un lato
di essere innocente verso i cristiani e dall'altro confessante dì
aTer« giustamente e secondo la propria lejj^go condannato Gesù
Cristo. iSe voi ebrei avete condannatu Gesù Cristo, sia pure che
ginstamente e secondo la vostra le^ge, dunr^ue voi pei primi con-
dannaste 0 perseguitaste, sia pure che giustamente o secondo
U vostra legge, il Cristianesimo nel sno stesso Capo e Fonda-
tore. Or qnesta e non altra è ora la questione: se ì cristiani
abbiano perseguitato gli ebrei o non piuttosto fin dal principio
gli ebrei abbiano in Cristo stesso persegnitati fin dal principio
t cristiani ed il cristianesimo. Voi ebrei ci dite sempre di essere
stati perseguitati da nei cristiani. Noi cristiani diciamo invece
di essere stati sempre perseguitati da voi ebrei. E per dimo-
strare la nostra aEFermazione alleghiamo in primo luogo la con-
danna a morto e la crocidssìone di Gesù Cristo da voi ebrei
ottenuta ed in parte anche effettuata. Come negate voi questo?
Lo negate affermandone ]& giustìzia e la legalità. Sta dunque
di fatto che, secondo la vostra confessione, voi foste deicidi e
persecntorì a morte fin dal principio dì Cristo e del cristianosimo.
Il quale fu verso voi innocenti ssimo fin dal principio e mai non
vi perseguitò.
Peggio pel secondo punto : cioè che gli ebrei sono innocenti
per non avere di mano propria materialmente crocoR^jo Nostro
Signore. Giacché, prima di tutto, se giustamente, come preten-
dono, e secondo la loro legge Io condannarono, perchè si scusano
di non avere anche materialmente e colle loro mani eseguita la
secondo loro giustissima e legale condanna? Dovrebbero anzi
gloriarsene, e piuttosto scusarsi di non averla potuta, per la
condizione del loro servaggio ai Romani, anche materialmente
e colle loro mani eseguire. Che se forzatamente non poterono
eseguirla, come avrebbero certamente desiderato di fare, con quale
diritto rongono ora a presentarci si come agnelli innocenti del
Sani/uis FJ'us da loro, del resto, invocato sul capo proprio fr
dei figliuoli loro anche presenti? « Uiustameute, dicono, lo con-
442 I»ELl' KBHAICA PKA.^CCUUOXE
dannammo. Forzatamcote, dicono, dod potommo colle proprie mani
eseguirò Ja condaDDa. Xoa facommo che quello che potemmo. »
SiiL poro. Ma forse elio per questo noo sono reif loro e i loro
figliuoli, del sangae di Cristo? Odauo sant'Agostino, ai cui tempi
già gU ebrei mentivano ciò che ora seguono a mentire. < Kob
e vengano a dirci gli ebrei (Salmo 63) noi non abbiamo ucds»
< Gesù Cristo. Giacchia essi Io conaegnaroDo a Pilato porche
< egli l'uccidesse od essi ebrei paressoro innocenti. Pilato fii, i
* paragone loro, innocente. Fece quello che potè per salvarlo.
< Voi ebrei l'uccideste colla spada della lìngua. Ecco l'astiusia
« adoperata dagli ebrei. Dissero: Uccùiiamolo; tna in ffuisa da
« non parere di averlo ucciso noi. Corruppero a danari un sw
< discepolo: cercarono testimoaii falsi: agirono frodolentt^niente.
« Dissero: Non sia Cristo tradito da noi, ma dn un suo d#-
« acefjolu. Non sia condannato da noi ma dal ijiudice. Facciamo •
« tutto noi;nia in motto che setnbrianio non avere fatto nienU."»'
Pare di vedere Tobraismo presente. Siccome appare, per esempio^
nella Massoneria moderna tutta roba giudaica, menata pel nas)
dagli ebrei che le dettarono le leggende, le parole sacre, il ca-
lendario, la cifra, i riti, gli abiti e tutto l'organamento delle
Sinagoghe. Ed ebreo è ora il Gran Maestro della Ma8SoaerÌB{
italiana. Ma dee essere, come dice il proverbio, un diavolo molW
giovane. Giacché, per prima cosa, appena eletto, tassò di cento Un
ogni massoncino. Dond'j uno sbandamento generale a Roma ed
una domestica rivtiluxiotio a Firenze, Milano e Torino. Dove kj
varie Uìgge vanno V una dopo l' altra ribellandosi contro il]
Graud'Oriente ebraico di Roma o tentando di costituirsi m!
Potenze (corno questi impotenti dicono) indipendenti. Uà forMJ
questo diavolo ò au/.i piìl vecchio di quello che pare e compii
dì un altro più vecchio di Lui. Il quale vedendo sempre
abbrutirsi, ingoffirsi e, se cosi è lecito dire, incanagliarsi,
demoera ti osarsi, repubblioinizzarsi ed autìdinastiKKarsì e, ciò
è poggio, antidiìpretÌKzarsi la presente Massoncineria, ae ne
come sembra disfare in bel modo e senza che paia suo f»X
all'uso ebraico.
Ma torniamo a noi; cioè veniamo al terzo panto dove
oorrrno il cnistiANESlilo
443
«lATd moderni dì&nio cbo su anoho i loro padri avessero posta
nera eah» la liagim ma anche la mano nella Orocefission» di Gesil
Cristo, sarebbe cionon<}Stante ingiusta da parte nostra l' accusa
che loro diamo di popolo Deicida : non dovendo i posteri rispon-
dere delle eolpe degli aotonati. Ha ne debbono rispondere non
fosse altro perchè se ne vantano solidali. Dicovano infatti testò
oel primo plinto che eriuRtamonte e secondo la propria h'gge fu
condannato dai loro antenati Gesù Cristo. Dunque anche ora,
secondo la propria leggo giustamente, secondo loro, lo condan-
nerebbero. Giustamente dunque e secondo la loro legge noi U
chiamiamo il popolo Deicida, secondo la loro stessa aperta con-
fessione. Curiosi del resto sono in questo gli ebrei, come lo sono
uiche in generale varie altre razze e famiglie. Le quali volon-
tieri ei-wlitano le glorie ma non gli obbrobri! dei loro vecchi.
Accado incot^'RteereditAiniirali qnelloche accado nelle uiateriali.
I crediti si accettano volontìeri, ma i debiti no. Soltanto dello
grandi geste dei loro antenati sempre sì vantano gli ebrei. Popolo
«letto, sì. Popolo reietto, no. Discendenti dai Patriarchi e dai Pro-
feti, figliuoli di Abramo e di Mosè, sì. Ma discendenti da Ginda
e da Caifasso o figliuoli dei Deicidi, no. Soltanto però degli ebrei
si legge che urlassero: •Sanffuì^ Eius NHper nos et super Jitùts
9ostro8. Nò possono percià lagnarsi i figlinoli dell' avveramentu
della profetica imprecazione iwterna.
Bisogna del resto sapere che soltanto in pubblico e per iscu-
nrsi presso di noi sogliono ora gli ebrei attenuare la parte da
toro pur troppo pressoché osclustvamento presa nella Croceiissione
di Nostro Signore Oesil Cristo. La quale verità sfugge loro tal-
volta, come tra poa» vedremo, di bocca. Prima d'ora poi, secondo
la loro non meno insigne malizia che ignoranza apertamente
BMiftìStantesi nei loro libri talmudici, perfino si vantavano di
trarlo variamente ucciso colle loro stesse mani materialmente.
L^ggesi in fatti nel Nitzachon che vuol dire Vittoria del Lipman
(Vedi (ì. B. De Rossi Dizionario degli aniori ròr*!i all' articolo
Lipman pagina 11-12 del Volume secondo) pubblicatosi la
l^ma volta nel 1644 in Altovf a pagina 239 dell'edizione datano
^■1 Wagenseilio nel 1681 che: < Cristo fu condannato a morte
1
u
DBIL EBRAICA peRSECtrzto*re
< come si dorerà e comù ci comandò Dio stesso » : Ed a pagina S6:
> Sia preparato r«brdo ad impiccare Gesù. > Ed a pagina 69:]
> Dicono i Cristiani che gli ebrei furono dispersi perchè croco-
* fìssero Cristo. » E non nega che l'abbiano essi crocefisso. N<
«olbmto che pi^r questo dovessero essere dispersi. Chìarameotej
poi asserisce la parte materiali.' presa dagli ebrei nella niurtu dij
Xostro Signore l'autore del Toldos o Toteiloih lesai ossia Gè-
tiertmone di Gesìi. lì quale è un ìnfumissimo libro rabbinico edj
antico, perchè già citato dal Martini nel suo Pugio Jidei^ e fitj
d:tl 14 Io condannato a Valen7.a dall'antipapa Pietro di Lau]
sedicentesi Benedetto XUI. Dove, a pagina 17 dell' edizione del
Yagenseìlio < i vecchi di Gerusalemme, dice, legarono Cristo alta]
e colonna e lo flagellarono: gli posero in capo la corona di spine.
« Poi lo pongono dinanzi al gran Sinedrio. li quale lo condanni')
< ad essere lapidato e poi sospeso. Perciò lo lapidarono fino alla
< morte: e poi lo rollerò sospendere ecc. » Ponendo cosi sul capoj
degli ebrei anche La morte materiale di Nostro Signor».
Incontriamo qui per ria, a proposito di questo infame librettini
rabbinico, Corrado Guidelti-Treves Dottore in Lettere; il qualf
c'informa a pagina 23S del suo Pro ludaeh che qut^sto libretti^
è nn' ìmpDstum. Sap^vamcelo. E non soltanto questo ma andiel
moltissimi altri libri rabbinici e talmudici antichi e modei)4J
nun esclusi certi Pro ludaeis. sono, come ò noto, pieni d'imjtf*]
sttrra. Impostura, intendiamoci,^ non già nel senso che tut
sìngoli quegli scrittori e specialmente l'autore del Pro /t
scicntemento e volontariamente abbiano difeso e narrato il fal»:{
ma in qnanto, sostenendo una mala dottrina non possono aT«rc
adoperati buoni argomenti. Tra i nuali pessimo per fermo è qoeiI»|
del Guidetti -Troves onde pri^tende dimostrare mali argomentatori
Dvi che dalle ebraiche imposture argomentiamo contro gli ebr^.
« Tutti ì sarii e dotti rabbini (dice a pagina 233) sono per-
suasi della impostura di questo libretto intitolato Toldos Fesca *
Sia pure. Ma che ptjr questo? Forse che non fu questo libreltn
in giro pei ghetti (e forse ri è ancora presentemente) per
secoli?Stadi fatto che Un dal 8ec<3lo XIV esso correrà nei gì
Kè per fermo esao fu scritto appunto uUora soltanto quando
,^^1^
CONTRO IL cnijTiANrLsiiin 445
noUé mani dei cristiani; ]ua molto priiua. Molti esemplari ne
vaanero alle mani dei cristiani anche pìil secoli dopo, quando gli
ebrei avevano dovuto cortuuienU; nasconderlo e trafugarlo dopo
la prima scoperta fattasene ai tempi dell'antipapa Benedetta) XLI[.
Si dee dunque credere che fasso prima niolt^ comune nei ghetti, e
che da esso gli ebrei del medio ero imparassero la vita di Gesù
Cristo e s' imbevessero d' odio non mono che d' impostura coutro
Cristo ed i Cristiani. Siccome poi quelle imposture sono anche
oltremodo go(fe e dimostranti chiaramente fin dove può arrivare
insieme coir ìgnorauza anche l'odio ebraico contro il Cristiane-
simo, è ben naturale die tutti gli ebrei più recenti ed un po' colti
Teigogo&ndoseno Tabbiano ripudiato, siccome narra il De llossì
od suo Dizionario degli autori ebrei che il Treves-Ou ilio iti ci
manda a leggere, ed anche in varie altre sue opere di ebraica
bibliografia da lui non citate. Tra le quali vorremmo che il
Quid etti -Tre ves leggesse la Bibliotheca iudaica antichristiana
(Parma 1800) a pagina H8 dove il De Rossi dice In teruiinis:
« Cbe questo libro sia antico e scritto da molti socoli apparisce
< da questo che il Martini lo cita. > Ed a pagina 117: < Dice
< bone il Yoino che questo ò uno scrìtto esecrabile dì un infame
< ed ignoto ubrei» fjKrditissimi iudaeì nescio cuiusj. » Siccome
poi nou si schericaTa cogli ebrei nel secolo XIV specialmente in
IspHgna ai tempi di Pier di Luna, niuna maraviglia vi ò che
si siano subito distrutte multe copie di quest' infame libro e siasi
dichiarato apocrife e di nessun' autorità. £ ciò basti in risposta
al Gu ideiti- Trevos chu nel suo Pro ludae'S fa molte tragedie
perchè noi altrove citammo questo libretto come argomento del-
l'odio e à^W imp'fstura ebraica contro Cristo ed i Cristiani, man*
dandoci senza impostura a leggere il Dizionario del Do Rossi.
D quale non meno pio che dotti) scrittore in varìi suoi libri dì
bibliografìa ebraica scrive appunto di quel libretto ciò cbe ne
scrivemmo e ne scriviamo ora noi.
Del resto non soltanto gli autori rabbìnici più o meno antichi
ftj occulti ma i moderni ancora e pubblici, e ciò che ò più
«arioso, quegli stessi che pretendono scusare gii ebrei del Deì-
ddìo, essi stessi, siccome testé dicevamo, si lasciano non dì rado
j
446 &ELL*£BRA[CA FERSBCl'ZIOKB CONTRO It CAIsnA^EStHO
uscire dalla chiostra dei denti la verità. E così lo stesso già qm
aopra citato L Cohen nella stessa soa opera Les Deiddes intasa
a scolpare gli ebrei della morte di Gesù Cristo a pagÌTial24 dioe
ohe: « gU ebrei pensarono dovere subito spegnere vet suo germe
€ la dottrina di fJesù Cristo... Giudicarono dunque di doverli
« fluire i^d'en finir) eoo un tale riformatore. » Ed a pagina 296:
< SODO pa.ssAti diciotto secitli dacché, per le istame dei guardiani
< liella fede israelitica, \ Eomani condannarono (jtìsA. » Anche
il D. F. Strausa nella sua Vita di Gesìt (Paris) a pag. 328 dd
Volume 2": «Gesti, dice, fti dichiarato colpevole e degno di
* mort»j dall' aiitorit^'i giudaica. » Ed a ^n^. 374 del Volume T.
< Si può tenere come storicamente cerio t'arresto dì Gesù op&>
« rato dai birri dot Sinedrio giudeo ». Kd a pagina 376: < QU
« ebrei dichiararono Gesù degno di morte, e si servirono eoo
* Pilato dell'accusa politica: cosa che riuscì loro Jinalmentt
* benché non senza Mica. » E notisi che questi Babbini pm-
tendono appunto di scusare in cotesti loro libri dinanzi ai cri-
stiani gli ebrei del loro delitto di Doicidìo.
Dalle quali cose tutte già abbastanza apparisce quanto sia falsn
jl quarto punto asserito dal Cohen nel testo sopra citato, «oé
che « i cristiani furono sempre inìqui per mille ed ottocento anni
« contro gli ebrei per aver fatto toro espiare il sottosto delitti
dei loro padri. » Quanto suppoxio sia stato questo loro delitt»
di Deicìdio si è potuto finora vedere chiaramente anche per lo»
propria vecchia e moderna confessione. \è accade ci dtlnnghì&nio
in cosa por sé del resto già nota ed evidente agli steasi ebrei
che la negano. R«8ta dunque inteso che, come dicevamo nel titoh)
di quest'articolo, non già i cristiani gli ebrei, ma gli ebrei pe^
seguitirono i cristiani fìa dal principio, nello stesso fondatiìre d«I
Cristianesimo. Quanto poi abbiano gli ebrei continuato ancbe
dopo la morte di Gesù Cristo a perseguitare sempre i cristiani
senza esserne da loro mai stati perseguitati, lo vedremo a Dli
pìactìodo negli articoli seguenti.
I DERELITTI
XIX.
IL TRirORO e Li. hKCU DEL FUKLO
Chi non ha valicato mai i gioghi dell'Appennino tra Fossora-
bnoe e Cagli, ei non Iia visto il piìl bell'orrido che la selvaggia
natura appresenti all'occhio de^ viaggiatore. È una serra dì al-
pestri montagne spaccate a mozzo con un taglio reciso e a Ilio
DOD dalla mano deirunmo, ma dalle forse stosse della natum.
Dì verso Oriento chiudo la paurosa lacca una roccia iiic:ivata
a punta di pioyfno e di scalpello da un esercito romano; il
ijuale volendo sorprendere alle spalle il nemico, e veggendosì
da quella rupe abbarrato il passi), sriuarciutla; e per l'aperto
varoo ebbe libero il passaggio nell'opposto pendio. Allo sbocco
dì cottìsta galleria ti si para dinanzi una di quelle scone gran-
diose di natnra,che mentre ti siibliiuan ramimi col mamviglioso,
rinfoud'.'ae altresì un arcano terrore, la cui cagione volendo noi
definire, T appelliamo, V orrido-bello. Ti si Dovano e torreggiano
sopraocapo due gioghi altissimi^ tra lor divisi da una sottile
Usterella azzurra, che è quel taut) e non pili di cielo che ti
baciano vedere. Indi i monti dechinano e la zona di cielo al-
largasi, ma non sì che ti scemi noli' animo l'orrore di quel
barrono, che ti rende imagìne delle bolge infernali di Dante.
Per an buon mìglio tu cammini lunghesso il Metaiiro, ohe
impetaoso gittaai per quelle gole^ e bolle, spumeggia e scroscia
rotto dal massi dirupati nial fiume e da punte di scoglio, ond'è
irto il suo Ietto. Dall'un lato e dall'altro s' innalzano due mu-
nglìotti di rocce ferrigne, scure, tagliate a picco-, e intramez-
zate di guglie e bricche a guisa di bastile e di torri. Ad
US I DBnELim
ogDÌ piò sospinto ti Tbdì peudere imoacciosi ia capo balzi ae*
eaTallatì e sporgenti ronchìoni, che dal lento lavorio delle acqae
divelti, spiccaDsi dal vivo della roccia, a cui si attengono appena
per QD filo di dosso sottile e tagliente; e tutV iotorno pietrooi
0 macigni travolti e riversi sulla strada, con qua e colà crocette
di logno, triste memoria di que' tanti, che vi rimasero sotto
schiacciati e sepolti. La vista di quelle croci, il pensiero di
tanti iafortunii, l'aspetto di quoMinipi e l'orrore di quelle tenebre
diradate appena, anche di pian meriggio, da una lace fioca e
incerta, tutto ti riempio l'animo d'inestimabile terrore, tftnt»
che ti tarda ogni ora mill'aani di uscire da quella viva ìinagine
dell'abisso.
Erama e Pierino non erano mai .passati per oolà, né avevano
mai veduto in vita loro cotanto orror di natura. Quando vi gioo-
sero poc'iuixi al tramonto e il videro, ne smarrirono, e guat*-
ronsi l'un l'altro collo spavento dipinto in viso.
—Pierino mio, disse Emma inorridita, non mi basta T animo
di mettermi per colii entro ad ora sì tsirda.
— E dove peruutteremo? Il luogo è tutto intorno deserto.
— E quel eh' è peggio, lo scarso giorno che ci avanza, non
ci permette di tornare sui nostri passi a cercare in luoghi abitati
un asilo. Alla stagione che corre ben si pud dormire a ciel sereno.
— 'Non tomi tu i lupi, che gironzano per le montagne?
— Ce ne camperà il nostro buon Angelo, e anche il nostri)
Fido, che veglierà a nostra difesa. Abbandoniamoci nelle masi
della Provvidenza; e profittiamo di questa mezz'ora di gioroe
per gire qua attorno alla scoperta di nna grottioella ove ripararci.
Non ebbero molto n cercarne; che ben tosto v»:nno lor veduto
sotto un gran ronchio di rupe una bi>n riparata carernetta. U
c*no che li precedeva, v'entrò pel primo, fe'il giro della grotti-
cella, fiutò da pertiitto, e die in certi mugoUi e latrati che pa*
reano dire — il luogo non è sicuro. Ma Emma e Pierino sena
badare a quo' segni di sospntto e di timore, che dava loro ria-
telligeute animale, contfloti del luogo, si diedero a svellere del-
l'erba e a raccattare le foglie degli arbusti per farsene letto
e guanciale. Fido però più irrequieto che mai aliava dentn» 8
i^^HB
fuora (lolla taivenia, o torimra ad anuasare; ed or latrava, or
nettóTa ululati. E red«udu clw anche con questo uoq arrivava a
f&rsì intendere, affurra cui denti un lembo della vustu di Emma,
la quale fcniita la sua bisognu, erasi giù coricata nel suo giaciglio,
e tira e tira, come se volesse trascìuarla a vìva forza fuori doUa
eareniu — Fido che fai? lasciami, gridava Emma e piccUiava:
DU Fido per quanto busse si avessL-, non si rimanoa dal tiraro.
Allora Eoima entrò ìn qualche sospi^tto per quustn nuove biz-
arrìu del cane, e dissu al fratello:
— 0 Fido si è ammattito, ovvero hii qui scoperto al fiuto la
tana di nn lupo o piuttosto di qualchd fìera a due gambe, che
qua venga ad accovacciarsi por assassinare i passeggeri.
— Dici bene, e sarà meglio assicurarsene, rispose Pierino.
— Usciamo di qua, t; vyggiamo che farà il cane.
Levaronsì tosto, e appena mosso pie fuor dyjla spelonca, Fido
diessi a spiccare salti di gioia, a ganoin;, u siìodiu^toiare; od
«Dtrato loro iunaiui, pareva ìnvttasseli a seguirlo.
— Vedi tu, 0 Pierino, disse Emma, eh' io non mi sono male
imposta. Il povero animale \k nella spelonca ci avvertiva a modo
800 di qualche rischio.
— E noi r abbiamo battuto! Xe sono proprio dolente-, ma
tifargli da qui innanzi un mondo di carezze.
— Quaoto ò buono Iddio, che ha mosso io cuore a questo
animale tanto affetto por rnoiiio, acciocché fosse il suo servo
fedele, il suo compagno, la sua difesa e air uopo ancora la sua
gnida! Oh come è muto rimprovero airinscasibilìtà, all'egoismo
e all'infedeltà di tanti, che di uomini hanno appena sembìan^ia
0 nome! Così ragionando, eransi di colà dilungati nn buon quarto
di miglio; e il di intanto spariva, e la luua pioveva i suoi ar-
genti sull'onda azzurra del Metauio, spezzandoli tra gli anfratti
di quello rocco rugginonti e scure ohe ne incarceravano il corso.
Al suo chiarore venne tur veduta uua grotticulU in quel mo-
mento illuminata da un bianco mggìo che filava per la fenditura
di un masso. Il cane già oravi penetrato, come esploratore del
luogo, e fiutato tutto intorno, non dava punto segno d' inquie-
tudine 0 di timore. Emma e Pierino rassicuratisi alquanto, vi
aeri» XIU. voi. 11. ftu<:. 802 29 7 maggio l«e6
450 I DERELim
si ridassero; e recitate le loro preghiere e il rosario in salFra^o
delle anime sante, gittaronsi sulla nuda roccia a dormire; mentre
Fido acciambellatosi alla bocca della spelonca, custodivano Vm-
trata, che tale è l'istinto di questa fi^delissima guardia dell'aomo;
e guai a chi aves-se allora osato awicitiarseno! Ijo scroscio delle
ac(iUH romor^gianti tra sassi, la durezi^a del Ietto, e più ancora
la paura di qualche insidia notturna non lasciarono lor velare
tutta la notte a un po' dì sonno gli occhi. Appena in sul primo
albeggiare vinti ed oppressi dalla stttnchezza ne assaggiarono nn
Borsellino; ma lo ruppe loro a mez/,o e riscosseli di soprassalto,
al nascere del sole, il concitato e furioso abbaiare del cane.
Emma & Pierino balzano in pie, e fattisi alla bocca dell*
spelonca, allungano lo sguardo verso dove il cane indicava h
prcsenzii del nemic*i; e veggono infatti un grosso lupo, cho cor-
reva a rintanarsi nella grotta da es-ii abbandonata la sera innanzi.
A quella vista amcnduu basirono di spavento e rucomatidaroDo
l'anima a Dio. Fw/o arruffava il pelo, digrignava i denti, rÌD>
ghiava furioso, e volerà slanciarsi verso coU per attaccare il
feroce predone: ma Emma e Pierino il rattennero per temacbfl
avesse poi ad uscir malconcio dal combattimento o anche a la-
sciarvi la vita; e ne veniano ammansando con carezze le ii«
generoso.
— Sia ringraziata Dio o sia benedetta Maria! esclamò Emma,
quando vide sparirò la bulva. Ql.\ .sentiami correre i brividi p«r
le vene, temendo che il lupo ci assalisse.
— Ah, soggiunse Pierino, che sarebbe stato di noi, sa noa
avessimo a tempo abbandonato quella grotta fatale! Fido ave»
ben ragiona di essere ier sera cosi agitato e irrequieto l Area
scoperto al finto il nemico!
— Queir animalaccio del lupo va attorno la notte a far carae;
e poi che se n'è ben bene rimpinzato il ventre, rintanasi U
giorno in quella caverna a smaltirla.
— S'io avessi un fucile, riprese Pierino braveggiando, me n»
andrei col mio Fitto ad affrontiirlo \k nel suo covo.
— n meglio che possiamo fare è dilungarci di qua, riprese
Emma; ed entrarono di bel nuovo in cammino, mettendosi per
^
XIX. IL TRAFOnO R LA LAOC*. DEL rCHLO 451
la dirupata lacca del Furio. La recente paura accresciuta dai-
l'orrore di quella bolgia inferuaU', cui rischiarava appena la
scarsa luce del di nascente, mettea loro addosso uu fremito, uà
raccapriccio, un'ansia crudele che ne affollava il respiro. Levavaa
gli occhi smarriti a que'bal/J animont-Ui u pendenti lor sul capo;
e segnandosi e raccomandandosi col cuore a Dio, aiTrettiuano il
passo muti e sgomenti. Finchò usciti da quelle morse, rifiatarono
un tratto, e girarono gli occhi attorno in cerca di qualche casa
oolonica o capanna di pastore. Una ne scoprirono da lungi, e
verso col& si mossero in accatto di pane; ma trovaronla vuota,
chft i pastori n'erano usciti per menare le greggi ai pascoli della
moatftgoa.
XX.
LI TORITRE DELL! tXXZ E L iSaBLO DEL SOCCOBSO
Pnweguirono così a digiuno il loro cammino, finché verso le
ijnqne pomeridiane abbatteronsi in una casupola di contadini;
ma anche in questi non apparia anima riva; che tutti erano
fnori ai lavori del campo.
Frattanto la lunga via, e l'aria fresca, sottile e frizzante che
soendea da quegli aerei gioghi, facea lor sentire il rovello della
hme. Erano già oltre ventiquattro ore che non gustavano bri-
ciolo di alimento; o postuchò da lunga pezza si fossero ausati
al digiuno, come gli anacMJreti del deserto, questa fiata sentivansi
venir meno le forze. Pierino gittatosi a sedere sulla sponda di
un roacello: — Emma mìa, disse con fioca voce, io non ne
posso pili...
La sorella soffriva anch'essa le torture della fame; ma o per-
che! lo sentisse meno del fratello, o por quella maggiore vigoria
d'animo che ha la donna in sostenere le privazioni, venia rin-
corandolo, 0 dicovagli. — PÌL'rino mio, fa cuore; che non siamo
guari laugi dalla meta del nostm viaggio. Oltreché prima che
anuutti, al ritorno de' pastori o della gente del campo, troveremo
pane e ricovero.
$5% I oeReLTrn
Pierino confortato dalle parole dulia sorella levossi, o a stento
traacinoss) ancora per oltre a un Ghitometro di strada, finché
seuiendt>si di nuovo mancare le forze, abbandonossi sul ciglio di
im foBSo, dicendo:
— Emma mi sento morire; e abbrancò per la fame un pngt»
d'orba e caociosselo in booca.
— Pierino che fai? gridò Emma. Dio sa cho erbe sono coleste!
Non aveva ancor terminato di dire, che Pierino sentissi tutto
sconvolto lo stomaco, o cominciò a rccerc, u sudar freddo, a di-
venir morticcio; e smarriti i sensi, giacque riverio sulla sponda
del fosso.
— Gesù mio aiutatelo! Maria santissima soccorretelo! gridò
Emma divenuta per la sta-tta mortale del Rtlore della cenere;
e rialzato il fratello, adagiollo sulle sue ginocchia; sribbiogli il
panciotto, astersegli il sudore dalla fronte, chiese aiuto; ma non
le rispose che l'eco delle montagne. La povera Emma era fuor
di sé pel dolore, e non sapea che fare, uè come richiamare in
Pierino gli spiriti smarriti. Piangeva, attapinavasi, pregava. [1
cane ancVesso metteva mesti ululati, e venia lambendo la ^ia
V ie mani del padroncino svenuto. Passarono un venti minati:
e Pierino fiuahneute aperse gli occhi, rinvenne, ma non ebbe
form di levarsi. Senonchò, come a Dio piacque, avvennesi a pas-
sare per colà un cittadino di Cagli montato in una sua carretta;
il quale giunto iunan^l ai due tapinellì, arrestò il carallo, bttlzà
u torra, e visto lo stato miserando del fanciullo, mise mano a
una sua borraccetta di vin genoroso, che avea ad arra^icollo, e
gliene fu' avvallare delle buone sorsate. £ cos) riavutolo alquanta,
tolselo di pesft d:b terra, adagiollo nella carretta, invitò la sorella
a salirvi; e messosi tra Tudo e L'altra, com'ubbe udito da Kmnu
ov' erano diretti, dio volta, sfer>iò il cavallo, e via come lampo
fino a una taverna poco quinci lontana. ColÀ giunto prima anoon
di scavalcare, grida all'oste: — Titta, prepara due buone tua
di brodo.
E tolto iu braccio Pierino, smonta; poi dil la mano ad Emma,
e aiutala a scendere, ed entrano insieme neir osterìa. Invece di
brodo, l'oste avea già messo in tavola un gran boccale di vino.
XX. LE TCWTtTRB DELLA PAHE E L'AXCELO I^t SOCCORSO
— Tho detto di aiumannircì del brodo, gridò con impazienza
il Cagliese.
— E qimsto non è brodo? riprose Titta Borridoodo. È sangue
d*Qra, ò brudu di cantina, e riti meglio che quel della cucina,
dice il nostro proverbio monti^nolo.
Era poste iin montanaro giovialone, 'chft stava sempre in sulle
celie, e co' suoi piacevoli motti rallegrava le rustiche brigate dei
suoi avventori.
Il Cagliese avvisando che Titti voicss» al solito piacevoleg-
giare, disselli infastidito. — Lascia le baio, e porta del brodo
a questi duo poverini che vedi così sfiniti di forzo. E qu^Ii
dondolando 11 capo e sogghignando calle mani appuntate ai fian-
chi. — Ma sono questi gli ordini da darsi a un oste di mon-
kgoa? Chi vuol del brodo, rada a casa dei signori o all'ospedale.
— Ben be', dacci quello che hai.
L'oste mise in tavola grandi fette di prosciutto e un cacio
montanino, sciamando — Ec<co quoUo che ci vuole per risanare
i malati e far rivivere ì morti.
Emma e Pierino, benché arrabbiassero della fame, non Ti si
gettarono sopra per tema di un'indigestione; ma vennero man-
giucchiando e spesso annaffiando il pasto am buone sorsate di
vino. Di che tosto sentironsi raccalorare il sangue e rifiorire le
fon» con grande compiacimento dell' oste, che vedevii il buon
risultato della sua ricotta.
— BasU così, disse Emma levandosi a un tratto per timore
che il soverchio cibo non nocesse a stomachi digiuni e freddi,
che uol potrebbero smaltire. Il buon Cagliese pagò all'oste lo
scotto; e fatti montare di nuovo Emma e Pierino in carretta,
mise il suo cavallo al trotto per arrivare prima che annottasse
alla villa 6i essi indicatagli, e che stendevasì sul pendio di una
montagna tra Cagli e Urbino. Tra via Erama rioonosconte dicova
spessf) al buon Cagliese. — Come vi ripi^heremo noi di tanto
benefizio? Voi ci avete ridonato la vita. E quegli:
— Non ho fatto che il mio dovere; e nel caso vostro ogni
buon cristiano avrebbe con voi fatto altrettanto. Kon accade adun-
que che mi rìngra^ìiate per cosi poco.
454 I DCRCUTTI - XX. LE TOnTimC DELLA TAHE E l'aNCRI^ DSL SOOCOFISO
l\ menomare e il quasi avvitir che quel generoso per modestia
faceva il suo bóuofìzio, tornavalo agli occhi di Kmmu tro cotanti
più prezioso.
— Mi permetterete almeno, disse Emma, che yi chiugg» U
vostro ìiome iwr conservarlo indelebile nella memoria.
— Non vi corate di saperlo, eh' io dir noi vi potrei sena vo-
nir mono a una legge che ini sono imposto fin dal giorno che
mi ascrivisi alla Confereo;» di S. Vincent» de' Paoli.
— £ quale di grazia questa legge?
— Qnellft del Vimgolo « Fa che l'una mano non sappia quel
che Ali l'altra. » Come vedete, è una regula alfatto op{K»stH alta
filantropìa del mondo, che ha il malvezzo di strombazzare ai
quattro venti il bene che fa, mentre la vera cirità, iost-gnatoci
da Qesù Cristo, ignora quanto àk e dimentica quanto soffre.
Emma a queste parole sorrise di vera compiacenza; e riograitifr
in suo cuore Iddìo che uressele mandato tutto in acconcio al
bisogno quell'angelo di carità. Poscia rammentandosi di aver letto
che il beato Labre avea viaggiato a pie nudi e mendicando il
pane per quegli stessi luoghi, ne dìmandA al buon Ctiglies»; ìl
quale narmlle pili cose, e tutte edificanti, di quel gran servo di
Dìo fatto povero e mendico per amore di Oefiù Cristo. Tra lo
altre contolle come il bp<ato liabre abbattutosi tra via in un
cittadino di CagB, dimandogli, dove andasse? E quegli: — Torno
a C-aglì mìa patria. — .\h jwvora Cagli, sciamò il Ijibr© w
spirando, povera Cagli! E più non disse; ma la st^ra di quei
l'ìsteiso giorno ben si conobbe la ragione di quello sue dolenti
esclamazioni. Poiché uno spaventoso tromuoto, preceduto da rombi
e mugghi sritterrauei, scosse orribilmente la città. Il suolo on
deggiava corno un mare in burrasca; e i crolli e i dibattimenti
orano sì spessi e gagliardi, che molti (>difì}sii, o tra gli altri la
cattedrale, a quel cozzo non res-sero e diroccarono, seppellendo
sotto lo loro mine non pocliì abitatori.
— Ah il Ijabro, sclamò Emma, era profeta!
Tra queeti ragionaiuenti giunsero al termine del loro viaggio,
cho già il giorno dechinava a sera, e gli ultimi raggi del sol«
larabiano Io vette de' monti, tingendo di porpora e d'oro il verde-
cupo delle selve alpine.
4Ò5
XXL
IL TBCCBIO ITABO S LA QOVERNiKTE
Il casino ove alleggiava il MakgitiDta, zio della Madre di
Emma e Pierino, sorgeva sulla china di un monte, la cui cima
negnjggiava di una densa foresta di torre^giantì pini, dì lecci,
di frassini e d'abeti; e i dossi verdeggiavano di minuta e sempre
fresca erbetta, annaffiata da nutìo sorgenti, gf.-mitii e ruscelli
serpeggianti qua e colti per gli anfratti e gli avvallamenti della
montagna. Alle radici adimavasi nu valloncello ripartito a prati
e pasciontì por gli uriufuiti u a campetti di grani» e di miglio,
e nel bui mexzo solcato da un fiumictìllo, clie accoglieva nel suo
letto le pure e cristalline linfe del monto, scaricandole poscia di
là & poche miglia nel Motauro, di cai era tributario. Tntt' intorno
l'orizzonto era chiuso da una catena di alpestri gioghi, quali
biancheggianti dì novi, che scìolgonsi appena nel più fitto e co-
cente saettare del solHone, e qnali ombreggiati da annose fo-
reste, so cui TaTÌda mano dell'uomo metto ogni anno la scure^
diradandole fino a non lasciarne in pii!l luoghi vestìgio di sorta.
Oinido il n)rinosu trarupare delle acquo, Che avvallando gonfiano
slbrni&tamente i fluitù ed i torrenti, contro l'impeto de'f^uali non
_j'è ornai argine che busti. Il prospetto adurniQ^ che di lassù si
iva, non eni de'più ameni e ridenti, essendovi l'occhio chiuso
~e imprigionato da una cerchia di monti; ma quel che mancava
all'amenità del sito, veniva ad usura impensato dalla sua sa-
Jubrìlii; (M'ichò vi si iHivevano lu aure mnntauino, pure, fresche
^iinbalsamiit^' dagli elAuvii di mille piante resinose, di cai erano
le cimo di queir appennino inghirlandato. La villetta, se questo
nome può darsi alla c-iimpestre dimora del Malagiunta, non era
rallegrata da giardinetti, da fontane, da solvette di riposo, da
uocelliere, da ombrosi vialetti, da prodicelle fiorite, da ben di-
sdplinato spalliere, e da qnant'altro suole abbellire e ador-
nure un luogo campestre. Egli non voloa gittare il danaro in
I ut:HeLrm
coleste siiperfliiitii, ehò così hj^Iì cfaitimuTa ogni spesa che Doi
gli rendesse un profitto apprezzabile a contanti; e però nel sao
TÌUino non dava ospitalità se non alle piante fruttifere, allo or-
taglie e ai legumi, di che avea sempro buona derrata.
Il Malagiiinta, come altrove accennammo, era un vecchio tac-
cagno e spilorcio; il (juale quando aveii da metter fnora il val-
sente per le spese piil indispmisatjili di casa, noi faceva che
bufonchiando e lagniuidosi che spendovasi troppo, e che biflO'
goava far economia, altrimenti ne andrebbe anch' egli rovinato
e diserto, come il marito di sua nepote. Era di pift uggioso, mi-
santropo e scontroso sì che per un nonnulla andava in bizza e
talora svelenivasi e sfuriava con parolacce da trebbio. Il che facea
gran torto alla sua cani/je e alla nobiltà del sqo sangue, di coi
peraltro solea menare gran vampo, parendogli in curta gtiisa che
un blasone interzato e inquartato dovesse servirgli di schermo
contro il risentimento delle persone da lui offese. Il suo castaido,
i servì e i coloni avcunio in uggia, e ne dicevano peste. Chi
aveva la flemma di sopportarlo e menavaglt tutto buono, ora la
Rosina, sua governante, femmina sctiltra se altra mai ve n'ebbe
al mondo, e che avea piìi un punto che il diavolo. Ella destreg-
giando a miiruviglio, era pervenuta a guadagnarne la oonfidena
6 a padroneggiarlo a suo talento. II vecchio più non Tedevi che
cogli occhi di lei ; né avrebbe osato imprendere cosa che fosse,
né muovere, come si suol dire, in casa una paglia senza il be-
neplacito della sua Rosina.
[mniugini però il lettore la superbia e la tracotanza di questa
femmina, divenula padrona tifi suo stesso padrone; e quanto do-
vesse saperle agro il vedere adesso che altri veniva a disputarle
l'impero di casa! Non appena ebbe notizia della venuta de' pro-
nipoti del signor Taddeo, gliene prese fiera gelosia e dispetto;
e fe'tostu suoi avvisi di nimicarli con una guerra sordo, ma
costante e implacabile, fino a rendere loro esoso e insopportabile
quel soggiorno, o a invelouire cuiitro di essi Tanimo del vecchio
per forma ch'eì s'inducesse a rimandameli il più presto pos-
sibile ond' erano venuti.
La qual cosa non dovea tornare gran fatto malagevole ad una
XXML TBCCHIO iVARO E LA OOTCTVAtfTB 457
donna scaltra e malis^oa più del fistolo, e che sapea uccellare
il prossimo a mararifflia per farlo cadere nella sua ragna.
Kmma o Pierino che non conoscevano neppure di vista la go-
Ternante, e vivevano senza un sospetto al mondo, al vedersi giunti
al terrnine del loro viaggio, e sic«)m' essi credevano, de' loro tra-
raglìf sentirunsi itlliirgare il cuore; e smontati^ picchiarono al-
legramente alla porta del casino. Videsi tosto far capolino alla
finestra una cuf&ctta di donna: era la Rosina.
— ^Chi è? dimanda ella con affetitata dissimulazione.
— Siamo i nepoti del signor Taddeo, risposele Emma.
— Oh ì nepoti del padrone! vengo subito. tSceso in fretta le
ecale, aperse, e — Ben arrivati, sclamò inchinandoli e sforan-
dosi di stirridero, ben arrivati. K tanto tempo che li aspetta-
vamo'. Alla fìuf, grazio al cielo, possiamo avere la consolazione
di averli con noi!...
Un occhio sagace e buon conoscitore del cuore umano non
avrebbe penato a ravvisare lo sforzo che la birba fiicova per
simulare una gioia ch'era ben lungi dal provare. Ma Emma nel
suo schietto candore prendendo siccom'oro di coppella quel che
non era che orpello di mentito affatto, abhracciolla con vera cf-
Ibnooa dì cuore, a Pierìao Btrinsele affettuosa mente la mano.
— Dov'è lo KÌo? Come sta? dimandò Emma.
— Ix) zio sta benone. È vegeto e arzillo come un giovinotto
di venti anni. In questo momento è fuori col castaido, ma tra
mezz'ora para di ritorno.
Emma rivolta al caritatevole Cagliese — Non so, dissegli, come
ringraziarvi delta vostra Cìirità. Dio solo può renderveoe un degno
«tntrac4smb)o.
— E io noi voglio che da Lnì, tonioile sorridendo il Caglìese.
Pregatelo per me^ e m'avrete ripagato a usura. Addio.
— Addio... risposero colle lagrime agli occhi Emma e Pie-
rino, n Cagliese dio volta, sferzò i! cavallo, miselo alla carriera,
fl dileguoBsi.
Eouna e Pierino avrebbero voluto invitare quel generoso a
fleendere, a rinfrescarsi e a pernottare nel casino, e interroga-
rono più volte la governante collo sguardo: ma vedendo Tin-
433 I DtiiiKLim
dìffereaxa e il siloazio dì questa, o da ciò argomentando e
poteva un tale invito saper male allo zio, la cui avarizia non
era loro del tutto ignota, ai ritennero dal farlo.
La Gorernuute lì fe'salìre nelle due st&n:iucce che aveva messo
in assetto per loro, e che erano un forno la state e una neriera
l'inverno, scasandosi con dire che non avoa dove meglio ali»-
garli; perchè tutte le camere erano ingombro di grano, di fra-
montone, di civaie e frutti dell'orto. Poi recatasi tutta in fé
stessei e in sembiante di chi ha un gran segrelo da rivelare, e
teme perfìno che Farla il sappia, ebbe a sé Emma in disparte;
e presala per mano, trassela nel vano di una fiaestni, e dissele
cwi aria dì mistero.
— Qui nessuno ci sente; ed io posso parlarle col cuore io
mano: ma conviene che la signorina mi tenga croden», e non
mi comprometta; porchi^ ho a dirle coso che la riguardano «
che dimandano gran segretezza.
All'udire quest'esordio Emma smemorò, non ìudorinando ov'elli
andrebbe a parare; e "bblìgolle sua fede, che non avrebbe mai
violato il segreto.
— itf bene sappia, disse allora la Governante, che lo Zìo è
UD avaro, Dumor*uuo, e che a malincuore s'indusse a pennet
tere la loro venuta.
— Come mai può esser questo, se l*aTvocato Barbone, che qua
venne a trattare con lui, ci assicurò che lo Zio era ciinlt^uto,
contentissimo di ospitare per qualche tempo i suoi Depoti?
— Sono tutte taccole e fitadonie dell' avvocato.
— Egli dunque ci avrebbe gabbati?
— Purtroppo; e so ne moie una prova evidente, si è, cto
lo Zio, per quant' io sappia, non lo ha scritto neppure un — Ve-
nite a casa mia; — ma glielo ha fatto .sapere a vt*Ge per messo
di ano straniero, della cui raracìtìi può a ragion dubitare, per
ch'egli arerà interesso a mentire.
— Qucst'ò ver», l'i vero; e confesso che nel segreto del mu
cuore io non em del tutto tranquilla.
— Meno malo che ha saputo avvisarne da 3Ò stessa la
XXI. IL veccnio AVtiit e la covKiiKAitTB 4ò'J
f ione. Ora ascolti mo, e segna il consìglìu dì chi Id vuol bene,
« conosce in che acque qui si otavieue navigare.
— Dite pure, Eosina, ch'io vi sarò sampre riconoscente de'vo-
fltri buoni consigli, corno vi sono grati dell' aEfotto che mi mo-
4tnte.
— Piaccia a Dio ch'io possa mostra figlie Io alla prova de' fatti,
soggiunse con un finto sorristftto la hritTaiila. Xon fo per dire,
imi nn cuor buono e affettuoso l'ho anch'io; e quand'ebbi dal
signor Tadduo notì;:ìa delia morie del Marchese, del fallimento
« della ruina della sua famiglia, non può credere quanto ne ri-
manessi accorata. Basta: non ricordiamo questa cose, che deb-
bono ossero per lui uno schianto di cuore!...
£ qui la Rosina si passava il faz7.o!t.>tto bianco sugli occhi
in atto di obi vuole asciugarli; ma avi^ali asciutti più che una
^mice.
— Tornando ora a qaol che dicevo, continnossi ella, il mio
«msiglio sarebbe che lei non desse neppure un cenno allo Zio
d^ essere qua venuta colf intenzione di rimanervi un paio di mesi
« nò manco un mese, ma sol pochi giorni; e così vi sarjk col
suo frutelto bene accolta, altrimenti avrà da vederne e sentirne
delle bello...
— Io seguirò il vostro consiglio, finché potrò farlo senz'of-
fesa della verità.
. — E non avrii a pentirsene. Io vado intanto incotitn) al Pa-
me per sollecitarno il ritorno; e si dicendo, si mosse per uscire.
£mma lasciata sola, tornò al fratello che io questo frattempo
avea dato assetto alle sue robìccluolo e a quelle della sorella;
« senza riferirgli le cose udite dalia Rosioa per nou fallire alia
promessa dui secreto, ammortillo soltanto che i^ guardassu dal-
riodicare allo Zio so essere venuti per dimorare a lungo cou lui.
II consiglio della Eosina, attesa Tavarizia del vecchio, non
era fuor di proposito, ma dato da lei con tatValtro intendimento
quello di giovare ai ueputì del padrone; i quali non poten-
io poi, oom'on facile il prevedercj mettere ad effetto, ne avreb-
>ro alienato da sé l'animo su.sputtoso e avaro, quasi che avos-
voluti) ingannarlo col pretesto di una visita di pochi giorni
1 DEnBum
0 al piti tli qualche settimana, mentre V avrebbon, Dio sa fin»
a quando, protratta.
L'astuta tiovornante erasi mossa, come dicemmo, incontro il
padrone, il quale se ne venia studiando il passo verso casa; per-
chè l'aria imbruaìvu, ed egli temeva di essere sorpreso dalld
tenebro in aporbt campagna con rischio d'incappare DftMadri,
de* quali temeva più che del diavolo. Il castildo che accompa-
gnavalo, erasi da lui diluTjgato per recare certi suoi ordini ti
montanari e campagnnoli della tenuta, che tornavano dai lavori)
quando apparve improvviso sovra un rialto del monte la Rnsina,
e vistolo da lungi, chianiollo e affrettò verso di lui i passi.
— Che novità Rosina? dimandò il padrone, quando se la vidi
Tenire innanzi.
— Vengo a darvi nna buona e consolante notizia. Sono arrivati
i vostri nopoti.
— Ah sono arrivati? Io credeva che si fossero smarriti tn
vm, non vedendoli apparire al di posto. E chi ce gli ha condotti?
— Un tale di Cagli in una sua carretta, un bel giovinotto;..
aggiunse la maligna con un sogghignetto. Appena messili &
terra, ha dato volta senza nulla domandare e nulla ricevere, e
se n*d andato con Dio, tra i ringraziamenti di Emma, chave'
devaio partire colle lagrime agli occhi...
— Khm che tenerezze !... Ma egli è possibile che colai li
abbiagli vettureggiati gratis et amore Dei, e che i mìei nepotì
sieno venuti senza il becco di un quattrino? E poi che vuol dir»
questo ritardo di tre giorni? Qui non ci veggo chiaro; e crollò
la testa e strinse le labbra.
— Che volete che vi dica? Anche per me è un mistero... NoB
vorrei... basta... tutto col tempo viene a gallai...
— Ben, bene: saprò io cavarne il netto, disse il vecchio, con-
fermato ne' suoi sospetti dallo parole di quella scunfarda. Ti
hanno essi detto per quanto tempo pensano dì dimorare con noi?
— Kssi dicono che per pochi giorni. Ma poi trovandosi lew
«oeomodati in casa vostra, non avranno, cred'io, troppa &Dtt&
d'andarsene!
no AVARO E LA COVSnNAIVTR
461
— Tu peDsi donqae che cotesto non sia che un pretesto pdf
fare chMo nio li tolga io casa?
— Che dubbio? La madre non potendoti mantenere, addossiUì
allo KÌo.
— Oh in questo poi la Signora Marchesa ha fatto i conti
senza l'oste. Un pari mio non si lascia frappare a questo modo.
L'avToc&to Barbone assicurornmi che traitarasi soltanto di al-
lontanare per un mesetto al pii'i Emma da casa per non so qnal
imbroglio di sponsali che far si dovevano tra i figli di due
ricchi banchieri, un de^qiiali erasi prima incapricciato di Emma.
— Tutte bubbole dell'Avvocato; e voi sarcsto ben semplice
per non diro, scusate la frase^ bietolone^ se gli aggiustaste fede.
— Sarebbe dunque anche questo un tranello? Ma P hanno a
tue con ne per Bacco! Vedremo, vedremo... e corrugando le
labbra, fé' un broncio lungo una spanna. Egli erasi tutto rab-
buiato in viso al solo pensiero che gli si volesse mettere addosso
il carico de'ue{H)ti. K la governante vedendo che quel sospetto
facea presa uell' animo dell* araro, glielo ribadì, dicendo:
— Or ci vorrà pazienza, caro Signor Taddeo. Invece di due
bocche ne avrete quattro a mantenere. I vostri nepoti vi credono
ricco, e vengono naturalmente ove sanno che vi è campo da
mietere e panno da tagliare.
A queste parole il vecchio si arresta, e piantato su due pi\
colle mani ai fianchi, e tentennando il capo:
— Bieco io ? esclama, io ricco eh...
— Così essi la pensano!...
— Forerini! s'ingannano a partito. Essi si ch'erano ricchi
an tempo; ma il padre loro, disgraziato! ha sfolgorato via in
pochi anni un vistoso e pingue patrimonio. Kd ora pretendereb-
bero rimpannucciarsi a mie spese? Vah eh» l'hanno colta!... Io
ouu SODO, è vero un pitocco, commessi ; vivo del mìo, ma tu sai
Rosina, quanto mi coati l'avere raggranellato que' quattro soldi
che ho, 6 che bastano appena per le spese giornaliere e per
ÌBcamparci dalle granfie del fìsco, il quale a forza di tasse e dì
balzelli ci dipela, ci scuoia e ci spolpa Ano all'osso, uff... £ poi
I DERELtm
k annate corrono si scarso, ch'io non so come faremo a mandare
innaniti la nostra barca !
— Or che avrete l'aiuto de'ncpoti, nulla r'è a temere, ri-
prese la mascagna con ironico sogghigno.
— Tu mi vuoi dare la baia! Ma io ti dico che in casa mia
essi non tiranno il nido.
— Eh via... non sarà poi così!... Sapranno ben essi guadagnarst
U cuore dello xio colle loro manierine. È una conquista arA
facile ì...
— Perchè ho un cuore di zucchero, non è vero? Ma in me
il calcolo delta ragione (avrebbe detto meglio quello dell'inte-
resse) comanda alle teneritndini e sdolciuature del cuore. Alle
corte: io ni>n intendo di ospitare i miei nepoti che pel tompo
che ho determinato, pa.ssato il quale, U madre venga a ripi-
gliarseli, 0 io li rimando a casa loro.
— Propositi da marinaio ! disse la tristaccia, per meglio rin-
focolare l'animo del vecchio e raffermarlo nel suo proposito, fa-
cendo vista di non credergli.
— Propositi da marindo, tu dici? vedremo. K sì dicendo,
affrettò il passo verso casa.
I nepoti al voderlo spuntare a capo del viale che motto nelU
villa, scesero frettolosamente le scale e gli mossero incontm.
Dopo il dialogo che abbiam riferito e le parole con cui la Uosin
avea scaldato le orecchie del vecchio, non parrà strana al lettore
la fredda accoglienza cho egli fece a quo'tapinelli.
— Eccoli qua, diss'egli con forzato sorriso, mentr' Emma e
Pierino correvano u baciargli la mano e a salutarlo, anche da
parto di'Ua madre o della sorella. Avete (inalDioute saputo trovare
la casa dello zio! Quando siete partiti?
, — Quattro di sono, rispose Emina.
— E vi volevano quattro giorni per venire fin qua?
— Ecco: in soi oro soltanto vouiinino infine a Fano in fer-
rovia; ma il rimanente del viaggio ci convenne farina piedi;
perchè non avevamo danaro per noleggiare una vettura.
— Com'è possibile?
• — Purtroppo è coel! Le cento Uro che ci avevano dato pel
IXl. a VECCHIO AVARO C LA OOVERnAn%
viàggio da Fano alla vostn tìIU, ci sarobboDo stato l'Uro al
bls<^no; ma ci Tennero, non sappiamo come, rubate nel fagone,
eh^era dì terza classe.
— Ove trorayansi, agginnso Fiorino, due o tre figuri, che
aveTano certe ^ciacce sbirre ehm... ^
— E Yoi, riprese lo /io con aria dì volto tra sdegnato e
ironico, come quello che poca fede prestava allo parole di Eirmia,
voi foste così distratti e balordi da dod a(M»rgervì di questo
furto? Eh via... non vogliate infrascarmi eoa cutesto fandonie,
— Vi diciamo, Zio, la pura verità, ripigliò Emma colorendosi
TÌ80 al vedersi presa in sospetto di menzognera, mentre sto-
macava ogni infingimento: ma quel rossore fu ben altramente
interpretato dal sospettoso vecchio, il q.uaIo conliuuossi con iin
ghigoetto sardonico:
— E come senza danaro avete potuto fornire il vostro viaggio?
Qui Kmma si fe'a narrargli com'erano venuti a pie fin oltre
il Furio, e i rischi e i patimenti di quel viaggio e il fortuito
incontro col giovane Cagliese, da cui erano stati soccorsi nel-
l*6Stremo bisogno.
Il vecchio udiva tutto senza dar segno di compassione; ma
crollava spesso il capo e tcnea confitti due ocelli scrutatori in
faccia ad Emma, come per leggerle in viso quel ch'egli sospettava
si nascondesse in cuore. Di che Emma fattasi di bntcia iu volto,
sentìasi morire in bocca le parole; e mentre narrava allo zio ì
passati travagli, gittava rapidamente un'occhiata sull'avvenire,
che affacciavasele al pensiero assai fesco presso quel vecchio so-
spettoso, maligno e senza cuore.
Taddeo dìo d'occhio alla Governante, come per dirle — Guarda
scaltre/Jia di costei, o come sa ben ciiiriuaro lo ;iio! A cui la
Itosina corrispose con un ghigiietto maligno, che sfuggì agli
«echi di Kmma e di Pierino.
fiì vecchio entn^ in casa con viso torbido e imbronciato; e i
uepoti gli tennero dietro con quel batticuore che il lettore può
immaginare; mentre la Nosìna gongolava tutta dentro di gioia,
diceva a so stessa:
0 io non sono Hosìna, o questi bei neputini baciorauuo bea
1 DEREUm - XXI. IL VECCHIO AVARO E LA COVCRNAIITB
prosto il chiavistello di c»sa. Toccherà a me aggiiitiger le^oa
al fuoco e soffiarvi dfìDtro fino a innUt die non divampi in aperta
rottura tra 7.10 e nepoti.
Quest'era infatti il disegno, 0 direui noi, il piano di gnem
ideato dalla Goreraante, piena di malizia quanto capir ne possa
in cuore 'di donna malvagia. Ella siipea zìmhellaro a manrìgtia
il vecchio allocco del suo padrone, che pur lineasi per uomo
avvisato e scaltro, e facealu travedere e traudire di sì matta
ragione, che il Fatto suo era una piet^ Àvea poi in uggia i
nepoti di lui anche prima di conoscerli, sia perchè temeva, come
più innanzi dicemmo, ch'essi venissero a contrastarle il dominio
da lei tenuto fino allora sen/^ rivali sull'animo di>l barbogia
vecchio e su tutta la casa; sìa ancora perchè da gran pcza
tirava l'aiuolo all'eredità di lui, sperando che una parta almeno
avesse a cadérgliene in grembo.
Sotto tali granfio erano dunque venuti a cacciarsi i poveri
orfanelli, come dua colombe che sprovvedutamente cadono in
gli artigli d'.'l nibbio; e veramente ci duole il doverli lasdare
per ora in si mala compagnia per Buguire le orme degli altri
personaggi del racconto che ci aspettano.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
I.
7a situazione del patise e le elezioni. Nuova Antoliwia^ fase, del
IG aprilo ISSG.
Con questo titolo, a proposito delle prossime ele/.iutù politiche,
Roggero Bonghi ha testé pubblicata una specie di geremiade sul
paseato, sul presi^ntc e sui futuro dei partiti e qiiiudi delle isti-
tnzioDÌ» te iitiali, por la gento pari sua, sono il tatto doli* Italia
odieroa. Basti dire che termina con questo profetico periodo, il
quale può arersi per opilogo dello sue meste lamontu/.ioiji. « Se
tatti gli uomini di senno, di animo equilibrato, di spirito liberale
< moderato, capaci di (gualche idealità nella vita pubblica, che
c'entra.Qo o ci rostano, non per trafficare e per morcatfirc, ma
per un alto fine nazionale, non si persuadono, ch'essi possono e
deTono, nelle condizioni presenti, fare un partito solo, e con que-
sto reggere un Govurnis nioralnionto, intc-Iluttualmente, material-
mente forte, noi avremo avuto la gloria ed avrRiiui il vituperio di
avor fatta e disfatta L' Italia in un bvevo giro dì tempo. >
Presa questa conclusione per premessa maggiore di nn sillo-
gismo, se Ti si aggiunga la minore, concepita in questi termini:
— Magli uomini sopra detti non polninno formare i! partito che
il Bonghi accenna; ognuno scorge qual sorta di conseguenm ne
venga, per quei signori dal sempiterno »ioJ, in cui tutto si ac-
centra quello sfacelo di cose, che va sotto nome ù' lialia fatta,
E non pui'* negarsi cho Ìl valore del lungo scritto ilei Bonghi,
ìoturno a questa materia, si rinchiude nella indicata proposi-
zione; 0 se piace meglio, nella risposta al quesito: — È egli
possibile 0 sperabile che dallo urne del pa^'se, com' ò oggi disposto,
esca una pluralitìi di elotti, i quali arrivino a formare ìl partito
ideata dal Bonghi e da'suoi, per salvare l'opera loro?
A render ciò possibile, il Bonghi afferma necessario che « le
elezioni si facciano net nume di un indirizzo di Governo, il quale
Sfirif XJfl. roi II. (aty. «Jl! 30 7 maggia I88tì
k.
46G niviSTA
sìa ben dtìlerminato e preciso e chiaro, nei punti pirt importanti
di pi-litica int<;rnti ed osterà...; d'un indirizzi) di Governo, in mi
possano convenire o son convenuti tutti gli uomini, a' quali !^
parso & par bene costituire un partito nazionale. >
Otlimanionto! Ma dove &on^ oggi nell'Italia liberale gli no-
mini Talenti ad esprimere con efficacia un indirizzo sì fatto : alia,
dato l'essere delle cose pubbliche qual òcra, è possibile ad aa
gruppo d' uomini autorevoli esprimerlo in modo, che sia accettabile
agli altri uomini desiderosi di compaginare il partito tìaz'onoìe?
Per quanto si volga e si rivolga l'occhio attorno il mondo po-
litini di «luest' Italia, non ai scoprono piò uomini che abbiano
capacità, 0 godaiio fiducia pur goTornarc. Toltone Ìl Depretìs,
contro del quale sono scatenate le ire fraterne di tutta la mas*
soneria, ed è condannato a cadere e dovrà cadere, muoo app»*
risce che raccolga in sii solo il necessario a raggnipparsi inton»
un nucleo di persone, quali si richiederebberi» ad esporre l'inili-
rizzo di Governo, sospirato dal }Ionghi. L'Italia liberale è nella
lugubre eondixìone di quel povero panilitico della piscina pn)*
bAtica, al quale altro conforto non rimaneva se non ripetere:
Hominem non ìiabeo!
K se finora nel Depretis essa ha avuto un uomo che, bene «
male, l'ha tenuta insieme; ciò è stato a prezzo di contìnniu*
tìfìzìi e di continue contraddizioni, che hanno terminato dì com-
piere quel piilitico sfasciamento, che va sotto il barbaro nome di
confusionismo.
Il partito nazionale, che non usci dalle urne delle precedenti
elezioni, tentò il Depretis dì rafra2;«mar8elo con una Rnzìone co-
stante, che fu qualificata di trasformismo; e consisto in ciA,
che mentre il Governo doveva apparire concorde colle idee delli
parte sinistra, dalle cui viscere si sup]Kiiieva tratto il .Uìnistero,
poiché pur sinistra passava la pluralità; noi fatto aveva da reg-
gere con idee coufurmi alla parte de&tra-, che era la minore e U
meno atx: editata della Camera. A questo fine e con questa ia-
teUigon}:a, tacita od espressa, si amalgamarono uomini di varie
od anche opposto pensare, e diedere corpo a queir ireocervo ch«
fn denouiinalo partito della trasformazione, e meglio si sarebiN
chiamalo della defonttazione, U Benghi asserisce che, neirani'
iJUiA 467
maniiimunW ili questa olla yotrìda. corse un patto, e un patto
segreto che gli nomini di parte moderata (i deslri) duressero
serrìr^j e non aspirare in nessun modo al Gorerno, inrecu gli
nomini dì parte progressista (i sinistri) comandare e avere soli
il QoTemo nello mani. À loro premera che il Goreroo sentisse
rinflnenza delle loro idee, e non già che il Ministero si com-
ponesse delle loro persone. » Qiaechè il Bonghi V aCfurma, e può
saperlo, dev'essere vero.
Ma che no se^uì di poi ? Ne seguì che il patto non potè os-
«ervarsi, stantechè il Deprotis fu costretta a introdurre tre destri
nel Hlnist')ro pHrlamentarmente sinistro; e che pian piano si
disgustarono destri e sinistri; e convenne al Bepretis tirare
innanzi, alla meglio ed alla peggio, con iscaltrimenti e giochetti
infiniti, od assicurarsi giorno por giorno la viti, meadicando favurì
cho anche ogni glorn» più discrodìtaronu il sno Governo: e Si era
Tointo fere un partito forte, soggiunge il Bonghi, per avere un
Governo forte, un Governo che non avesse bisogno di accattar
voti: ed ecco s'aveva un Governo che accattava voti ogni giurno,
e non rìfiniTa, pareva, di aver necessità di accattarne. > Dal che
deriv/i l'immenso scandalo tìdi'iinmoraììfà politica, imputata
solamente al Depretis, il cui processo osibird tutta la gioconda
stagione del carnevale: od ebbe per frutto la votazione del ó marzo
e per ultimo corollario il decreto doÌ 37 aprile, che scioglieva la
Camera, vittima dui grossolano prestigio del trasformismo.
Intanto il Depretis, a mano a mano che il gioco si venne
scoprendo, dagli antichi partigiani, ch'egli bellamente aveva
burlati, fu gridato traditore: tutta la bassa massoneria, alla
quale egli, con grado primario, appartiene gli si rivolUt contro;
e nelle logge di tutta la Penisola fu condannato quale falso
fratello che, in cambio di dar di spalla alla demolizione finale
dell'altare e del trono, se n'era futto mascherato sostenitore e
difensore. P-jrciò il radicalismo di varia tinta, simlwleggiato in
quell'altro pasticcio chi> si nominò pentarchia, preso foru e co-
raggio; e non si può recare in dubbio, che il solo effetto visibile
e palpabile del tra*forìimmo di Agostino Deprotis ò stato quello
di rinvigorire il gruppo dd partiti, che si annodano nitl radica-
lismo e, per mandato della massoneria, debbono atterrarlo, sic-
463
RinSTA
^
coiu» ultimo baluardo della monarchia saroioa, in
città dei Papi.
Da questn rapido scorcio di storia presentissima
a tutti. BeHeoe forso uon iutesa da molti, bì d«
possibile e sperabile che la novella prova delle uro^
fuori, come per incanto, il partito nazionale ehi
Bonghi e de'snoi, avrebbe da salvare l'Italia, qiiì
conservata dal Bonghi e da'snoi. Una Camera ch(
confusione d'»s;ni cosa e, dopo tre settimane dì
fusione elettorale, deve rinascere, qual cunua dalla
logicamente aspettarsi diversa dalla confusione d(
ond'è prodotta ed in cui Tiene compaginata? E ne
l'agioni coloro che pronosticano dover essere la fu
della Cameni passata?
Noi molto bone comprendiamo l'ansia seoDS(
penna di Knggero Bonghi ha strappata la profe
rona la sua scrittura. Ksclnso il partito nazionale,
è pili possibilo di formare, di quel che sia una
n mtittoni, od un carro senza ferramenta e legnam:
pìi> nulla R\ì cnt fondare congetture o speranze. Caduto
ninno vede chi possa surrogarlo con un indirizzo dil
di fuori s<;rTa da parafulmine all'Italia rivoluzionar
tro schennisca il trono del Quirinale dalie insi
tendono.
Ha bel dire il Bonghi che « il fare le elezioni
Depretis; deve parere oggi molto pericoloso & tati
erodono di grundu iuteres.se pubblico il dare stabilì
tuzioni. e l'assicurare il paese nei rapporti està
dall'attacco segreto o palese dei partiti estremi,
scorge in nome, non già solo di chi, ma di che,
queste elezioni. Il Depretis, in questo caso, non è
è una guarentigia ed equivale ad un program
guarentigia di tolleranza verso l'Italia rÌTolnsi
dei due Imperi centrali d'Europa, svanisce; e
rentigia va in fumo tutto il programma masso:
quale si reggono le cosi detto istituzioni. Come
Cavour questo programma ebbe il suo principio,
n
DSLLA STAMPA ITALIANA 409
moDtese Depretis ha il suo termÌDe. Caduto costui, la dinastìa
passerà per sempre, dalle mani tutrici dei pieiDontesi, in queilo
più spregiudicato di iUIianì, di rjuegl' italiani cioè che mostra*
rono il conto che fanno delle diniistiu, scacciandone quattro (»
eìnquo dai luro troni. L' eredità del Depretis non può più essere
raccolta da nessuno. L' unico che fosse idoneo a raccoglierla era
il Sella, che la giustizia dì l'ìo ha ritirato da! mondo, tra le
lagrime del Quirinale. Ond' & che, sotto diverso rispetto, o)s1 la
dinastia, come l'Italia rivoluzionaria, fuuri del Oi^pretis, a buona
legge ripetono Vllomittim non haìtea del puralltico.
Eppure il Bonghi stiisso ha un presentimento che il "Depretis,
il necessario, il fatale, T ineritaliile Depretis, per virti) di queste
elezioni, dovrà soccombere: e ne reca ragioni di gran peso, ca-
rato dal « discendere > che fanno le idee moderato e dal « ere*
acero invece l'impeto delle idee contrario, tra le classi popolari » ;
dalk divisione delle « classi borghesi, inclinate a cedere, te-
mendo che ogni resistenza cresca il pericolo » ; dalle « elassi
più in su, che contano assai poco » ; dai « pochi che difendono
il Depretis, e lo difendono mollamente. » Se non che, levato di
neiUEo il Depretis, chi potrà mai sceverare dal caus dell' Italia
politica e stringere in un fascio gli uomini, che avrebbero da
formare il partito na^tionale, ultima salvezza fra nei dell'opera
rivoluzionaria?
% piaciuto all'Autore intitolare l'articolo suo Situazione del
paese. Avrebbe fatto meglio a intitolarlo Sduaziont {lei partiti.
Il paese, pi^ che mai, si è venuto allontanando da un sistema
legale, che non gli dà altro a contemplare, se non gare vergo-
gnose di personali aiabi/,Ìonì. ed altro a godere, sa non ispietati
soortkftinenti di trusse abburrìte. Egli scrive che: « il carattere
personale dei partiti li fa odiosi al paese e odiosa, che ò peggio,
OOD essi la forma di Governo, dì cui si dicono I' {strumento ne-
eessarìo. > K come dunque pui> egli spiiniro, che il paese con-
eorra a formare colle urne un nuovo partito nazionale, che non
sì saprebbe da chi capitanato e da quali uomini composto, messo
da banda il Depretis, dannato alla caduta?
V Italia di .Milano, sotto il 27-23 aprile scorso, ha stampata
k lettera di un tal Giuseppe Beretta, operaio, a cui un Coioitato
470 RIVISTA
area offerta la eandìdatttra per le odiarne elezioni. Tranne t
concetti socialistici di cui pizzica, noi crediamo che questo Berett&«
uella sua lettera di riflatr> ad ud tal Valentiui, macifesti proprio
il sentimoato della grande pluralità del paese, circa questo argo-
mento sì vitale pei Bonghi o compagnia bella. Eccone 11 passo
che merita di andare sott' occhio a tutti i ^eUtori di caudidatoro
polìtiche pel Parlamento.
< Vuoi che te lo dica schiettamente? cosi egli col bqo stile
popolaruBco. Dalle ultime elezioni in poi ho modificato di molto
le mio convinzioni. Non credo piiì nò al Parlamento, né ai suoi
ìuiiuilini, né all'efficacia delle sue leggi. È col cuore lacerato
che b1 devono dire certe cose, ma è pur giuocoforsa sputar!»
fuori. Davanti allo sfaccio d'uomini, di cose, di coscieuw, veri-
flcatosi in qnt^sti tempi, ho perduto tutta la fede in quanto ri-
guarda la politica e lo sue attribuzioni. Te lo confosso, no bo
piene le noma, ne ho fino alla nausea, della dastra, della sinistra,
della patria, della libertà, delta democrazìa, del parlameutarìsmo,
della forma di Governo : tntte frasi, parole artefatte che don ca-
vano un riiguo dal buco, che non satollano il becco d'un uccello,
che non fanno avanzare d'un pollice la soluzione della questiona
sociale.
« In 26 anni di regime parlamentare, con tutto queir esercito
AUlluaifi, di patrioti, di talentoni che hanno popolalo la Ca-
mera, con tutte quelle promesso profuse nel diversi programmi
elettorali, quale legge, quale disposizione é venuta fuori a tentare
almeno di sollevare le sorti poco invidiabili dei lavoratori della
città e della campagna? Sann proprio curioso di saperlo! Ah,
Valentin!, se aspettiamo che qualcosa di buono venga da quella
parte e da quella gonte, si può esser certi d'aspettare fìno al
giorno del giudizio! Alla larga dunque, alk larga da certi luoghi!
'^7on voglio aver nulla di comune coi gabbamondì, coi falsari,
coi trafficanti di voti, d'impieghi, di pensioni. Preferisco restan
nel mio bugigattolo, fra i sacchi di riso, le bollette di spedi*
;fione e l'apparato telegrafico. L'idea dell' emancipazione operaia
si propaga, fa proseliti, cammina lo stesso, senza chMo vadat
Koma, nel baraccone parlamentare, a far la parte del legislatore
0 del ciarlatano. >
ORLLA STAMPA ITAUANA
471
paoso adunque meno che mai 3' immischier& di elezioni,
l&Ue quali sento che niuti bene ò per provenirgliene. Il campo
' aperto sì, ma non ri scenderanno a battaglia stì non i partiti,
I gP illusi dai partiti. La bassa massoneria poi ri schiererà, in
Ila tutte le forze de' suoi adepti e ligi, contro il Pepretis. Im-
«rocche la bandiera, sotto la qualo questa rolla 9Ì pugnerà con
liù accanimento presso le urne, sarà piil che altro negativa;
iiod dire rinncghcrìk il Depretis, che, siccome lamentn il Bonghi,
li suoi amici d'una volta n avvorsarii d'ora combattono, vili-
)«idono, insultano con una pertinacia incredibile. » Or che
mporta al paese, il quale non penetra nei secreti della politica
lloastica, che, sotto l'egida dello istituzioni, eserciti la dittatura
^\i\ toflto il Depretis, che il Nicotera ed il Crispi?
Ruggero Bonghi piil si avvicina alla chiusa del suo artìcolo
e più vede sciiro. I presagi suoi non sono punto lieti, per la
parte sua e per quella Italia del noi, nella quale s'incorpora
lacors tutto il sno signor sé steaso. ■< Non paiano paure sover-
ehi« queste; soggìung' egli: la materia di tali paure, se non è
pFODt&, s'apparecchia; e chiunque m'ha fatto la cortesìa di leg-
germi 0 in questa Rivista (neW A ufologìa) 0 in altre, non mi
tppoDo, credo, a superbia, so affermo, che ho pure acquistata
m» certa pratica di prevedere le cose «mane, » Ah, Bonghi
crudele! Hiipo lavorato colla logica il manico, egli, con questa
rettorica, affila la lama dello stile da immerge.ro nel cuore dei
SQoi; la lama della proftvja, che '.<. avranuo avuta la gloria ed
avrauno il vituperio di aver fatta e disfatta l'Italia in un brere
giro di tempo. »
Voi certamente non arillreramo profetare tanto, bonchft Io
8ftM»!o di questa Italia fatta dai twì di cui è parte il Bonghi,
ci si offa allo sgujinlo in tutti i rispetti possibili. Ma dacché
oosì profeta egli, e così sìa! Ad ogni modo è salutare coi^a lo
ioteodere queste parole da un Ruggero Bonghi, sedici anni dopo
la breccia della Porta Pia, e dopo cho egli profetò e celebrò in
prose poetiche la eternità dell'Italia sua nella città dei Papi e
Eo del trono di san Pietro. Ma tant'è. Egli è memore,
Che nel mondo muiaLìle e leggero
UZZ
^
m
nmsTA
II.
Monsignor Dosato Vellkti di S. Ci.«hbmb, Vescovo titolare- di
Oropo. Lezioni esegetiche e morali sopra il sacro libro^^
Giobbe. Voi [, di pagg. 322. Firenze, lipognifìii di Hoffil
Bìcoi, 1886. Si vende al prciszo di Ij. 2.
Avanti la sua promozione all' Episcopato, l'illustro Mons. Va-}
nato Velluti dei duchi di S, Clemonte, invofltìto, benché usai
gìov&ne di età, della carica di canonieo teologalo nella Hebo*
ptditana di Fironze, dovett*) acfingoraì all'opera, non meno santa
che ardua, di spìegaro al pubblico, popolo e clero, la sacra Scrit-
tura: e fra tutti i libri eh egli aveva balia di scegliere per-
soggetto delle sue lezioni, scelso quello sì aitimìrabile di Giobbe.
Nel presente volume egli, delle 3ue lezioni, si ò risoluto di dare
in luce lo primo quindici, delle quali le cinquo ohe ranno in-
nanzi alle altre servono come di proemio o d' ìntroduziono a totb^j
il corpo che ha da venirne appresso.
Del metodo che egli si dcturminò di seguire nello arolgenj
l'argomento da sé prescelto, in guisa che potesse, senza scapito]
della comune intelligenza, dare le sue parti alta scienza, e eoB-|
ciliare di questa il meglio che si ronsorva nel tesoro degli aft-j
tichi, con quello che vanno aomministraudole i moderni ; egUJ
ragiona con grande saviezza nella lezione prima; la cui lettnit]
si cattiva l'animo e ben lo dispone, che rlmaue invogliato dl|
procedere innanzi e dilettarsi del bello e del buono che già pi
gusta. 11 quale attraimento crtace, a mano a mano che il dotto,]
elegante e splendido espositore si avanza a trattare dell* indole!
del libro ispirato di Giobbe, dell'untore suo, della lingua in rid]
fn scritto, della sua canonicità, confutando chi gli nega Vi
di storia e lo vorrebbe spacciare per una poetica unzione; fl]
finalmente a mostrare ^opIK)rtuuit.^ dolio studio dì questo libre!
nei tempi nostri, dei quali nigioua con sicurezza di giudizio dal
profondo filosofo.
Ecco, per saggio del suo bello scrivere, come discorre d<
libro di Giobbe, dopo averne accennata la storica orditura, e
86 tanto mirabilo è la sola orditura, che dovrò diro delld fìgurd
sublimi che vi sodo disegnate, del colorito che le rendo si rive
e naturali agli occhi della mente? Ho detto che chi guardi
soltanto alla superficie, troverà il libro di Giobbe appartenere
ai libri storici della sacra Scrittura; ma chi, non oontonto di
fermarsi alla cortctria, vorr\ anco pouetrarne e indagarne il mi-
dollo e r intima sostanza, troverà che questo libro così bello,
ooaì poetico, così sublime, consta di tali e tanti elementi, che
lo fanno, per così diro, appartenere a tutte le categorie dei libri,
8\ deir antico come del nuovo Testamento. Egli aduna in eè le
luei tutte, che rìHottono gli altri libri; imperocché iu osso si
trova rinsegoamonto della morale, come nei libri sapienziali, le
predizioni del futuro, come in quelli profotici, la narruzionu dei
&tti, come negli storici; in esso vengono celebrato le graadezze
e le glorie del Signore, come ne' salmi: infine, fra tntti i libri
dell'antico Patio, è quello ohe pìi'i dì tutti gli altri si uvvicìoa
a' libri della nuova Alleanza. Infatti quel lìuguaggio così chiaro
ed esplicito intorno alla risurrezione della carne; alla sperauza
dì vedere nel novissimo dei giorni il giudice dei vivi e dei morti.
Cristo Gesil Signor Xostro, di guisa che faceva esclamare a
S. Girolamo che nessuno, dopo Cristo^ sì chiaramente parlò
delta risurrezione, come Giobbe tanti secoli acanti Cristo:
quel linguaggio sì elevato intomo al governo del Creatore sullo
creature; qiielU mirabile teofania, che ci matiifosta Dio che con
sapienza di maestro, eoa bontà di padre, intorluquisce fra le
[Hroprie creature; quelle mirabili armonie fra la natura e la
grazia, che vi sono svolte ; non ce lo rivelano come libro vera-
ment«3 irraggiata dalla luo« del Verbo? £ poi quel palliente
Idumeo che ìnnuceuttiuieote soffre mali si atroci, pene si cru-
deli; calunniato, offeso, dispregiato dalla moglie e dagli amici;
non è forse un'immagine, una figura, un tipo, un'ombra profe-
laea di Gesù Cristo, l'uomo dei dolori, che paxientcmunie soffre
tante peno, abbandonato ancor esso dalla sua sposa infedele, la
Sinagoga, e dai suoi medesimi fratelli ed amici, gli Ebrei che
lo cr.ici fissero? >
In un tema che, oom*& questo, porgerebbe materia ad uno
sloggio pomposo di facile enidi^sione, noi ammiriamo la sapiente
474
RIVISTA DELLA STAHPA ITALIANA
sobrietà, che usa tratUudolo il cfaiarìssiino Prelato: Ìl quah
vemmoute si attiene a. quel che basta e coavieoe, e di qac
ancora, con labtii-iosu studio, sceglie il fioro. Le me esposifiioDÌj
sono succose» nobiliueote condotte, espresse con una parola Un*
pìdache, qual cristallo^ trasmette nella monto attrai l'idea senza
artifleii.
ha dottrina poi è solida, e la precisione teologica delle for-
inole con cui & data, prova quanto riccamente ne sia fornito
l'animo dell'Autore.
Noi speriamo che a questo primo volume non tarderà a tener
dietro l'altro; si che non solo i periti in questa inanieradi studii,.
ma ancora ì credenti a sufficienza instrutti, non escluse te p«r-
sone del minor sesso, vi abbiano un pascolo salubre, ed aggiiui'
giamo altresì consolatore, otTi'rto da un ingegno e da un cuor»,
in cui non sappiamo che più prim<ìggi, m la pietà e la cultura,
se la perspicacia o la gentile/^ta. 11 bisogno di forti e soari eon-j
solasioni à immenso ai dì nostri, nei quali tutto quel che w*
stitnisce il mondo è affliggente; e, per la malragitii degli tiomÌiù|
e le calamità che opprimono, si convertono in ispine le st«MBj
rose, ond'é pure talvolta indorata la vita.
L'egregio Prelato cì dice che «opera veramente grand? bi-|
rebbij lo scrivere la storia fllosoflca del dolore; il far vedere la
intime relazioni che pa-ssano fra esso e l'umana natum; il nr^-l
strare le intrinseche attinenze del dolore coi cuore; i salutari]
effetti che sn di esso produco; e per ultimo, opera non meooj
grande e meno cara sarebbe il toccare le cordo dell'arpa addo-]
lorata, per cantare con novelle note la bellez7A delle lacrime.
Or questa storia del dolore, e queste note che ci si por
dalla mano dell'ispirato scrittore del G-iobbe, acquistano un
si sa che dì più dolce e celeste, commentate dalTangelieo 8{
di monsignor Vescovo di Oropu.
.Àia
na^^^^b
CBONACA CONTEMI'OllANEA
Fireng€s 6 maggio 1886.
I.
COSE ROMANE
l U Tttbne airi-i-i« al Snnla PnJre il 17 aprile — S. BcDeAobe sae Lirgisioni —
9. Iticeli immoti g udicia<.» pi>nU(icÌa — 1. Leoni' XIII e ht Penk - 5. L'Arci-
cwitnilrrniia di S. Michele a Vienna i- ii Santo Vaòrc Ifonr MIl — B. Ina
nlatoe ci'riimiiiin in ViticAiio — 7. Leone MIl n U S|K>fn;i — V. L' Inippratcre
ii Gf^rTDanÌH i; il Sniito Pmlcr — 9. LcntiR XIII i; lii |iacc rclìg^cvin in lYussia —
tu. Cronaca dclb qutstiwii' roiimi»,
I. Sol me2u>?Ìonio del t7 aprile. Monsignor Macchi, Mna-siro di Ca-
Mra di Sua Santità, ed il Comm. Piciro Azzurri, Cameriere d'ouore dì
Spad» <» di Capp», del Veti. Monastero di S. Aiiionio, nlTrivano al Santo Pa-
in, com'è costume, nel sabato di i>as.sìorie, due (lalme da quelle religiose
riecamenie lavorale. « La più grande delle due, scrive V Osservatore ro-
iMHo nel suo n. ^, plìi chiHmnrsi un vero capolavoro anisiico, sia per
b vagbeua del disegno, sìa per la squisita e delicata fatiiira, da sem-
inre un merletto. I^ palma b. sormontata da un ovale e^reffiamente
'miniato, r»fTiifur:mlfl la \>rf^tn« del Rosario cou ai lati S. Domenico e
>. Caterina da Siena. (ìli svariali (torellirii urliriciali e le fVuUa di ogni
intrecciati alla polma, sono vaghissimi e formano l'arami razioni?
fi i]i]anli hanno avuto il piai'ere di vederla. »
Cn'akra palma slupcndaiiient'C! lavorala, fu tjuella die il sig. avv. Ales-
ro Aicardi presentava al Sommo Punlelice, a notne del provveditore
ie palme |«r la Cap(»ella pontificia Mons. Amedeo Cresca di S. Hemo.
Il Santo Padre colTusata sua benignità ah'gradl U oirme, e benedisse
iblatorì.
[] Santo Padre lecco dnlla crescente miseria del suo buon popolo
nella generosiii^ del suo cuore, e non nsianie le sue presentì
degnavasi, sin dai primi gionit di aprile, di mettere a dtspo-
della Eli-mnsincria Aiiostolica la somma ili i|iiiitlordicÌmila lire,
nella solmnitik della Ranla P.isi]ua Tosse erogata in spettali elar-
in danaro ai poveri delta città e neH'acijiiJsio di cenlasessaiila leni
e forniti di tutto il necessaria da distribuirà alle lamiglie povere
476
CftO.IACA
0 mcrìicvntì della cnrilà pnlnma <lcl Vktrìo ài Cristo. Queste beneflctw
t)<sp05j/ioiiì di Sua Santità furnno colla maggior sollecitudine adetn{)iau
rial .suo eleniosiuiere spreto, monsignor SamminialelH. Da que.sio bus
}!lì nhlaiori del danaro dì S. PiE4ro potranno rilevnre quanto generosa-
mente anche in prò dei poveri imjtirghi ÌI Santo Padre le loro offerte, e II
dovN-e die i caiioitcj haniio di provvedere all'augusta povertà del comu
X^iiAn dei fedeli, perchè K^tì p'ìssa sovvenire ai bisogni deKlì iotligeuli.
3. Numerose oltre l'usalo sono slate nella passai» quiodicìiia le udieott
e i ricevimenti in Vaticano.
la mattina del 21 aprile circa le tO ani. il Santo l'adre aco
in particolare udienza il Kmo V. Rettore del Collegio dì S. hidoi
Franceitcanl Irlandesi, il quale ebbe l'onore di deporre ai piedi de]
cario di Cristo una somma cospicua per l'oholo di S. Pietro, spediuitil
Monsignor Giacomo Itrown, Vescovo di Fems in Irlanda. Su* Santiii
ringraziava la pietà filiale di quel zelaniiitsimo pastore, del Clero e ié
popolo di quella diocesi, mandando loro la sua Apostolica Benediriont
Nello sies»o giorno varii cospicui ecclesiastici e molli signori e si-
gnore, aveano la consolazione di essere ammessi all'onore di baciare il
piede al Siinlo Padre e dì riceverne la Itejiedizioue.
Il 26 quest'onore veniva accordato ad una deputazione della Pa
cale Basilica di S. Maria Maggiore. La deputazione era presìeduia dal*
l'Kmo C»rdinal d'Hobenlohe, Arciprete della detxa Basilica, e sicooh
poneva dei principali dignìlarii di quel patriarcale Capitolo. lCs«i venivacM
pftr esprimere ai Santo Padre la più vìva ricononcenu pei
favori accordali dalla generosità e benevoleuta sovrana a quella Pani:
cale Basilica.
4. Dopo la Cina e il Giappone, ecco la Persia; perchè si conosca
non c'ft parte del mondo, per qu.into remota ella sìa, a cui il Swiimu
ledcc, nella sua immensa sollecitudine, non rivolga il pensiero,
inhiti neir/>Ao de Perse: < H Papa ha decoMin drl Gran (bordone
l'Ordine dì Pio IX, i prìncipi Zil-ì-Suhan e Nait>us-Su1laoch. ]n ti
easione, soo ora pochi giorni, il si<?. Souchart, incaricalo di affari dì Fi
eia, e l'abate Dumcrgue, superiore della missione cattolica di Theran
slHii ricevuti, in udienze solenni da quei prii;rìpi. ikI hanno loro ri
le insegne dell'Ordine suddetto accompagnate da lettere di tenne X
In queste lettere, Il l'apa ringrazia i principi per lo spìrito di gì
e di equità col quale sono trattanti da loro i cristiani che abitano la
e manifesta su questo rapporto la sua alla soddisfazione e ricooosceui.
Questi pacifici trionfi della Sedo Apostolica presso le nazioni
ancora nelle tenebre dell'ignorane della vera fede, sono una 8
riprova della vitalità e potenza del C^iiolicìsmo in meno alle
dizioni a cui h fallo bersaglio tra gli Siati die si dicono inciviliti, «
lA^
£2à^
C0»1EMPO(tAK£A 477
uanto haaao dì grande e di liuono devono ;ill' azione iDciviliirice della
Chiesa di Kmn:i.
5. (ìli .sguardi del mondo odierno, t^nlo oggi agitato e sconvolto dalle
Èlle sovvertjirici, souo hvolti si Pupa, come a colui che solo può sal-
darlo dalU catiistrore clie ci minaccia. Tra cento TaUt che ne aU3taro>o
iotto ^li ncchi CI pince nrerirne un solo. Il Ti aprile si riuniva ìjì Vienna,
Mia vasia sala dei Filarmonici, la XXIll aduniin^t generale dell'Arci-
bonfralernita di S. Micliele, con iuiervejjlo del Cardinale Arcivescovo, del
S'uQzio Apostolico, di II» itran numero dì IVelaii e di ra^'gu arde voli
pefsonaj^gi appartenenti al clero ed al l'ari aiocra zia. Presiedeva il Conte Si-
hfrerfo Saint. Fu assai notevole il disorso del Padre i^dentorisia Meyer,
Mi quale l'oratore spiegfj lo .sf;opo dell' Associa rJone. Esordì col cliiederc
■eusa del prendi^re la (inrnla lui, lìglio dì S. Alfonso, ma osservò die ciò
lovea pur comportarsi da che il S. Dottore fu pit'nn dì devo/iouc alla
I. Sede, e nel secolo passato primeggiò tra i campioni pii'i foni dell' iiuto-
ità pontificia. L'Arciconfralernita nnn è una semplìco Congrcgaziofte di
iregliiere private, egli di:sse, ma dev'essere una Compagnia militante che
gi.sce e che spiega la sua attività nel mondo. Primo dovere dei soci è
Il itiiiur cara la vita cristiana, di Una aperia ed imperterrita profiission di
fede e di tener desto l'amore e lo spìrito di sacrifizio verso il S. Padre;
perchè oggi più che per t'addietro la Chiesa è veramente Ecclesia pressa.
L'oratore paragonò la Crtiifraierniis alla schiera di Gedeone; e, come
fltiesta era composta d'uomini valorosi, i quali, invece di starsene a
KDdere gli agi delle loro <::ase, uscivano coraggiosi a intraprendere una
Aera loUa ; così anclie in Vienna non debbono mancare uomini di tal
btia, che sieno sempre pronti a levar la voce a prò del I^onteiìce, iri-
k)laio e vilipeso. Ma ciò non può farsi se, in primo luogo, non sì obbe-
disce ai comandamenti della Chiesa. 0"*^" cattolici, che, senza riguardo
lUi loro fedf, leggono n aiutano del loro danaro la stampa scredente e
BNiiica del Papa, i cattolici, che in tante occasioni si accomunauo cogli
ivversarìi del l>isti3nesimi> non appartengono di cerio alla schiera vìt-
|toriiisa di (ledeoiie, pt^rchè sta scrino: dat dfffins vicioriam. Amniirahìle
i fu la conclusione del discorso pronunciato da) conte Salm. « Ammirate,
disse, l'opi^rosilà, Io zelo, la sapienza, le sollecittidini atTeltunse del
Leone XIII, e col cuore infìammatn di riconoscenza dovrete confessare
io lineali tempi tristi, (junudo inflerìsce la lotta tra il cristianesimo
il paganesimo rinato, e i]uaiido l'incendio si è appiccato non ad un
Ulo angolo della terrj, ma ovunque nasce e ovunque muore il sole. Iddio
ieio^ìs^iimo ci ha dogato un Somoìn Pastore pari alla grandezza del-
tflicto, pari alte gravi necessiti di questi trepidi momeuti. Kgli, il vero
Desso dj Dio, □ addila il pTio ove è tnestieri cercare scurezza in mezzo
file burrasche che imperversano; onde ^ nostro dovere udir la sua voce
478
OlOSACA
e [Mrgercì docili agli insogna menti e comandi suoi. L'n »llro dovere
nostra Arcicorirrnlernita ^ di pr<>slare orecchio alte voci coq cui il S. Pid
latiicntj) I» durezza delle cntidi^ioni in ciiì vorsa, ed i lriiv.igli che
«RTi tallì (in lame, parti, e di xmìn in soccorso alla sua augusta povc
Ed in lurrDiiio appuiiio chiedendo alla vostra geDcrasiLà un soccorso!
Padre oo^lm, sjwfiliato da ingralittsimi e snaturali n£liu<^i. »
G. S|<EonilitIa e lulla degna delta map-sià del Romano Poalillcato
la cerimonia del '^7 aprilo in Vaticano; perocché in quel giorno la Sanili
dì Nostro Sij^uore Papa Leone XIII, in nome dì Sua Maestà Cattolica IiJ
Regina Mnria Cristina HeRt^enie di Sp-ic^na, M degnava imporre,
solenne pompa all'Emo Cardinal I^dovico Jacobìni, suo segreiani
Stmo, le ioie^e del Real Ordine del Toson d'Oro, courerìiogli io s«^«J
atrc^ilo ft'lice della mediazione pooliUcii nella vcrE«^n/.i fra la (ìernuoil
e la Spa^^na sulle Isole Caroline. I iiartìcolari della soleom cerimonii
chi fosse vago di l^gerli^ lì troverà nel n' 97 deW OHsrrvatare Homo»».
A noi piare di qui ri^rire le nuperrde pamle die il Santo Padre àt-
gnavasi di rivolfierc all' illusine porporato.
« La cerimonia ora compila, mn la quale ahhiatno imposte a L/i,
Signor Cardinale, le insi'giie del notiilissinio ordine del TtxsoH d'orv. t
stala a Noi ca^uiie dì {mrtic(»lare compiaceiiut.
< Noi siamo hen lieti che Hlla, Signor Cardinale, abbia ricevuto dalli
KttgJDa reggerne di Spagna un alleviato di si alia considerazione, sia |<rj
roncare grande chea l^i ne deriva, sia perche, essendole .<t.iio cjiife
nella qualifica che ricopre di Mostro SeKretario di Slato, Ci fornisce «a
prova novella deisti amichevoli e cordiali rapporti, e della ikvoiir
profonda, che uni:scoi]o la noMIo nazione .s[:4tgnola a questa SK<Se Ap05(otk
< Ci allìeifl anche il pensiero, che l'onorinca distinziooe accort}aial«
per Noi un gradilo ricordo della Mediazione ìriterpostt nella verte
iosorla sulle L'iole Caroline; colla quale Mcdiamoc, secondando T ia^n
propria del Pontifìcalo romano, VA ta dato coniinrre ogni di.s&idio ira <
potenti ed illustri nazioni.
e lo sei^uiio di ciò Noi non potisiamo non acc/Kliere, ed anzi fac<
Nostri i voti che Ella, Signor (ìardinale, testé es|jriioeva {ter la prnsiumt.
(Iella Regina reggente, e piT la grandezza e la gloria dei cattolico
di Sjia^'na. Sn di esso pertanto, con tutto il fervore dell'animo Ne
imploriamo ì \iiii eletti favorì dal Cìdo, e vo^lijoio che ne si.i
Lenedi^ioue Apostolica che con paleriio alTctlo impartiamo princi^
all'Augdsia SlfiDora che delta Spagna regge i det^iini e alta Keale Fa'
glia, e che psrertdiamo anche al Sittnor Ambasciatore, qui preMute,
di Lei rappresenta lite presso di Noi, ed alla intera nazione.»
7. Narrammo a suo tempo il solenne riceTimenlo io Vaticano
novello AmMsciatore di Spagna, il giorno della presentaidoM delle U.
C0rfTE1IIN)RAfteA
rrit')i7ji/ialì; ma n'in potammo, allora, coin'er» nostro desiderio, ri[)oriare
il disborso dal Sanio l*adre diretto all'illustre rappresenlanle della cat-
UAìca Spagina. Ora ci arriva il Correo, orgunù oflicio<;o del signor 8«gaKia,
enn il tcsu do! Llisoorì^ Fonlidclo, e slam lieti di recarlo nelln Tt-mia
lldiicia che sia autmiii'A uisa nttlla qiialp ci confi;rma il vederjn |tub-
tilicaio neir amorevole periodico romano V Otsertiaiore tfiVJ.
Ecco il discorso del Sauto Padre:
• Sigtinr imhasdatore. riwviamn dalle vo«re mani, colla piìi vìva
soddisfaiclone, la letler^. colla quale Sua Maesti^ la ite^'ina HegiienlC;,
vostra aiigiisia sovrana, vi ac rediia in qualilA di amliasciaiore straor-
dinario di Spatj'aa presso la Siinia Sede. Con pari soidisra/ioDe, abbiamo
ndiin le mliili e alTi<ttans«> parole colle f|iinli aecnmpngnRm tii prf^sifnln-
tinur delle vostre credmtziali, e che maoifcsuino la riconospeiiza della
Rriurfna Re^^fi^ni*' e del suo coverno per ci^ che abbiamo fallo n«l tempo
dei duf avveniiiienli recanti della morte premalura del Re Alfonso e del
conflitto che era socio ris|ie«o alle Isole Caroline.
< Noi CI aflrctUamo a dichiarare, in ricambio, che non potevamo
Operare aluimenli, perdi* aml.tmo grandemenie la Spagna, quella naitione
che (^ ^ e Ci sari s.^mprc cara per la fermezza riolla sua tt^U e pel
oosianie affilio clie i Re caltolici hanno sempre professato verso questa
Sede Apo<itoltcs. Quindi non p:>ievamo a meno <li |)reodere la più viva
parte all'afllirione unanime che itiita la nazione <;pagnunia ha provalo
sotto il colpo d'un luiio supremo, e, parimenti, abbiamo consacrato ì
Nostri buoni ufTlcii, col più ardente desidt'rìo d'evitare il pericolo della
ga»n e di rìslalÀlìrc la pnce fra diin [mionti na^doni.
< Amiamo aggiungere rh<' la missione di arbitro Ci ^ siala pure
Rradliu.sima in quest'occasione, [lercliè CI ha permesso, nel tutt'lare la
giitsii/ìa, di inoltrare ona volta dì più il Nostro afTeito per la Spagna
e il vivo iiJlere:^se die [lortiamo alla sua proRperitl^ eil alla sua gloria.
•* Slamo siali lietissimi d'apprf-ndere che la Spagna. ìiahsa del suo
titolo di nazioim callolica, e sicura, quinilinnan^i, della sua dnminarìone
sulle I.wle Caroline, più si preoccupa (Idia vera civiltà e della cidlura
religiofa degli abitanti, e che missionarii rrance.<tcani sono giìk partiti per
quei lontani paesi, amie di pr^^pagarvi la luce dell'Evangelo. Ù|>erando
cosi, ne risulter.'i immancabilmente che le relazioni amichevoli e cordiali
che baooo sempre osi.siiio fra la Sede Apostolica e la nazione spagnoola
saranno ejitc» e assodate.
« Non dubitiamo, signor ambasciatore, che la vostra missione non
sia coronata di un felice successo, perchè giA conosciamo i meriti e le
qmlìlà che vi distinguono, e che già abbiamo potuto apprezzare quando,
480
CRONACA
un'alin volt.-i, con piena Nostra .soddis razione, avcie occupalo l'ili
carica (rani!i»»;inu)re ili Spagna presso questa Santa Sfide. »
H. Ahliiamo i^Ìi annuncialo che V lm|)erainre di (ÌHnnani.1 ha dirfHia i("
Santo Patire un Suo uuL(>;jrafo, ti quale Tu coiisf^nalo dal ^ììfiior de Scliluur.
Ministro di l'russia presso la Santa Sede. In questo autografò Sua MaeAi
esprime in termini di speciale cortesi», gcnliIe/./.a e Jeferen/,! la Sua wJ-
disfazione del Telice risuilalo della iut:dia:tioue pontifìcia nella verlonu ddk,
isole Caroline, e prega Sua Santità a gradire In meatorìa di tale «jcc
il dono che I,e faceva presentare per meno <I«I MiniMro stesso.
Il dono consiste io una splendida Croce pettorale.
Essa è di stile antico e di forma Ialina. La lunghezza del bracMJ
maggiore l^ di 12 c^-niinieiri; quella del minore, di 'J. — Comprendcidinij
il passante, clic sormnrjt;! il primo tiraccio» si ha una lunghezza di 16 ceatiaLi
I.a Croce t in oro con riponi in cesello. tem[)esiaia di lirìllauli e
rubini, ed il lavoro, tutto a mano, fa fede dell'aliiliià dell' sn:.sia. — N«l|
centro .scorgesi, rilevata a oe&ello, la testa del Salvatore contornata ili|
Iti grossi brillanti. — Spiccano alle estreiniut -1 brillanti di grande di-j
mensionc, di acqua bianchissima, e doppia lavorazione iu ntczzo ad altn ,
tirillanli minori.
Alla tt!stn del Salvatore è .sottopnsta .una raggiera ancor essa loUa'
in brill.tnli. Il passautc che regge la Croce è Tormato da una rosetta di
7 grossi hnllanU con un grande rubino di primo colore, oel centro. Sor*
reggono questa ronella due angett di oro rilevali a cesdk».
Tuua la Croce a tergo è lavorata squisitamente in cesello.
L'jja colUiia di oroelcganlinnejite lavorata, della lunghcoa di un in
compie questo regale presente.
y. La Gassetta popolare di Colotiia, a cui ne lasciamo la re^potB^l
billlà, pnbMi<-a la relazione d'un' udienza che il Santo i'adre ha coacfiuitj
a deputati tedeschi. Secondo questo resoconto, il Santo Padre si sar
espresiio, presso a poco, lo questi termini :
« La legge religiosa in Prussia è un nuovo passo verso la pace. U|^J
verno ha, noi lo crediamo, espresjio .sin^-era mente d suo desiderio
pacificazione^ e speriamo che giuthgeremo col tempo ad una pace
e duratura. Consideriamo »pecialmeuie come importante la rìapenura àe
seminarti diocesani, perchè sono ì semenzai del clero e le sorgenti àà
rinascimento cattolico. Si t> potuto trovare un accordo col governo sai^
professori dei scmiuarii; ma f> necessario che i vescovi abbiano liberata]
aoalta dei titolari.
« 11 ristabilimenio del ministero pastorale sari uà baluardo cootroij
progressi dell' irreligioae e del movimento socialista, -
« Cretlinmo die ci è permesso di gu.-)rdar{! con fiducia all' a ne
Fate as.s(>git;i nielli') .sulla sullecitudine della Santa Sede. Sua Maestà
Paratore, dal canto suo. Ci ha atiesiaio i ^uoi jwnlimeniì benevoli e la siis
nulazione di aiJ«rìre ai desideiìi d^i suoi .luddiii cattolici
• Fino dal primo giorno del Nostro Pontificato altbiamo pensato quo-
tidlanatwnte alla Ocmi.inìa; iiNFiniioo del contimi') pre^nto Dìodi dare
a questo paese il l>en€ilcio della pace. Sembra prodursi un miglioranieiilo-
Sol abbiamo costantemente seguito lo svolgersi de^jli affari nella vostra
patria, e fatto i^r essa tulto rio chi* i"» stato in Nostro potere. Pi dilficile
pervenire al terniiwr in una volt». |[ mie'iiwamento lento, insensibile, ri-
siede nella natura delle cose umane, tanto jiiii che, nella patria vostra,
dove jm'i no» esiste l'unità della lede, rania^onisinn della Chiesa pro-
lesunte colla Cl)ìe.sa (.-atiolica otiblJi$a a cercare un modus vivmdi.
« È aeirmleresse dello Slato di hocetipare le cure vacanti e dì Tar va-
lere r influenu morale del caltolicismo. Sono precìsa nK>nlr> i suoi princìpìi
relii^fMi che preservano il cattolico dal socialismo. Soddìsrare ai suoi
Jfiiderìi, ai suoi volt religiosi é an provocare il bene stesso dello Slato.
J cattolid ì^nno che hanno doveri di coscienza verso la (Jhìesa, lo Stalo
e la Casa imperiale.
« ^0l amiamo motto la Germania e preghiamo ogoì giorno pel suo
beoesscre. Ci rallegriamo dell' atiei^giamenlo corretto dei caiiolici che
buonOs al Parlamento, una rappresentanza cosi eccellente, cosi meritoria
SòlU) l'aspetto degl'interessi della Chiesa, si perseverante e sì ammirabile
per aboegazione. È anclie merc^ l' opera loro che la Chiesa ha ricon-
quistato un poco più di libertà. Se nuove lolle dovessero sorgere, essi le
«oeierrebbero con coraggio e tenacità. Bìsoigna ricevere, con ringraziamenti
a Dio, tulli i miglioramenti che ci vengono fatti. Pr&sio avrete a volare
la Duova legge. Occorrerà una certa riserva, confórme alle circostanze,
uà nnn vogliamo farcì giudici di queste cose. Voi sapete di che la Chiesta
ha bi^goo, e fortunatamente avete il consiglio di capi .saggi e avveduti.
Accettate questa legge con soddisfazione e c^n lieiievolenza, benché essa
non accordi lutto ciò che ahhi.sogna alla Chiesa. »
Parole d'oro, aggiungiamo noi; ma come ricoDciliarsi col PapaTnoD
è evidente che base dì questa riconciliazione dev'essere la resiituzioae
4a maltolto?
10. 1^ questione romana vassi facendo ogni di pi{i si vìva ed incalzante
tìtt a noi pare pregio dell'opera tenerne in questa nostra cronaca infor*
ti t nostri lettori; dalla soluzione di e-sso dipendendo oggimai Tassello
di una società tanto xcomt)ussolaia come quella in cui viviamo.
ette la quìstione romana non sia dennitivamente risoUn, nome sognano
Remici della Chie.sa, chiaro appari.'ice. dal linguaggio tenuto dal poteiH
r> Gran Cancelliere germanico alta Camera dei Signori di Pru.ssìa
tornala del 12 aprile. L'eminente uomo di Stato, dopo aver fatto
più splendido elogio del Papa, e insegnato agli uomini di Stato come
Strit XIII. voi. II. ftuf. S-a :U 8 maggiù ltftl6
483 OtONACA
si debba parlAre del Paiia, dic«a; « Il P.ipa è anche un signore avi
moderato e pacitìoo- il Papa nnn è Ounlfo, non ^ Pniacco, non 6 T
liberale, e non ha alcuna relazione colla democrazìa socialisiìca. Tuit
questo influrnze, che Hilsano la siluazìoue, noo trovano posto a Homa. Il
Paiia è puramente caiioUco, nient'allro che cattolico. Jt Papa iH>€ro
rappresenta la libera Chiesa Cattolica. » Ora chi non è accecato di
passioni settarie^ pu6 ben vedere attraverso queste parole il concetto dtf
ha r uomo di Stalo tedesco della .situazione che è stala fatta al Papa dalla
rivoluzione insfìdiatasi a Hotna.
Dopo Disinark. il Fazzari. Achille Faziarì none ud uomo da starei
petto col Bismark, ma per essere stato un ex*coloDnello dì Garibaldi, in
Sicilia, Ji\ Volturno, e a Monterolondo, dove fu forìLo, merita quslcbr
coosiderazione. Ora il Fazzari che si presenta candidalo a Caiantan,
preade a base del suo programma il connubio tra lo Stato e la Cliica
In esso è dello: « I,' unione del Papato col CJuirìuate avrebbe uno scopo
ed UD intento comune, ta grandezza ed il magifior prestigio (V Italia. Il
Papato i: la piìi grande delle istituzioni esìstcnii, e, pur essemlo uoiversalr,
rimane e&sei)/iatnienle italiana, perche da RoDia,ove ha sede, estende li
sua azione a tutlo il mnudri. Iriacchè l'Italia ha qaeata fortwi, sappi
avvanlaggiarsene, ed abbia il Vaticano per amico, non pib per tari»
ostacolo alle sue aspirazioni. Xa conciliazione ptn- [nolii è un sogno, |Kr
Dioltissimi è una sciagura. Invece è la via mitfliore, anzi la sola, per
diventare grandi e rispellaiì. >
Dopo il lazzari il HendK, Ca<;tDi. come lutti sanno, da gran tiìai!
affatica a dimostrare che Cavour non mUfse mai l'>gberc Rnma al IV
perA in una sua lettera scrina da i'eruipa io dala dell' 1 1 aprile e imahu
nel MoniUìtr de Rom^ del 14, dichiara che il coole di Cavour,
Iter caso si fosse avviato per quella si funesta via politica, che per
i Lanza ed i Sella, sarebl)e ritornalo indietro, con>e il principe di BìmiuiI.
che si disse più volte di.scepolo del (^onte di Cavour, indiuneggia
senza vergogna e sejiza tìjiiore, e si avvicina al Papaia » E ritM
il suo concetto, prosegue: « È carattere speciale dei veri nomini di SW*
ti fermarsi dinanzi ad una forza, allorché riconobbero che queso fom
era loro supenure e disperano di vìncerla. I pscudopolitici, al contrinn,
gli uomini senza valore non indietreggiano mai. > K qui ricorda le pink
dettegli dallo stesso Cavour in Parigi nel marzo 18511. < Roma < Dio iU
liberi da simile vespaio. »
E tanto basii per ora !
~ * -
*-■ -— —
CONTKUPORANEA
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COSE ITALIANE
1. Il tlwretn che seioelie li Cameni bassa — i. Va^lsiitym flctloi'nle — 3. Il colera
in lUlia e le qwranttiie — 4. 1 bili di [trìiHliù e i DwJii al Tahiii — 5. L'ec-
cidio ild'a x)Kulij!Ìone aXrìcana — 6. L' InTcniarìo Jdla \\ Ifgislatuni iuliaiia —
7. Ciruolait- ilei f-oimlitto grncrali' iM-muiii^nt*- «k'ir^jwrii ilei Con^g&i e ijei
Couiituii Ollolìci — 8. t'iuL Im'IIii pn>)Hit.U MVEco {Cltnìia — !}. Il innna-
iwnlo u Mclanl-isio.
■1. n dprfpio lanio desiderilo, che scioglie la Camera bwsa e chiama
gli eletinh italiani alle iiroe, è flnnlmf^nte venuto. I.'asficUitiva Tu grande,
uè v'ebbe >noroale io tulio il tempo che passò d^ills proroga allo sdo-
^hnenio, che non fact*sse voli per vedere il Depretis comandare alle
BToe di rìa[irirsi per dire all'Ilalia ledale una novella legislatura.
Il decretò è stato pubblicati) iwlla t?ftirf\lta lìffieiale e porta la data
dd 27 aprile. Essu convoca i colleiri Rleiiorfili pel "ì-i maggio, slahitiscn
i ballmtagtfi pel 'Mi, e tissa il Iti giuguo i<^r la Convor^zinne del Senato
e della 'iainera. Il decreto i preceduto dalla relaziona ministeriale al Re
imi [DO(ivi die hanno determinalo il K'abinello a chieilere la Tacoltà di
provocare ti retiiKUiso delle urne. \Jw&Ia relazione che i\ Popolo Itomano
trova UD documento sobrio, nel quale, sema pretese, è dello tulio, e rivela
cfatmrafflente lo slilfi del l'reKideole dei ministri, t staio da altri giudir;ilQ
Ut«H(ficÌefite e manclievole. Non »i traila, diraitt, di una quislione determi-
nata, poniamo come quella irlandese alla Camera dei Ognuni, in cui nasi
nufiifesiato uno .-icrezio tra (ìoverno e Parlamento e per (a quale l'irm op-
portuno appellarsi al pa&%. La stessa rolanoiie lo afferma apertamente
qinikdo, eDiUDerali ì lavori compiuti daltn morta legislatura, e.spnnc te
ragioni che Hjiinsero il ministero a proporre al re lo scioglimento dei]»
Camera bassa. « I,'o|«ra ardua compita dal Ooverno, es&a dice, non s'6
potuta condurre a termine .senza produrre e8Ìlaziooi e diasenai, che sì ma-
nitotaroDO eoi volo del fi marzo, e vennero cosi assottigliando la maggio-
raiua che pel parsalo avtìa .siirrello il jjoventn, litio a rendere a (piu.slo
impossibile Tulleriore atiua/iooe del suo programma e la sua permauenza
al potere. > le coBclosione il gabinetto ha dicliiarato die essendosi accorto
di non avere la maggioranza per s*, alle proprie dimissinni, come avreb-
bero desiderato i suoi awcrsariì, ha prcrcrìto lo scinglimenin della Pa-
nerà. Si tratta dunque di compilare un nuovo pro>iramtna di governo,
0 almeno di riassumere quella parte del primiiivo programma che, al
(lire del Uepre<t5, rimane tuttora iocompiuia e su questo terreno impe-
gnare la loUa elettorale. Quando ciò non avvenisse, ad una Cameni pog-
CKOHACA
"gKiU sull'equivoco iwrebbe dielro un periodo eldiorale, in cui le bim
di parlilo e gli interessi regionali v. perfìnn personali servirebbero, in
ciascun campo e per luui i combaitenti, di programma polìtico. I» spu-
lacolo non sarebbe nuovo, e tulio porta a creJere, come ^ d'avviso nella
Ntuva Antologia il Uongbi, che abbia a ripetersi anche in questa
occasìOM.
9. L'agitazione elettorale era fpà incomhiciaia fin dal decreto (li pro-
roga ; e noi ne abbiamo rirorlio le prime mo^s« nella Cronaca precederne.
Mi dopo ìt decreto di proroga i capiparte delle varie razioni poliiiche
ctiu agognano al potere si soa messi all'opera con un attivila che mi*
naccta di diventare febbrile. « Ciascuno ò al suo posto, scrivea la Ras-
segna. » Quel molto fu ripetuto dalla Ittfortwi, dal Fungaia di Napoli
e da cent'allrì piìio meno inlluenti organi di^ liberalismo massofiioo. Il
pericolo fiero non istà nell'oiiernso agitarsi dai caporioni dei partiti, un
nella furia con cui costoro si sod niPAsi aH'ojwra. Il tempo è breve: tra
il '.^7 aprile data dello scioglimeato, e il '23 maggio della riapcrtan
dell'urne uoa ci sono cbe 2>i gio>-ni. È dunque da temere die per b
furia le elezioni abbiano a dai'e uno spettacolo di confusione somiglinote
a quello della torre babehca. Tal t il timore che ha messo sosì^pn II
l'wtgoh di Napoli. * Se la situazione elettorale, ciso scrive, non si rior-
dina, non .si scmplinca. non si rischiara, le imminenti elezioni Uniranno
a produrre, come ri.sultalo tiltiinn e tinaie, una confoslone politica e parla-
mentare anche più profonda e generale dì quella che la passata t^acnen
rappresentava. Non Usta irffatti di combattere [Jepreiis e il minist<v0;
questo compito negativo come «^ assai agevole, sarebbe anche più comodo,
mabisogna che dì questa lolla .^'indì^ino gl'intenti ed 1 Uni; e Unagi»
sopniitutlrt che il corpo cMtorale veg^n chiaro ciò che à vuole, e d«T4L
H con chi. s'intenda di andare» Ho-! opus!
Intanto coloro die ha o preso posto sono i radicali, i miDisteriali.eiI
una palle dei dissidenti i-be non vogliono uè il Ministero com'^, nMl
Pcniarcbia. « Neil' Opposizione, invece, scrive la Trihnna^ ci è chi raok
.frchi noa vuole il predomìnio del Cairoli; ma non osa dirlo; d è CM
vuole e chi non vuole l'ascen dente del Nicotera, ma senza didifnrarto;
ci è chi vuole il Cairoli col Zanardelli, ma senza il Chspi e ìl Ntrnlera,
e dii vuole li Nìcotera senza il Zanarddlì: chi vuole capo il Crispirebt
addirittura non vorrebbe nes.suno dei cinque ecc. ecc. Or sono tanti di*
versi voleri o veltmià a dir meglio, che non si manifestano, ma si oi*
scondono. Ben però sì faranno palesi, il giorno dopo» specialmente se airt
ìl gioriH) della vittoria. Ed allora a nulla servirà il dire: « noi m
volevamo la confusione quando onlla si sarà fallo o almeuo tentato pv
evitarla. » La confusione dunque ci è colla prospettiva del caos.
3. Che in alcuni paesi dd veneto e nella provìncia di Lecce dsit
r
notorio dal bollettino uiliciatc. In quelli il morbo fa ^ pre-
sentalo con un caraltere di beaigDÌià insolito, ma non sì sa se coi calori
«stiri, questa benignità s'abbia a eoovenii'e in malignità. Pel momeoio
le popoliEionì venete noQ paiono :>pav(>r)inlu dnlb jirespn/n di>l ma)j^; ma
è da temere che l'appressarsi i]i>ll.i siaginni? {)nssn .suscitan; inquiHudini
(• timori, conte altrove. Nella provincia di I^ecce. se ne lugli Hrindià die
t* stata la |)iù iravaglìaia. il corso del inori» auzìcUè crescere acceona
a diminuire. Anclm in iJrindist, se i butlcilini ofrirìalì non sono fallaci,
il male declioa ogni d) più, e accenna a swmporìre; ma Kiamo sempre
H: questa diminuzione sarA duratura? Voglia il cielo. Inlanto la comparsa
del cbolera a Itnnilisi diab; luogo a dimoslrazioui in Palermo, dove sono
aocor vive le piaghe lasciatevi dal niorbo l'anno passalo. Uuesle dimo-
slraziooi ebbero per effetto di ji^ersuadere il (.ioveroo ad applicare la legge
delle quaranit^ue per le provenienze dell'Adriatico. 11 decreto porta la
data del 18 aprile, ed è firmato pel Ministro Morana, quel Morsna cbe
l'aDoo scorso ostinossi a non concederle e fu cai^ione di tanio lutto alla
sua povera patria. Onesto decreto richiama in vigore la legge del 20 mag*
^ t8&5 e le istruzioni ministeriali del '^fì dicembre 1871.
4. 1 fatti di brìndisi, furono in verità, molto più f^avi di quello cbe
a è stato detto dai giornali. Ciò si fa manifesto da una corrispondenza
alla TrifmnA, ilalls i|U»Ir nlibinmo ricavato, rìa.*isii[npndoli, i seguenti par-
ticolari- 8i cominciò da una dimostrazione contro il sindaco: il popolo
percorse il giorno di Pasqua le principali vie diOla citlA, gridando:
« PWviva il cav. Filomeno Consiglio, abbasso il sindaco, viva Cairoli, viva
?iìcntera. > Arrivata in piazza del Sedile, la folla leiiiò di cmidur seco
U concerto musicale, ma non essendovi rìuscila, recossi tumulluando alla
resideiiìu municipale e l'ottenne. Si sonò il solito inno dì Garibaldi; si
Gonae alla casa del cav. Consiglio, questi fu cosLrelio alzarsi da letto,
presentarsi al balcone, arringare la folla e prei,'arla a itcioglìersì pacilìca-
QKate: parole perse. Gli convenne allora scendere ed unirsi ai lumulluanli
e recarsi al palazzo della soiLoprefeitura. La truppa era consegnala e
proota ad accorrere, il Solio-prelèUo invilo i dimoslraDli a sciogliersi,
ma fu vano il tentativo .Vllora si venne ai solili squilli di tromba, u
quali fu risposto colla sassaiuola: vi furono due ulfìciali feriti. La truppa
iuaphla caricò alla baionetta. Tre individui rìma.sero contusi; un cara-
biniere ferito. I.'aitei^K'iamenio si^mpre minaccioso d«>i tumultuanti jier-
soasc le aulorjtJi a cliianurc rinforzi, e a fare degli artisti. Causa del
maieoniantos si dice, furono le farine importato di fuori e trovate mescolate
eoo grande quaniitii di gesso od altre materie nocive. La popolazione
ptrh accusa il sindaco di connivenza o di avere fomeulala la dilTusìone
dell'epidemia.
Aoctte a Lecce sì lece una dimostrazione ostile alle isiitmioni al
486
OHKrxci
grido dì : Abbasso Depretis/ Viva CairoUf Ma la polizia la sciolse
facendo sene arresti. A Foggia il Tajaui fu soleiiuemenie iiscbiaio : uguali
accogUeaze si ebbe a Lucerà dove in piazza del Duod)o, meuire la geoi»
si assiepava inioroo alla baoda citiadìoa, una voce gridò: Abbassò il
trasformismo^ aX>basBo /« eosdmjie venduta/ Evvìpa Cairoli/ £vviva
Nicoteraf Questa volta non Tu d'uopo oè di carabinieri, uè dì sol-
dati, giacché, sbollito l 'entusiasmo, la dimostrazione si disciolse sponta-
nea mente.
5. L'eccidio dt^Ii esploratori ìialisnt io Fiarrar volavii come rapido
baleno in luua Italia dietro un telegramma del console italiano ad Adea
che diceva così: « Una barca indigena porti da Z^ila la mttiua cbe il
Sultano d'Harrar Teca uccidere imii gli Europei, e cbe, vicinu a (Hldeua
assalì uon '^Xi soldati la spedizione I*orro, ammazzando tutti. L'Uoiini
prese Uildezza, lucendo prìgioDìero il presìdio anglo-egi/Jano di circa
lUO uomini. »
A que>to primo telegramma imm dietro un .secondo dal Calra
^ aprile, cbe cnnfenuav;i la dolorn;.» notizia del primo; e Dnalmenta
un terzo del '26 espresso in i{ue.sti ittriuini: • Il governo locale cooreriua
ulIlcialmeRte la uotìzia recata da un .soldato di «corta sfuggìtu al iiuiiiacrD.»
L'atroce fatto auenne ad Arbud a due ore da Oildezza e a Ì25IJ cbi-
lomeiri da Zeila.
I^ spediziDi>e Porro era slata preparata dalla Società milanese per
l'esploraziono commerciale dell'Africa, ed era partila daCìenova il 24 gen-
naio dì quest'anno kuI pìnHicafo Domenico Baiduino. Comandavab il
conte Ulan Pietro Porro ex-uOiciale di cavalleria tiell'eserciiu ilaliaoo,
d'anni A% La componevano i sigoori; Canotti cav. Cesare « Malate«u
PanHIo ex-uniriale dell'esercito, incaricati dell'ordine e della pulizia della
carovana; Licata professore della Società africana di Napoli, per ìstndiarv
te cose Zoologiche; conte Cocasielli di Montlglio, ddla Società geograftea
di Homa per le osservazioni mei eroi ogiclie, rilievi, ecc.; (ìoltardi dnuor
Gerolamo, pel servizio sanitario; Romagnoli Umberto, per gli sludii e
operazioni commerciali; Valle, pittore per le illustrazioni; Zanìni dottor
(ìut^lìelmo, Itìaiicln Paolo e De Angelis Giulio, volontari per deserizioai,
rilievi, osservazioni, ecc. ; Blandino Giuseppe, (Iome.siico del conte Porro.
Il marchese Trecchi Ale.<%andro, presidente della Sezione dì Cremona,
il cav. Ro.'^si (tesare e il signor Itianrhi Daniele accomfuguarooo la spe>
dizione Tmo a /<eila per t^udiì comiiwcialì e illustralivì.
Oltre la Società milanese di esplorazione erano associate a questa im-
ponante spedizione la Società geo^ralìca di Roma e la Socieli afrùiM
di Napoli; vi era inoltre associata una SocielA commerciale, eoo capilalt
raccolti per azioni di 10UU lire l'xina a Roma ed a Milano, la quale
doveva continuare più in grande i commerci gii ioìziaU, ìd tempi pib
■^- ^
CONTRMPOnANKA
487
lra(M}uìin, airilarrar da altre cnse ìtatian<>, come Sacconi, fìiiaHConi,
Rum, l'djjliiirii, Hioienreld vd allri;.
Kel tiilancìo dì quest' aum diìllu locate Sncìt!ti\ milAne!;i> di es})lorazÌnne
CDiomerciald in Africa, la spedizione iidrilarrar flgunva per L. -'lO.UOO,
delle quali 10,00(1 j;pese in ogg«iLi di equipaggio e 2ó,<)(JU con!Wgi);iLe al
coate Porro allorcbè salpò da Napoli.
GiuuUi a Massaua la spediieìone si divise lo due gruppi. Il prof. Licata
da Aden, IC murzo, scrìveva ;il IVesidenle della Società Africain di
Napolt, ragguaglia od olo degli oslacoll ciie la spedizione ìnooiilrava. S^-
g<iIianKi in quella lettera:
« ramiti da Massaua col Veneitia all'ulha del giorno 13, giungemmo
ieri nel pomciiggio qtiì in Aden, Il conte Porro ed 1 compagni che ci
avevano preceduti vennero a bordo a salutarci e fummo siihilo informali
delle Cflse della .spedi/ione. Andremo in sambuc a Zdla fra un paio di
giorni ed a Zcila organizseremo la carovana. Sarà difficile andare fino
airUarrar stante le attuali coadizioni di quel pne^e, gov^-naio, anzi sgo-
vernato da un emiro che meritereblie una ben severa lettone pel modo
eome ha trattato gli europei che commerciavano in quei hioghi. Tritìi
ne lomaiio, non pote-nio subire più oltre vessazioni d'ogni genere., come
aequeRiro di armi, diritti esorbitanti sulle mercanzie, rapine e via di
questo pa&so. Non polendo aitilare atl'llarnir ci fermeremo a Gildezza
sull'altipiano, il punto fin dove le autorità inglesi ci garantiscono il viag-
gio. A (iildezi^a sarà il caso di stabilire che convenga fare.
« Com'ella vede, signor Precidente, il programma della spedizione
resta, non voglio dire troncalo, ma adldaio agli eventi che tutti ci au-
guriamo favorevoli...
« C'è stala fra i Somali sulla via dt'll' interno una sommossa durante
il tempo che noi eravamo a Massatia; il maggiore Uunter, partito in
freua da Aden per Uerbera è piombato addossio ai rivoltosi, che ora sono
iranqtiilH, a quel che pare...
« Tutto il oo.uro bagaglio è qui alla dogana di A(ìen, pronto ad essere
imbarcalo sul sarahuc, noleggiato per la spedi/ione al prezzo di 250 rupie.
« Sei servi sono gi^ stati roclulnti e si snn pure acquj.siati sei cavalli.
Tutti, uomini, bestie, cas.se, ci stiveremo .sul nostro sangue sperando
di fare in treni' ore al massimo la traversala da .\den a Zeila. »
Risulta che Uumer, agente poliitco inglese, vero arlittro della costa
tfri Somali, creavi ostacoli alle spedizioni italiane per gelosia.
Non essendogli permessa la scorta, per as.soilìgliare la missione il
Porro cottvinse lo Zanotli, il Malale.sta, Valli, Rossi, Tracchi e Uìanchi a
rimpatriare.
L'uodici marzo il Porro scriveva che sarebbe partilo capitanando lo
nini, il Goliardi, il Romagnoli e il suo servo Blandino ; il giorno 5 di
- lini
mbuì
488 cRonACA
marzo U Cocastellì, Licata e Bianchi Paolo lasciarono Massaua ed arri-
varono ad Aclea il 14 ii)ar2o per raggiungere il Porro e ì compagm.
L'agente ingl»% Hunter iicrinise toro che partissero por Zr-ila il 15 nuno,
cioè il giorno successivo a quello del loro arrivo ad Aden.
Il capitano iagl&st; King rornì loro una scorta che li doveva accotn-
paguare Rao a Gilileua; il King nua poteva concedere la scorta e i
servitori al di là di Gildezza, non potendo nulla garantire stante il senitire
crescente ran.aiisiiio delt'Kmiro ALdallah e l'attitndinc sempre piìi minac-
ciosB degli abitanti dell' Karrar.
li conte Porro intendeva m.indare da Gildezza all'emiro dell* Uamr
dei doni vistosi e una buona Komina di denaro, prometieodogii rcgiU
maggiori se si fosse moslraio favorevole ai suoi disegai. Uà pare ti»
000 abbia potuto elTetli va mente mandarli.
n giorno 6 aiar70 il signor Guascooi, socio del Sacconi e proprietario
di una ca.«a commerciale nell' ilarrar, era »iaio espulso da quel territorio
per ordine dell'emiro, il quale poco dop^, salito al potere, cominciò a
manifestare il suo odio per gli europei e il timore di essere tradito da loro.
L'itinerario die la spedizione doveva seguire, sbarcata che fossp -iulla
costa africana, per addentrarsi nell'Harrar, era: Da L'ai-nfT per la pianura
di GungumahaJ, per .Nad, dannanti, Gildezza, la vallata liallaue, il
territorio di MnlUik^, le vallate di Kggù e Zengadimà, per entrare net-
l'ilarrar e fondarvi ìdabi li menti coloniali.
Io seguito a questo camMamento d'itinerario una parte della spedizione
piì) sopra nominala fece ritorno in Italia; un' altra paKo invece si inoltrò
Dell' Harrar dove trovò la morte.
Le viUitue sarebbero: il conte Porro, il conte Cocasielli, Guglieloio
Zaiiioì, ['mberlo fìomagnoli. Paolo Uiauchi, tilaodino servo del Porro,
il prof. U. U. Licau, e Girolamo Goliardi.
Quanto a) Cocastelli, al Bianchì ed al Licata potrebbe darsi che Steno
aAiggiti all'eccidio, perchè essi furono preceduti dagli altri nel viaggio
da Massaua ad Aden prima, o poi da Aden a Zeila. Ma è proi>abile cbe to
aiipresso viaggia!>$ero tutti insieme, e però sieoo tutti periti.
Da Zeila a Gìldejza, dove sarebbe avvenuta la catastrofe, visoooda
1'2 a lì giorni di viaggio.
La spe^tizione, parlila da Zeila il 26 marra, deve essere arrivila i
Gildezia il IO d'aprile.
L'eccidio .sarebbe stato compiuto per ordine deH'Hmiro. Que^i appou
salilo al potere aveva sostenuti gli inglesi, poi comiuciò ad avversare,
con soltanto gli inglesi, ma gli europei tutti, imponendo forti balidli;
Laiche anche i rappresentanti della c3Si Blenefeld di Trieste, il Guasooti,
il Sacconi, il Bosa lasciarono TUarrar e si stabitirouo a Giidczza, perchè
la credevano sotto la prot«xione inglese, esseodovt anche una specie di
guarnigione.
éMé
COItTBMPORATfCA
489
Dì questo Gmìro il giornale L'Esplorazione Commcrcinie, organo
della Società di Milano, scrivevano suo Tascicolo lii xaarm:
« I^ maggiori «Jillicolià lemesi che incomineeranQ^ a Oildena. L'Kmiro
Abdallali, cbe dopo la partenza degli egiziani spadroneggia nell'Uarrar,
essendo la ma autorità di Treitca data, poco radicata e meno amala io
paese, vive più che mai sospeiioso degli siranieri biancliì, per cui è a
prevedersi die osteggerà l'ingresso ad Ilarrar dei nosiri. »
Ooalche giornale rimprovera al governo del Depmis questa strage.
Non si può pretendere die la prevede^isc. Invece si potrebbe e dovrebbe
pretendere che i ministri dicessero il vero. Mancini proclamò che si era
inteso coir Inghilterra, la qualt? guardava con sinipniia le spfì<1i»nni ita-
liane io Arrica. Ma poi i [tiinisli-i inglesi dithìanronn nella l'amerà dei
Comuui che se il Governo italiano era andato a Massaua, l'impresa era
lotto a suo rischin e pericolo. Di jtiìi consoli inglesi lungo le coste eritree
contrariarono i icntativi di esplorazione del conte Porro, come risntla dalle
lettere di lui e da quelle del prof. Licata. Questa opposizione tra le di-
ebìirauooi del govenio iialiaon e la realtà dei falli merita di essere
rilevata |ier cxtuchiudere cht> se è balorda la polilicji interna del governo,
non lo è meno la politica e.'iiera.
G. La Riforma, e mn ricordiamo ora qua! altro giornale di parte
liberalesca, ci han dato l'inventario della XV' legislatura, e noi volen-
lierif per edifìcaiione dei nostri lettori, ci sohliarchtamo al peso di rie-
pilogare le loro Idee.
lo primo diremo che 1 Ministri, psesentaodosì al Capo detto Stato
per chiedergli lo scioglimento della Camera, non hanno nascosto di avere
ottenuto ben poco da lei, e che motte riforme conieniiic nel programma
delle preredcnii ele-zloni generali rimangono tuttavia da compiesti. Ora
quali sono le provnyioni nnn vninie, per adoperare irnV-sprcssinne del
governo? A M ascende il nnmero dei progeiil d'iniziativa del (inverno
'■« che doveano essere discussi: Ira questi, la riforma comunale e pro-
vinciale, il riordinamenio dflla piitiblìca sicurezza, i provvetlimenli per
la Cassa militare e per le pensioni agi' impiegali civili e militari, le mo*
^^iflcazionì all« leggi sulle opere piilibliche, l'aholirione delle decime, le
disposizioni sul divorzio, il Cndiiw; penale e le proposte per la pjiccin.
Vi furono altre proposte di It-gge che invano attesero Tapprovazinne
delia passala Legislatura: e numeriamone alcune: l'impianto in Roma
<ti uD Osservatorio ma»nelico; t'amptiamenio del servìzio ìppico; il mi-
{[lioramenio delle condizioni nauiiclie della batad'Assab; i consorzi d'acqua
« scopo ìDdustriale; l'arirancamento dei pascoli selle provIncie pontificie;
il provvedimento contro la adulterazione dei vini; il riordinamento delle
, Rappresentazioni agrarie; maggiore spesa di fi50 mila lire per la cosini
ie del ministero delle Finanze; determinazione del fondo speciale di
4£f0 cnnifACA
religione e di beoeDcema ìd Uoma ; trattato dì commercio col Zanzibar,
6 via dicendo. Nemmeno alla casa propna volte pensare la Carnea,
lasciando in asfO il progetto per la spesa di un nuovo palazzo par-
lamentare. E colla prospettiva sicura delle elezioni generali si Tccem pa^
sare -iO BÌorui, sena discuiertì il progetto per le circoscrizioni elettorali
madificale. Inoltre ì Lnlaoci preveniivi, prei^entati nel novembre 18S\ alla
metà del 188(1 n'^n aveano ottenuto la ^azia delle relazioni. Presso le
Commissioni rimasero giaccmì tanti altri progetti, e solTocate tulle le
proposte relative alle maggiori spe^'w del bilancio del 1884-85. Dei {■»•
getti poi d'inì/i^iiva parlamentare sì fece un' ecainmhp, col derrelo di
scioglimento. <Jra tiralo il conto, grjisliani, clie non hnn perduto il ben
dell' iaielleito, poiisono dare uii giudìzio sull'attività della XV Ijegislalura.
e proclainarp i liencfì/ii dei governi parlamentari.
7. (Juania raginne hanno dtifitjiie i cattolici italiani di lenersi toolarn
da quelle urne il cui responso non potrà aoclie queMa volta e,ssere dif-
ferente dagli altri qiiinitirì che. gi.t trascorsero! sopralliilto se la cosa
si riguardi dal Uiio religioso. Ecco pcntiè il Comitato generale perma-
nente dell'Opera dei Congressi e dei Comitali cattolici in Italia ha giu-
dicato sngi.'i»mente di c^)aitinicare la seguente circolare, indiriziala ai
ComiLati dell'Opera; ed alla quale noi aderiamo pienamente.
Jli.nto aiffuor PreaiSmte,
La convocazione lesi^ annunziata del comìzii elettorali [nlitici, ei
chiama a ricordare ai Comitali dipendenti e a luUi i membri dell'Opera
che la via segnata ai cattolici ilabani in l^ile congiuiUura si è sempre
quella dell'astensione.
Propugnando il princìpio né eìetii né eiettori noi non iniondianN) &
sostenere un'opioione, la quale; per quanto confortata da fortissimi argo-
menti, la.scierebbe pure luogo a contr-irie considerazioni. La nostra con-
dotta non sì inspira s idee prcc^ncfuie, a propositi pariirolari : l'SLsa è
puramente e seinplieemerite la condotta AcW obbedienza ai Papa. Nqd
ci fiiremo qui a enunii'rare tutte te prove die rendono evidente ad ognune
come il Sommo Ponleflee non ci permetta silTaLia pa rieri p:i zinne alU
vita politìra. Ncllu slassa Enciclica Imnwrtalc liei del r novembre u.s.
sì accennava cliiarameuto a talfì divielo; e contro chi prdesn poi torcere
il senso alte parale, gli autorevoli giornali V Osservatore linmnnn e ti
Monitettr de Rome si affrettarono a coufermarne la retta ìntcrprclaan»
nella guisa più esplicita.
Ui nostra Opera, cbe fa suo vanto principale il tenersi, sottomessi
0 devota, unita al romano Pontefice, deve in questo caso Dinstrare a
fatti come sia ferma e concorde in tale unione. Il Sauto Padre ci ra^
uoniiinda dì agire, e dell'azione da luì desiderata ci addila le molteplici
- ^-^^
COrrTEUroRAKEA
m
maniere: soltanto su qti&%lo punto vuole ch« non ci immitchiamn con
<h\ regse ora li cosa pubblica. Noi. dtsc#roH, soldati, fiorii, sf'^uiamo
il nostro Maestro, il nostro Duce, il nosirn Padre, si nelPadopomfci se-
condo I« noarc povcrn fonti pw fan il b«np, come nel tenerci looinni
ds CIÒ, che, non permesso da chi solo ne. avrebbe il diriiio e la pode&ià
sarebbe mate.
I Comilati diioessni sono prpf^flti di far conoipcrc quosin racmninn-
dazione del l'omiiaio generale ai Homilah parrocchiali, premunendoli
contro gli ariifini e gl'inganni che altri polnihtie in questi giorni usare
per trarre i cattolici al1(ì urne polìtiche, e per rendere minore 1' eloquente
asieosione.
Colgo con piacere un tale ìuconim per confermarle la mìa slima e
il mio rìsiietto.
Bologna, 98 aprile 1880.
Pel Comitato Gmerah Ptrtaaiuttit
MARnKLMNO VKNTPROr.l, Presidente
GiAMaArnsTA Casoki, Segr.
B. VA uguale adasione, crediamo noi., convenga alla bella pro])o<;La
falla dall' eij'regio periodico caltolico di Genova, l'ideo if //a/j'a nel suo
Q. f 1 1. « U OajgeUa Ufficiale del lìei/no. dice quel giornale, ha pub-
blicato il dpj.Teto di scioglimento della Camera, bandendo i eomirii ge-
nerali pel giorno ?3 maggio ed i halloltaggi [lel .31).
« Ousl ^ il dovere dei callolici italiani durante la lolla elettorale?
« L' ASTENSIOWE I
< St! — Vìgeodo tuttora in tutto il suo significalo e valore jl non
tspBOir; vigendo luitavia completamente le cACiom ni altissimo onoiNE
per cai ai cattolici ìtatiani non t consri^tita altra pubblica azione da
ittTELLA. awmimstbàtiva; — è Dosiro debito formale I'astenerci e ti
«sierremo!
« La nostra divìsa, la nostra parola d'ordine sarA ancora la storica
frase: m*. RLKirr, wèELETToni!
« Ci sarebtie però il mudo di approiìttare di ogni nuova legislatura
per compiere un I'Lebiscito ?fAzio\AtE w devoziose al tapa.
«Questo modo non k nuovo: fu k>^ 'x^H^ ultime elezioni applìraU)
iaolatamunie qua e colik, e diede r>tilmi risultali*
« fu uua sezione del llergamasco [non ne rammentiamo il nome) nessuno
vota e gli elettori si riunirono invece presso il Pnrrocn, deiiosiiarono in
stia mano la loro sclieda elettorale eoo un' olTerla per l' nboln di san Pietra,
e mandarono il tutto al Santo Padre con una bella lettera di Qgliate
ossequio.
« Uuello che sì fece in questa sezione è precisamente ciò che si do-
CROTtKCK
vrelilie fare da luUi e ria per nillo. E perchè quesio plebiscito riuscisse
reraroeoltì solenne^ hasierebhero secondo noi le seguenii norme:
1° inscrìversi umi nelle liste elettorali poliiiche, il che, del resV>,
hi già più volle niiioTevoìntPnte. r;icconian(lalo.
« T Hiunirsi per coUeyi. eleliorali, e far ciò che fecero t nortri fra-
telli berKinnasctii.
« 3" Manilare ad un ComUnto Provi'neiale schede, offerte, indinno;
il quale Comitato avrelitie cura di riunire lutto queste schede e tutti
questi indirizzi in un liei volume, con uno specchio statistico degli eìetkn
inscriiU in ogni collegio della IVovincia, dei votanti, degli nsltnutim
omaggio al Papa, degli osicnHti miliff traiti, e sopra il nome e lo
Slemma della Trorincia.
« Poi volume Pd offerte verrebbero umiliali al Santo Padre o per
mezzo di sjfciale delegnsione (il che sarebbe mollo raeglio) o p«r h pt>$t±
« Potendo, sarebbe as8ai meglio l'inviare una depulaziooe, perchè ctnl
lutti i delegali delle G'J pi'ormce italiane potrebbero (momcnianpo na
eloquenlfi iJTWa»ie>ifo nasionoìe!) essere ricevuti in corpo dal S. Padre e
C(f^ dare una sanzione coli cui va mente solenne a [jumio plebiscito pel Papa.
« Qualcuno forse osserverà che la eircoscrmone eeelesiasHea sareblr
per noi più opportuna per (|ue.sia dimostrazione d'amor Ggliate al Papa,
che quella c/^rWono/e. Veri!^simo; ma è meglio preferire la circoscrizione
elettorale, sia perché si presta meglio alle indagini e risultanze sialistìd)^
e sìa pcrclii> è t>cnc che la nostra lolla negali\'a, avve-nga sullo stesio
icrrCDO ed alla sl&vsa fo;{gia della lotta degli avversarii. Perchè quello
chs sopratiuito importa in qii<>.sta dimostrazione si è che essa apparisca
chiara, evidente ed atta anche al piij severo controllo dei liLterali.
€ Quantunque il meccanismo che noi proponiamo sia facile e semplice,
pure esige un Uvoro di preparazione, adìnchè proceJa disciphnato e udì-
farme. Per questa volta dunque uon si fa più in tempo.
< Ij Eco d'Italia ha mauifestato le sue idee; ad altri più autorevoli
di noi U cura di applicarle, con tulli i possibili perlezionamenli, ai quali
amici paiameute sottoscriviamo.
■■ Iniatito. [w "piC'ita volta, ogni elettore cattolico può isohlameote
joiziarc questa dimostrazione papale mandando la propria scheda eletto-
rale con un'offeru anche in francobolli entro busta chiusa, al Santo Padre.
0 tliretiamenie o per mezzo dei giornali cattolici, »
U. Il 21 aprile, veniva inauguralo in Koma la statua di Pietro Uè-
taslaain. Nell'alto dello scoprimento vtHine Ormalo il veriKile di ooose^
dalla rappre.seiiinn» del Comitato promotore e da quella del MuoìcìpH
e dello scultore Uallori, U^iatlrocEioLo allievi delle scuole municipali rse-
guiroDO un corale deiV Attilio Regolo. 1 vigili facevano il servizio d'onont
Giammai monumento fn più lo<fbYOÌmeDte innalzato; perchè, il Melastasio,
COSTEUPOIUSEA
493
ebe che ne dieano cooiro coloro che alire glorie non rironatconn, che le
rivoluziona rie, fu un gran poeta.
ìletaslaRio, o Pietro fiooaveiitiira Trapassi, nai^qtie in Roma e doti in
Assisi, comfl hnn pmeso nlcitni stoiici, e fu batlezzaio nella parrorcliia
di San Lorenzo in Ijicinn, fiovc trovasi U fcrf^* del suo baUesimo. Fan-
ciallo renoe accolto io casa del (rravinn che ne grecizzò il cognome, e
fciscìollo, morendo, erede di ir>,(HKI scudi, che fiironn pn'st» sciuiiali.
Ridono al verde .inde a Napoli, ove compose e fece rapjtresentare i,'ll
Orti Esperidi, e dove la Biilgarini, attrice rinomata, prese a prote^igerlo
ed ospiurlo. Allora si consacrfi tulio alla poesia melodr.nninialica. \a
rinomanza procacciatagli dai suoi drammi, ì buoni ullicii della princi[»ts&a
di Belmonle e della conlessa Altbaa e il voto di Apasiolo Zeno gli frul-
larono il posto di pnela cesareo alla Corte di Viecnn. Carlo VI amante
del teatro e deJla musica, pose a volergli bene in raodo. clieaironorario
di 3001) (tonni ne as»duose altri IjOtJ. Maria Tere.sa colmollo di («nefixii
e di ODoriftcflnze, chiamandolo ftloria tUl suo r^'gno; Caleriiia II di
Ra.s<iia, Ferdinando TV di Spagna, Stanislao Augusto di Polotua, i Pon-
tefici Beoedeito XIV e Fio VI, In colmarono d' encomil e donativi, Scrìiwe
S3 drammi, cantale ecc. in versi armoninsi e scorrevoli, che gli costavano
però molla falica. e la più pane dei quali furono tradoilì nelle lingue
prìiKipnli d'Htiropa. Il Metastaslo si pub dire il crealorc di.) melodramma
oUbrclto e forma con Alfieri e (Goldoni il glorioso irìunvjraio drammatico
del secolo passalo.
in.
cose STRANTERE
SPAGNA — I. l* a^ÌLi2Ìoiii l'ii^ltoriili p In maniresiiutoni operale — 9. L'anvsio di
un tiRìciiik e le coji?ellare ctip w ne son fille — 3, Ui riunioiii> in un tisitro
di Mnrlrid dH parlilo n-fiubliliLMiio iTilnmslgenie — i. Diiviccoitlu in si^iin itel
Caliinpllo e ilimissioni d-'l Ministro iìc\k Kinanxe - ó. Ottocento iinpli'irati de-
nituili - 6. CommLitaiioiic al riucji r]ì Sivìf^Eiii fJrlla pena Afl canore in englio —
7. Politica ih"! &]f^.«ta — 8. Tpnutivi dì rtvoIl.i in Cartiijrfiia, nn-|iaralivi ilei
Zorlliai e stoppia di dinamite in birtalonn — 9. tira-.rplfi che convoci li' Cnrirs.
e il pcograninia eli'lloinle ildJu Sinistra diniistica — 10. il nralrirnoni» drll'ln-
fanla ilonna Rulnlia — 1 1. iJui!!tioni> lii rivalità li*:i la Frariciii, Spagna e il Ve-
«roTo (li UfVel — t^ L' ussui^iiiu) diri Vescovo di Mailiid « lo scandalo di
Murcia — 13. Dichiaranìooi ilei miiii-'iirn degli affiiri esieri.
I. Sono ora più di tre mesi che ci occupammo nella nostra cronaca
delta Spag7ia, sempre cara [lorjcìone disila i^rauJe famiglia Ialina e allo
stesso lempo gloriosa gemma della Chiesa callotica. In quest'intervallo
quante cose non sono avvenute, e ira qiiesle quante che hanno rìem-
494 fxosÀXià.
pìui il roaulo di stupore! Si sperai ch« dopo lo inondaxioni, i iremuoii,
il cliolora, che mifilcrono vittime in unto outuero da uon bastare i
pubblici citnìicri, il ciclo placato, avesse a iiieuere un u^rniine. ai suoi
flagelli: ma un; la ualìzìa nmaua è venuu lesif: a provocare nuovi flagelli
eoo UQ a!>sassiDlo doppiaiuonte sacrDego. Povera Spagna t Narriamn i blU.
Sin dal fcbliraio le svariate passioni dei [>anìti si meUcvaim in nulo
per r itniniiuìnte lotta ele-Uoi'ale;e(|ualche giornale consigliava sJo d'aUora
il governo dì usare una severa repressione della propaganda clie sì (i
pubblicaiiieolc contro l' attuale regime, ricordando le parole pronunziate
dal signor Salnicrun nel 1873.
In quello cbo i partili cominciavano ad agitarsi per le future eleuoot.
eccoti le piitibtirliÉ^ ma II ifes iasioni della classe operaia. In Madrid^ capiuts
del reame, il numero degli operai .senza lavoro è stragrande; « la luag^or
parte ammogliali e eoo figli. Il 6 di febbraio un migliaio di eosìan «
diressero tumultuando al pnUizo del Ministero dell'lotemo, chiedendo
pane e lavoro; e come taluni alle grida aggiungevano gì' insulti alle
guardie civiche, cosi fti forza arrestare alcuni di questi disgraziati [b-
terveouf^ intanto il Prefetto, il quale con buone parole aringo i tumultuanti,
promettendo che, ove si ffissero tranquilla mente dispersi, il governo a vreljbe
trovato modo di farli lavorare, e cosi fu fatto.
2. Che in Ispagn^i, come dapftertutio altrove, ci siano uomini bei-
noroKi che vannn sobillindo l^* moUitudini sotto pretesto di miglioraro»
le sorli, ma col hiem intendimento di mettere sossopra il paese, 6 coti
indubitata. Sventiimtamente di silTHtli se ne trovano anche nell' esercito;
ma il governo non ista cogli occhi chiusi, come lo prova l'arresto di bd
ullìciale^ addetto alla Capitaneria generale dì Siviglia. Costui, cite a
trovava a Madrid, senui permesso dei suoi Superiori, abitava in Colle
dell'homo de ìa Muta num. 3. Si trattava di una congiura militare!
Non si sa; quel che è certo, da quanto ne han detto i giornali di Madrid,
è che Della valigia dell'arrestalo si rinvenoero carte compromeltenti, •
che gli farono meiue le mani addosso dalla polizia madritena uel no-
menio m cui ripartiva per Siviglia.
3. Le dimostrazioni dejytli operai senza lavoro sì nella Capitale e à
nelle Provincie non sarebbero un grave perìcolo, se in mezzo agli operai
non si fosse carcial.n la sclis socialista. In prova di che basti accennare
la riunione che l'H febbraio fu tenuta in un teatro dì Madrid. Sm dal
giorno precedetite con alB^si sulle mura della C-ipiiale, i caporali dell»
fazinno ìniransi)?>(>nle invitavano i loro partigiani a riunirsi io teatro:
lutti gli avventurieri del disordino e tutta la gente avida di spetueolo,
IrovQssI infatti, qtieJ giorno, ch'era una domenica, all'ora posta in teatro.
Il quale, un'ora prima dell'orario fissato era pieno zeppo. La riunione
yvojie apeila (»fi im discorso violealisjiìmo di un certo signor Mania, un
C0»TB1IPDHA»KA 4%
Mieaiio ìQiransigenie. un vero sncinìim» Drratittiaio, per coi guarire
)o basteret)(«ro i rìmedii ilei l'asieur. Mnrlìo o-'ìordt diceadi), che i re-
puliblìcjini noQ dovrebbo-o più rimariersene inerti e divisi, cooie tian Taito
0110 ad oggi, ma luili, senu (lf.stinzÌone di ^'rii|ipi, aeco>!ltere un pro^frantnia
unico, se reraimnle si voglia raggiungere lo scojk) dì formare una grande
repubbtioa Iberica/ K venendo poi a sinegare qua! sìa questo [iro^rammi,
e la maniera di p»ier)o animaliere, disse senza nttiti lermini, essere l'im-
Difiliat^ rivoluzione. A qiie>lo pillilo un delegato del governo si Tece avanti,
e in nome della Regina sciolge la riunione colla forza; ed allora ne nacque
uo luraullo indescrivibile, e senw il pronto accorrere di niiniern^e guardie
Civili, clie (rovavansi appostate nei pressi del teatro, uè sarebbe nato di
peggio. Intanto qualche giornale di Aladnd ha fatto osservare la coincìdenia
nelle manifestazioni operaie o socialisie, che sono la stessa cosa, nei centri
più popolali e manifaiiurim della Spagna eoo l'appello die fa pubbtica-
neoie e ^nta jiaura ti Comitato repubblicano ìotransìgente alla rivoliulonc
•i. ìj» nostra cronara non è fatta per le con^cfiure e molto meno per
dar luo^o alle chiacchiere. Appunto pr:r questa non ci piace di rifenre
quello che alcuni diarii spagnuoli sono andati dicejido ìtiiomo ad alcuni
dissensi jnsnrii tra la Regina e il Sa^asta, e alla minaccia dì costui di
rinunziare air ufficio di presidenlo del Ijabinelio, sperando con ciò di
oueaere dalla sua Sovrana l'npprovazione di c«rti decrdi cbc gli erano
molto a cuore. Ma se non ,v'è slato disaccordo colla Regina è ìndubi-
lain cbe io seno de] ministero Tion sono mancati gli screzii, forse per
difetto di un programma chiaro, franco, esplicito che il Sagasla ren-
dere dovea di pubblica ragione nell' assumere il {^totere dopo la morie
del re Don Alfonso. Uuel programma era tanto più indispensabile quanto
era desiderio universale di eonoscxTC la linea di condotta che il go-
verno succeduto a ijuelio del ministero Canovas si proj>ooeva di seguire.
Cbe n'è avvenuto? quello che per logica conseguenu dovea venirne:
la confusione geniTale dei partili politici, confusione che ha imbrogliato
e resa malagevole la posizione del governo. In un consi^flio dt ministri
tenuto 11 giorno ^ febbraio, il governo, visto t'agitarsi dei partiti sov-
rersivi, fu deci» di chiamare sotto le armi altri r)U,OUU uomini. Il
signor Camacho, miniMro [>er le finanze, dLsculuidnsi tale proposta io
Coo?iiglio, dichiarò che nelle casae dello Staio, non v'erano fondi sufB-
denti da |ioter disjnrre per soslciiere nuovi [^ie.si, e che nei momenti
aUuali &irebl>e stato un grande errore il gravare con altri hal/j^lli il
paese.
R poiché In magi;ioran/<i dei miniMri era di contrario avviso, cosi
il Cainacbo rinunziò al porttjfo^'li, daitilo l'esempio di un uomo che non
tiene al podaf-ìglio, ma alla giu.stì/.j& ed all'umanità. La Gageetia (If-
ìiate però, nell'annunaare le dimissioni del Camacho non dice che
496 CRONACA
)' avesse fotto per questo, bensì per ragioni di salute. Andate ora a cre-
itere ai giornali, fossero pure ulllciali o ufllciosi, governativi ovvero di
opposizione !
à. Per Tarsi un'idea della schiavitù alla quale i governi cosiiluuoaalt
hao ridotto il povera iulpì(^galo, Kiova qui rirerire un fatto assai grave
accaduto in questi ultimi mesi. Alludiamo alla destituzione, o ecalombe
di oltocuito impiegati delle imposte dirette, i^ la causa? Ije eleiiooi
poliliclie. È ora musso in s^do che il lavoro non regolare fatto da coledi
impiegali, p^trclif' fossero i.scrìtti nellf lislft eltiitoruli uij numero di elettori
non favorevoli all'attuale re^^'ime, provocò quel decreto. Non v'ha dubtno
(^e i colpiti dalia giustìzia governativa non aveano (atto bene a valersi
di mtui contrarli alla legge, ma ottocento famiglie in sul lastrico, som)
sitntti fiilln una falange lien numerosa di nemici per uo governo che M
ha tanti.
6. II Tritiunale supcriore dì guerra avea confermato la cvidanoa al
duca dì Siviglia, di <iUo anni di carcere ed alla perdila del ^rado, ooii
mancava che l'esecuzione. Difatti il Uovematore della prigione militare.
la sera del t" marzo faceva toi^liere la divisa militare al duca di Sivigtia,
perchi'i degradato, e consegnavalo alla gendarmeria allineile fosse coodotio
provvisori a nienti) nisl carcere civile di Madrid. Fu lutto merito della
Kegina p^rh .se il Ministero si piegò a commulare la pena del eareere
in quella di esìgliii, nelle isole Ualearì.
7. I falli che da due mesi si sono andati svolgendo nella penisola dimo-
Klrano ctitnrameote, clic il presidcnle dei mìoislri eoo un lavoro assiduo,
costante, condotto in guisa da non farsi cumprendfj^ da nessun partita
politico ha raggiunto il suo scopo. CJual eia questo scopo? quello di scib>
dere i diversi gruppi repubblicani e di seminare nei loro campo la di-
scordia: divisi in diverse frizioni, e fier di più in disaccordo, non gli
faceano paura; e tanto bene ha lavorato in questo senso, ora lusingaodo
Castelar, facendogli visita; ora minacciando Salmeron; ora facendo l'oc-
chio dolce a Hi y Margall, ora arrc-'^tando in mas.'ia i .seguaci di ZorrìlU,
ed inlìne disperdendo i federati in Madrid, che *# non in tutto, in joitc,
senza fallo, vi è riuscito. Prova di ciò è la riunione del 1" marzo dei
capi dei diversi gruppi repubblicani in assemblea, e tra que.4ii andw
due rappresenianii di Huì/ ^ori-ilJa e varii repubblicani federalisiì L'og*
getto di uile nuninne nra (piello di formare un programma unico e
soltoscriviTlo tutti i capì parte del partito repubblicano, |>cr le prossime
ele/ioau Or bi>ne, dopo v,-irii di.scorsi d<;i ca|x)i'iriiji la dis4»rdi;i si [mkA
talmente che per la diver^'euza delle opinioni non fu possibile d'iuleodersì,
sicché in conclusione venne abbandonata ogni ide» di fusione, e per con-
seguenza fu deciso che la coalizione ekliomle r(>pubbli<'..ìna si era resa
impossìbile, e quindi ciascun gruppo avrebbe battutoti pro|Tio seatitn^
OOMTCHPORJUtEA 497
Quello che premo t> dì osservare che ì J!orrìllisit i quali in (iti^lla occa-
sione avcano dichiaralo di asleniTsi dal eoauorrere alte urne; più lardi
a unirono ai fedi^ralisU per ìscendere in campo.
8. Il t" oiarz'i la sera, a l^aru^cnu, fu fallo da due individui scono-
iciuti un tenialivn dì Mtrjire'U per iinjiadrnnirsl dei Ioni di quella pi»7/.a
verso terra: la seniìnetle fecero fuoco, senza però colpir nessuno, se il
vero diiMKio i giornali e il icltiv^rafo. Vi fu però una grande panra nella
inpoLaziuue, accorse la irupp», peniuisirorio i dintorni, ma non trovarono
anima vìva. Bisogna po'b rìnetlerc sulla persistenza degl'insorti elio non
riusciti (olicemente nel lenlativo di'i mese di febbraio, tuinno ritentato la
prova. K dove! Sempre a Cartat;eua! Che bisogna concludere t\u ciò? cbe
esisie uu piano prestabilito da Uuiz /^rrilla, non Milo, ma da quanti twno
afRgliaiì alla rivoluxiooe. Alirìmenti come spiegare i continuati tenLalivi
d^l'iosorLi in quella pìaiia forte?
Mentre quelle cose accadevan<> In Canagena, un lele^rramuia da Ua-
dalona {Catalogna) annunziava che una bomba dì dinamite era scoppiata
u una fabbrica d'armi del gnvorno; chf, il Direttore era sLito ferito
graveoKOle con altri lavoranti; cIm; il danno (tra gravissimo. K gli autori
(leti attentato? Ignoti come a Carut^^eua! Inoltre dudici sergenti venivano
in quel tomo di tempo arrestati, come promotori di mene repubblicane
t! condoni nella pri;.'inne militane di Saragozmi. E [jensare che tutti questi
avvenimenti si sono svolti in soli tre giorni dal 1 al 8 marzo' In vista
dj tutto questo ben dì Dìo il Sagasta non se ne .<<tava però colle mani
in niatKt. Innanù tutto il giorno 4 faceva fucilare dìnu-o ì bnstinni della
fortezza di i^artagena quid disgraiiaU) sergtjnie dm fu il cn[jO del movi>
neoio insurrezionaie repubblicano del mese di febbraio. Avrebtie voluto
essere ngualmenle severo c/jI duca di Siviglia, ma la clementi sovrana
leaiperò i kuoì rigori. Insomma la politica del ristringere i frc^ni, adoperala
in Italia dal Depretis è piagiut;i tanto al Sagasta per condurre in porlo le
deiiuni che IV^to fortiiiuito di esMC provò cbe coi partili sovversivi
l'aaico ed eOìcace spedienieè l'uso legittimo della forza.
9. n decreto reale tanto desiderato per lo scioglimenio delle Camere
ipariva 18 di marzo. Ed ecco tutti i parlili ciascuno con un pro-
proprio, decisi a disputarsi i candidati nella lotui,
Il primo programma eleuorale era quello emanato dalla Sinì.slra
tica. U»esta confermava come base principale di^l medesimo, la i>o-
Eìooe del 180. In quel maitre a l-'iguerola hunivaosi lutti i capi
lli.slt con alcuni caporioni del partito federale. Ui ohe iraiiassero è
mistero; ed un mistero quel che d^cidessem. Quello pf^rò che none
mistero, è appunto il vedere come dopo questa riunioni? sì sìa comin-
a far u!to di dinamite )ier ìnlimidare il paese, spaventare il governo
9grU XtìJ. 90l. ri. faae. iiìZ 32 8 maggio 14^
i^a^^
49tì
OlOTTACA
e poi scenderò in campo aperto. L'H la sera mrniti veniva gtHlaia un
bomha di iliiiatiiit^ all'angolo della Piazra (Idia Fnrrla ihrl Sof, che
scoppiò con gran fracasso, e c^n^onÀ spavento non poco nella popolaztuoe.
ForluDiitametite non si ehlicrn a deplorare disastri, irovaodosì a quell'ori
e per l'intendo fa'ddo iie.s«rta la piati».
0<)i*sto spesso avvicendarla dì alti chniina'ii non ii eerto un lieto pm*
nostico \)^ì governo, ed è di logica conseguenza che Io scora tftnaOKoia
invada gli animi dt;lla geali' onesta, e la miseria aggravi la sitiia/iooc.
stante che il commercio della Spagna può dirsi alla lettera morto; bafli
dire che l'incasso fatto da! governo nel 1885 per diritti d'imporisrionej
è dì solo 36 milioni di fninehì!
10. La manina del 6 marno si solenniij-avano con lieta pompa e rat»
gnifleji gli sponsali dell'Infanta Donna Enbiiia sorella del defunto re A)*
fotiso, cno don .'Vnionio d'Orleans figlio del dnca di Mompcnsier Grande
fu lo sfoggio che l'eccelsa Reggente ha voluto fare in questa fausta dr»
coslnn/a. Le persone soltanto della reale famìglia, ad eccerione degli
angusti Si>osi, vestivano il lutto, U rimanente della Corte, il Corpo di-j
plomatico, i ministri, i generali, e tulli gli ufTlciali e i grandi di Sjiagni
non aveano alcun spgm di lutto nei loro uniformi. [« dame chr v'Ia*!
terveunero erano più di quattmcenlo e tutte, come è facile supporre, in i
grande gala di vesti e di decorazioni, (ti' intervenuti rìiiniron^i nflla ula
del trono. Alte 1 1 aut. compariva la Reggente accompagnata dalla sposa,]
e dopo essersi quivi trattenuta alcuni istanti si diresse alla Capitila raU^ I
dove fu dato principio alla cerimonia religiosa con la ceiflhrazione ddla]
santa Messa. Nou e«^seudovì ìri Spagna maLrimoaio civile il l'arruco r»p-|
prei^nta al tempo stesso l' autorità religiosa e civile. 13opo la Messa l'A^j
civescovo di Toledo faceva uo breve discorso di circostauza agi; Si<o«,eI
poficìa unìvali col Sacramento del mairinionto. Terminata la funzione tot
il corteo col medesimo cerìmoniale ritornava nelle sale della Reggia
ft'è tenuto circolo per i soliti atigurii di felicità alla reale coppia degli
IL La republilichetta d'Andorra ha dato nel mese di mano
alle chiaechtere dei politicanti e del giornali. Si sa che in Andorra l'i
questione dt rivalìi.'i Ira colon» ehe vorreliliern eliminalo il pi
della Frauda, o lolto quelh della Spagna, o l'altro del Vescovo dì
sussiste sempre. Ha di recente questa rivalità, che pareva un po' po' i
so|ilta, ha preso il carallere di uua insurnsiorw. fjt stain[a dei due
di qtta e di là dei PireneJ ha fallo tin gran (-h)as.so, cnme se a
iraliaio d'una quìstione iulernazionale; ma tanto i giwaalt ftattceu
gli spaguuoli hanno trattato la quìstioiie secondo il loro interesse
naie e non già secondo il diritto e la giustizia, Solo la masROOle»
lìrpmthme ìttrìgt^ ha voluto ftir credere clw il Vescovo di Urge! doo i
coyrtnpon\vek
w un propugnalore della causa cartista; e oon basta; che anzi
pani del Vescovo cercano dì arniolarc stranieri in gran numero
intraprendere una prossima campagna carlisia e cosi Tare di An-
a il iinarliere liiìnurale del ihica di Madrift. Sicchft visto « cnusiJerato
t citi: fuuri il Ve.sL*i)vo ilal suo terrilnria! I^ conriusione i: degna
inveniorì di sìlTaUe calunnie. La verità è che il Ve&covo di Urgel
s'è mai ROj^naio di fare, raa molto meno adesso, o prrmi^ir«re, nrl
torio di Andorra, arruolamenli carlisli, nÈ il duca di Madrid ci»; ha
Imente dicbiaraln essere la sua politica l' astensione lino a che lo
eri coaveiiienie, svreblie coaseniìio cbe si fac^scro in suo nome;
di è die soao Jas nasi stenti tulle le Gabe cbe si sono spacciate su
fsof^getto.
I/assassinìo del Vescovo di Madrid ha K>ttalQ nello stupore e nella
lazione tutta la Spagna. Quest'assassinio consumato il giorno IH aprile
ioli la Cauetlrale di Sani' Isidoro, ha fatto gongolnrc di ^oia la mas-
ria, perchè ci ha veduto quello die non è, la profonda corruzioae
clero spagnuolo. Inramc calunnia! 11 clero spatrinolo fu sempre, ed
più che mai in alcun tempo cscmplarissimo, docile e ohbe-
ai suoi Vescovi.
settarìi tulli percìA non hanno potuto giammai fare proFielili nel
I per procurare scandali, e sftrvirsene per ì loro tenebrosi finì ; tiasla
solamente, che il clero madrileno è uumerosissimo, e fra ttiui sa-
oti uno solo Irovavasi inierdetio dal proprio Ordinano, e que.sli per
[^nto, a gui-vi dt (iiuda Scariote, uccideva il suo Vescovo, e si
ma Don Cny^tano Gaieote ex Curato nella Chiesa di San Uriso, e
ha l'Ite 47 anuì d'età.
A atampa cooimenta il misfatto a seconda delle proprie convin<!ioDi,
turale. Difatti i giornali della frammassoneria, pur ammettendo
d*un orrìbile assjssinin, cercano di attenuarlo e scusarlo con
;z?:e parole piingenii, dalle quali sì scorge un dialwlico contcnio,
velala s<)ddisfa/.ioiie; e questi sì compiacciono dello scandalo; ma
hi? Solamente perchè non è altri che un prete, 1' a!»assino del proprio
»voI Si, è uno scandalo... e chi potrebbe negarlo?
(fa vi fu scandalo fra i dodici A[)ostoli, allorché unn di loro negò,
tolte e tradì il (Jrisw Gesti; sopra chi ricadde però lo scandalo?
ì^rann ap|H>nR sonate le IO che giungeva con la sua vt^lnra sotto i
ei della pro-(;ail*!drale di Sant' l.sidoro Mon.'iignor Narciso Martinra
Bfdo. Nativo di Guadalaìno pn^iìsa Madrid, avea ù6 anni, ed era il
pn?e*covo di .Madrid, essendo questa ciltA sede Vescovile con Alcali
lenares da un anno appena .Monsignore Yiquierdo si recava nftlla
idrate per compiere la funeione delle palme ; il Capitolo con numeroso
500
CROIfAOA
clero trovavasi ad aspettarlo mela nell'inierno, taelh air esterpo ild sar
tempio. I^ vasta chiesa era piena 2eppa di popolo, che stivato a^iruai)
Il Benedizione degli Ulivi; nei itorLici esterni egualmentt; il popolo vn
onroeroso, così che n stenln poteva» muovere e fare largo al Prelato, ut
disceso dalla uarroua, ed asperso cnii l'acqua benedetta e Clero e popidt
iDcedeva processionai meute in Ctii&sa al suono dell'orano.
Un altra prete però trovavasi a fianco del corteo, eqiienti aspettava
da più tempo ruori il sacro tempio. Costui nel vedere disrendere il \t-
scovo dalla vettura, anelante, cerca farsi largo Tra mtaa alla ralca. MfU
il Ve&covo, entra nel tempio, quivi giunto tira Tuorì di sotto il lalofn
un revolver, ed in un baleno, preso di mira il Prelato, fa scaiure tre
colpi consecutivi e lo ferisce; al secondo colpo il Vescovo stranmua a
terra, e tutti Io crcdeitero morto, ma non lo era ancora... Come
descrìvere lo spavcmos il pianto, le grida di tutto il [wpolo che
flp.«o aspptiava la henedizifirie del Vescovo, al invece seme i colpi,
impallidire il Prelato, Iiarcollare, nieuersi la roano al cuore, quella
medesima che henediceva, e caliere a tetra hagnato nel proprio ganf
Oh! no, che non i'; possibile jioiervelo descrìvere, le im|a^5Ìoni clje<
stano imirnniiiio .simili a^sassimi sono talmente profoade che si
t»a aon si possono oiatiifestare oè con le parole oè eoo lo scritta.
Il prete otnicidii venne subilo arrestato dal popolo medesinm in l-|iì<-4
che voleva furne giustizia somm^trìa, ma »^praggiualfl le (itinrdte oiili
ehe fii trovavano Tuorì delta chiesa, venne masso in ima vettura e
dolio via. Il Vescovo renne preso fra le braccia dai canonici e tr
tato in sagresliat e poi occorse più di un'ora buona per far i^ombr
dal popolo la Chiesa che venne chiusa, restandovi numerose gnr
civili a ca<Jo<lirla all' esterno.
Fraltanto Mnn.signore perdeva sangue dalle ferìie, pert^^ una
gli aveva spezzato hi colonna vertebrale-, nn' altra palla si era Mi
nella (ramba destra. Accorsero iuiiiianliuenii vanì profejisori, che di(
raroQO Io stalo del Pr<>lato gravissimo: venne adagialo su di un
improvvisato, e poco dopo gli venne esiraua la palla dalla gamba.
prima di un'ora dopo il mezzodì riacqtiisiA ì sensi, e quale fu la
parola che {jrnnuiiciò ? l.a parola di perdono! Disse: perdono di
cuore a quel travialo che mi ha voluto uccidere, perdono come 11
Gesù perdonava a' suoi crocilìssorì, sia compiuta la volooU di UioI
i veri ministri di Gesù Cristo die siano sempre beoedeiUI Alle ore 3
vcDQero amministrati il santo Viatico e l'estrema Uiuione.
In quc4o frattempo giungeva al suo letto il f*iunzio Apostolico
grimparti l'assoluzione, telegrafando a Sua Santili l^oe Xìi\ fa.
benedizione Papale, per desiderio espresso dal morìboodo Prebla.
lAi
CONnSf FORANEA 501
«era giungeva TArcìvKcovo di Toledo; lulte le Autorità riella Capitale e
talts l'alta arifitocrana erano accorsi a S. Isidoro, la Regina reggerle
ne f» ilesolatisnma, e inand^ ripetute mite a domandare notizie del Hre-
lilo; do|>n alquante ore vohva l'auinia del Santo Vascovo lassù uel Cielo
io seno a Dio, e la Chiesa cauolica pu6 ora oel suo catalogo regiMrare
un Martire dì più.
Abbiamo diinque il fatto, die un prole è stalo l'assaiwino del pmfirio
Vescovo! Ma quale sarà stato il movente?... Il Vescovo Tavova interdetto
per molivi che riguardano la propria coscieiua, e perchè aveva stimalo
giuMo e oece^^ano il doveiin hre, e non era perciò oM>lii:aio aiaitirc-
slare ad altri il pereti^ di ule misura di ri^'ore... Ecco la causa dell'odio !...
Lo Hopo? Tutti convengono che scopo del delitto, sia stato compiere
una perennale vendetta contro d«l Pnlito. I seliarìi avevano pur iropfio
aperto una breccia nell'animo di questo dìsgraKìaio prete, e tanto vi ave-
vano la^'omto, che il don rinlcom si era decisn scrivere, come di Talli
r -■ articoli [Kico rispettosi e insoli'nii cintm il Vescovo net periodici
l -iumni ed J-U Prnt;reso. il don dalfOto dunque non si era soilo-
I messo al proprio Vescovo dopo la punÌ2iooe. ma viepiù insolentiva; dun-
^^■e noi) è \iar.zn come i giornali dnlla rivoluzione vogliono Tar rredert* (ler
^Ht*'ar1o dalla militata \m\n; dunque bisogna coocluden' die Satana s'era
ìmposiessain dell'anima di que-slo disgraiiato, facendogli Cfpnimeltere si-
mile misfatto nella casa stessa ili Ilio, e precisamente in quella domenica
ddle l'aline, in cut la Saiil,i Chiesa commemorava l'ìngn-sso glorioso di
(iesii Cristo in lieniKalenime. Jl Tribunale peraltro ha aperto .sollecita-
menle 1* istruttoria, e il don lìateoto ha già subilo il primo int>err<^atoho.
A^^pcttiamo che la giusUzi.! faccia il .suo corso.
lu tulle le Chiese di Madrid, fallasi esposizione del Santissimo Sa-
cranieolo, si sono inalate aIi'Alii.ssÌmo, fervide preghiere per Monsignore,
le Chiese alfollaiisslme: Il popolo tinto commosso pregava con fede.
Ouesio scandaloso dramma di sangue si consumava in Madrid nella
persoita d'nn Vescovo; nella città di Murcia nel medesimo giorno
scandalo di diverso genere succf^deva contro di un altro Vescovo !
■ìperch^ mai? Perchè il Vescovo di Murcia ha eondannaioe fulminato
soùoiunica una setta che cerca rapirgli le sue pecorelle, perche co-
insamente ha smascheralo ì nemii'i di Dio. della Chiesa cauolica, e
a sncicUt, rulmintindo i loro scritti, le loro insidie, ì loro Opuscoli, i
giornali, percbJ; influK ha predicato la verit.V [.a r-'ramma.ss»nuria
juvifierila per questo tiitiu, ha sguinzaglialu i suoi sgherri, ha riunito te
Ola; ed ecco che gonfia ts pettoruta percorre le principali vìe della
gridando abitasse o morte a Monsignor Vescovo.
Su tale proposito, ci piace riportare un ariicolello del periodico La
509 CnONARA
Umon: Iraduciamo parola per parola: * Crede il sindaco di Mulnd,]
crede il tìovernalorfì di Miimìa, crede il Governo del siiinor Sagasla dv |
sia |)erin&sso^ sia lecito, sia giusto e legale elie certi [>enodicÌ tanto ioiKili
come inseusati possano scagliare ingiurie contro le f«rsone e com cbtj
riguarilauo la nostra Iteli^ione cattolica, sol perchè i loro atti, i loroj
scrìtti restano impuniti? Non esiste forse una Costttuxioae nella SpatTU,!
che dichiara la Religione Cattolica Romana la sola Heligione dello Staiafj
Non A stata ratta dalle Camere una legge che dichiara U Chie^ catto-
lica, la sola r:hiesa odìciale dello Stato? Non esiste forse nn Concordino?
Non sì domanda forse che vi sìa intero accordo fra il potere civile el
qtwllo eccle-iiasiìco? Tutto il popolo spagnnolo non è forse cauolico, e li(
sua volofìlA non ^ quella che si risp«ii la prf)pria Rulii^one? 1,'istnrij
della Patria Spagnola non ò stata protetta per lo spirito del caiiolicisiuo
all'ombra della Croce e della Chiesa dì [)Ìo?... A f'^rte lutto iiueflo. B
che forse i Vescovi caimlici debbono vivere fuori del diritto roraiine*
0 fnr.se i Vescovi non debbono più godere quel!» piena litierlà per adem-
piere il loro sacro ministero, e poter liberamente difendere quella Rell>|
glone di cui sono Ministrile attaccata e iogiarìata da' nemici della lD«>j
desims?» Fin qui IjO IJnio».
Conclusone: i .socialisti, i settari, dì ogni categoria, t repubblicani «»•{
federali, vedendo che perdono terreno alla giornata, e hanno perduto li
aperana di cfiniliaiiere il Governo legalmente nelle Cortes [rf^r^ht^ mino-
ranza, 0 scorgendo che la vittoria riportata dal Ijovemo è dipenduta daKj
l'appoggio morale del clero, dalla inlluenea dei vescovi, che liani)<^ pr^lt-
cato alle popolazioni l'ubbidienza alle autorità costituite, inviperiti e ;<>^iiraM
alla distruzione se fosse possìbile, e del clero e della Chiena di Dio; ntl
tutto l'inferno non potrà giammai dL^niggere l'opera foinlata «la D^j
medesimo!
\X Nel giornale VFpóca di Madrid troviamo un riassunto delle ilhl
chinrazionì che il ministro degli esteri signor Moret ha fatto ai snni ris-
tori siilta politica che intende seguire specialmcnle rapporto alla Sama Sf^le.l
' t^omindò il ministro con dire che la miglior concordia riderà eoli
conservatori, la cui cooperazione crede necessaria per la difesa della H"-}
narchia. Afrerrnh poi che questa concordia era incornila ti hi le con rolon}
che vogliono concessioni tendenti a far credere elio la Monarchia è irai
sitoria e che k possibile preparare l'avvenimento della Repubblica.
Dopo fatti dei calorosi elogi del re ì^aa Alfonso e di S. M. la n*jn*l|
reggente, il minìslro espose la necessil.^ di una nuova |)nlìlica di
reftsì generali e di riforme sodali, iwlitica che definì l'unica po(
daperlutto. Mostrò lo Stato della quìstìone sociale censuraado l*j
renza delle classi dirigenti; la parte ciie spetta ai goverai e gli
coaTRMPOnAycv 903
Tcri rìmediì i qiuli hanno da sor^re dall'iniziativa individuale i>;)iVafti
mi srntimento reOffioso.
TermÌDÒ tRponerHin l'importaDU delU trasfornoazione dello relazioni
tra U (Chiesa e lo Stato in cooMgMtoiJi dell' aitiludine del l'apa e delle
dlchiaraàuaì dell' Kpi,seop8lo falle al aionieoLo dei funerali del re, av-
venìnieDio. che comidcra come il piìi imporinnie Ira gli occorsi dal 181)1,
iD poi. « Il [»»rtìu> liljKralf, dictiian') il Mort4, ni iroverl ora eoo la iran-
((uilliU delle coscienze e con un poienie ausiliare nelle questioni sociali
e di nrdtne puMilico. Non è vero che non esiM< armonia ira la libertA
eia religione e <]U6$ta armonia e^^rciier:^ le piii felici cons^^enze .sulla
hmii^lia^ Milla «ducaiinne, sul pr'kgrcsso e sulla i>iil)tdir-a [micc. »
IV.
IXGHJLTJCRJtA (Hoatra tmrriapondaua ritardala) - 1. 11 Giadsione |wr la
letTUt «olla a vapii dfl mincilr^ti. SuO* cliM^(ni |i«r in patìlkaiÌMK ddl' ItIaimÌìi —
i. 1.1 Mi'Homti Itulf- !j>.'i1 ]l.inil'il|iti Cliiin:htn r gli Ohidììisu. Ilatiigai
•Irli... .. (lì «infili ullifiii aW Home UuU — ;i. Il \rii:oto di Nollnighaat
e U cuti driLu PrimroM I,tìtyue ■— \. (Invi ilUortlìni ullÌiQaiiM!DtD anenuU ta
Londfi |ier ojieiìi ilvi mcuiIììIÌ dcaiocralJci-
i.'
I. Hai ^nripln d^l'aniin in jioi, gli avveniinonii han prorediilo ra-
meoie, e al iemi>o sit'sso con leiiK-wa in Ingliiiierra. Si adunft il Parla-
moiia, e 11 Governo di lord Salishury fece conoscere i suoi intendimenti
Mddiieonio detta Bettina, leuo dal lord Cai)cel)iere nella Cannerà dei Lordi
fs pmenzB di S. M. e diniinzi a' suoi fedeli Comuni, i quali erano stati
deliilaaHnte chiamati a ricevere la con^iela .signi llcazione dei dasideriì
• delle imeczìooi sovrane per risiwito alle o|»erazioni legislative della pros-'
aJiDi sttsione. Uuel discorso conteneva un modesto ed utile pro;tr»mma
di provvedimenti pratici; ma vi si notava, difi^razialamenie, uno scon-io.
Aonunnavano ì ministri che in considera /.ione dello slato, in cui si iro-
nvi r Irlanda, e dei pericoli, che minacciavano in quel paese la vita e
h hhrrtA individn-ile, avevano di bel nuovo divisato di ricorrere alla
fnffiTìfn*», M altro xtì*mD non potesse immaginarsi onde affrontare Im
my. S:'i:itia dicbiarazione ecptlvalova a nn rifluio AkW Home Jiutr, e
'•'me inlf fu ravvisala dai deputali irlandesi, i quali, per conseguenza,
-pararouBi d'un iraiio da! panilo conservatore, sialo da essi sostenuto
.•-I eollci^i eleitorali duranip le ultime elezioni: e'a tale dlMirjuone furono
is!i!fi prù fioi clemente indoiti dalla slraii^da del .signor filadstone. Uue&ti
'viTi di •TS!;er.si. eoo la sua solita ver^tililà, niosiralo già disposto a
-iv(iit.re ad accordi col signor Parnd) e col suo pahitOt e doi« aver
l
504 CRONACA
data a sìflbtla disposizione una Tarma più o ineJinsn<;lanziale durante hi
disctissioiiiì rlell'iodirlz^o in risposi» »l discordo della Corona, sì fecti]
dichiarare mine in un discorso da lui pronuneialo il 17 ^leubro
avesse, doleriinaam i cantini, enlro i quali riputava possibile una QBit
siasi azione, o, in altri U'rniiiii, « enlro i quali n al di \k dei quali
lavano i desideriì deir Irlanda, ccsliluzìonalnientn parlando, ricevere o H
ricevere l'assenso del FarlameMo. • In una parola, il sisnor Gladstooci
condusse per modo da fare inlendere che era dispostissinJ'> a veci»:
palli col signor Parnell e coi naiìonalisli irlandesi, senza però Sj
alcuno dei provvediaieoii, ch'ei polo-sse trovarsi indotto a prof.^*:.: r
la repre,ssione dell'anarchia, die disgraziatamente regnava in Irland
È superllurt il dire che alle conclusioni del sij^nor (àladsione fu
signor Parnell risposto as.'^i vivamente, quanitinqne senza soverchia es|:
sione, perche- il signor Parnell è uomo prudente e incapace di ahtur
narsi a un'anione viobntn. Hall' altra patte, le dichiara/ioni e la iaiiica.|
del sij^or Gladsiooe gettarono ftrande cosieTna/.tmo ira le Ale dei
servitori e anche in mexio alla frazione moderala del partito liberali
Tonavi», per rispetto a quelli Tra i comiHinenti quesi'iiUimo pnrlila
quali sedevano nella Camera dei Coninni, le cose presentavano ras)<llfrj
seguente. Posto a conrronlo coi oooserTatori, il partilo lilierale era
maggioranza; ma il signor Parni'll, coalizzandosi cfH conservatori,
distruggere la maggioranza lit)erale. Dall'altro lato, se si fosse
conchiudere un accordo fra i signori Uladelooe e Paruell, i lil
reh[>ero tornali al iHUere con qualche probabilità di recarsi in n
governo del paese. J-.a lenlailwie era troppo forte per trovare
rosisLesse; laonde fu tosto data opera a porre il tioTerno in minorami]
intorno a qualche questione importante. ìa scelta cadde sulla qt
di provved>ere all'acquisto di piccoU appezTameuti di terra ad Of
accrescere la classe dei possidenti conladini. 11 signor lesse
rappresentante radicale di Birmingham, propose quindi un emeo':
air iJidirizzo per domandare che il Governo prendesse sfociali
meati per l' attuazione di silTalto disegno. Il Governo si sartòbe,
dubbio, mostralo pronto ad accogliere siffatta domanda, in correli
col bili sul Governo locale, da lui annunziato sicenmc parte
programma legislativo; ma ciò, che dal signor Collings in realùksi
era un'espropriazione forcata, e a questa il Governo non volle accODi
il signor Gladsione si dichiara in favore dell'emendamento, dii
la coc'i'cÌ2Ìone, se realmente imcessarìa, « non aveva in sé cosa alt
che dovesse irattejiere il Governo dal mandarla ad etTelto. > Al
del voto, i Parnellisti in numero di 74 manifeslaronst coiiirarii a) Govc
il quale trovossi perciò in minoranza di 1% avendo 329 dei deputati toUI
CO.YTEMPORANEA
:m
D femore dpU'emendiimcnio, e 5ri(icwUro. È) da Dotare che lord HaruiiRtoit,
|l signor Go&chfn e il si^nr Ourieney; tre somtnìt.^ del partito lltieralc,
raiarono per )l (ioveroo, laddove 70 litorali m astennero. Ora, se questi
ti\ deputati rtrriH<ero col sottrarsi alla direzione del si^'uor (jlailsiofle,
verrebh*! a dtsinij^gersi affatto la magi^oranza liberale PamcUista. Onesto
rato Al susseguito dalla dimissione del mini^iiero di lord Salìshury dopo
B breve, ma onorevole, esercizio dì sei mesi; e il sitrnor (rladsionft venne
Si bel nuovo clii:iti)alo a governare l'impern britannico. I,a forrnai^iooe
lei Diiovo (soremo, cosa invero non punto facile, richiese un considerevole
(puio di tempo, ma p^»* lìnalmonle niiencrsi; e il Iei70 minislpro Olad-
(Une |]resenl0fi5i dinan« al Parlamento, mancante per^ dt'lle ben noie
mone di lord llaniugton, dei sl^oiori Goschen, Courieney e Forster,
[ntst* ultimo còllo dii^i^aziaiameole ija urave malore, che tuttora perdura.
Ne Tacoa. naturalmente, [larte lord (ìranville, per iMioua soile per^i non
fàii come ministro delle relazioni estere ; carica, per la quale lord Ro-
Kfaen presentava un vigore e uo'auitudine non comuni. A capo della
narlna militare era lord Itipon; e sir William Ilarcouri appariva da
come cancelliere dello sacchiere, ceno con ma^^or soddis fazione
gfe medesimo, che non della città e del ceto mercantile in gmerale. Se
cbe, iincsto trasferimento di poteri non era slato compiuto senra im-
maoifeMasinni da parte dei libnrali mwlerali, specie della vecchia
orrazia rt'Aty, messa m grave apprensione dalle sibilline dichiarazioni
\i/fnor (fladstooe per rispetto »\V flonir Itule e ad altri argomenti,
rignno la rìvnlia il daca di Itedford, capo della famìglia dei Russell,
duca dì Westmioster, capo di quella dm lirosvenor; e il loro esemplo
aeguilo da molti altri, fra'qnali si nota il duca di Argyll. potente
iggio scozzese, e suocero della priocipii^ssa Luisa, marctima di l^i'ne.
emo, intanto, è sialo più o meno lasciato in pace )>er z\fì che
inla le inquietudini esterne, imperocché avea chiedo temp^ a siu-
e nuturare i propri! disegni per l'aiueiio dell'Irlanda, i quali di-
000 aooora sono stati maturali. Ma in quanto concerne l'azione
del ministero, questo prolungalo [«riodo 6 riuscito luti' aliro che
iCO, avendo ami a grado a grado mostrato che nei recinti incantati
OmvDiag Street non regnava né unità né armonia. Sorsero, orrit^ile a
t voci sinistre, che dipìngevano il signor Chamherlaio oltremodo
At>date a vunto te sue aspirazioni a tulli t posti di maggiore
nel ministero, egli era siai'i [lortato come capo d^Il'aramini-
del Governo huale, e. maligne chiacchiere il dicevano alcun
•oggetto ad accessi di malumore; ma era questa naturalmi^nte una
ioae, imperocché come mai («irebbe supporsi che il mahinioi'C
«toMse nelle serene regioni del ministero? In ogni caso, però, dicevasi
A.A
CnONACA
DOD animare il signor Gham1-i<tr)aÌD d'ac.cord') col si^or CUdsione ndlj
politica irliindesc, nolanicmcnte p^r rispeun al modft di irailarii la
slion': agraria. Questa voce si è ad&<uo avverata, perchè sì alTenin
il signor Chamberlara Ias4:erà indultiiatameote il ininìMero appaia
stati dal sigtior fjladsione s/tttoposti alia 'filiera ì propriì diw>gni. ci
aggiunge che tt suo ritiro sarà tosto susseguito da ({(ihIIii del sig. Treve)|i
segretario di StAlo per la Scozia. Altri luminari iiiitiori ìinìieraaoo, secoaj
ogni probnhilità, l'ewinpio di lui, ed t: anctie po^ìsiljìle che disoli
bandiera del signor (ìladioone uoa Trazione considerevole non solo
liberali n]Gderait, ma altresì di radicali Per queste ragioni, il siguof Ul
Siene trovasi LnU'aliro che sur un lelto di rOM»; e il peritMio (J'incerK
dovrà necessariamente proluoi^arsi fino al 5 d'aprile, in cut 91
benché i» modo non as^'vtlut'}, cbe il pi'imo tninisiro si iroverà in
di sfitLoporre alla Camera M paese 1 proprii disegni per la pactficaiia
della si luogaoii-nte e lanosamente lrava«liata Irlanda. La crisi è >
modo grave, sotto qualunque aspetto si consi<leri, perche molli e
iin{:>ortanti intere^» sono in essa implicati; ni: si tratta .soltanic d'ioler
materiali, dei diritti di proprietà, della religione me<lesima, ma sono
a duru ciiiiemu i piii vasti iuieressi di tulio quauiu l'ediGzio sociale)
l'impero britannico; e^ disi'rii^iatainente, luuì qn^siì cstesissinii e
plìcati inienìssi irovansi atTiilatt alle mani d'un sol uomo, e rimai
esposti alle c-:i|iriccìose esigpriztt dì partito, e alla sapienza 0 all'iusipM
alla prudenza 0 alla folli», agl'impulsi stizzosi 0 alla sovercbiaoie va
del signor (ìladstone. Comunque sia, le cose .sembrano avvicinarsi a
esito (Inale, inquariinchè te più rereali noti/Je dei giumali recano die j
signor lìladstnne ba quasi condotto a termine il suo disegno |jer Ti
dcir Irlanda, e riman fermi} nel suo proponi mento di soUoporlo alla Cj
nel giorno piìc'aiijii ìmiicalo. Dopo un limilo intervallo, 6 ^lo iiiddUI
coniglio di ministri per prendere in esame quel disegnn, il quale ve
probabilmente approvato dal ministero, ad eccezione dei sigaori CI
herlain e Treveiyan, e Tors'anco di uno 0 più tra i subalterni
il Governo. Hesla poi a vedersi qual seguilo que' due signori si
dietro dalle file del partilo liberale e radicale.
La natura delle proposte del sigfior Gladsione s«mbra as:»i
nosciuia, in quanto almeno concerne le Torme loro generali. 11 dii
crede, sarà compone di due parli distinte, l'una risguardaote 1*
liuie, l'altra la questione agraria. Per rispetto a quesi' ultima, si dicei
l'espropriazione dei possidenti, di quelli cioè fra toro, i quali la desic
ne formerà il carattere prìneipiile. Ouesta espropriazione vcrr:^ elTe
me^lianto un com{ienso calcolato sulU rc-ndita media di un dato nv
d*aoDÌ,e il cui pagamento p)rrà gli nfllttainoli od altri io Dosaoai
Brreno, eoo l'obbligo pcW> di <J)or$are ma deUsnnidau somma annua,
mezzo Jella quale il tjoverno verrà alla Qne rimborsato delle amici-
toni, che si richiederanno per simile operaiioiie. InlVaiianto il paga-
MOIo dei Trulli del danaro cosi aiiiii^ii^iai» andrii in aumenio alle ìmpoiite
paese, cioè, con uma [irobiibiliUi, della stessa Irlanda.
3. La forma da assumersi d»ÌVI!ome Jtule sarà un Parlamenlo in
uIiIìqo, riìiisisicnt» ìu una .sola ('amera con azione strettamcnie circo-
itta a^li afTari irlandesi. Materie di pubblico iuleresHe, in cui l'Irlanda
ri come pail^ì iate^ralu dell' imiiero. saranno di esclusiva competenu
Ila legislatura impt-riale in Ì.ondra. 8i prenderanno cflii-aci provvedi-
ili per restriiigerc entro i suoi giu.sLt contini il Farlamenio irlandese, e
guareolìre altresì la libertà della minonn» protestarne, elio esiste
iocipalmente nfìllu provincia di Ulster. Vane !.ono le vef.sioni circa al
!o. ron die Iiì du« parti del disegno GladsLone .saranno portale innanzi
a Camera: simultaneauienle, cioè, o separatamente. Alcuni dicono ohe
^Jlome liuh sarà pro|x)slo pel primo, « dopo di e.iso il disegno agrario;
CIÒ non sembra grau tallo probabile, specialmenle nel concetto die
^as8«siameiito della questione agraria debba lasciarsi al nuovo Parla-
leoio irlandese, quando la creazione di questo riesca un fatto compiuto.
D tale assestamento, ove aitcniamenle si c^Lstderinu gli eteiiieiiii del
roblema, st^mbreretibe niente meno die una imposstbilìlà; conciossìacbè,
Moe può mai sperarsi che regni uno spirito di conci I iasione fra i nazio-
iliali nella prima «sultao/a del loro trionfo, o fra t protestanti f)rangisii
Bl primo sfc^ di rancore per la loro perduia superiorità? Ammeiiondo
ire che qnesia speranza esisiessfs essa non polrebt>e non rimaner distrutta
iD' anooo recente degli Orangislì del settentrione, nhe, m<!.>i.sisi in una via
llonnata al piò acerbo spirilo parligiaoov aperlamenu; dichiarano esser
nuli a trascorrere a ogni possibile eccesso, pìuiioslo che assofjgeUarsi a
D Parlamenio indigeno irlandese. Uisgraitiatamente, l'iniziativa dì cotal
rma d'opposizione è parlila da lord tiandotpb Churchill. Fre!>co degli
lon ilei ministero, e appunto dopo aver lascialo il governo dtd vasto im-
Brn delle Indie, il nobile lord ttnx una visita a Belfast e al seLtenlrione
'Irlanda, e mostra gnaulo sia grande la .sua capacilil e l'atliludine a go-
Knare, hofocolaodo le sopite ceneri del bigottismo puri laocr e dell'odio
ftgioso, slato per luogo tempo la pe$le della Irlanda e t'igaomhiia dei pi^
■unti irlandesi. La Lmìe Jsliiuxìone orangista, com'essa medesima
iatitob, rappresenta la quintes.scnza dei protesiantesimo irlandese. Hssa
code il suo nome dal gran liberatore (!) Guglielmo d'Orange, e la ragione
!pl tsi^eiìiA è stala sempre il inauu^nìmento della superìoriià proiesiant«
Ipovera calpestata Irlanda, eia disiruzion'e della Clii&sa catt'tlica irlan-
!. i suoi componenti si fanno notare per l'esirema ostilità ed asprezza.
cou che rimiraoo e perseguitano (Ulto quuio sa di cauotieo; e a quesu<t(i
(eiilabile corporaiione, assoluta aiciitc indegna del nome crisUaito, lia bit
ricorso lord Randolph Churchill pt^r procacciare un sosleguo all' esìge»
delia giiorra di panilo. Cosi faamdo, e^i è decaduto da okhì diritio alk
prerogative di uomo di sialo; e un'accusa, che a lui s' inientas.se per aviii
eccitati alta guerra civile i sudditi della propria Sovrana, .sarebbe
defitta retribuzione all'enormilA della sna cnijta. E giit k sue vergogna
lilnndizie airigiìoranza e hì pregiudizi de' suoi subalterni protestanti
cominciano a (Nirtarc i naturali loro frulli. Il 2-i Ut marzo fu dato
Uran^isU del distretto di Londra un pranzo io onore dei dieci rap[
tanti di Oliiter, stali recentemente eletti al Parlamento imperiale. Dur
il pranzo furono portati vari brindi.si, e dopo di esso pronunziali,
il consuctn, varii discorsi. Calorosamente applaudilo fu il )irìudi.sì ^ail
gloriosa, pia e immortale memoria del grande e buon re Uuglielmo Hi, <
e in meim ai discorsi vennero enie.s.se le dichiarazioni e mantfeedatt il
leali .seoUmeoti, che seguono. Un signor .lohnston, deputalo di Uelfasi, di-j
chiaro essere gli Orangisti risoluti a mantenere dappertutto, anche
l'armi alla mano, occorrendo, i diritti e la libertà dei protestanti, del
che riotogrilik dell'impero briiannìco. Espose altresì essere stata
*200,0(X) Qrangisii del Canada pn>jt» U risoluzione di prestare a' loro
fratelli Orangisii d'Irlanda ogni pnssihiltì aiuio nella imminente lottai <
soggiunse che gli Orangisti di IJlsier affidavansi ai voloutarìi Orac
d'Inghilterra e di Scozia, i quali poirebbero portarsi in toro
ipislora avessero da combattere per la viia e la libertà nel loro
uvo. Certo «gnor l'oiicr, ministro di non so qual religione, certo
Vangelo di |>ac«, insìstè sul dovere, che hanno i protestanti tulli, se :
niresiremn, di ricorrere all'arbitrato della spada, e ripetè agli Or
il vecchio Ruggerimeuto di ciinlldare ìn Dio e teuer Itene asciutte
veri. Il quale suggerimento equivale, in sostauia, a dire che, se la
e il Parlamenln della Gran Brettagna e d'Irlanda giudichino, oaHa
.■iapienza, opportuno di concedere all'Irlanda un Parlamento separaU^l
sonò risoluti s inondare dì sangue il proprio paese,, anziché .sottnn
a un Parlamento cosi slabtiìlo. Tali s<>nliinenLi mostrano chiaro qi
Ma approprialo il titolo, che questi uomini intelligenti e saggi si arre
quello cioè di I.ea1e Istituzione orangj&ta. Può dirsi pìutiuKlo che iijj
posto adallato sarebbe o il manicomio o l'erga-siolo. tigli ^ iuoltrerij
dente che, se la Lega nazionale ha in un modo o nell'altro, sia con Vi
slone, sia con 1* opera, oltrepassati i confini della moderaiioae e
gahià, lo stesso può affermarsi aver fatto l'Istituzione orangisia; oad
nel prin» caso si applica la coercizione, dovrebbe per egual ragioucl
egual misura applicarsi anche nel secondo.
ooimvPonANBA 5U9
loddejili di tal falla dimostrano a siilllcieDza quaoto diflicile sia il
problema, cìte il sj^jfior OlaJstone lia preso a n&olvere e quanto grave la
rà) io cui versa, a catiMne di esso, l'impero. Lord Salìsbury e i conscr-
vttori sA riwlveitf-ro di bel nuovo ad adoperare la s|tada della coercinoite,
Mila Rperaoza di potere Kiogliere il oodo gordiano; ina la spada fu isu-
tìlmeflie a tal line adopenu duranto i^Ii ultimi tre secoli, per non parlare
(lei cìaque precedenti, e non fece che spuntarsi, lasciando il nodo niiiavia
intano. (>ra che il signor Gladuttone ha deliberalo di .sciogliere il nodo»
laui i buoni pairioli, comunque pnnsnno mettere in dubbio resistenza in
dalle qualiiA ttccessari'' per l'erciilfa iitlrapnwa, non possono che vi-
dbsiderare ch'ci b conduca a bua» lerminc Certo è cJie ijuailro
sùlroiii di cattolici irlandesi non possono lasciarsi calpestare da un mì-
Itae, se lanii pur soiio gli Orangisti proieslaiili. I caliolici sono disposti
ad accordare ogni agio e libertà a' loro compairìoii jiroieslanli; ma nnn
la questo domandano eoo minora insiste»za di esser» animassi al godi-
BKtito di eguali dirtUi. Oual sia per essere l'immediato risulLmiento della
imaiifieote lotta, ue^o^uno per ora può dirlo; ma la divina ['n)vvidea^
veglia su (ulto e su tutti. Potrebbe anche aggiungersi che, quantunque
Il ^l^OKismo protestante e il vecchio grido « Abbasso il Papato > vadano
(li M nuovo Mi.'^ciiandosi in ln;2tiilterra e in Irlanda, i cattolici credono
e coofìdano ferraamenie e«ier passalo il tempo, in cui poteva sperarsi un
Iwnvole Micceiiso da simili armile che il nobile cuore dell'Inghilterra
H|n alla flne sollevarsi al di sopra di si vieta tentazione. Xon manca al
fitno, si fra gli organi della stampa, come in altre classi sociali, chi faccia
di tutto per risvegliare il grido « Abbasso il Papato»; ma v'ha ogni
Udamento di s[tenirc chf John itull non .si lascerà [ùi'i trascinare dalla
bandifra rossa.
La fiera opposizione degli Uraugisti a\V Home BuU si spiega facìl-
nenie: e&si sentono e confessano che l'esistenza del protest a ui esimo è
mia a grave rischio. Ammesso che fosse l' Home Hate e riordinato
'amilo dei terreni, la superiorità protestante nnirebt}e collo sparire^ e
Et otterrebbe alLrest una cniiMderevule diminuzione nel numero dei pm-
[nriarìi jirotestauti. IJuesti proprietarli sooo, specialmente nei distretti
eaitolicl d' Irlanda, il sostegno principale delie chiese protestanti ; le quali
riniarrebljero per la massima parie chiuse, se non fossero le ronlhbu-
jwnt dei proprietani stessi, che provvedono al loro man lenimento. Per-
e»se WD woo mantenute che per fare da irntante in mezzo alle
oni cauoHcbe; quanto a reale iortueoza o a potere aggressivo,
ne hanno oepf:<ur l'ombra.
La principale fra le pratiche diflicoltà, che presenta l' attuazione del-
Eome Jttiìe, consiste iwlla qualità degli odierni nazionalisti rappresentanti
cnorfiicA
l'Irlanda. Il si^uor Famell slesso è protesi a ole, è perdona di cari
impeociral'ile arui che no, ed è più clic sfispeltn di ra»nienere ùv
relazioni col Rochclòrt e coi comiionenti il partilo estremo purigioo. QuaM
alla maggiorana de' suoi seguaci^ essi matieauo aitsolutaroejile delle qv»
liià u«CL>,i!^arìc per governare; e quand'anche le possedessero, sono dd
tulio desiitaii d'esperienza. Il porre, quiodi, in nani sì deboli ti goveru
d'un paese, ^ cosa, cui non si può nemmeno peasare. Bgli ^, ioollrp,
evidente che le difìlcoltà d«ir assunto preso dal «goor fiUdsione salUM
tanto più agli occhi, (juanin piti alteniameniesi esamina riitteraqaetinne.
Oual sia per essere l'esito fìnale^ nessuno può prevederlo. Il sig. UIsdsioifr
non sta bene dì salute, e, se venisse a mancare, avremmo dì nuovo il
caos. Si annunzia ora che, ove sia in grado, egli farà un'esposizione dclli
sua politica irlandese il di H aprile, Varii sono i pronostici iolftmo tìit
piega, che saranno per prendere le cose, i'rima ad esser presentata siri,
forse, la legge agraria; questa, [tosin ancora clie sia approvata dai Co-
muni, verrà rigettata dalla (Camera dei lindi. In tal caso, è possibila
che il sij^rmr LHndsloiie pa^l sopra alla sconfitta e si spinga umili
con \' Ilo/ne Wm/c; ove ambedue i disegni fos.^ero respinti, egh fareW-*
ricorso al paese. Qui, però, si presenta un'alternativa. Noo i diilKiic
che il ministero vada in sfacelo per dissensi in.sorti nel suo sci»; e allnt
sarebbe questo un altro modo di far piombare le cose nel cm«-
3. Una turbolenr^a di men ^rrave carattere si è manifestala odia dioces
di Nottingham, il cui Vescovo è un grande amico dell'Irlanda e un vali'lo
so8l«po della causa nazionale. Si è costituito da qualche tempo un eoo*
sorzio detto Legaprimulare (Primrose Leagne), cosi chiamato per essere
stata la primula il flore prediìctto dal defunto lord Beaconslìeld. Fra i
fini di questa Ioga, che sono di cjirattere conservatore, v'ha quello dj
manLenere nel paeite la religione e 1 principii costituzionali ijuaoto i
religiane, la lega ^ restrinse da principio al mantenimento della Cliist'
stahilìla; ma questa reslri/ione fu in seguilo tolta di mezzo con l'oin*^
siooe delle parole C'hieJia siaìaiila: dimodoché la lega dichiara adesaA
apertamente voler mantenuta nel paese la religione in generale. BtolB
calioiìci si sono, per cousegueiiza, accostati alla lega; Dia questa nnbl
incontralo favore presso il Vescovo di Nottingham, il quale ha vietiV
a' suoi diocesani di farne parte, fondandosi sulla consideratone dell' esscn
quel cOQSorno un uvikì di conservazione delta Chiesa proi^ '
racchiudere nel suo seno uomìDi dì tutte le crederne e opioioai,
non pochi frammassoni, ulchè sarebbe pei catiohci un atto d'io
r assopiarvìsi. E tanta è l' imporlan?^, che a questo argomento &i anoel
venerabile prelato, che egli non ha dubitalo di fare della parted
alla lega un caso riservato. Questa determinazione ha prodollo ud ci
^ ^
luiM
iLfl
ilqiiAMo ^avorcviile snll' animo degli aderenti alla lejjà; e una persona,
che imria un nomo onoralo, si è mostrata dinienlica de' suoi doveri non
tanto verso il proprio V&scovo. quanto verso se stessa, lino al punto di
ntetiersì in aperta o|>()r).sì7lone col ano Dioce-tano, e trasgredire te regole
pifi (^lemeiiiari il'iirbitnità nel denunziare Toperaiodi lui. Se il «iiierelante
si credeva danneggrato, poteva ricorrere al irihunale coinpeJenle; ma la
via, die egli disgraziata monte ha predella, è indegna d'un cattolico. Del
rimaDeuie, perA, consta in ni')do atitcniìco essere si.iia la controversia
riferita al tribunale di Hiiraa.
4. Ia grande metropoli è stjita di recente Tuncsialfl dall'azione dei
sodalÌKli dcnncralici. U« numeroso meeting^ composto dnlla i^ente dis-
occupata di Londra, disijraziiitatQenie in quantità enti Hìdi' re vote, era stalo
ivocalo allìn« di ctiiedcre che fosse apprestaui un qualcht; rimedio alta
leosa e ognor crescente miseria delle ìntime clamili. Il luogo iirescRlio pel
weHing, era Trafalgar Siiuarp, postn al Wfst-En-l, ossia lato occidentale
Londra. I socialisti, pmllttanflo dfjirasscmhriimenln, tennero un mc>?ling
paniale per conto proprio, in cui gli oratori spinsero la violen/a del loro
lioguag^'io Gno ad isugare le molliludiEii al sitcclieggìo. L'esito linale fu
che il meeting, lovecft di loniare per [a via doinrerast mosso, portossi
lungo la fall M.-ill, che è il centro priucipate dei magnlGci circoli (clttbs)
di Londra, e passando per S. James' s Street e Piccadilly Tece capo a llyde
Park. La plebaglia nel suo passaggio si diverti a fracassar tinesire, a
saccheggiar botteghe, a dar l'assalto alle carrozze, e ad altre prodezjie
dello «esso genere. La poli/ia si irov/t ccMta alla sprovvista, perdi* non
ave» sapulo prevedere la possibilità di simili falli; e danni immensi
«bbersi I deplorare prima che l'ordine fosse rislabilìto. Di scene come
^^^■te, il signor Gladstone. Sir William Elarcourt e ì loro amici di go*
^HBo non hanno eh? da nnirraxiare sé ste-ssi. lilssi furono, che permisero e
^Kromossero prima della dissoluzione del Parlamento, 1* organÌ7./aziniu' di un
l^immensn mpeiing formato dulia peggior feccia della parte orienlalp di l/in-
^dra, dei disirniii suhurhani e delle virine contile; e (luesio meeting fu leaulo
I Trafalgar Sijuare con l'espresso intendimento di promuovere l'estensione
ella franchigia e influire sulte prossime elezioni. Essi furono, che col
mcire un simii^lianie procedimento additarono alla numerosissima pteba-
liia londioese il modo dì manir^siare In sua possanza, e la iniziaroon
segreto di possederla, fili tìffHti dell'insegnamento da loro imparlilo
ti faranno più chiaranienie cinoscere in un tempo non troppo remoto.
Frattanto si fa sentire dappertutto una eccessiva miseria, e io ogni
del |Miese regna una teiiehrosa confusione e incertezza. Mai non vi fu
ipo nel quale si manifestasse, come in questo, la necessità di pregare
che tutto sia regolalo e condotto a maggior gloria di Dio e pel benessere
rSowIsrcownniOTitSBA
il^ motiilo intero. Dico il«l moDdo inieru, [perchè guatilo accade ìd
gliiUeira arrmJi- da[)pt!rtuiu>, e in molli luogiii anco io più larghe p(
porziODÌ. I^int, Domitiey voluntas Ina.
AVVERTENZA
Viva ffrtuie r^nijuitno a tutti qìàei ^meroai eattùUd, efic n hanno, eaflt
loro oiTcrte, itoto if modo d'tnoiorf nttla pivsfata tiwtrtgimn un p><xolo bh»-
aidio ai tanti MonnJtt*ri rìi Sucre VfTfftni, th^ nfW Italia pennttf) fra le strrttt
delia piit lagrimiut'ia tnitcria. Qutate, neUo spedirci le ncevHtt, ItatHO nprfim
ton termini eaidiasimi la laro t/ratUttdinc ai bentfnttoH, rintiattnio le più «in-
eere proncHC di oratiotìi eofltinue, toUe quiH m etudiano di rieonipensart,
dimmn a Dio, H hnu che vi>» loro fatto.
JHoUe, jNH dei eolito, gotto passate nli'ettmità tn quitti «WR truKOrii,
CMie abbiam potuto cottoeeere daiU lettere che ci eùno state tnandate-, per im-
plorare sufj'ruffì. (j!utfta t/randt mortalità i naturate tffttto dtlte prive
diuturne rf'offwi conforto. La estrema povertà cotuumn pian piano ^jiuite
tèrne, che, i-jììorate dal mondo, sono pure incrificate dnlla pervertita del »<
e da Ihó graditi, in espùiMtoue delle acelJeripffini di tsao nùMio.
Noi raecomandiamo te »anie anime di queate defonte atta pietà dei /"«
specialmente dei sacerdoti; ed i tniogni delle affUttÌa»ime soprarviemti
loro misencordia; essendo la contó fattaa loro uno dei pOt cari otaeqMÌ% '
ti pottnno offerire a Maria, net tuo bei mete. Se né ramientina t pr
tori dei mese Mariano,
.. Comm. F. Giannini e Finlio tipografi^ Cisterna dcITOlìo, 5 a 7,
5. In 16. ìli pagj. 395. Prezzo I. aO.
Ili l£UrO 12 1/ IlìICJBIITO
jTORNO U NATURA, I PRESERVATIVI E I RIMEDII DEL COLERA
P TraltakiU «ientiS» pufiolin U P. VE\\eitSCO MLIH i^W^ $. l
Prato, Tip, Giochetti, Figlio « C. 1884. Prezzo ridotto Cent 25.
MESE 01 GIUGNO CONSACRATO AL S. CUORE
13DKLLAT0 801'HA LA VITA DEL X. S. GESÙ CRISTO
pel P. CARLO HiElA ROSSI d. C d. 6.
N«I p&8Siit/> inno noi rscconj ani] animo qiiRsto dirato |i(>retto, come uno
ti pili oimorlHiii « fomentare e far crMcero nella animi? U Uitwkìouo kI DìtÌu
aura (li G«su: e ne notammo i \>rcgi singoUri eli» lo di^Ijnguono. Per In hIcakij
i^ni torniamo a raccomandurlo ancbo quest'anno; e «iamo certi ohe quanti
DrnuiQD gioTiirseoe. sa ne troveranoo apiiieno soddisfatti.
;ìnima penitente ossia il movo pejjsategi bei
fc del P. BARTOLOMMEO BAUDRAND d. C, d. G.
IKan raggiunta di un breve metodo per udire con frutto la S. Messa
IrMNda PdtKigno — Un voi in 33 di pimr. USi Pr«««B Ci-al. *». Vaa.libiU ìd N*[-olÌ *!•
rcricti 8iMmirHlo iIaIIb OU. Cuti. Ulr«<l* <ju«te<ft, 3; ia FirtMe preMo LdI^I UMOAllt. V»
U !>(<»<} asolo 19.
TI Penwatt^i Jtetìe del P. Paudrand h notissimo, può dirai (o tutto il mondo,
Si^uji» stalo Iradollo in vario liagu*. e diffuso dappertutto p^r inuumerHbJli
i:ssci. ne!l» 811(1 brevità, racohiiid': un vero tesoro, perchè con somma
,1 . pari efHcncia olTre alla ccn«idi!razione ddl'aDiaia le massime derne,
Ka uhm pnttiou V cuiilìmiftla «ppliunxioiii) «Ilo diversn circostanza!, in eui l'uomo
hiiu trovarsi, per faracne norma onde regolare la vita tcinporalo io ordiQQ
liU «tttnjA 11 prezzo teuuissiiiio di hì prexioso libretto e la eleganza tipogradca
UU odixione saranno a tutti uu nuovo stimolo a procacuiarnolu.
II CrtOOT.V-TI 1^1 H. F»lKXRO
«RIA E SrEXE STOmrnP. della GLERRI di roma BiELL'A?iXO ISfi?
I T[« ToIibI il S MD BU Ci)K01IU\ri\ itSe cingile ^mtt lt!l<) Stalo pouliGcio.
I, eoi tipi (ir.lh (.;iv. Cktt. ~ I tre volumi sema la Corografia Lire 6.
Colla Coroffrafia Lire 8. (")
QwBta Storia, compotta eopra i piil aut«niiei documonti, fti data nlln luce
lccés8ÌTameDl« nei quaderni delU f^*eìM CatMiGO. Per aderire alte replicate
iimude avutene, se n'è curata un'cdiziouti a parie, alla quale l'Auloro lia
rttfl quelle rettificazioni o quelle moltissime giimtf. <?he diilla atampe, dallo
krt« 4 dalle spiegazioni, riccvutn dopi la prima pubblicazione, li» (!->'i<^t<!»*o
■cnuarte per rendere più esatto, più piirlicolrtreggiato, e più pieno il SUO
•oconto, Chi voglia accertaci dulia diligenza posta nell' enteiidurlo. vegga
-■Kbi iulo i libri dall'Aiilure citati, oltre gli arcbivii che in Roma Im potuto
(ttsullare; libri dei quali esso fià. un Saggio bibUografico ragionato, con nre-
■•''>i- n-ramentH ningolarn Ora dio ni sono pubblicate tante «torio della
i contro Roma noi Hfi7, infestissimo «1 Governo e ftll'Escrcito pon-
^*--~ ljt3ue elle tutti gli uomini imparviiolì leggauo auulic queata, la qialo
^U merito, a cui prtncipalmeutt! aspira, delta (fìligeuza e della veraciu.
Vk icteiftiii •• fu ofQiluIs sHurilj l'oii woai.
UlilVIM. SVULUIHENTU E PKATICIIE
DELLA DKVOZtOXE AL CUOBE SS. DI GESÙ CRISTO'
hmit stirìche mttàU ii\ P. ETIOtE VIINTL1S1 i 0. a. fl.
Pbato, Upoprafia QiadteHi, Figlio e O. 1886. In 16. piec. di pa^.
Vre^zo L. I), 51) c<>U' umiecima copia graiit a dune ae-juistn 10
RnccomaDdianio yer ora si divoti del 88. Cuore «Ji Geaù qm-^^v .
^operetta, delta quale daremo pìA «[moìilIb contRZza nella prossini.<
LEGA MARIANA, RICORDO DEL MESE DIHA&GIO
iM InoagiiMili (òlognGca ieh W. Vergine m mili ia traMlìtegniU t In paj'aattf C i
Lo rftuttomao diamo HpeuialmouUj perclié ourft ad et^lirparu la bestcC
Qontro la M«dr« di Dio ed a ripararne 1« offcM, SÌ T«ti(l« m Modvaa prsi
fiocittik Litografica S.Gìiisoppe. t) prexzo di lire italiano 3 il oeato, e t]
mille, franche di posta.
Affiaa di facìtitaro la formazione di biìjliot^cba caltolicho, ed
^tare secondo il passìbile gli sfunti di (jiiauti si iiduii'jmuo alls
pagaiiiono do' buoni libri, cominciamo oggi a prttst'ntaro una
f pecialo di opero scelto a proz^iì struordinarìameiito ridotti. Le dint
devono dirigerai esclusivamente alla — Amministrazione c^nf mie
Cii-Uià Catiotiixi. via do* Conti 3, Fireuise — accompagr.
glia, 0 danaro corrisitundoiite. I libri richiesti saranno spi:*.... ...
di porto p(;r tutta l'Italia: ma non si darà sconto veruno a cbic«b<
neppure ai nostri buueiuoriti gerenti, o ai librai. Per tutti gli,
libri non indicali in questa lista uuova ci rimettiamo agli avi
al catalogo precedente.
Ada SS. D. N. Pii PP. IX. ex quibtu exccrptus est Sjllabus. Un voi la &|
(li pasg. '-ifiU. I. I, 1(11
Allios Tommaso Qugliemo — Ijì Cattodra di S. Pietro, fondamoiio delti j
Cliies.1, fonin d>ilTa t^iuri odinone, ctiuiro deiruailó. Versioafl Jall' ioiiiofkj
L'n voi. m S, di [ijiijk'. I4H. •• --.W
Ballerini Antonio (d. C. d. G ) — lo'^ fi ofllciiim Epìscopomm in
siilTragio prò i rifa Ili tijliuiie Romani PonltlloiSi, cooira iniperas caini
rcr distiiii.sitiori>'m iiior»tem asseriiim H viDdicaium. Itol voi. io H. » — SOJ
Boero Giuseppe (d. C. d. G) — Istoria del Sanlunrio della Beala Ver^iu JlJ
GuUoro. Tena »lizù>ne. Va opuscolo dì pa^jf!. tìS. i
— Vita d.d U-diù^aoui do Urlilo. M. d. C. d. G. voi. in I6.di p "^ •■•■^:
— Rlslrelin delia vita dwl B. Lliuvanui de Brillo, tu Hi, di i
" tsloria della vita del Ven. i*. Giuseppe PigDalelll d. C iL u. i^n voi. ini
di pagg. 3(ilt. * 3
— Iitlorui della Conversione alla Chìe^ Catiolica di (ìsrio II Re d' InghìI
cavata da «(rrìuure auienlicheed ori^iKilì. Ln voi. in 8, di (cil^k. ìki. > ~
, — Viia del li. Kalni Pietro, primo nompsijno di S- Ignazio oi Ifliola. Uà
in 16. di papn. 887. » 2
Borgianelli Enrico (d. C. d. G.) — Discorso deiranlìca e moderna (ì«sal
loLia. Voi. % m lì Brande, di pagg. 37G e :i30. » 3
Prua, rijv Oi^cbtfUi, FIeUo • a PtU UOV^Nt,««r«nte rM|KMwMUÌ
dtfb
L^
CIYILTÀ CATTOLICA
Bcatus fopulua eui'ui Ihmtw4S Deus eiwi.
PSAL». CXtJIl. 15.
ANNO TRI6ESIM0SETTIM0
SERIE XIII. — VOL. n. — QUADERNO 863
INDICE IH QUESTO QUADERNO
— Di un dilemma. cosTiTirzrosAi.E l'ag. 51 S
— CoMMe-tTAKID OKLL' b.>aCI.ICA « IMHOATALE UCI » » diUÌ
— Uk wuovo unno sul « sillabo *. ■ 544
— StUUII KECKfTTI 90PHA l .NUHAGHI E toaO IMP0!\IAP1ZA » 563
— 1 DKftfiLrrn » 570
XXII. I,e angosce dt>l cuor maieroo » ni
XXII!. Un viai;;iio ad vVlesumlria di Ersilio » 5H0
XXIV. Il ^iìfì (! Iiiogtii di dclìiic e di commercio » 585
VI, — RmsTA oklla sr.vwrA rrALiA:<.i » 590
1. Nniixia de' lavori di e^^tologia e lingue semiiicbe, pubblicali
in Italia in questi iittimt decennli » tri
n. L'afliiio agrario e la Insiyi di rirchcraa mobile. Con5Ìdcr3/.l»Hrt
ddl'-'U-r. friomnni lìortoheci ► 591*
VII. — Bibliografia ' » OO'J
VlH. — Cronaca costkhpobakea » GIS
I. Cose fuimane » ivi
II. Cose italiane '. . . » fi25
Ul- Cose STnAPriEnE — J'russia (Mostra eorrìspondenea) . , » 631
PIRKMZE
pansao LUIUt MANTFCM, i.tuiiAio
ftuf i- Miti* hi Casf«
5 giugno 1886
L'IDEALE NELL'ARTE
r>i:i. ?. i;ai!:t.\no ZOCCIII S. 1,
SeooDda Edlslone fiooresolnt^ a oorrette
rmo. tip. Giachetti, Fistio e G., 18'iQ. Hm voi m l'i, ili ^vj^. 351.
Pnxxot l.lr« 1,G0.
CoDlìene giuste rìfiGasioui iotorno nlla natura flell'iditalo npoessario ad o^
irto « 8i\vii giudizi! Hiilta po«9iadel Miiirvl, [lui Pruti, deir\leitrdi. d«l do Amici
d'.-l Zaoolla con una rapian raHAegiin dui poeti caCliolici co'itcoiporAnel. — Tai
iicrà utiJitìiiiiiiio 'Special iueul« B'giovuii a opportDoa come streana o libra i
premio u«ll« 9ciioI«, '^
I.a predente uilixiaiiesi viinta^gin nnrt pocr> .'itilla preaedcntt!, por In moli
importanti anririate ed altri luiglioramvnli fiiUivi ddU'Aat^jre. Attesa ['im
portauza dell' Opera fra breve no far«mo uno Bpcfialis rivista.
Si venfU all' Ufficio cmtr'xh drUa Ci». Cstt. «j»re»M i prinei/nU Gtrenti Jttta Mwd^MM
DI ESTERINA ANTINORI
Mmm FCBBLICATK DA UN PADHC DUlt COMPAGMt DI GBStì
Téry.a Kdlalone
l\t^màt riuiìn in II, dì pa^g. VllI-311
Prezzo: I.. 1. — Con legatura all' inglese L. 1, 80.
Firenze, presso Lnùji ÒLmmUi, via del Proconsolo 1€, 1884.
^accomandiamo Tivamcntp a quanti hnnao acnore l'ediicaziooc delle fio
vìneitc. o nelle fanti^ie, o oegli educatorji. convitti e scuole, questo ga.'faaua
HÌnio libriccioo che otCte a godere «ott'ugai rispetto, un voru liure dt pari;lii3
nittlcìlmentA potrebbe ftrsi ad uim signorina intelligente o pia un r
mt^riln lutturario e tuDralu. [>iù scoltu i> lino di questa Meuiurìe ■:.■■.
drìV E^tvTinn Aotìnori. Il rapido spaccio d>.-!la prima e e<:<:onda edixiouc Un ro*-
nece6.sarìo il rari: questa terza ia tutta tiguale aìltf duu primo e cui ritratti
in rolo-incisiouc.
DI ANGELINA NOSADINl
RICORDI E SCRUTI PlBBUCATr DA VS PADRE DELIA COHPAUKiA DI GESC
Ikgftott ebnb in 3!, li pigine TIII4SS cm ritnittt
l'rato. Tip. OìncktUi, Figlio r C. IHfii. — I^rozzo Una X^Ì
Ecco un altro caro volumetto che fu bella accompagnatura oilii Mrmari
dcli'Rstvrina Antinorj, di cui io ai breve l-empo ai sono spurae piir l'iulit
milln a mille le copif:. OiiiNtameatc l'Autore di i)ue8ti Riconti paragona l'Ai
gelinu Nuuadiut. vulatu in Paradiso uu unno fa. ad utia Snmmanln rosa d'nnipi
':«|i*n1<<; etti in vi-ritit \:\{v. npparjsije a clii ne \f^9fi « it racc<nito delle lUt
n gli KHtmlli delle Kcritture din iHrgaritenta sono in queste ptigitin ripa
1 gruvt pttlimviiti ni ijuali ranuiullvtta soggiacque) svuxa »apuu dulia Tail
sna che radcirava, o« l<*cf ro. sin dalla tonerà tXk, uua occulta t^roina di pazìi
Noi vivanienie raccomandiamo Peti-ganto libretto a tutti quolll cbe hanno e
dì formar gli animi clovanili alla virtù ed ni giuntili costumi. Gli '
gli RtTÌtti (li qii^Mla di(*io't(.>onc rHiivìullii arrtirino siiig-ilar.* i-lG(*acìn
verli ni bune ed cluviirli aquei pciLsivri ed alTctti HOpranuniumIi, il rin
che l'oducariuno dei giorni nostri ruitrn cosi kIitìIh ili btioni riiiLti. Il .
si venda a beov di uti'upeia iuiìigue di caritii, di'gna in tutto di nii >>
memoria del bell'angelo d'amore divino, cbe fu la gioranetta Novndini.
Sitrotaw vrnJihìh nir l'ffirio t^^tmh il'lltt tiviLTX llirTiiUCA in FiVcnrc, é
i prtHcipali QrffHlt rhU'i tnt'itsima.
ma
xs
DI UN DILEMiLV COSTITUZIONALE
Chi tien dietro eoa qualche studio a qaelto che usa chiam&rsi
movimento delle idee, da tnoltrt Uìm[M in qua deve essersi av-
visto come il credito delle istituzioni parlamentari, nel concetto
del pubhlico, venga via via scemando. Già dieci anni fa ci occorse
di leggere un giudiziosissimo opuscolo francese, sul /atlittimto
del parlamentarismo in Europa, del quale i fatti posteriori,
accaduti in Francia e in Germania e doII* Inghilterra e nella
Spagna e sopra tutto nell'Italia, hanno storicamente aggravato
il ralore dialettico, che aviia ben grande. Tre anni or sono, uno
dei più caldi patroni del parlamentarismo fra noi, Ruggero Bon-
ghi, stampava nella sua prediletta Nuova Antologia queste me-
lanconiche parole: t II Governo parlamentare, cioè un Governo
di partito e nel quale dipende da una maggioran7.a di voti della
Camera elettiva il mutare P amministrazione, è in ribalta in gran
decadimento da per tutto, persino in lughiltorra, dove ha pure
radici antiche e naturali e tutta una compagine sociale atta a
sostenerlo e correggerlo \ »
Per tacer d'altri molti, la Rassegna cotidiana di Roma, lo
scorso febbraio usciva in queste altre parole, non meno sconsolate:
< La decadenza, la corruzione del Governo parlamoutaro sono
Targomento che più di tutti richiama ora l'attenzione dei cultori
delle discipline politiche: non potrebbe essere di versamento,
poichd il male è vivamente sentito e deplorato da molti, ed è
bene che se ne discuta, perchè la discussione non lascerà in-
dprìgnìre la piaga e farà avvisare ai rimedli, che si debbono
pare presto o tardi poter truvare. Veramente, di rhuedit radicali
ne sono già stati consigliati molti; essi consìsterebbero nel
• Fax. del 1« (c\)U: 188».
Serie XITI. col. II. fast, Mil
33
26 maggia 1886
514
01 Vy blLEBlUA
sopprimere questo organismo politico di transizione e di tran-
sazione che è, al dire dì alcuni, il Governo parlamentare, a per
tornaa* addietro al Governo di prerogativa regia, ridotto il Parla-
mentò a funzione consultiva, o per spiugt^rsì risolutamente innanzi
sulla via della founa repubblicana. Ritnedii l'uno e l'altro, che
si possono ridurre al yroptei' vitam rivendi perdere causas '. »
Ma VOpinUtm h andata più oltre. Dopo notato che in Francia
il ribasso dtl credito delle istituzioni parlamentari coraiociA
sino dal 18B8-39, sotto nomini di quel provato liberalismo che
orano i Pórier, i Laffitte, i Thìers, i Guìzot, i Mole, e che qneeto
scredito < mona prima al terrore rosso e poi al terrore bianco; >
0 ciò per « nn processo inevitabile; » ha concluso: < Quindi por
noi Italiani il dilemma è chiaro: o migliorare il reggimento
parlamentare monarchico, tniendo da esso tatti i vantaggi dm
quali ó suscettibile, o pr^^pararsi, dì degenerazione in degeneri-
«ione, alle violenze della rivoluzione (terrore rosso) e della rea-
ziono (Jerrore biancoj '. »
Ecco un dilemma inirenun. fuori dei cui termini all' Opinione
non pare esserne altro possibile, e noi stimiamo d^no di o&-
serrazione.
Al principio di quest'anno, un vecchio credente nel eostibi-
zionalismo, come in panacea di tutti i morbi srvciaU, alfuso delle
pìllole HoUoway, Prospero Padoa, pubblicava un libro, col fine
di riscaldare nell'animo dei giovani l'affetto alle istituzioni
rappresentati ve * nelle quali, scriv'egli, i vecchi liberali posero
tonta fiducia, e che non può negarsi abbiano ora perdnto prA-
stigìo". > Sua tesi è che questo istituzioni vanno scapitando,
non tanto per vizio inerente alla propria natura, quanto perchè
lina pianta parassita vi sì h annidata dentro e le altera e vizia. »
E qual è questa pianta maladetta? Il Parlaìmntarismo, K%-
giung*egli : e lo definisce: « lir iogei-enza indebita dei deputati
* Nam. dd 6 Tebbr. tSSS.
' Niim. Ati 20 tiprih 1886.
^ lì Bt ntt Governo rappreaetiiatìM. BotopDB, Zanichelli, 1888.
COSTITTZfOPfAI-B 5I5
nelle varie amministrazioni. » E lo spiesu meglio, aggiungendo:
< I deputati premono sui ministri, premono sui ministri Del-
l'interesso proprio e in qnello dei loro clienti, postergando l' in-
teresse pubblico. »
Com'è chiaro, il Padoa qui allude al cancro che va sotto
nome di affarismo; cancro per la cui maligoìtìi, sono stie parole,
< l'ordinamento parlamentare imbastardisco, traligna, si guasta
dalle fondamenta, offende la morale, spande la corru;!Ìone, disgusta
gli onesti. >
Questo Parlamenlarìstno, che pullula nelle odierne istitn-
sioni d' Italia, come la fillossera nelle viti infette, ha tale rìrti!i
«rrompitricc, che le fa imputridire, nella stessa guisa appunto
che sotto il rodimento della fillossera cade piitriila la vite. Perciò
la Riforma dì Francesco Crispi, il 1" maggio di quest'anno,
asseriva corrotta la Camera dei deputati, pi-rchè divenuta « una
agenzia d'affari; > corrotto il Senato, perchè divenuto « una
mummificata inutilità * \ corrotti il Consiglio di Stato e la Corte
dei conti, perchè divenuti « campì dì sinecure e dì favoritismi,
aperti ai beniamini dei governanti >; e corrotto l'intero Stato
L-itiliano, ridotto a tale che « lascia lìbero T adito a quanto di
Haeggio si può da cattivi governanti immaginare, a proprio van-
^■hg^o, opperò a danno delle ìstitii^iuni. «
Ma Ruggero Bonghi, che ama rerum cognoseei'e catisaSj
non contento di aver testé messa in mostra una sua bella foto-
grafia del deputato affarista, del deputato spedizioniere e del
ministro dalla volontà licenziosa^ che fa e dista da sultano, ha
cercata la radice vera di tutto il male e l'ha trovata in questo:
« che le assemblee s' immaginano che esse non sono già ìl mezzo,
ma il fine. Surrogano so al paoso che le elegge, non per Sorvire
a 8tl, ma per esserne servito Ini. » E pur troppo egli ha dovuto
toccar con mano che < nell'assemblea italiana un così falso pre-
gindizio cresce. Più la Camera si chiude in so stessa, e più 1
deputati s'immaginano di non esservi mandati se non per curare
gV interessi loro, o quelli degli elettori su cui più contano, o
più gì' interessi locali do'Ior collegi. Così la Camera diventa
via regia della vita privata ; e perchè tale, è desiderato so-
Sl6 01 UN DILENHA
prattutto di farne parte. Poich<^ dalla deputazione sì aspetta 1»
h&Mh del progrodire in ciascuna carrioni, l'aiuto diretto o in-
diretto dello Stato a farvisi aTanti^ premio il farete pubblico
che si Tolge a chi può: non v'ha avvocato, medico, professore,
possidente in bisogno, debitore moroso, persona desiderosa di
arricchire o di godere, intrigante, abbietto affarista ansioso, che
non procuri dì divenir deputalo '.
ni.
Abbiam Toluto premettere queste citazioni, perchà iUustiaoo
molto la prima parte del sorrallegato diletama. Non istaremo
a indagare se il baco delle istituzioni parlamentari sia soltaato
qwbsìo Parlatìteutarismo, che stravolge l'ordine delle cose e brut-
tamente converto il mezzo in fine; nò ci diffonderemo a disputare
se sia 0 non sia vtTo per s5, che il Governo ]jarlaitientare < non
è se non una transizione alla Hepubblica >, secoudoch^ il mi-
nistro Scholtz affermò al Keìcbstog, quando vi si discutevano
le somme pel bilancio del 1384-85. Ma preso tutto come ci si
dà dal Fadoa e dal Bonghi, noi ne inferiremo che adunque il
niiglioranii.'utw del sistema parlamentare in Italia, o oonseguen
temente la sua preservazione dai due f^rrttri il rossoe il hiancù,
dipende più dagli elctti-iri che dagli eletti, giusta il detto del Roma-
gnosi: — Tutto è perduto, se non si prevengono lo cattive elezioni
Ma, dimandiamo noi, poste le condizioni nelle qoali pena
r Italia, & lecito »porare dall' Lntelligen/.a, dalla libertà e dallo
zelo degli elettori un corpo di eletti, che operi il miracolo di
trarre dalle istituzioni parlamentari tutto il vantaggio che poi^
venirne? E si noti che noi non vogliamo investigare, ee l'italiit
devota a queste istituzioni, abbia In so un corpo di candì
il quale, anche nel miglior dei casi, fosse capace di operai
tanto miracolo. Noi ci contentiamo di esaminare il quesito, so
por ciò che riguarda gli elettori, essendo manifesto che, se il
corpo elettorale non è in istato di far buone elezioni, a duI
gioverebbe l'avere un esercito altresì di ottimi candidati.
■ Nuora Antologia, Ta^cicoto del t* nuifigio 1886.
K
Or, consìdfìrato il fatto com'è, noi abbiamo una grandissima
porzioue di elettori che si astengono dalle urne, e non roglioa
saper di elezioni; ed abbiamo l'altra ponione restante, la quale
part^ìpa sì alle urne, ma o 86n;ta liberUi, o sonza capacità, o
contro le medesime istituzioni. Xon hanno libertà le mirìadi dei
viventi al soldo del Governo, o di istituti al Governo legati; non
r hanno le altre migliaia di sottoposti a persone che col Governo
fanno comnnella: non l'hanno gli adepti e i ligi alle tante so-
cietà settarie, ond'è la Penisola arreticata. Tutti costoro debbono
accorrere alle urne e dare il voto, non a chi vorrebbero, ma a
chi il darlo è per loro necessità o t'ìmaconto. Non abbiamo veduto
forse per le elezioni or ora compiute, il capo nominale della bassa
massoneria italiana, un tal giudeo Lemmi, imporre ordini a tutte
le logge e vincolare così la lìbertfL degli affigliati ? E non abbiamo
Teduto il manifesto della democrazia ingiungere ai suoi aderenti
concorso alle urne, per eleggere uomini che in sostanza sor*
vertano lo Statuto colla monarchia? Che so un certo numero di
elettori gode libertà di scegliere, non già il candidato che gU
andrebbe a genio, ma la Usta ov'ò inscritto questo, non è insieme
obbligato di dare il voto a due o tre ftltri, che in cuor suo ripudia,
per far passare T unico da sé preferito? Quindi lo stesso scru-
tinio di lista, voluto dalla legge, non si muta in un impedimouto
alla piena lihertil dell'elettore? K poi quanti sono, cui rimane
ancora questo zinzino di libertà, che sieno poi al caso di giudi-
care la convenienza di un candidato pel pubblico beno? Nei più
di costoro, il gramma di libertà che godono è sopravrinto dalla
assoluta incapacità di utilraento adoperarlo.
IV.
H D'altra parte quanti sono fra gli elettori liberi e no, capaci
Bo DO dì esercitare l'uffizio loro, quelli i quali abbiano fiducia nel
^kayemo che sulla base parlamentare si sostenta? L'ultima legge
^nlettorale ha di molto accresciuto il numero dogli elettori, mas-
^rsimameate negli ordini popolareschi. Ma può dirsi che vi abbia
del pari aC'Crescinto lo zelo per le istituzioni, e la confidenza negli
nomini che le conducono avanti ?
Allorquando si discuteva appunto quella legge, nel t
del 1881^meraorubili furono le confessioni che la verità strappò
dalla liocca del deputato Sonuino Siduoy alla Camera, o niuoo dei
ooHeghi suoi ebbe fronte di contraddire. Giora qui ricordarle,
perchò acconcissimo all' uopo nostro. * Il nostro Governo è debolo,
e non parlo di questo o quel Ministero, ma dell'ente Olovemo ìrt
sé, e per ci5 Stesso adempie malo alla sua missione; è debole,
perchè la nostra vita politica Ò divenuta tutta superficiale. La
grandissima maggiord-nsa della popolazione, più del 90 percento
di essa, si sento estranea ufTutto alle nostre istituzioni; sì vede
soggetta allo Stato o costretta a servirlo col sangue e coi denari,
ma non sente di costituirne una parte viva ed organica, e non
prende interesse alcuno alla sua Bsisten;ia ed al suo svolgi-
mento '. »
Poteva cantarsi pili rotondamente la gran verità, che tra il
popolo italiano e coloro ohe so ne vantano rappresentanti, tra
la nazione e coloro che formano lo Htato, corre un abis^ di di-
stanza? Potrebbe discorrerò diversamente il deputato d'un* as-
semblea che ragionasse d' un popolo conquistalo, o di una oa-
7.ioi)0 signoreggialA dalla for^a di nnu straniero? Ma non basta:
il Sennino Sidney passò avanti e mostri» come il popolo italiano,
non pure nella sna ffrandissima maggioi'anza, fosse e si sentisse
estraneo affatto alle istituzioni nazionali, ma di più le avver-
sasse.
Ecco in qnal modo prosegui egli a ragionare. Questa gran-
dissima maggioranza della popola7.ìune, il 90 per cento, < eott»
sidera tutti i nostri ordinamenti con sospetto e i3on diffidenza,
ed uno spirito di malc*mtento o di scoramento pervado il paese»
dalle Alpi tino all'estrema puntA della Sicilia. Se la forma del
(Jovemo mutasse ad un tratto, so per un colpo di mano o iwr
una crisi qualunque, qmd DH omen averfant, al rtìgimo libero
attuale si sostituisse o il dispotismo più cieoo, o l'anarchia più
scapigliata, la grande ma,s6a resterebbe indifferente all'annun7,ì(\
come di cosa che non la tooohi, oppure, creduta ed avida di no-
vità, saluterebbe il mutamento con isperansa. In una parola, lo
t Atti uffic. pag. .1855.
COSTI ri1Z[0»ALE
519
Slato nostro noti poggia su quella base so'ida e sicura, che è il
«onswso di tutti i suoi conoittudini '. >
Ebbene, clii Io crederebbe? Cinque anni dopo, Ruggero Bonghi,
dall' ovidonsa dei fatti era indotto a stampare la stessa verità»
attenuata appena dall'arte moderante l'espreasion del dolore.
Deplorato che le antiche speranze dei sognatori d' un' Italia ri-
sorta mni} dalla prosento realtà rimaste cosi deluse, e lamtmtato
che gli odierni scrittori « ficettlct u misuri, acoroscauo colla lor
parola la gelida sfiducia che agghiaccia l'anima dei loro com-
patrioti; > seguita a dite che < questa sfiducia v'è pure, più o
meno diffusa, verso le istitu^sioni, verso gli nomini. Serpeggia
per le classi p-ipolarì (e s'inganna chi crede, che serpeggi in
tlcnne proìinoi:! notovolmente più che in altro) un malcontento
amaro e un desiderio inquieto del nuovo: e in esse e n^lle bor-
ghesi e nelle alte una disistima comune per quelli chc\ a qua-
(iunque classe o partito appartengano, presumono di governarle '. >
D che conferma oggi quello che, di)dici anni or sono, il 12 mag-
^0 1371, il deputato Minervini intonava nell'aula di Monteci-
torio ai ministri ed ai suoi colleghi: « ToÌ credevate che la na-
zione fosso voi ; ma voi siete voi, o signori ; la somma della
cittadinanza non siete voi. Anzi vi dir^, che voi siete fuori della
nazione '. »
Ijs quali confessioni, autorevoli, perchi^ d' uomini che non haono
fntecesse a farle in pubblico, valgono tutto un libro a spiegare
«Dcne e perchè tanta parte di elettori, anxi la piil onesta, non
voglia io^pacciarsi di eiezioni, che giudica contrarie alla sua co-
fwidoza, u vedo inutili al comaa bene.
Lasciamo stare le ragioni detta coscienza e d'una debita ob-
Wienza al Sommo Pontefice, le quali ritraggono i cattolici dalle
'WM. Non è egli manifesto che da essi e da tutti i savii e
' hi.
' IfuOvn Aniolojia. I. e.
* AUi u^. pap- 23i(S.
5X0
DI OH DILEMMA
pensanti colla fcesta propria Io istituzioni parlamontari, che reg-
gono i^gìdì i* Italia, sono a buona leggo considerate come nni|
fictio facti, non meno che una Jiclio iuris; cioè dire un ediGxioi
cui manca il fondamento insieme del consenso nazionale e del:
diritto, TUOI antico e vuoi nuovo? Como uno strumento di prepi>-<
lenza nelle mani d'ana. oligarchia, che bugiardamente ÌDdirìz2&{
il Ooremo della naziane, non alla prosperità del popolo, ma all' in-
cremento dì sé stessa?
Quanto air atto pratico ed alle conseguenze che ne risentono,.
il meccanismo di quest'ordigno non appare agli occhi dì tutti
altrimenti che un giuoco di prestigio, il quale oggìmai non gahbK
più nessuno. In cima alla grande mac<;)iina si ha la monarehii,
potere supremo, inviolabile, perchè regna senza re^potisabilità
e non goTerna ; e deve essere centro cardinale di tutto il sistem&
che ne prende il nouie. Ma oltreché una monarchia regnante e
non governante ò tal cosa, che non entra nella intelligonxa del
volgo, in effetto ]m si osserva che la inviolairilità di questa
monarchia andrebbe in fumo, dato che la responsabilità del Qo-
verno dovesse cadere sopra la persona di qualcheduno: del cbe
sono argomento Carlo S, Luigi Filippo e Napoleone IH In Francia
ed Isabella II nella Spagna.
Ia'i respousubilitii iuveco dee staro tutta sopra le spalle dei
ministri, che fanno schermo iìV irresponsabile monarchia. (Sftl
per diritto, in teorica. Ma di fatto le persone piil inTioIabili. da{
questo lato, sono appunto i ministri, i quali di tutto avrtjbbew
a dar conto e giammai non Io hanno dato, né Io danno di nolti,!
fuorché a parole : così che essi, sotto nome di libertà, posso» |
essere, se lor piaccia, veri despoti e tiranni.
n cbe è cosi certo, che, non solamente non è mai accadotB]
in Italia, che un ministro fosso legalmente costretto a soppor-
tare le conseguenze della sua costituz^ionale responsabilHàf ooal
tuttoché le occasioni mille volte se ne sieno offerte; ma, se àò
dovesse accadere, la conclusione sarebbe vana, perchè manci
tuttavia una logge sopra questa responsabilità mintsteriakU
legge che non si farà mai, ed il cui difetto abbandona il pieaij
all'arbitrio di quel gran flagello che porta il nome di burocra-\
oosriTL'noyAt;? 53J
txa: essendo chiaro cho il ministro dì fatto irresponsabile par-
terapa la irresponnabilità sua agli ufBciuIi posti sotto dì sé e
adombrati dall'ala della siia protezione.
Dopo la monarchia, non responsabile di nionto, cho, daudosl
il caso opportuno, diventa poi responsabile di tatto; e dopo il
ministero responsabile di tutto, cho poi è sempre non respori'
sabile di niente, viene il potere legislativo, che esercita la so-
TTonìtii propriamente giuridica e nazionale, perchè si presume
emanato e delegato dall'unico sovrano che è il popolo.
Senonchò tutti sanno quanto il popolo effeittivameute sia tenuto
lungi dall'esercizio di quest'atto di sovranità, negandoglisi quel
''Wffragìo universale che sarebbe di suo diritto, dato che lo
Istituzioni parlamentari sieno originate dai plebisciti e poggino
sol principio della sovranità popolare. Il che sì nota, non perchè
questo suffragio si stimi cosa seria e benelìca, ma uaicaiiiente
iffincbò si vegga tutto quello che è di falso nel supposto, che
potere legislativo sia dal popolo delegato. Secondo il diritto
rÌTolusiouario, a rigore, non due milioni e mezzo circa d'italiani
soltanto, ma tutti senza ecce/.ione gì' italiani dovrebbero essere
elettori; o tiUl sarebbero dovuti essere, fino da che si stabilì
la mouarcbìa parlamentare coi plebisciti. Se il saffi-agio di tutti
fa creduto necessario a costituire giurìdicamente la nuova mo-
rchia, il suffragio di tutti aveva da credersi aecessario altresì
giurìdica mentt} conservarla; e se il suffragio di tutti fu ri-
liesto come atto giuridico delegante la sovranità, questo pa-
tente doveva richiedersi, coma atto giuridico legittimante
l'esercizio della sovranità medesima, della quale il popolo non
si poteva spogliare. Ond'è singolare che, a rii^onoscere la con-
itraddizione esistente fra la vecchia legge elettorale subalpina
ad il nuovo gius pubblico italiano, s'iuipìegassero ventiduc anni;
ed è più singolare che si riparasse l'errore, offendendo pur sempre
il preteso diritto della sovranità popolare; giacchia la legge ri-
paratrice non ammise o non ammette, per partecipi di questa
sovranità, i milioni d'italiani povori ed analfabeti,! quali non-
leno furono gìadicati idonei, nel tempo del plebisciti, a so-
vranamente costituire la monarchia unitaria.
522
01 un ottemiA
Ma, scam ciò, ubtjì&mo vcOtito quanti, che hauao la facoltà
di Tulursi dol diritto di eleggere i legislatori, se ne ritengono;
quanti nel Talérsene non sono lìberi d'esercitarlo a loro talento,
e qnaatì sono incapaci dì usarlo a bone. £ ciò non astante dallo
scarso ntiDiero di questi «lettori, o non Uberi, o mal liberi, si
vuole far credere che scatiirisc& il legittimo mandato della
nazione.
À tutto questo si aggiunga il cozzo incessante, non già dei
partiti, nf'quali, por un'altra finzione di diritto, si snppone che
sìa diriso il paese, ma degli ambiziosi che si litigano il potere;
e quindi ì maneggi dell'interesse privato e le molteplici cor-
runoni che ne seguono; e poi si dica se ò sperabile che la parte
non grande, la qualo sì accosta allo urne, ne faccia uscire un
corpo dì eletti, cbd inteiidu.no a migliorare lo istituzioni ed a
volgerle in prò del pubblico bene. Il negozio è tìiulo dispenb)
che r Opinione slessa, nove giorni prima dì bandire il suo
dilemma, non esitava a scrivere : « Il munte d' iromondizio, cbo
si possono raccogliere dopo una lotta elct.torale nel nostrv paese,
sarebbe la cosa più alta che in esso si cuuesca '. » Ed il Bonghi
si è accordato seco, soggiungendo: « I sistemi eitfttivi, imagi-
nati por trovare gli ottimi, trovano ì pessimi. Lo mosse son
furato a' buoni da' tristi, a'sapienti dagl'ignoranti, a chi SNit»
la dignità propria da chi non la sente '. »
Or come, interroghiamo noi, non dare ragione a chi rklisa
ogni fede ad un meccanismo politico, il quale, fondato in on
gruppo di mcuzogne, non altro produce se non tristìzie e eof'
ruttele? * ha gelida sfiducia che agghiaccia > il cnoru della
pluralità dei galuntLiomlnl e dei cristiani, non ò ella forse gia-
stificata da una crudele s^Kirìenza di anni ed anni?
Data pertanto la morale impossibilità che, felma sic sfaìttibus,
dal corpo degli elettori italiani si costitnìsca un corpo di eletti,
i quali migliorino le istituzioni parlamentari, ne scende per filo
dì logica, essere adunque ancora monilmente impossibile che il
primo corno del dilemma dell' Opùjioji» si avveri. E sicoornv
> Nuui. (lei 20 aprile 1 886.
' Xitoea Antologia, 1. e.
cocrmrztoxAtE 929
^mnso qnesio corno, non se ne dà, a p&r«r suo, altro che non
sia il secondo, hassi a dedurne che con seguentemente Dell* Italia
ootivien propararsi, di dogenoraziono in dogenerazione costitu-
aìonale, < alle violente delia rivoluzione e della reazione > ; che
è dire ai due terrori, al rosso delP^ocesso nel disordine, ed al
bianco doli' ordine nel bnon diritto.
^^€
VI,
lesta sembra anche a noi una verità incontrastabile. Anzi
& merariglia che la sì diuturna degenerazione del sistema par-
lamentare fra noi, non abbia recata flnoni quella rivoluzione
prettamente demagogica, che già ìtaa quattro volte in uq secolo
ka recata nella Francia e due volte da nu mezzo sucolo nella
^agna. Ma qualunque siafil il complesso delle cause cbe in Italia
hanno prodotta quest'anomalia, certo è che T indugio non ne
Impedirà rarvenimento ed il compimento, al quale tutto mostra
cbe noi ci appressiamo; e Dio non roglia che debba esser» tacito
piCL ruinoso quanto più ritardata.
Uà questa non è la meraviglia maggiore. Maggior meraviglia
è che uomini forniti dyl bcuu doU'inteUetto, quali pure ni ma-
BÌfestauo gli scrittori dell' Opinione, i Bonghi, i Padoa e molti
in genere tra ì fautori del costi tu zionalismo parlamentare, che
Io predicano, col Palma, «7 solo regime che corrisponda alle
odierne coìidizioni di civiltà ', non si sieao accorti che pra-
ticamente nei tempi nostri esso conduce e deve condurre per
necessità al trionfo della dt^mocntzia; ed in sostanza parlò gin-
siÌBSÌmo quel raiuistro prussiano nel Reichstag, che lo definì
< una transizione alla Repubblica. »
Sembni inipoasibile che l'esempio della Francia, paese elas-
8ioo e tipico del parlamentarismo moderno, nella quale esse, eoi
suoi principiì rivoluzionaril, ha spianata la ria alU caduta di
quattro luouarchio ed ha intronizKate già tre Repubbliche, e quello
della Spagna, per non dire d'altre c<jntrade, non insegai nulla
« nulla mostri agli occbi laro. Eppure non si richiede davvero
' La Ugge tulio »tato d^F impiej/aU « i7 Oocertw parìavuntare.
lAJki
DI UX DILEHllA
tma mente d'aqnila né una rista di lince, per intendere e tb-
dere cho un Governo, oom'6 il parlamentare, il quale essenzial-
mente ha da essere Governo dì partito, nella età presente in
cui le congreghe massoniche aTriliippano gli Stati in una rete,
con facilità somma può cadere nelle mani dei partiti settari!,
il cui scopo politico è appunto la Repubblica democratica, mezzo
immediato per raggiung;ere l'ultimo fine dello sconvolgi mento
sociale. N6 si ricerca un grande acume d'ingegno per ricono-
scere nella storia del secol nostro, che la forma parlamentare
del Governo è stata quella, che da por tutto ha sollevato al
poterò le sètte massoniche; le quali poi l'hanno rivolta contro
gli ordini monarchici e la stanno rivoltando contro 1* ordine deUa
famiglia e della proprietà.
Il celebre d'Israeli, nell'ultimo libro che pubblio!) prima di
morire, scriveva questo parole, che sì avrebbero da meditare assai
da tutti i si^atori di miglioramenti del parlamentarismo, fon-
dato nelle libertà dui 1789. < Le barricato non sono state oo*
struite dalla borghesia; io conosco la gente ohe le ha erette;
e questa non forma una nazione, ma una setta. Le sue società
secreto allacciano T Europa, sono sparse in tutta la Spagna e
rodono r Italia. I Wighs non ammettono che un solo rimedio,
a giudizio loro infallibile: il Governo costitonionale. £ssi dao
per sicuro cho le società secreto non possono coesistere colle
istituKiom rappresentative: io posso errare, ma penso al contrario
che le società secreto serviranno più tosto a fare sparire queste
istitn^ionì *. »
VII.
Nell'Italia noi siamo già pervenntì a questo che, per pro-
trarre dì alcuni anni la durata delle istitUEioni monarchiche, d
stato necessario al Depretis inventar quel capolavoro di astusia,
cui si è dato finora nome di trasformismo; e consisteva nel
simulare una politica di progresso verso la rivelazione demo-
cratica, praticandone invece una più presto dì regresso. Forsd
• Endymitm, T. I, e 7,
iota suggerirono le parole del principe di Bisinark, il 29 no-
Koich3tag aluinìLUuo, cho cioè lu Italìfi < il
ponto dì grarità, da Ministeru in Ministero, si è sempre più
Tolto a sìiiifitra; uodo uon poteva aadare pìf) ultra pur questo
Terso, senza sdrucciolare nella Repubblica. * Certo ò che pochi
giorni appresso, il senatore Gasparo Finali potìJ dichiarare ai
oolleghi suoi, tutti consenzienti, che nella Penisola < ormai era
ridotta ai minimi termini la distanza che separa la monarchia
rapp resentati ra da un'altra forma di Governo'.»
Quindi verissima riputiamo la seconda disgiuntiva dell'Opi-
nioiie che, non potendosi purgare l'Italia dall'immensurabile
perversione del parlamentarismo, è mestieri prepararsi ad una
rivuluzione demagogica, delta fi gu ratamente (en-ore rosso, per
poi passare sotto il bianco di una necessaria reazione. La logica,
confermata dalla storia, conduce a (questo inevitabile corollario.
Peraltro non sappiamo capacitarci cho agli nomini dell'Opi-
nione sembri far più paura il terrore detto bianco, che non il
ro08o; ricordando noi assai bene quel che scrissero anni sono,
che cioè: delle due inkrnazìonalìy la rossa del diritto sociali-
stioo e la nera del buon diritto antico, essi anteponevano la
prima alla seconda, ossia il diritto del socialismo al diritto del
decalogo. Forse qnesta orrida 8enten:fa sfuggi loro dalla penna
per distrazione. Onde vogliam credere che oggi non la ripote-
rebboro; sapendo essi che il terrore rosso mira in sostanzia ad
un tal eccidio social», che si rizzano i capelli a solo pensat-rì.
li bianco invece, alla fine dei conti, apporterebbe rimedio a molti
mali; non fosso altro a quella esiziale menzogna, che copre la
corruzione col nome di civiltà, e la licenza e la tirannide con
quello dì libertà.
* Att. Vffic. àeì Senato, png. 2002.
COMMENrAlllO DELL'ENCICLICA
DDIORTALE DEV
h9 Chiesa è alla società civile come l'anima razionale
è al corpo.
Considoruta ch'ebbe Papa Leone l'indole dólla Chiesa in nu-
niera assoluta, la cousidera ia maniera relatiTa, cioè rispetto
alla società civile, e così discorre. « Debbono essere tra loro
debitamente coordinate le due potestà; la ^uale coordiaazioDe
non a torto viene paragonata a quella delV anima e del corpo
nel supposto umano. La qualttcL poi e la portata di siffatte
relazioni non sì può altrimenti stabilire, che ponendo meQt^
come si è detto, alla natura dello duù autorità, e facendo ragiond
della eccellen7.a e nobiltà dui rispettivi fini, essendo Tana di-
rettamente e principalmente preposta alla cura delle cose teik-
poralif TaUra all'acquisto del 1>eni soprannaturali e sempiterni
Quindi tutto ciò che nel mondo in qualunque guisa ha ragiooe
di sacro, tutte ciò che riguarda la salute dello anime ed il
ciilto divino, 0 che fcile sia por natura sua. ovvero per il fine
al quale si riferisce, cade sotto la giurisdizione della Chiesa.
Tutte le altre cose poi che si racchiudono nel giro delle inge-
renze civili e politiche, ò giusto che sottostiano alla antoriti
civile, avendo Gesù Cristo espressamente comandato, che rendasi
a Cesare ciò eh* è di Cesare, e a Dio qael ch*ò di Dio. Se non
che si danno talora dt;i casi, ne* quali si apro un'altra via dì
Concordia ad assicurare la libftrtà di entrambe, cioè a dire ^*
lorchè i reggitori civili ed il Romano Pontefice si mettono
■ Vedi qoad. SCI pag;. U3-157 ilei preu-nu voltune.
COMHE^TAnlO DELL EnCICLKU, « IMHORTALE DEI »
527
accordo sopra qualche ponto ìa particolare. Ideile quali Gir-
la Chiesa offro provo splendi dissi ine di bontò materna,
Tfieando tutto quel pii^, che per lei si può, in opera di arren-
derolezza e d* indulgenzu. >
Molte cose abbiamo nei quaderni antecedenti esposte, rìgnardo
alle mutuo relazioui tra Chiosii i' Stato^ che possono Bervire dì
Coaimentario a questa parte dell'Enciclica di Leon» XIII o pwò
Don ci fermeremo qui lunganiente. ola, quella comparazione, che
fa addotta da Papa Leone, delF unione deirauìiua col corpo
umaDo è degna di profonda considenuiiono, perchè è tutta al
pn>posito, e dagli antichi dottori dalla Chiesa fu assai spesso
adoprata. So non che, dopo Cartesio chu rovinò la rilosufia e
stabili dell'uomo e dell' unione deirariima ol corpo nna dottrina
falsa ed avversa anche a'concilii Ecumenici, quella comparazione
fu a pravo senso tradotta.
Diedorsì a credere i ciu-tesiani eho il corpo umano fosse una
accozzaglia di atomi inerti, e che ruuione dell'anìtna con osso
eorpo consistesse nell'essere L'anima preseinte in un qualche
punto di esso, e da tal punto determinasse! o o al moto o alla
quiete, né altra passiona a Ini cimcedevano. Sistema balordo^ ma
perchè facile ad ossero imaginato, fu abbracciato da molti, sonaa
porre mente alla mancan/,a di reale verità. Chi tiene questa
dottrina ed afferma che la Chiusa ò rispetto allo Stato come
l'anima è rispetto ul corpo, dìi alla Chiesa la sola preseniw e
il potere di mnoverts estri nsocamon te la società civile, la quale
senza essa sarebbe affiato inerte, priva di qualunque vita so-
ciale: questo non regge.
^k L'anima ò strettamente unita al corpo umano da formare con
^■bsso nna compiuta natura ed è principio delle tre vite che ha
gl'uomo, cioè della vita vegetativa, della sensitiva e della intellet-
tiva 0 razionale. Quantunque una sola ed identica anima sia il
primo principio formale di queste tre vite, nondimeno essa opera
con potenze e facolti diverse, e solo quelle che le spettano in
quanto essa ò razionale, cioà l' intelletto e la volontà, sono iuor-
ganicbe; le altre che appartengono alla vita sensitiva ed alla
vegetativa sono organiche. Ora, quando sì fa la prefata compara-
J 1
coHtrEirntnio dell rvciclica
zione e si dice che come è T anima rispetto al corpo, così è la
Chiesa rispetto alla soci<^U civile, por discorrere con tutta esat-
tezza si vuol prender l' anima in quanto è soltanto principio di
vita razionale, e il corpo in quanto è fornito di vita vegetatin
ed anco di vita sensitiva e non in quanto è inerte, com'è un ca-
daroro. Così san Paolo quando descrìreTa la lotta tra lo spirito
e la carne non prendeva la carne destituita di ogni principio
vitale, mercQCcliè cosi non può lottare, ma prendevala come
fornita di vita vegetativa e sensitiva, comechè principio di questa
vita fosse lo stesso spirito che con potenze sue proprie lottava.
Ed appunto per la diversità dolle potenze radicate nelle stessa
anima è ootesta lotta possibile.
Posto le quali cose consideriamo i rapporti della vita razionale
alla vita vegetativa e sonsitiva, quindi i rapporti della Chiesa
alla società civile od allo Stato. Anzi tutto vediamone la priorìti
di orìgine. In questa priorità il corpo, con la vita vegetativa
e sensitiva, precede la vita razionale a in diversi individui e
nello stesso. In diversi, giacché, come abbiamo nel Genesi «
come la ngioue filosofica lo dimostra, l' imperfetto, nella origine
dulie cose contingenti, antecede il perfetto e prima dei vìventi
furono creati gli inorganici; e prima degli animali furono pnv-
dotti i vegetali, ed ultimo fu l'uomo razionale. Neirnomo stesso^
sebbene l'anima, principio delle tre vite s'infonda nello stesso
tempo, tuttavia prima ad apparire è nello stesso individuo la
vita vegetativa, poscia la sensitiva, quindi la razionale. L'im-
perfetto nello individuo si considera come presupposto o soggetto
del perfetto, e quando non ci sìa precedenza di tempo, vuoisi
sempre considerare la priorità di origine e di natura. Simil*
monte diciamo avvenire riguardo allo Stato ed. alla Chiesa.
L'individuo è il primo elemento nell'ordine sociale e però pre-
cede e Stato e Chiesa. Lo Stato dalla Chiesa è elevato ad uà
grada di perfezione maggiore, quindi deve precederla nelk
orìgine. Come poi avviene negli enti che il vegetante sensttin
può essere senxa ì] razionale, ma questo, cioò l' uomOf non può
esìstere senza, avere in sé stesso Tessere sensitivo e vegetantSi
cosi lo Stato 0 la società civile, senza intrinseca rìpugoaBO,
« IMUORTALE DEI >
jiTstare senxa la Chiesa, ma questa naturalmente presuppone
e grindÌTidui e Io Stat) come proprio soggetto.
Se non che questa priorità di origine non indica, per sé, per-
feKtone, anzi, come vedemmo nelle cose contingenti, denota im-
perfeziono rispetto a chi, neU'origine, è posteriore. In ragione
di dignità la Chiesa precede lo Stato o conseguentemente V auto-
rità ecclesiastica sta, per dignità, sopra la cìtìIo, come, in dignità,
l'anima razionale sorpassa Tatiìma sensitiva e la vegetativa e
conseguentemente il razionale sta sopra il bruto e la pianta. Che
nell'anima razionale ci sia questa dignità prevalente, è notissimo
a ciascun filosofo (e tali non sudo qne'modemi scienziati che si
fanno adoratori della sola materia), il quale ben sa che hi dignità
dell'essere cresce nella proporzione del suo dilungarsi dalla ma-
teria e del partecipare della divina immaterialità. L'anima ra-
zionale è immateriale nella propria essenza; e però è Ule in
quelle poten?^ che hanno la medesima sola essenza por soggetto,
e di conseguente ella ii immortale ò incorruttìbile, non essendo
Intuita per composizione di elementi, ma da Dio creata. Gli
SRri enti, forniti soltanto di vita vegetativa e sensitiva, dipen-
dono dalla materia nell'essere e nell'operare, perciò sono, a dir
vero, tutti raatorittU e venuti all'essere per generazione diille
cause seconde, di conseguente per l'azione di queste cessano
di esistere.
In simile maniera la dignità della Chiesa trascende la dignità
della società civile. Quella ha origine tutta divina. Gesù Cristo
le ha dato l'essere, dove ogni società civile fu costituita per
qualche fatto umano o per arbitrio dell'uomo, comechò la ten-
denza che hanno gli uomini a coUegarsi in società provenga
fontalmente da Dio quale autore della natura. Le potenze che
stanno nella Chiesa, in quanto tale, sono spirituali e divine,
dirette a produrre virtù e santità; dove a cose terrene sono per
8& dirette quelle che stanno nella società civile e però sono
materiali e terrene. Ma la superiorità nella nobiltìì, bene anco
risplonde dal considerare l' indole sua propria in quanto cìoA la
Chiesa è società. Per certo una società tanto in nobiltà sovrasta
ftd un'altra, quanto essa è più estesa nella moltitudine dei socti:
w XJII. iwl. //, /'Mc. 8G3
31
2€ maffgio 18S6
S30 COUMBNTARtO DELL' EIiaCUCA
ò direlta a fìne specìfico superiore, ed ha neUa sua costittizioD»
una maggiore virtù a più lunga durata.
Riguardiamo sotto questi rispottì la Chiesa e la società ci-
vile. Ogni società cÌTÌle di fatto fn ed è ristretta in confini.
che comparati a tutta la terra son ben poca cosa. U grande
impero cinese, cho, tra le civili società, primeggia per estendono,
occuiw nna piccola parte dell'orbe terrattueo. K se dal /ait«
pa<tiiamo al diritto^ sembra che la discrepanza dei linguaggi,
sìeno un seguo abb;iStan7.u grave che nessuna socìetìl civile abbia
naturale nniversalìtà. Non siamo noi che soeteniamo doversi
costituire, in virtù di naturale diritto, tante società civili quante
sono differenti nazioni. Può esservi giustissima cagione dell;
dismembramento di nna nazione in più Stati, come vi può esse»
puro giustissima cagione che una società distenda il proprio
dominio sopra una parto di divèrstk Dazione od anche sopra tutta.
Questo accade in tutti i tempi, e non v'ha argomento veruno ehi}
provi il contrario. Ma non si può negare essere più oonvenient»
che i socii di una medesima società civile, ì qnali concordi m
mezzi debbono cospirare al fine sociale comune, abbiano uno
stesso linguaggio ed appartengano ad nn medesima nazione.
Ora, dalla naturale o conveniente ristrettezza di confini che
hanno o debbono avere tutte le civili società, passiamo a rin-
tracciare i conRui della Chiesa. Ove sono? È impossibile ritro-
varli e nel diritto e nel fiotto. Non noi diritto poiché essa è, per
istituzione divina, cattolica, cioè universale. Imperocché Gbsù
Cristo obbligò tutti ì popoli ad entrare nella sna Chiesa ed es-
sere sudditi del suo Vicario e cosi la costituì essenzial menta*
per estensione e per durnzione, cattolica. Laonde mentre tutte lo
società civili, che portano il carattere della voltabilità delle oon
terrene, successi vamonto soccombono o por tarlo ìntrinseoo ehu
ne corrodo i fondamenti, o per estrinseca violunza di altre socìetji
che le manomettono, la sola Chiesa ed ha nella stia stossa c»-
stitn:{ton6 l' intimo principio della sua propria immortalità, e ptf
la mano possente di Dio, che la sorregge, rimane vincitrice in
tutte le lotte che da violenza estrinseca lo sono mosse. Quiudi
si vede (mìrabil cosa che anche sola la manifesta divina!) che
'« iHHonTALG oa s 531
tte quelle cause che sogliono aouientare le cìtìLì società, sor-
Tono a consolidare la Chiesa nulla sua forine^iza u a ruuduria pih
bella e piti cospicua, come il fuoco che riduca in cenere il legno,
purifica Toro. Per U qual cosa ò stoltezza il dire che la Chiesa
sta nella società cÌtìIo o nello Stato, come sarebbe stoltezza l'af-
fermare che il mare sta nella nave, dovendosi dire piil presto
il contrario ; cioò che come le navi ranno veleggiando nel mare,
così tutte lo societik civili vanno veleggiando nella Chiesa cho
a tutto il mondo e in tutti i tempi si distende. Quanto adunque
la Chiesa, consideratane l'ampiezza sociale, sta sopm ad ogni
^^rile società, e vuoisi dire più nobile!
HI Ha non sono, a propriamente parlare, l' estensione e la dura-
zione qnegli attributi da cui debhasi per sé dedurre la nobiltà
, assolata e relativa delle società, beasi è il fine onde traggono
la specie loro. Dal fine ò determinata la essenza d'ogni essere
e, conscguentemente, il grado pìi"! o meno elevato che eccu-
l pano le cose nell' unirerso. Per Io che l'anima razionale che
' ha per fine il possedimento della verità e della virtù e che ha
un eterno e beato destino, ò immensiunente più mibilo del corpo
fornito solo di vita vegetativa e sensitiva, il quale è ordinato al
conseguimento di materiale e terrena perfezione. Xell'uomo stesso
il corpo, con h facoltà che spettano alla vita vegotativa e son-
sitira, ò diretto quale mezzo ai bene dell* anima razionale, mer-
eeochè questa, a principiare la sua esistenza, debb' ossero unita
al corpo, e dal principio sensitivo e dai fantasmi dipende lo srol*
gimento della sua vita intellettuale.
La società civilo è per so stessa diretta al bene temporale
e alU pubblica tranquillità dei socli, e la sovrana autorità deve
adoperarsi studiosamente, affinchè ciascuno possa attuare i pro-
prii diritti. Fino dì grande rilevanisa invero, ma che sottostà
infìnitamente al fine cui è ordinata la Chiesa. Nella Chiesa con-
tinua a Tirere Gesù (Visto, ed essa seguita a compiere la mis-
sione del medesimo. Questa missione è rimettere le colpe, iltu-
minare le mentì con l'insegnamento delle verità specalative e
pratiche, che riguardano Tultimo fine, a cui tutto negli individui
e nelle società vuol essere subordinato; applicare i mezzi che
5:^
COMMENTARIO DELL* EHCICLICA
crescano gli uomini in virtù e santità. A ciò dere tendere U
Chiesa: ma conquesto è uaturaLmeo lo connesso Io STolgimento
del progresso umano nelle scienze, nelle arti, in ogni genere di
cultura. Por la qual cosa, oomochò la precipua nobiltà del Une
specifico della Chiesa s'attenga ad un ordine sopramondano, tut-
biTÌa si riflette eziandio (e il fatto lucalentemente lo dimostra)
a tutt» ciò ch*ò di nobile, di grande, di utile per la cultura
della mente e del cuore, degli individui e delle società unone.
La cristianità, è inseparabilmente unita alla sincera civiltà.
La eccellenza adunque della dignità della Chiesa sopra la ci-
vile società è cospicua a chi ha fior di ragione: ma a rilevarne
r immensa portata e le sue consegnenzo giova recare quel passo
dell' Evangelio, che in ^ stesso assomma tutti i doveri e i diritti
della Chiesa e dei Papi. (Kesil Cristo prima di salire al cielo si
accostò a' suoi discepoli e loro confidò la divina missione: < Ac^
ced€tìs lesiiS locutus est eis, dìcens: data est tnihi omnis pù-
testas in caelo ei in t^rra. Euntes ergo doceU omnes genles,
bapiiznntes eoa in nomine Fatris, et Filti, et Spìntus Sancii:
docente» eos serrare omnia quaecumque mandavi vobis. Et ecce
ego vobiscum sum omnibus diebas, ìtsqiie ad consummaiionein
aaeettli. >
Chi era Gesil? Era Dio che alla sua divina natura aveacMi-
giunta la natura umana nella unità della persona divina del
Verbo. Era pertanto Uomo- Dio. L'umana natura era creatan
prodotta da Dio; il Verbo divino era generato dal Padre eh' è
il principio nella divina Trinità. Gesù, essendo Uomo-Dio, if-
ferma: a me è data dal Padre eterno con la stessa divina gene*
razione, ogni potestà in cielo e in terra: il mio potere sì stende
sopra tutte le angeliche gerarchie; si stende sopra tutte le cose
corporee e terrene, sopra gli uomini, sopra le loro mentì, sopn
le loro volontà, sopra tutte le loro azioni esteriori: il mio sa-
premo potere domina i popoli, i sudditi e i principi, gl'igno-
ranti e i sapienti: tutto è a me subordinato e soggetto: la vok
volontà è legge per tutti: data est milii omnis poiestus^.
ÌOKtt. SO, SI.
J
« IMMORTALE DEI »
5^
Tato, cioè somma, dovea oawrtì la potestà di Gesù per essere
redentore del genere umano, mediatore tra Dio e gli nomini,
aaatificatore delle anime, via all'iiltiiuo fin», verità, vita—é^o
sum via veritas et mia. A suoi apostoli poi confidò la oouti-
Doaxìone della propria missione e perciò dorea ancora parteci-
pare a loro la propria potestà: sicut misit tne Pater, et ego
milto vos \ Forniti gli apostoli e discepoli, che costitnivano la
nascente genirchia cattolica e la Chiesa, di tale divina potestà,
potevano essere da Gosil mandati in propria voce a tutte le genti
per istmirle in tutto ciò che loro avea detto, per battezzarlo,
per santificarle, per gnidarle al cielo. Euntes ergo docete omnes
gtnteS} nessuna ecctìttnata, baptizantes eos: doct-ntes servare
omtH(tf quaecumqtie marutavi vobis, E terminò la formala dì
questa missione divina con quella grande promessa che non potrà
fallire giammai: che egli con la sua potestà, col suo aiuto, con
U sua forra starà nella sna Chiesa, tino alla fino dei secoli:
sempre, sempre! Ecce egovobiscnm sum usque ad connumma'
tionem aaeculi.
Dall'indole della quale missione si vede la estensione del-
l'oggetto della potestà che è nella Chiesa, o la t^ua efdcacia
relativa a quale sì sia altro potere. Imperocché tutte le azioni
amane vogliono essere dirette all'ultimo fine, e perciò non deb-
bono discordaro dalla suprema norma della divina ragione e della
divina volontà; antoritativa interprete delle quali à la Chiesa.
Per Io cho innumerevoli azioni che sotto un aspt.^tto appaiono
materiali e franche dal magistero o dalla giiirisdiitiond della
Chiesa, sotto l'aspetto morale le sono subordinate. Non deve
' Art 3\en va posto confftl» *npn (iiimIo punto si allpriira il saeìiio Itlton?
alla «JoUfiiu di aaa TummaMi, il quale cosi discnrn; t Sìcot HìFr. dici! isnpra toc.
MaiUl. ciU io aif.) Uli paluUu data tat, qrn pauìo ani* cruci/ixiu, qui sepuìluB
in tmmtéìo, q^ti poatea rfgarrrxit, ìiì esi, ('hrisia, *(«:iiinlHm qnoil honin. nicilnr
aelem illi omnjs fMlcsias Jiui, mionc unioni!), per qiLani ractuin pH ul homo <A»t
omnìpoten», ut stipradictnin r^it <art. (iraecctl. nd I). i Nel luo^'a eiiaia A;t]ì'Knp'lìco
com parte di Cristo: < Homo tiCK^pit v\ lciii[>ore oranipolenliaui, quani MJìiu Dei
habnit ab aetomo, {ter ipsaiii umioncdi {hcrsonac; e\ qna factum est, al sicui homo
(licitar Dciu, ilji dicutnr Omnipoli-riit, n«» qu.iKi «il alia omiiipotemia tiominit <]uain
Filii net. sJcut nrc alia l)e\Uis; st'ii v.u f\\ìod csl oaa [ii'i-soiia Ilei ci hominis. >
{Summ. Thiol. laaesL XIII, art. 1 et II).
COMHETITAftfO DELL IMKXICA
l'iiomo solameutd credere ciò che, come rirt^Iata verità, gli TÌeod
dalla Chiesa proposto a credere, ma dai divini precetti che 1&
Chiesa gli propone, non deve tralignare nel tuangìare, nel ber&,
nel riprodursi, nel laroraro, nella propria conservazione, nel gaei-
reggìare, e va dicendo. In tutte queste cose può V uomo peccare
od assai spesso pecca, né la sua colpa p\ìì> essergli rimessa in-
dipendentemente dalla Chiesa. È vero che la Chiesa non deve
imporre ad uno dì impalmarsi ad una donna determinata, ma
ha bene il diritto di proferire il non licef anche a' re della terra,
quando ribelli alle leggi divine, vogliono stendere le braitte loro
con la soia norma della propria concupiscenm. Così non ìspetU
certamente alla Ohit^sa disciplinar le milizie, ma come non pad
essere indifferente nella oppressione degli individui innocenti,
così non pu& esserlo noUa oppressione delle società non colpe-
voli, nò può approvare o tollerare rusurpaxione di ciò ch'ò aoCD}.
Di più, essendo il Papa il supremo giudice nello cootroversÌA
inorali, può ben esso decidere con autorità suprema sopra la giù*
stizia 0 la ingiustizia morale di una guerra. Però vedesi che,
se si osservasse in tutta quanta la cristianità l'ordine da Dio
prestabilito nella soggezione alPautorità della Chiesa, sarebbooo
tolte le guerre e da tutti i cristiani accL'ttato o ricorco per ar-
bitro dei grandi litigi intemazionali il Romano Pontefice Vi-
cario di Gesù Ciisto. Ma, cosa inaspettata e provide nsìalo! in àò
dovea a' di nostri precedere con l'esempio un Imperatore prò*
testante e in un tempo in cui era in aperta lotta contro il Fa*
pato — fatto d'immensa rilevanza, proparato dalla sapienaadi
Leone Xtit; fatto gravido di consolantissime conseguenze.
Cho 80 dalla estensiuno dell'oggetto, sopra cai va hi potestà
della Chiesa passiamo alla sua relativa efficacia, convienci porre
nu principio eh' è certo ed evidente. Non v'ha dubbio che ou
forza minore è superata da nna forza maggiore neirordine fisico.
Nel morale altresì un diritto minore cessa di esìstere in faccia
ad uno maggiore; come allorquando non si può eseguire insiene
mi dovere maggiore e un minore, convieni) dare al primo la pre*
valenza. Queste regole s' hanno por certo a tenere nella appa-
rente collisione, so avvenga, dei diritti della Chiesa e della cibile
4 iuxoutaie dei ^ 535
9oaetà e neir adempimento lìei doveri verso di quella e verso
di qaesta. li fine a cui teode la Chiesa è l'ultimo ftae, diU quale
tutti gli altri finì, elio sì profigge l' uomo iadividuo o 1» società
civU^^T Qou possono essere iudipeodeuti ; ma questi deblwiiSL a
quello subordinare di guisa che non ò mai Lecito prefìggersene
alcuno che gli sìa opposto.
Assai spesso si dà una mala interpretazione a quel detto di
Gesù Cristo citato da Papa Leone XILI: dai« quaestmt Caesaris
Ctusariet guaesunt Dei Beo. Certi moderni politici così lo spie-
gaoc quasi che tra Cesare e Dio ci sia indipendenza ; e si possa
servire a Cosare shdz» subordinarsi a Dio nello stesso prestaro
sermio a Cesare. Cot^jta interpretazione è sostenuta dai segnaci
della dottrina che insegna la separazione della Chiesa dallo Stato,
dottrina rea, che vìeue ad orpellarsi con quot seducente prin-
cipio: Chiesa libera in libero Stato. Questa f'iruiula 6 assurda,
come sarebbe assurda l'altra: servo libero con libero padrone;
figlio libero con padre libero. È vero che l'antoritù, civile è, nel
sno genere, suprema: è vero che lo Stato non sì puC» dire, por
sé, né serro nò figlio della Chiesa, e testi noi abbiamo dimo-
strato che, nell'origine o nella natura, b Stato pnjccde la Chiesa,
perchè questa io suppone come sc^gotto. Tuttavia tra lo Stato
e la Chiesa essenzialmente tì debbe essere quella subordinazione
che ha luogo tra il fine dello Stato ed il fine supremo cui tende
la Chiesa.
Stpìentissitnamente si tratta dalI'Aquinate questo punto nel
Libro I de Regimine Principum al capo 14. < Poiché l' uomo
coi vivere virtuosamente è ordinato ad un fine superiore, che
consiste nel godere di Die stesso-, h necessario che il fine della
moltitudine umuna sia lo sti^sso fìtie che ha l'individuo. Laonde
il fine della moltitudine associata non è il vivere virtuosameute,
ma col vivere virtuosamente gìugnere alla fruizione divina. Che
se a questo fino sì potesse pervenire per virtù della natura umana,
all'ufficio di re apparterrebbe il dirigere gli uomini al fine stosso.
Supponiamo che si appelli re quello cui viene commessa la somma
del regime nelle ceso umane. Ora tant'è pìv'i sublime il regime,
qaaot'esso è ordinato a fine superiore. Imperocehà sempre a quello
536 covìiEtrr&Rio deli,' ciracucA.
cui spetta L'ultimo fÌDO, appurtiene il comandare a coloro che
fanno quello coso che voglionsi ordiuare al medesimo fine; cosi il
goreruatore cui spetta disporre della navigazione, proscrive a co-
lui che fabbrica la nave, quale ne debba essere la costniziona ac-
concia alla navigazione; e colui che adopera Tarnii, ordina al
fabbro coni*? debbono essere formate. Ma perchè l'uomo non per
umana virtù, bensì per divina, consegue il fiue della divina fìni-
zione, non ispetterà all'umano bensì al divino reggimento con-
darre Tnomo a cotesto fine. Adunque cosifatto reggimento ap-
parterrà a quel re che non è soltanto uomo, ma ancora Dio, cioè
al Signor N<tìtro Gesù Cristo, il quale facendo gli uomini essere
figliuoli di Dio gì' introdusse alla celeste gloria. Questo pertanto
è il regno a lui dato che giammai non si corromperà: per lo
Chò nelle sante Scritture Gresil non 6 solo detto Sacerdote ma
ancora Re. Onde da lui deriva il sacerdozio regale: e, ciò che
è più, tutti i fedeli di Cristo, in quanto sono sue membra, ven-
gono detti re e sacerdoti. Affinchè le cose spirituali fossero dì-
stinte dallo terrene, il ministero di cotesto regno non è commesso
&i re terreni, ma ai sacerdoti e precìpuamente al Sommo Sa-
cerdote successore di Pietro, Vicario di Cristo, Komano Pontefice,
al quale tutti i re del popolo cri4Ìano def^ono essere sudditi
come allo stesso Signore Gesìi Cristo. In questa maniera a quello
cui appartìone la cura dell* ultimo fine, debbono essere soggetti
quelli ai quali spetta la cura dei fini prossimi, od essere d&l
suo imperio diretti. Perchè il sacerdozio dei gentili e tutto il
loro culto era ordinato all'acquisto di beni temporali, i quali ven-
gono diretti al comun bene della moltitudine, cui deve prorro-
dere il re, però convenientemente i sacerdoti sottostavano ai re...
Ma noli» nuova legge il sacerdozio ò più alto, e per esso gU
uomini vengono guidati ai beni celesti: pen> nolla legge di Cri-
sto i re debbono essere sc^getti u sacerdoti '. >
' « Odia Iiomo Trveiiilu sccunduin vìrlittcìn ad ultcriortm fioi^ni oiilinaiur, qui
coiuìMil ili rmilionf! dìvinn. opurlft ^nmilcni llncm cjKr mtillilntltm^ tlunlAoar^, t]ll
f» hwiiijiii uains. Nou rst ergo ullimuj finis tiialliliidiiiiscondix'galac \'i\vn «eo»*
dnm vinul^m, wA prr virtooMiii vlctm pr rifmirf ad rruitìonrni divjiiam. Si qnidnni
atiteDi ai hunc Dnem peneniri poBWt lìrtolc hunanae naturae. itecesH esset^Dt ad
t
« IMMORTALE DO » 537
Questa dottrina ò subii mamen te vera ed esau ci (t& la norma
da bene spiegare quot fomoso dotto di Gesù Cristo; date a Ce-
sare quel ch'è di Cesare e a Dio ci6 ch*ò di Dio. Quando mai
allorché si adopera una simile frase in altre occasioni e si ap-
plica ad altre persone sì -rìene ad indicaro mutua indipendenza?
Beno si dice ehe vuoisi dare culto ansanti, alla Vergine Imma-
colata, a Dio: ma per certo non si accenna a indipendenza remna,
anzi implìcitamente s'ìnchiude la necessarissima dipendenza dei
santi e della Vergine da Dio. Così dicesi al servo; obbedite al pa-
drcme, alla sua moglie, ai figlinoli: ma coli' ordine dovuto. E vero
che vuoisi dare obbedienza a Cosare, e vuoisi dare obbedienza a
Dio, ma tutto Cesare, tutto il governo civile, cioè ogni soggetto del
sorrano potere è dipendente da Die ed ò saddito di Dio, da cui
ha tutta la propria autorità. Per Io che si deve obbedienza prima
ni
iiHii rtpi pvrtineret ilirìiri-re tiominfs in haiic lìnem. liane mm dici raitem *up-
jwoimiLs cui sumni» rpfiminis in pelili* humanis AornmiCiilur. Tanto aulem c^t ro-
simeli sntiliniids quanto ud tirreni ullertoreiii ordinatur. Semjier eoim ìiivenìliir ilio
qiipm (wrtinft tilllmn* finis imperare opei-.inlibiii i^a i{nnv ad Jìni"']n olliiimm or-
diiuiniur: sicui giihpriinior, nd qucm pFriinnt nin-igslìoiidii disponerr, impcrnt ei
qnì Biiiem coiiMilait i|iiiili>m niivem Ilg^igjtiQnì aptain fncer^ tlebeut; civilix juteni
qui Dtiiur nrinìs. impent faljra quntja arma Tuliricet. Set) <|iiia [Iricm friiilÌoiiÌB ili-
viriae HO» con>C(]iiiliir homij per virLutem humaiiani, •>eil limite divina iuxln illu'l
postoli (ìoir. &, SS. Gratiit Dei vita aelfrtvì: [HTilncere uri illiim fincm non
annui fril, wd divini refiimims. Ad illuni j;:ilur roRem IiuìustochIì rpnimni |H'riÌiin
(|DÌ non tsi solum homo, scil oUani Deu^, sciliirt!! ad Dominuin nostrum If.«iiiii Cliri-
ftlurn, qui honiines lilios Dei faciers in cae|(>st(>m /lorinro ititi'odiixjl. Hoc igiliir e<i
ngimflt pi [rnrlilDfn qood non formmppiur: prapier i)uod non solum snc^nb^ m\
rex in scrifitum sacris nominnliir, diceiile ler. i% 5. — lletma'iil res ei K3\>\Ktt»
trìu — Undo ab 00 n^al^ saci-iilinium ilmvaiur; ei i|ood est omplius, nmiifs Chrisli
ftdel», in c{uao[mii «uni [iH-[iiLim eìus, regt'-^ et s»<:«i'dole.'» dicoritur. Iluiu^ ci-i:o rcgoi
mhiiìib'rinni, ut n tprri'nis t^«i>nl sjiintuslin dijiiiiiLla, nofi li>rrfni^ irpiliii'i. «ri fa-
lotibus est coinmiiiSDin. et pra<<cipHe Sunimo Sacf-nloti Mia:L>siDri Fetri, Cluì^iti
rio, (tornano foniilìci, cui oranti ft'jiFs populi chriMiani oponet t^^ snlulilos
Dt i[«i iJomiiio Ics» (^risio. Sic eiiim ei :id qucm linìs ullimi cura [>ortiiiet, ^uIkIÌ
bbent illi ad qooj |)ci'(iiiot cura aiilccMcntiuiii tininin ci e<u« imperio i]iri;;i. Mula
sncerdotium genLìlium ei lotus di^lnoriim ciiltus (?rai pmi>ter tt!mpor.-ilij bona
eoiH|irir«nda, nm^ omnia onlinarilur ad mnllilndiniit bnnum cominune. uiu* ngt cura
iDCRnihil; t'Linvenienlcr siii^prdotc^ ^ctitiliuni iv^ilms sutxli'bnnlur.,. Sed m nova lege
ed sc«rdoliam ;iltiu5. per quod lioiiiine? iHihanlur ad bona cneLcslia; unde in lege
Ch.ljgU rcges dt-benl snrridoiibos esse subìcclo*. >
538 covvrTTAKio dell' G?iciaju
a Dio, poscia a Cesare, e in tanto si dere dar« obbedienzt a Ce-
sard ÌQ quanto la sì deve a Dio. Dal che si vede che qualora
un goremo si fomlasso sulla nogii^ìono ili Dio, perciò franch&-
rebbe ì sudditi dal dovere di obbedire a sé stesso, e al diritto
sostÌtuirebl>& la for/a, la propotonm, la tirannia.
Nei primordii del cristianesimo s'incarnò qnesto grande prìo-
«ipio, della 811 burd in aziono nell'obbodiro, in un f^tto 9obnaissÌm<>
che fu poscia nella successione dei secoli semijre ripetuto di ^isa
che in esso si può dir compendiata la storia della Chiesa cat-
tolica. Eccolo descritto negli Atti degli Apostoli \ « Miser lo
mani addosso agli apostoli, e li posero nella pubblica prigione.
Ala l'Angelo del Signore di notte tempo aprì le porte della pri-
gione, e condottili fuora disse; andate, e stateri nel tempio a
predicare al popolo bitte le parole di questa scienza* di rita. Ed
essi udito questo entrarono sul far dell'alba nel tempio, e in*
segnavano. Ma venuto il prìncipe de' sacerdoti, e qnolli del soo
partito, convocarono il sinodrio e tutti i seniori de^figliuoli di
Israele: e mandarono alla prigione, perchè fosser condotti loto
davanti. E andati i ministri e aperta la prigione, non li trovando,
lomaro indietro a recar qimsta inii>va, dicendo: Quanto alla pri-
gione l'abbiamo trovata chiusa con tutta puntnalità, e le guardie
' U i<!rsion(> Kcau ^ del Mirtini. « Fi inìcc^runl manux in \ponoTo«, «1 fu-
fucrunl PO» in ciifitodiu public^. AiigduH atilnn noinìni |u>r nncinn a|>Prìf>n!t ianiBl
cnrcrrl", ei odiiccn'i pn*. A\\H: llr. <>t ^tnntp^ Inquimìni iii it^jilo pli^bi ontnia rtrba
TitHP hiiiii!'. Olii ciirn siiri;:;*!nit. tritravtTuul ililii;;iilii iti ii^mplum pt tioci-tnnt. SÌ-
rpiiirns .mtpm prince|w «tr-erdolum, el <joì cum eo erant, coinocavcrunl condlion.
et mina «nnion-s filloi-mn Urnfìl; et rai«?niai nd carreirm, Di adrtuCRVnlBr. Olin
aiilrm tnì'M<>nl minitlri pt »\mru> careere non ìnv^Bifunl illos, i-ovvrei nimcisvi'
nini, ilici'nti'*': Carccrvni quidt^ni Invenimus claosinn nim onmi dilìgfinti^, M nM9-
Af* 5lAn(c« anii? inniins: .iporìpntfs .iiil^m ncininr'm ìniiu iiuMiJniuiL Gì autfln an*
dicninl 1)09 ji^nnrini? mapfimtus templi et prlncipcs sac^rdotiim. imblfcliMl de ili)
qnidnaiD Fi«rel. Adreniciu autein quidam nunciavit (t\i. gaia ec(« tifi quA» paniltil
in rarceirm, ntnt in tnnpio M.inlnt, ci docf'nie; populum, TaiK abìil mnffiitu-uitii enm
miniMrui, ci nHdiixit ìllos sìnc ti: tim^banl enim (Mpiiltim, ne bptdar^nliir. Et cum
3<Mu\isA.-nl ilio*. >t'iluirrt)nt in concilio, Kt iiiicrnqEnvIl eoe prìnoqis HowrdMDIB
dicpns : I-ra^KipirniIn prapcppiratis rohit, r\f dncerplis in nomiti* isto : et «ce replrti*
leni^alcm docthna vt-sin: et Tilt» indmcrri! supt^r dos Riii)ri]iDMn hoinbiis Miw>
Itcspondm)!! aatetn Pclrm et Apostoli, itiicruni: Otictlirp oportct Dco nugis i|iun
lioniinibus. » -^ct, Ap. e. V.
fiwTÌ in piedi alle porto: ma apdrUla DÌiino vi abbiamo trovuto
dentro. Uilile tali parole, il prefetto del tempio e i principi dei
sacerdoti staran perplessi, deve queste cose andassero a finire.
Ma sopraggiunse chi diede lor questo avriso: ecco che quegli
nomini, che faron mossi da voi in prigione, stanno arditamente
nel tempio, e insegnano al popolo. Allora andò il magistrato con
i ministri, e li menò via, non con violenza: imperocché temevan
di non esser lapidati dal popolo. £ li condussero, e presenta-
rono al consiglio. E il sommo sacerdote gì* interrogò diceutlo:
Noi Ti abbiamo strettamente ingianto di non insegnare in quel
nome: ed ecco che avete riempito Gerusalemme della vostra dot*
trina, e volete renderci responsabili del sangae dì quell'uomo.
Rispose Pietro e gli Aposbili e dissero: Bìsoosa ibhidibr \ Bio
rirrtosTo che agli cokim. » Forti nel loro diritto seguitarono la
loro missione divina.
Da Nerone a Costantino ci fu una serie di imperatori tiranni.
Pietri e 1 snoi successori comandarono a fedeli che obbedissero
loro in tutt*) ciò cho era lecita). Ma eglino pretendevano obbe-
dienza illimitata, stoltamente dandosi a credere so essere Ìndi*
pendenti da Dio, da Gesiì Cristo, dal suo Vicario. Perciò il loro
comando era destituto di ogni autorità, cssfjndochè l'autoritii
WTrana venendo da Dio, ripu^ma che sia contro Dio. Le carceri
fiirono ripieno di cristiani. Io vie inondato di sangue, combusti
i templi. Ala il cristianesimo divenne più fort« o più si estese,
i tiranni furono sconfitti, spenti, T idolatria distrutta. Da Giu-
liano apostata a Napoleone I si ripeto il medesimo fatto. La
Chiesa si abbellì di martìri e di santi, fiori di vita più gagliarda
e dei suoi tirunni potò diro sempre a Dio; tamquam vox jigidi
confringes eos: tu gli hai infranti come vasi di creta. Quando
qae' principi ebrei rovesciavano il loro furore contro Pietro e gli
ipostoli, Gamaliele gran dottore della legge loro disse'': se que-
st'opera che vogliono costituire gli Apostoli è umana, sarà di-
strutta; se divina sono inutili i vostri sforzi. Oggimai sono
' t Si rn ex homiiiibus conjllium hoc ant opii<, H sohcinr: si itro et Dro est,
lUD pAtaiii Asnitere iltad. «Le.
540
coHuetrrAiuo dell' enciclica
trascorsi dicìaunoTd secoli 6 la potestà di tutti gli oppressori
della Chiesa fu distrutta,, ed invece riin&se salda ed immobile
la Chiesa stessa. I>unquo questa è opora di Uio, e noo debbono
ì sovrani terreui e ì loro governi trattare come loro nemici e
nomici della patria qneUÌ che por non disobbedire a Dìo non
eseguiscono i loro non retti voleri. Imperocché il fondamento éi
ogni Società civile ò la sincera e piena dipondonza da Dio.
Fra i pifi splendidi e universali caratteri della sorrantU o
provvidenza di Dio, v'è quello di dominare, assistere, concorrere
alle oi>erazioni di tutte le cause seconde cosi, che appaiano
queste causo seconde agire quasi da per si stesse. La onnipo-
tente mano di Dio par che volentieri si oocaltl! Kppure è im*
possibile che non priìsieda a tutto e ad ogni atto non concorra.
La Chiesa ch'ò tutta formaU s^jcondo il divino modello e che
da Dio è continuamente guidata ad esprimere la divina bontà
nel reggimento dei popoU della terra, sempre tendo, nella pratiet,
ad esemplare la anzidetta maniera di provvidenza. Essa vorrebbe
che tutti ì governi e che tutti i sovrani per solo amore e perdei-
derio del bene delli Stati loro, con pienissima e cospicua li
sì conducessero a fare quello che hanno dovere di fare. Che
qualche volta apparisse duro l'eseguire ciò che sarebbe dovere
di faro, allora, come in sentenza sapientemente dice Papa Leone,
anziché ribellarsi, dovrebbero i sovrani esporre i proprii desiderii
e le proprie ragioni al Romano Pontefice eh' è padre comune e
che dev'essere sempre e con tutti rivestito della carità di GesA
Cristo. Kè raccordo può mancare se i sovrani stessi non amino
traviare dalla linea della giustìzia e far miseri i proprii popoli,
mercecfhè e per ragione e per fede e per la storia ò chiarib)
che * nn'seros facit populoa peccatum. * {Prov. 14).
Nello Stato pontificio, ossia della Chiesa, nel quale v'era idea*
tillcazione personale tra il Vicario di Gesù Cristo e il soggetto
della civile autoritii suprema, il paragone deir unione del corpo
con r anima, presa nel senso sopra esposto, perfettamente qua-
drava. Ma da ciò non seguo che necessariamenU l'ordine di
esso Stato dovesse esser sempre perfetto, come in uno stesso
nomo talvolta l'anima à troppo indulgente verso il corpo cai è
personalmente congiunta, talvolta ò troppo severa. E Io stesso
dovrebl)esi dire se Gesù Cristo che ne avea pienissimo diritto,
avesso Toluto che il suo Vicario fosse runico re di tutti i popoli
della terra. Ma ciò non accadde. IL Papa non dev'essere il Ite
ia ogni Stato, tuttavia la Chiesa, col suo spirito, coll6 sue leggi
dev'essere Tanlma degli Stati, tutti L quali, ueirordiue spirituale,
gli appartengono o dì diritto e di fatto o almeno di diritto,
come dicevamo. Imperocché Dio volle nella sua provvidenza che
tutti i popoli appartonessoro alla Chiosa dì Gosi'i Cristo, oh*è
la Romana, e conseguentemente che fossero sudditi del Romano
Pontefice. Di ciò un cristiano non può dubitare. Per la qual cosa
con guatile poesia anche Dante pose che Taugelo il quale con
U navicella conduce Tombre dei trapassati, che non sono tratte
all'inferno, le si raccolga alla foce del Tevere dov'è Roma, e
condottele dal Tevere al Purgatorio, al Tevere rivolga ancora
eoo vece assidua il suo corso. Così fa parlare il Casella:
ODd'io che or era alla marina volto,
Dove l'acqua di Tevere s'iosala,
fieni^oamente fui da lui raccollo.
À quella foce )ia egli or tlritia Tata;
i'erocchè sempre quivi si raccoglie
Qual ver&o d'Acheroale nuu si cala {Purg. U).
A qualcuno forse sembrerà dura la comparazione che ci ha
data occasione di discorrere fin qui, mercecchd sembrerà ignobile,
per la societi civile, o lo Stato, ossone a guisa di corpo, e che la
Chiesa sia in luogo dell'anima razionale. Ma che farcì, se la cosa
è tale? La natura dolio cose, il cui essere da noi non dipende,
è mestieri accettarla qual' è. I/uumo devo contentarsi di essere
uomo e, per natura, all'angelo inferiore: nò a malincuore deve
sofferire la donna l'essere tale e sottostare all'uomo. È mestieri
ammettere la società civile qual è, e non fingersela quale non
è, imitando la stoltezza di que' moderni scienziati, i quali per
francarsi da ogni timore della vita futura e da ogni rimorso della
ooscienita negano lo verità di fatto, p. e. l'esistenza delle cause
finali, l'immortalità dell'anima o persino l'esistenza di Dio.
5«
C0M»E>T1RI0 dell' BNCICUCi
Cotesto SODO pazzie belle e buono: perchè l pazxi credonsi quelli
che non sono, o si adirano contro coloro che Togliono loro per-
Buadoru d'ossero (iiiollì cho sono.
Invece l'esposta dottrina è una fonte di letizia e di glori»
sincera. Di vero, T innesto nelle cose tutte ò ordinato alta ulte*
fiore perfezione di ciò cb'ò meno perfetto; come si vede in quello
delle piante, e corno sì osserva nell* incrociamento delle genera-
zioni degli animali. Cosi Tanima umana unondoBi al corpo umano
lo rende partecipe della propria altissima dignitiV Cosi il Verbo
divino assumendo in Cristo T umana natura la rese partecipe,
con la unità personale, di una infinita i-ccoIIudul Qiiant'ò sublime
questo concetto so si applica a tutta Teconomia dell'ordine morale
e del soprannatnralel L'unione della Chiesa con la società civile
a questa di^ forza, valore, dignità, e quella durazione che dori»
da un intimo principio d'immortalità, che senza la Chiesa non
punto avrebbe. Kd à cosa per so cvidentu. Infatti la Chiesa,
informando la civile società, unisce le menti e i cuori dei soci!
col vincolo della verità e delPamore; rendo paterno il supremo
potere sociale; fa obbedienti e amorosi i sudditi, li I(^a tra
loro facendo loro osservare scambievolmente 1 doveri e rispettate
i diritti, e fiorire tutte le virtù che rendono la società cara,
pacificu e la tengono nella via del vero progresso. Diciamo vero
perchè come la perfezione dell' uomo non consisto 8ulo nella
salute del corpo e nel beu essere della parto sensitiva; ma ad
essa potissimamente richiedesi il ben essere della parte superiore
razionale, così la perfezione della società non consiste solo nel
vantaggiarsi nei beni materiali e del senso, ma potissimamente
nelle virtù della mento e del cuore. Tutto vuoisi misurare dal
fine. Come una casa se non servo all'abitazione degli uomini
non pu6 dirsi buona, fosse anche d'oro; cosi non ò buona una
società che non è ordinata al fine per cui ò creato l'uomo «
per la qnale è da Dio voluta la società quantunque essa ridondi
di beni materiali e terreni.
Non r'ò tempo da perdere. Chi vuole cooperare a salvare la
aocietà dall'imminente mina che lo viene pri.!p«rando la ribel-
lione alla Chiesa, deve propugnare e diffondere queste dottrina
« liraonTALP. DBl >
543
che ci presenta nella sua Enciclica la sapìen?.a di Leone XIII.
JE a questo proposito ci sia permesso chiudere l' articolo con la
naiTarJone di uti fatto recente. Neil' ultimo giovedì santo, in
an'aula di do conritto di nobiiissimi giovani, v'ora preparata
la mensa per dodici poverelli, t giovanetti, dopo aver loro lavati
ì piedi, gli servivano con incredibile amore e diligenza. Il sorrìso
di riconoscenza fioriva sulle labbra, o ana lagrima di tenore;;Ka si
Tedea cadere dairocchio dei poveri. IL stiperioro con a lato ano
de* più caldi e notevoli liberali d'Italia, che per visitar suoi
congiunti giovanetti colìi ritrovavasì. si presentano in sulla soglia.
U liberale stupefatto si rivolge al superiore dicendo: clie scena d
questa? Che si fa qui? Coi il superiore umilmente rispose: sciO'
gliamo la questione sociale. Uimaso colui tutto compreso dell'im-
monsa portata di questa risposta, e chinando il capo in segno dì
:^pri>vazion6 rispose: avete ragione! questo Sarebbe l'unico modo
efficace ; noi abbiamo sbagliata T intonazione. — Questa è la so-
stanza dol fatto narratoci da un giovano dello iJteaso convitto. —
È cosa certa che se vogliamo salvare la società e sciogliere la
questione striale, altro uon c'è da fare che ritornare a' piedi del
Vicario di Gesù Cristo dicendogli, quid vis nos faccre ? Egli
apre le braccia, ci addita il vangelo e, oine efficace preservativo
dei gran mali immìnonti, vuole che le civili società sieno infor-
mate della vera carità di Qesil Cristo e sieno animate dallo
spìrito d&lla Chiesa. Cosi s:iranuo salve e felici, altrimenti do!
b^
UN NUOVO LIBRO SUL SILLABO
1. Proposizione XV. Liberum cuiqw homini est eatn am-
piecti ac profteri religionem, quam raiionis Uunine quis du-
citts verant puiaterii '.
Noi non ci fenaereino a parlare di (inc8ta proposizione, dopo
il tanto a più ripreso scritto altre volte sopra In libertà di Oh
scienza. Accenneremo brevemente qualche cosa che rìgaardi U
esposizione fattane dall'Abbate Bosseboenf. Avec le droil, egli
scrivo, et avec la iìiéolog'te qui ne se piqué pas d'ètre anietife,
mais qui cherche à Uve exacte (ò naa bella dote, non si puì)
negare) il fatti distinguer soigneìisement rindifft'rentistnc pò-
inique ou civil comme fait et principe, et indifférentistne thó*-
logiqnf! ou religieux^ Ija proposizione parla di quest'ultimo';
essa però può avere un doppio senso: il primo, chaeun est Uhm
(Vembrasser la religion de son got'it, de sa fantaisìe^ sans q»i
sa conscience ait rien à répondre devant la moì'ale et la Pro-
vidence; il secondo, cÌMcim est libre de suìvre la religion qw
la lumière de sa raison lui a montré étre la vrait, sans gue
sa conscience aii rien à redouter". Il senso condannato, contì-
nua, non è, né potrebbe essere questo secondo, sondo che h
coscienza deve seguirsi benché erronea nel caso d' ignoranza iu-
TÌncibite. Kimane pertanto il primo Benso.
Senza faro altre osservazioni, noi ci occuperemo soltanto del
' VMi quart. Sfil. pa;^. •72 e s^. i1r-l prpwiilo Mìliime.
* Iflt. Apo«L ^fultipUen inter, Ifl iulii IJ^'il ; Alloc. Ma.tima fiiUm,
» iBllil IWiZ.
» Hg. (tìl. — • Pag. 163. — » Loe. eiu
xm Kuoro LtBito sol « sillabo • 545
senso che secondo il nostro Abbate è condannato nella proposi-
zione. È esso dato con dsattfl;^»!? Xò. Basta ravvicinare la parole
di lui a (Quelle eoa cui è concepita la proposizione pdr accertarsene.
ÌA proposizione propriamente non 9' occupa del dorerò che abbia
chi rìtroTìai nello stato d'ignoranza inriacibile; e neppure del
capriccio 0 della fantasia. Essa riguarda il priucipio, 0 moglie \s>
fiuostioue del ìttezzo maniJ'estanU e proponente la religione 0
culto, che ciascuno individuo e la società deve a Dio. Ogni uomo
è tìssenìiialmeotu dipouduntu da Dìo; a Lui devi3 prufessaro non
solo internamente ma anche esternamente onore, riverenza, doro-
«ione. Chi determinerà 0 manifesterà il complesso di tali doveri
elle riguardano sia l'intelletto sia la volontà, sia T ordine to)ru'
Uoo sia il pratico? La ragione di ciascheduno, risponde l'irra-
gionevole razionalismo, perchè dalla ragione sono da derivarsi le
verità della relìgiouo. Nella pn;>posizioue [V Pio IX avea con-
dannato r antecedente, qui nella XV condanna il cousequente del-
l'argomento razioni! liatico. Là il principio, qui la conseguenza;
\h la premessa, qui la conclusione. Donde si fa mimifesto che per
esporre il senso genuino della proposizione non s'Ita a ricorrere
né ad ignoranza invincibile, nò ad estensione del diritto in
questione, nò alia fantasia momentiLnoa, passionata, maniaca ecc. '
Ciò sarii bollo e buono, ma non erat hk Iokus. Non ò questa
l'ipotesi di cui parla la proposizione, quasi che condanni chi as-
,-Berisca esser libero all' uomo seguire la religione (Vapres la fan'
iaisie du mortmit et les incfiimlioìis avettgles^, come se cia-
scheduno avesse un diritto ahsolu, Ullmité de prò/esser un eidtc
quelconque^ immorale révolutìonnaire subversi/ de la proprii^U
de la famille, de VÉiat, de la Jttatice...' Questi sono errori
gravissimi, come dubitarne? ma non è proprio quello di cui qui
si tratta. Un ranioiialista, so pur aon è sfacciato, sarà il primo
ad escludere hfaniaisie du moment, e le droit absoht, Ulimité,
come anche un culto immoral, revolutionnairc... e non avrebbe
^quindi nessuna diffimltà di ricevere la proposizione XV del Sil-
labo, rimanendosi in p;ice col suo errore cardinale, poniiciosia-
sìmo. Ma con ciò non ammetterebbe la proposizione quale è dans
' I-ag. IO-I. - ■ Ivi. — « Piig. 165.
Sirie XllT. voi. II. foK. 863
33
27 maggio ISM
548 VEf HOOVO LIB^O
h Sijllabus, ma Holo quali) ritrovasi nella eaposìztone del si'
gnor Abbate-, esposÌ;;iono molto amoindrie, appunto per Tegage-
rore che ei fa l'errore che vonebbo far credere condannato io
essa. Cu9a veramonte strana; il austro Scrittore rifuggo tanto
dall'esagerazione! — La Uberf-é de chactin est en tffei limitU,
snwani les termeji mémes de la Drclaratìon des droUs ds
Vhomme (è uno dei fonti dominatici da cui una teolugia, qui
ne se piqitf! pas d'Hre ardente mais qui cherche à Mrti tataett^
può con tutta ragione argomentare), par la lirekté et les DKOtis
d'autrui et par les raisoss d'ordbb ruuLic. Punto e basta! U&,e
la Rivelazione fatta da Ilio per m^z:!o di Gesù Cristo Dio- Uomo,
proposta e predicata dalla Cbit'sa cattolica? Non d essa un li-
mile 0 nell'Economia proaeute il principale?
Il nostro Abbate vuole che non rimanga alcun dubbio sulla
genuinitii della sua eSposi?joDe; per questo appella au pattsogi
de Veticyclique de Pie IX, d'oìt celie proposiliOH est extraUe, e
ne traduce un tratto mettendolo tra virgolette, ed insistendo sulls
parole prò i.ubito, che spiega: mivattl sa fantaisie (p. IBI).
dans la voie rfw capriceX^' 16->). Passiamo pur sopra al chiamar
che egli fa Knciclica quella chtj è Atlocuzione (n6 questo <> il
solo caso di sì poco critico scambiamento); certo si ò, prirnìeia'
mento, che questa proposiitione è prosa a verbo dalla CondanHa
del Vigli, MuUiptices Inter 10 giugno ISSI, dorè il Santo Padre
proscrivo l'opera di C'estui: Defensa de la auioritad de l<a
Gobiernos eie; od in cui si dice: docefque{ìì VigiI) cniqueli-
berutn esse cam ainplecU oc proJUeri Religionem, guatn ratioaìs
lumitie quia ducius veram puiarerit. Secondariamente l'allocu'
ziono Maxima quidem del 9 giugno 1862 poteva e doveva esséf
consultata dal nostro Critico per aver il two senso dell'errore
condannato giìi ni-l 1S51, e quivi con altre parole di bel ddoto
fulminato. Sgli por verità la consultò, ma diresti che non vi
seppe leggere. È difatti cosa un po' difHcile a capirsi come noa
vi ritrovasse altro che quol prò suo lubito, il quale può, xm
necessariatuente deve, aver» quel senso spinto con cui viene spie-
gato. — 0 lesse quel brano con disattenzione, o non lo capi, o
avanti di leggerlo s'era già fitto in mente che tntlo dove» ooii-
■I n
SOL « &ILI.ABO • 517
sìstero nolla benedetta fìiotasia, o Qon volle capirlo. Rimosso
quest'iillinio, giaechò non sì deve supporre; e rimosso ancora ÌL
secondo membro, giacché noi non crediamo il nostro Abbate cosi
digiuno in teologia; rìniangono il primo ed il terzo. Ora qua-
lunque si scelga dei due si è ben lungi dal trovarvi esatte^sza e
buona crìtica Posiamo a fronte i due teeti.
Yenlooe dd Bosscboeuf.
h:
cC'est une doclrìne perverse ([ue
d'altrihuer il chaiiue iinlivifhr, coin-
me line sorte 4e droìt premier, la
liberU^ d^embrasser h religion et de
suivrfile culle (ju'il trouvft meilleur,
suivam sa TaiilaÌMe : prò suo lu-
i/ito. > Quoi Je plus logique?'
Pnrole df l^o IX nelC AIIocdiìoiic
Cum aiiiem omnes retigionis ve-
late.s ex nativa humaii:m rationis
r» jHTvefie derivttre autUant, tiim
cuiqiie homìRÌ r[uort(tani velini pri-
marium itts trìbuuol, ex ipin pofssjt
I lifaefe de relìgicMie cogilare et loqui,
eumque [>eo honorem et cultuiii
'■ extiibere, qucin prò suo libito me*
llorem cxistimat.
I Come ognnn vede, il Bosseboeuf ha trovato quel yro suo libito^
V ha spiegato in nn senso esagerato, l'ha fetto il perno su cui posa e
intorno a cui s'aggira la sua esposi^iioue, trascurando l'esi^enziale,
il vero punto cancrenoso, quel ìus pritnarium che asseriscono a
I sproposito ed empiamente i lUzionalìsti ; diritto che essi dicono
I manomesso, e spento dalla Rivelazione, la quale in captivìtaiem
^gredigif. omnem inielhciuin in obsequium Christi. Diritto, che
^Btgicamente si deve ammettere, una volta che contro ogoi verità
^pi concede che tutte le verità della religione debbono derivarsi ex
I iwHtn kumanae radoiits vi. È chiaro adunque dalla Allocuzione
' pontificia che la libertà, di cui si parla nella proposizione XV
del SìUalw, vien condaniiatji pmpriamente non percht^ trapassa ì
limiti indicati dal nostro Abbate, né perchè suppone Vabiiso o
meglio il ìum-uso della ragione (quale sarebbe in verità l'agire
per fanUsìa, capriccio, passione...) ; ma perché si fonda nel setn-
plica uso della ragione e nulla più. In altre parole, vien con-
dannata perchè si collega e deriva da un falso diritto che s'at-
tribuisce all' uomo, di domandare cioè alla sola ragiono il modo
partioolaro di onorare e riverire Iddio; quasi che rìtioxis LuntKB
pts DDCTC3 nell'Economia presente possa e valga a conoscere la
548
OR HDovo Inno
vera religione, che non sarà mai tale se non è la maaifestata t9
imposta ila Dìu uella Rivelazione. Questo senso sU bcDissimo
con quel yro suo libito, ma non sta con quello spinto ed es^^
gerato (benché esso pure sia errore gravissimo) che il nostro
Espositore ha voluto ricarare da esso; perchè il primo (che poi
è r e3sen7.ialc) non è conttrmito nel secondo.
All'istesso modo, per dirla come in passando, non si potr& il
lettore, cliiainar contento della spitigazioni) data alla proposi-
zione XVI. Stando a quanto ne dice il signor Bosselroeuf sembiA
che, in opposizione al senso condaunato in ossa, basterebbe so-
stenere che la sola vera religione può coudurre a buon termine;
perchè una sola è la Heligione vera, sehn cefte refiexion 4i
Jusie de Jean-Jacques Kousseau: « Parmi tant de roligioas di-
Terses qui se proscrivent et s'excluent, natarellement une senls
peut &tre botine'. » Cid è vero, la ragione stessa col dico; mi
basterfi por l'ospoi^i/ione del senso rigoureux et aìdhcnliqut.^
della proposizione? In nessun modo. Essa ò proclamata e sostenuti
empiamente dagli increduli ad n^nis veritatis expugnationemK
Per questo Pio IX, mentre esorta ad opporsi loro con ogni vigi-
lanza, accenna allij cose su cui vuoisi insistere, cio^: quod sicut
uiìHs est Deus Paier, units Chrìstm eìus, unm Spiriius San-
ctìts, ita una est dioinitìcs revelaia veritas, una divina JidM
hmnanae satulìs initium.,.; et una d tvra, sancta, catholìcd
apostolica. Romana Kixlmay et Cathedra -una sniter Pefrum
Domini voce funduta...*. La Rivelazione, la Chiesa dì Gdsft
■ l'asf. IUT.
- Pr^face. psit. X.
* f!]). Encycl. Stngulari quirtent. 17 miir. ÌHtttì.
' Loc. cil.; vwlì altrui .Vlloc Singutari qtvfìam. 9 di*. IR.>Ì- < i.'n '
Ajwsiolici n'»<tri inuiiPii* *nl. HpI<eoi».n!«nn v^traiu et snlliciluilioetn « ti_
«■iirìtniam vhhiinus ■». (|iiaiiiuiii pnirrsils iTonti^iiitan*. npinlnncim illam ìmpinnr .ii'vii'
n<: rmieslam uh liominam rnmiR propulso liit, nimirnnl quavia tu rtligione rr^rm^t
po»ae aeternae saluti» ptam. I^o, i|tia prafrittiiliis, coleriia ne iloclrìiu ileiiio»in;tA
i: oinmisMii cnme tt^stra'^ populi^. mUcralioni no iadiline divioa'^ dofmiLi MtHnlìfW
IhIpì ninttii]iiam Ailcrrtnr). Tiiii'nduin qulppc qt li(l« ci| p^lra Apivtolicam naniADati
ICccl'!«piii iilrum licri niriiiiciri pl;s»^ li.im' pjw iinioiin Mini» arcam, baoc «JB»
Don fiii;rìl Ìn;^v5«ii<; dilnvio pfciliiriim; ^fd tamcn pTO ci'i'to pariler habcndun e^
qui vemv rvl){;ionà ignomnlta hborpnt. si en sii invincibili}, nulla ip$os ol«tni(i
huiusc« rei culpa mie oculos Dotiiìiii. t
SOL « SILLABO » 549
Cristo, la Cattedra dì Pietro, centro d'unità, eeoo la sola toro
Religione che tuoIsì esclusa dai Demici di Dio, Alcune panile
sa dì ciò arrebbeTo riempito il moto lasciato dal resto che il
signor Abbate dice. Ma nello due pagine e mezzo (166-168) nep-
par nn cenno della Kiveiazioneì
2. Proposixiono XXVIU. Episcopis^ sine gubernii venia,
fas non est vel ipsas apostolicas lUieras promulgare '.
Omettiamo di parlare esplicitamente deirespusizione fatUi di
alcune delle proposizioni dalla decimanona alla Tentesimasettima.
Per verità è difficile indoviuare il concetto che il nostro scrit-
tore ha della Chiesa come societìi; cotanto sano inesatte, improprie,
monche le frasi colle quali te la presenta! La Chiesa è une so-
eiéié des dine^t une sotHété dodriuale, dogmat'mie (p. 175) o ynii
sotto: N'oublions pas ce poiut capital que VÈgli&e est une so-
eiéit* morale, doctrinale, c^est-a dire si noìi ind^pendatUe pour
ce qui est cJiacun de ses membres scumis aux lois de la tiation^
du moins complètemenl distincU, autonome vivant dans la
8PBÈRB suPERiKUBE DBS iDKBs... ^ S' ò boD luDgì dul formarsì da
queste e fumìgtianti parole un idea ginsta od ad^t(|iiata dt^tla
Chiesa, come società veri, spibituale, d'obdise bopbaskituralk, eio-
KlDICA, P0BBLIC1. JKDIPEN'UKNTR, PERfETTA, SITRSXa]
Diciamo brevemente della proposizione indicata. Il Bosseboeuf
fa tre ipotesi: La prima, che e Chiosa e Stato sieno del tutto
Beparat), ed allora les ÉvfqneSf ile par le droU naturei et eivil
peuvent ptihlier... e già per questa parto la proposi^iione sarebbe
&lsa 0 riprensibile polla sua genordlità \ — La seconda, che
la Chiesa e lo Stato sieno strettamente uniti, quando ciod de par
la nature des choses et un pacte pritno'dial, la loi de VÉglise
tìt en mime iemps loi de VÉtat... sifttalion fomlée sttr la
r&ÀprocU^ des droUs et des devoirSt aifssi bien que dtis ser-
nces qu'ils se rendent l'un à Vanire.. In tal caso, se lo Stato
Si riserva il diritto, e s'impone l'obbligo di registrare ne' suoi
codici le lettere apostoliche, affinchè queste abbiano forza d'ob-
J Alloc. liunavam fort, 15 ilpc. 1850.
» P*g, 17&-77.
• Pus. 188.
OR nuovo ubho
bligaro come legge esteriore e regolamento cItìIo, i Voscori f»-
T«bbero bene d'aspettare questa formalità prima di promolgire
le medesime '. — Terza ipotesi, che Chiesa e Stato non sieo»
nd totalmente uniti, né del tutto Boparati. lu tale caso, cesaanU
cauBOy cessai ejfectns^. Lo Stato pel fatto stosso che proelaiM
altamente Toguaglianza e il diritto comune per tutti t eulti, si
dichiara incompetente pour examner et ctmnattre des dodri-
nes, des dogmes. E poi sapete che c'^? Viste le eircoetuue
do* tempi, la facoltà di pubblicare le Iutiere apostoliche è ui»
di quo' diritti qm s^imposeiit d'etijs-ménies... e sarebbe impoasi'
bile e ìrragioneTole l'impedirlo una Tolta che già tutti ì gior
nali ne parlano, come evidentemente e sapientemente ragìoia
lules Siitton".
Non sapresti diro se tutto ciò sia più <ecnro che ìneBttto.
Prima di tutto stante questa esposizione, ehi saprà dirci qoale
è il ècnso rigoreitx, auihenfifjue Aoììi proposizione? Chi ci hi
capito nulla? In tutte e tre le ipotesi si è ben lungi dallMm*
berciare nel segno. Nella prima, i YeecoTÌ possono promu]
le lettere apostoliche per diritto naturale e civile; nella
«onda, sono consigliati a non farlo; nella term. per tutta risposti
si ha questa: cessante eausa, cessai ejfectits. E il diritto ditiin
costituito dalla divina missione, che la Chiosa ha riceruto d»I
suo dìriu fondatore Gesù Cristo? Xon una parola! Eppure qu^
proprio è il caso della Proposizione, tolta dalla Allocuzione Nwt-
quam fore^ 15 dee. 1S56: Atgtte in iisdem regionibus, dice I
sommo Pontefice, prohìheniur Epìscopi libere damnare noo/Ao*
lica scripla, necjfas est eis sine Gubeniti t'Cjita tei ifsas À^
stolicas Litteras promulgare. Donde evidentemente appori
1" Dì qual genere diritto sia quello, il cui esereìssio viene
Stato impedito alla Chiesa nelle persone del Papa e de'Vi'scr
2" Che le ipotesi fatte dal nostro Abbate sooo fuor di luog^
perchè la Chiesa ha queMìritti da Gesù Cristo stesso indipet-
dentemente da esse. Quindi siccome per tali ipotesi U Papi»
■ Uccit.
' Pag. 189.
• Via. 180. 190.
set. « SILLABO > 531
Don acquistano un diritto, qnasì che prima non Tares-
sero; così per le medesime non perdono quello che già arorano.
Quindi anzi cho giudicare del diritto della Chiesa conseguente-
mente a dette ipotesi, questo vogllonsi giudicare, approraudole
0 condannandole, dipo ndon tomenti; da quello.
E poi, in qua! modo si rappresentano ì diritti della Chiesa in
quelle ipotesi? Nella prima, se i Yoscori possono pubblicare le
Bolle... è per diritto naturah e civile: perchè non commemorare
in primo luogo il diritto divino? No, nessun Vescovo si contenterà
di ciò: essi, posti a Spiritu Sando regere Ecdesiam lki uniti
BBabordioati al Romano Pontefice, hanno quel diritto più cho na-
turale e civile, che dai teologi e canonisti ò detto im iuspectionis
ecelesiasficitm, itts teges /erendi et promulgaruli, ius iudicandt
d puniendi, eccetera. Ma, dlrassi, in quell'ipotesi lo Stato non
rieoDOSce ciò, Ta bene, ma lo riconosce Pio IX cho condanna la
proposizione XXVItl del Sìllabo, e eoa lui deve riconoscerlo la
'Chiesa tutta. Epperò se il Papa condanna qucU'errore non à
proprittmi.'nto pyr tutelare un diriftoy che verrebbe alla Chiesa
in forza delle attuali circostanze, in cui uno Stato si ritrovi
verso di essa; sì bene per difendere il diritto divino. £ siccome
il nostro Abbate s* era prefìsso di assegnare il senso rigoitrmx
«d antlietitique del Sìllabo presentandone una spiegazione mo-
iivée^ diciamo che non mggiungeri mai il suo scopo, finchò batte
questa strada. Può <>gli bi'nisHJmo e lodevolmente argomentare
ad hominetn, ma prima ci faccia sapere almeno in brevi tratti
il vero senso, e la portata del brutto errore contenuto in quella
proposizione. •
Questo difetto si rende ancor pili manifesto, ove si consideri
il modo con cui il Bossoboeuf parla nella seconda ipotesi, cioè
«he la Chiesa e lo Stato sieno intimement unis. Primieramente
dice cho in tal caso la L^go della Chiesa & ben anco le^^ge dolio
stato de par l\ sìtl^kb »«s chosbs et un pìctk primobiual '. La frase
wtftire dea ckosea potrebbe aver due spiogaTiioni ; la prima che,
essendo la Chiesa società, istituita da Gesù Cristo ed avente
lissioue divina, la natura delle cose richiede che la sua legge
rag. im.
562 ON lfl»\'0 UBRO
sìa aDche legge dello^Stato: di fatto, se lo Stato è cristiano; al-
meno per diriitoy se osso non 6 tale. Coq ciò TÌea proclumaU
una Teritù, ma non ai sa più spiegare quel pade primordiaL
La seconda spiegazione sarebbe che, oce due società convitogaiio
dì procedere unitamente e di comune accordo, ò ben naturale che
le leggi dell'una sieno riconosciuto ed ammesse anche dall'ai*
tra: ma in tal caso rìene trascurata e messa in non cale U
natura della Chiesa come società: viene sconosciuto il diritto di
Gesù Cristo, e dimonticaticato l'obbligo che hanno i Re ed i
Popoli, gli Stati e le Nazioni d'ubbidire al Re de' Re, al Dio
del Cielo e della Terra. Come l'intese il Bosseboeuf? Noi so-
piamo; certo si ò che nell' economia presente della divina prov-
videnza iu questa asserzione generale o le parole nature da
choses esclndono le altre pade yrhnordialt o queste, quelle.
Secondariamente dice che tale situazione è fondata sur la rea'
proeiié dea droUs et dea devoirs, aussi bien que des servicta
qu'Us se rendetti Vun à Vanire '. Pai detto testò s' intende ctw
questo modo di parlare così ijenerale non può garbare, uà s^a-
vira d'esempio per chi voglia esser giusto ed assestato nel favel-
lare dei diritti che la Chiesa ha verso lo Stato, e degli obblìglil
di questo, specialmente se cristiano, verso dì essa. Ma vedi
come proseguo il Bosseboeuf. ^1/ors, cioù nell'ipotesi ricoi
si le gouvernemenl se réserve le droit d s'impose le decoif
à^enregistrr.r, sur ses grands livrea offtciels, tonte pièce pò»"
tijicale pour en donuer ade et la rendre obligatoire cornine l<i
extérieure et règlementatìon civile, il peni... ' Messa da
ogni altra considerazione, lo Stato non può riservarsi un di
che non Ita, e non vorremmo che queste parole dessero a taluw
appiglio a credere che, della doppia spiegazione da noi pur tuo'
indicata dullfli fnise (Ut par la nature des choses, il nostri) Abba'
inclini alta seconda anziché alla prima. — Più, il dovere^ dì
è parola, non^si origina da ciò che Io Stato se lo impone de
ma dalU volontà di Gesù Cristo. In altre parole, non ò don.
di fedeltà ad una promessa fatta e ad un coìUratto slipnl
• Loe. cit.
SUL « SILLABO »
553
ma è dovere à.*ubbidicnza. — Finalmente non si capisce come
si richìi^ga l'intervento dello Stato, perchè le leggi della Chiesa
abbiano forza d'obbligare come legge esterna! Il non lavorare nei
giorni festivi, come pure Tastenersì dal inangiar carne in alcuni
giorni determinati (lo stesso dicasi di tante altre leggi eccle-
siastiche) acciò sieno leggi ed obblighino, dovranno forse esser
viste ed approvate dallo Stato? 0 potrà senza assiirditii ed em-
pietà in ci6 che riguarda l'ubbtdienm alla Chiesa invocarsi !a
distinzione tra mUalico e cittadino?
Nella terza ipotesi presentata dal Bosscbocuf cosi si parla
dei diritti della Chiesa. Dès lors il ya certains yrìncipes d$
droit qui jpersistent et d'aufres qui (otabent d^eux tìiemes, ces-
sante cansa, cessat offectus... ' Parole il cui minor difetto ò quollo
d* essere oscurissime! Quali sono que* diritti che cessano, quali
quei cho rimangono in quella supposizione? Non viene indicato.
Una cosa sola sufficientemente traspare od è la supposizione che
tali diritti dipendano da uno stato d' accordo o ài separaziotte
delle due società; altrimenti fuor di proposito si ricorrerebbo
al cessante causa cessai ejfecius. Il che non puft cosi i» generale
dirsi sen?ji errore; e quando pur m particolare per una od altra
cosa siieeiak^ se gli concedesse quanto dice, ciò non giustifiche-
rebbe l'aver proposto l'ipotesi senza rejf^riVionfl, e molto meno
rinchiudervi il diritto ed esercizio d'insegnare e di governare,
dei quale si parla nella proposizione 28''' e ben anche nell' espo-
sizione dei Bosseboeuf. E per verità, poco mea che evidente con-
ferma dì ciò vuol dirsi quel ch'egli soggiunge, cioA che se lo
Stato, nell'ipotesi in cui si parla, non deve intromettorsi noUc
leggi della Chiesa che riguardano la dotirina e (7 damma, si
è perchè esso si dichiara incompetente a giudicarne col fatto
stesso che promulga {'uguaglianza ed il diritto cottiunt per
tutti i culti. Al contrario ò certissimo che un'autorità qualunque
umana ò di natura sua assolutamenle incapace di metter bocca
o^r insegnamenti della Chiosa non solo, ma eziandio nell'eser-
cizio della Potestà di reggere e governare i fedeli tutti, di qual-
flÌToglia condiziono ossi sieno; e ciò in quale che sia o possa
» Pagg 188-189.
654 UH RDOTO LI8A0
concepirsi ipotesi. Koa T^è quindi bisogno che lo Stato si di-
chiari da sé iìicoinpeiente con tale o tal altro suo alto; no, ess»
lo è di già.
Curioso fìDalmeiite per lo meno è l' argomento con cai &
pag. 1S9 si rirondica ai Vescovi il diritto di promulgare le
lettere Apostoliche. Esso si rìdaco a questo raziocinio: i Yescon
hanno necessariamente un tal diritto e l' esercizio dì esso, perchè
Tisti ì tempi presenti e l'andazzo delle cose ò impossibile l' im-
pedirlo. Ognuno vede di per so Io stravolto modo di ragionar»
che è cotesto, e come esso non può neppure cadere in m.eDte a
chi concepisce il diritto, che la Chiesa ha d'insegnare e gover-
nuro 1 fudeli, quale lo è m n.'altà, diviso; il quale rimarrà infil-
libihuentd sempre lo stesso, qualunque sieno i tempi e Le circo*
stanze loro. Se vogliamo ragionare a modo, allorquando sì parla
di un diritto, non puossi, senza cadere in un brutto paralogismo,
scambiar la questione ricorrendo air esercizio di esso: sondo pi&
cho mantfti^to cho T esercizio di un diritto u la sua ioviolabìliti
è cfìiisi^guente all'esìstonza del dìrit-to Htesao.
3. Quanto il nostro Abbato va dicendo ad esposizione ddlo
proposizioni 30" 31" 32" e 33" vuoisi leggere con gran cautela
e circospezione. Noi abbiamo recentemente trattato dell' ioi»h«-
lìità Ecclesiastica' vuoi personale vuoi reale, non v'è quindi
bisogno cho vi torniamo sopra per notare quanto d'inesatto e
anclie non vero ritrovasi quii e colik nella spiegazione del nostro
Autore. Per verità ha deH'ìncredibile quanto afferma del jari-
viiegium fori. Senza prendere, così s'esprime, le difese dott'antioo
governo, diremo soltanto che non era poi tanto irragionevole
t'aver preparato e stabilito una condizione eccezionale negU
affari, ue'consigli, nella giustizia al clero cattolico sempre in-
tento alla scienza, al bene del popolo e della patria '. Leggi e
• Vedi il (ni.i(Jpmn ft(i5 dol prwentft voi. pajr. 101 e scRr.
■ Lrs icaips les érénfinenK Ics Idét» rt Ics ItomnKV ont ilébil ceUa MoM
(cioè r.-iniicj). Sans rocrrpronrire la iétcnse An insilttilioiu de t'aneieii neine, m»
nwiis lonieroRs à tliit! qne ce n'ititi ps uno rJiow ii déralMHUtHble qui» d*aHJr
prepari t\ eonxtitué poiir le sac<?nlocp cniholiqiie, loojonr» si ileroué à l.i fcìrMt,
an pt-afile et à b |»[Hc. une tUwilion «MeptiomKÌle Jam l'onlrL' àei nflblrv.
Ad courils, c\ àe In juMkf-. Oltc pen^i^c, ìnspinV jtnr k- itspect pour U tliviM^
ruoivm entitr r>vait compri» et réolie^e (p. 193).
qualche
SVL « SILLABO *
è dato di
555
è che (letto
capirvit e
{irirUegio fu tutta UberaliU del gorerai. Nò meno ardite sono
a dirai le segneuti parole: Leu évhieinenis ont presgue partout
abolì cé priviìège. De PiiT, cbkz socs, a s't i plcs i y bevrìir '.
Cauaa jinita est^ l'ha detto egli! Fo?era logicai Si confoude U
qoestioQe di fatto con quella di principio e di diritto; si di*
soooosee la saniiià di questo per la forza brutale di quello. Tal
prÌTÌl^ioèsbito abolito, sia pure; ma da cìii? 'E poi, (//«sio-
menie OTrero ntan-sTiiEirrE? So giustamente^ voi signor Abbate
prendete uu grossissimo qui prò quo. Se ingiusiainente, come,
di grazia, vi sarà permesso di sentenziare in tal modo sullo
sieaao diritto, sulla santità ed esigenza morate di esso? I>i più, d
stato abolito; ma vafùiamente o invai idamenie? Non si atfermerà
la prima proposizione senza errare, e supporrò falsamente cho
easo privilegio venga da istituzione umana litica. So s'affermerà
la seconda, allora molto iuettamente sì sanzionerà che il n'y a plus
Q y revenir. Oh bella, non si ha a pensare più al riacquisto d'una
t08A che invalidumente ed ingiiutamento fu tolta culla forza io
mano, e solo colla forza ò inralìdamente ed ingiustamente ri-
tennta? Uà il signor Bossebo^nf ha in mira certi decreti della
Provvidenza divina, i quali riguardano un terzo stadio della
Chiesa, ed ò stadio d'indipendenza (p. 191), stadio di lihertà
(p. 77), di neutralità (ivi), di separazione (p. 246 seq.). Oh il
sogDo; dorato sL, ma sempre sogno! Di questa questione si è
parlato e scrìtto abbastanza; noi rigettiamo assolutamente quanto
in più luoghi egli ne scrìve con un certo pio e devoto entusiasmo.
Che la Chiesa in qualun«iue lotta mostrerà la sua vita divina
oseendone sempre trìonfatrice con maggior vigoria, chi può du-
bitarne? Il fermarsi a parlar di ciò ò un perder tempo ed uscire
ddl seminato. S'ò ben lungi dalla vaglieggiata separazione!
Questa, quando trattisi di una nazione cattolica, quali sono la
Francia, l'Italia, l'Austria, il Belgio, la Spagna ©cc, in realtà
non s'effettuerebbe se non con perdita da parte della Chiesa.
Di più, a meno dì non cadere in una contraddizione, supporrebbe
0 richiederebbe l'apostasia della Nazione dalla Chiesa di Gesù
• Pag. 191.
556
m nuovo LIBRO
Cristo. Ijnpercioocli& qnei che sìoilono al governo, spdcìalmentA
nel sìfltfìma liberulesco, sotto rappreaenlanli della nazione; d'altra
parte se la nazione è cattolica, lo stato di vera lìberU per essa
è quello di essere unita e soggetta alla comnn ìladre la Chiesa.
Quindi fintanlochò la nazione è cattolica, quei che la rappresen-
tano e la governano non potranno mettersi colla Chiosa in una
differente relazione-, sotto pena o di essere rapprwsou tanti che
non rappresentano la nazione, o dì abusare della forza per vio-
lentare lo cosciente, o dì tradire con T astuzia e l'ipocrisia la
buona fede dei cittadini. S' è mai risto mostro somigliante a
quello di no corpo umano a cui sia sovrapposta la testa dì bu*
falò?! Da questo apparisce che la sola ipotesi in cui ragìuaaTol'
mente si possii esigere, reclamare e promuovere il suddetto stato
dì separazione o dì libertà, ò quella dì un nazione acattolica.
Oat fin qui detto sì fa manifesto eziandìo che ÌL sogno a cai ac*
cennavamo poc^auzì, ove trattisi d'una nazione cattolica, si con-
verte in pirnicioso delirio. Queste poche osservazioni, oltre allo
scrìttone altre volte, varranuo pure per la esposizione fatta dal
Bosseboeuf della proposizione 55\ dove si tratta della '"^'epara-
zione della Chiesa dallo Siato.
Nello svolgimento della proposizione 32" si afferma che noo
sarebbe poi contro la Jmtice rigoureiise, le droU naturd ah*
solu et primordied {!/.., imporre ai chierici il servizio militare;
solo sarebbe in quakU modo contro il diritto naturate ddiu
aes éiém-nis secondaires (p. 106), in quanto cioè tale wrvia»
sarebbe en opposilion direcie avec V esprit de paiz eidedm-
rité, che forma l'oggetto della missione del Clero '. Tutto vieo
riguardato sotto un aspetto meratHente naturale. Pio IX. nelU
lettera Siugularis Nohisqite^ 29 settembre 1S&4, donde ò tolti
la proposizione raccolta nel Sìllabo, dice: iniquissimam pariier
legem istìc quoque proposiiam de Clericis 7nititiae adscribendis,
qttae infandae sane legea omnibus mviitis, EocLBSUSTicia, /irnaa*
nisque iuribtis vel XAxms advkksàs oasiNO sutU hbpkoqaku^ at
DAiKANDAE. Così SÌ Spiega il Sillabo in modo veramente ct'i^a
ed autentico t
LABO > 557
Allo stesso modo nella spie^aaione della prop. 33". Sb lo Stato
non puf» iijiparciarsi nella teologia, saputo i]ualu n' ò la ragiono?
Eccola. La Teologia è una scieuxo, dunque è iibre el autonome
de sa nature... Science mélaphy&ique, in&rah et spirituellet elle
échappe encore davantage au prétettsions rexaioires rfes pou-
wirs civih '. Tanto quanto basterebbe per una qualsivoglia teo-
logia anche bramanica, ovvero disciplina d'ordine naturale, a
mO d'eseittpio T Ontologia o Psicologia, né più né meno.
La proposizione 35" non è stata, a quanto sembra, capita dal
nostro Abbate. Nihil vetat, così essa è espressa, alìcnjus Con-
cila (/tneralìS sententia aiU universontnt popitlornm faciot
Summttm rontìjicaium ah liomano Episcopo atcjìie Urbe ad
alium Episcopum aliamque civitaiem trans/ern *. Dove mani-
festamente si parla uon del solo caso che il Vescovo Romano,
rimanendo tale, por uua od altra circostanza per maggiore o
miouro spa?,io di tempo risieda in altra cìttÀ, sì bene del se-
parare il Primato dal Vescovo dì Roma e dalla sua sede, e del
trasferirlo ad un altro Vescovo ed in altra citta. La questione,
come i>giiun vede, 6 div-rsissima '.
L'esposizione della propoaizioae 45" la diresti un fuor d'opera
e nulla più. Kssa non è condannata quasi leda un diritto pri-
mordial et nati/ de l'homme, quale sarebbe, a dotili dui Bos-
seboenf, h facoltà d'insegnare, comu lo è la iibortà del pensiero
e della parola (p. 221), sous le$ garaniies (ben Inteso, e cid
' Pap. I&8,
* Dauinutio, Ad Apostolicat. IS. Kaf. ISSI.
' Vedasi il E'iilniìeri nrl suo Traiuw. veramentó tinwico in qùcsla nnieriA, Ae
nomano Pontifke. Kxca come viene enuti£Ì3ia h [u>ì }{*. t Llisiiiigueiida est kx
$ucceaii%onUt a condìtione aucctsaiùni» in Primittn. U'\ 5ucc<>Miooig (sl ipsa (trviiia
iostilulio I^ìmalus l'ja^iuft pr-rfimiitlì^; conJìlio (»\ itlulu» ifuo flllullar ut liic
potius i)<i!icn alias tncc'ihl. Hujii^mmli poii'O Mndilin il'-tcniiioiitn cW a fncco orÌ>
ginali IVirìquo ItPiiKinamSndiin f\e\i\. aildi^jitlali?in )'rl[n.iUuv<Zrrj/jfn9Ì in Itti tO*t.
B<MIMnu^ r-r^o ICpi.wnpu!», (|iti solut «Icliiiac coikUiìodi Vaca saiis. oblinel jure divino
Ti legissuccesf'ioni.t EVÌinalum in uiiivuTsaro lCcc1csia[n.QaocÌrca cutrj quneritur (^no
jur* IlomaniR Episcopo*! surctdat l'clro. sì intPllijtnlop non cmiparalivc wrt «hw^iii-
quo inre potiatur eadeii aìjctiiiiitatk or. 1'r.irng; r<->p<mi)<-jitluiii prortas «t
irfVn Jl'HE DIVISO suc-jehére F'Kriio. * K l:i Irai 9'; i ijiiftii prao crl€t[* fìomait'ts
Pontifex is sii i|iii T'elro ih Primaiu Kaniedit, verità c^i immutabilit in KccIcaìj;
■ihilque oUttal qociininui hacc vcriU« rtvtìala cennealnr. >
558 UTi Kirovo uuno
basterà por un cattolico?) nécessaires de savoir et de moralUf.
(p. 222). Se il nostro scrittore avesse letto per poco e TAlIoca-
zione In cottsishriaH. \ novembre 1850, da cui è stata tfllt»
la, proposizione, e l'altra Allocujiione Quibus IttctHosissimis
6 settembre 1851, cui pure viea rimesso il lettore, aTrebbevi
trovato ben altro. Vogliam dire i diritti della Chiesa manomessi
e conculcati; dapiKiirht> ad essa s.ila spetta il giudicare dell'io-
segnamonto sia delle scienze sacre aia del catechismo. Scholoè
cujuscumque generis, atque adeo calbedrae etiam SiCStKtTl
DisciPtrSARca... nec non pueroritm instttutio ad elebesta Cbw-
STiiNAB ¥ii>zi, quam tadem lex {Oubemii subalpini) inter miwh
rum . hitdimagisirorum officia enunteraty ah Episcoporunt
atictorilaie suhtrahuiUur... * Questo è quanto immediatamente
segue Ih paroli> riportate naWn proposizione del Sìllabo. A nulla
di tutto ciò accenna il Bosseboeuf. Avrà dunque a male, so Tien
giudicata la sua spic^zione tutt'altro che rigorosa, critica, au-
tentica? \ò più felice della prestinte è T interpretazione data
alla 47" proposizione.
Se volessituo proseguire Innaniìi di questa maniera poche
sarebbero U proposizioni, in cui il signor Bosseboeuf non abbia
fatto qualche scappuccio.
Lo svolgimento della proposizione 57' è rerameute curioso.
Philosophicnrum, ossa dice, rerum morumgtte scientiay ìUmqm
civile ieges possunt oc debent a divina et ecclesiastica audo-
riiate declinare*. Qui non può esser questione dell' autorità
divina propriamente detta, così il nostro espositore: Force noat
est (fotte d'eìitendre le mot viviM dans le sens de CjiTaoLiqus'.
La proposiziono adunque, secondo lui, sonerebbe così:... debeot
a catholica et eceUsiastica auctoritate doclinaro! Consultiamo di
gnuia rAllocuzione sopra indicata: Siquidem ÌMud erubeseuiU
asserere philosopkicarum rerum, m^rumque scientiant^ itemqw
civiles Ieges posse ac debere a divisa revelatiosb et Ecclesiat
attctoriiate declitiare,.. Dal che apparisco che la sostitusione del
cafMica al divina s: riduce ad nn capriccio e nulla piii. Mt
' Alloc. In CnusiAot'inli. I nov. IftSi}.
* \Hix-. Maxima quidem, 9 gìu^O ISC3.
' Vif. 2GI.
SUL « SILLABO » ' 559
andiatno aviinti: Or, il n'est pas besoin (Vaffranchit la philù-
soiMv ifu la puìsmnce civile de VaiUoriU eccUsiastiqut ; car^
pour Hre affranchi^ il faut ètre lié, étre servUeur; il faut
appartenir à autrui, étre non sui juris. Eh bien, Vautorité
civile a son doìnaitie propre, autonome^ elle est sui juris; la
philosopkie attssi a sa spltèrc oìi elle se meni librement ', o
oontìaua dicendo cho qua.uto a qutì' punti di contatto tra la
filoeofia e In teologia, tra la Chiesa e lo Stato di; ha gi^ scrìtW
di sopra, 0 noi abbiara visto in qual moflo... Djpo questa espo-
sizione preghiamo il lettore a volerci dire che cosa ha capito
della proposizione del Sillabo. Pio IX raeutre alla prosonza dei
Cardinali, Patriarchi, Arcivescovi o Vescovi parlava solennemente,
gittava le parole al vento, quasi si ritrovasse in un falso sup-
posto! eh si, pcrch^^ condatmava che possa e debba farsi una
cosa che già esiste '. Quiudi il torto non è di coloro che aCTer-
mavano che la filosofia e lo leggi civili possono e debbono ess^r
sottratte airaiitoritìi divina ed ecclesiastica, chò esso sono di
per sé già tali; ma dì Pio IX che si metteva a condannarli.
Che anzi così posaiaino argomentare al nostro Abbate. Quando
il S-immo Pontefice fa menzione della scienza filosofica e morale
e delle leggi civili, o intende parlare di quello, in che esse non
riguardano punto il deposito della fede, la morale, la divina
missione della Chiesa; ovvero di quello in che ess*> vengono al
contatto con le cose suddette. Se si concede il primo, eviden-
temente rimane quanto noi dicevamo, che cioè- Pio IX parlava
in un falso supposto, stando airusserv&xioni del Bosseboeuf. Se
si concedo il secondo, ò chiaro che Tesposizione presentata da
lui manca di critica, ed egli gitta le parole al vento: n6 potrii
dirsi che dia una sptega?,ìone rigorosa ed autentica, chi pre-
Benta cose che non han che fare eoa quel che si vuole spiegare
ed interpretare.
Per rispetto al potere temporale del Papa, dì che s'occupa
la proposizione 76", il nostro Abbate parla biìue e mette gli
iniqui usurpatori alle strette di concedere che toutes Ics fois
que ce domaiìie a été viole en tout ou en partie... le Pape a
C06sé d'ètre libre et respecié, pour deveiiir esclave et persécuté^
' Pap. S6I.
56U
UN NUOVO UBRO
rtM grand détritaenl des con'ictence^ calholìqites '. Molto giusta-
meote! II toltoro però esiterà un [ìwì nel leggere le dÌTera»
ipotesi 0 (questioni clie vengono esposte appresso '. Il nostro
Abbate, gli è vero, non ne afferma nessuna: ma il solo presen-
tarle, specialmente alcune di esse, come liì)ere alla discusniote
non si capisce, specialmente se si consideri quanto con molto
giudizio egli stesso ne avea detto poc'anzi. Per verità chi am-
itiotta che tale oocupa^aone sarebbe un latrocinio da piibblid
briganti, a» ouirage envers le souveraine Ponti/e, une attnnU.^
à la liberté des ùmes (p. 298); e che le Pape descendu du trónt
ne sera plus libre... Vttnité de gouvtrnemetU sefa brisét (p. 300);
non potrà concepire come libera ad essere discassa per esempio
l'ultima delle mentovate ipotesi. E la ragione chiarissima si è,
perchè egli avrebbe già iavincibilmente ammesso la negazione
di quanto essa imporri. Perche, schiavitCì ò negazione dì libertà
e d'indipendenza; deperimento del Oovemo e de' membri d'una
società, è negazione dello stato di benessere glorioso e magnifico
di'Ua medesima. Né gioverebbe gran fatto l'osservare che in
quelle questioni od ipotesi ritorna il sogno dorato della separa-
zìoue dello Stato dalla Chiesa: essendoché la separazione non ha
nulla che far colla usurpa:!Ìone di-1 dominio temporale; ella ansi
lo richiederebbe & più forte ragione. Di piò, se si riferisse tale
separazione agli stati Pontifici e si parlasse del Papa-Re, essa
' l'ai!. Si»'.».
'■ la ni^ci^.'silé de celie gorami^ a-t-clle tlispiirti on diminuì? L'arenir oaut
risrrte-l-ìl de vorr celle liberté wuvepinlée par «ne wile Ab plbJium raonii, »l
sani appui damanial proprement itti? Fin raison fin clianir''in«it ili-s inorar* poliK-
quc», (le la dtlTérvnce des icinps et d'une iiscilìcatioo d^sirio àia vvpnls el in
cocurs. 1p hcMin dr ce priiicipni ci-si^rn-t-il progressi ve meni ? Li nurclie de b
SuciéUJ ?t ila tteure liuiiuìu, «lui imi à pi-xHluir au Sem Av» punples U té[»ntìw
de ri^.!:lis>> el dR l'I-^tiil ntnòrim-t-pllv, [HHir am ilorée inennnne, re^ereìw <h
pouiGÌi- |i>rtlilìcal dìiri" h «culi* 9lii)0«|itli)re dii i:ou<t>rrimiriit puremfiit t|>irìtiieI1
Ij3 providencp (iTìi I-elle r|iic l'h^sliv, — ne ?'ap[iuy,iin jiliis. ni ù Rwnc ni aiIlflUB
sur iiun iiuloirilé lciri|Wri'lk'. el ii'jìunI p1ii< A r^ouler ni In mriiate ui le Mcvurì^o
glHÌti'. rominp din<t Ip Arm ))r<>mi^rr^ phuM^ ile i-on hi^inin* — tnaaifrste, h la facr
tie l'unìiAPs un noavel ot plin nuj^iirinuv épiinomiaeineDL <Ie » vie mitrale el dhìii^
et apre; l'aurMIe sin^hnte nn dorde, apeòs 1.1 conronne rT^pine-i de la peiVcnileB,
et le diadrjiiic li'or de b prot»cliori, porle !'ii»i(nic de rindépeudonce atnolue!
Ce Mn U ant»nt de quearfons Iai58i<t^j i h discnssion, mais ansi eovelopfées d^aa
TOile épais... p. 300-301.
sm. « SILLABO > 5ib\
sarebbe un assurdo, se non si coucepìss^ Mine precedentemente
arreouta k perdita del dominio temporale; ma in tal caso ri*
tornerebbe l'istesso inconveuiente di cui toste parlavamo. Che
poi il domma rìgnardi Vesìatema del cattolicismo, e non le altre
circostanze plus ou moins variabìes et ehangeantes (p. 301),
non v*è dubbio..Ma non è qaesta la, questione; pt-rcìiò essa non
si Tersa sulla relazione del dominio temporale del Papa colla
esistenza della Cliì<?sa; ma sulle romeguetize della perdita di
cosiEfatio dominio. Quindi quello che si dice è: come possa con-
cepirsi quale ipotesi praticarnente aHitahih, che la privazione
dei dominio Umporale nel Capo della Chiesa sarebbe /orse per
essere di novella e più sfolgorante gloria, da colui il quale
ritenga con Pio IX, stando pur solo alle parole citate dal Bos-
9eln>euf (p. 209), che : ttu pouvoir civH imù'ptmdanl est sbces-
8ilR£ au souverain Potiti/e poiir gu^il puisse Jouir de cette
PLÉsiTroB de libbbté sÉCESSAinE à raccomplissemetit de sotr mini-
STÈaB APOSTOLiquE, ed ammetta con M. Thiors, pur citato dal Boa-
seboeuf, che le Pape deseendit dn trùne ne seea plus libke... che
Tusitì de goHvermttietìt sbra iirìsée?
Oltreché le suddette ipotesi non si capiscono di fronte alla
stessa proposizione del Sillabo. Non ò dìfficilo il convincersene:
in essa rien condannato chi dicesse che la perdita del dominio
temporale ad Ecchsiae Ubertafem fulìcitalemgue vel tmxime
cottduceret '. Quindi il da tenersi 6 che essa non farebbe bene
alla liberta e felicità della Chiesa. Or questo non ò altro che
la negazione di quelTern magnifica e gloriosa di libertà e
d'indipendenza che è Tagbeggiata. Alla stossa conclusione si
Terrà, se si gitta uno sguardo alla solenne dichiarazione su tal
ponto fatta da tutU> l'Episcopato cattolico, alle ripetute proteste
di Pio IX, ed a quelle non meno esplicite, energiche, solenni,
giustissime de! priidenttasimo Leone XIII, felicemente regnante.
Le parole aggiunto dal Bosseboeuf: le Pape -ne vive tei qtte
fes elucubrnfions syslnnatiques et haineuses des adversaires
de VEgtise, qui rvveiU avani iotU sa destruction ': Sono una
■ AHocQiiilius qu.iot^iie SO apr. 1H4U.
• Pag. 30!.
S*H4 Xiri. vot. tt. fiuf.. Sfìrt 36 27 maggio ISSft
562 UK iruovo Lrnno stit > sillabo »
panacm illusoria e nulla più. Por sistomii o no, per odio o per
altm ragiuno che s'uffeniu la suddetta proposizione, si cadrà
nell'errore. Queato mettono innanzi e proclamano a squarciagola
i nemici della Chiesa, mossi dall'ot^f^o verso di lei; questo ripetono
ed ammettono non pochi illusi per dabbenaggine. È hrutto viuo
confondere il fatto colla ragione del fatto stesso. Gli uoi e gli
altri convitugono (tuarito al fatto nello stesso errore, faencUò ì
primi per una, e i aocoadi per un'altra ragione.
£ così poniamo tormioe alle nostro osservazioni sul libro ch«
il signor Bosseboeuf presenta al pubblico. Abbiamo tralasciato
molte cose, e solo abbiamo notato alcune delle principali. Questo
però basterìk affinchè, chi sinceramente ami d'essere istruito sul
Sillabo, si metta a cercare altrove schiarimenti piCi esatti, più
critici, ti più sicuri.
lu questo suo lavoro, per riguardarlo tutto d'un' occhiata,
l'autore, a nostro giudizio, non ha saputo, o non fò riusciti),
nascondere le rxsTi fris. Il direstì tutto e sempre intento nel
presentare il Sillabo sotto un aspetto tìon siu>, omettendo, a
dir poco, di svolgerlo alla luce di quelle ragioni, dì quei pria-
cipìi e motivi che hanno del divino e soprannaturale. Inesorabile
nel giudicare alcuni rispettabilissimi cattolici, tutto tenerezza e
condiscendenza per altri che pur confessa di non voler seguire.
Torribìle nello sfor;care l' esagerazione, iiuando questa riguarda
ì diritti delta Chiesa, la cui natura ed i cui diritti come società
poco 0 nulla esattamente espone: esagerato per contrario in ri*
guardo ai diritti dello Stato ed a non sapresti quali aspiraziuni
de' popoli; senzu por mente che queste, ia quanto s'oppOQgoDV
ai diritti della Chiesa, sono piuttosto le grida ed i raggiri di
alcuni, relativamente pochi, demagoghi, ebrei quiisi tutti e fram-
massoni, i quali colla parola, colla stampa, colla forsa, coli* nsnn
tengono schiave le nazioni cristiane.
La guerra accanita contro la Chiesa di Gesù Cristo venna
mossa dal massonismo, fu imbrugtiatiL dal liberalismo, e forte
verrfi sciolta dal socialismo, quale strumento della divina gin*
stizia. In questo mezzo tempo i soli veri cattolici le fianno testa.
CosTrau-i IL Capo I.
Conclusione detVAppetuliee: Un uso dei Nuraghi
i Nuraghi, dicevamo in fiue del precedente articolo, non
ordinati a difesa contro eserciti poderosi; a (luaì genere
di difesa appartenerano essi dunque, e contro a quai nemici? Or
ecco a tal dimanda la nostra risposta.
[ Nuraghi orano difese pastorali e «impestri acconcissimo per
genti che Tivessero in borgatella a contado, contro altre genti
:similmcate ordinate u contro altro ancho men disciplinate o va-
ganti, 0 contro bande di predatori che venissero d'improvviso
per terra o per mare, dall'isola stessa o da fuori. E che fossero
fatti per difendersi contro genti che vivessero alla stessa ma-
niera in luoghi altresì vicinissimi, appare dall'essere tutti i Nu-
raghi a qualche distaoza tra loro. Vien poi confermato dalla
istoria dell'isola sinoa'dl nostri col narrarci, come il caldo sangue
isolfloo accenda negl'interi parentadi inimicizie mortali, che pos-
sono durare per molte g<!Q'>raxioni, quanilo non intervenga la
Etìligìone, che ai tempi del paganesimo, lungi dallo spegnere,
fomentava nn fuoco si micidiale. Vero è che l'ordinamento de'Nu-
raghi nel mostrarci il mutuo sospetto, ci mostra anche meglio
nei Nuraghi d'un medesimo territorio lo studio d'aiutarsi a vi-
cenda: e non mancando tnk essi un centro da cui dipemlessero gli
altri, ed inoltre in uua stessa provincia un centro maggiore da cui
dipendessero più territorii, non mancava nn rimedio per antivenire
0 spegnere più prontamente le mutue contese. Maggioro era il
; pericolo con estranei; e qui il fuoco della discordia poteva av-
l'Ted) qaad. 861, pagg. S8d-^J9 del presenu Tolame.
564
STUPII nECKHTI SOPRk I KL-RACUI
vampare in maniera (lu inottero in guurra gli interi comuui e
cantoni: nondimono volendo tatte le genti de'Nurikghi goder pa-
cificamente del loro suolo, e perci<> avendo eletto un simile teoor
di TÌvcro in altrettante stazioni, non è da credere che i virìni
de'coiitcndeDti permettessero la lunga durata e il facile rinnoTv
mento di simili guerriccìuole, tanto più che prevalendo una parte
e facendosi piA potente piglierebbo poi iialdanm anche contro gli
altri. Pertanto gli assalitori nel prolungare o moltiplicare le as-
senze dallo proprie sodi duvevaoo temere di rappresaglie sulle
proprie rohe e famiglie per parte di genti TÌcine, e eon citi ve-
nivano sollecitati al ritorno. Non è questo adooiiue il maggior
pericolo che allor si avesse a temere. K maggior pericolo insino
a tanto che tutta l'isola adottassQ il sistema medosimo di stabile
abitjwiono, fu quello di popoli al tutto barbari che vedendosi
esclusi dai territori migliori tentassero d^iuvaderli e fervi predt
M& i Nuraghi sembrano fatti apposta per ispegnorc principal-
mente questn pericolo, e chiara pruova ne è l'essersi un tale
sistema propagato per l' isola intera.
Recita un altro pericolo cho mai non uvea da mancaro; e ntlU
Sardegna, dove lo usati/e di qualsiasi genere si son mantenute
più tenacemente che altrove, si può dofinire più distìntauirtitt
final fosso. Trattasi di bande di predatori, non però tali che scor-
ressero di territorio in territorio o sbarcassero sullo spiagge
anche di giorno, quando tutti essendo i robusti alle fatidtCt in
grido d'allarme sarebbcsi levato da ogni parte, e da ogni parte
altresì sarebbesi corso sugli invasori. Trattasi invece di bande,
che irrompendo con assalto notturno faimo anche oj^ tremare i
più fiicoltosi nel centro de' più popolati rillaggi. Non osano qaest*
i ricatti della parte meridionale d' Italia eoa rapire una persona
più denarosa per averne la grossa taglia. Ma piorabaudo nottfr
t«rapo sulla casa già designata od occupati tutti gli sbocchi» dond*
potrebbe venirle soccorso, fiinno poi ogni opera per isfoncar l'ett*
trala, e quindi abbavagliati ì domestici perchò non gridino Vac-
cormomo, si gittano sul capo della femiglia. ed anche a furia di
strazi gli traggono di bocca, dove tenga riposte le proprie n^
chej'^x, u in&nu per non averne le accuse, almen talora, l'uccidoaa
E LORO lHPonTA^^A
565
Né tali bande souo di inatfattori gittatlsi alla campagua, ma per
onlÌDario si formano ali'uccasìoae, e poi si dissolvouo por ricom-
porsi ad ogni volta col coacorrere di faciuortisi viventi in vari
TiUaggi nell'ora e nel luogo fìsso da un capo segreto per fare
il eolpo. Tali son anche por -ordinario i dacoii deir India.
Quaato più frequeuti dovessero essere nella Sardegna simili
scorrerie al tempo del pagai lusi ino che idolatrava la forza, e quaute
Tolte dovessero rinuovarsi sopratutto da genti pift povore, elio
seeadessoro quasi torme di lupi affamati dallo moutague, ce lo
dico la storia narrandoci le scorrerie che facevano auclie ai tempi
Bomaoi i montanari della Gallura ', e le altre terribilissime che
poi seguirono al tempo do* Greci per opera degli idolatri Bar-
baridni *. E lo stesso ci dicono i Nuraglii col mostrarcisi in gran
moltitudine nelle regioni più fertili, laddove scarseggiano noUa
pift povere, se non anche vi mancano al tutto. Aggiungansi lo
aeorrerie de'piratì, nelle quali ancora infaustamente si segnala-
rono gli abitanti della Gallura corseggiando sino sulle spiagge
d'Etruria: e troppe prima per ferme lor precedettero predatori
Fenici. E questo pure ei dicono i Nuraghi collocati si in certo
nomerò pur ogni parte doli' isola in vista del mare, ma a qualche
distane» da esso sopra le alture, in quella guisa chi3 yariineuto
in riguardo dei pirati paesani e Fenici nota Tucidide \ che le
più antiche città dulia Grecia non istavano sullo spiagge.
Or de&nito il pericolo a cui soggiaceva più di frequente il
popolo doi N'un^hi, e chiarita con questo medesimo l'opportu-
nità di tali difese, valgono forse più nulla le obbiezioni solite a
fìirsi con la supposizione che i Nuraghi si volessero considerare
eorae vere furte/ze? Sì potrà forse più chiedere, so la gente d'ogni
Noraghe dovesse sUr inchiodata d'intorno a quel suo rifugio; o
per contrario non è egli manifesto che il suo diffondersi durante
il giorno l'assicurava, e solo richiedevasi che alla sera si rac-
' SnUBONE. Gen^r., V, 225.
' pBOCoi'io. D- hetlfi Vandalico, II, 13. — Iustinianos, Beo/f. Praef. Prov.
Afrùae til. XXVM.
• I, 6-1. Vtggisi aiKorn le «folte noie del I'evbon nella sua traduzione a (|ael
luoffff.
STUDII nRCBNTI SOPRA I !<t)FUCHI
cogliesse? Quali poj fossero ì difensori, è altresì maaifosto ; cnn
cioè tutti i robustii che il giorno stavano più sparsi ad ogni f&-
tira. Né avremo da dubitare, che la priiua lor arma non fosse la
fionda, al cui uso addcstravasi il Sardo sin Oa fanciullo *, e sei
coi «so furono insieme celebri i Baleari viventi con lo stesso
sistema. Non ò dunque supposiidone gratuita, che presso i No*
raghi, e pili sui terra/jti e salle cinte, si tenesse provvigione di
pietre, sea/achè poi si possa protendere dì trovarle a lor lut^o,
0 trovatele di ravvisarne Io scopo. È pur agevolo il compren-
dere, che altre loro armi {irecipne fossero o le stesse o le più
simili degli stromeuti soliti de'loro lavori, come scari, picconi,
scalpelli e certe asce a martellina di cui troviamo questo riscontro
presso il vìi. Figari B«y. I Nomadi Ababdi e Bisciari della Nn-
bia" hanno sempre seco qualche martello fatto a guisa d'accetta,
di cui si servono per tagliar rami, e staccar l'arenaria di cni
fannosi mulini a mano. Lo armi di simil genere son le più solita
a trordrsi u dentro ^ o presso i Xur^bi. Dovremo poi diro, quali
fossero le sentinelle pili lìde, rho ordinariamente bastassero, ed
anche meglio valessero per siffisitte difese pastorali e campestri!
Il cane, perchè si vigile, fu fatto dagli Egiziani persino ìmagìne
e iucarnoùone d'un principale loro Dio: il cane ancora fn sacro
e pei Greci ad Epidauro e pei Guanchì nolle Canarie, tantoché
nemmeno ripugna, che fosse tonuto a guardia d'un tempio, se
tal si tdnga il Nuraghe. E il cane c^U'istinto suo d'avventarsi
ali* estraneo che s'avan^. collocato che fosse nella nicchia d'en-
trata 0 in certi altri forami piiì bas^i che costituiscono false eo*
trate, e possono giudicarsi canili niente men che sepolcri, potè
f&v le veci dì guerriero contro un frodolento, che minacciasse di
giorno le donne e i fanrinlli rimasti soli, dando tempo di farse*
gnali per essere liberati da ogni pericolo.
Non affermiamo con tutto questo, che mai non succedessero
■ Lo mo^rn il I^ttAKio ili |Tli, »1trpiunl^ i^ataettfì Ae\ (iusIa mosirjn') le oprare
diicrx! (li un [inemero Sardo alle din'r^r «U, — V. U>U>'r;i ilei Caa. Sta^o al C<^
nenie LAiiAHxnnA nopra iilciioi l.iri mìtiiari Sanli. Cigliarì 1851, pag. IS, e (>*• l* !•
' Studi acientifici tuIF Kgitto e sue adiaeenie, 11, 691.
* S?aNO, Pnltoetnoloyia Sanln, fasi- 13, ti, ccc. fi tarale soitcssa. — 3ftra»>
ria sopra i Nuraghi, 50, 61, ecc. V. Pais, 290, ecc.
LORO IH PORTANZA
ne' Nuraghi dei mpimeDti ili persone o d'areri, che impedir non
a possiino eoa migliaia di guardie nel bel mozzo dello più gen-
tili citU: come ueaurhe alTermianio che con tutte le soyrindi-
cate difese non restassero mai espugnati i Nuraghi o per numero
soterchiaiite d'assalitori, o pvr sorpresa, ])or tradimonto, per frode
0 per valore. Finalmente norameno aOTormiamo, che gli assalitori
Qou fossero mai lasciati Tare, per indolenza o mal animo da chi
ft?rebhe do?uto soccorrere gli aasalitì, o che un vineitor furtu-
oaio per quanto perfido, non fosse riconoseiuto qiial legìttimo
possessore di un Nuraghe da se conquistato. Il simile a tutto
qucdtu saccede tra Le più colte nazioni, e pota succedere allora
assai più &Kìlmeute. Ala se i Nuraghi non recano quella sicu-
re/JUi assoluta che non è poi^ibile in terra, son pur da noverare
tra le più perfette difeso uel genere delle pastorali e campestri;
e si pad dire, che in siniil genere facessimo la gninde isola sin-
golarmente forte e costituissero un gran sistema di fortifìca:^ioni;
come può dirsi che in paragono dì tanto altre difese campestri
ed anche di molto tra lineilo solite de'Nuraghi medesimi, tratto
tratto dessero luogo a campi trincerati e fortez-ze, che tali si
dicano non con tutta la proprietà del linguaggio, sibbene con
ragtiineTole simìlitudiuo.
JUa non c'ò (ot7a senza un governo: e noi senza fare della
Sardegna co' suoi Nunighi una confo deraziono Svizzera, od una
specie di Stati Uniti» diremo imprima che certo uell'ordicaiuento
do* Nuraghi non mancavano capì, come non mancano anche in
ne£W allo orde sclvaggu. V'erano dunque capi ad ogni Nuraghe,
od altri maggiori in ogni comune, ed altri principali in ogni
cantone: tantoché tutti i capi subordinati, cosi sparsi e separati
com'erano, serbando con una maggiore o iiiinnr dipeDdenza molto
d'indipendenza, costituissero coi capì supremi una specie d'aristo-
crazia feudale. Tutti poi questi capi volendo serbare qutl-che
^MSsero d'autorità, orano interessati a sostenersi a vicenda; e
Hn anche vi erano interossatt tutti insieme i cantoni per as-
'sicarare l'indipendenza, propria e l'uso libero dei propri beni.
S^uivane adunque, se non altro, una disposizione ad unirsi e
! «occorrersi all'occasione.
568 SniDIt ARGENTI SOPHi I KCnAODI
Ma in ogni popolandone antica non si possono mai diiaonticaro
gli schiavi. E qiiosti erano i primi, coatro i qnali conveniva guar-
darsi, massime ne' perìcoli repentini, aociucciiè nun fuggis^ro od
anche non ìtisorpssoro. Che se trovavano il destro d' insorger,
non c'ora poi estrema pericolo, che s'im]Xidronissoro altresì dtì
Nuraghe, dove questo non fosse goardato? Conveniva dunque cbe
il capo tenesse la posizione più forto e più valevole a cnstodire
il Nuraghe, e tenesse insieme ben bene al sicuro singolarmente
la parte imbelle di sua famiglia, che sarebbe poi stata la preda
pili ghiotta da consegnarsi ai nemici per mano degli schiavi ri-
belli. Ora ad ottener tutto questo non si trova in molte «tajdoui
il luogo idoneo poi capo e per ta sua famiglia, se non nel Nu-
raghe medesimo, collocato com'era questo nella posizione domi-
nanttì o per lo meno più forte. Come adunque i Nuraghi asso-
migliano per la lor po9Ì?,ionB e corrispondenza i castelli dell'età
di meiB^'O, cosi dovevano frequentemente assomigliarli con essere
l'abitazione notturna de* capi e della loro famiglia.
Se non che genti, tra cui già s'intende abbastanza cbe predo-
minassero pastori e cacciatori, non si privarono de' vanta^ che
poT^e a tal professione il vagare alla libera di terra in terra,
senza volere usufruttuarc al possìbile le ricchezza del suolo da
essi occupato. Ne seguivano varie industrie e commerci: e gii la
costruzione medesima dei Nuraghi ne suppone e trae seco ben
molto. Perchè poi uell' isola tutta prevalevano gli stessi prodotti,
i commerci che di essi facevansi, andavano indubitatamente ol-
tremare. Ed almeno con tali commerci venivano in sommo pregio
i metalli, nò si potea non accendere ta brama di trarre dal suolo
queste principali rirxhezze, almeno dove ne apparivano spon-
lanoe lo tracw o sopra il suolo o negli scavi fattisi delle pietre
per fabbricare i Nuraghi. Tutto questo richicdovii moltitudine Q
siciìTezza di officine, cave, depositi, vie battute, acali ed emporii:
e poiché i centri delle popolazioni stavano presso i Nuraghi. «
quivi es^c trt^vavano lor sirnrezza, sotto la tutela do'Nur^hi
dovevano stare i luoghi anzidetti, od anche dentro i Nuraghi i
depositi e gli emporii, così diventando l'intera Sardegna un centr»
considerevole di commerci.
E LORO 1HP0nTA<rZA 569
^Hb lun si ottientì e molto meoo si conduce a qualche stabile
;rf«don6 verun ordi aumento sociale, sena che v'abbiano una
"parte prioiaria i sentìiuentì religiosi e morali. Or noi non diremo
pur qutìsto, che L'intera Sardegna fosso co'suoi Niiraglii un solo
santuario con 3000 tra templi o teiiipietti o st^zlom sacre, nò
la diremo una nocrópoU o un Pantheon di somidoi ed eroi con
altrettanti sepolcri: ma dalia Religione de' sepolcri tutelata, qua!
la vedremo, dai Nuraghi ne dedurremo con varie riprove, che
tutti probabiimente fossero consecrati dalla Beligiyne, ed appar-
teiieRsero a capi investiti di potere ancor religioso; riconoscendo
pura iu alquanti Nuraghi una dedicazione singolare ad ubo di
religione, se non anche tutti insieme i caratteri di tempio o dì
Tenerato sepolcro. '
Tanta varietà di deduzioni si pu& bene sin d'ora riconoscere
ragionevole: ma siamo ben lungi dal crederla dimostmta con la
semplice esposiiiione. E conviene per questo insistere nelle va-
rietà dei Nuraghi ed in quella delle loro appartenenze e rela-
zioni: il che darà pnre vnrìeUk diluttavole ai seguenti ra^guiiglì,
e no farà comprendere 1* importanm. Ma perdio in tutto appa-
risca l'uno nel vario, convorrà insionio mostrare, come tutto
s'accordi con una più perfetta difesa, e cosi ogni varietà di
particolari concorra ad una generale armonia. Saliamo or sen-
z'altro alle catnere superiori.
I DERELITTI
XXII.
LS AS008CB DEL CUOB MÀTEaSO
Appresso alla dipartita di Emma e di Pierinn menaTasi nella
stambei^ BelHortì una viU dit^i rotanti più dolorosa e grama
che per lo innanzi. Ogni dì che trascorrea senza notìzie raddop*
piava aila famiglia i palpiti dijll'ausietii e del timore. — Che
sarà mai avvenuto? dicea con angoscia materna la Marchesa.
Sono già dieci ^orni da che partirono, e non sì fanno ancor tìtì!
Ah di certo 6 loro iucuntrata qualche mala ventura! Ed io,
imprudente che fui, lì lasciai partire senza farli accompagnare
0 tenerli raccomandati a persona di fiducia! Cosi rammarìcavafli
Ih dolente redova; ma la Mima stndìavasi di levarla d'aGFanno
dicendole: — Che temi, o mamma, e perchè tanto ti accori?
Emma è donniaa assennata e di gran cuore, a eiii bastereblK
l'animo di viaggiare in capo al mondo. Temi fbrse ch'ella siasi
smarrita tra vìa?
— Oh no; ma non sai quanti casi fortunosi avvengono ai
viaggiatori ?
— Eh si davvero ! Egli è «n gran viaggio qnel che fanno
Emma e Pierino! È una volata di sei ore in ferrovia e di otto
0 al piii nove in vettura.
— Per questo appunto cho il viaggio 6 corto, avremmo dovuto
avere da più giorni le loro notìzie. Ma neppure una cartolina, noa
sola cartolina!...
— Ed Emma avralla scritta senza fallo: ma come la villa dello
zio è lungi parecchie ore di cammino da Cagli, ella deve averla
consegnata a qualche villanzuMlo, perchè fosse a impostarla; e
il badalone l'avrii dimenticata o smarrita; eooo tutto. Chi non sa
«he corti villani e montanari quando s* inurbano, cadono pcrfiiu
I OEREtrm - XXII. LE AKCCSCE DEL CUOR HATEnXO
571
7.
ì mente a so stessi, e se ne vanno per la cittilh a zonzo col naso
alle stello, la bocci aporta e il cervello sopra la berretta?
Non avea ancor terminato di dire, ch'ecco giiingisre il postino
colla sospirata lettera di Emma. Ija Marchesa e la Mima bal-
zarono di gioia al rictìvorla; ma quale non fu la loro sorpresa
al vedern dentro una data di sei giorni innanzi!
Esse arrecarono quel ritardo a smemorataggine del messo
mentre era una marioleria della Rosina^ che avea trattenuta la
lettera dopo averla aperta e Ietta, [n quella Emma narriiva alla
madre le avventure di quel viaggio, non facendo però motto della
glaciale accoglienza dello zio per non iniicerbirle l'animo afQitto.
liaseio pensare al lettore la crudele trafittura che i casi di Emma
e Pierino diedero al cuor della madre, della sorella e dell'alTet-
tuosa Mariuccina! La Marchesa soprattutto non sapua darsi pace
ch'Knima, derubata del danaro, non T avesse con un telegramma
avvertita; che ell'avrobbe impegnato Lnfìno alla camicia por
soccorrerla. £ però gliene mosse dolce lamento per lettera, ag-
giungendo nella risposta mille cose affettuose a lei e a Pierino.
Id questo frattempo Bruno sempre al buio del vero stato delle
cose e persuaso clie Emma non avesse smesso ogni pensiero di
nozze se non a cagione del mal animo del padre di lui, confor-
tavala di frequente per lettere, dicendole, che se null'altro ostava
al divisato matrimonio, ripigliasse animo ch'egli avrebbe superato
le ripugnanze di suo padre. E a tal uopo infatti avea scrìtto ora
alla madre sua, ora all'antico suo maestro D. Giulio, uomo di
molta autorità presso il padre, ed ora a quegli amici che credeva
più disposti a favorirlo, scongiurando tutti costoro, perchè si
argomentassero di vincere le ritrosie del Banchiere, o almeno lo
recassero a tanto che ooncedessegli licen;» di rimpatriar e. Di
tutte cotesto lettere le une, cÌoà quelle dirette ad Emma, vennero
al solito intercettate; e le altre. giunsero al loro destino; però
non approdarono a cosa che valesse. Dappoiché egli non ebbe
dagli amici suoi altra risposta se non che vedrebbero... ^reb-
booo... 0 aveano detto... tentato... fatto... ma...; e quel ma non
mancava mai. Intanto il non vedere riscontrate da Emma lo suo
lettere eragli di un coltello al cuore; e spasimava di tornare ìa
579
I DERELim
patria, per potere aflBatarsi con essa e sapere se avea ricevuto
le sue lettore ed era disposta a ripigliare le interrotte trattatirei,
avendo egli fermo in cuore di condurle a capo. Scriveva poi al
padre suo mille ragioni e pretesti, perchè Io richiamasse in patria;
e il Blando non lo desiderava meno di lui, come quegli che av»
fatto venire in tutta fretta rErmelinda per darle in isposo il
figlio. Però prima di concedergli il permesso di rimpatriare,
facca ragione di dilungare dalla città anche la Marchesa: ac-
ciocché Bruno non venisse a smascherare tutti 1 suoi artifìci)
e le barrerie del Trappola. L'impresa, corno ognun vede era
assai malagevole; ma che non può l'oro in mano ai tristi I
L'avvo<*ato por cupidigia di guadagno assottigliò di tanto i suoi
avvisi, che vennogli immi^inata una nuova e più audace bin-
doleria.
Egli avea spillato da certe donniccinole del vicinato che il
marchesino Cesare Belfiore, ito a procacciare sua ventura in
Alessandria, orasi accontato con un Pascià, e messosi con luì
per medico o aogretario che fosso. La notizia era esatta e venata
poe'au7>i por lettera dall' istosso Cesare; il quale avea scrìtto
alla madre, che, grazie ai buoni nfficìi del signor Cencio marito
della Qhiti, a cui ella aveato raccomandato, un buon Pascià,
Zerbib-KtTeudi, avealo preso al suo soldo e invitatolo ad accom-
pagnarlo iu una missione affidatagli dal Gererno Egitiano.
Il Trappola non c-ercò più avanti; e scrisse con simulato ca*
raUere e mentito nome nna lettera, ch'egli fìngeva datata dal
Cairo, 0 in cui dicovasi : — essere colà giunta notizia di un cotal
giovano italiano fatto prigioniero in un'avvisaglia tra la scorta
del Pascià Zerbib- Effendi e una masnada di ladroni del dosorto.
E per meglio colorire la menzogna, chiedeva nella detta lettera
al suo amico se per ventura sapesse) indicargli il nome e la
condizione del giovano italiano. Quest'amico a cui veniva diretta
la finta lettera era un tal Baratti, che tenea di mano al TrappoU
in tutte le sue ciurmerle; e però anche in questa, da cui aspeV
lavasi un grosso guadagno. Egli indettato da costui del perso-
naggio che dovea sostenere in commedia, da vero barattiere qnal
era, e come ristesse nome parea indicare, diessi a spallerò
XXII. LK k^GOSCE DRL CTOlt MATRnNO
TOOd di questa lettera tra alcano feinniinuc<:6 che dimoravano
nei pressi dolla cascttu Bclflort), raccomaDdaado però loro il
segreto, por tema, dicova t^li, che non no giungosse vento alla
povera Marchesa,
Chi vuole che ona notizia si propali per tutto il vicinato culla
celerità del lampo, non ha a far altro che pispigliarla alPorec-
chio di f^ualcho don nìccl noia. D pii'.Tiicore cho prude alle femmi-
iiett« la lingua e la vaaità di mostrarsi posseditrici di un
segreto faranno sì che loro tardi ogni ora miiranni di potersi
aprire con qualche confidente o arnica; la quale a sua volta e
per ristosso bisogno eserciterà la sua lingua con una terza, e
cosi di bocca in bocca il segreti) si bticcineri^, in men che noi
dico, per ogni dove. E tal appunto fu la sorto del simulato
segreto del Baratti, strombazzato in poco d'ora per tutta la oon-
ida, tanto che la sera di queir istesso giorno ne giunse un'eco
'agli orecchi dalla Marchesa. Pensi il lettore con che ansia ma-
terna la dolente sì facesse a rintracciare l'origine di quesV in-
bustik oovella, sparsasi o accreditat;i per tutt' intorno! Né andò
guari che vennele ftitto di scoprirla, grazie alle diligenze della
Ihrìnccina; la quale ar voi tace hìatasì qua e colà per le case
iTÌdne, e presa vece dalle sue conoscenti, venne a sapere della
ira e del Baratti. Ond'ella fu tosto a casa di costui, pre-
idolo che ,sì compiacesse di consegnarle la lettera, se pure
un preferiva di recarla egli stesso allii Marchesa, per darle
l«e* maggiori schiarimenti ch'ella avesse potuto desiderare. Il
idolo del Baratti fo* vista che molto gli dolesse di dover essere
sro di cosi dolorosa notizia a chi avea già tanto solTerto;
poi iu sembiante d' uomo rassegnato soggiunse, che indi a
l'ora avrebbe egli stosso consegnato la lettera alla Marchesa.
Quest'ora parve lunga, etema, infernalo alla vedova o alla sua
imiglia; cotalchi quando venne a c&sa Belfiore il Baratti, av-
legnachi fosso portatore di male nuove, fuvvi ricevuto presso
che a festa.
— Ec&imi qua, egli disse entrando, agli ordini suoi, signora Mar-
fì-'^a,. Mi dispiace di aver dovuto differire alquanto per urgenti
i la mia venuta.
574
I ontBLrm
— Non pn6 credere, signor Baratti, con qual ansia »
aspettato. Ed ora le sono molto tenata di tanta sna getfd
B cortesia. ^
— Non ha di che. Era mio dovere, non appena seppi il
denidorio, recarmi qna in persona a consegnarle la lettera
mio amico Del Forno; e mi duole all'anima, clie questa non
qual io l'avrei bramata; o si dicendo, dìolle la lettera, eli
Uarchesa prese e spiegò con man tremante. La corse coU'oec]
e gitiata al punto, in cui il fìnto Del Forno dopo altre noti
che il Trappola por meglio mascherare l'inganno vi avoi'
frascate, veniva a narrare l'improvviso assalto de' ladroni
resistoaza della scorta del Pascià Zurbib-E^endi, e l'eruioo va
di un giovane italiano men che ventenne, venato dì fresco d
Francia e fatto nel combattimento prigione. La povera mi
non potendo più dubitare che quegli fosse il suo Cesarino^
venne morticcia iu viso, abbandonò il foglio e lascìossi ca^
in sul canapè quasi fuura de' sensi. Un'angoscia mortale j
ravale il cuor^ e affollavale il respiro. Era pallida corno la ra<
e muta come la statua del dolore. Un gelato sudore bagnai
la fronte, le labbra convulse tremavano o duo lagrime im|
trìvano sulle pupille immote e senza lampo. La Mii
Mariuccina affr^ttaronsi a slacciarle d'in snl petto
spruzzaronle d'acqua fresca la fronte, e toltala dì peso tra
braccia, adagìaronla sul letta. Il Baratti tutto in sembianti
uomo addolorato, mentre tuttu dentro gongolava di contento, Att\
in fronte od esclamava: — Ab non le avessi mai recato eosltrl
novella! E fatto verso la Marchesa un visino compassionevoli
torcendo il collo a guisa d'uom contrito, dicevate: — Hi perdi
Signora, se sono stat^ involontaria cagione di tanto affauo*
— Anzi, riprese la Marchesa, che cominciava a riaversi
quel primo smarrimento di spiriti, io le so grado moUissii
non avermi tenuta nascosta una notizia, la quale, poTj
siami crudele, straziante, io non dovevo ignorare.
— Tanto più, ripigliò il Baratti, che l'averla saputa fti
potrà risparmiarle uno schianto maggior di cuoro per l'avveoii
poiché alla fine suo figlio vive ancora, comechè prigioniera.
;ralJl
veni
ssimo
j
ZXn. LB AN00SC8 DBL CCO» KATERKO 575
— Lo crede ella? dimandò la Marchesa, a cui nn lampo di
spotraoM rischiarò in quel inomont» il volto. L'avrebbero dunque
que' barbari o fieri nemici del nome cristiano risparmiato?...
— Lo credo e lo spero, pur che si pensi seriamente, e senza
por tempo in mezzo, al suo riscatto.
Tanto basU» perchè la Marchesa si sentisse dì tratto alleviare
il peso dell'ambascia e rialzare T animo abbattuto. Levossi inctm-
tanent«;e progi*) it Baratti che volesse aiutarla di consiglio a
eotest'ìmpresa, da cui dipendere dovea non pure la vita di un
figlio, ma quella di tutta una famìglia.
E il Baratti, com'era da supporre, non si fé' pregare; raa
proferissi pronto a quanto la Marchesa sarebbe per richiedergli.
£ra qnello appunto che il gaglioffo volea. Postisi a sedere in-
tomo a un tavolino, presero egli e la Marchesa a discutere il
da farsi per liberare i! prigioniero, mentre la Mima e la Ma-
rìuecina mute pendeviiin) coir anima dalle loro labbni.
Ma in sull'aptirsi della discussione la Marchesa non potè re-
sistere & un segreto senso di terrore che impadronivasi del suo
spirito, e dimandò dì nuovo con voce tremante al Baratti. — Mi
dica con tatta sincerità, crede lei che giungeremo a tempo a
liberare mio figlio? Non sarà egli stato ucciso da que' barbari,
come lo furono tanti altri europei? £ si dicendo, die in uno
scoppio di pianto.
— Si rassicuri e si consoli, Signora mia, cbc i ribelli o ì la-
droni che BÌeno, si guarderanno bene dairucciderlo, se non per
an senso di umanità, certo per cupidigia di guadagno e per ti-
more di tirarsi addosso la vendetta del goveroo egiziano e degli
«aropei, ch'essi finalmente hanno imparato a conoscere e a temere.
— Ma se non l' uccidono, ne lo meneranno schiavo, Dio sa dove !
— Eh oggi giorno che tutta l'Africa è corsa por lungo e per
largo dagli Europei non vi si può tenere cosi occulta la prigionia
di un bianco, che non ne spiri qualche fiato, e non ne giunga
fino a noi suH'ali del telegrafo, come un lampo, la notizia.
— Piaccia a Dio ch'esser debba così cera* ella dice. A ogni
modo noi dobbiamo dal canto nostro mettere tutto in opera a
fine di strapparlo dagli artigli di que' feroci, che mi dicono essere
L
t DERELITTI
sitilwndi del sangue europeo e cristiano. Converrebbe atlniviaa
fame richiamo al Ministero, che ne dice?
— AI Itinistero? ma si trarrebbe l'affiire in lungo, Iddio
quanto, e qui $i conviene troncare ogni dimora sotto pena d
arrivare troppo tardi al bisogno.
— Sarà dunque mt't^lio mandare tostamente colà chi lo ri
scatti; ed io ho in Alessandria una buona e caritateToLe persou,
il signor Filippo Cenci; il quale, come spero, non Torrà rifiu
tarsi a quest'opera di carità. Lo conosco appena di rista; ma
egli A il marito dì una nostra amica o benefattrice, a ctii seri
Terft ittoontanonto, perchò ne lo preghi e scongiuri a volerà ado-
perarsi per la libenuioue di mio figlio.
— Eccellente idea! ma l'affare ò urgente e non soffra dila-
zione. Prima che giunga la lettera e che tomi la ri8podt&, ti
vorranno almeno tre settimane; ò troppo, è troppo! Le cose i
ghe, dice il proverbio, diveniano serpi.
— Ha ragione. Bisognerà adunque ricorrere al telegrafo,
— Xon avvi, a mio avviso, altro mozao che questo; e se la
aggrada, io stesso m'incarico di questa bisogna.
— Troppa bontà, Signore, io non so come ringraziarla, rispoM
la Marchesa, a cui parve gran bella cosa trovare chi si aceal*
lasse di si buon grado le spese di costosi telegrammi.
— Bando ai complimenti, riprese il Baratti; il contento ipuf
fabile che provo di potere in qualche modo cooporare alla sal-
vez;ìa di un nostro cont^ittadino e alla traut^uillìtà di Vossignorìa
e della sua degnissima famiglia, mi ò esuberante guid
del tenue servigio che ho l'onore di prestarle.
E si dicendo levossi; e ricevuto dalla Marchesa il ricapi
Cenci, accomiatossì da lei, che colle lagrime agli occhi p
devasi ÌQ riagraziamonti: ma invece di avviarsi alla 9
del telegrafo, fu il brìSTaldo e barattiere a casa il Trappola, cbé
r aspettava, a contargli il' buon successo della sua ciurmeria.
che que'dne tristi arnesacci fecero le pii) matte sghig
del mondo, applaudendosi Tuo l'altro e rincorandosi a coDdfl
a capo la trama cosi bene avviata.
Il Baratti indi a poche ore tornò a casa Belfiore, e in 6«iB'
XXB. LG AKGOSCK DEL GCOR SATERNO 577
biante d' uomo cimtrariati) no' suoi disegni, dìsso, non essere giuuta
alcuQa risposta al telegramma da sa spedito al Cenci, ma cb' egli
bbeglì telegrafato di nuovo.
Il dì seguente pr^sentossi di buon luattioo alla Marchesa tutto
in Tolto raoDiivolato, e dissele.
— Signora mia, qui è a corcare altro riparo ai casi nostri.
Il signor Conci non risponde neppure al secondo telegramma,
forse per essere assente da Alessandria; e intant) it tem[K) passa,
noi ci restiamo colle mani a cintola, lasciando che il povero
gionieru...
— Ah mio Dio, sclam6 la Marchesa coprendosi la faccia, io
tremo in peasarvi! Questa notte non ho chiuso occhio, nuiliuando
mille progetti in Uipo. E mia tlglia e la Mariuccina anch'esse
non hanno fatto che piangere. Ah s'io potessi, volerei all'istante
kt stessa in soccorso di mio figlio, e lei sa bene quel che può
fare l'amor di una madre!
— Che dice mai Signora? Avrebbe ella coraggio di andare
fin colà?
— Perchè no? G'ìh sarei a quosVora in viaggio se...
— Se il pensiero degli altri figliuoli non ne l'avesse trat-
KDuta!...
— Ah non è questo il mio imbara;izo; perchè duo dì loro già
tono affidati alle cure di uno Zio; il bimbo rimarrebbe a casa
eon la Mariuccina, che ha per lui un cuoro di Mamma, e questa
mia flgliufda, che ella qui vedo, ha piti coraggio di me e mi
accompagnerebbe.
— Non solo in Egitto, interruppe con onfasi la Mima, ma fino
al Giappone.
La Marchesa die ana tenera occhiata alla figlia; e un sor-
rìso di compiacenza sfloroUe le labbra.
— Mi rallegro con lei, signora Miirchesa, disse il Baratti, che
«bbia una tal figliaola e cotanto animosa da disgradarne qnal-
«hosiasi de' nostri pii^i arditi giovanotti. A dirle il voro, anche
A me erasi affacciato in mente Tistesso pensiero; ma non osavo
f roiKirlu, perchè riputavalo di troppo ardua esecuzione. Ora però
Serit XIII. poi. II. fanc. 803 37 28 maggia 1886
rt78 I DERELITTI
che te ve^o disposte a tanto, noa posso che approvare ìl lotQ
diseg^io ed esibirmi pronto a secondarlo.
— E abbiamo infiittì intisticrì del suo aiuto; perchè se tt
bnona volontà non ci manca, ci fanno difetto i mezzi...
— Ho intoso. Trattasi di trovare una somma che basti a co
prire le spese del viaggio e nn'altra majargiure pel riscatto del
figlìol La rosa in vero è assai malagevole a' t'empì che oorrooo;
basta, tenteremo... Iddio ci aiuterà.
K sì dicendo, reoossì tutto in so stesso come nomo cho chiana
a raccolta i suoi piinsìeri ; si passi) due o tra volto la mano sulla
fronte in atto di chi vuol farne scattare un'idea; e poi serri
dendo a un tratto per la bella pensata, e affissando la Mar-
chesa. — Ah, Signora, esclamò, mi è spuntata in capo una la-
minosa idea, ed H, presentarmi a una vedova assai denarosa »
che fa segretamente grosse limosino ; e porto fidanza di accattanw
quanto bisogna al nostm intento. Vorrei potergliene diro il nomo;
ma so che quella gentildonna non versa le sae beneficenze, M
Don a patto che se ne ignori la fonte. Ella vuol esegaire lUi
lettera il consìglio evangelico, l' una mano non sappia qnel eh»
dà L'altra. Ma che monta? Vengano i bezzi donde che 9ia,eb3
li riceveremo a bocca baciata! Sorrise del suo spiritoso motto,
levossi e accompagnato das;lì affettuosi rìngruziamenti della pò*
vera Marchesa, che ne piangeva di consolazione, se ne partì.
U giorno appresso in sull' annottare oocolo di nuovo a can
Belfiore, e questa volta tutto festante, come chi è venuto
cernente a riva di una sua vivissima bnima.
— Bnone novelle, Signora Marchesa, sclamò egli entrando a
fregandosi di contento le mani, buone novelle!
— Dunque ha trovato?
— E come! pìiì di quel che mi aspettava! Or oonterA tntl»^
e tirata a so una seggiola, si assise al tavolino del salotto; 4
la Marchesa, la Mima e la Muriuccina fecerglì cerchia intoriv
smaniose di udirlo.
— Hanno dunque da sapere, cominciò egli con quel &re di
sinvolto e Franco, che è proprio de' ciurmatori di professione.
XXII. LE ANGOSCE DEL CUOR UATEHNO
570
10 appena uscito di qua, non soprastetti un istante a mettere
in esecuzione il disegno che eraniisì alTaccìatu iu mento, e fu
rintracciare persona di fiducia della ricca vedova, perchè m'in-
troducesse a lei e appoggiasse la mia domanda. Lo trovai a se-
conda del mio desiderio nel suo Direttore spirituale, uu sani' uomo
tatto carità e sempre pronto a far servigio al prossimo per
amor di Dìo.
Com'egli ehbe inteso da me di che trattavasi, senza frapporre
indugio fu a casa la vedova; e seppe tanto dire a favore di
Tossignoria e di suo figlio, che quando io^ ricevuto per questa
mane T appuntamento alle dieci, mi presentai a quella santa
Signora, ella senz'altro mi snocciolò tre mila lire in napoleoni
d'oro! K sì diciindo, trassosl am molta solenuità di tasca un
boon gru7J»lo di monete, avute di soppiatto non già dalia tal
Signora, ch'egli diceva, ma dal banchiere Blando per mezzo del
Trappola. ConsegnoUe con gentil atte alla Marchesa, dicendole : — -3
questo non basta. La generosa vedova mi ha dì più obbligato sua
fede che avrebbe sborsato il prezzo del riscatto del prigioniero;
ootalchè Vossignoria giunta che sia coIÌl, e ben accertata la
somma a tal uopo richiesU, non ha a far altro che notificar-
mela con un telegramma; ed io gliela mandon't incontanente iu
cambiale da riscuotursi alla banca di Alessandria.
cosa, come ognun vede, fin qui andava liscia, liscia, che
facea una grinza. La Marchesa aveva ora in mano più di
lauto le bisognasse per l'andata e il ritorno; ond'ella riogra-
to con effusione il Baratti, e per suo mezzo l'occulta bene-
00, dìessi a far tosto gli apparecchi del viaggio; e il di
ente scritta ad £mma una lettoni e raooomandato il suo
ìcuccio alla Mariuccina, si mise colla Mima in ferrovia alla
Ita di Genova, ove appena giunte, imbarcarono in un Vapore
Società Hubattiuo, ch'era sul punto di prendere mare verso
rOricato, e salparono alla volta di Alessandria.
98U I D£RELITTt
XXUI.
m ruoaio id \lksandru di ioitto
Nella trarersata la Uarcfaesa e la figlia mareggiarono aasai ì
primi giorni pel contìnuo beccheggio o rullio del Vapore, che
pruoggiava contra vento e con maro grosso ed arruffato. Era U
prima volta eh' esso mettevano pie in ona nave; o però tornava
loro più che agli altri passeggieri affannoso qnoU' ondeggiare e
più terribile l'aspetto degli spameggianti marosi, che fìoltavano
il loro legno. Sol chi è ausato alle traversie del mare, o ha salda
tempra d'animo sprezzatore d'ogni pericolo, pnò non sentita
correre da un brivido Impersona al vedere que' monti d'acqua
capoievare, e furiosi ruggendo e Bcbiumaiidu, correre qiuili giganti
a battaglia, scontrarsi insieme, co7.Kar fronte a fronte, spezanì
l'nn contro l'altro, rimestarsi, ribollire, e turbinare con utw
soompigUo, un arraflSo e un muggire ed urlare spavtinloso. Mentre
la nave che ardita gli alfronta, or balestrata in alto, or adimata
in voragini di abisso, ed ora battuta e travolta sulPun e Taltro
fianco, cigola, stride, scroscia, o minaccia a ogni ora di sfasciarà,
0 di far acqua o andare a picco. La tempesta però questa volta
non era sì sformata, che dir si potesse una di quoUe fortune o
traversie di mare, contro alle quali tante fiate non reggono
seppure i navigli di gran corpo e ben arredati Oltreché fa di
sì corta durata, che ÌL Vapore approdò a Malta, con un Darà
placido e spianato come un lago. Quivi stette un dì intero snllf
ancore; eotalchè lo nostro due viaggiatrici ebbero tempo ed agio
di scendere a terra, dare una scorsa per la Valletta, visitare la
cattedrale e i monumenti de' celebri cavalieri dì Malta, e spedirà
di là un telegramma al signor Filippo Cenci marito della Q
per farlo avvisato del loro prossimo arrivo ad Alessandria. Q
al dì e all'oro prefìssa fu colla sua consorte al porto per
glìerlo; e neppure aspettarono che scendessero a terra: ma montati
umondue in un battello, raggiunsero il Vapore che già arn
imboccato il porto, e tosto die questo ebbe gettato ferro, vi sali*
reno sopra a far le prime e festose accoglienze alla Marchesa <
XXUI.
UGOO AD ALRSSANOniA DI EGITTO
681
alla figlia; le quali a) redorlì, sentironsì allargare il cuore,
e corsero ad abbracciare la Ghita e a strìngere la mano al
aigoor Filippo. — Ben venute, disse lor la Gìhita.
— 0 mia buona Gbita, o signor Filippo, io non ho parole che
Instino, a ringi'a/>iarvi, disse la Marchesa. Che notizie mi date
del mio Cesare?
— Buone, buonissime... risposero a im tempo la Ghita e il
marito.
— 0 che dite ? Dnnque egli ò libero? riprese lampeggiando
in Totto di gioia la Marchesa.
— Libero? soggiunse maravigliato il signor Filippo; ma egli
m & stato mai prigioniero!
• — Ohe ascolto? sclamò quella tra lo stupore e il giobilo.
— Sia ringraziato Iddio I esclamò anche la Mima tripudianto
per la lieta e inaspettata novella.
— Ha di grazia, Marchesa, dimandò il signor Filippo, ohi vi
ha dato qnesta falsa notijiia ?
— Vi conterò tutto in seguito. Or ditemi: eravate voi in Ales-
"fiondrìa un dieci giorni fa?
— Come lo sono adesso.
— Avete ricevuto due telegrammi speditivi a nome mio prima
della nostra partenza dall'Italia?
— No.
— Eppure avvi chi mi assicura di avorveli mandati.
— Baie! I telegrammi non si smarriscono tra via come Io
lettere, e vengono fedelmente ricapitati. Non ho forse io ricevuto
il telegramma che mi spediste da Malta ?
— Avete ragione; ed ora intendo quel che prima colle traveg-
gole agli occhi non vedevo. Caro signor Filippo, o voi mia buona
Ghita, sappiate che noi fummo ingannate e tradite. Ma non ogni
male vicn per nuocere! Gìnnte che saremo a terra, vi svelerò
bitta la trama ordita contro di noi. Intanto che mi dite di Cesare?
— ler r altro, rispose il signor Filippo, ebbi un suo biglietto
di visita, che vi mostrerò, in cui mi dice ch'egli crepa di salate,
e sta crogiolandosi in ozio beato, perchè al presente non vi sono
malati nella Carovana, e spera di fare quanto prima ritorno al
Cairo e ad Alessandria.
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DeRBum
— Mio Dio, sciamò la ^Uurchesa, leraodo gli occhi al cielo,
siate mille Toltu bunijdetto!
— Sì liete uorelfó, soggiunse la Jliiua, ci rìdiinno la rita.
In fatti la Marchesa e k figlia, alle quali la subita gioia area
rarvirati gii spiriti a colorito Tiraiiieote la foccia, parlano come
trasfigtirat^. Era la prima volta che assaporavano dopo si lunghi
affanni una stilla di godimento.
Scesero col signor Filippo e la Ghita io na palischermo, e
approdate a terra, sì videro assediate da una turba di Àrabi,
ciascun dfjViualì gesticolando o vociferando esibiva l'opera saa
e qnelU del suo hurrico, o asinelio, pel trasporto delle valige e
delle persone. Era una gara, un serra serra, uà tramestio, un
vociare di conto asinai a un tempo, da hr venire le vertigini
a chi non eravi ausato. Le nostre viaggiatrici intronato a ago*
monto non sapevano come schermirsi da quell'assalto. Senoorliè
il si^or Filippo, come uom pratico delle costumanze di quella
terra, levato il bastone, aocarez^^ò a ano de* più arditi le apallA,
e giratolo a tondo, minacciò gli altri, gridando in arabo non so
che parole scure; lo quali rincarate da quell'argomento apodittico
del bastone, ebbero la virtù dì persuaderli a battere in ritirata.
E cosi la nostra brigatella pot^ giungere, sen/.' altro impaccio che
noa breve visita dei doganieri, a easa Cenci; ove il signor Filippo
avea già fatti.» mentore in buon assetto per le sue ospiti due
stanze ariose, agiate e pulite.
Dopo un'ora di riposo si mise tavola, e durante il desinare, la
Marcho.'^a narr^ per nio tutta la trama ordita per allonlanerta dalla
patria, e della quale fin allora non avova avuto ombra di soapettD.
Ia Ghita e il marito ascoltaitinla con vivo interesse ed elta eoa-
chiuse il ragionare con diro: — Iddìo saprà trarre il ben dal maWt
Tutti applaudirono al suo detto; o tolte le tavole, il signor Fi-
lippo e la Ghita la condussero in un colla figlia a visitaro il
quartiere europeo della città. Foichft è u sapere che il Cenci por
la lunga dimora fatta colà, era divenuto un EgittoHlo di gran
polso, 0 dalla patria in fuori, non vedeva piA in là dell' Egttto.
E a buona ragione amava questa seconda patria; perchè venutovi
p)vorissimo, eravi salito, gra^iie a' suoi talenti e allo studio dalle
antichità egizie a condizione di agiata fortuna.
XXIU. W TIAGGIO AV ALeSSAKDBU DI EGITTO
Egli duoqiiD potea ben fare coilesiie ospiti riiftìeio di buon
Cicerone; e fiu dui gioroo del loro arrivo disimpeguoUo cod uno
zelo che mai il maggiore. MdDollo an?.itiitto, comt' dicemmo, al
quartiere europeo, cb' era autiramente il CL>atro della splendida
citU de* Tolomei, oggi b&Uumunte riparlilo in tìo spazioso e
casegg^ti ariosi e puliti, abitati da mercatanti cnrtipci e lo-
Tantini cristiani, con una vasta piazza nel centro ombreggiata
da filari di pianto, intraiumoziìatc di colonnini a gaz, e ralle-
grata da dne fontane che si prospettano ai due capi di quella.
Poscia oondusselo a vodere la colonna detta di Pompeo, dì
^reeo stìle^ alta tronta metri, di un roseo granito, teniiiimta da
no elegantissimo capitello; e volto ulla sna brlgatella — Kcco,
le disse, runico o .solitario monumento dell'antica grande^tm o
i»agnilìcen;;a del Serapeo, celebre tempio eretto da Tolomeo figlio
di Lago. Questa colonna grandeggiava nel mex^o di na atrio
ornato di ben quattrocento colonne, e fu innalzata da Publio
e(«roo 0 prefetto di Egitto ad onore di DiocloKiano, da coi do-
rrebbe però denonuDarsì e non da Pompeo. Accanto al tempio
era pur la celebre biblioteca del Sernpeo, ricca di trecentomìla
volumi; ma, come assicurano puocchi storici, anche Arabi, venne
datA alle fiamma per ordine di Omar l'anno 641 dell'ora volgare '.
Indi visitarono le guglie di Cleopatra, duo obulìsclii monoliti
di uu bel granito rosa, nn solo de' quali, alto un venti metri, sUda
ritto ancora in pie le ingiurie del tempo, mentre V altro giace
quasi sepolto nell'arena. — Questi obelischi, osservò il signor Fi-
ippo, ornavano l'antiporta do! tempio del Sole in Eliopoli d'Egitto,
areali fatto erigere Tumtosi Ul della decima ottava dinastìa ;
ina furono poscia per ordine di Cleopatra trasportati fin qua e
collocati innanzi alla porta del magnifico tL'iapio, fatto da lei
ionabcare ad onore di Giulio C'Osare, il qual tempio venne nell'era
cristiana trasformato in una chiesa, detta Cesarea, e poscia sotto
Il dominio Mnsiilmano distrutto.
Il di appresi^ furono a visitare il luogo ove anticamente ora
il tempio di Nettuno, il foro, gli ediflxii destinati a imbalsamare
* Aknni ciilici iTrmuiio in diililiio i\amo Tallo, ma no! uon tlubilìnino dì 3SM-
ifrtoiuUa Mv di »km\ itulorrvAlì xerìttoi'i.
584 I DBAELim - XXIII. v:t via(m;io ad alessandru di egiito
i cadareri e le stanze mortuario, chiamato ImproprtameDte i bagni'
di Cleopatra, forse perch*^ vi s' iag^>IfaQo dentro le aeque marine, da
cai fu invaso quel tratto di terra consacrato al riposo dogli estinti.
Attniversaronu, ma a prosti e fuggitivi passi, Tanibo quartiere.^
che è un sudiciume di città tagliata per ogni verso da viuzze an-
gusto e tortuoso e da chiassuoli pieni d'imbratto, fiancheggiati la
più parte da case a un solo piano, quasi prive d'aria e di luce, e òi
vere stamberghe o piuttosto capanne, ove uomini, pecore e wàm
tìvodo in buona fratellanza insieme e dormono in una stessa stua i
0 covile. Avvilitasi la nostra brigatelia fuor di Porta Rosetta, alla
Tolta del sito ove sorgea T antica Nicopoli, vidosi dinnanzi un
ampio spianato quadrilatero affossato intomo ed intorrìato.
— Qui, disse volto alle donne il nostro Cicerone, Augusto seoo-
fisse gli ultimi avanzi dell' esercito di Antonio, e in meffloria di
questo fatto chiamasi anche oggi campo di Cesare, e additò Itiro
le roriue di nn grandioso palagi'» di recente disotterrato.
No' di st^uenti feoeru una giterella su pel N'ilo fino ad Abukif,
Tantica Canopo, distante un 19 chilometri da Alessandria, ceb-
bre neir aatìcbità per la fitbbricazione do* vasi figulini bella-
monte inverniciati ed istoriati, ove gli Egizi! soleano riporr» i
visceri imbalsamati de' defunti, e che al presente adomano ì Hnad
d'Europa e del Gran Cairo, sotto il nome di vasi cauopeì. Oggi
Àbnkir non è che un miserabile villaggio, reso tuttavìa celebr»
anche a' tempi nostri dalla vittoria dì Napoleone I suiresercib)
turco nel 1799 e dalla distruzione della flotta francese sgomi-
nata, rotta ed incendiata dagl'Inglesi sotto la condotta dell'am-
miraglio Nelson.
Il signor Filippo a questi ricordi storici no aggiunse un altro
di più cara memoria, rammentando come nei dintorni dell'antimi
Canopo, e precisamente nel luogo detto Mefanea, sorgesse
tempo il tanto celebrato monastero della penitenza, ove fiorì
un popolo di cenobiti di santa e austerissima vita, fra' quali 3J
famoso Abate Arsenio, che n'ebbe per qualche tempo il gover
ÀI ritorno della nostra brigatelia ad Alessandria ragioi
a bordo del Vaporo di quel fiume che allor si navigava, lai
orìgine fu per tanti secoli un mistero o le cut acque sono li .
feconditiìi e la vita dell'Egitto.
58»
XSIT.
IL XmO K LDOORI DI UBIJZni S D; COXHBIUIO
— "Non avvi al mondo fiarae piCi benefico di questo, dicea il
signor Filippo. Uq paesb, com'è l'Egitto, non coosolato quasi
mai dalle piogge e sotto uu cielo di fnoco, s&rehbe no desorto
FVÌdo e morto, ove il Nilo colle sue aDDiiali iaondazìoni noi fe-
condasse. Esso è come una grossa arteria, clie partendo dalla
region centrale dell'Africa, attraversa il Sudan, il Seunaar e la
^^Niibia, e dall'ultima cataratta di questa gittasi netl'Kgitto, cui
ricerca e bagna da un capo all' altro, diramandosi come il sangue
nelle vene del nostro corpo, in una vastissima rete di canali grandi
e piccoli scavati a mano, di condotti, di fiiimii^elli e di ruscelletti
the ne portano i nutritivi umori a fertilizzare ogni zolla di questa
Sterra ubertosa e ferace. ìlla ciò non basta : ogni anno esce dal
sao letto, e inondando tutto V Egitto, vi depone quel fertilissimo
10 carico di materie organiche, che seco trasportò dall' alte
fiooi sopra l'Egitto; cotalchò il fellah, o agricoltore, al ri-
irei del Nilo entro al suo letto, non ha a far altro che git-
ro sulla belletta lasciata dalle acque la stìmenza per averne
iza spesa di concime e senza fatìai di aratura, o che che altro,
prodotto doviziosissimo. Il perchè fin dai tempi piiì remoti
^Egitto andò sempre famoso per la sua miracolosa fertilità.
— Era, osservò la Marchesa, il granaio deir impero romano.
La Mima, che avea freschi nella memoria i fiitti biblici, sog-
giunse: — Qua vennero anche ì Patriarchi per fuggire la fame
che desolava le loro terre.
— E noi, ripreso sorridendo lu Marchesa, ne imitiamo l'esempio.
- Cara amica, dissols con aFTetto la Ghita, spero che l'Egitto
sarà per voi q\iello che fu per noi, una terra promessa.
— Dio lo voglia! rispose quella con voce e sembiante di chi
»pcra e teme a nn tempo.
~- Oche queste acque sono potabili? dimandò la Mima al
^agnor Filippo.
— Eccellenti ; e in tutto l' Egitto, ove non ha pozzi nò sor-
&36 I DERELITTI
genti, non sì boro altr'ac/jua che quella dui Nilo; cot&tcliè quesW
fiumo non è soltanto la ricchBzzii^ ma la vita degli egiziani.
— Provvidenza di Dio! Ed è anche pescoso?
— Mena si prodigiosa quantità di pesci, che un t«mpo gU
Egizii uveano nome d* ittiofagi, o mangiatori di peaci.
— Ho udito però che anche gli uomini vi sono spesso divorati
da quo'mofltri di coccodrilli, che non sono né carno né pescf.
— Eh i coccodrilli dod basìzicano da queste parti, ore il ^'ih)
ò fioloato di contìnuo d;i piccoli Vapori u da infinito numero 41
barche; ma stormeggiaao e fanno strage di nomini e di animali
u«ll'iilt« Egitto.
— È egli vero che gli antichi egizii adoravano il Nilo, come
mi rammento aver letto nella*Bturia?
— Fu ab antico venerato qnal Nume, ed ebbe templi, sacer-
doti, .sacrifisiii e feste. Chiamavanlo l'Osiride visibile, il quale-{
congiunto con Iside, o la terra, produce ogni bt^n di Dio.
3Ieutre il buon Cicerone porgevasi cortese a tutte le dumande-]
della Mima desiderosa d' istruirsi, la Miirchesa stretta a ragl<
namento con la Ghìta, prendeva da lei consiglio intomo al mi
di fissar».' colà, al ritomo del figlio, la sua dimora. nuDwJ
presso (li so tutta h fumiglin. Al che L'amica conlbrtaTala ■ti'j
cuore, comn quella ohe ben sapeva in quali e quanto angustiol
avesse la buona Signora, trascinata la sua vita in patria. Qail|
poi fosse il partito,a cui le due amiche appìgliaruns),sarà d'alt
luogo il narrarlo.
Intanto ci couvieoo tener dietro alla nostra brigntella il
na'altra gita, a cui il signor Filippo volle condurla per raegl
invaghirla di una terni, ch'egLi tanto amava. Anzitutto menoU
a Rainbe, 0 Ramleh, ehi! ò Inogo di convegno delle agiate fnmiglk
le quali vi ranno a goderò la frescura delle aurette marÌDL* &!•
Vombra de' palmizi, de* verdi boschetti e delle amcnissime
che allietano quel luogo di campestri piaceri, un tempo land
sabbiosa, arida e morta.
E ne* dì veguenti coudussela su pel Nilo prima a Rosetta i
poscia a Damietta, che sono un'oasi, un vero eden di delizìu
verdeggianti sponde de' principali rami, in che biforcasi il
prima di metter foce in mare. Lti spandono freschissim'c
XXIV. IL ITILO K LL-OQHI DI UCUZIE E DI COUHCHaO
587
ighi mli ìnarboratì, selrotUì di rìpoao o chioschi verdissimi;
^oeondano mirahilmoate la vista i bea disciplinati giardintitti,
chi d^ogDÌ pii'i rugo e pellegrino assortimdnto dì fiorì. lÀ
laletti e fontane artificiali, orti e potnieri, prati Terdi33imi e
Qpetti messi a cultura, eoa qua e colà variopinti villiai, i
ili apoochiaasi noNe acque dd ftume, e quant'altro insomma
iorìseo, abbella e allieta un campestre soggiorno. Ivi torrog-
ino Palme d'ogni generazione, spiegando la loro superba chioma
lUi a ombrello, quali a ventaglio o d'altra foggia; e vi gratt-
ugiano U cassia fistula, l'acacia, il sicomoro e conto altre
tote d'ogni corpo e d'ogni aspetto; tra le quali sorride n&l
> dolce incarnatino il floru dot mandot-lo, fiammeggia quello
. melogranato, biondeggiano tra il verde lustrante delle frondi
enti pomi di ogni ragione di aranci e acccinto al fico d'Europa
arra maestosamente sotto le gigantesche sue foglie il dovi-
90 grappolo IL banano delle calde regioni. È tutto insomma
% dovizia di frutti, uno sfoggio di CJ.)lori, una soavitii dì pro-
ni, una mghe/xa di prospetti, un riso e un incanto di natura,
3 Vinebbnu i sensi, t'indelisia l'aaìmo o ta lo rapisce in
'estasi di piacere. h& case cittadine o campestri sono la pift
rie spaziose e ben arieggiate coi loro terrazzini, invece di tetto,
freBcheggìarrì a sol posto e nello notti t)Stive;tra le quali
re^ grandeggiano belle moschee che slanciano al cielo i loro
ìlti mìnarotti dì marmo o di pietra.
Queste gite giovarono assai alla malcondotta salute deità Mar-
isa e della figlia e a sollevarne un po' l'animo oppresso dalla
imoria di un tristo passato e di un incerto avvenire, lì che
tendo il signor Filippo e la Ghita, invitaronle a una corsa
0 a Tantah, grand* emporio di commercio, ore avea a que'dl
a solenDissiraa fiera; e la Marchesa por compiacerncH, tenne
avito, e lasciossi fin colà condurre in un colla figlia. Tutte le
) e l dintorni della cittì brulicavano di gente, e gli alberghi
(Orgitavauo di forestieri, in guisa che i sopravvenuti non
ivandovì piiì luogo, erano costretti d'innalzare le loro tende
delo aperti^ dotitro e fuori della città. Kra un giocondo spet-
wlo il vedere quell'accolta di tanti popoli diversi: arabi, siri,
itsianì, turchi, etiopi, morì, indiani ed europei, che recavano
k.
fiOD 1 UERELim
a quel gran morcaio i prodotti dei loro paosi. Uà, ciò cho daT&
più anima e vita a tutta quella gente arvenitìccla, erano torme
di suonatori, ballerini, cantori, Dovellieri, salti inlìanchi e ciur-
matori d'ogni fatta, che colà cocoorrevano a far loro guadagueri«
rallegrando le brigate e tirando l'aiuolo agli alocchi.
Qui è un drappello di danzatori, i quali al suon di trombe e
pìfferi e tamburelli Tanno sgambettando, e trottolano e trincian
capriole con mÌRibilo agilità e snellezsa. Poscia attolattsi in doppia
fila e atteggiatisi a cadeu^ta, sì raffrontano, intrecclansi, si ri*
mescolano, fan massa, tornano a diridersi, a distendersi e a ro-
teare, menando danze vertiginose e rìddoni infernali. I guisa
che danno, ì trapassi, gli scambi, i torcimenti di bocca, il tn-
gittare e paleggiar dello braccia, il contorcersi e disnodare di
tuttala persona sono un solla^xo a v&dore. Altrove un incantatore
dì serpenti, cacciata la mano in un suo cestello e trattone fuun
un de'rettiU più velenosi, qaal è il coUiber haje di Linneo, o
l'aspido, sei caccia tìto a sibilante in bocca, e ingoialo fino a
non rimanorne fuor deMenti che la punta della coda. A quella
vista un Oh lungu di stupore e di raccaprìccio insieme esce kk
ogni labbro; ma l'incantatore presa delicatamente con due diti
la coda doH'aspido, ritiralo bui bullo dalla bocca, attortigli
braccio e mostralo in aria di trionfo alle turbe attonite e iaorri
lÀ sono giocolieri che flccansi in petto una spada fino all'
ciurmerìa ben nota, o stritolano coi denti un bicchiere e ne ma'
cìullano ì briccioli, o fanno altre prodezse di loro arte. Qua
novellieri che recitano o cantano leggende orientali. Dove
santone predica le massime del Corano, e dove un cerretano ab*
bindola i gonzi, spacciando la miracolosa TÌrtù di certe atriici*
di carta, che portano il BuggoUo di Seyd-Akmet, il gran san-
tone beduino, a cui ò sacra la fiera. Chi per sollazzo della Z'^n-
terella fa danzare cani e scìmie, o dii cozzare insieme mondai
0 duellare fino all'ultimo sangue due galli inferociti. Aocaolfl
a turbe di deroti che fanno in pubblico preghiere ed abblnzioii
vedresti beduini avroltì ne' loro bianchi mantelli starsene 0M>;
coloni 0 a sdraio, fumando tranquillamente la pipa, e i
teraponi d'ogni nazione g07/.ovigliaro nulle taverne e nelle hischa
Dapertutto poi è un andirìvieni di gente affaccendata, un
ornala
xxiT. n. vtvò K Luocm di delizis e di COMMimCIO 58U
^QÌo dì popolo che staggirà, sì scr>Dtra, urtasi, si preme per
li via ed 6 un mareggio di schiamazzi, di grida, di favelle
diverse che ti fanno andare a zonzo la testa e venire i capo
girli. Quando alhi tempesta diurna succedi) la calma sorena della
notte, un altro ben diverso e più giocondo spettacolo presentasi
allo sguardo. Tutta la città s'illumioa o sfavilla d'ìnnuiuerevoii
faualettt, di torce a vento, di lampunu di vetro o dì carta a mille
colori, e dai terrazzi delle case e dai Minaretti delle moschee
piove a torrenti la luce. Di tratto in tratto l'aere è solcato da
strisce di fuoco: sono razzi, st«ll« cadenti e altri fuochi d'artifiaio.
TTn giorno e una notte passò colà la nostra brigatolla; fi il dì
seguento fe'ritorno ad Alessandria, da cui la Marchesa a malin-
cuore allontanavasi, come quella che aspettava con ansietà le
notìzie della famìglia.
Oltreché per lei e per la figlia ogni sollazzo ed ogni gioia
era assai imperfetta, perch<^ non divìsa col rimanente della fa-
miglia. E spesso i'una all'altra dicea — Ah so fossero qui Emma
e Pierino! se qui fosse la Mariuccina col nostro Enricuocio! £
cODSolbvansi a vicenda col pensiero u ct)lla speranza di poterli
quanto prima aver seco, essendosi la Uarchesa, come si disse,
poeto in cuore di fissare la sua dimora in Egitto.
Al ritorno in Alessandria, questa espose il suo dtvisamento
in aoa lettera ad Erama, la quale era ancora col fratello presso
Io Zio; e ne dit^ altresì un conno alla Marìuccìna. Solamente al
povero Bruno ninna di loro pensava; perchè tratte in inganno
dalle mentito lettere, che più innanzi riferimmo, erano persuase
ch'egli avesse già sposabj l'Eniif^liada o fosse in procinto di
far con lei lo sue nozse; e ogni fiata che cadeva sti di lui il
ragionare, !a Marchesa sospirando tagliava a mezzo il discorso,
e dicea: — Parliam d'altro; perchè troppo mi accuora il pensiero
del suo abbandono.
Quanto mal in ciò si apponesse, lo fé chiaro al lettore il rac-
conto della bruita traualleria, di cui Bruno em vittima incon-
sapevole; e meglio lo sì vedrà in appresso; che già l'ordine della
lurrazione ci richiama ai personaggi che lasciammo in Italia,
e di cui ora narrar dobbiamo le vicende.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
I.
KOnZIA DE' UVORI Dì EGITTOLOGIA E LINGUE SBXUTICBB
PUUBLICATJ IN ITALIA IN QUKSTI ULTIMI DKCENNII '
VI.
LIVORI S^XITICI
Lavori del Bar. Salvatore Casa — de'proff. Celestino Sekù^
parelli — Lupo Huonazta — Isaia Ghiron — Giuseppe
Sapete — de Marchi — Italo Pizzi.
D' un altro Taloroso arabista lodatisi la Sicilia, sua patria, e
r Italia, il quale per vasta erudizione e d'ogni genere, e per
chiarezza dì merito neU* arabo e nel greco, è molto benemeribo
de' buoni stndii e singolarmente degli storici. Ma noi del Pro-
fessor Salvatore dei Baroni Casa non ricorderemo qui se non quello
che fa al caso nostro, cìoò dire i snoi dotti lavori in arabo, ri-
mandando chi sia vago di conoscere le altre scritture di lui,
tutte certamente utili, comechò non tutte di egual pregio e va-
lore, air eruditissima Memoria del Can. P. Isidoro Carini, Sot-
tarchivista della S. Sede e Professore di paleografia nella Bi-
blioteca Vaticana'.
L'opera più importante del Prof. Cusa sono ì Diplomi Greci
ed Arabi di Sicilia, de'qnali ha pubblicato fin qui il volarne I,
che contiene il testo, senza veruna indicazione di Tarianti,
senza note, senza far consapevole il lettore, delle voci da lai
supplite pcrehò mancanti net testo, senxa la descrizìane del
diplunia originale o della copia. Presenta dunque i testi quali
sono e quali dovrebbero essere, secondochè egli giudica. Nel se-
condo volume il eh. Arabista darà certamente tutto che qui si
' Vedi qaad. 860, faff- 199-^08 del |irc««iit<- volaoie.
* n Prof. Cuaa e gii Studi Moderni di paJeo^rafia e df'pìoittalica pM
Sac. IsifrORO Cahim. ralcruto. Tlpt di [tcmardo VlnV ^^t^
RIVISTA DELLA STAMPA ITlLUKA
591
ohe gli eruditi moritamente aspettano dalla grande
e dottrina di tiii '.
U qual giudizio non è solamente nostro, ma d*nn suo am-
miratore ed amico, d'un altro insigne Arabista, l'Amari '. Por
coloro che iwssono intendere i testi originali, quest'opera, anche
qnale si presenta ora senza versione e scriba apparato di note,
olTre tale una dovizia di fatti storici, goitgrafici, tipografici, giu-
ridici e filologici, da doverne saper sommamente gnido all'Au-
tore. Infatti egli ci mette innan?:! b<^n 202 Atti, 157 in greco,
43 in arabo, onero in arabo bilingue greco o latino, 1 in arabo
ina con caratteri ebraici, ed 1 in turco. La maggior pai*te di
questi testi appartitao all' XI e al Xll secolo, il secol d'oro
per le scienze, le arti e la potenza della Sicilia, allora trilingue,
puichòri si parlara greco, arabo ed italiano. Con la varietà delle
fiivellw s'aveva altri^sì quella delle legislazioni, feudale, musul-
mana, bizantina, primitiva romana; e l'altra delle religioni, giu-
daica, musulmana, cristiaua-grcca e cattolica romana. Ondechò
la collezione di questi dipliuni ci fornisce prexiose notizie circa
le relazioni sociali e ciriti della Sicilia, il diritto privato e pub-
blico di quo' tempi; intorno ad alcuni avvenimenti storici non
ricordati altrove. Essa ci dimostra lo stato in cui erano le lingue
greca, latina, araba ed italiana scritte e parlate, ronde a' filo-
logi e glottologi uiolta materia per lo studio della fonetica com-
parativa e deMialetti. li Dozy trasse profitto da questa pubbli-
cazione del nostro Autore, inserendo nel suo supplemento dei
DÌKÌonarii arabi stampato a Leida, vocaboli ricavati da' no-
stri testi.
Il presente Volume è corredato di due tavole, dì glossarli e
di indici. Una prima tavola è de' diplomi come si trovano re-
gistrati nel volume per serie di tabnlarii, con Tindicazioiie della
provenienza; un'altra tavola molto importante e fatta con ac-
curate:!7:a, ci offre gli stessi documenti in ordine cronologico. I
' I Diplomi Greci ed Arabi di Sicilia pubblicati nel Irflo orìgionle, (rndotti
fllaitniti da Sat.vatork Cx^\ fìk Profewnre di pulpogralia ed ora di lingua amba
'doivKrsitA di hilermo. IhitcìTno. SinliilJmento lìpognillco Lio Via Celso 31, iHSi.
La $t.-impa fu cominciata nel lb08 e ne uwirono te prime 50\ f^f. ne) 187'!.
■■• et La Cultura. RUìsia di scieiuc Icucrc ed ani, voi. I.
595
glossarti de' vocaboli greci, ambì e Utinl che mikiicano ne'di-
zionarii, sono altresì profittevoli agli studiosi, come di pari gl'in-
dici de' nomi di persone e de' nomi dì Luoghi.
Degno pertanto deirencomio e della riconoflcenza de'dotti •
di tutti gli eruditi ò U nostro Autore, il quale eoo la perspi-
cacia dell'ingegno, la perizia paleografica e la vasta erudizione,
seppe vincere e superare le gravi e molteplici diCQcoltà che gli
porgevano i testi greci od arabi; ì greci per le formolo intnl-
date ed oscure, e l'ortografia qua! è quella del Medio Evo nota
per la confusione delle vocali ; gli ambi per la condizìon della
lingua, e per lo stile proprio delle arti e delle leggi di quei
tempi. Laonde l'Amari, giudice in siffatte materie compotentis-
aimo, nell'elogio che fece al Cusa per questa sua dotta fatica,
C081 potè dire: <Io, che de' codici e diplomi arabi n'ho pur ma-
ueggiati di molti, e che ho visti gli originali pubblicati adesso
dal professor Cusa, posao attestare che ve n' ha alcuno di quelli
che a prima vista fanno gettare via Io scritto per disperazione '.»
Dogna parimente d'essere ricordata per immensa enidizione è
la monografia che l'Autore scrisse intorno alla Palma -, dopo di
avere illustrato un Codice di san .Alartino, segnato I. C. 50 S.M.
Libro incorno alle Palme ^.
Il prof. Celestino Schiaparelli diede della sua non cornane co-
nosceoza dell'arabo, prova chiarissima con due importanti lavori:
li Vocahulista in arabico e Vltalia descritta nel Libro Hit
He Ruggero compilato da Edrisi.
Il carattere arabo del testo non originale del nostro l^oec
bulista in arabico *, pare che debba appartenere al secolo XEII,
' Cf. La CuUura, loc. ciL
* La Palma nella potsia, nella aeitnMa e tuUa Storia tieiliana, per Sl1l>
«ATMiE OisA. rixift^sore f>n)inarìo nella II. L'ohvrsiti di Piknno. l*alt-nDO, Sulii-
tinvnin iìp6{tnilko Uto, 1873.
' Sopra il Codice arabo autìe Palme, intislrjEÌone del Cav. Prof. S. CUtt
Pslfmo. Subii tip. Uo, 1873.
* Vocabuìiata in arabico, pabbtìcaio per la prima volta sopra an Codice éàk
Bitilìntrcn lìiccanlrana Hi f-'iren» àa C. .Viirti'xiiRi.il, alunno M litote Istilirto^
Stodii Su|<orioi-i. Fiivnxe, TÌ[)D)p'alÌa de'Sut-ci'-vnrì ìx Mcmiiier, con i cinttfri
mihi (Iella Stanipn-iu Mnlicea, tKil. (^f. ■umiTMr XX.VV, Gli in4*,CDn/a4>«i'iMl>
io rolo(iilì3.
OELL& STAMPA, tTALlAHA 593
TÀmari ; anche il lutioo, per sentenza dello stesso o del
maini, risale alla stessa età, ovvero à di poco posteriore gÌQSta
Jaffd e il Gregororius. \od se ae conosce TAutore; U pro-
i9or L&sinto crede sia probabilissimamente opera d'an dome*
»ao, e forse di quel Uaìraondo Martin autiire del Pitgio fìdei.
Voeabulista si compone di due parti: Tuna arabo-latina, l'ai-
b latìna-araba prft copiosa della prima, di molto. Imperocché
ciascuna voce latina rispondono sovente parecchie voci arabe,
nonchò, come osserva lo Schiaparelli, spesso t i vocaboli delle
e lingue convengono soltanto nel concetto generale e non nella
ma e negli accidenti grammaticali. > Talora infatti si con-
«ppone un nome ad un verbo e viceversa, a un sostantivo un
getti vo.
Un'altra differenza tra le dne parti è notata dal Lasìnio nella
la rivista che fa dolTopora dello Schiaparelli '; differenza
'egli chiama sostanziale, ed è in questo, che la parte prima
carattere lessicografico, la seconda lessicografico e gram-
.ticale insieme: mercecchò vi si recano non solo sostantivi di
ria natura, e agg'-'ttivi e pronomi e particelle, ma rarie forme
verbi e varii tempi.
Lo voci contenute noi Voeabulista sono dì diversa qualità:
re proprie dell'arabo letterale o lingua scritta, del periodo
ssico; altre dell' arabu scritto, postclassico; piil numerose que-
\ quelle meno. Altri vocaboli poi appartengono esclusivamente
a lingua parlata, ovvero sono, pel significato almeno, proprìi
Carabo dì occidente e segnatamente della Spagna, o comuni
volgare d'oriente.
Aggiungi i vf'caboli stranieri introdotti nell'arabo parlato, la-
li, romanzi e soprattutto catalani. Ognun vede quanto profit-
«le riesca agli studii filologici e linguistici la pubblicazione
siffatti codici, e quanta perciò debba essere la riconoscenza
dotti e degli studiosi verso coloro che vi danno opera con
re pazienti e con solerte ingegno. Dì che egregia lode merita
Linari che primo scopriva nel 1359 il prezioso codice del Vo-
ìndìsta nella Kiccardiana e ne procurava la stampa, e il suo
J Mella Nuoca Antoìogia, I87f.
r un. tei. It. fa*e. 8&1 38 28 maggio 1886
594 nivtsTA
valoroso discepolo Gdkstiao SchiapareUi che Tebbe csegtiiU
rara diligenza e ^ètfmone.
L'altra nobile ed utile fatica dello SchiapareUi è: LUtalil
descritta nel Lihvo del Re Ruggero da Kdrisi '. Questo voli
contiune il tostu inturo pubblicato pt'f la prima volta, e ripanli
la parte c^totinentalo d'Italia e d'-lle terre adiacenti, o l'altri,
già fatta dì pubblica ragiono dall'Atuari nella sua BìbliUm
arato-sicula, che cotaprenda Tinsular^. Lu SchiapareUi di
Teraìone della prima con molte note erudito, storiche & fllob
gìche. Così tra la parte illustrata dalPAmari o iiuella ch^
tribuisce il eh. Autore, l'Italia è tutta compresa e fatta
Bcere agl'Italiani quale era raffigurata e descrìtta da*|
di mez^o il secolo XII. Ke Ruggero, tornato ogni cosa in tr&n^
qnillo di pace dopo il trattato di sau Germano (25 luglio 11!
si diede tutto allo studio di quelle arti che gli asaicararaM'
prosperità e la gloria del suo vasto reame. E primamente, ?i
com'egli era di notizie geografiche non pur de' suoi domlnii*
dì tutti i paesi e di tutte le regioni do' sette Climi, seeondo
geografia greca, u$6 ugni diligeuv:» ed industria acciocché fvi
appurato e accertato quanto era stato scritto Udo al suo tenj
di COS43 geografiche, e fossero consultati gli uomini piti auUjr
voli d'ogni contrada, versati nella scienza e pratichi de';
visitati ne' loro viaggi. Fatti venire a sé cotesti valentuominìj
e interrogatili tutti insieme e per singolo, dopo quìndici
di ricerche, di studii e di lunghe e mature discussioni, fece
portare sopra un pLinisfero ì punti itinerari! indicati nelle
ìasioui, tenendo conto de' libri, e ne* casi dnbbi scegliondo lepil
autorevoli te stimo ni un w. Fu poscia gettato un gran disco
siccìo di puro argento, sul qiule venueru pur suo comaadi
incisa le figure de' sette Climi con loro regioni e paesi, a
e golfi e marino e fiumi e altipiani e vie di comunicazionò,
le toro distanze in miglia. Come commento alle figure del
e per illustrar ciò che il solo disegno non poteva fornire, or
' L'Ilalia (IcscriUn nel Lihro del He B'tfifferó, cooipihm da Ki>hh'. T«
anilw pubbliciilo con tctsÌohc p noie <Ì.i M. A>i.vni e C SciiuPrtiiEi.Li. Kom,i
[fpi M Sahinccl, 1883 (AUi della rpatù AccAdcinia diri Lìncei. Sirie 2* «i
DELLA STIHPA rTAUA.fA
5^
fbe ffsm scrìtto un libn), io cui sì dessero per cìaffciin Clima
t compartimento, tutta le notizie necessarie ed utili a sapersi.
£ il titolo del libro fu dato dallo stesso Ruggero ed è questo:
^nugfial ài mtàUìq fi ihtiràq ài "àfàq (sollazzo por ohi si di-
letta di girare il mondo).
In si chiara e faticosa impresa il magnilìcQ principe oblie com*
pftgno lo Sceriffo o/ul àhd allah muliammad'ibn àbd àlUh "ibn
'idris, noto camunemeate sotto il nome di Edrisi^ uomo di nobil
prosapia, rampollo di Ali e di Fatima. Casirì lo dice nato in
Orata l'anno 1100. Fu cliiamato da Kugeero per la fama dei
SODI ria^i in Africo, nella Spagna e neirAsia minore, e vi ebbe
leUK Corto di Palermo onori o trattamento di principe- L'opera
«he ti re^ di lui è quella che noi chiamiamo Geograjia di
Eiirisi^ gli Arabi il Libro di Ruggero. Di questo libro si sono
finora pubblicate alcune partì, non tutto. L' Amaria come dicemmo,
Diiso in luce quanto concerne la Sicilia e le altre isole italiane;
il Dozy e il de Goejo stamparono nel 1366, la descrizione del-
TAfrìca e della Spagna, con versione in francese, note e glos-
io delle voci mancanti ne' lessici; e il nostro eh. Autore ci ha
lotto e illustrato il tosto che riguarda TlUilia continentale
le terre adiacenti; e con lodevole divisainento vi volle aggiim*-
ire eziandio quella part« della preluzione dell' Edrisi, la quale
htta della conllguraziono della terra, della sua divisiouv in
ii> de' mari che la circondano. È un capitolo di geografia
9ralo che l'^drisi tolse, come dice il eh. Autore, in gran
^JMrte da altri scrittori non pervenuti fino a noi, ed ha però ra-
gione di lavoro originale degno di molta censi deraziono por coloro
[de dàtmo oi>era a studii di geografia comparata del Medio Evo.
Di tutto il fin qui detto da noi con somma brevità, il nostro
itore discorre alla distesa nella previene ricca di concetti,
'di notìzie storiche e di osservazioni critiche intorno a' lavori fatti
fdagli altri sopra la stessa uiateria. Discute parimente i meriti
e i (lifotU dell'opera di Edrìsi, e cita i codici cbo servirono
Jja edizione presente, quelli rìoS della Biblioteca Nazionale di
e della Bodleiana di Oxford. In capo al volume v'd una
Il issi ma < Carta d' Italia secondo il Gcojra/oEdrÌ3Ì(n54)>
596 RTvnTA
da no Codice della Biblioteca Bodlt^iana. Anche P indice toi
grafloo ò degno di molta lode per la squisita diligenza code
compilato.
IL Prof. Lapo Buonazia ha dato prova della sua grande
rizia nella lingua e letteratiini araba, con la pubblicazione
fino scrìtto snlla metrica araba, e de'Cataloghi scientìfici do'Ct:
arabi delle Biblìutticho nazionali di Xapoll e di Firenze \
I Codici arabi della Biblioteca nazionale di Napoli Tengoi
da una raccolta fatta negli anni 1816-19, da Giorgio Strict
in Babilonia (Bagdad o MossulX dalle Biblioteche de'onvent
napoletani, specialnioute dì qiiullo di S. Oiovauni in Carboni
e del Collegio de'&esnìti. Questi Codici sono attinenti 1**
fede musulmana: Corano, Preci, Oiurìsprudenm, ecc. 1-41. Il" Al
tenenti alla fede cristiana: Sacra Scrittura, Orazioni, Frodici
Kitnali e«c., 42-64. Ili Attenenti a Letteratura e Scieni
Gramniatiche, Dizionari), Poesia, Filosofia, Medicina e«c. C5*
IV" Misti, 97-101. Nello stesso ordine sono disposti i
della Biblioteca nazionale di Firenze.
L'armeria di Torino, una delle più ricche e pregetoli
Europa, fu fondata ntìl 1883, auspice Carlo Alberto. Essa cunlieQ^
molte armi musulmane, sciabole, maglie^ giavellotti^ elmi, br
ciali, pugnali e fucili con iscrizioni e motti in arabo, in
quarantaquattro armi. Il Barone Papasiano aveva copiate e
dotte parecchie delle iscrizioni, ma né tutto né bone. On^
il eh. Isaia Ohiron, ora Prefetto della Biblioteca di Brera
Milano, prese a tradurla e illustrarle con rari dìligen»
accurati'zza tanto nella parte filologica de' testi, quanto in qQelì
che s'attìenu a' personaggi nominali, allo credenze e a' riti
rislaiuismo, paragonandoli con quelli che Maometto avea
dall'ebraismo ^ L'illustrazione ò degna di molta lode per
* Cr. Oaiteila ufficiaìe dei Benno d'itaìia, MtppJmi. M N. ^116, tS^:l
iasione della Commissione c!aniìnatricp al (kkio di proftwore slraoi-dÌDiric Al
eoa f iRUni-altira nnìtì nelh R. Univi>rMtA di Napoli. I membri di i)af!Sllj
mÌKionc, Ti'a'rianli )'Am.ìn, il U«inio, il Guidi e II Vhv, danno le piA
eslitnotiiaiiie airAotorv e alla sua opera.
* Le l$erirÌonÌ Àrabe della lUaU Armeria di Torino racteìlr^ e ili
iU lìiAiA GHirul.x. Pirenie, Tipofiratia dei SacccsEorì Lr Moapier, eoo i cflnItfHi
tlfltu Slampcria mediorn, t8C8.
OetLA STÀIIPl ITALIANA
rzionc varia e la buona crìtica del eh. Autore, nel quale abbiamo
iltrasi ammirato una rara modeMia.
Nel 1S7S pubblicava un altro Ibtoto di gran pregio sulle
uonete arabiclie del GabiuetV) uiimisniatrco di Milano '. Sono
Me tra d'argento e di rame in numero di CCXVm e Te n'ha di
^oteTolissime, come p. e. un/elsAi Tangeri doli' anno CX, del-
E'Egira (731-732 dell' E. V.); un di rhem del diigentonovantotto.
Ctitti sanno che la collezione di monete arabe del Gabinetto
uimismatioo di Milano è una delle più celebri, così per nunioro,
bnae per pregio dì rarità. Essa nu novera sopra ottocento, e
\n l'altre rì è un din^r dell'anno 77 dell'Eg. (696-97 dol-
l'E, V-), la più antica moneta, forse, di puro tipo arabo che sì
BOQOSca; un dirhem dei Selgiukidì di Persia, uu gran numero
il dirhem e di fels di Selgiukldi di Homania, dei Khan mogolì
fti Persia e del Kapcifik. Il fondatore di qaesto Gabinetto fa
Rafitano Cattaneo, rilHustratoro Carlo Ottavio Castiglioni. Il nostro
Autore tolse a illustrare le moneto acquistate dopo il Castiglioni,
seguendo però norme diversi- da quelle del dotto Milaiìese, e
Parandosi segnatamente de' progressi fattisi nello studio del-
Taiabo in questi ultimi decennìi. Quindi la divisione delle monete
per regioni, aduttata dal Castiglioni e dall'Adler, ovvero per
date, seguita dall'Hallenberg, fu dal nostro Autore sostituita
pan Taltru fatta dal Fraehn, il quale pone in primo luogo le
monete de'calìfì primarii, poi quelle dei principati sorta e fioriti
darante il califato di Bagdad, e infìno quello dello dinastie nate
0 Terso 0 dopo la «ulnta di qaesto. Degno di considerazione ò
BÌ&che il eh. Autore scrive nell'introduzione intomo all'origine
dftlla scrittura, nashhl e cw/tca. Segue egli l'opinione del Beer
circa l'alfabeto delle iscrizioni sinaitiche, e sostiene la somi-
gUan7>a sua col naskkì; il cujico poi sarebbe, secomto lui, uua
Brta figliazione àaW estrangkelo.
Luche pregevoli e ricche di notizie imnortanti sodo due me-
ìnorìe dello stesso Autore, Funa sopra alcuni conii osmani del
Museo di Modena, T altra intomo a una moneta cuGca con im-
* Monete arabiche del Gabinetto }fuminmatico di Milmno raccolle e illa-
(b iSUJi <ìiiiRON. l'irìco lIocEili Libi-aìoEdilorc, Milano fST8.
598 RIVISTA
magine '. Sì tratta, nolla prima, dolio falsi fi ca^^ioni dello ine
nei secoli XVI, XYII e XVIII, fatte dì pieno consenso
Prìncipi, i quali oltre chd così operavano per sé, concederanoi
altresì a privati cittadini faroltà di falsificarle nello loro zeceh«.l
Il che specialmente arerà luo§o per le monete che areran cor»i
nel Levante.
Xella seconda Homorìa l'Autore discorro dello monete cuSehBl
con immagini* e svolge ampiamente la quiationo controversi ,
fra' dotti, circa la proibizione dolio immagini fatta a' musulmani
da Maometto.
Fra gli Autori di grammatiche o di Manoali della lingua arata [
Tolgare, ricordiamo il Sapeto. il de Marchi e il Pizzi. Il Sapeto']
è uomo erudito, come si può vedere dal suo Prodromo allo sittdio
della Cussìiìde Abissina e delle dtie lingiie Gheez ed Amkara
(Cf. Atti del IV Congresso degli Oriont. tcn. in Fironxe ne! sei»]
tembre 1878, pag. 97-140); ma non ò sempre esatto, nò ordinato
a nella scienza filologica o glottologica non ha posto molto studio.
Il de Uarchi' è anch'esso erudito, ma non dimentica, neppar«
scrivendo precetti di grammatica, d'essere Avvocato, tanta è la
facondia e la Milita di far digressioni lunghe sopra costì dispa-
rato e con giudi»li che non possono ossero aci.'olti da coloro cbe
veramente sanno, figli conosce bene l'arabo odierno per pratioat
ma non del pari V antico né la sua letteratura, ed d sfornita di
metodo scientifico nelle investigazioni linguistiche o letterarie.
Questo stesso giudico dava pure la Commissione esaminatrice
del concorso al posto di professore straordinario di lingua e let*
tenitura araba nella B. Università di Napoli.
liodovolo per ordine e por pratica utilità 6 ìì Pìccolo Manuale
dell'arabo volgare d'Egitto, composto dal eh. Prof. Italo Pizsi\
' [li alcuni CoHÌi Onmanì <lr>t Miupo ili Modenn e ili nnn ^foneta Cufica «M
imtaoffittt. Mi-niorìt' Oi Uaia Ghìfion. l'inau:, Ti|>OBra[la eli M. Ilicci e C. IJffO.
■ Grammatica arafia coìgare a*l ma i\f\\ti scaAlfl [«'jiichd d»I Prof. Citt«errK
SàPKTO, Jìcejiie D Genovii. ti|i. e lil. il*-i Ki-atolli PHIas. IH61.
^ Ottida pratica allo studio delia lAngaa oreria parlata, Milaito, d'iusnll
Nationsle. HW5.
' Piccolo ManuaU dtìlarabo Tiolgart d' Egitto cfui U-mi ila Iniiliirro A*-
l'aiMlio in iialàno e dnli'iiatiABO in .imito f eoa tocaholarìo dvì trini coopibW
4b1 DotL Prof. iTAio Pizzi Rrenie, Succnssori U Monnicr, I88&
DELLA STAMPA 1TAUA»A
59»
■oU) per dotti lavori di lingua e letteratura persiana; dQ'qnali fu
parlato con cncumio nel nostro Periodico. II eh. Autore volle ren-
4etQ allo studioso meo disagurole la conosotnza dell'arabo, unendo
ieme la pratica e k teorica. Espone i principi! fondamontali
dttlla grammatica con chiaroit^^a e brevità, e por via di temi gra-
duati da tradursi dall'una nell'altra lin^a, ne fa applicare le
regole. L'Autore adopera i caratteri nostri in luogo degli ara-
bici, seguendo l'esempio di altri grammatici, fra' quali lo Spitta e
l'ilurtinann, la cui eccuUeati opere furono da lui consultate per
la oompilazìone del presente Manuale, ma dà pur cotesti alla
Soe del libro^ o con essi le regole della lettura, e molti modi
éì dire più comuni e i roc^iboli più neoessuriì.
Nel 1^73 lo stt'Sso Autore pubblicava un bel lavorietU) ohe ha
per titolo: Crociata di Riccardo Cuor di Leone He d'ingUl-
terra secondo ditegiortcì orientali, un Siro ed un Arabo. Parma,
^lip. della Gazzetta di Panna^ 1873. Lo scrittore Siro è il fa-
Knoeo Bar Sebreo o Ahulfaragio, l'Arabo è il celebre Ibn al
Athb: Le versioni dal siriaco e dall'arabo sono fatte con molta
proprietà dì lingua e chiarezza.
II.
L' affitto of/rario e la tassa di ricchezza mobiie. Constiler ozi otti
dell' Ary. GiovAityi Bortoltcci. Bologna, 1885.
Ricorderanno i lettori nostri come dalle tante riunioni tcnu ■
tesi l'aono scorso, massima niente nell'alta Italia, di possidenti
icaltori di fondi, per corcare pratici rimedii al male pericolo*
inssimo della così detta crisi agraria^ sempre si levasser pro-
teste contro la tassa di riccbez:ìa mobile pei fitti delle terre, ac>
indola d'ingiusta in s(i o di dannosa alla comune prosperiti:
BDchè indarno finora, avendo il Governo a q^ueste universali
stestazioni fatto oreccliie da mercante.
Il chiaro signor Avv. Gioviinni Byrtoluoci ha creduto bone di
prendere ad esame, ìu questo breve studio, la questione, uou
ttnto sotto il rispetto politico delta finanza, quanto sotto quello
bell'equità e della pubblica economia; ed in poche pagine ha
RITtSTA
ristretto U più ed il meglio di ci6 che si può dire, prò e contro
la moralità e l'utilità della suddetta tassa. Il mantenimento
della quale essendo uno dei fomiti del malumore che serpi-ggia
nelle campagne, ed uno degli ai^omenti di cui si ralgono
settarii e mestatori per inoculare il socialismo nelF animo ié
contadini, vale la spe^a che se ne ragioni al modo che seri»
il Taloroso giureconsulto; cioè con mente pacata ed a punta di
logica rigorosa.
La tossa di ricchc!:za mobile applicata, come sì f!a in Italia,
Agli affitti della terra, è ella giusta ? Ecco il precipuo quesito. D
fitto 0 locazione in sostanza si risolve in una cessione, che & il
proprietario ad un altro del diritto di godere una cosa sua, per
un tempo determinato e per un determinato prezzo. Onde Taffit
tuario diviene legittimo rappresentante di chi ha la proprietà
del fondo, al quale egli paga in ricambio una somma, che rap
pre^ìeota e sta in luogo delle rendite del fondo stesso. Il tributo
fondiario poi, come lo esprìme la parola medesima, altro non h
so non la contribuzione di una parte del prodotto del suolo, ptf
sopperire in equa proporziono, con lo altre taiso, alle spose dello
Stato, ed assicurare così al proprietario il pacifico e tranquilla
godimento del restante prodotto.
ila richiede giustizia che il cespite, da cui si ricava il ttv
buto, non possa aggravarsi due volte. Quindi il tributo ohe ptgt
il proprietario locatore devo di regola generale guarentire il
conduttore suo rappmscntante da ogni aggravio, che abbia per
base la stessa rendita del fondo. Imperocché, in caso divprso, il
conduttore, stipulando il contratto d'affitto, sottrarrà al locatore,
nel canone da pagare, la somma della tassa imposta all'affitto
medesimo; e così il peso di tale tassa ricadrà sul proprietario,
che doppio aggravio dovrà sostenere, e come possidente e come
locatore dell'unico e identico suolo.
€ Or bene, data la tassa di ricchezza mobile per gli affitti,
non è evidente, conclude il Bortolucci, che lo stesso cnspìte è
gravaci duo volte, da un'imposta della medesima natura; non
potandosi negare che la tassa di ricchezza mobile appartenga alla
categorìa delle imposte dirette? So non vi fosse l'affitto, potreste
delljl stampa italiana
CUI
colpire il proprietario colia tassa dì ricchezza mobilo ? No,
rebbe iniquo. Dunque non lo pototo neppure in via indiretta,
lendori del suo rappresentante, il conduttore del fondo. >
Si obbietta che il locatore esercita un' industria ; e perciò vien
sottoposto alla tassa pel soprappiù che ricava dall' affitto, dopo
pa^io il canone locatizio. Se ogni ìndastria è tassata, perchè
non dev'esserlo anche quella dell'affitto?
Giustamente risponde TAutf^ro, che convien distinguere l'in-
dustria agraria, da quella che chiamano operaia e manifatturiera.
Id questa la produzione non à tanto offstto delia materia grezza
9 bruta, quanto del capitalo o d^^l lavoro; ed i dai^ii che si pa-
gano per l'acquisto dì essa, non son fissali in ragione dell»
sua capacità di produrre, o della sua possibile rendita, ma in
jìone del suo valore, o della su» qiuiiilà e quantità, o dell* use
;eat serve. All'incontro nella così detta industria agraria \&
tteria primo, , su cui si aggira l'opera dell' uomo e sì uppUca
capitale, è sempre la terra, per lo solo sue forze produttrici.
Vero à che l'opera ed il capitale possono di gran lunga anmen-
t»ro il naturai frutto della terra; e per ciò, nello stabilire il
tributo fondiario, si ba riguardo al doppio elemento o della na-
tura e del lavoro. Quindi 1* esenzione da tassa dell'industria
agricola, per parte del conduttore, non verrebbe a forraaro un
privilegio, ma sarebbe un riconoscimento del principio di giustizia,
TÌet» s'imponga due volle iiu tributo sopra la stessa cosa.
Il che SÌ conferma dal futto dell' onfiteusi, che oggi per lo
si riduce quasi ad un affitto perpetuo o ad longum iempiiSf
quale nò il padrone diretto pel canone, né rutilìsta poi
itaggì che ne ricava, sodo soggetti a tassa di ricchei^za mobile.
oppone di nuovo la tassii del 5 per cento, di cui è gravato il
Irò 0 colono, ragguagliata all'imposta erariale principale
colpisce il fondo; e si dice, se il iite:szadro è sottoposto a
k, perchè ne sarà esunte raftìttuario?
i'Antore primieramente biasima d' ingiusta questa tassa mez-
Irile, per le ragioni addotto contro quella degli allìtti, e la
isidera come un peso aggiunto al da^io fondiario in aggravio
padroni, ai quali poi in ultimo tocca di portarlo. St^conda-
602
KmsfA
riamente osserva che la iiiixltcìtà di 8l fatta tassa ò tale,
si potrebbe anclie readere sopportabile ali* affittuario, qnalonj
si applicasse invece di qaelta di ricchezìia mobile. Finali
nota, che non sempre e in ogni caso l' affittuario ra immoi
dalla tassa mezadrile; essondori sottoposto tutte le volte ci
egli Ò insieme locatore e lavoratore del fondo affittato; caso
raro in varie regioni d' Italia.
Per lo cbe l'in^lnstìzìa dulia tassa di ricche7,!ia mobile» im^
posta ai nttaiuoli dì fondi, rimau chiarita; e con ossa rimane gin-
stifìcato l'universale grido che la riprova e la condanna. Ordii
verrebbe egli mai a perdere il pubblico erario, qaando abo^
quest'odioso balzello? Il [acini affermò al senato, che circa qi
milioni annui, non piit. < £ si deve negare, soggìangd il
lucci, qnesto sacrifizio non grave, relativamente ad un bilancio ili
un miliardo e mezzo, per rialzare la proprietà rurale avvilii
per beneficare riigricoUura e per proitiuuvere e stabilirò
buon regime colonico, contribuendo cosi a far cessara 1* attuali
crisi agraria, la quale andrà sempre più inasprendosi, quasi
più aspri si iranno ì rapporti fra padrone e colono? » £e
si spendono allegramente centinaia di milioni, per lavori
in Napoli ed in Roma!
U chiaro Antoa' flurìsoe questa sua ragionata dimostrasios
giuridica ed eonnomicu di avvertenze savie od opptirtune, le qc
se fossero ascultato, gioverebbero di molto a sminuire i
a cui il crescente soeialismu rustico esp'jne V Italia. Ma pur ti
la luce non nuanca. K il Gloveroo e coloro ohe formano il meglil
di quelle che sì dicono classi dirigenti, vedono quel che arrebl
da fare e posson ripeterò col poeta: Videa tneliora, pt
ma nell'atto pratico operano come se non vedessero,
sequuniur. La quale impotenza, o fiacca volontà di motte» i
riparo al traboccamento dell' onda socialistica, fa temere ch6j
giustizia di Dio non intenda liberare l'Italia dali'esporìi
della sua alluvione.
BJBLIOGRAFIA
VMBnOSJl(Sancti) MEDIOLANENSIS episcopi, Kcclcsiae Fatris
ac Uociorìs Opera oniuia ad Mcliolanenses coJices pre&sìus exacu,
curaDie Taulo Aogelo ballerini Meiropulitaiiae Ecctesiae Canonico Or-
dinario, Patriarctia Alexandrinorum Laiim ritus, Uoctis iiidem alii»
¥Ìhs, praesertim ex Ambrosiana Ijiblioihcca coadiuvantibus. Aloysio
Nazari e Comiiibus a Calabiana in Metropolitica Sedo Ambrusii Sue-
oesaori dicaia. Meàiolani, E typographia S. Josephi, Via Saocti (Ja-
lo«eri> N. 9, 1875-1880. Sei volumi in folio.
Con Boramo piacere .inminilAmu il |iiv<i>' a mmlif'Mo, per riufcirc a pnbbll-
IWpiiil«nto dflla cdiiione ili luUi> lo carne una, ta quale (Kr le materie Tomc
IR gImi rimanfono del irnssimo Itniioi'e
p^mliroKio. leianeote 5|ilciidiil4 i^r
I^MiEO lipr>?riilìca, ma y\i\ preiio») .in-
HP|iiT r luu della ngacissiina crilica e
sniDinn itì1i|;i*nt,i e accoratOKi con coi
Mata conil[flt.i. ti merito si dern per l:i
aatima parli' al tìottiissiitio Mom. l^'aolu
llerini PaiiiiiTJi di .Uestiniidm, ìl [[unlp
D prrdoii*\ a /atica nel ricerc:ire e con-
ire < eodiel, non mio di Milano. c\\f.
lO i |)>ii prcjtiali, Ola A\ iilln- bìliiio-
che aocuni, non die le (irtì-cdcnii c»li-
\i\ pìb compiuti, prr l'antenticità degli
«crilU di-l Sani» b \*[ii vsitta e per la
cnrn'jioMp 1.1 pili pcrfell.! die polr*M?
olluiieo'j. Ed e^li, per i)uìjuIo ni* possìnm
Odi giiidicarr, vi t di liiiio riuscito. Ce
cir congratuliamo pcmnio l'on l'ìllnsu-e
l'n-kto « co» <|i):inli lo ctiadiuvarviii)
iiHlIa mnl;)K('vid<> im|m'.'^i, l-n ijuule lortinrli
n gmn vantappn di'iilì s([idi(K«i ili>i Snnlì
Ptidri, ed a KpIt^ridorB non piccolo deli»
noliile Clii«K) di Illil»noch«vblH' la^kria
di essere |{uverii:iLi da ù gran Ihjitiire.
1 a Mamiia, iiia!:iinie la Miujrina che
NXnAliIOASTR0'3fETE0R0L0GIC0 con Kffemeridi oanti-
che per l'anno lH8(j. Anno IV. Vni/>3in,lip. della Societ:k fra com-
posìiorì ed Impressori. S. Marco Ponte delle Pignaitp^ Ramo Urcgo-
hno. 188:i. Un voi. di pagg. 198, XVUI in Ili.
beiiicuut» al iiaovu .\iinaario clic pei' culto il I88G; poi blogralie d'astra-
DOnw ì suoi iii'Hrnlriiti «oiiiiiiì.
llorio huriarc-il'- di Vi^in>/.is. VI
la Blc«Ki copia di Mppiiiili utili
^Wlo ai nnvisatori, ma ai cullfri pd
aiorìdeH'ailrvndinia : la eluder iiìone
'aipcitù del cielo per cia^ua nifse
Itnline sia alle co5tclla;dAnì :!i;i ai pia-
% \tt carie clic s^snaiio gnfirarttnle
' dpi medesimi fra le costellazioni
Doitiiu d'aliri scieiiiiati, H:liiariiiM'nti .SII
^arii^! (pifiMtoni M:ienlillc)ie; Ì[u>oiiiun liei
ficcolta dì noiiiic clic rendono l'Annua-
rio preiifMQ e gradilo ad opni persomi
colla. NonUovrelibc esservi biblioteca tJie
non lo possedere e Marcbtio b«nis«iino
''ui tavolini ili ijunlunqacf fatouo fra gli
stampati curiwi, divertenti e islrulliti al
Etiapo stesso.
604 BtBUocnAnA
BE.NVKNUK AUGUSTO — Il vero frullo della [.rima Corouniotìt AB
moTiimenti ai gioviuelli, pel sacerdote romano Augusto Iteovenoti'
Collegio dei Missionari Imperiali. Jloma, lip. della Pace dì F. Caf<j
giani. Piana della Pace, n. 55, I8S/5. lo 16 p., di pagg. 140, Vcnd
in Roma presso b Librerìa Saraceni, via dell' UniTersiti al
di c«nl. 30.
l"no dei pornj ]ii(i felici rMIa tiu,
e per iDollì il pifi relice, è qu«ilo M\i
prima Comunionr. Il Sijfnorp in ijuolln
circo^inii» tnol Isi^thcgglarc dì grazie,
spesso anche «raoi-dìnnrie, con qncll*
soimp innqcenli o a tempo rawrilutc. le
quali coUfi oonvcnientì (liftpo^lzioiii lo ri-
CCTOQO h prima volt». Ha <iuaD(o «in rari
coloro clic ne custodiscano it frutto e
naotensono al celeste omnnicdrlle anime
le http proinessi>! U iaco^unui (Ir)e'ctà.
il crescere lidie poKstoiii, la prrseiijii del
[wricoll distrùgge fr» hre*»» iriiii« isu
c;i]L>l Ih'uc, e soveiili toIlc ciù cbt
rimane, è la menMriJ di una fclìdti
fepfffi'ra, a cui A soecnlulo il diwrdi
ed il rimorso. Il pio Antare ilH
Hbrìccino si olD'e fida couf ijilierv al '
tinello, »c<TÌo(;chè coi nvii ed
meni che gì» suggerisce [>n£5>ti aoo
conservare, ina accreacsrr sempre pik
h-Mltì presiosi della priioi comnila
Saritbbe beili- the ne fotin proi«iuo i
giflvineilii di>]Ki t\wl solenne allo.
BO.N'COMPAGNI BALDASSARRE — Biilleuirw di Mbliografia e
storia dflllc sri^^nw matematicho e lisicho, pubblicalo da B. BodcchbJ
pagni, socio ordinario dell'Accademia Ponliiìcia de' Nuovi Lincei
Tomo XVI. lodici degli articoli e dei nomi. Tomo XVIII, magg
giugno-lu^'Ilo ISB-ò. Roma, iìpo;?rafìa delle scienze inaiemaiiclM
lìsìche. Via Lala. n. 3, 1883. In 'i. di pagg. 40, 50. 62, 48.
BONOMELLI MONSIG. GEREMIA - V. MOiNSABRÉ P. G. M. L
BOTTALLA EMMANUEIJi: - Il Sacro Cuore di Gesù modello d(
vita erìsliana e sanla, d«I P. Bmmaouele Botlalla d. C. d. G. To
Cav, Pietro Marielti lip. Ponlif. ed Arciv.. 1880. In 16 p., di pagg. tìlt
Nel nostro quod- "Ali, a irairg. 595-96 ajipai-tfneM ewlusivamtnie ai wn-
Annanziainino l:i belli^slTiiii oprreiu di;!
clu V. ItolulU sul SS. Cuore di liesu, ili-
lilolala: SS. Cor Itau saeerdotum nan-
etitatù apecuìum ut eiu» viiisioneat
impleant. Benché direlM in irorlo par-
ticolare al sacerdoti, essa Ctinlipne liith
la so5taDu di qucsii ntnaliilUsiina divo-
zione, e pcreid puh tornare assai utile
anchi- iid altre classi di fedeli. Ed appunto
per nlieiKTe piit npvolinente e ph'i nni-
tersalmentf fiit«to scopo, il cti. Atilon?
sopra il fondo di quella In composto que-
st'altro libro, il quale perà non i una
semplice iradiiTÌone m» una tiiodil1e.aiiniie
del primo. Ne Iia tolto quindi cìA che
c-d ha applicìilo il resto alU vìtj rtmu
del cristJnno. Lo divide in dae |xini. ìfell
|ii-itn8 ruiiioDa leoi'tcanieiite della di*
zione al S. Cuore dvl N. S. ìntt« in <!"«
senso che ci conduca nlb viia crìiibni
»niita; oell'alU^, «"eDdonilo a'|
di questa viu, ne ìndica la prsticB. i
perdendo niai dì vifia ti modello dlT
die ci i: dato nel S. Onore dd
nwtro. Noi racconundiamo
qij<>st'opera a tiilti i fedMi p^
golan di cui va omaui e dei qnil
camino nell'annuniiare la pree^Aalj]
scrina pili appositamente per |ti
(lutici.
Prciiiliamo tolenliwi occasienR da
dMo caro libretto dj »n|»)ri[t! Toesiis
r rifftnlflpe lo Mrnnnlin.ivio irinnfrt e,
\A ctii* V> anche meglio lo Mrn din) ino rio
■vnn della pifilitazinnp di tin chìnro
|lio Hi S. Knncexo a V'aa. nella tcona
■amimj. Lp mnse paesana di«itp-ro aln
i [oro csnii pfcni d'ontuMVnio; pli ar-
ni, b fiovenlA. il pnpaln. i doni pivwro
in« al coro: in l'i» non si [Kirlavn
aUro durante In qitare«lmn; {wr lullo
■e(l««Dito le rot<^^fì« doiramciiinlo
reAeatarc;pa lon^n nncnn durerà il
NDT della fama. Il concono df^li udi-
Bri ilallf! vìcinR p dallo Iwitanc ciltik
ivKÌ olire il creditiiK
BlOLIOCnAFlA 61)3
!l TEflFILO — Omaggio dei popolo pisano al P. Agojaioo da Mm-
lefeliro, dei Min. Rtf. — Neri e Nanni, ossia Mediiaiione e Riforma:
Soseiti in vernacolo, corredali di Noie, e pubblicali da Teofilo lìozzi.
Pj.efl, lip. Marioiii, I88fi, un opuse. in 1(>" di pagg. X-54.
nna predica drl V. Api»lìno, e w ram*
nii'iiiano il teina con quuldie pri[ici|Milc
argnmpnlo cspmio alla pnpnlaiia- Tosi ti
podc alnion tutto ÌI processo raiinnali!
ili (lucila Tanto^ predicazione, che xosk
mirabilnii-ntL- non pur Pi<a, ma tutta
r Italia, non senza eco iti motti (tiornalì
deJrint«n) Karopa. Abbiamo hdcIk.' l<Mla
con pàscere una nobile raiilrua, sn ([ufAO
irfciaenlo, di Carolina Dtrrliiti, e vettuio
p<!r un momonio un p-nssn voriimn di Iti-
curdo doU'atreulurosoquarej.imak, lutto
prow e poMip, Miiiii«tritlo d.i chiari nomi.
Ma ba5li pi-rché rit«ii ni pa^lrri nn cenno
hibliofralirii di quel moltiraimo clic u ne
polrebti« puliMicarc.
Onesti sonetti rà|)Oiifl<ino ciascuno ad
APPELLAZZl MiCIIKl.E — L'eccellen/a della vita cristiana. Bi^vi
coDfer«Q£e popolari, teiiule sulla iraccìa di san Tommaso d'Aquino.
Crema, lipogrjfia Carlo Cauamalli, I88Ò. In 10 picc, di pagg. I9tt.
P^e^zo L. I, copie sei L D.
B)A VALENZA I'. APOLT.INARK — Dihlio(heca Fralrum Minfinim
Capucinorum l'rovinciae ^eapoIUauae, aoclore I'. Apollinare a Va-
lentia in Delphinaiu, eiusdem oi^nis, Provinciac vero l'arisienrfs
alumno. Xcipoii, in aedibus Salvaloris F^Ma, lypngraphi ftl liililio-
I»lac Via S. Hlasii ad Bit>Iioiwlas 14, 18S6. i*cf.7.m !.. 5. Rivolgersi
al P. Egidio da Milano, Archtvlsu generale Cappuccino, l^azza Bar-
(«rini, Roma.
t ipir^lo nn ^j;gio di niroporii di
wIlD mai-Kior lena e cIil> lonici'iì a gran
Btro dell'inclito Ordine M Cnp[mcnini,
quale II] ìotm|ireM>, ed abbiamo tiillii
iperaRza che At4iA>:t n^^ro ad ^Ho
lice, il cb. P, Apollinare «Li Valcma
■I medeiimo Ordino R|;1i si propone di
tul titolo di Bibliottca, una
mplnia recensione degli «crìtluri del
ine, e prima pniota ne * la prc-
ch>e riguarda la sola provincia na-
Irlina. Esn ra dirira In U-e perii. U
la fa la r^Aegnx degli aalorì i cui
scrini comenyano memorie eoncernenti
la storia iìl-1I.i ri-ligionr: n<'l che »i lienn
all'ordine rronnlogieo. I,n seconda, che
proccio |KT ordine ;iIfabetieo, rcpiilra le
aoxiiìe hio^lii^be degli scrìltori, di rag-
guaglio ilclli" oj)ere da («i dalt- alla lilCP,
con le varie iiidirniiiinl lipnwniflclie non-
ché di'! tempo e del Inogo in cui veuner»
pubblicale e dellr scpiienli ediiioni »
ne furono fatte, come altresì di ijo^II* che
rimoM^ro inedite, indicando il luogo in
coi si conserrano. Xd quii compilo si
mostra sempre acciu^lo e precbo, jo
606
BniLioGR&rrA
qtuaio It poHibilv, e roniiio ili i^ebì alm
dolctii ralffiif liililìncnifo. I,1 l«ni.ì parie
praci'tlt* yvT online di luaierìe era»wna
Sotto il lilolo di ciiascuQa fBColU le Opere
ad tssa Tvh\\\e, a cdiu- o iii(tdit(!, AcgW
aulori. Cotf!itc disegiMj. come Iwtè ih>-
Ufamo, è ni'i prfwiile vnlome attuai»
soltanto piT In pro«Ìiicia ndpol^tnnu : ma
|Kr forniaiv un giudiiÌQ odtiiualu ca^ di
([aMl» »i:f»o come a»ai (liù doIF opera
iourri cbc il eh. Aulorv i
rimandinmo il Irtlom alU Pmefat
ali» Ratìo Opfrvi che Tanno iniUB
BiMiottca. eli incuir)ll(isireC»|)p«
con de^anle lalJiM espone 11 suo OH
e dà CMitPKta dellr (ungilo r pai>(^
cerche in prie LìW «d in pule di
come nllwi di-Ile norme clic « é
Qsto [td cuui)iiuii-nto del bt(
ioroM
DE FKANCISGIS P. DON PASQUALE dei Pii Operai — Pù olia
una messa qncAiiliaoa per le sante anime del Puri^alorio la S. Lor
io L.ucina. Manuale ad uso degli ascriiii, comodo a (unì ì di
delle anime sante, per il P. Dnn Pas([tiale De Fraociscisdei Pii
rarìi. Roma, ttpogr. Artigianelli di S. Giuseppe, via
Preuo uoa lira, e per posu L 1, IO. Un voi. in 6, pag.
AnniuimnuiK) già nelb preccrieole bi- ora lieti di br CDdo^r^n; Il ()iT«ril
Wtograli» <|iiesla l'in Opera del eh. P. De
rrafl<-isci« e demmo conto del Uanuale
d;il mwlpsiijio tti. l'ndh' fotii|)o*lo per
uw dfii dipoli delie niiime parlami. Siamo
Monsemlg
lato che ha rìcnntn dal Saau
prr avea' leceiutn di vsvrd
e«C0H il rescritto.-
i Ex audientia SSmi
< Die 15 Maii isac.
t Summus Pontiff.r Leo XITI, referente me infrafrripln Sùf.
I eretarioe ìttatHe, prfitioni in prrdòut «.cpottitae ÌKH*g»e tnnucre diy*
tea. - iJfUuvi Siomaf- e Secrelaria Stntug die. mensf,it anma praeààd
t ^ MaHiCI HoceT<»<l Arch. AfiiopoliUim,
t Suhalitutuii Secrelariite Statm*.
Ufi MàUALUAENS D. I. G. — La cODre<lerazioue dei TamoU
epico di D. I. G. Mai^alliaens. Versione del Conle ICrmaDDo Strati
Piacenza, Vincenzo Porla lil>rain-ediiorc, 1:^5. In 16, di jugg.
Preuo lire 4.
Il soggetto del Poema è 1.1 in$arre-
uane dei Taiuoi. indigeni di i]uclU msiu
repione die è il Unistlc, i ()uuli, dopo lo
metii del !ci:olo \V| iiiiiLiii dagli esuli
dello rr.tncL't. icnurono di .sciiaiei% il
fEifl{0 ilei i'ortoghcsi e rÌGon(|uÌsur<! il
paese. La ribellione Tu donala, e i Itrali
del Portogallo rimasero iignon incontra-
ttali del Bra»il«, Il poema è ordito con
DE MATTHEIS LUIGI - S. Gregorio VII e il Ponlincalo Roi
(luelf intreccio di avTeoimeati ed Cfl
clii« pnrte Milo Muniti in lutati itallaf
e |inrt« iiiiiii;isin;ili d»! jwctiiala
ratiojK uvTJeniidata di cm p dì »
vario geiier» è condotti con arte a <
floluxioBe. I Utlori ne fnipArertnonl
licolirj nella Tudele e tidU ^p^yon
ne fa il cb. Conte ICminno Su-ad
inuffli
nBLIOCRArtl
irvoèiio Barone Luì?) de Mnitheìs. SStna, tip. editrice S. Bornar-
ItDO. 1886. Un voi. in 8" di pagg. fi94.
. Grqiorio VII, uno delle massime
I della CbirsA e dMl'lliilin, hen i-ra
t che •ItcniwM tiiialni Itili- ib aui
I C3tto)»c.i pd ihli.iriìi cfiicH'ornappio
Olia mannmrninli', chi! in FmiiCiu e
nnatria. al l«mpi iiosiri. t-gW riscosse
prc^ Kcriltorl non sot uiUnlid ma
t pn>te«l.inii il eli. linriinf Liiip
■llhei^, pia illii.urp [ipf iillri Imi I.i-
•niniwanionlp inlraprwc fra noi
o oabiiissiiDa a!e<uDto; e II lìlirn die
na uncinino *) il frullo iV-'«unÌ MiMi
ironHi flnilii wpra Gri^rin VII.
XXÌ% Capitoli. In cui e<«o è diviso,
n disti nsDeDi in tre (Arti. Vlla
k, cIm fi i]a |>relìinirMre <CAp. 1-Vl),
ìort prrwnUi nn miigiiifii'ii qunilro
;0 dello CQtMlnioni itel niondn i' delia
ii, del Ch'ftì n diri l*oiiiifìrsi«, tifil
D *vo jnlmm-e -il rci^nn ili lìre^o-
KcUa wconilo (cnp. VH-XiVi. oplì
if mctonlo delln vita tì'Ildebramto.
mteiUt rinA>iirc1(>tatiionf>ul Paiutn,
laodocelo pi'iiiiu tuiiile nniiucu di
r, poi Consigliera i> MinÌ.«iro ,iiiln-
isfiinD. per olirti a 30 auni.tlri Poti-
S. LwMte JX, ViiiftiT H, .Slpr;ino K,
ilA II, Alcssìodi-o II. »IIii ti'iai
XV-XXI\), (tojio narrala VEtesiont
Ubrando n Pnnttfii^, p<i o*|ii*>li i
ietti flìAfhranào circa il ìifimnnn
fijloa/o, descrive la sioria ile] Pon-
ilo di S. Oreporio III, Mliciien-
K roasinen II- .all'ordino ci'onol()^ii;n,
poare e rianimo (|pi i:i .inni del
in ciiifvao di questi ditU-ibnmido notto
vsrii titoli (t^ojERilìci. per mafr^ior cliia-
vtixà, r irmn<-]iw campu Jrtr<i{ivroì>Ìtji
iiiaraTipliosa Ae] p-an Ponlfflcf fiiirn il
dalp periodo. Così nel capo XX ov'6
deMrìtio l'Anno «iU3ilo M Pontificalo.
1 07(1, il npMatlhpIs jiftrt'i surt;p!SÌv..fnpnlc
il Iratro del «no niri:finln iti Africa^
Spni7iw, /i^Ai?ifi;rffl. CrnaTin. e liaj-
masia, Ofrtìtanìa, lìoma, e di nuoto
Oermania, Uoma, LotuòarMn, Puglia
ToHcnnn: in ti;t*cu(i3 tti^ioTie soRirrmiui-
dosi più II incnn, n mmirn drll'ìnipor*
lama e copia dejrli awrnijneDli.
La MManea del i-nwonto è iraita tuita
<[iiauta 4al\e fonti toiilroiiioranec più
sicure I' lini dnrijmfnli auU'iHici. dtì
<|iiiili S[*ssu l'Autore iw.» indotti i lesti
orì^'Inali; mn ni tempo iiifili'aimn r<;li hÌ
piovfl lariramfnie di'i laiun moderiti più
riccrfdiiaii. V spiTÌa1tni-iil4ì dcll«- cln-wclie
op«»rr del Voijii e d«l Gfifii'cr. Iji ,«oria
ik'] i)f M,itlliitìs xbtir:icci» <|uin'li. !ioltn
tiii «olaitjc di liuti Mverclita né iiirainodii
;:r3[iilfx7a, (|uaiitn dì meglio é sialo scruto
lirioM jopn Orpiror-io VII « i suol l^ropi.
Ma r.\iilorevia(r?iuii;p Ufi doppio prenio,
ctie ^ siu-toLirnienle a lui projino; cioè,
in prima, uno .■spirilo fniiticiilmicnip «il-
Irttlco. uijdp liiHo il libro è noìiTiito: b
poi nnn sr|ui;4itìi cltigania e iplendore di
forino scili litlflin ente ìLilIiinc, cuii mio
Slite pieno dì calore e di biio aiPiiitiminle
clic allftta p rapisce maravijiliasamente
Il Ictiore.
I (1073-1095) un po-^o capitolo, e
►LA FR.^NCESDO — La lieatissima Verpine e il libro de' Sacci
Marnici (jer FiMncesco Feola, canonico della Metropohcana di Napoli»
iksdeolo 7 Napofi^ slabilimemo tipografico dcU'Atuwra, Via Crocelle
I Porla S. Gennaro, '21, IHSfJ. In «. di pagg. 80. Prezzo I,. I.
ìTILI PIETRO — Sulla con.«ervazione degli arazzi. Memnria piih-
lUcata dal Cav. [*ielro (jcntili. Arazziere Poiiiificio e direttore della
iahbricn degli Ara/zi de'SS. PP. A.\. Homa, tipografa sociale, Via
^ Governo vecchio, HSI, 1386. in 4, di pagg. 36.
608
BinuoGiunÀ
(GIANNINI CRESGENTI^O ~ lìrevi prectìtl di lingua itóliaDa. ari
delle classi inrerion, espnsLi in dialogo da (^rescenliuu f ìiaurimi. Ouari
edizione. In Ferrara, nel [iremìato Slab. tip. libr. di Antoaìo Taddt
R tigli, IH85. In lf>,d) pagg. Ufi. i^rtzro c«it. 7U.
GIORLÌIO ANTONIO — All'immortale Ponlefice Leone XIU. Versi
Antonio Giorgio sacerdote vlceotino. In 1^ p., di pagg, 32. Più
Up. Vesn. Staider, 18SG.
eccilar« i ailoiici .1 »octonvr« t Mio
(li sutT Vpi-giiiì d'IlalU, riilfillH dilla t[
irliatrice ritolitiioac a monif ili bme.
fattn l'uiitc tliVgli rìcata dallo b(
(li questi »uoi 9|tii»''>1i, 17IÌ <U!iii(
piegn a vantarlo di ^1 Im-II' <^ipr.-) iJi 1
È(|u«sla uoadi qti4:ltcallrr rtct:ol(«i(li
foe^ir. diviiU", varie d'argomenlnr catilu di
atie.ua religioto, ct)« il Infiipniirilo Autore
Hiole trailo tmilo pnl)blican>, per pw-
imiovHr* la iHPliì. «(ircialmenlf verso Mo-
rìa SiiQlJi^iina e il Smniiiu ['oiuHirt!, tr per
GIUBILEO (IL) del 1H86 dichiarato al popolo net suo Kpthlo a
stia pratica; per cura del Vicariato di Homa. Uomo, 18^''
Vaticana. Lilirena religiosa di .\. Saraceni, Via dell' (Ini voi
In 16 plcc, di pagg. 30. Prezzo cent. 15, copie lUO L. 12 franco
posta.
GRAZIA GAETANO — Nuovo mannaie delle figlie di Maria Iiama
lata; per Don Gaeiaoo Grafia. Bologna, tip. Arcirpscoiile-, 18^
In 32, di pagg. 3Òtl. Prezzo ceni. 50.
UC.\LANUI ANGELO — Accenni alle orìgini della liugua e della poe»
italiana, e di alruni riraainri e prosatori in lingua volgare Bo)o;:ns
e VenGiiani dei secoli Xlll e XIV ; con appendice di Jocuniemi, ossa
vaztoni, e tavola. Spigolature dagli Archivi di Stalo di Bologna
Venezia, per l'Avvocjito Angelo Gualandi. Botogna^ I88.\ pres-so i]
libraio Carlo HaniazzoUi, via Faritri. In 8 grande di pagg. 52.
GL'ÉKAiNOEK l'HOSPERO — L'anno liturgico del Reverendo ViA\
Prospero Gut^ranger .Abb. di Solesmes. La Seituagesima. Ttthn
Cav. Pietro Marietti tip. Pontif. ed Arciv,, 1886. In 16 di pagg. 43ft
Preao L. 4.
Vtrti l'anniintio dei prcettieoli TOlunil.
GUIDI ALESSANDRO — Il terz' Ordine secolare di San Fraoceso
d'Assisi. lioma, tip. Poliglotta della S. C. di Propaganda Fide, 1886
Io LG, di pagg. 32.
Lo scopo di (jaesto diMor50 è di mo-
«rare la divina eccelteiua AA 3* Ordino
di S. Francesco, non solo per In «.iiitifi-
Miionr di còìorn che tic tanno [Hinir, ma
anello poi nllorimento di-lIc vinti cri-
Miaiic nella CtlieM: doad« i.i n^t^nsilit di
propprlfl wnipn- piti iri i tvM'i s«-
coiido d desiderio dfl S. Kidrc Lronc \ill.
pw Opporre uno lalida riifeM cMin
rodiom.i gw^n-afiic si fa alt:t ' '':'-"
ed ulTi¥tt:il'<> h riltori^ d/*! pin :.
«Inno snpm raniicfìsiiano e siiUnii^o, tii
u>n(](r ad iiii^id«ri.> tutta intera U tocitlk
k non meno Tifonxo per la Toni
argomenti, che splendido per U tonno.
BlBLIOCRAnA Q09
AE DirnXAEÌirÉviaruliomaDì ex decr. SS. Concilii TriJen-
oi rcstiiuij ^. hi V Pocitìnas Maximi iman edili, Cleaieatis Vili,
IJrbaai Vili et Irforiis XIII auctorilaie recogiiiU. T>turiné, Ex lyp.
l'ofiiif. et Arcliiep. Eg. Peiri iMarietii, tSStì. In 3'?, di pagg. 318,
CLXXXVI. Prc/io L 1, JU le„'ato iu leh L. i?, iu pilk doralo 1^ 2. 50.
NAUGUR AZIONE. Per la «tenne Ìnaiij?nrazione della ferrovia Si-
racusa-Noto. Ifoto. ofr. tip. di Fr. Zamniìi, I8S6. In 16, di pagg. 32-
IkTEif ili-H'araomMito rinitiffnli'iittnli* mrnia In stiu divina lultira. n conrusioni^
etico «>no i qtUHiru C;ilUi lirici crii
Ulì tir iltiulrì itroff^ssiiri de) St-niìunriu
ì»olo iniH'gputio .il (ritcc .ivvpniinrnto
Da ferrorb .ijieru Tra Sincu^i e Notv.
prinw dii^ sono dfl cti. '!. Sh.^no piS
un nHb n-iiubblìcn kucrarìa prr un
«ma di lati liinpa Ihivi: < 1^' Ioli» di
inna n il Trìonro tli Dio > di cui noi
Ecmuio i meritali ela^i in f\i\mi> nostro
"riodico. t sool vfrd fi rnniio ammirare
ir iwliilUi di cnncnti, n>aiari[i*i di |ii>fl-
irl e F[rieni)ore dì Tortn.! ; e, m\h sc-
odi Ode, ma'i«iin,-)ni(iit£ \m- In inagnitic»
■ebriooo colla quale dalle (n«iiTÌ^i05ic
ipmc dell' umano in^no, si itrgo-
del daniinntilc tnntiT̻lismo. l'rpgnvoli
aiic'li'f^i, silfi' iti Ini™ IP [wr un crrio l)rÌD
V slancio g;io»aiiilc,vunwnli altri due cauli,
l'uno dpi di. G. Cappelli e P altra del
eh. V. farlHirreco. niinrinlu<^ giovani [>ro-
Tessorì nel medcsrtìfci «'mifiorio. fi ijnc^io
un pici-ol silfio (lellti ciditini ledenha
del Sitiornario (li ^*)Io, nel (jnalfi per opon
del (locio e wlaDW Vescovo Mon*. lìio-
vnnnì Dlniidini liorifconn in moiTo tea-
<;ol.inliìsiino non meno jrli ìiuilli d'elle
IclliTfì e delle !ctcniR c\w- la diuìplina
CL'cksiasdca ; e dose pm-n'i si prepar.uio
drpì G Talenii oppiai ppr la tÌi^cui del
Signore.
ìfDICI E CATALOGHI - Mini.siero della piihblica Islriizione.
Inilici e Cauloghì'IV. 1 Corìici Palatini della V\. Itihlintpca ^fazioI]ale
centrale di Firenze. Voi. I, fase. 1. Homa, presso i principali Ii-
_tfai, IHtiJ. Prezzo L. 1.
HRE:NTI PIETHO — Le lueraviiflie del SS. Sacramento narrale ai
bncìulli della prima Comunioue dal F. Pietro Uiireidi tt. C. d. G.
Ter/^i edizione noiaLilmente accresciuta. Torino, Lìp. e librerìa Sa-
lesiana. i8tìG. In ;V2,, di pagg. "220. Preizo cent. jO. Vendibile anche
in Roma alla iip. di Propaganda e alla libreria Saraceni, Via del-
l'Università, D. 13.
Di qiHsu più e. If^iiidni opcnetta nbbi.imG parlato ncIP aniinnmmc Ir prime due
iiiOiù; col mnlf^imci alfolto e per le tiesse i-S([ioni mccomandianio questa terza.
£OiNARDlC\n'OUGAFRANt:BSaj— Cenni sul Cliolera asiatico
del [totU Francesco Leonardi Cattolica. Palermo, tip. edilr. Giannone
e I^mantia, IKiSfi. In 10 p., di pagg. '2H. Prezzo ceni. 71).
ASSINI CARLO — Vita della SS. Vergine Maria, Madre dì Dio, ri-
cavala dallo Sacre Sr.ritiuro e dai Santi Padri. Opera di Carlo Mas-
tini della Gon^regazìane dcirUralorin di Roma, ridotta a .Mese Ma-
riano da Oeueroso Calenzio della raedeRima Congr. J?oma, Pietro
Xlir. ooL IX. /BM. »Ì3 3> » maigyitì 1886
610 BIBLIOGnAFIA
r.ri.<;tìyrto editore. Piazza Borghew, o.9l, 1886. lo 16 p., dì p3gg.3l&
Prezzo L. 1.
Tiovrjtfl Simo ai illvoli dì Karin ptr k
ilivoiione ilei mcw ili nu^a : o fnAÌ
(! riJTÌsi in trentun capitolo. oaMpièii<l^
srnr UDO n rinirun gittnn. argigRfnilpn ,
m1 o^iiiiA ili fvn un lìorctio rA augo-]
cvhviri».
■,>iii%t;i Mìtiniie iletla xh» ili Maria
Snniì$!<iiii.i di'] P. MaMini. rnehiamcnie
siininta por )a w «ara nn:Ìofle ili picià
con rni i^ iTÌIta, si iImp nlb (liviwiofif
(ti una |iÌ3 Sicnora rom-ina fd alle rnre
di IMI l'udrc ddJ'Oniinrio, ROiifmi<>llo Ari
Msfsinì Si vo!l« con #«« p^|;ei'it un
MAURI PIO - Vedi SAULI [B.) ALESSANDRO.
MKNCAGCI PAOLO - L'Ualia Fem» il Papa [A. 1300-1377). Gnul
storici <]i Paolo Mencacci minano. Romn, lipottrafla A. UeCuù» VU]
Cdsa. ti, 7, 8, I8S6. In 10. di \tazi;. b.M.
L'ru prnoia ni*^ti*a df^llu nccfuiiA ftua U Pnpa icmÌ il eh. Aatoi*
rtir tis l'Itatis del Papnio, pruovn sniio
un ri^petio and» più i'OIc^icr di lantf>
nltrp |MWiit»f, ic l'olTii- <{iìcì jK-rioilo dì
Iniipo ivi t|itt>ie il v^i(] pmitìlkin miUi
in Avi^onr i- Tn porclA Amo Mìa cst^
lÌTitA Avi^'ni)ii<4«. .Molti punti ^i riiMt>-
migltaiiza e.<va ha col tempo dosU'o, nel
quale il w\fontì Ponitffce. Iioniiti* i*si-
dente ili Itoniu, è iiomlimeno ridono a
conditioiii aneli» piti niisenevoli dei Papi
(li Avignone, pprcliè spOFlUito dfl sno
dominio t<rm|Virali: e co«lituito in rsKtnil^
prigionia HOtlo la nemìra poip.«i^ dei «noi
Spofii'ilori. Il eh. Cornin Pantn MiTiracd,
notissimo ai raliolici \m pib allrr. o|r(!ru
pre)^ii»iL«sÌmr da luì piihb1ir.ilr in iìi(csà
dolili rcliicioae laltotica e <k'Ì P-J|iato. si
è propo-vln oon la prpwntr opnm di lllu-
nrare il tratto di stona dii noi acci>iinato,
per mrtlPW «olio gli ocelli dei Mlori i
iD-ili t'ratU.MinId'oKn) jstniere clic f«r l'a^
senta d«i rotiutiii l'onlrtici prwTMinero in
i)u«i ltÌ8tÌMÌmì anni non solo a Itoma mi
0 tulia ritalia; r (urne jeAen una tpocic
di riDnovnmfnio iii cptcllì clw on cì Ira-
\apliniii>, per la preaunlc gneri-a che »nle
tonilo il rotiMuo |i04)tìBi:«lo,fld«ipe|tgi(»rÌ
preruionr) CMnprvndf l'epoa Inhi
«ima della calliviU d^i Pupi in At
(inotie. I mali cho ne wanero iiriuluj
e ai perttcutori di qur-l l«iipo mimi mul
0UD«i lurrìbile Icziom^ poi nostri ^wni:
e noi ttP onrinmo ()w al Inliore UB
cinta nnrmiìnnc, non laalo ad
ilri nemici prMor>Ì e ni.ilvii^ pfrJ
cipiv, elle per (pirsti jarrbbfl npii
ttoki, ijuanto per conforto oMtru r iIm]
nostri rrat^-lll in Crsb Criiio tifila
grande iritwIai'toDc, msiwiorc dì
altre mai eblicrn a sopportirr U Chino. ì
ritaliu f Iliuna.» L'(«p9«iÌom Aef\i ii-J
teuiiDOiti /* t\a»h doTfMì a«petitr« dlj
uno scrittore cosi rritdito. così c«(l«f|
di piincipìi cosi iHtema';ilÌ comV il
rarci: il qoalo in rfurst'opcra ò CiJ
amiuirarc aiiclip pib per la viracìtkl
«Ule, l'cvidi-nu i\tih dvwrìtmn) e lì]
ril^ dri ritnitU ilullr eow e. iIpIIp
che (ormano di tutto il rM-^-nato
un ([andrò di effetto marovlitUoao. Lil
tura 1)1^ hu«irà p«rciù (iraiiMiina a.
ni dotti pd 3).'tl iuduiii, e elA
coiivila non piiiV fare ch# ima
in pillili «tulari dÌMiipinni.
c1>e se ne (li'lilinno uspctiare. 9 L'Italia
JiLESK dei Saero Cuore di Gasò. Tradotto ila) Trancese sulla
(lu&iitOA e<Jiz)one. A. M. I). G. Rom% tip. editrice romana, VU
Naiart-iio. U, \'&%. In Wl, di fingg. Itìtì. Una i»pia ceni. 10.
|4itM:o postale wU copiej L. -ì, òU. Mille copie L. 75.
BtBLtOGnAPU 611
RLO dell'Oratorio — La voce Jel Crifir di Gesti. \apoH.
lipografia (iell'Acoadpmia Realfi delle Scienze diretta da M. de Kii-
bertis, 188fi. In :ì2, dì pagg, 2fifi. PrezM L. I, m.
Fn ) librviti più yccoiicì a fouiealaie
I diTMionf «1 SS. Cnorp à- r..'sii meriui
n |M»lo a^ìii r.^^■BlI;l^it■^ole ta Vat^ del
'vor di Gc*ù ilH cri P. C^i'ln Moln d. 0.
Iplh Manilla è con» un coi'so di leiioiii
le il itì\in Cuore dà airnnifna Tedek. e
<|tiMla raccoglie cotl,i ilocilìlì di
morali iliwfi'ola per ncnrle in pratica.
e teiioni «or<ano nulla *il-i 'li amwf
aUt|ghre sol moilello di f[w\ Cnoiv
Itjflo nella praircs dei dotcri ti;j-!>o Dio.
ilodriue elio tì si »potiRont> sodo alitale
dalb \\v\ e [l»ll:i ]i;is.«i(inp (l''l dìvìn Sal-
viilore, cliif sona il rilratlo del suo
SS. Cuori* opt>nin(e f sofT'rfnte ppr noi;
e vengono iii$!utiute con tanto sapoi-e iti
pii>tit e ili nlTi^ilo, i^liPComniiiAtono soa-
vemcDlr e profonda raenle il cuore. Noi
lo propnniamo allii prnlicn dri (rdi>li
pel pifsijiile Illese di Grufilo; e siamo
r^KvTì che ei*l ne snnnno som[n.imtritc
iivva]]|.ig|;i.-iti iiHh dìvotione al ilìrin
Cnoiic.
BM l6 smn, T«nio il prrRsinio. Le
lONSABRÉ P. G. M. L. — Esposizione del dogma ratiolico. CoQferenze
del Rev, P. G. M. L Moiisahri' dell'Ordine de' l'redicalori. Ver.sione
con noie di Monsig. Geremia llonooieilt, Vescovo di Cremona. Una*
«.•ama 1S73. lisisienza e persona di Gesù Cristo. Torino-, Cav. Pietro
Marietli. tip. Poniir.ed Arciv. ly8*i. In 16, di pagg. 312. (Vedi diversi
animiiziì dei precedenti volumi].
UZZAIìELLl ALFONSO — Il buon uso delle vacanze, proposto ai
giovaneiii. Firenze, tip. Calasazìana, 18^. Un b«llo e garbato vo-
lumetto in 3'2, dì pagg. 138.
fc rnimscolo aolli'>tiiio del crlcliro
'. Alfonso Nuiui'elli. Aulore del mese
irtano. opuscolo che fece già un gRin-
BNiM IwDi^ 311.1 (!Ìov)-nl6 llaccoinau-
hUDo (iui<sta Hiiioiip, pi'jrhò iinn mimo
iperta « beoefica l'h:) rÌloct»Ui e am-
lodprnnta, « tì tia r»llu Li punta di
3 nviliuiìonctne, allìtichi^ i denoti po^
no TalcrtfHP fin dat 1 " ili n^nslo, dove
Ile rojterfil.1 orìginiile [H-endeva le iiios«t!
il gionin li. Ciisl unii t! irn i nielli delle
vacao» ritiian^iio provveduti d'un coti-
diatio boccopciiio di [latie, roinniainentt'
acconcio iil biso^io dei giovanetti e delli-
fatici ullrt(i>, clif pascano in wno delle
loro filmigli'- b piricolosa 6iagionF> del(p
vacante. Non crediamo clu? si po*«:i
loro fnvp- mì^llnr regnlo; r ilRsidei'iamo
die griitilutori e i padri di famiglia ti
l-Hovinn larpami-nlB di qnraio soccoiso
a btiiiu ilfllj fiiovfntii. Non costa clic
30 centjwtnii.
RI t'OKTL'NATO — Il Giubileo. Istruzione per i^Ii ecclesiastici e
i' laici per Forluaalo Neri parroco de' SS. Giuseppe e Cristoforo
neirospedaletto. Najìoii^ lipog. G. Rondinella nel R. Albergo de'P(H
Poveri 1880. In IG, Ai pagg. 80. Prezzo Cent. -25.
Nobili KRNESTO — Iji music» cristiana. Sagino storico. Firenre, tip.
editrice C. Adeiiiollo e C, Via de'Servi n. 3 bis. I88C. In 16, di
p»gg. 00. Prezzo L I, IO.
'APin GIOVANNI — Orienlele caiolicu, geau concordanliele iradìtiu-
ueiecc. — Ialine: Oriens caiholicus, sive iraditionis concordantìae.
j^:^
612
BIBLIOORAPIA
quibiis e S. scriptura et e varììs Eccle&ìae orientalis mone
libris ecclesiasiicis aliisuno scripUs conservaiis, rtemonslralur
calholica circa Iwali Heiri aposloH «iusdetniiue succwwirum i
Dorum Ponlificium primatiim: per loannem Papiu praesbylerum j
ritiis csllifìlìciin), «Jinecesis Szamis-utvnriensts tlumus h. r co
curai, s. seilis cnnsliL as-sess. v. archìdine. aJ Iir>nor. Z^nmosmjtK
typ. - Aiirorae > p. A. Toilorano, 1885. Ih 8, di pagg. XXIV,
PreMM fiorini '2.
.\<]n ^i ha metta più cQlc^ice a con-
viin.i'r «li iTi-rtre (\ne'\ pfipli infelici ricl-
rOrieiilP. i i|unli per un Tatalc scisma
M irnvniin V'pnraii dn più secoli dulh
Clik'sa Caltolìca, che nppre«entarv ni
lord occhi 1,1 varila di>l domina ralloticn
(1«] Priinaio pcmiilkio e dL>lla necessaria
uni&ne taì Domano Ponidlcc, per menu
delle loi-u »le>)>e Inidixioni e dui libri di
ìiloi^ia, tli mi aiiL'hf prewnt^iacnle (anno
oso. A t{iif>ti> tiiiF t)oljili<(Mmo il eli. GÌd-
TOJini PupÌTi, sac/rdnie di rìio ;reco cat-
tolico, ha denlinalo il prownivsno lavoro,
in lìngn» min^na vnn versione latina,
nel cinali- ti aMump n ilimoitram la ve-
nti^ òt\h rlìvin.i isiitnrinni^ Ap\ Prìtnntfl
di S. i'ietix) p dpi roRiiiai Pontelicì suoi
snccessori sopra tutta la Chiesa di G«A
Cristo, e i ilooimi clie la rigoanlano. Il
meiodo che «fli tiene è quello di ac-
ìopra cui si (oH<l;mo qaellc v^rit)
nirli poi a mano a maao emtn
colle Iradtiioni delle Chiese onWi
colaste iradiitofli sono tre lo fiv
prima compprinJe i litri corali,
nilf (■ litanrii'o^laali. talloni In
qiii'lic C1]ii-ii<; la «t^onda, i lilri
nici comf lali nccMUlì e Taunil
orieni3li; U \fi-u. h Icstiraoail
untori di i\\ì>-\ìe ae^^ nntlflnì. Di
i'nii)p1t>4.'D di docum'mti con beiri
d(»jH)tHi '> <rijinri)cjiiaii dall'Aniil
solu UDJ evidenia sì luminosa ««
della Irsi loIu> a dlmo^trarr, cbff a
fssere cciti(r;>di>tl.'i rcnu che si rj
la ragione t 11 dittano. Speritn
un'opera di muto nicfiio, non est
impufeiiAnì di*11a rersìon» latin
quali umitmpnte rAnlone dontndi
ahtiia a produrli: il frutto doidani
conrcrsione di raolti fra (|WfIl i
cannare itti argomemi Mh Scrittura
PARL.\UORE MONS. LIVIO - Ad Decìtnutn Tfriiuiii Unum P.
Uvius Partadorc Epìscopus Sactì Marci ac iUsianeu. Guardimi
ex typiR Ifrwphi Uucceront MDCCCLXXXVI. j
— AI Decimo Ter^o L*!Dne dopo la stupenda .su» Enririina Tinmi
Dei Livio l'arladore, Vescovo di S. Marco e Itìsignano,
ffreUy slab, lip. e liu Giuseppe di L. Diicceroni, 1886.
Il primo di <\Offl> opuKoli dair lllu-
slrtsìinio e Rei erutdi»»! 11)0 Moii.sij[iior Ve-
scovo db ElisijtnaiiD contiene dne lettere
laliiK! indirizutf al Snnto Padre, nello
qunli ooinmrnti i punti princijMli drlla
Enciclica ìd medesimo Snnlo I';idre in-
torno ni In rosliluzioui? iTJsti.iLa dpgli Stilli.
I)
lliu^condoconlicriP nnirlp^ntfitM
sia in L'oniiDCFidii;Ìniifi dell-i stesa
dica, odia ijualc, con te «uiijrl
eonci'tti propria dell'eti caoidl t
ItìiKiio con Ifeir acconto il cahR
sIiiDclo della gioTinnia.
PINCELLl LUIGI — Cibo dell' aolma religiosa, ovvero prati
rriiiittoM d'orazione meniate sulla viu e lo spirilo di
UBUOCRAHA 613
Naovo corso di medila «ioni per ogni giorno e per le feste
ali dftiranno, compo^o sul metodo di S. I^«iio, ad u$o delle
ili religiose e de'sara'rdon ria l^uij;! Pinct*!li S. I. Seconda edì-
dlodenf, lip! l'oulificia ed Arcivescovile dell'Immacolata Con-
. 1885. "ì voi. io 16, di ps«K- 750-622. Hrezzo L 7. 00.
libile ancora presso L. Manuelli libralo io Firenze.
ao vca'ìkaiB cgno dì .Medìluiotii li veda il giudizio i;Iji! ne recammo
9 a fMff. 61S-13.
i GIACOMO — Dizionario Dantesco di quanto si cooliene nelle
di Dante AUgliieri, con ricliiami alla Somma Teologica di
imaso d'Aquino; coH'tlluMraxione dei nomi pmprii mitologici,
geografici e delle questioni piìi controverse; ompilaio dal
►. Giacomo Polr-no. Vnlnme secondo 0. E. F. SÌ€»a, tip. editrice
lardino, IHStì In 16, di pagg. 451 PrezM L. 4.
|M chr.oi^ proposto ilch.Pm- act incontrarli iatilTaiii laiArì.i' )«iM)m|>!«
con una periva che. noi shneno. in n^-sfun
altro dei Dniilislìcont>emporsnei «nprrinmo
ncoi)Wceri<, »egii3|jm<'nta per ci6 clie
rìpiiarda la ilDtirìna del Dottore Angelico
che co»liluì«ir«r il Tondo «lotlrìiiale duìh
Divina Comrnuclia. 0■||^^U> fuvnrevolp pu-
diiiA chn noi roi-miil.immn dell'operi iivi-
l't'Kiniinare il pnmo voluIn(.^ ci i; conrer-
maio dal socondo: e perciò, niil tniigra-
lr)9aiTni(! t.ci\ eh. Aiitorr^ In cnnfnriioino
a cdiidiirru innaiiiii un ti dolio ed iiiilc
lavar» non meno nd incmneiito A^ììii
nostra cla»Jc3 letteratura che a floria
■Iella nostra SS. Tlflijrione, rMt hu tante
p:irte tictle opere e 5pccialiuenlc ucl di-
vino Focaia dell'Alighieri.
IGIENICO — Il mese dì Maggio. Discorsi morali e racconti,
Ionico Princi prcie naimlìlano e missionario aposLolico. Voi. 1*
si; Voi. 2° Racconti. Napoii, lip. e Ubr. di A. e S. Festa,
de'Ulirai, 14, I88J. In IO, di pagR 382-272. Prezzo L.5.
volume si vende anche separaiamenle al prezzo di L. % 50.
\U di (]ue^ii dÌKoni sono sna elnquoni» ablnManu proponìonala
jjftgrfH bn^Ti )^ fugo^i pi?U' alle cl»»i di persone cbe loiiliono, nella
Ho^lpiDsli nel cUssico libro ]nu;r?i"nni.i alinfno. ac<rorrere al mese
di Hugiiio. A*83i spt«4u 0 nei concedi
in M! a npltn fortrin di eAprìmerli non i
troppo Brcpwiliile sIIl- uimiIì tolitari, e
percii^ sla^io^ in qnr^li linllì almeno, fii
niuDca i]iift11j coinuniciixioue coli' nJiiorio
che è II Rimo più p«tfiilc di ^oda*
gnarnc i caori. Con tutlocìà, considerali
Lo con quevlo »tio Dìtionarìo
oenino raftioQe nclt'annun-
lol naetì or sono, il pnino
Bit, pag. 79-HO». rn ciA
ìMfnmo l'i pu4 ben ir(!onii>n-
nin iilililiidi ipie.M'oiH'ni, la
iiimo dirlo con a^'ni ivrìlà,
liliotrca ilamoK.i |irrcìiWhe
Mlitie storiche, le intcrpn-
terali ed allegoriche, la rtoi-
Ica e teolopica, le k'Ikiii-
in aolo delta Pivina fiommedia
lejtli altri ncnilì del sommo
le tinnii poni, come nllon no-
i compi'- con ifiiruisita dili-
raodo le inlinilemolefiti? solite
brt*TÌ e s«K05i pal-
li nel cUssico libro
mncgio del Muiiarelli. Ma il
re li iRilia in miin l'ampirzia
orsi ad una predira, xiixlii-,
i alartMfro Ix-ne nnche in un
i: e in Msi il:^ pruova iti forte
' fantasia vivace e di caldo
Taiiatia non ci sembra li
614
BlBLIOCDAn*
tbre :iIIa «na eloqunm ana (ormi
pib popolare e pcrcli pib rrmiuoM ti]
f^ni dassv di |ienone.
i discorsi ili M Rwilmnii. «ono non fioco
commeniJcvoll cosi pn* la solida sosiinta
come jHrr |:i 9[)l<;n dilla ronnj; e siaa»
sicuri clii', vAlrniln, noji iili «tri diflìcile
RAIAiNO (DA) F. EPIFANIO — li Vaialo dioaiui al nook); pv a]
P. Hpifanio da Kaiano Missionflrìo Apostotioo, l«ltora emerito, Un
reato in lìngue nrienUli. socio famìaiore dflla Società ili S. Paola ej
di altre accademie. Napoli, Slatiilìmeolo llpoi^sllco di V. l*estÀti
Via S. Sfll>asliano. 3, IS86. lo S. di pasg. 9(i, il?. Prezzo U I, «
RICCI MATTEO — OplVamicina. Breve Irjiitsto del Padre Matloo Rtoil
Macerale^», ristampato per cura di Maria Corraducci per 1k ben au
ffurak' nozxft del Marchese GiU'V'ppe AccorreUi colla nobile Sij
Bianca doi i'onti Misturi Malutrari. Muceratn, tip. dei fratelli Mi
Cini, 1885. tn IR p., di pagg. 16.
II P. IWdilrn Iticci i> unn di-lli; pllt Sl^^nnra Mann Corradacci di offe
gpleiidiiti' plfirip ili Maf*i-iiUi, pH limtn
che opcn'i neìfu l'iim n lìn« «ti stnbilirTi
la religione criMian:i, per In (ama die
([nifi iic(|iiisiiV di uno dei più insignì lei-
lenti <IfI cdcstp impei-o. i* pei lavivi
sliaonliuirii die Otteiiiie dal Sovrano di
qnKJ tallissimo impcm, in jii-uilflla l-'cdc.
È stalo un felice (Wiisifru ([ueilo ili"!!!!
nobili !!po»i Mnrchse GiuHppr .Vw
(! lìinnra dei Conli MHiarl UMok
ciifne n-{ralo di iimxe, il prMentQ trm
t«IIa dtirAmictria, cfae II loro
lirailssimo conctitndino una «crino
Irngun cincfr prl mofiareoChiMisai Ctrì«-|
ini, e poi trodDllo «^i sti'oo In lii
ilalinnii.
RUDEZ FAIMONI30 — De mutuo et usura. Disserlalio P. Raimi
Hudez Ord. Min. Obs. Proviocìae SS. Hedempiorìs. laderae^ ex trg
({raphica caibolìca croaiica, 1885. In IG, di pag^. 48.
Il lilolo di t\ama dis»rkaÌone ne
india d.i sé solo la imporUiuu, tmlUii-
dosi di un si^gccio clic per le diverse
condixioiii tocial) ha «ulVilo in ijiivni itl-
Linu titmpi noi.itiiIi-<»iiiie inodiiìiiniìflni
orile conli-oversie i1i morali? IvoIojtÌo. Chi
noti è ignnni di innesta disciplina kì lii^n
(|UOnto niiivrriule e comune fnve la dol-
irina din vicLivii dì mpt-re nn coniraiii
di mutuo, akuncbr oiirt; la >orlo. st* uoii
rosse pei titoli ntrimecl, iiiiaodo ci avnsscr
luogo, di dAuno nTin^rnu » di lucro c«-
aante, e situili. I) eh. Aulorr dopo awrr
espa:lo eoa csallfM-i r pivci^ione la C4>-
Dinue dollrìnii dei li-olcgi p fi aoticlii efU
arKomnitl sopn cui si fonda; virne q trat-
tire II qni^tionc coinè prpsenia» ai nostri
trnipl, Ciri (jujIì le ìeffi civili e l'uso
conuiae anuiuHiouo miivrrsiiltiiriiir cIjo
^ pan Migt» prl Mio titolo del mnluo
un proponionato imercuo BOpri la :
L'illu*<trc Aulore sta di pieiM
Colin comune degli aoiiclii bvlop i|ii
a friudicirc ill«vilo prr tè \ì lucra
«eniplicr titolo ilei muino; ma nfllo i
tempo, colla comune ilei l«olofri i
rilifnf esser twilo nflle pr<**rftti
liiini wcinll il Im'i'o ollr«> la
un nuoto liloln wpravvenoto a*
irrw cvndiiioiii sociali; rd è (fDelIat
tunxiune delle nipremu' antoritì MCti
le ijuali |td' prOTiedere al comiuj
colla pib facile rircoliitione deii
ricmmcoDO letEillimi ì fratti mn
à esipanosopra i pnMiii (atiì. N<riri
ncH'idlra parie dri bioro v%ìì dì ]h
di mola eraditioiifì tA e^nah-
atir|ninc)it< in '(ualctie particolarci
lione loi non ciYilutfli» doverci
mare ellj sai soiteiiu.
BIDLlOGRAnA 615
ILAZ\R0 VINCENZO M. — Ioni dells sacra Utiir(?ia inlerpreiaii in
prosa e in vt^rso da Vincenzo M. Sala/iro. Parte prima clie cninprcnele
la preghiera cri-sliana negl'Inni quotidiani ria Mattniinn » CocnpinLa.
Raffio Calabria^ pei tipi dì Paolo Siclari, 1H^5. In 12, di pagtf. Ot>.
Si rende L I presso l'Aulore, Parroco di S. (Jiorgio io della ciuà.
Il saupo c\\e !*li.i in (fucst.i prtni:i nini, I» «liti> f> la \we\\a rÌr>«cono a una
no, d'una ifiI'Tprr-tiiriflfiff in vppìo e
|irosa, il^rìDDi litormici della Chiesti,
iHMtra it Tilorv poetico e k pili belle
Ut IrUcnirii' AA r.h. Amore. Il veno
ItnipHlo e v-toA nfittXn: h frue. Tnltn
■iebf nm e(;c«aÌDn<<. seni(ii-(! poclica
ekfanie; il coowdD colto e n:ql]iito
kemcnttf. Nella prp<3 die largamente
Eblora i peniìrri lirici, e (len' Vrrù e
wf find.! frtiitiiiMiiionf pof ticn i^h^ si \e^c
con pnrì dilntu o |)rolitla iIl'IIu spirito.
O)mnii>nflcvoli&^mo è jkiÌ lo xcnpo pm-
jKUii'isl lini et). Antc^r^ con <|ui'Ma saa
fatica, f^upllf) cioè ili rico^irnìri' con da-
n;iro che ne ritnrrft, il lanpio rii S. Gior-
gio ilovc ppti è Parroco. Ondwliè acfia'i-
stanrlo il uno voliimnco. 'i dawant a
un'opera baonn ^ ili gloria di Ilio.
riogalj, ddln ponia, i peiiMien, k> iina-
ANTA MARIANOVA fDA) P. ANTONIO — Compendium nolionum
philosopiiicarum sub dialo^ forma in usum incìpicniium, auclore
Fr. Antonio de S. Marianova. Ord. Minorutii Ilegularì^ Otjservanliae.
Voi. III. Ad Cl'iras AqufLs prope Flonntiam, ex iyp.Col]<?gii S. flona-
ventarae, 1885. In 8, di pag?. 248. Prezzo del Ire volumi L 'J.
Col pr<«entc tolume ha compi uu-n io li calloii della tchi e soda l]lo«ot)a. come
Corw (IkMolico do! eh. V. Antonio dH
Marunnta. Nclt;i rivista piuttosto »npiu
Iw fac-pimo dei primi due, i quali con-
tn^Do la logica e la meialislcii, [\?A'\
lud. «5i p:ig. 206 e segs-l Ipnemmo ni-
ione rirl dÌ!U-^iio deirAnlore. i\f\ niciodo
del [ondo dulie dullrini'; jici quali cipi,
Kulmenli! pnr l'ultimo, ^li demmn le
HTiUlf lodi, non (li<Aimulaiido (|u:4lciic
ne ceiKura in comi Rccaiid;ini'. Il me-
Vàtao ^ ila dire di qw^ìt'iiliinin \w\t
non poco opporlun^t per I iii'i'stiiainento.
Il eli. Autore af^uDjinWi come appendice
al suo cono alcune raercilaxinni scola-
sliclip, nelle quali « propoiTanno tri ^ornin
sj}lii)[iftica le dilticollà pm ^n\\ ctic si
ifaptioiin miiovfi'c coiiiiti li' lesi principali
dn lui diiito.<itraU- w) rnrso dell'opera,
iLlIfì 4ita1i saranno date ìv ojipurluoe ri-
spo-Mi*. Con rht f^W viene ud nmpierft
lina lacuna, die noi avevamo uolau uuHa
Itivisla deir opera.
di' Dfxrra ; la quali! |K?ri) raicoiiKimliunio
ÌAKT'ANGEIX) (DA) l\ «ARTOLOMKO — Collectio scripiorum Drdi-
nis CarmelitaniTìi excalceaiorum utriusquc Congrega lionis et %xus
P. I'. tìariholomaei a S. An>(clo l'rovinciae Lon^oL)ardicae opera et
solcrtta exarata; cui aceedit .-iupptemenium scriptonim Ordini;;, qui
aui oliliii futìrunt ani roccniins vixerunt, auctore P. F. Ilcnrico a
SS. ^(.'nmenio alutuno l*rovinciac Guuueri^i.'i. .\ccedunl insupur calalo-
gus Kfiiscoporum, index Praeposiioniin (ieneralium et prospeclus I*ri>-
vincJarum et CoenoWnrijra Ordinis. .9firomif,cxlypog. A. Ricd, 1^84.
jlue volumi in H, di p.igg, 408, :iiK. l'rezzo L. 12 franco di posta.
All'estero lire VA franco di posta. Dirigersi a fì. P. Enrico del SS. Sa-
memlo Cariueliiauo scalzo Loano (Genova}.
GI6
BlBUOCnAFU
STUDII E DOCVAfENTl di storia e dlriito. pBbblicaaooe
dell'Accademia (li coufereoze .slorico-giiiridiche. Anno VII, fi
(geunaìo-aiarzu m8G} Uomo, tip. Vaiicaua, 1886. la 4, di ptgg.
TACCONIWtALI.IJCCI NICOU — Dar. Nicola Tac<!™e4ìì!luccii
valiere del routificìo Ordine lutano. L'Enciclica stilla crisliaoii
luzioué degli Stali di Papa Leone Xill. Milano^ L. ì\ Coglia
pografo-ediiore, Via Panlaoo, 26, 1886. In J6, di pagi?. 5*2. Prezzo
Quello Aixono sapm 1j siupcjida En- esso la vcrlt.^ e uk(.-!ì»ìl*i Ati pHncifil
ciclica ilei S Padre Immoriafe Dei. die
il eb. fbroae aica fatto pobbUeare, ad
intervalli. soUc colonne doli' egr?(.'io Os-
senatori Komano, rìvflilfl oni la luce
nel pri-«enteirti]iuuFlt(>,am(xl)it« i3al me-
desimo eli. Autore di nolevoli 3j:p'unte
e di iiiiOii^rose aniiutaiìoiii. Et^li coasidera
il docuniTito ponliricìfi, in primo luogo,
per mpelto-tl parlilo a wcrsu al calloIìci>
smo r al crisllnnrsimo: e colla guida ddln
Slorid e disila rHlta lilùtofia fa rav^isnrv in
iDuIfFli dal SoTrano PonUfiCQ eq
neoli la costlluiione criMluia defU
la sola capace di fornure la Utk
il benencn; SDCiali*. flsponr in MJ
luogo, per rispetto ad akunt* àUei
SKond.ine Ae\k scuole r^lluliclie, 1
ins, ch« ìt iRiiearv r ladrc comi^
dita loro sono il rìsguanln della i
dell' :tùon« jifllilica. P. im Inoro *U|
dt-gno di'ILi pn^rooiU tlottrion e M
princìpii ilei uh- UaroopTaccOD
VENTURI ETTORE — Origine, svolgitnenlo e praUcbe della
al Cuor SS. di Gesti Cnslo. Memorif; storielle raccolte dal P. E
Venturi d. C. d. ti. Prato, LÌpo;,'ralla Gischeui, 1886. In 16 pia
di pagg. 1?8. Preuo (Jeni. JO coti* undecima copia gratis a ci
acquista IO insieme.
Il lilolo dcIt'oiKTclla indica già juf-
Bcicntcmenic il p^ruMpro clte ba guidato
il cb. Autore oel comporla. Egli ha rflc-
callo insle'inc da variì lavori $i]l Caor di
GesCi e dalla vita di-llj D. M.ir,:limt.i
Maria M.ii:<Hpi<' ijiii'lln snEo cbfì appar-
tiene oH'onaiiie di quf*l.i dinojione e al
suo miraliile pro;;re»u>. oni(!tU>ndo il re-
Mo; i* nr ha i:wn|Htslu aiia storia htun
oriliiiata e. «tifile icalrmeine tompiota, per-
ché post» (tilTiiiiilft^i In i fpilHi ed
inltainiiiirU ««mpi'e pid ili qwsia divo-
liOQe. giovando a ct6 «naissino il cono-
Hcnie la storia ponuloa e rondata saprà
aatenlicì documculi. AIIj «loria fu «rguire
In varie pratidif, le ijuali sono corni' U
cdMfraanatklIa leuora riti- w n'i
ricche l'opereiu Tiene natanlmniu
Tiderji ìd tre parti. Nella !• li \
AclV OrigifU, nella !" drllo svtigbt
nella 3* delle pratiche di qiiMU|
lióne. L'opu-vola e it^^ì bene id^
coadotto per mmìf^ni da rinKin: Al
(le ^onuDcmo )icr le anime cono d
che coDtieM il flore pib eletto dì e|
può dini su questa dhocione. MI
anche ai iltsiimo ad MCitar lo ulo à
ccrdoti KpccialHieale predicatori, fi
esibisce, raccolta in compendiai, laili
suppellettile di cose, le quali si
appena riiroiare sporw alirora ia]
libri.
VICENTINI ADGUSTO ANTONINO — L'otUvo centenario iflT|
goiio VU in Saleroo. Discorsi pronuneiaii per le solenni
giugDo 1H85 nella Meiropoliiana dì quella ciiià
RniLiocnirtA
. di Aui
W
'icenlini, Arciv. dì Aquila. Silemo, prem. stab. tip. del
Migliacnio, 1886. In 8, di pagg. W.
ili nitMli ire lilwofSi, thp sUarawi" rordin« ÌolellelltialL'r.tn'oi-zai»Io
rMoiif. Vicentini ArcivPMOtv
ne per occasione ìIp)I« so<
lU'iwrie di S. Gpcjrorio VII
p (tncJln i]i liitno^lnre. con-
|alle apparcflie, (juiinto sia
I eoiMliiioRi ìA secolo nostro
ristauracìonp iilain e con-
'i1.-iGrc;orioVII. fkli.nra-
bìuiiiM sinleM mccoglls in
ìftmttll rimpn;sa (fi ([ae\-
Ice: df restaurare, cioè,
llfìdaale, l'ontiri? mnrnle v
neirnik !iia: b ({inlr tri-
l'iiiiil.^ dnltn Cliri-sn; nH ^f>(;flriiK come
l'ìflBurasw l'oiflìue morair rcìiiKvi'iii'do
la sanlitA nei mnnbri (Ic3la Clilua; nel
terzo, come re<taur.isBc l'ordine sociale
rivcniliciRcio b litifrtii (tifila CbicM; Ta»
cenilo insieme un jiiinllplo fra (ludl'eti o
l'elft nnslra pi^r inferirnft chf ai ninilpsimi
mali i\ L'Oli VRilgoiii) i ii»'i]c«iirn riin(!i]ii.
L'illn5trp Oniors si dimosirn slrinp^iile
ru.'irarituHii'iU.'HioDip, nobile nei cDncctli,
splendido ncifa formn; <* nnì rrrdianin
atsai difllcilfi che ai polrssc can mngglorc
raalteiu e precisone, e i:on pgunl*! bra-
vili, colorare la grande impresa di Gre-
gorio, e farne apprcziare ritiestimabile
vantaggio n predella Cliii« e della società.
ione é nppnoto il .supremo
lflo»trì tempi. Kgll pcrianio
Ki della storia diiiifulra, nel
no, come ^wt\ SoFtimo rc-
SeLLA) e del MATlTiniO dei Santi Faustino e Giovila,
ÌPaironi di Drtscia, esposti al popolo da una giovane Bresciana.
^t)pLedit.(Juerìniai)a,ViaSatan. 192*2,1^^' In 1(^<'1> pn^S-l-'ì^'
Urani principali ilclla noliilo divozione: la crìlica però vi ha In soa
parie, |>erctip la dilii^eiiti* Kriltriie si è
presa la can di ricercare le notiEìe nelle
fonti piti genuine, e di dare il proprio
luogo alle ciTie e sicure ed a .inellc che
sono winplicem^nle prulwljili. Il lavoro
procL-dc con bt'll' online; In iiainiiionc
corre limpida e «piiFliaLa; h liiiiiiia e lo
stilo sono nblxjjtama coirmi: l'effetto
di-'l lutto tWjTiello die l'Autnc* si era pro-
poMo, ciot^ ili in;;enr>rarp allifuima stima
di qm-gli croi dulia fude, e tenera e fidti*
ciosii divozione Terso di loro.
ia hanno cullo 5peci>ile i
__ e Giovita, nativi ilelfó slessa
{la illuslnirorju col loir niar-
nocipio del fecondo secolo
jÌMnontaro e creKcrv sempre
ione di-1 popolo veiNo sì gto-
holi prolf-tlorì, 1.1 pia Autrice
londers) sotto il tgIo di onn-
jbndo i desiderii di amiche
fe ciA la pri!gavano, ha corn-
ee storia della lor vit» e
rio. Non è un'opera, come
^ri
||crilica, ina sì v(;nimunt(> di
^S. IgnAzio di Lnjola, fondatore della Compagnia dì Uesii.
^elzeviriano di pagg. 166. Roma^ tip. Befani 188G.
ioso volumetto composto per le mani tanti die no» rono»:ono di
quest'eroe della Chiesa se non nuclln che
QR hanno bestenunialo ut-' loro tuipi ro-
inanii v nei loro odiosi drnmmi gli empii
e i fi-amm:ii<i»ni. Si vrndc al tenue preuo
ttetno che fu If^naiio di Lo- di cent. iO all'uillcio centi-ale della Gi-
pBiln'derabile clic l'avessero vHtà CatMica in FirenEC-
Niccolò Telialdiiil e rimesso
secondo l'ortoitrjlìa mo-
P. Loigi Previli, l>;i.«a a
llta idea del gr.-i[i .Santo e
no che fu If^naiio di Lo-
iln'derabile clic l'avessero
CRONACA CONTEMPORANEA
FtrenMe^ 27 maggio 1S8S.
COSE nOMSKE
i. i*(>b]K-iliPiiui si Ctipa e b cIic)iiani7,Ìoiw dell' Otstr^atere Romano — 1
Sanu Svile u la ì'atin — i. L' (!]i:iuo»ini) della UesM si l'apa — 1. U tiiiiW
sacifrilolul* di L«one Xltl e rKi"W0|>3lo iulwno — 5. Il f.enl«».it .
|ri]£n — Ci. Ijh (iralestt! ilrU'lt-ilùi citlolicii cuntro l'empitala lìH ■-■ ■
hno — 7. Il voto (legriUilìani al Sacro Cuore — H. liKeviiucnto in Viw
ilei pellegrini olfliid4SÌ ~ & 1 novelli Cunlinalì.
1. QiiiinU) pili t'orìzsonie polìtico dell' lutia legale dlvjen tsact^
gravido di tempeste, taiilo più fassi splendido e sereno quello dd
palo. Sino a pochi mesi fa, (aito il mondo pnreva congiurato .il d
del Supn?n)0 (ìerarca della Chiesa, e tutto inceso a farorìre la
dei suoi nemici. Oggi lutto è canj^mo; sicché non passn ginn» che
Santo i'adi-e non giunca una consolazione che ne disacerbi l'ama
delle patite ingiustizie. Siamo, è vero, ancora bniani dal thonf4,
da certi barlumi non è leggerezza di mente il preiuigire clic non fili
lungamenle aspettare. A buoni conti que~sto è cnnsolanie che, aneliti
online alle uu.'ie poliiiclie, tu quanto esse si legano ai graudi ìMMI
della Chiesa, i callnlici italiani non si dipartono dagl'ins^uanMiiiU
Romano Pontelìce. S'^ veduto infaili di que.sti giorni con quanta io
fetenza b maiigiora'ua della popola/ione italiana abtita accollo U dea
cbe chiama pel 'Ì'A maggio gli elettori alle urne politidie, e il
imeres.vi che essa ha preso per ciò che si vuol Tar credure tuia verag
elettorale, e in sostanza non •è che un armeggio di partili.
Questa indilTerenza proviene da due cagioni priocipalmenie: la prìi
è il di«iii'.^anno. Da un quarto di liccolo gl'Italiani hanno appreso eb
parlamento nun rappresenta la nazione, ma i partiti, e che In fora
sistema elettiva, come scrlvea il Bonghi nella Nuot^a Antoìogìn, watt
gli ottìihi che vengono fuori dalle urne, ma i pesami Ma quew l
c'iraporui; quello i:be c'interessa t dì conoscere la seconda delle ra^
per cui la maggioranza (lei popolo italiano sarà sempre indifTereniepff
lotta elettorale. Oli è che il popolo italiano è un popolo callolico, e <
rimanere cattolico; e llnchA .sarà cnliolico, non t> da sperare di vedi
prendere parte alle cleziooi politiche. H bastato infatti che il P*F«
CRONACA CONTEMPORINBA
619
uà accadere in qualche Iuo?o die, per grarissime e gùislis^
ragiani, non sì3 espediente di partecifiare agli afTari dello Suto, né
evere olljcii politici »; percli<> ogni buon cattolico si tenesse per
ito che egli dt\Aa asteiwrsi dalle elezioni politiche: lionut hquuta
:tusa finita est. Ma {xucliè a taluni è piaciuto far credere che il
tale si fosse messo d'accordo col Vaticauo, ed in viriù di questo
lo si potesse senza disibbedire al Pootence intervenire nlle urne,
la dichiarajpone MW Osservntore Romnno che, in lermini caiejro-
icne a smentire la fallace afTermazione di coloro i quali sognano
e concilia/ioni impossibili, perchè ripugnanti a quel diritti sacri e
ibili, ni quali il Papato non potrà mai rinunciare, l'ìcco Ja dicliia-
e ùt'M' Oi&ervniort! Timiano: « Non è nostro costume darci pen-
di ciò che scrive d'ordinario la Capitale o dì smentire le sueiit-
jn'oni; e se o-^^ lo Tacciamo, è soltanto per eccezione e perchè
mo che il suo anicoletto di &ahhato scorso, che jKinn per titolo
di coi Vaticano, lia dato luogo a commenti ed ha pcodollo tjualche
isiooe in gente che ha il difetto di essere trnppu credula. Che questo
0 sia un tessuto di ineiizogrie, tutti i giorrmU liberali ed in tspecio
polc Roman'} lo hanno giù dichiaralo. Ciò noadlmeno anche noi
lamo un'assoluta sinentila a quanto in esso sì dice di accordi pas-
'» il Ministero e il Valicane, di suggerimcTiti di alti [>orsonag^ per
re r intervento dei cattolici Itnliani alle urne polìtiche, dell' annuenza
>ot«fice e delle istruzioni date ai Vescovi per consigliare i cattolici
ciré dalla loro astensione.
Dft molte parti d'Italia ci sono giunte lettere nelle quali ci sì chiede
iteosione dalle urne p^lìticlK\ già tante volte inculcata ai cattolici
li, debha mantenersi integralmente anche in occasione delle pros-
•tezioni, e se non vi sia qualche eccezione per It* difTerenli parli
la. A queste dìinande gi.'^ rispou detoni o pubblicando nel aosiro qu-
del 30 aprile scorso la Circolare AcìVOpera dei Congressi eaiio-
1 togliere jterò ogni dtihluo, ora dichiariamo chela puliltlicazione
3tla Circolare Tu conosciuta ed approvata dal Vaticano; e sicmmc
iguarda tuUì i cattolici d'Italia, cosi non deve farsi distinzione di
tra luogo e luogo, ed aggiungiamo che non esìstono istruzioni par-
ri date in proposito ai Vescovi, »
Nella nostra cronaca precedente (G maggio] abbiamo annunziato
il Nostro Santo Padre, volendo dare un pegno della sua riconoscenza
ibah di Persia, per lo spirito di giustizia e dì equità nnde sono
fi i cristiani che abitano ìn Persia, si fosse degnalo di conrirìre il
Cordcme dell'Ordine Piano ai due suoi tìgli Naib Saliaoeh e Zel
illan. h' Osservaiore Ilomano ha già data una lunga relazione della
gna delle decorazioni, fatta con tutto il ceremoniale d'uso alla TrOrie
tieran. Da questa relazione ci piace dì levare soltanto ì discorsi prò-
k
620 atoKACA
uunziaii dal rappresenL-tnie il delegato apostolico, il Rev. Mgnor
e la risposta dei l'riucipj. Primo ail essere decoralo fu Naib Si
ministro della guerra e principe imperiale. 11 t^riocipe, in grande
Torme, stava in piedi. Sul petto scintillanie delie piii belle deeoranom :
notava un posto che pareva a bello studio lascialo vuoto. L' astucdo >
racctiiudeva le insegne della deeorazìonc di Sua Santità era portato
l'aiutante di campo, che avea ricevuto il Rev. signor Demergue Qu
preseintollD al Principe iodirìzzandogU le seguenti parole:
" Alteega,
% Ho l'onore di pre-setitare a Vo.'stra Altezza Imperiale, uoilamenlei
signor Incaricalo d'affari di Francia, le insegne e il dìplocna della
eorazìone del liran Cordone dell' ordioe di E*Ìo IK, che il Sooimr* l'i
leltce le ba accordato, affine di atteìilarle la sua ricooosceoza per l'j
benevola prolezioue concessa a tuitì i cattolici che s^no sotto la sua ai
« Monsignor Thomas, l>elegaio di Sua Santità per la Persia, sinl
stato lieu> di venire egU Messo a presentare questa decorazione a Ve
jVlteza, se k stagione e lo stalo della sua salute glielo avess^o penne
« In quanto a me, avendo ricevuto l'onorevole missione di so&liluif
S. E. in questa solenne circostanza, snno felice di coglierò quest'oceani
per esprimere a Vostra Altezza la mia ricoitnscenza personale per
benevolenza che accorda a' nostri cattolici, a tutte le opere nostre ed!
isjKcie alla Missinnc di Teheran che si reputa fortunata di trovarsi
città che Vostra Altezza gova-na con tanta sapienza e si grande
< Ho la fìducia del ru&to che i cattolici i quali sono sotto il gnvc
di Vostra Alle£za si mostroranou degni della sua benevolenza. Noi bi
almeno lutto ciò che sarik in nastro potere per loro inspirare l'ai
della giustizia, il rispetto dell'autorità e l'obbedienza agli ordini dì
Maestà lo Sbab. »
Sua Altezza ringraziò con espresssione di gioia. « È una decori
egli disse, che mi è carissitna, io l'accetto eoo grande gioia e nrò
di portarla. > K aprendo nello stesso tempo l'asiaccio, che ana
mani, prende la gran placca e se la ffssa sul posto desinalo: «
lietissimo: fatelo sapere al Sommo Poniellce, e ditegli che mi farò seni
un dovere di pruu;ggere i catlolici. Per altro scriverò io stesso a Sua
tiU per ringraziarla, >
3. Le sirottezzc alle quali ha ridotto il Sommo Pontefice b ni
zlone, entrata in Roma per le breccia dì Porta Pia, ba suggerito ai
motori delie feste pel cinquantesimo anniversario della .sua ordioazia
sacerdotale, il felice penserò di ììb' elrmosina per la Messa clie Egli'
letircrà io quel fausto giorno, o d' invitare tutti i catlolici a cooc
copie ad una manifestazione di fed& di devozione e di cariUk.
elemosina, dice l'egregio diario torinese, VCniià Cattolica^ non devej
co!frRMronA.vEA 62 1
olla intralnìiirc o porre da banda le usuali raccollft e solirrtcri/inni a
tnUiggio dell'I spogliato PoiilRfice. // n^nnrf) di S. Pietro TOnliniieri
uoquead C!»ere l'invito elTicace per mezzo del quale i {^ornali cultolici,
Confraternite e le Sftcietù particolari raecoij'Iieraiino ftiTerl'* !t\ Papa, e
lOtranDO avere la consolazione di deporlo ai piedi di Leone XIII. »
L'J^lfmosina iìrìla Messa ai Santo Padre dev'essere dnmine una
traordìnaria diuiosl razione per b fausta riuordan/a ciii<pianu>narìa. La
omnia cbe si richiede è per altro lenui.ssima : cinque cenlcstmi ni mese,
i siccooie si cerca e si spera che ì cattolici di tulle le nazioni accolgano
milioDt codesto invito, cosi sì confida che l'elemosioa ascenda a ona
Mila cifra. Per promuovere silTalla speciale raccolta di un •^ohlo men-
iffi havvi la Pìecoìa SocietA d^W amor filiah, istituita canonicamente
Bologna, la riilà delle grandi Ìni7iative cniioliche, n amiThita dal
ommo Pontefice fli favori e d'iodiilgenze. (tuesi" opera, [-^nignanwnie
tccolia dai Vescovi, sì spande io Italia e in tutto il mondo, col mezzo
ei (h'trgaH diocesani, dai quali dipendono ì eHuiori. i cmturioni e i
ìeeuriotii ; si clie riasce agevolo ad ogni fedele il presian» il proprio
iributn, e con bella armonia in tutte le parti della terra si compie l'opera
U carità per la elemosina della Messa ai Papa. Le soiTuno raccolte [wr
luesto Ijellissimo scopo sono di man in mano inviale dalla Cnmmìssione
direttiva di Bologna, direttamente alla Segreteria di Slato, che le serba in
depiisito per la presentazione .solenne. Appena da pochi mesi la Sodetii
dell'amor fiUale è sorla, ed es.sa A ancor luiigt dall'essei-si estesa e or-
ganizzata in tulle le diocesi, bippiire ì risultali otteiiuli con la tenue quota
stabilita sono quanto mai dir si possa consolanti. Sino al LI nianu) di
quest'anno le somme cusiodiie prewo la Segreteria di Stalo ammoniavano
giit a L. .16Ì.598, 17. Ma questo non basita; tiisogna che questa cifra
cresca mille tanti, fiei-ch^ si tocchi con mano via lutti elio il cuòre dei
cattolici è col Papa, ed in tempo di tanic e .st larihilt mniraddizìoni,
il Papa re^ua nelle menti e nei cuori di quanti non incatenarono la Ioni
coscienza alta setta mas.sonÌca.
k. L'episcopato italiano contìnua sempre nel dare all'orla cattolico
lo spettacolo della sua profonda devo?.ione e svisceralo amoro verso
quella Apostolica Sedo, donde il regnante Sovrarko PonteHce nitira a sé
gli sguardi di tulio il mondo e desta in petto ai caliolÌRi un amore sin-
cero, disioteres.sal<), operoso. Si veda infatti quauio amoroso zelo ha spie-
galo e sta spiccando l'episcopato d'lt:itia per feslegijiare il Oiubhileo sa*
oerdotale di I^one XIIL Appena costituita la Commissione promotriee e
ordinatrice della mondiale manifestazione, e venne annunzialo ai Vescovi
italiani il suo proi^ramma, che furono essi i primi a rallegrarsi di quel
Ciro proposito e a benedire la nol>ile impresa. "Sh di dò pagtiì, han vo<
luto far sentire la loro voce e aggiungere ali" invito dej promotori il loro
appoggio, facendo pervenire alla Commissione di Bologna col loro plauso
622 CROttACA
c<t incopaggiamemn, la rrf-omessa di occjiare i propri! ffiIHi a concoi
airunivftrsak m.imlt;<it3ZìnnR doll'amor liliale vt^rsoil nomano I'oqi
Omiociò il (Cardinale Saufe!ì<!e. die il ?H gennaio dello scorso anno 4
chiamava sicuro del cone/)rso a questa opera, per pane della Mia imiU
diocesi, n l' marzo dello stesso anno era il Cardinnle Patriarca di Veneita
<-hc esprìrncYn putililica mente la piena soddisfjizione dell'aoimo suo, e
iuvocava lena novella jurcliè coH'aiuto divino fosse coruJotta a lerminela
stupenda diroosirazione di fede cattolica. Il Cardinale CaUanì, Arcivescow
di Ravenna, promeiieva di adoperarsi con ogni cura, perchè la sua Chie»,
figlia pritnogpjiita della Romana, fo&fìe pur<^ tra le prime a tributare al
Vicario di L'ri^lo omaggio sincero di profondo attaccamento t di liliale
.imore. Il Cardinale Ca[<ecetatro, Arcivescovo di Capua, sin dai primi g;
mandava la sua adesione. Eguali sentimenti esprimeva il '2'2 gennaiik
«luest'anno il Cardinale Canossa Vescovo di Verona. Il Cardinale Balla-
glini, Arcivescovo di Bologna, il 1" marzo dei 18!i5 alTermava essere di
grande conn)l»z)^'nc al suo cuore, che opera si bella fos.«e sorta tra i suoi
diocetani-e benelicRva all'incremento e al lieto aict-esw della rcligwa
manifcstaiione. Gli Arcivescovi di Modena, di I^ucca, di LandaDO, di
Ferrara, e i Vescovi di i'eseia, di Alatri, di Vigevano, dì Noto, di Sul-
mona, di Borgo San Donnino, di Novara, ora paK^to agli eterni ripod,
lutti benedice vn no di gran cuore la santa e lodevole impresa, lae&àt
voli perctift i loro fedeli vi cooperino del loro meglio.
Ci duole che nel nostro periodico non possiamo dare neppure un cesia
di ogiiuna di quelle lettere autorevoli e consolanti, che a c^-niinaia per-
vengono alla Commissione promolrice, e che essa vien puiiblicando nel
proprio TiofìeUino. È da sperare adunque che questo couf^rde plana)
dell' Epi»;np,ito ilaliano non sia per rimanere solinnlo im premio e un
coaforlo agli egregi promotori, ma un elticace incoraggia ni ento ai catioltci
della penisola, a moslrarsi devolt ed amorosi verso il loro Padre e Maestro.
5. A Torino, nella Piccola Casa della divina Provvidtnga^ il 3 nuggii
si celebravano le feste centenarie di quel prodigio di carità cristiana ebe
fu al mondo (ììnseppe Cotloleogo la cui vita, come scrisse il poeta FeliM
Romani, fti iiuia, • per così dire, una giornata di amore. » In quel gioma
si cnmpivan'> cent'anni dalla sua nascila e quarantaquattro della sn
sepoltura, e stava Itene che a questo gran henefattore dell' iimaniii II
Metropoli subalpina rendesse speciali omaggi della sua gratitudine^ carne
quella che fu 11 campo dove si esercita la carilii di questo gr»n atiadlno
iuliano e venerarle servo di Dio. Il Coiiolengo nacque il H di maggio 178fi
m Hra nella provincia di Cnnno. circondario d'.\lha, che per trattalo dì
Cherasco (1631) Knuuunuele Filiberto aggiunse ai suoi Slati, e mori il
'^0 aprile 134'? con in bocca la sua cara giaculatoria, Mamma wùi.
Maria! Maria, M'uirf mia.' lasciando al mondo un lesLiuMoio delb
Sìa inf^urìbilc carilA. la Piccola Casa detta Vrowidenta, Sono fsn
ki aanj die si agita il processi) della sua ti«,-iUncanone; e chi
«» qual riserbo siano condirne quesl« cause dalla SaiiUi Sede, può
tomprendere perchè uoo sieoo ancora esauditi i voli che tuui ì buoni
mno di vederlo ■'salito all'onoro d«gli altari.
6. Dal giorno in cui Tempio diario milanese venne fuori con quel
AlaDìco articolo, che luiii conoscono, si può dire che non ci è sialo ceto
condizione di persone, che non abSia mandalo un grido d'indignazione
di orrore. L'articolo tt» comparso jl venerdì santo. N'cl sabato segiientc
I odia domenica di Pasqua la commozione era tale e tanta, che nessuno
entiva ancora la forza di prniestnre: rinveniiLi dallo siuporp, o;ininm si
loroaiidava a sé Rless/j; < Oh che non ci è più dunque un Fism iu Italia,
he sappia chiudere la tiocci ai pubblìn Ijiìslemoiiatori a uorma dello
kaluio? » Fochi giorni pas.sarono e le proteste cominciarono a lloccare.
Dai sacri pergami, miì t^ìomnll, nelle riunioni jirivaie. j^r le chiasie,
n oratori), dai circoli delLn ginventù uttlnlica, da nobilissime signore, da
[gregi gentiluomini, in ctfnt*> luoghi e in mille forme è sialo un concerto
li proteste che nella storia formerà, non ne dubiliamo, una delle più belle
jaKine del sentimento cattolico italiano. Fra queste proleste, unite a pub-
ilicbe e solenni ripara ;eìoiìi, è nostro debito di ricordare quella del lelao-
issimo Arcivescovo di Genova, Mons. Mignasco, il quale, riavutosi appena
la mortale infermità, con una stupenda [.citerà -Pastorale in data del 7 maj?-
[io invitava i suoi dÌoi:es:iiii ad astenersi dalln lettura di quel sacrilego
giornale, e a risarcire con preghiere ed aiti di devozione Cristo Signor
Ifostro dalle atroci ed empie contumelie lanciategli dal nefando diario.
' Sappiamo che queste coraggiose proteste hanno in parte raggiunto il
Aro scopo, perchè il Secolo in pochi giorni ha perduto più di ventimila
issociati 0 compratori.
7. Ci astenemmo (in oggi di parlare della soiloscrìzionfs pel voto degli
^aoi al Sacro Cuore, proposta da quell'insigne Porporato e zelantis^
iitao Pastore cUp f; 1" Kmineniissimo Arcivascovo di Torino, tìaelano A1Ì-
nonda; ma ora che questa sottoscrizione ha preso in pochi mesi pro-
porzioni consotaniissime, ci è parso venuto il tempo di rompere il nostro
iilenzìo servendoci delle notizie che su questo argomento ci fornisce fot*
imo diario loiinese l'I-ntUì CaitoUca nel suo numero IKJ. E da chi
iMglio attingere queste notizie, che da un giornale che in ogni nobile
impresa cMiolica, e segnatamente in questa, ha posto tutto il $uo zelo ir
AUa la sita instancabile ed eOicacc operosità? Ecco le sue parole:
H[a \a sotioscrinione proposta agli llaìiani dall'Emo nostro Arcivescovo
I^Dò omai dire splendidamente riuscita, ed ha prodotto in podii me:«i
>Itre a cinquantamila lire. Il giorno assegnalo alla chiusura ^ il 3 di
luglio, fcsla del Sacro Cuore di Gesù, a cui viene dedicata in Roma la
^iesa che ha dato orìgine a questo solenne volo dt<gli Italiani. Imporla
kdimque che jjrima del 'ì di luglio sieoo trasme.'^si tutti i moduli e k
fì2i CnONACA
olTerto raccolte. 1 iionit delle diocesi italiane che coocorrono, dovroduì
scrivere sulla facciata della chiesa, si desidera divamente che hpssuw
manchi, e lune, secondo le Ione de'diocesaai, in qualche idcmIo conin-
buiscaiìo alla spesa. Cosi qoì faremo in RoQia «lualchc cosa di pìd nnhiU*.
di più durevole, di {liù de^oo delta oostra Ilalia, che ood sia quella lunui
ed informe pietra che veJesi in Torioo sulla PioÀjn .Savoia, e chiatm*;
i-er dileggio di Torino il re dti paracarri. Onesta picara segna il princi^ui
della guerra cnntm la Chiesa ed il Papa, e la facciala del Sacm Cuor»
in Roma segnerà la v-iitoria del Papa e della Chiesa, oiiRmita, non coli»
forza delle armi o col machiavellismo dei ministri, toii coli' aiuto dnmi,
e per graxui si)ecinle del ^cro Cuore di Cresù. E come già in Tonaci
cominciava la Kum-a. cosi Dio volle che da Torino partisse l'idea itó
monumento trìuufale di Ruma. >
8. U Santo Padre riceveva il giorno 33 maggio in udienza solnine
il pelingrinaggio olandese: Monsignor I^Aylen, Vescovo di UreiSa, Mott*
signor Boermans, Vescovo titolare di Termopile, Monsignor HoefiiagslA.
Presidente del Seminario di Rureraouda e Cameriere segreto sopraoniH
merario di Stia Santità, erano a capo dei duecento pellegrini, il cui Comi-
tato si costituiva di ragguardevoli personaggi ecclesiastici e secolari.
Il ricev)iD<Qlo fu fatto oell'Aula Ducale, ove il Santo Padre entrava
sul mezzogiorno, accompagnato dalla sua Corte e preceduto da uodid
Kmineniissimi Cardinali e da varii Ve.scovÌ attualmente in Roma. Se-
dutosi il Sommo Gerarca io trono, Moungnor Vescovo di Ureda tes»^
un magnilicn indìriizo latino m nome della sua diocesi, al quale tenw
dietro on altro indirizzo riboccante dì affeuo in idioma francese di Una-
signor Vescovo di Termopile.
Il Santo Padre, sul cui petto hrillnva la prcziosis-iima Croce le-siè io-
vialagli da S. M. rim|)cra[ore di Germania, si de^ava rispondere agli
indirizzi in questi amiuiraliili sensi, che noi par amordi brevìti et ve*
diamo costretti a riepilogare: espresse innanii tutto la sua viva soddi-
sfazione e gioia di vedere aliorno al suo trono i tigli diletti del suo cuon^
e non dissimulò il pia»Te che ei .sentiva alla vista di pellegrini die
conservano la purità della loro fede e )a loro devozione al Cajyi della
Chiesa in mezui a («polazioni eretiche; lodò con helle parole il coraggio,
la fermezza, lo slancio di pietà crisiiaoa con cui i pellegrini^ che poi-
devaT]0 dalle sue augure labbra, erano venuti a dargli una prova si
splendida del loro ossequio e della loro obbedienza, raccomandili )on
l'unione e la concordia in tcmpt nei quali i jicricoH che minacciano
l'ordine sociale son diventati gravissimi; e finalmente implorando Mjm
ciascun di loro e su lutti ì cattolici Olandesi le grazie più eleiM lU
Signore impartì a tutu l'apostolica IlcnciJtyione,
L'indomani l'intiero pellegrinagijio elihe la consolazione di assisltf*
alla Messa che il Santo Padre celebrò nell'Aula Concistoriale, convertiti
OOMTEVPOnAXtA, C25
Ella per la oirco^ianz». Durante l' incrtioito Sscrillno, il S. Pa'lre
:iisò ai fit^ltci^mì la santa comunione. Dopo dì che ìmpart! loro l'apo*
m benedizione.
. Con biglieiti della Segreteria di Sialo in data del 24 magico il
t Padre degnossi di destinare ^'1' Ablegalì apostolici che dovranno
re la Berreiu cardinalizia ai ciuqui; Arcive.'icnvì esteri che saranno
ossi alla dignità di Principi di Santa Chiesa. (ìli Arcivescovi sono:
di Reinis, di Hcnnes di Sens, dì Italtimora e dì 0»<^t>oc, o gli
;alì .Moas. Antonio Vico, Mons. Grassi-I «indi, Mons. Michele Luigi
alelli, Mons. Geriiiann Straniero e Alnns. Riccardo 0' Ijrien.
Oi predelti Arcivescovi stranieri verranno pure preconizzati Cardi*
oeiriainiinente Concistoro del 7 giugno. Monsignor Thendoli e il
Camillo Mazzella della Compagnia di Uesii, professore dì Teologia
Fnìversità gregoriana.
P. Uazzella nacque d'illustre ramìglia Dell' archidiocesi di Bene-
, il Ifl febbraio 1333 e fece i suoi siudii nel collegio dei PP. Gesuiti.
I nella Compagnia net I8ó7 e per due anni insegnò nlosofia. Cacciali
egno i Cesuìii, i suoi Superiori lo mandaroflo in Francia, dovi; fece
vigliare tutti uelF occasione di una pubblica dìsputa De Universa
ìgia, sostenuta a Lione. In questa medÉ^ima città continuò a inse<
i teologia, tinche non pìactiuc! ai Superiori dell'Ordine di (nandarlo in
ìca, dov'era .stnto fondato un gran collegio di (ilosofìa e di teologìa
li studenti dollHJrdinc, ddle province degli Stati Uniti e del Canada,
pleodidi successi avuti iu Francia e in America, e la sua grande
Da congiunta ad una grande religiosità, ispirarono a) regnante Poii-
U pensiero di averlo a Roma professoro all' Università gregoriana.
lliLizzella fa parte dell'Accademia Romana di S. Tommaso sin dalla
imd fondazione.
II.
COSE ITALIANE
Kortì dei CBpiparle -^ 2. Il vprilcun delle «rm* — 3. Il significalo iIpIIb nuove
lioiri — 4. Ì[npiT4sioiiì t giuJi»! sulle lotte i;]clton]J — 4. Eruiioni «paveu*
oli deir Etna — 6. Tn illniilre figliuolo di S. ttenciletla
iirultìma quindicina l' attività del popolo ìtaUano è stata tutta as-
I, 0 meglio h parsa, dalla gara elettorale; e diciamo è parsa, perchè
Ila r astensione dalle urne È stata cosi grande, che continuando di
) pts.v), verrà giorno in cui non si troveranno più elettori che vo-
I deporre la loro scheda nell'urne. Con ciò non pretendiamo dire
>o ci sia stata loita; lutt' altro! ma questa lotta si ò limitala ai soli
I iateressati nella giostra; la gran maggioranza della nazione è rl-
(II. vai. ti. (tua. Stì;) -IO 29 tittffffitt 1^
696 owhaca.
nusu spMutrice, cfuoe i curiosi cbe iceomoo alle corse, I qnaU
é TCTO a goarlare gli agili ooTtùrì cbe divorano l' arena e pcssuftl
rapido baleno ; ma poi poco o nulla imparta loro cUe irioea qneW
queir altra cavallo; l'interesse l'hanno} solo ì padroni e aacba M
i bDlinJ |«r averne la mancia.
La rìapeftura dell'urne elettorali è siala questa volta inceda
un diluYio di discorsi, che ^li oratori capipartc banno proDumula
e colà con iotìmto piau») dei loro cortigiani « tra rindillerenei 4d
Q Depreti^ a Roma, il Chspi a Palermi, il Iìacc;irini ad Arezm, il Ni
tera a >'a|:<oli. il Geoala a Cremona, il Carducci a f^sa, il MingkMU a
logns, il Ricolti a Novara, il Ciiroli a Roma, il GrimaMì a CaiaiUM«ki
in teatro, cbì m baocbetto, tutti qoe&ti signorì hao parlato perdavi
che tuixi ci aspettavamo, per tare cioè ciascuno l' apologU iM sno
e anche della saa persona. A volerli riassamere, questi diversi »
dnrrebbem a qupstn: che io Italia ogoana delle fazioui in cbe va
nuovo re^no non cerca cbe gl'interessi della nazione, ladtSnve ]é-i
000 eercano che i propri) ; e perciò al trarre dei conti i caporiMl
partiti hanno tutti ra^one e torUi: ragione di aecusarsi e rtB|
vicenda, e torlo dì credersi capaci di voler il vero bene della
qui lo speUacoIo nauseante, titae dì questi giorut d ba presentato P
delio quarto potere dello stalo dispensando lodi e vitupeiii,
eoodo t deiiaffli del giusto e dell'one&to dm secondo il maggior» «
peso di moneta gittata nelle iu<;auahih buci di questo Cerbero ì
rivolnziooe.
2. Tertoinau i discorsi, venne Tura della votazione. Il 23 b^^I
oroe furono riaperte e il corpo eleiiorale, invitato a deponi il s4io
Vorremmo qui tar notare di ijuali arti i partiti contendenti si feteae
per Ut prevalere ì loro candidati; ma qual prò! CI badi duogiaedi
un sunto delle noiizic eletiAralt più importanti, mettendo da pane lutti
plebe dei deputali la quale non ha valore personale, ma aumerk»-
La maggioranza guadagnata dal Ministero, con tutte le prcswoiJ i
ha fallo 0 dìretumente o per mezzo delle prefetture, si compnu
a 3U voti solamente.
Da ciò i giornali aessi amici del Ministero non osano
questo: la maggioranza è .suflicienlti per ]'ap|irovaùonr. dei |}itanei;dB|i
dì che si prendwanao le vacanu e.stive, vale a dire si andrà ftaaai
vemtire .seo/' altri impicci, essendo cliìusa la Camera.
Ecco lutto II risultalo lieoertco dì timo l'armeggio elettorale!
Intanto si parla già di luture non lontane modificazioni miai^teri^j
dare al Ooverno una base un po' più larga di quella d.ìtai,'ti dalle
Noi crediamo che la maggioranza OUenula dal Miuislero^ scardi'
bis'>gno. In Inghilterra, dove i parlili sono serii e forti di un'antica in
dizione, una maggìoranca anche esigua può bastare a rendere statile •
Con'EHPOftAKEA 627
' Mr in Italia dove le varie frazioni dei partiti stessi sono male
e piintA stallili, nn.
ci aspettiamoci rivedere presto il .solilo noiosissimo giochetto
[>po di depuuiti, mn^ronli^nti {ter (pialslasi motivo, os>cillare tra il
é l'opposizione, lo^lienilo a cguellu la forza senza die quesla di-
iorauKa Piallile, capace di tenere il poion? con maggior saldezza.
dflle votazioni conlrarie date a pochi giorni dalle volaziooi
al Minislem ricomincerà presto e cosi cnntinuerì la H^uida-
[parlamrtRtarismo alla quale da vari anni assilliamo.
ebbe una iriphctì ele/ioiie: a Lecce. Reggio e Salerno. Dì-
a Udine e l'irenze net secondo collegio, anche il socialista
due eleiioni. lì repulMicano mazuniano Pantano fu eletto a
fd a Ravenna. L'anarchico Cipriani fu eletto a Ravenna e a Forlì.
radicale, fu eJetto a i'arma e a Reggio. Cairoli fu elctio a Roma
1^. De Zerbi fu «letto a Napoli e a Reggio, Caeiani a Roma e
^duti: MiLtini, Filopanii, Dotto dei Dauli, Mori, Casiellazzo,
i'Saladioi, Marcliiori segretario generale alle finanze, Paranza,
robel, Giovagnolì, Dilhclmonie, Toccliio, Bernini, Pellegrini, Se-
Bt, Simnnelli. Nervo, Del Santo, iìaintbon, Melodia, Maurtgi,
0, Sbarbaro, Saoguìnelti, Rogadoo e Delzio.
)e Marrliinri ubbia dato le dimissioni da Segretario generale.
tacci, il poeta di Satana, rimase soccombente a Pisa.
h'ifrumt magnirica la vittoria della opposizione nei grandi centri;
Rilano, (ìenovi), Palermo e Nnt>oti ; ammette che il Ministero avrà
l^oranza di iguaranU voli, selilx^ne infida.
"^fibertà ed il Fanfalia non dissimulano la importanza antimìni-
^1 trionfo dell' oppasÌ2ionc a Roma.
^moerasia dice., chr quando il corpo elettorale antepone IjUgli
L Sacchetti a Zanolioi e Dtui a Carducci vuol dire che le io*
eulte possono più delle coscienze soverciiiando la moralitù pò- ,
Ba corruzione amministrativa.
lOgratnla con Roma che ha ferito morlahnenle Deprelis e it suo
JBlcggendo Cairoh, Baccelli e Pianciaui.
^tio dice, che (tucMo del ?3 maggio fu un plebiscito contro
|sussìdialore di li!>ellisti e disertore passato at campn nemico.
|fM dice che la maggioranza attuale darà agio al Depretis di
Tapprovazione del Lìlando. UuraoiQ le vacanze estive poi la
& modificando il^ Trabinelto comf giA .si prevede.
\iforma deplori^ le ele/iont del Ciprianì e le chiama una cotise-
lella politica sconvolgente la coscienza del pae.se. Si dice lieta del
p complessivo delle elezioni carrif^ffrf>ra/« dalla vittoria di Roma
lierdita di mini.sieriali a Palermo, a Milano ed a Rovigo.
u
uso CRONACA.
Orarnsì ti rìsulUlo delle elezioni è cortoscitito. E ira le declami
dei 'Mini!4erìali e te esa^i-azioni degli oppo^ilorì, la verìUk auctie q<
TOlia sia uel Daezzo, fra le due iperboli, di coloro che iograndìscono trof
e de^'ti altri che troppo assotlÌKliano.
L'Opposizione non ha viste coofermaie le sue speranze, ed il Mio
siero noD ha ripoi-iaia una vittoria che sigoìfìchi davvero approraDi
ed incoraggiam^Dio, e dia racnone e siciirc/za dì vita. I^ prima ifr«r
inazione «b poggiata sul fallo che l'Opposizione numericamente non ^ piio
cresciuta ed ha sofferte perdile «ravi assai : parecchi fra i suoi più
voli uomini sono rimasti soccombenli. In complesso, poÌ> torna più sl«git
più sciolta dì prima.
Quanto al Mìnùaero, se i vKiorìa il non essere bauuto e poter cai
pare ancora e manovrare, in (]uesto spìiso ti suo trionfo è versi
notevole, perchè c'era da temere di peggio.
La vittoria vera ci pare delle Idee più temperate, e dei proposti
vertiginosi.
Se ]'on. Depretis si fosse presentato al paese io condiziooi buone,
chìedorgli un verdello a favore di una politica non radicale né ndle
leggiaiite, uè icntennanle, ma ferma e corretta quanto a Governo; ei
disposta a scambiare i f3iUa:>mÌ per la realità, quanto a lej^slazìone,
diretta al soddìsCacimenlo dei bisogni più legittimi, il pae^e gli avrt
data una grande mag]>tioranza.
Ma il Ministero si pi-Rsenlava in condizioni cattive ed il paese ci
abbia voluto dire: non mi piace favorire la pentarchia; ma non iuieidi
nemmeno dar tanto che possa farmi credere soddi&fauo delle cu«
punto in cui sono.
n paese noa vuole radicalismo, ed i radicali sono i più batluli;
è pei pentarchie), e lo ha dimostrato; ma non k nemmeno contento dd
Ministero, e sarebbe faialt^ illusione il pensare diversamente. E poicbf
guerra si era voluta impegnare sul nome dell'onorevole Ilepretis, <>i
anche aEferuiare che il paese ha voluto dare all'onorevole Depreiis
avvertimento a procedere per una via pili on&sla. Questo è il sigiùrical^
di una maggioranza non ostile, ma nemmeno largamente e slcurai
favorevole.
Intendere le cose a questo modo, ci par giusto ed esano; e hi:
che cosi le intenda 1' (Jpposizione medesima per prima; perchè gli
non le banuo consentito di raggiungere lo scopo al quale essa mìnnl
del quale, anzi, si riteneva sicura.
4. Gli fìccitaraenii in questa occasiotie non sooo certo mancali di'
le specie, di uitle le forme, sotto lutti gli aspetti, in regola apparente elit
legge e col codice penale. Ma i primi a non credere elhcacemente al 5is
ddl'appiccìcameuto aono i liberali. Onde può dirsi con sicurezza che
pure la volooU dell'Italia rivoluzionaria è passata: ma quella dell U
COrVTEMPOBATtEA.
699
le personalìlà, doi ripicchi regionari), del c-impanile, della chiesuola, del
luccio, et per molu parie dell' Italia delta pagnolla e del qunllrino.
il 0 meDO, la snliia vobuU). I,a iniigiimaiUA, |jerl.into, non grande che
.1 mioiiilero avrà »oq è di quelle che cambieranno la sitiiauoiie del paese
le dinanzi al governo, at di (iiiesto di fronle ad esso; e si seguiterà
vivere alla meglio con scanihievoU lraa.va£ioni da priocìjiio. facilmente
degeneranti io ostilità.
Uuooo pel Depretis che le elezioni sieno avvenute nella stacìone pros-
riroa assai alle vacanze, le quali gli daranno campo di assestare alquanto
Ha soma per via. secondo il noto proverbio; e potrà con comodo coniare
Il numero a<uoluio e relativo, jiensare alle fjicili conquiste, e studiare la
'maniera più acconcia dì farsi acceltHiv dagli scontanti, dì ammansire fìno
alla possiliililà gli awersarii men'> ispidi. Sarà insomma [»er oovemtire
[apparecchiata uqs secnnda edizione della camera precedente, salvo il
Iparlamenlarisroo sempre più imbaldaniiìto, il quale avrà per centro della
!nia a/ione il ministero che tenlei*à tntie lo vìfi per soprafTare quello di-
sgregante delta camera legislativa. P. giaccliè siamo in via d'ipotesi ragio-
nevoli, non essendo proprio un articolo dì fede coslìtusionale che la
naggioranza che si avrà al giorno del discorso della Corona duri o si
vutaggi, potendo accadere henissimo che si aseoiti^ili, Il Oeprotis non si
perde dì animo, perchè si sa da certa fonte, come asserisce un ottimo
gioraile caitotìcr) o tien ìnrnrmnio, che Pespi^nmenlo delle elezioni fu
ordinalo principalmente a questo: di sparare cioè l' uliimn cartuccia.
Cosi egli è sempre in tempr) di rassegnare al suo Ite le sue dimissioni e
dì ritirarsi defìnitivamenie dalla vita governativa colla coscienza framas-
sonica di aver previsto e provvisto quant'era da sé.
Infatti, non .sì potendo tornare cosi presto all' appello al paese, né
ido conto di farlo, il Dppmis, secondo il sopra lod,ilo (ìiornale,
ratio intendere a Re Ilrnherio che vi è sempre l'uomo del i-imedio
nella persona del Rot)ilaiit. Tutto sia che la forza degli avvenimenti non
congiuri a meliere, come si dice, i hasioni fra le ruote, per incalzare alle
recii roi'portunismo elevato a norma ijiriillihìle di lìoverno.
l'i-altanio è oramai un fatto ctie nella (Capitale del Regno il (ìovenio
è stato ballino; non tinto per la rielezione del itaccelli quanto per la
elezione del Cairoli, non ostante che questi avesse dichiarato di non voler
abbandonare i suoi Pavesi.
Quanto al maggior numero di concorrenti alle urne che si ^ verificato,
il fallo si spiega a svantaggio del Governo. Per batterlo si cercò di far
nninero e vi si riuscì. Il discorso all'albergo del Quirinaìé ebhe minor
virili di quello àtiVApoìh e ne fu sopralTallo.
5. Ijt spaventevole eruzione dell'Etna, che ha messo sossopra le popo-
lazioni di tutia la provincia di Catania, e segnatamente quelle pi>i esposte
alle ardenti sue lave, era -sinta prevista dal prof. Silvestri nr-lla sua re-
Li.
fm
CHOKACA
lazione del IBS?. Sì s:ireb!)e voltilo deviare In lav.i. mii il limorf di
lenlai-e un' impresa pressoché impo^stibile, ne ha IaUoal>tKiQ(lonare il ftn-
siero. Non potendo seguire tulle le fasi di questa nuova lef ribile eriinoitt,|
diremo che il fenomeno nel oieiure che scriviamo è cresciuio d'iiii-Misiii.
che U corrente della lava minaccia Delpasso. che la gran parie de^li ahi-j
laoli di questo paese e di Nicolosi sono ruggiti, che il numero dei vi-
siwiori k grandissimo, che le scosse e i Ihmiì sono incessami, che l'Arci*
vescovo, il clero, le amoritA fanno a gara per ?ocrorrere e consolare gh
ahiianti. Wttità Cattaìica riferisco poi le seguenti notizie iiiorìche, d»|
noi riproduciamo volentieri, j«er ci)1oro ai [|ualì piace sempre di studiirel
i rviitimurti attuali nella sifirìa del passalo.
« L'Etna s'innalia a settentrione di Catania sulla sponda nriefitalti
dell'isola alt'atle/Jia di 330i metri (secondo PaUisì 4050) e non t di-
rupalo nella parie siippriore « nei molli coni vulcanici sorti nette eru-
zioQl laterali; nella sua eruzione del 1874 produsse alterazioni Databili
nella figura della montagna. L' lutila copre una superficie di oltre l.'iOO dit-
lometri quadrali. Uall'allo di e&^a si para innanzi allo sguanfo dell'oc*
Mfvatore la più vasta e grandiosa veduta d'Europa. Ou«sta magnilìa
prospettiva era giji nota agli antichi padri nostri, ed Ilclwald, Ln. Trm <
« Puomo, tradotto da G. StrafTorfllo, citi Spartiano, che narra cone'
Adriano sali l'Riaa per godervi la vista del sorgere del sole: Post n
Siciliom navigavit, iu qaa Aetnam montem eonsctmiit^ Mi soiis ortam
videret, art^us specie, ut dicitur, tmhum. >
Le noiiiie delle cruzifini etnee, che ammontano ad oltre 70 nella snh
^ra cristiana, risalgono a tempi pìii antichi. Dindoro Siculo ne noonfa
una avvenuta 5U0 anni prima della guerra di Troia. Tucidide ne rpp*
stra la im|)ortantissima del 470 e Talira del 4'29 avanti Cristo, la quale
devastò Catania. Terriliiii enizioiiì furono quella ile) ltt)9 che cagio<tò bi
morte di l.'imila abitanti, e l'aUrn che durò dal 1° marzo sino alla fiuddl
luglio del l(iB'J; le lave distrussero Nicolosi, llelpasso, Mistprhianco,eec;
superarono le mura di Catania, arsero molli ediTiEì, colmarono il porto t
formarono un promontorio ne) mare. Sorsero allora i Monti Rossi e h
Cima del cooo delle ceneri rovinò col cratere con orrendo fragore, fot-
mando la patta del Bove. Memorabile fu l'eruzione dal "il Agosto ìisid,
al fehhraio 1B53, in cui formamnsi dne nuovi crateri, e la rec<0t« iéi
gennaio I8(>5 noi fianchi della montaisTia — Ferdinando Hoehsletter od-
YAlì/femeine Erdkintke, pagina l^il, noia che * le eruzioni vulcanidie
ricorrono ad intervalli più o meno lunghi, e questa perìodiciiA appunto 6
un segno principale deiraltìvitiì vulcanica. L'^'mi fa per solito pause di
111 a 1*2 anni. » StTÌssRm dcil' Ktna il canonico Kicupero, Tatuile FerriRk j
i frai4;11i (ìeraellaro e (ìaeiano di Walter shausen, citato dall' Hellwall>i
(). L'tlgregia Siritin Vnttoìien in un lungo e tieltissimo articolo irit^
parlava del celebre P. (ìravina Cassinese passato di questa vita agli ei«m
riposi il to del cadente maggio.
COKT£HPO(tA»KA 63t
ravios, aalo io Palermo dnlla iwliilìssimft fumlglis dei Prìncipi
li Comitioi, che ebl* per fratello quel Principe di Coinilìui, the fu uno
più onesti ed eoiìnenti iiomjaì di Suio di Ferdinando II, re di Napoli,
ilr6 giovanìssimn ridl'insi^'ni; Ordine di S. lìcnedetlo, ove non lfird&
I diventare un bc<«l!t!nl«! religj»»] ed u» grandi; ciilinrc delle scirjize
pan& e dell'archeologia. Della sua lun^a vita di 7*2 anni ^ran parie tm-
|iegb io servigio della religione e nella iilusirazioue e conservazìoue di
iDBlla maravigliosa basilica dt Monreale ohe Lriiglielmo, ciiiaiiiiitu il
piumo, innalzò al ditin Salvatore. La 5iia opera, immensa net genere
pO, esegiiiU lulUt a sue spese, che costa l;i bellezza di 1.,. KOO, e che
1 laehlò airtLiposiziooti universale di Parigi una medaglia per la parte
^ieolinva e tecnica, rimane come monumento ioiperiiuro della sua grande
irudizione, e dell'ingiustizia d'un governo, che sempre prodigo verso i
nediocri o i barattieri, non ebbe per questo insigne e venerando uomo
^)e iadiffereoza e non curan/.a. Diremo di più: que$i' illustre religioso,
kd di oefiisii del ISfìfì, quando Cadornii generale dell' carello rinnovava
^li ani del pjii feroce dispotismo, in Palermr», ehhe l'onore di essere da
|uel brutale uomo strappato da suldaiesca violenza dai suoi studii e git-
alo luorì del suo chiaslro. Che 1 Siciliani di cuore, e ve ne ha ancora
In quella terra tradita e ingannata, vendichino la memoria del };rande
Bgliuoln dì S. Itunedetto, v a lui Ìnnal/.ino nr;l tempio dì S. D^imenìco
ta monuaieoiu, da uun sì confondere, con quello innalzato all'avvcniu-
morto a Mentana.
III.
COSE STRANTERB
iVSSIA (Xoflrn torrispon'ltns'i\ — I Lii foluiioiic ildli' ilìDluoll.^ oririilali —
^ Lj- rrluzioni con In l-rand», e IttgiTindi mastre — :t. U movimento sorialìsln
e la popolazione; i nuovi eanali — 1. Fine del KuHurkampf — 5. I (wllrjrint
faBBdewhi in piv«pnKa iti»! Sunto Padrp — fi. I^c Icpgi .inlipflln<;c:he — 7. La quc-
^^HIdiic monnKhiui in Ra;ii^ra — 8. Morte ri! mon^ì^nor Orbin.
^B* !•« potenze han consentito e il principe Ales.'undro dì Dul^.ìria ha
icceltaio d'esser eletto governatore della Romelia orientale per cinque
»nni. La Rus-sia ha lascialo correre, intanto che lo czar mantiene più
fermamente che mai l'avversione sua contro il principe. Ki, certo, si ri-
verba d'operare» suo tempo; cnneiossiachè nessuno creda cho la Kussia
vorrà tollerare una Bulgaria -Romelia indipendente da lei e appoggiao-
tesi sulle potenze germaniche. Il lìnvenio ^rL>eu ha lìnilo col eedere alta
volontà delle potenze, che 1' hanno chiusa per mare con un Llocco ri-
goroso. I^ (irecia disarma^ e da quel lato Don pare die sarà in questo
uno turbata la pace: perù le diHicolt^, le qut^ioui pendenti, non sono
CnORACA
ni: risolute né appianale. Tulio è iocerlo. La quesliooe d'Orìaoie ci risert4
ancora granii icmp^ste.
Rìmpetio alla Crocia come rimpdio alia Bulgaria, sodo suie U Ger*
mania e l' Inghilterra clic, mediarne il loro accordo e grazie aU'ai^poesio
dell'Ausiria e ai pruJenii conigli della Francia, soiio riuscite a rìcoo-
durrc alla ragione e Greci e Bulgari; beo ioteso, però, per il momenu.
Ma (|uc.sla ingerenza anf^lo-germanica è una disfatta per la Russia, la
cui influenza è bfliiuta in breccia su tulia quauia la penìsola balcanica.
La Serbia è soggetta da varii anni al predomìnio dell'Auiaria, la Homanii
si è l'accostata atl'Ausiria e alla liermania, dacché fu, nel 1877, oosirella
a cedere rimboccatura del Danubio, dopo aver resi, durante la guerra,
servigi considerevoli alla Russia. Sotto il Croverno del princi[je Ales-
sandro, la Llul^'aria sembra fermameuie risoluta a sottrarsi interameole
all'induensa della Russia, che pretendeva Tare dì lei una delle suedi-
pendenze. La Grecia si era separata dalla Russia, dacché questa sì oaslìtoì
qual cardine del panslavismo: ma in quest'ultime crisi, la Russia ha
cercato di guadagnarsi l'amicizia della Grecia col non prender pane
nelle manifestazioni f;ilte contro di lei dalle altre potenze. La Grecia o»)
potrebbe diventare per la Russia un'alleata premia, giacché essa «spira
ad annettersi Salonicco e chiudere perlai modo all'Austria l' accesso al
suo porto naturale.
Potrebbe a taluno recar joeravìglia il veder l' loghilierra figurare in
prima linea fra le potenze, che han costretta la Grecia a disarmare, ft
che si oppongono atl'esten^one territoriale di quel paese, airanne:!v<ùoH
cioè della Macedonia. U suo iniere-sse commerciale dovrebbe, invece,
suggerire all'Inghilterra di prestar Tavore ai disegni della Grecia, ct»>
ciossiachè l'accesso dell'Austria al mare Egeo permette a quell'impero
di diventare una poten/a maritiima di prim' ordine, e di aprirsi vasti
sbocchi io Oriente e nell'Affrica. L'Inehilterra, però, ha un interesse
anco maggiore: quello di difendere il suo impero delle Indie contro ì
progres.si incessami della Husiiìa. A ciò le sue forze sono dì gran lungi
insufficienti: le bisogna l'alleanza dell'Austria e della Germania. Senia
queste due potenze, gli Stati della penisola balcanica e la stessa Turchia
asiatica cadrebbero in potere della Russia, e rimarrebbero per tal modo
chiusi al commercio inglecte, del pari che a qualsiasi innucoza occideoialc-
Sotto l'egida di queste tre potente, gli Stali Tormaii dallo smembramenLo
progressivo dell'impero turco manterranno sempre una sufficiente auto-
nomia, e resteranno aperti all'Occidente: lungi dal cooperare meo'jnu-
mente ad aumentare la potenza russa, le .«^irviranno anzi di contrappeso.
La Russia, al certo, non cesseriì d'aspirare a impossessarsi dì (!osU0'
lìnopoli e a fortidcarsi rtella penisola balcanica: a ciò la spingono la soa
potìlic:! secolai'e, le sue tradizioni, il suo scisma, le sue tendenze pan-
slavi&tu. Fer questi molivi, v'è da aspettarsi di momento in momento u
ooirrsHPonARBA
633
urto fra la Rubila e l'Ausiria, qu«st'ultiaia secondala dati» Germaoia
e dall' Inghilierra. La Russia o^^ si rassegna a lasciar fare in Itiilgaria
e io Grecia, perchè la sua coniii/ione interna non le consenta di avven-
lurarsi a una j^tierra; ma si riserba per la prima occasione. IVr la stessa
ragione^ la Russia ha non sob accettalo, ma ricercato, l'aecortlo dì
Skivnewiu, che assicura per ire anni la pace fra lei, rAuKiria e ta
Germania.
'2. Ija nostra slampa ufTìcinsa si k ricreduta un tanlino dalle sue accuse
contro la Francia; il cui governo, giova ripeterlo, non lia mai cessato
dall' osservare il conlei^rto più rct^olare dirimpetto alla (jet-manìa, le scam-
hevoli rebzMni sono tjuindi rimasto eccellenti; ma la geloua e l' inimi-
cizia nazionale Tra i due popoli continuano Intiera a manifestarsi in molte
OOCftSiQni. Ter citare un esempio, l'vVccademia di helle arti di Iterlino
ba preparato per l'estate prossima, a festeggiare il secondo centenario di
sua esistenza, una graudiosri mosii-a internazionale di helle arti. Fra le
altre cose, sono stati costruiti dei facsimile, di grandezza naturale, dei
santuari d'Olimpia e di Pergamo, in conformità dei nsultamcnu ottenuti
d^Iì scavi operati per corno della Germania, Queste cosirunioni, di ca-
rattere il più curioso, sono una v^ra ghioUornia da dileitanii. L'Accademia
aveva spedilo dele^Jiì nelle altre ca[i)iali [>er invitare gli artisti ;i prender
parta alla mostra. Questi delegali furono dapperiuilo bene accolti, e un
tramerò considerevole d'opere d'arte delTAuslria, dell' Italia, della Spagna,
dell'Inghilterra, dt^l Belgio ecc. stanno per esser esjiosie alla pubblica
mostra: soligli artisti francesi si fanno notare per la loro m^ncanj^a. In
seguito dì ciù. v'ha raifiorie di as|jt>iiarsi che la (ìermania non sin per
partecipare alla mostra universale, che sta apparecchiandosi a Parigi per
fasteggiare il centenarin della rivoluzione; la quale ultima circostanza
laroirà anche ;iirAu.stria e ad altre potenjie un motivo per non pronJervi
parie. Del rimanente, grazie all'iniziativa prasa dalle nostre corporazioni
ìDdustriali e dal municipio di Berlino, può tenersi lln da ora come as-
sicurata pel 18SB una mostra nazionale nella capìlale dell'impero ger-
manico.
3. £) Doto che, a malgrado o piuttosto io grazia della legge contro
ì socialisti, questi ultimi itoo han fatto, da sci anni in poi-, che gnada-
gaar terreno; tantoché, in luogo di 9 deputati al Reichsiag, ne contano
oggi 95. l^oniuitocift, il (ìovernn ha domanilato la proroga della legge
per cinque anni; ma il Reiclistag non glie l'ha accordata che per due,
avendo 47 membri del centro votato contro, ''ì'i in favore, e 38 essendosi
astenuti, (ili oratori del centro han combsUuio vigorosamente 11 prolun-
gamento della legge, la quale fa più male che bene; uonciossìachè, in
grazia .sua, ì socialisti trovìnsi costretti a tentarsi uniti fra loro, laddove
prima ilella legge distrugi;cv,insi scambievolmente a motivo delle loro
scissure interne. Traendo profitto dal silenzio, che loro impone la legge.
CRO!<ACA
essi possono dispensarsi dal raetiere ìnnanri un programmi pnsiiiro, t
dal (lìrenderlo; possono, lult'al pìù^ censurare i principìi « le adirmi alimi ;
e cosi Tacendo, attirsno sposso dall» loro oon pochi operai, cbe volga- 1
reliberf) ad f-ssi Ir siialle se sapraspro dovft s' intende realmeole di coo-
durli. I pjii soddisfalli del prrilunj^amentn della legge, contro i sociatisU
sono, adunque, i capi della .leUa. Del resto, rain(nulinaniCQtosoctalL4a
del Belgio ha potentemenle cooperato ad assicurare alla prorogi 169 mi
contro 137.
Viene, a (al proposito, riferiio che al timore, da qualche persona ma-
oifesiato, di vedere quel movimento propugnarsi in GermaDia, uno del
direttori delle fónderle del signor Krupp ha data la se;?uefHe risposta:;
« Fra noi, ad asseti, non può accadere nulla di simile. L'tnnuenu éà\
clero caitolico ft cosi grande, che non larderebbe un mompntn a far ra^iOM
di un movimento di tal natura. Infatti, ì ->i(,0[>0 operai del si?. Knipp
sono per ([uaiiro quinti cauolicl. come cattolici sono tutti quanti gli operai
delle miniere e fonderìe do'iiaesì renani.
J)e) resto, la questione sociale va facendosi o^ni fporoo piti Brgail&.l
Slaado al censimento del ;^ dicembre ultimo, la (ìermania oni» ìri,Sìn,5!r]
aliitaniì. ossia l,t)0(v>^2(>di più che nel 1880. Ual 187à al 1HS0 l'aumeoio
era stato di 2,50f>,089 anime. Questa difTeremia proviene in ptrte da^l
l'emigramoe., che dal 1480 al 18^5 è stata di 8'V2,24'2 persone^ e imII
periodo precedente di ?30,l)Uì. ]n Prussia, la popolatone delle cilti bai
progredito di 8HH,9?7 abitanti, ed J>: al pre-senle dì lfl,555,()f)8; quella delle|
campaj^je si è accresciuta di I*l7,7'tr>, e ascende oggi a 17.758,7(1?* aoioe.]
.Ma poiché un gran numero di comuni assai dediti airinduslria, per esen-j
pio i luoghi bassi di Berlino e i distretti minerari e metallurgici, SOMJ
compresi wtta popolazione delle campagne, Qe segue che la popola
dedita airagricottura i diminuita d'assai, e che l'aumento totale^
scilo e«:hisivamente h vantag^^io delle ciltà e delle indastrìe. Di cid
ha una conferma nel faito che la ciliA di Berlino e le f^ovioce
airindusirìa, come sarebbero la Prussia renana e la Westfalia, pr
tano il mai^giore aumento, laddove le province a?ricole, come la Pnw
occidentale e lo SrhWwiir-llolstein. non hanno che un aumento insiirat-
flcanie. La Pomerania, contrada essenzialmente agricola, ha penino,
duto decrescere la sua popolazione da ),i)1f>,03i a 1,505,795.
dnnqne, un fatto che la popolazione industriale e oi>eraia «V andata aul
landò, intanto clie la pninlazione agricola è andata scemando! Io i|uel({
è da ravvisarsi incrHìteslabitmentu un ag;;ravameuto della quej4ìoQe:
ciale. Ili più, in grazia soprattutto dell' emigrazione, si va (a<->^iii!>
maggiore la sproporzione fra ì maschi e le femmine. In Pn.-.
si conoscono per anoo le cifre degli altri Stali di Ofìmianìa) v*
13,by;i,ti88 abitanti di sesso maschile e M.WJ,H5 di sesso femmina
talché questi ultimi presenuao una dilfercnza io piti di 5'^Ij,ìj7. Nel
CONTEHPORAnSi
(ielle remmìne non Tu che di 397.000; ed è da rnHare clie
kso è, ÌD parte, cai^ioiialo dalla scoini>ur.sa di moUì giovani desiderosi
I «Hirarsi al servizio militare, e che non figurano nella cifra dell' emi-
■ipone. Àoche un f\ considerevole eccesso di remmine è di rijfuardarji
Hf un aggravamento delk condizioni sociali.
[DiK grandi opere, deiilinaie a imprimere un vivo impulso alle trao-
itioQi sociali, sono stale lest^ risolute 11 Reichstag ha approvato la
istruzione del canale maritiimo fra il Baltico e il mare del setiemhooe;
I spesa, calcolata in 156 milioni, sarii sopportata dall'Impero, e la Prussia
irnirà uo contingeole di .")n milioni. 1! i^jindtag:, poi, ha approvnin la
)slnizionedì un canale, che da Oortiuund, a'tilrodell'imlustria mineraria
Iroetallurji^ca della WesifalJa, comlucu al porlo dì Kmdeji co» l'aiuto
fcl nume Kms. Col ineuo di iiuesti duo canali, il carboue e il Terrò del
^cino del Reno potran Tare iiiui formtdahile concorrenza a quelli ilcU
ilDghltterra in tutti i porti del sritentrione.
I 4. ìja questione relitposa ha presa .sutiitatnenle una piega favorevole,
fizie alla nota del cardinale lacobmi del i d'aprile (stata riprodotta
t vnsiro quaderno 84)1]. Il iB:overno avea proposto un disegno di leffge,
he, pur ruodiliando molle disposl/ioui delle leggi di maggio, di tanto te
^gravava di quanto le moditìcava. Uopo la pat>blicazione della noia del
ordinalo, il Governo, ron alla testa il principe di Bi^mark, ha appog-
tilt gli emendamenti pre5;entati alla (^.amera dei Signori da monsig. Kopp,
^scovo di Fulda; e II disegno, cosi emendato, attenne il 13 aprile, dopo
be giorni di diliaiiimento, l'approvazione della Camera stessa con
23 voti — fra' quali quelli del principe di Bismark, e del ministro della
tsirzia, signor Fricdbcrg — contro 46. Con questa legge, che vern^ sot-
DSta alla Camera id depiilnti dn|wi le varanz*^ dì Pasqua, lo. leggi di
fi^jgio sono modiricaio pin* ;^iiit>a che l" i prdi cattolici !ìoi]') quind'ìn-
nzì affrancati dall'esame di Sialo; 2" ì seminarli maggiori e gli alunnati
nllegi d'interni diretti da preti, ma i cui alunni frequentano le scuole
Eblflichej saranno napnrti. Oli staniti, i programmi di studio, i nomi
dlrellorì e de'proressori, delitxmo esser comunicali al Governo. 1 di-
tori e i proftissuri debijonu essere stidilrll tedeschi, e possedere una
àruzinne simile a quella dei professori delle biniversità. Il programma
1 studio dei seoiinarii maggiori dev'essere allo stesso livello delle facoltà
Mio Suio. 'ò" 1 sagrestani non si avranno più come facenti parte del
ero. -i" ft al)Oliio il ricorso allo Stato in affari spirituali. .'»' Non potrà
rfti altrimenti dal trìhunale ecclesiastico la desUtuzionc di Vescovi e
'di, essendo il tribunale medesimo soppresso. S^La celebrazione della
esse piane e ramniinistrazionc dei sacramenti agl'infermi saranno im-
ani da ogni penalìtfi. T Gli Ordini ospitalieri potranno consacrarsi ad
ire opere pie, tranne l'isMiudoue dei faoetulli soggetti all'obbligo seo-
Itìco. 8" Il parroco surù, di dinlto, presidente dui consiglio di fabbri-
636 cao^'aca
ceri», eeceiiochi sulla riva Kiriisira del ReiML 0* l'rnrvisorìainette,
escluse dal godimento dei tienefizii della less^ le diocesi dì Gnesaa 1^
nia e di Cnlnui. 10* U parrocchie potninon e&ser pravviAie di liin^i
a meno che il froveroo non miglia iiiiianii soverchie esigenze a prop
àeiV Aneeigepfiiciii ;nt)lilìcazÌone delle caiiJiJature ecclesarfirhe; ci
duto dalla nou del cardinale lairoLini, con T espressa coudiuooe du
ìegfii di maggio vengano modiilcate per ^isa da iiermetlere alla
la libera formazioRe del propno clero.
Noti sto c|ui a riportare il te&io della l^ge, che, avendo rrL
eoo le molteplici leggi di maj^j^lo, costiiuisce un iosieme di (lis{
ioielllgibiii soliamo a giurecoasulii speciaU. La di^tcuuiftoe della oi
legge olTerse udo speiiacolo de' piti siot;olari. Giammai la Cj
non era suia cosi numerosa, giammai [»ii grande il concorso ddl*
blico. Da anni e anni, le relaxioui delle sedute parlanteoUri ooo ai
trovato un si gran numero di iMlori, né promosso discii-'uioni
passionate^ come in quei giorni memnrabilL I memliri della i^anitf»!
courormaridosi all'esempio del principe di Bismark, parlando àtì I^p
gli davano il titolo di Sua Snntit.^ e diedero sempre il liinlo di .ìrern
gnore al Vescovo di Fulda, iiou altrimenti che se fossero stati Itno
cattolici. Il principe di Kismark usci nelle seguenti dìcfaiarazioDi : < I
leggi di maggio, essendo leggi di coml>aUì mento, non dovevano si
per sempre. Nel confrontare queste leggi con Io slatu quo antt
io trovai che noi avevamo occufialo po&iiioni nemiche mancami dì
sia^ valore per noi. Tali sono, .sopratlullo, le disposi/ioui
l'educazione e la deisiguazioue del clero. Era, in sostanza, una vera
a cavallo contro bianchi di anitre selvagge 11 Ke può, «u questo
reno, Taf concessiooi a' suoi sudditi cauolici sema recar otTesa tà
fHVpria autorità, né ai diritti dello Stalo. Se i preti tedeschi «ono
animati dal sentimento nazionale che quelli d'altri pae$i, e hiovj
coscienza di esser prima preti che tedeschi, la colpa di ciò devei
mente atlrìbuirsi alla ciroosiaoi» che fra noi il scntimenlo oaiionilll
^«uratroenie, piìi debole che presso le altre nazioni. Col far si ciie qu
sentimento si svolga dappiirtiilto, noi lo furiìrìcherema altreisl nei
cattolici- 11 Papa ì^ uu Sire pacifico, e noi ci siami a lui frane
0 lealnteule rivolti, sapendo ch'ei utrrà un eguale oooiegao; abhisfDi
dicalo necessario portare il nastro disegno di legge a cogniiioat i
Sua Santità per avere su quello il suo avviso. *
Il oonie di Scbulenburg BestEendorf, protestante, dichiara ailJ
.volta :« LV istituzione cometa Chiesa cattolica, che presoota mII'i
namenlo del proprio clero un edilìzio così stupendo, ooo pob
l'ingerenza dello Slato. Io mi allìdo che i iio^ri Vescovi sapraflMi
care i loro preti n sentimenti patriottici. » il signor di KteiM
afTerma che lo Stato, eoo le leggi di maggio, ha gravemeaut tnn»!
conniiPQiuneà 633
ilnio dotU Chiesa, e, assai più ctie atta Chiosa, recato danno a &è
wso- Monsignor Ivopp dice che iraila^ di resiiluire alla Chiesa ciò, che
igiu-'Uameflte te è slato totla: In ricambio, e a dimostraTiion^ di sua
ralitudiue, ta Ctiiesa si conforma, in corte qiieslinni, a! dcsìderii dello
lAlo. MonsÌ;^fiore Ta, inoltre, ossorvarft come al Vescovo deltba premere
Ù che a figni altro che i suoi preti possegifano una istruzione cho U
Mia alla pari delle persone dello stesso grado: è quinJi superlluo l'im-
irre loro u questo proposilo redole deiermirtale. »
Prima della sua p&nmia per Fulda, monsignor Kopp fu ricevuto
di' Imperatore, il quale gli manifestò la propria soddìsfanione per essere
Ila approvata la legge. Qui giova Jiolare come f-và inutile annettere
verchu importanza a certe p articola ritA. Il pnQCÌ[:>e Htsmark fect! io-
Oliere che voleva la le^^ per ragioni d' uiiiità, alGne di porre uu termine
le tristi condizioni parlamentari e corrispondere ai voti dell'Imperatore,
quale vuole slare iti pace co'suoi sudditi cattolici. Sia pure che il gran
KQcellierc non abbia che mire pratiche e d'utilità; ciò uon gli to>(lie
merito dì q<ie<t'opcra di pjce. \\m altri governi vi hanno, pc'qnali U
(OciUazione con la ('hicsa sarehlic ìinmeni^menle utile, e che, nonostante,
m la cercano. U^anto a me, iu tredo con la nostra gran rassegna
tllolìca, gli Hisiorisck-polìtisdie Blaetter di Monaco, che il principe
ismark vuole la pace con iaOiicsa per raUor/are l'tmione dellafiormania
lìnchè questa possa aspettare impnvlda il sopraggi ungere degli avve-
RiciiLi, soprattutto in Oriente. In ogni caso, però, e a malgrado di certi
Malti diretti dal CancellitTO net suo dìscorsii del 13 aprile contro il
miro e la stampa catiolicn, tanto egli quanto l'Imjierniure, suo sovrano
. sono aajulstati ogni diritto alia riconoscenza e alle preghiere dei catr
Mcx in ricaKihio del Itene, dm Tanno alla Chiesa.
5.II21 d'aprile, qualtru deputati del centro nelle persone dei signori
raodeoburg, Frìlzeo, Imwalle e Mooren, untlameiile a due preti e due
ecolarì iede.schì, furono ricevati dal Santo Padre, Il quale tenne loro
Desto linguag>;io:
<Ud raffreddore mi ha impedito dal ricevervi prima d'oggi. Sono
lissìmo ili vedervi. A molti di voi toccherà quanto prima discutere
nuova le^ge politico-religiosa. È questo un pa.<;so verso la pnce. Mi
siali manifestati i sentimenti del vostro governo, che credo sìnceri,
spero che col teraiKi noi avremo una paco eccellente e duratura La
1, etrio reputo soprtiiiutio iniportaniissiraa, si è la riapertura dei
ìinaii, che sono ì vivai per il clero e la predicazione della fede,
rasi chiesto un accordo col governo i>er ciò, che concerne le persone
N professori dei seminari; ma è necessario che i Vescovi siano affatto
|i nella scelta dei professori. La provvista di titolari per le parrocchie
bnti sarà un argine contro ì progressi dell'irreligione e le tendenze
^cialìsle. Io credo che voi possiate guardare con slcurezra all'avvenire.
Abbiam fiducia ncH'anìonfì della Sanla Sede. S. M. l'Imperatcvo on
fatto assicurare delle sue lienevole disposizioni e del j.uo [iropoit
di secondare i voti dei caltoliii. Fino dal primo gioroo del mio
ficaio, ho pensalo alla Germania e preu:ai(> ^mpre Iddio di rùUbilil
pace religiosa. Sfìni^tra che le ooadi/ioni vadxDO al preseaie migli
Ho seguilo con aueozione il corso degli aweaiiDeaiì ndla patria ve
« ho fallo per essa lutto quanto er» in mio potere. Ma tutto ooo
farsi io un momenio. il mìglioi-anìenio lento e progr«i<iivo è oelia nat
delle cose umane, specie nella patria vostra, dove non esiste l'ooiUi
fede e dove forza ^ maneggiarsi col protesiaatefamos che, nella soa
senza, k l'avvitrsario del caUolicismo. Il vantaggio dello Sialo ri(
assolularaenle che le parrnc<:faie vengano di nuora occupale, e cbi
manirtLstarsi eoo vigore l'iuHuenza del cattolicismo. Il caiiolico sa|
^, per la solidiiji de'suoì principìi, preservalo dal pericolo di at
narsi al socialismo, e il soddisfacimento dei bisogoi spirituali dei eatiol
riuscirà altresì proflllevole allo StAin. 1 catLotici sanno di aver do*(
da adempiere verso la Cbiesa, verso lo Stato, verso la famiglia imprr
10 amo la Germania, e prego miti i giorni pel suo besessere. fio
piaurio dell'eccel tenie contegno dei cattolici ledescbi, die bio iro*l
nel parlamento una rappresentazione così eccellente, cosi devou,
perseverante; una rappresentanza, cbe ba cosi ben meritato dei vi
caitolicì, e alla quale-si deve in parie se la Chiosa oiiiofle adesso
libertà. Se nuovi cootrasiì avessero a sopraggiognere, esaa, al
nerebbe ad affrontarli con corai;ifto e perseverania. io, per6, noo^
una simile necessita-, noi dobbiamo accettare con riconosceoM ver
i miglioramenti, cbe adesso verranno. A voi spetterà quanto primi
decidere circa un nuovo disegno di legge. I^e circosianzo iraparrai
necessità di certe riserve; ma dì qn&sto io non voglio qui farmi gii
V(H slessi sapete quello, di cbe abbisogna la Chiesa, e non mancate)
consìgli di savi duci. Accettate con soddisfazione e benigtu'ià il di«r|l
di legge, quuuiuuque non accordi tutto ciò, die è aecessario alla Cbie9.<
11 deputato «gnor Monren manìresiò la devozione e r«atQsiasw '
centro per In Ssnin Snde, e pregò il S;tnto Padre d'impartire la
lienedizinne ai componenti il centro, a'.suoi elellorì e alla loro patiil^
uno de' preti, il signor Strumaun. presentò l'obolo di san Pietro/
diocesi di Miinster, invocando anclie [>er que.'ita la benedizione >[
11 Santo Padre, ringraziando, si^niiìcò di bel nuovo la sua come
per i meriti del centro e per la fedeli.\ del popolo cattolico, cbe
steneva nel suo diftìcile arrinb'o; poscia annunziò che i pell<*grini
stali ammessi aJ assistere alla celebrazione della sua santa Messti
cappella Sistina, dove avrebbe toro amministrato il sacramento eiicac
0. Se, stando alla testimonianza stessa dell'angtisio Capo della
la condizione dei cattolici di Prussia si iruverà miglìomta d'i
CONTEMMJftA.XeA
639
nii della niiwa lejg<», rhe h Cimer» dei deputali mn msnclierA certo
approvare, i catiolìcì (l'origine polacca aenioo^i doppiamefiie mioncciait.
esclusi, come si è visto, dai benr^lìzi dulia nuova l«g?e, e di più
Tanno altre leggi ad efwi conirarie. Il ,i,'overr}o chiede un nuovo credho
3.(j7S,lO0 marchi, de'ijuali '.H):ì,6(H1 rapprescnia/io spese annue, per
ilrodiirre a forza rinsegnamenio tedesco Tra le popolazioni d'orìgine
ktacca. Tuliii iiuesia pmpa^sDda forzala del tedesco » scapito del pn-
(cco [MQ riuscirà, secondo le piii rai^ionevnli previsioni, che ad accrescere
aoiiDosiU'^ fra i due eleiiienti della |«polazinne. Fino a qui, il tedesco
rasi diiTuso per la forza delle co»; nelle province polacche, dove og^
llle le persone ulruìte e mia parie della popolazinoe parlano l' idioma
Bnuanico.
A sentire i giornah polacchi, vi sarebbe da credere a una uraode
ttiliià fra polacchi e tedeschi. Nulla, invece di tutto questo. Nelle pro-
Fnce orientati della I^russia, nella slessa UerliiM. le due nazionalità sono
rierocnte mescolate fra loro: eppure, non si ode niammai parlare di
Dimosìiji, di risse, di contese. Lo siessn avviene fuori di Germania. Negli
UMi Uniti. Li città di Chica|j;o è uno dei cenlrl principali dei Tedeschi,
le vi formano più d'un terzo della popolazione. Al tempo stesso, vi si
overano 4J,0fXI i*olacclii raccolti in quattro parrocchie, e che posseggono
IO gran numero di sriiole, d'as-sociazioni ecc. Ebbene.! Polacchi e Te-
QSChi vivono amichevnlmente gli uni accanto agli altri, si associano,
sostengono scambievolmente in molli casi. Vi si pubblicano iiiollre due
tornali polacchi. Fino ad itggi, trovansi stabilite negli Stati Uoili pib
f cento parrocchie, oCTlciate da 91 preti.
1. Già da parecchi mesi., mn si fa che parlare in Baviera e in tutta
liermania degl'imiiacci pecuniali del re Luigi II; impacci cagì^joati
nicamenle dalla mania dì costrusinne dominante in quel sovrano, bgli
gii edificalo una dozzina di ville e di castelli in luoi^hì i più solitari
più alpestri della Baviera, ed è l)en lungi dall' aver finito. Reca stupore
descrizione delle maraviglie e ricchezze, che tpovansi ammassate io
nei [>alagi iucimtati, a iiesituno acces.«^]bilì; giacché il re mena rìtn da
ililario. non ha contatto che con due o tre de'suoi familiari, nrin invila
i alcuno, noti dà nessuna festa. In una parola, egli non si fa mai
re, e t suoi castelli incantati nr>n sono conosciuti che per le relazioni
artisti e degli operai, che vi lavorano. QuelPeriormi costruzioni
liouìscono somme favolose. Or .son già dui? anni, dovette il re cnn-
irre rrn imprestilo di 8 milioni: ma da quel tempo in piì, gl'impacci
Ila hsia civile non hnn fallo chR aumentitre; la c^ssa orm può pagare,
la rolla dei creditori, stanca di asfaltare, ijicomincia a rivolgersi ai
ìfMinali. Si era parlato di contrarre un nuovo ìmpreslìto, ma i com-
onenit la famii^lin reale ricuciano di acconseriiirvi. Adesso si parla
*ua ìmpi'cstiio volalo dal LamlLag, e la cui estinzione si farebbe me-
CftO?(lCA COWTEHKWANEX
Stante riiencioni sulla lisi-i civile. Tiiui però riconoscona essere imi
il conchiudfii'c un accomodamento qualunque, senza una guirenilgia
il riioroo di un simile stato dì cose; ^aremigia, la (]uale nau può
sislere che nella cessazione di costruzioni iitf^nsniR. Ma il re dod
assoggetlarsì n ne^sunu coodizimiR; vunl m.iriLenorsi j>ndro>ac assoluto.
maggioranza cattolica del l^ndtag saprà, giova sperarlo, {X'nelrnrM Af
suo dovere. Souo dieci anni clic, a malgrado di tutte le preiuure
natela maggioranza e con grave rammarico della popolazione listar
Luigi il maalieoe al potere il ministero Lutz, Dstili»ùron ai csttoUci-
maggìorjuza non pu& assumer-e alcuna respouiubìlità pei diNteatU dHIt
lista civile^ cagionali da uu ministero liberalo; essa tioo deve conseotin
a nulla, a meno che il re non rinunzi alle stie costruzioni e a'suoi pre»nli
mim^ari. Si va susurrando che la meotc d;! re non £ più In stato normale,
e che v'f' da aspettarsi, da un momento all'altro, di veder la (fuesboae
risoluta radicalmente. Ma in que-ao aiipunto sta I» ditlìcoUJt: il re Lul|^ D
non si presterà giammai a uii'abdicazioue volontaria.
8. L'arcivescovo i)l Frihurgo, monsignor Orbin, t) mono il 7 d'af
destinando per lestamenlo I» propria fortuna alla rondaziooe d'una
parrocchia nella città sua episcopalf. Anche mmisignor von der Marwiu,!
vescovo di Kulma, ha disposta delle sue sostanze per (ondare in ciwiltj
diocesi una nuova parrocchia.
AVVERTENZA - Xel Quaderno precedente (Se?, 3' salato
maggioj per un caso fortuito ebbe luogo nella Cronaca dette Cv$g.
mane lo spostamento di un ca[tovcrso clic qui rcttiflchiamo. Il ci|
si trova alla pag. 481 dopo la linea 'Mi. Esso comincia: « Parole dU
e termina « del mal tolto? » itisogna trasrerìrlo alla pagina seguente'
dopo la linea '2:i
Nello stesso Quaderna a pag. 507 verso 13, \it dove dice: « Tu
sono le ceraioni.^ » si corregga: « varie sono ecc. »
CHh: k, QUEL Ci IR FA, «JCLL CHE VUOLE
DrALOGHl PaPQLARl
la Edizione. In 32 di pafig. 72. Prato, tip. GìAcUtU, FÌìjIio e C.
al jjr,-:;o Ut Cent. 15^ <ill' Uf^^a eentraìf (MV AmmÌHìK''-i'-n"r 4c!la
t^tlaWca e presso tutti i yurmti àeUa medesima.
iir operetta sulla Uas'^oaeha può dirsi un'opera voliimiaoitA ridotta
I 1 popolari pagiae. Pi-uora dL'traaiTersnlu furnra nnde è stata iiccolta
blìcu. è lo apactiiu cUu ai é Tatto dulia prima edixiaae ili cir<:ft 30 mila
pochi mesi. È gi» iiront» la seconda edir-iono por soddisfare alle caa-
lieitte che se uè fanno.
fl&GGIO NELL'INDIA E NELLà GINA
FLORA, FAUNA, COSTUMI E AVVENTURE
ooa lllnatrftzlonl
piT FRANCESCO SUCKIO U\m\ il.Gd. G.
j. Gi(ìch':lii, Figiio e C. 18SÌ. Dm votunfi in 16, ài pagine ««-
he 1040. Prezzo L. 4, 50.
Jlbite in R'inta pri^^^o il niftitfir Birhni. Vìa CHn n. 8. e presso li signor Otiin-
lOioraiini, VUna rv^ossujiivulli Bri; in Firci», ncH'UIIkiocenlialedulIi CiciUd
« guivt K iiilrovj pJcrSt^ i Ocfinti d<;il-> tni'dit'iiinii.
il b rivisti die nu bcemmo nA cinailurn» 826 ii p«g. 416 e segg.
>E MATTEIS P. Pasquale d. C. d. G.
|mì Domeniche in onoro di san Luigi Gonzaga. Pratìcbo di
Btà per una imvima all' istusso scopo. Atti por la confessioni' o
Eomaoione. Un boi Tuliimotto in 32, di pagg. UO. L. — 15
lisideraziozii per una noruna in apparecchio divoto alla fiìstu
bell'angelico giovane san Lnigi Gonxaga. Un voi. in 16. » — 35
rena in proparazioDe alla festa dei santi Angeli Custodi. Un
volumetto in IG, di pagg. 126. » — 40
N. li. Uufì.ste novene come quelle in onore di saori^onitio e di san Krao-
^ Saverio che si>tirìamr) puMiIìcare fra breve sono lulle dcll'istesso formato
potere assiema legarsi in unico volume.
P. LUIGI PREVITI d. C. d. G.
t
Bla decadenza del pensiero italiano
Un volume in tf Ut pagine XXXII-IUK Tre^/.» L. 4.
Saseodo esaariU la primi edizione di queatu tni;>ortaiiti99ima opera, so
krata nna secoada. e m trova ven/liblle presso l'IIfQcio disila CiciUà Cattolica,
ronze, Via do'Coail, N.3. Se ne vedn la Rivinta che a» riicemmo nel (]iiA-
> «SS a pttp. 71 fi ù aegg.
DEL DIVORZIO, SUE ORIGINI E SUOI EFFETTI
l'n elegante opuscolo in 33. Prezzo Ceni. 80.
all'Ufftciacmtralt Ueila Qt. Cali, t pretto i prtn fi fati Oemili drlla tu fai f ma
K
ROMANZI roiCl del P.Liiiti Previti (L C. l G.
f. tiua collezione di Ameni e ìm()orUnti rnccotiti, urrWt- ' |
/sta queliti p«riziH 0Ì cui l'illustro Autore a dntu prora ni l-, ■:-. :ni
(fnn'^ra Ji Invorì s cba s'Hadmono n maaa a tnnDO pabblicaodo por \t ii
É gii tlfuito alla luco il l" vuluum ìu S di pn^fioe &I0 U qxitto COOtkn
Parte I. Carnenci e Vittime.
Parte II. La Congiura di Babington
Prexzo I«. S.XO. Diri^^r^i allWniminidtrazioDB ceotrale delU CieUià Col
PircDze. Via di*' Comi. ^.
SANGTi AMBROSI! MBDIOLANENSIS
BCteLOI'l, EOJ^ilAE Pittila \f. nuirioHis
OPEOKA OUNIA AI> Mi*:rJliJr..ÌXKNSKS COHKKS PRESSIl-«
('iirAfii>
PAULO ANGELO BALLERINI
«ETOCirOLITANAK KCCLESIAC fUNOMOl OriHI^AKIO,
fATfllAltaiA AMiKA^nRlVORtlM LATIM tllTUS, IHìCTX'i ITIDCW klAtH
PRABSKIlTIM EX AnBaOSIA.HA RlRt.l'ITHItCA C<ì.tI)t(M-AXnRtr5,
ALOISIO NiZAIU E COMITIBIS
k CiHabiaiu in Meiropnlitira &pi\t Ambnuiii Soccenori tllcabL
MediAlaDi, E typcnr. S. Jotfphi^ Via Sancii CcUog'^'^i^ }f. 9» ti
Sri fo/www in folio.
Si voila TBODuimo aeila Bibliografia àoì presente quaderno a
VITA DI S. IGNAZIO DI LOIOLA
FONDATORE DBI.U CO»r.\DNlA DI IJBSt;
P« fi/ci/autc rohimeito in .73 dì pagine 764. Prezzo CeoleMi
Vfdine J'afiiiiKizio l>iljliopraflijo a puf,' ^'7 fjijl prpjtcnt* qij»d*rtO,
Oleografia di S. Igwkxìo dì IiOloli%
PU.NUATOftE DELLA COHI'ACNU 11 CE$t
Con sommo piacere imnuuzianio questa ìmaftiaA da tanto r-
ratn- ArtisticBiniralr connidarnta è bcllisei<rt>i r Ai Dimr'- -ni ■■(■Iflir
di Modena doiida proviene II prtizxo 6
oleografia ha una luoe di ^ì ceotUnntrì >. . ' i
nef utUn Unlia LA.- Dirigersi all*A'nuiiiui)trazioae centrale deità <H
VJB d»'' Conti, 3j Fitoiiztì.
Arvtso 9mporiaHÌe
iu questo stossu quadeiuo pubbltcbiotuo il uiiovo r-'-l-
lihri clie si trovano vendìbili (ire^so l'AintninÌKtraKione .
(JatitfUca. Rii'biiiraianin soprfi di o-^i» l.i parlicolurc utti-uvium
nnstrì Ictluri, i qnnli prr}rliii»nio iiItr-*Bl v\\f\ In fiici?Ìf\iio con*
ad altri.
Pì*li>. Tiv- (J' I bi-ìij, Plello ■ e
Pin MOP.ON). ^CT^nw nnpMi
tjl
VILTÀ CATTOLICA
Btatut popujui euiut Bominm Jkut «ima.
i'sàui. auii, 1&.
ANNO TIIIGESIMOSETTIMO
SERIE XIH. — VOL. II. — QUADERNO 864
INDICE DI OCESTO QUADERNO
AoTonrrX recu e rAncAHEKTARisHo Vag. 641
DkL OmtTTfl DELLA CniESA VERSO GLI StaTI ACATTOUCI » C53
■ Dell' EtutAiCA pEn^eonioNE co.Trno il cnisTiANCsmn » 6fi8
- Il trsor», la niiìLioTecA e l'archivio dei papi nel secolo xiv. » f)79
■ I Derelitti * 69B
XXV. ^taligniià sataaica » ivi
XXVI. L'ionooftDM calunniala » 701
XXVH. U caccia delle Palorahellee le vitiime del irailiroenio. * 7011
• Rivista della stampa iTALtAifA » 714
I. Notizia de' lavori di egittologia e lingue scmiticlie, pubblìciU
io Italia in quegli ultimi deceonii » ivi
II. Hatomierte pralique. Rituel du 'SA* et deraier degré de la
Fraoc-Mai.:()nnerie, rìte rcassais aocien et accepté; par It
Trós Fuissaiit SouveraiD Grand Commandeur d'un ^ su-
préioes conseits confédérés ù Lausanne eo 1875. ndition
sacr^e s'adressaot exclusiveiuent aux Fraacs-UaciHi.s n^gu-
liers: orn<io d'unti rtaoche mystèrieuse, avec cxpiication, et
d'une c'illertion de {>f)rtraìLs macouniques: suivie de l'Ency-
clique Humunus tjenuì; puMi^ par un Profane .... » 733
SciESZE maturali — I rimedii coiìtro la peronoaitora — I. Sintomi
del male — 3. Rimedii in polvere; Io taUo acido: la polvere
Podechard; la miscela di zolfo, calce e cenere — 3. Kimeilii
liquidi : latte dì calce; modo d'usarlo; .sua efficacia; incon-
venirti; solfato di rame sciolto o nell'acqua o nel latte di
calce; stioi elTetti; e vantaggi > 7?6
CnoWACA COHTEHPOnANBA ...» 735
I. Cose HOMAne > ivi
II. Cose n-ALiANE * > 743
III. Cose straniere — La Grecia » 748
IV. IngUilierra (Nostra corrispondenMa) » 752
FIRENZE
rutsao LUIGI U\NUELLt. uuuo <N
■Vl« ami fr^'Oanm-iln, IO.
rMW B. Utilà li Camt»
19 giugno 1886
V
LIBIRi VENDIBILI
ALL'AMMIXISnUZlOIVE DELLA CIVILTÀ CATTOLi
FIRENZE — 3. Via de' Conti — FIRENZE
uè prò
I
»•
Branen^o Olnieppe fd. C. <i. G.). I primi Papi B« e raltimo dei Re L
liirdl. Rotoa. coi tipi della Civiltà CattoUctt. Vn voi. in ft. L,
— Le origini della Sovrmnità temporale dei Papi. Rotaa. coi tipi d«lla (^
Cattolica. Un voi. in 8, iRimangonn po^hc inopie). >
— L'impero di Babiloui» e di Niiiivu. duliu uri^'iai dao alla cooqalvta di
duerilta sticondo ì monumenti coneifontii comparati con la Bibbia.
volami in 8, di pagg>. SOO-530. Prato, tip. Giacliotli. )i^\ a
— La cronologia Biblico-Asxìra. Appendice air/nipero di' Babilonia ed
olegsntfi voi. in 8. di papff. 90. >
X^noo P. OIo. Oluitpps (d. C. d. 0.). I Crociati di S. Protro. Storia ■
storicht* dalla gut^rra di Homa l'anno 18ff7. Seconda ediz. Tre ^tf>iA
lutili con ricco indico di pagg- complessive 1^0. »
N. B. Vi sono alcune copie d'una carta corografica delle cinque prò
Pontificie utilissin^a, 9t> non nece.i3aria, alia piena intrllig«nXM '<''^'
guerra io quelle accaduti. Si la.'ìciaQo al prezzo di lire S ciasc
— Simon Pietro e Simon Mago. L'^g^jenda. Kduionc notHbili''"ri''' «
e con Note e Indice storici. Roma, tip. della Civiltà <
voi, in 10, di pugg-. fUU. Uescrive i costumi crisliani ai
stoli.
— Gli spinti delle tenebre. Racconto storico, delle pratiche doirojìerat'
ritiamo. Seconda edizione accresciuta. Prato, ttp. Giacbetti, I8SÌ. IM
lumi in Hi, di eirca 700 pagine compleasive. t
K«tt«l (Se) P. Pasquale (d. C- d. Q.). P«r le sci Doaicniche io ai
S. Luigi (ìuuzaga. Novena. Atti per la confus^iuue a coinuniooe. >
— Novena in apparecchio alla festa di S- Luigi Gouiaga. Un olegaota i
in Iti di pagg. 90. >
— Novena in apparecchio divoto alla festa dei SS. Angeli Custodi, i
— Novena io apparecchio alla fetita di S. Ignazio di Loiola. *
Gli esercizi! pi-'nove giorni sono cosi distribuiti che poBSono ugnai
servire per tutto luglio, che è il mese da uiolii consacrato alle glof
santo Patriarca e fondatore della Compagnia di Gcaà
N. B. Queate dovvop come quelle in ouorv di san Francesco Sarwl
S Stanislao Kostka, che speriamo pubblicare fra breve, «ono tutte d*l
deaimo sesto, acciocché possano essere insieme legate in unico voli
PreTttl P. laolgl Del Divorzia, sue origini e auoi eoetti, Uq eìcgaate
scolo in Sif. k
— Della Decadenza del pensiero italtBDO. Seconda edi2Ì0DC. Da volarne c|i
in 8, dt pagg. XX\I[*óO. ■
— Rumanti sloricL Voi. 1'* Carnefici e Vittime. La congiura di Babingti
grosso voi. di pagg. i>40 circa.
Séginr C^e). I Frammassoni che sono, che fauno, che voelionn, per
gnor De Ségur. Agi^ìuutuvi le note ed il eomiuento della Framm.
italiana coi documenti. Un voi. in 'Ai. di pngg- 4l'i.
Vita di S. Ignnzio di Loiola fondatore della Compagnia di Oomù. Un
tissimn voluTiit^tto io ^'i, di pagg. 164.
OleogrrattB di S. Ig'nazio ili LoIoIa
FONDATORE DELLA CQUPACNIA DI CE5Ù
CoD Bommo piacere annuniiamo questa imagìne da tanto tempo d
rata. Artisticamente considerata è bellmi^iina e fa onore al celubrv stabili
dt Modena donde proviene. Il prezzo è modicieaimo, se ai roniiditra
oleografia ha una luce di r>d centimt-tri di altezxa su 3tf. — Franca di
per tutta Italia I*. 3. — Dirigersi al l'Ani minia trazione centrale delli '
Caltoiica, Vìa de'Conti, 3, Fuenie.
Iftì
iDTORITÀ REGIA E PARLAMENTARISMO
n tempo, cho rlù consiglio, o la esperien^ta, ebe insegna multo
ise, incominciano, nel campo eziandio del liberalismo italiano, a
.mppare dalle bocche un grido di salute, che prima si sarebbe
sito grido dì reazioni'. Come altrove, così fra noi si ode spesso
(clamare: — La rivoluzione ci ammax^ta! Corriamo incontro
,r abisso! Malo a noi, so non si muta versu! E poiché si sente
si Tedd che tiitti^ va a catafascio, por riiancan;;a di qnell'au-
frìtà che è naturale fulcro dell'ordine, perciò se ne inroca
aiuto ed ansiosamente le si ripete il Salva nos, fKrifnHs! dei
^fr&ganti nel Genczarot.
Rì\ guaio è che, dove nel mare di Genezaret il Salva ttos!
plorato dal Dìo onnipotente, nel cjimpo invoce dol libera-
Bino s' implora dall'uomo iinpotetito. Si dcsidererf^bbe si rimessa
I trono l'antoritii, iLlmono {guanto bastasse a tenere insieme la
impagino della società, ma a patto che qiiest' autorità si cod-
NTvasse un principio astratto, un no7tien sine re; o, per meglio
ire, si vorrebbe dalla sola apparenza deir autorità quel bone,
le non può derivarsi so non dalla sua sostanza.
Del ohe non sembmno accorgerai qaoi molti, i quali, sgomen-
^ dal progredire del radicalismo, ne indicano qiial freno il
msolidamento dell'autorità regia nella monarchia parlamentare:
lasi che il parlamtntavismo, restando pure quel che è in sé
.esso, fosse capace di conferire a un Re quello cbe esso, per
ibxra ana, non può conFerire; o il He, durando ad essere quel
le dev'assere in nn Governo parlamentare, fosse capace di
rero quello che, per natura sua, non può avere: cioè appunto
autorità. Onde muovono nel tempo medesimo a riso ed a com-
^sione tutti que' nostri dottrinarii, i quali cercano il rimedio
Hb XUI. voi. II. ftt»<^. S64 41 8 Qittsno 18»*
^ .
642 AUTOIIITÀ BECIA
alle degenerazioni, agli abusi, ai tralìgnaineoti del sistema par-
lamentare, nel rialzamento del cosi da toro detto franciosa meate
prestiyw della Corona.
« Oggi, scriTea la fiorentina Nazione del 10 maggio 1880, com-
mentando no artìcolo del professor Palma, uscito nella HansegM
di scienze sociali e poUticJie, oggi il Senato non esercita pia
in realtà quel potere che, come corpo politico, gli spetterelibe, e
al Ht) la democi'azia invadente tende a non lasciar libero e pieno
l'esercizio dello sue prerogative. Ecco il male clie corrompe il
Governo parlamentare e che, se non si elimina a tempo, lo cor-
romperà sempre più Uno alla rorìna. Un solo organo nella viti
dello Stato ò attivo od usurpa T attività, che dovrebbe esasn
Tiserbutii agli altri. La Camera dei deputati è arbitra della le-
gislazione, il Senato non fa che registrare le sue deltberaKÌoni,iI
Ke le promulga e le pubblica come legge della nazione. £■
Camera dei deputati è arbitra del Governo e deiramministn-
zione ; i ministri sono servitori delia maggioranza, i prefetti dai
deputati singoli, o persino la giustizia non ò più del tatto iodi*
pendente e libera. »
£ già, poco prima, la romana Rassegna di Simm&oo, rispon-
dendo al mHnifev<ft(> per lo elezioni, pubblicato in Bologna (UI
Fascio della Democrazia, che domandava « la reìntegrasìdiM
della sovranità nazionale », non cri stata in dubbio d'asserì»
che nell'Italia, ^ual'è ora, la « sola differenza » che passerebl)t
tra la fonna repubblicana e la monarchica sarebbe questa: < io-
vece di un Re, un presidente. > Poi soggiungeva: « Quest'
dunque è il privilegio della uionarcbia, di lasciare il Capo
Stalo fuori del contagio » dello corruzioni elettorali '. Trana»
questo, il Re è comparabile al presidente di una repubblica.
Il professor Palma, inorridito di questo democratico assorbì
mento dì tutti ì poteri nell' unico corpo della Camera etettin,'
sciamava: « II Re non vogliamo ricercare che cosa possa diTenii»
davanti alle pretese del Demos ^ » Ma non è bisogno di ricer
cario: s'intende da sé.
' Nuin. (lei *■ ajrik («Sfi.
Amm
E PlRUME.trARISMO
ti43
Da ana parte aduuqae bì vorrebbe sollerard quoir autorità
^gia, che si conosce necessario fondamento dell'ordine inonar-
bhico: ma dall'altra non ai vorrebbe nulla togliere all' essenza
Sei parlamentarismo, che si giudica forma di Governo non meno
Necessaria alla praseute civiltà. Or corno risolvere l'arduo pro-
ìilema?
forinola con cui si esprime la condi^iioDe del He nel sistema
irlamentare, è la celebre, che egli regna e nùt\ governa. Questa
Formuk si ha per sacra, e dal comune consenso dei moderni pub-
blicisti ella viene accettati e canonizzata. Vi ò por altro chi,
fornito di mollo naturale criterio, la sostiene assurda e contrad-
Bittoria, si nell' esprussiono sua letterale, come nel suo concetto
nurìdiro, non parendo ammettersi nessuna reale differenza lo-
pca, tra il regnare ed il governare. Ma posta per ora da banda
U qaestione di tale assurdità, guardiamo al senso effettivo che
le si d^ e secondo il quale praticamente si applica.
Principio sommo e fondamentale del parlamentarismo è, che
fton vi ha sovranitji fuorché nel popolo, dal quale essa emana
iel Re, che come suo delegati) regna, ma ìnmoìabile ed irre-
iponsabilet che è quanto dire, mma. attuale esercizio di sovranità;
noè senza governare, essendo riserbato il QoTerno al popolo,
mediante i suoi rappresentanti, innanzi a cui è responsabile il
potere esecutivo, residente noi ministri. In questa inviolabilità
(et Re, che suppone la non imputabilità degli atti governativi,
tonsiste la dift'erenza specifica della monarchia parlamentare dalle
iltre. Di modo che al Re, in questa foggia di monarchia, è pro-
prio essenziale il non &vc.r parte alcuna, a lui giurìdicamente
Imputabile, nel Governo della cosa pubblica.
I II già ministro Pisanelli, quando nel Parlamento italiano si
liscuteva la famosa le^e detta delle Uuarcatige Pontifìcie, cosi,
^mgitam auciorifatem habens, ragionò di questa materia, fn.
^ossequioso ed ammirativo siltinzio dei deputati. <i I/inviolabi-
del Principe ò una consoguen:;ìa logica della sua irrespon-
Gii AUTORITÀ RECIA
sabilìtÀ, nou aolo giurìdica, uia aneli» morale. Paò accadore cb«|
il Re ponga la stia firma ad uà atto, che personalmente qm
apprord, poiché egli nou può ritirarsi. Un giorno in cui un atta!
dui Governo venisse fuori seu7.a la firma del B«, o scnn lu
Arma di nn ministro, sarebbe mutata la forma di Govenw: sr]
avrebbe il Governo assoluto o la Repubblica. Non c'è nel B«|
responstibitità morale; iLuindi giuridicamente è inviolabile '.
ìmreilibilia, sed pera/ GÌ' interpreti del diritto mouarchiittj
ora vigente, ed i pili devoti serri delia monarchia, coloro clw
oostitui3C>^no il palladio della Corona e della dinastia, e che vm
ne hanno legalmente guarentita la irresponsabilUà^ colla lora
propria responsaòiiHà di ministri, spiegando la formola del Be
co.-itituzionalo che regna e non governa, escludono da lui peraÌM
la inorale personal iià^ in quanto ò Re; che ò dire lo pareggia»
ad UD pupillo prima doU'uso di ragione, e uè fanno nn nuf/aj
morale. Noi ignoriamo che, fuori del Parlamuuto italiano, ii&
stata mai proferita un'arditezzasiiuile, neppure in un TarlamoiiU)
denmgogico, intorno al capo elettivo di una KepubbLica. Ala, ilaU
questa dottrina, assai ben comprendiamo che la Jiasseyna di
Simmaco abbia potuto asserire, che tra il Re parlameutar« Ìil|
Italia od il presidente di una Repubblica, corra il solo dii
che quello non ò soggetto ad elezione, come questo; e
aggiungere, Tuno ha una lista civile più lauta, ed onori pilL|
sfolgoranti dell'altro.
Sappiamo che non tutti i liberali italiani, massimamente pa-
recchi della vecchia scuola piemontese, hanno per legitUc
queste iuterp reta/ ioni del diritto statutario; e negano che il
patto foudameutalo di Cado Alberto abbia per so costituita
munarcliia, democratica fino al segno a cui si ò ridotta Todìer
italiana, dopo la onifìcazione de'suoi Stati. Si lagnano ansi
te Stjitut) siasi illegalmente trasformato, oltreché nt^gli arU<
spettanti alla religione dello Stato, alla milìzia comunale ed ali
bandiera, nel 4^ che riguarda appunto la inviólabilUà del
a cui si é aggiunta la irresponsabilità, di cui non Ò mollo ne
' Saccolta usciate dti dÌ»eorti ecc. pìf. C7.
I PAnLAHEKTAfttSMC»
Statuto. Con tale aggianti, dicon essi, tutto anello che lo Statuto
concede al Re, negli articoli 5", 6 ■; S'"', 9" ed altri, è passato di
pien diritto nel ministero, il quale, appoggiandosi all'articolo G7"*,
come responsabiley se lo è arrogato. Così pure all'articolo 65":
// Re nomina e revoca t minisfri, hanno aggiunto l'obbligo
di sceglierli fra la maggioranzii [lar lamentare, obbligo non pre-
scritto dallo Statuto, ed hauno ridotto il Governo a Governo di
partito pel partito^ non di popolo, pel popolo '.
Ma checché sia ùeì diritto monarchico statutario o delle de-
mocratiche usurpazioni da esso in Ituliii patite, il fatto è questo,
che il Re viene considerato inviolabile nel suo regno^ unicamente
perchè, in quanto Re, uiun atto può porro che nwraljtietttc im-
putabile gli sia. Quindi siasi o no operata Ie°:almeute la rivo*
lu7.iono, dal semplice citstitLi/.iiinalismo ut parlauLontarìsmo, il
caso è che ora il parlamentarismo ò uno di quei faili cwiipititit
che la massa dei nostri liberali, anco di quelli che pur bra-
merebbero di rial^re il prestigio della Corona, non intende
disfare. < Il reggimento costituzionale, scriveva poco fa la mo*
derata Opinione^ cioè un gabinetto non responsabile verso il
Parlamento, suppone una Repubblica, come quolla iLo^li Stati
TTniti, 0 una monarchia militare e storica, come la prussiana '. >
Or nò l'una nì) l'altra paò convenire all'Italia democra ti issata,
ed in possesso, come soggiunge la monarchica inazione di Firenjse,
di un Governo « schiettamente democratico^. » La teoria del
principe dì Bismark, che il Governo parlamentare cessa dì esser
monarchico, quando il Re puft essere costretto dal Parlamento
a licenziare i suoi ministri, o quando il suo veto nulla vale contro
il Parlamento; sariì stata forse la teoria di Carlo Alberto, dicono
ì nostri monarchici libenili; ma ora è teoria invecchiata, non
conciliabile col progresso doUa civiltà.
Conseguentemente rimane certissimo che in pratica il Ile non
ha punto da govtrnare, ma deve puramente regnare nelle serena
regioni della sua inviolabilità.
* X« moìtarchia tlemocratìca proposta da un italiano. Torino 1884-
' Nudi- Jei 29 aprile m^O.
» Num. del 13 maggio I88&.
646
AVTOIUTJL «FGTA
UL
Abbiamo detto più bnaTizi che, secondo altri di buon ^indtxìo,
questa sorta di razìociitiio include una contrae Idiziono nei termini,
0 stabilisco nientemeno che la base delle ìstituTEÌoni sopra an as-
surdo. Benché la cosa salti agli oc«ht e non abbisogni di Urg&
dimostrazione, ci piace di riprodurre qui quella s\ palpabile che,
trentaquattr'annì or sono, pubblicò nelle pagine del nostro pe*
riodico r illustre P. Luigi Tapnrolli d'Àseglto, e si legge ancora
nella stupenda sua opera (kgìi Ordlul rappir^.niativi (toI. II,
pagg. 1.)4-155) che speriamo di ristampar quanto prima.
Accennato come l' oseciizìone della legge, oyvero il Governo,
sia un atto pel quale il governante trasfonde, col fermo suo
volere, il movimento nei sudditi, mediante la forza morale, e
come chi cosi muove dev'essere immobile; ed invocato l'assioma
archimedeo, sema fulcro non si dà leva^ des ithi consisfam,
e chiesto dove, nella teorica dei nostri oostitnziouali mooarchici,
ei trovi pili il punto immobile, ossìa una immobile aut^irità, in*
troduce questo breve dialoghetto fra il popolo ed i costituzionali.
< C. — Volete un' autorità zm7«o6(7c? Avete ragione; ed eccola:
Il Se sarà inviolabile.
P. — Come inviohbile ! Volete dunque rioondurci air«w»-
lutismo ?
C. — Il ciel ne guardi! Invinlabile, non può comandar nnUa.
P. — Ha in tal caso, come lo chiamate Autorità? Non st
chiama forse autorità il diritto di comandare?
C — SI certamente; e il Uè di fatto lia questo diritto: noA
non può usarlo se non ne' suoi ministri.
P. — Esc i ministri non vogliono fare a modo suo?
C — Il Ke li può dimettere o prenderne altri.
P. — Sì! eh? E se la Camera non li accetta, e vuole a tutti
i conti gli antichi ?
C. — AUora il Ke dovrà adattarsi.
P. — Ma questo vuol dire adunque che il Uè noa ha il diritto
di comandare, giacché non è dìritu quello che, senza fallire alla
probità, si può violare.
E VXRLkìtZttrkHKHÓ
047
O. — Ed appunto per ijiiesto noi diciamo che il Re regna e
non governa. Se governasse, ne seguirebbe uno dei due sconci:
o voi io dite e lo tenete davvero inviolabile, e allora diverrà
Re assoluto e potrà manometter lo Stato: o Toleto assicurarvi
cbe non manometta Io SUito, e allora convorrà renderlo respon-
sabile e punibile dal popolo. Pur evitare i due inconvenienti,
ecco il trovato della sapienza moderni!: regni e non governi.*
Poteva l'antitesi, nei vocaboli <j nei concetti, retidersì pift di
■cosi evidente? E per cotisogiiunxa sopra che si confidano i nostri
monarchici parlamentari di assodare in Italia l'autorità regia,
per rialzarla, risoluti comò sono di non toccar punto la base del
parlamentarismo, vale a dire di nulla aggiungere a quel nulla
di autorità vera, cbe legalmente al R^ viene lasciata?
Àlcnnif e forse i più, ripongono quello che con barbara voce
chiamano presfìgin della Corona, nell'cnore e rispetto che arae-
rebburo si usasse vi emaggior mente alla dignità reale; e si danno
a credere che il modo di aumentare questo rispetto e d'invi-
scerarlo nel popolo sia di circondare, quasi con un muro di
cristallo, la inviolabilità regia-, si che tanto sìa la maestà del Re
più riverita, quanto la irre^fonsabilUà sua politicai più pulcse.
Ma, oltreché il mozxo di crescore decoro ad una sovranità, non
»irà mai quollo di mostrarla spoglia in tutto d'ogni potere ad
essa inerente, come il mezzo di aggiunger credito ad un ban-
chiere non sarà mai quello di mostrarlo senxa quattrini; non
vediamo poi a che cosa questo espediente, in tempi di tanto
afroDamonto demagogico corno sono i nostri, possa infine giovare.
Ad assicurarne per sorte la irre.fponsahHiià ed a guarentirgli
cosi durevolmente il possesso del trono? Parliamo fuori d'am-
bagi. Che la irrespon'iahilità d^gli atti del Governo tragga seco
ia idea anche la inviolabilità, è certo. Ma pur troppo non è
certo che la tragga seco eiiiandio in effetto. La storia contem-
poranea ne dà la prova in cjntrario. I Re che. nel corso del-
rultimoseoolo.in Kuropa hanno perduto il trouo.bijuchò inviolabili
e forse perchè iuviolabilì, sono parecchi: e quando l'interesse
648 AinxiRirÀ rggu
della di^mocrasia lo dimauda^ e il potere occalUi delle sètte lo
oomanda, si sa per qiial via si faccia cadere la responsabilità
dol Governo sopra chi costì tuzional meato nos dee averla. Yer-
bigra^iìa, per non uscir dall' Italia, gli anni 1S4$49, la demo-
crazia mazzÌDÌana la fec« cadere in Koma sopra V inpiolatìlt
Pio IX, ed in Firenze sopra V inviolabile Leopoldo 11, che am-
bedue dovettero esulare: e l'avrebbe prima fatte cadere iti Napoli
anche sopra l' inviolabile Ferdinando II, se i canoooi e le baionette
non si fossero prosa la responsabilità di difendere la Corona. Si
soggiungerà che, dopo fatta T unità d' Italia, questo caso none
occorso. Ma noi replicheremo, che quello che non è occorso in
un quarto di secolo, può occorrere quando meno si petisa: e non
ò occorso ancora, perchè l' interesse della democrazia richitìdera
che non si facesse nascere il bisogno di sindacare nelle pi&sze
V irresponsabilità regia. Noi fncciain voti che mai non nasca,
se sarà possibile; ma i più dei monarchici parlamentari dabitaoo
forte che non debba nascere: perocché tutti sanno che, quando
venisse l'ora di farlo nascere, la responsabilità finirebbe al
ricadere sopra chi mai non la dovrebbe avere; e nondimeno
BpeMO ne porta i pesi, i danni ed ì dolori. L'esempio di Luigi XVI,
di Carlo X, di Luigi-Filippo, d'Isabella Ile di Napoleone III
non è sparito dalla memoria degli uuiuìni.
V.
Altri, con Prospero Padoa, non sanno acconciarsi alla formoU
del Ke parlamentare, che regna e non governa, la quale, come
nel 1848 si affennard dai radichili todeschi nel Congrosso di
Francoforte, farebbe a dirittura della monarchia rappresentativi
14» cappello sema festa, o conforme dice il Padoa stesso, no
Ke travicello che aon può durare '. Quindi, all' intento di rimet-
tere in alto il decoro della Corona, l'Autore medesimo propone
che a quella furmola si sostituisca la seguente : < Il He non
amministra, ma concorre con gli altri poteri costituiti al Groverno
dello Stato. »
^ Il Be nel Governo rappraetUAlivo. Bol^^iui, IHKti
E PAULA)) ErrTARnito €49
E così sia. Intanto poro si chiede al signor Prospero Padoa,
IB spieghi bene in qual maniera U Re concorra,
< Vi concorre, ripiglia easo, colla rettitudine dei suoi intenti,
colla intelligenza^ coII'e.s[}erìenz;L, col genio, se ne ha, esponentlOy
■non imponendo, nei consigli della Corona, il sno modo di giu-
dicare lo stato delle qnestioni, gli avvenimenti inopinati. In
questa formula è delineata preciftanumte la parte del Be nel
Governo del paese, la qoale nulla toglie alla parte spettante
ai consiglieri della Corona, che ò quella dell' aztone e della
malleveria. Il Ke vedrà trionfare io proprie opinioni, a cnn-
dixione che il ministero responsabile le faccia sue, nò in altra
guisa -potrà volere ciò che vorreblre. Tale ò la struttura del
GoTemo monarchico parlamentare, da ofMitfare a mutue con-
cessioni, a frequenti transazioni. Al Re dunque il discutere e
V esprimere il parere suo, suH'imdainento generale delle cose e
sn tutte le controversie più spinose ed oscure; al ministero
mallevadore l' azione indìpettdenie. »
Con buona pace del signor Prospero Padoa, la sua formola,
ee non è zuppa, come l'altra, è pan bagnato. Sommata ogni
cosa, a che riduce egli il concorso del Re nel Governo? Airuffixio
di eotutultore, che espone, non impone, che ha libertà di esprimere
opinioni, le quali valgono solo nel caso che il ministero le
faccia sue; ma non può fare quel che vorrebbe, perchti V azione
indipemlente. ossia la facoltil di fava il proprio volere, non è in
lui, ma nel ministero malluvadoru. II che, senza tanti giri e
rigiri di frasi, torna un dire che, nel parlamentarismo, il Re non
goTema né può governare, giacché, il ms refendi è d'altri,
non è suo. Egli ai ministri può raccomandarsi, ma non pud
comandare.
e Ad ogni modo, ripiglia il Padoa, L'accettare che il Re abbia
ufficialmenfe voce nel Governo dello Stato, rileva la sua persona,'
ed ò vantaggio da aversi in pregio. »
Dio immortale! fino a che punto sono w!ati questi curiosi
monarchici liberali! fino al punto di tenere per un vantaggio,
per un onore del trono, che il Re conservi tuttavia ufficialmente
la voce di mero consultore nel Governo dello Stato ! K pensare
650
AtrTonrrl hbcia
che scriroQo e stampano queste miserto, per affezionare U cre-
scente gioventù alla ntouarchìa!
Non vi basta la prerogativa di libero consulente^ che noi
rioonospiamo pKr/wtiz/oHc governatiTa nel Re? Ebbene: eoooTew
nn'altra vera e importante^ che ninno pno disconoscergli e eoo*
tenteriV i più schifiltosi. Sentiamola. < Il R«, quale Capo supremo
dello Stato e superiore ai partiti, dev'essere il grande sone-
gliatore degli stessi partiti e di tutti gli affari dello Stato.
Colla SQH benefica influenza, sarà istrumento attissimo a oompom
con costanza ed energia dissfìUBÌ, che, non ammori^ati e spenti a
tempo, susci toreb boro ìnqnietndini al paese. LI grande aoiTeglia-
tore, con attenta e sagace osservaxìone, saprà i^coprire e apprex-
zare e dare animo agli elementi buoni e sgominare i cattivi,
saprà farsi guida a tutti con la TÌrtù dell' esempio. 1/ esempio
che viene dall'alto, ò raggio di sole che illumina e riscalda. >
Egregio signor Prospero, tutte queste son coso belle, ma earfr*
rem. Il sorvegliare^ come voi dite franciosamente, ossia l'ini'V
ffilare, come si dice in lingua italiana, il comporre diasidii, il
dare animo ai buoni, Io sgominare i cattivi e l' edificare altmi
coir esempio, sono uffizi» lodevolissimi, qnal dubbio c'è? Ma noo
costituiscano davvero una prerogativa regia, segnatamente quando
l'esercitarla sia sotto la dipendenza di altri, che bàn diritto di
concederno o negarne o regolarne l'esercizio.
Plt lo che, a dispetto dei trovati dell' ingegno, di tutti gli
eufemismi del mondo, di tutte le possibili tapinòsi, resta ferma
la ingenua conclusione del Padoa: < Non v'ha che dire: nel
regimo parlamentare, il Re irresponsabile 6 tenuto negli atti
governativi & piegare alla volfintà del ministero respoìisabiie. »
Ditnqiio, c^piicEudlamo noi alla nostra volta, egli ò tenuto a non
governare^ cioò ad essere un morale tìiotore, che non ha nessuna
forza morale di muovere; e ci confuti chi pu6.
Yl.
Non può n(^arsi che la tesi dei nostri liberali, gridanti il
Salva tiosf all'autorità, sia vera e buona: l'errore ed il mal»
stanno invece nell' ipotesi, che autorità salvifica sia quella che si
figurano, e vogliono mantenere esautorata qual è, ad ogni patto.
B PARLAMENTARISUO
67) I
II parlamoDtarìsiiio, pìaotato sopra l'assurdo della sovranità
nttzioiialo, non può ÌDvouiru altra autorità suprema, cho dou veaga
dalla forza. La morale non risiedo nel popolo, se non per ischernOf
noQ risiede oei corpi legislativi, se non per fìnzione, non risiede
nei ministri, se non por convenzione, non risiodo nulla Corona,
se non per cerimonia. Ov'è essa dunque? Di fatto però viene
«eercitiita da quei ministri che hanno tutta la forza in mano; e
n^usano con pittna Hbertii ed a talento; giacchia san molto bene che
la loro è una respousahUità, la quale non risponde mai di nulla.
Presupposto che, in una monurchia, il Uq sia ridotto ad essere
il primo ufficiale dello Stato, perchè delegato dal popolo a con-
8i{;liare i suoi ministri, ì quali, non la sua volontà debbono
eseguire, ma quella dei deputati a rappresentare la volontà del
popolo medesimo, l' idea di autorità regia sparisce affatto e sot-
tentra un che d'indefinibile, come, per esempio, sarebbe una
pinimide capovolta, netta quale il vertice occupasse il luogo della
base e la base il Luogo del vertice. Libero sarebbe a chi volesse^
di nominarla piramide: ma sarebb'ella una piramide? Così è
dellA monarchia parlamentiire. Si dica pur quanto piace mo-
narchia, e vi si esalti a cielo W prestigio dell'autorità del lU,
<h9 ne è a capo: ma sarà ella mai una monarchia, e sarà mai
dotato di autorità il Re, che ii'ò alla testa? In quali tempi e
in quale lingua si ò mai chiamato He un uomo, al quale fosso
iegalmente vietato di far da Ile, che è governare ? Nei tempi
nostri soltanto e nella lingua libf^ralesca.
Vero è che la storia dei secoli cristiani ci mette innanzi spesso
monarchie, nelle quali il sovrano potere dei Principi era tem-
perato, dove dii suffnigi deliberativi di diete, dove da prescri-
zioni di statuti, dove da clausole di trattati ; che 1 il monarchia
prottamonttj assuluta od autocratica non i* stata comune nel
cristianesimo. Ma questi Principi, avvegnaché legati nell'uso
delle reali prerogative, dentro i limiti del pubblico diritto, e
regnavano e governavano ; nò mai cadde in mente a nessun gio-
risti 0 politico d'inventare e creder possibile una foggia di
monarchia, nella quale i consiglieri della Corona avessero per
u&iìo il comandare e la Corona avesse il consigliare. E ciò per-
6S2 AUTORITÀ REGIA B TARLA HENTABtSUO
eh6 si teneva saldo e inalterato il concotto naturale e cristiano
dì sovranità, il qualo include la doppia idea di superiorità
itidipf^ndente e insieme di rappresentanza divina. Il che appa-
risce dalla stessa improsa della Coruna d'Inghilterra, la cui
Carta costituzionale è malamente servita dì esemplare al moderai)
parlamentarismo ; impresa che, nelle parole Dìeu et mon ÓroiU
esprimeva e T origine e la natura della sua sovrauità.
£ la ragione si è, che allora in tutte le formo di QoTemo
si riconosceva l' autorità sociale proveniente da Dio creatore ed
ordinatore dell' umana società, e si confessara il soiiimu prÌDcipio,
che ogni podestà viene. da Dio: A'on èst pùtedoi nisi a Dtù.
Quindi nel Sovrano, per guanto avesse d&tle leggi fondamenta
dello Stato circoscritti i poteri, si onorava, non solo un sommo
Principe, ma tm' Immagine altresì ed un Lttogotenenle di Dio.
Imperocché sta fermo il divino oracolo: Per me Reges regnant;
ed il Principe, non pure partecipa di queir autorità con cai Iddio
governa l'universo, in bene dell' universo medesimo, lua la par-
tecipa colla giunta delP indipendenza, dote cosi unica dì Dio,
che egli h l'Essere indipendente per proprietà, VEtis a se.
Se non che il parlamentarismo liberalesco avendo voluto toglier
Dio di meiizo alla società, e fantasticare un ordine sociale al
tatto apostatico dal Cruatoru, è sUto costretto dì almanaccar?
l'assurdo ridicolo della sovranità popolare suddita di sé stessa,
e per conseguen^ ({uello della sovrunità regia, suddita di quelli
de' suoi rappresentanti.
L'assurdo è contro natura; e non può reggersi a luogo. E
noi non fìni»mo di capii^ittirci che uomini d'ingegno, quali sodo
non pochi dei nostri dofirinarii liberaleschi, si merarìgliDa
sul serio della degeuerazìono del parlamentarismo monarchico ia
domocra^iia. e delta democrazia in socialismo; e mostrino di spe-
rare la ristorazione e la perpetuità dell' assurdo, dal rigore di
un'autorità sossisteato nell'assurdo.
^ " -A^
DEL DIRITTO DELLA CHIESA
VERSO OU STATI ACATTOLICI
Fin qui abbiain mgionato de' diritti della Chiosa a rispetto
degli Stati cattolici ; i quali sono in lei, e però senza dubbio
soggiacfliono alla sua spiritual potestà. Cì resta ora a dir qualche
cosa de' diritti della Chiesa per rispetto di quegli Stati che sodo
fuori di lei 0 perchè non vi entrarono mai, come i Gentili e i
Musulmani (gli Ebrei non formano Stato), o perchè entrativi da
prima ne uscirono poscia per iscisma od eresia. I primi possono
designarsi col vocabolo d'irifydtsli, ny| .senso rigoroso della pa-
rola; i secondi possono comprendersi sotto il nomo comune di
Eterodossi, in quanto tutti essi convengono tra loro nel ripudiare
qualche verità dommatica. A queste due specie di Stati acattolici
vuoisi aggiungere una terza, sórta di rwentt?, quella cioi^ d^'gli
Stati liberaleschi; i quali si pongono fuori della Chiesa, in qualità
di nemici, osteggiandola in tutti i versi, affin di distruggerla, se
foeso possibile, o almeno ridurla in servaggio. Essi sono progenie
della setta massonica, e però giusti eredi delle sue tendenze.
I.
La Chiesa a rincwitro degli Siati in/edeli.
Gli Stitti infedeli, non avendo mai fatto parte della Chiesa,
non contrassero mai alcuna obbligaziune positirj. con lei. Essi
sono al tutto fuori di lei, e perciò non soggetti alla sua giu-
risdizione. Cristo, benché per la sua universal potesti fdata est
mihi omnia potcslas in caelo et in terra V sia sovrano e pa-
drone di tutti gli uomini; nondimeno, nel costituire san Pietro
suo Vicario i^uaggiù, non gli conferì autorità se non sopra i soli
' MATtnAEI, XXVUI, 18.
654 DRL DiniTTO DELLA CHIESA,
fedeli: Pasce agnos meos... pasce oves tneas '. Sopra gP infedeli
Don diede a S. Pietro ed agli altri Apostoli potere alcuno, da
quello in fuori di predicar loro il Vangelo & coavertitì s^gn-
garli alla Chiesa: E tmtes dùcete omnes Gentes^ baptizarUes eoa
in notnhie Patrìs et Filii et Spirìtus Sancti^ docente» eos srr-
vare omnia quaecmtufite nuintiavi r-ohis '.
lì solo ovile di Cristo è commesso alla giurisdizione di Pietro;
e all'ovile di Cristo non appartengono che i soli battezzati. I
non battezzati sono membri di'-tla Chiosa in potem^y non in
atto; in atto non dìveugono suoi membri, che iu virtù del bat-
tesimo. Finché non l'abbiano ricevuto, essi son fnorì della Chiesa;
e chi è fuori d'una socìoU, non è soggetto ai potori di tei.
Onde l'Apostolo san Paolo parlando de' Gentili nega di avere
potestà giudiziaria su di loro: Quid fttìim mihi de iis, qui forìs
snnty iudìcarù ''.^ Essi, son soggetti air autorità di Dio e al gin*
dìzio di Dio : Kos, qui foris sunt^ Deus iudicabit '.
Nondimeno la Chiesa ha il diritto di predicar loro il Vangelo;
perchè no ha ricevuto da Cristo il comando: Eunies in mundum
universum, praedicals Evanrfdinm omni craUurae ^ Nessun
Principu infedele pu& opporsi aireseciizìone di un tal comando.
Se si oppone, potrà essere scusato da ignoranza invìocibile,
laddove operi in buona fede (il che appena è credibile, tanta è
la luce della vorità ovangelica); ma non per questo vìeu meno
il diritto della Chiesa, il quale è fondato non sul permesso dei
Principi, ma sull'autorità di Cristo. In quel caso la Chiesa imi-
terebbe l'Apostolo Pietro, il quale a una simile opposizione da
parte della Sinagoga, dinunziò: Olmiire oportet Deo magis^quam
homìnibns *.
La Chiesa non ha diritto di costringore veruno ad abbnc-
ciuro la fedo. L'adesione alla f&de è atto della volontà, sotto
l'influBuza della grazia divina; e la volontà non è capace di
' IOANMS, XXI, 15-17.
' MAnH*Ki, \XVIU, ly. 20.
» l'Ao Con. V, tS.
' Ivi. 13.
' Marci, XVI. 15.
* ACTLS Apostolorch, V, S9.
VERSO CLI STATI ICKTTOIKI
coazione. L*aomo, come con atto libero deviò da Dio; così con
atto liboro deve a lui ritornare. Non inriti salvatuli siitU, sed
votentes; uf intera sH forma iustltiae. Sicut fnim homo prò-
prii arbitrii volunlai^., sefpenli oòediens, periit : sic vocante
$e graiia Dei, propriae meutts conversione homo q»Ì3qt4e cre-
dendo salvafìir. Errfo non vi sed liberi arbitrii facilitate^ ni
conv^taninr, suaitemiì, non potius impeliendL Così il Concilio
Toletano IV, a proposito degli Ebrei; e lo stesso vate degli altri
infedeli '. La Chiesa è si delicata sopra cotesto punto, che non
volle mai battezzate contro la volontà de' parenti i fanciulli ebrei:
Hoc ErcUsiae usus vuvguam babuit (juod ludneorum jilii, in-
viiis parenfibns, baptizarentur, scrive san Tommaso \ E più
sopra ne avua recata la ragione, dicendo: Nemini facienda esf
iviuria. Fieret aiitem /wriVre^s- iuiuria, si&orumJilH baptiza-
rentur eis'ini-itis '. Il cho, come spiega pii^ sotto, va inteso de'fan-
cinlli, prima che sieno giunti alTuso della ragione; perchè sol-
tanto allora vengono posti noi debito ordino a Dio per opera
do* parenti: /'««r, anfeguam itsttm rationis kabeaty naturali
ordine ordinalur in Deum per rationem parenlmn^ quormn
ettrae naiuralitcr subiacel; ei secutulutn eovum di sposi tìoìitim
8UHÌ circa ipsittn divina agenda*.
La Chiesa come ha diritto di predicar l'Evangelo agl'infedeli,
e convertiti aggregarli a sé, mediante il battesimo; così ha di*
ritto a costituirsi tra loro e spiegare i suoi poteri di Ordine
e di Oiurisdixione, per santificarli ulteriormente e governarli.
Senza questo secondo, quel primo diritto sarebb*! vauo. Formata
poi la società de' fedeli, non ha diritto di sottrarla, quanto al-
l'ordine politicit, dalla signoria dol Prìncipe infedolo, perchè il
diritto divini» non distrugge il diritto umano, come la grazia non
distrugge la natura. < Il dominio e la superiorità, dice san Tom-
maso, trae origine dal diritto umano, la distinzione dei fedeli
dagl'infedeli dal diritto divino. Ora il diritto divino, che deriva
■ Ca{t. Ó6. SlatHtttm eat.
« Summa ih. t' %" (|. X, a. XIL
* Iti, Ctttttra e$f.
* Ivj. AJ quarium.
656 DBL I>miTTO DKLLA CUIKSA
dalla grazia, non t(^lie il diritto amano che dorìva dalla ragiona
naturalo. E però la distinziunc de'fL-deli dagP infedeli, di pi^r sé
riguardata, non toglie il dominio e la superiorità de' Prìncipi ìa-
fedeli sopra sudditi fedeli '. > Allura solamente la Chit'Sa avrebbe
diritto di esautorare il Principe infedele, quando costui ptHit^M
ostacolo alla prodlca^.ione evangelica, ne perseguitasse i miuistrì,
privasse t convertiti alla fede de' vantaggi e delle prerugatifQ
Civili, comuni a tutti gli altri cittadini, o io qualsivoglia altro
modo nsasse violenza contro di lei. Cosi facendo egli si Costi-
tuirebbe in aperta ostilità vorso la Chiesa; la quale per con-
seguensa avrebbe giusta ragione di resistergli colla forza, «
soggiogarle colle armi delle nazioni cristiaue.
Oltreché il Principe infi'dele che contrastasse la predieuxioiu)
evangelica o la profussiono della fede, peccherebbe di non tol-
lerabile tirannia verso gli stossi suoi sudditi. Il diritto di beo
ordinarsi al conseguimento dell' ultimo fine supera ogni altro di-
ritto, né ci ha dovere verso qualsiasi uomo che possa compriiuMlo.
Tale è il diritto di abbracciare e professare la fede di Cristo.
Fuori di Cristo, non ci è salute: Non est in alio aliquo saliof*.
II solo nomo di Cristo è quello, per t' adorazione del quale sìamii
salvi: Non enim alitul nomen est daium IionUnibiiSt in quo
oporiet 7108 salvos fieri '. Cristo ha estesa la sua redenzione a
tutti gli uomini. Ogni uumu adunque ha diritto a partecipare.
V. poiché non può i^rtocìparsene, se non nella Chiesa, ogni
nomo ha diritto a far parte di lei. Potrà un Principe infedele
non amare nà favorire la ('blesa, ina impedirla non mai. Dì quel
jjrirao peccalo renderà conto al solo Dio, di cui prevarica la
legge; ma dot secondo deve rispondere ancora agli uomiui, di
cui oltraggia i diritti e tra questi il supremo.
' Tìominìum et praetatitt introdueta nutU ex iure humano, dUHnrtio nuUm
fiMium ft ÌMfuMiwn c«( fx ìitrg rfirino. lux mif/m (/initiKia, tjuod <tt tr
gratin, non toUit ìhs AiimaNMni quod est ex nalwali ratiunc. Ideo diatineti»
fideUtim <l infideUum, tteumlnm tt cotuidgrata, non tolìU dominium. d pfiM*
htionem i'nfii<Uum tupra fidttfa. Sumimi Ih. 5' S" q. X. a. 10.
' A';tus Apdsiwlohum, IV, lì
» hi.
vcaso eu stati ACATTOua 657
La Chiesa a rhicofUro degli Stati eterodossi.
Eresiti (haeresìsj è voce greca, e significa scelta. Prosa in
mala parte, secondo che ha portato il costnmd, snona cattiva
scelta, ÌD qnanto si eleggono domnii dissonanti dalla verace
dottrina di Cristo. Quindi essa, sotto questo rispetto, è una specie
d'infedeltà, e potremmo dirla una infedeltà dimezzata. San Tom-
mas» spiega ciò, al suo solito, ogregiamonto. « Poiché, egli dico,
ehiuHqnc crede, per ciò stesso che crede, assente airaltnii
parola; ne seguo che colui, alta parola dot quale si assente,
è come principale e quasi fino in ogni credenza: e per converso
lono come secondarie e qnasi ordinazioni al fine le cose, a cut
aderendo si vuole a quello assentire. E così chi ha rettamente
la fede cristiana, assente colla sua volontà a Cristo nelle cose
che veramente appartengono al[:i Sua dottrina. Palla rottitiidine
dnnrjue della fedo cristiana si può deviare in due modi: I/uno,
in quanto non si vuote asf^entire allo stesso Cristo, e cos'i sì ha
prava volontà circa elfi che è fine; e questa è la sp*>cie d'infedeltà
propria de' Pagani e de'Qiudei. L'altro modo di deviasiione dalla
iede cristiana si ha quando coli' intenzione di assentire a Cristo,
si erra nella scolta dolio coso in cui vuoisi assontiro, perchè non
ai scelgono quelle che sono state veramente manifestate da Cristo,
ma sihbene quf.^llo che sono suggerite all'uomo dalla sua propria
ragiona. E per& t'eresia fi uua specie d'infedeltà, propria di coloro
che professano la feda dì Cristo, raa ne corrompono i dorami '. »
I ^UM quicumque credit, alieuiu» ditto tastniil ; primcipai« vidttuy att
et qutsi finis in unaqunque crtdulìtat» ifle cuius dieto ataeMtitur; qu(ai
nnttm ttCHHiìarin mtiil ti, qunt qui» Itnfn'ia rati nlictti nt^enlirg. Sic rryo
^tH reei« ftdem ehrialianam hahet. sua roluntatr- fusenlil Christo in Aiji qune
vtre mi titt* doctrtnim [mrlinent. A reclitMiiin': trgo Fidei dupìicitet qui»
pottat d'Hare. Vnn mudo, quia ipM Christrj n-in cult aeaeniirt, et hic ftabet
guani mnhim ro/uHfafeM eiì-at ip»um fingili; et hoc pertinet ad »pe«ti<m infi'
AfKfatis Pwj9nor»m et Judaaorum. Alia modo per hoc quod intendit qutdem
Chriito atsentire, ttd deficit in eligendo ta qaifn^s Christo assenttnt, quia non
tligil ea quae eunt vere n Christo tradita, atd ea qitae aìbi proprui niens
s<ifffferit, Et idef haetesi^ f%t infi'ttìiMi» »}'<ci«?. . ptrtinrns ad «M 71*1 fid*m
CMritli prafitentur, aed eiun dormita corrumpunt. Suniiria ih. ì* S*'' q. XI. a. I.
«•W* Xlll. noi. II. fax;. ^(U 42 8 ^tV^rno IS&J
ai
658
TtBt, OmmO DKLL* CHIESA
Diverso dall'eresia ò Io scisma; giacché di per sé importa, aoa
perversa credenza, ma solo scissura dalla cattolica Chiesa. QiH
però, come bene osserva san Girolamo, ha luogo nel solo inixìo;
perchè in processo di t^ìmpo lo scisma sì congiuoge sempre eoo
qualche eresta, in quanto per iscolparsi ò costretto di ricorrere
a qualche erronea dottrina. Inter haereHim et schisma fioc in-
teresse arbitrantur, quod baeresìs perversum (Icgma, schisma
popfer Episcopalem dissetisionem ab EccUna pariter apparti..
Quod quidem in principio aliqtta ex parto intelligi pottgl;
ccterum tiuUitm f^chisma 7ion alUjuam sibl coniungìt kturesvn^
Iti recte ab Kcr.lenia rer-essisse vidcatur'. Il perchè giustamente
può adattarsi anche allo scisma Ìl nome di eterodosso.
So Qon che vuoisi qui dilìgtìulomente avvertire che doppia
può essere la condizione dell'eretico e dello scismatico; in quaoti>
altri sieQo tali per volontaria apostasia dalla Chiesa, ed altri
sleno tali por uasciinento od educazione, perchè nati ed allevati
in paese eterodosso, da' parenti eterodossi. 1 primi sono ia [stato
dì attuale ribellione alla Chiosa; i secondi sono in istato di
ribellione abituale, cha trovasi in toro, ma non è procedatada
loro. Essi r hanno oreditata da' parenti, quasi a quel modo, ODil»
tutti noi ereditiamo la colpa originale dal primo padre. Quindi
avviene che la Chiesa sì comporta assai diversamente con gii
uni Q con gli altri. Cui primi, tornate vane le materne ammooi-
yjoni por rìcotidurli sni retto sentiero, ella assume le parti di
giudico e adopera i rigori doHa potestà coercitiva. Così veggiasw
piKiiti e perfiiio abbandonati all'estremo supplizio, per esempio,
un Giovanni Hus ed un Giordano Bruno, eretici perfidissimi a
ostinati e dommatÌ7.;;aDti. L'ipocrisia moderna si scandol6zu,o
meglio finge di scaudole^'arsi di sitTatto punizioni. Ma ogni
persona sensata intende benissimo che in ogni società al mas<-
Simo de'delittì ò dovuto il massimo do'gastigbi; e mussiniA
delitto nella società cristiana è il disseminar rereai». Por questi
< In EpìMtoìam ad Ttlttm, cap. 3. Come ogoiiDo xov^c tl3 sé uitidwiuiP, m
(\ai ptirlianio tlcllo uìtma rif;ùro<iini<'nU' Amo, non ili qnHlA che suona ioÌ:
(livÌfio»i*iI'iinÌHii (K.T iiiw-rtcwe inlorno al terv Capo drlta C1ih*s.i, qtisl (a \o
Vbrso cu stati achttouci
C59
fatti, i nemici della Chiesa 1* accasano di cradeltà. Stolti! Cru-
doltà per contrario sarebbe statu, se per ìmprovida indiilgeum
terso QD putrido membro, si fosse lasciato corrompere V intero
corpo. Salus pttblica suprema lez. Ciò ha luogo in ogni società
bene ordinata, cirile o religiosa che sìa.
Se poi trattisi della seconda specie di eretici o scismatici, di
quelli cioò che non essi si ribellarono dalla Chiesa ma nacquero e
Tennero allevati netl' eresia o nello scisma, essi sono degni dì
sommo compatimento. La loro separaziono dalla Chiesa è piut-
tosto sventura che colpa; salvo quando entrano in mala fede,
di che è giudice il solo Dio. Onde la loro condizione in faccia
alla Chiesa è ^uasì la stessa che quella degl'infedeli propria-
mente detti; e la Chiesa rispetto ad essi nou intende esercitare
giurisdizione, quantunque assolutamente il potrebbe, perchè sog-
getti a lei in virtù del battesimo.
Ciò, che diciamo delle persone individue, si dica a più forte
ragione delle intere società e decloro reggitori. Essi si trovano
eretici o scismatici per funesta eredità, non per propria elezione.
Quindi è diverso il conti^gno delta Chiei^a verso di loro da quello
che fu verso i loro antenati. Quando un paese o un Principe per
8UU perfidia ribellavasi dalla Chiesa, la Chiesa gì usta monto, dopo
ftvere esauriti tutti i moz^i pacifici per rimenarli alla vera fede
di Cristo, metteva mano a'gaBtighì ;. volgendo, dove occorresse,
contro di loro anche le armi dello nzuionì fedeli. Cosi vedemmo
esantorati per sentenza Pontifìcia, a cagion d'esempio, un Ar-
rigo IV e un Federigo II, e mossa guerra contro i paesi pro-
testanti del secolo decimosesto. Fa quello un uso santìssimo
della potesti! coercitiva, inchìusa essenzialmente nella potestà
delle Chiavi, data da Cristo a san Pietro. Ma quando per lungo
tratto di tempo l'eresia e lo scisma sì ò impossessato di un po-
polo; sicché geveiruati e governanti si trovino disgiunti dalla
Chiesa non per propria fellonia, ma per fellonia de' loro mag-
giori; la Chiesa li riguarda al modo stesso degli Stati iufodeli;
od anche a rispetto loro ripete quelle parole dtìU'Apostolo, su-
periormente citate: Quid mihi de iis, quiforis sunt, indicare?^
Eos^ <fni foris suTttt itidicabit Deus. Quindi è che i diritti
DEL DIRITTO DFXLA CIUCSA
della Chiesa negli Stati eterodossi sono atuilof/fii & quelli che
essa h& negji Stati infedeli, streitaiuonte detti. Diritto ad essere
rioonosciuta, come Chiosa; diritto a conservarsi e propagani;
diritto a custittiìrsi, secondo i diversi gradi della sua gerarchia;
diritto di formare ed educare il suo Clero; diritto di santificare
e goTomare i fedotì; diritto a possedere ed amministrare i suoi
beni, e così di tutto ii resto che le sia necessario a dcbitamenio
esistere e a libemmente operare. E adoperammo avvedutamente
l'epiteto di analoghi, perchè ootosti diritti detta Chiesa negli
Stati eterodossi sono assai più poderosi, che negli Stati infedeli;
non coiiipetendc>le per prima conTorsiono di genti alla fede, ma
por anteriore possesso, e pnrò per diritto non solo ad rem^ mi
in re, la cui violazione è più grave.
XiO stesso ragionamento con propor;;ioQe si faccia a riguard»
de* semplici fedeli. La parto del popolo, rimasta cattolica, per-
mane nel suo precedente diritto dì esercitare lìberamente la sai
religione, sotto l'indirizzo o rautoritH della Chiesa. Nò un tftl
diritto poteva in lei cessare o venir menomato per V altrui de
fezione. Onde gli Stati eterodossi (protestanti o scismatici), i
quali inceppano come che sia, ne' suiMiti cattolici l'tìsercizio «iella
religione 0 cercano sottrarli all'influenza degli ecclesiastici sa-
poriorì, od a cagione della diversità di culto stremano in essi il
godimento de' diritti civili; cadono verso di loro io maggiore ti'
numide, che gli Stati idolatrici o musulmani.
Xn7À gli Stati otero'iossi (protestatiti o scismatici) poiché pro-
fessano ancor essi la fede in Cri.^to, sono tenuti, verso i cattolici
e la Chiesa che n'è madre, a una specie piuttosto dì protexioM;
perchè se da essi dissentono quanto alla specificazione de'dommi,
e quanto airobbodìon:!a dovuta al Capo supremo; convengono
nondimeno con essi quanto al principio della fede che è CristD.
£ questo consenso ne! principio, almeno fondamentale, tanto pia
deve valere a renderli benevoli verso la Chiesa, in quanto cbfl
esso vale grandemente presso la Chiesa a renderla benevoU
verso di loro. La Chiesa, come animata dalla c-aritÀ di Cristo»
ama accesamente tutti gli uomini; anche quelli che sono foo
dì lei. Tuttuvolta tra questi ultimi predilige coloro che almeiu
VSnsO GLI STATI ACATTOUCI 66!
criHlono ia Cristo, e che Ìq qualche modo a lei appartengono in
Tiriti dol battesimo. Benché no deplori l'errore ; contuttocift, dopo
i cattolici, li preferisce agli altri nelTamore, siccome quelli che
aiiotìiio riconoscuuo ed adonino la divinità del suo Sposo. Oltreché
essi de iure Sono suoi figliuoli; e se non sono de fado, ciò non
è per propria apostasia, ma per apostasia dì avi, cho in loro d
propaga, e in cui molti di loro persìstono^ non per malizia ma
per ignoranza incolpevole.
Quello però che vuoisi in particolar modo notare, si ^ T as-
soluta incapaciUl degli Stati eterodossi a partecipare qualsiasi
ingerenza negli aCTari della Chiesa. La ragione ò chiarissima;
perocché ninno, che ò fuori d'una data società, è atto ad intro-
mettersi delle cose di lei, massime se professa dottrine ripu-
goanti alla medesima. Tal é la condizione degli Stati eterodossi;
i quali son fuori della Chiesa, e professano domini ripugnanti
alla credenza cattolica. L'autorità politica d'uno Stato cattolico,
benché non abbia diritto di entrare negli affari religiosi; tilt-
tavulta, attesa la purezza della sua fede, ha un'attitudine pas-
siva ad essere soUerata, per concessione delU Chiesa, ad avere
una qualche parte, nei modi possibili, in coso toccanti la reli-
gione. Cosi abbiam veduto i Principi bene spesso sedere ne'Con-
eilìi 0 per loro stessi o mediante i loro ambasciatori, a fine di
Aiutare dei loro cunaiglio i Padri, noi punti di contatto coll'or-
dine temporale; e così ancora fu largito a molti Principi il pri-
Tiiegio di presentazione alle sodi vescoTili, nonché a beneficìi
minori. Ma il Principe eterodòsso è incapace di simigUanti pre-
rogative, Kgli non s' intende delle cose che riguardano la fede
cattolica, né può supporsi animato da zelo per grinteressi della
Chiesa. Che se, dopo il trattato di Westfalia, alcuni Principi pro-
testanti di Germania ritennero certi diritti di patronato, cid nun
fu per concessione della Chiesa, ma per usurpazione arbitraria.
€62
DEL Dtnirro della caiesx
m.
La Chiesa a riftconlro degli Stati liberaleschi.
Il liberalismo non è un princìpio politico j è na principio
morale. Se consìstesse puramente nel preferire e caldeggiare l
libori ordinamenti di gorerno civile, non sarebbe cosa nuora, li
fii vodrobbo in ostilità colla Chiesa, LMdea di libertà politia
sczkldò sempre, più o meno, il petto dì molti, anche popolile
la Chiesa si trovò non solo in pace ma in alleanza bene spesso
con repubbliche, rnoi aristocratiche vuoi popolari. Klla accoglie
con amore tutte le forme di civil reggimento, purché sìeoo !e-
gìttioic e giusto. Ma it liberalismo moderno è tntt' altro. La sua
idea è posta nelP assolata indipendenza dell' uomo da qtialsitsi
autorità, cha aun sia luì o non emani da lui. Benché noi con-
fessi a parole e sia ignorato da non pochi di coloro che cìeo*
mente lo seguono, esso si riduce alla massima di Feuerbad:
L'uomo è Dio a aè stesso. £ poiché la società non è altro cito
l'uomo stesso ingrandito, e Io Stato è quello in cui essa prende
corpo e persona; ne viene che il concetto liberalesco si assomma
uella divinità (IbIIo Stato.
Se lo Stato ò Dio, esso solo ha diritto a regnare con anturìtà
suprema. Esso in ninna guisa può tollerare che di fronte a A
tì indipundentemente da sa si ek-vi un regno cbe si appelli «la
Dio: Regnum Dei; e molto meno può tollerare che cotesto regna
pretonda di tenere aggregati a so, bencliÒ sotto aspetto spiri-
tuale, i suoi stessi sudditi. Egli dee necessariamente diseono
scorlu e combatterlo; e procacciare o di annii.^ntarlo o almeno di
sottri inette rio a sé. Ecco l'occulta ragione della feroce guerra, eht
gli Stati liberaleschi muovono contro la Chiesa; ed ecco lo scope
che essi si prefiggono di conseguire.
Vero è che por non suscitare contro di sé lo sdegno e li
resistimm de' cattolici, essi si volgonu agl'inganni e torcano di
nascondere sotto frasi bugiarde od equivoche il loro bieco ìnteo-
dimento. Essi protestano di non voler altro, che la separaKiooe
de* due ordini, civile e religioso, confusi finora tra loro, e la ri-
TtRW GLI STATI kc.xrtfa.Ki 663
idIautioQd de'proprii diritti politici, lasciaDdo in tutto il resto
iena libertà alla Chiesa: Ubera Chiesa ìa libero Stato. Ma
l&odo si viene a determinare particolarineute queste vaghe
parole, il velo si fa tanto sottile, che il penetrarvi dentro è leg-
giero. Di btto, osscrviziTiìo un poco in ciò le sue frodi e Io sue
ghorminellft. Essendoché in ima societji, già scissa in molte cre-
denze, la sepankzione dello Stato dalla t'hiesa può essere talvolta
un'imperiosa necessità; il liberalismo si studia a tutV uomo di
creare quella scissura, aprendo il varco ad ogni sorta di errori, e
non solo non opponendo loro alcun riparo, ma favorundolL anzi ed
accarezzandoli. Proclamata quindi la separazione predetta, si fa
a spiegarla in guisa, che la Chiesa- ne resti del tutto scbiiicciata.
Prendiamone un saggio dal Minghetti, il quale tra i gonfalonieri
di'l liberalismo gode an^i fama di modiTuto. Or egli che cosa
insegna? lasciamo stare i punti particolari, che ci trasportereb-
bero tropp'oltre, e fermiamoci alla sola idea generale. Egli scrive:
* Può lo Stalo (intendi liberalesco) riconoscere la qualitii di ente
giurìdico, nel vero e proprio senso, ad un'associazione, la quale
BÌ estendo fnori della sua giurisdixione territoriale, anzi che non
abbia limito alcuno, così di tempo come di spazio? Mi sembra
che la risposta torni agevole a darsi, e non possa essere che ne*
gativa. Dal momento che lo Stato ba dei diritti di riconoscimento,
di TÌgilanza e in certi casi anche di soppressione, l'ente giu-
ridico dev'essere nazionale, non fuori dello Stato. Dal che segue,
che la Chiesa cattolica o universale può dirimpetto allo Stato
rimaooru cerno un'associazione, ma cheJa qualità di ente giu-
ridico non può riconoscersi che nelle associazioni parziali, come
le parrocchie, le diocesi, lo fimdazioni, le corporazioni ^ » Ecco
negata alla Ohii;sa cattolica dìrimptitto allo Stiito la personalità
giuridica. Bla negata alla Chiesa cattolica una tal qualità, essa
non può affacciare, dirimpetto alto Stato, alcun diritto di cui pro-
tenda r inviolabilità ed il rispetto. Qiuiado si udiva la forinola
ibera Chksa in libero Stato, sorgeva subito in mente l'idea
le la Chiesa cattolica si rÌcoiiosa*sse dallu Stato, qual ossa ò
■ Stato e Chiesa, cnp. IH, ptg. 108.
G64 DEL DIHITTO DBLLA CIII»:SA
rerunento, società pubblica, dotata di diritti, o corno tale si ri-
spettasse. Ciò Tu un orrore; perchè noa si bad& alla spiegazìooa
ohe poscia se ne sarebbe data, cioè che per Chiesa non s' ÌDteai'>
deva altrimenti la Chiesa cattolica, che come semplice assoda-
ziooe morale, priva di diritti. Ma se la Chiesa cattolica in faccia
allo Stato è priva di diritti, per non essere in faccia a lui ente
giurìdico, ì diritti delle Chiese particolari (diocesi, {mrruccbie)
d'ondo traggono origine? Non altronde che dallo Stato o dai
liboro consenso de 'cittadini, riconosciuto dallo Stato, e sotto la
sovranità dello Stato. Ks.su saranno ciò che sono tutto lo altre
associazioni civili, rìgnardanti verbigrazia l'industria, il eoa
mercio, l'agricoltura, e quindi sottoposte a tutte le regole e taa-
dizioui che la legge civile voglia imporro loro. La Chiesa dunqne
negli Stati liberaleschi non avrà più diritti proprii, che se-
gano da lei in quanto Chiesa, indipendentemente dallo Stato,
3 in virtìl della sola istituzione di Cristo. I suoi diritti, lo stessi^
suo organismo dipenderà dalla buona gra?ja del Governo civile.
< Lo Stato, dice il Minghotti, secondo l'opinione nostra, lascia
alla Chiesa di deliberare i suoi statati, di fare lo sue deGisìiìoi.
secondo certe forme e regole generali che la legge avrà deter-
minate e oltre a ciò vi pone per condizione che non contraditi*
cano allo leggi nò ai diritti dei privati '. » E chi sarà gindìM
di ciò? Senza dubbio lo Stato. Aukì il Minglietti vuole chele
Stato, indirettamente almeno, si adoperi alla riforma intona
della Chiesa, introducendo nell'ammitiistraisiouo il laicato eoi
principio elettivo, da cai scaturiscano riforme nello stesso or-
dine spirituale. « È evidente, egli scrive, che introdotto il pris*
cipio elettivo ncile congregazioni, dove i laici avrebbero la mas-
sima parte, e affidata lero ramministraiiiono e la responsabiliti,
11 germe della riforma è gittato, è aperta cioè la via al laicata
cattolico e al clero minore di conseguire non solo nell'ordine
temporale d^Ila Chiesa, ma altresì neirordine spirituale quelle
mutageni che rispondano al bisogno della coscienza loro e alla
neoesBÌtà do' tempi... L'uflScio dello Stato in questa luateria, per
* Sfato e Chiaa, «p. IV, pag, 171
VERSO GLI STATI ACATTOLICI 6tì5
gindÌKÌo nostro fìnÌBCe, quando esso abbia posto leffislativatmrUe
il laicato cattolico e il clero minore in tali condi:«iom da poter
rÌTendicare 1 loro diritti '. »
Queste parole non hao mestieri di commento. Da esse appa-
risce ohe Io Stato liberalesco non solo si separa dalla Chiesa, ma
si crede liC'euxiato a fare man bassa sopra di lei. Iia suparaxiono
di per sé non importerebbe nimistà né violenza. Nel civile con-
sorzio son separate le famiglie; ma l'ima riconosco la persona-
lità dell'altra e ne rispetta i diritti. Ma Io Stato liberalesco alla
separazione aggiunge l'invasione, outrando nelle appartenenze
stesse della Cbiesa e ponendo restrizioni ed inciampi all' in-
ileraa saa libertà. Ascoltiamo di bel nuovo il Alinghotti. Kgli
parlando delle cautele che esige Io Stato per 1* idoneità, alle pub-
bliche professioni, dice: <■ Ora si chioda so simìglianti cautele
possono esìgersi anche da quei cittadini chi^ vogliono assumere
nelle associazioni religiose riconosciute l' uffizio di ministri del
culto e di pastori di anime, e rispondo di si ; perchfli anche
quella è una prufesaiono pubblica e di grande importau7<a -. >
E più sotti>: < Non vi sarebbe contraddizione alcuna col principio
da noi sostenuto, se u coloro che si dedicano alla carriera eccle-
siastica fossero prescritti certi studii ed esami di generale col-
tura \ * Così U entrare lo Stab) nella formazione de' sacri Wi-
Bistri, e agguaglia il loro ufficio a iiiibU» delle altre professioni
cirili. La stessa ingerenza egli vuole quanto agli ordini religiosi,
alle sentenze de'tribunali ecclesiastici o va dicendo.
Or qaal ò il diritto della Chiesa verso uno Stato siflRatto?
Qnello del Sovrano verso il suddito ribello, e dell'aggredito
verso r ingiusto aggressore. KUa ha diritto di ributtarne gli
assalti, e costringerlo al rispetto delle sue sacrosante nigiimi.
Ella farà ciò non colla forza delle armi; giacchò la Chiesa ò
inerme. Lo farà bensì colla forza della parola e coli' assistenza
del Laicato fedele. La parola della Chiesa pjirtecipa deironuipo-
teoza divina, perchè informata dello Spirito divino. Di essa se-
' stato e Vhìtsa, cap. JV, pag. 2ia
' Stato e Ckiean, «np. Jll, paf. 151.
* Ki. [Kig, l6j
666
OBL niniTTO DELLA CSIKSA
gQatamenbe parla san Paolo, là dove scrive: Arma milUiue n»-
sirae tu/» carnalia suni^ sed poi^uUia Deo ad destmcUfntem
munitionum, Consilia fkstnientes, et ooinein aliitudinem f/*
vaìUem se adversus scìentiam Dei '. I^a Toco della Chiesa è TuCd
di Dio; e la voce di Dio è voce di m&gDÌfìceii?^ e di virtù: Voi
Vomiììi in viritUe, vox Domini in tnagniJicetUia '. Essa stri
tela i cedri del Libano: Vox Domini confringentis cedro$^ H
PAìnfringet Dominun cedros ÌAhani '.
Contro gli uBsaltL del liiberalismo la Chiesa si vale attrai
dot LaìcatpO fedolo. Noi dicemmo già altra rolla che negli StaU
separati dalla Chiesa l'ufficio di aiutatore e difensore di lei cada
di natura sua uel Laicato cattolico '. Ciò ha luogo massimamentd
negli Stati liberaleschi, in cui non si tratta solamente di ta
telare i diritti della Chiesa cattolica, ma di farne riconoscerà i
rispettare la stessa esistenza. Lo Stato liberalesco disconofi:e li
personalità giuridica della Chiesa; ma non può far lo stesso)
rlsi)etto delta personalità giuridica de'cittadiai. I cittadini cat-
tolici han diritto d'essere rìcunoscinti dallo Stato come eattolid
Se essi lo hiinno anche iu ^cia allo Stato infedele o oterodostt,
quanto più in faccia allo Stato liberalesco; il quale ordinaria-
mente non è altri* che uno Stato Cattolico ia atto di apostasii
dalla Chiesa. Egli cui suo fellonesco ardimento non può per ferma
annullare ne'cattoliei il legìttimo possesso in che sono della loro
religione. Se ciò facesse, perderebbe in faccia a loro ogni ragiooQ
di essere; perchè lo Stato è^ in quanto non solo rispetta
tutela i diritti de'sudditi. Ora, se lo Stato liberalesco è costretto
a riconoscere i sudditi cattolici, e quindi a rispettare i loro re-
ligiosi diritti, è costretto a riconoscere la personalità giuridiet
della Chiesa cattolica; perchè i diritti d'una società al tnr
de' coati si confondono co'tUritti di quelli che la compongono.
0 potrebbe un membro vivere e liberamente operare. 9en2a cliA
Tira e liberamente operi il corpo di cui ò membro? Nò puitft
' «• AD non. X. A.
> Pgalm. XWIII, i.
» Ivi, 5.
* Cinlfà Calloiica. S*rie XI, rol. XI, psg. 12».
VERSO GLI STATI ACATTOLIQ
667
e la tlistiozione (Ìel MinghetU tra la Chiesa universale, e le
Chiese esistenti nello Stato ; perdio la Chiesa è una, benché
dispersa in tutto il mondo; e le Chiese de'sin^ll paesi in tanto
sono, in quanto fan parte (lolla Chiesa universale, e sottostanno
il medesimo capo. Ogni lor potestà, ogni vigore deriva dall' in-
;o di questa. Da lei disi^ìunte, che sarebbero ess»? Non altro,
e aridi tralci, disgiunti dalla vite e non buoni che ad ardere.
In tal guisa la feriDe/,:ìa de' cittadini a farsi riconoscere come
.tolici sforza lo Stato a riconoscere la personalità giuridica
iella Chiesa universale, e quindi a riconoscerne e rispettarne i
ìritti. Ne abbiamo un recente esempio nella Pnissia. Quel nobile
0, cedendo alle suggestioni liberalesche, aveva anch' egli
folnto non più ricono.^cere la Chiesa cattolica come onte giurì-
lieo, e colle famoso leggi di Maggio trattava le Diocesi prussiane
»me tante associazioni rpliglose di privati, soggette allo Stato.
Ha r indomita costanita de' cattolici a far testa al Governo e a
pretendere d'esser trattati da cattolici, cioè come membri della
Jhiesa universale, lo ha costretto a cessarsi diiU' iniquo conato,
I Tolgendosì al Papa trattar colla Chiesa cattolica da Stato con
ìtato- Tale ajtpunto ella è, benché d'ordino diverso dui politico;
I tale, eziandio non volendo, sarà forzato a riguardarla ogni
Ksto liberalesco, quando i cattolici de' singoli paesi sapranno
!itautare la magnanima franchezza e il magnanimo ardire de'cat-
olici pnissiani.
DELL^ EBRAICA PERSECUZIONE
CONTRO IL CRISTIAXESIMO
Articolo U.
Dell universale congiura ordita daifli elirei in hUto il mom
contro il cridìoneìtimo subito dopo la morte di Omù Crid
Brovementa, siccome la cosa gi^ di per so nota soltanto
cliicdeva, vedemmo nelT articolo precedente come non giji i
slUni abbiano perseguitati gli ebrei ma gli ebrei invece abVit
pei primi perseguitato il cristianesimo fin dal principio, tentafl'
non mono empiamente che stoltamente di soEfocarlo nelle
colpendolo a morte nella stessa persona del suo disino fondatoi
Facciamoci ora a vedere oou quanta maligna ferocia e frodoltm
astuzia, subito dopo la morte di Qe.si1 Cristo, gli ebrei non pfl
seguitati né provocati abbiano preso a perseguitarne i pi
discepoli, ordendo contro di loro non soltanto nello loro Sinagog]
ma in lutto il mondo pagano, qui>ir uniTersate congiura di s
e di calunnie dì cui la Chiesa d' allora fino a noi fu sempi
TÌttiiua, or più or meno secondo la maggiore o minore ìnfl
obruica nel mondo.
Di quest' UDiversale congiara ebraica contro il cristianesi
na.'Mionte tocca brevissimamente sì ma chiarissimamente l'ai
nimo scrittore della Lfltein a Diognde scritta nel primo
da un contemporaneo degli Apostoli. Dice infatti alla fi
Capo 5" che: « contro i cristiani come contro stranieri gli obi
« fanno guerra. » Ma dell* astuzia eoo cui questa guerra fii
dita ci Diirra nel secondo secolo curiosi purticolari S. GÌ
martire detto il Filosofo, noi suo Dialogo con Trifone
< Dei torti (scrive al n" i 7) che a Cristo ed a noi si fan
e hanno tanta colpa le altre nazioni quanta ne avete voi
« ebrei. I quali siete anche gli autori di quella mala e p
< dicata opinione che hanno di noi e di quel giusto. Giacché
< dopo avorio crocefisso e saputane la risurrezione e l' asce
DELL eBHAlCA l>ei(SecUZIU.\E CONTRO IL CnHTIA.VESINO
669
< al melo, noa soltanto Don fiiccsto poniUìnza, ma uppiinUi ullora
e spediste da Gerusalemme por tutto il mondo inviati ben sctdti.
< I quali narraasoro da per tutto come era nata un'empia setta
« di cristiani o spargessero contro di noi gmlle cose che difatto
< ora si dicono contro di noi da tatti quelli elio non ci conosco-
< no. p Quali fossero gttelk cose^ ossia calunnie, che gli inviati
da OerusiUeramu sparsero poi mondo wintro il cristiiinesiino ap-
pena nato, apparisco da cid che S. Giustino ags;ÌMage al n" lOS :
< Non soltanto non facesti) penitenza dopo che sapeste la ri-
< Barre:tioDO dì Cristo, ma, come già dissi più sopra, sceglieste
< nomini adatti per mezzo dei quali da voi spediti per tatto il
« mondo fiiceste sapere a tutti che da uà certo Gesù Galileo era
< fikata fondata una certa setta empia od illegale .. Ed aggiuu-
c ^esta che Gesù. Cristo aveva insegnato ai suoi discepoli di
< commettere tutti, quegli empii e nefandi delitti che anche
« ora andate spargendo presso ogni sorta di pnrsoni) contro co-
« loro che lo riguardano come Cristo, Maestro e Figliuolo di
« Dio. Presa poi la città vostra e devastata la vostra terra, se-
« guitate a dou fare penitenza; che anzi osate bestemmiare
« contro Cristo e contro quegli che credono in lui. Noi poi non
< portiamo odio nò a voi nò a quelli che da voi ricevettero
* questa mala opinione di noi. Ed anKi preghiamo perchè Dio
« a loro ed a voi conceda misericordia. » Colle quali parole ge-
nerali dì setta empia, di cui sì ha da tutti nmla e pregiudicaia
opinione perchè praticante empii e ne/aiuU delitti, secondo che
gli ebrei mentivano tra i pagani contro i cristiani, volle S. Giu-
stino iudicarc cii> che appunto di noi allora, colpa gli ebrei,
credevano i pagani, secondo che apparisce da Tacito ed altri
scrittori; cioè che fossimo atei, ci bruttassimo dì ogni infamia
noi nostri conviti, ci cibassimo di fauciulli, adorassimo il capo
di un asino e tutto quel resto di cui è piena la letteratura
■pagana e sacra dei primi secoli.
Queste tostimonianxe di S. Giustino, vissuto non più che un
secolo dopo il fatto della oongiura ebraica contro il cristianesimo
nascente, sono ripetute poco dopo da Tertulliano al n" H del
Libro 1" Ad Natione:^. « Testò, dice, in questa città {Caria-
€ ginsj un furfante apostata anche dalla sua religione ('diret^}:
^.^
670
DRLL enriAfCA pEiisea'TiONE
e giadeo soltanto perchè oircoaciso e spellato anche peggio dopo
* i morsi dello fiere (giac-chè faceva il mestiere di gtadiatorri
< prese a camminare in pubblico portando una iniagine rdì
< Cristo) contro di noi cristiatii con questa scritta OiEocosns
< (figliuolo delVa»ÌmJ. QoelVimaginiì aveva le orecchie d'asino.
« la toga ed un libro in mano col piedi anoghiati. Ed il volgo
€ credette air ebreo. Giacché qual altra mzm vi 6 al mondo cho
* sia, come l'obroa, il seinonzaiu della nostra infamia? Et ire
« didit vulgus Ittdaeo. Quod enim atiud genus seminariam
« esi infamiae nostrae? » Sapeva dunqne Tertulliano e ripe
tdva come cosa a tntti nota che le calunnie contro i cristiaol
credute dal volgo pagano provenivano tutte dagli ebrei. Il eh»
anche dice noi Capo 23' del Libro 3* contro Marcione: « Pe^
* severando gli ebrei noi loro furore (dopo Ut crocejisstone ài
< Gesh Cristo) e bestemmiandosi per loro colpa il nomi; di Dio,
« secondo la Scrittura che dice; Per colpa vostra si bestemmia
€ tra le genti il nome del Signore; giacchò dagli ebrei oo-
« rainciò qoest' infamia fin cui è ora tra i pagani Cristo «2
« il cristianesimo) e da Tiberio a Vespasiano non avendo fatti»
< penitenza, si è fatta perciò un deserto la loro terra. » E nd
Capo X dello Scorpiaco : « Le Sinagoghe degli ebrei (dice), so»
« le fonti dello nostre persecuzioni: Synagogae iudaeorum font»
e perRaeutionum. » Ed Origene pressoché contoiuporaitoamefit»
scrìveva lo stesso nel n" 27 del Libro G" contro Celso: < ToII«
« C^lso che il suo libro ispirasse ai lettori che non ci conoseon»
« di combatterci come bustemmiatori di Dio. Nel che pare si
< mile ai Giudei; i quali quando cominciò a predicarsi la ri'
< ligione cristiana spargevano calunnie contro di lei: sacrìfi-
« earsi da noi un bambino; cibarci noi delle sue &irnì; a Tolendo
« ^re l'opere delle tenebre, spenti i lumi, ciascuno di noi au-
« scolarsi con chicchessia. Le quali calunnie benché assurda
< molto già valsero contro di noi presso molti. » E nell'Om»-
lia X sopra ìl capo XII di Geremia: < Anche ora vi sono nella
< selva i looni giudei cho vorrebbero anatemizaaro tìtjsft Crìst*
< e stanno som{M'e tessendo insidio rA)ntro i suoi discepoli. »
Lo stesso ci racconta nel secolo IV Eusebio Panfilo nel Capo IS
dot Libro IV della sua Storia ecclesiastica citando S. Giustio*
GOimiO IL CntSTUXBSIMO 671
quftsti termini. « Egli scrisse anche un Dialogo contro i
Giadei da luì tenuto prosso Efeso con Trifone celebratissimo
Allora tra tutti ì giudei del suo tempo. Dove anche riferisce
le insidiose e frodoleatt macchÌDazìuai ordite dagli ebrei contro
« le dottrine di Cristo. > E cita uno dei sopraccitati tosti dì
S. Giustino. Ma ciò ch« più mouta, nei suoi Commenti sopra
Isaia dove spiega i primi due versetti del Capo IS: « Come è
'^ accaduto fbhmid che tutti gli ebrei e dappertutto con nnanime
« consenso abbiano contradetto alla dottrina di Cristo? Troviamo
< negli sentii dei nostri vecchi che i sacerdoti e seniori go-
« rosolirnitani delia naKione giudaici!, spedirono dappertutto let-
< tere a tutti gli ebrei perche accusassero la dottrina di Cristo
« come nuova e come una setta nemica a Dio, ammonendo tutti
« dì Don riceverla. > K poco dopo: « Questi Apostoli (ossia in-
* viati) dei Giudei portando queste lettere e navigando per mare
< e correndo per terra, dappertutto infamavano con calunnie il
« nostro Salvatore. Ed anche ora i Giudei sogliono cliiamare
« Apostoli coloro che portano qua e colà in tutto il mondo le
« lettere circolari dei loro superiori. •» Dove avranno già di per
sé notato i lettori che Eusebio qui non parla più soltanto della
testimonianza di S. Giustino, ma ancora in gonenilu di quella
dei nostri vecchi. Dovevano infatti ctinservarsi ai tempi di Eu-
sebio molti scrìtti di autori ora perduti, ì qnalì narravano questo
fatto, conservatoci per<>, grazie a Dio, da S. Giustino e da Eusebio.
E S. Girolamo nel Libru 1" sopra Amos: « I gindoi, dire, r-ou-
< servando l'antico furore e l'antica ira, anche ora nelle loro
« Sinagoghe bestemmiano ìt nome cristiano sotto il nome di
« Nazarei; e purché riescano ad ammazzarci sono contenti di
* essere anche bruciati rivi. »
Abbiamo diinqu*.' fino a noi conservata sicura ed intatta, per
l'autentica testimonian/ia dei primi cìuqiie secoli della Chiesa,
dft storici greci e latini (taluno dei quali certamente nulla co-
piava dall'altro) la memoria certa di questo fatto storico: cioè
che gli ebrt'i subito dopo la morte di Gesiìi Cristo organixxarono
C'entro il cristianesimo per tutto il mondo una cospirazione di
odio e di persecuzione generale. La quale, come vedremo, essi
andarono sempre e vanno anche ora promov(.mdo in tutto il
672 DKLL*PJl|IAICA rERSRCtnnONE
mondo, schiamaritando sempre dì essere essi ì persegiiitoU
noi, laddove no sono invece anche ora come sempre ne furono fin]
dal principio, i veri, soli e principali persecutori. E perciò ben poU
assicurare il Mnsomio al n" 14 del Hecoh primo del suo Libr
De reints ehristianornm anie Constantinttm maynum (p»g. 9(
ddir edizione di Flelmstadt 1753) ehe: « il Pontefleo massiufl
« ed i Seniori degli ebrdi spedirono ambasciatori in tutte lil
« province, i quali eccitassero tutti ì loro confratelli non soIUat
< a fuggire essi o detestare i cristiani, ma anche a vossarlì il
<t tutti i modi che potessero ed accusarti presso i magistrati.
< quali comandi dei loro superiori obbedirono gli ebroi dì tolti)
« il mondo, fiforiiandosi di attizzare contro i cristiani i prefetti,
« i giudici ed i popoli con varie calunnie ed improbe maoelu-]
« nazioni. Di tutte le calunnie però la capitale era fc(m9
< anche presentemente) che i cristiani erano gente pcrieoi
« allo Statai e nemici della maestà imperiale. GiaccUft essi le-|
« nevann per Dio e per Re un certo malfattore GosA Crifitoj
« crocefisso per giustissime cagioni da Pilato. Donde eoi
« tanti lamenti dei primi cristiani contro l'odio e la crudeli
« giudaica, che essi spesso dicevano riuscire loro piil grave
« più perniciosa che non quella stessa dei pagani. » Ed w
accade appunto lo stesso; dagli ebrei essendo propriamente
quella persecuzione generalo contni la Chiesa che ordinarìamest
si snoie attribuire ai loro figlinoli i Frammassoni ed i Lìbei
I quali inspirati dati' ebreo sempre e dappertutto dicono qnelll
che gli ebrei cominciarono a diro fin dai primordìi del crislij
nesimo: cioè che la Chiesa è nemica dello Stato; che i crìstiaiii
odiano la patria; che il clerkalistno, come diceva Tebroo Gì
betta, ù il vero nemico. E mentre ora sotto la maschera del le
figliuolo il Massonismo ed il Liberalismo gli ebrei oombattood
i cristiani, come prima Io perseguitarono sotto la maschera d*
paganesimo, sempre schiamazzano, come sempre schiamazzaron'i^
di essere essi la nostra vittima innocente.
Dalle quali sì autorevoli tcalimonianBC di scrittori dei primi
secoli della Chiesa, e specialmente da quella di S. C4iustii
scrivente agU stessi ebrei ed al più celebre allora di essi set
timore di esserne contradetto poco dopo ed anxi durante l'av*!
cosmo IL CR!STIA.»ESniO
mimento, apparisce in primo luogo la verità della congiura
;«tuz2ata dagli ebrt»i contro il cristiau esimo, subito dopo la
>rte di Gresiì Cristo. Apparisele iu s«condo luogo che quest'uiii-
[Tersale persecuzione si doveva fare, come si fece e si se^ue om
« fare, specialmente colle maldicenze e calunnie, donde seguono
I i fiitti contro il cristianesimo. In terzo luogo che 'jueste calunnie
'sparse dagli ebrei att^'Cchiroiio pur tmppo allora, corno seguono
■anche ora ad attecchire, tra le genti dagli ebrei gabbate ed
aìx&aW contro i cristiani. In quarto luogo che tra queste ca-
lunnie ([nella che fin dui principio specialmente promossero contro
i cristiani gli ebrei si t"* appunto quella che anche ora special-
mente promuovono contro di noi gli ebrei ed ì franinssoni : cìoò
che i cristiani sono nemici dello iStuto e della patria e che il
elerimlisim è il nemico. Finalmente in quinto luogo che, come
promettemmo di dimostrare, subito dopo come prima della morte
dì Ge-sCi Cristo, gli ebrei presero pei primi essi stessi a persegui-
tare gratuitamente e senza motivo i cristiani che non li porsegui-
ìt&do, ed anzi U amavano e pregavano e lavoravano per loro bene.
Ma di questa universale persecuzione dagli ebrei fatta e pro-
tra tutte le genti fin dal principio contro il cristianesimo
snle, quando por fermo mai i cristiani non li avovano nò
seguitati né provocati, abbiamo anche eridente dimostrazione
NnoTO Testamento. E così nel Capo IV degli Atti degli
jtoli (del quale come diù seguenti non citeremo che le parole
le fanno al nostro proposìtol, si narra che avendo questi e
lialmeuto S. Pietro e S. Qiovanui preso ii predicare Gestì.
risto al popolo di Gerusalemme, « mentre ossi parlavano so-
f* praggiunsero i Sacerdoti ed il magistrato del Tempio e i Sad-
< ducei: misero loro le mani addosso (a S. Pietro ed a S. Gio-
< ranni) e li fecero custodire in carcere pel giorno seguente.
L« Allora si raunarouo i loro caporioni e i Beniori, gli scribi,
Anna, Caifasso, Giovanni ed Alessandro e quanti erano della
stirpe sacerdotale. E cliiamati ì due Apostoti dinanzi a sé,
intimarono loro di non più oltre inseguare in nome di Gesù.
E minacciatili li rimandartmo. Kd eglino posti in libertà se
oe andarono dai suoi e fecero loro parte di tutto. Allora questi
I&t-I'tf sili. rol. ir. fOK. e&l 4a io sim^no ISStt
674 HELL' l.8ftAlC* rERSECOZIONe
« dissero: Tu o Signore dicesti pur bocca di David: Per qual
* motivo tumiilfuhrouo ìe genti ed i popoli si presero inttWi
« cure'f Si /ecero innanzi i He della terra ed i principisi
* adunarono insieìne contro il Signore e contro il sito Cristo.
« Imperocché vei-ameote si unirono in questa cìtUl contro 0«sù
< ed Erode e Piluti) con le genti e con i popoli d' Israele. Ed
« ora 0 Signore rifletti alle loro minacce e concedi ai tuoi sern
« di parlare con tutta fidanza la tua parola. E seguendo pereì^^
« a predicare esacerbato (Capo V) il Principe dei Sacerdoti e
« tatti (^nelli del suo partito, che è la setta dei Sadducei, mìser»
« le mani addosso agli Apostoli e li posero nella pubblica pri-
« gione: e smaniavano e tratt-iruno di metterli a morte. <* Dalla
quale furono per allora salvi grazie all'intromissione di Gams'
tiele. Kd avendo poi eletto a Diacono anche Ste&iao < 6i len-
« rono contro dì Itii (Capo VI) alcuni della Sinagoga cbe loos*
« sero a tamulto la plebe e ì Seniori e gli Scribi. I quali consigli
« sopra l'aberrarono e lo trassero al consiglio: producendo falN
* testimonii » secondo T antico ed il moderno uso degli ebrai
contro Cristo ed i cristiani. Ai qnali falsi testimonii rispondendo
Stefano nel consiglio: « Voi (disse loro tra le altre cose al
« Capo VU) voi duri di testa ed iucirconcisi di cuore, voi sempre
« resistete allo Spirito Santo, come i padri rostri. [ quali ne
« cisero coloro che profetarono la venuta del Giusto di cui voi
« foste ora ì traditori e gli assassini. Airndire tali cose i Sa-
« cerdoti si rodevano e digrignavano i denti, e gli corsero ad-
< dosso con furia e cacciatolo fuori della città lo lapidarono. B
« Stufano gridava: SignOTO perdonate loro questo peccato. » Piit
dal principio così verificandosi che i cristiani, lungi dal perse-
guitare gli ebrei, perseguitati da loro lì amavano anzi e pre*
gavauo per loro.
« Sosoitossi allora (Capo VUI) una grande persecnzione contro
< la chiesa di Grenisalemmo; sì che tutti (ì cristiani) dovettero
« disperdersi, tranne gli Apustulì, pt^r i paesi della Qiudea
« delia Samaria. » Ed allora dovettero ossero stati spediti àn
Gerusalemme per tutto il mondo quelle ambascerie di genta
scelta, che per tutte le Sinagoghe e nel mondo pagano sparges-
sero l'odio e le calunnio ebraiche contro Cristo ed i cristiani.
conino IL CRISTI ASESIUO
67J
Stalo infatti, ossia S. Paolo, il qiialo aveva aiutato alla lapi-
dazione dì santo Stefano custodendo le vesti dei lapidanti « de-
li Tastava la Chiesa entrando per te case; e strascinando via
« uomini e donne lì faceva mettere in prigione. E (Capo IX)
< tutto spirante minacce o strage contro i discepoli di Cristo si
* presentò al Principe dei Sacerdoti chiedendo lettere coramen-
« datÌ7.ie per Damasc} alle Sinagoghe, affino di menare legati
« a Gerusalemme ciuanti uomini e donne avesse trovati cri-
< stìani. » Ottenutele e convenite a Cristo per via, « confondeva
« i Giadei dì Damasco, dimostrando loro che GcsO era il Mossia. »
Perciò « gli ebrei fecen» riaoluKione di ucciderlo e facovam) dì
« e notte guardia alle porto per ammazzarlo » : cercando così dì
liberarsene con metodo spicciativo, come già. avevano fatto (senza
mai, 3' intende, persoguitare nessuno ma essendone anzi, come
sempre schiamazzano, perseguitati) con Gesù Cristo e con
santo Stefano, ti lo stesso poi, quando o come poterono, segui-
tarono sempre a fare noi secoli seguenti. Il ciie, come vedemmo,
attesta S. Girolamo nel luogo sopra citato nel suo libro l" sopra
Amos: « I Giudei conservando l'antico furore e l'ira antica
« anche ora purché riescinw ad ammazzarci sono contenti di
< essere anche arsi vivi. » E S. Giustino al numero IG del suo
Dialogo con Trifone: « Voi ebrei (dice) aveto ucciso il Giusto
< e prima di Ini ì suoi profeti, ed ora disprezzate e quanto
« potete avvilito i suoi discepoli mandandoli al diavolo (dirls
• voventes) nelle Vostro Sinagoghe, Giacché non potete piiì ora,
*■ grazie a quelli che ora comandano, alzare sopra di noi le mani.
•«Ma quando lo poteste fare sempre l'avete fatto. » £d anche
ora gli ebrei osservanti, crediamo che non l'osservano, ma non
possono negare di avere la legge talmudica, loro comandante di
nccidero i cristiani quando possono farlo a mano salva, siccome
altrove dimostrammo ed è notissimo a tutti i mediocremente
eruditi nella storia e nella legislazione rabbinica.
E come di S. Paolo così avrebbero voluto gli ebrei sbarax-
zarsi di S. Pietro. Giacché (Capo XII) •> avendo il Re Erode
« preso a maltrattare alcuni cristiani ed ucci^ di spada Gia-
'•< corno fratello di Giovanni: « vedendo che ciò dava piacere ai
« Gittdei, volle catturare anche Pietro. £d avutolo nelle mani
C7C
DELL RORAICA PenSRCtZIOKE
*^ lo mìsti in prigione. » Donde fu liberato dall'Angelo. E per
« Erode comandò che fossero menati a morte i suoi caro^n
Ito poi S. Paolo con Barnaba in Antiochia della Pi^...^ .
conFertendo molti * i Giodei (Capo XUE) veduto qoel conwrso
« si riempirono di zelo o bestemmiando contradicevano. K mìsero
«sa matrone timorate e ragguardevoli e i principali nomini
« della città e suscitarono persecuzione contro di loro e li «ac-
» ciarnuo dal loro territorio. » E poco dopo in Iconio « avvenne
« similmente (Capo XIV) che molti ebrei e gentili credendo ti \
«. due Apostoli, i giudei misero su od irritarono gli animi dei
« gentili contro ì fratelli. K sì sollevarono contro loro gentili
« e giudei coi loro capi affine di oltraggiarli e lapidarli. * Od*
deche partitisi di colà e venuti a Lislra dove furono bene ac-
colti, subito •> sopraggiunsero da Antioirhia e da Iconio alcuni
€ giudei che sciolsero la moltitudine e preso a sassate Paula lo
« strascinarono fuori della città crmkndo di averlo uccìso feri-
« siimantes eum mortuum essej. •* Ma gra7,ie a Dio fìi salvo
anche allora dallo ebraiche persecuzioni. Parimente in Teasab-
nira, dove vi era una Sinagoga, predicando Paolo con Sila ed
avendo convertiti alcuni ebrei e molti gentili * i Giudei (C»-
« pò XVU) mussi da zelo prendendo seco alcuni mali nooiinì
« del volgo e fatta gente misero la città in tumulto e comin»*
« sero la moltitudine ed i magistrati gridando: Ecco: sono re-'
« tinti andie gtti coloro che mettono sottosopra il mondo. Co-
« gl'Oro fanno contro gli editti di Celare dicendo esservi un
« altro Re Gesit : » servendosi dell'accusa polìtica come avevano
fatto già con Gesù Cristo e seguono anche presentemente a fare'
coi clericali ossia, cristiani in Francia, in Italia e dovunque hanno
qualche influenza. Perciò S. Paolo e ì suoi dovettero partire da
Tessalonica ed andare a Berea nella Sinagoga dei Giudei. «Co-
« storo erano più generosi di quelli di Tessalonica e molti di loro
« credettero. Ma appena saputo ci6 i Giudei di Tessalonica corsen)
« a Berea ad incitare e muovere a tumulto la città. ^ Ondech^
Paolo dovette partire anche da Berea. K giunto a (Jorinto e colà
predicando; « i Giudei (Capo XVIII) oontradicevano e besterauiia-
* vano: e si levarono su tutti d'accordo i Giudei contro Paolci
« e Io menarono al tribunale » che non essendo composto di
OOIfrnO IL CRKTIA.tESIMO
eri
^i l'accolse subito. R^caodosì poi, di>po molti altri viaggi, per
maro in Siria < gli ebrei (Capo XX) gli tosom insidie nella
navigazione. » Del cbo fé' cennu pui in Mìleto agli efesini To-
natilo a TÌsitare dicendo: « Tei sapete come io sia stato tra voi
-^ tra le lagrime e le tentai^ioni che mi assalirono per te insidie
dei Giudei. > E tornato a Geni sale mme < i Giudei dell'Asia
< Capo XXI) vedutolo nel Tempio concitarono tutto il popolo
« e gli mìsero le mani addosso gridando. K si mosse a minore
« tutta la città. K mentre cercavano di ucciderlo il Tribuno
< lo salvò dalle luro mani, facendolo condurre in prigione. La
* moltitudine dei giudei lo seguiva gridando Levalo dal mondo. *
E parlando Paolo ai Giudei, questi (Capo XXII) gridavano:
•t Togli costui dal motìdo; giacché non è giusto cfie egli v!>:a. »
Svelatosi poi Paolo per cittadino romano e « (Capo XX [II)
« temendo il Tribuno che Paolo non fosse dagli ebrei fatio in
« pezzi, lo fece condurre agli alloggiamenti. Iiit:iuto alcuni ebrei
« giurarono che non avrebbero mangiato nò bevuto finché non
«e avessero ucciso Paolo. Ed erano più di quaranta quelli che
« fecero questa congiara. » Il che saputo dal Tribuno trasse
Paolo in salvo a Cesarea. ■> Dove subito (Capo XXIV) corsero
da Gorasalommo i Seniori con Anania Principe dei Sacerdoti ed
na certo oratore Tertutlo cbe accusò Paolo a Felice preside
come * uomo postilenniale che istiga a sedizione (òempre co-
« titnnie di genere politico) tutti i Giudei per tutto il mondo;
« il quale è anche capo della ribclliontì della setta de'Nazarei.
« E i lestimonii giudei (sempre leali e veritierij soggiunsero
« che le cose stavano così. >» Passò intanto due anni in prigione
& Cesarea quando (Capo XXIV) « i principi dei sacerdoti e i
« più ragguardevoli giudei pregarono ì^'esto Preside di far con-
* durre Paulo a (terusalemiue, tcndendoffli insidie per ammaz'
« zarlo nel viaggio. * E come Paolo ebbe appellato a Cesare
e fu a Koraa, andò alla Sinagoga dove (Capo XXVIIF) gli ebrei
gli dissero duo cose contmdittorio: Cioè ftnentendoj in primo
luogo che: « noi nò abbiamo ricevute lettere intorno a te dalla
« Giudea, né è venuto alcuno dei fratelli ad avvisarci o dirci
« alcun male di te. » E in secondo luogo ((licendit il vero) che:
« rìgmirdo a questa setta (dei cristìanij è noto che dappertutto
^
678
DELL eBRAICA PERSSCVUOrtE COKTAO IL CRISTI A NESIHU
« lo si contrudìce. » £ le coutradisson» subito anche gli ebm
di &«tu&. « Alcuni credevano ed altri no. Ed essendo discordi
« tra loro se ne andarano. K disso Paolo questa sola parola: 1»
« Spirito Santo ben parl^ por bocca d' Isaia di quiìsto popolo.
« Udirete e ìton intenderete: vedrete e non distinguerete. Si
* è incrassaio il cuore di questo popolo. K si partirono da lai
« i (riudoi questìoaaado forte fra loro. * Ma poco dupu accur-
datisi tutti contro gli A|K)8tolt ed il cristianesimo che si andare
propagando tra i pagani di Homa, organizzarono contro lom
quella crudelissima persecuzione detta di Nerone la qu^e per6
più propriamente dee dirsi degli ebrei come vedremo.
Intanto por ora giìi soltanto dal fin qui esposto si pu6 chii-
ramentc vedere cotue iu tutte lo parti, dovunque S. Paolo ed Ì
cristiani trovavano ebrei, trovavano persecutori. Laddove iufeee
dove Don trovavano ebrei trovavano talvolta udienza, talvolta in-
differenza, ma non persecuzione. Che an/j dai gentili essi furono
spesso difesi contro gli ebrei. I quali non soltuto nelle loro
Sinagoghe ma anche tra i gentili ceravano sempre di eccìtan
odio e pericoli anche di vita contro gli Apostoli ed i crìatìaoì:
secondo chu del resto vedremo essere sempre accaduto anche nà
secoli posteriori. Sempre infatti fu vero od è vero anche ades»
che, come diceva Tertulliano: Stjnagogae itidaeorHtn fonUt
persectdimium. Credìdit lutlgus iudaeo. Quod enim alittd gè-
fius seminarium est infamiae iiostrae? K sì vede infatti aucbe
ora da tutti colla propria esperienza che, secondo la maggiore «
mbore influenza ebraica nel mondo, maggioro o minore è anche
la persecuzione del mondo contro la Chiesa.
E poìchò massima pare ora essere nel mondo quest'ebraica
influenza, ò ben naturale che, salva sempre ta divina promessa
del Portae inferi non praerahf}unty massima parimente paia
ora essere la persecuzione contro la Chiesa anche ed appunto nel
mondo cristiano. Il che egregiamente e con universale applauso,
non ostanti parecchie scusabili ine%ittozzc, dimostrò testé il Drum-
mout nella sua France Jutve giunta ormai a pirt che trenta odi-
sioni. E come della Francia cosi delle altre parti dell' Europa
civile e cristiana si potrebbe (acilmeute dimostrare lo stesso.
E TESORO, Li BIBLIOTECA E L'ARCHIVIO DEI PAPI
NEL SECOLO XIV.
IIL
Il lairocinio del Tesoro in Lucca «
Appena fu giunta in Avignone la triste novella della morto
ì\ Cardinal Gentile, accaduta, come dicemmo, a Lucca il 27 ot-
tol)re 1312; il Pontefice Clwmcnte V incariod due dei Cardinali,
che erano stati deputati ali' incoronaKione romana di Enrico VII,
Loca Fioschi « Arnaldo de Falgerns (di Piìla^ruo), di racco-
gliere Vereditù del Cardinal defunto (al tutto distinta da! Tesoro
papal*}) e riporla in luogo sicuro, fino a tanto che, conoaciuto
il tenore del testamento da lui lasciato, il Papa prendesse le
disposizioni convenienti. I due Cardinali eseguirono prL>ntamente
la commissione avuta; e l'ereditai del Gentile, rinchiusa in 15 for-
KÌeri, venne deposta nel Convento dei Domenicani di S. Romano
ìq Lucca, e ivi serbata nomine romane ecclesie'; mentre 11
Tesoro papale, venuto da Poriigia, continuava a custodirsi in
S. Frediano. Ma l'uno e l'altro dei preziosi doi>ositi non tarda-
rono a divenir preda del rapace e sacrilego furore dei Ghibellini.
Il U giugno 13U, i Ghibellini di Pisa, capitanati da l'gnc-
cione della Faggiuola, e rafforzati dalEa masnada de'suoi Tede-
schi e dai fuoniseìti di Lucca, d'intelligenza con Castrnccìo
degli Antelmincili, fecero una improvvisa irruzione nel Lucchese,
e levato a romore tutti intorno la terra, invasero la città e armata
mano se ne impadronirono, commettendovi per più giorni stragi
e rapine, tra le quali la miiggioro fu quella appunto del Tesoro
pontifìcio. < La città di Lucca (narra il Villam-*) perii Pisani
' EiiRi-F^ ìkW Archi 0 sBpra tinto, pajr. 435-536.
' Istorie Fiorentine. Uh. l\, e 59.
680 IL TESORO, LA SIBLIOTECa E L' ARCUI V10 DEI PAH
e Tedeschi fu corsa e spogliaU d'ogni rìocbozaa, che per otto
di bastò la ruberia... cou molti riiicidii e incendii. E oltr* t
ciò il tesoro della chiesa dì Roma, cha il cardinale messere Oli-
tile da Montefiore della Marca avea per comandamento del Pap»
tratto di Houia e di Campagna e del Fatrìmonìo *, e avealo
lasciato in S. Friano di Lucca, per Io detto Uguiccione e sud
masnade Tedesche e per li Pisani tutto fu rubato e portalo in
Pisa. K non si ricorda di gran tempi passali, che ona città
avesse si grande avversità e perdita per parte cho yì rienlrasa»
(la parto dei fuorusciti Ohibelliui), come ebbe la città di Luce»
d'avere e ài persone. >
Nò il Tesoro papale soltanto, riposto in S. Frediano, andò
preda dei sacrileghi ladroni di Fisa, ma tutta altresì l'eredità
del Cardinal Gentile, che era in S. Romano. Imperocché la sera
del 2 dicembre del medesimo anno 1314, prcsontossi d'improT-
viso al CiiQTento dei Frati Domenicani, con uno stuolo d^armati
Ser Tentura de Comitato Florentiìw^ Vicario del Podestà,
Francesco della Faggiuola; e non ostante le proteste dei Frati *>
s' impadronì di quanto aveano in casa d'oggetti preziosi \
Il latrocinio era avvenuto, durante la lunga vacanza della Sede
apostolica che corse tra la morte di Clemente V (20 aprile 13U)
e l'elezione di Giovanni XXII (7 agosto 1316): laonde potè
per oltre due anni passare impunito. Ma il nuovo Pontefioe
Giovauni no» tardò a levar alto h voce, ed a colpire dei
meritati anatemi gii autori doir esecrando misfatto. In prima,
con una Ijettera del 31 marzo 1317, che leggesi fra le Ex-
iravuganies communes {De ftirtisj^ ed è contro gli Infiddìs
et atolidae perditionis alumni, i quali... ìUam thesatiri sui
' Con-^i coH'EHiaE <ArchÌv png. 23'ìi, tratto di Peruffia. II l'ai» Cio-
Tanni SXIl. iti varifl sur Lettere ricordamlo qupsto lairocioio, dice: tAaiaurwm, yai
i>K l'Kitt^Kio (e nou (l'iilCroude) ad civitattm Lneanam de mnndato ft. re. Ciò-
tnentia papac V... portatia txHttrat.
* L'Atto tli [ir<>tc.<iL.'i tiri t'i'ioiT iti S. [lomnna, si lif^e presso II Ball'ZH). ìli-
Befllanen, i.-.li/. Mi\*i, IV, 617); »l il Ppocaso contro i rapitori, nelle Vìiat
l'aparum AKinionmtium (11, 305^1) (lui medisimo Antorc
* F.mis.. Arehic pa^. 237.
NEL SECOLO XÌY.
68f
maximam pariem, quae de Perusìo ad civUatetH Lucanam de
mandato fé. ree. Clementh papae V praedecessoris nostri...
extiierai deportata et qaae in sacrisiia mmxasierii S. Frediani
'Zmoanenns (une iemporis servabaiur^ deinde ad cameram
praedecessoris eìtisdem jideliter deferendam, tempore invasionis
ctvitatis Lucanac direpsirunt in praedam etc. Dolio stesso
giorno è un'altra lettera contro i colpevoli del furto di S. Ro-
nuno. Più tardi, in altre Lettere il medesimo Pontefice ricorda
e lamenta cotesto latrocinio di Lacca: come in quella del
31 marzo 1318, Inter curas innumeras, scritta contro Ca-
atrnccio; e in un'altra, Aìi^it nos, del 30 aprile 1325.
Ma quanto al riaver nulla dulie ricchezze derubate, tutto fu
indarno. Gli artigli ghibellini eran troppo tenaci, né era punto
a sperare che fossero mai per rilasciar briciolo delle prede gher-
mite; le quali d'altronde andarono in breve disperso e distnitte,
chi sa per quante mani. Soltanto si sa, che Giovanni XXII,
aTendo inteso che una insigne particella delia Croce ed alcune
altre Reliquie, dal furto di S. Prediano erano pervenute, per
Iraditionem NÌcolo3Ì Dani factam, al Convento dei Francescani
in Genova, ordinò, con Lettera del 21 agosto 1320 ai Vescovi
di Catania e di Soana, di ripeterle in nome della Camera papale
e mandarle ad Avignone '.
Del Tesoro antico pertanto, che sotto Benedetto XI era stato
da Bonia traslocato a Perugia, non rimase salvo che: 1" quel
tanto che noi 1805 il Vescovo Giovanni dì Spoleto aveva portato
per la coronazione di Clemente T, da Perugia a Lione, e indi
r^ Avignone; e anche di cotesto tanto una buona parte, alla
morte di Clemente, venne involata da'suoi nipoti, che vennero
perciò processati da Giovanni XXII ^ ; 2" quel residuo, che nel 1312,
dopoché il Cardinal Gentile ebbe staccata dai Tesoro o portata
a Lucca la maggiore e più ricca porzione — thesauri «ixeuì»
• ArcMr pa?, Ì^ÌH.
' Jfcl Codiai ili" iìnW Archirium Avinionenae ili Vaticano, dopo l' Incenlarmin
bonornm viobilium Cltmentiii r,SÌ legge il Pr^ticetnus eonlra tuurpatorea eorum,
che erano Bertranitu» de Guto, Vicerome» Leomanie et AUivillarii, iiijioU di
Clemealc.
68S IL TESORO, LA BlBtlOTeCA E t.' ARCntVtO DEI PAM
pxETEit' — quel residuo, diciamo, che fu lasciato iu Perogìa,»
poco appresso renne trasrorìto e deposto Della basilica di S. Frao-
ccsco d'Assisi. K dì quost' ultimo ci rosta ora a Darraru, con
alla mano i nuovi Documenti pubìjlicali dall' Ehrle, qoaì din-
Btri anch'esso ìnoontrasse.
IV.
Il latrocinio del Tesobo in Assisi
La tomba Teneratissima di S. Francesco in Assisi, a la gru
Basilica che sorge, piantata a guisa dì Ìotìq/jo. sopra gigan-
teschti costruzioni in sullo sprone dei colle occupato dalla cittiu
era già da gran tempo tenuta per luogo sicurissimo ove serbare
in salvo qualsiasi deposito di danari e oggetti preziosi; e coma
tale era adoperata a Gdanza da Papi e Cardinali e da ricchi
signori e mercatanti. Così, da una Lettera di Alessandro IT,
data da Anagni ìl 24 settembre 1255, sappiamo che Idoo-
cenzo IV suo predecessore, avea fatto deporre m sacj'islia eeclt'
siae S. Franciscì e raccomandare al Guardiano del Conventi»
... libros ef qnaedam alia botta appartenenti alla Sauta Sedfr,
ì quali da Alessandro son ridomandati. Parimente Clemente IV,
in una sua, data da Titerbo, scriveva al Guardiano di Assia
intorno a certi arnesi da guerra dell'armerìa p<ipale che custo-
divansi in S. Francesco: Ilecepimus arma et alia guae per
nurUium nostrum, siciit v(^is niandavimi^i, destiuastis. Vndi
cum adhìtc indigeamus guibusdam armaturisj gutie suM in
scriniis pcnes vos de mandato nostro depositis, volumus... gue^
ienus easdem artnaluras... tiobi^ destinelis. E Gregorio X, da
Firenze, il 23 giugno 1273, ordinava al Guardiano di ooow-
gnare duo scrinia nostra cum aliis rebus noslrùs in doma
vestrn diposita, al famìglio papale mandato a farne rìsGoesL
Con Atto del giorno 11 maggio 1282, un ootal Galganuctiits
familiaris magnijici viri dìii Bertitldì de Jiliis Tirsi {il celebra
Bertoldo Orsini, nipote di Nicolò III e Settore della Komagna)
dava quietanza ai Frati di S. Francesco de mille fortnis ai'
' Utlera dì Giovnnni .\X1I, del III miirzo 1317.
NGt SBCOIO XIV.
683
Ttis,., de ere seti pecunia dicti domiiii deposta apud ecchsiam
S, Frajicisci E similmente, il 19 agosto I2SS, certi mercanti
Ài Pistoia, muniti di lettere procuratorie portanti il sigillo del
Cardinale Pietro Peregrosso, ristwtevano dal Oiiardiano di S. Fran-
<esoo quatuor scrinia serrata et sigillata^ cho nel guunaìo
Scorso un socio dei medesimi merranti deposmrat in saeristia
ioci S. Francitìci '.
Cleniònto V aveva dunque ottima ragione di affidare auch*egli
alla guardia di S. Francosco in Assisi quella parte del Tesoro
pontificio che dovea rimanere in Italia. In S. Francesco, il ripo-
stiglio dello coso preziose, e per chiamarlo con voce antica, il
gazofilacio, era nella Sagrestia superiore dfìi gran tempio; il
quato, siccomo ò partito in duo chiese, bassa ed ulta, così ha
du« Sagrestie, l'una inferiore, l'altra superiore. ì/ inferiore ftk
parte del basamento della torre massiccia del campanile^ uè ha
altro accesso che dall' interno della chiesa : la compongono dae
grandi ciimere a Tolta, sopra le quali sono due altro stan:to
spaziose, ma meno elerate. Al di sopra di queste stanze posa
la Sagrestia superiore, dalla quale si entra in una gran sala
attìgua, cho oggi chiamasi Cantera dei paramenti. Or questa
nltima Camera è, a giiidicio dell'Ebrle, quella appunto ore fu
riposto il Tesoro papale, perocchò ad essa meglio cho ad ogni
Altra rispondono tutto le indicazioni, fornite dai Documenti del
secolo XIV: altior quaedam camera sacristie; in sacristia su-
perioriy per gnam immediate accesstts seu ingre^sus hahetur ad
cìjO:ru ubi uictus thesiikis fPapaeJ est repositus ; e piil esplici-
tamente SiL'arsTi-i p»PB, qucK est ii'xta sacristum supkriokkm con-
twnjus S. Francisci'. E quivi altresì, insieme CJtl tosoro pontificio,
probabilmente sorharansi tutti gli altri depositi preziosi affidati
al celebre santuario.
La qualità e fortezza del sito rendeva sicurissimi cotesti de-
positi da ogni assalto di prodoni cho movessero dall'esterno della
dttà, le cui robuste mura, sormontata da un gagliardo castello,
abbracciavano nel loro circuito hk Basilica: e finché la città fosso
■ Vedi i ilocumpnti, citati dill' Eiini£, AreMv pag. 4fì-4'.
* Ivi, p«g. 47.
684 IL TESDKO, tA BIBLIOTECA E L'aXCHIVIO DEI PAfl
fedele al Papa, questi non aTea nulla da temere pel suo tesoro.
Ed Assisi di fatto, già fìn dal mòmì del secolo XIII, erasi mia-
tenuta fedelissima alla causa guelfa e devotissima al Pouleflee:
di che avea meritato da parecchi Papi l'onore di insigni elogi.
Ila Dei primi anni di Giovanni XKU le cose ad un tratto mii-
taroii faccia. £ G^hibellini e i fuorusciti dell'Umbria, »palleggiatt
da quei delle Marche, alla testa dei quali era il celebre capi-
tano, Couti'! Federico da Muntefeltro, fecero una gran levata di
scudi, e riascìrono con improvriso colpo di mano a impadronirsi
di Assisi e poi di Spoleto, ed a cacciarne a loro volta ì Guelfi.
Di questa rivoluziono d'Assisi il Crìstofani, storiografo delli
città', non dìi che iiu breve cenno, tratto dalla Cronaca Peru-
gina del QraKiani (scritta eira il 1491), che dice: « 1319 adì
29 aepterabre, in questo miUesimo fuoro cacciali glie Ghelfì dt
Àsese, rimasene signore Nuccio di ser Francesco ^ > Ma i Do-
comenti oggi pubblicati dall'Ehrle spargono sopra queste epì-
sodio della storia ghibellina d'Italia nuova luce, rivelandoci Id
belle geste dei nuovi padroni d'Assisi.
I Ghibellini aduuque, entrati armata mano, il 29 settembre
del 1319, nella città, con alla lor testa il cavalìer Mttsio di
ser Francesco, che prose il titolo di Oapitaiu^ d'Assisi, appciu
si furono, colla cacciata dei Giioin, assettati nel nuovo dominio,
la prima cosa volsero l'occhio al bel tesoro che gìacea nella sa-
grestia di S. Francesco, e fortemente se ne invaghirono. Asà
è probabile che già da lunga mano eglino avessero volte costà
le cupide brame, e che il colpo da lor tentato e cosi ben riu-
scito sopra Assisi, avesse preso dì mira questa città, a preferenn
d'altre, in grazia appnnto del tesoro che olla possedeva. Co^
anche ai Ghibellini di Pisa un dei precipui moventi a far Lnoca
bersaglio dei loro assalti era stato per avventura il tesoro pi-
pale, ivi testa alloggiatosi in S. Frediano: e d'altronde sì n
come il dar di piglio ai beni di Chiesa e porli senza niuno scru-
polo a saccomanno, fosse costumo a quei tempi comune a tutti
i Ghibellini, dovunque rinscissero a prevalere: degni precursori
' ClllSTOFAKi, I>eUe »tnri6 d'Assxai libri sei.
* Archivio $b>rico Haliano, 1. XVI, Vane I, pug. 87.
-*"*--
ili ciò degli odierni rìvuliiziooaril ItnliaDÌ, inn da questi por dì
gran luoga superati, cume por udìo aotiiKipale, .così per ingor-
dìgia dì rapine sacrileghe.
II fatto si è che ad Assisi, nei primi di ottobre 1319, cioè
pochi gioroi dopo rinmsione, il Capitan Muzio coi dieci Priori
del nuovo governo wrainciarono il siicchcggio Ji S. Fmueesco;
ma serbando tuttavia in sulle prime una certa larva di lega-
lità. Invece di irrompere colle armi in pugno nella Basilica,
Hozio chiamò al proprio palazzo il Vescovo di Assisi, col Pro-
vinciale e col Guardiano dei Frati, e chiusili iti una camera,
impose loro che dovessero, del sacro tensore, fornire una certa quan-
tità di danaro pei bisogni urgenti del Comune. Essi negarono
da prima risolutamente: ma poi tante furono le minacce e gli
spaventi onde il Capitano li strinse, che dovettero arrendersi a
cedergli i danari dello decime papali, che serbavansi nella Sa-
grestia di S. Francesco. Bran queste: 1" la decima di sei anni
(131 3- 131 9) — dècima scrarina/ts — raccolta nella propria Dio-
cesi, dal Vescovo di "Vocerà, la ^uale ammontava ad 8(ì63 li-
bre, soldi 11, denari S, e che da lui era stiitii poco innanzi
(neir aprilo del 1319) deposta, comò in luogo sicurissimo, nulla
predetta Sagrestia; 2' la decima, raccolta parimente pel Papa
nella propria Diocesi dal Vescovo di Assisi, che ascendeva a
7200 libre, e sorbavasi insieme col Tesoro pjipale venuto da Pe-
rugia. Gli sgherri di Muzio corsero tosto a impossessarsi della
preda; ma il fecero con modi violenti e assassini, rompendo a
Airia le porte del Tesoro — ìiostìis thesauri ìtupeliiose con/ra-
ctis —; 0 poi ivi lusciarou guardie alla custodia del rimanente
danaro, affin di potere a lor talento disporn'j in appresso — cu-
stodibu^ ad reskiw. pe.cnnie c-ustodiam positìs^ ut de ea dispo-
nererU prò eoriim Ubitu voluniaiis '.
Il Comune di Assisi avea promesso ai due Vescovi di N'ocera
e d'Assisi che il valore di coleste decime sarebbe guanto prima
ad essi restituito. Ma non ne fu mai nulhi. Ao:!Ì avendo quel
di Nocera, sopra tal fidanza, mandato nel febbraio del 1320 due
■ Cosi nclb Sententa, pronunciata nel I3i!6 coairo Muzio e ì suoi cotnpiieh
presso l'EllRLe. AicMv fn^. Sò5.
r,m
IL Tt
niBUOTSCA B L ARClIIVfO DEI PAPI
Frati Minori ad Assisi, ad inveslig<Uionem et recupfrationvn
decime; i malarrivati, appena giunti alla mortadella città, fo-
Tooo fatti prìgioni e gittati nella torre; od avoudo presentaU
al Giudice del Pod>^stà le lettere del Tescoro, non che queste
lor valessero nulla, eglino furono anzi dal maestrato costretti
ver istrazìo a mangiarle ed ingoiarlo inture iutore, salvo la cer»
del suggello — gnau licteraa tandem coadi /nerunt comedtrt,
preier ^ram dnmfazat cum tftta fuerunt sijgUìat^ie — ; e il
Capitan Musio, dopo averli carichi di percosse, toUo Curii 8ai>
roventar gii*! dalla torre, il qual comando tuttavia pur fortuna
non ebbe effetto; ed infine ebbaro a gran mercè, di essere U
notte segnento, cacciati via dalla città senza avere pur potata
porre il piede in S. Francesco '.
La notizia della ribellione d'Assisi e del latrocìnio delle if
cime fu tosto portata ad Avignone da un cursore, [>er nome Gen*
tile, a cui Giovauui de itnelio, a quei di tesoriere pontificio del
Ducato Spoletano, sborsa per tal servigio 20 fiorini d'oro, com'ei
ne fa fede nel libro àelVlniroUtts et ezitua dncatus SpotiUanif
doro lasciò scritto: Die fjuìntadecìma rnensis octubris (1319)
item aedi et solvi Gentili^ (jui ivit ad curiam ad noli^atn-
diun nova coniraU, et sp^cialiter factum Asisii., quia trat terra
rupia et subrecfa fsuhrepta) erai alìqualis pecunia de dtcìma..,
viginti Jìorf'enosJ auri '.
Ma cotesto primo furto del danaro delle decime, luogi dai
saziare l'ingordigia di Muzio, non feciì che aguzKame vieppifL
Tappctito; e nel marzo seguente oi voile porre le agne m^
il Tesoro papale e i ricchi depositi del Cardinale Napoleone Orsini
e di altri Cardinali e personaggi, che cust'ìdivansi iti S. Fran-
cesco. Facil pretesto a colorare la sacrilega ruberia egli s'av-
visa di trovare uella guerra, che il Comune doveva a qaei di
sostenere contro ì Perugini, ì quali di fatto, per punire Assisi
della sua ribellione al Papa e por ritogliorla ai Ohibeltini, ne
avi-ano invaso il territorio e pesto assedio alla cìtt^.
' VfJi it curioso Doccmraln At^V InxIntweMta Mìacfllanea tX Oci. |S*I lir
cMvin ValicjROl. m« f ofl rticconlatj questi fitti; iH-iewl' tJnaE, Archit \\.t^ìXÌ.
* CllliLK, Archiv pag. SU.
XCt SECOLO XIV.
La dclÌbera:cioQ« presa sopra ci6 in Consiglio dal Capitano
Hnzìo, insieme col Podestà, ohe ora no colai Vagai o Vanni (il
Crislofanì io chiama, Verga) da Poppi (l'an^iies de Puppio)^
e coi maggiorenti ghibollini del Comiiae, veouo tosto a pubblica
notizia, ed eccitò lo silognrt dei buoni cittadini. Fra questi un
dei priiiiarii, il signor Giacoxo di Taddeo, presontossì ardita-
mento in Palazzo, il 7 marzo, a fare in nome dì tutti pubblica
e aolenne protesta^ dinan?.! al Podestà e al Capitano e ad altri
sei testimoni, contro Tempio attentato che meditavasi — rumo-
rifandn fortifer contra predictos dominos (il Capitano e li Po-
destà) et (ìffic'tahs ibidem presentes, eis omuibuti ei singulis
pr^^tavit et protesiains fuii et pfofestando dixit et demtfavH
prò parte sua et prò universali et foto communi civUatìs .4s-
siaii etc. i e domandò che l'ordinamento preso toUatur, cussetur
et revùcetur, adducendo, che il tiolare quel sacro deposito e toc-
care il Tesoro della Chiesa Romana e dei Cardinali o d'altri,
tornerebbe non già ad utile e difesa legittima della città, ma
anzi in danno e vitupero e inTumìa grarissinia e perpetua della
medesima '.
Ma la nobil Protesta a nnlla giovò. Pochi giorni appresso,
cioè agli 1 1 marzo, Muzio col Podestà e cinq^ue prwìentes et
spiente» viri domini de civiiaie, v'delicet untis prò qualiUl
porta^ recaroQsl al Convento di S. Francesco, e dichiararono ai
Frali, esser eglino risoluti di ricorrere, con buona licenza dei
Frati medesimi, al Tesoro della Chiesa lt.»niana e dei Cardinali
6 della Basilica — dixenint... gitod ipsi vokbant imbeve re-
eursum ad thesaitrum saa-i loci et roftiane ecclesie et domi-
norum cardinalium —, e trarne via gli oggetti preziosi, in
tutto 0 in parte^ per impegnarli e cavarne danari per le paghe
de' soldati e por lo spese necessario alla difesa della città, anzi
della Basilica e del Tesoro stesso (dicevano eglino, simulando
santo sielo) contro i Perugini, che stringeano Assisi di aspra
guerra e volean mettere ogni co!>a a sacco ed a rovinn. La de-
scri/.ioQe, che Muzio prese a fare di questa gncrra, merita d'es-
' Vriutini il pubblico tstrimetUo dtVn Piotevla. Uatlo dall' vlrcAtPÌO Mit-
midttale ài Assùi; pi-osso l'KlliilE, Archie (tì?. Ìi.1*i5.
tiLI
K L'ARC
sere riferita, come esempio del modo che allora tenessi d«1U
lotte si frequenti tra Cotnuae e Comune. Muzio adaaque aLU-
meoto laraentavasi de perdutone saeri loci beati Francisci d
rerum omuiitnt que in &j comisitint, ac de fterdifione totiut
civitaiis propter (ìierrai pestifera» bt cbcdbi.ex, fjuam cottira
eam potenter faciunt Perusìni volenifs sacntni loctitn caf/en
et privare, ut dicUnry gloria et gratia sacri corporis tanti
patris beali Francisci, et omnibus rebus guas inveuii'enl ibi-'
dem, et ctoitaiem vel rttyne (radere vel eam in totum sibi su-
biicere...; ad qxte ohtinenda tale Perugini iam /ecere princi-
pium, guod cum generuti exercitu et particularibus aivalcaiii,
eum multili tnilitibua et balisieriiSi cum frabuccJiis^ mangO'
nellis et gaptis (iiiacchiDe militari da batter le mura) et aliii
hedijiiiis (h variis veiterunt et sederunt hostUìier per commi-
taittm Asisii, dicti conunitatus castra et villas, ecclesias ti
ecclesiartim loca capientes^ derohbantes^ rtientes et comburent&j
arborea oinnes incidentes et vìneas, fruetus arhoruni, vinearum
et QÌivaì'um et arborutn Permium remtctentes ; et ad muna
ciiitatls circiim circa, ad muros loci sacri ut plurltnum tfl-
ststettdo fortissima et grada ìndia daides; ìatmpte tu commi-
tatù dicto multos komines oceiserunt morte, senibus, iuv^nibnt
et mulieribus et pueris adolescettiibus non parcendo etc. '.
I Frati riondimeiii) stettero da prima saldi in sul ne^rei
Muzio la lIcoDKa eh' ci domandava. Quindi nuore insistenze e ri-
mostrauze di Aluziu e dei coUoghi con promesse e proteste so-
lenni, quod non animo tenendì et dìstrahendi vel minuendi
ipsum thegaurum, res ipsas et bona reciperent, sed puro animi
et voluntate proba reponendi, sahandi ac ad integrum retti'
tuendi etc. Inftne, dopo un lungo dibattere, i Frati vergendo
dall'una parto che tornerebbe inutile opporsi alla forza, acci
Muzio poteva, e certamente era disjKisto a por oiauo, e dairiiltn
fidandosi forse in parte alle sue promesse, s'indussero ad ac-
oouscutire; a putto però cbe venissero nominati uno o due Sìa-
dttci, ì qu>ili in come del Comune promettessero al Sindaco, ossia
* Itutrumtnta diverga ab an. lSff:i u»que ad 13^, ilell'.VrchiilA rii S Fnn-
fifaco io Anifì; prono rEHni^ Archi» pag. Uó-iK^.
NEL SECOLO XÌY.
tiratore, del Convento V intiera restituzione di tutto ciò che
Terrebbe preso dal Tesoro: ad promiciendttm sindico loci sacri
fratrum et conientus eiusdem rkstitctionem isteoram omnium,
gue inde reci^tniur per eos: obbligando per tal restituzione
beni stessi del Comune. Il patto fi] subito accettato, e ne fu
ita scrittura autentica; la quale è riportata per intiero dal-
l'flhrle '. Con ciò Muzio obbc libere le mani a pescar nel Te-
>, manteltaudo sutto cotest' ombra di legalità il meditato la-
trocinio.
Da varii Documenti, riferiti dall' Ebrle, sì ban notizie sicure
di nna parte almeno dei ragguardevoli valori che Muzio o i suoi
complici, nei due anni che ritennero la signoria di Assisi, an-
darono man mano sottraendi» dalla Sagrestia di S. Francesco. Il
Guazzesi '^ narra, come « la città di Assisi impegnasse agli Are-
tini i>er 14,000 fiorini d'oro gli arredi sacri, gli argenti o lo
gioie della chiesa di S. Francesco » ; ed il Papini ^, notando co-
testa essere una porzione del Tesoro saccheggiato da Muzio,
aggiunge che un* «altra porzione fu trasmessa in Firenze per
essere venduta >, e che ne < furono fatti tre Inventarli > nel-
Tan dei quali, a lato degli oggetti registrati, davasi il raggua-
glio < della vendita fattane, del denaro ritratto e della distri-
buzione del medesimo. > Oltre a questi valori, im{>egnatì ad
Arezzo o venduti a Firenze, il prezzo dei quali forse fu impie-
gato in servigio della città; Mnxio (o il simile vuol dirsi dei
suoi buoni colleghi) più altri ne ritenne per so, impinguandone
. la propria borsa fino a diventare straricco, come viene aocen-
rnato in una Lettera di Benedetto XII (dftl 28 novembre 1340):
I Quum ipse (MuciusJ de ihesauro huiusmodi et aliis, que iem-
Ìj}ore diete tirannidis in eadetn civitate Assisinaie dicitnr eoc-
\iorsÌ8se, :iiniuii loccpletatus etc, Fra i quali furti del valente
Capitano, sono accertati da Atti pubblici 1" «n bel gruzzolo di
1000 fiorini d'oro, 2 "una bella partita di tazze, coppe e altri
• .<lrd!itci jug. 2Ì5-5A8.
' i;cA77F.?i, Opere, Tom 11, png. 155; eili;. Pìm 1706.
• pAMNr. KoiitU mure della morte, sepolUtnt, canotùttaeioHe e trasla-
sione di S. FranCoKO di Asmi, [lag. 199; 2* eiJia. Folìfc^no, 1824.
8iri« Xllt, woL n, fan. HM • ^\ 10 gU-gno IScìi
"- '
690 IL TESORO, I.X niBMOTSCA g L'AnCllIVlO DIQ VAPt
vasallami d'argento — petia rerum argentea — con fregi d'onl
e di smalti e pietre fine, per os. xinus urciolus ih argeitm
deauraius eum coperta ; una cuppa deaurata cum coperta otj
cttm exmaltìs inlerius et ezterius granata; una cuppa ir
rius granata cum atìquibus exmaliis; una cuppa sìne co}
et laltorala ad litium; una chonca cum aliquibus parasia
de argento; etc. etc.: tutta ruba apparUìnoute al Cardinale
poleooe Orsini, il cai tesoro giaceva in S. Franceso) allato il]
Tesoro papale; e che Muzio, nel 1323. in Todi dov' erasi dof
la sua disfatta rifuggito, fu c()stretto a restituire, in parlej
meno, all'Agente del poLoatfssiiuo Ourdinalt;. Inoltre, diklla
tenì»i del 132(> sappiamo, cho Muccius fece largamente mani
bassa sopra ogni sorta di arredi sacri e preziosi, onde S. Frau-j
Cesco era ricco: sanctontm relitfuias, cuticeii, cnwes, turi(ntìa,\
candelabra, tfmagines, plumaìia, planetas, daìmaticas et
pretlosa ìndumenta, vasa aurea et argentea, et nonnulla
namenta dipino cultui deputata, laptdes pretiosos magni va'
lorÌ9 exinde suhtraxit et poalea vendidit et disiraxti et
phanis u^ihus applirat^it '.
Quanto poi al Tesoro papale, i ministri pontificii f&cendc
nel 1327, la ricogni/àono, poterono cui riscontro d^gli anti(
Inventarìi rileTare tutti gli oggetti che, durante la tirannìd
gbìbellioa in Assisi, erano stati dal Tesoro sottratti; e ne stese:
l'esatto registro. Ora in questo registro, dice l'Ebrio" «
troviamo in primo luogo un buon numero di {/regia, ossìa) o[
a ricamo, ornale d'oro, di porle e pietre prezioso; e di parament
sacri planefe, pluvialìa, dalmatice di simil valore: poi non
argenterie f^ahria, catìces, imatjines, i;«.s«, e sopra tiitUi
ìndi circa 40 Manoscritti, per lo più giuristici e litui-..:., :,
infine le seguenti somme di danaro; 700 fiorini d'oro, 356 librj
12 sol. 8 den.; piò 618 fiorini d'oro e 2080 lìbr. denarii
eortanensium usualium in provìncia Spnletana, 16 sol. 8 de
cortou. > I soli oggetti che andaron salvi dalle granfie dei ladi
furono le sacre Reliquie coi loro ori ed argenti, alle quali, per j
' Etim
• Puf. ♦:.n.
I.K, AreMv papi. SAd-2Jì5.
«MI
WEL srcoLo xpr.
avanzo forse di religione, essi non osarono stender la mano
rilega; e poi la grau massa di Cadici e delle Carte d'arcliirio,
ugli oochi di cuttìSti predoni, gonte di guerra, avKin poco o
n valore. Kondiraeno anche di queste Carte parecchie spari-
Do, cioè quedam lustrumeuta continentia multa debita ecclesie
tnane (somme dovute alia Chiesa Romana) a diveisis debito-
6m-s et mercaforibus : Qà ognuno intende facilmente il perchè
Icuno fra i sacclieggiatori, pift intelligente, a siffatte Carte
Tooore singolare d' intascarsele.
/ Ghibellini cacciati da Assisi.
Da Avignone intanto, Papa Giovanni SXII, il quale in sulle
rime forse avea sperato che la rivoluzione di Assisi passerebbe
ome una tempesta effimera; veggendo poscia i Ghibellini aver
ri, ed a Spoleto e poi anche a Nocera, piantato saldi) radici,
t ogni dì più imperversare con atroci fatti a danno dei Guelfi
della Chiesa; non indugiò più oltre a prendere contro di loro
rowedimenti gagliardi. In data adunque del 23 marw> 1JÌ20
nrtese parecchie Lettere ìu Italia; le une al Rettore del Ducato
^pdetano ih spiritual ibus et temporalìbns, che era a quei di
1 vett^abilìs vir dominus Hatjnaldus de S. Arthetnia; altre
Ile città di Gubbio. Foligno, Camerino, Penigìa, Orvieto e Siena,
ìhe erano tuttora in man dei Guelfi, affinchè, insieme col Rettore,
irocedess<;ro risolutamente ad abbattere i Ghibellini dì Assisi
I di Spoleto; ed altre infìne alle medesime città ribelli di
^leto e di Assisi, intimando loro, sfitto minaccia di gravi pene,
ì proTitamonte sottomettersi. Nella Lettera ai dìUcfis JiUis
Vtiiéstatì, Consilio et Communi Assìsinatìbus, dopo descritti
) lamentati gli orrendi mali delle discordie cittadine, rimprovera
ià essi le vìolouze ustte contro i Guellì, sudditi fedeli della
Clùesa, e la sacrilega rapina del Tesoro papale; e intima loro,
ulto minaccia dell' Interdetta e d'una multa di 2000 marchi
^'argento, di restituire il furto e di richiamare in città i Guelfi
«palai. E siccome, ei soggiunge, premissorum otnnium detesta-
bJ'^ IL TESORO, tA BIBLIOTBCH B iTàRtSmo ItEI PAPI
biliwn enormitatum et ezceasuum^ fractionls iJiesauri, no/o-J
tio»is^ asportationts depositoram, et ali&rum malùrttm
sunt prtterea subsecuta, Mutius quondam Fra»cisci mitiiii^
Assìsinas cit>w, princlpalis minister ei audor... nosctiur rx
iissey expedit quod contra ipsum si»guhriter excedinUmt^
ciatius et notobiUits pmmddiur '. E Ìl Pupa procedo, fiì
a Unzio certi termini pertìntorii, entro i quali ei ilubba (ir«|
ammenda rigorosa di tutto il male fatto; dove oo, soggiaocùl
alle più gravi pene : perdita di-i feudi, iafomia perpetua, confÌMa|
di tutti ì beni, e libertà a tutti i fedeli di dargli 1» cmoìx
catturarlo, però extra moHis et mutilatioms pcrìculwHy sU
pubblico assassino.
II Rettore Raiualdo, a cui il Papa avea mandato la Lottsn
diretta agli Assisiati, con incarico di presentarla, ove potossa^^
di propria o d'altrui mano, a Mu^io ed al Comune,
indarno per duo mesi un'occasione propizia e sicura di
I^wnde infine, secondo gli ordini del Papa stoaso, risolse di pr»-]
mulgarla solennemente in Perugia, donde la pubblica fai
porterebbe tosto l'eco per ogni dove e in Assisi medesima,
tanto il fi giugno 1320, radunata ad somtvi campattantm tt\
vocetn preconis, in sulla vaeta piazza della Cattedrale di Pera^<
una gran folla di genti niagna muUitudine genttum, pretta*"
runty rtiì igiosorutH, yniUtwn^ doetomm, iudicttm ci aliommi
hominupn ckrkorum et latjcorum — ; quivi alla preseoM
Vescovo della città, dell'Abbate di san Pietro, di tre Dolt
Bologna, e d'altri cospicni person^^ì e dell'immenso p»pol(iij
presentò le duo Lettere apostoliche, dirotto l'uoa agli AssiàatiJ
l'altra al Kottoro stesso, ambedue una bulla pubtìce bullatas,]
nonvicialasyuon canceUatus nec in aliqua parte sui suspfdtir,\
ne fece leggere ad alta roce l'intiero tenore dal Notaio Olfreduitsi I
Monalduzzi di Spetto; e indi stendere di tutto il fatto un prv-{
tocollo autentico'.
Muzio intanto e i ribelli d'Assisi dunivono ostinati uella kfl
■ ElIfiLR, Archiv |)QK. 358.
* Pubblicalo dairKiiiiLE. \a%.ì(j\ -t(it;\\\\vsi\t kiiruMria uMCO|ila ilH I3W,
COOSontaU ntWArchivio municipale (lì A$.tisi.
NBL SECOLO XIV. 69%
e Bordi alle intii nazioni e !iiinicc6 del Papa, lascìacon
ire tutti i teriuini t; indugi da lui fìssati senza dar niun
^ resipiscenza. Il Papa alloru lanciò (xintro Ui sciagurata
mltiterddto; castigo sempre terribile, ma sopratatto in
^mpi oTe nei popoli, malgrado le selvagge e furibonde
jfi, la fede serbuvasì viva, singolarmente patiruso ed efficace
Hliaro i pii'i riottosi. Ma Muxio, scellerato saperiore a'siiui
"si rise dell' Interdetto; o due Frati Minori avendo assunto
Tiglioso incarico di affiggere la Bolla pontificia alle porte
Kftttedrale d'Assisi, culti in sul fatto dalle guardie civiche,
F da Muzio, dopo ì plil obbrobriosi maltrat Cimenti, costretti
igoiare, a brano a bruno, tutta la pergamena '.
bla guerra che i Perugini, fin dall'ottobre del 1319, come
kl Cristofani, avoano, sotto il comando di Gante Gabrielli
Qfbbio, rotta contro Assisi, veniva stringendo sempre più la
e dava gran rovello ai capi del Comune. Nel corso del 1320,
izioni guerresche dei Perugini oransi limitato a scor-
cavalcate pel contado nemico, a prender vani luoghi,
inalcho assalto alla città stessa, ma sen/,a grau profitto.
tpal cagione di tal lentezza era stata l'osiìnatu resistenza,
Bai la fortezza dì Bastia, posta a mezza strada tra Assisi
iTUgia, avoa trattenuto per almeu setto mesi sotto le sue
|U nerbo delle forze perugine; le quali inoltro onmsi dovuto
wre qua e là per l'Umbria per correre in aiuto delle città
le pericolanti. Ma col cominciare del 1321, la guerra prese
70 slancio e vigore. Spronati dalle lettere del Papa e dalle
tize del Rettore pontificio, rafforzati di freschi o potenti aiuti
^^Hptt Khcrw YLHitmmo |)om ìoediikì ussi-rp sutio tmo ai dm- riMti, ni.iti-
™1^B Ù%ì V«Mto di Nocfm. K \inn- iW in fjiie] s«:oio il liarli»i-i) pioto
I motia, Esfo piacque si ngolar incili.- ;i tiiiciraiPtwe Imrlont^, clii! fu Ilarniibtl
f Si^aar di Mihno; dì cui si narra clip eswmlo qd di, im^iitrt! tMialrjivn,
mtf> da dui- Lejrali d'Avìsnone clii; por(av.ingli In scomiiniQ dti Pujia ; egli.
aotiatactìie «eco lino al |)onll^ M Liriihi», ivi d'imprawi^n mlPlli? o iliwe
fst^ bere o Toangiare? T. i due malcapiLiti Numi, che (poppo bene inte-
gri^ aOìn di noQ ewcrc buttati ail allear nel liame, doTi-ltero raiiw^narsi
.crf idffliiottìre, «me surip, le fj^rpimene p&millcip; con ijiialr ^oiniico,
I- Vedi (aSTC, Storia Unicenah i^ edit') Tomw VII. [aB. ^39.
694 Ai TESORO, LA BIBUOTECA E L'HItCHlV» DEI PAPI
dalle città guelfe alleate, e Uberi ornai da ogni altro imi
i Perugini, già padroni di tutta la campagna, posero formaLiJ
strutto assedio alla città d'Assisi e sì diedero gagliardi
ad tncal sarto.
Per più mesi gli Assisiati, mercè le robuste mura e la
tissima rocca torreggiuoto in capo alla città, [wturono rcsis
alle batterìe nemiche; ma, il 19 agosto, essi troraronsi rìdot
a sì mal partito che dorottero implorar paco. Il 23 e 23
medesimo mese, ne furono stipulate le condizioni. Ia città
Assisi si obbligh'.Tebbe con giuramento ad obbedire ai oomaod
del Papa e de' suoi ministri; cederebbe ai Perugini nna
porzione di territorio, come indennità per le spese di gueni;
caccerebbe Uuzio in esigilo. Ì^Ia questa pace aborti in sul di
u non venne mai ad esecuzione '. Pmbabil mento, come PKhrl
congettura, a Mtuìo riusci, col favore del Conte Fcderìor) tU]
Montefeltro allora strapotente, di rompere e mandare in fu
Id trattative, respingere i Perugini, e mantenersi ancora
qualche mese in sella. Quindi ai messi spediti da Giovanni £{
Amelio, tesoriere del Ducato Spoletaoo, al Poutefice in Avi^
prò intimanda pace Jacta iuier Asisinates et Pcritsinos, alt
tosto tennero dietro, per annunciargli, guoinodo pax ciiiU
Assisii erai fracta noviter. Laonde il Papa, con Letlenj
21 ottobre 1321, rinnovò ed aggravò le intimazioni già
nei marzo del 1320, contro il Potestà, il C<tnsiglìo e il Coi
di Assisi, che ai precedenti delitti aveva aggiunto ultimai
quello dì calpestare l'Interdetto; e contro Muzio, autore prìmaiio'l
e^antenitore della sacrilega ribeliione, e resosi inoltre pel si»]
dÌsprez:!;o dello pene ecclesiastiche fortemente sospetto di ei
— Mulius sacrilegus, pgr diversoria mortìs i»c&iens,
veretìs ex predicti violaiiùne et subiractiotie tìtesauri latn ftC'J
phandi sacrilega commisisse reatum^ dietam senienfiam exrc
municationis tnuquam mentbrum pntridnm a corpore preciswn]
) Il GniSTOrAM.scfuilo rin» ai di no4ri dj ilirì iulorì, erol(4t« eb« cod qwMlj
pacft i Gu«llì rìcnlnsKro in Asii<ì, i' poscia verni«N>m da ona nuora ri*a|y
cacciati (11 iiooio. Ha ITiinLi: con t>ili(li arfioiiienU. initU ilalU; anUchr cnwdtal
cgnrula < corrrgice «■«l'-mi, t varii altri rrrori, (Mio Storico d'A»nn.
REL SRCOLO XIT.
e9tae non formidans, Uhm diuUus uhsiinata mente smtinnìt
adhuc quasi bibem aquain prò maledidione coutiitua ii\-
'inito et irreverenti animo in muUorum scandalum substì-
tre presumit. Propter quod de labe non imvierìto suspccttis
ibelur heretice pravitatis. — Per Io cho il Papa ordioa al
escoro datila città, ed agli Inquisitori di aprire contro Io atesso
uzio solenne processo '.
Ma sul cominciar del nuovo anno 1322, i Perugini coi loro
leali doliti città guelfe, tornaruni) con ratldoppìato ardore e con
iaggiori fonsu a battere e tempestare le mura di Assisi. £
pesta Tolta ialino, lu loro armi furono coronate di splendida e
terissima vittoria. Verso gli ultimi dr.I marzo, i Ghibellini
Uà città, ridotti aLl'estremo d' uomini e di vettovaglie, furono
Tzatt d* arrendersi a dlscremue: e il giorno 29, ì lor Deputati
ttoacrissero in Perugia, nel Gran Consìglio, l'Atto di sotto-
issione, che venne ratificato ai 3 d'aprile. Duro furono le con-
Iìzìodì imposte dai vincitori ai vinti; ma più duro ancora, dice
rEhrle'^, fu il modo, con cui i Perugini e i Guelfi d'Assisi, ora
rientrati trionfanti in patria, le portarono ad esecuzione. E il
Ì)rreo giogo, a cui da quel d) la superba Perugia sottomise l'antica
aa rivale, gliel mantenne sul collo per pili auni appresso: onde
piovanni d'Amelio, il 12 febbraio 1325, scriveva ad AvignonoT
leplorando la sevizie, con cui tuttavia i Perugini gravahant
pntjrmiler AssJsium.
La fine al prossimo articolo.
' Ehìii.e, Archiv |iaj;. 9r.r>.
» Arehiv pag- *tìl3. Il coiilemiioranno Giovanni V11.UW {Istorie Fiortntine
|lb. [X. e. \'A7i, jmrlatKlo ili questa iiii'iiicimliìl viltoriii, Akc die i Pernpni t di-
^MÌono ÌP Ritira e le fi>rtei.:i> «lelli ciuà lii Asci'^i, v riKaronla a loro giunsilÌEione.
ì tobooo il stin t'onradii iitlino iil fiiiinc ili l 'ti iacee i-o rl]i> è a pie ilrlln cilli^.^ R
(nireiì i r«rngini in Ksc'ifi corsoiin \a l-rrn contro ai p:itli, « piò ili cento ultadiui
isono a fnroni nella icrm, drenino Muli loro rnlH-llì. •
I DERELITTI
XXV.
MiLIGSITi SàTANICl
Mentre la Marchesa Cocilìa o la figlia raitioreoDd aodamiol
in Tolta per la terra de'Faraonì, aspettando il figlio e il fn-l
tello, che n*cra d'Emma o di Pierino, che lasciammo in can lo]
zio Malagiiinta? Eratii^ i tapini, siccome altrove dicemmo, allkj
mercè di un reechio avaro e di nna perfida goreroante, n
tìzzom d' inferno, che parea Tenuta al mondo per accendere ìli
fuoco della discordia in seno alle famiglie. La malvagia fomÌBi{
quando venne a notizia della partenza della Marchesa, per b<
lotterà che questa scrisse alla figlinola, avvisò tosto di giovar*
Beno ai snoi periodi intendimenti. Scaltrita e scozzonata più cImI
lina volpe, ella prese anzitutto a far con Emma e Pierino un graBl
rammarichio della partenza della madre e della prigioDÌa fij
Cesare, e a compiangersene vivamente od essi con tutte qac
Ante di pietà e di dolore, a cui sapea maraTÌgliosamente atteg-
giarsi. Il che le valse a meglio cattivarsene la benevolena e|
la fiducia, e a far si che anche il padrone non gìiigip
odorare i suoi occulti disegni. Per tal forma vennele h.i
tranellaro a salva mano zio e nepoti. Per un paio dt eettiroaa«j
adunque ella rappresentò bellamente in commedia le parti jii
pietosa consolatrice: ma quando vide ammollare noi vecchio qaelj
primo sentimento di naturai compassione, che avealo reso
po' po' benigno verso i nepoti, e riprendere in lui il soprawent
Pavarìzia, stimò venuto il tempo di fare il colpo.
Un dì che il vecchio era d' umor pid nero e serpentoso che miì,|
e andava in bi///.a per la nota d<Mle speso di casa, straboccbe-)
Tolnionte, com'egli diceva, caricata, la Rosina con aria compant
I CEBEtrm - XXV. «AUGfftTÀ SATAMCA 6U7
Bseguata e sommessa. — Caro signor Padrone, gli dlsso, io
ci ho colpa. So lu fiimiglia è cre^ciut», forz' 6 che si ag-
ivino pur anco lo speso. È cosa che va eo'piedi suoi. Voi ben
pete ch'io sono Ttiassaia ; o non dico per lodarmi, mu. ìd quindici
ni che vi sorro, mi paro di avervi dato prore bastanti della
a fedeltà.
— Che ti frulla ora pel capo? Chi ha mai messo in dubbio
tua fodeltii?
<^ Eh... perdonate... quel vedervi così imbronciato per la nota
U© spese?...
— Vorresti tu ch'io facessi un visino dolce e una boccaccia
ridere ai bezxi che mi volano via?
— "N'un dico questo ; ma poiché vi siete sobbarcato alle spese
. mantenimento e deireducuzioue do' vostri nopoti; converrìl
re che mettiate fuora de' buoni contanti...
— Ohe mi parli tu di mantenere ed 'educare i nepoti? Io me
terrd in casa al più fitio al ritorno della madre.
— Ah, ah... fltio al ritorno della madre!... Kd ò possibile,
to padrone, che voi, uom sì prudente e avvisato, non vi 8iat«
sorto che vi danno il giambo e vi tongono in sulla gruccia,
cho il fatto vostro 6 una compassione^ e voi n'anJate io voco
tatti come vecchio (perdonatomi l'espressione) babbuasso e di
tondo? Che vi diss'io laggiiì noi viale, quando corsi a darvi
àzia dell'arrivo de'nepoti? Xon vi manifestai allora il mio
ttto che sotto colore di mandarvi qua per poco tempo i
ti, la vedova nascondesse il pensiero di addossarvone l' in-
? Or ecco che la sua partenza per l'Egitto viene a ooofer-
i miei bravi sospotti. Credete voi ch'ella debba rimpatriare
tosto? Ci vuol altro ! Prima di ricuperare il lìglio, se pur ò
fthe sia prigioniero, e nou sia anche questa una sua frottola
colorire la sua andata colà, dovranno passare dei mesi e
ra'anco degli anni!...
— Degli anni? ripetè il vecchio tutto rabbuiato iu viso. Sa-
ibbe duuqutj anche questo un tnwiello, come tu dici, e come
incìo a sospettare anch'io?... Basta: tutto lo ciambelle non
iQo cui buco, dico il proverbio. Se lu signora Marchesa, mia
69o I DEtteLITTI
nepote, mi avrà gioatato, in fò di Dio che mangerà ìl
pentito!...
— Frattanto, rìpresd la mascagna^ non 6 ginsto che lo
gÌDo i rostri nepoti ; i quali fora» nulla sanno di tuUo questfl.
E perd voi vedete eV io non posso fìir soperchia eeonomia seva
lori) danno e vostra vergogna. E voi mi garrite per l'acetesd-
monto delle spese?...
— 'Siili sai tu quel che dice an antico adagio : /( sovtrAk
r<mpe il coperchio? Ti dico dunque e tomo a dire che le speN
sono troppe, che conviene rilìlare, assottigliare... Oià tom'ia-
tendi... E accompagnava ìl suo diro passando leggormenie uu
mano sull'altra, come chi taglia o affetta sottil sottile.
— Eh si... soggiunse con nn ghignetto la Rosina, n i rìiiU:^
a quelle due bocche che divorano per dieci! Basta, fard il y-^-
sibile per contentarvi!...
Questi dialoghi tra la governante e il padrone che ripete
di frequente, produssero col tempo T effetto che la brìfblda
ne aspettava. L'j lettere che giansero in seguito dall' Egitto
man della Marchesa dirette a luì u ad Emma non f^vano
ribadirgli iu capo Tidea di un laccio tesogli dalla nipote,
quello che venivano a smentire le voci oirso intorno alla
gionìà di Cesare, e davano insieme a iatf^ndere che ella
rimasta coU per un tempo indefloito. La governante poi
falliva mai di battere ìl ferro fincVera caldo, rinfocolando l' ani
del vecchio in queste sue bizze, e con Recandogli vie pìil add
il chiodo ch'erasi piantato in tosta; mentre d'altra porta
scaldavagli sempre te orecchie contro ì nepotìf che non e
verso dì lai sinceri, ma cospiravano colla madre ad abbiado
Deir interesse poi non è a dire: era il tema ordinario del
pissi pissi col padrone, quando la sera preseutavagU la
delle spese, ch'ella con finissima asbma caricava, ma in
che il vecchio baggeo non so ne addosso. Di quest'arte ella gi
bel bello ad alienarlo da'neputi, vors'j i quali peraltro nuo
mai stato, come il lettore avrà veduto a suo luogo, troppo
e gentile! Emina e Pierino ben se ne addiodero; ma
iDQgi le mille miglia dal subodorarne la cagiono. K^tsi arrea
XXT. MALICMTÀ SATANICA 699
Il mal taIdDto dello zio e i saoi modi aspri e disdegnosi
indole soa nibcsta, bisbetica o scontrosa. Noq passava loro
capo ombra di sospetto che vi putosse aver mauu la Rosina;
|uale pareasl buoQa, e diceva dì amarli tanto, tanto! Pove-
I qaaato s'inganDavaito! Ma chi mal non fa, mal noa pensa;
i>n è a stupire che quelle due aainmcce innocenti, ingenue,
are delle frodi dì nn moudaccio traditore si lasciassero ago-
Uente abbacioare dallo vane lustre di un mentito alette.
Quando quella vecchia volpaccia della Rosina videsi padrona
(cuore di Emma e dì Pierino, corno gìh lo era da pezza del
t zio, deliberosai di non soprastare piiì a lungo a fare scattar
tacchina che avea motilità por piglinro a una stcssji. ta-
la 7.Ì0 e uop(.tti. [ndusse du.pprima il vecchio, già incaponito
*]dea di essere stato carrucolato, a faro ricerca del conduttore
mma e di Pierino, a fine di apparare per suo mezzo la
ita di quanto questi avcanglì contato. Ben avvisava l'astn-
'ÒA dover tornare vana eotosta rioorca, ignonindos^^ne perfino
nome; ma questo medesimo avrebbe raffenmito il vecchio nei
i sospetti. E la cosa andò coin'etla avea divisutu; chò il Ca-
do iuc^aricato di questa bisogna dal padrone, e recatosi per
ndemu vocu a Ca^li, non potò mai sa[>oru chi fosse il giovane
[liese, che avea vettureggiato fio colà Emma e Pierino, quan-
qne questi avessegli fornito i connotati uecessarii a rìcono-
rfc). La mala riuscita di queste ricerche ribadì i sospetti in
0 al vecchio; il quale per questo fatto guastns.si sì malamente
Buoi nepoti, ch'indi in poi non li volle neppnr seco a mensa,
irdinò che desinassero coi ramigli, nò gli venissero innanzi,
non chiamati. Faccia seco ragiime il lettore di che acuta fìtta
«r dovesse al toro cuore l'ingiusto sdegno dello Zìo! Essi
ha loro semplicità e buona fede ebbero ricorso alla mediazione
Ha governante, ch'ora come so lo pecorella si mettessero sotto
protezione del lupo. La manigolda infatti fe'sembianza di
Jteggerli, ma solo por meglio tradirli e rovinarli.
— Piglinoli miei, diceva loro con bocca piccina piccina e un
etto arieggiat<j a cjmpassiouc. vostro zio, mi grava il dirlo, è
Fecchio testardo, che quando sì ò fìtto un chiodo in capo
L
TOtI
1 DERELirn
non glielo lerorebbe manoo satanasso. Come fare a
che Toi non avete voluto ingannarlo? lo mi ci sono
vedete, miL.. e qui crollò il capo e trasse un sospirone, con
dire: egli è un lavare la tosta all'asino. Vi dirò di pift; e gn
d'attofQo per assicurarsi dì non essere udita; poscia j
r indice alla bocca, vi dir6 di più, ripetè, ma ìa gran a
veb... Egli è talmente cornicctato con voi cbe voleva rìmu
a casa vostra! Io Tho supplicato a mani giunte che noi fai
ed egli in questi» almeno mi ha dato ascolto. Però se uin
volta Io assalisse oost brutta tentazione... io non so... \m
Starò sempre alla vedetta per darvi il segnale delta tem
e farò di tutto per rabbonirlo, se mi sarà possibile; p
rodete, è un benedetto vecchio che arruffasi per ogni poco,
un istrice, e guai a chi Io tocca! Poveri figliuoli, don
capitati \ Ma buon per voi che la Kosina non vi abbando
— Si. Kosina mia, vedete modo di rappattumarci eoli
dissele Emma. Ve no sapremo grado influito per tutta Ift
— Eh cani Emma, ripigliò la Rosina, T impresa è ^àl
di quello che vi pensate. Tuttavìa metterò tatto in open
venirne a capo. Voi due intanto abbiate pazienza, e Bons
più che potete l'incontro dello zio, aspettando che passi la
pesta e l'animo suo si rabbonisca.
Di questa foggia la rea femmina teneva a bada i ti
orfanelli, mentre in pari tempo era mantice agli sdegn
vecchio, della cui confidenza orribilmente abusava. Quaod
le parve che il mal seme della discordia, da lei gittate t
e nepoti, fosse ben attecchito, allora piiì non pensò che a cogl
il frutto; e fu così perfido e infame il mezzo a cui die di p
che mi rifugge l' animo o mi trema in mano la penna n«
cingermi a descriverlo. Ma innanzi che veniamo al do
passo, non sappia male al lettore ch'io rivolga indiet
sguardo a quel solo e vero amico deMerelittì, voglio dir
r affettuoso Fido, che parve da me in certa guisa dimeni
Fin dal gioruo che Emma e Pierino misero piò in casa
giunta, il loro cane fiivvi dal ringhioso vecchio accolto aS
non guari dopo a colpi di bastone cacciato; di cbe pori
J
XIEV. UAUGMtJL SAT.INICÀ lOi
Irumbi grundissima noia. Sooonchtì il liuon ìLnittmlo noti li
ibbHndoDÒ por questo; che dì o notte avroltacchìaudosi intorno
la casa, uttendea il momento che i suoi padroncini ne uscissero
r fare loro ogni volta un mondo di carezze; ed essi di soppiatto
ittavuugli ogni dì dalla finestra qualche tocchetto di pane o
imasaglio del loro desinare, perchè non si morisse di fame,
iitravreniva spesso che il vecchio si facesse alla porta o alla
neslra; e allunt Fido darala a gambo, ma per tornare heu tosto
i dove r amore de'saoi padroni lo richiamai.
Che oontn^to tra i' amor di Fido o il cuor nero di dae esseri
Inaani, Timo insensibile per aTarixia e l'altro per amliizìone
cupidigia spietato! Ma torniamo a bomba.
'
XXVI.
L INK00Eli/.t CALUNNIATA
La Rosina solea ricevere dal padrone ogni mese la somma
ieeessaria per le spese giornaliere; la quale dopo la venuta dei
nipoti ammontava a un duecento lire. Or che fé' la scanfarda?
Simulf» de'piccoli furti di qualche lira, u ne mosse lagnanza al
padmne, dandogli così a credere che vi fosse qualche Indro in
casa. Il pecorone di Taddeo prestandole intera fedo, domanda-
tale sempre su chi facesse ella cadere ì suoi sospetti: e la
piglioffa stringendosi nelle spalle rispouderaglì, che niiin dei
domestici metteva mai pie nelle sue sta:i7.e... E nel dir questo
Hcoompagnava le parole con un cotal ghìgnetto ironico, che ben
rivelava com'ella spingesse più oltre i suoi sospetti. Di che av-
vedutosi il vecchio ombroso, più d'una volta le disse che parlasse
chiaro; ma ella sempre gnardossi dal nominargli i nepoti, ac-
iocchi; questo risorbo le giovasse in seguito ad acquistare presso
di lui più credenza per quello che mulinava. E poi, che bisogno
^*era di pronunziare quei nomi, che Dio sa quante volte affacciar
il dovevano da so stessi in mente al sospettoso vecchio? Infatti
«gli diceva tra sé e so. — Prima che mi si appiccassero ad-
dosso quelle sanguisughe de' miei nepoti. io non sono stato mai
derubato da' mici domestici, porchd mi avrebbero a fare adesso
fA brutto tiro? E quand'anche il volessero, come il potrebbono,
702
I DEneLim
se non mettono mai pie nelle stanze della H<.iina^ L& governiuit»
poi guardò sempre con gelosia il danaro cbo le diedi per U
spese, u^ ebbe mai a lagnarsi meco di furto. Come ra che adeaw
vedosi sparire dì tratto in tratto, come per incanto^ le lire? Mi
sarebbe ella riuscita dì massaia, accorta e fedele, eh* è aempn
stata, una governante spensierata, strulla o ladra? Oh no... odi
è possibile... Kirò una donna ammodo, e dopo 15 anni di pron
non potrei dubitarne. Resta dunque ch'io tenga oq po' d'occhi*
a'mioi cari nepotinil...
Essi mi sono venuti in casa quasi di frodo, affamati, e per TÌvm
a mie spuso, riguardando fin d'ora come propria la roba mii.
Qual niaravigtia che cedano alla tf^ntiiziono di rusparmi, quo
possono, un po'di mon<3ta? Occhio dunque Taddeo, occhio
mani de' cari nepotinì!...
Tutto cotesto fisime fruUavan^li por la fantasia, ed egli
tanto afllssarvisì sopra, avea dato corpo al suo sospetto por fo
cbo ornai niuno sarubbo stinto capace dì cLvar^^Iielo di rapo,
che avvedutosi troppo bene quel demono incarnato della Rosi
pii\ non ìstette a far scattare la trappola che avea montata
infernale astuzia.
T7n dì che il padrone ebbele dato, secondo il solito, te du<
lire mensili per le spese di casa, queir impiccatacela, culto
tempo che Emma passeggiava col fratello nel viale, corM
sofUearlo per entro al pagliericcio dì quella, e ne ricompow
letto com'era per l' innanfii. Il giorno appresso eccola tut
santo 0 stralunata correre alla camera del padrone, e in sem
e in atti di disperato dolore gridargli : — Signor Taddeo, fin
questo momento abbandono per sempre la casa vostra. Ah
sarli mai... £ qui a piangere, a piangere... che olla tenera sea;
le lagrime nel serbatoio per ogni buona occasiono.
— Ma se'pazza? Che è? che avvenne? Parla. Disse il v
sbarrando un paio d'occhi smarriti.
— Quel danaro... che... mi deste...
— Kbbene?
— Mi-., fu... rubato... K qui nuovo pianto, e omei e dispe
— 'Rubato? ripreso il vecchio con voce tremolante. Possibili^
Guarda beso che non l'abbi piuttosto perduto?
^ssak
Perduto, dite voi? Vi pare? L'avevo chiuso nel mio for-
ino; e questa mattina ho trovato il forzierìno aperto e le
iecento tiro scomparse.
— Che mi conti ? Ahi me disorto 1 me tapino coi ladri in
! E cacciandosi le mani ne' capelli, levossi furibondo e fu
camera della Rosioa; dove, vedendo lo scrigaetto sforzato
Ihè U ribalda avoane sconficcato ossa stessa la serratuni) a lei
rivolse tatto inviperito, dicendole:
— £ ta. bestia che sei, vai a nascondere il mio danaro in
DO sUpetto, che è un ninnolo da fanciulli, o pu<> essere da
ualiiniine manina forzato ed aperto? K qui tutto gonfio d'Ira
K>ttò in parolacce da trivio contro la sua diletta Rosina; la
naie senza fiatare, con aria compunta e ad occhi bassi lasciava
piovere, godendo intanto in cuor suo di quel risciacq[no a ranno
oliente, che doveva poi ricadere in capo alle sue vittime. E
aando il vecchio ebbe dato esalo all'ira che bollivagli in cuore,
aella fnrbaccliìuna trincata prese a fure con lui le sue scuse,
icendo:
— Sono quindici anni che Ìo chiudo il danaro in questo stipo,
ler averlo più alla mano, e guarda che mi sia mai mancato
D ccntesimol Ed ora? ah ch'io smemoro, nò, so che pensare!...
— Ma non mi hai tu detto, ripigliò sbuffando il padrone, che
i quando in quando ti vedevi sparire, senza saper comò, or
ezza lira ed ora una lira?...
— Si, ma erano di quello ch'io cavava fuori, e talora lasciava
ni tavolino por le spese giornaliere.
— Impura per l'avvenire, citrulla che sei, a custodir meglio
I danaro, che è sangue mio, hai inteso?
— Non dubitate, signor Taddeo: la lezione che questa volta
avuto b Sì dura, che n>m la dinu^utichorò mai .pìCi, viver
■ytSBÌ gli anni dì Matusalemme. Intanto non mi soffre l'animo
i vedervi patire questo danno per cagìon mia. Io ho peccato
ler troppa ìidncìa; e ragion vuole ch'io solane porti la pena,
spese dell'ontrantu mese saranno tuttu a mio c;kri:co ; ed io
chieggovi la ritenuta del mio salario fino ad essermi con
i sdebitata dello duecento lire che vi debbo.
Questa profforta rabbonì il vecchio avaro; il quale senza dire
704
1 PERELim
86 r accettava o no, r.i3SereDi>ssi alquanto in riso, spianò U froob
e gaardò con occhio bdnevolo la Hosina, che stavsgli io aU
umile e contrito (linDaui!Ì, corno il roo alla presenza del giudi<
Poscia colle braccia conserte al petto, e tutto chiuso uè suo
pensieri, diesai a misurare a passo a passo la stanza; e la
governante arrìsandu l'arvìamónto che questi dorerano prende
naturalmente in corca del ladro, se ne stette in disparte e
cituma per non dtstoraarne il corso. Quando il vecchio
matosi a un tratto e a lei rivolto, dissele. — Chi ci ha
il brutto giuoco, non piiO essere che un ladro domestico.
— Certamente, riprese la Rosina. Chi altro poteva enti
in camera, quand'ìo ierser^i no uscii per dare i vostri ordini
famigli, ovvero iinesla notte, ment.r'io dormiva.
— Se il ladro ò in casa, Io scoprirò per tutti i diaroU
l'inferno, lo scoprirò; e allora te lo concerò in manieru che
abbia a ricordarsi di me fin che viva, uff... e lasciò andare aflj
pugno sul tavolino che stavagli dinnan;!Ì.
— Ma come scoprirlo? rispose la frodolenta. Io non vi v€
che una sola vìa da scovarlo, anzi da acchiapparlo col fartoìi]
mano, che è il più bel colp<>tto che si possa £aro.
— E tu lo eredi possìbile?
— Anzi iufallibìle.
— Tu mi (ai cadere dalle nuvole. Spiegati.
— Sentite, padrone: ninno de'domestici ha finora messo
fuori di casa. K però nìont>; più facile che aver in mono il cor
del delitto, lìasta cogliere tutti alla sprovvista, e riunitili nel
sala, frugarli garbatamente; e nnlta trovando, farli guardare al
vista dal Castaldo, mentre noi rovisteremo ne*loro BlAmbut;t;«|
voi vedrete che il morto si scoprirà.
-- Non dici male!... Il passo in vero è un po' arrischiato;!
perchè saprà molto agro ai demestici Tessere presi iu sospeUfj
di ladri; ma veggio anch'io non vi avere altro partito che questo-
Trattasi finalmente di diie...cento...Itre, corpo di Bacco!.- Vnt
bagattella eh... due.. .conto.. .lire! E poi, come dormire tntuiuìl&^
in casa, sapendo che v* è un ladro domestico che ti può demìm
a mail siUva?
— Derubare ditd voìP E perchè non aggiungete pur tua
assassitiare? È forse la prima volU che famigli e anche parenti,
0 mìo Dio, si anche parenti giungono a BcaQnare il prossimo
per amore de'qiialtrinì?
La conclusione di questo dialogo, por tagliar corto, fu mettere
tosto ad effetto il suì^gerìineuto della governante; ed è inutile
raggiungere che le ricerche fatto addosso, e nelle robe e nello
cameracce de' famigli approdarono a nn bel nulla. Di che la
Rosina dar» vista dVsserne soprammodo sgomenta e accorata ;
e intemigara otgli occhi il padrone come per leggergli in viso
l'iotcazionc di spingere più ultre le ricerche nelle stanze dei ne-
poti, cosa cb^ella non ardiva proporgli per non dargli nemmeno
da lungi ombra del tradimento da lei ordito a loro danno. JUa il
rocchio ne la cav^ egli stesso d'impaccio, dicendole — Andiamo
a {are lo nostre ricerche nello stan?^ di Kmma e di Pierino.
— E che? dubitereste voi de' vostri nepolì-' dimanda astuta-
mente la perfidiosa.
— Eh... quando tratUsì di quattrini, non bisogna fidarsi
nemmon de'pareutì. Andiamo.
— PiiLCCìavi ch'io prima sotto un pretesto qualaaque cerchi
di allontanarli.
— Mandali dove diavolo vnol.
Ta Rosina sali alle loro stanze, mulinando tra sé che pretesto
addurre dovesse ai malcapitati; e appigliossi al primo che af-
facciossole in mente, e fu, invitarli alla caooia delle palombelle,
a cai in quel momento appunto arviavasi il Castaldo con altri
cacciatori di que' dintorni.
Kmma e Pierino t«mnero di gran cuore l'invito, perchè non
avevano mai veduto quella caccia che è di tanto sollazzo ; u
scesi nel viale, ov'ebbero tosto le festose acodglieoze del povero
Fido, che starane sompre alla posta, se no andarono anch'essi
di brigata c^jì cacciatori alla volta di una selvetta non guari
lontana in sulle verdi sponde di un ruscello. Partiti ch'essi fu-
rono, la governante e il padrone mìsero sossopra le due cime-
rucce, razzolando tra le loro masserizìuole, scompigliando i letti
e rìfnistando i pagliericci. Quando a un tratto la furfantaccia
della Rosina arrestossi, e in sembiante di gran maraviglia
Strù XIIJ. coi. II. fatt. 8ft* 4*. U gnrgio ISSli
706 I oaHELim
— Qui, dìsso, noi pagliericcio di Eiutna par che sìuvi del sodo.
Il padroD6 tosto ri corse colla mano, e ficcatala lino al fondi
— Che è questo? sclamò tutto rabbuiato in viso; e trass«iM
fuora im iuvolto. L'aperse, e trovorvi dentro tra di argento i
di rame le duecento lire che cercava. Osservò la pezzuola in di'
erauo arvolte, e rioonobbela dalla cifra per quoUa di PieriDo.
— Ecco i ladri scoperti ! mugghiò cupo e fremente; ecco il
corpo del delitto!
— Oh chi l'avrebbe mai pensato?... sclamò la gaglioffa oaa
un'aria di volt4 tra stupefatta e dolente.
— Chi l'avrebbe pensato? ripigliò con voce tremante perla
rabbia e la vergogna il vecchio, chi l'avrebbe pensato? L'ho
pensato io, cbo fin dal primo istante giii oramene balenato ia
mente il sospetto. T7IT... ladri i miei nipoti?... cosa mi tocca
di vedere! i miei nepoti Udri?!... E io posso sopportare ootutti
infamia? Pazzo che fui a raccattarmeli in casa!... Bella merenda
in vero essi rendono allo zio della sua cariti! £ queir Emmi
che fa la Santuzza, e ti par proprio ana madonnina del Dola
0 del Coreggio?... Va, fidati delle apparenze!... E Pierino, a m
piite tuttora la bocca di latto? Pierino tien mano alla sorella
nella gloriosa impresa di spennacchiare lo zio, che li ha raocollJ
quasi pez:ìentif affamati... e or li mantiene, solo perchè possuk
meglio ciuffargli la borsa! Che Dio li fìuxia tristi! Io, non mi*
io, corpo di satanasso, se non li caccio in una casa di «orrezioo^
e dopo avnr dato loro un buon carpicelo di nerbata. E .si di
stufava, corrugava Io ciglia, aggrottava la fronte, sprizzava
dagli occhi, e misurando a passi concitati la stanza, ripetea
— nerbate, 7ierhate !
— Per amor del ciclo, disse la Rosina, signor padrone,
fiate cosi grossa buassaggiue! Vi pare? Che si direbbe di Vtt
se ti mandaste in una casa di correzione? Un tal pas-so vi po-
trebbe attirare di molti guai. E poi sarebbe un luetteru in piana
le miserie domestiche, e ne andreste di mezzo anche voi. Ci
scapitereste dulia vostra riputazione. Fate a mìo modo: rimandateli
senz'altro a casa Loro. Se non vi ò colà la madre, evvi la ca-
meriera, la quale, a detta di Emma, ha un cuore di madre per
la famiglia.
XXTt. L mnOCENZA CALU.\»UTA
707
Questo ooDsigtio datogli con sotti! raalixia dalla governante,
andò molto a sangue al vecchio barbagianni ; i I quale sbollito quel
primo impet') d'ira, e dato un po' luogo alla riflessione, le disse:
— Tu hai ragione, Uosìna, il meglio è rimandarli a casa loro.
Ha... e le spese del ri^gio?... Questo impensieriva forte il
pitocco, che non sapea mai risolversi ad aprire la borsa.
— Se è per questo, voi non ci avfite a pensare. Darò loro
nn cento lire del mio, ed è pift del bisogno. La carità fintUmonte
la so fare anch'io.
— Brava Rosina! Io ti ho sempre avuto in conto di donna
luassaia sì, ma all'uopo ancor liberale e generosa, e godo di
noo essermi ingannato!
— Tutta vostra bontìi, caro Signor Taddeo! Or di una cosa
floitt vi prego, ed ò che non facciate traspirar fiato ai vostri
nepoti della scoperta che abbìam fatto.
— E perchè? \on ti par egli convenevol cosa far loro una
l>aona canata e scudisciarli di santa ragione per cacciarne il
diavolo che li tenta a stendere l'ugna sulla roba altrui; e poi
lerarceli dinnanzi?
— Cotesto sarebbe nn rimedio peggìor del male; perchè essi
pnntì sul vivo al vedersi puniti e cacciati di casa come ladri,
né sofTrmido di turuare ìu patria con <xi>f>sta brutta macchia in
viso, Dio sa a qual partito sì appiglierebbero per riscattarsi di
i^aeet'onta. Forse non arrossirebbero d'inventare eziandio molte
calunnie a carico vostro. È vero che voi avete buono in mano
da sbugiardarli, confonderli e farli vergognare di sé stessi. Ma,
oh Dio!... Voi siete sempro zio... essi sono vostri nipoti!... Parvi
egli che vi convenga mettere in mostm quello che tra parenti
dorrebbe rimanere sepolto in alto segreto poi decoro di tutta
la famiglia? E \m sareste .sicuro che il mondo, sempre maligno,
Avesse a dar ragione a voi e non piuttosto ai vostri nepoti; i
qaali hanno a lor favore tutte te apparenze ingannevoli della
piet!\ del candore e dell' innocemsa?
— Von hai torto, R«3sina; o mi maraviglio di me stesso, che
coleste rillessìuni non mi siono passate pel cervello, tanto sono
«lleno giuste ed assennate!...
— Eh quando sì ha l'animo tutto sconvolto e il sangue ia
1^^
1
7(18
1 DERELITTI
bollimento, come l'avevate voi testé, non si può ponderare
cbu meglio ei convenga! Or a«] animo più riposato voi st
vudetu la ooovenieam della cosa.
— Sì, à, rimanderemo senza strepito e in sanU pace i nep^t
come tti mi comigli. Uà bisognerà puro dar loro una qualct
ragione di (jaesUi sfratto?
— Che ragioni? Si farà in modo cVessi stessi pel loro meglio
fr: ne vadano. Qiù ossi sanno che ò spirato il tempo della \»v
villeggiatura nel vostro casino, o che voi siete scorrueciato
essi, perchè li trovaste infinti e bugiardi ; e tanto basta. I:
non cerclieranno più avanti; e se ne andranno pe'&tti lor
Lasciatene l'incarico a me; e vi prometto io che dentro
vi libereranno d'ogni noia. Converrebbe però che voi non
lasciaste vedere da essi, perchè vi leggerebbero tosto in volt
quello che vi eliìuduto in cuore, o vi assedlerebboro di domande;
e quaudu puro non si ardissero di farvule, perdio non baai
la cuscioDzu, uetU, voi mal vi terreste alle mosse al vederre
dinnanzi con quel loro vìsino dolce e ingenuo, mentre sapete cMj
vi tradiscono u vi derubano...
— Dici bene, Rosiua, riprese il cotioone, a eoi ueppur pj
per la fantasia che quello fosse un parlare pieno d'artifii
d' inganno, l nepoti se uè vadano pur con Dio, chò quanto a
non mi curo pii^ di loro, come se uon fossero al inondo; e
fa ch'io non li vegga^ perchò temo di bksciarmì trascinare
.collera più oltre che non vorrei.
— n colpo è fatto, disse tra so con infernal compi
Bosina; ma una voce intema tosto soggiunse l..
— Or toccherà a Dio a pagarti a misura di carbone. Era
grido della coscienza che rinfacciavale il suo delitto; e bt
per lei so l'avesse ascoltato 1
Il vecchio sì mosse per tornare allo sue stanze; ma fatti
passi soffermossi, e volto alla governante — Rosina, le Au
ricordati di dar loro del danaro poi viaggio; aoeioccht) non si
che io sono senza cuore ed ho gittato sul lastrico i nepoti.
sei meriterebbero; ma in^ue la couvenien:&a mia... m* intendi r.
— Non ve ne date carico. Già vi dissi che io stessa fiirO lu
le spese del viaggio.
I
aggiunse in cuor
l'aroaute! Entrò nella sua staiua, o dio la stanghetta, all' uscio,
me sempre solea. Lasciamolo là nella sua rolontaria prigione,
cai la sua stessa avarizia lo condanna, e torniamo alle Tittlme
ella sua pecoraggine e della perfidia altrui.
xxvu.
LI CICCIA DELLE PALOMBKI.t,» B LE VITTIHK DEL TUiPrMBNtO
H Emma e Pierino ignari di (^nanio ernsi tramato a loro danno
^e tranquillamente assisi a pie di un fronzuto castagno, conttsm-
, piavano silensiosì la caccia delle paloml)elIe, senxa sapere che in
' qaelle semplicette, colte con inganno al varco dal cacciatore, essi
avrebl)ono potuto ravvisare la loro imagino o somiglianza. Mira-
vano con un certo senso dì compassione quelle amabili pellegrine,
_fiiinboIo della somplicitiì, e del candore, venir volando ap^m i co-
>mbi domestici addestrati a quella caccia, quasi volessero alTra-
ìllarsì con loro, attratti dalla naturale simpatia, che tende a
ravvicinare gli animali della stessa specie — Povere croaturine,
ilamò Emma, oh come sarà loro fafcile cotant-J amore! Le palom-
}Ue diedero larghe e spesso volto pei campi dell'aria, onde
esplorare di lasssCi il luogo pii") acconcio a posarvi il pie. Emma
'e Pierino erano di là lontani e non ispiravano ad esse sospetto
e timore di sorta: i cacciatori all'incontro erano vicini e a tiro,
ma invisibili, perchè appiattati iti una fossa cavata a mano e
coperta da una ramata, che fumvali ai loro occhi di argo. Dopo
molto ruote e giri e rigiri calarono flmilmonte là ove avevano
veduto posarsi i loro fratelli conduttori, o ì colombi domestici;
,e bilanciandosi soavemcnto sullo cimo dogli alberi e sullo punte
le'rami, movevano tutto intrimo i pavidi sguardi: ma nulla veg-
;endo che desso loro ombra di un agguato, rassicuratesi alc^naato,
jmincìarono in loro metro a gemere e a tubare. Quando 3*ode
un tratto uua voce cupa, arrangolata, che pareva uscisse da un
sepolcro : era la voce del capocaccia che dava il segnale — Attenti :
una, due, tre... Pumh; e pifl palombelle a un tempo caddero
fulminate dai fucili de' cacciatori. Pierino battè palma a palma;
ma Emma non vide Io strazio di quelle innocenti e care bestiola
710 1 OEiiEum
senza compatimento. Ab se avesse saputo che in qnell'on ma-
desima dia stessa e ìt fratt^llo emiiu vittime di simile ingaDuL.
Quando^ terminata la caccia, amendne tornarono al canino, si
videro renire incontro la Rosina non più sonìdente, come solea,
ma con aria di volto rannuvolata e scara.
— Cbe novità? dimandijUo Emma, che già le area letto qui*
che oosa di sinistro Del sombiaote.
— Eh se sapeste?... poveri fìgliuoliL. ma ritiriamoci oell» vo-
stre stiinze; che quello che v'ho a dire è cosa di gran segreto...
Qaest' esordio atterrì Emma e rietino. — Che sarà mai avve-
nuto? dimandavano a sé stessi; e mille angosciosi pensieri affol-
lavansi loro in mente, ognun de' quali parea loro una risposta a
quella dolente domanda.
Quando si furono mossi nella stanza di Emma, la Rosina dift
il chiavistello ali* uscio, e mandato fuor un sospìrone, come ehi
ha il cuore oppresso e sente il bisogno di dargli un po' di esalo,
sclamò dì nuovo:
— Poveri figliuoli, siete proprio il bersaglio di ona re*
fortuna 1
— Ebbene? ripreso Emma con ansietà, parla, che avvenne?
— Ho battagliato fino ad ora con vostro zìo, a fine di per-
suaderlo che non vi rimandasse a casa prima del ritorno di
vostra madrfl. Ma egli non si è lasciato smuovere né d»lle mio
ragioni, né dalle mie preghiere. Egli dice che Emma e la ca-
meriera ben iH)S3ono aver cura di Pierino e del bimbo nell'as-
senza della madre, che cotesto ritorno affretterà (Quello della
Marchesa, la quale va a ?/jnzo por l'Egitto, che il tempo del-
l'ospitalità da lai promessa ai nepoti è già spirato, e ch'egli
non intende prolungarlo d'avvantaggio.
— lia conclusione ò adunque che dobbiamo andarcene? disM
Emma facendosi di bragia in viso.
— Purtroppo! rispose la Rosina, la quale, come il lettore avri
osservato, guardavasi bene dal dar loro sentore della terribile
accusa, che sa di essi pesava; poìehò prevedeva che non n»
avrebbero sopportata Y infamia, ma fatto ogni opera per discol-
parsi e mettere in chiaro la propria innocenza. E perchè non
cadesse loro nell'animo il sospetto ch'ella avesseli traditi, mtK
XXTtt. LA CAtXlA DEtL£ PALOMBELLE E LE VITTIHE DEL TBADIU ENTO 7t I
strarasi doleDtfi Hn airaoìma della loro dipartici. — Veggo bene,
disse Emma, che la vera ragione di qnestn sfratto è il mal animo
«he lo KÌo ci ha colto addosso; perchè perfidia a crederci infìnti e
menzogneri verso di lui, mentre Dio sa che gli abbiamo sempre
detto la pura, purissima verità. Però prima di andarcene vo*
ch'egli mi ascolti un'altra volta...
— È inntile: riprese Fastutaccia.
— E perchè? dimandarono maravigliati a una voce Emma e
Pierino.
' -T— Per la gran ragione ch'egli 6 fìsso neJ pensiero di riman-
darvi a cisa vostra e per tiitt'altro motivo da quello che ima-
ginatu. Egli non vuol mantenervi: ecco tutto. E abbassando la
voce aggiunse: è un avaro, un aTaro... come non ne ho conosciuto
Tegualeal mondo!...
— Ci permetterà almeno, disse Emma, di togliere da lai
commiato e dì ringraziarlo dell'ospitalità, che per questo pò* di
tempo ci ha concesso.
— Che volete ch'io vi dica? Egli si è chioso in camera e
mi ha lasciato ordine che niuno vada a, disturbarlo.
— V'anilrò io, riprese Emma con ^isolnte7.K!^ e si moss'ji verso
l'appartamento dello zio, seguita da Pierino.
— Aspettate per amore di Dio, riprese la Hosina, che voi
lo fareste andare in bestia. Lasciate ch'io lo prevenga; ed en-
trata loro innanzi, corse a picchiare alla stanza del vecchio,
dicendogli ad altii voce.
— I vostri nepoti chiftggono di parlarvi. E il vecchio senza
aprire, rispose di dentro:
— Dite loro che se ne vadano^ ondo sono venuti.
— Avete udito? disse la governante rivolta ad Emma e a
Pierino, che a si brutto commiato erano rimasti lì come im-
pietriti.
— Andiamcone, disse Pierino, afferrando per un braccio la
sorella; ma questa non si mosse, e levando la voce: — Zio,
gridò, 7.Ì0. Ma il vecchio non rispose.
— Lasciate... che per l'ultima volta...
~- Andate-., rispose allora con voce arrangolata il ringhioso
recchio.
719
DSREUTn
Emma arreblìd volato insistere; ma PierÌDO fromeoto di sdegno,
— AndiaiD, ripoteralo, andiamo, e traevala a aè; meatre U
goTenunto, ciie per tiitt' altra cagione era ÌQteressaU a impedire
un abboccamento tra lo zìo e i nepoti,
— Lasciatelo in pace, diceva sottovoce ad Emma; che non
tueste altro se non dargli cagione d'ìmbiz/iarrìre,
Emma spiccatasi di là, ritìrossi col fratello nella sua stanza;
e fette fardello delle poche robìcclaole che areruio, si disposero
a partire. I^a ^remante gongolava tutta dentro di ^oia per
la bella riuscita del suo tradimonto, senza pensare che v* hs in
cielo un occhio scrutatore de* cuori e una giustizia etoma chi:
pesa le umane colpe e non le lascia inulte. — La vendottjidi
Dio, dice il proverbio, non piomba in fretta, ma piomba; e oo
altro adagio par dice: — Iddio non paga il sibato, ma a otta
e tempo. E noi vedremo in seguito corno Dio piinìs» qaest'atrose
tradimento.
loUiuto la Rosina era ben lungi dall' aspettare il castigo
delU sua perfidia; e crogiolavasi nel pensiero che sarebbe indi
in poi rimasta padrona del campo o con fundatA sper&oa che
UD bel dì avesse a ricadérle in capo o in tutto o in parte H
retaggio del padrone. La qual cupidigia e arubisione era appoots
quella che aveale assottigliato il femminile ingegno a ordire 6
condurre a capo l'orrenda trama. Gran maestra nell'arte del
mentire sembiante e affetti, come si ò veduto fin qui, ave» sapatit
destrt^ggiarsi in guisa, che lungi dal dare di sé ombra e so-
spetto al padrone, o ai nepoti suoi, erasì pur troppo gnadagnAi
la loro stima e fiducia. Ed ora che rappresentare dovoa rumino
atto in commedia, non è a dire come si studiasse di superare
Bè stessa, siumlaudo per Emma e Pierino una teuerena e una
oompassiono, che mai la maggioro. Sospirava, pi^nuootava, e eoa
voce compassionevole dicea: — Poverini ! Oggi tocca a voi, e forse
domani a me*. Presto dovrò seguirvi anchMo; chò ornai più tol-
lerare non posso cotesto vecchio scontroso, bisnrro, avaro e sena
cuore. Vi basti dire che non pago di cacciarvi via, neppure vuol
darvi il danaro nocossario pel viaggio.
— £ come viaggiare senxa danaru? disse Emma grandemente
accorata.
Xm. LA CJtCCU DELIE PALOMBELLE E LC MTTIXE DEL TftADIlfETtTO 713
— Quanto a queato datevi pace. Pagherò io il viaggio a voi
e a Pierino; e si dicendo, cavò di tasca il portamonete; e co-
minciava a contare la lire, quando Emma formandole la mano,
— Non sia mai vero, lo disse, ch'io abbia ad accattare la vostra
offerta. Ve ne ringrazio però ngiialmente e di cuore. Poveri slam
venati, e poveri ce ne andremo. Iddio provvedorà!
La Rosina contenta in cuor suo di questo rifiuto; ma pur vo-
lendo far pompa di generosità, insistette alquanto, perchè accet-
tasse almeno alcune lire per ogni bisogno. £iuma però stette
salda nel suo rifiuto, e Pierino fé' altrettanto. In questo mexzo il
Castaldo per ordine della governante, la quale era d'intesa in
questo col padrone, aveva attaccato il cavallo a un suo calesse
per condurli nella vicina Cagli, ove duvea cercare chi li vettureg-
giasse fìno a Fano. Colà giunti, dicea fra so la Rosina, si faranno
venire da casa la somma necessaria per fornire il viaggio, ovvero
l'accatteranno a B^auo, ove ha tanta gente denarosa.
Emma o Pierino accomiatatisi dalla governante, salirono ia
calesse e la sera di quull'islesso giorno smontarono a un albergo
di Cagli. Il Castaldo il dì appresso diesai attorno a cercare una
vettura per Fano; ma non vennygli fatto di trovarla. E però non
potendo, Com'egli diceva, prolungare la sua assenza dalla villa,
consegnò ad Emma sei lire pel nolo della vettura, e andossene
pe' fatti suoi. Ma a questo prezzo Emma non potiì noleggiarla; e
vldesi quindi forcata ad aspettare un'occasione, che tardò tre
giorni a presentarsi, cioè quando speso avendo gran parto di quel
danaro per pagare Falloggio, ora non avea neppure con che
prendere due posti nella vettura, che era sulle mosse per Fano.
— Pierino mio, disse al fratello, conviene per ora abbandonare il
peasìero di tornare a casa; perchè tu sai che sia viaggiare senza
danaro. E poi che faremmo noi a casa, or che mamma è lontana,
se non aggravare le angustie della povera Mariucciua; la quale
a stento riesce colle sue industrie a mantenere io vita il nostro
fratellino e so stessa? Convien duuqae appigliarci a un altro
partito.
RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA
NOTIZIA DE- LAVORI DI EGITTOLOGIA E LLVGUE SEMPTICHE
PUBBLICATI IN ITALIA IN QUESTI ULTIMI DECENNII '
vu.
LiTOKI SMITICI
Lavori del Prof. Ignazio Guidi
Abbiamo fin qui dato contezza delle pubbljc&aionì di quei
T&leotuomiui che alla lingua e letteratura araba dedicarooo esdn-
sìvomentu ì lorostiidii. Ora diromo delle unorate fatiche di quelli,
cbe noQ pur nell'arabo, ma dettero eziandio prora dì molta pe-
rizia in altro liogue semìtiche.
Udo de* più pregevoli lavori dove si mostra in tutta la soa
luce la profonda e vasta conosceoita delle lìngue semitiche «
dell' archuologia orientale del Prof. Ignazio Guidi, È la Memorii
ch'egli scrisse intorno alla sede priiuitìva dei popoli Semìtici *-
L'argomento, di natura sua congetturale ed oscuro, non poten
fornire al eh. Autore se non indijiii più o meno probabili, e
questi stessi non ai)ertì e facili ad usarne, ma da doversi aea
tamonte ricercare, e trovati disaminarli con severa critica. Or»
la prova tentata dal dottu semitista ci sembra, quanto ingegnosa
e difficile, altrettanto saldamente fondata e felice.
Dopo d'aver discusse le opinioni de' dotti, e singolarmenl^
quella dello Schrader, intorno alla sede primitiva de' Semiti,
l'Autore propone e dimostra le probabilità che stauno per la sui,
contro tutto le altre sentenze. £gli primamente distìngue ilnr
patrie primitive de* Semiti, Tuna vetustissima cìie sarebbe 11
regione abitata da loro per un tempo più o meno lungo, J()^
' Velli i|tiaa. 863, pan;. 500-598 ilei prrsonlc volume.
* Ikììn Sede primitiv^i dei popoli Semitici, Mrmw'a flel SOCIO lr>!(Allol
Hotn.1. coi tipi <)H Salvìncci, 1879 (KiitrstUi <bg:)i Aiti dtlla R. Acmdemiq
JAneti. Auro O LXXYl tlS:S-Tt)>.
RIVISTA DELLA STAMPA ITAUA>'A
715
i
s^oooo aniti con altra schìiitU; l'altra, che più propriamnuie
merìU il nomo di patria prituitìra, sarebbe la regione dove si
fissarono ì tratti caratteristici de' impeli Soiniti e delle loro
lìiigiio, tratti ondo .si distingiiooo chiaraiiionte da popoli e lìngue
anche abba&taaa affini, come ì cosiddetti Camiti, cioè i gruppi
liibico, Etiopico (Galla, Somali ecc.) ed E^iitiaiio. La quìstione
propostasi dall'Autore versa intorno a qn&sta seconda o pifi vera
patria de' Semiti; dice in ultimo ciò che ch'egli opina circa la
prima nel senso da noi spiegato. Il nostro Autore non accctU
l'argomento dello Schradi^r, della maggiore antichità ed origi-
nalità della lingua araba del gruppo meridionale per rispetto
-al gruppo settentrionale in che diride i Semiti, donde poi in-
ferisce che l'Arabia centrale nord fu la patria comun«j di tutti,
prima che sì separassero e costituissero i due gruppi meridio-
nale e settentrionale. Il nostro Autore con buone ragioni spiega
oiiie e perchè nella lingua araba vi sia maggiore uriginalitÀ,
ma nega che questa debba dirsi assoluta (§ E.)
La via scelta dal Guidi per iscoprire la patria de' Semiti Ò
quella che già tenne il ?Ìctut nelle sue Origini indo europee,
>la comparazione cioè delle lingue semìtiche fra loro, bene sce-
verando le voci passate ìu tempi storici, d'una in un'altra lingua,
da quelle appartenenti alla primitiva lingua semitica. Ora queste
ricerche condussero l'Autore a ritener come probabile, che tutti
i Semiti abbiano dapprima abitato il bacino inferiore dell' Eu-
frate e del Tigri, e che di lì si soparassero per andare ad abitare
l'Arabia, rAssirìa, l'Aram e la Palestina.
Nel § U l'Autore argomenta dalie parole semitiche che si
riferisoono alla coufignraxiono del suolo « del clima, e dice che
lutti i Semiti hanno un vocabolo comune signifiirante Jiuuie
un gran fiume; laddove il vocabolo che significhi monto è di-
verso ne'varii rami delle lingue semitiche; donde inferisce che
la patria primitiva de' Semiti non doveva essere in monte, si in
' valle B presso un gran fiume. Ora qut.'sta coDdixione si verifica
*it.intii nella valle inesopotamica. D'altra parte, comune ò pure
Id roce mare, e peri sembra probabihi clie la patria de' popoli
Seni ti Don fossa lungi dal mare. Questa seconda circostanza
716 RIVISTA
aiiita alla prima, come esclude l'Arraenia e l'Arabia, così raf-
ferma l'argomento che fa la Babìionide o la Mesopol&mia, patria
de' Semiti. I)i pifi, la parola deserto in arabo presenta V idea di
luogo pauroso senz'acqua; gli Ebrei al contrario, gli Arameì a
gli Assiri hanno la stessa parola per significare il deserto, ma
La cui etimologia esprime l'idea di loogo dove il bestiame è
condotto a pascolare. Laonde, conchiude l'Autore, non un'im-
mensa regione arida '.' paurosa, come quella dì Arabia, diede
IMdea del deserto a' Semiti del nord, ma im campo da pasrolarTi
il bestiame. Ora tutto questo s'addice ottimamento alla Babì-
ionide, doro non son montagne, e vi son due gran fiiimi; dorè
80D pìauure e pascoli abbondanti, dov' è vicino il mare (il golfo
Persico), che in quei remotissimi tempi entrava più dentro terra
per lunghissimo tratto. La Babìionide ha inoltre molte e vaste
paludi, dove crescono smisurate canne. Ora la parola palude è
comune a iiuasì tutti ì Semiti ed ba, oltre il significato proprio
di palude, anche l'altro di canneto che risponde aSTatto alle
paludi della Babìionide.
La stessa argumentazione istituisce l'Autore su* vocaboli ÌQ'
dìcanti il clima, e con maravìgliosa erudizione filologica e per-
fetto buon senso, giunge alle medesime conclusioni. Kincalza
quindi le provo recate fin qui, nel § III dove cunsidera lo parole
semitiche relative a'mioemli ed alle piante. Bitume e mattoni,
cose proprie della Babìionide, quello da nutura, e quesU per
l'arte e l'incredibile uso fattone, hanno nelle liagne semitiche
lo stosso vucobolo. Fra' metalli importanti e comuni nell'uso
della vita, era noto agli antichissimi Semiti t'oro, ignoto Par*
gente, come si rileva dallu comparazioni linguìstiche fra i vani
idiomi semitici. Noti altresì rame e bronco, ma non il ferro ed
il piombo. Ora tutte questo considerazioni couvengono appunto
e in modo notevole, con lo stato della metallurgia della Babì-
ionide, come si par chiaro dagli oggetti delle tombe più antiche.
Per quel cho riguarda le piante, povero n'em il paese, ma qaell»
che posson dirsi indigene del bacino inferiore dell' Kufrate e dd
Tigri, cio»^ pioppi di pii^ ragioni, tamarischi e siiecialmont« 1»
j>alma, hanno lo stesso nome nello liiiguo semitiche. Al contrario
DCLLt. STAMPA rTALTAITA
il nome delle piante de' paesi tempemtì e delle montagne: olmo,
frassino^ castaguo, faggio, pino, ovvero non hanno vocalwlo nello
stesse lìngua semitiche, ovvero l'hanno, come in arabo, d'ori-
gina recente e straniera. Abbondevole poi oltre misura era il
bacino inferiore 3e'due finmi, d'orzo, di grano e di simili piante,
e r accordo anche qui fra le lingue somitiche è grandissimo.
Erodoto conferma le conclusioni a cui giunge l'Autore per via
di romparazioni linguìstiche. Importantissimo è i! § IV, dove
TAiitore discorre delle parole semitiche relative agli animali
domestici ed a' feroci e selvatici, e delle voci indicanti caccia e
pescai donde egli prende le mosse per trattare nel § V, del
genere di vita degli antichissimi Semiti, i (^iiali oltre la caccia
e la pesca, coltivarono in singoiar modo la pastorìzia. Gli argo-
menti che l'Autore trae da' riscontri linguistici sono d'una forza
ed evìdenMi che non sì può desiderar maggiore. Oltre l'identità
de* nomi della spica e del grano nollo lingue semitiche, l'Autore
ci fa vedere eziandio l'identità medeaiina ne' nomi do* lavori re-
lativi alla coltura del grano, e prima di tutte aLl'araro.
Nel § VI l'Autore ricerca se i primitÌTi Somiti conoscessero
ì fichi, l'olio e il vino, o dopo uua dotta e sottile discussione,
ne a questa conseguenja: che i fichi, gli ulivi e il vino fu-
rono ignoti a' primitivi Semiti; e infatti la natura del ternano
della Babilonide non è adatta alla cottura di quelle tre piante.
Erodoto conferma ìl gludÌKÌu del fritidt quando nel d^crivere il
paese, dice: tà 3'aXXa 3s'v8,o£« sùS; nupà-au ùpyjnv c-ipiiv, »ut£
Col § Vn ed ultimo l'Autore stringe sempre più l'argomento
della comune patria degli antichissimi Semiti nella Hubilonide,
dimostrando che in essa soltanto troviamo originariamente il
fatto, che poi fu comunu a tutti i Semiti, della santità dei nu-
mero 7; che il piti antico culto della religione semitica fu quello
del Solo, d«lla Luna e de' Pianeti ; meutre il cullo per diviniti!
che si riferiscono a nuvole, pioggia, fulmini e simili, non fu mai
comuue e proprio della religione semitica. Ondechè inferisce
l'Auture che la religione semitica col culto del Sole, della Luna
e dei Pianeti, non potè formarsi che in un paese dove non piove
Kìe
718
RIVISTA
quasi mai, e il cielo v'ò limpido e sereno; qaindi non già sol-
['alUpiuno armoQo, ma Doltu Babiionide. Or poiché religione «
lìngua ne' popoli primitivi si fissano contemporaneamente neMora
tratti caratteristici, ne viene per oonseguenxa che nella Babi-
ionide altresì siansi fissatt^ le lingue semitiche.
Da ultimo l'Autore iud^iga acutamente onde sarebbero veont:
gli unt3nati di questi Semiti, nella Babiionide. Dopo un esame
snlla tradizione antichissima de^ Semiti circa la introduzione
della Tito che assi riferiscono al tempo e al paese degli antenati
loro, couchiude chfi questo paese originario non potrebbe veri-
similmente esaere altro che Li contrada al sud o sud-ovest del
Caspio, donde infatti, secondo molti naturalisti, la vite è origi-
naria. Corrobora l'argomento dal lato linguistico, ritenendo por
provato il nesso ario-semitico doirAscoli, e finalmente trae
un'altra prova della raigriLziono de' Semiti e del Loro stabilirsi
nella Babiionide, da' nomi di Arpaksad, di Solah, dì Eber, di
Felegj prova ch'egli dà come verisimile e che difende oootro
il Delit7,sch.
Nella recensione che l'Autore fece dell'opera dello Sprenger:
Die aiU Geographie Arabiens ah Grundlage der Enttcìcklang»
getehichie des Semift'smus, Bern 1875, tocca al solito, con molla
dottrina e siiaisito giudìzio, questa stossu qulstiono della seda
primitiva de'Semiti, e confuta ropinioue di coloro che la pongono
nell'Arabia. Nella quistione poi de' fiumi dolI'Kden e dell' Ufir
sente con lo Sprenger, mentre sostiene d'altra parte, contro di
luì, che nel versetto 22 del capo X del Libro lU" de' He, non si
parli della spedizione dì Ofir, si bene della Spagna, e propria*
monte di Tarsis, o paro a noi con nigione. Cfr. BolUttino GfO-
grajico, voi. XEI, fase. 8-9.
Questo studio dell'illustre semitista romano é uno de'pìO
profondi che siansi intrapresi finora per chiarire le orìgini de'
popoli semitici, la primiera loro stanza e le loro mìgra^oai. Si
potrà, dissentire dall'Autore Intorno a questo o quell'altro ar*
gomento, ma presi tutti insieme, hanno un valore che equivali»
quasi a una dimostrazione.
Nel ISSI il nostro Autore pubblicava a grande utilità delta
L1.A STAMPA ITAUArrA
7t»
ri& ecclesiastica e letteraria, la celebre Lettera di Simeone
TwooTo di B^th-Arsàin ', cou traduzione, oommonti e uoto di
aommtt importim>ta. La Lettera ò scritta in siriaco, e l'autore
V^è senza dubbio Simeon» detto < iltiroÀd farsàifd > o < il di-
sputatore persiano », per h molte dìspute che ebbe contro i
oestoriaai. !IIa egli stesso era monofisita, come dimostra TAu-
tore con buoni argomenti contro TAssemani, e specialmente
eoa un passo di questa stessa Lettera di Simeone, il cui testo
intero 6 quello pubblicato dal Guidi elio lo scoperse in un codice
siriaco del Museo Borgiann; mentre tutti gli altri che finora
si conuscerano, non oriiuo altro che un'abbreviazione fatta forse
da Oioranni di Efeso o dal c<^siddetto Zaccaria. Dopo una di-
lìgente colla:'/Lone di questo testo che chiameremo Onidiano,
poiché al Guidi so ne deve la scoperta, con due codici del Bri-
txsh Afmeitm fatta dal Wrlght, si ha ora la certezza che il
testo originale e genuino giaceva ancom inedito. II manoscritto
del Maseo Borgiano concorda pìtiuamente iti quanto albi receu-
8ÌOU0, col codice di Londra scritto nelTSTa dell' E. V.
In questo lavoro del Guidi si ammira una vasta eradiziono
e d'ogni genere di studii storici e letterarii, congiunti a uDa
crìtica sempre ponderata e sagace.
Un'altra pubblicazione dell'Autore, utile agli studii arabi e
alla storia letteraria doll'Orìonte e doU'Occidonte, è quella che
versa sul lAhro di Calila e Dimna *, celebre raccolta di fa-
vole e novelle, conosciuta altresì »otto i nomi di Panriatantra,
dì Favole di Bìdpai ecc. Del libro di Calila e Dimna ai aveva
nna versione siriaca, e un testo ragguardevole e antico, la tra-
duzione cioà che dal pahlavi in arabo fece nel secolo VIU del-
l'K. V. Ibn al-Muqaffà. 11 Socio ritrovò a Mardin la versione
siriaca, che è il testo pi£ì antico di tutti.
n nostro Autore uu'suoi Sludii sul libro di Calila e Dimna,
»dosì di tre codici appartenenti uno alla Vaticana, il ae-
• Ln Lettera di Simtone VrsfQvn di B^lh-Arhim sopra i Martin Omenti
puIibhtJla e tnidotln dal Socio Ignazio Uuibi. Homa, i:fli tipi ilnl Salviuoci. ISSI.
(Eslr. dalle Mem. delta R. Aecad. dà Lincei, Anno CCLWVMI. 1880-tS81».
' Stnàii sul tetto arabo del Lìlro di Caìiìa « Dimna per Ignazio Cuioi.
Bomu, librerìa StiUbiTiver, 1813.
790 ~^^^^^^K RIVISTA
condo (KarèfìGi) alla Siblìoteca privata de* Monaci Maroniti di
Siint'Antonìo Abate in Uoma e il terzo alla Laurcnxiana, potè
dimostrare quanto sia manchevole o lontano dalla prìmiliTi
forma che il libro dovette avere nel volgarizzamento di Iba
al-Miiq^a, il testo pubblicato da Silvestro de Sacy a Parigi e
poi ristampato altrove.
Herìt&no d'oserò lodati por somma accuratoxza, il Catalvg^D
dei Cudici siriaci, arabi, turchi e persiani della Biblioteca Vit-
torio Emanuele, e gli altri dei Codici siriaci, arabi, etiopici,
turchi e copti della Biblìott'ca Angelica o dei codici orieoUli
del r Alessandrina, compilato dal (}uìdi e pubblicato nel 137S '.
Quasi tutti i Codici della Vittorio Bmaouele erano del Collegio
Bomano e della Casa Profossa dei PP. fìosuitì in Roma.
Altra prova del forte iugegao del Quidi e della sua profondi
conoscenza della lìngua e letteratura araba, è il Commentar ìhi
f» carnien Kàbi Ben Zoheir. etc. - pubblicato a Lipsia, co'Upi
del Brockhaus, 1871-74. Il Commentario è scrìtto in buon la-
tino, lo note in buono arabo. L'Autore ritorna sopra lo stesso
argomento in una dotta reconsìone sopra il libro del Freytag:
Caahi Ben-Sohair Carmen in lattdttn Muhameddis etc. (Cfr.
Annuario della Società Italiana per gli Studii Orientali,
Ann. sec. 1873, pagg. UI-C7).
Un bello studio dell'Autore sul dialetto neo-aram^ico FeU
Uhi leggesi nella ZeitschriJ't der Deutsdien }forgnilfindÌsckm
Gesellscfia/l (1883) col titolo: « Beitràge zar Kenntnias dea
neu-aramàìschcn Fellihì Dialectes, von ProfGuìdì in Roma. >
Nel Bollettino Italitmo degli Stwlii Orientali, Serie 1*
(Firenze, Ì87G-1S77, pagg. 422-34) leggiamo sotto il titolo di
< Filologia e Glottologìa st-mitica » tre, quanto brevi, altrettanta
importanti memoriette del Guidi, le quali meritano d'esiera
qui riconiato. La prima ò sopra il sìgnifiouto dì quelle parola
della Bibbia che descrivono la terra promossa come una terra
' CaialogM ^ei Codici Orientali ài akttne BiòtioieiAt J'IMia, lue. 1*.
l-'irsn», lip. ilii>"iucr.e»opi }jì Monniw, 187Jl.
' GemàUddtni Ifm Uiitlmi. CommKntarìut in Carmen Ka'bi Iten Z^Atà
B&nat Su'àit rii}j>eUatu» ; edidit lilNiTilt^ Guir» RomaHita. Lifi^iiN', (^j>ii F. \.
Brockhaus, iJTl-?*.
DELLA 5TAV?A ITALt&IfA 721
piena di liiUe e di mi5lo: ttOii a'-r re* pn. Il Prof. Goldziher
Ti trovò il mito del Sole e della Luaa, ma il G-uidi crede che
U interpretazione di questo peraltro dotto professore, non per-
BoaderÀ tutti, e ne propone una molto semplice, per cui quella
espressione sarebbe proverbiale e di antichità grande. Infatti
l'oso dì mescolare co* cibi e le bevande il mèle, risale n tempi
lemotìssimi, come dimostra l'Autore con esempi d'Omero e de?li
antichi arabi, donde inferisce che questa specie di bevanda com-
posta di latte e mèle, dovette essere in uso presso gli Ebrei dediti
alla pastorizia, e perù ìi senso che egli die alle citate parole
della Bibbia, sarebbe questo: la terra promessa era cosi beata,
che invece dell'acqua, vi scorreva la pii'i sriuislta bevanda che un
popolo pastore potesse immaginare, il latte mescolato aA mèle.
La Rocotida memoria versa intorno alle radici «a, ta fan, at)
in torme verbali delle lingue semitiche. L'Autore osserva giu-
stamente che queste radici dimostrative sono quelle che f^^rmano
il riflessivo (passivo) delle lingue semitiche, colla differenza che
forma il riflessivo del verbo semplice (T^^al), e ta, tanto del
.Terbo semplice, quanto del composto.
jja terza meniurieUa suirurigino delle .Masore semitiche, di-
tra che la MiLSora non è antichissima, nù fu invenzione degli
Ebrei, ma de' Siri che fin dal IV o Y secolo cominciarono a far
sulla Bibbia qnel lavoro critico, imitato qui dagli £brei e men
servilmente dagli Arabi. Sospetta inoltre e con buou fondamento,
il nostro Autore, che la stessa Masoru siriaca o semìtica in gè*
nerale, sia sorta per influenza degli studi! filologici e crilioi
de' Greci.
1j* amoro che il nostro Autore ha vi>rso Roma, sua patria, lo
2no8se a ricercare quale ella fosse nella immaginazione e nella
ìoDza de'Geografi arabi del Medio Evo. Dì che egli ci offre
n molti schiarimenti, due Ooscrizioni di Botna, una più breve,
ti r altra più lunga; questa h data tradotta dal dizionario geo-
grafico di Jftqiìt, quella dalla geografia di Edr5si, secondo la
Versione che ne fece il Jaiibert '. Il nostro Autore osserva che
* Ignazio Giudi, Im Daerisiona di Soma nei (reografi Arabi. In lloniu, a
rara d^ll' Sociutl lloatnnt di Sloria l'alrìa, IS77.
Srri* XJII. roi. II. ftir:. »» 46 11 givgno 18!«
IU\T5TA
le Dotìzid date dagli Aralii intorno a Roma, non sono tra
della loro fantasia, ma notizie che essi attinsero da 1^{
sfigurate e cambiale dall' Owidento e da* bizantini. La tW
onde passarono agli Arabi siffatte notizie, fnrono le vorsiw
siriacho ed arabo da libri greci.
Nel 1SS5 r infaticabile Aotore ci darà un'altra Deacrizion
dì IVìma da un tosto siriaco della Biblioteca, Vuticana'. Il qua
te^to fu pubblicato già dal Card. Mai con una versione latioii
ma sen^a grande aocurat(}7.;ia Tuno e l'altra. Un altro testo, n;
non paragonabilo con quello del manoscritto Vaticano, appartie
al Britisk Afuneum e fu pubblicato diil Land, tradotto dal Si
chau. II Guidi ci ùk quasi un fuc-siinile del tosto Vaticano, i
una versione letterale con ischiarìmonti e note. Una splendidi
prova della stima in cho gli Orientalisti hanno l'ingegno e li
scienza del nostro Autore, specialmente nella lìngua e lettera
tura araba, è quella d'essere egli uno degli editori de'celobTf
Annali di Tabari ". Gli altri sono: l. Barth, T. Nr.ldeVo, P. és
Jong, E. Prym, H. Thorhecke, S. Fraenkel, D. IL Mallaf,
T. Houtsma, iS. Giiyard, T. Reson e J, de Gocje. Il Gnidi pnlK
blic6: una parte della sezione seconda f'SerJionis aecundoe Pan
SccwKlaJ dalla pag. USO nlla pug. GIO nel 1SS3; nel ISSI
la parte terza della seconda sezione, e nel 18S5 la parte quarti
della stessa sezione.
Nel presente anno 1886 il Guidi pubblicava « Enien
critiche al K/imil di Ibn al-Atir negli anni B.j-99 del
Storia di 'Abd eUMalik, Walìd e Sulalmàn, nota 1.» (RendÌMQi
della K. Accad. dei Lincei. Class» di scien. mor. stor. e filo!
Seduta del 21 febbraio 1886); e nn lavoro dotto e impor
sopra i < Sette dormienti di Efeso >* stampato nel passato an
ma fatto dì pubblica nigione in questo corrente. Oltre ì soW
pregi che si ammirano in tutte le scritture del valorosi
' Ignazio Gl'idi. H U$to airiaeo delia Tkscrieione ài Róma ntlla
attributta a Zaccaria Retore. Hoim. lip. della i\. Accsil«inii del \ju
* AnnaUa, auctnr^ Abn Djafar Mnhammfd Ibn Itjarir At- Tu:
Mai. ¥.. I. Rrlll.
* Tefli orientali ittettiti xapra i stUt dormienti di Kfeto, pohbliah
li-ndotli dol socio l<^MAZiortUiDi. {RtaU Accad, dei Linai, Aon.CCLXX.XU, IKKi
Itonia, tip. Mìa FI. Aaadunia dei Lincei, IKfó.
JLi
DELLA STASPA ITAUXITA 723
orientalista, la vasta eriidizioue^ la soda ed arguta crìtiea, la
seienza filologica : degne di oonsitlerasioDe e di maraviglia ci
sembrano in questa la qualità e la varietà d<ji testi ìa quasi
tatto le lingue letterarie dell'Oriente cristiano, che TAtitore ci
fa conoscere per la prima volta e che traduce e commenta con
singolare acfuratez7,a e dottrina, l testi, tutti inediti, sono in
tingna copta, siriaca, araba, etiopica ed armena; qualcuno di
essi conservato in Mss. che sembrano unici.
L'Autore crede ohe la prima fonte di tatti i racconti da lui
pubblicati e tradotti, dcbb^v essere stata un qualche te<9to greco,
scritto nolla prima mct^ del VI secolo.
II.
JtfofonHtfnV pratiqm. Hititel du 55" et dernier degrè de la
Frane- }[aront\erkt riie écossaìè artcien et accepté; par le
Très Puissani Sonverain Grand Commandeur d'un des
suprémes conmU confétUrés à Lattsanne en 1875. Kditiof^
sacrée s'adressant ezdusivement aux Francs-Marons réfìu-
iiers: arnie d'une Plancite mt/stérietisey avec explkation, et
_ d^utie coUeolion de porlraifs maconniqites : auivìe de l'En-
^^cyclique HusANUs oknus; publù^e par un Profane. Tome
^Mecond. 2* ùdition. Paris, Baitenweck >^diteur, 1S86, un grosso
"Tol in 16 grande, dì pagg, VU-8 Ó32.
Parlammo del 1" volume di quest' opera quando apparve alla
Incei ed ora salutiamo cen piacere il secondo ed ultimo volume.
È una delle più sensate e piil utili pubblicazioni da far ri'
Montro con quelle di Lóo Taxil. la questo secondo volume
abbiamo il Kituulo del grado 33 ' e supremo del Rito scozzese,
antico ed accettato, rito cho fi anche in Italia comunissimo. Ave-
vamo gii^ il Hitnale del 33" grado, pubblicato dal Ragon, incolore
ed inodoro, seminato dì bestemmie, colla prova ciarlatanesca del
lavarsi le mani col piombo fuso, ritualo tanto stupido, che il
Kagon stesso in nota scbernìsco questa scioccheria del piombo,
^■me ancora il pii) sciocc* giuramonto le tìen dietro, e la scine-
H(ls8ima tantaferata storica sul conto dei Templarii. 11 lUgon
734 rimsTA
concliiado (pag. 40) « Le syatème écossais, ancien et aoMptó^j
33* dogré, donne troìs mensonges histonquea pour appnìs faoA
damentau.v à son tempie, coa&icró à la morale et à la verta. >
Eptire il Ragen non sa preporre niente dì meglio che qoellel
tre menzogne! Il Ka^n, per quanto possiamo capire noi. la
cercato di lerare qnanto vi è negli «si rituali della setta di pù'
empio^ immorale, ridicolo. Ma non è riuscito. Altri rituali an-j
ramo in Italia, altri In altri paesi.
Il Rituale pubblicato dal nostro Autore (che noD si nomina,!
ma noi conosciamo) sembra tolto dalle tradizioni della masso-
neria amcrìrana. Ma da i^aale paese che sia esso vcnut'^ il htt»
è che non si poteva scegliere meglio per dare una idea dellal
massoneria. Perchè non comprende solo la breve cerimonia dil
uso, che si pnd vedere in tutti i rituali, dove più, dove meool
accorciata, e cucinata secondo il gusto del paese; ma dà ptrtì-|
tamente la preparazione, l'esame del candidato, il suo riceri-
mento, il giuramento, e l'investitura. Poi da tutti i piCt rionm&tìj
rituali (e li cita) raccoglie la spiegazione autentica delle singoli
parti del rito, e gì' insegnamenti diabolici della setta, che i!i|
quest» grado supremo più chiaramente si manifaslano. È ui
lavoro compito, e degno dello studio dì quanti desiderano entrar
nella conoscenza intima della massoneria.
Né meno utile a tale scopo ò il Compte-rendìi cUs Trataai
dtt Cottvent des Supnmes conseiU dti rite éeossais ancitn
accepi'' réitnis à Itatisaime (Sui&se)^ m septembre 1875. È
prima volta che questo documento vede la luce pei pro/ai
Convennero a quelle supreme assiso delta Massoneria i Sol
Grandi Ispettori Generali di Svìzzera, di Francia, del Belgio
d'Irlanda, d'Inghilterra, dì Scozia, d'Ungheria, d'Ilalii
Portogallo, del Peni, di Cuba, e altri. Vi si tenne una rst
semblea cosiituenU, vi si rinnovarono e rabberciarono lo Grat
eoatUuzìoni del 17S6, relative ai Supremi (ansigli della
soneria dirigente, composta di soli massoni graduati al Irentat
e si confederarono tra loro tutte le Polente ossia tutti gli ul
di suprema direzione dei paesi che vi presero parto, e coi e&|
anche tutti i massoni dìp^^ndenti da questi centri.
Xon sarà disutile pubblicare qni parte della tavola dei f9»\
DEtLA 8TAHPA ITAUAHA
725
rè seggi supremi che stendono la loro giurisdizione sul mondo
Msooioo, secondo la costituzione votata dalla sovrana asaombiea.
EUROPA
lu giurisdiiioae »utl'ln^'liìlti>rr.i, I>. di (jdllts, ecc.
> Scozia
» li'hinda v
» flelpio
Loodb
Edimhargo
Itil'Iil'O
fìr.-ì.'lle
Usbona
rfno (e oi-aì Hoina
Jil-PlSltl
le
t'rancii
Porlogallo
Sviiicm
lialis p istìlt italiane
l'ngliorìa
Grecia
Teston >
Inillion >
bìcu 1
Hieii (tlpp. di Om» R.) *
lon (Aspiiiwall. CoMa ildlu
N. Grana ui?f
AMERICHE
ha piunidiriDnc sugli Stali l'nìli. parie vilTtrifinalc
» Slati Uuìti. p:ii'te inui-idioiiale
Onadtl e paKÌ il<>l llORiinìo ingle^^e
Rc'IHlltMicj itrl Mruico
AmcricJi wntralp
Isola ili Cuba cArilillu sirajEnaole
Dcai
Valpmìiio
Monli^vid«o
iluifiot ArtTS
RktilcliDcivo
CciuriilcroiioiJi? [)ì Vincio'-la
F'erfi
Chili
[l[fiib. orifiiL ileir L'ruguai
llppuli. nr^rnlinn
Bm^ìlc
Oltre questi 23 contri d'infezione rìi3onosciulì logittiini nella
tenue assemblea costituente, arsi otto o dieci altri rospai in
i di formazione, per l'Olanda, la Spagna, la Germania, l'Austro
igheria, la Russia, la Danimarca, ecc. Chi volesse conoscere i
imi dei capi dello Potenze confederate 0 dì molte altre, ([uali
CI quali meno unite alla Con foderai! ione, vtìgga il volume 2" di
&o Taxil, Las frères Troìspoinis.
Noi benediciamo tutte queste pubblicazioni, che hanno giìi
niati eccellenti frutti, di orrore cioè, e di dispregio contro la
assonerìa, ma avvertiamo che non sono da mettere nelle mani
li giovinetti. Vi sono tuli rivelaitioni che non convengono al-
fii^ innucenttf.
SCIENZE NATURALI
I niiiRnii a>MriiO \.k vttiOHOfpom. — I. Siotomi del naltt — S. tlimedii ìn p
lo tolto acido: ta polvere Padcclnrd : h misc«lB di lotfo, caIc<^ t ùttfn—ì,
molii liquidi : bite dì calce ; modo à' n<arlo; su:i eOìcaeia ; liicQnteofeati ; id
di rartse «cfollu o nell'nL'tiua o nel lane di calcia; aaà cHrlti; <■ miU;!(L
t. Si avvicina oramai il tempo in cui le nostre vitt, cespite pnnf
della ricrliezica af^'icola ilAliana, dovranno sostenere l'asuilU) àei ui
e lerriliile loro nemico, che è la p^ronosporn. trli agricoltori, altri spm
dal damio .sofTcrU), alU'i scossi dal pencolo ìinmiiienle, uon baiuti) a'
forse altro maggior pensiero (tei piissali mesi iiiveraali, che di cooltf
intorno ai provvedi ineoti da prendersi, nccoffliere notizie inlorao
ésperimenii fatti sia in Italia sia fuori, e romirsi di Dorme e d'Istnit
per affrontare la lotta, con isperanze fondai* di rìusciineDlo.
NeirAppendice del nostro rascìcolrt SrjO, dopo aver d.ili alcuni i
intorno ai rimedii esp«rimeaiali giovevoli contro la peroaos|>ora, proa
(emmo di ritornare m cotesto argomento quaodo si conoscessero on
i metodi usali ìd Italia e gli clTeili oii^niiti con e^si. Aiioninmo on
promessa tanto più sollecitamente, ìn quanto vi ci spronano le ridii'
di pari'cctiL nosiri gentili associali.
K per rifurci dalla prima nfizioiie, necKssaria a cìii delibera inM
all'uso di un riuie^lio, clic è di conoscere i sìntomi del male, rami
lerenio che la vite si pal&sa infestAia dalla peroncspora, quafido uei [
pini la pagina superiore apparisce chiaz/iita piii qua più li di v
pallido: e le chiazze allargamlnsi piti o meno pre^^tamente, la Togtia l
ini{ial]isce> si dissecca e cade. Colesio elTetlo producendosi non per
Ihnseca malattia di tnlta la pianta, ma per azione lottale del para»
s'inlundiì che egli. mas.sìine sui principii dell'invasione, oon si ms.
slerà a un tratto in tutti i pampini di una data vile, ma heoe (id
successivnmcnte dilTondersi a tulli, sicché la pianta finisca con nmao'
spogliata. Il perchè, come sarebbe su perlluo il volere assoluiaraente
soggettare a medicamenti un vigneto, ette ìn paese sano non mostri
d' infezione, cosi, no» appena quei sogni ap|tanscot»o, non è da HKI
lempo iu mezzo, aflìnchò il rimedio non arrivi tardo. E la vigilanza
durare per tutta ta stagione calda, segnatamente nei mesi di lu^
&CISMG NATttRAU
757
a^stn: e forse i|u<^L'anon ella avM in piìi luoghi maieria (]» esercitarsi
aniulio nella sceoinla metà iJi t^iu^^no.
Ora vciKnAn ai rìmAdii, altri di essi sono polverulenli ni altri liquidi.
primi nlire all' èssere applit^bili nelle regioni dove l'acqua scarseggia,
dove uori puA |irocaeeiarst in (|iianl)l;ì tiaSevole sci non da loiiiano, li:inno
il vauia^Kio della leKK^rezzii, e det uoa richiedere uè uuovt slrutnenli né
nanuvrtì scodoscitite ai coniadini.
Fra i riniedii piil ver u lenti il prituo luogo si dere concedere allo zolfo ;
<0n pcr^ all'ordinario, Vfvtin contro all'oìdio, die si mostrò al tutto inef-
icact?; ma al /olfn .sublimalo nrìrìo. Il Mar^s in una sua Memoria Iella
urAccadeiTiìa di Parigi d« parlava cosi: « Dopo le esperienze che Ito
ile, dopo quattro anni dacché o%»ervo la perooospora, la mia opinione
è ^mpre quella che l' ìnzoiram^olo della vigna praticalo in tfropo op-
porKinn e spesso ripetuto, é (inora il meuo pìii pratico ed efUcace per
comhaKterlo- Le polveri di soltì acidi hanno un'azione più rapida contro
(«ratsiti crillogaraici della vite per distruggerli e per imprimerp poi
Hlla vite una vegelariorw più r!g()glin«n. > Al voto del Mar*-» concorda
n Italia quello del profes»r ariosi direitore del Uboratorio di Botanica
Erilloganiica di Pavia. Non omnidtereiTio peraltro l!ì Aoiare che il M«r^
«Nisi^lia dì dar principio all'operazione preveniivanietilc ve.rso la line
d'aprile, e ripeterla ogni ir» giorni. Nel rimanente i consueti soIBctli
idnperati (In qui {nt zolfari^ le uvi^ servono ezìandin nll'a^persìone dì
KUo acido, purché (scrive il Hermlini} siann forniti di una valvola che
mpediHca il coniatlu dello zolfo col cuoio del sorUeito.
Dal medesimo autore poi ricaviamo che il fiore tU aoìfo acido, pre-
parato per l'uso di cui stiamo rjigionando, si raljl>rica e sdiaccia per cura
dell' Ammiuìslrazione delle .Miniere sulfuree Albani al prexzo di Lire ^i
il quioiaie |>er piccole partile; e, a scanso di frodi, si spedisce chiuso in
sacchi da ÓO chilot^ramnii l'uno, contrassegnali da marca speciale.
Viene in secondo luogo la Polvere detta Podecftard dal nome del-
rinvenlore. Kccone la oompositione e il costo:
ino Kii.
calce grassa . . .
. L. % -
90 *
solfato di rame . .
. . 14, -
W »
solfo triturato. . .
. - 1,70
15 >
cenere non liscivata.
. - 0,75
145 Kil.
. L. 18. 45
Per comporre la miscela (scrive il Vannuccini) « si fa un cercine colta
cenere, vt si pone nel mezzo la calce, quindi si scioglie it solfalo di rame
io 50 chili di acqua portala a ^^ di temperatura, e con la soluzione fi
Vpeogo la calce ; si aggiunge il solfo triturato, e si mescola il lutto
liea bene. »
728
mit KATCBAU
Resta però il lavoro de! ridurre Dovamenie in polvere niiriuUi n
scuglio, chR non (ino a meno d't^sersi raggnimitto; e, tralUndosì ili
ti(à iioievolt, può lien darsi ctie la casa non riesca oè spedila e
facile. Ma, compiuta die sia, la polvere si aoiiuinìitra con uo
come per le solfature ordinarie.
Si citano in icrio luogo esempii autentici di buoni elTetLi oiteauli
la miscela di zolfo comune, cenere e calce io parti eguali, usala
con due avvertenze; la prima ette le aspersioni si cominciarono \4
mente al primo apparire dei germogli delle viti, la seconda che si k
abbonda ntisiti me, sicché le piante ne erano come a dire ricoperte.
2. Veniamo ora ai rimedii liquidi : e qui v' ha due metodi che
a propo.<iiio, pan* a noi, si sono voluti conirnddistinguere chiamando;
ce&e l'uno e italiano l' altro, procacciando a que-st'ullimo il vanliiggìD|
una raccomandazione indiretta che non dovrebbe precnlere le es[
comparative dei due metodi, ma al pii\ seguirle.
Il metodo, cosi detto, italiano consiste nell'us) del semplice liuei
calce. Esso Tu proposto dal prnrcssore Rho, direttortj dello Slabiliiné
Agro-Orticolo di Udine, ma le splendide cspurien/e dui rratt-Ui Uellu
ne [Uisero io piena luce l'elììcacia, e gli conciliarono la llducia universili
H latta 0 idrato di calc«, quale fu usato dai suddetti viiiculion,
compone .^lemperando 4 cbilograromi di calce in un ettolitro d'ar<ia
Vi Sì adoi^a (dicono essi) la calce io ciouoli od in zolle: e que4ai
vrebbe spegnersi un mese o due prima di farne uso; ma può Sf
eziandio nel giorno .stesso, purché si abbia cura di stemperarla emù
scolarla perfeitamenie. Facto poi cbo 5Ìa l'intriso, è bene pas&arU ai
verso a una tela per separarne i corpi estranei e i granelli che notti
fossero sciolti per difcito dì coltura; al contrario, gl'ìsirumenii roiqi
.si asperge, ne vanno prcsin intasati,
L'ercbè il latte di calce operi il suo effetto, convietje che la papi
sujjeriore dei pampini ne sia tuiia ricoperta e imbiancata, e tale nau»
per quaitlu dura lo svolgimento del fruito. ì*) opinione di molti che qi
r inibrnlto possa nuocerò ai germogli tuttora teneri: laonde coi
che non si dia principio all'incalcinamenio se non dopo che il (lort^
vite ha allegato, e quindi non prima della seconda quindicina di giu|
Peraltro i fratelli Uellussi scrivono in lermini espre.«i essere coni
di « fare l'aspersione mediante pompetle, cominciando l'operatiooe
dai primi germogli, bagnaìido tutto, uva, foglie, tralci, ripetendo l'of
zioue ogni dieci o dodici giorni, » Ma chi pur conservas.% quatclip tic
intorno all' incalcinami-ni» dei rampolli ancor teneri, potrà (un altr'i
iosolfarti col Jiolfo addo, e pasì^are al latte di calce pììj tardi, qt
sono oramai assodati.
U'aliroodc pare che luiU quei iraLiamenii precoci non servano
a sovrabboudanza di ptecauzipne, giacché il parassita non si svolgt i
SCtENZK NATrnALI 729
se nella stagione calci», ossia, g^neratmenip parlnndo, nel luglio e
Il tratiamenlo a lalie di calce diede in pratica tutte le più certe e
lìorì rìpruove che si possano desiderare. Innanzi tratto i già nominali
lussi, recero esperimenti comparativi, appjicniido il rimedio ad alcuni
i di vili, mentre altri sullo stesso terreno si abtfandonarono a sé: e
[dove i pamjHni di queste ultime furono ben presto distrutti, e le uve
rimasero agreste, le prime si mantennero rigogliose e condussero
'filino a piena maturila. La preservazione poi delle vigne di quei si-
ri, in mezzo alla generale devastazione dei vigneti circostanti, fu cos\
ndida, clie da duemila visitatori vi si recarono a mano a mano |)er
riarsene coi proprii occhi «1 olienernc la spiegazione.
Per ciò che riguarda il prodolio, ceco una Ujbfjlla comparativa che
rivela al tempo slesso e la quantità e la qualitit.
■ÌÓ76 viti incalcinate diedero ettolitri di nin.sto 18
^39? vili non incalcinale ne diedero etiolitri 15
;ia, falla ragione del numero, il prodotto delle prime stelle a quello
le seconde poco meno i-he come 3 : t.
L'analisi chimica poi rivelò nel mosto
delle viti incaici nate
Clucosia ... lo, G X
Acidità .... 9,79 .
Sostanze eslrallive 2, 2 »
Cremore .... 3,32 »
delle non incalcinate
- . 7, "1,
. . 12,73 »
. . 2 »
3,K) >
si spiega ahiiasianza come il vino delle prime riuscisse di ottima
isllt.*!, il secondo per lo conlrario. acido, poverissimo di alcool e quindi
bUo a conservarsi e appena lievi)>i?e:
Paragonato eziandio i-nn altri metodi, il trattamento a latte di cah»
flihra averne riportalo il vanto sia pnr conto dell'ellìcacìa, sia |Mr quello
ili spesa. I.'Avv. Canonìcii di Cortemigtia volle sperimentare in con-
talo ras{)er.sÌoiie dì calce in polvere, misla a solfo e cenere in parli
nati, e l'imliralto di latte dì c.ilce: h primn pcib eseguita sotto eoo-
tìODi diverse, cio<^ a foglia bagnata e n foglia asciutta. Ora qticst'ul-
Ida riuscì di gran lunga la meno efiìcace e la pid costosa, per la
feeessÌLÌ del dovwI;ii motte volte ripetere ondo mantcn'^re ai pampini il
VQ instabile riparo. Più vanlaggiosa lorn^ la cospersione a foglia ha-
i; ma non mai lamo quanto l' inaflìamcmo a laile di calce. Neper
■«to si vuol negare una proporzionata fiducia alle suddette conpersioni
Blreree, siiecic s<; si pr.iiirhÌno ^iii pampini infradici.ili dn un'opportuna
loggia ovvero dalla rugiada. l'n cntnle signor lìnrlinglio, di S. Golomliaro,
quel di llrescia, avvedutosi tardi, nella seconda metà dì agoslo, che
roti
SCIENTE NATURALI
un suo vignelo era invaso dalla perooospors, ne fece losto ricnpriT
pampini Rolia suddetta miscela; e. ripetuta l'operazione tre volle ad
lervalli ili dieci giorni, Tu in tempo di rislorare le vili e di salvi
protlotio. Tali enenipii vanno ricordali sopraitnlto » beneficio di
fi Don saranno pochi, a cui si renderà impossibile in pratica I'um
l' idrato di calce.
Il (jual rimedio, per mollo esaltarlo che si faccia, non va immi
da parecchi inconvenienti, altri aa'idenlali ed alln intrinseci. K il
che s'atTaccia è rigjjravio della mano d'opera, mai;») ma mente ii
l'acqua non !!ia alla mano nella quantità richiesta, e quando Tof
deliba ri[N.iersi piii e più volte. In vero dire il Canonica assensee
r involucro lascialo per evaporazione dall'idrato di calce adirtsetj
pampini per mesi e mesi, resistendo anche a pingue tempnralrarhe- E
stesso avviene spesso di osservare su Toglie spruaaie a caso con «1^
ma, per lacere del caso di pio>ii;e che lavino l'intriso ancora Tr
maggiore tenacità pn/i diftendfre dall'essi^re l'imliratln |>iù o menu d<
e per quanto .si agili il vaso duiid' egli .si allinge, ver.so il Tondo s'ai
sempre un liquido più carico di calce clie non negli strati .superiori
fallo sta che i fratelli Ilpllussì nella loro esperienze ebhem a h|
rinariiamenio, nel corso di ntia stajjrione^ non una o due, mn sei \(t\lt\
ragion vuole che nella previsione delle spese si tenga conto prinnerai
dì qiiesta, che \mi) diventar notevole soprallutio nei [loderi di mlhna.j
luoghi dove racquu si deve trasportare da lungi, e dove le vili sì last
andare su por gli altieri lontano dal suolo.
V'è poi la spesa degli islrumetili: giacché dovendosi in quesioir
ricoprire inlframf^nti* i pampini di no inlonacn calcare, ci''» non piiM
in pratica se non per mezzo di polverizzatori; dai quali, uscendo per :
di pompa, il liquido si suddivida al tempo stesso in islille minuti;
che irrorino i pampini anziché inondarli con un rovescio di pioi^ju
ftcorrerelibe a perdersi per la maggior pitrie sul suolo. Di couli is
menti ve n'ha oramai in si gran numero, tra di premiali ai con<
d'encomiali, che l'imbarazzo maggiore t quello della Kcelta. Al Codi
dì Montpellier in Francia, fu premiato il sottietio polvcnzfalorv
conte Riccardo Zorsi. Al (Concorso di Coneglìano ebbero la iati
d'oro il Ualesirazzi d'Imola, il Noel di Parigi, il Z^beo dì Tadova. I
Pompa del Zabeo, sì fabbrica dalla Casa Almici e C tn Milat
casta I^ 12,50. L'apparecchio fìalesiraui rosta L 41) in Imola; e|
quando è pieno, ÌU chilogrammi. L'apparecchio del liamlla ih
(Padova! ha la capacità di '^Ohtrì, e costa L. ?l. Fu pn-nnaln a Caì
glìam con medaglia d'argento, L'odìciua meccanica di Mnnt
Firenze casiruisce polverizzatori di due tipi. Il {irimo. più maoei
adattarsi alla vita mediante due rigne; e costa L. !-'>; il sncoiuK'
voluminoso e peonie, jjer poderi e vigneti piuttosto eslcsi, vale W
SaeXZK SATURAU
7SI
}tno nominarne un'altra veuima, dì iliversì autori in diverse i>arii
ma a quest'ora in ciascuna provincia ve n'avr.'t qualcuno di
Ito, e tuui bannn il suo prèdio. Ma tulli aoora s' hanno a com-
e torse a parecchi per podere; e per la malagevole materia che
tue di calce, ì pitj dimanderanuo qualche raccutuodanicuiu annuo,
'pore (ciUDgoQO senta guasto al {«rmino della .«lagiooe.
Per ultimo non è da passare sono sileoeio un altro grave ioconve-
lemuio da non pochi esperii viiicuUori, ed è che il vino, per etfeiio
calcinai! ione, non debba soiTrìre noievole scapito nelle sue buone
ialiià hnpfTflcclift ncoprondosi di ralrr, neirinamameutn, liiito insie-
1 1';i[]iiiinì e ì grappali (lantnrh(> iiuc^sil hod s'ìnstilfano nfippur più, e
ache De a lihisi lituano) l'una delle due; o s'intende vhe^ Taita la ven-
ia, i gnip|i0li si debbano lavare, ovvero si avranno a gualcire
itla la calce, uride sono iiDtiraiiaie. Nel primo caso, oltre alla ditTi-
dell'eseguire quell'operazione per quantilA non piccolissime d'uva, e
rimpossitiililà dftirtfsoguirla fllti-o chR supi.Tllcialissimamnnte, v'ft
ieaio di snervare il vino e di difliciiliarnfi la rermejitazinnit, come
la vendemmia cade in istaginiie piovoj». Se poi s'intende che
si faccia sena meno colf uva incalcinala, v'è assai da temere
eiwra un liquore troppo diverso da lineilo che si soleva olleiieie.
elli bellussi magnirìcano la bontà dei vini da sé ottenuti, eli chia-
vini da e.sposi/.ione; il che sembra accennare ad una hontft inso-
qufi vitigni e per r|nei vigneti. Ora, osserva avvedutamente il
luccioì, i vini di quella regione peccano d'ordinario in acidità; e
[Calce, adoperata a tuli' altro intento, è venuta a Tur loro da opporlu-
imo correttivo; precipitando sotto forma di lailrato di calce il so-
eliio acidn tartarico. Ma che sirÀ dei vini i quali o direnano di tartaro
'altre sostanze acide, ovvero ne contengono la ^uRta misurarsi può,
correggere l' elTcuo della calce con opportune aggiunte al tino,
cido tartarico od anche di ncìdo solforico puro: nìa cosi si rntra da
io un greto dì dilTicoltà e di rìschi, dovendosi accertare la dose
^'ano 0 dell'altro correttivo, sicché in cambio di giovare non rechi
ri alterazioni.
ciò coBfesscramo che non partecipiamo ancora alta compiacenza»
la quale parecchi encomiaiori del trattamento a lane di calce can-
la viltni'ia i>er asso riportata sulla pernnnspora, e rivcndirnno quel
braio, come vanto glorioso, all' Italia. Nella queslione prtt.senle ci pare
il patriottismo si riduca priniieranienle nel provvedere alla vilicol-
Italiana co» quel rimedio, che Ita per sé maggiori proliahilità di
U (elici, ed i; di applica/ioiie universale, sia poi egli francese o italiano,
importa. !■) poiché i nostri vicini di Francia, buoni agricolturì quanto
se non migliori, assaliti dallo stesso nemico, cominriarnuo prima di
ft combatterlo con altn metodi, e ne ebbero cosi buone pruoveche
saeifze itaturau
non mostrano dì volerli abliandnnarR pel latte di calce,
TRgnlit di prntleriza eli», lasciale in dlspurtt; le laudull
lanee vanità nazionali, quei melodi .si lengaoo d'occbio,
sigino, e :^i conTrorilino po«alaniefile con questi die si dì
Ciò cìiv m'Ha ritorca del rimedio contro la [teronospora
pochi vitìculton francesi, Tu T irr^olarità, da doÌ già altrove
del processo dell' invasioue; avvenendo non dì rado clic essa,
clìmalerìcbe non ancora Leti Oefiuile, dia indietro; e coloro che »'a|i
3 saiigìare qualche loro rimedio ìd tali congiunture, ne rìmaD^ni
gien galibati, attriliueodo ad esso uà ciTelio, che proviene da u
cagioni. Pure, dopo molli saggi inutili, una .%rìe di e'i{>erìenze fd
f\iorÌ di dut>t)io l'ellìcacia del solfato di rame, e questo in Krani
aJojieraio e raccomandalo, ^<■l Tasc. HÒfì, pagg. 473 e ì7-i, deso
già il doppio modo di applicare quel sale, u sciolto da sk oell'i
ragione di 3 grammi per litro, ovvero in raescuglio col lailo
oelle [iroponioui quivi stessn indicale. C'uivì pure accennatnne
esperienze, in cui il solfato diede della sua eflìcacia prove ali
.■splendide, quanto sono quelle citate |jfìl latte di calce; e mdicaa
k spessa per un ettaro di vigne, con 10,()(IU ceppi dt vili hasse, i^i i
UiLto compreso, a Tìi) Irancbi, da spendersi una soia volta, tolto il
piogge continuale e dirotte, nel quale è jmtiiente il hfietere Topi
Dicemmo pure non occorrervi pompe o altri nuovi .iitre;zi Dà i
poiché, non è d'uopo che ogni pampino sia coperto d' imbraUo, D
che ne rijiorti uno spruzzo. Ciò si rileva ancora dalla pìccola
dì liquido (JO litri) baMevole a trattare IDOO vili basse; onde l
d'e^e non ne toccano che ò ceniimeiri cubi, dovecbè coiraspersioi
dì calcv si calcola occorrervi, per ogni vite, da 3 a 5 litri dì quel
Tosti cotesti falli, non s' intende in verità ciò che lo .scrittore
licoto sui rimcdìi della Peronospora, pubblicalo nel fascicolo
nflio ÌHi^Cì AeiV Affriraltura lUtlùma. discorre dei vantaggi deH
calce sul snlfnto di rame. Egli melle in rilievo la penùsLeoza q
oaco calcare ed asserisce non essere certamente tanta quella dell'
di solfato: onde conchiudo clic nel secondo meiodo .<ii richiede!
mero maggiore di iratiaraenii che nel primo. Ora se coflfroi
esperienze citale come classiche pei due metodi, quelle cìo6 del
pel solfalo e quelle dei Hetlus.sì per l'idrato, vi inniaino pr«
il rovescio: nelle prime basta un Iraltanieoto anche dopo piOg
stenti e dirotte, e solo se ne coìmyìia un secondo; nelle seconde
mento è praticato Tioo a sei volte. Similmente il citato scrittwe
il latte di calce pel suo colore bìaDCO si presta benissimo a bi
scere se il trattamento venne ben distribuito, cosa che oon i
colla soluzione del solfato di rame, specialmente operando sot
una {lìoggìarella o sempliccmeute una rugiada. Ala l'ariicolisU
SCIErCZe NATURALI TiZ
con!»dcraio che la ili(\erema con sussiste se ma qualora .si usas.«o
'mluziono para dì soirato di rame, dovecM usandola addìzionaUi di
alce^ gli spnizzi caduti sui pampini sono più che visibili; e quanto al
praticare l' aspersione subito dopo la pinggìa, o ilopn una guaus mollo
jibliOQdanle, non è cerlameiiie quello il mumento clie &i sceglierà dal vi-
Ucultorc neanche per allrì rispeui.
A questi due punti si riduce ì) confronto, dal quale l'articolista con-
fihiude rraftcatuente doversi preferire •« il latto di calce al solfalo dì rame
« a qualsiasi altra sostanza che fionra venne indicata. > Ma a fare che
parecchi ne dubitassero. L'asterebbe anche solo quel eenno elie abbiamo
^aio or ora ioiomo alla dnTercni^a delle dosi necessarie nei due metodi.
Si supponga una vigna o un podere con nulla più che 500U vili. W
tendola tratiare con latte di calce, vi occorreranno (stando la do^c di 2
]n .'( litri per vite] fra ì 100 e » 250 eftohtri di liquido con propor-
zionalo lavoro nell'operazione dell' inaftlamento e con quelle difficoltà del
procacciarsi tanl'acqiia, e del trasportare sul luo^ il preparato, che
Ognuno può eatcoisre net caso proprio. K costoso e gravoso a pro[ior/.ÌODe
riuscirà il ripetere l'operazione, comunque sì ammella die essa non ri-
cliìeJerà più tuia eguale qiiantit;^ di liipiido. Volendo invece trattare
ó()(M) vili basse col solfalo, non iiccnrreranno che '3 i4lolilri e Vt\ e sup-
ponendo che le viti alte richicggano il doppio o se cosi piace il triplo,
aoo si arriverà mai ad 8 eLtolitri, con rispurraio corrispondente di mano
K 'opera nel trasporto e ncll' applicazione.
^ La sproporzionala Uilferenea, clie esiste fra le dosi adoperate nei due
Wlodi, si collega col diverso modo di agire delle due sostanze. Secondo
l'opinione più verisimile, l' involucro calcare, depositalo dal latte di calce,
preserva il pampino soprattutto per via meccanica, inquanto impedisce
primieramente le spore del parasiia dal venire a conlatto col pampino,
che è il teri'cno favorevole alla sua vegetazione; che se pure alcuna ve
ne giunge, ella s.irelibc. impacciata nel suo svolgimento da quell'ingom-
bro. 1/ azione invece del rame si eserciterct)l>e, secondo il Millardei, per
■nodo d'intossicameniD recalo ai germi della peronospora. Mescolando il
solfato colla calce, si viene a formare dell'ossido di rame, quasi inso-
lubile rteiracipta, ma solubile lentamente nell'acqua che tiene in solu-
zione del carlionato di ammoniaca a I.V centigradi. \i) .slesso ossido,
Idrato che sia, 6 solubile altresì nell'acqua carica di acido carbonico.
Ora una pìccola dose di carbonaio di amEUoniaca s'inconlra Ira ì gas
atmosfenci e quindi nella pioggia e nelle rugiade le quali, si forniscono
di leggieri anche di acido carbonico. Il perchè, inumidendosi il pampino,
«'intende facilmente come quell'umido velo sciolga « dilTonda una quan-
Utì quantunque menomi<isima di ossido di rame. Ma per pochissimo che
sia, è bastevole al bisogno d'isterilire le spore che si trovassero sul pam-
pino, e di uccidere il parasiia. UifaLli il Millardet potè osservare che
734
BCniKÉt NATCHAU
un liquido, in cui non .si ronlcngano die ctuc o Ire diecìmilìoo<
rame, pub già impedire la germinazione dulia peronospora.
1^ qui cade ìn ac<nnc{o di rispondere ad una questione, che a oiotli
8i può arricciare, e che accenoaramo già nella predente Api^ndice.
cioè non vi sia pericolo che il vino di vili trattate col solfalo di raau
non contragga per avventura delle qualilii nocive alla salute. A ciò h
polrclitie rispondere, essere un pregiudizio refuiato da espen«njfe e di
sfide solenni, che ì sali di rame veramente pun »iÈao venefici, dom
dosi gli avvelenamenti da essi prodotti ripetere dal piomixi o dal zio»
che v'erano mescolali. Ora nel solfato di rame cristalliJiraio cor
commercio il rame suole trovarsi veramenie puro, e perciò >'
rehbe innocuo. Ma rìnunziamo a cotesia ri.sposia che forse non iraiiquil'
lerehbe i piii. Atteniamoci piutiosto a due falli concludeniì ji^r chicchessi.
Il primo è che per ire anni oramai si ^ spaccialo e consumalo il viu
proveniente notoriamente da tali vigneti, senza che ne.<«uno ne alliia
rì.<ieritilo alcun efTeDo sinistro. Il secondo è che la (juanlità di rame, i1>
sala chimicameiile dal Gayoii in quei vini, fu trovala inrtiriore a quella
che s' incontra in qualche pozzo, dove pescano pompe di rame, e che
pur sanis.'iime. Saggiando quattro vini diversi, it Gayon scoperse; oN I*
e nel 4*, meno di 0, 1 di millit^rammo di rame per litro; oel ?* ( otì'f,
soltanto iriccc dubhiO-<%. Ora un'acqua .lana potabile può contenere aa*
che il doppio della prima cìrra, G non è che i mosti saggiali ooa
contenessero di più, cioè fra 1 e 2, ? milligrammi per chilogramnw, mi li
maggior parte ne va precipitala nell'atto della fermentaziooe, e » rìtrtp»
nelle fecce dei vino. Cotcsta precipitazione poi si può favorire aggiungeato
al mosto innanzi alla fcrmcnuzlone, alcun fioco di tannino 0 di zolfo.
Goialché per questa pane ancora 1' u.<in del solfato di rame n^gfi B
vantaggio al confronto con quello del latte di calce.
Una dose senza diitihìo maggiore di rame deve ìnconirarsi sulle Av
glie, e il Gayon ve ne trovò dai 19, 1 fino ai <Jj, n iiiilligramini per tìi\-
lograTfìmo; perciò, sebbene jur le cose anzidette iwtsano ritenersi qtifj
pampini come un foraggio tuttavìa innocuo agli animali, ciò non dì mal
sarà cosa più prudente il procedere con cautela per accertarsi del ftU
senza nulla pericolare.
Dai ragguagli, inaod, che d ^ dannai intorw) al rame raccolto sol)
vinacce, nel mosto e ne! vino, e inoltre dal potersi fare uso, per ^ai^pB^
sione, d'apparecchi d'inaffìamento, apparisce chiaro, benché non
detto in parole espresse, che il trattamento del solfato si può estender
ancora ai (,'rappoli e che su[iptisce quindi ancora al .solfamtiQio rìvo^
contro l'oidium. Che se, asiMirg^-ndo le viti a mano, si preferisce dischi
vare in quanlo si pub, ma senza superstizione, ì grappoli, st faccia i:
huou'rjrn, e a questi converri applicare, contro roìdìo, il rimedio consoeii
dello zolfo.
CBONACA CONTEMPORANEA
Fireni€^ 10 giugno 1886.
l
COSE ROMAN£
Weoniio votmiif ilfi Rfgi'Hti di ClpmeiiU- V — 2. Cause di B''aiiOrJiiioii« —
3. Sita Sautitì .1II.1 Ito^ini i1ì $|ini^:i — 1- L'\f!«iiil>lea cattolica ili l-'nitcìn al
Sniiin Pìrirc — 5. Ij^hc XIII e h Basilica Ifltenripnsc — 6. Il Concistoro se-
I|rrioO«l ' {tingilo.
1. Il Dovello volarne dei Regesti di CteBiunte V, leste uscito alla luce,
richiama al jicnsiera ritnpre.sa veramente grande a cui ha posto mano
rej^nauie p'iiilelìce, e riuiniKnsfi vafilaffgio che ne viene alla s^jpjua
alla veriU ìuturuo ad uno ilei più inipoilauli ptirioili disila sLoria ec-
esiastica e civile.
QiKsio pre/ÌQ.sn volarne compi^ntle Rli allt del secondo e del terni
ino del poiiLifieaio di Clemente compendiali in '21.^2 doeiimeoii. e rac-
}1li dai codici vaticani, in cui, per autorità ponlillcìa Turono consegnali
saocili. Il prim'> e l'ond,imenlale pregio di qii'esLi alti é U loro inetut-
lille autenticità sia nelle cose che riguardano la fede ed il costume, sìa
ri Governo generale e paiiicobre delta Chiesa^ ^ia nelle storiche coniro-
u^icTra i documenti del secondo e del leno anno la difTeren/a che
urre è quella del numero. Nel secondo anno infatti il Papa fu irava-
llato da gravi ed acerbe infermità a tal punto da poter dire., scrivendo
Filìppf> re di Francia d'essere stalo condotto alle soglie dell' eternità.
ue.sta sua infiTiniiA fu quindi cagioni? per cui, a doua dì un amico suo
©grafo, gli -tcritlori della Curia poco in fpieiranno poterono lavorare,
uanio all'iitiporiauza storica essa è uguale e mnllissiiua negli uni e negli
tri docurntìuii, come quelli che mettono in chiara luce l'indole di Cle-
kente V, e fanno vedere, che i danni avvenuti allora alb Chiesa non si
Yono addchiiarc a lui, ma a netluizia dei tempi e a mallalLMilo di uo-
tinì che volevano sigrtnreggiare sulla Sede .apostolica; cliè in quanto al
lonteilce, egli si appalesa in quei documenti ne pigro, né debole nel con-
urrc (jli arTari della Chiesa, mi onsapevole del proprio ulltdo e proiilo
d allontanare il male coire a promuovere il bene.
Ntm avesse poi iiuestn volume altr.i inipirlanza che il fornirci i do-
umenti circa l'affare dei Templari, basterebhe questo solo a rcnderb
736
cnortACA
pr<uìoso, perchè questi documemi sona la più eloquente coudantia di U
le catiinnie accumulale su lale argomento dagli odkrtu copiatori dfti Vi]
■ani. del (iurtlero, del Voltaire e del Dupuis.
Per questo ogni biion cattolico dev'essere sincwameoie grato al
ttnaote Pottieiìce sotto gli auspicii del quale è stala l'opera iDtrapresa, '
saper grado altresì agli ejiregi figliuoli di S. liencdeitn, che coniiuuaDii
le gifìrìose tradizioni del loro (Jr(lin&, han dnto in qiiC5io secondo ni
un'altissirriH prova dell'operosa alacriià onde corrispondono si dingnl
ai voli del l'onience che al loro ingegno un tanto e sì arduo lait
atlidava.
2. La mattina del 25 passato maggio net Palazzo Vaticano e alla
senza del Santo Padre riunivasi l'Adunanza generale della Sacra
grcgazione dei Riti, nella quale furono Innaujii lutto proj>osti i dulibU:
tuto procedi posse a\ìa lìpatilica/ione del Ven. Ludovico Maria Or
di Monfort, Tondatore dei Missionarìi dello S{nrìIo Santo, e de1l«
della Sapienza in Francia; del Ven. Cleni'.'iile Marta florbaucr. sacurdoi
professo della Congregazione del Saniissimo Hedeniore. e prof
della detta Congregazione si>ecialmeote in Austria; dol Veri. Jet.
Maria di S. Giuseppe, laico profcwn dell'Ordine dei Minori Scalli
S. Pietro d'Alcantara, in Napoli, e ddla Yen. Suor lìiusepfta Ì4aru
S. Agoese, volgarmente Ines de'lteningaoiiu diocesi di ValeuEa in li
re1ì)?io>:a profe<i<'a dell'Ordine dei RoniÌi:)iii Scalzi di S. Agojitii
quali Voncratùli erano stati dal Santo Padre approvati solenc
miracoli coi decreti del ^1 febbraio corrente anno.
(Juindi tt stalo projnsin il dubbio sopra i miracoli del Vco.
da Nirosia laico (Cappuccino. Davano i loro voti Lauto pel tuta
possr (]uanto su i miracoli del veuerahilc Tigliuolo di S. Francesco li
verendisfiimi Consultori, i Prelati ofliciali e Analmente gli Kmiuc
Cardinali ap{Kirtenenti alla S. <.>>ngre^noQe dei Riti.
Uuanio prima vedremo dunque iualsati agli onori degli altari ali
Ire eroi della Chiesa, che per le loro opere e per le toro sanie virtà
sciarono sulla terra uu uome i«r sempre tHiiiedelto.
3. l<a nascita del presunto erede della Corona di Spagna ci oblìi
a riferire la leitei-a inviata al Santo Padre alla Regina di Sp>apa. Oueol
avea a suo tempo sollecitala la grazia di vedere tenuto al sacr^ '-vm!
il neonato principe dal Padre comune dei fedeli. K il Santo !'
nuendo al pio desiderio dell'augusta Sovrana della Cattolica S^mi^k.,'.
spondeva benignamente in questi sensi :
< Maestà,
« 11 deMderio che V. M. espone nella lotterà conwgoata al N'qqdo \;-
stoHco presso la stia R. Corte, i'' un ulteriore argomento del liliale
che Ella nutre veri>n la Nostra persona e la Santa Sede. Accogliamo^
cotrrairaRiNBA 737
tanto con patema deferenza sìirullo dtisìJerir), e non UnlianK) a sìgnìft-
earle che nella Nostra speciale lienevoIeoTa (jer la call'ilio Spagnai [*r
Maestà Vostra e per la H. Faraii{lia, Ci 'sarà l>en gradilo di contrarre
essa un nuovo vincolo spirituale, lenendo al sacro fonte con la (li-
letta Nostra lìi;lia in Cristo, l'Infjnu Isaltella. la jtmle che V. 31. sarà
per dare alla luce. In quelito caso il menzionato Nunzio szr^ il Nostro
ppresentaote alta .lacra cerimonia. Intanto preghiamo vivainenle il Si-
ore che si degni acconlarc alla M. V. un parlo felice, perchè inalwi
compia i materni suoi voli. A que^sto siewo inlento poi Le compar-
ONi dairintinra dell'animo l'Apostnlica Ilenedizìone.
« Dal Valicami, li l'i maggio 1880. »
■i. Se un governo animiiw d'odio seuario contro il crÌsiianc.sinio è
cauìia di scandali e di dolori per la Cliiesa, ci hanno ancora In Dio
\ mene in Francia dei,'li uomtni di more che porgono al Vicario dì (>isto
S materia di grandissime consolazioni. K i(ue.stì uomini sono appuDin quelli
tìte, riuniti le&tè m assemlilea nella metropoli della Fnncia, prr prov-
vedere ai bbaj^l del popolo e scongiurare i pericoli che minacciano la
toro p.iiria. votavano per acclamaàone un caldo e coramovenle iudirizzo
1^^ Santo Padre. L'indiriizo fu votato nella seduta del 28 passalo nia^-
^Hd: ed eccone il testo.
^^ « lieniissimo l'idre,
• 1 membri della quindi cesimi ai^semblea dei cattolici di Francia,
prostrati ai piedi di Vostra SantìtJt, le ofTrono Tomaggio della loro piii
profonda vtinerarionn e d'un amore chi' non uscirà mai dal loro cuore.
Voi -serhaie prcs-so noi, iieatissimo Padre, il posto di (jesii Cristo, nostro
IHo e nostro Ke. Noi resteremo .sempre aiuccaii, dall'intimo dell'animo
alla sacra vostra persona, e i vostri insegnamenti infallibili ci troveranno
sempre soitomeKsi.
V Noi ci inspireremo, mtlla nostra condotta, agli oracoli che avete
fatto successivamente intendere al mondo cattolico; noi inleiideremo, m
pariicolare, a svolgere in noi ed a spandere \n spirito d'otfbedlenza verso
il Santo Padre e l'episcopato, lo spirilo d' unione fraterna, lo spìrito di
pr^tiiera e di penitenza, la devozione alla Santa Vergine, al Santo Sa-
cramento e a) Sacro Cuore.
« Ci sforzeremo di preservare, con tutti ì mezzi possibili e massime
con qaellt che sono stati indicali dalla Santità Voiar;!, la fede iJelte gio-
vani generazioni, messa in pericolo ila un granrle niimem di cause e
principalmente da una slampa empia e liccnuoia; noi non omelteriMno
di comliatterc la frainassaneria e le altre as.saciazioriì antìcrisliaue ripro-
vale da Vostra Santità.
« Noi facciamo panioolarmenie professione. Ueatissimo Padre, d'ade-
rire con luito il cuore, senza resirifione alcuna, alla vostra Encìclica sulla
costituzione cristiana degli Stati. Facciamo nostre tutte le dottnne che la
Sirù XJJJ. noi. U. foK. tHU 47 12 ffÌt>p.,o ISStt
7if$ CnoNACA
Santità Vostri proclama; ci unifornieremo ai desideri! ed ai conugli
rormiila; dichiariamo cIir voglìamn t^s^re alianiRnle cnllnliri, in tniu^
dapperluUo « .semj're. « (Juaniln peniamo che in rnezi» alle soUftcitHdii
di nulli ^Isa, matj^rado lanle ralìctm iuereiitì al .suprea» FouLillcahv la
Santità Vostra non cessa di moliiplicarv i lumi per illuminare i aosi
passi, una ItonlÀ rosi paterna ci lascia penetrali di hconoKceaza.
« (ìoi) quesii <i<;nlii[ie»li imploriamo umilmeate, la vostra apocloUa
benedizione. »
5. Il g^rao \\ di giugno 1S8G segna una nuova e splendida pagiDi
negli annali dell'ani cristiana e in quelli della munilìcenu del Pa^
perocché fu quello il f^orno in cui si riapriva la nuova ati<qda ddti
basìlica di S. Giovanni Laierano. La gioia di quel giorno pei cattolic
di Roma e di Tiiort fn Innto mug;^ion! quanto piii grande e sensibilf i
la decadenza dell'arie per opera della rivoluzione. Per averne un'id
basterà solo para^^oiiare i lavori di risiauro doll'ahRide laieranense colli
ìtconcialure che ranno dentro Roma costruendosi dai suoi invasori.
Per fere cosa grata ai ooslrì tetlori ci piace di compendiare la jinp
storia che VOsservalore liomnno tesseva nella sua Cronaca eitUidiu
del grandioso e n)Onuin<'ntalu lavoro, dovuto alla regale inuaificema A
regtuale Pontefice.
< Sono appiinio dieci anni, scrivea l'egregio diario roroaiw, e l'absida M
l'nntica Imsilica dd Laierano, la prima Chiesa del mondo, apertasi in larghi
fenditure, accennava a rovinare. Un restauro era necessario e gli siudii
effeimarlo furono intrapresi- Faceva mestieri riprendere Topera dalle Ino
dazioni, e disinigi^ondo la vecchia at>»tda, coisiruime altra intera
nuova. A questo primo concetto se ne aggiunse, come coroHarìo, un «lui
• L'attsida, situata immediat.imcnie appresso alla Nave Clementi
per la ristreltez^a delln s|).izin, mal rispnnleva alla esigenza delle
cerimonie, k più sj)ecialii)e.me a quelle delle funzioni jiapalì, che più voltq
durante l'anno, vi si celebravano. Ouindi la uecessiià di un ampliammUt
approvato daiiprtma dal Pontellce Pio IX, di santa mBiiuiria, e quindi
dal suo successore il regnarne Leone XIII.
« Direttore del lavoro venne nominalo l' illustre archiletlo, conte Vir
ginio Vespignani. .Ma l'opera era da poco cominciata quaodo la morti
venne a rapirlo; e a surrogarlo nell'arduo compito fu chiamalo ilflgU
di lui. come Francesco Vespignani.
« Ora l'opera è compiut», 1a N.ive Clemeoiina re^aura ta e il naoti
braccio coll'ahsida nimva, Aironn aperti all' a mmi razione del pubblica.
La dimcolift che sì pre.sentava maggiore era il trasportare dal v
cbio muro sul nuovo il grande mosaico dell'antica absidi delU btnUa
E questo lavoro, che a mf>lti sembrava di quasi impossibile riu«dU
affidato all'illustre, ora defumo, prnf. Consoni, e da lui accuratiaitH'
mente sorvegliato e diretto, non poteva aver esito più felice.
La lunghezza del prolungamento della Issìlica è di metri ?0.^
L
COKTBMT-OtlANeA
Ti9
eoo que4i nuova »m\imza sì venne n formare 11 posto per gii siali! dvl
Cij>ilolo, i fittali, {«r Io iniini)/ì, giravano ciroohrmcnu intorno ah'aL^iìita.
Il grande arco d'iofcresso al proliJNi;amenlo è sostenuto da due bel-
lissime colonoe iti granilo di Uaveno. Nelle pareti laterali si aprono due
granili cantorie, ciascuna delle finali ha ai fianchi due coretti.
Ambedue le pareti sono riveslìle di ricchissimi marmi, stupendamente
amiuuizzait tra loru. Nella parele superiore e preei^^iuente al disopra
delle cant'>rìe due vasti alTrcsclii del Ijrandi rappreseniaiio, uno il Pon-
tellce Leone X.ÌII in allo di ordinare i restauri della basilica, Paltro
jaoooeuzo III, que^'lì che tenne il C^oncitio laleranense.
Nel fondo è il uriinde musaico del qu»le gii parlammo, col quale
miraliìiroeoie si raccorda il nuovo fregio parimeitU a mu.taico.
U liaik<io dell' ab^ida è rivestito di marmi, il cui scompartimento è sullo
siile coniuncmcnie appellato Cosmatesco.
Nel centro della trihima, in mez/') a due Cf)lonne a spirale, ornate,
fra le etiche, di mirmtissimo mwiaico, è la sedia Pontificale. Le delie
colonne sosleni^'ono una tralieazìone che fnra luiiu attorno all'ahsida, e
sulla quale al ii sopra del trono s'inalza un archivolto a tre centri,
secondo Io stile dell'epoca.
La sedia pontifif^ah; è dì marmo bianco, ornato di mosaici fim.<HÌmt.
Hìcchi5.sinm dì marmi, e stu[«eudo per dise;;^o è it pavimento, ite) cui
mecm tì^ura lo .slemma di Leone XIII. U parte dì pavimento racchiuso
nell'absida, in armonìa con l.i decora/Jone delle pareli, è di 0[>era ales-
Raodrina. È altresì di oprra ale-ssandrina il piccolo pavimento della ca-
nierella dietro il Trono Fnnlilìcale. Splendido è riuscilo il solIUlo della
nuova costruzione, Lsso, st-bbene di stile più ricercato, concorda con
quello della >3ve Ctem'jniina. La ileco razione ne è formata da stucco
addossato a volte reali, le quali sono sostenute da una rohii.4ia oliatura
di ferro. N'cl centro del soflìiio campei^gia lo stemma di Leone Xlll.
W i firandiosi lavori sì sono limitati alla cnsini^ione del nuovo prolun-
gamento, ma si sono estesi altresì al restauro della Navn Clementina,
nella quale furono riatiaii g,lì antichi ornaraejuì, e ristorate dal prof. Fon-
tana le piltnre nelle pareti.
(li rcstereUbe ancora a |i;irlare de! porlìeo che i valentissimi archi-
tetti sepiiero slupt-nJamenle rannodare con quello gii preesistente; del
ve.st)t)olo die gira liJlU) aUonio al pmlunga mento delta basilica; del-
l'atrio e delle seale che uniscono la t>asìlica al bauisleno Uostantìnijno;
dei locaU acce.>i!U)rìi ; e sopraituiio del soUìilo costruito con arte squisita
di un'ossatura di ferro e di vòlte reati.
Ma il rendere esatto conto dì lavori di tanto rilievo non può essere
compito di un giornale. A noi basta aver dato un breve cenno di (pie-
h' '^pera che è una nuova gemma incistonala nella corona di gloria che
circonda ti Pontiiìcato Homano; una nuova ed imperitura testimonianza
della munificenza di duePoniencÌ;di Pio tX die la approvò; di Leone XIII
740 caioiTAC*
chR conrermsndone l'approvazione, la ioiziò e la coodusse fdloHiuuU
a termine.
6. [^1 Saniilà di Nostro SìRoore Papa Leone XIII la mauina del 7 gii-
gno nel Talazzo Aposiolico S'atìcaoo ha tentilo t) Coucì(itoi'o se^rreto, kI
(|iia1e, ilnpo che l' F.mo e Hiìio signor Cardinale Jacobioì, qual Proctin*
tnre ciell'Enio e Rttio signor i:ar(lìnale Agostini, dimesso il Xilolo &
S. Euf^bio ebbe oit»io all'altro vacante di S. Maria della Pace, prowiiuift
la seguente Allocuzione:
Venerahiles Fratres
« In sarrum Concìstorium hodi^ma dieVos advocaodos censuimus dm
fA solum de rau»ui ut vtduaias pasioribus christìani orhis Ecrles.ìas novis
Kpiscopis dtmareniiis, verum eliain ut de Cardinalium creaLtooe agv»
mus, quam CoLle^ii vestri decus et splendor, alque ìpsa teinpornm eoi-
ditio postular» a Nohis videltantur. Non pniicos enim e veltro nununi
p^isiremis hisce annis vita exce&sisse Nobiscum dolelis, io gtinruDi loeum
alios uwxlo sulTicere ilecreviinus.
« CJuoniam vero Apostolica Mostra solliciludo ad cunctos se poriipl
diversaruni i^entium c:itholicos quos paterna ex animo cantate rotoplf'
ciittiur; ac suramopere laeianiur cura aliqua potior se Nobi* oflert
casio propensa» in eos voluntatìs argumcnia •nhibendì, opportuDum tue
vice piiiavimuii ex diversis velerU ac uovi orhis regìonihus ìùàgat
(luosdani lìpiscopos delij^'ere in ordinem vesiruui coopiandas.
« Ac primo quidem oculos in Galliaro ìniendimus, uhi lecliitsimi
crorum Antisiiies inronso studio el con<;ian!t intiniis proposito Apos»
licac Sedi mire dovincti, mngnum et omni common dai ione digoissitam
uDìtaiLs cum Kcelestae Capite in seipt;is exemplum praele-runi; ac fideld
eoruni curae coDcreditì iiifiumiiris poene cariiaiis et pieiatis nperlbn
suum in Kcclesiam aniorem iH immotara erga lesu Chrisiì Vicari
fldem, plures inler gravesi[ue dinicultales, splendidi; protllerì non
sant; ac rei calliotirae tuendae vires sua!: et facnttatHs lihenter impen
dimt. Hac igitur purpuratorum Patrum renunciattone. lum sacro eoru
ordini qui lìalliae ecdesiis prae.sunt.tum universae Gallorura genti pò
tilicum et slngulare dileciionis Nosirae pignus dare cotistiiuimus alqi
ea amoris e* observaniia vinciila arciius adsiringere, quae Kejieros
nationem cum romana Ecclesia romanoque Pontillcatu coniunguni.
■ Menicm deiiiceps Noslram ad se vocant focderali Americae StiH
et CanadoQsis re^rio. — t'Ioren» in ea confoederaliooe calbolìcae rdigii|
ois oondìtio qtiae btiiis se in dies expticst, novtsqiie auj^etur ìncremen^
ipu eliam constjlutio et Torma, ad quam, secttndiim .saerorum Caiionoi
Ic^s, Kcclesiae illae quolidie mai;is sese coinpoiiuni; monent quodan
modo Nos ac poene n»;{iiani ut alium aliquem e.\ praecipuis carnmd
rci^ionum Kpiscopis in Palrunt Oardmaliiim s&les l'ecijwaiUHs.
« Ouod ad (^anadense^ attinel, omnihus exploratum ei^t, quanta ani
tìrmilndìne calholicae lidei adhaereaot, quam sincero in Ecclesiam amor
^m
COnTBHPOnANEA 741
iDlur, quam luculenter pìetaleni et (idem suatn èrga RonuRum Pon-
Icem dimcilltmo t«nir>ore prohjirini. Qua itecaussa mmime ilubitamus,
lin uiiìiis t'\ Canadens^hiiit Archiepiscopi^: ad tanlam rlignitatcm cveciJO,
caiholicae r-eliKionis decus cwsiira sii, Iiem; ac feliciler verlal popnlo
inadcflsi, ei du.s promptJiDi ereciamque in romanarn Ecctesiam volun-
Iteni aiigfJiL iitqiie cnnllrmei.
e jgitur hi suiii qiias hodìc ex varils orbi& regìonibus in Collegium
krum referuodos !<tatuimu.s. Dìmirum:
Victor Felix Beii?(adoii, Archiepiscopus Senorfeusis ei Aniissiodo-
rensis: — Alexajìder Tascheheau, Arcliiepiscopus Uuelj'ecensis — bu-
AEDicTcs Maria I^ANc^iNitun, Archiepiscopus fthomensis — Jacobus
<jiuiioM, Arcliiepisccpus lìaliiiuorensis ^ Caholus Piiilippos Place,
,,Arc)iiepiscopus Uliedouensìs.
«Quos omnesardens religioni^ catholicaearoplìricandaeelsaliilisani-
narum procurandae sludiiim, sins^ulare in hanc Aposiohcam Sedera ot^
sequium rcninique gerendanira prudeniia maxime corameodal.
< Nec vero lialiam pra^icrmisimus, ex qua codem honore aiigendos
axislimavimus Augiismrii ThradoU, special issimu in e clero romano iir-
baiiuiii anlisiiieiu, ipii variis iara ollìciis et curaiionihiis naviier per-
fttficius, ilotnus Nosirae rouUIlcalis Praefcfiuram multa cum Ode ac di-
Itfjenria poslremo hoc tempore gessii; el Camilliini Ma^^i^lla Socielalis
J^su aliimniim, in!;tgni doclrinae fama ac pari virliitis laudi; praaclarum.
« Quìa vohis videlnr?
« AucLorilate iiaque omiiipoteiilis Dei, sanclonimtiue Apostolnrum Pelri
Panili ac .Nostra creaiiius el piibhiicamus 8. ]{. H. PrtMbjieros Car-
dinales: Victcihem Fcliuich Be::ii>'A[>uu; ALEXAnuiiiiH Tascìieiieai;; IIexe-
uiatH Mahiam I,ASGi':MEUx;.lAcnRiiH [jibboxs;Caromm Philipì'um Place
el DiacoDOs Cardiitales: Ai;>ansTLTH Tcieoooli; CAniLLi'ii Mazziìlla.
« Cum dispensaijonibus derogaiionibtis el claiisulìs necessariis el op-
ponitnis. In nomine Pairis -i< ci Filii •& el Spiriius * Sancii. Amen. »
Quindi Sua Saniìia ha proposto le seguenti Chieste:
C/ùesa MetropoUiana di Toledo, per l'EiTio e RiBo signor Cardi-
nale Michele Payjl y Rico, iraslaio dalla Sede di CompostcHa.
Chiesa Meiropohlani di Sorrento, pel R. D. Giuseppe Gìusliniaiii,
dì Mapnli, ivi Sofio dell'Accademia di S. Tommaso d'Aquino, (ìiudice
delle cause mairiinoniali in lineila Curia Arcivescovile^ Rettore del Se-
miuarìo Urbano, Canonico della Metropolitana e dottore in sacra teologia.
Chiesa Cattedrnte dì Gran- Varadino, dì Uito Latino^ per Mon-
Arnoldo Jpol)i-Stumnier, traslalo dalla Sede di Neiìsolio.
Chiesa Cnttedraìe di Novaia, per Monsignor David Riccardi, Ira-
ilo dalla Sede d'Ivrea, che ritiene in amministrazione provvisoria.
Chiesa C'illfdrale rfi Reggio d'Emilia, per Monsignor Vincenzo
inicardi, Inastato dalla Sede di Uorgo S. Donnino, che ritiene in am-
nistrazìone provvisoria.
742
CItOKACA
Chiesa titolare Vescovi/e di Leuca^ per Moosigoor tiaoUoo Badie
dì Castigiione, Gran Priore di S. Nicola in Bari « Vescovo dimissiaur»
di Cast^llaneia, cbe ritiene in aramiQiMrnzìone ifrovvisoria.
Ciiiesa Catfedrnìe di Casale, per Monsignor Filippo Chiesa, iraslat»
dalla Sedfl di Pinerolo, che ritiene ìd amminisiraùooe provvisoria.
Chiesa Cattnirale di Aversa. per Monsignor Carlo Caputo, traslatft
dalla Sede di Monopoli, cbe mìene in ammini&lrazione prowisons.
Chì^a Cattedrale di Ufompob', pel R. D. Krancesco d'Albore, ar
chÌdÌnce»ino di Capila, ivi Esaminatore pro-Sinodale e Canonico ow-
rario della Meiropolitaiui.
Chiesa Cattedrale di CasteUanetas pel R. R Fr. Utacondo da
S. Giovanni RotoiKio, arohidìucesano di ManTredonia, dell' Ordioe dei lU-
nori Osservanti Uiforinati di S. Francesco, Lcuorc di teologia e MuuM
Provinciale della provincia dì S. Aogelo dì Puglia.
Chiesa Cattedrale di Livorno, pel R. D. Leopoldo Franchi, di Piato
professore di teologia morale nel patrio Seminario, Canonico di qudla:'
Catledrale e Vicario Generale.
Chiesa Cattedrale di Borgo S. IhnnÌ7to, per Monsignor Oiaiutjal
tisu Tesc&rì, della diocesi di Vicenza, ascritto al clero di l'arnu, O-
nierìerc .segreto .soprannumerario di Sua Santiii, ELsaminatore sìnodal»
nelle due diocesi di Vìcenxa e l'arma, in quest'ultima Canonico delb
Cattedrale e Diacono Preltendato dì S. Secondo Superiore.
Chiesa Cattedrale di Pinerolo, pel R. D. Giovanni Maria SàriJ,
diocesano di .\.sti, ivi ^nmìnatom pro-sinodale, seconda DigaiU di A^
cidiacono nella Caiiedralef'e Vicario Generale.
Chiesa Cattedrale d'Jvrea, pel R. 1). Agostino Rìchelmy, di V
fino, ivi ProTessore dì teologia nel Seminario. Superiore del Monaxten
del SS. Rosario, lilsumiuatore Sinodale, Canonico onorano della MetiO'
polilana e dottore in sacra teoloipa.
Chiesa Cattedrale di Trento, pel R. D. Eugenio Carlo Valosn
dell'archidiocesi di Udine, a.schilo al clero di Gorizia, ivi Uireiiorevii'
rituale e Professore di teologa morale nel Seminano centrale. Esami-
natore pro-Sinodatr, Assessore del tribunale ecclesiastico, Cauoaico Vn
Tosto dì c|Eiel Capìtolo Metropolitano e dottore in sacra teologia.
Chiesa Cattedrale di Cefnì o Noìue di Gesù, nelle Isole Fìlìi
pine, pel R. P. Fr. Martino Garcìa Alcocer, archidiocesano dì Toledo
sacerdote profe.<iso dell'Urdine dei Minori Usservaoli Scal7.i di S. Franoeicq
Reuore del Collegio del .suo Ordine in Paslrana per le Isole Kilipiant
Chiesa titolare VescSvile di Uta^ pel R. I). Filippo Hej^ni, de
Baroni dì Salenlo^ di Napoli, iri Superiore di varie Congregazioni, C
finitore per gli affari di t|uella Mensa Arcivescovile e dottore in ami
le leggi, deputato Auiìltare dell' Emo e RiTio signor Cardinale Arciv
scovo di Napoli.
Chiesa tilolure VescoviU di Derbe^ pel R. D. Yioc«(izo Alda
COSTEMPOflATtEA 743
Sancbo, dioccMno di Tarazona, Arct'lìaeona nolla Meiro[K>liiana dì Sa-
ngtuza, ivi Vicario 'ìmierale. e lic^iuiaio in sacra («elogia, depulalo
auMliare detl'Kino e Hiùo Sig. Cardinale Arcivescovo di Saragozza.
n.
COSE ITALIAIfE
I. Iji noova C^nirta! pretWani *coap«l(ir*— !. LVIctiorw' dH pi!«»tlfltipriani —
X Gfi cITcui dHri|)noltiino ~ 4. L'nercilo iUillano — h. L'eruiìoBe dvirKlra
• Il Cholcra J) Tcnexin — fì. La rendita iUliana.
1. Cile la vitloria riportala dal ministero nelle recenti elezioni, dod
ivrebt>e modilicalo t^^n fallo le condizioni parlamentari, né dimimiiie le
grati diiIioolU nelle i]iiali si ts trovato (inora il Depreiis, è cosa che gii
Doummo ndla cri^naca dolla quindicina passala. Diratlo sono apitcna Ira-
$eorsi olio giorni, e ftà larnano a ^alla r\ì stessi sintomi che resero fati-
cosa e sienuia la viia del ^'abincilo, nell'uliimo perìodo dolla passata
le^slatura.
Il mini.stero ha vinto, non c'i> da diilnlarne; sia la maggioranza di
sesK«nia si» magari di cenili voti come dicono altri. Ma tra le file di coloro
ctie hinno comtiallitln sotto la sua ttandiera, e divisa gli allori della {fior-
nata^ gli elementi dell'antica destra rappresentano una parie abhaslaoza
considerevole, ed essi, al pari dei loro portavoce;, mostrano di avere una
pieoa conoscenza del nuovo slato di cose e si preparano a Ario valere il
meglio possibile. ]t Miugtiettì, (ht esempio, ha già piii vnke formulale le
Rue condizioni, a prezz") delie quali soltanto, esM e i sii^i amici, dicono
aperto di voler mant-^nere il loro appoggio al Governo. Ora, a Iialtaglia
finita, i giornali moderati, fra cui \'0}u'monf, van rifeteiido, con Ijel garbo,
V intimazione, ricordando al Depretis, il dovere, seivitOo essi, impreterìbile,
di abbandonare i mf:zti<)*^i, gli ei^pp'Urntì, le niicoh ahìfità adoperale
finora. A qneste ìniimuzioni rispondono dall'almi larte quelle degli nomini,
che, dopo avere militato sotto le bandiere del1a>inislra storica, fanno ora
parte della mah'ginran^.i governativa; e elio, alk loro vottn, minacciano il
Deprelis di un immii-iialn aliliandono, se aviistì ancora a muovere un sol
passo verso ta Destra. Tra quesla pertanto che mosira chiaramente di
Toler contare piii che pel passalo e di volerdeitare la leg^e al Governo, e
gli ultimi avanzi della Sini*iira storica, cli'^impongino al ministero dì non
Urt a tali prelese ulteriori concessioni, Irsituazione del Depreiis può, nel
volgere di poche sciiiminc, rassomigli!»e a quella di Ercole al bivio. Gli
organi ministeriali teni^onn. per ora, i faccia alle rivendicazioni della
Destra, un linguaggio abbastanza fred"- togliendo ad essa, otfni speranza
di moJilioaziooi mlnisienali. È proli^ile che le ambi/ioni dei rappreMO-
Uiiii l'antica Destra acconsenti r.inf a qualche piccola tregua, prima di
darò libero il corso ai loro propptiì 6d alle bro aspirazioni; ma è in-
^
m
cao»ACA
dubitato, cbe l'epoca delle gt^ri dirUcolti pel Depreiis, non è cbe dìS
« Tutto beo calcolain, scrivea VEco d'Italia, a noi s«a)l>ra cl>« Deprete
con tutta la sua in contrasta LÌIe vittoria elettorale^ sì ti^jri peggio dt pnsK.
Staremo alla finestra. *
'i. ÌA elezione del galeotto Cipriani ha prodotto una ptv>fonda tmpret*
siouc, tantn dentro quanto fuori d'Italia. Da per lutto t stato notato cnae
un f^rave stolnino della potenza » cui sono giunte nella peiiì^ta la ptfr-
pagarida anarchica, e la corruzione ntorate.(^ine immediala coaseguema
questo Tatto, qualche giornale iilTerma cbe sia staio deriniiivamaitQ il^
bondonato il progetto di un Tiaggio del re Umberto nelle RomagiM;!
occasiono delle grandi manovre.
È mollo probabile cbe la elezioDe del galeotto Cipriani sia slata,
cosi dire, la pietra sepolcrale posla su questo progetto; ma chi cooobw
le condizioni in cui versano le llomagne, difTieilmeniA si adagerà a cn-
dere possibile il viaggio reale, nonoslaate le generose largizioni fatte hn
in questi ultimi tempi al Re Umberto, in vantaggio di questa o qaeH'altn
società di mutuo soccorso romagnola. Ci vuol altro, per aggiustare le
lagglùi stille rive del Ronco e del Rubicone! Ìa storia è maestra iotot'
ntttihile della vita, e ta storia dice che prima i murallisti, poscia ì nui*
finiani, quindi i l'epoli, i H a sponi, i Minghoiti, i Pasolini, cb<; è qaaola
dire ì moderati della più bcH'aei^ua, gettarono nelle contrade di Romaga
tanto seme di anarchia, che sovrabhoniWj al rovesciamento del tion
pontificio, per cui era slato seminato; e ripreso poi dopo il 1859 e rìr
forzalo iusiancabilmenie di nuovo dai raanioìAni, e tìnalmeote dal snel-
listi, ora ha dato tali fruiti che la parola repubbh'cano nelle Rou)I|H
suona retrogrado, e il vero liberalismo consiste nelle teorie e negli esenti
dei Costa e dei Cipriani.
Questa è la pura venti ; uè valgono i lardi piagnistei della .statopi
moderata e dei suoi amici, perchè e<^i sono i principati colpevoli di uao
slato di cose, del quat oggi essi ancora sono le vittime; poiché, bratto »
dire, ma verol in Romana ì cattolici, che sono molti, anzi moliissìmie
franchi ed operosi, e sii slessi preti o religiosi sono lasciati in pace coi
gente che non ha nessuna colpa e non da nessun fastidio agli anareMd
imperanti; invt^e tutto l'odio di costoro b rivolto contro il liberaltflM
moderato. (Jual si è seminato, tal si miete.
3. Registriamo, in quesijr nosira cronaca, iwme indizio dei tempii
gravi fatti accaduti in Milano al teatro dei Kilodramuialici per cabine
delle ciarlatanerie del Donato. l>)slui venne ultimamente a Uihno pe
esercitarvi la profe-ssione di ipnotista, eoo gravissimo danno della saliiB
e morale pubblica come avea rati'-i a Tonno, dove alle sue rappi
lanoni intervennero poco lodevoltiv'^ote altissimi personaggi. Si sa dtf
r ipnotisnio, 0 soiinambolismQ artificfide. è un metodo trovato dal medi»
Braid (li Manchester, e con»8te nel faà' fissare un oggetto, brillante, coste
un astucdo metallico, alla distanza di 2i/,o 40 ceotimeirì dagli occbi, usui
CO^n-RMPOnAFTBA
745
la tina posizione cosiffatta sopra la fronte, che possa esercitare la mag-
porc azione possibile sutfli occhi e sulle palpel^re, e il paziente possa
leoen'i gli occhi (issi sopra. Si produce con tal meun uno sialo Ai sonno
caial^iioo che cessa col riposo. Neil' ipnotismo i sensi acijuisiano una
finezza singolare, specialmente la sensazione d'attività musr.'n1are, dalla
quale luuì i movimonli volontari sono regolali, p che, esaliain, può sur-
rogane la vrsia in molle operazioni. Inoltre avvi una grande Taciiilà a di-
rigere i pensieri deìV ipnot issato col principio della suggestione, sia col-
l'aiuto delle parole, sia poi eoli' aiuto delle impressioni derivami dalla
sensazione delI'allivilA muscolare, fucsie cose altliiamo voluto rir.ordare,
perchè appaia manifi^slo che i fatti di Milano sotio un prodoilo d'ella ciar-
lataneria, aiutato da una scienza della quale non sono ancora abbastanza
conosciuti i fenomeni, le cause e i mezzi, seijbene si conoscano glieffeiU
funestissimi in ordine alla salute pubblica ed alla morale.
Ora r ipnotista Donalo, per parecchi mesi ha potuto leocr desia con
le sue ciurmorie l'attcnjiione non pur della città di Torino e di Milano,
na di altri luoghi, a (al segno, che. a Torino è sialo un vero faiiatisiuo, un
delirio, da sfaiare quanto in quest'arie dì far perdere la raf^ione a^l' im-
becilli è stalo inventalo dal Mcsraer, rial Cagliostro e dal famnso Home.
J milanesi moslrarou» più stanno. Ma ci è voluto lo spellacnln di lauta
povera gente ridona alla pazzia o all'ebìtudine per vedere finalmente la
questura di Milano proibire le rappresentazioni ipnolisliche, dopo la de-
cisione del Consiglio sanitario provinciale.
« Noi non imendiarun, scrive l'egregio Osservatore Cattolico di Mi-
boo, dir parola tjè della decisione del Consiglio sanitario, né della proi-
bizione del signor Questore, ma riferendoci a quanto noi slessi abbiamo
Berillo, è bene che il Donato, ciarlatano pericoloso e dannoso, non possa
pili esercitare una profcs-sione tanto sciocca quanto nociva ; una profcs-
rione che allelLi, attrae, insania, istupidisce., i privi di sangue, di sale,
di spirilo, di senso dìgniio.tu. K siccome di questi infelici malsani che
corrono pazzamente dietro alle noviiA lusinghiere, che ambiscono il mi-
tierioso, che invocano strane .sensazioni, e sono lanto vaghi di celebrità
da domandarla a un saltitKinco p, procurarsela a spesi! del pniprio decoro
e della propria salute, grandissinin è il numero, conviene che una prov-
videnza s'interessi, come fa una buona madre cui bambini, perchè sieno
allontanati i sogijetti ipnotkjabifi dal pericolo che loro tende il Donato. »
4. L'esercito italiano torna di nuovo a far parlare di sL Che ci sia
D esso un germe malefico, ninno piìi dubita; da quali cause questo germe
IFOvenga è sentenza di alcuni giudici competenti, non potersi ben de-
ndere, forse perchè essendo i falli complessi è naturale che complesse
Itebbano ancor essere te cause dalle quali quelle derivano. Ora ì falli che
Bt rinnovano nclTesercito italiano, e cIh' noi rcj];isirinmo qui con dolore,
jcoQ di tal natura da far temer« chn lo spirito miliLirp non vmìa di conserva
col seutìiuenio morale. Questo dimostrano i suicidiì, la cui frequenza è
746 CRONACA
o^mai Ule, che non sì rìcoMa la snuiiglianle nella storia degli <?5«r(^
11 male è sventura la mente (wnelraio lama adileniro in lulli gli ordini M-l
l'esercilo. che passa cou>e uu'eccezioite quel gioroo in cui non &i sbhia a dt-\
plorare il ca^o di un rinfaccino o di un gradualo che siasi dato mi!
la morie. Questo pei suicidii. D'altri reali uoq parliamo, {.«rchè
generalmente neli'mierno delle caserme è dìllicite cbe trapelino di loofi^
ma se oe oom mettono, e Torse più di quello che alirì pensi lu '-
Ora è invalsa la moda, ira i graduati .spccialmcolc, di recar
alle donne che vanno \m falli loro, come è accaduto di recente a Ki^eo2^l
e di scandaliziam il popolo io Chiesa, come s'è veduto in san Fftia io]
Pia^^a. della slessa Firenze, dove alcuni graduati dell' arnit; dei IIen4*J
gtleri nsarnuo modi, atti e parole da lanzichenecchi innanzi all'aliare deHa]
Vergine hentidella. Il caso ha tanto più vivamente commosso i haoGii.j
quanto cht; finora il soldato ìtaliauo ito» avea dato motivo di waj)<]zl»j
su queslo puoto. Taciamo dei falli accaduti in Pistoia la sera del 6 giug»;
perchè w! fossero vere le cose riferite nel Fìeramosca di rirenw. d
rebhe proprio da rabbrividire, [lensando che il simbolo dell' ordine e d«llaj
disciplina possa diventare tulio il rovescio.
Ma If prore d'onore n di valore che danno specialmente e si di
qaent«Kli uiliciali fon diventale laverà piaga dell'esercito. L>a Mdafiod]
è vmuiii testé la uoiirìa di un duello, che il 31 maggio di buon'ora ve
comhsitulo tra due geoenli di cavallerìa, Masczuvcbi e Crolli di Cofili^lic
in seguito a diverbio per ragione di servizio, riportandone l' uno e l'alif
non gravi ferite. I^ scandalo è. stato grande, né a ripararlo ci é sperai»]
che chi ne avrebbe il dovere ci pensi. Vediamo invece i giornali intesi
pascere la curìosiiii dei loro leiturì. rac4:nntando per filo e per segno!
pariicoliirì del duello, ì mutui assalti, le carni lacerate, ìl sangue ette scone,]
il pallore della morte che si dipinse sul viso dei coml>8lienii e simili.
5. A dare un preciso ragguaglio della spavenlevole eruzioue ddl'Hiaa
crediamo melleie sono gli occhi dei oosLh lettori il sunto di una
Ussima corrispondenza, che da Giarre è siala spedila all' ^fre^o dia
romano la Voc« delia Verità.
Il corrispondente più che alla natura del terribile feooineDO si voli;
a considerare gU eflctii sfiavcnicvoli dell'eruzione. «È uno spel
grandioso e terribile, egli dice. Volgendo l'occhio a sottentriooe,
grande vulcano che riigge ori-eiidamente e si dìbailc, versando
squarciato fianco (lumi di fuoco e levando con somma violenza e ad
credibile altezza spense pioggie di massi infuocati, e globi ros.sastri
fumo e di cenere che nella loro ascensione sempre più dilatandoà
oscurissime nubi e per una vasia zona si distendono sino al mare.'
I punti più minacciali dalla lava »orio stali Borrello, fielpasso e NU
quest' ulUmo vuoi per la breve disianr^a vuoi per la maggiore pendeaui
soolo. * Quivi, cfiniinua il corrisfwndpnie, si assiste a scene dì dolore,
zianiì, inenarrabili. Le casa senza teiio, senza porte, spoglie d'ogni
CO.NTEMPOHANEA
V47
inienio ornampnio; innunwjrevoIi carri flissemìnalì per I« vi^choc-
ilgono ed esporiiinn o^ni oggetto domi^Mico. Donne che meste e pìai>-
coi loro par^olelii sulle braccia, si iraggono dietro a quel carri,
!osi spesso a rimirare il luo^o natio che ahUiridoiiano senza spe-
di mai pii'i rivedere; uomini ehe molli di sudore si iravaglianoa
Tiare mobili e niasserizifi, a svellere porte, fintsire, halcoiii, inve-
lale, (egole e inno che le loro case rivciie r soldati, carabinieri e guardie
i sicurezza che gareggiano cogli shiiaiiti iieM'o{:)era di salvalagiiìo; sa-
srdoli die col pietoso e iofalicabilc loro Arcivescovo, larghi conrorli e
ffsidii dispensano, e colla parola e l'esempio infondono magoammi seosì
sollievo dei roiwri. e fiducia ispirano oella divina clemeu^a, e sopral-
\un nolln Consolairiw degli aflliiii; giovani e vecchi, vergini e spose,
i«, in divoli drappelli accalcandosi al tempii, geounessi, gementi invo-
ino il soccorso divmo; lotto ciò accresce a miJIe doppii lo squallore, la
piiternazione, lo spavento, e speira di pietà e di tenerezza ì cuori più.
uri. Tralascio dì descrivere i danni gravissimi arrecati dulia cenere e
ai lapilli alta vegetazione nelle circonvicine campagne; da Trecasia;,*ni a
bdara, da Pedara » Nicìlosi, da Nicolosi alla L'oirenie lavica. Allieri
viti per un'area sterminala, in calcola hìli% piegano più o meno morenti,
iii o aleno avvizziti i loro germogli, e alla letizia di (|uelle terre amene
I rìdenti è sotlunlr.ito il lutto, la desolazione, l'orrore. »
Il velo della Vergine e Martire Sant'Agata jKirtalo in quei luoghi
desolazione e di [ulto ci fa sfiorare che la calasirole sia [>er essere
congiurala, e che si nnnr>vi il miracolo di altra volta. Cnrlo è che dal
^orDO in cui la preziosa reliquia è slata trasportali colà, l'allìvità del-
[erunone si ^ di mollo dtirtinuìia.
I lolanto che l'eruzione del Mons^hello tiene in grande angoscia la
vincia di Catania, altro pericolo minaccia l'alta e media Italia. Tristi
ilizle giungono dal Piemonte, dal Veneto, dal Napolelimo e dalla Te-
ina, prl dilatarsi del terribile morbo. A Venezia siamo già a circa
casi al giorno; Asti, Ciini>o e lant'alirì paesi del i'iemonte coniano
fioro vittime: A Kiren^is in due giorai 3 casi. A Uarì il male ^ in di-
inuziono, come » Brindisi, ma si ha ragione di temere che coll'avan-
irid della stagione estiva il flagello rincnidiKca. Insomuia da ijualunque
Ilo ci volgiamo non si sentono che miserie, dolori e pianti.
6. I^ reudita italiana è giunta a lOU! FnnfiiUa scrivea testò: <NoD
ippiamo se le elezionr generali del IStìfì polranno quaìifìcarsp il trionfo
Bir articolo cento; ma il numero cento ha iriorirato ad ogni modo. In>
Itti il listino della Uorsa segna la rendita italiana al prezzo di cento
ler ogni rin()ue lire di rendita, e potete aggiungere all'intiero qualche
fieciua di centesimi. »
' Onesto risultato per6 non deve illudere nessuno. « Nel dicembre 1864
f Parigi ed a Roma compariva, dice l'Unità Cattolica di Torino, noi
ini della Itorsa il n. 1UU. IJu^'tli'O mesi d')po, per complicazioni po-
totni della 11
i
748 cRonACJL
litiche, scendeva a 80, 50, e si richiedeva un anao e meuo per riaoqu-
stare le condizioni di prima^ mcnire il consolidato inglese in od id«»
rìgaadagoava il terreno perduto. Il rialzo della rendila italiana non vuol
dire la prosperità nazioimle. Noi seuitatno gli effetti della cri»! che «)»•
mina in Europa e negli Stati Uniti. L'industria marittima, la tn'^talltir-
glca, la wrica ed altre .sono in rilias.so; i commerci interna zinna li so-
mano, le tattile doganali accusano ribassi di valore e qnanlità negli
scambi iitUtmazJ Oliali. Come si trovi l' agricoltura, lutti sajipiamo. lo
alcuni paesi di Lombardia le elezioni si fecero al grido: ai salvi Va/fri-
coiiura. t Da più anni inoltre, soggiunge il Corriere dtUa Sera, il sagg»
dell'interesse è basso. Ad Amsierdum, a I>OQdra Io secalo si aginra
ordinariamente iolorno al Snù-Ciò significa o abbondiaxa ili capitali «
scarslU di rìchiesie. Nel primo caso è un bene, male nel secondo. Ha
86 voi interrogate perdio ci& ora succeda, vi si risponde a coru: ptf
mancanza di richieste. La crisi generale non lascia dubbio su di ciò.
Le Industrie che per il pcrtìstente ribasso dei preni lavorano coiaantfr-
menie in perdita, cercano di re:>tringersi appena pos<;ano- L'agrirnliuri,
scoraggiala, non Investe piti capitali nelle terre; i commerci sceinano.
Quindi l'aliltondHnza di capiliili, che s'impiegano in valori pubblici a
redditn fisso, preferendo quelli che si credono migliori. Uà ciò l'aunKOU
dei valori pubblici e quindi della rendita italiana. >
il Eco d'Italia, dortinrida intanto al Vanfuìla, di .sapergli dire quaiU*
abbia speso il Governo italiano per mandare la rendita alla pari.
HI.
COSE STRANIERE
Uk GRECIA — t. Timori e%\»:r.ti\LH — 2. i'olitiui rniii4:v}«,c comlcilta dcJla Rossii —
3. Giudizio siilb polìiic^ dd >'.tliinp|lo tììeuo — i. Fine drll;) controTcnn
S. La questione d'Oiienu^ e la Russia iivl Mnr Nero.
I. La Dulgarìa non aveva ancora accettato l'ordinamento iniposiol»
dall'Europa, né la Serbia rìniin/ialo ad ogni velleità di coollitlo, che II
questione della Grecia sì faceva tanto più pericolosa, quanto diveotavaM
più scrii i timori che il ijnbineiir) ellenico ricusasse di pic^rsi ai coiingli
della prudenza, e si astinas.sc n lenitr ti^sLa alle minacce dell' Europi
iiifatli die !e sperann; coitcepite pare-ssero indebolirsi, taluni argomenta^
vanlo da ciò che la questione si era complicata nel modo più strana
inispetlaio nel momento stes.so io cui il conUitto pareva prossimo ad ntà
soddisJacenlc soluzione. Ouesti timori ood erano esagerali. Innanzi iiHM
i Greci, non si sa da quale iuQuenu sobillali trovavansi io tate sialo d
orgasmo battagliero da far temere non avessero smarrito il !;euuo;eoi
crc<lei-e infatti che una nazione dì due milioni appena, senza qiiaunoi
in abitandone di tutti, pote&se misurarsi cnlla Turchia, la quale, benché
tanto in oggi stremau di forze, è senza paragoiw dieci volle per Io
COIfTGHPORArrKA 749
superiore io armi alla Grecia? 0 doveaiisì asjiettare i leggendarìi prodigi
delle Termopoli !
Un'nftra nf^om di Umore presentavano Francia e Rus.4ia.
La Germania, si dicea, riniJ:liiHerra. l'Ausiria-Unj^lieria e l'tialia erano
certamente d'accordo per cosirinjfere la Grecia, anche colla forza, a ùì-
sarroarc; ma in qua) misura e mo a qtial puaio partecipavano a qiiesio
iccordo delle quattro siimmentovaie potente la Francia e la Russia? Era
questo che dava martello a «{uanti rifniardavano una KU^rra tra la ijreota
fi la Turcliia, come il princìpio di mia conflaj^r anione europea.
2. A dir vero, la Francia avea sempre delio, e cnniiauft a dir stMiipre,
efae essa, pur desiderando la pace ed insistendo pre!>M) il gabinetto elle-
nico per indurlo a cedere, senza scapito del suo onore, ch^ linalmenle
cedere innanzi all'Kuropa armata non era un disonore, si sareblic aste-
nula da (jualsivo^lia dimostrazione armata contro la Grecia. Ecco pereliè
nessuna nave francese s'era mai unita a <iuelle detjli altri ì?lati nelle
acque di Suda. E siamo .sinceri : la politica del ^fabineito Freycinet è stala
scbietta, nò ba mai dato occasione in questa circostanza ad equivoci o
niAlinicsj. Volesse il cielo che lo fosse altrettanto in quel che concerne la
ma politica inierna, specialmeni^ in ordine agl'interessi reltgìmi della
Francia: ma di ciò a suo leni^iu. l'er ura concludiamo: il f^ahiueito di
Parì|p.,o6 lia venduto lucciole per lanterne ai Greci, né s'i^ prestato a far
violeo^^ a quei principii clje formano oggigiorno la quintessenea della
politica rivoluzionaria dei governi d'Europa,
Ma erano altrettanto esplicite le intenzioni della Russia 7 Qui stava
veraraenii- il nodo della (|uestinjie. Qualche nave russa s'era visla di
quando iu quando commista alla cosi detta squndra ìnlemazìGnale, ma
Qoo io modo permanente; sicché .si pote.sse dire che ci fosse davvero e
coir espressa intenzione di tirare add'>s.so ai Greci, come l'aveaoo gl'lla-
liani, i quali non desideravano meglio che intonar l'orrenda musica delle
cannonale per far dire ai loro giornali, che la (lotta italiana avea preso
il battesimo di fuoco, con nnu spavalderia somii^liante a quella d'Ancona e
di Gaeta, e seno il pericolo di vedersi affondala n^tle acque di una nuova
Lissa. Il sos|)etto adunque che da Fieii-oburj!;o il gahineito d'Atene riccvc.'ise
segreti incoraggiamenti alla resistenza era venuto non si>lo dìtiondendosi,
ma aumentandosi, con pericolo della pace europea. Ohreditliè, coinè spie-
gare altrimenti le tergiversazioni e rosltnazione del ministro Ilelyanni?
Non il egli evidente che in lutto questo garbuglio se non a piarla niente di
soppiatto per lo meno ci fosse la mano di qualche grande |K)tenza?
ComunquH cih sia, .se la Russia e la Francia non erano allora d'ac-
cordo colle altre putenze riguardo ai mam per co.siringere la Grecia a
smellere dalla sua haldaii/a, certo erano unite, almeno apiuirenlemenle,
nell'azione diplomaiica. Mentre per5 questa veniva esercitata in quel
modo che tutti sanno, cio^ con un blocco formidabile e con un apparalo
di forze navali senza esempio nella storia cotiiempi>raaea, la Francia fa-
750
cnnf(ACA
ceva, per proprio conto e iadipeDdeniemerite da^tli alirì ccsbincili, un t«D>
lativo per oUeaere dalla Grada ciò che questa negava osiinaiaiDetiietlk
IMHcnzc coUe$;ate. Più di iin giornale ben addenlro nnilc sperete com deUa
Uepuhliti<!a francese non esiti') di m<>uere in duhtiìo la t'uona Tf^de e le
rette intenzioni del signor di Frercinei; come quegli che^ salvando l'àratt
proprio della Grecia, mirara a far eooseguìre un isi^ialiio trionfo alla ib-
Ijloimam frannav. jnratii alle premure della Frnncì» il si^^nr Itplyaniri u
alTreilò a ris{K>ndere, che, per dererenza ad una |<otejKa amica. U Oreoa
non avrebbe turbalo la pace e si sarebbe indotta a diurniare dentro n
periodo di tempo indeiemiinalo. [| lato vizioso di ituesta ri'ijjosla en
evidente come due e due r»nno guuitra. Invero, riuesla conili/.t(>ni> non po>
leva piacere alte polenzo te quali nel disarmo immediato vederano il Mto
mezzo adatto a impt^dirn un conflitto. Ma pare cHr le Iraltntive tra b
Francia e la (irecia e l' accordo dw. n" era risultalo peccassKrn anche di
un altro lato, i^a Francia infatti avrebbe lasciato sperare alla Grecia, àit
nuMlrandosi arrendevole ai .suoi su^erimenti, essa avreblje {Xiluio otu*
nere, in via pacillca, una retti fica nione di cooDnì e, per conseguenza, «a
iftprandìmcnto di territorio. I,a Grefia dal canto suo, avrebbe acooli'»
questa dichiarazione del Governo fnncese come un impegnn quasi formale.
0 almeno come una prom<»;sa di prossima rlTei tua zinne. Di qui la li^Divzn
dì disarmare, le tergiversazioni, gl'indugi, gli equivoci, tutto insomma i^nel
complesso dì anìricii per avere il tempo oc -essarto da atieodere che t'tni-
pegno venisse manicnuto. Ma furon conti fatti senza l'o^e, come apiwesso
vedremo. Intanto .ippona si cfinnbbe la risjiosia del .sii^nor Delyanni al si-
gnor Di Frercinet, e la stampa francese colla .-uilita sua loquacità cik
minciò a menarne vanto come ili una segnalata vittoria della Kepubldirj;
e quasi ciò non bastasse, alcuni giornali commiscro l'erront di altribuire
a quel (atto un caniltere di cslililà alla Germania, alTermaudo. Mwa
rond^jmetito per altro, cbe il Ul Freyciuet avea persuaso il Governo d-
leoico a fare quelle concessioni ette erano siate negate al principe di bì«*
mark; poìcMa loro avviso il Gran Caocetliere era stalo il vero ispira-
tore della politica delle potente europe»^ verso la Grecia.
Quest'I tin^uagtrìo non [mtcva non ispiaoerc a llerlino a landra, a
Vienua. L'iniziativa dei provvedimenti coercilivi era stata presa non dal
Gran Cancelliere Germanico, ma dal ministero Salisfaur;; e il Gladiuma
era riiDasto fedele, in questa parte, nlla pnlilira del suo predecessore,
lenze osservavano con ragione, che ue.'^suna gnrenzia si poteva arere
la Grecia non avesse accotiseotito al disarmo immediato e senza condizioni.
A questa opinione si accostò anche la Russia. Che ne avvenite? Mentre la
Francia rimaneva sola a trovare soddisfacente la risposta del Deijaiuùr
r Inghilterra, la Germania, T Austria-llogheria, la Russia e rilnlia iodi'
rizzavano al galiinelio d'Atene un u/fi'»M/i(in, appoggiandolo con l'invìo
della s(|uadra irjierna/innal« al l'iieo. .\ (iw^i ufitmittim il Uelyanm ri-
spondeva nuovamente, riferendosi puramente e semplicemente alle dicbìt-
.^
CONTEMPORAtrEA. 75t
ruioni già rulm alla Fr»ncÌA. Ma (b tempo sprecato. Ls pHrteci|uizione
della Russia :itt' uilmiaium, persuase I« |>oterin! di' era iPinpo di finirla, e
il blocco dellv cosk- ellenictm vnime aiiiiaiidali) e. iEutiianlinenle eseguito.
3. Prima di andare inoauzi nel racconto dell' iiUima fase dì i|ue.^io
draniaìa non vogliam'» privare i nostri lettori dfl gìiidiuo' che l'anto-
re%*ole periodico il Jlffmortaf. iliphmatìgue portava uUiniameute sulla
poltiica seffuiia dal gaLiioelto Delyaiini, e in generale ddla Grecia. «La
Grecia, scrive quel diario, »«'è mostrala inferiore alla Mia riputazione di
fur^ieria. Lp. siie ultime vicende infatti non fanno onore alla prevesgenza
politica dei .suoi uomitji di Statn, La Tirecia non ha ni.-ii .-caputo scegliere
il iDomeulo opportuno per rivendicare i ^uoi diritii. Non lo ha fiittu dii-
nnXQ l'uliinia guerra turcn-ru-ssn, e non ha saputo nemmeno approfii-
tare dell'occa.'itone che le presentiva il movimenio dei rumelioti. Non
tiimgnava allora opporsi ai voti della Bulgaria, ma secondarli e trarne
partito a rimettere in campo le aspirazioni elleniche, le i)riali polevano
tienissiaio conciliare con rf»iste.n/a di un grande Stato liulgaro. U mi-
oiMro Delyaniiì, invece iiocque al Kulgari e ai Huiiiehoti, sen^a giovare
alla Grecia. Quando infatti le potenze aveano composta e a gran fatica,
la questione bulgara, era follia sperare che potessero permettere alla
Grecia di lurhare la pace, e far divampare un grande iocendio in Oriente
non meno che in OcddenLe. >
4. È duijque avvenuto ciò che si prevedeva e le speranze di coloro
I quali credevano che la Russia si sarebbe staccala dall'Inghilterra,
dalla Germania, dall'Austria e dall'Italia, non si sono realizzale. Il ga-
hiopito di Pietmhnrgo ha manlcnuio l'accordo cni (governi elicgli altri
Stati. l,a Francia, i;he volle serbare la propria azione indi |ien il ente da
quella delle altre potenze, t rimasta isolata. Che rimaneva a fare al
Dclyanni? Sottomettersi o dimettersi. Appena liicliiarato il blocco, il
Ueiyanni prestuitava le proprie dimìs.sioni, la.sciaiidr) il nuo Ke e il suo
pae^e in grandissimo Imbaraìczo. Il Tricoupis, capo dell' oppoi^izione, ctiia-
mato dal He al governo, avrehtte voluto declinare la rasponsabilit;') di ordì*
aare il disarmo, dicendo, con ragione, che chi avea fatto il male avea Toh*
bligodl ripararlo: ma cedendo all' impero della necessità accettava l'arduo
compito e metiea termine ad una politica di spavalderie, che avrcbl*
potuto fare .scomparire dalla caria geogralìca il rc(fno della Grecia.
lu quella però che il Tricoupis accollava senza benelìcio d'inventario
la eredità lasciatagli dal Dclyanni, l'esercito ellenico e l'ottomano che
da lanio tempo stavano a farsi 11 viso delle armì^ perdono la pazinn?^
e vengono alh! mani. Per qualche giorno Greci e Turchi lian combat-
luto sulla frontiera, per disputarsi qualche posto; fur lunatamente iiod
s'è andato più in là di una mutile elTusìoue di sangue. La Grecia ab-
bandonala a .sé stes.sa pensò che il resistere ancora alla vnlont^i del-
l'l<luropa era una vera follia. La questione è siala dunque sciolta, e il
pericolo di ud gigantesco conllitto allontanato; ma intendiamoci, scon-
7^ cno.tACA
giuralo per oggi, che quanto all'avvenire, iiitiì sanno che ri<n wjWI
ett Orient come lasciò scrìtto quel sommo uomo di Stato che fu il Doo
(lones. « Nessuno infalli, scrive il de Marjide nella Ité^irue des
moìulffs, rimane soddiiiCillo della recente crisi dei Balcani: oon la SertàM^
die divora l'amarena delle patite disdette, non la Unlgaria, che si koU
io una pasizione prticaria, non la Grecia, ferita nel suo amor pnqiria,
non la Turchìa, rovinata più che mai poi suoi armamenti; e qitcl che
peggio niuno ha fede die questo concerto europeo formato f>er cosithk
gere i Ureci sia duraturo. Sommato tulio kÌ può dire cli« l' Europi in
quaulo concerne gli afTarì d'Orìeote it eJitrsta in una novella Ireinti.
5. Ciò tanto è vero che si som voluti vedere nuovi sioLomi di pro»-
sima gutirra io un nrdiriK del giorno indirizzalo dallo Czar alla floua
russa del Mar Nero e in un discorso del llorgomastro di Mosca. La noi<ta,
che ha cancellalo nel Mar Nero le conseguenze della guerra di Crimea, <^
naturale che se ne rallegri e che la propria soddisfazione manifesii con
parole che p(>ssono parere, ma non sono una minat^cia. I? qui!>tn diciama
perché se la Russia avesse assolutsmenie voIum pruniuovere uria guerra in
Oriente, oon le sarebbero mancati da alcuni mesi i prelesti. Si è, invoee,
mostrata mollo arrendevole, e cosi nella Bulgaria corno in Grecia b»
tittito col meilersi d'accordo cogli Imperi centrali e con l'Inghilterra.
Essa non poteva dare maggiori prove del suo desiderio di oqb lnr<
bare la pace. In corircrma di ciò il Mémariai diphmalique acoeoiuiva
lesiè alla probabilità di ud nuovo convegno dei ire Imperatori, il cbs
Riustrerebbe che la iriplice allean/a è ancora in pieno vigore e che eoa-
tinuerà ad essere volta a scopo pacifico, e Dio voglia anche a .schiac<
ciare l' idra dalle cento teste che è la rivoluzione, che ha |«r ora it
roano lo scettro del mondo.
IV,
JUGUILTEIiRA (yo9tra corrìapondtntn) — |. Graift crisi partameBlBn^
Disegno M ^'gaoT Ghrl^lORC intorno ni nuovo Covcmo irlandese: Soni anicali
prìnri|Kili - i. Il ùill 3eniri(>|>rr t'Irbiith. Drf-tp santo del lenorr di rmd -
;t. Oitiio i-tTiilo imMlftlKi sui vani pat-llli dai frilb irìinAni. Sola T'itrlr >I
tiigiior (ìlailsioD<^ h Luo^n il^mocntzia ~ i. f^iscorsi U'iiuli [k'IIi tatuimi^ [u^^puli.
Maiiire«Ut del «ijrnor GIit(l'<Ioni> a" suoi «•leltori di Mid Ijìlhi.iii — fi. Voci intorna
Alle fiitar^ iKtcìiìhili CfMUioiiaitr. ronsidcrazinni «ul pmi^jiir Mato di cxtac ti. Pf»-
posi! del ^i^HOr Olii<l*lnuif per la «.ixiiidj lettura di-t MI dvW Home JiuU. 0|r-
rlionc di Ìx>rvl 1 lu-tinirinn — 7. $ M. U ttCKin-) all'i mo<lni di Utcrpodl -
Decorso <li Lonl Sali<j(un* intorno ntle copdìrioni presenti. Sua roitfnUÉaaf^
I. La Gran Brcllagna attraversa in questo momento una penosa aia
parlamentare, la quale non potrà cIié> esercitare su tutto rtoipero un'io*
fluenza lanio più funesta, quanto l'Irlanda vi concorre eoo la sua fona
pertvirbalrice. [Mpo aver caccialo da' suoi alloggiamenti il Governo Sa*
lisliury. doveva il sisuor Ijladstone supeniri! un grave intoppo puia-
loenlare, e questo egli tentò di fare mediante un audace Icntalivo ili
COSTEMPORAffEA.
idere il man gordìann. Hmh ih' egli nrinunziasse siccoDie base delle
eoe operazioni la coucesstoiie all' Irlanda dtrll' Home Hute^ [jeixliti ijuesia
ma couversìone assicurasse al Miiiiiitero, cbe da lui prendeva il nome,
l'adesione del sigiwr Parnell e de'^iioi segnaci: ma la nolìzia venne^ da
UQ aliro canto, a cadére a guisa di bomba framezzo ai paitigiani del
priiDo Mìoìsiro si dentro come fuori del Galiinetio. Voci di disaccordo
DOfi tardarono a sorgere; e allorché dopo lunghe dcliherarionl. die misero
dura prova la pazienza e fedelià delle lìle ministeriali, vennero llnal-
meoic specificate le proposte del signor Gladsionc, sì fece subilo manifesta
ropiwsìziiine contro di essa. Olire a liOnl fiarlingion, a Ijori! Derby, a
Sìr H. lames, al duca di ArgjII e ad altri, the fin da principio o erano
ì eselusi dal Ministero, o ne erano usciti spontaneamente, anche i
signori Ghamberlaiu, Trovelyane alcuui altri di minor conto rinunciarono
tioro ufUcio e si ritrassero dal (ìaliineiio. Il signor lìlad.ston<' riempi
I meglio ì vuoti cagionati nelle sue Ale, e finalmente la sera del dì
iprile si Tece ad esporre i sai>i disegni per la cessazione de'gvat, che
'ri Inngn lem(H) afnigifono l'imjjero perdalo e fatto deirirlaoda. E'
Seva essere stato uno spettacolo commovente assai per coloro, che crao
presentì, il vedere una Camera popolai issi ma, e un uomo col carico di
70 anni sulle spalle levarsi a parlare, non solo ai legislatori adunali in-
naiui a luì, ma all'Impero e al mondo tinto quanto. Per la durata di
Ire ore e mezzo seppe l' eloquente vegliardo icocre. per dir così, stretta
ÌD pugno l'attenzione della Camera con una potenza e un'armonia di
parole corrispondente al vigore de' suoi sforzi; dopo di che, prese a svol-
gere il suo gran disegno dinanzi a coloro, cui correva il dovere solenne
di decidere sul merito di esso e sulla sua attitudine a rimediare al gran
male, per la cui riparazione era stato clalwraio. l^cco pertanto gli artìmli
principali de) hiil: ì" Hcmoiione dal Parlamento britannico di tutti ì
Pari e Imputati rappresentanti l'Irlanda; "i" Creazione {>er l'Irlanda dì
un l'arlamenio siatulariti da constare di due «Ordini»; il primo di
75 membri eletti a vita In Irlanda a titolo di una rendita non inferiore
■He 300 lire sterline all'anno, con la facoltà ai Fari preseuti dì sedere fra
i nuovi vita naturai durante ; il secondu composto dei prescfitì 1(13 membri
per l'Irlanda, da rimuoversi da Wesiminstor, «di altri 101 ehgìbili dai
borghi, dalle contee e dalle università irlandesi; 3" Concessione al Par-
laniento irlandese di una certa facoltà dì tassazione, con che però i dazii
ilogaoali e di consumo debbano esser riscossi dal tesoro imperiale per
TADlo dell' Irlanda ; 4" Obbligo alla polizia dì prestar servìzio alle stesse
coodizioni e con la stessa aiaorità di adesso, organizzala però sul sisioma
Dglese, cosicché la sua spesa possa dalle lire sterline l,(HXl,l^)IJ ridursi
ille 600,0(*(), e il governo irlandese venga guarentito contro ogni ecce-
leiMta che superi le lire sterline l,OlII,0(Hl; 5° Soggezione assoluta de-
j^r impiegati civili al sindacato del Parlamento e (Toverno irlandese, con
'aenlià agrìmpiegati presenti di chiedere la pensione dì ritiro; 6" Divieto
Strie Xni, ed- li. fat>y. StU 4^ \t ghigna 18tì5
at Purli]iitt!ti(o irlandesf! di arcurtlare dolazinni a veruna conresMooe']
giosji. Ter ullhiio il .sigitor (ìlad^tùue loccó le oalerì» di Ctaaoia^ t
cbe, se il nuovo Uovei-no irlandese aveva da ìncomiociare eoo un
si dovesse ricorrere o alle annue lire sterliue '20,0U0 dell' avanzo
sìasiico, n &ivvtìro at tesoro imperiale.
L*inte^e^Rameulo eccitato io occasiocie cosi solenne può misurare ikV
Paasietà del pul'l'lico a trovare accesso nella Camera. I 300 memUii
que^a fecero a nzra per assicurarvi un posio afeli amici loro, ciaqv
de' «inali ottennero di collocarsi nella galleria del i're&idente, a sesfi»
in quella dei forestieri, l'er comodo dei membri stessi, la Camera ti
aperta prima delle (ì di manina ; e alcuni di loro fecero colazione nd^
l'inieruo di essa afTiue di procacciarsi posto per una discussinne, chei
ebbe principio Hno alle 5 di sera.
"i. U MI atcrario, die serve di eompleraenio a quello del Parlar
statttlario> fu dal signor Gladsione presejitalo alla l'amerà nella sera
segiicnlo. 'JUBstn bill è, per sua natura, tale da non dover passare
raiamente dalln legge sul Governo irlandese; esso è un complementi
legge stessa^ e le due leggi dehbono, per consegueuza, aver elTetlo
medesimo giorno. Nel presenlani questo secondo provvedimenlo,
il signor Gtadsione le raj^ioni, per cui non conveniva lasciare al quq
Parlamento irlandese lo siahilinienio del sistema agrario. La
di tali ra^oni era la lunga esasperazione prodotta dalle relaziooi
floqu) in Irlanda fra il proprietario e l'afliliuario; esaaperaziooe nsull
dalla valutazione della renditi al di là dei giusti contini; dalla ìucouauI
stravaganza dei propheiarìi; dalla dura indiirerenEa loro per il tietK.<
degli affittuari!, e soprattutto dalla melodica aii-sen/a dei proprieUrii ;
di modo tale cbe .sarelilin .stalo atto di iH-nevnlenza male intesa, peri
dire di colpevole debolezza, lo imporre alla legislatura irlandese, in
primordiì slessi del suo esercizio, ìì grave carico di occuparsi della qi
stione agraria.
Se. non che, avrehtte taluno p'ìtuto domandare: Perchft mai deve;
dossarsi alta Gran Uretlagna la soluzione di sì arduo problema? Li
sposta a silfalta doinauda sì fu cbe j)er la (jran brettagna era « un
di polilica e d' onore > il tor di meuK> la dolorusa diUìcolU, die è l'orì^
di lutti i guai, onde soffre l'Irlanda. <^oi non possiamo — disM
signor (jladsione — chiamarci alTauo immuni da responsabilità. Il UX
dei proprietarii irlandesi è in gran parte fatto no-stro. Noi siamo jMrl
eijtes criminis; noi, cbe, col potere nelle mani, stemmo a guardare; !
cbe non solo stemmo a guardare, ma incoraggiammo e sostooemnuL*
In appoggio a questa coosideranoue, il .signor tìtadslonc» mentre resili
geva la sua censura a pochi iiroprietarii irlandesi dell'oggi, citava al(
passi dell'opera del «gnor Kroude i^uir Irlanda, a mnsirare il mal
turato contegno tenuto dai proprietarii verso gli airuluari in pai
sarelilie, invero, potuto obtiiellare, non e.<^sere sperabile cbe ringhili
e la Scozia fossero coniente di esporr a rischi pecuniarii in una face
COLTRI! POR A !te A
755
,«, alla fio dei comi, rts}iu,inlnv.i esclu^v^imeQie l'Irlanda: ma quella
tiiezioue venne agevolmente dal signor Gladslone confutala con asserire
oessiin rìschio rea!'' e.MsLeva nell'operazione da lui raccomandala
'accellanooe delta Cnmera.
Beco perianto un breve «imio delle prop-rale gladsloniane. Sarà ofTerla
li proprirtarin Vopshne per la venrliia del suo terreno. Se il proprietario
dispasio a vendere, la faciyjida vien pn^a noUe mani di una persona
fjwrazione da diiamarsi « auioriiii di .Sialo », ti designarsi rial l'ar-
di Dublino; la quale autorità dovrik essere t' intermediaria fra
Veadiiore e l'icquireote, dopo che I» Commissione avrà deciso che il
.90 pu6 esser comprato. Il prezzo da sborsarsi è calcolato sirll' am-
ntare della rendila nella al novemlire 1HH5, deirazinn falla delle somme
itituile da lasse e sjH-se lettali, da debiti inesìuibìli e da mala ammt-
Bbirazioue. I j rendita lorda dovrik essere la rendila t^iudiciarta, se rendita
iciaria esista; in caso diverso, verrà lissata dal tribunale agrario,
viene poscia ■« l' autorità di Slato >, e sborsa al proprietario il prcKO
uisio'in venli annate di rendila nella —le quali, mentre possono
id€rsi lino a venlidue, possono però dal tribunale agrario essere, in
casi, mantenme in qnesii misura, e in altri casi scemate — pren-
do « r amorilà di Stato • sopra di sé le Annue gravezze, e romimiandn
pagarle a redimendole, secondrtchè le sembri piii acconcio. L'afTilitiario
ira diventa sul momento proprietario mediarne il pasainento, per la
U di quaranianove anni, di un canone del 4 per cento sulla rendita
orda, mentre la differeni'a fra queiH" ultima e la rendiut netta, sulla ipiale
è calcolato il rimhnrso all'In^bilterra, viene incassala dall' «autorità di
ilatn, > a lienefìirio dell' Irlanda; ditTerenzji ammoittante all'e^^rcgin somma
dì àura 'i(H\(KXi lire sterline all'nnno. l_los), .spirati die siano ì quaran-
tanove anni, l'occupante flivenier.'i liljero proprietario; ma quanto a pro-
irie*ario effetiivo, tale dev'essere immedialamenie. Per sopperire alla
Kpesa di (wsi fatte opera/ioni, il tesoro imperiale dovrà procurarsi la
somma di lire siyrhn*; riO/HIO.dlK), ociorrenie all'acquisto dei possessi in
conformità della legge; al rimliorso della qual somma, non che al pa-
gamento degl'interessi durante il processo di rimborso, snrA provveduto
ipa le operazioni accennate di sopra, e, in caso di detìcieni^a, quesia
ri a carico dei proventi irlandesi.
3. Tali sono, considi-rale sotto un aspetto generale, le proposte ori-
larie del signor l'iladstone. L'elTfito di queste proposte sul parlilo
irisieriale è stato, almeno in quanio concerne i liberali, quello di un
venie de' più energici. I,a falanije miuisieriale lia toccato una tre-
ida sconfina. I cnnst;rvntori lt;iri preso l' espediente di una generalo
ione a tutia le proposte di simil genere, pronti a tornare di bel
lìfevo al sistema di eoerci/ione. se questo sia reputalo necessario; e LaDlo
I>ird IlarUniiioii. ipianto t rapi delle grandi famiglie tchujf, han deler-
ininaio di procedere d'accordo coi cooservaiori nelle trattative della que*
«ione irlandese. E neppure i radicali, cbe seggono nel ministero, sona
Tifi CRONACA
fra loro concordi por rispello ai bf/Zì^ irL-tnOesi. I sìgiKirl Cliamherlun i
TrevBlyao, insieme curi un gran ounKiro dì aderenli, souo avversi ill'i
ed all' nitro bill. In ciò cIih coucernu il btil deWIIume Buie, 11 sig. Cba
berlaìn obliieila jjrìucipatimnle sulla sua rorma; su questa fiiii ctie mI
provvediiuenio iti m.-iuima; vivissima memo, poi, su certe sue particoli-
rilil. II sigoor ChauiijRflain sembra risguardare il bill come uà proi
(llroeuto disinietiraiiie, come un provvedimeli lo avente, per In nieno. ai
Sfili tendenza a una separazione deliniiiva; e, appoggiandosi a que
«onsiderazione, combatte con tutte le sue fonte 1* esclusione del cooiii
gente irlandese dal Parlamenio imperiale. Ni le ragioni di fiiiwta ««^
obbiezione sono mancami di fondamento, conciossiacln'' ripo-'^ion sul m
assioma cosiitu /.innate che nessuno può esser lassalo senza il |iro|
consenso. Ma, stando al disixtsitA del bili, il Parlamenio imfierìale A
vrebbe essere quindi innanzi il siilo t^iidice ed arbitro in materia dì
tassazione concernerle dazlì di coiisumo e dormali. Si avreblie a fiiabtlii
la tiatura e la <iuaniii.-ì di quesin tassazione, si dovrebbe procedere
lassazioue di tre ifuarLi della ri^ndila d'Irlanda, e il popola irlandetf i
dovrebbe in lutto ciò metter bocca, non dovrebbe avere alcuna rajipi
lanza nel Parlamento, elio imponesse queltt^lasse. Inoltre, l'oggetto di
provvedionenio concernente la dillicolià irlandese dovrebb' essere noa
di scemare simile diOicoItà, ma ancbe di adoperare tutu i mc7;£i ìmmsi;»
bill onde ri^ndcre, quanto fosse possibili^, piena l'unione fra i due paesi,!
coose^ueule mente di favorire re>)steQza di ogm legame inteso a coogm
gerii in una comune amjclievolo azione e nella sollecitudine a promuove
i comuni inieressi. L'esclusione, com"Ì> chiaro, dei iDcmbri irlandesi
Parlamento imperlale sia direliamcnio in opposizione con tutto ciò, e i
si prevede dover condurre piiiiiosio alla separazione che all'unione.
Un'altra dilTicolià, cbe s'incontra dal siKuor Cbamberlain nel dis
gladslouiann del (ìoverno irlandese, a'ò la condizione, io che rimarrei
quella, die parsdos&alnienle si appella SA7toH£/ea/f^. Si obbietta, infotl
cbe, essendo qu&sta sezione princtpal mente costituita da una minoranza i
protestanti di Scozia e dell'Ulster, varrebbe la minoranza stessa abbani!
naia alla mercè del trionfinle partilo catlolicu e nauonalisla. Per uvviarei
questo temuto ^laio di cose, proporrebbe il signor Cbamt«rlain che. ove ali
vera e propria popolazione irlandese fosse concesso l' Hoaìe little, una &i[
concessione venisse falla anche all'UIsier in forma d'assemblea separai
Per ultimo, il signor Chambcrlain si oppone in lutto e per tmw
hHl agrario; e la natura e le ragioni della sua opposizione egli ra|
senta come materia di principio, valendosi delle seguenti parole, che
gono, probabilmente, una chiara ide» del lavorìo della sua mente su tal
proposito. < Il bill, per me, è caitivo. In preferirei astenermi affatto dil|
pfiliiica ^inzìcliè dare il mio volo per impegnare il capitale (lc!l
— dirò di pili, jicr impegnare ì futuri guadagni dì ogni creatura d*i
i sessi del Hegno Uuilo — al solo iiaa di modilìcare le condiiion)
un'esigua classe di proprietarii irlandesi e favorire un disegno, che,
C0NrKMi^nA.KeA 757
nella presente su» rorma, condurrà ìnfallibìlmenic, n mio avviso, alla
done dell'Irlanda dall' Inghilierra. Io, in quelito caso, mi oppongo
cui si vorrelibe esporci; ini oppongo aliresi all'oj^geUo, pel
ile si vorrebbe che ci esponessimo a tal rischio. » In queste ultime pa-
si racchiude, probahilmente, tulio l'amaro dell'obbiezione del si-
(^hambcrlain. Ki non ;yi vedtvre il [wrchft dovrehlM3 sborsarsi danaro
coloro, che hanno st lungamente guduio di ciò, che egli chiama il
Ilio non guadagitaio », a l>ei]efl/.Ìo proprio e di altri; e sborsarsi poi
quello, che loro rimane neite mani. Facciano essi il me^flro chfi pos-
per s^ stessi; se nulla oitener possono pe'lom terreni con gli or-
procedimenli uiercalorii. li cedano a chi sappia da quei terreni
tvare ma^j^nor profitto che non abbian Tatto gli antichi proprieiarii.
CoQluttociò la nuova democrazia si maotiene, per la massima parte,
al signor Oladsiooe, e pronta ad assentire alle proposte di lui; e
[tignor Chamberlam si è dovuto accorgere che la stia ribellione contro
liicO suo cajK) nnn ha incontralo nj- la .simpatia né il s4sie^no delle
is^, sulle quali egli avea fatto asse>,'na mento, e che con tanti e sì po-
si srnr/i erasi ingegnalo di trarre dell» sua. 1 più dei componrnli il
(ito irlandese si ronti^ntano di nna sorta dì generale e tacilo iisstuiso
disegno gl3dsi/>niann, ma lengnnsi, senza dubbio, in riserbo per futuri
liti intorno a materie speciali. Sola loro [rolitìca si è di conseguire
che possono, e di questo tenersi, per ora, conienti.
4. XJuranli le ferie pasquali, noiossi una grande allibita e una gran
pia di discorsi, avendo la maggior parte dei capi delle dilTerenit se-
li lascialo libero il corso a'Iorn pensieri e sontimonii intorno all'ar-
quostione del momento. Il .signor (.ìlad.slone non parl6, ma die fuori
manifesto a' suoi elettori dì Miti I,olhÌan, manifesto alìlmenle conce-
e informalo da Una stratei^ia parlamentare. Il signor Gladsione si
irìnge a un esame generale delle condizioni esistenti, e lasciando cosk
ivedere la pa!»lbilJtii di concessioni agli oppositori si dell'una come
lell'altra parte; ma in questa materia tutti veggono con timore un pros-
simo e grave pericolo, e questo consiste nell'essere il signor Irladsione
disposLissìmo a rìeoiTerc a una guerra di classi, se Cìh egli reputi neces-
sario a manlenere il proprio ascendente e venire a capo do'proprii [Jìscgni.
Non v'tia bisogno di dire <]ii.ile e quanta e.sieitsinne sarebbr, [m prt^iidere
una simiiR guerra, e con qual furia verrebbe la ivmfiesta a imperversare
intortio ai vecchi conllni del paese e alle venerabili tradizioni e islituiioni
della vecchia società britannica.
Una ooncess.ioDe è stala già fatta nel senso del signor Chamberlain.
È voce che il ministero sia venuto nella determinazione di la-sciare, per
ora, sospesa la questione di escludere i membri irlandei^i dal Parlamento
imiN^mle; quutiiunque, però, sì aggiunga che tre memlirl almeno del
miuislero sono .issobiia mente cooirani a simile cona'ssione,
5. Dal linqul detin apparisce abbastanza chiaro che la piliiica bri-
tannica trovasi al presente in uno stalo di gran confusione, e circolano
CROSACA
(igni sorta di voci pnr rìspelto alle futuiv. po&sihlli comingenE^ . Riii<;dri
egli il siznor GiadRlone a far pusKare in seeoorta lelitira i suf>i billsJf
Se si, ollfirrA egli una maggioranza stUTicienle per farli passarti anche al
Coniìlato, e in ultimo inviarli alla Camt^ra dei I^rdì? Supporto eh' ti
riesca in l»Ii> inienlo, nessun dutiliio pu^i cadere suH' accoglienza, eia
inennlrcranno pr&sso queir auiriisia assemblea: saranno ìmnianofllitlmeDl^
resfiiuli. lo riueslo csvso gli è cerio, certissimo che il signor Gladsinn* m
rivolgerà al pa«se: e allora, vorrA S. M. la Regina aderire alla dissimo-
zioue del t'arlamento ì E se si, quali rii^ulianit'nii darik una nuova elflsooe!
Ammesso, poi. ctie il sij^nor Gladsione rimaitesse sontiiio a propo-
nilo della seconda lettura, due vìe rimarrebt)ero a luì aperte: o rinuniiara
airuiririo,o sciogliere il Parlamento. Io quest'ultima ipotesi, ricormehhe
la sta*»» difficoltà poc'anzi accennala; nell'ipotesi della rìnunria, chi |U
snicccderehbe? I conservaiori non sono foni abbastanita per formare an
Governo; uè di loro più forti sono i liberati moderati, la coalizione coi
quali 'la parte de'membri irlandesi ^. nelle proHcoti condinoni, impon-
bile. Parimetiie imjiossiliile sarebbe la loro cùali/,ioni^ col sig. Cbaintierlaitt
e la sua sezione di radicali, qualora egli persistesse nella sua preMeJite allt-
tudìne: come, impossibile sarebbe altresì l'iilleiinza de' primi col sig. Glai^
sione, e i ■'^uoi seguaci, 'l'ulto consideralo, adunque, le cose sembrerebbem
avviarsi verso il puoto preveduto dal duca di Wellington a lempo delt'ag>'
Lazione pel bill della prima Riforma, allorquando ei fece quella opporluia
domanda: « Cnmn mai dev'esser condotto il Governo del Re? »
l^a fase, forse, piii triste di tutto l' insieme, è il fallo dell'essere '■
troppi casi i più preziosi interessi subordinali all'esigenze di una clasiie,
0 di un parlilo politico, o magari di una framne di partito. Lord UaK
tingion si atteggia a difensore degl'interessi della classe de' propnciarii
in Irlanda; ìnierossi, che tanto gli stanno a cuore siccome ad erede d«l
possessi Ilevonsbìrt;; e pur di mantenere quella ctasw uelle sue [iresenll
condizioni, ei non rifugge dall' invocare l'aiuto della classe orangtsta d'tr^
landa, e per tal modo attizzare sempre più il fuoco dell'odio religinso,
che nei [ietti di quella cricca arde cosi ferocemente contro i caitniid.
Pur lui, Ijird Hartingion. res!wtr.sj abbassato Uno al livello di I»rd Hao-
doLpb Churchill, il quale |)er semplici (ini partigiani eblie ricorso alU
slessa sciagurata politica, costituisce nieoie meno che un delitta fi oep*
pure il signor C'hamberlain può dirsi immune da si grave imputazione;
egli, che, corifeo del partilo radicale, il liberale fra i liberali, noo dubit*
di eccitare il fanatismo protestante di Galles contro ogni conce.<»inn< al
poiwlo caitolico d' Irlanda, e die con tal fatto a divedere, non ess*>r egli
tal uomo da ispirare lìducia che saprebbe, all'occorrenra, provvedere al
naturali interessi dell'Impero con lar^ezza dì vedute, e con spirito traih
qoillo e generow), qual si cwivìene ad un vero slatìsla.
l-'r» le cim hi nazioni possibili, quell», ctiR più, forse, si accosta alla
probabilità, si è l'unione dì Lord Uartiogton e de' .suoi toAù;* can ly>rd Si-
Jfsbury e i suoi tories. SilTatta coalizione formerebbe, al cario, un pat^
j^
.^-u
CONTE» POR ANEA
759
filo forte, ma non riuscireijhe, a lunpo andare, a leoer fermo contro la
nptUa (lumina Jctla incalzante democrazia.
liC cose, fraiianio, non lasciano da un «liro lato dì pre^niare un
ax|tiiito ed una forma aliliastanza comica. Non si pu^ quasi fare a meno
di ritlpre nel vedere comò il sifjnop (.ìiadstone, l' autore di quella strana
rapsodia che ha per titolo / Tkcrùti vaticani, stia di presente arrahallan-
dosi a prò della popoiazitJfiH cattnlica d'|rlan{ln per ripararae i torti e le
Bis«rie otto volle secolari ; iippure tale è lo sjiellacolrt, cui ora ci tocca
ad assistere. Si ia, inoltre, un gran discorrere del mantenimento ilell'unione
fra riagliilterra e l'IrlariJ,!, siccome di condizione, da cuidifiende l'intfr-
gritA deiriniperu ; e la conservazione di questa integriti è il grido di guerra
degli odierni oppositori del signor Gtadstooe. L'uuione fra' due paesi, essi
dicooo, dev'esser mantenuta intatta a qualunque costo, anche a quello
della guerra civile. Ma clie è mai la supposizione, emj cui questo grido
si appogi^ia? Dov'è l'unione, che si tratta di mantenere? Esìste essa rea)-
ncoie? Chi può dire che al presente vi sia tra' due paesi una reale unione
organica T Vi sarà, sì, unione meccanica, fondata sulle leggi statutarie e
la forza Tisica; ma quanto a tinìnne morale, ve n'è poca davvero.
iÌL va, inoltre, proclamando ai quattro venti che la minoranza leale
ha da esser protetl.i contro i possibili eccessi del trionfanto partito na-
Eiouale, qualora venga concesso VHome Hule. Ma questa stessa mino-
raOdta leale ha, in certa misura e in varie guise, calpestata per Io spazio
di tre stìcotj la gemente maggioranza AA paese, stanza punto curarsi del-
l'ingiuria, che con ciò si arrecava a' più ovviì diritti naturati, che que-
st'ultima Ila comuni co'suoi oppressori; e fi timore di rapprejaglie per
itaa si lunga serie d' ingiustizie e di crudeltà è, molto probabilmente, la
sola causa occasionate della lealtà, di cui la minoran/a stessa mena cos)
gran vanto. Non sarebl>e, dunque, per tei miglior partito, e, per ogni ri-
spetto, più dicevole e più appropriato, il riconoscere francamente le pro-
prie colpe., e, dopo tal confessione, rimenersì nella generosità de' suoi
cnmputrioiti — gcnerosilù, che non mancherebbe giammai, se invocata
con sincerila — per ottenerne indulgenza quanto al pa.<isatn, stringendo poi
con Inro una schietta e cordiale alleanza per cfHii)erarc al benessere, alla
proprietà, e alla pace delln patria comune, die dovrebb' essere, ed è senza
dubbio, cara ad ambe le parti? Sarebbe questo il vero mezzo onde mao-
lenere l' onore, conservare l' inicgrità e accrescere la forza del grande im-
pero britannico; mezzo di gran lunga più acconcio, che non il ricorso a
una pressione esterna che riesce sempre grave e cocente.
6. Dopoché erano state messe in iscritto le sovraesposle considera-
zioni, il signor (jladstone si fece a proporre in un discorso di due ore
intere la seconda lettura del bUl deir.^o/n« lidie. \j& prima parte della
sua arringa viene qualificata un ammasso di sentenze epigrammatiche,
buttale giù l'una dopo l'altra a semplice sfoggio mielletiuale — delini-
noni, aforismi, citazioni, una moltitudine, infine, dì fi^re rettoriche; per
esempio: la delìnizionc dell'esperimento in politica, « proponente gravi
760
CRO^CAC*
cambiamomi wnitt firavi cause»; (iennirione, che — per paremwi —
Lord Uariin^ton, nel suo discoreo per la reie/hoe de! biU, illustrò col
so&liluirvi uoa defìni/ione del pruprìo, cioè: « traiiaote gnvì qiieoiou
saiza grave considera zione * ; un paase destiiuio d'ordine socialr, * dove
il senlimento radicale itnl popolo non ha «simpatia eoa la legge»; ia
citazione che il Canada nftn oilenne VHorne Ruìe per essere stato leale,
ma fu leale e lienevol» per aver otleouU) YHome Rute»; l'abtfflgho fatale
di « applicare il grido di uniià lieW Impero al rimedio, quaodo it do-
vreste applicare alla malattia. » Ad onta, però^ di si spleudido discora,
non sembra che il signor Gladsione accrescesse con la sua copiosa do-
quenu le probabilità di una secoiwla lettura, imperocché egli onn riosd
a soddisfare né il signor Chamberlain, nò i seguaci di Ini, circa alla
questione, che ora maggiormenle li tiene inquieti; queir aniroln, cto^,
del bili, che esclude i memSri irlandesi del Parlamelo imperiale. Il a*
gnrtr tìladsione propose certi espedieoii per modiilenre la diiììcoltà,
si guardò bene da lasciare travedere la possibilità di Itr coacessiooi
signor Chamt>Prlain. Frallanto, la tattica del signor liladsloae eood
nel procrastinare la discussione del biU, e così dilTerire il più possibile
la votazioiit! ; ed è interesse di lui il far ciò in più maniere. Sari datoti
tempo occorrente per riparare, ove sìa possibile, le brecce del partito libe-
rale, soprattutto per pi-eudere ia più matura considerazione le disposicoM
del hUi, e in sostanza tinto il complesso. Una cosa va facendosi o^
giorno più maiiifesu, ed è l'estensione degli avvenimenti, cui può dar luogo
il movimento iniziato dal signor Gladslooe. A o^i pa:^Ki della discussioM
vengon fuori questioni, che scuotono dai fondamenti rediTizio cosutuzU'
nate dell'Impero britannico; imperocché il movimento, che dapprima sem-
brava avere per obhietto la sola Irlanda, minaccia ora di comunicarsi
a ogni parte dell'Impero, e dare impulso al grande argouieoio della coolb-
derazione^ che rapidamente si avanza. Ansiosissima, frattanto, è la pubblici
espettazione rirca al primo passo nell' imminente dramma.
Dopo il signor Gladslone levossi a parlare Lord Hartington, e
che « desse del bill lettura da qui a sei mesi. I^ discussione sarft ri
presa il Kt di maggio, e probabilmente spìnta molto innanzi Rella seUi<
mina susseguente, se pure aoclie in questo spaglio di tempo riesca coodurla
a termine. Per la sera del I'2 è inlimalo in Devonshire llouse un mettine
dei seguaci di I.*rd llartingion, e uno pirimenle rti quelli del signor Cham
berlaiu;c si aspetta con grande ansietà di conoscere il ri^uliamento
tali meetinga, siccome quello che non mancherà di avere una grand
influenza sulla sorte defmitiva del hiU.
7. La Regina (^ stala Inlia al suo ritiro, e (alla venire la notte d<
10 maggio a Liverpool per aprirvi nel gtoroo susseguente una maslr
(Juesl' apertura avvenne con gran cerimonia e molto succe.sso, e. Pacai
gtien/a fatta a S. M. riusci, quanto ni»i potesse desiderarsi, alTeituosa
cordiale. Splendide e oniva-sali furono le dimostrazioni di lealtà versta
l'augusta Donna; e il ri|>eiersi di simili avvenimenti uon mancherebbe
OONTcnranANBA
?61
rafforzare )» monarcliia contro le scosse cUe iwlessero sovrastarle; impe-
rocché il cuore del [X)p)lo inglese ouire séntinienii cosi profondauiente
kati, che la visti detU sua Sovrana gli ionia sempre oliremodo gradita.
8. Lord S.ilìst>ury ha receniemente praniinziaio un discorso intorno
alle oondìzìoiii presenti. [I passo seguente si;i ad indicare l'ordine d'idee
e la disposizione d'aoìmo, con che il nobile Lord prende di mira la que-
stiooe. Dofifi aver levalo a cielo la lealt.'i del popolo inglese verso la Regina
ta sua aiTeziotio all'Impero, e^li scese a dire: * Qualità eoett fatte hanno
«Ueno luogo iiella dnuiitiaiite Tai^ione irlandese? 1 suoi componenti sono
egliii') stali leali verso la Regina; hanno arriatu la legge; si snno eglino
sempre mantenuti caldamente alTe^lonati airimpero? 1^ egli quesin il rì-
conlo, cui è in grado di esibire l'elometiLo dominante nel popolo irlan-
dese? Nou ha esso, di Uiilo in tanto, cercato snsiR^no presso qualsivoglia
nazione ctie si trovasse lu ostililil con l'Inghilterra, prima presso gli Spa-
gDUolì, p^i pr&<»o i francesi, e ora presso gli Americani? » Verissimo, si
risponde; ma I/ird Salisbury dimentica il perchè quel sostegno fu ricercato.
Gli uomini non operano né senza ra^jiorìe, n^' senta causa, Prima di tornare
discorrere, farehbc Nene Lord Salist>ury a studiare la storia d'Irlanda.
Egli vi imvereNbe lun;;he narrative di persecuzioni, crudeltà e oppres-
sioni d'ogni maniera, le quali mostrano chiaramente le L'ause del malcon-
leoio del popolo irlandese verso il Governo liritannÌco,c distia sua avversione
t luuo quanto portava il nome di leggi inglesi; emise, la cui esistenza gli
rluscirebhe assai d,ÌlTlcile il uoii ricouosi;ere. Ma cosi vanno in Inghilterra
le cose. Innanzi tutto, il partito; poi il tiene eomune, ses questo sìa pos-
sibile provvedere, se no; porro unttm esi necessaritmt; e di ciì), che non
può oUeiiersi, forza è farne di meno, purché il partito vinca ta giornata.
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pen. priìiiri» propria
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3 lini Vi-n. M(i»n«trrfl. ... a nooie del Veti. MDnit$l«ro
31 etlaltrm'e. Naiti-ux-SulUnch , . Nali-M-Sull-ioch
33 Thpriin Teheran
.SI l'arnie d'oro «e Tutlo il eapnv. si Iraaferùen
alìn png.4aS iU>po la ììh. S3.
13 Vanfi «ino Varie sono
li pn^'ione.lji povera madre. . [nisinnc, la [«veni madre
.16 ilorhiitrtlfr Ilwlislàtlor
37 Enluuke EiilkiiQdu
INDICE
La questione del Papa e la vigilanza italiana Pag. 5j
Studiì recenti sopra i Nuraghi e loro imjìorlanza » Il
Idem >
Idem »
Assurdità della separazione dello Stato dalla
C/iìcsa >
1 Derelitti. > 5
VIU. Il lavoro e la lottA con la miseria e le
malattie » i
IX. Un po' (li elemosina per amore di Dio »
X. Eroismo della pietà liliale. . . . >
XI. L'amore alle prese coU'avarizia. . > 6'
XII. L'abbandono » 1
XIII. Il soccorso del cielo e la buona GbiU »
XIV. L'Ermelinda e la sua viU . . . >
XV. Un'umiliazione e un tradimento. . >
XVr. Un volontario esilio >
XVII. In vi;i*^jjio senza un soldo. ...»
XVni. L'eremo di Roveredo > 3J
XIX. Il traforo e la lacca del Furio . . > 44
XX. Lo torture della fame e l'angelo del
soccorso »
XXI. Il vecchio avaro e la governante . > 4
XXII. Le an||osce del cuor materno . . » 5"
XXIII. Un vi.-ig_ffio ad Alessandria di Egitto > 5^>
XXIV. Il Nilo e luoghi di delizio e di com-
mercio > òSTt
XXV. ^lalignità satinica • > ''•>:!
XXVI. L'innocenza calunniata .... » Tul
XXVII. La caccia delle Palombelle e le vittimo
del tradimento » "^
Ihl socialismo in Italia — il male , . . *
Idem 1 rimedii , . . > J '
IITDICK
^mmentario deW Enciclica < Immortale Dei >. Pag, 143
Idem » 526
n nuoto libro std < Sillabo » . . . . '. » 158
Idem > 272
Idem > &44
.V giovine Italia e il recc/tio Papato , . . > 385
diritto della Chiesa air inifìiuniià ecclesia-
stica • 401
Tesoro, la Biblioteca e l' Archivio dei Papi nel
secolo XIV .419
Idem Idem >«679
//' ebraica persecitsione contro il cristianesimo.
Art. [. Come Un d«l principio non già i cri-
stiani gli ebrei, ma ffli ebrei abbiano sempre
perse-juitati i cristiani »
Art. II. OelTuni versalo congiura ordita dagli
ebrei in tutto il mondo contro il cristiane-
simo subito dopo la morte di Gesù Cristo > 66S
un dilemma costitusionale »
iutoriià regia e parlamentarismo
Del diritto della Chiesa verso gli Slati acattolici » 653
437
513
G41
RIVISTE DELLA STAMPA ITALIANA
fetisia de' latori di effittoìoffia e lingue semitiche, puMlicati in
Jla'.iii itt quetUuUim decennii. »
lilcm >
Idem »
Idem >
Idem »
ìaueti Thomae Aquinati» Doctoris Angelici O'piX^cvXs. philoso-
pliica et ttieologica ad usurn Studiosae lureiilutis seìecta
et iuxta ordinem rerum, quae in Schoìit tractantur, nunc
jtrintUM digesta et t-xacia. Acceduni Qiiaestioiies QuotJUbe-
tales. Sditio accurate recognita et nonuullis quaesiiontòita et
schoiiis aueta a MJchaelo De Maria S. I. i* Pontificia t'ni-
versHaie Grei/oriana Phihsophiae Professore. »
lanuariì Buccerutii o S- I. Moralis Theotogìae pr^essaris in
84
IITDICB
Pontifioia UnÌMrsUatd Grefforiana C. If. Commfnlant it
Beala Virgitu 3&ria. Editio altera ab Avetùrs reeogRtta tt
oKcla. .'...., Pag.
lacrtbi Laynoz, secvnii PraeposUi (ìene^ralis Societatù Itm,
Dispulalioues TrideoUnae. Ad wanatcriptùmm Jidtm tH-
dit et eommentariis historieìt inslruxit HarLmanuus Griìar
S- 1. Hist. Ecct. C/tiiteì filate Oenìponlana Prof. P. 0, . . > 1
J?™* di Giuseppe Ferriguo — fVm* dì Vincenzo PodesU. ► 2
Prof. Filippo Lussana. La Cireolasione del xa»jfug ed i A^i
}feMoria letta alla S. Accademia di Scitnxé, Lettere ed Arti
I» Padova, nella tornata dei giorno f7 gennaio fSSG . . » <
Storia Sacra illuatrata del Nvovo Testamento di A. P. . . »
Za iitnazione del faete e U elesioni. Nuova Aaiologia, /*■
scicoio ^ di aprile >
i/oam/jwr Donalo Velluti di S. ClHniento, Veacoto litolart di
Oropa: Legioni esegetiche e morali sopra il eucro libro di
Oioòòe »
t'ajltin agrario e la tassa -ii ricchezza mobile. Conxiderasióti
dell'Avv. Giovanni Bortolucci *■
Ma^onattrie pra/i^ue. Riiuel dv- 33' et dénàer degré de la Fraikt-
.ifaconnerie, rile Scossate ancien et accepté; par te Tris Puiuant
Sonverain Grand Commandeur d'uH des suprémes roiueils
coajédérés à Lausanne en é875. Fdition sAcrr'e s'adressaiU
exclusitement ohx FrancsMacont r/gntìert: omée i*u
Planebe mystérieuse, atee explicatio», et d'une collection i$
portraitx maeonni^ites: sminie de l'J?ncyelÌque IluoianUit ge-
nus; pubìiée par un Profane %
RlEIUOOaAFlA >
Idem >
Idorn »
SciEKZK NATURAI,! — \, Le applìcaiìctil astroMniiehe deHec
/otograjla. Le earte celasti fotografate dai fratèlli ITfnrf.
Alcune osservatimi sul metodo da essi t-inuto. Pregio di qmelJé
carte — 2- Una piccola polemica intorno ali'ae^ua di Fiuggi.
Idem. — I rimedi rontro la peroncspora — 1. aratomi dti
male — 2. RvmedHin polvere: lo :ol/b addo: la polvere /\»
dechard: la miscela di colfo^ calce e cenere — il. Rimgdii
liquidi: latte di calce; nodo d'tttarlo; sua efficacia: ineontt-
nienti; solfato di rame sciolto o neU'acqna o nel latte di ca/céf
tuoi ^etU; e vantaggi
INDICB
SreBe di S. .V. Icoue Xlfl al R. P. Micliele De Maria
d. C. d. O, Prqftssùre di Filost^a ntlla PonUAcia Univtr-
sità QregoriajM Pag. 352
CRONACHR CONTEMPORANRE
Dal 19 al 96 marzo I88fi
I. COSE ITALIANE ~ \. V geneUiaeo di Re Umberto —
. Riapertura della Camera — 3. Scarso numero di deputati
Camera e la situazione del Gabinetto — 4. Un fiasco dì-
tico — Ó. Zff nvese d'argento deiV Italia unificata — G. La
He della discussione generale sui provvedimenti finansiarU —
. Jl Cancelliere Bismark e Leone XIII — 8. La questione del
rtere temporale — 'J. La distrueione di Boma e l'assedio dei
^/dasxi Apostolici — 10. // disastro ferroviario di Hoceabruna
- 11. Cattivi sitttoini — 12. Peliegrinaggi regionali dell'Opera
1 Congressi Cattolici a Loreto nel maggio p.v » 1 15
IL COSE STRANIERE - Francia — I. Astensione della Fran-
ta nella questione orientate — 2. La crisi economica — 3. //
banda degli Orleans e dfi Bonaparfe — i. La ìibertà d'imporre
funerali civili — T». L'assemblea generale dei Cireoìi caiioliei
operai di Parigi — 6. Tm condanna del Vescovo di Pnmiers —
Una festa massonica a Parigi — 8. Le fallacie dd trattato
tonchiuso col Madagascar — &. L'anniversario della Comune —
0. Invito al Congresso eucarìstico di Tolosa > 1*22
Dal 97 marzo all' 8 aprile
I. COSE ROMANE — I. Una profesta nel Senato del Belgio
favore del dominio temporale fH Papa — 2. Udienza pon-
— 3. Pellegrinaggi regionali ai Santuario di Loreto —
'este centenarie a Savona e a Mantoi^a — 5. Generose ht-
ìficense del S- Padre Leone XIII — G. La Santa Sede e to
ìtalo dd Congo » 937
II. COSE ITAIJANE ~ \. La guerra al Depretis e i Cfert-
ì — 9. X' Omnibus finanziario — 3. Il disastro dei Prati
Castello — 4. La tega dei Vì^Vi del Lavoro e i torbidi di ìltì-
— fi. li ritorno del generale PoasoUni — 0. L'assolutoria
i contadini di Mantova ed i tripudii socialisti — 7. Nobiie
nlegno di un consigliere municipale — 8. Sintomi di socialismo
net Monferrato — 9. La ribellione dei tHÌ7iori corrigendi net re.'
tlusorio di Firenie — tO. Processo in Genova contro anarchici
t socialisti — II. Fasti comunardi in varie province » 241
766 1 K D 1 e B
IIL COSE STRAMERK — Prussia - (Nostra corrispondeiio)
— \. La politica estera — 2. Le leggi contro l'elemento jK>laa«
nella Prussia orientate — 3, // Kuliurkarnpf — 4. Im ìtgy
amiro i sociatisli — 5. i7 bilancio deH'Tmtìero, e il cnnale fm
i mari Scitico e Germanico — 6. // rtordittamento del paride
cattoiieo mi granducato di Baden — 7. Uh nuovo poema sul
Messia Pafr .
Una rtttificaxioiie - » -
Dal 9 al 22 aprile
r. COSE ROMANE- — \. Iticevimenii in Vatkano — 2. /I
giufiiieo sacerdotale dei Santo Padre — X Nttove proteste cantra
la dùtrusione di Roma — i. La nota del Card^ruU Seffretarit
di Stato e la pace eeclisiasU'ea in Prussia — 5. Vn muwosfr^
ffio ai Cattolicìsmo nella ìtoma dei Papi — 6. La ì/enedìritm
della campana delta Patriitrcah Basiliea di Santa Maria Ma^
ffiore — 7. Decreto della Sacra Congregiaìone dell'Indice. . »
li. COSE ITALIANE — I. Quindici giorni di chiacctuere t A
^tiegolezsi — 2. // IJejiretis fatto bersaglio agli attacchi drt
partiti coalisiati — 3. Ultimi lavori della Camera alla e della
Cainera bassa — 4. Un tentativo fallito di rmand'ire in co''
cere lo Sbarbaro — ò. La proroga del Parlatntnto — 6. L'ajv-
tazione dettoraie — 1. La Massoneria in moto — 8. Mene
socialiste e twiori di scotnbitssolameHti — t*. Il choìera a Padow
e a Brindisi — lU. // Colkgto-convitto Pontano a Napoli « A
Cardinale Arcivescovo San Felice »
III. COSE STRANIERE — Belgio — (Nftsira corrìspondenia) -
1, Dcscrifìone dette parli in che si divìde il popolo belga —
9. Gravi disordini avvenuti in varie provineie, notantemente a
lAegi, a Tournni, Chartcroi e a Soignies. Ij/>dcvole contegno
del ministro della guerra e del gaieraJe Van der Smissen ~
3. Hi^ultametiti degli accennati disordini. Urgente necessità di
un governo eristiano e forte che sappia pretmtire maii ulteriori. »
IV. PRUSSIA (Nostra corri spondeaza) — I. Gli affari esteri —
2. Tm nuova legge eccìestasfiea — 3. Il ministro dei culti i « P»-
lacchi — 4. Aff'nri religiosi, e fatti di perseeutìone — ."», Marte
di monsignore van der Marwits. »
V. CANTONE TICINO (Noslra corrispondeoza) >
Dal 23 aprile al R maggio
I. COSE ROMANE — 1. Le Palina offerte al Santo PadrtH
17 aprile — 2. Benefiche sue largisiotti — 3. Uicevimenti f
udienze pontificie — 4. Leone XIII e ìa Persia — 5. VAió'
confraternita diS. Michele a Vienna e US. Padre LeoneXIII^
■-■ toT-l
INDICE
767
P»w wlmn* eerìmottia in VoìJmho — 7. Leone XJIJ «
« Sfifujna — K. L'Imperatore dì Germania e il Santo Padre —
. Lefmn XIII e la pxce religiosa in Prussia — 10. Otmoea
'/a queaiwnn romana , Fag. 475
U. COSE ITALIANK — I. If decreto ehr scioglie la Camera
— '2. L'a^jitasione rleltorale — 3. // coi/ra in Italia e le
ttne — 4, / fatti ih Brindisi r i fischi al Tninni —
L'eccidio delia spedizione africana — (j. X' inventario della
V lepislatitra italiatta — 7- Circolare dfl Comitato generale
finente ^ft Opera dn Congressi t lìeì Comitati Cottolìd —
/Timi Mia proposta deti'Gco d'IUlia — 0. // monttmenfo a
^Metnstasio. » 483
IIL a)SK STRANIERE — Spago* — 1. U agitasioni flet-
ti e le manifestazioni operaie — 2. L'arresto ài un u/fu:iaii'
h congetture Me se ne son fatte — 3. La riunione in un
'r9 di Madrid del pitrtUo repubblimn^ intransigente — ^. J)i-
rdo in seno del Gahiwtto r dimissioni ilei Ministro delle
'innn^e — T». Ottoemto impiegati destituiti — 6. Commataiione
duca di Siviglia delta pena del carcere in esiglio — 7. Po-
del Sagaata — H. Tentativi dì rivolta in Cartagena, pre-
tivi dei Zorillisti e scoppio di dinamite in Badalona —
Decreto che convoca le Cortes, e il programma elcttoroìe della
'inistra dinastica — 10. // matrimonio ileWIjifant'i donna £'u-
— 11. Qnistione di rivalità tra la Francia, Spagna e il
Vescovo di Crgel — 12. L'assassinio del Vescovo di Madrid e
/d scandalo di Murcia — 1-1. Dìchiarasioni del ministro degli
4M/fari esteri ...» 4'J3
IV. LNiiniLTERRA (Nostra corriapowlcnMi ritardili) — I. Il
Gladstonr per la terza volta a capo del ministero. Suoi disegni
per la paeifieamone dell' Irlan^la — 2. La questione rfWl'Hntne
nule. Lord Randolph Churchill e gli Orangtsti. Ungioni del-
Vopposieione di qtvMi intimi ali' Home Iliile — 3. // Vescovo di
yottingh/tm e la co-^ì detta l'rimrnsi! Leagiie — 4. Gravi disor-
dini uttiniamenle avvenuti in Londra per opera dei socialiali de-
mocratici. * o03
Dil 7 al 37 maggio
I. COSE ROM.VNE — I. L'obbedienza al Papa e la diehia-
rnsione dc/rDiser valore Romano ~ 2. La Santa Sede e la Persia
— X L'elemosina della Messa al Pajw — 4. It Gìubbileo sa-
ci-rdotale dì Ijeane XIII e V Epiìcofiato italiano — 5. // een-
tmano del Cottohngo — (ì. Le proteste dell'Italia cattolica contro
l'empietà del Secolo di Milano — 7. li voto ilegl' italiani al
■^— ■-
i
768 ixoiCB
Sacro Cuore — K. IticevitHotto in Faticano dei peVtgrini otath
desi — i). / novcili Cardinali l*ag.
il. COSE ITALIANE — I. / discorsi dei enpiparie — III
vertletfó delle urne — 3. // significfiio drlte nuotfe elezioni —
k. Impressioni e piudigit sttJle lotte eUttorali — 5. A'^mon» ipa-
vetitevoìi delCEtna — (>. Uh illustre figliuòlo di 8. Benedetto. »
III. COSE STRANIERE — Prussia — ;Noslrn corrispondeaza) -
I. La soìuziotie delh difficoltà orientali — "2. J> retojiani am
ìa Francia, e te grandi mostre — 'À. Il movimento socialista t
ìa popolaeione; i lìuovi eanali — j. lune dei Kullurkampr —
5. / pellegrini ledesdii in presensa dr-l Santo Padre — G. U
leggi antipolacelie — 7. La questione monarchica in Baviera^
8. Morie di monsignor Orbin ■
Dal ?8 mag^o al IO giugno
I. COSE RUMANE — 1. Il secondo voliuae dei Ttfgesli di
mente V — 2. Cause di Beati fieasione — X Sai Santità
Ret/iua di Spaftna — 4. L'Assemblea cattolica di Francia tt
t'^anto Padre — 3. Leone XIII e la Basilica tateranense — 6. JB
Concistoro del 7 giugno ■•-'
n. COSE ITALIANE — I. Xa nuova Camera: prerisioni e con-
gctiure — 2. L'elezione del galeotto Ciprtani — 3. Gli effHli
dell'Ipnotismo — 4. L'esercito Hatiano — 5. L' eruzione dell'Etna
e il Cholera di Venezia — 6. Z>i rendita italiana ■
III COSE STRANIERE— U Grecia — I. Timori e sperame-
9. Politica francese, e condotta delia Unssìa — 3. GiUiUzio sulta
politica dd gabinetto elleno — 4. Fine della eontrover$Ìa — 5. £a
questione d" Orienta e la lìuisia nel Mar Nero » '
IV. INGHILTERRA (Nostra corrìsfionderiai: — I. Grave erisi
parìamentare. Disegno del s^or (rladsione intornn al niupo
Gover%w irlandese. Suoi articoli principati — 3. // liill agraria
per Vlrlandt. Breve sunto del tenore di esso — B. Cattivo effetto
prodotto sui varii partiti dai bills irlandesi. Sola fetide al
signor Gladstone la nuoea democrasia — 4. Discorsi tenuti nsUe
vacanze pasquali. Manifesto del signor Gladstone a'suoi eiettori
di Mid Lothian — 5. Voci intorno aite future passibili contin-
genze. Considerazioni sui presente stato di cose — fi. Proposta tlei
signor Gladstone per la seconda tetiura del bill dell' Hnme Rulc
Opposizione di Lord Ilartiw/ton — 7. S. M. la Regina alla mostra
tìi Literpooì — 8. Discorso di Lord SalisÒnrg intorno alle condi-
£Ìoni presenti. Sua confutazione
.A CRONOLOGIA BIBUCO-ASSIRA
del P. GIUSEPPE BRINENGO d (.d. G.
APPENDICE
ili'liprra lì Babìlonu « il \mt dilli! «ri^iai Udo iIU roiM|flÌHta di Cini
^ìtb KnnJo i nogunieali cuQcKvmii cvinparali («Uà Bibbii
DEL VEDESIUO AITORB
*rito, lìp. Giaciti, Figlio e C, 188'!. Opuscolo in 8 gr. di pag. 92.
Presso: ttlr« If
Tra i problemi. Rusuitali diiltu scoperte di'lla moderila Ansirtologia uno
r'più rilevanti e dtIBctti k (ji)«IIu che rifjHnnla la Cronoloji^a asaim rispetto
la biblici!, 0 i] modo di concordarle entrambe fra loro, spiaiimido In coatrnd-
lione che a prima fronte presenUno. L'Autore, nel presente Opuscolo, dopo
abiliti alcani solidi priiieipii di esegesi biblica, roca In merzo tutti l dati e
cODditioni del problema; iodi espoue e dii>cu(e le principali soluzioni, im-
•ginali; Unom dal dotti, specialmente quella dsH'OpPERT; « in line propoofi
propria, m^rrò la quale, aalraudo da un lato tutti ■ dati autenltcìi della
^boia, e dair.ftllro tutti i dati aspiri, egli riduce dì fatto le due Crouologìe a
rrfettA concordia: come dimostra la Tavola sinottica, colla qtiale l'Opascolo
DODcliiude.
' nemie aW Uififto CeuiroJt dfila Qv. Catl, t prfssa i prinnpaìiGrrfnti ilflìnmf^caim/i.
UKii coi.k:ka e: ue>l<»i kimeui
Lettera dì OlOV. M. CORNOLDI d.C. d.G.
Mava adizione riveduta dall'Autore. Venezia, iimgrafta Emiliana. 18Sà.
11 minacciare cbe fa di bel nuovo quesito morbo funesto rcudu opportuna
divulgazione dì quelli sentti oho recano v^ra utilità pratica. Tra oue.stÌ 6
[presente del eli. P. Cornotdi. il quale da tauli auni sostenne easuro il morbo
{ioiiato dai miciolii e prima di tutti gli altri additò certi modi onde il me-
lìiuo si dìlTuuilc tsd altri coi quali possiamo preservaroene.
Ili CERTO E I/IJVCERTO
ITORNO LA NATURA, I PRESERVATIVI E I RIMEDI! DEL COLERA
TriUalello scnaliRco popolare del P. Umim S\LIS SXKIHS 1 1.
Prato, Tip. aiaehetti, Figlio e C. 1884. Prezzo ridotto Ceni. 25.
Baccogliendo e discutendo le varie opinioni e la preacrizioni diverso e coQ-
idtttoric, pubblicate da naturatisti e da medici intorno al trepido argomenlo,
tutore deteriiiinu nettamente ciò che «i sa linoni o cift che non di «a intorno
esso; iodica poi i più aicuri modi di preservazione, eliuiinnodb quelli che
scienza eutHirìmeutnle dimostra iueOlcuci e che pur ai eonìiigliano con riiichio
KvUuimo ai chi vi ai aitida: i>er ultimo anuovera alcuni rtiiiodii corri^pou-
mtj a ciascuno stadio dell'inferiono colerica, autenticati dall'eaperienza diretta
commendati dall'analisi scientillca.
Cosi il lettore troverà in poche pagine vagliato e raccolto il più e il meglio
ciò che fu scritto fin qui per la conuacenza del ternbilo morbo o dei modi
combatterlo.
tende alV Ufficio centrale dellaVAv. Catl. efressoiprittapali Gerenti Seìla nudeaima.
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3 9015 03666 2107
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