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Full text of "La Civiltà cattolica"

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nell'intero  testo  di  questo  libro  da|http  :  /  /books  .  google  .  coni 


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La  Cfiviltà  Cfttoìiea  pubblica  ogni  I"  e  HI"  sabato  del  mese  u 
quaderno  ili  8  fogli  In  16"  grande.  I  sei  quaderni  di  un  trimettn 
compiono  un  volume;  sì  che  ut^ni  anno  si  pubblicano  quattro  to< 
lumi  di  768  pagine  ciascuno,  Le  asaociaiioni  si  prendono  a  trimestri 
ed  un  volume  »i  pn^'o  quanto  un  trimestre:  un  fascicolo  separai 
una  lira;  per  l'Estero,  più  la  spe&a  dì  posta. 


Prtui  p»  ìt  \mt\mm,  pu&ta  cinprtsa,  itw  : 


Italia L 

Tripoli  di  Barbcria,  Tunìai,  Susa  d'ACrJca  o  la 
Goletta. > 

Stati  deirUoiODe  postale Franchi 

India,  Cina  Giappone,  Brasile,  Messico  e  altri 
Stati  ileirAnicFÉca  centrale  e  meridionale,  e 
dell'Affrico  ooQ  opparleaenti  nll'Uniooo  pò- 
•tal* ► 

Australia.  Nuova  Z-^lauda  e  altre  ìsole  dvl* 
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Sipuó  far  capoo  alia  Dlrraiont»  centrale  In  Firenze,  Via  di»!  Conti, 
o  presso  i  Sipnori  G'.-rcnd  cfn'  qui  sullo  notiianó: 


AmatErdam.  Mr.  C.  L.  Van  LangcD- 

liuyaen.  libraire. 
Ano3na.  D.  Vincenzo  Oasparooì,  Parr. 
Arexzo.  Gius<>ppD  Itoss).  libraio. 
Acooli    Piceno.    Giuseppe    Ctalclli 

Clemeat),  libraio. 
Baroellona.  Sr.  Pona  y  CompaDÌa, 

Calle  de  Pctritiol.  0. 
Basaano.  Pietro  Foutaaa,  libraio  — 

Aut.  Sterni.  libraio. 
Baatla.  D.  Michele  Golzio,  Aiimdtiictr 

de»  Frèresdes  Gcolcs  CbrétienDirs. 
BerfsjDO.  PH4^oticeIli  —  Zucca  Lodi* 

giaoi  —  Luigi  Savio  —  Fr.  Lon- 

giootti  —    lVre.ia  Milcsi,  libraia. 
Bolocwt-    Filippo  Matteuzzj,    Piazza 

PavaRjioiic  —  A.  Mur<^KRÌ»oÌ,  Tip. 
Breno.  Fratelli  DiLmuDtc,  librai. 
BrMola-  Giuscppo  Bersi,  tip.  edit.  lib, 

—  Delai.  libreria  gii  Valeatioi. 
Bmxalleff.  Mr.  Van  dea  Broeck.  li- 
braire, rati  d<'<  Paroisaicnfl. 
Bada  Peat.   T.  R.  8pc<lixione   delle 

CiiiziLcttv, 


Oamorlno.  Venanzio  Vitali,  libraio. 

Chlatl.  Oaelauo  Gcatili,  Via  Polli 
ne,   16. 

ClBOinnatl.  Mr.  Benziger. 

Cingoli.  Paolo  Prosperi,  libraio. 

ClDsone.  Giudici,  libraio. 

Como.  Cnn  Ostinelli  —  Vigilio  Mayt 
libraio. 

Cortona.  Orcsto  Muuccì,  libraio. 

Coitaatluopoll.  00114^*1(3  di  S    Pti 
che  ri  a. 

Crama.  Oraiio  Merico,  libraio. 

Cremona.  Borico  Maffezzonl,  libraio, 

Coneo,  Gia<!omo  Slellino.  libraio. 

Farmo.  Filippo  Oiovenlii. 

F*rrara.  Antonio  Taddei  e  F.,  Ptax 
detta  Pace. 

rirenxe.  Kui^  Mnnuelli   —    Iv 
Cini.  Via  Ghibi^llian  —   Fn.: 
Bocca.  Via  C«rrelaui  —   Frat 
Biigginì,  Via  Condotta  -  Erra: 
l.ocscher.  Via  Tornabuoni. 

rorli.  Curi    r;iyv»nnì  Bald^lli. 

FrlbBrsO-(Bṛ<iJ'JVij,)  Mi.lientnr,  I 


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LA 

CIVILTÀ  CATTOLICA 


AMO  miGESIMOSETTIMO 


SB  mttrto  l^&H. 


JL,j\. 


CIVILTÀ  CATTOLICA 


AMO  TEIGESIMOSETTIMO 


Btatut  populu»  ctiiut  Dominut  Deus  eiut- 
PBA1.U.  CXLIU,  15. 


VOL.    II. 

BELLA  SERIE  DEGIBIATERZÀ 


FIRENZE 
FREB80  LUIGI  HANQELLI,  libeaio 

Vl«  dal  Prooonaolo,  IO, 
fnm  S.  Uula  la  cuif • 

1886 


Proprietà  Letteraria 


PraCu,  1  ip.  liwtineui.  i<ì(f ijo  e  U 


71    349 

LA  QUESTIONE  DEL  PAPA 


E  LA  VIGILANZA  ITALUNA 


30 


È  proprio  sing^olare  il  contrasto  che,  per  rispetto  alla  q,ne- 
stìone  dol  Papa  Ìq  Roma,  dura  da  sedici  anni,  tra  noi  italiani 
aUolìci  ed  i  liberali  italiani.  Noi  sempre  abbiam  sostenuto, 
Mi»  cedere  mai,  che  essa  non  era  finita,  nò  eolia  breccia  della 
Porta  Pia,  nà  colla  legge  delle  Giiarentìge,  né  coir  atto  della 
«pitale  politica  del  regno,  portata  nella  capitale  religiosa  del 
noado  cristiano;  e  sempre  abbiamo  ripetuto  che  il  tempo  non 
le  ooceva,  ma  le  giorava.  E  gli  avrersarii,  alla  lor  rolta,  sempre 
à  hanno  risposto  e  Io  han  dotto  a  ridetto  a  so  stessi  per  as- 
ùorarseoe,  che  dei  morti  non  era  più  a  ragionare;  morta  e  bella 
«  sepolta  era  la  questione  del  Papa,  ìrroTocabil mente  e  eempi- 
lemamente  chiosa  nella  tomba  dai  fatti  compiutisi  Tanno  1870. 

Per  altro  noi  non  abbiamo  neppur  cessato  mai  di  notare,  che 
ad  ogni  stormire  di  fronda  in  Europa  e  ad  ogni  ancorché  lieve 
ura  propizia  pel  Papa  che  spirasse  di  fuori,  sabito  questa  be- 
nedetta questione,  già  morta  e  sepolta,  tornare  a  moTersì,  ed 
Kl  neeeesarìo  che,  almeno  sei  o  sette  volte  Tanno  costantemente, 
Biofitro  liberalismo  ci  facesse  udire  il  ritornello  dell'irrevocabile 
«■enpiteroa  sua  morte.  Caso  che,  per  quanto  la  memoria  ci  detta, 
MB  sappiamo  siasi  mai  dì  nessun  altra  questione  avverato. 

£d  ora.  nel  marso  del  1886,  eccoci  di  nuovo  da  capo  col  rì- 
torsellci,  rìpetato  in  tono  assai  mm  baldanzoso  che  per  T  addietro. 
0&  dopo  che  la  Germania  mostrò  dì  volere  por  fine  al  KuUur' 
ÌOTip/.  che  la  metteva  in  gnenra  diretta  colla  Chiesa  cattolica; 
e  più  dopo  che  implorò  la  mediazione  del  Papa,  nella  sua  con- 
tnivenna  delle  Caroline  colla  Spagna;  e  più  aattìn  dopo  il  feli- 
ÓBÓmo  esito  di  questa  mediazione  e  lo  scambio  di  cortesie  che 
ae  segni;  e  più  che  mai  dopo  che  si  è  pubblicato  lo  schema  di 


6  tA  OUESTIOnE   t>a.  PAPA. 

nuore  leggi  ecclesiastiche,  le  quali  possono  condurre  l'Imperc 
ad  un  accordo  colla  Sunta  Sede,  il  liberalismo  italiano  è  Tenui 
perdendo  a  grado  a  gnido  la  pace  sul  conto  della  questione  deli 
Papa,  ed  ha  preso  a  vivere  in  sospetti  che  lo  tengono  dubìtosoj 
e  irreqnioto. 

È  bastato  un  semplice  telegramma,  che  annunziava  da  BRrIÌD>| 
nn  pranzo  datovi  e  un  discorso  familiare  tenutovi  con  alcuni  i 
personaggi  dal  principe  di  Bismark.  per  fare  che  tutto  il  campo-] 
liberalesco  d'Italia  si  levasse  a  ramore.  II  telegramma  dicera: 

«  Parigi  9,  —  II  Journal  des  Débais  ha  da  Berlino:  Bismark,] 
al  pranzo  parhimeutare  di  ieri,  fece  un  grandissimo  elogio  dell 
Papa,  che  considera  corno  uno  degli  uomini  di  Stato  più  rimar-] 
chevoli  dei  tempi  moderni.  Secondo  Bismark,  il  Papa  diedy  provi 
di  alta  perspicacia,  comprendendo  tutta  l'iraportanM  della  Oer-l 
mania  conservatrice  nel  centro  dell'  Knropa.  11  Vescovo  di  Fulda»] 
presente  al  pranzo,  è  considerato  come  un  mandatario  autoriK-j 
zato  dal  Papa  nella  Commissione  ecclesiastica  della  Camera  deiq 
Signori.  » 

II- 

Quel  che  farebbe  un  fulmino,  che  a  ciel  sereno  scoppiasse 
ana  turba  di  epensit'rati,  lo  fece  questo  telegramma  tra  i  nostrll 
giornalisti  liberali.  La  gravo  Opiniate  di  Roma,  che  ora,  coli 
vecchia  gonna  di  servizio,  si  è  rimessa  nelle  sale  della  ConsultaJ 
allibì-,  e  perchè  i  suoi  amici  non  se  ne  sgomentassero  troppo, 
senza  perdere  nn  momento,  prese  la  penna  e,  fingendo  di  scri-j 
rere  pei  clericali,  affinchè  la  intendessero  i  liberali,  seriamentfrj 
li  auimonl  che  smettessero  speranze,  le  quali,  si  noti  bene,  nessii 
di  loro  ha  mai  espresse.  K  quali  erano  queste?  e  Che  le  dichiarv-] 
«ioni  del  principe  di  Bismark  conti- nes«!i>ro  quasi  la  promrasa 
nn'aziooe  diplomatica,  in  favore  della  Santa  Sede,  contro  l'Italia  *.»( 

Quindi  con  argomenti  proprio  senza  sugo,  chetati  cosi  ali 
moglio  i  suoi,  soggiungeva:  <  Ciò,  ad  ogni  modo,  come  aUr 
volta  abbiamo  dimostrato,  non  esonera  il  nostro  fioverno  daìt'oòA 
òligo  di  vigilare.  La  questione  di  cui  parliamo  è  assai  più 

'  Nvm-  dt^Ti  II  niaiio  ISS6. 


E   UK  VIGILANZA   ITALU!(A  7 

^lle  moschine  lotte  parla  montar!,  nelle  quali,  da  qualch'j  tdmpo, 
Ktapìatno  la  nastra  attività.  Ija  concordia  fra  la  Giìrmania  e  il 
i^pa  può,  checché  se  ne  dica,  esorcitaro  una  qunlclie  injìuvnza 
«&ch»  sullt)  relazioni  fra  il  Yaticaao  >}  l' Italia.  Ma  dipende  da 
Mi,  dal  senno  del  nostro  Oorerno^  il  far  si  che  questa  iriQuon?^ 
sia  benefica  e  risponda  pure  ai  nostri  interessi.  Sai  passato  non 
é.  rìttrna,  ma  nulla  impedisce  che  sulle  basi  irrevocabilmente 
gin  stabilile,  le  relazìoui  tra  li  Papato  o  V  Italia  assumano  un 
cftmttere  meno  aspro  e  ■piìi  conforme  allo  scopo,  ehe  il  Qoverno 
italiano  intese  di  conseguire  con  la  le^e  dello  guarentìge.  > 

li  quale  oscuro  lingLiuggio,  spogliato  da  ogni  involtura,  o  non 
signifìcara  nulla,  o  sìgnifìcava  che  probabilmente  la  concordia 
fn  la  Germania  ed  il  Papa  farìL  rivivere  la  ijuestìone  della  sna 
Ubortà;  ed  al  Governo  italiano  bisogneri^  vigilanza  e  senno, 
ftocioochè  non  sì  iornì  sul  passato;  o  alle  basi  irrevocabilmente 
'  '  'lite  dalla  rivoluziutit;  in  Roma,  con  sts  ne  sostituiscano  altre^ 
1.  ,iiaU  assicurino  lo  scopo  della  legge  delle  Guarentige,  cioè 
r  indipendenza  e  dignità  del  Papato  nella  cittÀ  sua,  ben  altri- 
Bfinti  che  qaesta  legge  non  faccia. 

La  Tribuna,  portavoce  della  pentarchia,  aspirante  ad  es&u- 
toTBfe  il  Depretis  nel  Governo  d'Italia  ed  a  sucd^dergli,  così 
cODuuenbò  invece  quel  tolegramnia:  <  Noi  ricordiamo  che,  allor- 
fondo,  fondato  l' Impero  germanioo,  il  gran  cancelliere  si  ab- 
bftodonara  alla  latta  titanica  contro  il  Papato,  i  nostri  uomini 
d'ordine,  gli  attuali  conservatori,  vedevano  in  essa  la  più  sicura 
^amnzia  dui  uostro  legittimo  possesso  di  Koma.  Quando  si  parl{) 
dc'It' alleanza  colla  Germania,  il  miglior  mezzo  per  sostenerla,  ed 
tocora  recentemente  T  argomento  precipuo  per  dichiararla  indi- 
sp^a^bilo,  fu  qaesto:  la  QtìrniiLnia  protestante  ci  garantisce  dalle 
TelitiiU  di  ristorazione  della  Santa  Sede,  vista  forse  non  di  mal 
«echio  da  qualche  Stato  cattolico.  Orl)one,  coloro  che  fino  a  poco 
b  COSI  giudicavano  delle  relazioni  rispettive  tra  la  Germania,  la 
Santa  Sede  e  T  Italia,  che  cosa  dicono  oggi  del  nuovo,  cosi  bene- 
nlo  att^^iamento  assunto  verso  il  Papa  dal  cancelliere  tedesco? 
Bbì  trovano  che  il  ravvicinamento  dell' Impero  alla  tiara,  av- 
l  l'xiiu  rispettivamente  noi  air  Impero!  Sicuro  1  II  che,  tradotto 


8  LA  QUKSTM.IE   DEL   PAPI 

in  Tolg&re,  significa  che  dalla  Santa  S&de.  a  qaahiaqne  coategnt 
d  voti,  noi  non  abbiamo  nulla  da  temere;  che  dalla  Gerniania,! 
qualunque  politica  adotti,  noi  abbiamo  sempre  qualchecosa  a  spe* 
rare.  Èia  storia  doi  cortigiani  di  quel  re  degli  Animali  partantìi 
i  quali,  pur  di  fargli  piacere,  negando  egli  che  piovesse,  rìcooo-j 
scorano  di  essere  slati  bagnati  dal  solel  > 

Detto  poscia  che  non  pareva  ai  avesse  fondamento  a  oon< 
timori  di  ristaurazhne,  di  restituzione  et  similia.  concludt 
essa  pure,  come  L*  Opinione,  a  prò  della  vigilanza:  ed  ecco  qual«j 
liberalissimamente  la  consigliava:  <  La  nuova  politica  ecclesìa 
stica  (della  Qermanìa)  potrebbe  avere  l'effetto  d'imbaldanzire] 
chi  già  troppo  baldan7.oso  si  mostra  di  rianimare  folli  speranze.] 
Mai  come  in  questo  momento  si  è  fatto  violento  contro  le  nostra] 
istitazloai  il  lingui^gio  della  stampa  clericale,  e  attive  le  mea< 
del  Vaticano.  Crediamo  quindi  che  mentre  una  prudente  vigilan»:] 
ò  indispensabile  nulla  politica  estera ,|  un  po' di  quella  mano  dij 
ferm,  tanto  sciupata  contro  i  radicali,  sarebbe  nella  politica  in- 
toma singolarmente  necessaria  contro  gli  eterni  nemici  nostri^ 
contro  i  perpetui  insidiatori  e  cospiratori,  a  danno  dei  nostri  in- 
teressi e  del  nostro  avvenire,  ì  clericali  '.> 

Di  maniera  che  nei  due  campi,  che  divìdono  il  liberalismo  ita- 
liano, cosi  in  quello  che  porta  sugli  scudi  il  Deprctis,  come  ii 
quello  che  porta  i  pentarchì,  si  manda  il  grido  di  all'armi,  e 
prescrìve  la  vigilanza. 

m. 

Il  monito  ptTò  dell*  Opinio7ie  seppe  di  agro  al  Diritto,  licen- 
ziato ora,  che  vi  domina  il  conte  di  Eobilant,  dalle  anticamere 
della  Consulta,  nelle  quali,  a' bei  giorni  del  ministero  del  Man- 
cini, spati nmoggiava;  e,  non  potendo  altro,  negò  fede  al  tuk 
gramma  del  pranzo  di  Berlino,  ed  usci  in  rampogno  e  iiii)I.U>ggij 
contro  la  comare,  che  le  ha  preso  il  posto,  e  contro  t'articolo 
essa  pubblicato.  Di  che  non  tardò  essa  a  rimbeccarlo,  dando  ai 
solenne  lezione  a  tutti  quei  liberali  d'Italia,  ch'^  credono  le  coat 
correnti  fra  Berlino  e  il  Vaticano  sieno  da  prendersi  a  gabbo. 

1  Htncro  dei  ì'i  ài  uurio  1&S& 


B   Lk  nCILARZA   TTAUtXA 

Prima  dì  tatto  al  petnlante  Diritto  scoccò  questa  gentilezza: 
tU  Diritifi  che,  dopo  la  dimissione  dell' onorevolo  Mancini,  ha 
perdalo,  pare,  la  bussola  nello  questioni  iatornazionali,  nello 
quali  del  resto,  sotto  il  ministero  di  qoell'  uomo  politioo,  minac- 
eiava  talora  di  farla  perdere,  co' suoi  coBf^igli  e  co' suoi  ardi- 
menti,  al  ministro,  mette  in  burletta  la  notizia  del  Journal  d€3 
DéÒafs  ecc.  '  Ha  detto  che  la  notizia  era  oonfermata  da  corrispon- 
denti berlinesi  della  Seue  Freie  Pr.sse  di  Vienna  e  del  Times 
di  Londra,  ooU'aggìnnta  che  in  quel  pran?,o  il  principe  di  Bi- 
smark  portata  le  insegne  deirOrdine  di  Cristo,  conferitogli  testò 
dal  Papa  Leone  XtlI,  seguitava  dicendo:  <  Siamo  stati  ì  primi  ad 
aTTertire  il  paese  delle  nuove  tendenze  del  principe  di  Bismark; 
e  par  troppo,  come  spesso  succede  di  tutte  le  avvertenze  serie, 
il  nostro  ammonimento  non  fu  accolto  come  si  meritava.  Qualche 
giornale   ha  persino  osato  dire  che  noi  volevamo  sparentAre 
r  Italia  a  profitto  del  presente  gabinetto!  Non  ragioniamo  di 
ooetoro  e  passiamo  oltre.  I  sintomi  da  noi  avvertiti,  poco  tempo 
fia,  cominciano  a  divenire  ora  un  po'pìiì  inquietanti.  Il  principe, 
nelle  sue  relazioni  col  Papa,  ci  mette  ^^W  osteniazione  nella  r«- 
VfrenzQy  e  coloro  che  la  interpretano  soltanto  come  atto  dì  astuzia 
p(ditìca  non  conoscono  l'oomo.  Ei  mira  più  in  là  e  più  in  alto;  e 
vuol  lasciare,  quando  eì  dispaia  dalla  scena  del  mondo,  i  cat- 
tolici pacidcatì  con  T  Impero.  » 

lUastruta  poi  la  necessità  dì  questa  pacifìcazione,  passava  a 
din:  «Ma  il  prìncipe,  nei  suoi  colloquiì  confidenziali,  che  per 
r  indole  loro,  divengono  spesso  pubblici,  ama  da  qualche  tempo 
Bonsidermre  il  Papa  come  un  grande  elemento  di  ordine  e  di  con- 
servazione; il  quale  deve  pregiare  l' effetto  dell'accordo  suo  colla 
'r-j.'mania,  essenzialmente  conservatrice,  E  se  s'intende  per  or- 
4ine^  l'ordine  morale  e  politico,  e  per  conaermzìatis,  la  invio- 
bbìiitjl  dei  grandi  principìi,  i  quali  gli  anarchici  negano  e 
«Malcano,  non  vi  ò  dubbio  alcuno  eh*  è  nel  vero.  Ma  for»',  anche 
Icoitn)  U  volontà  personale  del  Pontefice,  vi  6  molta  probabilità 
i(àe  ordine  e  conservazione,  sìeno  interpretati  dal  Vaticano  in 
laido   ben  diverso;  e  Tono  e  l'altro  non  si  possano  da  esso 

*  fimnerv  ari  13  i\  mano  1S86. 


10  tA   QUESTIONE   DEL   PAPA 

concepire,  senza  il  fondamento  del  Poter  temporale  o  di  qualoo»] 
die  lo  equivalga.  » 

È  curiosa  questa  interpretaziono  doll'orriing,  che  rO/>wifOiie' 
ascrÌTe  al  Valicano,  contro  la  volontà  personale  del  Ponteficerl 
come  SB  noi  Vaticano  fosso  dualismo  di  dottrina  e  di  dire;sione:j 
come  86  mille  volte  il  Santo  Fadro  non  si  fosse  publilicameat 
spiegato  cbittrissimo,  intorno  ttXVwdine  di  giastizta,  il  qaal( 
richiede  che  la  Santa  Sode  flia  rimessa  nelle  giuridiche  condi- 
zioni dì  liberti^  che  le  spettano:  e  come  se  i  grandi  principila 
d&W  ordine  fossero  àik  conserrarsi  unicamente  contro  il  deliri< 
degli  anarchici,  e  dod  ancora  contro  le  ipocrisie  dì  un  libei 
lisnto,  cho  da  per  tutto  agli  anarchici  apre  la  strada.  Se 
che  questi  arzigogoli  di  parole  servivano  agl'intenti  delT araldi 
della  Consulta,  in  quel  modo  che  le  serve  la  ridicola  fìnsiiom 
<  dei  clericali  chi>  già  Sitgnano  nel  prìncipe  di  Bisinarli.  il  gr&ndt 
ristoratore  del  Potere  temporale.  >  Non  lo  sognano  i  clericali, 
ma  lo  temono  ì  liberali,  e  la  vecchia  volpe  dice  a  uuora,  pei 
suocera  intenda. 

IV. 

Però  torna  ella  a  ripetere  e  conclude:  <  È  corto  che  il 
tatto  amichovolo  del  Governo  imperiale  col  Vaticano  non  pi 
passare  ìuoss^ìrvato  in  Italia,  e  ci  obbliga  a  una  grande  caut 
e  a  una  grande  vigilanza.  Non  bisogna  dare  al  Vaticano  alcui 
pretesto,  alcana  sembianza  di  ragione,  alcun  fondamento  dì  lagaoj 
pur  mantenendo  inviolati  i  diritti  dello  Stato  e  le  prcrogatii 
della  Corona.  I  nostri  errori,  le  nostro  pazzie,  lo  nostro  impron^ 
titudini,  le  nostre  ciarlo  imprudenti  sarebbero  usufruite  dui  ole 
ricali,  i  quali  possedono  l'arte  d'ingrossarle,  e  le  deporrebbei 
ora  ai  piedi  del  principe  di  Bismark,  invocandolo  come  un  tìi 
dico.  Fra  il  Potere  temporale  crudo  e  la  garanzia  interjiazk 
va/e  della  legge  delle  guaretiUge,  cho  qualche  liberale  cattolìe 
della  tinta  di  Anastasio  Leroy- Beaulieu  non  manchorobbo 
mettere  innanzi,  come  fu  già  fatto  nella  Hevm  des  deux  mont 
sì  cercherebbe  un  compromesso,  sapendo  che  nessun  partito  lil 
rale  in   Italia  potrebbe  accettare  su  questa  materia  qualsii 


L 


B  LA    VIGILANZA   ITALIANA 


11 


kr&nsurìone.  Tattavia  ae  doì  oontiauiamo  a  dar  la  Broglia  e  a 
TÌDDovaro  il  grido  d'allarmo,  à  perchè  siamo  persuasi  cho  nel 
Taricanu  6  nella  politica  esttira  stieoo  sempre  le  nostre  mag- 
Ipori  diffiooIU,  le  quali  non  si  vÌdcodo  che  eolla  m&ssima  tem- 
penum  tt  colla  massima  cautela,  coatiuuando  per  <^uella  via  che 
si  batte  sicarameute  da  qualche  tempo,  checche  dica  il  Diritto, 
nella  nostra  politica  estom.  > 

1  monili  dell'  Olii» ion^  ai  liberali,  sotto  forma  di  riprensione 
ai  clericali,  non  sono  punto  piaciuti  alla  Hi/orma  di  Francesco 
Crispi,  Essa  con  lei  si  accorda  auU'auimetterB  Ja  gravità  del 
caso:  <  È  necessario,  die' ella,  che  l'Italia  e  gl'Italiani  non  sì 
bedano  illusioni.  Noi  abbiamo  già  da  tempo  rilevato  V  impor- 
luza  delle  relazioni  che  s'andarano  stringendo  tra  la  Oertoania 
ti  il  Valicano;  e,  oltre  al  pro^sento,  un  passato  abbastau/.a  re- 
ffìntf.  prora  che  quelle  relazioni  possono  esercitare  una  certa 
inUa^rixa  anche  sulla  posizione  delT  Italia  '.  >  Kinfaccia  poi  fìe- 
naieate  ai  moderati  la  gran  colpa  di  non  essersi  uniti  al  Bi- 
filare, quand'egli  nel  1873  ruppe  guerra  alla  Chiesa;  di  non 
«Ter  abrogata  allora  la  legge  delle  Guarentìge;  e  di  averlo 
«oAlretttì  alla  naova  politica  di  alleanisa  coli' Austria  e  col  Papa, 
alla  quale  si  è  dovuto  attenere;  e  termina  dicendo,  con  ispartano 
«Btsiego:  «  ila  se  poteva  essere  ottimo  consiglio  l'unirsi  a 
Ksoark  per  combattere  il  Vaticano,  pessimo  sarebbe  ora  quello 
dì  piegare  dinanzi  ai  Vaticano  per  paura  di  Bismark,  corno,  par 
•ìi<r-  rido  il  contrario,  fìuisc«  col  consigliar  V  Opiniom,  fedele  in 
qoesto  ai  suoi  vecchi  ideali.  Contro  Hismark,  contro  il  Papa, 
«fkotro  lutti,  un  solo  contegno  può  valere  all'Italia:  quello  che 

j  opiri  ad  una  coraggiosa  e  risoluta  tutela  di  tutti  gì' interessi 
wnii  e  materiali  della  nazione;  primo  dei  quali,  ò  certo  Tìn- 
<f=;):ndenza  dall'oscurantismo,  dal  Vaticano  rappresentato.  > 

V. 

Ci  ^ardì  il  cielo  dall' entrare  in  questo  battibecco,  fra  i  più 
icdtrosi  campioni  dell'Italia  rivolujcionarìa  e  della  sua  bassa 
us^meria!  Noi,  da  semplici  spettatori  od  ascoltatori,  ce  ne 

'  >nnwirD  rl«i  14  nano  )88t). 


13  ^^^r  LK  OUESTIOnB   DSL   PAPA 

teaìamu  al  tutto  in  disparte.  Ma  ciò  oon  deve  impedirà  dal  faroj 
alenao  osserrazioDÌ,  che  &  noi  sembrano  opportune. 

Per  esempio,  non  è  strana  la  oondinìoue  di  uno  Stato,  la  cui] 
tranquillità,  circa  il  possr-sso  nientemeno  che  dtjlla  stia  capit&leJ 
dìpeudu  da  tm  pran7.u  parlamentare,  datosi  fuor  di  paese,  da  onft] 
insegna  ciir&Ueresca  che  tì  porta  in  petto  il  ministro  che  lo  di, 
e  da  un  ragionamento  privato,  ch'egli  vi  fa  con  alcuni  com- 
mensali? Adunque  tantae  molis  erat  l' edificare  una  fabbrica, 
le  cui  basi  avessero  poi  da  tremare,  al  solo  eco  dell' annunzio  di 
un  pranzo  si  fatto?  Ed  è  questa  la  i7tdipendema,  doUa  quale 
Don  si  finisce  mai  di  assordarci  le  orecchie,  acquistata  dall'  Italia,! 
dopo  ventisei  anni  di  miracolosa  redenzione?  Quando  mai,  noaj 
diciamo  V  antica  Italia,  ma  la  Bepabblica  di  San  Marino,  da  ohe 
esìste,  si  è  sgomentata  per  l'avviso  di  un  pranzo,  datosi  a  Vieni 
0  a  I^etroburgoP 

Ma  lasciando  star  ei&,  è  dunque  vero,  per  confessione  del  li- 
berali stessi,  cho  la  questione  papale  non  ò  altrimenti  mortA  d] 
sepolta,  ma  anche  ora  sussiste,  ed  hanno  avuta  ed  hanno  rat^ìono] 
i  clericali  di  asserire,  che  è  questione  tutt*  altro  che  risoluta.] 
Anzi  sussiste  così  vivaco,  che,  al  dire  daiV Opinione,  oggi,  do[ 
sedici  anni  di  domicilio  in  Roma,  nel  Vaiicano  stanno  semj 
U  inaggiori  difficoltà  dell'Italia;  così  che  la  questione  del  V»« 
ticano  ora  dà  più  timori  ai  liberali,  di  quel  che  non  dia  sperai 
u  clericalL  Di  fatto  noi  ignoriamo  che  veruno  di  loro   abbii 
messa  in  campo,  a  proposito  degli  accordi  della  Germania  coli 
Santa  Sede,  non  pure  V  idea  che  il  Bismark  possa  ristorare  ì| 
Potere  temporale  del  Papa,  come  paventano  i  liberali,  ma 
disegno  altresì  di  una  Guarentigia  intemazionale  delta  teg^ 
delle  Guarentige,  che,  per  la  rivoluzione  in  Roma,  sarebbe 
giore  del  Potttre  temporale  medesimo;  giacché  la  costituirebl 
pupilla  sindacabile  di  tutta  T  Europa.  Ond'ò  cho  i  liberali,  col] 
l'eccesso  delle  loro  apprensioni,  hanno  giustificate  le  spei 
dei  clericali,  che  non  ai  distendono  a  tante  particolarità,  ma 
restringono  a  tenere  per  fermo  che,  quandochessia  e  coinechessi 
sul  passato  si  tornerà,  e  Dio  rendere  la  libertà  al  Capo  del 
Chiesa;  essendo  impossibile  che  il  presente  suo  stato,  da 
dichiarato  intoUerabtle,  duri  sempre. 


E   LA   \1UILAKZA  ITAUA.tA  13 

Qoftli  poi  siano  por  essere  le  consegaenzo  aticho  politiche  di 
im  tale  accordo  della  Germania  colla  Santa  Sede,  nelle  materie 
«xlesiastiche,  non  pensiamo  che  sia  facile,  né  ai  clericali,  né  ai 
liberali  indovinarlo.  Che  potò  non  debbano  essere  sfavorevoli  alla 
libertà  del  Papato,  ci  rallegriamo  in  sentircelo  dire  con  tremola 
voce  &aM'Opiniom;  dalla  Tribuna  e  (Jalla  Riforma.  Noi  non 
gindichiaino  pradente  il  far  pronostici,  né  lì  facciamo,  neppure 
Uttomo  al  valore  pratico  della  conservazione,  per  la  cnì  via  sembra 
Vibrai  mettere  la  Germania.  Ma  certo,  se  a  questa  parola  sì 
mftotìene  il  senso  che  le  sì  suol  dare,  non  parrebbe  che  dovesse 
pToonnsiar  cose  liete  per  VUic  manebimits  optimey  irrevoca- 
bilmente e  seiupìternamente  decretato  ìn  Roma  dalla  rivohiitione. 
Qnindi  noi  iotondiamo  benissimo  che  l'esegesi  di  questo  voca- 
bolo dia  tormento  al  corvello  daWOpinione  e  de'padroni  snoi. 


Merita  invece  ponderazione  il  corollario  della  viffìlanzn,  che, 
dftl  temuto  caso,  deducono  i  due  campi  del  liberalismo  italiano. 
—  Tigilìamo!  gridano  ambedue  in  coro:  ma  quello  capitanato 
dallft  Tribtina  esclama  :  —  Vigiliamo,  con  mano  di  ferro,  sopra 
i  cUricali:  dovochè  l'altro,  guidato  àaXV Opinione,  dice:  —  "Vi- 
giliamo cautamente  sopra  noi  stessi.  1/  uno  ha  paura  dei  cat- 
tolici; e  Paltro  dei  liberali.  L'uno  chiede  manette  per  gli  eierni 
nemici;  T altro  suggerisce  mordacchie  pe' linguacciuti  amici. 
Quale  dei  due  ha  ragione? 

Prìmìeramento  si  può  dimandare  al  campo  della  pentarchia, 
eom' entrino  i  catbilici  d'Italia  nelle  faccende  politico-ecclesia* 
stiche  della  Germania;  e  se  chi  ha  un  granellino  di  buon  gia- 
fizio,  a  loro  merito  o  demerito  debba  ascrivere  le  nuove,  previste 
0  impreviste,  relazioni  dell'  Impero  alemanno  colla  Santa  Sede. 

Id  secondo  luogo  sì  può  dimandargli,  se  i  pericoli  che  si  teme 
nano  per  nascere  all'Italia  legale  da  queste  nuove  relazioni, 
sieoo  imputabili  ai  cattolici  medesimi;  e  quel  ohe  abbian  ossi 
htto  per  indurli,  o  accelerarli,  o  aggravarli.  Essi  continuamente 
à  aon  tenuti  lontani  dalla  politica;  non  si  sono  impacciati  di 
plebisciti,  non  di  brogli  elettorali,  non  di  intrighi  partigiani. 


[4  LA  QrEsnonE  dbl  papa 

Essi  non  sono  mai  stati  colti  in  nessuna  congiura,  uè  mai  con  • 
(lagnati  da  nessun  tribunale  come  rei  di  una  cospirazione  (iualsia»i. 
hlssi  davvero  hanno  te  mani  nette  e  dal  sangue  e  dalle  lagrime, 
che  l'epopea  rivohuìonaria  ha  spremuto  a  fiumi  dallo  vene  e 
dagli  occhi  dei  loro  connaKÌonali.  Perchè  dunque  sottoporli  ad 
tina  leggo  di  sosi>etto? 

In  terzo  luogo  si  può  dimandargli,  se  lo  sperare  o  il  mostrare 
legittime  speranze,  che  il  Papa  sia  finalmente  liberato  dalle 
angustio  che  h  premono,  sia  delitto  punibile  da  liberali.  Come! 
Voi,  signori,  non  vi  stancate  mai  d'imprecare  ai  Governi  che 
faceano,  dite  voi,  processi  di  tendenze,  che  colpivano,  secondo 
voi,  non  l'atto,  ma  il  pensiero;  e  voi  osate  invocare  la  mano 
di  ferro  contro  Italiani,  solo  perchè  nutrono  speranze,  o  le  ma- 
nifestano, contrarie  ai  rostri  interessi,  ai  vostri  odìi  settarii? 
Ma  dov'è  qui  il  rispetto  alla  libertà  per  tntti,  di  cui  vi  millan- 
tute,  nei  vostri  simposii,  paladini?  Punite  pure  i  fatti,  se  fatti 
colpevoli  scoprite:  ma  punire  gli  affetti  del  cuore  ed  i  sentiiuenti 
della  coscienza,  sarebbe  tale  indegna  tirannide,  che  scapiterebbe 
al  confronto  di  quella  di  Osman  Digma.  E  voi,  che  la  consigliate 
e  la  invocate,  avete  ancora  fronte  di  chiamarvi  liberali? 

lu  quarto  luogo  si  pud  dimandare  ai  signori  della  pentarchia, 
se  la  vigilanza  colla  mano  di  ferro,  usata  contro  i  clericali  e 
le  attive  mene  del  Vaticano,  non  fossa  poi,  in  ogni  caso,  no 
rimedio  peggior  del  male;  e  non  alfrettasse  dure  conseguente 
per  parte  dì  una  Germania  conservatrice  e  in  buona  armonìa 
col  Papa.  Perocché  questo  sfogo  di  rabbia  rivoluzionaria  contro 
il  Vaticano  non  parrebbe  che  dovesse  attirare  all'Italia  le  ca- 
rezze di  Berlino,  quando  fosse  divenuto  ceutro  d'un  Impero  con- 
servatore. Di  clie  la  mano  di  ferro  che  si  volgesse  a  percotere 
il  Vaticano,  non  sarebbe  sicura  di  evitarne  una  più  forte,  la  quale 
venisse  a  spezzarla,  battendo  qualche  altro  posto  di  Kuma. 

Poste  le  quali  considerazioni,  la  vigilanza  sopra  i  clericali, 
bandita  dalla  bissa  massoneria,  per  guarentire  il  suo  nido  nella 
oittÀ  del  Papa,  date  le  coso  quali  sono  o  si  apprendono,  sarebbe 
non  solamente  irragionevole  ed  iniqua,  ma  per  giunta  nocira  e 
dannosa  a*  suoi  intenti. 


E   LA    VlOIUnZ*   rTALIANA 


15 


vn. 


BestiL  peNÌù  quolla  ìnculcaU,  con  pressantissimi  termini,  dal- 
VOfìinione  ai  liberali,  sopra  so  stessi:  e  deve  consistere  nello 
KÌiifer  irrori,  nel  non  far  pazzie,  nel  guardarsi  dalle  improìf 
liiudini,  noi  contenersi  dallo  ciarle  imprttdenfit  noli'  adoperare 
wtas9inta  temperanza  e  massima  catUela,  per  non  dare  al  Va- 
ntano alcun  pretesto,  alcuna  sembianza  di  ragione^  alcun 
fondamento  di  lagno.  (k»me  ognun  Tede,  questa  ò  tutt'altra  dalla 
iBsensaU  Ttgilauxa,  con  la  mano  di  Jerro^  implorata  dalla  Tri- 
buna: è  invece  la  vigilanza  in  maschera,  colle  scarpe  di  panno 
e  coi  guanti  di  velluto.  La  prima  è  canina,  quest'altra  è  volpina. 
Ma  anzi  tr?itto  ci  sia  lecito  chiedere  agli  accorti  signori  àe\- 
V  Opinione,  se   uaa  vigilanza   si   fatta  torni  più  possibile   in 
questo  [Mndemonio  d' Italia,  così  partigianamente  scompigliata, 
arruffata  e  divisa  com'è  ora;  in  questa  loro  Italia^  nella  quale 
U  politica  non  mira  più,  né  meno  per  indiretto,  al  bene  pub- 
Uico  del  paese,  né  al  decoro,  nò  alla  saluto  della  patria,  ma 
onicameote  alla  soddisfaitìono  di  cupidige  e  dì  supi-rbie  personali. 
Non  m  avvedevo  essi  che  questo  lor  metodo  di  vigilanm,  appunto 
parche  consigliato  da  loro,  è  tosto  impugnato,  screditato  e  con- 
trariato da  tatto  intero  il  campo  degli  avversarli,  si  numeroso 
e  potente,  i  quali  se  ne  serpono  corno  di  un'arma  di  più,  per 
dar  loro  addosso  e  balzarli  dai  seggi  del  Governo? 

In  effetto  che  è  egli  succeduto,  con  appena  V  Opinione  ha 
nundati  i  suoi  gridi  di  all'armi  e  predicato  il  nuovo  metodo  di 
ngìUm»?  Che  an  urlo  spaventoso  di  guerra  al  Vaticano  ed  ai 
cUriaUi  si  è  udito  dall' uu  capo  all'altro  della  Penisola.  Alla 
Tribuna,  al  Diritta,  alla  Rifortna  di  Roma  han  fatto  eco  tutti 
gli  altri  giornali  grandi,  piccoli  e  minimi  dei  fratelli  delle  logge 
e  dei  collegati  toro  nel  combattere  il  Ministero. 

£  da  questa  torba  di  gente  i  signori  dell' O/uh  i'on«  sperano, 
per  amor  dell'Italia,  t^mperattza  massima  dallo  ciarle  impru- 
denti 0  dallo  pazzie?  Ma  non  sanno  essi  che  questa  gente  appic- 
eberebbe  faoeo  al  Vaticano,  pur  di  fkr  loro  dispetto,  di  scacciarli 
dal  potere  e  dMQnaI/.arTÌ  i  caporioni,  dai  quali  si  ripromettono, 
Dfo  la  sicurezza  d'Italia,  ma  posti,  privilegi  e  quattrini? 


16 


LA  QvesnoHE  va.  papi 


vm. 

Di  poi  ci  sia  lecito  chiedere  a  questi  signori,  se  il  rimedio 
della  loro  vìgilanm  non  sia  ora  ÌDutile,  ul  fiae  cho  intendereb- 
bero.  Col  guardarsi  dal  dare  alcuna  sembianza  di  ragione  ai 
laijni  del  Vaticano,  che  cosa  pretenderebbero?  Di  mostrare  forse 
che  il  Papa  ri  sta  dentro  assai  bene,  Ubero,  indipendente,  come 
bisogna  airaltcììza  delPuffizio  suo  ed  all'onore  della  sua  maestà? 
Ma  questo  è  impossibile:  giacché,  dato  ancora  che  non  gli  si 
poi^es^e  argomento  di  nuovi  I^ni,  per  nuove  offese  cho  gli  si 
recassero,  le  offese  recute  al  suo  diritto  ed  alla  sua  libertà,  nei 
sedici  anni  decorsi,  e  la  durez!»i  delle  condizioni  in  cui  lo  ha 
iwsto  l'occupazioue  di  Roma,  per  parte  dell'Italia  legale,  nosti- 
tuiscouo  una  tale  fonte  di  mali  per  esso,  che  egli  non  può  fluir 
di  chiamare  intollerabile  il  suo  stito. 

Lo  smettere  perciò  di  fargli  nuove  ingiurie,  di  strìngerlo  In 
nuove  catene,  di  ferirlo  con  nuove  punture,  potrà  servire  a  non 
i^gravar  il  peso  dei  torti  che  ha  l'Italia  legale  verso  il  mondo 
criàtiauo  e  le  Potenze  conservatrici,  pe'  modi  con  cui  ha  trattato 
il  Fkpa;  ma  non  a  sgravarla  da  quello  onde  va  carica  e  del 
quale,  presto  o  tardi,  dovrà  render  conto  a  chi  ha  interesae  e 
pot«re  di  rendere  alla  Santa  Sede  la  sua  libertà. 

Signori  ^liW Opinione,  che  vi  gioverà  il  dire:  —  Noi  non 
prendiamo  più  nulla  al  Papato;  quando  già  avete  ancor  nelle 
mani  il  tutto  che  gli  avete  preso?  Noi  non  ribJidiamu  più  i  ferri 
ai  polsi  del  Papa,  quando  già  pur  nei  ferri  glieli  tenete?  N(^ 
non  facciamo  a  pezzi  la  Tiara  del  Papa,  quando  già  sotto  i  piedi 
Te  la  siet«  messa?  Noi  rendiamo  onori  sovrani  al  Papa,  quando 
già  gliene  avete  abbattuto  il  trono?  Noi  veneriamo  il  Papa, 
quando  lo  avete  ridotto  a  somigliare  Cristo  net  Pretorio,  con  una 
corona  di  spine  nel  capo,  con  un  lembo  di  porpora  sulle  spalle, 
con  uno  scettro  di  canna  nelle  dita  e  fra  le  contumelie  e  gl'im* 
pniperii,  che  ogni  giorno  gli  scaglia  contro  la  stampa  da  voi  e 
dui  vostri  amici  prezzolata?  Credete  sul  serio  che  la  vostra  nuova 
politica  dellMtie  liabbi  valga  a  salvarvi  dallo  soudiscìo  di  una 
Potenza,  la  quale  intenda  davvero  rimettere  le  cose  nell'ordine 


I  LA  vicilaivi:a  italiana       ^^^^^"        17 

tutelar©  i  primi  principìi  della  sua  conserrazionQ?  Via,  ponete 
da  baoda  le  baio;  che  baia  più  frivola  della  vigilanza  che  sag- 
rite,  non  si  può  dare. 

IX. 

Finalmente  i  signori  àeìVOpiniont!  dovrebber  capire  che  la 
loro  vigilanza  politica  si  ridurrebbe  ad  una  grossolana  ipocrisia, 
la  quale  troppo  coofenncrobbo  la  ii-Tccssità  di  sottrarrò  il  Papato 
ad  ana  servitù  che  non  v^^  durare. 

Al  presente  si  vorrebbero  usar-j  cunti  e  delicati  riguardi  al 
Papa,  perchè?  Non  perchè  sieno  dovuti  alla  sua  dignità,  né 
perchè  il  buon  diritto  li  richiegga;  ma  per  paura  della  Ger- 
mania. Dunque  se  non  fosse  questa  paura,  si  tratterebbe  il  Papa 
a  libito  di  passione.  Dunquu  Tunica  e  vera  guarentigia  che 
abbia  il  Pap»,  nelle  mani  dell'  Ibilia  legale,  è,  non  nella  legge 
delle  Guarentige;  ma  nella  p:tura  che  essa  ha  degli  Stati,  i  f[ah\ì 
vogliono  il  Papa  immune  dai  mali  estremi.  Dunque  la  nuova 
polìtica  di  vigilanza,  persuasa  dai  signori  àdìVOpinioìie,  mette 
in  sempre  più  fulgida  evidenza  che  il  Papato,  da  sedici  anni 
in  qoa^  è  propriamente  sub  hosfili  domittaiione  constiiuius:  e 
che,  toltagli  li  solida,  giurìdica  e  stabile  guareotigìa  dMndipen- 
dente  sicurezza,  che  gli  conferiva  la  Sovranità  regia  e  reale,  non 
gli  resta  più  altro,  se  non  la  tutela  dell'Europa,  contro  il  potere 
che  lo  tiene  assediato. 

Ecco  le  conseguen;»  che  per  RI  dì  logica  derivano  dallMpo- 
erita  vigilanza,  con  cui  i  signori  deirO/)miort«  presumerebbero 
di  dar  polvere  negli  occhi  al  principe  di  Bìsmark,  qualora  qnestì 
nutrisse  disegni  di  render  politicamente  libero  il  Papato.  Cose 
da  rideru,  se  non  fossero  da  piangere  e  da  vergognarsene!  Ep- 
pare  a  questo  termino  son  giunti  ì  dis&^-poU  e  continuatori  della 
politica  del  Cavour,  Tanno  ventesimosesto  da  che  il  regno  d'Italia 
è  fondato!  E  non  abbi am  noi  ragione  di  diro,  che  il  tempo  giova 
e  non  nnoce  al  Papato;  e  la  causa  delia  sua  libertà  s'incammina 
ad  una  di  quelle  vittorie,  le  quali  manifestano  sempre  maglio 
la  provvidenza  di  Dio,  che  scherza  nel  mondo  e  fa  si  che  i  suoi 
nemici  lerram  lingaiti'^ 


Sfit  JUn.  •<>/.  //.  fate.  «5» 


£3  mw(0  1886 


STUOn  RECEiNTI  SOPRA  I  NURAGHI 


E  LOBO  IMPORTANZA 


Continua  il  Capo  l. 

e)  Nicchie  —  In  queste  ha  luogo  evMeiitemeTito  un  altro  pria- 
eipio.  ed  à  dì  guadagnare  spazio  da  usufruttuare,  salva  la  sicu- 
Koxx  6  la  solidità.  E  forse  per  salvar  questa  il  Nuraghe  de  is 
Faras,  avendo  gii  sopramnicHlo  spaziosa  la  camera  '  non  mostra 
QÌcrJiie  dì  sorta:  quanti  poi  le  hanno,  per  riguardo  alla  solidità, 
aon  sogliono  averne  dentro  la  camcnt  se  non  una  di  fronte  al- 
l'ontnta  e  duo  attraversate  nel  mezs»  de' fianchi,  ovvero  quattro 
tutte  dai  fianchi  a  rrociora.  Ma  il  ?Jiiragho  di  Goni  che  ha  nic- 
chie straordinariamente  graadi  in  proporzione  delle  pareti,  è 
compensato  ad  osara  di  questo  indebolimento  con  aver  nell'areft 
della  sua  cinta  sino  a  36  HIo  di  pietre,  in  qualche  direzione. 
[S.  M.  US]  come  può  qui  rarcoglicrsi  dai  disegni  del  liauiannoni 
[PI.  X[[.  2]  rappreseutautì  lo  spaccìito  di  due  metà  del  Nu- 
raghe e  l'area  della  sua  cinta  con  in  mezzo  la  pianta  ridotta 
d'na  tento. 


*  Veri)  r)nad.  857,  pa^.  556-57 1  del  votame  primo. 

•  Secondo  lo  Spaso  ch«  seinlira  arer  pcvw  tnìjurft  |>iii  fsille  <ii  questo  Nuraghe, 
Q  sua  diaoii'iro  misiimo  sulla  cìKontvrcuni  t  di  7."  20  [S.  M.  frft}. 


sruni  RECExn  $o^h&  i  ncracmi  e  loro  mrofirAMZA 


19 


Flg.  XIV 

ODE  SPACCATI  B  PIAITTA  DEf.  N.  GONI 


MS* 

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V,.i 


■giiais» 


f..,,f,,.,i 


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Cun  nu  ctireluo  di  muro  tar^^  due  metri  è  compoasato  attrosl 
fi  Nuraghe  Corazza  (lolla  Giara,  che  per  ine/xo  allo  parati  (li 
•5  metri  ha  uc*6ant;hi  due  celie  ovali  ed  a  mpola,  capaci  ciascuna 
di  diH  persoue,  che  ri  stiano  a  giacere  non  che  diritte.  E  simile 
rompeDW  fa  dato  al  Nuraghe  Trepabulus,  che  per  quanto  in  graa 
ptrte  di:4faito,  uutstra  tuttora  una  nicchia,  dove  si  può  comoda- 
ueute  staro  e  giacere,  e  mostra  insieme  uaa  specie  di  sottoscala. 
[q  corrìspoa<leu/A  di  che  egli  à  da  notare,  che  per  guadagnare 
spKdfì  seojia  trop|M  indebolir  le  pareti,  certe  nicchie  arrivate  al 
mexzo  del  muro  voltano  dire^tione  e  così  si  raddoppiano  ed  anrhe 
più  si  proloDgULO,  come  a  ingoiar  mente  osserrasi  nella  pianta  del 


so  STUDU  nKcexn  sopkì.  i  irtiniciii 

grandioso  Nuraghe  Tuttaaone  di  VigQola,  dìsegoata  dall'Angius  u 
pul)blicata  dal  Lamanuora  [PI.  XIV,  3]. 

Tig   XV. 

PIANTA  OBI  NUn&CBE  TUTrUTONB 


Una  nicchia  simile  a  quella  che  apresi  a  sioistra  dell*  entrata 
(la  qiiitle  dall'Aagius  è  cluamata  mezza  galleria)  trovò  egli  al 
Nuraghe  Agug^ira  del  medesimo  territorio,  e  uua  vera  retroca- 
mera di  simil  forma  vedasi  al  Nuraghe  Pajolu  di  Nuratlao.  Un'in- 
tera gatlorìa  con  qiutttro  larghi  sbocchi  por  comuDicar  eoo  la  ca- 
mera  vedesi  poi  al  Saniiou. 

Con  ciò  sì  comprende  cho  le  nicchie  grandi  da  accogliere  una 
persona  giacente  non  che  diritta,  non  hanno  da  essere  così  rare; 
e  infatti  ne  furono  trovate  frequentemente,  lunghe  due  metri  ed 
altee  larghe  in  proporzione,  dall'Augins  ne' moltissimi  Nuraghi 
da  lui  osservati,  quantunque  il  liam»rinora  [41]  poche  ne  osser* 
Tassodi  simil  genere.  E  con  l'ADgìus  concorda  il  Tyndale  '  per 
cinque  ^?u^a^'hidi  parti  diverse,  mon  esaminate,  a  quauto  sembra, 
dal  liamarmora  e  pIO  dall'Angius.  Tali  Nuraghi  son  due  dell*  Al- 
ghnre-ie,  due  dol  Jtfonte  Acuto  e  un  Tresnuragfaes  tra  Piombo  ed 
Ardara.  ne'qnalì  il  Tyu<iale  trovò  tutto  le  nicchie,  ad  occezione 
di  nna,  lunghe  2  metri  e  alcune  stese  ai  quattro  ed  ai  sui.  Con- 
eorda  per  divora  nirnhie  di  tre  Nuraghi  del  Cier  Miss  Bfacla' 
gan,-  e  per  quelle  d'un  altro  i  Si<;nuri  Baux  e  Goain*.  Quan- 
tunque poi  le  nicchie  siano  sovente  più  brevi,  non  lasciano  di 
accrescere  lo  spazio  per  forma  da  poter  servire  in  qualche  modo 
d'alcova  a  persone  vive  o  defunte  che  mai  vi  giacessero.  Gho 
88  a  questo  non  servivano  massime  le  più  piccole,  erano  ntili 

■  Tht  island  of  Sardinia  Vnl    [,   i:>0;  II.  tìl.  62,  132. 

■  Chip*  from  old  Blone/i.  R<lintiur^)i  ISSI.  Piate  I. 

*  Maleritma  18».  ~  V.  aocbe  per  un  Nui-achc  di  &i»ari,  Pus,  S81,  «oc. 


0.1^ 


e   LORO   1IIP0ATA.1ZA 


21 


N 


almeno  a  riporvi  rasi,  prorrigioui  ed  amosi,  cbe  è,  secondo 
altri,  l'uso  unico  da  assegniire  ali»  nicchie.  K  perchò  all'utile 
dorean  aorvire  aiuichà  a  belIo'/.yA  noti  si  badò  talvi>lta  a  farle 
irregolari,  come  duo  assai  graudi  del  primo  piaao  del  Santiuu. 
[L.  Pi.  XIV].  Tuttavia  il  piit  dello  volte  aochti  alla  bellezza  sì 
provvide,  s\  nella  disposizioue  più  ordloaria  icdioata  di  sopra 
[t.  anche  fig.  XIU],  »>me  puro  nella  forma  della  baso  dove 
nda  od  elitiica,  dove  triangolare,  quadra,  pentagoria,  esagona, 
Toro  costituita  da  duo  parallelo  ttsriuinauti  ia  punti  od  in  se- 
micerchio, e  coD  cielo  quaadu  piano,  qnaudo  a  cupola,  quan<Io  a 
I  Beato  acato,  nel  qual  ultimo  caso  generalmente  la  nicchia  si  vien 
Hri[>baa5ando  sino  al  fondo,  ove  muore  nel  suolo. 
^B  ¥a  per  tutto  questo  suppongono  for^e  le  uicchie,  r.ome  altri 
^Bcrisse,  che  i  Nuraghi,  dove  olle  sì  trorann,  slausi  edificati  in 
^■rtà  tutta  diveriia  da  quella  de' Nuraghi  più  .semplici,  ovvero  che 
a  tal  naova  età  solameute  siansl  apert>ì  oe' Nuraghi  già  semplici? 
Qoalcnna,  non  ve  ne  ha  dubbio,  potò  veuir  aperta  col  tempo; 
e  ciò  potò  farsi  talora  s^'ii/a  troppa  fatica,  spex^Audo  alcuno  pietre 
della  parete  e  cosi  traendone  fuori  molte,  conformando  poi  le 
rimaste  uel  vano  alla  mauiera  che  pìA  piacesse  per  fare  la  nic- 
chia. Su  non  che  qui  chiediamo.  Bove  sono,  seppur  non  si  tratti 
di  caso  multo  particolare,  le  tracco  di  tato  lavoro?  Deve  ì  tagli 
3ì  profondi  e  moltiplicati,  che  per  esso  volevauci?  Questi  tagli 
dovrebbero  saltare  all'  occhio  di  chicchessia  ;  perchè  necessaria- 

tinte  avrebbero  ad  apparire  assai  più  irregolari  degli  smussi 
delle  intaccature  notato  già  nello  camere.  Kppuro  nello  nic- 
ie  non  lia  notato  veruno  questo  maggiori  irregolarità  di  pa- 
reti, se  non  anche  si  nota,  staudo  ai  disegni,  il  contrario.  Come 
poi  sospettare  anche  solo  un  tale  lavoro  nel  maggior  numero 
dei  Nuraghi,  costruiti  corno  sono,  di  pietre  non  lavorate?  Forse 
da  pietre  in/ormi  lasciato  al  loro  luogo  nel  muro,  tanto  solo 
ohe  dal  loro  mezzo  se  ne  sottraussero  delle  simili,  potea  venir 
fuori  già  bella  e  /ormata  la  nicchia?  Eppure  son  appunto  i 
Nuraghi  più  semplici  di  pietre  infermi  quei  che  si  reputarono 
in  generale  più  antichi,  laonde  sarebbero  des.si,  in  cui  si  do- 
vevano aprire  col  tempo  più  ordinariamento  lo  nicchie.  Non  è 
dunque  ragionevole  Timmagiuare  che  molte  tra  esso  venissero 


%  STUDI!   UBCaXTI   SOPBA   I   M'HACIII 

fatte  gran  tempo  dopo  ì  Nuraghi  nei  quali  si  trovano.  Resta  per 
riguardo  olle  nicchie  tutte  U  vedere,  se  ci  volussti  ima  nuova 
l'tii  per  concepirue  l'idea  o  per  metterla  in  fìsecu^iioDe,  tautochà 
siaaf»  senm  dubbio  afisai  più  recenti  i  Nuraghi  che  le  conten- 
gono. Ma  l'idea  delle  più  piccole  sta  ne' ripostigli,  con  che  i 
pastori  tra^ono  partito  dalla  scarpa  delle  loro  capanne;  Tidea 
delle  massimo  sta  uol  Nuraghe  medosituo:  né  il  farne  la  Itase 
poligona,  auKichò  circolare  od  elittica,  riesce  ad  altro  che  a  to- 
glierà la  difficoltà  delle  cnrve  nelle  cestnaioni  più  piccole  a 
grosse  pietre.  Fioaliiieate  l'idea  delle  mezzano  sta  nella  porta 
quadrangolare,  quaudo  sì  supponga  murata  da  fuori,  ovvero  sta 
nel  corridoio  della  porta  mudosiiiiiL.  Ciò  voggasi  da  due  schizzi 
di  Miss  Haclagau  [1.  cj  di  cut  uno  rappri^seuta  la  pianta  di  un 
Nuraghe  di  Pauli  Teatino  con  le  misure  in  piedi  inglesi»  TaUro 
rappresenta  ingrandita  la  porta  col  corridoio,  il  quale  sulU 
pianta  si  stende  per  il  piedi  sino  alle  lìnee  AA.  Si  ritraggono 
dall'origiimle  singolarmente  le  linee  più  notevoli  pel  nostro  scopo. 

Fiff.  XVI. 

PUNTA   KD  E.vni.\TA  111  UX  KVRAGirE  Dt  fAl'LtUTINO 


,r^ — S- 


!  r 


—K 


I  ' ■ ■  '  '1 


Nel  disegno  a  destra,  che  vale  insieme  a  scolpir  nella  menta 
come  sia  architettato  il  corridoio  d'entrata,  è  facile  lo  scorger© 
che  prolungando  qnoato  ed  al  tempo  medesimo  gradatamente 
abbassandolo  oltre  il  luogo  dell'uscio,  andrà  a  toccar  terra  sènxtL 


iDa  oaoTiL  difficoltà.  K  la  tocchorÀ  in  dae  parti  opposte,  se 
in  nna  cella  ovale,  come  sono  lo  trattoggiato  nella  pianta,  la 
Tolta  sì  faccia  scendere  alla  stessa  maniera  dai  due  lati  doll'ain- 
pieusa  madore.  Non  recano  adunc[ne  le  nicchie  nessuna  nuova 
dJflkoJtà  nemmeno  neir  esecuzione,  tantoché  convenga  tutto  sup- 
porlo opere  d'età  più  tarda. 

j)  Scale  —  Il  simile  ha  da  dirsi,  benchò  sulle  prime  ciò  non 
ptrrebbe,  di  quelle  scale  a  cfaiocfiola,  di  cui  diceva  il  Iiamar* 
mora  [157],  che  fanno  la  nostra  ammirazione.  Suppongono  quoste 
al  certo  grande  maestria  negli  artefici,  o  valga  a  mostrarlo 
nn'UorizioDO  di  Sargon  a  Eorsabad,  dov'egli  si  vanta  d'una  scala 
ft  chiocciola  fatta  costruire  ad  imitazione  di  altra  trovatane  in 
an  gran  tempio  di  Siria  '.  Ma  la  grande  maestria  che  ci  voleva 
per  cimile  costnixiono,  non  si  trova  già  forse  nei  fabbricatori  dei 
Nuraghi  più  semplici?  E  quantn  ora  facile  in  primo  luogo,  che  lor 
renisse  in  mente  di  costruire  una  scala  a  chiocciola  almeno  este- 
iofe  !  Si  noti  di  grazia.  Per  trasportare  di  suolo  in  suolo  le  pietre 

Mine  a  iinalche  notabile  alte/'/a.  nulla  di  meglio  che  addos- 
alla  parete  estema  del  cono  una  scala  o  rampa  di  simile 
eostrumne.  E  agevolmente  ne  potea  sorgere  il  desiderio  anche 
per  miifruttuaro  più  comodamente  la  cima  del  Nuraghe  termi- 
ite  in  terrazzo.  In  fatti  scale  di  simil  genere  si  trnovano  e 
torrette  dui  Sinai  '  e  nei  Talayots  delle  Baleari  quasi  identici 

•t costruzione  ad  esse  ed  insieme  ai  Nuraghi.  Né  vale  oramai  il 
dubbio  mosso  dal  Lamarmora  sopm  un  l'alayot  da  se  veduto,  quasi 
avesse  la  scala  d'origino  posteriore  a  quella  del  cono;  perchè 
oltr»)  il  veduto  altrove  dall'Amstrong  e  dal  Saint  Sauvour  con 
cui  s'accorda  lo  Smith  ',  oggidì  il  dubbio  è  dissipato  per  opera 
,diìl  Martorell  y  PeSa  *,  che  riconoscendo  due  intere  classi  di 

lyots  a  scala  intema  e  d'altri  a  scala  o  rampa  esteriore. 

tiRlUNT,  Manuel  d'hìntoire  ancienne  de  V  Orimi,  I.  IV,  e  111,  2.  IV. 

PAUIEn  and  TYltWIllTT-DfltKE,  1.  & 

L.  5i7.  —  Sumi.  op.  cit.  pag.  5. 
•  Apinte^  arijuetìlitgicM  de  D.  Foanciwo  MAnTonRLL  tf  Perut,  oràmado»  por 
SALTAnoii  SAsrEni!  V  MiooBL.  puMiraSos  por  tton  Ican  Mautoheu.  y  Pe.-,a. 
elqna,  1KT9,  l»jt:  199-20S.  Qaeslo  fplpiidiito  loluuie,  xlninpln  in  300  «wTti|tlniÌ 
•  wtnto  n  rppilo.  onorn  nltamciite  rAiiloiYi  Hefanlo  e  il  nabile  fa  nltrfllant»  gi-tilile 
Bdo  Pnlrllo  che  r«  I»  fmori- 


,^a_L 


94  STtlHI  BCCK^n  SOPRi.  I   KtlRAGHI 

traova  o  disegna  la  scala  o  rampa  esteriore  talvolta  bensì  dirìtU, 
come  uel  Talayot  di  Torello  ad  un'ora  da  Kahoa,  ma  talor  nuche 
anipìammite  svolta  tutto  intorao  al  cono  aopra  un  piano  jndìuato 
spirale  o  quadrangolare,  come  se  ne  liaiino  assoiìiati  gli  esempi 
in  due  TalayoU  di  BcuicodreU  de  Dalt,  aiiprusso  Sau  Orìstolnl 
di  Mìnorca.  Tniovansì  aurora  scale  esteriori  a  chiocciola  nelle 
casMdhe  pagUesi,  se  uod  che  queste  le  haano  a  sitalzo,  cioè 
formate  per  ogni  grado  d'una  sola  pietra  sporgente  senz'altro 
appoggio  dalla  parct.iv,  n  parimenti)  a  sbalxo,  benché  non  a  rhioc- 
ciola,  ma  tutte  in  una  striscia  verticalo  e  con  intramezzativi  fori 
come  ne'pozxi,  lo  hanno  lo  torrette  dei  deserti  verso  Tjibia  ed 
Arabia  ai  fianchi  del  Nilo  '. 

Or  se  si  desiderino  le  scale  esteriori  in  Sardegna,  queste  non 
mancano,  e  di  vario  genero  por  assicurarci,  che  fu  abbastanza 
comune  il  costruirle  si  veramente,  che  non  ne  avesse  scapito,  ma 
piuttosto  vantaggio  la  sìcure/^iia.  K  imprima  una  scala  i-steriorc  a 
chiocciola,  di  oni  riinaugouo  tre  scalini,  menava  sopra  il  cono 
malore  del  Nuraghe  Bingia  de  Crobus  nel  territorio  di  Gestori^ 
sorgendo  da  un  irmraglionc  che  fortificava  da  settentrione  tre 
torri  schierate  quivi  dì  fronte  in  sul  termine  d'un  altipiano,  e 
così  servendo  a  far  vigilare  e  respingere  gli  estranei  o  nomici 
che  volessero  di  là  giungere  all'imtrata,  per  ogni  altra  parte  inac- 
cessibile e  difesa  ancora  al  sud,  doro  stava,  dal  muro  d'una 
piattaforma.  OsservaàoDi  non  guari  dissimili  potrebbero  farsi 
sopra  le  scale  a  chiocciola  esterne  di  due  altri  tra' madori  Nu- 
raghi del  medesimo  territorio.  It>;u  e  Simone,  secondo  le  relazioni 
oltreuiodo  accurate  del  Cav.  Onorato  Puddu*.  Un  principio  di 
scala  esteriore  osservasi  pariniento  al  cono  nii^gioro  del  Nuraghe 
Crastn,  posto  ancor  esso  ad  un  termine  d'alto])iano  e  sopra  una 
cìnta  neirisilesd;  come  anche  sopra  una  cinta,  trovasi  una  sca- 
letta esterna',  ma  quasi  diritta,  del  Nuraghe  Coni  di  Nuragiis.  Di 

'  Tultf  Ir  0<8PmiÌ0Dl  sopra  tali  torrellc,  e  su  quelle  di  Belbeis,  sonn  del  prò* 
rtssor  LiKzoME. 

■  Cfui  li-ltirra  Aeì  U  mappìo  IRTS. 

*  Cbe  quesbi  sia  vstnrua.  w  l'asncorA  il  -riilorora  l»pi>lU)r  ddle  antkbìti  Dot- 
tore neViu,4,  il  ijunle  inchc  iioU^a,  a  proposiln  ileirinlonacoche  ivi  Irotawì  sopn 
DI  carrìdoKllo,  wm?  a  Nnragus  vi  sia  una  lem  argiUosi  e  loolto  allaccaliccia. 
aieehè  poA  wr%'iiv  in  c«rio  modo  da  miistice. 


-ze. 


E   LORO   lllPOnTl!«ZA 


25 


^' 


quivi  poi  passando  a  GvDoni,  ecco  al  nord  del  Kuraghu  .>4upcrìord 
dì  Pobalus,  dove  in  me/,^o  a  rupi  scosceso  è  la  porta  con  da  lato 
il  Tìottolo  pur  la  gente  piuiroua  o  custode  del  luogo,  dal  lato 
opposto  aaa  sc&ta  esteriore,  e  nel  fondo  a  sbatj»*  che  intìiia  di- 
lilto  in  cima  al  bastione  formato  dal  Nuraghe  inferiore,  doTe 
esto  si  cougiuDge  e  quasi  si  ragguaglia  col  superiore.  Ma  T<eg' 
i  rampa  singolarissima  del  Nuraghe  Santa  Perda.  Essa  muore 
m  duo  rami  dalla  sommità  di  uu  Nuraghe  inferiore  a  levante, 
dove  rispondeva,  come  sembra,  niàa  flner^tra  del  superiore,  e  av- 
Tolge  questo  fia  presso  alla  cima  guardando  ad  occidente  la  punta 

|*an  bivio.  Ma  discendendo  ai  fìauchi  si  raddoppiava,  e  correva 
Dcbd  diritta  dì  qua  e  dì  là  per  due  bastioni  assai  belli,  uno 
fr'qoali  riverso,  e  l'altro  ancor  tutto  in  piedi,  e  por  questo  prò- 
ade,  sinché  per  ria  dì  curva  gra/Jnsa  metto  capo  in  uq  ripiano 
inferiore.  Una  rampii  duplice  estorna  par  che  avvolgesse  ancora 
sino  ad  alttuxi  considerevole  il  Nuraghe  Muuaginì  della  Giara, 
movendo  dai  due  lati  della  porta  e  servendo  ancora  a  diteuderla. 
Ed  altre  o  rampe  o  scalo,  semplici  o  doppie,  avremo  poi  forse 
a  Tedere  oelPosterior  dei  Nuraghi  quivi  ed  altrove.' 

K  Altre  ne  avea  trovate  già  l' Angina  (art.  Nuraghi),  nominata- 
ente  quella  del  rozzo  Nuraghe  Zuddas  di  Gus]titn,  ed  egli  cru- 
devale  pmprie  dei  Nuraghi  più  antichi.  Or  questo  in  parte  può 
bea  credersi:  ma  la  rampa  del  Sautu  Perda  mostra  rafBnata 
eleganm,  anrJchè  primitiva  rou^/:£!i..  Dall'altro  tato  la  royMVi& 
del  NutHij'he  2uddas  non  Ijasta  a  provarlo  più  antico,  giacché 
essa  può  procedere  da  noncuranza,  povertà,  decadenza  duU'arte; 
né  impedì  a  quel  Nuraghe  dì  es:jei'si  conservalo  meglio  di  altri. 
Molto  meno  vaie,  considerando  quel  Nuraghe  essere  di  pietra 
Tult-anica,  ohe  piiì  i^evolmeute  sgrtitolamlosi  si  deforma,  come 
ootaao  col  Iiamannora{5V|  i  signori  Baux  e  Goiiin '.  Vale  poi 
ueor  meno  la  mediocrità  delle  pietre  che  l'Angius  purnotaìu 
queir edifixio,  giacché  questa  accenna  piuttosto  all'arte  micro- 
litira,  die  vien  riguardati  come  più  progressiva.  Laonde  messa 
da  banda  questa  sua  o]iinione,  noi  q^ui  procediamo  con  dire.  Tanta 
larietà  di  scale  or  diltìcilmente  si  può  riconoscere:  giacchia  si 

'  JfffteWawx,  p.  199. 


se  STUon  HEcen'i  sorn&  i  mntACUi 

coufoDdono  di  loggierì  cod  quel  cfao  rimane  dei  coni,  qaali  in- 
gombri, quali  ridotti  a  jtarer  tutta  una  scala  [V.  fìg.  1"  B].  Ma 
fissa  coacorrd  a  mostrare  quel  che  ci  attestavano  i  vecchi  più 
pratici  della  Giara  ode' luoghi  d'intorno,  che  la  scahi,  quau* 
tuuque  non  fosse  propria  d'ogni  Nuraghe,  tuttavia  a  mirar  beuo 
non  solea  mancare.  Non  era  propria,  ripetiamo,  d'ogni  Nuragh», 
perchè  a  cf^ion  d'esempio  non  l'ha  il  Piscu  di  Suelli,  né  l'ebbe 
m^,  per  quanto  a  noi  sembra,  il  sant'Antiue  di  Crenoni,  nò  tam- 
poco mostrano  d'averla  avuta  molti  de' Nuraghi  piccoli  aggiunti 
a'maggiort  Ma  sopra  i  piccoli  aggionti  salivasi  o  direttamente 
dai  principali  o  dallo  opere  collegato  agli  uni  e  agli  altri,  comò 
al  Saat'Autitie,  o  queste  opere  3tesso  con  esso  la  naturale  ele- 
vay.ione  del  suolo  supplivano  all'uso  del  terrazzo  in  certi  do' prin- 
cipali, posti  addentro  al  sicuro,  come  appunto  il  Piscu  u  il  San* 
t'Antine.  Oltrechò,  com'è  ben  da  notare,  la  mancau/a  di  scala 
non  impediva  gijl  d' usofruttuare  il  terrazzo  sovrastante  al  Na- 
raghu,  ma  potca  risfìrbarlo,  anche  meglio  di  una  scala  esteriore, 
ai  padroni  o  costodi  del  sito.  Bastava  infatti  adattarvi  una  scala 
mobile  di  legno  o  di  corda  per  cosi  riserbarlosi.  K  qui  valgano 
prìuiierameute  in  esempio  le  case  di  legno  del  Fu»  o  d'Arabia, 
quali  eraao  IG  o  17  secoli  innanzi  all'Era  cristiana,  secondo 
i  monnmeuti  Kgimui  '. 

Queste  case,  fatte  a  cupola  conica  ed  elevate  su  quattro  pali, 
T^goQsi  rappresentate  con  una  scala  mobile  in  legno  simile  in 
tutto  alle  nostre,  ma  questa  appnggiata  con  una  punta  sola,  e 
con  Taltra  pendente  in  aria,  accìocchd  le  belve  volendovi  salire 
invece  precipitassero,  e  all'incontro  gli  abitatori  riy.siudola  scen- 
dessero e  salissero  a  lor  piacere.  Valgano  pure  in  esempio  le  tor- 
ricelle  da  guardia  nel  territorio  di  Belbeis,  che  per  lo  stesso  pe- 
ricolo delle  fiere  od  anche  di  altri  nemici  hanno  l'uscio  a  un 
tre  metri  da  terra,  sicché  non  vi  sì  sale  in  diversa  maniera.  Val- 
gano inline  le  torri  quadro  della  Tripolìtania  commemiirat«  da 
Biodoro  come  ripostigli  di  prede,  che  furono  trovate  con  non 
altro  per  penetrarvi  che  un  foro  uelhi  sommità  '. 

'  CSAftAS.  StH^es  tur  Pantiqui^  hialoriitte,  1872,  pag.   175. 
•  Ds  RouiiEHOHT,  L'Offe  dn  bronse,  pag   S70. 


B   LORO   IMPORTANZA 


27 


Ma  per  serbare  ai  possessori  dei  "Nuraghi  ed  ai  lor  confidenti 
l'oso  più  comodo  ed  insieme  sicuro  dei  torrax:fi  e  dello  camere 
soperìori,  nulla  di  meglio  per  fermo  che  lo  scalo  spirali  interiori. 
Queste  adunque,  come  avverte  il  Iiamarniora  [42J,  sono  nume- 
rosissime, né  paft  valere  in  contrario  l'autorità  dello  Spano,  che 
riapondeado  a  certa  difficoltà  nella  ten»  edi/jono  della  sua  Me- 
moria |5SJ  dice  r.m\:  «Di  tante  migliaia  di  Nuraghi  cho  sono 
in  parte  intieri,  appuDa  un  centinaio  hanno  la  scala  intema  per 
alìro  al  terrazzo.  Tutti  gli  altri  si  compougono  di  una  sola  ca- 
mera terrena  ».  A  queste  parole  se  ne  contrappongano  altre  pub- 
blicate dair  illustre  Archeologo  nella  stessa  Memoria  |6S]  e  que- 
ste scc^mde  non  una  rolta  sola  e  rispondendo  ad  una  difficoltà, 
ma  in  tutte  e  tre  lo  odixìoni,  r^imìnciando  dalla  prima  '  sottoposta. 
al  sindacato  del  pubblico  sin  da  13  anni  innanzi  o  riuscita  ad  ac- 
ereditare  le  posteriod.  k  i  Nuraghi,  egli  dice,  per  lo  più  avevano 
due  camenj,  sebb^ino  la  seconda  raramente  apparisca  intera.  L'uso 
di  molti  piani  nelle  case  era  conosciuto  dagli  antichi.  *  Qui  ma- 
nifeitaiuunie  (^lì  afferma  che  non  un  centinaio  di  Nuraghi,  ma 
ì  piA  avevano  due  camere  in  diversi  piani.  Ora  poiché,  volendo 
t^lt  ui^re  il  gran  numero  delle  scale  interiori,  i>er  ciò  appunto 
Mgava  quello  dei  Nuraghi  a  pili  piani,  ognuu  vede  cho  dove 
•ooo  pili  ]<iani.  ammetteva  col  Ijamannora  una  simile  scala,  e 
p«rciò  nella  sua  seconda  asserzione  che  ammette  nel  piiI  de'Nu- 
nghì  duo  piani,  si  suppongono  le  scalo  interiori  pii\  numerose 
tha  non  le  facesse  il  Tjamarmora.  Son  dunque  numerosissime, 
toniiamo  pure  a  dirlo,  le  scale  interiori  a  spira.  Or  vo^giksi  come 
lOB  fossero  difficili  a  costruin;,  por  chi  sapesse  addossare  al  cono, 
com'era  facile,  una  scala  o  rampa  esteriore. 

Mettiamoci  dunquo  dinanzi  una  di  simili  scale  che  sarà  quella 
del  Nuragh*>  Borghidu  [L.  PI.  XUI],  e  perciò  vediamola,  come 
sa  demolita  ne  fosso  ÌI  muro  esteriore,  restando  questo  solamente 
a'due  fianchi  contrassegnato  dalle  linee  più  chiare. 


'  Jfewtoria  fOjtra  i  Nara'jhi,  Cn^liari  1S&(,  pa;.  i3,  e  Appendice  al  ItulleU 
tim  Areheoi.  tiardu  Atitio  Vili,  |ng.  191. 


38 


STODII   RECENTI  SOPRA   I   HORACni 


Fls-  ZTH. 

!>CAU   DEL  .STinAGUS  BORGHtin) 


Certo  a  chi  trasportava  pifi  agernlmente  le  pietre  per  via  della 
scala  0  rampa  a  fin  di  posarle  dal  lato  di  dentro,  tornava  ugnai- 
mente  fiwilo  per  simil  via  il  trasporto  di  nuove  pietre  a  fio  di 
posarle  dall'altro.  N6  doveva  ej^li  penare  a  disporle,  trattandosi 
solo  dì  cingere  con  un  cono  maggiore  un  altro  minore  :  eppcrciò 
bastando  posar  lo  pietre  del  lato  di  fuori  al  modo  medosirao  con 
cui  le  posava  nel  cerchio  prr>ssÌmo  del  lato  di  dentro.  (The  so 
Tùie»  coprire  la  scala  a  sesto  acuto,  Rorae  fu  assai  frequente, 
ovvero  a  lastre  piatte,  come  pur  non  fu  rado  ',  non  area  che  da 
imitare  salendo  qoe'corridoi  che  già  si  trovano  iu  piano  all'en- 
trate. Or  in  questo  consiste  tutto  il  magistero  proprio  della  strut- 
tura delle  scalo  inttTiori  a  spira.  Allargausi  esse  infatti  più  or- 
dinariameutp  per  un  metro  tra  pareti  targhe  ciascuna  altri  duo 
metri.  E  sia  che  talvolta  le  pareti  ristringansi  ad  un  metro  per 
parte,  sia  che  talvolta  si  stendano  a  pìil  di  due  metri,  e  sia  che 
la  scala  parimente  ristringasi  o  allarghisi  in  propor/ìonc,  o  il 
tetto,  alto  ordinariamonto  a  statura  d'uomo,  s'abbassi  od  ìnnaln 
di  più,  la  difficoltà  non  è  punto  diversa  nella  sostanza.  Sarobbs 
questa  bensì  d'un  genere  assai  differente  e  in  molti  casi  sarebbe 
pur  apparsa  alla  pruova  invincibile,  atteso  le  ragioni  addotte  nel 

'  Ciò  Bou  sl&golanneMe  il  Cocco,  pniko  dei  Norastii  del  Mandrolisai. 


B  tono  IMPORTANZA 


39 


ttrlir  ddlle  nicchi'^  quaodo  lo  srale  -ii  fossero  volute  aprire  in 
yarughi  che  non   le  avessero  da  prioi^ipio;  ma   appunto  nelle 
acsle,  secoodo  le  osservazioni  dui  Cocco,  non  sì  trovauo  le  in- 
taecatare  e  gli  smu^)^!  s\  frequeiiti  nelle  camere  ancor  più  por- 
fette.  Resterebbe  dunque,  per  suppor  tatUvia  le  scale  fatto  dopo 
i  Xura^'hi,  crederle  ag^onte  di  pianta  con  aggiungere  nuova 
astrazione  di  foori.  Ma  in  tal  caso  le  pareti  interiori  si  trove- 
rebbero assai  volte  maggiori  di  iliie  metri,  come  trovanti  ne*  Nu- 
raghi di  qualche  più  notabile  ampìo/za  che  non  abbianri  sciù&. 
Or  ne' Nuraghi  di  scala  a  chiocciola  le  pareti  interne  non  sogliono 
superare  in  ampiezza  i  due  metri:  e  perciò  convien  dire  che  le 
nsìf   altresì  siano  state   ordì narìam ente  costruite  co' Nuraghi 
medesimi. 

Fa  certo  con  questo  di  gran  Innga  maggior  la  &tic&  e  con 
^sa  il  dispendio  o  di  tempo  o  di  uomini  net  tanto  ingrossare 
Qn  dall'orìgine  te  pareti  per  intrame/jtarvi  scalo  sì  artificioso: 
oift  ciò  dimostra  eh»  non  si  volle  al  certo  prendere  tal  disagio 
«Qza  aver  ben  di  mira  que' compensi  di  solidità,  sicurezui.  co- 
modità e  lìbera  padronanza  o  dell'intero  Nuraghe  o  almeno  della 
sua  parte  di  sopra^  che  da  scale  cos)  costruite  procedono  natu- 
nlffiente.  Ed  è  proprio  delle  scale  arrecar  sicurezza,  comodità  e 
libera  padronanza  per  rìgtiardo  nll'intero  Nuraghe,  quando  le 
«aie  stiano  al  suo  ingrosso  medesimo,  com'è  più  frequente  [L.  43]. 
Perchè  così  riesce  più  facile  a  chi  stia  sopra,  t'uscirne  all'aperto 
9  poi  risalirvi,  ed  accorrere  quando  sia  d'uopo,  ad  impedir 
l'accesso  a  chi  se  ne  voglia  escluso.  Bensì  ò  chiaro  che  cou 
questo  vantaggio  v'è  congiunto  il  pericolo  che  un  nemico  od 
estraneo  s'introduca  con  minore  difficriltà  nella  stessa  parte  dì 
sopra;  bionde  por  assicurare  maggiormente  questa,  per  cui  son 
fìitti>  direttamente  le  scale,  non  è  maraviglia  che  esse  talvolta 
&  aprano  allato  alla  nicchia  che  sta  in  fondo  alla  camera,  od  a 
<ia<]Ue  dij'Oanchi,  od  anche  in  un  forame  particolare.  Dovunque 
poi  siano  collocate  le  scale,  giova  che  salgano  alla  sinistra  del- 
l'entrata lor  propria,  lascinndo  alla  diritta  la  nicchia  o  ridotto 
rh(^  hanno  di  fronte,  acriocphà  una  guardia  in  questo  appostata 
iV'-  ì  la  sua  man  destra  più  libera  per  trattenere  e  respingerò 


30  STUPII  ItECE»n  SOPRA   1   KVRACBI 

chi  voglia  a  forza  o  per  frode  inoLtrarsi.  Sebbene  ancora  sia  atUa 
che  talvolta,  come  al  Corazm.  siano  scambiato  le  posizioni  della  < 
scala  lì  del  suo  ridotto,  afliiichò  chi  conoscendo  V  onlinaria  pò- 
SLiioue  della  scala  creda  imboccarla,  trovi  invece  la  ^ardìa  ad 
arrestarlo.  GHora  altresì  per  la  sicuroKxa  nell'un  caso  e  nell'altro 
che  Tentrata  propria  della  scala,  corae  quella  del  Nuraghe,  sia 
bassa/ e  il  suo  corridoio  s* innalzi  sol  dopo  l'entrata,  com'è  più; 
frequenta.  Ma  in  questo  «ravi  ancora  un  pericolo,  ogni  qualvolta] 
la  scala  stesso  vicina  all'adito  del  Nuraghe;  perchè  la  dìflìcoltàj 
di  balKir  fuori  da  tale  strettoio  per  chi  stessevi  dietro  a  dìfesat] 
e  quella  ancora  di  maueggiaro  da  dentro  liberamente  le  armi,.] 
impediva  dal  trattenere  con  ogni  vigore  il  frodolento  o  l'audace,; 
che  tentasse  di  ponetntr  nella  camera.  laonde  per  liberarsi  daj 
affatto  pericolo   potè  anche  piacere  di   far  il  corridoio  della! 
sr^a  spazioso,  come  si  vede  al  Corancu  e  non  raramente  altrove. 
Invece  se  la  scala  riesca  dentro  alla  camera  stesso,  né  ad  altrol 
si  miri  nel  fkrne  l'nscita  che  ad  assicurare  la  parte  di  sopra,] 
non  può  recaro  pericolo,  ma  unictiinonto  vantaggio  che  vi  .siano 
impedimenti  speciali  a  passarvi  per  entro.  K  lo  speciale  impedi-| 
munto,  che  si  vede  usato,  si  Ò  che  l'adit/)  a  tali  scale  sìa  ni 
piccola  buca  situata  a  un  dito  metri  dal  suolo  ',  ovvero  tanto  di 
scosto  che  il  Cocco  sfidava  a  trovarla  in  un  Nuraghe  del  Uaa- 
drotisHÌ, 

Si  scorgono  in  simili  casi  vere  scale  .segrete,  che  tuttavia,  vai 
cato  che  abbiasi  il  foro,  sposso  riescono  comodissime  per 
tutto  intorno  il  Nuraghe,  conio  avviene  al  Borghidu  ed  all*Ortt 
(fig.  XTI  all'altexita  D.  e  fig.  VIU,  D);  ma  iuvece  altre  voli 
son  poco  girevoli  e  qaasi  diritte  e  in  un  medesimo  strette,  c< 
aver  principio  da  celletta  bassissima  ^  S'incontrano  queste 
time  principalmente  in  Nuraghi  d'un  solo  piano:  ed  atteso 
diroccamento  di  moltissimi  tra  tali  Nuraghi,  che  sol  si  elevai 
di  pochi  metri  dal  suolo,  difficilmente  vi  si  possono  rintracciai 


■  Li  «ola  iIpI  Nnraghf  Borphidu  sU  ad  on  mciro  e  assania  dal  hioK  \L. 
<tDelln  d«'l  Nuni!:ht>  Jf  ii;  Pira»  >U  iit«KV  ai  i  metri  il'allrzu  [L  63]:   la< 
3  metri  90flo  nna  misura  di  nmio. 

'  V.  Bp.  XIV  —  «i  e. 


LORO   INPOBTAffZA 

ero.  Nondimeno  oltre  quelle  de'  Nu- 
nghi  Adoni,  de  ìs  Paras  e  di  Goni,  disegnate  dai  Laniarmora  \ 
e  oltre  quella  trovata  da  Sliss  Maolagaa  al  Nuraghe  Anua  ',  altra 
a«  trOTamino  al  Nuraghe  Biriii;  e  par  che  l'avesse  volgente  nel 
salire  a  sinistra,  come  il  Birìu.  anche  il  Plann  Olla,  giacché  tutti 
t  dae  uè  hauno  adibì  in(Hlesima  pesi/aone  il  forame.  È  poi  da 
conginngere  a  simili  acale  quella  trovata  dal  signor  Pais  [287] 
sol  Nuraghe  di  Sant'Anatolia  presso  Sassari,  singolarissima,  per- 
ire quivi  insieme  v'è  scala  a  chiocciola. 

ila  poichà  tali  scalo  poco  girevoli  si  trnovano  di  preferenza  in 
Xnraghi  di  pareti  men  ampio,  è  da  veder»  comò  in  questi  siasi 
assicurati  la  solidità.  Avea  già  affermato  TAugius,  che  ogniqual- 
volta i  Nuraghi  abbiano  scale  oel  grosso  dello  pareti,  essi  hanno 
H  cestro  delia  camera  fuor  del  centro  dell'edilizio.  Negollo  il 
bunarmora  [12]  do'Nuraghi  a  gran  moltitudine  da  sé  misurati. 
E  a  ragione  il  negft  pe' Nuraghi  numerosissimi  di  scala  a  chioc- 
ciola che  faccia  tutto  il  giro  deirodifizlo,  porche  questi  non  re- 
^ndone  indeboliti  più  da  una  parte  che  dall' altra  non  richìe- 
'  ":;io  se  non  grosse  pareti  per  ogni  lato,  e  non  già  di  varia 
^....■.iHixm  nelle  vario  parti,  ila  il  coatrario  avviene  nei  Nuraghi 
dì  scala  quasi  diritta,  qualor  non  siano,  come  il  Goui.  iudeboUti 
da  ogni  parte  per  altra  uuiniera  [t.  fig.  XIV];  e  qui  veggasi 
ovatcla  usata  nel  Nuraghe  de  is  Pams.  Salendo  in  mia  rima  per 
b  scaletta  fa  maraviglia  veder  più  là  dal  mezito  del  terrazzo  un 
foro  lai^  un  decimetro,  se  non  meno,  che  risponde  alla  ftommità 
Mia  cupola.  Questo  foro  non  potea  vedere  il  Liinarmora,  che 
trovò  il  Nuraghe  coperto  d'arbusti,  come  il  rappresenta  massime 
tftl  disegno  comunicato  al  Micnli  :  ma  or  nettato  il  terra/.Ko,  questo 
fero  è  patente,  né  lasria  dubitare  che  in  qoel  Nuraghe  perfet- 
tissimo e  principalissimo  la  parete  indebolita  dalla  scaletta  in- 
tranessaTi  (ed  ò  la  parete  medesima  che  ha  sotto  la  porta)  sia 
«tata  rinforzata  con  altri  me?,/.ì  giri  dì  pietra.  Or  che  fossero  si- 
niUndute  di  varia  grandezza  in  diverse  pareti  altri  Nuraghi  for- 


i  d  -  PL  vn.  s.  —  03  —PI.  VII.  I,  -  so  -  n  xii.  2. 

■  CSItjw-  Pbte  1. 


33 


sruDii  REccm  sopra  i  kuraghi 


nìti  di  scaletta  simile,  già  lo  facca  siippnrru  il  TodorL\  che 
anche  ìu  essi  gì* indebolimenti  imiri  o  principati  non  si  trova?anQ 
nella  parete  opposta  all'entrata. 

Cosi  nel  Nuraghe  Biria  dove  non  sono  nicchie,  ma  s\  a  destra 
dell'entrata  la  scaletta  col  proprio  foro.  Ma  del  Birin  possiamo 
dire  hen  più.  Duo  intelligenti  Qenonesi,  Q.  Onida  e  F.  Serra, 
presero  a  nostra  richiesta  le  più  accarat»  misnre  di  questo  Nn- 
laghe  qnasì  intatto.  Misurarono  sul  tcrnu^to  due  opposti  diametrtt 
e  li  trovarono  entrambi  di  S"",  50;  misurarono  tutto  intomo  al 
terrazzo  la  differenza  del  diametro  di  sopra  da  quel  delle  basi 
estiTÌori  del  cono,  e  la  trovarono  (Vogai  parte  di  un  metro  e 
venti.  Con  questo  ebbero  accertato  il  diametro  delle  basi  essere 
di  10*",  90.  Non  si  contentarono,  e  presero  le  misure  dello  oircon- 
feren»i  del  torrazzo  e  dello  ba-ìi,  o  in  queste  misuro  più  difFìcili, 
percliè  nel  contorno  di  sopra  manuino  dellft  pietre  o  in  quel  di 
sotto  Ti  è  ingombro  di  t«rn.  commisero  due  di  que'piccoli  errori 
in  meno  che  confermano  la  veritìi  del  massimo  dMle  primo  misure, 
r&stando  il  diametro  di  sopra  così  diminuito  di  7  centimetri  e 
quel  di  sotto  di  20.  Misurarono  poi  la  grossezza  della  paa'tc  ai 
lati  dell'uscio  e  la  trovarono  di  4'".  40.  Misurarono  la  circon- 
ferenza interiore  della  carnea  e  la  trovarono  di  14%  30  risul- 
tandone UD  diametro  di  4*",  50.  Ora  da  tutto  questo  seguiva 
necessariamente,  che  per  essere  il  centro  della  camera  al  centro 
dello  stesso  cdifizio,  doveva  anche  la  parete  oppo:ita  all'entrata 
aver  grossezza  dì  4"',  40.  Ma  in  tal  caso  il  diametro  delle  basì 
sarebbe  di  Ur,  30;  laddove  noi  l'abbiamo  veduto  di  10",  90 
al  pili.  Punqué  il  massimo  in  grosse/jca  della  jiarete  opposta  al- 
l'entrata non  può  essere  che  di  due  metri  ;  e  per  consegnenKa  è 
chiaro,  che  la  parete  non  indebolita  da  veruu  vano  non  è  rin- 
forzata come  le  nltre.  Ma  un'evidente  rìpruova  del  medesimo 
aTTiMliuieiito  ci  Tìeu  dato  da  Miss  Maclagon  '  nel  Nuraghe  Anna. 
Veggasi  il  disegno. 


'  CAfiw...  Plule  I. 


-;^.^^a^.,*^;;^NV 


^  nella  cani>?ra  di  sinistra  che  Doa  ha  scala,  le  pareti  ap- 
rono per  ogni  lato  di  i?j^aat  grundezza:  ma  noli*  altra  la  scala 
Ngnata  in  AA,  oltre  all'essi^TO  in  laogo  dove  si  scorgono  mag- 
giori parotì,  s' innalza,  dal  proiungatacQto  di  noa  di  osse  fatto 
a  maniera  di  virala  :  oode  questo  Nuraghe  ò  dichiarato  di  forma 
«ngoUre  dail'Angias  '. 

Per  tal  gui-^a  più  i  XiirfLghi  si  studiano,  o  pìfi  si  scorgono  in  essi 
gelosamente  osser?ale  le  palitele  piti  accouce  per  ransolidarli. 

^)  SpiTagli.  Ma  già  i  furi  trorati  nello  sommità  dolle  capole 
Q  chì&manu  a  parlare  d'altro  importante  argomento:  cì6  sono  gli 
tpvragli  por  arieggiare  le  camere,  od  anche  alcun  poco  per  illumi- 
aarie  ed  inoltre  por  portarne  ria  il  fumo,  quando  piaiie^sse  accen- 
derti il  fuoco.  Diciamo  imprima  per  arieggiarle,  perchè  le  camere 

'  Il  giro  klf  (Mitrata  rabhiam  irotato  tolo  al  Nuraghe  SkcÌ  ili  Cinns,  n»  qQ)?i 
tj  ciwnijoia  anrlir  i4l«,  tt  pare  cbf  pmligiipndosi  ^frri'sp  per  montare  sopra  il  Nu- 
nihf  ri)  Imienic  per  comunicare  a  mtta  lia  i:ou  allrth  Nuraghe  s;eoielIo,  ni.1  in 
WÈSàm  che  U  «codilo  (irolungamfinU)  uoa  Tien»^  che  rinfnnar^  \\  Nuraj^e  da) 
Ims  ìDiirbolito  pel  lann  M  corndoio,  così  «iltaodo  la  soIidiUi,  non  allriinentì  che 
al  Noraghe  Kna». 

StrU  XJJS.  •ol.  //,  fUK.  IJ5»  3  Z4  nutno  1886 


34 


STVPii  nBCEcm  sopra  i  huracui 


terrene  di  cui  trattiamo,  sia  che  ne  abbiauo  altra  dì  sopra,  sia  (tliej 
non  n'abbiano,  non  mostrano  il  più  delle  volte  d'aver  accolt&j 
mai  luce  bastevole,  se  non  per  f  entrata:  o  so  questa  era  pic- 
colissima 0  ìntCTuata  nel  fondo  d'un  corridoio,  non  potevano  pi-1 
gliar  lame  altro  che  artificiale  per  via  di  lampana  o  fiioi!o.  K\ 
certo  non  dà  tura  al  Nuraghe  d'Istli  quel  foro,  che  dalla  cameml 
nemraen  s'avverte.  Ma  per  isfogar  l'aria  più  calda  che  tonde] 
all'alto,  quel  foro  aperto  in  cima  alla  ramerà  certo  è  valevole^] 
come  per  mantenere  la  corrente  deiTaria  è  valevole  il  foro  sa- 
periore  della  scaletta.  E  pel  corso  lihero  dell'aria  e  della  luce  an- 
che grandi  sale  Assire,  sfornite  di  finestre  ne'  lati,  avevano  delle] 
aperture  ue'Iacunarì  ',  come  arevane.  a  quanto  sembra,  un'aula 
della  reggia  di  Tirinto  che  molto  ritraeva  dell'  oriontale  ',  e  conia 
uè  hanno  ne'lor  soffitti  le  case  moderno  d'Armenia'.  E  meglio 
per  dar  aria  che  prender  luce  le  avevano  le  rase  a  cnpola  co-{ 
Dica  do'villaggi  Assiri,  come  l'hanno  le  simiti  della  Siria'.  Lei 
hanno  ancora  lo  torrette  di  Belbeis  e  par  che  le  avessero  le  casa] 
dei  Pun,  tt^minanti  in  una  spedo  d'abbaino  circolare  più  alto< 
da  un  lato  che  non  duU'altro.  acciocché  una  tenda  o  pelle  ste-j 
savi  sopra  e  sollevata  alquanto  dal  lato  inferiore  servisse  al  corso 
dell'aria,  senza  dar  adito  a' raggi  cocenti  del  sole. 

Invece  per  dar  più  luco  che  aria  evvi  un  foro  nella  sommità] 
di  certo  sepolcro  dì  Petra,  fiUto  a  tempio  rettangolare  con  ampia  i 
porta  e  [)erÌstilio  e  scalea  e  di  più  cou  iscala  a  chiocciola  in  vi-j 
cinuiza  per  giungervi,  il  tutto  scavato  nel  masso  ^  Doveva  poi  : 
servire  principalmente  a  recar  calore  un  foro  somigliante,  ohe 
s'apre  in  cima  ad  una  casa  de' Pitti  nella  gelida  S(w.ia  *. 

Ma  quanti  sono  poi  ne' Nuraghi  gli  spiragli  di  simil  genere? 
Non  gli  hanno  le  camere  inferiori  di  Nuraghi  a  più  piaui:  pdiv{ 
che  poco  in  e^i  gioverebbero  ad  arieggiare  ed  anche  meno  adi 
illuminare  le  camere,  e  darebbero  impaccio  a  chi  stesse  sopra,! 

'  I^-MWaiwr.  Mnmitl  de  Vhiitoire  ancienne,  1.  1,  J  (j,   tli. 
'  AoLsn.  QuarterUj  Raviea,  l'&seic.  1886,  [Mg.  (23-130. 

*  Lewruìkt.  1.  e. 
'   nA1VLIKW.S  G.,  I.  e. 
■  LABOnpe,   Voyas€  de  l'Arabie  Pilrét,  p.  60,  pE.  il. 

*  Miss  Maclacax,  Hill  farla.  t6,  dove  si  duna  anche  aUrf  esempì. 


B   LORO   INPORTA^ZA 


3: 


od  ftlmeno  diminuirebbero  la  solidità,  più  rinhii^ta  ia  tal  caso, 
impedeodo  la  chiusora  del  fc»ro  con  piètra  centrale.  Ma  nun  vale 
il  medesimo  per  la  camera  che  non  ne  abbia  altra  dì  sopra,  e 
molto  meno  pe' Nuraghi  d'uu  solo  piano,  che  non  hanno  tan- 
t'aria,  atttwo  l' elevazione  minoro  e  la  manoan/ii  di  ampia  finestra 
sostituita  da  porta  generalmente  piccola.  K  qui  primo  testimonio 
à  sitk  il  maniTigUoso  Nuraghe  Tittirìolo  di  Bolotana,  alcuna  delle 
cai  pietre  ocenperebbe  sin  dieci  planstri,  e  così  collocata  nem- 
meno si  molerebbe  da  tre  gioghi  di  buoi  [L.  105|;  il  Tittiriolo 
della  cai  maggior  camera  asserisce  sens»  esagerazione  lo  Spano  che 
suol  ricoverare  attempi  piovosi  un  branco  d'oltre  a  cinquecento 
animali  '  ;  il  Tittiriolo  privili^giato  forse  tra  quanti  ve  n'erano  a 
tre  piani,  per  averli  tutti  e  ire  intatti.  Outìsto  ha  in  cima  lo 
^l'iniglio,  rome  anche  il  5^0*  Chircost  altro  Nuraghe  intattij  iì>.d 
4mo  territorio.  Scendendo  poi  a  quei  di  Grencni.  che  con- 


ni e- 1 


servano  b  sommità  dei  cono,  ha  il  foro  assai  ragguardevole  in 
cima  il  cono  eentralo  del  Nuraghe  Tresvias,  e  lo  ha  fiwciato  di 
pietre  assai  levigate  il  Nuraghe  Secci  di  Cixins,  nel  quale  noi 
ci  calammo  per  tal  via.  Inoltre  il  Nuraghe  superiore  ili  Pobulus 
ha  pure  aperta  la  cima,  sebbene  quivi,  t-ssendo  smosse  lo  pietre, 
il  foro  non  sia  regolare.  Che  se  non  par  che  l'avesse  il  Nu- 
raghe Biriu,  questo  nella  parte  inferiore  della  scaletta  ha  in 
«ompeuso  un  Snestriao.  Più  notevole  è  il  foro  del  Nuraghe  Mas- 
•enti  di  Bamminì.  Quivi  entro,  come  ci  attestarono  separata- 
mt^nìa  due  intervenuti  allo  scavo,  non  solo  si  penetra  per  tal 
via,  ma  nel  pavimenta)  di  sotto  si  trovò  a  perpendicolo  ona  ci- 
sterna in  forma  di  pera,  entro  cui  si  raccoglieva  l'acqua  dal 
tetto  certamente  concava.  Anche  il  Nuraghe  intatto  d'Arnmngia 
ha  simil  foro,  come  attestava  rArcivesccivo  itonsignor  Balma. 
L'ha  parimente,  e  Tavea  prima  dello  scavo  fattovi  sotto,  il  Nu- 
laghe  VìAcn  di  Suelli.  E  al  Nuraghe  di  Goni  il  cavaliere  D.  GHu- 
■  ■'^'i!  Pnddu,  già  Sindaco  di  Gestori,  trovò  pure  la  lastra  assai 
o:r_tUi  y  sottile  che  lo  copriva;  il  che  vale  a  spiegare  come  e 
quivi  ed  altrove  non  sia  stato  avrertito.  Finalmente  il  foro  me- 

l'er  lettera  del  Ruv.  Parroco  I).  Kraucesco  Cadfudi;,  accompagnata  da  carta 
lopoErUicJ  ett  altre  indìraiionì  pivcisc 


36 


sivvtt  nBCExn  sopra  i  kuractu 


ilesimo  fn  trovato  da  Hiss  MaiUagan,  sbariu/AUilu  la  sommità 
de' due  coni  {jornelli  del  Nur^lie  Anna,  doade  calato  iiD  perpen- 
dicolo D'ebbe  T altezza  di  uu  Ó  metri  p«r  amenduc  '. 

Or  se  si  considera,  quanto  pochi  siano  i  Nuraglii  che  serbino 
intatto  il  cono,  qui  ben  si  scorge  quasi  una  regola  per  dar  aria, 
se  non  anche  luce  alle  «imere.  Bou  è  da  avvirtiro  che  altri  spi- 
ragli si  .scoprono  nelle  pareti.  Singolare  tra  questi  ó  il  sognato 
tramezM)  a'due  coni  dui  Nuraghe  Auna.  non  più  grande  di  quanto 
è  necessario  a^l  introdurvi  una  mano,  ma  effiracissimo  a  luante- 
nere  il  corso  dell'aria  nella  stauza  a  sinistra,  quando  ne  fosse 
chiusa  l'entrata.  Altro  spiraglio  tì  è  molto  pìccolo  a  quadro  nel- 
l'alto della  piircte  dui  Nuraglie  Coni  di  Nuragus.  Altro  quadrato 
sta  sulla  porta  del  Piscu  di  Suelli,  del  Bidighin/u  di  Ploaghe, 
d'uu  N'uHigho  di  Laerrui  di  parecchi  di  Faulilaliuu,  e  r«sì  ria 
discorrendo  in  varie  regioni  '.  Altri  anche  talora  a  triangolo  se 
ne  veggono  in  direzioni  ed  altezze  diverse  delle  pareti  [S.  )1. 64]. 
Altro  sirailmcute  quadrato  nel  3"  Nuraghe  di  Sant'Antino  di 
fienoDÌ,  ma  questo  che  potea  dar  modo  di  vedere  e  ferir  dentro, 
saldamente  otturato  con  due  pietre  verticali.  Altri  finalmente 
nell'alto  delle  nicchie  (AN.). 

Or  passiamo  a' Nuraghi  che  hanno  scala  a  chiocciola.  Questi 
se  non  lianno  più  camere,  hanno  più  virino  lo  spiraglio  formato 
dall'apertura  superiore  delia  medesima  scala.  Che  se  abbiano  una 
seconda  camera,  all'eutrata  di  questa  hanno  per  ordinario  un'am- 
pia finestra  che  porti  ben  l'aria  ad  aggirarsi  per  l'edifizio.  S 
altri  spiragli  dove  quadri,  dove  triangolari,  si  vedono  lungo  le 
scale  [S.  M.  64  L.  di],  siugolarumnte  al  San  Luca  d'Illorai,  al 
Losa  d'Abbassanta,  e  al  Santinu.  ma  in  quest'ultimo  per  buona 
parte  alla  banda  dell'ovest  che  rimau  nascosta  nella  Fìg.  I.  '. 
Benché  poi  questi  spiragli  sembrino  feritoie,  tuttavia  essendo, 
corno  i  prementovati,  e  piccoli  ed  orizzontati,  né  per  lo  più  vale- 
voli a  far  vedere  altro  che  il  cielo,  si  veggono  sol  ordinati  ancor 


•  r/ii>»...  pap.  4- 

*  S.  M.  Ki.  F'.  ?HÓ.  M.  MAatfìAN.  fìau  1.  C<u1  pr<r  alrro  Noragha  del  Mar- 
sliinc  V.  M\iiTunKU_  IK'j.  <co. 

'  I,.  U-  III  -PI.  X. 


e  tono  raPORTANZA 


37 


ead  A  rlar  aria  ed  alquanto  dì  luco.  Bensì  al  rinnovameuto  del- 
Vutìa  salgono  molto,  troviindosi  g<meralmcnte  in  alto  sopra  luoghi 
ben  Tuntilati.  Or  aggioDgasì  che  la  pnrta  dovea  certo  star  aperta 
almeno  di  giorno,  perchè  si  chimic  rtj  dentro,  o  nessuno  s'ìma- 
ginerà  ''ho  ohi  tì  stosse  per  sorto  la  notte,  volesse  starvi  chiuso 
aurhe  di  giorno.  Aggiungasi  chu  no'' casi  medesimi  dì  pericolo 
ti  molto  più  noi  tempi  ordinarli,  pfìr  impedirli  a  nfìitiici  ed  estranei 
l'ingrosso,  tastava  chiudere  o  stanar  l' uscio  in  maniera  che  vi 
rimanesse  <jnalohe  spiraglio.  Aggiungasi  iqfine  quel  che  notava  il 
s^or  Nissardi,  che  dentro  camere  murate  a  socco  e  a  pietre  non 
esattamente  collegate,  come  sì  veggono  ne' Nuraghi,  una  corta 
penetraKiouo  dell'aria  ò  infìillibilo  ad  avure  rreqnoi  ito  mente  ìaogu, 
e  no  avverrà  quel  che  sperimentammo  in  diverso  stagioni,  che 
dentro  i  Nuraghi  non  si  provi  mai  afa,  ma  solo  una  temperatura 
fresca  d'estate,  e  calda  d'inverno,  cimic  succede  nelle  Basiliche 
maf^ori  di  Roma,  grazie  aireuormì  pareti.  Certo  l'afa  non  si 
attesta  sporìmentata  da  verun  de^  moltissimi  che  volendoli  cdder 
tombe,  0  non  li  volendo  creder  luoghi  atti  all'abitazione,  avrebbet') 
in  tal  esperienza  un  perentorio  argomento:  o  sì,  che  tra  essi  il 
Lunariuora  scese  in  Nuraghi  chiusi  ed  ingombri  per  ogni  late*, 
tranne  il  pìccolo  andito  che  vi  scoperse  od  apri.  Che  se  il  Ten- 
dale '  parU  di  afa  ed  aria  mefitica  trovata  in  nna  stanza  tutta 
ottnrata.  con  entrovi  gli  avanzi  di  un  assassinato,  questo  egli 
twa  qual  eccezione  tutta  propria  di  quella  camera,  p<T  così  spio- 
girno  la  denominazione  che  il  volgo  lo  dava,  di  covo  do'diavoli. 
Per  tutto  questo  è  ben  chiaro  che  por  mancanza  di  aria  non  si 
pad  dire  inabitabile  il  Xuragho,  come  infatti  il  signor  Pais  [280], 
benché  stimi  improbabile  il  riputarlo  casa,  dice  ben  dimostrato 
(lai  Canonico  Spano. 

'  Op.  dL  tu  131 


ASSURBITi  DELLA  SEPARAZIONE  DELLO  STATO 


UA].LA    CHIESA 


Pur  un  cattolico  Tassurdità  delia  separazione  deUo  Stato  dalla 
Chiesa  non  lia  bisogno  di  dimog trazione,  bastandogli  la  voce  del 
Vicario  di  Cristo,  maestro  ìufullibilo  di  verità;  il  quale  nel 
numero  LY  del  Sillabo  condannò  la  proposizione:  Erclesia  a 
Stahty  Sfahisgtte  ab  Ecclesia  seiungcndus  est.  A  chi  poi  amasse 
vederla  altresì  razionalmente  dimostrata,  dovrt'bho  bast^ire  il 
preoedcDto  articolo  sopra  il  diritto  della  Chiesa  ali*  assistenza 
dello  Stato.  Di  fermo,  se  lo  Stato  ha  dovere  di  assistere  ed  aiu- 
tare co'suoì  mezzi  U  Chiesa,  non  pnò  in  conto  alcuno  sepa- 
rarsi da  lei.  Nondimono  per  rfrcdi-re  più  chiara  ed  aperta  una 
tal  verità,  stimìami}  furne  qui  materia  di  diretta  dimostra7.ione. 
A  schivar  poi  il  pericolo  dì  ripeterci,  ne  tratteremo  piuttosto 
in  forma  ptilomica,  ribattendo  i  sofismi  onde  il  Liberalismo  mo- 
derno si  studia  di  propugnare  l'opposto  errore. 

I. 

La  c(mdizioì\e  normale  della  società  a'istiana  richiede  runìone 
dello  Stato  colla  Chiesa. 

Noi  non  neghiamo  che  in  alcuno  contingenze  la  separaziona 
dello  Stato  dalla  Chiesa  può  essere  una  necessità  sociale.  Così 
aTTÌene  negli  Stati  Tuiti  dì  America.  In  una  società  costituitasi 
di  popoli,  già  professanti  culti  diversi.  Io  Stato  non  avrebbe 
potuto,  senza  irritare  furiosamente  le  passioni,  protegger  l'uno  a 
preferenza  degli  altri.  Essendo  poi  irragionevole  proteggerli 
tutti  (come  il  vero,  cosi  anche  i  falsi);  non  restava  altro  par- 
tito, salvochè  dì  separarsene  onninamente,  lasciandoli  in  balia 
dì  loro  stessi,  e  sol  provvedendo  cho  l'uno  non  recasse  all'altro 


àssunofri  della  scrAnAZtnnR  rcllo  stato  dalla  cntesA 


m 


la  menoma  offesa.  Ijo  Stata  dunqao  avvisatamente  sì  realrinse 
aliasela  tutela  do*diriUì  comuni  del  cittadino,  stremando  cosi 
il  fine,  assai  più  ampio  dellik  natura  nolTordiuar  1'  uomo  a  civìl 
societÀ.  Ma  fu  costretto  a  ciò  dalla  moral  qualità  della  moititu- 
dino  che  concorreva  a  formarlo. 

Concediamo  altresì  che  in  quei  paesi^  ore  Io  Stato  per  ispirito 
dì  eresia  o  di  'scisma  pcrsoguita  la  verace  Chiesa  dì  Cristo,  la 
sepaniziune  tornerebbe  a  lei  più  vantaggiosa,  porcile  la  lasce- 
rebbe altiiono  libera  e  senza  impacci.  Cosi  in  Russia,  dove  sì 
buidiflcono  i  Vesoìvi  porchtì  fanno  il  loro  dovere,  s' impedisco  la 
libera  corannica^ione  tra  i  Pastori  ed  il  gregge,  e  sì  costringono 
allo  scisma  i  fedeli  col  fcnout  e  colla  spada,  certamente  la  se- 
parazione dello  Stato  dalla  Chiesa  sar^^bbe  nua  manna.  Lo  stesso 
dito  della  Prussia  pel  suo  Kulturkamp/.  Mon  male  assai  non 
riceverò  almm' assistenza  dallo  Stato,  che  vedere  dalla  propotenza 
politica  cliiiisi  i  Seminarli,  esiliati  ì  religiosi,  assoggettato  il 
Clero  ad  insegnamento  officiale,  puniti  colla  multa  e  col  carcere 
i  preti,  iwl  solo  delitto  d'avere  amministrati  i  sacramenti  o 
«elebrata  la  Messa.  La  separazione  è  sons;a  dubbio  preferìbile 
«Uà  por&eca7,ione. 

Ma  quLyta  è  condizione  fuor  di  norma,  e  riguarda  Stati  sci- 
smatici o  protestanti  che  manchino  all'obbligo  assunto  di  pro- 
le^ate  ì  sudditi  cattolici  nel  libero  esercizio  della  loro  Kelìgione. 
Prescindendo  da  queste  eccezioni  e  guardando  la  cosa  in  ni*  stessa, 
flecondo  il  disegno  dirìno,  è  innegabile  che  ì  due  poteri  debbono 
«aser  congiunti  insieme  e  concordi  pel  regolare  governo  del  mondo. 
OoDvien  qui  revocare  alla  memoria  ciò  che  dicemmo  negli  ar- 
tìcoli precedenti.  Uno  è  l'assoluto  Sip;nore  degli  uomini,  e  questi 
è  Dìo.  Egli  a  reggerli  visibilmento  noi  puro  ordine  di  natnra 
«istituì  il  principato  cirile,  divìso  secondo  la  dtversitì^  delle 
gADti:  In  unamquamque  ffetttem  praejìosuii  rectorem  '■  Ma  nel- 
l'ordine della  grazia  volendo  elevare  a  più  sablime  perfezione 
l'opera  sua,  degnò  di  venire  egli  stesso  tra  noi  nella  persona  del 
Verbo  fett'uorao  a  render  visibile  lo  stesso  suo  regno,  e  dargli  di 
propria  bocca  costitusìuDO  o  leggi.  Poni  haee  in  terris  visus  est 

•  I  lAbtr  £ccie$ia9ttci,  XVII.  U. 


rid^ 


iSa 


4U 


ASSURDITÀ    DELLA    SEfAnAZIONE   DELLO   STATO 


et  cum  hominibus  conversatus  esi  '.  Questa  costituzione,  data  da 
Cristo,  fu  di  scerdrare  l'ordine  spirituale. dal  tomporale,  e  la- 
sciando TuDo  al  reggimento  del  principato,  commettere  TalUo 
al  potere  d' un  supremo  Sìic<)rdote  che  lasciava  qual  suo  Vicario 
sulla  terra.  Or,  poìchft  il  corpo  ncU'uoiao  è  congiunto  collo  spirito, 
e  il  temporale  dere  servire  allo  spirituale;  è  impossibile  con- 
cepire non  aver  Cristo  voluti  Tuaione  tra  il  Principato  e  il  Sa- 
cerdozio, oon  soggezione  del  primo  al  secondo.  Senna  dubbio  egli 
lo  volto,  perchè  autore  dell'ordine:  Qttae  suiìf  a  Tko  ardìnaiae 
sunl  -;  ed  ò  questa  l'idea  cristiana,  espressa  divinamente  dal 
gran  Pontefice  Innoconr/;  IH  con  quella  elegantissima  siniilitu- 
diue  del  Sole  e  della  Luna,  stoltamente  schernita  dai  liberali. 
Ad  jirmamentum  caeli,  hoc  est  U7ìiversalis  Ecchsiae,  feeU 
Deus  duo  magna  luminaria,  idest  duas  instifuit  dignìtates^ 
quae  sunl  Foutijicalis  auclorìias  et  Regali$  pofestas.  Sed  illa 
quae  praeest  diebus-,  idest  spiritual ibus^  maior  est;  guae  vero 
earnalihus,  minor;  ul  quanta  est  inter  solem  et  Ittnam^  tanta 
iiUer  Pontijices  et  Reges  differsìifia  dignoscalur  \  l^a  Urna  ha 
Boe  influenze  sulla  terra,  a  lei  non  comunicate  dal  sole  \  ma 
ben  l'è  comnnìcata  dal  sole  la  luce  che  illumina  insieme  e  ri- 
scalda. Parimente  il  Principato  civile  non  riceve  dalla  Chiesa  il 
potere  sullo  cose  mcramonto  temporali;  ma  ben  riceve  da  lei  la 
legge  evangelica,  fondamento  primo  e  regola  suprema  d'ogni 
ordinamento  civile  tra' cristiani. 

Q  Dottor  san  Pier  Damiani  voleva  che  P  unione  tra  il  Sacer- 
dozio e  l'Impero  fosse  sì  stretta,  che  in  certa  guisa  il  Pontefioe 
à  trovasse  nell'Imperatore,  e  l'Imperitore  nel  Pontefice;  ren- 
dendo cosi  un'immagine  della  congiunzione  dei  due  poteri  che 
splendono  in  Cristo  e  da  cui  procedono  entrambi  :  Sicut  in  uno 
mediafore  Dei  et  hotnìnum  kaec  duo,  Regnum  scilicet  et  Sa^ 
cerdotium  divino  sunt  confata  mysterio;  ita  ^uhlimes  ìstae 
dttae  personae  tanta  sibimet  invicem  unanimitate  iunganiuì\ 

'  B.vnor.n,  U,  .18. 
'  A<]  Box.  XIII,  I. 

*  Vedi  Corpus  luriè  Canonici,  1. 1.  T>ecrelaUs  Gregorii,  lil),  I.  Ut.  33,  e.  VJ. 
Imptrinm  non  prattft  Saccrdotio.  »etl  anbest  el  «  O^dtrc  lautur. 


DALLI  nniesA  41 

irf  qutìdammodo  ?nutuae  charitafis  glutine  et  Rex  in  romano 
Ptnttijice  ut  romanus  Ponti/ex  inmnmtur  in  Rrge  '. 

Questa  è  la  uoiirersale  e  cosUvnto  tradi?;ioQu  detta  Chiesa, 
tiwmessa  a  noi  da*  suoi  Pontefici,  da' suoi  Dottori,  da' suoi  teo- 
logi; sicché  heu  può  appellarsi  dottrina  cattolica. 


II. 

H0i^on»  in  nostro  favore,  non  diaconosduU  dagli  stéssi  av- 
versarii. 

Tra  i  difensori  della  separazione  dolio  Siato  dalla  Chiesa  ben 
può  dirsi  cho  io  Italia  primeggi  il  Minghetti,  non  solo  perchè 
a  sostenerla  ha  raccolto  nel  suo  libro,  Stato  e  Chiesa,  i  più 
speciosi  argomenti,  ma  ancora  perchè  li  ha  esposti  in  bello  stile 
e  confortati  di  artifizii  avvocateschi.  Noi  dunque  combattendo 
lai,  arromo  impHcitameute  combattuto  tutti,  noti  avendo  gli 
altri  aggiunto  nulla  di  meglio.  Ora  egli  oomìncìa  il  suo  scritto 
«on  la  seguente  confossiono:  «  Chiunque  mediti  lo  istorie  scorge 
manifestamente  come  nei  tempi  passati  la  unione  fra  lo  Stato 
V  la  Chiesa  fosse  universalmente  reputata  necessaria.  Questo 
«ODcetto  signoreggiò  finora  le  monti,  informò  gli  ordini  civili 
ed  ecclesiastici,  e  lasciò  impronta  di  sé  in  tutte  le  legislazioni. 
Kno  è  fondato  sulla  identità  del  subbietto,  in  questo  senso  che 
I'qihdo  è  ad  un  tempo  ciltiidino  e  credente,  né  lo  duo  qualità 
foaeono  scindersi  fra  loro  nella  medesima  persona.  È  fondata 
tltresì  nella  intima  connessione  dell' ohbietto,  in  questo  senso 
the  l'appagamento  e  la  perfezione,  il  fine  terreno  e  il  fine  oltre- 
Dondano,  ai  quali  l'uomo  è  indirì/.^ato.  hanno  comuni  e  strette 
ittinonxe.  È  fondato  finalmente  nella  nozione  giuridica  dello 
Stato,  al  quale  si  attribuisce  non  solo  la  tutela  dei  diritti  indlvi- 
4i»Ii.  ma  altresì  un'azione  diretU  al  buon  essere  e  al  mìgliora- 
IBentn  del  cìtbidino,  alla  coiiserva/.ìone  e  al  progrtìsso  della  società. 
Dìlk  posto,  si  vede  chiaro  perchò  si  elevasse  a  principio  la  unione 

*  Opmrolo  Vi,  DiaetptaUo  inter  S^fù  adrocalwn  et  nymaHat  SKxlefitn 
\4eftmtorrm,  Cljiu:iuki  «ìicliomis. 


42 


ASSURDITÀ   DELLA   Sllt>ARA£IOHC   UCLLO  STATO 


0  per  lo  meno  l' accordo  iotimo  doliti  istìtiizioaì  cìrili  e  relìgìoM^ 
ODd«  il  privato  o  Ji;  sycietà  sudo  governati  '.  > 

Non  potevano  in  poche  parole  accennarsi  con  più  limpìdez» 
i  fondameati  a  cui  l'unione  tra  lo  Stato  o  la  Chiesa  3i  appoggÌL 
Quando  i  liberali  vogliono  esporre  un  concetto  vero  (il  che  è 
rarissimo)  lo  san  fare  meglio  di  noi.  I  più  di  loro  haoau  ìd- 
gegno,  benché  pervertito. 

L'unità  del  soggetto,  cittadino  insieme  e  credente;  lo  stretto 
vincolo  che  lega  il  fine  temporale  airetemo;  la  missione  propria 
dello  Stato  in  bene  de' sudditi,  sono  innesto  ragioni  tali,  che  c^ 
scana  dì  esse  è  sufficiente  a  dimostrare  la  necessità  doirarmoniai 
tra  lo  Stato  e  la  Chiesa  nel  governo  de'popoli. 

E  vaglia  il  vero,  come  volete  che  si  concepisca  nello  stat 
normale  della  società  (giacché  di  questo  parliamo)  il  medesinio^ 
uomo,  soggetto  a  due  supremi  poteri,  i  quali  non  s'iiccurdin&j 
insieme?  Sarebbe  come  una  nave  governata  da  due  piloti^  i  quali I 
sen^a  intesa  scambievole  la  guidino  a  diversi  porti.  Potrà  acca-i 
dere  per  avventura  che  l' un  cammino  sia  come  scala  per  l'altro;] 
ma  potrà  anche  accadere  Tcpposto.  Ed  in  tal  caso  che  sarà  delli 
mistìra  nave?  Che  sarà  anche  dei  due  Piloti?  Ckinverrà  che  9i| 
azzuilìno  tra  loro,  pLTchò  il  più  forte  prevalga.  E  cosi  in  coteat 
sistema  di  separazione  tra  lo  Stato  e  la  Chiesa,  ci  sarà  contini 
pericolo  che  il  potere  spirituale  vada  in  guerra  col  poter  tee 
porale,  e  la  persona  soggetta  ad  entrambi  si  trovi  nella  dora  oc 
cessità  0  di  seguire  Tobbligaìiioa  di  coscien:»i  con  danno  d« 
interessi  civili,  o  di  seguire  gl'interessi  civili  con  danno  dell'I 
bligazioue  di  coscienza.  È  conforme  a  ragione  un  tale  state  di 
cose?  Può  esser  conforme  all' Intesa   divina  nell'ordinainent 
delle  due  società  a  bene  dell'uomo?  Lo  stesso  dite  del 
argomento.  Se  il  fine  terreno  e  il  fine  oltremondano  hanno,  eoi 
concede  il  Mìnghetti,  continue  e  strette  attinenze;  come  pot 
mirarsi  al  primo,  son// alcun  riguardo  al  secondo?  £  se  un 
riguardo  deve  aversi,  non  sarà  necessario  che  ci  sia  concert» 
subordina/ ione  tra  ì  curatori  di  outrauibi?  La  separazione  d« 
Stato  dalla  Chiesa  importa  un  indiriz»)  civile  ai  soli  beni 

'  Stalo  e  Chiesa,  |»g    I. 


qaaggiù.  Un  lale  ìndirÌKxo  potrà  ben  avrenirsi  a  una  niandra 
idi  ciacchi  ma  non  a  una  congregaziuno  di  uoiiiìdÌ.  Oltreché  por 
•esso  si  giunge  ad  avirìllra  e  curroiupero  la  niission»  stessa  dello 
Stftto.  II  floo  dello  Stato  non  ò  Boatanzìalnioute  direrso  dal  fino 
deiruomo:  Non  aliunde  beatus  homo,  aliitnde  civitas  ; 
HOrt  aliitd  »U  civiias.  t/uam  cotKors  hùminum  muUttudo: 
«iraziono  sapleatissima  della  mente  sublime  di  S.  Agostino  '. 
^1^  società  Tnomo  A  sospinto  dalla  natura  o,  moglio  da  Dio.  II 
^P'dnnque  della  società  non  pud  essere  altro  se  non  quello  che 
ai^eae  Dio.  Ora  Dio  eertament'j  lotose  che  l'uomo  pur  essa  rìce- 
iresse  un  aiuto  alla  propria  p^rreztone;  e  la  perfcsione  dell'uomo, 
qoikl  che  ella  sia,  non  può  disgiungersi  dall'ultimo  fine.  Come 
Jungione  di  onte,  per  la  sua  unirersalità,  riroca  a  sé  tutti  gU 
^feti  producibili  dalla  causa  efficiente;  cosi  il  bone  9'>mmo,  l'ul- 
^H  line,  per  \&  sua  supremazia  sottordìuii  a  sé  tutti  ì  beni, 
^■bili  dal  soggetto  appetitivo.  Niuu  bisim  pvi<^  sciridursi  da  Ini, 
IBhndo  bene.  Di»  duntine  talmente  inteso  la  società  per  l'uomo, 
iCbe  il  bene,  da  ottenersi  mediante  lei,  giorasse  al  conseguimento 
[deiruttimo  fine.  Da  ciò  non  può  torcere  il  guardo  il  goremaote 
»,  se  ruol  amformarsi  agi' intendimenti  divini.  Egli  dunque 
talmente  disporre  l'ordinamento  generale  della  società,  che 
lioio  fine  ne  riceva  sussìdi»,  o  negli  ordinamenti  particolari 
aliHun  procurare  che  non  ne  riceva  impedimento.  Ciò  non 
'farsi  nella  separazione  dello  Stato  dalla  Chiesa.  Dunque  eo- 
separa/jone  contraddice  al  disegno  divino;  e  perdountrad* 
alia  natura  stessa  dell' nomo. 


UL 

Vano  ricorso  alla  Storia. 


Minghetti,  per  farsi  stnidu  al  suo  vagh^gìato  disegno  di 

ione,  si  volge  alla  storia.  Pessimo  metodo.  La  storia  di 

so  d  dice  il  fatto,  non  il  diritto;  e  il  fatto  ci  dice  ciò  che 

m  cifi  che  dev'essere.  Più;  la  storia,  maneggiata  abilmente, 

trasforma  in  tutto  quello  che  voi  volete,  tanto  solo  che  sap- 

i  S.  ACOSTINU,  D»  Civitatg  IkU 


44 


ASSURDITÀ   DELLA  SEPARAZrOKB  DBLLO  STATO 


piate  ili  qua  e  di  ih  scegliere  i  pQxzi,  che  rispondono  &1  tatti) 
inteso,  e  somministriate  ai  suoi  ugenti  intuDzionì  diverse  da  quelle 
che  vbboru,  uu  cbu  ris^Kindmig  al  vostro  proposito.  Così  il  Mìii' 
ghetti  si  studia  di  far  apparire  che  l'unione  tra  lo  Staio  «  Il 
Chiesa  non  riuscì  ad  altro,  che  o  alPassorhiinenti)  del  primo  aelll 
seconda  o  airassorbìmento  delta  seconda  nel  primo.  E  parlands 
della  lotta  della  potestà  secolare  contro  i  Papi,  lungo  il  secolo  XVU 
e  XYHI,  dico  cho  «  i  Priucipi  i  qimti  introdussert)  le  riforme 
non  si  arvisarono  di  combattere  la  religione,  ma  soltanto  di  n» 
dicarne  gli  abusi  e  di  rivendicare  allo  Stato  quei  diritti  che  Bti< 
marano  giustamente  competergli'.  >  Per  contrario  rappresenti 
i  Papi  come  intesi  ad  attribuirsi  sopra  i  poteri  civili  uu  dominii 
assoluto  ed  universale,  che  quantunque  potesse  essere  giudicati 
profìcuo  in  tempi  di  barbarie,  malamente  si  pretendeva  eoati 
nuaro  in  tempi  di  civiltà.  <  L' terrore  nacque  allorquando  si  fdl 
di  oiindi^iioni  temporanee  farne  regole  assolute  e  non  ostante  ti 
mutata  condizione  dei  tempi  si  pretese  signoreggiare  il  l&ieatO| 
mentre  esso  aveva  già  acquistato  la  coscienza  dei  propri!  diritt 
e  la  deliberata  volontà  di  esercitarli.  Però  non  è  senza  timori 
che  noi  reggiamo  questo  terribile  edifizio  innaharsì  e  aduggiafl 
poi  con  la  sua  ombri  tutte  le  istituzioni  civili'.  » 

Xel  numero  XXUI  del  Sillabo  ò  condannata  la  propt^ìsione 
Romani  Pontijices  et  Concilia  oecutnettica  a  lìtnitihtts  saae  pò 
testalls  recesserunt,  tura  Principum  lufurparunt  E  voramenl 
se  la  Chiesa  non  può  errare,  come  in  fede,  così  ancora  in  co 
Btume,  gli  ammaestrarne atì  dì  lei,  come  sono  appunto  quel 
de' suoi  Pontefici  e  do'suoi  unirersali  Concili!,  non  possono  esser 
usurpatori  de' diritti  altrui.  Ma  l'autorità  del  Sillabo,  come  aneb 
rinfatttbitìtà  Pontificia,  non  ò  riconosciuta  dal  signor  MinghotU 
il  quale  reputa  potersi  impunemente  tra' cattolici  non  ammetter 
nò  Tono  né  P altra \  Ma  se  egli,  in  cambio  di  travisare  la  stoni 
volesse  attenersi  al  razionale  discorso,  noi  ben  gli  potremmo  di 

•  Pbk-  16. 

*  (^li  aDOovera  ira  le  iatpronliiuilim  del  Clero:  t  L'airotel lamento  coQtnt  1  r 
ttonn^sti.  la  zelo  tomaodiilo  ^\  [mirr  lrin[MralL-  rli'lla  Chii^,  t  \p.  iinftnvntoai  cMUi 
coloro  c)i«  non  ommeltono  il  Sillabo  e  U  ìn^llibiliU  del  fiipa.  >  Plg.  SO. 


DALLA   OlteSA 


45 


itnre  come  tutti  gli  atti  de' Papi  non  furono  che  legittimo 
_  oteri.  èiti  loro  da  Cristo  pel  governo  de'fedeli.  La  Chiosa, 
operante  come  Chiesa,  cìuè  per  vimm  de*  suoi  Pontefici  e  do' suoi 
Concilìi,  non  ha  Tatto  mai  altro,  se  non  che  sostenere  V  infiiienm 
che  dare  avere  la  legge  di  Cristo  nel  formare  e  dirigere  i  costumi 
de'popoli  battezzati;  e  se  osteggiò  l>ene  spesso  ì  potenti  del  se- 
colo, non  fu  cho  per  respingere  i  loro  assalti  e  difenderò  i  diritti 
a  lei  Cfioferìti  da  Dio.  Il  sistema  romano,  come  il  Minghetti  lo 
appella,  è  quello  che  noi,  salvo  involontario  errore,  stiamo  espo- 
nendo in  questi  articoli,  e  sfidiamo  il  Minghetti  a  confutarci: 
ma,  badi  btme.  non  con  cìiince  o  gratuiti  asserti,  bensì  con  argo- 
menti condotti  a  filo  di  Logica,  da  principii  indubitati  di  Fede 
t*  di  rugione. 

La  Chiesa,  benché  immutabile  ne' suoi  poteri,  nondimeno  nel 
cono  de'sacoli  cambia  tenore,  quanto  all'  uso  de'  medesimi,  sapien- 
tornente  accomodandolo  alle  diverse  esigenze  do'  tempi,  de'  luoghi, 
delle  persone.  Altro  è  il  diritto,  altro  l'esercizio  del  diritto.  Ha- 
staado  immobile  il  primo,  ben  pu6  variarsi  il  secondo;  in  con- 
formità delle  mutate  ooudìzìonì  del  mondo.  Omnia  inihi  licenl, 
tova  san  Paolo,  sed  non  omnia  expedtuni.  Omnia  mikì  Heent, 
aed  non  omnia  aedijicant  '.  Cortamente  nessun  Papa  pensa  oggidì 
^\  esercitare  sulla  politica,  e  sopra  i  Be  ed  i  popoli  quel  potere. 
die  i  suoi  antecessori  esercitarono  nel  medio  Evo.  Ma  ciò  non 

;hè  siasi  in  sé  cangiata  la  potestà  dello  Chiavi;  sìbbene  per- 
le l'osarla  in  quel  modo  non  tornerrbbe  oggidì  opportuna  al 
Iwi  della  Chiesa,  pel  quale  essa  fu  data,  nò  giovevole  al  tran- 
quillo vivere  dello  nazioni.  Il  fine  determina,  come  il  diritto,  cosi 
laeora  la  legittimiti^  del  sno  esercizio.  L'Apostolo  parlando  della 
potestà  data  da  Dio  ai  reggitori  della  Chiesa,  avverte  che  essa  l 
in  aedijicaiìonan  et  non  in  desfructionem^.  La  Chiesa,  assistita 
ne'sooi  atti  dalla  sapienza  divina,  tempera  in  alcuni  casi  perfino 
Taso  delle  sue  armi  spirituali.  Il  Libemlismo  cho  nulla  capisce 
De  dì  Chiesa  uè  di  Dìo,  attribuisce  ciò,  col  nostro  Minghetti,  al- 
l'easersi  quello  armi  spuntate.  No;  non  sono  esse  spuntate  né 

•  l"  md  Cor.  X,  W,  M. 

•  a*  lui  Cor.  X,  8. 


{6  ASSURDITÀ   DELLA   SCPAtlAZIONE   DELLO   STATO 

possono  spuntarsi,  giacché  traggono  fov?A  non,  come  le  armi  del 
secolo,  dalle  braccia  dell'uomo,  ma  dall'onnipotenza  divina. 

Tornando  ora  alla  storia,  si  cara  al  nostro  scrittore,  egli  si 
sollucehera  alla  vista  dei  passi  successivaniunte  dati  dalla  8oàet& 
nella  via  della  lìbertÀ  religiosa.  Movendo  dal  trattato  di  Westfalìa, 
in  cui  il  Protestantesimo  fu  legalmente  riconosciuto  nelle  svariate 
sue  forme,  fino  ai  tempi  nostri,  si  avverò  <  quella  maniera  di 
generalizzazione,  per  la  quale  lo  Stato  si  eleva  ad  una  forma 
ognora  più  astratta  di  religione,  sino  alla  pura  murale'  >.  Sta 
l>eDe;-ma  il  valentuomo  dovrebbe  osservare  Che  di  sopra  a  questa 
forma  astrutta,  ci  ha  un'altra  forma  anche  più  astratta,  ed  è 
quella  dì  proscindere  dalla  stessa  morale  ed  elevarsi  alla  pura 
volontà,  sdolta  da  ogni  t«^ge,  coll'anarchia,  coU'ateismo,  col 
libero  amore.  Ad  essa  sì  perverrà  senza  fallo;  ed  il  Minghettì 
potrà  compiacersene  fin  d'ora, 

È  molto  infelice  quol  pubblicista,  il  quale  senza  esaminare  se 
la  tendi-Dza  sociale  sia  buona  o  rea,  accomoda  ad  essa  le  suo 
teoriche  e  consiglia  il  l^islatorc  a  seguirle.  A  questo  modo  la 
sofietà  non  può  non  andare  di  male  ìn  peggio,  fino  ad  Incorrere 
in  bi>tale  soq*|uudro.  Il  governante  non  ò  un  pedissequo,  ina  na 
condottìere.  Lo  stesso  Mioghetti  riconosce  che  lo  Stato,  <  non 
può  considerarsi  estraneo  alla  moralità  ed  al  costume,  in  che  il 
cittadino  attinge  le  forze  necessarie  allo  svolgimento  delle  saa 
facoltà'».  Ora,  senza  religioae,  non  può  darsi  moralità;  perchè 
senza  Dio  non  può  darsi  dovere.  Pii^,  che  por  la  pt^rsona  indivi- 
dua, vale  per  le  moltitudini  queir  osservazione  Dantesca  del  bi- 
sogno che  ha  l'uomo  di  freno  e  di  legislatore,  che  della  vera  città 
discema  almen  la  torre  '.  Celesta  torre  della  vera  città,  non  ò  Sft 

•  Stato  t  Chiesa,  pos.  37. 

•  Pag.  31. 

•  ■  Di  iiiwTìol  IwDi!  in  pria  stmlt  M|ii)re. 

(joivi  t'ing»[ina.  t  i)ì«tro  ad  imso  corre, 
Sp  pHJ'I-i  0  fn>n  non  torce  il  soo  amore. 
OaAc  a>iitt>niie  Ipkjtc  pr  tev«  porri;, 
flljivpnni'  R<!gi!  aver  clip  iliwerneBsc 
Della  vera  citlade  almen  h  torr«. 

Puryatorio,  Caolo  XVI. 


RALLA   CIIIKSA 


DDQ  rnltìmo  nostro  fine,  e  la  virtù  che  ad  esso  ci  mena.  Or  elio 
»llr<>,  s*;  non  la  religione,  mostni  all'uomo  (luest'uUimo  fine?  » 
ehi,  se  non  la  Chiesa.,  lo  mostra  all'uom  cristiane?  Non  pu6 
dtmqne  in  niui  società  cristiana  dis^ungersi  dalla  Chiesa  il 

remante  oÌTile  d'un  popolo  fedelo. 

Il  Minghetti  dice  in  sostanza:  La  BocieUi  tendo  al  razionali- 
smo; secondiamola.  È  corno  se  un  medico  dicesse:  Il  malato  tendo 
alla  morte;  oonfortiaiuocelo. 

IV. 
Si  rispottde  alle  ragioni  contrarie. 


A  quattro  possono  ridursi  gli  argomenti  che  i  lihorali  accam- 
pano contro  la  tesi  da  noi  propugnata;  e  sono  esposti  limpidamente 
4al  Hinghetti.  Da  lui  li  toglioremo,  rispondendo  ad  ossi  per 
nugolo  colla  massima  brevità. 

PatKO  ABT.oMESTO.  «  Il  fine  dello  Stato  è  duplice:  la  difesa  dei 
diritti  individuali,  e  la  cura  di  quegli  interessi  generali,  a  cui 
per  se  soli  non  possono  supplire  i  cittadini  e  le  loro  spontiinee 
associazioni '.>  Né  all'uno  né  all'altro  è  necessaria  T unione 
eoUa  Chiesa.  Pel  primo  bastano  i  principii  della  giustizia,  attìnti 
alla  pitra  ragione;  al  secoudo  le  forze  sociali,  non  aventi  alcuna 
relaziono  col  culto. 

Primieramente  il  fine  dello  Stato  è  qui  malamente  definito. 
I  liberali  confondono  il  fine  inteso  dalla  natura,  neir  ordinar 
^ì  uomini  alla  vita  sociale,  col  fine  che  essi  arbitrariamente  si 
stabiliscano.  Certamente  l'uomo,  essendo  dotato  di  libortà,  può 
volere  V  associazione  civile  per  quei  due  soli  scopi  dianzi  accen- 
aati;  an/j  può  restringersi  al  solo  primo.  Ma  tale  non  è  l' inten- 
dimento della  natura.  L'intendimento  della  natuni  ^  più  ampio. 
£881  spinge  l'uomo  alla  società,  acciocché  ne  venga  aiutato  al 
«eseguimento  della  folicità  t&mporalo;  la  quale,  acciò  sia  propria 
dell' nomo,  convien  che  sia  connessa  c»)lla  felicità  sempiterna.  Ora 
alla  felicità  sempiterna  non  iscorgc,  se  non  la  Chiesa.  Ma  omot- 

■  Pifj.  33  e  37, 


48  ASUmWTA   DKLLA  SSPARAZtOIfE   DELLO  STATO 

tiamo  di  argomentare  da  questo  lato;  sapponiamo  puro  quell'idea 
lìberab>3ca,  intorno  al  fìno  dtilta  socìetìi  civile.  Noi  &:)acedìaiiio  che 
molti  interessi  pubblici,  a  cui  provvede  lo  Stato,  comu  la  Finanra, 
r  Igiene,  Li  Sicurezza  interna  ed  esterna^  il  Commercio,  la  Dì* 
plomazia  e  va  dicendo,  non  hanno  alcuna  rebizione  cui  Culto, 
finché  si  tengono  nel  puro  ordine  materiale,  sen/^i  offesa  deU 
l'ordine  morale.  Ma  della  giusti/.ia  non  è  cosi.  La  giustizia, 
attìnta  alla  pura  ragione,  potrebbe  bastare  (sìa  dato  o  non  con- 
ceaso,  perchè  fuori  della   prosente  quistione),  se  l'uomo  fosse 
rimaso  nel  puro  ordine  naturalo.  Ma  la  bisogna  corre  altnimeote. 
L'uomo,  per  divina  merco,  ò  prosentemunto  elevato  all'ordine 
soprannaturale  della  fede  e  della  grazia;  e  con  esso  è  mestieri 
che  pongtLsi  in  armonia  la  giustìzia  naturale.  Si  dirà:  Lo  Stato i 
non  bada  a  ciò.  Deve  badarci;  perchè  egli  è  chiamato  non  a{ 
reggere  l'uomo  in  astratto,  ma  l'uomo  in  concreto;  altrimenti  noB| 
salverà  neppure  i  diritti  individuali,  che  dice  di  voler  proteggere. 
Rechiamone  un  esempio.  Lo  Stato  dalla  giustizia  naturale,  iotesftl 
a  suo  modo,  deriverà  verbigra:{ìa  il  divorzio,  come  ha  fatto  la 
Francia  ed  è  disposta  a  fare  anche  l'Italia.  Or  il  divorzio  offendei 
il  diritto  individuale  del  cattolico,  perche  ne  scjmpìglia  la  co-l 
scienza,  e  lo  costringo  o  al  concubinato  o  a  forzatA  continenza.  Lo 
stesso  dite  di  altri  punti,  connessi  colla  religione.  Imperocché  ij 
liberali  hanno  un'arte  ammirabìUtnel  far  i-ho  lo  Stato,  dnpn  lai 
sua  separazione,  rientri  in  tutto  ciò  che  gli  aggrada,  in  virtù! 
della  tutela  eminenie,  che  gli  concedono,  sulle  amministrazioni] 
parziali  '.  E  così  lo  Stato,  attingendo  a  suo  modo  ì  principii  della 
giustizia  dalla  pura  ragione,  vi  prescriverà  la  scuola  atea,  violando  i 
il  diritto  paterno;  Iaici:ìzerà  le  opere  pie  di  beneflceniui.  costrìn-j 
gendo  il  povero  a  ricevere  la  limosina  dall'uomo  in  nome  dull'uomo;] 
vieterà  la  profiìssione  de' consigli  evangelici,  con  oppressione 
diritto  personale  in  ordino  alla  scelta  del  vìvere;  e  cosi  del  re 
Il  Minghetti  mostra  in  ciì)  un'abilità  portentosa.  Sotto  lustra  dP 
libertà  relìgÌos:i,  riesce   nel  suo   libro  a   porre  interamente  laj 
Chiesa,  e  quindi  i  cattolici,  sotto  la  piena  tiniuriia  dello  Stato-j 
SficoKDO  AKOOXRN'TO.  <  La  Chìesa  cattolica,  che  un  tempo  e&*| 

■  Fif.  36. 


DiltA  «RISSA  49 

pifiUMTa  la  scienza  e  la  socieU,  s' è  a  poco  a  poco  allontanata 
di  esse,  ed  ba  finito  coU'ostei^giarle  entrambe  '.  >  Or  come  to- 
Me  che  lo  Stato  moderno,  il  quale  ha  vìscere  bÌ  pietose  verso 
la  aeienKa  e  la  società,  sì  coUcghl  colla  loro  nemica? 

I  liberali,  con  singolare  ooRtaii/,a  non  si  stancano  di  ripetere 
fibe  U  Chiesa  è  oggidì  divenuta  fìera  avversaria  delta  civiltà. 
Certose  cìviltÀ  ò  la  barbarie  inassonioa,  a  cui  ossi  son  mancìpatì; 
DOD  haooo  torto.  Ma  se  civiltà  è  quella  che  ci  ba  recata  il 
TiogeJo,  la  Chiesa  come  ne  fu  madre  e  promoirice  in  addietro, 
cosi  à  al  prestante.  Per  sostenere  il  contrario,  converrebbiì  diro 
che  la  Chiesa  abbia  disertato  il  Vangelo.  La  miscredenza  libe- 
ralesca non  si  periterà  di  affermarlo;  ma  chi  ha  fedo  nella  pro- 
messa di  Cristo:  Eoce  ego  vf^biscttm  aum  omnibus  dieòits,  vsque 
di/  cofisumtnationem  saecufi  %  ascolterà  con  orrore  la  sacrìlega 
Beozognii.  U  Mioghotti  per  avverarlii,  ne  reca  in  provii  il  Sillabo 
d  l'infallibilità  poiitìHcia.  <  Nel  Sìllabo  infatti,  egli  dice,  tu  trovi 
ianmilate  e  sottoposte  ad  iinatema  tutto  le  proposizioni  più  ossen* 
aalì  de-gli  Statuti  moderni  e  i  diritti  più  gelosamente  custoditi 
dhi  :i[>polì.  Coir  infallibilità  del  Papa  poi  è  tolto  ogni  sostanziale 
dirìibn  ai  fedeli,  al  clero,  all'episcopato  stesso  nel  roggimento 
delU  Chiesa'.  » 

(jimnto  air  infallibilità  Pontificia,  si  compatisce  l'ignoranza 
iMlogica  dello  Scrittore.  Quella  dofìnizioue  non  potò  togliere  ai 
Ett'eli  0  al  clero  inferiore  nessun  diritto  sostanziale  e  neppure 
icidciitale  nel  reggimento  della  Chiesa,  per  la  semplice  ragione 
de  ai  fedeli  ed  al  clero  inferiore  non  compete  alcun  diritto  In 
Ul  reggimento.  Il  reggimento  della  Chiesa  appartiene  ai  soU 
Vflcovi:  apiriius  Sonclus  po-'^uif  Episcopos  ngerc  Ecdesìam 
■ki  '.  Ora  i  Vescovi  appunto  furono  quelli,  che  raccolti  io  Cou- 
alÌQ,  definirono  T infallibilità  Pontifìcia;  ed  è  credibile  che  essi 
s'intendessero  de'loro  diritti  un  po' muglio  del  nostro  Minghetti. 

K deplorabile  l'abuso,  invalso  oggidì,  che  laici,  niente  istruiti  di 
jetie  ecclesiastiche,  uc  sfringuellino  all' impazzatu. 

'   ì'^f.  ah. 

'  MiiTTUlH.  XVVIII.10. 
»  Pag.  55. 

•  Actu»  Apo9t.  ?C.  S8. 
Stri*  XlJt.  «of.  //.  ftuc.  85U  4  24  marta  ISW 


50  àsscrdità  oetiA  sePAitAnons  oklm  stato 

Qu&Qto  poi  al  Sillabo  sfidiamo  formalmente  il  signor  Uin- 
ghetti  a  mostrarci  una  sola  proposiziotiu  da  esso  condannati,  1 
la  qtiale  alla  stregua  (lolla  ragione  contenga  alcun  diritto  di 
popoli  0  sentenza  di  Statato  cbe  non  sia  un  solenne  sproposito. 
Torniamo  a  riputore  :  lo  sfidiamo  qui  tbrmalniento.  Or  se  la  Chiesa  | 
condanna  spropositi,   con  ciò  non   osteggia,   farorìsce   anzi   I&< 
scienza  e  la  società 

Tek/,0  jLRooiUHTO.  Lo  Stdto  è  incompetente  in  materia  di  reU-| 
gione.  <  Fra  le  fanziooì  essenziali  dello  Stato,  scrive  il  Uìnghcttt, 
non  vi  ò  quella  di  discemere  la  verità  dall'errore  religioso,  pro- 
pugnare la  prima  e  combattere  il  secondo...  È  incompetente  fto 
Staio)  in  materia  religiosa  '■  » 

Noi  domandiamo  se  Io  Stato  sia  da  meno  di  ciascun  uom» 
individuo;  e  se  V  uomo  individuo  sia  incumpetnnte  iu  materia 
religiosa  nel  senso  dei  libeuli,  cioè  incapace  di  discemere  la 
verità  dall'  errore.  Se  cosi  fosse  ciascun  uomo,  quanto  a  religione, 
dovrebbe  tenersi  in  un  assolato  scetticismo  e  non  professate! 
nessun  culto;  cosa  assurdissima. 

Quella  proposizione,  che  ì  liberali   sempre   mettono  innanzi 
come  un  assioma  indiscutibile,  i>  ambigua;  ha  un  senso  vero  ed 
un  senso  falso.  Lo  Stato  ò  incompetente,  rispetto  alia  religione, 
quanto  a  regolarla,  non  quanto  a  discertierla.  Posta  la  distinzioM] 
del  Sacerdozio  dall'Impero,  introdotta  da  Cristo,  lo  Stato  non  jutt 
senza  sacrilega  usurpazione  ingerirsi  di  affari  religiosi.  Ma.  come ' 
i  sìngoli  cittadini,  cosi  anche  lo  Stato  che  socialmente  li  rappre- 
senta, à  tenuto  di  aderire  alla  vera  religione,  e  conservarla  ae{ 
già  la  possiede,  e  se  n'è  privo  a  cercarla.  Gtli  strasi  doveri  che 
corrono  all'  uomo    individuo,  corrono   pruporxionevolmt'Uto    allft 
Stato;  il  quale  si  distingue  da  loro,  come  dalla  persona  fisica,  UJ 
persona  morale. 

A  reggere  ed  amministrare  la  religione  si  richieggono  rii 
denti  poteri  ;  e  questi  non  son  dati  allo  Stato.  Ma  a  discemerteì 
dalla  falsa  basta  il  lume  della  ragione,  e  questo  certamente  èi 
nello  Stato,  com*  à  nelle  persone  che  Lo  compongono.  Se  lo  Stato] 
mancasse  del  lume  della  ragiono,  non  sarebbe  abile  a  governar 

•  SUtto  e  Chieaa,  Png.  7t. 


DALLA  CHIESA  51 

aeppiird  i  gatti.  [  curutteri  poi  d^ìlla  Cliiesa  sono  cosi  chiari  ed 
tpo'tL,  che  basta  aver  occhi  ìa  fronte  per  ravvisarli.  K  nota 
l'eofotìca  sontonin  di  Riccardo  da  siin  Vittore:  Domhie^  si  fal- 
sum  est  quoii  credimuSi  a  te  decepfi  sumus;  ista  enim  itoltis  ets 
n^is  conjìrtnaia  sunt,  quae  nomiisi  a  te  fieri  pottieruni  ^ 
ÌA  sola  ostinata  e  fiera  guerra  degli  empiì  contn>  l:t  Cliie^a 
liasta  a  chiarii-Ia  r-^ra  figlia  del  cielo.  Se  ella  non  fosse  tale,  non 
à  sarebbe  ragione,  per  cui  Satana  dovesse  scagliarle  addosso  ood 
luti)  ìmpeto  i  suoi  satelliti. 

I  liberali  sono  reraiueute  piacevoli  !  Dicono  lo  Stato  incompe^ 
teste  a  conoscere  la  vera  Chiosa,  e  poi  Io  fanno  competfintissimo 
ut  entrare  nulle  sue  leggi,  ne' suoi  giu(li?.ii,  nella  sua  aiumini- 
strasione.  Ar rovesciamento  d'ogni  ordine! 

QcASTO  ABoosENTO.  1q  taoto  Sarebbe  necessaria  I'  unione,  in 
^uoL»  si  suppone  che  la  Chiesa  sia  una  vem  potesti!,  boncbè 
£  online  spirìtnale;  la  qiuile  jur  conseguenza  abbia  mestieri  di 
parsi  in  armonia  coIPaltra  civile,  per  evitare  conflitti.  Ora  questo 
è  falso.  La  Chieda  non  ha  potestà  nel  senso  proprio  della  parola. 
Se  l'aresse,  godrebbe  di  facoltà  coattiva.,  e  questa  appartitme  al 
'  "  ^tato,  «Si  parla  souipre  di  due  potestà,  l' una  temporale, 
.  ...la  spirituale;  e  da  questo  concetto,  accolto  a  priori,  si  deduce 
;utu.  una  serie  di  conseguenze  che  repugnano  al  sistema  della 
SApirazione,  0  almeno  inducono  neir  animo  forti  perplessità.  Che 
<88i  intendesi  pnr  potestà,  sovranità,  im/jcrèum?  Intendesi  pro- 
■-:ni.?nte  la  facoltà  di  fare  leggi  accompagnate  da  una  sanzione 
.  Citiva,  cioè  di  obbligare  ì  citt'tditii  a<l  osservarle  unche  colla 
ftosa...  Ora  questa  sovranità  è  la  nota  caratteristica  dello  Stato 
ed  appartiene  ad  esso  solo'.  > 

L  liberali  hanno  tanta  flducin  nella  loro  sapienza,  che  credono 
£  poter  facìlmeute  con  una  semplice  loro  sentenza  disfare  la 
à^ttrina  di  tutti  i  Dottori,  di  tutti  i  Teologi,  di  tutti  i  Giuristi,  ì 
^i&ii  Bn  qui  nei  loro  libri  han  sempre  parlato  di  una  doppia  po- 
testà, runa  Bcclesiastica,  l'altra  laicale.  Né  queste  concetto  è  stato 
anmcsfio  a  prióri^  come  dice  il  Minghetti  ;  ma  bensì  ò  stato  cavato 

'  Dt  Trimitlt,  lib.  -l,  e.  1. 
»  Stato  e  Chieaa,  Pag.  7T 


52  ASSUnDIT\   OBLLA  SEPARAZIONE   DELLO   STATO 

dal  fatto,  cioè  dall' istìtozione  dì  Cristo,  il  quale  conferì  a  san  Pietn 
le  chiavi  del  suo  regno  la  Chiusa,  o  la  facoltà  dì  sciogliere  e  d 
legare,  ossia  di  obblii^are  con  logge  i  fedeli.  Per  diciannovu  seool 
la  costante  tradizione  ha  conft^nnato  ana  tate  dottrina.  Ma  poicb 
presso  i  liberali  non  ha  forza  né  Scrittura,  né  tradizione,  né  in 
seguameuto  di  Padri  e  di  Dotte-ri;  guardino  almeno  c\ò  che  sfa 
tuttavia  avvynondo  solfe)  ì  loro  occhi.  Le  Potenw,  anche  di  prin* 
ordine,  tengono  presso  il  Pontefice  raj» presenta» ti  diplomatici,  a 
modo  stesso  onde  costumano  con  gli  Stati  laicali.  Che  segno  < 
questo?  È  segno  cho  essi  riconoscono  nel  Pontefice  una  veni  potasti 
pubblica,  un  vero  Impero,  benché  di  ordine  spirituale.  Ci  ha  an 
che  di  pia.  Gli  stessi  liberali  han  professato  un  tale  rioonosoj 
mento.  Essi  han  fatto  una  legge,  la  famosa  legge  delle  gniJ 
rentìge,  in  cui  assicurano  al  Pontefice  prerogative  sovrane.  Oi 
possono  competere  siffatte  prerogative  a  chi  non  ò  vcntmenti 
sovrano  in  qualche  senso?  Vero  è  che  i  liberali  sostengono  chi 
tali  prerogative  possono  abolirsi.  SI?  Si  attentino  a  &rlo. 

Il  Miughdtti  per  prova/e  l'asserto  suo  ricorre  alla  definizioai 
delle  sovranità,  dicendo  che  essa  è  la  facoltà  di  far  leggi  ae 
compagnata  da  una  sanzione  coercitiva.  Ma  primieramente 
dovrebbe  sapiiro  che  la  dofìniziono  sciontifica  deve  esprimere 
senza,  il  iptod  quid  est,  della  cosa  che  vuol  definirsi.  Or  la  b 
ooltà  di  far  leggi  ò  una  funzione  della  sovranità,  non  Pess&m 
L'essenza  della  sovranità  risiede  nel  diritto  di  ordinare  la  molti 
tadine  al  ben  comune.  Da  siffatto  diritto  risultano,  come  attri- 
buinonisue  proprie,  le  facoltà  di  far  leggi,  la  facoltà  dì  giudicsn 
la  facoltà  di  punirò.  Or  non  ha  la  Chiesa  il  diritto  di  ordiqv 
ruDÌversità  de'fedeli  al  conseguimento  dell' etonia  salute?  Ma 
dia  pure  per  buona  la  definizione  dui  nostro  pubblicista.  No: 
sono  accompagnate  da  sanzione  coercitiva  le  leggi  della  Chiea 
mentre  legano  la  coscienza  sotto  pena  di  eterna  dannazione?  Noi 
è  coercitiva,  per  esempio,  la  scomunica  che  separa  il  oontumaq 
dal  corpo  de'fodeli?  iS.  Paolo  parlando  della  sua  autorità  apo 
stolica  ai  Corinti  dice  :  In  promptn  lìaberites  ulcisei  omyten 
inohedimtiam  '.  Questo  utcisci  omnem  inobedìentiam,  attribuì 

•  t*  Ad  Cor.  X.  C 


DALLA   CHIESA 


53 


al  potare  spirituale,  noa  risponde  perfetUnieittc  &  quel  vindex  in 
\ram  «l  tfui  malum  agii  ',  attribuito  al  poter  tempurale? 

Si  dirà:  ma  cotesto  pene  inflitto  dalla  Chiesa,  son  pene  spi- 
rìtoalì.  RtspuDilianio:  Primieramente  non  è  maraviglia  che  un 
potere  spirituale  abbia  come  suo  proprio  attributo  l'infliggere 
pene  spirituali  ;  le  quali  non,  perchè  spirituali,  cessano  dì  esser 
peni'.  In  secondo  luogo,  la  scomunica,  da  noi  recatìi  in  esempio, 
benché  pena  spirituale,  ha  nondimeno  eSTetti  e^^iaudt»  temporali, 
ft>mu  rinabilità  a  qualsiasi  ufficio  ecclesiastico  e  l'esclasioue  da 
«gni  fomuieroio  co'fodelì.  Cum  kuiu smodi  lìec  cibum  sumereK 
iVft,*  ave  ei  dixerltìs  '.  In  terw)  luogo,  se  il  signor  Minshetti 
richiedo  (benché  senza  ragione)  come  esséiiziah  carattere  del 
[vit:re  k^^isIatÌTO,  la  forra  matorialm^'ute  presa,  dìcianiu  che 
^oesta  altresì  appartiene  alla  Chiesa,  se  non  formalmente,  al 
certo  virtuahnetiie.  ì&  Chiesa  ha  diritto  di  esigerla,  ove  occorra, 
dillo  Stato,  non  per  preghiera  o  richiesta,  ma  per  comando.  Si 
ricordino  le  parole  di  S.  Bernardo,  e  dì  Papa  Bonifazio  YUI, 
da  noi  recattì  nell'artìcolo  precedente.  Ma  il  signor  Minghelti  in 
ambio  de'  Ponteflci  e  dei  Dottor  Santi,  ama  ispirarsi  a  Scrittori 
eterodoesi;  e  così  in  appoggio  della  sua  tesi  cita  due  protestJinti,  il 
Tossio  ed  il  Bohemero  *.  Ma  iu  tal  guisa  ogli  digiterà  un  diritto 
pnbblìeo  ad  uso  degli  eterodossi,  non  de' cattolici.  Or  noi  de' cat- 
tolici ragioniamo. 

Nà  8i  obbietti  che  il  Prìncipe  potrebbe  non  obbedire  a  quel 
eomaodo  del  Pontefice;  perchè  ciò  potrebbe  accadere  anche  al 
Prìncipe  in  ordine  alle  proprie  milizie.  Queste,  ribellandosi  da 
lai,  potrebbero  non  obbedirgli.  Segue  da  ciò  che  il  Principe  non 
possegga  la  forza  armata?  Applicate  un  tal  discorso  propui'zìo- 
ndinente  al  Pontefice,  rispetto  al  Prìncipe. 


•  Ad  homatm,  \ì\ì,  i. 
»  S.  P*WN)   f  ad  Cor.  V  11. 
>  Epialola  II.  IOANNis,  10. 
*  Stato  e  CAa'cta,  ra{.  77  ìn  poU- 


I  DERELITTI 


vili, 

n.    LAVORO  E    LA   LOTTI    CO»    LA    MISEKU    E   LB    lALATTIK 

•-Id  casa  Belfioro  Uvoravasi  di  gran  lena  da  mane  a  s«m  « 
gran  parte  della  notte;  e  sino  che  v'era  lavoro,  vìvevasi  è  vero 
sottilmente,  per  essoro  lo  fatìchL^  dolio  donni)  mal  rimniiorate, 
ma  par  si  viveva,  e  col  sopravanzo  potevaaì  pagare  la  riccbesn 
mobile  e  la  pigione  di  casa.  Ma  il  guaio  era  quando  il  lavon 
mancava,  ovvero  snaturati  avventori  diffalcavano  o  differiano  la 
dovuta  mercede  alla  vedova  e  allo  soe  figlinole.  Allora  le  tapine 
troviwuiisi  in  si  crudeli  distrette,  che  non  vedovano  ver60  di 
uscirne.  Un  di  fra  gli  altri  Emma  e  la  Marìuccina  prosentutoai 
a  ana  ricca  Dama,  per  riscuotere  il  prezzo  dì  un  vistoso  abito 
di  seta,  furono  con  mal  piglio  da  quella  accolte  e  su  duo  pift 
accomiatate,  sotto  pretesto  che  l'economo  non  era  in  casa.  Torna- 
rono indi  a  tre  dì;  ma  non  furono  da  lei  ricevute;  perche  sa 
quell'ora  la  Dama  ritiratasi  nei  suo  gabinetto  di  lettura,  nim 
dava  udienza  a  veruno.  Il  bisogno  le  spinse  a  tornarvi  ancora 
per  ben  tre  volte,  e  sempre  invano;  che  una  fiata  ella  era  in 
vìsite,  un'altra  in  villa  e  la  terza  a  zonzo  per  le  Capitali  d'Bu- 
lepa.  Ah  cmdelaccia!  ah  ciurmiitrìcel  Non  sì  recava  a  coscieusa, 
né  arrossiva  di  portare  in  mostra  nelle  sue  sfarzose  vestì  i  sa- 
dorì  e  le  lagrime  di  povero  operaie  defraudate  della  loro  mer- 
cede!... ' 
Immagini  ognuno  lo  sgomento  e  la  pena  dolla  povera  fami- 
glia Belfiore;  la  quale  non  aveva  altro  me?^^  di  sussistenza 
che  11  lavoro  dello  sue  mani,  e  faceva  assegnamento  sa  quel 
guadagno  per  isdebitarsi  col  venditore  delta  stoffa  di  seta,  e  ti- 


I  dchklitti  •  rm.  it  lavoro  e  la  lotta  co.»  la  MisERtA  e  t.e  malattie  55 
rare  inaaniii  per  qualche  settimatia  I»  sua  travagliosa  viU!  Nà 
^oesta  fu  l'unica  volta  ch'ella  si  vedesse  cos'i  bruttametite  acor- 
iKchlata;  che  più  altre  fiate  le  incontrò  Io  Btesse;  o  alla  men 
trista  Tidesi  costretta  a  pazieolaro  lunga  pezza  per  avere  il  suo; 
il  che  fio!  di  darle  il  tniceUo. 

Se  celesta  razzaccia  di  avventori,  rei  di  tanta  immaniUi  e  in* 
giustizia,  veder  potessero  Io  bigriiue  che  fanno  versare  al  mi- 
sero operaio,  quando  la  sera  non  può  recare  il  pane  alla  digiuna 
&mìgliuola;  se  contemplar  potessero  la  desolazione  e  il  pianto 
di  una  madre,  che  non  sa  come  sfamare  i  suoi  figliuoletti  ;  se 
udir  potessero  le  grida  di  questi,  che'  spunti  e  affilati  per  U 
^e  cLieggoale  na  tozzo  di  paoe:  per  quanto  avessero  un  cuore 
di  selce  in  petto,  se  Io  sentirebbero,  ered'  io,  spetrare  dalla 
pietà-  Sia  essi  iuebbriati  di  piaceri,  e  con  sempre  sugli  occhi 
Io  spetlooulo  del  bel  mondo  lussureggiante  nell'abbondanza  e 
nel  fasto,  ueppur  sanuo  immagiuare  le  scene  strazianti,  che  per 
loro  colpa  succedono  entro  le  affumicate  pareti  di  un  abituro. 

Le  loro  sfoggiate  masserizie,  Le  sontuose  vesti  e  gli  sfarzosi 
«bbigliaiuenti,  dod  pagati  a  tempo  e  a  dovere,  sudano  sangue 
e  lagrìme;  e  sodo  le  lagrime  e  il  siingue  del  povero,  che  gri- 
danu  al  cielo  vendetta.  Dio  le  conta,  Dio  le  nota,  e  guai  a  ohi 
le  fa  versare! 

La  famiglia  Belfiore  mal  rimuoerata  delle  sue  fatiche,  ebbe 
a  lottare  con  tutti  gli  orrori  della  miseria.  Elia  reggeva  si  sot- 
tilmente la  TÌta,  che  poco  più  era  morte.  Al  mattino  lo  sdigiuno 
er»  a  solo  pane,  e  questo,  duro  e  inferigno;  e  tutto  U  desinare, 
pane  e  polenta  con  sugo  di  pomidoro.  Solamente  nelle  feste  con- 
solava il  povero  desco  un  po' di  brodo  lungo  con  un  lucchetto 
di  carne,  e  un  virierelto  annacquato  o  piuttosto  acqua  vinata. 

Malgrado  il  rigore  della  stagione,  non  acceudevasi  fuoco  in 
che  pel  desinare-,  e  tutti  correvano  a  scaldarsi  intorno  al 
fornello  della  cucina,  la  notte  non  illuminavano  il  salottino  da 
broro  che  due  candele  steariche;  alla  luce  delle  quali  le  donne 
agucchiavano,  e  Pierino  studiava  la  sua  lezione.  Nà  era  mai  che 
quelle  togliesscro  le  mani  dal  lavoro,  se  non  a  tardissim'ora 
quaudo  sentivansi  st^pralTatte  dalla  stauchezza  e  dal  sonno. 


56 


I  DCKBtirn 


Solo  allora  gittaransi  &  sdraio  sovra  na  misero  letticcii 
ovp  penavano  gran  pezaa  ad  assaggiare  an  po' di  sonno;  perei 
coperte  appona  da  udii,  semplice  coltre,  che  mal  le  schermia  dal , 
freddo. 

Che  contrasto  tra  qaesto  genere  di  vita  e  quello  che  menabò] 
ftierano  oe' giorni  della  prosperità  e  dell'abbondanza!  E  a  pen-' 
Bare  che  a  tanta  estremità  aveale  ridotte  l'istesso  padre,  il  quale 
per  legge  di  natura  dovea  provvedere  al  loro  avvenire!  Orribile 
a  dirsi,  ma  pnr  vero!  Oggi  più  non  si  contano,  tanti  essi  sono, 
i  padri  dì  famiglia  che  afTamano  moglie  e  figliuoli  per  \ah-\ 
mare  lo  proprie  passioni! 

Ad  aggravare  la  miserub  della  famìglia  Bulfmre  all'estrema; 
peuDrìad'ogni  cosa  t-enne  dietro,  come  naturai  consegneny.a,  l'in- 
fermità.  La  prima  ad  esseme  colpita  fu  la  Mariuccìna,  vittiiu] 
di  un  lavoro  superiore  alle  suo  forze;  la  quale  fin  dai  primi' 
tocchi  del  male  per  non  riuscire  di  poso  alla  casa,  chiese  csx 
istanti  di  venire  trasportata  all'ospedale.  Alla  Marchesa  però 
non  pativa  il  cuore  di  abbandonare  alle  curu  altrui  una  vita  sì 
preziosa,  su  cui  avrebbe  voluto  ella  stessa  invigilare. 

Se  non  che  pressata  dalle  tìto  istan?^  dell'inferma  e  del- 
l'istesso  medico,  acconciossi,  mal  suo  grado,  al  loro  volere;  ftj 
fatta  venire  una  lettiga,  adagiowi  dentro  la  Mariuccioa,  e 
compagnoUa  insieme  con  Kmma  allo  spedale;  dove  trattenutasi' 
alquanto  coir  inferma,  sul  punto  dì  separarsene,  abbraccìolla  più, 
volte  lagrimundo,  e  premisele  cho  sarebbe  venuta  di  frequente 
a  visitarla.  Emma  poi,  che  Tamara  come  sorella,  potòappenij 
con  voce  rotta  dal  pianto  dirle  —  addio. 

Le  disgrazie,  dice  il  proverbio,  non  vengono  mai  sole.  Noni 
istette  guari  cho  cidde  ammalata  anche  la  Mima;  a  cui  per 
una  forte  infreddatura,  cagionatale  dai  brivìdori  end*  era  assa-l 
lita  nelle  luughe  ore  del  notturno  lavoro,  entroUe  nell'ossa  ami 
febbrjciattula  ostinata,  che  tennela  inchiodata  per  ben  due  set-^ 
timane  a  letto,  lasciandola  in  seguito  assai  svigorita. 

Pierino  auch'egli  affilavasi  ogni  dì  più  e  impallìdia:  parea' 
un  fiore  aduggiato  dalla  brina  in  sul  primo  sbucciare. 

Emma  era  stremata  di  forze  per  lo  scarso  nutrimento  e  la 


Tm.  a  LAVORO  B  LA  LOTTA  CON  LA  HISGItlA  K  LE  XALAITIE  57 

ktìca:  e  tutUvia  liiagi  dal  rendersi  a  cura  di  iimdìco,  per  amore 
eLU  f&miglia  dimeaticara  sé  stessa. 
La  poTem  madre  mal  reg^entesì  in  pie,  tant'era  affranta 
alia  miseria  e  dall'ambascia,  raddoppiala  di  zelo  e  d'ardore 
«r  oocorrore  olle  crescenti  necessità;  ootakhè  il  suo  TÌrere  e 
oeltu  della  famiglia  non  era  ornai  più  che  una  lotta  suprema 
disperata  colla  morte.  Ila  di  la  Marchtìsa  leratasì,  comò  solea 
baoD  mattino,  dopo  aver  passata  una  notte  iosonne,  nel  met- 
m&no  a' suoi  laTorietti,  seutissi  a  un  tmtto  annebbiare  la 
Uta,  vacillare  le  ginocchia,  e  smarriti  gli  spiriti,  stramax/.0  a 
un.  Accorsero  le  figlìiiole  atterrite;  e  levatala  sulle  loro  brac- 
adagiaronla  in  letto.  Emma  spruzzolkk  d'acqua  fredda  in 
;  e  la  madre  rìnrenne,  apri  gli  occhi,  mandò  un  sospiro,  e 
olle  alzarsi;  ma  sopralfatta  da  un  accesso  di  febbre  g^liarda, 
jffiincìò  a  dibattersi,  a  tremare,  a  crocchiare  i  denti,  e  ricadde 
upina. 

Emma  corse  pel  medico;  il  quale  udito  il  grave  accidente, 
ffrettossi  a  visitare  T inferma;  e  a  forza  di  chinino  levoUe  di 
M30  la  febbre.  Tattavolta  eli*  era  sì  prostrata  dal  male,  che  non 
Dtea  lasciare  il  Ietto.  Le  figlie  intanto  pt;r  accudire  alla  madre 
ifenoa  a  al  bimbo,  e  perdio  aontìansi  anch'  esse  dal  tanto  fa- 
care  o  patire,  che  avean  fatto,  smunte  le  forze,  non  potuaoo 
landaro  innanzi  ì  lavori.  Ondo  venuta  meno  quest'unica  risorsa, 
TÌdttru  ridotte  a  tanta  estremità,  che  più  non  si  accenderà 
in  casa,  né  vi  avea  per  isdigianarsi  se  non  del  pane  in- 
dgno  e  sempre  a  scarsa  misura.  La  madre  pii^  sensibile  ai 
itìnenU  de'Hgliuoli,  che  ai  proprii,  venta  consumandosi  sai 
letto  di  tristezza.  Mandò  impegnare  al  monte  di  pietà  al- 
ano robicciuole;  e  non  perdonò  neppure  all'anello  numle 
a  do«  quadri,  che  si  teaoa  carissimi;  perch'erano  il  ritratto 
l'gdoìtori  sQoi.  Ma  ben  presto  veanole  meno  anclie  questa 
;  ed  eccola  di  nuovo  colla  sua  famiglia  in  braccio  a  tutti 
orrori  della  fame.  1  figUuoU  le  circondano  il  Ietto  pallidi, 
■iKÌlenti,  stremati  dal  digiuno  ;  e  la  Mima  e  Pierino  talora 
Bngeudo,  esclamano:  —  Mamma  un  pane,  per  pìeti  un  pane. 

f 


58 


1  DEnELim 


Ija  povera   madro  odo  que'  prìoghi,  vede  quel   pianto,  som 
scoppiare  il  cuore  di  doglia,  e  dod  ha  un  pano  da  sfamarli. 

Preso  allora  consiglio  dalla  nocessità,  appigliasi  a  qndiranic 
partito  che  le  rìraane,  e  da  cai  tanto  per  lo  innanzi  abborc 
Amto  a  sé  Pierino,  che  per  la  tenerella  età  e  le  care  manierìi 
pareale  tutt' acconcio  a  muovere  l'aUraì  cuore  a  compassione, 
dico:  —  Figlio  mio,  tu  ben  vedi  che  qui  ci  moriamo  di  f» 
Ta  dunque  a  chiedere  mercé  per  amore  dì  Dio. 

Più  dir  rolea,  ma  il  pianto  soffucolle  la  voce.  Pierino  a  ques 
comando  sentissi  salire  il  fuo^  alla  faccia,  e  inumidire  gli  occl 
tuttavìa  fattosi  cuore:  —  Non  piangere,  le  risposa;,  mamma  mi 
eh'  io  vo  tosto  a  chiedere  V  elemosina  ;  e  cacciatosi  in  capo  il  si 
berretto,  partì  come  lampo. 


rx. 

VK   po' DI    ELEHOSINi   PER   ASORE    DI   DIO 


Chi  può  ridire  la  lotta  ch'ebbe  a  sostenere  con  so  stoBSoj 
povero  Pierino,  nato  di  nobilissimo  lignaggio,  e  cresciuto  tra 
agi  e  le  morbidezze  di  una  ricca  casa?  Kgli  accostasi  a 
Signore  che   pussavaglì  dappresso,  e  col  volto   inriammato 
vergogna  o  con  voce  tremante  gli  dice:  —  Signoro,  uu  po*| 
limosina  per  amoro  di  Dio!  —  Ala  quegli  tira  di  lungo  set 
rispondergli.  Quest'atto  disdegnoso  cavò  al  misero  orfanello 
lacrime  dagli  occhi.  Indi  a  poco  passa  nn  ricco  borghese-, 
rìno  gli  si  fa  innanzi,  e  rinnova  la  sua  preghiera:  —  Un  po*| 
limosina  per  amore  di  Dio:  —  £  quegli  senza  neppure  deg[ 
di  un'occhiata,  e  crollando  la  testa,  rispondeglì  bru:ìcaD 
—  lo  non  fo  limosina  agli  accattoni. 

Queste  ripnlsi;  sconfortan)nIo  par  guisa,  ch'egli  avrebbe 
tosto  rincasare;  ma  il  pensiero  della  madre  inferma  e  delle 
relle  affamato  gì* infondono  coraggio  st  ch'egli  non  si  rii 
dallo  stendere  or  all'uno  ora  all'altro  de' passeggeri  la 
SenoQchè  il  tapinollo  non  sa  domandare;  molto  meno  sa  imi 


U.   l'N   po'  di    ELl^HOSIKA   PKR    AUORE  DI  DIO  50 

tauare.  Toma  dnn'jtm  a  casa,  a  eapo  chino,  culle  mani  Tuote  e 
gli  occhi  pi^ni  iVì  lagrime. 
Accorrono  ansiose  le  sorelle:  —  Ebbene  Pierino  che  ci  porti  ? 
D  silenzio  e  il  pianto  sono  Tuaìca  risposta.  La  madre  senza 
oeppure  interrogarlo,  intende  Teloquea/^a  di  quel  pianto,  trae 
m  gran  sospiro,  riguarda  muta  i  fìgliuoli,  che  famelici  aspet- 
tano ancora  mi  pane;  e  dimonticrbudo  so  stessa  o  la  sua  iiifer- 
■iti,  b«lza  di  letto,  restesi  in  fretta,  e  vaol  uscire.  Emma  tì 
fì  npjwne  e  fa  ogni  sfori»  per  dissuadernola,  temendo  che  il 
Itilo  rincappellì,  e  le  si  appicchi  miovaiuente  addosso  la  feb- 
bre, ila  la  madre  non  ascolta  né  ragioni,  né  preghi;  esce,  e 
n  a  picchiare  alla  porta  di  nna  ricci  Dama,  alla  quale  aveva 
fit  fntto  un  tempo  di  molte  amorevolezKe  e  favori.  Ahimè  la 
Isnefìcata  era  donna  in  tutto  mondana,  ni  avea  scintilla  di 
carità  in  cuore;  chà  il  disordinato  amore  di  sé  slessii  soffocava 
io  l>^i  ogni  più  nobile  e  santo  affetto!  E  però  quando  il  portiere 
lanunciolle  la  Marchesa  Cecilia,  rabbuiossi  tutta  in  volto;  e 
avvisando  il  motivo  di  quella  venuta,  mandolle  dire:  —  Incre- 
nerle  assai  di  non  potoria  ricerere  i  perchè  era  quel  di  trava- 
g&tA  da  un  forte  mal  di  capo. 

La  i>overa  Cecilia  all'udire  dal  portiera  questa  risposta,    si 
A?  di  fiamma  in  viso,  e  se  ne  uscì  coi  cuoro  amaruggiato  da  quel 
|Ua^u  per  battere  alla  porta  di  un*aUra  magione,  ove  ditno- 
aaa  gentildonna  di  sua  conoscenza.  Questa  cortesemente 
'■coolse  iu  una  splendida  sala  messa  a  stucchi  domtl  e  a  tap- 
iBtzerie  di  un  rasetto  finissimo  color  aranciato,  con  intorno  alle 
"luiulri  e  specchiere  incorniciate  di  vaghissimi    intagli» 
e  dorature  ;  e  sottovì  seggioloni  felpati  di  un  verde  nio- 
-ì  sofò  vellutati  di  rosso  con  origlieri  e  piumini  a  sovrap- 
d' oro  e  di  seta.  Nel  mezxo  vi  tondeggiava  una  gran  tavola 
Kaechiore  coi  quadrelli  di  malachite,  di  lapislazzuli,  dì  aga^, 
altri  marmi  e  pietre  preziose;  e  sopravi  vasi  di  fiori,  sta- 
di marmo  di  Carrara,  panierini  di  frutta  marmoreo  fog- 
6  fiolorìte  al  vero,  gra/Jose  conchiglie,  vagluBsimi  colibrì 
liatt  t  colle  alette  spiegate,  astucci  a  foggia  di  libretto, 


60 


IKHKLITTl 


impiallacciati  di  tnadreporU  e  filettati  d'oro,  e  mille  altri  nimudij 
e  gingilli. 

Tanto  lusso  e  splendore  faceva  an  terribile  contrasto  colt&l 
squaltidez/a  del  povero  e  nudo  abituro,  donde  la  Cecilia  Tenira;] 
e  richiamandole  a  memoria  ì  giorni  dell' antica  opuleD7,a,  fìiCd&U 
sentire  più  acerba  e  dolorosa  la  sua  presente  misurìa. 

Dopo  i  primi  convenevoli,  mentre  la  visitatrice  accingevasi  atfl 
esporre  alla  Signora  di  casa  il  misero  stati)  in  cui  era  caduta,^ 
questa  mor.zollo  le  parole  in  bocca;  e  come  sentiasi  un  gran  pia- 
zicorc  alla  lìngua,  dio  la  stura  alla  sua  p;irUntiiia,  e  fé' Ut 
grand*  afTolIata  di  ciance,  taccolando  della  moda,  del  teatro,  de 
politica,  di  mille  cose  a  un  tempo,  sen?^  rifiatare  un  istante. 
che  la  povera  Cecilia  sentiasi  i  sudoretti  addosso,  e  aspettai 
con  eroica  piuienza  che  spiovesse,  per  potere,  colto  il  dest 
avviare  il  ragionamento  a  quello  ch'essa  volea.  Ma  la  gentiU 
donna,  o  fosso  per  un  potdnto  bisogno  di  mantenere  ìn  esercii 
lo  scilinguagnolo,  o  piiì  vero,  per  furare  le  mosse  a  chi  veait 
a  dimandarle  soccorso,  non  le  die  mai  agio  di  parlare.  Per  k 
che  la  malcapitata  Marchesa  stanca  e  sfiduciata  levossi,  diman- 
dolle  mille  scuse  di  averla  importunata,  e  tolse  da  lei  commiato.] 
Di  là  fii  a  casa  di  un'altra  sua  conoscente  ed  amica:  temi 
perduto!  La  buona  amica  fé'  dirle  dalla  fantesca  che  la  ps 
non  era  in  casa.  La  povera  Cecilia  conobbe  a  prova  cho  bi( 
le  amicizie  del  mondo;  a  quanto  sia  vero  quol  grazioso  detto 
un  poeta:  <  Tempore  felici,  multi  numerantur  amici  :  Si  fa 
tutta  perii,  nulltts  amictit  erit.  » 

Gli  amici  del  mondo  ìn  fatti  non  amano  l' amiro  per  Tat 
ma  sé  Bteasi  in  quello.  Sono  amici  c(.>me  V  ape  del  fiore  e  Tauf 
della  pianta.  Finchò  ride  primavera,  e  ogni  pianta  si  rir^ 
infiorasi  ogni  prato.  Tape  adescata  dal  guadagno,  vola  ^ 
per  suggerne  il  nettare  più  soave,  e  l'angelhi  allettato  dal 
cere  alla  pianta,  per  nidificarvi  e  trastullarsi  tra'snoì  rami, 
aspettate  che  sopniggiungii,  il  verno,  che  le  piante  si  schioi 
e  dislìorinsi  i  prati,  e  allora  vedrete  come  l'ape  e  l'augello 
deranno  tosto  il  volo,  e  abbandoneranno  alla  vernata  chi 
bravano  tanto  amare  alla  primavera.  R  tale  ò  appunto  il 


PO   or   ELEMOSINA   PETI  AMORB  DI   DIO 


fìl 


amici  mondaQi.  Infino  a  tanto  che  a  voi  sorrido  primavera, 

dirdf  che  roi  siete  in  sul  fiorirò  ds^U  anni,  della  btìlle7.za  e 
prosperità,  tì  sono  sompro  d' altoroo,  vezz'ggianTi,  e  tì 
iscoDO  0  corttig^iuQo  si  che  paiono  spasimare  &  sdilinquire 
jì.  Ma  non  sì  tosto  vi  coglie  il  verno  di  un'infermità  che 
Iggia  e  dislìors,  o  dolla  sventura  che  vi  ariiniìsorìsce,  essi 
nano  incontanente  le  ali,  o  fuggonsone,  quanto  pili  possono, 
;  lontani.  Quti.st'abbandyno  è  cosa  d'ogni  giorno;  nò  v'è 
le  al  mondo  che  non  ne  abbia  più  o  meno  assaggiata  Tania- 

e  imparato  a  sue  spese  a  conoscore  la  vaaitìk  delle  umane 
ne. 

doretìtta  vedova  bruciando  di  vergogna  per  tante  ripulse 
Bpre  trapanato  d'acuta  doglia  rincasò  sfinita  di  forze,  e 
j^BOBSÌ  aopra  una  seggiola  oA  volto  chiuso  tra  le  mani,  in 
^B  angosciosi  e  stra-^iiinti  pensieri. 
^plÌTalft  ridoa  di  troncarsi  una  vita  peggiore  della  morte; 
ni  riteneva  l'amor  de'  figliunli  o  il  timor  santo  dì  Pio;  ed 
•ss&v&le  per  l'animo  un  fugace  pensiero  di  sacrificare  ciò 
Uè  aowr  più  caro  della  vita,  l'onoro;  ma  l'orrore  della  colpa 
Dore  dell'onestà  faceanla  a  quest'idea  tutta  riscuotere,  tre- 

e  abbrividìre.  Povero  cuore  così  atrocemente  straziato  e 
In  branil  ìa  Cecilia  non  era  più  che  un'ombra  dì  sé  stesaa: 
ehi  incavernati  entro  a  due  livide  occhiaie,  melanconico  il 
rdo,  le  guance  smorte  e  affossate,  i  capelli  innanzi  tempo 

tlo  labbra  scolorite,  e  spento  in  esse  il  sorriso.  Sotto  il 
n'ambascia  che  serravale  il  cuore,  sentissi  venir  meno 
I  e  riaccendersi  più  gagliarda  la  febbre;  onde  non  reg- 
■  più  in  pie,  gittoss)  sul  letto,  e  avuta  a  so  Kmma. 
Figlia  mia,  le  disse  con  languida  voce,  io  mi  sento  morire. 
poeo  tua  madre  nou  sarà  più!... 

ima  die  in  uno  scoppio  di  pianto  —  Non  piangere  figlia 
Per  me,  come  vedi,  it  finir  di  vivere,  nttn  sarà  che  im  finir 
orini.  Ma  i  figli,  oh  Dio,  1  figli  miei  eh*  io  lascio  in  tanta 
da,  ecco  la  spina  che  mi  trafigge  l'anima!...  SI  dicendo,  il 
HoRbcoUe  la  voce.  Dopo  alcuni  momenti  di  silenzio,  rì- 
^inghio^zando.  —  In  ine^z/)  a  tanta  ambascia  un  solo  pen- 


62 


1  biRKLirn 


siero  mi  conforta,  ed  è,  eh'  io  lascio  in  to  una.  seconda  madl 
non  mouo  tenera  di  mo  per  h  fatuigliii,  u  coi  vantaggio  di 
teria  aiittaro  meglio  di  me,  clie  in  questo  stato  esserle  ne 
potrei  so  non  di  aggravio.  Tu  dunque  sii  più  cho  sorella,  madi 
a' tuoi  fratellini  e  alla  Mima;  e  se  il  Signore  si  compiacere 
fondere  la  sanità  e  le  for/.o  alla  Mariuccina,  ella  dividerà 
il  peso  delle  fatiche  e  delle  cure  materne.  Io  intanto  mi  dispone 
a  ben  morire;  e  tu  va  tosto  pel  mio  confessore,  perché  i'oj 
mia  si  appressa. 

Mentre  la  Marchesa  facea,  direm  così,  il  suo  testamento,' 
Mimii  e  Ficrinu,  che  oransi  per  volere  di  lei  ritirati  nella 
sima  stan:ta,  indovinando  purtroppo   dai   singulti  della 
quello  che  la  madre  allora  diceate,  levarono  altissimo  pis 
Emma  con  gli  occhi  gonfi  di  lacrime,  lasciata  l'inferma  alle  ca( 
della  Mima,  alfr«ttos3Ì  ad  uscirò  e  fu  prima  pel  confessore  e 
poi  pel  medico;  ì  quali  non  istettero  guari  a  venire. 

L'inferma  acconciossi  dell'anima  con  Dio,  e  rincorata 
parole  del  buon  sacerdote  che  udilla  di  confessione,  abbandono 
interamente  nelle  mani  della  Provvidenza.  Questi  non  si 
ancora  da  lei  dipartito,  cho  sopravvenne  il  Modico;  il  quale 
la  diagnosi  del  male,  concbiuse  che  lo  stato  dell'inferma  peri 
ricaduta  era  pericoloso,  ma  non  disperato;  e  prescrisse  gli  0| 
tuni  rimedii.  l'oscia  ch'egli  o  il  confessore  si  furono 
tati,  Kinma  tolta  in  mano  la  ricetta,  entrò  nella  sua  st 
deposela  a  pie  dì  una  devota  imagine  della  Vergine,  dioel 
—  Voi  sapete,  o  Madre  mia,  eh'  io  non  ho  danaro  per  coi 
queste  medicine.  Or  tocca  a  voi  il  provvedermi.  E  che?  Voi 
voi  ch'io  ini  vedessi  morire  sugli  occhi  miei  la  povera  Ms 
mia  senza  soccorreria?  Ah  non  ò  possibile,  non  è  possibikv^^ 
pianse.  Maria  non  fu  sorda  alla  voce  di   quel  pianto;  e  U^^j 
mandolto  dal  cielo  una  di  quello  felici  ispirazioni,  che  80Q( 
un  raggio  di  luce  tra  le  tenebre  del  dolore.  Emma  subito 
colse,  balfìni'i  di  un  sorriso,  ringraziò  la  Vergine,  ed  usci 
lesamente  di  casa. 

E  qual  era  cotest' ispirazione  del  cielo,  a  cui  la  pietos.i  dai 
zolla  allom  ubbidiva,  e  con  tanta  prontezza,  che  tra  il  soni 


n.  TW  T>0'l)t   EIKHOSIKA   PER   AMORB   01   DIO  G^ 

uscdre  ÌD  CQore  e  metterla  ad  eEfetto  noD  ri  corse  tempo  ìa 
Qezzu  ? 

Era  nno  di  que'peuosi  s&crifl:!ii  che  non  s»  Imporsi  se  non 
n*  anima  pia,  generosa,  eroicatuente  cristiana. 


X. 

RKOlSaO   DKILA  FIBT^   FILULE 

Emma  avriossì   atta  botte^  di  un   parrucchiere,  che  facoa 

le  incotta  dì  capii^liaturt),   ondo   cryscoro  il  volume  delle 

l*}  alli^  giovani  signore  e  ripararne  le  perdite  alle  attempate, 

gli  anni  spogliano  senza  pietà  di  sì  leggiadro  nrnamimto. 

Il  parrucchiere  ìaHù  in  opera  di   ben  disciplinare  il  ^az- 

dì  un  giorauotto  in   sulla  ventina,  non  p<:>3e  mente  alla 

slla  che  io  quel  momento  entrava  nulla  sua  bottega.  Emma 

occhi  bassi  e  nna  fiamma  in  vis»  se  gU  fé*  dappresso  e  bisbi- 

jli  con  voce  tremante  all'orecchio.  —  Vorreste  comprare  i 

capelli?' 

Airìaaspettata  proposta  il  parrucchiere  giiatolla  maravigliato 
volto,  e  disse  tra  sé.  —  Costei  mi  ha  aria  di  gentildonna 
&  vezzosa  tanto  !  Sarebbe  dunque  venuta  a  tanta  estremità 
dovere  mercanteggiare  per  vivere  queir  impareggiabile  ma- 
di  fili  d'oro?  IC  potendo  in  lui  pìCl  Tamore  del  guadagno 
^Ja  oftmpassione,  accetta  di  gnin  cuore  ta  proposta  nella  spe- 
di Éare  un  buon  affaruccio,  e  risposale.  —  Damigella  un 
ite,  e  sono  a'snoi  comandi.  E  intanto  affrettò  l'acconciatura 
testa  del  giovane;  il  quale  udito  quel  pissi  pisai  tra  la  per- 
sopravrennta  e  il  parrucchiere,  frugato  dalla  curiosità,  sì 
in  dietro;  e  fo'lo  maraviglie  al  contemplare  quella  graziosa 
'Ila,  a  cui  una  splendida  chioma  d'oro  incorniciava  una 
di  neve  e  davu  risalto  al  vivo  ni  bore  di  che  la  vergogna 

tatto  Doo  (Ttur)  JHtimile  Tu.  tnolU  anni  sobo,  narralo  dal  it.  P.  franco, 
"ntt  ci  tenne  a  noliiia  noi  copppfc  che  racemmo  coll'occhio  nni  mccolw 
ilìlkanti  compliau  1I.1I  It.  D.  Z»:<:aria  ;  il  i|inl«>  lo  trasse  dai  Itìcìt*  cot*- 
la  par  Raoul  oc  ?Ìrvpit  —L'Auttl  <t  U  Fotfer.  — 


[ 


64 


I  ncRBLim 


spargevalft  le  giiaoM.  Ma  qoando  i  suoi  sgaardi  incontraronsi  ii 
quelle  due  pupille  brillanti  in  campo  azzurro,  ei  le  vide  baleni 
e  sparir  come  lampo.  Dappoicbò  Emma  al  vedersi  guatar  flì 
tutta  vergognosa  a  sé  raccolse  gli  sguardi  e  oonfìccolti  in  tari 
Il  parrucchiere  intanto  fornita  intorno  al  giovane  l'opera  si 
volgasi  alla  damigella,  la  quale  area  già  disgroppata  e  Bcìoll 
la  sua  bionda  treccia,  palpale  i  capelli,  glieli  pesa  colla  man< 
e  con  aria  Trodda  e  indifferente,  come  uomo  ausato  a  simili  coi 
tratti  : 

—  Questa  chioma,  le  dice,  non   vale  più  di   venti  lire, 
contenta  signorina?  Kmma  senza  rispondergli,  gittasi  sovra 
seggiolone,  o  l'offre  al   taglio  del   pur ruc Ghiere.  TuttavoUa 
aspra  ò  la  lotta   interna  che  mettete  in  iscompiglio  il  cuoi 
e  cosi  penoso  è  per  lei  cotesto  sacrifizio,  che  mal  suo  gradfl 
spuntante  sugli  occhi  le  lagrime.  U  parrucchiere  mett-e  mano  atte 
forfìci,  solleva  uua  ciocca  di  capelli;  e  mentre  Ò  sul  punto 
reciderli,  il  giovane  cavaliere  agguantagli  il  braccio,  gridando 
Ferma;  io  non  patirò  mai  cotesta  profanazione.  Poi  volto 
damigella:  —  Signorina,  le  dice,  conservate  le  vostre  trecce  d'or 
e  consentite  ch'io  vi  doni  la  tenue  somma  di  cui  abbisognai 
£  s\  dicendo,  le  offre  venti  lire,  che  Emma  dopo  un  moment 
di  esitazione,  accetta  con  viva  riconoscenza  ;  e  ringraziato  il 
benefattore,  va  tosto  per  lo  medicine  e  pel  pano,  o  poi  tori 
di  buon  passo  a  casa.  Il  giovano  tennele  dietro  da  lungi,  e 
dntala  ontrare  ia  quel  misero  abituro,  richiese  di  lei  ad 
sua  vicina;  e  seppe  della  nobile  prosapia  della  donzella,  e 
venuta  fosso  in  tanta  miseria,  che  non  avea  neppure  con  ci 
pagare  i  medicamenti  per  la  madre  inferma,  né  di  che  sfamai 
elk  e  la  famiglia  se  non  con  un  poMi  pane  e  di  poleuta. 
che  il  giovane  impietosito  e  in  pari  tempo  animiratissimo 
l'atto  eroico,  di  cui  era  stato  testimone,  fermò  seco 
venire  iu  aiuto  della  povera  damigella:  e  poscia,  a  Dio  pi« 
di  darle  ancora  la  mano  di  sposo  ;  tanto  era  l'amore  che  ave 
acceso  in  petto  più  che  V  avvenenza  della  persona,  l'eroi! 
della  virtfi  di  lei!  Emma  come  fu  giunta  a  casa  colle  mediai 
e  col  pane,  ebbe  i  rallegramenti  della  sorella  o  del  fratello, 


X.   EHOtSUO   DKLLA    PIETÀ   FIUALR  Gt 

Il  madre  niiiravigliata  le  disse  ;  —  Come  mai  in  poco  più  di 
mtj£z*ura  hai  pobito  avore  Unto  ben  di  Dio? 

—  Mamma  mia,  ho  avuto  ricorso  anxitultu  alla  Vergine  be- 
Dedctta;  ed  Klla  mi  ha  inaTidato  tosto  un  angelo  consotatoro 
iiìÌA  srentura;  il  quale  non  appena  ebbe  udito  da  me  il  tuo 
ToiseFo  stato  e  quello  doUa  famiglia,  mosso  a  pietà,  dìenimi 
reati  lire.  Cinque  ne  ho  speso  pei  riroodii  e  pel  pane,  e  le 
ultro  quindici  lianuo  da  sorviro  pur  te,  mamma  mia,  hai  inteso?... 
per  te  sola!...  e  sì  dicendo,  bacioUa  teneramente  in  fronte. 

—  Emma  miI^  ti  rÌngra/.io:  ma  non  pcnsaro  a  me,  pensa  alla 
hmìglia  che  mi  cale  assai  piU  di  questa  mia  miserabilissima 
Tita  ornai  presso  a  finirò. 

Emma  non  le  risposo,  asciugossi  col  dosso  della  mano  una 
lagrima,  e  uscì  di  nuovo  per  comprare  un  po' di  vino  generoso 
da  rinfrancare  le  forze  alla  madre,  sfebbrata  che  fusse. 

Il  dì  seguente  ecco  giungere  alla  Marchesa  un»  lettera  ano- 
rùioa  con  dentrori  un  biglietto  di  dneounte  lire.  La  lettera 
(licea  e  Pregiatissimi^  Signora  —  Mi  perdoni  la  liberta  che  mi 
prendo  di  mandarle  questo  tenue  omaggio  ch'io  debbo  all'eroica 
Tìrtù  di  sua  figlia  e  all'onorata  porertà  di  sua  famiglia.  Spero 
che  qnesta  offerta  non  sarà  T  ultima;  e  sol  mi  duole  alVauima 
di  Don  potere  disporro  del  mio,  perchò  ancor  minorenne;  altri- 
meuti  di  ben  diversa  guisa  e  pii*)  degna  vorrei  addimi^strarle 
tutUi  la  pietà  che  m'ispira  la  sua  sventura  e  l'ammirazione  in 
che  mi  ha  rapito  Teroismo  dell'angelica  sua  figliuola.  —  Un 
Momiratore.  > 

Lft  Marchesa  al  leggere  queste  liueo  e  al  ricevere  questo  nuovo 
e  inupett^Lto  soccorso,  esalò  un  largo  sospiro  di  soddisfazione, 
ringraziando  afTettuosamente  la  Provvidenza,  di  Dio. 

Ma  dava  invano  le  speso  al  cervello  per  dociforaro  il  senso 
di  qaella  lettera,  la  quale  alluili3VLb  a  un  certo  atto  eroico  della 
Sgliuohi,  di  cui  non  area  avuto  dato;  che  la  modestia  di  Emma 
srealo,  come  piìi  sopra  vedemmo,  molto  bene  dissimulato.  Però 
tonuita  che  questa  fu  a  casa,  ond' era  uscita  per  le  domestiche 
Ungne.  contolle  deiraviito  soccorso  e  dielle  a  leggere  la  lett^*ra 
dell^  anonimo  benefattore. 

Serie  XJII.  tU.  ti.  fmt.  K»  6  26  ma^io  1&S6 


Kmma  imporporossi  le  guance  di  quel  dolco  Tennìglio,  di  eli» 
le  dipinge  bellamente  la  modestia;  e  arrebbe  voluto  anche  questo 
volta  oocultaro  l'atto  eroico  di  virtù  da  lei  praticato;  ma  pres- 
sata dalle  vive  istaniìtì  della  madre,  glielo  confessò,  sebbene  sotto 
credenza^  acciocchò  fuor  di  Lei  uiuno  in  casa  d^  avesse  vento.  DI 
che  la  Marcliosa  non  ò  a  dire  quanto  rimanesse  edificata  e  inte- 
nerita fìno  alle  lagrime;  e  abbracciando  con  trasporto  la  figlia: 

—  Non  piii>  fare,  sclamò,  che  Dio  non  ti  benedica  per  la  tua 
filiale  pietà;  ma  guardati  por  P avvenire  di  fare  simili  saerìnsii 
per  amor  mio  ;  cliè  troppo  io  ne  sarei  dolente. 

La  lettera,  che  riferimmo  più  sopra,  avregnachà  anonima,  lar 
sciava  chiaramente  scorgerà  di  che  mano  ella  fosse;  e  mise  in 
cuore  alla  .Marchesa  e  alla  figlia  un  grand'  uzzolo  di  avere  par- 
ticolareggiato notizie  del  giovane  benefattore.  Xon  andd  guarì 
che  ne  furono  da  luì  medesimo,  sopra  quanto  potevano  desiderare, 
appagato. 

Poiché  indi  a  tre  giorni  egli  mandò  una  seconda  lettera  alla 
Harohesu  sottoscrittit  col  suo  nome,  e.  nella  quale  aprìvale  inte- 
ramente l'animo  suo.  La  missiva  era  del  seguente  tenore. 

Pregiatissima  Signora. 

«  Non  mi  soffre  T  animo  di  vedere  languire  nella  miseria  UDft 
famiglia  illustre,  onorata  e  degna  di  miglior  sorte,  e  alla  quale 
appartiene  chi  coireroismo  della  sua  virtù  liammi  rapito  il  cuore. 
Ho  quindi  divisato  meco  di  unire  per  sempre  la  mia  sorto  a 
quella  di  sua  figlia,  ore  a  tei  piaccia  e  sia  a  grado  di  Vossi- 
gnoria. Egli  è  questo  il  miglior  modo  dì  assicurare  Tarvonire 
di  Emma  e  di  tutta  la  famiglia. 

Non  si  prenda  pensiero  della  dote;  perch'io  non  ne  abbisogno, 
essendo  dalla  Provrideoza  fornite  di  beni  a  dovizia,  [e  non  di- 
mando altro  che  il  consenso  di  sua  figlia,  il  beneplarìto  di  Y.  S. 
e  per  ora  il  segrete.  Quanto  al  rimanente,  ne  lasci  a  me  lu  cura. 
Iddio  che  vede  la  rettitudine  delle  mìe  intenzioni  e  la  puritik 
di  un  amore  figlio  di  un'alta  stima,  ispiratami  dilli' eroismo  delta 
virtù,  non  mi  può  venir  meno  del  suo  santo  aiuto.  Aspetto  con 


L 


K.    EKOISMD   DKLLA   PIETÀ    FILIALE 


tJ7 


■Ct 


ansietii  nna  risposta,  che  spuro  couforme  a'miei  desiderìi;  meotr^ 
eoi  seosì  di  profonda  stima  mi  protesto  di  V.  S. 

Viho  S/n-rìMrt 

Birso  Blanho. 

Questa  lettera  era  la  genaina  espressione  dei  sentimoiiU  di 
Brnno^  agli  occhi  del  quale  Emma  apparta  più  angelica  che 
umana  creatura. 

lie  esterne  attrattive  di  lei  non  avrebbero  avuto  forica  di  ni- 
i  il  cuore;  ma  ben  avciigliolo  oontiuisu  la  grandez?»  e  no- 
óltà  deirunifflo,  di  che  la  donsella  avea  dato  si  luminosa  prova. 
Una  pietà  filiale  che  giagnca  fìoo  al  sacrifizio,  una  modestia 
contegnosa  e  piena  di  nobiltà  e  di  grazia,  e  quel  raggio  virgi- 
nale che  rifletteale  nei  sembiante  tutta  la  lucentezza  dcir anima 
immacolata,  ecco  quanto  avea  potuto  invaghire  il  cuore  di  Brune, 
più  accessìbile  alle  attrattive  del  bello  morale  che  del  cori>oreo; 
perchè  informato  da  una  cristitma  edLiciL7.ione,  ricevuta  dalla  sua 
piissima  madre,  airiimore  e  alla  pratica  dulia  virtù. 

Ija  Marchesa  gongolando  di  gioia  al  leggere  questa  lettera, 
arrebbe  voluto  tosto  comunicarla  alla  figliuola;  ma  prima  volle 
sapere  di  che  vita,  condizione  e  costumi  fosse  il  giovane  Bruno; 
e  presane  voce  da  varie  persone  di  sua  conoscenza,  n'ebbe  le 
più  belle  e  consolanti  notizie  cho  desiderare  si  potessero.  Ond'ella 
alTrt^ttossi  acumiinicare  la  lettera  ad  Emma;  la  quale  acouttò  di 
gran  cuore  la  proposta  di  Bruno,  a  patto  però,  ch'ella  non  do- 
lesse separarsi  dalla  madre  u  dalla  famiglia,  tinche  '{uesta  avesse 
bisogno  di  lei.  La  Marchesa  fe'nota  per  lettera  a  Bnino  Tac- 
c«ttazione  di  Emma  e  il  proprio  aggradimento,  nngra;iiaDdo]e 
in  pari  tempo  dui  generoso  soccorso  inviatole  pochi  giorni  innanzi. 


XI. 

L'àSOKB    ìLLB    PltESE  COLL'AVimZU 

Bruno  fu  lietissimo  della  risposta  eh' ebbe  dalla  Slarchesa,  e 
aapetiavii  cho  gli  si  offrisse  il  destro  per  farno  motte  al  padre, 
e  chiedergli  il  suo  beneplacito  per  !o  divisate  nozze  colla  da- 
RÌgv'tla  Belfiore.  Se   non  che  conoscendo  P  anime  dì  lui  ognor 


1   bEHELtm 

volto  airiateresse,  tetaeva  assai  di  averlo  ostile  al  suo  disegoo; 
B  ruminava  il  dì  e  la  notte  come  |iot«sse  parlargli  di  quest'affare 
in  guisa  che  si  piegasse  a  dargli  il  suo  cousenso.  Mentr'egli 
ondeggiava  nel  mare  di  questi  p&nsieri,  il  padre  avuto  vento 
delle  iui/.ìata  trattative  di  matfiiuonio,  avvampò  come  zolfo, 
troppo  cocendogli  che  il  figlio  s'incapricciasse,  com'egli  diceva, 
di  una  giovane  sunza  dote;  e  posetìi  in  cuore  di  cavargli  quel 
grillo  di  capo.  Por  lui,  uomo  d'affari,  nobiltà,  virtò,  bellezza, 
tutto  dovua  piegare  o  ÌDgÌnocchiarsÌ  ìonunzi  al  Dio  quatirino. 
Kgli  nun  sapea  valutare  che  a  peso  d'oro  le  pursone;  ed  è  chiaro 
che  in  questa  sua  bilancia  Emma  Bel6ore  dovea  essere  uua  spo- 
sina ìmp;)nderabil6,  e  quiudi  senza  valore.  Benché  egli  rugu- 
masso  fiele  e  veleno,  tuttavia  dissimulando  Tira  e  il  dispetto 
sotto  trauiiuillo  sembiante,  ebbe  a  so  il  figliuolo,  e  prese  a  dir- 
gli: —  Vorrei  da  to  supero  l'uso  che  facesti  dui  danaro  ch'io 
ti  diedi  pe'tijoi  minuti  piacaii. 

—  IIoIIl  appunto  spesi  per  contentare  le  mie  Toglie. 

—  Bada  Bruno  ;  non  mentire  a  tuo  padre.  Credi  tu  eh'  io  non 
sappia  ove  andarono  a  parare? 

—  A  casa  di  una  povera  famiglia  vergognosa,  che  sì  moria 
di  fame.  Qual  piacere  più  puro  e  santo  che  stendere  la  mano 
pietosa  alT  indìgeute,  rasciugargli  dagli  ooctii  le  lagrime  e  rì- 
chiamare  sulle  sue  labbra  inaridite  il  sorriso! 

—  Eh...  eh...  che  cariti  pelosa!  Mal  cerchi  coprirla  colla  rerte 
della  tua  poetica  fantasìa.  Non  fu,  no,  la  pietà  verso  la  sventura, 
ma  r  amore  alla  sventurata  che  ti  mosse  a  mandarle  una  grossa 
somma. 

—  La  pietà,  ò  vero,  fé' strada  all'amore;  ma  a  un  amor  puro 
e  santo,  natomi  in  cuore  dall'atto  più  eroico  che  mai  si  vedesse 
io  una  donzella  di  nobile  condizione.  K  qui  si  fo'a  contargli 
quant' era  intervenuto  nella  bottega  del  parrucchiere,  ove  aveva 
imparato  a  conoscerò  chi  fosse  e  di  quanta  virtù,  Emma  Bel- 
fiore; e  conchiuse  la  sua  narrazione  con  dirgli:  —  Voi  che  sìet© 
padre,  potreste  voi  non  apprezzare  coteat' eroismo  della  pietà 
filiale? 

—  Ti  pare?  Io  ne  fo  gran  conto;  e  convengo  teco  che  Emmi 


XU   L   AMORE   ALLE  PHESE  COLL   AVAniZtA 


69 


)QrIa  di  fìgliiiola,  an  angelo  di  donna,  tutto  quello  eh» 
QQÌ;  e  che  por(>  meritava  d'essere  soccorsii.  Fin  qni  nulla  ho 
ridire;  né  ti  fo  carico  dì  averle  mandato  le  tne  limoaine:  ma 
ni  dovea  arrostarsi  la  tua  pietà,  e  non  trascorrere  più  oltre, 
DO  a  dimandarle  improvvidamente  la  mano.  K  che?  un  dglio 
el  banchiere  Blando  oserebbe  dunque  avrilire  con  un  matriiaonio 
risì  disuguale  la  nostra  ^miglia? 

—  Anzi  Emma  ed  io  faremo  un  bel  paio;  perchè  nobiltà  e 
icchezza  ben  si  appaiano  insieme,  imprestando  V  uno  air  altro 
nello  che  gli  manca  per  vivere  in  mezzo  alla  socìeIÀ  con  lustro 

deeoro. 

—  Oh  matto  da  catinai  Che  eonta  oggi  la  nobiltà  senza  i 
notanti  ? 

—  Più  di  quel  che  vi  pensate,  Papà,  E  non  vedete  infatti 
ome  in  questi  tempi  di  democrazia  ferve  pìO  che  mai  sma- 
dosa  la  febbre  de' tìtoli  e  delle  commende;  e  come  ognuno 
mbisc«  di  nobilitarsi?  Kon  sarà  dunque  avvilirmi,  ma  illu- 
tnrmi  col  dare  la  mìa  mano  ad  una  donzella  nobile,  avvegnaché 
apt^rerìta. 

—  Baie,  baie.  Qìà  voi  altri  fanciulloni  avete  sempre  la  testa 
iena,  come  un'otre,  di  vento!  Io  che  ho  più  età  ed  esperienza 
[  te,  eonosco  meglio  il  mondo,  e  ti  sa  dire  che,  chi  impalma 
sa  doQsella  senza  dote,  sìa  pur  ella  una  duchessa,  è  messo  in 
vnXbk  e  proverbiato  da  tutti. 

—  Volete  dire  da  tutti  gli  adoratori  del  vitello  d'  oro  ?  Ha 
nate  al  cielo  non  è  questa  l'unica  razza  che  viva  al  mondo. 
wi  pur  di  qaellì  che  nutrono  suDtìmenti  più  elevati;  e  questi 
pproveranno  senza   fallo  la  mia  scelta  e  loderannola  a  cielo. 

poi  che  cale  a  me  de' motteggi  e  delle  dicerìe  del  mondo? 

—  Ah.  se  non  cale  a  te,  gocciolone  che  sei,  importa  bene 
tao  padre,  che  ha  da  mantenere  il  credito  della  casa  Blando. 
A  queste  parole  Bruno  mestamente  sorrise,  e  ttìntennaudo  il 

ipo  soggiunse  :  — ■  Perdonatomi  Papà,  non  so  persuadermi  che 
li  parliate  da  senno,  quando  mi  dite  che  voi  correte  rischio 
i  perderà  il  vostro  credito,  se  vostro  figlio  sposa  una  giovane 
ov«n,  è  vero,  ma  nobile,  virtuosa,  un  angelo  di  donna,  come 
IH  stesso  avete  confessato  essere  la  donzella  di  mia  scelta. 


70 

—  Bruno...  ripigliò  lutto  accigliato  il  padre,  alle  corte.  Io  noi 
to' superne  di  questo   matrimonio.  Scegliti  un'ultra  sposa 
ooetumata  e  nobile,  i^uanto  vuoi,  ma  clie  porti  una  buona  ài 
in  ensa.  Hai  capito?  una  burina  dote;  altrimenti  metto  td  e  II 
sposa  alla  porta.  E  sì  dicendo,  Iptossì  tutto  scornibbiato,  e  ar 
doBsene  pe'snoi  affari,  lasciando  il  povero  Bruno  triste  e  scorato^ 

Trascorsi  appena  un  quindici  giorni  da  questa  prima  vcrm 
s&glia,  ed  eccoti  il  Blando  venire  a  un  nuovo  assalto  e  niett«T 
alle  strette  il  figlio.  Egli  avea  in  questo  mezzo  intavolato  delli 
trattative  txA  signor  Dorè  suo  intimo  amico,  e  ricco  banchier 
francese,  proferendogli  la  mano  di  Bruno  per  la  figliuola  di 
Ermeliuda;  e  l'amico,  avuto  prima  il  consenso  della  figlia,  arei 
accettato  di  gran  ctiore  la  preposta,  come  quegli  che  l»n  «n 
nosceva  le  belle  e  rare  doti  del  ffiovune,  e  a  quanUt  amuiontassa 
il  suo  ricco  patrimonio.  I>i  che  tutto  arzillo  ed  esultante  il  BIi 
avuto  a  f.^  il  figliuolo,  e  fattagli  lietissima  aceoglienr^,  pi 
con  modi  umoreroli  a  persuadergli  la  convenìenm  dì  nn  matriH 
monto  cosi  orrevole  e  vantaggioso,  qua!  era  il  disegnato  da  Ini, 
del  quale  già  correvano  col  Dorò  le  trattative.  Bnino  impallidì^ 
e  collo  sguardo  coufitto  in  terra  ascoltò  in  silenzio  le  ragioni  del 
padre,  senza  mai  interromperlo.  Quando  questi  ebbe  terminal 
la  sua  dicerìa,  risposigli  colle  lagrimt'  iigli  occhi,  supplicandolfl 
che  non  volefise  violentare  i  sooi  affetti;  dappoiché  troppo 
pngnavagli  l'anteporre  un'Krraelinda,  giovane  mondana  e 
vola,  all'angelica  Belfiore,  e  per  la  sola  e  vilissima  ragioj 
delIMnteresse! 

Brano  infatti,  giovane  t!i  cuor  bennato  e  gentile,  cui  atoT 
cavano  le  abbiette  mire  dciravarixia,  non  sarebbesi  per  cosa' 
mondo  condotto  a  menare  in  moglie  la  damigella  destinatagli^ 
padre;  la  qnale  posto  che  ricchissima  o  di  Avviint»ggiata  e 
persona,  era  tuttavia  d'animo  in  nulla  rispondente'  allo  grazio 
sembiante:  egoista,  bix,/arra,  attesa,  cervellina,  e  tutta  fronxol 
smancerie  e  svene  volcstze.  Avea  dunque  Bruno  tutta  ragione 
non  te  dare  né  il  cuore  nì^  la  mano;  ma  il  pndro  non  art 
gli  occhi  che  nella  pinguissima  dote  dì  lei,  erssi  per  tal 
incapricciato  di  quo.<!to  matrimonio,  che  serpcntuva  ogni  di 


ZT.  l'ahorc  alle  press  coll' avarizia 


7! 


Sgliuolu,  perchè  oonseatisse  a  coleste  nozze,  metteadogli  o^ora 
ÌMUìZì  i  vantaggi  delia  famif^Iìa. 

—  Trattasi,  diccra  egli,  di  un  milione  di  dote,  hai  capito?  un 
milioDtj!  e  Bbarrava  tanto  d'occhi.  È  egli  per  te  un  ninnolo  un 
tnilione?  Eh  grullo  e  hocco  che  sei,  lasciarti  scippare  di  toano 
noa  SI  bella  e  inrìdiabile  fortuna!  S  qui  sbuffava  al  vedere  il 
figlio  impassibile  e  freddo  innanzi  alla  dorata  prospettiva  di  un 
nilioDe!  Quando  poi  questi  ardiva  di  contrariarlo,  e  mustraTa 
di  avere  in  picoiol  conto  la  dote  di  una  giovane  ricca  di  ceaso, 
na  povera  di  virtù,  il  padre  andava  in  bizza  e  dara^li  del  tan- 
ghero e  dello  scempio  pel  capo. 

Un  di  fra  gli  altri  che  il  padre,  pift  incaponito  che  mai  nel 
no  proposito,  pressavalo  con  maggiore  iusisteuza,  il  figlio  dìs- 
«egli  chiaro  e  tnudo: 

—  L'affare  del  matrimonio  non  è  un  affare  di  banca.  Con  lutto 
n  rispetto  filiale  ch'io  vi  dehb:,  dicevi  una  volta  per  sempre 
«he  Bruno  non  sarà  mai  sposo  di  Krmelìnda;  e  però  vi  prego 
»  ri  scongiuro  di  non  farmene  più  parola.  A  che  violentare  inu- 
Ulmente  gli  alTettl  miei?  Io  uoa  l'amo,  anzi  la  detesto;  e  si 
dicendo,  divenne  di  braciiv  in  viso,  e  fé' uno  sforzo  supremo  per 
c&ntenoro   l' ira  che  sobbollivagli  in  petto. 

A  iiueste  parole  il  padrB  tutto  accigliato,  gonfio  e  serpentoso 
balza  in  piò,  e  andandogli  col  pugni  sul  viso.  —  0  tu,  gli  dice 
tott  voce  cupa  e  arrangolata,  farai  a  mio  senno,  o  aspettati  di 
■>.  :■■  cacciato  di  casa  e  diseredato!  Pensaci  sciagurato,  e  lan- 
ciiiiagli  uua  fiera  occhiata,  volsegli  dispettosamente  le  spalle, 
hscìaudolo  intronato,  sgomento  e  fuor  di  misura  accorato. 


%N  B.  N«i  baciio\o  (iKc«dcntc,  a 
|*lq^  ttronfiafano. 


'08,  lin.  8,  dove  é  statn[ntQ  tronfiatsano 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALlAiNA 


NOTIZIA  UK' LAVORI  UI  KGriTOLOf-IA  K  LINGUE  SEMITICh 
PUBBLICATI  LN  ITAUA  LN  OUKSTI  ULTIMI  UECENNII  ' 

nr. 

LAVORI    MITTOliOGlCt 

Lavori  del  prof.  E.  Schiaparelli  -  del  P.  Cesare  A,  de  Cara  5. 

Del  Prof.  Ernesto  Hdiiaparellì,  conservatore  del  Altiseo  egi 
di  Firenze,  eome  del  più  giovane  dì  tutti  gii  egittologi  Italia 
diremo  qui  aell'altimo  luogo  quel  lauto,  e  non  è  poco,  eh' 
venne  pubblicando  dal  1877  sino  al  1S85;  stilvochè  del  Calalo 
del  Museo  egizio  gurentìno  già  compìluto  da  lui  ma  non  ta 
pubblicato,  non  potremo  portar  giudizio  se  non  por  quella  ^ 
che  riguarda  il  metodo  e  i  eriterìi,  cu' quali  fu  fatto,  esseod 
stato  gentilmente  permesso  di  percorrerlo  nello  studio  stesso 
eh.  Autore. 

Il  primo  lavoro  adunque  dello  Schiaparelli  è  una  Dìssertask 
presontata  come  Tesi  di  laurea,  e  versa  intorno  al  sontime 
religioso  degli  antichi  Egiziani  ".  L'Autore  vonlonne,  con  ani: 
pio  e  riconos&'nte,  dedica  questa  sua  prima  fatica  a'  suoi  gè 
tori.  11  testo  di  a2  pagine  è  seguito  da  60  pagine  di  Anno 
xioni,  le  quali  consistono  in  iltustraziuni  fìlulogiche  come  sag 
di  trascriitione  dal  ieratico  e  di  traditziono.  Questa  che  può  eh 
marsi  seconda  parte  della  Dissertazione,  è  di  molto  valore. 
dimostra  la  vasta  erudìjsione  e  la  buona  scuola  in  cui  quei 
giovano  studioso  e  diligente  fu  ammaestrato.  Infatti  egli  et 
per  Maestri  in  Italia  il  eh.  Prof.  Rossi,  del  quale  abbiamo 

'  Vedi  qiiad.  857.  pndg.  588-598  dd  folunic  prtccdi-rilc. 
*  Dti  stnlimrtUo  Tfh^iaso  degli  antichi  Kffititttti  aecondo  i  Monuwk 
DÌKwrtatione  <li  Knii-.ito  Selliti (liiralli,  Hoina,  Turimu,  Firuuii-,  Fintclli  Boccs  tS 


DELLA  STAMPA  ITAUAItA 

BBf»T80,  e  il  Prof.  Maspero  a  Parigi.  Questo  primo  lavoro  pf?r- 
taoto,  eoa  tntti  i  sani  difetti,  merita  lode  per  chiarez^  e  grazia 
£  esposiziono,  e  nella  parte  filologica,  salvo  qualche  piccola  ine- 
sattezza, conserra  ancora  il  sno  progìo.  I  difetti  che  scorgiamo 
«  chi»  sono  doniti  alla  glo7ÌDd?,za  dell'Autore,  riguardano  cert« 
(oosidenuioni  generali  ch'egli  fa  a  proposito  dulia  dilTerenza 
tra  la  religione  dell*  antico  Impero  e  quella  de' periodi  succes- 
8ÌTÌ.  Ora  cotesta  differenza  non  è  così  grande  com'egli  la  sup- 
pose. L'altro  difetto,  secondo  noi,  consisto  noli* aver  considerati 
gji  egiziani  dotl'antico  Impero  molto  migliori  nella  morale,  dì 
qDeilo  che  in  rerìtii  furono.  Di  pari  a  piiginu  36,  33,  ci  sombra 
che  il  eh.  Autore  dia  sorerchta  importaniia  alto  spettacolo  della 
natura  sopra  la  morale  degli  Egiziani,  mentre  a  pagine  44,  45 
«agdra  alquanto.  Oggi  il  eh.  Autore  giudica  queste  sue  teoriche 
loehe  an  po' troppo  sererameate,  corno  ci  consta  o  dagli  scritti 
pubblicati  dopo,  e  dalle  sue  stesse  dichiarazioni  orali.  Ciì)  che 
T'ha  di  più  importante  in  questa  scrittura  del  eh.  Autore,  Ò  l'as- 
nrziuno  della  realtà  storica,  del  primitivo  monoteismo  egizio,  dì- 
ttoetrato  da  lui  con  molti  e  indisputabili  testi.  Ala  come  qoesto 
punto  fu  trattato  da  noi  altrove,  a  proposito  d'un  altro  Lavoro 
dell'Autore,  ei  contenteremo  di  ricordar  qui  semplicemente  il 
giudizio  del  eh.  egittolog':)  F.  Robiou,  il  quale,  esaminata  questa 
Dissertazione,  conchiudeva  così:  e  Jo  n'avais  pas  formulò  Tea- 
flemble  de  ces  romarques  d'une  manièro  aussi  pressante  que  l'a 
hit  M.  Schìaparetlì  '.  > 

Avendo  noi  già  scritta  in  questo  nostro  Periodico  ^  una  lunga 
rivista  dell'altro  bel  lavoro  dell'Autore:  Il  signijicato  simbo' 
Ubo  delle  Piramidi  egiziane,  non  porta  il  pregio  di  ripetere 
i  quoto  fa  allora  detto.  Quello  però  chs  ci  piac<;  ricordar  qui  al 
cortese  lettore,  si  è  che  i  parecchi  egittologi,  co' quali  avemmo 
MCasionu  di  abboccarci  nella  visita  da  noi  fatta  lo  scorso  anno 
a'princìpali  Musei  egizìi  di  Europa,  ci  parlarono  tutti  con  molta 

'  a.  Mmùm.  T.  IV,  n.  I  janr.  1885,  p.  9S-I0A  —  Ci>i7M  CiUoìica,  Sf- 
rie  XII,  tol.  X,  1)113'].  83(5.  (love  si  le/gi"  I»  nn^Wa  pccrnsioii''  del  luroro  dello 
fcllÌ8|Bn'Iti.  tDiiinblo:  SI  $igmf\cato  simbolico  dtUe  Pirnmiiii  egìiian'.  Hi- 
««*rrftÌiVnffi(o5oAia/«ireWsllMli'Accail.(lc'Liiicci.  Aun.CCUXXI  1883  1884. 

■  Civ.  Catt.  loc  ài. 


m 


74  RIVISTA 

lodo  di  qitosta  Teramente  pregevole  fatica  del  Prof.  SchiapareUi^j 
Anzi  possiamo  aggiuogere  che  la  spiegazione  che  noi  dcnsmc 
allora  della  frase  del  papiro  n.  U  di  Berlino,  dove  il  Chaba»1 
credeva  indicato  il  moto  della  terra,  e  noi  non  vi  Tcdemmo,  al 
contrario,  che  una  scmplicu  metafcra,  fu  trovata  giusta  dal  com-j 
pianto  eminente  egittologo  e  Conservatore  del  Brilish  Musett 
D'Bìrcb,  col  quale  ne  tenemmo  discorso  in  Lomlra,  nel  giugno] 
dell'anno  scorso.  Ci  giovi  dnnque  chiudere  qnesto  breve  cenno-] 
sul  Signijkaio  simbolico  delle  Piramidi,  con  le  parole  onde 
ne  scriveva  l'illustre  Conservatore  del  Museo  egiaio  del  Lnavr^^J 
signor  Pierret:  J'avotte  gue,  jmitr  ma  part,pe»  de  mémoìre 
égypiohgiqxies  rnont  autafU  interesse  qxte  celui-là  (Lett.  de 
3  marzo  1S8B). 

Anche  dell'altra  Svtizìa  deirAulore  circa  le  Migrazioni  degli 
aniiehi  popoli  dell'Asia  Minore  '.  facemmo  già  mon7.ioDft  al^ 
lorchè  rettìfìcammo  un  giudizio  datone  MVAcademy  di  Londnj 
il  quale  non  ci  stmbrò  giusto  *.  Del  resto  se  l'ipotesi  svolt 
dal  eh.  Autore  in  quella  breve  Aotizia,  riservandosi,  com'egli 
dice,  di  tornarvi  sopra  con  un  lavoro  più  ampio,  all'Ebers  pai 
ardita,  concede  nondimeno  il  valente  egittologo,  che  «  l'ipot 
dello  Schiaparelli  si  lega  ad  idee  simili  di  E.  Curtius,  e  sembr 
potersi  accettare  con  alcuno  restrizioni  '.  >  Ma  non  sarà  inutile 
osservare  che  il  Brngsch   medesimo,  il  quale   nella  sua  storii 
dell'  Egitto,  e  in  una  Liciterà  allo  Schliemauu,  pubblicata  nel'^ 
l'edizione  tedesca  dell'  <  Kivs  >,  aveva  sostenuto  idee  quasi  oj 
poste,  ha  ora  modificato  radicalmente  le  sue  opinioni,  e  neU< 
stesso  senso  di  quelle  manifestate  dallo  Schiaparelli  (Cfr.  Scbli 
«iss;  Ilio.%  ville  et  pays  des  Troycns,  trad.  de  M'.  Egj^ 
Append.  XI,  pag.  977  e  segg.;  Troie  et  VÉgijpte  par  le  pi 
H.  BKnoscn-PiCBA).  Il  nostro  Antoro  tncca  dello  stesso  ai^omeni 
nelle  illustrazioni  che  fa  dei  monumenti  egiziani  rinvenuti  so] 

'  Le  itigraiioni  tìtslt  nntichi  pojioU  delf^sia  Minore  studiale  col  si 
«tdio  dfi  tnonuwenti  fffieianù  Nolìiin  di  Emesto  Sc)ila[>:)rclli.  Reale  Acc^itleinl 
dei  LiRcd  (Anno  CCUXX  188^-83). 

•  f.r.  Ciciltà  CalMica,  Seri.-  XH.  mi  VI.  fase  8U.  mapnio  188-1. 

*  I^RKiifl.  Anttrkità  Sarde  e  loro  pntvfttienca.  tK^rutla  AifM  Annali  <ìa 
f/»f.  de  Cwrigp.  archfol  anno  lt(S3>  noui3.  coi  lipi  del  Salviucci  ISK3.  p.  tSl 


DELL*  STAHPA  ITALIANA  75 

TArea  dell'  Isóo  del  Campo  Marzio  *.  Ecco  breremeute  ìndicutg  il 
fiDUleuuto  di  questa  dotta  illustrazione.  K  primamente  con^ide- 
{wn<j  l'importanza  dello  Sfinge  di  Amasi.  Ksso  ò  ia  basalto,  di 
squisito  lavoro,  e  può  riportardi  al  periodo  saìtico  pò' caratteri 
^lìU'arte,  latte  le  iscrizioni  della  baso,  la  iscrìzioue  in  tre  co- 
ioBDo  incisa  sul  petto  dello  SRoge,  salvo  qualche  sogno,  furono 
om  singolare  accuratezza  martellato  in  odio  del  Faraone  Atnaù, 
la  cui  effigio  ti  riproilotta  dallo  Sfinge.  Oodechìì  corno  otìserva  il 
cb.  Autore  <  l'imptirtunza  speciale  e  VKraiiioutu  grande  di  questo 
nonumento  sta  nolle  orribili  mutilazioni  ohe  attualmente  pre- 
senta (p.  5).  *  Cagione  di  tanto  oltraggio  alPellìgie  di  Amasi  fu, 
seenado  lui,  il  disprezzo  ch'egli  mostrava  della  patria  roligìone 
nealrtì  che  proteggerà  i  Greci  e  la  loro  religione.  Oltraccii»  per- 
»^QÌtuya  e  uialtrattara  i  S<tccrduti  egizii,  spogliara  l  templi  di 
Saìs,  di  MernH  e  di  Eliopoli  e  viveva  licenziosissimamente.  Laonde 
al  primo  urto  dell'  invasione  Medo-Persiaua  egli  soggiacque.  Cam* 
in&e  fu  cousiderato  dagli  Egiziani  pili  come  vendicatore  de'loro 
diritti  Tìlipesi  da  Aniasi  e  da'Grecì,  che  quale  iuTasore.  Allora 
ta  per  t'opera  di  Cambise  e  del  popolo  egiziano  perseguitata  la 

ria  di  Amo.^il,  le  cui  statue  vennero  infrante  e  cancellato  il 

..-..i'-  dai  monumenti  ch'egli  aveva  fatto  costruire,  lì  nostro  Sfinge 
fu  segno  a' colpi  del  martello  iconoclasta  ancho  por  questa  prin- 
apaliasima  ragione,  che  lo  sdugo  pel  suo  significato  simbolico, 
n4>prùseulAva  la  Oivinità  concretata  nel  Sole  ;  e  e  perciò,  come 
dice  il  eh.  Autore,  il  nostro  Sfiugo  non  solamenttì  ripnuliiceva 
FeSìgie  del  Faraone,  di  cui  sì  voleva  distruggere  la  memoria, 
B&  ne  affermava  l'apoteosi  e  la  sua  unione  colla  Uivinitìi  su- 
prema di  tutto  l'Egitto.  Non  è  quindi  a  stupire  se  gli  Egi^iiani, 
b  cui  mente  era  penetrata  da  questo  concetto,  si  scagliassero 
osn  una  rabbia  spociale  contro  il  nostro  monumento  (p.  9)... 
Quindi  ò,  ch&  Come  già  dissi,  rìmport:iuza  dì  questo  Sfinge  sta 
ipeniùal mente  noUo  stato  di  mutilazione  ia  cui  giunse  sino  a 
noi  Ohìd.).  > 

'  Monumenti  effiriani  rinreHnli  ili  rtcmte  in  Roma  sttU'Area  thlV  I»to 
4d  Campo  Martie.  —  Lo  Sfi$tge  di  Ainaei,  i  Cinoexfaìi  di  N^tharheh,  Voht' 
iUto  di  HamuMi  IL  Notizia  di  Emesio  Sclitafiarelti,  Roma  coi  tipi  ilei  SaU 
itvcci  1883. 


76  RmsTX 

I  due  cìDocefali  troTati  poco  dÌBCoati  dallo  Sfinge,  sono  del 
tempo  di  Se/tharhcb,  il  Neeianeìfo  1  de' Greci.  Il  eh.  Autor» 
dopo  di  averae  iutorpretato  Le  iscrizioni,  entra  a  tmttaro  del  colto 
degli  animali  sacri  e  della  teologìa  egiziana,  con  molla  profoa 
dit&  di  concetti. 

L'ultimo  monumento  scoperto  nella  stessa  area  dell'antico 
Is^o,  è  l'okMisoo  ^iRaimsse  II.  E&so  fu  luvoratu  nelle  cavo 
dì  Siene  pressu  le  pi'ime  cateratte  del  Nilo,  verso  Tanno  1400 
av.  C.  U  eh.  Autore  prima  d'interpretare  le  iscrizioni  che  ne 
coprono  le  quattro  facce,  fa  una  dotta  e  ingegnosa  esposizione 
sopra  il  nome,  il  tronco,  la  sommità  o  il  pijramidion  e  final- 
mente ^pra  il  sìgnifìcito  simbolico  dell'obelisco.  Nel  concetto 
deirAutore,  iuformato  allo  ìudicaitioiii  furoite  da*  moniimenti, 
gli  obelischi  e  le  piramidi  di  qualunque  dimensione,  rappre- 
sentarano  agli  occhi  degli  Egiziani  il  sole  raggiante,  e  pur  na- 
turale  connessione  diTcntavano  il  simbolo  della  DìtìiiìU  Suprema 
di  tutto  l'Egitto,  il  dio  lià  che  ora  appunto  concretato  nel  Sole. 
Sia  lo  svolgimento  pieno  di  questo  concetto  è  dato  dull'Autore 
nella  sua  Memoria  sopra  il Sitpiijicaio  simbolico  dello  Piramidi, 
da  noi  lodata  in  qtiosto  Periodico. 

L'ob<;lìsco  in  granito  di  Siene  misura  m.  6,  34  in  altossza,* 
presenta  alla  base  un  lato  di  77  centimetri.  Nel  Pt/ramvlioH 
le  quattro  facce  presentano  lo  stesso  simbolo  del  disco  solare, 
sotto  il  qualt'  sta  lo  scarabeo  ad  ali  spiegate,  e  sott'esso  sodo 
incisi  i  due  cartelli  reiili  di  Ramesse  lì,  non  preceduti  nò  se- 
guiti da'  soliti  titoli.  Secondo  il  eh.  Autore,  avremmo  nel  com- 
plesso di  quusti  sìmboli  rusprosstono  dell'apoteosi  di  Ramesse  11 
e  la  sua  unione  col  Sole,  indicato  da' due  suoi  simboli,  il  disco 
e  lo  scarabi'o.  So|>ra  le  quattro  facce  del  tronco  è  incìsa  una. 
colonna  i-orticaio  d'iscrizioni,  le  quali  non  ci  insegnano  miUa 
dì  nuovo,  ma  contongono  due  espressioni  che  confermano  l' ìdM 
della  potenza  e  delle  conquisto  fatto  da  Ramesse  II,  il  quali 
trascina  da  lontani  paesi  in  Egitto,  intere  trlbi\  di  popoli  vìnU, 
e  se  no  servo  per  compire  i  grandi  cdifìzii  cominciati  e  noB 
finiti  da'suoi  anttiuati.  Il  eh.  Autore  scolpisce  in  brevi  tratti, 
l'indole  deiranìmo  e  la  vita  e  le  imprese  di  questo  celebre 


MLLA  WAHPJ.  ITALIANA  77 

irionc,  sotto  il  cui  scettro  il  popolo  di  Dio  fu  tanto  perse- 
'^itato  od  oppresso. 

Uft  l'opera  pift  iraportanto  e  degna  di  particoI;ire  encomio, 
onde  restt^rà  chiaro  il  nome  dyl  giovane  egittologo,  t>  la  scoperta 
«  la  pnbblirazione  dui  Libro  de* fxtnerali  degli  antichi  Egi- 
ziani'. Egli  con  gentile  pensiero  intitola,  il  suo  lavoro  alla  re- 
Derata  memoria  d'ipplito  Rosellini.  Questo  lavoro  contiene  la 
tradusìone  del  Libro  de' funerali  degli  antichi  Egiziani,  quale 
risulta  dallo  tre  versioni  principali  finora  conosciuto,  e  (Jubblicate 
dal  cb-  Autore  sullo  scorcio  del  1830.  La  traduzione  ò  accompa- 
gnata da  nn  continuo  commento,  con  la  discuss^lone  critica  del 
It^tfì  e  indicazione  di  monumenti  editi  ed  inediti,  por  illustrare 
alcuni  luoghi  più  oscuri.  Allo  studio  del  testo  va  innanzi  una 
dotta  Introduzione  soViti  funebri  egiziani,  in  riscontro  con  (luelli 
de'Greci  e  de'Romani.  L'antichità  poi  del  Libro  de' funerali  è 
pari  a  quella  del  Todtenbuch  o  Libro  de'inortì^  come  risulta  da 
molti  passi  notevolissimi  contf^nutì  nelle  iscrizioni  della  piramide 
di  Z7«fl»,  riaperta  dal  Masporo  sul  cominciare  dell'anno  1881. 
L'argomento  del  Libro  de' funerali  6  la  Bcrie  delle  rarimonie 
fiinebri.  le  quali  celebravansi  nella  siringa,  dopo  l'arrivo  della 
Mummia,  lino  al  momentfj  in  cui  si  murava  la  portai  della  camera 
dor'erasi  posto  il  sarcofago.  Ora  delle  tre  parti  in  che  può  di- 
stiogacrsi  il  Cimplesso  delle  cerimonie  funebri,  cioè  Pimbalsa- 
mamento,  il  trasporto  funebre  e  il  rito  nsato  nel  sepolcro  stosso, 
te  prime  due  erano  note,  del  terzo  non  si  avi!va  che  un'idea  vaga 
a  confusa.  Il  Masporo  col  duplice  testo  di  Buliiq  e  del  Louvre,  ci 
diede  i  riti  deirimbalsamamento;  un  niimoro  notabile  di  scene 
sepolcrali  aveva  messo  sotto  i  nostri  occhi  il  convoglio  funebre; 
resteva  danque  a  ben  determinare  il  rito  liturgico  delta  sepol- 
hnr»,  e  questo  è  appunto  ciò  che  ha  fatto  conoscere  il  eh.  Autore, 
ristabilendo  mediante  tre  testi  simili,  ma  cho  appartennero  ad 
individui  o  a  tempi  diversi,  il  t^sto  intero  dol  Libro  de" funerali. 
Due  de'tèsti  sono  in  ieratico  e  trovansi  sc^ritti,  uno  sopra  un  sar- 


■  Cv(i:<tTO  SailAPAncU.!.  lì  lihrù  dei  funerali  defili  antichi  Kffisiani.  Due 
T«lnni  in  quarto  moilc,  Tavole  e  coiiiiiiniili.  —  Torinu.  Roma  e  flreiue,  K.  Loe- 
«jter,  18«l  e.  IKttl 


78 


RIVISTA 


cofago  del  ifuseo  di  Torino;  l'altro  sopra  papiro,  e  appartiene  al 
Museo  del  Louvre.  U  terzo  finalmente  è  un  testo  monumentale  e  fa 
parte  dello  iscrizinni  che  copronu  le  pareli  del  sepolcro  di  Seti  I. 

Il  tòsto  di  Torino  oinsta  di  300  lÌDoe  ieratìclie  orizzontalmente 
disposta,  0  delia  lunghezza  media  di  0°,  25.  Esso  è  scritto  parte 
S'>pra  la  superfìcie  convessa  d'un  falso  coperchio  immediatament» 
collocato  sopra  la  mummia,  e  parte  sulla  superfìcie  interna  del 
coperchio  d' un  doppio  Karcof  igo  della  stessa  forma,  ma  di  prò* 
porzioni  di  (ferenti,  e  l'uno  rinchiuso  nelTaltro.  L'uno  e  l'altro 
sarcofago  appiirtenenti  al  Museo  di  Torino,  portano  it  nome  del 
regio  scriba  Butehaà/non  che  n*era  il  padrone.  Dai  cartelli  reali 
di  Ainenofi  I,  delle  regine  Ààhhotep  e  Ààkmus  Nofuràri^  o  dell* 
principesse  Àmonsal  e  Àmottmeri  e  del  principe  etiope  .^apaàri, 
sì  hanno  le  necessarie  indicazioni  per  attribuire  a'due  monumenti 
una  grande  antichità,  e  farli  risalire  a'primi  re  della  SVIU  di- 
nastia'. Il  Champollion,  il  Chabas,  TEisenlohr  e  il  do  Rougó  co- 
nobbero l'importanza  delle  iscrizioni  ieratiche  del  sarcofago  nu- 
nore:  VEiscnlohr  ne  aruva  anche  copiato  tutta  la  seconda  parte, 
ma  Uno  al  1S77  Tai-gonieato  preciso  di  quelle  iscrtsioni  fu  ignorato. 

U  testo  del  Louvre  è  scritto  sopra  un  papiro  lungo  m.  5,50 
diviso  in  3-*  pagine.  Appartenne  a  una  donna  di  nome  Sais,  e 
può  riportarsi  al  periodo  romano,  verso  il  secondo  secolo  d.  C.  Il 
Dereria  ne  conobbe  T  importanza,  e  ne  tradusse  una  pagina  e 
mezza  circa;  ma  il  primo  a  riprenderne  lo  studio  e  a  scoprire  il 
vincolo  tra  questo  testo  e  quello  dì  Torino,  fu  il  nostro  Autore. 

Il  t6r/,o  è  quello  di  Seti  l.  Lo  duecento  linee  circa  delle  iscri- 
zioni scendenti  in  colonne  verticali  sopra  i  bassorilievi  del  se- 
polcro di  quel  Faraone,  a  BMn-el-Moliìk,  furono  copiate  dal 
Kosellini  e  dal  Naville,  ma  non  mai  pubblicato.  La  copia  accurata 
ed  esattissima  del  primo  fu  trovata  dal  nostro  Autore  fra' mano- 
scritti del  Roscllini,  a  Pisa;  la  soc-oiida  fu,  con  alto  di  rara 
genorofiitiL,  messa  a  sua  dispn^izioue  dal  eh.  egittologo  ginevrino 
Edoardo  faville.  Con  questi  tre  esemplari  d'un  medesimo  libro 
il  oh.  Autore  ha  potuto  felicemente  venire  a  capo  della  difficile 

■  Dra.cmiiu  Tu  .iccc(id.-)Io  pib  addietro,  il  vii.  fiiillologo  peii»  di  versa  Dieole  iB< 
lorno  uil'iinticl)ili*i  ili  i|uhiì  liui!  moDumenti. 


DELLA  STAMPA  rTALIAMA 


79 


iupresa  di  compilaro  un'opera^  cui  sì  potesse  dare  a  buon  diritto, 
il  titolo  di  Libro  (U'/unerali. 

Questo  ^andd  lavoro  del  nostro  egittologo  ò  diriso  in  due 
parti.  La  primii  coutieoe  la  riprodiuioDe  de'  tre  testi  rìcordiiti  di 
sopra.  La  seconda  consiste  in  una  esposi7.ione  siooltioa  compara- 
tira  du'  medesimi  testi,  donde  si  possa  rilegare  la  varietii  delle 
leadoni  e  qnella  delle  scritture.  Ti  à  poi  la  trascrizione  e  la  ver- 
skme  del  /vtVo  de' funerali,  corredata  di  molte  note  e  di  com- 
inenti,  l'aae  e  gli  altri  de^oi  di  lode. 

Un'opera  di  tauto  pregio  fu,  compera  naturale,  salutata  ed  ac- 
eolta  con  vera  gioia,  da  tutti  gli  egittologi  di  Kuropa.  Infatti  nelle 
Baliste  e  ne'Iibri  Tenuti  alla  luce  dopo  la  pubblicazione  del  Libro 
fU" funerali,  tutti  i  più  illustri  egittologi  onorarono  di  sincere 
lodi^  eome  i  pregi  dell'opera,  oosì  la  dottrina  e  la  modestia  del 
aostro  Autore.  Ne  parlò  distesaiuonto  e  più  d'nna  volta,  nella  Zeit- 
sehrift  f  aeg^pt.  Sprache,  1879  Ìl  Rcvillout;  il  quale  designa 
l'opera  col  nome  di  Rifttel  Schiaparelli.  Molto  la  commendò 
]'£bera  nel  Literarisches  Centralbiait,  dove  fra  l'altre  cose 
dice,  che  col  suo  lavoro  lo  Schiaparelli  faceva  alta  scienza  un 
dono  utile  e  pregevole.  Imperocché  tanto  la  storia  della  reli- 
gione, quanto  Io  studio  della  lingini  egi:''i:ina  ne  traevano  no- 
tevole profìtto. 

Una  grande  scoperta  la  dice  il  Lepsiua,  che  riconobbe  T  im- 
portanza del  libro,  e  la  pubblictuione  giudicò  splendida  e  ben  riu- 
adta.  Nò  meno  notabile  è  l'opinione  del  Maspero,  che  questa  sia 
osa  delle  migliori  opere  relative  all'Egitto,  che  sieno  vanute  in 
laoe  da  molti  anni  addietro.  Il  Dilmichen,  il  Bnigsch^  il  Ma- 
spero,  ìl  Von  Lemm  ed  altri  egittologi  hanno  fatto  lor  prò  di 
qoeet'opera,  e  lo  dichiarano  o  L'attostano  con  le  citazioni  che  ri- 
petutamente De  fanno  ne' turo  dotti  lavori'. 

Il  Catalogo  del  Museo  egizio  di  Firenze,  compilato  dall'Autore 
e  già  in  corso  di  stampa,  sarà  per  Lui  un  altro  titolo  alla  be- 


"  Cr  Pinu.,  Miuéon.  1 8XS;  1>uiiioiEN,  T)er  Grabp'ilmt  dee  Patàummàp  in 
dtr  T^ttomarhcn  .VHropoWd  ì/à\vìf;.  t8S-l;  M.vsr-Eiwi,  Rectuil  dm  franine-  re- 
'■<••  i''  fi  /rt  PhitoUffie  tt  à  f  ArchfOÌagie  /f/yptie-nne  et  asttfn'mne,  »ol.  HI  p  IV 
Vr>  Uhm.  iMu  RittuilitKh  deti  Aminondienutes,  Uiptig,  ìSKi. 


t 


80 


nivuTA 


nemerftnssa  de' dotti.  Diligenza,  erudizione,  esatta  descrkione  dai 
monumenti,  testi  geroglifici  e  brevi  discussioui  storiche,  filolch 
giche  e  d'arte  antica,  sono  ì  pregi  cha  abjjiauio  riconosciuto  io 
questa  pazìdQtd,  ma  grandemente  utile  fìttica  dolio  Schiaparelli. 
'SaW Album  dedicato  ed  offerto  da*  dotti  di  tutta  Europa,  il 
3  dwembre  1885,  all'illustre  egittologo  D.'C-  Leenians,  pel  cin- 
quantesimo anniversario  della  sua  nomina  a  Direttore  del  iluseo 
Archeologico  de'Paesi  Bassi',  leggiamo  una  Jlemuria  del  nostro 
Autore  sopra  Li  nocropoli  di  Chemmis  (Acìimìm),  da  luì  ritroTata 
lo  scorso  anno  in  Egitto.  La  città  di  Achmim  stirge  a  un  di- 
presso, sul  luogo  stesso  dell'antica  città  cbìtimata  Apu  dagli  Egi- 
ziani, e  men  coniuuomeiite  Chemnu,  la  cìtlilk  cioò  del  Dio  Chem, 
Dom&che  i  Oreci  mutarono  in  Xeuu(;,  e  che  tradussero  esatta- 
mente in  quello  di  nav^RoX*;.  Essa  fu  fiorente  a' tempi  di  Ì?rt- 
messe  II  e  i?amc5^  lU,  e  conservò  il  suo  splendore  sotto  iToloinei 
e  gli  Imperatori  romani.  Ma  quel  che  ri  ha  di  piil  nobtbile  sono 
le  sue  due  necropoli;  l'uoa  della  XVIIl  e  XIX  dinastia,  è  una 
serio  di  grotte  scavate  nel  masso  della  selvaggia  valle  che  apresì 

*  Qrnsto  superbo  jI?/'»"»  in  i"  srandc  «oji  cleKanl?  Irgntur;!.  ó  u(i  Icsorr;  di  eo- 
ccI)«R(l  Hcino-ji!  «critlo  iu'pib  illustri  wi^ntintì  del  noMro  ti>mpo,  sopra  .ir^omentì 
di  areht?oln^Ì.i,  <li  iJiisiiPlica  e  >JÌ  Moria,  Ma  la  pirte.  scronilo  noi.  piì]  noliilp  *  Im- 
porlantr  è  iti  priiiia  c!j«  vci-si  iiiloiiio  a  s<()jrpi*ni  ('C<l«>lo;:irÌ.  In  ((iii-sia  <j  Ir^goOO 
i  fnCi  bei  nomi  che  toiHÌ  al  pivjcntp  rcK'UuIojria:  >l;i!t|>pru,  Licbli-in.  (vU-w,  llwilloul, 
WÌ«Ipinann,\S':iili3  Buil(rc.  l'idil,  Pleylp.  Ermaii,  l^félmre,  Schi.i[iiii'i;lli,  XaMlIr,  ile  Hor- 
nicli,  Vi>n  Lemi]).  Mis*  A.  Eduaitis,  pd  alili  panvchi  per  ciA  che  m  riferisce  alla  «torìa, 
alla  li'Itpnit  1)111  *■  all'sriii  l'giii-i;  cointt  de  CifM'jc,  Sls.  Briiiircpinl.  MniimiM>:ii,  Cope 
Whiti'liou^i-,  T'iitikiii*.  Stciiiilarfr,  Alitici  ine»  ii.  in  lutto  l'Albiiui  nrin  abhinmo  trovato 
Hip  ■liif'  <^nli  iinmi  d'I  lai  in  ni.  lutti  e  din'  ri<-llii  ]mrU'  r{ritt(iloirica,  i)n(-lli  dello  Scbia* 
paivUi  e  iJt*l  P.  C.  (Il*  Can.  0ii''*li  illustri)  h  iiuuiimia  d'un  cerio  Kf»t,  porlal-i  dal» 
IT^illo  al  Mnwo  di  Firnnxp.  dilln  .Mrsso  ScfiiaiiarHIi.  Per  cìA  c)ie  s'atliene  all'Asii 
nceiJentali^  ri  sono  laiori  dnlli«inii  del  1'  Sli-i**<inier  S-  I.,  dfH'llalé»*,  del  Nviddie, 
iM  [i'-r'i-r,  del  IfcTlin.  ilpll'lhupl  e  ildriIomriK-l.  IVr  (r  Iiidii',  l'Il^lirino  Oriente  « 
l\\nit>rìc>,  occorrono  i  nninì  <l'-|  KriTi.  di  Mn\  Mi^ll^'r.  ili-l  ItMli.  Avi  de  ilatny,  del 
Hanr,  ili-l  Serrtiriir.  Per  Ir  wipiiw  iiatiirnH  splende  il  nome  del  Ae  OuatrefajH»; 
per  l'sitheologia  g-'ucrale  si  Ifsnono  i  nomi  dpi  Willwia,  du-l  i'diiti,  M  da  lliri; 
dot  I'.  Vnn  drn  C,\\p\r\  S.  I,  n)  »)tri  tTisotnma  (luest'Album  è  iiitn  cnrona  intrrcciab 
sul  capo  vein'ratido  del  I)/  Lel■mIlll^  di  119  «:ieiw.iati  di  tiitla  Rtimiu.  e  cli«  re- 
sterà, conili  srrirrva  il  I'.  ds  tiara  nrlb  sua  Nottiin.  wmjirc  Terrli*  e  imniO'rlale  Le 
quali  parole  nello  lingua  Mfi«si  ìuliana.  M  piaceva  njieleri!  il  lì.'  Leeuiai»  oelk  Lnl- 
l«ra  L'uearisiica  inviala  a  lutti  ^li  •wnilon  ilell'Albutn. 


nella  catena  arabica,  e  fronteggia  la  piaunra  di  Achmìm;  l'altra 
è  di  Utiiijio  t;ri!C>>-romano,  e  fu  stioporta  io  que^iii  ultimi  tempi, 
rieoi  di  intimmid  e  di  altre  cose  pre»io9D. 

Seaoncbè  maocavani)  notizie  esatte  ddt  perìodo  storico  ante- 
òon  alla  XVIU  dÌQ:i5tia,  lo  quali  ora,  almeno  per  l' antico  Im- 
\  ci  son  fumiti  dalla  necropoli  che  il  eh.  Autore  ebbe  la  fer- 
ia di  ritrovare,  dopocbò  era  stuta  visitata,  ma  non  iudioata  in 
'lessaiia  c&rta,  dalla  Commissione  franceae,  nel  princìpio  di  questo 
«ob.  Xò  da  quel  tompo  in  qua  vi  arerà  mai  più  posto  mente 
Tema  egittologo.  Questa  nui^ropoli  giai'e  sul  confine  Ira  la  pia- 
Biira  di  Achiniut  e  il  deserto.  Essa  stendesi  su'due  fìaochi  della 
montagna,  e  delle  tombe  scavate  nel  sasso,  altre  verso  me/!itogiorao, 
apiartennoro  alia  IV  e  V  dinastia,  altro,  tra  settentrione  e  po- 
nente, alla  VI  II  eli.  Autore  confronta  queste  tombe  con  quello 
di  Giuhf  di  SaqqaraK  dì  fieni-Hassan.  e  di  Tebe,  e  ne  chia- 
rtsoe  le  somiglianze  e  le  differenze.  Esse  furono  ab  antico 
riolat«  dagli  Egiziani,  e  poscia  ne' primi  secoli  del  Cristiane- 
simo, servirono  come  luogo  di  rifugio  a'  monaci  copti,  che  vi 
lasciarono  molti  ricordi  in  graffiti  e  in  croci  dipinte  in  rosso, 
orvero  scolpite  sulle  porU^  e  le  pareti  delle  tombe.  Illustra  poi 
gli  scarsi  frammenti  d'iscrizioni  rimastevi,  specie  quello  delle 
tombe  di  Clìemàny,,  di  Tdà  e  di  Ànyu.  Un'altra  tomba  della 
parie  sottontrionale  della  necropoli,  che  ci  riporta  al  princìpio 
della  VI  dinastia,  consiste  in  una  piccola  cameni  coperta  tutta 
di  pitture  assai  ben  conservate.  II  nome  del  dipintore  ci  è  dato 
dalla  seguente  iscrizione:  «  Pepi-senb  chiamato  Souà  dice:  io 
dipinsi  qtiesta  ton^a  dtU  padre  venerando  >  ;  <  ia  sua  moglie 
diletta^  real  favorita...  Ursetii.  > 

Altri  lavori  di  egittologia  non  si  sono  pubblicati  fino  ad  oggi 
éa  Italiani;  Tultimo  è  questa  Memoria  delle  Schiapareilì,  o  una 
Polizia  del  P.  Cesare  A.  de  Cara,  tutte  e  due  insurite  nell'-U- 
Um  di  Leida  già  ricordato.  Daremo  qui  per  intero,  salvo  l'in- 
tmdnzione,  a'  nostri  lettori,  la  Notizia  '  del  P.  de  Cara,  non 
esst:iidu  possibile  ritrovarla  altrove  che  ntAXAlbum^  il  quale  non 


■  Fltl'ìl   E  Comst.  NELLE  TAMBE  ECIZUNS. 
Sci*  XJIt.  •»/.  //.  fate.  »Mi  0 


8S  mario  181» 


82  mnsTA 

è  di  pubblica  ragione,  ma  pe'soli  scrittori  che  vi  presero  parte. 
Si  oiimttoDu  por  mancane!»  dì  tipi,  i  gorogliftci. 

<  ViveQti  e  trapassati  ebbero  fìu  dalla  piiì  remota  antichiti, 
tributo  d'onore  e  d'affetto  simboleggiato  ne' fiori  e  nelld  oroue. 
L'Egitto  (Uè  ne  porge  esempii  lucutentissiini.  <  Furono  posti  fiori 
intorno  al  mìo  collo,  secondo  che  il  re  usa  fare  con  colui  cb'egli 
favorisce'.  »  Così  nella  stela  di  Nebuaiu  al  Muiieo  di  Bulaq.  Io 
qui  accennerè  a' fiori  e  alle  ghirlande  funebri  perchè  ctisì  esigQ 
r  illustrazione  del  nostro  sarcofago.  Chi  voglia  su  questa  materia 
informay.ìoni  pìi\  ampie,  leggerà  con  profitto  la  dotta  memorti 
del  D."  Pleyte:  «  La  conronne  de  la  Jmtijicaiion.  »  (Act,  dfl 
six.  Congr.  intero,  des  Orientai,  tenu  à  Leyde,  1333,  pagg.  3-30 
(Cfr.  Miss  Amelia  B.  Edwards,  The  Academy,  Sept.  1882;  — 
SchwtMnfiirth,  Ueber  PJlamenresle  aus  aUaeffijpfischen  Grabem; 
nel  Boi'ìchtc  der  deutscbon  Botanìschen  Gesellschaft.  p.  351-371; 
—  Maspero,  La  Trouvaille  de  Deir-el-Bahari,  Toste). 

«  La  cassa  che  chiude  la  nostra  mummia,  fu  rinvenuta  net  pas 
sato  autunno  in  quella  parte  della  necropoli  di  Tebe  che  è  conO' 
scinta  col  nome  di  Sceikli  abdef-Giimah.  La  tomba  non  era  stati 
violata,  e  vi  fu  altresì  ritrovata  la  mummia  d*an  tale  chiamato 
Mahit,  chiusa  in  una  cassa  di  singolare  riccheam  e  bellozza.  I 
nome  del  nostro  defunto  è  (ìuogo  del  fferoglijieo)  Kent:  la  lun- 
ghezza della  mummia  l*"  58,  della  cassa  1*°  00.  La  maschera 
8en/.a  barba,  il  cht>  dimostra  la  falsità  dui  volitare  criterio  di  ri- 
tenere per  sarcofaghi  di  donne,  quelli,  la  cui  maschera  è  imberbft 
Dalla  qualità  e  disposizion  delle  fasce,  dallo  stile  del  sarcofago 
dal  nome  del  defunto,  si  deduce  ch'essa  appartiene  al  pili  tardi 
alla  XX  Dinastia.  Due  ghirlande  pertanto  fregiau  la  mummia 
una  intorno  al  collo,  Taltra  intorno  al  petto.  La  prima  è  coin 
posta  di  gnmi  d'orzo  germogliato  ('mali)  riuniti  in  un  feltramenta 
formato  dalle  loro  radici.  La  »!Conda  è  composta  di  foglie  di  appi 
selraggio  (apinm  graveohns).  Tutto  il  resto  della  mummia  ei 
coperto  di  rami  di  sicomoro,  e  la  mummia  stessa  riposa  sopra  tu 
graticcio  di  biist<:mcelli  legati  insieme.  Un  lungo  bastone  le  sta 
parimente  da  un  lato. 

<  Noi  conosciamo  le  diverse  specie  dì  foglie  e  di  fiori  che  so 


DKLLA  STAIPA   ITALUHA  83 

Aosi  finora  trorató  ne' sarcofìighi  egizìi,  sia  spicciolate,  sia  tn- 
te^ute  a  ghirlande,  e  ne  abbiam')  vedute  spocìalmente  ne'Musei 

Firenze,  di  I^ida  e  di  Berlino.  Le  più  comuni  sono:  VOlea 
vropaea  (Mus.  dì  Kjr.  proveniente  dalle  tuiiibn  di  Tebe);  te  tre 
vieta  del  Mìmiisops  ElengU  Kummel  e  Sehimperi  che  lo 
Ichwbinfiirtb  identifica  cen  la  Persea  degli  antichi';  la  .Vym- 
Àaea  caeruha,  V Acar.ia  nilotica,  il  Carthimus  (ittctortus^ 
Aleea  JkifoUa,  il  Salìx  sa/saf;  il  Detphinium  orieHtaUy  la 
ìtsbattia  aegyptinca;  la  Parmelia  furfuracsa,  il  Chrìjsantìm- 
Nuin.  la  Centanrm  depressa  (Mas,  di  Pir.):  la  Ceruana  pra- 
fHSfS  (Mus.  di  Fir);  la  Vitis  vinifera  (Mus.  di  Fir.);  la  Afentka 
iafriia  (Mus.  di  Fir.).  Resta  ora  a  vedere  so  i  rami  del  sico- 
IPii  trerati  dal  nostro  amico  Prof.  Scliiaparelli,  non  solo  in  (ine* 
cassa  del  defaoto  KetU,  ma  in  altre  tombe  eziandio  della 
epoca,  e  in  *ran  quantità,  possano  avere  un  particolare 
i^DÌRcato  relativo  a  qualche  credenza  religiosa  degli  antichi 

;i»iani. 

«  Certamente  il  sicomoro  è  connesso  nel  simbolismo  egÌKÌo,  con 

purìfìeazione  dell'anima  e  il  coaseguimonto  dell'immortalità. 
nfatti  la  dea  Kut  o  la  dea  Huthor  versano  l'acqua  al  defunto, 
endeodo  le  braccia  dal  sicomoro.  (Cfr.  A.  "VViedemanu  Tlierati- 
che  Tejcte,  pag.  4  e  Tav.  LI.  —  Due  stele  del  iluseo  di  Fi- 
ed»  che  portano  rispetlivamentti  Ì  numeri  d'inventario  2593 

2591).  La  doa  Hathor  è  chiamati!  su'mouiinionti  signora  del 
ieomora.  (Cfr.  E.  Schìaparelli  :  Il  signijìcato  simbolico  delle 

iramidi  egiziane,  pag.  15  u  30,  dove  ò  citata  l'iscrizione  di 
Hotephiris  sacerdote  di  Hatìior,  signora  del  ificomoro,  da' J/as^ 
bI  Uariette  pag.  90.  Àgginngi  che  il  defunto  riceveva  la  co- 
vsa  dì  giusti  fi  cazioDe  sotto  l'albero  del  sicomoro,  all'ingresso 
lall' inferno  o  dell'occidente,  come  risulta  dal  cap.  97  del  Libro 
le' morti,  dove  è  d«tte:  e  Afis  en  éqmììbrfpar  la  divine  coìt- 
'ùnne  sohs  le  sycomore  »  come  traduce  il  nostro  amico  U.'  Pleyte 
iella  Memoria  da  noi  citata,  pa^.  9. 

<  Non  6  dunque  inverisìmile,  anzi  mi  par  molto  probabile, 

•  «  L"o  noyaa  lic  Hfìmvsnps  Schimperi  Hochil.  {Ptrsea  des  unciens).  i  BiilIcUn 


84  RIVISTA 

cho  l'uso  di  coprir  la  mummia  con  ramoscelli  di  sicomoro,  arosse 
avuto  UD  slgaincato  simbolieo  religioso,  all' epoca  almeno  delti 
nostra  mu  tamia.  » 

Bai  fin  qui  detto  non  è  malagerole  formarsi  nn  concotÈo  ren 
del  presento  sUto  dogli  studìi  egittologici  in  Italia.  Ije  tradi- 
zioni dol  Rosellini  vivono  ancora  fra  noi,  e  non  mancano  opere, 
doUe  ([ualì  egli,  senza  difficoltarsi  dicliiarerebbi)  volentiori  l'Au- 
tore. Ma  pt)r  l'Italia  che  p>3sìede  ben  cinque  Musei  di  antichità 
egizie,  non  ancora  illustrate  nella  massima  parte,  il  già  fatto  non 
può  dirsi  molto,  o  quel  cho  piiì  ci  duole,  non  si  vede  oggi  nolli 
gioventù  itiLliana  umoro  por  la  scieam  egittologìca,  e  si  ò  forse 
spento  in  quo*  pochi  e  valenti,  che  in  essa  forse  sì  sarebbero 
rosi  illustri,  qualora  il  Cluveme  gli  avesse  posti  in  condizione  di 
prosegairo  i  loro  onorati  studii. 

IL 

Sancii  Thomae  Aqninatis  Doetoris  AngfUci  OprswxxA  philo- 
sopiiici  ET  TiiEOLOfiicA  ad  usutn  Studiosae  luventutis  sekcta 
et  iuxta  ordinem  rerum,  quae  in  Schotis  tractanlur,  nunc 
primum  digesta  et  exada.  Acceduni  QciEsnosK  Qi'odlibb- 
TkhSi.  Edilio  accurate  recogniia  et  nonnullis  (fuaestiwtihus 
et  scholiis  aucla  a  Micuìelb  De  Hisia  S.  1. 1»  Pontificia  Uni- 
versiiate  Gregoriana  Philosophiae  Professore.  Tro  grossi  vo- 
lumi in  grande  ottavo:  il  primo  di  pagine  XXVI-555,  il  se- 
condo di  pagine  6H,  il  terso  di  pagine  600.  Prezzo  L.  15. 

L' egregio  Professor  De  Maria  ha  aelo  sì  acceso  per  la  pro- 
pagazione della  dottrina  filosofica  di  san  Tommaso  d'Aquino,  che 
ben  potrà  veuiru  pareggiato  da  altri,  ma  da  ninno  superato.  Xon-J 
contento  d'infonderla  colla  voco  ne* suoi  numerosi  uditori,  appar-j 
tenenti  alle  principali  nazioni  d'Kuropa  e  di  America,  ha  volte  lei 
cure  a  propagarla  colla  diffusione  do'preziosì  volumi  in  cui  quellM 
ò  contenuta.  Por  tale  scopo  nou  solo  fé*  venir  dalla  Francia,  daei 
anni  fa,  più  centinaia  di  copie  dello  duo  Somme,  la  leol(^ica  6 
la  filosofica,  con  grande   riduzione  di  prezzo,  acciò  i   giovani 
studenti  potesst!ro  più  facilmente  acquistarle;  ma  l'anno  scorso 


fe'rist»mparc.  sotto  il  suo  indirizzo,  in  ele^anto  ma  economica 
eàmuno  i  i^uattro  volumi  dello  Quistioni  Disputate,  aggiuntovi 
rOpuscoIu  De  Ente  ei  Esseniia  col  famosi  commenti  d«l  celebre 
Cardinal  Gaetano.  A  cunipimonto  dell' opora^  ha  curato  ora  una 
fiiidi/.io9a  rac-culta  de*più  rilovanti  Opuscoli  fìlofio6ci  e  teologici 
dui  Sunto  Dottore,  colla  giunta  dei  QuodliheU. 

Volendo  nei  di  questa  oolIezloDe  dare  qui  conte7.za  ai  nostri 
lettori}  cominciamo  dal  notare  ta  sagacia  del  Do  Maria  non  solo 
aeUa  scolta  degli  Opuscoli,  ma  nell'ordine  in  cui  lì  ha  disposti, 
e  negli  aiuti  onde  li  Iia  confortati  pur  fanlit;irne  rintiìlli!;<3nm. 
Egli  nei  primo  volume  lia  raccolti  tronta  opuscoli  fìlosofiei,  di- 
stribuendoli in  modo  rispondente  all'ordino  che  suol  tenersi  nelle 
scuole  quanto  alla  trattazione  delle  divyrao  miUerie.  Prima  i  logi- 
cali, poscia  gli  ontologici,  t^uindi  ì  fisici  e  psicologici.  Il  secondo 
Tolumc  comprende  l'opuscolo  De  regimine  Prluripum  e  le  qui- 
stìonì  Quodlibetali,  in  cui  bene  spesso  sono  svolte  ''on  grande 
acume  dottrine  di  gravissimo  momeato.  Il  ter^o  volume  contiene 
sotte  opuscoli  teologici,  l'ultimo  do'i^uali  ('De  pulcio  et  bono) 
TÌeue  qui  pur  la  prinm  volta  aggiunto  agli  Opuscoli  di  san  Tom- 
Buso,  dopo  la  acoperta  fattane  dal  solertissimo  Abbate  Uccelli  ; 
il  che  vuol  dirsi  altresì  della  terza  parte  dell' opuscolo:  De  più- 
ralitate  formarum.  Per  comodo  poi  de*  lettori,  su  ciascuna  pa- 
gina si  è  ripetuto  il  numero  ed  il  titolo  di  ciascLiu  opuscolo,  e 
il  capo  0  r  articolo  che  vi  corrisponde. 

A  tutta  l'opera  il  Do  Maria  ha  premessa,  in  elegantùssimo 
Latino,  Dna  dotta  prefazione  De  fontibus  et  excelìentia  disci- 
plinae  Docioris  Angelini.  In  essa  luminusamonte  si  dimostra  la 
«aperìorità  della  filosofìa  di  Aristotele  sopni  quella  che  la  pre* 
cedette,  dal  primi  fisici  o  filosofi  naturali  fino  a  Piatone  suo 
maestro;  e  la  sapienza  di  san  Tommaso  nell'averla  saputa  sca- 
gliere  e  interpretare  e  svolgere,  e  comò  a  dire  battezzarla  r^n- 
dead*,i|a  nmile  ancella  della  rivelazione  cristiana.  Aristutile,  ap- 
peUat«>  il  fìlusufo  per  ecciìllimza,  con  incrodìbilet  acume  speculò 
sopra  lo  cosa  tutte,  ragioaaudo  del  mondo,  dell'uomo,  di  Dio 
mtflre  «  governatore  dell'universo,  e  abbracciando  nelL'ampìe/.za 
della  sua  mente  quasi  tutte  le  svariato  disciplìae  che  formano 


86  UVIBTA 

il  patrimonio  della  scienza.  Beo  può  dirsi  (giustamonte  osserra 
il  Dt!  Maria.)  esser  egli  pervenuto  a.  qimlla  summità  del  sapere,  a 
cui  la  mente  umana,  priva  del  lume  della  fudo,  poteva  pervenire. 
Onde  alcuni  Santi  Padri,  commossi  alla  vista  di  tanta  e  sì  so- 
blimo  dottrina,  fra  le  tenebre  del  paganesimo,  ebbero  a  dire  che 
la  peripatetica  filosofia  fu  come  un  preambolo  e  una  preparazione 
alla  dottriua  ovanguLic:i. 

Da  tiuita  a!tez/.a  di  razionale  scienza  S.  Tommaso  pigliando 
le  mosse,  e  purgatala  dallo  pecche  a  cui  l'umana  fralozsa  noa 
poteva  sottrarsi,  ed  illustratala  colia  luce  della  fede  divina,  a 
co' dettati  della  sapii^n^^a  de' Padri,  giunse  a  fornure  un  sistema 
di  fìlosoGa  e  teologia  cristiana,  che  costituisce  il  piil  valido  ba- 
luardo della  religione  contro  gli  assalti  dell' empietà  e  dell' er- 
rore. Il  secolo  stupefatto  non  seppe  salutarlo  altrimenti  che  col 
Dorui!  dì  Angelu  delle  scuole.  Le  lodi  di  tanto  Dottoro  sono  svolto 
ampiameute  dal  De  Maria  con  argomenti  o  mm  tostimunìanzo 
de' Papi;  tra' quali  sì  segnala  io  modo  singolarissimo  il  regnuut« 
Pontefice  Leone  XIU,  cho  colla  sua  immortale  enciclica  Iluma' 
num  genus,  richiamò  gli  animi,  miseramente  sviati,  agli  am- 
maestramenti di  un  tanto  Dottore.  All' autorità  de'Pontefìci  tiea 
dietro  quella  de'pirt  grandi  maestri  io  divinità,  tra'  quali  il  Cardi- 
nale Pallavicino  parlando  di  san  Tommaso  dico  co.sl:  SetUio  quir 
(lem  in  me  tanti  Seriptoris  pretium  una  cum  aetate^  sed  longe 
sìipra  aelatin  incrementa^  crevisse...  Praeclare  meeum  eqìt  di' 
viìia  bonitas,  qtiod  me  vocarif  ad  eam  religiomm  cahoriem^ 
qttae  iiibelur  Angelici Praecef^oris  tììeologiam  segui;  eam  enim 
sequerer  vel  iniussus,  immo  vix  non  sequerer  vel  pfohibr'ttts; 
certe  perinde  sequerer  scriptoris  aucioritate  nikil  Ulectun^  stfi 
cìiitisnam  e-a  essei  ij^narus.  Nimirum  egregia  scripta  ceti  vtna, 
soli  qiuxmquam  inceriì  sint,  cum  sapore  pretium  ferunf.  lamr 
r-ero  hae  postremi  huius  anni  dispuialioties,  qnas  e  suggesiu 
dicittviy  et  qìiarum  lihi  summam  dico,  plus  aìiquanto  quam 
superiores  editae  a  tne,  Ubi  Aquinaiem  redolebunt:  quo  faU' 
topere  nunc  deleetor,  vix  ut  alium  e  scholasiicìs  diu  teram 
sine  fasiidio.  Non  quod  in  ceteris  ntìtUa  non  l'nceniam  et 
ignota  mihi  et  oppido  pulcra;  sed  alia  plnra  et  ìonge  pul- 


DELLA  STAKPA  ITALIANA  B7 

criora  me  ìiivetituntm  fuisse  inielligo,  si  Divo  Thomae  tempus 
illttd  impendissem.  Quis  auletti  piscatoHs  eonsUium  proòaret, 
qui,  omisso  vivario  certissimam  lectisshnnmque  praedam  poi' 
licentef  in  fluvio  -potius,  rpmmqiiam  piscoso,  reiia  fot'tunae 
mmmiiieret?  Id  ex  me  saejìe  andiunt  qukumque  me  saepe  att- 
diuni.  Quamvis  tanta  ifit  Divo  Thoìnae  et  seciatorum  frequen- 
tia  et  i<iudatorum  approbatio,  utrumque  (amen  adeo  infra 
mtriiHm  mihi  pideri,  ut  inde  eommnnetn  humana^  perspìcien- 
tiar  tftìuiiait'm  rei  aspernari  cogar  mt  minerari  '. 

Ma  la  parte  più  importante  del  lavoro  del  De  Maria  ci  sembra 
qaella  dello  note  o  dolio  quistioni  dottrinali  e  critiche!,  da  luì 
fìiltd  sopra  molti  opuscoli,  intorno  alla  lot>7  autenticità,  al  concetto 
oDde  sono  informati,  alle  provo  dal  S.  Dottore  recate,  e  alle  obbio- 
noni  ohe  sì  proposero  dagli  aTTi?rsarii.  Questa  parte  noi  toglie- 
remo a  s*)ggetto  dì  (luttsttt  nostra  rivista;  e  por  non  allargarci 
di  troppo,  ci  restringeremo  a  due  eoli  opuscoli:  quello  cÌo^  De 
ente  et  essentia^  o  quello  De  pluralitate  fonnarum.  Comìnciiimo 
dal  primo. 

Como  ognun  sa,  in  questo  opuscolo  son  contentiti  ì  prìncipii 
ontologici  e  fondamentali  della  filosofia  di  S.  Tommaso.  Il  De  Ma- 
ria dopo  aver  dato  un  breve  prospetto  delle  materie  che  vi  si 
trattano,  prende  a  chiarire  alcuni  punti  dì  somma  importanza. 

1.  Qual  è  Stìoondo  san  Tommaso  il  primo  cognito?  L'anima 
umana,  come  rinfima  delle  inteltigcn/iU,  prrchò  ordinata  ad  ia- 
liBrmara  il  corpo,  è  io  potenza  alla  cono8ceu7.a,  la  quale  dev'alia 
prucacciarsì  per  astraziono  dagli  obbietti  sensibili.  Dovendo  uscire 
dalla  potenrt  all'atto,  prima  perviene  alla  oiiiosconiìa  iiiiperfotta 
e  poscia  alla  perfetta,  È  questa  la  leggo  d'ogni  generazione: 
non  pervenire  all'atto  perfetto,  se  non  per  gradi.  Or  la  conoscenza 
è  tanto  piì)  imperfetta,  quanto  ò  più  universale,  percbf)  meno 
distinta.  Donque  il  primn  atto  conoscitivo  dell'anima  umana  è 
quello  che  riguarda  un  oggetto  unìversalissirao;  e  questa*  è 
l'ente  *. 


l 


'  E(ii<tnla  nnncupaloria,(|aiini  .Min  libro  TM  f^ncramenlo  paeniteniiae  [>r»t{ì\il. 
'  Vnli  »ot.  I,  pnp-  fti.  Ik  origine  et  ordine  coffniticnis,  aeu  dt  primo  ca- 
$nitó  noetri  intelleelu».  QUAESTIO. 


88  RirtSTA, 

Né  si  oppimga  che  Tonto  siguificando  ciò  che  ha  un* essenza, 
non  prestìiiU  la  massi  nui  sirapliciU,  richiesta  noi  primo  cognito. 
Più  semplice  sarebbe  l'essenza;  e  però  riaesta  dovrebb' essere 
il  primo , oggetto  della  mente,  non  l'ente.  A  ciò  ai  risponde  che 
essendo  proprio  della  mente  umana,  come  si  è  detto,  raccogliere 
la  sua  cognizioni.'!  dalle  cose  sonsibìli,  lo  iiiialì  son  composte  non 
Homplicì;  essa  ^  naturata  a  conoscere  prima  il  composti)  che  il 
semplice.  Ondo  il  suo  primo  oggetto  ò  bensì  nn  nnirersalissimo, 
ma  ravvisato  a  modo  non  di  semplice  ma  di  composto;  il  che 
appunto  sì  avvera  dell'ente. 

Nel  resto  l'essenza  non  ci  offrirebbe  maggiore  semplicità  di 
concetto;  perehAcome  l'onte  non  può  apprendersi  senza  l'essena, 
essendo  id  guod  habet  e$.tentiam;  così  ancora  l' essenza  non  pn5 
apprendersi  senza  l'ente,  essondo  id  quo  determinalnr  evs.  Am- 
bìdiiB  adunque  congiunti  insieme,  Tuuo  m^  i/ihìiÌ  est^  l'altro  ut 
quo  est  id  qìwd  est  formano  nn  solo  oggetto^  che  preso  nella 
sua  massima  astrazione  è  il  primo  cognito  rispetto  a  noi,  né 
pu&  risolversi  in  obbietto  più  semplice.  Fnfellerfus  nnst^r,  dice 
san  Tommaso,  a  sensibilibus  inUium  sumens,  ilium  ntodum 
noti  ira'isc^nditj  qui  in  rebus  sensibìlìhus  invenitur;  in  quihtts 
aliud  est  forma,  et  habens  formam.  propler  /ornine  et  mat^ 
riae  compositionem.  Forma  autem  ìn  hìs  rebus  invenitur  tjui- 
dem  simplex;  sed  non  per  fede,  utpofe  ijon  i;ubsìstenfi.  flabens 
aulem  formam  invenitur  guidem  substsiens  sed  non  simplex^ 
immo  coTtcrefionem  habens.  (Inde  iniellecttts  nosler  quidquid 
siffnijicat  uf  substsiens,  in  concreiione  signijicat;  quod  nuiem 
ut  simplex,  non  ut  quod  est  sed  ut  quo  est  (C.  G.  lib.  I,  e.  30)  '. 
Ora  il  più  vicino  alla  conoscenza  ìi  il  subsistens,  ciò  che  vien 
significato  ut  quod  est^e  però  è  l'ente  non  l'essenza. 

2.  Nelle  sostanze  composte  l'essenza  non  dice  nò  la  sola  ma- 
teria nò  la  sola  forma,  ma  il  risultato  di  entrambe;  perchè  esso 
è  propriami^nto  il  subbietto  attuato  riall' esistenza.  E  vagliai! 
vero,  la  sostanza  composta  non  si  dice  tale,  perché  l'esistenza 
sua,  ossia  il  suo  ultimo  atto  (esse)  che  la  pone  in  si^,  fuori  della 
causa  effettriee,  sia  composta.  Se  così  fosse,  svanirebbe  la  sua 

*  Velli  png.  !S8.  ScHoiJùif.  l'nopONiTCR  buftiCM, 


DELLA   STAMPA  ITALIANA 

unità  sostiiD7.iaIe,  porche  T unità  procede  dall'uno,  ed  uno  non  è 
pr^iprìaomute  so  non  ij  semplice.  L'esistenza  duniuo,  la  qaale  dà 
(Mtesta  unità,  non  può  e.ssoro  cbo  soinplico.  Enne  (acconcia menta 
s&n  Tommaso)  neque  particìpat  aliguid^  ui  eius  ratio  consti- 
Uiatur  ex  muUis,  neqtui  kab^  aliquid  exlraneum  admiztum... 
tt  idee  IpsH/n  esse  non  est  cotnposilnm  (in  Boef-hinm  de  Hubd. 
l'^t.  2').  Dunque  la  composizione  in  siffatta  sostanze  dere  tro- 
Tarsi  aeiroasens».  che  riceve  l'esistenza,  e  corno  subbietto  ri- 
cettivo la  restringe  a  tale  o  cotale  natura.  Si  8ubsiantìa  (dice 
egreglautjnte  il  De  Maria)  appellalur  composita^  hoc  non  ai- 
gnijicat  ipsam  aciaari  osse  aliguo  composito,  sed  sofum  de- 
notai ip^sam  habere  parks,  (jutte  cui  xmitatnn  essindi  evehuit- 
tur  per  essa  quoddam  simplex  et  unum.  Hoc  paclo  unitati 
substantiali  egregie  consulitur;  na$tt  diver$ae  parfes  sttbstatì- 
tiae,  coagin-^niatae  unico  esso,  const/ttmttt  ch-s  et  unum  per  se. 

Di  qui  risalta  un  nuovo  argomento  in  favore  delta  reale  di- 
stinzione tra  l'cssousa  e  l'esistenza  '.  £  poichò  è  questo  un 
punt)  di  gravissimo  momento  nella  dottrina  di  san  Tommaso, 
il  Dtt  Maria  ne  tratta  espressamente  in  una  luoga  nota  che  ap- 
pone al  primo  opuscolo  della  sua  raccolta  '. 

3.  Tra  i  recenti  avrersarii  di  questa  distinzione  reale  del- 
l'esistenza  dall'essenza  nelle  cose  creato,  ci  ha  non  pochi  i  quali 
sostengono  non  averla  san  Tommaso  in  nessun  luogo  insegnata. 
Imperiicchò  l'unico  luogo,  che  putrebbe  allegarsi,  ò  riuollo  del 
dianzi  citato  opuscolo,  e  questo  opuscolo  evidentemente  è  spurio. 
Due  cose  sono  qui  dette:  Tuna  che  quest'opuscolo  non  è  lavoro 
di  san  Tommaso^  l'altra  che  solamente  in  esso  si  aGTurma  la 
pretesa  distinzione:  In  creaturis  esse  essentiae  et  esse  adualis 
(xsistendae  dìfferunt  realìtcr. 

Quanto  alla  prima  il  De  Maria  concede  potersi  prudentemente 
dubitare  delle  genuità  del  detto  opuscolo;  perchè  quantunque 
contenga  ottima  dottrina  e  conforme  al  Santo  Dottore,  nondimeno 
il  suo  stilo  sì  dilunga  da  quello  di  san  Tonitiiaso,  per  essere 
bene  spesso,  oscuro,  coutorti>  e  rotto.  Ma  la  seconda  è  falsissima. 
fosso  vera,  lo  Scoto  e  i  suoi  discepoli,  osteggiando  quella 


'  Vrdì  Tul.  I, 


t'Ai.  ScilOI.IOTf. 


Paf.  23,  OfOK.  I,  Lofficat  SummaCy  UacL  II    cnp.  XI. 


^  RIVISTA 

distinzione  come  tenuta  da  san  Tommiiso,  uvrobbero  preso  lue* 
cìole  per  lanteruo.  Avróbben)  inoltre  errato  tutti  i  segaaeì  di 
Boa  Tommaso,  in  i  qimli  il  Pallavicini  dice  che  qnolla  dii{tÌD> 
zione  è  familiare  al  Santo  Dottore  o  tenuta  dal  medesimo  amie 
certa  e  fondamontale.  Il  Cardinal  Toledo  poi  ed  il  Tifano,  benché 
non  l'ammettano,  confessano  nondimeno  che  essa  è  iusognata  da 
san  Tommaso.  Au7.i  il  Tifano  proferisce  questa  iucisÌTa  seulunm 
contro  coloro  i  quali  negano  o  mettono  in  dubbio  che  quella 
reale  distinzione  sìa  insegnata  dal  Santo  Dottore:  Quod  exi' 
sfentiam  in  creainris  rb  diaiinguai  ab  essentia,  ìd  vel  negare 
vel  in  diibium  rerocare  bomiuis  est  impmìentis  vel  in  eitu 
doctrina  peregrini.  Ma  Tenendo  ad  argomenti  diretti,  ìl  De  Maria 
mostra  con  tutta  evideu^a  come  dai  ragionamenti^  che  san  Tom- 
maso istituisce  sopra  le  perfezioni  divine,  e  la  diversità  funda- 
mentale  delle  creature  da  Dio,  risulta  la  fermissima  sententi 
di  lui  intorno  alla  dÌ3ttn;:ìone  roale  tra  l'essenaa  e  l'esìstenxft 
nelle  creature.  Non  ammessa  tal  distinzione,  quei  ragionamenti 
non  avrebbero  senso. 

Ma  per  convincere  ogni  animo  riottoso  alla  forza  del  discorso» 
reca  varii  passi  del  Santo  Dottore,  nei  quali  quolla  reale  distin- 
zione Ò  formalmente  asserita.  Xol  Commento  al  libro  di  K.te-m 
De  hehdonuuUhtts  lezione  seconda  à  detto;  Esi  ergo  considvran- 
dum  qttod  sicut  esse  et  quod  est  differunt  in  simplicibus  se- 
cundum  inteniionem,  ii<i  in  coinposiiìs  differunt  realiter... 
Deinde  cum  dicil  —  Omne  simplex  esse  simm  et  id  quod  esfc 
unum  iuxbet  —  ostendit  qualiter  se  habet  in  simplicibiis  ih 
quibus  necesse  est  quod  ipsum  esse  et  id  quod  est  sit  unum 
d  idem  realit«r.  Si  enlin  esset  aliud  realiter  ìd  quod  est  et 
ipsum  esse,  iam  non  esset  simplex  sed  compositum...  Hoc  a«- 
fem  simplex  unum  et  sublime  est  ipse  Deus.  Nel  primo  poi 
delle  Sentenze,  Distinzione  KIX,  q.  2,  a.  2,  è  detto  :  Actus  qui 
mensuratur  aevo,  scilicet  ipsum  esse  aeviierni,  differì  ab  «o 
cuius  est  actus  re  quidem,  sed  noii  secundum  raiìonem  sttc^ 
Cfssionis,  quia  utrumque  sine  successione  est.  Et  sic  eiiam  est 
intelliffendn  differentiu  aevi  et  nunc  eius.  Esse  atttem  quod 
tnensttraiur  aefernìiate  esi  idem  re  eum  eo  cuiits  est  actus,  sed 


9t 

Mffert  tantum  rafìone,  et  ideo  aeteniHas  et  nane  aeternitaiis 
non  riifferunt  re  sed  rottone  tantum.  lofioe  nello  Quìstiooi  Di- 
sputato alla  Questione  XKVIC  De  veriiaie  articolo  primo  nella 
rìspodU  alla  obbiezioDe  ottava  ò  detto:  Owne  tjuod  tal  in  ge- 
nere Sì^taniiae  est  composUiim  reali  eomposìtioite,  eo  tjuod  id 
quoti  ffirf  fri  praedicamento  sub^antiae  est  in  s\w  esse  subsi^ 
»itiis  et  oportet  quod  esse  suum  sit  alind  quam  ipsum  ete. 

Bene  osserva  il  Pnilavjcìao  che  ogni  obbiezione  che  si  muovo 
eontro  la  distinzione  re»lu  deiressonm  dall' esistenr^  nello  nrea- 
tnre,  nasce  dii  questo,  che  essendo  gli  nomini  assuefatti  a  trat- 
tare mediante  ì  sensi  e  noreraru  soltanto  ì  sussistenti  indivi- 
àxaXxy  difficilmente  concepiscono  che  una  cosa  sia  ut  quo.  senza 
cho  la  concepÌBceDO  al  tempo  stesso  ut  quod.  E  per  questa  stessa 
ragione  i  filosofi  anteriori  ad  Aristotile  e  molti  tra' moderni  ne- 
^no  la.  distinzione  degli  accidenti  dal  loro  siibbietto,  e  tutto 
ridaeoDo  ad  atomi  non  e«mposti  '.  » 

■  4.  L*altrn  punto  rtlevautissimo  è  quello  che  riguarda  il  prin- 
eipìo  d'individaa/.ìone,  ossìa  la  radico  della  moltìplicitib  d'indi* 
vidui  nella  stessa  specie.  Il  Jourdain  nella  sua  esposi/ione  della 
filosofìa  di  san  Tommaso,  taccia  qui  il  Suutti  Dottore  d'inutile 
suttiglie;:xa.  Ma  se  una  quistione  per  essere  astrusa  e  sottile 
deve  trasandarsi,  eonverrfi  duro  un  addio  alla  scienza  filosolìca, 
la  quale  cerca  le  euuso,  e  tale  ìnqiìtsizìotio  non  può  non  essere 
sottile  ed  astrusa.  Cho  poi  la  pres'.mte  quistione  manchi  d' uti- 
lità, non  puft  dirsi  se  non  da  chi  non  pensa  cho  essa  ò  stretta- 
mente connessa  coU'immortalità  dell'anima  umana,  e  vale  a  ri- 
battere  l'errore  di  quelli  che  stoltamente  opinano  con  Averroe 
le  anime  Fu^jiarat-e  dai  loro  corpi  confondersi  in  un  solo  essere. 

Il  De  .Maria,  dopo  aver  mostrato  la  lotta  ch'ebbe  a  sostener 
san  Tommaso  per  questo  capo,  espone  limpidamente  la  dottrina 
del  Santo  Dottore.  Le  forme  separate,  cioè  esistentì-in  loro  stesse, 
tuo  possono  moltiplicarsi  numoricamente  nella  stessa  specie.  Se 
ri  moltiplicassero,  la  causa  della  loro  scambievole  distinzione 
dorrebbe  essore  una  differenza  formale  j  e  la  differenza  formale 
ri  dà  ana  specie  diversa,  non  un  indivìduo  diverso  in  identica 

*  Pa^.  f3  M  primo  ioIddki. 


99  RIVISTA 

specie.  Neppure  possono  elle  molti  pli'-arsi  por  una  qnalclie  acd* 
(lenza,  perche  l' uccidente  presuppone  la  sustan/ji  z\^  indÌTÌdinU 
ed  esso  stesso  s'individua  in  quanto  inerisce  in  individuo  so- 
stanze. Dunque  le  forme  appartenenti  alia  stisisa  specie  Qdd 
possono  muUipiicu.rsi,  se  non  pRr  ragione  do' loro  subbietti,  Tale 
a  dire  della  utatoria  in  cui  sorgono  per  aziono  di  agente  fìsìco, 
0  a  cui  sono  ordinate  se  lattasi  di  forma  spirituale,  non  pro- 
ducibile che  per  creazione  divina,  come  è  Tanima  umana.  For- 
mae  indiv{dua»iur  ;<uis  subieetìs.  Ma  qual  è  questa  materia, 
principio  e  nidicc  d'individuazione  dello  forme?  Porse  la  ma- 
teria riguardata  di  per  sé  in  quanto  ìa^,  materia  eommunis? 
No;  questa  prescinde  ancor  essa  da  individuazione,  ed  è  iadif- 
ferento  a  trorarsi  in  qualsiasi  indivìduo.  Il  principio  d'indÌTÌ 
duazione  dev'esserti  la  materia  desiff»ata  o  sif/nata,  come  or- 
dinariamente rappella  san  Tommaso,  cioè  la  materia  in  quanto 
è  questa  o  non  altra,  haec  caro  et  haec  ossa,  non  già  caro  tt 
ossa  in  generale.  Uà  d'onde  avviene  che  la  materia  sìa  ^uea/i 
e  non  altra'f  Avviene  dal  suo  stare  kic  et  nunc  sotto  detormì 
oate  dimensioni,  ossia  sotto  data  quantità,  essendo  strettissima 
la  connessione  tra  le  quantità  e  la  materia,  per  essere  la  quantità 
r  affezione  prima  e  TacLÌdenta  primo  delle  cose  materiate.  Qn» 
giunti  non  è  dato  procedere  più  oltre,  perchè  la  quantità  ò  dì- 
visibile  per  3à  stessa,  e  quindi  moltiplicabile  e  individuabile  per 
so  stessa.  Si  ascolti  san  Tommaso.  Jlabet  hoc  proprìunt  quantiUu 
dimeìisiva  inter  accidentia  reliqua^  gtwd  ìpsct  secundum  se 
dividuaittr;  quod  ideo  est,  quia  ftositio  quae  est  orda  pariium 
in  to/o,  in  eiits  rotione  includìtitr:  est  enim  qiiantifas  posi- 
tionem  habens.  l'hìnunujue  autem  inietligHttr  diversUas  par- 
tium  eiusdem  speciei^  neaesse  est  intellirfi  individuaiioìxem; 
nam  qtioe  stint.  nnius  speciei  non  mitUipUcantur  nisì  seetM' 
dum  individuitm:  et  inde  est  quod  non  possunt  apprehen^i 
mtittae  albedìnes^  nisì  secundum  quod  sunf  in  dirersis  su 
biectis,  possunt  autem  apprefiendi  muHae  lineae^  eiiamsì  se- 
cundum  se  considerantur :  div&'stis  enim  st'/rtó,  qui  per  se 
lineae  inest,  ad  pluralitatem  linearum  sttficiens  est.  Et  quùt 
quantitas  dimensiva  de  sui  rottone  ftabet  unde  multiplicatio 


DILLA  STAMPA   ITALIANA 


93 


tndìviduornm  in  eadem  specie  possìi  accidere,  prima  radix 
\uinsniodi  muUipiicatiotìis  ex  dintensione  t-sse  videiur,  quia 
il  IH  genere  substanita*^  mvltiplÌ<MtÌo  fit  secundum  divìsiomm 
ìiaifTÌne,  quae  nec  intellitfi  possei  nisi  secundum  (jiiod  ma- 
ina srih  dimensionibuìi  consideratur;  nam.  remoia  (juanlilaU, 
mitìfaufia  omnia  remanei  indivisibilis  '. 

lì  l>e  Maria  epiloga  cosi  la  sua  dìscettaKione:  I.  Ogni  co3a, 
Nnnd<f  che  ha  Tessere,  lia  la  sua  indiriduazione.  2.  La  causa 
rima  è  lo  stesso  suo  es^iere;  dunque  ò  la  st«ssa  sua  ìndivì- 
luzione.  cioè  s'individua  per  la  purezza  stessa  del  proprio  os- 
erà. 3.  Le  sostanze  sempticl  ricevono  Tessere  nella  stessa  es- 
eoa;  duaqne  s'individuano  per  la  stessa  loro  osseuza  o  semplice 
arma.  4.  Le  sostanze  oompiiste  non  ricevono  l' essitre  meramente 
tell^essenza.  ma  nel  sabbietto  che  aggiunge  qualche  cosa  sopra 
'eissenza;  dunque  non  sono  singolari  por  loro  stesse,  ma  per  ciò 
lode  divengono  subbiotto  dell'essere,  ó.  L* essenza  diviene  sub- 
Inetto  deir  esaere  per  la  materia  segnata,  ossia  per  la  materia 
Inetta  da  detcrminata  quantità;  dunque  la  materia  seg'natii,  cioè 
la  materia  in  quanto  soggiace  a  tale  o  ratal  quantità,  è  il  pria- 
àpio  d* individuazione  nelle  cose  corporee'. 

Né  alcuno  quinci  inferisca:  Se  la  radico  delT  individuazione 
\  la  materia  segnata,  e  però  T  anima  umana  è  individuata  per 
'ordin..'  a  tale  o  cotal  corpo;  dunque,  cessata  Tunione  con  esso, 
Eessa  in  lei  T individuazione.  Imperocché  altro  è  Tordine  a  una 
BDsa,  altro  è  Tattriazione  efTettiva  di  esso  ordine.  Gesisando  l'unione 
pceaa  Vattuazìone  effettiva  delTordine  che  T  anima  ha  al  corpo, 
kb^iion  cussa  Tordine  stesso,  il  quale  è  intrinseco  a  tei  e  non 
Pwito  realmente  da  lei;  perchè  appartiene  alla  stessa  sua  es- 
tà, essendo  essa  essenzialmente  forma  del  corpo  e  però  essen- 
Bàlioente  ordinata  al  corpo. 

Diciamo  ora  qualche  cosa  dell'altro  magniflco  opuscolo,  quello 
àie  intitolato  De  pturalifak  formarum,  appellato  aureo  dal 
bttìssimo  Cardinale  Toledo.  La  dissertazione  sopra  di  esso  del 
le  Uarìa  abbraccia  due  parti:  Tuna  il  contenuto  ossia  la  ma- 
teria del  dotto  opustulo,  l'altra  la  sua  autenticità.  Quanto  alla 

'  Cantra  GfntiteM,  lib.  lY,  e-  G.1. 
•  l'affi.  547-50, 


IL. 


94  RIVISTA 

prima,  Passaoto,  preso  a  trattaro  dal  Santo  Dottore,  si  à  la  4 
ftiUuione  di  coloro,  i  qaali  aminetteTano  potersi  dare  uoità 
sostanza,  bonchò  molte  fossero  le  forme  attuanti  la  materia.  Di 
una  ^  la  sostanza,  una  è  la  forum  sostaomle.  8.  Tommaso 
dimostra  con  triplice  argomentaKionc.  La  prima  è  tolta  di 
gradazione  e  distinzione  scambievole  delle  forme  sostanittali] 
seconda  dulia  ragione  di  entità;  la  terza  dalla  ragione  di  un: 

Le  formi;  sostansiali  ì.tanQo  tra  loro  come  i  numeri  e  le  figi 
Ija  superiore  contiene  Tirtnalraente  in  sé  l'inferiore,  e  Ti 
giunge  qualche  altra  cosa.  Se  la  forma  pii)  perfetta  contiene  ' 
tnalmente  la  meno  perfetta;  la  presenza  di  questa  «ella  mat& 
è  superflua,  e  niente  di  superfluo  pui*)  attribuirsi  colla  nati 
Pifi,  ò  impossibile  che  più  forme,  appartenenti  allo  stesso 
nere  fisico^  attuino  siinultaneauiente  lu  stesso  soggetto.  Cosi  pO 
il  calore  ed  il  sapore,  trovarsi  nella  stessa  bevanda,  perchè 
qualità  appartenenti  a  generi  diversi;  ma  non  potrà  giam 
una  bevanda  esser  calda  e  fredda  ad  un  tempo  amara  e  dio 
Or  lo  formo  sostanziali  appartengono  allo  stesso  genere;  il  cfa 
ampiamente  dìmostmtu  da  san  Tommaso  con  nove  argoineo 

La  seconda  argomentazione,  presa  dalla  lìigione  di  enliU, 
epilogarsi  cosi:  L'ufficio  della  furma  sostanmle  ò  di  o&stib 
il  primo  essere  della  co.sa,  Vens  s'mpliciter,  ossìa  l'ente 
sussiste  in  sé.  Le  forme  accidentali  (a  cagion  d'esempio  il 
loro)  non  danno  il  primo  essere,  ma  uu  essere  secondano 
accessorio.  Onde  gli  accidenti,  in  rigore  parlando,  non  tanto 
enti,  quanto  piuttosto  appartenenze  dell'ente:  Non  lam  «i 
eniia,  quam  jwlìus  enlis  entia^  come  ben  disse  ÀristotU 
enti  secumiitm  quid.  Di  che  evidentemeutt;  apparisce  cho 
forma  sostao/Jale  non  può  essere  che  una;  perchè  ogni  altra 
la  seguisse  non  costituirebbe  nella  materia  ii  primo  esserOi 
una  giunta  dell'essere,  un  perfezionamento  del  soggetto,  già  ] 
in  attto  pur  la  forma  anteriore.  Omnìs  forma  stthstanlù 
condituìi  ens  subsislens...  Omiie  gttoiì  advenit  rei  stthsùit 
tatnqitam  Ìpsu7n  informam,  acetdens  est. 

Di  che  segue  che  se  la  sostanza  avesse  più  forme,  cosi 
tricì  del  proprio  essere,  non  avrebbe  vera  unità  sostanziale, 


UELLA    STAMPA   ITALIANA 


95 


miiUi  accidentale;  non  sarebbe  veramente  una  sostanza,  ma 
aggio meraxtone  di  sostanze;  perocché  quello  stesso,  che  Ah 
Bsere^  dà  l'unità,  non  aggiungendo  altro  l'unità  all'ofisere  che 
ndirìsioDo.  Del  pari,  essendo  ogni  forma  per  sa  distinta  dalle 
re,  perchè  diversa  nel  proprio  essere;  noli' attuare  il  soggetto, 
ciò  stesse  lo  distiugiie  attualrnecte  e  lo  separa  da  ogni  altro. 
ratione  formae  est,  guod  actit  dmdat  seu  distinguat  ilhtd^ 
M  est /orma,  ah  omnt  afio.  Diiae  ergo  jorìtuie  faciunt  duo 
isa.  Oportei  eitim  quml  ttrui  sii  acittalUer  divisa  ah  alia. 
EJaesto  non  h  che  un  semplice  schisi;»)  della  lunga  e  striu- 
Itiauma  dimostratone  fatta  dairAngelico  della  sua  tesi;  dopo 
ehe  scioglie  le  difficoltà  si  fìlesofiche  e  sì  teologiche  che  si 
OToDo  contro  di  essa. 

DotC0to  preclant  opuscolo,  celebrato  con  somme  lodi  dai  cultori 
tft  Slosofla  peripatetica,  Ano  a  poco  tempo  fa,  era  incompiuto, 
rehè  mancante  della  term  parte.  Si  deve  alle  solerti  ricerche  del 
arìssimu  Dottore  Uccelli  l'essersi  questa  dualmente  rinvenuta 
due  codici  manoscritti  della  Biblioteca  vaticana,  e  cosi  vedere 
luce,  ed  essere  qui  aggiunta  alle  altre  due  parti  per  integrare 
tutto.  Che  poi  il  detto  opuscolo  sia  genuine  parto  di  san  Tom- 
01^11  De  Maria  lo  dimostra  con  argomenti  irrepugnabili;  tra 
quali  basterà  qui  ricordare  il  titolo  ohe  esso  ha  nel  seconde 
dne  codici  scoperti  dall' Uccelli,  vale  a  diro  l'Otto^joniano, 
qoal  titolo  dice  così;  Thtmvhs  de  gradihus  formnrum.  Al  che 
.aggiunge  la  testimonian:<a  di  antichissimi  catalogi,  i  quali 
rauo  questo  trattato  tra  le  opere  del  Santo  Dottore.  Onde 
ente  il  De  Maria,  conchìude  la  sua  disquisi;',iane  critica 
le  segwcuti  parole:  Quae  cum  ita  se  habeant,  perspicuum 
titó!  ratumque  est  iractatum  de  pturalitate  fortnarum,  qui 
nominibm  congmentìiis  inscribitur  vel  de  Unitate  forum- 
vel  de  Unitate  formae,  vel  centra  pluralitatem  formanim, 
de  gradibus  fonnarum,  ad  Atjuinatem  7iostntm  pertinere, 
Codices  speeianfur  in  Vaticana  Biblioiheca  nuperrime 
%,»tve  ivterum  Cafalofforum  testimonia  coiuulantur^  sive 
tifw  dodrinae  in  eodem  explicata^,  quae  ne  iransversum  qui- 
ungmm  a  perìpatetìds  pladtis  dìsceditt  ratio  habeafur  '. 

'  W.  l  log.  397. 


96 


RIVISTA 


Noi  ci  ooDgratuliamo  col  dottissimo  Professore  por  l'insìj 
servìgio  recato  agli  studiosi  di  san  Tommuso  colla  scelt»  e 
sUmpa  di  questi  opuscoli  e  per  le  sapienti  &)Qsìderazioni 
eriticlid  vuoi  duttrioali,  di  cui  bene  spesilo  li  ha  corredati, 
rito  altresì  notevole  di  questa  eiÌ7.ione  sì  è  la  modicità,  al  tut 
singolare,  del  prezzo;  giacché  tutti  e  tre  i  grossi  volumi  si  si 
discono  franchi  di  porto  in  ogni  parte  d'Ibilia  per  sole  15  H 
e  a  chi  ne  prende  sei  copie  sì  d^  anche  gratis  la  settima,  puc 
si  volga  direttamente  iill'Flilitore '.  La  qual  cosa  tt>rna  a  la 
non  solo  del  l>e  Maria  per  averla  agevolata  col  rifiutare 
compenso  del  suo  lavoro,  sobbarcandosi  per  soprassello  all'h 
proba  fatica  della  correzione  tipografica,  ma  toma  a  lode 
dell'ottimo  signor  Lapi,  editore,  il  quale  così  ha  mostrato 
neir  imprendere  quest'opera  non  si  proponeva  di  far  guads 
ma  solo  di  promuovere  lo  studio  di  san  Tommaso  massiinam^ 
ne'  giovani. 

III. 

IiKOiRii  BuocKKONi  e  S.  1.  Moralis  Tlteologìae  professoris 
Pontificia  Univer8il<ite  Gregoriana  C.  R.  Commeniarii 
Beata  l'irgine  Maria.  Editio  altera  ah  Auetore  reco^ 
et  aucta.  Bomae,  ex  typ.  Poligl.  1885.  Voi.  in  16,di  pa^.  31 

Tra  le  tinte  migliaia  dì  opere  che  proclamano  le  glorie  d( 
gran  Madre  di  Dio,  e  la  cui  raccolta  basterebbe  ad  arricchì 
una  Bibltuteca  di  forse  cinquanta  e  più  milu  volumi,  Topera 
U.  P.  Bucceroni  della  Compagaia  di  G-esù  ha  un  pregio 
lare,  onde  andri^  tra  le  molte  contraddistìnta  e  con  peculi 
favore  d:igU  eruditi  accolta;  ed  è  l'avere  egli  preso  a  tratl 
teologicamente  e  con  mirabile  wpia  di  argomenti,  assennat 
di  gindìzii  e  chiarezza  di  elocuiìione  quanto  sì  attiene  alla  V4 
gine  benedetta.  La  forma  della  trattazione  è  scolastica,  eie 
dire,  concisa,  chiara,  sugosa,  e  tutta  acconcia  a  fornirò 
materia  a  ehi  giovare  se  ne  volesse  nel  ragionare  di  Cole 

■  L'indirtKo  è:  Slabilimenro  Tipo-I ilojrafico  Sig.  Lapi.  Cini  ili  CastnllA. 

Per  l'Esicro.  aliesi  la  diffi^n-ii^u  dcJ  [lorlo.  ci  ha  una  jiiocoU  nrimioiia 
prmo.  Kwt»  è  prr  In  Kraiicia  e  Belgio  L.  16,00;  per  la  Sp-ngna  L  IC&O;  pH'j 
tosallo  L.  (7,00,  «uiailra  Jpcsi. 


HELLA   STAMPA   ITALUNA  $7 

lì  (andi  risuonano  da  tatti  i  pergami  della  cristianità.  E  perchè 
fm^  piti  uDiversate  \ì  nnUig^ìo,  il  nh.  Autore  duttulla  nella 
fogna  della  Chiesa,  ch'era  appunto  quella  che  meglio  si  addicca 
a  on'opora  di  questa  natnra. 

£gli  divide  il  sao  trattato  in  dodici  commentarii,  coi  ^uali, 

a  guisa  di  una  corona  dì  dodici  stelle,  bellamente  adorna  e 

ilitistni  la  vita  e  ì  pregi  singolarissimi  di  natura  o  di  grazia, 

(iDde  Ta  tra  tntte  le  creature  gloriosa  la  Vergine  madre  dì  Dio 

«ifidcnsando  in  poche  pagine  il  più  e  il  meglio  che  di  Lei  si 

tìjgiie  dalle  Scritture,  dai  Padri,  dai  Teologi  della  Chiesa  o  dalle 

'  tndìjtioni  cristiane.  Ci  duole  che  la  rÌ8trettez7Ji  dello  spazio  con- 

flMso  a  questa  nostra  rivista  non  ci  oonj<:'uta  di  dare  ai  nostri 

lettori  un  sunto  dì  tutti  cotesti  commentarli  ricchi  di  teologica 

<nidi;:ìone:  ma  basterà  sHorarae  per  saggio  alcuni,  ac«iocch^  da 

inni  poco  ognun  possa  far  si'oo  ragiono  del  merito  e  valore  del- 

[fopen  iul4;rj. 

U  eh.  Autore  esordisce,  com'era  naturale,  dal  Commentario 
[intorno  alla  Predestiauiiione  della  Beata  Vergine,  ove  dopo  aver 
léito  un&  succinta  nox.ione  della  med^'sima  e  toccato  della  distin- 
tm  la  Predestinazione  adeguata  e  inadeguata,  e  delle  due 
itemse  in  che  a  proposito  delta  seconda  si  dividono  le  scuole, 
[ifama  e^seru  la  predestinazione  della  Vergine  alla  grazia  attie 
7ÙKI  merita,  ma  alla  gloria  post  praensa  merita. 
Da  questa  predestina/.ione,  che  è  comune  alla  Vergine  cogli 
[Ari  eletti,  sci^nde  il  eh.  Autore  a  parUre  della  peculiare  pre* 
lazìone  di  Lei  a  madre  di  Oio;  la  quale  prodesti uaKÌoue, 
rado  il  nostro  modo  di  concepire,  è  anteriore  a  qui^lla  che 
irda  la  grazia  e  la  gloria  speciale  annessa  alla  divina  ma- 
lità.  Indi  passii  a  ricercare  se  qut'sta  predestinaziune  della 
poe  a  Matlre  di  Dio  e  quindi  alla  special  grazia  e  gloria 
la  oonsegiiita,  sia  o  no  per  sé  stessa  e  assolutamente  an- 
alla  previsione  del  peccato  originale;  o  dice  con  ragione 
la  risposta  a  questo  quesito  dipende  dalla  soluzione  di  un- 
problema,  ciot\  se  l' Incarnazione  del  Verbo  sia  stata  de- 
lla da  Dio  prima  della   previsione  del  peccato  di  Adamo, 
idipendentemente  da  qnella,  ovvero  dopo  e  con  relazione  alla 


MrII//.ro/.  i/./wf.  8W 


il  ntar<i  1486 


WS  RIVISTA 

medesima.  E  qui  il  eh.  Autore  adduce  le  due  opposto  opiaionlj 
quella  cioò,  dì  Scoto  e  del  Suarez,  i  quali  affermauo  che  l'Iu- 
(^ruazione  del  Vei'bu  fu  decretata  da  Dio  prima  della  prerisione 
del  peccato  dì  Adamo,  cotalchè  anche  allora  cho  Adamo  uoa 
avesse  peccato  e  qtiiuUi  Tumauìtà  non  aveano  livuto  iiiBStierl  di 
essere  riparata,  il  Figlio  di'Dio  sarebbosi  tuttavia  incarnato  p«r 
amore  dell'uomo;  e  l' opinione  di  sin  Tommaso  che  vuole  il 
decreto  dell' Incirnazione  posteriore  e  dipendente  dalla  previ- 
sione della  colpa  di  Adamo  e  dal  cousegneute  guasto  dell*  umana 
natura.  Il  cb.  Autore  sembra  inclinarsi  alla  prima  di  questo  du<? 
opÌDÌonì,  dico  sembra;  perchè  quanto  in  seguito  va  diceodo 
puosfiì,  a  nostro  avi^lso,  intondcre  benissimo  anche  nulla  sen- 
tenza tomistica,  che  ci  pare  più  Rlosolica  e  meglio  in  armonia 
col  linguaggio  delle  Scritture  e  deTadri.  Questo  tenue  saggio 
del  primo  commentario  ò  pii^  che  bastante  a  chiarire  Timpor* 
tan/a  doEle  dottrino  teologiche  cho  il  cb.  Autore  va  svolgendo. 

Tuttavolta  ci  piace  di  recarne  qui  in  mesw  un  altro  saggio; 
e  co  To^re  il  ter//]  Commentario,  in  cui  tratta  doirimmacohit 
OoncfìpimfìQto  di  Maria.  Ivi  dopo  avere  accennato  le  prove  tratt 
dalla  Scrittura,  dai  Padri  o  Dottori  dflla  Chiesa,  dalle  trudiaioi 
cristiane  e  dalla  definizione  dommatica.  che  ha  posto  il  suggel 
di  un'autorità  infallibile  alla  costante  e  universale  credenza 
questo  insigne  privilegio  della  Vergine,  il  eh.  Autore  propone  U' 
questione  so  la  Vergine  immune  essendo  dal  peccato  originali 
lo  fosse  altresì  dal  debito  del  medesimo. 

Tn  le  diverse  opinioni  do' teologi  egli  abbraccia  quella 
Bellarmino,  cui  viene  dilucidando;  e  dopo  avere  distinto 
bito  del  peccato  originale  in  prossimo  e  remoto,  esclude 
Vergine  il  primo  e  ammette  soltanto  in  lei  il  secondo;  e 
arreca  buono  ragioni.  Quindi  si  fa  a  ricercare  se  la  Vergine  olt 
il  singolare   privilegio  di  un   immacolato  concepimento  ai 
anche  quello  dell'uso  della  ragione  (in  dal  primo  istante 
sua  concezione;  e  rafferma  con  Suarez  e  con  altri  Dottori, 
che  a  dir  vero,  non  abbia  in  ciò  a  suo  favore  san  Tome 
perchè  questi  proctidendo  sempre  a  punta  di  ragione,  nul 
ferma  che  egli  non  possa  con  saldi  argomenti  provare.  Ort 


DELLA   STAMPA   ITALIANA  Ìf9 

Sn&rez  ù  fonda  sol  fatto  chi;  nn  tal  privilegio  fu  altresì  con- 
eosso    al  Battista,   come  si  coglu,  a  suo  avviso,  dallo  parolu: 
Eztiltavit  infatis  in  ntero  imo.  Donde  egli  deduce  che  non 
putora  essere  siffatto  privilegio  ntìgatu  alla  Vergine.  Ma  è  egli 
certo  che  il  Battista  avesse  (iti  dal  sno  concepimento  T  uso  della 
r&gìone?  È  parimente  certo  che  l'esultare  che  fece  iu  seno  alta 
madre  ElisaÌM^tta  p^r  la  presenza  deirToraoDio,  che  Maria  chiu- 
deraei  in  grembo,  fosse  olTettu  del  couosclineatu,  o  dui)  anzi   un 
moto  inconscio  ìd  lui  prodotto  immediatamente  da  Dio?  Come 
H^pUD  Tede  da  una  premessa  incerta  uon  puf)  dedursi  una  con- 
Wgaenza  certa.  3Ia  questo  non  era  forse  l' intento  del  eh.  Autore; 
il  quale  tiensi  pago  di  avere  esposte  le  dottrine  teologiche  in- 
tonio  a  questo  punto,  inchiuandosi  tuttavia  a  iiuelle  pie  credenze, 
che  sembrano  meglio  favorire  i  privilegi  della  Vetrine.  Dopo 
nvr  egli  trattate  della  Conceziono  di  Maria  sectauium  gratiam^ 
ptsik  a  ragionare  della  medesima  serundum  nalitram,  la  quale 
non  fìi  certamente  senza  miracolo,  perchè  la  Beata  Vergine  renne 
procreata  da  una  sterile,  e  dì  straordinarii  doni  di  natura  nel- 
l'anima e  nel  corpo  arricchita,  di  che  il  eh.  Autore  con  mirabile 
erudizione  e  a  hingo  discorre. 

Da  questi  due  commeutiirìi,  che  per  saggio  citammo,  può  il 
lettore  far  ragione  degli  altri  che  riguardano  i  vaticinii  intorno 
kllB  Vergine,  la  Natività  di  lei  e  la  sua  genealogia,  il  suo  Nome, 
Ift  sua  FreBeotazione  al  tempio,  il  suo  sposalizio,  la  Visita  a 
santa  Elisabetta,  il  suo  Parto,  la  sua  Purificazione,  la  Fiij,'a  in 
Egitto,  e  tutti  in  fine  i  principali  misteri  della  sua  vita,  fino 
tlla  sna  beata  Assunzione  in  cielo,  a' quali  U  eh.  Autore  fa  se- 
guirò per  coronamento  dell'opera  un  Commentario  sulle  Congre- 
mioni  Mariano  e  un  altro  sulle  preci  che  la  Chiesa  innalza  alla 
u»  celeste  Avvocata  o  Madre. 

L'importanza  e  T utilità  di  questo  libro,  destinato  a  riempire 
Bu  lacuna  tra  le  tante  opere  scritte  a  onore  della  Vergìu  Madre 
fi  Dio,  ci  motto  in  cuore  un  vivissimo  desiderio  di  vederlo  pro- 
pagato nel  mondo  cattolico,  o  ci  auguriamo  che  lo  sta  quanto 
^ima  a  giuria  della  Vetrine  e  a  vantaggio  della  Chiesii. 


BIBJLIO  GRAFIA 


AMtìFlOGIO(S.)  —  SaocLi  Ambrosii  Me-liolanensisopert  omnia: lomus  VI, 
fase.  IX,  X,  XI  ai  \l\.  Anni  VI,  fase.  K,  XI,  X[|  ai  X[ll.  Pretium 
L.  I,  70.  MetUoìntiK  ly|)0^raphi.i  Suntni  loi^fiphì,  via  Sancii  l^loj^rì) 
D.9,Mm:CC!,XXXV.'la  \\  di  paji^.  40, 

AUBIFODTyfA  Siorico-bihlica,  per  cura  del  Canonico  fi.  G.  Voi.  VL 
Torino,  lìhreria  inlRrn azionale  callolica  e  scieniirica  Cdv.  L.  Roinaon,' 
editore,  ISSti.  In  Hi,  tlt  pagg.  \^\.  Col  presfnie  seslo  volume  ha  ler-j 
mine  quest'opera  di  somma  ulilità,  specialmente  p«i  predicaiorì.  Si< 
consulti  il  cenno  che  ire  facemmo  Dell'annunziare  il  primo  voltuoe. 

BONACCIA  PAOLO  —  Il  perfetto  manuale  di  Sau  Oiuseppe.  compost»! 
per  uso  dei  suoi  devoti  dal  Canonico  Paolo  llonaccla.  IVofessore  nel . 
Veo.  Seminario  Arcivescovile  dì  Spaleio.  Seconda  edizione  riveduta' 
dall'Autore.  Modena^  tip.  Poniif.  ed  Arciv.  delVImm.  Concezione  edi-j 
Irice,  188'».  In  16,  picc,  di  pagg.  65fi.  Prezzo  lire  *.  —  Vendibile^ 
ancora  press')  L  ManuelH  libraio  in  Firenze. 

BOTTAHO  LUIGI  —  Canta  dei  fratelli.  Discorsi.  S.  Pier  iCArma.  1885,! 
lip.  e  libreria  S.  Vincenzo.  In  16,  di  pag?.  140.  Prezzo  cent.  60. 

—  Carità  di  Dio.  Discorsi.  S.  Pier  rf'Xiwia,  188S,  tip.  e  libreria  S.  Vin- 
cenzo.  In  tfì,  di  pa^g.  Dtì.  Prezzo  cent.  50. 

—  La  felicilà  nel  cristianesimo,  S.  Pier  d'Arena,  1883,  tip.  e  librerìi^ 
S.  Vincenzo.  In  IO,  di  pagif.  130.  Prezzo  cent.  I>0. 
Il  primo  AftW  Annunciati  oputcoli,      nell'anibìln  dvlln  «oc^tè  in  cui  x\y%i 


|iÌMol»  nella  mole  ma  intlo  suso  di  stura 
ilotlrìnn,  ilimortra  in  tiovp  c-api(vli  come 
il  solo  crislianesimo  è  cspiM-e  Ai  ^oAMan 
3I  intunte  i«tiiito,  clic  Fia  l'uomo.  dclU 
relicilii.  pn-M-Dnndojilkls  in  parte  nella 
[insenle  vitic  facendola  !ipi?rarG compilila 
I*  piTrelia,  in  an  online  itifinilnitipnle  nti- 
piM-ion-  alla  natora,  niella  vita  ;tvvciiin'. 
.Non  L>  un'opera  iiwramniite  ascetica,  ben- 
dw  TasceiicA  tì  entri  la  parte  »ua.  ma 
pinllwin  SlosoUca  e  polemici.  «tauJii 
rondili  1.1  a  (!l  «li  nRione,  collo  sludìo  del- 
l' uotiin,  i)g|le  Nur  facoltà,  de'suoi  bisogni, 


tiiui  ì  t:inui;.'ji  tV  o;riiì  ^«ncre  che  rjai 
pli  offiv.  Ni'l  qiinle  compilo  wne  a 
A  nanri  ^fniandn  i  falfi  rnncitl  Ati  nthl 
scredeuti  di  Ofiiii  risina  inluruo  alla  fai; 
r.itìt,  montrandn  le  fDotradkiofu  in 
K'ÌQipì]tliiinn  e  il  lfrmìn«  conlrnrio  a  ai| 
mcilonn  rapo  i  toroHì^rmi. 

Gli  Mitri  ilue  niniicnli  conlt-njiODO  al^ 
Clini  di«-nr«i  iij;nij lineine  prcgt-voli.  ì  cu 
Miggeltì,  nvl  primo,  soiio  onlìnati  ad 
rjlare  rnmoi'f  trino  Dio,  a,  nnl  secoo 
la  carità  vi^no  il  pro««imo. 


BIBLIOCHAKIA  tfli 

CAPRA  LUIGI  —  Il  ?i*nÌo  de]  focolare.  Utture  giovanili  e  famigliari. 
Torino,  lip.  fi  lih.  \i.  Oinonica  e  Filali   erodi   Binelli,  Via  Bolero, 
n.  8.  laSfi.  In  16,  rti  pag?.  271.  Prezzo  lire  1,70. 
Il  lilolo   «Irsso  il(  fiui-si»  til)rÌcuìiiQ      Gli  aninurslraiiirriti  dH  pi-iiinA'l  foTOlurf 


fono  i)oi|ì  |)iT  >\:ì  di  U^n-lti.  dei  qiuli 
ogHD»  fs  lunnio  sirno  gioiti  i  fanciitlli; 
e  ciascuno  di  qm-sti  contiene  sivif»iini 
ilocumftili  tli  virili  nuirnli  e  cnsitani- 
proprie  liM'i'lA  piiirtM,  e  soiio  rspo«ti 
con  uno  siile  ro<^l  fuirile.  rasi  nlTi-ltuosA, 
cesi  iuviiiuBiilp,  rlie  debbono  rimiinere 
indctcbilmmir  impfr<<-M  iti  ^uei  coricinì. 
Dal  poco  che  ne  aUliiim  Orilo  ojEoiino  pw> 
ar^ninciila l'p  iti  qiinnin  iililJlii  i1f1i1li  riu- 
scire l'opineHn  (Ii'l  eli  Prof.  Liiipi  Capra 
|ier  «iluwir  slln  virlù  i  potinplti,  nsan- 
dolo  coKiP  irstti  (li  Icllure,  die  poi  terrJ 
loro  tiicIiinraniJo  rnr.coriH  iisliininrn.  Li 
luoii»  Kl.iinii.i  III)  f;>[|n  phitiso  »  questo 
libro,  e  ai  pinosi  comuni  iiiiìdiiio  anc^ip 
I  ootlri- 


»eli  i!fat»5laii£.i  r  ulilrtà  d^lln  scofio,  al 

^Ir  il  tit.  AitDiT  rtndinnn.  Ffili  vuole 

«dtin'  r  nutrir^  nel  cuore  lid  fanc'rullo 

ronorp  jlla  fumii^lia,  non  lu-t  »asù  pa- 

BiwDlo  i*lii»lnD«BatoraliMna  pra' col- 

Hrjre,  wrti'ddo^  ili  noestn,  in  i[afgli 
(mtcìdIpII)  j  semi  delle  vlriìi  d»- 
Mtfcfar.  p  fnrtc  avsctrv  impreziosii/^  di 
^^^1  piti  di  «opniMiultiralpcIii'  vi  puiì 

Blnifere  la  fi-dp  e  la  relif^ioiircriFliaiia. 

I  m4o  che   t'm«  0  tulio  acconcio  a 

lirfta  etJi,  ppr  remlprb  nuvole  e  docile 

i  siffi    atDfli.-ii.-Atriiinenli  cll^  le   porge. 

blrvduri.'  a  hr  da  maestro  il  s<^nia  di^l 

KOlan-;  d:il  ([uale  t^li  lìniie  di  avere 

Kolliu  i|aanio  siti  per  dim,  e  clic  a 
I  icinpa  tifa  nnche  ai  luoi  pictoli  udì- 
{  sentire  ioiuinlialurDtuiiR  la  san  vocr. 

CATECHISMO  (IL)  esposto  iji  ewmpii  ad  isiruzjone  del  popolo. 
T  ««linone  riveduta  ed  ampliala.  MotUtui,  lip.  Pootir.  ed  Arciv.  del- 
l'im  ma  cola  t;t  Concezione  editrice,  ISÌSj.  Ln  lii,  di  pagg.  490.  Preitzo 
Un:  l.àO.  Venditiile  ancora  ìa  Fireuze  presso  Luij^i  Manueili  libraio 
Via  del  Proconsnlo  10. 

lUC^'nNO  ANTONIO  —  Le  fondazioni  soppresse  ed  affranchile  in  Ple- 
moDie  e  nel  lj)m)>ardo  Veneto  in  pririripto  riel  secolo  XlX,  per  l'.Av- 
Tiicaio  Cauciiio  Antoaio.  Torino,  18Sr>,  ijp.  Subalpina  di  SlijfaQO  Ma- 
rino. Via  Hertola,  21.  In  S,  di  pa}f]<   :^IS. 

JltARlNI  OIL'SKPPB  —  Vita  e  virtii  di  Moasigoor  Luigi  Bianchini, 
cattonico  tiìolojio  della  cattedrale  di  BresctH,  proposte  a  modello  dei 
sacerdoti,  da  Giuseppe  [Jbiarìui  P.  D.  U.  ilrescia,  (ìio.  Hersi  o  C.  lip. 
'  I  Vescovili  in  Urescia,  1885.  In  16,  di  pagg.  iVl.  Prezzo  L.  X 

I  irrazioiie  tldl-i    vita  Hi  nw.ì-      delle  virlù    propri)^  dfl    loro  itDto,  e  «i 

pnr  h  etilitira  drllu  vigna  i)i>J  Siinioir 
colk  open?  :ipiwilolii;lip.  l'er  i|ui;&[a  m- 
^ioiit;  .'^pecialuionitt.  ali»  litic  di  ciau'un 
r,ipiloJrt,  cpli  ng^itin^u  per  niodo  di  tei- 
rolhtrìo  alcuno  ritlcKioni  nd  ««oilaiionì 
attissime  ad  ìtiliammarc  il  clero  mW  imi- 
Inzionc  di  i|iiclk  virtd  di  cui  .irevn  ili- 
scoRKi,  e  ctie,  conte  vjfli  dice,  gli  uscivjifiu 


'  '  wDio  mccrdolp  e  p^rìii^imo 

nmart  tli  spirito  die  fu  Mou*.  Luit^i 
iPIPrilI,Ìl  di.  P.(>ii).%ppe  (Chiarini  iiou 
lo  ti  è  pr<)[K»to  dì  cckhranit;  la  mr- 
Mrta  t  tniinandjrti  ai  postm,  ma  pria- 
iptlainlr  di  porgere  ai  uc^rdoli  iin 
wniiiu  praiiro  da  iniiuire,  !<i  por  Ui 
liuga  dfJ  proprio  spirilo  coll'acuiuitlu 


J(K 


OIBUOGRAriA 


dalh  peooa  carnlt^li  dnl  gnnJt:  amore 
T«M  t  suoi  coRfr^ti^lli  di  mìiiiMPt'O.  Noi 
starno  certi  che  rci;re|rio  Aulwv  racco- 
glieri  Tniiù  e  l'allro  frullo  da  (luesu 
^^a  n(iL'ml3.  lanlo  (if!i-  b  <)ualilò  ilclle 


cose  cIk'  iwrni,  cofaci  iH  illustrare  li 
mcmfflia  dH  vewnnilo  'iio  Kroe  ed  wii- 
lìcania  i  Irltori,  tiuialo  im-  lo  stilr  «mi* 
(ilico-,  iiilitlo,  soaTP,  die.  s'iitsnoa  dalM- 
ujiTilc  ncffli  auiiiii  t'  H  «idg:ca  sno  lenoo. 


DK  MARCHI  ANTONIO  -  [I  vero  anin  della  nasciu  di  Gesù  Cristo. 
Vieens'i,  lip.  S.  rTÌHs«pp«  di  (}.  Rumor,  IHHri.  In  16,  di  jiag/.  30. 


virato  di  rVii£ii*<l4i  lìitu  a\U  Morie  di  Cnilo, 
ni  tffom  i  tasti  Uomini  e  Giudaici  Ai 
quMto  )»erioi]o. 

O'ianlo  idi' npininiii^  ?fguita  dal 
^Iro  Aiitoi'e,  eìia  ha  cffinnionir'  in  KiyOI 
ìqq  prandi  probabilil^;  tn:i  le  ba  coi 
irafto  allrMi  (lìlBcolli  non  leggiera,  detta; 
quali  ei  non  fa  molto.  Tm  queste,  et 
l)3sii  accennnrr  gli  nrgomrnli,  eoa  col  IT 
tiollissimo  P.  G,\nRro;i  ÌiilLTpri*U)iiiIo  Ir 
fìlli.-  [sfriiioni  niriirsiiiip  sopni  riDoiioalc, 
mo^lrO  non  polri'si  ammrltcre  itinnA  I»- 
(raitione  dì  (inirinio  in  Sino,  in  mito  il 
coi-so  []r|  741  (Vedi  Cìtiltik  Cattotka. 
Serie  XI,  Voi.  V,  pagg.  7?4-:26>. 


Il  Vfro  nnna  ilellA  NiiKila  di  G.  C, 
mcondo  i)  eh.  Anlore,  t  il  7^7  dalla  ha- 
daxionc  dì  Roma,  selliiiiu  prima  dell'  En 
votgare.  Rtzii  ifsai'  in  ci'>  la  salienza  di 
multi  i*  vult'nii^sìmi  eluditi  ;  e  «pccial- 
niente  dpi  tS.  Abnic  Vìw;r\M)  De  Vit, 
il  lutale  ocl  suo  egizio  Onotruutieott, 
alla  voce  legiu,  pn-%  a  stAbilirLi.  va- 
lendosi siiiKola i-mrntu  di  due  fNcrìtioni, 
l'unn  di  ['.  Sulpicio  ijuirìnio.  rnfcrn  dì 
Q.  Eiriillo  i^■el■^lIt^lo,  LVirltcoIo  del  [ir  Vii. 
Iradotlo  |)cr  inil<-ro  dal  Itcmiin-ltj,  (orma 
la  parie  KriNbniI.tlfdpl  {>rf«fnt»-  llp(iK:i>lo; 
s  cni  servo  d'appcndic/t  a  eomplemcnlf) 
un'  ampia  Tavola  i:rùiio!o?ica,  che  va 
dal  714  al  7Hi  di  Romu,  cioè  d^d  Trium- 

FERIURIS  F.  LUCIO  —  V.  Lucii  Ferraris  Soler-Alexandrini,  Onlinis. 
Minoruni  !{egularÌsr>t>servonLÌae  Sancii  IVaucisci  Iliblioilieca  c;>noQica 
iuridica  mor;ilì$  i]itM)Io^ic.-L;  nec  non  ascetica,  polemica,  rtibricistìca, 
historica:  ediiio  novissima  meodis  expurgata  e\  novis  addìiameolis 
locupletala.  Tonirts  seciiridus  —  C.  —  iìofwi/,  ex  lyp.  PolyplotUl  S.  C. 
do  ProiHigaiida  lìde,  MDCCCLXXXVI.  In  '*,  di  pagg.  il-iS. 
Vedi  il  c«nno  che  m-l  tate.  S^.  piijt.  81  d^^irim»  ili  questa  impnnfDiabile  ofrn, 

ed  io  poilicolan!  dei  pregi  di  i^uMla  elep(iti«i)nia  Mlitìone. 

FKRRUSOLA  PIETRO  —  Peiri  Fcrnisolae  e  Socieiate  Iwiii  cotnmeiH 
Luria  in  libnim  exercìtioruin  S.  i*.  Ignatii  I/iiolaei,  tiispanìce  scrlpta 
latine  reddidit  [acolms  Nnimll  eiusdem  SocJel»lls  pmsbyKT.  Barrinone, 
excudetrat  t''r.ini;ÌscuK  Rosulìus,  MIUICCLXXKV.  In  lii,  di  pagg.  440^ 
Il  1'.  ritiro  FrriTisola  d  t.  d.  (1.  ilo*-!      gli  eaTcirii  spiriiuuli  di  saiit"irrauifl,  nna 

nella  scono  incoio  non  meno  per  virtù      a  maniera  dì  un  continuato  coinmcntanob 


religiose  e  apwtoticlie.  chf  pei-  lode  d'In- 
gifio  e  di  dfìilrìiia.  Hùpn  b  ?«o]tpiv_v«ioflo 
della  Compagnia  ricoverowi  in  Bologna; 
ed  in  «jne^la  cinA  sr^iiii/i  n  Amv  pruovo 
luinlnot«  di  it\Q  npofiolko  e  dì  t^niili- 
lione  di  wrio  pwirre.  K(rli  lajcitV  fra  gli 
altri  suoi  maiiwcrittì,  copio<>e  noto  sopra 


mii  wtpni  vnrìi  pnnli  rli^  pìd  larpamMi 
sptifraii  <>  dic^innitì,  \alt-«s<-ro  «  megli 
far  coiiippcndeiT  tirintrndimrnti  del  «inio 
Aolore,  e  dar  a  OBOfcore  rìncstiinabilit 
lesorc)  di  c«tesle  safrinrat  che  é  raci-Jii 
in  quel  pia'olo  IÌIhxcÌiio.  Il  eh.  K  Gt«- 
conio  Noiiftl  non  ha  voluto  cita  Hiwh 


BIBUOCRAnA 


105 


alira  voltf  pnrA  {Hti  nni«  «ino  eompreie 
in  un  ^olo  cirpo.  ed  una  soln  fifrta  è  |)ar- 
tita  in  |)iìi  Fupi.  I  trsti  poi  dui  lihrn  dc^'U 
Kwrciaii,  che  >en!;on  cilsii,  imi  sotto  lollÌ 
dalla  vnrsionp  voljcatn,  liruclii-  [«iti  elo 
ftulc,  ma  per  lo  più  diillj  Ictteriile,  per* 
elle  )ilb  conforme  a)rArÌKÌD;ilcx])rip:nolo. 
Al  iletlo  livoro  il  bem'toerJlo  V.  Nonell 
prpniplle  nn  fora(ieiniio  deli!  vita  del- 
TAnloi'e.  ctie  nella  sua  brevìlà  tt  risnl- 
Uiiv  al  vivo  il  rilnilU)  ili  qui'l  dalto  ed 
a[ii>4ti>lìro  sacwdùle. 


btD' olilio  qn«lo  À  pmaJMo  icpiiio; 
ni  a  renderlo  pib  fnitlaosti  ha  creduta 
tene  «fair  un  niijilicHv  ordiiK  ali?  rruH 
Wrw,  «■  irasportorlo  Mia  Impia  btina, 
une  fttnunenlQ  di  pia  oniversnlo  dilTu- 
■law.  E|;h  p««'hiiIo  iti  qaelle  iwlv  ba 
lenD>tto  romr  an  latin  da  s^  staccandole 
M  tr»io  «Ifcli  K5>-n:i?ii  9  cai  si  nr^iv 
«lao,  p  l'ialini  iratlazion«  ha  diriga  in 
4tt  parli,  cMMuna  il(')l>.>  ()<):ili  cunli^ne 
BPTcWiioot,  luddiviwaiich'iw.i'  in  allrti- 
l3At<  npi.  I  ijiiali  Mpi  Lrnch^  il  più 
4^»  tnlic  rorrùpoudauu  a  eia<4:uiia  iioU, 

FORMISANO  M.'  GIDSMPPB  —  li  Giubileo.  Catechismo  ira  un  parroco 
ed  iin  figliano,  p^r  Monsignor  Giuseppe  Formisano,  Vescovo  di  Nola. 
Opereua  utile  per  gli  ecclesiastici  e  jiei  laici.  IO*  edizione.  A"o/(i, 
lip.  Remigio  Casori»,  (880.  In  16,  picc,  di  pajjg.  Il'3.  IVeno  ceuL  H5. 

(iÉRl.N  CAHIjO  —  l,e  Pape  Innoceat  XI  et  le  Siège  de  Vienne  ea  l(ì33, 
d'aprèMles  docunitiiils  ìnéilils,  par  M.  Charles  Gvrìn,  Ancien  Gonseìller 
^  la  Cour  d'appel  de  Paris.  (E.xtraii  de  la  Repue  iles  questiona  hisfO' 
riqttes,  jaovicf,  l88*jj.  Paris,  Librairie  de  Victor  Palmo,  édlieur, 
70  Rue  dcs  Saiats  Pèrefi,  188^}.  [n  8.  di  pa^g.  oG. 

BLANfUNI  MO.NS.  GIOVANNI  —  Resolutiones  casuum  cooscienUaeet 
casuun)  liiurgicorum,  qui  ao.  Dni  MDCCCLXXXV  propositi  fueruot 
clero  Netutae  lJìoi'ce<iis,  iuiUu  IHiìli  ac  Rrgi  Dni  toannìs  Blandini  Epi^ 
scopi  Nciensift.  Net»,  typis  rrsnci.^cì  Zammii,  t8S^.  In  Ifì  pìcc.  4t 
pagg.  48. 

Le  Kiliniotiì  (lei  c;si  <li  co^cfuiiza  ilaic  posii  nt>ll.i  diucsi  di  Nolo,  op]>orlunì«' 
4l  proonaggi  iltiUi  ed  aiilori^voli  ni  ar-  nimi  pei-  le  ([ui^titml  clii^  vi  sì  IniUniiu 
«IpMO  mopre  eoo  piactire  e  vaiitad^in  it  rìmltiti  con  (irofrinEU  i?  sicuro  [loiirina 
4()ì  nvlitni  della  IlhiIo^iii  intirjle  1^  i  quali  u«cìiijiii>  alla  luce  ptT  optra  del 
Merdai  inaHtri.  Citiamo  <| Hindi  voien-  dolio n ittlanle  l^reliiLocbe governa  i|nL-l]a 
lini  ijiiaAa,  che  riguardano  i  cad  prò-      Diocesi. 

MOVANNINI  ENRICO  —  I  doveri  cristiani,  esposti  alla  studiosa  gio- 
ventù italiana  dal  .^cerdote  Bolognese  Enrico  Giovaiinini,  dottore  di 
sacra  teologia  e  Vicario  Generale  di  Faenza  ecc.  Opera  commendata 
da  Sua  Santit.^  Papa  Pio  IX  e  approvata  da  parecchi  Cardinali,  Ar- 
civeuovi  e  Vescovi  e  da  altri  ìllusiri  scrittori  e  adottata  già  in  milli 
Semiuri  e  lostiiuli  di  educazione.  Se^ia  edizione,  con  nuova  appeo- 
dice  ed  aggiunte.  Bologna,  lip.  Poniincia  Mareg;;iani,  1886.  Io  16. 
di  pagg.  Ì.:«J.  Priexro  L,  5.50. 
Sei  r*KioDli  Ò39.  633  e  '09  del  no-      late  loili  iiiiwt'opcra  dotta,  prndiLi,  np> 

Ifv  fwrìodko  anuumiamiDo  eolle  meri-      portnuìssiina,  il  cui  pit^io  non  comune 


104 


&IBUOCRAFIA. 


A  ailesUilo  aocora  dalle  Dunwra»  cditiool 
che  w  ne  f«*ro  nel  tono  ili  pochi  »mil. 
Uniaiiw  noi  puiv  l.i  Dujlra  deboli;  voce 
iille  Unto  piti  antorovoti  socvanaU!  dal 


eh.  Antotv  Rcl  titolo  tìsvo  \ 
e  lo  raccomnndiaimo  dì  nuof 
corte»  li'ilori. 


GIOVANNINl    ENRICO  —  U  forza   della    varila  sull' erroreTfl 
saji^io  (li  apaloj^ia  cristiana  olTerlo  ai  giovani  studiosi  ilalia^ 
ricft  Giovannini,  dottore  in  sacra  leologia  e  Vicario  Getter^ 
diocesi  di  Faenza.  Secnn.ja  ediiìoite  rtotabilrneiile  cofrelia  e' 
lata.  Tonno,  Likeria  Salcsiau^,  lìitìi}.  lii  Mj-  di  pagg.  XIV, 
Il  eh.  Aiilorv  Afi  lìoeen'  Crigliam      a  pubblirark  !n  disparte  eoi)  a! 

.iic%'a  MI ìami-iit/>  int>-iTìilaio  ai  imiti  ))iù 

slreH.imrnti"  4liilnM:;ilici   dH    siin    libro, 

akunc  AppentVei,  rivolle  ad  illuiiiraro 

con  cura  pnnicdlan'  rtuollc  ttht  li  dicono 

questioni  niMltTne.  Oj»T«Jndo  poi  cmne 

siffatte .ipppiidici  lorfiitMi'm^iiifrnbi-nicnle 

{radili!  D  non  podii  iL-llorì.  $ì  dilemiiuA 


f^unlp.  •i'.orii"  .iMii>Ii;it»  e  iiil4'erai 
ocrnrrrvn,  rostitui-^nno  ori  un'n 
da  s^*,  (junnlo  dilrtteToIe  a  ìtftit 
lrL^tl.miù  vjiiUi£i;io3a.  E  *[ua)lfc 
ancti'ecli  ('li)«  in  breve  roftflfl 
•iei:onilii(>iIii<one.cli«quÌ  riiecoman 


—  Il  grido  d'allarme  emesso  dal  Ponlefice  Leone  XIH  coli' Eoe 
JJmnonum  Genits  contro  la  Frammassoneria.  O&servaziooì  in 
posilo  all.i  siovemìi  di  Mons.  Korico  Giovanoini.  Vicario  Gei 
di  Faea/a.  Tbn'iio,  Libreria  Salesiana,  ISSO.  In  \H  picc-  dì 
Prezzo  Ceni.  10. 

0»p*l«  oiwrvafionì  sono  esirait*  in 
massìna  parte  Uà  un  c-npiiolo  dello  ^rittu 
or  ora  citala.  La  Fona  delta  Ve- 
rità «ce;  e  alte»  riin|>orl.inEa  delPar- 


frommlo  r   li  mncarin,  eoa 
inllalo,  Ix-nr  tv  (noriuvarto. 
che  ne  ^  uwlio,  sarft  letto  con  ino! 
Itti  inasime  dai  gionni. 


I 


LANFRANCHI  VINCENZIO  —  Vincenlii  Linfrandiii  de  Stilo  pi 
acraasis  facta  studìis  ausiticandis  litieniriim  laiiuarnni  in  Alb 
taurinensi  XI  cai.  decemlires  an.  MDUCCXXXV.  Torino,  tip. 
stana  1886,  npii»:c.  In  8,  di  pagg.  24.  ^ 

il  cliiurj'>9  Doli.  Vinc^nxo  Lstifniiidii      dei  Intimiti  ìialifini.  e  M'Olii  dfl 
ci  di  nu  di  qiKlIe  omrioni  di  npertunt  di 


Aladii,  che  rATimnilc  si  incolUtnn,  i-iìniidin 
in  Italia,  oi'é  rimario  il  ;%it*o  <■  ti  prvfio, 
dclh  sincen  latìnilì.  t!?Ii  é  rono<ciloi¥ 
profondo  del  suo  soiiKelto:  inipndiT!  il  h- 
vorìo  M\s  eommcdb  pTanliJU.  ne  addita 
il  fare  romano,  che  ritrae  In  ilu  cilia- 
dina,  I«  sqniute  vrneri  ilei  lin^LiafrfriO. 
la  Miciln  e  riiTHi'.-iRi  ile'sBli,  ì  difetli. 
Vi  N  .«ente  il  Ir-tleiTiIo,  eoiiMiiii'itn  neJln 
tilolofiia.  il  quale  Imita  1' .ir^zomrnto  con 
alia  padronaiini  e  maestria,  .wconilo  l'iuo 


il  hello  e  noUlc  dettalo  eoo 
inutili  axlruwrie  Iclesche.  CDtn*ai 
veniente  al  so^^-i'iio,  e|rli  me  an 
che  ha  t)el  i^iccmniano,  ma  non 
molli  vui  plautini.  Noi  in  a«sop4 
i)iir<tlo  nobile  lavoro,  rcnderano  SI 
Dìo  clic  alinimo  qupslo  onore,  ili 
eKrirere  datrei-o  il  latino,  non  è  ; 
inllo  al  nnsiro  paese,  ad  onta  delh 
e  l)artiBiÌ<ti.e  jjramiiialiclte _ 
•coolr. 


fli. 


ÌA  SAINTE  BIBM-:  —  Texle  di;  la  Vuk'ale,  Iraduclion  francaise  rr 
regard,  avec  Comm-'ntaires  lbéolosi(|ues,  raoraux,  phiEosoiiliiques, 
bislorlques,  etc,  rédi^és  d'après  les  m«i)leur&  iravaux  anciens  et 
<  l'nieraporaìns. 

1.  i>  Livre  de  Job.  Inlroduclian  criUqiie,  iraductìon  francai^  ei 
Commeutaires,  par  M.  l'AbW  il.  LesAniB,  Frtlre  du  Diocèse  de  Paris. 
Poti*.  I'.  Leibielleux,  lidiieur,  I83G.  Uo   Volume.  Io  8,  gnmdo  dì 

'ì.  2ntrodueti<m  Generale.  Tome  Premer,  l.  DéflnUìoQ.  11.  Inspi- 
rano!». IH.  Caoonicii^.  IV.  Hisioire  du  icxit',  V.  Vcrsions  de  la  Bible, 
VI.  IJvres  apocryphes  d  perdus.  VII.  iivlcrprt^uilìon.  Qaime  piati' 
eR«  et  farsimile.  Par  M.  l'Ahlxi  Tnoctios,  Doaeur  en  ihmiogifi. 
Parrn,  P.  TifMh'elleEix,  i^diieur,  IH8fi.  Un  Volume.  In  8,  i^r.  dì  pagg.  584. 
.Vn'sniitindHrp  rpiesii  ilu6  nuovi  Vo-      rignardano  il  Tesio  blbliRO,  e  ehn  vep- 


gonsi  specifiiale  nelle  si-llt  l'arli  dpi  li- 
lolo;  fra  ìs  quali  la  IV,  Hiiftoire  «fu 
ttxU  (poitj;.  20I-3K*>,  coEIp  sue  Tavole 
e  Fncsimili.  6  un  vero  cnpol»voro.  A  qoe- 
sio  I*  Tomo  fari  «'guiio  in  brere  It  li* 
chE!  abbraccci'à  l'Ardieologia,  h  Geo- 
grafia ecc. 

A.  compicn.-  quiiiOi  riiitiera  Colle- 
lionc,  rcsipr.in  '^lo  da  pubblicani  i  V(>- 
lumi  del  Ptniaieuro,  e  dell'  Evangelo 
A'  iS.  Gìoranni,  clic  già  sono  i»  corto 
(ti  sUmpa  ;  poi  1'  Tntro<ììuiotK  agli 
Evanfffìi,  f  per  otUmo  le  Tavole  pt- 
neraìi,  oMinna  Inditi,  iinnlnicfl, cronolo- 
gico ecc.  «li  lulla  rOpi>ra,  cli«!Ì  ^lanito 
apparfrehiantlo  dalIVgifgio  Editore  per 
la  ^tiimpQ. 
iall«  le  qneBlioni  fonJ,^mnntall,  che 

MENEtrirZZI  (jUISKFI'K  —  Calendario  popolarfi  perpetuo,  Irasforma- 
bile  iu  cakndano-lacciiifio  perpetuo,  ed  in  c;ileiidario  perp^^uo  da  ga- 
tiioelto;  eoa  le  fasi  della  luna  per  cento  anoì;  una  Tavola  pUagorìca 
s«lliaMoale  d'aì^'iunla,  indica  a  ([ual  di  della  .settimana  corrisponde 
qoalmuiue  giorno  d'olii  anno.  Padova,  tip.  Orescinì,  18S3.  io  16, 
dì  pagg.  96.  PreoiA  lire  1. 

WNEO  JANNY  MARIO  —  Orazioni  e  discorsi  del  Can.  Mario  Mineo 
J.inny,  Diretlire  della  Polìantea  Oralnrìa  (anno  t88r>,  S'i  del  Pi-rio- 
dìcn).  Pti/emto,  tip.  deirArmmia.  Vìa  K.  Hiagio,  u.  2,  188.").  In  8,  di 
pagi;.  236.  Preuo  lire  '2.20  Tranoo  di  posta. 
y  cb.  Oiiiooico  JtJiwo  JiDii)  ci  oITrc      quenza  (ti  vario  iicncrc,  secondo  i  vnrii 

■1  (reieiuc  tolunie  saggi  di  sacra  do-      soggetti  da  lai  iraiiali  ed  i  ilJTerti  ndi- 


lam  'li-IU  fnn  C^II'Vione  di  Comme-n- 
urii  laltlict.  pabtilicata  dal  L"Lliìcll«us. 
CI  la»ti  dire  che  ad  «»i  allrcti  corurn- 
|msi  ^  ehitfii,  elle  già  fjconimo  dei  (irp- 
caJeHi,  A  mHDO  a  mnoo  ch«  vennero  in 
Ikt.  AmJie  qai.  oltre  il  (iore  della  scienia 
antica,  trovasi  raccoltoceli  in  bell'ordine 
«eoa  sa^ia  cntica  op<»(i>,  quanto  i  più 
•ondititì  scrittori  moderni,  speciilinenie 
ifktì  e  liMeschi,  mrrrf  te  rcventi  sco- 
foir  e  il  prosrfsso  de?IÌ  studii  orì^nlali, 
hana,  laao  a  quesio  dì.  (rotato  di  me- 
|S«,  ail  tllosl razione  d'-lla  Bibbia.  In  lin- 
1«kraUNlo  pfrAcÌMmbraiIacomnirndare 
ì  Tono  I  delta  Introduction  G^ntralt, 
fr  la  £010  rittlieiza  che  coniirne  di 
■dU  ervdi(Ìon«  «  di  eccrHi'ntc  doitrìna 


i06 


BIRtlOOftAFU 


lorii  n  cui  diiTfiSP  la  paivll-  Aliri  stma 
tlÌ!!iCOi>Ì  a  inuOo  (li  canrcaeiun,  per  rac- 
rniii'indiin'  )u  i-m'uì  nitlolica  in  geùe.n\c, 
o  ijtiakli»  Ili»  opei'a  in  jiartK-ol'ire:  iillri 
sona  {inn'i'gin'ci  in  Indo  (li  <]it»li:li(!  Santo; 
allrì  sermoni  sul  SS.  Sacramento  e  !ul 
Nome  di  fiiPSfi  n:c.  In  miti  cpVi  9]  mostra 
ben  iiwr{le<ro[c  di  i|iit>lla  faiirn  dì  ccccl- 
Icnle  oratore  che  «i  *  piinflnfmnlo  noti 
pure  nella  sua  Sicilia,  mn  nncho  in  ^■ 
rccchip  principali  eMih  itigli' llalin.  Lo- 
diamo sinicolarmeiile  in  lui  uii  vig^orc  s«m- 
[irr  Cfi'srentr'di  arfrnmerttszionr'  prr  incuo 
del  quale  «(Tingendo  f^pm-  più  i  }uoi  udì 


lM«  nllrrltantA  ÌiiovìuIhIÌ.  A  t]at^lc  af" 
Bìunfte  Tom  la  udtìUi  dei  oonc^lli  «ncbe 
ofll'csprimeri'  varili  fon«icÌ«l«,  li  virt- 
cità  delle  ìididskìhì.  h  splcudore  della 
parola,  il  catoi-c  dell'alfetio  :  le  quali 
doti  nuilP  ÌRM-'mr,  caKiititi!iL'Oi)0  (vr  *&. 
com^  ognun  vedi?,  la  perfeiu  i>[iW)ueiinL 
Sp  iinnlclie  rnw.  Tra  li'inli  [irogi,  ci  è  I^ 
cito  di  iippnnliii-c,  ò  torse  «M  ^nTrrchta 
psubeniniff  a  aHire  di  immagini  e  iti 
f1|titr«,  (toglili  i^irnndenlr  reilnn,  p  forw 
ulla  pncj  [tazinij.!  dWla  Iìidìl  Ma  k  ^ 
Rinfila  Uri  ci'ntiir.i,  ^  m'alio  mancar  pPT 
rcvcuo  die  non  pT  diretto. 


tori  11  conduce  a  coDclusrnni  quanto  inat- 

MOROHI  DAKIO  —  Vila  di  Sua  Satililà  Ro  Papa  Nonn;  per  il  sacer- 
dote Dario  Morosi.  Volume  secondo.  Fireiìse,  tip.  della  SS.  Cooo^ 
ziotM  dì  Raffaello  l^icci,  1885.  ]n  8,  di  pagg.  48S. 
Neiranniiniiìiri!  il  priiiio  volume  di      cerp  qu^m  s-rconrln  roluiiip  nd  (|UBle  t 


questa  »iaria  noi  rsponfirinro  il  concolto 
(Tcnerelc,  del  liliale  il  eh.  Autore  inten- 
deva clic  f-owc  inronrmto  il  suo  lavoro; 
ed  era  (jiirlln  spirito  «jn^olnre  di  carit.^ 
cìtp.  anintA  il  l'ontifiraln  di  Pi»,  e  fit  la 
cagione  poirssiina  clrc  i;u3dii(.'iiò  alta  Saiiu 
Sede  la  stima  f  [ili  affetti  di  tutto  il  mondo. 
Facnnimo  niicora  Qotare  1  prt-^i  artistici 
dtll'npcrj  5Ì  neltu  sot[:in7..i  tifila  narn- 
iÌoii«  e  M  nella  forma  (Vvdi  quad.  8^1, 
pagjf.  3i7-8i.  Anouniiamo  ori  con  pia- 


drui  pmgi  li»iitm  pfTiivvciiInra  inags>or 
campo,  altt'sa  la  vnriplà  e  praiìlit  d«gK 
avvcnimnnti.  5ppi;iii'  jm-f  I"  empii  fuena 
cite  il  Homano  Pontilicato  <'l*lifì  3  Kttt*< 
nen  Hall»  rivolirtioni?,  d.i  roi,  v.  mM 
usci  vittorioso  Riateiiiilineulc,  rijiortA  ro 
pc-riarito  splcmlido  irionra  nifìnil«  per 
r  ammirabile  condotta  del  Santo  Pad: 
iHolume  «i  f.«li^nde  dalla  proctanatic 
(li^l  Doiiima  di'ir  Immacolata  ììÌho  a)  Cei> 
tPitóPio  di  San  Pipiro  celebrato  net  1867 


NONEr.[,  GIACOMO  -  V.  FERRUSOLA  PIKTRO. 

NOTIZIE  istorìclie  sulla  miracolosa  immagine  di  Maria  SanlìsAÌma  di 
sotto  gli  Organi,  che  si  venera  nella  chiosa  l'rimaiiale  Pisana.  Seel^ 
eclj£ione,  cou  aggiiiuie.  Pisa,  tip.  e  libr.  Ungher  e  0.  editrice,  I885t 
la  IG,  di  patjg.  4S.  Prezzo  cent.  50. 

OFFICIA  cura  eorum  diehus  infra  oclavam  srtlwinitaiis  Fpijih 
Dominicae  Hesurrectionis,  Pentecosifts,  SS.  Gorporis  ('hristi.  et 
vitaiis  D.  N.  J.  C.  ad  commodiorem  usum  uirius(|ue  eteri,  tum  saecii 
larìs  ciim  rcgutaris  i>ec  non  monìalium  hreviarìo  romano  uiemiu 
iuxla    novam    Ruhricam.    Keapali,  ex   Oflinina    DspiLii    Mi^ndicai 
rum  MDCCCI.XXXIV.  In  l«,  di  |iagg.  ia(i.  Prezzo  ceni.  75, 

ORSEMliO  LUIGI  —  Si  muore  sema  Dio!  Conferenze  tenute  nelle 
nan»!  ordinarie  del  pio  consorzio  di  Sanla  Savina  dal  Can. 
Or&enigo.  Milano,  Coi  tipi  di  L.  1'.  CtìgUali,  Via  Pantano  n.  '2G,  1 
In  IG,  picc  di  pagg.  lOG. 


BIBLIOCRAFU  lOT 

PAU.OTTI.VI  SALVATORE.  —  Cilleclio  omnium  oncliisionum  el  re- 
solnti5num,  quaf!  ìii  causis  priifiosiiis  apirl  Sacrani  Congregali  onera 
Cardinali um  S.  Coiit>ilÌì  Trideniini  inierprétum  prodieruiu,  ah  eitis  in- 
siitulione  anno  MDI-.XIV  ad  anuum  MUfX<JLX.  dìstinnìs  ijlulìs.  al- 
ptubetico  ordine  per  maierias  digosia;  cura  «  sIikMo  Salvatoris  F'allnt- 
Uni.  S.  Theolofjiae  docioris  ecc.  ecc.  Tomus  XI.  Fascic.  CVtlI,  CIX, 
ex,  CXI,  CXII-  Jioinaf,  typis  S.  Coiigreji;aUf>nis  de  Propai^auda  fiJe, 
MDiJCCLXXXV.  Cinfjue  fascicoli  ìu  i.  piec,  di  pag^-  W  l'uno. 

PARADISO  (IL).  Pensieri  ed  esempi.  Torino,  tipografìa  e  libreria 
S.  Giusei»!»?.  Collegio  Ariigianelli,  Corso  Palesiro,  li,  188(J.  In  Itìt 
di  pagg.  23i  l'rezzo  lire  1.  Vendibile  anche  presso  L.  Manuelli  li- 
braio in  Firenze. 


Hiporlìamo  il  gìuduio.  a  cnì  tolrn- 
lifri  toUcecnviamn,  die  di  <iuesto  bel 
IBw  dà  r  esrt^"  Unità  Cattolica  : 
t  Sniiri  qnPMo  M  lìlnln.  essa  dice,  h 
«cito>l.illj  iipAfn'afi.i  S.  liitivppe,  defili 
iriigiatulli  di  Torino,  un  lìbrclto,  clic  è 
•u  rvienlu  di  yetuieri  ei\  esempi  sul 
Ma  conuibinUMiino  del  Parndiso.  Kìs\i 
4ttftoilo  !■  modo  che,  a  «^uuluiKiue  |>a- 
pm  à  ipn.  k1  trovano  miis^inie  e  Talli 
•ki*  (Mitsouo  «lari!  il;t  so,  •^fiviì  clic  Ma 
J*Diipn  )r|;Ferc  lo  cose  inve»lenii;  n  lut* 
tnia  iD»ti  ratti  e  ^invsln  nutrirne  sono 
colhpiie:  Ira  Inro  in  modo  da  fonniirc 
l»iu  intivra  uni  iratUìnoiic  sul  rara(li»o, 
*  èane  noa  «jitaiun  {«[loinrc  mi  ovvia, 


/ione.  1!  lihi'D  <i  legFP  ron  V(*Po  piacere 
e  diletin  K^iirìta-ili;:  In  e»ao  «t  apprenda 
.«peci.ilmrnli-  dui  lingii.'ìKsio  Aei  Santi. 
c}\p  cnsn  *iin  i|ui'l)3  nann  pnLrin  l>oala, 
I!  conH-  >i  ilobbiMno  pm'iarv  dilli  i  no- 
stri ptiisicri  cri  ;iffi-lLi.  1.1  slissa  Tlpft- 
gr-ifiii  l'jlitricp  di  S.  (iiu'pppe  .ivfia  |»oi:o 
Ta  pnIiIilÌBiln  l'Inferno  Ae\  P.  Schouppe, 
al  prwio  ili  coril.  IKÌ-,  ora  il  J'nradìto 
fa  coir»'  il  .S''-};uiLo  a  iiudh  puliMivn- 
m>m,  atniilouo  it  iDritoiìmo  fortiiatr).  Ila 
iins  frop^ru  elppantis.tÌHta,  cniinolilojrra- 
Hila  Qi-lla  stcsKi  Tipo-litORntlia  di  S.  Gin> 
Sleppe,  in  cui  sono  ^nig^iosaint-ole  sinibo- 
tuf;];ial<>  le  dui;  Gcru*al<.'mnic,  la  l«ni.'sin; 
e  la  ccli^Ptc.  » 


JllmUn'o  preci»  «I  allncnte  descri- 

PàTERNO  (DA)  P.  RAFFAKLK  -  iìma'^ia  del  moudo  catlolico  s 
San  Francesco  di  Assid  nella  ricorrenza  del  VII  centenario  dalla  na- 
sciU,  1882;  pel  M.  R.  P.  RanTaele  da  l'aierno,  LtìUoregiidiiiatn  M.  O. 
Parie  V.  Omaggio  dei  Poeli  a  San  Franc«wco.  Fascic.  XXXVI-XMI, 
15  agosto  —  15  ottobre  '-Hi  oUohre  31  ditiembre  ISSJ.  Napoli,  offi- 
cina tipo^Taflca  di  H.  Hiualdi  e  4r.  Sellato  nell'  :it»ol)to  Mercato  a 
Forcella,  l^^^.  SiHle  Tascicoli  in  8,  ijr.,  di  pii^g.  fU  l'uno. 

I^VCO  EMILIO  —  Storia  della  leiicraiiira  iialiatia.  Volume  primo.  I>e 
orìgini.  Firensey  tipngrafia  dì  G.  Barbera,  1886.  le  16,  di  pagg.  184. 
Prezzo  lire  ì.  ."jO. 


!&n  è  mne  il  numero  dì  storie  ttf>lla 

Vomuoih  ilaliiiiut,  di<!  fò  pKit^tininn, 

*»o  in  ampie  Iraltiiiiiii.  owia  In  com- 

fn  (iLOSk*  ultime  vt  ne  lia  pripcn:- 

■  stirili'  nni  altbijmo  lodaU;  comi; 


opporliini-  all^io^egimiiii'uta  Ma  iior  pc-T 
qii(?tlorÌputi.iiiio  mr'ii  v»niii);;io5.i  h  pcu- 
ìcnic!,  a.  cui  pulì  nitiriu  il  di.  Kinilio  ['criRO 
[iFi'  ^11.11)10  [irti  giiiAlami'iili.-  po^M.inio  .ir» 
SjoJimciUirL'  dal  j)r<!Sttiile  volume,  in  cui 


lOH  BIBLIOGRAFIA 

ditcorre  M\e  orijiini  Mìa  nn«ln  Ielle- 
ralun.  l'.p]i  non  sì  propone  ili  scrìvere 
un  c4)r$o  cliL-  ilt*!')*:!  •»-nir  ili  testo  allv 
scDfllc:  il  5ira  inir-titl  inrnio.  carne  nlmcno 
vi  fi  Fa  miinircstu  ilalln  iurte  clic  aa  é 
pabUlintia,  «  piullo^to  <li  Taro  uno  Mndio 
di  pii>iui  l'd  EiCL-iimin  (Tiiini  ih-Ita  nnHra 
l«tfpniiiiM,  fbi^  nnn  I;ini(>  t\f  din  a  co- 
nosctTi:  i  [iroctilinieiili.  dirt'iii  così  mo- 
l^riali,  qtianin  Ir  caasc,  la  «oM-'inui,  pH 
fflTtUl  )HT  nii'llrriip  in  inosin  il  Im-Uo  mI 
.1  norniii  fli'i  nfwiri  prniMii  cscrnpbri  for- 
niiii'c  il  buciii  ifu^lo  li-Utcario.  I)  s»(i;gio 
cbu  ac  ih  tnilCindo  tirile  ori[:iiii  della 
Iplti-ratnra  ci  h  noRiimrn  un  csìId  r^iiia!- 
mcnlc  filìce  prl  riinnnpni^  ilcll' opera. 
E):)]  drwonv dapprima  doll.i  poesia  perchè 
pwiici  ftirono  I  primi  lApli  <lclla  iinpu-i 
ii;isteiil!>;  t^  coll'atutn  della  crilica  Monca 
ti  lìi  ìmI  indapre  fU  iniiii  probaliili  dt'lla 
QUQTa  lingua,  venutaci  forinnudo  co}:IÌ 
antichi  di.ilHIi  iIi-Hh  vnrid  «nnlnde,  so- 
praffalli pitr  gnn  li>mpn  dulia  liiigiui 
vITieiDlc  chi- ersi  la  blina,  r  clicdopcila 
caduta  drl  romano  impero  si  tennero  a 
ffKO  a  poco  n[JÌI1c:indi)  in  iiri  wh  Jìii- 
^anpfiit  l'oniunr.  Fu  un  Livorio  >1i  molli 
8i^-oIi,  clii'  il  no<ilro  Aiilorp  Tii>n<>  spic- 
cando r.fìii  fndiiiii.  se  non  sempre-  certi, 
almeno  probntiiti  Ma  «e  lum  ostante  i 
suoi  srorti  (K-ca  luce  poiè  arrei'Oiyli  su 
questo  punto  la  •noria,  migliori  M>rvigti 
(li  ba  recala  I'»u-tica  nei  giudìxii  che 


loniu  ili  •luci  primi  moniiriKiili  ilelti 
Mra  po-un,  dL<linpii<iida  con  ^ns 
la  parlf  clic  v'elibrm  la  .«tliictU  Da 
gli  eipnx'nli  »tninìen,  r»»»  delle  cu 
ia  ri'Iiiriciiie.  ih)  afs^nando  al  nati 
iMinto  e  pili  nILi  Ì!i|tiniliOAL'  rrli^m 
che  \*lia  di  [)ià  Mtave.  afrc(tD<iM  fd 
roirahile  in  quelle  prime  pi'uove  de' 
(ce(tno  italiano,  (iollo  stesso  metodo 
discon-e  dei  pn'nclpii  della  prosi,  H 
piCi  lardo  Sfilici  meri  lo  aiTwa  le  ni 
sioriclif.  ed  («mina  iu  inrllcotare 
vai'ii  peneri,  le  ojn'i-e  e  pli  aotori 
501)0  peneiiuli  fino  a  noi;  reli'E-md 
colie  di  quelle  Tn  le  apocrife  e  fU 
uotareil  pniioio  tesoro  dell'aurea  ti 
che  li  si  trova  rai  spccialiDewle  no 
rinomali  fra  loro  A  qmsic  fonti  Tcp 
Auloi'e  nella  sua  coiiclusìoue  rkl 
frl'ltnii.-inì.  se  amano  veramente  la 
pati~Ia.  disila  i]uale  una  delle  Klorit 
Hiteinnitte  t.  Ì9  «Mvissim»  faiello 
raatidaUifi  dai  noslri  avi;  a  li  «-sa 
non  voliTh  imbiii'liarirr  roi  modi  e 
u«ì  rore!ilÌ<>rl,  i  quali  pur  troppa  nnlli 
df'nie  scrìlturp  tronmo  un  hiiio  ed 
Noi  ci  e  ondimi  uliaiiio  i^on  lui  di  q 
primo  «issEif,  anrlie  pr-reh/-,  ralpoP 
OKiti  umano  rispclia.  ha  saputo  ri 
sccre  nrlla  «tnia  no»ini  itII^ìom 
f\rf:Ti  driiieuti  [liJi  e{[ic:ici  della  si 
Dima  rorni.-i  che  [tref-e  Kino  dai  suoi 
cipii  la  lìQgua  ilati^ina. 


a^ 


POMDORI  EUGi^NIO  —  Dreve  compendio  delh  Sinria  (riialia. 
lato  secnndo  il  programma  minisiorialt^  dal  pi^f.  Eu/L;«aio  Poli 
pei*  l'Esame  de^li  studenti  di  [|uìnta  giririiisìale,  e  per  utile  ed  m 
leiluru  della  giovenifr  iiiiliana  cl'amNo  i  sessi.  Seconda  edizione 
reiui  e  mU'^liorata.  Torino^  stamp.  degli  Ariigiiinelli.  ISSfì.  Cu 
lo  IO,  di  pagg.  1SH. 
Aanuniiiamocan  iiiiicere'juesla  nuota 

nlizione,  di  molto  act'rcwiiiCi  e  mìirlio- 

rala,  che  dopo  pochi  mesi  iirralia  h  prima, 

di  HR  ercelloJile  miinaale  ili  «inria:  che 


fperinmo  vedere  ninmcsso  nei  coll^ 
schili  e  femminili,  come  di  (traa 
niìliliore di  molli  altri  usati  nelle» 
in  quiinlo  a  idee  irlii^iOM^  e  politic 

PUUIilO  IjU'jIO  —  Pdldius  IjIicìus.  De  Supremo  veritatis  criteri 
Ordine  morali  iuxia  doctrinam  SS.  Eccl.  doctorum  Thomae  Aqut 


J 


«  Alphonsi  M.  A.  IJj;opìo  [Kx  cphcmcrid-t  Divus  Thomas]  Phicm' 
liag,  typis  «  Divus  Tlioiiias  »,  IHSr».  In  16,  di  pagg.  CO.  Prezxo  lire  I. 

SALA  IJIUSEPHK  MARIA  —  VeriUfi vanità. Considerazioni  siiU'oriierno 
progresso  ioiellelluaie,  di  Giuseppe  Maria  Sala,  se^^reiarin  in  rilirn  dfii 
MirrìMero  della  R.  Casa.  Torino,  Ubr.  editrice  Eugenio  Carello,  1886. 
In  Iti,  ili  pa^%  17.  Vreui  lire  1. 


Ir  jarit  (\w*liuai  ti-»tiatL'  il)  ([licito 

Miro  si  nnUfKlduo  wì  coiicmo  pririri- 

fàtf  ia  evi  è  Millo  jrniifutoil  eh.  Anlore. 

[irllo  ili  rocilrn"  In  f\'n\fma  k 

■  I-  liit«iUi  dei  moilprni  sìMcmi  «a- 

.     il-  .iiicg;[i.itl  di  inat»rìili«iiio.  c*)lln 

.^L.  jitiiila  (liiMr  vftÌIS  riwliilp.  F.pli  tinn 


seg.av  un  oritiiit)  fijsu  di  lnilla£ione  :  si 
contriiM  d)  esporre  le  xeriìli  Ìaa(\ameavAi 
lit'l  rmliaiT^inio,  iti  moslnrle  tali  con 
fiW  .ir^iHiienii  ilt>itì  di  crci)ib'i1iià.  p  cnn- 
(rip^ioHi-  al  ili'IUim  Mìa  taìf^^  srÌPiiya  che 
¥i  vii^lìoiio  ail  i-s<i(t  snnitiiire.  È  un  libro 
di  ulilu  lelluru  nd  o|;nì  cU<ae  di  persone 


VINI  OIUSEPPK  —  Ricordi  della  vita  di  Bernardo  Savini,  srriui 
dal  suo  iiifxile  Giuseppe  Savini.  Firenze,  lip.  di  (ì.  Barbera,  IH85. 
In  16.  di  pJiiiK.  ti2. 

pf^no.  H  j>i  a\»m,!}  im[p\ntmf^nlf  in  varif 
di«ÌpIitgp<t|miHlin(^nu>nn1l(iRiati'matIci)^ 
N^'  djir.iUro  <Mnlo  v^^nni»  mai  ni^iio  In 


1j  DWinorìa  di  iìiitsrpiM' &ivini  ^  i!e- 
(H  di  TÌTvrc  nella  posurilA  come  (■RRnipìo 
4i  iin6  religio«r.  morali  u  civili  di  puo- 
forlp  il'a  iniÌL3EtoiK  <lc0ti  uomini  del 
atùìù,  pi^rch^  pr-Jiicilr  da  una  di  loro 
aMditiouv  in  niezio  ìi(1r  atlruKivR  i*d  3i|« 
dóVu*vDi  dd  mondo.  Il  Snvini  ^orlì  da 
nun  ouioio  in^^o.  Tu  d' indtilp  vi- 
noe,  tbbe  \a  ri'iituni  iJi  liiiùnn  ^liir^i* 
cune  Irllrrsna  i>  murile  n'-lhi  fwt  ttrm 
BMim  ;  i;  »<■  da  pniii'ipio  noni  mollo  *.i 
■fnaliì  |MT  atnurr  ullu  Miidio,  pruliiii 
Dm  poco  w't  t)UOiiÌ  cOKliimi,  ii4?lI'iiinorf 
r  Belle  preiicfm  della  rrlitiluiiL'.  Ma  orila 
{iATeatb  coltivft  ìuhbì  inf^lio  il  suo  in- 


»ni  ftìnii  :  la  qin)'>  niuì  f:li  crfltilie  spin- 
prf  piri  noi  cuoiv,  .iltm<-nt.ilii  ilallVwr- 
cIkìo  Udir  vind  crÌMÌ-TiH'.  «  «prcì. il  mente 
di  una  cwmplare  paiienia  nel  lolk-rare 
1p  conlinnair  inrfi'mttò  clic  In  iiccorapa- 
pnaforiD  dnlla  jiriom  fanriulleMa  itisiiin 
alla  nmrlr.  On  *-I''  l'fWi'  <1a  itoi  somma- 
ii;irH('iili>  ac<-.i'(inaii*  si  Inivrrninno  ampia- 
riL'iitL-  (spusii;  nei  ricordi  che  ns  scrive 
il  srio  iippolD  («iuspppc,  con  alTeUo  si  di 
aoiuruso  contiiunlo,  ma  ron  tulli  gl'in- 
diui  iti  im|Kirziale  veraciili. 


SAVIO  CARI/)  FEDKI.E  -  Nozioni  di  lo^ic-a  raziocinativa  ed  iodul- 
liva,  secondo  gli  ultimi  pro^raincni  g''V(;nialivi  ['ih  ollohre  188^)  ad 
uso  del  1  e  11  corso  Liceale.  Torino,  librerìa  editrice  0.  I).  Peirioì, 
Ib  Via  Crarihaldi,  iStKJ.  In  ir.,  di  pajiff.  216.  Prezzo  L.  1.80. 


Le  aonae  e  le  mnlcrio,  5«condo  le 
ijgalì  il  di.  Autore  si  ^  pi-oiiosio  di  com- 
fiatr  tyae^ta  suo  lavoro,  sono  (\wi\f)  chn 
«ogODO  dt'temtiultf  dall'ultimo  pro^nitu- 
n  {ot«ii3iiio  de)  I8f<-i  |wr  T  in^na- 
Befllu  rtl'twilW-0,  li'vUe  vlaEsi  lit^ali.  R;;]i 
Rinviar  ftOD  era  lib-^m  di  l'^npre  qupi 
neindi.  iiiuxli  |wrliiD|i;ae<[H-ri(!Nza  »wo 
tbii  rifinkili  piii   tdnnei  per  t'ìnci^gna- 


mcriio  lilMolko  uà  tratture,  almeno  nrllii 
mi5(ir.i  cftjivpnieiiip,  di  latti  i  «Jgiftli  pid 
capitali  di  qiitrsla  •i{^:ieiir,3.  1'^  ani.  prr 
qnesLa  r:i(!ÌoRe,  non  vorrnniiio  crrtainenle 
comiglianì  il  suo  Corso  a  r.lii  non  fosse 
li'ipio  dulie  jiiisloii!  t;()vn.nialì\G;  gijcché 
a  pnrer  no'ilrn  nvrfiibe  Jii;i  itiiltuiiotie 
pi!r  diii^  cjpi  incompiuta,  maiicaiitf  cJoò 
di  molle  iio/ionL  di  pi'iiiia  necesiilS,  n  in 


HO 


aiBLIOGRAFU 


i|iielle  ìteae  che  porge  non  Urne  assodala 
p  spfssrt  inwria  fu^ì  manco  di  (|ii.-U3  lucr* 
the  pruvL*iTf>bbi:  (IjIIc  p^irli  viiiesjc.  Mi 
anno  riguordo  allo  conditiani.  a  coi 
l'Autore  9i  è  Ji«mo  wltoporn-'.  Jolbiainw 
conrtftiarfl  che  il  <tno  corso  niDrìia  non 


poco  lodf,  si  per  k  dftllriiie  che  sodo 
gflnprnlmPTilf  giuste,  p  si  per  hi  «po»)- 
lione  ctie  è  iiblnistaiiia  diiura,  che  pfv- 
Cxde  con  buon  If^'amc  Ioe:ìco,  e  vku 
alle  conclusioni  con  buon  owbA  dì  ftrgo- 
nii^ili  dintostmitiri. 


SERPIt^RI  AL.ESS.\XDRO  —  Appuniì  .sul  skiema  di  educazione  in  un 
collegio,  pubblicali  net  primo  anniversario  della  morie  del  P.  Ale^ 
saodi-o  Serpieri  delle  Kcuole  Fie.  Firmte,  lip.  Calasanuana,  1836f  uo 
opusc.  in  Itì,  piec.  di  pafj}}.  92. 


Il  nlorgeo  e  uoiverulniente  com- 
pianto P.  Serpieri  salì  in  Eninn  di  dolio 
tra  irli  «cimiìatì  <rita]ìa  e  d' l^uropa  per 
tiobili^itni  liivori  piiblilii-ati  per  le  «lain])R. 
Il  Kuo  opuscolo  postumo,  che  qui  nonon- 
liano.  è  poco  eou  in  appni^ma,  ma  nel 
jtcnere  suo  è  un  oro.  J'a  nni'avivlia  come 
un  uomo  int<'4o  ;i  pravi  studii.  abbia  po- 
tuto discendere  a  tnli  miiiulpiie  pi-alìdie. 
IJue^to  mnstra  (Wii  qituk  coKitiJia,  as- 
ininlo  il  campilo  di  odueetore.  egli  lo 
ewfitlìlei'.  M.1  IrslnxiatA  r.ot'':itii  Ilio  del 
libro,  che  ii»i'la  il  cuoip  p  b  inniLif  del 
rplijlioM),  din-ino  tW  il  libro  in  s^  >>tt«M 
ci  K.-Hibi'a  Jiiipoi'taiiLi;  apjiuuto  \ki'  le  nù- 
niite  nsi^nnzioni,  l<>  qnsli  agevolmente 
sroffono  asli  cdncalori  nnclu.'  prortitl. 
Cene  dtliponie,  cirrti  .iwidiiiiffiti,  ui'rti 
consigli  »u  cose  da  outla  noi  ijli  abbiamo 
Imi.  .iinmìrundonc  !a  ^iiutena,  e  persuasi 
noi  poiv  dalb  e^pirienu,  che  postano 
divenir  spim;  di  rilevami  vantaci  nella 
fducjtzioue  colkgiflk'.  Si  le^^ano.  a  ca- 
gioii  d'esempio,  j>]i  Appunti  stU  ^ìaochi 


da  promuovere  nelle  ricreaiiooi  <f»i;.35^. 
e  sul  provvedere  al  pioviin«lli  pli  opftelU 
di  »crivani'i  (paji.  O^t)  Su  ((uvstni  iillima 
nuilitàW  sapietile  tcrill(iii>  ipi'imle  quat- 
tro pagine  e  mnvi,  tutte  flore  di  Pernio 
educativo.  P.  un  pereste  <:be  il  Serpterì 
non  ahtiia  ti-nulo  piò  a  lun|;o  l'nRIcio  dì 
dii'eKorr  di  convitli;  fii  arriccliiln  rosi 
i  »ioÌ  lire<ri  Appunti.  Ad  opni  modo  noi 
racicoinii udiamo  il  lilircito  a  lutti  cui  in- 
combe l'obbligo  di  ben  guidare  o  coU^ 
o  sf^ninarii.  Vìuno  di  loro  aì  pentire  iG 
livello  letto;  clit^  nnni  rendere  in  cilor 
suo  h  doTult;  lotli  ni  eh.  P.  Mao» 
Iticci,  che  sebbene  occupato  nei  «upreini 
affari  del  suo  Ordine,  hn  tullaTìa  imvMo 
lenipo  di  apparecchiare  alla  nnmpa  qae- 
sto  gioìHIo  di  sana  prilairoicia  del  suo 
codlralello.  Noi  per  iriuiiUi  t;li  dobbtiin* 
pubbliche  ^raiie  delb  esquisita  gelili- 
lezsa,  ond'egli  si  piacque  di  inlito{.-irf9a 
un  UMtro  colkga,  U  P.  Gio.  fiiii-teppa 
I'r3nco,con  una  dedica  ([uaiitn  cortese, al- 
irettanio  dignitosa  e  di  alti  sensi  adorna ts. 


SODARO  ANTOjNIO  —Aiuole  puerili. o  cerno  poesie  di  occasiono  per 
fanciulli  e  giovaneue  di  Antonio  Sodaro  (As  della  Follia).  NapoUy 
Stabiliruenio  tipoffralico  dei  fratelli  Tornese,  S,  Geronimo  alle  Mi>- 
nadie,  1885.  in  IO,  di  pag?.  116.  Prezzo  tire  1,50  presso  Tiiuiore 
S.  liisgio  dei  Jjfirai  l|-2  in  Napoli. 
fi  iiuii  rnwoliina  di  poi-sie.  une  pi-o-      generalin««tL'  ben  concepile,  ed  esprimona 


prie  p»^j  raiiciiilli,  por  le  varie  occjisioni 
incuiiii  «iiylin  dir  facciano  nn  .lunario, 
nn  sdato,  una  ^ralulaiìoDe,  un  coinpli- 
mmto  ai  loro  cari  od  «sii  amia.  Sono 


in  le^piadra  forma  pi^ii<.irri  e  conc^lt) 
ailnili  0  quella  elJl.  Formano  nn  trsorii'lto 
tatto  all'uopo  dei  maestri  e  delle  imcsire 
in  di'tte  occasioni. 


BfBLRMmAnA  ti" 

THDREAr-DANOIN  PAUL  —  HùaMre  de  la  Monarchie  de  Juillei  par 
Paul  Tliureau-Dsngìn.  Tome  iroisième.  Paris,  Liltrairie  Plon,  K.  Plon, 
Nourrii  el  C",  Impriineurs-Éditóurs,  Bue  (ìarancière,  IO,  1886.  In  8>, 
di  pagg.  552. 

U  Civilià  CMtoUai  neiraanuoziare 
I  >lw  jnmi  loiiu  della  Sùtria  delia  Mo- 
wareJiM  di  Lttglio,  tributata  airiilnslrp 
kvHion  UM  lotte  riu:inlo  mcrtUia  per 
rmnie  (Ioli  il'ÌDgEVOO  B  Splendore  di  sUIp 
(  Dobiltb  (li  »«nlìm«nlA  rflieioso.  iiMrel- 
amo  siocen  »1  ìnipsrtialt;  per  ciù  che 
i<  le  opinioni  iiilorno  jlla  bontà 
.'in  |iarìi«iraLane.  L'Accademia  di 
rniK»  rironoscetulo  il  ntpritn  ìDtignc 
£  ([pc'iliii'  prinit  volumi,  nccordnva  al- 
l' IdUtfT  il  Gnu  l'rrmio  GoWri,  di  1 0,OOU 
bachi  tti  lIii'  niH  or  ruecJniiio  al  i'\- 
pwr  ThurfMu-ltxiijrin  le  nostre  (liij  a(- 
riinrw  coograitiluiooi,  e  iiulriatiio  ritii- 
JjUi  t^tn-aeta  cb^  b  Meua  3«ru^  sia  ptr 
loanri'Bl  tomo  urio  drlb  Sioria,  venuto 
in  loM  tu')  corrrnte  anno.  Inipnrorché 
e  l'AcKMicaiìa  lu  il  diriUo  di  diTrcinrc- 
i  fnwn>*  per  doe  anni  coii»(.'ctttitÌ  nILa 
ttaa  tipera,  e  Topcr»  del  nostro  Aritorf 
(4rgiÙBÌiD:)  di  oltenprlo;  aric$ocliè  tuuc 
le  q«jit&  FSn-ttiu  dt^'dut  primi  Tnlunii. 
Il  wniDÌr»Do  [lel  leno,  pri,  te  non  for- 
l'anco  xaperìori. 

L'Autore  iafalti,  sta  per  In  oaiura  e 
qulità  drllr  com!  eontimntc  nel  terso 
km,  fia  ptr  b  pernia  die  si  Ts  «cmprc 
■lipofe  con  IVsiTciiio  Min  «crivcrr, 
ki  aputo  f|ui  dure  alla  lutrraiione  de' 
btli  m  non  so  che  di  drammatico  the 
<Utta  e  npisp  l'aniiiK)  del  lettore  di 
fom.  che  ioromiDriaU  aaa  volti)  ta  lel- 
uin  noti  ti  pila  piìi  deporre  il  libro.  Or 
limati  HlMlo  «rtanionle  noicvolàssimo 
«meda  pia  cjiuse;  dalla  ^iista  propor- 
noUf  Mìf  parti;  dalla  variai  p  dat  con- 
iflMa  ilei  caraUKi-p  dp'pi-rsanaftK)  ^iiipm- 
duale  »piT9so  al  VITO  v  conit-  volpilo 


dall'Anlorv;  da  una  qiianlilil  di  no^iie 
pariicol^ri  ittitole  liiiora  e  li-aitc  da  <lo- 
catiieiiU  iiii;diti,dl  iinrddolÌ.ilÌ  motti  vivaci 
e<l  aiyuli,  che-  rittuiinl^iio  lu  rìta  ÌEitinia, 
le  uonIJdenzf  di  nmìri.  di  diplomatici,  di 
ministri  «  del  He  slo.*Mi.  L'c(|uÌlA  de'fiu- 
dixii  iiitoiDo  a'fntli  e  alle  pt!i'MRf\  a'Ioro 
uierili  «  (lemifrili,  ì^nta  ipiriln  di  ptn-te, 
5(!iiZ3  passiOM!,  A  Qu'  :]Uni  i|iia[ilè  chr 
iiiPiitn'  ci  Ta  ?«tiiiiarv  di  Atnaiv  lo  Jloricc, 
ci  renili-  alU'oi  pii*!  cura  e  gustosa  la  sua 
narrali  Clip. 

Li-  i(uÌKtinni  rclJfios'.  quelle  della 
liLx-rlà  dcirinM^snamentA,  le  predicaxiotii 
del  f*.  Lacordaire  e  d«l  P.  de  llnvignan, 
i  primi  diKnrfi  de)  piovane  Coiitft  di'  Mon- 
uleinlicit  alla  Camera  de'l'arì,  1  xuoi  Torti 
pro|vtsiti  f  rjivalirretctii  di  diliititer  la 
Glie»)  cuttolira  solo  sana  apoir  et  tana 
peur,  in  niiiw  a'vollej-iaoi.  ;isr  indiffe- 
renti, a'rrpuhbliiianì,  a'cditolici  di  nome 
«  non  d'cipcru,  quali  erano  di  quH  tempo 
[praAì  cli>i>  tutti  i  mcmliri  delta  ruimcm. 
sono  TorB!  le  pa^ltiv  più  Mie  o  almeno 
emanile  cW  più  polÈDtcmcDte  conimovono 
t'animo  del  Itiliore  callolico. 

A  coloro  die.  arnano  di  sliidinre  le  arti, 
le  trame,  ì  rìpieclii  dfpli  «omini  politici 
cbe  )i.iniio  in  mano  il  Govcrnii  dflle  na- 
zioni, o^jvei'o  l'agitarsi,  il  coware  e  il 
nriar  coniinao  drilli  uomini  parlifrianì, 
il  ThiiTT»  G  il  Guìtol,  macsIrvvolnifRle 
dipinti  dall'Autore,  pi>iy«>ranno  ampia 
maleri.1  ai  utili  coiKÌdcmiiuni.  T(.'rmi- 
ninniu  qiioMo  rapido  cenno,  (arenilo  ^-oti 
rhf!  1  niibili  sudori  del  sìiinor  Tliureau* 
Ikingin  rniitiiio  amore  per  la  verità  e  la 
religione  ne'prcicnli,  riconosceva  e  kIo- 
ria  al  nome  deirAalore,  negli  aweoiii? 


tJNGAlK)  EMANULliil  —  Tobia,  os.sìa  lo  specchio  della  hiiona  religiasa 
iatoigVu.  Lezioni  scfitiur^li,  recitate  nel  Duomo  di   Cerrelo-Saomle 


112 


BtBUOCHAFIA 


dal  Cjiv.  TiM)l.  Emmanuel»  Ungaro.  Socio  di  varie  Accademie.  Cerreto 
Sannit'^,  tip.  dì  Fasiiuale  I.en,  lS8j.  In  8,  di  pa^^.  284. 


La  racRÌ]!)ia  ^  il  pf-imo  'Iciwnto  co- 
slìluiivo  della  socielii;  poiché  Jnll'a^^e- 
^alo  ili:Ili!  Fjintgli^,  iiiiilIrJiU'fla  aa  pho- 
vijilo  L'omunc  di  nulorilà  rìsiiilla  il  con- 
»oniio  cìTÌIe  0  nmam  società  che  voglìn 
dirsi,  [tonde  r.oiK'>(riiilo  rlic  la  ben  ordi- 
nala i)iK:iplina  iti?1lp  ^m{!(>te  rsiiiìKiJr  é  il 
|irimo  e  pili  ti  eressi  rio  militilo  pi-l  Iman 
jiidumi'ntfi  lidi'  icitfn  »ocii-lil.  Fi  [lOrA, 
noi  vi>ili.inio  rhe  ^li  sfoni  delln  fttilu  an- 
tisoPJAli?  ed  iitilicriiiianii  np[9iinto  coiilrn 
la  f;imiglia  5tiiio  iirinciiKilniiMilc  direni, 
per  alierame  iii  primft  luopo  h  belln 
armonia  jmesQ  ila  Dio  creatore  e  reden- 
tore, ed  »tliianidcnl«  per  dislrii^ipirlfl 
afTiitto  Non  li  if  qnindi  mesto  più  cflk'acc 
per  opponi  >irnzJon<'  neh:iin  dH  nemici 
delki  socÌRtà  e  del  cristi ani^simo  (della 
quale  aiione  pur  troppo  vediamo  coi 
nssirì  ocelli  i  p^inii  eflettl)  die  rinvi- 
gorire i  vincoli  tiAtunill  delh  f:iintj,'lia  fd 
aggiacitiervi  q unii 'd Ili riiii  ["wririioiit'  che 
II'  TKÒ  il  cn«ttani^ino.  f.  qncslo  ^  il 
concetto  tha  b  voltilo  iraiiegiciaro  il 
eh.  Can.  l'ninro  in  quexio  cono  di  Le- 
lioaisuitliirali.  .«crfrtir-mlo  alale  nopo  il 
Libro  di  Toliiis  ^irronn*  qiiHIo  che  offre 
un  tipo  pi'rrollo  della  iaini^'lia,  sta  coh- 
sidenilu  ncirontinn  naturale  e  sia  nrll'or- 


d'ruo  so[ii'aniinturalr.  K^li  dnnquo  pcrcofTF 
il  dello  libro,  espnni'iiila  ordinai:! mente 
la  stori.i  ihe  vi  e  naimiit,  toimiieu Landò 
le  esimie  vinti  drl  pran  Patriarca  ifi. 
Nef)i>li,cUe  fa  rilevare  d.ille  orrìUli  tXnttt  i 
in  cai.  permettendolo  IdJio,  fo  mtSM 
dalli-  condizioni  di  quei  tempi,  tIaM;i  Ma 
rpilMui  n  tutta  jH-itovu  ai  prrc«lti  Mia 
\cg^i',  e  da  t-nnli  altri  ca*i  ed  aTTenhirp 
che  il  lr^;[orii)  in  quel  Ithro.  Nrl  qtnle 
ordito  egli  ha  »«inpre  la  mitn  al  .'^uo  coi* 
cello  principile,  die.  comcabbìain  ck-lto.  t 
quello  di  far  rilegare  il  tipo  della  perfriu 
Tamiglia,  segnata  ini'' me  nella  nlncaiiooe 
del  Huo  ToIjìoIo,  che  riu^vi  anch' eiaA  oo 
esempio  perfiMta  di  sp»so  srcoiido  il  CDOre 
di  Ilio.  I.e  r|iiiili  con^idpra/ionì  rieitf  pOf 
il  dotto  e.'^posiiore  applicando  n<><;ii  nccoa- 
ciamentc  allf  condizioni  Hei  noMi-i  tcropi, 
coarorme  il  santo  Une  inteso  dn  prìnd- 
pio,  di  propon*  le  norme  e  soffrire  ì 
penti  pratici  per  la  riforma  cristiana 
della  ramipl'^.  Crrdiamo  che  cguet  bene 
che  potè  operare  nella  piccola  Tn-reio  b 
pnrola  nJila,  |>otrà  piti  ampiamentr  op«- 
nrlo  01*3  cMe  ^  pubblioala  \w  le  Kiampe: 
ai  qtiirle  effrlto  concorreranno  non  poco 
eli  estrinseci  urnum:-nli  ili-lla  Torma,  colta 
ed  clo^nle  oelln  sua  «empliciti. 


VBRDON.\  (ilOVANNI  -  Sac.  Giovanni  Verdona.  Panegirici.  Volume 
primo.  S.  Pi(r  d'Arm-i.  ijp.  e  Libreria  S.  Vincenzo,  1886.  In  16, 
di  pagg.  :t54.  Precto  lire  2.25. 

Non  poteva  iiKOOtrarc  que*lo  libro 
nn  (rioflice  pii»  compelenle  a  rili-vanii'  i 
pregi,  ni  l'AutorB  di  e»o  un  amico  prii 
passionato  a  faiite  apprrxtHre  lu  dolce  in- 
dole e  le  care  virtù  iacrrdotiili  che  IVmi- 
neiitistimn  Cardinale  Alimondu.  al  qu.ile 
i;lì  t>fTPp  editori  Salesiani  lo  Ikinno  inii- 
lobio.  Il  daiiiffiimo  Porporato  a  tiiostnire 
il  fommo  ^nvdiinenlo  con  cui  accetta  la 
dedica,  ricorre  cotl'nnimo  ai  tempi  della 
prima  ^oveniCi  nei  quali  Icio^  col  defiiHio 
Aetore   qncir  inUuia   amicizia   cJie    (hiÌ 


nianienrH>i'o»emprc  inviolata  nfli  nrgiteoli 
anni;  e  fa  deirnmiico  un  fndele  ritrailo. 
nnn&aiM  piùnuKibileperlegìngcdai'i  vìrtb 
da  cui  risului,  0  più  amnairevole  per  la , 
mano  maestra  che  Io  conduce.  Ciò  vaia 
»  far  concepire  Mim:!  ed  amon;  vene 
l' ilhwtie  defuiuo  \'*t  le  sue  eitregie  qaa* 
\Ah  tu\»n\i  e  piT  reccelteuza  delle  5iw 
Tinti.  M;i  piti  utile  da  an  altro  lato  lifr 
scirA  a)  lettore  il  t'ifU^'o  che  un  per-! 
sonii^Èo  di  tanto  mi^rfto  di  drlleopett 
oratorie  dfl  compianto  amico.  Ntuno  co- 


uiBLiocnAnA 


H3 


r>'it>i>'  [iiu  iniinuiQfiiif  il  Venjowi  dt-\- 
l'fimiru-ntisimo  Alimomla;  ninno  i  piti 
il  evo  ii  pititCAn-  di-I  »i<ì  milito  (ira- 
bria,  di  cbi  gode  menii)Rii>nti>  lo  binii 
M  piò  taieiUe  orjilare  df>ir  lulia.  Il  <)•>• 
{U  Porporato  prcnwtlp,  eh«  il  dilcuo 
no  amico  sin  dai  irìona)  anni  nvp.i  pcr- 
fab  ([lusi  del  mito  )ii  villa,  sicchr  ad 
am  onltoalo  uccniote  ebbe  [nr«lit}ri 
A  {articolare  dispetua;  uè  mnlto  lai-dA 
(tw  diictiiw  a&iltn  circa  Pur  ciA  non 
|b  tobe  che  con  l' inferno  «traorrliiinrìo. 
cu  una  metnuna  (ironta  i-  tviiacmim», 
«rato  dai  din:epuli  ed  amici  che  gli 
l^nrtana  e  scrìveviitio  «cito  In  tua  del- 
atura  non  pntm«>  rinseirR  ([oo)  valrn- 
timtiio  tiratore  chi-  fa  d»  tutti  riputalo. 
VoltJ  (wgj  b  egli  fOBsiderarp  5i  dni  |M- 
k^mi  n«)  prewBte  Tolunne  pubblicali, 
f  à  Belle  prediciie,  lu^  diaconi  e  atì 


wnimnì  di  nrtft  peucrp  di  cui  chìm  cono- 
wrni-n  0  per  udito  o  letr^t-ndoli  inaii»- 
scrilli.  Moi  riastRinrrido  il  (iittn  in  poche 
parole,  (lo^duin  dire  che.  a  ^indino  del- 
l' i:min<?nt̻irnA  Atimonda,  il  Verdona 
andii  e^cnlt^  dalle  pecclie  di  tario  pnnrre 
dei  moderni  oratori:  chr  In  su;»  *I*iue[iM 
sì  Tonda  s^ù-pn  i-oia  e  vìsìa  dottrina:  che 
il  800  KPnerc  ritrae,  ()u;inl(i  olii  «oslanu 
del  tipo  clastico  SegrirUno,  ma  aMomft- 
daln  nella  rorraii  aljp  nuove  enKrme; 
iiliH  mira  sempre,  aiiclic  nei  panegirici, 
al  .solido  riuUo  defili  uditori;  che  in- 
!iornnia  e  un  buon  esempla it*  a  cui  faranno 
bene  i  giovani  predicatori  di  conrormarsi. 
Noi  non  «ipremmo  che  sjiirlunypre  alla 
Ri'DlL'iKa  di  trillo  iriudici.\  al  <in:>lp  niuoo 
vorrà  f.irpil  torlo  di  stutpeiiari*  clip  l'nnii- 
ciiia  per  poco  abbia  potuto  far  telo  al> 
l'ÌJilelletto. 


SXOL'ROUX  F.  —  Us  Lìvres  Sainls  ei  la  Grttiqiie  Raiionalisle.  Hi- 
stoire  el  Ri^fulatinn  des  ohierlions  tles  inrri^dules  contro  Ics  Sainles 
ficritiires  par  F.  Vigouroux  fWlro  de  Saint- Sul  pi  ce,  avec  dps  lllu- 
stnitoos  d'Après  ìes  MoDura^nt^  par  M.  l'ahhè  Dmiillard,  Archìiecte. 
Tome  premier,  Paris,  A.  Roi.'er  et  F.  Chernoviz,  fiditfiurs,  7,  Rue  des 
Graods  —  Augusiins,  7.  ISSfi.  In  8,  di  pagg.  XVIl-53ti. 

iHipo  il  Manuel  bibliqn-!  e  La  Hi-      cordiiiio  con  tanto  studio  <•  (ama  opiTO- 
Ut  tt  U*  àrcoMverU»    mniUrnff,  due      Mia,  quanl'i  ^  ricliipftla  a  .«crtvere  operft 


tinnì  oAblliiisimì.  Il  secondo  *]ii<ci3lnìeiile 
fw  Uftità  di  enidiiion*"  xccHi  e  ivfon- 
ita,  lodalo  aocbe  da  dotti  IVou-tiluiili  i; 
?Kxla  di  frsncew  ia  ledevo,  TilluMre 
Ik  Vigouroui  rìiama  Treico  e  spi^lìnio 
«  ampo  per  conibaltei'e  b  critica  ra- 
ÌH«!iiU  e  difmdiTe  i  lìhri  sanlì. 

CM  noti  ben  cooosce  fiuenl"  uomo 
tftrgin,  »i  maraviplieri  cprtamcnle  di 
i«dsvIo  n-nire  innanzi,  a  non  liiiifihì 
liii-rrain  di  tmipn.  con  in  nom  qnnlcltn 
■ntn  e  «inlalo  lavora  Iin]i''i™cli(!'  li*  oc- 
'*[«i>»nì  di  lui  rome  ni.-i>rstro  di  ^rra 
Scrinerà  nel  Seminaiio  di  S.  Sulpim,  e 
TdMle  della  *ila  frligiosa,  e  1«'  poche  e 
hfore  thne  die  (ili  concde  iino  Anto 
di  «Iute  abtNiMania  «ramo,  non  ben  s\ic- 

Btrié  Xitì.  wi.  /;.  /ìmc.  tfis 


•^^^    ■-■*». 


cosi  pregevoli  e  onirei-saluicnte  lodale. 
Ha  chi  wrivc  <iiii^ti>  pattini'  non  si  me- 
ravii^lia  puuloi  tnea'«cchi^  In  potuto  ve- 
diTP  B  l'nrip  TAb,  Vipoiirmii:  vptiire, 
subito  dopo  il  dosìnaiT,  alla  Uiblioli?ca 
NmIoiidIi-,  e  studiarvi  <^ni  giorno  sei  ore 
di  seguito. 

Lo  fcopo  di  quMta  opra  èqnellotli 
cemKillern  In  crìtica  raiìonati;la,  cTie 
tolse  j  n'jraic  la  verìlil.  la  i.^toricilfi  e  Ìl 
soprannalunile  ihi'IJtiri  Santi.  Nella  in- 
Irodiiaionc  l'Autore  divorre  con  gran 
chiuj-rtia  intorno  alle  i-au»*!  delie  didl* 
collS  thf  s'ini'onlnino  nelle  Scritliire, 
e  «f  noitia  i;  discuti:  Ic  apecJe  principali. 
p.is-vi  quindi  a  trattata  del  modo  di  ri- 
spondere olle  obbiezioni  contro  la  Uibbìa, 

7  27  mar^a  1886 


114  MouocnAnA 

e  mpnn<de  prima  di  lutto  a  qucllu  clip      Miinit-liei.  de'  primi   i-azionaH-Mi,  de 


pu4  ilirsi  t'obiiienour  univrrtale,  e  loD- 
(tilm«)lal<^  d<rl  raiiotuitismo,  il  miracolo. 
L'Autore  iì  ^prndR  intorno  ben  renlì  [ki- 
ginP  d'un  njrionflmefllo  Vitretto  e  vifforoio, 
ilovp  lu  ragione  e  il  buon  Sfiiuia  liiffncloiio 
mirati inwii le  la  L'ausa  il»lla  poMibiliUi  b 
ddl'i-sisLeiiia  rta\e  e  ^lorka  del  fnincolo. 

Nella  prima  parlf  si  Ipwe  la  »tonH 
ikfll  Bratti  L'-onti'o  1.1  Uitibia,  e  la  intona 
è  diiin  p«-r  epoche-.  Li  prima  Bpoc«  \a 
dalle  calunnila  ili?' papacii  contro  i  Giudei 
e  i  Lihri  Snnti,  tiiil  princìpio  del  Crntia- 
Q»4iDo,  lino  a  Giuliauo  Apostata.  In  que- 
sto inrimln  s' incontrano  (tlì  finosiiei, 
Olso.  Litniino  di  Suiiiorain,  Porfirio.  Ip- 
rocK  l-'ìrMlriilo  e  (ìiuliano  ApOHtau. 

Nell'epocn  «cuonda  .ibbiiinio  ^i  as- 
silli roiitro  b  Uibbia  dnrante  ìi  mnlio 
ICto,  L'Afltorc  fiiirh  prìmicmmente  del- 
l'onore e  dflla  rivoprnia  in  chp  la  Hihbin 


mimici,  deRlI  AtcttoìMÌ  t  de^l'inen 
LVpocn  lena  abhrnccia  i  tempi 
■lenii,  ft]  esordisce  con  I3  ribrllioi 
l.nU'rn.  Sc^douo  {;lt  Anaballìsii,  {eI'Ì 
doli  italiani,  il  ^ocinìtnetno,  l'iinni] 
ffiM  e  Sptnoxii.  Ltinso  iiupst'epoi 
a\tlceiidani)  liilora  lalinE;  e  tenpes 
npiiarc  il  pieiinno,  «  lo  KetUcìSBlo  < 
rìndiflereniixino  inrsdr  da  opil 
ritalia.  I]  capitilo  fk-uli  inciWiiK  IH 
6  dcpio  d*  eseo*  leltn,  fpgnatamrnt^ 
ciò  cb^  rìf^arda  qni-l  Giordano  1 
che  ora  riceve  onoranze  |H'etSQcbft  i 
da'  noMri  po^nni  iint«enitarii.  ami 
strati  ((alla  parola  v.  dall'cspnipin  di  1 
niiionali.ni  «  ma«onÌ  ioliaoj.  Fli 
col  tivo  ilesidrrio  di  vuder  pratoM 
a  qiiMlo  primo  il  nAcondo  Uhm  cb 
aifi^  mono  bello  pd  importante.  Id', 
lustrai  ioni  sono  mollo  belle  v  accre 


éni  tenuta;  e  poscia  inìta  delle  fiMte  de'      pregio  all'opera. 

WKRNER  P.  0.  —  Atlas  iles  missions  caiholiques.  Viogi  can«s  leiis 
«vec  lexie  explicatif;  par  le  H.  H.  0.  Werner  de  la  Compagni 
J^sus.  Trailiiii  de  rallemanil,  reviie  et  augment^  par  M.  Vah 
Gronier,  aiilair  ttti  planisphère  des  cmyancRs  relìgicii.ses  el  deS' 
sions  chn^iennes.  chevalier  de  l'ordre  Pontificai  lìf.  Si.  GtégoU 
Grand.  Fribourg  en  lirisgau^  B.  HciTler,  lihrairp-i^dileur, 
Id  4,  di  pagg.  4i  coli  uvola  Preuro  fr.  5.  I^ato  fr.  7. 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


Firente^  36  morto  18d€. 


COSE  ITALIANE 

».  it  g«ictKac«  ili  Ile  liiiluTlo  —  2.  Rìftpwliirn  M\n  Camera  —  3.  Scarso  nu- 
twro  ili  dt-puUli  alia  Ciimrra  e  h  ^ÌLuniioiic  i1i-l  Giiliiiii'tlo  —  4.  I'q  (lasco  <li- 
|)lonialtco  —  5.  Le  oojie  d'arperilo  dciriuilia  uiiilìcala  -  G.  IJ  line  delia 
<lìKossioiic  faierate  sui  provaci! imcnti  lìnnniiarii  —  i.  Il  Ca[i<:Hliuru  Rìsmiirk  e 
Lmdc  \11I.  —  8.  La  (|uc5traiie  del  polens  li'inporale  —  ^  U  dislnnìcne  di 
Rana  e  Vvscià\<>  dei  Cnbiii  A{vn5taltci  —  )0.  Il  disasiro  ferravi:! rio  di  Rao 
cabnrna  —  11.  Canini  siulomi  —  12.  P(;ll«griDaggi  regionali  dciriJin'ra  dri  (."on- 
frtHÌ  CaltnJieì  a  Loreto  nel  ms^o  p,  v. 

I.  La  f»iU  oaLalìzia  di  re  Umberto  i\\  mollo  fmlda  in  li«lia.  Faite 
(Wbe  eccttEionì.  &i  può  dire  che  in  qud  giorno  nevicasse  io  tuiia  la 
pnisota;  e,  dove  uoa  cudde  neve,  ljras.se  uua  brezza  che  iiTtgidìva.  Ju 
Boltt  laogbi  oon  si  poterono  fare  le  coii&ueie  parale  iniliian,  né  le  lumi- 
one  più  0  meno  odlciati,  né  alcuna  dì  quelle  manirestaxionì  di  uiw,  alle 
fuali  t  giornali  della  grepfNa  sojiliono  dare  grande  iroportanz».  forse  perchè 
pnrzoQo  loro  materia  di  riempire  le  loro  coloone  di  descrizioni,  gonfiate 
<air  adulazione. 

Io  occasione  |mì  detta  sua  festa  natili/ia  re  Umherlo  fece  alcune  grazia, 
In  le  t]tuilt  è  notevole  quella  al  Sani,  al  Mollo  e  ai  compH^i,  (-ondannali 
I  {orecchi  anni  di  carcere  dal  Tribunale  di  Roma  a  lifjlo  di  rik'tlione, 
perchè  netta  notte  del  Vi  lucrilo  t8K4,  tornando  da  un  liunclioito,  tenuto 
ÌB  campagna,  in  commom orazione  de^li  aiti  selvaggi  e  sacrileghi  com- 

à  coolro  le  venerali?  spoglie  del  Ponteflco  Fio  tX  di  s.  m.  nella  luU 
|4Mta  noLte  del  13  lui^'tio  IHHI.  volevano  passare  da  piaeza  S.  l'ielro,  al 
tfce  si  opponevano  i  luiiztodarii  della  quesLma. 

'2.  Il  lù  di  mar^o,  dopo  dieci  gioriii  di  ripuso,  e  per  conseguenza  di 

II,  SI  riaprivano  le  porle  di  Monlecitnrto.  I,' ordine  del  giorno  portava 
^ireniaselte  capi,  a  cominciare  dal  disegno  di  legge  [)er  la  dioiinu/iofld 
U  prezzo  del  &ai e,  che  era  il  primo,  sino  a  quello  dell'immersione  emanu- 
>^'jne  dei  cavi  telegratìci  snUoraariui.  ch'era  l' ultimo.  Ma  il  vero  ordine 

gioroo,  tanio  di  quella  prima  tornata,  quanto  delle  altre  non  si  riduca 


1 16  CROrtACA 

che  ad  auerrare  o  so&lniprc  il  Ministero  Dfìpretis.  È  avviso  però  di  moliij 
che  quejiio  dei  proweclimenlì  finanziari),  con  cui  il  Governo  intende  rìj 
rare  al  vuoio  dt^lla  di  mi  [milione  del  prezzo  del  sale  e  dell' atlevtainenio  de 
pesi  clic  opprimono  la  proprietà  rondìaria,  sarA  un  campo  meno  propino  alt 
imprese  dcll'opposiiione.  Costoro  non  sanno  comprendere  con  nual  fa 
damemo  1'oppo.sizìoRC  rimanda  !»)ccon)l>en(e  in  una  qiipsiinne  d'indirìi 
generale,  iu  cui  erano  cerio  molli  i  I:ut  detN)ÌÌ  della  politica  miuisieriale 
possa  ancora  sperare  di  vincere  in  un'altra  questione,  nelb  quale  e  deal 
e  fuori  la  Cimbra  incontrereblie  meno  Tavore,  Iniperocehè  si  itatta  di  prov-^ 
vedimeiMi,  alcuni  dei  quali  rappresentano  i)n  vantnj^gio  i>er  certe  clas 
e  che  DOii  m  polrelibero  respingere  seaza  produrre  m  alcune  proviuce 
vero  malcontento,  del  quale  profiiterebbero  naturalmente  quei  i.ili  cbd 
volessero  opp'Xsi  alla  rielezione  di  un  deputato,  dipitigendolo  come  ne 
mfco;  poDiam%  che  t^ia  la  diminuzione  del  preno  del  sale,  ovvero 
sgravio  parnale  dell'imposta  fondiaria. 

3.  I  giornali  hanno  bmeotaio  lo  scarso  numero  dei  deputati 
Camera  hassa;  dove  dei  470  pre-seniì  alla  votazione   del  ó  marzo, 
vi  erano  che  soli  Ili?  il  giorno  lo,  i  più  ministeriali,  e  appena  90  > 
l'oprio^zione.  Sì  spera  dì  vederne  raddoppialo  il  numero  al  duplice  a] 
pello.  Il  G'^vemo  intanto  paro  disf>ostissimo  a  cedere  su  tulli  i  punii  il 
controversia  accettando  tulu-  le  delilicrazionì  prese  intorno  a\\'o-/inìb 
Hnanziario  dalla  (ìiunla  parlameitlare.  lu  lai  caso  luancherehbe  all'op; 
sizione  ogni  preiesto  a  comhallere,  ed  essa  dovrebhe  aspeliare  coll'arii 
al  piede  un'atira  occasiono  per  ri{.)elere  il  voto  del  5  marzo  sopra  un'all 
quc^lioI)e  politica.  Cii")  non  toglie  per  altro  che  dal  Dopnnis  siano  ani 
vamenle  c<^>[]iinuate  le  pratichn  con  gruppi  e  deputati  influenti  per  induri 
a  modìllcare  i  l'irò  crilerii  sulla  presente  condizione  politica.  Comunque  ; 
la  aìiuazione  del  Gabineiiouon  è  scevra  di  perìcoli,  uè  niaucano  al  pr 
sidente  del  Consiglio  gravi  preoccupazioni,  pel  lìngiia>rgìo  che  i  due 
ddla  stampa  liberale  continuano  ad  adoperare  contro  di  lui,  chiamii: 
dolo  in  colpa  di  quanto  si  può  imma^nare  e  dire  a  condanna  di  un 
di  Stato.  Ebhene,  contro  questo  fuoco  incrociato  di   imputazioni,  « 
accuse,  il  Deprelis,  che  sembrò  dapprima  volersi  dimettere,  è  ora  più  ci 
deciso  a  tener  fermo  e  a  rimanere  a  qualunque  co^o  al  potere.  Per  quE 
i  fojfli  ministeriali  del  giorno  II,  ci  davano  l'ann'inzio  che,  in  sognilo i 
Consigli  dei  ministri  lenuli  nei  giorni  passati  per  esaminare  e  dLscut 
la  siiuazioTie  parlamcoLare  creala  dal  voto  del  5  mai7.o,  il  Uabioetloi 
venuto  nella  dKerminazinne  dì  presentarsi  compatto,  qual  era  stalo  prie 
del  voto,  alla  Cantera,  per  propugnarvi  l'approvazione  dei  provvedimene 
lioanziarii.  Né  male  sì  appoMa-o. 

■i.  I.a  risfiosla  fatta  il  giorno  1^  marzo  dall'onorevole  ministero  d{ 
affari  e.sterni  alla  interrogazione  mossagh  dal  deputalo  Maurigi,  riguard 
alla  missione  di  cui  era  incaricalo  11  generale  LV>zzoliuL,  ha  messo  a  ri 


COiVTBHPORAMeA.  117 

mnfe  non  pure  il  campo  dell' opposizione,  mn  41  ludi  coloro,  che,  come 
od,  luutiM  secupre  riguard;iio  Ir  cose  (IflI'Abìssinìa  un  vero  punto  nero 
per  la  politica  colouìale  (!'It;ilìa.  Altri  inraiti  chiama  il  rìinrno  del  ge- 
nerale una  guanciata  liillilia  allMulia  dal  Ne^^us,  altri  una  cattiva  flj^ura. 
Il  Popolo  Itomano  ha  cercalo,  ^  vero,  dì  rappresentare  il  ritorno  della 
miflBioae  diplomatica  corno  uoa  determinazione  prudente  pi'esa  dui  mini- 
siero;  ma  sna  parnle  jier  colorire  uon  disdetta.  Mollo  ìwm\  poi  »iti  riu- 
scui  a  persuadere  amici  e  nnmicì  gli  arlì(l/ii  diplomaiiri  del  ItoNìldOt. 
Ouesti.  per  non  dire  che  la  missione  del  generale  Pouulinì  era  andata  a 
Doote,  ha  voluto  dare  ad  iuieodere  alla  Camera,  che  kI  era  creiliilo  Tar 
bew  a  sospeuderla.  È  vero  che  i!  RoUilnnl  non  entra  direil»in<>nle  |Ui- 
gsinre  del  ^asco  presso  la  nazione,  [lerchè  tutii  sanno,  clif  anclie  questa 
corUlleria  Tu  ideala  dui  genio  di  1).  Pascjualt!  Stanislao  Mancìui;  ma  il 
bllo  è  un  latlo.  factum  infeclMm  fieri  nerjttH,  eonie  le  .•^cnse  sono  scuse. 

La  rerilà  è  che  il  Neijus  dì  Abissìnia  nnn  ha  volulo  sapf^re  nemmeno 
di  ricevere  la  missione  italiana  capitannin  dal  Pojtzotinì.  e  per  fìirla  piti 
spiccia,  col  preifiito  d'aver-e  a  comprimere  una  ribellione  in  nn  punto 
auai  remolo  del  suo  regno,  ha  mandato  a  dire  al  generale  italiano  di 
Ut  fognilo  col  suo  i^egiiito  e  coi  sii>>i  doni.  Questa  ci  iì  pavsa  come  una 
9Kon<)a  edizinne  della  viglia  a  Vienna  non  ancnrn  reslilulia,  con  questo 
divario  che  il  Re  Imrharo  ha  Tatio  meno  complìmenii,  ma  in  conc1u«iione 
rtia  faito  capir  ctitnro. 

5.  Il  17  marzo  riialia  legale  dall'Alpi  al  LiliI»co  avreblw  dovuto  cs- 
mttin  fesu;  come  no?  Essa  avi-chlw^  dovriio  celebrare  le  nnwe  d'argento 
dell»  saa  unità  e  in(li|}enden/a;  |>crchi>  vi'nilninqtie  anni  h  appunto  in  quel 
^no  fu  proclamata  la  costituzione  del  Regno.  Invece  appena  un  cenno 
uri  ihornatì,  un  cenno  davvero  glaciale  somiglìanle  al  Kilentio.  Perchè? 
U  Tribuna  nel  suo  n.  l'i  si  sforma  dì  Kpieuiarlo  cm  dire,  che  questo  hel 
ngDO  è  venuto  mt-no  al  programma  tracciato  dal  Cavour,  che  con  Napo- 
Inne  IH  e  il  Mazzini  fu  uno  dei  ratlori  dell'unità  ilatiana:  donde  la  causa 
ddI'tndilTereiiu  puhblica.  Noi  e  con  noi  nnlU  allri  peiisiiito  che  la  vera 
anca  cau^  di  sif^alla  ìudìtTerenza  dehtia  atlrìbuìrsi  all'abuso  che  si  è 
bUo  di  questa  uoiU,  Tacendola  «servire  a  tuti'aUro  fine  che  quello  di 
nodere  l' Italia  una  nazione  grdode.  pro«:p«;rj,  concorde. 

0.  La  di*icu!»ioi>e  generale  sui  provvedimenti  tinaoziarii  se  il  giorno 
17  marzo  non  fu  votala,  fti  però  esaiiriia.  In  quel  giorno  parlarono  ben 
dio  deputati  senza  comprendervi  il  rchtore  on.  Ltranca.  La  discus^iione 
il  complessa  fu  dagli  uomini  competenti  in  queste  materie  giudicata 
nga^  tanto  che  ìt  relatore  si  è  trovalo  a  non  avere  alcuna  ohhieiiinne  alla 
la^  da  combattere,  mentre  t  stato  nece.'ìsdrìo  al  m)nt<itero  d'agricoltura 
e  Gomaiercio  esporre  le  ide«  del  Governo  circa  i  dazii  proieltori  dei 
cereah. 

Uoesta  è  siala  la  precìpua  que.sLiune  sollevala  iu  questa  discussone, 


118 


CRONACA 


e  sollevala  conlro  il  Governo  da  Ire  rappresenUnti  dei  tm  diversi  grvpp 
io  cui  si  divide  l'omogenea  niaggioraiiui  che  sostieoe  il  Gabinello  Dfr- 
prciis.  In  sostanza  opposizìODe  seria  oon  ce  o'è  stata,  e  il  (ìoverno  ha 
fatto  quanto  meglio  ha  potuto  per  mettere  un  termine  a  questa  cliscusi-ionft 

7.  Perchè  ucerlo?  Jl  telegramma  da  Berlino  al  Journal  des  D^>at$ 
dì  Pari^  ha  messo  sossopra  il  campo  liberale,  si  ctie  per  poco  leocbt 
del  Catn  pi  doglio  non  hanno  gridalo:  la  patria  in  pericolo;  oiveant  eotè' 
sHies/  Ma  se  non  hanno  parlalo  in  questi  termini,  non  hanno  però  di: 
simulato  il  loro  dispetto;  e  chi  sa  a  quale  lingi)agp[io  non  sarebliero  irt* 
scorsi,  se  la  paura  tlel  formidabile  nomo  di  Stato  tedesco,  oon  li  avesse 
costretti  a  mozzicarsi  la  lingua.  Quel  lolegramma  infatti  nel  quale  si 
aunmizìavauo  le  parole  c1(?lle  da  Itismark,  nel  pranzo  parlamentare,  io 
oiua^t^iu  a  Ijfione  XllI  «  designandolo  come  uno  degU  uomini  di  Stato 
ptH  aettti  «  più  iilufninatì  dei  tempi  attuali,  il  quale  ha  rìconosciuU) 
l'importan/ji  di  una  nazione  ronservairice  e  ben  ordinata,  come,  la  Gè 
manta,  nfìH'Kiiropa  centrale  »,  quel  lelognmma,  diciamo,  confennalo  dal 
corrÌRp<)ndeute  lierlinese  del  Times  di  I^oodra,  delta  Neue  Freie  i*rtas9 
di  VicjiQa,  e  da  tutti  i  più  autorevoli  organi  dell'opinione  pubblica  1d 
Luropa.  ii  stato  ed  è  ancora  una  pugnalata  al  cuore  degl'irreconciliabili 
nemici  del  Papato.  Sul  principio  i  giornali  liberaleschi  d'italia  non  voli 
lero  crederci;  e  il  Diritto  di  Roma  andò  lant' oltre  nella  sua  incrediUiiA 
che  non  si  peritò  di  scrivere,  che  quel  lelegramma  fosse  una  frottola  be~ 
vuia  dall'Anemia  Stefani.  Ma  a  poco  a  poco  fu  forza  convincersi  che  k 
parole  erano  state  proferite  dal  Gran  Cancelliere,  e  per  non  |)arere  stupidi 
0  mentitori,  i  giornali  stessi  che  aveano  gridato  alla  froltol»,  cambiarono 
lattic»,  e  subito  si  misero  all'opera  di  attenuarne  !'imp'Hian/.a,  liircndo, 
che  quelle  parole  sonavano  cortesia  verso  il  l'onlelice,  e  punto  uiiuacci 
a  quell'ordine  di  cose  che  in  Italia  sì  è  da  un  quarto  di  se»)ln  sljiliilitn, 
A  noi  non  appartiene  di  indicare  se  l'einineuLe  uomo  di  Sialo  dell'impera 
germanico  abbia  voluto,  facemlo  l'elngio  del  regiiaiae  Fontellce,  tra: 
parlilo  per  eloi^iare  l'opera  propria;  per  noi  «ta  che  l'elogio  è  data  e  Doa 
si  può  distruggere  a  murctr)  iti.s|teiln  di  intle  li?  invidie  dei  pirmli  uoraio 
di  Stato,  e  di  tutte  le  liiue  dei  liotoli  della  stampa.  I-M  C  lauto  più  do 
levole  l'elogio,  in  quanto  viene  da  tale  di  cui  si  tia  motivo  di  cred 
che  oon  abbia  ancma  smessa  Javversinim  che  ei  nutre  contro  i  catlolicÌT 
comecbè  la  sua  politica  verso  di  essi  sia  diventata  da  (lua)cbe  tempo  {liii 
mite  «  più  coDciliaute. 

8.  Le  parole  di  lode  e  di  aramiraeionc  che  Di.smark  ha  proferito 
suU'alta  mente  e  sul  senno  politico  del  nostro  Santo  Padre  leeone  X\U, 
liati  dato  occasione  di  parlare  della  sempre  viva  questione  del  potcM 
lentpnrale.  Noi  non  riferiremo  qui  nò  le  spavalde  minacce  dei  gion]. 
pentarchicì  e  radicati,  ri^  le  in^tmiiaxìoni  inalile  ed  ipocrite  dc^li  or- 
gioì  odlciosj;  qual  prò?  Sono  oggimai  quìndici  anni  che  ci  sentiamo 


(»HTEUI>ORAnEA 


119 


iBMriiaLe  le  orecchte  dal  ripelio  dd  famoso  delUi  :  in  fioma  ci  siamo  e 

«i  rrsbmemo :  senza  dubbio,  Diolli  ci  son  rìmas^li,  6  Qi')lti  aucbe,  se,  a 

Dio  fiiac«r&  di  prolungare  ancora  quesui  terrìbile  prova  per  la  sua  Chìes:!, 

0  resteranno:  ma  l»  questione  è  di  sapere  se  ci  resterà  sempre  la  rivo- 

botoe.  Forse  perchè  ci  resti  et<^riiamenio  fu  scrino  l'articolo  dell'Odi- 

In  esso  il  ^tornale  del  partilo  rivoluzionano  moderalo,  potievu  la 

cbe  la  coudolia  di  Bìsmark  potrebbe  rendere  necessario  al  Goveri» 

lUtUaoo  di  modillcare  e  ammorbidire  le  sue  relazioni  col  Papa;  a  patto 

però  cbe  sul  passato  non  si  ritorni.  «  Nulla  impedisce  però,  dice,  che  s«lle 

b«n  irrevocabilmente  stabilite,  le  relazioni  tra  il  Papato  e  l' Italia  assumano 

15  carattere  meno  a-Sfiro.  »  Ma  VO/iinione  igiinra,  o  fìnf^e  ignorare  che 

uo  c'è  diritto  rooiro  il  diritto.  C'uii^di,  lasciando  da  parie  che  queste 

tesi  non  sono  irrevocabilmente  sibilile  se  non  ueU' immaginazione  del 

ponule  rivoluzionario  moderato,  e  che  il  Sommo  Pontelice  é  per  dirìiio 

wmfK  il  sovrano  del  buo  Slnto,  e  lo  ft  in  modo  imprescrivibile;  \'0[tmwnr 

Ha  può  ignorarfit  e  se  l'ignorasse  potrebbe  chieilerne  all'onorevole  dì 

Bobilantf  che  Dell'ordine  diplomalicci,  nessuna  Fnleiiza  ha  mai  detto  che  il 

Hftk  aou  sìa  il  sovrano  del  suo  Slat<i  ;  tJiiU)  vero  cbe  il  (lorte  dovette,  al 

Qttgresso  dì  BeHino,  ritirare  la  mo/.iojje  da  luì  falla  a  nome  del  Governo 

Italiana,  che  fosse  riconosciuta  dalle  potenze  riunite  io  Congresso  l' Julia 

«li  eoo  Itoma   capitale.  Come  dunque  asserire  cosi  caiegoricamenlc: 

Boti  sUtbfìtttf  sul  passato  tion  sì  ritorna? 

U  earioso  si  è  che  la  Riforma,  commentando  l'articolo  ùeìV Opinione 
proromffe  in  queste  parole  di  una  spavalduria  che  tiene  il  luogo  dì  mezzo 
Uà  la  grtHaijgKte  e  il  ridicolo:  <  Sarebbe  pessimo  consiglio,  cosi  l'organo 
dì  Fraucesco  Crispì,  sarebbe  ora  pessimo  consiglio  di  piegare  dìnnnzì  al 
Vaticino  per  paura  di  Dismark,  come,  pur  dicendo  il  contrario,  Unisce 
»l  consigliar  VOjunióHe.  fedele  in  questo  ai  suoi  vecchi  ideali.  (ìontro 
Bismark,  contro  il  Papa,  contro  miti,  un  solo  conteso  può  valere  al- 
Viulia:  quello  che  s'ispiri  ail  una  coraggiosa  e  risoluta  tutela  di  lultì 
gl'b)tcre>si  morali  e  maLerìalì  della  unzione;  primo  dei  quali  è  certo 
l'iidìpemltìnza  dall'oscuraniismo,  dal  Valicano  rappresentato.  >  Anchn  il 
tlfispì  ha  tlitnquc  paura!  Ma  paura  di  cho?  Che  riiorni  il  potere  tem- 
porale dt't  Hajia?  Chi  .sa?  Tulio  ^  jioNsiliìEe  a  que.sto  mondo. 

9.  D'altra  parte  che  ci  sìa  per  l'aria  qualche  cosa  sì  sente  da  lutti, 
udie  da  quelli  che  alTeltano  ima  certa  inUiUercD»,  come  se  si  tenessero 
per  Kìcurì  da  uno  di  quei  colpì  con  cui  la  Provvidenza  suole  atterrare 
k  più  suf<ert«  altezze.  La  prima  a  sentir  rapprcs.sarsi  della  lempcjita  è 
Il  Massoneria,  la  quale,  perchè  il  Pape  non  le  sfugga  dalle  mani,  né 
Roma  rìloroi  a  lui,  come  prima,  ha  pro.«:>  1e  sue  precauzioni,  e  avvisato  ai 
provvedimenlì.  Si  legga  infatti  la  Capitala  del  4  marzo  e  vedrassi,  che  non 
ci  «aoM  malo  apposti.  L'or^Mno  dei  radicali  scrivea  in  quel  giorno.  «  Il 
Vaticano,  ora  assediato,  fra  pochi  mesi  sarà  bloccato  come  una  fortezza... 


I?0  CRONACA 

UD  rìcchissimo  israelila  di  Torino  ha  acquistalo  proprio  sou^)  le  mura 
del  Valicano  iioa  larga  mai  d'area,  al  solo  scojk»  di  erigere  ìi  un  colo*-i 
sale  tempio  israelitico,  uoa  specie  di  mole  Adriana,  dei  cui  siiidii  e  di- 
segni veoDe  incaricalo  l'ingegnere  Arnaldi.  >  t^  la  Cnpitnìe  conchiude:' 
«  0  e' ioganniam'},  0  questo  è  uno  dei  mezzi  pii(  pratici  per  tscìuglierai 
Ja  questione  vaiJcaoa:  si  meiia  il  blocco  ai  palazzi  ap'>stolici;  il  prt^tK 
niei'o  0  presLAo  tardi  dovrà  arreolersi.  »  Ma  questo,  se  noi  vediamo  nuUa,i 
è  dar  raj^ione  a  tulli  coloro,  che  con  il  Papa  dcpinrann  Io  sialo  di  raorals 
e  maieriale  prigionia  in  mi  da  piii  dì  tò  anni  gt^me  il  Ca[>o  della  Chiesa. 
U  Lloi-co,  nd  assedici  che  vogliani  dire  dei  palazzi  apostolici,  nei  biechi 
disegni  della  Massoneria  è  il  primo  mcz/o  per  finirla  col  Papa;  il  secondo  < 
è  la  dislru/.inDe  o  meglio  la  trasforraa/irtnc  di  Roma  orii^iiana  in  cilU 
inieramenie  civile;  un  tenlativo  cioè  dt  ritorno  al  paì-Mnesimo.  Di  questo 
è  un  pezzo  che  s'erano  accorti  gli  uomini  di  senno,  e  doì,  con  luna  la 
stampa  cattolica,  avevamo  in  altra  occasione  gridalo  al  Vandnftsmo 
rivoluzionario  che  col  martello  in  mano  si  arrabaila  a  mutare  di  punto 
in  tiiauco  il  carattere  cnsiìano  della  ciUà  dei  Papi.  Ma  i  giornali  libe- 
rale^clii  aveauo  fatto  orecchie  di  mercanle.  Non  cosi  oggi  che  alla  voce 
dei  giornali  caliolici  si  è  uoìia  quella  di  autorevoli  e  compeienii  «iranieri, 
che  questo  empio  vandalismi)  massonico  hao  tolto  a  sfatare,  come  coo- 
viensi.  Tra  questi,  dopo  il  Mommsen  «  il  Gregorovius,  si  è  segnalalo  il 
prof.  Ermanno  Grim  «  chiarissimo  scriiiore  d'arie  e  di  lettere  »,  come 
Io  chiama  la  RasseffnOy  ed  è  di  fatto.  Ura  il  Grim  ha  pubblicalo  testi 
nella  Deutsche  Uudschau  dì  Berlino  una  sua  leiiera  magistrale  da  Roma, 
che  ha  mesiio  a  rumore  tutto  il  campo  hberale,  dal  Governo  al  Municipio 
romano,  dalla  Sasseyna  alla  Capitale.  Il  Grim  accusa  gì' Italiani  inse- 
diatisi a  Roma  di  aver  fatto  qtiod  nm  fecorunt  barbari,  e  di  conlinuare 
a  fare  quello  che  non  si  permisero  le  bande  luterane  e  calviniste  con- 
dotte al  sacco  di  Roma  dal  Conastabìle  di  Borbone;  né  ^h  con  parole, 
ma  con  fatti  di  tanta  evidtwza  che  nk  il  duca  di  Torlonia  in  Campidoglio^ 
né  la  Ritiseffna  col  suo  Siminnco  han  potuto  meiiomu mente  indebolire^ 
Lo  slesso  C.  Guerrieri -Gonzaga  non  polé  a  meno,  vinto  dall'evidenza  dei 
fatti  addotti  d»l  Grim,  di  confessare  «  che  alcune  delle  cose  toccate  con 
aspra  mano  rial  Grim,  ei  paiono  degne  di  discussione  e  di  considerazione. 
r.a  nuova  Roma  pare  incamminala  a  gareggiare  nel  hrultn,  nel  mostruoso, 
nel  volgare  m\\p,  moderne  ciuò,  mentre  poi,  assai  meno  di  queste,  cura 
l'igiene  e  ciò  che  serve  ai  bisogni  ed  alla  ricreazione  del  maggior  numero 
dei  cittadini.  >  hi  coochìude:  «  Facciamo  in  modo  di  iraiieaerla  su  questa 
vìa  che  in  pane  disdice  al  valore-storico  ed  artii^ico  della  vecchia  Roma, 
Cd  io  pane  ai  piii  alti  interassi  della  nostra  (?)  capitale.  »  Vana  lusingai 
«  1  democratici,  dice  l'egregia  Unità  Cattolica  a.  60,  si  vantano  di 
migliorare  Roma  colle  loro  distruzioni;  ma  essi  non  sono  guidali  oell' im- 
presa stolta  che  dalla  rabbia  contro  la  Chiesa,  e  dall'avidiU  del  lucro.  » 


CONTCMPOAANEA  Iff 

10.  n  ilisairo  ferroviario  «catlmo  m  Montecarlo  «  Uoceattruna  il 
IO  ÓMrzo  è  slato  sfiavenievole  più  che  nm  sì  fosse  credulo  sul  M  prin- 
dpto.  La  eaiastrofe  avveuoe  a  '200  meirì  da  Moniecarlo  verso  Rnccabruii» 
utpT*  uu  perit/ilnso  iihìpiano  in  piTOpetlo  del  mare.  I  dtie  treni  viaggiatori, 
pQveDiciiti  l'unn  da  Suza  e  perciò  dalla  Francia, e  l'altro  da  Vcniimigha 
t  (CTÒ  dall' luilìa,  spinti  a  grande  velacìlA,  sì  urtarono  in  modo  spaven- 
tefolc  e  jjfueinironn  iiuasi  l'unn  denlm  l'altm.  I  vagnni  e  le  macchiutì 
hraurono  un  niUL-ciiio  di  roviite;  le  macdiine  andarono  in  frantumi.  Tre 
nguoi,  ici  cui  si  trovavano  cinqtie  via;.;giaiori.  e  la  parte  di  una  mac- 
dtitu  preci|>iLsroiio  in  mare,  V.a  capo-iieno  mori  annegalo.  Si  ^  voluto 
tv  credere  clit;  i  morti  sieiin  siati  IO  e  i  feriti  SO,  ma  si  assicura  che 
li  oumefo  .sia  ittai  >  ìtea  ma^^iore.  La  colpa  della  caiasLrofe  pare  che 
ridila  in  ra(>lia  parte  sul  capi  sia/Jone  di  Montecarlo,  che  venne  arre- 
nalo; aiK'lie  il  capo  della  stagione  di  Galté-Hoccabruua  non  è  scevro  di 
r«^p<>Qsatillill 

L'Iieriori  notJEÌo  pervenuteci  aggiutigooo  che,  il  friomo  Id  marzo.  « 
;proeed«tie  alla  islmtioiia  contro  il  capostiiirionR  di  Montecarlo,  e  furono 
tutninaii  lutti  gì' impi&^ati  che  trovavano  alla  .sta/ione  il  giorno  detU 
utasirofc.  lindicì  uomini  di  suppleiiieuio  entno  .siali  spediti  a  .Montecarlo 
jKtkn  il  servizio  di  coloro  che  furono  esjiminitti.  Il  capo  stazione  Chapuis 
(  rolpevnle  di  avtTO  confuso  il  suono  di  due  campanclln.  Quando  infolti 
li  cjm[iaoa  son()  due  colili,  cift  che  significava  il  treno  essere  partilo  da 
Kocc^Firuna,  Chapuis  senza  liadare  al  rumorn  dei  colpi,  credeitc  che 
bue  uno  dei  suoi  impiegali  che  dava  il  segnale  della  parlanza  del  treno 
Jì  Montecarlo;  e  lasciò  che  partisse,  credendo  libera  la  via.  Il  suo  errore 
(u  dunque  la  eausa  della  catastrofe. 

11.  Pochi  socialisti,  non  più  di  nn  centinaio,  snpravvegliali  da  mag- 
^or  ournero  di  potiziolli  m  assisa  ed  un  hr>rghese  ehhero  il  ticchio  di 
caniMinorare  il  19  la  Comurm  parigina  di  scelleral;i  memoria.  Al  Campo 
Vanno  dt!(x»sero  una  corona  sulla  tonila  di  un  loro  collega  socialista, 
du  non  el)t)«  mai  a  far  nulla  colla  Comune;  ascoltarono  un'arringa 
iNigovernaiiva  e  antimonarchica,  non  mdto  lunga  per  verìU,  liscliiarooo 
«a  ispettore  di  questura  che  cMie  il  coraggio  di  chiamare  al  dovere  il 
fwwo  oratore  [nijur.irsi!  im  tipografo  a  nome  RoiclliniJ,  urlarono  e  sma- 
oiarono  un  poco,  ma  poi  si  mÌ.sero  la  via  tra  le  gambe  e  corsero  a  bevere 
n  gotto  alla  salute  dei  comunardi  avvenire.  Ma  la  vera  commemora- 
liOBe  fu  quella  che  si  fece  in  due  tarverne  presso  S.  Lorenzo  extra 
mùaiia:  colà  demro  si  mangiò,  si  tracannò,  si  Lrìpiidiò  senz'atcun  grave 
iDcaDTenicnle,  dacidiè  i  (fuoslurini  facevano  hiinn  servizio,  o  d'altronde 
iumpi  non  sono  ancora  maturi...  ma  matureranno. 

Dove  le  cose  andarono  male  fu  al  Testaecio;  quivi  una  mano  dì  gio- 

avvioazzati  penetrarono  nel  Cimitero  dei  pniiestiiuLi,  divel^ero  la 

che  sta  sul  monte,  la  fecero  in  pezzi,  che  poi  gettarono  ijua  e  coli. 


122  cnoNACi. 

Vi  tu  qualche  opposÌTÌone  da  parie  di  atcutii  guardiani  municipali,  mi 
gli  empii  rurranti  la  vinsero,  sicché  poterono  condurre  a  totale  cnnijà* 
mento  il  loro  sacrilego  divisamenio.  Il  giiaie,  hencli6  trattisi  di  cimiten 
protoNtaitte,  non  cessa  di  essere  mie;  ijerocchè  da  cerla  canatflia  ti 
guerra  si  fa  alla  Croce  perchè  (^coce,  luiJitTtìrente  \ìm  se  sia  caliotica  4 
prate^Lant£. 

13.  Per  predisporre  con  preghiere  e  con  atti  di  pietà  te  Te^te,  che 
l'intero  mondo  cattolico  prepara  pel  Giubileo  Sacerdotale  del  Santo  l'idre 
Leone  XIII,  il  Comitato  generale  dell' Upera  dei  Congressi  caitoUci  (Mr 
mezzo  dei  suoi  Comitali  regionali  sta  organizzando  pelleghoat^gi  ndlt] 
varie  Itegioni  d'Italia  per  vì:^iiare  ud  p.  v.  mese  di  maggio  la  Santa  Cm 
di  Loreto. 

]l  Santo  Padre  I^iie  XI[],  dietro  ist^nM  umiliatagli  dal  medenmsj 
Comitato  generale,  ha  benignamente  concesso  che  la  visita  che  si  IMJ 
alla  Santa  Casa  di  l^reto  dai  pellegrini  organizzali  dall'aniidetia  Oj 
dei  Congressi  cattolici  nrtl  maggio  p.  v.,  valga  per  le  sei  visite  prescritte! 
pel  conseguimtMiio  del  Santo  Giubileo,  purché  i  pellegrini  compiano  um^ 
vìsita  pfr  una  sola  volta  alla  rispettiva  Chiesa  Parrocchiale. 

Sua  Eccolleon  Ktùa  Mons,  Vescovo  di  Lornio  si  ò  compiaciuta  Ji. 
auloriziare  i  <accrdoii  tulli,  che  prenderanno  parte  agli  anzidetti  pelte-] 
grinaggi  e  che  sono  coiifessori  «elle  proprie  diocesi,  id  esercitare 
mimstero  nella  loro  dimora  a  Loreto. 

I  Comiiaii  regionali  della  suddeiu  Opera  sono  particolarmente  li 
ricali  della  organi/zazìone  di  questi  Pellegrinaggi. 


II. 


COSE  STRANIERE 


ami 


FRANCIA  —  I.  Asicnsione  del!»  Francia  iieltn  quesllono  ori.^mnlc  —  S.  La 
i-eonomica  —  3.  II  bando  d'unii  Orleans  e  rfiìi  Uoniipsrte  —  1.  La  ItlnrU  iti 
porre  i  runrmlì  cì?éIì  —  5.  Ii'n«v.-iiil>lei3  f^eaeratc  (t«  Circoli  cattolici  open! 
PorlKt  —  (}■  La  c«Hbiiiu  dt;!  V«»oto  di  Pumìers  —  7.  Udo  rotta  intHSMilia 
Porip  —  S.  J^  rallacie  ilH  imitato  conchioso  col  Mada^'aKar  —  U.  L'aiuil 
sario  di-Ila  (tmnuDO.  —  10.  hnìlo  al  Coaicn.'sso  vucaii^lko  di  Tolina. 

1.  La  sola  Francia,  quantunque  la  sua  azione  diplomatica  sia  stai 
eguale  a  quella  delle  altre  potenze,  si  è  asteouia  dall'iuviare  le  prof 
navi  neirpigeo.  È  staio  \i«r  opposizione  all'Inghilterra  o  alla  ijirrmai 
che  propugnano  gl'interessi  della  Turrhia  a  danno  della  Orecia,  ovi 
accorgimento  politico  di  non  andarsi  a  impegnare  in  una  questione  rwl 
quale  si  potrebl)cro  trovare  compromessi  i  principi!  libcrah  olio  la  Fr 
professa  o  di  cui  sarÀ  setn^ire  l' antesignana,  (Indi')  quel  l)enedi^to 
sari  governato  dalla  rìvuluzìoue?  Vi  lia  chi  crede,  e  noi  siamo  dell'ai 


COST8lffOnA»tA 


m 


enstoro,  che.  lulte  e  (ìae  le  ntn^tìi  aUìman  infltitio  nella  deler- 
mnuDone  presa  di  non  manilare  ie  su«  corazznte  nell'H^eo,  come  con 
tuta  leggerezza  ha  Tatto  l'Italia,  per  avere  la  meschina  sodithrazione. 
ebu!  riUilta  eatra  seR]{>rf^  se  non  la  prima,  non  ultima  in  Limi  i;li  atTarì 
che  si  agitano  e  si  discutono  nel  gi-andn  an^opa^o  dell<^  nazioni.  Od 
rimaueiite,  che  la  Francia  tenga  un  contegno  prudente  e  rìstirliato  nelle 
Uoni  estere,  k  una  ini[A>rio^a  noressil.^.  Assorta  ttellc  (jiiestìoui  iii- 
ndla  crisi  economica,  negli  sciO(iert  che  minacciano  I"  ordine  so- 
tiàky  nelle  lotte  instancahili  delle  ragioni  polìtiche,  è  savio  consiglio  dì 
(bi  governa  la  R'ipubhlica.  ch^  non  disperga  di  rnori  le  stie  lwz&.  Ma 
fUMU  politica  se  è  un  bene  da  un  lato,  è  un  male  dall'  altro,  perchè 
iQgbe  alla  Francia  ogni  prestigio  e  la  fa  discendere  dal  grado  emioenle 
che  ella  el't'C  sempre  nei  consìgli  dell'Europa,  e  Dio  non  voglia  che  la 
ridarà  un  giorno  a  non  cadere  in  quello  slato  ove  cadde  la  Spagna  per 
le  Mie  lunghe  e  dcsolairici  guerre  civili. 

3.  Ma  anche  nelle  questioni  interne  il  ministero  Frcycinet  procede 
eoo  grande  cautela  e  palpando  le  pa.s.>iìoni  del  giorno.  Dicono  che  il  faccia 
I«r  evitare  luUo  ciò  che  potrebbe  maggiormeute  dividere  il  partilo  re- 

rhblicaiio,  minacciato  sempre  più  che  dalla  nutnarcliia,  dal  soclali&mo. 
ta  soliU  jxiliiica  deU' opportunismo,  il  quale  in  Franniu  come  ali rove> 
Don  mira  che  a  lenirsi  in  piedi  ed  avere  il  mestolo  in  mano.  Sventura- 
lamenie  la  crisi  economica  b  eommerdale  si  aggrava  ogi>i  d\  più  per  ì 
coatuiu)  scioiicri,  ulcuni  del  quali  sono  stati  aci;ompagnati  da  fenici  mi> 
ditti.  Il  pelosi  è  die  perOno  l'assassinio  dell' inrelìce  Wairain  a  Deca- 
uville,  ha  travato  difensori  nella  Camera  dei  deputali.  Grande  è  dunque 
j]  malessere  in  Francia,  e  ci  sembrano  pr>co  adatti  i  me/zi  immnginali 
farlo  cesure.  Qualcuno  di  essi  va  addinilura  contro  lo  scopo.  Si 
ige  a  ta)  grado  dì  demenui,  che  per  proleggere  il  lavoro  nazionale  sì 
vorrebbe  rendere  diflìcile  agli  stranieri  il  soggiorno  in  Francia.  Ma  quando 
Francesi  saranno  nusciii  ad  allomanare  dal  loro  paese,  e  segnatamente 
^^lodi  centri  industriali,  come  Parigi,  Lione  e  Marsiglia,  gli  stranieri 
prò  ne  ricaveranno  per  migliorare  le  loro  scadute  condizioni  econn- 
f  tjual  poivili)  si  è  mai  arricchito  chiudendo  i  propriì  confini  agli 
pnpoli?  ivi  resto  i  fautori  dì  qnesuo  provvedimento  dovrebl»ero  ri- 
fluiere  clie  uno  dei  mali,  a  cui  soggiace  in  questo  momenio  la  Francia, 
è  la  iliminuila  cspnnanione  ilei  suoi  prodotti,  il  che  dinoia  chit  gli  altri 
(i^lì,  pr>it(re<liti  iicllfì  industne,  tendono  a  diventare  r>gai  giora<i  meno 
Iribatirìi.  Ouesla  naturale  tendenza  non  potrà  che  aumentare  per 
-^iQO  degli  slrauìeri  dal  territorio  della  Hepublilìca.  Certo  nesi^uno 
<i>Q  aspettalo  che  si  pote»iero  rimeUere  in  luce  siffatte  dottrine  in 
fiMio  secolo  decimonono,  e  pres.so  nazioni,  come  la  Francia  e  la  Prussia, 
feijuali,  sebbene  per  lini  diversi,  han  fallo  dell' ostracisiDn  un  provvedi- 
booto  di  ecuDOniia  e  di  sicurezza  pubblica,  come  si  diee. 


L 


l?f  CROflACA 

'i.  Uo  aliro  gravissimo  errore  si  avrebbe  voluto  commi-linro  col  bsodt 
degli  Orleanft  e  dei  Booaparte.  Fnnuiiaiitmeiitfl  i  mitiìsirì  otitvro  ffta 
abbastanza  a  non  Tarsi  trascinart»  da  quel  gruppo  di  rppiiblilicsnì  cbe 
Tallo  dj  soperchieriR  p  di  vinlcnzR  non  la  cft'liino  ai  pii'i  Torseniiali  desf 
che  rammenti  la  slnria.  Itjfatii,  il   l'J  di  Tebbrain  la  Conimissiorke  d'ini 
zialìva  della  Camera,  dopo  uditi  i  miiiisiri  e  presi  gli  accordi  con 
loro,  respingeva,  con  IO  voti  coniro  7  la  proposta  Durhi^  di  cspnltere  di 
suolo  francese  i  Principi  d'Orleans  e  di  Honaparte  ;  approvando  in  quel! 
vece,  con  I  f  voli  contro  fi,  la  proposta  Rivet  di  dare  semplicemfiote 
ministero  la  TacoltA  di  cacciarli  in  esilio  per  decreto,  se  cominelle 
alti  noi-ivi  aria  sicurezza  dello  Stato.  Ma  questa  propoMa,  acceiiala 
altro  dalla  Camera,  se  non  é  pance  focaccia;  anti  (ptalche  cosa  di 
perchè  lascia  all'arbitrio  del  ministero  il  giudicare  sp  convenga  cspellcrl' 
e  iien«  sempre  sospeso  sul  loro  capo  la  spada  di  Damocle.  In  qwaVt 
casionp  non  polca  mancare  che  il  principe  liìrolaino  lìonaparie,  ì\ 
preleudente  all'impero,  facesse  udire  la  sua  per  nienie  autorevole  voc 
Il  principe  Napoleone  padre  infaiii,  ha  pubblicato  a  lale  proposito, 
specie  di  raanif.'.sio  o  circolare  che  dir  si  voglia,  per  separare  la  caos 
dei  Bonaparie  da  quella  degli  Orlean.s.  Però  non  si  può  dimpiilicare 
sotto  l'impero  di  Napoleone  III  gli  Orleans  e  ì  Borboni  furoin  barn: 
dalla  Francia.  Ma  i  tempi  sono  molati,  e  d'altro  canto  è  nhìaro  che 
prìncipe  Napolrauc  ha  pre^iudJcalo  sé  stesso  e  il  proprio  parlilo  domai 
dante  che  il  ifoverua  della  Rfpubtdica  adoperi  due  pe.ii  e  due  misure, 
notevole,  ad  ogni  modo,  die  11  suo  manifesto  non  ha  falto  né  caldo 
freddo.  Ciò  prova  che  l'autoritii  del  Principe  »  k  fatta  anche  più  se 
cbe  io  passato,  e  che  nulla  ha  da  temere  da  lui  la  Repubblica. 

4.  Trasformare  prontamente  e  colla  forza  una  società  cbe  da 
è  cresciuta  alla  scuola  del  Cristianesimo  sarebbe  una  vera  illusioue. 
sètte  anticrisiiaoe  in  Francia  l'han  compreso,  e  quindi  si  affidano 
libertà  per  in^^nnare  col  suo  nome  le  molmudini.  Cosi  la  proposta 
legge  che  portava  il  titolo  di  ìe>}gf  sui  funerali  cmìi  u  religiosi  è 
tornata  il  1S  febbraio  dal  Sanalo  alla  Camera  col  nome  di  legge 
libertà  dell' '•.■requie.  f/inioMerante  tirannia  di  quelita  leg^e  fu  eloqa( 
temente  smascherala  nella  prima  non  menu  che  nella  seconda  disciiss)< 
che  ne  fu  fatta  nrtlla  Camera.  Ma  che  giovarono  luUe  le  arringhe  de 
oratori  cHllolitn  i^er  iniperlire  <piest' eccesso  di  tirannia  mascheralo 
nome  di  liberti^?  I.a  legge  i:  stala  iiiesorahilmcnie  votala.  In  virtìi 
questa  legge  il  minorenne,  l'incapace  perHoa,  possono  regolare  prima 
morire  il  carattere  del  loro  funerale,  senza  l'assisltiTiza  del  tulore  o  de 
curatori^,  ma  con  un  semplice  scritto  strappalo  forse  alla  loro  ine.speri<>(i 
da  qualche  società  di  propaganda  per  i  funerali  civili.  Trenta  o  qui 
rant'anni  dopo  la  morte,  sebbene  il  dicliiaronte  sia  trapassalo  cristiana 
mente,  se  non  v'è  stala  una  disposizione  testa  monta  ri  a,  il  cadavere  di^ 


co^TEM^onANeA 


125 


'  !■?  [iroin-icia  JcH'aifisum.  i  cui  agenti  ciierplibem  la  famiglia 
lunaazi  al  tribunale  del  sìu'lice  di  i»ace.  K  pnicliè  non  è  iwssihile 
'1  definire  io  31  ore  [(lerioio  diiniDlc  il  quale  può  sospendersi  l'inumi- 
Tiriiii^j  U>  (iradrlie  necessarie  iHjr  In  viiriliea  delle  scriuure,  delle  maai- 
hia/jo!ii  di  volouiiì,  eer.  cosi  il  sitiJac)  ette,  come  il  ^indire  di  pace, 
f  uà  iltpentlenU.'  dal  governo,  ptiò  ordinare  provvisoriji melile  ì)  seppelli- 
I  <-  m$\  l'erTeito  di  un  runerali;  laìooÈ  olLenulo!  In  bit  cÌrcoslan/.e 
kl  ^  II',  dii  dttlla  .siiiìMn  fanno  chiasso  e  si  daa  l'aria  su|ifrha  e  Iran* 
folla  del  vincitore,  accusando  i  caltfilici,  cioè  la  famiglia  itel  morto  di 
nUre  i  cadaveri;  ina  i  .«eilarii  della  Camera  .sarmo  benisxitno  quel  che 
tanno  loro  delio  i  cons^rvalori,  che  cioè  la  Cl^ie^a  rirmia  dì  ricevere  con 
vutì  e  prc^tiiere  il  corpo  di  chìunijiic  ha  pas<)aio  la  vita  e  poi  è  morto 
hori  di  essa.  Sanno  tuito  ci&:  ma  ad  gìesì  conviene  di  mcniire;  e-^i  te- 
mono di  perdere  un'altra  preda  come  il  IJttn^;  e  la  st^xìsiicit  degli 
ntpedali  idaliìlisce  che  i  9  decimi  dei  malati  oell' entrarvi  s' iscri veano, 
I*r  ihimaodare  i  soccorsi  religiosi,  in  un  re;^stro  che  ora  è  stato  tolto! 
La  perse^riifioue,  quindi,  to  riconoi^cono  tutti,  va  diventando  o^ni  di  plii 
nnica  e  hbtillanle;  non  hasla  pid  l' astuzia,  la  violen/a  ledale  aiuterà 
rtos^oaincnlo  perverso,  percliè  la  passione  settaria  k  intpa^ieole  di  rag- 
pitogere  la  meta.  Per  quanto  pei^  questo  stato  di  cosp  sia  doloroso,  non 
T>  dubbio  che  la  violenza  ^  minor  mate  dì  un'az)on<!  lun^'a  ed  ipocrita: 
h1  rooodn  cattolico  sì  spera  inTatti  in  una  più  pronta  e  più  elTicace  rea- 
ànne  di  tante  aniioe  neghittose  indilTerrnli. 

5.  [alauLo  che  i  malvagi  lavorano  a  scrìsiiaueggiare  lu  Francia,  i  buoni 
JHM  si  sUUKano  di  ÌRualure  artjìut  al  torrente  dell'empietà.  A  questo 
mirino  principalmente  i  Circoli  cattolici  operai. 

Il  ir>  fel'Iiraio  sì  fece  inraltì  a  Fari){i  l' apertura  dell'Assemblea  ge- 
nerale di  questi  cìrcoli  con  una  allocuzione  pronunfiata  dal  R,  1'.  xVlel. 
La  prìroa  tomaia  dell'Assemblea  fu  presieduta  da  Monii.  Reichard,  a  cui 
U  flgDor  de  La  Bouillerie,  antico  ministro,  precidente  del  cnmiiaio  della 
Società  augurò  il  ben  venuto.  Poscia  ricordò  in  poche  parole  ciò  che  sono 
i  nunhri  della  Sficieià,  ciò  che  vogliono  e  ciò  che  fanno.  Monsignor 

jfiuiore  loiò  in  modo  speciale  la  Sociel:\  dPi  circoli  jierrhè  si  man- 
io  una  perfetta  sommissione  agrinse^iameniì  delia  Chiefia  «  impe- 
rocché, e^li  disse,  le  quisiioni  sociali  sono  talmente  delicate  che  .sarebbe 
ve  errore  il  non  regolarsi  ail  ocni  isianic!  colle  normp  df^l  Maestro 
bile  delU  verità.  »  Ai^giunse  lIonlmentR  che  prnviivu  indicibile  gioia 
od  potere  ricordare  ai  membri  dell'Assemblea  urta  parola  pronunciala, 
circa  dinoi  m-ui  fa,  duU'I-lmo  Cardinal  di  Parigi  il  giorno  in  cui  fu  più 
^ve  il  perìcolo  di  perderlo:  «  Una  delle  niiu  grandi  cons dafiooi  a  Fa- 
ri^ ecjli  diceva,  è  dì  avervi  trovato  tanti  cristiani  e  laute  cristiane  che 
s  dedicano  a  lotte  le  opere  buone.  » 

U  10  U  loroala  del  luaitino  fu  presieduta  dal  conte  Alberto  di  Mun; 


-^    *^= 


iii-wa  r- 


m 


CRONACA 


qiiel[,*i  del  pomerìggio  fu  chiusa  da  un  eloqueoiìssìmo  discorso  dì  3ioo 
signor  Uoiirrei,  Vescovo  di  Rodei.  la  sei":»  poi  vi  fu  seduta   iminia 
lavoro  iolerno.  ]l  signor  I^one  tlarmel  esortò  caldamente  i  coaiiuiì 
guardar!:]  fl-illo  AcorAggiameno,  e  il  coni?  de  Mufi  ìnsistetle  sui  dover 
sodali  che  le  circostanze  impongono  alle  classi  elevale. 

6.  Il  Consiglio  di  Stato,  com'era  per  altro  da  a!t{)6llarsi,  condannav 
il  15  febbraio  la  Lettera  pastorale  del  Vescovo  di  Pamiers  ai  35  pr 
privali  dal  lìoMet  della  loro  Indennità  per  avere  tncoragirialo  gli  eleUoi 
a  favorirli  te  «candidature  contrarie  al  partito  repabblicano.  Il  decrei 
contiene  le  seguenti  necuse:  1'  di  essersi  il  Vpsoovo  di  Pamiws  ingfrit 
nrt  crit'Cftrc  un  allo  della  publiHua  autorità,  mediante  una  lt;tiera  pasto 
rate,  letta  dal  pulpito  per  ordine  del  Vescovo;  2"  di  avere  dichiaralo  clii 
la  decisione  ministeriale  priva  officiatmpnle  dei  loro  pastori  più  di  30  mil 
cattolici»  non  pssondo  i  35  preti  dal  T'  diceml're  pifi  obbligali  a  com 
pierc  le  opere  del  loro  ministero;  invece  di  provvedere  a  quel  servì» 
legaliHP.nte  ohbìiyaiorio^  di  avere  intPri«!ll!ito  dirMlamenic  i  fedeli 
pmvoratu  uel  loro  spìrito  il  timore  della  sospensione  del  servizio  rei 
gioso;  4°  di  avere  cosi  snaturato  ii  caraiterK  e  il  senso  della  decistoiM 
ministeriale,  e  fatto  uso  di  un  procedere  capace  dì  turbare  arbìtrarìameoti 
le  coscienee.  Cosi  P ukase  del  Consiglio  di  Stato;  ma  da  tutti  i  peti 
catlolici  prorompe  ora  una  voce  che  dice  come  non  si  sia  mai  visto  ani 
siiDile  offesa  al  buon  senso,  alta  gìusiizia  e  a  tutti  i  doveri  di  un  goverK 
che  rispeiti  si  stesso  e  gli  altri,  e  che  miiìuri  le  conseguenze  dei  propri 
atti.  Il  decreto  del  Consiglio  di  Slato  provoca  molte  considerazioni, 
vero  0  no  infatti  che  il  niinislPo  Gohlet  ha  soppresso  l'indennità  al  [tre* 
della  diocesi  di  Pamiers?  Pi  vero  o  no  che  ai  preti  privati  della  indenni 
mancano  i  mezzi  per  vivere?  Qual  maraviglia  dunque  che  l' egregio  p» 
slore  di  Pamiers  abbia  avvertito  ì  f«deii  degli  efTeiii  inevitabili  dell'aU 
mìnìsterìale,  cioè  che  saranno  privati  dei  loro  pastori?  Il  vescovo  no 
dovea  dirlo!  Ma  perchè?  Dove.i  egli  rendersi  complice  col  silenzio? 
governo  sa  il  cattivo  elfello  della  sua  persecuzione;  ma  non  potendo  fa 
altriiuenlì  per  i  m  passi  hi  iilA  di  resistere  alla  massoneria,  corca  di  velar 
abilmenie  la  violetiza.  Inalile!  Né  i  cattolici,  né  tulle  le  persone  impa 
ziah  s'ingannano.  [<a  persfcuzion*:,  da  ipocrita  qual  ^  stata  (inora,  diveoi 
Cìnica  e  viotenia,  ma  occorre  ancora  tio  passo  perchè  divenga  apertament 
sfacciala. 

7.  Che  poi  la  massoneria  imperi  in  Francia  si  rileva  dalla  grand 
pubblicità  che  ah  alle  sue  feste.  Non  sarà  dimenticato  inietti  11  banched 
che  In  massonica  loggia  la  Juaficf,  diedi-  il  li  del  mese  di  febb 
Grande  Oriente  di  Francia,  presieduti  dal  signor  Carlo  Floquet, 
dente  della  Camera  dei  deputati.  Alla  tavola  d'onore  accanto  al  Floqi 
presero  jìosio  il  signor  Lockniy,  ministro  del  commercio  e  dell'inda 
Upportuu,  membro  della  loggia  Justice,  e  varii  consiglieri  munid; 


COSTfiUPOnAXK* 


127 


Vani  brìnilisi  fiirooo  fatti  al  presìileiue  della  Repulihlìca,  ai  due  primi 
doli  di  Parigi,  che  auistevano  alla  fe-st»,  alla  stampa  e  ai  propagatori 
puhljlica  iiUnuioac.  Il  liockray  prese  U  parola  e  dopo  aver  detto 

8àrà  brt^ve  per  noa  ritardare  l' ora  dai  ballo,  soggiunse  che,  ooaostaale 
l'oMto  iQ  cui  ha  lasciato  per  qualche  tempo  i  suoi  doveri  massonici,  egli 
iiahloal  potere  fedele  ai  suoi  principii  e  pronto  a  difenderli.  «  Se  voi 
Mlale  su  noi,  egli  disse,  anche  nm  vontiatno  su  voi,  per  questa  propa- 
Dftda  ammirabile  che  voi  fate.  Che  saremmo  noi,  e  che  sarelihe  oggi  la 
RtfHihbhca,  se  souo  t'itnpero,  ({uaiido  bisoguava  resistere  al  tiranno,  voi 
Ku  foste  suiri  là,  imponendo  la  vostra  volontà  al  paese  per  dargli  la  re- 
pubblica ?  Sieie  voi  che  nelle  vostre  assemblee,  uelle  vostre  feste,  nei 
VMlri  ^ornali,  spandete  le  grandi  idee  della  f^iiiMizia  e  della  fratellanza.  » 
Uu&sio  è  parlar  chiaro!  Il  Loclcroy  terminò  propinando  all'avvenire  della 
framaia!»onena  e  in  particolare  della  loggia  Justìce,  E  questi  sono  i  mi- 
nistri che  Koveroano  ora  la  Krancia  *  Né  in  Italia  si  su  neglin. 

8.  Quando  fu  proposto  alle  Camere  di  accordare  un  credito  di  7ó  mi- 
fiooi  pel  ToocbÌDo,  il  miuistero,  afTme  di  conseguire  ciò  die  domandava, 
diede  il  fausto  annunzio  che  s'era  ciiHichiusa  la  pace  col  Madagascar  a 
condizioni  vantaggiosissime.  Or  bette  questo  trattato,  cosi  vantato  allora, 
a  cbe  rese  un  si  grande  servizio  al  gabinetto  Freveinet,  non  ha  potuto 
resistere  all'analisi,  a  cui  è  stato  .sottoposto  dalla  commissione  incaricata 
di  esaminarlo.  (Juando  infatti  si  è  avuto  sotto  gli  occhi  il  testo  autentico, 
Ù  è  riconosciuto  che  non  conteneva  realmente  un  artìcolo  che  si  potesse 
dire  vantaggioso  e  favorevole  alla  Krainria.  K  questo  è  il  luiwtr  male;  il 
|ieggio  si  è  cbe  vi  si  trovarono  clausote  sosp<!iie,  equivoche,  e  di  una  per- 
Adia  ule  da  aversi  raf^ooe  di  considerarlo  come  un  trionfo  polìtico  del 
governo  malgascio.  La  Commissione  én  effetto  ha  riconosciuto,  per  esempio 
die  r  articolo  1 1,  il  quale  mt^te  in  ajjparen.u)  gli  Stati  dtOla  Hegina  del  Ma- 
dagascar  sotto  la  protezione  del  governo  della  Repubblica  francese,  po- 
teva imporre,  in  certi  casi,  alla  Francia,  gravosissimi  doveri.  Kssa  ha 
pure  rìconosciuio  cbe  1*  articolo  'ì  pone  la  Francia  nell' impossibilità  di 
tttnnre  dal  suo  protettorato  vantaggi  commerciali  ed  industriali,  e  ba- 
Hava  quel  solo  articolo  per  ridurre  in  rumo  tutta  la  teoria  de^h  sbocchi 
tanto  .«frullati  dai  signori  Ferry,  Lanessan  e  consorti.  La  commissione  ha 
notato  alire.sl  che,  coll'anìcolo  U,  il  governo  della  Repubblica  olfrtva  alla 
Rgioa  del  Madagascar  tutti  gli  istruttori  militari,  costnitiori  ingegneri, 
ynfesaori  cbe  le  potessero  giovare,  ma  che  questa  olTena  era  puramente 
pbtotitt'a;  che  la  Regina  era  perfeitamenie  lilwra  di  non  accanarla  e  dì 
— '-r  n>  questi  funiiionarli  ira  i  sudditi  di  Sua  Maestà  JJrìiannica  o  del* 
i.ìtore  di  (ìerroania.  Ofianto  poi  all'articolo  0  relativo  all'acquisto 
•Iella  proprietà,  nel  quale  consiste,  in  ciualche  guisa  tutta  la  questione,  è 
GQOcejiilci  in  tali  termioi  da  renderlo  uua  pura  finnone,  perche,  non  pre- 


138 


CRONACA   CONTEHPORAKBA 


vede  aicnna  saozirtnt?  nel  caso  ni  cui  il  guveruo  iii:il;ja.^ìo  si  oppone 
alla  rouc)iìu.sJi>ne  di  coutratli  di  aflìtU)  {ter  un  lenijn  delerniinato. 

Ln  Coiu missione  inLinio.  no»  ptiLendo  T^re  altrimenti,  propose  Taf 
provmom  del  irailair),  ma  con  f^  Umido  linguaggio  da  lasciar  miravi 
derc  di  esservi  cosirecia.  la  discussione  che  s'impegnò  nelle  Caro* 
per  que.<o  tra  nato  fu  Ijurrasmsa  e  scoperse,  di  nuovo  luHe  le  piaghe 
della  politica  coloniale,  così  le^^genuenie  intraprese  dalla  consorieria  F^ 
Tuttavia  il  27  felidraio  )a  Camera  dei  depnUli,  dopo  avere  udito  il     _ 
dente  del  Consìglio  approvò  con  4'iO  voli  contro  'Ì'J  la  ratifica  del  iraiial 

ì).  L'acmivcrsfirto  della  Comune  é  slato  solennemente  fcsicg^alo 
Parigi  e  altrove  il  19  di  marzo,  con  banchetii,  riunioni  e  conferenie. 

Il  prìncii>ale  banclKito,  organìnuito  dal  Gomitato  cenintlu  rivohii 
oario,  si  tenne  nella  sala  Kiviu  a  l^lrigi,  sotto  la  presidenza  di  Viiilt 
assistito  da  Rocherort,  Camélioal,  Boyer,  Kiides,  ed  altri.  Vi  prespro 
pifi  di  81KI  persone,  ti  die  persone!  Durante  il  pranzo  quella  for^irmil 
di  Ijiisa  Miclit'l  entrò  nella  sala  e  parlò  Lrevemente,  salutando  la  fnttsti 
ricorrenni  dell' anniversario  della  Comnne.  Alla  fine  del  hanrbetto  Vaf 
lant,  Rochefoit  e  Cami'linat  fecero  l'af^iologia  della  f>)rauue  e  bevftU* 
alla  salute  dei  minatori  di  LK^cazevJlIe:  dissero  ini  le  altre  cùse,  spera 
Odi  prossimo  rìlorao  della  rivoluzione.  Povera  Francia! 

IO.  Anche  (jueM'anno  nella  Francia  Calloiica  sarà  tenuto  il  Gong 
Eucaristico,  dal  quale  si  ha  ra^ooe  di  sperare  truUi  anche  più  cof 
dì  quelli  di  cui  furono  fecondi  gli  aliti  quattro  celehrati  negli  anni  pr 
oedcQii.  Quello  del  presente  anno  si  terrà  uà  il  'iO  e  il  '^j  di  giugno  iMlt 
cittì  di  Tolosa;  e,  come  negli  altri,  vi  {lotranrio  aver  parte  ancbe 
tolicì  di  altre  nazioni.  Per  inrormasioni  più  particolari  si  può  far  capo 
Segretario  dell'Opera,  Roe  Negrier,  n,  9  a  Lilla  (Nord)  in  Francia. 


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Tlne.  Supcriore  della  casa  di  Lutrà. 

Tolentino.  D.  Angelo  CosLacci. 

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Fratelli  Bocca  —  Krinaouo  Loe- 
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Tortona.  Tipogi-afo  Rossi. 

Trento.  Federico  Uerli,  o  Luigi  Ber- 
nardi, librai. 

Treviso.  Luigi  Zoppelli,  libraio.  Tipo- 
grafia della  Sonola  Apostolica. 

Trleato.  Alessandro   l.irvi. 

Udine.  Prak-lli  Tosolinì,  librai. 

Urbino.  Pelrsnguljni. 

Venesla.  Comm.  Andrrn  Battaggìa. 
Tipografia  Emiliana  S.  Giacomo 
dell'Orio.  1-55. 

Verosa..  Fp1ìc«  Cinquettì,  libraio  — 
Lìbri;ria  la  Uinerva. 

Tloensa,.  Angelo  Crivellar!,  libraio. 

Vienna.  Mr.  Ma^er  e  Comp.  Singer- 
strasse. 

Volterra.  Annibale  Cincl. 

Zara.  D.  Tito  Vaccari  ne)  Stimiuario 
Diocesano. 


Saiuii  Tliomae  Aquinalis  Uactoris  Aii^ellcl 
OPUSCULA  PHILOSOPHICA  ET  THEOLOCICi 

*P  IISI'II  STCDIOSAE   lltVBSTtmS  SRLKCTA    BT  lUXTA   ORtH?fEII    HKnt'M. 
QUA8  IN  Si:ilOI,lS  TilACTANTim,  KVM:  PHIWl'«  PIORST*  ET  KXA(,TA. 

ACCEOl^T  UliESTIO^LS  QlOnLIDETALRS. 

Bdilip  awunl"  reco^''i'n  "■!  ih-ihiuIìI'  nuirsiijijtbiis  ci  fcholiJf 

aucla  a  ]H1(;U\EU  DE  IIAKIA  S.  |. 

in   Ponliticift  (Jitiirtriit.ilu  L>r*r"rninH   Cliiliiaa|<lii«>  ì'mf'jt^i'r* 

Tre  grossi  volumi  ingranile  ollavnnl  iNimo  di  pxgine  XXVL'Ò3>>,)1 

di  pagioe  KI4,  il  lerm  dì  pagine  fiUO.  —  Prezzo  L.  15. 
Si  veda  la  rìvìMa  die  oe  racdamo  in  questo  ste&so  quaderno  a  pa^.  B\  e 

LA  CONTESSA  INTERN&ZIONALE 

R.vrcnxTo  «lei  P.  010.  GIUSEPPI?  FfUNCO  d.  C.  d.  O. 
Seconda  Edizione  conforma  al  lesio  pubblicato  nella  Civ.  Catt.  Serie  Xl(  e  ' 
irava.ni*nts  oorretto  dtiU'Aatoro 
l'rain.  tip.  GincheUi,  Fi'jlio  e  C.  1836.  Dtvtvnl.  in  16.  PTfiz 
Tratta  la  ittorift  dol  It^TO-^l,  e  ah  orrorr  della  MaaftODflrU  n^.  . 
apttoilliUQDttf  dalla  Loga  8ocinlista  IuterDazioaal<^  ìq  lulio,  S[iaaaii.  Krai 
RaMin,  0  U  perfidie  ftftttartt?  in  tutto  le  attin«n/.e  d^lU  viia  ^oiiato;  p  Iqf 
trappDno  1  grandi  «Bcmpii  <lena  CHifidii  catr^idicii.  iiniroilui-aziont.  D«ll4J 
ceni»,  nella  a.-i-jimu  K  pori  i  p^rsonng^^i  d-;!  tnecouio.  p'r  una  svurìC 
serie  di  awauture,  »i  Irovaao  al  cìui';d(o  dtr^Ii  errori  Ii[)cr4li!<»cbi  pid  di<l 
e  De  fsizntvì  illnmiDati  d^lln   verità  sinagliaDla  dulia  r<'li_'ì  m'?  :  n%v:ii 
coooi'io  Vaticano  «  nll'auticoDcilto  OBpoliUoo,  al  comun,-  -7 

l'o^pizici  Cat'.oleiifrii  e  ftU'utfcrnala  bolgia  dol  Cainuna  di  .3' 

«cullo  raet-'oglii?  )■  fi'utlu  delta  sua  aetnieata.  Ti  ai  A  nift;ÌuuU  una  T<i,vuJa 
materie,  importante. 
Si  rendt  nirt'IPtio  emtrale lIf■liaQlT.Ca^L  e prntiio  < princìpth  OffffUi  .ì^ln 

P.  RAFAELE  CERCIÌ  d.  e.  tf.  G. 

IL  LIBRO  DEL  PERCHÈ  IN  FATTO  DI  RELIGIOHE 

8S00in>A  EDZZtOlTE 

Napoìi  ■l'-ii/o  />)ifw/r-f/*Vy  di  S.ifrni'trc  J/'irc/iw,  Viro  ii^iSS~ 

e  '  II.  ^i.  iS'NJ.  In  16.  rìi  pf>fj.  3Hd.  Prerzo  L.  3. 

l,a  molla  opportmiilA  •}  g'H  al':  ^  rjucsl'npeva,  Ji  cui  Irati 

plarnsutc  io  una  nostra  Rivista  (■■■         ,      l    i^ll.  pa-r.  Qi  »  w\s.\.  luu 
che  jn  poclia  SGttlri.auc  qo  Tu  <jB«ariia  la  priiaa  hIIiIodc.  tJ»  tncontu 

fiià  fftforevfile  nr^rTjrinri-^i  a  quoatn  Heconda.  In  «l'inlf  ^l  il    ti:(tsi7i.H 
«  prima  <lj  ■  i;  potcvili  r  •  '      l, 

fraoDO  di  j       '    >  .  ..   'Autore  Kap»' 

AVVISO.  —  Chi  volesse  cedere  aII'Amminl«nr;i 
guonii  fii.scicrtli  :  ÒÒrt,  y}%  599,  fi38,  irm,  fi.V.,  ir.7.  mi  e 
Rliere  in  coniin-jiso  fra  i  lltirl  del  DO!nru  catalotfii i]ii.iiiin  corri^iL:.- 4.:.. 
(tei  fascicoli  cIih  iiiBnil<;r.-t  a  i|iie!U.'  Llfllcio,  Vi*  de'  Conti,  H.  3, 
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min  CATTOLICA 


Boatta  populta  cuiu$  Dominua  Deut  ciuf. 
Psiui.  CXIJII,  16.. 


ANNO  TRIGESIMOSETTIMO 


;ERIE  XIII.  —  VOL.  II.  —  quaderno  860 


mmCB  DI  QUESTO  QL'ADliRNO 

tir,     ^/i.MiL(3»ll)   rtTAtlA   —  Il   MAtE ì'ig.    ]^ 

AtliO   UBLr.' ENCICLICA    «  IHlTORTALe  UBI  >....,..  .    .   »    1 43 
i   ;^    .^'    -»0    LlimO   SVI.  «  SILLABA •    158 

I   DEJlfXlTTl •  Ì79 

XII.   I.'abtMiii'Ioo') «-  ivi 

XI1[.  Il  !:occorsu  del  cielo  e  la  Iniona  Gliila.  .  .  «. >  IS*Ì 

XIV.  L'KrmHinJa  e  la  sua  vìla , •  lf<9 

JUt»ta  uclla  stampa  italfana. »  1U8 

I.  N'oli/ia  do'  Invnri  di  egiilnlngia  e  Itfij^c  semlUelie,  pubblicHii 

io  luliii  in  f]!iesii  uUimi  depoiinii »    ivi 

It.  Jacobi  LfiynfB,  stcuinli  IVaetmsiii  Cifflpralis  S/H'icLiiis  Icsii. 

liisputtìUones  Triinìiinne.  Ad  mamiscriplonim  lìileiii  cdiilit 

ei  comracnlariis  hisfiriris  insinixii  flartmannus  OristrS.  2. 

Hisi.  Kcrl.  in  IlnivcrsilaW  OwiipruiUinB  l'mf.  V.  0 »  'itW 

111.  Rime,  ài  Giuseppe Fi'frtiftio  —  Versi  di  Vinct-aio  Podestà.  »  'WO 
iB!f2K  ■<atc;rau  —  I.  Lo  a|){<1ir3zinni  nslrruimnicho  dcllii  foto* 

praflB.  Ii«  cJirl«  celesti  fntogr;tfsie  dni  fralellj  Ilriiry.  Alcutifi 

osservazioni  sul  mrlndn  da  rssi  \cn\ì\n.  Pregio  di  quelle  cane. 

2.  Una  piccola  i)n!emica  inlorno  nlP  acqua  di  Kiii^i;!.  .  .  »  296 

inOKACA   CONTKXWOHANKA. *   237 

L      CO*K   hOMANE •      iwi 

II.  CuSS   ITALUKE •   941 

ili.  CosB  sriiA^iiBfiK  —  l'rossia  (Xùstra  corrisj>o»'tensfij .  .  *  21'J 


PBBSBd  LUIGI  UANUKLLt,  UBHkU 

Via  liti  I>i-atia i»M>U).  lu 
(iiifM  8.  nifi*  la  (Miro 

17  aprile  \m\ 


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Caltfìlìca.  Secondu  edizione,  an  clegmitc  volumetto  io  16.  di  \t*^^.  *)0. 

tipoKrntU  Oiachotli,  KìrIio  e  C.  1«W.  L. 

AoTA  SS.  D.  N.  Pii  PP.  IX.  Ex  quibuB  excorptua  est  S^IInbus  cditus  die 

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in  8,  di  pngf?.  SfìO.  » 

Affeziomb  accikca  raoiohb.  RaccoDto  pubblicato  nel  Periodico  In  CimltA 

totica.  Un  voi  io  16,  dì  circa  pagg.  250.  Prato,  tipo^afia  Giaclictti. 

e  C  tR"9.  ► 

Alile*  Tommafo  Gnslialmo.  La  Cattedra  di  S.  Pietro,  rondamento  della 

fallile  de!U  iiiurisdiziouu.  centro  dell'unità   Uà  Tolumo  in  S.  9 

Avog'adro  Umiliano  Conte  della  Motta.  La  Filosofia  dell'Abbate  Ao 

amini  esamìoata  dal  coute  Emiliano  Avogidru  dolla  Motta.  Un  ro), 

di  pn^'?-  SQO.  Napoli,  tip.  di  F.  Giaouiai  b 

Ballaiiai  Antonio  {d.  C<  d-  O.)-  lus  et  officiuta  Episcoporuui  io  Trreado 

fragio  prò  iufatlibilitata  RoiiiAni  Pontiflcis.  coiitra  nupcnu  cavilla 

per  disquiiiitiouem  moralom  a^serluui  et  vindìcatgio.  Homao,  irpia 

litafi.1  Cufhalicae. 
BM&rdÌa«lU  Franoasoo  :d.  C.  d.  O.).  TI  Dominio  t^oiporals  d^i  Papi 

cetto  polìtico  di  Dante  Aligliiert,  con   un'appendice  sul   senso 

della  Divina  Vommedia.  Uu  voi.  io  \Q,  di  pagg.  432.  UudeoBi 

della  Immacolata  Concezioni?,  IHflI 
Boaro  Glxiseppe  (d.  C.  d.  O.)-  Istoria  dui  Santuario  della  Beata  V 

Galloro.  Terza  ediz.  Un  opuscolo  di  pa^^.  Ctì.  Uoma,  tipograHa 

viltà  Cattolica,  1863. 

—  Vita  del  B.  Oiovanni  de  Dritto  M    d.  C.  d.  G.  Koma,  coi  tipi  d 

Cattolica.  Un  Voi.  in  16,  di  pa^g.  3^4. 

—  Biatretto  della  Vita  del  a  Oiov«nDÌ  de  Britto  d  C.  d.  G  In  IO.  df 

Roma,  eoi  tipi  della  Civiltà  Cattolica, 

—  littoria  della  Vita  del  V.  Padre  Giusoppu  U.  PigaatellI  d.  0.  d   0. 

lume  io  B,  di  pag^.  630.  Ro<ua  tip.  della  Oieitlà  Cattolica  I8S7. 


Ili  GIC^ff.lO  TKA  I^R  NPI.WE 

AMMAESTRAMENTI  D[  S.  ALFONSO  M.  DE' LIGI 

VRSCOTO   K  DOTTOne 

ALLE  DONZELLE  CRISTIANE 

COGLI  ATTI  PUR  LA  3  ilLSSA.  CfJNKtibSIONSi  E  COMCNU 
In  3U  dipngg.  32S.  Firenze  presso  L.  jVamtelfi^  via  del  Proconsolo  16^ . 

Si  vende  prt-sso  i  gerenti  della  Civiltà  Cattolica  al  preszo  di  C4 
Legato  niringleae  !•.  1,30. 


DEL  SOCIALISMO  IN  ITALIA 


IL  MALK 


—  Da  per  tutto  il  soci&liamo  rh\7SL  la  testa,  fa  le  sue  pror» 
e  minaccia  d'iogoiaro,  ia  uaaoomune  catastrofo,  la  proprietà  e 
'il  capitale.  —  Questo  si  Ò  inteso  diro  e  si  è  letto  a  sazietà  i 
[irimi  mesi  del  corrente  anno,  di  mano  in  mano  cbo  si  son  ve- 
nnU  succedendo  i  saccheggi  di  LoDdni  e  i  tiimulii  di  Leicester, 
di  Kanccster  e  d'altri  luoghi  d'Inghìltorra;  gli  scioperi  saogui- 
■  oosì  dèi  minatori  di  Dua^evìllo  in  Francia  e  quelli  dei  fìac- 
(■lihenu  in  Napoli,  dei  cocchieri  e  carrettieri  in  Roma;  e  poi  quelli 
de^li  addetti  alle  officino  dolio  vìe  ferrate  in  Napoli,  in  Foggia^ 
in  Ancona,  in  B<)logna,  in  Teron^i;  e  qnelli  si  spietati  e  disastrosi 
del  Belgiu,  al  tempo  medesimo  nel  quale  il  processo  del  socialisti 
malici  di  Mantova  si  svolgeva  innanzi  la  Corto  d'Assise  di  Ye- 
oi^ria,  e   si  chiudeva  con  una  sentenza  assolutoria,  segnita  da 
plausi  trionfi.  E  chi  ardirebbe  negare  una  veritÀ  che,  con  tanta 
[tace  di  evidenra  si  manifesU?  E  chi,  per  giunta,  se  ne  potrebbe 
wigliaro? 
Più  che  questi  dolorosi  fatti,  ò  per  noi  mirabile  rammiraztone 
jlbe  sembra  mostrarne  quella  parto  delle  cosi  dette  elassi  diri- 
li.  che  si  oompuDu  di  piil  o  mono  grassi  borghesi,  di  pos- 
^lidenti,  di  commercianti,  di  banchieri,  di  padroni  d'officine,  i 
ypah  non  sanno  persuadersi  ohe,  fra  noi  in  ispecie,  il  preteso 
josinnalismo  liberulesco,  da  lor  promosso  a  tutt'uomo,  abbia  così 
inpidamuntf)  genorat<)  il  socìulismo  o  questo  siasi  cosi  bene  or- 
ilinntn  e  disciplinato;  e  meglio  anzi  nelle  campagne  che  nelle 
—  Come!  sclamaoo  essi;  ecco  appena  un  quarto  dì  secolo, 
cho  le  nostre  plebi  sono  state  redento  a  libertà,  cho  hanno 
(ft  patria,  che  godono  diritti  politici,  prima  non  mai  sognati; 

Arfc  XJU.  wt.  il.  /*•»«.  »S0  U  :>  <ij.''t7<'  ItlSÙ 


130 


DEL   SOCI  Al 


mas 
toH 


e  già,  nelle  ambizioni  di  sociale  ben  essere,  competono  colle  pio 
d'Inghilterra  e  di  Francia,  adulte  «  quasi  invecchiate  nell'ese 
cÌ7.to  di  questa  libertà  e  di  questi  diritti?  Che  mistoro  ò  codesta 

a 

Signori,  il  mistero  non  è  in  ciò:  è  piiì  tosto  nella  cortezn 
del  TtMier  vostro,  o  meglio  nel  volontario  vostro  accecamento^ 
quale  non  vi  fa  disceniere  il  nesso  che  lega  il  nazionalism 
rivoluzionario,  da  voi  per  int-eresse  accarezzato,  col  socialismo  eh 
per  interesse  detestate.  Le  mille  volto  vi  si  ò  provati),  che  Tu: 
e  l'altro  hanno  identica  l'origioo  di  principii  e  di  ^tti.  ed  osai 
gì* identici  meszi  per  giungere  al  fine,  e  l'uno  anzi  ò  mas 
necessario  al  fino  dell' altro.  Quelle  stesse  negazioni  di  d 
che  hanno  condotto  voi  alla  rivoluzione  politicoreligiosa  co 
legittima  antorità,  debbon  condurre  naturalmente  la  plebo 
rivoluziono  politicosociale  contro  la  legittima  proprietà;  giaecli 
le  due  cose  poggiano  sopra  un  cardine  medesimo:  e  non  &  leei 
scardinare  socialmente  il  principio  delTautorìtà,  salvo  quello  del 
proprietà.  Quella  stessa  massoneria,  che  ha  prodotta  e  governa 
la  riToliizione  da  voi  supposta  nazionale,  perchè  dalle  mani  de 
principato  dovea  far  cadure  la  sovranità  nelle  mani  di  voi,  cii 
vi  arrogaste  il  nome  di  nazione,  doveva  produrre  e  goTenni 
r  altra  rivoluzione  che,  senza  tante  ipocrisie,  si  bandisce  p< 
sociale  0  mira  a  togliervi,  col  godimento  della  male  usurpata 
peggio  aiuminìstrata  sovranità,  ancor  quello  del  bene  che  a  boo 
diritto  possedete.  Quello  stesse  congiuro  e  violenze,  che  haai 
iwrtata  al  trionfo  la  vostra  si  preparano  per  portarvi,  tra 
rovine  dell'opera  vostra,  l'altra  alla  quale  voi  balordaraen 
avete  agevolata  la  via,  atterrando  il  baluardo  dell' autorità,  cb 
al  tranquillo  possesso  delU  proprietà  era  insuperabile  scherni 
Voi  avete  ricopiata  in  Italia  la  rivolu;fione  francese;  e  vi  stupite 
vederne  intorno  a  voi  e  contro  v«ji  solvere  lo  logiche  consogueoaB 

«  Dal  potere  politico  noi  prenderemo  le  mosse;  così  scrìvo 
tempo  fa  VÉgaiité^  giornale  dei  più  moderati  fra  i  socialisti, 
primo  a  sparire,  o  colla  dinamite  o  senza,  sarà  il  Parlament 
Il  modo  dì  cacciare  la  borghesia  dal  Governo  dipenderà  piii  dal 


ÉSa 


IL   HAtS  Ul 

rene  àrcostanz«,  che  dagli  uomini.  £  procedendo  in  questa  guisa, 
(Wcapando  la  fortezza  del  Governo,  che  domina  tutta  la  società 
Wghfse,  noi  non  faremo  novità.  Sognìrcmo  la  lezione  immor- 
tale,  che  oi  ò  stata  data  alla  fine  dal  secolo  scorso  dalla  gente 
ifel  Tereo  Stato,  cioè  dalla  borghesìa  stessa,  e  ne  imiteremo 
resempio.  Prima  farem  uostro  il  potere  e  poi  faremo  uostra  la 
prupriotà.  » 
La  cosa  è  logica;  cammina,  come  snol  dirsi,  co' snoi  piedi. 

IH 

—  £  logica  sìa,  si  risponderà.  U  mistero  però  non  è  qui  :  ò 
«1»  questa  conseguenza  del  socialismo,  inelusa  nei  principii  del 
Sberalismo,  siasi  con  tale  rapidità  sviluppata  in  Italia.  Che  si 
sii  tanto  allargata  ed  abbia  fatta  sì  fort*j  presa  verbigrazia  in 
rrancia,  dop«r  quasi  un  secolo  di  libertà  novella,  s'intende:  ma 
eke  rabbia  fatta  e  la  faccia,  massimamente  nelle  nostre  plebi 
rustiche,  appresso  un  cinque  lustri  appena  di  redenzione  poli- 
tica, è  duro  a  romprendersi. 

Baro  per  chi  guarda  alia  superficie  dei  fatti,  non  per  chi  ne 
jwofttrft  lo  cagioni.  Già  ventisei  anni  di  uu  lavorio  iudefesso, 
legale  ed  illegale,  coperto  e  scoperto,  oo.<^pirante  a  dissolvere 
tntti  i  tìdooU  della  società,  non  sono  tanto  pochi.  La  rivoluzione 
francese,  dopo  alcuni  anni  di  freutrsia  vandalica,  fece  una  sosta: 
floggi&cqae  alla  dittatura  napoleonica  ed  a  guerre  diuturne,  che 
di  dentro  ne  impacciarono  il  moto,  e  per  qualche  rispetto  la 
onstrinsero  di  dare  indietro.  Non  cosi  è  stato  in  Italia,  dove 
l'opera  corrompitrìce  dt.d  iiuzionalisrao  liberalesC'O  non  s'è  abbat- 
tuta iu  intoppi  di  nessuna  sorta:  anzi  è  stata  favorita  con  ogni 
Studio  dal  Governo  che  V  ha  capitanata. 

Oltre  ciò  questa  rivoluzione,  con  appareniie  regìe  sempre  e 
monarchicho,  ancora  quando  speziava  troni  o  corone,  è  progredita 
pnr  sempre  d'accordo  collo  sètto  massonicho  o  si  è  valsi;,  pt.^r 
rìuacire  a' suoi  intenti,  d'ausiliarii  di  quaIuD(iue  pelo^  non  esclusi 
ì  demagoghi  più  sbracati.  Di  fatto  sino  al  compimento  dell'unità 
politica,  cho  fvk  concetto  supremamente  demasoerico.  essa  camminò 
Appoggiata  quasi  più  agV  irregolari  che  ai  regolari;  e  la  storia 


l'&i  t>EL  SOCUUSHO   IN   ITtUA 

□arre  quanto  beae  ì  primi  nelle  due  Sicilie  la  aerrìssoro.  Quinc 
è  che,  sotto  l' ampio  manto  della  sua  monarohiii,  fin»  dagli  esordii^ 
accolse  quanto  potè  di  democra:tia.  Che  più?   Non   giudicò   n{ 
meno  Stabile  l'edinm  che  costruiva.  Sd  non  no  rafforzara  U 
mura  maniìtre  col  suggello  dei  plebisciti.  Conseguentemente  U 
leghe  settarie^  che  prima  involgevano  a  pìccoli  gruppi  tutta 
Penìsola,  si  moltiplicarono  tosto  come  i  funghì  e,  purché  avesaei 
innoono  il  titolo  e  legalo  la  bandiera  dì  mostra,  ugni  libei 
goderono  di  disciplinarsi  in  segreto  come  meglio  loro  paress 

Aggiungasi  a  questo  il  colico  dolla  nui>va  moralo  e  del  nuovo 
diritto,  canoDÌJizato  da  un  Governo  che,  per  potervi  conformare  li 
politica  sua,  dovè  promulgarsi  ateo  in  massima  ed  anticristiano^ 
Aggiungasi  la  licenza  d*una  stampa,  che  non  campava  d'ali 
alimento  che  non  fosse  menzogna,  bestemmia,  emptetik,  scandali] 
e  derisione  di  quanto  è  più  santo  in  cielo  ed  in  terra.  Aggìunj 
Tesempio  solenne  di  socialismo  che  diede  ai  popoli  il  Govem( 
decretando  che  i  beni  della  Chiesa  eran  beni  dello  Stato;  e  TÌolao^ 
così  un  diritto  di  proprietà  che,  per  esser  sacro,  era  considerai 
universalmente  dalla  plebe  anche  più  inviolabile  del  comune. 

Finalmente,  per  tacere  d' altro,  si  osservi  come  intanto  che  i| 
Governo  pervertiva  il  popolo  con  quella  che  fu  detta  corruzit 
legalizzata  della  stampa  e  della  scuola,  e  strappavagli  cosi  Dìt 
colla  religione,  dal  cuore,  pian  piano  poi,  per  l'eccesso  dìsorbi' 
tante  dei  balzelli,  gli  toglievu  il  pane  di  bocca  e  lo  riduce^ 
air  estremo  della  disperaKÌone.  Se  tutte  queste  cause  si  riguar- 
dino insieme,  non  che  stupire  del  celere  apprendersi  che  hi 
fatto  il  fuoco  del  socialismo  nelle  plebi  d*  Italia,  si  ha  più  test 
di  che  meravigliare  che  ancora  non  sia  da  per  tutto  cosi  di^iiaoj 
e  gagliardo,  che  divori  nelle  sne  fiamme  le  elassi,  le  quali 
vantano  dirigenti  e  della  rivoluzione  gustano  gli  onori  e  i 
letti  più  lauti. 

IV. 

Se  non  che  merita  il  conto  che  qnolla  porzione  di  pingue] 
borghesia,  la  quale  può  molto  influire  negli  andamenti   doli 
cosa  pubblica,  e  più  teme,  perchè  più  minacciata  nell*  interea 


IL   MALE 


133 


é: 


». 


T&mpiro  d«I  socialismo,  avverta  le  tre  cause  cho  meglio 
d'ogni  altra  gli  accrescono  fra  di  noi  vigore  ed  audacia:  la 
miseria,  l'arte  settaria  e  la  irreligiosità  dello  scuole. 

E  conte  Antonio  d'Arco,  rappresentante,  del  collegio  di  Man- 
lare  nel  Parlamento  e  ricco  proprietario  di  quella  provincia, 
interrogato  all'  udienza  della  Corte  d'Assise  di  Yenex,iaf  il  24  del 
decorso  febbraio,  qual  testimonio  nella  causa  contro  ì  socialisti, 
depose  prima  ch'irli  aveva  patito  due  inccndii,  o  nella  sua  casa 
4i  Santiiva  era  stato  scritto:  L' ottantanove  e  la  ghigliottina 
s'avanzano:  e  per  altri  capi  rimandò  i  giudici  alla  lettura  del 
discorso  da  lui  tennto  in  Montecitorio,  quando  il  mar^o  del  pa8- 
alto  BADO  Ti  si  discuteva  la  questione  della  così  detta  crisi 
agraria.  Ora  in  questo  discorso,  ragionando  delle  associa^iioni  di 
ooDtadlnì  formate  in  Mantova,  soggiungeva  le  sogueati  parole 
leviam  di  peso  d^li  Aiti  iijficiali. 

e  I  bassi  fondi  della  plebe  cittadina  sono  oramai  pifi  anar- 
dfttct  che  socialistici.'  Socialisti  sono  la  maggior  parte  degli 
iq>erai,  e  parte  anche  della  borghesia  benestante  j  il  che  potrà 
sembrare  strano,  se  non  pensiate  ai  modi  coi  quali  sì  diventa 
KKÓalisti.  Essi,  a  mio  parere,  sono  tre:  o  per  un  altissimo  ideale 
imore  dell'umanità  (ma  gli  esemplari  di  questa  categoria  sono 
di  !ina  rarità  desolante!)  (Vìva  ilarità.  Benissimo fj *>  perchè  si 
troppo  male  (e  sono  ì  pii^!);  o  porchL\  pur  non  stando  male, 

soffre  acutamente  che  altri  stia  meglio.  La  miseria  dunque  e 
l'invìdia,  ceco  i  grandi  fattori  della  nuova  dottrina  (Bravai)  ^i<^i 
comunque  sia,  è  positivo  che  la  bandiera  del  socialismo  raccoglie 
eramaì  nella  nostra  provincia  nove  decimi  della  popoiaidone  '!  > 

Lasciamo  T  invidia,  che  può  mono  negli  ordini  infimi  del  po- 
polo, e  noi  avremo  per  potìssimo  fomento  popolare  di  socialismo 
la  miseria.  Di  questa  s' incontrano  quadri  o  descrizioni  orribili, 
ovunque  si  volge  l'occhio  nelle  cittS  e  nelle  campagne.  Ma  ovun- 
que si  parla  dì  miseria,  se  ne  ode  ancora  incolpato  il  QoTerno^ 
per  la  sformatamente  esosa  e  crudele  ingordìgia  smi  dì  tasse. 
Lo  dichiarò  pure  nel  discorso  medesimo  il  conte  d'Arco.  <  L'ec- 
naso  delle  spese  dello  Stato,  diss'egli,  ripercotondosi  nell'eccesso 


Va{.  ii,m. 


134 


J)EL   SOaAUSMO   IN  FTALU 


dello  imposte,  pone  i  propriutarìi  ncll' impossibilità  di  sodisfare 
alle  lagnante  ed  alle  pretese,  in  parte  giuste,  dei  braccianti,  e 
TI  prepara  in  parecchie  proTÌnce  del  regno  la  rivolta  '.  >  Questo 
eccesso  d' imposte,  che  il  senatore  Jacini  chiama  spcgliatore,  che 
il  deputato  Luzxatti  qualifica  di  sehaf/ffio,  che  il  deputato  Son- 
nÌD0*Sidney  dice  tugmlom  del  Paitr  nosfer,  o  volere  o  noD 
volere,  entra  per  tre  buoni  quinti,  nella  causalità  dell' odierno  so- 
cialismo d' Italia. 

V. 

L'accusa  dì  aGTiimatore  del  popolo,  che  general  menta  si  scaglia 
da  per  tutto  e  in  ogni  tono  contro  il  Governo,  ò  pur  troppo  giu- 
fltifieata  dai  fatto  e  dall' attestazione  universale.  Per  non  dire 
dei  quattordici  millìoiii  di  pane,  che  esso  cava  di  iMtccii  ai  poveri 
sulle  Opere  pie,  per  farli  mangiare  ai  loro  amministratori,  non 
è  egli  spettacolo  atroce,  unico  nel  mondo  incivilito  e  senza  esempb 
nelle  storie,  quello  degli  ottantamila  possidentucci,  espropriati 
de' loro  possessi,  perchè  inabili  a  pagare  imposizioni  di  poche 
lire?  E  chi  sono  questi  miseri,  sopra  le  cui  carni  s'infiggoo  co^ 
spietati  i  denti  dal  cerbero  del  fisco?  Li  dipingeva  alla  Camera 
il  deputato  Fìli-Aslolfoni,  un  giorno  prima  che  il  conte  d'Arce 
vi  esponesse  la  congiura  del  socialismo  mantovano.  <  Sono  mi- 
gliaia e  migliaia  d' infelici,  ecco  le  sue  parole,  e  quasi  tutti  ap- 
partenenti alle  classi  bisognoso  e  diseredate  dei  contadini  che, 
spogliati  inoHombiliiiente,  privali  del  loro  tugurio  e  del  piccolo 
campieello  dal  fìsco,  traggono  una  vita  di  stenti,  e  spesso  per 
vivere  devono  stendere  le  scarne  mani,  appellandosi  alla  pubblica 
carità.  Questtì  stati)  è  giure,  contro  di  esso  si  rivolta  il  sentimente 
dell'umanitÀ  e  nou  può  guardarsi  con  indifferenza',  > 

Chiunque  a  mente  riposata  e  senza  nebbia  di  passionati  pre- 
^udizii  studia  r  aumento  continuo  delle  tasse,  gravanti  sempre 
più  anche  le  cose  pti^  necessario  alla  vita,  non  può  non  conclu- 
dere che,  a  farlo  apposta,  non  si  potrebbe  far  peggio,  per  indurre 
il  popolo  ai  più  disperati  partiti.  In  verità  l'Italia,  gran  uieroè 

'  Pag.  12.719. 

•  Atti  ufjic.  pag.  i%  735. 


n,  «AU 


135 


<l9*ktrocÌDU  fiscali,  per  la  massima  parte  de' suoi  abitanti,  citta- 
dini, borsliigiani  e  cainpagnuoli,  si  viene  trasformando  in  una 
Dazione  di  pitocchi,  di  inisonibili,  di  affamati:  e  vengono  pro- 
priamente i  brividi  in  pensare  a  quello  che  sarà,  quando  sì  sieno 
spenti  quei  resti  dì  religione  che  ancora  durano  nel  petto  di  molti, 
«quando  sia  cresciuta  la  generazione,  che  si  tenta  ora  di  allevare 
Senza  fede  e  sen^ta  Dio,  cioè  son:ca  il  freno  salutare  alle  cupidìgo 
vd  ai  furori  più  bestiali.  Le  fresche  stragi  e  grincendii  della  plebe 
scioperatasi  nel  Belgio,  ci  prennnzìano  sinistramente  quel  chesar^ 
Il  giornale  L'Italia  di  Milano,  il  27  del  febbraio  scorso,  pub- 
Mimva  una  lettera  del  conte  Ignazio  Lana,  dalla  quale  ci  piace 
togliere  questo  passo,  che  dimostra  se  noi  punto  esageriamo  lo 
stato  dì  miseria  estrunia  a  cui  le  tasse  riducono  oggi  la  plobe^  e 
io  ispMìe  bi  ^campestre.  In  essa,  dopo  accennate  le  condly^ioni 
anserrime  dell' agricoltura,  pei  proprietarii  e  pei  lavoratori,  e  in- 
^ntene  vario  particolarità,  cosi  proseguo. 
^B  <  Ha  cÌ6  non  è  tutto  ed  havvi  ben  peggio;  e  cioè,  pel  Lombardo- 
^Boeto.  la  enorme  ed  ingiusta  imposta  fondiaria  prediale,  le  sempre 
crescenti  sovrimposto  provinciali  e  comunali,  gli  aumentati  dazii 
sugli  zuccari  e  sugli  spiriti,  uecessarii  per  avvalorare  i  vini  ;  poi 
sa  tatto  e  i>erlìno  sul  chinino,  quasi  ad  impedire  che  i  poveri 
«ontadini,  massime  quelli  che  prendono  la  febbre  nei  lavori  delle 
naie,  possano  combattere  la  malattìa  che  li  martoria  o  rende 
informi.  Poi  vi  sono  altre  molteplici  ed  esagpmto  tasse  sul  sale, 
sul  tabacco,  sul  vino,  sulle  carni,  sul  pane;  tutto  t>  tassato,  meno 
Taria  che  si  respira,  ma  che  lo  sarìi  ben  tosto.  E  tutte  quoste 
tasse,  il  prodotto  delle  quali  sale  al  Ooverno,  direttamente  o  in- 
direttamente colpiscono  la  sola  agricoltura  ed  i  poveri  agricol- 
tori ;  qnesti  poveri  contadini  che  hanno  acquistato  per  la  maggior 
pariti  il  diritto  di  voto,  ma  non  quello  di  sfamarsi;  poicht),  mentre 
gii  artieri  han  veduto,  più  o  menu  equamente,  aumentati  i  loro 
satarii,  i  coutadini  sono  pagati  e  maltrattati  corno  pul  passato: 
né  i  crudi  proprietarii,  e  spesso  ancor  piti  crudi  afiìttiialì  ten- 
gono calcolo  che  questi  infelici  Paria,  anco  per  l'aumentata  mer- 
codd  ai  caUolai,  ai  sarti,  ecc.,  devono  oggi  pagare  vitto  e  vestito 
il  doppio  che  per  il  passato.  > 


136 


DEL  SOCIAUSVO   IK   ITALIA 


Vedono  i  nostri  liberali  borghesi  a  che  plinto  han  condotto 
le  plt^bì  d'Italia  i  Tentisei  anni  di  Governo  del  nazionalismo  ri> 
voluzionario?  Vedono  la  bella  unitÀ  che  ò  uscita  dallo  mani  di 
questo  nazionalismo,  alla  cui  intronizzazione  si  son  sicrifìeati 
tanti  diritti  um&ni  e  divini?  Non  ne  ò  uscita  l'unità  degli  spi- 
riti, né  dei  caori,  né  delle  lingue,  eh)  mai  non  si  è  avuta  Ba- 
bele più  disordinata  di  questa;  ma  ne  è  uscita  l'unità  della 
miseria,  che  c'incammina  tutti  a  quella  dell'anarchia.  <  Se  voi» 
concludeva  il  conte  d'Arco  il  suo  discorso  ai  deputati  e  mÌDtstii, 
se  voi  non  provvedete  a  tempo,  questa  crisi  agraria  (madre  del 
nostro  soaalismoj  sì  estenden^  iu  tutta  Italia  e  si  estenderà  ac- 
compagnata dalle  agitazioni,  dalla  turbolen?^,  dalla  rivolta  dui 
contadini;  perchè  se  già  cotnincia  da  noi,  ore  non  stanno  bene, 
ma  ove  pure  non  stanno  tm\  male  come  altrove,  Ò  logico  che 
questa  scintilla  debba  trovare  dpJle  cartuoeie  di  dinamite  da  in- 
cendiare iu  altri  luoghi,  ove  stanno  assai  peggio.  E  davvero  nelle 
questioni  di  simil  genere  non  è  concesso  ad  alcuno  dì  starsene 
sicuro,  come  il  villano  del  Manzoni,  sulla  porta,  del  qftieto  ain^ 
turo,  a  sognar  i  nembi  che  scendon  lontani, 
Sovra  i  campi  che  arato  d  non  ha  '.  » 


VI. 


Data  la  disporazìono  dfitla  fame,  cui  aggiungono  stimoli  d'ira 
tanti  nuovi  bis^^gni  artificiali,  tabacco,  spiriti,  giuochi,  spassi,  e 
tanti  vizii  fatti  contrarrò  al  popolo  ;  e  date  le  idee  dì  sbrigliata 
libertà,  ond^  per  ogni  modo  si  sono  invasate  le  teste  della  plebe 
più  T07.7,a,  si  scorge  subito  quale  e  quanta  materia  infiammabile 
siasi  offerta  agli  agitatori  delle  sètte,  dì  suscitare  incondii  da 
lunga  pezza  premeditati.  Il  povero  popolo  è  sempre,  in  tutte  le 
rivoluzioni,  lo  strumento  gabbiibile  e  gabbato,  ma  utilissimo, 
dogli  ambiziosi  e  degli  arruffoni.  Del  popolo  si  servi,  anzi  nel 
nome  e  pei  diritti  del  popolo  pretese  operare,  il  nazionalismo  li- 
beralesco, por  giungere  alla  signorìa  di  tutta  Italia;  e  giuntovi 
poi  lo  ha  felicitato  com'è  al  presente;  spolpandone  cioè  le  ossa, 

'  H  paf.  12,  750. 


)t   VALE 


137 


fer  «  far  niillionarii  i  vampiri  »  suoi  favoriti,  secondo  il  la- 
oieobo  del  deputato  RomuDo  alla  Camera  di  Moatociturio'.  Ora 
ii  popolo  attirano  a  sé,  seducono  e  spingono  avanti  contro  il  gau- 
dente naf.ionalismo,  i  corifei  delle  sètte  radicali,  agognanti  a  sca- 
ntcare  i  suoi  ingrassati,  per  sostitair^li  un  socialisoio  che  alla 
aia  Tulta  ingrassi  loro.  Kd  il  popolo,  sempre  uguale  a  sé  stesso, 
n  loro  dietro  o  con  loro  s'imbranca  e  li  segue  tanto  più  volen- 
tieri, quanto  più  gli  sembra  impossibile  che  il  socialismo  dei  ra- 
dicali lo  burli  e  malmeni,  peggio  di  quel  che  ha  fatto  il  nazìo' 
nliamo  dei  liberali 

Ecco  come  il  deputato  d'Arco  narrava  a'suoi  ooUeghi  la  storia 
deirorganamento  Bocialistioo  nel  Mantovano.  <  Or  son  pochi  mesi, 
(iDfliegli,  ad  imitazione  di  quanto  era  avvenuto  l'anno  scorso  nel 
Ticino  Polesine,  si  costitairono  due  associazioni  di  contadini.  È 
mirabitti  lo  slancio  col  quale  piovvero  lo  adesioni.  F.sso  trova  la 
m  ragione  nelle  laute  promesse  d'immediato  conseguimento  e 
uà  più  splendidi  bagliori  di  un  magnifico  avvenire,  lasciato  in- 
travedere  o  misteriosamente  sussurrato  alle  orecchie,  e  più  anoira 
sella  predisposizione  dello  spirito  pubblico  di  quella  provincia. 

€  In  poche  settimane  pare  che  il  numero  dogli  adepti  sia 
salito  a  30,000,  ai  quali  potete  francamente  aggiungere  anche 
tutti  gli  altri  che,  tenutisi  neutrali  per  momentanee  ragioni  di 
prudenza,  non  mancherebbero  di  associarsi  ai  compagni  in  de- 
terminate occasioni.  Fari  alla  rapidità  della  propaganda  è  l'ar- 
dore dal  quale  sono  accesi,  talché,  alla  festa,  in  tutti  i  borghi 
delta  provincia  voi  vedreste  nelle  osterìe  e  nelle  piazze  dei  forti 
«flieaibramenti  di  contadini,  i  quali  discutono  la  loro  causa,  ed 
infiammati,  come  per  una  guerra  santa,  demoliscono  e  rifabbri- 
cano a  loro  modo  tutto  l' edifìcio  sociale...  La  ragiono  è  molto 
•«mplioe,  ma  è  anche  molto  grave.  Ed  è  questa:  le  nostre  po- 
polazioni sono  quasi  completamente  socialiste.  La  propaganda 
attiva,  diffusa,  incontrastata  della  città,  in  cui  trova  un'alleata 
nella  miseria  di  un  paese  in  ispaveiitosa  decadenza,  si  spande 
nelle  campagne,  colla  rapidità  di  una  scintilla  lungo  una 
lata  di  polvere  '.  > 

Iri,  pis.  15,063.  -  *  hi  pag.  ÌÌ.U'. 


138  PEL   SDUALISMO   IN  ITAtlÀ 

Ha  questa  propaganda  con  quali  mezzi  si  è  &tU  e  si  fa? 
Ooì  soliti  mezzi  sottariì,  di  stampe  e  fogli  che  attizzano  tutte 
le  pili  malrage  passioni,  e  liberamente  si  lasciano  correre,  di 
bandi  e  proclami,  e  di  arrolatori  cho  inserivono  sempre  novelli 
adepti  ai  gruppi,  che  poi  s'incentrano  sotto  la  mano  di  chi  in 
occulto  regola  tutte  le  trame.  Ed  i  fogli  ed  i  proclami  che  si 
SUD  trovati  ammucchiati  nel  banat  doUeAssise  di  Venezia,  eranOf 
qoal  più  qual  meno,  conditi  di  frasi  come  queste,  che  il  conte' 
d'Arco  leggeva  nella  Camera  ai  deputati:  <  Operai,  rallegratevi! 
i  nostri  nemici  sono  intimoriti.  U  regno  dell'ingiustizia  ornai 
finisce,  e  sta  per  cominciare  l'eguaglianm  completa,  la  libertà  r 
U  Governo  della  Monarchia  barcollando  sen  va,  e  comincia  il 
Governo  del  popolo  '.  » 

vn. 

Dal  Mantovano  i  rinfocolatorì  di  agitazioni  socialistiche  posero 
gli  occhi  sui  contadini  della  Brianza  e  dell'agro  milanese;  ed 
è  viva  tuttora  la  memoria  degli  scioperi  che  V  andato  anno,  per 
bnono  spazio  di  tempo,  tennero  come  in  istato  d'assedio  quella 
tranquilla  regione.  L'egregio  signor  Giuseppe  Balconi  ha  testé 
pubblicato  un  molto  savio  lavoro,  intomo  a  tali  scioperi,  del 
qnale  abbiamo  reso  conto  ai  lettori  nostri'.  Essi  conoscono 
futili  pretesti  a  cui  si  ricorse  per  adonestare  quei  primi  e^»^ 
rimeuti  di  turbolenze j  ed  il  Balconi  li  ha  con  rara  limpid'Uza 
esposti  e  sfatati.  Ma  importa  conoscere  altresì  d'onde  provenis- 
sero grìmpulsi  ai  moti,  e  con  quali  settarìi  maneggi  si  condu- 
cessero innanzi.  <  Gli  scioperi  agrarii  di  Lombardia  della  sooni 
estate  non  nacquero,  egli  dice,  spontanei,  né  sono  opera  dei  eoD' 
tadinì,  furono  merce  importata  da  chi  aveva  interesse  d' import 
tarla.  Non  accade  farsi  illusioni.  È  la  rivoluzione  che  serpeggia; 
è  il  partito  della  sovversione  generale  che  opera.  Come  si  spid' 
gherebbe  altrimenti  l'interesse  delle  società  radicali,  per  qnest 
movimenti?  Come  il  patrocìnio  che  ne  assumono  i  giornali  de 

*  Iti  Ì%U9. 

'  Gii  «n'operi  ilei   amtadini  ìtmbardi.  Vedi  il  Tolume   nusiro  praxdenl 
pag.  j«3Mf. 


IL   UAU  13» 

[artito?  T&rdava  al  partito,  il  quale,  è  rìuseito  a  penetrare  ornai 
tstte  le  arterie  dell'organismo  sociale,  di  operare  una  ricognizioD» 
tattica  n«lle  nostre  campagne,  he  campagne  non  averano  abboo- 
«ta  con  soIBcionte  prontezza  Fesca  dell'allargamento  del  voto 
dottorale,  dò  pareva  che  gran  presa  ri  avessero  fatta  ì  giornali 
diffusivi  e  io  ideo  importate  dai  reduci  doirosercìto;  il  quale,  di 
^iì  fatala  presa,  venne  prima  e  più  agevolmente  avvicinato  dagli 
agitatori.  E  le  campagne  dispongono  del  contiDgente  piil  nume- 
neo  della  società.  LMmpurtante  si  era  di  organarlo  e  d'averlo 
otibedieate. 

«  Trovato  il  pretesto  sottile  e  maligno  della  esiguità  della  gior- 
nata colonica,  l'officio  di  banditori  fu  affidato  ai  reduci  deireser- 
<ilo,  specialmente  ad  alenai  dell'arma  dei  reali  carabìniorì;  feste 
«  passeggiate  di  socleti^  operaie  servirono  d'occasione  per  appic- 
ore  rapporti,  prendere  concerti  e  lasciare  i  semi  della  rivolta 
die,  ben  ricevuti,  misero  poi  i  frutti  che  tutti  sanno. 

<  Se  non  era  un  intervento  estraneo,  come  sarebbe  stato  possi- 
faite  il  movimento?  Come  mai  quattn)  contadini  avrebbero  da  soli 
Mogitato  tutto  un  piano  e  trovato  il  coraggio  di  attuarlo?  Essi 
flortitnirsi  in  comitati,  indire  assemblea,  formulari;  programmi 
«d  esporre  manifesti  1  Fatto  sta  che,  scoppiati  gli  scioperi,  la 
diffusione  dei  giornali  del  partito  si  ò  straordinariamente  al- 
largata in  campagna.  Appositi  agenti  ve  li  portano  e  spacciano^ 
esercitando  il  loro  apostolato,  e  soffiando  caritatevolmente   nel 
faoBO.  Né  solo  i  procaccini  dì  basso  ordine;  anche  i  sopracciò, 
anche  i  grandi  messeri  del  giornalismo  e  dello  sòtte  massoniche 
sono  in  faccende.  I  tramways  e  le  ferrovie  li  portano  qua  e  colà, 
seooodo  il  bisogno-,  ed  in  qualche  borgata  si  vedono  scondere 
alte   soglie  di  certi  palagi,  ove  ossi    hanno  portiera   alzata  e 
«opexto  a  mensa,  grazie  alla  sorprendente  dolcezza  di  qualche 
mecenate^  t/is  millionario,  ferqtte  quaterqm  buono  I  £  vorremo 
«he  questi  semidei  si  degnino  calare  dai  loro  tripodi,  proprio 
per  amore  dei  contadini?» 

Il  medesimo  s'ba  a  dire  degli  scioperi  dei  fiaccherai  di  Napoli 
e  di  Roma,  imposti  e  diretti  da  capi  misteriosi,  e  di  quelli  delle 
vie  ferrate,  dai  quali  si  deduce  quale  potenza  dì  lega  abbiano 


140 


PEL  S0C1ALISU0   IN   ITALIA 


già  stretto  fra  toro  tante  migliaia  di  operai,  tutti  indettati  da 
giornali  che  predicano  la  crociata  coatro  la  borghesia  Torace, 
tutti  obbedifinti  ad  ordini  che  non  ai  sa  d'onde  Tengano,  e  sog- 
getti a  sicofanti,  dei  q.tiali  ignorano  U  nome,  il  grado  e  gli 
ultimi  intendimenti. 

Ed  i  nostri  liberali,  i  quattrinai  dello  classi  dirigenti,  inti- 
moriti per  conto  delle  loro  borse,  sì  battono  i  fianchi  e  diman- 
dano attoniti,  come  mai  sìa  spuntato  un  tal  brulicame  dì  so- 
cialismo uellii  così  mite  e  civile  term  d'Italia?  Il  come  lo  mo- 
stra loro  la  libertà,  da  loro  tanto  applaudita,  della  stampa  e 
delle  associazioni.  Per  loro,  erano  pericoloso,  anzi  dannoso,  le 
unioni  dei  frati  e  dello  monache;  perciò  le  hanno  disciolle,  dopo 
ingoiatisene  i  beni.  Ai  corpi  morali  dei  frati  e  delle  monache, 
sotto  il  patrocinio  del  loro  nazionalismo,  sono  sottentrato  le  sètte 
proteiformi  dei  socialisti.  Ed  ora  soltanto  si  aTvedono  che,  colla 
Loro  bella  libertà,  si  sono  alleTata  la  serpe  in  seno? 

vm. 

Qui  non  h  tutto.  Alle  nostre  popolazioni,  così  mal  ridotte  dalb 
fame,  por  dato  e  fatto  di  un  sist-^ma  tributario  che  impoTeri- 
rebbe  nn  popolo  di  Cresi,  e  abbandonate  in  balla  di  sètte  che 
le  raggirano,  le  deprarano  e  le  addestrano  al  saccheggio  finale, 
per  soprappiù,  quant'era  ed  ò  possibile,  sì  è  tolta  e  si  fa  ogni 
opera  di  togliere  la  religione,  co' suoi  conforti  e  co' suoi  freni.  Nel 
che  ì  propagatori  di  socialismo  sono  mirabilmente  spalle^iatl 
dal  Gorerno,  dalla  sua  politica,  dalle  sue  leggi  e  dall'esempio  sm. 

Per  non  toccare  altri  punti,  basti  quello  delle  scuole  primarie, 
ohe  sono  le  uniche  frequentate  dai  fanciulli  della  plebe,  ed  ora 
frequentate  per  obbligo  legale:  da  un  grandissimo  numero  d 
queste  già  è  sbandito  ogni  insegnamento  religioso;  ed  il  morale 
è  dato  spesso  con  regole  e  da  maestri,  che  daTTero  non  rassi 
corano  la  coscienza  della  gente  onesta,  non  che  cristiana.  La 
pretesa  educazione  nazionale,  tanto  incielata  dal  liberalismo 
OTe  non  ò  direntata,  ognora  più  inclina  a  dÌTentare  una  per 
versiom  bestiale.  Lo  proTò,  tre  anni  sono,  il  deputato  Bosano 
alla  Camera,  adducendo  le  statistiche  criminali  del  rt^no,  dall 


jSi_ 


IL   MALE  !4I 

'liiftlj  apparisce  chi&ro  corno  più  si  dilatano  e  moltiplìcaDo  le 
ttoole,  0  più  aocom  crescono  i  delitti  dei  mÌnorenDÌ,  dai  quattor* 
dici  ai  ventiin  anno,  alleTuti  ia  queste  scuole.  K  l'ultima  sta- 
tistica ch'ei  potò  citare,  quella  del  1830,  dava  a  coDtemplare 
la  orrida  cifra  di  22,527  miuorenai  giudicati  dai  tribunali,  con 
OD  aumenUi  di  oltre  il  terzo  sopra  la  cifra  del  1875  e  del  1876; 
kSérnkando  poi  che,  per  gli  auQi  ISSI  e  18S2,  questa  cifra  era 
■  «aisuratamente  cresciuta  '.  » 

Dagli  alunni,  che  si  educano  eosl  nazionalmente  al  delitto, 
passando  quindi  ai  maestri  educatori,  il  medesimo  deputato 
Ifitte  sempre,  s'intende,  h  debite  e  non  poche  eccezioni)  ti 
siudìeara  in  globo,  o  inetti  air  ufficio,  o  nemici  dello  Stato,  e 
Mcbiudera,  che  ia  queste  scuole:  <  iavece  d'inculcare  nel- 
l'uùmo  dei  discepoli  i  sentimenti  dì  vero  patriottismo,  i  sen- 
timenti della  verità,  della  rassegnaKiono,  che  le  classi  meno 
abbienti  debbono  pur  sempru  avisre;  invece  di  parlare  a  questa 
gente  dei  loro  doveri,  il  maestro  parlerà  loro  soltanto  dei  loro 
diritti  ;  ed  invece  di  avere  dalla  scuola  una  fabbrica  di  cittadini, 
fi  avrà  disgraziatamente  una  fabbrica  di  demagoghi.  > 

E  Ruggero  Bonghi,  rincarando  la  dose,  e  dalle  condizioni 
eooDomiche  di  questi  maestri,  si  mal  pagati  o  tenuti  sotto  ì 
piedi  di  certi  satrapi  doi  Comuoi,  arg'omentando  Le  condizioni 
morali  dell' ins<'^namento  che  danno,  invocava  una  delle  solite 
inekiests  che  finiscono  sempre  in  fumo:  pur  la  invocava  e  sog- 
gtODgeva:  e  La  desidero,  perchè  cr^do  fenuissimamente  che,  se 
procediamo  per  molti  anni  alla  cieca  in  questa  materia,  ci  tro- 
feremo  col  paese,  non  già  più  istruito,  ma  più  corrotto;  ed  i 
fotti  ci  proveranno,  che  questi  maestri  ulomentari  cos\  maltrat- 
tatit  bestemmiando,  come  dice  Dante: 

Iddio  e  i  Icir  parenti, 

L'umana  spezie,  il  lempo,  il  luogo  e  il  seme 
Di  lor  semenza  e  di  lor  Dasciraenii, 

in  goerra  perpetua  contro  questa  societìi  che  li  educa,  per  te- 
aotU  soggetti  a  persone  meno  educate  di  loro,  diventeranno  ogni 


'SOOAUSMO   in   IT4LU  -  It.' 

giorno  pili  incapaci  di  esercitare  uq' influenza  buona  ò  morale 
sulle  popolaaioui  '.  > 

Né  pur  troppo  i  &ittì  hanno  confutato  queste  sentenze  e  la- 
gnauze.  È  memorabilo  l' indiriz?^  dei  maestri  elementari  della 
provincia  di  Milano,  chiedenti  alla  Camera  una  legge  «  che  im- 
prìmessH  alta  scuola  il  carattero  di  pura  laicità,  in  omaggio  alla 
libertà  del  pensiero  »:  il  che  significaTa  ateismo  legalmente 
insegnato,  con  tutte  q.uelte  conseguenze,  che  dall'ateismo  appli- 
cato colla  I<^ìca  del  libero  pensiero,  derìrano  nelle  relazioni 
morali  e  sociali  di  ciascun  uomo  cogli  altri;  non  eccettuate  le 
pratiche  del  petrolio  e  della  dinamite. 

Or  l'ateìsmo,  chi  non  lo  sa?  è  la  religione  del  socialismo.  U 
sistema  religioso  che  parte  dal  principio  negativo:  Dio  nonè^ 
termina  poi  nell'ultimo  principio  positivo  del  suo  corrtspnndonte 
sistema  morale:  La  proprietà  è  un  furio.  D'indi  riene  tutto 
il  resto,  come  ben  disse  U  deputato  Odescalchi  nella  Camera  il 
Montecitorio  V\\  marzo  dell'anno  trascorso.  <  Il  socialismo  ri- 
Toluiìiunario,  nella  sua  Formola  ultima  e  più  diralgata  in  It&lia 
e  Spagna,  fi  afTurmatirameutti  ateo...  alTurma  l'anarchia...  i  suoi 
adepti  lavorano  all'universale  distruzione,  col  petrolio  e  colla 
dinamite,  sperandone  poi  un'  ignota  ricostruzione  '.  > 

Ed  ecco  mostrato  come  la  scnola  laicizzata  dal  nazionalismo 
liberale  prepari  la  plebe,  anche  delle  campagne,  cui  la  scuoU 
divelle  Dio  dal  cuore,  a  cercare  un  sollievo  alle  sue  miserie  nelle 
braccia  delle  sàtte  socialistiche,  promettitrìci  dì  una  legge  agraria, 
che  alla  borghesia  riroluzionaria  faccia  pagar  lo  scotto  della  sua 
impresa  per  la  redenzione  dell'Italia. 

Vedremo,  in  un  altro  artìcolo,  se  e  quali  rìmedii  sopravvauzino 
tuttora  fra  di  noi  ad  una  calamità  sì  esiziale. 


•  Alti  uffk.  pag.  12,7W. 


COMMENTARIO   DELL'ENCICLICA 

niMOIÌTALE  DEI' 


VL 
Roma  e  la  Chiesa  di  GesU  Cristo 

Leone  XIEI  in  ima  nobilissima  pdnD).-[lata  presonta  la  Chiesa 
luale  dovrebbe  essoro  ncUu  Società  Cristianii.  A  rendere  popo- 
lari i  ooncetti  dell' aagusto  Pontefice  noi  ora  gì' incarneremo  nel 
atto  storico.  Ma  innanzi  tutto  rìchiamiatno  alla  memoria  la 
spieganone  che  fece  il  Profeta  Daniele  della  visione  dì  Nabu- 
etidonosor  Quattro  impori  dovevano  succedersi,  innalzandosi  Tuno 
toprft  Le  macerio  dell'altro:  e,  dopo  il  quarto,  un  quinto  aveva 
da  esordire,  non  per  umana  potenza,  ma  sut^citato  da  Dìo  stesso 
&tille  mine  dei  precedenti,  e  sarebbe  durato  in  eterno.  I  com- 
mentatori hanno  per  cosa  evidente  elio  i  vaticinati  imperii  fos- 
sero: Il  primo,  quello  dei  Babilonesi,  che  fu  rovesciato  dai  Per- 
siani: il  secondo,  quello  dei  Persiani  distrutto  dai  Greci;  il  terzo, 
quello  dei  Greci  distrutto  dai  Romani;  il  quarto,  quello  dei 
Bomani  conquistato  dal  Regno  di  Cristo,  il  quale  conta  oggimai 
più  di  diciotto  secoli  di  esistenza,  e  innanzi  alla  fede  dei  credenti 
e  innanzi  ancora  alla  ragiono  dei  pensatori,  ha  tutti  i  caratteri 
d'intrinseca  immortalità.  Questo  Regno  di  Cristo  è  la  Chiesa 
cattolica,  apostolica  romana,  il  cui  centro  è  Roma,  in  cui  risiede 
qoal  capo,  che  tiene  il  luogo  di  Gesù  Cristo,  il  Papa. 

Osserviamo  come  ciò  avvinane.  Roma  la  città  che  fa  detta  dù 
pagani  per  un  certo  tal  quale  istiuto  ìuoodbcìo  dot  futuro,  la 
città  eterna  (appellazione  non  mai  concessa  a  veruna  città)  ebbe 
Romolo  a  fondatore.  Retta  nei  primi  tempi  dai  re,  sì  tramntd 

■  Vedi  qaid.  867    pag.  555-539  del  volume  prerMenle. 


144 


COHHENTAaiO   DELt   ENCICLICA 


in  Repubblica,  quindi  io  Imperio.  L'indole  del  romano  ò  acu- 
tez^'U  e  vastità  d'ingegno,  lealtà,  tenacità  di  propositi,  amore 
di  gloria,  generosità  di  cuore,  ed  una  costanza  nelle  imprese, 
che  ad  altri  può  sembrare  tal  Rata  temerità  e  pertinacia.  I  suoi 
difetti,  insi;parabili  dalle  umane  pt_T  fez  ioni,  non  sono  maggiori 
di  qualsiasi  altro  popolo  della  terra.  Sfette  bene  recare  qui  il 
panegirico  che  fa  dei  romani  lo  scrittore  inspirato  dei  Maccabei. 
La  versione  è  del  Martini. 

<  Allora  Giuda  ebbo  contezza  de' Romani,  e  come  essi  areano 
gran  possanza,  e  ai  prestavano  a  tutto  quello  ch'era  lor  doman- 
dato, e  che  con  tutti  quelli  che  si  erano  rivolti  Terso  di  loro 
arean  fermata  amìci/.ia,  e  che  erano  grandemente  potenti.  E 
sentì  parlare  delle  loro  guerre  e  delle  azioni  grandi  fatto  da 
loro  nella  Qalazia,  di  cui  eraosi  readutì  padroni,  e  l'avean  sog- 
getta al  tributo.  E  quante  grandi  cose  aveano  operato  nella 
Spagna,  e  come  avean  ridotte  in  lor  potere  quello  miniere  di 
argento  e  d'uro,  e  avuan  conquistato  tutto  quel  paese  col  consiglio 
e  colla  pazienita.  E  aveano  assoggettati  dei  paesi  grandemente 
remoti,  e  sconfìtti  de' re,  che  si  erano  mossi  contro  di  loro  dagli 
ultimi  confini  àé  mondo,  e  gli  aveano  totalmente  abbattuti;  e 
che  tutti  gli  altri  pagavano  ad  essi  tributo  ogni  anno:  e  cbe  avean 
vinto  in  battaglia  e  soggiogato  Filippo  e  Perseo  ro  de'Oethei, 
e  gli  altri  che  avean  prese  le  armi  contro  di  loro:  e  che  Antioco 
il  grande  re  di  Asia,  il  quale  era  venuto  a  battaglia  con  essi, 
avendo  centoventi  elefanti  e  cavalleria  e  cocchi  con  un  grandissimo 
esercito,  ora  stato  sconfìtto  da  loro.  £  come  lo  ebber  vivo  io 
loro  potere,  e  gli  ordinarono  che  dovesse  pagare  egli  e  i  suoi 
successori  net  regno  un  forte  tributo,  e  desse  ostaggio  secondo 
il  convenuto.  E  il  paese  degl'Indiaiii  n  i  Medi  e  i  Lidi,  ottime 
province,  le  quali  conquistate  da  essi  le  donarono  &I  re  Eumene. 
£  come  quelli  dulia  Grecia  fecer  disegno  di  andare  ad  abbat* 
torli,  ed  eglino  lo  seppero,  e  mandarono  contro  di  essi  un  con- 
dottìere,  e  venner  con  oasi  allo  mani,  e  ne  fecero  strage,  e  si 
menarono  in  iscbiavittl  lo  loro  mogli  e  i  figliuoli,  e  diserò  il 
sacco  al  loro  paese,  e  conquistarono  le  loro  terre,  e  gettarono 
per  terra  le  loro   mura,  e  li  ridussero  in   servita,  come  sono 


4  IMMORTALE  DEI  »  145 

audio  in  o^L  £  come  desolarona  e  ridussero  ìa  loro  potere 
fli  altri  regni  e  le  isolo,  le  quali  una  volta  avean  prose  lo  armi 
ODDtTD  di  loro.  Ha  co' loro  amici  e  cdq  quoUì  che  si  fidavan  dì 
loco,  manteneran  l'amicizia:  e  che  i^i  eran  fatti  padruni  dei 
regai  ricÌDÌ  o  dei  lontani,  perchè  erano  temuti  da  tutti  quelli, 
tn  i  quali  giungerà  la  fama  dì  essi.  E  che  regnavano  quelli, 
li  quali  Tolerano  dare  aiuto  per  giuugere  al  regno;  e  scacciavano 
lai  trono  quei,  che  volevano  ;  e  che  si  erano  sommamente  in- 
p^ditì.  £)  che  con  tutto  questo  nessuno  portava  Ìl  dìaduina, 
aè  Teste  dì  porpora,  per  grandeggiare.  E  aveano  formato  un 
KBato,  e  9gni  giorno  consultavano  trecento  venti  persone,  ìa 
foali  ponderavano  gli  affari  del  popolo  per  far  fare  quello  che 
ara  conveniente-  E  ogni  anno  conferiscono  la  loro  magistratura 
id  un  uomo,  affinchè  governi  lo  stato  loro,  e  lutti  obbediscono 
4  un  9olo,  e  non  v'Ò  insidia,  nd  gelosia  tra  loro  '.  >  Ecco  qual  era 


<  Gap.  VIIL  Lib-  I.  <  Kl  andìvit  lurins  DOmen  nomoooruni.  *|ui8  siiiil  iH)ti>iitf>i 

vikn^  et  ac^imétcnal  od  omnia  qaac  pwltibntur  nb  eis;  el  quicunitiiK'  acirranerunt 

ut  rtM,  (UUDCruni  cum  ds  amìcitias,  ci  quia  siini  polnili-s   ttrihiis.  Kl  atidiprunt 

fradii  eorom  et  ^irlnles  bonas,  (|ua«  rfM:i>runL  in  Gtilalb,  iguJa  olilinucrunt  t>(»>,  ci 

iuenui  suli  iribiiluni.  r.t  quniiui  ffcrninl  in  i-r[rtonc  Ilif^panìaf,  ci  qiiml  iti  pAC^ 

<UMi  mJrjteruni  uirUlla  arsemi    et  aurì,  qnuc    illic  suol  et  [lossudc rulli  oiuirni 

locim  coa«ÌlÌo  «uo,  et  pcilìicnlia    ijKaqo^,  iiiiai>  \anff.  emm  tallir  ab  ei%  ci  repr» 

fu  n/ienvBfnBl  ea  ab  cxlrcaiis  terne.  cofilri>vruui,  et    peivu^serunt  eof  plaga 

aajtai:  epuri  aab^tn   doni  tìt   iribamm   omnilirLi  annis.  Kl  l'hilippnm  et  l'pwn 

OliicnrutH  Ttftsn  fi  cvt^rof  (gnì  d'ittersus  cos  ;inna  lulcrant,  contri vi<rujit  in  Iwllo 

fi  ALtiftQpninl  eco,  VA  Anliaclinm  mngnum  ri*};!^!!!  Asirtc,  qui  cis  pii;;nain  hnttilcral 

hibeoi  couiiiia    vi)tiniì  (■lL-iihaiit<»   i-l  vquilalnm  rrl  currus  ex   eicrvitum  mairaum 

fililf,  roQirìltun  ab  eis.  Kl  quia  i^ppeninl  enm  vitoro  el  5liititeriinl  ei,  ut  direi  ipse 

el  ))ui  ivfinareoi    posi  ifi^um,  [rlliLitinit  in;i^ririm.  fìt  darei  nb^tdc»  ri  i:oii?iÌtiiiiim. 

(.t  rrfiarnw  Indirinini  el  MeAa^  el  Uydoi,  de  optimi*  rfK<(>"'biM  eorum;  et  acrept^t 

r»  ab  eif,  drderunl  Kumrni  regi.  El  quia  ifuì  crani  apud  Ildladam,  voliirruni  hi' 

H  tsllm*  km:  «1  iDnotnit  wrino  bis  et  mitrrijnt  ad  eoi  duccm  unum,  ri  pufrim- 

lanini  CHiiira  lllas.  et  cflciilpnini  n  eix  mtitti,  et  apliva»  Juiijruot  uxores  eoruni  et 

uh»  ri  iliripucrunt  ma  et  tt-mm  tonm  positiUrutil  ti  il^'vlruiornTit  muros  coram  et 

"Ji  «pritirteni  ÌII«  rt-disernm  usque  in  hunc  dipni.  Kt  residua  repna  et  ipsulas.  quae 

abiniado  miitenint  illis,  eiterminavcriint  ci  in  potesiatrin  arleficrnat:  cum  amici» 

aiton  lail  Pi  qui  In  ipsis  requiem  hatirbaiit,  consertavi' roDt  atnìciliam:  ci  obtinup- 

mai  nefu,  <|iiae  crani  proxiinn  el  qiia^  emitl  lonjro:  qnin  qiiicnnque  aiirlieb.iiil  noninn 

tflntm,  timebaril  eos.  quibu:)  vem  Ti-lhiiit  jiuiilio  pese  ul  rcgnamni.  re^iiabaiil,  qiios 

iQlmi  telleni  r^froo  delurb;iI)aDt  e)  oiallati  «ani  Talde.  Et  in  omnibuit  islis  oemv 

S«f-M  Xjrt.  w>l.  n.  ftuf.  a/&\ì  lo  5  afiwUe  IM86 


1^ 


COHHEKTAniO  tKtt' KKCKtìCX 


Eoma  destinata  alla  più  grande  missione,  coi  Dio  abbia  destina 
un  popolo. 

Cessata  la  repubblica^  sotto  Ottaviano  Augusto  fa  tnaugorato 
r  Impero  Romano.  Tutto  il  mondo  era  in  paco,  quando  il  Verbo 
divino  unitosi  alla  natura  umana  nel  seno  della  Vergine  Maria 
in  N'azaret,  nacque  da  lei  in  Betlemme  di  Giuda  e  gli  fu  dato, 
per  diviua  rivelazione,  il  nome  di  Salvatore  o  flesù.  Gesù  costituì 
la  sua  Chiesa,  mettendole  a  capo,  come  suo  Vicario,  san  Pietro, 
quindi  sulla  croce  offerse  sé  stesso  vittima  di  espiazione  per  tntto 
il  genere  umano.  Qesù  era  il  vatìciuato  e  l'aspettato  Messìa; 
ma  il  popolo  ebreo,  continuatamente  inchinato  alla  terra,  ma]e 
interpretando  i  Taticinii  divini  si  rafBgurava  il  Messia  solo  quale 
apportatore  di  dovizie  e  di  glorie  terrene,  non  quale  maestre^ 
di  soprannaturali  virtù,  e  quale  vittima  pura  e  divina  per  la 
Teden;!Ìone  del  genere  umano. 

Gerusalemme  ebbe  il  cuore  indurato  sotto  la  missione  divina 
di  Gesù  Cristo,  ed,  oltre  l'averlo  confitto  in  croce,  perseguitò  a 
morte  i  suoi  apostoli  e  ì  suoi  discepoli  e  volle  esterminaro  la 
sua  Chiesa.  Allora  il  popolo  ebreo  fa  da  Dio  reietto;  Roma,  nel 
destino  di  Dio,  fu  surrogata  a  Gerusalemme  e  quella  domina* 
zione  sopra  tutto  le  genti,  ch'era  a  Gerusalemme  vaticinata,  fu 
trasferita  a  Koma. 

Gli  Apostoli  scotendo  la  polvere  dai  loro  calzari  e  voltando 
le  spalle  al  popolo  ebreo  proruppero  iu  quella  grande  sentenza 
di  condanna  per  esso,  e  di  gloria  e  di  gioia  pei  gentili.  <  A 
voi  si  doveva  da  prima  annunziare  il  verbo  dì  Dio:  ma  dacché 
voi  lo  rigettate,  e  da  per  voi  stessi  vi  giudicate  indegni  del- 
Teterna  vita,  ecco  che  ci  rivolgiamo  ai  goutìli.  È  Dìo  che  ci  ha 
comandato  così.  Io  ti  ho  destinato  luce  delle  genti,  a  ciò  che 
tu  sia  a  salute  fino  all'estremo  confìne  della  terra,  l  gentili 
udendo  queste  cose  godettero,  e  glorificavano  il  verbo  del  Signore: 


poruboi  diadema,  dk  indnebaiur  piirpun  m  mflgnllìcaretur  in  e».  Kt  qnia  curgiii» 
roMrnm  sibi.  ci  «inoitflic  con»ulrlKiiil  tri?(»?nt09  vigilili,  conslUuin  aj^entcìi  myhjwt  de 
mnllitijdine,  ut  iiaae  dign»  sunt,  gtnM.  El  commiUonl  ani  tiooiini  DU^islratiuv 
aumii  per  siiiguli»  ^oiKis  dnniinuri  unii-crsae  icrnic  suae  et  omiies  abedinni  ani,  Pt 
non  e$l  iavidia,  nfqoe  tfh»  intef  «t».  > 


«  IMHORTALE  ÙKt  » 


147 


i  tutti  qutilli  ch'enuio  preordinati  alla  vita  eterna  eredetlero  '.  » 
fl  rìcario  di  Gesù  Cristo,  Fiutro  capo  riaibile  delia  OhìeRa^  il- 
laniiiatu  dallo  spirito  del  Sigoora  mosse  alla  volta  di  Roma  ed 
eatratorì,  la  stabilì  a  sede  dell' universale  episcopato  suo  e  dei 
mi  successori  in  perpetuo. 

L'Imperatore  Romano  avrebbe  dovuto  prostrarsi  a  piedi  dì 

Fifttro.  esultare  per  la  fatta  elezione  di   Roioa,  e  iavitare   il 

jwpolo  a  distniggere  gì'  idoli  o  ad  abbandonare  la  superstizione 

abbominevole  oad'eru  turpemente   allacciato.  Tutt'  altro  \  laco- 

oiiiÉÌò  in  Roma  una  sanguinosa  lotta  contro  Gesù  Cristo  e  la 

aoA  Chiesa,  spietate  carneficine,  orrìbili  oppressioni,  incredìbili 

ÌBgiastude.  Le  carceri  empieronsi  di  cristiani,  gli   anfiteatri 

«ebeggiavano  di  clamori  al  vederli  a  migliaia  dilacerati  dalle 

fiere,  i  carnefici  rimanevano  spossati  innanzi  alla  costanza  dei 

martiri  di  ogni  età,  d'ambi  i  sessi,  di  ogni  condizione.  Paolo 

ebbe  tronco  il  capo  nella  via  ostiense.  Pietro  fu  crocefisso  sopra 

il  Gianloolo.  E  se  vero  è  cid  che  affermano  gravi  scrittori  ',  cioè 

che  Xoè  sìa  il  Giano  ch'ebbe  culto  nella  sola  Roma,  e  che  sia 

stato  sepolto  in  i^oel  colle  Gianicolo  che  da  lui   prese  questo 

nome,  si  dovrebbe  dire  che,  con  ammirabile  disposizione  della 

divina  provvidenza,  Dìo  fece  si  che   il  Vicario  del  Redentore 

del  mondo  per  cui  a  tutto  il  gi.'nere   umano  si  ofTria  la   vita 

nell'ordine  soprannaturale,  là  fosse  estìnto  dove  ebbe  tomba,  colui 

dal  lanate  nell'ordine  uatunkle  ebbe  vita  tutto  il  genere  umano 

I  ^abìs  oportelnt  prinitiin  loquì  verbum  Dei:  sed  qaonìaiD  rcficlUtis  illiid,  ci 
Mlfno*  Tos  iuilicsttt  nelprnai'  viUw,  ecce  convcpliuiur  ad  gtotes.  Sic  cnim  praeccpiL 
wit/à  IkHntau.  Pmai  le  in  lumen  ^enlium  ut  si!  1n  ,salu[eni  umiline  aà  oxin^raum 
urne.  ìuticues  auUtn  fcales  gttviiai:  «imi,  i^t  f;lorilic!ab3nt  Ti^rbum  Uomini:  H 
tKàìdtraat  i)uol<|iiot  eraul  jii'a  conlina  li  ail  viiiim  aelernam.  Aet.  Apoal.  .Mll. 

■  Vefj^n  l'iTuititisiima  A|if;ra  ili  Scipione  Si^rnhato  cliHla  Compagnia  ik  tii^b. 
^RbMiini  telerh  lesumcnli  Libri  tros.  Naijiolì  1~(>3.  Libcr  f,  Tilnlus  XV[.  Xoè. 
Cià  che  àìCé  qucu'aulurv  ed  filtri,  si  puA  Hitiirrt^  al  wfrutiilc  siUn^LimA.  |]  Giano 
de'Roinaiu  è  il  Noè  Oiblion:  ma  il  Giano  (li-i  Itomaiiì  iiatÌRÒ  vcno  l'Italia  e  Tu 
*|wllo  nd  Gianicolo:  dunque  il  Hoc  Biblico  naTi^A  sprsD  l' Malia  e  nel  Gianìcolo 
fa  Kpnlio.  Le  proTe  della  ni3!;sÌo[Y  sono  roi-tÌKsiiiii>  e  rì»|wltiibJtiuiiti(!  In  autorità 
'«alo  pw  (SU  del  Conulip  a  Lipid';,  ili  Nat:i9e  Alessandro,  (leirUuiio.  del  Vossirt  ccc 
!  ■  |rot«  della  mJoore  nuu  «nno  illspre^pvuli,  ma  erravi.  Per  la  qua!  cosa 
me  non  si  puà,  ;t  nottro  atìiso,  iliru  iprcgevole  non  cliu  ufeìurd;i. 


146  COHUBltTARIO   DKLl.' BltCICLIC*. 

dopo  l'uDÌrerBale  dìliirìo.  L'arca  di  No&  simboleggìaTa  la  Chiesa, 
e  di  questa  il  noochii^ro,  ruffi^iimto  in  quello^  era  Pietro. 

Se  noi  oonsideriamo  i  fatti,  dobbìam  dir»  che  non  fu  tatta 
Roma  che  respinse  la  fede  in  Gesù  Cristo,  ma  una  fazione  ca- 
pitanata da  soz;ti  tiranni,  in  gran  parte  stranieri,  e  che  anzi  per 
lo  contrario  ìnnumeroroli  romani  piegarono  docili  la  fronte  alU 
predii'aziono  di  Piotro  e  soffrirono  glorioso  martirio  per  la  soa 
dife-sa.  Quindi  p<^)3siam  diro  invece  che   la  parte  pìiì  eletta  dì 
Roma  si  conTert'i  a  Oristo,  e  le  testimonianze  dei  primi  Padri 
della  Chiesa  e  la  moltitudine  tragrande  del  loculi  delle  catfr- 
umibe  romane  assai  bene  ci  ammaestrano  della  grandezza,  del 
furvore,  della  nobiltà  della  Chiesa  Bomana  primitiva.  Uà  sopra 
ogni  testimonianza  va  quella  dell'apostolo  Paolo  che  scrivendo 
&*  Romani  convertiti  a  Cristo  da  san  Pietro,  fa  della  lor  fede  quel 
sublime  elogio  e  la  vostra  fede  è  annunoìata  in  tutto  il  mondo  > 
fides  vfJìira  annuntiatur  in  itniversn  jniindo  (e.  I,  S).  QQ'''  romani 
che  non  abbracciarono  allora  il  cristianesimo  erano  in   vero 
colpevoli,  ma  rispetto  iigli  obrei,  militava  per  essi,  direm  cosi, 
una  circostanza  attenuante,  cioè  che  non  erano  i  Romani  i  de- 
positarli dei  libri  ispirati  da  Dio,  nei  quali,  per  dio  e  per  segno 
era  tutto  indicato  ciò  che  riguarda  la  caduta   dell'uomo,  j^ 
redenzione  del  genere  umano,  le  promesso  del   Messia,  la  8^1 
dignità  divina,  il  tempo  il  luogo  e  tutto  le  circostanze  della 
sua  vita  e  della  sua  morte.  Gli  ebrei  erano  cotesti  depositarli. 
Laonde  al  ripudio  che  fecero  gli  Ebrei  del  JUessia  e  della  divina 
parola  dagli  apostoli  predicata,  cessarono  dì   essere  il  popolo 
eletto,  e  sopra  essi  piombarono  tutto  quelle  sciagure  che   por 
orano  noi  predetti  libri  vaticinate.  Uà  a  cagione  della  persucu* 
zione  contro  i  seguaci  di  Cristo  sollevatasi  in  Roma,  Dio  non 
ehbe  reietta  questa  città,  bensì  la  ordinò  dì  fatto  a  quella  gloria 
che  sarebbe  stata  riservata  a  Gerusalemme  se  non  fosse  st^ta 
ricalcitrante,  e  così  non  avesse  colmato  il  calice  delle  sue  prevarì* 
cazioni  e  dell'ira  di  Dio.  Nel  cuore  di  Gesù  Cristo  si  vide  la  lotta 
tra  l'amore  che  portava  alla  sua  prediletta  città  e  la  giustizia 
che  ne  richiedeva  il  ripudio  e  lo  sterminio,  quando,  pur  piangendo, 
le  fe'il  pauroso  Tatìeioio.  <  Avvicinandosi  alta  città,  rìmiraDdola 


piiQse  sopra  di  Idi  e  disse:  o  se  conoscessi  anche  tn^  e  in  questo 

fiomo,  qu-jllo  chtì  importa  al  tuo  T)tìno!  ma  ora  quosto  è  a  tuoi 

MCbi  celato.  Concitjssiachà  verrà  per  te  il  t«nipo,  quando  i  tuoi 

nemici  ti  ciroonderautto  di  trincera,  e  ti  serreranno  all'  inturno, 

t  ti  stringeranno  per  ogni  parte,  e  cacceranno  per  terra  te  e  i 

tuoi  figliuoli  con  te,  e  non  lasceranno  in  te  pietra  sopra  pietra; 

■éhè  non  bui  conosciuto  il  tempo  della  risita  a  te  fatta'.  > 

pa  dìTioa  provvidenza  prese  p<^r  mano  Tito  figlio  dell'Imperatore 

'Vespasiano  lo  condusse  in  Palestina,  e  gii  dio  l'ulHcio  dì  cotu- 

ipiere  la  terribile  predizione.  Otìrusalemnio  fu  eguagliata  al  suolo, 

'  combusto  il  tempio,  il  popolo  ebreo  fatto  cattivo  e  disperso  per 

lotto  il  mondo.  L'arco  di  Tito  net  fóro  romano  offre  eterna  t-'sti- 

toooianm  della  divina  giustissima  vendetta.  Cosi  pag6  0  paga 

|il  popolu  maledetto  quel  sanffuis  eius  super  nos  et  super  Jilios 

rosy  come  sublimemente  cantò  il  Manzoni  : 

E  quel  sangue  dai  padri  imprecalo 
SulU  mìsera  prole  ancor  cade 
Gite  mtuaia  d'etartc  in  cisdc 
Scosso  ancor  dal  suo  capo  aoii  Tlia. 

**eroÌca  virtù  dei  cristiani  fece  traboccare  le  bilance  della 
tua  mis'jricordia  in  favor»  di^ì  martiri;  di  questi  Tu  la  vittoria 
sconlUta  dei  tiranni  che  furono  tutti  atrocemente  puniti. 
manifesKi  a  Costantino  la  Croce  con  queste  parole:  In  hoc 
ììgno  vinces;  e  l'eaercito  di  l'ostintìno  sedendo  il  labaro  della 
I  erwB,  che  negli  scudi  era  pnr«  incisa,  sconfisse  Massenzio  alle 
porte  dì  Uoma  sulla  sponda  del  Tevere  al  Ponte  Mikio. 
1  Qni  citmincia  un'cpc^cu  novella.  Spezzati  gli  oculoi,  rotto  le 
^kri,  prosciolti  i  prigioni,  cerchi  i  carnefici,  carichi  dì  ceppi  i 
amplici  Con  Massenzio  nella  iniqua  persecuzione.  Fa  inalzato  nu 


^Sl  alt  I 


«  Et  ut  ap[Htipinq invìi  vidcns  ckilat^m  fl^vii  snpiT  ìllam  Akpns  :  quia  ^i  co- 

et  to.  vi  ^akh•al  in  hnc  die  lua.  (fuse  ìhJ  iKicrni  libi:  nunc  anicin  alMcondiu 

1  alt  Acni»  Ui\%.  (Juia  vetiipnl  ilies  in  !<■,  el  ctrcuniilobunt  u  inimici  Cui  vallo: 

circuRxbbnuL  U',  el  cn>in;;usul]uni  te  unijiquc:  Kl  ad  lormm  prononionl  tii  llllos 

r^dt  in  le  sunl,  l>I  non  ri>liii<iu<->iic  iti  t^  Upidrm  saper  Upidem;  <»>  quwl  non 

uni  leoipns  fisiuUoaJE  \oae.  Lue.  ID. 


IM  cimuENTAmo  dell' encicucA 

arco  marmoreo  a  Costantino,  n&I  quale  ancor  leggiamo  che 
TÌttoriu  ai  dovette  ad  uno  straordinario  concorso  della  divinità, 
e  impLicitamduto  è  così  coafermaU  T  apparizione  della  luminosa 
Croco  e  delle  cifre  misteriose.  ìa  Chiesa  esce  dallo  cat&combo. 
Ella  si  mostra  cospicua  nella  sua  grandezza  o  nella  sua  forzi. 
Costantino  le  dà  la  libertà  dì  cui  abbisognava,  no  riconosce  la  di- 
vina origine,  e  piega  le  auguste  spalle  a  portare  le  primo  pietre 
che  sernranao  per  foadainento  al  Tempio  eretto  in  onore  del 
primo  Vicario  di  Gwù  Cristo,  là  in  quel  luogo  dove  Nerone 
ebbro  di  Lascivie  e  di  sangue  facea  abbruciare  impegolati  i  eri* 
stiani,  per  diradare  le  tenebre  dei  suoi  orti  vaticani.  Suscitò  pnre 
Costantino  le  Basilicfae  del  Luterano,  dei  Santi  Apostoli,  quella 
di  Santa  Croc«  ed  altre. 

Se  non  che  fin  dal  primo  suo  manifestarsi  pubblicamoute  la 
Chiesa  Romana  apparve  quella  società  perfetta  ch'ò  por  volere 
di  Gesù  Cristo,  e  quale  la  dipiogo  Lwmo  XIIE  nelle  seguenti 
parole:  <  Così  il  governo  dell'umana  famiglia  Iddio  lo  volle  com- 
partito tra  due  potestà,  che  sono  la  Ecclesiastica  e  la  cirìle, 
l'una  delle  quali  sovraintondesse  alle  cose  divine,  l'altra  alle 
terrene.  Ambedue  sono  supreme,  ciascuna  nel  suo  ordine,  hanno 
amendue  i  loro  propri!  limiti  entro  cui  contenersi,  seguati  dalla 
natura  e  dal  Une  proprio  di  ciascuna:  di  che  intorno  ad  esse 
viene  a  descrìversi  come  una  sfera,  entro  la  quale  ciascuna 
dispone  iure  proprio.  Ma  poiché  uno  e  medesimo  è  il  soggetto 
di  ambedue  le  potestà,  e  potesdo  una  medesima  cosa,  quantunque 
sotto  ragione  ed  aspetto  differente,  appartenere  alla  giurisdizione 
dell'una  e  dell'altra,  la  divina  Provvidenza  che  le  ha  stabilite 
ambedue,  deve  pure  avorio  ordinate  convenientemente  fra  loro. 
F4  quelle  fpot-esiàj,  cfie  sono,  son  da  Dio  ordinate.  U  che  se 
non  fosso,  sorgerebbero  spesso  occasioni  di  contese  e  conflitti,  © 
non  di  rado  l'uomo  sarebbe  costretto  di  rimanere  in  forse,  come 
chi  si  trova  in  au  bivio,  e  penosamente  incerto  circa  il  partito 
da  prendere,  posto  egli  come  sarebbe  fra  le  contrario  disposizioni 
di  due  autorità,  alle  quali  non  può  in  coscienza  ricusare  di 
obbedire.  Or  questo  ripugna  in  sommo  grado  che  si  pensi  doli» 
sapienza  e  bontà  di  Dio,  il  quale  eziandio  nell'ordine  fisico,  oho 


«  tHHORTALS   DKI 


151 


è  Unto  inferiore,  accordò  tra  loro  Io  forze  naturali  o  Io 
loro  leggi,  con  tanta  soavità  di  arte  e  eoo  una  cotale  armonia 
die  nessuna  di  osse  è  d'impedimento  alle  altre,  o  tutte  insieme 
ttflpirano  concordemente  e  con  aeeoueia  maniera  allo  scopo  finale 
del  mondo.  > 

E  questo  si  Tid&  tosto  che  la  Chiesa  gìttati  i  ceppi  apparro 
aocìetà  perfetta,  eoa  fine  proprio,  dispositrice  del  mezzi  acconci 
al  fine  medesimo,  retta  da  un  solo  indipendente  e  supremo 
mooaroa,  il  Papa  Vescovo  di  Koma.  Imperocché  Costantino  com- 
presa la  perfetta  natura  della  Chiesa,  non  si  oppose  alla  suprema 
papale  autorità,  ma  le  leggi  del  successore  di  Pietro  volle  che 
limerò  rispettato,  fortificandole  con  proprie  leggi.  Comandò  che 
à  santificassero  le  feste  cristiane,  che  le  sentenze  dei  vescovi 
fossero  ferme  e  indiscutibili  da  ogni  potestà  laicale;  dispensò 
ileleco  dalla  milizia  e  dagli  ufficii  dei  laici;  riconobbe  il  diritto 
Della  Chiesa  di  possedere  beni  stabili  e  territori!,  ed  egli  stesso 
dotò  «un  munificenza  da  Cesare  le  basiliche  da  so  costrutte,  e 
parecchie  di  queste  dotazioni  tramezzo  alle  Ticissitiidini  ed  alle 
guerre  di  tanti  secoli,  rimasero  superstiti  fino  a  giorni  nostri. 
Costantino  riconobbe  essere  il  Papa  la  mento  e  il  cuore  dcl- 
riffiperio  Eomano,  sé  essere  il  braccio;  riconobbe  T inferiorità 
della  civile  autorità  innanzi  all' autorità  divina  della  Chiosa;  e 
80  talvolta  meritò  dagli  storici,  imparziali  in  tale  proposito, 
qualche  rimprovero,  si  fu  perchè  volea  servire  al  bene  della 
Chiesa  nn  po' dì  proprio  senno  e  alquanto  più  là  di  quei  limiti 
che  dal  dovere  e  dalla  obbediututa  gli  erano  designati.  Non  mai 
adde  nell'assurdo  princìpio  che  ora  vuoisi  porre  a  regola  delle 
relazioni  tra  Chiesa  e  Stato,  cioè  che  la  Chiesa  sia  una  società 
.«nbaltcrna  allo  Stato  e  che  lo  Stato  debba  considerarsi  indipen- 
dente dalle  sue  leggi. 

À'tompi  di  Costantino  l'Impero  Romano  cominciò  ad  essere 
Socìeià  Cristiana  e  ad  esprimere  io  so  quei  caratteri  che  ci 
daiineò  Leone  XUI  eoa  tanta  saggezza  in  questa  stupenda  En- 
cicliea.  Fino  a  quell'epoca  Tlmpero  Romano  era  a  gnisa  di  un 
•Mpi)  vivente  di  sola  vita  vegetativa  e  sensitiva  siccome  è  un 
bruto;  materialmente  cresceva  e  in  quanto  a  delizie  del  senso 


153 


COMMI 


nBLL  CnCKLIOL 


non  era  forse  mm  progredito  di  quello  che  ora  sia  la  mode 
società,  come  ne  fanno  feda  le  storie  e  le  reliquie  delle  p; 
mollezze  che  sono  rimase  nelle  città  vetuste.  Mancava  in 
Imperio  il  priacipio  superiore  che  nelFuomo  è  la  parte  razionale. 
Qitftsto  principio  superiore  glielo  recò  la  Chiesa,  e  pert>  l' im; 
Horoano  solo  ai  tempi  di  Costantino  incominciò  ad  arere  t 
civiltà  umatm,  mentre  prima,  sotto  le  parvenze  di  eivilUt,  era 
tente  sì,  superbo  si,  lussureggiante  sì,  ma  sostanzialmente  barbaro. 

A  quei  giorni,  dopo  che  Costantino  vittorioso  per  la  croce,  avei 
proclamato  quel  Chrisfus  imperata  dalla  Chiosa,  nella  quale  sola 
poteva  germogliare  l'albero  della  scien?^  vera  e  pura,  pullula- 
rono  tosto  que' grandi  maestri  di  sapere  che  illominaroDo  il  mondo 
con  meravigliosa  luce,  tra' quali  come  stelle  di  prima  grandezza 
rifulsero  ben  presto  Atanasio,  Ilario,  Efrem,  i  due  Cirìlli  il  Gero* 
solimitano  e  l'Alessandrino,  Epifanio,  Basilio,  G^rogorio  Nisseno, 
Gregorio  Nazianzeno,  Crisostomo,  Girolamo,  Antonio,  Agostino 
ed  altri.  Allora  nacquero  i  grandi  ordini  monastici  nel  cui  seno 
ebbero  vitale  nutrimento,  nei  secoli  successivi,  la  pietà,  le  arti,  te 
scienze,  la  letteratura.  Allora  si  raunarono  ì  Goncilii  di  Nicea  « 
di  Costantinopoli  che  aprin>no  la  serie  dei  Concilii  generali  e 
particolari  di  Roma  e  di  tutto  Torbe  cattolico;  i  quali  Concilii 
furono  sempre  le  auguste  assemblee  dei  più  sapienti  di  ogni 
tempo,  che  tornarono  a  sommo  vantaggio  della  Chiesa  e  ad  uti- 
lità tragrande  dei  popoli. 

Quella  solenne  dichiarazione,  Ckristus  imperai,  di  Costantino, 
fu  per  lo  sterminato  popolo  dei  pagani  come  la  voce  di  £se- 
chìello,  quando  ad  una  soonRnata  moltitudine  di  cadaveri  gridò: 
o-^na  arida  audite  verbum  Domini:  e  alla  voce  del  Signore  sì 
rimpolparono  quello  ossa,  si  vestirono  di  belle  fattezze,  di  forme 
gagliarde  a  guisa  di  un  immenso  esercito  schierato  a  battaglia. 
La  Società  principiò  ad  essere  umana  perchè  incominciò  ad  essera 
cristiana.  K  certo  per  T  immensa  gloria  che  t«xìì  Costantino  aU 
l'Italia  e  al  mondo,  era  egli  non  solo  meritevole  del  nobile 
monumento  che  torreggia  a  piò  del  Palatino,  ma  che  altro  se 
ne  ergesse  più  maestoso  assai  di  quello  che  vuoisi  ora  ad  altri 
eigere  in  Campidoglio  per  secondare  specialmente  i  voti  di  coloro 


<  IHMORTALE   DEI  >  ^^^M  153 

die  Torrebbero  anniontaU  l'opera  di  Costantino,  o  tolta  dui  corpo 
della  società  l'anima  Tirificatrice  per  rifarla  pa^jana,  atea,  cada- 
Tere.  Ma  il  Christiis  imperai  di  Costantino  sta  scolpito  nRll'etemo 
gnmta  deir0bclisft>  neroniaiio  cho  sta  iunanxl  alta  Basilica  di 
).  Cotesto  Christus  imperai  ha  il  sigillo  di  Dio  nò  si  pui> 
cvic«liard.  Contro  qodl  marmo  si  romperanno  le  fronti  di  coloro 
(èe  Togliono  C07.7AT9  contro  il  destino  di  Dio,  come  l'onda  dei 
secoli  tumultuosi  s'ìnfirange  alla  inconcussa  sua  base. 

Allorché  spunta  suirorÌ22ont6  il  Sole  nella  schietta  su»  luce, 
la  luna  che  prima,  della  compiirsa  di  quello,  risplendeva  bella 
B6l  Armamento  o  parea  la  regina  tra  gli  astri  all'occhio  cor* 
pareo  nostro  minori,  impallidisco,  pure  restando  visibile.  Nessuno 
più  la  degna  di  un  guardo.  In  simile  maaìdra  atTappiirìre  pub- 
blicamente in  Koma  del  Vicario  di  Qasù  Cristo  nella  pienezza 
dalla  Bua  autorità,  Costantino  s'avvide  che  il  suo  proprio  splen- 
dore Bcemara.  Sia  pure  che  non  cedesse  con  sovrano  chirografo  la 
(atta  di  Roma  al  Papa,  ma  resta  fermo  che,  por  cotisorvare  cotesto 
splendore,  egli  non  fu  né  empio  nò  pazzo  da  ribtillarsi  al  Papa 
aedflsimu  o  da  menom^trne  l'autorità  e  la  libertà,  ma  giudicò  che 
Soma  era  anguaU  per  essere  la  stìde  delle  due  supreme  autorità. 
Eppure  la  Roma  odiern-L^  innan;!!  alla  Koma  di  Costantino  po- 
polata da  parecchi  milioni  di  uomini,  ò  a  guisa  di  un  viburno 
dì  fronte  a  un  cipresso,  ^Hir  adoperare  il  paragone  usato  da  Vir- 
gilio tra  Uoma  e  l'altre  città  de' suoi  tempi. 

ì'erum  fui^c  tantum  alias  int^r  caput  extulit  ttrbcSy 
Quantum  lenta  solent  inter  viburna  cttpresii  (Ed.  1,1. 

Son  possono  disconoscere  la  verità  di  questa  afformaziond  coloro 
che  si  assisoro  por  poco  sopra  gli  augusti  ruderi  delU  Roma 
pigana,  e  con  equa  monte  ralcolarono  lu  immensa  grandezza  di 
qnal  colosso  dal  quale  furono  diriiLsi  e  dal  dente  edace  do;  secoli 
ccintritì. 

Costantino  edifica  una  città  tatta  cristiana  senz'ombra  di  pa- 
$SD«iimo,  le  dà  il  proprio  uomo  e  la  costituisce  capitale  dell'Im- 
pero Romano.  Costantino  sul  Bosforo  fu  ed  è  il  sublime  oggetto 
M  profondi  pensatori  politici.  Cotesto  imperatore  vittorioso  in 


154  OOWlEXTAfllO  DELL   SKCtCLtCk 

tutte  le  sae  guerre,  onusto  di  allori  e  riaplendente  di  glot 
innanzi  al  dilemma;  o  il  Pupa  o  l'Impemiure  deve  abbandonarej 
Roma;  coDchiuse,  non  il  Papa  che  per  divino  volere  iv  VescoTOJ 
di  Boma.  a  cui  Dio  ha  promessa  suoc^ssione  fino  alla  fine 
tempi;  nm  Flmperatore  trasporti  lontano  il  suo  trono.  E  s'avriftl 
a  Bisiinzio.  Da  quell'epoca  naturalmente  o  per  un  arriceadanàj 
di  fatti  ordinati  e  governati  in  sapientissimo  modo  dalla  vvu»\ 
di  Dìo,  il  Papa  incominciò  ad  avere  ed  esercitare  un'autorità  cblj 
non  poteva  competere  a  suddito,  e  a  poco  a  poco  apparve  sovrano. 
Cosi  sì  compio  la  desti na/jo no  di  Roma  fissa  nei  divini  decreti,! 
come  disse  Dante  in  quo' versi  non  mai  abbastanza  ripetuti 

Ch'eì  fu  dell'alma  Roma  e  di  suo  impero 
Nell'empìreo  ctel  per  padre  eletto  : 
La  quale,  e  11  quale  (a  voler  dir  lo  vero) 
Fur  statiiliti  per  lo  loco  santo, 
ITsieile  il  succÉstsor  dui  maggior  Piero  [Inf.  II). 

E  qnesto  ci  viene  indicato  da  Leone  Xttl  in  quelle  parola] 
della  Enciclica:  «  Nti  certo  ò  da  credere,  che  sen^a  speciale  con-| 
siglio  di  Provvidenisa  questa  suprema  potestà  fosse  munita 
un  principato  cimle,  sicurissimo  riparo  alla  sua  iudipendenisa. 
E  stoltamente  fanno  certi  ceiumentatorì  del  divino  poeta  quandi 
per  mostrare  cbo  osso  era  avverso  al  principato  civile  dei 
adducono  que'noti  versi: 

Ahi,  Co&taiilin,  di  quanto  mal  Tu  matre, 
Noa  la  tua  cooversioD,  ma  quella  dote, 
Qm  da  te  prese  il  primo  ricco  palre!  (Inf.  19). 

Imperocché  Dante  qui  e  in  simili  luoghi  non  disapprova 
principato  civile  dei  Papi,  il  quale  anzi  ammette  entro  ì  lìoiit 
di  Stato  particolare;  come  altrove  sì  è  dimostrato  ad  erideoza  il 
questo  stesso  nostro  Periodico,  dandosi,  dei  testi  che  si  recai 
in  contrario,  con  rigorosa  esegesi,  la  vera  si^  ni  Reazione.  Ciò  di« 
si  può  dire  si  è,  che  egli  condanna  l'operato  di  alcuni  Papi:  aè\ 
qui  vogliamo  entrare  a  discutere  se,  in  così  fatto  giudìzio  pratico^ 
Dante  prendesse  abbaglio  od  altrimenti.  Che  an/.i  l'acuto  poel 
eni  stava  a  cuore  sommamente  la  proprietà  delle  voci,  adopar 


<  niHOnTALE  DEI  » 


155 


ooDsigl  latamente  la  parola  mafre,  ehe  indica  una  causa  la  quale 
è  unÌToca  nella  specie,  iu%  equivoca  nella  qualità  degli  indiridui 
che  genera,  o  perciò  no  può  dare  di  tristi  e  di  buoni.  Similmente 
da  (juella  dote,  nel  concetto  di  Dante  arriene  ehe  i  Papi  sieno 
li,  ma  ossa  dote  non  ò  causa  determinata  a  produrre  sovrani 
^tristi  come  che  gli  poBsa  produrre  tali  e  nel  ^incotto  di  Dante 
sii  abbia  prodotti.  Quando  il  btino  compensa  il  male,  si  può  ben 
porro  la  causa  produttrice  del  bene,  questo  intendendo,  oomechè 
per  aceidens  ne  venga  alle  volto  un  qualche  malo  dalla  causa 
nedesima.  Questo  è  il  criterio  che  in  pratica  usiamo  nontinnata- 
iDBnte,  e  secondo  tale  criterio  vuoisi  prendere  la  dote  dì  Costan- 
tÌDO,  alla  quale  Dante  accenna. 

Di  certo  egualmente  peccano,  perchè  danno  negli  estremi,  co- 
loro che  affermano  essere  il  principato  civile  dei  Papi  es$enziale 
alla  Chiesa,  e  coloro  che  affermano  essere  incompatibile  colla 
papale  spirituale  antorità.  Imperocché  contro  i  primi  v'  è  il  fatto 
die  noi  primi  secoli  sen/^  principato  i>ontifìcio  la  Chiesa  pur 
esisteva,  uè  potè  esistere  senza  la  sua  compiuta  essenza:  contro 
i  teeoiidì  v'  iì  il  fatto  che  per  un  quattordici  secoli  i  Papi  l'eb- 
1)»ro,  e  in  questo  spajiio  di  tempo  abbasUn?^  lungo,  cioè  pifì  lungo 
della  durata  di  tutte  le  monarchie  d'Kuropa,  più  furono  per  la 
Chiesa  i  vantaggi  ohe  i  danni.  Tra  ì  vantaggi  evvi  quello  po- 
tiflEiimo  accennato  da  Leone  XILL  della  indipendenza,  evidente  a 
tutti  ì  sovrani  e  i  popoli,  eh' è  necessaria  al  carattere  di  Vicario 
di  Gesù  Cristo,  tcscoto  e  padre  universale  di  tutti  i  pitpoii  e 
di  tutti  i  re,  quantunque  di  costumi  diversi  p  contrarli  o  in  guerra 
tra  loro.  Per  la  qtial  cosa  dalT  Episcopato  cattolico  fa  cotesto 
principato,  nelle  presenti  circostanze,  giudicato  necessario  al  ben 
cnere  della  Chiesa. 

Che  se  sopra  i  fatti  storici  di  tanti  secoli  vuoisi  adoperare, 
fld  è  un  dovere  adoperarlo,  l'argomento  potissimo  della  univer- 
ale  induzione,  e  se  si  voglia  discorrere  coi  principii  snggeritici 
dim&  prowidenz!»  divina  rispetto  alla  Chiesa,  Ò  pur  mestieri  con- 
iare che  Mdìo  saprà  bene  trovar  modo  di  ridare  al  Papa  questo 
tieurissiino  ri/ìaro  delta  Si*a  indipendenza,  cf  ò  II  principato 
civile,  0  tosto  0  tardi.  Per  la  qual  cosa,  posto  che  ad  ugni  modo 


156  COHKB?tTAAIO   DSL t' ENCICLICA 

si  fosse  Tolnta  l' unità  sUtiiak>  deiriUUa,  avrebbono  fotte  ass 
m^io,  nel  loro  stesso  interesse,  coloro  che  furono  a  capo 
QoTerno  it»Liaao  negli  anni  passati,  ad  imitare  il  gran  Costanl 
il  quale  cruò  una  nuova  capitale  dell'Impero,  e  in  essa  collocò 
sua  sedo.  L'unità  d'Italia  sarebbe  rìinasa  intera,  perchè  come  no 
la  toglie''  la  iattuni  di  Mz/a,  doL  Ticino,  di  Trento,  della  Corsii 
di  Malta,  di  Trieste  e  di  quel  suolo  al  di  sopra  del 

Quarnaro 

Che  lulìa  chiude  e  ì  suoi  lermini  bagna  {Jnf.  IX) 


cosi  dal  piccolo  principato  del  Papa  non  sarebbe  stata  diatrutt 
ma  sarebbe  stata  assicurata  per  secoli  la  patria  indipendenza; 
e  per  l'unione  colla  somma  e  suprema  autorità  morale  domìni 
tritìo  in  tutta  la  terra,  sarebbe  cresciuta  la  gloria  civile  o 
fonia  militare  della  nazione.  Già  si  sa  cb'à  fìne  politica  incon- 
tnire,  qualora  fosse  uopo,  un  qualche  sacrificio  per  allontani 
pericoli  e  danni  graviasimi,  come  che  sìeno  solo  probabili  noe 
che  moralmente  certi.  À  capir  ciò  non  è  mestieri  essere  gì 
pensatore,  basta  avere  un  dozzinale  cervello.  Ma  questo  forse  DOI 
l'ebbero  i  creatori  dell'italica  iudipenden^?  È  impossibile!  P< 
Io  che  è  giuoco  fon»  il  dire,  o  die  intendono  solamente  la  distra- 
zione del  Papato  (voto  da  sciocchi  che  non  discorrono  niì  coi  fatt 
né  coi  principii  di  ragione)  e  a  laesto  scopo  sacrideano  VaTV« 
nire  della  patria;  o  che  puerilmente  sì  lasciano  trascinare 
una  fìttì/ia  pubblica  opinione  che  vociferando  altro  non  sa  ripeter 
che  frasi  vuote  di  ogni  significazione  assennata  sulla  necessìt 
che  Roma  sia  capitale  d'Italia. 

Kppure  non  si  fa  altro  che  lamentarsi  disila  insalubrità  de 
snolo  romano,  e  per  più  mesi  di  astate  la  si  lascia  deserta.  Ch« 
più?  A  questi  giorui  medesimi,  perchè  alcuni  tedeschi  strepita^ 
rooo  contro  la  devastaaìone  dethk  Roma  storica,  della  Roma 
pale,  dai  giornali  liberaloschi  italiani  pur  si  dico  che  sarebbe 
stato  mc-glin  creare  altrove  una  capitalo  d'Italia,  per  lasciar  Borni 
eolle  sue  storiche  vetuste  fattezze.  Per  questo  motivo  al!  e  per 
assicurarsi  l'avvenire  tranquillo,  prospero  e  grande, no!  È  questa 
logica  dei  nostri  tempi,  è  questa  la  sapienza  dei  nostri  barbasaonJ 


«  IKHORTALR   DEE  > 


157 


per  clliudeni  quest'articolo  tjrniamo  al  poDto  d'onde  ab- 
iam  preso  le  mosse,  cioè  al  fatto  storico  ohe  fu  iniziato  da  Co- 
BlaatÌQo  e  che  da  sedici  secoli  dnm  (Ino  a  A)  nostri.  Kgli  rioo- 
aobbOr  rispetto  alla  Chiesa,  la  rotontA  dì  Oosù  Cristo  u  la  dottrina 
4a  questo  espressa  nel  Vangelo.  La  Chiesa  è  società  nel  suo  ordine 
perfetto  I'  indipendente  dalla  civile  società,  comechò  i  suoi  sudditi 
pare  appartengano  alle  HocieVi  civili.  La  civile  società,  coi  suoi 
capi,  coi  suoi  re,  coi  suoi  imperatori  ha  il  dovere  di  essere  o  diven- 
tarle figlia,  com'ella  ha  il  diritto  di  esserle  madre.  Quella  deve 
rispettare  la  Chiesa,  devo  difenderla,  deve  amarla.  C^omo  la  por- 
feóoae  del  mondo  fisico  cousistfì  nella  sua  corrispondenza,  quale 
«Bemplato,  alle  idee  divine  archetìpe;  cosi  il  mondo  morale  tanto 
più  sarà  perfetto  quanto  pii^  corrisponderà  alla  norma  della  mo- 
itJità  che  sta  nella  legge  naturale,  e  Delta  legge  divina  lascia- 
toci da  Gteeii  Cristo.  Laonde  Io  sperare  che  si  fa  uà  perfetto 
WaMtamiaito  dell'umana  famiglia  prescindendo  dalia  Chiesa  e 
antro  La  Chiesa  è  uno  sperare  vano;  cagione  di  una  fatale  ir- 
naolatezza  nel  prendere  que*  consigli  che  sono  della  massima  ri- 
IcTunza.  Degl'immensi  disastri  sociali  che  si  preparino  e  sono 
forse  imminenti  sopra  chi  cadrà  la  responsabìlìU  tutta  quanta? 
Spartaco  alla  testa  di  milioni  di  disperati,  le^ttima  prole  del 
progresso  pagano,  rialxa  furibondo  la  testa.  Qià  nella  Francia  e 
Mi  Belgio  è  incominciata  la  selvaggia  lotta.  Invano  è  sperare  di 
ivere  tra' potenti  della  corrotta  Europa  un  Grasso,  che  annienti 
qaell' esercito  sterminato.  .4Uro  non  resta  che  tutti  i  Re  della 
fc^rr»  e  che  tutti  i  governi,  esclamando  o  Papa  o  Morte,  implo- 
rino da  Leone  XIII  il  labaro  di  Costantino.  Sopra  questo  e' 6 
h  Oroee  col  motto  In  hor  .s/^ho  vineeff:  perchè  solo  dalla  croce 
deriva  la  carità  e  la  pazienza  onde  il  socialismo  può  essere 
divelto  dall'ime  radici.  Meglio  è  buttarsi  a' pie  di  Leone  XIII 
A'essere  schiacciato  sotto  i  ruderi  della  società  distrutta. 


UN  NUOVO  LIHRO  SUL  SILLABO' 


L'Abbate  Bosseboeuf,  ormai  già  noto  ai  nostri  lettori, 
critici)  e  da  vero  cattolico  sente  la  necessità  di  bussare  ad  an'al| 
porta  '  per  avere  una  spiogazione  del  Sillabo  più  esatta  di  qoQ 
ohe  no  diano  i  supposti  fideisti.  Noi,  a  dir  vero,  abbiain  laMi 
di  parlare  din  cinque  che  t^gli  chiama  «  Prójngés  »,  e  sono  ooi 
altrettanti  punti  la  cui  couside razione  basterà  sola  per  rendq 
sospetta  la  «interpetrazione  fideista'.  »  Non  potevamo  notar  tu 
né  T'ora  bisogno  dopo  il  già  detto:  imperocché  al  primo  e 
punto  (cioè:  lo  spìrito  dì  passione  e  la  stretta  parentela  col 
calismo  *)  BÌ  saprfk  ornai  dar  il  suo  giusto  peso.  Nel  tenw  dice: 
ne  sait  gue,  après  ses  Pràlécessetirs,  Pie  IX  a  été  qitelqw 
—  on  l'a  empèché  de  l'&tre  plus  longtemps  —  h  Promot 
acclamé  d  vènere  des  libres  instUuthns^  en  ce  quelles 
avoir  de  raisoìttuible  et  de  chréden''?  Dunque  il  Santo  Ponte: 
fu  trascinato  a  riprovare  ciò  che  nelle  libres  instifuiiotts  v'ha 
ragionevole  e  dì  cristiano!  L'assennato  lettore  non  abbisogna 
noi  ci   fermiamo  a  far  communti  ;  meno  male  però  che  U 
gnor  Abbate  ha  avuto  la  deltcatezsa  di  aspettare  la  morte 
venerato  Pontefice  per  parlare  di  lui  iu  tal  mtHÌol  —  Il  quinto  i^ 
sfuggirà  alle  nostre  considerazioni  quando  esamiaeromo  più 
la  dottrina  sul  valore  dommatico  del  Sillabo.  II  quarto  fìnalmen; 

•  Vedi  quad.  858,  pagf.  6Sie66  del  Voi.  pircfdijitf!. 

•  Pag.  OH. 
»  Pag.  64. 

•  Ln  paation,  VentraitUìtunt,  rtXMf^ration...  1,'necord  qui  existe 
jttìfement  rfw  fidéisme  et  ceM  du  radicalitme  :  iéentitè  de  conci 

praiqtu  Ionie  la  tigne  pag.  G1-6&. 

•  ["ag.  05. 

•  Uabsenet  dea  prineipes  rfoìrj  et  prAi»  qu€  rfylamt  ìa  eritique,  et  I 
notioì%s  préltminoirea  d'ej^^se,  indirpcnsablea  pour  comprenHre  ti  cxpli^ 
exncttMCHt  ita  Uxte».  Taf;.  66. 


'tni  xnovo 


cispBce  il  dirlo,  sembra  proprio,  socundo  noi,  il  giudizio  da  por- 
tarsi della  spiegazione  del  Sillabo  proposta  dallo  stesso  Bosso- 
IwQf:  lo  Tedremo  a  suo  luogo. 

r  II  LiberalisMO. 

È  il  terso  contendoate  che  vuole  spìegpare  il  Sìllabo.  \oi  non 
pHBmmo  tener  dietro  a  quanto  vìen  qui  detto;  dopo  il  tanto  che 
i^è  scritto  e  prò  e  cotUra^  e  si  scrive  tuttora  del  Liberalismo 
e  delle  sue  molteplici  forme,  vi  bisognerebbe  beu  altro  che  un 
Semplice  cenno  in  passando,  per  dirne  adi^quatamcutu  e  giusta- 
BflnteT  sfuggendo  il  pericolo  di  dar  nel  troppo  o  di  rimanersi 
ari  poco. 

D  Bosseboeaf  non  è  per  certo  fideista;  sarà  forse  liberale^ 
Nò  punto  nò  poco:  egli  non  Io  fu  mai  né  ha  veruna  reIa7.ìone 
ttm  sìITatta  scuola  '.  Ciò  non  ostante  non  può  uascimdure  la  sim- 
patia che  ha  per  ossa;  ed  il  lettore,  benché  non  appartenga  ai 
sapposti  fideisti,  non  potrà  non  restarnE!  colpito,  visto  come  egli 
abbia  trattato  quest*  ultimi  e  dì  quali  bei  titoli  gli  abbia  onorati. 
U  Liberalismo,  secondo  il  Bosseboeuf,  uè  può  dirsi  sola  ipotesi, 
ri  sola  tesi;  A  piuttosto  iesi-ìpoUsi^.  È  Vaccepiation  sincire 
it  hyaie  d'un  fait\  quale  è  lo  staio  presente  della  società,  am- 
Betteadocon  un  esame  e  giudizio  à  tour  approbatif  et  restriciif 
ì  diversi  assiomi  filosofici  e  sociali  gui  sont  la  trarne^  Vossature 
de  luts  inslitutions  politiqites  *,  e  con  ciò  sì  distingue  bonissimo 
fai  liberalismo  razionalistico'^.  Vuol  quindi  chiamarsi  piuttosto 
fUsv  expérimentale  \  —  È  una  asserzione  dottrinale,  matura, 
pooderata^  se  garde  de  ioute  exagéraiìon  fdckeuse,  a  ses  ra- 
ànes  dntts  le  domaiue  de  la  pensée  et  des  faU$\  Dall'attenta 
onsiderazione  de' fatti,  e  dalla  luce  di  principii  della  meute  sa 
inmare  nn  simbolo  sociale,  appoggiato  sui  priui^ipìì  ra^tionalì  o 
Mila  conoscenza  de'tempì  presenti,  considerati  nelle  loro  serie  od 
miìicibilì  aspirazioni  ',  la  cui  corona,  secondo  il  nostro  Autore  '*, 
<*  In  sovranità  del  popolo  con  quel  suo  diritto...  di  cui  parlammo 
nel  precedente  articolo,  (voi.  prec.  pag.  66i). 

'  Pij.  Ki.  -  *  hig.  7i.  —  •  Pag.  79.  -  *  Plf.  "2.  —  '  P4p.  8«. 
•  P^  79.  —  '  Pag.  82.  —  ■  Pag.  R»  —  '  Pag.  53.  -  "  Pag.  72-73. 


tra  nuovo  uano 


Oli  addetti  a  questa  8Cu>jIu  sud  piem  di   zelo,  cosciensiosi. 
pronti  al  sacrijhiot  dotati  d' eloquenza ,  tVuna  fede  viva  e  lu^ 
minwa,  d'una  lealtà  toute  cheralerèsque,  cruciati,  nobili  atleti, 
ai  quali  fu  dato  di  conoscere  non  sappiamo  qaali  decreti  celesti^ 
di  capire  i  disegni  della  Provridenza  riguardo  alla  Chiesa,  e  la 
grazia  di  secondarli  '.  Nau  vuoisi  con  ciò  dire,  continua,  che  non 
s'abbia  presso  di  loro  a  l'elever  de  temiiH  à  autre  guelgues  errata, 
anche  riguardo  a  qualche  ponto  dottrinale  (p.  86),  specialmente 
poi  all'apparire  del  Sillabo  (p.  SS);  ma  ciò  tu  cosa  jtasseggieraA 
Poverini!  il  timore  che  i  nemici  della  Chiesa  s' inasprissero  sempre 
pili,  li  commosse  alquanto  (p.  89)  !  A  che  prò  malignar  soverchio? , 
il /aiti  voir  là:,  les  frayewrs  d'en/ants  peinés  rf«  voirdes  mi^-1 
l'ables  insnUer  et  ha/oner  leur  mère,  et  les  angoisèes  de  coeurs 
fidèles^  auxquels  il  pesati  d'enitnàre  les  blasphèmes  et  tea  ou- 
tratjes  lancés  cantre  l'Égli&e  (p.  91  ).  Oh,  ci  s'ìutonerisctì  il  cuore! 
Del  resto  il  signor  Bosseboeuf  ci  presenta  un  boi  modo  d'inter- 
pretare in  buona  parte  i  bei  servigi  invero  che  il  cattolìcisawyf 
liberale  rendeva  alla  Chiesa  per  rispetto  al  domina  dell' Infal- 
libilità del  Papa,  fìno  al  tempo  in  cui  questa  renne  soleDaemeotoi 
definita  dal  Concilio  Vaticano!  Kinchò  si  può  trovar  un  modo  di' 
scusare  i  nostri  fratelli,  perchè  non  farlo?  Per  i  malcapitati  sup- 
posti fideisti  questo  modo  non  si  trovò:  pazienza!  )Ia  merìte-J 
rebbe  d'esser  tutto  qui  riportato  quante  è  detto  a  pag.  84;  Ìl 
nostro  Abbate  sente  il  bisogno  di  dare  pieno  sfogo  albi  sua  elo- 
quenza! È  un  mare  tnagnum  di  elogi,  in  cui,  secondo  noi,  ha 
fatto  interamente  nauFnigio  quel  suo  sans  pìkti  pbis  messo  a  tì- 
tolo del  suo  libro,  e  die  ispira  all' inconscio  lettore  tanta  fiducia;: 
mare  magnum,  in  cui  corro  gnin  pericolo  d'affondare  la  logica 
stossa:  perche,  dicianiulo  pure  sehiettam<>ntL\  signor  Abbate,  si 
tratta  di  encomiare  il  Liberalismo,  e  si  esaltano  le  virtù  d'ai- 
cani  liberali,  persone  rispettabilissime  quanto  volete  ;  ma  non  vi 
pare  con  tutto  ciò  che  la  questione  sul  Liberalismo  rimanga  tale 
'filate  era  prima,  nò  più  nò  meno? 

Pio  IX,  non  sono  anoom  dieci  anni,  di  quest*  isteaso  neao 
termino  ai  serviva  por  trarne  la  conclusione  del  tutto  opposta: 


SUt   «  SILLABO  »  IN 

fiamoinem  ne^jitimus  tton  probare  vos  Syllabi  Nostri  senientms 
pfopitytuituias,  t.v/'ilicand^sqHf^  suscejnsse,  praesertrm  adversus 
Liberalismum  qttem  dìcunt  catholkumt  gai  cui  vluriios  habecU 
a  inis  HosesTES  asssclas  ef  mtnus  a  vero  recedere  videatur^ 
fo^ieris  est  rBRiuuLOsioR,  FAciLiusttuB  decipii  incaittos...  (Breve 
ielCll  dicembre  1876  spedito  al  signor  Abbate  Vernbet  Dirat- 
lore  del  giornale  Le  Peuple)  '.Il  signor  Abbate  Bosseboeuf  non 
urà  a  male  se  noi  ci  atteniamo  al  modo  d'argomuntare  dì  Pio  LX, 
piuttosto  che  al  suo:  e,  notate  strana  coincideoza,  si  trattava 
proprio  della  spiegtdotie  del  Sillabo! 

i'  Il  Sillabo  e  rAbbale  Bosseboeuf;  varii  gradi  di  eetxsxtre 
teàlogicìie. 

Siamo  ulta  seconda  parte  dell'opera  ch'andiamo  esaminandi); 
fc  la  miig^oft^,  e  iiuella  che  propriamente  vuol  dirsi  dottrinale; 
in  cai  il  signor  Abbai))  dura  il  vero  si-nso  di  ciascheduna  delle 
propustKÌonì.  È  proprio  il  Sillabo,  esso  stesso,  spiegato  nò  più  nò 
Beno  di  quello  che  riohiog^»  la  sana  critica,  la  lugìoa,  la  teologia, 
il  gios:  è  la  spiegazione  vérifable  du  iitre  syllabaire^  e  ohe  a 
npon»'  può  designarsi  eoa  dire  le  Sijtlabtts  dans  le  Syllabus  -, 

L'autore  adunque  nou  soddisfatto  neppure  della  spiegaiiione 
prMontAta  dal  liberalismo  cattolico,  neir  accingersi  a  proporre 
Il  sua  ne  sente  tutta  la  difficoltà";  altro  non  desidera  che  far 
ttn  pu*di  luce,  si  che  cessino  tanti  uiilintesi.  Premette  alcune 
«servazionì,  vuoi  generali,  vuoi  particolari  sopra  alcuni  prin- 
àpiì  teologici  intorno  alle  definizioni  dommatlche  e  condanne 
(l'errori  e  ai  Tarli  gradi  delle  note  teologiche.  Ciò  va  facendo 
eoa  brevità,  ed  ordine,  non  sempre  però  con  aggiustatezza  di 
basi.  Fatto  il  caso  che  una  proposizione  sia  equivoca  ',  h  os- 
Mrrare  cho  le  terme  de  condamnation  est  impropre.  Il  n'y  a 
rien  id  de  condamné,  ni  dans  la  pensée,  ni  dans  Vexpression. 
Le  Pape  ne  fait  que  siffìialer  la  phrase  comtne  étant  sutice- 
flìbte  d'un  mauvais  sena,  et  pouvant  induire  en  erreur.  Elle 
ai  désiffuée  comme  ambigue^  captieuse,  et  rien  de  p^us^  Ciò 


'  Ve*  Uiriltà  Uatloìica,  Serie  X.  toI  I,  pa?.  23*. 
•  Vnt.  .VII.  -  »  l'iff.i)3.  —  '  rag.  09.  -  '  Patf.   109. 
StrU  JUU.  eoi.  It,  tate.  860  1 1 


S  aprile  ISM 


DH  mwvo  uà» 

vuol  dirsi  tropiH)  pircu,  chi  ouasid&ri  che  il  Santo  Padre  daado 
la  uutu  di  equivoca  ad  una  proposizione,  QOQ  solo  la  denunc'm 
(sìgnale.  de^igne)  come  equivoca,  ma  di  più  la  riprova;  non 
determina  il  senso,  è  vero;  imi  Vespressione  è  censurata  e  pro< 
scritta  in  modo  che  non  possa  più  essere  usata  da  scrittore  sen 
sato  e  cattolico.  L'equivocare  dioesi  propriamente  della  locuzione; 
ohò  intanto  il  scuso  si  dice  equivoco  in  quanto  viene  manifusUito 
con  termini,  che  sono  segni  del  pensiero,  non  determinati  é 
precisi.  Quindi  in  qual  modo  potrassi  concepire  una  proposizkmt 
proscritta  come  equìvoca,  senza  che  la  maniera  di  esprimerla  resti 
anche  essa  proscritta?  Vuoisi  notare  dì  più  che  non  è  lo  stesso 
parlare  della  nota  ttM>logica  di' equivoca,  e  della  prop<>sizÌOM 
equìvoca;  epperciò  diverse  sono  le  quistioni  se  la  censura  datit 
d'equivoca  condanni  o  no  la  proposizione  a  cui  è  inflitta,  e  sa 
la  proposizione  t^itirora,  (che  è  equivocaj,  SÌ  possa  condannare 
0  DO  con  una  censura  teologii^a.  Relativamente  a  questa  seconda 
i  teologi  sogliono  dare  risposte  dì  vario  grado  :  citiamo  il  sole 
De  Uoatague,  che  IMsttìsso  Bossehoeuf  indica  quale  auto» 
cUssico  su  tale  materia.  ^ 

Egli  pertanto  nell'opuscolo^  De  censuris,  articolo  3,  alla  do- 
manda: an  profiositiones  mere  ae.quimcae  damnari  po'^sini^ 
aggiunge  una  triplici)  risposta:  ~  la  1"  col  Suarez,  dicendo  ch« 
trattandosi  di  proposizioni  im/jropria»wnle  equìvoche,  merita 
fiamnari  possuntj  —  la  2'  col  P.  Antonio  Da  Palermo,  che  si 
trattisi  dì  proposizioni  equivoche,  le  quali  abbiano  un  dubbia 
senso,  quorum  qtiilibet  ita  sii  proprius  ut  muier  alteri  5* 
prae/erendus...  huiiismodi  propoaitiones  non  esse  in  rigore 
damnatìdas;  —  la  3^  collo  stesso  Autore,  che  a  quelle  proposì- 
:eionì  equivoche  può  essere  mjiitta  la  censura,  qua^  etsi  propria 
oapaees  sint  uirìitsque  sensus,  sani  et  pravi^  attamen  sensunt 
pravuM  praevaUntem  involvunt;  sive  quod  verba  earumdtm 
maiori  cum  proprieiaie  expritnant  setisum  pravum  quam  sa< 
num^9ive  ob  exirinsecas  circumslantiasy  praeciaa proferentium 
&tndiUoru^..,  S'avverta  poi  che  la  seconda  risposta  anch'essi 

■  Pig.  103. 

•  PtTSso  MiGXE:  Theotogiac  cnrauM  eompUlus  lom,  I,  pag.  1111. 

*  MlcriE,  toc.  cit.  pag.  121». 


SUL    *  SILLABO  »  IIVl 

ò  espressa  con  la  condizione  nisi  ex  proferentùim  ivi  operum 
fiut  tibrorum,  in  gnìbus  extant,  qualitatibus  invoieseat  eas  in 
pravo  scnftH  prolatas  aut  scripias.  Diindo  apparo  cho  trattandosi 
ielle  propoaÌ7.ioQÌ  del  Sillabo,  attese  le  circostanze  estrinseche 
delle  persone,  de' tempi,  do' libri  ecc.,  secondo  il  De  ^fonfag)^e 
DOQ  si  darebbe  caso  in  cai  esse,  benché  equivoche,  non  possano  con* 
dannarsi.  Ciò  notiamo  perchè  il  lettore  del  libro  del  Bosseboeiif, 
redeodo  ahe  questi  appalla  al  Du  Montì^^no,  non  creda  che  in 
(oanto  Tiene  poi  esponendo  s'attenga  fedelmente  a  Ini.  Un*  altra 
OBtarraziono,  ed  è  che  i  teologi  cercando  9<i  alla  proposizione  e([ni' 
voc»  possa  essere  inflitta  una  censura,  non  determinauo  quale  sìa 
il  grado  di  questa,  e  ciò  conferma  la  distinzione  delle  dne  qne- 
Qtioai  differenti  che  abbiamo  di  sopra  accennato.  Xon  perchè  una 
pn^usizione  è  equìvoca,  la  censura  che  le  si  può  dare  ò,  o  dee 
flBsere  di  equivoca.  Ciò  dipenderii  dalla  materia  su  cui  si  versa, 
egli  eaerapii  proposti  dal  De  Montagne  Io  pn)Tano  ad  evidenza: 
ne  riportiamo  il  seguente;  unus  de  Triniiate  t'st  cnic{p'xus\ 
Che  aiui,  chi  per  poco  sia  versato  nella  lettura  dei  teologi  in 
qoesta  materia  sa  benissimo  che  la  censura,  la  quale  nelle  mate- 
rie in  cui  la  Chiesa  suole  intervenire  più  comunemente  vien  data 
ad  una  proposizione  equivoca^  è  di  sapiens  haeresim,  o  male 
xmtans,  o  pinTum  aurìnm  offensiva.  E  potrà  dirsi  con  ciò  che 
quando  la  proposizione  ò  equivoca  non  vi  ha  nuli»  di  condannato 
propriamente  parhindo?  £  qui  meglio  s'intende  il  nostro  argo- 
mento intorno  a  quel  brano  del  signor  Bossoboouf:  o  si  confonde 
li  censura  à.' equivoca,  con  la  proposizione  equivoca;  o  si  sup- 
pone che  alla  proposiziono  equivoca  in  generale  nou  compete,  no 
Sdole  inSiggorsi  altra  censura  fuorchò  quella  AxeipUvoca:  nel- 
1*000  e  neiraltro  caso  sì  ò  lungi  dal  proporre  la  dottrina  dei 
teologi. 

Né  ci&  è  tutto:  non  può  non  destare  meraviglia  quanto  il 
signor  Abbate  premette  al  brano  trascritto:  il  imporle  de  se 
rappeler  qtie  ces  not-es  se  rédtiisent  à  trois  principales:  néìti- 
nqtiBS,  ?AmsE9,  ÉqurvoquEB.  Dove  ha  trovato  Egli  che  la  cen-sura 
di  equivoca  sìa  tra  lo  principali  ?  Nou  si  ricava  pnmieratnento 

'  toc.  cit. 


164  DN  nuovo   LIBJIO 

rlair  uso  dulie  Coiigrega?io[iì  EoiiiaDe  o  du'  Sommi  Fonteflfli 
noti' apporre  tnoltt)  censure,  coni')  suol  dirsi  in  globo,  ad  un  sil- 
labo di  proposizioai.  Per  convincersi  di  cii>  basta  riandare  le 
condanne  fatta  dal  Concilio  di  Costanza  dei  45  articoli  di 
Wicloffo  e  dei  30  di  Giovaoni  Hus,  come  pare  quelle  ern-'inate 
dai  Pontefici  Alessandro  VII,  Inuocenz*)  SI,  Alessandro  Vili, 
Innocenzo  SII,  ■^d  altri;  tra  laala  variet'i  di  censuro  non  si  ri- 
scontra espressa  quella  di  equivoca...  Come  spiegare  rì6,  se  essa 
fosse  tra  le  principali?  —  Non  si  ricava  in  secondo  luogo  dai 
teologi  (il  citarli  sarebbe  cosa  lunga  e  superflua),  i  quali  trat* 
tando  delle  censure  dicono  di  volere  esporre  lo  principali,  e  non 
^  mai  che  vi  comprendano  quella  A'egnicoca.  E  tra  costoro  vuoisi 
compreso  anche  il  D^  Montagne,  il  quale  dirìde  le  censure  in  tre 
gruppi:  le  principaii  ',  dello  quali  tratta  diffusamente;  le  meno 
principali,  delle  quali  così  scrive:  Bttcustjite  celebriorea  propo- 
sitionwn  censuras  /iisius  prosecuti  sumus;  iatn  nonnuUae  quae 
minus  praecipìtae  stint  ac  usitatae  compendiosim  sunt  per- 
iraeiandae^.  Ora,  nò  fra  quelle  ni\  tra  questo  enumera  Vequi- 
vof-a:  sì  trova  bensì  tra  queste  ultime  quella  à\  falsa:  ma  anche 
ciò  è  contro  il  Boss^-boeuf,  il  quale  la  vorrebbe  tra  le  tre  princi- 
pali, come  abbiain  visto.  D^l  ter/iO  gruppo  dice  così;  sten/  et 
aliae  guaedam  notae  diversis  in  censuris  expressae,  ut  quod 
propositiù  sii  nrrorjanH,  aspera,  aversa  a  fide,  suf}erstitùfsa,  cfc. 
Verum  cum  iUae  aint  minus  itsitaiae...  N>>n  IniUile  tatn^n  erit, 
ìiec  forte  iniiicundum  prospectmn  alpkaheticum  hic  exhibere 
omnium  ferme  cf».*wraKM?n,  guae  a  Conciliis,  SS.  Potitijicibus, 
nec  non  a  iheologicis  faeultaiibus  fuerunl  usurpala^.  Eas  ex 
Àuciore  scrutina  extrahemns:  V  Abrogala,  2  '  Acerba,  3™  AeqxU' 
poca,  4' -lm&ij«a\..  Dove  apparisce  maoifestamtìnte  che  9 
De  Montagne  avend»»  sutto  degli  occhi  il  catalogo  del  P.  Antonio 
du  Palermo,  in  cui  sì  trova  enuraonta  la  censura  6." equivoca, 
Tebbe  in  così  poca  considerazione,  cha  non  la  collocò  in  m.'ssuno 
dei  tre  gradi  da  lui  proposti  :  oom*3  pertanto  concordarlo  col  nostro 

*  U"Ae.  loc.  ciL  tln  |up.  tt^  lliM  n  |ki?.  ìiOù. 
^  Loc.  cil.  paiT.  tJDr>. 
'  Loc.  cil.  pi^.  Ii06, 


SUL   «SILLABO  »  165 

IMtìttì  che  la  propone  Ira  le  principali?  Aggiungiamo  che  se  per 
oso  Utiinij  credesse  potersi  giustificare  il  Bosseboeiir  quasi  che, 
dicendo  la  censura  di  equivoca  tra  le  principali,  volesse  riguar- 
dare Vitso  cbe  se  ne  è  fatto  o  se  ne  fa,  piuttosto  che  il  valore 
stesso  di  essa;  ciò  rimane  escluso  dal  fin  qui  detto.  Che  anzi, 
il  De  Montagne  al  catalogo  delle  69  censure  proposto  dal  P.  An- 
tonio da  Palertno  soggiunge  cosi:  celeòriores  et.  magi»  usitatas 
hantm  censurarum  species  exposuimus:  aliarum  vero  si  ((CO 
■ODO  POTEST  ESSK  UTU.LS  tKwiL  soTiTM  '...  Giò  vitol  dire  che  il  ce- 
lebre teologo  nputò  le  censure  da  lui  omesse  nei  tre  gruppi,  tra  le 
quali  quella  di  equivoca,  di  quasi  nessun  uso,  e  di  poca  o  niuna 
ulililìi.  K  pensare  che  il  signor  Abbate  v'  insiste  ripetutamente 
(pagg.  103,  lOt),  117,  121),  e  tantfl:  enjin.,  ob9krt.ition  fosda- 
iMTU.B,  gite  le  caracière  d'óiuivoquo...  (pag.109);  come  so  fosse 
posto  fuor  d'ogni  dubbio,  che,  non  essendo,  come  dice  egli, 
espressa  nessuna  censura  in  fine  al  Sìllabo,  una  delle  principali 
a  dovervisi  Bottintendcre  sia  quella  di  equivoca!  Noi  non  sap- 
piamo il  perchè  di  tanto  interesse,  nò  insistiamo  per  investi- 
garlo; ci  siamo  su  questo  punto  fermati  un  po'  più  pel  timore 
che  il  lettore  del  libro  del  signor  Bosseboeuf,  vedendo  dall'una 
parte  quanto  questi  dice  della  censura  di  equivoca^  e  dall'  altra 
Che.  giunti  alla  spiegazione  delle  singole  proposizioni,  molte  di 
qoeste  snno  esposte  come  areutì  un  doppio  senso,  non  conchiuda 
trattarsi  al  trar  de'conti  di  un  equivoco^  ò  ryoWa.  più. 

3"  Valore  dommatico  del  Sillabo. 

Tra  le  cose  che  premettonsi  nel  libro  che  andiamo  esaminando 
prima  d'incomìnciaro  la  spiegazione  dello  singolo  propo3Ì7.ioni 
wnlenute  nel  Sillabo,  era  ben  necessario  che  non  mancasse  no 
ceoDo  sull'autorità  e  sul  valore  dommatico  del  celebre  documento 
apostolico  venti  de  Rome  et  <  envoy^  a  toits  ies  Kv^queiì  du 
mnnde  catltolique  »  par  Vordre  d\t  Pape^.  Fa  duopo  sopra  tutto 
«ere  esatti, cosi  l'autore;  vuoisi  evitare  ogni  eccesso.  Dio  buono! 
e  chi  non  sa  che  qui  ò  proprio  dove  mancarono  i  fideisti?  Kssi 

'  Uè.  cil.  jog.  1S07. 
»Paf.  ISI. 


-'>! 


IflS  VK  imOVO   LIBRO 

fiiDUo  d&I  Sillalio  une  sorte  de  cale  absolu,  un  sytnhole  suprètw 
de  croijanctì.  »  C'est  Voracle,  grida  Mons.  do  Sogor,  le  Credo. 
le  sytnhole  de  tout  ckrétien,  prStrRou  simple  Jidèle.  >  Eco  fedele 
dì  queste  erano  le  parole  di  Puul  Bert  nel  dichiarar  cha  fiweia 
dalla  Tribuna  che  il  Sillabo  è  parole  saorée  qui  fait  loi^  et  lai 
infaiUihW.  A  nuli' altro  molsi  ciò  attribuire  che  all'ignorar» 
ohe  il  Sìllabo  e  rfinciclica  <  Quanta  cura  >  non  sono  unu  stessa 
cosa.  No;  sono  deur  documenUy  enmifé^  ensemble,  il  est  vraij 
mais  séparés,  completa  chacun  à  teur  manière,  dijfèrenls  de 
nature^  de  rt^dadion,  deforme  et  de  portée  *.  Il  Sillabo,  cel  die© 
la  parola  stessa,  è  une  nomenclature  $mis  forme  nxi.omali<imt 
dcs  principales  proposttions  plus  oti  rooins  répréhensibles  et 
captieuses...  Pas  d'en-iéie  épìstoìaire,  pas  de  signature^  pas  de 
formule  exptidie  et  concluanfe'.  Conaultato  ì  principii  teolo- 
gici, prosegue;  alla  loro  luce  scorgerete  che  il  Sillabo  non  pre- 
senta ni  le  caradère^  ni  le  bui,  ni  la  portée  d'una  bolla*;  noD 
rincontrerete  in  f-sso  pa»  une  seule  condamnatio»  prMise^  pO' 
sitive,  direct,  pas  une  seule  note  thmlogigue\S'ìQUiìià&  UM 
ìmona  volta:  qui  non  si  tratta  d^une  dèjimlion  dogmatiqite  d'^au^ 
-cajie  sorte  *. 

Non  sappiamo  l'impressione  che  riceverà  il  lettore  net  segniro 
l'autore  in  tutto  quello  che  noi  abbiamo  qui  breTemente  riepi- 
logato; a  noi  per  corto  l'ha  fatta  varia  e  roen  buona.  Ci  vuol 
del  bello  e  del  buono  per  arrivaro  a  capire  che  cosa  viglia  dire, 
affermare,  proporre:  quindi  la  difficoltfk  di  netterò  tutte  e  sìngola 
le  cose  che  pur  andrebbero  notate,  e  che  cosi  come  stanno  non 
possono  passare.  È  un  contìnuo  parlare  indeciso,  inesatto,  con- 
fuso, improprio  e,  se  vuoisi,  anche  poco  coerente.  Non  vorremmo 
passare  per  eccessivi:  ma  cho  risponderebbe,  di  grafia  al  su» 
lettore  il  Bosseboeuf,  se  egli  trovasse  un  po' difficile  accordare 
insieme  quanto  i^  molto  bene  scritto  a  pag.  121  ':  h  catholique 
tloil  d'ahord  Vembrasser  (cioè  il  Sillabo)  comme  oeuvre  do  /w- 


•  ]'af!.  60,  vedi  ancbe  pa^.  117- 

*  Pn?.  67.  —  *  Pair.  llu.  —  *  Pay.  117.  —  '  Pag.  U7. 
'  Vedasi  .niclie  pagf-  6",  120. 


SUL   «  StLLABO  k 


107 


mière,  di  direction,  avec  une  volont**  cbéissante  et  croi/ante;  eoa 
quelle  altre  a  pag.  117  ':  c'est  done  exagérer  oh  ignorer  ia 
ttature  de  ce  docnment  (jne  rfVii  i^ouloir  /aìre  aoee  eertains 
iibriiS'pHnseurs  <  la  regie  suprtiiitì  et  dorriière  dos  oonacienoes 
catholiques?  >  0  che  s'ingannerebba  forse  chi  considerasse  e  ri- 
toneese  come  vera  regota  della  sua  coscienza,  quella  che  dee 
ammettersi  comme  oeuvre  de  lumière^  de  direction?  Qomii  pò- 
trebbe  al  contrario  persuadersi  che  pel  signor  Abbate  le  due 
parole  del  secondo  testo  supreme  et  damiere  costituiscano  co- 
tanta  dìFferenza  dal  primo,  che  d^bba  ammettersi  l' uno  e  rigettar 
Taltro?  Dovrebbe  forse  il  lettore  supporre  che  pel  Bosseboenf 
iiQ  vetivrc  ile  lumière,  de  dire-'iion^  elio  venga  dal  Papa,  qui 
tUi  hatit  de  la  colline  rotnaine  rappelU  au  monde  le^  choses 
necessaires,  fondwmntales  '»  manchi  del  visto,  come  suol  dirsi, 
di  qualche  altra  autorità  dì  quaggii\,  per  cui  non  possa  aversi 
oame  suprème  et  dernière?  Cif>  non  ^li  farebbe  guari  onoro.  Altro 
adunque  non  gli  rimarrebbe  che  considerare  questo  due  parole 
intese  in  riguardo  al  grado  supremo  ed  ultimo  di  censura,  qual 
i  quolla  d'eresia.  Ma  come  imina<;inare  che  il  Bosseboenf  creda 
the  la  spina,  la  quale  punge  il  cuore  dei  liberi  pensatori,  sia 
proprio  il  maggiore  o  minor  groilo  dì  censura,  una  volta  che  essi 
appunto  della  cosa  non  vogliono  sapere,  fosse  pur  la  meìxoma  tra 
le  censure  annessavi? 

E  qui  eccoti  un  altro  imbarazzo.  A  pag.  66  vengono  confusi 
insieme  Mons.  de  Ségur  e  Paul  Berti  Ammosso  pure  che  qnegli 
tsagerasae  nello  stabilire  il  grado  di  censura  dovuto  a  ciascuna 
proposizione;  certo  che  Paul  Bert  non  si  cura  di  ciò;  ma  sì 
per  le  dottriìie  del  Sìllabo  egli  dista  d'un  immenso  tratto  da 
Xons.  de  S6gur.  Ora  come  congiungere  ìnsiemo  due  locuzioni, 
che  al  tuttf)  sì  dtfferoazìano  per  riguardo  alla  sostanza  di  ciò, 

'  V<(U»  pure  («lin;.  66.  I  !  *. 

«  Pa?.  1  U. 

■  lei  «ticorf,  ih  ti  lideblil  marctionl  <1n  concetl  avcc  lis  mnttn?i  Aa  radicali- 
Mar.  T«l  iWpiil^  faiwni  *fi  (Wcijnnt  il  In  trilmnc.  i|Uf  le  .5yWV>i«  «t  paroh 
ncrée,  qui  fait  PìÌ  et  loÌ  infailUhU,  qa'psl-il  atilre  tìllft»fi  que  l'écho  di!  ces  jki- 
Kia  ifni)  puli1icÌ«U>  oatli<>Ii<]ij«:  e- ai  Votacht,  le  credo,  ìt  Kymdolt  de  font  ehré- 
ffan,  prArt  ou  inmpìe  fiiQk. 


168  vs  tivovo  usuo 

ft  che  esse  sì  riferiscono?  Altro  è  cho  ogni  fedele  deve  ammet* 
iere  il  SìlUbo,  o  non  sì  dt^ve  scostare  da  veruuu  delle  proposi- 
ùoui  dì  cui  esso  ò  composti),  altro  ò  cht)  a  ciò  sia  tenuto  sotto 
uno  e  stes-iu  peua  o  cetisura.  Questa  seconda  ò  ((uestioiift  per 
così  dire  domestica,  futta  da  Teologi,  toccata  dallo  slesso  Bo8Sft> 
boeuf,  nella  quale  si  puf»  pensare  dirersamente  seuxa  incorrere 
nella  taccia  i' imprestare  le  parole  ad  uu  Paul  Bert,  il  quale 
ci  rimprovera  che  noi  S€gì4ia»t'j  il  Sillabo  come  legge,  o  non 
ooDSidera  i  gradì  di  censura,  nò  la  pena,  nella  naalù  eadi-emmo 
non  seguendo  detta  legge.  K  quando  Paul  Bcrt  ci  fa  prussa  con 
quel  suo  loi  infaillible,  non  dubbi;u»o  rulrocedore  d'un  milli- 
metro. Infallibile,  si!  II  Papa  anche  Infliggendo  una  censura 
i»/eri<»-g  a  quella  dVe/iVaè  infallibile;  ed  è  veramente  mirabile 
ehe  il  nostre  Abbate  creda  infetta  di  radicalismo  una  proposizione 
ehe  deve  essere  ammessa  da  ogni  cattolico. 

Ma  ritorniamo  sul  tratto  che  stavamo  esaminaodo.  Il  fedele 
deVH  ammattere  il  SÌll;bbo  aveo  une  volante  obéissanle  et  croijanU 
(p.  121);  verissimo!  il  lettore  però  non  potrà  non  esilaro  ricor- 
dandosi che  a  pag.  117  è  stato  scritto  che  nel  Sillabo  non  si 
tratta  d'une  dejinition  dogmatìque  4'i.iiciine  sobte.  So  ciò  è  vero, 
non  è  fuor  di  luogo  esigere  la  f&k'ì  Ne  il  signor  Abbate  po- 
trebbe rispondere,  che  ciò  ò  detto  in  conseguenza  all'aver  di» 
mostrato  che  il  Sillabo  non  ò  identico  alI'Kuciclica  Quatiia  cura. 
Ma,  era  ciò  nocussario?  Darebbe  l'animo  al  Bosseboeuf  di  soste- 
nere che  ove  un  documento  non  abbia  forma  d'una  Bolla,  d'uà 
Breve,  d' un'  Enciclica,  non  può  contenere  una  definizione  dom- 
matica  di  veruna  sorta?  N'on  Io  possiamo  supporre.  E  poi?  Non 
si  tratterebbe  qui  di  sapere  in  forza  di  quale  raziocinio  sia 
stata  posta  quella  brutta  atfermaKione;  ù  un  fatto  ebe  b  stata 
scrìtta,  e  colla  qualu  non  si  può  cupii'o  qiiul  croyant-e.  Lasciamo 
le  altre  osi^rvazioni  che  il  lettore  potrebbe  faro  simigliauti  alte 
precedenti:  p.  e.  a  pag.  117  è  scritto  molto  bene  che  il  Sillabo 
nesi  en  quelque  sorte  qu'une  tahh  dcs  matières,  une  nomen- 
clature par  ordre  des  censitres  docirìnales  p&rtées  par  les 
DorJeurs,  ìes  Concìles^  et  les  Papes  depuis  plus  de  quime 
siècles.  Il  ren/erme  en  ttubsiance  lk8  propositeoss  signalées  OH 


SUL   <  SILLARO  >  109 

ttnacvéta  par  les  Princes  df,  la  Science  iìièoìogique,  d'Àugu- 
fJin  à  fìossuety  —  par  hs  Coìiciles.  de  }iicde  à  Trente^  — 
par  les  Pape»,  de  Dnmasc  à  Pu--  IX.  Dopo  lutto  ciò  TÌenfi  a 
parìar  del  suo  raloro'.  Qnalo  sar^  mai  la  conclusione?  Eccola: 
Dan»  le  Syllabua  pis  use  seule  cosoaks,vtios  précise,  posìiive, 
direete...;  neppar  l'ombra  dUim  d'^Jinition  dotpttatiqtie  rf'AiHjusi 
i«Bn(p.  117)! 

4'  Le  Sìflhbus  est-U  un  acie  ex  cathedra?  —  Giudizio  su  di 
ciò  del  fì'mseboeitf. 

NtiD  ti  questo  il  luogo  di  tratUro  una  qui^stione  si  delicata: 
pertanto  ci  lìmit«riìino  a  riferire  e  giudicare  la  risposta  data  dal 
Boawboeaf  alla  questione,  e  a  vedere  se,  ove  pur  taluno  rimiri 
la  cosa  sotto  quel  punto  di  vistix,  nel  quale  egli  la  riguarda, 
possaoo  giustificarsi  le  parole  da  noi  testò  messe  a  riscontro  con 
altrt)  espressioni  del  medesimo. 

Le  Syllabus  estil  un  ade  ex  cathedra,  c'est-à-dire  ttn  do- 
cumeiif  Olì  le  souv^aìn  Ponti/e  parie  lui-mème,  d'une  fa^on 
àutb'^ntique,  à  VÉglise  unìverselle  sur  une  matière  qui  soit 
oheAument  et  intégrahment  Tobjet  de  son  in/aìllibUité  dodri* 
Mie  '?  Alcuni  rispondono  affermando';  il  nostro  Abbate  la  sente 
tìversamento  \  e  motte  sonz'  altro  mano  alle  prove  contro  la 
Molenda  alTermativa,  dichiarando  di  voler  insistere  sur  la  forme 
tìie  deve  avere  un  tale  atto,  perchè  la  lumière  soìl  complète  \ 
Quindi,  per  dirla  in  breve,  crede  dì  provare  che  nel  Sìllabo: 
—  non  è  il  Paini  che  parla;  —  non  v'ha  siijmiturei  —  manca 
U  neiteté  d'expression  et  d'intenlìo'i'^;  —  affinchè  sappiamo 
doode  esso  venga,  fa  di  mestieri  ricorrere  ad  uua  lettera  del 
C»rd.  Antonelli,  la  quale  mi;  saurait  en  modijier  la  nature^  le 
earactère,  et  les  ejfets  '. 

Per  determinar  buae  lo  stato  della  questione  e  dare  il  giusto 


*hg.  1l&-«Pa!t.  117. 

*  Lk.  cit.  Alcuni!  Tim  cy<vi  luUo  l'EpìKOpalo  callolico,  il  i|iialc  uppìamo  molla 
Ine  «Hw!  Ita  aec«lLaio  II  Silinbo. 

'  Piy.  118.  —  •  Lnc.  cil.  —  •  PaRg.  H9,  120.  VeJusi  ancJie  pag.  67. 
'  Pajr.  1 19. 


170  VS   NltOVO  tlBBO 

poso  a  ciascuna,  cosa,  preghiamo  il  lettore  del  libro  del  signor 
BoflStìboeiif  di  porre  mente  alle  seguenti  distinzioni.  —  Altri 
cosa  è  la  propoatHt  V  invio  o  la  trasmissione  del  Sillabo,  ed 
altra  ò  il  Sillabo  stesso:  quindi  il  trattare  del  carattere  della 
proposta  del  Sillabo  vuoisi  dire  diverso  dal  parlare  del  carattere 
del  Sillabo  stesso.  Gli  è  pure  sommamonto  neccs3ario  uuo  con- 
fondere r  atti)  con  cui  sì  raccolsero  insients  le  proposizioni  del 
Sìllabo,  e  le  proposizioni  raccolte  ovvero  la  raccolta  o  collezione 
delle  proposizioni  ;  che  la  collezione^  come  tale,  astrae,  né  dice 
alcun  che,  sia  in  più  sia  in  meno,  diverso  dalle  cose  raccolta  e 
riunite. 

Ci6  posto,  noi  crediamo  non  andare  errati  affermando  che,  qua- 
lunque dei  membri  sopra  esposti  si  riguardi,  il  signor  Abbate 
non  potr^  gìustilìcare  quanto  lisserisce  sul  valore  dommutico  dot 
Sillabo. 

I.  Consideriamo  il  carattere  deirmtn'o  del  Sillabo  '.  ^— 
EsBo  è  /aito  dal  Papa,  sebbene  annunziato  o  fatto  conoscere 

'  Ecco  per  iiilero  la  ien^n  dftl  Cani.  Anionelli. 

«  Ul.mf^  iic  Itpv.mp  nomina 
■  Snnclìssimu^  Uomìuus  No^ur  i'ius  l\.  Ponlirpi  Maximus,  ileanìninrmn  talute 
K  de  senn  doctrina  maiiim  sollìcito*,  vd  nb  ipm  sui  Pontitlenlu^  norrlio  nnnitWHn 
desUUl  sui!  ICpUloIif  IJicyclìcis,  et  Allw^ulionibus  in  Concistwia  habilis,  d  Apono- 
licis  sliis  Lillcris  in  vnlfius  edilis  pnwipuos  liaius  pracscriìm  infHii-Usifo«  acliiUs 
errores,  ai:  iaì^K  iJociriias  prose rifM-nr  et  dimnare,  (Jum  aulem  forte  evenire  po- 
tu^rìt.  Dt  iMinlii  hn«c  l'f^mlficia  \cl3  ad  Sln|;uf<Kc  Ordìnarìos  minitiii*  pf^nrnpnoi: 
iilcinio  idfiii  ijuaimus  l'oatìlex  toliiit,  ut  eorumUeai  errorum  Srllabw  ad  ODines  lul- 
verai  cuiholicl  orbis  SBcrornm  Anlìfititcs  mìttcndusconflccri^iur,  ffuo  iitlcjn  AiitisUla 
(Wte  ociilì.s  liabiTc  [loMinl  omnp^  pnoiT^  «e  pRniiciitw»  doctrinas,  i]u.ie  :ib  ipvt  n- 
pmliniiie  .ir  prfl'iTtpiae  sunt.  Mihi  vero  in  mundnti^  dalil.  lU  hanc  Svlhbuni  tvfi» 
ediiuDi  ad  le,  lILnie  ac  Itev.mc  Domiiie^.  perrereuduin  cnnirpin  hai;  cH:cii5toii«  ac  Irtn- 
-  pore,  qaa  idem  Poniirei  Maxiinus,  prò  rumina  sun  de  i:iiiho]ic»r  FxcIpsìsc  >c  univa 
Dominici  gresis  slln  divinili^  coiiimi»!  incolumi  Ut?  ac  bono,  mollici  lud  ine,  aliam 
EocATlic-ìm  Ppi^irìlnm  ad  cunciQ<  cnihotirnfl  Sacronim  AntÌ«tìlM  scribi'ndam  rrmiilt. 
Eiiwlcin  igimr  l'oDtitids  iuwa  onini  citU*  al.icnl.ite  et,  «li  par  «l,  uW-juio  elfi- 
ciens,  libi,  IlLme  <!t  ltev.inc!  fì<vijne,  t'uindrin  SvUaibiiin  liis  liiinris  ailiniictnm  inil- 
Itifj  pi-op«ro.  Duin  («ro  ol»«qucnli»ij»ì  me  In  le  animi  s«ii9tr)  ti.«lari  ci  coiilìnnare 
TfbpmE'ntnr  gamleo,  tanna  omni»  el  saUillirìii  Tllii  a  Pco  O[iiimo  Mn\imo  e\  conte 
ajipiruoc 

<  nominntioni»  Tuae,  lllme  ne  Rev.mc 

<  Roinn.-  die  8  .lecembris  mi  .  Addictmus  Ser^ 

<  I.  Card.  ANTUKEtxi 


SUL   «  SILtADO  >  171 

ds  ua  MÌDlstro,  che  ministerìalifer  promulffam  attesta  aateo- 
ticameutie  che  è  raandAto  ilal  Santo  Padre.  XoUa  lotterà  è  il 
Xisisiro  il  quale  {KirU  con  parote,  che  con  taittu  T  aiitunticìtà 
riiTt'laDo  e  gli  ordini  del  Sovrano  e  il  pronto  suo  ossequio  nel 
porli  in  csecuxiono.  Epperò  considerato  il  documento  ministeriale 
ai  ricava  esser  dichiarati  anteatìcamente  in  rigaanlo  al  Sillabo 
i  punti  seguenti:  —  1"  la  qualità  di  Pastore  e  Dottore  nel 
FoBteRoe:  Piu^  IX..,  de  animarum  sahtfe  ac  de  sarta  doctrina 
maxime  soUicUm;  —  2' la  n/itura  dell'alto  Pontificio:  num- 
qtiam  destilU  proscribere  or  damnare;  —  3'  la  soienttiià  di 
tal  atto:  suis  Epistolis  encydicis  et  AUocutionibtts  in  Con- 
cistorio hahiiis  et  Apostolicis  aliis  lilteris;  —  4"  T  Of/getto 
del  medesimo:  etrores  ac  falsas  doctrinas;  —  5"  Vatto  del 
neeoglìere  insieme  le  80  proposizioni:  volnìt...  conjiceretur ;  — 
6' la  natura  dell'elenco  o  collezione:  eonimdem  errorumsijl- 
labus;  —  7°  la  Chiesa  universale  alla  qnale  era  diretto:  ad 
omnes  universi  calhotici  orbis  Saornrum  Antistites;  —  8"  il 
fine  per  mi  il  Papa  mandava  ÌI  Sillabo:  quo...  prae  vculis 
fciterff  passini  omnes  errores  ac  perniciosas  d-odrinas  ;  — 
9"  quagli  nhe  condanna:  ab  ipso  reproMae  ac  prosr.ripiae  ;  — 
IO  quegli  cììQ  Tnandaoa  il  Sillabo:  in  mandatis  dedit  ut  hunc 
•St(Uaò»m...  perferendum  curarem. 

Da  tutto  ciò  non  abbiamo  che  a  conchiudoro  esprimendo  il  no- 
stro pensiero  così:  Consideralo  V  invio  fatto  per  mezzo  del  Car- 
diaal'j  Antonolli,  consta  con  certoKzii  ed  autenticitìi  che  il  Sìllabo 
I?  OD  documento  in  cui  lo  sti^sso  -Sommo  Pontefice,  dirigendosi 
alla  Chiesa  Universale,  parla  come  Pastore  e  Dottore  de' fedeli 
i  condanna,  riprova,  proscrive  gli  errori  e  le  perniciose  dottrine 
de'nostri  tristissimi  tempi.  Dunque  c<msidi.'rato  V invio  del  Sil- 
labo non  può  iu  verna  modo,  a  nostro  credere,  giustiricarsi  il 
BBgare  che  il  Bossehoeiif  fa  che  il  Sillabo  sia  un  dopumeni  oìt  le 
99ttverain  Ponlife  parie  tui-mSrne,  d^une  fa^on  autì^entìqut  à 
i'Eglìse  miiverselle  &ur  une  maiière  qui  soit  ahnolument  et 
^f-'gralement  Vobjet  de  son  in/aillibìHt'^  dodrìnale.  Non  po9- 
^ustificarsi  le  affermazioni:  —  che  nel  Sillabo  non  ci  sìa 
iK/UU'd'expression  et  d'inUntion  (p.  120);  — che  non  v'abbia 


m 


D»  HI 


■pas  HM  seule  cùndanitiation  prhìse,  positive,  direeie  (p.  117); 

—  cho  Doa  si  tratti  d'une  d''JinUion  dogmaiiqxte  d^ aucune  sorU 
(p.  117);  —  che  il  nostro  rispetto  pel  Sillabo  devo  essere  dif- 
férent  de  celui  tenu  à  Vt'gard  des  (hcumenls  ex  cathedra 
(p.  120);  —  che  il  Papa  noi  Sillabo  non  putrii  egli  stesso  (p.  1 19); 

—  cho  U  Papa  a  entendu  8£tn.UEXT  sionilbs  (une  proposition) 
ailktirs  comme  caplieuse,  obscure  et  éqitivotfue  (p.  121);  —  che 
i  cosa  da  Uberi  pensatori  faro  di  tal  documeuto  la  règie  sh- 
prème  et  dertùère  des  cottsciences  catholiqttes  (p.  117).  Non 
sappiamo  ounprmidiìre  cuino  il  nostro  Abbate,  che  pur  atea  ri- 
petatamontt)  promosso  di  procedere  con  molta  critica,  arando  la 
lettera  del  Cardinale  Antonolli  non  v'abbia  saputo  leggere  altro 
che  e  il  riunire  le  SO  proposizioni  in  un  elenco  era  stAto  fatto 
per  ordine  dei  Papa  »  '.  £  tutto  il  resto?  Eppure  questo  era  quello 
che  importava  per  la  questione  del  Bosseboeuf  o  per  le  affer- 
mazioui  che  pone.  Come  mai  non  ha  saputo  leggerci  che  il  Sillabo 
è  un  elenco  di  condamie  di  errori^  di  false  e  perniciose  dot' 
trine:  oppure  che  è  un  elenco  di  proposizioni  condannate,  di 
errori.  Ai  falsf.  e  perniciose  ilotlriue  riprovati  e  proscritti  dallo 
stesso  Sommo  Poutufice,  qual  Dottore  e  Pastore  della  Chiusa?  Se 
citt,  ripetiamo,  v'avesse  lutto,  si  sarebbe  ben  guardato  dallo  seri* 
verae  in  quella  maniera,  se  non  altro  per  non  mettersi  in  aperta 
oontradizione  olla  lettera  doE  Card.  Aritonelli,  u  quindi  anche 
col  giudL7.io  dello  stesso  Pio  IX  espresso  nella  mede.sinm  auten- 
ticamente dal  suo  Ministro. 

II.  Passiamo  ora  a  vedere  che  debba  dirsi  delle  medesime 
frasi  considerate  per  rispetto  al  carattere  del  Sillabo  ste^&o. 
Prima  d'ogni  altro  per^  fiicciamo  d'iatt-uderci  bene:  U  Bossc- 
boouf  vuole  parlare  della  forma  (p.  US)  d»;!  Sillabo,  d'una 
certa  auiitenlicité  propre^  intrìnsèque  (p.  119);  dell'unii  e  del- 
l'altra manca  il  Sillabo,  quindi  afferma  quanto  abbiamo  visto. 
Pas  d'en-tUe  épistolaire,  pas  de  signature  (pp.  G7,  119),  DOU 
v'ò  aggiuuta  aucune  note  ni  àchacune,  ni  à  l'enseini/le  (des 
propositions)  (p.  102).  Non  vi  sembra  con  ci*  provato  ad  evi- 
denza che  il  Sillabo  non  è  un  documeuto  dommatioo?  L'argo- 

*ft.g.  67. 


*  Srt  SILLABO  *  173 

mento  per  noi  ha  qudstx)  solo  difutto,  che  la  cosclusionò  non  é 
euitenuU  nelle  premessa,  e  che  lotius  pakt.  Molte  sarebbero  le 
cose  che,  riguardo  a  quanto  sì  richiede  purché  un  documento  sia 
dominatici},  ìl  nostro  Abbate  atfornia  cou  iuesaUo^vza:  il  notarle 
ad  una  ad  una  ci  porterebbe  truppo  ìu  lun^'o.  Quel  poco  che 
diremo  varrà  altiieac  a  persuadere  il  lettor»  di  attingere  da  altre 
fonti  dottrine  più  esatte  e  più  sicure. 

1"  Quando  il  signor  Abbate  dico  di  Tolere  insisier  sur  la 
fornii  gite  doit  présenter  Vacte  doctrinal  (p.  118),  perchè  si 
Tersa  chiaro  se  il  Sillabo  ò  documento  dommatiw;  di  qunl/orwa 
iDt'-ade  parlwrtì?  Affé,  che  per  dedurrL^  iiualche  cosa  della  rnarictnza 
iiiVen-téfe  ep'sfolaìre  e  della signattt-ie,  bisognerebbe  confondere 
dae  cose  molto  ben  distinte  fra  loro;  vugliam  dire  ciò  che  sì  ri- 
ehlede  perchè  un  documento  »i't  domtnaticoy  e  ciò  che  è  necessario 
l'—'iiè  un  (loeumettio  dommatko  abbia  foriìm.  di  Bolla,  Brere, 
Liuiclka,  Letica  apostolica  ecc.  Il  Bosseboeuf  si  sentirtìbbe 
fvnò  r  animo  di  sostenere  che  non  vi  può  esser  documeuto  dom- 
natioo,  se  non  sotto  una  dì  queste  forme?  A'orii...  easentialis  est 
forma  aliqua  diterminat<i,  dice  il  Card.  tVanzelin,  quam  Ponti- 
fa  adhibere  debeat  ad  ha'-ìc  suam  volunialeni  mani/esi-atidam. 
Qttamvis  enim  sinf.  modi  aliqui  solemneSy  qui  ex  se^se  expri- 
munt  locutionem  ex  cathedra,  et  quibas  proinde  Ponti/ex  num- 
fiam  uiitur  nini  loquendo  ex  cathedra,  cunismodi  sutit  Bullae 
'loginaticae  :  haec  fa men  forma  non  est  essenttalìs  et  exclttsiva, 
ita,  ut  sine  illa  Ponti/ex  tamquam  omptium  ChriMianorum 
Pa&lor  ei  iJoclor  definire  dodrinam  d-e  fide  vel  tnoribas  ab 
ttnii^ersa  Ecclesia  tenendam^  eique  opposHos  errores  eodem  hoc 
modo  damnare,  atque  fianc  suam  voluntaiem  mani/esiam  rtd- 
d(re  non  /tossii  ', 

'  Ite  Divirut  Traditione.  SecL  I,  Th.  XII..  Scliolion  I.  Corali,  d).  —  CniWM) 
ir  hoc  wl  t7i'«  pffrtirutari  formt  niliil  cunniliim  «w,  modo  eerto  nt  pubìico 
bL'<P»o  wignn  tannut  PoniilKcm  velie  Univprsani  Kcclpsiam  allofini  el  docprc  Miir^ 
ni  Ile  I'VI<'»Ì-i  Ctimli  llt>p.  XX.  Si-'cl,  II,  u.  I  15.  —  VeJjsi  eiiimlio  il  dotliwìmn 
t<-JiiAla  dH  l'almWi.  \\f,  ItnHAVO  l'oNripinf;  Th.  \\\l,  n.  I.  Qtiid  nmplins  potici 
*»i>t<irari7  ui  ut  ileiermìnutur  specialis  modw,  i]iiu  Itnmiiiiis  PdikìCim  drilinìai 
telrinam  irncoilim  ab  nrtiv^nn  KccI^mh,  r|iin  arJliibìln  pìuk  ttorinilio  cKiiseiida  .''il 
B     afilliliilb,  i|a-i  non  ailhiliito  llct:al  non  Uilctii  emn  aniscrc  ?  Vcrain  l't  iil  neccse 


174 


ti.**  ^UOVO   UDRÒ 


2"  Ma  v'  ha  im  altra  confusione,  e  consista  nello  scambiare 
la  questione  se  il  Sillabo  abbia  valore  domiuatlco,  con  TalUa 
ben  diversa  donde  consti  che  esso  sia  tale.  Per  questo  al  re 
dere  che  oè  al  principio  né  alla  fine  dell* elenco  delle  SO  pro- 
posizioni condannate  v'è  Piu^  Papa  IX  (p.  66-67X  il  sìg.  Ab- 
bate vorrebbe  couchiudere  che  manchi  quivi  la  marque  proj/re 
et  persoHueUc  da  Maitre  (p.  119).  No,  non  fa  dunpo  che  cìA 
consti  dallu  forma  speciale  del  Sillabo  stesso,  che  ò  quella  di 
irn  elenco.  Vi  sono  altri  mìqzaì  onde  venire  con  certoziui  a  tal 
cognizione.  Ma  la  lettera  de!  Card.  Antonelli,  secondo  lui  (p.  1 1 9), 
è  nn  documento  estrinseco...  Lm  concediamo  di  buon  gnido,  ma 
essa  non  comtifuiiìce  dommatico  il  Sillabo,  solamente  con  tutta 
l'autenticità  Io  fa  conoscere  tale.  Quindi  non  è  essa  che  dà  al 
nostro  duciiinentu  la  marffjw  intrinsèque  et  ptrsonnelle  dn 
.Vaiire,  ma  attestando  che  essa  v*è  la  fa  conoscere  in  modo 
Cèrto,  autentico  a  tutti  i  fedeli.  In  altri  termini,  la  lettera  del 
Cardinale  è  documento  estrinseco,  se  si  riguarda  ciò  che  deve 
costituire  dammatico  l'atto  dottrinale  ;  non  è  estrinseco  ove  si 
cvDsideri  il  mezzo  con  cui  nutenticamente  iv  fa  palese  che  osse 
è  tale.  Eppori\  la  poca  auc(>rtf7./>:i  nel  soggiungere  che  essa  let- 
tera non  sarebbe  capace  dì  modijier  la  nalure,  le  caraetère 
et  ks  e^/fets  del  Sìllabo  '.  Setorqueo  argumeittum^  direbbero  i 
li'gici  :  appunto  purché  quella  lettera  ti  tate,  a  lui  non  serve  nulla 
vuoi  per  argoiuentaro  in  riguardo  al  valore  del  Sillabo,  vuoi  a  sta- 
bilire le  sue  assQVKÌoni,  e  pid  ancora  non  vale  a  menoinurno 
d'un  apice  il  valore  dommatico:  come  non  lo  accresce,  così  non 
II)  diminuisce,  proprid  perchè  {\  documento  estrìnseco. 

3'  Ma,  è  poi  vero  che  dal  Sillabo  stesso  non  si  possa  ri- 
cavar nulla?  Non  v'  è  forse  a  modo  d' intesta/àone  quel  che  solo 
C'uupete  alla  forma  di  un  elenco,  vogliam  dire:  Sijllabus  cottf 
plectem  nostra^  aei<ttÌH  errores  qui  notantur  in  AUoeutioni- 
buit  Conci.tforiiililììis,  in  Enr^cUcis  alii.iqiie  Aposiollcìs  lUtcris 
Sandissimi  Domini  Xost'i  Pii  Papae  /A'i^  Donde  evidonte- 

|wr  !«  non  esi  ()ro  cm'Io  cmtcÌIìd  oaiusqiiL-  nacLoriliilts  staltivit-.,.  E  coochiurl?  cQ* 
rendo,  che  »  piir  un  Ini  iikkIo  s'aves»^  a  dL>tcriniDaro,  Auttu  rti  dekrmiHntio  ipti 
(l'ontillci)  rnuii5U!i  rtUnqvtniia  tat. 
•  Vai-  119. 


SOL   «  SILLABO  •  t75 

laenttì  si  rieara  che  il  Sillabo  è  an  elenco  di  errori  condannati^ 
ffdi  cofulanne  d'errori,  fatU;  in  Encicliche,  eoe.  Sogginngerassi, 
non  è  il  Papa  che  lo  dice:  lo  ©incediamo:  che  se  ne  conchiu- 
dem  pertanto?  Foree  che  noi  Sillabo  non  è  il  Pupa  che  parli, 
che  condanni?  Oh.  il  gran  salto!  Tutto  si  ridurrebbe  a  qiifStiK 
il  Sillabo  non  è  documento  domraatico.  perchè  non  ce  lo  die©  il 
Papa  stesso.  Infatti  dov'è  che  il  Papa,  trattindosi  d'una  con- 
danna ex  cathedra,  deve  parlare?  Per  certo,  là  dove  condanna. 
Or  bene,  dove  è  che  il  Papa  condanna?  Forse  nuli' intestazione 
dell'Elenco?  no,  ma  nelle  singole  proposixioni  di  esso*,  dunque 
perchè  l'elenco  di  quelle  sìa  documento  dommatìco,  si  rìchie* 
dvrà  che  il  Papa  parli  nelle  singole  proposi-^ioni.  Ora,  doman- 
diamo, Don  ò  in  verità  lo  stesso  Pio  IX  che  parla  nelle  pro- 
posizioni del  Sillabo?  Dunque  non  si  richiede  che  il  Papa  parli 
iwirintestazione  del  Sillabo,  perchè  parli  o  condanni  nelle  prò- 
pusizioni  contenute  in  esso.  Dunque,  avvegnaché  nell'intostaziono 
(che  appartiene  ad  una  della  varie  forme,  diroimi  così,  {'.dcrinri 
che  può  presentare  nu  documento  che  è  dommatico)  non  sia  il 
Papa  che  parli,  non  resta  menomato  d'un  apice  il  valore  dom- 
n&tioo  del  Sìllabo. 

Ha  e  perchè  dovrebbe,  secondo  il  Bosseboeiif,  essere  il  Papa 
eh9  nell'intestazione  parli  solennemente?  Forse  perchè  quel- 
l'elenco di  orrori  sia  documento  dommatico,  ovvero  per  definire 
il  Sillabo  è  un  elenco  di  errori?  Per  il  primo  basta  che  mi 
isti  cortamente  ed  autenticamente  (benché  non  in/aUibiÌntente\ 
le  qnanto  è  contenuto  nel  Sillabo  è  condanna  fattj;  dal  Papa 
ttasso  come  Dottore  de'  fedeli  ecc.  Altro  è  che  sia  dichiarato 
solennemente  il  valore  dommatico  del  Sillabo,  altro  è  che  il 
Sillabo  abbia  valore  dommatìco;  come  pure  altro  è  che,  affinchè 
io  sia  tenuto  ad  ammettere  ii  Sillabo  come  atto  dommatico.  debba 
con  ctìrUiz/Ài  conoscere  in  qualche  tnndo  che  è  atto  dommation, 
altro,  che  debba  conoscerlo  in  guesto  determinato  modo,  cioè  per 
dichiarazione  solenne  dalla  bocca  dell' istesso  Pontefice. 

E  qui  chiaramente  apparisce  l'abbaglio  preso  dal  Bosaeboeuf, 
_qiiando  pnr  trattandosi  di  un  elenco  vuol  argomoutare  dalla  man- 
za dell' f»-/é(c  épistolaire,  e  della  signature.  S'è  messo  a 


176  UH   «covo   UBRO 

riguardar  la  cosa  sotto  d'un  punt'>  sbagliati  e  fUso.  Dnu  è  quindi 
merariglia  che  noo  abbia  no' suoi  riixi^KÌaìi  olt»  uòÌ  sogno.  Xè 
r  iniostaziono,  od  In  (Irma  appartengono  a  qiiolla  speciale  forma, 
che  è  propria  djl  docuindnto  ia  i^iiiìstioad:  v'è  l'equi  raion  te.  Tal 
a  dire  il  fitofo,  e  rindicazione  del  documootfl  da  cui  fu  Ulta 
ciiwcuna  proposizione,  ed  è  quanto  comporta  la  forina  speciale, 
sotto  laqnaie  Pio  IX  volle  presentare  ai  feddi  il  Sillabu.  Qaindi 
possiain  dire  con  tutta  verità  cho  dall'elenco  stesso  ci  consta 
impli'ife,  che  il  Papa  e  non  altri  in  esso  parli  e  ooodaoni. 
Edall'app'irire  soltanto  imptìcUe  e  non  eziandio  explicite,  nulla 
puossi  ricavare  contro  il  valore  di.il  Sillabo,  j^arrM  l' implìcite 
a  Vexplieite  sì  liforìscc  non  già  a  quel  che  serve  a  costituirlo 
doinmatic*),  sìbbeue  al  mo^zo  per  cui  si  conosca  che  esso  è  tale, 
stioondo  la  distinzione  90|>ra  indicata.  Se  V  intestazione  e  la 
firma  fossero  state  poste  espUcitimente  dal  Papa  stesso,  si  doTM 
per  certo  concbiudure  ohe  il  Sillabo  ò  documento  domniatìoo: 
se  poi  esse  mancano  non  s'ha  diritto  a  dedurne  il  contrario; 
perchè  la  forma,  di  mi  quelli  sono  i  segni,  non  è  la  sola  da 
da  ciii  apparisca  il  valore  dummatìco,  uè  taltiteute  necessaria 
che  non  possa  mancare. 

B  con  ciò  si  risponde  all'altra  osserva^tìone  del  nostro  Abate. 
che  cioè  non  si  scorge  nel  Sillabo  espressa  veruna  nota  uè  alle 
singolo  proiwsixioni,  né  al  tutto  insieme.  Se  Pio  IX  avesse 
«Oggiuato:  noi  condanniamo,..  i;cc.,  tutto  sarebbe  finito.  Vale, 
diciamo,  la  stessa  risposta;  cioè,  che  se  l'tisservi  tale  aggiunta 
gioverebbe  8en/.a  dubbio  per  rafTennativa,  il  non  esservi  non 
vale  nulla  por  la  negativa.  Per  queste  parole  aggiunte  si  sa- 
rebbe condannato  di  bel  nuovo  quanto  era  stato  già  prhna  da 
Pio  IX  ripn>vato,  e  Ìl  quando,  il  dovt.  il  '.'0;«^,  iu  quaì  grado 
Tengono  a  suffit^ionsa  iadicati  nel  Sillabo  stesso,  per  la  cita- 
zione del  documento  da  cui  ciascuna  proposi/iìone  fu  tolta. 

Quindi  è  die  noi  rigettiamo  il  modo  d'opinare  del  signor  Bos- 
seb;>9uf  circa  il  rispetto  che  ogni  fedéle  deve  al  Sillabo.  C'est  un 
respect  médiat  et  relatif,  dice,  qui  dépìssi.>'t  le  Sillabus.  se  ré/ire 
directement  et  JinaUment  aux  d^cìsions  papales,  doni  il  n't^ 
qm  la  tabte,  al  atizquellcs  s'adresae  noire  adiiéston  de  catholi- 


SUL   «- SILLABO  » 


177 


^wes,  parce  qudles  portent  avec  eltes  les  garanties  nécessaires 
it  soìenniU  et  d'duthejìticité  inlrirì!<èque  \  Xoi,  8e?n*^ndo  l'esem- 
f\i3  di-iV  Epìscoixtto  cattolico,  e  rìosegnament»  doi  più  asseti' 
wiii  teologi,  prufussiuiuo  nn  rispetto  imntddiiiio,  cbe>  si  riferisca 
i]  Sillabo  stesso;  perchè  esso  non  t^  altro  che  un  eleoei»  di  errori 
condannali  dal  Santo  Padre  Pio  IX.  e  questo  consta  autentica- 
mente e  con  certexffii.  Che  v'entra  qui  ia  distinzione  accennata 
dAll'autiire?  Egli  ammette  e  professa  venera?!Ìoue  per  le  deci- 
fiboi  Pap:ili;  il  Sillabo  nun  è  che  nn  elenco  di  qneste;  dnnque 
dijTe  esserne  differente  U  rispetto  doruto!  Qnal  conclusionol  Se 
il  (ontenufo  nell'Elenco  non  è  altro  che  un  estratto  dì  decisioìii 
fontifirie  con  quale  logica  si  potrii  negargli  quello  stesHÌHsimo 
risp'tto  che  si  prifes^sa  per  le  suddette  decisioni?  Non  c'ò  via 
dimezzo,  0  disdirsi,  o  contraddirsi,  o  sostenere  falsamr.nte,  che 
quelle  decisioni  papati  cessino  d'esser  tuli  e  mulino  natura  pel 
KDpIice  fatto  d'essere  state  raccolto  insieme  e  presentate  ai  fedeli 
mtto  forma  d'Elenco  per  ordino  od  autorità  del  Papa.  Quindi 
è  che  noi  dichiariamo  insttssistenie  quella  distinzione,  che  perù 
de6«ssere  sconosciuta  ai  fedeli,  come  lo  è  al  felicoraentc  regnante 
lifiiDe  XIII,  il  quale,  tutt*  altro  che  dépassant  le  Syllahiis,  ecco 
(noe  parta  in  una  sua  lettera  data  il  27  luglio  ISSI  a  Mon- 
npor  Dftbert  Vescovo  di  i'eriguiMix;  Gli  insegnamenti  emanati 
alt  (juesia  Sede  Apostolica  e  contenuti  sia  nel  Sillìbo  e  negli 
altri  atti  del  nostro  illustre  Predecessore,  sia  nelle  Xostre 
L^Ure  EncicJichey  /antro  chiaramente  sapere  ai  fedeli  quali 
mnuio  esìKre  i  loro  srntiubnti  e  la  loro  condotta  in  mezzo 
difa  difficoltà  dei  tempi  e  delie  cose;  qui  troveranno  anche 
um  LRfìOB  per  dibidrkr  il  loro  sfiHiTO  «  te  loro  wmn.  E  nell'En- 
pjdica  Immortale  Dei:  Non  absimili  modo  Pius  IX,  ut  sese 
't.'l'ortttnttfjs  dedit,  ex  opinionibus  fahis,  quae  maxime  valere 
|*'^epf**?frt^  ftlures  notavit,  easdemque  posteit  in  tisi:»  cogi  ìussit, 
ut  teilicet  in  tanta  errorum  collwione  haìicreni  cathoUci  ho- 
Biì/i&s,  quon  sinc  offens'one  sequsrentur.  K  nella  lettera  de  ope- 
'"'Iju.'!  sancii  Alpkonsi  Marine  de  Ligorio  (28  agosto  1879):... 
»'  pierae4fue  e  propositionibus  post  saeculum  ix  Stlliso  dau- 


'  PV-  120. 
S»n«  Xtlì.  -^ì.  JI.  /tee,  SflO 


12 


»  apfiU  ISM 


178  UN  nOOTO  tlBRO  SOL  «  SLLADO  > 

NjLTkK...  Alla  luce  di  questi  sovrani  iusegnamenti  si  giudicliì  b 
coQClasione  del  6o3se1)ooaf  :  O'est  dotte  exagérer  ou  ignorer  la 
nature  de  ce  docutnent  (dol  Sìllabo)  quc  d'en  vouloir  Jairt  at« 
certaios  libres-penseiirs  <  ìa  règie  supreme  et  dentière  dts  w»- 
sciences  catholiques  »  '.  Ripetiamo  il  detto  di  sopra;  trattandwi 
d*im  documento  vomito  dalla  Santa  Sede,  sarebbe  ridicolo  il  sop- 
porre  che  le  parole  suprème  et  dernière  sieno  proprio  quelle  che 
rendano  riprovevole  quella  sdnteii:^a. 

Dal  fin  qui  discorso  il  lettore  del  libro  del  signor  Abbate  ne 
conchiuderti che Kgli  di  fattouppartieneallacategorìadicotoroch4 
sono  e»  deQà  du  Stjlla^ms  '.  Coochiudi-rà  che  per  avere  una  giusta 
idea  delle  censure  teologiche  Fa  diiopo  ricorrere  ad  altri  autori. 

Conchiaderi  che  dì  quanto  'dico  in  riguardo  al  valore  M. 
Sìllabo:  Primieramente;  grande  è  la  con/uKione,  non  poca  l'iitf- 
sattezza,  contìnua  Vincerle:' za  e,  per  dir  così,  la  relicenza.  Se 
coudainente,  non  sono  da  approvarsi  le  seguenti  proposizioni: 
I*  Al  Sillabo  manca  rauthenticiifi  propre,  intrinsèque^  d* 
sia  come  lamarqtie  propre  ei  personwUe  du  Maitre*. 

IV  Dans  le  Syllabus  pas  une  seule  condamnaiion  préeU^ 

positive,  directe,  ni  une  définition  dogmatique  d' ancune  sorisK 

III'  La  nature  des  propoaitions  qu'il  (il  Sillabo)  coutieat, 

ne  pennet  pas  cette  assimilation  ^  (vale  a  dire  colP  Eacìclici, 

insieme  alla  quale  veoDe  spedito). 

IV"  C'est  donc  exagèrer  ou  ignorer  la  nature  de  ce  doco- 
mont,  quo  d*en  vouluir  faìro  avec  certains  libres-penseurs  «  la 
règie  Buprètne  et  dernière  des  consciences  cntholigues*. 

Queste  proposi  elioni,  ove  pur  non  suppongasi  che  rAntores'6 
messo  a  parlare  del  valore  dommatico  del  Sillabo  sotto  un /afa) 
punto  di  vista,  e  confondendo  tra  sé  questioni  ben  diverse^  Don 
possono,  a  nostro  giudizio,  suonar  bene  a  chiunque  è  assuehtto 
alla  lettura  del  Sillabo  stesso,  della  lettera  dol  Card.  Antonelli, 
delle  pastorali  dei  Vescovi,  delle  jìarole  del  Homano  Pontejitt, 

•  Cag.  117.-'  Pref.  p.  XII.-»  Pag.  119.  —  *  l-ag.  117.—  '  Pajt.  II". 

*  Hf,.  17.  Si  rìn^lta  altresì  alla  proposizione  pliidicau  a  pa|.  CO  ivgta  M 
Mantri  iIpI  radiea1Ì!iiiH>:  U  St/ÌIahut  est  paroUsttcrée  fjui  failìoi  et  tot  infaiffibtt^ 


I   DERELITTI 


xii. 

Pochi  d:  appresso  &  qiiosUi  scena,  Bruno  obbu  ordine  dal  padre 
fii  mettersi  in  riaggio  per  Amburgo,  ove  chiamavanlo  gì'  ìnte- 
nasi  della  Banca.  Kgli  hon  si  addiedu  ma  ossero  ootesto  viaggio 
cIk  an  pretesto  per  allontanarlo  da  Emma;  ma  stimò  suo  dovere 
ubbidire;  e  scrisse  alla  Marchesa  e  alla  figlia,  rendendole  avri- 
sate  della  sua  partenza,  e  dando  loro  speranza  di  un  pronto  ri- 
torno. Chiudeva  la  lettera  ad  Emma  con  espressioni  di  caldo 
"''■',  e  ani  promessa  che  non  le  avrebbe  per  cosa  del  mondo 
.  •  mai  della  sua  fede. 

Fregavala  inoltre  che  gli  scrìvesse  dì  frciuente  e  indicuvalo 
ti  suo  ÌDdÌrÌ/.i»).  La  partonita  di  Bruno  accon!)  grandemente  la 
M&rdiesa  e  la  figlia;  e  il  loro  rammarico  crebbe  a  dismisura, 
quando  giansero  a  saperne  la  ragione.  Chi  la  Dotifìcò  loro  fu 
ristesse  banchiere  Blando;  il  quale  il  di  appresso  alla  partenza 
del  figlio  scrisse  alta  Marchesa,  dicendole:  —  $&nou  potere  per 
n{,noni  di  famiglia  approvare  le  divisate  nozze  di  Emma  con 
Bnmo  ;  e  però  pregarla  che  ritirasse  a  colui  la  parola  data  e 
stornasse  Emma  da  un  matrimonio  impossibile;  altrimenti  egli 
sarebbesi  veduto  nella  dura  necessità  di  diseredare  il  figlio  e 
cacciarselo  di  casa.  Aver  egli  giti  promussa  la  mano  di  Bruno 
a  nna  ricca  straniera  figlia  dì  un  suo  intimo  amico;  e  non  po- 
tere però  venir  mono  al  preso  impegno. 

Questa  lettera  feTitCrutto  che  il  Blando  desiderava.  Lo  due 
donne  rimasero  sgomente  e  atterrate;  ed  Emma  stessa,  a  cui  do- 
leva airaniaia  di  essere  cagione,  Dio  sa,  dì  quanti  gnai  pel  suo 
Bruno,  scrissegli  che  ore  non  potesse  ottenere  lioeaza  dal  padre, 


180  I  DESiBLim 

abbandonasse  pur  lei  alla  sua  mistìra  aorte,  e  cliiutldra  la  let- 
tera con  qiiuste  generose  espròssiojù:  —  È  grande,  è  immeua)  il 
mio  sacrifì/Jo,  è  tate  che  Dio  solo  può  posarne  il  valore.  Costami 
uno  schianto  di  cuore,  qua!  io  non  ti  saprei  ridire  a  parole;  ma 
pur.  Bruno  mìo,  piuttosto  che  vederti  meco  e  per  me  infelice, 
preferisco  redertl  felice  senza  di  me  — . 

Emma  ba^uò  questa  lettera  di  molte  lacrimo  e  inriuUa  al  suo 
destino.  Fu  la  prima  e  la  sola  lettera  che  non  venisse  intercet- 
tata, avvegnaché  aperta  e  letta  da  un  vecchio  Commesso  di  Banca, 
che  il  Bbhuiju  avea  dato  por  compagno  al  figlio,  con  ordini  se- 
greli  che  lo  tenesse  corto  a  danari  e  impedisse,  il  pìiì  che  [totesse, 
ogni  sua  corri sponden sia  con  Emma  e  con  la  madre  di  lei. 

Non  è  a  dire  il  cordoglio  di  Bruno  al  leggere  quelle  linee; 
par  ravvisando  in  esse  T  espressione  di  un  affetto  sincero,  foi 
e  generoso,  aCFrettossi  a  risponderle  —  stesso  di  buon  Animo;  sé 
nutrire  ferma  spi^ranzià  di  ottenere,  qiiaato  prima,  pLT  le  sospi 
rate  nozze  il  consenso  del  padre.  Frattanto  non  intermettesse 
punto  la  oorrispoiidfjnsa  delle  lettere. 

Scrisse  in  questu  senso  eziandio  alla  Harchesa  per  raffermarla 
nel  suo  proposito,  rammentandole  la  santità  della  promessa  fat- 
tagli innan;ìi  al  partire.  Uà  le  due  lettere  vennero  intercettate 
e  segretamente  spedite  dal  Commesso  al  Banchiere  ;  tenendo  mano 
a  quest;L  tranelliTÌa  un  famiglio,  che  avea  l' incarico  d' impostare 
le  lettere,  e  di  cui  Bruno  non  prendea  sospetto.  Trascorsero  dae 
settimane,  e  qu'isti  non  vedendo  alcuna  missiva  né  della  Mar- 
chesa DÒ  della  liglia,  cordogliavasi  a  morte,  interpretando  questo 
loro  silenzio,  come  una  rinunzia  a  ogni  disegno  dì  noz&e.  Tat* 
tavia  scrisse  loro  di  bai  nuovo,  dolcemente  U^uiudosi  di  oosl 
Inngo  silenzio;  e  acchiusi;  nella  lettera  un  biglietto  di  banca  di 
cinquanta  lire,  ch'era  quid  tutto,  di  cui  allora  poteva  disporre, 
sottraendolo  a'suoi  minuti  piaceri.  Questa  lettera  ebbd  la  aort^ 
delle  altre,  e  andò  a  parare  insieme  col  danaro  nelle  mani  del 
padre.  Fiissavano  intanto  i  giorni  e  le  settimane  in  continua 
aspettativa  di  una  risposta,  la  quale  non  giungeva  mai;  ondS 
Bruno  più  non  dubitando  che  Emma  atterrita  dalle  minacco  del 
Banchiere  neppur  si  ardisse  di  scrivergli,  cadde  in  tanta  malin- 


XII.    LAUBAKDOSO 


181 


Qooii  e  «bbaUimeato  dì  spìrito,  che  cominciò  a  dimagrire  e  a 
stroggersi  sì  che  il  fatto  suo  era  una  pietà. 

Frattanto  le  lettere,  di  cui  parlammo,  Tenut»  alle  mani  del 
padre  lìraou  state  dì  mantice  al  suo  sdegno,  e  avoanlu  infiammato 
vìe  più  nel  propoait»  di  non  lasciare  nulla  intentato  per  soIFucare 
in  caore  al  figlio  un  amore,  che  agli  occhi  suoi  era  riprovevole; 
perchè  ouUocat<.>  in  una  giovane  disoredata  dalla  fortuna.  Però 
ipptgUo3si  a  un  partito,  da  cui  non  che  l'amare  di  un  padre, 
la  stessa  onestà  dell' uomo  rifuggir  dovrebbe;  e  noi  vedremo  in 
segnito  qual  fosse  e  di  quanti  mali  cagione. 

In  questo  mezzo  tempo  Emma,  anch'essa,  non  vedendo  alcuna 
risposta  alla  sua  prima  lettera,  che  più  sopra  accennammo,  av- 
TifiÒ  che  Bnmo  si  fosse  veramente  tolto  gìil  dal  pensiero  di  spo- 
arla;  e  avvegnaché  da  ciò  sentissesi  profondamente  umiliata 
e  col  cuore  trapanato  da  acutissima  doglia,  pur  memoro  della 
lettera  scrittagli  e  del  sacrifu/io  fatto  al  bene  di  lui  e  alla  pace 
della  fomigtìa  Blando,  si  vivea  malinconiosa  sì,  ma  rassegnata 
ilU  sua  sorte. 
■     La  M:irehesa  sua  madre,  venutalo  mono  por  la  partenza  di 
"      '.  rimira  fonte  di  beneficenza,  piìl  non  sap'-a  coma  tirare 
I,    .......  i/.i  la  casa.  Dappoiché  quanto  al  primo  soccorsn  di  duecento 

n  ii;e,  da  lui  ricevuto,  orale  appena  bastato  a  pagare  la  pigione  a 
li  Petronio,  e  la  ricchezza  mobile  all'inesorabile  Fisco,  che  a  niun 
mortai  pagar  perdona  ;  potendo  appena  col  sopravanzo  provve- 
4ènj  di  pane  per  una  quindicina  di  giorui  la  famiglia. 

Ed  ora  stilhivasi  il  cervuUo  a  veder  via  e  modo  da  sopperire 
ftl  mancato  soccorso:  ma  tutto  in  vano;  ehò  la  famiglia  era  ornai 
itile  lunghe  sofferenze  stremata  di  forzo,  e  quindi  impotente  a 
pCQOociarsi  il  piine  col  suo  lavoro,  ha.  Marchesa  infatti  ancor 
fnsca  della  malattìa,  che  aveala  condotta  sali'  orlo  del  sepolcro, 
nat  poteva  accudirò  alle  stesso  faccende  domestiche.  L<t  Rglif^, 
cuntichò  accasciate  anch'esse  e  svigorite,  davanle  mano  in  tutto: 
m  Inro  III)»  S(.)|>nLvan:!ava  nò  tempo  n^  tur;!a  da  lavorare  per  gli 
iTTontori.  ì  quali  già  oransi  quasi  tutti  ritirati:  e  la  procac«ianto 
■I  «  iufatìcabile  Marìuccina  non  era  ancora  uscita  dall'Ospedale. 
1^1     lo  questo  stato  dì  coso  le  domestiche  strettezze  giunsero  a 


I 


k 


183 


1  OERCurn 


Ule,  che  le  donne  si  videro  costrette  a  imp>.?gnare  perfino  le 
Testi  ola  biaocheriii, riteaeodo  appena  per  si^  t^uant'era  riciiiesto 
dalla  decenim»  e  un  abito  nero  un  po' pili  orrevole  per  iiseire  di 
casa,clie  madre  e  figlie  indossavano  a  irìceoda  secondo  il  bisogno. 
Quanto  poi  al  ntto,  basti  dire  che  la  Marchesa  venÌTa  spo- 
stando ogni  di  e  differendo  alquanto  l'ora  del  desinare;  accioc- 
ché i  figli  mau  mano  si  accostumassero  a  un  solo  pasto  gior- 
noliero  ;  e  piìì  non  aveudo  di  che  comprare  legna  o  carbone,  dan 
di  piglio  alle  foglia  de' paglierìcci  e  a  qualche  vecchio  trespolo 
0  anche  allo  tavole  de' lutti  per  cuocerò  un  po' di  polenta.  Chi 
fosse  in  sul  meriggio  penetrato  in  queir  ostello  di  miseria  e  di 
dolore,  avrebbe  veduto  quella  misera  famiglia  consumata  dal  ro- 
vello della  fame  circondare  la  madre  e  domandarle  con  dolente 
voce  —  Mamma,  e  quando  cuoci  la  polenta'? 

.  Ben  vede  il  lettore  che  la  derelitta  famiglia  non  poteva  dU' 
rarla  a  lungo  in  questo  stato  suti/,u  venir  mono  sotto  il  peso  éi 
taute  prÌva;{ioQÌ,  come  alla  maggior  parte  de' poveri,  massime 
vergognosi,  interviene:  i  quali  stillano  a  goccia  a  goccia  la  vita  e 
bevono  a  sorso  a  sorso  la  morte.  E  per6  ella  si  rivolse  con  fidacia 
al  gran  padre  e  tutore  delle  famiglie  cristiane,  S.  Giuseppe;  U 
quale  accolse,  come  suole,  pietoso  e  benigno  la  preghiera  dei 
derelitti  ;  ma  volle  che  F aiuto  lor  venisse  onde  meno  se  l'aspet- 
tavano. 

xm. 

n.  800001130   DSL  CrSLO  S  LA   BUONI   OHITA 

Pierino  arca  letto  nel  suo  catechismo:  —  Iddio  ò  buon  padre 
e  non  abbandona  mai  chi  con  fiducia  fa  a  Lui  ricorso.  —  I^b- 
bene,  disse  tra  sé,  io  ve' scrivergli  una  lettera,  come  fa  Poppino 
(un  suo  compagno  di  scuola)  col  suo  Papà,  che  ò  lontano,  quando 
ricorrono  le  feste  del  Natale)  e  ne  ha  sempre  una  baona  strenua. 
E  fregandosi  [e  mani  di  ootilento  per  la  bella  pensata,  gitta  giù 
in  cartA  una  letterina,  naturalmente  scombiccherata  di  sgorbii 
e  freghi  di  penna,  nella  quale  con  infantile  candore  e  fiduci» 

'  TkIIo  cgneoio  è  storia  e  Dm  invemione. 


Xin.   IL   SOCCORSO   DBL  CICLO   C    LA  BUONA   ClllTA 


183 


diceva  fi  Dio:  e  0  Padre  nostro  che  se* ao' cieli  dacci  oggi  il 
moriamo  di  fame.  Abbi  piòta  della 


Siro 


perchè 


povera 

sorelle 
tbd  soffrono  tanto,  del  mio  frdtellino  che  piange  tutto  il  giorno, 
della  Mariuccina  che  sta  all'Ospedale,  e  di  me  tuo 

Amantissimo  figlio  Pierino.  > 

Chiude  la  Mtera;  vi  scrive  sopra  —  Al  Signor  Iddio  — 

<  Sue  proprio  mani,  in  Cielo.  > 

E  cueciatasì  la  lettera  in  seno,  sen^a  furne  motto  nò  alla  madre, 
né  alle  sorelle,  naa  Domenica  sull'ora  del  catechismo  va  alla 
FarroecfaitL,  si  asside  sul  banco  cogli  altri  fanciulli;  e  terminata 
l'istruzione,  aspetta  che  tutti  i  compagni  siono  usciti  di  chiesa; 
«  poi  appressasi  quatto  quatto  alla  cassetta  delle  elemosine, 
dicendo  ìu  caor  suo:  —  Il  Parroco  ha  detto  che  chi  fi  Telo- 
nHeiaa  al  povero,  la  fa  a  Dio.  Verrii  dunque  il  Signore  ad  aprire 
^Qesbi  cassetta  e  vi  troverà  dentro  la  mia  letterina. 

^1  dicendo,  guatasi  d'attorno  per  tema  di  essere  veduto,   e 
credendosi   ornai   soletto,  allunga  la  sua   manina  per  gittarri 
dentro  il  foglio:  ma  mentre  tenta  indarno  d'ìntrodiirvelo  per  la 
itnlta  apertura,  ecco  sopraggiiiguorgU  improvvisa  alle  spalle 
nu  gentildonna  da  lui  prima  non  veduta;  la  quale  dal  fondo 
di  lina  cappella  avealo  tenuto  d'occhio.  —  Che  vuoi?  che  fai, 
biubo,  intorno  a  quella  cassetta  e  con  quella  carta  in  mano? 
Pierino  impaurito,  vergognoso  e  confuso  dà  in  un  pianto;  ma 
ictare^izato  dairamorevole  matrona  e  confortato  a  parlare,  le 
narra  con  infantile  ingenuità  ì  guai  della  famiglia  e  mostrale 
b  ietterà  eh'  egli  scriveva  al  Signor  Iddio,  chiedendogli  aiuto. 
La  signora  era  forestiera,  e  nulla  sapea  del  casi  dolorosi  della 
nobìl  famiglia  Belfiore:  ma  per  quel  che  ne  udì  dall' ingumio 
^cinllo,  no  le  prese  grandissima  pietà;  e  fattasi  consegnare  la 
lèttec»,  mal  pott>  frenare  le  lagrime  al  leggervi  qi<elle  care  pa- 
^    fole  ohe  1*  innocente  bimbo  dirìgtìm  a  Dio.  Gli  rivolse  una  te- 
li B«gra  occhiata,  o  disseglì:  —  Figlio  mio  m'incarico  io  stessa  di 
M  ricapitare  questa  lettera  a  cui  è  diretta.  Però  non  veggo  qui  il 
I  tao  ricapiti},  che  sempre  si  suol  mettere  a  pie  delle  lettera. 

ì 


1H4 


I  DERBtnn 


—  Mauiini  mi  ha  détto  le  tante  Toltfì  che  Dio  sa  tutto 
tutto,  e  ristesse  dice  il  catechismo. 

—  E  dice  rem,  yerissimo,  ripiglia  sorridendo  e  intenerita  la 
matrona:  ma  Iddio  si  vale  de' servi  suoi  por  ricapitare  le  ri- 
sposte a  somiglianti  lettere;  e  ben  potrebbe  intcrvtmiro  che 
il  messo,  che  ne  sarà  incaricato,  non  sappia  la  tna  abitazione. 
Persuaso  da  qu^tstc  parole,  Pierino  ne  additò  alla  Signora  la  via 
e  il  nnmero;  e  ringraziatala  del  favore,  se  ne  tornò  correndo  e 
tripudiando  alla  sua  stamberga,  senza  però  far  motto  in  casa 
di  quest'incontro. 

Poche  ore  appresso  uno  sconnsciuto  picchiò  alla  porta  di  quella; 
e  introdotto,  vi  depose  una  gran  costa  piena  dì  roba;  e  seun 
dire  nò  donde  venisse  né  chi  la  mandasse,  andossene  con  Dìo. 

ha  Marchiisa  maravigliata  aperse  la  wssta,  e  vi  trovò  dentro 
un  gran  foglio  su  cui  era  scritto  :  —  A  Pierino  il  Signor  Iddio  — 
e  sotto,  un  involto  di  camìcie,  faz7.oletti  e  lenzuola,  ub  sacchetto 
di  caffè,  nn  altro  dì  zucchero,  e  una  busta  con  dcntrovi  in  bi- 
glietti dì  banca  trecento  lire  '. 

Non  è  a  dire  la  maraviglia  r  la  gioia  di  tutti  per  l'inaspet- 
tato soccorso  e  i  ringraziamenti  a  Dìo  e  al  provveditore  delle 
cristiane  famiglie  S.  Giuseppe!  La  Marchesa  voltasi  a  Pieriao, 
a  cui  il  dono  era  dirotto,  vollo  sapere  da  Ini  come  e  donde  Te- 
nìsse  cotanto  ben  di  Dio;  e  quegli  contolle  della  lettera,  della 
Signora  e  del  ooUoquio  avuto  con  lei;  ondechè  la  madre  e  le 
sorelle  ammirate  della  pietà  e  della  viva  fede  del  bimbo,  ne  lo 
commendarono  assai,  e  fecergli  un  mondo  dì  carezzp. 

Quel  dì  fu  un  giorno  dì  festa  per  la  povera  furaiglìa;  e  se 
l'ignota  benefattrice  avesse  fatto  per  coli  più  lungo  soggiorno 
sarebtte  forse  stata  per  quella  una  fonte  perenne,  mentre  non 
fu  che  una  pioggia  passeggera.  Triste  condizione  del  povero 
che  un  dì  ha  di  che  sfamarsi,  e  dieci  non  sa  come  sdigiunarsi! 
Tuttavìa  la  Provvidenza  dispose  che  la  pietosa  straniera  venisse 
in  altri  tempi  e  in  eìrcostan;!e  non  meno  difficili,  come  in  seguilo 

■  Qaeiiìù  Mtn  md  poca  varìeiA  Oi  cirtA4.inio  venne  rìffiriio  dilln  Untzfiia  dpi 
Villaggio,  e  riportalo  dal  II.  D.  Zsvcaria  nel  nio  Tforo  tt^  Raceont». 


XIII.   IL   SOCCOItSO   DEL  CICLO   E   LA   BUOKA  CUtTA 


185 


redremo,  Ìd  soccorso  dullu  durclitU  famigUa  Bulfioro  Che  però 
stimiamo  ben  fatto  darla  fin  d' ora  a  conoscerò  ai  nostri  Lettori. 

£Lla  chiamairasi  Margherita,  e  por  vezzo  Ghita.  Era  stata  un 
<b  povwra  anch'olla;  e  poro  sapeva  taijglio  corniiatin?  i  poveri,  fd 
an  più  iocliaata  a  soccorrerli.  Nata  iu  umile  aiadi/.iooe  e  rimasta 
ìq  tenera  etìb  orfana  dì  padre  e  di  madre,  non  era  in  seguito 
Sftlita  a  stato  di  agiata  fort^ma,  eh»  mercii  la  carità  di  una  re- 
ligiosissima dama  sua  concittadina;  là  quale  aveaLasi  raccolta  in 
osa  come  figliuola,  e  chiamatala  in  mort*;  erede  di  tutto  il  suo. 
Cotalchò  parve  che  Iddìo  ora  voloise  per  suo  m-'^zo  rendere  allii 
Xarehesa  la  mercede  di  un  somigliante-  atto  di  generosa  carità 
di  questa  praticato,  come  a  sue  luo^e  dicemmo,  colla  Uariuc- 
(ÌDa,  urfana  anch'essa,  mendica  e  ab  bau  donata. 

L'arrentara  della  Qhita  merita  che  qui  ne  facciamo  memoria. 
D&  che  la  morte  rapito  areale  i  genitori,  chi  ne  facea  con  lei 
h  veci  e  prendeane  amorosa  cura,  ora  l'avida  sua;  la  quale 
pvrehè  povera  e  assai  innamei  negli  anni,  era  forte  impensierita 
pM'  l'avvenire  della  sua  diletta  nepotina.  Un  dì,  ed  era  Ìl  prime 
di  novembre  sull'ora  del  vespro,  ull'udire  i  rìnto(-chì  delle  cam- 
pue,  che  invitavano  i  fedeli  a  pagare  l'annuo  tributo  della 
peU  agli  estinti,  l'avola  presa  per  mano  la  sua  Ohita,  avvìossi 
OD  qnella  al  Cauiposant».  Una  tarba  influita  di  pi.*pjlo,  uomini, 
lioDDe,  fuieìulli  verso  coU  parimente  incamminaransì,  mesti,  si- 
leotiosi,  arieggiati  a  pietà,  e  molti  di  loro  abbrunati  pel  recente 
lulto.  Chi  recava  in  mano  cerei  da  ardere  sulla  tomba  de' suoi 
Ari  e  chi  corone  dì  freschi  fiori  o  ghirlande  dì  semprevive  da 
d^rre  solla  gelida  pietra,  che  ne  chiudeva  le  ceneri  amate. 

La  Ohita  levando  in  volUt  all'avola  gli  sguardi,  e  vedendole 
i  lucciconi  agli  occhi:  —  Perchò  piitngi  nonna  mia?  le  disse, 
«  rtrìnsèle  con  affetto  la  mano. 

—  Ta  io  domandi  Qhita  mia?  Non  odi  il  suono  di  qaella 
euipvia  che  ti  dice:  ìl  tuo  babbo  e  la  tua  mamma  non  sono  più? 

—  Nonna  mia  cara,  non  mi  hai  tu  detto  le  tante  volte  ch'essi 
imù  liusìi,  lassù  noi  bel  paradiso,  ore  si  sta  tanto  bene?  e  ad- 
ditava colla  manina  il  cielo. 

—  Certamente,  bimba  mia;  ma  se  essi  sono  lassù,  tu  se'an- 


1   DERELTm 

Cora  quaggiù,  ed  io  non  so  che  sarà  di  te  porera  or&aellat  B' 
qui  ascLugossi  h  lacrime  che  u  gran  goccioloni  caderanle  pefj 
le  aride  g^un(^e. 

—  Perchè  mi  chiami  tQ  orfanella?  Non  sei  forse  la  buoni  j 
mamma  mia? 

—  Ma  io,  figlia  mia,  sono  ornai  con  un  pie  nella  fossa;  e 
quella  campana  ini  arrisa  cht)  sU  por  sonare  por  me  l'uliim'ora. 
Ah  quand'  io  non  sar^  più,  che  sarà  di  te,  mia  Ohita?  £  in  cosi 
dice  le  mori  in  un  gran  sospiro  la  voce. 

—  Datti  paco,  mamma  mia,  ch'io  pregherò  il  Signore,  perché] 
mi  chiami  prima  di  te  in  paradiso. 

—  Ah  no,  figlia  mìa,  pregalo  piuttosto  che  ti  mandi  dopo' 
la  morte  mia  chi  abbia  per  te  un  cuore  di  miidre,  o  U  teng»  m 
mie  veci;  e  ai  dicendo,  careszavala  colla  scarna  mano,  chd  lft| 
nepotìna  Tenia  strìngendo  e  baciando  con  affetto. 

Tra  questi  ragìunamentl  erano  giunto  alla  porta  del  cìmitonk 
Qua  e  là  vederansi   pel  funebre  campo  aggirarsi  a  coppie,  a. 
gruppi,  a  capaaelli  gli  accorsi  al  mesto  rito;  e  sopra  ogni  rottoj 
scorgCTiisi  dipinto  un  senso  profondo  di  pietà  e  di  mesti/,ia.  Tr&j 
quella  selvA  di  croci  e  di  statue,  di  epitalTi  e  di  marmi  ognanoj 
ricercava  le  tombe  de* suoi  cari;  e  trovateUs  prostrarasi,  baciav&le* 
oospergevale  di  fiori  e  pregava  loro  L'eterna  pace  a  pie  di  qn«lhi 
croce,  all'ombra  della  quale  le  amate  ceneri  riposavano,  aspel-j 
tando  il  giorno  della  beata  risurrezione.  A  piJ  di  una  piccola 
croce,  chu  sorgeva  sopra  mi  tumulo  di  terra  duo  o  tre   paini 
dal  suolo,  prostraronsi  la  vecchia  e  la  bimba  piangendo,  pregandtj 
e  baciando  devotamente  il  segno  augusto  duU' umana  Kedenzioc 
Era  quella  la  tomba,  ove  riposavano  insieme  le  spoglie  mortali' 
dei  genitori   del  l'or  fa  nella.  Mentr'esse  pregano,  odono  a  pochi* 
passi  dietro  a  loro  una  voce  che  tra  il  pianto   esclama  gem&-J 
benda:  Ah  mia  Gbita,  mia  povera  Ubita!  L'orfanella  a  quell 
voce  sì  volge,  e  vede  una  gentildonna  abbrunata  che  facea 
corrotto  genuflessa  innausi  a  uu' umetta  sepolcrale;  e  avvisane! 
nella  sua  infantile  semplicità  sé  essere  quella  che  la  gentildonoi 
cosi  chiamava  a  nome,  levasi  ratta,  corre  a  lei,  ed  eccomi  qt 
le  dice  con  ingenuo  candire,  che  volete  da  me,  o  Signomf 


xm.  IL  SOCCOIISO   DEL  aELO  e   LA  ei'OKA  GUtTA 


187 


Qiiosta  la  guata  attoniU,  stupisce  Titifispettato  incontro,  am- 
nìra  I&  cara  aeniplìcità  della  fancìalla,  d  sembrale  che  la  sua 
Qbita  gliela  mandi  dal  cielo  in  sua  vece.  Dopo  pochi  istanti 
dì  silonzìo  et  di  riflessione: 

—  Chi  sei  tu  fìglia  mia?  le  domanda. 

—  Sono  la  Gbita  che  avete  chiamata. 

—  Ojme  qui  bimba  mia? 

—  Sono  Tenuta  colla  \onaa  a  pre^re  babbo  o  mamma,  chtì 
SbiSDO  in  paradiso,  porchò  mi  chiamino  con  loro.  Ma  Xonna 
fDole  invece  ch'io  li  preghi,  perchè  dopo  la  murte  sua  non  ri- 
niaa^  or5inell&. 

Sorpresa  da  qnesta  risposta,  la  gentildonna  sta  alquanto  sopra 
li  sé,  rirtetto,  delibtìpa,  o  levatasi  in  piò  —  Dov'è  tua  nonna? 
dice  alla  bimba. 

—  Eccola  là  che  prega. 

—  Bene,  andiamo  a  lei. 

£  fkttasele  d'appresso,  salutoUa^  e  le  disse:  —  Buona  donna 
è  questa  la  vostra  nepotina? 

—  Si,  signora  mia,  rispose  la  vecchia  rizzandosi  in  pia,  e 
inchinandola. 

—  Io  avevo  una  figlioletta  che  era  tutto  Famor  mio,  la  mia 
pitia,  la  mìa  delizia.  Chiamavasi  jinch'essa  Ghita-  Pochi  dì  sono 
li  morte...  me  l'ha  rapita...  Ma  ecco  che  queir angiolett<i  mio 
mi  manda  in  sua  vece  dal  paradiso  questa  vostra  bimba,  che 
#  tutta  dttssa  la  mia  Ohita.  Sareste  voi  contenta  ch'io  me  la 
adottassi  per  figliuola?  Non  vo'che  vi  sapariate  da  lei:  verrete 
utche  voi  in  mia  casa,  e  dividerete  meco  gli  uMzii  della  ma- 
ternità. 

La  T«eehia  che  poc'anzi  piangeva  di  dolore  al  pensiero  di 
dovere  in  breve  lasciar  sola  e  doreittbi  al  mondo  la  sua  cara 
nepotina,  ora  lacrimava  dì  gioia,  benediceva  Iddio,  e  ringraziava 
U  pietosa  benefattrice;  nella  cui  casa  fu  ad  abitare  colla  sua 
Ohìta  e  vi  dimorò  fino  alta  morte.  Dopo  tr<-  lustri  venne  altresì 
a  fin  di  vita  la  Signora,  la  qnale  non  avendo  Qgli  né  strettì 
congiunti,  legò  in  eredità  ogni  suo  avere  alla  sua  figliuola  adot- 
tivi. Se  la  Ghìla  non  arricchì  con  questo;  perchè  l'eredità  non 


188 


riKRBLiTn 


era  dì  gran  valnro,  ebbe  tuttavia  i^uanto  le  poteva  bostwre 
vivere  cou  quiilclie  agiute?;r.a.  Ed  ora  di  gran  ciioro  sovveni 
del  suo  l&  derelitta  famiglia  Belfiore.  Ma  ella  non  era  che 
passaggio  per  B..,,  ove  trattetiBesì  appena  una  fiuindicina 
giorni^  però  in  sul  partire  mandò  a  Pierino  nna  seconda  limo 
Sina  di  cento  lire  con  un  biglietto  anonimo  che  dicea  —  Il  boo 
Dio  manda  a  Pierino  Fuvo  di  Pasqua.  Era  il  Oiovodì  santo; 
la  Marchesa  e  l<!  figlie  pìenu  di  riconoscenza  per  iiucsto  nuov 
dono  del  cielo,  offrirono  a  Dio  la  oomnaione  pasquale  per  la  \o\ 
occulta  benefattrice. 

Frattanto  piacque  al  Signore  consolarle  c;<iand)o  col  rendei 
loro  sana  e  salva  la  fedel  Mariuccìna;  la  quale  uscita  appan 
il  giorno  di  Pasqua  dall'Ospedale,  rientrò  con  gioia  indìeibi 
di  tutti  in  seno  alla  famiglia.  Glia  era  stata  nella  sua  liing 
epi.Ticolosa  infermità  di  parecchi  mesi  visitataassai  dì  frequen 
or  dalla  Marchesa  od  ora  dalle  figlie  e  da  Pierino;  e  av(vi  piea 
txmiearA  dì  quanto  era  ad  essi  intervenuto  nella  sua  prolungata 
assenza. 

Smaniosa  di  scoprire  chi  fosse  l' ignota  benefattrice  della  e&al 
Belfiore,  noli*  intento  di  affe/.ìonarla  viepìiì  a  una  famiglia,  cbff 
ella  riguardava  come  sua,  dìessi  tanto  d'attorno,  aiutandosi  con 
tutte  le  donnìcciuole  di  sua  conoscensia,  che  vennele  fatto  di 
saperne  quanto  l'averlo  saputo  fu  in  seguito  d'indicibile  con 
forto  e  vantaggio  alla  Marchasn.  Intese  adunque  esser  lei  nM 
ootal  Margherita  Alessandri  maritata  in  Cenci,  domiciliata  oo 
suo  marito  in  Alessandria  d'Egitto;  dond'ora  tornata  per  dan 
ricapito  a  certi  suoi  affari  in  Italia,  e  ripartitane  dne  gion 
innanzi  alla  volta  di  Crenova,  per  imbarcarsi  in  un  Vapore  ita 
liane  che  salp:iva  per  P  Oriente.  Queste  ni)ti''.ic  raccolte  dal 
Mariuccìna  disacerbarono  non  poco  alla  Marchesa  il  dolore  del 
partenza  di  così  generosa  benefattrice;  poicbà  avendo  ella,  conn 
si  disse  Un  da  princìpio,  in  Alessandria  un  figlio,  bisognos 
anch'esso  di  aìnto,  sperava  che  la  carità  della  Ohitt  do 
soTvenirlo.  E  perù  scrissele  una  lettera,  in  cui  dopo  averla 
eepr'-'ssìoni  di  sentita  gratitudine  ringra^iiata  delle  sue  I 
limosiue,  scongìumvala  per  Kaniore  di  Dio  che  usasse  la  stc 


xin.  a  socconso  ukl  osto  r  la  boona.  oiiita  tH9 

tnrWà  col  suo  Cesarìno  dimorauto  nilà,  e  dì  ctii  dielle  il  ricapito. 
Id  fatti  qnestì  troTaraai  presso  a  poco  nelle  stesse  tristissime 
ugQStief  iu  cui  versavik  la  sua  fiimij^Iia  in  Italia;  e  puro  non 
nrao  di  quella  bisogno*)  di  chi  gli  sten-lessa  una  mano  soccorri- 
tiice.  Non  aTera  ancora  dopo  molti  mesi  dal  suo  arrivo  in  Ales- 
auidria  trovato  ria  nò  modo  da  iiupiegarnsi  orrevolmente;  e  però 
erasi  messo  per  cameriere  in  un  pubblico  Albergo,  mealeudo  patria 
A  Dttmi^  a  fino  di  non  essure  riconusciato  dai  molti  italiani  che  ri 
capiUf'ano.  Di  colà  area  scritto  dne  sole  volte  alla  madre,  scasando 
La  rarità  delle  lettere  con  dirle,  cbe  non  osava  scrivere  ciance  a 
thx  area  mestieri  di  contanti,  cosa  che  egli  non  potea  mandarle, 
perche  Don  avoa  il  becco  di  an  quattrino.  Al  che  la  buona  Mamma 
ueagti  risposto  che  mal  conosceva  il  cuore  dì  una  madre,  se  pen- 
sava doverle  tornare  meno  accetto  le  lettere  di  un  figlio,  perchè 
MD  aecsmpagnute  da  vernna  rimessi  di  danaro;  ed  esortavalo  a 
dirle  spesso  sue  notizie  e  ad  avere  paziijn:;a  ai^petUndo  dì  mi* 
gtiorì.  E  questi  sorsero  in  fatti  per  lui  fìn  dal  giorno,  in  cui  la 
Qliita,  avuta  la  lettera  della  Marchesa,  fé' di  lui  ricerca,  e  prese 
I  aoooorrerlo  secondo  suo  potere,  e  a  procacciargli  per  mezzo  del 
no  consorte  un'occupazione  più  onorata  da  guadagnarsi  la  vita, 
come  in  seguito  vedremo. 


xrv. 

L' KRHBLIKl)!    K    Lk   SDA   VITA 

Mentre  U  famiglia  Belfiore  lottava  eroicamente  colla  miseria, 
ncevendo  di  tratto  in  tratto  inaspettati  soccorsi  dalla  Provvi- 
dffua,  perchè  non  avesse  a  s«)CCombere  sotto  il  peso  dì  tante  prì- 
Yasìoni,  Bruno  là  in  Ambnr^'»  battagliava  fieramente  col  suo 
ire  appassionato,  e  tempestava  di  lettere  il  padre,  perchè  lo 
GhiamtL^e  in  p:itria.  Egli  sperava  di  potere  di  presenta»  sgom- 
brare dall' animi)  di  Emma  ogni  timore  e  rtappìccare  con  lei  le 
bterruttc  pratiche  dì  matrimonio.  Ben  diverso  però  era  V  intento 
del  padre;  il  quale  vedendo  ornai  che  non  potoa  tenere  piiì  a  bada 
il  figlio;  0  pressato  vivamente  dalle  istaasie  di  lui  e  della  moglie, 
ii  risolvette  di  richiamarlo  presso  di  so;  ma  prima  fé' per  lettere 


1\ 


t  DERCurn 


gmn  pressa  al  suo  amico  Dort-  de  Boh,  perchè  menuss»  sooo 
sua  figlia  a  B...,  dicoodogli:  sa  volere  quanto  primn  wndnrre 
capo  le  trattative  di  nozze  tra  Bruno  e  rRnuulinda;  renisi 
dimquo,  ohe  giil  era  ìa  proato  a  riceverlo  oa  appartamento  Q( 
bilniente  arredato.  In  fatti  egli  avealo  tolto  ad  affitto  in  uno  splea- 
dido  palii^io,  che  grandeggiava  quasi  di  frotitfì  alla  staiubttrgaf 
della  Miivchesa,  noi  bel  rao<;xo  di  un  giardinetto  ricco  di  fiori  e| 
dì  venura.  Non  è  malagevole  avvisare  la  vera  ragione  di  questa 
sua  scelta.  U  Banchiere  voleva  umiliare  la  decaduta  famiglia  Bel-i 
fìoro  con  dispiegarh;  sott' occhio  tutta  la  pompa  u  il  lusso  (lolla 
novella  sposa  da  lui  destinata  al  figlio  ;  e  con  questo  tor  gtilj 
Emma  d'ogni  speramm  e  pensiem  di  nozso.  Mu  la  bisogna  noni 
andò  com'egli  divisava;  che  una  nobile  povertfL  non  sentesi  ut 
Hata  davanti  a  nn  vano  sroggio  di  pompe  mondane! 

Il  Don'*  do  Boix  dietro  a  questo  invito  affretVissi  ii  venire  in- 
sieme colla  moglie  o  eoa  la  figliuola;  e  prese  alloggio  netl' appa- 
recchiatogli appartamooto,  evo  trovossi  a  tutto  suo  agio,  accoltovi, 
a  grande  onore  dall'amico  Blando.  Cotest' aristarco  dolla  borsa, 
nuotante  nell'oro  fino  a  gobi,  prese  a  tenervi  gran  vita  e  pom- 
posa dì  banchetti  e  di  feste,  tanto  che  in  pochi  di  la  eittà  61  j 
piena  della  fama  di  sue  sfondolate  ricchezze. 

Il  Blando  ne  gongolava  di  piacere  pensando  come  la  Simiglia 
Belfiore  ne  dovesse  rimanere  confusa,  rappiccinita,  annichilata. 

E  in  vero  il  contrasto  tra  l'opulenza  altrui  0  la  propria  i o- 
d igeala  snoie  inacerbire  la  piaga  della  miseria  por  forma,  eb«; 
non  avvi  povero  al  mondo,  a  cni  tomi  più  dolorosa  u  rea  la  au 
sorte,  come  quello  delle  grandi  città;  il  quale  ha  sempre  si 
occhi  lo  spettacolo  dei  godimoati  e  delle  grandigie  dei  denarosa 

Se  non  che  la  povertà,  da  che  venne  sposata^dal  Figlinolo  di 
Dio  sulla  terra,  nobìlìtossi  tahnouto  agli  occhi  del  cristiano,  de" 
gDO  dì  qnesto  nomo,  ch'egli  ben  lungi  dairiavidiara  la  sorte  del 
ricco  gaudente,  piuttosto)  ìa  compiange,  e  giugno  perfino  a  spo-^ 
gliarsi  non  di  rado  delle  sue  ricchez:;e  per  abbracciare  la  po- 
vertà di  Gesù  Cristo.  Di  quest'animo  e  di  questi  sentimenti  er»j 
Emma,  la  quale  al  vedere  tanto  sfoggio  dei  Dorò  solea  dire:  — ( 
Anche  noi  fummo  quel  ch'essi  sono:  a  Dio  noy  piaccia  ch'i 


xir.  l'krmblixda  e  la  sua  vita  191 

0  *A  essere  un  giorno  quel  che  noi  siamo!  Ogni  fiata  cho 
[da  passare  in  cocchio  sotto  lo  finestre  la  sua  rivale,  non  soa- 
'  tira  per  lei  sregliarsi  in  cuore  né  rancore  uè  inridia,  ma  bensì 

g^'^'tsim»  compassione. 
degna  infatti  più  di  pietà  che  d' invidia  era  l'ErmeliDda*, 
,  lale,  posto  cho  ricchissima,  non  arrobbo  mai  potuto  rendere 
,  felice  un  marito:  eerrellin  bizy,arro,  estroso,  tutto  fumo  di  ranità 
I  tìd'orgoglio;  e  corpicìno  cresciuto  usila  bainbiigia,  dilicalo,  sro- 
mmle,  insofferente  drogai  disagio  e  d*ogni  ^tica. 

Allevata  tra  T  incenso  degli  adulatori  e  idolatrata,  da  mille 
jdcisbei,  che  aleggia vunle  ognora  d'attorno,  come  le  farfalle  in- 
j  tonto  al  lome,  TErmeliada  inebbriavasi  de'suoi  femminili  trionfi, 
j  e  smammohkTasi  di  contento  quando  ecclissar  poteva  col  suo  fasto 
le  più  nubili  donneile.  Non  si  studiava  che  in  ben  parere,  né 
■Éi  ambiva  che  f^rsi  vaghoggiare. 

^Era  poi  sovente  di  nmor  bisbetico  e  nero  ;  e  allora  tutto  sa* 
'  pende  agro,  tutto  facevala  arrovellare  e  inserpentire  contro  la 
|auefiera  e  le  fantesche;  alle  quali  amareggiava  silfattamento 
la  vita,  che  queste  votavaasi  a  tutti  i  santi  del  cielo,  percb'  ella 
indMse  quanto  prima  a  marito,  e  si  abbattesse  in  chi  fìaccas- 
9ele  0  almeno  le  attJitisse  lo  smisurato  orgoglio.  Giusti  e  santi 
desiderìi,  che  il  uelo  doveva  a  suo  tempo  esaudire! 

L'Krmulìnda  non  era  solo  altezzosa  e  arrogante  coi  famigli, 
^^B[lì  stessi  genitori  suoi  ;  coi  quali  spesso  mostravasi  dì  mal 
HRM^  e  corrucciavasL  e  veniva  con  loro  alle  rotte,  sempre  che 
IfcroTMBeli  restii  u  secondarne  i  capricci.  Dì  religione  poi  non 
Igiene  restava  briciolo;  che  la  lettura  dì  alcuno  opere  atee  e  ma- 
'terìalisto,  messele  in  mano  da  una  Mopsa  di  una  loggia  tedesca, 
arealL'  strappato  ogni  sontimonto  roligioso  dal  cnuni.  La  sua  ino- 
raìe  era  la  così  detta  moral  civile,  cho  tanto  accarezza  le  pas- 
j^ù  e  acconciasi  a  tutto  le  esìgen^te  della  vanità  e  deirorgoglio, 
^P  prescrìvendo  altri  doveri,  da  quelli  in  fuori,  che  nascono  dalle 
^a^ioni  sociali;  e  questi  medesimi  son?,»  un  principio  di  vera 
KibbligaEÌonc  onde  emanino,  e  di  un'adeguata  rotribuaiono  cho 
'fa  muova  efficacemente,  anche  con  nostro  disagio  e  sacrifizio,  ad 
rorli.  La  sua  vita  poi  era  in  perfetta  armonia  colla  sua  mo- 


3 


I   1>E»BLITTI 

mle^  cioàf  mollo,  vuliitLuosa  &  tittla  iu  coultMitaro  U  sensuali 
e  1&  suporbia.  Ella  passava  il  suo  taiapu  in  farsi  iduUtrare  e  il 
mezzo  a  delìzie  sempre  nuove  e  sompre  moltiplicate.  Oj^ai  sta 
gione  offrìale  qualche  rosa  di  piareru;  U  verno,  teatri  e  danxe 
la  primavera,  viaggi  e  cavalcate;  la  state,  Itagoi  e  villeggiature 
Tautunno,  caccia  e  gite  a  diporto. 

CoD  Io  splendore  delle  gemme  e  dell'oro  meglio  ancora  ehfl 
oou  quello  della  sua  aggraziata  persona  e  del  suo  vclto  impa 
stato  di  latte  e  rosa,  ella  faceasi  largo  la  mezito  alle  brigate, 
e  tutta  dentro  scìr»ppav.i8Ì  al  vedersi  ovunque  accolta  a  grande 
onore  e  corteggiata  come  una  regina.  La  sua  giornatti  era  un 
crogiolarsi  in  o»io  binato,  sen>;'altn>  pensiero  in  capo  che  quello 
di  piacere  al  mondo  e  dar^i  buon  tempo.  E  perchò  l'Ermelindft 
Ò  per  noi  il  tip*)  della  vita  che  m'iuane  tante  ricche  e  nobili  da- 
migelle de*  giorni  nostri,  non  sappia  male  al  lettore  di  seguirci 
nel  segreto  delle  sue  stan?^,  per  vedere  cum'etla  sciupi  il  dooa 
più  prezioso  dì  Dio,  il  tempo;  mentre  a  pochi  passi  da  lei  la  sin 
rivale  non  mi  perde  briciolo,  ma  suda,  si  travaglia  e  consumasi 
pel  bene  della  sua  famiglia. 

Sono  circa  le  nove  ore  del  mattino,  e  l'Ermeliuda  non  apret 
ancora  le  assonnate  pupille  alla  luce  del  giorno,  che  giii  Ria 
suoi  raggi  per  tutti  gli  .spiragli  delle  finestre.  Solamente  vera» 
le  dieci  una  strappata  di  caoipaDotlp  avvisa  i  famigli  che  l'ora 
dol  suo  destarci  ò  finalmente  tuonata.  Sia  ringraziato  il  cielol 
La  cameriera  a  quel  animo  accorre,  recandole  in  argentea  guao 
tiera  del  the  e  del  latte  bollente;  porchf^  la  signorina  ha  gli 
stomHCUx/.i  e  abbis'jgna  dì  rifocillarci  a  letto,  per  sostenere  l'iM' 
mane  fatica  di  levarsi  suso.  Ne'  tempi  and.iti  inaaguravasi  la 
giornata  col  sollevare  il  cuore  a  Dio;  oggi  il  primo  pensiero  di 
molti  si  è  darò  un  contentino  allo  stomaco,  che  è  il  Dio  di  chi 
vive  aU'aniuuilesca:  Qitorum  Deus  vetUer  est. 

L'Krmelinda  appena  levatasi,  untra  nel  suo  tempio,  vogltam 
dire,  nel  suo  abbiglìatoìo;  e  non  n'esce  che  dopo  avervi  speso 
una  buon'ora  di  temi)o  in  lisciarsi  tutta  e  alliudirsì,  e  ax>tìrairai 
e  profumariii  come  una  rosa  dì  int^gio.  Colà  dentro  ha  tutto  an 
mondo  di  ba/.ìticature:  vaselli  di  lìscio  e  belletto  a  ravvivare  le 


Tir.  t  SRKKtitrDA  e  la  sda  vita 


Fnee  dol  volto;  pomate  ad  allucidare  ì  capelli,  e  rammorbidire  e 
lefìgare  la  pelle;  pinzetto  a  sbarbaro  ogni  sottìl  piiluz/^.  che 
per  reutura  facria  capolino  in  sul  mento;  saponette  profumate, 
polreri  odorose,  ftaline,  alberelli  e  guastadìne  con  dentro?!  acque 
nanfe,  distillati  ed  essenze  aromatiche  da  imbulsainare  tutta  la 
per*>na.  I/i  tutto  un  emporio  di  ninnoli,  di  piumini,  di  guancia- 
letti, ili  astucci,  e  spec<'hietti  a  mano  e  due  grandi  specchiere, 
runa  a  fronte  dell'altra,  nelle  quali  l'Ermelìnda,  dime  Narciso 
Bei  limpidi  cristalli  di  una  fontana,  lungamente  specchiasi,  si 
ngh^ggta  e  innamorasi  di  so  stessa. 

Nel  suo  forzierino  ella  tiene  guardato  uno  sfolgorio  di  vezzi, 
^  dondoli,  e  di  cincinni  d'ogni  ragione:  una  coUuua  a  file  rin- 
ate dì  grosse  perle;  una  catenus^ìa  a  maglia  d'oro  cadente 
h  una  rosetta  itig<!iamata  di  dìamauti  e  di  berilli  ;  un  paio  di 
vmille  parimente  d'oro  niellato  e  grandinate  dì  baliiscì  e  di 
smeraldi;  boccole  da  petto  Cf>n  caiumui  di  finissimo  intaglio;  orcc- 
cbini  ooD  eioadoli  di  grossi  diamanti  facettati  a  riflessi  e  sciniillii 
di  mille  luci;  ansila  ingioiellate  di  rubini  e  zaffiri  legati  in  oro, 
Teetagli  con  le  stecche  di  madreperla  u  di  snudalo  lavorato  a 
sterno  e  uà  quadretto  incorniciato  di  lama  d'oro  e  di  perle,  in 
ed  campeggia  l'idolo  del  i^uo  cuore  e  il  suo  ritratto,  miniato 
ÌB suir avorio.  E  la  sua  vanità  appena  di  tanto  sì  appaga;  ehò 
dbi  non  domanda  meno  per  trabellire  e  pompeggiare. 

Nulla  p^>i  diremo  della  sua  guardaroba,  fornita  a  dovìzia  di 
quanta  l'imptiriosa  moda,  la  tiranna  del  mondo  femminile,  esige. 
Etvì  uno  sfoggio  di  vestì  di  seta  schì'.'tta  o  a  opera  di  bei  ri- 
euni;  rasetti  ed  ermisioi  a  onde,  gtierniti  di  balzane  a  crespe, 
I  ^^  fi  etti,  a   festoncini;  duo   Hnissimì   si^ialli  cinesi  a  fiori 
e  arabeschi  assai  capricciosi;  una  polacchina  orlata  di  martora 
e  di  zibellino;  mantìglie  e  slolelto  da  collo  ricamatti  a  giorno; 
eiaturini  con  b«>rchie  e  formagli  d'oro  vagauienle  cìsellati,  e 
scarpettine  di  seta  e  di  raso  a  tacco  altissimo  e  toinaietto  basso, 
come  oggi  porta  il  caprìccio  della  moda,  che  fa  andare  sui  tram- 
poli la  donna.  Di  cappellini  poi  non  se  ne  parli  :  avveue  dit  rifor- 
nire la  bottega  dì  una  modista,  qual  di  seta  o  dì  raso  e  qnal 
di  fino  p^lia  di  Firenze,  l'uno  piumato  di  marabù,  l' altro  in- 

Sm^  XStl.  voi.  II.  f9K,  «4  13  ì>  opri/*  18M 


191 


DBflBLITTE 


crestato  di  una  vaghissima  para4istui,  questo  inghirlandalo 
fiori  urlifìciuli,  o  qiitsllo  di  fìnti  grupiititi  o  di  altri  frutti  a  pan-" 
nocchia  o  a  corimbo.  Il  tempio  insomma  dolle  glorie  dell'Erm^- 
linda  non  potrebbe  essere  più  splendido  e  suotuoso-,  ed  ella  ts 
tutta  in  brodo  di  snccìole,  i^aando  apre  ì  suoi  armadii,  gflì  stipi 
e  ì  for/,ierettì;  e  si  la  a  contemplare  tanta  doviiiia  di  guernimenti 
d'ogui  fatta. 

Ella  non  esco  dalle  sue  stanm  ohe  sulle  andioi,  o  siilPoni! 
dell' asciolvere;  e  la  sua  prima  comparsa  ò  nella  sala  da  desinare 
tra  gP  inchini  de'  famigli  e  i  mirallogro  de'pareutì  e  degli  amici. 
Siede  a  tavola,  sflora  le  vivande,  che  vuol  sempre  ammanierate 
coD  leccornie,  centella  parecchie  qualità  di  vini  generosi  e  dà  la 
stura  alla  sua  parlantina,  taccolando  di  mille  oose  senza  sagOi 

È  gi^  il  meriggio;  ed  olla  [ievasi  di  tavola,  e  tolto  in  manol 
il  giornale  dello  mudo,  che  è  il  libro  delle  sue  devozioni,  stn-^ 
dialo  con  occhio  attento  ed  esamina  ogni  fìgurìno  neirintenta 
di  uniformarsi  scrupolosamente  alle  mode  parigine,  ancoraché 
spesso  bizzarre,  e  mutabili  poi  sempre  come  le  fasi  della  lana. 
Gitta  anche  un'occhiata  sullo  colonne  di  un  qualche  giornulo,  cba 
le  pare  più  addentro  no' secreti  de'Gabinetti:  perch'elJa  ha  il 
vezzo  di  sfarfallaro  in  politica;  e  Dìo  sa  quante  volte  nel  sag 
cervellino  ha  rimpastato  l'Europa  e  il  mondo! 

Ma  la  sua  lettura  prediletta  t>i  il  romany.<);  col  quale  passeggia 
a  suo  talento  sulle  nuvole,  e  va  spaziando  m'Ha  regione  del 
st^QÌ  e  de^  fantasmi.  È  un  sollazzo  il  vederla  languidamente 
adagiata  sovra  un'ottomana  o  in  un  seggiolone  a  bilico  divorare 
a^li  occhi  qael  suo  libriccinolo  legato  in  marocchino  e  filettati 
d'oro,  e  appassionarvìsì  dentro,  e  ora  affocarsi  tutta  in  volto  ed 
ora  impallidire  e  di  tratto  iu  tratto  trar  sospiri  e  lasciar  cadere 
furtive  lagrime  dagli  occhi.  La  sua  sensibilitiì  à  scossa,  il  sistema 
nervoso  ne  patisce;  e  compassione  e  orrore  serranle  il  onore  a 
le  affollano  il  respiro.  Povera  Ermelinda! 

Ma  buon  por  lei  che  a  dissiparlo  i  sogni  dall'aDimo  e  a 
richiamarla  alla  realtà  della  vita  vengono  su  quest'ora  ì  soliti 
visitatori,  ch'ella  riceve  seduta,  salutandoli  appena  con  un  liere^ 
piegare  di  capo,  e  porgendo  loro  a  baciare  la  mano  con  un  far  da 


XIV.    l'  EltHELi:<DA   t  LA  SUA  VITA  195 

regina,  inchini  e  cortosìo,  complimenti  e  adulazioni  s'all^rnauo 
senza  posa;  cbè  ognuno  agogna  di  conquistare  il  cuore  delia 
deca  erede  del  banchiere;  ed  ella  sentesone  tutta  dentro  insollu- 
etierare  l'anima,  e  se  ae  smammola  di  contento.  Coloranlesi  le 
^anco,  le  hrìUaoo  gli  occhi,  e  uu  sorrìsetto  di  compiacenza 
^zzale  tra  labbro  e  labbro.  Tuttavia  studiasi  di  dissimulare  con 
paroline  artatamente  modeste  il  suo  compiacimento:  —  ma  che 
4iM?  è  troppa  bontà  la  sua...  io  non  merito  tanto... 

Ogni  adulatore  sa  quanto  valgano  questo  lustro  di  umiltà^  e 
IKrfi  viepiù  accalorasi  nell'  incensare  il  suo  idolo.  La  lode  è  per 
i'Ermelìnda  un'aura  sì  care?Aorole,  un  profumo  si  dilicato,  una 
ouù  dolce  armooia,  che  la  rapisce,  l'attrae  di  sé,  TalTascina,  e 
gonfiale  il  capo  di  pensieroni  e  di  vento  il  cuore. 

Tuttu  inuzzolita  ed  arzilla  scioglie  aUora  il  suo  scilinguagnolo; 
flfrmguella  di  mille  cose,  saltando  di  palo  in  Frasca,  senza  mai 
filare  dritto  nn  ragionamento,  e  sputa  aforismi  e  sentenze,  che 
è  un  sollazzo  l'udirla.  Novella  di  politica,  ciugut-tta  dì  filosofìa, 
ciucia  dì  estetica;  ed  entra  poi  in  un  pecoreccio  di  buassaggiui 
tdi  pappolate  da  non  dire,  sempre  cho  linguetta  di  religione. 
Od&ì  sq  le  salta  il  tìcchio  di  taccolare  de' fatti  alimi  1  Allora 
morde,  trincia,  leva  le  berxe  a  questo  e  a  quello,  che  è  una 
pietà.  Ma  qual  ch'egli  sia  l'argomento  della  sua  coftversav.ione, 
U  lìngua  poi  sempre  le  sdrucciola  nel  suo  tema  prediletto,  cioè 
Belle  mode,  ne' balli,  nelle  feste  e  ne' teatri.  E  qui  è  dove  l'Er- 
aelioda  spiega  tutta  la  pompa  della  sua  fumuiìiiilo  erudizione, 
mesciando  tntt'a  un  fiato  addosso  a  chi  l'ascolta  un  torrente  di 
pirolo,  che  non  gli  dà  mai  tempo  da  mettervi  del  suo  una 
sillaba  in  mezìso,  se  pur  non  ò  un  eh  di  maraviglia  o  un  sì  di 
ipprovasione.  Cosi  tnuKorrono  le  due  o  tre  ore  in  ciance  inutili, 
che  se  spremere  si  potessero  o  distillare  in  na  lambicco,  se  ne 
avrebbe  per  estratto  qualche  cosu  mi-no  di  zero. 

Frattanto  giù  nel  cortile  gli  staffieri  sodo  in  faccenda;  trag- 
gono la  carrozza  fuorì  della  rimessa  e  aggioganvi  la  ben  pasciuta 
e  linda  parìglia;  la  quale  sbulTa,  nitrisce  e  scalpiccia  il  terreno, 
forse  impaziente  di  trainare,  come  ì  cavalli  di  Fetonte,  questa 
beLU  aurora.  L'£rmelinda  spacciasi  in   fretta  dai  visitatori  ; 


I!)6 


I   DERCLim 


ritirasi  nelle  sue  stanise,  rassettasi  tutta,  si  ralfusula  e  oìdcìd* 
nasi  per  fare  di  so  vistosa  comparsa  al  corso  e  per  le  TÌe  pidl 
popolato  della  città-  Ma  in  ([iitvsto  passa  una  buon'ora  di  tempo;! 
U  eoochiere  mormora  ti'a  deuti  di  quel  riUu-do;  ì  fumigli  bi- 
sbigliano, e  Tua  d'essi  pit\  impaziente  dei^li  altri  ì  in  procale  a 
voce  sommessa:  —  IX>mìae  Falla  trista!  E  uu  altro  —  Che  morta 
BÌa  a  ghiado! 

Finalmente  eccola  spuntare  a  capo  dolio  scalone,  tutta  sfoU 
gorante  di  vììmì  e  di  gale,  come  una  sultanina,  e  mollemente i 
appoggiata  al  braccio  di  un  cavalier  serveute,  che  va  superbo  1 
dell' allo  ufficio.  Scende  maestosamente  le  scale,  traendosi  dietro 
uuo  strascico  da  regina;  monta  tra  due  braccia,  chi^   le  ranno] 
coloDDa,  in  carroz;fa;  affondasi  negli   elastici  cuscini  e  u 
sulle  ginocchia  una  vezzosa  catellina  dal  lungo  e  bianco  pelo,] 
cai  Tiene  dolcemente  coli' eburnea  mano  accarezzando.  Ora 
madre  ed  or  la  gofcrnuute  tengonle  compagnia,  ma  anchu  allei 
che  le  sta  a  fianco  la  madre,  ella  regola  a  8uo  senno  la 
soggiata,  e  dà  suoi  ordìui  al  cocchiere,  indicandogli  le  ne 
deve  tenere,  e  che  sono  sempre  le  pil  popolose  dell'abitato, 
agevole  indovinarne  la  ragione:  l'Ermelinda  vuol  essere  vagheg- 
giata; e  però  preferisce  i  luoghi  frequentati  ai  S4)lLtarìi.  Dair&ltol 
del  suo  cocchio,  come  dal  trono  dì   sua  vanità,  abbassa  con 
sovrana  degnazione  sui  passeggeri,  che  spronano  le  scarpe,  ì 
suoi  sguardi;  e  tutta   rìn^lltiaasi  e  gongola  al   vedere  »  s&j 
rivolti  gli   occhi  della  gente,  e  molte  tàste  scoprirsi   sul  suo] 
passaggio,  e  molto  bocche  aprirsi  per  maraviglia  o  atteggiarsi' 
al  sorrìso.  Sono  le  soddisfdjstonì  dell'urgoglio,  di  cui  ella  seuUj 
ogni  dì  il  bisogno. 

Ma  intanto  Tana  imbruna,  e  la  serotina  brezsoUna  la  h] 
rientrare  io  palagio.  Allo  strepito  delle  ruote  romoreggi&nti  ' 
sull'ammattonato  del  portico  e  sul  lastrico  del  cortile,  tutti  il 
domestici  dannosi  moto  e  facwnda. 

Già  la  mensa  è  imbandita,  fumauo  le  vivande,  spumeggUno] 
i  generosi  vini  nelle  bottiglie,  e  il  maggiordomo  affrettasi  a] 
chiamare  a  tavola  la  signorina;  la  qnale  dopo  le  fatiche  di  una) 
giornata  si  travagliosa  sonte  il  bisogno  di  rifucillarsi.  L'Erme- 


XIV.  L  enM£t,iNOA  e  la  sua  vm 

linda  a  mensa  non  diluvia  nò  tracanna,  ma  pilucca,  sfiora  e 
talla;  perchè  le  portate  e  ì  Tini  sono  molti,  ed  ella  ruol 
re  di  tutto.  Tolte  letavole,  eccola  di  nuovo  nell'abbigliatoio 
fé  la  tolHtta  della  sera  richiede  da  lei  ben  piiI  accurato  studio 
e  quella  del  mattino.  Trattasi  nuIlameDo  che  di  una  solenne 
ra  che  ella  dee  far  tra  poco  in  meezo  al  mondo  elegante, 
CDOTenutn  al  teatro,  ove  sfuggiasi  in  ogni  sorta  di  acconciature 
B  abbigliamenti;  perche  certe  damigelle  vi  vanno  per  essere 
iozichè  spettatrici,  spettacolo  al  fiore  della  cittadinan^ia.  Ij*Kr- 
Bfitinda  infatti  non  mette  piò  fuori  delle  sue  stanze  se  non 
ipo  aver  consultato  cento  volte  lo  specchio  e  stancata  la  pa> 
d'siÌA  governante,  della  cameriera  e  delta  faiitcscik,  tutte 
id  a  raGfaxxonarta  e  illeggiadrirla  e  imbalsaiuarla  di  man- 
e  d'acque  profumate. 
E  quando  l'alta  impresa  è  già  compita,  l'Ermelinda  esee  dal 
tempio  femminile  tutta  raggiante  di  gioia,  splendente  di 
i,  e  olezzante  come  una  rosa  di  cento  foglie.  Dìi  la  voce  agli 
iffieri.  riiuontH  in  cocchio,  e  via  al  teatro.  Quivi  le  occhiate 
«{ sorrisi  de' cicisbei,  le  visite  dello  amiche,  tra  le  qnali  quasi 
sempre  traforasi  un  qualche  damerino  vago  di  faiie  la  corte, 
gl'incanti  della  scena  o  lo  armonie  dulia  musica,  il  turbinio 
delle  danzo  procaci  e  i  romorusi  plausi  della  platea,  tutto  insomma 
inefabriale  i  sensi,  scaldale  la  fantasia  e  affascinale  il  cuore. 
Ha  scocca  mezza  notte:  la  giornata  è  tìnita,  cala  il  sipario, 
tasi  il  teatro;  e  rErmelìnda  tornasene  a  casa  cogli  occhi 
mbolati,  e  la  testa  a  zonzo. 
Tal  è  il  tenore  di  sua  vita:  questa  è  la  gioia  di  sposa  che 
il  Banchiere  destina  a  suo  figlio.  Ma  buon  per  Bruno,  che  aven- 
dola conosciuta  un  anno  innanzi  in  un  viaggio  da  lei  fatto  in 
Italia,  lungi  dal  rimanerne  invaghita),  avcala  presa  in  uggia  e  in 
disptitto,  eotalchè  nulla  avrebbe  mai  potuto  indurlo  a  menarsela 
in  moglie. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


NOTIZIA  DE' LAVORI  01  EGITTOLOGIA  E  LINGUE  SEMITICHE 
PUBBLICATI  IN  ITALIA  IN  QUESTI  ULTIMI  DECENNI!' 


IV. 

La  VOSI  Copti 

Lavori  di  B.  Peyron  —  Francesco  Rossi  —  G,  Torteli 
P.  A.  Ciasca  —  E.  Teza. 

La  lìngua  copta  ò  Tatitica  lìngua  egiziana,  e  I  vocaboli 
ziant  scrìtti  m  caratteri  geroglifici  sopra  i  più  antichi  monO' 
inenti  di  Tebe,  e  in  caratteri  greci  ne'  libri  copti,  non  differiscoDO 
in  generalo  se  non  per  la  muticaiiKa  di  corte  vocali  medie  omesse, 
giusta  l'uso  orientalo,  nella  primitiva  ortografia.  >  Così  il  Cham- 
poUion*.  Il  vocabolo  copio  ò  un'abbreviazione  di  Ar/ysT^s;,  egi- 
ziano, come  dimostrò  il  HevilloatMI  copto  consta  di  due  dialetti: 
il  tnemjiiico  e  Ìl  (ebano  o  sahidìco.  Il  Cosiddetto  basmurieo  ò 
una  specie  dì  dialetto  dell'epoca  musulmana,  con  una  c«rta  ten- 
denza al  vocalismo  arabo,  e  segaatament«  al  suono  a  usato  spesso 
in  luogo  di  o;  ma  esso  non  ha  regola  fissa,  come  ii  memjiiko 
e  il  iebano  che  son  due  dialetti  al  tutto  regolari  e  d'origino 
remotissima  e  ignota. 

Non  è  qui  il  luogo  di  esporro  le  controversie  intomo  al  posto 
che  spetta  al  copto  tra  le  diverse  famìglie  di  lìngue;  se  cioè 
appartenga  agli  idiomi  semìtici,  come  sostennero  il  Barthélemy, 
ìl  de  Giiignes,  il  Giorgi,  LI  de  Rossi  e  il  Kopp  fra  gli  antichi; 
il  Benfey,  ìl  Bunsen,  il  Ueìer,  ìl  Boetticher  e  il  de  Hougé 
fra'  moderni,  contraddetti  dal  Pott,  dalTEwald,  (che  poscia  mutò 

'  Vedi  qDail.  850.  pci^g.  TS-8Ì  di  qoMto  volume. 
'  Gram.  p.  X' IH. 

*  a.  Dti  articola  del  nsYiLunjT,  nel  Dict.  d'AreMoL  ^ypt.  ilei  Pìerrei,  p- 
Eìne  ISt-ieO. 


RinSTA   DELLA  STAMPA  tTALIANA  199 

lione)  e  dal  Venrìch.  II  Lepsìus  sostouQc  ridontità  ori^naria 
fare  famiglie,  indo -europea,  semitica  e  copta,  ed  altri  sono 

urei  od  Hltra  ipotesi.  Il  probltìiiia  mm  è  ancora  sciolto,  corno 
Mo  faremo  sciolti  fln  qui  tanti  altri  problemi  lingaistici  della 
mkfisiina  importanza  '. 

Como,  trattando  dell*  egittologia,  abbiamo  indicato  i  soli  lavori 
pubblicati  in  questi  aitimi  t^npi,  lasciando  daU'uQ  desiati  qaelll 
BoSuUìdì,  del  SaWotini  e  di  altri  cospicui  egittologi  di  più 
data;  cosi  Tenendo  ora  allo  scritture  rignardauti  il  copto, 
pass<>r»fflo  sotto  silenzio  gì'  immortali  lavori  di  Amedeo  Peyron, 
quelli  altresì  meritevoli  di  lode  del  suo  maestro,  V  illustre 
Ab.  Valporga  di  Misioo,  conte  di  Calnso,  e  dello  stesso  Roael- 
lioi,  tanto  benemerito  degli  stndìi  copti,  dell' Ab.  Bardelli,  cui 
Mbiamo  i  preziosi  codici  Mpti  da  lui  ìicquistati  e  ora  posseduti 
dalla  Biblioteca  Nazionale  di  Firenze,  e  di  altri;  e  prenderemo 
le  mutise  dui  eh.  lìtìmardino  Peyron,  nipote  e  discepolo  di  Amedeo 
e)ie  cosi  dì  lui  scrisse:  gitem  in  litUris  copUcia  aliisqtte  discì-' 
l/ulitm  nai'um  ac  diligeittem  h^uisae  fflorior.  Il  più  ìmportantft 
lavoro  pubblicato  da  lui,  è  un  codice  copto -tebauo,  contenente 
dieci  frammenti  di  Salmi,  e  trentadue  interi  Salmi,  con  osser- 
Tuìoui  critiche'.  Pubblicò  pure  una  dissertazione  postuma  dì 
Amedeo  suo  zio,  di  cui  ora  faremo  menziono  ^  Uo  altro  lavoro 
del  eh-  Autore,  inserito  come  i  precedenti,  fra  le  Memorie  del- 
V Accademia  delle  scienze  dì  Torino,  tratta  di  cinque  manoscritti 
Copti  della  Biblioteca  Nazionale  di  Torino  \  Diremo  ora  dì  eia- 
tcana  pubblicazione  quale  sìa  la  Importau?^  della  nat'>ria,  e 
quale  il  marito  dell'Autore  che  la  tolse  a  studiare.  Pertanto  dì 
questi  tre  lavori  uno  è  dell'Ab.  A.  Peyron  zìo  dell'Autore,  al 


'  O.  ]\iyxH,  llijtl.  de*  lamy.  »fmiL  Liv.  1,  Clisp.  Il,  pag.  KO-9*.  quinU  l'di- 
simip,  IH7H. 

*  pMtltfrii  copto  thtònni  xpfi^im'H  quoiì  omniìtm  primum  itt  ìnctm  prodit 
tamtineiu  pr'uitr  d*ctM  p$aÌinoniiH  /'raj/ittenta  itttegros  paaJmoi  duo  et  tri- 
finia  nd  fidftH  codieit  t*MriniMÌ$  cura  il  critica  animadvtrtinnibu^  Bernar- 
diti  IVjTOni,  IJt75  (aeììe  3f«iwr«  deV' Aecad.  deVt  Snenre  ài  Tarino). 

»  Nrflc  MetHnrie  diiWArcad.  detta  Scienie  di   Torino,  187?). 

■  Notiti*  ed  tìsxerciuinni  intarHO  a  cinque  manoscritti  capti  dtììa  Bihlio- 
ttea  .Vii;rV»wi,V  di   Tonno. 


^00  RIVISTA 

qaole  noDdìmeno  abbiamo  l'obbligo  gi-ande  di  non  averlo  lasciati 
iaedito.  Ecco  ìq  poche  parole  il  contenuto  di  questa  cho  s*  intì 
tola;  Diiserfado  posthuma  de  nom  copticae  linguae  orthogra 
pìtia  aScJiivartzio  excogitaia.  U  D'.  Schwartze  di  Berlino,  nel 
Topera  dottissima  che  scrisse  col  tìtolo:  Das  Alte  Mgìji^en 
«sposo  oon  mirabile  enidìsìone,  la  sua  teoria  solle  etimologi 
egiziane,  e  io  conformità  di  questa  teoria,  composo  iV.ìandio  uha 
grammatica  cho  fu  data  iu  luco  dopo  la  sua  mortd,  dallo  Steìiithat 
Senonchè  la  ortografia  copta  ch'egli  propone  è  al  tutto  diversa 
dalla  nnìversalmeate  ac«ett;ita  daMotti  coptistì.  Ora  TAb.  Peyron 
confuta  nulla  sua  di$sert;i;:ìuue,  con  rigorosi  argomenti,  la  teoria 
proposta  dallo  Scliwartzo. 

Un'utilo  futìca  del  eh.  Autore  deve  riputarsi  quella  dello  no* 
ti/Je  ed  ossùrrasioni  cho  ci  dà  di  cinque  manoscritti  copti  della 
Biblioteca  Nazionale  di  Torino.  Essi  furono  donati  dui  benemerito 
Cav.  Drovotti  nll'Ab.  Peyron  quando  era  già  stat»)  pubblicato  il 
suo  Lexicon  e  la  Grammatica  ropta.  Passarono  quindi  non  il 
lustrati,  al  tiiimti^,  e  dallo  costui  mani,  con  bolla  generosità,  alla 
Biblioteca  N'azìuualo  di  Torino.  Reco  ora  le  notizie  che  ce  ne 
fornisce  l'Autore.  Il  primo  è  un  papiro  che  ha  23  carto  scritta 
da  una  sola  facciata,  tranne  la  seconda  carta  che  h  vuota.  Esso 
contiene  un  tratt'to  gnostico  delle  particolari  virin  che  hanno 
da  Dio  gli  spiriti  celesti  secondo  la  tradizione  cristiana.  È  scrìtta 
in  dialetto  tubano  misto  dì  formo  mcmfltiche  n  di  molti  roca 
boli  greci.  Sh  se  ne  considera  la  mati'rrìa,  esso  è  anteriore  al 
secolo  XII,  ma  6  forse  piiì  antico  di  tre  o  qnattro  secoli.  D 
secondo  papiro  iS  pure  scrìtto  nello  stesso  dialetto,  e  non  ci  d& 
che  un  frammento  di  altro  Trafialo  gnostico  sugli  Angeli  t 
gli  Arcangeli.  Il  ter^o  è  un  codice  iu  carta  bombicìneaf  d«l 
secolo  XIV.  di  carto  139.  Contiene  Fromnimfl  dt;l  Salterio  di 
Davide  in  dialetto  memlitico.  Del  quarto  diremo  fra  poco,  es- 
sendo stato  illustrato  a  parte,  dal  nostro  Autore.  Il  quinto  final- 
mente è  un  codice  in  pergamena,  del  secolo  XI^  di  carte  27,  ìa 
•  dialotto  momfitico.  Esso  contiene  parecchi  frammenti;  v'è  un 
discorso  sulla  Penitenza.  Nel  foglio  1&  si  ba  un  framtmnto 
degli  Atti  del  Martirio  di  Apa  Victor  Jiglio  dì  Romano;  wA 


DEttA  STAMPA  ITAUAMA,  301 

fyglìo  20  si  legge  un  /rammento  degli  Atti  del  Martirio  di 
S.  Teodoro  Stratelaie  (Comandante  iQ  capo).  Degne  di  special 
Rumziontj  sono  lo  osservuzioni  fitologicbe  delPAutoro,  niassìma- 
neate  quelle  che  riguardano  etimologie  dì  roci  copte. 

Ma  il  pnocìpale  lairoro  iloII'Autore  è  la  sua  pubblicazione 
e  r  iUustra/.ìuDe  dottissima  del  terzo  codice  ricordato  dianzi. 
prìtnamentd  diamo  la  descrÌ7,ione  dot  codice.  Usso  è  bombi- 
ifleo  e  consta  di  3&  fogli  sciulti,  i  quali  sono  scritti  a  let- 
tere grandi,  ma  senza  distinzion  di  parole.  Manca  la  data.  Il 
Doetro  Autore  lo  crede  del  secolo  ZIV.  La  preziosità  di  questo 
oidioe  è  manifesta  da  ci6  che  la  Torsione  de'  Salmi  in  dialetto 
aihidioo,  è  rara.  I  codici  borgiani  descritti  dallo  Zoega  (Catal. 
{Mg.  197-19S),  non  ci  danno  che  8  Siimi  interi;  laddove  U 
Metro  codice  oltre  a  molti  frammenti  di  Salmi,  ne  contiene  32 
interi.  Ondechè  a  bnun  dirittt)  può  dirsi  esemplare  non  solo  di 
Sommo  pregio,  ma  unico.  Il  eh.  Autore  dimostra  contro  Io  Schwar- 
tn,  di  quanta  importanza  sìa  il  nostro  codice  neiresegesi  biblica, 
ittesa  la  stia  grande  antichità.  Imperocché  fu  opinione  del  dotto 
berlinese,  che  la  versione  de'  Settanta  fosse  stata  al  tutto  fedele 
il  testo  ebraico,  e  però  quanrju  i  codici  memfUici  sono  discordi 
^  loro,  egli  ricorre  sempre  alle  lezioni  greche  de'cudici  Alea- 
nadrìno  o  Vaticano.  Ora  quanto  sia  falso  questo  criterio  dello 
Schtvartze,  il  nostro  Autore  lo  prova  da  ciò,  che  la  lezione 
della  primitiva  versione  greca  fa  presto  corrotta,  tantoché  i 
padri  e  gli  scrittori  de' primi  secoli  della  Chiesa  si  adoperarono 
di  rioiendarta  e  appurarla.  Così  fecero  Origene,  Eusebiu,  Esi- 
(bio,  Luciano  e  S.  Girolamo.  La  traduzione  copta  adunque,  la 
^oale  appartiene  alla  recensione  Alessandrina,  come  supera  per 
antichità  tutti  i  Codici  greci  celebrati  in  Europa,  cesi  funiisce 
agli  esegeti  biblici,  molti  preziosi  riscontri  e  schiarimenti  circa 
il  significato  e  la  forza  di  certi  passi  de*  Salmi,  comi-  si  fa  chiaro 
dalle  Animadversiones  che  il  nostro  dotto  Autore  aggiunse  al 
lesto.  Esse  sono  critiche  osservazioni  intorno  alle  voci  del  testo 
oopto  del  Salterio,  comparato  con  quello  del   testo   menifitico, 
ebraico,  alessandrino,  vaticano,  aldino,  di  Alcalà,  con  l'esemplare 
ambrosiano  e  con  Vitata  vetus.  Questa  pubblicazione  del  eh.  Ber- 


VtK  RIVISTA 

D&rdiao  Peyr<>n,  fatta  con  sagace  critica  ed  erodLìioQe  sìogol 
torna  a  grande  onora  degli  studii  italiani. 

Un  altro  valoroso  coptista  è  cortamtìnte  il  Prof.  Francesco 
Rossi,  come  si  par  chiaro  da'prcgovoli  lavori  finqni  pubblicati^ 
e  de' quali  faremo  ora,  col  solilo  modo  della  breviti*,  onorata  men- 
aiontó.  Della  sna  Grammatica  copto-geroglìfica,  coìt  un'  Apinm- 
dice  ilei  pi-inciiiati  segni  sittabici  e  dei  toro  signijkato^  illu- 
siraii  ila  esempii,  non  accade  trattenerci,  essendo  stata  da  noi 
meriUiinetite  lodata  nella  prima  parte  di  qnesta  Notizia.  Diremo 
dunque  alcuna  cosa  della  pubblicazione  de' papiri  copti  del  Museo 
di  Torino,  intrapresa  da  lui  nel  1883,  e  continuata  fino  al  18S5, 
Tutti  sanno  quanta  sìa  la  dovizia  e  11  pregio  singolare  de' ma. 
noscritti  copti  conservati  nel  Museo  egizio  torinese,  e  cbo  appar- 
tengono alla  CAilobre  oolbsione  Drovotli,  acquistata  da  R*i  Carle 
Felice  nel  1S20.  Essi  venneri)  assai  malcnnci  e  sciupati  dalTEgitto, 
insieme  eo^  papiri  egizìi,  e  furono  ordinati  e  in  parto  trascritti 
dair  illustre  Ab.  Peyron.  11  nostro  eh.  Autore  gli  ha  ora  quas 
tutti  copiati  con  la  massima  accuratezza,  prima  che  la  lettini 
di  essi  divenga  piti  malagevole.  Imperocché  sopra  ootc«tì  fogl 
fragilissimi  dì  papiro  ^'oiine,  non  si  sa  ben  da  chi,  distesa  uni 
vernice  eompusta  di  resina,  la  quale,  oltreché  facilita  b  sfogliars 
del  papiro,  lo  rende  eziandio  di  giorno  in  giorno  più  seuro,  e  M 
rìSesso  del  Incido,  porge  fastidio  all'occhio  del  b.-ttore. 

I  nostri  codici,  già  descritti  dal  Peyron  nella  prefazione  i 
suo  Lessico,  contengono  testi  in  dialetto  tebano  o  sahidico,  salv 
un  codice  membranaceo  antichissimo  della  sapienza  di  Sìraeh 
di  quella  di  Salomone,  riunite  in  un  volume.  Tutti  i  manoecrit 
sono  in  t^llissimi  e  gn>8.si  ciiratlori  su  papiro,  e,  summati  insiem 
tutti  i  frammenti,  si  hanno  non  meno  di  uttocentti  fugli  di  papii 
scritti  da  ambe  le  parti,  e  formanti  un  totale  di  mille  e  seceal 
pagine  di  testo,  divìse  generalmente  in  due  colonne,  di  veatl 
ventisette  lìnee  in  media,  per  ciascuna. 

II  codice  m*-mbrnnaceo,  del  quale  accennammo,  era  stato  ea 
piato  e  destinato  alla  stampa,  dal  nostro  Autore,  quando  si  TÌd 
provenuto  dal  do  Jjagardc,  nelle  cui  mani  era  stata  nna  copi 
de'due  antichi  testi  comunicatagli  dal  Pejron.  Duo  altri  fran 


DELLA   STAMPA   ITALUITA 


9(Xi 


meati  furono  editi  dal  Revilloiit  col  tìtolo  :  he  Concile  de  Nieée 
4'après  les  iexUs  coptes.  Première  sèrie  de  documents  —  Expo- 
iition  de  foi  —  Gnomes  du  Saint  Concile  (Papyrus  dii  Mast'jè 
de  Turili).  vVache  il  nostro  Autore  nella  eollezione  tlo'codici  trovò 
alcuni  tratti  relativi  allo  stesso  Concilio,  in  uno  de'qnali  leg- 
gonsl  i  nomi  di  parecchi  Vescori  che  v'intervennero'. 

U  primo  tosto  pubblicuto  dal  Prof.  Rossi  ò  citato  dal  Peyron 
e»sì:  Fitpyru-8  3«c«H(/«-v  Taurinensis  foliorum  54.  Exhibei 
UifpomHemafa  (acta)  ^ervaiorìs  conscripla  stth  Pontio  Pilato 
fraesìdef  quo  nomine  venit  Evangelìttm  Nicodetni  saepe  edi- 
ìam.  titm  non  ita  prtdem  vulgattttn  a  Carolo  Thilo:  Codex 
dimrt/phus  Novi  testamenti.  Lipsiae  1831  \  Come  la  prim» 
purte  del  cudice  coutuuonto  il  Vatigulu  di  N'ioodemo,  cioò  i  Gesta 
Pitali^  secondo  il  titolo  che  ha  ae^li  Esangelin  apocrypha  pub- 
bbeati  dal  Tìschcndorf  nel  1 876,  era  uoU  pur  la  traduzione  latina, 
il  nostro  Autore  pensò  bene  di  restringersi  alla  tradu-^inne  di 
oa'altra  parte  del  codice  stesse,  dov'è  una  Eset/esi  pronunziata 
i!air  Arci  vescovo  TeofiJo,  la  quale  ha  per  argomento  la  Croce  e 
il  Uilrooe.  La  pubblicazione  d^I  testo  del  Vangelo  di  Xicodemo 
e  fatta  con  ogni  accuratezza,  notando  lo  varianti,  le  voci  o  forme 
«•frate  0  che  non  occorrono  altrove,  nò  sono  registrate  ne'  lessici. 
N't)l  ])riucì|iio  della  sua  dotta  fatica  l'Autore  d^  in  pochi  tratti, 
li  lettore,  contezza  della  lìngua  e  letteratura  copta,  e  del  rina- 
KÌm»ìnto  di  questi  studi  in  Europa  per  opera  massimamente  dol 
P«Ìr«9C.  dì  Clemente  XI  e  del  Cardinale  Borgia. 

Ia  versione  italiana  dall'Esegesi  è  condotta  on  molta  chia- 
Tezza,  e  rende  quanto  è  possibile,  la  forza  de' concetti  e  delie 
Difitaforo  del  testo,  salvo  certe  locu^iioni  metaforiche  troppo  di- 
scordanti dal  genio  della  nostra  favella.  In  fine  sono  date  quattro 
Tavole  chi)  ripivducono,  la  I'  e  IV  diifi  pagine  del  codico  coute- 
amU  il  Vangelo  dì  Nicodemo,  col  principio  dell'Esegesi  di  Teofilo; 

•   Tra»crÌtione  di  un  codice  copio  ckl  Mttaeo  (ijisio  di  Torino  con  itluatro' 
^Mìimt  t  HOt<  del  J'ror.'FftANCEK:o  Koaiii,  Torinn,  Krmanno  Lf»*cher,  18H3.  (EsiniUo 
^tfftorie  dtlìa  IleaJe  Accwì.  d'iie  Si-Ìenie  dì  Torino.  Scrii!  Il,  Tom.  XXXV) 
Cf.  l'nrfxxtofiff  alta:  NoUtia  {ibromm  manu  ti/pi»ve  'irtcriplorum,  qui  do- 
Ah    Thoma    Valperffit-Calutio  illtiti   aunt  ti*  R,  Taurintnais  Alhenad 
iQtìutam-  LipNoe.  IHiU,  del  l'oyron. 


^k^ 


^i  Br  VISTA 

la  Iir  diifì  pagine  del  codice  su  pergamena,  della  sapienza  dì 
Siraih,  la  IV'  da  un  saggio  di  diversi  fnimmenti  dì  papiri. 

Con  puri  dilig6nsi  o  dottrina  è  fatta  la  pubblicazione  dei 
testi  copli  del  museo  di  Torino,  i  quali  riguardano  il  Concilio 
di  Nicea  e  il  gniude  Atanasio,  ArcìrosooTo  dì  Alessandria'.  Tatti 
questi  testi  con  parec«liì  altri  papiri,  erano  stati  raccolti  in  un 
sol  oudice  di  95  fogli,  dal  Peyron,  con  quosto  titolo:  Conlittet 
sennoìU's  murales,  sentenCias  Synodi  Nicaenae,  tum  viktw 
JJftanasii  spuriam.  Senonchè  la  divisione  per  matoria,  fatta  dei 
papiri  copti  dal  Peyron,  in  setto  codici,  con  una  osatta  o  80D1< 
maria  descrizione  nella  prefazione  al  suo  celebre  Lessico,  non  sì 
muutennu  Itinganientu,  e  quando  il  Prof.  Russi  sì  accinse  a  tra* 
Bcrìvorli,  l'ordino  delle  pagine  era  alterato,  come  confusi  erano 
i  fogli  drllo  Stesso  codice  con  fogli  di  codici  diversi. 

Il  dottissimo  coptista  francese  signor  Rovìllout  pubblicava 
nel  1873,  due  papiri  del  Museo  torinese  intorno  al  Concilio  di 
Nicea  (V.  sopra  pag-  203),  e  in  una  nota  a  pag.  21  dicera:  D$ 
ftoitwaux  /ragmenis  di'couverts  par  nous,  iant  à  Turin  qu^à 
NapfeSt  noHS  ont  ertjin  conduìt  à  «»«  iihntijiralion  cerlaiw 
de  ce  texte  (Ìn(fmatiqne.  Ma  il  nostro  Autore,  per  ciò  che  riguarda 
ì  testi  relativi  al  Concilio  di  Nicea,  si  crede  in  obbligo  di  far 
osservare  che  essi  erano  stati  riuniti  tutti  col  titolo:  SenletUiae 
Synodi  Nionenae,  noi  IV  codice  che  il  Peyron  notificava  ai  dotti 
fin  dal   18:Vi. 

Questa  soconda  pubblicazione  del  nostro  Autore  si  compone  di 
tre  parti.  Nulla  V  si  dà  il  testo  che  rimane  ancora  della  Vita 
dì  sant'Atanasio;  nella  II"  i  t^sti  spettanti  al  Sinodo  N'iceno,  « 
finalmente  nella  IH*,  parecchi  frammenti  da  lai  trovati  dispersi 
nella  collezione  torinese.  Promette  le  notizie  necitssarie  sullo  stato 
de'testi  e  le  loro  lacune,  e  dìchiarii  ch'egli  sarebbesi  astenuto 
da  qnesU  pubblicazione,  se  il  testo  del  Sinodo  e  il  frammento 
che  gli  lieo  dietro,  contenente  la  vita  del  santo  anacoreta  Afu^ 
testé  pubblicato  dal  KeTÌllout  (Rev.  égypt.  3'  sòr.),  fossero  stati 

'  Trattrirtone  <U  alami  (exit  rapti  tratti  dai  Papiri  dtì  Museo  rgitio  di 
Torino  con  traduiiunt  italiana  e  nou  di  Fft\Ni:K3i;o  Itossi.  Torino.  Emuomi 


DELtA   STiUPA   ITALIANA  305 

trascntfi  da  questo  illustre  coptisbt,  con  più  ordine  e  fedeltà. 
Egli  iijfutti  oon  siigno  rordine  e  la  disposìzìoDe  delle  pagine 
e  delle  linee,  ma  fa  una  trascrizione  continuata;  dove  omette 
talora  alcuni  tratti  che  dice  illeggibili  e  che  il  nostro  Autore 
leSBeiOoine  si  put'i  vedere  p.  o.  nel  uilco  dato  .alla  Tar.  Ut  dì 
questo  rohime:  modifica  in  alconi  luoghi  il  testo,  come  per  mezito 
di  asterischi  vien  notato  dal  nostro  Autore  nella  sua  trascrizione 
del  lesto  originale.  Il  Rovilkuit  finalmente  chiude  di  spesso  fra 
pansntesì,  lettere  che  ne' papiri  sono  ancora  [)ggi  o  del  tutto 
visibili.  0  presentino  vestigia  tali  da  non  lasciar  dubbio  circa 
la  loro  forma  originale.  Queste  ossiTvaiiioni  dui  Prof.  R<tìsi  intorno 
alla  trascrizione  del  Revillout,  son  certamento  giusta,  ma  per  noi 
e  per  tutti  cotoni  che  conoscono  l'eccellenisa  in  questi  stndii.  del- 
remini'nte  coptista  francese,  non  escluso  lo  stesso  nostro  Antoro 
che  pii^  volte  la  predica,,  dimostrano  lu  fretta  onde  il  Kevillout 
copiò  i  testi,  e  mm  aUn),  [|  nostro  Autore  per  oontra,  potò  hivoraro 
con  pace  e  a  tutto  sno  agio,  sopra  gli  stessi  tosti  che  sono  sempre 
a  sua  disposizione  nel  Mnsw  egizio  di  Torìao,  di  cui  è  constirvatore. 

La  tnvduxioDC  italiana  del  testo  che  contiene  alcuni  episodii 
della  viu  di  sant'Atanasio,  e  che  scuibraan  tolti  da  un  sermone 
dello  stesso  sunto,  ^  fatta  con  buona  lingua,  e  ritrae  fedelmente 
lo  stile  dell' orìsiinale.  Le  stesse  doti  si  riconoscono  nulla  versione 
delie  Soticme  del  Santo  Sinodo,  e  del  P.  LVIl  che  ha  per  ti- 
tolo: //  Sìnndo  di  Nicea  sulla  Fede  sana.  La  Fede  slabiUta 
l'rt  Nitxa  dal  Santo  Sinodo.  Le  noto  (Hologiche  e  storiche  dal 
eh.  Autore  son  date  con  parca  mano,  e  solamente  dove  il  testo 
le  rìehi<*<le. 

L'ultima  pubblicazione  del  Prof.  Rossi  è  del  1885  ',  e  oon- 
tìenB  la  trasorì/.ì'me  e  traduzionL'  di  tre  testi.  Il  I"  in  sedici 
fogli  di  papiro,  ci  dii  la  vita  del  beato  anacoreta  Afit  già  ri- 
cordato, il  quale  dalla  solitudine  del  desorto  venne  chiamato 
da  Teofilo  Arcivcsc^ivo  di  Alessandria,  alla  sode  episcopale  di 
Pemge,  nell'Alto  Egitto.  II  U'  è  la  storia  o,  come  dice  il  Peyron, 
il  romana)  della  vergine  Eudossia,  sorelU  di  Costantino  ìmpe- 


'    TVofirritiona  di  tre  Xanoncritti  copti  del  Musco  egiiio  di  Torino  con 
tni4MtMiu  itaìinna  di  Kntvcesro  Rmst.  Torino,  Ennanao  Lor*cb«r,  188fi.. 


206 


RinSTA 


ratnre,  la  quale,  nati  i  Persiani  dal  fratello,  mnove  a  ristorare 
e  abbellire  i  luoghi  santi,  e  quiri  persuade  al  fratello  di  per- 
seguitare i  Giudei,  se  non  prendano  il  battesimo.  Così  il  Pevron. 
Ma  il  nostro  Autore  fatte  altre  ricerche,  da' numerosi  papiri, 
pota  mettore  insieme  un  tosto  dì  ventÌHiii  fogli,  donde  risulta  che 
Taatore  copto  avrebbe  cominciato  la  sua  narrazione  dalla  morte 
di  Dioclesìano,  cui  fa  miccedere  nell'impero  Costantino:  racconta 
i  prodigi  ondo  fu  pmtelto  da  Dio  questo  monarca  nella  gaerra 
contro  i  Persiani,  li  termina  con  una  visione  della  Vergine  En- 
dossin.  La  parto  ora  pili  compiuta  del  racconto  ò  questa  visione 
apponU),  nella  quale  il  Dirin  Salvatore  appare  alla  donzella,  e 
la  sollecita  a  recarsi  s*^nza  indugio,  a  Gerusalemme,  per  irì  ri- 
cercare il  luogo  della  sua  tomba,  e  della  sua  resurrezione.  Il 
Iir  manoscritto  finalmente  contiene  un  panegirico,  mancante 
però  del  principio  e  della  fine,  dove  ai  descrive  il  modo  di  vivere 
di  S.  Qìov.  Battista  nel  deserto,  la  causa  della  sua  prigionia  e 
i)  suo  martìrio. 

In  questo  lavoro  l'Autore  rendendo  ragione  delP  avere  pobbU* 
cato  il  manoscritto  della  vita  di  Àfu^  dopoché  era  giìk  stato 
pubblicato  nel  1883  dal  Rerillout,  ritorna  su' difetti  della  tra- 
scrizione del  coptista  francese,  il  quale  perì»  non  ce  ne  aveva 
dato  la  traduzione.  Ll*  lacune  e  lo  iiltonwioni  del  testo,  a  gio- 
dizio  del  Prof.  Rn.ssì,  sono  tali  nella  trascrixiune  del  Revìllout, 
che  egli  ha  creduto  neir  interesse  della  scienza,  dì  ripubblicarlo 
nella  sua  integrità  e  riempirne,  por  quanto  si  poteva,  le  lacune. 
Due  di  queste  sono  abbastanza  notevoli,  perciocchò  una  com- 
prende una  intera  pagina,  la  seconda  noè  del  racconto;  l'altr» 
lacuna,  che  trovasi  a  pag.  27,  è  d'una  intera  colonna;  e  sebbt^ne 
il  papiro  sia  qui  molto  annerito,  non  vi  manca  tuttavia  veruna 
lettera,  e  il  nostro  Autore  ha  potuto  con  attento  e  paziente 
esame,  leggerlo  ititoramente,  couie  risulta  dal  calco  che  si  ha 
nella  l^v.  II.  Altre  lacune  indicate  dal  Rurillout,  non  esistono 
nell'originale,  e  moltissime  lettere  ch'egli  rinchiuse  fra  paren- 
tesi, come  restituite  da  lai,  sono  al  contrario  leggibìliBsime. 
Tutte  queste  asserzioni  dell'Autore  sono  provate  con  noie  perpetue 
a  pie  delle  singole  pagine  del  testo  che  egli  ripubblica. 


DELtA   STAHf'A  ITAUAKA  307 

Del  signor  CHovanui  Tortoli  cultore  della  lìngua  copta,  non 
abbìaitto  finora  altro  die  un  saggio  di  traduzione  '.  Questo  saggio 
(■  certamente  degno  dì  lode,  e  ci  fa  desiderare  la  continuazione 
itftll' opera  da  lui  promessa,  nel  presentar  il  sno  Saggio  agli 
Urìentalìsti  del  IV  Congresso  Interna^iionale  tenuto  in  Firenze, 
nei  scttembro  del  1878.  Leggiamo  infatti  innanzi  alla  tradu- 
sone  dtìl  primo  capìtolo  del  libro  dì  Giob,  la  seguente  iscrixìone: 

JOB 

COPTO-SAHIDICE 

NVNO  PRiMVM  EDlDtT 

LATINE  VERTtT 

NOTISQVE  ILIiUSTRAVIT 

JOANNES  TORTOLI 

Saggio  dunque  consìsta  nella  Versione  latina  d'un  capìtolo 
k[  Qiob,  in  dialetto  sahidico,  preceduta  da  consìderaitìoni  sopra 
l'ìmpiirtanza  e  la  rarità  de'testi  copti  in  dìali^tto  sahidico.  dia- 
latto  il  quale  ritiene  più  che  gli  altri,  dell'indole  primigenia 
Mia  lìngua  ogiziana;  e  seguito  da  poche  noto  critiche  e  filo- 
logiche riguardanti  il  testo  del  1  capìtolo.  Il  testo  dì  questo 
libro  di  Giob  che  il  eh.  Autore  iotoudera  recare  in  latino  e  il- 
luatrare  con  note,  è  quello  trascritt^i  di  mano  dell' Ab.  Bjirdollì, 
lai  celebre  Codice  Borgiano.  Tutte  le  norme  che  il  nostro  Au- 
tore dice  di  voler  seguire  nella  sua  pubblicazione,  son  commen- 
doroli,  e  dimostrano  le  miglinri  qualitii  di  giudizio  e  di  dottrina 
the  per  siffatti  lavori  son  giustamente  richieste.  Ondechè  ci  sia 
lecito  sperare  che  quell'ETUDtT  dell' ii^crì/.ione,  indichi  quando- 
chessìa,  un  passato  vero  e  nmlo,  e  non  gì£k  solo  dì  desiderio. 

I>egrìniiX)rtanti  e  dotti  lavori  del  P.  Agostino  Ciasca,  poiché 
Ite  fu  già  data  contezza  in  questo  stesso  Periodico,  non  crediamo 
necessario  ripetere  l'encomio  ben  meritato ^ 


'  Sulla  Veraione  enpta  del  Ginh  m  Maltlto  aaiiifo,  eoi  saggio  à'  una  etti- 
rione  di  usa.  Coinutiicaxione  falla  ila  (ìiovasm  ToiiTni.i  (Cf.  Alti  del  I V  CoNpr. 
JiUtm.  dei/W  Orioni.  Un.  ut  h'iirnir  hi-1  *ftt    1S78).  Vril.  pr.  p,  7!>-90. 

•  S^CIlÒnVM  BIHUOUVM  FragmfMti  Copto  Sthidicn  Musei  Borjfi^tti.  immm 
el  tumptihtt*  S.  Ctmijreffttli'oHi»  de  Propttfatuin  Fiàf,  $tudto  ?.  Adccstini  (^iJifCA 
mdinU  ErtmUarum  S.  Auffmstini,  edita.  Yoinmen  1  nomar,  lypts  rìn<)dnn  5.  Con- 


iÉfi  RIVISTA 

Bue  iscrizioni  cristiane  d'Egitto  in  copto,  tradotte,  illustrate 
e  pubblicate  dal  eh.  Prof.  Emilio  Tezu,  ci  sono  stato  gentilmente 
comunicato  dal  Prof.  E.  Schiaparelli  '.  Lo  due  iscrizioni  appar- 
tengono airArchigiunasio  di  Bologna.  Alessandro  Paliigi,  *  rac- 
colto con  molte  futtcho,  come  dice  il  'Tqz&^  un  inaseo  di  anti- 
chità etnische  ed  egi?<ìaii6,  ne  fect;  per  testamento  dono  a  Bologna^ 
sua  città:  e  la  cittìl  rìconos^rente  pose  nell'Archìginnasiu  lo  nuore 
riccbozKtì.  >  Le  iscri»ìoDÌ  snuo  in  dialetto  tubano,  concepite  e 
scritte  in  semplice  stile.  Precede  nel  primo  epitafio  un'ìnroca- 
KÌone  alla  .Santissima  Trinità,  a  Geremia,  ad  Enoch  con  la  Si- 
billa e  Sauta  Maria,  a'Hiintì  tutti  secondo  Ì  nouii  loro,  e  poi 
segue  il  nome  del  defunti),  che  ò  mi  Giorgio,  prefetto,  anziauo, 
cu* suoi  titoli  e  la  data  della  morte.  Nel  secondo  epìtafìo,  dopo 
invocato  il  Padre,  il  Figliuolo  e  lo  Spirito  Santo,  s'inroca  padre 
Geremia,  padre  Enoch  con  la  Sibilla,  e  poi  viene  il  nome  del 
defunto  che  è  Macario,  morto  il  diciotto  di  Thoyt.  Il  nostro 
Autore  ne  ék  una  in  greco,  dello  stesso  stile  delle  due  precedi-nti, 
e  un'altra  copta,  forse  ìn-dita,  che  trovasi  ne'fogli  del  llosellini, 
donati  liberaluiente  da*  figli  alla  Università  di  Pisa.  Dopo  recalo 
di  copto  in  Vi.il^aro  iiuest* ultimo  epìtafio,  il  Toxa  co.<i  chiudo  b 
sua  dotta  luemoria:  <  Anche  Ippolito  Eosellìnì  giace  sott^  a  una 
pietra:  aspetta  che  al  valoroso  archeologo  levi  un  monumento 
degno  la  sua  Pisa.  * 

Del  Prof.  V.  Puntoni  discepolo  del  Vescovo  egizio  Mons.  Aga- 
pito asciai,  noa  abbiatuo  trovato  che  questi  sola  pubblicazione: 
Gnomoloyii  acrostici  Fragmentwn  gfaece  una  cum  mf.tuphraxi 
copto-sahidica  e  pnpyro  Aem.  Sartii  edidH  V.  Pufifom,  Pisis 
ex  officina  ì^istriana,  MDCCCLXXXIII.  Sono  alcune  sentenze 
greclio  di  Menandm,  por  la  ma^ffinr  parte,  trodutte  in  dialetto 
coplo-sahidico.  Aspettiamo  da  questo  giovane  coltissimo,  e  nel 
oopto  nt&ssimamente,  uno  fra  noi,  do'piìl  riputati,  opere  dì  mag- 
gior lena. 

K^r|^IiAnì^  MUrXCTAXW.  In  i  gr.  di  ji»^.  \XXII,  ti»;  con  Wni  Tavole  bw 
Uloirniliche.  Cf.  Ciptìtà  CatMien,  »r.  Xlir.  voi.  I,  i|Da<l.  «&3.  poitir.  88-89. 

'  IttcrÌBioni  criitiant  d' Egitto,  dite  in  copto,  una  in  greco  publilìcale  ^ 
E.  Teo.  l'isa,  tip.  T.  Nislri  p  i:  MntCClAXVIlL 


DELLA   STAMPA   rTALIANA 


209 


liCOBi  Latsez,  secundi  PraeposHì  Oeneralis  Sncieiatis  /esu, 
DisjuTATiosES  Tkidbxtjxab.  Ad  manusGriplorum  jihm  edidit 
et  commeiìtariis  historicis  instruxìt  Hartscashvs  Otìisìb  S.  I. 
Hi'si.  Eccl.  in  Univeraitafe  Oenipontatta  Prof.  F.  0.  — 
Oenipontfj,  Typis  et  sumplibus  Folicìani  Ranch,  1886.  —  Due 
Tol.  in  8-  gr.,  di  pagg.  106  *  512;  85,'  568  '. 

Lo  zelo  Teramente  ardente, da  cui  specialmente  a'nostri  giorni 
non  mossi  tanti  e  tanti  uomini  dotti  ad  inresti^are  e  porre  ogni 
r&tica  per  dare  alla  luce  con  non  ia*3diocre  critica  opere  d'ogni 
sorta  do' Sapienti,  che  per  molli  secoli  ci  preciìdettero,  non  solo 
poT»  moltissimo  al  progresso  scientifico;  ma  dimostra  chiara- 
mente dì  quali  o  quanti  frutti  sìono  stata  feconde  (inette  età, 
che  pur  vorrebbero  farsi  passare  da' saccentucolì  per  tempi  del- 
l'oscarantismo.  Novella  prova  no  dà  il  eh.  Prof.  Orisar  in  questo 
RM  lavoro,  io  cui  fanno  si  bolla  mostra  di  sé  la  vasta  erudirJone 
itorieii,  il  giusto  giudizio,  la  diligente  e  profonda  critica  M 
rinomato  Professore.  La  ristrettezza  d'una  semplice  Rivista  non 
ci  permette  di  porre  solt*)  dngli  occhi  di?I  nustro  lettore  che  un 
pochissimo  di  quel  tanto,  che  meriterebbe  d'esser  notato. 

Duo  sono  i  volumi:  nel  primo  è  raccolto  quanto  riguarda  la 
■luestione  della  Q)urì9dì/.ione  de'  Vescovi,  e  consiste  in  un  lungo 
.to,  diviso  in  sei  questioni,  e  in  tre  voti  dati  dal  P.  Laynez 

tre  differenti  Congregazioni  generali  del  Concilio  di  Trunto; 
net  secondo  poi  sono  raunalì  alcuni  voti  id  alcune  disserta/.ìoni 
riguardanti  lo  stesso  Concilio;  seguono  mme  appendice  alcune 

ipute  morali  ed  Estrusioni  dull' insigne  Teologo.  All'uno  e  al- 
lUro  il  eh.  Professor  Grisar  premette  un  copioso  e  dotto  prole- 
rumeno,  il  cui  valore  critico  e  scientifico  apparirii  nel  corso  di 
luesta  Rivista. 

Per  dire  adunque  in  primo  luogo  del  secondo  volume,  la  se- 
conda parte  di  esso  contiene  dieci  lavori,  che  per  sa  non  hanno 

'  Si  ireia  veaiiiliili!  :  Ruma.  Via  ilfll'llnivcrsilii  13;  Paris,  P.  UlhErllcas,  4,  ruft 
Quwiir;  Mailrid,  Adminitt radon  de:  h  Cienci.i  Cnstumu,  VilUnu^va  d. 
Strw  Xltl.  ivW.  IJ.  fixn.  «50  14  9  apHtt  ISM 


910 


RIVISTA 


veruna  relaziono  col  Concilio  di  Trento;  ciù  non  ostante  non  sem- 
brarono al  dotto  Professore  doversi  tralasciaro,  quia  ad  delinean- 
dam  ex  suis  ìpaitts  scriplìs  Lainii  nus/n  indohm  moximopint 
deserviujtt  '.  Son  messi  quivi  a  modo  d'appendice  e  d'aggiunta 
a  tutto  il  resto,  dal  quale,  oouie  da  parte  maggiore,  i  due  rolumi 
sono  intitolati.  Essi  serviranno  se  non  altro  come  documenti  isto- 
rici, atti  a  porre  ìu  palese  T  iugeguu,  la  pietà,  lu  zelo,  il  gitidisiu 
pratico  del  Laynez  e  la  vasta  scienza  di  cui  dorrebbe  anduru 
adorno  un  ministro  del  Signore  che  si  occupi  della  salute  delle 
anime.  Così  il  trattato  de  usura  et  mriis  negoiih  mcrcalorunu 
Cduiproso  in  27  capitoli,  pone  sott' occhio  come  raccolto  in  uno 
quanto  aniiguiius  a  legibus  ecclesiasticìs  usurain  prohìbeufibas 
tradebatur  ',  ed  ha  gran  valore  se  non  altro  in  ciò,  quod  ima' 
ginem  rep'aesentaf  renati  socialium  iltius  aeci,  ojìciorumque 
tutrcaforibus  tunc  iemporis  ineutnifeniìum  ".  E  qui  non  pos- 
siamo non  unirci  al  eh.  P.  Grisar  noli'  «'Sprimero  il  vivo  desiderio, 
che  uomini  dotti  fiac  nostra  aeia/e  eodem  aeutnine  iurid-'co  et 
theologko  varius  contractus  pecimiarios,  quorum  genera  ei 
speciea  quotìdie  non  sine  sttspicione  dìeerstmodae  iniitstiliae 
muWplicantur^  pervestigarent,  atque  ad  usutn  con/essariorum 
clariiate  Laììtlava  cxponerent  *. 

Nel  trattato  de  Simonia,  scritto  dal  Laynez  per  ordine  di 
Paolo  IV,  apparisco  la  sua  grande  erudizione  e  lettura  de'SS.  Pa- 
dri; a  la  sevuritA  con  cui  esso  è  vergato,  mostra  P  evangelio 
libertà  con  cui  dall'autore  sincero  atque  intrepido  sentuìM 
lafebrac  omnes^in  quas  simoniarus animus  curialinm  re/uyen 
possiti  deteyantar  '. 

L'opuscolo  contenuto  in  4  capi  che  s'intesta  insiittUìo  scho' 
laris  christiani  non  i^trà  non  riuscire  utilissimo  a  tutti  coloro 
che  hanno  cura  di  educare  la  Oìoventù. 

La  prima  parte  del  secondo  volume  ha  maggiore  imporULom^ 
da  cui  appare  in  quale  stima  fosse  il  Laynez  presso  ì  Padri  del 

•  Voi.  i  Proleg.  p.  00.  • 

•  Voi.  4.  Pro!,  p.  6S.  ' 

•  Lflc.  oit.  p.  03.  • 

•  ÌJK.  eh. 

•  Loc.  cit.  p.  Gì.  ' 


DELLA  STANtA  ITAIUKA  3tl 

Sacrosanto  CodcìIìo,  presso  ì  Legati,  e  presso  Vistesso  Sommo 
Pont^lÌM;  che  a  lui  così  di  frequente,  e  eoa  taata  fidacìa,  e  in 
materia  di  tale  o  tanta  imi>ortanzt  si  av«a  ricorso.  Ed  è  bollo  il 

DDoaeere  da  per  tutto  il  dottissimo  teologo,  l'ubbidiente  ed 
umile  religi»>sn,  il  rispettoso  ma  franco  consigliere,  l'eterno  ne- 
aioo  e  terribile  martello  dell' eresia. 

Il  qQÌnto  laroro  tra  i  1 2,  che  sono  stati  raccolti  io  questa  prima 
parte  si  Tersa  nella  concessione  ai  Laici  della  comunione  sotto 
inbedue  lo  specie:  esso  venne  scritto  in  Trento  e  recitato  pubbli- 
amente  nella  Congregazione  genoralo  del  6  settembre  del  1562, 
dopo  che  tutti  n'ebbero  parlato  in  prò  o  coiitra.  11  Padre  Grisar 
pabblitò  già  questo  discorso  nel  dottissimo  Periodico  Teologico  ' 
>di  Innsbruck;  qui  lo  riproduce  revisum  et  variis  in  Iocìh  ad 
tjtnuitattm  maiorein  revocatum  ';  esponendo  nel  Prolegoniono, 
""  'Hto  giova  a  mettere  in  luce  la  causa,  il  progresso,  l' esito  della 
,  I  ^--ione,  della  quale  gli  stessi  Onitorì  Cesarei  al  Concilio  confes- 
sarono che  m'ha  est  unquam  malori  contentione  et  ciamorihus 
m  coneilio  actitm  ^  Domandavano  tal  concessione  con  grande 
istanza  gli  oratori  dì  Ferdinando  I.  Imperatore,  e  di  Alberto  V, 
Duca  dì  Baviera,  entrambi  mossi  da  buon  fine  o  colla  sperane 
ebe  essa  gioverebbe  a  ritenere  nel  Cattolicismo  i  vacìlUnti,  a 
rìeliiamarn  coloro  che  n'erano  usciti.  Il  Laynez  si  schierò  per 
qqe'  E*adrl  i  quali  negavano  tal  concessione,  e  perorò  con  tale  e 
tanta  forza  d'argomenti,  che  gli  oratori  Cesarei  perdettero  ogni 
^leruoza  dì  riuscire  neirìntimto.  Inde  trae:  scrissero  airiinpe- 
talore  del  Laynoz  quel  peggio  che  seppero;  non  per  questo  desi- 
stette il  dottissimo  Twlogo  dall'opposizione,  conoscendo  bene  il 
vero  spirito  che  animava  la  nuova  setta  luterana.  Sost-eneva  per- 
tanto che  se  l'uso  del  Calice  ai  laici  dovesse  concedersi  a  tutti, 
cosiffatta  omccssione  sarebbe  dovuti  farsi  dal  Concilio,  se  poi  si 
trattasse  di  farla  ad  alcuni  soltanto,  sarebbe  stato  coureuientius, 
vt  per  summtftn  Ponifjicem  Jieret  \  Venuto  quindi  alia  questione 


«  AtHtthrifl  fùr  Katholùche  Th'ologù.-  an.  18S2,  pp.  figO-TOa,  e  708-713. 
•  Voi. 9.  p    il.  * 
'  Loc.  cìL  p.  li.* 
'   Voi   5.  p   *H 


212  RITISTA 

di  fatto,  se  cioè  dovesse  farsi,  conchiudera  cho  (iniint'iiKjue  tale 
usu  pur  8è  sitasse  fossi!  lecìtu,  iiondìiimnu  nun  ora  a  ctmct^derBÌ  alla 
Chiti£u  Occidentale '.Questo  d  quanto  rj  prurandudai  cap.  4,  alS, 
ÌDclasiTainent^,  conchiudendo  :  m  kac  mm  «^ft/eri^Vi  stcìUtts  $um 
taineti,  ni  fallar,  maiorem  et  meliorem  partem  Patrum  hitim 
Concila  K  U  dotto  Professore  nel  suo  Prolegotueno  dopo  arer 
dato  un  breve  sunto  di  tutto  it  discorso,  fu  notare  chi  fossero 
coloro,  ai  quali  il  Liynez  senza  nuiuìnarli  intcndovu  rispondere'. 

I  le.gatl  desiderosi  d'accomodare  in  quiilche  modo  le  cuse,  cam- 
biarono il  decn.-to,  e  n^  prcseiitaronn  un  altro  in  cui  si  diceva 
cbe  il  Sommo  Poutefìce  etìam  tx  ìhAo,  Consilio  et  assensii  huius 
sattclae  Stjnodi  praefattétn  calicìè  vsuih..,  concedere  valeat  *. 
Uessa  la  cosa  in  questiono  vi  furoBo  le  stesse  opposizioni,  ed 
il  P.  Ijayne»  rispose:  interim  tamen  thcntH.»  proposUum  non 
miki  placet  ",  e  prosegue  adducundo  quuttro  ragioni.  Si  tt>lsero  k 
parole:  ex  voto  consiiio  et  asaensu  imins  SmieJne  Si/nodi;  e  par 
la  terza  volta  il  decruto  fu  prupoat»  ai  Padri,  per  la  turxa  volta- 
discusso.  Il  Liiynez  non  cessò  di  mostrarsi  contrario  al  decreto 
con  nuovo  rugioui,  specialinetite  vista  la  Tìolen^a  che  dall' Im- 
peratore  parea  farai  al  Sinodo;  dio  il  stio  voto  dicendo:  quod 
per  se  res  non  placet,  sed  si  maiori  parti  patrum  phicuii, 
mihi  placet,  luir.  lege^  iti  Hcrihafur  ad  SS.  Domìnum  nostrHMy 
qitod  conHuUa  Synodiis  non  est  ausa  dare  cunaUium  *. 
eh.  Grisar  espone  come  coloro  i  quali  nel  Concilio  si  upponevai 
non  s'ingannavano,  stante  il  nessuno  o  il  triste  effetto  della  eoo* 
cessione  che  in  appresso  Pio  IV,  uUe  ripetute  istanze  deirim- 
peratore  o  del  Duca  di  Baviera,  foce  il  giorno  16  aprile  1664, 
e  che  Gregorio  XLII.  dovotto  rivocare  l'iiiinn  1572. 

I  lavori  contenuti  nei  numeri  VI  e  VII  furono  fatti  per  ON 
dine  dei  Ijegati,  che  presiedevano  al  Concìlio.  Nel  VI  si  tratta 
se  il  Papa  debba  essere  rìforinuto  dal  Concilio:  era  ciò  che  do- 

*  Loc  cit  p.  31. 

*  Ui  p.  09. 
>  Ivi,  p.  09. 

*  l'air.  30.  ■ 

*  l>oc.  tiL  p.  70. 

*  Loc  cit  p.  a:.  ■ 


DBtU   STANCA   ITAUARA  3I<) 

liierar&DD,  e  richìederiLao  istanteineote  gli  oratori  del  Bd  di 
FnQcla  al  CodcìUo,  aiutati  non  pi>co  nei  privati  colloqui  dai  le- 
nti dell'  Itnpuniture  KerdìoaDdo,  beocbò  contro  gli  ordioi  che 
qoesti  ftveuno  dal  toro  Signore,  e  sostenuti  dai  Vescovi  francesi 
colla  lorfi  pnoo  edi^cante  resistensia  riguardo  al  priniatu  del 
Sommo  PuiiU'tìce  R-Miuiua  '.  Quindi  ò  che  i  Legati  del  Papa  ri- 
chiesero il  IjayiiBX  di  scrìvere  su  di  ciò,  e  d'aggiungervi  un  olencu 
dì  tati  de'CuQCìli  e  de^Sommi  Penttìfici,  eoa  aoimu  di  servirsi 
d^lPilDO  e  dell'altro  scrìtto  quodam  quasi  acuto  ad  sui  de/en- 
'(.  e  c<)me  un  istruzione  da  coruinunicitrsì  agli  altri  Padri  -. 
..  .^.oro  d"!  saiiicntissimo  Te*iI<igo  a  provare  qitod  peli  non 
Hehent, ut  Couci/ium  re/onnt^  E-clesiam  in  Capite,  è  cunteuuto 
ìfi  su  capitifli:  —  l  '  Illud  Jierì  non  potest  de  iure;  —  2  '  Jllitd 
de  facto  nunijtiam  Jiet  ac  ite  Jiei'i  {juidem  potest;  —  3  '  Nulla 

-'  : -fas  (pio*.i  ita  fat;  —  i"  Nulla  ulilitas; —$' Più- 

^■"tììtnr  incommoda^  si  ita  Jint;  —  6'  An  Ponti/ex 
rt/ormitiuius  sit  per  Conciliitm  ^  Incomincia  la  dimo9tra/.ìone 
affermandit  che  Ponti/ex  Romnniui  iure  divino  est  PastoTy 
ti  Episcopus  univet'salis  Etrlesiae*,  e  cwsì  feriva  it 
^■«afco  {W>priit  nel  cuere,  e  veniva  dipoi  provando  questu  e  gli 
altrì  capì  pnipestiai  con  eruiliitiune  non  comune  \  c»n  solidità 
d'&rgoinunci  d'ogni  genere,  con  libertà^  e  xt^Io  veramìute  apo- 
stulioo,  nulla  risparmiandi'SÌ,  di  nulla  temendo  quando  trattavasi 
di  difendere  la  Santa  Sede  di  Pietro,  dyvo  siede  il  Viwirio  di 
Gesii  Cristo,  il  SoniiiM  Pastore  e  Dottoro  de' Fedeli. 

Ma  6  tempi)  che  diciamo  alcuna  cosa  del  l"  volume,  dove  il 
tb.  Frofeasere  lia  raccolto  e  iUustrat^i  quanto  il  Laynez  fece  nel 
f'*irii*ilii>  iuturuo  alla  questione  insorta  sulla  Giurisdizione  dei 
Vescovi. 

Esso  è  diviso  in  tre  parti:  la  prìma  contiene  un  Trattato  de 


•  Voi.  8.  p  iS.  * 

•  Vd  1  p  45.  ■ 
'  L«-  ciL  p  71. 
'  l«c.  cil  p.  75. 
>  tri  p  ti:  K3. 

•  Iti  p.  87  t». 


^ 


314  RIVISTA 

origine  iurisdìdionis  EpÌ$coporum,  divisa  iu  sei  Questioni  '. 
La  secouda  parte  pfefieDta  il  Sumrnarium  di  tre  Toti  circa  la 
stessa  questione  proaunciati  l  primi  due  nelle  due  Congregazioni 
Generali  ai  20  ottobre  e  9  decembre  del  1562,  e  T  ultimo  pro- 
babilmente in  un  adunanza  particolare  di  Prelati  davanti  ai 
Legati  il  6  luglio  del  1563. 

Tja  terza  parte  ripmduco  in  65  lettere  il  carteggio  finora  ine- 
dito, che  dal  2Ì  settembre  del  ]r)62  al  18  febbraio  del  1563. 
passò  tra  ì  Legati  dui  Pontefice  noi  Concilio  e  S.  Carlo  Borro- 
meo in  Roma  rolatiramente  alla  questione  sopraccennata. 

Nei  prt'Iegonieni  che  il  P.  drisar  vi  preni-.'tttì  nulla  ò  omesw 
che  valga  in  qualche  modo»  chiarire  i  documenti  presentati  al 
publico;  e  con  cÌ6  reude  un  gran  nervigio  alla  scienza  ed  alla 
sUiria;  conciosiachi^,  quantunque  più  o  mono  il  Card.  Pallavicino, 
il  Bartoli,  il  Sacchlni  ed  altri  ci  abbian  lasciato  nnn  poche  coM 
relativamente  alla  parte  che  con  gran  servigio  della  S.  Sede  alla 
Maggior  Gloria  di  Dio  ebbe  il  Laynez  nel  Concilio  di  Trento, 
non  pochi  punti  rìinaneTano  ancora  a  mettere  ìu  luce.  Il  Pal- 
laTÌcino,  esempligrazia,  per  quanto  ricerche  facesso,  nou  fu  mai 
che  potesse  avere  sotto  dftgU  occhi  nò  questo  trattate  sulla 
Giurisdizione  de'  Yescovi,  nò  un  altro  qualsiasi,  ad  eccezione  di 
quello  che  riguarda  la  dottrina  della  giusti fìcaziooe  riportato 
negli  atti  autentici. 

Una  cosa  pareva  potersi  opporre  al  eh-  Professore,  ed  era  che 
tra  le  opere  del  Salmerone,  anch'esso  Teologo  pontificio  nel  Concilio 
di  Trento,  si  trova  un  trattato  sopra  la  Giurisdizione  de'  Vescovi, 
aggiunto  ai  Commeutarii  dello  stosso  sugli  Atti  degli  Apostoli, 
e  stampato  come  se  fosse  del  Salmerone,  senza  ch'appaia  ve- 

>  l.  De  ratione  i»ris  divini;  contif>iie  \  capi.  —  li.  I)e  Pott»tntt  EccItM- 
ntka;  ha  3  cai^.  —  III.  He  origine  lurisdictionis  Kpiscoporvm;  ha  due  plftlt 
111  priiiu  éùttriwtk  in  riti  con  n^rgnnipnii  i)(^olti  dalla  Scrittura,  dai  Pjidri,  dai 
T«o)o{!Ì,  e  sia  Oiri-UaniL-nlc  «a  imlìn*lla[iii.'iite  Oermli  lUIla  l'aliane  teologica  in 
i  f.:\\n  ilimostn  l'iic  essa  derivaUr  a  S^ttmmn  Pontifici;  ta  seconda  Po'fwuca  in 
cui  per  aUri  i  capi  i-iijwnde  nlle  iliflicolti  mu«c  contro.  —  lY.  De  Modo  fm» 
JurisdùUio  a  Samma  Pontifica  in  Epittcopùs  derieatur,  contiene  pur  em 
1  capi.  —  V.  Episcopornm  luri^dieiio  an  tit  cls  tur*  divino.  —  VI.  Potestat 
ordiniM  et  póUaM»  iurtsdirtionis  inter  ae  tonferuniur ;  (uUo  e»i>i»lo  ia  G  capi. 


...tefeL. 


DELLA  STAMPA  ITALUXA  315 

sUgìo  (li  surta  del  Layneis.  D  P.  Grisar  se  no  occupa,  e  fa  os- 
servare (p.  53  *)  che  t»ss<j  trattato  uon  pii&  dirsi  altro,  nisi  mu- 
tata ac  deformala  specìes  DispitiiUioiiis  Lainianae;  e  che  due 
608O  aoDO  da  porsi  fuor  d*ogni  dubbio:  ]a  prima:  cho  il  Laytie»s, 
DOQ  già  il  Salmeroae  è  il  raro  autore  del  Trattato;  la  seconda: 
ehe  noD  fu  U  Salmerone,  quasi   volesse  farsi  bello  dell'opei-e 
ritmi,  che  s'appropriasse  sì  dotto  lavorìi.  Ciò  posto,  ecco  corno 
il  P.  Orisar  spiega  la  cosa.  Morto  il  Salmorone  in  Napoli,  venti 
kodÌ  dopo  il  LiifDQZ,  nel  15S5,  il  R.  P.  Generale  Acquaviva  in- 
earioò  il  F.  Perez  di  stamparau  le  opere,  che  egli  stesso  a^ea 
«nservato  manoscritte  presso  di  sé.  Il  primo  tomo  infatti  delle 
opere  dui  Saloierone  apparve  in  Madrid  nell'anno  1593,  e  nel  1602 
li  finì  di  stampare  il  decimosesto  od  ultimo  tomo.  Ora,  nella 
prefazione  il  Perez  alTerma  di  restituire  al  R.  P.  Aiv^uaviva  le 
upfir»  del  Salmerone  non  solo  stiunpate,  non  eitiaudio  accresciute. 
Diinde  puussi  arguire  che  il  Perez,  trovato  a  ca.so  il  Trattato  del 
liiiyiiex,  crudutolo  del  Siilmerone  lo  incliinse  di  suo  proprio  giu- 
dizio tra  le  opere  dì  costui  '.  Del  resto  non  havvi  alcun  iaterao 
tra  il  Trattato  sulla  Olurisdizìone  ed  i  Oommentarii;  che 
tua  t'istesso  Salmorone  nella  Prefazione  del  Tomo  XL(,  dice  dì 
TOler  solamente  universas  huius  libri,  seti  Aduum  apostolo- 
rui»,  hi^iorìas  concisis  ac  brevibus  verhis  explicare  \ 

Gmodissima  poi  ò  V  utilità  che  il  lettore  riceverà  dai  saggi 
«  dotti  prolegomeni  dell'illustre  Editore.  In  essi  per  tre  interi 
paragrafi  vi  troverà  esposto  e  chiarito  quanto  riguarda  il  prin- 
cìpio il  progresso  e  V esito  della  controversia  insorta  tra  i  Padri 
del  Concilio  intorno  alla  Giurisdiziouo  de' Vescovi*.  Quanto  poi 
al  Trattato  del  Laynex,  mette  bene  in  luce  il  quando,  per  or- 
dine di  chi,  Olili' antio  di  chi,  conlro  quali  avversari  fu  scritto, 
quattdij  Iettai,  Come  giudicato  dall'una  e  dall'altra  parte  do'cun- 
teadr;QtÌ.  quanta  ricercato  ed  apprezzato. 

Se  non  che.  il  P.  Orisar  col  presentare  al  pubblico  il  lavoro  del 
Lajnezha  meritato  moltissimo  degli  studiosi  della  sacra  Teologia. 

*  Loc  ciL  p.  5-1.  > 

•  L«.  cil.  p.  SS.  ' 

»  lù  pji.  30;*  tì»;'  88.* 


Certo  si  è,  a  nostro  giudìzio,  che  il  Trattato,  il  quaìe  por  TinsorU 
questiono  nel  Concilio  vonnu  intitolato  de  iuhsdictione  Eliseo- 
porttm,  pu6  riguardarsi  come  uno  do' più  completi  tratuti  che 
8Ì  conoscano  finora  snl  Primato  del  Romano  Poutofico.  È  quindi 
da  tenersi  in  grandissimo  pregio,  e  ciò  sia  che  si  riguardi  l'autore 
sìa  cho  si  considerino  coloro,  dai  qaali  fu  ascoltato,  lutto,  ap- 
provato. 

Vantoro  infatti  era  da  quanti  U  conobbero  ripntato  uno  M 
]iiù  grandi  ingegni  o  do' più  valenti  Tuologì  del  suo  tempo.  Ciò 
provano  il  piacere  e  V  iiUen'sse  con  cui  dai  Padri  era  ascoltalo 
nelle  adunan?^;  —  il  luogo  <ftWi»f«aluiasst>gnatop«^rdiro,dot-'^ 
solito  che  gli  altri  Generali,  quandoché  dicono,  stanno  in  piedi 
0  a  luogo  loro.,  il  Laines  è  chiamato  in  mezzo  e  fatto  sedere; 
et  alcune  volte  a'  è  fatta  Congregatione  per  lui  solo  per  dargli 
commodiià  di  dire  ffuanto  volete:  così  il  Visconti  scriveva  al 
santo  Cardinale  Borromeo  ';  —  il  rimettere  ad  altro  giorno  1» 
congregazione  dei  Teologi,  so  il  Layoez  sì  trovasse  malato;  —  il 
richiedersi  da'Padri  lo  scrìtti')  da  Lui,  il  passarselo  Tun  Taltro, 
rinviarlo  in  Roma,  Né  tutto  ciò  vuoisi  credere  cosa  pa^seggiera, 
ed  impressione  d'un  momento,  nti;  conciosìach^  nella  Chiesa  di 
S.  Maria  Maggiore  in  Trento  nella  velusta  Pittura,  in  cui  è 
rappresentato  accuratamente  il  Consesso  de' Padri  del  Concilio, 
il  Laynez  si  vedo  nel  mezzo  su  d'una  bigoncia  in  atto  di  par* 
laro;  e  fin  iti  quest'ultimi  tempi  volendosi  innalzare  nella  stessa 
Chiesa  un  monumoiito  a  coloro  che  sopra  degli  altri  morita- 
rono  bene  dot  (Lucilio,  non  si  trascurò  il  Laynez;  dacché  delle 
6  grandi  immagini  dipìnte,  tre  rappresentano  ì  Sommi  Pon- 
tefici Paolo  HI,  Giulio  m,  Pio  IV;  due  i  CardinUi  S.  Cario 
Borromeo,  e  Ludovico  Madruccio;  l'ultima  il  P.  Layoez.  — 
Il  modo  dì  diportarsi  dei  difensori  delta  tesi  contruria  condooe 
alla  stessa  conclusione.  Il  Layne/,  era  il  temuto,  dichiaravano 
luì  dover  essor  confutato,  e  mentre  essi  pur  promettevano  che 
Pavrebber  fatto,  frattanto  senza  il  menomo  scru|«ilo  al  mondo 
incominciavano  a  mettere  in  campo  quegli  argouii-nti,  ai  quali 
non  è  mai  che  non  ricorra,  chi  manchi  dì  solide  ragioni  da  op- 

'  Voi.  1,  p.  86  •  in  noli. 


UBLLA  STAMPA  ITALIANA 


217 


;  TO^lìum  dire  a,\\Q  poco  meno  che  ealannìe,  falso  insìnua- 
iont,  aMpt^ti  (li  seoundi  tini  ecc.  Luì  fucovano  passare  ciitiie  il 
sostegno  duUu  parte,  che  difeudova  i  diritti  della  Santa  Sede  di 
Pietro.  Oi  sono  pm,  cosi  scrìveva  il  nalino,  anco  molti  de"  no- 
stri  eanonistit  i  quali  con  V  aiuto  dei  Padre  Laynez  stanno 
fermi  in  questa  opinione  '. 

I>4l  msto.  oltre  a  quanto  finora  ne  conoscevamo  per  lu  sturia, 
bssta  leg^'To  i  prologomeoi  del  dotto  Professore  (ìrisar,  jier  con- 
Ttneersi  quale  giudizio  portassero  del  Laynez  i  Padri  del  Con- 
cilio, che  difendevano  i  diritti  del  Romano  FonteTice,  e  come 
rìpatassitro  il  giudizio  dì  Liti  il  meglio  di  quanto  fo33e  detto  da 

i.  liasciaodo  stare  quel  che  D'>  scriase  il  Salmerone  da  Trento 
in  una  sua  lettera,  il  Card.  PuUaricini  nella  sua  rinoma- 
tissima storia  del  Concilio  di  Trento,  ed  il  Sacchìnì  nel  lib.  VI 
d^lla  sua  St«]riu  della  Corupiti^iiia  di  Qesù,  ecco  come  il  ¥>  (ìrisar 
riporta  in  latino  lu  parol'j  dell'apostJita  od  eretico  Paolo  8arpi. 
Sulta  ex  orationibusy  quae  in  Concilio  habitae  «an/,  magis 
fuit  lawiata,  nulla  vìlu/jerala  magn,  scilicel  iuxia  varìum 
andilorum  affectum.  A  PonlifieUs  celehrabatur  vi  doctissima, 
!ierV'>3Ì5!iima.  rationibas  optimis  innixa;  ab  aliis  ttotahatnr  nt 
adulatoria,  ab  aliìs  etinm  ut  hueretica  ^. 

Tutto  il  fin  qui  detto,  varrà  8eny,ib  dubbio  meglio  che  qua- 
lunque nostro  encomio  a  commendare  non  poco  il  Trattato  del 
',  Layne?.*  e  ad  ìnculcartie  una  allenta,  seria  e  protonda  lettura. 

Esso  per  verità  non  va  scevro  di  qualche  difetto  sti  si  consi- 
derÌDO  qualche  senteom  che  ora  pud  riputarsi  antiquata,  ed  alcuno 
citaxioai  che  non  reggono  di  fronte  alla  critica;  ma  per  que- 
st'ultimo notisi  col  P.  Grisar  che  era.  piiì  difetto  de' tempi  che 
altro,  e  che  diam  ndeersarìoritm  argtunenln,  qnibits  Lainii 
thesei  inipefeltaniur,  hiiìnsmodi  J'alsis  alUgationibu^  piane 
tcatdìanf  '-.  Il  dotto  editore  però  vi  rimediò  facendo  avvertito, 
quando  ciò  occorra,  il  lettore  col  presentare  i  tesfiuioni  spurii 
«  minoribus  tijpis  in  ipso  iextti,  ovvero  Hncinis  inclusa  nel- 
r'mdice  ^aerale  del  1  '  Volume. 

Vdl.  I,  p.DO.- 
«Uccil.  p.  41." 
■  W;  p.  51.  * 


RIVISTA 

Il  maneargli  poi,  come  suul  dirsi,  un  ultima  mano,  Tiiolsi 
attribuire,  secondo  l'istesso  Professore,  a  ciò  ctie  esso  non  sU 
opus  lungi)  olio  maturatum  atijne  absolutum  ;  sed  in  ipso  aestu 
controversiarum  syìiodalium  feslioanter  compositum.  Che  anxi 
ciò  vale  a  provare  ancor  meglio  la  ral^ntia  ingcnii  shiffularia 
illìus  hominis,  qui  hi  ìjysa  ade  posifus  tanta  adhtic  clariiate, 
ubertate,  sagacìtate  scriben  valuerif-  '. 

Ciò  vie»  diraostruto  eriduotoraento  dalla  struttura  stessa  del 
liinghissirao  Trattato,  e  ai  vede  a  pp.  62*-6r»*,  dove  il  P,  Grisar 
oon  saggia  accortezza  mette  sotto  gli  occhi  di  ognuno  quali  fos- 
sero gli  avversarli  e  (lualt  gli  errori  che  II  Laynez  area  di  mira, 
ed  in  quali  luoghi  lì  confuti,  trattenendosi  piU  a  lungo  e  con 
più  energia  su  quo' punti  ne' quali,  1  contrari  nelle  sessioni  pre- 
cedenti  aveano  riposta  maggior  fiditcìa. 

Del  resto  l' attento  lettore  di  tutto  il  Trattato  non  penerà  od 
accorgersi  che  esso  può  dirsi  un  preludio  di  quanto  poi  sanzionò 
il  Concilio  Vaticano:  fin  da  quel  tempo  il  Lajmez  non  temeva 
d'asserire  contro  i  Gallicani  con  santa  libertà  di  spirito  qnelle 
conclusioni,  riguardanti  il  primato  del  Sommo  Pontefice  Romano, 
quale  dottrina  cattolica  ;  perchè  per  legittima  deduzione  si  de- 
rivavano dalla  Scrittura,  dalia  Tradizione,  dulia  unanime  sentenza 
dei  Dottori  scolastici.  Cosi  altamente  asseriva,  e  ripetutamente 
inculcava  l'infallibilità  eh»  hahel  Papa  e  cathedra  ìoqaens'i 
—  la  Potestà  episcopale  ed  orditwria  del  Pontefice  Romano  su 
tutte  le  diocesi,  quale  Pastore  non  sotum  Hotnanonun,..  std 
universalis  Ecclesìae  ',  cioè  Pastor  Pastornm^  et  OrdinariHi 
Ordinariorum,  et  imniediafui  ovium  Ch'isti  Pastor*, — ìfi> 
culcava  che  il  Papa  è  superiore  ai  Vescovi  ed  al  Concilio  *;  —  ehe 
era  falsìssimo  parein  ejsse  iui'isdictionem  omnium  Episcoporum 
cum  ipso  Papa,  vel  cnm  nliquo  Apostolornm  *,  concedendo  chd 
ì  Vescovi  succedevano  agli  Apostoli  in  episcopatu,  non  aufem  «'» 

'  Iti  p.  52.  ■ 

*  Pif.  M,  vrdf  anche  p.  2tl. 
»  P»Bg.  lÓtì.  157.  m.  21!. 

*  Va.f.  160,  septimum. 

•  Paf.  218. 

•  l'aj.  225. 


DKLLA  STANPA  rr&UANA  219 

'olatu...  In  guo,  licet  UH  no»  mccedatU  Apostolis,  omnino 
n  Homani  Potttijices  swc&Iuni  Petro  in  universalis 
Ecchsiae  regimine  et  pastoratu*.  C«n  riiie-ste  e  siruili  afferma- 
ibai  il  Layuez  teneva  fronte  a  que'  GalUcaoi  che  spropositando 
ftaserÌTUio  non  potersi  dire:  Episcopos  locum  habere  depevdentem 
a  Papa  ;  il  Sommo  Pontefice  non  avere  la  potestà  pascendi,  re- 
gendi,  gubernandi  universalem  Ecclesìam;  aggiungendo  che  il 
Papa,  successore  di  Pietro,  non  fosse  con  lui  pari  regiminis  <xu- 
Horitatt';  che  la  loro  Religione  ìaseguaYa  Papam  esse  sitò 
Concilio,  por  la  ijual  cosa  di  ci6  non  doreasi  neppure  fare  que- 
itione,  ea  propter  tiitlla  prorsus  ratione  se  assensurox  in  ter- 
minum  vsiXTJìSkim  Gcci,ESua  ^. 

Daile  medesime  affermazioni  deduceva  il  Loynez  che  la  Giu- 
Qsdiùone  de' Vescovi  derivava  in  essi  dal  Sommo  Pttntefice,  e 
ecrroborava  la  sua  conclusione  con  ogni  sorta  d'argomenti,  giù* 
dkando  alla  presenza  di  dottissimi  Ptidri,  senza  tema  d'avere 
non  smentita,  la  senten7,a  contraria  corno  sostenuta,  ctmtru  quanto 
asserivano  paene  omnes  dodores  scholastici,  soltanto  da  pochis- 
timi  (i>aucÌ88ÌmÌ8),  qui  vel  de  schismate  et  de  haeresi  suspecti 
fiterunt,  ut  Joannes  de  PolUaco  d  GoHifreàus  rfe  Fontìhus^ 
Gtiìidmus  Okatn,  vel  certe  in  hoc  etrantnt*.  E  per  tra- 
tare molte  altre  osservazioni  in  proposito,  ecco  come  Egli 
jtsrla  in  sul  finire  della  Questione  III.  Non  opus  est  igitur 
mendicare  Dorum  et  incertum  ii*s  divinami  beri  vel  nndius  tor- 
tìns  a  paucis  sckolasticis  et  a  communi  sententia  Docloritm 
^dinentieatibus  inventum  '. 


*  fag.  ìSi. 

•  p»g.  81.  • 

»  Pa?.  8t  • 
*Pif.  131. 
■  Pag.  «53. 


m 


RIVISTA 


III. 

Rime  di  Oicsbppb  FcRKiniio,  Fal4>rmo,  tip.  Tambarollo  Vìa  Sant'I 

doro  19,  21,  1835,  in  8,  pa^.  55ó. 
Veni  di  VwcESzo  Podestì,  Genova,  tip.  del  B.  Istituto  SordJ 

mati,  1885,  in  8,  pagg.  109. 

n  eh.  P.  Gaetano  Zoci'hi  d.  G.  d.  G.,  Dell'egrogia  sua  o[ 
L'Ideale  neWarte^  della  quale  d  occuperemo  «j  pro/esto 
una  prossima  rivista,  ò  di  parere,  che  la  bella  e  buojta 
italiana,  sdet^oosa  di  vedersi  trascìaata  noi  fango  dai  c^tA 
veristi,  si  sia  rinoverata  sotto  le  ali  del  chiericato  oittidìco.  h\ 
serTttMoae  è  giustissiiua.  e  noi  nun  esitiamo  a  farla  nostra  e 
virfouo  eom«  preambolo  della  priìsente  nvi.st&  che  coi 
atresauid  dui  due  volumi  S'>praoceniiati. 

Pare  duuquc  anche  a  noi  che  la  poesia  italiana  cerchi 
un  ricovero  nel  Santuario,  rinnovando  Io  spettacolo  che  in  ant 
diede  al  mondo  la  civiltà,  quando  per  sottrarsi  alla  barbane  tMl 
nn  a'dlo  nei  conventi.  Tra  (^uei  t-impi  e  i  nostri  il  divario  stil 
questo,  che  allora  i  barbari  ai  r.hiatnavano  Goti  e  Vandali, 
invece  si  chiamano  veristi  e  realisti. 

Chi  leg^  infatti  le  belle  poesie  contenute  in  quoisti  duu 
Inmi  non  può  a  meno  di  portare  questo  giudizio,  che  il  eli 
italiano,  come  in  ogni  genere  di  cultura,  co:^ì  anche  in  ptutoi 
poe:JÌa,  ò  in  grado,  non  diremo  ili  sosteuere  il  paragone,  per 
questo  non  sarebbe  infin  dei  conti  uu  gran  merito,  ma  di 
sciarsi  indietro  quel  laicato  scettico  e  orgoglioso  che  ha 
dotto  la  regina  dellt;  arti  alle  sitzzure  del  paganesimo  senza 
levarsi  alle  splendide  forme  di  qa^^ll'età.  Vedano  ora  i 
lettori  se  abbiamo  ragione  di  affermarlo. 

Cominciamo  dall'egregio  Can.  Giuseppe  Ferrigno  di  l^lenn^l 

Le  sue  Hime,  a  volerle  gimlìrare  inii>;iri!ialment«,  non  sontntU 
scevre  di  qualche  neo,  tuoì  rispetto  alla  forma,  vuoi  ancwaij 
ordine  al  concetto;  ma  tutt<e  hanno  però  il  gran  merito  di 
informate  di  uno  spirito  eminentemente  cattolico.  Quindi  ha  &ltj 


bCLLA   STAMPA   ITALIANA 


221 


benissimo  di  appellarle  VArjni  cattolica^  non  fosse  altro  a  con- 
foodere  il  maltalento  di  quei  Satanici  «mfori  che  la  divina  urte 
dai  rarrai  fanno  oggi  servire  a  struineat^o  di  perversione  morate, 
intt'llt'tliwlfj  a  rt'Ii^iosa.  Tornando  ai  noi  elio  qua  a  là  si  rlnvon- 
gooo  su  queste  Hime,  è  il  raso  di  dire  con  Orazio  non  ego  paucis 
ajfendar  macuiÌ3,  uscendo  molto  più  grandi  i  pregi  che  vi  rispleo- 
doDO.  £  questi  pregi,  oltre  a  quello  arcenuato  di  sopra,  sono  una 
imoile  oatural^ffita  di  pensieri  e  d'iminagioi,  spesso  anche  dei 
Tcri  slanci  pi«i'tici,  un'esuberante  affetto  ed  un'un/.ione  dì  spinto 
che  va  sino  al  fundo  del  cuora;  un  sentir  nobile  o  dignitoso 
Jf'lU  n:itura,  una.  apontaneiià  dì  espressione  che  non  cade  mai 
tifila  tni-srurate/m.  nno  studio  dili^ntc  della  forma  ambiva  di 
'Igni  air-tU^ione,  uno  stile,  se  non  sempre  corretto,  però  gene- 
ndmonte  ele^nte,  facile,  disinvolto;  un'armonia  dì  ritmo  chi»  non 
infoerà  s.v.iutà,  e  per  dir  tutto  in  una  parola,  una  rena  di  poesia 
schietta  e  loggiadri.  Il  eh.  Canonico  palermitano  tocca  lutti  i  metri, 
«  piir  dir  meglio  tutti  i  metri  gli  sono  faniiUari;  ma  quello  iu  cui 
più  si  f:i  animiraro  è  l'ottonario.  Si  vede  che  l'egregio  Ferrigno  ha 
pieno  rorei-chiu  dui  versi  di  qm^ll'intniitiibilo  poeta  di  Bibbiena, 
do  fu  Giuseppe  Borghi,  uu  vocchio  ospito  ed  amico  della  bella 
lUormo.  Ma  so  nuilto  egli  apprese  dal  poeta  toscano  por  rendere 
vmouiosi  e  belli  i  metri  lirici,  moltissimo  pure  ha  tolto,  pt^r  ben 
tornire  le  sue  ter/jne,  dairAlJghieri  io  prima,  il  creatore  deiVal- 
Hssimc  eanh,  e  poi  da  qu*ìl  facitore  di  numeri  divisiì,  VincoDXQ 
Uonti  a  euij  come  scr.sse  il  Manzoni^  larr^l  natura  il  doppio 
nagisteru  dell'arto, 

n  cuor  di  Dame  e  dH  mio  duca  il  canlo. 


Kon  c'illudiamo:  i  poeti  fanno  i  poeti;  e  se  il  eh.  Ferrigno 
desta  colle  sue  Hitne  tanto  interesse;  se  agiti  lo  fibre  più  de- 
licate del  cuore;  se  solleva  il  pensiero  non  a  bugiardi  ideali,  ma 
i  quell'eterno  splendore  del  vero  che  è  Dio,  bolle?./»  sempre 
witira  e  sempre  nuova,  perchè  increata;  se  ìnftne  diletta  tanto 
l'orcMbìo  con  quella  soavità  di  ritmo,  che  i  poeti  della  scuola 
va-Ì8Ìa  hanno  o^i  bandita  dalla  sacra  arto  dei  carmi,  ciò  accikdo 
perchè,  nudi'ito  di  buon'ora  nello  studio  dei  classici  antichi  e 


^m 


HtrrsTA 


moderni  ò  riuscito  a  vestire  le  sae  JUme  di  qaauto  hawi  di; 
nobile  e  sostao^iosu  uolla  classica  poesìa,  u  di  quoto  e  guatile 
nello  forme  moilerue. 

Il  Ferrigno  nei  Fruiti  della  Libertà  0  uelle  Mascìtere  6  b& 
ToiDto  (laro  un  saggio  della  sua  perizia  ael  luanegfriare  lo  stile 
boniesro  e  satirico.  Dì  ugual  merito  anche  in  siffatto  gt;nere  sono 
i  pregi  dello  stile,  uguale  la  spontaneità,  e  uaturalexza  dei  pen- 
sieri; ma  non  seuipro  le  sue  satiro  ìiauno  il  lepurtì.  die  è  il  rarat- 
tero  di  questo  genere;  equaudo  diriamo  lepore  non  intendiamone 
il  laz/.o  plebeo  della  scuola  bernesca,  né  nel  gergo  ingiustamente 
mordace  del  Giusti:  rodesti  sono  sconci  e  non  doti:  abuso  di  iogegaoj 
ed  arte  aretina,  ma  non  grazia  di  spirito,  non  vona  di  onesto  urne 
satirico.  Ora  il  Ferrigno,  sì  nei  Fruiti  della  Libertà,  si  nelle] 
yfaschere,  non  riesce  SBmpro  a  forti  riderò,  ma  evita  sempre  dal 
farsi  censurare  come  o  troppo  mordace  o  di  soverchio  pungente. 

Sommato  tntto  il  volume  delle  Rime  del  eh.  Canonico  di  Pa- 
lermo, non  è  solamente  splendido  pei  tipi,  ma  lo  è  aucora  e  sopra 
tutto  poi  grandi  pregi  dì  pensiero  e  di  stile. 

Veuiamo  ora  all'egregio  poeta  di  S^rstri-levante.  I  suoi  Ve 
sono  una  eloquente  smentita  ai  farabutti  della  letteratura 
giaccbò  ora  tuttu  vuoi  essere  laico,  anco  il  poetare,  corno  se  l'j 
sere  poeta  debba  credersi  monopolio  del  laicato;  i  suoi  Ve 
diciamo,  sono  una  smentita  a  costoro  non  mai  stanchi  di  urlare' 
contro  l'ignoranza  del  prete. 

K  come  no  ?  Uu  uomo  clic,  in  mezzo  alle  gruTÌ  e  fastid 
euro  del  suo  apostolico  ministero,  trova  tempo  anche  per  ooltii 
la  più  nobile  delle  arti,  e  scrivere  con  tanto  brio,  con  tanta  v( 
e  con  tiinta  grazia,  come  s'egli  vivesse  noi  boati  ozii  di  un  ril 
campestni.  é  pif)  che  un  vanto  un  prodigin.  Ora  quf^sto  ha  sapi 
fitfe  ed  egregiamente  il  eh.  Arciprete  dì   S estri-levante.  E  in 
questo  è  degno  emulo  del  Ferrigno;  porchà  come  l'uno,  seudOi 
rettore  del  Seminario  dell* Archediocesi  palermitana,  consacra  i] 
rit^li  del  suo  tempo  in  coltivare  l'arto  dei  carmi,  cosi  il  Podestà»] 
xelante  delle  animo  a  lui  contldate,  ma  pur  ingegnoso  ed  amante 
dello  studio,  consacra  ì  suoi  a  vestire  di  bolla  e  splendida  poesit 
i  più  nobili  pensieri  dell'anima,  i  sentimenti  più  soavi  del  cnoM.! 


li  i»rimo  pre^o  doi  Versi  dui  eh.  IVdesU  è  questo  :  cho  scotu- 
iJSDono  da  an  gran  coucetto  che  nt:  forma,  &  dir  rosi,  l'unitik; 
eoooetto  emioeateraonte  cristiano  o  civile,  od  è  il  ristauro  doUa 
bmi^lÌA.  Questo  connetto  cAinpeggJa  dal  priiicìjji'»  ulla  fine  dei 
Versiy  dalla  dedicA  all'appendici},  dalla  prefa/.ione  all'acato. 
Vediamolo  alla  prova. 

Il  poeta  lirico  dedica  i  suoi  Versi  alla  Madre  e  con  parole 
M«l  tenero,  con  sentimenti  così  elevati,  con  pensieri  cosi  nobili, 
•ht  hctì  rivelano  la  belloraa  d'animo  di  (questo  ministro  ilei  san- 
jll^o,  e  ti  fanno  esriamare:  ecco  un  sacerdote  secondo  il  cuore  dì 
^K —  In  questa  dedica  infatti  dopo  aver  detto  che  «  la  poesìa  è 
u  fiore  delL-i  parola  cho  fu  data  all' nomo  per  esprimere  il  più 
bel  fiore  degli  affetti.  *  aggiungo.  «  Voi  certo,  guidata,  dal  sen- 
timento deiranìraa  e  dall'istinto  di  madre,  mi  avete  insegnato  e 
fetio  g:nstaro  il  buono  etl  il  vero,  o  mi  foste  musa  ispiratrìre  di 
una  poesia  tutta  Fede,  tutta  Verità,  tutt' Amore.  »  E  sentano  i 
bttori  le  bolle  parolu,  cou  cui  ogii  traccia,  pur  dir  così,  il  disegno 
dei  suoi  Versi.  *  Vorrei,  nel  presente  scadimento  dall' autorità 
t  deil'iiìea  della  Famiglia  cristiima,  vorrei  col  fatto  mio,  non 
foss'aitro,  spendere  una  parda  per  restituire  intera  la  corona  al 
c^  delle  Madri,  cho  a  ricompensa  dei  mille  i^crifÌ7Ji,  passano 
di8con'^sciQte,  con  cho  amarezza  loro  non  dico;  mentre  dovreb- 
bero essere  portate  in  trionfi  sulle  braccia  pietoso  dei  figliuoli.  » 
Cìii  srrivo  cosi  si  apjjalesa  uomo  degno  ili  montare  in  Parnaso 
tilt  sedere  al  banclietto  delie  Mxtse.  Ma,  intendiamoci,  a  qual 
Puraasn  e  a  qual  banchetto?  Xou  a  quello  certamente  *  dei  bat- 
laglieri alunni  del  bioud'i  num*'.  com'ei  spiritosamente  scrive 
nella  sua  prefa/.ìone,  intenti  a  saettarsi  di  avvelenati  epigrammi; 
^tiali  a  maledire  la  luna,  aìeste  paototta;  chi  a  dir  comò  son 
Hli  maggio,  lo  peccatrici  ed  il  peccato  ;  chi  a  dettar  inni  ai 
wttftnta  mila  diavoli,  quanti  mai  sono  in  inferno  >  ed  altre  simili 
trompiaj^ini  e  castronerie  piiì  o  meno  blasfeme,  e  pirt  o  meno 
lanlollate  di  sudiciumi.  Questi  pùetnastri  di  «Satana,  di  Bacco  e  di 
Venere  impudica,  il  cantore  ligure  li  dispregia,  e  non  vnnl  avera 
di  &re  eoa  essi.  TI  suo  ardente  desiderio,  com'egli  dico,  <  è  di 
ri-Ypendero  anzi  tutto  al  compito  che  la  Provviden/.a  mi  ha  asse- 


Tii  RIVISTA 

gnato  e  poi  di  consolare  largamente  il  cuoro  della  madre  luìa! 
E  sì.  che  a  questo  campito  egli  rispomlu  egregiaiiieute.  Un  rapii 
osarne  lo  ilimostn-nV 

Dalle  beUi.w.e  della  natura  e^li  trae  argomento  di  levare 
pensiero  o  il  cuore, 

«  Della  vita  universa  al  grao  Motore! 

0D(Ì'  6i  chiama 

«  Misero  chi  non  mira  oltre  il  conltae 
D'ua'inrerma  pupilla  —egli  non  gusta 
li'iulìnit!)  bellezza  che  risjilende 
l'è!  regno  ampio  dell'acque... 

Nato  sutl'incaiitQvoIe  ligure  riviera.  IL  poeta  ha  sempre  sot 
gli  occhi  quel  maro  che,  come  il  fìniiaiiitMUo,  fiiroì  sempre 
poeti  materie  alle  loro  ispirazioni.  Qa&iite  belle  e  s^npende  ìd< 
non  gli  ijpira  infatti  uua  Jiupe  sul  Mare? 

E  da  quell'altura,  o  meglio  dallo  spettacolo  che  gli  iti  par 
davanti,  trae  sempre  argometito  di  lodare  il  Creatore. 

immenso  il  mare 

S'apre  allo  sguirdo  atloniio.  Respira 
DilTusameiiie  il  cuor  che  questa  vive 
Piena  vita  di  luce  e  d'armonia; 
Fallo  di  sé  magiifior,  dentro,  lo  spino 
Di  oontenio  lìamme^ia  e  seMe  e  allora 
I^csenie  il  Dio  della  natura... 

Il  mare  lo  porta  allo  idee  matoroe.  caro  argomento  al  pò 
della  Riviera:  quindi  nella  Pesca  delle  Alici  entità: 

■  E  voi  [jr)vere  madri 

Che  dal  balcone  del  ben  chiuso  ostello 

Col  fargoleul  figli 

Dei  vegliami  lor  padri 

fìaj^iotiKte  aliernaiido  la  preghiera 

Deh  quai  veri  possenti  a  me  scoprite 

E  che  fede  sincera 

la  quel  pio  cr>[] fidar?  Tulio  qui  dice: 
«  Povero,  n»a  felice!  » 

Xoi  potremtao  contiaaare  così  siao  alla  fiue  senza  temttl 
stancare  i  lettori;  perchè  U  poesìa  del  cuore  vestita  di  una  forni 


DELLA  STAHI'l   ITALUNA 


335 


«tegaate,  aozi  splendida,  Ò  come  U  musica  del  Cijj^o  catanese, 
iB  ricrea  sempre,  ma  non  sazia.  E  noi  aggiungi  amo,  anche  ixjr 
Imostrare  una  volta  di  piiì  come  la  bulla  u  buona  puosìa  si  sia 
og^  rifugiata  nel  santuario,  che  il  eh.  Podestà,  so  si  jialusa  posta 
dftì  teneri  affetti  domestici  a  dallo  tinte  un  po'maliuconiclio,  ha 
pnfe  degli  slanci  sublimi  espressi  o  tradotti  io  un  linguaggio 
ugualmente  sublime.  Leggasi  infatti  la  stupenda  ode  H  Pen- 
derò e  VUman  genere  o  vedrassi  che,  conrogli  ci  ricrea  la 
ibn  più  delicata  del  nuore  negli  Angioti  o  Fanciulli,  negli 
Afdti  e  Ricordi,  nei  Fiorellini   di  AtUunno;  com'egli  ci 
Tìdfflpte  ranimo  di  soavi.'ìsimo  immagini,  o  quasi  quasi  ci  fa  &m- 
I  tv  tutta  le  armonie  della  natura  dal  mare  alla  foresta,  dalla 
wtte  al  giorno,  dalla  ram[>agna  olle  stagioni,  così  riesce  a  col- 
[■arci  di  stupore  in  quel  suo  canto  polimotro  che,  se  non  ò  il  mì- 
l^ore,  è  sen/JL  dubbìr»  di  un  merito  incontrastabile. 

E  qui  poniamo  tennine  alla  nostra   rivis'a   rall^randoci  di 

[tiro  cuore  coli' egregio  Arriprote  di  Sestri-levantedel  bene  im- 

elle  egli  ha  re.so  coi  saoi  Versi  all'  Italia  e  alla  Chiesa. 

quella  perchè  Tha  compensata,  quanti)  è  da  siy  del  disonore 

\i  à  Tenuto  dai  poeti  ispirantisi  air  empietà  satanica  e  alla 

cÌTÌa  gentilesca;  e  alla  Chiesa,  perchè,  se  d  vero  che  le  glorie 

M  figli  ridondano  sulle  loro  madri,  con  più  ragione  qnetle  dei 

ti  operai  ed  egregii  sacerdoti  tornano  a  vanto  della  Chiesa  che 

tu  unti  del  suo  crisma  ed  allevati  col  latte  delle  sue  dottrine. 

perchè  T  illustre  P.  Mauro  Ricci  Vicario  Generale  delle 

sle  Pie,  rìnviavagli,  per  congratularsi,  il  seguente  epigramma. 

Explodis  Victor,  Vincenti,  vera  Poiestas 
Qui,  specie  veri,  <;armina  Tocda  canunl. 


rà»^  xj/r.  wùi.  ri.  fàM-.  tiflu 


1» 


10  apHle  1S86 


SCIENZE  NATURALI 


f.  U  ajiplicazEoiii  adirono iiiÌcIum[ì>II»  rotut^mifia.  1^  cane  cekrtì  iotofnblt  lìì'ttn- 
iclli  Henry.  Afcnnt  ossmaiioni  su!  mctoilo  t\a  *>mì  U-ntilo.  Prf^iio  dì  quelle  carte  — 
&  dia  piccola  polemica  intorno  all'acqua  ili  Fiuiigi- 

I.  Non  sono  aè  poche  né  poco  importaoU  le  applicazìoai  asirononiìcha 
della  /olografia.  II  Ituscli  fu  il  primo  ad  applicare  cotcsio  ritrovalo  il 
l'osservaiiODe  delle  eclissi  lotuli  nel  1851,  adauandoln  airelioineiro  di 
KOnigsberg.  L'esempio  dftl  Itiisch  fu  poi  imitato  con  successo  molto  mi' 
gliorp  dal  P.  Seccjii  e  dal  Warren  de  la  Rue  nell'eclissi  del  180(1,  il 
quindi  io  poi  da  altri  astronomi  nel  I8r>.S,  oet  09,  nel  70.  nel  71  e  cod  dfii 
seguito.  Le  imagioi  foiograliche  raccolte  dal  Secctii.  dal  Warren  de  la  RiM 
dal  Tennant,  dal  Vogel,  dai  gesuiti  di  Manila,  sotto  la  direzioofi  del 
P.  Faura,  dal  Draper  e  da  altri,  (lirooo,  sodo  e  saranno  io  avvenire  di 
giovamento  non  pìccolo  allo  studio  della  fisica  solare. 

Ricorderemo  anche  i  ritratti  fotografici  dc^i  spettri  di  stelle  fisse, 
ricavali  in  prima  datl'Huf^gins  e  dal  Miller  uel  I86ì,  e  ripigliati  nel  1879 
con  migliori  mezzi  dall' Hiiggins  ed  anclie  dal  Uraper,  il  quale  per  iftn 
000  li  put^blicò.  Classiche  poi  riuscirono  le  fotografie  della  Luna  prese 
dallo  Struve:  e  i|ueste  ed  altre  somigliami  possono  giovare  segnaiameiM 
ad  accertare,  nel  corso  dei  secoli,  la  veriUl  delle  mutazioni  che  sem 
occorrere  talvolta  sulla  superflcie  del  nostro  saiclliic,  e  dei  piaoeif 
vicini  alla  Terra. 

Ma  fra  le  varie  applicazioni  aslrooomiche  della  folograHa  nessuna  vi 
per  importanza  quella  tentata  con  ottimo  riuscimenlo  dai  due  asti 
Paolo  e  Prospero  Henry,  nel  ritrarre  foUìgra  fica  mente  il  cielo 
Abbiamo  altra  volta  fatto  meuzioue  dei  piìi  famosi  calairtghi  di  f 
cominciando  da  quello  d'ipparco,  dell'anno  l'2H  av.  C.  colle  posi: 
di  lO^ò  stelle,  fino  agli  ultimi  che  si  sono  venuti  compilando  ai 
nostri,  gli  uni  colla,  semplice  indicazione  numerica  delle  («osizioni,  gli 
in  carte  che  rappresentano  l'aspetto  reale  della  volu  oetestc.  .\Iì: 
questi  vanno  segnalati  per  la  squisita  precisione,  come  <>  quello 
156U  stelle  di  Argelandf^r,  il  quale  servi  a  fissare  i  moti  propril 
stelle:  e  In  simil  mwlo  si  hanno  per  siogolarmcaie  esatti  quello  dell' 
quello  del  Johnson,  ecc.  Allrì  poi  sgomentano  col  numero  delle  m9> 
migliata  di  astri,  di  cui  appuotam  le  posizioni  osservate  ad  una  ad 


SCIENZE   NATUnALt  ^7 

(!  notale  o  riportala  nctle  carte.  Il  catalogo  di  G748  siclle,  accrcsdulo  p^i 
6dd  alle  76i6,  onde  it  P.  Piazzi  hamahila  si  rese  immorsile  Tra  gli  istro- 
oomi.  era  slato  preoìdiito  da  quello  detto  di  I^alande,  eoo  47  '^^ii  stelle, 
fl  h  seguilo  da  quello  del  Utincker  con  1 1  '.)78  stelle,  da  quello  del  Weisse 
eoa  62  530,  e  dal  giganiesco  catalogo  dell' Argelander  che  ne  con- 
lioie  :{24  183.  Ognuno  può  far  ragione  dell' improba  Tatica  e  del  dispendio 
intennìnabile  di  t<!ni;x>  che  silTatti  lavori  dovettero  costare  agli  autori  toro, 
sema  che  però  mai  vi  fosse  speranza  di  rat;ioungerc  in  così  gran  numero 
d'indicazioni  un'esattezza  libera  da  ogni  errore.  E  a  ciò  si  aggiunga  che 
to  5ies»o  catalogo  dell 'Argelander,  colle  sue  :jlX)(K>()  stelle,  non  indica 
«  non  poco  olire  a  un  decimo  dei  circa  *20  milioni  di  luoadì  stellari,  resi 
visibili  dai  icloscopii  moderni. 

Ha  ciò  che  coli' aiuto  del  telescopio  e  coti' opera  del  notare  ad  uno 
jd  mo  gli  astri  e  la  loro  posizione  richiedeva  lunghi  anni  di  fatiche,  si 
Htabcbbe  ottenere  in  poco  d'ora  e,  ciò  che  non  importa  meno,  senza  pe> 
nbolo  d'errore  alcuno,  se  la  volta  celeste,  cogli  astri  che  l' ingfinimann, 
limrao&se  a  parte  a  pane  in  roio^'rafia.  Forse  gi^  per  l' addietro  se  n'era 
(cauta  qualche  prova  ;  ina  perchè  questa  riuscisse  era  d'uopo  che  Tane 
lltngnQca  toccasse  la  perfe/inne-,  a  cui  non  è  giunta  rlm  nogli  ultinii  anni. 
Il  comodo  ritrovato  delle  lastre  secche,  la  sensihilìià  dei  vetri  al  gelalìno- 
tniinuro,  la  bontà  degli  obbiettivi,  e  tulli  i  diversi  amminicoli  che  agevo- 
lano il'allronde  l'uso  della  Tologralla,  ne  ^cililarono  altresì  l'applicaiionti 
di  cui  stiamo  ragionando. 

L  due  aslronomi  Henry,  addetti  all'Osservatorta  di  Parigi,  idearono  per 
db  un  apparecchio  speciale,  composto  di  due  lelescopii  appaiati  insieme, 
Kdoo  dei  quali  serve  a  prendere  la  mira,  l' utlro,  am  gemello,  reca,  al 
poflù  dell'oculare,  l'apparato  rotogranco.  L'oggettivo  fotografìco,  il  mag- 
poK  rm  quanti  ne  siano  stati  finora  costruiti,  può  coprire  con  imagtoi 
Drtti<isimp,  senza  bisogno  di  diaframma,  un  campo  di  3  Interi  gradi  di 
Aiinetro.  La  Nnlure  di  Parigi  riporta  la  copia  di  una  delle  carte  ottenute 
dai  due  predetti  astronomi.  On'«,  sopra  una  superflce  rappresemanie  uno 
qmio  celeste  di  circa  5"  quadrati,  si  coniano  da  'M)00  stelle,  delle  quali 
Ine  cole  sono  visibìli  ad  occhio  nudo,  e  tutte  le  altre  vanno  comprese 
In  h  6*  grandezxa  e  la  14*,  cotesie  ultime  essendo  ralìlguraie  da  punti 
niouttftsìmi,  ma  pure  visìbili,  di  'f,i,  di  millimetro  in  diamttlrr).  A  compiere 
laa  carta  siffatta,  non  senza  pnrecchi  eiTori,  sarelìbir  OL-corso  un  lavoro  di 
(arecchi  iiibsì,  e  la  roLogralia  lu  dà  compito  in  tre  ore.  l^a  medesima  inoltre 
ttmuiinisira  la  maniera  di  trasportare  in  istanti  la  caria  da  un  modulo 
vuDore  ad  un  altro  maggiore  senza  alterare  le  distanze  relative  degli  astri 
'  lUratti,  fé  pure  non  si  preferisca  di  cHeltuare  l'ingrandimento  con  un 
apparalo  di  proiezione. 

U  pic»^ez<ai  delle  imak'inì  delle  stelle  minori  poteva  dare  occasione 
tA  ibùgli,  occorrendo  che  simili  leggere  macclùuue  rìlionscaiio  sulla 


K8 


SCIENZE   HAirnuU 


lasira  ancbe  per  efTeun  di  un  granello  di  poirere:  e  nel 
quel  gi-aoello  di  polvere  e  quel  puntino  rtriuito  menlireblj 
meno  che  l'esistenza  di  un  sole  stellata.  (ìli  Henry  prevldef 
Ti  trovarono  un  ingegnoso  compenso,  il  quale  consiste  nel 
una  ma  ire  volte  siicceÀ.tiv;ime[ile  Milla  stessa  lastra  l'imagii 
trailo  ili  cielo.  Imprassa  che  è  la  prima  iniagine,  essi  sposi 
di  non  piii  che  ",i  di  millimetro  e  lasciano  tempo  alla  secoB 
d' imprimersi;  dopo  ciò  la  lastra  viene  spostaUi  di  nuovo  iu  tal  n 
la  terza  imagine  rormi  colle  altre  (]u«  un  triao^Lo  equilatero, 
guisa  ognuno  dei  punti  rappresentami  una  sielln,  l)«Dcbè  per  la 
nomezza  appaia  semplice  all'occliio  nudo,  è  composto  in  veri: 
punii  disposti  a  triangolo,  e  come  tnle  si  scorge  applicaodod 
La  formazione  di  macchioline,  ohe  imitino  a  caso  condizioni  tal 
minate,  oltrepassa  tutti  i  limiti  del  verosimile;  e  se  pure  si  avvet 
rolla  su  mille  o  s»  dim  mila,  il  ci)nfrontu  di  altre  tavole,  ci 
mente  si  comporranno  d'ora  innanzi  nel  medesimo  osservatorìofld 
ri  velerei  ibero  dt  presente  l'errore.  ■ 

l  fraielli  Henry  ci  danno  il  tempo  mìnimo  di  esposizione  rÌcl 
cia.scim  orti  ine  di  stelle  («r  ottenerne  l' imagine.  Ne)  ruolo  che 
le  stelle  sono  distribuite  secondo  le  consuete  classi  di  grande 
d' asposizione  in  secondi,  minuti  e  ore. 

r  grandezza  .  .  . 
2'  »  .... 
3'      >         .... 


0-,  (HtS 

D*  grandezta 

O',0I3 

10*      > 

e»,  03 

11'     » 

O»,!» 

12-      » 

0«,2 

13-      - 

Cs 

U*     » 

l'.3 

15'      . 

3» 

16"      > 

Ficeodo  uso  di  lastre  più  celeri,  che  non  .sono  le  Mooltt 
.sono  quelle  di  recente  inirodoLle  dal  lìeerahaert,  il  tempo 
zione  si  ridurreNbe  ad  un  terzo  dell'indicalo  qui  sopra. 

Riscontrando  i  termini  della  noia  sopra  citala,  il  lettore 
che  il  tempo  di  esposizione  vi  i^  regolato  secondo  la  misura 
dorè,  sapendosi  che  fra  le  stelle  di  grandezze  successive  lo  Sf 
in  ragguaglio  come  1:3,^;  onde  occorre  circa  lOOOOOO 
14)*  grandezza  por  uguagliare  il  lume  di  una  stella  di  1' 
cu^  dai  T)  millesimi  di  miouio  secondo  iiecossarii  per  fotogra 
queste,  all'  1  ora  e  :V2  minuti  die  occorrono  a  fotografarne  uni 
il  divario  è  come  di  I  :  I  000  (Hk).  Ora  sebbene  i  due  \'alenU 
francesi  non  ne  tengano  conto,  nondimeno  ogni  fotografo  trovcr 
cotesti  varieU  grandissima  dì  tempi  s'asconde  la  cagìooe  iuevi 


V 


SCtEKZe  KATTRALI  229 

ano  sconcio  n^tn  leggiero;  ed  è  che  per  avnro  le  jma^nni  delle  stelle  di 
Ì&  grattdeua  al  puulu  giuslo,  tutte  le  altre  si  debboriD  nilouere  con  ec- 
cesso di  esp  iMzioue,  il  quale  va  ({radalainenU:  dalle  2  volle  e  meuo  Qoo 
ad  1  00(1 0(Kt  di  volte  oltre  al  tem[>o  coQveaieate.  E  quariiiinqiie  s'iuteada 
per  ^  che  ìu  c(K>itTjUo  tfeoere  di  lavori  è  già  ass:ii  t'ouenere  l'impronta 
dell'oggetto  celeste,  e  che  non  si  richiede  uq  disegno  ragguagliato  dì  una 
siella  come  si  ri'-liiede  quella  della  Luna  o  di  Mano  o  di  Venere;  ciò 
nonostante,  sapendoci  quanto  pregiudichi  alla  nettezza  delle  imaginì  foto- 
grallcbe  ani  soverchia  esp'>siitìone,  si  ha  ragione  di  d1l^)la^«  che  il  me- 
imo  inl«rvengi  nel  raso  nnslro,  e  jwr  avvcniura  so  no  ris^'niirchbero 
eSèuì  Dello  studio  di  sinllc  vìcini-csinie  a  vicenda  ed  ancora  in  parte 
delle  .solitarie.  Ma  di  òi6  Itastt  aver  dato  un  cenno;  chè^  (|ualora  metta 
coato  di  rutivgraruru,  secondo  la  esposizione  propria,  ciascuna  classe  di 
stelle,  ora  che  ò  dato  l' impulso  a  cotesto  genere  dì  lavori,  gli  astronomi 
non  tralasceranno  di  occuparsene. 

Non  vOi^liaino  omettere  un'altra  nsservazlmie.  I  Tra  lei!  i  Henry  hanno 
IfiMmto  »  nonna  del  teni|io  di  esposiziotie  I»  splendurf!  tnngipìnre  o  minore 
che  rocchio  i^corge  nelle  varie  classi  di  stelle.  Accennammo  or  ora  che 
la  difTerenia  di  spli^ndor^  fra  le  stello  dt  un  grado  inferiore  e  quelle  del 
grado  initnediiiiamenle  superiore  »i  esprime  colla  ragione  di  1:'2,  5.  Ben 
inteso  che  cotesto  valore  si  prende  in  ragguaglio,  giacchi^  gli  astri  non 
si  (tividODo  rcaltnente  Iq  IO  o  in  20  classi,  distinte  fra  loro  rìcisanicnie 
per  ispleixlorì  corrispondenti  a  quella  espressione,  ^nii  digradano  insen- 
sìbilmente dalla  massima  ìniensiià  Tino  alla  minima.  Contuttocìò  un  certo 
tallo  pure  si  osserva  fra  le  classi  successive,  e  la  citata  formola  si  accetta 
cane  vera  da  tutti  gli  astronomi.  Ma  tuitì  gli  astronomi  ammetiOino  pure 
che  il  grado  dì  vtsìhiliià  di  una  stella  non  va  del  pari  col  gratin  della 
ma  cHicacìa  roiografìca.  Può  una  .su-lla  essere  piii  splendida,  ed  essere 
li)tograt1cai(n!nte  più  fievole,  in  guisa  da  richiedere  una  es[>flsì2ioiie  più 
fHBga;  e  può  un'altra  stella  essere  meno  splendida,  anzi  ancora  iuvisibìle 
all'occhio,  e  lullavia  spandere  una  copia  di  raggi  cliimicì  haslevolead 
imprimere  la  sua  imagìne  sulla  lastra  fotografica.  Simili  casi  non  si  v& 
rìficano  soltanto  a  riguardo  di^i  corpi  per  sé  rilucenti,  uè  dei  soli  astri  io 
pulicolare;  e  noi  avemmo  giii  occasione  di  citare,  a  riguardo  di  oggetti 
terrestri  illuminali,  l'esempio  di  macchie  invisihìli  all'occhio,  e  rivelate 
ciò  iton  di  meno  dalla  fotografia.  E  per  non  uscire  d'argomento,  la  carta 
titogratica  dei  fratelli  Henry  rivelò  una  piccola  nebulosa,  per  iscorgere 
la  quale  fu  d'uopo  ricorrere  al  gran  teloscopio  dì  Pulkowa.  Stando  cosi 
le  cose,  la  determinazione  del  tempo  dì  esjmsi/ione  scelta  dai  due  valenti 
astronomi  francesi  non  ha  propriamente  altro  valore  che  quello  di  un 
)rimo  saggio,  ed  è  assai  verisimile  che  un  conh-onio  fra  la  pnenia  fo- 
tografica dei  varii  astri  rivelnUi  dalln  celerità  deirimpres.siniio,  e  la  po- 
Mza  laminosa  determinata^  por  esempio,  dal  Pickering  per  'ili-ÌU  stelle, 


990  SaG?IZB   »ATrRALI 

e  per  le  altre  appro&sìmaUvumenle  dal  limile  di  visibililà  nei  varti  tele- 
&eopJÌ,  è  pos^bile,  diciamo,  che  da  lai  coofrooto  risuliioo  dei  faiu  di  non 
leggero  momeDio  per  la  cognizione  della  fisica  stellare. 

Ma  presa  ancora  qual  i  nei  suoi  esordii,  l' spplicaimne  della  foiografii 
al  rilievo  della  volta  celeste  dee  chiamarsi  uà  passo  felicissimo  e  di  van* 
(aggio  sommo  per  la  scienia  astronomica.  Le  nostre  carie  trasmesse  at 
posteri  rappresenteranno  loro  con  tutta  csaiiena  lo  stato  presente  dei  cieli; 
e  qualunque  mutazione  avvenga  in  essi,  vi  »  potr^  riscontrare  senza  rischio 
d'errore.  Anche  ai  giorni  nostri  poi  sì  potranno  scoprire  tm mediala meiila 
i  pìccoli  pianeti  chti  graviiaiin  fra  Marte  e  (liove.  Difalti  mentre  le  stelle 
fisse  si  disegnano  sulla  lastra  come  pìccoli  pui)ti,  un  pianeta,  che  si  muove 
fra  esse  durante  l'esposizioEie,  lascia  impressa  sulla  medesima  una  linea. 
Ciò  non  sì  può  avvertire  nei  pianeli  piii  lontani,  come  surelibe  quello  di 
cui  si  sospetta  resisten/a,  collocato  dì  li  da  Netlunoi  che  il  suo  procedere 
nello  spazio  di  un'ora  6  Iroppn  poca  cosa;  e  a  volerlo  scorgere  conrer^ 
rebbe  confrontare  [e  imagioi  della  regione  celeste  m  cui  forse  si  trova,  a 
intervalli  di  qualche  anno.  Per  gli  asteroidi  invece,  circolami  fra  Marie 
e  Giove,  lo  spazio  di  un'ora  è  già  bastevole  a  renderne  visibile  lo  «pò* 
ftiamento,  e  di  uno  d'essi  ne  ebbero  esempio  gli  stessi  fratelli  Henry  in 
una  delle  loro  cario. 

?.  Nel  nostro  fascicolo  «ifi  pel  IO  settembre  188.5,  commendando,  per 
le  molte  ripruovc  che  ve  ne  sono,  la  virtù  dell'acqua  di  Fiuggi  contro  i 
mali  di  renella  e  di  calcoli,  citammo,  come  conferma  indiretta,  alcune 
esperienze  del  eh.  dottor  Morfino,  secondo  una  delle  quali,  per  lacere 
delle  altre,  un  calcolo  dì  o^salain  dì  calce,  immerso  per  20  giorni  in  una 
bottiglia  piena  di  quell'acqua,  s'era  ridotto  ad  un  terrò  del  suo  peso; 
ed  altri  'S?  calcolati  di  acido  urico  s'erano,  Dell'acqua  medesima  e  nel 
medesimo  spazio  di  tempo,  sciolti  del  tutto.  Ritornando  però  sullo  stesso 
argomento  nel  fascicolo  8'>?  pel  19  dicembre  dello  stesso  anno,  ci  facemo» 
un  dovere  di  rnccontarc  in  breve  ai  nostri  leiiori,  come,  avendo  noi  tentata 
una  simile  esperienza,  non  ne  avevamo  avuto  nes.sim  effetto  adoperando 
l'acqua  di  Fiuggi,  ed  un  effetto  assai  mediocre  usandovi  l'acqua  di  Col- 
IbIH.  Ne  coiichìiidevamo  potersi  avere  costi  un  caso  della  diversa  eflicveit 
che  ha  un'acqua  minerale  .iliìnta  di  fresco  dalla  sorgente  o  trasporta 
lungi  da  essa  e  tenuta  in  serbo.  Cotesto  racconto  colla  sua  conclusione 
ha  attirata  l'attenzione  del  eh.  Prof.  SiAtuti,  die  credette  di  prenderlo  ad 
esame  in  una  sua  Nota  inserita  negli  Atti  deir.Accademia  Pontifìcia  dei 
Nuovi  Lincei-  Dobbiamo  subito  avvertire  che  lo  Statuti,  e  prima  del 
Morfino  e  poi,  aveva  fatti  studii  speciali  sulla  predelta  acqua  minerale,  e 
commendatane  aliamenie  la  virtù;  onde  si  capisce  come  egli  entri  nell'  argtn 
mento  con  corrispondente  cognizione  di  causa  ed  impegno.  Dall'altro  lato^ 
per  non  dir  nulla  deUa  cortesia  dei  modi  da  lui  usati,  la  qualità  di  Acca- 
demico del  Lincei  Pontifìcii  ci  assicura  da  sé  che  i  suoi  appunti  non  muo- 


scienze  AATUitAU  33il 

voQo,  come  egli  si  protesta,  se  non  dall'  interesse  per  la  scieoza.  Ciò  pre- 
Desto,  risponderemo  a  parte  a  pane  a1)e  con^dcf azioni  de)  eh.  Professore. 
Incomincili  egli  dal  dìebiarar^i  dì  non  saper  comprendere  a  quale 
scopo  noi  abliìamo  reso  di  pubblica  ragione  (piell'esperimenio,  mentre 
«  può  ai^irsi  dal  contesto  del  suddetto  articolo  •  che  doÌ  siamo  <  ben 
titro  che  sicuri  dell' esattezza  del  nostro  operalo.  »  lo  argomento  di  cbe 
egli  reca  il  sei^uenic  periodo  da  noi  scritto  in  quella  congiuoiura  «  Non 
et  fermiamo  a  dlsctilerc  sti  questa  esperienza,  né  abbiamo  intenzione  di 
ripeierU  con  tuitn  l'apparalo  di  misure  r  di  riscontri  necessari  (il  maiu- 
leoletln  è  qui  introdotto  dil  eh.  Proressore]  a  chi  vuole  sciogliere  ded- 
uitivuneaie  una  questione.  »  Onde  concbiude  lo  Statuti  domaiiilaudn,  in 
.sÉijU'iua,  a  che  prò  ci  siamo  lerati  a  rendere  intralciata  coiesla  questione, 
e  ad  insinuare  comcchessìa  una  lai  qu;ile  diflldenzA  stili' operosiU  del- 
Tiequa  di  Fiuggi,  dopo  averla  nel  sellenibre  «  encomiata  e  consigliata 
OOBK  un  farmnciì  salutare.  * 

Soddisfacciamo  di  liuoa  grado  a  que.sie  prime  domande  r  dubbiezze 
id  eh.  Professore.  I^  liducìa,  di  t^he  ci  onorano  i  nostri  lettori,  esige 
ia  mi  noa  scrupolosa  lealtà  e  scliìettezzu,  segnatamente  per  ciò  che  ri- 
arda non  cbe  i  rìroedii,  ma  qualunque  altra  cosa  da  noi  raccomandala 
«d  aocbe  solo  eocomìata.  E  similmente  nelle  questioni  scieulilìcbe  cre- 
diamo d'avere  non  solo  il  diritto  ma  il  dovere  di  comunicare  loro  quegli 
eteokenli  che  lo  studio  proprir>  ci  sonHiiinì.slra  a  chiarìmmlo  di  ciascuna 
fneslione.  Noi  non  avevamo  eon?iÌgÌìato  l'uso  delle  acque  dì  Fiuggi;  le 
avevamo  però  in  genere  encomiale  sopra  autorevoli  testimonianze  cosi, 
cte  per  molti  queirencomìo  ebbe  il  valore  di  una  raccomandazione;  né 
iella  ooticina  del  dicembre  disdicemmo,  come  ora  non  disdiciamo»  il  peso 
a  quelle  testimonianze  e  di  que'fatti,  che  ci  sembrano  i  più  davvero 
eaneiuilenli  in  favnre  dì  quelle  acque.  .\rrcc.ìmmo  però  tin'espcrii'Jiza  che 
Iffide  ad  intralciare  la  questione.  Sia  pure:  e  perciò  appunto  voleva  la 
lealtà  che  la  puhhli  cassi  mo. 

Il  eli.  Professore  opina  il  conlrarif),  postochè  gli  è  sembrato  cbe  noi 
sten  mftìtra&simo  di  essere  poco  stcìtri  dell' rsatteeea  del  nostro  ope- 
rato. Chiediamo  .-(cusa:  noi  ne  siamo  anzi  sicurissimi,  perchè  l'esattezza 
OMMsarìa  a  verificare  se  un  calcolo  ìminersn  nell'acqua  di  l'iuggi  sì 
aeiolga  più  0  meno  nel  corso  di  un  mese  (uè  uoi  volevamo  saggiare  altro}, 
sinduce  ad  avere  un  calcolo  e  una  boccetta  di  quell'acqua,  mettere  il 
primo  nella  seconda  e  serbare  il  tutto  in  uno  stipo  per  'M)  giorni.  Ora 
D«  avemmo  calcolo  e  acqua  di  Fiuggi;  e  l'operazione  dell'immergere 
([uello  in  questa  e  conservarla  cosi  per  un  mese,  collo  steiiso  eseguìria 
eseguita  esaitanìente.  Ma  ad  eseguìria  inoltre  con  certo  particolare 
lore  ri  moveva  l'eswirci  ella  richiesta  da  un  nostro  famigliare  solTer^-nte 
calcoli,  il  quale,  u.>iata  avendo  fino  allora  senza  bastevole  giovamento 
leqoa  di  CoÌIbIIì,  pensava  di  volgersi  a  quella  di  Fiuggi,  e  ne  voleva 


532 


SOEMUI   KATOIIAU 


innanzi  trailo  pr«so  quel  saggio.  Sosteniaoto  adunque  cbe  Del  ansin 
esperimeoio  v'elib«  luua  l'esattezza,  bisognevole  a  noi  per  asserire  il 
fatto  che  ri«  mÌcoIo,  immerso  per  itn  mese  in  qn^W  acqua,  non  se  ne 
risentì  menomamente:  e  non  altro  che  cotesto  fatto  abbiamo  asserito  ed 
asseriamo,  in5ii>tei)do  di  nuovo  sulla  probabile  spie^^auone  che  noi  m 
demmo,  e  che  lo  Statuii  alla  perriite  non  ricusa,  dello  scemarsi  coll'ao* 
dare  del  tempo  la  virtù  di  quelle  acque  cont^rvate  io  bolligli»:  nella 
quale  spiegazione  ci  conferma  t'avere  intero  che  realmente  l'acqua,  quale 
»  acquista  ni^i  depositi,  può  essere  stata  attinia  alla  fonte  d'Aniicoti  da 
parerclii  mesi  ed  anchn  da  un  anno  intero. 

Ura  quel  dubbio  nato  imoruo  alla  durevolezza  della  virtù  risolutivi, 
sperimcniata  fuori  dell' organismo,  dev'ei^scre  di  momento  non  leggiero 
per  vjo\ori\  che  nel  commendare  o  nell' estimare  la  potenza  medicinale  di 
un'acqua  aniilitlaiui  danno  gran  peso  a  calali  esperimenti  estcmL  Nni 
gliene  diamo  ben.si,  ma  in  misura  multo  ristretta  :  e  ciò  non  osliinle,  ponto 
il  caso  da  noi  riferito,  crediamo  cbe  si  provvoderet)l.«  meglio  e  alla  salute 
degl'infermi,  e  alla  durevole  riputazione  dì  quelle  a<;que  salutari,  e  alla 
scienza,  se  io  cambio  di  discutere  a  parole,  si  istituisse  da  chi  oe  tu 
luto  il  comodo  e  gran  pane  dell'interesse,  una  serie  di  espoDeoze  eoo 
tutti  i  riguardi  che  dicemmo  veeesanni.  non  già  a  scorgere  il  semplice 
fallo  da  noi  os!«rvato.  ma  a  sciogìiere  definitivamente  ìa  quentiame. 
Colle  quali  parole  imendiamo  dire  che  lenendo  immersi  per  vario  numen 
di  giorni,  in  acqua  auinta  da  diversi  intervalli  di  tempo,  calcoli  di  dh 
versa  natura  ed  età,  si  chiariscano  delermìnaiamcnle  gli  sccm^imenti  della 
vini)  diuliiìca  esiraofganìcji,  che  la  verchìez^a  irreca  per  avventura  a 
questa  coiti<!  ad  altre  ats]w  minerali.  Tulio  ciò  è  mollo  facile  ad  elTet 
tuare.  Il  peggio  che  possa  seguirne,  sarà  che,  irovandosi  la  suddetta  viztii 
esposti!  a  svanire  nel  corso,  per  asempio,  di  alcuni  mesi  o  di  uo  •odo, 
i  pi-ophelariì  della  fonte  .Steno  costretti  dall'esigenza  tanto  dei  mediei 
quanto  dei  clienti  ad  apporre  alle  bottiglie  messe  in  commercio  ti  dalai 
del  giorno,  in  cui  t'acqua  fu  attinta. 

Il  eh.  Prof.  Statuti  cercando  una  spiegazione  del  fallo  da  noi  asse* 
rìlo,  meiLe  innanzi  il  dubbio  che  l'acqua  adoperala  da  noi  aoD  fo&se  delh 
vera  di  Fiuggi,  ma  una  <  comuiie  qualsiasi,  od  anche,  se  cosi  voglian, 
un'acqua  di  Fiuggi  ddiiila  alla  n*"'  potenza  con  altra  ordinana  >:  il  dxt 
gli  sembra  lanio  meno  inverosimile,  in  quanto  la  suddetta  acqua  miM- 
rale  è  «  alTatlo  limpida,  senza  verun  sapore  né  odore  parlicibrc.  >  Tra- 
lasciamo 1"  ipertesi  della  n'"*  diluzione,  ci»  ha  un  po'iroppo  dell' ingenuo; 
e  tocchiamo  di  quella  della  contraila  zi  one.  A  parer  nostro,  il  cb.  Pro- 
fessore, al  quale  dis]iiaee  che  nni  abbiamo  col  noiilro  racconto  iniraleiaU 
la  questione  e  insinuala  qualclie  ditfìden/a  verso  l'acqua  di  Fiuggi,  in- 
troduce egli  qui  davvero  un  elemento,  che  noi  escludevamo  ed  eachi- 
-diamo,  di  confusione  e  di  diflldeoza.  Foco  monta  che  egli  avvedendosi 


Kasnx  (tATURAU  233 

del  f^fìcolo,  si  protesti  subito  che  <  non  tnteode  di  spargere  il  benché 
mioifuo  (lubttiu  sulla  ^uuiuiiA  dell' acijiia  dì  Fiuggi,  che  si  irnvi  m  com- 
mercio nel  divn^i  depositi  esilienti  in  varie  cìtià  d'Itali».  *  Txli  prncesle 
nan  disiruj^gono  l'impressiooe  contraria,  prodotta  dal  vedere  come  egli 
uitni  Oicile  la  ralsttìca/ìone,  e  come  per  luì  sia  già  dì  qualche  pregiu- 
dizio, contro  al  valore  del  nrtslro  esperimento,  l'essere  esKo  i4alo  fatto  - 
ia  Firaue  e  noo  alla  fmle  d'Aotiooli.  Siflatie  insìnuamrrì  non  sono 
rtNlaraentc  idoneo  a  rassicurare  i  medici  e  ì  pazienti,  sfarsi  per  l'Italia 
e  ftwi,  ai  quali  fosse  per  arrivare  la  Nota  del  eh.  JYofKssore.  Ma  quanto 
li  lettori  nostri,  imo  esiliamo  a  prenderci  l'incarico  noi  di  accertarli  che 
•lueOesooo  vane  nmhre.  Segoaiameote  poi  qui  in  Firenze,  ablfi-itoo  buooo 
iD  maoo  per  asserire  che  l'acqua  di  Fiuggi  vi  ritrova  genuina  quanto 
I  Roina  e  quanto  ad  Aniicoli,  dond'essa  proviene  direttamente  con  ol- 
Une  guar^niige;  oltreché  convieo  pur  dire  che  coiest'  acqua  è  tuttora  hm 
Imgi  dall'essere  conosciuta  e  diffusa  cosi  da  dare  facile  occasione  a  fal- 
tiflauìoDì. 

Ciò  che  ha  mosso  il  eh.  Professore  a  ricorrere  a  quell'ipotesi  inve- 
roaimile,  è  un  equìvoco  •>cc:)sìon<iio  dalla  concìsinne,  colla  ijuale  raccon- 
laamo  il  nostro  speritnento.  Kiferendoci  a  ciò  che  avovumo  detto  nel 
«ttembre  antecedente  sulle  espojiense  del  Mor/lnn,  e  ricordatane  solo  la 
mei»  splendida,  quella  cioè  del  calcolo  di  nssalalo  di  mire  ridotto  ad 
tn  terzo  del  suo  peso,  noi  proseguivamo  dicendo  che  avevamo  voluto 
lattare  wna  shnUe  esperienea  e  che,  avuti  due  calcoli  àetia  grandetwa 
a  uaa  ìcnticfhia,  avevamo  operato,  come  quivi  si  espone.  Da  cotesle 
parole  il  eh.  Professore  ha  conchiusn  senza  più  che  noi  avessimn  ado- 
peralo dei  calcoli  dì  os'ulato  di  calce,  senza  avvertire  che  la  nostra 
eapenenza  rimaneva  sitnih  a  quella  del  Morfìno.  ancorché  ì  calcoli  usati 
da  noi  non  fossero  dì- quella  sostanza,  ma  o  dì  acido  urico  o  dì  fosfato 
di  calce  0  di  altra  concrezione.  E  nel  fatto,  avendo  noi  letto  nell'opu- 
leolo  del  Mrirfìno  la  serie  d'e^iperimenti  da  luì  eseguiti  sopra  sei  diverse 
MMUnze  minerali  inor^niche,  e.  A\[to\  sopra  calcoli  di  unito  e  di  acido 
usalico,  sempre  con  notevoli  elTetiì,  non  facemmo  la  minima  attenzione 
>IU  natura  dei  calcoli  presentatici  dal  nostro  paziente,  lenendoci  fier  si- 
oirì  che,  qualuuqut!  ella  si  fosse,  l'acqua  dì  Fiuggi  iniarcherehhe  poco 
a  molto  il  catcoh  immerso  in  essa,  il  che  non  e.sserKlosì  avveralo,  ne 
urgeva  per  nui,  indipendentemente  dalla  natura  del  calrolo  saggiato, 
^tirl  dubhin  geuenco,  che  esprimemmo,  intorno  alla  stahìlit^i  del  potere 
dialitico  estraufgariico  dell' arqua.  Letta  poi  la  nota  del  eh.  Professore,  ah- 
loiiDO  voluto  riscontrare  quel  malaugurato  calcoletio,  e  che  vi  trovammo? 
Paggio  che  peggio.  Fgli  Jt  di  acido  urico,  dì  quelli  cioè  che  nelle  espe- 
lìeoie  del  Morllno  non  solo  diminuirono  di  peso,  ma  si  sciolsero  per- 
■tUameote  nell'acqua,  recenhmenle  altinta.  dì  Fiuggi. 

con  ciò  l'equivoco,  cade  tutto  insieme  la  bella  e  stringente 


SM 


«ATDRALl 


dimoslrazione  del  eh.  ProTessore.  fondala  sul  suppa*ilo  die  noi  avessìm 
allrìbuiu  la  viriii  risoluiiva  di  concrezioni  di  ossalaio  di  calcti  all'acqua 
di  Collatli,  che  non  la  possiede  per  conressione  del  Taddei  sno  giiiMO 
encomiatore,  e  l'avessimo  negata  all'acqua  di  Fiìtggì,  die  la  possiede  (cr- 
senlcnza  del  MorDno  e  dello  Statuti,  ed  anche  per  opinione  nosira. 

Speriamo  di  avere  cosi  soddisfatto  a  luite  le  obbiezioni  eie  ioicrro- 
gazioni  del  nosifo  cortese  critico,  del  quale  non  possiamo  a  meno  di  ìo-> 
dnre  )a  saviezza  e  lo  zelo  nello  studiare  e  far  conoscere  agritaliain  un'aequit  ' 
salutare,  rhe  miliì  dì  esni  lasciano  tm-sciiraln  in  casa  loro  per  cercarne» 
a  grandi!  spisa  di  assai  meno  preziose  in  pnesi  forestieri.  Molti  di  cntoro 
cbesuffmnodel  tormentoso  male,  a  cuiquelleacque  recano  spesso  rìaieiliQy 
saranno  grati  a  chi  le  trae  dall' oscurila  in  etti  giacevano,  non  ostante  la 
virtù  loro  attestata  pel  corso  dì  secoli.  Ma  in  quest'opera  di  lodevole  di- 
vulgazione è  certo  che  le  raccomandazioni  di  un  tal  rimedio  saranno  tantff< 
pili  confurmi  alla  scienza  e.  alla  coscienza,  quanto  pììi  esse  si  regger:)Dm>> 
sopra  argomenti  solidi,  messi  da  parie  o  nel  secondo  luogo  die  loro  s'ap- 
particiie  i  più  deboli,  benché  forse  più  speciosi  agli  occhi  del  volgo.  K  fra 
questi  vanno  annoverali  senza  dubbio  gli  sperimenti  esiraorganici. 

Lo  scamhio  che  in  essi  si  prende  è  tanto  evidente,  che  reca  maraviglia 
come  si  possano  citare  se  non  in  coda  a  tutto  il  re.<o,  a  tesi  provata, 
qaasi  per  lusso  e  a  tìtolo  di  dubbia  erudizione.  Sì  noti  il  vtztn  (onda* 
inent;i1e  di  tali  saggi.  Voi  immergete  un  calcolo  in  una  hocrelta  di  acqua 
aotiUtiaca,  ve  la  lasciate  2(J  giorni,  cioè  48U  ore  contìnue  (il  che  norr 
si  verificherà  mai  nel!'  organismo)  e  in  capo  ad  esse  ci  mostrate  il  cal- 
coln  0  sciolto  del  tutto  o  diminuito  di  peso,  llate  poi  una  porzione  del- 
l'acqua nniilitiaca  ad  un  chimico  di  valore,  che  con  iscruftnto  nota  t 
millesimi,  i  ceutnmitlesimi  e  le  tracce  dì  ciascun  minerale  contentilo  is 
essa.  Conveniamo  che  il  volgo  colto  e  incolto,  ne)  leggere  il  nome  del 
diimico  e  quelle  cifre  lauto  [^ù  scìentiUche  quanto  più  minute,  si  senti 
inchinalo  a  confidare  maggiormente  nella  virtù  di  un'acqua,  studiala  da 
lai  uomo  e  con  tanta  esattezza:  e  quando  gli  si  fa  rilleilero  die  il  calcd» 
prefalo  sì  dovette  sciogliere  nella  boccetta  e.  deve  sciogliarsi  nelli  resi 
per  naturale  elTello  del  tale  e  tale  elemento  rivelalo  e  dosalo  dall'analisi 
appena  vi  sarà  cui  cada  in  pensiero  di  osservare  che  lutti  colesti  sagg 
e  ragionamenti  si  reggono  sopra  un  falso  supposto. 

E)  pure  tftn^^.  L'acqua  aniililìaca  che  desle  ad  analizzare  al  chtmicfl 
e  percht>  ella  fasse  più  genuina  gliela  recaste  auinia  di  fresco  dalla  Ibou^ 
quell'acqua  adunque  non  ti  il  liquido  entro  il  quale  si  hanno  da  scfogliei 
per  ipolesi  ì  calcoli  d'un  malato  clie  ne  beve;  e  il  liquido  che  deve  ese< 
guirc  una  tale  operazione  è  tutt'  nitro  da  quell'acqua  che  sdolse  il  calod 
nella  bnccpiifl.  Se  vi  (•.  avvisa  che  l'analisi  del  liquido  disisolvenle  poaS 
giovare  a  scoprire  il  suo  modo  d' azione,  se  bramale  di  conoscere  rintimi 
composizione  di  ootesio  liquido,  la  via  diriua  perciò  non  k  già  di  anatil 


208  l'aniu»  antililìara  nel  suo  staio  naturaì.e,  nel  quale  non  verrà  mai 
»  tulUUo  oi  calonli  ìtiUtnii,  ma  è  quello  il\iiializar1a  nelio  slato  in  cui 
l'i  tramutata  cìrcnlando  p^  va&ì  lìnratici,  pei  chiliferi  e  pei  sanguigni, 
H  fejjato,  per  ludi  j  varii  tessuti  e  per  le  reoi  :  insomma  quale  airiva 
uel  Nerbaioio  dove  rìnalmenle  irovcrù  i  calcoli  e  li  sciorrà,  se  m  ha  la 
Virtù.  Ma  essa  iimi  è  allora  più  acqua  di  Fiugfji  oè  di  CoUalIi  oè  di  Evìan 
0  (Ij  Vicby;  essa  è  secrezione  urinaria,  cioè  un  nuovo  liquido  cliimica- 
mcnle  diver«>  dall'acqua  primitiva,  accresciuto  di  alcuni  clemenlì,  di  altri 
0  lirivato  0  stremato. 

Per  la  qtial  osa,  a  voler  concbiudere  alcun  che  di  serio  per  coiesU 

via,  le  analisi  e  i  saggi  avrehtiero  a  {Kirlarsi  direttamctile  r  prìncipal- 

meme  sopra  sccrvziODi  urinarie  di  calcolosi,  e  prima  della  rum  quando 

ODO  bevetleru  che  acqua  ordinaria,  e  ai  prìncipii  di  quella,  quando  l'acqua 

mioerale  non  potè  cominciare  ancor»  a  scio^^liere  i  calcoli,  e  più  innanzi, 

ijuaiido  si  può  presumere  che  ella  già  rechi  in  soluzione  qnalcìie  elemento 

inllo  ai  medesimi.  Certamente  un  tal  nietndn  saretibe  più  complesso  e 

ridtiedmihbe  maggior  numero  di  opcraziorù  delicate,  specie  se  vi  si  vo- 

iMce,  anche  riguardo  a  punti  secondahi  ed  accidfuitali,  fare  il  solilo 

sftiggM  di  superflua  esalle/za:  ma  titicliè  i  saggi  e  le  analisi  si  limitano  ad 

un'acqua  Jiiotriiiica,  qual  essa  è  attinta  dal  fonte,  ogni  fisiologo,  e  cliiun- 

t  Kflso  comune,  tanto  solo  die  capisca  i  termini,  ammetterà  ch« 

—  ..i^jtp  ed  analisi  scienti ficanunte  peccano  contro  la  regola  più  et»- 

flMMare  del  metodo  sperimentale,  poiché  scambiano  il  soggetto;  e  pro' 

nte  servono  a  poco  altro  che  a  dare  la  polvere  negli  occhi  ai 

--..., ..cu 

Ed  ecco  perchè,  in  ragione  dei  contrarìì,  Tesperienza  da  noi  pubblicala 
noli  detrae  in  nulla  uH'elticacia  dell'acqua  di  Fiuggi.  Il  eh.  Prof.  Statuti 
por  professando  alto  il  principio  del  non  potersi  validamente  argomentare 
(tagli  efietii  cstraorganici  agli  ìntraorganici,  inchina  pur  sempre  nella  sua 
«lata  Nota  a  rai^guagliare  i  primi  coi  secondi;  ed  In  ciò  è  riposta  la 
differenza  Tra  il  nostro  modo  di  vedere  e  il  suo.  i'er  noi  sta  in  cjpoa 
buio  il  principio  che  siccome  un'acqua  per  sé  lìtoliiìca  può,  introdotta 
che  sìa  Dell'organismo  e  quivi  trasformata,  perdere  in  lutto  o  in  parte 
Usua  virtù,  così  un'acqua  inotpiice  dì  natura  sua  o  forse  anche  per 
i^ccluesea  ad  intaccare  i  calcoli,  potrà  intaccarli  nulla  di  meno,  elalKu^U 
cbe  aia  dall'organismo.  Quando  colesla  eOicacia  è  verilìcala  direttamente, 
f4ise  rè  [ter  t'acqua  di  Fiuggi,  non  è  huoua  regola  l'insistere  con  tanta 
(Htaura  sopra  rìpruove  fallaci.  Perciò  a  noi  non  recò  nessuna  maraviglia 
l'udire,  e  ci  facciami  anzi  un  pregio  di  riferire  qui  noi  stessi,  che  mentre 
l'itcqua  di  Fiuggi  da  noi  saggiala  lasciava  incolume  il  calcolo  immersovi 
per  30  gtomi,  un  calcoloso  qui  stesso  iu  Firenze  usando  della  slessa 
«equa  presa  allosies&o  deposilo,  non  sappiamo  però  se  della  stessa  elJi, 
iW^  dopo  soli  otto  giorni  espeilere  con  iarmito  suo  sollievo  un  grosso 


936  SCIERZE   NATOnALI 

calcolo  <*he  lo  tormeouva.  Laonde,  al  Qostro  modo  di  vedere,  stando  il 
dubtnn  sollevalo  per  la  nostra  esperienza  inioroo  alla  durevolezza  della 
Tirlìi  nsoluiìva  di  quell'acqua,  gli  esperimenii  m  avrebbero  a  rivolgere 
ai  suoi  eiTetti  iniraorganìci  e  non  agli  e^raori^iinici;  perchè  quando  fosse 
accertato  che  i  primi  per  vecchiez/a  dell'acqua  non  scemano,  nulla  ìo)' 
porterebbe  che  cessassero  anche  del  iriito  i  secondi. 

Ma  il  soverchio  peso  dato  a  questi  si  trae  dietro  anclie  un  altro  svan- 
taggio non  lej^ifiero  per  chi  cerca  di  chiarire  l'anione  di  uu'acqua  aniì- 
litiaca.  Perocché  fissandosi  in  quel  materiale,  oltreché  difetto^),  paragone 
dello  scioRlimenio  dei  calcoli,  v>  pericolo  che  ejrli  prescinda  da  un 
elemento  che  nell'azione  di  queH'aoqiia  ha  importanza  capitale  ed  t  forse 
il  fondaraenio  della  stessa  azione  risolvente.  Il  Morfino  vi  srcMioa  mollo 
savia iDetile  nel  suo  opuscolo  suirA«|ita  di  Fiugi^i  (pa^;.  ?'2).  là  dove  asi^goa 
due  modi  alPa/iOTie  di  lei;  il  primo  in  qiiunlo  impedisce,  secondo  che 
egli  sjMP^a  a  p.-irte  a  parle^  alla  Rec.rejfionc  urinnrta  di  depositare  i  ma- 
teriali onde  SI  Tirmano  i  calcoli  e  le  renelle;  il  secondo^  in  quanto  dis- 
solve i  granuli  che  trova  giik  formali  ed  agi^lomerati.  Ora  per  quanto 
al  pazieoie.  già  alle  prese  coi  suoi  calcoli,  prema  soprattutto  questa  se- 
conda parte,  chiaro  è  che  la  prima  è  i>er  lui  di  non  mmore  monieaio, 
traltandf>!ii  di  impedire  il  rinnovamento  continuo  di  sifTatte  concrenoai, 
e  di  aapere  qnìnli  se  e  in  qiml  misura  e  a  quali  condizioni  e  per  quanto 
tempo  l'uso  di  una  data  at!qua  aniilitiaca  valga  ad  ottenere  queireffetio- 
E  pure  tali  que„«tioni  importanti  ss  ime  per  la  lei^rica  e  per  la  pratica 
facilmente  restano  tnscurate,  quando  l'attenzione  si  volge  di  preferenza 
al  fallo  pili  apiiuriscenic  della  lilolisi,  e  massime  delta  esiraorà'anica.  La 
stessa  ana!i!4  i-himica  dell'acqua  minerale  giova  senza  dubbio  a  recarrt 
lume,  ma  ve  lo  recherehl*  assai  nmggiore  se  fosse  accompagnata  dal- 
l'altra, che  sopra  accennammo,  delle  Kecreiinni  urinarie.  Per  cnnchiu- 
dere,  confessiamo  di  bunn  grado  clie  altri  pu6  presentare  la  questioni 
delle  acijiie  anlilitiaclie  sotto  l'aspetto  Kempticissìmo  di  una  esftei 
in  cui  mfislraiido  un  calcolo  sciolto  dopo  ''Hi  giorni  d'immersioi 
persuada  ai  malati  di  pietra  che  altrettanto  avverrà  nel  loro  interno,  » 
berranno  dì  qtietl'acq'ia.  Ma  la  .<;pmplirità  di  una  snhi/Jone-  non  dimostri 
mai  n^  il  suo  valore  n^  la  sua  pieniu/a;  <:  se  nelle  mitni  nostra  la  qnesUooa 
apparisce  piìi  intralciata,  ciò  avviene  perchè  ella  è  piìi  intralciala  ìns&'l 
slessa,  Cóme  i  nostri  lettori  Iirooo  potuto  giudicare  da  cotesti  brevi 


-fc     • 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


Firenze,  fi  aprUc  2886. 


COSE  ROMANE 

I.  Ite  pro(«sU  ori  Seaato  del  Brlgio  io  U^\m  tti;l  dominio  iempoml«  d«l  [>a|»  — 
lITriJeiizn  piiililkiu  — 3.  Pt'IkgriiiBjegì  rr^iunuli  alSantuBriodi  Loreto  —  4.  FcMi* 
vfil^iurìca  Savona  «a  Mintoin  —  h-  fttwmw  biMiciicenEediil  $.  Pndre  LeoDcXIII. 
6.  U  Sanui  Soild  e  lo  Stiliti  del  Congo. 

I.  Otiaodo  ancora  il  Belgio  non  era  divenuto  teatro  di  scene  mim- 
rude  por  opem  degli  operai,  il  I?  del  mese  di  marzo,  discutendosi  ìn 
ììttiU»  il  hilancio  del  minisiitro  dfigli  ftfTari  e:ìlenii,  rmifirevoltt  senatore 
IjmiDeits  w  toijljeva  occasioue  j-er  fare  uo' aperta  e  Tranca  prulesta  in 
brore  del  Papa  e  dei'  suoi  imprescrivihili  diriui,  cno  queste  fiarole  che 
1  noi  piaLv  di  (\\ù  rìrerìre.  uon  Tosse  |)er  altro  a  disinganno  di  cobra  ehe 
■  arraUaiiaoo  a  voler  diniosirare  che  la  qiicsiion«  del  dominio  tempo- 
nleè  morta  e  sepolta.  >  Sii^norì,  cosi  retwinente  iiotoo  di  Stato,  lio  adot- 
tilo per  norma  dì  non  vntare  il  bilancio  degli  alTarì  esteri  clie  sotto  ri- 
«rra.  N<iu  saprei  dare  la  mia  approvazione  al  credilo  io  favore  dì  un 
ntoistro  beiffa.  accreditalo  presso  colui  che  dal  mondo  diplomatico  si 
cbiami  il  ile  d'HaUn,  credito  che  mi  sembra  ottendere  i  diriUi  seco- 
lari dellj  Santa  Sede  e  la  sovranità  poniìticia.  Se  rinnovo  oggi  questa 
£chiarazioGC,  cbe  potrebbe  parere  inutile,  viste  le  mie  anteriori  proleste, 
^  per  i!  grande  avvenimento  che,  durante  l'anno  scorso,  sorprese  V  lilu- 
rapa,  e  da  molti  Tu  interpretato  come  una  nuova  conrentia  dei  diritti 
W  Sommo  Pontefice,  voglia  dire  rarbiirato  di  Sua  Santità  Leone  XIII 
adla  qttestione  delle  Caroline.  *  E  pro.'>e>;uiva:  «  In  presenta  di  questo 
htlQ,  n  quale  sembra  ripristinare  una  condizione  antica  pienamente 
Itaiocia  a  prevenire  i  cootliili  armali  o  ristabilire  la  pace  sociale,  ho  il 
èrìuo  di  domandare  a  me  .sltisso  se  coloro^  i  quali  presiedono  ai  destini 
ddl'Europa,  non  concepirono  il  pensiero  dì  schiacciare  la  rivoluzione  e 
di  appoggiare  Unatmento  le  monarchie  su  basi  durature,  e  se  perciò  non 
(itasarooo  di  porre  la  Santa  Sede  in  grado  di  esercitare  seniza  ostacoli, 
U  fua  salutare  azione  nel  mondo.  Checché  sìa  dei  disegni  della  Frov- 


238  CRONACA 

vìdRnu,  fntorno  alla  risiaura^ìone  della  Monarchia  ponliflcìa,  non  ioiendo 
per  pane  mi»  Tare  alcun  atto  che  possa  considRrarsi  come  una  diinina 
ziooe  dei  dirilLi  della  Santa  SihIk,  e  perciò  rinnovo  ie  riserve  precedei!- 
lemeate  espresse  ndla  diKcu6sioite  del  bilaacio  degli  affari  esteri.  •  Il 
IjmrneQ.s  irovA  appoggio  nel  senatore  Ockroul:  se  non  che,  il  minisira 
degli  esteri,  prìncipe  di  Caramao  Chiinay,  si  rcstriose  a  proj)orre  la 
questione  preijiudiziale  sulle  cose  delle  dal  Uroniens,  senza  però  eoo- 
trastare  le  toro  tiobìli  proteste,  le  quali  dimostrano  che  la  questione  ro- 
mani  è  sempre  viva  a  dispetto  di  tutti  i  fatti  compiuti  e  del  nolo  ri- 
lornetlo  a  Ifoma  ci  sitmo  e  ci  resteremo. 

•?.  La  Saniiii  di  N.  S.  Papa  Uone  XIII  si  degnava  ricevere  ndU 
maltiria  dell' 1 1  marzo  in  udienza  pariicolare  il  cavaliere  dì  tput^iim 
Francesco  Crìstorori  del  Sacro  Militare  Ordine  gerosolimitano  per  inca- 
ricarlo di  curare  a  sue  spese  e  per  suo  comando  la  ricognizione  delle 
tombe  dei  i'apì  Alessandro  IV  e  (ìiovanni  XXI  esislemì  nella  caltedrals 
di  Viterbo  e  di  trasferirvi  il  monumento  marmoreo,  eretto  a  quest'iiliimo 
Pontefice  dal  duca  dì  Saldanha,  opera  del  defunto  scultore  Filippo  Goao* 
canili.  Si  conipiaciiue  inoltre  l'au^uslo  PoiiileHce  incoraggiare  ti  suddetto 
signor  Crislofon  cun  k-mivola  approva^ioue  per  l' illustrazione  da  lui  fatta 
delle  Ton^  ptipaìi  esistenti  io  ViierlM).  Ueneijisse  l'autore  e  l'editore 
il  chiarissimo  mnns.  I^{)oldo  Oufalini  e  confortò  il  Cristoforl  a  prose- 
guire neijli  s'udii  storici,  che  da  molti  anm  ha  intrapreso  nella  lìihtio- 
teoa  e  n^i  Arcliivii  vaticani. 

Il  giorno  lU  dello  stesso  mese  la  SaaiiU  di  N.S.  riceveva  in  uifiUH 
particolare  S.  E.  il  signor  U.  Lìioachlno  J.  Veler,  venuto  per  preseol^H 
te  lettere  che  lo  accreditano  ministro  residente  degU  Stali  Uniti  di  C»- 
lorobia  presso  la  Santa  Sede;  e  il  ^'iorno  *30  il  CoUcjjio  Lombarào  onda 
Seminario  dell'Alia  Italia,  presentatole  dall' Eminenlissimo  Mgnor  Car- 
dinale Parocchi.  Il  Santo  Padre  accolse  e  intrattenne  por  un  buon  train^ 
dì  tempo  con  paterna  bunevolenia  il  rettore  e  gli  aluimi  di  quel  Semi- 
nario, che  gli  umiliarono  l'obolo  della  loro  filiale  pietà;  e  do|»o  averli 
oonforlati  e  consolati  colle  calde  sue  esortazioni,  impartì  loro  l'Àposiolici 
flenedizione,  clie  volle  estesa  alte  loro  famiglie  e  ai  loro  vescovi. 

3.  Come  aunuuziammo  nel  precedente  quaderno  e  crediamo  tene  di 
ripetere  anche  adesso,  il  Comitato  generale  dell'Opera  dei  Congressi  cat- 
tolici pef  mezzo  dei  suoi  Comitati  regionali,  a  predisporre  con  preghien 
e  con  alti  dì  pietà  le  grandi  forze  che  l'orbe  cattolico  prepara  \.tì  CiuhiW 
sacerdotale  del  Santo  Padre,  va  organizzando  pellegrinaggi  nelle  varie 
rogioni  d'Italia,  per  visitare  net  prossimo  venturo  maggio  la  Sania  Ci4 
di  Loreto.  Il  Santo  Padre  intanto,  dietro  istanza  umiliatagli  dal  inedeùaH 
Comitato  generate-,  ha  ttenignsmpnic  annuito,  che  la  visita  da  (arsi  alti 
Santa  Casa  di  l^retn  dai  pellegrini  organizzati  nel  maggio  p.  v.  valgi 
per  le  sei  visite  prescritte  pel  conseguimento  del  Giubileo,  purché  1  p^ 


to:n'EHPonAREA 


539 


'  comi»aoo  una  visita  per  una  sola  voli»  alla  rtspeiliva  chiesa  par- 
...vLiiule.  Sua  Eccellenza  Reverendissima  Moasignor  Vescovo  di  Ijoreto 
9  k  compiaciuta  inianto  di  autorizzare  i  sacerdoti  luui,  che  prenderanno 

le  agli  aiizidelti  pellegrina gp  e  che  sono  orifossori  nelle  proprie  dio- 
II,  ad  e!»erciure  tale  ministero  nella  loro  dimora  a  Loreta  I  Comitali 
Rgionall  della  suddetta  Opera  sono  particolarmente  incaricali  dell' orga- 
il2U(tone  di  iguesii  pello^rina^gi. 

k.  Narrare,  anche  in  succinto,  di  luite  e  singole  le  grandi  feste  che 
io  molti  luoghi  d'Italia  sono  stale  con  grande  pompa  e  solennìtii  celebrale 
ad  M)lo  scorcio  del  mcsr  di  marm  e  nella  prima  quiodicinii  di  aprile,  i 
diwtro  ira|»ossiLile.  Forz'è  che  ci  restriogianid  a  quelle  che  hanno  mag- 
giore aitinenza  con  Roma  papale  sia  per  le  memorie  passale,  sia  anche 
per  le  circoManze  presenti.  (Jii indi  tralasciando  di  dire  dell'incomnaz-ione 
iMta  Vergine  Santissima  nel  Santuann  di  l'untelungn,  il  glcirno  ^27i  marzo; 
edel  in  Onleoario  dei  Ministri  degl'infermi,  ci  fermeremo  a  parlare  delle 
iMc  al  Santuario  della  Misericordia  |>resM>  Savona,  e  del  Centenario  dì 
Sut'ADselmo  celebcilo  in  Mantova. 

Il  Santuario  di  Savona   ricoj-da  i  dolori  e  i  Lriontl  di  Pio  VII.  Il 

cowffso  dei  fedeli  al  Santuario  durante  te  feste,  fu  immenso;  la  iranqitiila 

«Ile  del  Letimhro  non  vide  mai  spettacolo  somigliante.  La  (noia  era  in 

imi  i  cuori,  e  la  festi  in  tutti  i  punii;  perchè  dappertutto  non  si  vedeano 

die  tiaadiere,  anztù,  archi  di  trionfo,  ìscrinoni.  Tutto  parlava  di  Maria. 

bocciala   del  Santuario,  vera  maraviglia   d'arie,  appariva  io  Qtiesia 

tircostanza  ancor  più  maravigliosa.  Di  dentro  al  Santuario  è  più  facile 

rinmaginare  che  il  dire  quanto  bella  fos^e  la  pompa  degli  apparati  e 

mi^nitico  lo  sfarzo  dei  dori,  delle  lampade  e  dei  cerei.  Vi  intervennero 

l'Effio  Cardinal  Alimonda  Arcivescovo  di  Torino,  l'ArcIvescoro  di  Genova 

i  Vescovi  di  Possano,  di  Veniiraiglia,  di  Savona,  I^  feste  cominciarono 

il  18  marzo  ed  ebbero  termine  il  21  con  una  illiimina;:ionc  così  .splendida 

che  le  strade,  segnatamente  le  nuove,  sembravano  vere  gallerie  di  ronco. 

Degno  di  assere  riferito  è  il  telegramma  che  l'Kirio  Cardinal  Alimonda 

spediva  a  Sua  Santità  leeone  XIII  d»l  Santuario  di  Savona  il  19  marzo 

alte  ire  9  anlimeriJiane,  «  Qni  dove  pianse  e  pregò  il  Settimo  Pio,  il 

Mtloscritlo,  in  unione  Arcivescovo  Genova,  Vescovi  Savona,  Ventimiglia, 

FoBUQO  e  fedeli  popolo  savonese,  piang^^,  prega  per  la  Chiesa,  per  Voi. 

Padre  Saoio,  t^uedileci.  (}.  card.  Alimonda.» 

U  risposta  non  tardò  a  venire.  «  Santo  Padre,  ringraziando  Vostra 
Eminenza,  Prelati  e  fedeli  secolari  riuniti,  per  le  preghiere  fatte,  imparte 
a  imii.  con  effusione  di  paterno  affetto,  la  implorata  apostolica  beoedi* 
lione.  >  L  cstd.  lacobioi. 

la  quella  che  Savona  festeggiava  Nostra  Signora  della  Misericordia, 
U  pietà  dei  Mantovani  rendeva  uguale  tributo  di  onori  ali  inclito  suo 
protettore  e  patrono  sant'Anselmo  Vescovo  di  Lucca,  tenerissimo  di  Maria, 


340 


lÒHACA 


quand'era  in  Mantova  diruttore  e  consigliere  delta  pia  contessa  Matilde  di 
IJauos8a,  che  eolle  silfi  caste  mani  ^o.sleniie  il  irono  cotntialluio  di  saal'llde- 
brando,  l'romoiorì  di  que$io  oliavo  ceoiuuaho  sono  stali  MoosigDor  Be- 
r«Df^,  Ria  vescovo  di  Mantova,  iraslato  poi  alla  sede  arcivescovile  di  Udine, 
r  attuate  pastore  monsignor  Sano  ed  una  CommissioDC  di  egregi  niantovaoi 
presieduta  dall'Arciprete  parroco  della  Cattedrale.  Le  feste  furono  s|deo- 
didissìme;  però  ci  duole  cho  di  tanta  puinpa  spiedata  nei  tre  giorni 
del  T6,  17  e  tS  mano  non  ci  sia  permes&o  di  dire,  qnauio  ci  vorrebbe  ail 
encomiare  la  pieii^  dei  caitnltci  maoiovanl.  Diremo  soltanto,  che  tante 
furono  le  belle  cose  vedute  e  udite,  e  tanto  l'entusiasmo  e  la  gioia  del 
popolo,  che  quei  tre  giorni  non  saranno  mai  dimenticali. 

't.  Non  son  ora  che  pochi  tinnii,  racconta  nel  n.  77  l'egregia  Unità 
CaitoUen,  che  un  Vescovo  d'Italia  scrivea  a  ooo  so  quale  persoiti  di 
Torino,  palesandole  die  una  famiglia  della  sua  diocesi  versava  in  peoo* 
sissime  disirrtie  economirhi^,  e  che  riponeva  ogni  sua  fiducia  nella  infr- 
saurihile  geucrasiià  del  Padre  comune  dei  fedeli.  I>a  persona  che  ricevette 
la  lettera  del  Prelato  non  indugiò  a  spedirla  per  la  posta  direttamente 
al  Vaticaiw,  senza  aggiungervi  parola. 

«  Fu,  dice  l'egregio  periodico  un  procedere  troppo  hliero,  ma  quella 
libertà  non  proveniva  da  mancanza  di  rispetto,  sibbeoe  da  liliale  conO* 
denza.  *  Comunque  sia  sialo,  una  cosa  è  certa  che  il  Santo  Padre  vottf 
leggere  quella  leiien,  e  alfidare  alla  persona  stessa,  a  cui  ftra  indinola 
ti  generoso  incarico  di  spedire  un  buoD  soccorso  a  quella  famiglia.  ^  Donde 
appare,  conchìudìamo  anrhe  noi  col  diario  cattolico  di  Torino,  che  ti 
regnante  l'oniellce,  <M>t)lieufì  .«oprafTattn  da  tante  occupazioni,  legge  tutte 
le  lettere  che  gli  arrivano,  e  quaudo  conosce  qualche  grande  bisogm 
dei  suoi  figli,  non  bada  nit  al  modo  [lOco  corretto  con  cui  gli  venne  mani 
Testato,  ak  alle  condizioni  ineschine  in  cui  egli  stesso  si  Irovn,  ma  toglie, 
ptf  cosi  dire,  a  sé  medesimo  l'elemosina  che  gli  fu  falla,  [ler  distribuirla 
ai  poveri. 

Carità  veramente  degna  del  Vicario  di  Gesti  Cristo,  e  per  la  sostami 
t  per  la  forma  e  pel  tempo;  carità  che  dovrebl«  servire  di  esempio  ad 
altri  figli,  per  nascondere  nei  tesori  dell'augusto  Povero  del  Vaticano 
quei  tesori,  che  i  socialisti  si  dispongono  a  ruUire  cotta  violenza,  ed  a 
distruggere  col  petrolio  e  colla  dinamite.  » 

6.  I^a  Ktìhxisehe  Xeiiung  ci  reca  una  notizia  consola ntisu ma.  che  è 
pregio  dell'opera  che  noi  riferiamo  in  questa  noslra  cronaca.  Ij  notizia 
rigH.ird:i  i  rapporti  ira  la  Sitnia  Sedft  u  lo  Siato  del  Congo.  Siaiiilo  dunque 
alle  informazioni  del  diario  catloEico  di  Colunia,  il  Santo  Padre  lia  oramai 
regolati  i  rapporti  della  Chiesa  collo  Stalo  del  Congo.  Coofiirrae  al  de- 
siderio del  re  del  Belgio,  I^e'potdo,  ha  delRrminato  che  il  primate  A4 
Belgio,  r.'Vrcivescovo  di  Mahnes,  vi  eserciti  giurisdizione  ecclesiastica,  e 
sia  per  l'avvenire  il  capo  di  lutto  il  clero  dello  Staio  del  Congo.  U 


^i^ 


ooinn  porì  rni  a 

otnKìoni  intanto  del  Cardinile  Lavigi^rìe  nel  Congo  codiìdusdo  s  <:p!egare 
grande  ailività.  Il  Seruìnarìo  afTricnno,  i-ec«iil«moflle  ìsiiiiiìto  nell'IlDì versila 
di  Lovaaio,  prepara  i  sauerdoit  che  divrumo  poi  e^iSi-re  investili  delle 
pirroochie  die  si  siahitiranno  nd  Congo. 

li. 

COSE  ITALIANE 

\.  Li  soerni  al  [leprelii  t  i  Clericali  —  t.  V  OmnHf»t9  iìnaatìarìo  —  3.  1)  disastro 
iW  Praii  di  Cisiello  —  1  La  Irp  dei  Tìgli  dfl  Lavoro  p  i  torbidi  di  Mibno  — 
5.  Il  ritoroo  de]  KeneraLe  Pociolinì  —  U  L' asMlatorìa  dei  <;ontadini  di  Nnalon 
ci  t  iripndd  socìatlitl  —  7.  Nobile  conlejcno  dì  nn  consìjilien^  tnnnli'ifKilG  — 
«  Si'otpmi  di  socialismo  oel  Monfrrraro  —  9.  Lo  ribellione  dei  minori  commendi 
•el  reclo-^orlo  di  lirenn —  IO.  Prof.(>s<«  in  Genova  contro  naarthid  ù  soi^ialisti. 
U.  Fmì  cotDunardi  ìd  varie  provioce. 

I.  La  discussone  del  bilancio  d'as.seMamento  terminala  con  un  volo 
liTorevole  al  Ministero  nella  seduta  del  ó  marzo,  pareva  dover  segnare 
h  lìw  del  com  baili  mento,  da  f^rocchi  ingaggiato  ira  il  Deprelit  e  i  suoi 
inersarii  polilici.  Ma  non  è  stato  cosi;  perocché  alla  ripresa  df-i  lavori 
pvla menta rii,  si  è  veduto  la  quesLionf  delle  fmatize  passare  in  seennda 
IÌmi  e  gli  assalti  dell'Opposizione  in^irìnarsi  a  tutta  la   politica  del 

llnoetto.  Per  la  qvial  r.-osa  il  vero  itnputalo  nnn  h  più  il  Magliaai,  il 
"(pile  per  confessione  dei  suoi  avversarli  non  è  colpevole  d'altro  che  di 
nere  enegoìio  le  deliberazioni  del  Parlamento.  Il  vero,  il  solo,  il  gr:in 
nipevole  è  il  Depreiis.  A  cominciare  dai  {^ornali  più  moderali  sino  ai  più 
ndìeili  è  un  Tuoco  incrocialo  dì  iicco^  cosi  gravi  che  hasierelibe  una 
iola  di  esse  a  mandare  in  Assise  l'onorevole  Presidente  dei  àMìnìsLri.  [1 
male  che  si  dice  di  lui,  è,  che  di  tutta  la  cornicione  onde  l'Italia 

dlTcntata  la  favola  dellfl  nazioni,  la  causa  è  quel  vecchio  gottoso  che 
n  ostina  a  non  cedere  il  mestolo  a  mani  più  abili  e  più  oneste.  [I  gior- 
nle  ehiì  più  di  tutti  sì  dislin^'ue  in  que^sia  i^uerra  è  la  Tribuna,  l'organo 
Uassiroo  dei  Peolarchi;  il  quale  Ira  le  allre  accuse  che  muove  coDlro 
il  vecchio  di  Stradella  è  di  essersi  alleato,  orrìbile  a  dirsi  I  coi  Herìcali 
per  preparare  le  eleeioni,  Che  la  Tribuna  però  non  ispacci  lucciole  per 
(mtènie;  ì  elencali  ris|«iiano  il  Oeprtnis,  come  capo  di  un  f^overno 
ociKtiliulo,  ma  quanto  a  prestargli  la  mano  \m  le  elezioni,  nemmeno  per 
wgno.  Imperocché  dove  non  vi  fossero  nitre  ragiam  S'ardine  atUsaimo 
nnneha  detto  il  nostro  Santo  Padre  Leone  Xlll,  die  vietano  ai  cattolici 
tialiin)  di  presentarsi  alle  urne,  hasterebtie  u^'gidl  per  astenersene  la 
Intta  ingaggiala  tra  il  Ministero  e  l'Opposi/ione. 

Tre  sono  i  partiti  che  fanno  guerra  al  Oepretis;  quello  di  Destra 
ctptanatu  dal  Rudinì;  quello  di  Sinistra  condotto  dal  Crispt  e  quello 

SrW»  SUI.  «.>/.  JI.  ftuc.  »UI  Itì  10  aprila  IMtì 


34$  «OMCA 

écìV  Estrema  Sinistra  che  ha  per  f^onraloniere  il  Itovio.  11  vecchio  lU 
Stradella  dee  dunque  tener  leAa  a  ititii  e  tre:  vedremo  se  vi  rìascirà. 

2.  Nella  sediila  del  93  muno  Tu  \niatn  a  scraliflio  segrelo  rotnmlii» 
niinnziflrio,  o  meglio  la  legge  sui  provvedimeoli  Quanzìarii.  Il  rìsuUalo 
Tu  il  segueole. 

Volanli  "245  —  MaggioraoM  123  —  Favorevoli  196  —  Contrarli  49. 

La  Camera  approvò;  ma  prima  che  Tosse  noto  il  risultato  e  la  Camera 
approvasse,  comincìfi  lo  svolgimento  delle  interrogazìoDi  e  delle  iDi«r- 
pellanzQ  accumulatesi  io  quest'ultimo  mese  nell'ordine  del  giorno.  Ha 
avuto  il  passo  su  tutte  le  altre  quella  presentata  dal  deputato  Nicoiera 
e  da  uua  Irentina  di  altri  deputali  meridionali  sulla  ritardata  costruzione 
della  E Ijo li-Reggio,  della  Mcssina-Cerda  e  di  altre  linee  secondarie  nti 
ugualmente  ioicressanii  per  quelle  ricche  regiouì.  Queste  ìoier{)ettaiize 
nnnovaroQst  nella  tornata  del  30  per  m&tta  del  deputato  Sciarra  e  del 
deputalo  l'arini.  Il  primo  svolse  un'interrogazione  al  ministro  dei  Urart 
pubblici  sul  ritardo  frapposto  alla  costruzione  delle  ferrovie.  1/ onorevole 
interrogante  avea  in  animo  forse  di  allargare  il  campo  dalla  discussione 
alle  costruzioni  in  generale,  ma  il  dìbaitimenlo  avvenuto  il  23  lo  consl- 
gh6  di  limitarsi,  a  scanso  di  ripetizioni,  alle  sole  linee  abruzzesi  e  s|ie* 
cìalmente  alla  Roma-Si  il  inona.  In  quella  stessa  tornata  il  deputato  Pa- 
uizza  interpellò  il  ministro  Tajani  siili' inlerprelanonfl  che  gli  udlciali  del 
Pubblico  Ministero  danno  all'articolo '2(}  di'llo  Statuto,  e  di  riverbero  sui 
DiiUi  di  Mantova,  sul  processo  che  ne  segui,  e  sull' assolutoria  colla  quale 
fu  chiuRO.  Il  Tajani  per  nulla  commosso  dalla  requisitoria  del  Pauìz/a, 
rispose,  che  il  proces^  era  stato  istruito  «otto  gli  occhi  del  Goveruoi, , 
e  che  ì  giornali  veneziani  avcano  tenuto  una  condotta  degna  per  ogoiJ 
riguardo  di  biasimo. 

3.  Lagrimevole  assai  fu  il  caso  avvenuto  iu  Roma  il  ?5  dì  manco,  ai 
Prati  di  Castello,  dove  setle  poveri  operai  furono  sepolti  sotto  le  rovine  i 
del  cornicione  di  una  nuova  fabbrica.  Gli  operai  muratori  volevai»  teoerej 
una  grande  adunanza  sulla  piazza  deiritidipendcoza,  per  discutere  U\ 
questione  degl'infortunii  del  lavoro.  Ma  la  Questura  non  ha  permesso  | 
l'adunanza  che  io  luogo  chioso.  Il  *34  [loi  si  celebrarono  i  funerali 
disgraziale  viuime.  Riuscirono  solenni,  e  vi  assistettero  molte  niigliaiftj 
di  persone.  Prima  che  i  carri  giungessero  a  Campo  Verano  furono  dal 
alcuni  ojH^rai  profTcriti  dei  discorsi  piìi  o  meno  sediziosi,  e  tulli  ÌD(i>rmati] 
dalle  idee  del  più  schietto  socialismo. 

4.  E  poicbè  ci  troviamo  a  parlare  delle  di.sgrazie  accadute  agli  operai] 
dei  Prati  di  Castello,  ecco  alcuni  particolari  sulta  Lega  «  dei  Figli  dell 
Lavoro  >■  di  Milano.  Questa  società  pretendeva  il  '2B  marzo,  giorno  di] 
domenica,  inaugurare  la  sua  liandiera;  ciò  che  non  fu  consentito  dall 
prefello  Basile.  11  Secolo,  sempre  propenso  a  tialtem  le  mani  a  tulio  tìit\ 
che  ba  carattere  settario  ed  anarchico,  condannò  il  prefetto,  parent 


COrTTEKPORAMEA  243 

^imostraiione  «iella  Le/ja  (osse  innocua,  come  tante  che  si  Tanno 
Ittsi  ogni  giorno  in  llalia.  Il  Corriere  liella  Sera  però  è  sialo  di  cod- 
tnno  avviso,  ed  ecco  le  ra^'ioni  su  cui  si  appoggia  per  direndere  il 
Mcreto  dai  prefetto.  ••  Ci  dicono  che  la  proibizione  sia  .siala  con<)igtiaUi 
^l'aDloriU  da  uu  complessai  di  considerazioni  che  si  collegano  coH'altiva 
Ipropagaoda  che  il  partilo  socialista  fa  dapperiuiio;  e  più  specialRKOte 
^Ita  coosiijeraziooe  cbe  nell'occasione  delta  fesiicciuola  organizzata  «dai 
Ì5od«li.^i  milanesi  sarebbero  convenuti  a  Milano  gli  elementi  più  Torosi, 
piti  iiirholenli,  piìi  <  pericolosi  »  per  l'ordine  delle  vicine  citUi  e  ppovinoe. 
Uaesu  potrebbe  essere  un'auejiuaute  algrave  provvedimeuio  pre^  dalle 
aiitoiilà.  > 

Una  circostanza  deijuu  di  nota  £  che  gli  operai  componenti  in  Milano 

K^  dei  figti  del  Lnvaro  occupano  nella  gerarchia  anarchica  un 
eminrnit.  «  I  soci  di  questa  lega,  prosegue  il  citato  Corriere, 
>«,-.jiscoQD  la  parte  più  rac]i<»le  del  [urtilo  anarehicn  milaii'as^  Sono 
gfintnosigenti  del  radicalismo;  ripudiano  o^nì  sistema,  ogni  si>etliejite 
dinuu  cosi  di  transizione  per  raUn;i/.Ìone  del  loro  programtiia;  non  accet- 
lìDO  la  teorìa  dell'evoluzione;  e  confidaoo  unicamente  nella  rivoluzione.» 
5.  Il  giOTDo  29  marzo  arrivavano  a  Roma  il  generale  Pozzoliai,  il 
coiometlo  brigadiere  Saleiia,  il  dottor  Nera^zini  ed  altri  ufTIciali  redud 
ila  Ma^saua.  Il  PoiMlini  fu  subito  ricevuto  dal  ilobilant  e  dal  Ricotti. 
uolini  insiste  nell'afTermare  che  il  Negus  non  l'ha  ricevuto  sol 
si  trova  impegnalo  in  una  guerra  lontana.  Però  spedi  corriere 
corriere  a  Massaua,  usandogli  cortesie  che  t>on  lo  lasciano  dubitare 
buone  disposiziotti  del  re  [ohannes  verso  l' Italia.  Cosi  conveniva  dire 
a)  sgDor  generale  per  coprire  il  suo  fiasco  diplomaiico;  ma  ciò  è  smentilo 
ùl  htto  che  il  Negus,  cedendo  ai  consigli  della  Russia,  ha  dichiarato 
Idw  uè  ora  né  mai  vuol  avern  che  fai'e  cogli  Italiani;  Timeo  Danaos 
\d  ioìut  ferentes.  Intanto  l'Italia,  tra  dnui,  ìndennitè  di  viaggio,  paghe 
iat^preli  e  simili  ha  speso  [ter  (juesia  famosa  spedinone  piìi  dì 
301}  mila  franchi.  Poveri  contribuenli  I 

Il  ministro  Robiinnt,  per  quanto  gli  alibia  detto,  e  per  quante  cooside- 
taiiuoi  gli  abbia  jnsle  sotto  gli  occhi,  non  ha  [nlto  buon  viso  al  gene- 
nle  Poz/oliui;  e  se  noi  non  siamo  male  infunnali,  abbiamo  ragion  di  cre> 
tee  che  gli  abbia  anzi  ro^inifestaLo  il  parere,  che  oramai  è  t«npo  di 
Koirla  eoi  lisciare  e  lusingare  l'Abissinia.  e  pensar  piuttosto  ad  incuterle 
timore.  .Ma  sta  qui  il  no^ìo!  I^  mnraliià  poi  di  questa  rollila  spedizione 
t, die  l'occupazione  italiana  in  Africa,  l)en  lungi  dall'avere  procurato  al 
W»  b  ricchezza,  i  commerci,  te  alleanze  promesse,  gli  hanno  fatto 
buiare  i  quattrini  e  le  vite  dei  suoi  soldati,  per  raccogliere  coll'umi- 
liuime  di  un  rifiuto  palhato,  un  pugno  di  sabbia  in  un  lembo  di  terra 
«liiiiso  fra  popolazioni  selvagge  e  nemiche.  Buon  per  1"  Italia  però  che 
spedidooc  0  imbasciata  che  si  voglia  dire,  sia  andata  iu  fumo  e 


344  otoKA» 

non  si  sia  corso  il  pericolo  di  dover  fare  nuovi  sacrifici!,  non  più  per 
occu|ar  isole  n  spii^^c  descrie,  ma  per  veudieare  l'ooor  nazionale,  E 
parliamo  dell'onor  naziouale  e  non  del  resto. 

6.  I^arlammo  a  sud  tempo  del  proces-so  che  s'è  Tallo  alle  Assise  di 
Venezia  dei  contadini  di  Mantova  ;  ora  convien  dire  della  loro  assolutom 
e  dei  iripudii  dei  sodali^ii.  Per  chi  hi  ÌDraiiì  occhi  per  vedere,  è  ab- 
bastknM  rhiar.i  la  (mìricideiiza  del  verdetto  assolutorio  coi  falli  del  Belgio. 

1  quesiti  a  cui  dovenii'i  rispondere  i  giurali  erano  molti:  e  rienlraU, 
nell'aula  delle  Assise,  si  die  loUura  del  verdello.  Nessuno  dubitava  cbt 
saretil<e  stalo  ìnlieramonle  oeipitivo  per  tutti;  sicché  appena  n»ilo,  scop* 
pìarviuo  applausi  rreoetici.  Uridavasi  a  squarcia  gola:  £crw't  la  giuria 
v«n«siattn  /  la  giustizia  italiana  !  in  Difesa.  E  poi  :  Viva  C^Tieri  / 
viva  Vt-ntiln!  viva  Mantowxì  Durante  la  firma  del  verdetto  si  seoi« 
di  fuori  il  suono  di  una  banda.  Echei^^^iano  nuovi  apptaitsf.  Firmate  le 
questioni,  rientrano  gl'ìmpulìiti.  Il  presidente  pronuncia  l'assoluiione  fra 
applnusi  fragorosi.  Gl'imputati  venic^ono  rilasciati  in  libertà,  e  la  folla  H 
acconipa),;iia  c/in  la  musica  lino  a  San  Marco.  Ivi  la  tkanda  suona  l' inori 
di  (ìarihaldi  e  la  marcia  reale.  Knirali  i  difensori  e  gì' imputali  all'al- 
bergo de!  Capju-Ho  nero  la  genie  si  sbanda.  Venuta  la  sera  iwrft  g]ì 
operai  olTerscrn  un  hamrheltn  agli  imputati.  K  qui  lasciamo  al  Corrien 
detta  Sera  ili  Mitano  di  niccotitarr  i  [larticolari  di  questo  bancbello 
sQcialisiìco.  «  Krano  le  0  poroerìdiDiie^  o  gli  assolti  del  proce.'vso  di  Man* 
tova,  ìmliarcatisi  su  un  va|iorelto  in  Canal  (jrando,  andarono  fn  Cana> 
regio,  sbarcando  a  San  Geremia,  ov'erano  attesi  da  gran  folta  con  banda. 
Recaron.si  in  un  orto  privalo,  ov'ebbero  la  ref&tioue  offerta  loro  dagli 
operai.  Si  apri  una  collctta  che  fratto  duecento  tire,  le  quali  furono  dj> 
slribuiic  ni^li  ass'iUi  poveri.  Sempre  i  solili  evviv.i,  sempre  l'inno  di  Giri- 
baldi.  Alle  oUo  la  comitiva  ritornò  alla  spicciolala  in  piazza  San  Marco.  ■ 

(^i  terminava  questa  gazzarra!  La  difesa  inuintn  fa  stamp.ire  un  re* 
socontn  .stpuografìco  del  dibattimento  in  tre  volumi,  a  beni^flirin  delle 
raiglie  degl'iniputali  poveri.  Ogni  volume  sar.t  messo  in  vendila  a  40 
tesimi. 

Questo  è  gii  il  terzo  processo  politico  che  nel  breve  giro  di  sei 
lìnisctì  con  un'assolutoria. 

7.  Il  fatto  che  saremo  per  raccontare  è  avvenuto  in  niella,  la 
di  quel  gran  nemico  del  Papa  e  della  Chiesa  che  fu  Ouiolino  Sei 
venne  lestfe  riferito  dall'  UnUà  Cattolica  n.  76.  Si  trattava  di  uo 
numento  a  Garibaldi  che  il  Mimicipio  di  Uìeila  ave»  volato,  sin  dal 
in  cui  li  preteso  eroe  passò  all'altro  mondo.  Sena  tener  conio  e 
delitterazlnne  di  un  monumento  a  Garìtialdi  ^ra  un  irasc»;ndire  le  atUh 
buzioni  dei  Municipii,  limitate  ad  interes.si  escluuvamente  locati,  il  Uo- 
nicipio  biell&se  nella  seduta  consdiare  del  12  marzo,  deliberava  sulh 
concessione  dell'area  pel  monumento,  Questa  deliberaiiooe  porse  il  Aemn 


COn'BMI'OftANF.À  ?45 

vao  dei  Con.qglierì  di  cimpìem  un  stin  clm  vimt  essere  additalo  come 
ipio  <1>  imitare  da  tulli  quei  Consiglieri  che  gli  eleUori  catLoiicì  miD- 
a  far  parte  dell'azienda  comunale.  Sopra  17  eonidglieri  vnianli, 
diftkro  il  volo  io  favore  ed  8  conii-o  la  coaoessione:  Ira  quest'uiiioii 
n  il  sigoor  nouio  Secondo  Caticint,  fratello  al  celebre  avvocalo,  il  quale 
w  ragione  del  propno  roU)  dicendo  pubblicamente  che  J' avrebbe  dato 
Kgilivo,  perch*  i  suoi  priocipii  reli^'iosi  cosi  Io  consigliavano.  (Juesi'aiio 
nri^oso  e  d^nio  di  un  vero  cattolico  fece  entrar  la  stizza  addosso 
tì'EcK  dell'Industria  di  Biella;  ma  tutta  la  rabbia  del  foglio  gspibal- 
Im  doo  torrA  al  Caucino  il  vanto  d'aver  votalo  contro  una  cnncp.tsione 
Oe^te  e  p»lesat«  eoram  popttJo  le  rai^ioni  del  suo  rifiuio,  (Jiiindi  ri- 
Dttmmio  niefliorabilì  le  parole,  che  in  quiìlla  tornata  fiimno  prolTeriie 
dall'egregio  (^iMisii^liere  caltotiro.  «  lo  non  posso  separare  nella  vita  del 
^aerile  ()ahb.il'ii  gli  atti  die  applaudo  ed  ammirn,  da  quelli  che  di- 
Mpprppo  e  àrpìorof 

8.  Che  in  vario  pmvrnriiì  d'Italia  sì  vadano  manÌf»sLando  da  qiial- 
Ai  lampo  dei  sintomi  di  sociaiìstuu,  è  cosa  che  sanno  Uitij  e  flie  tulli 
lOSMioo  veliere  coi  jimprìi  occhi.  Narrammo  pid  sopra  tlfirinaiigura^ione 
Min  ban'lit?ra  che  La  (ryn  dei  fifflì  dH  lavoro  per  divieto  del  prefello 
Hit  |piiè  rjr«,  come  si  voleva,  in  pubblico,  e  d«'i  tripudiì  socialisti  in 
Vwila  per  l' assolutoria  dei  Contadini  maniovaoì.  Or  t>ene,  in  una  coi^ 
ri^oodenza  in  daia  del  '29  marw  all'  Unità  Oafto/i<yi  eccn  quanto  è 
Alto  Krìlio  da  Casale  Mo(ir»rraU).  «  I  villaggi  e  hnrMlii  dei  più  fertili  e 
licdii  etili  del  basso  Motirerraln  sono  fatali  scelli  dai  capoccia  del  so- 
(iattsnio  a  campo  della  loro  azione;  e  reggiamo  in  cerio  modo  l' apo- 
lli del  socialismo.  Si  mandano  alTiggere  preventivamente  in  qualche 
borico  manire^ti,  che  annunciano  per  un  giorno  liscio  festivo  F. irrivo  di 
ino  dei  i-ap)  della  L'gn  ilfi  figli  del  lavoro  per  tentarvi  conferena  e 
Ubilire  la  Sodetà.  È  prodigioso  rcfTelto  che  produrie  il  mnniresio,  o 
iji  vcramenie  l'opera  di  porhi  agenti  secreti:  le  spiTiinzc  pifi  tnrredi- 
tilt  e  le  til'pie  più  inconcepibili  s'impadroniscono  dei;li  aitimi;  dall'uno 
III* altro  individuo  e  dall'uno  all'altro  villaggio  si  comunicano  con  ra- 
lidili  inrn'dibile,  e  l'apostoln  soi'inlista  ^  sicuro  di  essere  circ  uidato  da 
noliiiiidmi  aiTallate  e  di  es.sere  frenetica m<>nl e  applnudiin  Tah  Rceno  sodo 
avvenute  a  Fra.ssinello,  Vignale.  MiraliuDo  e  Caniagna:  in  quest'ul- 
,'0  una  turba  di  olire  mille  persone  scese  Un)  alla  sia/ione  del 
disiatile  più  di  un  chilomelro  dall'abllato,  e,  in  barba  di  tulle 
aatorìU  di  polieia,  con  bandiera  rossa  scarlatta  spiegata,  senea  che  i 
carabinieri  presenti  potessero  osare  di  cimeniarsi  colla  moltitudine. 
lOODO  che  l'apostolato  s'icialisiico  sia  aUìdalo  a  quattri  operai  milanesi 
si  qualificano  meccanici,  bronzisti,  e  torse  le  loro  mani  non  Jncal- 
mai  in  ofiere  meccaniche.  » 
corfisiM)n' lente  ikù  aggiunge  quest'alii-e  rìnessloni  per  dicooslrare 


246  caonACA 

che  la  coDiloiia  de  MooreiTtni  è  del e-tti bile.  <  \j&  condì/ioni,  egli 
dei  lavoralori  dei  colli  m(»)rerriuì  noo  sono  paragosabili  con  quella 
M.iniorano.  Qui  naa  t  oonoscìiiu  la  pella^a,  e  il  bracciante  nelle  ai 
naie  ordinarie  A  ben  relribnito:  in  inedia  negli  anni  passati  giiadagnam: 
più  di  due  lire  al  giorno,  iu  primavera  anche  tre  e  seniprtt  tiou  un  Utroi 
dì  tiuou  vino...  non  conosce  pane  che  non  sia  dì  puro  frumemo,  vesuj 
deconiemenLe  e  anche  crm  un  po' di  lusso.  Neijlì  uhinii  due  anni  6  veroJ 
sono  sopravvenute  delle  disgrazie  e  gli  agiialorì  lian  saputo  cogliere  ili 
turo  tempo  per  trascinar  l'onesto  coltiratore  alle  più  rovinose  imprese.  •] 

9.  Scriviamo  questa  cronaca  in  Firenze  epperó  potremmo  Darrarelal 
rivoluzione  dei  luiuoh  corrigendi  cotne  ci  è  siala  raccontata  da  persoMj 
degne  di  fede  e  Lene  informale  delle  sarete  magatane  di  quel  poveraj 
istituto.  Tuliavi»  amiamo  oieMlio  di  riferire  il  triste  e  lamentevole  casa' 
colle  parale  delta  Xasione  del  30  marzo,  lasciando  aì  lettori  la  lit>arU 
di  farvi  sopra  le  loro  ntlcssinni. 

«  Nelle  ore  ponieridiane  di  domenica  un  buon  numero  di  «orrigendi, 
guidali  da  alcuni  sorveglianti,  si  recarono  ad  una  pa.'tioggiata  a  San  Do- 
menico di  Fiesole,  e  via  facendo  sei  di  essi  riuscirono  per  poco  ad  eludere 
la  vigilanza  delle  guardie  e  a  darsi  alla  fuga;  ma  due  vennero  dulie 
guardie  slesse  subito  raggiuoii,  eoo  poca  eoddìsfozione  dei  compa^. 
Tornali  i  corrìgeDdt  dalla  passeggiata  allo  stahìlimt^aio,  renarono  e,  .sapula 
la  fuga  dei  due,  si  moslrarono  sdegnati  perchè  quesLi  fosisero  stali  riprea 
ed  anche  maggiore  sdegno  provarono  quando . conobbero  che  i  dme  enm 
stali  puniti  e  chiù»  perciò  nelle  eelle.  L'intervento  del  direttore  peraltro, 
parve  t^asiasse  a  calmare  il  malumore,  e  nella  fiducia  che  gli  aaimtàj 
fossero  pacificati,  non  si  presero  nella  nottata  staordiuarie  precauzioni. 

«  ieri  mattina,  lunedì,  v^.rso  le  7,  ricevuto  l'ordiue   solito,  dopo  k 
refezione,  di  recarsi  lutti  ai  rispettivi  lal)OratorÌi,  i  minorenni  dìsobbed^j 
rono;  e  circa  la  metà  dei  140,  ette  si  irovaoo  adesso  in  queJlo  siabiU- 
mento  reclusi,  sì  portarono  nel  piamone,  presero  in  dileggio  il  diraiore' 
e  i  sorveglianti,  quindi  si  ammutinarono  nel  piazzale  stesso.  afTerraroi» 
dei  tavoloni  d»  un  capannone  che  appoggiarono  al  muro,  il  quale  divide 
i)  pianai  dalla  strada,  e  {irocurarooo  fanwne  strada  per   fuggire.  E^i 
poiché  ì  sfirveglìauii  tentarono  d'impedire  quella  fuga,  i  ragazzi  si  died9ft| 
a  raccogliere  ì  sa&sì,  ruppero  le  vetrate  di  parecchie  finestre  e  coromijer» 
altri  guasti. 

«  Visto  che  l'aramutìnamenlo  prendeva  sempre  più  gravi  proporziOBl»  i 
a  che  il  personale  dello  stabilimento  sarebbe  stato  iosudlcieiile  a  frenarlo» 
il  direttore  ricbie!<e  le  guardie  di  puhblÌKi  iùcurezza  alla  promma  is|Jt- 
ziono  di  Santa  Maria  Novella,  contemporaneamente  avvisando  la  truppa 
della  caserma  di  Ognissanti.  Uiuiiti  per  allro  e  guardie  e  snidati  eo- 
rabìnieri,  si  trovò  che  gli  ammutinati  avevano  chiuso  e  con  molla  d^, 
strezza  assicurato  il  cancello  di  ferro  che  mena  nel  pianale,  tanto 


COTfTSMPORAnEA 

Modo  carabim^rì,  goirdie  ed  un  gro^i$o  plotone  di  soldati  do]  Mcoado 
BgfCliDeolo,  guidali  da  un  sottoieneRic,  si  presentarono  Innaniti  ai  fioltosj, 
oesli  si  diedero  a  liDCtar  sassi  contro  la  forza  e  riuscirono  a  cogliere, 
Da  produeendo  loro  aoUanlo  contiutoni  l«ggier«,  una  guardia  di  put>blica 
inirezu  e  tin  soldato.  Forzata  iodi  a  poco  la  porta,  la  truppa  entrò  nel 
portile,  altorniò  gli  aminuiinaii  che  vennero  dalle  guardie  e  dai  reali  ca- 
rabinieri arrestati  in  numero  di  50,  e  portati  subito  nelle  camere  di  ni- 
tunrua  della  sezione  di  ^nia  Maria  Novella. 

«  Giungevano  frauanto  sul  luogo  l'onorevole  nostro  prefflito  col  suo 
Kgretario  caviiliere  Aschel,  i)  questori;  col  delegato  Seul,  il  colotuiello 
U  lecoDdo  reggimenio,  il  capitano  dei  caralrinìeri;  e  l'ispeitore  della 
sedoue,  e  itello  stesso  tempo,  tratti  dai  camliinieri,  arrivavaDo  altri  ire 
dei  reclusi  Tra  coloro  che  erano  fuggili  il  giorno  avaoii,  duranle  la  pas* 
!<^giata  ;  tanto  che  uno  solo  rosla  a  trovarsi,  e  i^i  fanno  in  projXisiU) 
leeurate  ricerche. 

«  1,"  onorevole  nostro  prefetto  ordinava  che  si  procedesse  subito  ad 
iH'ìiicliif>-«ia  auiministrattva,  che  etibe  luogo  con  t' intervento  anche  del 
'  ro  di  prefettura  cavaliere  Uarbìeri.  Intervenuta  quindi  rAutorìlà 
...^.,.arta,  essa  ordinava  la  immediata  traduzione  degli  arrecati  al  car- 
cere delle  Murate,  ove  sì  trovano  adesso  a  disposizione  del  TrilMinale.  » 

la  Nei  gi-^rnaii  di  Geoora  leggiamo,  che  giusta  le  cnnclusioni  del 
Procuratore  generale  di  quella  Corte  d'appello,  sono  stati  di  recetite  rin- 
natì,  non  alle  Assise,  ou  al  Tribunale  correzionale  dì  Massa  Carrara 
^individui  tutti  operai  e  lutti  giovani  dai  18  ai  30  anni,  ad  eccezione 
di  00  solo  che  ne  ha  40,  accusati  di  associashne  di  maìfaltori  •  per 
»ere  in  Massa,  nell'anno  t8Br>,  fatto  parte  di  un'associazione  di  mal- 
umori in  numero  non  minore  di  cinque,  organizzata  affine  di  delinquere 
fiBDtro  le  persone  e  contro  le  proprietà,  denominata  iniemndonalc  nnar- 
cUm  0  tlti  socialisti,  con  iscopo  di  ottenere  violentemente  la  cosi  detla 
eguat^hanza  sociale,  mediante  reali  cniiiro  le  persone  e  contro  le  proprietà; 
e  di  ostrìiigere  cou  violenze  persouali,  ad  associarsi  nell'associazione 
nloro  che  richiesti  non  vi  volessero  appartenere.  » 

]l  deputato  radicalissimo  Andrea  Costa  ^  montato  su  tulle  le  furie 
perrht:  a  colesti  poveri  a>isodalÌ  si  sia  ditta  la  qualifica  di  tnalfatiori. 
E  in  un  articolo,  che  porta  il  suo  nome,  puhhlinalo  da  quel  laido  gior- 
"  I  che  è  i!  Messaggero  tli  Roma  del  '20  marzo,  intitolalo:  «  Un 
, f>ce>%  uifaniel  >  cosi  sfoga  la  sua  bile  socialistica:  <  È  una 
libidine  di  persecunooe  —  libidine  da  vecchi  e  da  ìsUluziont  cadeoll. 
Come  !«  non  bastassero  L  processi  di  Roma  e  dì  Venezia;  come  se  non 
bau»se  (pit-lb  di  Padova,  ecco  il  Procuratore  generale  di  Genova,  che 
vuole  siano  rinviati  non  alle  Assise,  ma  al  Tribunale  correzionale  di 
Hassa  iJarrara)  l>er  rispondervi  dei  T^:k\.o  tV Associaxione  di  maJfaUori, 
cioè  dei  reato  dì  ^s^tt  socialisti,  i  cittadini...  (seguono  i  nomi  dei  36  ac- 


rfiA 


a* 


248 


OtOffAC* 


cmaii).  Quali  \wcief\\  abbiado  dalo  orione  a  qiie.tto  processo,  dirà  altra 
volta.  Fr,iiiaiilo,  imporla  richiamane  ro{iiriìoup  pubblica  sui  conliniii  d» 
ittli  che  si  roinmm'inn  (tall'atiioriià  polìlica  e  dalh  magisiraliira  t^onin 
la  libertà  i}i>i  cìuaditii.  1^  tempo  che  i  processi  poliiici  finiscano  una  mila. 

11.  È  a  lutti  ijriia  la  questione  dei  rigori  da/iarìì  adottali  alle  portA 
delta  ciliA  di  Milano  da  un  certo  signor  Gerii,  uomo  del  lempo,  d'accordo 
colla  Giunta,  composta  di  lìlantropi  del  pìii  pur^)  saa^iie  Sulla  legìUl' 
raiU,  od  almeno  Miiropjtoriunilà,  d'introdurre  huove  ancjheric,  ora  ebi 
bollono  l«  pasMoui  popolari  ])er  le  cattive  condizioni  economiche  delle  io* 
dustrie.  non  è  qui  il  momeato  di  discutere.  In  ogni  modo  questa  è  slatt 
la  causa  ed  insieme 'il  pretesto  del  coalcontenio.  i  cui  elTellt  sono  staU 
dcplorartilÌ!>.simi. 

Da  qualche  tempo  succedevano  alle  porte  tutte  le  matiinf  delle  scese 
{nij  0  meno  violenti  tra  guardie  daziane  e  operai,  per  1' im{>edimento  a 
inirodurre  in  città  più  di  mezia  libbra  di  panf^,  n\m.n  litro  di  vino  eco. 
Il  I  aprile  alle  ore  7  ani.  in  seguilo  alle  dispo^noni  adottate  dal  MiH 
nicipio,  onde  far  cessare  l'abuso  dell'introduzione  io  città  del  pane  ia 
quantità  eccedente  quella  tollerata  dai  rcKQlamcnli  daziarii  mtlti  operai 
commisero  disnrduii  al  Dazio  di  Porla  Tenaglia,  volendo  rilicllarsi  ^ 
agenti  daziarii  che  nhhedivano  agli  ordini  rinevuti.  Fumao  lanciali  sasà 
contro  l'ufTioi)  d^iziario,  che  sj)ezzarono  i  veirì  e  Terimno  alla  l&sla  una 
giovinetta  quitidìCBiitie.  .\ccorsern  ì  questurini  a  prestar  l'oitera  loroagH 
imfHegaii  del  dazio,  e  furooo  falli  molli  arresti.  In  quello  che  qucAie  soeM 
avvenivaim  a  Tona  Tenaglia,  compariva  sulle  cantonate  dolio  vie  j^ìl 
conlrnlt  e  specialmente  nei  sobborghi  un  ainsso  che  invitava  gli  operaj 
pel  giovedì  sera  alle  y  a  trovarsi  tuUi  rioniiì  in  Vìvua  del  Duomo- pei 
recarsi  a  protestare  contro  le  infami  dispo:4JzÌoni  del  Municipio. 

Alle  i^  della  sera  di  quel  giorno  ta  Piazza  del  Duomo  forniìcolavaA 
gente.  Si  incontìnilò  a  gridare  lAbasio  il  Municipio!  abloftso  gli  afjfi 
motori f  ahtifisso  i  sciorri/  alieraali  da  evnva  agli  operai  france,si  e  beli^. 
Dalle  grida  si  pass6  ai  fallì.  Si  presero  i  .sassi  lanciatidoli  centro  le  lais* 
pade  a  luce  elctu-ica  e  i  fonali  da  gaz.  Indi  si  andft  innanzi  nelU  sas 
.«aiuola  contro  il  negozio  Campari.  Fu  allora  un  precipito-^)  chiudere  i 
BCgozii  della  Galleria  Vittorio  llmmanuele.  Frattanto  dalla  piazza  delti 
Scala  giun>{evan')  carabinieri  e  guardie  di  questura,  .avvennero  colluUi- 
zioiiì  fra  militari  e  giovani  borghesi,  squilli  di  iromlia,  arresti  di  ragazzi. 
Fu  uopo  che  iniKr venissero  gli  Alpini,  che  a  passo  di  corsa  atiraversaronO' 
la  piazza  del  Dunuio  per  farla  sgombrare^  ma  era  la  fatica  delle  Danaidi. 

Vers  I  la  me/,zau'>tte,  quando  ancora  molti  curiosi  sUiuisvan'i  vicine 
al  Duomo  e  sulla  gradinata  della  cattedrale,  il  que.<4ore  volendo  OatM 
ogni  cosa,  fece  caricare  la  folla  dal  battaglione  degli  Alpini  :  la  fuga  ^ 
stata  generale. 

Gli  arrestali  sono  7ò;  e  il  Frocuratore  del  Uè  gli  ha  già  iuterrogltl 


CONTEMPORANEA  S49 

itniaDdoli  al  Tritiunale  correzionale  <toi(o  l'accusa  di  JtìMìhne  amano 
wrmuta  in  numero  m^jgìore  di  tre  con  atti  di  vioìenaa. 

Anello  ritiiloni;!»!  sera  una  forza  iinmen>u  occufav.i  la  plagia  del 
Duomo  e  le  vie  adiamuii.  Tuli)  i  iiegozìì  erano  siali  chiudi  a  tempo.  Dn 
i^eraio  parlA  alta  Tolla  loviiandota  ad  essere  calma;  prf)po^  d'inviare 
m  commissione  al  Sindaco  |wr  esporre  le  iai^nanze  dei  lavoratori.  AN 
lora  la  dimoerò  zio  ne  avriossi  verso  il  Municipio,  aura  ventando  la  Gal- 
leria; ma  Qrin  prima  era  ^uma  in  piaz/a  didla  Smla,  cIik  si  irov/)  n  ri*oule 
Mia  Toro  piiUlilica,  la  qunlo  dopo  raili  molti  arresti,  la  sgtmilirò  suliiio 
eoa  uaa  0  più  cariche  di  cavalleria- 


Iti. 
C03B  STRANIERE 

PSVSSIA  (yo»tra  carrupand-'nza) —  l.La  jitìlilica  («IjTìi.  —  2.  Lft  li^ contro 
rrti-tm-iitn  p>tar€0  ncllii  l'iuwia  orientJtle.  -^  '3.  Il  KHlturkampf.  —  4.  La  legxe 
contro  i  svclalìsl).  —  5.  Il  bilancio  ili-irimpcni,  e.  il  cnnide  Ti-i  1  mari  Uiiltico  e 
CavuùKO.  —  &  Il  rionlìnBmftnlo  del  partilo  cullolico  nel  gr»ii^luc;)to  di  UiiiJen  — 
&  Va  ADOfo  ponna  sul  Mf^siu, 

1.  Da  parecchi  anni  le  relazioni  uRìciaU  tra  la  Francia  e  la  Germania 
uno  eccelleoii;  negli  alTari  coloniali,  soprattutto,  i  due  rinv>Tni  han  pro- 
adoto  di  pari  passo  e  si  son  resi  servigi  scambievoli,  tn  questi  ultimi 
lonpi  hanno  concliiaso  un  trallalo  dì  conlìnaziotie  de'ritpctilvi  loro  pos- 
MESi  io  AtTrica.  in  forza  del  quale  In  Gemiaoìa  ha  ceduin  alla  Francia 
lÉefae  ooQ  uè  abbia  ricevuto.  Negli  alTari  d'Oriente  e  d'Kgiiio  nessun 
èaeoordo  tì  è  mai  mantfeAtato  fra  loro,  e  ordinariamente  gli  srorzt  delle 
due  potenze  lenddno  al  med'jsiino  lino.  A  malgrado,  pert»,  di  questa  biiona 
intelligei]£a,  la  (k-rmania  «oo  pensa  a  partecipare  ullicialmenle  alla  m» 
itra  ouiversale,  che  sia  preparandosi  a  Tarigi  pel  1889.  Certi  fogli  ulfìcìost 
pnteudouo  di  sapere  che  le  maniresiazioni  antjgcrmaiiiclie  della  lega  dei 
PllnoUi,  le  quali  è  da  prevedere  che  di v«rre libero  più  spiccate  per  la 
pNMOza  nella  mostra  di  una  sezione  tedesca,  sono  una  delle  cause  del 
rìfluU).  D'altra  parl^,  la  poca  <li.4posizioncdogrinditstriati  a  cariran;i  delle 
ipeae  ^ravissitne  d'una  mostra  fuori  della  tìermania,  è  certamente  una 
r^toae  serÌ.<MÌma.  Nel  1878  la  Germania  non  partecipò  alla  niQ.>4ra  uni- 
•enale  di  t'artgi:  ed  appunto  da  quel  tempo  iji  poi  i  Francesi,  gli  In- 
glen,  gli  Olandesi  ed  altri  dolgonsi  cotanto  amarami^nie  della  concorrenEa 
gennanlca  negli  altari  indusiriali.  Il  vantaggio  delia   pariecipn/inne  a 
4CaUa  tnosira  ^  io  conseguenza,  pur  Io  meno  diihbio.  Io  credo,  d'al- 
iTQBda,  poier  asserire  che  il  nostro  Imperatore  e  il  suo  governo  ripugnano 
I  lar  figurare  il  paose  io  una  .solennità  preordinata  ad  esaltare  la  Rivo* 
luaQDe  e  con  e.ssa  il  regicidio.  Quanto  all'Austria,  la  partecipazione  è 


950  citort&CA. 

assolulamcnte  impossihtlR  per  essere  un'arcìducbessa  austrìaca  siala  messi] 
a  morie  rtalla  Rivoluzione.  Anche,  per  seDliiuenU)  d'amicizia  inverso  lAil-J 
Siria,  deve  la  Oermaoìa  aslenersi  del  pari  cb«  la  Russia. 

È  cosa  ormai  certa  che  le  grandi  poieaze  Uniranno  eoo  imporre  il] 
loro  volere  agli  Slatj  della  penisola  balcauica,  e  che  coiti  la  pace  geo^•j 
rate  sarà,  per  quest'  anno  almeno,  assicurala  :  ciò.  peraltro,  wm  toglie  ^ 
la  condiitione  di  essi  sìa  oUremodo  precaria.  Si  la  Grecia  come  la 
si  SODO  ingolfate,  a  proposilo  di  guerra,  in  ispese  assoluiamente 
zinnale  a' loro  mezzi,  che  sono  di  gran  lunga  insuRìdenii  a  sopportare: 
spe.se  ordinarie:  ^  quindi  da  temere  una  catastrofe  late  da  mnanro  a  ^n1 
rischio  l'indipendenza  di  qiic'duc  Slati  e  far  nascere  gravi  dinicnltl  N«lj 
mentre  che  i  laro  Governi  sono  ben  lungi  dal  farsi  notare  per  desir 
e  («r  elemenii  di  stabilità,  il  L,'tuvìne  prìncipe  di  Bulf^aria  sì  è  cbiaril«| 
gran  capilano  e  reggitore  di  piipoli  dou  meno  vigoroso  che  perspicace.) 
11  suo  Slato  giovanissimo,  con  una  [lopolazione  semplice  e  operosa,  semi 
adunquiN  riunire  assai  mÌ{,'lìorÌ  condizioni  d'esistenu)  e  d'  .tvvenirc,  di 
non  la  Grecia  e  la  Serbia.  ì^  ipiesto  un  punto,  che  non  va  uiai  piTdaMJ 
di  vista. 

'2.  1j6  terrìbili  minacce  scagliale,  nella  seduta  del  Undiag  del  2tfj 
Daìo,  dai  prìncipe  Cancelliere  routro  i  Polacchi  non  han  tardato  a  ira 
io  fatti.  DairS  al  21  di  febbraio,  non  meno  di  cinittie  disegoi  di 
oontm  le  p'^polazioni  d'orione  polacca  sono  stali  depositali  nell' ufficip| 
della  seconda  Camera.  11  primo  domanda  un  credilo  di  100  inìliooi 
l'acquijtlo  di  proprlelà  eque^rì  apparteneutì  alla  nobìliii  polacca, 
dt  trasformarle  in  colonie  tedesche.  Il  secondo  abolii^ce  Utili  i  dirit 
Comuni,  della  Chiesa  e  delle  corporazioni  sulte  scuole  primarie,  per( 
ferirli  esclusi  va  mente  allo  Stato,  che  eleggerà  e  destituirA  quìnd'ii 
a  suo  talento,  tutti  quanti  gV  istilulori.  Un  aliro  disegoo  cnnfèrij 
auioritik  speciale  il  dirìlio  d'iniligt^er  punizioni  a  quei  genitori,  che 
mandino  i  loro  figli  alla  scuola.  Un  quario  disegno  conferisce  aliai 
ildinlto  esclusivo  di  elcgjjere  medici  vaccinatori.  Altro  disegno  di 
per  ultimo,  domanda  un  credito  di  '200,01)1)  marchi  per  istituire,  io  111 
cittì  p  comuni,  alcuni  corsi  dì  aduUi,  che  ì  giovani  Iton  all'età  di  18; 
sarebbero  tenuti  a  frequentare.  Sembra,  oltre  di  ci6.  che  sliausi  medU 
alcuni  atlri  disegni  lendcnli  a  iraiiformare  per  forza  i  Polacchi  in  Te 

I  primi  due  fra  gli  accennati  disegai  sonn  .siali  discussi  in  adt 
pnma  d'esser  rìoviati  alta  commissione.  Aoimatissima,  e  talvolta  vi< 
è  stata  la  discussione.  I  [H-incipalì  argomeDii  del  Governo  coosisl 
ralTermazioue  dei  progressi  delli  liiii,ma  polacca  a  srapito  della 
e  nel  rimprovero  ai  Polacchi  di  aspirare  tuttora  al  ristabilimenti)  > 
Polonia:  ma  questo  è  tulio.  Non  si  riusc)  a  provaro  che  ì  Polacchi 
più  rivoluzionarìi  dì  tutti  gli  altri  sudditi  prussiaoì;  come  dall'altro 
fu  facile  il  rìdurre  a  oieule  le  aflTermauoat  del  governo.  Dal  181  o  m 


mero  dei  Tedeschi  si  è  triplicato,  laddove  quello  dei  Polacch)  si  è  soltanto 
nddoppUto  nella  provincia  di  Posen.  Lo  stesso  si  dic^  per  la  provincia 
della  (Prussia  occidentale.  M  rimprovero  che  i  cattolici  tedeschi  diventano 
Polacchi  è  a  <<.iinjcienza  confutalo  dal  Tatto  di  esservi  oggidì  S^OOO  cat- 
iMìci  tedeschi  nella  provincia  di  Posen,  dove  nel  1815  non  se  ne  conta- 
vano che  100,000.  Da  quel  tempo  in  qua,  '200,000  ettari  di  proprieià 
«jaesire  sono  passiti  dai  Polacchi  ai  Tedeschi,  i  quali  ultimi  pnsse^^no 
al  pffcseole  eirca  itn  lenro  delle  propri)>Là  lUesse.  K  ora  si  vuole  eeipro- 
priire,  iD  via  ammini8tmli%'a,  i  'iSU  possidenti  equestri  pniacclii,  che  tul- 
liTi»  nmaiijjofiri*  I  signori  Hnene,  del  centro,  e  Gerlach  e  Meyep,  con- 
tervatori,  tian  Tatto  risaltare  che  questa  coloniz^azioue  amministrativa  non 
approderà  a  aieote,e  che  i  100  milioni  passeranno,  a  titolo  di  mance  e 
blòrct  di  altri  raggiri,  nelle  mani  degli  sTacciali  speculatori,  onde  sono 
ideatale  le  province  di  che  si  tratta. 

1  deputali  del  centra,  soprattutto,  ^  sono  vivamente  levali  a  combat* 
t*re  l'estensione  all'Alta  Slesia  delle  leggi  concernenti  l' insegnamento, 
l' 1,100  000  cattolici  parlanti  un  dialetto  polacco,  che  abitano  quella  pro- 
lincia.  Don  han  giammai  mostrata  la  menoma  simpatia  verso  la  Polonia, 
hvMÌ  trovansi  scpnrali  da  cinque  secoli  in  poi.  Quelle  popolazioni  sono 
frtissiaiie  per  cuore  e  per  iradizime,  ri^  han  conservato  memoria  alcuna 
della  Polonia,  cui  il  loro  paese  non  appartenne  che  per  un  tempo  brevis- 
sitno.  Quanto  al  clero  cattolico,  è  un  fallo  incontrastabile  che  neir.A.lta 
Slesia,  del  pari  che  nelle  province  di  Pos^n  e  della  Prussia  occidentale, 
i}r6lt  jiredicaoo  dappertutto  ìn  tedesco,  allorché  questa  lingua  ^  parlat^i 
jalle  l'ìm  pecorelle.  Se  un  rimprovero  potesse  muoversi  ai  preti,  quello 
.viroIiltH  iHuttosto  di  consaenre,  io  proporzione  del  proprio  numero,  assai 
piii  tempo  alle  loro  pecorelle  tedesche,  che  non  allo  polacche. 

1       '  r  i'ìiie  all'Alta  Slesia  delle  leggi,  che  Tanno  della  scuola  uno 

flr  1'  i>oStalo,è  tanto  pii'i  significativa,  quanto  è  eccettuata  in  questa 

i-jne  la  provincia  della  Prussia  orientale,  quantunque  essa  conti 

•  i-v">-'  abilant),  che  parlano  un   dialetto  polacco.  Se  non  che,  questi 

700,OOU  abitanti  proTessano  il  proleslaalesi  mo,  laddove  i  cattolici  del- 

I  VErmelaod,  loro  vicini,  sono  Tedeschi.  Di  che,  kIì  oralori  del  centro  non 

ban  durato  fatica  a  dimostrare  che  queste  leggi  d'eccezione  sono  prin- 

dpalmente  dirette  contro  il  cattolici srno,  che  sì  vuole  estirpalo  a  ogni 

cosio.  Kntrate  tuta  volta  in  vigore  nelle  province  ove  sono  dei  Polacchi, 

verranno  altresì  introdotte  nelle  province  tedesche  cattoliche.  Il  line,  cui 

mra  il  principe  Uismark,  è  sempre  lo  slesso:  estirpare  il  caltollcismo. 

La  presfintadone  di  questi  disegni  di  legge  ha  de.stato  gran  sensazione 

nliitta  la  (ìormama-  .\l  di  Tuori  del  contro,  chi  vi  sì  oppone  con  maggior 

vigore  sono  i  l'olacchi  e  i  progressisti.  Uno  de'capi  di  questi  ultimi,  il 

«gnor  Virchow,  ha  fauo  risaltare  che  il  più  gran  pericolo  della  nermania 

e  nel  panslavismo,  onde  la  Prussia  si  è  fatta  rappresentante  e  &tru- 


CflOMiCA 


mento.  I  Polacchi  saranno  tutto  quel  che  si  vuole,  mn  sono  avvi 
risoluti  del  |uosl:ivisuio  ;  pt^r  com^egiienu,  sono  piuttosto  nosiri  alU 
che  nostri  nemici.  Altri  oralorì  han  fatto  notare  che  le  leggi  proiMsle 
(ìovenio.  liiDgi  ilal  rJcoi)cili.ire  i  Polacchi  con  la  Prussia,  non  faraano 
ina-^rirli^  e  lendtìrli  neiihci  ìrreconciiiubitl  e  oliremodo  pericolosi. 

Ma  lutto  ciò  a  che  vale?  Gli  oratori  dei  oonRervaiori  e  dei  nazioiu 
lilierali  han  super-ito  se  stessi  in  puoto  di  servilità,  ripetendo,  e  anzi  r 
ivtramlovi  sii,  gli  ari^'onwoli  zoppicanti  del  Governo.  La  na£Ì<>iialiià  gì 
manica,  ouU'allro  che  la  aazionalili  germanica,  e  la  distruzione  dì  > 
altra;  ecco  tutto  il  loro  rajjionameolo.  Tanto  enf-i  quanto  il  Governo 
si  sono  accorti  del  tono,  che  facevano  alla  Germania  col  dare  ad  tnienA 
che  e$sa  e  la  sua  civiltà  sono  Tnìtiacciaic  dall'invasione  [«lacca.  F 
coaservatori,  due  soli,  cioft  i  signori  Mcger-Arnswalde  «  (ìcrlacli,  haa  bi 
prova  d'indi  [tendenza,  rìlrneiidosi  dal  loro  partito  e  prendt^udn  le  diJ| 
del  diritto  contro  l'arbiirio.  Nella  stampa  stessa,  i  fogli  progressisti  h 
fatto  risaltare  che  il  principe  Dismark  non  sa  fare  as<iegnamMtto  che  su 
foHM  brutale,  applicata  da  un'amministrauone  ben  congegnata  e  condfll 
con  rigore  .straordinario.  Hgli  s'immagina  di  poter  tuuo  ottenere  con  fi 
plìcaziniie  della  tara;  l'imperio  delle  idee,  le  convinzioni,  ì  sefllìme! 
non  M)no  nulla  per  lui.  Quindi  è  che  le  sue  leggi  antìpolacclie  i^li  farao 
provare  lo  stesso  dihinganno  che  gli  ha  fatto  provare  la  sua  campaitl 
del  Kuliurknmpf. 

3. 11  quale  Kuìturkampf  min  adesso  in  nna  nuova  fase.  Può  dar 
che  il  lìoverno  prussiano  abbia  <;oltnposto  al  Papa  il  nuovo  ilisegon 
legge  ecclesiastica;  ma  è  assolutamente  impossibile  clie  il  Papa, 
grado  delta  sua  estrema  condiscendenza,  siasi  risoluto  ad  a|iprov; 
disegno  è  concepito  in  termini  ingegnosissimi  e  tali  da  far  ci'eder^ 
la  PriLisia  voglia  lasciarsi  andare  a  concessioni;  laddove  essa  cerca 
camenie  di  e-scguire  le  legni  dì  maggio  souo  un'altra  forma.  Il  di: 
abolisce  l'asame  ufficiale  per  i  [»reli;  permetie  la  riapertura  dei  sei 
e  il  ristabilimento  delle  pensioni  ecclesiastiche  presso  i  ginnasii,  che 
nero  un  tempo  il  luogo  dei  piccoli  seminarij;  ma  sottopone  iati  Isti 
alla  vigilanza  e  airispezione  dello  Stato  set-ondo  le  rcgol«  generali  intoi 
al  pubblico  ìnsfgnamentfì.  Il  disegno  sopprime  il  tribLinalc  ecclcslasti 
ma  ne  trasferi.sce  i  potori  nel  ministero  e  nel  Kammergerichi  di  Beri 
Uuaste  autoriU  potranno,  adumpic,  mantenere  nel  suo  iinirid  un 
quando  l'autorità  ecclesiastica  glielo  abliia  ritirato;   imtninno,  alU 
volta,  destituire  Vescovi  e  preti,  dichiarandoli  incapaci  di  adempiere  (T 
innanzi  il  loro  ministero.  É  uaa  destituzione  in  regola,  s^za  usai 
cabolo  destinato  a  signìHcarta.  Si  vuole  con  questa   legge 
Vescovi  ad  aflidare  i  loro  seminaristi  alle  università,  i  cui  [irol 
de*ti  dallo  Stalo:  imperocchi"  sì  sa  benissimo  che  i  Vescovi  non 
accettare  giammai  la  vigilanza  dello  Slato  sui  seiuìnarii.  U  line  é 


CDNTEHPOnANEA  3j3 

»le»io:  mloiidere  oelU  Chiesa  lo  spirilo  anlicaltolico,  e  reoderla  sog- 
gelU  alto  biaio. 

È  impossibile  che  quesia  legge  possa.  Delta  presente  sua  forma,  essere 
«cottau  dai  auolici.  Frattanto,  la  stampa  unkiosa  e  lilterale  si  sforza 
dìlnrre  in  inganno  l'opinione  cattolica,  rapprascriLintln  il  disegno  come 
un  it^Uodono  assoluto  delle  leggi  di  maggio  e  come  ujia  smt>uiiia,  che 
ioAigge  I  s>'>  ste.'vso  Io  Sialo.  Si  noti  però  che  i  caiiolici  non  si  lasciano 
pmdere  a  simile  tranello.  Dfil  rei^lo,  le  autorità  non  fan  nascere  alcun 
Adibio  circa  le  loro  intensioni  verso  i  medesimi:  di  questi  giorni,  hanno 
■fttlso  un  prole  della  diocesi  di  Miinsler  e  un  altro  delhi  diocesi  di  Posen 
per  «  esercieio  illegale  d'ufììci  ecclosiasiici.  » 

La  Cifra  totale  delle  rendile  sequesIraLe  a  danno  dei  preti  caliolid 
ininonta  |ir<:^uteaieoie  a  \7)fi'i2  I3ì  marchi,  che  è  quauto  dire  a  circa 
%  milioni  di  franchi. 

Gh  Arcivescovi  e  Vescovi  dell'Australia,  raiioaiì  in  concilio  a  Sydney, 
MUn  la  presidenra  dell' BiTio  Cardinale  Moi:in,  inviarono  il  9!f  novembre 
OB  iodinzKo  di  congratulazione  all'  Episcopitn  ({crnianico,  di  cui  commen- 
daao  il  vigore  e  la  perseverau/a  nel  difendere  la  causa  della  Chiesa.  I 
nnwrabìli  prelati  sì  cougratulnno  aliresi  col  clero  e  coi  fedeli  della  Uer- 
iBuia,  c\w.  con  la  loro  unione  e  sommissione  rendono  certa  la  vittoria. 

4.  Il  (tovern<i  questa  volta  dotn;iiida  il  prnl un [f amento  della  legge  contro 
1  sociali.sli,  ^fouendo  in  sodo,  mediante  mi  fiiLtispecie  assai  patetico,  che 
qwela  le^e  non  ba  pii/toriio  luLii  gli  elTeiii  desiderati,  e  che  per  coq- 
agaeuu  n]\  è  imimssihile  farne  di  niLMio.  II  signor  Wiifdihopsi  ha  pre- 
aealala  una  scric  d' eiuemia menti,  che  han  per  oggetto  di  togliere  alla 
logge  il  suo  caratiere  d'eccezione  o  preparare  per  tal  modo  il  ritorno  alla 
Jflgge  comune.  In  uo  discorso,  r:he  ha  destalo  gran  .sensRziiine,  rìllu.stre 
capo  del  centro  lia  esposto  rrnsulTìcieoa  e  il  laraiiere  pencidn.so  della 
Iflgge.  i  cui  eflcilì  principali  sodo  stali  di  ristabilire  l'accordo  fra  le  di- 
^■■iiftle  socialiste  e  far  nascere  nel  loro  seno  VatiurchisDU)  e  il  ni- 
•  >.  Gli  attentali,  cui  nel  discorso  $1  ili  tanto  peso,  uon  sono  che 
opera  degli  anarchici. 

Ijt  stampa  cattolica  si  mostra  risolutamente  contraria  al  prolunga- 
iDento  della  legge.  Noi  solfriamo  souo  leggi  d'eccenone,  e  non  vogliamo 
die  altri  si  trovino  nello  sie<iso  caso:  ecco  qual  l'i  il  ragionamento  dei 
_,,,,,i...,  j>jp|  Rflipiisiag,  il  centro  può  fare  accettare  o  andare  a  vtioto  il 
.'iiiienio  dt<IU  legge,  secondoohò  dia  volo  coi  conservatori  o  coi 
;sii.  ICgli  è  quasi  impossibile  che  il  centro  voti  coi  conservatori  e 
<.-u  <M/ti>nali  liberali,  dacché  gli  uni  e  gli  altri  lian  manife^stato,  in  occa- 
af\w  della  legge  contro  i  Polacchi,  un  odio  cosi  aecariito  versa  la  (ìhiesa. 

■V  11  Iteichstag  ha  operato  una  diminuzione  di  %'ASi\i  907  marchi  sul 
'''"'"  '  dell'  Impero,  che  rimane,  per  conseguenza,  stabilito  in  marchi 
-  ì'i7.  Su  questa  cifra,  vi  hanno  75,^^05,000  marchi  di  spese  straor- 
dinaha,  'IH  mihoni  delle  quali  saranno  coperle  da  un  imprestilo. 


C3tONÀCA 

Il  50  di  febbraio.  Il  Reichsta^  approvò  il  disegno  di  cislruire  un  ami 
iDahltitu')  fra  ì  mari  Batiico  e  GermaDÌco,  con  la  s[»e.s3  dì  tÒH  miltoe 
50  dei  quali  saranno  sosienmi  dalla  Prussia,  e  il  riroauenie  doiriint 
Ouesto  canale,  che  dispensa  dal  oiniortiai-p  la  Danimarca  e  psi^urf 
il  ì^nnd,  sarà  d'una  importanza  capitale  per  il  commercio  e  sopraUuill 
per  la  manna  militare  della  Oermania.  Esso  si  parte  dall' ioibnccaUir^ 
dell' bllba  non  lungi  da  Ambur^,  che  è  il  primo  porto  cooimercii 
coniiitenie,  e  va  a  Tar  capo  odia  baia  di  KicI,  dove  si  trova  il  gran 
di  guerra  del  Baltico. 

6.  Da  alcuni  anni  in  qua,  i  cattolici  del  granducato  di  Iladeu,  dopi 
avere  con  grandi  sforai,  e  nonostante  l'ostilità  del  Governo,  ac<luÌ5lato  ul 
luogo  considerevole  nel  Farlameulo,  avevano  as-sai  perduto  di  terreni 
onde  il  Governo,  che  erasi  trovato  coslreilo  a  fare  notevoli  concessioni 
aveva  ripreso  l' offensiva,  dandosi  di   nuovo  a   perseguitare  i  catiolid 
Questi  non  tardavano  ad  accorgersi  che  la  causa  principale  di  stiTiQ 
rovesci  era  il  modo  di  procedere  del  sig.  tender,  loro  capo.  1)  sig.  Lfiide* 
infatti,  crasi  spinto  fìno  a  sostenere  nelle  Camere  la  tauica  del  Goveni 
e  a  infliggere  pubblicamente  un  biasimo  alla  stampa  cattolica,  cui  morev 
rìmproveru  di  fornire  occasione  a  tutto  il  male  colle  sue  disorbitanti  m 
g«axe  e  col  suo  spirito  anticauolico.  Stando  alle  sue  affermazioni,  soU 
airArcivescovo  si  competeva   il  diritto  di  levarsi  a  difesa  della  causi 
cattolica.  Nou  ci  voleva  altro.  Il  'H  di  febbraio,  un  numero  ra^uardevol 
di  cattolici,  preti  e  secolari,  raunarontti  a  Friburgo  sotto  la  preiiiJen?^  tìt 
signori  Lindan  e  Marbi.^  per  infliggere  una  smentita  al  signor  Lender 
ristabilire  nella  sua  interezza  il  programma  dei  cattolici,  consistente  ne 
rivendicare  per  la  Ulùesa  la  sua  autonomia,  lutti  i  suoi  legittimi  dirilii) 
guarentiti  da  trattati  pubblici,  la  libertù  dell' icsegnameato  cattolico,  Mif 
eaziooe  e  la  scelta  del  clero,  la  libera  amministrazione  dei  beoi  tttk 
siasiici  ecc.  Tali  rMuzioni  furon  prese  a  unanimità  di  suffragi,  non  tDcn 
che  quella  di  tenersi  fermamente  uniti  al  centro.  Vennero,  in/dirr,  voui 
indirizzi  a  monsignor  Arcivescovo  di  Friburgo  e  al  valoroso  capo  A 
centro,  signor  Wiodtbtvst. 

Speriamo  che  un  simile  riordinamento  porti  i  suoi  frutti.  Intanto,  pert 
anche  in  questi  uliimi  giorni  il  Governo  badesc  Uà  ns]}osiocon  uo  iirutali 
rifluto  ai  richiami  lien  gtustiilcaii  di  monsignor  Arcivescovo  Orfiii,  col 
dipoi  da  grave  malore. 

7.  Come  notizia  letteraria  si  può  aggiungere  la  pubblicazione,  avveonl 
Dello  scorcio  del  passato  marzo,  del  GoigoiUa  unti  OeUterg  di  F«d.  G* 
glielmo  licite.  Coletto  volume  s'interza  agli  altri  due,  intitolali  lieMdm 
und  Nazareth,  Jordan  unti  Qethsemntii,  e  cjimiiie  unito  con  essi  f 
nuova  Messiade  in  versi  esametri  tedeschi,  dovuta  alla  devota  e  U 
vena  del  suddetto  autore.  Il  poema  ha  riscosso  lode  io  Germania  dai 
dici  autorevoli  e  con  ragione  pei  nwlil  pregi  di  cui  va  adorno.  & 


cwmiPonAKeA 


255 


desiderare,  ma  da  sperare  altresì  che  queslo  Ite)  lavoro  aliali 
la  coDsiderazione  dei  grandi  misteri  cristiani,  presentali  loro  soilo 
Dttova  veste  poetica  miessula  sulla  Lrama  di  svarialissima  entdiziotw:e 
ad  ogni  modo  non  si  pu^  n  meno  di  encomiare  il  Ifulalìvo  fatto  perciò 
dal  Hclle,  che  vi  lia  dedicali  lauti  tesori  d'ÌQijeguo  a  vt  Ita  speso  lanle 
hiicbe. 


UNA  RETTIFWAZIONE 

Nella  corrtspondRnu  di  Prussia,  pubblicala  da  noi  nel  quaderoo  849, 
il  7  di  novemlire  I8&r>,  si  contenevano,  a  riguardo  d<!l  .Mollo  Reverendo 
Si^r  Kayser,  prevosto  llapiiolare  di  Hreslavìa,  alcuni  cenni  che  il  me* 
deamo  in  una  leitera  cortesissima  ci  |>regava  di  retiiricare. 

Pubblicheremmo  senxa  meno,  anche  per  solo  amore  di  ginsiizìa,  le 
ASMtrvBzioRi  del  Molto  Reverendo  Prelato;  ma  lo  facciamo  dì  tanto  miglior 
irato  perchè  esse,  mentre  chiariscono  alcuni  e[]niv(ci,  dimoslrano  al  tempo 
ftsw  oon  potersi  dei  medesimi  accagionare  l'egregio  noidro  corrìsjMin- 
dnte,  die  seguk  in  essi  l' altrui  esempio  e  l'aulorità. 

Primieramente  adunque  il  cb.  Prelato,  dopo  avere  protestalo  con  una 
modestia  che  l'oaora,  di  non  riconoscere  io  sé  le  doti  neceftsarie  ad  un 
VBCOroC  anzi  di  avere  provato  un  senso  di  sgomento  quante  volle  i  giornali 
noffooo  il  SUD  nome  a  quello  di  una  sede  vaennte;  dichiara  che  qua- 
Inque  proposla  Tosse  stata  fatta  della  sua  ptirsoua  pel  governo  di  una 
(Chiesa,  ella  avvenne  cmo  senza  il  suo  consenso  e  a  sua  insaputa.  Né  il 
Bistro  ccirrispon dente  insinua  mai  il  contrario. 

Passa  di  poi  ad  Cifaminarc  quelle  parole  della  nostra  corrì<ipondenza: 
«  II  signor  Kayser,  quanturK|ue  dal  momento  della  sua  sollomì.'Uiione  ai 
(lecreii  dell'ultimo  Concilio  :ilibia  tenuto  una  coiidolia  n'golari.'isinia  ecc.  » 
Rdle  quali  parole  il  Reverendo  signor  Kayser  nota  una  doppia  insinua- 
Itooe:  la  prima  che  egli  sia  stato  mai  in  opposizione  col  Q)qcì1ìq,  t'aUra 
inanzi  alla  sun  presunta  snmmi.ssione.  Ir  sua  rj>ndolla  non  fosse  re- 
'  >ra,  scrive  il  Reverendo  Pnflatn,  il  fniin  è  che  egli  nò  prima  del 
CoocìUo  né  durante  esso  né  dipoi,  né  a  voce  uè  in  iscrillo.  non  si  irovA  in 
Dpposizione  con  verun  decreto  di  ipiello;  né  il  suo  Vescovo  Morisig.  Marlin 
di  Paderborna,  né  allro  dei  Vescovi  presso  i  quali  il  Kayser  prestò  l'opera 
sua,  ebbe  mai  occasione  di  ctiiedergU  una  speciale  sottomissione,  dò  gliela 
due»!,  »é  quesia  ebbe  mai  luogo. 

L'  8bl):)glio  può  essere  nato  da  ciò  che,  a  quanto  sembra,  un  sacerdote 
dello  stesso  casato  e  della  stessa  diocesi  di  Paderborna,  il  dotlor  Kayser, 
gii  rappelUoQ  militare  ed  ora  defcnlo,  fu  per  alcun  tempo  dei  rcnilenii 
alla  decisione  conciliare  deirinfalUbilità  pontiUcìa.  E  par  che  l'equivoco 


35e 


CnOMACA   CONTEHPOBAKBI 


fosse  abtustanza  dUTuìV),  poìchi-  l'acconu  il  Ueverendo  l'relalo  di  averu 
hcevuie  più  lettere  di  coagratulazione  per  la  sua  sottomissione  al  Coo- 
cìlio,  da  persotte  che  suppoDevano  essere  luì  stato  il  cappellano  militsre. 

Per  qaanio  poi  concerne  ta  soa  condotta  sempre  regolare,  il  Motto 
Reverendo  signor  Kayser  oc  appella  alta  Qducia  e  all'  amicizia  dì  pHi 
etimìi  Vescovi  da  lui  goduta,  alle  cariche  aflidaiegli,  alle  larghe  testt- 
tnooianze  dategliene  d,ii  suoi  Superiori. 

Resta  quella  frase  della  noslra  corrispondenza,  nella  quale  »  acceaoi 
a  •  ceni  aotecedeoti  disgustosi  »,  non  ostanti  i  quali  il  Kayser  sarebbe 
slato  promosso  alla  preposìtura.  li  eh.  Prelato,  notando  che  quelle  vaghe 
parole  lasciano  aperto  il  campo  a  qualunque  più  siavorevole  interpreta- 
òone,  congettura  che  con  esse  si  sia  voluto  accennare  all'accusa  mossagli 
da  qualche  giornale,  di  avere  accettala  dal  Governo  Prussiam  la  caria 
di  Consigliere  scoIssUco  proviuciale,  senza  chiederne  l'approvazione  dal 
suo  Sfijwriorft  crolesiastico  che  era  il  Vescovo  Martin  allora  esulo.  A  ciò 
risponde  averla  egli  chiesta  ed  ottenuta  in  data  del  \'ì  aprile  187H;  e  ne 
cita  le  parole,  clie  smenUscono  l'opposta  asserzione  di  un  certo  giornale. 
il  quale  pretese  cfae  cotesta  Ucenza  non  gli  fosse  conceduta  a  sua  riimaarii, 
ma  imposta. 

Tale  è  in  breve  il  contenuto  della  lettera  indiri/.]:ataci  dal  Molto  R^ 
vereodo  Prelato;  e  noi  siamo  ben  lieti  di  renderlo  di  pubblica  ragione, 
deùderosi  oome  siamo  che  la  verità  ritenga  ognora  il  suo  luogo  sulle 
nostre  pagine  o  lo  ripigli,  quando  abbagli  non  sempre  evitabili  bomeo- 
taneamente  in  qualche  parte  le  facessero  torlo. 


[strazile  pratica  iotomo  ai  SS.  Unmtà  Sella  Feoìtra  ed  Eq[ 

l'iiiiiMSTA  si*F,i:i^[.«i;NrK  ai  niuvASKTri 

da  nn  Kelìgpioao  della  Compagnia,  di  Geaù 

Scova  Iùi>izior«e  cuaiiETTA  i^d  Acaii!:sci(.'T&.  Itoma,  tip.  Tiberini,  188C. 

PrCKKOt  C«al«ttlail  SO  franca  di  poaia. 

Lb  prima  edÌ7.iODe  dì  30O0  copi«  in  po-o  più  di  quattro  mesi  fu  esnurtU. 

Qui-niK  Dtiovs  cdìtionc  ni  avvfiutairgìii  ^ulln  priiua  per  alcune  aef^iuntu  e  cor- 

—"■'-'   1  per  QQit  copiosa  appendice,  la  quali!  contitmu  il  modo  di  a$collare  o 

1  Sauta  Messa,  luoltv  dìvuto  uniziuui  e  alcuou  mossinie  e  regole  di  vita 

'.  adaltnle  sp'Cinliictite  ai  giovunetti 

'uva  vt^nJilfilu  in  H'iuta  alla  libraria  Siracfloi.  Via  doll'UuivursiuV  13, 
i  r-iue  alla  litin-ria  Uutiuutit.  Via  dol  Pruconsolo,  Iti. 


P.  R\FF\tlL'  au\\  d.  C.  d.  G. 

IL  LIBRO  DEL  PERCHÈ  IN  FATTO  DI  RELIGIONE 

SECONDA  EDIZIONE 

ItiIBlì,  ttabitimento  Upografìm  di  S.il valore  Mardiese^  Vicn  dei  SS.  Ftììppo 
r  Oiaromù,  n.  21,  1HS5.  In  16,  di  poi/ff.  3S3.  Prezzo  L.  3. 

t«  molta  opportuuità  e  ^'1ì  altri  preffì  di  qtiust'opQra,  di  cut  tratlnnimo  am- 
piiaDat4  in  una  no^lra  lUvislu  {t'Qì  quad.  ttll.  pnfr.  6i  e  seg),  han  fatto  M 

'^ -'■'  a-jtiiu.ana  no  la  còaurit»  la  pritn»  edizione.  Vn  iocootro  nuclia 

I"  :•:  auguriamo  a  quirata  iiccotida,  la  quale  ha  il  vantaggio  aopra 

li^'..". 'ii^giur  corriimnis  e  nolevoli  aggiunta.  Il  pnizxo  è  L  3,  a  L.  3,30 

itiLto  ^1  peata-  Dirigerai  all'Autore.  Ntpolt.  Sopportico  Lopez,  N.  SO. 

UN  ONORE  DI  ilAKIA  VKRGINK  MADRK  DI  niO 

lU    »'AftSI  Si-cÉjAl.UKNTK   DALt.B   FAHIOUt:  CI)nTAlll.\t; 

Vcimia,  iipogriifia  lùniUana,  IS-'^é.   Un  volume  in  10,  (U  jtofftne  .•57,?. 

BdcMJruaudiaruo  in  modo  particolare  quelito  pio  libretta,  appartenente  atla 
|)1)U«tcca  gratuita,  chu  una  pia  e  nobile  puriiuiia  ditfuude  per  iiu-/zu  di;ltu  Ti* 
~~    Illa  Euidiiina  di  Vonevla. 

DI  ESTERINA  ANTINORI 

imoiuE  riDiiuaiE  n.i  in  padre  della  coupagkia  di  gesù 

Terxa  Eillvlone 

K1e$ut«  eheiiro  ii  U,  ji  {tagg.  VÌÌI-3lS, 

Pt^zw):  L.  1.  —  Con  legatura  all'inglese  L.  1,  80. 

Flreuxfì,  presso  Luigi  JUnnueììi,  via  dei  Procons<^o  IG,  l$$d. 

DI  ANGELINA  NOSADINI 

UCORDI  f.  smini  riDBLICATI  DA  m  rADHE  DF.LM  COHI'AGMA  DI  (iESO 

IUtganU  tli«vir»  ia  32,  di  pagiac  Vili  :ìjS  (un  rilrilU 
Iftsfp.  Tip  Giachrlti,  Figlio  e  C,  2884.  —  P*rezzo  Una  I.'ira 
n-Uhiti  airr/ficto  cenlrnlf  ijUlta  ClvtLTA  CaTTOUCA  inFir€HS€,  t  pretto 
ili  Gcrmli  della  medtnima. 


I& 


''innibìtir)  Minio,  ualo  ia  Trevcri,  il  uuile  rof 
.  lina  nronaci  dal  «Jfltto  inonastiro  nn'>r«  Itu 


m  P.  MlimO  D.CHKIMITtlNO  HA  TREVERI 
voskcn  ?tKLta  pnoTO-iubii  oi  sl'buco 
Roma,  tip.  Befam,  1S8S.  fTn  voi.  in  tjuarlo  gr.  dipayg.  XXVII'Ti 

ì\    • 

fll!bi:i 

S  (  iMiii  «!iB(?ia  criiica  specialnii'iito  HOiirs  i  r- 

Il  .Tlitnu.inl''    HI  (lrv«  rw|i)i)!ir<>  ila   [frun    tu'": 

ili  uv-Liiii  [t'ilj:»:ii:aU  iiiIn«ao  intcniinoiite,tlopo  c!in  nl(;iirii  i^ag^i  :li.l 

urntir)  sliitt  i^h  ilith  D'?gii    Sludii   in    Uatia.    E    una   «diziano    dod   s 

s' '  I  '   '     ).)<ìt  l'dfgaiiz'i  >i)to^rRfi(!a.  ma  Bti'jura  prtrzio^ii  ijimiilo  atte 

ne.  e'J  urriculiita  ilt  (EotLu  noie  trd  Uj/gpjnlc,  »ii\  ilen><  più  miUcbtf 
M;i  :iii  r  y    luuito  oel  17"ì  111  Suhittcoi  Sia  dolili  [iiiì  rficenli  dt^l  ilr)Ui9«i(; 
viitCB  il'ifl  tuuua'itt'ru  di  Siiuta  S>.-o;iiiiri>;n  P.  L-'utio  Alleili  O  3.  6.  Iu< 
ima  iiilraprcAA  che  r«  iiiol:»  o»<.i^c  m  roligioii  G4-iiD<l<:tiiiii  fil  al  eli.  Mun 
Croataro%a,  a  cut  è  prÌDci|iiiliaonla  doruta  la  elo^nutiijjiina  editlone. 

MANUALE  DEI  CONGREGATI  DI  MARIA 

Ofr(.-rlo   ull»    GiovutiLti    HliicliosLi    do    S    C  S.  [■ 
tloniA,  tip.  Armnnni,  Orf.  C<m.^  1385. 

Ha  dato  ocoasioui?  a  qtioalo  librt't'.u.  iii>[i  tn-iio  i'ri!i:!D:iD  ndlu  ^uKtnncai 
clcf^iitr  [iflla  rorirm  tìpO;,'niScn,  la  n*  ' 

gregali  Mariani  di  «Da  nuvi-ll»  f&n\'  '■■ 

fi«8urllo  le  più  aiUlohfl.  Il  eh.  P.  Clilavnrflli  irde  si  è  [jr. 
pUarlo,  Bun  »miIij  hii  qj<i*.sù  ìn«ioni'.'  (■^^■■•■■v-  tc^iolti.  ai  gitoci  i 
come  speciali  i>-pli  uddetti  ni  div  il  d'UtiCongreetiZioiiiìt  ot   , 

una  Dovellu  L-oulcrniu  dnl  M  K.  I' "'  ii-thIu  d.C.  d.  G..  ma  n^b** 

un  cflnipimo  Uatiiiok  clic  (n'  in  (ntti  gii  <■  ' 

quuCiUiiiui,  o  d'-i  giurili  dì  COI'.  .     [inani  occitsi'  . 

A  <|Uestn  olie  à  ciiiR(^  lii  sosiuti/.k  drA  .ibrt^ttù,  |t  ere  e  dono  ncc--  lij 

0  crìtici  iuLortio  alk'  CDn^rogaxionf  Mariana,  e  fa  sé^ultu  uti'a^  A 

tÌDiU<  iitìlii4!<tmi  aiiMiiiii'slrarnen'.i  p<Tr  l«  vita  spiriliialo  11  pnri.i  ik-i  H 
rtlogalo  in  tfln  con  ta^rlio  roma  e  monogrnin.-nii  dm-nto,  è  di  L.i.OOg^ 
Chi  uo  ao'iii'utar^  hfì  copi»  li:  pa^licrà  a  ragione  di  L.  l.lTi.  «  cpoIo  vm 
avranno  pnr  L.  1.30  ciasL-una.  Vi"  aoiio  uncbn  copiu  l'--gale  lo  obagrìn  e 
dorato  al  presto  di  L.  5.00  ciucuaa. 

0  a  HESS  ut  MACtiin  rO\SAC».kTO  ALIA  GLOUIl  UELLA  MiDUE  Di 

DECATO  DAI.  FnAKf.RW  m  ITAIlANO  DAL  P.  TA&jUAl.E  CAMl-flitA  P.i:.ft.fi,.| 
Mfrrond*  K4liloii« 
l'raio,  tipografia  Gìachetii,  Figtio  e  C,  ISSn.  fa  33  dì  pagg. 
Prezzo  Centesimi  40. 

Ù>  randibite  in  Fìrente  ptt9M  Uiiigì  MhiiucHì.  in  tfapoH  proaso  1*1 
sacciiraaie  duUa  Civiltà  CatloUca, càia  Cla/diKU,  niriiRI':iodel  giornale  IMI 
dilla  Verità. 


prato.  Tip.  Oia^hetli.  FigUo  ■  C 


PIO  UaROM,  0<rrKU  rsfrxm* 


Lj^ 


[VILTÀ  CATTOLICA 


Beatut  poputm  euha  DtHninu*  IMui  dut. 
PSALM.  UUIl,  15. 


KMQ  TRIGESIMOSETTIMO 


SERIE  XIII.  —  VOL.  II.  —  QUADERNO  861 


INDICE  UI  (iUKSTO  QUADERNO 

[Ha.  SOOALISUQ  t»  ITALU   —    I    HIHEDn Pig.   257 

U»   MOVO   LIBRO   SOL   ■  SILLABO  » >   772 

Srimn  nE^exn  sopra  i  NunAGiii  e  Lono  DipaiiTAitz& *  389 

I  DeREum ».  SUO 

XV.     LVtimllìAzione  e  un  iradtroento >  ivi 

XVi.    Un  v«loftt;irio  esilio •  3(V> 

XVII.  In  viaKtfio  w-rum  iin  soldo »  309 

XVIil.  L'eremo  di  Rovorftlo >  'SVi 

HinsrA  i>nLLA  stabpa  italiana »  318 

I.  Noiim  de' lavori  di  f^iilologia  e  lingue  seraìticlio  puliMicali 

ID  ll'itia  Ìd  (jiiesli  ulliml  nf^cenni »    Ivi 

II.  Prof.  Filippi)  Lttsif'tniì.  \a  Circolazione  del  sangue  ed  i 

Papi.  Memoria  Iella  .-illa  K.  Accademia  di  Scienze,  lettere 
ed  Arti  in  PadDva.  nella  tornata  del  giorno  17  gt-iinatu  ltS80.  >  32y 
IH.  Storia  Sacra  illustrala  dol  Nuovo  Testamento  di  A.  P.  .  »  'JSò 

BrotiocnAiiA »  3;^8 

Us  BBEVE  t.1  S.  S.  Leo:ìb  Xlllal  fi.  P.  Miclietc  Ih  Maria  d.  Cd.  G. 

IVoft^sore  di  Filosofia  u«tlaPonlifioia  Università  Gregoriana.  »  352 

K>OI»ACA  COSTCSPOrtANKA *    355 

J,    Uose  noKASK. »    ivi 

II.  Cmp  rTALiAXE »  ."Wa 

ìli   '  ntAMEWE  —  Uclgio  (Smira  eorri.^poniìtuzu).  .  .  »  370 

J  \        '       :  (Sottra  torri apondenea) ,....*  377 

V.  Cantone  Ticino  (Nostra  corri spondetuaj >  382 


rnssau  I.VIGÌ  MANUBLLI,  LUKAto 

VIa  ilei  I'r.-oousol(>,  ]()• 

1  maggio  1886 


LIBRI  VENDIBILI 

'ALLAMMI.MSTIU7J0XE  DELLA  CIVILTÀ  CÀTTOlH 

FIRENZE  -  3,  Via  de' Conti  -  FIRENZE 


Boero  GlnieppA  (d,C>d.  O.)-  Istoria  delU  couTcrsiooc  atlB  Cliiess  efttt 
di  C&rlo  II  Uè  d'Inghilterra  carota  da  scrritture  ftutonticbi!  od  origi^ 
Boma,  coi  tipi  della  Civiltà  Cattolica.  Va  voi.  ìd  8,  dj  pagg.  HO.    L.' 

—  Vita  dot  P.  Salmcrone  d-  C.  d.  O.  uno  dei  primi  compagni  dì  6.  Igoi 

Loiola.  Va  roì.  io  16,  di  psgg>  187.  Firenze,  tip.  Ricci.  1880.  > 

—  Titadet  P. Simone Itodriguoxd. Cd.  G. ano  dei  primi  compagni  di  S.Tj 

di  Loiola.  Un  Tol.  in  16.  dì  pagg.  1%,  Firenze,  tip.  Rìcci,  ISflO.        » 

—  Vita  del  P.  Giacomo  Lainox  d.  C  d.  O.  uno  dfl  primi  compagni  di  8.  ìgai 

di  Loiola.  Un  voi.  in  16,  di  pagg.  IX-3&V.  Firenze,  lip.  Kioci. 

—  Vita  del  P.  Claudio  Jaio  d.  C-  d.  G.  nno  del  primi  compagni  di  S.  If 

di  Loiola.  Un  ?ol.  in  16,  di  pagg.  Ìf50.  Firenze,  lip.  Bfcci. 

—  Vita  dal  P.  Niccolò  Bobadiglia  d.  C.  d.  O.  uno  dei   primi  compagoil 

S.  Ignazio  di  Loiola.  Un  voi.  in  16,  di  pagg.  Sl>4.  Firenze,  tip.  Ricci.  >     Il 

—  Vita  del  P.  Pascnsio  Broct  d  C  d.  O.  uno  dfli  primi  compagni  di  8.  Igni 

Loiola.  Un  toI  in  IO,  di  pagg.  VII-t32.  Firenze,  tip.  Biccì. 

—  Vita  del  B.  Fabro  Pietro  d.  C.  d.  G.  primo  compagno  dì  8.  Igoawo  di  Lo 

Un  voi.  in  16,  di  pagg.  887.  Rema.  tip.  Bt-fani,  1873.  » 

—  8.  Francesco  di  Girolamo  e  le  sue  missioni  dentro  e  fuori  di  Napoli.  Fìi 

tip.  Ricci,  IR»?.  » 

—  Vita  di  S.  Slutiislao  Kostka.  Un  voi.  iu  3?,  di  pagg.  360.  Prato,  tip.  Oli 

Figlio  e  Compagai.  1863.  » 

—  Bintretto  dulia  vita  del  B.  Giovanni  Bercbmatis.  Un  voi,  in  3S,  di  pagg.] 

Prato,  tip,  Giaclietti,  Figlio  e  Compagni.  188^^.  » 

BorpIaneUKP.Boricod.Cd  G).  Discorso  dell'Antica  «  Moderna  GeMll 

uKaia  delle  vere  cagioni  deirodio  in  Knropa  contro  la  Compagnia  di  i 

Voi.  tia»  gr.,  di  pagg.  376  e  330.  Napoli.  Cip.  Vitale,  1»5U. 
BOTg^  Carlo  (d.  C.  d.  G.).  Novena  in  preparazione  alla  fasta  del  5(acro  < 

dì  Gesù  Cristo.  Un  bel  volumetto  in  16  piccolo,  di  pagg.  15:^  Bonia*! 

della  Civiltà  Cattùìfea.  1870. 
Br««olan]  Antonio  (d.  Cd.  G.).  Dei  costumi  dell'Isola  dì  Sardegna  e«j 

cogli  anricbiasimi  popoli  orientati.  Due  grandi  voi.  iu  8,  di  psgg.1 

Ronia.  lip.  della  CiviUà  CaUoilca,  ISM. 

—  tiei  f^isiumi  doli' Isola  dì  Sardegna  ecc.  Un  volumu  io  8.  Roma, 

CiviltA  Cattolica. 

—  Descrizione  dei  trantn  medaglioni  dell'apparato  e  dalla  fcata  del  CoB 

Romano  per  la  visita  fatta  dal  S.  P.  Più  IX.  Napoli, Stabilimento  ti| 
di  G,  Nubile.  Un  voi.  iu  10,  di  pagg-  -'iX). 

—  Letture  ramllìuri.  cruditiì  u  descrittivo.  Roma,  coi  tipi  della  Cioittà  C«( 

Oh  voi.  In  8  gr. 


DEL  SOCIALISMO  IN  ITALIA 


I  niMFIDII 


Il  male  del  socialismo  ha,  o  non  ha  rimedi!?  Tal  è  la 
inda  che,  da  molto  in  qua,  suol  forai  comnoemeato:  se  ne 

ria,  aa  no  disputa,  se  do  filosofa,  se  ne  scrive  in  tatti  i  paesi. 
essa  poro  si  senton  darò  risposto  assai  diverse,  secondo  il 
arso  modo  di  gitidicare. 

II  m<ir2o  doli' anno  scorso,  questa  medesima  dimanda  fa  posta 
tappeto  nella  Camera  altresì  di  Montecitorio.  Si  leggano  lo 
miì  parole  del  deputato  principe  D.  Baldassarre  Odescalcht, 

[5nale  meglio  di  tutti  ne  nigionft.  <  L'onorevole  Luzzatti,  così 
in  nna  discussione  avvenuta  poco  tempo  fa,  diceva  di  at- 

idoro  unii  parola  che  avesse  vivificata  l'umunitài  e  Io  avesse 

iaso  rawoQÌrft;  e  l'onorevole  Luxzatti  diceva  ancora,  che  dallo 
tioni  economiche  non  sì  poteva  attendere  la  rigenerazione, 
bensì  dalle  morali.  Non  so  da  dorè  e  da  olii  attendesse 
nuova  parola.  So  invece  che  lo  questioni  oconomìcho  sono 
lente  commisto  collo  morali,  che  non  v'ha  maniera  di  scia- 
lo une  dallo  altro:  credo  che  ogni  quostlono  inoralo,  quando 

li  analizzi,  arriva  sino  agli  interessi  economici;  credo  che 

interesse  economico,  quando  si  siuteti/.za  invece,  si  sablima 

•  raggiungere  lo  stadio  dì  questiono  morale.  Io  credo  infine 

PumaniU^,  giii  da  molto,  ha  udito  ciò  che  doveva  sapere, 

SI  perf(!ttameute  riconosceru  quello  che  è  giusto  e  quello  che 

onesto.  Ed  ho  visto  che  nel  mondo  vi  è  stato  nn  periodo,  in 

t  ferri  degli  schiavi  sono  caduti;  ò  venuto  un  altro  periodo, 

j  servì  della  gleba  hanno  riacquistata  la  libertà.  Ora  siamo 


' rie  XJIt.  tot.  TI.  /Vmc «1 


n 


il)  aprii*  1SS6 


358  ^^^  DEI   SOaALISMO   IN    ITALIA 

al  terzo,  fi  soq'ì  i  lavoratori  che  chiedono  migliori  condizioni 
più  eque,  e  su  questo  richiamo  l'ikttdnzioDd  roetra,  perchò  i;(ie3| 
*.•  il  gran  campilo  dell'epoca  nostra'.» 

Si,  l'umanità,  ossìa  rumun  genere,  da  secoli  non  pochi 
udito  quello  che  doveva  sapere,  e  Io  ha  udito  dal  Verbo  di  verit 
chi;  Iddio  nlalld^^  sulla  torra  instaurare  omnia;  a  ristorare 
che  l'ordine  sociale,  decaduto  fra  gli  nomini.  Per  la  luce  del 
Vangelo  0  ptir  Topera  dulia  sua  redett:4Ìone,  pian  piano  si  mn 
suefecero  i  barbari,  si  spezzarono  ì  ferri  nei  piedi  dogli  schìa» 
e  i  servi  della  gleba  furono  dall' abbiezione  sollevati.  Coll'ins 
gnaro  che  tutti  indistintamente,  piccoli  e  grandi,  siamo  tìglìuol 
di  uno  e  identico  Padre  celeste,  Creatore  d'ognuno;  che  tutt 
senza  eccezione,  siamo  redenti  con  uno  e  identico  preazo;  chfi\ 
ricchi  od  i  poveri,  (inei  che  chiedon  l'opera  altrui  e  quei  ti 
la  danno,  son  legati  da  reciproci  doveri  di  carit^'i  e  di  giastiinl 
fra  loro;  e  che  prima  d*ogni  altra  cosa  s'ha  da  aver  l'occbiq 
al  regno  dei  cieli,  e  il  resto  vorrà  concesso  per  sopraggiunta; 
è  dubbio  che  Cristo  fece  udire  al  ntondo  ciò  che  doveva  sa[ 
per  mettere  in  buona  armonia  gl'intercesi  economici  cegtì«t 
blighi  morali. 

Il  rimedio  dunque  al  male  del  socialismo  vi  è;  n,  quanto 
condizione  del  luogo  &  degli  uditori  lo  comportavano,  fu  a  ^nS- 
cienxa  indicato  dall' Odescalchi  nel  Partamonto  italiano. 


II. 


Ma  con  ben  altra  cxmpetenaa  ed  autorità  indicoUo  al 
il  Papa  Leone  XUl,  uno  do' cui  primi  atti,  appena  salito  SG 
Cattedra  di  san  Pietro,  fu  l'enciclica  Apostolici  muneris 
29  dicembre  1873,  oolk  quale,  noverati  ì  pericoli  del  socialisn 
ne  additava  lo  scampo  nelle  basi  morali  e  religiose,  sopra 
quali  mostrava  necc-ssario  ristabilire  la  civile  compagnia. 
mava  egli  allora  in  sostaoiìa,  che  sa  Tordine  sucì:Uo  pericol 
ciò  accadeva  perchè  s'era  violato  l'ordine  etieogiuridtoo   D( 
politica  e  manomesso  il  divino  nella  religione.  Quindi,  a  rii 

'  Aiti  ufftc.  pajr.  H.765. 


I  niMBnn 


SóW 


potissimo,  saggorìva  ruuione  di  questi  tre  ordini,  rimettendo  il 
nlijposo  Del  posto  che  tra  gli  nomini  ad  esso  conviene. 

Son  vi  ha  dubbio  cho  la  icUgiono'  ò  funto  primaria  e  legge 
rini,  donde  il  concetto  di  ordine  germoglia  e  si  afforza  e  sì 
perfeziona.  Essa  educa  gli  animi  alla  virtù  e  li  eccita  a  com- 
piere, per  obbligo  di  coscienza,  quello  che  insegna  essere  dovere 
di  eiucum);  penetra  così  nella  società  domestica  come  nellii  ci- 
rile,  e  ne  rogola  le  reUzioni,  arinonixzaado  i  diritti  e  gli  ufScii 
scambievoli  di  padre  e  di  figliuolo,  dì  padrone  e  di  sottoposto, 
di  suddito  e  di  sovrano,  tempt^rando  la  legge  della  naturate 
giuFitizia  con  vuoila  della  rristiana  carità.  Per  consegupoza  il 
Santa  Padre,  qnale  unico  mezzo  di  salnte  dalla  sovrastante  ca- 
tffitrofe  del  socialismo,  inculcava  il  ravvìciuamentr.»  del  fanciullo, 
dell'operaio  e  del  cittadino  a  Gesvl  Cristo  ed  alta  sua  Cfiiesa, 
da  coi  la  millantata  civiltà  odierna  con  ogni  sformo  si  affatica 
di  allontanarli. 

tn  una  parola,  il  Papa  venno  a  dire:  —  Si  conservi  o  sì 
rifaccia  cristiana  la  società,  ed  i  mali  paventati  spariranno.  Qui 
è  il  rimedio  e  non  in  altro.  E  lo  avvisava  già  da  tempo  anche 
UDO  scrittore  non  sospptt/ì,  il  .Tourfi-uy,  il  quale,  filosofando  sopra 
la  fìUlacia  di  tutti  i  moderni  sistemi  di  libertà,  ondo  i  lor  maestri 
fi  propugnatori  han  preteso  felicitare  il  popolo,  soggiungeva: 
<  Studiate  (in  che  volete;  e  Toi  vedrete  che  nessun  materiale  mu- 
tamento ha  virtù  di  appagare  i  nostri  desiderii.  Sottoponete  pure 
h  società  nostra  a  tutte  le  rivolusiioni  che  piiì  vi  piacciono; 
neasnoa  te  darà  mai  le  idee  che  le  ntaucano  e  le  gioverà.  Quel 
fihe  ci  manca  ò  una  me/.za  do;:2Ìiia  di  soluzioni  di  problemi,  che 
il  cristianesimo  già  bene  assai  risolveva,  e  niuno  e  nulla  a' nostri 
'  può  risolvere.  I  tumulti  delle  nazioni  e  gli  sconvolgimenti 
Terni,  meno  che  mai  sono  al  'Caso  di  risolverli.  Chi  ignora 
uno  dell' nomo,  ignora  pur  quoLI"  delhi  società:  orchi  ignora 
U  destino  della  società  è  affatto  incapace  di  ordinarla.  La  solu- 
zione del  problema  politico  adunque  ò  in  una  fede  moi-ale  e  re- 
ligiosa '.  ►  Ed  il  celebre  nomo  di  Stato,  il  protestante  G-uizot, 
pbadiva  la  stessa  verità,  esclamando  :  <  La  religione,  la  religione! 

'  Zhà  seiftimmc  aetiuL 


tlBL  SOCrAUSNO   I»  ITALIA 

Kc<»  il  grido  dell' umauìtà  in  tutti  i  luoghi,  in  tutti  i  tempi, 
eccetto  aloani  giorni  di  vergognosa  decadenza.  Più  il  niorimonto 
sociale  sarì^  vivo  ed  ampio,  meno  la  politica  basterà  a  dirìgere 
l'amanita  agitata  »;  e  volgendosi  alla  Francia,  così  T apostro- 
fava: <  Tu  niancbi  di  fede,  di  speranza,  di  carità.  Se  la  tua 
fede  fosse  piiI  potente,  il  comunismo  ed  il  socìalisnio  per  te  sa- 
rebbero inintelligibili  pait/.ie  '.  * 


UL 


Sappiamo  pnr  troppo  che  il  rimedio  radicale  di  un  ritorno  ai 
principii  sociali  del  cristianesimo  dipende  più  dai  Governi,  clie 
non  dagl'individui;  e  come  il  disordine  politico  religioso,  pei  tristi 
esompiì,  per  gli  scandali,  per  le  empie  leggi  e  per  le  tìranneache 
ingiustìzie,  è  disceso  in  gran  parte  d'Europa  dall'alto  in  basso, 
cioò  dai  Poteri  costituiti  noUo  moltitudini,  cosi  it  ristoramento 
non  pnò  aversi  se  in  qualche  modo  questi  Poteri  non  concor- 
rono all'opera  dei  privati.  Sappiamo  inoltre  che  un  tale  concorso 
non  ò  da  sperare,  finché  il  massonismo  predomina  nei  Governi, 
e  li  trasforma  in  legali  strumenti  di  antìcrìstian esimo  e  quindi 
di  anarchia.  E  questo  è  il  colmo  del  mali  nel  secol  nostro,  giac- 
ché include  uno  stravolgimento  di  cose  appena  credibile;  il  qa&le 
ò  io  cii>,  che  l'autorità,  naturalmente  fatta  por  tutelare  Tordi' 
namento  dei  diritti  e  dei  doveri  sociali,  contraddica  il  suo  line 
e,  per  mero  odio  partigiano  alla  Chiesa,  si  renda  autrice  delU 
distruzione,  o  complice  dei  distruttori  di  tale  ordinamento. 

Or  questa  è  la  condizione  dì  alcuni  Governi,  i  quali,  cadati 
iti  balìa  del  massonismo,  non  si  propongono  più  per  ìsoopo  il 
positivo  bene  del  pubblico,  ma  l'interesse  particolare  della 
e  sopra  lutto  il  negativo,  che  h  se  ristia  aizzare  con  ogni 
mento  le  plebi,  e  contentarsi  di  vederle  imbestialito,  parche 
veggano  cessare  di  credere  e  vivere  da  cristiane  '.  E  siceomi 


*  2>s  in  démaeratie  tn  Prance. 

*  tb  (|ui?«lo  furore  di  odia  nntic ridiano  è  pitt  che  mai  ÌH\aHto  II  Gofcmn  | 
oilìnnia  Kppnbliliea  in  Kramia.  Il  phi  nt.'iMonico  ili  lutti  i  CnTorni  Anrnprì,  a 
tale  clic  il  Ministero  ricevo pM  ordini  dalle  Logge  e  la  pluraliLi  ildli  Camera' 


I  HiuBon  261 

questi  Gororni  hanno  la  ragion  d'ossero  soltanto  dalla  rtvola- 
xione,  d'onde  traggono  ogni  logittioiità,  e  sono  stabiliti  unica- 
muite  per  promuuTore  lo  sviluppo  pratico  di  si  fiitia  rivoluziono, 
eosì  loro  non  cale  punto  né  di  dinastie,  nò  di  prosperità  nazio- 
nale, uè  di  ben  essere  popolare;  ma,  «luale  a  termine  ultimo^ 
mirano  al  pieno  trionfo  del  sistema  massonico,  che  ninno  oggimai 
ignora  essere  la  sorrersione  della  societlk. 

Uezzi  poi  principalissimi,  a  conseguire  questo  finale  intento, 
sono  il  corrompimento  dolio  ideo  o  del  costumo  e  l'impoveri- 
menlo  generale:  col  primo  sì  studiano  di  preparare  un  popolo 
serrile,  perchè  dopnuato  nei  vizii,  e  col  secondo  di  averlo  docile, 
perchè  snervato  dalla  miseria.  Si  pensano  di  tenerlo  p»r  questo 
modo  più  facilmente  soggetto  alla  loro  tirannide;  oè  mostrano 
di  sospettare,  che  nn  popolo  senza  Dio  e  senza  pane  dìventorà 
presto  il  flagello  di  chi  crudelmente  gli  ha  tolto  e  Dio  dal  cu«ro 
e  il  pane  dalla  bocca;  e  legge  di  superna  giustìzia  si  è,  che  i 
Poteri  oornittori  soccombano  sotto  il  ferro  di  genti  corrotte.  La 


«lo,  non  «eooDiJo  Ia  nipnu  i](f;li  i?]eltorÌ,  ma  per  m»n[l«tn  impcntiro  ilcUe  Im/ì^q 
■edoilBf.  drlk  quali  è  mpprcsi'iiunte.  OnO'i^  che,  nella  aii»  rathh,  ({uel  Goiri>riio 
HA  (  nA  frsncesr,  u^  nationalc,  ne  dcniocnlico,  né  repubblicaHo,  ma  puramcnle 
MttrHk  «  cieco  fsrcutore  della  volooti  della  wiu.  la  quah  è  presa  da  unii  cm\ 
lonn  libUlinu  ili  p«r«Pciiiiune  crlMiaiui,  die  |i3s.<3  ol-hì  {Kirte  e  mflCi-  •jfcomi'nlo  dpì 
Haotil  «testi  menu  scnpaU.  Di  fnilP  T^  Chatne  tTCtuon  di  Pnii^i.  periodico  ilcltn 
miMMeriii  vnÌTeralf.  nel  wo  laailemio  dvl  x^nnaio  di'  quest'anno  lS8ri.  pubblica 
Bn  RdutooP  inlornn  al  Congresso  M  grande  orienlc  di  l'>anL-i»,  teiiuiosi  l'uUobri: 
MTaitno  scorto,  mI  f|ii»lf  il  rplalorc.  aiastono  di  prana  wpraOìna,  nc^rbnmenlr  cen- 
■n  b  (jrannia  che  $'i  inirmlolUi  nella  mn^ri^ta;  f  nota  t^pKinlniPRle  «l'intol- 
dei  Duovi  stillali  dell' orhnoCrolio  inn«yviiico,  (luidita  al  pun(4>  chu  dai  ))ai'(^nli, 
ti  per  la  poverli  Cfininu'Uono  i  Inrn  (i[:liii(ili  n  tuli- i^m'lnin,  ^i  l'ictiìFde  pcrruio 
li  obblishiao  a  non  laiciar  (oro  pmìcnre  rn^uii  cullu  idigio^u,  iii>ppurtr  in  ca«i 
rborì  dilla  jcaols.  >  Biasima  ili  più  che  si  sia  ilifTuso  il  discorso  di  mi  orntDi'c, 
in  quel  CODfrreiAO  dichiari':  <  chi<  oFIJcìo  della  nu'^nnorìi  era,  non  sciInmenlA 
lUrre  il  elericatìFrao  (|«i:t:i  r;ninlÌi:Kmo)  ma  «dopcraisi  ancora  a  sbanilire  M 
ltnD;:iii  «rntiiTWDlo  ivlijriom.  »  finalniMiip  ripmYa  die  \a  mns^unem  [i-aneese  <  comi 
■Millo  al  fulu)  dell' iildsmo  «  del  ii3alo]'iali'>nto,  cullo  ancor  e^a  piii  Inlolloranie 
rifltollerantisiiinode)  culli  »;  e  conclude  che  la  uiassonei'ia  in  t'niQCia,  demenuia 
éiU'odro  saLaaico  a  Dio,  si  npara  scmpii-  più  dalla  mnssoiirrii  universale  <  pei  (a- 
BiliinMi  <U>lb  ncpzioni'.  ■  E  ponsurt-  cIk>  i|up«ln  I1.1  oca  ui  mano  U  rniiicia.  nella 
diftriiirge  Inllo  inanlo  ri  h  di  naiioanto  nella  frde,  nrllc  iradiitoni  e  iid- 
awrel 


909  KL  SOCULKHn   I»   ÌTktìk 

quale  rerìlÀ  si  udì  intonata,  il  desembro  del  1834,  nel  comis 
di  oltre  tremila  socialisti  anarchici,  raccoltisi  nella  sala  Lei 
di  Parigi,  quando  uno  degli  oratori  usci  a  dire  :  «  I  bari 
presero  Bisanzio  corrotta!  Ebbene,  noi,  barbari,  distruggerei 
la  società  moderna  corrottissima!  »  Perchè  corrottissima?  Per 
corrotta  dall'opera  di  GoTenii  anticristiani,  faTorili  da  nn'i 
biziosa  0  dissennata  borghesia,  la  quale  si  vanta  di  dar  lo 
rindìrizM  e  l'appoggio. 


TV. 


Stando  adunque  le  cose  come  stanno,  niun  Tondameato  si 
di  speranza  che  i  Governi  mvttan  mano  ai  solo  rimedio  ef 
di  evitare  il  socialismo.  Tuttavia  i  singoli  privati,  quando  il 
lessero,  potrebbero  certamente  far  molto,  per  ritardarne  la 
toria,  0  renderla,  non  fosse  altro,  meno  rutnosa  e  funesta.  Al 
dovrebbe  muoverli,  se  non  l'amore  deir ordine  e  della  pat 
quello  almanco  dell'  ìntiTesso  proprio  e  dolio  loro  famifflie. 

Le  cosi  detto  classi  iUrigentiy  lo  quali  hanno  tutto  da  penj 
o  nulla  da  ii^nadagnaro  in  una  rivoluzione  sociale,  che  sot 
alla  loro  nazionale;  esse  che  formano  il  bersaglio  di  tutte  le 
della  plebe,  messa  su  dai  corifei  dell* anarchia;  esse  che  bi 
professioni  lucrose,  capitali,  officine,  terreni,  ville,  palazzi  e 
sano  sotto  nome  di  signori,  di  ricchi,  di  padroni,  di  pose 
di  quattrinai,  per  nemici,  oppressori  e  arfamatori  del  popolo; 
non  avrebbero  a  contentarsi  di  sterili  esecnizioni  del  gì 
fiitto  che  contro  loro  medita  il  socialismo,  né  di  vano  Ini 
alla  forza  del  Governo,  affinchè  lo  difenda  e  protegga.  AU 
di  più  che  questo  avrebbero  a  Iure,  che  questo  solo  è  ni 
poco  meno.  K  dacché  il  (lovemo  sottostà  non  poco  ai  loro  il 
poiché  esse  molto  possono  su  quel  labile  elemento  che  si  ci 
Xopiniovt  pubblica,  e  più  ancora  su  quella  mobile  aree 
forma  la  massa  del  corpo  elettorale;  perciò  avrebbero  dtki 
perarsi,  acciocchò  il  Governo  sia  costretto  dì  ricorrere  a 
temperamenti  murali  ed  economici,  atti,  più  delle  baionette  e< 
carabinieri,  a  frenare  l'impeto  della  temuta  fiumana. 


niHEon 


963 


L  Toechere1)be  alle  sì^orie  loro  bandire  una  poderosa  crociata 
Botitro  la  piiliblica  Immoralità,  non  solo  per  ciò  che  spulta  ai 
Mstuiiiì  polìtici  e  di  partii»,  dei  quali  è  moda  farisaica  ruffet- 
bra  gelosìa,  ma  piiì  assai  pur  quel  che  riguarda  i  oostiinii  olici 
«d  omani,  dei  quali  non  si  tiene  pressoché  niim  conto;  doviìudo 
bssere  persuase  che,  sopra  le  mutabili  istituzioni  civili,  stanno 
le  immutabili  norme  doli' oneste,  violatele  quali  non  ò  monarchia 
«  democraxia  che  a  luugo  possa  durare.  E  la  crix'.iuta  non  si 
.Trebbe  da  civcoscriroro  a  semplici  roti,  od  arcadicliB  lamenta- 
ieni^  ma  dovrebbe  richiedere  leggi,  e  leggi  severo,  da  appli- 
1  Con  severità  pronta  ed  esemplare.  Né  conrerrebbe  che 
ro  poi  tanto  di  offendere  la  libertà  coli' imbrigliare  la 
«  si  lasciassero  sbigottire  dalle  grida  e  dagrimproperìi 
meccani  e  trafficanti  di  corruttele.  De  re  magna  agitar  : 
ragione  sarebbe  in  ugni  caso  por  loro;  e  sarebbe  pure  uu  gran 
U  poter  pri)VT(*ddre  nel  tempo  medesimo  alta  ragione  con 
interesse  loro,  ed  all'interesse  loro  con  ragione. 

Similmetite  toccherebbe  a  loro  collegarsi,  per  ottenere  in  sul 
nno  UD  alleggerimento  di  tributi,  che  lasciasse  respirare  la 
presse  popolazioni  ;  cos'i  che  per  loro  Tltalia  una  e  rigenerata 
Boa  BÌgnifìcassu  poi  sempro  un' Ittilia,  divisa  in  alTitmatrìce  ed 
affitmftta;  e  non  avvenisse  tanto  presto  che  la  dispera/Jono  fa- 
UBsa  succedere  al  regnante  nazionalismo  un  furibondo  socialismo, 
CMoe  prenunzio  il  3  del  decorso  m&rzo  il  deputato  Bovio  alla 
Camera  di  Jlontecitorio  '.  £  l'interesse  delle  signorie  loro  si 
arvantaggerebbe  insieme  con  quello  delle  plebi,  massimamente 
.rurali:  perocché  il  deputato  d'Arco  dimostra  Tanno  swrso  al 
'adamentii  che  le  eccessive  spese  dello  Stato,  imponoHti  tasse 
r  eccessive,  mettevano  in  certe  province  italiane  i  proprietarii 
terre  tra  il  fullimento,  se  cedevano  le  entrate  del  patrimonio, 
flooflsca  dei  beni,  se  ricusavano  il  pagamento  d^lle  tasse,  e 
ÌTuItA  doi  lavoranti,  se  non  aumentavano  ì  salarii;  tre  coso 
quali  ninna  da  lor  si  poteva  fare. 
Per  Io  che,  apostrofando  i  ministri,  che  negano  sempre  il  so- 
alleggerimento,  e  chiedendo  loro  se  conoscessero  un'  altra 

•4M»  »ffk.  (Kif.  I«,749. 


!2b4  DEL  50CULISHO   IN  ITfcUA 

maniera  di  trarrò  con  eqmi^  il  paose  dalla  formìdabilo  stretta 
in  cui  geiii6:  «  Se  la  couoscete^  diceva  egli,  atmuuziatecola,  ed 
avrete  per  compagni  nell'  attuarla,  non  solo  le  masse  dei  prole- 
tarìi,  non  solo  gli  apostoli  della  nuova  forma  sociale,  ma  anche 
una  parte  dei  prediletti  delia  fortuna;  perchè  davvero  i  gandiì 
ud  i  oonforti  della  ricchezza  sono  d' assai  scemati,  in  qaesta  lotta 
contìnua  di  una  classe  contro  l'altra,  in  quest'antagonismo  feroce 
di  uomo  ad  nomo,  che  prendo  tutte  le  forme  e  si  presenta  in 
tutte  lo  circostanze  \  » 


Se  non  che  bisogna  ooncedero  che,  atteso  il  cozzo  dai  partiti 
ed  il  confondimento  delle  passioni  e  dello  idee  che  turbano  l' Italia  ' 
legale,  un'operazione  politicamente!  collettiva  della  borghesia,  por 
difesa  di  sé  contro  una  rivoluzione  sociale,  riuscirebbe  difBcitis- 
slma.  Mono  difficile  però  si  dovrà  concedere  un'operazione,  dircia 
così,  personale  che,  quando  fosse  praticata  da  molti,  non  man- 
cherebbe dì  buoni  eSfettì.  Or  a  questa  so  non  altro  s' avrebbero  i 
da  attenere  e  da  dare,  non  tanto  per  zelo  di  principi!,  che  forse 
non  li  scaldano,  quanto  per  tutela  d' interessi  che  son  loro  gnui- 
dumente  a  cuore.  Noi  toccheremo  appena  alcani  capi  più  prin- 
cipali. 

Verbigrazia,  posto  che  V  indebolimento  della  fedo  religiMftt 
bilita  nel  popolo  il  senso  morale,  vi  accresce  l'ansia  dell'ai 
per  bene  stare  e  godere,  vi  eccita  l'invidia  di  chi  ha,  beao, 
e  gode  e  s'apre  la  via  a  cupidigie  le  pia  insensate,  i  si 
della  borghesia  dovrebbero  finire  una  volta  di  combattere  o 
giare  questa  fede,  collo  scherno  e  col  malo  esempio,  dilatando^ 
le  plebi  la  miscredenza  e  l'empietà.  Una  plebe  che  non 
Dio,  a  mata  pena  temerà  le  baionette  ed  i  carabinieri;  e  qns 
la  forza  del  ferro  venga  meno,  trascorrerà  in  mille  t>ceei>ii.  È 
questa  nna  verità  che  da  tutti  s'intendo.  E  perchò  non  l'inten- 
deranno oggimai  tanti  di  questi  signori,  i  quali,  benché  sena 
0  con  poca  religione,  non  possono  però  negare  che  oramai  la 


1  ntHEDii  S65 

ToU^toDe  ha  virtù  sufficiento  di  salvare  loro  i  quattrini  e  il 
patrimonio? 

Cessino  dunque,  almeno  per  amor  dei  quattrini  e  del  patri- 
monio, di  spiirlare  sempre  o  della  Chiesa  e  del  Papa  e  dei  preti 
e  dei  frati,  come  se  fossero,  mm  già  nn  presidio  di  siciireiiiìa,  ma 
nn  danno  ed  un  malanno  por  la  società.  Guai  a  loro  se  non  ti 
fossero  i  preti! 

Tempo  fa,  il  Proijrés  Natioìtal  raccontava  che  in  Bordeaux, 
dentro  il  medesimo  scompartimento  di  un  carrozzone  del  vapore 
salivano  due  passeggeri,  un  denaroso  borghese  ed  un  operaio. 
Giunto  che  fu  il  treno  in  una  stazione  delle  Lande  od  apparso 
ivi  un  prete  che  lo  aspottava,  per  montiirvi  dentro:  —  Ma  a 
Che  servono  questi  preti?  esclamò  il  borghese  con  aria  beffarda. 
L* operaio  non  zitti;  ed  il  treno  riprese  il  corso. 

Ad  nn  certo  punto,  quest»)  rivoltosi  al  borghese  gli  disse: 
—  Signore,  eccoci  in  una  contrada  inabitata  e  deserta;  la  sta- 
sene è  lontana:  io  sono  robusto  e  voi  mingherlino.  Se  mi  saltasse 
il  Ucehio  di  strangolarvi,  per  togliervi  quel  che  avcto  con  voi 
e  gitUrvi  dallo  sportello,  che  direste  voi? 

—  Direi,  ripigliè  l'altro  impallidendo,  che  vi  arrischiereste 
invano;  io  non  ho  meco  valori  di  nessuna  specie. 

—  Oh,  non  mentite!  rispose  l'operaio.  Voi  avete  ritirala  dal 
banchiere  tale  dei  tali  la  bellezza  dì  trentamila  franchi  :  io  era 
in  quel  biinco,  sentii  parlarne  e  so  che  li  lotiete  chiusi  in  co- 
testa  valigia. 

U  borghese  allibì,  sndft  freddo  e  si  tenne  morto.  Allora  l'ope- 
nio  con  tranquilla  voce:  —  Rassicuratevi,  signore,  soggiunse;  Ìo 
amico,  anzi  scolare  dei  preti;  per  questo  non  vi  toccherò 
iffate  un  centesimo.  Uà  ricordatevi,  che  i  preti  e  la  religione 
preti  servono  a  qualche  cosa- 


VL 

Servono  persino,  aggiungiamo  noi,  a  con.'iervare  intatta  la  borsa 
ad  un  gran  numero  di  paffuti  ed  imbecilli  volteriani,  che,  in 
lambiD  di  deriderli,  dovrebbero  baciar  loro  i  piedi. 


riÉlMta 


366 


DEL  sor 


Parecchi  si  sodo  quasi  spauriti,  leggendo  nelle  uUirae  sta- 
tistiche demografiche  d' ftalia,  che  vi  si  contano  H'i  diocesi  con 
204G5  parrocchie.  —  Quanti  iMirrochi!  hanno  mormorato;' sono 
troppi  1 

Ah,  sono  troppi?  Ma  so  questi  parrochi  non  si  affaticassero 
notte  e  giorno  a  contenere  nel  dovere  le  popolazioni,  i\  inaltnt- 
tate  dal  QoTerno  e  spesso  da  crudeli  soprastanti,  segnatamente 
delle  ciinipagne;  se  non  predicassor  loro  ogni  fcsbi  cho  il  furto, 
il  latrocinio  e  la  vendetta  sono  in  abhouiinio  a  Dio,  che  lì  pii* 
nisce  con  fuoco  eterno;  8o  non  le  esortassero  alla  pazienza  ed  alta 
nwsegnaiiione.  mostrando  loro  il  premio  nella  vita  avronire;»» 
non  inculcassero  loro  la  soggezione  alle  leggi,  il  rispetto  all'an- 
torità,  la  fedeltà  ai  lor  signori,  la  concordia  coi  prossimi,  oredon 
forse  i  prtidetti  borghesi,  cho  avremmo  ancora  in  Italia  una  parte 
si  grande,  come  l'alihiamo,  di  contadini  e  di  braccianti,  cho  non 
rubano,  non  assassinano,  non  sì  stringono  in  leghe  sottarie,  noB 
congiurano  contro  la  roba,  o  la  vita  dei  possidenti  ?  Forsochè  i 
ligi  ai  suggeritori  di  scioperi  e  gli  adepti  ai  sicofanti  del  so* 
cialismo  si  formano  dai  preti,  nelle  chiese?  Oh,  questi  signori 
TÌDgra/iino  Dio  con  cento  mani,  che  sopraranzino  ancora  alla  per* 
secuzione  tanti  preti  ;  se  non  fossero  i  quali,  non  sappiamo  a  cbe 
punto  sarebbero  le  terre,  lo  case,  le  ville  o  le  officine  di  molti 
e  molti  fra  loro! 

Il  capo  dol  cenk.0,  nel  R«ichstag  di  Germania,  il  glorioso  doi 
tor  ^Yindthorst,  ai  19  febbraio  di  quest'anno,  discntiìndorisi 
leggi  di  repressione  dei  socialisti,  non  dubitò  di  dire  francameli 
qneste  parole  ai  ministri  del  Governo:  «  Oggi  avete  p&rU 
come  80  fosse  in  poter  vostro  il  vincere  la  domocrazia 
stiea,  con  me^.Ki  puramente  materiali,  Questo  ò  il  male  capi 
Hssimo  dei  ndbtri  odierni  Stati,  il  non  volerò  ca^Acitarsi  d 
potenza  delle  idee  e  della  vigoria  della  forza  morale.  Coi  mi 
materiali,  voi  non  arriverete  mai,  uè  son  certo,  ad  abbat 
socialismo.  Al  contrario  ho  sempre  fiducia  che  il  sentimento 
pio  e  ruLìgioso  e  l'efficacia  della  Chiesa  varranno  ad  abba' 
Noi  domandiamo  che  diate  finuluiento  piena  ed  ampia  libe 
ali»  nostra  Cbiesa,  e  sopra  tutto  che  richiamiate  dall' esìlio 


ifitf 


I   fUMKMI 


2b7 


nemici  nati  della  democrazia  socialista,  gli  Ordini  religiosi.  Ma 
qnosto  uon  lo  voleto;  e  fiDchò  continuerete  a  sostituire  «inque 
carabinieri  ad  ogni  Religioso  che  discacciate,  e  dieci  ad  ogni 
Suora  che  {iroscrivete,  non  raggiungerete  mui  lo  scepo  vostro. 
Bidonateci  gli  Ordini  religiosi,  e  noi  vi  ringrazi  eremo  della  tu- 
ela  che  ci  uvroto  concessa  ctjutro  ì  socialisti.  » 

Dalle  quali  savie  parole  del  Windthorst  impari  la  nostra  bor- 
ghesia liberalo  rìrroparubilo  nocumento,  che  ha  recato  a  sé  me- 
desima ed  a'suoi  proprìi  interessi,  coll'oppriiuere  il  clero  e  di- 
sereditarlo, eoi  dispordore  i  frati  e  disseniJDaro  nel  popolo  la 
irreligione.  Questo  gran  delitto,  accompagutito  coli' altro  enormis- 
Btmo  dei  latrocinio  dei  boni  dolla  Chiusa,  rendono,  a  parer  nostro, 
berìtabile  una  preralen^ca  del  sociiilismo  che,  cun  pena  dì  ta- 
gUone,  opprima  alla  lor  yolta  gli  oppressori  e  strappi  lor  di  mano, 
M  ben  loro,  il  bene  che  hanim  a  Dio  sacri  le  i^umento  rubato. 

Ci  pensino  pertanto  i  nostri  borghesi,  atterriti  dall'odio  che 
érocemente  contro  di  loro  serpeggia  uollu  plebi,  da  loro,  per  vie 
dirette  o  indirette,  rifinite  e  scristianizzate;  e  smettano  di  av- 
lìlire  i  ministri  della  r\;lÌgÌone,  dei  quali  dorrebbero,  ragionando 
Mnpre  e  solo  d'interessi,  fare  almeno  quol  conto,  che  fauno  dei 
carabioieri. 


VU. 


In  secondo  luogo,  questi  signori  dovrebbero  esercitare  una  sa- 
ubre  influenza  sopra  il  gioruatismo  che,  per  due  terzi,  si  regge 
loro.  Essi  per  lo  piil  sono  i  sostenitori,  i  patroni,  gli  azio- 
idsU  di  qriasi  tutti  i  giornali,  che  sì  diffondono  nelle  province 

nello  oitù,  uon  tiiuto  coir  abbonamento  fìsse*,  quanto  colle  spac- 
Mo  avventìzio  a  un  soldo  per  numero.  Questi  poi  sono  i  più  letti 
lai  popolo  nullo  osterie,  noi  caffi),  nei  ridotti;  o  twssonu  sugli 

imi  infìuitamente  più  dei  maggiori  giornali,  supposti  seni  e 
Nlitici,  ma  scarsi  di  lettori  e  tenuti  ritti  in  buon  numero  coi 
Mi  detti  fondi  segreti,  provenienti  al  Governo  dal  meretricio 

ibellato;  legione  di  giornali,  che  il  deputato  Cavallotti  chiami^ 

obbrobrio  della  letteratura  e  dell'arte  di  Gutteuiboi^.  » 


^(i8 


DEL   SOGALISUO   IN   tTAUA. 


£  r  influenza  avrebbe  du  mirare  a  rendere  questi  gìor'oaliJ 
viventi  por  ordiuario  di  menzogne,  di  scandali,  di  luzxi,  dì  be-j 
stemmio  e  di  lordure,  mon  peruiciosi  alla  pubblica  morale,  elit 
fosse  possibile.  Le  loro  signorie  fanno  sienramento  una  guemj 
spietata  ai  giornali  che  attÌK/.'Lno  i  rancori  fra  ordino  e  ordine 
di  cittadini,  e  predicamo  la  guerra  dei  poveri  contro  i  ricchi,  d«ij 
proletarii  contro  i  possidenti  ;  e  bene  sta.  Or  perchè  non  la  faoi 
uguale  agli  altri  che,  con  indefesso  lavoro  di  corruzione,  pi 
rano  la  guerra  medesima  sotto  i  lor  occhi?  Forsechò  il  socialismo] 
non  ò  uaturale  conseguenza  delia  immoralità  popolare?  Forsechd 
ogni  alimento  sottratto  alla  immoralità^  non  è  sottratto  al 
ùaMsmo  ? 

La  stessa  cosa  è  a  dirsi  delle  scuole.  LMnteresse,  il  puro 
pretto  interesso  della  borsa,  dovrebbe  indurre  la  borghesia,  itó-* 
naccinta  appunto  nollii  borsa,  a  ctìrcaro  un  riparo  nella  edu 
cazione  cristiana  doi  figliuoli  dei  popolo  e  in  quel  benedet 
catcchìsiao,  che  è  Torco  dei  maestri  di  socialismo  e  di  anarchu 
perchè  d*ogni   buono  e  santo  ordine  è  fondamento.  Sappii 
di  una  città  doli*  lUtia  centrale,  il  cui  Municìpio  mise  anni 
sol  tappeto  nel  consiglio  la  questione,  se  rinsegnamcnto  dot 
techismo  fosse  o  no  da  conservarsi  nelle  scuole  comunali.  U  pU 
ardente  proptiguatoro  della  sua  couservaziouo  s' iudovinerehbe 
chi  fosse?  Ko  un  ebreo,  il  quale  vinse  il  partito,  con  questa  «• 
gione  da  buon  ebroo:  che  il  catt.!Chismo,  vìotando  nel  quinto 
mandamento  di  Dio  il  rubare,  provvedeva  alla  sicurAzza  deE 
roba  dei  cittadini. 

Il  qual  ebreo  ò  anche  oggidì  imitato  da  u^  certo  signore 
sìdente  di  vaste  terre,  che,  subbene,  per  sua  disgrazia,  forse 
creda  in  cuor  suo  nò  meno  al  pan  bufotto,  pure,  quando  va 
sue  fattorie  a  fare  il  saldo  coi  contadini,  li  raduna  tutti 
lameute  insieme,  tien  loro  un  discorso  da  santo  Padre,  e 
menta  loro  ben  bene  l'inferno  che  s'incorre  dai  ladri;  usaaì 
ripetere  agli  amici,  i  quali  di  ciò  lo  motteggiano:  —  Amici 
la  religione  è  una  sì  necttssarìa  cosa  per  l' interesse  nostro,  el 
se  Don  esìstesse,  bisognerebbe  crearla. 

Kitongauo  dunque  per  ferme  i  signori,  ai  quali  preme  il 


I  nmRDn  ^&é 

dBco  possesso  di  quel  che  ìiann»,  fhe,  a  guarentirlo  loro  dal 
socialismo,  vde  più  un  poco  di  dottrina  cristiana,  calcata  nella 
mente  dei  popolani,  che  non  tatti  gl'idillii  alla  libertà,  al  pro- 
cesso, alla  ciriltà,  alla  grandezza  della  patria.  Tolta  la  fede  e 
la  coscienza,  la  patria  d'ognuno,  in  Rn  dei  conti,  si  riduce  alla 
famìglia  propria  ed  al  proprio  bò  stesso.  IL  reato  tS  ciance  e 
ani  la  più. 

Vili. 

Ud  altro  rimedio  contro  il  socialismo  la  borghesia  troverà  nel 
campiere  i  doveri  suoi  più  sacri  di  giustizia  prima,  e  poi  di  ca- 
riti Terso  i  suoi  sottoposti,  contadini  ed  operai;  nel  trattarli  con 
bencvolena;  nel  non  palparne  le  passioni  per  acattare  aura  dì 
popolarità,  e  nel  modorari'  un  lusso  che  li  scandalizza  e  li  pro- 
roea  ad  indignazione.  La  democratica  Italia  dì  Alilann  stampava, 
il  *23  febbraio  scorso,  una  lettera  del  conte  Igna^tio  Lana,  che 
&iaesto  proposito  contiene  buoni  documenti.  «  Mentre  vedo  uma- 
nità, cosi  egli  si  esprime,  in  qualcuno  ìudìcato  (iiialc  aristocra- 
|tioo,  ne  vedo  ben  poca  in  molti,  che  fanno  professione  di  demo- 
crazìa e  van  mitingando  prò  popttfo;  come  sarebbe  il  conte  A.  M. 
.senatore  del  Begno,  ricc«  signore  aristocratico  di  nascita  e  più 
ancora  di  principìi,  ma  che  ai  ò  messu,  per  note  ragioni,  a  tin- 
gersi da  democratico,  pnssidente  di  popolari  meetingsy  e  grande 
peroratore  dei  diritti  della  piazza:  pagando  però  soli  cinquanta 
centesimi  la  giornata  ai  suoi  braccianti,  e  retribuendo  con  eguaio 
generosità  o  filantropia  democratica  gii  altri  suoi  soggetti.  E 
dissi  di  questo  signore,  per  nominare  un  pesce  grosso,  ma,  pur 
trijppo,  sono  molli  cho  mangiano  i  loro  buoni  bocconi,  o  spre- 
cano in  immodesto  lusso,  mentre  i  loro  poveri  contadini  non 
hanno  pane  per  ìsfamarsi.  E  godo  ripetermi:  fra  questi  ve  ne 
ha  molti  che  in  piazza  e  nei  meefittgs  fanno  professione  di  de- 
mocrazìa, e  lamentano  le  condizioni  miserrime  del  povero  popolo: 
ciò  cho  li  rendo  più  condannabili  ancora  dì  quel  predicatore,  no- 
tortamento  conosciuto  per  vizioso  e  ghiottone,  ma  almeno  sin- 
iro,  cho  dopo  aver  predicato  T  astinenza  ed  altre  virtù,  conclu- 
deva ;  Fati  quel  cke  dico  e  non  guardate  a  quel  che  fo. 


270  DEL  SOClAllSIIO  m  ITALIA 

«  La  è  una  vera  vergogna,  dir&,  anzi,  una  bricc^aata,  noo 
disgianta  da  stupidaggine,  quella  manìa  in  certuni  di  spendere 
ÌD  vànìU  e  io  lusso,  cho  poi  non  procura  nessuna  di  quelle  oo- 
modjtà  della  rìta,  che  gli  inglesi  indicano  e  qunlificiLno  con  U 
parola  comfort,  e  consumare  in  fumo  migliaia  o  migliaia  di  lire, 
mentre  si  nega  ai  poveri  contadini,  che  ranno  dì  porta  iu  porta 
elemosinando,  lavoro,  per  ìsfamiir  sa  e  la  famiglia. 

*  Signori  stolti,  riflettete  che  il  lusso  ri  rovina  e  vi  reude 
ridicoli,  mentre  lo  spendere,  nel  dar  lavoro  ai  poveri,  vi  arric- 
chirebbe presso  Dio  e  presso  gli  nomini  dabbene.  Catcoliit«  olia 
la  spesa  di  an  solo  paio  di  guanti  sfamerebbe  per  nn  giorno 
una  famiglia  dì  contadini. 

«  Ma  che  dir  poi  dovrei  di  coloro,  che  non  vivono  che  per  am* 
massar  quattrini,  lasciando  che  il  povero  soGfra  per  mancanu 
di  lavoro?  > 

Le  quali  parole  encomiando  il  signor  Oldofrodi  Tadinì,  vi  ag* 
giungeva  queste  altre,  che  si  leggono  nel  numero  dei  9  marni 
dello  stesso  giornale:  e  L'amico  mìo  conte  Lana,  parlando  d«Ì 
guai  degli  agricoltori  e  dì  certi  ricchi  proprietari  che  si  fanno 
filantropi  a  parole,  ha  dimenticato  dì  toccare  una  delle  prìnn- 
pali  cause  del  malcontento  dei  contadini,  I  grossi  proprietari! 
mai  0  quasi  si  pongono  a  contatto  col  contadino,  lasciano 
ai  loro  fattori  ed  amministratori,  i  quali  hanno  un  interesse  gì 
dissimo  che  il  colono  non  possa  avvicinare  il  proprietario  e  fax 
conoscere  i  suoi  bisogni,  i  suoi  reclami.  Questi  fìkttorì  ed  am- 
ministratori sono  per  tal  modo,  in  generale,  veri  despoti,  e^ 
il  rontudino,  por  timore  dì  essere  fatto  oggetto  dì  vendetta, 
soffre,  oppure  per  vendicarsi  ai  fa  infedele.  I  grandi  proprie 
che  il  guaio  maggiore  è  nei  vasti  possessi,  dovrebbero  m^lio 
informarsi  de' loro  affari,  avvicinare  ÌI  colono,  vedere  che  loMW 
tibitiizioni  sìeno  salubri,  che  il  lavoro  sia  equamente  distribuito 
e  retribuito.  » 

Cose  tutte  son  queste  eccellenti  ed  ottime,  come  ognun  vede, 
e  dì  non  tenue  vigore  a  medicare  la  piaga  del  socialismo,  sa 
dai  più  si  effettuassero.  Imperocché  nel  fondo  della  questione  chQ 
gli  ha  dato  origino  e  lo  tion  vìvo  o  bollente,  stanno  sempre  di 


^ 


t  itmemi 

ritti  0  doveri  di  giustìzia  ed  usserranze  di  carità,  dal  cui  atto 
prttico  dipenderebbe  il  farlo  sparirò,  se  i  biechi  artificii  di  sòU» 
Dffiinde  non  s'inframmettessero  ad  inasprirlo. 

Altru  sarebbe  a  dire  del  riposo  e  dolla  san  ti  fi  camion  delle 
feste,  che  i  capi  di  officino  e  i  padroni  dovrebbero  pronmoven;, 
per  iitipedire  che  ì  loro  sottoposti  non  imbestialissero»  lontani 
da  ogni  pratica  religiosa,  da  ogni  confortai  di  parola  divina.  Ma 
di  questo  punto  amiamo  ragionare  più  posatamente,  e  lo  friremo 
ttn'altra  volta  con  più  agio. 

Adogai  modo  l'avere  acwnnato.  cast  |ìer  le  generali,  questi 
TÌmedti  non  sarà  inutile,  poiché  il  gran  bisogno  che  si  ha  oggi, 
QOQ  è  9<)]an)ente  di  ricondurrò  la  parte  traviata  delle  nostre  plebi 

migliori  consìgli,  ma  di  convincere  gì' innumerevoli  biasima- 
tori del  traviamento,  che  se  ancor  essi  non  sì  rìmettflno  nella 
retta  strada  e  non  tornano  ai  sani  prìricipìi  della  morale  e  della 
religione,  che  secoli  di  pace  sociale  fruttarono  già  all'Italia,  e 
OOQ  si  adoperano  a  farli  prevalere,  omnes  simul  peribitnt,  an- 
iQo  ancor  essi  a  catafascio,  con  tutto  il  loro  nazionalismo 
ilosoo;  ed  a  hnona  legge  si  potrà  dire  di  loro: 

Chi  è  causa  del  suo  mal  pianga  sé  stesso. 


UN  NUOVO  LIBKO  SUL  SILLAISO' 


Il  tera>  capitolo  della  secoQiIa  parte  del  libro  del  slgQor  Boa- 
seboeuf  è  la  parte  piii  ToluiniQOsa;  dacché  si  espengono  io  es» 
ad  una  ad  aaa  te  otlont^  proposizioni  dei  Sillabo.  È  inuUte  eh« 
avvortiamo  di  non  poterci  occupar©  <1Ì  tutte  e  singole,  sarebbe 
un  non  Unirla  per  adesso:  ci  basterà  pertanto  notare  qui  e  coli 
alcana  cosa;  rimettendo  il  re^to  alla  sogacità  e  dottrina  del 
lettore,  se  è  in  istato  di  potere  in  tali  materie  giudicare  da  si; 
nel  caso  contrario,  quel  poco  che  ne  diremo  servirà  a  metterlo 
in  guardia  pel  rimanente.  In  generale,  ci  duole  dirlo,  ncIU  sua 
spiegazione  il  signor  Abbate  o  non  coglie  nel  segno  n^^  si  mette 
nel  vero  stato  della  questione,  o  dà  in  equÌToei  ed  inesatte^» 
alcuna  volbi  anche  pericolose,  specialmente  quando  parla  dei  di- 
ritti della  CUiosa  come  società  e  di  quelli  dello  Stato. 

V.  Proposizione  IH*.  Hatìiana  ratio,  nullo  prorstts  re- 
spectu  Dei  habito^  unicus  est  veri  et  falsi,  boni  el  mali  at- 
biteti  sibi  ipst  est  lez;  et  nafuralibus  suis  vìribm  ad  hominum 
ac  jfoptdorum  bonum  curandum  sufficit  *. 

Questa  pniposizione  contiene  socoudo  il  nostro  Autore  (p.  125) 
due  parti:  nulla  prima  delle  quali  si  condanna  chi  affermasse  che 
la  ragione  umaua,  considerata  sen^ia  veruna  reloTiiono  a  Dio,  è1 
V  unica  regola  del  Tero  e  del  falso,  del  bene  e  del  male,  e  legge 
a  sÈ  stessa;  nella  seconda  si  proscrive  chi  dicesse  che  la  stesati 
ragione  umana  è  sufficiente  colle  sue  forze  naturali  a  procurare 
il  bene  dogli  nomini  e  dn' popoli,  [^asciamo  stare  la  prima  parte 
in  cui  il  Bossel>i>euf  parla  sufficiontemente  bene.  Ha  la  spiega-j 
Kione  che  dà  poscia  della  seconda,  non  è  esatta.  Conciossiachft* 

'  Vedi  «itwtl.  8(V1,  |w?-  I.*)S  e  Mgg.  del  piysente  volume. 
*  Alloc.  Marima  quidem,  9  |Ìugno  1861 


SUL   «  SILLAOO  >  273 

parlandosi  nell'ipotesi  non  dì  uno  stato  quatunqm  possibile»  ma 

É quello  delia  presunle  ocotiumìitt  eh»  <i  sUto  di  elevazione  al 
9  soprantiatnrale,  fa  diiopo  negare  alle  forze  naturali  della 
ngione  ogni  possibilitii  dì  coordinare  ad  esso  gli  uomini  ed  i 
popoli.  Or  il  nostro  Abkit<i  si  passa  al  tutto  di  ciò,  e  crede  possa 
bastargli  il  dimostrare  con  l' esperienza  di  quattromila  anni  che 
la  sola  ragione  non  giunse  di  fatto  a  render  fuiico  il  genere 
nmsno:  epporò  propone  la  proposi KÌone  vera  da  tenersi  no' ter- 
mini seguenti:  Par  ses  propres  forces  uaturdles,  elle  (la  raison 
bnmaine)  ne  suffit  pan  fx  vxn  à  pracurer  le  bonìieur  des  ìn- 
'iiridus  et  deif  peuphs  '.  Alla  ragione  lasciata  a  sé  stessa  si  dee 
oegaro  la  siifBcìonm  non  solo  riguardo  al  fatto,  ma  eziandio 
riguardo  alla  possibilità^  e  questa  non  pur  solamente  morale  sìa 
tmtmÌHm  quid  sia  simpUcìfer,  mvi.  ancora  Jisim.  Donde  appa- 
risce, che  perchè  s'abbia  il  vero  senso  dell'errore  del  razionai isuio, 
ooDdannato  in  quella  seconda  parte,  non  puossi  menar  buona  la 
pirentesi  del  Bosseboeuf  —  t&uU  Uiéorie  sur  les  forces  de  la 
nison  et  la  puissajjck  de  la  ììberté  kumaine  mise  de  còtr  — . 

*eift  ai  permette  agli  avversuril  V  antecedente,  (ed  Ò  q,uel  che 
importa)  e  si  nega  il  conseguente,  per  una  ragione  che  pro- 
priamente parlando  non  vale  a  dirimere  la  questione. 

2".  Proposizione  VI*.  ChrisU  Jidss  humanae  refragatur 
^màioni;  divinaque  retelaiio  non  solum  niiiil  prodesiy  venim 
iw»  nocet  lìOminis  per/ectioni. 

Dopo  aver  detto  che  non  v'  è,  né  vi  può  ©ssere  opposizione  tra 
k  fede  e  la  ragione,  poiché  amendue  vengono  da  ima  e  stessa 
tbtite,  cioè  da  Dio;  il  nostro  scrittore  passa  a  spiegare  in  che 
Onsista  Terrore  condannato  nella  2'  parte  d'ella  proposi KÌuiie. 
Esso,  dice,  apparisce  di  per  so  :  conciossiachò,  su  la  ragione 
umana  fosse  infallibile  e  vi  potes.S6  esser  opposizione  tra  essa 

É  rivelazione,  si  capirebbe  subito  che  questa  é  inutile  e  nociva 
prima.  Ma  una  volta  che  questa  opposizione  non  v'ì',  la  ri- 
TeIaìdoQO  est  graudement  ufih  à  rimmanité  pocit  dosskr  ti  la 
mriti  morale  et  religieuse  use  ivutcsios   plus  OfiSKR.aK,  jj/tw 


1^*^ 


(•n?.  126, 

Xltl.  voi.  II.  feuf.  861 


18 


20  aprite  1886 


?74 

pRoupTK  et  pfus  siìRg,  ciò  cho  non  può  faro  la  Filosofia  '.  Questo 
è  ferissimo  ma  uon  è  tutto,  anstl  è  il  ineQu.  Il  Bosseboeuf  (p.  131) 
rìeorro  aU'  Enciclica  *  Qui  plurìbus  «  da  cui  ò  statai  presa  la 
pFopo3Ì:iÌoim  stessa,  a  ne  cita  iid  brano  per  proraro  non  poterrì 
essere  disaccordo  tra  la  ragione  e  la  fede.  Ma  perchè  non  serrìrsi 
altresì  di  ([uauto  soggiunge  rimmortalo  Pontefice  per  eeporre 
anche  la  seconda  parte?-,  atque  ita  sihi  mutitam  opetnferaìU, 
ui  reda  ratto  Jidei  veritatem  <hmoiistre(,  Itttatur^  de/endal; 
Jìdes  vero  ratìonem  ab  omnibus  erroribus  MBKKirr,  eatrujne  dhi- 
narum  rerum  cognilione  mirijiee  UiLCStsot,  cosfibmrt,  aiqiu 
pkbpicut'? 

Ecco  come  parla  Pio  IX.  Questa  quadruplice  utilità  &  non  solo 
precipua,  ma  ej^tandio  di  somma  importanza;  ed  essa  vuol  essere 
esposta  e  messa  bene  in  vista,  Unto  pift  che,  chi  ben  riflptta. 
con  ciò  veramente  si  rispondo  ai  razionalisti,  negando  essi  l'uti* 
lità  che  Ti  sarebbe  per  riguardo  non  già  alla  difftiaione^  mft 
alla  stessa  ragione^  coli' asseverare  stoltamente  che  questa  nea. 
distrutta  dalla  fede,  perchù  legata  ed  inceppata  dal  Domma. 

3  .  Proposizione  Vili'.  Quum  ratio  humana  ipsi  rdigionl 
aeguiparetitr,  idcìrco  theologicae  dicipiinae  periiide  ac  jihilo' 
sophicae  tracf^ndae  suni. 

Il  Bossoboenf  in  dichiarazione  dolla  prima  parte,  dopo  avere 
affermato  che  sotto  diverso  rispetto  la  ragione  ò  sufìfriore,  eguale, 
inferiore  alla  fede,  così  parla  qaanto  al  primo  membro  :  sous  ìa 
rapport  de  la  cerfitude  si4biective,  de  la  fermetè  personnelle  et 
réftexe  de  Vadhésion,  de  Ventendemenfj  la  raison  l'emporio  sitr 
la  fot'.  Per  verità,  diversamente  sogliono  parlare  l  Teologi 
Questi  infatti,  allorché  discorrono  della  relazione  tra  lu  fede  e  la 
ragione,  alTormano  tutto  il  contrario;  cÌot>  che  la  fode  h  superiore 
alla  ragione  se  si  riguarda  la  femwzza  dell'adesione,  dìsthh 
gueudo  solo  X ap'^etiai'we  dall' ni/etistev.  Non  fa  di  mestieri  chft 
riportiamo  qui  tntlo  quanto  ossi  dicono  su  tale  materia.  Ma  h 
fuor  di  dubbio  che  l' alformaziono  cosi  assoluta  del  Bosseboeat 

'  Epistola  Cncvxlica  <  Qui   pinribus  »  fi  nav.  tSIO.  Ynluì  aaclie  Coik.  Tot 
C(»iÌL  Dwn.  e.  2.  ^ 

'  Pi?.  13«. 
>  Parp.  13M3S. 


St't   «  SILLABO  »  975 

non  ro^ti  a  Tronto  della  crìtica  e  del  modo  di  parlare  preciso  od 
esatto  dei  Dottori.  Ci  basterà  citaru  rAngcIieu  8.  Toiumufio,  il 
qual6  &1  3.  doUo  Seotonzu  D'tst.  '2Z.  q.  2.  u.  2.  sol.  3.  ufferma 
che  yidfA-  ìtalet  tnaìotem  certiltidinem  (juanium  ud  piuicitatkii 
ADtuKSiOMs,  qtiamsii  cerlUudo  scieniiae  vet  itttcifecf us ;  quamvis 
in  scienlia  et  inttlUctu  sit  maior  evidentia  eorum  quihtm  as- 
MHtitur.  £  proprio  ta  cuutrudittoria  di  quanto  alfurma  il  nostro 
Abbate!  Mu  come  va  che  ogli  pur  cita  il  S.  Dottoro  a  cunrorto 
dotla  8Q&  afformaìitonu?  Kppiiro  è  un  fatto!  Farciamo  prima  dì 
tatto  osservare  che  il  Card,  de  Lugo  afformando  che  contmunis- 
sùìia...  et  vens:iitna  Theologorum  sententia  est  /idem  ease  cerlio- 
rem  aliis  cognUionibus  evidentibm  naturalibtéS,  qttai  reffulo 
ì'iUr  habemm,  cita  l'istesso  luogo  dell' Angolico  Dottore  indicato 
dftl  Bosseboouf.  )Ia  sin  r-iilla  di  ciò;  esatiiiuiaiuo  brer^ìmente 
il  passo  stesso  dell'Aqaiuatij.  Kglì  pertanto  nella  Soraiiia  Teolo- 
gica 2.  2.  q.  4.  a.  3  disti  ngiifj  lii  cortezza  t;z  parte  causaae  et  ex 
^te  subiecli:  quindi  pone  tre  conclusloai.  La  prima,  considd- 
tando  la  cosa  ex  parie  cnussae,  Jides  est  gsrtiok;  la  seconda, 
considerandola  ex  parte  subiecti,  Jidea  est  xiNns  certa  ;  la  torza, 
&S8olatanwnt«  parlando  Jides  est  suplicitbb  ceekob,  alia  sunt 
eeriiora  seocsDux  qciD.  Donde  appariscono  subito  due  cose  :  Pri- 
nierameute  il  mudo  di  parlaro  assoluto  dui  nostro  Ab1)ato  non 
viene  giustificato  dal  luogo  del  Santo  Dottore;  secondariamente 
Dun  si  dura  fatica  a  rapire  dove  stia  l'abbaglio  preso  dal  Bosse- 
bwaf.  Questi  ha  intesa  per  certezza  soggettiva  quella  che  l'An- 
gelico dice  ceYiez7A  ex  parte  subiectì,  senza  fare  attenzione  che 
il  Santo  Dottore  nelia  certezza  ex  parte  subiecti  considera  in 
questo  luogo  solament-e  quello  che  sarebbe  ciucia  dell'  assenso 
ileterminaniL*  nella  ceguizione  naf arale.  Alio  modo  palesi  con- 
iiderari  certìtudo  ex  parte  subiecti,  et  sic  dicitur  esse  certius, 
^cen  ELESius  eonsequitur  inleliectus  homim's;  et  per  hunc  tno- 
ium  quia  ea  qitae  sunt  Jidei  sunt  supra  intelledum  komims-, 
non  auU:nt  m  gtuie  subsunt  tribus  praedicUs  (sapientiao,  scien- 
liae,  \niiA\t(t\A\\\  ideo  ex  hac  parti  Jides  est  minm  certa.  Dalle 
la&li  parole  il  nostro  Abbate,  senza  muli»  studio,  avrebbe  potuto 
»do?ato  capire  che  S.  Tommaso  considera  V evidenza  e  non  evi- 


976 


vy  vvovo  uano 


(lenza  dell'oggetto,  o  che  perciò  parla  della  certezza  che  suole 
deuorainarsi  oggettiva,  non  soggettiva:  cioè,  parla  dellii  cognosà 
biiità  dell'oggetto  e  non  dell'  assemo  che  ad  essa  oorrisponde, 
e  tien  dietro.  L'Aquìnate  distingue  nel  soggetto  oonoscente  dae 
cose:  visionem  et  assensum  ';  nel  corpo  dell'articolo,  da  cui  è 
tolto  il  presunte  tratto,  parla  della  prima,  quando  dice  di  cossi 
derare  la  certezza  ex  farle  subiectiy  e  snol  chiamaci  certezza 
oggettiva;  del  secondo,  che  viene  importato  per  la  certezza  sog' 
gettiva,  parla  esplicitamente  nella  risposta  alla  terza  difficoltà: 
Iterfectio  iniellecius  et  scientiae  excedit  cognìfinncm  Jideì  quan- 
tum ad  iLVJORBX  XAMPESTATio.NEi,  HO»  (amen  quantum  ad  ceh 
TioKEJi  niuiRsioxE».  Coucordemente  airAngelico  parla  ti  s^^rafìco 
Dottore  S.  Bonaventura  (3.  Disi  2S.  a.  I.  q.  4.):  Est  córtiitiào 
SPKCCLATiosK  tt  cst  certitttdo  iPHACSiON'is...  Si  ìoquamur  de  ctf' 
iltttdÌM  adhaesionis,  sic  maior  est  certitttdo  in  ipsajide...  ResU 
pertanto  dimostrato  il  brutto  equivoco  preso  dal  Bosseboeuf,  t 
diciamo  anche  pericolóso^  in  quanto  che  solo  per  esso,  è  giusto 
il  non  dubitarne,  egli  ha  scritto  una  propo8Ì;«ione  che  non  può 
reggere  innanzi  alla  ragione  ed  alla  dottrina  commanissima  e 
verissima  di  tutti  1  Dottori  cattolici. 

Né  minore  ci  sembra  la  confusione  con  cui  ò  esposta  la 
2"*  parte  della  Proposizione.  La  seconde  partii  de  la  prop<m 
iion,  d/rivani  de  la  première,  les  rfjlexions  précédentes  Ihtnt 
laute  diffìCiiW^^,  Vergiamo  se  l'esposizione  ci  dica  qualche  con 
di  più  chiaro.  La  tkéologie  et  la  phitosophie,  —  ot  c'est  Ìcl  I 
eondition  et  la  garantìe  de  leur  grandeur  et  de  leur  dignité,  - 
ont  chacane  leur  domaine  dìstinct,  leur  mrtkode,  leur  pro<M 
iì  part,  à  Paidf  dcsquels  elles  gravifent,  traraillent  et  ckerchen 
tibrement  *.  Mai  no,  signor  Abbate.  La  filosofa  ha  un  dominio 
metodo,  modo  di  procedere  distinto  s\,  ma  sitbordinato  per  ri' 
gnardc  alle  sue  conclusioni  alla  Teologia:  quesU  brero  pareli 
tralasciata  rende  sospetta  quella  proposizione:  sa  questa  bn)T' 
parola  foese  stata  espressa,  la  frase  «  chercJtcnt  ubrkilent  »  t 

<    IM    Vrritatf,  q.    U.  4.  1  ad   Ld">. 
^  l>n;.  140. 
»  Iti. 


SUL   «  SILLABO  > 


277 


sarebbe  rimasta  nella  penna;  pcrchò  3arob1}0  apparso  ad  ondenza 
che  essa  non  era  contauuta  nelle  premesso.  Pili,  questa  breve 
parola  ò  la  sola  che  gardintisco  lit  vostra  parentesi;  perchd  la 
condizione  e  sicttrtà  tanto  della  graitdez;ta  che  della  dignità  della 
filosofia  consiste  appunto  in  ciò,  che  questa  è  e  sì  svolge  suhordi- 
natamctite  alla  Teologìa:  chó  la  grandezza  e  dignità  della  filosofia 
ooosiste  Don  già  nel  formar  sillogismi,  accumulare  afferiuazioni  pid 
0  meno  peregrine,  presentare  considerazioni  pia  o  meno  sublimi, 
sì  bene  uel  coglier  nel  sogno,  mentre  giusta  il  suo  metodo  pro- 
cedere dar  nel  vero  e  non  nell'errore:  a  ciò  serve  il  tener  sempre 
d'occhio  griasf^namontt  della  sacra  scienza,  perch'^  Jides  rnth- 
nein  ah  innniòus  errar ibtitì  liberata  Pio  IX  nella  sua  Lettera 
Tua»  lìbenter,2\  dee  18G3,  scrìveva:  Quamvis  enirtt  naturales 
Ulne  disctiilinae  suis  propriìs  ratione  cognifia  principUs  nì- 
iantiir,  catholici  inmen  earum  cultores  divinam  revftafionetn 
peluti  KHCTHicEM  stella7n  pra^!  oollis  habkant  oporfet,  qua  praetu- 
ixtite  sibi  a  syrfibus  et  erroribrts  caveaiU,  ubi  in  auis  isvestioi- 
^BOXIKUS  et  comiESTATiOKiBus  animadvertant,  posse  se  iUìs  addttci^ 
^Hf  UKPissniK  accldit,  ad  ea  proferenda,  qme  plus  mìnusve 
^mveritentur  infaUibili  rerum  rcriiati,  'ptae  a  Beo  retelatae 
fmre.  Quel  elterclisiit  librement  sparisce  dirimpetto  a  cosi  chiare 
panile!  Qitapropter,  c'insogna  ancora  il  felicemente  regnante 
Pontefice  leeone  XEIl,  qui  philosophiae  stmlium  ctitn  oasBqujo 
fidei  christianae  coniunfptnt,  ìì  optihk  philomphanlar  '. 

Nel  resto  che  il  Bossuboeuf  va  dicendo  a  [lag.  HO,  dobbiaui 
confessarlo,  non  ci  riesce  di  vedere  una  esposizione  della  seconda 
parte  della  proposizione  a  cui  si  riferisce.  Tutto  si  riduce  a  questo: 
La  teologia  e  la  filosofia  altro  non  sono  che  la  stessa  ragione 
ui»ona(?!)  che  viene  a  dedurre  conclusioni  rigoureuses,  néces- 
saires;  per  la  prima  partant  des  donw'es  de  la  Hh^étaUon..., 
par  la  seconda  des  données  da  bon  sens...,  e  che  perciò  queste  due 
scienze  procedono  d'une  facon  tout  à  lafois  distincie  et  iden- 
tiqtte.  Distinta^  perchò  ciascuna  ha  i  suoi  principii  certi  ;  iden- 
tica, perchè  è  sempre  la  stessa  ragione  che  discorre,  sillogizza, 

*  Encyctica  *  Ooi  phirìlras  >  ì')  nov    1K46. 
■  Iùic5c]ica  «  Aftcrui  l>.ilm  i  I  aug.  i879. 


;9P 


^■vs 


978  vv  Koovo  Liano 

afferma,  nega...  des  deiix  cótt's  c'eèt  U  ména  moyen,  le  raisoH- 
neoient,  c'enfi  la  métue  dialectìqm,  le  ìtièim  procesaus  logiguet 
Vobservation  de^i  mémen  règles  p^ipeUifiiciennea  '.  Con  ciò  è 
cbìiiriio  pifl  che  u  sufficienza  perciò  o  come  à  coodaDDato  il  dire 
che  le  scieaxd  teolugichc  dobl)»n0  esser  trattate  all'  istesso  Diodo 
ch^  le  filosufìcht).  Beato  chi  ci  capisce!  Eppure  sarebbe  stato 
cosi  facile  seguendo  la  stussa  allocii/,ione  Singulari  guadam 
(9  doc.  1S54),  donde  questa  proposizione  è  stata  U>lta,  oompi- 
lame  una  breve,  chiara,  giusta,  aaiia  esposizione  !  Del  resto  il 
luttore  il  quale  si  ricorda  di  quanto  fu  dai  TÌ*)S8eboeuf  scritto 
sulla  opposizione  e  convertibilità  delle  proposizioni  (pag.  105-1 10)» 
e  della  formale  promessa  hìUi  ripetutamente  (pagg.  105,  110) 
d'attnnersi  alle  esposte  regolo,  appima  crederà  a' suoi  occhi  veg- 
gendo  il  modo  c<>q  cui  qui  (»  non  pochi  altri  somiglianti  esempi 
si  potrebbero  citare)  conchiude:  I'oi7iì  la  perite  SKìiè  cO!n'n«ios. 
C'est  lui  demairer  Jidèle  gtte  de  dire:  «  La  raìson  humaìne 
n'ast  pas  égale  de  tout  point  à  la  róvélatìon,  &  la  foi;  supórieure 
cu  cgalc  par  un  c6té,  elle  lui  est  iuférieurc  par  un  autre;  Us 
nciencen  Htcologìgues,  tout  en  aijant  ménte  sujet,  ménte  inatnt- 
inent,  mime  processm  qm  les  sciences  philosophigiteSf  ont  un 
point  partictUier  par  oit  elles  ne  soni  pas  identigttes^  eoinme 
développement^  à  ces  dernières  >  (pag.  HO). 

Nelle  osservazioni  poste  in  questa  proposiziono  8*  l' Autore 
credo  ritrovarsi  la  spiegazione  della  seguente  ancora:  se  è  cosi 
il  lettore  ne  rimarrà  più  confuso.  Noi  non  crediamo  dovercene 
passare;  facciamo  petò  brevemente  osservare  le  coso  seguenti: 

Primieramcnto,  la  versione  letterale  della  prima  parte  di 
essa  noa  risponde  al  latino:  omnia  indìscriminaiim  dogmaU 
rotigionis  chrìstiaoao  sunt  obiectum  naturalis  scientiae,  sou 
philosophiae.';  tous  les  dogmes  de  la  religion  sojU  ìndisfinck' 
metti,  au  imme  titre^  Vohjel  de  la  science  naturelle  oh  de  la 
philoflophie'.  Queir  mrfiscr/mirtti/*»rt  non  si  riferisce  al  modo 
con  cui  un  domma  possa  esser  preneniato  come  oggetto  alla 
mente,  ma  alla  natura  degli  stessi  dommi:  son  dne  cose  molto 
diverse.  Quindi  la  confusione  nell' asserire  che  il  nostro  Scrittoro 

M  Pag.  140.  —  '  Si/ll.  [»roi>.  IX.  —  '  iMjr.  Ut. 


tVl  «  SILLABO  » 


toute  la  question  rouh  sur  h  mot  isdiscrisusitim  (messo 
cosi  fuor  di  posto),  wss  distisction;  al-  mèke  titbe '. 

SecoDdameuW,  non  su[>[><>ue  nù  gt!Dcra  nitro  che  cunfusiouo 

il  dire,  cho  la  seconda  parte  dulia  proposi :;ìono  pud  preseutaro 

questo  senso  vero:  la  Teologia  scolastica  è  vera  scienza.  Ecco 

le  parolo  latine:  humaiia  ratio  histtìrìce  tantum  ejrcuìta  polcst 

ex  Buìs  nafuraiibits  viribus  et-  princijìiìx  ad  veram  de  omniitis 

etiaui  recomiitioribus  dogmatibiis   scienfiam   pervenire,  modo 

Aure  doffmata  ìpsi  ratimii  famfjuam  obtecta  proposìta  fuefint. 

Per  quanto  taluno  si  lumbìcchi  il  corvello,  non  riuscirìt,  crediiimo, 

a  IroTarri  uua  sola  parola  da  cui  si  possa  ricamr  il  senso  so- 

pmesposto:  forae  il  signor  Bosseboouf  fu  indotto  ìii  equivoci)  por 

Her  tradotta'  quel  potest...  ad  veram...  scientiam  pervenire  così: 

petit...  parvettir  à  une  vraìe  sciexcr  invcco,  di  connaissance. 

Nò  raeno  infelice  vuoisi  dire  la  esposizione  fatta  (p.  144-146) 
della  proposizione  10".  Quum  alìtid  sii  pltUtìSophus.  alìud  phi- 
losophia,  iUe  ivs  et  ojficium  hahet  se  submittetidi  auetcritali 
quatti  veram  ipse  proitaverit ;  at  phùosophia  neque  poteat  neque 
Aéet  ulti  sese  submitfere  attctoriiati  \  Kcco  quale,  secondo  il 
Boaseboeuf,  sarebbe  la  prop^wizione  contradittoria  vera  a  tenersi: 
Autr»^  ti  est  vrai,  est  la  phitosojée,  et  autre  la  pkilosophie; 
«pendant  (comme  en  vertu  de  leur  eonoexion  de  sujet  à  obJBt, 
ìls  ont  certains  droìts  et  dovoirs  communs),  s'il  est  vrai  que 
le  phihsophe  a  le  droit  et  le  devoir  de  se  soumetlre  à 
l'autorilé  iju'il  s'est  d-'-moniré  étre  l^giiime,  il  est  également 
vrai  que  la  pkilosophie  peni  et  doit  aussi  ae  soumettre  à 
Cautorité  qtt'elle  a'eat  égalemeni  et  par  la  nihne  démonirée 
Ugitime\  —  Ora,  ecco  brevissimamente  come  l'avea  «sposta: 
se  l'autorità  è  legittima,  il  filosofo  o  la  filosofiii  debl>ono  ri- 
eoooscerla  e  rispettarla;  poi  viene  a  parlare  di  cost?  che  a  dir 
vero  non  c'entran  nulla  per  esporre  il  senso  della  condanna. 
Finalmente  osserva  che  fliosofo  e  fìlosolla  hanno  un  dirittf)  co- 
mune, ed  è  quello  d'esser  rispettati  dall'umanità;  ambedue 
hanno  anche  nn  dovere  oouiune  ed  t  quello  di  sottomettersi  al- 
_r  autorità  legittima*.  Ma  quale  ò  questa  autorità?  Xoi  non  ce 

'  \m.  cit  -  »  SyìL  prop.  X.  —  >  Paf.  U6.  —  *  Pnj.  liÓ. 


suo  vn  ffuovo  Ltano 

uè  orjìiipiamo,  risponde;  sìa  quulla  de  la  raison  elìe-mhne,  mlh 
de  V ensemble  ile  grands  penseurs,  ou  celle  des  domtf'es  tradì' 
tiotielles  de  Ut  raison  unirerselle,  révHée  ou  nafureUe  '.  Ma, 
come  cì<!»,  se  Pio  IX  nella  oondanna  delle  opero  dì  Froschhammer, 
dulia  quale  ò  stata  tolta  quella  proposizione,  dice  espressameli  te:... 
ita  denegai  ut  nulla  iioctui!ìiIR  ekvblatab  habUa  ratinne  asserat 
ipsam  (philusophiam)  nnncjuam  dehere  ae  posse  aticlwitaii  se 
stibtniitere''^  E  più  sotto  Tengono  nominate:  dtmna  revelatio. 
Ecclesia,  Ecclesiae  auctùrilan  V»  Io  stesso  sì  ricava  dalla  Let- 
tera Tìtas  Libenter\  Questo  è  il  punto,  e  l'essenKiale,  verso  cai 
e  filosofo  0  filosofia  hanno  uno  strcti tastino  dovere  cojirsB.  Perchi 
non  accennarlo?  Il  non  occuparsene  lascia  lo  coso  nell' oscuriti^ 
di  prima.  Ah,  ì)Ì8og^na  pur  confessarlo-,  non  Ò  questo  il  modo 
dì  dare  une  interprélation  laterale  et  motivée  du  Sytlabus  ', 
né  così  s'arriverà  giammai  à  en  donner  le  Hens  rigoureux  et 
authenfigue"!  Nà  quando  noi  ricorriamo  ai  documenti,  donde 
furono  tolte  lo  proposizioui  del  Sillabo,  per  giudicare  della  espo- 
sizione del  nostro  Abbate,  altro,  a  dir  vero,  facciamo  che  ricor- 
darci di  quanto  egli  stesso  ha  scritto:  Ajin  de  guider  plm 
sùrement  notre  marche,  prenant  d'une  main  le  texie  originai 
du  Sgllabm,  notts  aììonn  entrejyris  de  Véelairer  de  Vautre  par 
lea  DÉCLARiTioss  poxnPiCALES  aniérìeitres  ou  posiérìeures*...  B 
qui  prendiamo  Toccasìone  di  dirlo  una  volta  per  sempre:  heti 
poche  sono  le  proposizioni  in  cui  il  Bosseboouf  non  abbia  man- 
cato a  questa  sua  promessa. 

4".  Proposizione  Xr.   Ecclesia  non  sotum  non  d^Kf  in 

philosophiam  unquam  anìmadvertere,  verttm  eliam  dehel  ipsius 

philosophiae  tolerare  errores  eiqtte  relinquere  tU  ipsa  se  mr* 

rigat  \ 

Diamo  riassunto  in  poco  quel  che  ne  dice  il  Bosseboenf^:!* 

■  Pag.  Ufi. 

*  Liueme  Graeitiima^,  M  di>c    18(ì3. 

*  IjltiTae  Tt.a»  libfHter,  21  dee.  1863. 

*  Pi'crace,  png.  XI. 

*  Ivi,   p3g.   X. 

*  Prtfatt,  pag.  XI. 

'  Epist.  aH  Arcliiep.  Krisinp.  Granitsimat,  Il  dee.  18^ 

*  Pag.  Ufi-U:. 


SUL   «  SILLABO  » 


28! 


(^ìesa  fjnnnie  sociéU  doctrimle  hti  por  suo  scopo  d'interpre- 
tare la  BibbiUf  Ai  propa^uro  la  rotigionc  e  la  vorìbV  Ci<>  posto, 
prinui  questioDe:  può  essa  e  devtì  de  so[,  oiitECTKaRNTt  iiihkiìu- 
mest  ontrare  nel  dominio  della  scienza  filosofica?  Nulleìneni. 
Seconda  questione:  lo  pud  o  deve  inoirkctejiest,  c^est-à-dire  en 
veriu  de  la  cosnkxios  aree  felle  ou  ielle  vériié  kkligibcsb?  As' 
surément  elle  nVn  a  ni  le  Umps,  ni  le  moijen,  ni  la  volente  '. 
Ter»  questione  :  Le  è  forse  assolutamente  proibito  di  venire  a 
dare  une  indicanone  un  aviSt  un  $age  conseil  et  une  Juste  ré- 
prìmande?  Via,  sarebbe  un'inUilIcniriza  surtoul  en  tcmps  de 
lOìorté  absalrn  (p;ig.  148)  il  negare  alla  Chiesa  ciò  che  peni 
le  demier  Journaliate^  fkrivassier  ou  philosophàlre  à  peine 
furti  drs  hancs!...  Xa  Chiesa,  che  possiede  il  piìl  bel  codice 
filosoiico,  e  la  cui  dommaticii  è  ciò  che  v'ha  di  più  snblime  in 
awtafisica;  la  Chiesa  che  pur  ha  ricevuto  lu  missione  di  inso- 
goars  in  quel  Docele  omnes  fjenies  (jiMecnmgne  mandavi  rohis; 
Bt,  senza  dubbio,  la  Chiesa  io  può^!  Attenziono  però;  distili* 
piele  bene  errori  da  errori.  Si  tratta  forse  dì  errori  gai  n'onl 
guère  d*injlt4ettce  au  paini  de  vue  tnorai^  relìgìeux,  prattgite? 
H^  Chiesa  »'a  pas  à  intervenir  fositìvement.  —  E  questione  dì 
VnTorì  gravi  che  toccano  la  morale^  la  coscienza  ?  La  Chiesa  de 
mèmc  et  pln3  enc<tre  que  font  penseitr  sérieux...  non  seuìemeni 
peni,  mais  dait  intervenir^.,.  (Quindi  eccola  proposizione  con- 
tradittma  che  è  la  verità  da  professarsi  :  •VEglise  petti  et  doit 
par/ois  intervenir  dans  le  domaine  plillosophigne^  au  tfwins 
au  atvtne  titre  gite  leti  particuliers,  ut  giCelU  ne.  peut  ni  doii 
fermar  les  yeitx  sur  ioules  les  erreurs  phìlosophiques  *... 

In  questa  esposizione  non  poche  cose  sono  inesatte,  od  oscure, 
alcune  poi  non  vere.  Prima  di  tutto  per  ciò  che  rìguurda  la 
secunda  parte,  so  cosi  rogliam  dirla,  dell'esposizione,  quello  che 
coDcede  alla  Chiesa  ò  messo  in  modo  da  sembnir  curue  chi  sta 
in  gran  timore  di  dir  troppo,  qA  offendere  le  delicate  orecchie 
dei  laiacredenti,  i  quali  per  certo  non  potranno  essere  ridotti  a! 
nleaùo  per  alcune  insinuanti  concessioni  avtmti  forza  d'argo- 
lento  ad  homimm;  come  sarebbero,  che  la  Chiesa  può  dire  il 

Pbj.  H6.  —  '  Pjg.  14".  —  •  l'ag.  ìli.  —  •  l'ag.  H8-1W. 


989  vs"  KCTvo  tiBiio 

suo  giadizio  per  quella  libertà  che  si  promulga  per  lutti,  e  ai 
concede  u-ll' ultimo  giornalisla  e  61osofotto.  Quello  eh»  cuoce,  e 
vi  ramatili.',  i  seguaci  del  P^dre  della  meui^ogoa  è  che  il  giudìsììo 
delta  Chiesa  obblighi  e  leghi  V  intelletto,  e  la  rolootii  dei  fodali. 
No,  non  8an\  tua!  che  la  Chiosa  accolti  questo  stato  di  cose,  che 
sia  iinimessa  u  portare  il  suo  gìndtKtn  come  una  società  dì  no- 
mini, sian  puro  dottissimi  e  sapientissimi,  o  nulla  piiV  Sicivime 
poi  cotesto  modo  dì  procedere  sembra  molto  familiare  al  nostro 
Abbate,  diremo  che  egli  ha  promesso  ripetotamente  di  dare  una 
chiara,  giusta,  e  ragionata  spiegazione  del  Sìllabo;  è  necessario 
perciò  che  prima  d'ogni  altro  faccia  vedere  bone  il  vero  senso 
e  la  portati  di  ciascuna  proposizione  e  rivendichi  alla  verità, 
alla  giustì:ìia,  alla  Chiesa  i  proprii  diritti.  SulUnto  dopo  cìd  gli 
sarà  permesso,  sen?^  scapilo  della  sua  critica  e  scienza  nioao- 
fica,  giurìdica,  teologica,  dì  argomentare  mi  homìttcm.  facendo 
osservare  ai  nemici  della  Chiesa  come  ossi  (iiuantanque  contro 
ogni  ragione  ed  empiamente  non  vogliano  riconoscere  io  quesU 
qnel  che  por  logge  divina  le  si  deve),  almeno  stanti  i  loro  prin- 
cìpi di  libertà  ecc.,  non  altrimenti  che  sragionando  e  dando  nel- 
l' intolleranza  s'arrovellano  si  stranamente  contro  dì  Lei.  Ciò 
notato  come  di  passaggio,  si  ponga  monte  a  riuanto  segue. 

Certo  si  è  che  Tordind  delle  veritii  naturali  è  di  natura  sua 
subordinato  all'ordine  delle  verità  rivelate  e  soprannatarali,  e  li 
nui)ifÉ'Rtazli)u«^  che  Dio  ft^ce  nella  croarjone  è  subordinata  alla 
manifestazione  da  Lui  fatta  nella  Rivelazione.  Donde  per  neces- 
saria deduzione  si  conchìudi;,  che  ogni  enunciato  d'ordine  natu- 
rale sia  razionale,  sia  etico,  sia  giuridico,  sia  storico,  à  di  natura 
sua  subordinato  alle  verità  rivelate.  E  poiché  la  Eivelazione  non 
è  cosa  che  stia  sulle  nuvole,  ma  dall' istesso  autore  di  essa  ^  stato 
istituito  un  vìvo,  perenne,  infallibile  Magistero,  che  F  abbia  io 
custodia  cim  diritto  dì  (jneUo  stesso  genere,  dì  cni  è  la  sua  mis- 
siune,  cioè  divino;  ne  segue  che  ogni  scienza  sia  teoretica,  sia 
pratica,  sìa  giuridica,  sia  storica,  è  per  natura  sua  sottomossa  e 
subordinata  in  quanto  al  suo  svolgimento  a  questo  vivo  Mogisterio 
infallibile,  imperituro.  Notisi  bene:  diciamo  svolginxento ;  non 
parliamo  dei  principti  proprii^  AéiV  oggeito,  del  metodo  ecc.  dì 


J 


SUL   <  STI.LABO  »  383 

^  scìetua.  Qualsivoglia  Rcien^a,  pur  coaservando  quello  che 
d  dì  sua  Datura  nello  svolgorsi  che  fa  ilentro  ì  propri  limiti  con 
proporre  conclusioni,  vuoi  affermative,  vuoi  negativo,  non  deve 
mal  pon-e  un'assyrzione  che  discordi  da  quanto  il  suddetto  divino 
Magistero  possiede  in  custodia.  So  dunquo  ogni  .scion:ni  di  qualsiasi 
specie  d  Del  senso  predetto  di  natura  sua  subordinata  al  magistero 
della  Chiesa,  sarebbe  un  coatrosenso  il  dire. che  esso  non  ha  in  so, 
come  in  atto  primo,  la  potestà  o  virtvì  in  ordine  allf  conclusioni 
di  quella.  Ciò  posto  seguono  altre  questioni  a  farsi,  quali  sareb- 
bero: —  di  fatto,  cioè  quando  la  Chiesa  sogli»  intervonire;  — 
di  dovei^e,  cioè  quando  la  Chiesa  debba  intervenire;  —  della 
tiu/Kfrt  di  tale  intervento,  cìoò  se  sia  un  atte  con  cui  infalìi- 
biliHente  o  si  definisce  m&  verità,  o  si  condanna  nw  errore,  o 
piuttosto  con  cni  si  mostra  pur  in/alt  ibi!  mente  la  sicurezza 
(vuoi  parlando  assoUttamente,  vuoi  soltanto  in  tali  o  tali  circo- 
Stanzut  nel  seguire  una  via  piiittosttì  che  un'altni.  Por  dare  poi 
mi  chiara  e  sicura  solu/Jone  alle  accennate  questioni,  anziché  alla 
àifftrt-nza  tra  orroro  ed  errore,  vuoisi  attendoro  alla  relazione, 
che  le  dottrino  che  si  spacciano  come  scientifiche  possono  avere 
od  hanno  con  il  deposito  della  fede,  di  cni  la  Chiesa  ò  custode 
indefettibile,  interprete  viva  ed  infallibile.  Questa  è  la  condizione. 
al  verificarsi  della  quale  quella  potestà,  che  ha  la  Chiesa  vieue 
ill'utlo.  Condizione,  la  qualy  non  r/<'(  alla  Chiesa  detta  pot*!stà,  sì 
bene  verìjìca  ciò  per  cui  essa  passa  airatto.  Quindi  alla  domanda 
^mndo  e  come  la  Chiesa  deve  e  suofe  intervenire,  non  si  risponde 
Hittamunie  col  dire:  quando  si  tratta  di  tale  o  tale  scienza,  di 

e  0  tale  ordine  di  veritii,  di  tale  o  tale  specie  d'errori;  s\  bene 
coll'affermare  ohe  allorquando  v^ha  alcuna  reìaziom  eoi  de- 
ftiUo  della  fede,  qualunque  sia  la  scienza,  qualsivoglia  l'ordine 
di  verità,  qnalechessia  la  specie  d'errori.  E  so  ò  da*»  assegnare 
0  veri  od  errori,  in  riguardo  ai  quali  la  Chiesa  non  è  mai  in- 
tonrecQta,  non  interviene,  né  interverrà;  ciò  non  si  deve,  a  parlar 
ripetere  dall' essere  vern  od  errore  d*«H<j  piuttosto  ohe 

altra  specie;  si  bene  da  ciò  che  essi  o  non  hanno  mai  avuta, 

0  non  hanno  o  non  avranno  mai  relaziona  d'opposizione  colle 

rivelate.  Sicchò  rimane  sempre  cho  questa  e  mm  altra  sia 


%4  m  nuovo  libso 

la  condiziono  o  m^ìone  da  assegnarsi  per  parlar  giusto.  Questa 
condizione,  por  ritornare  al  Bossoboeiif,  è  da  lui  sttjjkktiiemente 
indicata  là  dove  àìcaill  y  a  rf*a  erreura  qui  ìi'ont  guère  d'in- 
Jìuence  aii  point  de  vuc  moral,  religiaux,  pratiqwe;  qui  n'ci*- 
tament  et  ne  fattssent  en  rien  la  conscience  (pJig.  117);  non 
ci  sembra  p«rù  del  tuff"  esatto  Dell'offerire  a  modo  d'esempio: 
tels  sotit  les  systèmes  plus  oit  moins  erron-^s  sitr  la  nafure  dt$ 
éUtnents  \  AfTorinn^JoDe  men  giusta  riguardata  sia  nssol utilmente 
sia  relativamente  a  quel  piintti  di  vista  sotto  cui  egli  T  intende. 
Inesatto  ò  pure  quanto  segue,  c|ie  cioè  in  tal  caso  la  Chiesa  di* 
senta  par  le.'i  organes  cles  ses  pntseiirs  émérites  -.  No,  non  è 
la  Chiesa  cliu  esamina  o  prontmcìa  un  giudizio  sulla  prol>abilÌtÌL 
di  tale  0  tale  sistema:  essa  è  fuori  da  tutto  ciò;  né  coloro,  che 
Tongon  detti  ses  pensears  éméritts  trattano  in  qualitii  di  teologi 
tali  materie,  allorché  se  ne  occupano,  ove  pur  non  le  riguardas- 
sero dal  Iato  di  relazione  che  esse  possono  avuro  o  di  conformila 
0  ^'opposizione  col  depi>sito  della  fede.  In  tal  caso  però  saremmo 
fuor  dell'ipotesi  posta  dal  signor  Abbate. 

Andiamo  avanti:  il  Boiseboenf  (pag.  147)  prova  che  alla  Chiesa 
«0»  è  proihiio  d'intervenire;  che  sarebbe  sfacciata  intolleranza 
il  sostenerlo.  Ciò  non  ra  inteso  detto  da  Lui  in  senso  escliisivOy 
perchè  sarebbe  errore  gravissimo;  nondimeno  il  modo  con  coi 
parla  non  può  andar  a  garbo.  A  che  si  ridurrebbe  cosiffatto 
intervento?  a  null'altro  che  a  dare  une  indimlion,  un  avis^  un 
suge  conseil  ei  unejmfe  réprimande^.  Restando  pur  alla  que- 
stione che  alla  Chiesa  non  è  proibito  1*  intromettersi,  non  per 
questo  puossi  sminuire  la  tuitura  del  suo  atto.  Né  gioverebbe 
gran  fatto  l'osserrtre  che  ivi  si  parla  della  Chiesa  méme  en- 
visagée  coinme  soci''té  purement  kumaìne;  perchè  in  primo  luogo, 
ciò  TDol  riferirsi  non  alla  natura  del  permesso  intervento,  ma  a 
provare  che  questo  non  le  deve  esser  proibito  per  la  ragione  cioè, 
che  essa,  considerata  pur  solamente  come  società  umana,  ha  il  più 
bel  codice  filosofico.  In  seoondo  Inogo,  più  sotto  parlando  della 
Chiesa  come  società  fondata  da  Gesil  Cristo,  s'esprime  airistesso 
modo;  Vempécherct-t-on...  d'élabtir  une  cohparaisos  enlre  ce  type 

'  rag.  liT.  —  »  P*j.  118.  -  '  I-aj.  147. 


J 


SUL    «  SILLABO  •  ^ 

(rÉvangiló)  ei  ielle  dodrine  plus  ou  moins  niahainey 
ée  formuler  mùremeni  et  dii}}tefn«»t  les  orskrvatioss  CRiTiquBS, 
5W  la  plupart  du  tvinps  }W$  pi:bi.iCiste3  font  au  couratU  de 
h  phnne  et  sans  aucnn  iitn  '  ?  Questo  modo  dì  parlaro  è  ri- 
pTevolt)  e  non  imitabile  da  vorun  cattolico,  che  ami  parlar 
fflnw  si  dove  dtd  magistero  della  Chiosa. 

ila  che  dire  della  risposta  che  il  Bosseb«.)eut'  dà  allo  due 
[iriiiie  questioni  delle  tre  surriferite?  A  nostro  giudizio,  egli  i|ui 
ND  Bolamentd  ha  parlato  coti  poca  critica,  ma  ha  preso  un  forte 
ibba^lio.  Quanto  noi  pur  ora  abbiamo  detto  del  magìsterìo  della 
Chiesa  e  della  subordinazione  di  ogni  ordine  di  veritiì  e  di 
nme  td  esso,  lo  prova  ad  evidenza. 

I*  Proposizione:  la,  Chiesa  non  può,  nò  dere  da  sé,  dirot- 
tamente, immediatamente  intrometterai  nel  campo  della  filofiofìa 
0  d'altra  scienza  analoga  ^ 

Questa  proposizione  se  s'intendesse,  prescindendo  dalle  parole 
aggiunto  de  soi  ecc.,  cho  la  Chiesa  non  pu6  né  dove  intromettersi 
Ketle  cose  filosoficbe,  s'arrebbe  un'alTermaKione  assoluta,  da  non 
p>ter$i  ammetterò;  le  cose  premesse  ne  danno  la  prova,  né  cosi 
l'inteso  il  Bo83ob*3euf.  —  Se  pi>i  esso  si  considera  noi  senso  a 
tal  lo  ristringono  le  parole  de  mi,  directetnent,  immédiatement; 
tllora  facciamo  osservare  che  ben  poco  si  guadagnerebbe.  Con- 
hè  esse  riguardano,  se  stiamo  alla  forza  comune  e  rtafu- 
dei  termini,  non  il  fatto  d'ingerirsi,  ma  il  7nodo  con  cui, 
ìe  s'intervenisse,  si  agirebbe:  cioè,  esso  significherebbero  per 
flif  cosi  la  modalità  dell'atto  con  cui  s'interverrebbe,  piuttosto 
Il  potere  o  dovere  intervenire  dì  /alto.  In  tal  caso  (e  neppur 
crediamo  voglia  dire  il  nostro  Autore)  non  potrebbe  se 
■E  a  sproposito  supporsì  che  ta  Chiesa  avrebbe  bisogno  d'al- 
Enoo  che  l'aiutasse,  o  per  me^szo  del  quale  essa  potrebbe  o  do- 
TTebbe  agire-  —  L'unico  senso,  che,  dato  a  quelle  parole,  to- 
{lierebbe  ulhi  proposizione  quel  di  brutto  che  presenta,  sarebbe 

■  Lac.  cil. 

■  ^  Pfut-elte  iVtfiWK)  tt  doit-eile  de  toi  directemcni,  immédiatement  s'in- 
flftr  JiiHÉ  te  d^mniité  de  la  xcifftce  pkiJoaaphi^ue,  ou  de  tottte  nutre  scienee 

toffue?  Nulttmtnt,  ta  mitsion  directe,  intmédialf,  c'tnt  la  difftmon  de  la 
ti*ttt  ti  la  minetìficaiion  dea  ilmea.  i'n^.  lifk 


SST) 


ttif  nuovo  Lnno 


qtiesto;  senza  che  v'oblia  relaeiotie  d* alcuna  sorte  colle  verità 
relìffiose.  E  questa»  crrdìaino  volesse  vommentc  tdtandere  11 
Boasdboenf,  visto  il  modo  con  cui  spit^a  pia  sotto  la  paroU 
indireeiemeui.  'Sé  \\iwA  oiiso,  primìenttnonte  :  non  piace  che 
egli  siasi  limiiato  a  premettere  soltanto  :  VÉglise,  come  sodétf 
doctrintile,  mjant  pour  rùle  princìpat  (riNTEUPRÉTER  la  RihU, 
et  de  TtiiPAXDRE  ìa  religìon  et  la  vénV  (pag.  Ufi).  Il  Concilio 
Vaticano,  Const.  Pistor  aetkrkcs,  c.  IV,  dice:  Uuic  pastorali 
muneri  ut  satis/acerenl  Praedecessores  Nostri  i-nde/essam 
semper  operam  d<'Aerunl  ut  saluiarìs  Chrisii  doctrirta  apud 
omnes  tetrae  populos  pkopaoakktur,  parique  cura  viou-ari  xt,  ut, 
ubi  recepfa  esset,  sincera  et  pura  cosservìRrtiib.  Questa  seconda 
doveva  esprimersi  non  solamente  per  essere  esatti,  tua,  e  molto 
pili,  perchè  essa  ò  quella  che  verameatc  fa  al  proposito  per  h 
materia  in  cui  si  versa  la  proposizione  che  si  sta  spiegandole 
ancora  perohti  hisogna  siipporla  per  prendere  la  parola  del  signor 
Abbate  nel  senso  che  abbiamo  detto:  essendoché  quando  udii 
conclusione  dì  qualsiasi  scienza  è  t«  relazione  colle  writà  re- 
ligiose  la  Chit^sa  non  interviene  se  non  cume  custode  del  de- 
posito della  fede.  —  Secondamente,  e  si  deduc-e  dal  detto  toste;, 
il  modo  di  parlare  del  Bosseboeuf  vuol  dirsi  nuovo,  impropricr 
ed  oscuro  per  non  diro  onimmatico.  Corto,  Intendere  che  la 
proposizione  «  la  Chiesa  non  può  né  deve  da  sé,  dirfffameute. 
immediatamente  ingerirsi  nel  campo  della  Jilosojìa  ecc»  • 
equivale  a  questa  *  la  Chiesa  non  può  né  deve  infrotnetler» 
ìlei  campo  della  filosofa  se  non  quando  le  conclusioni  dì 
questa  hanno  relazione  colle  verità  religiose  *,  non  pnA  dird 
così  fkcilo  e  natiimle.  In  questa  seconda  s'esprime  la  condizionr 
richiesta  porche  la  Chiesa  possa  o  debba  intervenire;  nella  prima 
si  espone  piuttosto  il  modo  e  la  natura  duiratto  d'intervuota; 
e  Tuno  e  l'altra  rimangono  inalterabili,  si  verifichi  o  no  U 
condÌ!!Ìone.  Breve:  o  la  condizione,  di  cni  parliamo  non  si  Tfr- 
Tìfica,  e  la  Chiesa  non  interviene;  ovvero  si  verifica,  e  allora  la 
Chiesa  interviene  da  s^,  diretfametiie,  imniediatamenle.  Con- 
ciossiachò  in  tale  ipotesi  l'oggetto  del  giudinìo  è  la  relazione  dt 
conformità  o  difformità  di  una  oonclusionij  scìeutifica  .con  JU^ 


SUI.  «  SILURO  » 

.  l^jffffVa  fede;  e  in  ciò  iioQ  ò  in  grado  di  giudicare 
ubeoticsaènte  se  noa  chi  possiede  coi;nizione  adeguata  dtìirMjio 
tàéìì'altt'o  termine  di  comparazioQe.  Tale  è  La  sola  Chiesa. 
Oaindi  ìu  (\m\V  ipotesi  la  Chiesa  interviene  da  sé  diretta menie, 
iMmediatamenfe,  perchè  ò  si  tratta  d'un  oggetto  esclusiva^ 
mnte  huo.  Dunque  nella  protwsistiono  del  signor  Ahhatc  »  non 
Q  attende  alle  suddutto  parole,  e  s'avrfi  un  senso  intolliTabìle; 
p  ri  s'attende,  ed  allora  esse  o  non  sono  a  proposito,  ovrero  rìe- 
KOQo  molto  oscure. 

ir  Propusiaione:  La  Chiesa  non  ha  né  il  tempo»  né  i  mezzi, 
DÌ  il  volere  d'intervenire  senza  posa  e  contimiameTiIre,  quando 
Duconclasione  filosofica  o  d'altra  scien^ia  analoga  è  conneasa  con 
verità  religiosa  '. 
Siamo  proprio  all'error  j^ior  priore!  SI,  «questa  seconda  è 
iorc  della  priiua  ufferinazìone;  perchò,  come  abbiam  visto, 
prima  pii^Sii  a  tutto  rigore  addurr»  una  scusa  per  la  quale 
Bflsa,  pur  restando  pessimamente  espressa,  può  liberarsi  dall' er- 
am.  In  questa  al  contrario  si  parla  proprio  nell'ipotesi  che 
t'abbia  relasiomcdi  deposito  della  fede;  perch'^  Vindirecttìmeni, 
m»  è  spiegato^  suppone  appunto  la  connessione  esistetife  tra 
u  conclusione  filosofica  o  scientifica  colle  vorità  religiose.  Or 
«,  —  affermare  in  questa  ipotesi  che  la  Chiesa  non  ha  hi  vo- 
Wà  d'iuterfenire,  è  supporla  puco  curanlo  deiriuvìolabilità 
fede;  —  dire  che  la  Chiesa  non  no  ha  il  tempo,  è  supporta 
oceapata  in  affari  di  minore  interesse;  —  asserire  clw  non 
hi  i  rruszi  è  far  passare  il  ano  divino  Fondatore  ed  Architetto 
improvvido  od  impotente.  Imperciocché,  è  sentenza  eertissima 
be  la  Chiesa  ha  il  diritto  ed  il  dovere  stretto  d'intervenire,  ove 
rattìai  di  custodire  e  difendere  la  Rivelazione  che  Le  fu  data  in 
tposito  da  Gosft  Cristo  stesso.  Terribili  conseguenze,  lo  veggiamo 
eoe,  ma  se  ne  dee  chiamare  in  colpa  o  1»  logica,  o  chi  ha  posto 
»  premesse?  —  Ma  vi  sono  aggiunte  le  parole  sans  cesse,  con- 

tut^Tle  (V^.tìt^)  el  doU  eìlc  indirtetemenl,  e*e»t-à-àire  en  etrtu  de  la 

ap«  teUe  ou  ttlU  vérité  ifligìfaie,  inlerrenir  puh?  c'«e  et  conti- 

I?  AasHidmfHi  elle  H'en  a  ni  le  temjts,  ni  le  mo^rn,  ni  ìa   volontà 


?88  ppf  NUOVO  UBao  sol  «  sillabo  ■ 

thiuellemenf.  G]\  è  bon  chiaro,  rispondiamo;  che  perciò?  fori< 
qnella  proposizioDe  è  sopportabile?  Miù  no!  Noi  non  temiaum 
che  la  Chiesa  s'abbia  a  sUncaro  aell'o8«;guiro  fedoimente  la  sni 
dÌTÌDa  missione,  quindi  qael  coniinuellement,  non  ci  fa  paan 
anai  dobbiamo  tutti  ammetterlo.  Per  verità  i  Papi  nelle  loro 
lettore  non  mancano  di  attostarci  la  loro  doverosa  continua  vi- 
gilan;!a  per  conservare  rintegritii  della  fodc;  e  in  quasi  tut 
i  documenti,  da' quali  sono  state  toU«  le  80  proposizioni  de 
Sìllabo,  Fio  IX  rafferma  espressamente.  Che  anzi^  non  solo  O) 
fatto,  ma  eziandio  con  solenni)  dichìariizione  dottrinate  l'insego!! 
ai  fedeli  nella  stessa  Lettera  Gravissimits.  dalla  quale  e  stati 
prosa  la  proposiziono  XT.  Ecclesia  ex  divina  sua  institution 
et  divinae  Jidei  deponittim  interprum  inviolatumque  diligenlisf 
sime  custodire  et  animaruin  saltUi  summo  stùdio  debet  Cui 
TiBSRTEK  advtffilare,  oc  samma  cura  ea  omnia  atnovere  et  tU 
minare,  quae  vel  fdei  adversari  vel  ammanim  saluli  quovii 
modo  in  discrimen  addticere  posstttif.  Se  il  Bosseboeaf  avosa 
consultato  questi  lettera,  non  più  che  quattro  righe  più  sotti 
della  proposizione  condannata,  avrebbe  letto  quanto  noi  abbiami) 
qui  riportato.  E  notisi  che  il  conlinenier  di  Pio  IX  ò  pnipriu 
il  continwllement  del  nostro  Scrittore:  quindi  da  questa  parola, 
non  puossi  ricavare  nulla  che  valga  a  scusare  Passerzione  clii 
stiamo  esaminando.  Essa,  stando  al  comune  e  naturale  sqdsh 
delle  parole,  ha  un  suono  molto  disaggradevole  por  un  catt^tlico 
non  è  conforme  alla  pratica  costante  dei  Romani  Fontulici  <i 
della  Ciiiesa;  non  si  vedo  come  possa  accordarsi  con  quello,  citi 
il  Sommo  Pontefice  Pio  IX  asserisce  nella  Lettera  Oravissimns 
né  colle  parole  indkpbssìx  sbbfer  operam  del  Concìlio  Yaticaaa 


STUDIl  RECENTI  SOPRA  I  NURAGHI 


E  LORO  IMPORTANZA  ' 


Continua  il  Capo  I. 

Appendice  al  paragrafo  degli  spiragli.  Un  uso  ilei  Nura- 
ghi, £1  punto  stabilitu  .sul  fino  dol  paragrafo  autocedeote,  che 
i  Nuraghi  non  si  possano  dire  ioAbitabili  per  difetto  di  aria»  ci 
chiama  subito  a  stabilire  no  oso  dei  Nuraghi,  che  vieti  riguardato 
da  altri  come  l'unico  loro  scopo,  e  da  noi  invece  come  aua  srala, 
per  conoscere  a  quanti  scopi  servissero.  Troi)po  i  lettori  sono 
rimasti  sospesi  circa  tale  questione,  dì  cui  tatti  desiderano  U 
sollecito  sciogUmentoj  ed  ora  che  il  risoherla  ò  in  parte  pos- 
sibile, non  91  dee  loro  tardare  una  soddisfazione  sì  i-agionevole. 

I  Nuraghi  adunque  son  edifi/i  più  o  meu  forti,  che  valgono 
ad  assicurare  all'occorrenza  cose  e  persone.  Questa  lor  proprietà 
venne  già  affermata  neir Introduzione":  ed  ora  che  manca  per 
hastt'voi mente  provarla?  Tutti  i  Nui-aghi  son  torri  dì  straordi- 
naria sciIidiUl,  e  questi  mosti-ano  nello  basi,  nello  pareti,  nel 
coronamento,  e  nelle  rautele  usate  por  afforzarli  in  proporitione 
de'  vani  che  in  so  racchiudono.  Tutti  ancora  sono  di  entrata  fa- 
cile a  serrar  fortemente  da  chi  stia  dentro;  e  serrati  che  siano, 
riescono  il  piò  della  volte  poco  meno  che  impenetrabili  per  chi 
stia  fuori.  Tutti  infine  sorgono  in  posizione  piii  o  meno  elevata 
sopra  un  vicin  distretto;  e  così  massime  col  terraiwo  o  con  le 
opere  circostanti  valgono  a  scoprire  un  uomico,  che  in  tal  di- 
stretto presentisi.  Valgono  in  un  medesimo  a  darne  awiao  ad 
abitatori  che  non  debbono  mancare  sul  luogo  (come  proveremo 
bentosto),  acxiocchè  tutti  costoro  si  guarJino:  e  i  deboli  tra  essi 
QOD  tardino  a  rifugiarsi  nel  Nuraghe,  recando  pure  al  sicuro,  per 


'  Vf-di  quatl.  S59.  pagg.  11^7  del  presente  volarne. 
'  Cirt'Ità  Cattolica.  9  gennaio  I88R,  pag.  11. 
StrU  Xjn.  voi.  II.  fané.  SCI  1» 


t%  aprii*  Vm 


990 


sTi'uii  nt^ctim  SOPRA  i  kuhacui 


(liianto  si  posso,  ie  robo  non  già  prima  riposto  ed  il  bestiame; 
ì  forti  poi,  se  Inastino  a  tanta  (come  pur  vedremo  poter  avvenire 
assiù  volte]  accorrano  a  discacciato  il  nemico.  Che  se  questo  ìd 
ont«  (leMoro  sfor/,t  da  principio  s'avanzi,  lo  combattano  dall'al- 
tura ove  staono,  col  vantaggio  del  sito,  e  con  quello  unituri  di 
falde  ben  erte  di  rocce  frequenti  a  trovarsi  sn  per  l'altare  sarde. 
0  di  argini,  terrapieni  e  recinti  che  pur  frequentemente  si  tro- 
Tano,  0  di  siepi  e  steccati  che  dovL-ano  surrogare  i  recinti,  quando 
questi  mancassero  per  custodirvi  le  mamlre,  ed  inoltre  di  grossi 
alberi,  dì  forti  cespugli,  di  massi  sporgenti,  di  mucchi  di  vario 
genere,  tutti  valevoli  a  riparo  do'difunsori.  Con  questo  succederà 
di  frequente,  che  il  nemico  s'arresti  o  seii  vada:  che  se  non 
ostante  vien  oltre,  restano  ai  difensori  le  cinte  o  gli  antemurali, 
fi  dove  questi  non  siano,  gli  scaglioni,  i  piedestalli,  i  corchi 
di  muro,  o  sopratutto  la  sommità  delle  torri  co' loro  terrazzi, 
donde  frombolare  ciottoli,  finché  ì  nemici  rimangano  a  qualche 
distanza,  e  donde  avventare  a  mano  e  rotolare  pietre  maggiori, 
quando  si  facciano  sotto.  Bensì  è  necessario,  che  di  questo  pie- 
trame non  manchino  mucchi,  per  moltiplicare  i  colpi  al  crescere 
dot  pericolo.  Questi  mucchi  poi,  massime  sul  t,errar/.o,  scuseranno 
con  vantaggio  il  riparo,  che  non  ci  si  trova  ',  di  merli  e  para- 
petti, occupando  da  sé  soli  meno  di  spazio,  uè  obbligando  a 
spolvero  la  testa  e  sollevar  le  pietre  oltre  il  parapetto  per  as- 
sestare il  colpo. 

3ta  il  nemico  del  tutto  stringa:  qui  tutti  raccoltisi  entro  il 
?3"uraghe  i  difensori,  e  sbarrato  l'uscio;  qual  mezxo  rimane  li 
nemici  per  espugnare  la  torre!  Non  è  loro  dato  scalarla  atteso 
l'appianamento  dolle  mura,  e  la  lor  fievole  inclinazione,  e  U 
niancanm  di  fori  nel  basso,  e  la  vigilanza  dì  guardie  da  s^pra. 
0  forse  à  dato  intromottorc  il  fuoco?  Ma  cift  riesce  impossibile, 

<  iNemmeD  si  iror».  ne'moiniiiiefili  iiQìni,  come  nc'Tabyols.  riclk  fpeccbie  «  cft- 
sfilillic  e  truddli!  dell'  lUiIia  uicrl^iDnalc,  ncllr  Kirrt'lli-  ili  tVIVis  e  del  Sìnit.  t  pan 
file  noti  «i  Dsassr  nejipurp  nMh  lem  di  (Inniiiin,  \wnhè  la  kt^islaiìoBe  Musaica  $mpra 
intera  ad  uDonkiiKtrf  tfW  Rbroi  dnlle  usante  nm  UiÌPvcAi  <li^' Caiuitti'ì  prescrìve  %sfn^ 
atoettìe  la  coslruiioni?  (if'pjtnipelU  sopra  i  (Riruxì  nel  l'euinronoiiiio.  Wtl.  8:  o^ 
sLratìono,  che.  ;iI[rov<t  (is-«ndn  g'à  usala  p  s\  ragioarvAlet  non  rarcHM*  nata  da 
piVKriverf,  n»  cht-  in  Pnk^tio;]  ancho  o|!^i  talor  con  si  osserra,  come  altesla  C 
r.  Noumano,  Supi-rìorc  di  quella  misùoiic  d.  C  d.  G. 


^i. 


E  Lono  lUPORTArrzi 


991 


quando  l'uscio  sia  sbarrato  del  tatto;  e  nulla  taIr,  quando  siavi 
nel  Nnraghe  scala  od  altro  spiraglio  da  sfo^re  il  fumo,  o  g^nte 
apparecchiata  a  sinorzaro  ogni  materia   iulìamiuata  o  fumante. 
Forse  dnuque  otterrasai  la  roRa,  perché  gli  assediati  si  sentano 
soffocare  dalla  calca  o  dall'afa?  Quando  si  pensa  alla  maniera, 
eoa  cui  la  giunte,  per  non  pericolare  la  vita,  sta  .sepolta  nello 
stive  0  nelle  grotte,  orrero  marcisce  imprigionata  per  anni  dentro 
fon^  di  torri  ed  altri  sotterranei,  Li  difficoltà  si  dilegua;  prin- 
tipilmente  perdio  trattjindosi  dì  perderò  tutti  la  vita  o  la  libertà, 
nemmen  si  bada,  se  alcuno  od  anche  molti  abbiano  da  morire. 
Sa  qtii  rediamo  di  più.  Un  Nuraghe  che  abbia  una  sola  cannerà 
dì  mezzana  grande8/a  (cioè  di  5  metri  di  diametro)  potrà  con- 
t«nerTÌ  25  persone,  che  tutte  avendo  un  metro  di  spaxìo  vi  stiano 
comodamente  altresì  coccoloni,  come  sogliono  tuttora  Lo  Tillaneile 
le  atte  prediche  e  gli  orioiitiiU  in  ogni  occasione.  Con   un 
qnalcho  disagio  vo  na  stamnnci  assai  più;  ed  altrettanti  non  dì 
ndo  in  quel  che  rimanga  di  spa/Ao,  computando  l'andito  dell'en- 
tnta,  e  le  nìcchie  e  la  scala  e  il  terrazzo,  o  lasciando  pur  qualche 
Tuoto  per  le  provvigioni  ed  altre  robe  più  preziose.  Nò  per  poco 
che  così  si  duri,  mancherà  poi  per  ordinario  un  soccorso.  Perchè 
sin  da  quando  sia  cominciato  il  pericolo,  sì  sarà  cominciato  a 
damo  ranuunyjo  ad  altri  Nuraghi  del  medtjsiiuo  territorio,  de' 
liliali  taluno  non  manca  per  solito  di  trorarsi  iu  veduta  si  del- 
rajisediaiOr  come  dì  altri.  Che  se  i  priuii  annunzi  non  valgane 
per  nuvole  o  nebbie,  almeno  col  tornare  la  luce,  tornando  fuori 
ille  opere  e  ai  pascoli  le  genti  vicine,  avverrà  die  il  pericolo 
naoifestisi  da  sé  medesimu,  e  dato  allora  l'allarmo  concorra  in 
aiuto  de* pericolanti  anche  un'intera  tribù.  E  non  dovrji  dunque 
l'assalitore  alfrettarsi  alla  ritiratti?  Ma  poniamo  pure  che  prima 
che  eia  succeda,  egli  sia  riuscito  a  .sforzar  l' entrata.  Bell'ingresso 
trionfale  sari  veramente  il  suo  net  più  dei   Nuraghi,  quando 
debba  penetrarvi  carponi  ed  al  buio,  tanto  che  non  vegga  le 
gurdìe  appostate  in  sull'uscio  u  nelle  nicchie  per  farne  macello. 
Che  se  por  vedere  questi  nemici  catiuninasse  con  in  mano  una 
fiaccola,  questa  gì' impedirebbe  il  procedere,  e  il  levarsi  a  difen- 
dersi. Forsechè  dunque  non  sarebbe  &cile,  che  le  guardie  iu 


29S  STUDIl   IIECEttn  SOPRA.   I   RIIRACill 

bello  studio  avessero  lasciata  cosi  sforzare  l'entrato,  por  attirar 
nulla  trappola  gli  aggressori  più  acciaiti  ed  ardimentosi?  Giun- 
gano pur  (luesti  sino  all'adite  della  camera.  Quivi  troreranno 
nuovi  ostacoli  e  forise  maggiori,  contro  i  quali  lottando  restino 
colpiti  allo  spalle  ed  uccisi  :  od  anche  penetrati  che  siano  nella 
camera,  tra  difensori  appiattati  di  qua  e  dì  là  della  porta,  e  tra 
tua  turba  di  gente  compresa  da  disperato  furore,  forse  avverrà 
che  sin  dai  fanciulli  siano  fatti  cadere  e  dalle  donne  tratitti.  E 
chi  nou  vede  adunque  i  Nuraghi  nati  fatti  per  assicurare  all'oc- 
correnza cose  e  persone? 

Per  supporli  ad  altro  scopo  ordiuati,  quando  v'ahhia  una  tanta 
diflìcoltà  di  entrarvi,  è  necessario  che  si  credano  semplici  case 
od  altri  ricetti  del  tutto  pacifici,  come  templi  o  sepelcri;  ma  par 
8i  suppongano  fatti  a  tal  modo  per  servirsene  ad  occulti  consìgli, 
od  arcani  misteri,  od  eyoca>:ioni  magiche  da  celare  al  popolo.  Ma 
le  conveuticoli!  stìgreto  di  qualsiasi  genere,  appunto  per  esser  tali, 
sono  mai  sì  frequenti,  che  eMgano  l'iuiial/autento  dì  mille  e  mille 
Nuraghi  ì  od  amano  di  farsi  scorgere  col  tenersi  ne'più  cospicni 
edilnd,  o  non  anzi  cercano  le  tenebro  degli  spechi^  dei  boschi, 
e  l'orrore  delle  solitudini?  Che  se  codeste  conventicole  richie- 
devano por  loro  scile  torri  sì  forti  ed  impenetrabili,  quanto  uon 
dovevano  essere  abborrite  dal  popolo,  e  quanto  per  consegueoza 
esponevano  chi  le  tenesse,  alle  ire  comuni,  appena  fosse  uscito 
da* suoi  recessi?  Siam  dunque  da  capo  a  dover  dire  i  Nuraghi 
fetti  in  bello  studio  per  assicurare  cose  e  persone  esposte  con- 
tinuamente ad  estremo  pericolo.  E  per  conseguenza  non  si  pad 
mni  ammettere,  che  vi  fosse  gente  da  difenderli,  e  da  riccttar- 
visi,  e  da  tenervi  riposte  le  proprie  cose  con  insieme  provrigiooi 
da  bocca  e  da  tiro  per  resistere  agli  assalitori. 

Ma  questa  ragiono  tratta  dalla  difficoltà  dell'entrato  ^-alepol' 
più  de' Nuraghi,  nou  però  per  tutti.  Veniamo  ad  un'altra  più 
generale,  che  tuttjivia  nou  ha  forza  se  non  per  quel  tempo,  in  | 
cui  i  Nuraghi  già  fossero  grandomonttì  in  uso.  Ttdè  che  allora. 
i  Nuraghi  restassero  per  Io  più  a bbiin domiti  per  essere  t»peraJ 
come  pur  fu  detto,  di  nomadi;  o  fato  airaeuo  che  allora  stesserei 
ai  tutto  discosti  dall'abitato,  come  avviene  nou  di  rado  de'saD-Ì 


E  LORO  IHPORTAKZA  293 

tnarti,  e  spessissimo  de' sepolcri.  EssHudo  essi  sparsi  a  tanto 
QOmoro  por  tuttit  l'isola,  in  luoghi  donde  si  dominano  i  colli  ed 
i  piani,  ed  anche  in  corrìspotidenza  a  motti  insieme  tra  Loro;  che 
ne  sarebbe  avvenuto?  Poiché  non  raaucano  iu  veran  luogo  de'fa- 
cinorosì  che  agognano  di  rapire  raltrui,  si  come  prima  ne  ab- 
biano il  destro  (e  T  occasione  medesima  fa  molti  tali),  non  ne 
poteano  mancar  di  molti  ab  antico,  quando  il  rapimento  delle 
persone  medesime  celobravasi,  come  impresa  di  Numi  ed  oroi. 
Son  sarebbero  marnati  adunque  dn-vvero  ben  molti,  che  si  na- 
scondessero nei  Nuraghi  (aperti  com' erano  al  primo  occupante) 
per  cosi  stare  alla  vedetta  e  piombare  alle  prede  e  nelle  torri 
riporle.  Né  questi  davvero  avrebbero  poi  mancato,  ogniqualvolta 
potessero  farseue  iissoluti  padroni,  di  asserra^lìarvisi,  e  di  prov- 
vedersi dell'armi  cui  dava  il  snolo,  accumuìaDdo  su  per  le  citite 
e  i  temiscì  le  pietre  da  grandinare  coloro  che  snidar  li  volessero 
da' loro  covi  ;  ed  a  questo  lavuro,  iunanzirliè  ad  ogni  altro,  avreb- 
bero sottoposti  gli  schiavi  che  fossero  venuti  facendo;  e  meglio 
poi  d' ogni  altro  si  sarebbero  ne'  Nuraghi  difesi,  si  per  brutale 
f«ro«ia,  si  per  non  avere  probabilmente  famiglia  da  mettere  in 
salve,  ma  solo  masnadieri  da  aiutarsene  per  combattere,  o  vii 
nundra  di  schiavi  da  stivare  cornochossia.  Questi  rapaci  poi, 
quand'anche  fussoro  .sloggiati  da  un  luogo,  ricomincerebbero  lor 
mestiere  tramutandosi  in  altro,  e  non  bastando  da  soli  avrebbero 
riùamato  neir isola  gente  straniera,  o  dalla  Libia  donde  par  che 
ne  venisse  ab  antico,  o  dalla  Corsica,  per  dove  era  facile  che 
tragittassero  anche  altri  venendo  d' Italia.  Or  chi  può  dubitare 
lu  istante,  se  un  uso  cosi  funesto  fosse  quello,  a  cui  si  lasciasse 
ridurre  anche  un  solo  Nuraghe? 

Siano  pur  dunque,  se  così  piace,  i  Nunighi,  o  tutti  o  in  qualche 
namcro,  templi,  come  hanno  tenuto  o  tengono  ancora  gravi  scrit- 
tori. For^e  per  questo  all'occorrenza  non  hanno  da  servire 
d'asilo?  E  non  hanno  tenuto  i  popoli  tutti  o  non  tengono  po- 
poli diversissimi,  che  per  impetrare  mercè  dal  ciclo,  ed  ancho 
talor  da'ncmici  più  inesorabili,  appunto  negli  ostrenii  frangenti, 
CQUveuga  correre  a'tnmpli  e  stringersi  all'are?  Anche  pe'mas- 
Bìmi  delinquenti  riguardarousi  i  sacri  recinti  come  asili  inviola* 


S64  STDDii  Hccsnri  sovnK  i  kvragri 

bili  ';  e  non  dovettero  così  rignanlursì  per  tutto  il  populo  devoto 
ad  UD&DiTÌQitàf  Così  a  cagi(m  d'esempio,  l'ultimo  osilo  della  oa- 
ziono  Gindaica  non  fii  il  tempio  di  Gerasalemme?  e  l'ultimo  asilo 
di  Monteituma  non  fii  il  maggior  tbeocalU  del  Messico?  Ohe  aè 
questi  asili  non  valsero  per  chi  vi  si  difesdeTa  coU'armi,  forse  che 
i  templi  non  ralsero  agl'inermi  Romani  per  iscamparc  dal  furore 
Taudalico  con  esso  le  robe  portato  seco?  Ed  anche  a  deposito' 
ordinario  delle  cose  di  maggior  pregio  non  raìso  forse  ab  antico  U 
tempio  di  Gernsalemme?  Ed  anche  tra'harbari  dell'età  di  mezzo 
i  sacri  recinti  de'mouisteri  non  salvarono  forse  (oltre  innumerevoli 
moltitudini)  tutti  ì  tesori  delle  arti,  delle  lettore,  delle  scieiufr 
dell'antichità?  Infine  ancor  là  tra'FelIani  di  Palestina,  residuo 
di  Cananei,  il  deposito  fatto  ad  lui  qnalche  Santuario  non  è  egU 
forse  sacro  o  inviolabile?*  Dunque  solo  tra'Sardi  richiedeva  ud& 
atolidissima  supcrsti^ìono,  che  la  rasa  della  divinila  per  non 
essere  difesa  annata  mano,  diventasse  spelonca  dì  ladroni,  u  in  nn 
medtìsimu  insidia  e  sterminio  di  coloro  che  l' avevano  dedicata  e 
rispettavanla?  Pro  aris  et  focis  doveva  essere  invece  il  grido  di 
guerra  che  levassero  i  Sardi  al  vedere  l'assalto  sacrilego  de'Nun- 
ghi,  quando  fossero  templi  ;  e  cosi  sotto  l'invocazione  e  quasi  sotto 
la  scorta  dol  Nume  dovevano  ìtifiaiiimarsi  alla  più  vigorosa  difesa. 
Il  simile  si  dica  riguardo  all'opinione  di  quelli  che  hanno 
tenuto  0  tengono  i  Nuraghi  (almeno  iu  nn  qualche  numero)  per 
sopolcri.  Certo  sepolcri  che  si  chiudano  dairiutemo,  e  non  di 

<  Arapitsfo  i  Latini  fu  anche  sinonimo  del  pib  sicuro  riCQ^ìo,  pciT:hfi  i  rei  fr 
singoi armcntf  gli  «hiavì  solftaQo  là  rìfinpiai-si,  «  ripulfli-asi  «icrili-gio  11  partf  (jnìrt 
sorr'otti  le  maDi:  ilei  clic  vrili  il  Korci'llini  allii  ivre  Ara.  f.  aiipplires  atì  aram 
chianavanst  qtirMi  prcfuiihi,  «mr  noia  Ennio  Visconli  ae]  Mateù  Pio  Clnnfnl.  ttA.  3, 
U*.  S8.  Fu  poi  quifla  Vf9ta.ii  ù  universale  nella  geniilil-i,  che  il  S.irpi  toIIc  tfa'dun» 
le  Icfiji  caoonicho,  nel  suo  traliaio  dtirimmuriiià  dello  Chiese.  Ma  questa  waut 
unitpnalc  in  inatrria  per  ti  non  pbcvvolp.  (inai  è  ài  non  porre  \«  matti  ixMmD 
alinfito  ai  ladri  ni  n»n5Nnl.  >doI  dirsi  un  rì«Uato  Jclh  naturo  pir  rì'tfK'tto  al  Ivoin 
acro;  e  il  dirìUo  dflla  Ctiicu  noi  eaucire  Io  imrnanii»  sfrondo  l'itiitica  Icì^i-  ili  D» 
che  slibilÌTA  imcK  città  di  rirn^Jo,  è  [tifno  pei^in  ilal  Yak  Esi<en,  De  ìmmunilat», 
cip.  1  e  sefis. 

'  OtomONr  Cankf»!!.  Tfie  Arahs  in  J*nlr»liné,  prtg.  320  di-lb  riiccolta  THe 
Smnfy  of  vetlrrn  l'alntinf.  Sp<cial  ìHìperr.  IXSt.  CIitìi  il  mpcHC.  UNtlo  dkgU 
sUssi  Fcllani  |K'Mfliwi«'niì  rÌfo»rraii*i  ijr's»m|nani,  vitIì  oollii  si<»»a  rsttolu  Etl- 
SABETll  Finn,  The  Feìlalmn  of  Palestine,  jug.  345. 


rado  alibiano  scalo,  terra/./.),  cainorB  superiori  e  talora  persia 

cisterne^  e  di  più  siano  in  corrispondenm  tra  loro,  non  furono 

naìcamonte  eretti  a  riposo  du' morti,  ma  insieme  a  qualche  uso 

de'viri.  Ora  si  che  staremo  a  vedere  se  quest'uso  do' vivi  fosso 

si  beo  conciliato  col  riposo  de*Ior  cari  defunti,  che  il  sepolcro 

diventasse  rìcotUeolo  di  assassini  e  giicsti  poi  mandassero  ancora 

i  tìtì  agli  eterni  riposi.  Inverti  un  mausolei!  di  tal  fatta  non  dà 

egli  piuttosto  ragion  di  supporre,  che  lo  volessero  auch'osso  un 

renerato  santuario  o  in  onore  della  Diviniti^,  o  de^lì  stessi  dcrunti, 

secondoclid  santuarìi  veneratifisimi  dì  tal  genere  ha  la  vera  Eeli- 

gjone,  0  la  falsa  altresì,  seguatainonte  dell'India,  e  come  sono 

presso  i  Fellaiii  e  Beduini  tenuti  per  inviolabili  1  Alakaiu  dulia 

Triestina  sur^eduti  ai  Makoni,  di  f:ui  parla  la  Divina  Scrittura?  * 

Per  tali  ragioni  noi  crediamo,  che  quanti  tengono  i  Nuraghi  o 

aìcuni  tra  essi  per  templi  e  sepolcri,  possano  e  debbano  consentire, 

che  fossero  non  solo  atti,  h\  ancoi-a  ordinati,  almeno  per  fine 

siKondario,  ad  assicurare  al  bit^ogno  cose  e  persone. 

ila  ì  Nuraghi  son  tutti  dunque  per  qiialclie  guisa  altrettante 
fortezze?  ed  in  tre  migliaia  che  tuttavia  se  ne  contano,  e  nelle 
soi  0  nelle  nove  che  per  avveutura  ce  ne  furono,  dovriissì  i^li 
credere  che  altrettante  sentinelle  vi  stessero  notte  e  dì  alla  vedetta. 
e  QQ  nerbo  di  difeasori  pur  Asso  per  guarnigione,  e  che  la  gente 
4i  lor  fami^ie,  che  corto  nou  si  voleva  abbandonare  alla  mercè 
dei  nemici,  non  dovesse  dilungarsi  da  t-i-li  rifugi  per  nun  incapjwre 
Delle  costoro  manie  divenirne  schiava? 

Oh!  non  si  tema  che  nulla  di  tutto  questo  si  abbia  daam- 
nettere  per  sostenere  il  gik  stabilito.  Perchè  (quando  stiasi  al 
senso  più  proprio  delle  parole)  tutt' altro  sono  i  Nuraghi  che 
forte?^  da  guerra,  ovvero  torri  corrispondenti  tra  toro,  che  così 
fostìtniscano,  come  ora  si  dice,  nn  sistema  strategico  di  fortifi- 
cazioni. Se  questo  fosse,  giacche  i  vanì  gruppi  di  Nuraghi  cor- 
rispondenti tra  loro  sì  concatenano  per  tutta  V  Isola,  la  Sardegna 
con  tali  difese  costituirebbe  il  maggior  sistema  di  fortifìcazioni 
0  la  maggior  fortfì£<!a  del  mondo.  3Ia  tale  fii  mai  la  Sardegna? 
0  sono  i  Nuraghi,  sia  che  premiausi   isolatamente  od  a  molti 


*  GBHMOrrr  GikNNEAU,  l  e  pae.  327. 


1 


Vio  stmm  nsceim  sopra  i  niRAOHi 

insieme,  valevoli  a  trattenere  un  esercito  regolare,  od  a  ininac- 
cìai^II  le  spalle^ 

Fortezze  e  torri  di  siinil  genero  non  manciirono  invero  ai  tempi 
in  cui  adoiwravasi  la  cristniziouo  gigantea  de' Nuraghi;  e  noi  le 
troviamo  nelle  mura  ed  acropoli  ciclopee  d'Italia,  Grecia  ed  Asia 
minore,  e  in  quelle  di  Sìria,  Sicilia  ed  ÀfTrìra.  innalzate  da  Fenìci 
e  Cartaginesi,  e  più  nelle  cittÌL  deirAssiria,  Mesopotamia  e  Su- 
siana  con  quelle  reggie  elevate  sopra  altipiani  artificiali,  sui  quali 
puro  torrfggiano  le  Zigurat,  e  nelle  città  turrite  rappresentateci 
dai  monumenti  Assiri,  e  nelle  fortezze  cavate  nelle  rocce  di 
Frigia  ',  e  in  quelle  fondato  su  rocce  tagliate  a  scarpa,  che  si 
trovano  in  Palestina':  come  anche  un  campo  trincerato  marari- 
glioso  troviamo  in  quel  d'IIaouar,  capevoie  di  dugentoquaranta- 
mila  guerrieri,  che  avevano  da  sostenere  la  monarchia  degli 
Hylisos  contro  tutte  le  tnciirsioni  d'Asia  o  le  ribellioni  d'Egitto  *. 
Ma  in  pamgoiic  dì  tutto  questo  che  sonrj  in  generale  i  Kuraghi? 

Pcgnaino  chtì  innau/.i  ad  un  Nuraghe  ordinario  presentisi  una 
sola  centuria,  qual  vanguardia  d'esercito  regolare.  Contro  di  essa 
correranno  forse  a  far  fronte  i  venti  difensori  del  Nuraghe,  o 
avanzandosi  la  centuria  sul  monte,  T  attenderanno  sparpagliati 
sull'alto,  0  stringendo  gli  assalitori,  si  rintanoranno  nella  loro 
fortexza,  dando  l'allarme  agli  altri  del  territorio,  perchò  tutti 
corrano  contro  il  nemico?  Cosi  facondo,  già  avranno  perduto  U 
bestiame;  ed  or  ecco  qual  fine  gli  aspetta.  Oli  assalitori  collo- 
cheranno a  buon  numero  arcieri,  che  saettino  quanti  sporgano 
punto  il  capo  sul  terrazzo,  e  altri  intanto  faranno  ciò  che  or  si 
costuma  inchiodando  i  canuooi  che  non  siano  da  tmsportare; 
chìnderanno  cioè  ron  gran  massi  l'uscita,  e  poi  scalando  le  mura, 
e  disfacendo  il  tomizzo,  faranno  il  simile  nella  sommità  della 
scala.  Così  fatto  del  Nuraglio  sepolcro  a  tutti  i  ricoverali,  il  suo 
terraxu)  varrà  per  gli  assalitori,  qual  cwntro  di  propria  difesa. 
Tengano  intanto  d'ogni  intomo  i  paesani:  sopravverrà  pure 

'  PennoT  el  Coiu-icir,  Explomtion  arche'ot.  àe  la  Gaìnlir.  etc.  Tst.  Vili  «  X. 

•  CONOeit,  NoUa  0»  archit6ctuT€  m  PalrsHtw.  pn?.  \\t  della  luàata,  nella 
RnCCOlla    Thr  Surtty  of  ìrnirrn   Vnltitint,   IRRli. 

*  J(*SfKBO,  Hisl.  ancienne^  1878,  pagg.  ("a  e  77. 


'  ■'  -™- 


E   LORO  IMPOnTANU 


937 


l'esercito  a  riceverli,  e  troveralli  impotenti  a  resistere  perchè 
dirisl.  e  poi  a  iiiaa  salva  occuporii  altri  Nuraghi  rimasti  privi 
di  difensori.  E  chi  può  credere  adunque  ch-j  in  tal  cfrcostaiiwi 
vogliansi  difendere  tntti  e  singoli  i  Nuraghi?  Una.  delle  due.  0 
i  difensori,  per  salvar  le  proprie  vite  e  famiglie  con  un  po'degli 
averi,  s'arrenderanno;  o  cercheranno  uno  scampo  verso  un  centro 
più  fortfl,  là  trasferendo  le  famiglio  e  il  bestiame.  Ma  quale 
inciampo  alla  dift»a  in  questo  tumultuoso  aiTollamento  d'imbelli 
6  d^aaimali,  e  qnal  diflìcoità  a  sostoncro  nn  assedio  contro  an 
esercito  libero  da  ogni  tupedìmeuto  consimile,  ed  allottato  da 
à  opime  spoglie?  Non  basterebbe  dunque  uu  centro  minore,  e 
ronvieuc  ridursi  in  qualche  centro  più  vasto  ed  insieme  più  forte. 
E  qui  non  si  può  recare,  uè  recasi  esempio  più  splendido  che 
ta  Giara  di  Gestori.  Di  questa  avremo  a  diro  ben  altro,  essendo 
stato  un  obbiotto  singoiare  do' nostri  studii.  Per  om  bastino  al- 
cuni cenni  '. 

LA  CUIU    III    r.ESTOIII 


E  1&7  Giara  una  magulfica  tavola  di  basalto,  che  elevasi 
5S6  metri  sul  livello  del  mare,  e  gira  nel  perimetro  delL'alti- 
piMJo  un  quaranta  chilometri,  e  più  del  doppio  con  le  sue  pen- 
fiifi.  Neir  interiore  ha  due  monticelli  vulcanici,  il  più  elevato 

'  UVJknMonA,  Vùjfoge,  U.  i%  50.  PI.  Vili,  7.  —  ìtinérairt.  La  Giara.  Carta 
ìAVUxAa.  —  Géoìogit. 


998 


ari'on  rbcenti  sopra  i  ìwiughi 


de* quali  aon  sovra-sta  all'altopiano  pii)  di  6  metri;  ed  ontramlii 
s' iucoronaTauo  d'un  Nuraghe,  come  tutto  parimcnto  se  ne  inco- 
ronava il  contorno  deiraltopiano  ad  ogni  sao  sporto.  Ora  il 
Forgusson  ',  ci6  considerato,  giunge  a  dire.  Un  uÉBcialc  del  genio 
ammirerebbe  l'abilità,  con  cui  fu  scelta  la  posizione,  e  come  tuUi 
fnryno  tu'cupiiti  i  punti  iinportanti  del  circuito,  ron  due  punti 
dell'interiore,  rhe  fanno  un  secondo  ordine  di  difese,  in  rni  ri- 
tirarsi dopo  sfornito  il  primo.  L'autore  del  rampo  trincerato  di 
Lhiz,  così  egli  prosegue,  resterebbe  attonito  in  vedendo  rec&to 
in  opera  il  suo  disegno,  tremila  anni  Innanzi  che  egli  nascesse: 
giacché  qui  si  scorgono  le  medesime  torri  con  differenze  appena- 
discemibili  da  un  occhio  sperimentato.  Ma  che?  Popò  sì  magni- 
fico epifoneraa  il  dotto  sttiriro  dell'architettura  ha  da  sogginn- 
gere.  Così  ragionando  noi  non  0i  avvediamo  di  applicare  allo 
antiche  difeso  ciò  che  sol  vale  delle  moderne,  atteso  Ja  lunga 
portata  delle  artiglierie,  con  cui  è  dato  incrociare  il  fuoco  tr» 
due  forti  collocati  a  distanza,  e  con  questo  impedire  ogni  passo 
in  mexzo  ad  entrambe.  K  invero  supponete  pure,  che  le  torri  del 
circuito  fossero  quaranta,  mentre  sedici  sole  uè  segua  il  Laiuar- 
mora  omettendone  altre:  fato  poi  che  rarii  punti  tra'più  distanti 
delle  sì  ampie  pendici  siano  oprupate  dall'esercito  degl'iavasori: 
6  come  potranno  accorrere  prontamente  a  respìngerlo  ì  difensori, 
quando  per  varie  partì  salga  las^ù?  Saliranno  dunque  le  schiert^ 
a  gettar  lo  scompiglio  tra  tant^ì  mandre  e  famiglie  quivi  sopra 
raccolte:  e  molti  de'difensori  a  tal  vista  eleggeranno  la  resa,  e 
gli  ostinati  a  resistf^re,  tra  tanto  scompiglio,  rcstoran  sopraffatti. 
Tal  è  il  difetto  di  somiglianti  difese,  alla  cui  sformata  gran- 
dezza, nelle  guerre  ben  regolate,  non  bastano  i  difensori.  E  gran 
rìpruova  ne  ò,  che  i  Ilomani  medesimi  quando  si  furono  impa* 
droniti  dell'isola  e  vollero  assicurarla  contro  le  scorrerie  de* bar- 
bari delle  montagne,  avendo  stabilito  nn  campo  di  guerra  a  fiy 
rum  Trajani,  quivi  pres^so  tnisformarono  un  Nuraghe  iu  Castello, 
0  alquanto  più  lungi  il  Nuraghe  Longn  di  Samugheo  ',  ìu  vedetta; 
come  poi  i  Grtci  nell'itltro  termine  del  medesimo  territorio  (dore 

'  Op.  cit.  453,  AÓi,  donile  ahlikimo  u^Uo  il  ilbqtQo,  rìlovnndoto  attiianlo. 
*  S.  M.  M  -  I8C0,  19,  -  l»Gi,  61  -  L  65. 


E  LORO   IHPOItTANZA 


299 


«redram  «rto  che  fossa  un  terzo  Nuraghe)  fabbricarono  H  Castel 
di  Medusa  ':  ma  sulla  Giara,  nò  Romani,  uè  Greci,  nò  altri  lor 
succedati  lasciarono  vestigio  che  ia  fortificassero.  Bensì  presso 
k  CHara  elessero  i  Homani  un  colle  assai  meno  elevato  e  setim 
pangone  men  ampio  per  fondarvi  Taleiiza,  nel  cui  sito  par  si- 
milmente che  gUk  per  rinnau/i  si  fossero  fortifir^ti  i  Carta- 
ginesi '. 

E  che  fecero  i  Sardi  medesimi  quanilo  ehlwro  a  combattere 
contro  Cartaginesi  e  Roiuatii?  Non  si  liifesero  con  una  resistcn» 
che  sia  paruta  agli  atorici  memorabile,  ne' Nuraghi,  come  invece 
ricorda  la  storia  che  si  difenJesstìro  contro  i  Romani  nolle  pro- 
prie torri  griberi":  ma  durarono  secoli  e  secoli  a  manteaerc 
Il  propria  indipendenza  mWa  fortiw^ie  naturali  de*  loro  monti,  non 
li  si  lasciando  mai  rintracciare,  e  tenendosi  appiattati  ad  ogni 
(fcricolo  con  le  lor  greggi  ntì'soni  do'modesimi  monti  e  nello 
ttrenie*:  o  forse  allori  difiMidendosi  pura  alla  Scitica  e  Mgsc<H 
vitica,  distrassero  da  sé  stessi  assai  volto  e  torri  e  colti  e  frut- 
teti, perchè  non  ne  approfittassen»  i  ntìTuici  per  trattenersi  in 
agiato  nelle  lor  terr(\  Non  erano  dunque  ordinati  i  Nuraghi 
a  difendersi  contro  eserciti  poderosi,  che  nommen  s'avevano  a 
temere  noli' i.sola,  quando  veunero  edificati,  come  vedremo.  A  qual 
gdaere  di  difesa  appartengono  essi  dunque,  e  contro  a  quali  ne- 
mici servivano?  Lo  vedremo  nel  seguente  articolo. 

'  %h»i,  Snrdrfftut  Militare^  Caslflli. 

*  In  faccia  al  Nuraghe  Vali^iiiui  r'b  nel  liaiso  un  tcpolcrcto  Cariagiricsc  nomnno. 

*  SmiB.  HI,  1^3;  (Il  cùnijiaran:-  con  Livio  Wll,  (3. 

*  Dioo.  iV,  SU.  V.  15  eoe  Vi-dt  Vwa,  311. 


^M 


I  DERELITT 


XV. 

La  vicioanza  doliti  ricca  Ermelìnda  e  della  povora  Emma 
p&rova  umi  di  quelle  bizxarrio,  di  che  si  piace  la  capricciosa 
fortuna;  ed  era  ìnrece,  come  pia  innanzi  vedemmo,  cun  find 
astuzia  ordinata  dal  Blando;  il  qualo  avca  scolto  a  bollo  studio 
per  la  fainìglia  Ditte  uno  splendido  appartamonto  prossimo  alla 
stamberga  Belfìore,  acciocché  Emma  vedendo  tant' opulenta  • 
lusso  nella  futura  sposa  di  Bruno,  cadesse  dì  speranza  dì  po- 
terle essere  preferita.  Xt^  Io  scaltro  Bancliiere  erasi  mal  apposto; 
poiché  il  prolungato  silenzio  di  Bruno  faccale  ornai  cbiaro  ed 
aperto  che  sarebbe  follia  T aspirare  alla  mano  di  lui-,  tanto  più 
ohe  tutto  accennava  a  ima  prossima  conclusione  dello  trattative 
in  corso  tra  ì  due  genitori  de'promessi  sposi.  Tuttavolta  Emma 
accoglieva  un  raggìotino  di  speranza  in  fondo  al  cuore,  senza 
che  sapesse  darsene  a  sé  stessa  ragione.  Tanto  è  vero  che  chi 
ama  osa  sperare  sovente  coatra  ogni  speranza! 

Quando  l'Ermelinda  passava  in  cocchio  per  la  via,  Emma 
faceva  capolino  alla  Hnestra,  e  dietro  alle  persiane  sbirciava  la 
sua  rivale;  e  al  vederla  così  carica  di  lisci,  di  vezzi  e  di  gin* 
gilli,  mestamente  sorrìdeva,  dicendo:  —  Che  ricchezza!  che 
sfoggio!  che  contrasto  colla  mia  povertà!  —  E  di  scatto  un  pen- 
siero sorgevalc  in  mente.  —  Costei  esser  dovrebbe  vanerella  e 
smancierosa!  Ma  t^st)  con  orrore  cessava  da  so  questa  sinistra 
idea;  perch' ella  era  di  delicata  coscienza  e  d'animo  bennato  e 
gentile.  La  Marchi'sa  pere  sentiasi  un  piszioore  alla  lingua,  che 
mal  potea  rintuzzare,  e  tal  fiata  sbottoneggiava;  perchè  troppo 
farevaló  afa  quello  svenevole  atteggiamento  e  quella  studiata 
attilutura  deir  Krtuelinda.  La  Mima  poi,  ch'era  una  pispoletta, 


I  UERKLrrri  -  xv.  un  miLuzioNE  e  vh  thauuiìmto 


301 


tutta  pepe  e  sale,  aroane  bel  tempo,  e  alle  rollo  coc^avala  da 
loBgi  con  atti  di  bertuccia;  mentró  Emma  davale  salla  yoce  e 
ne  la  rimbrottava  dicendo  —  Dove  hai  tu  imparato  le  regole 
della  croan^ta  e  del  rispetto  che  a  tutti  si  deve? 

Uq  dì  che  il  vicino  palagio,  ove  bancliettavasi  alta  grande, 
echeggiava  di  suoni,  di  canti  e  di  evviva,  la  Marchesa  disse 
sospirando  ad  Kmma:  —  Costoro  gavazzano  neir  abbondanza,  e 
noi  ci  moriamo  di  fame!  Ah  una  sola  di  (inelle  gioie,  che  porta 
indosso  r  Krmelinda,  basterebbe  a  trarci  di  cenci  !  À  cui  Emuia, 
—  Certamente;  ma  ella  non  ha  il  cuore  di  Bruno.  E  qai  le  si 
eolerìrono  vivamente  le  guance,  e  lo  caddero  duo  lacrime  furtive 
dagli  occhi. 

La  sera  di  quel  giorno  la  gazzarra  che  colà  presso  facevasi, 
si  protrasse  fin  oltre  a  mezza  notte,  tanto  che  la  Marchesa  ed 
Emma  non  poterono  prendere  un  sorsellitio  di  souiio.  Altre  volto 
eitìandio  incontrò  eh'  esse  passassero  le  notti  insonni  a  cagione 
della  baldoria  che  facevasi  in  nasn  Dorè. 

"So,  non  è  mai  cosi  sensibile  la  miseria,  come  allora  che  raf- 
frontasi coir  altrui  felicità.  Onde  il  dett^v  del  filosofo  yemo  wiser 
nixi  comparatm.  Quel  continuo  parallelo  che  fa  il  povero  tra 
il  sno  languire  d'inedia  e  T epnloneggiare  degli  altri;  tra  lo 
sqDaltore  del  suo  abituro  e  lo  splendore  degli  altrui  palagi;  tra 
la  luridezza  do' suoi  pantiicelli  o  lo  sfarzo  dello  altnii  vesti,  non 
fa  che  inasprirgli  viepiù  la  piaga  della  miseria.  Per  lui  vera- 
mente la  terra  è  la  vallo  del  pianto,  ed  egli  non  sì  consola  che 
colla  speranza  dì  presto  uscirne!  Fu  dunque  crudele  malizia 
quella  del  Blando  allora  che  metter  volle  presso  che  a  cont-'itto 
l'opulenza  con  la  povert-^,  noQ  perchè  quella  stendesse  a  questa 
la  mano,  ma  perchè  rniuiliasso  maggiormente  col  contrasto.  Se 
non  che  la  famiglia  Belfiore  era  dì  sentimenti  più  nobili  ed 
elaratich'ei  non  sì  pRnsava;  e  Tistesso  suo  figlio  Bnino,  fatto 
consapevole  da  lui  delle  grandigie  dei  Dorò,  rispondevagli  sec- 
camente che  nemmeno  lo  splendore  di  una  corona  avrebbegli 
fatto  obliare  la  povera  ma  virtuosissima  damigella  Belfiore;  la 
qaale  ancorachft  avesse  per  allora  dismesso  ogui  pensiero  di  nozze, 
(com'egli  falsamente  credeva)  orì  tuttavia  tempre  degna  della 


302  I  DERELirn 

sua  stima  e  del  suo  affetto.  Oadechè  il  Dlando  uscito  di  speranza 
di  potere  coll'adopcrato  artifizio  invaghire  il  figlio  della  novella 
sposa,  fo'suDÌ  avvisi  di  allooUnare  dulia  città  la  famiglia  Belfiore; 
il  che  ove  venissegli  fatto,  egli  avrebbe  presso  di  sé  rìchianiato 
il  figlio,  e  icdottulu  più  aguvulmuDto  a  8[>osare  l'Eriiielinda. 

Ma,  per  iiuaato  ugli  si  beccasse  il  cefrE;]lo  per  trovar»  via  e 
modo  da  colorire  questo  suo  disegno,  nou  gli  si  affacciava  al 
pensiero  cosa  che  valesse.  Laonde  venutogli  meno  ogni  consìglio, 
rimise  l'affare  «elle  mani  di  un  certo  avvocato  Bertone,  piovuto 
colà  non  si  sapoa  ben  donde,  ma  bindolo  e  mascagno  piil  che 
il  fistoloso  che  per  arrovìgliare  e  dipanar  matasse,  e  all' uopo 
anche  trancUare  il  prossimo,  non  area  chi  lo  pareggiasse,  oA 
manco  V Azzeccagarbugli^  di  cui  parta  il  Man/xtni.  Egli  correva 
per  la  bocca  di  tutti  sotto  il  nomignolo  di  Trappola^  che  cal- 
zavagli  a  capello,  e  col  quale  anche  noi  lo  designeremo. 

Il  Trappola  adunque  tutto  arzilto  e  gongolante  di  gioia  al 
vedersi  tra  mano  un  affare,  donde  trar  poteva  dei  grassi  gua- 
dagni, ri  si  mise  coir  arco  della  schlona,  risoluto  di  farsi  ouore, 
fliccoui'eglì  nel  suo  gergo  dìcea,  e  voleva  sigoÌ5cart.'  che  non 
avrebbe  indietreggiata  innanzi  a  veruna  sorta  di  mezzi,  ooesU 
0  ingiusti  nou  monta,  pur  di  conseguire  il  suo  intento. 

Chiesto  pertanto  e  avuto  dal  Blando  uno  scritto,  ne  contraf- 
foco ojri  arte  iiiaravigliosa  il  carattere,  e  finse  una  Lettiira  di 
Bruno  alla  Marchesi;  in  cui  dicevole  —  SÒ  non  potere  più  a 
lungo  ricalcitrare  ai  voleri  del  padre  con  rìschio  di  venire  da  lai 
diseredato  e  cacciato  di  caso.  Però  perdonassogli,  so  ora  vuderasi 
dalla  dura  nect-ssità  ustrotto  n  fallire  della  sua  parola  alla  figlia, 
di  cui  un  in  momento  di  giovanile  trasporto  d'amore  aveale  chiusto 
la  mano. 

Tal  era  il  tenore  della  lettera,  ch'egli  chiuse  in  una  busta 
improntata  del  timbro  pestale  e  del  francobollo  di  Ambnrgo. 
datagli  dal  Blande,  che  ne  riceveva  di  Oìik  dal  suo  Commesso 
quasi  ogni  giorno,  e  sulla  quale  cancellato  con  acqua  chimica- 
mente preparata  T  indirizzo  del  Banchiere,  avea  scritto  quello 
della  Marchesa  Belfiore.  Quindi  subornato  con  grossa  mancia  e 
con  maggiori  promesse  un  postino,  gliela  fé'  ricapitare.  La  tra- 


XV.   CV  l'VILUZIOlte   E   UN   THADIMENTO 


303" 


dita  donna  non  sospettò  mcaomamento  della  frode;  e  avendo 
per  Terala  mentita  lettera,  diella  a  leggere  alla  figlia  dicendo: 
—  Alla  fine  Bruno  si  è  degnato  di  rìspondenai  per  farmi  sa- 

Kre  che  non  sarà  piiì  tuo. 
—  Meglio  per  lui!  rispose  £imna  eoa  una  fruddosza,  che  mal 
rù  disstmniara  l'interna  lotta  delP animo.  S^,  meglio  per  lui, 
»re9e,  perchè  sposando  me  si  tirerebbe  addosso  lo  sdegno  del 
padre  e  di  tutto  il  parentado,  e  con  quello,  Dio  sa,  quanti  gnail 
Io  stessa  a  piò  della  vostra  lettera  gli  scrissi  che  —  Preferivo 
vederlo  anzi  folice  sunza  dì  me,  che  meco  infelice!  Egli  è  stato 
del  mio  avviso,  ha  seguito  il  mio  consiglio,  od  io  non  ho  di  che 
lagnarmi.  Disse  Emma  queste  cose  con  voce  tremante,  facendo 
udh  sforzo  supremo  per  dominare  il  tumulto  degli  affetti  suoi 
e  r interno  affanno  che  soffocavale  il  respiro.  Poi  non  reggendo 
più  a  quello  sforzo,  fu  a  racchiudersi  nella  sua  stanza  per  dare  più 
Ubero  esalo  al  suo  cuore  trambrisciato.  Tja  Marchesa,  avvegnaché 
poco  avesst)  fino  allora  sperato  di  vedere  un  di  la  figlia  unita 
in  matrimonio  don  Bruno;  tuttavolta  al  vedersi  a  un  tratto  car 
duU  d'ogni  speran/.a,  ne  fu  assai  di  mala  voglia. 

Frattanto  l'Autore  dell'infamo  tranello  volendo  accertarsi  del 
successo  della  sua  bindoleria,  simulo  un'ultra  lettera  dì  Bruno 
ti  padre,  in  cui  quegli  chiedevagli  perdono  della  sua  resistenza 
e  protestavasi  pronto  a  fare  a  senno  di  lui,  sposando  V  Erme- 
linda.  Con  questa  lettera  in  petb  fu  a  visitare  la  Marchesa, 
facendosi  annunziare  a  lei  come  un  incaricato  d' affari  del  ban- 
uhiere  Blando,  che  aveva  bisogno  di  parlarle. 

Ella  sentissi  a  quest'annunzio  rimescolare  il  sangue  e  salire 
Daa  vampa  al  volto.  Pure  accolselo;  ma  con  quel  freddo  contegno 
di  chi  per  mera  cortesia  riceve  una  visita,  che  le  ò  gnidita 
qaaoto  il  fumo  agli  occhi.  Lo  scaltro  Trappola  avvisò  tosto  dover 
esaere  lei  caduta  nella  sua  tagliuola,  avendo  per  vont  la  lettera 
dì  Bruno;  e  a  fine  di  meglio  avvotpinarla,  fatto  sembiante 
d'uomo,  cui  forte  incresca  di  dover  dare  una  spiacevole  notizia, 
Signora  mia,  prese  a  dirle,  sono  assai  dolente  di  dovere,  fin 

.Ila  prima  volta  che  ho  l'onore  di  visitarla,  venire  a  lei  por- 

>tore  di  ana  lettera  spedita  testò  dal  signor  Bnino  al  padre, 


304  I  oncurn 

nella  qnale  egli  chiamasi  in  colpa  d'avemo  contrariato  i  Tolerì, 
e  protesta  di  voler  fare  a  scuuo  di  luì,  spctsando  l' Erinelìnda. 
Ecco  la  lettera;  e  sì  dicendo,  trassela  del  suo  poiiafoglio  o  di- 
spicgolla  migli  occhi  della  Marcltusa;  la  quale  sunxa  degnarla 
neppure  di  un  guardo,  risposegli  con  tuono  ironico:  —  Biporti 
pure  la  lettura  al  signor  Blando,  ringnizìandalo  della  sua  ror- 
lesia.  Non  facea  mt^stieri  ch'egli  sì  disagiasse;  poicbò  io  sapea 
prima  di  lui  la  nuora  risoluzione  di  Bruno. 

—  Ah,  sclamò  tra  so  il  Trappola,  avea  dunque  abboccato 
l'esca!  Buono! 

—  Dica  al  signor  Blando,  proseguì  la  Marchesa,  che  mia  lìglia 
fa  Tolif  perchè  il  signor  Bruno  sia  colla  milionaria  Ernielinda 
felice!...  Anzi  gli  aggiunga  che  a  non  intorbidargli  la  gioia  di 
qneste  nozze,  Emma  se  ne  andrà  il  più  che  può  Lontana.  K  dicca 
questo,  perchè  avea  voramenlo  in  animo  di  mandarla  per  qual- 
che mese  altrove. 

Kra  quello  che  il  Trappola  volea,  o  ne  gongolò  in  suo  cuore. 
Ala,  per  non  dante  sentore,  composto  il  volto  a  gravità  e  totto 
in  sembiauttì  pensoso,  soggiunse:  —  Mi  duole  veramente  che 
Vossignoria  debba  per  qualche  tempo  privarsi  della  dolce  com- 
pagnia di  così  buona  figliuola:  ma  veggo  anch'io  Tassennatesza 
dì  questa  sua  deliboraicione.  Poiché  coli' allontanare  Emma  dalla 
città  viene  a  risparmiarlo  l' umiliazione  di  dovere  essere  spet- 
tatrice del  trionfo,  dirò  così,  della  .sua  rivale,  tanto  più  rhe  da 
pezza  qui  facevasi  un  grande  chiacchierio  di  coteste  progettate 
nozze  di  Bruno  con  Emma. 

—  Mia  figlia,  ripigliò  con  mal  dissimulato  dispetto  la  Mar- 
chesa, è  superiore  a  cotesti  meschini  riguardi. 

—  Ma  sicuro,  sicuro! Voloa  diro  cho e  non  fini  che 

la  Marchesa  moK^xìgU  le  parole  in  bocca,  soggiugneudo  tosto: 
—  L'unica  ragione  cbe  mi  muovo  a  mandare  altrove  mia  fìgUa 
è  un  certo  riguardo  poi  signor  Bruno;  il  quale  sarebbe  un  po' 
imbarazzato  dalla  presenza  di  lei.  Daahè  egli  non  si  è  indotto 
ad  abbandonarla  per  capriccio,  ma  per  acconciarsi  alla  TolonU 
del  padre. 

—  Già,  già...  ben  inteso...  Sarebbe  sempre  un  atto  dì  dclica- 


XT.  CH   UUILIAZIO.XE   B   UV  THAbI»E»TO 


3U5 


tez^a  Torso  il  signor  Bruno...  Ma  dubito  che  £mm;i  possa  partire 
prima  cbo  egli  celebri  le  sue  nozze  coll'Ermelinda. 

—  E  perchè? 

—  Perché  cotesto  matrìraouio  dee  farsi  dentro  il  mese  cor- 
rente; tal  essendo  la  volontà  del  padre. 

La  ftlarcfaesa  tnrbossì  u  q u est*  annunzio  ;  e  dopo  alcuni  istanti 
di  esitazioni.^  soggiunse:  —  Quanto  a  me,  allontanorui  la  figlia 
sul  momento,  uiaudanduk  per  qualche  mesi:  a  viUeggiam  con 
DQ  mio  vecchio  sio,  che  xm  ritirato  in  campagna  là  sui  monti 
tra  Cagli  o  Urbino;  ma  egli  è  un  benedetto  uomo!...  Basta... 
gli  scriverò  tosto;  o  vedremo  quol  cht!  mi  rispondorii.  -Ma  poi 
ewi  ao  altro  guaio.  I  viaggi  importano  gravi  spese;  ed  io  sono 
corta  a  quattrini  ;  nò  saprei  come  averli  neppure  in  prestan/.a. 

—  Quanto  a  questo,  non  si  dia  pensiero.  M.' incarico  io  di  tutte 
"se;  e  se  le  aggrada,  sono  anche  in  acconcio  di  dare  una 

v.>L>it  fino  alia  villa  dello  zio  per  ben  disporlo  a  fare  lieta  ac- 
cozUenm  alla  sua  nipote.  Diceva  questo  ìl  Trappola,  perchò 
dalle  reticenze  della  .Murchesa  avea  subodorato  essere  ìl  vecchio 
m  uomo  uggioso  e  avaro.  Questa  acct'ttò  di  buon  cuore  l' offerta; 
ti  il  Trappola  fattosi  da  lei  promettere  una  lettera  per  lo  zio, 
Wite  andò  tosto  a  ragguagliare  il  Banchiere  dei  fulice  successo 
(UUe  sue  tranellerie. 

XYt 

UN    VOLOSTiKlO   ESILIO 

Ia  zio  della  Karchesa,  signor  Taddeo  Belfiore,  detto  il  Mala- 
giunta,  perchè  facea  per  avariìsìa  mal  viso  a  quanti  capitavangli 
ÌB  casa,  ancoraché  fosse  abbastanza  agiat>]  di  beni  di  fortuna, 
vireva  nondimeno  assai  sottilmente-,  uom  afferrato  al  danaro  pio 
ohe  rostrìca  allo  scoglio,  tanto  che  di  lui  si  solea  dire,  celiando, 
che  sarebbesi  lasciato  trarre  di  frontti  ambo  gli  occhi,  anziché 
due  spiccioli  di  borsa.  A  costui  avoa  fatto  più  volte  la  Marclit^sa 
ntorso  pur  lettera  nello  sub  domesticho  strettezze;  ma  da  quella 
felce  non  avea  saputo  cavarne  che  qualche  goccia  di  poche  lire, 
che,  sommate  insieme  per  lo  spazio  dì  quasi  due  anni,  giun- 

<rtt  UH.  vcL  ir,  fate,  »!  SO  22  oprile  18M 


l 


306  I  oKfìELim 

guraQo  appena  a  una  Stìttantina.  E  poi,  oh  quanto  areale  faito 
sospirare,  e  costar  di  più  carissime  pei  rimbi'otti,  con  che  solea 
accotiipaguarte,  quasi  che  la  ìUarcht'sa  q  la  suo.  iufijlice  fairiiglia 
fossero  per  loro  colpa  e  uoa  per  quella  del  defunto  Marchese 
sprofondato  in  coUnta  miseria!  Chiudea  di  più  le  suo  rarissima 
lettere  con  questo  bel  ritornello.  —  Kicordatevi  che  quanto  vi 
Spedisco,  ò  altrettanto  sangue  che  mi  cavo  dalle  vene!  La  Mar- 
chesa per  sua  mala  ventura  non  aveva  altro  stretto  parente  che 
lui*,  e  però  anche  questa  fiata  le  convenne  picchiare  in  quel 
maci^^o',  e  lo  fé* con  una  tenerissiuia  lettera,  che  speziati)  avrebbe 
di  piot:^  una  roccia. 

11  dì  seguente  venuttì  il  Trappohi  a  pigliiwla,  gliela  consegnò, 
augurandogli  un  buon  viaggio  e  un  felice  successo.  Questi  mes- 
sosi in  ferrovia  e,  dove  questa  terminava,  in  una  vettura  presa 
a  nolo,  arrivò  il  giorno  appresso  alla  sua  partenza  alla  villa 
Malagiunta;  ove  smontato,  sì  fé' presentare  al  vecchio  e  oonse- 
gnogU  la  lettera  della  Marchesa.  Il  signor  Taddeo  salutatolo 
freddamente,  preso  in  mano  la  lettera,  l'aperse,  e  inforcato  il 
naso  con  un  paio  di  oochiatoni  del  suo  trisavolo,  si  fé' a  leggerla 
attentamente,  stringendo  di  tratto  in  tratto  lo  labbra,  tenteo- 
naiido  il  capo  e  facendo  il  niffolo,  come  cbi  ha  dato  di  duDt« 
In  una  lazza  sorba  che  allappa. 

Il  Trappola  che  seguiva  coir  occhio  ogni  suo  movimento,  bea 
compreso  l' umorti  della  boatia,  e  wjme  convcnissegli  aguziare  i 
suoi  ferruzzi  per  entrare  boi  bello  nell'animo  dell'avaro  e  pie- 
garlo a  quello  eh'  egli  intendeva.  Ma  trovò  un  osso  assjw  duro  d» 
rodere;  che  il  Malagiunta  entrato  con  lui  a  ragionare  del  cont«- 
nuto  di  quella  lettera,  metteva  innanzi  mille  scuse  e  pretesti  p«C 
non  accogliery  in  casa  la  nipote.  Non  si  smarrì  per  questo  il 
Trappola,  e  fattosi  a  contargli  per  filo  quaiit'era  occorso  tra  Rmnift 
e  Bruno,  e  come  quella  avea  sacrificato  alla  felicita  di  questo 
tutte  le  sue  sporanze  e  ì  suoi  progetti,  venne  in  seguito  a  liir^l 
un  mondo  di  belle  cose  della  incomparabile  hontil  di  Emmi 
rallegrandosi  con  lui  che  avesse  una  ni{)oia  di  tanta  virtù  e, 
assennatezza.  Era  questa  per  ventura  una  delle  poclie  volte  che  U{ 
Trappola  dicea  la   verità;  perchè  tornavagli  bene  il  dirla,  li 


XVI.    Vn   VOLONTAHIO   B3ILI0 


307 


k 


feeehio  ili' udire  tante  maraviglie  della  nipote  cominciò  ad  am- 
mollare e  a  cedere;  fìnchà  dopo  dd  pu'di  titubiinza  recossi  a  tanto 
iì  concederle  per  un  mese  ospitalità  in  sua  casa.  E  porche  la  Mar- 
chesa aella  lettera  supplicaralo  che  avesse  per  bene  di  accogliere 
MI  Emma  anche  Pierino,  non  essendo  cosa  dicùvole  5ir  viag* 
^ré  soletta  una  giovane  onesta,  Io  zìo  Taddeo  consenti  eh'  ella 
Tteism  in  compagnia  del  fratello;  e  incaricò  il  messo  di  riportare 
•jot'Stii  fiivoryvolit  risposta  alla  .VIarch''sa.  U  Trappola  dopo  averne 
commendato  assai  la  geoenisità  dell' anìni'),  a  fino  di  meglio 
lafrormarlo  Cun  questa  ìncensatina  nel  sno  proposito,  tolse  in 
tutta  fretta  da  lui  commiati^  e  tornò  a  B...,  ove  era  atteso  con 
(^  premura,  ma  per  motivi  ben  diversi,  dal  Banchiere  n  dalla 
Marchesa.  La  risposta  favorevole  dello  zìa  rincorò  costai  di  guisa 
ebe  non  frappose  indugio  a  fare  gli  appresti  pel  viaggio  di 
Siuna  e  di  Pierino,  tanto  più  che  l'Avvocato  erasi  proff^Ho  a 
brne  egli  slesso  lo  spese.  E  ben  questi  poteva  sfoggiare  in 
glBerosità,  perchà  non  cavava  il  valsente  dalla  sua  borsa,  ma 
h  quella  del  Banchiere,  che  a  tal  uopo  emgli  sempre  aperta. 
L  £aiuia  fatto  fardello  di  alcnno  robicriuote  sue  o  di  Pierino,  o 
r  dito  an  abbraccio  e  un  bacio  alla  Marìuccina,  che  struggevasi 
^  in  pianto  e  dovea  rimanere  in  casa  a  cura  del  bimbo,  avviossi 
iuienie  col  fratellino,  accompagnata  dalla  madre  o  dalla  sorella, 
stazione.  Mentre  atUmdevano  il  trono,  la  madre  e  i  figli 
;1Ì  occhi  pieni  di  lagrime  guatavanHi  l' un  l' altro  8en7.a  far 
iio;to;  che  il  dolore  della  separa:ìione.  facea  morir  loro  sul  labbro 
It  parole.  Era  quella  la  prima  volta  che  si  separavano!...  ama- 
nasl  tanto!...  aveano  sofferto  insieme!...  e  chi  non  sa  quanto 
kwmunanza  del  patire  rinvigorisca  tra  le  persone  i  vincoli  del- 
l'amore  e  dia  alle  anime  una  tempra  di  più  squisita  sensi- 
bilità? 
Si  ode  un  fischio  acuto,  suona  la  campanella,  una  voce  sten* 
grida:  —  treno  per  Falconara.  I  passeggeri  si  precipitano 
lo  sportello  dei  vagoni,  e  fanno  russa  per  occupare  i  posti 
fliori;  gli  amici  stringono  la  mano  agli  amici,  e  i  parenti 
ino  i  parenti.  —  Addio,  buon  viaggio,  a  rivederci.  Emma 
'Pierino  si  slanciano  piangendo  al  collo  della  madre  e  della 


308  I  DEFieLxm 

sorella,  die  si  sciolgono  anch'  esse  in  lacrime,  e  con  voce  sotfo- 
caU  dai  singhiozzi  dannosi  a  TÌcenda  il  doloroso  addio. 

—  Presto,  signorine,  si  parte...  grida  loro  il  Capo -stazione. 
Emma  e  Pierino  spiccansi  dagli  amplessi  della  madro  e  della 
sorella^  e  salgono  in  un  vagone  di  torza  classe. 

Un  nflSciale  della  stazione  avvisando  che  avessero  preso  abba- 
glio, ne  additò  loro  uno  di  seconda. 

—  No,  rispose  Emma  ritigraKÌando  e  colorendosi  di  viva  por- 
pora in  viso,  questo  à  il  posto  che  ci  conviene;  e  il  hiion  nffi- 
ciale  si  strinse  nelle  spalle,  parendogli  quel  posto  dì  ter^a  classe 
poco  degno  dì  persone,  le  q^uali  ancorché  fossero  in  assai  modesto 
arnese  di  panni,  avevano  però  aria  e  modi  signorili. 

Dietro  loro,  senza  che  essi  vi  badassero,  erasi  slanciato  dentro 
al  vagone  anche  il  cane.  Un  facchino  della  staziono  volle  affer- 
rarlo pftr  tramelo  giù;  ma  Fido  arnifTossi,  rincnlft,  puntó  i  pie 
e  ringhiando  rabbiosamente  mostrò  le  sue  terribili  difese. 

In  questo  nrla  e  fischia  la  locomotiva,  suona  di  nuovo  la  campa- 
nella, si  ode  gridare  l'ultima  volta:  —  Partenza.  Il  treno  si  crolla 
e  piglia  l'abbrivo,  e  il  facchino  lasciato  in  pace  il  cane  e  chiuso 
in  tutta  fretta  lo  sportello,  salta  sul  marciapiede  della  galloria. 
Emma  e  Pierino  fattisi  a  un  fìnestrino  del  vagone,  ricambiano 
colla  madriì  e  la  sorella  gli  ultimi  saluti;  e  poi  gìttatisi  a 
sovra  una  panca,  si  abbandonano  in  silenzio  ai  loro  tristi 
sieri  e  copronsi  con  la  bianca  pe/./.uola  la  faccia  inondata  dì 
lacrime;  mentre  la  madre  e  la  sort;lla,  quasi  avessero  accompa- 
guato  il  funebre  convoglio  de' loro  cari,  ritiransì  desolato  a  casa, 
ove  danno  libero  sfogo  al  luro  affanno.  Pareva  che  il  loro  cuore 
presagisse  qualche  nuora  sventura;  tanto  Ò  proclive  a  temere 
il  male  chi  è  stato  a  lungo  sottro  il  pressoio  della  sventural 

Dopo  sei  ore  di  viaggio  in  ferrovia  Emma  e  Pierino  giunsero 
a  Fano,  nltima  stazione  per  chi  tiene  verso  le  montagne  del 
Furio,  non  potendosi  fornire  il  rimanente  del  viaggio  che  in 
vettura. 

Fano,  per  chi  noi  sapesse,  è  una  gaia  e  linda  cittaduxza  in 

snlb  sbocco  deiramenissima  e  rideute  valle  del  Metauro  tra 

-Pesaro  e  Senigallia;  la  qaale  specchiasi  nell^onda  azzurra dd' 


XVr.    DN   VOUISTABIO   ESIUO  309 

rAdrìatieo,  che  ne  lambe  il  pie  dì  verso  Oriente,  ed  è  rìciota 
di  un  lai^o  fosse,  di  mura  e  di  bastioni.  Fondaronlit  i  legìonarii 
romani  capitanati  da  Livio  Satìnatoro,  t-  dedicaronla  alla  dea 
Fortuna,  a  cui  ìnoalzarono  un  tempio  e  una  statua  di  bronzo  per 
«eternare  la  memoria  della  gran  rotta  da  essi  data  all'esercito 
à\  Asdrubale  nella  planì/.iu  giacontu  a  solatìo  della  città,  dono- 
minata  HarottA,  0  mala  rotta.  La  statua  di  bronzo  nipt>ru$entaatd 
U  dea  Fortuna»  condotta  con  arte  squisita,  oggi  campeggia  sulla 
fontana  della  piazza  maggiore,  e  ne  rammenta  l'origine;  e  un  arco 
(li  trionfo,  chiamato  l'arco  d'Augusto,  ne  attesta  l'antico  splendore. 

xvu. 

IS    TU6GI0   SlNZl    UK    SOLDO 

La  gentil  viaggiatrice  e  il  suo  fratellino  colà  giunti  scesero 
di]  trono;  e  si  diedero  tosto  attorno  in  oerca  di  chi  li  vettu- 
r^iassB  fino  ai  monti.  Ma  i^piand'Kmma  volle  m^^ttor  mano  al 
portafoglio  per  dare  al  vetturale  la  caparra,  proruppe  in  un 
»lùratV.  Il  portafoglio  cnlle  conto  lire  che  v'orano  dentro,  ora 
scomparso.  Lascio  pensare  al  lettore  lo  sgomento  ed  il  dolore 
ii  Emma  e  di  Pierino.  I  tapinelli  guataronsi  l'un  l'altro  sen/^ 
hr  motto;  ed  EmtuiL  divenuta  di  bracia  in  viso  fé' le  sue  scuse 
oot  vetturale,  prese  per  mano  11  fratello  e  avviossi  fuor  di  città. 
Mille  pensieri  attraversavansi  loro  in  mente  intorno  alla  cagione, 
al  tempo  e  al  modo  di  quella  fatale  scomparsa:  ma  erano  ben 
hngi  dal  sospettare  che  avesse  lor  fatto  si  brutto  tiro  un  cotal 
Tìtggiatore,  il  quale  facea  mostra  di  molta  urbanità  e  cortesìa 
nrso  dì  loro.  Eppure  egli  appunto  e  non  altri  era  il  ladro,  e 
foggiava  adesso  l' impiccataccio  dove  il  diavolo  lo  portava  col 
800  mal  acquisto.  Emma  dolente  e  sbigottita  diceva  tra  vìa  al 
Catello:  —  Or  che  faremo  Pìerìn*>  mìo?  Senza  danaro  uon  si 
riaggia  che  col  cavallo  di  san  Francesco.  Io  potrei  tel^rafare 
a  Mamma^  e  troverei  forse  qaalch<^  anima  pietosa  che  mi  volesse 
lUre  una  lira  pel  telegramma.  Ha  non  mi  basta  il  cuore  di  do- 
mandare del  danaro  alla  povera  mamma,  che  ha  appena  di  che 


4^ 


310 


I   DERBLim 


sfamarsi.  Ella  per  veairci  in  aiuto  farebbe  tosto  un  nuovo  de- 
bito, che  poi  sarebbe  impotente  a  saldare. 

—  Sai,  Eninia,  soggiunse  allora  Pierino  con  una  risolutesn 
e  nn  ooniggìo  cho  mal  sì  poteva  aspettare  dalla  sua  tenera  età,  ì 
monti  non  sono  lontani;  eccoli  là:  io  sto  bone  in  gambo,  e  to 
vedrai  che  mi  basta  l'animo  di  fare  il  rimanente  del  viaggio 
a  piedi. 

—  Fratel  mio,  rispose  Emma,  i  monti  ti  sembrano  vicini, 
porche  altissimi;  ma  ti  so  dire  che  vi  corre  m  bel  tratto  fin 
là,  forse  un  venti  chilometri  di  cammino,  e  ancor  d' avvantaggio. 

—  Eh  che  gran  cosa!...  sclamò  Pierino,  a  cui  tutto  parea 
^ile  e  piano. 

—  Ben  be*,  metteremo  a  prova  il  tuo  coraggio.  Andìam  pure, 
che  Dio  ci  accompagni,  e  il  suo  buon  angelo  aia  scorta  ai  nostri 
passi. 

Si  dicendo,  si  misero  per  la  strada  che  dall'Arco  di  Aiigtmto 
mena  diritto  al  Furio.  Erano  le  otto  del  mattino,  un'ora  dopo 
il  loro  arrivo  a  Fano  col  trono  di  Falconara;  o  i  due  poveri 
derelitti  attraversato  sovra  un  ponte  il  cattale  che  deriva  rao^ua 
dal  Metauro  e  la  scarica  per  un  piano  inclinato  '  al  mare,  an- 
davano, studiando  il  passo,  a  loro  viaggio.  Giunsero  in  sol  me- 
riggio a  un  casale  detto  Lucrezia,  forse  dal  nome  della  padrona; 
ove  fecero  sosta  e  rifiatarono  ;  ma  avendo  fatto  parecchie  miglia 
a  piedi  sotto  la  sferza  di  un  cocentissiniu  sole  di  luglio  e  tn 
nembi  di  un  fìtto  polverio  sollevato  dai  tanti  carri  e  pedoni, 
che  battevano  quella  strada,  aruano  le  fauci  inaridite  e  riarse 
[e  labbra  dalla  sete,  per  nulla  dire  della  fame  che  cominciava 
a  far  loro  sentire  i  suoi  rabbiosi  latrati.  A  chi  ha  valsente  in 
tasca,  non  manca  mai  modo  di  cavarsi  di  grinze;  ma  il  gran 
guaio  è  por  chi  non  ha  nella  scarsella  il  becco  di  uu  quattrino! 

E  tal  era  appunto  il  caso  di  Emma  e  di  Pierino;  Ì  quali 
.^dnti  sovra  un  lastrone  di  pietni  alta  porta  di  quella  locanda, 
vi  gettavano  dentro  delle  furtive  occhiate;  e  vedendola  pienftdi 


*  Questo  plano  incllMta,  delio  eùl!\  la  ìiacia,  è  un'opera  brllissiina  a  xt^tm 
e  at»i  stioiaU  dai  iirriU  dcirarte  idrautiui. 


XVII.  IK   VIACCIO  8EXZA   UN  SOLDO  311 

arreitieri  o  viaggiatori  che  sTionibeltavano  allegraraonte  e  ìd- 
gnbbiav&nsì  di  grossi  catelli  di  carne,  SiìQtivaiisi  Tetiìre  L'acquo- 
lina alla  bocca.  Pieriuo  fattosi  anìiao  e  vìnta  la  naturale  ri- 
tiona,  entrò,  prcsontossi  all'oste  col  cappello  in  mano  e  li  volto 
tinto  di  rossore,  e  a  mezza  voce  dìssegU:  —  Ho  fame  e  mia 
sortjlla,  cho  è  la  fuori,  ha  fame  anch'ossa. 

—  Eh  bimbo  mio,  rispi>se  l'osto  sorridendo,  qui  ?'  è  da  fare 
naa  scorpacciata  e  da  distenderò  ben  bone  la  cute,  che  Dio  79 
la  conservi!  Gnardate  \ìk  qiie' papponi  come  scuffiano  e  cioncano 
9  ricioncano,  che  è  una  delizia  a  cederli!  Dite  su,  bel  Ninetto 
nio,  che  volete,  che  comandate?  lasagne,  zuppa  stufata,  carne 
bianca,  cosciotto,  costoletta,  frittume  con  cn>cchette,  fritlata  ri- 
piena 0  in  zoccoli...  sa  parlato.  E  perchè  Pierino  abbassava  gU 
occhi  e  non  rispondeva,  Tosto  incalvava:  —  Dito  su,  vorreste 
pesce  fri'sco  o  carpionato,  moscìame,  salumi?  Qui  v'ò  di  tutto. 

—  Mia  sorèlla  ed  io  saréui  contenti  di  quul  che  ci  darete, 
pvr  amor  dt  Dio,  perchè  non  abbiamo  neppure  un  centesimo  da 
pigarvi. 

—  Ah.,  ah...  allora  è  un  altro  paio  di  maniche  signorino! 
Xa  voi,  Ninetto  mio,  ma  mi  avete  aria  di  accattapane,  soggiunse 
l'oete  sbirciandolo  con  occhio  iTializiusetto  e  luiiteiiuando  il  capo, 
r&te  così;  tornate  dalla  3famma  a  pigliare  i  soldi. 

—  Ce  li  aveva  dati;  ma  ci  furono  rubati,  ris^Kise  Pierino;  e 
la  Kamma  nostra  è  molto  lontana. 

—  Kh  via,  le  solite  fandonie  de' ragazzi!  Avete  visto  quel  che 
Ma  scritto  sulla  porta  dell' osterìa?  Doniaui  qui  si  mangia  e 
beve  a  ufo.  Avete  capito?  domani  e  non  oggi.  E  sghignazzando, 
iibegli  un  paio  di  spallacce,  larghe  come  quelle  di  Gerioae.  Il 
povero  Pìitrino  tutto  mortifìcato  se  no  andava  a  capo  chino  e 
«Ila  faccia  che  ardeva  di  rorgogna,  quando  una  bimba  dell'oste 
n»ssa  a  compassione  di  lui,  corsegli  dietro  e  dieglì  di  soppiatto 
un  piino,  che  Pierino  uscito  dall'osteria  divise  tosto  colla  sorella. 
Enma  non  era  stata  presente  al  dialogo;  perche  il  suo  modf.sto 
ritegno  non  avcaio  consentito  dì  entrare  colà,  ove  avoa  ogni  fatta 
di  gente,  e  non  pochi  amici  di  Bacco  ben  avvinazzati  e  brilli, 
«  più  d' uno  anche  cotticelo. 


312 


DEREUTtl  -  XVn.   Ilf   V11GGI0   SF.ttZk  TY  SOLDO 


Bla  qiian(]o  seppe  dal  Tratello  la  mala  accoglionza  che  aveagli 
fatta  l'oste,  sclamò  sospirando:  —  Dio  gli  perdoni,  e  non  per- 
metta che  aiich'egli  abbia  uu  dì  bisogno  dell'altrui  carità.  Dis- 
setaroQsi  ontrumbi  a  una  fontana  ch'ivi  era,  e  sbocconcellando 
quel  po' dì  pano  che  avevano  accattato  dalla  bimba  doiroste,  si 
rimisero  a  cammino,  facendo  però  di  tratto  in  tratto  nna  fer- 
matella  per  riposarsi  e  prendere  un  poM'asolo  al  rez:!o  delle 
piante;  che  il  sole  friggeva  Loro  le  cervella,  e  la  lunga  via,  fatta 
quasi  a  digiuno,  aveaii  spossati  si  chu  le  ginocchia  accasciavansi 
e  si  pipavano  sotto  il  peso  del  corpo.  Oiù  il  sole  volgeva  ornai 
al  suo  tramonto;  od  essi  erano  forte  impensieriti  del  dorè  rì- 
I)ararsi  a  pernottare.  —  So  ci  oogliù  la  notte  in  cammino,  di* 
oeva  Emma,  ci  converrà  dormire  a  piò  di  un  albero  o  salla 
sponda  di  un  fosso  alla  bella  Diana. 

—  Non  temi  in  i  ladri?  disse  Pierino. 

—  E  che  ci  possono  rubare,  mio  caro,  se  siam  nudi  e  brulli 
senm  un  soldo  in  tasca?  Non  sai  il  proverbio  che  dice:  —  Il 
mendicante  può  cantare  in  faccia  al  ladro?  E  poi  conti  per  nalla 
la  guardia  dA  santo  Angelo  custode  che  ci  accompagna? 

—  Dici  bene^  Emma  mia,  e  aggiungi  anche  quella  del  nostro 
Fide,  che  saprfi  ben  mostrare  ì  denti  a  ehi  ci  volesse  far  del 
male!  E  intanto  accarezzava  colla  mano  il  villoso  collo  del  cane, 
che  salteliavagli  attorno  e  ganniva,  come  per  confermare  U 
buona  opinione  che  aveasi  della  sua  fedeltà. 

In  questo  sì  avvennero  in  alcuni  contadini  che  tornavano  dai 
lavori  del  caiupo;  e  interrogatili  se  vi  fosse  per  colà  intorno  on 
rifugio  da  passarvi  la  notte,  seppero  da  loro  che  non  guari  lungi 
di  là  sorgeva  sovra  un  i)oggerellu  a  cavaliere  della  strada  da  essi 
battuta,  l'Eremo  di  Roveredo,  ovo  avrebbero  trovato  alloggio. 
Questi  notìzia  riconfortulli  per  guisa  che,  dimentichi  della  stan- 
chezza e  della  fame,  tirarono  di  lungo  verso  il  luogo  loro  in* 
dicato  senza  mai  far  sosta  a*  passi. 


313 


xvm. 

l'ebemo  di  kovbrbdo 

IiaDghesso  la  via  ehe  costeggia  il  Metaiiro  e,  tagliando  a 
Mr.zo  W,  montagne  dot  Furio,  gittasi  per  l'opposto  versantu 
dell'Appennino  e  di  là  corre  fino  a  Roma,  lievasi  il  terreno  in 
poverelli  e  collinette  imboschite,  pomate  e  ridenti,  con  qua  e 
colà  sai  dossi  e  in  sullo  cimo  molte  castella  e  terrieciaole,  la 
pift  partii  guernite  dì  mnra,  e  tiiluna  pur  anco  munita  di  cortine 
erinHancata  di  torrazzi  e  bastite  con  vecchi  muniglioui  a  scarpa. 
%n  guari  lungi  da  uno  dì  questi  antichi  castelli,  chiamato 
Semingh orina,  sui^e  in  sulla  poppa  di  un  poggorello  un  eremo, 
cbe  biancheggiar  si  vede  tra  uaa  selva,  oggi  assai  diradata,  di 
aaoose  roveri,  donde  le  venne  il  nome  di  Boveredo;  e  dov'è  fama 
cbe  si  ritirasse  in  un  suo  viaggio  il  poverello  di  Assisi  a  gustiirvi 
le  delizie  del  cielo.  Una  sorgente  di  limpidissiiii'acfiua  ch'egli 
f,  secondo  che  narra  la  tradizione,  scaturire  da  una  rupe  indi 
in  poi  chiusa  nel  recìnti}  della  cliiesa,  riorda  ai  terriizzani 
de' dintorni  la  gra^.Ìosa  visita  fatta  loro  dal  Serafìuo  d'Italia. 

Alla  porta  di  quest'eremo  verso  le  due  ore  di  notte  rifiniti 
di  forze,  trafelati,  ansanti  e  fradici  di  sudore  picchiarono  Emma 
È  Pierino,  cercando  un  asilo  all'ombra  di  S.  Francesco,  dove  a 
niun  infelice  sì  nioga  ricovero  e  pane.  L'Kremo  fin  dai  tempi 
dell'invasione  francese,  che  mise  a  ruba  e  desolò  l'It-alia,  era 
foerto  di  abitatori;  e  sol  vi  rimaneva  a  guardia  un  vecchio 
Castaldo  che  tenea  in  buon  assetto  la  casa  e  ne  coltivava  in  suo 
apo  e  a  sue  mani  Tortfj  dovizioso  d'erbaggi  e  di  frutta.  Colà 
iniaudosi  Emma  e  Pierino,  avvisavano  che  quell'eremo  fosse 
tuttora  abitato  dai  figli  di  S.  Francesco,  dalla  cui  ospitalità 
ripromette vansi  cortese  accoglienza.  Ma  picchia,  ripicchia,  niun 
«i  fa  vivo.  Alla  fine  dopo  lungo  aspettare,  s'ode  di  dentro  uno 
ariscio  di  pie  e  una  voce  steutorea  che  grida;  —  Chi  6  là?  Che 
Toiete  a  quest'ora?  A  cui  Emma: 

—  Siam  due  poveretti  colti  dalla  notte  in  questi  luoghi. 
Apriteci  per  amor  di  Dio. 


Tonio,  il  veccliio  custode,  alPiidirc  quella  pietosa  voce  feiumi- 
nile  rassicarato  da  ogui  timore,  toglie  al  portone  la  sbarra  e  il 
chìaTÌstelIo,  gira  nella  toppa  la  chiave,  apre,  e  vedesi  iunaoù 
quella  douitella  e  quel  fanciullo,  amendue  di  gentil  fazione,  in 
abito  cittadinesco,  ma  assai  dimesso,  madidi  di  sudore^  polrecosi 
e  stanchi- 

—  Poveri  fìgliuolì!  sclama  egli  mararigliato  e  impietosito. 
Così  soli?...  a  quest'ora?...  in  questo  luogo?... 

—  C  incresce,  disse  Emma,  di  darvi  questo  disagio.  Forse  t 
quest'ora  il  Padre  Guardiano  sarà  coricato?... 

—  U  Padre  Guardiano?  risposo  maravigliato  o  sorrìdonta  il 
vecchio.  Ma  il  Guardiano  sou  io. 

—  Voi? 

—  Certamente;  poiché  è  qmtsi  un  secolo  che  ì  frati  abban- 
donarono questo  convento,  oggi  affidato  alla  mia  custodia,  tb 
entrate  pure;  che  anche  noi  siamo  cristiani,  e  sappiam  fareoa 
poMi  bene  al  prossimo  per  amore  di  Dio.  K  sì  dicendo,  intr»- 
dusseli  in  una  stantìa  a  pian  terreno,  dicendo  loro:  —  Aspet- 
tatemi eh'  io  vado  e  tomo.  E  fu  a  destare  la  sua  moglie,  la  qiialv 
gi^  dormiva  la  grossa.  La  Monica  tra  uno  sbadiglio  e  l'altro 
lovossi  di  latto,  stropicciossi  gli  occhi,  vestissi  in  fretta  e  senso 
a  fare  ai  due  ospiti  le  oneste  accoglienise.  ÀI  primo  vederli,  usd 
in  un  oh  di  maraviglia  e  di  compassiono:  —  Povere  creature!  B 
come  siete  capitati  qua,  di  notte,  e  così  soli?  Avete  forse  smar- 
rito la  strada?... 

—  Non  tanto  ciance,  dissole  Tonio,  Va;  apparecchia  loro  Aw 
letti,  ch'io  To  ad  ammannire  un  po^di  cena. 

La  Menica  fu  alla  sun  bisogna,  dicoudo  in  cuor  suo:  —  Chi 
cosa  s*ha  da  vedere  ai  tempi  nostri!  Anche  le  signorine  e  i  gar- 
nonetti  gironsano  dì  notte  a  rischio  d'incappare  ne'  ladri  e  peggio.' 
A  tempo  mio  questa  cose  non  succederauo.  Ma  ora  il  mondo  i 
tutto  mutato.  Lo  diceva  ben  la  buon'anima  di  babbo,  rtquUsca 
in  pacé.  E  tra  questi  pensieri  monta  al  piano  superiora,  cava; 
fu'tr  da  un  vecchio  armadio  due  paia  di  lenzuola  dì  bucato,  9' 
acconcia  i  lotti,  che  soleano  servire  a  due  cappellani,  quando  vi 
venivano  nelle  feste  per  gli  ufiBxii  divini. 


xvni.  l'  srsmo  di  noveneoo 


311 


ima  e  Pierino  intanto  in  due  stanse  attigue,  asfieguate  loro 
Il  Tonio,  poterono  sciorinarsi,  tergersi  il  sudore  e  rassettarsi. 
JA  cena  era  pronta:  quattro  ova  incamiciate,  una  caciuola,  delle 
Mta,  del  pane  e  un  Haschetto  di  vernaocja,  che  Tonio  teneva 
n  serbo  poi  di  solenni. 

Pei  due  raminghi,  allupati  dalla  fame,  era  quella  più  che  una 
WQa,  un  desinare  luculliano.  Solo  il  decoro  Titenerali  dal  git- 
arrìsi  sopra  e  sparecchiare  tutto  in  due  minuti.  Ma  cenarono 
li  bum  dente;  e  seppe  lor  ogni  cosa  come  una  maona  del  cielo. 
fvaìo  e  la  Menica  incoraggiaranli  a  mangiare,  e  di  tratto  in 
tntto  mesceano  loro  la  vernaccia. 

t  Poverini  !  sciamava  questa,  si  vede  proprio  che  avete  gran 
Ah  so  non  fosse  l'ora  cosi  tarda,  avrei  tirato  il  collo  a 
MlIastr<ìllo  per  anuuannirvì  un  po' di  brodo! 
Grazie,  grazie,  buona  donna,  riprese  Emma,  ò  anche  troppo 
qoesto  ben  di  Dìo  che  ci  date.  Ch'  Egli  ve  ne  renda  merito  1 
La  Uenica  si  moria  di  voglia  di  sapore  chi  fossero,  e  come 
olà  capitati.  Tutta  volta  per  non  parere  incivile,  non  osava  in- 
imngarli,  e  aspettava  ch'essi  stessi  gliene  dessero  il  destro. 
Enmi  non  la  tenne  a  lungo  sullo  gaicre;  ma  gentile  e  cortese, 
km' era,  prevenne  il  suo  desiderio,  prendendo  a  narrare  breve- 
DMte  a  lei  e  a  Tonio  i  suoi  casi  e  quelli  della  famiglia. 

Udivaola  amendne  senza  riavere  il  fiato  per  lo  stupore  C'}lla 
HMiea  semiaperta  e  gli  occhi  sbarrati  ;  e  qnand'  ella  ebbe  finito 
li  parlare,  la  .Monica  asciugandosi  col  dosso  della  mano  una 
«erima  di  compassione:  —  Poveri  figliuoli,  sciamò,  quanto  avete 
offerto  dal  mondo  tristo!  E  poi  si  ha  a  diro  che  ì  Signori  sono 
ietti?  Eh  quanti  stanno  peggio  di  noi  povorottì!  Figurarsi!  Una 
fiuehesa  con  an  carico  dì  fìgliuoli  costretta  per  la  miseria  a 
hittdersi  in  una  tana  e  a  mangiare  cruschello  e  polenta!  Le 
IQD  cose  da  non  credere!.. ■ 

—  Peggio  è,  riprese  Tonio,  ch'era  stato  muto  fino  allora  e 
Noe  intronato,  peggio  ò  vedersi  poi  nella  miseria  da  tutti  ab- 
udonato!  Ah  mondacelo  infame!  E  dato  d'un  gran  pugno  sulla 
ivola,  che  fé' saltellare  piatti  e  bicchieri^  t)lse  in  mano  la  lu- 
dicendo:  —  Questi  signorini  sono  stanchi  dal  viaggio  e 


31 G 


1  DERBLfm 


cascano  di  sonno;  andiamo  a  coricarli;  e  iatrodusse  Emma  «1 
Pierino  in  due  camerette  ben  assettate  e  pulite,  ove  la  Menia 
avea  rifatti  i  letti;  e  data  loro  la  buona  notte,  ritirossi  colla 
moglie  nella  sua  stanza.  Emma  e  Pierino  ringraziarono  la  Fror-< 
vìden;ìa  di  Dio;  e  dotte  lor  orazioni,  non  appena  si  furono  co-j 
ricali,  che  vinti  dalla  stanchezza  profondarono  in  alto  sonno. 

Al  seguente  mattino  in  sullo  schiarire  gli  acuti  trilli  di  DQ 
nugolo  di  rondinelle,  che  nidificavano  nelle  arcate  del  portico  q  | 
sui  cornicioni  de'corridoì,  avvisolli  essere  ora  di  rimettersi  ini 
viaggio.  Levaronsi  tosto,  e  scesero  in  chiosa;  ove  Tonio  mostrò] 
loro  la  prodigiosa  fonte,  di  cui  bebbero,  e  raccomandarono  allk 
protoiìioue  dì  S.  Francesco  il  loro  viaggio.  Xell'usciru  dì  chiesa 
Tonio  additò  ad  Emma  una  lapit^  dicendo:  —  Qui  fa  sepolta 
ana  delle  primo  vittime  della  rivoluzione;  e  continuossi  namu* 
dolo  la  tragica  fìoo  di  un  antico  e  fedele  impiegato  del  QoTerwj 
Pontificio,  chu  da  lunghi  aoni  colà  giaceva  dimentic<j  da  tutti, 
ma  non  da  Dio,  che  ne  avea  accolto  tra  le  sue  braccia  Tanìaial 
benedettji- 

£ra  infatti  quello  il  sepolcro  di  chi  pagato  avea  colla  vita  iti 
suo  attttoc-iunento  al  Pontefice  e  alla  Chiosa,  spento  di  lento  ve- 
leno dai  Carbonari,  fin  d*  allora  che  scoppiarono  i  moti  di  Rimìiii 
precursori  della  rivoluzione  del  1848.  Egli  conoscea  gli  aotorij 
della  sua  morte,  ma  non  volle  mai  rivelarne  il  nome.  Perdockl 
lor  di  cuore,  supplicando  la  divina  misericordia  che  ne  avessel 
pietà  e  concedoiìse  lor  salvezwi,  pace  e  (^ni  bene;  e  ricevuti  gif 
estremi  conforti  della  religione,  die  a'fìgliuoli,  che  circondavanglìl 
lacrimosi  il  letto,  l'ultimo  addiu;  e  addormentossi  placidainentt] 
nel  bacio  del  Signore.  Ed  ora  il  trionfo  della  rivoluzione  d'ot 
ne  coperse  la  tomba  e  il  nome  ;  ma  quella  è  agli  occhi  di 
gloriosa,  0  questo  ò  scritto  noi  libro  della  vita.  1-a  tnigica  moi 
di  questa  vittima  del  suo  dovere,  che  in  un  sol  tratto  di  pool 
abbiam  qui  narrato,  venne  più  distesamente  o  di  un  modo 
meno  seniplico  che  veritiero  descritta  da  Tonio  ad  Emma.e 
rino,  che  no  furono  commossi  fino  alle  lacrime;  e  iirostran>Q6l| 
su  quella  pietra  a  pregare  l'eterna  pace  all'anima  dell' estinto.] 
Quindi  rientrati  nell'eremo,  e  tolta  la  loro  sacchetta  da  rìagi 


XVIII.   L   EREMO   ìil  ROVCnEDO 


317 


eni  la  Meoica  avea  riposto  ;t.lcimì  patii  e  dulie  frutta,  acconi- 
Ìniatarou5Ì  con  molti  riDgraziameuti  dai  loro  ospiti,  e  ài  rìmisdro 
in  ria. 

Cammìn  facendo  veni&no  ragionando  non  più  de^  loro  casi,  ma 
iella  morte  del  poreio  avvelenato  e  della  misera  sorto  de'fìgliuoli, 
rimasti  orfani  di  padre  e  di  madre,  tanto  è  vero  che  cuori  ben- 
patj  e  gentili  fanno  proprie  le  altrui  sveuture!  Kmnm  dicea  al 
fr^lo: 

,  —  Se  sapesti,  Pierino  mio,  quante  vittime  hanno  fatto  cotesti 
^ttarìi,  che  han  nome  di  carbonari,  frammassoni,  e  che  so  iol 
iHimma  mi  ha  contato  casi  atroci,  o  tanti,  tanti,  eh*  io  non  ti 
iBiprei  diro!  F.fta  mi  narrava  che  nelle  passate  rivoluzioni  non  vi 
'aveaqaasi  città  d'Italia,  ov'essì  non  levassero  a  tradimento  di 
iTita  0  cui  pugnale  o  col  rok-no  clii  era  d'intoppo  ai  loro  perversi 
disegni;  e  gli  assassinati  erano  la  piil  parto  fior  fiore  di  cittadini 

—  Che  mi  conti  Emma  mìa?  E  la  polizia  che  faceva?  Perchè 
iBon  davtt  lor  la  caccia,  e  acciiiEfatìli  non  gì' impiccava? 

—  Ah,  Pierino  mio,  non  sai  tutto.  Anch*  io  feci  questa  do- 
inianda  a  Mamma,  e  sai  tu  la  risposta  che  n'ebbi?  —  La  Po- 
lizia, mi  disse,  nulla  allor  poteva  contro  una  setta,  la  qnale 
iavea  saputo  infiltrare  i  suoi  afltliati  in  tutti  i  rami  delia  pubblica 
amministrazione,  e  talora  line  hm' posti  più  alti  del  governo.  Or 
capisci  bene  che  lupo  non  mangia  lupo;  e  però  quelli  stessi  che 
IpQuir  dovevano  per  ufRcio  gli  assassìni,  se  ne  facevano  per  in* 
teresse  settario  protettori.  Che  poteva  dunque  fare  la  Tolizia  con 
jQ^le  buone  lane  alla  testa  del  goveruo? 

Tra  questi  discorsi  pervennero  verso  il  meriggio  a  Fossom- 
brooe,  antichissima  città  che  siede  in  riva  ai  Mctauro  nella  gola 
nidae  monti,  Pun  de' quali  lievalesi  aspro  e  roccioso  sopraccapo, 
Km  qua  e  colà  sugli  scheggiati  fianchi,  ruderi  e  avanzi  di  antichi 
pdifizii;  e  l'altro  che  la  fronteggia,  spiegale  dinanzi  Io  sue  spalle 
imboschite  e  la  sua  cima  incoronata  da  un  antico  convento  di 
iPrancescani,  che  fu  già  santificato  dalla  presenza  di  S.  Giuseppe 
'da  Copertìno. 

■    Quivi  riposatisi  alquanto  e  rifocillati  col  pane  della  cariti^  le 
,  prosegtiirono  alla  volta  del  Furio  il  loro  cammino. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


1. 

NOTIZIA  DE'  LAVORI  DI  EGITTOLOGIA  E  LlNTiUE  SEMITICHH 
PUBBLICATI  IN  ITAUA  IN  QUESTI  ULTIMI  DECENNII  • 


LATORI   BUUTICI 


Lavori  di 


Amari 


II  campo  più  coltivato  fra  noi,  e  perci6  più  fecondo,  è  stato 
in  questi  ultimi  t^mpi  quello  delta  lingua  e  letteratura  aniw,] 
e  ne  fanno  aporto  segno  le  pubbtìcaziuni  d* opero  molteplici  t\ 
di  sommo  pregio,  che  i  dotti  di  Europa  accolsero  con   noim-\ 
Bcenza  e  con  plauso.  Degno   pertanto   di  essere  ricordato  pel 
primo  nolPonorata  scbiera,  è  Michele  Amari,  il  quale  por  na- 
mero  e  splendore  di  dotte  scritture,  e  per  la  ancor  verde  T«fr  i 
ohìezza  di  ottant'anni,  può  salutarsi  col  nome  di  Xestore  di^Bi 
italiani  ambisti.  X^acui  principaU'!  bonomerenza  vuoisi  riconosce»! 
nella  illustrazione  storica  ed  epigrafica  che  s'attiene  segnata^ 
mento  alla  sua  torra  natale,  Tistda  di  Sicilia.  L'Opera  più  ìiH'] 
portante  e  veramente  monuinontale  dell'Amari  è  la  BiblioUca, 
Araho-Sicula,  la  quale  consta  dì  due  parti,  Tuna  dove  sono  rac- 
colti i  testi  arabi,  l'altra  che  dà  la  versione  di  questi  stessi 
testi.  La  prima  fu  pubblicata  in  un  volume,  nel  1S57  in  Lipsii» 
&  suese  della  Società  Orientale  di  Glennania',  e  fu  seguita  da 
an' Appendice  Stampata  anche  a  Lipsia,  a  spese  della  steasftj 

•  fedi  qtfiul.  KfiO.  iMps.  I98-W8  del  pppwnli'  voluim. 

*  Biòliateca  Arabo-SìcuJa,  otsin  Raeeaita  di  tetti  arabici  cAt  (rtconiA 
Geografia,  la  Sloria,  la  Bioffrafi'i  e  la  Bibìioffrafia  dtUa  SìdUa  mes^i  inaeB 
A»  VientìT.  .WAni  e  Mamimii  a  ^pew  rlnlh  «mkÌi-iA  (irirnUilc  ili  G<>rRMui>a- 
pres!i(>  F.  A.  UrocUisos  libraio  della  SocicUk.  1i(57. 


RIVli^TA   DRLLA  STAMPA  ITAUaXA  319 

cCi  germanica  noi  1S75  '.  La  seconda  oontenento  la  vorsione 
de'  testi  raccolti  e  tmdutti  dal  eh.  Autore,  è  in  due  forti  volumi 
in  S,  publilicati  nel  1880-IS81  '. 

Nelle  due  profaziouì,  Vntu  alla  Biblioteca  arabo  »icH!a  con- 
tenente i  testi,  V  aiti'A  alla  stessa  Biblioteca  dove  i  testi  sono 
tradotti,  il  eh.  Autore  ti.'S8o  la  storia  delie  parecchie  opere  pub- 
blicata prima  di  lui  e  ìutorno  alla  stessa  materia.  Ricorda  egli 
i  nomi  del  Caruso  e  del  di  Gregorio,  e  ne  nota  i  pregi  o  i  difotti. 
Nel  dare  ragione  del  titolo  delPOpem  dice:  <  Col  titolo  di  Bi- 
blioteca »  ho  volato  designare  1  limiti  dell'Opera,  cioè:  raccolta 
di  tiitt4)  le  memorie  geografiche,  storiche,  biograftclie  e  biblio- 
grafìcbe  scritte  in  ambioo,  che  risguardlno  la  Sicilia.  Non  ab- 
bnocia  le  opere  di  Àrabi  Siciliani  in  prosa  e  ìn  verso;  né  i 
monumenti  diplomatici,  epigrafici  e  numismatici  che  rimangono 
iM>ir  isola.  >  Di  siffatte  esclusioni  rende  egli  le  sue  buone  ra- 
i;ioni,  mentre  d'altra  parto  ci  fa  sapere,  che  dentro  i  limiti 
locennati,  preso  tutti  i  testi  inediti  o  pubblicati  che  gli  avvenne 
scoprire,  tn  questa  Biblioteca  egli  riporta  altresì  quo' testi  che 
ai  riforiscono  alla  Sicilia,  prima  e  dopo  la  signoria  musulmana; 
Iff  biografie  arabiche  di  Empedocle  e  di  Archimedo;  alcuni  ri- 
»rdi  del  XIII  e  XIV  secolo.  Fra  le  moraorie  storiche  inserì 
qnalche  fhtto  d' altri  pae^i  Italiani  assaliti  da'  Musuluiani  d'Africa, 
ftrettamente  connessi  con  que'di  Sicilia,  e  finalmente  lascid  come 
stava  nel  cLpitoIo  di  Fdrisi,  la  descrixiono  dello  altre  isole  ita- 
liane, premessa  a  quella  della  Sicilia  (pag.  1-8  della  pn^f.  alla 
Bibl.  arab.  sic.  1857)  ^ 

*  ApjKndiee  aila  BibliotKa  Arabo-Sieu!a   per  MrCHSLE  Amari  Cnn  nu«ve 

owMMrtoni  criliclif  lii-l  Prof.  FLRlt;nitKii,  aggiimte  evariaHii  nntaU  d^lTjRtli- 
tsrt  «  corrtzioni  di  rntramln.  staw\nl*:  8  s]ip«  della  Sodvlì  OrieiiUil*  ili  G«r- 
UHiili.  Ijirsio.  pmao  F.  A-  ItrochtiRiis  libraio  rklla  Società,  1875. 

*  SiblioUea  Araòo-Sicula  ossi]  Ractoita  di  leali  arabici  rA<  for.cnno  ìa 
9vffrafia,  in  Storia,  la  Sioffrafia  e  la  BibliOffrafia  delta  Sieilia.  Rncculti  e 
irWoni  io  iloiiiino  da  MiCHU.eAMA.ni.  Voi,  I  e  II  1880-1881.  Turino  e  lloiai.  ^v 

*  Cf.  b  iJ')Ua  ndaTiofiu  M  cU.  tuici  ScniACAKKi-i  i  irilil-jlila  ;  L' Ilatin  de^erilla 
9el  libro  liti  /?<!  Rupffero  rj>TnpìlalA  Ah  Fi>hi<ìi.  Tiusto  Ambo  pubbUmia  f.<m  rcr- 
linn  r  noie  di  Micaela  .Va^ni  s  OeLEriKO  Si:iliAr.MiE<.Li.  UcJaiioiie  pti'ircijul.i  dii 

^^■i<|(iMlro  dfìfili  Mndìl  ^ogmlirì  in  Ocrirloiile  dnt  prinniivin  dell'  ln)|t<!ro  l\oinati4  al 
^^■Iv  un.  di  Lu.f^i  SuuArAHELU,  Torino,  t^nnauuo  Locsctier.  IHitS. 


3S0  ninsTA 

H  eh.  Autore  dichiara  nello  prefazioai,  d'aver  posto  ogni  studio 
nel  ricercare  e  raccogliere  tutte  le  notìzie  che  s'abbìaao  od 
Mss.  arabi  di  Europa  e  della  costiera  d'Africa.  Tratta  poi  del 
pre^o  delle  notizie  geografiche,  storiche,  biografiche  e  di  rarii) 
argomento  contenute  ne'tosti.  La  Biblioteca  de' testi  contiena 
altresì  Annotazin7n  critiche  del  prof.  Fleischer,  aggiunti)  dt! 
l'Autore  e  correzioni  di  entrambi.  Nella  Prefazione  della  Bibliih 
t«ca  de' testi  tradotti  in  italiano^  ripete  quanto  arerà  detto  io 
quella  denteati,  e  b  qaella  anteriore,  della  saa  Storia  de' Mu 
mimarli  in  5tct7ia  (Firenze,  1854);  solo  vi  aggiunge  alcun» 
DotÌ7;ìe  circa  gli  studi!  storici  avanzati  di  molto  dal  1S56  ift 
poi,  e  ci  espone  i  criterii  e  le  normo  da  luì  segnile  nella  Te^ 
sìone  dentasti  e  nella  trascrizione  do' vocaboli  arabi.  Al  qtnL 
proposito  discorre  della  confusione  che  r^na  fra' dotti  in  questo 
materia,  e  propone  il  sistema  ch'egli  intende  adottare.  Ija  trv 
dazione  è  nella  più  schietta  lingua  italiana;  le  narrazioni  sto* 
rìohe  e  lo  descrizioni  dì  luoghi,  di  costumi  e  somiglianti  cose, 
sembrano  scritte  quelle  da4  Oavanzati,  o  queste  da  Franco  Sa6> 
chetti.  Noi  II  volume  sono  preziosi  indici  onomastici,  topografia 
bibliografici  e  un  Glossario  di  vocaboli  arabi. 

Neir  AppondrVY  pubblicata  nel  1875,  le  aggiunte  piit  notabili 
SMio:  nuovi  articoli  biografici;  due  frammenti  preziosi,  il  ca- 
pitolo cioè  di  Mokaddesi  e  i  nuovi  estratti  del  dittano  del 
Ibu-Harndìs,  donde  si  traggono  importanti  indicazioni  sto 
geografiche  e  cenni  caratteristici  de'  fuochi  da  guerra.  Ha, 
afferma  lo  stesso  Autore,  parto  prìncipalissima  di  questa 
dice  sono  le  Nuove  Annotasioni  del  Fleischer. 

Come  per  la  Biblioteca  arabo-sicula  TAntore  accrebbe,  correa» 
e  perfezionò  quanto  s'era  fatto  prima  di  lui  dal  di  Gregorio» 
da  altri,  cosi  per  l'opera  delle  Epìgrafi  arabiche  di  Sicilia,  teond 
la  stessa  ria  e  approfittò  uovarnento  della  fatica  del  di  Oregorìo 
e  di  tutti  quelli  che  dipoi  trattarono  la  stessa  materia.  «  F>glì 
era  necessario  di  ristudiare  da  capo  a  fondo  le  epigrafi  arabictte 
di  Sicilia  già  pubblicate,  fissare,  per  quanto  si  potesse,  lo  lezioni. 
dabbie,  rifare  le  versioni  (Prof,  alla  V  par.  delle  Iscriz.  edili-! 
Palermo,  1876).  »  Così  ogli.  In  un  articolo  della  Rivista  Sicttla, 


IlELLA  STAMPA  ITAUAnA  ^1 

(Voi.  I,  feb.  1869)  il  eh.  Antere  fa  la  storia  e  la  critica  di  tutti 
i  larori  risguardanti  l>pìgrafìa  araba  di  Sicilia,  e  tratta  delte 
diverso  scritture  o  formo  di  canittcri  arabi  nsati  ntUe  epigrafi. 
Ripete  le  stesse  cose  nella  Prefazione  alla  Parte  prima  pubbli- 
cità nel  1875  ',  come  nella  Biblioteca  arabo-sicula  tradotta, 
arova  rìpotnto  quanto  aveva  dotto  nella  Bitiliofem  amho-sicula 
denteati,  e  in  questa,  quello  chs  aveva  scritto  nella  Prefazione 
tUa  Storia  de  Musnlniani  di  Sidlia. 

L'Aatore  distribuisce  tutte  le  Epigrafi  arabe  di  Sicilia  in  tre 
dassi  :  Bditiy  Sepolcrali,  Mobili-  Le  prime  farono,  come  dì- 
ft^mmo,  pubblicato  nel  1875;  le  .S>/>o^Trt/i  uscirono  dallo  Sta- 
bilimento tipografico  del  Viriil  in  Palermo,  in  due  fascicoli,  il 
primo  nel  1879  e  il  secondo  nel  ISSI,  l'uno  o  l'altro  ornati 
di  tavolo  in  fototipia.  Ilosta  la  Parto  torcia  dello  Epigmfi  mobili 
0  dumestich  di  cui  è  stilo  finora  messo  in  luce  il  primo  fasci- 
io.  Notevoli  fra  le  iscrizioni  edili  sono  quelle  del  palazzo  che 
Knggero  inaugurava  in  Messina,  verso  il  1 1 40.  L'Autore  tratta 
di  queste  iscrizioni  in  una  Memoria  estratta  dalle  Memorie  della 
Riale  Accailemia  de*  Lincei,  e  stampata  in  Roma  co'  tipi  del  Sal- 
Tiaoci,  1881,  col  titolo:  Su  le  iscrizioni  arabi-eke  del  Palazzo 
Refjìn  di  M^itsina^  Memoria  dì  Micbele  Amari.  Xoi  facemmo 
di  questa  Mi-moria  una  rivista  nel  nostro  Periodico  *,  dove  lo- 
dammo P  ingegno  e  la  dottrina  dell'Amari,  e  ribattemmo  come 
meritava,  una  bottata  poco  conforme  a' canoni  della  buona  critica, 
che  il  valente  Arabista  dava  a'Gesuiti  e  alla  loro  critica,  critica 
ch'egli  chiamava  grossolana,  a  proposito  di  queste  epigrafi  del 
Palazzo  di  Ruggero,  che  il  P.  Kircher  non  aveva  tradotte  bene, 
e  che  il  Tychsen  nn  secolo  e  mcKzo  dopy,  credette  eesere  una 
titta  di  locanda.  L'Amavi  pt^rtanto,  che  nelle  Prefazioni  alla 
Jlìuteca  arabo-sicula,  saviamente  osserva  dovef^i  tener  conto 
de' tempi  e  degli  stadii  e  de' mezzi  degli  Autori  che  scrissero  dì 
(ose  e  di  lingua  araba,  prima  di  lui  in  Sicilia,  dimentica  poi 

t-  *  Z»  epigrafi  arabiche  d»  Sieifia,  trmcritU,  tradotte  e  iìlmtrate  da  Mi- 

a<L£  AvtnL  l'nrb!  prirm.  Jserisiom  edili.  —   Pjli'rKio.  Luigi  Pedone •Laurid 
riUdrc  MlìCCaxXV.  (Fap.  92  in  4,  con  IO  invole.  tolop-alirJiet. 
'  Cto.  CfiU.  Scr.  XI,  Voi.  VII.  Uuatlunio  "i3.  jiagg.  SBU-yl 
Serie  Xltr,  pel.  Il,  foMc.  m.  SI  S3  aprite  18W 


RIVISTA 


iDOiie  di  bouaa  critica,  parlando  del  Kircher  e  de'QesaiUj 
del  B6C0I0  XVU,  cou  critica  fp-ossolana. 

Tiu  lu  iscri/.Ìoiii  sepolci'alt  muritanu  particular  m6nx.Ì0Di) 
\a  XXXII  (Malta,  Del  pubblico  Museo),  della  quale  già  averaoo 
scrìttx)  ritulinslvi,  il  Fra^ihn,  il  Badger,  il  Lanci,  il  Nurris,  il 
Lane,  lo  Shakesp^ar.  il  Fresnel  ed  alivi;  e  la  XVII  trilingue, 
cioè  arub4t,  greca  »  latÌDu,  cui  testo  arubo  scritto  due  volte,  nella 
propria  e  Dolla  scrittimi  ebraica.  L'epigrafó  n.  IS  è  trattnUi  in 
una  iinportaiite  Appendice,  dov'è  letto,  iuterprutata  0  illustrata 
OOD  Sagace  crìtica  ed  onidiìtiune  '. 

Della  Storia  de' Mnsubnfi ni  di  Sicilia^  diremo  pochissimo; 
Manteche  da  una  parte  la  sosta naa  de' fatti  è  ricavata  da'tesUl 
pubblicati  nella  Biblioteca  atabo-sicula,  come  l'attesta  lo  stessei 
Autore  nella  Prefazìtme  al  III  voi.  Parte  Prima;  testi,  <  i  quali] 
SODO  la  fonte  priucipale  di  questo  istorio  »;  e  dall'altra  è  im- 
possibile accennare  anche  alla  breve,  l'immenso  tesoro  di  Dotixie 
che  l'Autore  ha  raccolto  nel  solo  volume  terso,  Parte  Seconda, 
circa  gli  stadii  delle  8cìeu;£e,  delle  lettere  e  delle  &rti  dall' XI' 
al  XII  secolo.  Il  capitolo  XI  su'poeti,  e  gli  altri  sull'idioma 
arabico  che  si  parlava  in  Sicilia,  sul  dialetto  italico  di  SìcUiftj 
avanti  il  conquisto  mii6iilmani>,  ti  uno  de'  più  importuntj.  If^j 
1"  voi.  degna  dì  lode  è  la  Tarala  analitica  delle  sorgeuli  ar^'^ 
biche  della  Storia  di  Sicilia^  fatta  con  grande  erodì^iMue  e  sodi] 
critica.  È  divrca  in  due  partj,  una  delle  opere  perduto,  e  l'aUnl 
dello  esistenti,  molto  pili  copiosa. 

Abbiamo  dello  stesso  Autore  V  <  Abbozzo  d' mi  Catalo^ì 
d«^  ManoserUti  arabici  della  Lucchesiana  dì  Girginli  •  obi 
ò  del  1369.  I  codici  sono  XXX,  alcuni  de" quali  preziosi,  frati 
quali  è  l'opera  filologico  d'Ibn-ol-Kutiia,  compiuta,  corrotta,  U'\ 
tic»  e  bolla  »pia.  «  Moneta,  del  Califfo  fatemila  Mi>o/.z-lÌdiii* 
Utah  *  Lettera  al  signor  H.  Laroix  Conservatore  del  Gabinetta  ' 
Numismatico  di  Parigi  (ronf.  Rivista  italiana  U  ott.  1863).  — | 
<  8u  la  data  degli  8))onsali  di  Arrigo  VI  con  la  CostADza  er< 

'  <X  |j  Cultura,  Ilivi«t:i  di  ScietlJ^  LPltnreed  \ni,  on  Art  del  di.  PnLF^ 
I.A«r!tio,  io|ira  (tn«u  polibHeaiioDfL 

'  Storia  dei  .Vuvu/mnnr  di  Sicilia,  «rtllt  di  MlcUEtK  AWARl.  wl.  l.  ItótJ 
Tol.  II.  I8.J»,  mA.  Ili,  l';irt<-  prua.  I8(i-i,  fol.  Ili,  l'jrie  sccoiiitd,    IS73.  FIj 
Telice  Le  MonnUT,  r  Succfinufi  Li-  Moniiier. 


DEtLA   STAMPA  ITALIANA  3?3 

d'it  trono  di  Sicilia  e  su  i  Divani  dell'azleada  Donnanna  in  Pa^ 
leruio,  Lettera  del  Dr.  0.  Hartwi^  e  Alemoriri  del  socio  M. 
Amari.  >  Roma,  ct)i  tipi  dol  Siilviucci,  1878.  (Estr.  dalle  Mem. 
della  a.  Accad.  dei  LìDcei,  Ann.  CCLXXV,  1877-78). 

Doir  operoso  ingegno  doli' Amari  e  della  sua  scienza  storica 
&Mino  altresì  chiara  testimonianza  i  DliAomi  Arabi  del  R.  Ar- 
thivio  Fiorentino*.  Cotesti  Diplomi  sono  altri  arabi,  e  quasi 
tatti  inediti,  altri  latini  ed  italiani  e  per  la  uiet^  quasi,  inediti 
anch'  essi.  Concernono  te  reiaxioni  politiche  o  commerciali  di  Pisa, 
di  Firenze,  e  incidentalmente  di  Lucca,  di  Piombino,  della  Sar- 
degoa,  di  Oenora  e  di  Venezia  con  l'Oriente,  con  l'Africa  seltyn- 
trìooale,  l'Egitto,  la  Siria,  lo  [sol*_>  Baleari.  la  costiera  urinntale 
di  Spagna  dal  XII  al  XVI  secolo.  Il  dotto  Autore  nelle  LXXVII 
grandi  pagine  dulia  Profa;:ione,  dichiara  distesamente  TotilitÀ 
che  viene  alla  Storia  del  Commercio  italiano,  delle  scienKe,  delle 
arti  e  delle  lettere,  da  questi  documenti,  per  la  lunga  tratta  dì 
quattro  secoli,  ùm  molta  diligenita  tt  compilata  la  Tavola  cra- 
nclogica  dei  diplomi;  dove  è  data  una  br»TÌssima  indicazione 
del  contenuto  in  ciascun  Diploma,  del  tempo  e  della  lingua  in 
ehe  è  scritto,  arai»,  latina,  araba  e  latina,  italiana.  L'Autore 
fu  aiutato  nella  preseute  piibblìca/iione  dal  Prof.  Bonaioi,  dal 
conte  ìlinisculchi  e  dal  Prof.  Lasinio,  il  quale  anche  rivide  le 
stampe  de' testi  arabi.  Sono  degne  di  cimsi  de  razione  lo  Lll  note 
apposte  dall'Autore  in  fine  dt-l  Tolume,  e  similmente  l'aggiunta 
dei  (Jlossario  delle  voci  arabiche  e  dei  air/nijìcati  che  mancano 
nel  Dizionario  del  Freytag;  del  Glossario  latino,  del  Glos' 
sarto  italiano,  e  la  notevolissima  Tavola  dei  nomi  proprìi  e 
delle  materie.  Con  Io  stesso  metodo  e  la  stessa  perizia  fu  piib- 
Uìnta  dall'Autore  un'Ap|)ondìco  ',  cui  dieds  occasione  un  Di- 
ploma arabo-latino  in  pergamena,  rinvenuto  dopo  l'odizìono  dei 
Diplomi  fiorentini. 

I  2  Diplomi  Ara/li  dei  It.  AreMvio  Fiorentino.  Testo  orif^Ri^lf^  con  la  li-a- 
l^adOBe  kllfinle  e  t!)u^tJ■aIÌoni  ili  Michele  Am.vri.  In  Kiri'H/t.  diillu  Tipot^ralia  (il 
^Min  Lb  Hooaitr,  con  i  carutt^H  ;iralji  «lolla  Stamperìa  Mcdìcva.  NLiCCCL^dU. 

'  I  Thplomi  Arabi  dei  R.  Arrhitio  Fiorentìito.  TfsUt  originale  con  la  in- 
'4a^ùae  Irtrcnie  e  illastniioni  *JJ  MtrtiM.K  Amaiu.  Appendice.  Iti  Kircroip,  dalla  Ti- 
|(fT«fia  de' Suecrssori  \*t  Munaicr,  eoo  ì  caruttcri  anbi  della  S(.mj[ici'b  Mniiccj, 

Moccaxvii. 


1^^ 


RrviSTA 

La  traduzione  Aq' Frammenti  del  geografo  arabo  'Jlm  Sa  '«( 
su  Vlfalia,  è  breve  cosa,  e  il  losttì  non  contiene  nulla  di  molto 
importante.  Si  fa  menzione  di  Napoli,  Salerno,  Roma,  Fisa,  Ge- 
nova e  Puglia  '. 

^ello  stesso  Bollettino  Italiano  sotto  l'anno  1376-1S77,  leg- 
gesi  una  Descrizione  <ì{  lavori  orientali  con  inci'iziom  arabidte, 
esposti  nel  Mus^'O  artistico  e  industriale  dì  Roma,  altrioienti 
detti)  A^fu^ieo  del  Medio  Evo  (Collegio  Romano).  Anche  qui  nulla 
che  meriti  speciale  menzione. 

L'anno  precedente  (1875)  nelle  <  Ptibblicazioni  de!  R.  Isti- 
tìUo  di  Studi  Superiori  in  Firenze  (sez.  di  filos.  e  filolog.), 
troviamo  la  *  Illustrazione  di  due  Jserizioni  arabiche,  delle 
tiuali  possiede  i  gessi  Io  stesso  Istituto  ;  una  sepolcrale  del  1 2%^ 
Taltra  pubblica  del  iril5,  tutte  e  due  di  non  molta  importanza 
storica  e  filologica. 

Uno  do'pìù  antichi  lavori  dell'Amari  è  la  versione  italiau 
di  un'opera  di  Ibn  Zafer,  arabo  siciliano  del  X[I  secolo,  la  qoaU 
ha  per  titolo  «  Soltvan  el  Mota  »  ossiano  Conforti  Politici  *.  CU 
fosse  questo  Ibn  Zafer,  dove  nato,  quale  vita  conducesse,  qaaoU 
opere  scrivesse  e  di  che  pregio,  tutto  ciò  è  ampiamento  esposta 
nello  liXXVlt  pjtgine  dell'introduzione,  la  quale  contiene  al- 
tresì una  grande  riccheziia  di  notizie  storiche  e  letterarie  intorno 
agli  Arabi  del  Xll  al  XIU  secolo.  Il  Solvran  fu  la  pii)  popo- 
lare e  celebrata  opterà  d'Ibn  Zafer,  il  quale  sotto  specie  di  ap- 
prestar nitri,  ri  inedii  e  consolazioni,  intende  additare  a' prìncipi 
quello  che  debbono  fare  ne*  casi  avversi  del  loro  governo.  Pos- 
sono essi  appigliarsi  a  cinque  partiti:  1"  abbandonarsi  in  Dio, 
cioè  dire,  andar  diritto  allo  scopo,  se  giusta  è  la  causa,  rinun- 
KÌarvl  se  ingiusta;  2"  confortarsi  in  quella  via  mentre  che  la 
burrasca  dura;  3**  perseverar  con  costau7.a;  4"  rimettersi  alla 
volontà  di  Dio,  se  l'esito  6  infelice;  5'  considerar  la  vanità  del 
potere,  e  sgravarsene  quando  pesi  troppo.  Il  metodo  tenuto  da 

'  Cf.  Bollettino  ilatiat%a  <UgU  Rtutìi  Oritntali,  Nuo^a  Sem.  Fìrcnw,  coi  0|f 
ilc'SiKcr*sori  U'  Mounier.  )S77-IH82. 

*  Sfi'iraH  el  Moia,  nyiiur.o  Conforti  Politici  rf«"  Zbn  Znftr  anlm  sk'liaa* 
<lcl  \ll  secolo.  Veisione  iuilianii  ili  Ultuirii:  Amami,  sul  testo  .inibo  ineditov  M 
itailouo  In  nkuna  liiigoa  dcIfOtcìdcnlp-  Firetite,  Felice  Le  Mounier,  J85I. 


DELLA   STAMPA  tTALUNA 


325 


Zafer  ò  insieme  sintetico  ed  analitìo.  Pone  i  precetti  del 
nino,  le  sentt'nzo  del  Profeta,  di  antichi  e  fiiinosi  dotti  Mn- 
Bolmani,  di  filosofi,  di  poeti,  e  v'è  pure  una  sentenza  data  in 
pome  di  Pudru  Luca,  com'egli  chiama  S.  Lucìi.  Poscia  si  passa 
all'appi icazione  de'detti  a  fatti  Teri  o  supposti,  o  favolosi.  L'ana- 
lisi tuttavia  ò  la  parte  principale;  mercccchd  Ibn  Zafer  dice  di 
[roler  solo  riprodurre  alcuni  racconti  relativi  alla  polìtica,  abbelliti 
le  rallegrati  di  fiori  letterarii.  Egli  attinse  gran  parte  de*  fatti 
a  lotteratura  persiana,  e  perciò  PAraari  stimò  cosa  utile  il  fare 
digressione  dì  14  pagine,  circa  la  storia  e  la  civiltà  del  tmnpo 
Sassanidì,  e  un'altra  intorno  alle  favole  indiane,  perciocché 
im  Zafer  ne  riporta  alcuno  nel  suo  libro. 

Al  XH  secolo  appartiene  parimente  un  capitolo  che  l'Amari 
tndtiBse,  togliendolo  dal  libro  dì  al-Haràwi  che  s' intitola:  «  In- 
dicazioni de' luoghi  che  vanno  visitati  »  Contiene  questo  capitole 
i  nomi  di  alciuii  luoghi  della  Sicilia,  con  qualche  ricordo  storico 
relativo  alle  prime  incursioni  musulmane  in  Sicilia  '. 

Anche  al  secolo  XLL  rìsalo  l'IscrìzioDo  arabica  doUa  Chiesa 
élla  .Hartorana  in  Palermo,  tradotta  dal  nostro  Autore.  Essa  fu 
rttt  dal  prof.  Palricolo  nel  mese  di  aprile  1871,  nella  cupola 
la  Chipsa  di  Santa  AUria  doU'Ammira^lio,  vidgarraonte  dotta 
Oi!^  dtiila  Martoraua.  Il  tempio  fu  fabbricato  nella  prima  metà 
liei  XII  secolo,  dal  potente  e  dovizioso  Giorgio  di  Antiochia» 
^ude  Ammiraglio  del  Reame  di  Sicilia.  L' iscrizione  si  wmpone 
di  due  (Hirti,  formate  l'uiia  dal  Sanctus  (Isaia,  VI,  3)  aggiuntovi 
l'Ùsauoa  cautato  dalle  turbe  nelPingresso  di  N.  S.  in  Oerusa- 
leEQmo(Jffi//.,XXI,9);  l'aggiunta  è  antica  ocomuno  alla  liturgia 
(TOriente  e  d'Occidente.  NV*lla  seconda  parte  si  ha  il  «  Gloria 
in  ezcehis  »  che  era  solito  cantarsi  e  recitarsi  dal  popolo  anche 
Delle  preghiere  mattutine,  come  risalta  da  S.  Atanasio  (Martigny, 
Did.  d'Anf.  Chr..  221),  ma  piti  in  Oriente  che  in  Occidente. 
Cosi  il  prof.  Ignaxio  Guidi  nella  Lettem  airAmari,  del  27  giu- 
gno 1872.  riportata  dal  nostro  Autore,  il  quale  dice  essere  stato 
liotato  a  decifrar  l'iscrizione,  da  questo  dotto  giovane  semitista'. 

•  (X  Arch.  Storico  Si<itiano,  faH--  HI  IV,  Arjijo  VI.  ISSI. 

*  Cf.  Antuarut  dfiia  Sociflit  italiana  per  ylt  ttudi  Orienlaii,  KuM  primo  1 87S 
Flmtc,  Ernuinno  Luescher.  4873. 


3M 


Ht  VISTA 


Ed  ora  faremo  onorata  menzione  d'altri  lavori  dell' iDfatiCabil 
Arabista  sicilìaDO,  che  se  cedono  a  quelli  già  ricordati^  per] 
ampiezza,  non  ne  son  meno  pregevoli.  Tali  riputiamo  prima- 
mente i  suoi   »  iViiot'i  Ricordi  arabici  su  ia  Storia  di  Ge-j 
nova  '.  »  I  testi  messi  insieme  dal  eh.  Autore  sono,  parte  editi] 
e  parte  incditì,  e  da  lui  tradotti.  Oli  editi  son  quelli  di  SU- 
Testro  de  Sacy,  gli  inediti  quelli  delI'Anbore,  e  fonino  stampati* 
a  Firenze,  coi  tipi  medìcei  presso  i  Successori  Le  Sfonnier.  Ec-j 
cone  la  lista: 

I.  Trattato  del  Comune  di  Oenora  con  Ishakibn-Mohammedl 
Signor  delle  Isole  Baleari  (1181). 

li.  Trattato  del  Cornane  di  Genova  con  Abd-All&b  fìgliaoloi 
e  successore  del  precedente  (1138), 

in.  Estratto  dalla  Ci-ouaca  di  Kelaon,  Sultano  d'Egitto,  » 
trattato  di  Genova  con  quel  principe  (1290). 

IV.  Estratto  inedito  di  un  Ct>dice  arabico  di  Copenhagen,  n-^ 
latìTo  a' fatti  di  Ceuta. 

V.  Lettera  inedita  di  OshmAn-ibn-Mohammed,  principe  hafsdU 
di  Tunis,  indirizzata  al  Doge  e  Comune  dì  Genova  (1462). 

VI.  Lettera  inedita  di  Abu-Abd-Allfth-Alohammed,  priDcipoi 
hafsita  di  Tunis,  indirizzutn  ad  Ottaviano  dì  Campofregoso,  flo* 
Tórnatore  di  Genova  (1517). 

VII.  Iscrizione  Cufica  inedita  di  Santa  Maria  dì  Castello  io 
Genova  (X  secolo?) 

VUI.  Frammenti  di  un  diploma  arabico  che  sembra  uscit»' 
dalla  cancelleria  dei  CaliH  fatemiti  d'Egitto  (prima  metà  del 
Xll  secolo). 

IX.  Passo  inedito  d'Ibu-el-Beitar  su  l'uso  della  Zedoariaìnl 
Genova  (prima  metà  del  XlII  secolo). 

Nella  lunga  ed  ermlitissima  ìntroi1ti7.ionedi  42  p:igiiie,  l'AutoR] 
racconta  ed  illustra  con  sagace  critica,  tre  episodii  di  quell'epope». 
com'egli  la  chiama,  d'otto  secoli,  ch'è  la  Storia  murittima  di 
Genova.  Trattasi  d'una  briga  che  ebbero  i  Genovesi  con  Centi, 
verso  la  metà  del  secolo  XIII;  briga  che  fece  muovere  dal  porto 

*  MlClir.l.K  AvAlil,  NuòdÌ  Rieoriii  nrahìri  »u  ìa  Storia  ili  Gttwva  i,Ya 
dal  Tol.  V.  Atti  dtVa  Società  Ligure  di  Gloria  Patria).  GeiiOTa,  Tipognlta^ 
ft.  I.  i]e'Sonlo-Mul>,  MUaCIAMII. 


MLLA  STAMPA   ITALIANA  3?7 

dì  Gettoni  ben  cento  legni,  dai  quali  fu  stratta  per  parecclii 
Bi«si  qnt«lb,  a  qne'  tempi,  forte  e  potente  città,  e  obbligata  a 
risarcire  i  daoni  recati  a' nuTcìtanti  Genovesi.  Ora  rDri^ino  dì 
colesti  danni,  non  ben  cbiitrit;i  i>er  uddii^tr»,  rien  meglio  indagata 
ti  fatta  paleso  co'niiovi  docinnonti  dol  nostro  Autor».  Il  ijtiale 
prende  di  qni  occasione  di  darci  una  breve  ma  compiuta  nar- 
nzitine  de' princi|)ali  avveuiuientì  do' popoli  Musulmani  stimziuti 
ÌBtoruo  il  bucino  occidentale  del  Aluditerranoo,  traundola  da  sor- 
genti iiiusulmane,  e  ristrettasi  pe' tempi  e  si  pe' luoghi,  all'ar- 
gomento de'nnovi  Ricordi  arabici. 

Negli  EsiralH  del  Tarkh  ^faHs(ll•i  '  il  eh.  Autore  ci  fa  co- 
Duscere  l'importanza  della  cronaca  di  Abù  al  Fadai/l  Afitham- 
mad  ibn  Alt  da  Flatuah,  p^^r  Io  nutìzic  che  contiene  intorno 
\  Federico  II  Imperatore,  e  la  luce  che  sparge  sopra  certi  5itti 
della  sesta  Crociata.  I)i  Federico  U  ci  lia  conservato  due  epi- 
ilolo  genuine  scritto  in  arabo.  U  Codice  appartiene  al  -Mus'-o 
Asiatico  di  Pietroburgo;  pare  autografo,  e  s^  n'ebbo  coutezm 
dal  catalogo  de' codici  arabi  di  quel  Museo,  pubblicato  dal  Ba- 
!TOe  de  Rosea.  Il  nostro  Autore  si  è  limitato  ad  eslrarre  i  passi 
della  Cronaca,  che  toccano  da  lungi  o  da  presso,  la  Storia  d' Italia 
e  recarceli  in  volgare.  Ma  secondo  il  suo  lodevoi  costarne,  oltre 
lu  noie  storiche,  critiche  e  filologiche,  il  valente  storico  ci  porge 
ma  di  quelle  sintesi  dogli  avvenimenti  del  tempo,  i  quali  hanno 
rebkzìone  co' fatti  da  lui  trascelti  a  illustrare,  che  la  mente  del 
lettore  pienamente  rischiarano  e  rendono  atta  a  poter  agevolmente 
giadicaro  da  sé  il  valore  o  l'importanza  delle  coso.  Notabile  ò 
poi  in  qnesta  dotta  scrittura  dall'Amari,  li  digrossìono  intorno 
alla  setta  diagli  Ismaelìani,  com'essi  cbiamavansi,  Batouii,  Mu- 
Uhid;  seguaci  del  Vecchio  della  Alontagna.  o  Assassini,  come 
erano  chiamati  dagli  altri,  e  anche  PAUAWl,  ossìa  <  dovuti  alla 
Dorte.  > 

Da  un  testo  arabo  di  ^Al  'Umarì  che  tratta  ddlle  condizioni 
<l«glì  stati  cristiani  dell'  Occidente,  secondo  una  relazione  dì  Do- 
neoichino  Dorìa  da  Genova,  il  nostro  Autore  ci  dà  la  versione 

It  Aatftt,  Eatratti  del   Tarich  Mtnaarì.  F.slr:rU<i  daWArcbivio  Storico 

I,  N.  8.,  Aiuio  IX,  H8)tt.  l'alermn,  tipAgnfia  dello  Suiliilo,  1884. 


3!8 


RIVISTA 


accompagnata  da  molte  note,  u  precodata  da  una  intruduzionf, 
dove  ci  si  fa  sapere  che  'Al  'Umttri^  il  cui  uome  proprio  6  7*» 
fadr  alhih,  era  nato  in  Damasco  nel  1300,  ch'era  eruditissimo 
0  diligentissimo  nelle  ricerche  geografiche  '.  ha.  relazione  chft 
^AVJJìnar\  ebbe  dal  Genovese  riguarda,  com'egli  scrive,  i  più 
celebri  Stati  degli  adoratori  della  Croce,  e  devono  intendersi  gli 
Stati  continentali,  efwliisi  quo'dol  maro.  Si  parla  perciò  dell» 
Francia,  dtdla  Germania  (Alemannìa),  della  Provenza,  del  MoD' 
ferrato,  de' Lombardi,  del  Ke  de'Siciliani  Federigo.  de'VeneJsianì, 
de'PÌ3aai,  de' Catalani,  de' Genovesi,  e  delle  condizioni  do'Fmo 
chi  in  Oriento.  ^Al  ^Umarì  morde  e  maledice  come  meglio  piiù 
e  sa,  1  cristiani.  A  queste  Memorie  l'Amari  feW)  delle  Agtjitinie 
e  Correzioni  circa  il  Grande  Emiro  Bahadilr  'al  Mu'ixr.i,  pa 
drono  un  tempo  di  Domenìchino  Doria  (Cf.  R.  Acc.  de'  Linea, 
Voi.  XI  —  Serie  3"  —  Classe  di  scienze  morali  ecc.). 

La  Memoria  intorno  al  Trattato  di  Giacomo  li  di  Aragona 
col  Sultano  d'Egitto  (1293)^  non  6  di  grande  importanza,  es- 
sendochìs  esso  in  gran  parto  ò  copia  di  quello  stipolalo  tre  anni 
prima  da  suo  fratello  Alfonso,  e  conosciuto  per  la  versione  h\f 
tane  da  Sìlve.stro  de  Sacy  e  pel  sunto  del  Reinaud.  Lo  stesso 
Amari  ne  aveva  anche  pubblicato  il  testo  nella  sua  Biblia 
aratfo-sicnìa,  e  la  traduzione  nella  stessa  Biblioteca  da  luì 
cata  in  italiano  e  nella  Guerra  del  Vespro  siciliano,  D'a 
parto  il  trattato  di  Giacomo  con  l'Egitto,  non  ha  carattere 
auteuticiti^,  i\i*.  si  sa  se  in  corte  di  Ancona  fosse  Rlato  ratificato, 
L'Amari  in  questo,  come  in  pressoché  tutti  i  suoi  lavori, 
sa  temperarsi  da  una  corta  animosità  contro  il  Cristian  esime 
contro  i  Papi,  la  quale  non  gli  fa  giudicane  i  fatti  seomdo  U 
loro  storica  realtà,  ed  imparzialmente.  Ci  duole  assai  di  vedor 
dò  in  nomo  tanto  degno  di  stima  e  dì  riconoscenza  per  le  99t 
dotto  fatiche. 


*  'Al  'Vmari  Condtiioni  degli  stati  crlstiaDÌ  dPjrOcviilfuie  («condo  una 
di  riOME-viaii.so  DoiitA  da  Genotu  Ivslo  ^inifw  coii  \prMOiie  italianii  r-  note  ili  >L  Smì.% 
Runia.  cui  lt|>l  (li>l  Solvlucei,  1K83. 

'    Tralliito  ftìpulato  da  Oìacomo  li  di  Aragona   cot  Sultano  d'I 
S9gonoAio  1S93.  Meoiorìa del uwio  MicuEtEAsi/iiii,  UdtiLiroi  ti|ii  ild  S«)nne«i' 
(fMam  dsgli  Atti  dtlla  S.  Acc.  dei  Lincei,  Addo  CCLXX.  188^83). 


VCLLA   STAVPA   ITAI.IAIIA 


II. 

Prof.  PaiiTO  LcssANA.  La  Circolazione  del  sangue  ed  ì  Papi. 
Memoria  Ulta  alla  li.  Aeca/lemia  dì  Scienze,  Lettere  ed 
Arti  in  Padova,  nella  tornata  del  giorno  17  gtnimio  188G. 
Piulova.  tip.  Gio.  Balt.  Kundi,  1386.  OpuM.  di  pogg.  28  in  8. 

0  che  e'  entrino  i  Papi  colla  circolazione  del  sangue?  Questa 
demanda  sorge  spoDtftueaiaento  alla  letta ra  dui  titolo  sopracci- 
tiUK  e  forse  insieme  con  essa  sorgerà  in  (iiialwino  il  pensiero, 
Ùe  la  connessione  fra  quei  due  soggetti  cosi  disidrati  si  debba 
il  t-inatismo  di  qualche  insulso  encomiatore  dei  P»pi.  Tutto  al 
cnotrurìo:  ella  sì  dorè  al  fanatismo  de*  loro  insulsi  detrattori.  Il 
4  iutord  infatti  ci  fa  sapere  che  egli  s'indusse  a  scrivere 
questa  Memoria,  dacché  nel  2"  volume  k](ì]ì''  Encicloptdìa  medica 
ila/irtiia,  io  corso  di  pubblicazione,  all'articolo  Circolazione,  gli 
reonero  lette  le  seguenti  parole:  *  J^on  potremmo  tacere  degli 
walcmi  scagliati  alle  pratiche  anatomiche  dalle  ire  papali  di 
B<mijncii'  Vili  e  di  Sisto  l  K,  che  a  gran  fatica  seppe  concedere 
«  qualcjw.  medico  e  alla  sola  scuola  di  Tubinga  le  dissezioni 
ùnatomirhe...  Autopsie  permesse  da  principi  e  severamente 
pwfli/c  dai  papi,  comandate  a  Salerno  da  Federico  II  e  proibite 
Wt  fulminee  bolle  di  Bonifacio  Vili  e  di  Sisto  IV  in  quei 
ili  oppressi  dalla  sconjinata  potenza  del  clero:  »  che  sono 
tltauti  errori  storici,  men7»gnH  e  calunnie,  quante  panale.  Ma 
Boar^rave,rnaller,  il  ]ìlumenbiich,il  Krank,  l'Haesor,  l'Hyrtl 
IO  ous),  e  i  nostri  piccoli  increduli  italiani,  abituati  ad  in- 
>rsi  culla  fronte  a  terra  davanti  allo  decisioni  della  scienm 
itiera,  colpiti  da  una  grettezza  dì  ui<}nte  pari  all' avvilimento 
del  caoro,  ricevono  con  tutto  l'ossequio  dagli  stranieri  l'istoria  di 
propria,esi  recano  ad  onore  di  ripeterne  le  spropositato  lezioni, 
eh.  Prof,  [.usaana  è  tino  di  quei  pochi  scipnxiati  veramente 
iani,  che,  conservando  la  più  nobile  fra  le  indipendenze,  come 
"opposta  6  la  più  abbietta  delle  codardie,  quella  cioè  dell' inteU 
sì  rìfìutuno  a  piegaro  il  ginocchio  davanti  a  cotesti  simu- 
i  di  divinitii  gallichu  e  teutoniche;  e  ne  mettono  senxa  cerimo- 
ad  esame  e  ne  smentiscono,  quando  occorra,  gli  oracoli  venerati. 


RtnSTA 

Xeir  argomento  presente  gli  somministrano  già  in  parte  k 
notizie  bisognevoli  il  Corradi  in  nnB  sua  dissertazione  suH'Am- 
tomia  in  Itali»,  letta  al  K.  Istituto  lombardo  nella  sedata  dd 
31  luglio  1S73,  e  il  Morpurgo  nel  suo  pregeYole  scrìtto  Roma 
e  la  Sapienza  '  pubblicato  nel  1879. 

Rifacendosi  pertanto  dalla  nnica  connessione  cbe  vi  possa  es* 
sere  fra  l'argomento  della  Cimdar.iono  del  sangue  e  il  nome  dì 
alcun  Papa,  fa  notare  il  Lussana  cbe  il  Cesalpino^  vero  autore  di 
quella  insigne  scoperta,  malament*  attribuita  all'inglese  lUrreyS 
per  essa  singolarmente  venne  in  tsinta  estiraanione  del  Papa  Ole- 
mente  YIII,  che  questi  lo  chiamò  da  Pisa  ad  iua^gnare  in  Roma, 
e  qnìvi  lo  ricolmò  dei  sogni  della  sua  benevolenza,  secondo  cbft 
narra  il  FahbriiRCÌ  contemporaneo  dello  stesso  Cesalpino. 

Passa  dipoi  il  eh.  Professore  a  discutere  le  spensierate 
zioni  dell'Enciclopedìa  Medica,  che  nel  sopraccitato  artìcolo 
le  pratiche  atiafomicfte  j-roibiie  dalle  fuhni'.iee  Bolle  di 
facio  Vili  e  di  Sisto  IV,  e  comandate  daW  Imperatore  F»-i 
derica  II:  dove  adoperando  e/.iandio  queste  parole:  <  La  scuoti 
medica  di  Sulertto  istituifu  da  Federico  II  di  Svevìa  ecr... 
studio  atmudle  delVanatomia  umana  era  obbligatorio  dal  1 
e  di  rigore  la  dissezione  di  un  cndamre  »  accumula  spro; 
a  apropoaiti.  Federico  II,  osserva  giustamente  il  Lussana, 
bensì  la  scuola  dì  Napoli,  ma  non  gì&  quella  dì  Salerno,  e 


'  In  scAperu  rfrUn  clrcolaxionc  tiri  sang:up,  coin«  luU«  le  icnDdi  Koiwrte, 
ibi  concursu  di  Turii  iiigp^iiJ,  iii;i  xVw.  ilir»i  cwicepita,  nau  e  compiitu  ìd  III 
primi  germi  se  mi  p(K*«lcv.iiio  ppr  trfldiiionu  iiclk-  scuole  il.tli.iur,  r  rc  ne  Uà 
imliilo  nell'opuscolo  commcnl-ido  ih  maiu  cardia  Mlrihaiio  a  sta  Tomaain.1 
n>npiirio  itn  Carpì  ilólO-lóSUc  il  Colombo  ^IMlVilirtlcro  gii  primo  e  ■eeoodoi 
atanli  che  il  Seneio.  gìoiaoiloti  deylt  Krilti  ilH  Coloniho.  iintitiUnti  H  anni  firil 
ilclla  sua   Chrùli'anfsmi  ratitutìo,  vi  aicfhri!iw<e.  y\ì  Col"nibu  li«e  dietro  il 
alpino,  clif  ilrstri«ie  jnt  iiitiro  loilo  il  pino  ili-l  ».in|;(H!  r  eli  Aink  anrhf  il  do 
rinwsiogli  ili  rirralaeinne.  Tulio  cotwic  cose  iTnno  ^'i^  puliblicalr  e»!  inwimiii! 
nniwi'silà  il'Ilftlia  fiuiiniJo  l'HarTej  oe\  U>9>(  si  reca  a  PaJnva  per  suiri^anl  in 
Rllorn.llo  in  patri;],  piililtliC'^  la  stia  n.-lrlre  Exercitalia  nnnivmica  de  molu  > 
tt  tai'gmnÌ»,:i{>f>rfipv\mii(»M  non  wlo  le  dwllriiie,  ma  porsìiifi  in  itim-clii  trilli' 
inrole  sIi-mt  di-l  Duilio  san  niai^slro,  «w,n  rilirlo,  cani»-  da  itimostralo  il  Z-tehii 
l/llnricorlilK' il  mehtoiti  riscontrimcniidiliiicnli  sa/yi  [e  YrrilJi  Mopcrle  ita 
c  di  esporle  con  haoti  online  e  binilo  npjtir.itn,  mn  i]iill;i  pib. 

•  Sa\uo  ìtoì\PVM.O.  Jitma  f  la  inpiemn.  Conipiwlio  di  notisie  »lorieht\ 
tfàtSitkhe  suUa  Vnivernlà  Somana.  rioin»,  IK79. 


mSL. 


^^ 


Jb£: 


txìivk  italia:ta 


331 


tiorìTa  si^  mi  se<»Io  ìanaD^tì  alla  venuta  di  queir  Imperatore,  e 
ooetuì  Don  foco  altro  che  riconfcrmarno  gli  Statuti.  Celesta  con- 
ferma poi  essendo  avrenata  uel  1241,  e  la  scuola  saJernìtaDR 
«Tendo  usato  le  sezioni  anatomiche  per  obbligo  fino  dal  1213,  ò 
chiaro  chti  cotesto  studio  era  ia  roga  a  quella  scuola  27  anni 
prima  che  Federico  II  vi  avesse  parte,  nemmeno  imliretta. 

Al  contrario  prima  ancora  che  nascesse  Federico.  Papa  Inno- 
i!enzo  III,  nel  1200,  fondava  a  Roma  l'Ospedale  di  Sauto  Spirito 
t  v'istituiva  la  scuola  medica,  ed  una  scuola  d*<t7iatomia  sana 
<  morbosa.  Per  l'Università  di  Bulognasi  hanno  documenti  della 
Ieratica  di  tagliare  cadaveri,  già  vigente  nei  pi'ìnii  anni  del  se- 
colo XIV.  A  lloma  poi,  fondata  da  Bonifacio  Vili  l' Università, 
«Ure  alTnso  non  mai  intnuncs.io  del  tagli»,  Paolo  IH  fonda 
stabilmente  nel  1540  una  scuola  speciale  d'anatomia,  e  da 
Pule  III  in  poi  tengono  quivi  cattedra,  chiamativi  ancora  di 
fuori,  celeberrimi  medici  e  anatomisti,  come  il  Colombo,  il 
Varoli,  il  Piccolomioi,  il  Cesalpino.  Il  Castellani  vi  pubblicava  le 
Su  rinomale  tavole  anatomicho,  il  Piccolomini  dedicava  a  Sisto  T 
l«  !tue  prele/.ioQÌ  anatomiche,  il  Lancisi,  medico  d'Innocon7/>  XI, 
iriva  io  tempo  di  earnefale  pubbliclie  dimostrazioni  anatomiche, 

Il  via  discorrendo. 
n  direttore  del  museo  anatomico  di  Vienna  non  si  peritava 
di  scrivere,  nel  1869,  mordeado  la  ^ledicina  senza  anaiomia 
dei  vecchi  tempi,  e  la  designava  come  una  conseguenza  dei  (Jommc 
inviolabili  dei  pari  che  gli  articoli  della  fede  cristianat  ac- 
casando lo  spirito  clericale  che  oslanae  ad  in^fegnare  la  strut- 
tura dei  corpo  unui7W.  Di  riiicvmtn)  alle  quali  ciance  insipida 
U  Dfì  Mattheìs  dimostrava,  tutto  all'opposto^  che  «  la  facoltà  di 
analonii?:/.are  i  ca^Iaveri  si  devt:  ai  Pupi  e  allo  spirito  del  Cri- 
stianesimo, che  ha  dissipato  T  irragiunerole  orrore  che  quasi  tutti 
gli  antichi  ebbero  pei  cadaveri.  > 

Alle  corte,  stando  alle  dati;  forniteci  dalla  storia  dello  varie 
Kunlo  di  oltretuoutì  e  d' ottremar'',  <  in  tutte  esse  l' insegnamento 
dell'  Anat4)niia  con  dissetìiorii  cadav^icbe  s' istituì  pin  lardi  che 
nella  Romad«i  Pontefici.  Neil'  Università  di  Praga  57  anni  dopo; 
101  anno  dopo,  a  quella  di  Vienna;  73  anni  ^ìù  tardi,  a  .Hout- 
^lier^  316  a  Lipsia,  247  in  Ispugna,  200  in  Inghilterra.  » 


3;« 


BmSTiL 


Era  più  d'un  secolo,  proseguo  il  Liissana,  cho  i  Papi  proteg- 
gevauo  e  favorivano  le  autossio  cadaveriche,  quando  per  la  prinui 
volta,  nel  1404,  aprivasi,  coq  grande  solennità,  un  cadavere  nel* 
l'Ospedale  della  capitale  austrìaca  per  opera  del  maestro  Ga* 
leazzo  di  Santa  Sofia:  e  solameute  dopo  12  anni  c^lebravasi  colà 
la  secotida  anatomia;  e  solamente  ^tro  sei  volte,  in  tutto  il 
secolo,  si  ripeterono  tali  dituostrazìonì.  E  proprio  di  costi  ci  ave* 
vano  da  venire  le  parole  or  ora  citate,  in  ìspregio  dolla  Medi* 
eina  sema  anatomia  e  dei  dommi  e  dello  spirito  caricate  ehd 
la  volevano  in  tale  condizione!  Un' improntitudine  per  qnanto 
rara  non  può  an'lvare  a  tanto  travisamento  di  fatti:  ma  uat 
volgare  ignoranti  e  una  cieoa  avversione  sì;  e  vada  questo  cogli 
altri  esempii,  clie  co  ne  danno  in  copia  i  mafstri  esotici  d^ 
nostri  piccoli  increduli,  nò  soltanto  dì  quelli  AoW  Enciclopedia 
medica. 

Ma  questa,  recitando  sempre  fedelmente  le  lezioni  imparate, 
allegava  le  fulminee  bolle  di  Bonifacio  VIU  e  di  Sisto  lY,  per 
le  quali,  secondo  lei,  erano  proibite  fé  dissezioni  anatomicht. 
Il  Liissana  non  sì  confonde  a  dimostrare  che  l'articolista  dell' Kx- 
ciclopedia  non  ha  lettone  l'uno  né  l'altro  di  quei  documenti; 
che  cotesto  già  s'intende:  il  eh.  Professore  si  volge  a  mostrato 
piuttosto  elle  non  l'hanno  Letto  quei  francesi  e  quei  todcschì,  i 
cui  pronunziati  V Etmclopedia  accettò  come  tanti  dommi.  Per 
comodo  di  costoro  egli  reca  il  testo  della  Bolla  di  Bonifacio,  « 
non  occorre  altro  elio  scorrerlo  per  vedere  come  quivi  mm  si 
tratti  per  nulla  di  dissezioni  anatomiche,  ma  dì  tntt' altro  argo- 
mento. A  chiarircene  basterebbe  già  la  pratica  mantenuta  io 
quegli  stessi  tempi,  non  cho  a  Salerno,  ma  nella  scuola  Pontifici» 
dì  Bologna,  di  dissecare  ì  cadaveri.  La  Bolla  prende  di  mìm  un 
abuso  determinato,  introdottosi  di  quella  sta;;ìone  specìuluient» 
a  riguardo  di  forestieri  venuti  u  morte,  i  cui  cadaveri,  volendoM 
riportaro  le  ossa  in  patria  o  in  altro  luogo  da  loro  eccito  per 
sepoltura,  per  maggiore  speditezza  si  squartavano,  si  tagt 
vano  a  pezzi,  che  si  scarnavano  facendoli  bollire,  sicché  ne 
manessero  polite  le  osaa.  Corpora  defundorum  exenteraj 
ei  ea  immaniier  decoqueiUes,  ut  ossa  a  carnibus  separata^ 
rant  sepelienda  in  terratn  sitam,  ipso  facto  swxt  eJtrofflt 


DELLA  STAMPA   tTALIARA 


^% 


)£: 


Praefati  namqtte  fideks...  si  quisquatn  ex  eis  fjenere 
Vfl  dìgmtafis  tiiulo  insignitm,  praesertitn  extra  sua- 
m  partium  limiles,  debitum  nalttrae  persolmt>  m  suis  vel 
ìenis  remotis  partibns  sepoltura  eleeta,  de/uncii  corpus  et  qtto- 
dani  impiae  pieiatis  affecht.  truat/enter  exenterant  a<;  iìlud 
'  membratim  vel  in  frusta  immaniter  ccncidentes  ea  sìthsequeìiier 
t  aquia  imjnersa  exponant  ignibiis  decoqttenda;  ut  tandem  (ab 
\^^sibHS  teffumenlo  cani'S  ejcaissoj  ead«m  ad  partes  praedictas 
^ÈÈtHant  $eit  deferant  tvmulanda.  Nel  nostro  secolo  di  civiltà 
^P  sono  intesi  doi  miitcriu listi  deplorare  la  perdita  di  sontunze 
^Btili  sia  airilluminaìtìonfì  sia  ad  altri  scopi,  lo  qtiali  si  potreb- 
"oero  oltouero,  distillando  i  ciidaveri  degli  uomini  tome  quelli  dei 
eani  e  d'altre  bestie.  I  crorna/Jonìsti  poi  pn^tendonn  di  abìtiiarni 
a  tutte  le  forme  di  cottiim  di  carne  umana,  lessata  o  arrostita. 
E  ciò  noodimeno  ossi  medesimi  forse,  e  certamente  quanti  serbano 
no  senso  di  decenza  e  dì  rispetto  per  la  dignitii  umana,  si  leve- 
rebbero contro  chi  rinnovasse  ai  nostri  di  in  casa  sua  quei  mn^ 
celli  e  quella  cucina  di  cadaveri,  che  Bonifacio  VIU  detesta  e 
condanna;  e  saprebbero  che  rispondere  a  chi  lì  accusasse  perciò 
di  eundanmiro  la  scuola  anatomica. 

Resta  a  vedere  a  che  ai  riducessero  Io  ire  fulminee  di  Sisto  IV. 
Qui  il  Lussana  racconta  come,  dato  il  primo  avriamento  agli 
studii  anatomici,  crescendo  per  una  parte  negli  studiosi  la  cn- 
riosit&  scientifica  e  por  l'altra  parte  ìnctmtnindo  essa  un  ostacDlo 
nell'avversione  popolare,  avvenne  che  si  procedesso  qualche  volta 
al  dissotterramento  clandestino  e  al  rapimento  di  cadaveri,  con 
la  conseguenza  di  altri  disordini,  onde  la  pubblica  potestii  dovette 
intervenire  e  richiamare  a  sa  il  permesso  ufficiale  delle  autossie. 
E  questo  e  non  altro  viene  disposto  nel  suddetto  Breve  di  Sisto  IV. 
«  Si  autorizzava,  scrive  Siiviamente  il  Fiussana,  col  suddetto 
Brere  il  permesso  delle  sewoni  cadaveriche,  non  si  proibivano^ 
come  asserirono  erroneamente  gli  autori  tedeschi.  »  E  a  maggior 
dichiara/.iooe  e  giustificazione  del  fatto  (che  del  rimanente  sì 
mantiene  ancor  nflle  presenti  lef  islaxioni)  il  Lussana  cita  varii 
I  esempii  di  cimiteri  manomessi,  di  avelli  aperti,  di  cadaveri  ra- 
l  piti  con  iadìgna^ione  del  pubblico  e  dei  privati  e  con  ìscEuidalo 
HnoD  tollerabile.  Ecco  portuntf)  contro  che  emno  rivolte  le  ire 


3a4 


RIVISTA 


fulmhìee  0  per  meglio  diro  i  savii  ordinamenti  di  Sisto  IV;  i 
iiuiili  non  luutaronu  nulla  nella  pratica  del  taglio,  introdotta 
prima  dì  lui  nella  scuoU  roiuanu  e  sempre  contÌQuatti  sotto  di 
lui  e  dopo  lui. 

Soddisfatto  così  pienamente  non  alle  obbiezioni  ma  all'ìgno* 
ranza  degli  autori  dì  coteste  insipienti  calunnie,  il  eh.  Professore 
non  si  tiene  dal  rimanduro  la  palla  a  chi  primo  la  gettò.  «Tengo 
alla  conclusione.  A  codesti  tedeschi,  i  quali  accus;irono  il  Papa 
cattolico  siccome  il  persecutore  delle  pratiche  anaU.>miche.  io  do- 
mando volentieri  che  cosa  ce  n'abbia  guadagnato  la  liberlii  di 
scienza  colla  Riforma  anticattolicjt.  Kcc<:tlo.  Dopo  la  cuiifossione 
di  Augsburg...  r  anatomico  Plater  corre  gravi  pericoli  per  arerà 
maieriem  secandi.  Basilea  stessa  non  vide  la  prima  sezione,  se 
non  per  mano  dui  Vesalio  cha  era  venuto  dall'Italia  cattolica,  ora 
già  parecchie  f>u?!Ìoiii  egli  aveva  eseguito.  »  K  infine  il  eh.  fnr 
fessore  ci  mostra  in  Ginevra  Michele  Serreto  medico>teo1ogo, 
preparatore  della  immortale  scoperta  della  circolazione  del  san- 
gue, legato  sul  rogo  e  dato  alle  flamine  insieme  col  suo  libro 
per  ordine  del  gran  prot«.slante  riformatore  Calvino:  mentre  il 
Cesalpino  autore  della  grande  scoperta,  e  il  Colontbo  suo  precur- 
sore, erano  accolti  dai  Pontefici  e  circondati  d'onori  e  di  favori. 

La  dissertazione  del  eh.  Professore  Lnssana  non  conta  che 
37  pAgine,  ooraprosivì  i  documenti;  ma  dal  sunto  e  dalle  cita- 
zioni che  ne  abbiamo  dato,  apparisce  con  quanta  eviden/4i  e  eoa 
quanto  nerbo  egli  non  solamente  dissipi  la  8t^>tta  calunnia  apposta 
ai  Papi,  ma  ranmìlii  altresì  i  temerarii  calunniatori.  Allorché 
il  Santo  Padre  Lenne  XII[,  con  larghesiza  non  uguagliata  da 
nt'^sun  altro  Governo,  aperse  alle  indagini  dei  dotti  gli  Archivìi 
Vaticani,  dichiarando  di  ci^  ^re  affiuchò  se  ne  traessero  docu- 
menti in  difesa  della  Santa  Sede,  parve  a  certi  Tersiti  che  meglio 
si  sarebbo  Ditto  a  dure  per  iscopo  di  quell'apertura  il  chiarimento 
della  TcrìtÀ  storica,  qual  che  ella  si  fosse,  onorevole  al  Papat<i 
od  obbrobriosa.  Costoro  non  s'accorgevano  che  nel  fatto  l'tina 
cosa  si  risolveva  nell'altra,  mustraiidocì  una  costiinto  esporìenn 
che,  dove  alcuna  nebbia  sembra  levarsi  ad  oscurare  le  glorie  del 
Papato,  appena  ò  mai  che  sotto  ai  raggi  della  critica  quelU  nebbia 
non  si  dissipi  anziché  addensarsi. 


DELLA   STAMPA  ITALlAriA  3! 

^b  lo  scritUi  del  Lussaua  per  uq  altro  capo  ancora  piace  in 
ringoiar  modo  e  soddisfa  II  cb.  Professore  è  caldo  di  qnel  vero 
uiLore  di  patria  che  non  si  termina  alla  patria  mangiatoia,  ma 
della  propria  nazione  cura  folosaraunle  l'oDure  e  la  dignità.  A  Ini 
non  VA  il  naovo  genero  dì  schiaviti!)  intellettuale  venuto  dì  moda 
fra  gl'italiani  scienziati,  nel  tempo  in  cui  si  mena  scalpore  per 
ta  indipendenr^  polìtica  d'It&lìa.  Troppo  bisogno  vi  sarebbe  che 
l'esempio  del  eh.  Frofussore  trovasse  di  molti  imitatori,  e  già  ci 
sembra  che  qualche  indi^.io,  sebbene  raro,  di  riscossa  scienttlìca 
si  vada  più  qua  pirt  là  manifestando.  A  promuoverla  ogni  dì  più 
w>a  v'è  altro  eccitamento  piti  efficace  che  la  pubblicazione  dì 
lavori  simili  a  questo,  dove  il  eh.  Professore  dà  una  lezione  così 
solenne  a  nna  meitza  serqua  di  maestri  oltramontani,  i  cni  nomi 
altri  non  oserebbe  di  mentovare  so  non  inchinandosi  per  rive- 
ti^nzu.  Uà  solo  fatto  di  tal  natura  hasta  \ìfX  s^  a  scuoterò  la  fede 
di  chi  la  fonda,  couie  i  piiì,  sopra  ropÌDione  oramai  fatta  volgare 
che  gl'italiani  abbiano  a  ricevere  la  scionw  da  oltreraontì,  corno 
ne  ricevono  il  carbon  fossile  e  i  prodotti,  che  né  la  nostra  terra 
la  nostra  industria  sono  capaci  di  darci.  Xon  isperiamo  però 
10  la  riscossa  scientifica  d'Italia  sia  mai  per  farsi  univflrsule. 
^vr  essa  stanno  e  staranuo  sempre  gritulìaoi  difensori  del  Papato 
e  della  fede  cattolica:  ma  ì  nemici  e  calunniatori  non  resteranno 
mi  dal  prostrarsi  come  scolari  davanti  a  quegli  stranieri,  ai  cui 
sentimenti  e  alle  cui  dottrine  mostrano  d'essersi  informati. 


III. 

Storia  Sacra  illmtrata  del  Innovo  Testamento  rf»  A.  P.  Trento, 
stai),  tip.  0.  B.  Motiaiini  Kd.,  un  voi.  di  173  pag.  in  16.  Preazo 
30  soldi  austriaci  ( —  15  soldi  italiani). 


Non  sapremmo  di  leggieri  indicare  un  altro  libro  simile,  in 
li  si  trovino  accolte  in  eguale  misura  tante  buone  qualità  a 
renderlo  commendevole.  Il  santo  Vangelo,  in  cui  sì  racconta  ciò 
<  che  ha  fatto  l'Autore  del  Cristianesimo  e  per  conseguenza  il 
Fondatore  delhi  rìnoovellata  societiV  che  passò,  mercè  di  Lui, 
dagli  errori  e  dalle  brutture  del  paganesimo  alla  luce  della  t&- 


i 


336 


RtVISTi 


rilÀ  >,  è  certamente  <  il  libro  per  cccellensa  ».  Qaiadi  «  ottimo 
e  proT7ÌdÌ5simo  dirisameoto  si  è  quello  di  porgerlo  ai  fanciulli 
qnal  libro  di  lettum,  percUù  fino  dai  primi  aani,  in  quell'età 
in  cui  le  impressioni  sodo  indelebili,  s'iimamorino  dello  sue 
OeliìStiali  bellezze,  apprendano  a  tenere  in  alto  pregio  la  loro 
Religione,  a  venerarti  quella  Chiesa,  di  cui  sono  vivi  membri, 
e  ad  amare  st>mmameDt«  quel  Dlu,  il  quale  pel  riscatto  delle 
anime  uostrc  lauto  fece  e  pati.  *  Sono  tutte  parole  d* oro,  che 
noi  trascriviamo  dalla  pn^fa^ione  del  libro  annunziato,  non  po- 
tL-odosi  con  maggiore  semplìcìti^  e  verità  esprìiimre  l'iniportania 
della  storia  evaugelìc»  nella  prima  educazione  dei  fanciulli,  ud 
insieme  il  fine  a  cui  si  deve  mirare  noli'insoguamento  di  quella. 

ManOQSùDo  uè  poche  uè  facili  le  condizioni,  a  cui  deve  sa- 
tisfare chi,  sulla  trama  della  uarraxione  evangelica,  si  adopera 
a  comiwrrc  «ii  tesU>  pei  fauciuUi.  L'Autore  le  ha  adempiute  peri» 
con  rara  felicità. 

I  racconti  vi  sono  tessuti  con  brevità,  ritenendo  in  quanti» 
era  poRsibilo  le  parole  stesse  degli  scrittori  ispirati,  ritoccan- 
dole  soltanto  quanto  era  necessario  per  dare  qua  e  \ò,  maggiore 
scurrevolti/.i'.H  al  dettato  e  maggiore  pienezza  alla  narrazione. 

Non  possiamo  poi  a  meno  d' encomiare  Io  studio,  posto  dal- 
l'Autore, neir  usare  dì  una  lingua  assai  pura  e  prettamente 
italiana,  non  solamente  Ifi  dove  si  giova  della  ottima  versione 
del  Martini,  ma  anche  nelle  giunte  che  ci  fa  di  suo.  Il  pr^io 
della  buona  lingua,  che  non  pregiudica  in  nulla  alla  semplicità 
dello  stile,  è  senza  dubbio  una  dote  che  verrà  singolarmente 
ajiprezzata  in  ordine  all'ammettere  cotesto  trattatello  come  testo 
di  scuola.  K  nondimeno  l'Autore,  mirando  allo  scopo  princi- 
pale del  suo  lavoro,  dichiara  fino  da  principio  dì  avere  sostituito 
frasi  e  parole  pìiì  usuati  a  quelle  del  Ktartiui,  quando  gli  paren 
che  queste  rimdessiTo  meno  intelligibile  e  popolare  il  dettato. 
Al  tempo  medesimo  si  studiò  di  evitare  ogni  trivialità  ed  ogQÌ 
parola  ed  espressiouc  che  sentisse  del  dialetto. 

Ottimo  pensiero  fu  altresì  quello  dì  aggiungere  dopo  ciuscun 
racconto  una  o  duo  riflessioni  ovvie,  ma  attinte  tutto  dallo  spirito 
di  Cristo,  con  che  mentre  si  dà  ai  fanciulli  già  spezzato  il  pane 
della  morale  evangelica,  se  ne  abituano  le  menti  a  non  fermarsi 


OEtLA   STAMPA   ITALUXA  337 

corteccia  dei  f;itll,  ma  a  p«ni!trarno  il  significato  e  grin* 
rDftDieDti,  e  soprattatbj  i  piCi  appropriati  ai  nostri  tempi. 
Similmento  opportuna  b  la  divisione  della  storia  ovnngclici 
ìli  otto  epoche  distinte,  la  quali*  giova  ad  impriiiierfl  meglio  e 
pili  ordì  natamente  iiolla  memoria  i  hìiì  distribuiti  pur  esse: 
«  buoni  aitrosì  sono  i  commenti  storici,  sparsi  qua  p  !à  con  so- 
hrietÀ  somma,  por  chiarez;ui  e  per  soddisfare  a  qualche  piccolo 
dubbio  cbe  può  nascere  nelle  menti  dei  bambini  in  occasione 
di  qQttsto  0  di  quel  racconto. 

[nfìne  rAiit><re  è  venuto  a  capo  d!  farsi  parvolo  in  ine^xo  ui 
parvoll,  senza  pargoleggiare  :  cosii  che  assai  di  rado  riesce  agli 
writtori  di  gran  merito;  ma  ai  mediocri  appena  mai.  Ct  vien 
dutto  che  cotesto  libro  sia  di  mano  non  di  un  autore,  ma  di 
l'autrice.  So  C(jsì  ò,  ci  spiegheremo  più  facilmente  la  felicità 
la  nell'adattarsi  alla  capacità  dei  bambini.  Ma  per  converso 
Bvremo  Unto  maggiormente  ammirare  la  sobrietà  d«l  dettato, 
U  sicorez^ca  della  dottrina,  la  conoscenza  ermeneutica  dei  libri 
Stftri,  ed  altre  tali  doti  per  le  quali  può  collocarsi  con  lode  fra 
k  opere  dei  migliori  autori- 
Autore  però  0  Autrice  che  sijit  noi  ne  raccomandiamo  ainpia- 
tteote  lo  scritto  non  solo  come  testo  per  le  scuole,  ma  come  libro 
di  lettura  cbe  lo  madri  cristiane  metteranno  con  gran  frutto 
tn  le  mani  dei  loro  bambini.  Ad  esse  è  conceduta  la  prerogativa 
«I  iffidat)  l'ufficio  di  coltivare  quelle  tenere  menti,  quando  stmo 
^wrjir  vergini  di  ogni  impri'ssiont).  Così  intendessero  tutte  quanto 
ori  a  formare  quei  cuori  il  racconto  delta  vita  e  delle  parole 
|i  Gesù  Cristo  nostro  Redentore  o  Maestro!  Andrebbero  più  guar- 
;fae  nel  rivolgerne  siibiVi  la  milite  o  l' imaginaziuae  ad  altri 
soffitti  vani,  quali  s'incontrano  iu   una  moltitudine  di  libri 
eooiposti  pei  fanciulli.  Una  Storia  Sacra,  segnatamente  se  illu- 
strata da  imagini,  li  diverte  nienti:^  meno  e  li  forma  intanto  cri- 
stiani di  cuore  e  di  spiriti);  dovecli-',  con  libri  di  altro  genere, 
il  ililetto  rimane  sgiizìl  fruttii,  se  pure  nim  rende  a  iweo  a  poco 
il  frutto  micidiale  di  istillare  loro  una  murale  apparente,  natura- 
listica, sonata  Dio,  e  perciò  stesso  di  niun  valore  e  di  niuua  durata. 


k 


XIIÌ,f>tìt.Il.f4Ue.èfA 


22 


U  aprtu  lìStA 


BIBLIOGRAFIA 


A!J)ECiRE  G.  —  Impedimenlonim  nialrìmonii  Synnpsis  seu  breris  expo- 
Kilio  »d  ustim  Semiuarioruiu.  Auctorfi  (ì.  Alltìgre  Ductnrtt  in  S  Thi-O' 
logia  et  in  Iure  canonico,  necmon  S.  ItaMlìcae  Laurelanae  Canooico. 
Parìsiis,  Rogtr  et  Ghernovjlz.  Via  dicla  lìrauds-Augurtius,  7.  la  8, 
iJi  pagg.  81). 


Ulto  i)fi  liniLili  (lì  mnrnlf  Ii'oIo^a 
[ih  inrplii'Jli  per  !ii  vurìi'tb  [Ielle  quesLioni 
e  cUf  pi'itiìi  suole  l'.renii'  non  poco  im- 
paccio iiglì  .ilnnnì  di  t[w^i9  ili^i'iplinii,  b 
riupll"  m  cui  »  ili*pulJi  dpjtli  inipedi- 
nvoli  dfl  inalriniAnio.  ddlu  ilbpi^nst'clie 
ks  i»^  possono  otteni^re  e  dd  modi  di 
1:011  \iilpdiirlii  i-  Icgiliimarlo.  (]uaiida  ciò 
m  |i(>v*ibili-.  Il  vh.  V,.m.  XWr^re^  in  scr- 
vtim  u|ipiiiito  di!Ì  diirfici  studfrniì  hi 
compiliilo  j!  pn^'ntf  opuscolo,  nel  ^luale 


doltrirw^  f1pi  pih  ripuliti  martiri  )n  ul 
iniilei'i-i,  le  ha  dispOJ^e  con  lirH'oiiliar 
e  fatConn  carne  un  miiiiiialf^  por  ritolvitrr 
con  s'cuiTna  le  moliepjlci  qiKstìoiii  ei 
osi  SìariMli  dii'  pomnao  occorrer!"  su  tal 
SDjigetlo.  tiriii  lidia  pruova  del  nu'iìiiif 
della  iililiiÀ  ilrl  litiro,  sono  sii  atlosuu 
di  pnn'ccJii  vescovi  di  Fraocia  l'dì  altri 
|)at«i.  non  che  di  ìnsipi  jriornali  cali»- 
liei,  ctie  ^ntli'iiK!utr  lo  commeiidiBo  prr 
le  ragioni  minli'siinc  da  noi  acceniutir.  . 


si  É  studialo  dì  ridurre  in  coinpcndio  le 

AKONIMO.  ÌM  Scala  della  Perfezione  seconda  le  norme  tracciale  ili 
S.  Giovanili  Ciinoaco.  Due  voi.  di  pagg.  4U  ciascuno,  in  16.  Vmetìa, 
tip.  Emiliana,  1886. 


ft  iin.T  niiov.i  opirrvlta.  TmntH  art  ac- 
crrscffiv  Ij  BJhlJot«u  yraluiia,  fh«  ptT 
opera  r  sj**a  di  tina  rafignardeTolc  pcr- 
fona  fi  pobljlìca  dalla  Tipogcalla  Emiliana. 
L'impronlii  pnrlìcnlnrc  di-ì  litiri  clif  la 
ctiiDponicnniD  li  11U0  spirilo  v(i..iai«iilf  uri- 
sliniio  (li  Mv  I'  di  rami,  che  neppure 
seiDbni  addarsi  del  Crpfldo  nniuralismo 
regnaale  Of^i  net  mondo.  Gli  opuscoli 
cflirit  qat-fio  che  anniinziaino.  jiollevnuo 
il  li-lton;  atl   1111  ordine  di  coQcctli   che 


rrnni'hf^iin  <lajtli  avelici  moderni,  pr 
tenia  elio  i  lettori  tìeno  incapaci  il  gì*' 
inrsniCocl)«  anche  ne  pmriano  id^à 
E  %ui  il  lero  pf>r  molti;  ma  |ier  aititi 
allri  lorna^rA  pn<)vbil«  1^  fitovp.vob'  il  p(^ 
eludersi  pralìcamcnlc  ctie  la  (wrfpiìow 
chiitiann  non  è  con  die  jimitl:!  le  noroe 
dal  giudii-ii  del  mondo,  iiù  potrà  cotv 
guini  nd  secolo  Xl\,  se  non  sef  orod* 
!os(  ancia  linftktc  le  rie  e  i  gradi  clie  al 
««a  con(hicr\MBo  Ufi  secoli  possnlL 


raromcntc  si  ìoìiIìodo  pr^^dicarccon  lanla 

i)£l\ZIERI  UIIUI  —  PrÌDci[)u  fon  da  mentali  tl»;lla  Ternindinamica  e  lort 
principati  appHca/iotii  atl»  Fislcji,  alla  Chimica,  alta  Fisiologia  eal* 
r.Vsironomia  per  Lui|?i  Bprzieri.  Vme3t\  lipogpalla  Emiliana  1885, 
Un  Tol.  di  pa;;;g.  Atì'ì  in  16. 
K  n»  i)|icra  veraainiic  di  |>olso,  che      littvnir^  superiore  di  Milano,  ed  anfln 

l'esimio  Prof.  tVrrini,  dd  II.  Istituto  Po-      nudi'igii  di  parwcbie  opere  di  fr.iii  |ir»- 


li  prtt*nUirc  eoo  pflrote 

itllnlD  Lomhardo  ili  Seii>nti) 

t.  coinè  SI   li^c   oiyli  Alti  di 

frvino  Corpi)  Accadi' mico  (\ilu- 

I  id  nov«in)ir('  uliimo):  e  qncMi 

■U'Aiit4ir«  UBA  lettera  di  riii- 

ito. 

i|in  propofiosi  lini  c!i.  Ai>lori> 
etìt  slevo  ci  iltcliian,  fli  me- 
fin  on  TolutDc  di  non  moIt.i  lanìe 
ili  e  ptii  iiil/'nii.'Uttilì  rì<inlt.i|i,  i 
lijio  lidia  Tmno(liiu^iiic;i  hii  con- 
lloUi  iki  Rfl«tri  l^'miii.  Il  tihr»  v 
fliiuto  u  t'iiloro  l'Ile  pavscilt'iiilo 
Vnw^tt  (Ifllti  FÌ*tM,  tli^la  Chi- 
rlilfcpi-nzi.ilr  ed  ime- 
rere  b  niiitm-ia,  (ti  cui 
Blu,  <!on  iinnii-.irnif'  ("ài^iisiorw  r 
wnxn  ewwre  .win-iti  di  rii;or- 
tre  opero,  (arili,  voi  liminole,  di 
lllfllijCUUll.Ml  Mccuiljìiì  »ldUlDlO 
lA  d-fp  in  hn-viv  il  eh,  Aulore 

[BLU  GERKMIA 


BtBUOCriAPIA 

h»  miratn  n  cnmpicrr  un'ojx'n  di  con- 
cntlraiivtte  «  di  t.et'iiil'ficaeiour  ail  oso 
(1ri:rini(ri;nc!-i,  di*i  risici,  (tei  CJiimici,  in 
t^nenili.'  dei  cultori  iìA\e  scii-mi'  mlunli. 
C)iiun(|ii''  poi  dc5id«r.i  |inti>r  p.irl.irt'  dfHa 
TiTiiiottiiiaiiiiriì  ['on  «rni  cc>;:iitjioii'>  di 
musi,  trovprù  riii'colto  iti  i|i]i-^lo  libro 
lutto  ciiì  clif  sii  occami  a  u)  iioek). 

Suoi  prciji  piincipalr  sono  I.-1  cìmrvxat 
deII'e«[iosRio3V!,  la  pìpiir/w  diOb  Initta- 
Jtoiie,  CHn^iiiii'acon  la  ifthrirlA  <^con  nnn 
rarii  av\«IolrHa  iwllii  wrlu  d^-i  (lunli 
piti  capitali  e  HsUp  diinrt>triiionÌ  piti 
stringenti  ''d  olepaiili  insii-nn»,  lriliii«  il 
rispriw  ni'l  n<in  dare  fr  cltIi',  come  da 
unti  si  Ta,  conclusioni  oprincipiiclii'  *ono 
solianto  probabili  od  ii'niedci.  bmiidi*. 
Mbbenc  in  ijuakhp  piU'tP  sì  possi  dìssi-n- 
tire  dii]  eli.  Aotoi-e,  M  «un  lilmi  w  ln(- 
frcrà  i)**rA  wrnpre  con  mollo  tuiiLijisì» 
da  chi  tieue  dialro  allo  «voIbÌihwiIo  dell» 
se  iena  moderna, 

L'eco  di  nove  anni  <ii  S.  Pietro  di  Crainona. 


lana,  lipo^rrafia  nell'lsiiluio  Msnìai,  Enrico  MalToizoni  libraio 
1885,  ID  Ifi,  di  pagi,'.  241.  PreiiO  L.  1. 
del  titolo  che  riil.""'  e      «noi  netmìci.  die  fanno  opii  oprra  di  Al- 


nw'lt'i'  in  (rotiti"  a »|uc»ii  suoi 
da  lui  sttwo  *pirp.n.T  tirila  l.>l. 
Hixioiip.  Non  «ino  tetn-nilninnLe 
eylì  avrà  recitati.  nell'C  annue 
'.  Ptiitro  ni'lla  Miipsa  t^rcpogi- 
ì.  Pietro  ili  Cnynnnn  :  lìi-]  qii;i1i 
lriKt:)3li  cb«>  «amplici  apjmiui: 
mtosto  nn'rt-o.  pt'rclis  pli  ha 
(|uelti  flt'ffiì  appunti  fier 
Icfi-  al  Tivo  tliwidi  rio  mi^lra- 
otan)t!Dl(!  i!.-il  l'rcpnslln  dìdi'tui 
r.urli  di  piiMdica  ragione  -i  cu- 
li di-i  fi>dr|[.  Il  i>(H!K<!lt<>  ^riip- 
i  t  il  primato  ilei  lloniTìno 
ORDun  T<>dc  (laanla  ni;  hh 
'jiic^ti  mi^i-ri  ii>iiipì.  prr 
1  popitli  qiiidl'iiMion'.  fjiiH 
e  qtwH'olibf'dieiiiD  ;il  supipmo 
Ila  Gì'ìvfH  clic  fominno  comt 
cri^liane^i mo,  i;  nii'lttrli  in 
■Irò  k'  \JolciiKV  f  \e  insidii!  dei 


sln)(tgi'rae  o  altiiencj  mt'noiiuirii»!  i'snlo- 
riti  p  r.ijinnt'.  ti  eh.  Alitoiii  prcndn  |p 
iii'USM>  al  suo  ra[!Ponar<>  dnlln  ili^na  iitli- 
intionc  del  Pnmato  di  S.  Pietro.  Indi 
pjiwa  a  diiiioslrare  ne!  «ctoiido  diwoiijo 
con  nrpronipnti  di  mpiouf  t  di  ieAc  la 
nwcAsiiii  ili  un  nolo  <■  supremo  Capo 
nella  CliifSJi.  Ti:iUiYÌ!Ì-i  nitratiiliTifrl''  nrl 
tn7o  In  llMOiioniia  morali^  lì*  H.  l'ivlro. 
Ne!  quarto  rovelli)  dell' intriHihililà  l'un- 
lilìr.tn,  innnlcrK'ndniie  {-oiiii'n  i  moderni 
<Hver!Cirii  r  di>lraltori  li"  r;i;;inni.  l'nsi;in 
ni'l  qiiiiiiu  <a  iitvpsiigaiiilo  il  [H'frh.!:  Pieim 
ptwc  lii  ■>.m  Si^de  in  llomx  l'aria  nH  setto 
della  ruiidatium;  del  l'rìiiìnto  del  l'Hpa, 
Hj!  «a  rdn  min  In  siccomp  *]i!in(lidis*inift  pfo- 
difio:  e  megli  nllìini  Ir**  discomi  mpiona 
del  l'onliliciilo,  miracolo  penna nen le,  dclln 
ma  jutcniitii  e  della  sua  foiia  morale. 
Sono  Irmi,  come  o^inuti  lede.  solili  a  irat- 
tai-sf  dalle  cattedre,  ed  anche  dai  per- 


340 


MBUOCftAnA 


pimi;  p  nirinn  iK-i-ció  ilflTpehhe  ripPliarsi 
■rulla  di  Hoovo  da  i)upiti  ilìfcorsì.  Con 
itiltoRìò  prpiiijnon  iinn  fomn  co<i  »tim> 
t'ile^  cosi  o|>|iur(u[i3,  cosi  vpti'utlida  e 
insiftrif  popoliirf.  ni>l)n  fi'conrin  paroln 
i]dt*insi((iie  Oi'storn,  che  fiinnn  comn 
t'tfrcilo  di  tosn  nuove.  (Jndlc  vcnii  si 
insinDnrjo  pai  com  proruudami'iiti:  nL'jili 
animi,  eoa  bntn  lii<v  di  m'i(lrn»;n.  zm 
tanta  FonD,  chn  non  solo  I»  nmae  lift 
resta  contprwn,  m.i  il  cnore  vi  corrisponde 
coti  lutti  i  JUQt  .-iITL-tli,  di  auimìniKionc,  di 


t;ntltDilìnp.  di  rivcmua,  Adìvola  sofs^ 
lionr  verso  l'augusta  Ciiltfdra  di  S.  Pietro, 
AjTli  accfimoti  ragìonamrntj  fanno  scoilo 
dot  vptfiididi  dìKor»  da  S.  R.  nxilalj 
ueirnccsMooe  di  un  fìlubliileo  sacerdaiale 
e  (li  fcsU'  ci'ntt>nii'ii!.  Aiiguriamo  a  qnnt» 
nvijtnilieo  saggio  di  soda  *  fruUoosa  «fifl- 
(pifriin  acni  un  Inrjro  spaccio;  aitche 
IKMX-lii^.sia  sodisTdllD  pi6  co)*io»fiie>te  il 
)!p[iera$odìwgnoillMoB)<tÌsnorf,cberoUfe 
della  vendila  $ia  dcMinnto  a  mitacp» 
diìlla  chiesa  [irciinsliunilf  dt  S.  PìHiu 


UORllELM  P.M.  GIUSEPPE  — Saggio  stoiico.  criiico  ed  archeologia) 
{Il  Niiniismiiica  Biblica,  ossia  delle  monele  ricorilale  nella  S.  SrriUufa 
che  ehhom  corso  presso  gli  Ebrei,  preceduto  (h  uQ'irilrn(Ju/,i(uie  su 
l'armcmia  ddic  f-chme  colla  rivelazione,  per  opera  del  P.  M.  Giuseppe 
Uorrelli  .>uc>;rdoie  napoiitano.  JVa;»}/t,  pe'iipi  di  Vincenzo  Marchese, 
Via  Seitenibridi  (già  Onicelln)  :ìH,  ISÌj'j,  Un  volume  8  piccolo,  Ai 
paKff.  IV.  ?36. 


Ckiti  f|iii^sto  S'ii/<)io  il  eh.  AiilDrc  offre 
«Kli  Miidiosi  Ai'Wc  hihliclic  disciplini?  un 
dallo  <■  prr^evolL'  Mjniule  di  yumisn%a- 
fica  liibliea,  nW  iiiiali-,  in  |>ii:ctoI  koUinif, 
«ìXk  raccolte,  e  con  \if\  niPlndo  nnlinnte 
ed  esposte,  iiitonio  alle  Monett  ritorilate 
ni>)ln  Saci-a  Scrillura,  inlU!  Ir  notili^  che 
iiiaKgionacDti.'  iuipoilano  e  giovano  ad  il- 
lustraiw  11  sacro  testo.  Quanto  alla  so- 
stanza della  doLtrÌDa,  taW  si  Bttietie  ai 
pili  vatrnti  r  ccl''bnitì  mnustri,  cumG  «ono 
ìì  Vilblpniido,  l'Eckel,.  Ìl  Lctronoe,  il 
Mionni^l,  Carlo  Lpnnrmani,  il  UorslifJi,  p 
spctìa Inii'nlc  il  Cavcdonì,  d»!  «luale  i  dot- 
tissimi IiTori  Itiblico-iliiinìsnialici  fon  dui 
llori'dii,  non  solo  luiv»incnttt  usufruitati, 
ina  tolti  por  puidii  i-.  niimia  p^rfii'tiia.  Un 
ricca  e  sccll'i  (-rndtzionp  ddl'Aulore;  il 
largo  c.ìm|to  die  abìu-accia,  iliscorn^ndo 
non  .soWdotle  monete  gìmlaiclie.  mn  an- 
che ilellc  persiano.  gr«hf  e  romane,  \a 
(|uanto  hanno  con  quetl>>  rapporto;  I.i 
solida  crìtica  con  i^ui.  nollt  inaicrif  l'on- 
Irovprsi',  Ri^'ionji  e-  slabiliscc  b  propria 
vnt4>n>;t  ;  la  fcIii-ilA,  omly  nwlTe  p  spicp 
Icsli  U5r.iiri  ilrlb  ilil)bi.i,  e  ne  tnin  luco 
n  tonfcrman-  «if  nK-glio  la  veradlà  del 
Libro  divino;  I\irtc  infine  di  conKiungtre 


con  sii^P'')  armonia  I  risoltalf  pib  tìnti 
della  scinnM  antica  coi  prograwi  intuii" 
accertali  iIMln  mmna  moderna;  sona  t 
prci;i  principali  cIk'  ivn^no  i)iM$losn* 
S&pfTirt  di  Miitnismatit^Ji  grandfiiii'nt<f  ntik 
a  chiunque  s  dilctUi  di  stuilìi  bibSci-t 
v>pralluIlo  al  giovane  Gi-ro,  |wr  evi  U 
Itiljbia  dci'ossere  ìl  liU'u  di'Ì  libri. 

L"iirrii!o  liifi^ito  dell'Opera  è  la  mevH- 
nilè   delb  >e$lc  nialerìah!,  in  cui  ih* 
pr{^nuLa  al  pnbbrìco:  raui  i  tipi, mista 
la  r.irt.-i.  scori'ellii-oon  di  rado  la  sawfk 
caniiuri  greci  àie  (an  pìPtA,  maoano 
tolalr  de'cunittrri  ebraici,  ai  i]uali  *oi 
RorroKali  alla  bella  nipfriin  carall»ri  li- 
tini,  e  niun  correJo  inline  dr  tavole  < 
li;rur<%  che  prr  la  rsntta  detcritton  <klk 
moneu*  sono   pare   non  solo   alili,  db 
<|ii;isi  iildl^prjiMbili.  Il  diTi-lto  vini  cOBh 
[)4;Dsato    toiv  dalla    lenuilà   del  preso 
che  ^  di  lire  3.  Ma  ad  Oifni  nodo  èib 
de<ìderari!,  die  in  una  nuova  piIìiÌom 
rrgrrfio  \ulorc  pnt^a  dare  al  «ito  libra 
una  ronn.i  incn  povera  e  inoleg;iBte.  U 
i]uali'  in'-jiliD  rj*ipnii«1a   i-d   al  valon*  in* 
triiiseco  ilelln  sciilto  «t  alle  giosl^  psh 
gvme  degli  odierni  lettori. 


JSS^ 


I 


6ISLI0CR&FIA  34t 

^SANZIO  fP.)  DA  U.KVANERAS  —  Mariaift  quoii-ìianiim,  sive 
brevissima  Mariana  otisequia  per  sin^'ulo^v  anoi  dies  disi  ri  tinta,  ijuibus 
SS.  Dei  Geoliricìs  nomeQ  ei  sublimiias  Painini  et  Oorioruni  encomiis 
celelirantur.  Opus  omnibus  Roginae  Coelnnim  feHcissimis  wrvis  valde 
ioservififis,  conrinnatoriliuwjuf!  ci  ecclesiasiicis  haud  inutile;  cura  et 
studio  Fr.  losephi  (^slasauctti  a  Mevanera.s  Ord.  Min.  S.  Francisci 
Capii rcinorum.  Mediotam^  ex  typis  Seraphìni  Ghezri,  Vìa  A.  Man- 
zoni, Vie.  Facchini,  G.  13S5,  In  1(5  picc,  di  payg.  XVl-7r>2.  Prezzo 
per  l'Italia  lii^  3,  per  l'estero  lire  3,  50.  Rivolgersi  al  ?.  Egidio  da 
Milano  Cappuccino,  Piazza  Baiberini,  Homa. 
Col  litoln  ili  Miiri.ìle  iJ'iotnliun*4m,      ed  una  L'ralica  specìiilc.  corràpondcDle 


ti[  cb.  AuiorvineltP  in  Trontp  ii  igiirilo 
MIO  lllirD  io  otiorc  Orila  i!ran  Hudru  di 
Ilio,  fsli  offpr  ni  fcilcli,  [wr  eiiKun  giorno 
Wl'annn  un  -leToto  pell'-griimpeio  ;■  qual- 
che Saniunrio  l'cHre  di  Lo«  cA  una  pa- 
nbvit,  n  K"'*-i ''i  acrostico.  Jflle  ciiH|ue 
lettere  rie)  :^ijo  notù^  iti  cui  i  Snnii  l'a- 
dii iwdbiio,  con  lireviainw  un  i>lut|iieii- 
^■TBT  «rnipnirp.  Ir  lirtii,  le  fiorir  e  le 
^Kriconlii-.  Ik^jK)  (\[it*Av  sontvtiEe,  che 
fn|ioraio  il  ciioiv  i)H  ilevfìio  di  Mnria, 
fin»  ana  o  ptù  s\rofe  dei  cinti  co»s.-i- 
tnlt  dai  tanti  l':idri  alle  gnnrir'ir.r  di 
quftta  itr^n  V<-?friii(!.  ullc  i^iiulì  naliiral- 
DMtfMPCfvi  pmuliri.rn  s>viiìIo  iin'Orn- 
ÙMK  «slralia  itariiiit^nte  i];i.ll:i  l';itm1iyÌ3 


sia  al  p<-Ui'|n'ioapì:io  del  iriorno.  sia  a 
qihilchp  particolare  iiilctiT.Ìii»c.  Il  Ma- 
viale  Qi4otidianum  sarj  .indie  di  (n'ntide 
ulilitii  e  ^ant»(:ì!io  ai  itriniic^ttori  «d  ai 
maestri  di  (pirite,  clic  vi  irournnno  in 
siicciniu  1»  inatenii  ili  di^ivrsi.  re»  r«il« 
dn  nji  ìndice  allitLetico,  ni  incilmiipnli 
[liciii  di  dotlriii;!  mih.  sc«lainiale  e  cliiai's. 
A  crcsccri'  il  Mnsn  di  piftii,  rhr  iras^iira 
ila  lullv  II'  pag'iKT  ilei  libro,  roncoriT  Don 
[HiCO  il  siggìo  chi!  rAuloiv  mtlo  Lmlio 
ri  itggÌuii{:o  di  quclb  |»i^ia.  cMf-,  nvlta 
Tcnlopin  Mariann  dei  sunti  Vinìrì.  e'i  mo- 
f'tni  comi'  un  rivcrlcro  ilcIFa  splendida 
CAronndi  f^loriAilcllii  Mndredt  l)Iaeilf);IÌ 
iiumiiii. 


CEPPETKLLl  MONS.GIUSEPPE  —  Synodusdioccesana  ab  Ilbisirissimo 
ac  Reverendiwirao  Domino  loseplio  Ceppewlli  Dei  ei  A[mif»licae  sedia 
gratin  Episcopo  Ripano  celebrata,  diebus  XIX,  XX,  XXI  octobrìs 
MDCCCLXXXV  in  cnlhedrali  Ecclesia.  Bipaetransonis  1883.  Typis 

u     Iiffei  et  Nisi.  In  H,  di  pagg.  2-22. 

^Ète  ause  ra^oni  i;fii'  Imntio  ino»)!      decreli  in  ordini;  »II.1  (cili;  ed  allii  dtsci- 


wbiiti  Vcm:ovÌ  il'lulin  a  ii'iiin!  si- 
nodi dioc4<s:iaÌ,  a  noriDri  delle  pre^iiriiiìoni 
del  RKitxuiito  cnnciFio  di  Trento,  Imim'a 
Ìa4olt()  riti  ino  e  R,mo  Mons.  rt'iijH'iclli 
tetcfivo  ili  |{Ì|K) trincone  nd  iiiliiiiai'e  il 
ino  (H-r  qadla  dìoci'si  e  cr1i!linir]<>  nv'i 
gitmi  19,  30  e  §t  itllobi-c  Jtl  |tQS<ifìlo 
ma.  Ciò  che  notammo  noi  d.ir  conio 


plins,  cirea  la  elfiacia  iloi  ine/xi  per  ùr 
ritlonn!  l.i  vita  L'i'isliana  nel  (Kjpolo,  circa 
l'iipjnirliinilà  dei  provu-dìuifiili,  avuto  ri- 
^iiiifilo  nllr*  cnnditidiii  di-i  li'ni|ii:  lutto 
allo  .sli'fcMi  modo  è  d;i  3pplÌi\ii->-  .il  Sinodo 
picM-nlc.  clic  vicrtft  antli*e«so  ai  intrec- 
ciarsi a  r|i]f]  wvìo  di  i^lorìn  che  fregia 
il  nostro  lelanilRsiino  episcopaio. 


dei  ppecedenli  Sinoili,  cii-c»  la  santità  dei 

CEREBOTANl  AB.  DOTT.  UIÌGI  —  La  Tacbimctria  senw  studio,  sc- 
ooodo  il  nuovo  metodo  (brevettato  in  liiui  gli  Stati  d' Euroiui)  dol- 
l|Ab.  Do».  L  CfftìlKitani  Sociu  corrispondente  dei  Nuovi  Lincei,  Prof. 


3« 


«1  Seratniirìo  di  Verona.  Ksposuioiie  crìtica.  Verorut,  bbrerìa  Aoli- 
qitarì,i  editrice  Iv>o  S.  Olsctiki  18tM}.  Un  opii^c.  di  pagg.  91)  in  l'i, 
con  molte  incisioni. 


Noii  rìsliiivinn  dì  hiornitiv  qi).iDti? 
volle  50  ne  poi^prà  roccnsioni'  sutl'in- 
•iCTi"  rilro».ilo  JH  Ct-ivlnttunì,  il  cui  si 
li!  nin  trupiTa  rns'i  ciniKiinenU'  slwiV  pJ 
.*iiiti]Kilri«tlic:t.  non  |:i»?r  iillrw  se  non  p<-r 
««ITI-  l'Aiilorp  un  siwrriolp,  e  un  degno 
«iKifi-doti*.  Bs«lì  il  dire  che  a  Torino  prIÌ 
iHui  piiiA  nlli'iipre  cW  iipjipor  «no  dei 
iiH>nihri  del  k'"''' <'t^"''''*P'**'i'''oi'.  n  cui 
?pciuiv.i  U  ^'inriiciirlo,  koIcssc  iroTnrsi  prf- 
ft'iit^-igji  e«pi-riini?rili  snnunniali  i]>*l  Te- 
Iclopnrtifirft,  fta  chi  <iMf  poi  al  po^prnn 
d'Itali.!  0  non  »i  rii't'OM:  alle  pnj|iostn  dnl 
l^iffÈDiani  0  vi  <i  fìspovi  nel  nioito  più 
incoile)  iideiil^. 

Gt'ìnjfognrri  |K-i\'i  r  ì  fisici  t-  rt  qiwnli 
altri  poA  importarr  di  corioscero  in  tco- 


rii^n  ci\  ifl  praticu  iid  nuovo  Islrnmcnia 
e  un  nnovo  melotfo  per  acc«njre  le  di- 
stoni"  «  ledinien^ofii  ili  ogKftli  loflUni; 
cnMnm,  diriaino.  vorranno  \mre  alla  Une 
sa{wnie  il  nello;  e  trovando  ctie  il  ritr»- 
Viito  del  CciTbotnni  procaccia  toro,  CM 
miiiorf  5iii>«.  lempo  f  falica.  una  pnti- 
sionc  di  a^«rnrnxtont  fa  i|ni  tnaodili, 
liniraniio  con  farne  loro  pm,  rli"C<:tièiì 
$in  Ipiitilo  in  cnnirariti. 

Il  [irewint*'  optiafllo  di-J  eli.  rro/ewore 
e<qKinc  da  cnpo  tnlin  lo  t«orÌA  del  Toh^ 
topomciro.  e  risponde  nlle  futili  obMt- 
iioni  che  pli  ti  sono  levale  contro.  Noi 
Jo  rnccDmnndrHnio  »  quelli  fru  i  no^trt 
lellori  3  cui  pali  ÌnlwrMjir«.  affineJrf  lo 
Wksho  es*i  V  ne  procurino  la  (lilTu^ioiH. 


Cnr  VrOL  vìa  CEUE  a  MAUÌA  santifichi  n  mene  di  nutfffj.o  — 
Mese  Mariano  dp.tlicaln  ni  popolo  delle  cilli.  PVnfrw,  lipoKrafìa  Kmi- 
lisiia  18SG,  Un  voi.  di  pagg.  :<70  in  16. 


IM;r*oti3  difron[le  pfr  muso  dcllii  T'po- 
fX»\\ii  l'Inirliaiu.  1.0  ractomanilìaiDO  conr 
altissimo  a  nutrire  la  |tielJi  delle  ainm 
detcìt;  a  Mann  S<ui1Ìmìui>. 


Ann  lini  ÌAn  ima  li^lù  un  aìniìk-  Uev 
Mariano  ded  calo  nlle  ge^Hli  drl  coutjtlo.  I] 
pr«ìicnte  composto  pel  popolo  di  citlù  è 
dt-llfl  Mt.'»a  penna,  e  fa  parie  tlHIa  Uì- 
iilioiPCQ  gratuita,  i  cai  volumi  una  \m 

ClNCl  ANNIBALE  —  Dall'Archivio  di  Volterra,  Memorie  e  dociimeoU. 
Volterra.  lip.  Volterrana,  1885.  In  8  gr,  conleneiile  veiiiiire  mooo- 
graPie.  I*r«zzo  L.  10. 


ijit\  titolo  .snoplife  di  Memorie  e 
Documenti  il  eh.  Autore  lia  impj'rso  a 
puliblicnr»  nel  prisunie  volume-  le  pr^ 
lime  notate  concernenti  la  Moria  di  Voi- 
(erre,  chi*  ri  coavruino  nfll'iiitliivio  ili 
lineila  i)ol»il*?  t'itli.  .No»  *'ino  \wt!i  win- 
ptrci  («tnitli:  pgli  ne  compila  una  ordi- 


nata narnzione  aceomp3f;nau  dn  uitt 
DssLTv:ietoni,  ixi  tante  monogralic  i|tailli 
sono  i  jdjjTgPtli  particolari,  a  cui  si  rifc- 
rifcono  «pici  ilocumi^nli.  1  più  ImporUiti 
dr^i  qnnli  E'ipoi1:t  trMuaImcnie.  II  prcwiue 
«oluiii(>  contiiìnQ  ana  prima  svrìe  a  cai 
altrp  furmnnn  seguilo. 


COLLANA  di  Letture  Drammatiche  —  S.  Ueriit;no  Canavese,  Lip.  t 
libreria  Salesiana  I88x 


Questa  publtlicaiionr  fornìKe  ura  lii- 
hlinlecliiua  l«itnilt>  di  opi>retlP  M:eltc  n 
17)1  iMy^vTi  talli  li  <ln  giotani  noli,  o  sole 
doiiuOlr  iie'ci)lle!rìf!daducatorìi  cristiani. 
L'a^^ncia/ione  obMi^'a  sivio  p<T  mi  anno, 
nmliante  l' aulicìfiauoor  di  I.  1  annue. 


AsioclaudMi  per  IO  copie  te  ne  rice- 
vono M.  Ci:iscnn  fuscicnlu  si  vrnili-rft  an- 
che separataniMile.  Uivolp-rsi  ulli  Dire- 
zione delle  Letture  Dramma  licite.  Vii 
Colloleap),  32,  Torino. 


CAVAVI  (PLINIO  —  S.  Martino  in  Kio.  Ricerche  sloriche  [<Iat  1050 
al  1359J  di  Chnio  Cottafavi.  li-r/ffio  ne//' i?wn7/.i,  slabihruenlo  lipo- 
lìtogrellco  dtiK'i  Artigianelli,  Id8j.  In  8,  di  pagg.  IBO. 


Non  ri  bn  i^ufl»  niella  uretra  lulia 
in  (UKw,  pFT  i|unnto  pircolo  <a  e  nelle 
MTpnie  dt  \itco  conto,  i)  quulr  nno 
Uà  una  sin  stnrìa  di  mii^'Kiorn  a  nii- 
rìl<*v:itm  iiiiilir  p?r  Ip .'iltinifiiu-  nllit 
«tnrìn  pMipralr  ildlii  n.i7.iiiiir.  FVrdii  no» 
gannii  inni  lodali  ah)K)M:iiii[.l  i|iirì  h^oP- 
rrili  i  qiiiili  rivul;;ono  i  Ioni  5lu(]iì  ad 
liKtran*  la  4urin  tifili  t'erri  iinl.-ilo, 
Cfndd  così  opm  ili  |jatri.-t  f..inli,  inni 
ili  nel  witw»  (tifi  ri«|rt'l|o  Mh  [lacoln, 
snelli'  iti  qorlln  pÀJi  nni]>i(i  clii-  roiri- 
«udì'  U  iiilrrn  ii;iAÌonc-  V\-a  t  molli  chF> 


encomiali  ^  ara  da  noiri'an- Il  eli.  Cliiiio 
natiahvi,  il  (|iiali>  iti'ir;iTìmiii7Ìflto  vnlu- 
metto  ravcofllip  Itttf  le  nnpinwir,  da  I«i 
coosiHiiiia  rtilìfifiiEii  ricfC'cali'.iltM-iiRtHIo 
i]i  S;iii  Mnrliiin  in  lliu,  d;il|p  oriiiriiii  piii 
iiiiIìcIk!  clic  rìKiliioiio  iihiKriiii  ull.i  iiicià 
ili-l  so'ft'n  l\-  Kpli  ne  na\c.m  Jc  varie 
siii:cr&sioni  dinasiiclif,  nobliJn  li"  c.i}tÌoni 
lìfi  loro  miiinmenti,  nai'i^  le  dÌvri-$o  vi* 
ci'iidt-  (tuliiiciMur  luui  ìiVi  avtoi)iiiit.-i)li  i!t 
r|itnlf  hi>  cunln  inoiiin  all'  iilliir^  inilniioni 
|nilUirtii'  ilririiatiu.  Brn  onlìnnui  è  la 
iniT^xinnri  e  condotlA  con  istile  srmpììts 
mI  a«'urnlo. 


TUlte  aLiliÌ;ii»u  pi'i'  qiii-ftlo   [itolo 

!.  W.  E.  —  li  mese  di  maggio  consacralo  a  Maria  Santissima,  eoa  nuove 
considerazioni  iraiie  dalla  Manna  deU'anima  del  P.  Segiim  per  K.  W.  C. 
Id  1*2,  di  pa?,  367.  Seconda  edi/ione.  fiomn,  tip.  PoU^jImin  della  S.  C. 
di  Propaganda  fide  I&8G.  Si  vende  in  qiii'sia  litografia  t:  libreria  me- 
desima, ni  prezzo  di  L  !.25. 


Fra  I;iflt3 co|iti  ili  iiii<i\ì  mi'-«i  Riariniii 
ctie  ogni  unno  sì  nmhi|ilìciiiii).  iiiirr  a  noi 
die  mrrili  -•^fi><rbl«'  ri^innrcln  qu^sln,  li 
qialp  à  □Itimi'  ititarid  ni  sojit'plii,  :il- 
rord<tir  inrliiram  dnl  crIiiJirR  V.  Mnn'^- 
nm,  clip  dirilc  l' itlm  primitivo  ài  lai 
«nu  pniira.  i-  nrtlo  Holv'inw'nln  sì  «t^o 
'n  più  {Mi]  pt'ii«ioi'i  tolti  d<ill'iiiii-tii 
inno  del  P.  Si'gnpri.  Ondi-  vicfie  a 
^uuf«i'e  ÌRsiriiie  pìptà,  pcctlkrza  tli 

itriiu  ■■  lirl]i-»i)  di  lUifaa  e  di  Mii«>. 

alla  poi  maiicii  ni  vultiuicUo  ili  àù  die 

liiniKTC  g|li  «Uri  meni  mnru-it)i,  pei* 
^expinpM.  per  ros*ef|uio  j  M;ina  S."*.  pcc. 

liadi  noi  lo  rarcomamiintno  nsKii,  par 


liraUrmpiilP  allo  pprMiar  clic  alilii^ognano 
di  Ipllnif!  lu'^vì  V  iufxase  \m'  ì\wsia  pn- 
ticn,  drivf!  noti  pns.4ono  tlvt:n';  In  parola 
lini  (li  pri'dicaloj'i:  i-  ciwnibm  chi'  powi 
uliliini'nli'  .«<MtÌttiii*r  t\ttt>s,\ii  pariìl.1  in  moltt 
L-liii'se  (■  in  molli*  uimuiiilà  d'o);ni  horU 
di  pi>i'<>nni'.  Il  ti-iiui^^imn  pn-iun  poi  al 
i]ii,'ilp  H  Tende,  dovrebbe  otcui&Uinii!  lo 
spiccio. 

A  riitilìiui'nc  l'acquìMo  saranno  accor- 
flati  ai  Saii-rdolì  sul  pmio  nr:i  lidnllo 
a  I..  1  la  copia.  ì  scpui-nti  ribassi:  ['er 
una  rnpiftil  IO"!,,  L.  (I,9lì  —  Pei- dirci 
copie  il  20  "l„  L  8,00  —  Per  venti  copìf 

il  30  \  1,.  i4.oa 


)E  FRANCISCIS  P.  DON  PASQUALK  dei  Pii  OpcrariI  -  Pia  opera 
di  unn  messa  qiiniidiana  per  1«  sanie  anime  del  Purgalnrift  in  S.  I>o- 
renio  in  Lucina.  Manii^tle  ad  uso  degli  ascrìlli,  comodo  a  lutti  i  devoti 
delle  anime  sanie,  per  il  P.  Don  Pasijiiale  De  Franciscìs  dei  Pii  ope- 
rarli. Iloma,  lipogr.  Artigianelli  di  S.  (liii.ceppe,  via  Mr.nserrato  149. 
Prezro  una  lira,  e  per  [losla  I..  I,  IO.  Un  voi.  in  8.  pag.  274. 
Il  eli  e  wlinle  I*.  Ile  Kmiciscìs  coricL'iit      clil  ojUcoH.  alliii^  uti'nprn,  11  crii  scopo 

^<U  CflSlaolc  atlivitó,  superando  non  pò-      vuol  di\-%\  de'piii  ciri  al  cuore  de'fedeli. 


344 


BIDLIOCnAFIA 


V.sa  cùmi*it:  nel  tar  ct-ioUsn  mu  iiiiSKa 
qnoiidiniui  in  un'ara  iNrrtnÌRal».  e  pratl> 
care  filtri  «liiftii  i-*ercini.  sifiio  ituolrdiatii 
sìeno  Hraai-iliiiurii  nella  rhin-a  di  S.  lai- 
rcatb  in  l.iii'ìi).i  in  Doma  io  su(Tr.i|;io 
(Ielle  anime  del  l'urgatorfo.  Slnromc  nnui 
e  salutar  cosa  vipn  dctin  dalla  Scrittura 
il  pfiisarc  a  sovveiiin^  lAanitni'  ptirsuiui, 
COSI  non  potn  non  coinnu-mliìrti  xlla- 
nirnlf  iiii'opcrs  die  è  tmiii  nrdiiinta  con 
ìncluslrìuKi  piciiì  a  romiiere  que'  vincoli 
cl)«  tiene  avvinte  nrllp  pene  le  animo 
ilo'nosiri  fnlelli  ìu  Cesù  Cristo,  v  lai- 
volifl  i3 lidie  de' nostri  più  cari  p  coi^iunli, 
K  un'opem,  [wr  ilir  cos'i,  di  snltaingifio, 
n  cui  DO  euom  ben  fnito  non  può  doq 
concorrere  iiitiBta  lu  «uà  hm.  [>etu 
opera  pia,  eìw  «h  venne  initnita  nella 
pmletla  ctiiwa  con  rescrillo  deirKiiiÌMPi]- 
tissimo  r..ii'(l!iiìil  Vìrnho,  si  ^pei-n  ed  A 
Dcfiiro  «ivo  ileMilpi'i»,  clic  saixi  ben  pi'Mlo 
trtUa  canotucatntnte. 

m  UCUORl  (S.)  ALFONSO  M.  —  Le  glorie  di  Maria.  Opera  di  S.  Al- 
fonso M.  Dn  Liguori,  doiinre  della  Chiesa,  ulile  per  leggere  e  pre- 
dicare, divisa  ìd  due  parli.  Terza  edizione.  XapoU,  lipoi;.  e  libr.  di 
A.  e  Salv.  Fesia,  S.  Uiagio  dei  Lilirai,  14.  1883.  In  16.  di  pai^.  b88. 
V\eno  L.  t,  50. 
È  una  buona  cditione  rÌKt  sj  niceoniaitila  anche  pei-  lu  niiiczu  del  preiuk 

DESLMOiNl  CORNELIO  —  V.  STATUTO. 

DI  VIANCLNO  nONTB  FRANCKSCO  -  U  risposta  dfilla  sinraza  alla 
domauda  del  catechismo  Chi  vi  ha  creiio?  Confdratu  i«iuiasi  neJ- 
raduiiatizii  dell' assoclazìutie  cattolica  uni  versi  la  ria  Torinese  dal  Coute 
Francesco  di  Vlancino»  la  sera  della  prima  domenii-a  di  Quaresima 
del  1885.  PìHcroio,  lipasraViZ  Chianlore  e  Mascarelli,  1885.  In  8,  di 
pRgg.  'MI 


Iut4iii(i  il  P.  IV  l'ranctKis  per  prcK 
poppe  ne'  Tcdeti  nn'open  cosi  pieU»  e 
crisUona,  e  p«r  riicilitamo  l<?  pratiche  di- 
Vote  hi  stampato  u  moilo  di  ifaMuaU 
un  lilireUo  di  ^muo  a  300  pupne.  Il 
quelle  ò  difi»o  in  due  parli.  Niella  pnma 
sono  raccollc  prrci  rd  (imutnii  arrìocliiu 
(Ì'iii(Ii)lgfn«'  fvr  Mi(Traji;iiiT  r.>iiiitiF  da 
rr-dplì  ilfCoiili;  nella  sciiiin^la  mwo  eipur 
tali  cinniie,  def;ii  Mio  di*corsÌ  che  nel 
prittH)  solenni*  OHarnria  ct-lebralo  io 
S.  I^oretito  in  Lucìim,  ilnl  S  al  0  nnveiu- 
lire.  vennei-o  rvciiali  ni  fi-deli  iiccorti  io 
hiion  nuinrro.  V.^i  ««niiino  inolio  mDI 
per  eitiflciinte  ol  ìslriittìrji  tellora. 

Noi  inriiiamo  i  noiiri  benoToli  lettori 
a  eoncorrefv  a  cuu  bella  e  santa  o^wn, 
rivolsendMì  in  moiln  ^pn-ialc  .ii  kì^mì 
Parroclii  e  xi>l:iTiti  «.ieprili)li,  aflìDCli^  prò- 
[uig'tiiiio  pr('.«.>^o  i  fed«]i  uo  f«crcÌzÌo  co- 
tanto  RiluWre  e  praikuo. 


Vìh  volli-  «)ibi:)iiio  p^irlato  «Iella  uli- 
lilk  delle  confei-cnif!  scienlitiche,  Calie  con 
lo  scopo  di  inelt'ire  in  ariDOiiiu  i  veri 
dellnti  dfllii  srirnui  col  donuni(1e?Tfl  ffde. 
Crìnrnyìyli  ratino  della  iKtenia  no" .inno 
eotitPo  la  riTeliifiodf.  spurciuddo  i  loro 
M)^ì  come  logidie  dcdojiiniii  H;ieiuiliche. 
]  oiltolici  devono  adnprrare  ogni  ninzo 
perÌ^entirli,D$$ia  rolla  «uiiu|).io£f la  colln 
viva  voci\  Cd  lino  dei  piO  acconci  per  ren- 


dere popolari  le  Irionfauli  rìs|U)ilc  elio  U 
veni  scieiira  pnò  opporrv  a  euuait  bili 
scieniiali  «  appunto  I'dmi  delle  oonlift- 
renxe.  l/:i.<^inln  di  qarstn  rtir  abfabnio 
aniuuwiato  rinuanl,i  rondine  dell'uOlB». 
1  poititivini  ili  Miri»  Donw  a  n|)])i|;lìaiio 
a  (|Uj|sivogtia  piii  assurdo  rislrnia  a  col 
iì  KToitAnfl  ili  dare  una  (luilctic  appo* 
rcii7j  suicnlilica  \kt  ispieiiarc  l'isistGoa 
dtiir  (IORIO  ìmlipeiiilen temente  da  Dio,  » 


JSSk 


UBLIOGHAPIA 


345 


rdiOKlWl'&iiODe  di  Dio 
rieorrnv  alla  irnsfonnazione  dHtp. 
SfKcie.  Il  eli.  Conte  Ili  ViancJiio,  riJu- 
ccoilo  eoo  accnrJiia  sintesi  quei  siMein) 
li  opi  prìnci|iali,  li  <tt«solTe  3'l  uno  od 


uno,  Ricllendo  in  evidenisa  le  in«vilaliiH 
ccioimdiciani  a  aù  Tanno  ca;vo,  on>  non 
nmmMli*i  r«ionp  di  Dìo  crralorc,  ov- 
vero si  vo^'liii  s|)ii'f nrc  rorìE:>"i^  flfll'iiono 
col  trajforinifnm. 


DOXXA  FORTE  (LA)  —  Dono  ofTeno  alle  siMse  e  alle  raidri  da 
un  vecchio  cavaliere,  Modena,  tip.  Poniiflcia  eil  Arcivescovile  del- 
b    l'iDUiiacotala  Coucezinii^  I88(>.  In  IG,  dì  pagg.  50.  PrcK/o  cent.  50. 
■     Venilibile  ancora  prejwo  L.  MaiiuelH  lihraio  in  Firenie. 


Il  tetchio  cni.ilim-,  "Iir  t\ui  non  th 
il  1U0  aotoe,  prln  alle  «pn^^  ciì  ntlc  Die- 
dri Dou  solo  da  veccliio,  cioè  da  nomo 
hpii  esperto  «lei  coMitmi  ilei  .vcolo,  non 
Min  da  faMlipav,  cio^  con  motll  prfmli 
»  cort^.  iilA  t|iiel  ctl«  l>ilt  mniitii  da 
dtÌa  crìMiano,  F^li  prcuile  a  cammc-n- 
Un;  quel  tnillo  Jcl  taj».  XX\i  iIpIIi-  i'a- 
nhaif  (li  ^ilnmniie,  nel  qualr  l'nuloiT 
ftnto  h  reIn;:io  iIHla  Donna  forte, 
nncDdota  cùiaf  (Ì|>o  a  ciiì  ilpbban 
toofarinanii  Ir  spOM  e  le  Rindfì.  Il  trai- 
uiiao  de)  noslro  reechio  cafaliere  si  di- 
<i(lr  in  laoli  pora^falì  quanti  fono  i  rer- 


h.i  tre  imrti  :  b  primu,  elio  h  lolìtnlHla 
Vner  di  Dia,  espone  e  tlichiara  I  ucicla- 
iijpiiie  II!  prnlo  di-l  ic^ln  m'iliiirjle; 
Il  »«C0D<!n,  intilolntn  Vact  del  monito, 
t)]ipnn^iilla  |tìrnl;i  di  Pio  i  {;iDdÌ?Ji  pil  i 
»(;iitiiiii-nli  iHpìi':ili  dal  reo  <>|>Ìi'ìlci  di'l  se- 
colo; l:i  Ipna,  itilitolula  Voce  deìtAn- 
grto,  confuta  i  sofenii  lidi»  Jpiiilo  midi, 
dano  ed  nortn  la  donns  a  i>Mondari?  li 
TKfr  (li  Dio.  1,1?  pochp  pap'oc  dtd  tivictatino 
non  soIqcoii [ondano  .sitissimi  contii^li;  triu 
(\wix\  ìona  r^spiMli  con  tnnta  auennatcua 
e  inntìi  frrBEiu  che  Tolentieri  si  ledono  i> 
penetrano  soatemcnl»!  nel  fondo  del  cuorp. 


Kilidf  qoft  contnio.  «I  o;rnl  para^fo 

DEFKRIS  f'AOI/)  —  Discorso  .sulla  cronologia  evangelica,  dalla  na- 
scila alla  morte  di  Gesù  Cristo;  del  sacerdote  Paol»  Dep^^ris,  t:anO' 
Dico  onorario  della  cattedrale  di  Tarenzo,  Parroco  di  Valle  iu  Istria. 
Trieste,  tip.  S,  l'astori,  1860.  In  8,  di  pagg.  HI  Prezzo  lire  1.  jO, 
franco  di  porlo. 


Il  7ft'«ro'JOè.ltvi,'n  in  irp  ?Virfi, che 

ri>i»9B(lono  .1  ire  Feriodi  d^Ua  VUa  di 

Oatit  Vrhlo.  In  *»>  Il  eh.  .\iilori>  di- 

KW.  per  ordine  tutte  le  i)u«^Ìoiit  die 

%inn1an(>  la  Cmnnlojiiii  di^i  ratti  prin- 

lipali  della  Vita  di  N.  S..  e  che  furono 

(  »wt  Inliari*!   aplBtc   fni  i  doni,  con 

nyiwii  quinci  K  •itiiu'li  di  non  isprese- 

i*le  Tslorr.  Li  NautiLi  «li  H.  C,  {posta 

ibll'l.  al  'ìXi  dkmihre  d<<l  749  ili  Roma) 

ridomtrdie  dei  M:ij;i,  In  Fii};i  in  l'fìlio, 

lì  Slra;tP  degrinmw^-nli,  h  Morie  (In  Erode 

il  (ìnnidr  <in:ir](6.  751),  il  Itilnrno  ifW^ 

%.  Famiiitu  dall' R^ilto.  riiii{H!ni  iiroron- 

Hbfe  di  Tilu^rio,  il  Censi  intanto  della 

Uv^tSk,  la  Misione  «lei  Untlìsla  e  il  llat- 


leslmo  di  G.  C ,  infine  h  T'rrdirAzionp  e 
la  Morte  di  C.  C.  t'iXì  in.ino.  '8:f>;  soito 
i  M^jieLti  capitali  di  [[iie^ta  dÌ«qaÌ!Ì»on« 
cmimlogica  ;  intorno  ai  quali  piìi  altri 
spconthini  si  njcgriippiiiio. 

Kra  i  pregi.  cIjc  in  qncsto  pìceolo  iiiii 
sugoso  voliiiiie  rnvtiiiiniiio.  «pifc^inn  la 
Iiir.tdr-i«i«l'-1[*csposÌrione,la  l'ìccn  ed  eletta 
erii(lt;,Ìo(ip.  il  wy\>n  «IrlU  Iorìi;»  rì]ioi-o<^i 
COR  chI  rxiiiore  pniewlr.  e  ^inpriUalto 
la  «i\ip«;i  lidi'-  wiiUjMe,  a  coi  ejili  i" 
tolte  :!OtcilR  oonlroTfTsic  si  attiene.  Al 
Discordi)  fa  séguito  ttna  copiosi  Tavaìa 
Cfaaohyiea  dei  fatti  evnnifeìiei  f.  pro- 
fa»',  io  asso  trattati;  la  titinle  iiLbraccia 
tin  secolo  giusto,  diti  GSS  di  fìomn,  anno 


346 


BIBl-IOCKAPIA 


«li'IU  naiviti)  (li  Krodp  il  Grande,  ni  IH, 
9i>iiu  lidia  Mo;'Ui  di  >.  S. 

timi  Infn  TOln  ci  avrcnne  d'ineon- 
ir-iK  iK'l  libro.  Il  iguale  et  jmv  ineiio 
*«iil.i  ;  <^  p  a  p3|;  9S,  dove  l'Autore, 
|iRi'lnii(lo  per  incìdente  del  mnprMfo 
unuiJKj,  in  Itti!  stn  tn  nosira  persona- 
ÌUAi  dice  ciiff  es<iO  f  non  jiixl  cDnsiile- 


rai'sì  comr  rsiucnle  tra  ;Ii  nomini,  w 
non  qanndii  iIìtìod  prrfrtto  cwii  b  Eia- 
sciln.  »  Ora,  il  eompntlfi  Htndno,  a  {nner 
nwiro,  dt'e  dirsi  ed  esi»ttnte  n  p<rftlto, 
i)uiinio  atrcij«re,  «ul>il<>  chr  T  animi, 
creata  da  IIÌd,  vini)*  imita  al  corpo  ori 
frto  malcmo;  In  quale  unione ceriaoWitt 
anteciilc  d'asmi  In  nascita. 


FRANCO  SKCONDO  —  Fnuliche  morali  e  apologetiche,  del  Padre  S«- 
condo  Franco  d.  C.  d.  I>.  Votumn  I.  Modena,  tip.  Ponliflcia  ed  Ar- 
civescovile dell' ImmacolaUi  Concedone  editrice,  MDUOCl.XXXV. 
In  16,  di  pagg.  bòG.  i'reuo  L.  ì.Vj.  VeJìdibile  ancora  jjresso  L  Ma- 
Duelli  libraio  in  Firatze. 


Annuntinnu)  per  ora  rfoeila  volume 
ilHIt!  predk'lie  morali  a  apologetiche  del 
eh.  e.  Si?i!ondo  Fnioco,  risiTluiidoci  di 
(are  ima  nis^ivnu  ili  lutto  le  o]ici*e  di 


quMto  insigne  «rittorw  ed  oratore,  cb* 
vicnt!  A  maiiu  n  mano  pnliklicanda  la  be- 
nemmla  lipof;i-nlìa  iteli' linmncolaUt  CM' 
celione  di  Uoilenu. 


IGNAZIO  (S.)  MARTIRK  —  oliera  di  S.  Ignazio  Martire  Vescovo  dì 
Atiiinchìa  ai  Romani,  volgarizzata.  Bologna,  Li|>ograna  Poni.  Mareg- 
giaiii,  I8H6.  In  Iti,  di  pagg.  Iti. 

//.  FUTVliOE  LE  SCOPERTE  MA  JiA  VIGLIOSE  pel  Sacer- 
dote l/idivico  Sc!iu)li*r.  Roma,  lihreria  relip>sa  di  A.  Sai^acem,  Vùi 
dell'Università,  VX  I88fi.  Prewo  miiI.  HI). 


Con  Iropiia  lef^scniiia,  oltre  iiU'ein- 
pieli,  M  ripete  tatto  d)  dni  morirmi  ff-VP- 
dnntt.  dio  i  donami  della  Me  sono  inien- 
linni  iimnne,  «Olio  ritrovati  dei  pMi.  &'n 
iillrimpntì  flu).! ili-ilii  ixivii-a  •ani  i Me  itIiì 
|)i-«rout]>inic]ilc  la  >tn(ii:t.  |Krn:tiè  "ladian- 
dola  la  trova  impmnlHla  di  tali  ramtteri 
di  verilà  e  ragEÙinle  di  taolj  luce  divìiia. 
che  non  pnò  a  meno  di  riconoscere  divina 
1.1  fede  »te>Ki,  e  diiiiiaHifiitn  riveijte  le 
uriti  die  esKì  ìiiw-jrna  come  npcrwirir  a 
rrMi'i'ai  pw  b  salute.  Rd  è  questo  tliu 
si  propone  di  diniostmrr  I'AuIdiv  dell» 
(inMente  open'tin,  cioi-  eome  i  dommi 
di-IU  fede  lutigi  dallV^sere  npiiiatiit^nti 
tinisiii,  RÌeno  a  noi  noli  per  iltvina  rive- 
lafioii'C  Con  tale  intendimento,  dopo  par- 
tilo in  generale  dei  motivi  di  crtdibi- 
hlà  clic  provano  divina  la  rFligione 
nostra  .santissimo,  si  ferma  a  trallai-e  di 
iropoìilo  del  morivo  di  cfedibiìità  de- 


dollo  dalle  IVofczie  reiiiMratc  nellr  fam 
palline,  sin  dell'anttcA  Ria  del  nnmn  Te- 
fMmenlQ,  e  dfl  fedele  avverameoiodiUi 
medmiiiie.  Il  eli.  Autore  per  l^rsi  lefpn 
e  iiiiitare  dnl  popnlo  e  dai  |;ÌovaDH1i,  ■ 
cui  principaline-nie  è  diretto  il  lihrrlld, 
ha  sapnlo  inti-etciare  ingepnooamentF  nel 
snu  scritto  Linta  Kv.iriala  erudizione,  at- 
tinta «nunlonnente  dalle  scoficrtc  ino- 
deriic  e  da  sKiricì  avvenimenti,  die  ima 
si  Mprplibe  dire  »  il  liljro  sìa  riuiciW 
piti  utile  0  più  i};]i>lti>volc.  PertaolA  ooo 
dubitiamo  punta  clic  c]iiit«io  nuoto  laior* 
did  eli.  Autore  incuniri  il  forore  nirde- 
.«imo  che  iaeonlraronoKià  rIì  altri  uni 
liliri  di  maffìTÌor  Iena,  che  si  trovano  ifl- 
dimii  nella  coitertioa  ilvasa  del  prcMola. 
U'eiliuire  poi  r.iri  delle  fucili laiìooi  a 
(inrili  rhf  rivoljtrndoui  diii-tunipou  a 
lai,  arqnìrtenoiio  Imon  numem  di  «ofiik 


BtBLIOGKJirtA  347 

MACHBTTJ  GESUALDO  —  Rotazione  della  missione  FrancescaDa  di 
Manaos,  pr^senUia  al  Rnìo  Padre  Ministro  Uoneralc  dei  Minori  Fran- 
cescani; fjer  il  P.  Gesualdo  Maclietii,  Prcfóllo  della  missione.  Homa, 
tip.  editrice  Romana,  Via  Nazareno,  14.  I8B6.  lo  16,  di  pagg.  TiO-IV. 

UARIM  ANDREA  —  Memorie  imornoal  martirio  e  cullo  di  S.  Biagio  V. 
Y  e  M.  raccolte  dall'AhhatP  Andrea  Marini.  Ahtri,  tip.  di  F.  e  C.  Fra- 
P"     lelli  Sirambi,  l8Sf;.  [n  Itì,  di  pagg.  118. 


Questo  libn-iin  i  AeslUma  a  IHr  ro- 
BMct-re  b  fila  i-  t  mìr.'Co!i  di  S  ItH^io, 
alia  <l'i!i|itiiir(t  iiflT animo  [Iti'fpilcti  iinu 
wda  e  fmorovi  liiviytiart''  tmo  <li  Ini. 
Il  eh.  Autnrr  ba  nccolto  [iittr  le  nolìiic 
che  ha  potuto,  at(in;r'nt)«l'-  M\c  fonti  pib 
fan  e  più  sliin.ile.  Lo  siile  t  somplici?, 
h  nuramnit  iioii  manca  ili  un  ciTlo  ef- 
IruoclipdiiTniBioHnnfnaticoie  !<^  hrt\ì 
«Kt  dii-rwiniii  (lall'argom^iito, 
taaoccre,  aggiungono  Irlora  (mia, 
'*frilà  ti  f.>\i\vina  de' hKOiilri  tra 


le  TÌrtlj  ik^li  anticlii  cristfnni  tiinio  ea- 
tuffìn^i  ti'-!!;i  prnfrsfione  ili'lb  loro  Me, 
p  h  ttrMnjs  o  icpiilewa  di  moltissimi 
ilei  no5li'o  tempfl.  ericliani  pifi  <ti  nomi" 
clii"  «li  opcpp.  XeiroUimo  il  «h.  Aulnif 
ti  h  di'scrifione  iIcIIl'  fettt  celeiji'nle  ìli 
fìiinru  diM  ShiiKi  MiirliiT,  ni>llii  rillA  dì 
Abtri.  Iwtnfni(>  iiirrilrimt'iilt'  il  ?i|r  .\deo- 
ihln  T:irquì(ii  clii-  ne  Tu  p'''ii!i'eBn  pr»- 
mol«rp.  Li  liTifrua  spci^inlmcnlp  111  qiift- 
m  p,irle,  non  è  in  generale:  moliu  cop- 
rptti  e  Tortiita. 


iRTUSCELLI  FRANCKSCO  —  Canznnìere  di  Maria;  per  France.sco 
Mart'.iscfìlli.  Kdi/ionn  n  Tavori!  dell' af^sìctaKÌnne  per  la  rinhilita^ione 
delle  faitciulle  dftrelitie.  NnpoH,  SlaltiliinfitiLct  tipogrullco  Perrntli, 
Strada  MezaocarinouB,  u.  lOi,  t8Sr).  In  Ifì,  di  |*a;^g.  178.  Prezza 
lire  1,50. 


U  l'oc»Ì3,  non  meno  che  ìa  altre  arti 

Medie.  Iiit  rtM)  in  tutti  ì  «m*o[Ì  coMan' 

teuMU*  i  iutti  laiflti  tributi  di  lodi  e  di 

WM|Qi  alh  ^n  Undr<^  di  Din   Qnunilo 

h  awira  liiijiaa  aiipttu  i-ipMi  in  inilb, 

h  i  pifi  cari  M>;;gptli  .i  cui  corM'rn'i  le 

ne  prime  tnclodic.  fii  Mnrìn;  r  allthrr.lii? 

tto  Ilioto  «  con  tVlrnn:.i  locc<^  il  M-^nn 
pili  alta  dt-i  suoi  voli,  uno  id'^li  oliifìiii 
|llll  Wìitì  e  piti  nritjìli  n  i^iii  «i  indìrii:- 
armo  (|vglì  cimici  fu  p:irin»'ii[t!  Miiriii. 
Kna  prtU^  (lai>i|)ii'  ninncur  l,i  rB.iti^ri:i  ni 
elwro  pdilorr  di  qin'sin  CnnioiiifR'  ]ier 
neroglipre  dni  nostri  poeti  componiinpnii 

MATTKfJCCI  Mimi  —  ha  fniniglia  Irlandese,  o  le  crmsi5i?iiefii!fi  ti'  uq 
primo  fallo.  Dal  Trance-se  per  Luigi  Malieucci.  Torino,  ISStJ.  Tipogi-alia 
e  libreria  Salesiana.  In  Ifì  piec,  di  pajcg.  151).  l'rerao  cem.  40, 

MAURO  GIOVANXI  —Tr.iti.itn  della  vita  nomune  perfeita,  dedicalo  a 
lutti  i  Generali  degli  Ordtjji  religiosi,  per  Giovanni  Mauro,  Prete  della 


irtìjrni  Ki-'niira  ia  onor*  lU'Ila  auiiusia  Un- 
cina del  Citila;  la  diffiroiiii  pin limi»  do- 
veva incoiilrarlu  nella  scolla.  Qii-itc  cri- 
IPdo  nl)l)in  p^rli  sotruilo  in  quinM,  vpra- 
ii>i'iilL>  uol  i1ii!(.'.  VL'di^iJiiu  «julo  i:tiL'  f^iii  bit 
dìsirihiiita  h  malr-rin  per  mitri,  non  fa- 
i!rnd<>  nifo  ili  dÌvcr<rtÀ  dì  m-l-oIÌ.  di  siile, 
e  d-'l  mnftgiore  o  minor  mmco  dr-gli 
aolorl.  Se  qur-slo  puA  rìpalai'si  un  di- 
r<'-tto  (-.mMilciMmlo  Ili  raecolta  dal  lato 
k-tlei-nrio,  olire  rioiidiniRnn  (prulclK*  v,iii- 
t.ig^'n  il.illn  (Urti?  tecnico  della  ilrutliin 
dei  Ycrsl. 


348  «BLiocniFiA 

MisKJotie.  Homi,  tip.  D.  Ripamonli,  IHSO.  In  tGfncc.,  di  pagg.  146. 
iVeizo  lire  l,*2a. 


li  pfrtenlp  opn^colulU)  del  eh.  I'.  fiio- 
vaoili K:iiin> S.I  nniiiiiMt<>. cnine  Mpltcn^jiic, 
Birjiltm  «uu  iin-zivftì  opera  «allo  sU(o 
relif^OM  (Il  reliyiano  in  chie»a,  H«f 
vMottro,  nel  tKch)  ilH'-a  (lunlc  dcjnnn) 
nn  eciiRo  rrl  nnMrr»  (jnafl.  701)  a  [ttfr,  93. 

Il  sogjiellD  lì  1)1  mu  c»iniiiii!,  )irn)iri3 
flpUa  condriione  Af\  rrli^ioso;  f  ne  ili- 
cliiara  b  iiaiiii-i.  hl'  Ta  rjkvaiv  i  caolini 
tatiUf^I  e  ta  riKMsità  Maliva  |icr  la 
otaertaiua  del  >oto  di  povi*rlh.  Quiriili 
dlscon*!;  drlh  tìIii  privala,  fspotiwiìo  le 
tnolieplici  l'DDilijLioni.  per  le*  cfuall  sino  a 
un  corto  puiiln  puA  rncr  Icditn  :  comi» 
dall' :<lln>  ci'Dlo  b  considerai^  le  varie 


icsii  sì  po<Nt  moncan*,  io  Uil  U-nore  di 
vita,  anclin  irravcnk'iili'al  volo  ili  povertà. 
TuUo  il  trattalo  ò  diretto  ni  saoln  500fM 
di  ravT^vnrn  in  luili  ulì  istiinti  rrlifia» 
lo  spirilo  dt!lla  porerta,  di  citi  conwda 
nAkf.  germogliano  i  fruiti  più  eltUl 
della  iffiotarc  osfervanza,  e  di  tneltcTT'  in 
vigore,  ornnqiie  sEa  pofsitiite.  la  p^rf^tu 
vita  cornane. 

Con  tianìA  occasione  neeocnaodliiia 
di  nuovo  le  altro  opere  del  mednino 
Aiilnri'.  di  «[lirLtualf  amma^Mnimcnio  pn 
chierici  t'  Kiccrdoti,  kìu-  furono  da  nù 
coirmendate  negli  auii  pncolralL  ijvau 
wciu: 


cÌrcosi.im«,  nclt^  quali  »oilo  \Arii  pi-p- 

—  It  giovane  guiJaln  al  Sauiuarìo  l'Or  le  i^cre  ordinaciooi;  Seconda  edi* 
ziotie  188*2.  Prez/o  lire  2. 

—  JI  Chierico  guidato  al  .sacertlozio  per  ta  via  della  pietà;  Seconda  edi- 
zione. Prezzo  lire  '2. 

—  Il  sauuntiitt)  DovMIo,  gnidaLo  air  esercizio  del  kuo  sacro  miniiueroi  Se- 
conda editine  188'3.  Prczio  lire  2. 

—  Collejtioue  di  (piallro  importanti  documenti,  esiraiii  dall'opera  Pra^ 
tt'tn  dai  Confesu(mah,  nocessarii  ad  ogni  confessore,  sj»eciaImeiiU 
novello;  Seconda  edi/mnc  IS82. 

NUSSi  MONSIGNOa  VINCENZO  —  Dei  malrlmonio  cristiano  per  Mon- 
sigoor  Vincenzo  Nussi.  proloofilario  apostolico,  canonico  valicano.  Ri- 
cordo agli  sposi  cristiani.  Romri,  tip.  Poliglotta  della  S.  C  di  Propa- 
Saada,  1880.  Prezzo  ceni.  -'jO. 


PLaci'  ii^ai  ipir^lo  liivoro  del  drillo 
MoTi«.  Nu^<<r,  per  l'arie  con  cnl  In  pocbe 
partine  h.i  npnlo  rutrin^fri?  quanto  puA 
dirsi  di  iiiviiTio  t'olia  nalnni,  ì  caratteri 
ed  i  pre;;i  di-l  rnitrimonio  crijlìano:  e 
cìA  COR  i'tile  SI  propria  e  cbi^ro.  die  a 
inllo  ininndi'ie  h.i«t.i  una  mmle  volpire. 
In  leiTi|)i  come  i  no^ri,  aeì  quali  tanto 
si  fa  ppT  profmìfC  il  Sarratnentum  mn~ 
jm«m,  rhr  è  ridire  della  famifrlin  cri- 


sliana,  ^  ulili^  che  si  adoperi  ta  scienn 
K  r eloquenti»,  come  u«a  in  (jocKto  sM 
lavoro  l'Aiilore  chiarissmo,  ]»r  clcrirl» 
nclb  vitina  dei  craduulì  rd  inculcanir 
it  ris|>r-lin  nella  pratica.  Utile  poi  sari 
la  WliiiM  di  ifuosio  »ao  Krìlto.  aachl 
ppiThè  niccoplie  con  hrrrit.ì  la  snmu 
dei  doveri  clic  K-ituriiiono  d.il  matri* 
■nonio  f  non  mai  ahM^lanm  «i  posnw 
rjmmrntan!  ni  coniuj^l  criMinnì. 


S.\NNA  SOti.XUO  P.  GIAMMARIA  D.  C.  D.  G.  —  Acquisto,  conwrva- 
zione,  tisimra  degli  arredi  sacri.  Insegnamenlì  pratici  del  P.  Giam- 


BisLiocHAru  349 

maria  Saana  Solare  J.  C.  d.  G.  Prima  e*1izìone  ìuliana  siili»  sesta 
edizione  ri^nc€J«  de)  medesimo  Autore,  rifusa  ed  ampliai.i.  Un  voi.  di 
imgg.  348  in  IO.  Torino,  tip.  e  lib.  B.  Canonica  e  ll^li,  credi  UinelH, 
Via  Bolero  n.  8,  1885.  Pr^^zzo  L.  I,  50.  Vendibile  ancora  presso 
Luigi  Mauuellì,  liNraio  in  Firenze. 
t  du  |in>jìiv;iuim.i  mocolia  ili  elevile      sili  «o^ri  ò  nnn  tacri  At  qualiiniiiuo  in»- 


Fili  amniiinptili   pi-alici  che  Joucbbe 

A'ùn  hinflini  iroiarsi  in  lull*"  li»  "Jujitt^ 

*liA.  ani  nnooni  in  mite  tu  Eamigllc,  Il 

ti.  [*.  Sinn.1  Solaro.  il  cui   nnriiir   per 

tffK  di  ^jn  polfHt  h  fii  cos)  i^onnH'Iuin 

vi  monilA  virnlitico.  non  pntrvn  fnre 

|ià  bell'ileo  dfll'r  suk  r.i.«tc  co):nÌ£iDnì 

Iti  nrii  rami  dì  tcmte  aatnnli.  che 

[lyffiaiii)  ad  on  anrommio  pvdmrc^  In 

iffanna.  mi  nobìtet^ntn  quanto  h  il 

I  alto  divino,  al  eni  drcfìrn  tf]ì  prawcAK 

tt{1i  Qcpi*lli  ad  0»o  dertiiiDti.  IVr  Aarv 

■t'Idea    mrno  iticompioin  delle  xviiria' 

I  tMdit  fi  tutte  pnttkhi^  noiionl  cond^n- 

in  qusto  upiis<-olo.  di>vn>iiiinn  ri- 

'«Imenoi  titoli  dn  17^  p.ii-;i;:nri 

ÌeIk  è  dldw.  >la  pLT  olTrìriH^  aNiicnu 

n  f^kt.  il  cunitore  dì  una  gIiìpdi  e 

capo  di  fanii):lifl  troveri  quivi  ì  me- 

1  Wi  ppr  remlen-  il  Iompo  e  loglieiv  l« 

cchir  di  «nric  mani^^ne  al  va-ii  e  ulPn- 


lullti;  |icr  Mgj.'iar'e  le  MoHn  d'oro,  d'ar- 
genio,  di  3<MA.  di  (ilo,  di  cnlnnr,  ili  Innn; 
per  l:i\aiii  e  stirare,  col  lucido  o  seiiKi, 
i  varii  tesanti  anroni  pifi  liticali;  (>pr 
lorrs  ]•■  niaci^liii',  or  waiio  (riniliiosli-o 
»  d'Alio  a  il'rfltra  nnhnilto,  dnlle  ^lolTr, 
dnlla  arili,  dui  Irgiiì.  dalle  pietre;  pw 
ricoiunci'r«  ]t  vorie  ri>l<i!GcniÌoiil  della 
enra,  dH  tìbu,  delta  rariu».  Vn  i  nidodi 
suggeriti  dal  eh.  Knlorr  si  coniiinii  -«iiIlc 
dil:i  r|iit?lli  che  rìchìf^onn  una  rcrta  fa- 
iiiilìiinli  l'oi  pri'priratì  chimici.  Tatti  gli 
altri  SODO  racili»)mi  ed  e!<pO)ili  con  somma 
cht&i-eitta  e  precisione  niipariniodi  moll« 
9pen'  e  ficurciza  di  g:i).irciilir.^i  contro 
le  riibific-aiioni  rtìvpiilaic  op;!i  così  tomuni, 
sono  i  dtif  grandi  ì'aiiUigi^i  clip  Ddro  co- 
lerlo piccolo  ma  preiio^o  opiiscota  Ce 
ne  coiisramli.'imo  non  meno  che  coliWu- 
lorc,  con  lutti  coloro  chii  ^.iiiranoo  farne 
loro  prò. 


SiNTI  I-"RANCKSt;0  —  Pra«leclion«  iuris  cunoniri,  quas  iiixln  oriinfm 
DMreialiitm  Gregorii  IX  iradehal  in  schnli);  jiont.  Scirtiiwrii  loiuani 
fraocisciis  Sanii  professor.  Ratisbona^,  Neo  Elioracì  el  Uiiiciunatii 
snmiitibus  f\  tipis  Fridcritii  Puslei,  S.  Sedis  Aposlolicae  tipOK.,  ISST». 
5  wl.  in  8,  fli  pag?.  438,  20fi,  BS,  243,  15*).  Pre//.o  L.  18,  :^.  Si 
irot'a  vcndtiiilc  anche  presso  L.  Mannelli  libraio  in  Firenze. 
Uineaio  di  (|ii4.'«to  pf^tole  Cor>u  -li  Uirilto  Oiiunicu  una  rawevn^i  appnna  ne 
iWTB»  l'apo. 

'STATUTO  ilei  Padri  litìl  Comune  della  Heoirbblica  Genovese,  pubbli- 
calo per  cura  del  .Municipio.  Illustralo  dalt'Avv.  Cornelio  Desliimni. 
Gt>iOF<\,  slabilimenlo  rralelli  Pagano,  Via  Luccoli,  n.  \VÌ,  1883.  In  4, 
di  pa««.  XXXIV-446. 


\on  polrcl)lM'cnninifndaf^i:i|ib?(nn7i 
il  diiisuncnlo  d>'irillii<lrr  Mitiiiripìn  di 
Cmma.  di  nifllprc  nlU  \w.  il  pniio^n 
\tike  In  cut  si  conu-n^ono  %\\  Slatini 
I  iioel  bnoMi  inn^slnlo.  il  quali*  c»l 
xmt  di  Padri  det  Comittu  lo  ^ovnrnA 


pc!  cor50  di  più  srcoti.  U  loilp  ili  avnr 
copi.ìln  con  ini'3  inLelIif^fiiita  ed  c^numa 
il  duitn  Coilicp.  in  molli  e  molli  lut^bl 
i]iia«t  ititlj'cil'rabili',  kì  deve  al  eh.  Avv.  Ip- 
polito Kcderici  che  ineritamiMitP  prosicele 
all'Ar^hiTio  Civi<!0:  e  b  iDAgrnilìra  Mi- 


BlBUOGKAnA 


inawnlf  secontlo  !'iirii!C* 
dò  che  forsp  ■•  pia  nouiMli 
<ilil«  ntl  suo  h*oto  ci  wm 
ìmroduzÌDnt\  m'Ite  quale  el 
si  ilalb  Mitiiiii;:.-)  Od  codice 
Aa  nitri  <)ncunirnti  di  Gloria 
ciò  elle  |)iiA  ilc^ideram  Ini 
r  ammiraliiEo  JitlilniinitR  de 
Ci^MHiM.  Lo  epzia  onrj  ci 
locfarnp  i  jinnicnlnri,  clic 
lorc  poni  (lu  i!ì  stesso  con 
50|iralarLìU  inlnidtiiiont  Ni 
col  eli.  Kililorf,  cbc  «im-lla 
un  Mif^in  ni.ir:t\ijrlÌo«i>  iÌpII) 
vica  ik-i  ì\anrì  ina^-piori  :  e  ^ 
ri'jjgiloii  ili  |jo|inIi  Lli^Iilif 
jìia,  se  prcni1fj.<:i^  notii.i{lro 
Aa  altre  simili  iitiiuiioni  p«P 
provM'ilìmeiiti  pet  t'ovrmo  d 
K  si  nobile  sropo  potrebbe  U 
qurMa,  sotto  ogni  rìtpclto,  p 
pdiiionr. 


]uoiie  clf  prr  Is  jifilrmliib  rordin  tu  v»- 
ninicnlf  oii«r<>  n  (|ui*l  Municìpio,  fu  cural.1 
per  commiMionr  àe\  Municipio  Mesin  dal 
eh.  Avv.  Cortii'tÌD  Petimoiil.  K^li,  (l<?po 
a\iT  ri'so  le  (IcUlc  lodi  al  (.'li.  Federici 
pi>r  III  t-faUa  copili  ilei  Cmltcr,  fa  dì  qut>- 
»to  h  ilr«t'"«ioiir  e  ne  »cc<'nna  i  difpiti 
non  pni'bi,  si  primrinsi'cì  d»'IIa  rcihninni! 
uriiti Dille,  t;  st  sii  «itriiiswi  di'ir.im.ì- 
nu'  DM-,  ^i.icclli-  aneli* fsw  è  una  cop'^i  il 
cui  onjÌMiiIv'più  no»  psìHp.  11^  <]iiinrti 
rnfirijip  dirll'opcra  da  lui  pti^U  (wt  uv- 
vìare  ni  tlifelti  dtll'uno  «  dell'altro  kc- 
nerc:  aII<>  av.iirild  od  ambi^iillii  del  Lc^ln 
niTTca  In  Ilice  pc-r  (hmjio  di  un  giocarlo 
in  oriliiii-  niritielico  i:h(>  dii  il  «.ilarr-  dei 
vocattolì  riioiH  (li  usn;  tH  m-tr  non  tia.^lj, 
li  occorri?  con  note  ui  propri!  hioichi.  Gli 
orrori  ovldenli  dell'antico  fRncsnicnle 
correi-pe,  i  diibfiii,  dubiloUvaiiifnie  ac- 
ccnnii,  stifiiiliscc  l(>  ciiii.viunì  con  voca- 
boli .i^iriiinli  Tra  pniviite^i.  lascia  il  ri- 

STAZ2UGLIA  AUGUSTO  —  Casiium  raoralium  de  wcia  ma 
soluiionos,  quis  anno  MUCCCLXXW  canta  llluslris».  ac 
Domino  Domino  loseptio  Ceppatelli  Episcopo  d  clero  civìt* 
liahcbst  Au^uslU!!  SLazzuglia  rathedratìs  Ecclesiae  canonie 
logiae  dociorac  professor.  liìpaeiTansonis,  lypog.  laffei  et 
In  8,  iH  pagg.  40. 
I  rji5Ì  clic  ftinnin  •>iikH:ìIÌ  in  qnefir 

conferrnx»^   mfìrnli  de!  t«?tó  ripuardano 

lutti  In  srtia  iiiss»onÌca  r  0  iuii  poiili- 

flcii  chi-  la  cAndarinano,  e  tì  sono  toccale 

Ir  riiiìMinni  pid  pnilirlir  e  le  cii-cortanie 

TOMEI.I.l  CAIÌLO  —  V.  IGNAZIO  (S.)  MARTIRK. 

TOMMASO  [S.)  D'AOUINO  —  S.  Thomao  Aquinaiis  Siimma  i 
diligenter  emendala,  On  Rubeìs,  DìDuart  el  nliorum  nntis 
naia.  Pars  2'  2"  a  Qu.  CXXIV,  ad  fìiicm;  Pars  :ì*  a  0".  I 
Tomus  quartus.  Auffusfae  Taurinorum^  ex  ly^iographia 
et  Archiepiscopali  eq.  fieli  o  MarieUi,  I8SG.  In  8,  di  pai 
Si  veda  t'anniii»iv  olir  Tu  fallo  di      ove  w  Turoiio  notali  i  pre^ 

i)iic?ta  liella,  cnrr^ltn  r&  (vonomioo  edi-      \f.  «.-njiitiiìoiii  drll'as^ociozioi 

»one  x\v\  fascicolo  839  a  panine  596-97 

TRIPLCPI  LCiriI  —  Fonltifìci  e  scrittori,  o  nuovi  aindii  seiei 
ai  l'api,  di  Monsignor  Luigi  Tripepì.  Homa^  lipograCa  lìue: 


piik  ovt!c  ad  accadere.  Aeca 
sono  lp  ris/iluiioni.  «1  oli 
motto  opportune  nel  lemfi 
canf«'ttoi-i. 


»)  [Wii^cnir  vallimi  nonn  ncrAlli  pii- 
ntrhi  ftntlii  iiilorno.!  r:inl  )>;i|iì,  che  il 
clu  Aolorp  avrva  jiit  ^ithMtfM*  ix'l  ^»o 
(fregio  iwrìodico  11  Papato.  Sotto  rL'daiiì 
io  fiirnu  di  <)Ì!uon>ì,  di  l'ontrovcivii^  o 
ii  narrazioni,  e  vi  vengono  cssiuìnKle  e 


BIBLIOCRAFU  351 

Via  Joi  Carbonari  n.  13  presiio  Cobnna  Troiana,  1S35.  Jn  8,  di 

pagR.  442. 

dwiisv  s^niMitp  di  tario  Rpnpre  di  scrii- 
loi'i  intorna  ;iij  iilctini  smrniii  l'onti-tiri. 
NpIIp  rni)Itf()ltcl  (|iicj.lioiii  iih(^  di^culi- « 
iii3l<*rìii.'  cln<  <;iol^c>  egli  ^i  fu  amminrc  non 
mrno  per  \s  vn*liriì  flciln  pruflriioni*.  ci» 
per  l'ansi ii^tateu 3  e  Mgucia  liellìi  critica. 

Lf&AZlO  GIUSEPPE  ~  Necessità  della  religione  dì  Gesti  Crisio  per 
salvarci.  Oi»ere*ia  del  sacerdnie  Giusftppe  TTgazit>.  Seorida  elisione, 
riloccaU  iI.iirAuiore.  Milnno,  lipi);i;raria  Ardveswivilo  Dilla  Oiacoino 
Agoelli,  Via  Salila  Marglicrìla,  'i,  IS8G.  [n  Iti,  di  pagg.  102.  Prouo 
Ceol.  30. 

VlLi/JRESI  SILVIO  —  Elogio  funebre  do!  P.  Ermenegildo  da  Cliitignaiio, 
MiQor«  Hiforni:iL<),  leUo  nella  Cliiesa  del  Collegio  Serafico  dì  Galceii 
dai  Cao.  Silvio  Viiloresi.  Doiiore  in  Sacra  Teologia,  li  XVI  dicem- 
bre MUCCCLXXXV.  Quaracchi,  pre.'wo  Firenze,  lipoi?.  del  Collegio 
di  S.  Bonaventura  ilDCCCLXXXVI.  In  Iti  picc.  di  paj?«.  4U. 

.  iiiiamn  enn  rtcsidi'rio  una  storia      ricevere  irsrii-ioil  pmiiiodcijp  siif  mre 


I  La  ili  linci  salilo  relifiioso  vd  ituii|;u(' 
tfeRùo  delLi  Tipi»  del  Siprinrc.  clic  fu  il 
ampì;inla  P.  Kninir*iMo  da  r|iìiip;ino 
iflIflnliDC  di  S.  Frafiii^cù,  il  nuiile  nd 
fmaaa  ooTptnlirp  Tu  cbìnimio  da  Dio  a 


vin{ieraticticapusluliclic.lDt;ii]toiid.iTi;re 
un  sa^ìo  di  6\l\  che  Cj^ll  f)i  f  z\vf  apcrA 
ili  prò  iIi'IIp  niiiiriR.  rirril  (iiicslo  lirew 
di«coiso  ilri  eli.  ()ari  Vilturp*!.  il  i)uìiIì!, 
wiiljfiie  in  )iiccnlo.  ne  è  un  reilch  rìlmuo. 


VITA  di  Suor  Emilia  Cona  Salesiana  ;  per  G.  L.  P.  Catania,  siaraperia 
di  Boario  Bonaignore,  1885.  In  3"2,  di  pagi?.  IK.  Prezzo  Cent.  .'ìò. 


Holapi  di  cui  dif  pruowrosninii  e  sempre 
pili  lumifioM'  nrlli  su-i  brevi?  ciirriTa,  ne 
fiinnci  un  li|tn  iriinlUiEioiifi  alle  ^elV'ni 
crisltanp,  iiun  *i>Io  ni'i  recinli  dt-l  cliiostro 
ni.i  nnclie  nelle  |inui[r'  raiiMglÌP. 


fi  una  lirmc  storia  della  lila  di  un'an- 

(din  cre3tuni,  Inpiunlata  coitk!  fiore 

timo  dajtll  Klcrìli  campi  iti^l  \Ka\n  npl 

tfcioKi  irinniino  delle  vcrcini  aJeAìaiic.  e 

*»  i|itf«4o  inuferiia  oi-l  cielo  nc^tla  (fio- 

Tumau  età  dì  tent'anni.  \a  TìriA  sin- 

VITA  di  due  sanie  V«ri^nl  e  di  due  sanlo  vednvf.  Ssuta  Cri«;tina  Ver- 
gine  e  Martire,  .santa  Demeiriadc  Vergine  ron  sania  Giuliana  sua 
ottclre  e  santa  Proba  sua  avola.  Monen.  1866,  lipo^raiia  e  libreria 
de'I^olinì  dì  Luigi  .\anoRi  e  C.  In  16  picc,  di  pagg.  Vii. 


UN  BREVE  Di  S.S.  LEONE  XIll 

AL    R.    P.   MICHELE    DE   MARIA    D.  C.  D.  G. 
pRoressoDE  tu  riLOiiOriA  ^£a&  pontificii  tntivEHSiTÀ  <:Ha;onu:«\ 


Nel  nostro  (^uad.  859,  a  pagg.  84  e  so^g.,  demmo  conto  delkl 
magnifica  edizione  degli  opuscoli  filosofici  e  twlosrici  di  S.  Tom- 
maso, piti  opportuni  agli  studiosi  dell'  una  e  dell'  altra  raonltìJ 
scelti   ed  ordinati  dal  cb.  Prof.  V.  Michele   do  Maria  coli' ag- 
giunta delle  Quìstioni  QuodlibelalU  e  da  lui  medesima  arrìc-l 
chiti  qua  e  colà  di  altre  analoghe  quistionì,  dotti ssìmameBtftl 
trattate,  e  di  scolii  dichiaratìrì.  Sarebbe  inutile  qui  ripetere  le] 
ragioni,  che  ivi  largamente  esponemmo,  della  somma  utilità  di] 
quest'  Opera,  resa  a  tutti  accessibile  per  la  modicità  dol  pn^xw. 
Qui  vogliamo  recar»  un  argomento  ben  più  autorevole,  che  i»al 
fossero  quelle  nostre  povere  parole,  della  detta  utilità  ed  impof') 
tanza.  Questo  ai^omento  ò  il  magnifico  Breve,  col  quale  il  noslrol 
Santo  Padre  lioone  Xltl  ha  creduto  di  onorare  l'illustre  Profes-I 
Boro,  oommemiandolo  altamente  per  l'opera  indefessa  e  ìnUìlli-| 
gente  chtì  egli  pone  nel  formare  i  giovani  alunni  nelli*  ammirabili] 
e  pure  dottrine  dell'Angelico  Dottore;  ed  in  particolare 
miandolo  per  codesta  edizione,  da  lui  intrapresa  e  condotta  al 
termine  con  tanto  senno  e  accorgimento.  Se  non  che  coUjsto  Brev»! 
^t\  sapicutissimo  Pontefice  non  ò  solamente  un  conforto  ed  uttj 
premio  alla  persona  partìeolure  che  l'uno  e  l'altro  ba  si 
gnamento  meritato;  ma  è  di  pìiì  un  novello  impulso  a  rincalzar 
quel  movimento  da  Lui  niedesìiiio  si  felicemente  iniziato, 
ricondurre  l'insegnamento  cattolico  alle  sincere  fonti,  che  som- 
bravano quasi  universalmente  abbandonate,  del  supremo  maeat 
della  sapienza  cattolica,   S.  Tommaso  d'  Aquino.  Sotto  qnes 
rispetto  il  detto  Brere  ba  un'importanza  universale;  e  noi  punt 


DI  9.  S.    tBONT' 

^n  dabitiamo  che  non  abbia  ad  esercitare  grandissima  Ìorm 
per  rendere  sempre  \nfi  generale  u  accolurato  ootusto  moto  dì 
aalotare  ritorno  alla  antica  sapiisn^.  Ai  qiial  vantaggio  viene 
Hd  aggiaogersi  un  altro  non  inen  salutare  e  riierunte.  Questo  ò, 
che  il  Santo  Padre  nell'atto  di  commendare  il  eh.  Professore, 
traccia  insieme  la  via  certa  e  sicura  che  vuol  tenersi  per  gina- 
gere  alla  meta  desiderata.  La  via  sono  lo  stesse  opere  del  santo 
Dottore,  interpetruto  e  commcntìito  conforme  all'antica  e  perenne 
tradizione  de*  dottori  scolastici  :  e  non  gii^  le  interpet razioni  prò- 
poste  a  caprìccio  secondo  un  sistema  preconcopito^  e  sostenute 
con  sofismi  e  carini,  con  testi  muurhi  e  inanifoste  contradi/àoni. 
Ecco  intanto  il  Breve  del  Santo  Padre. 


l  rìpelm 

r^  ,  ntOttl 
del 

pie,  oh. 
là  ed 

IkleU 
iistre 


DaECTO   PILIO 

IIICHAELI  DE  MARIA  S.  I. 

Io  PovtlBei*  L'oircrtiUM  OncpriaDii  PliIlviopliMie  Profi-iiiori 

LEO  PP.  XIII. 

DiUcte  Jilì,  salutem  et  Aposlolicam  benedidionem. 

lamprìdoni  compertum  nobis  est  studium  tuum,  quo  purissi- 

bam  S.  Thotiiae  Aqniuatis  aapietitìam  proseiiiierls,  et  numerosiim 

iareatutem  in  Pontificia  Unìversltate  Gregoriana  ad  taati  Do- 

etoris  disciplinam  inri>rm»ru  strenue  ut  laudabiliter  adniteris. 

!  Hoc  nobis  gratissimam  semper  accidit,  qai,  utì  crebro  et  aperte 

significavi mus,  in  theologicìs  et  philosophicis  disciplinis  impense 

Uoptamns  et  volamus  clericorum  studia  revocaci  ad  doctrinam 

lib  Angelico  Dtwturo  cxplicatam.  Ad  huuc  flnem  facile  asstjquen- 

dum  Dihil  antiqnius,  et  magis  accommudatum  habemus,  quam 

jpraedariora  Opera  ab  Aquinato  cutiscripta  iuter  iuvenes  sludiosos 

fiivulg&ri.  Cum  enim  adolescenti  uni  auimns  integer  ot  incorruptiis 

ire   accesserit  ad  purissimos  tam  excellentis  Praeceptorìs 

ites,  gustata  eius  divina  sapientia,  ardentem  amorem  erga  il- 

excìtatum  in  se  seutiet,  et  falsa  dogmata,  quae  philosophiam 

aetate  male  pervadnnt,  et  meutes  trausversas  agunt,  nitro 

Strie  XIII.  voi.  II.  fate.  SOL  £1  tK  ajir-U/!  ItUfS 


2SÀ  va  BREVE  n  s.  s.  usost:  un 

aspdrnabttiir.  Quaproptor  liboati  aDiino  gratulamur  tibi,  dileete 
nii,  qui,  in  iinbueiida  optliiiis  discipliois  iuventiite,  egregìaiii  ÌQ-| 
dustricLiii  tuam  cjntulisti  in  editìoucs  nunnullunim  S.  Tbuinad 
oporum  adornundas,  qiiiu*  umnibus,  et  maxime  iureQÌbus,  qui  in 
spem  Sacerdotii  ìnstitiiiiutur,  sìqb  ^ravi  dispendio  usui  esse  pos- 
Stìttt.  Sicut  ergo  merita  laude  te  prosecuti  sutnog  propter  Qttae- 
stiones  dispiifalas  S.  [X)ctoris,  qiias  concinna  editione  TulgasU, 
sic  te  iteruiu  &)mmtìiidatione  Xostra  dìgnum  habemus,  qui  selecta 
(tpusciila  phiiosuptiica  et  theulogica  curii  Quaestiouìbus  Quodlib»- 
tiilìbns  eiusdem  Aogelicì  Praeceptoris  trìbus  voluminibus  nuper- 
rimo  trpìs  edi  curasti,  ot  quorum  «xcmptum  Nobis  ubtnlisti  in 
txfStimouiiim  tuae  ùbstiqutìutissimae  erga  Nus  voluntatis.  BÌudqs 
tuutu  periucundum  nobis  fuit,  et  te  optiiae  consuluisse  putamos 
emolumento  ac  dlscipliniae  udol^scentium,  quod  qiiasdam  qua»- 
stiones,  et  adìecta  nonniillis  Opusciilis  scbolia  elucubrasti,  quae 
inexpertae  ne  tenerae  aetati  fidelitflr  aperirent  ea  doctrinae  ca- 
pita, quae  Angelicus  Magìstor  iiti  fundamenta  proposuit  totìui 
dìscipliuae  ab  ipso  expressae.  Duui  ergo  imploramus,  ut  labori 
a  te  prò  doctrina  S.  Thomae  Aquinatis  dilatauda  suscepto  pro- 
pitius  adsit  Deus,  auspichili  divìnorum  mimuriim  Àpostolìcam 
Xostram  beuedictioaum  tibi,  sodalibus,  qui  iu  eodem  oper*--  ad- 
Iubonint,etdiscipulis  tuis,  sicnt  petiìsti,  peramanter  impertlmus. 
Datura  Romae,  apud  S.  Petruin  die  1  aprilis  an.  «Mcasxin 
Pontificatus  Nostri  Nono. 


LEO  P.  P.  XUL 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


Firmse,  S  aprile  7886. 


\. 
COSE  BOMANE 

I.  RiMtimtnlI  in  Vaticano  —  2.  II  (riubilco  «nennlrtial.-  ilei  Santo  Paiiiv  —  3.  Nnftvp 
jnM^tii  conim  li  ilintruvione  <li  Rama  —  i.  I.a  nofi  iLiO  Cimlimil  f^f^^'ifiiiriD  di 
Stalo  e  la  pace  ectMiaslica  in  l'ru-.sia  —  5.  tlii  numo  ^Irvpo  .-il  Ontolicisiuo 
wlla  Itomi  <lci  rapi  —  6  Ij)  lient'Hinom-  ili^Da  cani|uii:i  ilrlla  Piiiriarcnlr  tbsilica 
di  Saaia  Maria  Màgiare  —  7.  Decreto  dello  Sacra  O>n|^«gatione  ddl'IndiM. 

1.  Freqiieatj  e  numerosi  sono  stali  ì  ricevinieaii  poniiflcii  (felt*  ultima 
ifoindicina.  Ci  liinìifìrt^mo  ai  priucipli  non  polendo  riferirli  tutti. 

Il  5  aprile  il  Satiio  l'adre  acco;^ìi«va  t>eiiìgnaincnte  in  privata  udienza 
HoBsigDor  Salvìai  Vescovn  di  Camerino. 

U  7  tn  udienza  di  congedo  Monsii^nor  \itnm:  vt;scovo  di  Briinn,  Mon* 
àgBV  0'  fìri«ii  vescovo  di  Halifax,  «  Monsignor  l'uzyua  vescovo  ausiliare 
di  Lmpolt 

n  9  i  Rtlìi  n.  (ìiovanni  Sierra  e  D.  Torquato  {^ramù^  Uignilarì  e 

Ciionìci  della  llasiitca  Caticiirale  di  Granula  iti  Spa^n;(  venuti  a  Kniua 

|ir  presentare  al  S.  Padre  i  ricchi  ed  ariisiici  paramenti  sacri,  taseia- 

|UgtÌ  In  legato  dal  defunto  Arcivescovo  di  Tiracata  Mcnzon  y  Martins. 

E  niulmtinte  il  lU  il  uuovo  Ambasciatore  di  Spagna.  Alla  muria  pCH 

'  nerìdiana  S.  K.  Don  Alessaudro  Croizard  y  (jomez  de  la  Serena,  reca- 

I  fati  m  forma  pubblica,  col  treno  di  gala  della  reale  Ambasciata  di  Spai^oa 

'l  legnilo  dagli  atiri  equipaggi  della  medesima,  al  Vahiio  Apostolico  del 

Vai;caao  p&  presentare  a  Sua  Saniiià  le  ledere  che  lo  accreditano  Am- 

tMcìitore  straordinario  e  plenipoteoKiarìo  di  Sua  Mae.st^  Caiiolica  la 

[Icpaa-Reggcrrte  dì  S)iagna  pr&sso  la  S.  Sede.  Monsigrior  Pfffeuo  delle 

GCrimonie  Poniifieie  ricereva  il  novello  Ambasciatore,  ed  insieme  al  i^r- 

[■Male  dell'Ambasciata  l'intrmluceva,  dopo  averlo  annnnnato,  nella  Sala 

[W  Trono,  ov'era  seduto  il  Sommo  Gerarca,  circondato  dalla  sua  nobile 

jCdne  eodesiasttca  e  serolare,  in  abito  di  TormalilA^  nd  avendo  ai  lati  i 

l'&Ai  BloiBÌginrì  Maggiordomo  *'  Maestro  di  Camera.  S.  K.  il  signor  Am- 

^bisciaiore,  dopo  avere  reso  gli  omaggi  di  uso  e  bacialo  il  piede  al  S.  Padre, 

ivagli  le  lettere  credenziali»  accompagnando  quest'ano  con  nobi- 

tìnx  parole,  alle  quali  rispondeva  il  Santo  Padre  colla  più  grande 


356  cnoRACA 

beili goilik.  Intimntosi  i)uini]ì  da  Monsignor  PrercUo  delle  Cerimonie  V  extra 
omtws,  U5civan»  lutti  dalla  S3I.1,  rimnnmdo  Sua  Santità  con  S.  K.  l'Am- 
liasciiilore,  col  quale  s'jtJtralleueva  in  privalo  colloquio.  Uienlrala  poi 
nella  Sala  del  Trono  la  Corte  rnntìricia.  e  ritornato  cia»cut»0  al  suo  poiiio 
il  Sani»  l'adre  [lerinclleva  die  fossero  ntinvamento  ìnlrodotU  ì  Segreta  ni 
e  gli  Addt;lti  alla  reale  Aiiihascìata,  i  iiiiali  da  Sua  Kccellenza  venivaoo 
l^resenlali  al  Sommo  l'ontellce  die  m  degnava  rivolgere  ad  essi  paterne 
ed  amorevoli  parole.  Infine  t'ìllustre  mp^re^ienidiiie  della  Cattolica  Spa^^ia 
accompagnalo  con  tuiii  kIì  onon  dovuti  ni  suo  grado  pas&ava,  prima  i 
complimentare  TBifio  (Jardmal  Scgr^^tario  di  Slato,  e  poi  alla  Baalica 
Vaticana  a  visilarf!  la  intutia  de)  J'rìndpe  de^Ii  AposloH. 

^2.  L'arustocraiìa  romana,  figlia  fedele  e  devota  al  Romano  PouleQoe 
non  ha  voluto  rimanere  ioeile  e  indifferente  in  mezzo  all' universale  mo- 
vimento caltolico  pnr  festeRgiarc  solennemente  il  Giubileo  sacrrdotak 
del  Santo  Padre  l^one  XIII.  Per  fare  ciò  in  modo  de^no  delle  &ae  notali 
tradizioni,  la  parte  più  cospicua  di  {|uesla  artslocraua  si  è  costititila  in 
Ootnitalo  per  le^imouiaie  ancora  una  volLa  l'affetto  e  la  veaerazlone  che 
la  legano  al  Vicario  di  Gesù  Cripto.  Al  grande  Pontefice  ctie  Iddio  lia 
posto  al  governo  della  sua  Cbiesa,  se  riuscirà  aggradila  ogni  te&limo- 
manza  di  alTeiio  che  gli  venga  da  ogni  classe  di  persone,  grata  soprato* 
modo  tornerà  quella  dell'arisiocrazia  romana,  la  quale  non  vinta  né  dalle 
blandizie  uè  dagP  insulii  della  rivoluzione  sopercbianle,  come  ha  preso 
parte  alle  sue  tribolazioni,  così  desidera  dì  partecipare  ancora  della  «aou 
sua  gioia  nella  fausta  ricorrenza  del  suo  Giubileo  sacerdotale.  Questo 
Comitato  promotore  si  compone  dei  più  splendidi  nomi  del  romano  pa- 
iriiiato:  essi  sono:  Altieri  principe,  presidente;  Dandinì-Giusiiniani  pria- 
cipe  Don  Sigismondo;  Capranica  marchese  Alessandro;  Chigi  prìncipe 
Don  Mario;  Laneellottì  pririicipcì  Don  Filippo;  Machì  cooie  VioceiM; 
Moroni  conte  Michele;  Patrizi  marchesu  Filippo;  RiispoH  priadptf 
UoD  Francesco;  Salvìaii  duca  iJon  Antonino;  Serlupi  marcbeiw  Carlo- 
Altieri  pririi:ipessa  n.  Archinio;  Itorghesc  [irin<;ipf.s.sa  t).  de  la  Kocbft- 
foucauid;  I^ncellolli  principessa  n.  Ald(il)randiui;  Massimo  prìnclpeau 
n.  della  Porta  Kodianì;  Odescak-hi  principessa  a.  Uraaicki;  Pairìii  ntu^ 
diesa  n.  Altieri;  Piombino  principessa  n.  Borgbe.se;  Rospigliosi  prìod* 
pessa  Q.  Champaguy;  Sacchetti  mardiesa  n.  Orsini  ;  Serlupi  marcbei 
n.  Fiu  Gerald. 

Come  si  vede  a  questa  nobilissima  gara  non  ban  voluto  mancare  le 
donne  memori  della  jiieià  e  devozione  delle  amiche  mnimne  romane.  Mi 
di  ciò  non  paghe  si  sono  costituite  in  Gomitalo  per  {studiare  i  modi  di 
tH)1e}inintare  ì»  IUcn-ta  tiorW/ir  del  cMiiun  Padre  dei  fedeli.  (Jiiesit  modi 
si  faranno  conosctrc  alle  si;7oorr.'  c-attoliclie  romane  di  ogni  grado  e  con- 
dizione, con  prouria  circolare;  perche  ognuna  di  esse  in  occasione  delh 
noMBe  d'oro  del  Santo  Padre  0  prepnri  con  le  proprie  mani  un  lav 


BT  le  chiese  povere,  o  lo  comperi  ?ià  f:iHo.  os'vero  invìi  al  Gomitalo 
«Ile  signore  promoirici  tin'otlerla  qualunque.  L'invilo  ^  firmalo  dalle 
reclurisMiDe  signore;  Principe»»  Francesca  Massimo;  DiirhRssa  SaWiaii  ; 
[archesa  Chiara  Antiri  Maltei;  Marchesa  Maria  Cnvallotii;  Marchesa 
iloiUde  Vìtcllcschi,  Krsilia  Sierbìni;  Giuseppina  Bossi  Uè  Gasparis;  Ào- 
ieUna  Celerini;  Virgìnia  \Unicchi;  ed  b  chiuso  da  quesle  tielte  parole: 
t  Voglia  il  hHiignis'iirno  IdJin  tiMiffdire  \c  nostre  InlcfiKioni,  «  far  sì  che 
Dpiose  .nienti  le  aLlesionì  alle  circolari,  che  invieremn;  così  che  il  noslro 
ìoinilaU)  possa  rag^ungerc  il  santo  fine  di  coFiforuii'e  con  uua  grande 
li maslr azione  di  afTctlo  l'aniiLio  cuore  del  Santo  Padre.  » 

A  questo  nohilìssimo  esempio  delle  .signore  romane,  bisogna  aggiun- 
gere quello  della  signorina  Maiè  de  la  Hocbe,  che  in  un  invito  indirizzato 
per  mezzo  dell'egregia  Unità  Cattolica  di  Torino  u  tulle  le  l'ie  Unioni 
Mie  Figlie  dì  Maria  e  giovinette  cadoliche,  pmpone  loro  di  festeggiare  il 
fatttto  avvenimento  con  preghiere,  eoa  l'otTerta  dell'obolo  e  con  doni, e 
fra  questi  un  ricco  Contraitare.  L'egregia  e  nobile  signorina  si  augura 
dui.  come  i>el  1871  per  lesleggiare  il  Giubileo  sacerdotale  di  fio  IX 
'fi  s.  m.  si  raccolsero  oltre  10,000  lire,  tutto  obolo  delle  Figlie  di  Maria 

e  giovinelle  cattoliche;  cosi  ora  sì  abbia  a  rinnovare  uno  spettacolo  so- 
'  toigliante.  Jl  generoso  dìvìsamenio,  siam  certi,  sarà  coronato  da  uno 

qileodìdo  successo. 

3.  Il  Vandalismo  settario  che  vassi  consumando  nella  Roma  dei  Papi 
,  coMinua  ad  eccitare  le  più  vive  proteste  degli  uomini  onesti,  assennali 
'  «  eompeienii  in  opera  d'arte  e  di  storia.  «  A  Roma,  ha  tesu''  detto  a  Fa- 

lemio  riUiLsire  storico  tedesco  Gregorovius,  non  ho  piii  trovato  le  mi> 
,  TÌe,  le  n"'«  piazze,  i  i»iW  monumenti!...  ]a  Roma  dei  Papi  conserva 
taBbre  il  tipo  veramente  romano...  oggi  non  la  sì  riconosce  [liìi!  Vi  sor- 
HRb  casoni  alti,  senza  estetica^  e  le  belle/^  antiche  spariscono  !...  »  Uneste 

jarole  farebbe  bene  a  ponderare  quel  tale  i^ignor  Andrea  prof.  Husiri 

pfesiderite  dell' Accademia  Romana  di  S.  Luca  che  alle  censure  del  Gre- 

gorovius  e  a  quelle  molto  più  gravi  del  prof.  (ìrimm,  ugualmente  tedesco 
I  t  protestanle,  risponde  le i-gi versando,   equivocando  e  spostando  ta  que- 

«Kuie,  come  fece  in  '^onsiftiio  municipale  il  Torlonia.  La  vcriii\  è  che  la 
,  coodanna  della  settaria  distruzione  di  Roma  ^  venula  donde  meno  ì  nio- 
I  itni  vaodalì  sì  aspettavano,  Questa  ^  stata  per  essi  una  guanciata  Isnio 

più  dura,  quanto  meno  vi  erano  avvezzi  :  1'  Kuropa  da  gran  lempo  non  si 

occupava  pu'i  di  quel  che  Tacessero  i  liberali  in  casa  d'altri.  Ma  il  risveglio 
I  è  vpnnio,  e  gli  inventori  delle  guarentìgie,  che  che  ne  dicano  la  Tribuna 

t  il  Diriiio^  sanrn  che  oggi  vi  è  chi  si  occupa  dfll«  cose  di  Roma,  il 
,  Ironie  Soderini  ha  risposto  con  un  miignitko  *ì  sinni^enie  scritto  alle 
I  ladcnsaggìni  de!  Rusiri;  e  qucsi»  risposta  colla  lettera  dei  Grimra  for- 

nnoo  un  bel  paio  da  olTrìrc  ai  nemici  di  Roma  e  del  Papato.  Intanto, 
le  appaia  sempre  piii  manifesto  che  colà  dove  futttì  stjpuote  ciò 


JÀ 


9p8  cronaca 

du  si  t'ucìcs  ^i  pensa  »  Boma  e  atta  questione  romana;  ecco  gìuiigem' 
in  data  del  15  il  seguente  iplfìgrninina  at  Monitfur  lì^  Rome: 

«  L' imperatore  Guglielmo  ha  scriUo  teslè  una  letier»  aldaUorfìrìmm, 
«  per  feliciiarìo  della  s.va  pruiesla  contro  la  deformazìooe  di  Kon».  » 

A  proposito:  ^armo  i  aoslrì  tellori  quale  rìiuedLO  la  Ili  forma  sugge- 
risce? Ita  prafetlnra  del  Tevere/ 

*  Oli  bel  rimedio  esclama  la  spiritosa  Eeo  d'Italia,  soprattullo  w 
il  prerelto  fosse  don  Ciccio  Crispì  col  direttore  delia  Biforma  per  se- 
gretario generale  ed  una  delle  sue  tre  inof^li  per  Ninfa  CgeriA!  » 

S«  il  telegramma  al  Momltur  de  Home  è  vero,  come  non  c'è  fl»{ 
dubitare,  i  nuovi  padroni  di  Koma  se  noo  si  saranno  Talli  gialli  perb 
bile,  l'avranno  cerin  masticato  amaro.  È  una  guerra  ad  olirania  che  lon 
fanno  gli  scienziati  di  Germania,  i  quali  da  Monaco  hanno  fatto  una  pro- 
teì.tii  in  questi  termini:  <  La  proiesia  a  favore  della  consrrvnzione  di 
Roma  che  Emanno  Grimm  ha  elevato  nella  Dmische  Rwtdschau,  e  Gtfr 
gorovius  ncW  AHge7iie-tii'  Heittittg,  non  ha  fatto  che  esprimere  i  aenii- 
menti  che  nutrono  in  cuore  tutti  f^li  uomini  colti  del  moudo,  ed  ha  trovato 
in  Gerutaoia  l'eco  più  dif^iiihta,  Noi,  e  migliaia  con  noi,  die  atiiliama 
debitori  alla  Città  Kteriia  dei  più  nobili  ricordi,  intendiamo  con  tutte  ia 
forze  a  conservare  nel  miglior  modo  postillile  alle  rmurc  generauoni  quelle 
veneraiidp  e  rolnssali  nia  nife  si  azioni  del  grande  e  del  licito.  1^  diciamo 
espressamente,  jiercliè  sappiamo  che  là  diive  queste  nostre  dirliiaraironi 
dovrebt>ern  produrre  un  qualche  elTetlo,  si  ha  la  cura  di  Tarle  creden 
come  il  suono  di  voci  isolate.  —  Giammai  U  giudizio  di  tutti  gV intd- 
tigcnU  i  sl-jto  jìiù  concorde.  »  Non  8Ì  (loteva  meglio  sfatare  la  Itfissepia 
che  con  fronte  invetriata  accusava  i  clericali  di  Rama  autori  di  queste 
proteste!  I  nomi  degli  scrittori  della  protesta  sono  ì  seguenti:  Dottor  Ilai>* 
mei^ter;  11.  Urum,  M.  Carriere;  W.  Chrisl;  I.  DoUinger;  Uoiior  Flaub; 
Dottor  K.  Friedrich;  V.  Uobach;  Dotior  E.  Lingy;  Dottor  Pranll;  C.  H-j 
lotg;  I.  L  Raab;  F.  Reber;  A.  Rothmund,  R.  SchoH;  L.  Tieracb;] 
M.  Widmann:  E.  WoliUin. 

4.  La  pace  religiosa  in  (ìennnnia  non  è  ancora  del  tutto  concbias» 
ma  U  si  può  dire  molto  bene  avviata.  Un  dispaccio  alla  Gazzetta  di 
Colonia  alTermava  ullimameDte  che  il  principe  di  Blsmark.  vuole  aisth 
lulamentc  conchiiiderl».  La  nota  per  allrodel  Cardinale  Jacohini  pubbli- 
cata nel  Mottiteur  de  Home  ed  in  altri  giornali  caltolici,  e  che  tanto  bene  ' 
fu  accolta  in  lìeiniania  ne  è  un  buon  presagio  ■.  11  giornaliuno  tcdcsoo, 
ttlip  pochissime  eccezioni,  è  tutto  d'accordo  per  far  plauso  al  Gran  Cai- 
cellìere  della  buona  volontà  che  ha  messo  nelle  trattative  colla  Santa  Sedej 
per  raggiungere  questo  scopo.  L'Edio  der  Gcgentcart  scrivea  testé:  «  L»i 

■  D  leiiore  oc  Irm-rrà  II  tosto  in  fonilo  allo  Corrìgpondenia  di  Prussia  e\ìi>  po^J 
lilicliiaino  in  inceto  tU^o  iu.idornE>.  «. 


CONTKMPORANEA  359 

lAlo  ti  aodalo  iinn  a  Ciooski,  ma  a  Roma.  Esso  si  rìlira  dal  /CaUnr- 
VHpf  passando  per  Roma:  lo  fa,  p^rfA^  h  ,iev€.  L'evidenKi  che  Iloma 
l>ls  poA  dare  la  pace  ^  cosi  granrlc,  ch«  i  nostri  slessì  proU!siantì  cantano 
Il  ÌDDO  in  Odore  àtAValìmnsa  col  pnpiio.  noma  trionfa,  e  noi  con  essa!  » 

Invece  appena  giunse  la  notizia  che  VRerr^^nhaus,  cio^  la  Camera  dei 
ignori  di  Berlino,  avea  accettato  la  prima  proposta  della  nuova  legge 
cc!<*siastlc.ì,  il  giornalismo  litier,iie  italiano  pensò  subito  a  trame  pre- 
esto  di  .iRoitlari*  odio  e  maIev-ol4?n7.i  alla  ('hictsa  ed  al  f'ajia.  Li  Tmp»- 
nrHin  di  Milani  si  fac6A  iriratii  lele^'rarai'e  da  Roma:  «  Si  teme  cite  in 
nin|)rnsn  dfHI'appoi^'^no  dato  dal  Valicano  alla  politica  dei  principe  di 
tistnark,  ijuesti  ilar:\  fra  non  molto  il  stio  appoggio  al  Papa  nei  rapporti 
i8ienii(?}  tra  il  Valicano  e  l'Italia.  »  Oreste  parole  non  sono  che  una 
rariatite  di  (public  stampate  dalla  Tribuna  di  Roma,  la  quale  dice,  che 
Sismark  qnatrto  pniiia  passereliliK  a  trattare  dei  rappfiili  tra  il  governo 
(aliano  e  il  l'apa.  <  ^  inutile  noia  Y OìSt!rvature  Cattolico  di  Milano,  ti 
ftr  rilevare  lo  scopo  di  queste  perfide  invenzioni,  le  quali  per  altro  dannft 
risalto  agli  avvemmenii  di  (ìermanìa  e  del  Vaticano.  I  nostri  lilierali, 
ACDili  a  Caino,  tremano  a  ogni  stortnir  di  fì-onda,  e  leggono  la  vendetta 
fi  Dio  in  o?ni  frase:  il  sangue  sparso  H  perseguita.  > 

Intanto  non  h  fuor  di  luogo  il  far  conoscere  ai  nostri  lettori  cib  che 
nuova  legge  approvata  dalla  Carniera  dei  Signori  cn:,'li  emendamenti  Ì\ 
DOOSÌgDOf  Kopp,  accorda  ali,-)  Ciiiesa.  II  Moniimr  de  Home  in  un  sd6 
lilleftlo  riassume  cosi  l'imp-iriania  della  les^ge.  Ess:i  riconosce  alla  Chiesa: 
l*la  lilierti  dei  grandi  Seminarii,  senza  il  diritto  di  t>eto  per  la  nomina 
dei  superiori  e  professori;  2°  la  lilierli  dei  Seminarii  pratici  di  uri  anoo^ 
mia  di  Seminarii  un  '[iiali  gli  alli<;vi  in  te'viogia  delle  Università  com- 
piono ì  loro  sludii,  dopo  avere  freipinitiato  durnnle  un  triennio  una  facoltà 
di  ii*riloi?Ìa  cattolica;  V  la  Hheni  dei  ('onvirl-ì,  ossia  dfii^rinleniati,  che, 
«at)ilitisi  presso  le  università  e  ginnasi,  cosiitiiiscouo  i  loro  allievi  sotto 
la  cTipendenza  e  direzione  dell'autorità  ecclesiastica;  4"  la  soppressione 
dell'eame  di  Stato.  Viene  inoltre:  1"  Rislahilita  l'aulorii^  dÌ.sci]tHRare 
della  3abta  Sede  in  Prussia;  2'  soppresso  T appello  per  abuso  e  la  de- 
(ja'sizìoDe  dei  Vescovi  e  sacerdoti  per  parte  della  C'>rle  ecclestastics. 

5.  Il  ministro  delle  scuole,  come  venne  qualificalo  alla  Camera  il 
Oppino,  volendo  fare  un  nuovo  sfregio  al  Cattolici^mo  e  giltare  un'olla 
nelle  bramose  canne  della  Massoneria,  eoo  decrelo  che  rimarrà  mamo- 
rabile  nella  storia  del  liberalismo  settario,  ha  istituito  testò  nell'Università 
ili  Rnnia  una  cattedra  dì  storia  delle  rcUgiùni  La  cattedra,  che  fu 
«ntdata,  se  non  fondata  proprio  per  lui,  al  professore  Batda«isarc  Labanca, 
non  è  che  il  trionfo  del  positivismo,  in  oggi  dominante  in  quasi  lutti  gli 
Aienei  d'Italia.  Il  Labanca  k  uno  sfratato  napoletano,  levalo  agli  oniiri 
di  professore  di  Filosofin  morate  &  Padova  da  Guido  Baccelli:  traslocato 
Pisa,  nella  cui  università  dopo  1  (ischi  ricevuti  a  Padova  fu  destinato^ 


JiL 


CnoNACA 

e  dove  fjassava  la  vita  seoza  inraaiìa  e  seaia  lode,  o  [ter  meijiìo  dir 
senza  allievi.  Ui  che  sUoco  chiese  ai  CopiHOO  di  cliiaiiiarlù  a  lloau 
dove  avrebbe  Tallo  stupire  il  mondo  colla  vastìU  del  suo  sapere  in  fa 
di  religiose.  Il  Coppino  tu  lieto  di  conieotaflo.  Indaroo  gli  si  fece  osse 
vare  che  la  inaieria  che  il  I^ltanca  volea  trattare  era  molto  scabrosa; 
e  indarno  ancorìi  che  ^li,  uod  avendo  mai  lelio  I  testi  religiosi  dell'India, 
della  Cina,  della  Persia,  della  Grecia  e  degrtlhrei  non  aveva  competenuj 
!iCìoiUirica   in   questa  ntaierja;  l'extraie  fn   licenziato  a  ntoniara   suU 
Duova  catiedra  ;  e  11  giorno  1 1  aprile  a  fare  la  sua   prolusione  al  stnl 
corso  svolgendo  questo  lem»:  «  La  religione  per  le  Lmversilà  non  A  uji[ 
«assioma,  Iionsl  un  proMema.  »  Dasta  il  tema  di  qaenia  prima  lexiooej 
per  argomemare  quali  inse^amejilì  e  quali  (irìncipii  saranno  Unditi  da] 
questo  grande   iliiiiore.  Se  la    religione,  ossia  il  culto  dovuto  a  Dio, 
un  prolilema,  o  allora  perche  non  polreltbero  essere  altresì  un  problenuj 
l'obbedienza  alle  leggi,  il  rispetto  alle  autorità,  l'ossequio  al  capo 
Stalo,  e  via  dicendo? 

ti.  'loglìamo  iia\[' Osservaiore  Romano  i  iiarlìoolari  di  una  belUl 
cerimonia  che,  il  giorno  15  aprile,  fu  fatta  nel  Talauo  Apostolico  del 
Valicano;  ove  Sua  Santità  benedisse  con  solenne  rito  la  nuova  Campauj 
delta  Falri;trcale  Basilica  di  Santa  Maria  Maggiore,  fusa,  per  gea«msaj 
munìtìcenifa  del  Sommo  PooteGce,  nelle  ollìcine  del  Lucenli,  valente  roi*| 
ditore  romano. 

<  In  fondo  alla  Sala  Ducale  spleodidamenle  addobbata  si  elevava  il] 
trono,  e  di  fronte  ad  esso  la  inbuna  destinata  al  Coro  dei  cantori  ddUJ 
Capitila  Poniillcìa.  l^sso  i  gvAAww  del  irono  erano  disposte  da  aml)edaej 
i  lati  le  bancate  pel  Capitolo  [liberiano  e  pei  personaggi  addetti  ali 
Corte  I\)ntìncia.  «  Nel  bel  mezzo  della  Sala  sorgeva  un'elegante  edicola.] 
sotto  la  quale  era  sospesa  la  Uattijtana.  «  Disceso  il  Santo  Padre  dai  mioìJ 
privati  appartamenti  lino  al  piano  delle  prime  logge,  e  recatosi  ncirAula] 
dei  i>arantciiiì,  venne  incontralo  dairEmo  Cardinale  di  Hobenlohe,  .\rd-| 
prete  della  I^ilrìarcale  Basilica  Ulx^rìana  e  da  quel  (ìapìU^  in  abilDj 
corate.  Indossali  quindi  gl'indumenti  ponlìncali,  Sua  Saiititiì,  precedulal 
dalla  sili]  Corie  e  dalla  Croce  lupab',  ed  accompagnata  dal  Diacono  e| 
Suddiacono,  vestiti  io  abito  sacerdotale,  sedevasi  in  trono,  mentre  i  Ca(^| 
pellani  Cantori  modulavano  sulle  armonie  del  Palestrina  il  DMttelto:! 
Tu  cs  Petrus.  Terminato  il  monello  il  Santo  Padre  dava  principio  atli] 
sacra  cerimonia  intonando  i  salmi  prescritti  dal  Ponteficale  romai 
Quindi  il  Sommo  Ponieilce,  doi>o  la  benedizioDc  del  sale  e  deira< 
e  le  unzioni  dei  sacri  olii  e  la  ustione  dei  profumi  secondo  il  nio,  con 
piva  le  altre  cerimonie  prescritte  dal  Pontcfìcale  romano,  durante  le  quali 
i  Cantori  Poniitìci  eseguivano  le  Antifone  ed  i  Salmi  indicali  all'uo 
Cantatosi  Analmenie  l' Evangelo  proprio  della  solenniti),  il  Santo  Padr 
impartiva  agli  asianii  l'apostolica  benedizione.* 


CONTEUPDRANEA  361 

La  cerìmoma  fu  maestosa;  e  il  Saoln  Padre  beai  guarnente  atiaul  che 
Dicrvenissero  l'Arcivescovo  di  Praga  e  il  Vescovo  di  Aiaccio. 
7-  La  S.  Omgngarinw  dell' Indice,  con  decreto  del  1"  aprile  condanna 
recenle  opuscolo  del  signor  Enrico  dcs  t\mx  già  direttore  del  Journal 
)ìofii^.  Eccone  il  leslo: 


Dbchktuii  Feuu  V  ms  I  Apjiii.is  MDCCGlv^^XXVl. 

.So/ra  Congrcgatio  Eminenti.'isimoram  ae  Ufivereìvìismnorum  San- 
ate Homfinm  EcdcsifU  Cardinnhum  a  SANCTISSTMO  DOMINO 
OSTRO  LEOyE  PAPA  XIII  Sanciaqiu  Sede  Aposhlicn  Indici 
'rrorunt  pravae  doetrintte,  eorumdemque  proscripiìoni,  expurgationi, 

pemtissioni  in  universa  Christiana  Bepvbiica  ifracpositorum  et 
beffai orttm,  mandnvii  et  mandnt  in  Indicem  lihrorutn  prohibitorum 
ferri  quoiì  sequUur  Opus  ex  Decreto  Fer.  I V  diei .?/  martii  1686 
tfremae  Saerae  Congregaiionis  S.  OffiHi. 

Hekhi  des  Houx.—  Souvenirs  <Vun  jottmaUste  frangais  à  Rome. — 
■irij.,  Paul  OllendorlT,  ódileur,  8  bis.  rue  de  Richelica,  1886. 

Itaifue  nenio  cuJuseitmqMe  pradus  et  condUtotus  praedictum  Opus 
mnatiim  atque  proscripttim,  guocumqun  lof.o,  et  guocumque  HiomaU, 
Jrt  prt  posterum  edere,  ant  cdìtum  legere  vel  retinere  audeat,  sed 
Iseorum  O/dinanis  aut  haeretictie  pratnl/itis  Inquìsitoribus  Hlnd  ira- 
ìm  teneatur  sub  poenìs  in  Ind-ce  ìibrorum  vetitorum  indictis. 

Qhìòhs  ss,  domino  nostro  LEONI  PAPAE  XIII  per 

infrascrtpttm  S.  I.  C.  n.  Secrelis  rehUis,  SANCTITAS  SUA 
Duretum  probovit  et  ^omulgari  praecepit.  In  quorum  fidem  eie. 

Daium  Romae  die  i  aprilis  I^SB. 

Fr.  Thomas  Maria  Episc.  Sabinen. 
Card.  Mabtiseli,!  Praerecius. 
Fr.  IIienoNYiiiTS  I*ius  S*t:cneiit. 
Onl.  Pnwil.  S.  Intl.  Coiigreg.  a  S«relÌ8.  , 

liooo  li!  Sigilli. 

Die  1  aprilis  ISSC  ego  infrascriptas  Mar}.  Cttrsoriun  testor  8H- 
ndietum  Deeretum  a/fizun  et  piiblicatam  fuisse  in   Urbe. 

Vi.icsKTius  Bb;«aglia  Mag.  Curs. 


362 


CRO.VACA 


H. 

COSE  ITALIANE 

i.  Otiinilìci  giorni  dì  chìacJiìcrc  e  dì  pellf^coteu!  —  2.  Il  IH 
S'iti  àlia>ci*1ii  tiei  parliti  fDalumii  -  'A.  l'Itimi  livori  df^llk  Ca 
t'ainea  bn»^  -    1.  Tu  inilotiio  Inllilo  rli  niiiaoilnre  in  car 
6-  U  prorflpii  del  Parlnincnift  —  G.  L'apilnironc  *l«llornle  — | 
tn  molo  —  8.  Mene  *ooiali*le  e  timori  di  MombuwoljiRenit 
PaifiM  e  0  !)r~:iMli«i  —  IO.  Il  Coltrgio-coiiTiilo  roninno  a  Zìpoli 
ArcivcfCOTO  San  Kriioe.  M 


1.  Da  [julmllci  gioroi  jl  irgno  d'Italia  per  longo  r  per  lai 
assJMere  all'inaurato  spvUacolo  ili  un  nirirido  di  ctii'acrliiei 
golezzi  hlomacanli.  La  8l»mpa,  1  circoli  polilìci,  le  con^'reghi 
i  rilrovi  (lei  poliiicanii  d'ogni  Ta/jone  e  risma,  i  propugnale 
e  gli  avveiilurieri  del  dtsordiike,  hao  fallo  a  chi  ne  sballavd 
neiriuieulo  di  nietleré  in  mala  viida  il  Depreiis,  diveoUtP 
ogni  contraddizione,  l'orco  e  la  befana  dei  radicaleggia  riti, 
ninne  della  palria  e  delle  isliluzioni.  j^cr  dne  settimane  ^  j 
la  Cantera  si  sringlie,  il  ininisipro  si  rimpasta  ;  Depreii.t  gii 
zavorra  e  cliìama  altri  uomini  ad  aiutarlo  a  menare  io  p( 
Ma  l'tiKtomani  tulio  l'fippnsio:  la  Camera  non  si  scioglie  pii 
è  dimissionario:  la  Corona  ha  chiamalo  il  Hohilanl  i«r  rl( 
novello;  un  mtnisiern  di  nfTari;  e  poco  dopo  il  Robilanl  b^ 
s'^  diiYulo  volgersi  ni  Iliauclipri;  ma  (]ur«i  s'^  rifiuialo:  s; 
raccattare  la  croce  del  |)ntere  sia  stato  invitato  il  gran  pai 
Che!  chet  Austria  e  (ìennaina  non  vogliono  per  oiun  ca 
governo  ttn  df^i  caporioni  della  garihalderìs;  e  d'altra  pari 
ancora  nella  memoria  gf  infelici  nuccpssì  della  stia  imperijj 
è  moglio  rimanga  al  potere  il  Depreiis,  dandogli  per  coi 
tera;  cosLuì  j-  uomo  da  mantenere  imbrigliata  la  canagl 
segno  i  rarahulti;  ce  n'è  uggì  tanto  hisogno;  ma  ÌI  Ni( 
da  venir  meno  alla  Tede  giurata  ai  Peniarchi.  Come  far«f 
ebiacL-btere.  S'è  determinato  che  fi  proroghi  la  Camera  «  < 
scioglimento  ci  sarà  tempo  da  [«nsarci  sopra  durante  le  va 
Iti  spediscono  ordini  ai  prefetti  e  soitoprcreiti  per  preparai 
nuove  eWioflì.  Quando  avverranno?  Altri  dice  in  maggio,! 
no  in  oitobre;  in  sei  mesi  chi  sa  quante  c>fse  polrani 
disiorrannn  governo  e  paese  dal  riaprire  le  urne.  A  btJC 
t'è  il  punto  nero  della  questione  orientale  per  quei  bcD( 
vogliono  mettere  l'Europa  in  fiamme;  e  non  ci  fo-ssc 


CO>n'GMI'OflA»RA 


S63 


ilibiaiQO  in  vista  il  cliolera...  iniaoln  a  dar  peso  alle  chiacchiere  eccoti 

IQ  fimeo  iocrociato  di  peiiegoIezH.  E  ta  Triìmnn  ailacca  il  Popolo  Ho- 

nano.  Zerbi  onl  suo  Fìrmln  il  Deprulis.  It  Sttr.Uo  gitta  Tiioco  e  fiamme 

nolro  la  Camera;  la  Perseveranaa  si  accende  di  nobile  inde  .^nazione, 

^ida  contro  la  slampa  sovvertiirice.  Per  Rimila  alla  derrata  i  giuraali 

Firenze  son  tialiali  Tuori  coti  dire,  che  ìt  Depreiis  si  è  allealo  col  Va- 

icano,  il  quale  ha  promesso  che  non  gli  verrà  mono  il  concorso  di  tulli 

parroci,  curali,  vicari  e  capp«llaiii  (lolla  gerarchia  ecclesiasiìca  italiana, 

pano  però  che  il  Orprntis  dia  carta  liianca  ai  clericali  di  disfare  l'Italia. 

uti'«uorniità!  Calvari'  mnsules! 

Sommalo  ludo  a  noi  pare  che  lo  stato  presente  delle  cose  abhìa  molla 
iglianza  colla  ooorusione  babelica.  Ecco  tutto. 
1  Abhiamo  detto  che  il  Dopretis,  da  che  si  t  dichiaralo  di  voler 
ire  sulla  breccia  e  l'arme  in  pu^no,  ò  sialo  fuilo  bersaglio  ad  accuse 
i  Tarìo  genere-  Tra  queste  ta  più  grave,  di  essere  un  operoso  ed  esperto 
lUore  di  corruzione  politica  e  morale  1  suoi  avvcrsariicce  n'èdi  tutti 
colori,  di  destra  e  di  sini^iira,  di  moderali  o  di  radicali,  di  pro^rre^sisli 
idi  Mcialisii,  dal  Rudiai  al  Itaccirinl,  dal  Oispì  al  MalTì;  tutti  costoro 
[ridano  in  corn:  per  l'onore  d'Italia  e  per  la  incolumiiA  delle  nostre  isli- 
tiiioni  urttk  si  pub,  non  sì  dee  lollerurc  che  il  Ueprelìs  stia  ancora  al  ti- 
Bene  d«!lta  tmve:  se  le  elozioni  si  Tarann»  liti  imperante  la  fattura  Camera 
lOfl  sarà  che  un'acwwzni^lia  fii  furalnilli,  di  afTari?*i,  uno  scandaloso 
lercaio  dt  compre  e  di  vendite,  [tumpie  gìii  Dejìreiis  e  viva  l'Ilalia! 
foi  non  fummo  mai  ammiratori  del  vecchio  di  Stradelta,  per  la  sem- 
rof^ione  che  egli  vale  tanto  sotto  il  rispetto  imliiico,  religioso  e 
ile  quanto  valevano  i  suoi  predecessori  dui  Cavour  al  Kicnsolì,  da 
[vestt  al  Miiighetti.  E  per  questo  diciamo  noi  che  l'accusa  Talta  al  De- 
di  corruttore,  di  despfili,  di  autorilirio  e  simili,  non  è  ispirata  da 
i  dì  onestà  e  di  patriot tisnio.  mn  da  aiubì^ione  e  partigianeria. 
iccurano  di  corruzione!  Ma  che  il  Cavour  non  creò  l' unità  italiana  a 
di  corruzione  e  di  birbonate  (bnlosmtejì  l^  lui  morto  non  s'è 
uaio  su  questo  tono?  Il  Doprelis  non  ha  altro  torto  che  di  avere 
ilo  le  pedate  ifel  maestro.  Da  uomo  avvisato  che  è,  si  è  accorto  che 
governare  il  paese,  quale  è  diveuiaio  per  opera  delle  <>èile  e  in  parte 
la  fiatar»  slessa  dHle  istituzioni,  bisogna  fare  di  ojj'tìi  erl'a  fascio,  e 
nkre  gli  uomini  pel  loro  verso.  Ora  la  corruzione  in  Italia  è  pressoché 
liversale;  e  l'nnpsià  una  «himftra;  si-  tRcessp  altrimpnii  è  da  credere  che 
a\rfl'be  questo  matd  e  [te;^;,'io.  Del  resto  si  guardino  bene  allo  specchio 
tuoi  ileirniiorì,  e  vedranno  che  il  loro  volto  È  macchialo  f^rse  più  di 
clic  noi  sia  quello  del  loro  ;ivvers;irÌo:  an^ì  r.tcciano  l»ene  l'esame 
cicD/a  t!  trov-Tannn  che  non  è  dni  loro  pulpiti  che  l'Ililia  aspella 
"^prrdiche  in  favore  deU'nn&stà.  K  se  eglino  snlisMero  al  pnt4;re,  dopo 
rovesciato  il  Depreiis,  siamo  sicuri,  che  non  soliamo  l'onesi.^  ne 


364 


CRONACA 


sofTrìrebb«,  ma  la  libertà,  ma  le  isiìiu/ionì  e  qualche  altra  cosa  che 
possiamo  nominare,  e  che  Lnliì  indovinano. 

3.  Kd  ora  volgiamo  T  aUcozione  ai  lavori  della  CaiDcra.  Ltopo  ave 
volalo  il  bilancio  di  asscslamenio  o  l'Omnibus  llnaniisrio,  nvca  nel 
ordine  del  gionto  un  sacco  di  Icg^  a  discutere  ed  approvare.  Si  cotoioc 
il  3  di  aprile  da  quella   sul  ri  conosci  mento  giuridico  delle   socìeli 
mutuo  soccorso,  di  cui  se  n'approvarono  gli  articoli  senza  notevoli 
ficazioni  ;  »  venne  in  seguilo  aliti  discussione  della  iena  It^^  sui  lai 
del  Tevere;  quindi  colla  soliu  celerilà  di  tulle  le  cose  che  accauttooj 
line,  si  jia&KÒ  a  votare,  poiohè  la  lìamera  era  in  numero,  otto  leggi, 
lulte  di  UQ  Gaio.  A  questo  punto,  e  si  ?ra  al  U  di  aprile,  ebbero  priocjf 
le  leggine;  tra  queste  quella  pel  bonifìcamenio  della  ciuà  di  Turino; 
quella  per  estendere  a  tulio  il  regno  la  legge  delle  serviiii  militari.  Qutt 
seconda  fu  molto  dibauitta  e  vivacemente.  Governo  però  e  ComiuiifSic 
si  SODO  accordali  su  di  un  emendamento  proposto  dal  Peruzzi  ed 
costretto  il  Itaccclli  a  ritirare  quelli  da  lui  presentati. 

Ed  ecco  cinque  leggine  in  una  velia  che  i)  giorno  10  sì  pr 
alla  dÌscHs»nite.  In  quel  giorno  sì  nolo  per  la  prima  volta  nella  Cu 
un  femineiio,  non  diremo  nuovo,  ma  di  trisEo  pre&a;;^Ìo  pel  Governo; 
(.Camera  clic  in  principio  dr^llii  seduta  e  alla  prìmn  votazione,  s'era  inv 
in  numero,  non  l'era  più' alla  seciinda.  Kra  una  protesta!  ovvero 
cliezza?  Poteva  hen  esserti  sfaceln.  Questo  pretesto  o  sfacelo,  che  firl 
voglia,  ùuTh  per  alquanti  ii^ioriii.  il  1!^  la  Camera  fu  di  nuovo  in 
Che  cosa  uvea  potuto  attrarre  in  maggior  numero  ^li  onorevoli 
l'aula  di  Monlecilorio?  La  domanda  a  procedere  coniro  lo  Stiar 
inaspcltAtanienle  e  con  .sorpresa  di  niolti  si  trovò  all'ordine  dd 
di  cui  ora  diremo. 

i.  Fu  qiifisui  domanda  un  colpo  Talliio.  Io  quella  tomaia  lo  Sbart 
tenue  un  lungo  discorso  iniercataio  di  allusioni  più  o  meuo  pungetffj 
di  insinuazioni  piii  o  meno  gravi.  Il  fìudini  che  invece  del  Ut 
presiedeva  alla  seduta,  era  costretto  a  ricoodurlo  sull'argomento 
l'oratore  divagava  spesso  per  quella  Invincibile  propensioDC  che  lo^ 
baro  ha  avuio  sempre  »  divagare.  Lo  Sbarbaro  cercò  di 
r ingerenti  che  il  potere  esocuiivo  ebbe  sempre  nel  suo  processo.^ 
questìoae  in  cui  si  Tonno  l'attenzione  della  Camera  fu  quella  che 
in  fio  di  seduta  il  Parenzo:  acc^irduia  l'auiorizzazioite  s'iniendeJij 
data  la   cattura  ?  La   domanda  nasceva   s)K)nlanca,  consideralo 
CBltura  dello  Sbarharn  era  una  condizione  sine  qua  non  pcrcbè  U 
discii.sso  il  suo  ricorso.  Il  guardasigilli  espresse  il  parere  che  la 
mera  non  poteva  far  distinzione  ed  arresto;  dopo  il  suo  discorsa 
duta  fli  rinviata  al  domani.  L'indomani   però  i   voli  del    De[: 
furono  esauditi,  e  il  colpo,  all'ultim'ora  preparalo  contiti  lo  Stial 
andò  a  ferire  nel  vuoto.  Difatto  do^Kt  i  discorsi  degli  ou.  Pareiuo, 


Nicotpra  e  Bonghi  si  venne  alln  votazione  per  dÌTÌ»onc.  La  pnmn  pane 

era  cosi  conoepiU:  <  La  Camera,  prenitimdo  allo  iltìlle  itìtihiaiii/iodi  della 

■Apro (Urss ione  che  per  procedere  all'arresio  dì  Sharltaro  orc'orra   nuova 

PMt'>rìz/.azìone.  >  —  Chi  l'iipprova  m  alzi,  dic«  il  l'reM'lente.  —  Restano 

seduti  solo  parecchi  di  delira  e  del  centro.  Alla  controprova  si  aliano 

gli  onorevoli  Mingheiti,  lirpii^'hi,  Taiani  e  altri  clni|ue  o  sei.  Onesta  prima 

,   parte  approvala,  si  pass'j  alla  seconda,  che  dice*:  <  La  Camera  cotjsente 

I   ehe  il  prwedimento  contro  Pietro  Sbarbaro  .«ia  approvalo?  «  £d  ^  appro- 

rato  aH'iinaniniiiA.  Votasi  dunque  ed  approvasi  l' intero  ordine  del  gjomo 

K° — enzo  e  la  seduta  è  sospesa. 
a.  S6  non  che  prima  vhe  fosse  ripresa   la  scinta,  ecco  il  Dcpretls 
tram  Dell'aula.  Vi  venne  accolto  dai  remori  e  dagli  oh  '  oh  I  della 
Mjiiiera;  Dio  cosi  r»ernieUcrnlo  ehe  gli  anelici  di  rivoluzioni  sìeno  \m 
^■K:rali  dalle  rivoluzioni.  Chi  potrebbe  indovinare  che  cosa  era  riserhato 
rtl  Cavour   se  finn  fosse,  iiraan-Tmenle   parlaotfo,  mono  a  lempo?  Ceno 
dal  modo  onde  è  stato  trattato  Napoleone  111,  e  con  cui  è  ora  traUato 
il  Depretis   ben  »  può  argunieulare  di   guello  che  .sarebbe  toccalo  al 
LJttlore  principale  dell' uoità  ilaliana.  La   rivoluzione  vuol  gente  che  la 
^^va  e  non  che  la  laceppi  ;  e&sa  è  come  il  torrente  che  sdegna  le  dighe. 
■        0"ando  gli  onorevoli  furono  al  loro  posto  e  a bba ."Stanza  tranquilli  il 
'   Presidente  Uudini  diaae:  «  Do  la  parola  al  presldenic  del  Consipi'O.  »  li 
'    il  Peprelìs  si  alza  e  legge  il  decreto  ficl  quale  la  Corona,  sn  proposta  del 
mmistro  dell'interno,  udito  il  consiglio  dei  minislri  e  visto  l'articolo  U 
^^lù  Statuto  (ondameiiiale  del  Regno,  decreta  la  proroga  delle  sessioni 
Bilia  Camera  alta  e  della  Camera  bassa,  sino  a  che  con  un  altro  decreto 
'wa  sarà  provveduto  iìh  riconvocazione  del  Parlamento. 

Il  Presidente  della  Camera  riprende  la  parola  e  dice:  «  Do  alto  al- 
,    l'on.  presidente  del  Onsiglio  della  comuni Cif/inn e  del  decreto  di  proroga 
della  sessione.  I^  seduta  è  sciolta  !  »  K  si  cupre.  I  deputali  scendono 
^^ora  in  frilla  nell'einiciclo  e  le  conversazioni  si  fanno  animatisslme. 
^p  Brano  le  ore  4  e  venti  minuti  del  pomeriggio  del  14  aprile  I 
"    n.  Non  occorre  osservare  clin  il   |irovvc(Iìinento  della   proroga  ha 
impedito  la  discussione  dei  bilanci,  e  troncato  a  mezzo  quella  ad  arte 
procrastinala  in  Senato  della  legge  per  gl'ìiiforlunii  del  lavoro.  R  miai- 
stero  sa|ieva  di  dover  essere  Iiaiiuto  su  questa  legge  nella  Camera  alta; 
e  tMn  ha  voluto  presentarsi  alle  urne  coq  una  sconlìita,  Era  gù  sìM- 
fUDza  grande  la  sua  debolezza  per  non  desiderare  di  aumentarla.  Resta 
nofìdinieflo  dimostrato  che  egli  non  ha  avuto  auiorìtà  per  spingere  i(iiian:;i 
\e  famoite  let^  sociali  che  erano  parte  integrante  ihì  noto  programma 
di  Stradella.  K  colle  leggi  sociali  molte  altre  leggi  sono  state  seppellite 
ila  lui,  chi  sa  se  per  sempre. 

Il  decreto  di  proroga  non  •''  bastato  a  togli<?re  iifTicialmente  tutte  le 
ioceriezze  dello  sialo  presente  delle  cose.  Nelle  condizioni  attuali  la  proroga 


36U  CilONAlIA 

può  ri.solrersÌ  o  nella  chiusura  dtAi»  segone  o  oetb  scioglimento  delli 
Camera.  Per  quanlo  guest'  uUima  sniu/ìone  seml>n  la  più  prntMibilc,  pure 
nulli  è  slato  ancora  délinitlvameiite  dclìlieralo.  Una  deei^ione  su  quest/^ 
punto  DOQ  verrà  presa  se  non  quaudo  lo  penueiierà  la  salute  del  pre- 
sidente del  Coasiglto,  che  ora  trovasi  iDfermo  per  uoo  dei  suoi  soliti 
attacchi  di  gotta. 

luanlo  nella  previsione  di  uno  sctOKlimeulo  della  Camera,  lutti  ì 
partili,  tutte  ìf  arobiKÌoai  e  lulte  le  cupidigie,  e  ce  ite  li3,  Dio  sa  quanie 
hao  comincialo  ad  jgiiarsi  e  ud  agitare.  Ognuno  si  vuol  tenere  prooit 
pel  giorno  della  battaglia,  e  non  lasciarsi  cogliere  alla  sprovvista.  PhmJ 
a  dare  l'esempio  sono  Mali  i  deptunii  dell'opix^siiiione  presenti  a  Rnni.i, 
i  quali,  in  una  riunione  tenuta  il  17  aprile,  hanno  preso  i  loro  accordi 
sopra  alcuni  punii  dei  quali  sarà  Tana  causa  comune.  Fra  gli  accordi 
presi  ci  k  questo  che  pel  buon  successo  delle  elezioni  si  debba  dividere 
il  lavoro  fluitonile. 

Se  il  8eeoh  dì  Milano  dice  il  teto,  io  quel  concilialMlo  dell'oppo- 
sizione pare  si  sia  stabilito  di  dare  la  direzione  del  Ptemonie  a  Tntn- 
maso  Villa;  del  Lon>bardo-Vcneio  al  Cairoli  e  al  Zanatd(!lli  ;  delle  Ro- 
inagne  ed  Emilia  al  Baccarini;  del  Napoletano,  al  Nicolera;  della  Sicilia 
al  Crìspì  ti  al  Budini;  insomma  ni  coprirci  della  Pentarchia,  lutti  aspirami 
a  raccogliere  l'eredil.^  del  Deprelis,  che  si  reputa  già  mono  e  .v!p[>ellil0, 
e  a  melteivi  sulle  spalle  la  pesante  croce  del  potere.  Né  questo  è  tutta 
Non  .siamo  ancora  alto  scioglimento  e  giA  si  mettono  fuori  programmi 
e  discorsi.  Dei  piograniroi  il  primo  eh»  si  sia  [icescniAto  è  quello  dd 
dis.sidenti  del  Ceolro  destro,  di  coloro  cioè  che  prepararono,  inneggiarono 
e  aiutarono  il  tnisformismo,  ed  ora  sou  quelli  che  tirano  sassi  sui  vetri 
del  povero  vecchio  di  Stradella.  Quanio  ai  discorsi  non  si  conosce  fibora 
che  quello  che  il  Nicoiera  far.^  a  Napoli,  a  Regorio  di  Calabria,  a  Po- 
tenza, a  C:ttanzaro,  a  Chieli,  ad  Aquila,  a  Foggia,  ad  Avellino,  a  (^m- 
pobasso  e  a  Ij^iievcnin.  Potenza  di  polmoni  che  dee  avere  11  gran  barow 
di  Salerno,  se  è  capace  di  far  risuonare  la  sua  voce  in  giro  per  dodici 
Provincie  ! 

Tutto  sia  a  vedere  se  questi  signori  faranno  i  conti  senza  l'oste;  e 
l'aste  in  questo  caso  potrebbe  essere  il  cbolera  che  abbiamo  alle  porir. 

7.  Tra  quesii  garbugli  bi.sngna  anche  conlaro  la  Massonerìa  che  b 
capolino  per  pescare  nel  lorhido.  Cominciamo  dalla  romana,  la  q'jsk  tli 
recente,  se  è  da  credere  ali»  Rassegna,  nel  Ristorante  le  Venete,  in  ri* 
Camffo  Marzio,  tenue,  il  grande  hancheit'j  massonico  o  agape  rralenia; 
c'era  un  centinaio  di  Trammassoni,  che  rappresentavarn  tulle  le  logge 
massoniche  di  Homa.  11  gran  Maesiro  era  assente  non  si  sa  per  quali 
domcsiicbe  cìrco^stanze;  ma  presiedeva  tigrati  eommendatore  della  .Mas- 
soneria italiana,  il  che  non  tòlse  che  «  la  più  schietta  cordialìtjk  regnasm 
dal  phncitno  alla  line  dell'agai»  fraierna  che  si  protrasse  ad  ora  lard* 


covTRHrnnANfu  367 

^sera.  »  Menire  i  missoni  rimani  liancheliavnno  e  cinnf^Bvaoo  nul 
loraDle  le   Verfie,  (\xm  di  Firenze  seilevano  a  desco   m  i|iiet   del- 
ÌAtet  Miinn.  QueMo  haDchello  noD  fu  che  il  nKi-essario  coin[iltimenlo 
if^gello  del  Congresso  massonico  di  rito  simbolico,  che  si  cominciò 
la  sede  della  Loggia  CotteorJia  di  Firen/e.  Ctie  cosa  Abl>ia  de- 
ll Coogresso  non  è  più  un  mistero,  per  ({uanLo  si  sia  cercato 
«rio  naseosln.  SÌ  sa  infalli  rhe,  oltre  all'avere  discusso  suWtnradrìile 
pericoh  itegli  Ordini  reliifiosi,  e  sulla  alMau/.a  dei  clericali  col  governo 
di  Uepreiis  i  capoccia  della  Massoneria  ìniervenuU  in  qiif^Ua  sinagoga 
iMuria  proposero  ch«  si  ralTerniasse  la  dipendenza  dfi  massoni  floren- 
Ibi  dal  Oraode  Ortenie  di  Roma  e  si  costiiuisse  un  fascio  di  tane  le 
knt  massoniche.  E  poiché  il  line  supremo  della  Massoneria  è  di  dcmo- 
At,  se  potesse,  il  Crislìanesimn,  l'assemWca  lenehrosa  dftiibfjrh  di  riac- 
Kiderti  pm  viva  la   lolla  contro  il  Clero,  nemico  della  patria  e.  ddla 
tU«n.1,  dappertutto  risori^nnie!  »  Oue-tlo  riferisce  il  Seenìo  di  Milano;  e 
COovicn  prestargli  fede,  perchi^  delle  cnse  massoniche  è  or^uo  ofQcialo. 
iKanlo  pei  j^oroali  belici  corre  una  circolare  proposta  colla  data  di  An- 
versa 8.'.  7.'.  8  e  li!.'.  ;i877  per  cj-sare  un  Papato  massonico,  che  abbia 
«^e,  areopago  e  curia  in  Roma.  Per  ci^  fare  converrehl»  convocare  nel* 
l'alnui  cilti  un  Congresso  ffrneraìe  dei  ma.<>uom\  in  ati  (Uòbano  eia- 
bararsi  gli  statuti  di  una  tate  isiUìuìone:  pttr  la  stfssa  ragione  si 
^«erd  a  forma  del  Danaro  di  San  Pietro  un  Danaro  (klla  Mnsso- 
HrM,  (Ih  le  scimie! 

8.  I^  mene  socialiste  si  manirestauo  o^ni  di  piii  balde  e  amiacì.  Ui 
cbe  ì  padroni  delta  nova  Koma  sono  in  grande  {«nsiero.  Uue  grandi  pe- 
ricoli infatti  sono  imminenti.  Io  scnp|iio  di  una  guerra  europea,  e  lo  scop- 
pio  de)  socialismo  in  Italia.  Sentano  i  lettori  che  co.<;a  scrive»  .su  questo 
pmposilo  la  Democraeia  del  ì  aprile.  «  Tulli  i  giornali  conservatori 
mdann:  4rt' firmi/ Dal  lepido  Fan/w/fa  alla  decrepita  Opiwone,  dalla 
PfTsrveranta  alla  Hus^rgna,  un  urlo  pauroso  s'innatza  all'unisono: 
Caiilina  è  alle  pone  di  Roma!  •  K  noia  che  «l'epilessia  mordile  mi- 
uccia  d'impadronirsi  dcll«  mollìiiidinì  lavoratrici  dì  tutto  il  mondo, 
dagl'impiefali  ìpì  trams  di  New- York  ai  minatori  di  Discare  vii  le,  dai 
^en<ticftnli  di  Cbarleroi  ni  manuali  di  Milano  •;  ma  di(!hiara  c\w  queste 
^■Dvulsioni  popolari  «sono  inevitabili  consegnerue  deiringìu.sti7ia.  *  In- 
i^nto  da  Uorna  ci  è  ehi  ha  scritto  alla  Perset^eranea  che  «  nella  Lnm- 
hardia  e  nei  Novarese  i  Tugi*  del  Laroro,  Il  Consnfato  Oitrraio  di 
Milano  ed  altri  Bodalizii  minori  mandano  appositi  cinìssarii  nelle  cam- 
pagne per  diflondere  le  loro  dollriue  sovversive.  Nell'alto  mikinese.  pf^r 
etìenipio,  dove  la  coltivazione  dei  hachi  ha  iin'imporian/a  speciale,  la 
pnrola  d'ordine,  che  gli  emissari]  cercano  di  far  provalere  nelle  frequenti 
riunioni  che  ora  tengano,  ^  questa:  nfli  tersa.  *  fjt  corrispnndf^n/a  spieira 
che  t|uesie  due  parole  .signilicauo  tutto  un  piano  di  guerra.  < 'Juando  la 


368  CROI 

coltivazione  dei  tiactii  sarà  giuau  alta  terja  mula,  i  cooudini  pre^ea- 
iKrarioQ  ai  proprìetarii  le  loro  pretese  minacciandoli,  ove  non  le  acceitino, 
ili  non  fiiii  prestare  l'opera  loro  per  condurr-e  a  termiDe  quella  coltiva- 
Eione,  mancando  cosi  aìrobljligo  che  hanno  T>cr  ontratto  rortnalc.  E  pol- 
t-lift  le  toro  pretese  saranno  ìnacceliabiti,  è  probabile  che  accada  sppunu 
ciò  che  sì  mÌDaccia.  con  quaoio  danno  di  lotti  è  inutile  il  dire.» 

Ouesto  lavorio  dell?  s^Uc  anarctiiclie  non  è  meno  attivo  ed  inenìcace 
ne]  Veneto.  «  Il  Costa,  dice  1'  l'nìM  C/ittoiitio,  die  b  slato  a  Vennia 
durante  il  processo  dei  Mantovani,  no  »nrlr.t,  se  non  ^  già  andato,  a  Pa- 
dova {»er  il  proce.>uio  dei  socialisti  padovani.  Nel  Verjeto  poi  i  radicali 
fatino  dappertutto  causa  comune  coi  BocìnlLsii,  e  lo  slesso,  ^  fari  dicesif 
nel  Bresciano.»  Pur  cooehìudere:  le  mene  del  Sicialismo  aci)uisuin 
sempre  più  foru;  e  quel  che  è  peggio  oon  si  vede  ctii  contro  questa 
crescente  marea  voglia  e  sappia  resistere;  anzi  se  si  deve  prestar  fede 
alle  noti^ift  che  ci  vengmo  da  Roma,  ei  è  qualche  sintomo  singolire  di 
pusillauiuittj  dm  fa  paura. 

9. 1  porti  di  mare  furono  sempre  ì  più  esposti  al  iriMe  morL»  cht 
(li  tanto  in  tanto  Ilagetla  l'Europa.  L'anno  scorso  fu  la  volta  della  I>elU 
i'alermo,  oggi  lo  è  di  Brindisi,  da  dove  si  annunzia  il  luttuoso  avv<ni- 
menio  della  comparsa  del  cbolera.  Il  nwboera  egli  latente,  ovvero  dì- 
vamp/i  improvviso,  rome  è  accaduto  in  atire  parli?  La  prp.tur»lnr»e  Al 
pfl  primo  caso;  e  non  ci  fosse  altra  prova  basterebbe  quella  della  de- 
stituzione del  Sottoprefeiio  e  del  Sindaco;  il  morbo  quindi  eaislcva  in 
liriitdisi,  ma  si  lenea  nascosto,  e  non  si  pensò  a  farlo  sapere  che  quando 
gli  attaccali  ascesero  a  75  e  i  morti  a  non  sappiamo  quanti. 

L'annunzio  funesto  ha  messo  i  brividi  ai  Siciliani,  i  quali  subito  banw 
richiesto  Ir  iittarantcne  e  l'otterranno.  I  falli  di  Palem»  dell' anno  scorso 
non  sono  arn-ora  dinientirati  dal  Depretìs  e  dal  suo  segretario  guncnle 
ilorana;  sicché  è  vnce,  che  dopo  avere  il  Ministro  dell' iuierno  Hrmato 
il  decreto  delle  quarantene  per  \e  provcnieo/.e  da  Jtrindisì,  lirraerA  anche 
quello  delle  cotiiumacic  generati  por  te  isole.  In  questo  caso,  la  (alla 
cadrebbe  al  hal/o  del  Depretis;  perchè  poste  le  contumacie  generali  è 
una  necessità  rimandare  alle  calende  greche  te  elezioni.  Che  è  quel  che 
desidera.  «  In  tal  caso,  dice  la  Trìbima,  il  suo  programma  sarebbe; 
Non  chiudere  la  sessione,  onde  non  riaprirla  con  vota/ioni  contrarie; 
ritardare  te  relazioni  dei  bilanci  e  domandare  che  sieuo  approvati  senza 
significato  pobtico- 

11.  Nel  cliiuderc  questa  nostra  Cronaca  della  quindicina,  non  pos- 
siamo asienerL'i  dal  irihutare  i  nastri  omaggi  a  quell'emineole  Porponio 
e  magnanimo  Pastore,  che  fe  il  Card  Arcivescovo  di  Napoli  Guglielmo 
San  Kelice.  Qup.st'unmn  secondo  il  cuore  di  Dìo,  e  che  la  Prowideoa 
chiamò  a  governare  la  diocesi  principe  del  regno  di  Napoli,  prende  sempre 
il  più  vivo  interesse  per  tuim  ciò  che  può  conferire  ni  bene  .spirituale^ 


corrreitPonAKBA 

Ciuate  (^  morale  della  mn  dilfttu  gre;;i;ia.  Gli  sta  a  cmtc.  (>riiici{iat- 
eate  rwJurarionp  cristiana  d^lla  Rioveniù;  *  non  si  lascia  mai  sfuRpire 
iCisoDe  di  paleure  ti  sun  grariftp  smora  per  essa.  l'À  un'  ultima  pruova 
t  è  i'afTcsio  veramente  paierun  diraostralo  verso  ;d;Iì  alunni  dui  Collegio 
tonno,  nella  occa.>:ìone  del  trasrerìmenio  di  qiiesm  i>lleKÌo  nella  ca^a 
9U  della  Conocchia-  t/inaut^iranone  del  novello  collegio,  dir«ito  da 
ìligiosi  esperti  nella  ddirata  e  diflìeil  arie  ilell'ofliicare,  fu  falla  il  1°  aprile 
ilio  <acvu>  illustre  Por{inrntQ,  rhc  soiLO  il  suo  patrncìnìn  lin  |)osto  quel 
im  ed  uicantevnle  sito  dixiiinatn  ad  fìdiirjire  la  Kii>ventii  perchè  divenga 
D  giorno  la  ^'loria  della  iiatria  e  il  vanto  della  retii;io»e.  Terminala  la 
Boedizioor;  della  Casa,  Tati»  secondo  il  riU).  1'  KminenlissÌRir>  Cani.  Arci- 
escovo,  lìRdendn  pmsso  l'alLirr;  della  napiiellfi.  agli  alunni,  alle  loro 
iinìglie  e  a  quauii  eram  couvi-jiuii  in  quel  santo  luogo  volle  manifestare 
In  Dna  allocuzione  il  seulimeuto  che  lraho(^;aYa  dal  mio  nobile  animo 
ella  solenne  cerimonia  che  s'era  cr>mpit)l3.  Un  »uoto  di  quel  discorso  Tu 
aio  dalla  Ubertà  Cattoiicn  di  Napoli  del  3  aprite:  e  noi  non  vogliamo 
Mutarne  i  nostri  Icnori,  tanto  appropriati  alle  circostanze  del  luogo  e  delle 
lenone,  tanto  commoventi  furono  ì  sensi  da  L<ii  espressi,  dei  quali  non 
ttra  mai  cancellarsi  la  memiiria  eia  impressione  in  quanti  li  ascoltarono. 
tAllopchè,  miei  fi^i  (così  in  sentenza  PErao  Arcivescovo',  poco  innaitzj  io 
isaliva  a  questo  colle  in  me^zo  all'  onda  festiva  di  jnoviinetii  e  di  siitnorì; 
pii  dove  una  volta  sorge»  l'ostello  del  dolore  e  della  morte,  i  riii  pianti 
ri  i  giui  risonavano  in  eco  spavcnievoie  nella  vicina  città  invasa  dal- 
'qiidemia  del  chnlera,  al  ravvicina mfinin  di  tali  idee  il  cuore  mi  ballava 
Kr  lenovjia,  e  mi  sono  venute  sul  lahhro  quelle  cnmrnovenli  parole  che 
B^àmo  nel  XXXII  capitolo  della  Vjmvs\,  allorché  (Jiacol)tie^  carico  di 
unìgiiaedi  beni  rìpasKiva  il  Giordano:--  Dio  dei  padri  mìei,  ek'lisclam\ 
||awio  picciolo  innanzi  alle  mist^itcordie  ed  alln  leali»  che  lini  usato  al 
^■rvn.  Io  passai  questo  (lume  con  un  bastone  solo  ed  oggi  vi  riloroo 
^■iM  schiere. 

Buu^tì  pensieri  rìcorsei-o  alla  mia  mente  alla  >ista  degli  splendidi 
ocelli  che  salgono  questo  colle,  donde  discendevan  cigolando  i  funebri 
Vri:  all'aspetto  fedivo  di  questa  gioventii  studiosa  piena  di  ardore  e 
Ti  speranza  che  inconiro  sulla  soglia  onde  la  speranza  fuggiva,  a  questa 
rimavera  che  ci  soiride  ^In  dalle  piante,  d.ille  quali  l'una  dopo  l'altra 
ira?  e  gialle  cadevan  le  foglie  in  qnel  triste  autunno.  Si,  il  mutamento 
I  (lue.sia  scena  mi  fa  piatii<<-re  e  rìn>;razi:ire  Dio  con  i  sentimenti  di 
Naeolif*c. 

•e  Allorcli^,  cessala  la  morìa,  gli  illustri  ni ppresen tanti  dì  questa  cillà 

KKKfO  a  ri  ni;  radiarmi,  io  risposi  ad  essi  dì  :iver  compiuto  se  tu  pi  icf  mente 

pastorale  dovere  verso  il  mio  caro  po[jolo,  e  che  io  inveoe  dovevo 

agra/iar  loro  per  Topera  dnl  risjinamenlo  a  cui  si  accìngevano.  Rìsa- 

ttwfo  pure  .Napoli  inalerìalmeulA,  ma  non  trascurassero  il  mighora- 

StrU  XUI.  poi  11.  /lue.  8«1  2i  ii  "pr-iU  l»5ij 


370 


CRONACA 


memo  iiiornle  del  popolo,  e  specie  la  educazione  della  f^oventù  ini;idìaU 
da  lanli  impuri  miasmi. 

«  H  noi  die  esultammo  non  appena  le  chiare  e  fresche  onde  del  Senno 
volsero  fra  noi  pel  commodo  e  la  salubniik  dei  ciiladini,  esuUiamo  non 
meno  oggi.  Tingendo  laoli  doNÌIì  giovanetti,  educarsi  al  sapere,  alla  vini) 
alla  religione  soUo  la  guida  di  eocelleoli  e  ooti  isiiiutorl.  E  qui.  ilove  la 
provvidenza  del  magistrato  di  salute  ordinò  un  lazzaretto  per  arrestare 
i  passi  ai  morbi  infetitvi,  qui  appunto  zampilleranDn  ie  mistiche  fontt, 
e  cosi,  0  miei  cari  giovanetti,  attìm/eretc  con  gaudio  le  lutqnf  alle  fomti 
dfiì  Stivatore.  Non  bastano  Ititi'i  materiali  vantaggi  •^mm  c)uest'ac(iua  si* 
hitflrc,  per  cui  sì  tempera  la  febbre  delle  passioni  sociali,  che  furiosamente 
oggi  divampa  e  va  seminando  stragi  e  rovine  in  tante  parti  del  mondo. 

«  Avrei  mollo  a  dire,  ma  l'ora  ed  il  hiogo  noi  consente,  lo  i]ui  giunsi 
col  pensiero  di  Giacobbe,  e  di  qui  mi  parto  con  la  benedizione  che  egli 
lasciò  ai  suoi  figli.  Innanzi  a  me  si  schierino  tanti  e  tnnti  nobili  gio* 
vanelii:  or  io  dimando  con  Giacobbe:  qui  snnf  isti?  Che  vogliono  essi? 
—  Son  llgli  miei,  mi  risponde  Giuseppe:  fìtii  mei  stmi,  quos  donavit 
mihi  Dfus  in  hoc  loco—  M  io  di  rimando:  avvicinali  a  me  perchè  li 
benedica  —  VA  ecco,  o  glorioso  ]s4ituto,  o  Oiuseppe,  che  io  ho  riveduto 
il  luo  aspetto  e  di  più  il  Signore  mi  ha  mostralo  i  ttioì  figli.  —  Io  io* 
Èmcio  le  mani  e  benedico  Efraim  e  Manasse,  scio,  scio;  Cfln  la  sinistri 
0  giovanetti,  vi  strìngo  su  questo  cuore  die  sente  per  voi  il  palpito  del 
Vescovo,  ed  altiingo  la  destra  sulla  popolosa  città  che  un  di  rimirando 
da  i|ucsta  altura  mi  riempiva  di  ansie  e  dì  timoii  —  Autjfìmt  qui  eripuit 
me  de  cHìictis  malis  fxnedimt  puens  ist-s;  o  Au^etu  di  Dio,  tu  che 
mi  serbasti  incolume  fra  tanti  pericoli,  benedici  a  questi  fanciulli.» 

Ed  ora  anche  noi  facciamo  i  nostri  voti  perchè  i  magnanimi  doW 
derii  dell' instane  Porporato  sì  vedano  realizzali,  ed  auguraotkt  agli  abili 
maestri  del  Pnntano  i  pì{i  felici  success),  confidiamo  che  la  Pro^'videnn 
copra  delle  sue  sante  ali  quel  caro  nido  di  giovancui,  speranze  della  pttrii 
e  ilelle  famiglie. 

III. 

COSE  STHANIEHE 

BRLOIO  fNof  tra  a>rritpond*nia)  —  I.  Hwcrhionp  cIpUp  pani  lo  ehi»  «i  iifìit 
il  popolo  Mg»  ~  2-  Grari  rfìMniini  nwpnulì  in  vnrir  provìnec,  notanirainiH 
a  Liciti,  a  Tournni,  a  riiarltroi  e  a  Swpiii'*,  l,mlcu»lp  ('nnic;;no  ilei  mìiii' 
giirri'a  r  ilft  gcnenle  V.in  Aev  S[iiiss''n    -  3.  IU«iiliatiK>iili  di^li  .vci  i 
sonlini.  Urguiit«  iM<c«ssi(ji  di  uii  iberno  ciisliaiio  e  forlfi  che  uppia  pivtrjiifv 
nuli  ulteriori. 

I  gravi  avvenimenti,  de*  quali  il  Be1(;ioè  sialo  da  un  mn.'«  in  qua  3 
teatro,  e  te  Inquietudini  ch'essi  h»n  destate  per  l'avvenire,  han  hsvi^lljis 


CO.NTEMPORAKEA 


il  desiderio  di  arere  una  relazione  fedele  e  spassionata  inlomo  alle 
inse,  alle  circostaiue  e  agli  efTetii  rlì  tal  commozione  non  meno  rejTtMIé 
le  inaspettata.  In  qiiinili  mi  fo  uà  dovere  di  soddisfare,  luitoctiè  a<»8i 
[evempnte,  al  vostro  desiderio. 

1.  Il  ooslro  piccolo  paese  si  divide  in  due  parli  beii  dlsjjnie  fra  toro, 
^ntunqoe  unite  per  religione  e  per  amore  di  piitria.  Dette  nove  prò- 
ncc  che  il  compon^nnn,  quattro,  quelle  einh  (ti  Namur,  Lle;?i,  Hainatil 
.  tiUssemhurgo.  parlano  la  lingua  vnllona  o  la  francese;  (piatirò  purlano 
i  UtuuB  fiamminLia  ;  la  urMia,  che  è  il  Itrabaute,  è  per  metà  vaUnria,  per 
keiit  lìaminiuH'a.  La  pane  iiai»uiìni{u  del  paese  consiste  iu  piiiiiurt-,  dove 
gncottra  è  quasi  l'unico  provento  de^rli  atiitanii,  ciie  delle  lor  terre 
Meriti  tiau  fatto  il  /jiartUno  it Europi.  L'agricoltore  sente  di 
esclusivarn''i]le  dalla  Frnvvideuza;  onde,  per  que-sLo  solo  fallo, 

religioso  e  ama  la  iranquillìtà.  Ad  eccezione  della  citla  di  Irand, 
le  hinumorevnlt  mauifiiUure  di  paoni  e  di  telerìe  tiauuo  aij;;;lomi.'ralo 
bglìaia  d'operai,  attaccali  come  tanti  siruiueoli  alle  lor  macelline,  può 
irsi  che  iMtia  la  parte  IlanamiDxa  del  Belgio  è  pacifica  e  alTaito  immune 
iillo  spirilo  di  sciopero  e  di  sommossa.  Anversa,  col  suo  ceteUre  porto, 
lalines  e  ilrugeit  col  loro  commercio  di  trine  e  telerie,  sono  città  calio- 
Bbe  pef  eccellenza,  e  dove  ì  giornali  sociali-tii,  per  lo  più  francesi,  non 
nnino  che  poehi  adepti.  Favorire  l'agricollura,  che  è,  g^insia  un  celebre 
etto,  tuia  delle  mammelle  dello  Stato,  è  1'  imere.sse  dei  governi,  *  la  cura 
rinapali-ssima  del  ministero  cattolico,  il  quale  ba  perfino  crealo  a  tal 
Beito  un  dipartimento  di  agricoltura  e  commercio. 
j  La  parie  vallooa  si  ditTerenzia,  per  piti  d'un  rispclio,  dalle  quattro 
roriore  fiamminghe.  Specialmente  da  un  secolo  in  qua,  rindiistria  vi 
B  preso  un  prodì^o.«io  <;vituppo.  Nei  bacini  della  Mense  e  della  Samhra, 
I  ricchi  ilepnsiti  di  rarbnn  russile  e  di  ferro,  le  cave  di  pietra  da  eostru- 
bkK,  di  caloe.  di  marmo,  sono  fonti  di  rendite  immense.  Liefn  f^on  le 
ÉM  fiibbricbe  d'armi  e  cannoni,  Mons  cil  suo  carhone,  Soigriies  con  la 
ka  pietra  da  costruzione,  Cliarloroi  Ropratlutto  con  le  sue  miniere  di 
IvbOD  fossile,  le  su)t  fabbriche  di  vtitro,  le  sue  fonderie  metallurgiche, 
tmn  divenuti  i  centri  rinomati  dell' industria  betj^ica.  Ne' .soli  dintorni  di 
■barleroi  si  cnnLani^  un  ceoiinain  di  foiiflerìe,  ITiO  sedi  di  escavazione  di 
lirbOD  fossile;  e  in  questo  centro  ìndusihale,  sopra  uno  spa^tio  di  pliche 

fhe,  trovansj  Impiegali  meglio  ctie  fiU.lKKI  o[>ei"ai.  Non  è  mia  intenzioae 
nule  del  popolo  vallone:  il  Iteli^io  caUi:)lic<>  ricorda  tuttora  con  rico- 
psceoza  che  furono  le  bande  vallone,  celebrate  dal  ljos>uoi  nella  sua 
hfiooe  funebre  del  Condii  che  ■'ioiio  la  guida  dei  Lalaing,  dei  d'Arscbot, 
b  de  Crojr  e  di  altri  signori  mnteontenti,  aiutarono  t'ilìppo  II  e  il  Tar- 
ine a  ristorare  l'ordine  e  la  religirtne  ne'  Paesi  Bassi.  Non  pn.sMO  però 
e  che  lo  svolgimento  dell'industria  atibia  afrievolito  in  quella  j>art6 
paese  lo  spirito  religioso.  \a  comtman/a  di  lingua  con  la  Francia 


òri  CKOKACA 

vi  11»  fatto  eoo  più  dì  radlìl&  peitelrare  le  idfitt  della  rivoluzione  det  17t^^ 
r  industria,  piii  fiorenle  e  piii  lucrativa  dell 'agricoltura,  vi  ha  fotta  aflU 
n^n  solo  gran  quantitiì  d'operai  liamiDin.i^hì  ^e  notiM  ii^q  esuere, 
ralmeoie  parlando,  i  piii  coimuendevoli  iiuelli  cbe  $i  ras^egoioo  ad'at 
baodonare  la  toro  provincia},  ma  anche  parecchi  operai  francesi  e  tedescUj 
Jvi  natura  stessa  del  lavrtro,  cui  l'iudustria  assoggetta  l'operaio 
(duderie,  non  lascia  di  esercitare  una  influenza  sfavorevole  sugl'ini 
religiosi  di  lui.  Non  potendo  t  forni  e  le  macchine  essere  spenti  semij 
gravi  perdile  per  l'industriale,  diventa  una  specie  di  necessiti  ìl  lavorai 
piirziale  dolla  domenica,  e  cosi  rimane  soppressa  per  un  gran  oumeroj 
d'operai  1* influenza  mnraliziuiirice  del  cullo.  Poiché  l'industriale  trova  dell 
suo  inierense  il  diminuire  le  mfircedi,  e^li  divide  il  lavoro,  e  djstlnj^uej 
gli  o|)erai  in  lanle  categorie,  cìaseuira  dolte  quRli  ha  la  sua  parte  ar* 
coscrìtta  nel  lavoro;  dunne,  fanciulle,  ragaz-d  nono  impiegali  ne'livnrrl 
pili  facili,  e  finn  dall'eli  di  dieci  anni  guadagnano  uti  tenue  salano;  liftl 
deve  necessari  a  mcnle  tornare  a  scapito  dell'educazione;  le  fanciulle,  giunte! 
una  volta  all'età  di  prendei-  marito,  entrano  in  famiiilia  senz'avere  affi 
preso  nuli' altro  che  un  mestiere  non  avente  alcun  che  di  comune  caai 
Ja  direzione  d'una  casa.  Questa  popolazione,  che  passa  i  tre  quarti  dcDil 
giornata  e  della  noue  soiierra  nelle  miniere  di  carhon  fossile  o  in  jin^j 
simili^  delle  fornaci,  pot^  quando  r  industria   prosperava,  guadagnare! 
salari  considerevoli;   ci6  malgrado  si  è  mantentua  imprevidenlr,  disi-j 
palrice,  povera.  Nel  187'^,  le  mercedi  giornaliere  ragguagliavano  a 
od  otto  franchi;  ordinariamente^  esse  andav.ino  perdute  in  piac^,  i>] 
spese  pazze,  in  gozzoviglie;  col  borgogna  e  con  Io  sciampagna  que'pov 
operai  inghiottivano  in  poche  ore   il  loro  gujiilagno  di  scitimani'  inim.l 
V'hanno,  senja  duhhio,  non  poche  eccezioni;  le  Suore  di  Santa  Marii 
della  Provvidenza  e  Lame  altre  religiose,  che  hanno  in  quelle  pravioc 
stahilito  floride  scuole,  pongono  o;^'n' impegno  ad  eccitare  nell'aninm 
quella  buona  gente  l'am'iriì  dd  bvoro,  della  famiglia,  del  risparmio.  L'i 
diecina  di  collegi  diretti  dai  Gesuiti  o  da  preti  secolari,  un  gran 
di  scuole  tenute  dai  Fratelli  della  l)fitirin.i  cri.-tliauR,  esercitano  in 
paese  una  salutevole  innuenza.  Non  ^  quindi  raro  il  caso  di  rìot 
famiglie  ricche,  pie  e  che  van  debitrici  della  loro  fortuna  a  un  [udre,] 
a  un  avo  stato  un  tempo  semplice  o])eraio;  case  provviste  di   luU) 
comodi  possibili,  quautuuqiie  annerile  dal  fumo  del  cariioue,  le  quali  ^-j 
vono  di  riceito  a  famiglie  patriarcali  e  animale  da  scniim«nti  religio 
Gli  stranieri,  che  iraversann  quelle  cave  di  carbo/i  fossile,  rima 
attoniti  in  vedere  ì  piii  degli  o|>erai  pieni  di  rispcito  verso  il  prete, 
osservatori  del  precello  domenicale,  e  che  non  scendono  nella  fossa 
prima  essersi  muniti  del  segno  distia  croce.  Con  lutto  ciò  molli  cari 
allorcli^  r  inilustrin  maggiormenie  fioriva,  lungi  dal  jionsare  all'  inde 
e  procacciarli  |iel  giorno  nero  un  risparmio,  che  loro  il  rendesse  me 


OOATEMPORÀNEA 


373 


appsreccbiavano  a  se  stessi  amari  disingaDoi  e  desolante  mi- 

ria.  Avviene,  infatti,  un  inforiiinio,  uno  scoppio  di  gas,  uno  sciopero; 

«eco  che  la  famiglia  si  trova  senza  pane.  Immat^malcvi  U  sorte,  che  dovea 

loro  apprestare  un'educazione  irreligiosa,  quale  l'aveva  nel  1870  stabilita 

il  ministero  liberale. 

Alle  cause  da  me  poc'anzi  additate  sono  da  aggiungere  gli  ccciu- 
Dienti  della  cattiva  stampa,  i  concerti,  le  cas«  di  giuoco,  le  bdtolt;,  e 
sopralliilto  le  congreghe  dei  socialisti.  Nelle  campagne  del  paese  flam- 
tniiigt),  queste  inllueD^e  sono  mf^no  sensihili,  giacché  alle  II)  della  sera 
tulle  te  bettole  si  cliìudono.  Nel  paese  valium:^  iuvece,  le  autorità  comunali 
si  moslranu  \nii  indulgenti  ;  sicché  l'operaio,  avendo  da  spendere  di  più, 
consuma  la  notte,  i  giorni  interi  all'osteria.  Ora,  quando  le  mercedi  sof- 
{roQO  una  for/,ala  diminuzione,  che  cosa  fa  egli?  Dà  retta  ai  meslatnrt, 
ebe  gì' ine  11  1(^110  U  resistenza  al  principale.  Un  lirauco  d'avvocati  si  fa 
imtaiizi  a  perorare  contro  il  capitale;  una  torma  dì  socialÌM.i  difTomle  a 
miuiiaia  d'esemplari  opuscoli  rìvoluxiouarii  e^«di£iosi.  .-Vll'operuio  più  non 
^^'ms«goa  in  un  catechismo  cattolico,  essef  ejjli  cristiano,  crealo  per  una 
Hna  eternamente  beala,  de^iiinato  (piaF;giù  al  travaglio,  al  merito,  alla 
^prova  ;  sibbenc  gli  s' insegna  nel  mtcchismo  dei  popolo,  esser  egli  schiavo, 
it  suo  principale  essere  un  lirannu,  lutii  gli  uomini,  essendo  eguali,  aver 
diritto  a  eguali  godimeciu  e  alla  spartizione  della  ricclieziEa  e  dei  beni 
della  lirra.  Ouei  poveri  ignoranti  cedono  alla  seduzione,  si  raccolgono 
tasìeroe  per  poter  i^'sistere  ali»  necessiti  del  lavoro;  una  cassa  socialista 
lomisce  loro  del  di'nani  per  qiuilchc  giorno;  e  frattanto  il  lavoro  viene  a 
maurari?;  il  priiicijiale  si  rovina  «perde  il  frullo  dei  caplLali  impiccali 
oeir  industria.  IL  più  delle  volte,  l'uperaiu  deve   tìriice  cnl  sriiiiiiiieilersi. 
L'operaio  è  egli  colpevole?  io  ben  mi  guardo  da  scusarlo  iotera mente; 
più  colpevoli  assai  sono  spesse  volte  i  principali,  che  ne.ssuna  cun 
s  prendono  de' suoi  ìnlere.ssi  religiosi,  piii  importanti  di  tulio  il  resto. 
iudustrìalì,  homines  novi,  giunti  io  poco  tempo  al  possesso  dì 
fortune,  gl'ingegneri,  eh 'essi  prendono  al  loro  servizio,  sono  il  più 
volle  uomini  senza  fede  pratica  e  di  costumi  liberali.  Come  sapete, 
lO  le  province  vallone  quelle,  che  forniscono  al  panilo  liberale  un  eoa* 
'Ugeote  poderoso:  illainaul  e  Liegi  non  dàmio  mai  ni;  senatori  nò  rap- 
preseoianti  cattolici.  Il  Baudoux,  l'operaio  venuto  dal  nulla,  le  cui  fonderie 
iDO  siate  devastate,  incendiate,  rovinate,  era  egli  stes.<u),  a  quanto  mi 
eoe  assicurato,  uno  di  quei  lilierati  esagerali,  che  vogliono  revisiono 
della  Costituzione,  scuole  neutre,  suUragìo  universale.  Eppure,  gli  scioperi, 
i  .sacctieiggi,  le  sommosse  sanguinose  dovrebbero  servire  a  costóro  d'in- 
weutn,  e  mastrar  loro  che,  sen/a  la  religione,  il  pupolo  più  favorito 
t  tieni  della  terra  è  un  popolo  sventurato,  che  pu6  da  un  ijionio  al- 
l'altro trascorrere  agli  ultimi  eccessi. 

Ma  io  m'accorgo  d'insister  forse  un  po' troppo  sulla  de&crizioiK  delle 


tnesli 


leUe 


374  cnoKACA 

due  pani,  in  che  si  dhide  il  popolo  belga  ;  mH^  scendo  senz'  altro  a  p«r- 
Ure  d(!gU  avvcriimi-nti,  che  han  lronc:ita  di  mtl^  In  nnsir.i  pacifica  .«lorìa. 

3.  I  recRnli  disOTdini  di  I/tnJra,  stali  roprc^v'^i  dalla  polizìa  e  dal- 
l'esercito inglese,  ma  sopniiuio  la  debolezzn,  il  funfìsiii  favorc  dim»«inti 
dalla  Carniera  rraiiccsc  dinanzi  a>;r  insordenti  di  Dera/evillo,  i  uiiìtI 
giornali,  che  commentavano  a  moiìo  loro  silTmii  avvcnim^^mi  e  istigavano 
dappertutto  la  clafi.se  operaia  alla  rìvetidìcazìnfie  sociale;  lutto  ci6  dnvevs 
produrre,  iacomimnando  dal  paese,  di  Liegi,  gli  efTetti,  di  cui  siamo  stati 
testini'tni,  e&sendochè  iàn  <|aella  la  parte  del  paese,  in  cui  l'operaio  le^^e 
il  maggior  numom  di  giomaìì.  I^i  prtlizia,  n  malgrad'i  delta  sua  miglio- 
rala organi/.;.!! ;(iGnfl  doveva  a  tm  dato  momi-nto  trovaiM  inijioteole;  ts- 
itore,  m  virtìi  delle  moderne  teoiif,  uo-stretta  a  Ldllerare  e  incoraggiare 
la  liberta  di  a  ssocia  ^iotie,  gli  «ccitainenii  alla  soiuuio<>sa,  e  per  altra  parte 
a  reprìmere  questa  e  quelli  appena  abbian  prodotto  l'efretlo  voluto,  i 
condi/iune  assurda,  ma  alla  Tine  la  poliitia  Ta  di  tulio  per  lirari^rie  fuori 
Sembra  evidente  che  il  socialismo  non  avesse  orrjanistafo  a  siifliciean 
tulle  le  .«ommosM!,  che  abhiiimn  avute  nell'ultima  quindicina;  w  tss» 
fossero  sco[>piaie  ftimiiliancsmcnte,  nessuno  ardirebbe  atr(>rmare  che  tnssb 
Slato  po-<;sihile  reprìmerlo.  —  Fraitanto  che  la  polizia  di  Liegi  vigilava 
il  giovedì  18  di  marzo  un  mer^tìng,  in  quella  parie  della  città  che  si 
stendi-  olire  Mense,  bande  d'operai  scriba  lavoro,  d'anarchici,  di  mnudli 
assembra  va  nai  in  gruppi,  e;,  nnn  trovando  rc^^isicnza,  fracassavano  e  .uo- 
ch^gìivano  quanto  voniva  loro  alle  roani  nel  ctintro  .stes-sn  della  dtli; 
cosi  essi  iiiiendftviino  di  celebrare  l'anniversarìo  della  (Comune  di  Parigi. 
Fu  i[uefla  per  l'aulorilà  una  sorpresa,  e  in  pari  tempo  un  avvertimento. 

Il  momento  era  tale  da  mettere  a  grave  rìschio  t'avvenire  del  Belgio, 
conciossiachè,  mediante  la  npidiU  del  telegrafo  e  della  stampa,  il  fuoco 
prtteva  comunicarsi  a  tulli  i  cenlri  d'industria.  Al  pritm  aunun»o  della 
sommossa,  io  mi  rammentai  die  nel  15tìfì  [giacché  convien  risalire  l 
quell'epoca  per  trovare  nella  nostra  storia  scene  cotanto  selva^  di 
saceh^lo  e  devastazione}  la  deliolena  d'un  sol  uomo,  d'un  gran  guer- 
riero  mise  io  rìvolunone  il  paese:  il  d*  Llgmooi,  che  n<»n  aveva  fuat  tn- 
dieireiggiaio  dinanzi  agli  eserciti  francesi,  indietreggiò  dinanzi  a  un'orda 
di  predoni,  che  alz^iva  il  capo  allora  in  Fiandra;  e,  grazie  a  questa  de- 
botena  (che  il  duca  d'Alba  non  volle  perdonargli}  imjierversaroao  né 
Paesi  Ba-isi  venl'anni  di  rivoluKinne  e  di  guerra  civile.  Queiua  volta  però 
noi  avevamo,  la  Dio  mercè,  un  ministero  forle  e  vigilarne,  un  ministro 
della  guejra  coraggioso  e  intrepido,  un  esercito  fedele  alla  causa  dell'off 
dine.  Appena  il  mini.slcro  ebbe  oerlt^zEa  che  polizia,  gendarmeria  e  guardia 
civica  erano  state  impolenli  a  mantener  l'ordine  nella  ciuà  di  Liegi,  t 
che  nei  comuni  limitroll  erasi  fesleggialo  l'anniversario  delta  Comune  di 
Parigi,  .si  tenne  pronio  ad  ogni  evento;  il  governatore  della  provincia  in- 
vocò l'iiitervenio  della  truppa,  e  il  generale  Ponlus,  ministro  delta  guerra» 


Cn.STEJtl-OHAKCA 


375 


vlgi?ft  in  persona  ad  assicurare  il  inanteniraefiio  dell' ordine.  Da  piti  parli 
gidOi^eTiino  rtntom;  la  sommossa  iwrò  uou  cedeva,  e  poicli^  ikuvìi  vio- 
Lriiz.1,  i  snidati  Tccer  usn  delle  anni;  furnnvi  multi  Terili,  qnalrlie  morto, 
e  UQ  onmcro  considerevole  di  pri^lonierì.  l/auituiline  vigom.sn  de^ti 
uintriali,  che  nioslravafiw  risoluU  a]  comlialiimento,  fe'sospciMlere  la  re- 
sislr&za  ;  gli  operai  rirusavano  di  lavorare,  Io  scio[]ern  andava  altresì 
KLendendosi  a  lullo  il  Uicìno  carhooìrero  e  alli;  Tiibbriche  d'aroii;  ma 

Kordiue  sembrava  assicurato. 
Nel  tempo  stesso  Urussetle  assisteva  allo  spettacoli  di  numerosi  nneffinys 
tcìatisti  e  di  alcune  mamfcsiaiioni  minacciose;  la  polixia  e  la  ^eiidar- 
leria  disficrscro  i  dimostranti^  e  volta  iier  volta  clic  tornavano  »  formare 
in  gruppi,  arre^slavann  i  principali  agitatori.  Ij  bnrgl)e.sia  stette  per  un 
momento  io  grave  apprerusione,  il  re  fu  preso  da  impjietHdine.  Tutto,  [lerò, 
H  ridusse  alla  rottura  dì  qualche  cristallo:  parve  che  Hnisselle  votcs.se 
Mnenl  in  serbo  per  la  dimostrazione  socialisui  dfl  i:i  giugno  prossimo. 
^^  L'o  movimento  ben  piò  inquietante  incominciava  a  Charleroi.  Onivi 
Blglt  sciopen  sono,  più  che  altrove,  Trequenli;  raro  è  che  passino  due  anni 
senza  elte  l'esercito  debba  protegfrer  l'ordine.  Il  2ó  di  marzo,  bande  di 
scioperanti  circolavano  qua  e  là,  costringendo  gli  operai  a  cessare  dal 
lavoro,  ìrromiiÉjndo  nelle  officine,  e  minacciando  gli  «scavatori  di  tagliare 
le  ruoi  M  non  risaliAsern.  Sul  princìpio,  le  auinrtlà  locali  non  sì  s]>8v«i]- 
larooo:  il  Koveniatore  dell' Hjinanl  aveva  presi  però  gli  opportuni  prov- 
vedimeoli,  facendo  rinforzare  la  «narni^oone  di  Charleroi. 

11  ?6  gli  srio|«raniì  piombarono  sui  comuni  di  lumet  e  di  Lodelinsarl; 
accanto  a  operai  fuorviati,  noiavansì  non  pochi  condannali  usciti  dal  luogo 
dì  pena  e  alcuni  siranicri  tra  franci'si  e  ledescbl.  In  men  che  si  dìcf,  e 
prima  che  le  truppe  dì  Charleroi  avessero  il  tempo  di  gitiogere  sul  lungo, 
le  fatdirìche  di  vetro  e  \\  capitello  l>audeitix  furono  in  preda  al  saccheggio 
fil  al  fuoco:  il  Itoiidobix  e  la  sna  ffniiit^lia  durarono  gran  fatica  a  porsi 
^kp  salvo.  Si  die  l'asi^allo  ad  altre  latibriche  di  vetro  e  case  particolari. 
Fu  un'ora  terribile:  inanimiti  dal  successo,  i  predoni  erano  determinali 
a  rif5.ist<.*re  all' esercito,  «'s.sendo  parecchi  di  essi  miuiiti  ancora  d'armi  a 
fuoco.  Ma  la  pre^en»  del  generale  Van  der  Smissen,  che  il  di  '27  iro- 
vavasi  sul  luogo  del  pericolo,  rassicurò  pienamente  il  paese.  A  malgrado 
di  luuc  le  notizie  sconrofiaolì,  a  malgrado  A\  quei  primi  dispacci,  che 
uinuozìavano  falsamente  l'incendio  di  cinque  castelli,  di  tutte  le  fonderìe, 
la  ((ente  assennala  di  Brusselle  non  ebbe  un  solo  quarto  d'ora  d' inquie- 
tudine. «  Il  ministro  d«lla  guerra,  essa  diceva,  e  il  generate  [iresei.ie  a 
Charleroi  sono  uomini  capaci  di  tener  fronte  alle  circostanze;  l'ordine 
iri,  senza  dubbio,  ristabilito.  —  Non  bisogna  tirare  in  aria,  —  avoa 
il  Pontus  —  ciò  rende  ridicolo  l'uso  della  forza  militare,  e  scema 
il  credito  dell' autorità;  ni  predoni,  che  fanno  la  guerra  civile,  bisogna 
isjjondere  con   hi  guerra.  —  L' esercito  belga  è  fedele;  il  tradimento 


tOItlCA 

sembm  nel  suo  seno  cosa  impossiliile;  può  la  franmiassoneria  avere  qual- 
che adepto  Tra  gli  udìeiali,  il  s^icinlismo  iiefiimr  uno.  Olire  a  ciò,  ucssup 
tninisiro  della  guerra  è  sialo  mai  taoio  rispfllato,  tanto  amato,  quante 
({DeUn  del  prexcnie  i^atiìnctlo.  G  un  vero  soldato.  Ottindi  ^  clic.,  fino  dalli 
prìnis  Kioriijia,  rì  conobbe  far^ì  dalla  truppa  non  vaoe  dimostrazioni,  ni 
un  aitaeco  sul  serio;  col  massimo  sangue  freddo,  e  dopo  le  iDiimatiml 
d'uso,  c.'tsa  Tece  fuoco;  fn  uno  de'primi  Aconiri,  a  Roux,  nove  scioperanti 
caddero  moni,  e  un  numero  as<iaì  mai^giorc  ne  rfmascr  Terilì.  I  [liii  fra 
questi  ultimi,  min  apiienn  trovatisi  in  mano  dttlle  Suore  ìnfiaricaie  dì 
asRisterli,  mnaravansi  pentiti:  «ninn  stati,  diwvann,  costretti  a  riliellarsi. 
Solo  un  yiovme  ventenne,  die  i^nadagu:iv.i  'iOO  franchi  il  mase,  affermava 
che  sa^eb^e  tornato  a  prender  le  armi.  (Inauro  o  cinque  volte  solianto, 
doveliero  le  truppe  tirare  sui  rivoltosi. 

Lo  sciopero,  eìò  nonostante,  anilava  estendendosi;  meno  vinlenlo,  egli 
è  vero,  che  a  Charlf^rol,  ma  siwventevole  per  i!  numero.  Nei  dintorni  di 
Hons,  nelle  miniere  carbonifere  del  Jloriiiage,  nei  dinlnrni,  di  Tournai,  e 
perfino  di  Dinaui,  il  lavoro  cessava,  e  una  popolazione  di  60,000  operai 
propa^fava  la  ribellione  contro  la  capitale.  Non  eraoo,  invpm,  da  temersi 
i  medesimi  ei-cessi  ;  ma  ì  4vl,000  uomini  di  truppa.  sparpai?liali  su  laoti 
punti,  potevano  diventare  insudicieoLi  a  proteggere  il  paese.  Furono  dun- 
que ricliiamate  soiin  le  armi  le  leve  del  1881  e  del  I89'2;  il  che  porta 
la  forza  dell'esercito  a  fi5,000  nomini.  È  corsa  voce  che  la  Oermanìa 
volesse  intervenire,  e  che  i)  suo  esercito  sarebbe  per  entrare  sul  nostro 
territorio;  notizia  falsa  quant'alira  mai.  Un  simile  intervento  non  aveva, 
d'altronde,  ragion  d'essere,  e  neppure  pretesto. 

Dal  97  di  marr^  In  qua,  grazie  alla  vigìlarna  e  ai  severi  provveda 
mentì  presi  dalle  autorità,  snnn  rcssnic  le  violenze  a  mimo  armata; gB 
scioperami  snnn  a  poco  a  (locn  tornati  al  lavoro;  alcune  migliaia  hanno 
esitato.  Tutto,  forse,  non  ft  per  anco  finito;  il  perimlo,  però,  è  rimosso. 

X  Quali  sono  di  queste  sommosse  i  risultamenli?  Snpiio  assoluto, 
si  per  i  principali,  si  per  gli  operai,  in  complesso,  una  trentina  di  questi 
sono  caduti  vittime:  molti  dei  feriti  sono  morti,  riconciliati  e  loc^ì  ds 
jientimcfllo:  parecchie  eeiitiniiin  di  rivoltosi  .•iranno  condannali  dai  tri- 
liunal'.  Ma  l'industria  ha  .sofferto  un  danno  considerevole^  e  del  quale  si 
risentiranno  tanto  gli  operai  quanto  i  principali. 

Il  grande  risultamento  è  sialo  di  mostrare  col  fatto  l'inlluMiza  delle 
teorìe  sociahsle,  e  per  ciò  8tes.so  di  fare  aprir  gli  occhi  a  molli  e  molli 
liberali.  I  giornali  hanno  fino  da  principio  notaio  che  l'operaio  non  ha 
dato  addosso  ai  convonii  o  alle  chiese,  sibbene  alle  proprietà  ;  che  non 
ha  sfolla  la  cieca  sua  rabbia  contro  la  religione,  .litbene  contro  ì  ca- 
pitalisti. I  conservatori,  e  soprattutto  il  ministero  cattolico,  hanno,  per 
questo  solo  fatto,  immensamente  guadagnato  nell'opinione  pubblica.  Ijt 
elezioni  d*una  metA  dei  rappresentami  !;aranno  (v'ha  ogni  ragione  di  ere- 


COKTBMPOnAItBA 


STOfeynli  al  [(a^lil'^)  caltolico.  l^  provino»  in  cui  esse  debbono  farsi, 
quuile  apjNnil»  tìnte  la  Miiiitiios^a  Iia  Ìuii)i:rver.salo;  cosi  a  Toiirnai, 
a  Cliarleroi,  a  Soignies  potranno  i  callolici  riparlare  uq  pieno  trioiifo. 

C(Mi  tulio  tift.  non  c'è  da  farsi  illusione.  L'avvenire  è  fosco,  li  socia- 
lUsmo,  al  quale  laute  sommosse  hao  ninslraio  la  sua  terribile  possanza, 
n  a^ia  dappertutto  e  notantemente  a' nostri  confini.  I^a  vicinanza  della 
repubblica  francese  è  un  pericolo  permauenle  pei-  l'ordioe  pubbbco.  L'eser- 
cito ha  potuto  coitiprinoero  la  rivoluzione,  perchè  ha  potuto  arrestarne  i 
pritDordii:  tmitdpiis  oOsta,  Ma  quanto  necessario  crebbe  il  potere  ap- 
plicare quciia  massima  di  saggezza  ad  altri  principiì.  che  sono  dovunque, 
e  anche  nd  lìekio,  la  vera  causa  del  [icrlcolo!  11  mettere  in  innim  di 
un  fanciullo  o  d'un  pazio  armi  micidiali  o  sostanze  venelìctie  b  certo 
una  crudeltà;  ma  non  minor  crudeltà  è  il  lasciar  difTondere  fra  le  mol- 
titudini dottrine  sediziose  e  immorali.  Ora,  la  libertà  di  stampa  e  d'as- 
sodazione,  favorevole  innanzi  tutto  al  male  e  alla  licenza,  come  ite  fa 
Me  r esperienza  d'un  secolo  intero,  crea  fra  noi  e  dapperiuito  cerilo  or* 
.  gaoi  di  rivoluzione  per  dieci  organi  d'ordine.  l£  auliche  tradizioni»  le 
doUrine  del  buon  senso,  le  verit:^  più  evìdi^ntì  lian  perdalo  assai  del  loro 
credilo;  dappertutto  si  vede  scosso  il  ^rau  principio  d'autorità,  h  chi 
soffre  m:iggiDfmeoie  di  un  tale  stato  di  cose  noD  è  già  t*  autorità  reli- 
giosa; ma  t'auiontà  civile,  la  magistratura,  i  padrifaraiglia,  i  principali 
di  iranici  sono  quelli,  che  ne  risentono  le  più  funeste  conseguenze.  Che 
lui  dunque  ì)  ministero  litiga  per  opporsi  ai  principii  del  male?  Farà 
quello,  eh' è  in  suo  potere  di  fare:  ed  è  beo  poco.  Uuando  un  Ooverao 

C,  quando  il  sovrano  d'un  grande  Stalo  ardirà  lloalmenle  «  rassicu- 
i  buoni  e  far  tremare  1  malragi  »  non  solamente  per  via  di  repressione 
.uo.^^riale,  ma  per  via  dì  repres.«ioDe  morale;  quando  un  grande  Stato 
no  avri  il  coraggio  di  professare  la  fede  in  ('olui,  che  k  via,  verità 
e  che  è  la  salute  si  delle  nazioni  come  d^V individui;  allora  il 
I  popolo  belga  entrerà  nello  sU'sso  movimento  di  riparazione  socìtile 
e  di  pace.  Vu^Ua  Iddio  che  non  liiccia  di  mestieri  passare  pei-  una  va.sta 
rovina  sociale,  prima  che  le  monti  umane  si  lascino  convincere!  1)  gn- 
veraarc  consiste  nel  prev^li^re  e  provvedere  ;  e  jioirbè  non  si  prevede 
abbaslAnza^  per  questo  i  governi   son   dcljoli.  Kssi  rasscj  migli  ano  a  co- 
loro, do' quali  il  Vangelo  dice:  Claudicatis  in  utrnmque  partem. 

^^USSTA  fìfoitfa  eorrùpondensa)  —  I .  Gli  nflarì  estpri  —  ?.  Iji  nnova  ìffft 
^Kc«l«[ast!ei  —  3.  Il  ministro  ilei  culti  «  i  Polneckt  —  i.  Altari  i-eligioji,  e  Tatlì 
^^dl  pmccmione  —  5.  Morie  di  monsifrnorc  vad  Aw  Marwilt. 

1.  Il  nastro  (lOverno  noti  ri(1iii.'«e  dal  professarsi  sostegno  principale 
pBC«  in  Europa.  L' Ituperatoro,  al  cerio,  i>  sincero  nelle  sue  assi- 


IV. 


378 


CRONACA 


ciirazìoni  paciflclie,  «,  quanto  »'sum  coasiglieri,  a'oon  si  possono  mei- 
(ere  in  aperta  ei>niraJdi/.ìnnti  con  lui:  ma  nel  mentre  che  es»  ranno  (ti- 
chiaraKìwì  pacilche  insilino  alla  Cantera,  la  slampa,  che  direnile  d'uffìcto 
la  loro  politica,  fa  lutto  il  conirario.  Noi  assìsiìamo  in  questo  momiiiio 
a  un  nuovo  armeggiare  dir'  nnstri  fiigli  ulliciosi.  U  Koifm'sciii  Ztutnng^ 
la  ^orddeutsche  Atlgemeine  Zcitung,  e  dietro  ad  esso  Uitli  i  (^ornili 
rettili,  putrhiicano  un  subisso  d'ariicoli,  che  rappre^ntano  la  FraitcU 
cnmo  animata  da  intenzioni  bellicose.  A  .«entir  toro,  lo  chaupiìtisme 
francese  xarehhe  alla  vigilia  di  una  nuova  esplosione  al  di  fuori,  e  l'eser- 
cito  si  apparccchierebbe  alla  guerra,  intanto  che  la  ìega  ari  patrioti 
fomenterebbe  una  coalizione  dei  popoli  contro  la  Germania.  In  una  pa- 
rola, quei  giornali  cercano  dì  far  pnura  ai  Tede»!hi  ;  lo  die  oon  ^,  cer- 
lamcnie,  adatto  a  ispirar  loro  quella  fiducia  nelle  proprie  fi>n:e,  che  ^  il 
carattere  distintivo  delle  grandi  uazioni.  Si  va  dicendo  che  cosi  filile  ma- 
novre mirano  a  preparare  il  pubblico  a  un  nuovo  numenln  delle  $pei 
militari;  ciò  vuol  dire  che  ne"  posti  governativi  si  fa  ben  jmhw  asssegna- 
tnento  sul  vero  patriottismo.  K  quanto  a  far  paura  ai  Francesi,  il  pm- 
cedimento  non  è  meno  meschino.  11  solo  elTetio,  che  può  produm.',  si  é 
dì  scuotere  la  fiducia  delt'Kuropa  nelle  intenzioni  pacilìche  e  nella  forn 
della  Germania,  e  far  st  che  i  Francesi  Iroviosi,  alla  lor  volta,  ofluscaii 
e  ini]isi«»i  verso  di  noi.  Tutto  sommato,  le  manovre  della  slampa  ntH- 
ctosa  sono  uno  dei  mei^zi  più  meschini  e  piti  malaccorti,  che  possa  ado* 
perare  un  Governo,  il  quale  rispetta  sé  stesso.  Fino  a  questo  momffll» 
essi  non  hauno  avuto  citrise^ueu/e  immediate  ;  ma  simili  minacce  Hp»- 
luiamenie  indiriz7^te  alla  Francia  manterranno  e  aumenteranno  m  \(i 
l'animosili  e  ta  sete  di  riscossa  contro  la  Germania.  Gli  ulUciosi  spar- 
gono cosi  un  seme  assai  pericoloso  per  l'avvenire. 

La  Norddetit^ehe  Aìl;i'rnmne  Zeìtung  ("■  andata  fii\  tutle  le  furie 
contro  il  Momtxur  de  Ihymr  per  aver  questo  fatta  parola  d'una  coalh 
zioue  nni^Io-francnriissa  roniro  Germania,  Austria  e  Turchia.  Essa  lia 
credulo  ravvisare  un  nianei^io  dei  Gesuiti  in  un'asserzione,  che  altri 
giornali  avevan  messa  innanzi  prima  del  Momteiir:  ma  è  incotiirasiaUto 
che  le  relazioni  fra  la  Germania  e  In  Russia  non  sono  piìi  quelle  d'aita 
V'>lla.  Da  qualche  giorno,  i  fogli  ulllciosi  prendono  »d  assalire  tu  Rnsal 
perchè  si  oppone  alle  prelensioui  del  principe  di  Oulgarìa.  adesso  sì  adV 
nunzia  che  la  Russia  rifiuta  di  partecipare  alta  dimistrauone  udivate 
contro  la  Grecia,  di  cui  vuol  conciliarsi  l'amicizia.  Da  un'altra  [uirie,  U 
si:impft  russa  domanda  con  iusisietiu  provvedimenti  coercitivi  contro  iXt* 
deschi  delle  province  l)altiche  e  <MIa  Russia  lu  f^enerale,  e  non  cessa  dal* 
l'eccitare  l'opinione  puhlilica  contro  Germania  ed  Au.siria,  le  due  nemiclM 
d<*l  [cinslavismo  russo.  Oramai  non  è  piti  un  mistero  per  chicchessia  ctM 
la  mtlura  della  Russia  con  le  [wtonze  K^rmaniche  è  diventata,  da  wi 
pezu,  questione  di  tempo  e  dì  circostanze,  lu  questo  caso,  non  è  da 


COtn-EMPOR&IVEA  379 

n  dubbio  che  essa  cercherà  di  assicurar»  l'appoggio  delle  altre 
potenze. 

2.  Dopo  r  ultimi)  mia  corri sponden/a  le  irallalive  per  la  pacificazione 
religiosa  della  Prussia  sono  i-nlrak  in  una  tiunva  Tist;;  e  grazie  alln 
rìjplanza,  alla  tenntiiis  ed  al  garl)o  dìjibtaalicu  della  Santa  i^ede  uè) 
trtelare  gl'interessi  più  vitali  dì  queste  ctiiese,  promeiioiio  di  riuscire 
I  lieto  termine.  Siccome  io  aveva  arccnaalo  od  era  da  preTedersi,  la 
Suta  Sede  non  potè  accellnie  nella  loro  pninìtiva  riMrelle/za  le  proposte 
dd  nofitro  Governo.  Ixione  Xlll  era  prouto  di  accondiscendere  Ano  al- 
ruhimo  lìmite  pecme^^so  dulia  co-^cienza,  come  lo  Turono  ognora  i  Pon- 
tefici coi  potentati  restii  nel  nudere  aWa  Chieda  i  suoi  diritti:  ma  la  sua 
coodiftcendenxa  non  poteva  de^t^nerare  né  in  dettolczia  né  in  ìropi'eveg- 
pau.  Avrete  avuta  gii  notizia  della  Noia  ',  colla  quale  il  Cardinale  la- 

'Onliamo  ticnt  rii  ripoitair  t\n\  il  lato  dt-Hji  Noia  rii'lI'K.mo  4jntifl.ile  latco- 
tini,  >  coi  iiIIimJp  ri  tmim  iiurrispiiniJi'iUp  o  cìw  fu  ]iahlilÌr:iL'i  dill'cprt'i/i'»  Om/t- 
Mtote  Jiomano  e  dagli  iillri  ^ìoriiiili  c^illoiìci  ib]tai)ì.  l  leUnri  \Ì  polrsuno  aiiiin'pi'are 

El  un  esempio  ilnlla  (iìwri3ÌQne,  fnint'ua,  vigìt^nz.-)  che  «i  accolgono  vs^M  ani 


<   Jìal  PnUiut  M   Vaticano,  i  aprile  18SIÌ. 


«KeirDltiaa  nota  in  data  ÌQ  ild  mese  kotìo.  ii  sotioxrìito  ùirdrnnlest^rctsrìo 
imitilo  In  infomialo  S.  K.  Il  «ignor  liiviitlo  nnioriliiinrio  e  niliiiMro  |ilf>ii))>ntcnKiari<i 
4>  hunia  clw  immediabnieate  ilofra  ctir  il  proK^Uo  di  lc!!yi'  "ttunio  collo  noli' 
ttBSkuiim  sarclibe  necfUflto  e  ^mimul^io.  st  inciiricticrt-libero  i  vcscniì  dì  noti- 
itwri)  goremo  pnjS5iaB0  i  nomi  df^li  ecclesiastici  clic  «mniio  chianinti,  in  <]u3litft 
Mftrrochi,  ait  r<<en:il;irp  il  minittcì'o  nelle  cure  nttunlmpnU!  vacnnii.  Si  n^^iniiii'f^ii 
Atte,tVttK  K  *ia[a  «prrnirc.  In  ]>»(<  rRlijrioM  fa'vie  vtlciuta,  Ih  nolilicutioiii?  (toliY-blif 
■M  nleu  nll'av^pnirr.  0(k-'<Io  moda»  procfdfndi  n  sUito  i>ri{tìn)10  iliillii  r.m\sì- 
^BKioM.ebc,  qumilunniiw  l'^iUuvIr  )ir«)j[<<t1o  con  ìr  iillìini'  moilì Tic M inni,  rnnti-n|?r 
^  fliÌ|lkmii>eDl)  iss^uivli.  di  fini  ben  volriuicrì  si  riconincr  Tiiniiortnimn.  liitUTìa 
ìM.A  pu&  amineltere  chr  In  {kicl'  rviinìosn  »ia  coiiiiilrlaTni^iiti-  ragii^iuntn,  lincile 
mMana  anconi  alln?  ilispa^iiìntii  dilla  [irii:(>i)cnl(-  Ic^ììkIu/ìoiu-,  di-Ilc  i[ii:iti  noti  si 
fc  WniHìtt  nel  prt^^irlto  di  hf^e.  Kd  <^  \wr  i|ue«tn  clii>  si  rilìpnf  I'.iiiIai'ìzx.i/Ìoiìr 
Mi  notiùta  per  le  (urrocchii!  ailuiilniciiU'  incanti  conituin-  un  pasxD  iniporcanic, 
•  otU'ac-conlo  iirogresMvo  pivparaj^  il  IciTeno  aduno  pac«  rt^lÌRiotn  comnJrta.  Co» 
tH  PaiiiorinMione  prTiniiiciilu  drllu  iioliPica  v  collw-jiia  mi  un  IrveUo  e.ìì«  corri* 
tponderrlilie  con  (inolio  «laln  d'm'iliiie  cmiipli'Io  clin  la  Santa  S«Mlft  vcilri-lilie  con 
IMEere  (valìuarsì  il  pifi  presto  pn!&ìbitif\ 

I  Ha  [i<>rt>!  loro  i  calcolici  non  tcdtrbben)  con  MHliil«raiione  che  la  Saoui  Sede 
RnràuM  questa  aDtorìiiaziDnc  pcrimincntc  prìinn  che  Inro  foiuc  dato  di  godere 
Ma  poc»  relifciosa  ilflinilìv^i.  Si  fa  pare  ajae^iaiiipiito  su  conti  de  raiicini  che  d^rivunu 
iblb  ratara  della  co^a,  e  die  si  U'ovnno  espresse  fiRk  |iniKF'jlnnli  dDcuminii  dnlb 
Stati  Se<lv. 

«Tuttavia  sièappmoda  diverse  pani  e  spet-iahii^ntE'.  per  Tullimu  lilchiuruiiouft 


CROIfACi 

cobinì  io  data  del  4  aprile  h  diperidfìrf:  la  cotioessìoiie  pifrmanenie  de)- 
VAne^igrpfhclit  />d  oiiblìgo  di  iiruseuUire  al  Uovortiu  gli  elelli  alla  curi 
di  anime)  dalla  condiziooe  che  si  sottopongano  a  revisione  completa  te 
legpi  di  magjrio,  o  alniwio  se  ne  paranlisca  !a  revisione  per  un  avveoifU 
mollo  prossimo-  La  sua  iswnza  e  Mata  accolta  in  buon  senso.  Il  progOIO 
di  legge  è  già  proposto  alle  «liscussioni  del  Parlaraenlo.  Ud  lueraorabile 
discorso  del  Pnncipe  di  Bismark  iodica  in  luì  la  volontà  e  pel  paese  U 
couveoienza  dì  mettere  un  termino  all'inlollerabile  napello  del  KuUur- 
kampf.  ],B  pacineazione  dunque  si  farà,  speriamo,  e  si  farà  salvo  Vaoon 
e  l'interesse  essenziale  delle  due  pani.  [|  gran  Cancelliere  l'ha  espresso 
per  la  parte  sua  assai  bene,  dichiarando  che  il  liovorno»  deponendo  le 
arni),  andava  nno  a  Canossa  ma  a  Roma. 

3.  Il  mese  passato,  nel  presefiiure  le  leggi  aniipolacche,  il  ministro  del 
culti,  signor  von  Gossler,  inge^nossi  a  giusiìdcarle  con  accuse  perllde  da 

di  S.  EL  il  priiiciiM:  di  Etisinnrck,  die  T  sii  unte  pioi^etto  rli  l>'?|r^,  con  le  tur  ultìtat 
mnlilicniionl,  »areÌitM>  ilffllcilmimir!  uiloliatti  dfllla  iimpf'inTnnta  del  ParliinvAto,  se  ti 
Snnu  S^dr  non  consentisse  ari  .lutoriitMPe  fin  <ta  om  la  notilìcn  pprouneitl*. 

(  II  Sanio  Padrr,  (i«nelniia  (ìnlla  gravili  di  questa  peama  siuinTÌoni-.  |»ro|MmUi 
al  privernn  pniMiano,  pej'  (lltniuuìif^  da  amlwdor  le  pMì  lo  dìTicollà,  dì  coinpb^UK 
il  lU'PtfMlff  progftilo  di  Icggt^  cna  In  revlnoim  di  disposlitnni  anU^rìori,  d>  rn>  noi 
li  è  parlato  in  qnel  profielto,  in  modo  da  poti>r  coniare  sicuramcitte  M>pra  na> 
compiala  rcj-taumionn  disila  pace  rflijfioai. 

«  La  ren]ìzuziDDc  di  qiH'ila  pniposta  darebliv  intiera  ^ixIJisfaxioiw-  al  Santo 
i>  sarchbi^  accatta  ron  gioii)  <:ì  iìncfn  prr  parte  dei  cattolici,  che  Saa  Santità  pai 
tln  da  01*3  concedere  la  notlDca  pcrmnnento. 

iSp,  lulliiTin,  nello  nttunli  cirta«liimi?  la  complnla  ed  imm/^ìati  Kvuìnne  iék 
le^gi  di  inailo  nou  potesse  essere  compluia  nei  itntjj  imlicaii},  »ppciia  il  sMUKriW 
CJiiilÌn.i]e  «o^etarin  di  Stnm  ntrà  ricoinlo  nfflcialinr'iiti'  l'asjir^nrazionp  ehr  io  M 
HTTMiiie  tiiollo  prossimo  si  porrò  mano  a  ()u«<U  revisione.  la  Snnta  Sedo  accordrtl 
imnedlatanwitle  la  nntìlica  prriitin<>nle  nel  vnso  rnmenuio  nrlla  risposta  del  16 
alta  lena  riupMionc  pasti  dulia  Iff'viìone  prussi?)na  nella  suu  Nota  del  nedeslniii  i^lonii 

<  ijuanto  a  i|ursla  trrta  (|i)p.Miom>,  la  Sanili  Scile  inli^n^tc  laKÌare  il  tnmpo  lilirr* 
al  gotvriio  di  far  \a\en>  pre.«»o  ìv  aiilorìlii  diocesane  i  motivi  por  l'miduMOna 
persona  |iropo«ta,  appena  fs*o  ci'*d#rà  h  sua  nomina  definitila  qI  poitfl,  iw 
coD  l'onliiie  pubblico  il  causa  di  un  Tatto  conosciuto  dal  gOTimoeda  ma 
come  grave. 

fll  gnreiTio  prussliinn  riconOM:eiìk  In  queiti?  nltìme  proposle  ni»  pron  norrtH 
doirin<^eMnflIe  prpmiim  diìl  Smio  l'aiiri-  di  rajcginnpfln'  la  p.ic*  reli([i«a 
(lei  fiiDÌ  .«Toni  \ipt  riinuoifre  pU  c»i.iculi  iii^iresame  dei  memi  che  polreld)er4' 
rjurrc  nllu  dettJi  pnce. 

(  Il  »ttlowrtlto  cardinale  «K^FLirìn  d[  Stalo  ha  l'onora  di  aMicurare  VoMn 
fnoria  dei  wnsi  della  Mia  piti  aliti  consideraiioni;. 

e  Firmato  Cauoimlr  Jacohmi  > 
(Nota  ^lia  SeJj 


CDNTBHPORArtEA  381 

]Cìale  conlro  il  clero  delle  province  polacche,  cernirò  il  Vescovo  <li 
ifina,  e  contro  il  sifiinor  Kra'-iii?,  ilircitore  della  divisione  catiolii?»  dei 
liistro  dei  culli,  siala  .•ioppros.^m  nei  1871  sui  primnrJi  del  Ktiflar- 
mpf.  Il  signor  von  fiosHter  accusò  noiantemenle  il  signor  Kraetrig  di 
er  fallo  sparire  varii  dociimenit  riferentósi  sd  afrnri  im|ioriaDii,  e  la 
i  custodia  era  ad  e^so  alhtUta.  A  questo  punto,  i  depiiLiU  lìeì  centrn 
tiauroiio  primiera menie  ai  miolfiro  d'intentare  un  processo  contro  il 
jBOT  Kraetóig  p  farlo  piiiiim  ai  termini  (IcIIh  Ifiis'gp;  poi  forulntno  ampie 
DW  che  qiKìir onorevoli!  fiinzinnario,  il  qual«  fece  un  t«mpo  parte  del 
DUO,  non  aveva  giammai  mancato  a'proprii  dovori,  e  che  quando,  nel  1871, 
ibandooò  la  commessaceli  amministrazione,  il  ministem  d'allor»,  con  alla 
SU  il  signor  dì  Bistnurk,  gli  manifeslò  la  sua  graiiiudinc  o  In  sua  siima 
Irb  fedcluV  con  che  aveva  adempiuto  l'oflìcìo  siio.  IVea  fu  quindi  al 
gnor  (jossler  di  convenirti,  in  pubtilica  adunanza,  che  le  sue  accuse 
Miro  il  signor  Kraelzig  niHiicavauo  di  ogni  {bndjmenlo  di  giiistìiia. 

Lo  sle&sn  si  dica  delle  sue  accuse  contro  il  clero.  A  sentire  il  mioi- 
|fcU  clero  si  arrabaiiava  dapperlutlo  a  propagare  l'idioma  polacco  a 
^ào  del  tedesco.  I  deputati  del  centro  e  i  Polacchi  gli  provano,  in 
Rita  vece,  che  il  clero  favorisce,  in  quanto  le  circostanze  glioi  permet- 
no,  la  lingua  tedesca.  Per  citare  un  esempio,  a  Schweiz,  su  fÌ,(Klf)  cal- 
liici  non  ve  ne  sono  che  ^OO,  i  quali  non  .sappiano  il  polacco:  contui- 
kcjò,  si  predica  in  tedesco  anche  nella  cliiesa  parrocchiale.  La  statìstica 
lesM  prova  che  il  clero  cattolico  sa  conservare  in  mezzo  al  suo  gregge 
lingua  tedesca.  Nella  provincia  di  Posen,  infatti,  si  contano  IJ?U,(JO(> 
molici,  de'quali  870,(HX)  sono  polacchi  e  250,000  tedeschi;  nella  Prussia 
rimale  {diocesi  di  Culmal  su  700,000  cattolici  ve  ne  sono  900,000  tedeschi. 

Il  signor  vort  (dossier  moveva  sopraliiitto  rimprovero  a  monsig.  von  der 
lamitz,  vescovo  di  Citlma.  di  dar  opera  alla  pnlnniwa/ione.  Su  questo 

centro  gli  rispose  vivameiiie,  e  lo  costrinse  a  riconoscere  il  suo  torio. 
uomma,  il  ministro  dei  culli  fu  tuli'allro  che  felice  nella  sua  guerra 
'accuse  contro  il  clero  cattolico,  Proliabilissimamenle,  egli  era  in  buona 
ide,  fiiccoiue  quegli,  che  sì  appoggiava  sulte  rclanoni  de' suoi  subalterni: 
Il  che  tìtolo  si  meritano  quei  fununnarii,  che  stendono  relazioni  men- 
IgDere  per  nuocere  a  un'intera  popobmne,  e  jier  Iscrediiiire  vescovi  e 
Ktì?  Quanto  poi  alle  accuse  lanciate  contro  il  signor  Kraetzig,  esse  sono 
Kolglameme  inescusabilì.  Quindi  è  che  tulli  i  giornali  indipendenti  haa 
XKhiuso  a  una  voce,  non  rimanere  al  signor  von  Go^ster  alu-o  partito 
lie  quello  di  ritirarsi. 

4.  Con  leuera  del  2  di  marzo  Sua  Eminenza  il  cardinale  Ledochowski 
Mgnìlic.iia  la  sua  rinunzia  alla  sededi  iJnesna-Posnauia.  Il  Capo  su- 
Bo  della  (Chiesa  ha  ripudilo  un  lai  sacrifizio  neces.^rio  alla  quiete  6 

bene  dei  diocesnnf.  Il  Cardinale  ringrazia  le  popolazioni  della  loro  fe- 
Jjà  verso  la  sua  persona  durante  la  persecuzione,  e  le  esorla  a  ricevere 


L^^ 


38^  atoHAu 

con  (Itlucin  ìl  nuovo  Pandoro  inviato  dal  Santo  Padro  e  serbarsi  a 

parinienie  fi^ieJi. 

In  rirlii  d'un  ordine  del  itrìo  gabinetto,  m^insig.  Dinder,  provo«lo  » 
Ko«ni|>(sk'rga,  è  sliiUi  rìcoiiosciiitn  cnme  Arci^Bscovo  di  (ìneAna-rosnaiiii. 
Con  unni  4  pr;)nea  monte  è  staio  lotlo,  ìniumiiiciaodo  dal  1"  di  gejinan.  il 
sequestro  già  messo  sulle  rendite  occlesìasùche  di  quella  diocesi.  Mo»*, 
signor  Dinder  verri  quanto  prìni»  consacralo,  o  prenderà  allora  possttWj 
della  Sua  Sede. 

CoDliDiiano  pur  lultavia  .snllo  aunve  forme,  io  quella  diocesi  colulft 
tribolala,  le  per^^ecuEioni.  I  preti  ausiliari,  che  cercjuo  di  soddiiifire  al 
bisogni  religiosi  dei  fedeli,  sono  incalzali  di  vilisni^io  in  vilagitio  salii  < 
minjiccc  fli  processi.  Si  lasciano  «erciiare  per  qualche  giorno  il  low 
ministero,  e  poi  s'intima  loro  di  sloggiare,  se  non  vogliono  essere  in 
sili.  S])(>r)amo  che  il  novello  Arcivescovo  sappia  rimediare  a  questa  : 
zkme  veramrnte  intollerabile. 

Le  espulsioni  dei  Polacchi  russi  proseguono  a  tuli' andare.  A  ZaI 
ÌD  Slesia,  f^ìiO  persone,  ira  cui  38  fanciulli,  lian  rice^ulo  ordine  dlabbai^ 
donare  U  territorio;  a  Koenigshulie,  lo.  Un  lavorante  fornaciaio, 
Spaiek,  di  FiUcben,  si  è  loltn  la  vita  per  la  disperazione  di  vediirsi  es[ 
un  alln>  è  morlo  di  freddo  sulla  [nibblica  via.  La  pulizia  dà  b 
ai  Polacchi,  die.  invoce  di  passare  il  confine,  prendono  un'altra  st 
per  ishiggire  all'espuKsioae. 

A  Ponen,  gli  orfanoti-oli  municipali  sono  dirolli  da  prolestaptt,  OMt* 
stante  die  ire  quarti  degli  nrf^ini  profe-ssino  il  cattoticismo. 

0.  Il  *29  di  manto  {aas-ò  a  mii^lior  vita  in  Pelplin,  sua  città  epìscopsh, 
moDsig.  (HovauQi  von  der  Marwilz,  Vescovo  di  Ciilma.  Il  venerabile  4s* 
funto  era  nato  il  $0  aprile  I7yó,  ed  era  staio  eletto  Vescovo  ori  1857. 
Dopo  aver  falle  le  campagne  dal  1813  al  IRId  siccome  volontario  bì\- 
t'esercito  prussiano,  non  avev;i  abbracciato  che  piii  lardi  lo  stato  «<hh_ 
siastico.  I  .tuoi  ukimi  giorni  sono  siali  mntrisiati  dalle  persncuzinni  i 
meuo  violente  ctie  ingiuste,  onde  rilliistn;  prillalo  fu  vittima  da 
del  ministro  dei  culli,  e  che  atTrettarono  la  fine  del  santo  vegliardi] 


V. 

CANTONE  TÌCINO  (Noétru  MrrisponthnBaJ. 

U  21  marzo  1886  sarà  rcffisiraio  a  caratteri  d'oro  negli  annali  delh 
pìccola  repubblica  ticinese;  in  quel  giorno  il  popolo,  chiamato  a  pmnuo- 
ciarsi  sull'accettazione  0  meno  della  ìcg^  per  la  libertà  deìh  CiùMm 
e  relativa  ammitùstranone  dei  beni  eeclMiastìei  sancita  dal  nostra 
Gran  Consiglio  il  28  passato  gennaio,  eoo  voti  1,331  di  maggioranza  ha 


COn^E«i>OnA.XBA 


383 


U  \esR^^  ta  quale,  oUemiti  così  la  stazione  popolare,  potrà 
in  vigore  %nza  altre  dldicoliik. 
Voi  già  oonOMele  la  bont-^  inlrìnseca  di  questa  legge,  che  ridona  alta 
Ihieta  ed  al  cirro  la  loro  \mna  libertà  d'esercizio  tini  loro  minÌKiero,  e 
determina  in  tondo  chiaro  ed  e.s|tliciio  i  limiti  e  te  aiirìbunoni  delle  due 
antorlui,  ecclesiastica  e  civile,  assicurando  la  cuucordia  a  l'armonia  uel- 
Veseraiio  delle  ris|iettÌYe  attrì))u/.ìnni.  Se  si  lieo  rampone  dei  lei]i]iì  cIm 
corrono,  si  puh  diro  con  verità  cbc  questa  è  una  delle  migliori  leggi, 
rlie  eslKtr)oo  in  paesi  caliolici.  Una  prova  evideole  della  bniiLà  delta  me- 
deiima  ta  h  può  trovare  uell"  accanimento  inferuale  con  cui  essa  fu  com- 
baltata  dai  nostri  radicali  e  dalla  uiassoueria  ìiviuera  ed  italiana  loro 
alleata,  Non  furono  rUparmiati  meot  di  sorla  per  stravolgere  il  senso 
della  legge,  nnn  arti  le  piìi  infami  per  sorprendere  ed  ingannare  la  buona 
lisd«  del  popatft;  lutti  i  jiregiudizii,  possibili  «il  impossibili,  furom  evo- 
cati contro  la  Chiesa,  contro  la  suprema  sua  autoritA  e  contro  il  clero. 
Uaa  stampa  quoiìdiann  la  piii  impudente  e  xraertala  difTondevasi  Tra  il 
popolo  per  ecxitarlo  nlla  rf-si.st(>ni;:i  e  per  dispurlo  alla  ril)ellioiié  cnolro 
il  partilo  conservatore.  In  sulle  prime  gli  em|iìi  riuscirono  ad  ini^annare 
m  poebi  cittadini,  i  quali  con  troppa  facilità  favorironr)  coli»  toro  llrnia 
la  domanda  del  rrffrendum.  Infalii  ìn  mono  di  un  mese  furono  racciolte 
ahre  a  9  mila  lirme,  numero  cnrlamcnte  non  pìccolo  e  che  rappresenta 
fiui  la  mctÀ  dei  ntliftini  ticinesi  aventi  dirillo  di  voto;  queMa  fa- 
dlkà  trarata  nel  racco^iere  le  firme  per  il  referen'luìn  fece  conceiijre 
il  radicali  le  più  liete  s]>eranj!e  di  potere  non  solo  impediit;  ta  sanzìoiie 
tila  legge,  ma  ben  anclie  di  poter  dare  un  colpo  moriate  .ni  (joverno 
taiservatore  e  riallerrare  il  ptìrdulo  potere.  Iddio  perù  Iia  sventali  i  loro 
fCQgetti  ed  ha  salvato  il  (Cantone  Ticino  dall' anarchia  religioKa  e  civile. 
Chi  per  caso  si  f'tsw  trovato  nel  Cantone  Ticino  nei  pajisali  mesi  di  fetj- 
lirùo  e  di  marto  nou  avrebbe  potuto  a  meno  di  fonu^inti  un  cailivo  con- 
eeuo  e  un  giusto  timore  sull'opinione  pubblica  fuorviala.  Negli  alberghi, 
■ri  ailTè.  nelle  bettole,  sulle  piazze,  nelle  strade  ferrate,  era  un  couiinuo 
dir  coolfo,  falMiicare,  iolert»ieiare  a  rovescio  la  saggia  legge  sancita  dal 
Gran  Consiglio;  di  guisa  che  fa  mepaviglia  che  il  buon  senso  popolare 
ablùa  potuto  farsi  .strada  e  prevalere.  Laonde  biso^ìoa  proprio  conchiu- 
dere che  fu  Iddio  quello  che  salvò  il  Ticino  da  una  irrepnraliile  mina. 
È  beQsl  vero  che  il  partito  cattolico-conservatore  si  scosse  anch'esso; 
che  comprese  l'imporlan/a  della  lotta;  la  necessità  e  la  bontà  della  legge, 
e  ebe  con  lodevole  slancio  affermò  ta  sua  ferma  fiducia  nel  Lìoveroo  e 
nel  (Iran  Ctom^'Iio;  ma  senza  ta  lllvina  prntrzione.  non  sarclilie  rinsf^ilo 
alla  vittoria,  percliè gli  avversarli  erano  irnpjio  hen  prcpaniiic  dispnnevaw) 
ili  me£2i  formidabili  e  di  puLenii  alleoLi.  Siano  adunque  rese  le  ilovnie 
Itrazic  alla  Ihvinn  UonU  che  ancora  una  verità  ebbe  di  noi  misericordia. 
il  jxtjwlo  ticinese  riconosca  piii  da  Dio  ette  dagli  sforzi  degli 


384  CBOSACA   COriTEMPORANBA 

uomini  la  conseguila  viuuria  lo  uiaaifestò  apeflamenie  »ppt^a  ebbe 
tizia  ili'ir  oll«riulo  trionfo.  Non  solo  fé' palese  la  viva  &ua  gioia  col  m 
TesUvo  delle  campane  in  quasi  tutte  le  parrocchie  del  Cantone,  cu 
eziandio  sollecito,  in  moltissimi  paesi,  di  raccogliersi  Delle  chie»  a 
tare  iooi  ili  ringrazia  mento  al  Dator  di  ogtii  beoe,  dal  quale  princii 
meaie  rlcooo^icevano  la  olteoula  viiioria. 

L' entusiasmi  popolare  e  la  soddisfazione  di  tulli  i  buoni  si  scerei 
assai  i|uando  si  seppe  pi>sitiva mente  quello  che  i  rniticali  avevano  \* 
paralo,  dato  il  caso  che  la  vittoria  fosse  stata  per  loro.  Fi;;iir.iit!n, 
avevano  organi/zato  un  pronunciimcnto  nei  principali  centri  del 
tnne;  avevano  desit^ale  le  bande  armale,  die  dovevano  pìoiuttare 
capoluogo,  Itellinzona,  per  olibllgare  II  Lioverno  a  ilimeiirr.'u,  Gi:i 
desgnatc  le  |wr.sone  clic  dovevano  costituire  un  (Jovemo  provvi 
quelle  che  dovean  sedere  nel  tribunale  statario,  r:he  sarebbesi  etdio  ^ 
la  circostanza.  Irtsoniina  avevano  orgauizzaia  la  rivoluzione,  speraù'Ioi 
comiivcn/a  e  ueiraìiito  dei  radicali  della  Svizzera  inlema,  dai  quali  al 
ricevuto  incoraggiamenti  ed  as^curazioQi. 

Delle  scandalose  dimostrazioni  eransi  preparale  a  Chiasso,  a 
s  BelUnzona  ed  a  Uiasca.  Ir  queste  dimostrazioni  dovevano 
preti,  frati  e  monache,  e  penino,  inorrÌdì.«co  al  solo  pennarlo,  sì 
trascinare  sulla  scena  le  venerale  immaf^ni  del  Sommo  PAnieficea^ 
l'amalissimo  nostro  Amministrulorc  Apostolico.  Db!  quanto  dohti 
ringraziare  la  divina  Provvidenza  che  ci  ha  salvati  da  laoii  mali 
risparmiato  il  noslro  liei  fiacsedal  cadere  nell'anarchìa  religiosa  e 

Vi  dico  in  verità  die  il  nostro  Cantone  ha  superata  una  brutta 
e  die  il  Governo  nostro  non  fu  per  alcuni  giorni  senza  appren^ 
Umore.  Fu  questa  In  vero  una  paterna  ammonizione  di  Uìo,  [terch'^ 
a  lungo  fu  protratta  l'abolizione  dì  quelle  leggi  infami,  che  lei 
schiava  dello  Stalo  la  Immacolata  Sposa  di  Gesù  Crìjsto,  che  è  la 
Santa.  iSi  può  dire  che  da  questa  lotta  iddio  volle  cavare  due 
benencìi  a  v.inlaggio  del  popolo  ticiocite.  Volle  cioè  assicurarci  la  Ut 
religiosa  colta  sanzione  popolare  della  nuova  leu'ge  •^clesiaslica  civile, 
allo  stesso  tempo  ammonire  le  auioriià  «d  i  capi  del  parlilo  coacervi 
aninch^,  abbandonate  le  rivaliti^  personali  e  le  gelosie  di  campeoil 
parino  a  tenersi  più  streuamfule  uniti  e  concordi,  a  fine  di  poter 
promuovere  il  benessere  murale  e  materiale  del  popolo,  in  tutto  pr 
col  buon  esempio. 

Quando  la  nuova  le;2ge  san*^  messa  In  pratica,  noi  «iiemmo  che 
durr.'i  i  piìi  salutari  e  ImneHci  effnii,  che  farà  cadere  i  più  invc 
pregiudìzi!  contro  della  Chiesa  e  del  clero,  e  finirà  col  guadagnarsi  ili 
Toro  degli  stes.si  avversari!. 


MESI  DI  MAGGIO 


Annunziamo  per  comodo  di  chi  amasse  pronttame  i  sef^uenti  Uesi 
UsggL9  ultimamente  pabblicatì. 

iXDpora.  —  NaoTo  mese  di  Mnria  o  il  mese  di  Maggio  «oosaorato 
«Ila  gloria  delU  Madre  di  Dio,  recato  dal  francese  in  italiano  dal 
P.Pasi^mk  Campora  d.  Cd.  G.  Seconda  edizione.  Prato,  tipografia 
Oiaohetti,  Figlio  o  C,  1885.  In  32  di  pagg.  227.  Prozw  U  —  40. 

t  TAadJbils  in  Firenze  presso  Vskì^  Manuelli,  in  Napoìl  presso  l' officio 
Kcimk  dclU  CivUtà  Cattolica,  ed  in  Catania,  sU'  ulHoio  d«l  gioruale  V Amico 
Vtrità. 


hi  tqqI  piacere  a  Maria  santifichi  il  mese  di  Magg^io.  — 
yiiiè  ariano  dedicato  al  popolo  della  città.  Venezia,  tipogr.  Knii- 
iiana,  1886.  Un  voL  di  pagg.  370  in  16. 
VmIì  il  preseote  quid«ruo  a  pag.  342. 

l  V.  E.  —  Il  meso  di  Maggio  consacrato  a  Maria  Santìssiiua,  con 
nuove  ooQsiderazìoni  tratto  dalla  Manna  dotrauiina  del  P.  Si'gneri 
pt  C.  ÌV.  E.  In  12.  di  pag.  367.  Seconda  edizione.  Itoma,  tip.  Po- 
Ijgtotta  delta  S.C.  di  Propaganda  fìdu  1880.  Si  vende  in  questa 
tipografia  e  libreria  modesìma.  »  1.  25. 

Tedi  il  pret»0i)to  quaderno  a  png.  343. 

ari», —  Sermoni  sullo  virtA  e  pregi  della  B.  Vergine.  Sorto  di  Fiori 
idatto  massime  pel  mese  dì  Maggio,  del  Prof.  C.  A.  Torino  coi  tipi 
£  Giacinto  Marietti,  1886.  Un  voi.  in  S,  di  pagg.  150.  »  4.  — 
Vandibila  ancora  praaiìa  L.  MaDaelIi  librato  io  Firenze. 

ab  Paolo.  La  scuota  di  Maria  nel  suo  Mese  di  Maggio  pei  niì- 
lierì  del  S.  Rosario.  Meditazioni  cou  esempi  del  P.  Paulo  Slub 
Barnabita.  Torino,  tipografìa  Giulio  Speìrani  e  Figli  Via  S.  Fran- 
»9m  d'Assisi,  11.  1886.  In  16  di  pag^.  430.  >  1.  50. 


Satidl  Tlifimar  Ai|uiiintis  Ducleris  Aii^cllrl 
OPUSCIJLA  PHILOSOPHICA  ET  THEOLOGICi 

AD   UStm   STUWOSAE  lUVnNTI^TlS  SCLICri   RT  TOSTA   ORDIMltl*   RKRLTI, 

yUAE  irr  scrolk  inACTA-iTm,  m:.vi:  phimcm  iucs^ta  et  macta. 

ACCEULNT  Q1:AEST10I«KS  UlODLillETALES. 

RttlllD  accontili  rccos'iitii  el  noiuiaìll^  <i ii'i^s tinnì bn."  el  schotra 

aueUa  UICHAELeDEHUmS.1. 

iit   I* otiti iK' in  l.'fii»Br«rii"  iir'-j;'""ii"i"   Plii'.i!  ijiL'ii"?  l'rftf*«»c<» 

Tre  grossi  volumi  in  grande  «lavo  :  il  primo  dì jva;^ìnc  XXV|-(w5,  il 
(li  pa^ne  614,  il  term  di  pagine  WH).  —  Prezzo  U  15- 
DI  questa  eilixìODe  verameatii  prvztotiit  ]>er  U  amta&ta,  6  aoQ  p<M9 . 

g<evoI«  aucora  per  la  forma  pstcrìon».  demnii»  rwpRimjrlio  ti'»!  uo^tro  q< 

J»g.  f-i  e  HegS-  il  S.  Padre  Leonn  XltT,  si  ò  degnnto  di  onorare  di  ar 
co  Bravo  ifch,  Prof.  P.  De  Maria,  il  qitnlt;  con  (unto   -'•■•"     --    ' 
parK,  e  vi  agglua»  del  stio  opportuDt^^lme  qiiifltioul  r 
egli  altri  socitoiameQto  comnieDdeToli  ^bi*  profouilii  e  soda  <ì'J 
possono  legge**  il  test»  in  questi  ste«<o  quailcnio  a  pasr  '■'S-' 
Tendìliila  lu  prezzo  di  L.  15,  pruìiso  l'cdilorii  Snipiorm  Lapt  i; —  .:. 
(Parogia)  a  presso  Luigi  Msuuelli  Itbnua  in  Vixtxnn. 


DELLE  ELEZIOM  POPOLAKI  ^ELL\  CHIESA 

DISCUSSIONE  STORICA,  CANONICA,  PAATICA 

l'ntO,  lipoijrafia  GiachftU.  Fifftio  e  C.  1S7S.  Vh  ì^-ìlitm'-  in  16  lìi  pti^.  VIII-< 

rrrzxo  ridotto,  ^r  taUt  r  lUlla.  L  I. 

si  pvo  trnnuv  vniUhlfg  prerr^i  j  Sigij.  tì^rra-tii  dtlUt  firiliA  CalloKoa 

fi  on'opom  iinportsDtÌ38ini&  ai  per  conoioere  la  falsiti  storica  o .. 

de*prÌDCipii.  sopra  ctit  i'iposrito  zelo  di  alcoDi  fallaci  cattoliri    Torreblia 
dare  il  diritto  ti  "  ^  ~'":oni  popolari   de'sacn   p&stori    nella  Cliicsa.  t  ~^ 
IMorgcre  le  fu-  eonsognuuzc,  a  cai  esse  inenpfcbbero.  8«  no  »r| 

rivfiOa  fattauf  .„..;^  '..:iUà  Cailolìoa  nel  quadcruu  lì7d  a  pag.  70. 


S' 


TL  CERTO  E  L'INCERTO 

LA  NATURA.  I  PRESERVATIVI  E I  RIMEDI!  DEL  COI 

TllATlATF-Lhl  SCIFNTlIKrt  CrU'ni.Alli: 

»  del  P.  PIUNCKSCO  SALIS  SKEWIS  S.  I. 

Pnilo,  Tip.  GiarJititi,  Figlio  e  C.  Zf-f^-t.  Prezzo  ridotte  Cent  25. 

6  art  Opuftculo  di  circa  flO  pagioe  In  IR,  ani  quale  si  svoli^ono  pia 

(liutaiiiRntff  a  con  imporl^inli  ntfgitinte  le  ct>ae  todenUi  ttt'irAppeudlcv 
JalurBli  del  qnadcrQn8;]2  diilVa  rJii'ttfà  Cattutica. 

Ri ■'_-' ■•■(ilu  e  dihK'iiCrndu  I«  vari«  opinioni  «  la  pr»"'-""  ''■""'    '  —  " 

tradì'  lilicatM  da  iiadirnlisri  n  da  medici  ititor&b 

l'AuU- MIMI»  nellmnoutu  ciò  vite  *>ì  uà  Onora  «■ '->'' 

tul  Mso;  indica  poi  ì  piil  »i>.<uri  modi  di  pregi?rva7i 
la  acfenzA  csporiiuontnlc  dimostra  inafioaci  e  che  mi 
gravissimo  (li  chi  vi  rì  affida:  per  nliimo  anin 
denti  a  ciascuno  stadio  dDlI'iafoztune  colerica,  air 
0  conimcudnli  dall'aunlisi  scientìfica. 

Coai  il  U'Lturu  trovurà  in  poche  pagine  vagliato  e  ravcoltv  il  uìà  6  H  I 
di  ciò  cb«  fu  scritto  fin  qui  per  la  Conoscenza  del  t<irribi[e  tnoroo  e  dÀI 
di  flooiliat torlo. 

Si  pmdf  air  Itfiian  etnlraìf  .MlaQr.  Ci»,  e  pregio  i  prÌHcipaìi  Grrenli  tUUt 


fìMlo.  Tip-  liis'-iielti,  Kiidi»  i  C 


PIO  UOKOm.  Otmu  «W;hm« 


liA 


ilVILTA  CATTOLICA 


Btatta  popuìua  euiu$  Dominui  Dati  «iW. 
PsAiJi.  CXUII,  I& 


MNO  TBIGESIMOSEITIMO 


SERIE  XIII.  —  VOL.  II.  —  QUADERNO  862 


INDICE  DI  OCESTO  QDADBRPTO 

TlOVtMì   ITAIIA    E   IL   VECCHIO  rAPA,TO Pag.   385 

Del   lillItlTO   DELLA    CHIESA   ALL'lHUliniTA    ECCLESIASTICA )»   401 

It  TKSOnO,  Li.  MltLIOTBCA    B  L'aRCIIIVIO  DBI  PAPI  NEL  SECOLO  XIV.    »   419 

Deu.*K(tnAiQA  PERSECTJiioHE  cownin  11,  criisTUSESiMO.  Art.  I.  Come 
flu  à»ì  [nucipuì  DOD  gii  \  crislìaaì  ^li  t!lin;ì,  mi]  gli  ehm  ab-, 

Uaao  sempre  persoguìUli  i  cristiani >  437 

I  DiJiEiim ...»  447 

XIX.  Il  trafwro  e  la  lacca  del  Farlo ...»    ivi 

XX.  Le  loriure  iIrIUi  Taine  e  l'angelo  del  soccorso »  451 

XXI.  II  vocchiii  .ivnro  e  la  governante »  455 

Rin<iTA   DELLA   ST.\MI'A  ITALIANA »   465 

L   La  Kiiuazioue  del  paese  e  le  ^eiiooi.  Nuova  Anloloffìa,  fase.  '2° 

di  aprile. »    ivi 

Monsignor  Donato  Vflìuli  di  S.  Vlement*.  Vescovo  ijiolare 
dì  Oro|to  :  t.<e2ìoni  escgciìche  e  morali  soiira  il  sacro  libro  di 
GioWie »  472 

Cfl01«ACA  COnrEXPORANEA »  475 

1.     Cose  robane »    ivi 

li.     COSK  ITAMAtTE •    483 

ni.  Cose  smANtErtE  —  Spagna.  .  ,  ,  .  »  493 

IV.  Ingliillerra  (Nostra  eorn'spondensa  ritardata) »  503 


FUnKNZE 

PBsseti  LUIGI  MA.NUt:LLI.  libiui'I 

Vm  (tei    Hrouoiiaolo,  IO 
fniH  S.  Uiria  la  Cta^a 

15  maggio  im 


LIBRI  VENDIBILI 


ALL'AM3UAISTIIAZI0:VE  DELU  CIVILTÀ  CATTOUi 

FIRENZE  -  3,  Vlo  do'Corili  —  FIRENZE 


Bretolkai  Antonio  \i.  C  d.  O.)-  Opero  edite  ed  inedite  p«r  Ik  prima  ra 
riunite  e  corretie  sopra  gli  origÌDali  emendati  e  preparati  dallo  al 
Autore.  Rouia,  coi  tipi  della  CicUtà  Cattolica.  Diciaasettu  volutQi  io  tt 
L.  iO  non  cotaprese  le  spese  di  porto;  franco  per  tutta  Italia        L.  iS 

■^  Opere  minori.  Volumi   due  che  contengono  i  srjjucQli    opaicoU:   Mani 
iotorno  alia  vita  del  P.  Michele  ScitirxTtt  —  Arte  di  goder  sempre  — 
morie  intorno  ad  Eugenio  Cusani  —  Arte  di  bea  governare  — 
apiritnali  —  Vita  dì  Abulcher  Bi-3ciarah  —  Oiof^rafle  di  tre  alunni  di 
patjTKnda  —  Aniwoniuieiili  di  Tiouide  — Avvisi  a  dii  vuol  pigliar 
Romantici /mio  italiano  —  Saggio  di  alcune  voci  loscnnc.  Roma.  co'tl| 
Civiltà  Cattolica,  i  volumi  in  H  grande,  di  circa  òOO  pagine  cìkìmiuoo.  >    6 

BranaoBV  Olnieppe  td.  C.  J.  C).  l  primi  Papi  Re  e  rnliimo  dei  Re  Lou 
bardi.  Roma,  coi  IjpildelU  Cioittà  Cattnlica.  Un  voi.  in  9,  • 

—  Le  origini  della  SovranitA  temporale  dei  Papi.  Roma,  coi  tipi  dalla  Oit 

Cattolica.  Cu  voL  in  8.  (Rimangono  poche  copie).  » 

■^  L'impero  dì  Babilonia  e  dì  Nini  ve,  dalle  origini  fino  alla  conquista  di  Or 
descritto  secondo  i  monumealì  cuneifuniiì  comparali  con  la  Bibbia.  Da 
volumi  in  8,  di  pagg-  599.53ft.  Prato,  tip.  Oiaf-hetti,   ISai.  » 

Oallno  P.  Oei&ra.  Considerazioni  e  discorsi  ramiliarì  e  morali  per  ogni  ^e 
dell'nono.  Prato,  per  Raairn  Guasti,  tHHl,  .1  voi.  ta  S-  »  Di 

Catfirlml  P.Pietro.  Dell*  origine  dell'uomo  seeondo  il   trasformismo, 
»cieQ  tifi  co-filosofico*  teologico,  t'u  voi.  in  A,  di  pagg.  X-3S0.  Prato,  lip.1 
chetti,  Figlio  e  Compagni,  1884.  (Rimangono  poche  copiuK  »    ft 

Outarlone  P.  Alberto  ■■  (d.  C.  d.  0.;.  Vita  d..'l  P.  Fed«r>co  M.  Toc 
Va  vùl.  in  If).  di  pu^g.  304.  Torino,  tip.  Q.  Speirani,  ISSO.  %    3 

Oh&Uoner  Hoaa.  Biooaxclo.  Delli  vita  e  gloriosa  morto  di  molti  Sacerdoti! 
laici,  uucìhì  iu  odio  delta  fede  cattolica  uell' Inghilterra.  On  voJ.  io  lii 
pagg.  008.  Prato  tip.  Giachetti.  Figlio  e  C.  IB84.  »    T' 

Comoldi  O.  M.  (d.  C.  d.  Q.).  La  Filoiìofla  scolastica  speculativa  di  3.  Te 
mo^ù  d'.\quino.  Terxa  cditionc  italiana  accresciuta  dall'Autore,  Bolo 
tip.  Pt;utlQcìa  Alnreggianì,  ìi)i\},  in  H  grande,  pressa  a  IODI)  pagiae.   »    ff- 

—  Instituliooea  Philoaopliicae  ad  mcntein  Saucti  Ttiomae  Aquinatis  Aac 

1.  M.  Comotdi  S.  I.  in  latinum   versae  ab  Ex.mo  et  Bev.mo  Vonetii 
Patriarcha  et  ab  auctorc  rcoogaita«  et  auctae.  Bononias,  Irp.  Pont, 
giani.  Va  voi,  in  H,  di  circa  8l>D  p-ngiUL'.  »    & 

—  Alcune    orazioni    panegiriche    e    discorsi.    Parma,    1875,    ToL    in    ìù, 
pttgg.  172.  »     1 

—  Della  plurnlilA  delle  fìjrme,  secondo  8.  Tommaso  d'Aqutao  —  Commootar 

asconda  edixioDo  rivedo  la  dall'Auturo.  Voi.  io  S,  di  pagg.  ìiOi.  Roaa,  tip.  : 
fanL  ,    4 


LA  GIOVINH  ITALIA 

E  IL   VECCHIO  P»Ar>ATO 


I. 

Al)bÌJimo  in  Italia,  iwste  runa  di  rincontro  all'altra,  due  isti- 
Vi;/)oDÌ  sociali:  l'nna  recente,  ma  non  così  che  non  abbia  avuto 
nel  c^TSo  di  tiuasi  otto  lustri  lutto  l'agio  di  svolgersi  e  d' invigo- 
lirsì^  r  altra,  antica  di  Tenti  secoli,  e  che  ogni  giorno,  da  chi  vi 
ha  interesse,  si  dà  per  decrepita  e  moribonda.  La  prima,  già  ci 
tf intende,  ò  l'Italia  nuova  coi  suoi  nuovi  ordini,  foggiati  sui 
principii  della  rivoluzione,  coi  suoi  propositi  anticristiani,  eoa  a 
capo,  per  autori  e  sostenitori,  ì  settarii  di  una  lega  iinticrìstiana. 
l'«ltra  istituzione  è  il  vecchio  Papato,  coi  suoi  irremovibili  prin- 
dpii  religiosi,  morali,  politici  e  scientìfici,  attinti  dalla  dottrina 
di  Qesii  Cristo. 

Uolti  suppongono  alla  leggiera  che  un'Italia  nuova,  an  as- 
setto, cioè,  in  cui  fosse  conceduto  agi'  Italiaui  di  godere  i  van- 
tlggì  provenienti  dalla  unità  dì  Stato,  e  una  più  larga  ma  giusti^ 
aisora  di  franchige,  non  si  potesse  ottenere  per  altra  via  da 
VUllftì  per  cui  la  presente  unità  e  gli  ordini  presouti  sì  sono 
ottenuti,  e  comunque  si  mantengono.  Altri,  andando  più  in  là, 
iti  lisciano  cosi  abbagliare  dal  poco  bene  acquistato,  che  non  ve- 
lano 0  non  curano  il  cumulo  di  mali,  che  Taccompagnano  così 
Mll*ordine  morale  come  altresì  nel  materiale.  Non  ci  fermiamo 
&  dimostrare  quanto  v'abbia  di  falso  e  di  perverso  in  cosiffatti 
BBDtimenti.  Il  fatto  sta  che  l'Italia  nuova  si  è  costituita,  qiial 
è,  Don  solo  abbattendo  i  troni,  ma  combattendo  sempre  la  Chiesa 
di  0e8ù  Cristo  ed  il  Papato. 

E  si  noti  che  una  tale  ostilità  non  ebbe  origine  dalla  que- 
fltioDe  sul  possesso  degli  Stati  Pontifìcii  e  di  Homa.  Chiunque 
ÌB  Itali»  ha  varcato  di  poco  il  quarantesimo  anno  di  età,  si  ram- 

Sfrù  Xin.wol  II.  /are.  mi  19.  &  .Haggio  1886 


LA   GIOVrnB   ITALIl 


meuta  come  il  partito  dominante,  fino  dal  IS'ìS,  nel  suo  trionroj 
momentaneo  por  tutta  I»  penisola  e  durerole  nel  Piemonte,  in 
tendesse  ognora,  come  a  parte  essenziale  del  suo  programmai 
alla  spogliazione  della  Chiesa,  alla  persecuzione  del  clero,  alla 
espulsione  dei  religiosi,  allMaceppamento  dell'autoritÌL  Pontificia 
nel  governo  spirituale:  o  come  a  mano  a  mano  che  8*impadn>> 
nira  nel  1869  della  Lombardia  e  di  gran  parte  dello  Stato  del 
Papa,  e  nel  1860  del  regno  delle  due  Sicilie,  non  si  desse  mag 
gior  premura  di  introdurvi  i  nuovi  ordini  politici,  che  di  com- 
battere la  Chiesa  nei  suoi  ministri,  nel  culto,  nell' istrtiJììom.' e 
nel  governo  suo  intemo.  Sì  volle  insomma  un'Italia  una,  ma 
cosi  che  fosse  scristi  ani  aliata  :  né  al  secondo  scopo  si  lavorò  mai 
meno  attìvameote  che  al  primo. 

Solo  vent'anni  dopo  gittate  le  fondamenta  deiredifìzio,  gli  « 
pose  il  fastigio  colla  pru^  di  Roma  e  col  totale  spogliamenb 
del  Pontefìce.  Le  due  istituzioni,  la  nuova  Italia  e  il  FbpaU, 
si  trovarono  così  a  faccia  a  faccia  nella  stessi  capitale,  ma  in  uà* 
dizioni  troppo  dìssomiglianti  a  vicenda:  la  prima,  rittorioaa, oollt 
forza  in  pugno, coirimpuuità  assicurata,  cou  tutti  i  mezzi  wMtd 
per  ìsTolgersi  in  pieno  rigoglio:  il  Papato  invece,  material m«Dfae 
abbattuto,  spogliato,  senza  appoggio  e  senza  speranze  da  parto 
dei  Governi,  amici  tutti  dei  suoi  spogliatori. 

Sono  corsi  da  quel  tempo  quindici  interi  anni,  e  i^uali  sploi- 
dide  prove  di  vitalità  e  di  vigore  stagniti  a  dare  il  l'apatf»,  lo 
vedremo  poco  stante.  Quantj  alla  nuora  Italia,  sorta  colla  pre- 
tensione di  avversarlo  o  colla  speranza  di  distruggerlo,  se  le 
debobjvze  e  1  danni  del  suo  primo  ventennio  si  poterono  voler 
ricoprire  ascrivendoli  alle  difScoltà  dei  primordii,  superati  questi, 
e  scorso  oramai  poco  meuo  che  un  altro  ventonnio  nelle  più  fa- 
Torovoli  condi^ìioni,  si  poteva  ragionevolmente  aspettare  che  U 
nuora  istituzione,  se  non  era  viziata  nelle  radici  e  in  tutto  il 
suo  organismo,  ci  stesse  innanzi  in  tutto  lo  splendore,  U  roba- 
stezxa  e  la  fecondità  di  una  rigogliosa  gìoventiV   E  in  quelUb 
vece  che  vediamo?  Egli  è  un  fatto  che  dovrebbe  aprire  gli  occhi 
a  quanti  vi  sono  ancora  illusi  :  non  i  cattolici  no,  ma  gli  stoni 
autori  0  sostenitori  della  nuora  Italia  antipapale,  divisi  in  non- 


B  IL   VECCHIO  PiPATO  387 

TÌi  partiti,  Tanno  oggi  più  che  mai  concordi  nel  confeesare 
lo  sfacelo  sompre  crescoute  di  cotesta  loro  fiitliira.  Il  noto  Seeoto 
di  Milano,  per  cominciare  da  ana  cÌta;fìone  qualunque,  arrìrara 
ad  sciamare  testé':  A  qual  prò  fsiansì  dislrufli  sette  (rojii,  siasi 
sparso  tanto  sanytttr  depauperata  tanta  gmt4  in  Italia,  lo 
v9ggano  gV  italiani! 


k 


II. 


U  SkoIo  ha  ragiono  da  vondore,  pt^rch*^  donde  che  bì  miri 
la  nuova  Italia,  tì  si  vedono  non  che  le  minacce  lontane,  ma, 
Domo  nello  società  decrepite,  il  processo  già  avanzato  della  di9- 
6olu:doao,  negli  stessi  ordini  suoi  costituenti.  Ija  Riforma^  non 
ha  molto  ^  io  un  articolo  intitolato  Parlamentarismo  in  rotta, 
predicava  apertamente  la  trista  pruova,  anzi  la  disfatta  oramai 
Compiuta,  dì  quel  sistema  in  tutti  i  paesi,  dove  lo  introdusse  la 
lega  liberalesca.  K  mostratane  la  vergognosa  impotenza  rA  in- 
tossistenza  in  Francia,  in  Ispagna,  in  Austria,  in  Oeruianìa, 
leOa  stessa  Inghilterra,  conchiudea:  Nulla  diciatno  ddV Italia^ 
percJiè  tutti  sanno  che  essa  si  trova  tra  tutti  i  paesi  nella 
condizione  peggiore.  E  poco  più  sotto:  Quello  che  non  ha  scttsa, 
ì  ii  parlamentarismo  italiano  :  ed  appunto  per  questo  gli  effetti 
iella  sua  malattia  sono  ancor  piit  dannosi;  perchè  qìtella  ma- 
tacita  non  dipende  già  da  eause  gravi^  estranee^  che  come  non 
frano  prima,  possono  cessare,  cessandone  con  esse  gli  effetti; 
na  si  è  prodotta  speciabnente  come  conseguenza  di  una  na- 
turale decomposizione  degli  spiriti,  per  cui  si  è  perduto  ogni 
retto  senso  intillettuale,  quando  pur  non  fa  difetto  la  coscienza 
norale.  Le  quali  parole  conterrebbero  la  verità  tutta  intiera, 
M  Ti  bì  aggiungesse  che  il  parlamontarismo  racchiude  negli 
itessi  prineipii,  su  cui  si  fonda,  il  germe  della  propria  disso- 
luiose;  e  che  la  dissoluzione  degli  spiriti  e  la  perdit;i  del  senso 
atellottuale  e  del  morale  in  prò  dell*  individualismo,  ò  conse- 


^ir  fJitoìo,  ìi-ih  aprile  I88& 
'  La  Riforma,  2  oprilo  I8W. 


38B  iJ^  Gionnc  itaua 

gneD;:a  naturale  ed  ÌDevìtabile  della  rÌTiiinzìa  ai  grandi  prineip' 
morali  e  sociali  stabiliti  du  QviSh  Cristo,  insegnati  dalla  Chiesa, 
e  voluti  sempre  escludere  dalla  vita  politica  della  nuora  Italia. 

Perciò  la  decoinp03ÌKÌono  degli  spiriti,  lamentata  pel  presdnté.i 
dalla  Riforma,  non  è  UQ  male  duoto,  se  non  in  quanto  col  pro- 
ci-dere  del  tempo  si  è  esteso  largamente  intorno:  che  quanto 
ai  corifei  della  nuoTa  istituzione,  siccome  impUcaron»  nella  lom 
oi)era  la  rinnozia  alla  morale  cristiana,  così  era  inoTitabìle 
ìnnestHseroa  quella  un  contagio  d'immoralitil,  rcranU'  alla  dì 
1ii7,ione.  Ciò  conftìssa,  senza  volerlo,  la  stessa  Riforma  \  la 
lamentando  che  la  politica  del  Depretis  sia  gitiiita  ad  involgere 
^1  urCaura  sospetta  tutta  quanta  la  nostra  vita  parhunmtaru 
dichiara  però  che  l' immoratìtà  fu  dote  costante  dei  capi  di 
nuova  Italia:  .Vf  la  cosa  era  nuova  (cosi  la  Riforma):...  Ti 
ministri  da  Cavour  appunto  a  Depretis...^  meno  rare  fceezit 
pensarono  che  bastasse  l'onest-à  personale,  e  che  di  slrumtnH 
disonesti  si  potesse  indirettatnenie  o  direttamente  servìrsit  pel 
trionfo  d'una  causa  cìie  ritenevano  buoiui.  Questa  teoria,  eke/n 
applicata  sin  dai  primordii  del  regno,  non  ha  poco  coiUribuitò 
aW abbassamento  della  politica  italiana. 

Lo  crediamo  anche  noi.  Perocché  estendendosi  nna  cosiffatti 
morale  alla  maggioranza  e  alla  quasi  totalità  del  Parlamento, 
che  sempre  spalleggiò  qaella  politica  nei  successivi  Hinisten, 
quale  moralità  era  da  aspettarsi  che  regnasse  nell'aula  parili- 
luentare  e  presedesse  alto  stabilimento  dtti  nuovi  ordini  e  deUt 
nuova  legislazione?  Quale  amore  sincero  di  pa^a?  Quale  pre> 
mura  pel  suo  vero  bene?  Anzi  quale  gelosia  ancora  per  il  de4Mni 
proveniente  al  corpo  dall'  irreprensibilità  dei  suoi  eomponeuti? 
Il  vero  è  che  da  auni  e  da  lustri  sentiamo  dagli  stessi  fugU 
libei-alì  deplorarsi  la  neghittosità  dei  rappresentanti  del  popolo, 
che  lasciano  deserta  la  Camera,  accorrendovi  molli  di  ossi  al- 
lora soltanto  quando  vi  sono  chiamati  a  dare  qualche  voto  par- 
ticolare, pagato,  da  ehi  tiene  il  mestolo,  a  pre£;!o  di  favori  paUog- 
giati:  da  anni  e  da  lustri  vediamo  negli  ultimi  giorni  di  eiasonaa 


.V  ilei  Iti  .i;>rìle  IHSn. 


trenta 
j  obbligano,  gravano, 
[Mittun  trenta  tnilttxii  d'IUiliuni:  vediamo  e  Tedemtuu  sompre 
T^uanloa  rìforìrci  la  niooinhii,  ì)  popolo,  o  &TTorso  o  85dQ- 
ito,  aon  si  eiirure  del  diritto  dì  eledone,  lasciundone  l'esercìzio 
■BBO,  spintiri  pt>r  la  maggior  parte  dai  capì  delle  leghe  o 
xUistiehe  0  muDirch ielle,  a  cui  si  ascrissero  pi;r  tutt' altri 
Andìmenti:  Tediamo  unchi*  e  Tedetnmo  sempre  sedere  nel 
krlascoto  Atto  l'e^da  detr  immunità  e  della  protexìoue  della 
uuroìtii  domandati  ìnTann  dalla  gìustÌ7.ìa  por  Imputazione 
fankidio,  dì  truffa,  dì  altri  dt'litti  comuni.  per5i]o  borsaiuoli, 
aad  grau  numero,  da  ussorsì  potuto  diro  che  la  crìmiualitài 
Camera  italiana  supera  la  proporzione  raggiunta  in  qua- 
altro  corpo  onorato  del  regao. 
T«rgo^e  non  si  Tìdero  mai  a  mille  miglia  in  nessuno 
emi  soppressi.  Quindi  il  Secoh  area  ragiono  di  scrivere 
Idsao  artìcolo  sopra  citato,  che  A>.<(shh  Parlamento,  o  meglio 
Mwn  goìvrno  ha  giammai  offerto  uno  spettacolo  co^  «oii- 
■fit;  e  la  Riforma:  Siamo  arrivati  a  tal  grado  di  sfacelo 
ismo,  che  il  G(n:erno  piu)  dìspensarH  pure  dal  salvare 
■f,f^.!e}tze.  Ma  il  torto  dì  quo' due  giornali,  e  degli  altri  del 
colore,  è  di  ritardare  cotesto  sfacelo  come  ud  fenomeno 
lare  nella  storia  della  nuova  Italia,  dovuto  allo  sgoverno 
Dcprtìtìs.  Sia  pure  che  lo  sraculo  sìa  giunto  ora  ad  un  grado 
i  evìdeoi»  e  dì  gravità,  che  dia  a  temere  una  catastrofe  :  egli 
ft giunto  porA  con  uaturalo  svolgimento  di  visiìi  organici,  ondo 
Mova  ìstituKÌoDe  nacque  decrepita  senza  meno,  o,  fi«  cosi  si 
le,  da  una  infanzia  e  adolescenza  già  per  sé  morbosa  passò, 
ena  on  perìodo  di  florida  gioventi'i,  al  disracimento  della  dc- 
re^tezza. 


IIL 


Colbi  docrepitezita  le  paure  dt^lla  morte  ^  aiVRicciano  ad  ogni 
ntomo  sinistro,  e  peggio  se  i  sintomi  sieno  molti  e  gravi.  Ohe 
.  eostìtu^iìone  giovane  e  robusta  trova  in  so  st«ssa  le  riprese 


390 


LA  CIOVIHS  iTiLU 


contro  malattie  ancho  mortali;  ma  uon  così  uà  org&oistuo  cfa« 
sì  va  sfacendo  per  intrinseca  dissoluzione.  Quindi  ì  timori  di  nna 
crisi  Tunesta  per  questa  giovino  Itali»,  odia  sua  freschissima  etì 
di  meno  che  otto  lustri,  pochi  alla  rita  di  un  uomo,  im  nulla  ali» 
durata  di  un'istituzione  che  si  darà  per  imperitura.  Giova  sen- 
tirò quel  che  ne  scrire  ['Opinioue,  rìferondost  allo  unovn  elettosi 
dei  Deputati,  indotte  come  exi>erimentum  crucis,  alla  Toutura  « 
di  dare  all'informo  Tultima  spinta  o  di  prolungargli  il  filo  di 
vita  che  ancora  gli  rimane.  Aoi,  così  l'Opinione,  non  preoccupa 
sfgnaiamente  tV  pernierò  di  chi  vinetrà  dei  partiti  o  meglh 
delie  fazioni,  che  stanno  nelVorbiia  costituzionale:  tna  noi 
punge  ramaro  dubbio  che  h  eiezioni  generali,  iinpegnaia  in 
quesis  contingenze,  possano  profittare  agli  avversarti  delie  no- 
stre istituzioni...  Dì  fronte  alla  comune  difesa  delle  istìtu* 
zioni  bisognerebbe  far  tacere  gli  odii  di  parte.  Si  parlerebb» 
egli  altrimenti  di  un  assetto  sociale  che  per  generale  disgrega 
mento  dei  suoi  elementi  sia  per  andarne  in  isfascio?  E  pure  ai 
medesimi  timori  e  alle  medesime  inutili  esortazioni  dedicava  il 
Bonghi  nylla  Permvranza  del  H  aprile  un  suo  articolo,  ad- 
ditando iigli  elettori  il  fantisma  non  vano  del  socialismo,  spai* 
loggiato  dalla  formidabile  lega  di  associazioni  popolari  nelle 
quali  s' incarna;  e  ne  inferiva  il  pericolo  che  correrebbe  la  si* 
etirez^ta  del  paoso  e  ì  suoi  supremi  interessi^  se  dalle  elezioni 
uscisse  una  Camera  radicale. 

N6  sì  dia  lungo  alla  vana  sperimita  che,  qualora  fra  gli  elementi 
ragnnatìcci  dell'  Opposizione  venga  al  potere  quella  frazione,  ohd 
si  professa  radicalo  bensì  ma  non  anarchica,  sia  rimosso  il  p» 
rioolo  accennato  sia  àAÌVOpinione  sia  dal  Bonghi.  Perocché  ogni 
passo  che  ora  si  dia  innan^.i  ueirapplicazione  dei  priucipii  libe- 
raleschi, primieramente  mirerebbe  a  scuotere  le  presenti  isUlo- 
ssioni;  secondamento  ci  recherebbe  più  da  presso  all'attuaziune 
d^H'uHiraH  conseguenza  logica  di  quelli,  che  ò  il  socialismo  « 
Panarchia;  e  in  turxu  luogo^  dat^)  che,  per  un  miracolo  di  genio 
politico,  fosse  attuabile  l'assurdo  di  un  assetto,  che  si  consolidi 
per  rapplìcazione  di  principii  dissolventi,  di  siffatti  genii  V  Italift 
Doa  ne  possiede.  Oi<>  è  sì  conosciuto,  che  la  stessa  Opposizione, 


E   It   VEaHlO   PAPATO  39t 

mentre  rinfaccia  al  Depretis  lo  stmAo  dellu  p(i1)blìca  cosa  con- 
Bnmatost  sotto  di  lui,  noo  trora  da  contrapporre  al  suo  un  altro 
nome  cbe  ispiri  la  fiducia  di  una  qualsiasi  ristorazioue.  Sì  sono 
Irilw-ttute  agramonto  dai  Sinistri  raolt*3  a8ser?,ioni  doli' articolo 
dal  BoDghi,  ma  i*  rimaata  intatta  quella  che  <  se  il  Afiniiìtiro 
fiiiuale  non  ha  forse  energia  ed  autorità  bastevole  al  presente 
\bisoffno.  si  sa  però  che  un  altro  ne  avref^,  ancora  menò.  > 
!S  qaolla  della  Nazione,  che  a  rendere  piil  grare  il  pericolo 
presf^nte  contribuisca  la  mancanza  di  qtmUhe  personalità  po- 
fiUicfi  intorno  a  cui  poHsa  raccogliersi  una  forte  maggioranza 

^Insomma  la  massoneria  italiana  che  si  assanse  il  compito  e 

|l||upt>gDO  di  guidare  l'Italia,  da  sé  trasformata,  ai   suoi  alti 

|RUni,  a  cjuTÌDta  di  non  arere  nei  suoi  ruoli  una  mezza  serqua 

'é'nomini  capar.ì  di  mautenere  il  paese  netta  forma  di  governo 

che  essa  gli  diede,  e  di  rattencrlo  sulla  china  della  scioglimento 

I  flocialistìco  e  anarchico,  su  cui  essa  modosima  lo  oollooò.  Clio 

tm  essa  non  ha  un  uomo  solo  capace  di  quegli  nfficii  meglio 

Doprotìfl,  accagionato  ora  d'arerò  condotto  il  parlamentarismo 

timo  sfacelo.  Non  può  negarsi  al  vecchio  di  Stradella  una 

abilità  nel  mantenere  a  sé  il  proprio  posto,  al  paese  nn 

0  sufficiente  di  tranquillità,  al  parlamentarismo  l'unità  al- 

Beoo  strettamente  necessaria  alla  sua  esistenza,  poniamo  che 

«IQftlla  anitìi  di  elementi  oramai  sciolti  fosse  tuttih  artifloiale  e 

nsrcanteggiata.  Or  bene;  il  Depretis  è  l'ultimo  uomo  rimasto  di 

quolU  falcione,  capace  ancora  di  solo  tanto:  rigettato  luì,  non  ne 

Tvsta  alla  massoneria  un  altro  da  ripromettersene  neppure  quel 

poco;  e  il  Bunghi  o  VOpìnione  se  ne  sgomentano,  prevedendo 

il  ca»  che,  crollato  l'ordine  presente,  la  nuora  Italia  scenda  dì 

Caduta  in  caduta  a  queir  estremo  di  obbrobrio  e  di  miseria,  di 

UB  ci  dà  spettacolo  la  vicina  Francia. 

"l 


IT. 


[|  dif(>tto  di  uomini  atti  al  governo  h  uno  dei  sintomi  più  gravi 
decrepitezza  di  uno  SUto,  come  lo  ò  per  un  albero  il  non 


392  t*   CIOVtMf   ITALIA 

gettare  piiì  se  noa  rami  strati  e  svigoriti,  o  U  non  mettere  pia 
It&rbe  robusto  che  inrunduuo  la  vita  al  tronco  e  ai  rami.  On 
Deanchtì  oottìsto  siiitumo,  benché  oggi  Boltauto  sentiamo  lamdQ 
tarlo,  non  è  nuovo  nell'  Italia  della  rivoluzione,  allii  miale  la  copia 
di  insigni  uomini  di  Stato  era  tanto  piti  indispensabile  quanto  pii'i 
ella  recava  nelle  sue  stesse  massime  fondamentali  il  geme  della 
propria  dissoluzione.  L'edifìzio  della  nnova  Italia  fu  costruito  e 
altiraato  sul  disegno  obbligalo  delle  massime  massoniche,  sena 
un  lampo  di  gonio,  senza  che  fra  i  suoi  architetti  e  fabbri  af' 
parìssero  mai  altro  che  uomini  mediocri  e  al  tutto  insufficitìoti 
al  grande  assniito  di  dare  un  nuovo  assetto  ad  una  nazione.  Q 
maggiore  luminare  fra  gli  uomini  di  Stato  dell'  Italia  nuon  è 
il  Cavour,  appetto  del  qaale  tutti  gli  altri  si  nominano  ixtm 
astri  ineomparubilmont«  minori:  e  pure  la  storia  dirà  come  li 
colui  politica  si  assommasse  nel  Watto  di  Nlzsa  e  Savoia,  ptf 
la  concessione  fattagli  dalla  Francia  massonica  ed  inleressatli, 
dMnvadere,  per  vìa  più  di  tradimenti  ch<^  di  for7,a,  lo  terre  & 
Stati  amici.  Se  fra  gli  architetti  più  an^^iani  del  nooro  edifiiio 
non  mancarono  uomini  dotati  dì  qualche  loffegno,  essi  Io  rivol- 
sero tutto  alla  facile  opera  di  spogliare  e  incatenare  la  Cbioa 
inerme;  nel  rimanente  né  essi  né  i  loro  successori,  specie  dopo 
il  coronamento  dell' udifiziu,  quando  era  piil  da  aspettarsi,  sep- 
pero venire  a  capo  di  verun  memorabile,  anzi  neppur  tollerabile, 
ordinamento  in  qualunque  siasi  ramo;  nella  poli^iìa,  nelle  fìnaniA, 
neir istruzione,  nell'esercito,  nella  marina,  nella  politica  estea 

Se  noi  esageriamo,  sarà  facìl  cosa  il  convincercene  con  noUi 
più  che  proferirò  i  nomi  dogli  uomiui  di  SUto  italiani,  rendatinì 
degni  di  passare  alla  memoria  della  posterità,  per  avere  pro- 
cacciato all'Italia  nuova  l'ordinamento  di  alcuno  di  quei  capi 
tutti  vitali  ;  0  per  averle  procurato  fra  le  nazioni  europee  qnal 
grado  dì  considcnizione,  a  cui  poteva  con  tatta  ragione  aspirate 
Quanto  a  noi,  se  dovessimo  formare  cotesto  catalogo  di  nomi  e  dì 
fatti  insigui,  non  sapremmo  donde  rifarci  per  pare  incora  in  ci  ari». 

So  volgiamo  l'occhio  alla  [wlitica  osterà,  non  ci  si  presentan» 
alla  memoria  altri  trattati  pifl  famosi,  che  l'illusoria  ammissione 
dell'Italia  come  quarto  membro  nella  triplice  alleanza  uurdi» 


B  IL  VeCCdlO  PAPATO  39S 

ovvero  il  soleoDe  rifluto  dato  nel  Congresso  di  Serlìoo  al  Corti, 
chiedente  il  riconoscimento  di;l  nuovo  Regno;  ovvero  rincoosulta 
difesa  dei  profanatori  dol  cadavere  dì  Pio  IX,  pubblicata  dal 
Hancini  o  smentita  appuato  la  ditaane  dalla  sentonm  del  Tri- 
lonale:  ovvero  La  tragicomica  siwdiztono  di  Malsana:  &  in  tempi 
più  recenti,  continuando  sempre  nel  modosimo  tf^nore,  i  donneschi 
inutili  maneggi  per  impedire  lo.  modiazione  dui  Santo  Padre 
lU* affare  delle  Caroline;  poi  U  ph\  fortunate  ma  non  meno  don- 
ii«6cbe  pratiche  per  impedire  l'accettazione  del  Kelley  presso 
b  Corte  di  Vienna;  e  per  nltìmo  la  fam^tsa  rlpntstL  soTerta  per 
parte  dell'Abissinia  dal  Puzzoliiii.  Se  in  questo  novero  ci  è  sfuggito 
gualche  atto,  per  cui  si  vcdosso  la  nuova  Italia,  nel  consossu  delle 
ioni  europeo,  gettando  sulla  bilancia  la  sua  spada  o  il  con- 
sìglio, pesare  sulle  determinazioni  comuni,  siamo  contentissimi 
Cke  altri  ce  lo  rammenti.  Ma  se  non  ostante  la  proverbiale  sagacia 
della  politica  itiliana,  non  ostiinti  i  trenta  milioni  di  abitanti  che 
lilla  rappresenta,  noi  vediamo  1*  Italia  trascurata  nei  convieni 
4elle  grandi  nazioni,  costretta  ad  introdurvisi  non  chiamata,  e 
ottenervi  un  posto  poco  pìi*!  rlio  onorario  solo  per  gli  nlBcii  dei 
amici    massonici;  né  runìre  a  capo,  non  che  d'altro,  ma 
pna*  dì  far  ricom^scero  la  sua  lugale  esistenza,  anzi  neppure 
eonchindere  un  solo  trattato  commerciale  veramente  vantag' 
&io5o:  dica  chi  vuole  se  una  tale  impotenza  politica,  in  tale  sog- 
getto, non  ne  indica  l'ostPoma,  fjuantnnquo  precoce,  dvcrepìtezKa. 
E  alle  meschinità  della  politica  esterna  corrisponde  l'inettezza, 
li  confusione,  lo  sfascio  degli  ordini  interni.  Nel  CLmpo  della 
Siusti:ìia  e  della  polizia  la  storta  della  nuova  Italia  non  ci  pre- 
t&  che  T  esotica  istituzione  della  giuria,  con  qnel  tristo  nasci- 
Wto  che  tutti  deplorano,  e  che  si  confessa  dagli  stessi  giuristi 
ralì:  poi  l'abolizione  pratica  della  pena  dì  morte,  non  am- 
Deancho  dalla  odierna  Francia  repubblicana  e  radicale:  o 
gtl  esempli  d'incredìbili  assolutorìii,  che,  come  l'ultima  dei  oon- 
bdìni  di  Mantova,  abbandonano  gli  onesti  proprietarìi  alla  balia 
dei  socialisti:  e  gli  scandali  dì  alti  e  bassi  impiegati  della  polizia, 
■Diti  iu  leghe  facinorose.  Risalendo  colla  memoria  alquanto  piil 
•ddietro,  il  ruolo  dì  tali  vergogne  non  farebbe  che  accrescersi, 


394  u  eiovirtE  itaua 

sdUKa  mutare  dUspotto:  e  il  tutto  si  esprime  con  una  parola^ 
nimmeiitando  che  gli  architetti  della  nuova  Italia  rhaaou  con- 
dotta ad  avere  fra  lo  naaioni  civili  il  funesto  e  obbrohrìoso  pri- 
mato del  delitto. 

Nel  campo  della  pubblica  auiiuinist raziono  altri  migliori  fatti 
non  ci  si  aFTuccìano  se  non  1*  accrescimento  del  debito  pubblico 
fino  alla  opprimente  somma  di  12  miliardi  col  carico  d'almeno 
600  milioni  d' interessi  annui  da  pagarsi  all'estero;  e  se  si  to- 
lesse  entrare  in  ragguagli,  le  ripetute  compere  e  Tendite  delle 
ferroTÌe,  collo  spreco  i>gnì  volta  di  parecchie  centinaia  di  milioni 
in  prò  degli  affaristi;  e  le  fantasmagorìe  del  pareggio;  e  l'aboli- 
zione illusoria  della  tassa  sul  macinato;  e  i  sopra  ad  80,000 pnh 
prietarii  inesorabilmente  espropriati  por  soddisfare  al  fisoo;  e 
l'un  miliardo  e  me:izo  di  beni  ecclesiastici  confiscati  col  diritto 
della  forxa  e  sparnaz?.ato  ;  e  il  45  per  cento  dei  frutti  delle 
Opere  pie,  sottratto  alle  miserie  del  popolo,  parte  sotto  nome  di 
tussa,  parte  sotto  tìtolo  di  retribuzione  ai  loro  amministratori:  a 
il  45  per  cento  delle  entrate  del  popolo  estorto  per  daaio:  e  per 
ultimo  risultaraeuto  ìl  primato  prouuM^iato  alta  Italia  novella 
come  nei  delitti,  così  ancora  nelle  tasse,  nei  debiti  e  nella  mi- 
seria. Ik)  ripetiamo:  so  questi  non  sono  fatti  o  8e  la  fazione  do* 
minante  seppe  arricchire  ìl  paese,  se  crescere  T  agiatezza,  d«b 
dei  grossi  speculatori  ma  del  popolo,  se  diminuire  gli  aggrarii 
esistenti  sotto  i  governi  soppressi,  se  arrestarsi  almeno  con  sarà 
ed  efHcaci  economie  sullo  sdniccìulo  poi  quale  sì  mise  nei  pri* 
mordiì,  sarti  ugevol  cosa  il  citare  i  nomi  e  i  fatti:  ma  in  realtà 
se  fra  ì  tanti  economisti  incaricati  dall'  Italia  massonica  d^ 
pubblica  aminìnistrasione  corre  una  differenza,  non  è  che  ([ioiìt 
può  correre  fra  parecchi  prestigiatori,  che  con  maggiore  o  miaOT 
destrezza,  con  maggiore  o  minore  eloi^uen/A  ciarlata  aesca,  fanao 
sparire  il  napoleone  d'oro  dalle  tasche  degli  astanti. 

Che  dire  dell* ordinamento   della  pubblica  istruzione  ?   Tutti 
convengono  non  essersene  recato  in  atto  uessuno  che  meriti  tal 
nome,  poiché  ogni  nuovo  Ministro  crede  necessario   un  nuoTO. 
programma.  Nò  in  ciò  si  procede  per  modo  di  svolgimento,  e 
per  via  di  contraddizione:  e  il  solo  punto,  in  che  si  persista  da 


G  IL  TCCCMIO  PAPATO 


3U5 


tutti,  è  di  volere  imporre  alle  menti  italiane  i  metodi  e  le  dot- 
trine tedesche.  Qiial  prò  di;  abbia  ricavato  l' istm/.ìoQd  della 
nostra  giovdDtùf  lo  dicono  ad  ogni  occasione  i  dolorosi  Rapporti 
delle  stesse  Commissioni  scolastiche  governatile;  e  sono  scritti 
«65i  medesimi  in  lingua  e  stile  cosi  barbaro  e  con  tanta  povertà 
di  criterio,  che  basterebbero  da  sé  a  dichiarare  il  decadimento 
-delle  lettore  e  dell'insegnamento  in  Italia.  A  dir  breve,  i  liberali 
non  vennero  a  capo  di  dare  alla  nuova  Italia  un  regolamento 
scolastico,  non  che  tale  da  proporsi  ad  esempio,  o  tale  che  fosse 
almeuo  cosa  italiana  e  adattata  al  genio  iUliano,  ma  seppur 
tale  che  si  potesse  per  pochi  anni  tollerare.  Ala  in  compenso  di 
ciò  la  storia  del  rinnovamento  scolastico  potrà  raccontare  con 
qoantiL  pntmura  si  siano  commosse  lo  catledro  a  profosdori  ostili 
olla  Ktìligione,  chiamandone  eziaudio  d' oltremonti,  ad  insegnare 
itpiù  schifoso  materialismo;  o  come  nei  consigli,  iDCarìouti  di 
presiedere  alla  ediicaKÌone  della  gioventi^  italiana,  sì  sieuo  an- 
norerati  inneggiatori  dì  Satana,  autori  di  scritti  pornografici  i 
pifL  nauseanti,  ed  altri  di  simile  farina:  e  come  il  credito  degli 
wituti  governativi  sia  caduto  così  che  un  gran  numero  di  dò- 
fatati,  senatori  e  funzionarli  liberali  ne  sottraggono  i  figliuoli 
per  affidarne  l'educaìiioue  agli  scolopii,  ai  barnabiti  o  ai  gesuiti. 

Xon  dìreruo  nulla  dell'organamento  militare,  perchè  di  esso 
lOD  si  giudica  bene  so  non  ai  fatti;  e,  dopo  la  rotta  di  Ciistoza, 
l'esercito  italiano  non  ebbe  a  compiere  altra  impresa  da  quella 
in  fuori  di  schiacciare  con  70,000  uomini  e  eoo  formidabile  ar- 
tiglieria ì  10,000  difensori  di  lloma  papale.  Ben  sappiamo  delia 
marina  che  duo  volto  si  rinnovò,  vendendo  le  navi  quasi  appena 

Btruite  per  ferrarecce;  sappiamo  che  al  varo  di  ogni  nave 
italiana  si  dà  maggioro  solennità,  clie  non  se  ne  darebbe  da  un 
popolo  di  bambini;  ci  rammentiamo  lo  schianto  dei  cannoni  del 
Ihifio  avvenuto  per  l'imperizia  di  chi  ne  volle  riformata  la 
struttura  :  ed  oggi  ancora  siamo  divenuti  la  favola  di  tutta 
l'Kuropa  che  ride  alta  notizia  dei  due  caunoni  da  120  tonnellate 
hbbrìcati  dal  ICrupp  per  ordine  del  Governo  italiano,  il  quale 
non  pensò  che  non  v'aveva  modo  di  trasportare  poi  quei  ccdossi 

Italia.  Che  più?  Xon  sono  ancora  finite  di  costruire  le  navi 


:m 


LA   CIOVinE   ITAUA 


giganti,  e  già  si  discorre  del  vantaggio  che  v'avrebbe  a  seao- 
biarle  con  altre  minori.  Madie  cosa  valgano  e  la  marina  e  l'eser- 
dto  italiano  si  vedrfL  :igU  effetti:  per  ora  le  sole  giornate  a  coi 
li  guidò  la  ra?,ione  massonica,  senza  aiuto  uè  dì  stranieri  nàdi 
tradimenti,  sono  denominata  da  Lissa,  Custoza  e  Novara. 

Ricapitoliamo.  Le  condizioni  della  nuova  Italia,  oontrapposU 
dalla  rivoluisione  massonica  al  Papato,  si  riasso  minano  noi  tratti 
seguenti:  all'estero  non  calcolata  nei  consigli  delle  grandi  Po- 
ton^e,  mirata  con  diffidenza  per  le  doppie»^  della  sua  politica, 
non  riconosciuta  neppure  nella  sua  legale  esisteuza,  ridotta  a 
campare  di  petttigole/^i  da  fantesca.  Air  interno  con  da  una  parto 
il  primato  dei  delitti,  dall'altra  lo  sfacelo  nelt'amministraziow 
della  giustizia:  [e  tasse,  giunte  a  tale  da  rendere  impossibile  il 
migliommento  né  dell'agricoltura  né  delle  mercedi  de* contadini 
che  già  ai  sollevano  sotto  ia  bandiera  del  socialismo:  la  nascioiK, 
smunta  dai  debiti;  lo  ultimo  riprese  della  finanza,  esaurite  colli 
vendita  recente  delle  ferrovie:  rosencito  o  la  marina,  sebbona 
chiusi  nel  segreto,  screditati  nondimeno  da  fatti  che  ne  fan  presi- 
gire  altri  tutt' altro  che  gloriosi.  E  ciò  che  conta  più  di  tutto,  li 
stessa  fazione  dominante,  abbandonatasi  tutta  senza  freno  nò  ver- 
gogna all'afTarismo,  cioè  allo  sfruttamento  delle  cariche  in  pn>  di 
privati  interessi,  sgninollatii  in  fazioni  irreconciliabili,  inoapaw 
perciò  di  mettere  più  insieme  un  governo  e  un  corpo  logìslativu, 
che  secondo  i  prÌDcipii  parlamentari  regga  le  pubblichi^  sorti: 
sfacelo  insomma  dell'ordine  presente  ed  imminente  caduta 
lo  sdnicciolo  che  mena  all'anarchia,  poiché  il  Depretis  è  Tal 
uomo  che  l' Italia  nuova  potesse  produrre,  capace  di  tenero  > 
galla  questa  barca  sdrucita. 

Che  tale  sia  l'immagine  viva  delle  soeietii  decrepite,  Io  od* 
gherii  soltanto  chi  ignora  tutto  insieme  e  la  storia  e  i  principii 
della  filosofìa  politica.  £  In  tali  condizioni  la  giovine  Italia  cutn* 
parisce  oggi,  dopo  meno  dì  quarant'aoni  di  vita  e  dopo  vent'anoi 
di  pace,  di  rincontro  al  vecchio  Papato.  &Ia  a  quale  contrasto  di 
Titalità,  di  vigore,  di  decorosa  e  splendida  operosità,  nMi  sì  trova 
ella  esposta  in  quel  paragone! 


e  IL  vEcano  papato 


397 


V. 


Potremmo  rammentare  qui  le  dimostrazìoui  d'i  rirereoza  e  di 
BTozione  che  Pio  IX  riscosse  dal  mondo  cattolico  allora  più  che 
lai,  quando  la  giorine  Italia  compiè  Topera  sacrilega:  onde  il 
icario  di  Cristo,  appigliato  d'ogni  diiminio  in  lorra,  fu  costretto 

costituirsi  prigionieru  in  Vaticano.  Pur  nondimeno  la  inasso- 
BTÌa  imbaldan^fita  dal  suo  trionfo  poteva  consolarsi  di  quelle 
imostrazioQÌ  avverse  all'opera  sua,  confidando  che  il  tempo 
riebbe  fiaccata  la  costanza  dei  Pontefici  prìgioaieri,  e  il  tavorio 
mcorde  della  setta  mondiale  avrebbe  stremata  rautoritii  loro 
resso  i  popoli  ed  ì  Governi.  Essa  non  prevedeva  quale  serie 
^umilianti  disingaoni  le  preparasse  il  divino  Istitutore  e  So- 
lenitore  del  Papato.  Per  cominciare,  sceso  nella  tomba  Pio  IX, 
teatro  la  nuova  Italia  finiva  di  mostrarsi  al  tutto  sfornita  di 
omini  veramente  politici,  ella  vide  sorgere  sulla  cattedra  di 
in  Pietro  un  Pontefìc*,',  che,  ancora  umanamente,  sarà  ricordato 
"a  i  politici  più  segnalati  del  nostro  secolo.  Lo  riconobbero  gli 
tessi  likirali  italiani  fino  dai  primordii  del  suo  Pontificato,  e 
iDStrò  di  rìconoscoritt  a  piii  riprose  il  gnindu  politico  dolTIm- 
ero  germanico:  buon  giudice  egli  in  cosiffatta  partita,  come  i 
ofitrt  libei'&ti  sono  testiuionii  non  sospetti  quando  lodano  un 
'onteflce.  E  questo  è  il  primo  termine  di  parsone,  fra  le  con- 
istoni  delta  giovine  Italia  decrepita  e  quelle  del  vecchio  Papato, 
smpre  del  pari  vigoroso.  Con  tale  differenza  negli  uomini,  già 
'intende  qual  differenza  debba  scorgersi  fra  le  due  istituzioni 
er  rispetto  sia  all'operosità,  sia  alla  considerazione,  che  esse 
orruino  godere  anche  per  soli  riguardi  umani,  in  faccia  al 
tondo  civile. 

S«  non  che  sarebbe  un  avvilire  di  troppo  la  grande  politica 
'un  Pontefice,  so  ne  restringessimo  alla  stregua  comune  il  con- 
stto  e  la  dignità-  Il  grande  politico  qui  è  tutto  insieme  il  Pastore 

il  Maestro  universale,  incaricato  dall'Uomo  Dio  di  reggere  i 
Dpoli  cristiani,  di  difenderne  gì' interessi  spirituali,  di  predicare 

teorìe  non  solamente  morati  ma  sociali  di  Gesù  Cristo,  nel 


398  LA.  CIOTIKE  IT&Ui. 

quale  solo  possono  trovar  salute  come  gl'mdiriiJai,  cos\  le  »■ 
cietà.  Io  un  personaggio  tale  la  sapienza  delle  deliberaziooì,  la 
giustezza  teorica  e  pratica  delle  massime,  la  sagacia  dei  cno- 
pensì,  rirremoTibilità  dello  resistenze,  rivestono  un  carattere  di 
grandiosità,  dinanzi  a  cui  spariscono  non  eho  i  maneggi  dei  pia 
abili  ministri,  ma  le  imprese  dei  più  grandi  sovrani.  E  talee 
il  carattere  degli  Atti  meraornljili,  che,  succedeudusi  con  serie 
non  interrotta,  tennero  l'attenzione  del  mondo  volta  con  riTe* 
reasa  e  stupore  al  gran  prigioniero  del  Vaticano. 

Mentre  la  nuova  Ltalia.  trascinata  noi  gran  vortice  della  ri* 
voluziono,  veniva  avvicinandosi  al  baratro  soeialistìoo,  sul  cui 
margine  oramai  si  trova;  Papa  Leone  XUl,  nell'anno  primo  del 
suo  Pontificato,  alzava  la  voce  autorevole,  ammonendo  e  popoli  « 
Sovrani  &  premunirsi,  ritornando  alle  massime  sociali  cristiaoe. 
contro  le  lusinghe  e  contro  le  minacce  del  socialismo  giii  im- 
minente. E  le  riconoscenti  espressioni  della  Germania  protestante 
e  della  Russia  scismatica,  a  riguardo  dell'Enciclica  Quod  Apo- 
stolici muneris,  sognarono  il  primo  splendido  trionfo  del  Pont*' 
fico  della  polìtica  cristiana.  Gli  altri  non  tardarono  a  seguirà 

Mentre  la  nuota  Italia  con  uno  scompìglio  dì  metodi  assurdi 
8*«0tìnaTa  di  rifondere  le  teste  italiano  sopra  stampi  ledoficlù, 
Leone  XLU,  colla  sua  sempre  memorabile  Enciclica  Aeterni  Pa- 
tris,  proponeva  ai  cattolici  di  tutte  le  nazioni,  come  maestro  nel 
pensare,  il  sole  dulia  fìlusuna  italiana  e  cattolica,  san  Tommaw 
d'Aquino;  quindi  apriva  con  esempio  inaudito  gli  Archivi!  Va* 
ticanì  allo  studio  lìboro  dei  dotti,  promoveva  gli  studìi  storici, 
incoraggiava  quelli  delle  scienze  naturali,  onorava  e  sussidian 
nelle  sue  ristrettezze  ì  dotti,  fondava  scuole.  Gli  applausi  eoo 
che  furono  ricevuti  in  tutta  Europa  quei  primi  atti,  e  gli  alta 
appresso  in  Italia  e  in  Korna,  fecero  sentire  come  il  Papato  coo- 
serri  inalienabilmente  quel  patronato  della  scienza,  a  cui  le 
società  cristiane  vanno  debitrici  della  loro  superiorità  iuteUet- 
tuale  sopra  tutte  le  altro  nazioni. 

Intanto  la  massoneria,  insignoritasi  oramai  in  ogni  luogo  della 
pubblica  0060^  proseguiva  in  tutti  gli  Stati  civili  la  sua  guerra  a 
morte  contro  il  cristianosinm,  e  in  Italia  e  in  Roma  segnata- 


K  IL  TECCntO   PAPATO 


m 


mente  raffermava  lo  sne  usurpazioni  ;  q  T  invitto  Pontufice  fii[- 
minaTft  liberamente  La  masstiiieria  nella  sua  gloriosa  Encìclica 
Hutnattum  ffenus,  &  ad  ogni  occasione  protestava  altamente, 
dalla  9Qa  carcere,  respingendo  ogni  lasioga  di  codarde  cessioni 
e  ridomandando  i  diritti  della  Santa  Sede.  Quanto  pagherebbe 
l'Italia  liberalesca,  non  riconoscinta  dalle  potente  se  non  come 
tin  fatto  senui  diritU),  perche  tac>t>S8e  quolta  voce-  che  rimette 
sempre  in  campo  la  trepida  questione  romana!  Essa  sente  che 
il  Papato  TÌve,  uè  vive  soltanto,  ma,  mootre  essa  disviene,  egli 
(quando  meno  s'aspetta,  toma  a  rinnovare  i  fasti  delle  me  età 
più  gloriose. 
Chi  s'aspettava  piìl  nel  secolo  nostro  di  vedere  l'esempio  di 
arbitrato  pontificio  fra  due  potenze  in  litigio?  E  di  vederlo 
roprato  da  una  potenza  protestante?  E  dai  protestanti  giudi- 
irsl  ragionevolissimo,  attesa  la  di|;nità  di  Pontofic«  e  di  Sovrano, 
uon  dire  dalle  qualità  perstìuati?  Quanto  non  si  pavoneggiò 
nnova  Italia  tuttora  lattante,  per  1*  arbitrato  circa  all'ala- 
deferito  non  al  suo  (Governo,  ma  ad  un  giureconsulto 
liaDO?  Ora,  già  adulta  h  insediata  in  Koma,  le  dovette  sapere 
"igro  che  il  messo,  inviato  a  chiedere  nn  mediatore,  si  volgesse 
_il  Vaticano  anziché  a  Montecitorio.  Ma  che  farci?  Supposta  la 
hita  presunzione  di  floRrycare  nella  stossa  sua  Sode  il  Papato, 
nuovo  lampo,  che  questi  desse  della  sua  maestà,  doveva 
lominare  le  vergogno  della  sua  avversaria  umiliata.  E  i  lampi 
succedettero  senza  posa.  Mentre  la  diplomazìa  italiana  si  sor- 
ìti  le  ripulse  che  più  sopra  ricordammo,  Papa  Leone  XIII 
jlieva  l'Inghilterra,  desiderosa  di  riannodare  colla  Santa  Sede 
relazioni  interrotte  da  tre  secoli;  spianava  le  differenze  man- 
Itaata  per  pia  lustri  colla  Svizzera;  ristabiliva  la  nunziatura 
_4t]  Belgio;  apriva  rebizioni  ufficiati  colla  Cina:  e  dava  princìpio 
i]iielle  trattative  che  doveano  condurre,  non  a  Canos.sa  ma  a 
la,  il  Cancelliere  di  ferro,  il  maggiore  dei  politici  viventi, 
indurlo  a  ridonare  ai  cattolici  di  Germania  una  pace  ormai 
jjsperata. 

Non  6  scopo  del  nostro  articolo  di  rappresentare  in  tutta  la  sua 
ideista  la  maestusa  figura  dì  Papa  Leone  XIII,  nò  di  esporre 


iJb 


4(10 


LA   GIOVILE   ITALIA   E   IL    VECCHIO   PAPATO 


tutte  le  splendido  mostre  di  ìodefettibìld  vigore  che  sotto  Lai' 
per  Lui  ha  dato  e  dà  al  cospotto  del  mondo  il  Papato.  L'abboz 
che  no  abbiamo  t ratti i^giatu,  <)  piil  ch<;  bastfjrote  all'intento  no- 
stro. Noi  ci  eravitmo  sempIiiM^meute  proposto  di  presentare  riuniti 
entro  una  sola  coruìfìe  due  fritti,  l'uno  confessato  dui  suoi  stessi 
autori,  r altro  evidente  a  chiunque  ha  gli  oixhi  iu  fronte:  il  primo 
è  lo  .sfacelo  della  nuova  Italia  antipapale,  l'altro  la  gloriosa  vi- 
talitilt  di  quella  divina  istitu?,iene  che  è  il  Papato.  Questo  doppio 
spettacolo  varrà  forse  a  disingannare  grillusi  di  nionU;  sincera, 
0  certo  infonderà  nuovo  contagio  noi  cattolici,  fedeli  senKa  re' 
strizione  al  Vicario  di  Gesù  Cristo.  Se  la  fa-zione  dominante  nu- 
trisse vero  autor  di  patria,  se  di  questa  ^meno  le  calesse  piA  che 
della  satanica  sua  avversione  a  Cristo  e  alla  sua  Chiesa,  quel 
doppio  fatto,  a  lei  troppo  ben  noto,  l'avrebbe  già  indotta  a  rian- 
dare la  via  mal  battuta,  e  lavorare  al  ristoramcnto  di  un'Italia 
unita,  ma  sui  principi!  delta  morate  eterna  ed  evangelica.  Ma  la 
maftsoneria,  padrona  oggi  delle  sorti  d'Italia,  la  getterà  prima  in 
braccio  agli  orrori  estremi  del  nichilismo,  che  lasciarla  ritornar*' 
a  Cristo.  Si  manterrà  essa  nel  reo  proposito?  Speriamo  che  no. 
Ad  ogni  modo  una  cosa  è  posta  ora  fuor  di  dubbio:  che  il  Papato 
non  ha  nò  bisogno  né  paura  della  nuova  Italia,  e  che  la  -vera 
Italia  non  ha  altra  spei'nu/,a  di  salute  che  nel  Papato. 


lEL  DIRITTO  DELLA  CHIESA 

Ahl/iailUNITÀ  ECCLESIASTICA 


!!or  nooie  d'iminuniU  ecclesiastica  vien  sigoificata  Teseozione 
dc'MÌDÌstri  e  delle  cose  sacre  dalla  potesU  laicale.  CutesU  esen- 
iKoe  è  strettamente  connessa  colla  libertà  della  Chiesa,  non  pò- 
ttndosi  dire  libera  una  società,  quando  i  suoi  officiali  e  le  sue 
a{ipartenonze  soii  sog^utte  ad  estrimeo  poterò.  Launde  il  Libe- 
Utismo.  che  vuole  schiava  la  Chiesa,  si  sforza  dappertutto  di 
distniggero'  ogni  otuLira  d'iminuQÌt:\  ecclusia^tìca,  iiaitiindo  l'em- 
[ND  Apostata  Giuliano,  il  quale,  si  tosto  come  fa  giunto  air  Im- 
pero, riToc^t  tutti  ì  pririlegi,  di  cui  godeva  la  Chiesa  sotto  ì 
precedenti  Imperatori  cristiani. 

Tre  specie  d'itumunìtiv  sogliono  noverarsi:  La  personale,  che 
ritarda  la  persomi  stessa  de'cleriei;  la  locale,  che  riguardai 
bogbi  a  Dio  dedicati  ;  la  reale,  che  riguarda  le  cose  o  le  pos- 
Ksmioni  appai-tenenti  alla  prima  od  ai  secondi.  Noi  comodamente 
poniamo  ridurle  a  due:  alla  pei'Souale  cioè  e  alla  reale,  giacché 
uche  i  luoghi  sono  cose.  Tuutu  più  che  siffatta  divisione  sembra 
lilpoadere  assai  beae  al  liogiiaggio  de' sacri  canoni;  i  quali,  par- 
b&do  dell'immunità  ecclesiastica,  nomiuano  per  ordinario  per- 
«jiww  et  rea. 

Bagioaeremo  prima  dell' immanità  ecclesiastica  in  generale, 
tóroandone  l'origino:  poscia  diremo  della  pt^sonale  e  della  reale; 
4mhimo  di  quella  iu  particolare  che  corniate  al  Sommo  Pontefice. 

I. 

DfN'immunitù  ecclesiastica,  tptanfo  aWoriglne. 

Gli  Statolatri  pretendono  che  l' immunità  ecclesiastica,  gene- 
nlmeate  presa,  sia  dì  mero  diritto  civile,  nel  senso  che  tragga 
■rìgìitò  da  pura  concessione  dell'autorità  politici.  Questa  sea- 


tSS^ 


402 


tenxa  è  in  termini  espressi  coodannatn  dal  Sommo  Poateflce 
Pio  IX  nella  trigesima  proposizione  del  Sillabo:  Ecclesiae  et 
personarum  ecelesiaslicarum  immuniias  a  iure  civili  ortum 
hahuU\  Forse  ai  predetti  Statolatri  fe'velo  alla  mente  il  ro- 
dere r  immanità  ecclesiastica  sancita  con  legge  civile  fin  dai 
primi  tempi  della  conversione  degl' Imperatori,  e  il  vederla  po- 
scia allargata  bene  spesso  o  ristretta  da  leggi  parimente  civili. 
Ma  ogni  persona  d'intelletto  comprende  Che  (|uella  sanziono  del- 
l'autorità laica,  fu  un  riconoBci mento,  non  una  creazione,  di  diritto; 
altrimenti  potrebbe  dirsi  in  egual  modo  che  il  diritto  dell'uomo 
alla  proprietà  e  alla  vita  trae  origine  dalla  legge  civile,  perchè 
troviamo  proibito  l'omicidio'  e  il  furto  ne' Codici.  Oltreché,  come 
nel  processo  del  nostro  discorso  apparirà,  la  Chiesa  si  attribuì 
rimmiinità,  e  la  mantenne  tra' fedeli,  per  quanto  riniquità 
de' tempi  gliel  permetteva,  anche  prima  che  gl'Imperatori  8i 
convertissero  alla  Fede.  Quanto  poi  allo  modiricazioni  fatte  all'im- 
raunità  ecclesiastica,  nel  corso  de' tempi,  dal  potere  civile,  esse  o 
furono  consentite  dalla  Chiesa,  e  in  tal  caso  dall' autorità  dì  lei 
ricevettero  la  loro  legittimità;  o  non  furono  consentite,  e  in  t&l 
caso  debbono  aversi  per  destitnte  d'ogni  valore.  Il  diritto  noo  è 
costituito  dal  fatto,  ma  dal  tìtolo  che  origina  il  fatto. 

L' immunit\  erclesiastica  trae  orìgine  da  ordinazione  divina; 
in  altri  termini,  è  di  diritto  divino.  Ci&  non  può  in  conto  alcuno 
negarsi,  essendo  formalmente  insegnato  dui  Concilio  Tridentino; 
il  quale,  parlando  dell'immunità  ecclesiastica,  la  dice  Dei  ordì- 
natione  et  canonicis  sancttonibus  coiisfittitam*.  Lo  stesso  con 
parole  poco  diverse  avevano  affermato  i  Concilii  anteriori,  ogni 
qual  volta  toccarono  dell'immunità  ecclesiastica.  Così  il  CoDcilio 
Coloniese.dice:  Immunìtas  eo-lesiastica  v^fustissima  rts  w^  iure 
pariter  divino  ei  humano  introducta  ';  e  il  Concìlio  Lateranose  V 
dice  non  aver  i  Tjaici  per  diritto  divino  ed  umano  nessuna  potesti 
sopra  le  persone  ecclesiastiche:  Cum  a  iure  iam  divino  quam 
humauo  Laìcis  potestas  nulla  in  ecclesiasticas  personas  aitri- 

'  SyUabtu  fcc.  J  V. 

-  Sfwione  .VXV.  /te  JUformaUone  e,  20t 

»  Par.  IX,  CUP.  JO. 


^^ 


ALL'  IMHUMTÀ   KCCLeSIASnCA  403 

buia  sìt  K  Cosiffatto  linguaggio  è  conforiiiu  al  costante  magistaro 
delia  Chiesa.  È  cotesto  un  punto  dì  dottrina  cuttvilica;  n^  sopra 
di  esso  pui^  cader  dubbio  di  sorto  alcuna.  Solo  pu^  disputarsi  del 
senso  in  cui  debba  togliersi  quella  frase:  diritto  divino;  e  di 
clft  vogliamo  qui  ragionar  breremeate. 

Ci  ha  de'Ttìoiogi,  i  tiuali  non  leggondo  noi  Vangelo  alcun 
testo,  in  cui  T  immunità  ecclesiastica  venga  esplicitamente  im- 
posta, hurno  opinato  che  esi^a  propriamonto  derivi  dal  diritto 
cmonico;  e  si  dica  de  iure  divino,  in  quanto  l'autorità  della 
Chiesa,  da  cui  è  costituito  il  diritto  canonico,  è  divina,  essendo 
l'autoritù  stessa  di  Cristo.  Mii  una  tale  spiegazione  non  può 
aocottarsi,  perchè  non  consuona  al  parlare  de'  Padri,  dei  Pon- 
tefici, de' Concili],  se  non  in  senso  improprio:  ed  oltre  a  ciò 
sembra  esclusa  dalla  Sinodo  Tridentina;  la  quale,  dicendo  l'ito- 
manità  ecclesiastica  Dei  ordinaliom  el  canonicis  sanctìonihìts 
constitutam,  evidentemente  ammette,  a  rispetto  di  essa,  oltre  la 
legge  canonica,  una  legge  che  venga  direttamente  e  immedia- 
tamente da  Dio. 

I  Altri  spiegano  quel  iits  divinum  si  per  legge  naturale,  e  sì 
per  illaziune  da  testi  scritturali  e  dall'esempio  de' Leviti  nel- 
l'antico Testamento.  La  leggo  di  natura  è  certamente  legge 
divina,  da  Dio  stesso  scrìtta  ne' nostri  cuori;  e  ad  ossa  giusta- 
mente si  attribuiscono  noti  solo  i  primi  priactpìi  della  sinderesi 
e  le  loro  immediate  illa/iioni,  ma  anche  le  illazioni  mediate,  che 
non  appariscono  a  prima  giunta^  ma  esigono  studioso  discorso 
della  ragione.  A  questo  secondo  genere  d'illazioni,  che  suol  de- 
signarsi col  nome  di  diritto  naturale  non  primario  ma  secondario, 
dicono  appartenero  V ìnjmunità  ecclesiastica,  e  però  andar  sog- 
getta a  temperamenti  e  modificazioni,  indotte  dall'autoriti^  della 
Chiesa,  [n  tal  senso  T  immunità,  ecclesiastica  sarebbe  di  diritto 
divino  naturale. Sarebbe  altresì  di  diritto  divino  positivo, in  quanto 
cavata  per  raziocinio  da  ciò  che  Iddio  prescrisse  alla  Sinagoga 
in  ordine  ai  lioritì,  sopiirandolì  dal  resto  del  popolo  e  donandoli, 
come  cosa  in  particolar  modo  sua,  al  Sommo  Sacerdote  Aronne 


'  Sessione  IX,  OMiluiiane  dì  Uoiie  X,  Superttm  <ÌÌspatitÌo»Ìi  arltitno. 


net  DiRmo  della  chiesa 

ed  a*  suoi  sncceasori.  Ego  luti  Levitas  a  Jiliia  Israel  '.  Trtuti- 
digm  eos  dono  Aaron  et  Jiliis  ehts  de  medio  poputi,  ut  ser* 
viant  mihi'.  Cotesta  prescrixione,  come  apparteaente  non  ai 
preatti  cereimmiali  o  giudi^tiali,  ma  ai  precotti  taorali,  non  è 
abolita;  ed  a  pii'l  forti3  ragiono  dt»  valero  pel  Clero  cristiano, 
di  Cui  la  dignitfL  è  tauto  pili  alta  &  la  CDus^crazìoue  più  santa. 
Iddio  impose  che  non  si  rechi  offesa  agli  Unti  suoi:  Nolite  lan- 
ffere  Christos  meos  \  Un  ttl  divieto  vuol  intendersi  anche  del 
vilipendio  che  loro  si  recherebbe  con  sottoporli  ad  ufficiì  difforioi 
dal  loro  grado  e  a  giudizio  laicale.  Ora  Unti  del  Signore  sono 
in  senso  rigorosissimo  i  Ministri  della  Chiesa  di  Cristo.  Lo  stasso 
discorso  si  faccia  sopra  quei  luoghi  evangelici,  dove  si  porla 
della  missione  degli  Apostoli  e  della  potestà  data  a  Pietro  di 
reggere  e  governare  la  Chiesa.  Certamente  con  tal  potestà  gli 
fu  implicitamente  conferito  ìl  diritto  di  ordinare,  a  rispetto  ddt 
Clero,  tutto  ciò  che  riputasse  necessario  per  mantenerne  la  libertà 
in  faccia  ai  magistrati  civili,  e  il  decoro  in  faccia  al  popolo 
de' fedeli.  Per  ambidtiu  questi  scopi  era  necessaria  T  esenzione 
dulia  potestà  laicato. 

Quaiitiinquu  tutto  questo  sia  vero,  e  assohitami^nto  parlando 
basti  a  dire  di  diritto  divino  l'immunità  ecclesiastica;  nondi- 
meno stimiamo  che  non  risponda  in  tutto  rigore  alla  foitnah 
iuterprt-tazlone  delle  frasi  adoperate  da'Concilii,  massime  dftt 
Tridentino  che  dice  l'immunità  ecclesiastica  Dei  ordinati&ne... 
consiitufatn.  SeconAo  la  predetta  spicgastiono  l'immunità  eccle- 
siastica avrebbe  fondamento  in  uua  ordinazione  divina,  ma  ooD 
potrebbe  in  proprietà  di  termini  dirsi  co^itttHa  da  ordinazioni) 
diviua.  Per  dirsi  tale,  noi  crediamo  che  debba  ammettersi,  ri- 
spetto ad  essa,  un  positivo  comando,  dato  da  Cristo  agli  Apostoli. 
Xè  il  non  trovarsene  espressa  meny.ione  nell'Evangelio  Ò  dif- 
ficoltà dì  alcun  momento.  Imperocché  ognun  sa  che  oltre  U 
parola  scritta,  verbtim  scriptum,  ci  ha  nella  Chiesa  k  jiarota 
trasmessa,  verf>um  traditum:  la  tradizione  divina.  Or  che  U. 

■  .yiinereruM,  III,  0. 

■  Numerorum,  Vlil.  19. 
*  PMmtmtta  101. 


all'  IMUrxiTJt   ECCLESIASTICA 


405 


tradi?.ioiie  dirina  mìliti  a  favore  dell' iininiiiiità  ecclesiastica,  ben 
può  raccoglierai  dal  vedere  che  il  diritto  ad  essa  fu  sempre  af- 
fermato nella  Chiesa,  senza  che  possa  assegnarsi  alcui]  tempo  in 
^i  sorgesse  In  prima  volta.  Hanc  exemptimiem,  scrive  il  Suarez, 

mdam  esse  in  Ecclesia  docuentnt  et  praeceperunt  Ponti' 
Jices  et  Concilia,  fere  ab  ìnitio  Ecclesiae  ìisqite  ad  prat^senfcm 
diem  '.  Ora  la  tradizione  quando  A  perpetua  e  costante,  dimostra 
ehiaramente  il  gius  diiino,  segnatamente  quando  nun  apparisce  n- 
^ione  alcuna  ^ì  attribuirla  ad  Isti  tu ''.ione  apostolica,  né  di  questa 
liane  menzione  i  Pontefici  ed  i  Concilii,  ma  in  forma  assoluta 

10  essere  la  cosa  de  iure  divino  '. 
Cristo,  dopo  la  sua  risurrcxlone,  si  ferui''»  sulla  terra  per  qua- 
mnta  giorni,  apparendo  spesso  a^Ii  Apostoli  e  istruendoli  delle 
oose  che  riguardavano  il  regno  di  Dio,  cioè  I»  sua  Cbìfìsa.  Prae- 
biiit  seipnum  vivitrn,  post  passionem  Hiiam.  in  mnltis  arfju- 
mentis^  per  dies  quadraginia  apparens  eis  et  loquens  de  regno 
Dei*.  Qual  meraviglia  cho  tra  le  altre  istruzioni  che  diede,  fosse 
anche  questa  dell'immunità  ecclesiastica,  sì  strettamente  legata 
colla  dignità  del  ministero  sacro  e  colta  liberai  della  Chiesa? 
Ciò,  a  parer  nostro,  sembra  indubitabile. 


'   Jkftfuào  Piati  Calhnìifae,  lib.  IV.  C.  IV. 

*  Quando  traditio  tut  constati*  ti  perpetua,  oalmdtre  $oltt  iu»  liìrinttm. 
praetfrtitn  quando  nan  apparti  ratio  iliam  Iriòuendi  Apostolicat:  tHttt(ti< 
lioHì.  Talis  auten  videlur  traditio  Kmus  e.templÌonÌt.  Eèt  tnim  adto  aNfw/iMl. 
Mt  HiàllitìH  tiiu  agnoncaUir  iniltum.  Tfam  pra  fmporum  ap/iortunititlf.  tumpcr 
obafrvala  ut,  praestrtim  cera  posi  tempora  Chritlianorum  Imperatarum,  ut 
capite  XIJ  lalitn  viilt/umu.t.  Sub  Imperaloriftu»  attlrm  ethnicÌ9  non  pofiùt 
ijuidem  execuiionì  mandari  retpectu  maffintratwim  infideìium,  qui  Eteìmae 
non  pnre/Atnl,  qw>d  ad  fnelnm  perlinel;  tiM  nutem  Krrìrniitt  non  tUfnit, 
Cìaus  ai'jnmn  est  qwjd  Praeìati  ErrìeBiaMiei  hoc  ìaa  immunitntis  aemper  oh- 
ttrvari  frcvrunl,  quantum  inter  fidete*  fieri  polrral;  et  hoc  otUnditnt  antiqui 
ctnonet  in  fine  eapitis  tertii  allufatit  qui  nitn^nam  mferunt  hanc  caiuuelu- 
dtnan  in  aiiquom  ÌnstÌtutÌonem  apoi-toIicam,ted  tnmquavi  lììttnam  illam  w 
ncrantur  tt  obtervari  studfnt.  Siiark,  rtf^fpuiìio  Hiii'ì  ciilliolìar  ili-eli»!,  U  IV  cK 

*  Aetii»  ApMtolorum    1,  S. 


DEL   DiniTTO   Dn,tA   CHIB8A 

IL 

Uno  schiarimatio. 

Dirà  talimo:  Ciò,  che  ò  di  diritto  divino  immediato,  ò  ìmua- 
tabile  ed  intangibile,  anche  a  rispetto  della  suprema  autoriti 
ecclesiastica.  Or  noi  nella  pratica  dolla  Chiesa  vediamo  che  il 
Sommo  Pontetiee  m'>difiea  e  tempera  l' immunità  del  Clero,  s»* 
ooudo  Topportunità  de'templ,  doMuoghì,  dolio  (wr^one;  ed  anche 
per  grave  demerito  ne  spoglia  talora  il  soggetto,  corno  fk  col 
chierico  degradato. 

Rispondiamo  :  Senisa  alcun  dubbio  ciò  che  ò  dì  diritto  dìviao 
immediato,  è  immntabile  ed  intangibile,  anche  a  rispetto  del- 
l'autorità  papale;  raa  da  quel  solo  lato,  in  cui  la  cosa  è  di  diritto 
divino  immediato.  Or  noi  diciamo  che  Timniunità  ecclesiastica 
è  dì  positivo  ed  immodiutu  diritto  divino  qmmto  alla  istituzione, 
non  quanto  alla  determinazione.  Rispetto  a  questa  la  diciamo  di 
diritto  cttnoDtoo.  L'immunità  ecclesiastica  fn  stabilita  da  Crisbi 
e  prescritta  agli  Apostoli  in  forma  generalo,  io  quanto  cioò  foflsa 
richiesta  dalla  dignità  de' sacri  Uìnistri  e  dalla  sanlitù  delle  tis^ 
a  Dio  dedicate.  La  determinazione  poi  di  essa  in  particolare  e 
r  attuazione  nelle  sìngole  materie  e  nelle  singolo  persone  fu  da 
Cristo  lanciata  al  senno  de*  Sacri  Pastori  e  segnatamente  dui 
Sommo  Pontefico;  così  richiedendo  il  ben  delU  Chiesa  e  il  sir 
piente  governo  della  medesima.  Onde  l' istituzione  generica  dvl- 
r  immunità  ecclesiastica  d  immutabile  ed  intangibile,  sìcthh 
nessun  Pontefice  potrebbe  abolirla  del  tutto  o  rinunciare  vali- 
damoute  a  ciò  che  ò  essenzialmente  connesso  colla  dignità  sa- 
cerdotale, e  santità  de'  luoghi  sacri.  Tal  sarebbe,  per  esempio,  il 
privilegio  del  foro,  almeno  nello  cause  criminali,  e  rindipeudeoza 
do' templi  dal  potere  politico.  Per  contrario  ben  può  il  Ponteflcd 
in  molte  altre  cose,  relative  all'immunità  ecclesiastica,  recare 
quelle  modificazioni  che  son  o^nsigliate  dalle  circostanze,  e  attri- 
buirne maggior  godimento  a  tale  o  cotale  persona  costituita  io 
tate  0  cotai  grado  della  gerarchia  ecclesiastica,  e  spogliamo  al 


ALL  n)H[ItflT&   BCCLRSIASTICA 


407 


tlo  il  cbìerieo,  reo  dì  enorme  delitto,  degradandolo  econwgnan- 
dolo,  corno  suol  dirsi,  al  braccio  secoUro. 

Yale  qnì,  in  certi  gitìsii,  ciò  che  diciamo  del  governo  epi- 
scopale. Cristo  stabilì  cbfì  I&  Chiesa  fosse  retta,  e  governata  da 
Vescovi,  Como  da  Pasturi  ordinarii,  con  dipendenza  dal  Supremo 
Fontefìce.  Va  tale  ordinamento  ò  d' istita^ione  difilla^  o  nessun 
Papa  potrebbe  sopprìmere  l'Episcopato  in  generale,  né  esimerlo 
dalla  sua  dipenden^:»  e  negare  ai  Vescovi  quel  grado  di  giù- 
risdisiune,  che  è  ossen/.ialmente  richiesto  all' esercizio  dol  pa* 
stomi  ministero.  Ma  ben  può  allargare  n  restringere  in  tale 
0  tal  altro  Vescovo  rosteosione  dell'autorità  giurisdizionale,  ed 
esautorarlo  eziandio  del  tutto  in  pena  di  commessi  delitti. 

Ondò  conchiudendo  diciamo  rimmimità  ecclesiastica,  riguar- 
data nella  sua  sosUnza,  essere  d'istituzione  divina.  Dei  ordina- 
tione  constitutam;  riguardata  nell'estensione  o  nelle  accidente 
essere  d' ìslituzioue  canonica,  comtiiulam  caiionìcis  sanctioni- 
btt».  Sotto  il  primo  riguardo,  à  immutabile  ;  sotto  Ìl  secondo  ò 
mutabile  per  autorità  della  Chiesa,  traauH,  ben  ioldso,  quei  punti, 
Ht.'az&  i  quali  la  sostanza  stessa  verrebbe  meno. 


ftp, 


IO. 

Dell' imìnuniià  persotiale. 

Che  la  persona  de'sacrl  Ministri  sia  al  tutto  immane  dall'aa- 
torità  laica,  quanto  all'ordine  spirituale,  ò  cosa  di  por  sé  fuori 
di  coQtroversia.  latendesì  per  ordine  spirituale  quello,  che  rì- 

larda  il  ciilio  divino  e  la  salute  delle  anime;  come  verbigrazia 
Toblazìone  del  divin  sacrificio,  le  feste,!  riti  sacri,  l' ammini- 
strazione de' sacramenti,  la  predicazione  della  divina  parola,  e 
«a  dicendo,  la  cose  tali  Io  Stato  non  ha  ricevuto  nessun  potere 
da  Cristo;  e  però  rispetto  ad  esse  la  persona  do'  Ministri  eccle- 
liasticì  ò  del  tutto  indipeadeate  da  ogni  ingerenza  del  maestrato 
laico.  Ciò,  almeno  teoricamente,  è  conceduto  dagli  stessi  statolatri. 

Anzi  cotesta  indipendenza  non  è  talmente  propria  del  CIùe- 
rìeato,  che  non  si  stenda  proporzione volmen te  a  tutto  il  popolo 
de*  fedeli.  Nessun  battezzato  ò  soggetto  in  modo  alcuno  alla  le- 


40S 


IVKL  DIRirfO   DB&U   CHIESA 


gistazìoDo  dello  Stato,  quanto  air  esercìitio  della  religione.  Come 
Don  è  soggetto  in  olì)  alle  loggi  civili;  così  non  è  tuniilo  a  ri- 
sponderue  ai  tribunali  laicali.  Egli  dee  risponderne  al  solo  tri- 
Ijunale  della  Chiesa.  Le  persone  soggiucciono  a  tale  o  ootal  foro, 
per  ragione  di  tate  o  cotale  materia,  intorno  a  cui  la  leggo  obbli- 
gavale.  Onde  l'assioma:  Personae  sorliunlur  forum  rat-ime 
maieriae.  Se  la  matteria  ù  talu,  che  trascenda  la  potuStÀ  legislativa 
del  gorernante,  ne  trascende  ancora  V  autorità  giudiziale  o  coer- 
citiva. In  ordine  alle  materie  spirituali  l'autorità  civile  non  può 
avere  altra  iugeronm,  che  quella  di  prestar  braccio  alla  Chiosa 
contro  i  riottosi  o  ribolli.  Onde  apparisce  non  Bsser  altro  che 
sacrilega  violenza  quella  dulie  Stato,  quando  si  arroga  di  giudi- 
care i  Ministri  della  Chiesa  o  anche  i  seutplici  fedeli,  in  ooee 
concernenti  T  esercizio  del  Culto,  o  come  che  sia  connesse  wl- 
l'ordine  spirituale. 

Se  non  che,  a  parlar  proprìnnionte,  celesta  eson^sione  del  Clero 
dal  poter  laicale,  in  ordine  alle  materie  spirituali,  non  può  ap* 
pollarsi  immunitii;  non  arando  carattere  dì  privilegio,  ma  di 
proprietà  essenziale,  che  non  ammette  temperamento  o  variazione 
alcuna  dì  piti  o  di  meno.  L'immunità  personale  va  intesa  a  ri- 
spetto  di  quelle  cose,  in  cui  la  persona  altrimontì  sarebbe  sog- 
getta, se  non  avesse  quella  data  qualità  per  cui  si  considera 
esente.  Ora  il  cherico,  anche  se  non  fosse  cherico  ma  semplice 
fedele,  sarebbe  esento,  come  abbiam  detto,  dalla  soggezione  alla 
autorità  civile  a  rispetto  delle  materie  spirituali,  non  avendo 
sopra  di  esse  l'autorità  civile  giurisdizione  alcuna.  LMmmnniti 
dunque  propria  del  Clero,  acciò  abbia  senso,  si  riferisce  a  quelle 
ooee  di  per  sé  puramente  civili,  in  ordine  alle  quali  la  potestà 
laica  ha  vera  giurisdizione. 

Qui  si  presenta  in  primo  luogo  Tesenzione  da  quegli  ufficii 
che  disdicono  alla  dignità  e  al  carattere  clericale.  Tal  sarebbe 
segnutamente  la  milistia.  Il  cloro  è  un  ceto  dì  persone,  separate 
dal  comun  della  gente,  e  dedicate  con  solenne  oonseerazione  a 
Dio,  acciocché  attendano  alle  opere  del  divin  culto.  Distoglierle 
dal  sauto  ministero  por  applicarle  ad  nfficii  profani,  è  vero  sa- 
crìl^io.  E  livore  sacrilego  lo  disse  l'Imperatore  Costantino  nella 


all'  IMMr.flTA    ECCI-ESrASTICA 


409 


légge  che  fece  sopra  qaesto  proposito,  ortlioaudo  che  t  Chierici 
fossero  disobl)ligatL  da  tatti  gli  iiffioii  civili.  Qui  divino  culliti 
minisleritt  retigionis  ìmfjendioit,  idest  hi  qm  Clerici  appel^ 
lantury  ab  omnibus  otnnitio  muneribus  excusenlur;  ne  sacri- 
lego  livore  gtMrumdatn  a  dìvinis  obscquìis  avoceniur  '.  Il  Clero 
è  appartenenza  di  Dio;  e  a  Dio  fa  oltraggio  chiuniiao  lo  volge 
ad  ocoupu»ioDe  profana. 

Quanto  poi  alle  Leggi,  riguardanti  la  pace  pubblica  o  le  re- 
laziooi  puramente  temporali  tra* cittadini,  il  Clero  è  aeoKa  dubbio 
obbligato  alla  loro  osservanza.  Ciò  è  ordinato  da' sacri  Canoni; 
e  il  santo  Pontefice  Nicolò  1  Io  ripete  dalla  volontà  stossa  di 
Cristo,  il  quale  nel  dividere  le  due  potestà  stabilì  che  come  l& 
secolare  nelle  coso  spirituali  dovesse  essere  regolata  dalla  spiri- 
taalo,  così  la  spirituale  ooU'uso  delle  coso  puramente  temporali 
si  valesse  delle  leggi  della  potestù.  secolare:  Idem  mediator  Dei 
et  hominum.  iiomo  Chrislus  lesas,  sic  actibits  propriis  et  di- 
gnitat'bus  dìstinctis  officia  potestatia  utriiisgue  discrevit  {pro- 
pria vcìens  medicinali  humilitate  sitrsum  ejferri,  non  humana 
mperhia  rursus  in  infcrnitm  demergi),  ut  et  chrisfiani  Impe- 
ratores  prò  aeierna  vita  Poniijicibus  indigerent^  et  Poniijices 
procursH  iemporalìnm  tantummodo  rerum  legibus  imperialibns 
utrritHtuv''.  Il  Clerico,  benchò  a  Dio  considerato,  non  cessa  per 
questo  di  essere  eziandìo  cittadino.  Quantunque  separato  dal 
TMto  del  popolo,  in  quanto  Clerico,  rimane  nondimeno  congiunto 
era  esso  quanto  agli  usi  della  vita  civile,  che  non  contrastino 
con  le  funzioni  del  proprio  miiiiatoro  o  colla  santità  del  proprio 
stato.  Rispetto  dunqne  a  cotesti  usi  egli  è  tenuto  a  conformarsi 
alla  legge  comune,  come  ogni  altro  cittadino  soggetto  all'autorìtìi 
dello  Stato. 

Se  non  che.  a  non  togliere  abbaglio,  vuoisi  qui  distinguere 
nna  doppia  obbligazione:  Tona  monile,  o  vogliam  dire  direttiva, 
che  sì  riferisce  al  reato  di  colpa,  l'altra  penale,  o  voglìaui  dire 
oiattiva,  che  si  rìrerisce  al  reato  di  pena.  II  sacro  Ministro  sog- 
giace, senza  dubbio,  alle  leggi  civili,  quanto  alla  prima  delle 


"  Tipili  il  l^odicc  TpotUiiiiiio,  IìIp    V.E,  Sw. 
'  JEputola  ad  MichatUm  Imperaiorem. 


tt'L   i. 


410  BEL  DIRITTO  DEtLA   CHIESA 

dette  obbligazioni.  È  innesto  un  legamo  che  scondo  nella  cosciensa 
di  lai  non  si>lu  dallik  |)(>sitirb  prew:ri/>ione  della  Chiesa,  ma  dalla 
atessa  legge  eterna  di  Dio,  la  ((naie  influisce  la  virtù  sna  in  ogni 
legge  giusta,  quantunque  umana.  Ma  quanta  alla  seconda  obbli* 
ga/.ione,  cioè  alla  coattiva,  il  Clero  soggiace  non  alla  giurisdi- 
zione laicale,  bensì  alla  giurisdizione  ecclesiastica.  È  questo,  nella 
sua  parte  principalissima,  il  così  detto  privil'gium  fori;  pel 
quale  i  Sacri  Ministri  non  possono  eisscrtì  giudicati  o  paniti  à^ 
magistrato  laico,  ma  sol  dalla  Chiosa.  La  convenienza  di  nn  tal 
privilegio  fu  veduta  dagli  stessi  Prìncipi  secolari,  come  prima  fl 
Cristianesimo  obbe  pùbblico  riconoscimenti?.  Il  pio  Costantino, 
avendo  nel  Concilio  N'iceno  avuto  querela  da  alcuni  Vescovi  contro 
altri  Vescovi,  risposo:  Voi  non  potete  easoro  giudicati  da  nessuno: 
perchè  siete  riserbati  al  giudìzio  del  solo  Dio.  Voi  siete  chiamati 
Diì  (allude  al  ti'sto  scrittunUur  Ego  dixi  THi  estia);  e  pori»  non 
potete  essere  giudicati  dairuomo  '.  La  legge  poi  di  Teodosio  e  dì 
Valentiniano  e  di  Arcadio  Imperatori  porta  cbe  nessun  Vescovo  o 
altra  persona  addetta  ai  servigi  della  Chiesa  sia  deferita  ai  tri* 
bunali  laici,  vuoi  ordinarli  vuoi  straordinarii  '.  E  per  non  esser 
prolissi,  Carlomagno  ne' suoi  Capitolari  ordina:  Clerici  non  sa$- 
citlaribns  hidin'bNs,  ned  h'piscopali  audientiae  resenyentur.  K 
addncendone  la  ragione,  soggiunge:  Fas  enim  non  est  ut  divini 
muneris  Min  istri  temporaVuni  poleatnlum  suManiur  arbitrio  '. 
E  veramente,  il  laico  sta  al  sacerdote,  come  il  figliuolo  al 
padre,  lo  scolare  al  maestro,  la  pecorella  al  pastore.  É  questo  il 
parlare  delle  Sante  Scritture,  la  dottrina  dti'  Padri,  il  sentìmoab» 
stesso  del  popolo  cristiano.  Né  ciò  a  rispetto  de' semplici  fedeli, 
ma  de'  Legislutorì  ancora  e  de*  Prìncipi.  Or  giustamente  esclanii 
qui  S.  Gregorio  VU:  Nonne  miserabilis  insatiiae  e^fse  eogno^ 

'  Vos  a  nemine  diiiitiiearì  poUalis;  qttia  soìiut  Dei  ìudicìo  re»erramini 
J)ìi  fienim  rocati  esitt;  «t  idctrco  tunt  pottÉtis  ab  tìomine  indicari.  Imi.  F%- 
titram  t:t,  MI,  i].  1. 

*  Cùnbnui  Itge  *^n~.ìmM  ut  nutl'H  Episeoporum,  vel  firum  qui  h'ftì^iai 
■necea»f£qlifi«ff  «prriitn/,  ad  tudicia  site  ordiniriorum  iti're  txtraoritinartorvwk 
iudUuM  pertrtthalMr.  Ilahtnt  illi  suoa  itidicta;  nec  quid^wim  hit  piiittM 
at  commutiif  cam  tfffibm.  Vedi  i)  Codice  Teoimianfl  :  De  Bpltcapia  et  Citrieia. 

»  Ulro  VI.  e  IO». 


ILL*  IXHtlMTÀ   eCCLSSUSnCA 

scitur,  SI  Jìlhis  patrerHy  discipuhis  magistrum  sibi  conetur 
eubiugan;  et  inUfuis  obiigationihus  illum  suae  potatati  subii- 
ceret  a  qtio  credit  non  sofum  in  terra  sed  eiiam  in  caetìs  se 
ligari  posse  et  univi  '?  N^ò  SÌ  dica,  che  l'ordino  è  diverso,  o  eho 
pero  bon  può  chi  soprasU  nell'uno,  sottostarà  neiriUtro.  Im- 
peroMhò  ciò  può  arrenire,  quando  gli  ordini  siono  paralleli,  ma 
non  quiuido  sodo  toio  yenere  coordinati.  In  tal  caso  il  magi- 
strato doirordine  superiore  non  pa6  eondecentemente  9ottoporsi 
alU  ginrisdiziune  del  magistrato  dell'ordine  inferiore.  Ottruchò,  i 
JUinistri  del  Santuario  rappresentano  Cristo,  son  Legati  di  ('risto, 

Sono  ascritti  alla  sua  Corte  con  solonue  conseeraisìone.  Or  non 
vi  sembra  che  la  dignità  di  silfattt?  persone  esiga  che  esao  nelle 
eanse  massimamente  criminali,  Steno  sottratte  a' tribunali  eo- 
muoi  ì  Son  si  usa  nn  analogo  rigoardo  con  gli  alti  magistrati, 
nello  slesso  colo  laicale?  Il  privilegium  fori  pel  Cloro  non  pui> 
disconoscersi,  se  non  in  una  società  caduta  più  basso  che  in  pieno 
nataraliamo  '. 

Né  si  obbietti  che  cosi  si  a  in  metterebbe  T  impunità  de' delitti 
nelle  persone  ecclesiastiche.  Tutt' altro.  La  Chiesa  nel  punirei 

•  IJbra  Vni.  Kpùtl.  31. 

*  Oggidì  ù  KtfH)  oKumte  tnlrainnifi  le  ìAee  sopri  qupslo  j-ile^intlMinio  punto  ili 
■BrilLO  canonico,  anche  pn>^o  ali:v)»i  membri  di;l  Clvro  (poclilQÌmi  per  rerìtà),  ctio 

un  molili  tempo  .-Klitifli-o  velemmo  in  una  ciuì  «l'Ilali»  un  ]iK%e  arcdure  aliri 
»reU  »l  irìbnnalc  !aic«>.  Unoii  p«r  lui,  che  non  si  trorava  in  l'rancia  iii  tempi  del 
Coooitio  dì  Macon  !  Sarpbbo  No;;7laclulo  i  Ir^nunorc  colpi  di  vrr^,  o  ulmeno  a 
Ir^oli  F'omi  di  prìgioni-l.  Nntlus  clericut  ad  iMtticem  laecularem  qurincnmque 
aliMm  f'raimt  de  citrici»  accusare  aut  ad  cau/tam  Hicendam  trnhere  qHOCHm^jue 
Ho  pT'teifumati  sed  omne  fifgottuin  etericorum  aut  in  Epitcopi  sui  aut  in 
J*raeMttfterorum  vet  ArrJudMf^ni  prae-sentia  finialur.  t^itod  si  qnicitnqtte  cle^ 
M  hoc  impfve  distuUrit,  si  iunior  fuerit,  uno  wihim  quadraginta  tetw 
ipiat;  »in  wrU  honoratiór,  triginta  dittum  condiaione  mulMur  (fan.  8, 
an.  581). 

Alcuni  voplinno  Mitnre  II  lurp<-  fatto  co\h  non  fijstrnia  atti  Concordato  «  col- 
alwliùoae  del  fin  icclesiasUco.  Ma  il  Concordato  esiale  lultavEa  de  iure,  perchè 
Boa  rescino  dal  TonteAc^  ma  solo  da  allo  arbilnirio  drl  Governo;  e  quand'anche 
niiUne;  sistono  i  Snuri  Cunoni  e  le  Censure  Ponliflcic.  L'obolttìODe  poi  drl 
Uro  ecdaiasUco  non  è  che  un  «oprila  (rovemativo,  il  (|nalo  uon  ha  ditlmtio  né 
pnò  diftr  Udii  ere  il  iriliaiulc  dd  Vescovo,  sialo  Ìd  piedi  fin  dal  principio  (l<>Il.i  riiìr<o. 
Urne  apparifce  dalle  parole  di  Mo  Paolo  a  TimoiM:  AdverBw  Prt^itt/Urum  oc 
ciuatìonrm  noli  reeipere,  miri  aub  duaòiu  aut  tribut  tatibua  (RpbU  [,  V,  Iti). 


MI  MmiTO  dglU  chiesi 

AvWiià  ne'chìenci  oou  è  men  severa  dellu  potestà  secolare  rispetto 
uì  laici.  Soltanto  essa  nelle  pene  mira  più  direttauieote  alla 
cmcndasiione  del  reo.  Iksti  iu  prova  il  canoiio  A'otiwMS,  dove 
r ultimo  paragrafo  riporta  un'ingiunzione  d'Innocenzo  Hi  al 
Vescovo  dì  Parigi,  la  qiialo  dico  cosi:  Pro  ilio  vero  falsario 
scelerafOt  qiiem  ad  numdalum  nostrum  capì  jecislì,  hitc  Uhi 
diiximus  consitletidum,  ut  in  perpeiuum  carcerem  ad  affetulam 
puenìteniiam  ipsttm  ivcìudas,  pane  doloris  el  aqua  angustiae 
sustentandum,  u6  commissa  defteat  et  Jienda  «Uerii4S  moH 
commitiai  '.  Un  chierico  condannato  a  perpetuo  caroerd,  dovp 
pianga  il  buo  peccato  o  si  sostenti  del  pane  del  dolore  e  del* 
l'acqua  dell'angoscia,  non  sembra  per  corto  un  reo  impunito. 
Che  su  p«)i  trattisi  di  delitti  degni  di  pena  uncho  più  gravarla 
Chiesa  degrada  il  colpevole,  e  così  espulso  dairordino  cloricale, 
lo  consegna  al  braccio  seeoUre,  affinchè  sia  punito  ascondo  le 
leggi  civili. 

Dal  fin  qui  detto  apparisce  che  al  trar  de' conti  rimmuniti 
personale  del  Clero  si  riduce  a  due  semplici  cosa:  Air  esenzione 
da  officii  civili  che  non  si  affanno  alla  dignità  clericale,  e  al 
privilegio  del  fóro  nelle  causo  principalmente  criminali,  senza  che 
però  ne  s^ua  alcuna  impunità  nei  delinquente  '. 


{ 


IV. 
Dell'  immunità  reale. 

Tra  le  coso,  a  cui  compete  Timmunìtik  ecclesiastica  primeg- 
giano i  luoghi  che  dìconsi  sacri,  perehò  deputati  all'eserciiuo  del 
divin  culto.  Questi  soui^  segnutaiuonto  i  templi;  appellati  tn 
noi  con  più  proprio  vocabolo  Ciiiese,  per  esser  luoghi  ove  k 
moltitudine  de*  fedeli  suol  cougregarsi.  Essi  sono  in  singolar 
modo  dedicati  a  Dio,  e  come  tali  sogliono  coosacrarsi  con  soleiud 
riti  dal  Vescovo.  In  essi  si  olfre  a  Dio  il  sacrifizio  cristiano, 
rommomoratìvo  della  passione  di  Cristo;  si  distribniscono  al  po- 

*  Non  (KriJiaw  ntrmifìiip  ikl  jtrìifili^ìo.  titola  dei  CnnetHf,  ptrclir  <)ui  axaii^ 
r'nnra  le  imnnnilik  fCctt«a<^lictK  iWl»  sola  loro  diretta  n\n\otut  cai  polciv  ehflh 


j^ 


■& 


iMiuPir 


i  dirini  misteri;  si  ascolta  la  parola  evangelica,  e  così  del 
.to.  In  essi  Iddio  in  certa  guisa  dà  pubblica  udionxa  ed  ascolta 
Maudisce  la  preghiera  dti'supplicanti.  Iddio  li  chiama  soreate 
^elle  divine  scritture  su»  casa.  Satttijicavi  domum  kanc,  quatti 
pediJicasU,  ut  poHcrcm  ti'nnm  meum  ibi  in  sempHertinm  H  erunf 
utenti  mei  ti  cor  mettm  ibi  cuncfis  dit^ma.  Così  parlò  Dio  stesso 
in  Salomone,  rispetto  all'antico  tempio  '.  Quanto  più  ciò  ha  luogo 
la  rispetto  delle  nostre  chiese,  dove  Iddio  non  pure  in  senso  mi- 
stico ma  in  tntt»  realtà  è  presente  sotto  le  specie  sacramentali? 
È  dunque  manifesto  che  ìl  tempio  di  natura  sua  è  sottrHtto  ad 
ìogni  uso  proDiUo,  e  di  esso  vale  i^imiimtiientu  ((uolla  regola  LI  del 
jDirìtto:  Semel  Deo  dicatum,  tìon  emt  ad  ustis  hutnanm  ulteritis 
ìfrans/erendum.  1/ unica  volta  in  cui  il  mitissimo  Oesfk  sì  TÌde 
jarmar  dì  flagello  la  mano  e  percuotere  altrui  sdegnosamente,  sì 
{fa  quando  scorse  profanato  il  santo  tempio.  Domus  wm,  domus 
ioratiotiis  est}  et  vos  fecistis  illam  speìuncam  latroitum*. 

Quindi  è  che  lo  chiese  essendo  così  strettamente  vincolate 
colla  religione,  son  di  per  sd  sottratte  ad  ogni  giurisdijiiono  laica, 
9  soggette  alla  sola  giurisdizione  religiosa.  Il  diritto  esclusivo 
dell'autorità  ecclesiastini  sopra  dì  esse,  come  sopra  coso  del  tutto 
sue,  e  la  facoltà  di  disporne,  secondo  che  giudica,  e  di  vietare  in 
cose  non  solo  ciò  che  no  offende  la  riverenza,  ma  anche  ciò  che 
altrimenti  potrebbe  riputarsi  indifferente,  è  chiaro  pivi  che  la 
luco  del  giorno,  né  ha  mostìeri  di  altra  dimostrazione. 

L'immunità  delle  Chiese  si  tira  dietro  T immunità  di  altri 
luoghi  connessi  con  quelle  o  aggiunti  »  quelle,  e  però  parteci- 
panti della  lor  santità,  secondo  la  regola  XLII  del  Giure:  Ac- 
tesaoriuiH  naturam  sequi  congruil  priticipaf-s.  Ma  la  determi- 
nazione di  cift,  per  esser  cosa  di  per  sé  indeterminata,  spetta 
«ir autorità  ecclesiastica. 

V  altro  capo  d' immunità  reale  rigiiarda  i  beni  ecclesiastici, 
('u  generale  persuasione  de' popoli  che  ì  beni,  destinati  al  decoro 
ile  templi  o  al  mantenimento  do' sacri  Ministri,  dovessero  andare 
esenii  da' comuni  tributi.  Un  tal  costume  fu  religiosamente  os- 

'     >  Uber  111,  a<ffum  IX,  3. 
'  VAnc  Xl.  17. 


DEt   DinflTO   DELLA   CHIESA 

servato  anche  da'  Prìncipi  gentili.  Oli  egiziani  sotto  Faraone,  nei 
famosi  sette  anni  di  carestìa,  per  arer  grano  furono  obbligati 
di  vendi^re  al  Fi3co  le  loro  terre.  Da  tale  obbligazione  fiiron» 
eccettuati  i  Sacerdoti:  Vendentìbtcs  singulis  possessiottes  suas... 
praeter  ierram  Sac&rdotum  qttm  a  Rege  tradita  fmrat  ei$  '. 
Artaserse  Re  di  Persia,  dopo  la  riedificazione  del  tempio  di  Ge- 
rosoiima,  comandò  che  i  Sacerdoti  e  tutti  gli  altri  ehe  vi  pre- 
stavano luinistcro  fossero  esenti  da  ogni  tributo:  V(Ai3  quogue 
notum  facìmus  de  unìversis  Sacerdotìbiis  et  Levitts  et  CanlO' 
ribits,  et  lanitorìbus  et  ministris  donius  Dei  kuiits,  iU  vecJigaì 
et  tribiUum  et  annontis  non  habeatU  pote-it^tem  imponendÀ 
super  eos  '.  Giulio  Cesare  narra  che  nella  G^llìa  ì  Druidi  (oo^ 
appellavansi  ivi  i  Sacerdoti)  non  pagavano  alcun  tributo,  oè 
erano  soggetti  al  servìgio  militaro,  ma  in  ogni  cosa  godevano  di 
piena  immunità:  Dmides  ai>esse  cottA-ueverunt,  nec  trilntta  re- 
luti  reliquf  pendnnt,  militiae  vaeationem,  omnemqtte  rerttm 
ìiabetit  immuniiatem  '.  Lo  stesso  potrebbe  riferirsi  di  altri  po- 
poli, benché  idolatri.  Il  semplice  lume  di  ragione  dettava  luro 
che  la  riverenm  dovuta  a  Dio,  padrone  supremo  delle  cose  tutte, 
portava  che  si  usasse  un  particolare  riguardo  ai  suoi  ministri, 
anche  in  ciò  che  si  riferisse  al  possesso  di  beni  materiali.  Onde 
da  sì^atti  esempii  S.  Giovanni  Crisostomo  traeva  argomento  è 
rimprovero  a  quei  cristiani,  ì  quali  fossero  restii  ad  usare  Io  stesw 
riguardo  ai  Sacerdoti  del  vero  Dio.  E  non  sapete,  conchiuden 
egli,  che  ridonda  in  Dio  stesso  l'onore  che  fate  ai  siwi  Ministriì 
An  nescith  honorem  <td  Deum  ipfsum  traiisire  *? 

Non  appena  la  Chiesa  ebbe  politico  riconoscimento,  che  il 
primo  Imperatore,  pubblicaiuente  cristiano,  vale  a  dire  OosUd- 
tino  il  grande,  concedette  esenzione  da  ogni  balzello  alle  chiese 
cattoliche,  nel  modo  stesso  onde  esenti»  ì  suol  beni  privaU  e  quelU 
delle  famiglie  di  Eusebio  exconsolo  e  di  Arsace  Ee  di  Armenia. 
Praeter  privatas  res  nostraa  et  Ecclesia^  Catholicas,  ei  do- 

'  Gknkìs.  XLVII.  si,  ìt. 

'  R^DHAE.  lib.  I,  e  i. 

'  JJe  Mio  Gallico,  lib.  Vr. 

*  UomìIm  es  in  eap.  XL  VII  Ottusi». 


ALt  DIHirmTJl   BCClESIASTtCA 

mum  clarùsimaé  mejnonae  Eusebii  ex  comulia  et  maifintri 
equiium  et  pediium,  et  Arsacis  regis  Armenioruniy  nemo  ex 
no-^tra  iuasimie  praecipuis  emolumeniìs  familiaris  iuvetur  sub- 
nianiiae...  ideoque  omnei  ftensitare  dehebunt  '.  Questa  pietà  di 
Cofltantino  fa  poscia  imitata  dai  seguenti  Imperatori  cristiani, 
e  dagli  altri  Principi  generalmente,  fino  ai  tempi  del  moderno 
Liberalismo 

Né  da  tal  privilegio,  se  ben  si  considera,  risultava  danno 
materiali!  alla  sociotÀ  civile.  Imperocchiì  dei  beni  della  Chiesa, 
tolte  le  spese  del  culto  e  boltu  il  mantenimento  dei  sacri  Mi- 
nistri, tutto  il  resto  erugavasi  a  beneficio  do' poveri.  Onde  come 
appullavansi  res  Domintcae,  cosi  ancora  dicevansi  palrimoniitm 
pauperuin.  Lo  Stato  poi  ne'biso^i  straordìiiariì  ne  veniva  lar* 
gamente  sovvenuto  con  ispontanee  largizioni;  le  quali  bene  spesso 
salivano  ad  ingenti  Bomiue.  JV  Ini  ponitore  Carlo  V  motteggiando 
della  confisctuione  de' beni  ecclesiastici  fatta  da' Principi  prote- 
stanti, diceva:  Hanno  uccisa  la  gallina, che  faceva  l'uovo.  E  gallina 
{fondissima  di  uova  per  lo  Stato  e  pei  singoli  cittadini  era  la 
proprietà  del  Clero^  dal  cui  iDcamoramcuto  nò  la  sost&nza  pub- 
blica oà  la  privata^  al  trar  de' conti,  ha  sentito  vantaggio.  Ma' 
eheccbossia  di  ciò,  noi  qui  consideriamo  semplicemente  il  diritto  ; 
ed  il  diritto  non  guarda  l'utile,  ma  la  giustizia. 

V. 
Immunità  del  Romano  Pantere 

L' immiiDÌtà  ecclesiastica  si  assomma  ed  assolve  nel  Ilomano 
itefice;  nel  quale  si  assomma  ed  assolve  la  dìgaitù  8a(jerdo- 
lle.  Negli  altri  membri  del  Clero  1*  esenzione  dalla  potestà  laica 
è  relativa,  ed  ò  maggiore  e  minore  a  seconda  do'gradì  gerar- 
chici e  delle  dispi>si7iiunl  canoniche;  net  Romano  Pontefice  è  as- 
aotuta  e  totale  e  non  è  governata  da  legge,  ma  reggesi  per  sé 
Medesima.  La  ragione  si  è,  perchè  egli  è  all'apice  della  Gerar- 
i;  ed  i  canoni  dipendono  da  lui,  non  egli  da'canoni.  Egli  riceve 


•  Cod.  Theod.  llb.  XI.  (il.  I,  llb.  Ut. 


416 


DEL  DIRITTO   DELIA   CmCSA 


l'itamunìtà  immediatamente  da  Cristo,  pcrchà  immediatanieQtt 
da  Cristo  rictìve  La  giurisdizione;  uè  putì  essere  giudicato  da 
Teruuo,  pei'chò  giudice  supremo  di  tutti:  Prima  Sedeii  a  nemint 
ittdicatur. 

Quosta  ò  dottrina  cattolica,  perpetuumdiito  insegnata  da*  Pon- 
tefici 0  da'Couciliì,  0  oostantomeoto  difusa  da' Canonisti  e  dai 
Teologi.  [I  Concilio  Roiiiano,  tenuto  sutto  san  Silrostro  Papa,  nel 
suo  Canone  ultimo  parla  oosì;  Nemo  iudicabit  primam  SedeM.» 
Neqtte  ah  Augitsto  mgue  a  Regìbns,  neque  ab  omni  Clero,  nequi 
a  popttlo  iudkahiiur  FrùtM  Sedes.  Quelle  frasi:  Sequ*  46 
Augusto,  ne(jue  a  Rrgibus,  ntufue  a  popitlo  mostranti  chiara- 
mento  che  non  si  dice  ciò  in  ordine  a' soli  punti  dommatici,  ma 
in  ordino  a  qualunque  materia  in  generale.  Xel  Concilio  pari 
mente  romano  sotto  Sisto  III,  al  capo  quinto  leggiamo  essersi  detto 
da' Padri:  Non  lied  in  Pontijìcem  sententiatn  /erre.  Qui  ì 
termini  sono  assoluti,  e  non  ristretti  a  tale  0  coiai  giro  di  oos«. 
Nel  Concilio  V  sotto  Papa  Simmaco  fu  approvato  il  libro  di 
Ennodio  diacono,  in  cui  tra  le  altre  cose  stava  acritto:  Aliorutit 
ìiomittìtm  cansas  Dem  vohnt  per  homims  terminar}^  sed  Setlis 
islius  Praesutem  suo  sine  qnaestione  resercavit  arbitrio.  Il 
Concilio  VII!  nell'Azione  decima,  Canone  TÌgesimo  primo  sancisce 
non  esser  lecito  a  nessuna  potestà  terrena  giudicare  i  PutriarcM 
e  precipuamente  il  romano  Pontefice:  praecipue  t/Hìdem  Sanctii- 
simum  Pa^Hnn  senior is  Romae.  Quanto  poi  a' Pontefici,  basti  per 
tutti  citare  S.  Nicolò  I  nella  sua  lott^Ta  a  Michele  Imperatore, 
dove  dopo  molte  prove  conchiudu:  Satin  evidenter  oatejuìitur  a 
aaeeuliari  potestaie  nee  ligari  prorsus  nec  solvi  posse  Ponti' 
ficem,  idest  nec  damnai'i  nec  absohn.  Questo  sono  alcuno  poche 
delle  molte  testimonianze,  che  sogliono  recarsi  da'sacri  scrittori 
in  confo r maglione  della  presente  tesi.  Vedi  segnatamente  il  Suarez  * 
e  il  Bellarmino'. 

Quanto  poi  agli  argomenti  raitionalì,  basti  quest'uno:  U 
Chiesa  di  per  so  e  in  ragiono  slo:jsa  di  Società  è  sopra  lo  SUtff, 
non  0  converso.  Dunque  ìl  Cap')  di  quella  di  por  so  e  in  ntgioiw 

'  Ikfamo  FiiM  Catholieae  eie.  Uh.  IV.  cip.  JV,  V  el  VI. 
'  IM  itontano  Pontifitt,  Ub.  II.  np   XWI  el  UVII. 


Ém 


allTiwumtì  rcclcsustica  417 

stessa  di  potestà  è  snpni  il  Capo  di  questa.  Se  dunque  il  Pitpa  ò 
sopra  il  Principo  temporale,  come  rniete  che  soggiaccia  iu  qual- 
8ia«  modo  al  suo  poterò  logishtiro  o  giudisiarjo?  !^on  sarebbe 
qaesta  una  coutnidd iasione  ne'  termini  ?  Nd  si  ricorra  al  diverso 
rispetto:  ^aochò  ì  due  rispetti,  che  qui  si  allegassero,  debbono 
stare  in  ordine  tra  loro,  o  quindi  i'uno  subordinarsi  all'altro. 
(Htrechò  la  legge,  chi)  il  Pontr^Hc»}  promulga  e  sucondo  citi  giu- 
dica^ ò  \0ggQ  universale,  sottintesa  in  ogni  altra  legge,  e  (òn- 
dameoto  di  tntte  le  leggi  nella  società  cristiana;  giacché  &  la 
leggd  eterna  di  Dìo,  qua!  fu  atinan7.iata  ed  espressa  dalla  bocca 
stessa  dì  Cristo,  vale  a  dire  è  la  legge  evangelica.  Diiuqae  nes- 
sana  altra  potesU  può  giudicare  il  Pontelice;  perchè  dovrebbd 
farlo  per  applicazione  di  legge,  e  nessuna  legge  pu6  uscire  fuori 
di  quella,  nonchò  sollevarsi  sopra  di  qaella.  Ogni  legge,  per  essor 
tale,  convien  che  si  fondi  nella  legge  eterna  di  Dio,  e  bunditoru 
della  legge  eterna  di  Dio  è  Cristo,  del  quale  tiene  le  veci  press'j 
noi  il  Pontefice. 

Si  dirà:  La  legge  eterna  ci  si  manifesta  altresì  mediante  la 
logge  naturale,  che  ne  è  partecipai! ione,  fatta  da  Dìo  stesso,  nella 
coseienxa  dell'uomo. 

Si,  senza  dubbio.  ]Ia,  presupposta  V  elevazione  dell'  uomo  allo 
st^to  suprannatura,  la  legge  naturale  non  può  più  prendersi 
isolata  e  per  sò  stossa  nell'ordine  morale  o  giuridico,  ma  dt>6 
prendersi  in  quanto  sublimata  o  svolta  e  determinata  dall' ìnse- 
gnamonto  di  Cristi,  ha.  custodia  e  l'interpretazioni!  di  ossa,  come 
tale,  è  affidata  al  Pontedce.  Onde  giustamoute  si  dice  in  formola 
generale  che  fondamento  d'ogni  Stato  cristiano  e  d'ogni  legisla- 
irionc  cristiana  debb*  essere  la  li^ge  di  Dio  inturpretita  dalla 
Chiesa,  ossia  dal  romano  Pontefìce.  In  questo  senso  Uoma  continua 
ad  eaaere  regina  del  mondo,  e  il  romano  Impero  non  ò  cessato, 
ma  da  materiale  si  fi  convertito  in  spirituale. 

Da  questa  immunità  assoluta  del  Romano  Pontefice  noi  a  ra* 
gione  ri  levali)  nio  altra  volta  la  neces.sità  del  suo  principato  civile; 
non  potendosi  concepire  attni.  forma  sociale  di  tutelarla,  se  non 
te  politica  Bovranitii.  Ogni  altra  forma  è  efìmera.  Acciocché  il 
Papa  sìa  vcramoQte  immnae  da  ogni  soggezione  a  Principe  tem- 

Svi»  XtU.  wi.  //,  fait.  8«  «3  e  uiaggio  18M 


4t8  DEL  DIRirrO  della  CMIBSA   all' IMMIftlTÀ  eccLEsiAsnci 

pomlo,  cooTÌen  che  egli  sia  padrone  in  cAsa  sua,  eoa  piena  pò 
testa  di  servirsi  dMstrumenti  liberi  e  non  dipendenti  che  da  lui, 
per  l^esercixio  della  sua  mondiale  autorìlÀ.  Ciò  non  paò  ottenersi, 
86  egli  non  sia  vemmente  serrano  del  territorio,  dove  dimora.  Il 
Papa,  in  quanto  Papa,  è  padre  e  sovrano  di  tutti  i  fedeli,  sparsi 
per  tutto  il  mondo.  Come  tale  egli  non  appartiene  a  nessuna  na- 
sione;  Egli  è  soprannazionale,  cosmopolita.  Per  mantenersi  ed 
apparir  tale,  sensfi  gelosia  o  sospetto  da  parte  di  questo  o  quel 
popolo,  di  questo  o  quel  Principe,  egli  deve  tnwarsi  effettira- 
mente  fuori  d' ogni  Stato  particolare.  Ci6  non  può  farsi  altrìmenli, 
se  non  in  quanto  egli  abbia  uno  Stinto  a  so;  uno  Stato,  in  cui  ^li 
stesso  sia  principe  temporale  '.  Ciò  non  compresero,  o  meglio  non 
Tollero  comprendere  ì  moderni  facitori  d' Italia;  ma  accecati  dal- 
l'orgoglio credettero  di  far  opora  non  peritura,  scoronando  il 
PoQteflcd.  Ad  essi  ben  sì  attaglia  quel  rabbuOfo  Dantesco: 

0  superbi  crì.siian,  miseri,  lis-si; 
Che,  della  vi^  della  mente  infermi, 
i^idanza  avi^ie  De'nirosì  passi  *\ 

■  VmIì  <^pn  quello  (lunio  L'HSitATone.  La  China  r  In  SUUo,  Cape  Iti,  *^ 
citlo  XVII,  XVML 

*  Purgatorio,  tztAtt  \. 


IL  TESORO,  LA  BIBLIOTECA  E  L'ARCHIVIO  DEI  PAPI 


NEL  SECOLO  XIV. 


ra  le  pubbliciuìoDi  di  maggior  pregio,  le  quali,  grazie  al 
Qtd  impulso  (luto  agli  studii  storici  dalla  gran  voce  dol  Fon- 
;  t«fice  Leone  XIU,  ed  alla  generosità  ond'egli  aperse  ai  dotti  i 
toeorì  degli  Archivii  Vaticani,  si  son  venate  in  questi  ultimi 
unni  intraprendendo  e  prosieguouo  atacremcnte  il  loro  corso; 
'  nerita   singoiar  menzione,  quella  a  cui  lian  posto  mano  testò 
I  due  eruditi  tedeschi,  il  P.  Enrico  DuniQe  drlL'Urdine  dei  Pre- 
dicatori^ e  il  P.  Francosoo  Ehrie  della  Compagnia  di  Gesil; 
amendue  per  dottrìnn  diplomatica  e  perizia  pttteograflca  insigni, 
I  «d  amcnduc  oossecratisì  a  Httidìare  in  Vaticano,  sotto  gli  auspicìi 
'  del  Pontefice,  e  ad  illustrare  i  codici  di  quel  nobilissimo  fra  gli 
^rchiviì.  L* Opera  loro  s'intitola:  Archivio  di  storia  Wferarìa 
fci«c/ga»urftiM  del  Medio  Evo;  e  ne  è  uscito  in  luce  a  Berlino, 
^Qlo  scorcio  del  ISS!),  il  primo  Volume  '  ;  il  quale,  colla  bella 
I  mostra  che  fa  di  sé,  promette  egregiamente  anche  pei  futuri, 
che  dorranno  a  mano  a  mano,  ed  a  non  grandi  interTaUi,  te- 
I  Bergli  dietro'. 

Secondo  l'usanza  di  cosiffatti  Archivii  storici,  esso  contiene 

due  Parti.  Nell'una,  che  è  di  gran  lunga  la  piti  importante,  si 

pDbblìcano  Testi  e  Documenti  inediti,  e  Situiti  originali  sopra 

leeti  met^esimi  —  Textpubliktìtionen  und  ò'tudien;  nell'altra, 

'   jlrfAiV  far  LitUratuT-und  K&fhftvjeichirhtt  da  MiUelallfr»,  htritu»- 
gtjrtlm  ron  V.  Heimucb  I^emh  e  0.  P.  nini  fiiA>z  eiu'le  S.  I.  —  JSV-g/w  Satid  — 
Berlin,  n'tidmannseiie  Bucìthandlunff,  1885.  --  L'n  Torte  votum'C  di  pagìiic  G43, 
rii  8*  grande. 

^*  VArchit  si  pubblica  a  grp*si  rasctcoll.  di  un   160  pagine   c'jMeiirio*  fimilno 
qtnli  roniLinn  tir  gni.<;ln  vnlitmc  Non  f^cntin  :i  ginrno  o  mese  Gs^o,  inu  rb[ioti- 
doBo  incirca  a  vn  (rimc^ire  l'uito. 


9 


4%  IL  TESOnn,   la   UmLIOTEOA    B  t^ARCHrno   dei  PiPI 

intitolata  MUlheihmgeti,  si  comunicano  brevi  Notizie  e  svariate 
relativo  ai  soggetti  trattati  nella  prima  Parte. 

Il  Volume  che  abbiain  sott' occhio,  comprende,  sotto  la  prima 
categoria,  una  ricca  serto  di  Documenti,  tratti  per  la  massima 
parte  dai  Codici  Vaticani,  ed  oditi  ora  per  la  prima  volta,  col 
currudo  di  ampi*-'  annotasioDi  e  dissertav.ioDÌ  storiche,  mercd  le 
qflalì  il  valore  dei  Documenti  modesìmi  dai  PP.  Deniflo  od  Ebrle 
vien  posto  io  iaplendido  rilievo. 
Kd  ecco  i  titoli  delle  materie,  a  cai  rìferìscoosi. 

r^  Notizie  storiche  del  Tesoro,  ileita  BiblioUca  e  del- 
l'Archivio  dei  Papi,  mi  secolo  XIV  (del  P.  Ehrle,  pag.  1-48, 
228-3(S4); 

2'  V Evangi-lium  aeiernnm  e  la  Commissione  di  Anatriti, 
relativa  alle  dottrina  del  celebre  Abbate  calabrese  loacbÌDi  e  del 
francescano  Fra  Gerardo  da  Borgo  S.  Donnino  (del  F.  Denifle, 
pag.  49-142); 

3"  Le  Ooslituzioni  ddV  Ordine  deFredicatori,  del  I22S 
(del  P.  Denifle,  pag.  165-227); 

4"  Kitrieo  di  Oand:  ([ueslioni  divpr-Jrt,  rignarJauti  la  bio- 
grafia di  questo  celebre  Dottore  scolastico,  soprannominato  il 
Doclor  solemnis  (del  P.  Ehrle,  pag.  365-401); 

5"  Le  Sentenze  di  Abelardo,  e  le  compitazioni  della  s» 
Uologia,  fattesi  prima  del  mezzo  del  secolo  Xli  (del  P.  De- 
nifle,  pag.  402-469,  584-624); 

6'  Gli  Spiritunli,  e  loro  relazione  coW Ordine  dei  Fran- 
cescani e  coi  Fraticelli  (del  P.  Ehrle,  pag.  509-5(59); 

7"  La  prima  casa  di  studio  dei  Bettedettini  aZ/Tniref- 
sità  di  Parigi  (del  P.  Deiiifle  ',  pag.  570-533). 

■  Della  ^nimrOprra,  inlnpn>5n  ilnl  V.  De.vii'I.b  satira  lo  UnÌTenili  ift  JlcdioM 
Duo  ul  1400  {Dit  Unirprifiuileft  dta  MiHe^a,Utr»  bin  HOO),  ti  M\Ktì»la 
pran  dixìderio  dui  dntli,  è  fimo  publilinito  testé  il  pritno  Vnlnnir,  rhe  {i 
(itolo  »(><*cnlii:  Vie  £:nlttehHfiff  {VOhpnnt  dtr  Univrrsitàttn  ifea  Mìttttnik" 
òii  JIW.  llerlin.  ÌVeidrannn,  IHS5;  di  [«}:■;.  XLV.  8ii  in  p.  X*.  Es^:- 
In  tratti»«Ìoiii  si^ui'nli:  Caraltei'i!  (■  conrellinlpir['HÌ\prs)là  M  Mitlìo  ¥.\f .  < 
»■  STiIuppo  delle  line  .inlicbi*  IniiT-rAit*  il'urigì  e  Itolnsrna);  Oripine  e  «»iliip|rt  àtììf 
«lire  Scuole  <iu|if!riorÌ  Oi  Rurupa  tino  ul  t  iOO;  KelnaioiK!  iJL-ile  raitrrnt.'i  colle  KSOh 
anteriori,  lìli  Arcliivii  (M  Vaticiiio,  e  Ev  j>rÌTicì[uli  Bibliotcclie   d' [t;ilia,  G-.Ttntnia, 


» 


ft 


•sei  SBCOto  xìv.  421 

Tra  le  MiffJteiluttgeti  poi,  che  fùrmano  la  seconda  categoria. 

!e^e  dì  speciale  ntteazione  son  le  seguenti:  Notizie  intorno  ai 

SI$s.  del  Dirccforium  InquìsUionis  ddlRymcrich;  e  io  torno 

allo  Fonti  della  sio^'ia  dei  Fiancescani  e  dei  Domenicani  (de! 

P.  Denifle,  pag.  143-149, 630-640);  Descriziene  dei  Msa.  storici 

Iella   Borifhesiana  (del   P.  Ehrle,  pag.  151053);  Ludovico 

Bavaro,  e  i  Fraticelli  e  Ghibellini  di  Todi  ed  Amelia, 
1328  (del  P.  Ehde,  pag.  15i)-164);  Aggiunte  alle  Notizie 
del  Beihnann  sopra  i  Mss.  dì  5.  Francesco  in  Assisi  (del 
P.  Ebrle,  pag.  470-507);  Il  Liber  dimaiouis  Cortesianorum 
ei  Civium  Romanae  Curiae  et  Civitaiis  Avenionensis  (del 
P.  Donine,  piw?.  627-6;iO). 

Dai  titoli  medesimi  di  queste  tratta»ieni  il  lettore  può  scor- 
gere ageTolmente  la  loro  importan/,a  e  misurare  il  vasto  campo 
cbo  abbracciano.  Esse  si  stendono  dal  secolo  XII  fin  oltre  al  XIV. 
e  si  versano  in  soggetti  di  grande  interesse  per  la  storia  occle- 
siaatìca  in  genere,  e  singolarmente  per  qneila  d'Italia  e  di 
Francia:  onde  si  raccomandano  per  sé  medesime  airattenziono 
di  tutti  ì  dotti  di  questi;  nostre  conti'ade.  IìA  sola  cot;a,  di  cnl 
altri  può  per  avventura  dolersi,  ò  che  elle  siano  dettute  iti  te- 
desco: lingua  bensì  nobilissima,  e  nobilmente  maneggiata  dai 
dot)  Autori,  Denifle  ed  Ehrle,  ai  quali  ella  è  nativa;  ma  poco 
diffusa  fuor  dei  paesi  Germanici,  e  du  motti  anche  fra  gli  nomini 
colti  delle  altre  nazioni  ignorata.  Un'Opera  di  cotal  fatta,  come 
questo  Archivio,  la  quale  per  l' ìndole  sua  s' indirizza  agli  stu- 
diosi e\  eniditi  di  tutte  le  genti,  ma  sopratutto  delle  genti 
latine  e  cattoliche,  dovrebbe,  a  parer  nostro,  come  furono*  e  sono 
tattora,  altre  opere  di  siuiil  genere,  essere  scrìtta  in  latino,  che 
è  la  vera  lìngua  universale  dei  dotti,  ed  insieme  la  lingua  pro- 
pria ed  ufficiale,  per  dir  cosi,  della  Chiesa  cattolica,  od  ò  inoltre 
la  lingna  dei  Documenti  medesimi,  che  VArdiivio  professa  d'il- 


Fnncìa  F  Spagna,  lian  sommi nbirnto  a)  doiUssinD  Antore  ^li  Hnmpnii  di  i^iifst'  opera 
mcpuaiucntalc.  Il  secondo  Volume  Iratlcr-k  detf'arganaincnlo  e  della  compouiioue 
étWr  l'niversilà  e  dei  CoUi?^.  Tre  ollri  Voinmi  sii-nnno  cnn^acrali  ctclaslvaiiicntc 
airi'iiiM'i^iU  ili  Parigi.  Cf.  IIevue  des  uvsstions  ursTOnioUES,  AvrU  IHdU,  |n< 
iao  59.'.  50(ì. 


It  TESORO,   LA   BIBLIOTECA  E   L' AnCHJVIO   CSI   PIPI 

lustrare.  Vero  è  che  cotesti  Pociimonti  boti  recali  qui  por  disteso 
net  loro  originale  latino,  e  nel  presente  Volume  no  innpìnno  da 
sé  eoli  piressochè  la  metà  (circa  300  pagine):  di  guisa  chù  ogni 
niedìooro  latiuuute  può  farne  suo  prò.  Ma  egli  A  pure  un  groD 
guaio,  che  In  maggior  parte,  l^rse,  dei  latinuuti  che  sono  al 
mondo,  siccome  digiuni  affatto  di  tedesco,  non  possano  leggere 
ed  usufruttare  i  dottissimi  eoinmcntarii,  onde  il  I>enÌf)o  o  TEbrle 
acoompaguRuo  i  documenti;  e  che  eglino  non  di  rado,  dopo  no 
tratto  di  testo  lutino,  abbattendosi  all'improvviso  in  un  periodo 
0  pagina  di  commento  tedesco,  intercalato  Bel  corpo  medesìnw 
del  testo,  si  trovino  in  un  subito  smarriti  e  abbandonati  a  brsn- 
rolar  nel  buio.  Ma  c\!>  sia  'letto  di  passata,  e  saho  il  rispetto 
alle  ragioni  speciali,  che  gli  egregi  Autori  dovettero  avere  di 
preferire  V  idioma  tedesco. 

Ora,  volendo  noi  qui  dare  ai  nostri  lettori  italiani  un  breve 
saggio  dell'Opera,  sc'^glieremo  fra  le  trattazioni  sopra  enumerate 
quella  che  ci  sembra  dover  loro  riuscire  di  maggior  interesse 
e  meglio  a  grado:  ed  6  appunto  la  prima  nell'ordine  testé  ri- 
ferito, la  qnrie  ha  per  t^ma  il  Tesoro,  la  Biblioteca  e  VAr- 
rhim'o  dei  Papi  nul  secolo  XIV.  Il  P.  Ehrle  ha  ivi  radunato 
una  bella  rinchcKza  di  nuovi  Documenti,  da  lui  scoperti  nella 
Vaticana  ed  altrove:  colla  scorta  dei  quali  egli  intesse  e  svolg» 
un  largo  tratto  della  storia  della  gran  ColleTdone  pontificia. 
<  Non  già  (scrivo  egli)  che  io  presuma  esaurire  col  mio  scritto 
cotesto  argomento  storico,  anche  soltanto  pel  periodo  che  corre 
da  Bonifacio  Vili  a  Calisto  IH  (12941453);  ma  spero  bensì 
di  arrecare  una  utile  contribuzione  di  materiali  per  Pedìnciu 
della  Sttìfin  della  Vntieana,  la  quale  ancora  è  da  scrivere*»; 
e  che  sappiamo  essere,  oggidì  piA  che  raai,  dal  voto  universali 
dei  dotti  sollecitata.  Siccome  poi  non  v'  è  quasi  brano  dì  storia 
pontificia,  che  non  cA  oolleghi  colla  storia  civile  d' Italia,  cosi 
vedremo  il  P.  Ehrle  recarci  qui  anche  un  bel  mazzo  di  curiose 
notizie,  riguardanti  le  rìcende  politicho  d'Italia,  e  specìalment» 
dell'Umbria  e  Toscana,  in  quel  tempestoso  secolo  XIV. 

■  ArcMiv  eie.  («£.  I. 


ireL  SECOLO  jciv. 


in 


ft" 


I. 
Il  Tesoro,  e  i  suoi  Inventari!. 

Qnel  che  nel  secolo  VI  e  nei  seguenti  chiainavasi  Vestiarium 
papale,  ed  era  teniiti»  lo  «islodia  dal  Vesiiarius  o  Vestararìus 
sanefae  Romaìuie  Ecctesiae,  pili  tardi  trovasi  appellato  The- 
saurus 0  Camera^  ed  affiliato  al  Thesanrarìus  o  Camerarius. 
Le  quali  QiioTd  appellazioni,  come  saggiamente  nota  V  Ekrle 
eontro  il  Galletti  \  non  ebbero  già  principio  col  secolo  XIV, 
dopo  la  morte  di  Bonifacio  Vili,  ma  risalgono  a  circa  due  se- 
coli innanzi.  Il  Tesoro  poi  comprendeva,  come  diauxi  ì]  Vestia- 
rium, non  solo  tutta  la  siip]>olI<'ttìle  e  gli  oggotti  preziosi, 
appftrttìnunti  alla  Corte  del  Pont(^fìe^  Re,  ma  anche  la  Bibliotsca 
e  V Archivio  papale;  l'uaa  e  l'altro  aDtiohìsaimì,  risalendo  l'ori- 
gine  loro  ai  primi  secoli  del  Papato,  e  Tenutisi  poscia  di  mano 
in  mitno  sempre  accrescendo. 

Ecco  infatti  nn  saggio  dei  Tarii  oggetti,  che  atan  registrali 
oegl*  [i-'Tentarii  del  Tesoro,  compilatisi  dal  finire  del  seoolo  Xlll 
fino  al  me/,20  del  XV.  Ivi  si  leggono,  dice  1'  Ehrle,  annoverati, 
insieme  collo  sedie.,  fmncfialia,  facistorìa^  carpeia,  cortine  e 
mi»  ad  parandutn  conslsforiiim  ;  coi  vasellami  da  mensa, 
tric,  brocce,  poti,  euppe,  fiascones,  scHltelli,  piate,  «rceoli, 
saleria;  cogli  arredi  dì  cappella  e  saoristia,  elemosìrìarie,  ha- 
rifi^,  ihephanif,  fiatìella^  tobaleey  frixa,  cape^  dorsalia^  fron- 
iaiia,  aliarla  viaiìca,  e  (a  cominciar  dal  Tesoro  di  Clemente  V) 
il  triri'gno,  ossia  la  corona^  quc  vocatur  regnum,  cum  iribttB 
rculùt  aureis;  coi  cophiiiHti,  saccuti  e  bttrse,  contenenti  mi- 
gliaia dì  dupli,  carlini,  -fiorini;  coll'armeria  di  tancee  ed  al- 
Mffwtie  (Bagaglio),  ballisie  coi  loro  tendiioria  e  gasanqne,  lorice 
H9  maihia,  piatine  seu  coirasse,  cervehrie  feree^  ciroiece  de 
ferro,  garroii  prò  mnonibus  et  Hpingalis;  col  tesoro  delle  sacro 
Reliquie-,  colle  pergamene,  coi  Documenti  e  volumi  di  Regesti, 
«  libri  di  computi  delta  Cancelleria  pap:ite;  si  reggono,  diciamo, 


'   Vnli  G^uent,  Del  Vestarario  delta  S.  R.   C;  Roma,  1758,  iiag.  58. 


£ 


AH  IL  TESORO,   tA   B1BT.I0t8CA   t  t' ».RCH»10   DEI   PiPt 

in  mezzo  a  tutto  questo  catalo^dti,  tioa  dovizia,  coH'andar  dei 
tempi  sempre  più  ragguardevole,  dì  llaaoscritti,  di  Messali  e 
Pontificali  e  codici  dì  diritto  civile  ed  ecclesiastico  fino  all'Al- 
magesto di  Tolomeo,  ed  opere  medicali  di  Arabi,  e  comraeutatori 
greci  di  Aristotile.  Tutto  questo  era  dai  Papi  chiamato  il  The- 
saunts  noskr  et  sanctae  Romanae  JUccfesiae  \  * 

Ma,  sotto  Clemente  V,  che  trasportò  in  Provenza  la  Sede  pon- 
tifìcia, si  cominciarono  a  distinguere  due  Tesori:  Vnutico  e  il 
nuovo.  Fu  dotto  thesaurus  ant'tiiuus  quello  che  rimase  a  Roma 
0  in  altre  città  dello  Stato  romano  (Perugia,  Assisi);  e  thesaurus 
novus  quel  che  si  formò  e  crebbe  intorno  alla  nuova  stanza  di 
Avignone. 

D'entrambi  i  Tesori  si  hanno  parecchi  InverUariit  totali  o 
parziali,  compilali  per  ordine  dei  Pontefici  in  rarii  tempi  da  uffi- 
ciali a  cÌ6  deputati,  sotto  la  sovrìntendenza  del  Camerario  o  Te- 
soriere prò  tempore:  ed  essi  dal  P.  Ehrle  vengono  qui  enumcTatì 
e  diligentemente  doscritti.  Bel  Tesoro  antico,  si  hanno  5  Io- 
ventarii,  appartenenti  agli  anni,  1295, 1304.  1311,  1327, 1329; 
del  nuovo,  se  ne  contano  fino  oltre  a  10,  e  riferisconsi  agli 
anni  1314,  1320.  1339,  1342  e  1343.  1353.  1358  e  seguenti, 
1369,  1371  e  sogacnti  fino  al  1333,  1411;  coll'aggiunta  £ 
due  Cataloghi  della  Biblioteca  di  Pietro  da  Luna  (Benedetto  Xm, 
1408-1423),  e  d'un  luventarìo  del  Tesoro,  e  specialmente  d« 
Ubri,  di  Gregorio  XII  (1411,  1412,  1415). 

11  i>rogio  di  cotesti  Inventarii  ò  laestiniabile  per  due  capi  prin- 
cipalmente: 1"  per  la  storia  medioevale  della  Biblioteca  e  del- 
l'Archivio pontificio;  giacchò  ivi  si  hanno  t  Cataloghi  e  registri 
autentici  delle  ricchezze  cht)  t'una  e  l'altro  c^intenevano  fino  allo 
scorcio  del  medio  evo,  ossia  lino  al  tempo  di  Xiccolò  V,  quandi 
la  Biblioteca  Vaticana,  chiamata  da  quel  letteratìssimo  Ponte- 
fice quasi  a  nuova  vita,  entrò  nello  splendido  periodo  dell'  età 
moderna;  2"  per  la  Storia  dell'Arto;  atteso  le  curiose  e  minat« 
descrizioni  che  in  questi  Inventari)  si  incimlrano  degli  oggetti 
preziosi  del  Tesoro,  espresse  nel  barluro  latino  dì  quei  bassi  tempit 

*  Arehie,  pog.  3. 


^ -. 


WEL  secow  xtv. 

"ma  ottime  ad  iUiialrare  un  dei  Iati  meno  conosciuti  di  quella  oscura 
età,  cioè  il  iato  artìstico.  Il  P.  Elirle,  il  cui  iutendiiaoato  nello 
studiare  grinrctitarii  dt.-l  Tesoro  tnirii  sopnitutto  ai  Catulughi  dei 
codici,  chfì  dobbono  servirgli  per  la  Storia  dtilla  Biblioteca  Va- 
ticana, abbandona  agli  studiosi  o  Storici  dell'Arte  cotestu  do* 
scrizioni,  e  la  fati&i  del  ctuniueTitarle,  non  occupandosi  di  esse 
aUrament?.  .\L:t  pur  qua  e  colà  ne  dà  qualche  saggio,  atto  a  sol- 
leticare la  curiositi!  dei  lettori.  Eccone^  ad  esempio,  alcuni  tratti. 
Nell'Inventario  del  1311,  il  cui  testo  originale  occupa  nel 
Volume  X  dei  Regesti  di  Clemente  VI  circa  86  fogli  (dal  fo- 
glio 152"  fino  al  538"),  fli  l^gge  !a  seguente  descrizione  dei 
frammenti  dì  due  /acvfioria  (ussian  faldiatorif)  chiamati  l'uno 
di  CosTASTiNO,  l'altro  di  Frdrrico  II:  (f.  é66').  Item  unum  caput 
iwnis  de  auro,  gttod  videtur  de  ficistoeìo'  Cosstastjsi^  tu 
quo  suut  oculi  (le  a'ìsiallo,  laboraiutn  in  capite  et  in  collo 
ad  botinum,  et  haid  sul  capite  yrossitudiiiem  cum  quaintìr 
comitassibus  quadrati ffulatis  et  relevaiìSy  d  in  dieta  groasitu- 
dine  sunl  duo  grossi  ìmlatii  et  sepiem  minùres  et  odo  éxme- 
ralde.  communes  et  sex  grosse  pei-le^  et  dejieiunt  duo  grossi 
lapiiles  et  unus  parvits  balaliun,  et  h-abet  concavitatem,  intus 
in  qua  concavitaie  cideiur  esse  de  Ugno;  ponderis  totìon  trium 
librarum.  —  (f.  47'i")  Item  XXI  lapìdes  incastonafos  in  argento 
deaurato,  de  guibus  undecim  suni  saphirt.,  Ires  granata^  sex 
exmeralde  et  unus  lapis  doto;  suut  eitani  cum  eìs  sex  resede 
de  argento  deaurato^  in  quorum  duabus  su»t  due  perle  et  in 


'  Nrll'lnitnlario  ffi-l  l^S".  si  irovn  nnclie  r*gÌslrnto  Unum  fnleisttìriH/it  lìe 
tre  dtauratum;  r  Item  falcialoria, eive  cattedre  episcopaUf  tiffiue  denurate 
nmmero  trigimla  umiu*  {Arekiv,  pig.  3!!^}.  U  faldùtorium  wi  monumottlj  del 
Wriko  (tto  k  r.Uìna\.ìio  puri*  fandislwiutn.,  faldislaitum,  falaistoriuvi,  faìdeslotus, 
faUstorìuntf  foTixlatorium  IuUp  corruzioni  della  phm.l  vocf,  inlorno  alta  cui  ori- 
|iie  lituani  sii  ilispnu. 

*  l.'linprraiom  Co^hnlino'  pnilnljilmi^iitr  fu  il  donatore  di  quMlo  fildlltorio, 
al  'jualn  perciA  ne  rìmiLic  il  iKJine.  In  iimil  gulsii,  Carlo  ]  d'An^i't  donò  al  Papa 
Onnentc  ]V  un  ricchi:Uiino  faldisloi-io  d'»ro  con  fmatt  mlutato  ben  lOOOf)  lìarìni 
d'oro;  t  in  kmpi  a  noi  più  vkÌHÌ,  Il  Principi.^  n  la  I'rìndp<H'^  di  S-iKc-riothii  a 
Ko  VII  dwiargno,  in  S4>sno  rii  ditozìoiip,  nel  1816.  un  praiow  faMi&loriu  ili  S(|iiìb<Io 
btoro,  cdD  cuscini  ili  lama  d'ar'gento  e  eoa  rtcctii  ortianieiilì  d'oro.  Vedi  Muiiuni» 
Vniomario  ài  erudiz.  ttorico^ccUtiaaliiM,  alla  TOce  Faldùtorio. 


IL  TESORO,    LA    BIQtlOTf.CA   E  l' AllClliriO  Dei  PKVI 

aliis  suìU  granati  ;  que  omnia  videntur  fitiase  de  rAi'isroRio 

FxuEKicE  '.  Stint  etiam  r.um  eìs  duo  (franati  sine  castontbusì 

pojideì-is  toium  uuins  linde  et  trium  tfuatiorum  ei  dimìdii. 

Ligati  sani  omites  per  se.  IL  nome  di  Costantino  ricorre  anche 

nella  descrizione  di  altri  ciiiioliì  (f.  453''):  Item  unum  ci/itm 

atppe  de  iUiit  Constantini  sine  pede  iotum  deanratum  de  opere 

duplici  eunt  homittibujf  et  beaiiis  reieraiis  ex  parla  exteriuri^ 

inius  «ero  est  figura  hotninis  saper  unum  animai;  ponderi» 

irium  libiarum  et  dimidte:  e  poco  appresso  (f.  456'')  sì  h  doe 

Tolte  menzione  de  cìipis  Constìstini.  Talora  Tien  espresso  anche 

Tubo  a  cui  servÌTa  l'oggetto  descritto:  come  (f.  471')  pemum 

ad  ponenditm  ad  nasum  cantra  reuma,  e  poimon  ambre  coMra 

reuma;  (f.  460'')  crux...  que  ^mmìHt  portari  ante  papam  in 

asta;  (f.  461')  magi\a  candelabra...  ad  tenendum  facutaa  ma- 

gnaa  gite  ardetit  ante  altare  vel  in  camera  pape  de  nocte'. 

Sovente  a  queste  descri/iuni   Tanno  accompagnati  cenni  noD 

ispregevoU  per  la  storia  di  quel  tempo,  e  particolarità  euriow, 

relative  ai  Papi  e  ad  altri  personaggi.  Così  in  nn  brano  dMa- 

Tent&rio  avignoDose  del  1380,  son  registrate  guatuor  morastpu 

sire  piate  de  auro  cum  lifteris  grecis,  gite  fiterunt  poriedt 

Rome  per  dintm  Urbanum  }<apam  V  H  reportate  Avinionem^ 

ifuas  morasguas  habuil  dhìts  nosftr  papa  Clemens  VII'*  pv 

nuinus   dhorum   Geraldi  Mercaderii  et  lohannis  Rosseti  li 

ipsas  re.posuit  dhus  nosier  papa  in  archipo  camere  »«c  palaci} 

aplici  Avi)ìionertsi4\  K  nel  grande  Inventario  del  1369,  verto 

il  fine,  8Ì  fa  ricordo  di   nn  magno  instrumenio  in  quatticr 

pellibus  pergameni  conglutinatis.  il  quale  conteneva  diversdS 

obligatiotìcs  factas  per   nonntUtos  hominet  oc  universilaitt 

'  Qui<:5to  Facì'storium  Federici  nadde  In  mano  dei  GufHI.  nel  rtecliiaBtmo  boOìM 
che  fVii  rwero  M  if*om  iiiifiprialp.  iit>po  In  viunria  rii»plani  cnnirv  KMefiu Hi 
fHrRn,  il  18  febbraio  1S48:  n  ì  Cui-lri  dp  trcr-m  àtna  al  F'npn. 

'  ArcJtw,  psgiE.  150  IBI. 

*  L'an(t|Ki(B  Ckniwle  VII  (I3~I*-I3^^J'  ('"po  nter  {ll-'H<n»lo  arniau  nuiM  <l 
posavo  di  Roma  al  l^tlimo  PontpOM  tVtiaiio  VI.  «i  ritir<S  .td  Avijtnoiw,  Amt 
pianti  In  snle,  e  h  tpnii<>  lino  ulh  fiia  mortp  rivvnnutn  nel  139l;ninulo  pvW' 
eCMOre  l'ìrtnt  da  Inni,  col  nwQi!  <1<  ib-nrdirKA  VII! 

'  ^rcAtr,  yuf.  ti. 


HCt  SECOLO   XIV.  427 

mitafus  Venayssìni  scil.  lU  amesiis  sice  artUheria  ìpsis 
unitttrsilafibus  iradiiis  per  supradkhtm  dìtum.  eat'dinalem 
ClherosoUmitanumJ  prò  de/entiione  comitatus  eiusdem,  e  por- 
Uva  la  data  dd  -l  marxo  13tìS  '.  Sotto  Grògorio  XII.  il  ^  lu- 
glio 1411,  sì  ha  rtarentario  de  ommhus  paramattis  spec- 
tanfibttì  ad  aitare^  que  /uerunt  cum  SS'"  diio  nostro  papa 
Gregorio  XII,  qttando  ivU  Gaidam,  que  ftieruiU  recepta  de 

'endiis,  que  fuenmt  sub  custodia  fune  reverendi  patris  dhi 
'Anlonii  episcopi  Cenelensis  et  aliia  para/mviùs  speciantibus 
4id  altare,  que  fuernnt  postea  portata  de  civUate  Austria  Ga- 
ieiant^.  ^'el  Codice  4-75  à^WArdiiviuin  Avìnìonejvse,  ai  tempi 
d'Ionoceazo  VI  (13Ó2-1362),  si  legge  l'eleoco  dei  vasellami  — 
vaxetla  --  e  altri  oggetti,  cho  il  Citiiicrario  o  il  Tesoriere  (di- 
gnità oho,  fin  dal  1320,  sì  trovano  ijiatinte  o  Httribuibe  a  du» 
porsuai^gì  diversi)  oonsegnarouo  a  varii  officiali  siibalturtiì  della 
taaft  pootifìcia,  ai  buticulariiH,  custodì  vazdle^  ayquerio,  pn- 
neUirio  etc  o  ai  nipoti  del  Papa,  nepotibus  domini  ;  come  pure 
degli  oggetti  amota  et  e^'tracta  de  inmniario  wl  asaognati,  per 
urdioe  del  Papa,  alla  Certosa  di  VUIauova,  da  lui  fondata,  o  donati 
a  varii  illuatri  personaggi,  come  il  Conte  di  Poitiers  figlio  del 
Re  di  Francia,  al  Duca  di  Bijrb<)rio,  al  nipote  del  Ke  di  Cipro*. 


IL 


Il   Tesoro  a  Perugia. 


Sotto  Bonifacio  VILI,  il  tesoro  papale  sorbarasi,  come  nei  tempi 
iDoaniii,  in  Koma:  e  Tìaventario  che  nel  primo  anno  del  sito  pon- 
tificato, I295,Bonifacioaefe'comporre,èilpiù  perfetto  e  il  meglio 
•)rdinato,  dice  l'Khrle,  fra  ^tiaTiti  ne  sono  a  noi  pervt^nuti.  È 
partito  in  83  rubriche,  le  iiuali  formano  un  mediocre  volume  in 
foliofdi  79  carte  in  pergamena:  eeumincìacun  quest'epìgrafe: 
/n  nomitte  Dhi  Amen.  Istud  est  inventarium  de  omnibus  rtbua 
ila  in  themuro  sedis  apostolice  factum  de  inatulato  sat 


438 


sono,   LA   UBLIOTICA   K  L  AltCRIVIO   DB   PAI 


diasimi  patris  domini  Bonifacìi  pape  Vili  sub  anno  mi7/«- 
aimo  Oc  nonage^itno  quinto,  anno  primo  potiti jicotus  ipsius. 
Vorigìnalti  sta  neirarchiTio  Vaticano:  la  Biblioteca  NasioDate 
ài  Parigi  ne  possiede  una  copia,  eseguita  nel  secolo  SVtl,  e 
geoeralmente  assai  fnAoìe,  per  quanto  può  giudicarsi  dalla  parte 
che  il  signor  À.  Molinior  no  ha  finora  pubblicata,  e  che  dal- 
l'Ehrle  fu  riscoatrata  col  testo  Valicano.  Il  medesimo  Ehrle  dopo 
una  esatta  descrì^.ione  del  prezioso  Codice,  ne  pubblica  qnì  nel- 
VArchìv'  rultiinu  sozione  (f.  62 '-73"),  quella  cioè  che  contiene 
il  catalogo  dei  Mss.,  ed  lia  per  titolo;  Libri  Theolotjìe,  luris 
dtfiiis,  luris  Canonici  et  Medicine  et  muHi  aliì^  sicut  in/erius 
sinrfuìariUr  descrilmniun  Sono  443  opere,  le  quali  formavano 
tutta  la  Biblioteca  di  Bonifacio  Vili,  ed  oggidì  col  nodo  elenca 
dei  lor  titoli  mostmno  in  iscorcio  qual  fosse  Io  stato  degli  stadib 
sacri  e  profani  in  sul  volgere  del  secolo  XUl  al  XLV. 

lìi\,  dojK)  la  morto  di  Bonifacio  (11  ottobre  1303),  il  tesoro 
dei  Papi  cominciò  a  peltegriuiu'e  fuor  di  Roma  in  vario  parti, 
ed  a  correre  anch'esso  le  fortune,  non  sempre  liete,  che  il  Papato 
medosimo,  per  Innghi  anni  esule  volontario  da  Roma,  andò  in- 
contrando. Benedetto  XI,  eletto  il  22  ottobre  1303,  e  coronato 
il  27,  per  liberarsi  dai  tumulti  di  Roma,  dove  i  Colonnesi  tor- 
navano a  prepotere,  trasportò,  sui  primi  del  maggio  1304,  la 
sua  stanza  nella  sicura  e  fedelissima  città  di  Perugia.  E  come 
egli  ben  inteudea,  che  dovrebbe  far  quivi,  non  già  a  breve  tempo 
ma  chi  sa  quanto  lunga  stagione,  soggiorno;  a  Perugia  tea 
altresì  traslocare  da  Roma  il  tesoro,  almeno  in  ^ran  parte,  con 
esso  la  Biblioteca  e  l'Archivio  che  vi  erano  incorporati.  Dì  questo 
traslocamento  a  Perugia,  ignorato  dal  Marini  nelle  sue  Memorie 
storiche  degli  ArchivH  delta  Santa  Sede  (Roma,  18*25),  « 
taciuto  anche  da  altri  Autori,  il  P.  Ehrle  produce  insigni  e 
ìrre&agabili  documenti  ;  e  al  tempo  stesso  ricorda  gì*  Inventarii 
che  in  Perugia  furono  fatti  del  Tesoro,  l'uno  nel  1304,  l'altr» 
nel  1311. 

ÀI  santo  Pontefice  Benedetto  XI,  rapito  alla  Chiesa  e  al  mondo, 


*  Anktp,  pagg.  U-M. 


i 


^e 


otto  mesi  di  regni}(6  luglio  1304),  succedette  Ciemetite  V 
Ounclaru  dì  Perugia  il  5  giugno  1303.  Egli  era  Arci- 
TeeeoTo  di  Bordeaux,  e  T  inaspettata  elffisione  trovollo  in  Francia, 
doVegti  inimaDtÌQdntd  risolse  di  stabilir  la  Sede  Pontificia: 
laonde  agi' inviti  e  alle  preghiere  dei  Cardinali  che  il  soUoct- 
tavano  di  venir  to3to  a  Rotua  per  U  coroT]a?,ione,  rispose  coman- 
dando loro  dì  rr>carsì  prontamente,  eoi  p^^ntirieali  e  cju  tutta  la 
corte  in  Lione,  dov'ogli  si  coronerebbe,  e  dove  infatti,  il  14  no- 
vembre, cinse  con  solennìsstma  pompa  la  tiara.  Per  tul  occasione 
adnnqu'',  una  buona  parte  dui  Tesoro,  che  serbavasi  a  Perugia, 
sopratult^)  arredi  preziosi,  gioie,  vasellami  e  cimelii  d'oro  e  di 
amento  (tra  i  quali,  nell' Inventario  di  Carpentras,  del  13U, 
90D  ricordati  XX/l  p  ti  de  aitro^  XVII  amili,  XXVI II  cupe 

auro,  eie.)  vennero  per  ordine  del  Papa,  da  Giovanni  Vescovo 

Ito  di  Spoleto,  a  quei  dì  Oaraenirio,  trasporUtt  in  Francia. 

Più  tardi,  stabilitosi  già  Clemente  eoa  piede  saldo  in  Avi- 
gnone, ed  appressandosi  II  tempo  del  Concilio  Mumouici>,  da  lui 
intimato  per  Pottobre  del  1310,  ma  apertosi  poi  di  fatto  sola- 
mente il  16  ott'tbre  1311;  egli  si  avvisò  di  non  dover  più  a 
lungo  lasciare  giacente  in  Penigia  il  Tesoro  papale.  Con  lettere 
pertanto,  date  da  Avignone  il  15  marm  1310,  egli:  1"  deputò 
tre  messi,  che  dovessero  recarsi  a  Perugia  per  pigliar  possesso 
ddl  Teeoro, e  trasp)rtarlo  ad  Avignone;  2  ««mandò  ni  due  custodi 
che  in  Perugia  lo  arcano  in  guardia  *  di  consegnarlo  ai  predetti 
messi;  3*^  scrìsso  ai  Vescovi  e  ai  Principi  laici,  per  le  cui  term 
doveasi  faro  il  geloso  trasporto,  di  prestare  ai  messi  pontificii 
ogni  sicurtà  e  favore. 

Nella  prima  lettera,  indirizzata  ai  Dilectis  film  Magtstris 
Gregorio  de  Phcentia,  ArchìpresbijUro  ecdesie  Montisiiic«^ 
capeilatw  nostro,  et  Vitali  de  Cabanaco,  clerioi  Paduano  et 

'  Un  ItocudWOlo  Vaticano  del  1307,  cibilo  dulPHnou  (.ircAi'r,  pie.  S38},  fa 
tDiloDe  ili  qaetti  Custodi,  jvenlt  ri«ìi1efi/.a  (iist  in  Poru^in  jnvisd  il  Tcsoi'o.  t 

qaieunm  btld  iti  banchici-j  ponlilìcii  lioreotini  della  Conipa|!7ii>  di^*  Orchi,  tie 
»oeÌ€taÉe  CiVcutorum  de  Florentia,  di  unn  ccru  nomma  da  essi  pagatii  pei  àeìtì 
Custodi  ;  ItCfn  tolviatit  prò  Vfstra  tertia  parte  duceMios  itToginla  fftx  /tor. 
aoH  ti  Vili  turontnsta  groBao»  de  argento  familiaribué  nMfria  Pentrsn  ad 

imi  CCBTOOUI  ReSlOE.VTI»t3  prò  eorum  expentit. 


430  IL  TESORO,   LA   BIBLIOTECA    E   L*  ARCHIVIO   DEI   PAH 

Burdigaiensis  diocesis,  oc  Guillelmo  de  Lua,  servienti  nastro^ 
il  Pontefice  scrive:  Dìscretioni  vestre  mandamus^  quaUntts  ad 
civitaiem  Ferusinam  aceedeìites  oos  vel  duo  mstrwn  a  dtl. 
/ìliis  magisfris  laf-obo  de  Casalibits,  decatto  S.  Severhii  Bar- 
digaknsis,  ei  Petra  de  Euguhio  canonico  Laudunemis  eccU- 
siarutn^  camere  nostre  clerico,  thbsiukui  kostkus  sive  in  aurea 
vel  argentea  pecuniis  atU  attri  ve/  argenti  massii  aut  va9Ì$ 
sive  annulis,  lapid>bit3  pretìosis,  oc  sericis  scarlctìs  atit  li- 
neis  et  tappefis  seti  guìbuscumque  alm  panni»  et  rebus  etm- 
sisiani  cntito/lie  ipnorum  commtsaum  petere  ei  recipere^  et  ad 
eameram  noBtram  una  cttm  allero  predìctorum  magìstrorum 
ìacobi  et  Petri  de/erre  jideliter  studealiit  '.  NelU  seconda,  »i 
due  custodi  di  Perugia,  lacoho  de  Casalihus  et  Petro  de  Bngti- 
bio,  dopo  l'ordine  di  consegnare  ai  messi  d'Avignone  il  Tesoro 
sopra  descritto,  soggiunge:  Volumm  insuper,  gaod  alter  pe- 
strum^  qui  cum  nuntiis  et  tltesauro  prediciis  non  tentffti, 
TBtNguMFTA  omniuTH  privìlegiorum^  instruìnentornm,  munimeM' 
torum  et  registrorum  in  llbris  de  pergrimeno  scriptorum^  qtte 
cttatoditis  ctvn  tliesauro  preilieio,  Jieri  faciat,  iUnque  «oèi* 
quam  citius  facta  exiiterint^  studeat  d^fstinare;  quodque  OBh 
oiKALiA  dictorum  privilegiorum,  instrumentorttm,  manimetti*' 
rum  et  regestrorum,  ac  res  ilias  modici  valori»^  quas  in 
ikesauro  consermtis  eodem,  qtieve  vobìs  et  dictis  nuntiis  non 
videhuniur  portandc^  in  dntno  fratrum  minorum  b.  Francisci 
de  Asisio  in  aliquo  loco  tuto  deponere  studeatis.  Ad  quorum 
cusfodiam  ille  ex  vobt)t  duohus,  qui  citm  thesauro  prediclo,  ut 
premiciitur,  tum  venerit.  remaneat,  quousque  a  nobis  super 
hoc  aliud  receperit  in  mandatisi. 

lì  Tesoro  adunque  di  Perugia  doveva  divìderai  ia  due  parti; 
l'una  por  Avignone,  l'altra  por  Assisi.  Ad  Avigoone  doreano 
tramandarsi  tutti  gli  ori,  argenti  e  drappi  e  arredi  pre^josi;  e 
insieme  con  essi  i  transunti,  Ossian  le  copie  autentiche  di  tatti 
1  documenti  in  pergamena  dell'archivio.  In  Assisi  doreaa  ripors 
gli  oggetti  rimanenti  di  minor  valore,  del  Tesoro  propriameote 

'  Arekiv,  pag.  ìL 
*  Ivi,  pag.  45. 


REL  SBCOLO  KIT. 


43! 


detto;  e  tutti  gli  ùrigìnali  doi  documenti  dell'archivio.  Intorno 
a  questi  documenti  però,  ^  da  notare  coli'  Ehrle,  che  almeno  i 
Eegestì  di  Bunifacio  VILI,  e  di  Benedetto  Xt,  doveano  già  essere 
stati  trasmessi  alla  Curia  pa[Kkle  in  Francia  fìn  dal  1305  o  poco 
appresso,  siccome  troppo  necessarìi  ad  aversi  colà  alU  mano  per 
ttt  gran  questione  con  Filippo  il  Bello,  che  Tolea  condannato 
Bonifiuio  '. 

Gli  ordini  di  Clemeoto  V  pel  trasporto  del  Tesoro  cominciarono 
ad  aror  esecuzione  nel  novembre  de!  medesimo  anno  1310.  In 
questo  mese,  i  tre  messi  pontificii  trovansi  giunti  in  Perugia; 
dorè,  da  parte  del  Papa,  richiesero  il  Comune  di  prestar  loro 
sicura  scorta  per  condurre  il  goloso  deposito  a  sé  affidato,  parte 
lino  a  Siena  (per  procedere  quindi  ad  Àrìgnone)  parte  fìno  ad 
Assisi.  Qui  rEhrle,  dagli  Annali  decemvirali  di  Perugia,  pre- 
zioso registro  degli  atti  aut<^ntici  del  Comune,  che  fa  parte  del 
così  detto  Archìvio  decemmrah,  trae  in  luce  il  raccouto  esalto 
dei  procedimenLl  usati  allora  dai  Perugini:  ed  è  una  bella  pagina 
di  storia  municipale  che  fa  toccar  con  mano,  come  a  quei  dì 
Perugia  saperne  conciliare  l'obbedienza  dovuta  al  Papa,  del  quale 
era  politicamente  suddita,  colla  libertà  o  autonomìa  cittadina  dì 
cai  ì  Comuni  di  quella  età  erano  cotanto  gelosi. 

II  dì  7  novembre  1310,  così  nanano  gli  Annali  decemviraliy 
radunatisi  a  snon  di  rampana  del  popolo  e  a  voce  di  banditore 
—  sono  campane  popttli  et  preconia  voce  —  nel  Palazzo  del 
Comune,  i  Priori  in  numero  di  nove  (il  decimo  trovandosi  as- 
9eDte)f  con  25  aavii  CnapientesJ ;  l'un  dei  Priori,  Paulitcius 
Andree,  per  commission  dei  colleghi,  espose  il  fatto  dell'arrivo 
dui  tre  messi  papali  e  della  loro  domanda,  con  cui  pdebatur 


•  QircsU  congelluni  dutrEiifiLE  è  ora  i\inphia  in  ctnaia  dal  DEHmE,  mcrré 
^Qi>  UneiirwaU.da  lui  hrpriii  ne)  I*  (luaderuo  (late  pitbblicata]  dH  Vi>lume  II  del- 
ì'Arehiv  (jag.  13-i.l).  in  oua  iloiin  Ap(M'mIIc*,  clip  ser\c  di  coinplpiiimlo  alla  irai- 
taiioiw  ilH  siin  colUg^.  I  iliiP  llnoiiriii-nli  «Orio:  1°  Uiki  dicliianizioiii;  uutfiilica  [ii>i 
Xnial  Oddo  efe  Serminelo  e  Andreas  de  Setia  iipra  Ip  miurrw  Scancella  Iure),  che 
fsai  sUfitaoo  airr  fallo,  per  ordine  di  Cli'iuPiilu  V,  in  :ilcuiu>  Ullitrt!  di  Bonifiicio  VIIL 
iVll'aoDO  '*;  V  Do  trailo  ddtNnTrnlarìo.  btlo  a  CnrpenlrAs  nei  13U,  ove  tea  re- 
l'Mlnii  :  Jttm  ftovtm  Itti/eslra  d'ii  Bonifacii  papt  Vili,  nnttm  Re^estrum  d'H 
ikntdicti  pape  XI,  et  decem  Utgr*tra  d-'i  CtetaentU  pape  quinii. 


433 


VAPI 


a  Communi  Perttsii  scorta  usque  Senas  prò  tesauro  ad  ìpsitm 
pontijicem  defereìido,  et  prò  truauro  depottendo  in  luce  b.  Fra»- 
cisci  de  Assisio  usgite  ad  Asaishim;  e  sopra  ciò  chiese  che  si 
dftliberasse.  Atcuai  dei  SaTÌi  sorbirò  a  dire  U  lor  sentenza:  e 
tosto  tutti  s'accordarono  in  quella  del  signor  Lamberto:  che  cioè, 
«  quantunque  tra  i  patti  stipulati  dal  Comuae  con  Benedetto  XI 
quand'egli  venne  a  stabilirsi  in  Porugia,  non  si  trovi  esse  Co' 
mune  obbligato  per  uulla  riguardo  al  Tosoro,  si  obbedisca  uondi* 
meno  libenimente  ai  voleri  del  Pontefice  e  alta  domanda  de' suoi 
nunzi,  purché  prima  il  Comune,  con  [attera  scritta  al  Pontefice 
e  ai  Oardìoali,  si  assicuri  tal  essere  Turamente  la  lor  volontà.» 
E  messo  ai  voti  il  partito,  pei*  levata  e  sedata,  fii  a  pieni  suffra^ 
approvalo  —  facto  et  misso  diligenti  partilo,  de  sedendo  ad 
levandìtm,  piaatit  omnibus,  nemìne  discordante  '. 

Due  mesi  appa^sso,  avuta,  come  pare,  da  Avignone  l'assicaraziene 
domandata,  il  Comune  procedette  a  nuovo  delibenusioni  per  dar 
esecuzione  alla  richiesta  del  Pontefice.  Il  giorno  5  gennaio  del  1 311 
radunossì  pertanto  il  minor  Consiglio,  composto  di  254  membri, 
cioè  dei  Cùìisultì  ìnercatorum,  aitditores  cambii,  caoierariM 
caliolariorum,  32  camerii  aliarum  artium  et  artijtcum^  e  202 
reetores  artium  et  arttjicum:  ed  esso  deliberò,  con  178  voci  con- 
tro 76,  elle  si  desser  pioni  poteri  al  Muestrato  della  cilU,  ossia  ai 
10  Priori  delle  arti,  di  statuirò  le  spese  da  farsi  per  la  scorta  del 
Tesoro  e  per  la  provvigione  din  messi  papali,  super  facto  impens$ 
fende  prò  scorta  tfie^auri  domiiti  pape,  et  provisioins  fendi 
mtnciis  domini  pape  deferentibus  ipsum  theraitrum  — .  In  pari 
tempo,  fu  intimata  pel  dì  seguente  una  generaits  adunaiUia 
artium  et  ariifcnm  cìvHaiis  et  Burgorum  Feru^ii,  ossìa  il 
Gran  Consiglio:  il  quiile  tenutosi  iuFatti,  il  G  gennaio  1311, 
coir  intervento  dì  51-7  de  artifcibus  artium  pr&iiciarum,  con- 
fermò a  piene  voci,  meno  due  contntrìe,  i  pieni  poteri  dati  il 
di  innaQ-/.ì  dal  uiinor  Consiglio  ai  Priori.  Conforme  poi  agli 
Statuti  di'l  Comune,  il  modu8imo  negozio,  due  mesi  appresso 
(5  e  6  marzo  1311),  fu  riproposto  al  minore  ed  al  gran  Consiglio; 

<  JLrAity  pio-  ^^ssi. 


net  SBCQLO  XIV.  433 

i  qaali  rutiOcaroDo  la  plenìpotem'.a  gii^  data  ai  Priori,  muoeiidola 
cosi  doU'ultìmu  siiggollu  legale'. 

Frattanto,  due  dei  mesìtt  poQlificii,  insieme  coi  due  custodì 
del  Tesoro,  avean  posto  mano  a  far  di  questo  ]'  luventarw,  il 
quale  occultili  dal  '2S  fubbraio  fiuo  fil  4  giuguo  dì  queiranno  1311. 
£  compiatolo,  il  mandarono  ad  AvigDoue  al  CardttuiJ  Camerario. 
Con  ciò,  nulla  ormai  pili  muuairu,  ad  osogiiire  il  trasporto  dol 
Tesoro  via  da  Perugia,  Becoado  gli  ordini  dati  1'  auuo  innansi 
da  Cloniente  T.  Ma,  quali  clie  si  fossero  le  cagioni  doIT  indugio, 
0  le  nuore  difficoltà  alt  rare  rsatesi,  il  fatto  ò  elio  coti^sto  tra- 
slocaiuento  non  potè  cominciarsi  che  nell'anno  seguente  1312, 
e  dopoché  il  Pontefice  a  capo  dì  quest'ardua  impresa  ebbe  de- 
putato un  nuovo  e  piti  autorevole  uiioistro. 

Questi  fu  il  Cardinal  Gentile  Partìno  da  MonteCiore  nella 
Marca^  fnito  francescano,  un  de' più  saggi  e  valorosi  porpurati, 
che  ornassero  in  quel  stKXito  ia  (Iurte  Fimtificia.  Egli  era  allora 
in  Ungheria,  dove  era  stato  mandato  sul  fine  del  1307^  per 
la  coronazione  di  Carlo  Roberto,  che  fu  il  primo  He  della  di- 
nastìa Angioina,  e  per  comporre  in  pace,  sotto  lo  scettro  do] 
nuovo  Monarca,  quella  nobìL  contrada  dalle  lunghe  agitazioni  che 
l'aveano  sotto  gli  ultimi  Arpudi  tempestata.  Il  gran  Cardinale 
aveva,  appunto  sul  comiuciare  del  1312,  gloriosamente  adem- 
piuta la  difficìl  missione  ^,  quando  da  Papa  Clemente  ricevette 
il  ormando  di  recarsi  direttamente  a  Perugia.  A  mexzo  il  marzo 
di  fatto,  egli  già  troravasi  in  Assisi,  dove  offerHe  alla  tomba 
'  4fll  suo  gran  Patriarca  san  Francesco  ì  ricchi  doni  mandati  dal 
Be  e  dalla  Regina  d' Ungheria,  e  dove,  presso  la  tomba  me- 


•  Ili.  ine-  ni. 

^  Ut  l)U(^tA  Ir^tfiione  ilei  CArdiasI  Gf  nlile  parla  aocho  il  ViiXAKr,  Ittorie  Fio- 
rtntine,  lìb.  IX,  ciip.  ^1,  di[|  ne  !ib.i;.'IÌii  il  li^mpo.  (KHiciidDla  ni"!  13ll:  ilei  che 
^wii  cofh'iu»  AiU'KlinLF-  [Archiv,  pag.  23<i,  noia  3l. 

'  KecMlMnmte  Taran  puliblicati  ^li  Aeta  kfiationùi  CanlìfMlis  Gttttiìit, 

iXff-lSil  (IIikLipttsliDi  CI  VicnnjiL',  WoQrl.  18S5.  in  fol.  iti  \>i^.  CVX-ólO),  die 

rwflWftO  il  Tomo   U   lidia  Serie  I   dei   Monumenta    Vaticana   ftialortam  regni 

Ttar  itlmtranlia;  ■^miHìotn  CollMÌoot'  inlni[iif>a  pvv  cura  e  a  fi^stt  M- 

,<    jipalo  l'n^nrico.  Sono  i.XWVjd  Atti,  con  Lll  l-'ormolf^  Oellu  ciiiicctlcria  delk 
l^aiione  e  od  Fminmeiito  ili^l  libro  d«' conti  fliber  raCioiuunJ. 
f<T<(  XJJI.  wl-  If.  fàtf,  Sdi  88  0  maggio  ISSiI 


434 


a  TESOnO,   tA   BIBt.IOTECi    B  t  (LBraiIVlO   Da   TAPI 


desima,  scelse  una  cappella  per  proprio  sepolcro.  Io  Assisi  ìnolir» 
egli  composo  un  litigio  territoriale  che  U  Comune  aTea  coli» 
vicina  e  sua  gran  riviile  Penigìa. 

Becatosi  quindi  in  Perugia,  ivi  fu  ac<:tìlto  a  grandissimo  onoro; 
e  siccome  i  Penigini  avoano  a  quei  di  presa»  la  Corte  ponlificta 
gravi  e  difiScili  negozii  da  spedire,  raccomandarono  al  Cardinale, 
siccome  a  speciale  lor  signore  e  protettore  —  specialis  domirtM 
d  proieetor  in  sitis  negotiia  communts  Penutìi  —  la  propria 
causa;  e  per  tal  riguardo,  i  Priori  coi  Savi  e  coi  Camerariì 
arfitim,  il  2fi  marzo  decretarono  che  venisse  presentata  in  dono 
al  Cardinale  una  coppa  d' argento  dorato  con  entrori  200  fìorìni 
d'oro  —  presentetur  et  dotietur  una  cupa  argenti  deauraia, 
valoris  et  extimationis  que  ipsis  Prhriòiis  vidt^hitur^  et  in 
ipsa  cupa  donentur  et  presenUnlur  dneenU  ftoreni  auri  K 

Fu  quindi  agevole  al  Cardinal  Gentile  il  condurre  coi  Pemglm 
prontamente  a  termine  l'affare,  per  cui  egli  era  venuto,  cioè  il 
trasporto  del  Tesoro  papale.  Lo  stesso  dì  26  marzo  1513,  \ 
Priori  e  i  Savi  del  Comune,  ricordando  la  domanda  già  ritta 
dal  Papa,  guod  commum  Penisii  dihent  facere  et  dare  securam 
eottdudam  partantibm  thesauntm  nmmne  ecclesie,  quod  actt- 
MMs  cotìsuevit  esse  in  civifate  PerusH,  ad  romanam  curiaai 
per  totum  vestrum  districlnm  et  etiam  iisque  ad  civitatm 
Senarum  ;  decretarono,  guod  boìia  et  sufftciw&  scoria  et  sof ietta 
militum  Jiat  et  f\eri  debeai  defe^eufibiis  dictum  thesaurus 
nsqiie  (td  civitatent  ifenarum,  si  mUifes  de  civitate  Perusii 
secttre  possint  accedere  ;  et  si  secure  non  possint  accedere  od 
civiiatem  Senarum  ratione  preseliaium  {repressai ium,  rapprfr 
saglio  —  cosa  frequeutissima  in  quella  tarbolenta  età)  que  di- 
cuiUur  esse  concesse  quibusdam  conira  cives  Perustttos  ptf 
eommune  Senarum^  vadant  et  scAtriam  secure  faciant  et  con- 
ductam,  quantum  secure  ire  et  facere  poierunt.  Il  di  seguente, 
27  marzo,  fu  allestito  il  danaro  per  Io  stipendio  della  scorta, 
causa  dandi  et  solvendì  milittbus,  qitì  debent  ire  in  /avo 
acortam  Ikesauri  domini  pape  usque  Sena$;  ed  i  signori 


Jnhtv,  pug.  531. 


HEL  SRCOLQ  XIT. 


435 


ex  audoritate  «i  pottsiah  eis  cancesìa  ab  aduìtand'a  generali 
cundarnm  ariium  ciritads  Perusii,  et  etiam  a  Consilio  «a- 
pieniunt,  scelsero  20  miliies^  osaian  cavalieri  in  arme  (di  cui 
8oa  recitati  i  nomi),  i  quali  dovessero  faro  scort^m  et  secnram 
conduc/am  ai  portatori  di'l  Toaini;  ed  assogoaron  loro  por  sti- 
pendio, 20  soldi  il  gioroo  ai  milites  che  aveano  ud  sol  cavallo, 
e  30  soldi  a  quel  che  ne  coadiicean  due  '.  Fin  qui  giungono  le 
notizie,  fornito  all'Ehrte  d&glì  Annali  d^cemcirali  di  Perugia. 
Pn>babilaicQte,  Iìd  dal  sej^ueate  aprile,  il  Oardii]alu,  eoo  tutta 
la  gran  Siilmoria  delle  ciisa*,  ben  chiuse  o  sugigellate,  del  Tesoro, 
someggiate  a  dorso  di  giumenti  ^  e  colla  squadra  dei  20  caralieri 
dì  scorta,  si  mosso  da  Perugia  e  pervenne  a  Siena:  donde,  pro- 
cedendo per  me?.»)  la  Toscana  alla  volta  di  Francia,  giunse 
fino  a  Lucca.  Egli  conducua  del  Tesoro  di  Perugia  soltanto  la 
p«rte  più  proziosa,  in  ori,  argenti,  gioie  e  arnesi  di  gn^n  valore, 
che  era,  secondo  gli  ordini  sopra  riferiti  dal  Papa  Clemente,  la 
pontiono  opima  destinata  ad  Avignone,  ed  ammontava,  a  stima 
dì  alcuni  contemporanei,  ad  oltre  un  milione  di  fìorìui.  Oli  altri 
oggotti  di  minor  predio,  insieme  colla  Biblioteca  e  l'Archivio, 
e  colla  m^gìor  parte  delle  sacro  roliquiu  ond'era  ricca  la  cap- 
pella papale,  rimasero  in  Perugia  ;  donde  tuttavia  (come  rilevasi 
dalle  note  marginali  apposto  all'Inventario  del  1311,  e  dagli 
ireutarii  del  1827  e  lB39)furoQ  poco  appresso  portati  nella 
Bina  Assisi  e  riposti  in  salvo  nella  BllsìUcu  di  San  Francesco; 
giusta  il  comando  del  medesimo  Pontefice. 

Lneea  era  città  guelfa:  e  guelfa  altresì,  cioè  devota  alta  Chiesa, 
Ora  per  la  maggior  parto  la  regione  della  Toscana,  per  cui  il 
Cardinal  Gl'HììIo  area  dovuto,  da  Perugia  in  su,  ti^ner  suo  viaggio, 
predominando  ivi  la  possanza  della  guelfissima  Firenze:  ondagli 
area  di  leggieri  potuto  per  queste  terre  amiche  condurre  a  sicurtà 


>  ArcA».  pass.  ^3i-33!>. 

1  In  fine  ilfirinh«>iiLarÌa  del  131 1,  i  notato  che  a  pmart  solo  una  ponlone  del 
[Tmoto  da  Roma  a  Porugid,  c(oé  le  carie  dell'Archivio  p  ^W  smisi  ili  cucina  e  ili 
IBn^S.  UDII  arai  bliUU  6lJ  (Otnirrì  —  quando   porlalttnlitr  dr.   una  terra  ntt 
\iam,  nan  n/ffiei^oM  èèXaginta  àoìmerii  prò  predìctù  porlandù  lArcAir, 
434;. 


4%      IL  TESORO,  LA  UtBLIOTECA  E  l' ARCHIVIO  DEI  PAn  !(EL  SECOLO  XIV. 

il  prezioso  deposito  affidatogli.  Ma  i  tompi  correano  torbidi; 
e  la  calata  in  Italia  di  Karìco  V[[,  avvenuta  appnnto  in  quel- 
l'aono  medosìmo  1312,  e  il  suo  vi^gio  a  Roma  per  la  corona- 
zione imperiale,  la  quale  ebbe  laogo  il  29  giugno,  aveano  messo 
in  iscompigtio  tiitbi  l'Italia,  e  riaccesa  più  che  mai  viva  Teleraa 
lotta  fra  Guelfi  e  Ghibeltini;  inaspriti  quelli  ben  tosto  dal 
contegoo  poco  amico  dell'Imperatore,  il  quale  da  prìneipio  erasi 
pur  professato  neutrale,  e  imbaldanxiti  questi  del  nuovo  vigore 
che  la  presenta  e  il  favore  di  lui  inipttrtivano  al  lor  partito. 
Giunto  adunque  a  Lucca^  il  Cardinale  dovette  ivi  fermarsi  e 
soprastare  alcun  tempo,  troppo  apparendo  mal  sicure  le  vìe,  e 
pericoloso  T  inoltrarsi  verso  Pisa,  nido  e  centro  del  ghibellinismo. 
£gli  depose  pertanto,  e  colò  il  Tesoro  nella  s^restia  di  S.  Fre- 
diano. Foco  appresso,  ima  grave  informità  che  Io  assalse  o  tosto 
TOlse  agli  estremi,  gli  troncò  a  mezao  non  pure  il  viaggio  ma 
la  vita.  Il  gran  Cardinale  mori  in  Lucca,  il  27  ottobre  di  quello 
stesso  anno  1312';  o  la  sua  salma,  trasferita  in  Assisi,  renne 
sepolta  nella  basilica  di  San  Franct^soo,  nella  cappella  cb*?  ivi, 
come  dicemmo,  egli  già  si  era  scelta  per  ultima  stanza. 

Qual  trista  sorte  toccasse  poscia  al  Tesoro  papale,  riposto  io 
Ijuccu,  e  pii'i  tardi  anche  all'altra  parte  del  Tesoro,  rimasta  io 
Assisi,  r  udiremo  fra  poco  dall' Khrle  nella  seconda  parte  dd 
racconto,  da  lui  fornitoci  ueWArchiv. 

■  Ardiiv,  pag.  S35. 


DELL'EBRAICA  PERSECUZIONE 

CONTHO  IL  CRISTIA\^ESIMO 


Abticolo  I. 

Comic  fin  dal  pfindjtio  non  già  i  cristiani  gli  ebrei^  ma  gli 
eterei  abbiano  sempn  parsegititati  i  cristiani. 

Del  Pro  luHaeis  dell' eìjreo  Treves,  camuffatosi  in  ftilso  cri- 
fltùuio  sotto  la  iiukschera  di  Corrado  Guidetti  Dottore  in  lei- 
terey  crediamo  avere  w\  dieci  articoli  finora  qui  pubblicati  di- 
mostrata nbbaataaxa  Tiusi^e  ranìtà.  E  t>enchè  molti  altri  punti 
del  suo  libretto  ci  potrebbero  ancona  fornire  abbondaritu  materia 
di  daellu  letteraria  nella  sala  delia  Ragiono  padoraua  dove  egli 
ei  diede  si*nK»  mantenerlo  (giacché  cbi  l'ha  più  udito  o  risto?) 
l'appuntamouto;  tuttavia  pur  non  proseguire  più  oltre  un  fu^gì- 
liTo,  non  curandoci  piìì  di  Ini  ma  passando  oltre,  Ten*emo  ora  a 
mantenere  la  pmmessa  fatta  ai  nostri  It^ttori  nell'articolo  X  pab- 
blicato  a  pagina  173  e  seguenti  del  Voi.  l'^di  questa  Serie.  La 
i^aale  è  di  dimostrare  che  mai  i  cristiani  non  }ìtrse(fuitarono 
gli  ebrei  siccome  gli  ebrei  ed  ebraizzanti  liberali  e  frammassoni 
eontinuumente  mentono,  ma  che  invece  gli  ebrei  perseguitarono 
sempre  i  cristiani  secondo  che  o'instigna  la  veridica  istoria.  Che 
se  qua  o  là  troreremo  il  TreTes-rniidutti  sulla  nostra  strada,  non 
mancheremo  dì  salutarlo  per  via  senza  entrar^^  pìi'i  oltre  con  cbi 
non  si  fa  vivo  in  Inngo  e  particolare  coUoiiuio.  Cominciamo  dunque 
ài  capo  [ina  nuova  tratta;:ioncolla  sopra  il  proposto  argomenti) 
non  del  lutto  inutile,  come  crediamo. 

Giacché,  anche  non  volendii  toner  conto  di  quei  tanti  ebrei  e 
■OD  ebrei,  i  quali  insatauassatì,  indiavolati,  spiritati  e  mossi 
insomma  da  odio  satanico  contro  il  nomo  cristiano,  sono  perciò 
sempre  pronti  non  solo  ad  inghiottire  ma  anche  a  cucinare  ogni 
^orno  calunnie  e  paradossi  purché  acconci  comunque  sìa  a  fare 


438 


DELL 


PBRSBCl'UOKS 


onta  e  dispetto  al  crislianesimo:  o  perciò,  cmne  ogni  altro  spro- 
posito e  lutìQKugna,  così  specialineute  amiuetUiuo  facìlmtìDle  anchd 
questo  della  p«r6ecu!!Ìurm  cristiana  contro  gli  ebrei;  anche,  di- 
ciamo, senza  voler  tenor  conto  di  costoro,  consta  ciò  nonostante 
abbastanza  che  assaìssimo  sono  oni  anche  ti'a  i  non  ineruditi  niì 
cattivi  cristiani  coloro  che,  troppo  facili  soventi  volte  a  lasciarsi 
mangiare  in  capo  la  pappa  fatta,  dai  loro  nemici,  prestano  loro  tu- 
lontieri  fede,  come  noi  resto,  cosi  anche  in  questo  falsissìmo  punto; 
cioè  che  non  già  gli  ebrei  persi^gnitarono  sempre  e  segiioDo 
anche  ora  a  perseguitare  accani tauK^ntu  sempre  e  dappertutto 
il  cristianesimo,  ma  che  invece  i  cristiani  perseguitarono  s«mpr« 
e  seguono  anche  ora  a  perseguitare  dorè  e  come  possono  gli  ebrei. 
Cotulehè,  grazie  non  meno  alla  perfìdia  ebraica  che  alla  dabbenag* 
gine  nostra,  passa  ormai  iìht  cosa  giudicata  ed  i  neon  trovarti  bili) 
che  r  ebreo  ò  un  popolo  martire  e  noi  cristiani  siamo  perciò 
ì  suoi  tiranuì  ed  i  suoi  carnefici.  Ride  perciò  gluataueate  di 
noi  tra  noi  V ubreo.  Siccome  per  esempio  il  Vessillo  isiatlUit» 
di  Casale.  Il  quale  a  pagina  47  del  suo  numero  di  febbraio  di 
quest'anno  1686  cbiaramente  trionfa  che  nelle  suo  Forche  del 
13  gennaio  18S5  lo  Sbarbaro,  *  non  posso,  scrivesse,  forinatfl 
«  senza  fremere  lo  sguardo  sulla  liuiga  e  scellerata  epopea  dell* 
«  srenture  e  del  martirio  secolare  della  gloriosa  stirpe  giudaica.  > 
Como  debbono  ridere  t  Ghetti  vedendo  uno  che  si  vanta  cristiana 
proclamare  martire  gloriosa  la  stirpe  giudaica  e  scellerata  U 
propria  stirpe  cristiana!  E  Dio  volesse  che  molti  altri  cristiani  pia 
savii,  a  ci  vuol  poco,  dello  Sbarbaro  non  dicessero  ootidìauameBW 
anche  peggio.  Ondechè  gli  ebrei  si  ringollnzmuo  prodigiosamenh» 
e  profondamonto  ci  dispre^szano.  Leggiamo  infatti,  pur  citare  ub 
solo  esempio,  a  pagina  137  dei  Deicides  dell'ebreo  Cohen  edito 
a  Parigi  nel  1861  che:  <  La  verità  irresistibile  strappata al- 

<  r  ultimu  momento  della  sua  vita  alla  coscienza  del  Kiforuir 

<  toro  Galileo  fu  ;  Padre  perdonate  loro  perchè  ettsi  non  sanno 
«  quello  che  fanno.  3\:  gli  ebrei  non  sapevano  né  poturauo  sa- 
«  pere  quello  che  facevano.  Or  come  dunque  poterono  essere  r*Ì 
«  dì  Deicidio?  Bei  di  un  delitto  che  servì  contro  loro  di  inttp» 

<  preksto  per  milleottocento  anni  di  persecuzione?  Ma  lungi 


CONThO   IL  CRtSTTANESmO 

'<  perdonare,  i  cristiani  conserrarono  (tempre  contro  gli  ebrei  un 

<  odio  senza  tregua  e  sen7,a  piota.  E  per  lunghi  secoli  di  tor- 
«  menti  milioni  di  innocenti  ebrei  espiarono  il  supposto  delitto 

<  dei  padri  loro.  Ecco  corno  ì  cristiani  praticarono  i^uoUa  bella 

<  parola  di  perdono  e  di  oblio.  Oh  nere  passioni!  Oh  dispotismo 

<  degli   interessi  !  Oh   crudele   violazione  delle  sante  leggi  dì 
e  caritÀl  >  Ci  sembra  che  anche  prescindendo,  se  fosso  possìbile, 
da  ogni  idea  religiosa,  tali  ebraici  insulti  a  tutti  i  non  ebrei 
del  mondo  tatti  accasati  di  iniquo  odio,  dì  crudeltà  e  di  nere 
fOssi&Hi  secolari  ed  anzi  millenarie  contro  gli  ebrei  che  si 
mtaDO  innocenti,  dovrebbero  far  arrossire  gli  stessi  liberi  pen- 
satori, frammassoni  e  liberali,  e  farli  seriamente  riflettere  se  sia 
a&efae  umanamente  parlando  savia  T  opera  che  essi  cotìdiaaa- 
mente  fanno  nelk  ciittodro,  noi  libri  e  ne' giornali.  Dove  sotto 
il  pretesto  di  scienza  e  dì  crìtica,  falsando  la  storia  e  sragio- 
Dando,  sacrificano  volontieri  lo  stosso  unore  proprio  e  di  tatto  il 
mondo  civile  non  ebreo  a  gloria  ed  ossequio  del  solo  ebr^o.  Il 
^Oftle  di  noi  per  cii>  giustAmente  tra  noi  se  la  rìde  come  dì 
gente  che  tanto  più  si  crede  critica,  scienziata  e  progressiva 
qoanto  più  fa  coro  ai  vìtiiperii  di  cui  egli  ci  copre  contìnuamente. 
È  infatti  notissimo  che  ebrei  ed  ebrei    specialmente  todeschi 
sono  in  sostanza  coloro  che  primi  ai  Renan  ed  agli  altri  suoi  e 
loro  pappagalli  dì  razra  latina  e  cristiana  insegnarono  ed  anzi 
dettarono  la  lezione  anticristiana  massonica  e  liberale.  La  quale 
ora  pomposamente  vestita  del  Mso  titolo  di  critica  e  di  scienza 
moderna  dalle  Universitifc,  dai  Licei,  dai  libri   e  dai  giornali, 
aggiungendo  al  danno  la  beffa,  et  versa  cotidianamente  sul  capo 
l'insulto  e  l'obbrobriu  ebraico  e  forastìero. 

GioTorà  dunque  Ìl  rettificare  alquanto,  nel  punto  per  ora  qui 
sopra  accennato,  ootiìste  torte  idee;  e  dimostrare  come  promet- 
temmo, eoi  fatti  alla  mano,  che  mai  gli  ebrei  non  furono  propria- 
mente parlando  perseguitati  né  molto  meno  odiati  dai  cristiani. 
[  quali  hanno  per  loro  legge  l'amore  del  prossimo,  la  carità 
Terso  tutti,  il  perdono  delle  offese  e  la  dilezione  dei  nemici; 
poniamo  pure  che  per  propria  giusta  difesa  contro  l'odio  ebraico 
e  le  ebraiche  perseciwidnì  abbiano  i  cristiani  dovuto  e  debbano 


440  dell'ebraica  pERseaniONR 

ancora  presentomeute  ia  molti  luoghi  servirsi  di  m^zzì  più  o  meno 
coercitivi  e  violenti  second»  i  vani  tempi  e  le  vario  circostan«e. 
Che  se  talvolta  i  cristiani  troppo  oppressi  daU*obraicii  perfidia 
oltrepassarono,  e  vanno  forse  anche  or»  oltropassimdo  qua  e  coli 
i  termini  ilella  giusta  difesa,  sempre  sopravvenne  la  Chiesa  a 
frenare  i  cristiani  e  proteggere  gli  ebrei;  siccome  insegna  la 
storia  antica  e  moduruissima  o  noi  a  suo  luogo  dimostr^reiflo. 
Appunto  al  rovescio  della  Sinagoga,  ha  qii&le  da  Cristo  a  noi 
ha  per  propria  legge  talmudica  L' odio  contro  tntto  ciò  che  non 
è  ebreo  e  specialmente  contro  i  cristiani;  nò  mai  cessò  di  aggiun- 
gere legna  a  questo  fuoco  e  sofBarvì  dentro  rabbiosamente^ 
sempre  attizzando  cogli  scrìtti  e  cogli  insegnamenti  dei  sooi 
Rabbini  l'odio  ebreo  contro  il  nome  cristiano  da  Cristo  a  noi, 
secondo  le  proprie  inique  leggi. 

£  per  cominciare,  come  è  giusto,  dal  princìpio,  ammirabile  € 
del  tutto  nuova  è  la  sfacciataggine  con  cui  gli  ebrei  e  gli 
ebraizzanti  moderni  ci  stampano  ora  pubblicamente  in  sul  tìbo 
ciò  che  prima  soltanto  nascostamente  osavano  dire  nei  loro  libri 
e  discorsi  segretissimi;  cioè,  in  primo  luogo,  che  Gesù  Cristo 
fu  da  loro  giustamente  e  secondo  la  loro  legge  condannato:  io 
secondo  luogo  che,  quanto  all'esecuzione  della  condanna,  essi 
ebrei  ne  sono  innocenti  non  avendovi  posta  la  roano;  in  ter» 
luogo,  che  se  anche  vi  avessero  posta  la  mano  gli  ebrei  del 
primo  secolo  dell'era  Volgare,  sempre  ne  sarebbero  innocenti 
gli  ebrei  dei  secoli  posteriori  e  specialmente  i  presenti  dot  se- 
colo XIK;  e  finalmente  in  quarto  luogo  che,  come  dicera  testé 
il  Cohen  nei  luogo  citato  del  suo  Dekides,  iniqui  perciò  furoM 
sempre  contro  gli  ebrei  da  Cristo  a  noi  tutti  i  cristiani,  cioè 
tutta  r  Europa  ed  anzi  il  mondo  civile,  che  per  questo  iniquo 
pretesto  fecero  loro  espiare  per  mille  ed  ottocento  anni  di 
persecuzione  il  supposlo  (notisi  bene  il  supposto)  delitio  dà 
padri  loro. 

Or  quanto  al  primo  punto;  cioè  che  Gesù  Cristo  f\x  dagli 
ebrei  giustamente  e  secondo  la  toro  legge  condannato  ;  sonn 
volere  ricopiare  qui  quanto  è  noto  a  tutti  fuorchù  agli  ebrei  • 
fu  vittoriosamente  anche  ai  nostri  tempi  sostenuto  contro  V  ebrea 


Jt SH. 


CONTRO  a  cmsTiAnEsmo  441 

Salvador  dal  pooo  cristiano  Dupin  lume  della  franc&st^  giuris- 
prodenza,  ci  ooDteiiter>r?mo  di  notare  l'insigne  contraddizione  in 
«ai  contro  sé  stesso  si  pone  l'ebreo  pretondeuto  dall' un  lato 
di  essere  innocente  verso  i  cristiani  e  dall'altro  confessante  dì 
aTer«  giustamente  e  secondo  la  propria  lejj^go  condannato  Gesù 
Cristo.  iSe  voi  ebrei  avete  condannatu  Gesù  Cristo,  sia  pure  che 
ginstamente  e  secondo  la  vostra  le^ge,  dunr^ue  voi  pei  primi  con- 
dannaste 0  perseguitaste,  sia  pure  che  giustamente  o  secondo 
U  vostra  legge,  il  Cristianesimo  nel  sno  stesso  Capo  e  Fonda- 
tore. Or  qnesta  e  non  altra  è  ora  la  questione:  se  ì  cristiani 
abbiano  perseguitato  gli  ebrei  o  non  piuttosto  fin  dal  principio 
gli  ebrei  abbiano  in  Cristo  stesso  persegnitati  fin  dal  principio 
t  cristiani  ed  il  cristianesimo.  Voi  ebrei  ci  dite  sempre  di  essere 
stati  perseguitati  da  nei  cristiani.  Noi  cristiani  diciamo  invece 
di  essere  stati  sempre  perseguitati  da  voi  ebrei.  E  per  dimo- 
strare la  nostra  aEFermazione  alleghiamo  in  primo  luogo  la  con- 
danna a  morto  e  la  crocidssìone  di  Gesù  Cristo  da  voi  ebrei 
ottenuta  ed  in  parte  anche  effettuata.  Come  negate  voi  questo? 
Lo  negate  affermandone  ]&  giustìzia  e  la  legalità.  Sta  dunque 
di  fatto  che,  secondo  la  vostra  confessione,  voi  foste  deicidi  e 
persecntorì  a  morte  fin  dal  principio  dì  Cristo  e  del  cristianosimo. 
Il  quale  fu  verso  voi  innocenti ssimo  fin  dal  principio  e  mai  non 
vi  perseguitò. 

Peggio  pel  secondo  punto  :  cioè  che  gli  ebrei  sono  innocenti 
per  non  avere  di  mano  propria  materialmente  crocoR^jo  Nostro 
Signore.  Giacché,  prima  di  tutto,  se  giustamente,  come  preten- 
dono, e  secondo  la  loro  legge  Io  condannarono,  perchè  si  scusano 
di  non  avere  anche  materialmente  e  colle  loro  mani  eseguita  la 
secondo  loro  giustissima  e  legale  condanna?  Dovrebbero  anzi 
gloriarsene,  e  piuttosto  scusarsi  di  non  averla  potuta,  per  la 
condizione  del  loro  servaggio  ai  Romani,  anche  materialmente 
e  colle  loro  mani  eseguire.  Che  se  forzatamente  non  poterono 
eseguirla,  come  avrebbero  certamente  desiderato  di  fare,  con  quale 
diritto  rongono  ora  a  presentarci  si  come  agnelli  innocenti  del 
Sani/uis  FJ'us  da  loro,  del  resto,  invocato  sul  capo  proprio  fr 
dei  figliuoli  loro  anche  presenti?  «  Uiustameute,  dicono,  lo  con- 


442  I»ELl' KBHAICA   PKA.^CCUUOXE 

dannammo.  Forzatamcote,  dicono,  dod  potommo  colle  proprie  mani 
eseguirò  Ja  condaDDa.  Xoa  facommo  che  quello  che  potemmo.  » 
SiiL  poro.  Ma  forse  elio  per  questo  noo  sono  reif  loro  e  i  loro 
figliuoli, del  sangae  di  Cristo?  Odauo  sant'Agostino, ai  cui  tempi 
già  gU  ebrei  mentivano  ciò  che  ora  seguono  a  mentire.  <  Kob 
e  vengano  a  dirci  gli  ebrei  (Salmo  63)  noi  non  abbiamo  ucds» 

<  Gesù  Cristo.  Giacchia  essi   Io  conaegnaroDo  a  Pilato  porche 

<  egli  l'uccidesse  od  essi  ebrei  paressoro  innocenti.  Pilato  fii,  i 
*  paragone  loro,  innocente.  Fece  quello  che  potè  per  salvarlo. 

<  Voi  ebrei  l'uccideste  colla  spada  della  lìngua.  Ecco  l'astiusia 
«  adoperata  dagli  ebrei.  Dissero:  Uccùiiamolo;  tna  in  ffuisa  da 
«  non  parere  di  averlo  ucciso  noi.  Corruppero  a  danari  un  sw 

<  discepolo:  cercarono  testimoaii  falsi:  agirono  frodolentt^niente. 
«  Dissero:  Non  sia  Cristo  tradito  da  noi,  ma  dn  un  suo  d#- 
«  acefjolu.  Non  sia  condannato  da  noi  ma  dal  ijiudice.  Facciamo  • 
«  tutto  noi;nia  in  motto  che  setnbrianio  non  avere  fatto  nienU."»' 
Pare  di  vedere  Tobraismo  presente.  Siccome  appare,  per  esempio^ 
nella  Massoneria  moderna  tutta  roba  giudaica,  menata  pel  nas) 
dagli  ebrei  che  le  dettarono  le  leggende,  le  parole  sacre,  il  ca- 
lendario, la  cifra,  i  riti,  gli  abiti  e  tutto  l'organamento  delle 
Sinagoghe.  Ed  ebreo  è  ora  il  Gran  Maestro  della  Ma8SoaerÌB{ 
italiana.  Ma  dee  essere,  come  dice  il  proverbio,  un  diavolo  molW 
giovane.  Giacché,  per  prima  cosa,  appena  eletto,  tassò  di  cento  Un 
ogni  massoncino.  Dond'j  uno  sbandamento  generale  a  Roma  ed 
una  domestica  rivtiluxiotio  a  Firenze,  Milano  e  Torino.  Dove  kj 
varie  Uìgge  vanno   V  una   dopo  l' altra    ribellandosi   contro  il] 
Graud'Oriente  ebraico   di  Roma  o  tentando   di   costituirsi  m! 
Potenze  (corno  questi  impotenti  dicono)  indipendenti.  Uà  forMJ 
questo  diavolo  ò  au/.i  piìl  vecchio  di  quello  che  pare  e  compii 
dì  un  altro  più  vecchio  di  Lui.  Il  quale  vedendo  sempre 
abbrutirsi,  ingoffirsi  e,  se  cosi  è  lecito  dire,  incanagliarsi, 
demoera  ti  osarsi,  repubblioinizzarsi  ed  autìdinastiKKarsì  e,  ciò 
è  poggio,  antidiìpretÌKzarsi  la  presente  Massoncineria,  ae  ne 
come  sembra  disfare  in  bel  modo  e  senza  che  paia  suo  f»X 
all'uso  ebraico. 

Ma  torniamo  a  noi;  cioè  veniamo  al  terzo  panto  dove 


oorrrno  il  cnistiANESlilo 


443 


«lATd  moderni  dì&nio  cbo  su  anoho  i  loro  padri  avessero  posta 
nera  eah»  la  liagim  ma  anche  la  mano  nella  Orocefission»  di  Gesil 
Cristo,  sarebbe  cionon<}Stante  ingiusta  da  parte  nostra  l' accusa 
che  loro  diamo  di  popolo  Deicida  :  non  dovendo  i  posteri  rispon- 
dere delle  eolpe  degli  aotonati.  Ha  ne  debbono  rispondere  non 
fosse  altro  perchè  se  ne  vantano  solidali.  Dicovano  infatti  testò 
oel  primo  plinto  che  eriuRtamonte  e  secondo  la  propria  h'gge  fu 
condannato  dai  loro  antenati  Gesù  Cristo.  Dunque  anche  ora, 
secondo  la  propria  leggo  giustamente,  secondo  loro,  lo  condan- 
nerebbero. Giustamente  dunque  e  secondo  la  loro  legge  noi  U 
chiamiamo  il  popolo  Deicida,  secondo  la  loro  stessa  aperta  con- 
fessione. Curiosi  del  resto  sono  in  questo  gli  ebrei,  come  lo  sono 
uiche  in  generale  varie  altre  razze  e  famiglie.  Le  quali  volon- 
tieri  ei-wlitano  le  glorie  ma  non  gli  obbrobri!  dei  loro  vecchi. 
Accado  incot^'RteereditAiniirali  qnelloche  accado  nelle  uiateriali. 
I  crediti  si  accettano  volontìeri,  ma  i  debiti  no.  Soltanto  dello 
grandi  geste  dei  loro  antenati  sempre  sì  vantano  gli  ebrei.  Popolo 
«letto,  sì.  Popolo  reietto,  no.  Discendenti  dai  Patriarchi  e  dai  Pro- 
feti, figliuoli  di  Abramo  e  di  Mosè,  sì.  Ma  discendenti  da  Ginda 
e  da  Caifasso  o  figliuoli  dei  Deicidi,  no.  Soltanto  però  degli  ebrei 
si  legge  che  urlassero:  •Sanffuì^  Eius  NHper  nos  et  super  Jitùts 
9ostro8.  Nò  possono  percià  lagnarsi  i  figlinoli  dell' avveramentu 
della  profetica  imprecazione  iwterna. 

Bisogna  del  resto  sapere  che  soltanto  in  pubblico  e  per  iscu- 
nrsi  presso  di  noi  sogliono  ora  gli  ebrei  attenuare  la  parte  da 
toro  pur  troppo  pressoché  osclustvamento  presa  nella  Croceiissione 
di  Nostro  Signore  Oesil  Cristo.  La  quale  verità  sfugge  loro  tal- 
volta, come  tra  poa»  vedremo,  di  bocca.  Prima  d'ora  poi,  secondo 
la  loro  non  meno  insigne  malizia  che  ignoranza  apertamente 
BMiftìStantesi  nei  loro  libri  talmudici,  perfino  si  vantavano  di 
trarlo  variamente  ucciso  colle  loro  stesse  mani  materialmente. 
L^ggesi  in  fatti  nel  Nitzachon  che  vuol  dire  Vittoria  del  Lipman 
(Vedi  (ì.  B.  De  Rossi  Dizionario  degli  aniori  ròr*!i  all' articolo 
Lipman  pagina  11-12  del  Volume  secondo)  pubblicatosi  la 
l^ma  volta  nel  1644  in  Altovf  a  pagina  239  dell'edizione  datano 
^■1  Wagenseilio  nel  1681  che:  <  Cristo  fu  condannato  a  morte 

1 


u 


DBIL  EBRAICA  peRSECtrzto*re 


<  come  si  dorerà  e  comù  ci  comandò  Dio  stesso  »  :  Ed  a  pagina  S6: 

>  Sia  preparato  r«brdo  ad  impiccare  Gesù.  >  Ed  a  pagina  69:] 

>  Dicono  i  Cristiani  che  gli  ebrei  furono  dispersi  perchè  croco- 
*  fìssero  Cristo.  »  E  non  nega  che  l'abbiano  essi  crocefisso.  N< 
«olbmto  che  pi^r  questo  dovessero  essere  dispersi.  Chìarameotej 
poi  asserisce  la  parte  materiali.'  presa  dagli  ebrei  nella  niurtu  dij 
Xostro  Signore  l'autore  del  Toldos  o  Toteiloih  lesai  ossia  Gè- 
tiertmone  di  Gesìi.  lì  quale  è  un  ìnfumissimo  libro  rabbinico  edj 
antico,  perchè  già  citato  dal  Martini  nel  suo  Pugio  Jidei^  e  fitj 
d:tl  14  Io  condannato  a  Valen7.a  dall'antipapa  Pietro  di  Lau] 
sedicentesi  Benedetto  XUI.  Dove,  a  pagina  17  dell' edizione  del 
Yagenseìlio  <  i  vecchi  di  Gerusalemme,  dice,  legarono  Cristo  alta] 
e  colonna  e  lo  flagellarono:  gli  posero  in  capo  la  corona  di  spine. 
«  Poi  lo  pongono  dinanzi  al  gran  Sinedrio.  li  quale  lo  condanni') 

<  ad  essere  lapidato  e  poi  sospeso.  Perciò  lo  lapidarono  fino  alla 

<  morte:  e  poi  lo  rollerò  sospendere  ecc.  »  Ponendo  cosi  sul  capoj 
degli  ebrei  anche  La  morte  materiale  di  Nostro  Signor». 

Incontriamo  qui  per  ria,  a  proposito  di  questo  infame  librettini 
rabbinico,  Corrado  Guidelti-Treves  Dottore  in  Lettere;  il  qualf 
c'informa  a  pagina  23S  del  suo  Pro  ludaeh  che  qut^sto  libretti^ 
è  nn' ìmpDstum.  Sap^vamcelo.  E  non  soltanto  questo  ma  andiel 
moltissimi  altri  libri  rabbinici  e  talmudici  antichi  e  modei)4J 
nun  esclusi  certi  Pro  ludaeis.  sono,  come  ò  noto,  pieni  d'imjtf*] 
sttrra.  Impostura,  intendiamoci,^  non  già  nel  senso  che  tut 
sìngoli  quegli  scrittori  e  specialmente  l'autore  del  Pro  /t 
scicntemento  e  volontariamente  abbiano  difeso  e  narrato  il  fal»:{ 
ma  in  qnanto,  sostenendo  una  mala  dottrina  non  possono  aT«rc 
adoperati  buoni  argomenti.  Tra  i  nuali  pessimo  per  fermo  è  qoeiI»| 
del  Guidetti -Troves  onde  pri^tende  dimostrare  mali  argomentatori 
Dvi  che  dalle  ebraiche  imposture  argomentiamo  contro  gli  ebr^. 
«  Tutti  ì  sarii  e  dotti  rabbini  (dice  a  pagina  233)  sono  per- 
suasi della  impostura  di  questo  libretto  intitolato  Toldos  Fesca  * 
Sia  pure.  Ma  che  ptjr  questo?  Forse  che  non  fu  questo  libreltn 
in  giro  pei  ghetti  (e  forse  ri  è  ancora  presentemente)  per 
secoli?Stadi  fatto  che  Un  dal  8ec<3lo  XIV  esso  correrà  nei  gì 
Kè  per  fermo  esao  fu  scritto  appunto  uUora  soltanto  quando 


,^^1^ 


CONTRO  IL  cnijTiANrLsiiin  445 

noUé  mani  dei  cristiani;  ]ua  molto  priiua.  Molti  esemplari  ne 
vaanero  alle  mani  dei  cristiani  anche  pìil  secoli  dopo,  quando  gli 
ebrei  avevano  dovuto  cortuuienU;  nasconderlo  e  trafugarlo  dopo 
la  prima  scoperta  fattasene  ai  tempi  dell'antipapa  Benedetta)  XLI[. 
Si  dee  dunque  credere  che  fasso  prima  niolt^  comune  nei  ghetti,  e 
che  da  esso  gli  ebrei  del  medio  ero  imparassero  la  vita  di  Gesù 
Cristo  e  s' imbevessero  d' odio  non  mono  che  d' impostura  coutro 
Cristo  ed  i  Cristiani.  Siccome  poi  quelle  imposture  sono  anche 
oltremodo  go(fe  e  dimostranti  chiaramente  fin  dove  può  arrivare 
insieme  coir ìgnorauza  anche  l'odio  ebraico  contro  il  Cristiane- 
simo, è  ben  naturale  die  tutti  gli  ebrei  più  recenti  ed  un  po' colti 
Teigogo&ndoseno  Tabbiano  ripudiato,  siccome  narra  il  De  llossì 
od  suo  Dizionario  degli  autori  ebrei  che  il  Treves-Ou  ilio  iti  ci 
manda  a  leggere,  ed  anche  in  varie  altre  sue  opere  di  ebraica 
bibliografia  da  lui  non  citate.  Tra  le  quali  vorremmo  che  il 
Quid  etti -Tre  ves  leggesse  la  Bibliotheca  iudaica  antichristiana 
(Parma  1800)  a  pagina  H8  dove  il  De  Rossi  dice  In  teruiinis: 
«  Cbe  questo  libro  sia  antico  e  scritto  da  molti  socoli  apparisce 

<  da  questo  che  il  Martini  lo  cita.  >  Ed  a  pagina  117:  <  Dice 

<  bone  il  Yoino  che  questo  ò  uno  scrìtto  esecrabile  dì  un  infame 

<  ed  ignoto  ubrei»  fjKrditissimi  iudaeì  nescio  cuiusj.  »  Siccome 
poi  nou  si  schericaTa  cogli  ebrei  nel  secolo  XIV  specialmente  in 
IspHgna  ai  tempi  di  Pier  di  Luna,  niuna  maraviglia  vi  ò  che 
si  siano  subito  distrutte  multe  copie  di  quest'  infame  libro  e  siasi 
dichiarato  apocrife  e  di  nessun' autorità.  £  ciò  basti  in  risposta 
al  Gu ideiti- Trevos  chu  nel  suo  Pro  ludae'S  fa  molte  tragedie 
perchè  noi  altrove  citammo  questo  libretto  come  argomento  del- 
l'odio e  à^W imp'fstura  ebraica  contro  Cristo  ed  i  Cristiani,  man* 
dandoci  senza  impostura  a  leggere  il  Dizionario  del  Do  Rossi. 
D  quale  non  meno  pio  che  dotti)  scrittore  in  varìi  suoi  libri  dì 
bibliografìa  ebraica  scrive  appunto  di  quel  libretto  ciò  cbe  ne 
scrivemmo  e  ne  scriviamo  ora  noi. 

Del  resto  non  soltanto  gli  autori  rabbìnici  più  o  meno  antichi 
ftj  occulti  ma  i  moderni  ancora  e  pubblici,  e  ciò  che  ò  più 
«arioso,  quegli  stessi  che  pretendono  scusare  gii  ebrei  del  Deì- 
ddìo,  essi  stessi,  siccome  testé  dicevamo,  si  lasciano  non  dì  rado 


j 


446  &ELL*£BRA[CA    FERSBCl'ZIOKB   CONTRO   It   CAIsnA^EStHO 

uscire  dalla  chiostra  dei  denti  la  verità.  E  così  lo  stesso  già  qm 
aopra  citato  L  Cohen  nella  stessa  soa  opera  Les  Deiddes  intasa 
a  scolpare  gli  ebrei  della  morte  di  Gesù  Cristo  a  pagÌTial24  dioe 
ohe:  «  gU  ebrei  pensarono  dovere  subito  spegnere  vet  suo  germe 
€  la  dottrina  di  fJesù  Cristo...  Giudicarono  dunque  di  doverli 
«  fluire  i^d'en  finir)  eoo  un  tale  riformatore.  »  Ed  a  pagina  296: 

<  SODO  pa.ssAti  diciotto  secitli  dacché,  per  le  istame  dei  guardiani 

<  liella  fede  israelitica,  \  Eomani  condannarono  (jtìsA.  »  Anche 
il  D.  F.  Strausa  nella  sua  Vita  di  Gesìt  (Paris)  a  pag.  328  dd 
Volume  2":  «Gesti,  dice,  fti  dichiarato  colpevole  e  degno  di 

*  mort»j  dall' aiitorit^'i  giudaica.  »  Ed  a  ^n^.  374  del  Volume  T. 

<  Si  può  tenere  come  storicamente  cerio  t'arresto  dì  Gesù  op&> 
«  rato  dai  birri  dot  Sinedrio  giudeo  ».  Kd  a  pagina  376:  <  QU 
«  ebrei  dichiararono  Gesù  degno  di  morte,  e  si  servirono  eoo 

*  Pilato  dell'accusa  politica:  cosa  che  riuscì  loro  Jinalmentt 

*  benché  non  senza  Mica.  »  E  notisi  che  questi  Babbini  pm- 
tendono  appunto  di  scusare  in  cotesti  loro  libri  dinanzi  ai  cri- 
stiani gli  ebrei  del  loro  delitto  di  Doicidìo. 

Dalle  quali  cose  tutte  già  abbastanza  apparisce  quanto  sia  falsn 
jl  quarto  punto  asserito  dal  Cohen  nel  testo  sopra  citato,  «oé 
che  «  i  cristiani  furono  sempre  inìqui  per  mille  ed  ottocento  anni 
«  contro  gli  ebrei  per  aver  fatto  toro  espiare  il  sottosto  delitti 
dei  loro  padri.  »  Quanto  suppoxio  sia  stato  questo  loro  delitt» 
di  Deicìdio  si  è  potuto  finora  vedere  chiaramente  anche  per  lo» 
propria  vecchia  e  moderna  confessione.  \è  accade  ci  dtlnnghì&nio 
in  cosa  por  sé  del  resto  già  nota  ed  evidente  agli  steasi  ebrei 
che  la  negano.  R«8ta  dunque  inteso  che,  come  dicevamo  nel  titoh) 
di  quest'articolo,  non  già  i  cristiani  gli  ebrei,  ma  gli  ebrei  pe^ 
seguitirono  i  cristiani  fìa  dal  principio,  nello  stesso  fondatiìre  d«I 
Cristianesimo.  Quanto  poi  abbiano  gli  ebrei  continuato  ancbe 
dopo  la  morte  di  Gesù  Cristo  a  perseguitare  sempre  i  cristiani 
senza  esserne  da  loro  mai  stati  perseguitati,  lo  vedremo  a  Dli 
pìactìodo  negli  articoli  seguenti. 


I  DERELITTI 


XIX. 

IL   TRirORO    e   Li.   hKCU    DEL    FUKLO 

Chi  non  ha  valicato  mai  i  gioghi  dell'Appennino  tra  Fossora- 
bnoe  e  Cagli,  ei  non  Iia  visto  il  piìl  bell'orrido  che  la  selvaggia 
natura  appresenti  all'occhio  de^  viaggiatore.  È  una  serra  dì  al- 
pestri montagne  spaccate  a  mozzo  con  un  taglio  reciso  e  a  Ilio 
DOD  dalla  mano  deirunmo,  ma  dalle  forse  stosse  della  natum. 
Dì  verso  Oriento  chiudo  la  paurosa  lacca  una  roccia  iiic:ivata 
a  punta  di  pioyfno  e  di  scalpello  da  un  esercito  romano;  il 
ijuale  volendo  sorprendere  alle  spalle  il  nemico,  e  veggendosì 
da  quella  rupe  abbarrato  il  passi),  sriuarciutla;  e  per  l'aperto 
varoo  ebbe  libero  il  passaggio  nell'opposto  pendio.  Allo  sbocco 
dì  cottìsta  galleria  ti  si  para  dinanzi  una  di  quelle  scone  gran- 
diose di  natnra,che  mentre  ti  siibliiuan  ramimi  col  mamviglioso, 
rinfoud'.'ae  altresì  un  arcano  terrore,  la  cui  cagione  volendo  noi 
definire,  T  appelliamo,  V orrido-bello.  Ti  si  Dovano  e  torreggiano 
sopraocapo  due  gioghi  altissimi^  tra  lor  divisi  da  una  sottile 
Usterella  azzurra,  che  è  quel  taut)  e  non  pili  di  cielo  che  ti 
baciano  vedere.  Indi  i  monti  dechinano  e  la  zona  di  cielo  al- 
largasi, ma  non  sì  che  ti  scemi  noli' animo  l'orrore  di  quel 
barrono,  che  ti  rende  imagìne  delle  bolge  infernali  di  Dante. 
Per  an  buon  mìglio  tu  cammini  lunghesso  il  Metaiiro,  ohe 
impetaoso  gittaai  per  quelle  gole^  e  bolle,  spumeggia  e  scroscia 
rotto  dal  massi  dirupati  nial  fiume  e  da  punte  di  scoglio,  ond'è 
irto  il  suo  Ietto.  Dall'un  lato  e  dall'altro  s' innalzano  due  mu- 
nglìotti  di  rocce  ferrigne,  scure,  tagliate  a  picco-,  e  intramez- 
zate di  guglie  e  bricche  a  guisa  di  bastile  e  di  torri.  Ad 


US  I  DBnELim 

ogDÌ  piò  sospinto  ti  Tbdì  peudere  imoacciosi  ia  capo  balzi  ae* 
eaTallatì  e  sporgenti  ronchìoni,  che  dal  lento  lavorio  delle  acqae 
divelti,  spiccaDsi  dal  vivo  della  roccia,  a  cui  si  attengono  appena 
per  QD  filo  di  dosso  sottile  e  tagliente;  e  tutV  iotorno  pietrooi 
0  macigni  travolti  e  riversi  sulla  strada,  con  qua  e  colà  crocette 
di  logno,  triste  memoria  di  que' tanti,  che  vi  rimasero  sotto 
schiacciati  e  sepolti.  La  vista  di  quelle  croci,  il  pensiero  di 
tanti  iafortunii,  l'aspetto  di  quoMinipi  e  l'orrore  di  quelle  tenebre 
diradate  appena,  anche  di  pian  meriggio,  da  una  lace  fioca  e 
incerta,  tutto  ti  riempio  l'animo  d'inestimabile  terrore,  tftnt» 
che  ti  tarda  ogni  ora  mill'aani  di  uscire  da  quella  viva  ìinagine 
dell'abisso. 

Erama  e  Pierino  non  erano  mai  .passati  per  oolà,  né  avevano 
mai  veduto  in  vita  loro  cotanto  orror  di  natura.  Quando  vi  gioo- 
sero  poc'iuixi  al  tramonto  e  il  videro,  ne  smarrirono,  e  guat*- 
ronsi  l'un  l'altro  collo  spavento  dipinto  in  viso. 

—Pierino  mio,  disse  Emma  inorridita,  non  mi  basta  T  animo 
di  mettermi  per  colii  entro  ad  ora  sì  tsirda. 

—  E  dove  peruutteremo?  Il  luogo  è  tutto  intorno  deserto. 

—  E  quel  eh'  è  peggio,  lo  scarso  giorno  che  ci  avanza,  non 
ci  permette  di  tornare  sui  nostri  passi  a  cercare  in  luoghi  abitati 
un  asilo.  Alla  stagione  che  corre  ben  si  pud  dormire  a  ciel  sereno. 

—  'Non  tomi  tu  i  lupi,  che  gironzano  per  le  montagne? 

—  Ce  ne  camperà  il  nostro  buon  Angelo,  e  anche  il  nostri) 
Fido,  che  veglierà  a  nostra  difesa.  Abbandoniamoci  nelle  masi 
della  Provvidenza;  e  profittiamo  di  questa  mezz'ora  di  gioroe 
per  gire  qua  attorno  alla  scoperta  di  nna  grottioella  ove  ripararci. 

Non  ebbero  molto  n  cercarne;  che  ben  tosto  v»:nno  lor  veduto 
sotto  un  gran  ronchio  di  rupe  una  bi>n  riparata  carernetta.  U 
c*no  che  li  precedeva,  v'entrò  pel  primo,  fe'il  giro  della  grotti- 
cella,  fiutò  da  pertiitto,  e  die  in  certi  mugoUi  e  latrati  che  pa* 
reano  dire  —  il  luogo  non  è  sicuro.  Ma  Emma  e  Pierino  sena 
badare  a  quo' segni  di  sospntto  e  di  timore,  che  dava  loro  ria- 
telligeute  animale,  contfloti  del  luogo,  si  diedero  a  svellere  del- 
l'erba e  a  raccattare  le  foglie  degli  arbusti  per  farsene  letto 
e  guanciale.  Fido  però  più  irrequieto  che  mai  aliava  dentn»  8 


i^^HB 


fuora  (lolla  taivenia,  o  torimra  ad  anuasare;  ed  or  latrava,  or 
nettóTa  ululati.  E  red«udu  clw  anche  con  questo  uoq  arrivava  a 
f&rsì  intendere,  affurra  cui  denti  un  lembo  della  vustu  di  Emma, 
la  quale  fcniita  la  sua  bisognu,  erasi  giù  coricata  nel  suo  giaciglio, 
e  tira  e  tira,  come  se  volesse  trascìuarla  a  vìva  forza  fuori  doUa 
eareniu  —  Fido  che  fai?  lasciami,  gridava  Emma  e  piccUiava: 
DU  Fido  per  quanto  busse  si  avessL-,  non  si  rimanoa  dal  tiraro. 
Allora  Eoima  entrò  ìn  qualche  sospi^tto  per  quustn  nuove  biz- 
arrìu  del  cane,  e  dissu  al  fratello: 

—  0  Fido  si  è  ammattito,  ovvero  hii  qui  scoperto  al  fiuto  la 
tana  di  nn  lupo  o  piuttosto  di  qualchd  fìera  a  due  gambe,  che 
qua  venga  ad  accovacciarsi  por  assassinare  i  passeggeri. 

—  Dici  bene,  e  sarà  meglio  assicurarsene,  rispose  Pierino. 

—  Usciamo  di  qua,  t;  vyggiamo  che  farà  il  cane. 
Levaronsì  tosto,  e  appena  mosso  pie  fuor  dyjla  spelonca,  Fido 

diessi  a  spiccare  salti  di  gioia,  a  ganoin;,  u  siìodiu^toiare;  od 
«Dtrato  loro  iunaiui,  pareva  ìnvttasseli  a  seguirlo. 

—  Vedi  tu,  0  Pierino,  disse  Emma,  eh'  io  non  mi  sono  male 
imposta.  Il  povero  animale  \k  nella  spelonca  ci  avvertiva  a  modo 
800  di  qualche  rischio. 

—  E  noi  r abbiamo  battuto!  Xe  sono  proprio  dolente-,  ma 
tifargli  da  qui  innanzi  un  mondo  di  carezze. 

—  Quaoto  ò  buono  Iddio,  che  ha  mosso  io  cuore  a  questo 
animale  tanto  affetto  por  rnoiiio,  acciocché  fosse  il  suo  servo 
fedele,  il  suo  compagno,  la  sua  difesa  e  air  uopo  ancora  la  sua 
gnida!  Oh  come  è  muto  rimprovero  airinscasibilìtà,  all'egoismo 
e  all'infedeltà  di  tanti,  che  di  uomini  hanno  appena  sembìan^ia 
0  nome!  Così  ragionando,  eransi  di  colà  dilungati  nn  buon  quarto 
di  miglio;  e  il  di  intanto  spariva,  e  la  luua  pioveva  i  suoi  ar- 
genti sull'onda  azzurra  del  Metauio,  spezzandoli  tra  gli  anfratti 
di  quello  rocco  rugginonti  e  scure  ohe  ne  incarceravano  il  corso. 
Al  suo  chiarore  venne  tur  veduta  uua  grotticulU  in  quel  mo- 
mento  illuminata  da  un  bianco  mggìo  che  filava  per  la  fenditura 
di  un  masso.  Il  cane  già  oravi  penetrato,  come  esploratore  del 
luogo,  e  fiutato  tutto  intorno,  non  dava  punto  segno  d' inquie- 
tudine 0  di  timore.  Emma  e  Pierino  rassicuratisi  alquanto,  vi 

aeri»  XIU.  voi.  11.  ftu<:.  802  29  7  maggio  l«e6 


450  I   DERELim 

si  ridassero;  e  recitate  le  loro  preghiere  e  il  rosario  in  salFra^o 
delle  anime  sante,  gittaronsi  sulla  nuda  roccia  a  dormire;  mentre 
Fido  acciambellatosi  alla  bocca  della  spelonca,  custodivano  Vm- 
trata,  che  tale  è  l'istinto  di  questa  fi^delissima  guardia  dell'aomo; 
e  guai  a  chi  aves-se  allora  osato  awicitiarseno!  Ijo  scroscio  delle 
ac(iUH  romor^gianti  tra  sassi,  la  durezi^a  del  Ietto,  e  più  ancora 
la  paura  di  qualche  insidia  notturna  non  lasciarono  lor  velare 
tutta  la  notte  a  un  po' dì  sonno  gli  occhi.  Appena  in  sul  primo 
albeggiare  vinti  ed  oppressi  dalla  stttnchezza  ne  assaggiarono  nn 
Borsellino;  ma  lo  ruppe  loro  a  mez/,o  e  riscosseli  di  soprassalto, 
al  nascere  del  sole,  il  concitato  e  furioso  abbaiare  del  cane. 

Emma  &  Pierino  balzano  in  pie,  e  fattisi  alla  bocca  dell* 
spelonca,  allungano  lo  sguardo  verso  dove  il  cane  indicava  h 
prcsenzii  del  nemic*i;  e  veggono  infatti  un  grosso  lupo,  cho  cor- 
reva a  rintanarsi  nella  grotta  da  es-ii  abbandonata  la  sera  innanzi. 
A  quella  vista  amcnduu  basirono  di  spavento  e  rucomatidaroDo 
l'anima  a  Dio.  Fw/o  arruffava  il  pelo,  digrignava  i  denti,  rÌD> 
ghiava  furioso,  e  volerà  slanciarsi  verso  coU  per  attaccare  il 
feroce  predone:  ma  Emma  e  Pierino  il  rattennero  per  temacbfl 
avesse  poi  ad  uscir  malconcio  dal  combattimento  o  anche  a  la- 
sciarvi la  vita;  e  ne  veniano  ammansando  con  carezze  le  ii« 
generoso. 

—  Sia  ringraziata  Dio  o  sia  benedetta  Maria!  esclamò  Emma, 
quando  vide  sparirò  la  bulva.  Ql.\  .sentiami  correre  i  brividi  p«r 
le  vene,  temendo  che  il  lupo  ci  assalisse. 

—  Ah,  soggiunse  Pierino,  che  sarebbe  stato  di  noi,  sa  noa 
avessimo  a  tempo  abbandonato  quella  grotta  fatale!  Fido  ave» 
ben  ragiona  di  essere  ier  sera  cosi  agitato  e  irrequieto  l  Area 
scoperto  al  finto  il  nemico! 

—  Queir animalaccio  del  lupo  va  attorno  la  notte  a  far  carae; 
e  poi  che  se  n'è  ben  bene  rimpinzato  il  ventre,  rintanasi  U 
giorno  in  quella  caverna  a  smaltirla. 

—  S'io  avessi  un  fucile,  riprese  Pierino  braveggiando,  me  n» 
andrei  col  mio  Fitto  ad  affrontiirlo  \k  nel  suo  covo. 

—  n  meglio  che  possiamo  fare  è  dilungarci  di  qua,  riprese 
Emma;  ed  entrarono  di  bel  nuovo  in  cammino,  mettendosi  per 


^ 


XIX.   IL   TRAFOnO  R   LA   LAOC*.  DEL  rCHLO  451 

la  dirupata  lacca  del  Furio.  La  recente  paura  accresciuta  dai- 
l'orrore  di  quella  bolgia  inferuaU',  cui  rischiarava  appena  la 
scarsa  luce  del  di  nascente,  mettea  loro  addosso  uu  fremito,  uà 
raccapriccio,  un'ansia  crudele  che  ne  affollava  il  respiro.  Levavaa 
gli  occhi  smarriti  a  que'bal/J  animont-Ui  u  pendenti  lor  sul  capo; 
e  segnandosi  e  raccomandandosi  col  cuore  a  Dio,  aiTrettiuano  il 
passo  muti  e  sgomenti.  Finchò  usciti  da  quelle  morse,  rifiatarono 
un  tratto,  e  girarono  gli  occhi  attorno  in  cerca  di  qualche  casa 
oolonica  o  capanna  di  pastore.  Una  ne  scoprirono  da  lungi,  e 
verso  col&  si  mossero  in  accatto  di  pane;  ma  trovaronla  vuota, 
chft  i  pastori  n'erano  usciti  per  menare  le  greggi  ai  pascoli  della 
moatftgoa. 


XX. 


LI   TORITRE  DELL!  tXXZ  E  L  iSaBLO  DEL  SOCCOBSO 


Pnweguirono  così  a  digiuno  il  loro  cammino,  finché  verso  le 
ijnqne  pomeridiane  abbatteronsi  in  una  casupola  di  contadini; 
ma  anche  in  questi  non  apparia  anima  riva;  che  tutti  erano 
fnori  ai  lavori  del  campo. 

Frattanto  la  lunga  via,  e  l'aria  fresca,  sottile  e  frizzante  che 
soendea  da  quegli  aerei  gioghi,  facea  lor  sentire  il  rovello  della 
hme.  Erano  già  oltre  ventiquattro  ore  che  non  gustavano  bri- 
ciolo di  alimento;  o  postuchò  da  lunga  pezza  si  fossero  ausati 
al  digiuno,  come  gli  anacMJreti  del  deserto,  questa  fiata  sentivansi 
venir  meno  le  forze.  Pierino  gittatosi  a  sedere  sulla  sponda  di 
un  roacello:  —  Emma  mìa,  disse  con  fioca  voce,  io  non  ne 
posso  pili... 

La  sorella  soffriva  anch'essa  le  torture  della  fame;  ma  o  per- 
che! lo  sentisse  meno  del  fratello,  o  por  quella  maggiore  vigoria 
d'animo  che  ha  la  donna  in  sostenere  le  privazioni,  venia  rin- 
corandolo, 0  dicovagli.  —  PÌL'rino  mio,  fa  cuore;  che  non  siamo 
guari  laugi  dalla  meta  del  nostm  viaggio.  Oltreché  prima  che 
anuutti,  al  ritorno  de' pastori  o  della  gente  del  campo,  troveremo 
pane  e  ricovero. 


$5%  I  oeReLTrn 

Pierino  confortato  dalle  parole  dulia  sorella  levossi,  o  a  stento 
traacinoss)  ancora  per  oltre  a  un  Ghitometro  di  strada,  finché 
seuiendt>si  di  nuovo  mancare  le  forze,  abbandonossi  sul  ciglio  di 
im  foBSo,  dicendo: 

—  Emma  mi  sento  morire;  e  abbrancò  per  la  fame  un  pngt» 
d'orba  e  caociosselo  in  booca. 

—  Pierino  che  fai?  gridò  Emma.  Dio  sa  cho  erbe  sono  coleste! 
Non  aveva  ancor  terminato  di  dire,  che  Pierino  sentissi  tutto 

sconvolto  lo  stomaco,  o  cominciò  a  rccerc,  u  sudar  freddo,  a  di- 
venir morticcio;  e  smarriti  i  sensi,  giacque  riverio  sulla  sponda 
del  fosso. 

—  Gesù  mio  aiutatelo!  Maria  santissima  soccorretelo!  gridò 
Emma  divenuta  per  la  sta-tta  mortale  del  Rtlore  della  cenere; 
e  rialzato  il  fratello,  adagiollo  sulle  sue  ginocchia;  sribbiogli  il 
panciotto,  astersegli  il  sudore  dalla  fronte,  chiese  aiuto;  ma  non 
le  rispose  che  l'eco  delle  montagne.  La  povera  Emma  era  fuor 
di  sé  pel  dolore,  e  non  sapea  che  fare,  uè  come  richiamare  in 
Pierino  gli  spiriti  smarriti.  Piangeva,  attapinavasi,  pregava.  [1 
cane  ancVesso  metteva  mesti  ululati,  e  venia  lambendo  la  ^ia 
V  ie  mani  del  padroncino  svenuto.  Passarono  un  venti  minati: 
e  Pierino  fiuahneute  aperse  gli  occhi,  rinvenne,  ma  non  ebbe 
form  di  levarsi.  Senonchò,  come  a  Dio  piacque,  avvennesi  a  pas- 
sare per  colà  un  cittadino  di  Cagli  montato  in  una  sua  carretta; 
il  quale  giunto  iunan^l  ai  due  tapinellì,  arrestò  il  carallo,  bttlzà 
u  torra,  e  visto  lo  stato  miserando  del  fanciullo,  mise  mano  a 
una  sua  borraccetta  di  vin  genoroso,  che  avea  ad  arra^icollo,  e 
gliene  fu' avvallare  delle  buone  sorsate.  £  cos)  riavutolo  alquanta, 
tolselo  di  pesft  d:b  terra,  adagiollo  nella  carretta,  invitò  la  sorella 
a  salirvi;  e  messosi  tra  Tudo  e  L'altra,  com'ubbe  udito  da  Kmnu 
ov' erano  diretti,  dio  volta,  sfer>iò  il  cavallo,  e  via  come  lampo 
fino  a  una  taverna  poco  quinci  lontana.  ColÀ  giunto  prima  anoon 
di  scavalcare,  grida  all'oste:  —  Titta,  prepara  due  buone  tua 
di  brodo. 

E  tolto  iu  braccio  Pierino,  smonta;  poi  dil  la  mano  ad  Emma, 
e  aiutala  a  scendere,  ed  entrano  insieme  neir  osterìa.  Invece  di 
brodo,  l'oste  avea  già  messo  in  tavola  un  gran  boccale  di  vino. 


XX.  LE  TCWTtTRB   DELLA   PAHE   E   L'AXCELO  I^t   SOCCORSO 

—  Tho  detto  di  aiumannircì  del  brodo,  gridò  con  impazienza 
il  Cagliese. 

—  E  qimsto  non  è  brodo?  riprose  Titta  Borridoodo.  È  sangue 
d*Qra,  ò  brudu  di  cantina,  e  riti  meglio  che  quel  della  cucina, 
dice  il  nostro  proverbio  monti^nolo. 

Era  poste  iin  montanaro  giovialone,  'chft  stava  sempre  in  sulle 
celie,  e  co' suoi  piacevoli  motti  rallegrava  le  rustiche  brigate  dei 
suoi  avventori. 

Il  Cagliese  avvisando  che  Titti  voicss»  al  solito  piacevoleg- 
giare, disselli  infastidito.  —  Lascia  le  baio,  e  porta  del  brodo 
a  questi  duo  poverini  che  vedi  così  sfiniti  di  forzo.  E  qu^Ii 
dondolando  11  capo  e  sogghignando  calle  mani  appuntate  ai  fian- 
chi. —  Ma  sono  questi  gli  ordini  da  darsi  a  un  oste  di  mon- 
kgoa?  Chi  vuol  del  brodo,  rada  a  casa  dei  signori  o  all'ospedale. 

—  Ben  be',  dacci  quello  che  hai. 

L'oste  mise  in  tavola  grandi  fette  di  prosciutto  e  un  cacio 
montanino,  sciamando  —  Ec<co  quoUo  che  ci  vuole  per  risanare 
i  malati  e  far  rivivere  ì  morti. 

Emma  e  Pierino,  benché  arrabbiassero  della  fame,  non  Ti  si 
gettarono  sopra  per  tema  di  un'indigestione;  ma  vennero  man- 
giucchiando e  spesso  annaffiando  il  pasto  am  buone  sorsate  di 
vino.  Di  che  tosto  sentironsi  raccalorare  il  sangue  e  rifiorire  le 
fon»  con  grande  compiacimento  dell' oste,  che  vedevii  il  buon 
risultato  della  sua  ricotta. 

—  BasU  così,  disse  Emma  levandosi  a  un  tratto  per  timore 
che  il  soverchio  cibo  non  nocesse  a  stomachi  digiuni  e  freddi, 
che  uol  potrebbero  smaltire.  Il  buon  Cagliese  pagò  all'oste  lo 
scotto;  e  fatti  montare  di  nuovo  Emma  e  Pierino  in  carretta, 
mise  il  suo  cavallo  al  trotto  per  arrivare  prima  che  annottasse 
alla  villa  6i  essi  indicatagli,  e  che  stendevasì  sul  pendio  di  una 
montagna  tra  Cagli  e  Urbino.  Tra  via  Erama  rioonosconte  dicova 
spessf)  al  buon  Cagliese.  —  Come  vi  ripi^heremo  noi  di  tanto 
benefizio?  Voi  ci  avete  ridonato  la  vita.  E  quegli: 

—  Non  ho  fatto  che  il  mio  dovere;  e  nel  caso  vostro  ogni 
buon  cristiano  avrebbe  con  voi  fatto  altrettanto.  Kon  accade  adun- 
que che  mi  rìngra^ìiate  per  cosi  poco. 


454    I  DCRCUTTI  -  XX.  LE  TOnTimC  DELLA  TAHE  E  l'aNCRI^  DSL  SOOCOFISO 

l\  menomare  e  il  quasi  avvitir  che  quel  generoso  per  modestia 
faceva  il  suo  bóuofìzio,  tornavalo  agli  occhi  di  Kmmu  tro  cotanti 
più  prezioso. 

—  Mi  permetterete  almeno,  disse  Emma,  che  yi  chiugg»  U 
vostro  ìiome  iwr  conservarlo  indelebile  nella  memoria. 

—  Non  vi  corate  di  saperlo,  eh'  io  dir  noi  vi  potrei  sena  vo- 
nir  mono  a  una  legge  che  ini  sono  imposto  fin  dal  giorno  che 
mi  ascrivisi  alla  Confereo;»  di  S.  Vincent»  de' Paoli. 

—  £  quale  di  grazia  questa  legge? 

—  Qnellft  del  Vimgolo  «  Fa  che  l'una  mano  non  sappia  quel 
che  Ali  l'altra.  »  Come  vedete,  è  una  regula  alfatto  op{K»stH  alta 
filantropìa  del  mondo,  che  ha  il  malvezzo  di  strombazzare  ai 
quattro  venti  il  bene  che  fa,  mentre  la  vera  cirità,  iost-gnatoci 
da  Qesù  Cristo,  ignora  quanto  àk  e  dimentica  quanto  soffre. 

Emma  a  queste  parole  sorrise  di  vera  compiacenza;  e  riograitifr 
in  suo  cuore  Iddìo  che  uressele  mandato  tutto  in  acconcio  al 
bisogno  quell'angelo  di  carità.  Poscia  rammentandosi  di  aver  letto 
che  il  beato  Labre  avea  viaggiato  a  pie  nudi  e  mendicando  il 
pane  per  quegli  stessi  luoghi,  ne  dìmandA  al  buon  Ctiglies»;  ìl 
quale  narmlle  pili  cose,  e  tutte  edificanti,  di  quel  gran  servo  di 
Dìo  fatto  povero  e  mendico  per  amore  di  Oefiù  Cristo.  Tra  lo 
altre  contolle  come  il  bp<ato  liabre  abbattutosi   tra  via  in  un 
cittadino  di  CagB,  dimandogli,  dove  andasse?  E  quegli:  —  Torno 
a  C-aglì  mìa  patria.  —  .\h  jwvora  Cagli,  sciamò  il  Ijibr©  w 
spirando,  povera  Cagli!  E  più  non  disse;  ma  la  st^ra  di  quei 
l'ìsteiso  giorno  ben  si  conobbe  la  ragione  di  quello  sue  dolenti 
esclamazioni.  Poiché  uno  spaventoso  tromuoto,  preceduto  da  rombi 
e  mugghi  sritterrauei,  scosse  orribilmente  la  città.  Il  suolo  on 
deggiava  corno  un  mare  in  burrasca;  e  i  crolli  e  i  dibattimenti 
orano  sì  spessi  e  gagliardi,  che  molti  (>difì}sii,  o  tra  gli  altri  la 
cattedrale,  a  quel  cozzo  non  res-sero  e  diroccarono,  seppellendo 
sotto  lo  loro  mine  non  pocliì  abitatori. 

—  Ah  il  Ijabro,  sclamò  Emma,  era  profeta! 

Tra  queeti  ragionaiuenti  giunsero  al  termine  del  loro  viaggio, 
cho  già  il  giorno  dechinava  a  sera,  e  gli  ultimi  raggi  del  sol« 
larabiano  Io  vette  de' monti,  tingendo  di  porpora  e  d'oro  il  verde- 
cupo delle  selve  alpine. 


4Ò5 


XXL 

IL  TBCCBIO  ITABO   S  LA    QOVERNiKTE 


Il  casino  ove  alleggiava  il  MakgitiDta,  zio  della  Madre  di 
Emma  e  Pierino,  sorgeva  sulla  china  di  un  monte,  la  cui  cima 
negnjggiava  di  una  densa  foresta  di  torre^giantì  pini,  dì  lecci, 
di  frassini  e  d'abeti;  e  i  dossi  verdeggiavano  di  minuta  e  sempre 
fresca  erbetta,  annaffiata  da  nutìo  sorgenti,  gf.-mitii  e  ruscelli 
serpeggianti  qua  e  colti  per  gli  anfratti  e  gli  avvallamenti  della 
montagna.  Alle  radici  adimavasi  nu  valloncello  ripartito  a  prati 
e  pasciontì  por  gli  uriufuiti  u  a  campetti  di  grani»  e  di  miglio, 
e  nel  bui  mexzo  solcato  da  un  fiumictìllo,  clie  accoglieva  nel  suo 
letto  le  pure  e  cristalline  linfe  del  monto,  scaricandole  poscia  di 
là  &  poche  miglia  nel  Motauro,  di  cai  era  tributario.  Tntt' intorno 
l'orizzonto  era  chiuso  da  una  catena  di  alpestri  gioghi,  quali 
biancheggianti  dì  novi,  che  scìolgonsi  appena  nel  più  fitto  e  co- 
cente saettare  del  solHone,  e  qnali  ombreggiati  da  annose  fo- 
reste, so  cui  TaTÌda  mano  dell'uomo  metto  ogni  anno  la  scure^ 
diradandole  fino  a  non  lasciarne  in  pii!l  luoghi  vestìgio  di  sorta. 
Oinido  il  n)rinosu  trarupare  delle  acquo,  Che  avvallando  gonfiano 
slbrni&tamente  i  fluitù  ed  i  torrenti,  contro  l'impeto  de'f^uali  non 
_j'è  ornai  argine  che  busti.  Il  prospetto  adurniQ^  che  di  lassù  si 
iva,  non  eni  de'più  ameni  e  ridenti,  essendovi  l'occhio  chiuso 
~e  imprigionato  da  una  cerchia  di  monti;  ma  quel  che  mancava 
all'amenità  del  sito,  veniva  ad  usura  impensato  dalla  sua  sa- 
Jubrìlii;  (M'ichò  vi  si  iHivevano  lu  aure  mnntauino,  pure,  fresche 
^iinbalsamiit^' dagli  elAuvii  di  mille  piante  resinose,  di  cai  erano 
le  cimo  di  queir  appennino  inghirlandato.  La  villetta,  se  questo 
nome  può  darsi  alla  c-iimpestre  dimora  del  Malagiunta,  non  era 
rallegrata  da  giardinetti,  da  fontane,  da  solvette  di  riposo,  da 
uocelliere,  da  ombrosi  vialetti,  da  prodicelle  fiorite,  da  ben  di- 
sdplinato  spalliere,  e  da  qnant'altro  suole  abbellire  e  ador- 
nure  un  luogo  campestre.  Egli  non  voloa  gittare  il  danaro  in 


I  ut:HeLrm 

coleste  siiperfliiitii,  ehò  così  hj^Iì  cfaitimuTa  ogni  spesa  che  Doi 
gli  rendesse  un  profitto  apprezzabile  a  contanti;  e  però  nel  sao 
TÌUino  non  dava  ospitalità  se  non  alle  piante  fruttifere,  allo  or- 
taglie e  ai  legumi,  di  che  avea  sempro  buona  derrata. 

Il  Malagiiinta,  come  altrove  accennammo,  era  un  vecchio  tac- 
cagno e  spilorcio;  il  (juale  quando  aveii  da  metter  fnora  il  val- 
sente per  le  spese  piil  indispmisatjili  di  casa,  noi  faceva  che 
bufonchiando  e  lagniuidosi  che  spendovasi  troppo,  e  che  biflO' 
goava  far  economia,  altrimenti  ne  andrebbe  anch' egli  rovinato 
e  diserto,  come  il  marito  di  sua  nepote.  Era  di  pift  uggioso,  mi- 
santropo e  scontroso  sì  che  per  un  nonnulla  andava  in  bizza  e 
talora  svelenivasi  e  sfuriava  con  parolacce  da  trebbio.  Il  che  facea 
gran  torto  alla  sua  cani/je  e  alla  nobiltà  del  sqo  sangue,  di  coi 
peraltro  solea  menare  gran  vampo,  parendogli  in  curta  gtiisa  che 
un  blasone  interzato  e  inquartato  dovesse  servirgli  di  schermo 
contro  il  risentimento  delle  persone  da  lui  offese.  Il  suo  castaido, 
i  servì  e  i  coloni  avcunio  in  uggia,  e  ne  dicevano  peste.  Chi 
aveva  la  flemma  di  sopportarlo  e  menavaglt  tutto  buono,  ora  la 
Rosina,  sua  governante,  femmina  sctiltra  se  altra  mai  ve  n'ebbe 
al  mondo,  e  che  avea  piìi  un  punto  che  il  diavolo.  Ella  destreg- 
giando  a  miiruviglio,  era  pervenuta  a  guadagnarne  la  oonfidena 
6  a  padroneggiarlo  a  suo  talento.  II  vecchio  più  non  Tedevi  che 
cogli  occhi  di  lei  ;  né  avrebbe  osato  imprendere  cosa  che  fosse, 
né  muovere,  come  si  suol  dire,  in  casa  una  paglia  senza  il  be- 
neplacito della  sua  Rosina. 

[mniugini  però  il  lettore  la  superbia  e  la  tracotanza  di  questa 
femmina,  divenula  padrona  tifi  suo  stesso  padrone;  e  quanto  do- 
vesse saperle  agro  il  vedere  adesso  che  altri  veniva  a  disputarle 
l'impero  di  casa!  Non  appena  ebbe  notizia  della  venuta  de' pro- 
nipoti del  signor  Taddeo,  gliene  prese  fiera  gelosia  e  dispetto; 
e  fe'tostu  suoi  avvisi  di  nimicarli  con  una  guerra  sordo,  ma 
costante  e  implacabile,  fino  a  rendere  loro  esoso  e  insopportabile 
quel  soggiorno,  o  a  invelouire  cuiitro  di  essi  Tanimo  del  vecchio 
per  forma  ch'eì  s'inducesse  a  rimandameli  il  più  presto  pos- 
sibile ond' erano  venuti. 

La  qual  cosa  non  dovea  tornare  gran  fatto  malagevole  ad  una 


XXML  TBCCHIO  iVARO  E  LA  OOTCTVAtfTB  457 

donna  scaltra  e  malis^oa  più  del  fistolo,  e  che  sapea  uccellare 
il  prossimo  a  mararifflia  per  farlo  cadere  nella  sua  ragna. 

Kmma  o  Pierino  che  non  conoscevano  neppure  di  vista  la  go- 
Ternante,  e  vivevano  senza  un  sospetto  al  mondo,  al  vedersi  giunti 
al  terrnine  del  loro  viaggio,  e  sic«)m'  essi  credevano,  de'  loro  tra- 
raglìf  sentirunsi  itlliirgare  il  cuore;  e  smontati^  picchiarono  al- 
legramente alla  porta  del  casino.  Videsi  tosto  far  capolino  alla 
finestra  una  cuf&ctta  di  donna:  era  la  Rosina. 

— ^Chi  è?  dimanda  ella  con  affetitata  dissimulazione. 

—  Siamo  i  nepoti  del  signor  Taddeo,  risposele  Emma. 

—  Oh  ì  nepoti  del  padrone!  vengo  subito.  tSceso  in  fretta  le 
ecale,  aperse,  e  —  Ben  arrivati,  sclamò  inchinandoli  e  sforan- 
dosi di  stirridero,  ben  arrivati.  K  tanto  tempo  che  li  aspetta- 
vamo'. Alla  fìuf,  grazio  al  cielo,  possiamo  avere  la  consolazione 
di  averli  con  noi!... 

Un  occhio  sagace  e  buon  conoscitore  del  cuore  umano  non 
avrebbe  penato  a  ravvisare  lo  sforzo  che  la  birba  fiicova  per 
simulare  una  gioia  ch'era  ben  lungi  dal  provare.  Ma  Emma  nel 
suo  schietto  candore  prendendo  siccom'oro  di  coppella  quel  che 
non  era  che  orpello  di  mentito  affatto,  abhracciolla  con  vera  cf- 
Ibnooa  dì  cuore,  a  Pierìao  Btrinsele  affettuosa  mente  la  mano. 

—  Dov'è  lo  KÌo?  Come  sta?  dimandò  Emma. 

—  Ix)  zio  sta  benone.  È  vegeto  e  arzillo  come  un  giovinotto 
di  venti  anni.  In  questo  momento  è  fuori  col  castaido,  ma  tra 
mezz'ora  para  di  ritorno. 

Emma  rivolta  al  caritatevole  Cagliese  —  Non  so,  dissegli,  come 
ringraziarvi  delta  vostra  Cìirità.  Dio  solo  può  renderveoe  un  degno 
«tntrac4smb)o. 

—  E  io  noi  voglio  che  da  Lnì,  tonioile  sorridendo  il  Caglìese. 
Pregatelo  per  me^  e  m'avrete  ripagato  a  usura.  Addio. 

—  Addio...  risposero  colle  lagrime  agli  occhi  Emma  e  Pie- 
rino, n  Cagliese  dio  volta,  sferzò  i!  cavallo,  miselo  alla  carriera, 
fl  dileguoBsi. 

Eouna  e  Pierino  avrebbero  voluto  invitare  quel  generoso  a 
fleendere,  a  rinfrescarsi  e  a  pernottare  nel  casino,  e  interroga- 
rono più  volte  la  governante  collo  sguardo:  ma  vedendo  Tin- 


433  I  DtiiiKLim 

dìffereaxa  e  il  siloazio  dì  questa,  o  da  ciò  argomentando  e 
poteva  un  tale  invito  saper  male  allo  zio,  la  cui  avarizia  non 
era  loro  del  tutto  ignota,  ai  ritennero  dal  farlo. 

La  Gorernuute  lì  fe'salìre  nelle  due  st&n:iucce  che  aveva  messo 
in  assetto  per  loro,  e  che  erano  un  forno  la  state  e  una  neriera 
l'inverno,  scasandosi  con  dire  che  non  avoa  dove  meglio  ali»- 
garli;  perchè  tutte  le  camere  erano  ingombro  di  grano,  di  fra- 
montone,  di  civaie  e  frutti  dell'orto.  Poi  recatasi  tutta  in  fé 
stessei  e  in  sembiante  di  chi  ha  un  gran  segrelo  da  rivelare,  e 
teme  perfìno  che  Farla  il  sappia,  ebbe  a  sé  Emma  in  disparte; 
e  presala  per  mano,  trassela  nel  vano  di  una  fiaestni,  e  dissele 
cwi  aria  dì  mistero. 

—  Qui  nessuno  ci  sente;  ed  io  posso  parlarle  col  cuore  io 
mano:  ma  conviene  che  la  signorina  mi  tenga  croden»,  e  non 
mi  comprometta;  porchi^  ho  a  dirle  coso  che  la  riguardano  « 
che  dimandano  gran  segretezza. 

All'udire  quest'esordio  Emma  smemorò,  non  ìudorinando  ov'elli 
andrebbe  a  parare;  e  "bblìgolle  sua  fede,  che  non  avrebbe  mai 
violato  il  segreto. 

—  itf  bene  sappia,  disse  allora  la  Governante,  che  lo  Zìo  è 
UD  avaro,  Dumor*uuo,  e  che  a  malincuore  s'indusse  a  pennet 
tere  la  loro  venuta. 

—  Come  mai  può  esser  questo,  se  l*aTvocato  Barbone,  che  qua 
venne  a  trattare  con  lui,  ci  assicurò  che  lo  Zio  era  ciinlt^uto, 
contentissimo  di  ospitare  per  qualche  tempo  i  suoi  Depoti? 

—  Sono  tutte  taccole  e  fitadonie  dell'  avvocato. 

—  Egli  dunque  ci  avrebbe  gabbati? 

—  Purtroppo;  e  so  ne  moie  una  prova  evidente,  si  è,  cto 
lo  Zio,  per  quant'  io  sappia,  non  lo  ha  scritto  neppure  un  —  Ve- 
nite a  casa  mia;  —  ma  glielo  ha  fatto  .sapere  a  vt*Ge  per  messo 
di  ano  straniero,  della  cui  raracìtìi  può  a  ragion  dubitare,  per 
ch'egli  arerà  interesso  a  mentire. 

—  Qucst'ò  ver»,  l'i  vero;  e  confesso  che  nel  segreto  del  mu 
cuore  io  non  em  del  tutto  tranquilla. 

—  Meno  malo  che  ha  saputo  avvisarne  da  3Ò  stessa  la 


XXI.  IL  veccnio  AVtiit  e  la  covKiiKAitTB  4ò'J 

f  ione.  Ora  ascolti  mo,  e  segna  il  consìglìu  dì  chi  Id  vuol  bene, 
«  conosce  in  che  acque  qui  si  otavieue  navigare. 

—  Dite  pure,  Eosina,  ch'io  vi  sarò  sampre riconoscente  de'vo- 
fltri  buoni  consigli,  corno  vi  sono  grati  dell' aEfotto  che  mi  mo- 
4tnte. 

—  Piaccia  a  Dio  ch'io  possa  mostra  figlie  Io  alla  prova  de' fatti, 
soggiunse  con  un  finto  sorristftto  la  hritTaiila.  Xon  fo  per  dire, 
imi  nn  cuor  buono  e  affettuoso  l'ho  anch'io;  e  quand'ebbi  dal 
signor  Tadduo  notì;:ìa  delia  morie  del  Marchese,  del  fallimento 
«  della  ruina  della  sua  famiglia,  non  può  credere  quanto  ne  ri- 
manessi accorata.  Basta:  non  ricordiamo  questa  cose,  che  deb- 
bono ossero  per  lui  uno  schianto  di  cuore!... 

£  qui  la  Rosina  si  passava  il  faz7.o!t.>tto  bianco  sugli  occhi 
in  atto  di  obi  vuole  asciugarli;  ma  avi^ali  asciutti  più  che  una 
^mice. 

—  Tornando  ora  a  qaol  che  dicevo,  continnossi  ella,  il  mio 
«msiglio  sarebbe  che  lei  non  desse  neppure  un  cenno  allo  Zio 
d^ essere  qua  venuta  colf  intenzione  di  rimanervi  un  paio  di  mesi 
«  nò  manco  un  mese,  ma  sol  pochi  giorni;  e  così  vi  sarjk  col 
suo  frutelto  bene  accolta,  altrimenti  avrà  da  vederne  e  sentirne 
delle  bello... 

—  Io  seguirò  il  vostro  consiglio,  finché  potrò  farlo  senz'of- 
fesa della  verità. 

.  —  E  non  avrii  a  pentirsene.  Io  vado  intanto  incotitn)  al  Pa- 
me  per  sollecitarno  il  ritorno;  e  si  dicendo,  si  mosse  per  uscire. 
£mma  lasciata  sola,  tornò  al  fratello  che  io  questo  frattempo 
avea  dato  assetto  alle  sue  robìccluolo  e  a  quelle  della  sorella; 
«  senza  riferirgli  le  cose  udite  dalia  Rosioa  per  nou  fallire  alia 
promessa  dui  secreto,  ammortillo  soltanto  che  i^  guardassu  dal- 
riodicare  allo  Zio  so  essere  venuti  per  dimorare  a  lungo  cou  lui. 
II  consiglio  della  Eosina,  attesa  Tavarizia  del  vecchio,  non 
era  fuor  di  proposito,  ma  dato  da  lei  con  tatValtro  intendimento 
quello  di  giovare  ai  ueputì  del  padrone;  i  quali  non  poten- 
io  poi,  oom'on  facile  il  prevedercj  mettere  ad  effetto,  ne  avreb- 
>ro  alienato  da  sé  l'animo  su.sputtoso  e  avaro,  quasi  che  avos- 
voluti)  ingannarlo  col  pretesto  di  una  visita  di  pochi  giorni 


1  DEnBum 

0  al  piti  tli  qualche  settimana,  mentre  V  avrebbon,  Dio  sa  fin» 
a  quando,  protratta. 

L'astuta  tiovornante  erasi  mossa,  come  dicemmo,  incontro  il 
padrone,  il  quale  se  ne  venia  studiando  il  passo  verso  casa;  per- 
chè l'aria  imbruaìvu,  ed  egli  temeva  di  essere  sorpreso  dalld 
tenebro  in  aporbt  campagna  con  rischio  d'incappare  DftMadri, 
de*  quali  temeva  più  che  del  diavolo.  Il  castildo  che  accompa- 
gnavalo,  erasi  da  lui  diluTjgato  per  recare  certi  suoi  ordini  ti 
montanari  e  campagnnoli  della  tenuta,  che  tornavano  dai  lavori) 
quando  apparve  improvviso  sovra  un  rialto  del  monte  la  Rnsina, 
e  vistolo  da  lungi,  chianiollo  e  affrettò  verso  di  lui  i  passi. 

—  Che  novità  Rosina?  dimandò  il  padrone,  quando  se  la  vidi 
Tenire  innanzi. 

—  Vengo  a  darvi  nna  buona  e  consolante  notizia.  Sono  arrivati 
i  vostri  nopoti. 

—  Ah  sono  arrivati?  Io  credeva  che  si  fossero  smarriti  tn 
vm,  non  vedendoli  apparire  al  di  posto.  E  chi  ce  gli  ha  condotti? 

—  Un  tale  di  Cagli  in  una  sua  carretta,  un  bel  giovinotto;.. 
aggiunse  la  maligna  con  un  sogghignetto.  Appena  messili  & 
terra,  ha  dato  volta  senza  nulla  domandare  e  nulla  ricevere, e 
se  n*d  andato  con  Dio,  tra  i  ringraziamenti  di  Emma,  chave' 
devaio  partire  colle  lagrime  agli  occhi... 

—  Khm  che  tenerezze  !...  Ma  egli  è  possibile  che  colai  li 
abbiagli  vettureggiati  gratis  et  amore  Dei,  e  che  i  mìei  nepotì 
sieno  venuti  senza  il  becco  di  un  quattrino?  E  poi  che  vuol  dir» 
questo  ritardo  di  tre  giorni?  Qui  non  ci  veggo  chiaro;  e  crollò 
la  testa  e  strinse  le  labbra. 

—  Che  volete  che  vi  dica?  Anche  per  me  è  un  mistero...  NoB 
vorrei...  basta...  tutto  col  tempo  viene  a  gallai... 

—  Ben,  bene:  saprò  io  cavarne  il  netto,  disse  il  vecchio,  con- 
fermato ne' suoi  sospetti  dallo  parole  di  quella  scunfarda.  Ti 
hanno  essi  detto  per  quanto  tempo  pensano  dì  dimorare  con  noi? 

—  Kssi  dicono  che  per  pochi  giorni.  Ma  poi  trovandosi  lew 
«oeomodati  in  casa  vostra,  non  avranno,  cred'io,  troppa  &Dtt& 
d'andarsene! 


no   AVARO   E   LA   COVSnNAIVTR 


461 


—  Tu  peDsi  donqae  che  cotesto  non  sia  che  un  pretesto  pdf 
fare  chMo  nio  li  tolga  io  casa? 

—  Che  dubbio?  La  madre  non  potendoti  mantenere,  addossiUì 
allo  KÌo. 

—  Oh  in  questo  poi  la  Signora  Marchesa  ha  fatto  i  conti 
senza  l'oste.  Un  pari  mio  non  si  lascia  frappare  a  questo  modo. 
L'avToc&to  Barbone  assicurornmi  che  traitarasi  soltanto  di  al- 
lontanare per  un  mesetto  al  pii'i  Emma  da  casa  per  non  so  qnal 
imbroglio  di  sponsali  che  far  si  dovevano  tra  i  figli  di  due 
ricchi  banchieri,  un  de^qiiali  erasi  prima  incapricciato  di  Emma. 

—  Tutte  bubbole  dell'Avvocato;  e  voi  sarcsto  ben  semplice 
per  non  diro,  scusate  la  frase^  bietolone^  se  gli  aggiustaste  fede. 

—  Sarebbe  dunque  anche  questo  un  tranello?  Ma  P hanno  a 
tue  con  ne  per  Bacco!  Vedremo,  vedremo...  e  corrugando  le 
labbra,  fé' un  broncio  lungo  una  spanna.  Egli  erasi  tutto  rab- 
buiato in  viso  al  solo  pensiero  che  gli  si  volesse  mettere  addosso 
il  carico  de'ue{H)ti.  K  la  governante  vedendo  che  quel  sospetto 
facea  presa  uell' animo  dell* araro,  glielo  ribadì,  dicendo: 

—  Or  ci  vorrà  pazienza,  caro  Signor  Taddeo.  Invece  di  due 
bocche  ne  avrete  quattro  a  mantenere.  I  vostri  nepoti  vi  credono 
ricco,  e  vengono  naturalmente  ove  sanno  che  vi  è  campo  da 
mietere  e  panno  da  tagliare. 

A  queste  parole  il  vecchio  si  arresta,  e  piantato  su  due  pi\ 
colle  mani  ai  fianchi,  e  tentennando  il  capo: 

—  Bieco  io  ?  esclama,  io  ricco  eh... 

—  Così  essi  la  pensano!... 

—  Forerini!  s'ingannano  a  partito.  Essi  si  ch'erano  ricchi 
an  tempo;  ma  il  padre  loro,  disgraziato!  ha  sfolgorato  via  in 
pochi  anni  un  vistoso  e  pingue  patrimonio.  Kd  ora  pretendereb- 
bero rimpannucciarsi  a  mie  spese?  Vah  eh»  l'hanno  colta!...  Io 
ouu  SODO,  è  vero  un  pitocco,  commessi  ;  vivo  del  mìo,  ma  tu  sai 
Rosina,  quanto  mi  coati  l'avere  raggranellato  que' quattro  soldi 
che  ho,  6  che  bastano  appena  per  le  spese  giornaliere  e  per 
ÌBcamparci  dalle  granfie  del  fìsco,  il  quale  a  forza  di  tasse  e  dì 
balzelli  ci  dipela,  ci  scuoia  e  ci  spolpa  Ano  all'osso,  uff...  £  poi 


I   DERELtm 

k  annate  corrono  si  scarso,  ch'io  non  so  come  faremo  a  mandare 
innaniti  la  nostra  barca  ! 

—  Or  che  avrete  l'aiuto  de'ncpoti,  nulla  r'è  a  temere,  ri- 
prese la  mascagna  con  ironico  sogghigno. 

—  Tu  mi  vuoi  dare  la  baia!  Ma  io  ti  dico  che  in  casa  mia 
essi  non  tiranno  il  nido. 

—  Eh  via...  non  sarà  poi  così!...  Sapranno  ben  essi  guadagnarst 
U  cuore  dello  xio  colle  loro  manierine.  È  una  conquista  arA 
facile  ì... 

—  Perchè  ho  un  cuore  di  zucchero,  non  è  vero?  Ma  in  me 
il  calcolo  delta  ragione  (avrebbe  detto  meglio  quello  dell'inte- 
resse) comanda  alle  teneritndini  e  sdolciuature  del  cuore.  Alle 
corte:  io  ni>n  intendo  di  ospitare  i  miei  nepoti  che  pel  tompo 
che  ho  determinato,  pa.ssato  il  quale,  U  madre  venga  a  ripi- 
gliarseli, 0  io  li  rimando  a  casa  loro. 

—  Propositi  da  marinaio  !  disse  la  tristaccia,  per  meglio  rin- 
focolare l'animo  del  vecchio  e  raffermarlo  nel  suo  proposito,  fa- 
cendo vista  di  non  credergli. 

—  Propositi  da  marindo,  tu  dici?  vedremo.  K  sì  dicendo, 
affrettò  il  passo  verso  casa. 

I  nepoti  al  voderlo  spuntare  a  capo  del  viale  che  motto  nelU 
villa,  scesero  frettolosamente  le  scale  e  gli  mossero  incontm. 
Dopo  il  dialogo  che  abbiam  riferito  e  le  parole  con  cui  la  Uosin 
avea  scaldato  le  orecchie  del  vecchio,  non  parrà  strana  al  lettore 
la  fredda  accoglienza  cho  egli  fece  a  quo'tapinelli. 

—  Eccoli  qua,  diss'egli  con  forzato  sorriso,  mentr' Emma  e 
Pierino  correvano  u  baciargli  la  mano  e  a  salutarlo,  anche  da 
parto  di'Ua  madre  o  della  sorella.  Avete  (inalDioute  saputo  trovare 
la  casa  dello  zio!  Quando  siete  partiti? 

,  —  Quattro  di  sono,  rispose  Emina. 

—  E  vi  volevano  quattro  giorni  per  venire  fin  qua? 

—  Ecco:  in  soi  oro  soltanto  vouiinino  infine  a  Fano  in  fer- 
rovia; ma  il  rimanente  del  viaggio  ci  convenne  farina  piedi; 
perchè  non  avevamo  danaro  per  noleggiare  una  vettura. 

—  Com'è  possibile? 
• —  Purtroppo  è  coel!  Le  cento  Uro  che  ci  avevano  dato  pel 


IXl.  a   VECCHIO   AVARO   C   LA   OOVERnAn% 


viàggio  da  Fano  alla  vostn  tìIU,  ci  sarobboDo  stato  l'Uro  al 
bls<^no;  ma  ci  Tennero,  non  sappiamo  come,  rubate  nel  fagone, 
eh^era  dì  terza  classe. 

—  Ove  trorayansi,  agginnso  Fiorino,  due  o  tre  figuri,  che 
aveTano  certe  ^ciacce  sbirre  ehm...  ^ 

—  E  Yoi,  riprese  lo  /io  con  aria  dì  volto  tra  sdegnato  e 
ironico,  come  quello  che  poca  fede  prestava  allo  parole  di  Eirmia, 
voi  foste  così  distratti  e  balordi  da  dod  a(M»rgervì  di  questo 
furto?  Eh  via...  non  vogliate  infrascarmi  eoa  cutesto  fandonie, 

—  Vi  diciamo,  Zio,  la  pura  verità,  ripigliò  Emma  colorendosi 
TÌ80  al  vedersi  presa  in  sospetto  di  menzognera,  mentre  sto- 
macava ogni  infingimento:  ma  quel  rossore  fu  ben  altramente 
interpretato  dal  sospettoso  vecchio,  il  q.uaIo  conliuuossi  con  iin 
ghigoetto  sardonico: 

—  E  come  senza  danaro  avete  potuto  fornire  il  vostro  viaggio? 
Qui  Kmma  si  fe'a  narrargli  com'erano  venuti  a  pie  fin  oltre 

il  Furio,  e  i  rischi  e  i  patimenti  di  quel  viaggio  e  il  fortuito 
incontro  col  giovane  Cagliese,  da  cui  erano  stati  soccorsi  nel- 
l*6Stremo  bisogno. 

Il  vecchio  udiva  tutto  senza  dar  segno  di  compassione;  ma 
crollava  spesso  il  capo  e  tcnea  confitti  due  ocelli  scrutatori  in 
faccia  ad  Emma,  come  per  leggerle  in  viso  quel  ch'egli  sospettava 
si  nascondesse  in  cuore.  Di  che  Emma  fattasi  di  bntcia  iu  volto, 
sentìasi  morire  in  bocca  le  parole;  e  mentre  narrava  allo  zio  ì 
passati  travagli,  gittava  rapidamente  un'occhiata  sull'avvenire, 
che  affacciavasele  al  pensiero  assai  fesco  presso  quel  vecchio  so- 
spettoso, maligno  e  senza  cuore. 

Taddeo  dìo  d'occhio  alla  Governante,  come  per  dirle  —  Guarda 
scaltre/Jia  di  costei,  o  come  sa  ben  ciiiriuaro  lo  ;iio!  A  cui  la 
Itosina  corrispose  con  un  ghigiietto  maligno,  che  sfuggì  agli 
«echi  di  Kmma  e  di  Pierino. 

fiì  vecchio  entn^  in  casa  con  viso  torbido  e  imbronciato;  e  i 
uepoti  gli  tennero  dietro  con  quel  batticuore  che  il  lettore  può 
immaginare;  mentre  la  Nosìna  gongolava  tutta  dentro  di  gioia, 

diceva  a  so  stessa: 

0  io  non  sono  Hosìna,  o  questi  bei  neputini  baciorauuo  bea 


1  DEREUm  -  XXI.  IL   VECCHIO   AVARO   E   LA   COVCRNAIITB 

prosto  il  chiavistello  di  c»sa.  Toccherà  a  me  aggiiitiger  le^oa 
al  fuoco  e  soffiarvi  dfìDtro  fino  a  innUt  die  non  divampi  in  aperta 
rottura  tra  7.10  e  nepoti. 

Quest'era  infatti  il  disegno,  0  direui  noi,  il  piano  di  gnem 
ideato  dalla  Goreraante,  piena  di  malizia  quanto  capir  ne  possa 
in  cuore 'di  donna  malvagia.  Ella  siipea  zìmhellaro  a  manrìgtia 
il  vecchio  allocco  del  suo  padrone,  che  pur  lineasi  per  uomo 
avvisato  e  scaltro,  e  facealu  travedere  e  traudire  di  sì  matta 
ragione,  che  il  Fatto  suo  era  una  piet^  Àvea  poi  in  uggia  i 
nepoti  di  lui  anche  prima  di  conoscerli,  sia  perchè  temeva,  come 
più  innanzi  dicemmo,  ch'essi  venissero  a  contrastarle  il  dominio 
da  lei  tenuto  fino  allora  sen/^  rivali  sull'animo  di>l  barbogia 
vecchio  e  su  tutta  la  casa;  sìa  ancora  perchè  da  gran  pcza 
tirava  l'aiuolo  all'eredità  di  lui,  sperando  che  una  parta  almeno 
avesse  a  cadérgliene  in  grembo. 

Sotto  tali  granfio  erano  dunque  venuti  a  cacciarsi  i  poveri 
orfanelli,  come  dua  colombe  che  sprovvedutamente  cadono  in 
gli  artigli  d'.'l  nibbio;  e  veramente  ci  duole  il  doverli  lasdare 
per  ora  in  si  mala  compagnia  per  Buguire  le  orme  degli  altri 
personaggi  del  racconto  che  ci  aspettano. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


I. 

7a  situazione  del  patise  e  le  elezioni.  Nuova  Antoliwia^  fase,  del 
IG  aprilo  ISSG. 

Con  questo  titolo,  a  proposito  delle  prossime  ele/.iutù  politiche, 
Roggero  Bonghi  ha  testé  pubblicata  una  specie  di  geremiade  sul 
paseato,  sul  presi^ntc  e  sui  futuro  dei  partiti  e  qiiiudi  delle  isti- 
tnzioDÌ»  te  iitiali,  por  la  gento  pari  sua,  sono  il  tatto  doli*  Italia 
odieroa.  Basti  dire  che  termina  con  questo  profetico  periodo,  il 
quale  può  arersi  per  opilogo  dello  sue  meste  lamontu/.ioiji.  «  Se 
tatti  gli  uomini  di  senno,  di  animo  equilibrato,  di  spirito  liberale 
<  moderato,  capaci  di  (gualche  idealità  nella  vita  pubblica,  che 
c'entra.Qo  o  ci  rostano,  non  per  trafficare  e  per  morcatfirc,  ma 
per  un  alto  fine  nazionale,  non  si  persuadono,  ch'essi  possono  e 
deTono,  nelle  condizioni  presenti,  fare  un  partito  solo,  e  con  que- 
sto reggere  un  Govurnis  nioralnionto,  intc-Iluttualmente,  material- 
mente forte,  noi  avremo  avuto  la  gloria  ed  avrRiiui  il  vituperio  di 
avor  fatta  e  disfatta  L' Italia  in  un  bvevo  giro  dì  tempo.  > 

Presa  questa  conclusione  per  premessa  maggiore  di  nn  sillo- 
gismo, se  Ti  si  aggiunga  la  minore,  concepita  in  questi  termini: 
—  Magli  uomini  sopra  detti  non  polninno  formare  i!  partito  che 
il  Bonghi  accenna;  ognuno  scorge  qual  sorta  di  conseguenm  ne 
venga,  per  quei  signori  dal  sempiterno  »ioJ,  in  cui  tutto  si  ac- 
centra quello  sfacelo  di  cose,  che  va  sotto  nome  ù'  lialia  fatta, 

E  non  pui'*  negarsi  cho  Ìl  valore  del  lungo  scritto  ilei  Bonghi, 
ìoturno  a  questa  materia,  si  rinchiude  nella  indicata  proposi- 
zione; 0  se  piace  meglio,  nella  risposta  al  quesito:  —  È  egli 
possibile  0  sperabile  che  dallo  urne  del  pa^'se,  com'  ò  oggi  disposto, 
esca  una  pluralitìi  di  elotti,  i  quali  arrivino  a  formare  ìl  partito 
ideata  dal   Bonghi  e  da'suoi,  per  salvare  l'opera  loro? 

A  render  ciò  possibile,  il  Bonghi  afferma  necessario  che  «  le 
elezioni  si  facciano  net  nume  di  un  indirizzo  di  Governo,  il  quale 

Sfirif  XJfl.  roi  II.  (aty.  «Jl!  30  7  maggia  I88tì 


k. 


46G  niviSTA 

sìa  ben  dtìlerminato  e  preciso  e  chiaro,  nei  punti  pirt  importanti 
di  pi-litica  int<;rnti  ed  osterà...;  d'un  indirizzi)  di  Governo,  in  mi 
possano  convenire  o  son  convenuti  tutti  gli  uomini,  a' quali  !^ 
parso  &  par  bene  costituire  un  partito  nazionale.  > 

Otlimanionto!  Ma  dove  &on^  oggi  nell'Italia  liberale  gli  no- 
mini  Talenti  ad  esprimere  con  efficacia  un  indirizzo  sì  fatto  :  alia, 
dato  l'essere  delle  cose  pubbliche  qual  òcra,  è  possibile  ad  aa 
gruppo  d' uomini  autorevoli  esprimerlo  in  modo,  che  sia  accettabile 
agli  altri  uomini  desiderosi  di  compaginare  il  partito  tìaz'onoìe? 
Per  quanto  si  volga  e  si  rivolga  l'occhio  attorno  il  mondo  po- 
litini  di  «luest'  Italia,  non  ai  scoprono  piò  uomini  che  abbiano 
capacità,  0  godaiio  fiducia  pur  goTornarc.  Toltone  Ìl  Depretìs, 
contro  del  quale  sono  scatenate  le  ire  fraterne  di  tutta  la  mas* 
soneria,  ed  è  condannato  a  cadere  e  dovrà  cadere,  muoo  app»* 
risce  che  raccolga  in  sii  solo  il  necessario  a  raggnipparsi  inton» 
un  nucleo  di  persone,  quali  si  richiederebberi»  ad  esporre  l'inili- 
rizzo  di  Governo,  sospirato  dal  }Ionghi.  L'Italia  liberale  è  nella 
lugubre  eondixìone  di  quel  povero  panilitico  della  piscina  pn)* 
bAtica,  al  quale  altro  conforto  non  rimaneva  se  non  ripetere: 
Hominem  non  ìiabeo! 

K  se  finora  nel  Depretis  essa  ha  avuto  un  uomo  che,  bene  « 
male,  l'ha  tenuta  insieme;  ciò  è  stato  a  prezzo  di  contìnniu* 
tìfìzìi  e  di  continue  contraddizioni,  che  hanno  terminato  dì  com- 
piere quel  piilitico  sfasciamento,  che  va  sotto  il  barbaro  nome  di 
confusionismo. 

Il  partito  nazionale,  che  non  usci  dalle  urne  delle  precedenti 
elezioni,  tentò  il  Depretis  dì  rafra2;«mar8elo  con  una  Rnzìone  co- 
stante, che  fu  qualificata  di  trasformismo;  e  consisto  in  ciA, 
che  mentre  il  Governo  doveva  apparire  concorde  colle  idee  delli 
parte  sinistra,  dalle  cui  viscere  si  sup]Kiiieva  tratto  il  .Uìnistero, 
poiché  pur  sinistra  passava  la  pluralità;  noi  fatto  aveva  da  reg- 
gere con  idee  coufurmi  alla  parte  de&tra-,  che  era  la  minore  e  U 
meno  atx: editata  della  Camera.  A  questo  fine  e  con  questa  ia- 
teUigon}:a,  tacita  od  espressa,  si  amalgamarono  uomini  di  varie 
od  anche  opposto  pensare,  e  diedere  corpo  a  queir  ireocervo  ch« 
fn  denouiinalo  partito  della  trasformazione,  e  meglio  si  sarebiN 
chiamalo  della  defonttazione,  U  Benghi  asserisce  che,  neirani' 


iJUiA  467 

maniiimunW  ili  questa  olla  yotrìda.  corse  un  patto,  e  un  patto 
segreto  che  gli  nomini  di  parte  moderata  (i  deslri)  duressero 
serrìr^j  e  non  aspirare  in  nessun  modo  al  Gorerno,  inrecu  gli 
nomini  dì  parte  progressista  (i  sinistri)  comandare  e  avere  soli 
il  QoTemo  nello  mani.  À  loro  premera  che  il  Goreroo  sentisse 
rinflnenza  delle  loro  idee,  e  non  già  che  il  Ministero  si  com- 
ponesse  delle  loro  persone.  »  Qiaechè  il  Bonghi  V  aCfurma,  e  può 
saperlo,  dev'essere  vero. 

Ma  che  no  se^uì  di  poi  ?  Ne  seguì  che  il  patto  non  potè  os- 
«ervarsi,  stantechè  il  Deprotis  fu  costretta  a  introdurre  tre  destri 
nel  Hlnist')ro  pHrlamentarmente  sinistro;  e  che  pian  piano  si 
disgustarono  destri  e  sinistri;  e  convenne  al  Bepretis  tirare 
innanzi,  alla  meglio  ed  alla  peggio,  con  iscaltrimenti  e  giochetti 
infiniti,  od  assicurarsi  giorno  por  giorno  la  viti,  meadicando  favurì 
cho  anche  ogni  glorn»  più  discrodìtaronu  il  sno  Governo:  e  Si  era 
Tointo  fere  un  partito  forte,  soggiunge  il  Bonghi,  per  avere  un 
Governo  forte,  un  Governo  che  non  avesse  bisogno  di  accattar 
voti:  ed  ecco  s'aveva  un  Governo  che  accattava  voti  ogni  giurno, 
e  non  rìfiniTa,  pareva,  di  aver  necessità  di  accattarne.  >  Dal  che 
deriv/i  l'immenso  scandalo  tìdi'iinmoraììfà  politica,  imputata 
solamente  al  Depretis,  il  cui  processo  osibird  tutta  la  gioconda 
stagione  del  carnevale:  od  ebbe  per  frutto  la  votazione  del  ó  marzo 
e  per  ultimo  corollario  il  decreto  doÌ  37  aprile,  che  scioglieva  la 
Camera,  vittima  dui  grossolano  prestigio  del  trasformismo. 

Intanto  il  Depretis,  a  mano  a  mano  che  il  gioco  si  venne 
scoprendo,  dagli  antichi  partigiani,  ch'egli  bellamente  aveva 
burlati,  fu  gridato  traditore:  tutta  la  bassa  massoneria,  alla 
quale  egli,  con  grado  primario,  appartiene  gli  si  rivolUt  contro; 
e  nelle  logge  di  tutta  la  Penisola  fu  condannato  quale  falso 
fratello  che,  in  cambio  di  dar  di  spalla  alla  demolizione  finale 
dell'altare  e  del  trono,  se  n'era  futto  mascherato  sostenitore  e 
difensore.  P-jrciò  il  radicalismo  di  varia  tinta,  simlwleggiato  in 
quell'altro  pasticcio  chi>  si  nominò  pentarchia,  preso  foru  e  co- 
raggio; e  non  si  può  recare  in  dubbio,  che  il  solo  effetto  visibile 
e  palpabile  del  tra*forìimmo  di  Agostino  Deprotis  ò  stato  quello 
di  rinvigorire  il  gruppo  dd  partiti,  che  si  annodano  nitl  radica- 
lismo e,  per  mandato  della  massoneria,  debbono  atterrarlo,  sic- 


463 


RinSTA 


^ 


coiu»  ultimo  baluardo  della  monarchia  saroioa,  in 
città  dei  Papi. 

Da  questn  rapido  scorcio  di  storia  presentissima 
a  tutti.  BeHeoe  forso  uon   iutesa  da  molti,  bì  d« 
possibile  e  sperabile  che  la  novella  prova  delle  uro^ 
fuori,  come  per  incanto,  il  partito   nazionale  ehi 
Bonghi  e  de'snoi,  avrebbe  da  salvare  l'Italia,  qiiì 
conservata  dal  Bonghi  e  da'snoi.  Una  Camera  ch( 
confusione  d'»s;ni  cosa  e,  dopo  tre  settimane  dì 
fusione  elettorale,  deve  rinascere,  qual  cunua  dalla 
logicamente  aspettarsi  diversa  dalla  confusione  d( 
ond'è  prodotta  ed  in  cui  Tiene  compaginata?  E  ne 
l'agioni  coloro  che  pronosticano  dover  essere  la  fu 
della  Cameni  passata? 

Noi  molto  bone  comprendiamo  l'ansia  seoDS( 
penna  di  Knggero  Bonghi  ha  strappata  la  profe 
rona  la  sua  scrittura.  Ksclnso  il  partito  nazionale, 
è  pili  possibilo  di  formare,  di  quel  che  sia  una 
n  mtittoni,  od  un  carro  senza  ferramenta  e  legnam: 
pìi>  nulla  R\ì  cnt  fondare  congetture  o  speranze.  Caduto 
ninno  vede  chi  possa  surrogarlo  con  un  indirizzo  dil 
di  fuori  s<;rTa  da  parafulmine  all'Italia  rivoluzionar 
tro  schennisca  il  trono  del  Quirinale  dalie  insi 
tendono. 

Ha  bel  dire  il  Bonghi  che  «  il  fare  le  elezioni 
Depretis;  deve  parere  oggi  molto  pericoloso  &  tati 
erodono  di  grundu  iuteres.se  pubblico  il  dare  stabilì 
tuzioni.  e  l'assicurare  il  paese  nei  rapporti  està 
dall'attacco  segreto  o  palese  dei  partiti  estremi, 
scorge  in  nome,  non  già  solo  di  chi,  ma  di  che, 
queste  elezioni.  Il  Depretis,  in  questo  caso,  non  è 
è  una  guarentigia  ed  equivale  ad  un  program 
guarentigia  di  tolleranza  verso  l'Italia  rÌTolnsi 
dei  due  Imperi  centrali  d'Europa,  svanisce;  e 
rentigia  va  in  fumo  tutto  il  programma  masso: 
quale  si  reggono  le  cosi  detto  istituzioni.  Come 
Cavour  questo  programma  ebbe  il  suo  principio, 


n 


DSLLA   STAMPA  ITALIANA  409 

moDtese  Depretis  ha  il  suo  termÌDe.  Caduto  costui,  la  dinastìa 
passerà  per  sempre,  dalle  mani  tutrici  dei  pieiDontesi,  in  queilo 
più  spregiudicato  di  iUIianì,  di  rjuegl' italiani  cioè  che  mostra* 
rono  il  conto  che  fanno  delle  diniistiu,  scacciandone  quattro  (» 
eìnquo  dai  luro  troni.  L' eredità  del  Depretis  non  può  più  essere 
raccolta  da  nessuno.  L' unico  che  fosse  idoneo  a  raccoglierla  era 
il  Sella,  che  la  giustizia  dì  l'ìo  ha  ritirato  da!  mondo,  tra  le 
lagrime  del  Quirinale.  Ond'  &  che,  sotto  diverso  rispetto,  o)s1  la 
dinastia,  come  l'Italia  rivoluzionaria,  fuuri  del  Oi^pretis,  a  buona 
legge  ripetono  Vllomittim  non  haìtea  del  puralltico. 

Eppure  il  Bonghi  stiisso  ha  un  presentimento  che  il  "Depretis, 
il  necessario,  il  fatale,  T  ineritaliile  Depretis,  per  virti)  di  queste 
elezioni,  dovrà  soccombere:  e  ne  reca  ragioni  di  gran  peso,  ca- 
rato dal  «  discendere  >  che  fanno  le  idee  moderato  e  dal  «  ere* 
acero  invece  l'impeto  delle  idee  contrario,  tra  le  classi  popolari  »  ; 
dalk  divisione  delle  «  classi  borghesi,  inclinate  a  cedere,  te- 
mendo che  ogni  resistenza  cresca  il  pericolo  »  ;  dalle  «  elassi 
più  in  su,  che  contano  assai  poco  »  ;  dai  «  pochi  che  difendono 
il  Depretis,  e  lo  difendono  mollamente.  »  Se  non  che,  levato  di 
neiUEo  il  Depretis,  chi  potrà  mai  sceverare  dal  caus  dell' Italia 
politica  e  stringere  in  un  fascio  gli  uomini,  che  avrebbero  da 
formare  il  partito  na^tionale,  ultima  salvezza  fra  nei  dell'opera 
rivoluzionaria? 

%  piaciuto  all'Autore  intitolare  l'articolo  suo  Situazione  del 
paese.  Avrebbe  fatto  meglio  a  intitolarlo  Sduaziont  {lei  partiti. 
Il  paese,  pi^  che  mai,  si  è  venuto  allontanando  da  un  sistema 
legale,  che  non  gli  dà  altro  a  contemplare,  se  non  gare  vergo- 
gnose di  personali  aiabi/,Ìonì.  ed  altro  a  godere,  sa  non  ispietati 
soortkftinenti  di  trusse  abburrìte.  Egli  scrive  che:  «  il  carattere 
personale  dei  partiti  li  fa  odiosi  al  paese  e  odiosa,  che  ò  peggio, 
OOD  essi  la  forma  di  Governo,  dì  cui  si  dicono  I'  {strumento  ne- 
eessarìo.  >  K  come  dunque  pui>  egli  spiiniro,  che  il  paese  con- 
eorra  a  formare  colle  urne  un  nuovo  partito  nazionale,  che  non 
sì  saprebbe  da  chi  capitanato  e  da  quali  uomini  composto,  messo 
da  banda  il  Depretis,  dannato  alla  caduta? 

V  Italia  di  .Milano,  sotto  il  27-23  aprile  scorso,  ha  stampata 
k  lettera  di  un  tal  Giuseppe  Beretta,  operaio,  a  cui  un  Coioitato 


470  RIVISTA 

area  offerta  la  eandìdatttra  per  le  odiarne  elezioni.  Tranne  t 
concetti  socialistici  di  cui  pizzica,  noi  crediamo  che  questo  Berett&« 
uella  sua  lettera  di  riflatr>  ad  ud  tal  Valentiui,  macifesti  proprio 
il  sentimoato  della  grande  pluralità  del  paese,  circa  questo  argo- 
mento sì  vitale  pei  Bonghi  o  compagnia  bella.  Eccone  11  passo 
che  merita  di  andare  sott'  occhio  a  tutti  i  ^eUtori  di  caudidatoro 
polìtiche  pel  Parlamento. 

<  Vuoi  che  te  lo  dica  schiettamente?  cosi  egli  col  bqo  stile 
popolaruBco.  Dalle  ultime  elezioni  in  poi  ho  modificato  di  molto 
le  mio  convinzioni.  Non  credo  piiì  nò  al  Parlamento,  né  ai  suoi 
ìuiiuilini,  né  all'efficacia  delle  sue  leggi.  È  col  cuore  lacerato 
che  b1  devono  dire  certe  cose,  ma  è  pur  giuocoforsa  sputar!» 
fuori.  Davanti  allo  sfaccio  d'uomini,  di  cose,  di  coscieuw,  veri- 
flcatosi  in  qnt^sti  tempi,  ho  perduto  tutta  la  fede  in  quanto  ri- 
guarda la  politica  e  lo  sue  attribuzioni.  Te  lo  confosso,  no  bo 
piene  le  noma,  ne  ho  fino  alla  nausea,  della  dastra,  della  sinistra, 
della  patria,  della  libertà,  delta  democrazìa,  del  parlameutarìsmo, 
della  forma  di  Governo  :  tntte  frasi,  parole  artefatte  che  don  ca- 
vano un  riiguo  dal  buco,  che  non  satollano  il  becco  d'un  uccello, 
che  non  fanno  avanzare  d'un  pollice  la  soluzione  della  questiona 
sociale. 

«  In  26  anni  di  regime  parlamentare,  con  tutto  queir  esercito 
AUlluaifi,  di  patrioti,  di  talentoni  che  hanno  popolalo  la  Ca- 
mera, con  tutte  quelle  promesso  profuse  nel  diversi  programmi 
elettorali,  quale  legge,  quale  disposizione  é  venuta  fuori  a  tentare 
almeno  di  sollevare  le  sorti  poco  invidiabili  dei  lavoratori  della 
città  e  della  campagna?  Sann  proprio  curioso  di  saperlo!  Ah, 
Valentin!,  se  aspettiamo  che  qualcosa  di  buono  venga  da  quella 
parte  e  da  quella  gonte,  si  può  esser  certi  d'aspettare  fìno  al 
giorno  del  giudizio!  Alla  larga  dunque,  alk  larga  da  certi  luoghi! 
'^7on  voglio  aver  nulla  di  comune  coi  gabbamondì,  coi  falsari, 
coi  trafficanti  di  voti,  d'impieghi,  di  pensioni.  Preferisco  restan 
nel  mio  bugigattolo,  fra  i  sacchi  di  riso,  le  bollette  di  spedi* 
;fione  e  l'apparato  telegrafico.  L'idea  dell' emancipazione  operaia 
si  propaga,  fa  proseliti,  cammina  lo  stesso,  senza  chMo  vadat 
Koma,  nel  baraccone  parlamentare,  a  far  la  parte  del  legislatore 
0  del  ciarlatano.  > 


ORLLA   STAMPA  ITAUANA 


471 


paoso  adunque  meno  che  mai  3' immischier&  di  elezioni, 
l&Ue  quali  sento  che  niuti  bene  ò  per  provenirgliene.  Il  campo 
'  aperto  sì,  ma  non  ri  scenderanno  a  battaglia  stì  non  i  partiti, 
I  gP  illusi  dai  partiti.  La  bassa  massoneria  poi  ri  schiererà,  in 
Ila  tutte  le  forze  de' suoi  adepti  e  ligi,  contro  il  Pepretis.  Im- 
«rocche  la  bandiera,  sotto  la  qualo  questa  rolla  9Ì  pugnerà  con 
liù  accanimento  presso  le  urne,  sarà  piil  che  altro  negativa; 
iiod  dire  rinncghcrìk  il  Depretis,  che,  siccome  lamentn  il  Bonghi, 
li  suoi  amici  d'una  volta  n  avvorsarii  d'ora  combattono,  vili- 
)«idono,  insultano  con  una  pertinacia  incredibile.  »  Or  che 
mporta  al  paese,  il  quale  non  penetra  nei  secreti  della  politica 
lloastica,  che,  sotto  l'egida  dello  istituzioni,  eserciti  la  dittatura 
^\i\  toflto  il  Depretis,  che  il  Nicotera  ed  il  Crispi? 

Ruggero  Bonghi  piil  si  avvicina  alla  chiusa  del  suo  artìcolo 
e  più  vede  sciiro.  I  presagi  suoi  non  sono  punto  lieti,  per  la 
parte  sua  e  per  quella  Italia  del  noi,  nella  quale  s'incorpora 
lacors  tutto  il  sno  signor  sé  steaso.  ■<  Non  paiano  paure  sover- 
ehi«  queste;  soggìung' egli:  la  materia  di  tali  paure,  se  non  è 
pFODt&,  s'apparecchia;  e  chiunque  m'ha  fatto  la  cortesìa  di  leg- 
germi  0  in  questa  Rivista  (neW A  ufologìa)  0  in  altre,  non  mi 
tppoDo,  credo,  a  superbia,  so  affermo,  che  ho  pure  acquistata 
m»  certa  pratica  di  prevedere  le  cose  «mane,  »  Ah,  Bonghi 
crudele!  Hiipo  lavorato  colla  logica  il  manico,  egli,  con  questa 
rettorica,  affila  la  lama  dello  stile  da  immerge.ro  nel  cuore  dei 
SQoi;  la  lama  della  proftvja,  che  '.<.  avranuo  avuta  la  gloria  ed 
avrauno  il  vituperio  di  aver  fatta  e  disfatta  l'Italia  in  un  brere 
giro  di  tempo.  » 

Voi  certamente  non  arillreramo  profetare  tanto,  bonchft  Io 
8ftM»!o  di  questa  Italia  fatta  dai  twì  di  cui  è  parte  il  Bonghi, 
ci  si  offa  allo  sgujinlo  in  tutti  i  rispetti  possibili.  Ma  dacché 
oosì  profeta  egli,  e  così  sìa!  Ad  ogni  modo  è  salutare  coi^a  lo 
ioteodere  queste  parole  da  un  Ruggero  Bonghi,  sedici  anni  dopo 
la  breccia  della  Porta  Pia,  e  dopo  cho  egli  profetò  e  celebrò  in 
prose  poetiche  la  eternità  dell'Italia  sua  nella  città  dei  Papi  e 

Eo  del  trono  di  san  Pietro.  Ma  tant'è.  Egli  è  memore, 
Che  nel  mondo  muiaLìle  e  leggero 
UZZ 


^ 


m 


nmsTA 


II. 

Monsignor  Dosato  Vellkti  di  S.  Ci.«hbmb,  Vescovo  titolare- di 
Oropo.  Lezioni  esegetiche  e  morali  sopra  il  sacro  libro^^ 
Giobbe.  Voi  [,  di  pagg.  322.  Firenze,  lipognifìii  di  Hoffil 
Bìcoi,  1886.  Si  vende  al  prciszo  di  Ij.  2. 

Avanti  la  sua  promozione  all' Episcopato,  l'illustro  Mons.  Va-} 
nato  Velluti  dei  duchi  di  S,  Clemonte,  invofltìto,  benché  usai 
gìov&ne  di  età,  della  carica  di  canonieo  teologalo  nella  Hebo* 
ptditana  di  Fironze,  dovett*)  acfingoraì  all'opera,  non  meno  santa 
che  ardua,  di  spìegaro  al  pubblico,  popolo  e  clero,  la  sacra  Scrit- 
tura: e  fra  tutti  i  libri  eh  egli  aveva  balia  di  scegliere  per- 
soggetto  delle  sue  lezioni,  scelso  quello  sì  aitimìrabile  di  Giobbe. 
Nel  presente  volume  egli,  delle  3ue  lezioni,  si  ò  risoluto  di  dare 
in  luce  lo  primo  quindici,  delle  quali  le  cinquo  ohe  ranno  in- 
nanzi alle  altre  servono  come  di  proemio  o  d' ìntroduziono  a  totb^j 
il  corpo  che  ha  da  venirne  appresso. 

Del  metodo  che  egli  si  dcturminò  di  seguire  nello  arolgenj 
l'argomento  da  sé  prescelto,  in  guisa  che  potesse,  senza  scapito] 
della  comune  intelligenza,  dare  le  sue  parti  alta  scienza,  e  eoB-| 
ciliare  di  questa  il  meglio  che  si  ronsorva  nel  tesoro  degli  aft-j 
tichi,  con  quello  che  vanno  aomministraudole  i  moderni  ;  egUJ 
ragiona  con  grande  saviezza  nella  lezione  prima;  la  cui  lettnit] 
si  cattiva  l'animo  e  ben  lo  dispone,  che  rlmaue  invogliato  dl| 
procedere  innanzi  e  dilettarsi  del  bello  e  del  buono  che  già  pi 
gusta.  11  quale  attraimento  crtace,  a  mano  a  mano  che  il  dotto,] 
elegante  e  splendido  espositore  si  avanza  a  trattare  dell*  indole! 
del  libro  ispirato  di  Giobbe,  dell'untore  suo,  della  lingua  in  rid] 
fn  scritto,  della  sua  canonicità,  confutando  chi  gli  nega  Vi 
di  storia  e  lo  vorrebbe  spacciare  per  una  poetica  unzione;  fl] 
finalmente  a  mostrare  ^opIK)rtuuit.^  dolio  studio  dì  questo  libre! 
nei  tempi  nostri,  dei  quali  nigioua  con  sicurezza  di  giudizio  dal 
profondo  filosofo. 

Ecco,  per  saggio  del  suo  bello  scrivere,  come  discorre  d< 
libro  di  Giobbe,  dopo  averne  accennata  la  storica  orditura,  e 


86  tanto  mirabilo  è  la  sola  orditura,  che  dovrò  diro  delld  fìgurd 
sublimi  che  vi  sodo  disegnate,  del  colorito  che  le  rendo  si  rive 
e  naturali  agli  occhi  della  mente?  Ho  detto  che  chi  guardi 
soltanto  alla  superficie,  troverà  il  libro  di  Giobbe  appartenere 
ai  libri  storici  della  sacra  Scrittura;  ma  chi,  non  oontonto  di 
fermarsi  alla  cortctria,  vorr\  anco  pouetrarne  e  indagarne  il  mi- 
dollo e  r  intima  sostanza,  troverà  che  questo  libro  così  bello, 
ooaì  poetico,  così  sublime,  consta  di  tali  e  tanti  elementi,  che 
lo  fanno,  per  così  diro,  appartenere  a  tutte  le  categorie  dei  libri, 
8\  deir  antico  come  del  nuovo  Testamento.  Egli  aduna  in  eè  le 
luei  tutte,  che  rìHottono  gli  altri  libri;  imperocché  iu  osso  si 
trova  rinsegoamonto  della  morale,  come  nei  libri  sapienziali,  le 
predizioni  del  futuro,  come  in  quelli  profotici,  la  narruzionu  dei 
&tti,  come  negli  storici;  in  esso  vengono  celebrato  le  graadezze 
e  le  glorie  del  Signore,  come  ne' salmi:  infine,  fra  tntti  i  libri 
dell'antico  Patio,  è  quello  ohe  pìi'i  dì  tutti  gli  altri  si  uvvicìoa 
a' libri  della  nuova  Alleanza.  Infatti  quel  lìuguaggio  così  chiaro 
ed  esplicito  intorno  alla  risurrezione  della  carne;  alla  sperauza 
dì  vedere  nel  novissimo  dei  giorni  il  giudice  dei  vivi  e  dei  morti. 
Cristo  Gesil  Signor  Xostro,  di  guisa  che  faceva  esclamare  a 
S.  Girolamo  che  nessuno,  dopo  Cristo^  sì  chiaramente  parlò 
delta  risurrezione,  come  Giobbe  tanti  secoli  acanti  Cristo: 
quel  linguaggio  sì  elevato  intomo  al  governo  del  Creatore  sullo 
creature;  qiielU  mirabile  teofania,  che  ci  matiifosta  Dio  che  con 
sapienza  di  maestro,  eoa  bontà  di  padre,  intorluquisce  fra  le 
[Hroprie  creature;  quelle  mirabili  armonie  fra  la  natura  e  la 
grazia,  che  vi  sono  svolte  ;  non  ce  lo  rivelano  come  libro  vera- 
ment«3  irraggiata  dalla  luo«  del  Verbo?  £  poi  quel  palliente 
Idumeo  che  ìnnuceuttiuieote  soffre  mali  si  atroci,  pene  si  cru- 
deli; calunniato,  offeso,  dispregiato  dalla  moglie  e  dagli  amici; 
non  è  forse  un'immagine,  una  figura,  un  tipo,  un'ombra  profe- 
laea  di  Gesù  Cristo,  l'uomo  dei  dolori,  che  paxientcmunie  soffre 
tante  peno,  abbandonato  ancor  esso  dalla  sua  sposa  infedele,  la 
Sinagoga,  e  dai  suoi  medesimi  fratelli  ed  amici,  gli  Ebrei  che 
lo  cr.ici fissero?  > 

In  un  tema  che,  oom*&  questo,  porgerebbe  materia  ad  uno 
sloggio  pomposo  di  facile  enidi^sione,  noi  ammiriamo  la  sapiente 


474 


RIVISTA    DELLA   STAHPA   ITALIANA 


sobrietà,  che  usa  tratUudolo  il  cfaiarìssiino  Prelato:  Ìl  quah 
vemmoute  si  attiene  a.  quel  che  basta  e  coavieoe,  e  di  qac 
ancora,  con  labtii-iosu  studio,  sceglie  il  fioro.  Le  me  esposifiioDÌj 
sono  succose»  nobiliueote  condotte,  espresse  con  una  parola  Un* 
pìdache,  qual  cristallo^  trasmette  nella  monto  attrai  l'idea  senza 
artifleii. 

ha  dottrina  poi  è  solida,  e  la  precisione  teologica  delle  for- 
inole con  cui  &  data,  prova  quanto  riccamente  ne  sia  fornito 
l'animo  dell'Autore. 

Noi  speriamo  che  a  questo  primo  volume  non  tarderà  a  tener 
dietro  l'altro;  si  che  non  solo  i  periti  in  questa  inanieradi  studii,. 
ma  ancora  ì  credenti  a  sufficienza  instrutti,  non  escluse  te  p«r- 
sone  del  minor  sesso,  vi  abbiano  un  pascolo  salubre,  ed  aggiiui' 
giamo  altresì  consolatore,  otTi'rto  da  un  ingegno  e  da  un  cuor», 
in  cui  non  sappiamo  che  più  prim<ìggi,  m  la  pietà  e  la  cultura, 
se  la  perspicacia  o  la  gentile/^ta.  11  bisogno  di  forti  e  soari  eon-j 
solasioni  à  immenso  ai  dì  nostri,  nei  quali  tutto  quel  che  w* 
stitnisce  il  mondo  è  affliggente;  e,  per  la  malragitii  degli  tiomÌiù| 
e  le  calamità  che  opprimono,  si  convertono  in  ispine  le  st«MBj 
rose,  ond'é  pure  talvolta  indorata  la  vita. 

L'egregio  Prelato  cì  dice  che  «opera  veramente  grand?  bi-| 
rebbij  lo  scrivere  la  storia  fllosoflca  del  dolore;  il  far  vedere  la 
intime  relazioni  che  pa-ssano  fra  esso  e  l'umana  natum;  il  nr^-l 
strare  le  intrinseche  attinenze  del  dolore  coi  cuore;  i  salutari] 
effetti  che  sn  di  esso  produco;  e  per  ultimo,  opera  non  meooj 
grande  e  meno  cara  sarebbe  il  toccare  le  cordo  dell'arpa  addo-] 
lorata,  per  cantare  con  novelle  note  la  bellez7A  delle  lacrime. 

Or  questa  storia  del  dolore,  e  queste  note  che  ci  si  por 
dalla  mano  dell'ispirato  scrittore  del  G-iobbe,  acquistano  un 
si  sa  che  dì  più  dolce  e  celeste,  commentate  dalTangelieo  8{ 
di  monsignor  Vescovo  di  Oropu. 


.Àia 


na^^^^b 


CBONACA  CONTEMI'OllANEA 


Fireng€s  6  maggio  1886. 


I. 

COSE  ROMANE 

l  U  Tttbne  airi-i-i«  al  Snnla  PnJre  il  17  aprile  —  S.  BcDeAobe  sae  Lirgisioni  — 
9.  Iticeli  immoti  g  udicia<.»  pi>nU(icÌa  —  1.  Leoni'  XIII  e  ht  Penk  -  5.  L'Arci- 
cwitnilrrniia  di  S.  Michele  a  Vienna  i-  ii  Santo  Vaòrc  Ifonr  MIl  —  B.  Ina 
nlatoe  ci'riimiiiin  in  ViticAiio  —  7.  Leone  MIl  n  U  S|K>fn;i  —  V.  L' Inippratcre 
ii  Gf^rTDanÌH  i;  il  Sniito  Pmlcr  —  9.  LcntiR  XIII  i;  lii  |iacc  rclìg^cvin  in  lYussia  — 
tu.  Cronaca  dclb  qutstiwii'  roiimi», 

I.  Sol  me2u>?Ìonio  del  t7  aprile.  Monsignor  Macchi,  Mna-siro  di  Ca- 
Mra  di  Sua  Santità,  ed  il  Comm.  Piciro  Azzurri,  Cameriere  d'ouore  dì 
Spad»  <»  di  Capp»,  del  Veti.  Monastero  di  S.  Aiiionio,  nlTrivano  al  Santo  Pa- 
in,  com'è  costume,  nel  sabato  di  i>as.sìorie,  due  (lalme  da  quelle  religiose 
riecamenie  lavorale.  «  La  più  grande  delle  due,  scrive  V  Osservatore  ro- 
iMHo  nel  suo  n.  ^,  plìi  chiHmnrsi  un  vero  capolavoro  anisiico,  sia  per 
b  vagbeua  del  disegno,  sìa  per  la  squisita  e  delicata  fatiiira,  da  sem- 
inre  un  merletto.  I^  palma  b.  sormontata  da  un  ovale  e^reffiamente 
'miniato,  r»fTiifur:mlfl  la  \>rf^tn«  del  Rosario  cou  ai  lati  S.  Domenico  e 
>.  Caterina  da  Siena.  (ìli  svariali  (torellirii  urliriciali  e  le  fVuUa  di  ogni 
intrecciati  alla  polma,  sono  vaghissimi  e  formano  l'arami  razioni? 
fi  i]i]anli  hanno  avuto  il  piai'ere  di  vederla.  » 
Cn'akra  palma  slupcndaiiient'C!  lavorala,  fu  tjuella  die  il  sig.  avv.  Ales- 
ro  Aicardi  presentava  al  Sommo  Punlelice,  a  notne  del  provveditore 
ie  palme  |«r  la  Cap(»ella  pontificia  Mons.  Amedeo  Cresca  di  S.  Hemo. 
Il  Santo  Padre  colTusata  sua  benignità  ah'gradl  U  oirme,  e  benedisse 
iblatorì. 
[]  Santo  Padre  lecco  dnlla  crescente  miseria  del  suo  buon  popolo 
nella  generosiii^  del  suo  cuore,  e  non  nsianie  le  sue  presentì 
degnavasi,  sin  dai  primi  gionit  di  aprile,  di  mettere  a  dtspo- 
della  Eli-mnsincria  Aiiostolica  la  somma  ili  i|iiiitlordicÌmila  lire, 
nella  solmnitik  della  Ranla  P.isi]ua  Tosse  erogata  in  spettali  elar- 
in  danaro  ai  poveri  delta  città  e  neH'acijiiJsio  di  cenlasessaiila  leni 
e  forniti  di  tutto  il  necessaria  da  distribuirà  alle  lamiglie  povere 


476 


CftO.IACA 


0  mcrìicvntì  della  cnrilà  pnlnma  <lcl  Vktrìo  ài  Cristo.  Queste  beneflctw 
t)<sp05j/ioiiì  di  Sua  Santità  furnno  colla  maggior  sollecitudine  adetn{)iau 
rial  .suo  eleniosiuiere  spreto,  monsignor  SamminialelH.  Da  que.sio  bus 
}!lì  nhlaiori  del  danaro  dì  S.  PiE4ro  potranno  rilevnre  quanto  generosa- 
mente  anche  in  prò  dei  poveri  imjtirghi  ÌI  Santo  Padre  le  loro  offerte,  e  II 
dovN-e  die  i  caiioitcj  haniio  di  provvedere  all'augusta  povertà  del  comu 
X^iiAn  dei  fedeli,  perchè  K^tì  p'ìssa  sovvenire  ai  bisogni  deKlì  iotligeuli. 

3.  Numerose  oltre  l'usalo  sono  slate  nella  passai»  quiodicìiia  le  udieott 
e  i  ricevimenti  in  Vaticano. 

la  mattina  del  21  aprile  circa  le  tO  ani.  il  Santo  l'adre  aco 
in  particolare  udienza  il  Kmo  V.  Rettore  del  Collegio  dì  S.  hidoi 
Franceitcanl  Irlandesi,  il  quale  ebbe  l'onore  di  deporre  ai  piedi  de] 
cario  di  Cristo  una  somma  cospicua  per  l'oholo  di  S.  Pietro,  spediuitil 
Monsignor  Giacomo  Itrown,  Vescovo  di  Fems  in  Irlanda.  Su*  Santiii 
ringraziava  la  pietà  filiale  di  quel  zelaniiitsimo  pastore,  del  Clero  e  ié 
popolo  di  quella  diocesi,  mandando  loro  la  sua  Apostolica  Benediriont 

Nello  sies»o  giorno  varii  cospicui  ecclesiastici  e  molli  signori  e  si- 
gnore, aveano  la  consolazione  di  essere  ammessi  all'onore  di  baciare  il 
piede  al  Siinlo  Padre  e  dì  riceverne  la  Itejiedizioue. 

Il  26 quest'onore  veniva  accordato  ad  una  deputazione  della  Pa 
cale  Basilica  di  S.  Maria  Maggiore.  La  deputazione  era  presìeduia  dal* 
l'Kmo  C»rdinal  d'Hobenlohe,  Arciprete  della  detxa  Basilica,  e  sicooh 
poneva  dei  principali  dignìlarii  di  quel  patriarcale  Capitolo.  lCs«i  venivacM 
pftr  esprimere  ai  Santo  Padre  la  più  vìva  ricononcenu  pei 
favori  accordali  dalla  generosità  e  benevoleuta  sovrana  a  quella  Pani: 
cale  Basilica. 

4.  Dopo  la  Cina  e  il  Giappone,  ecco  la  Persia;  perchè  si  conosca 
non  c'ft  parte  del  mondo,  per  qu.into  remota  ella  sìa,  a  cui  il  Swiimu 
ledcc,  nella  sua  immensa  sollecitudine,  non  rivolga  il  pensiero, 
inhiti  neir/>Ao  de  Perse:  <  H  Papa  ha  decoMin  drl  Gran  (bordone 
l'Ordine  dì  Pio  IX,  i  prìncipi  Zil-ì-Suhan  e  Nait>us-Su1laoch.  ]n  ti 
easione,  soo  ora  pochi  giorni,  il  si<?.  Souchart,  incaricalo  di  affari  dì  Fi 
eia,  e  l'abate  Dumcrgue,  superiore  della  missione  cattolica  di  Theran 
slHii  ricevuti,  in  udienze  solenni   da  quei  prii;rìpi.  ikI  hanno  loro  ri 
le  insegne  dell'Ordine  suddetto  accompagnate  da  lettere  di  tenne  X 
In  queste  lettere,  Il  l'apa  ringrazia  i  principi  per  lo  spìrito  di  gì 
e  di  equità  col  quale  sono  trattanti  da  loro  i  cristiani  che  abitano  la 
e  manifesta  su  questo  rapporto  la  sua  alla  soddisfazione  e  ricooosceui. 

Questi  pacifici  trionfi  della  Sedo  Apostolica  presso  le  nazioni 
ancora  nelle  tenebre  dell'ignorane  della  vera  fede,  sono  una  8 
riprova  della  vitalità  e  potenza  del  C^iiolicìsmo  in  meno  alle 
dizioni  a  cui  h  fallo  bersaglio  tra  gli  Siati  die  si  dicono  inciviliti,  « 


lA^ 


£2à^ 


C0»1EMPO(tAK£A  477 

uanto  haaao  dì  grande  e  di  liuono  devono  ;ill' azione  iDciviliirice  della 
Chiesa  di  Kmn:i. 

5.  (ìli  .sguardi  del  mondo  odierno,  t^nlo  oggi  agitato  e  sconvolto  dalle 
Èlle  sovvertjirici,  souo  hvolti  si  Pupa,  come  a  colui  che  solo  può  sal- 
darlo dalU  catiistrore  clie  ci  minaccia.  Tra  cento  TaUt  che  ne  aU3taro>o 
iotto  ^li  ncchi  CI  pince  nrerirne  un  solo.  Il  Ti  aprile  si  riuniva  ìjì  Vienna, 
Mia  vasia  sala  dei  Filarmonici,  la  XXIll  aduniin^t  generale  dell'Arci- 
bonfralernita  di  S.  Micliele,  con  iuiervejjlo  del  Cardinale  Arcivescovo,  del 
S'uQzio  Apostolico,  di  II»  itran  numero  dì  IVelaii  e  di  ra^'gu  arde  voli 
pefsonaj^gi  appartenenti  al  clero  ed  al  l'ari  aiocra  zia.  Presiedeva  il  Conte  Si- 
hfrerfo  Saint.  Fu  assai  notevole  il  disorso  del  Padre  i^dentorisia  Meyer, 
Mi  quale  l'oratore  spiegfj  lo  .sf;opo  dell' Associa  rJone.  Esordì  col  cliiederc 
■eusa  del  prendi^re  la  (inrnla  lui,  lìglio  dì  S.  Alfonso,  ma  osservò  die  ciò 
lovea  pur  comportarsi  da  che  il  S.  Dottore  fu  pit'nn  dì  devo/iouc  alla 
I.  Sede,  e  nel  secolo  passato  primeggiò  tra  i  campioni  pii'i  foni  dell' iiuto- 
ità  pontificia.  L'Arciconfralernita  nnn  è  una  semplìco  Congrcgaziofte  di 
iregliiere  private,  egli  di:sse,  ma  dev'essere  una  Compagnia  militante  che 
gi.sce  e  che  spiega  la  sua  attività  nel  mondo.  Primo  dovere  dei  soci  è 
Il  itiiiur  cara  la  vita  cristiana,  di  Una  aperia  ed  imperterrita  profiission  di 
fede  e  di  tener  desto  l'amore  e  lo  spìrito  di  sacrifizio  verso  il  S.  Padre; 
perchè  oggi  più  che  per  t'addietro  la  Chiesa  è  veramente  Ecclesia  pressa. 
L'oratore  paragonò  la  Crtiifraierniis  alla  schiera  di  Gedeone;  e,  come 
fltiesta  era  composta  d'uomini  valorosi,  i  quali,  invece  di  starsene  a 
KDdere  gli  agi  delle  loro  <::ase,  uscivano  coraggiosi  a  intraprendere  una 
Aera  loUa  ;  così  anclie  in  Vienna  non  debbono  mancare  uomini  di  tal 
btia,  che  sieno  sempre  pronti  a  levar  la  voce  a  prò  del  I^onteiìce,  iri- 
k)laio  e  vilipeso.  Ma  ciò  non  può  farsi  se,  in  primo  luogo,  non  sì  obbe- 
disce ai  comandamenti  della  Chiesa.  0"*^"  cattolici,  che,  senza  riguardo 
lUi  loro  fedf,  leggono  n  aiutano  del  loro  danaro  la  stampa  scredente  e 
BNiiica  del  Papa,  i  cattolici,  che  in  tante  occasioni  si  accomunauo  cogli 
ivversarìi  del  l>isti3nesimi>  non  appartengono  di  cerio  alla  schiera  vìt- 
|toriiisa  di  (ledeoiie,  pt^rchè  sta  scrino:  dat  dfffins  vicioriam.  Amniirahìle 

i  fu  la  conclusione  del  discorso  pronunciato  da)  conte  Salm.  «  Ammirate, 

disse,  l'opi^rosilà,  Io  zelo,  la  sapienza,  le  sollecittidini  atTeltunse  del 

Leone  XIII,  e  col  cuore  infìammatn  di  riconoscenza  dovrete  confessare 

io  lineali  tempi  tristi,  (junudo  inflerìsce  la  lotta  tra  il  cristianesimo 

il  paganesimo  rinato,  e  i]uaiido  l'incendio  si  è  appiccato  non  ad  un 
Ulo  angolo  della  terrj,  ma  ovunque  nasce  e  ovunque  muore  il  sole.  Iddio 

ieio^ìs^iimo  ci  ha  dogato  un  Somoìn  Pastore  pari  alla  grandezza  del- 

tflicto,  pari  alte  gravi  necessiti  di  questi  trepidi  momeuti.  Kgli,  il  vero 
Desso  dj  Dio,  □  addila  il  pTio  ove  è  tnestieri  cercare  scurezza  in  mezzo 

file  burrasche  che  imperversano;  onde  ^  nostro  dovere  udir  la  sua  voce 


478 


OlOSACA 


e  [Mrgercì  docili  agli  insogna  menti  e  comandi  suoi.  L'n  »llro  dovere 
nostra  Arcicorirrnlernita  ^  di  pr<>slare  orecchio  alte  voci  coq  cui  il  S.  Pid 
latiicntj)  I»  durezza  delle  cntidi^ioni  in  ciiì  vorsa,  ed  i  lriiv.igli  che 
«RTi  tallì  (in  lame,  parti,  e  di  xmìn  in  soccorso  alla  sua  augusta  povc 
Ed  in  lurrDiiio  appuiiio  chiedendo  alla  vostra  geDcrasiLà  un  soccorso! 
Padre  oo^lm,  sjwfiliato  da  ingralittsimi  e  snaturali  n£liu<^i.  » 

G.  S|<EonilitIa  e  lulla  degna  delta  map-sià  del  Romano  Poalillcato 
la  cerimonia  del  '^7  aprilo  in  Vaticano;  perocché  in  quel  giorno  la  Sanili 
dì  Nostro  Sij^uore  Papa  Leone  XIII,  in  nome  dì  Sua  Maestà  Cattolica  IiJ 
Regina  Mnria  Cristina  HeRt^enie  di  Sp-ic^na,  M  degnava  imporre, 
solenne  pompa  all'Emo  Cardinal  I^dovico  Jacobìni,  suo  segreiani 
Stmo,  le  ioie^e  del  Real  Ordine  del  Toson  d'Oro,  courerìiogli  io  s«^«J 
atrc^ilo  ft'lice  della  mediazione  pooliUcii  nella  vcrE«^n/.i  fra  la  (ìernuoil 
e  la  Spa^^na  sulle  Isole  Caroline.  I  iiartìcolari  della  soleom  cerimonii 
chi  fosse  vago  di  l^gerli^  lì  troverà  nel  n'  97  deW  OHsrrvatare  Homo»». 
A  noi  piare  di  qui  ri^rire  le  nuperrde  pamle  die  il  Santo  Padre  àt- 
gnavasi  di  rivolfierc  all' illusine  porporato. 

«  La  cerimonia  ora  compila,  mn  la  quale  ahhiatno  imposte  a  L/i, 
Signor  Cardinale,  le  insi'giie  del  notiilissinio  ordine  del  TtxsoH  d'orv.  t 
stala  a  Noi  ca^uiie  dì  {mrtic(»lare  compiaceiiut. 

<  Noi  siamo  hen  lieti  che  Hlla,  Signor  Cardinale,  abbia  ricevuto  dalli 
KttgJDa  reggerne  di  Spagna  un  alleviato  di  si  alia  considerazione,  sia  |<rj 
roncare  grande  chea  l^i  ne  deriva,  sia  perche,  essendole  .<t.iio  cjiife 
nella  qualifica  che  ricopre  di  Mostro  SeKretario  di  Slato,  Ci  fornisce  «a 
prova  novella  deisti  amichevoli  e  cordiali  rapporti,  e  della  ikvoiir 
profonda,  che  uni:scoi]o  la  noMIo  nazione  .s[:4tgnola  a  questa  SK<Se  Ap05(otk 

<  Ci  allìeifl  anche  il  pensiero,  che  l'onorinca  distinziooe  accort}aial« 
per  Noi  un  gradilo  ricordo  della  Mediazione  ìriterpostt  nella   verte 
iosorla  sulle  L'iole  Caroline;  colla  quale  Mcdiamoc,  secondando  T  ia^n 
propria  del  Pontifìcalo  romano,  VA  ta  dato  coniinrre  ogni  di.s&idio  ira  < 
potenti  ed  illustri  nazioni. 

e  lo  sei^uiio  di  ciò  Noi  non  potisiamo  non  acc/Kliere,  ed  anzi  fac< 
Nostri  i  voti  che  Ella,  Signor  (ìardinale,  testé  es|jriioeva  {ter  la  prnsiumt. 
(Iella  Regina  reggente,  e  piT  la  grandezza  e  la  gloria  dei  cattolico 
di  Sjia^'na.  Sn  di  esso  pertanto,  con  tutto  il  fervore  dell'animo  Ne 
imploriamo  ì  \iiii  eletti  favorì  dal  Cìdo,  e  vo^lijoio  che  ne  si.i 
Lenedi^ioue  Apostolica  che  con  paleriio  alTctlo  impartiamo  princi^ 
all'Augdsia  SlfiDora  che  delta  Spagna  regge  i  det^iini  e  alta  Keale  Fa' 
glia,  e  che  psrertdiamo  anche  al  Sittnor  Ambasciatore,  qui  preMute, 
di  Lei  rappresenta  lite  presso  di  Noi,  ed  alla  intera  nazione.» 

7.  Narrammo  a  suo  tempo  il  solenne  riceTimenlo  io  Vaticano 
novello  AmMsciatore  di  Spagna,  il  giorno  della  presentaidoM  delle  U. 


C0rfTE1IIN)RAfteA 

rrit')i7ji/ialì;  ma  n'in  potammo,  allora,  coin'er»  nostro  desiderio,  ri[)oriare 
il  disborso  dal  Sanio  l*adre  diretto  all'illustre  rappresenlanle  della  cat- 
UAìca  Spagina.  Ora  ci  arriva  il  Correo,  orgunù  oflicio<;o  del  signor  8«gaKia, 
enn  il  tcsu  do!  Llisoorì^  Fonlidclo,  e  slam  lieti  di  recarlo  nelln  Tt-mia 
lldiicia  che  sia  autmiii'A  uisa  nttlla  qiialp  ci  confi;rma  il  vederjn  |tub- 
tilicaio  neir amorevole  periodico  romano  V  Otsertiaiore  tfiVJ. 

Ecco  il  discorso  del  Sauto  Padre: 

•  Sigtinr  imhasdatore.  riwviamn  dalle  vo«re  mani,  colla  piìi  vìva 
soddisfaiclone,  la  letler^.  colla  quale  Sua  Maesti^  la  ite^'ina  HegiienlC;, 
vostra  aiigiisia  sovrana,  vi  ac  rediia  in  qualilA  di  amliasciaiore  straor- 
dinario di  Spatj'aa  presso  la  Siinia  Sede.  Con  pari  soidisra/ioDe,  abbiamo 
ndiin  le  mliili  e  alTi<ttans«>  parole  colle  f|iinli  aecnmpngnRm  tii  prf^sifnln- 
tinur  delle  vostre  credmtziali,  e  che  maoifcsuino  la  riconospeiiza  della 
Rriurfna  Re^^fi^ni*'  e  del  suo  coverno  per  ci^  che  abbiamo  fallo  n«l  tempo 
dei  duf  avveniiiienli  recanti  della  morte  premalura  del  Re  Alfonso  e  del 
conflitto  che  era  socio  ris|ie«o  alle  Isole  Caroline. 

<  Noi  CI  aflrctUamo  a  dichiarare,  in  ricambio,  che  non  potevamo 
Operare aluimenli,  perdi*  aml.tmo  grandemenie  la  Spagna,  quella  naitione 
che  (^  ^  e  Ci  sari  s.^mprc  cara  per  la  fermezza  riolla  sua  tt^U  e  pel 
oosianie  affilio  clie  i  Re  caltolici  hanno  sempre  professato  verso  questa 
Sede  Apo<itoltcs.  Quindi  non  p:>ievamo  a  meno  <li  |)reodere  la  più  viva 
parte  all'afllirione  unanime  che  itiita  la  nazione  <;pagnunia  ha  provalo 
sotto  il  colpo  d'un  luiio  supremo,  e,  parimenti,  abbiamo  consacrato  ì 
Nostri  buoni  ufTlcii,  col  più  ardente  desidt'rìo  d'evitare  il  pericolo  della 
ga»n  e  di  rìslalÀlìrc  la  pnce  fra  diin  [mionti  na^doni. 

<  Amiamo  aggiungere  rh<'  la  missione  di  arbitro  Ci  ^  siala  pure 
Rradliu.sima  in  quest'occasione,  [lercliè  CI  ha  permesso,  nel  tutt'lare  la 
giitsii/ìa,  di  inoltrare  ona  volta  dì  più  il  Nostro  afTeito  per  la  Spagna 
e  il  vivo  iiJlere:^se  die  [lortiamo  alla  sua  proRperitl^  eil  alla  sua  gloria. 

•*  Slamo  siali  lietissimi  d'apprf-ndere  che  la  Spagna.  ìiahsa  del  suo 
titolo  di  nazioim  callolica,  e  sicura,  quinilinnan^i,  della  sua  dnminarìone 
sulle  I.wle  Caroline,  più  si  preoccupa  (Idia  vera  civiltà  e  della  cidlura 
religiofa  degli  abitanti,  e  che  missionarii  rrance.<tcani  sono  giìk  partiti  per 
quei  lontani  paesi,  amie  di  pr^^pagarvi  la  luce  dell'Evangelo.  Ù|>erando 
cosi,  ne  risulter.'i  immancabilmente  che  le  relazioni  amichevoli  e  cordiali 
che  baooo  sempre  osi.siiio  fra  la  Sede  Apostolica  e  la  nazione  spagnoola 
saranno  ejitc»  e  assodate. 

«  Non  dubitiamo,  signor  ambasciatore,  che  la  vostra  missione  non 
sia  coronata  di  un  felice  successo,  perchè  giA  conosciamo  i  meriti  e  le 
qmlìlà  che  vi  distinguono,  e  che  già  abbiamo  potuto  apprezzare  quando, 


480 


CRONACA 


un'alin   volt.-i,  con  piena   Nostra  .soddis razione,  avcie  occupalo  l'ili 
carica  (rani!i»»;inu)re  ili  Spagna  presso  questa  Santa  Sfide.  » 

H.  Ahliiamo  i^Ìi  annuncialo  che  V  lm|)erainre  di  (ÌHnnani.1  ha  dirfHia  i(" 
Santo  Patire  un  Suo  uuL(>;jrafo,  ti  quale  Tu  coiisf^nalo  dal  ^ììfiior  de  Scliluur. 
Ministro  di  l'russia  presso  la  Santa  Sede.  In  questo  autografò  Sua  MaeAi 
esprime  in  termini  di  speciale  cortesi»,  gcnliIe/./.a  e  Jeferen/,!  la  Sua  wJ- 
disfazione  del  Telice  risuilalo  della  iut:dia:tioue  pontifìcia  nella  verlonu  ddk, 
isole  Caroline,  e  prega  Sua  Santità  a  gradire  In  meatorìa  di  tale  «jcc 
il  dono  che  I,e  faceva  presentare  per  meno  <I«I  MiniMro  stesso. 

Il  dono  consiste  io  una  splendida  Croce  pettorale. 

Essa  è  di  stile  antico  e  di  forma  Ialina.  La  lunghezza  del  bracMJ 
maggiore  l^  di  12  c^-niinieiri;  quella  del  minore,  di  'J.  —  Comprendcidinij 
il  passante,  clic  sormnrjt;!  il  primo  tiraccio»  si  ha  una  lunghezza  di  16  ceatiaLi 

I.a  Croce  t  in  oro  con  riponi  in  cesello.  tem[)esiaia  di  lirìllauli  e 
rubini,  ed  il  lavoro,  tutto  a  mano,  fa  fede  dell'aliiliià  dell' sn:.sia.  —  N«l| 
centro  .scorgesi,  rilevata  a  oe&ello,  la  testa  del  Salvatore  contornata  ili| 
Iti  grossi  brillanti.  —  Spiccano  alle  estreiniut  -1  brillanti  di  grande  di-j 
mensionc,  di  acqua  bianchissima,  e  doppia  lavorazione  iu  ntczzo  ad  altn , 
tirillanli  minori. 

Alla  tt!stn  del  Salvatore  è  .sottopnsta  .una  raggiera  ancor  essa  loUa' 
in  brill.tnli.  Il  passautc  che  regge  la  Croce  è  Tormato  da  una  rosetta  di 
7  grossi  hnllanU  con  un  grande  rubino  di  primo  colore,  oel  centro.  Sor* 
reggono  questa  ronella  due  angett  di  oro  rilevali  a  cesdk». 

Tuua  la  Croce  a  tergo  è  lavorata  squisitamente  in  cesello. 

L'jja  colUiia  di  oroelcganlinnejite  lavorata,  della  lunghcoa  di  un  in 
compie  questo  regale  presente. 

y.  La  Gassetta  popolare  di  Colotiia,  a  cui  ne  lasciamo  la  re^potB^l 
billlà,  pnbMi<-a  la  relazione  d'un' udienza  che  il  Santo  i'adre  ha  coacfiuitj 
a  deputati  tedeschi.  Secondo  questo  resoconto,  il  Santo  Padre  si  sar 
espresiio,  presso  a  poco,  lo  questi  termini  : 

«  La  legge  religiosa  in  Prussia  è  un  nuovo  passo  verso  la  pace.  U|^J 
verno  ha,  noi  lo  crediamo,  espresjio  .sin^-era mente  d  suo  desiderio 
pacificazione^  e  speriamo  che  giuthgeremo  col  tempo  ad  una  pace 
e  duratura.  Consideriamo  »pecialmeuie  come  importante  la  rìapenura  àe 
seminarti  diocesani,  perchè  sono  ì  semenzai  del  clero  e  le  sorgenti  àà 
rinascimento  cattolico.  Si  t>  potuto  trovare  un  accordo  col  governo  sai^ 
professori  dei  scmiuarii;  ma  f>  necessario  che  i  vescovi  abbiano  liberata] 
aoalta  dei  titolari. 

«  11  ristabilimenio  del  ministero  pastorale  sari  uà  baluardo  cootroij 
progressi  dell' irreligioae  e  del  movimento  socialista,  - 

«  Cretlinmo  die  ci  è  permesso  di  gu.-)rdar{!  con  fiducia  all' a  ne 
Fate  as.s(>git;i nielli')  .sulla  sullecitudine  della  Santa  Sede.  Sua  Maestà 


Paratore,  dal  canto  suo.  Ci  ha  atiesiaio  i  ^uoi  jwnlimeniì  benevoli  e  la  siis 
nulazione  di  aiJ«rìre  ai  desideiìi  d^i  suoi  .luddiii  cattolici 

•  Fino  dal  primo  giorno  del  Nostro  Pontificato  altbiamo  pensato  quo- 
tidlanatwnte  alla  Ocmi.inìa;  iiNFiniioo  del  contimi')  pre^nto  Dìodi  dare 
a  questo  paese  il  l>en€ilcio  della  pace.  Sembra  prodursi  un  miglioranieiilo- 
Sol  abbiamo  costantemente  seguito  lo  svolgersi  de^jli  affari  nella  vostra 
patria,  e  fatto  i^r  essa  tulto  rio  chi*  i"»  stato  in  Nostro  potere.  Pi  dilficile 
pervenire  al  terniiwr  in  una  volt».  |[  mie'iiwamento  lento,  insensibile,  ri- 
siede nella  natura  delle  cose  umane,  tanto  jiiii  che,  nella  patria  vostra, 
dove  jm'i  no»  esiste  l'unità  della  lede,  rania^onisinn  della  Chiesa  pro- 
lesunte  colla  Cl)ìe.sa  (.-atiolica  otiblJi$a  a  cercare  un  modus  vivmdi. 

«  È  aeirmleresse  dello  Slato  di  hocetipare  le  cure  vacanti  e  dì  Tar  va- 
lere r  influenu  morale  del  caltolicismo.  Sono  precìsa nK>nlr>  i  suoi  princìpìi 
relii^fMi  che  preservano  il  cattolico  dal  socialismo.  Soddìsrare  ai  suoi 
Jfiiderìi,  ai  suoi  volt  religiosi  é  an  provocare  il  bene  stesso  dello  Slato. 
J  cattolid  ì^nno  che  hanno  doveri  di  coscienza  verso  la  (Jhìesa,  lo  Stalo 
e  la  Casa  imperiale. 

«  ^0l  amiamo  motto  la  Germania  e  preghiamo  ogoì  giorno  pel  suo 
beoesscre.  Ci  rallegriamo  dell' atiei^giamenlo  corretto  dei  caiiolici  che 
buonOs  al  Parlamento,  una  rappresentanza  cosi  eccellente,  cosi  meritoria 
SòlU)  l'aspetto  degl'interessi  della  Chiesa,  si  perseverante  e  sì  ammirabile 
per  aboegazione.  È  anclie  merc^  l' opera  loro  che  la  Chiesa  ha  ricon- 
quistato un  poco  più  di  libertà.  Se  nuove  lolle  dovessero  sorgere,  essi  le 
«oeierrebbero  con  coraggio  e  tenacità.  Bìsoigna  ricevere,  con  ringraziamenti 
a  Dio,  tulli  i  miglioramenti  che  ci  vengono  fatti.  Pr&sio  avrete  a  volare 
la  Duova  legge.  Occorrerà  una  certa  riserva,  confórme  alle  circostanze, 
uà  nnn  vogliamo  farcì  giudici  di  queste  cose.  Voi  sapete  di  che  la  Chiesta 
ha  bi^goo,  e  fortunatamente  avete  il  consiglio  di  capi  .saggi  e  avveduti. 
Accettate  questa  legge  con  soddisfazione  e  c^n  lieiievolenza,  benché  essa 
non  accordi  lutto  ciò  che  ahhi.sogna  alla  Chiesa.  » 

Parole  d'oro,  aggiungiamo  noi;  ma  come  ricoDciliarsi  col  PapaTnoD 
è  evidente  che  base  dì  questa  riconciliazione  dev'essere  la  resiituzioae 
4a  maltolto? 

10. 1^  questione  romana  vassi  facendo  ogni  di  pi{i  si  vìva  ed  incalzante 
tìtt  a  noi  pare  pregio  dell'opera  tenerne  in  questa  nostra  cronaca  infor* 

ti  t  nostri  lettori;  dalla  soluzione  di  e-sso  dipendendo  oggimai  Tassello 
di  una  società  tanto  xcomt)ussolaia  come  quella  in  cui  viviamo. 

ette  la  quìstione  romana  non  sia  dennitivamente  risoUn,  nome  sognano 

Remici  della  Chie.sa,  chiaro  appari.'ice.  dal  linguaggio  tenuto  dal  poteiH 

r>  Gran  Cancelliere  germanico  alta  Camera  dei  Signori  di  Pru.ssìa 

tornala  del  12  aprile.  L'eminente  uomo  di  Stato,  dopo  aver  fatto 

più  splendido  elogio  del  Papa,  e  insegnato  agli  uomini  di  Stato  come 

Strit  XIII.  voi.  II.  ftuf.  S-a  :U  8  maggiù  ltftl6 


483  OtONACA 

si  debba  parlAre  del  Paiia,  dic«a;  «  Il  P.ipa  è  anche  un  signore  avi 
moderato  e  pacitìoo-  il  Papa  nnn  è  Ounlfo,  non  ^  Pniacco,  non  6  T 
liberale,  e  non  ha  alcuna  relazione  colla  democrazìa  socialisiìca.  Tuit 
questo  influrnze,  che  Hilsano  la  siluazìoue,  noo  trovano  posto  a  Homa.  Il 
Paiia  è  puramente  caiioUco,  nient'allro  che  cattolico.  Jt  Papa  iH>€ro 
rappresenta  la  libera  Chiesa  Cattolica.  »  Ora  chi  non  è  accecato  di 
passioni  settarie^  pu6  ben  vedere  attraverso  queste  parole  il  concetto  dtf 
ha  r  uomo  di  Stalo  tedesco  della  .situazione  che  è  stala  fatta  al  Papa  dalla 
rivoluzione  insfìdiatasi  a  Hotna. 

Dopo  Disinark.  il  Fazzari.  Achille  Faziarì  none  ud  uomo  da  starei 
petto  col  Bismark,  ma  per  essere  stato  un  ex*coloDnello  dì  Garibaldi,  in 
Sicilia,  Ji\  Volturno,  e  a  Monterolondo,  dove  fu  forìLo,  merita  quslcbr 
coosiderazione.  Ora  il  Fazzari  che  si  presenta  candidalo  a  Caiantan, 
preade  a  base  del  suo  programma  il  connubio  tra  lo  Stato  e  la  Cliica 
In  esso  è  dello:  «  I,' unione  del  Papato  col  CJuirìuate  avrebbe  uno  scopo 
ed  UD  intento  comune,  ta  grandezza  ed  il  magifior  prestigio  (V  Italia.  Il 
Papato  i:  la  piìi  grande  delle  istituzioni  esìstcnii,  e,  pur  essemlo  uoiversalr, 
rimane  e&sei)/iatnienle  italiana,  perche  da  RoDia,ove  ha  sede,  estende  li 
sua  azione  a  tutlo  il  mnudri.  Iriacchè  l'Italia  ha  qaeata  fortwi,  sappi 
avvanlaggiarsene,  ed  abbia  il  Vaticano  per  amico,  non  pib  per  tari» 
ostacolo  alle  sue  aspirazioni.  Xa  conciliazione  ptn-  [nolii  è  un  sogno,  |Kr 
Dioltissimi  è  una  sciagura.  Invece  è  la  via  mitfliore,  anzi  la  sola,  per 
diventare  grandi  e  rispellaiì.  > 

Dopo  il  lazzari  il  HendK,  Ca<;tDi.  come  lutti  sanno,  da  gran  tiìai! 
affatica  a  dimostrare  che  Cavour  non  mUfse  mai  l'>gberc  Rnma  al  IV 
perA  in  una  sua  lettera  scrina  da  i'eruipa  io  dala  dell'  1 1  aprile  e  imahu 
nel  MoniUìtr  de  Rom^  del  14,  dichiara  che  il  coole  di  Cavour, 
Iter  caso  si  fosse  avviato  per  quella  si  funesta  via  politica,  che  per 
i  Lanza  ed  i  Sella,  sarebl)e  ritornalo  indietro,  con>e  il  principe  di  BìmiuiI. 
che  si  disse  più  volte  di.scepolo  del  (^onte  di  Cavour,  indiuneggia 

senza  vergogna  e  sejiza  tìjiiore,  e  si  avvicina  al  Papaia  »  E  ritM    

il  suo  concetto,  prosegue:  «  È  carattere  speciale  dei  veri  nomini  di  SW* 
ti  fermarsi  dinanzi  ad  una  forza,  allorché  riconobbero  che  queso  fom 
era  loro  supenure  e  disperano  di  vìncerla.  I  pscudopolitici,  al  contrinn, 
gli  uomini  senza  valore  non  indietreggiano  mai.  >  K  qui  ricorda  le  pink 
dettegli  dallo  stesso  Cavour  in  Parigi  nel  marzo  18511.  <  Roma  <  Dio  iU 
liberi  da  simile  vespaio.  » 

E  tanto  basii  per  ora  ! 


~  *  - 


*-■  -— — 


CONTKUPORANEA 


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COSE  ITALIANE 


1.  Il  tlwretn  che  seioelie  li  Cameni  bassa  —  i.  Va^lsiitym  flctloi'nle  —  3.  Il  colera 
in  lUlia  e  le  qwranttiie  —  4. 1  bili  di  [trìiHliù  e  i  DwJii  al  Tahiii  —  5.  L'ec- 
cidio ild'a  x)Kulij!Ìone  aXrìcana  —  6.  L' InTcniarìo  Jdla  \\  Ifgislatuni  iuliaiia  — 
7.  Ciruolait-  ilei  f-oimlitto  grncrali'  iM-muiii^nt*-  «k'ir^jwrii  ilei  Con^g&i  e  ijei 
Couiituii  Ollolìci  —  8.  t'iuL  Im'IIii  pn>)Hit.U  MVEco  {Cltnìia  —  !}.  Il  innna- 
iwnlo  u  Mclanl-isio. 

■1.  n  dprfpio  lanio  desiderilo,  che  scioglie  la  Camera  bwsa  e  chiama 
gli  eletinh  italiani  alle  iiroe,  è  flnnlmf^nte  venuto.  I.'asficUitiva  Tu  grande, 
uè  v'ebbe  >noroale  io  tulio  il  tempo  che  passò  d^ills  proroga  allo  sdo- 
^hnenio,  che  non  fact*sse  voli  per  vedere  il  Depretis  comandare  alle 
BToe  di  rìa[irirsi  per  dire  all'Ilalia  ledale  una  novella  legislatura. 

Il  decretò  è  stato  pubblicati)  iwlla  t?ftirf\lta  lìffieiale  e  porta  la  data 
dd  27  aprile.  Essu  convoca  i  colleiri  Rleiiorfili  pel  "ì-i  maggio,  slahitiscn 
i  ballmtagtfi  pel  'Mi,  e  tissa  il  Iti  giuguo  i<^r  la  Convor^zinne  del  Senato 
e  della  'iainera.  Il  decreto  i  preceduto  dalla  relaziona  ministeriale  al  Re 
imi  [DO(ivi  die  hanno  determinalo  il  K'abinello  a  chieilere  la  Tacoltà  di 
provocare  ti  retiiKUiso  delle  urne.  \Jw&Ia  relazione  che  i\  Popolo  Itomano 
trova  UD  documento  sobrio,  nel  quale,  sema  pretese,  è  dello  tulio,  e  rivela 
cfatmrafflente  lo  slilfi  del  l'reKideole  dei  ministri,  t  staio  da  altri  giudir;ilQ 
Ut«H(ficÌefite  e  manclievole.  Non  »i  traila,  diraitt,  di  una  quislione  determi- 
nata, poniamo  come  quella  irlandese  alla  Camera  dei  Ognuni,  in  cui  nasi 
nufiifesiato  uno  .-icrezio  tra  (ìoverno  e  Parlamento  e  per  (a  quale  l'irm  op- 
portuno appellarsi  al  pa&%.  La  stessa  rolanoiie  lo  afferma  apertamente 
qinikdo,  eDiUDerali  ì  lavori  compiuti  daltn  morta  legislatura,  e.spnnc  te 
ragioni  che  Hjiinsero  il  ministero  a  proporre  al  re  lo  scioglimento  dei]» 
Camera  bassa.  «  I,'o|«ra  ardua  compita  dal  Ooverno,  es&a  dice,  non  s'6 
potuta  condurre  a  termine  .senza  produrre  e8Ìlaziooi  e  diasenai,  che  sì  ma- 
nitotaroDO  eoi  volo  del  fi  marzo,  e  vennero  cosi  assottigliando  la  maggio- 
raiua  che  pel  parsalo  avtìa  .siirrello  il  jjoventn,  litio  a  rendere  a  (piu.slo 
impossibile  Tulleriore  atiua/iooe  del  suo  programma  e  la  sua  permauenza 
al  potere.  >  le  coBclosione  il  gabinetto  ha  dicliiarato  die  essendosi  accorto 
di  non  avere  la  maggioranza  per  s*,  alle  proprie  dimissinni,  come  avreb- 
bero desiderato  i  suoi  awcrsariì,  ha  prcrcrìto  lo  scinglimenin  della  Pa- 
nerà. Si  tratta  dunque  di  compilare  un  nuovo  pro>iramtna  di  governo, 
0  almeno  di  riassumere  quella  parte  del  primiiivo  programma  che,  al 
(lire  del  Uepre<t5,  rimane  tuttora  iocompiuia  e  su  questo  terreno  impe- 
gnare la  loUa  elettorale.  Quando  ciò  non  avvenisse,  ad  una  Cameni  pog- 


CKOHACA 

"gKiU  sull'equivoco  iwrebbe  dielro  un  periodo  eldiorale,  in  cui  le  bim 
di  parlilo  e  gli  interessi  regionali  v.  perfìnn  personali  servirebbero,  in 
ciascun  campo  e  per  luui  i  combaitenti,  di  programma  polìtico.  I»  spu- 
lacolo  non  sarebbe  nuovo,  e  tulio  porta  a  creJere,  come  ^  d'avviso  nella 
Ntuva  Antologia  il  Uongbi,  che  abbia  a  ripetersi  anche  in  questa 
occasìOM. 

9.  L'agitazione  elettorale  era  fpà  incomhiciaia  fin  dal  decreto  (li  pro- 
roga ;  e  noi  ne  abbiamo  rirorlio  le  prime  mo^s«  nella  Cronaca  precederne. 
Mi  dopo  ìt  decreto  di  proroga  i  capiparte  delle  varie  razioni  poliiiche 
ctiu  agognano  al  potere  si  soa  messi  all'opera  con  un  attivila  che  mi* 
naccta  di  diventare  febbrile.  «  Ciascuno  ò  al  suo  posto,  scrivea  la  Ras- 
segna. »  Quel  molto  fu  ripetuto  dalla  Ittfortwi,  dal  Fungaia  di  Napoli 
e  da  cent'allrì  piìio  meno  inlluenti  organi  di^  liberalismo  massofiioo.  Il 
pericolo  fiero  non  istà  nell'oiiernso  agitarsi  dai  caporioni  dei  partiti,  un 
nella  furia  con  cui  costoro  si  sod  niPAsi  aH'ojwra.  Il  tempo  è  breve:  tra 
il  '.^7  aprile  data  dello  scioglimeato,  e  il  '23  maggio  della  riapcrtan 
dell'urne  uoa  ci  sono  cbe  2>i  gio>-ni.  È  dunque  da  temere  die  per  b 
furia  le  elezioni  abbiano  a  dai'e  uno  spettacolo  di  confusione  somiglinote 
a  quello  della  torre  babehca.  Tal  t  il  timore  che  ha  messo  sosì^pn  II 
l'wtgoh  di  Napoli.  *  Se  la  situazione  elettorale,  ciso  scrive,  non  si  rior- 
dina, non  .si  scmplinca.  non  si  rischiara,  le  imminenti  elezioni  Uniranno 
a  produrre,  come  ri.sultalo  tiltiinn  e  tinaie,  una  confoslone  politica  e  parla- 
mentare anche  più  profonda  e  generale  dì  quella  che  la  passata  t^acnen 
rappresentava.  Non  Usta  irffatti  di  combattere  [Jepreiis  e  il  minist<v0; 
questo  compito  negativo  come  «^  assai  agevole,  sarebbe  anche  più  comodo, 
mabisogna  che  dì  questa  lolla  .^'indì^ino  gl'intenti  ed  1  Uni;  e  Unagi» 
sopniitutlrt  che  il  corpo  cMtorale  veg^n  chiaro  ciò  che  à  vuole,  e  d«T4L 
H  con  chi.  s'intenda  di  andare»  Ho-!  opus! 

Intanto  coloro  die  ha o  preso  posto  sono  i  radicali,  i  miDisteriali.eiI 
una  palle  dei  dissidenti  i-be  non  vogliono  uè  il  Ministero  com'^,  nMl 
Pcniarcbia.  «  Neil' Opposizione,  invece,  scrive  la  Trihnna^  ci  è  chi  raok 
.frchi  noa  vuole  il  predomìnio  del  Cairoli;  ma  non  osa  dirlo;  d  è  CM 
vuole  e  chi  non  vuole  l'ascen dente  del  Nicotera,  ma  senza  didifnrarto; 
ci  è  chi  vuole  il  Cairoli  col  Zanardelli,  ma  senza  il  Chspi  e  ìl  Ntrnlera, 
e  dii  vuole  li  Nìcotera  senza  il  Zanarddlì:  chi  vuole  capo  il  Crispirebt 
addirittura  non  vorrebbe  nes.suno  dei  cinque  ecc.  ecc.  Or  sono  tanti  di* 
versi  voleri  o  veltmià  a  dir  meglio,  che  non  si  manifestano,  ma  si  oi* 
scondono.  Ben  però  sì  faranno  palesi,  il  giorno  dopo»  specialmente  se  airt 
ìl  gioriH)  della  vittoria.  Ed  allora  a  nulla  servirà  il  dire:  «  noi  m 
volevamo  la  confusione  quando  onlla  si  sarà  fallo  o  almeuo  tentato  pv 
evitarla.  »  La  confusione  dunque  ci  è  colla  prospettiva  del  caos. 

3.  Che  in  alcuni  paesi  dd  veneto  e  nella  provìncia  di  Lecce  dsit 


r 

notorio  dal  bollettino  uiliciatc.  In  quelli  il  morbo  fa  ^  pre- 
sentalo con  un  caraltere  di  beaigDÌià  insolito,  ma  non  sì  sa  se  coi  calori 
«stiri,  questa  benignità  s'abbia  a  eoovenii'e  in  malignità.  Pel  momeoio 
le  popoliEionì  venete  noQ  paiono  :>pav(>r)inlu  dnlb  jirespn/n  di>l  ma)j^;  ma 
è  da  temere  che  l'appressarsi  i]i>ll.i  siaginni?  {)nssn  .suscitan;  inquiHudini 
(•  timori,  conte  altrove.  Nella  provincia  di  I^ecce.  se  ne  lugli  Hrindià  die 
t*  stata  la  |)iù  iravaglìaia.  il  corso  del  inori»  auzìcUè  crescere  acceona 
a  diminuire.  Anclm  in  iJrindist,  se  i  butlcilini  ofrirìalì  non  sono  fallaci, 
il  male  declioa  ogni  d)  più,  e  accenna  a  swmporìre;  ma  Kiamo  sempre 
H:  questa  diminuzione  sarA  duratura?  Voglia  il  cielo.  Inlanto  la  comparsa 
del  cbolera  a  Itnnilisi  diab;  luogo  a  dimoslrazioui  in  Palermo,  dove  sono 
aocor  vive  le  piaghe  lasciatevi  dal  niorbo  l'anno  passalo.  Uuesle  dimo- 
slraziooi  ebbero  per  effetto  di  ji^ersuadere  il  (.ioveroo  ad  applicare  la  legge 
delle  quaranit^ue  per  le  provenienze  dell'Adriatico.  11  decreto  porta  la 
data  del  18  aprile,  ed  è  firmato  pel  Ministro  Morana,  quel  Morsna  cbe 
l'aDoo  scorso  ostinossi  a  non  concederle  e  fu  cai^ione  di  tanio  lutto  alla 
sua  povera  patria.  Onesto  decreto  richiama  in  vigore  la  legge  del  20  mag* 
^  t8&5  e  le  istruzioni  ministeriali  del  '^fì  dicembre  1871. 

4. 1  fatti  di  brìndisi,  furono  in  verità,  molto  più  f^avi  di  quello  cbe 
a  è  stato  detto  dai  giornali.  Ciò  si  fa  manifesto  da  una  corrispondenza 
alla  TrifmnA,  ilalls  i|U»Ir  nlibinmo  ricavato,  rìa.*isii[npndoli,  i  seguenti  par- 
ticolari- 8i  cominciò  da  una  dimostrazione  contro  il  sindaco:  il  popolo 
percorse  il  giorno  di  Pasqua  le  principali  vie  diOla  citlA,  gridando: 
«  PWviva  il  cav.  Filomeno  Consiglio,  abbasso  il  sindaco,  viva  Cairoli,  viva 
?iìcntera.  >  Arrivata  in  piazza  del  Sedile,  la  folla  leiiiò  di  cmidur  seco 
U  concerto  musicale,  ma  non  essendovi  rìuscila,  recossi  tumulluando  alla 
resideiiìu  municipale  e  l'ottenne.  Si  sonò  il  solito  inno  dì  Garibaldi;  si 
Gonae  alla  casa  del  cav.  Consiglio,  questi  fu  cosLrelio  alzarsi  da  letto, 
presentarsi  al  balcone,  arringare  la  folla  e  prei,'arla  a  itcioglìersì  pacilìca- 
QKate:  parole  perse.  Gli  convenne  allora  scendere  ed  unirsi  ai  lumulluanli 
e  recarsi  al  palazzo  della  soiLoprefeitura.  La  truppa  era  consegnala  e 
proota  ad  accorrere,  il  Solio-prelèUo  invilo  i  dimoslraDli  a  sciogliersi, 
ma  fu  vano  il  tentativo  .Vllora  si  venne  ai  solili  squilli  di  tromba,  u 
quali  fu  risposto  colla  sassaiuola:  vi  furono  due  ulfìciali  feriti.  La  truppa 
iuaphla  caricò  alla  baionetta.  Tre  individui  rìma.sero  contusi;  un  cara- 
biniere ferito.  I.'aitei^K'iamenio  si^mpre  minaccioso  d«>i  tumultuanti  jier- 
soasc  le  aulorjtJi  a  cliianurc  rinforzi,  e  a  fare  degli  artisti.  Causa  del 
maieoniantos  si  dice,  furono  le  farine  importato  di  fuori  e  trovate  mescolate 
eoo  grande  quaniitii  di  gesso  od  altre  materie  nocive.  La  popolazione 
ptrh  accusa  il  sindaco  di  connivenza  o  di  avere  fomeulala  la  dilTusìone 
dell'epidemia. 

Aoctte  a  Lecce  sì  lece  una  dimostrazione  ostile  alle  isiitmioni  al 


486 


OHKrxci 


grido  dì  :  Abbasso  Depretis/  Viva  CairoUf  Ma  la  polizia  la  sciolse 
facendo  sene  arresti.  A  Foggia  il  Tajaui  fu  soleiiuemenie  iiscbiaio  :  uguali 
accogUeaze  si  ebbe  a  Lucerà  dove  in  piazza  del  Duod)o,  meuire  la  geoi» 
si  assiepava  inioroo  alla  baoda  citiadìoa,  una  voce  gridò:  Abbassò  il 
trasformismo^  aX>basBo  /«  eosdmjie  venduta/  Evvìpa  Cairoli/  £vviva 
Nicoteraf  Questa  volta  non  Tu  d'uopo  oè  di  carabinieri,  uè  dì  sol- 
dati, giacché,  sbollito  l 'entusiasmo,  la  dimostrazione  si  disciolse  sponta- 
nea mente. 

5.  L'eccidio  dt^Ii  esploratori  ìialisnt  io  Fiarrar  volavii  come  rapido 
baleno  in  luua  Italia  dietro  un  telegramma  del  console  italiano  ad  Adea 
che  diceva  così:  «  Una  barca  indigena  porti  da  Z^ila  la  mttiua  cbe  il 
Sultano  d'Harrar  Teca  uccidere  imii  gli  Europei,  e  cbe,  vicinu  a  (Hldeua 
assalì  uon  '^Xi  soldati  la  spedizione  I*orro,  ammazzando  tutti.  L'Uoiini 
prese  Uildezza,  lucendo  prìgioDìero  il  presìdio  anglo-egi/Jano  di  circa 
lUO  uomini.  » 

A  que>to  primo  telegramma  imm  dietro  un  .secondo  dal  Calra 
^  aprile,  cbe  cnnfenuav;i  la  dolorn;.»  notizia  del  primo;  e  Dnalmenta 
un  terzo  del  '26  espresso  in  i{ue.sti  ittriuini:  •  Il  governo  locale  cooreriua 
ulIlcialmeRte  la  uotìzia  recata  da  un  .soldato  di  «corta  sfuggìtu al  iiuiiiacrD.» 

L'atroce  fatto  auenne  ad  Arbud  a  due  ore  da  Oildezza  e  a  Ì25IJ  cbi- 
lomeiri  da  Zeila. 

I^  spediziDi>e  Porro  era  slata  preparata  dalla  Società  milanese  per 
l'esploraziono  commerciale  dell'Africa,  ed  era  partila  daCìenova  il  24  gen- 
naio dì  quest'anno  kuI  pìnHicafo  Domenico  Baiduino.  Comandavab  il 
conte  Ulan  Pietro  Porro  ex-uOiciale  di  cavalleria  tiell'eserciiu  ilaliaoo, 
d'anni  A%  La  componevano  i  sigoori;  Canotti  cav.  Cesare  «  Malate«u 
PanHIo  ex-uniriale  dell'esercito,  incaricati  dell'ordine  e  della  pulizia  della 
carovana;  Licata  professore  della  Società  africana  di  Napoli,  per  ìstndiarv 
te  cose  Zoologiche;  conte  Cocasielli  di  Montlglio,  ddla  Società  geograftea 
di  Homa  per  le  osservazioni  mei  eroi  ogiclie,  rilievi,  ecc.;  (ìoltardi  dnuor 
Gerolamo,  pel  servizio  sanitario;  Romagnoli  Umberto,  per  gli  sludii  e 
operazioni  commerciali;  Valle,  pittore  per  le  illustrazioni;  Zanìni  dottor 
(ìut^lìelmo,  Itìaiicln  Paolo  e  De  Angelis  Giulio,  volontari  per  deserizioai, 
rilievi,  osservazioni,  ecc.  ;  Blandino  Giuseppe,  (Iome.siico  del  conte  Porro. 
Il  marchese  Trecchi  Ale.<%andro,  presidente  della  Sezione  dì  Cremona, 
il  cav.  Ro.'^si  (tesare  e  il  signor  Itianrhi  Daniele  accomfuguarooo  la  spe> 
dizione  Tmo  a  /<eila  per  t^udiì  comiiwcialì  e  illustralivì. 

Oltre  la  Società  milanese  di  esplorazione  erano  associate  a  questa  im- 
ponante  spedizione  la  Società  geo^ralìca  di  Roma  e  la  Socieli  afrùiM 
di  Napoli;  vi  era  inoltre  associata  una  SocielA  commerciale,  eoo  capilalt 
raccolti  per  azioni  di  10UU  lire  l'xina  a  Roma  ed  a  Milano,  la  quale 
doveva  continuare  più  in  grande  i  commerci  gii  ioìziaU,  ìd  tempi  pib 


■^-  ^ 


CONTRMPOnANKA 


487 


lra(M}uìin,  airilarrar  da  altre  cnse  ìtatian<>,  come  Sacconi,  fìiiaHConi, 
Rum,  l'djjliiirii,  Hioienreld  vd  allri;. 

Kel  tiilancìo  dì  quest'  aum  diìllu  locate  Sncìt!ti\  milAne!;i>  di  es})lorazÌnne 
CDiomerciald  in  Africa,  la  spedizione  iidrilarrar  flgunva  per  L.  -'lO.UOO, 
delle  quali  10,00(1  j;pese  in  ogg«iLi  di  equipaggio  e  2ó,<)(JU  con!Wgi);iLe  al 
coate  Porro  allorcbè  salpò  da  Napoli. 

GiuuUi  a  Massaua  la  spediieìone  si  divise  lo  due  gruppi.  Il  prof.  Licata 
da  Aden,  IC  murzo,  scrìveva  ;il  IVesidenle  della  Società  Africain  di 
Napolt,  ragguaglia  od  olo  degli  oslacoll  ciie  la  spedizione  ìnooiilrava.  S^- 
g<iIianKi  in  quella  lettera: 

«  ramiti  da  Massaua  col  Veneitia  all'ulha  del  giorno  13,  giungemmo 
ieri  nel  pomciiggio  qtiì  in  Aden,  Il  conte  Porro  ed  1  compagni  che  ci 
avevano  preceduti  vennero  a  bordo  a  salutarci  e  fummo  siihilo  informali 
delle  Cflse  della  .spedi/ione.  Andremo  in  sambuc  a  Zdla  fra  un  paio  di 
giorni  ed  a  Zcila  organizseremo  la  carovana.  Sarà  difficile  andare  fino 
airUarrar  stante  le  attuali  coadizioni  di  quel  pne^e,  gov^-naio,  anzi  sgo- 
vernato da  un  emiro  che  meritereblie  una  ben  severa  lettone  pel  modo 
eome  ha  trattato  gli  europei  che  commerciavano  in  quei  hioghi.  Tritìi 
ne  lomaiio,  non  pote-nio  subire  più  oltre  vessazioni  d'ogni  genere.,  come 
aequeRiro  di  armi,  diritti  esorbitanti  sulle  mercanzie,  rapine  e  via  di 
questo  pa&so.  Non  polendo  aitilare  atl'llarnir  ci  fermeremo  a  Gildezza 
sull'altipiano,  il  punto  fin  dove  le  autorità  inglesi  ci  garantiscono  il  viag- 
gio. A  (iildezi^a  sarà  il  caso  di  stabilire  che  convenga  fare. 

«  Com'ella  vede,  signor  Precidente,  il  programma  della  spedizione 
resta,  non  voglio  dire  troncalo,  ma  adldaio  agli  eventi  che  tutti  ci  au- 
guriamo favorevoli... 

«  C'è  stala  fra  i  Somali  sulla  via  dt'll' interno  una  sommossa  durante 
il  tempo  che  noi  eravamo  a  Massatia;  il  maggiore  Uunter,  partito  in 
freua  da  Aden  per  Uerbera  è  piombato  addossio  ai  rivoltosi,  che  ora  sono 
iranqtiilH,  a  quel  che  pare... 

«  Tutto  il  oo.uro  bagaglio  è  qui  alla  dogana  di  A(ìen,  pronto  ad  essere 
imbarcalo  sul  sarahuc,  noleggiato  per  la  spedi/ione  al  prezzo  di  250  rupie. 

«  Sei  servi  sono  gi^  stati  roclulnti  e  si  snn  pure  acquj.siati  sei  cavalli. 
Tutti,  uomini,  bestie,  cas.se,  ci  stiveremo  .sul  nostro  sangue  sperando 
di  fare  in  treni' ore  al  massimo  la  traversala  da  .\den  a  Zeila.  » 

Risulta  che  Uumer,  agente  poliitco  inglese,  vero  arlittro  della  costa 
tfri  Somali,  creavi  ostacoli  alle  spedizioni  italiane  per  gelosia. 

Non  essendogli  permessa  la  scorta,  per  as.soilìgliare  la  missione  il 
Porro  cottvinse  lo  Zanotli,  il  Malale.sta,  Valli,  Rossi,  Tracchi  e  Uìanchi  a 
rimpatriare. 

L'uodici  marzo  il  Porro  scriveva  che  sarebbe  partilo  capitanando  lo 

nini,  il  Goliardi,  il  Romagnoli  e  il  suo  servo  Blandino  ;  il  giorno  5  di 


-  lini 

mbuì 


488  cRonACA 

marzo  U  Cocastellì,  Licata  e  Bianchi  Paolo  lasciarono  Massaua  ed  arri- 
varono ad  Aclea  il  14  ii)ar2o  per  raggiungere  il  Porro  e  ì  compagm. 
L'agente  ingl»%  Hunter  iicrinise  toro  che  partissero  por  Zr-ila  il  15  nuno, 
cioè  il  giorno  successivo  a  quello  del  loro  arrivo  ad  Aden. 

Il  capitano  iagl&st;  King  rornì  loro  una  scorta  che  li  doveva  accotn- 
paguare  Rao  a  Gilileua;  il  King  nua  poteva  concedere  la  scorta  e  i 
servitori  al  di  là  di  Gildezza,  non  potendo  nulla  garantire  stante  il  senitire 
crescente  ran.aiisiiio  delt'Kmiro  ALdallah  e  l'attitndinc  sempre  piìi  minac- 
ciosB  degli  abitanti  dell' Karrar. 

li  conte  Porro  intendeva  m.indare  da  Gildezza  all'emiro  dell*  Uamr 
dei  doni  vistosi  e  una  buona  Komina  di  denaro,  prometieodogii  rcgiU 
maggiori  se  si  fosse  moslraio  favorevole  ai  suoi  disegai.  Uà  pare  ti» 
000  abbia  potuto  elTetli  va  mente  mandarli. 

n  giorno  6  aiar70  il  signor  Guascooi,  socio  del  Sacconi  e  proprietario 
di  una  ca.«a  commerciale  nell'  ilarrar,  era  »iaio  espulso  da  quel  territorio 
per  ordine  dell'emiro,  il  quale  poco  dop^,  salito  al  potere,  cominciò  a 
manifestare  il  suo  odio  per  gli  europei  e  il  timore  di  essere  tradito  da  loro. 

L'itinerario  die  la  spedizione  doveva  seguire,  sbarcata  che  fossp  -iulla 
costa  africana,  per  addentrarsi  nell'Harrar,  era:  Da  L'ai-nfT  per  la  pianura 
di  GungumahaJ,  per  .Nad,  dannanti,  Gildezza,  la  vallata  liallaue,  il 
territorio  di  MnlUik^,  le  vallate  di  Kggù  e  Zengadimà,  per  entrare  net- 
l'ilarrar  e  fondarvi  ìdabi  li  menti  coloniali. 

Io  seguito  a  questo  camMamento  d'itinerario  una  parte  della  spedizione 
piì)  sopra  nominala  fece  ritorno  in  Italia;  un' altra paKo  invece  si  inoltrò 
Dell' Harrar  dove  trovò  la  morte. 

Le  viUitue  sarebbero:  il  conte  Porro,  il  conte  Cocasielli,  Guglieloio 
Zaiiioì,  ['mberlo  fìomagnoli.  Paolo  Uiauchi,  tilaodino  servo  del  Porro, 
il  prof.  U.  U.  Licau,  e  Girolamo  Goliardi. 

Quanto  a)  Cocastelli,  al  Bianchì  ed  al  Licata  potrebbe  darsi  che  Steno 
aAiggiti  all'eccidio,  perchè  essi  furono  preceduti  dagli  altri  nel  viaggio 
da  Massaua  ad  Aden  prima,  o  poi  da  Aden  a  Zeila.  Ma  è  proi>abile  cbe  to 
aiipresso  viaggia!>$ero  tutti  insieme,  e  però  sieoo  tutti  periti. 

Da  Zeila  a  Gìldejza,  dove  sarebbe  avvenuta  la  catastrofe,  visoooda 
1'2  a  lì  giorni  di  viaggio. 

La  spe^tizione,  parlila  da  Zeila  il  26  marra,  deve  essere  arrivila  i 
Gildezia  il  IO  d'aprile. 

L'eccidio  .sarebbe  stato  compiuto  per  ordine  deH'Hmiro.  Que^i  appou 
salilo  al  potere  aveva  sostenuti  gli  inglesi,  poi  comiuciò  ad  avversare, 
con  soltanto  gli  inglesi,  ma  gli  europei  tutti,  imponendo  forti  balidli; 
Laiche  anche  i  rappresentanti  della  c3Si  Blenefeld  di  Trieste,  il  Guasooti, 
il  Sacconi,  il  Bosa  lasciarono  TUarrar  e  si  stabitirouo  a  Giidczza,  perchè 
la  credevano  sotto  la  prot«xione  inglese,  esseodovt  anche  una  specie  di 
guarnigione. 


éMé 


COItTBMPORATfCA 


489 


Dì  questo  Gmìro  il  giornale  L'Esplorazione  Commcrcinie,  organo 
della  Società  di  Milano,  scrivevano  suo  Tascicolo  lii  xaarm: 

«  I^  maggiori  «Jillicolià  lemesi  che  incomineeranQ^  a  Oildena.  L'Kmiro 
Abdallali,  cbe  dopo  la  partenza  degli  egiziani  spadroneggia  nell'Uarrar, 
essendo  la  ma  autorità  di  Treitca  data,  poco  radicata  e  meno  amala  io 
paese,  vive  più  che  mai  sospeiioso  degli  siranieri  biancliì,  per  cui  è  a 
prevedersi  die  osteggerà  l'ingresso  ad  Ilarrar  dei  nosiri.  » 

Ooalche  giornale  rimprovera  al  governo  del  Depmis  questa  strage. 
Non  si  può  pretendere  die  la  prevede^isc.  Invece  si  potrebbe  e  dovrebbe 
pretendere  che  i  ministri  dicessero  il  vero.  Mancini  proclamò  che  si  era 
inteso  coir  Inghilterra,  la  qualt?  guardava  con  sinipniia  le  spfì<1i»nni  ita- 
liane io  Arrica.  Ma  poi  i  [tiinisli-i  inglesi  dithìanronn  nella  l'amerà  dei 
Comuui  che  se  il  Governo  italiano  era  andato  a  Massaua,  l'impresa  era 
lotto  a  suo  rischin  e  pericolo.  Di  jtiìi  consoli  inglesi  lungo  le  coste  eritree 
contrariarono  i  icntativi  di  esplorazione  del  conte  Porro,  come  risntla  dalle 
lettere  di  lui  e  da  quelle  del  prof.  Licata.  Questa  opposizione  tra  le  di- 
ebìirauooi  del  govenio  iialiaon  e  la  realtà  dei  falli  merita  di  essere 
rilevata  |ier  cxtuchiudere  cht>  se  è  balorda  la  polilicji  interna  del  governo, 
non  lo  è  meno  la  politica  e.'iiera. 

G.  La  Riforma,  e  mn  ricordiamo  ora  qua!  altro  giornale  di  parte 
liberalesca,  ci  han  dato  l'inventario  della  XV'  legislatura,  e  noi  volen- 
lierif  per  edifìcaiione  dei  nostri  lettori,  ci  sohliarchtamo  al  peso  di  rie- 
pilogare le  loro  Idee. 

lo  primo  diremo  che  1  Ministri,  psesentaodosì  al  Capo  detto  Stato 
per  chiedergli  lo  scioglimento  della  Camera,  non  hanno  nascosto  di  avere 
ottenuto  ben  poco  da  lei,  e  che  motte  riforme  conieniiic  nel  programma 
delle  preredcnii  ele-zloni  generali  rimangono  tuttavia  da  compiesti.  Ora 
quali  sono  le  provnyioni  nnn  vninie,  per  adoperare  irnV-sprcssinne  del 
governo?  A  M  ascende  il  nnmero  dei  progeiil  d'iniziativa  del  (inverno 
'■«  che  doveano  essere  discussi:  Ira  questi,  la  riforma  comunale  e  pro- 
vinciale, il  riordinamenio  dflla  piitiblìca  sicurezza,  i  provvetlimenli  per 
la  Cassa  militare  e  per  le  pensioni  agi' impiegali  civili  e  militari,  le  mo* 
^^iflcazionì  all«  leggi  sulle  opere  piilibliche,  l'aholirione  delle  decime,  le 
disposizioni  sul  divorzio,  il  Cndiiw;  penale  e  le  proposte  per  la  pjiccin. 

Vi  furono  altre  proposte  di  It-gge  che  invano  attesero  Tapprovazinne 
delia  passala  Legislatura:  e  numeriamone  alcune:  l'impianto  in  Roma 
<ti  uD  Osservatorio  ma»nelico;  t'amptiamenio  del  servìzio  ìppico;  il  mi- 
{[lioramenio  delle  condizioni  nauiiclie  della  batad'Assab;  i  consorzi  d'acqua 
«  scopo  ìDdustriale;  l'arirancamento  dei  pascoli  selle  provIncie  pontificie; 
il  provvedimento  contro  la  adulterazione  dei  vini;  il  riordinamento  delle 
, Rappresentazioni  agrarie;  maggiore  spesa  di  fi50  mila  lire  per  la  cosini 
ie  del  ministero  delle  Finanze;  determinazione  del  fondo  speciale  di 


4£f0  cnnifACA 

religione  e  di  beoeDcema  ìd  Uoma  ;  trattato  dì  commercio  col  Zanzibar, 
6  via  dicendo.  Nemmeno  alla  casa  propna  volte  pensare  la  Carnea, 
lasciando  in  asfO  il  progetto  per  la  spesa  di  un  nuovo  palazzo  par- 
lamentare. E  colla  prospettiva  sicura  delle  elezioni  generali  si  Tccem  pa^ 
sare  -iO  BÌorui,  sena  discuiertì  il  progetto  per  le  circoscrizioni  elettorali 
madificale.  Inoltre  ì  Lnlaoci  preveniivi,  prei^entati  nel  novembre  18S\  alla 
metà  del  188(1  n'^n  aveano  ottenuto  la  ^azia  delle  relazioni.  Presso  le 
Commissioni  rimasero  giaccmì  tanti  altri  progetti,  e  solTocate  tulle  le 
proposte  relative  alle  maggiori  spe^'w  del  bilancio  del  1884-85.  Dei  {■»• 
getti  poi  d'inì/i^iiva  parlamentare  sì  fece  un' ecainmhp,  col  derrelo  di 
scioglimento.  <Jra  tiralo  il  conto,  grjisliani,  clie  non  hnn  perduto  il  ben 
dell' iaielleito,  poiisono  dare  uii  giudìzio  sull'attività  della  XV  Ijegislalura. 
e  proclainarp  i  liencfì/ii  dei  governi  parlamentari. 

7.  (Juania  raginne  hanno  dtifitjiie  i  cattolici  italiani  di  lenersi  toolarn 
da  quelle  urne  il  cui  responso  non  potrà  aoclie  queMa  volta  e,ssere  dif- 
ferente dagli  altri  qiiinitirì  che.  gi.t  trascorsero!  sopralliilto  se  la  cosa 
si  riguardi  dal  Uiio  religioso.  Ecco  pcntiè  il  Comitato  generale  perma- 
nente dell'Opera  dei  Congressi  e  dei  Comitali  cattolici  in  Italia  ha  giu- 
dicato sngi.'i»mente  di  c^)aitinicare  la  seguente  circolare,  indiriziala  ai 
ComiLati  dell'Opera;  ed  alla  quale  noi  aderiamo  pienamente. 

Jli.nto  aiffuor  PreaiSmte, 

La  convocazione  lesi^  annunziata  del  comìzii  elettorali  [nlitici,  ei 
chiama  a  ricordare  ai  Comitali  dipendenti  e  a  luUi  i  membri  dell'Opera 
che  la  via  segnata  ai  cattolici  ilabani  in  l^ile  congiuiUura  si  è  sempre 
quella  dell'astensione. 

Propugnando  il  princìpio  né  eìetii  né  eiettori  noi  non  iniondianN)  & 
sostenere  un'opioione,  la  quale;  per  quanto  confortata  da  fortissimi  argo- 
menti, la.scierebbe  pure  luogo  a  contr-irie  considerazioni.  La  nostra  con- 
dotta non  sì  inspira  s  idee  prcc^ncfuie,  a  propositi  pariirolari  :  l'SLsa  è 
puramente  e  seinplieemerite  la  condotta  AcW obbedienza  ai  Papa.  Nqd 
ci  fiiremo  qui  a  enunii'rare  tutte  te  prove  die  rendono  evidente  ad  ognune 
come  il  Sommo  Ponleflee  non  ci  permetta  silTaLia  pa rieri p:i zinne  alU 
vita  politìra.  Ncllu  slassa  Enciclica  Imnwrtalc  liei  del  r  novembre  u.s. 
sì  accennava  cliiarameuto  a  talfì  divielo;  e  contro  chi  prdesn  poi  torcere 
il  senso  alte  parale,  gli  autorevoli  giornali  V  Osservatore  linmnnn  e  ti 
Monitettr  de  Rome  si  affrettarono  a  coufermarne  la  retta  ìntcrprclaan» 
nella  guisa  più  esplicita. 

Ui  nostra  Opera,  cbe  fa  suo  vanto  principale  il  tenersi,  sottomessi 
0  devota,  unita  al  romano  Pontefice,  deve  in  questo  caso  Dinstrare  a 
fatti  come  sia  ferma  e  concorde  in  tale  unione.  Il  Sauto  Padre  ci  ra^ 
uoniiinda  dì  agire,  e  dell'azione  da  luì  desiderata  ci  addila  le  molteplici 


-  ^-^^ 


COrrTEUroRAKEA 


m 


maniere:  soltanto  su  qti&%lo  punto  vuole  ch«  non  ci  immitchiamn  con 
<h\  regse  ora  li  cosa  pubblica.  Noi.  dtsc#roH,  soldati,  fiorii,  sf'^uiamo 
il  nostro  Maestro,  il  nostro  Duce,  il  nosirn  Padre,  si  nelPadopomfci  se- 
condo I«  noarc  povcrn  fonti  pw  fan  il  b«np,  come  nel  tenerci  looinni 
ds  CIÒ,  che,  non  permesso  da  chi  solo  ne. avrebbe  il  diriiio  e  la  pode&ià 
sarebbe  mate. 

I  Comilati  diioessni  sono  prpf^flti  di  far  conoipcrc  quosin  racmninn- 
dazione  del  l'omiiaio  generale  ai  Homilah  parrocchiali,  premunendoli 
contro  gli  ariifini  e  gl'inganni  che  altri  polnihtie  in  questi  giorni  usare 
per  trarre  i  cattolici  al1(ì  urne  polìtiche,  e  per  rendere  minore  1'  eloquente 
asieosione. 

Colgo  con  piacere  un  tale  ìuconim  per  confermarle  la  mìa  slima  e 
il  mio  rìsiietto. 

Bologna,  98  aprile  1880. 

Pel  Comitato  Gmerah  Ptrtaaiuttit 

MARnKLMNO  VKNTPROr.l,  Presidente 
GiAMaArnsTA  Casoki,  Segr. 


B.  VA  uguale  adasione,  crediamo  noi.,  convenga  alla  bella  pro])o<;La 
falla  dall' eij'regio  periodico  caltolico  di  Genova,  l'ideo  if //a/j'a  nel  suo 
Q.  f  1 1.  «  U  OajgeUa  Ufficiale  del  lìei/no.  dice  quel  giornale,  ha  pub- 
blicato il  dpj.Teto  di  scioglimento  della  Camera,  bandendo  i  eomirii  ge- 
nerali pel  giorno  ?3  maggio  ed  i  halloltaggi  [lel  .31). 

«  Ousl  ^  il  dovere  dei  callolici  italiani  durante  la  lolla  elettorale? 

«  L'  ASTENSIOWE  I 

<  St!  —  Vìgeodo  tuttora  in  tutto  il  suo  significalo  e  valore  jl  non 
tspBOir;  vigendo  luitavia  completamente  le  cACiom  ni  altissimo  onoiNE 
per  cai  ai  cattolici  ìtatiani  non  t  consri^tita  altra  pubblica  azione  da 
ittTELLA.  awmimstbàtiva;  —  è  Dosiro  debito  formale  I'astenerci  e  ti 
«sierremo! 

«  La  nostra  divìsa,  la  nostra  parola  d'ordine  sarA  ancora  la  storica 
frase:  m*.  RLKirr,  wèELETToni! 

«  Ci  sarebtie  però  il  mudo  di  approiìttare  di  ogni  nuova  legislatura 
per  compiere  un  I'Lebiscito  ?fAzio\AtE  w  devoziose  al  tapa. 

«Questo  modo  non  k  nuovo:  fu  k>^  'x^H^  ultime  elezioni  applìraU) 
iaolatamunie  qua  e  colik,  e  diede  r>tilmi  risultali* 

«  fu  uua  sezione  del  llergamasco  [non  ne  rammentiamo  il  nome)  nessuno 
vota  e  gli  elettori  si  riunirono  invece  presso  il  Pnrrocn,  deiiosiiarono  in 
stia  mano  la  loro  sclieda  elettorale  eoo  un'  olTerla  per  l' nboln  di  san  Pietra, 
e  mandarono  il  tutto  al  Santo  Padre  con  una  bella  lettera  di  Qgliate 
ossequio. 

«  Uuello  che  sì  fece  in  questa  sezione  è  precisamente  ciò  che  si  do- 


CROTtKCK 

vrelilie  fare  da  luUi  e  ria  per  nillo.  E  perchè  quesio  plebiscito  riuscisse 
reraroeoltì  solenne^  hasierebhero  secondo  noi  le  seguenii  norme: 

1°  inscrìversi  umi  nelle  liste  elettorali  poliiiche,  il  che,  del  resV>, 
hi  già  più  volle  niiioTevoìntPnte.  r;icconian(lalo. 

«  T  Hiunirsi  per  coUeyi.  eleliorali,  e  far  ciò  che  fecero  t  nortri  fra- 
telli berKinnasctii. 

«  3"  Manilare  ad  un  ComUnto  Provi'neiale  schede,  offerte,  indinno; 
il  quale  Comitato  avrelitie  cura  di  riunire  lutto  queste  schede  e  tutti 
questi  indirizzi  in  un  liei  volume,  con  uno  specchio  statistico  degli  eìetkn 
inscriiU  in  ogni  collegio  della  IVovincia,  dei  votanti,  degli  nsltnutim 
omaggio  al  Papa,  degli  osicnHti  miliff traiti,  e  sopra  il  nome  e  lo 
Slemma  della  Trorincia. 

«  Poi  volume  Pd  offerte  verrebbero  umiliali  al  Santo  Padre  o  per 
mezzo  di  sjfciale  delegnsione  (il  che  sarebbe  mollo  raeglio)  o  p«r  h  pt>$t± 

«  Potendo,  sarebbe  as8ai  meglio  l'inviare  una  depulaziooe,  perchè  ctnl 
lutti  i  delegali  delle  G'J  pi'ormce  italiane  potrebbero  (momcnianpo  na 
eloquenlfi  iJTWa»ie>ifo  nasionoìe!)  essere  ricevuti  in  corpo  dal  S.  Padre  e 
C(f^  dare  una  sanzione  coli  cui  va  mente  solenne  a  [jumio  plebiscito  pel  Papa. 

«  Qualcuno  forse  osserverà  che  la  eircoscrmone  eeelesiasHea  sareblr 
per  noi  più  opportuna  per  (|ue.sia  dimostrazione  d'amor  Ggliate  al  Papa, 
che  quella  c/^rWono/e.  Veri!^simo;  ma  è  meglio  preferire  la  circoscrizione 
elettorale,  sia  perché  si  presta  meglio  alle  indagini  e  risultanze  sialistìd)^ 
e  sìa  pcrclii>  è  t>cnc  che  la  nostra  lolla  negali\'a,  avve-nga  sullo  stesio 
icrrCDO  ed  alla  sl&vsa  fo;{gia  della  lotta  degli  avversarii.  Perchè  quello 
chs  sopratiuito  importa  in  qii<>.sta  dimostrazione  si  è  che  essa  apparisca 
chiara,  evidente  ed  atta  anche  al  piij  severo  controllo  dei  liLterali. 

€  Quantunque  il  meccanismo  che  noi  proponiamo  sia  facile  e  semplice, 
pure  esige  un  Uvoro  di  preparazione,  adìnchè  proceJa  disciphnato  e  udì- 
farme.  Per  questa  volta  dunque  uon  si  fa  più  in  tempo. 

<  Ij  Eco  d'Italia  ha  mauifestato  le  sue  idee;  ad  altri  più  autorevoli 
di  noi  U  cura  di  applicarle,  con  tulli  i  possibili  perlezionamenli,  ai  quali 
amici paiameute  sottoscriviamo. 

■■  Iniatito.  [w  "piC'ita  volta,  ogni  elettore  cattolico  può  isohlameote 
joiziarc  questa  dimostrazione  papale  mandando  la  propria  scheda  eletto- 
rale con  un'offeru  anche  in  francobolli  entro  busta  chiusa,  al  Santo  Padre. 
0  tliretiamenie  o  per  mezzo  dei  giornali  cattolici,  » 

U.  Il  21  aprile,  veniva  inauguralo  in  Koma  la  statua  di  Pietro  Uè- 
taslaain.  Nell'alto  dello  scoprimento  vtHine  Ormalo  il  veriKile  di  ooose^ 
dalla  rappre.seiiinn»  del  Comitato  promotore  e  da  quella  del  MuoìcìpH 
e  dello  scultore  Uallori,  U^iatlrocEioLo  allievi  delle  scuole  municipali  rse- 
guiroDO  un  corale  deiV  Attilio  Regolo.  1  vigili  facevano  il  servizio  d'onont 
Giammai  monumento  fn  più  lo<fbYOÌmeDte  innalzato;  perchè,  il  Melastasio, 


COSTEUPOIUSEA 


493 


ebe  che  ne  dieano  cooiro  coloro  che  alire  glorie  non  rironatconn,  che  le 
rivoluziona  rie,  fu  un  gran  poeta. 

ìletaslaRio,  o  Pietro  fiooaveiitiira  Trapassi,  nai^qtie  in  Roma  e  doti  in 
Assisi,  comfl  hnn  pmeso  nlcitni  stoiici,  e  fu  batlezzaio  nella  parrorcliia 
di  San  Lorenzo  in  Ijicinn,  fiovc  trovasi  U  fcrf^*  del  suo  baUesimo.  Fan- 
ciallo  renoe  accolto  io  casa  del  (rravinn  che  ne  grecizzò  il  cognome,  e 
fciscìollo,  morendo,  erede  di  ir>,(HKI  scudi,  che  fiironn  pn'st»  sciuiiali. 
Ridono  al  verde  .inde  a  Napoli,  ove  compose  e  fece  rapjtresentare  i,'ll 
Orti  Esperidi,  e  dove  la  Biilgarini,  attrice  rinomata,  prese  a  prote^igerlo 
ed  ospiurlo.  Allora  si  consacrfi  tulio  alla  poesia  melodr.nninialica.  \a 
rinomanza  procacciatagli  dai  suoi  drammi,  ì  buoni  ullicii  della  princi[»ts&a 
di  Belmonle  e  della  conlessa  Altbaa  e  il  voto  di  Apasiolo  Zeno  gli  frul- 
larono il  posto  di  pnela  cesareo  alla  Corte  di  Viecnn.  Carlo  VI  amante 
del  teatro  e  deJla  musica,  pose  a  volergli  bene  in  raodo.  clieaironorario 
di  3001)  (tonni  ne  as»duose  altri  IjOtJ.  Maria  Tere.sa  colmollo  di  («nefixii 
e  di  ODoriftcflnze,  chiamandolo  ftloria  tUl  suo  r^'gno;  Caleriiia  II  di 
Ra.s<iia,  Ferdinando  TV  di  Spagna,  Stanislao  Augusto  di  Polotua,  i  Pon- 
tefici Beoedeito  XIV  e  Fio  VI,  In  colmarono  d' encomil  e  donativi,  Scrìiwe 
S3  drammi,  cantale  ecc.  in  versi  armoninsi  e  scorrevoli,  che  gli  costavano 
però  molla  falica.  e  la  più  pane  dei  quali  furono  tradoilì  nelle  lingue 
prìiKipnli  d'Htiropa.  Il  Metastaslo  si  pub  dire  il  crealorc  di.)  melodramma 
oUbrclto  e  forma  con  Alfieri  e  (Goldoni  il  glorioso  irìunvjraio  drammatico 
del  secolo  passalo. 


in. 

cose  STRANTERE 

SPAGNA  —  I.  l*  a^ÌLi2Ìoiii  l'ii^ltoriili  p  In  maniresiiutoni  operale  —  9.  L'anvsio  di 
un  tiRìciiik  e  le  coji?ellare  ctip  w  ne  son  fille  —  3,  Ui  riunioiii>  in  un  tisitro 
di  Mnrlrid  dH  parlilo  n-fiubliliLMiio  iTilnmslgenie — i.  Diiviccoitlu  in  si^iin  itel 
Caliinpllo  e  ilimissioni  d-'l  Ministro  iìc\k  Kinanxe  -  ó.  Ottocento  iinpli'irati  de- 
nituili  -  6.  CommLitaiioiic  al  riucji  r]ì  Sivìf^Eiii  fJrlla  pena  Afl  canore  in  englio  — 
7.  Politica  ih"!  &]f^.«ta  —  8.  Tpnutivi  dì  rtvoIl.i  in  Cartiijrfiia,  nn-|iaralivi  ilei 
Zorlliai  e  stoppia  di  dinamite  in  birtalonn  —  9.  tira-.rplfi  che  convoci  li'  Cnrirs. 
e  il  pcograninia  eli'lloinle  ildJu  Sinistra  diniistica  —  10.  il  nralrirnoni»  drll'ln- 
fanla  ilonna  Rulnlia  —  1 1.  iJui!!tioni>  lii  rivalità  li*:i  la  Frariciii,  Spagna  e  il  Ve- 
«roTo  (li  UfVel  —  t^  L' ussui^iiiu)  diri  Vescovo  di  Mailiid  «  lo  scandalo  di 
Murcia  —  13.  Dichiaranìooi  ilei  miiii-'iirn  degli  affiiri  esieri. 

I.  Sono  ora  più  di  tre  mesi  che  ci  occupammo  nella  nostra  cronaca 
delta  Spag7ia,  sempre  cara  [lorjcìone  disila  i^rauJe  famiglia  Ialina  e  allo 
stesso  lempo  gloriosa  gemma  della  Chiesa  callotica.  In  quest'intervallo 
quante  cose  non  sono  avvenute,  e  ira  qiiesle  quante  che  hanno  rìem- 


494  fxosÀXià. 

pìui  il  roaulo  di  stupore!  Si  sperai  ch«  dopo  lo  inondaxioni,  i  iremuoii, 
il  cliolora,  che  mifilcrono  vittime  in  unto  outuero  da  uon  bastare  i 
pubblici  citnìicri,  il  ciclo  placato,  avesse  a  iiieuere  un  u^rniine.  ai  suoi 
flagelli:  ma  un;  la  ualìzìa  nmaua  è  venuu  lesif:  a  provocare  nuovi  flagelli 
eoo  UQ  a!>sassiDlo  doppiaiuonte  sacrDego.  Povera  Spagna  t  Narriamn  i  blU. 

Sin  dal  fcbliraio  le  svariate  passioni  dei  [>anìti  si  meUcvaim  in  nulo 
per  r itniniiuìnte  lotta  ele-Uoi'ale;e(|ualche giornale  consigliava sJo  d'aUora 
il  governo  dì  usare  una  severa  repressione  della  propaganda  clie  sì  (i 
pubblicaiiieolc  contro  l' attuale  regime,  ricordando  le  parole  pronunziate 
dal  signor  Salnicrun  nel  1873. 

In  quello  cbo  i  partili  cominciavano  ad  agitarsi  per  le  future  eleuoot. 
eccoti  le  piitibtirliÉ^  ma  II  ifes  iasioni  della  classe  operaia.  In  Madrid^  capiuts 
del  reame,  il  numero  degli  operai  .senza  lavoro  è  stragrande;  «  la  luag^or 
parte  ammogliali  e  eoo  figli.  Il  6  di  febbraio  un  migliaio  di  eosìan  « 
diressero  tumultuando  al  pnUizo  del  Ministero  dell'lotemo,  chiedendo 
pane  e  lavoro;  e  come  taluni  alle  grida  aggiungevano  gì' insulti  alle 
guardie  civiche,  cosi  fti  forza  arrestare  alcuni  di  questi  disgraziati  [b- 
terveouf^  intanto  il  Prefetto,  il  quale  con  buone  parole  aringo  i  tumultuanti, 
promettendo  che,  ove  si  ffissero  tranquilla  mente  dispersi,  il  governo  a  vreljbe 
trovato  modo  di  farli  lavorare,  e  cosi  fu  fatto. 

2.  Che  in  Ispagn^i,  come  dapftertutio  altrove,  ci  siano  uomini  bei- 
noroKi  che  vannn  sobillindo  l^*  moUitudini  sotto  pretesto  di  miglioraro» 
le  sorli,  ma  col  hiem  intendimento  di  mettere  sossopra  il  paese,  6  coti 
indubitata.  Sventiimtamente  di  silTHtli  se  ne  trovano  anche  nell' esercito; 
ma  il  governo  non  ista  cogli  occhi  chiusi,  come  lo  prova  l'arresto  di  bd 
ullìciale^  addetto  alla  Capitaneria  generale  dì  Siviglia.  Costui,  cite  a 
trovava  a  Madrid,  senui  permesso  dei  suoi  Superiori,  abitava  in  Colle 
dell'homo  de  ìa  Muta  num.  3.  Si  trattava  di  una  congiura  militare! 
Non  si  sa;  quel  che  è  certo,  da  quanto  ne  han  detto  i  giornali  di  Madrid, 
è  che  Della  valigia  dell'arrestalo  si  rinvenoero  carte  compromeltenti,  • 
che  gli  farono  meiue  le  mani  addosso  dalla  polizia  madritena  uel  no- 
menio  m  cui  ripartiva  per  Siviglia. 

3.  Le  dimostrazioni  dejytli  operai  senza  lavoro  sì  nella  Capitale  e  à 
nelle  Provincie  non  sarebbero  un  grave  perìcolo,  se  in  mezzo  agli  operai 
non  si  fosse  carcial.n  la  sclis  socialista.  In  prova  di  che  basti  accennare 
la  riunione  che  l'H  febbraio  fu  tenuta  in  un  teatro  dì  Madrid.  Sm  dal 
giorno  precedetite  con  alB^si  sulle  mura  della  C-ipiiale,  i  caporali  dell» 
fazinno  ìniransi)?>(>nle  invitavano  i  loro  partigiani  a  riunirsi  io  teatro: 
lutti  gli  avventurieri  del  disordino  e  tutta  la  gente  avida  di  spetueolo, 
IrovQssI  infatti,  qtieJ  giorno,  ch'era  una  domenica,  all'ora  posta  in  teatro. 
Il  quale,  un'ora  prima  dell'orario  fissato  era  pieno  zeppo.  La  riunione 
yvojie  apeila  (»fi  im  discorso  violealisjiìmo  di  un  certo  signor  Mania,  un 


C0»TB1IPDHA»KA  4% 

Mieaiio  ìQiransigenie.  un  vero  sncinìim»  Drratittiaio,  per  coi  guarire 
)o  basteret)(«ro  i  rìmedii  ilei  l'asieur.  Mnrlìo  o-'ìordt  diceadi),  che  i  re- 
puliblìcjini  noQ  dovrebbo-o  più  rimariersene  inerti  e  divisi,  cooie  tian  Taito 
0110  ad  oggi,  ma  luili,  senu  (lf.stinzÌone  di  ^'rii|ipi,  aeco>!ltere  un  pro^frantnia 
unico,  se  reraimnle  si  voglia  raggiungere  lo  scojk)  dì  formare  una  grande 
repubbtioa  Iberica/  K  venendo  poi  a  sinegare  qua!  sìa  questo  [iro^rammi, 
e  la  maniera  di  p»ier)o  animaliere,  disse  senza  nttiti  lermini,  essere  l'im- 
Difiliat^  rivoluzione.  A  qiie>lo  pillilo  un  delegato  del  governo  si  Tece  avanti, 
e  in  nome  della  Regina  sciolge  la  riunione  colla  forza;  ed  allora  ne  nacque 
uo  luraullo  indescrivibile,  e  senw  il  pronto  accorrere  di  niiniern^e  guardie 
Civili,  clie  (rovavansi  appostate  nei  pressi  del  teatro,  uè  sarebbe  nato  di 
peggio.  Intanto  qualche  giornale  di  Aladnd  ha  fatto  osservare  la  coincìdenia 
nelle  manifestazioni  operaie  o  socialisie,  che  sono  la  stessa  cosa,  nei  centri 
più  popolali  e  manifaiiurim  della  Spagna  eoo  l'appello  die  fa  pubbtica- 
neoie  e  ^nta  jiaura  ti  Comitato  repubblicano  ìotransìgente  alla  rivoliulonc 

•i.  ìj»  nostra  cronara  non  è  fatta  per  le  con^cfiure  e  molto  meno  per 
dar  luo^o  alle  chiacchiere.  Appunto  pr:r  questa  non  ci  piace  di  rifenre 
quello  che  alcuni  diarii  spagnuoli  sono  andati  dicejido  ìtiiomo  ad  alcuni 
dissensi  jnsnrii  tra  la  Regina  e  il  Sa^asta,  e  alla  minaccia  dì  costui  di 
rinunziare  air  ufficio  di  presidenlo  del  Ijabinelio,  sperando  con  ciò  di 
oueaere  dalla  sua  Sovrana  l'npprovazione  di  c«rti  decrdi  cbc  gli  erano 
molto  a  cuore.  Ma  se  non  ,v'è  slato  disaccordo  colla  Regina  è  ìndubi- 
lain  cbe  io  seno  de]  ministero  Tion  sono  mancati  gli  screzii,  forse  per 
difetto  di  un  programma  chiaro,  franco,  esplicito  che  il  Sagasla  ren- 
dere dovea  di  pubblica  ragione  nell' assumere  il  {^totere  dopo  la  morie 
del  re  Don  Alfonso.  Uuel  programma  era  tanto  più  indispensabile  quanto 
era  desiderio  universale  di  eonoscxTC  la  linea  di  condotta  che  il  go- 
verno succeduto  a  ijuelio  del  ministero  Canovas  si  proj>ooeva  di  seguire. 
Cbe  n'è  avvenuto?  quello  che  per  logica  conseguenu  dovea  venirne: 
la  confusione  geniTale  dei  partili  politici,  confusione  che  ha  imbrogliato 
e  resa  malagevole  la  posizione  del  governo.  In  un  consi^flio  dt  ministri 
tenuto  11  giorno ^  febbraio,  il  governo,  visto  t'agitarsi  dei  partiti  sov- 
rersivi,  fu  deci»  di  chiamare  sotto  le  armi  altri  r)U,OUU  uomini.  Il 
signor  Camacho,  miniMro  [>er  le  finanze,  dLsculuidnsi  tale  proposta  io 
Coo?iiglio,  dichiarò  che  nelle  casae  dello  Staio,  non  v'erano  fondi  sufB- 
denti  da  |ioter  disjnrre  per  soslciiere  nuovi  [^ie.si,  e  che  nei  momenti 
aUuali  &irebl>e  stato  un  grande  errore  il  gravare  con  altri  hal/j^lli  il 
paese. 

R  poiché  In  magi;ioran/<i  dei  miniMri  era  di  contrario  avviso,  cosi 
il  Cainacbo  rinunziò  al  porttjfo^'li,  daitilo  l'esempio  di  un  uomo  che  non 
tiene  al  podaf-ìglio,  ma  alla  giu.stì/.j&  ed  all'umanità.  La  Gageetia  (If- 
ìiate  però,  nell'annunaare  le  dimissioni  del  Camacho  non  dice  che 


496  CRONACA 

)' avesse  fotto  per  questo,  bensì  per  ragioni  di  salute.  Andate  ora  a  cre- 
itere  ai  giornali,  fossero  pure  ulllciali  o  ufllciosi,  governativi  ovvero  di 
opposizione  ! 

à.  Per  Tarsi  un'idea  della  schiavitù  alla  quale  i  governi  cosiiluuoaalt 
hao  ridotto  il  povera  iulpì(^galo,  Kiova  qui  rirerire  un  fatto  assai  grave 
accaduto  in  questi  ultimi  mesi.  Alludiamo  alla  destituzione,  o  ecalombe 
di  oltocuito  impiegati  delle  imposte  dirette,  i^  la  causa?  Ije  eleiiooi 
poliliclie.  È  ora  musso  in  s^do  che  il  lavoro  non  regolare  fatto  da  coledi 
impiegali,  p^trclif'  fossero  i.scrìtti  nellf  lislft  eltiitoruli  uij  numero  di  elettori 
non  favorevoli  all'attuale  re^^'ime,  provocò  quel  decreto.  Non  v'ha  dubtno 
(^e  i  colpiti  dalia  giustìzia  governativa  non  aveano  (atto  bene  a  valersi 
di  mtui  contrarli  alla  legge,  ma  ottocento  famiglie  in  sul  lastrico,  som) 
sitntti  fiilln  una  falange  lien  numerosa  di  nemici  per  uo  governo  che  M 
ha  tanti. 

6.  II  Tritiunale  supcriore  dì  guerra  avea  confermato  la  cvidanoa  al 
duca  dì  Siviglia,  di  <iUo  anni  di  carcere  ed  alla  perdila  del  ^rado,  ooii 
mancava  che  l'esecuzione.  Difatti  il  Uovematore  della  prigione  militare. 
la  sera  del  t"  marzo  faceva  toi^liere  la  divisa  militare  al  duca  di  Sivigtia, 
perchi'i  degradato,  e  consegnavalo  alla  gendarmeria  allineile  fosse  coodotio 
provvisori  a  nienti)  nisl  carcere  civile  di  Madrid.  Fu  lutto  merito  della 
Kegina  p^rh  .se  il  Ministero  si  piegò  a  commulare  la  pena  del  eareere 
in  quella  di  esìgliii,  nelle  isole  Ualearì. 

7.  I  falli  che  da  due  mesi  si  sono  andati  svolgendo  nella  penisola  dimo- 
Klrano  ctitnrameote,  clic  il  presidcnle  dei  mìoislri  eoo  un  lavoro  assiduo, 
costante,  condotto  in  guisa  da  non  farsi  cumprendfj^  da  nessun  partita 
politico  ha  raggiunto  il  suo  scopo.  CJual  eia  questo  scopo?  quello  di  scib> 
dere  i  diversi  gruppi  repubblicani  e  di  seminare  nei  loro  campo  la  di- 
scordia: divisi  in  diverse  frizioni,  e  fier  di  più  in  disaccordo,  non  gli 
faceano  paura;  e  tanto  bene  ha  lavorato  in  questo  senso,  ora  lusingaodo 
Castelar,  facendogli  visita;  ora  minacciando  Salmeron;  ora  facendo  l'oc- 
chio dolce  a  Hi  y  Margall,  ora  arrc-'^tando  in  mas.'ia  i  .seguaci  di  ZorrìlU, 
ed  inlìne  disperdendo  i  federati  in  Madrid,  che  *#  non  in  tutto,  in  joitc, 
senza  fallo,  vi  è  riuscito.  Prova  di  ciò  è  la  riunione  del  1"  marzo  dei 
capi  dei  diversi  gruppi  repubblicani  in  assemblea,  e  tra  que.4ii  andw 
due  rappresenianii  di  Huì/  ^ori-ilJa  e  varii  repubblicani  federalisiì  L'og* 
getto  di  uile  nuninne  nra  (piello  di  formare  un  programma  unico  e 
soltoscriviTlo  tutti  i  capì  parte  del  partito  repubblicano,  |>cr  le  prossime 
ele/ioau  Or  bi>ne,  dopo  v,-irii  di.scorsi  d<;i  ca|x)i'iriiji  la  dis4»rdi;i  si  [mkA 
talmente  che  per  la  diver^'euza  delle  opinioni  non  fu  possibile  d'iuleodersì, 
sicché  in  conclusione  venne  abbandonata  ogni  ide»  di  fusione,  e  per  con- 
seguenza fu  deciso  che  la  coalizione  ekliomle  r(>pubbli<'..ìna  si  era  resa 
impossìbile,  e  quindi  ciascun  gruppo  avrebbe  battutoti  pro|Tio  seatitn^ 


OOMTCHPORJUtEA  497 

Quello  che  premo  t>  dì  osservare  che  ì  J!orrìllisit  i  quali  in  (iti^lla  occa- 
sione avcano  dichiaralo  di  asleniTsi  dal  eoauorrere  alte  urne;  più  lardi 
a  unirono  ai  fedi^ralisU  per  ìscendere  in  campo. 

8.  Il  t"  oiarz'i  la  sera,  a  l^aru^cnu,  fu  fallo  da  due  individui  scono- 
iciuti  un  tenialivn  dì  Mtrjire'U  per  iinjiadrnnirsl  dei  Ioni  di  quella  pi»7/.a 
verso  terra:  la  seniìnetle  fecero  fuoco,  senza  però  colpir  nessuno,  se  il 
vero  diiMKio  i  giornali  e  il  icltiv^rafo.  Vi  fu  però  una  grande  panra  nella 
inpoLaziuue,  accorse  la  irupp»,  peniuisirorio  i  dintorni,  ma  non  trovarono 
anima  vìva.  Bisogna  po'b  rìnetlerc  sulla  persistenza  degl'insorti  elio  non 
riusciti  (olicemente  nel  lenlativo  di'i  mese  di  febbraio,  tuinno  ritentato  la 
prova.  K  dove!  Sempre  a  Cartat;eua!  Che  bisogna  concludere  t\u  ciò?  cbe 
esisie  uu  piano  prestabilito  da  Uuiz  /^rrilla,  non  Milo,  ma  da  quanti  twno 
afRgliaiì  alla  rivoluxiooe.  Alirìmenti  come  spiegare  i  continuati  tenLalivi 
d^l'iosorLi  in  quella  pìaiia  forte? 

Mentre  quelle  cose  accadevan<>  In  Canagena,  un  lele^rramuia  da  Ua- 
dalona  {Catalogna)  annunziava  che  una  bomba  dì  dinamite  era  scoppiata 
u  una  fabbrica  d'armi  del  gnvorno;  chf,  il  Direttore  era  sLito  ferito 
graveoKOle con  altri  lavoranti;  cIm;  il  danno  (tra  gravissimo.  K  gli  autori 
(leti attentato?  Ignoti  come  a  Carut^^eua!  Inoltre  dudici  sergenti  venivano 
in  quel  tomo  di  tempo  arrestati,  come  promotori  di  mene  repubblicane 
t!  condoni  nella  pri;.'inne  militane  di  Saragozmi.  E  [jensare  che  tutti  questi 
avvenimenti  si  sono  svolti  in  soli  tre  giorni  dal  1  al  8  marzo'  In  vista 
dj  tutto  questo  ben  dì  Dìo  il  Sagasta  non  se  ne  .<<tava  però  colle  mani 
in  niatKt.  Innanù  tutto  il  giorno  4  faceva  fucilare  dìnu-o  ì  bnstinni  della 
fortezza  di  i^artagena  quid  disgraiiaU)  sergtjnie  dm  fu  il  cn[jO  del  movi> 
neoio  insurrezionaie  repubblicano  del  mese  di  febbraio.  Avrebtie  voluto 
essere  ngualmenle  severo  c/jI  duca  di  Siviglia,  ma  la  clementi  sovrana 
leaiperò  i  kuoì  rigori.  Insomma  la  politica  del  ristringere  i  frc^ni,  adoperala 
in  Italia  dal  Depretis  è  piagiut;i  tanto  al  Sagasta  per  condurre  in  porlo  le 
deiiuni  che  IV^to  fortiiiuito  di  esMC  provò  cbe  coi  partili  sovversivi 
l'aaico  ed  eOìcace  spedienieè  l'uso  legittimo  della  forza. 

9.  n  decreto  reale  tanto  desiderato  per  lo  scioglimenio  delle  Camere 
ipariva  18  di  marzo.  Ed  ecco  tutti  i  parlili  ciascuno  con  un   pro- 
proprio, decisi  a  disputarsi  i  candidati  nella  lotui, 

Il  primo  programma  eleuorale  era  quello  emanato  dalla  Sinì.slra 

tica.  U»esta  confermava  come  base  principale  di^l  medesimo,  la  i>o- 

Eìooe  del  180.  In  quel  maitre  a  l-'iguerola  hunivaosi  lutti  i  capi 

lli.slt  con  alcuni  caporioni  del  partito  federale.  Ui  ohe  iraiiassero  è 

mistero;  ed  un  mistero  quel  che  d^cidessem.  Quello  pf^rò  che  none 

mistero,  è  appunto  il  vedere  come  dopo  questa  riunioni?  sì  sìa  comin- 

a  far  u!to  di  dinamite  )ier  ìnlimidare  il  paese,  spaventare  il  governo 

9grU  XtìJ.  90l.  ri.  faae.  iiìZ  32  8  maggio  14^ 


i^a^^ 


49tì 


OlOTTACA 


e  poi  scenderò  in  campo  aperto.  L'H  la  sera  mrniti  veniva  gtHlaia  un 
bomha  di  iliiiatiiit^  all'angolo  della  Piazra  (Idia  Fnrrla  ihrl  Sof,  che 
scoppiò  con  gran  fracasso,  e  c^n^onÀ  spavento  non  poco  nella  popolaztuoe. 
ForluDiitametite  non  si  ehlicrn  a  deplorare  disastri,  irovaodosì  a  quell'ori 
e  per  l'intendo  fa'ddo  iie.s«rta  la  piati». 

0<)i*sto  spesso  avvicendarla  dì  alti  chniina'ii  non  ii  eerto  un  lieto  pm* 
nostico  \)^ì  governo,  ed  è  di  logica  conseguenza  che  Io  scora  tftnaOKoia 
invada  gli  animi  dt;lla  geali'  onesta,  e  la  miseria  aggravi  la  sitiia/iooc. 
stante  che  il  commercio  della  Spagna  può  dirsi  alla  lettera  morto;  bafli 
dire  che  l'incasso  fatto  da!  governo  nel  1885  per  diritti  d'imporisrionej 
è  dì  solo  36  milioni  di  fninehì! 

10.  La  manina  del  6  marno  si  solenniij-avano  con  lieta  pompa  e  rat» 
gnifleji  gli  sponsali  dell'Infanta  Donna  Enbiiia  sorella  del  defunto  re  A)* 
fotiso,  cno  don  .'Vnionio  d'Orleans  figlio  del  dnca  di  Mompcnsier  Grande 
fu  lo  sfoggio  che  l'eccelsa  Reggente  ha  voluto  fare  in  questa  fausta  dr» 
coslnn/a.  Le  persone  soltanto  della  reale  famìglia,  ad  eccerione  degli 
angusti  Si>osi,  vestivano  il  lutto,  U  rimanente  della  Corte,  il  Corpo  di-j 
plomatico,  i  ministri,  i  generali,  e  tulli  gli  ufTlciali  e  i  grandi  di  Sjiagni 
non  aveano  alcun  spgm  di  lutto  nei  loro  uniformi.  [«  dame  chr  v'Ia*! 
terveunero  erano  più  di  quattmcenlo  e  tutte,  come  è  facile  supporre,  in  i 
grande  gala  di  vesti  e  di  decorazioni,  (ti' intervenuti  rìiiniron^i  nflla  ula 
del  trono.  Alte  1 1  aut.  compariva  la  Reggente  accompagnata  dalla  sposa,] 
e  dopo  essersi  quivi  trattenuta  alcuni  istanti  si  diresse  alla  Capitila  raU^  I 
dove  fu  dato  principio  alla  cerimonia  religiosa  con  la  ceiflhrazione  ddla] 
santa  Messa.  Nou  e«^seudovì  ìri  Spagna  maLrimoaio  civile  il  l'arruco  r»p-| 
prei^nta  al  tempo  stesso  l' autorità  religiosa  e  civile.  13opo  la  Messa  l'A^j 
civescovo  di  Toledo  faceva  uo  breve  discorso  di  circostauza  agi;  Si<o«,eI 
poficìa  unìvali  col  Sacramento  del  mairinionto.  Terminata  la  funzione  tot 
il  corteo  col  medesimo  cerìmoniale  ritornava  nelle  sale  della  Reggia 
ft'è  tenuto  circolo  per  i  soliti  atigurii  di  felicità  alla  reale  coppia  degli 

IL  La  republilichetta  d'Andorra  ha  dato  nel  mese  di  mano 
alle  chiaechtere  dei  politicanti  e  del  giornali.  Si  sa  che  in  Andorra  l'i 
questione  dt  rivalìi.'i  Ira  colon»  ehe  vorreliliern  eliminalo  il  pi 
della  Frauda,  o  lolto  quelh  della  Spagna,  o  l'altro  del  Vescovo  dì 
sussiste  sempre.  Ha  di  recente  questa  rivalità,  che  pareva  un  po' po' i 
so|ilta,  ha  preso  il  carallere  di  uua  insurnsiorw.  fjt  stain[a  dei  due 
di  qtta  e  di  là  dei  PireneJ  ha  fallo  tin  gran  (-h)as.so,  cnme  se  a 
iraliaio  d'una  quìstione  iulernazionale;  ma  tanto  i  giwaalt  ftattceu 
gli  spaguuoli  hanno  trattato  la  quìstioiie  secondo  il  loro  interesse 
naie  e  non  già  secondo  il  diritto  e  la  giustizia,  Solo  la  masROOle» 
lìrpmthme  ìttrìgt^  ha  voluto  ftir  credere  clw  il  Vescovo  di  Urge!  doo  i 


coyrtnpon\vek 


w  un  propugnalore  della  causa  cartista;  e  oon  basta;  che  anzi 
pani  del  Vescovo  cercano  dì  arniolarc  stranieri  in  gran  numero 
intraprendere  una  prossima  campagna  carlisia  e  cosi  Tare  di  An- 
a  il  iinarliere  liiìnurale  del  ihica  di  Madrift.  Sicchft  visto  «  cnusiJerato 
t  citi:  fuuri  il  Ve.sL*i)vo  ilal  suo  terrilnria!  I^  conriusione  i:  degna 
inveniorì  di  sìlTaUe  calunnie.  La  verità  è  che  il  Ve&covo  di  Urgel 
s'è  mai  ROj^naio  di  fare,  raa  molto  meno  adesso,  o  prrmi^ir«re,  nrl 
torio  di  Andorra,  arruolamenli  carlisli,  nÈ  il  duca  di  Madrid  ci»;  ha 
Imente  dicbiaraln  essere  la  sua  politica  l' astensione  lino  a  che  lo 
eri  coaveiiienie,  svreblie  coaseniìio  cbe  si  fac^scro  in  suo  nome; 
di  è  die  soao  Jas  nasi  stenti  tulle  le  Gabe  cbe  si  sono  spacciate  su 

fsof^getto. 
I/assassinìo  del  Vescovo  di  Madrid  ha  K>ttalQ  nello  stupore  e  nella 
lazione  tutta  la  Spagna.  Quest'assassinio  consumato  il  giorno  IH  aprile 
ioli  la  Cauetlrale  di  Sani'  Isidoro,  ha  fatto  gongolnrc  di  ^oia  la  mas- 
ria,  perchè  ci  ha  veduto  quello  die  non  è,  la  profonda  corruzioae 
clero  spagnuolo.  Inramc  calunnia!  11  clero  spatrinolo  fu  sempre,  ed 
più  che  mai  in  alcun  tempo  cscmplarissimo,  docile  e  ohbe- 
ai  suoi  Vescovi. 

settarìi  tulli  percìA  non  hanno  potuto  giammai  fare  proFielili  nel 
I  per  procurare  scandali,  e  sftrvirsene  per  ì  loro  tenebrosi  finì  ;  tiasla 
solamente,  che  il  clero  madrileno  è  uumerosissimo,  e  fra  ttiui  sa- 
oti  uno  solo  Irovavasi  inierdetio  dal  proprio  Ordinano,  e  que.sli  per 
[^nto,  a  gui-vi  dt  (iiuda  Scariote,  uccideva  il  suo  Vescovo,  e  si 
ma  Don  Cny^tano  Gaieote  ex  Curato  nella  Chiesa  di  San  Uriso,  e 
ha  l'Ite  47  anuì  d'età. 

A  atampa  cooimenta  il  misfatto  a  seconda  delle  proprie  convin<!ioDi, 
turale.  Difatti  i  giornali  della  frammassoneria,  pur  ammettendo 
d*un  orrìbile  assjssinin,  cercano  di  attenuarlo  e  scusarlo  con 
;z?:e  parole  piingenii,  dalle  quali  sì  scorge  un  dialwlico  contcnio, 
velala  s<)ddisfa/.ioiie;  e  questi  sì  compiacciono  dello  scandalo;  ma 
hi?  Solamente  perchè  non  è  altri  che  un  prete,  1'  a!»assino  del  proprio 
»voI  Si,  è  uno  scandalo...  e  chi  potrebbe  negarlo? 
(fa  vi  fu  scandalo  fra  i  dodici  A[)ostoli,  allorché  unn  di  loro  negò, 
tolte  e  tradì  il  (Jrisw  Gesti;  sopra  chi  ricadde  però  lo  scandalo? 
ì^rann  ap|H>nR  sonate  le  IO  che  giungeva  con  la  sua  vt^lnra  sotto  i 
ei  della  pro-(;ail*!drale  di  Sant' l.sidoro  Mon.'iignor  Narciso  Martinra 
Bfdo.  Nativo  di  Guadalaìno  pn^iìsa  Madrid,  avea  ù6  anni,  ed  era  il 
pn?e*covo  di  .Madrid,  essendo  questa  ciltA  sede  Vescovile  con  Alcali 
lenares  da  un  anno  appena  .Monsignore  Yiquierdo  si  recava  nftlla 
idrate  per  compiere  la  funeione  delle  palme  ;  il  Capitolo  con  numeroso 


500 


CROIfAOA 


clero  trovavasi  ad  aspettarlo  mela  nell'inierno,  taelh  air  esterpo  ild  sar 
tempio.  I^  vasta  chiesa  era  piena  2eppa  di  popolo,  che  stivato  a^iruai) 
Il  Benedizione  degli  Ulivi;  nei  itorLici  esterni  egualmentt;  il  popolo  vn 
onroeroso,  così  che  n  stenln  poteva»  muovere  e  fare  largo  al  Prelato,  ut 
disceso  dalla  uarroua,  ed  asperso  cnii  l'acqua  benedetta  e  Clero  e  popidt 
iDcedeva  processionai meute  in  Ctii&sa  al  suono  dell'orano. 

Un  altra  prete  però  trovavasi  a  fianco  del  corteo,  eqiienti  aspettava 
da  più  tempo  ruori  il  sacro  tempio.  Costui  nel  vedere  disrendere  il  \t- 
scovo  dalla  vettura,  anelante,  cerca  farsi  largo  Tra  mtaa  alla  ralca.  MfU 
il  Ve&covo,  entra  nel  tempio,  quivi  giunto  tira  Tuorì  di  sotto  il  lalofn 
un  revolver,  ed  in  un  baleno,  preso  di  mira  il  Prelato,  fa  scaiure  tre 
colpi  consecutivi  e  lo  ferisce;  al  secondo  colpo  il  Vescovo  stranmua  a 
terra,  e  tutti  Io  crcdeitero  morto,  ma  non  lo  era  ancora...  Come 
descrìvere  lo  spavcmos  il  pianto,  le  grida  di  tutto  il  [wpolo  che 
flp.«o  aspptiava  la  henedizifirie  del  Vescovo,  al  invece  seme  i  colpi, 
impallidire  il  Prelato,  Iiarcollare,  nieuersi  la  roano  al  cuore,  quella 
medesima  che  henediceva,  e  caliere  a  tetra  hagnato  nel  proprio  ganf 
Oh!  no,  che  non  i';  possibile  jioiervelo  descrìvere,  le  im|a^5Ìoni  clje< 
stano  imirnniiiio  .simili  a^sassimi  sono  talmente  profoade  che  si 
t»a  aon  si  possono  oiatiifestare  oè  con  le  parole  oè  eoo  lo  scritta. 

Il  prete  otnicidii  venne  subilo  arrestato  dal  popolo  medesinm  in  l-|iì<-4 
che  voleva  furne  giustizia  somm^trìa,  ma  »^praggiualfl  le  (itinrdte  oiili 
ehe  fii  trovavano  Tuorì  delta  chiesa,  venne  masso  in  ima  vettura  e 
dolio  via.  Il  Vescovo  renne  preso  fra  le  braccia  dai  canonici  e  tr 
tato  in  sagresliat  e  poi  occorse  più  di  un'ora  buona  per  far  i^ombr 
dal  popolo  la  Chiesa  che  venne  chiusa,  restandovi  numerose  gnr 
civili  a  ca<Jo<lirla  all' esterno. 

Fraltanto  Mnn.signore  perdeva  sangue  dalle  ferìie,  pert^^  una 
gli  aveva  spezzato  hi  colonna  vertebrale-,  nn' altra  palla  si  era  Mi 
nella  (ramba  destra.  Accorsero  iuiiiianliuenii  vanì  profejisori,  che  di( 
raroQO  Io  stalo  del  Pr<>lato  gravissimo:  venne  adagialo  su  di  un 
improvvisato,  e  poco  dopo  gli  venne  esiraua  la  palla  dalla  gamba. 
prima  di  un'ora  dopo  il  mezzodì  riacqtiisiA  ì  sensi,  e  quale  fu  la 
parola  che  {jrnnuiiciò ?  l.a  parola  di   perdono!  Disse:  perdono  di 
cuore  a  quel  travialo  che  mi  ha  voluto  uccidere,  perdono  come  11 
Gesù  perdonava  a' suoi  crocilìssorì,  sia  compiuta  la  volooU  di  UioI 
i  veri  ministri  di  Gesù  Cristo  die  siano  sempre  beoedeiUI  Alle  ore  3 
vcDQero  amministrati  il  santo  Viatico  e  l'estrema  Uiuione. 

In  quc4o  frattempo  giungeva  al  suo  letto  il  f*iunzio  Apostolico 
grimparti  l'assoluzione,  telegrafando  a  Sua  Santili  l^oe  Xìi\  fa. 
benedizione  Papale,  per  desiderio  espresso  dal  morìboodo  Prebla. 


lAi 


CONnSf  FORANEA  501 

«era  giungeva  TArcìvKcovo  di  Toledo;  lulte  le  Autorità  riella  Capitale  e 
talts  l'alta  arifitocrana  erano  accorsi  a  S.  Isidoro,  la  Regina  reggerle 
ne  f»  ilesolatisnma,  e  inand^  ripetute  mite  a  domandare  notizie  del  Hre- 
lilo;  do|>n  alquante  ore  vohva  l'auinia  del  Santo  Vascovo  lassù  uel  Cielo 
io  seno  a  Dio,  e  la  Chiesa  cauolica  pu6  ora  oel  suo  catalogo  regiMrare 
un  Martire  dì  più. 

Abbiamo  diinque  il  fatto,  die  un  prole  è  stalo  l'assaiwino  del  pmfirio 
Vescovo!  Ma  quale  sarà  stato  il  movente?...  Il  Vescovo  Tavova  interdetto 
per  molivi  che  riguardano  la  propria  coscieiua,  e  perchè  aveva  stimalo 
giuMo  e  oece^^ano  il  doveiin  hre,  e  non  era  perciò  oM>lii:aio  aiaitirc- 
slare  ad  altri  il  pereti^  di  ule  misura  di  ri^'ore...  Ecco  la  causa  dell'odio  !... 
Lo  Hopo?  Tutti  convengono  che  scopo  del  delitto,  sia  stato  compiere 
una  perennale  vendetta  contro  d«l  Pnlito.  I  seliarìi  avevano  pur  iropfio 
aperto  una  breccia  nell'animo  di  questo  dìsgraKìaio  prete,  e  tanto  vi  ave- 
vano la^'omto,  che  il  don  rinlcom  si  era  decisn  scrivere,  come  di  Talli 
r  -■  articoli  [Kico  rispettosi  e  insoli'nii  cintm  il  Vescovo  net  periodici 

l  -iumni  ed  J-U  Prnt;reso.  il  don  dalfOto  dunque  non  si  era  soilo- 

I  messo  al  proprio  Vescovo  dopo  la  punÌ2iooe.  ma  viepiù  insolentiva;  dun- 
^^■e  noi)  è  \iar.zn  come  i  giornali  dnlla  rivoluzione  vogliono  Tar  rredert*  (ler 
^Ht*'ar1o  dalla  militata  \m\n;  dunque  bisogna  coocluden'  die  Satana  s'era 
ìmposiessain  dell'anima  di  que-slo  disgraiiato,  facendogli  Cfpnimeltere  si- 
mile misfatto  nella  casa  stessa  ili  Ilio,  e  precisamente  in  quella  domenica 
ddle  l'aline,  in  cut  la  Saiil,i  Chiesa  commemorava  l'ìngn-sso  glorioso  di 
(iesii  Cristo  in  lieniKalenime.  Jl  Tribunale  peraltro  ha  aperto  .sollecita- 
menle  1*  istruttoria,  e  il  don  lìateoto  ha  già  subilo  il  primo  int>err<^atoho. 
A^^pcttiamo  che  la  giusUzi.!  faccia  il  .suo  corso. 

lu  tulle  le  Chiese  di  Madrid,  fallasi  esposizione  del  Santissimo  Sa- 

cranieolo,  si  sono  inalate  aIi'Alii.ssÌmo,  fervide  preghiere  per  Monsignore, 

le  Chiese  alfollaiisslme:  Il  popolo  tinto  commosso  pregava  con  fede. 

Ouesio  scandaloso  dramma  di  sangue  si  consumava  in  Madrid  nella 

persoita  d'nn  Vescovo;  nella  città  di  Murcia  nel  medesimo  giorno 

scandalo  di  diverso  genere  succf^deva  contro  di  un  altro  Vescovo  ! 

■ìperch^  mai?  Perchè  il  Vescovo  di  Murcia  ha  eondannaioe  fulminato 

soùoiunica  una  setta  che  cerca  rapirgli  le  sue  pecorelle,  perche  co- 

insamente  ha  smascheralo  ì  nemii'i  di  Dio.  della  Chiesa  cauolica,  e 

a  sncicUt,  rulmintindo  i  loro  scritti,  le  loro  insidie,  ì  loro  Opuscoli,  i 

giornali,  percbJ;  influK  ha  predicato   la  verit.V  [.a  r-'ramma.ss»nuria 

juvifierila  per  questo  tiitiu,  ha  sguinzaglialu  i  suoi  sgherri,  ha  riunito  te 

Ola;  ed  ecco  che  gonfia  ts  pettoruta  percorre  le  principali  vìe  della 

gridando  abitasse  o  morte  a  Monsignor  Vescovo. 

Su  tale  proposito,  ci  piace  riportare  un  ariicolello  del  periodico  La 


509  CnONARA 

Umon:  Iraduciamo  parola  per  parola:  *  Crede  il  sindaco  di  Mulnd,] 
crede  il  tìovernalorfì  di  Miimìa,  crede  il  Governo  del  siiinor  Sagasla  dv | 
sia  |)erin&sso^  sia  lecito,  sia  giusto  e  legale  elie  certi  [>enodicÌ  tanto  ioiKili 
come  inseusati  possano  scagliare  ingiurie  contro  le  f«rsone  e  com  cbtj 
riguarilauo  la  nostra  Iteli^ione  cattolica,  sol  perchè  i  loro  atti,  i  loroj 
scrìtti  restano  impuniti?  Non  esiste  forse  una  Costttuxioae  nella  SpatTU,! 
che  dichiara  la  Religione  Cattolica  Romana  la  sola  Heligione  dello  Staiafj 
Non  A  stata  ratta  dalle  Camere  una  legge  che  dichiara  U  Chie^  catto- 
lica, la  sola  r:hiesa  odìciale  dello  Stato?  Non  esiste  forse  nn  Concordino? 
Non  sì  domanda  forse  che  vi  sìa  intero  accordo  fra  il  potere  civile  el 
qtwllo  eccle-iiasiìco?  Tutto  il  popolo  spagnnolo  non  è  forse  cauolico,  e  li( 
sua  volofìlA  non  ^  quella  che  si  risp«ii  la  prf)pria  Rulii^one?  1,'istnrij 
della  Patria  Spagnola  non  ò  stata  protetta  per  lo  spirito  del  caiiolicisiuo 
all'ombra  della  Croce  e  della  Chiesa  dì  [)Ìo?...  A  f'^rte  lutto  iiueflo.  B 
che  forse  i  Vescovi  caimlici  debbono  vivere  fuori  del   diritto  roraiine* 
0  fnr.se  i  Vescovi  non  debbono  più  godere  quel!»  piena  litierlà  per  adem- 
piere il  loro  sacro  ministero,  e  poter  liberamente  difendere  quella  Rell>| 
glone  di  cui  sono  Ministrile  attaccata  e  iogiarìata  da' nemici  della  lD«>j 
desims?»  Fin  qui  IjO  IJnio». 

Conclusone:  i  .socialisti,  i  settari,  dì  ogni  categoria,  t  repubblicani  «»•{ 
federali,  vedendo  che  perdono  terreno  alla  giornata,  e  hanno  perduto  li 
aperana  di  cfiniliaiiere  il  Governo  legalmente  nelle  Cortes  [rf^r^ht^  mino- 
ranza, 0  scorgendo  che  la  vittoria  riportata  dal  Ijovemo  è  dipenduta  daKj 
l'appoggio  morale  del  clero,  dalla  inlluenea  dei  vescovi,  che  liani)<^  pr^lt- 
cato  alle  popolazioni  l'ubbidienza  alle  autorità  costituite,  inviperiti  e  ;<>^iiraM 
alla  distruzione  se  fosse  possìbile,  e  del  clero  e  della  Chiena  di  Dio;  ntl 
tutto  l'inferno  non  potrà  giammai  dL^niggere  l'opera  foinlata  «la  D^j 
medesimo! 

\X  Nel  giornale  VFpóca  di  Madrid  troviamo  un  riassunto  delle  ilhl 
chinrazionì  che  il  ministro  degli  esteri  signor  Moret  ha  fatto  ai  snni  ris- 
tori siilta  politica  che  intende  seguire  specialmcnle  rapporto  alla  Sama  Sf^le.l 
'  t^omindò  il  ministro  con  dire  che  la  miglior  concordia  riderà  eoli 
conservatori,  la  cui  cooperazione  crede  necessaria  per  la  difesa  della  H"-} 
narchia.  Afrerrnh  poi  che  questa  concordia  era  incornila  ti  hi  le  con  rolon} 
che  vogliono  concessioni  tendenti  a  far  credere  elio  la  Monarchia  è  irai 
sitoria  e  che  k  possibile  preparare  l'avvenimento  della  Repubblica. 

Dopo  fatti  dei  calorosi  elogi  del  re  ì^aa  Alfonso  e  di  S.  M.  la  n*jn*l| 
reggente,  il  minìslro  espose  la  necessil.^  di  una  nuova  |)nlìlica  di 
reftsì  generali  e  di  riforme  sodali,  iwlitica  che  definì  l'unica  po( 
daperlutto.  Mostrò  lo  Stato  della  quìstìone  sociale  censuraado  l*j 
renza  delle  classi  dirigenti;  la  parte  ciie  spetta  ai  goverai  e  gli 


coaTRMPOnAycv  903 

Tcri  rìmediì  i  qiuli  hanno  da  sor^re  dall'iniziativa  individuale  i>;)iVafti 
mi  srntimento  reOffioso. 

TermÌDÒ  tRponerHin  l'importaDU  delU  trasfornoazione  dello  relazioni 
tra  U  (Chiesa  e  lo  Stato  in  cooMgMtoiJi  dell' aitiludine  del  l'apa  e  delle 
dlchiaraàuaì  dell' Kpi,seop8lo  falle  al  aionieoLo  dei  funerali  del  re,  av- 
venìnieDio.  che  comidcra  come  il  piìi  imporinnie  Ira  gli  occorsi  dal  181)1, 
iD  poi.  «  Il  [»»rtìu>  liljKralf,  dictiian')  il  Mort4,  ni  iroverl  ora  eoo  la  iran- 
((uilliU  delle  coscienze  e  con  un  poienie  ausiliare  nelle  questioni  sociali 
e  di  nrdtne  puMilico.  Non  è  vero  che  non  esiM<  armonia  ira  la  libertA 
eia  religione  e  <]U6$ta  armonia  e^^rciier:^  le  piii  felici  cons^^enze  .sulla 
hmii^lia^  Milla  «ducaiinne,  sul  pr'kgrcsso  e  sulla  i>iil)tdir-a  [micc.  » 


IV. 

IXGHJLTJCRJtA  (Hoatra  tmrriapondaua  ritardala)  -  1. 11  Giadsione  |wr  la 
letTUt  «olla  a  vapii  dfl  mincilr^ti.  SuO*  cliM^(ni  |i«r  in  patìlkaiÌMK  ddl' ItIaimÌìi  — 
i.  1.1  Mi'Homti  Itulf-  !j>.'i1  ]l.inil'il|iti  Cliiin:htn  r  gli  Ohidììisu.  Ilatiigai 

•Irli...  ..   (lì  «infili  ullifiii  aW  Home  UuU — ;i.  Il  \rii:oto  di  Nollnighaat 

e  U  cuti  driLu  PrimroM  I,tìtyue  ■—  \.  (Invi  ilUortlìni  ullÌiQaiiM!DtD  anenuU  ta 
Londfi  |ier  ojieiìi  ilvi  mcuiIììIÌ  dcaiocralJci- 


i.' 


I.  Hai  ^nripln  d^l'aniin  in  jioi,  gli  avveniinonii  han  prorediilo  ra- 
meoie,  e  al  iemi>o  sit'sso  con  leiiK-wa  in  Ingliiiierra.  Si  adunft  il  Parla- 
moiia,  e  11  Governo  di  lord  Salishury  fece  conoscere  i  suoi  intendimenti 
Mddiieonio  detta  Bettina,  leuo  dal  lord  Cai)cel)iere  nella  Cannerà  dei  Lordi 
fs  pmenzB  di  S.  M.  e  diniinzi  a' suoi  fedeli  Comuni,  i  quali  erano  stati 
deliilaaHnte  chiamati  a  ricevere  la  con^iela  .signi llcazione  dei  dasideriì 
•  delle imeczìooi  sovrane  per  risiwito  alle  o|»erazioni  legislative  della  pros-' 
aJiDi  sttsione.  Uuel  discorso  conteneva  un  modesto  ed  utile  pro;tr»mma 
di  provvedimenti  pratici;  ma  vi  si  notava,  difi^razialamenie,  uno  scon-io. 
Aonunnavano  ì  ministri  che  in  considera /.ione  dello  slato,  in  cui  si  iro- 
nvi  r  Irlanda,  e  dei  pericoli,  che  minacciavano  in  quel  paese  la  vita  e 
h  hhrrtA  individn-ile,  avevano  di  bel  nuovo  divisato  di  ricorrere  alla 
fnffiTìfn*»,  M  altro  xtì*mD  non  potesse  immaginarsi  onde  affrontare  Im 
my.  S:'i:itia  dicbiarazione  ecptlvalova  a  nn  rifluio  AkW Home  Jiutr,  e 
'•'me  inlf  fu  ravvisala  dai  deputali  irlandesi,  i  quali,  per  conseguenza, 
-pararouBi  d'un  iraiio  da!  panilo  conservatore,  sialo  da  essi  sostenuto 
.•-I  eollci^i  eleitorali  duranip  le  ultime  elezioni:  e'a  tale  dlMirjuone  furono 
is!i!fi  prù  fioi clemente  indoiti  dalla  slraii^da  del  .signor  filadstone.  Uue&ti 
'viTi  di  •TS!;er.si.  eoo  la  sua  solita  ver^tililà,  niosiralo  già  disposto  a 
-iv(iit.re  ad  accordi  col  signor  Parnd)  e  col  suo  pahitOt  e  doi«  aver 


l 


504  CRONACA 

data  a  sìflbtla  disposizione  una  Tarma  più  o  ineJinsn<;lanziale  durante  hi 
disctissioiiiì  rlell'iodirlz^o  in  risposi»  »l  discordo  della  Corona,  sì  fecti] 
dichiarare  mine  in  un  discorso  da  lui  pronuneialo  il  17  ^leubro 
avesse,  doleriinaam  i  cantini,  enlro  i  quali  riputava  possibile  una  QBit 
siasi  azione,  o,  in  altri  U'rniiiii,  «  enlro  i  quali  n  al  di  \k  dei  quali 
lavano  i  desideriì  deir  Irlanda,  ccsliluzìonalnientn  parlando,  ricevere  o  H 
ricevere  l'assenso  del  FarlameMo.  •  In  una  parola,  il  sisnor  Gladstooci 
condusse  per  modo  da  fare  inlendere  che  era  dispostissinJ'>  a  veci»: 
palli  col  signor  Parnell  e  coi  naiìonalisli  irlandesi,  senza  però  Sj 
alcuno  dei  provvediaieoii,  ch'ei  polo-sse  trovarsi  indotto  a  prof.^*:.:  r 
la  repre,ssione  dell'anarchia,  die  disgraziatamente  regnava  in  Irland 
È  superllurt  il  dire  che  alle  conclusioni  del  sij^nor  (àladsione  fu 
signor  Parnell  risposto  as.'^i  vivamente,  quanitinqne  senza  soverchia  es|: 
sione,  perche-  il  signor  Parnell  è  uomo  prudente  e  incapace  di  ahtur 
narsi  a  un'anione  viobntn.  Hall' altra  patte,  le  dichiara/ioni  e  la  iaiiica.| 
del  sij^or  Gladsiooe  gettarono  ftrande  cosieTna/.tmo  ira  le  Ale  dei 
servitori  e  anche  in  mexio  alla  frazione  moderala  del  partito  liberali 
Tonavi»,  per  rispetto  a  quelli  Tra  i  comiHinenti  quesi'iiUimo  pnrlila 
quali  sedevano  nella  Camera  dei  Coninni,  le  cose  presentavano  ras)<llfrj 
seguente.  Posto  a  conrronlo  coi  oooserTatori,  il  partilo  lilierale  era 
maggioranza;  ma  il  signor  Parni'll,  coalizzandosi  cfH  conservatori, 
distruggere  la  maggioranza  lit)erale.  Dall'altro  lato,  se  si  fosse 
conchiudere  un  accordo  fra  i  signori  Uladelooe  e  Paruell,  i  lil 
reh[>ero  tornali  al  iHUere  con  qualche  probabilità  di  recarsi  in  n 
governo  del  paese.  J-.a  lenlailwie  era  troppo  forte  per  trovare 
rosisLesse;  laonde  fu  tosto  data  opera  a  porre  il  tioTerno  in  minorami] 
intorno  a  qualche  questione  importante.  ìa  scelta  cadde  sulla  qt 
di  provved>ere  all'acquisto  di  piccoU  appezTameuti  di  terra  ad  Of 
accrescere  la  classe  dei  possidenti  conladini.  11  signor  lesse 
rappresentante  radicale  di  Birmingham,  propose  quindi  un  emeo': 
air  iJidirizzo  per  domandare  che  il  Governo  prendesse  sfociali 
meati  per  l' attuazione  di  silTalto  disegno.  Il  Governo  si  sartòbe, 
dubbio,  mostralo  pronto  ad  accogliere  siffatta  domanda,  in  correli 
col  bili  sul  Governo  locale,  da  lui  annunziato  sicenmc  parte 
programma  legislativo;  ma  ciò,  che  dal  signor  Collings in  realùksi 
era  un'espropriazione  forcata,  e  a  questa  il  Governo  non  volle  accODi 
il  signor  Gladsione  si  dichiara  in  favore  dell'emendamento,  dii 
la  coc'i'cÌ2Ìone,  se  realmente  imcessarìa,  «  non  aveva  in  sé  cosa  alt 
che  dovesse  irattejiere  il  Governo  dal  mandarla  ad  etTelto.  >  Al 
del  voto,  i  Parnellisti  in  numero  di  74  manifeslaronst  coiiirarii  a)  Govc 
il  quale  trovossi  perciò  in  minoranza  di  1%  avendo  329  dei  deputati  toUI 


CO.YTEMPORANEA 


:m 


D  femore  dpU'emendiimcnio,  e  5ri(icwUro.  È)  da  Dotare  che  lord  HaruiiRtoit, 
|l  signor  Go&chfn  e  il  si^nr  Ourieney;  tre  somtnìt.^  del  partito  lltieralc, 
raiarono  per  )l  (ioveroo,  laddove  70  litorali  m  astennero.  Ora,  se  questi 
ti\  deputati  rtrriH<ero  col  sottrarsi  alla  direzione  del  si^'uor  (jlailsiofle, 
verrebh*!  a  dtsinij^gersi  affatto  la  magi^oranza  liberale  PamcUista.  Onesto 
rato  Al  susseguito  dalla  dimissione  del  mini^iiero  di  lord  Salìshury  dopo 
B  breve,  ma  onorevole,  esercizio  dì  sei  mesi;  e  il  sitrnor  (rladsionft  venne 
Si  bel  nuovo  clii:iti)alo  a  governare  l'impern  britannico.  I,a  forrnai^iooe 
lei  Diiovo  (soremo,  cosa  invero  non  punto  facile,  richiese  un  considerevole 
(puio  di  tempo,  ma  p^»*  lìnalmonle  niiencrsi;  e  il  Iei70  minislpro  Olad- 
(Une  |]resenl0fi5i  dinan«  al  Parlamento,  mancante  per^  dt'lle  ben  noie 
mone  di  lord  llaniugton,  dei  sl^oiori  Goschen,  Courieney  e  Forster, 
[ntst*  ultimo  còllo  dii^i^aziaiameole  ija  urave  malore,  che  tuttora  perdura. 
Ne  Tacoa.  naturalmente,  [larte  lord  (ìranville,  per  iMioua  soile  per^i  non 
fàii  come  ministro  delle  relazioni  estere  ;  carica,  per  la  quale  lord  Ro- 
Kfaen  presentava  un  vigore  e  uo'auitudine  non  comuni.  A  capo  della 
narlna  militare  era  lord  Itipon;  e  sir  William  Ilarcouri  appariva  da 
come  cancelliere  dello  sacchiere,  ceno  con  ma^^or  soddis fazione 
gfe  medesimo,  che  non  della  città  e  del  ceto  mercantile  in  gmerale.  Se 
cbe,  iincsto  trasferimento  di  poteri  non  era  slato  compiuto  senra  im- 
maoifeMasinni  da  parte  dei  libnrali  mwlerali,  specie  della  vecchia 
orrazia  rt'Aty,  messa  m  grave  apprensione  dalle  sibilline  dichiarazioni 
\i/fnor  (fladstooe  per  rispetto  »\V  flonir  Itule  e  ad  altri  argomenti, 
rignno  la  rìvnlia  il  daca  di  Itedford,  capo  della  famìglia  dei  Russell, 
duca  dì  Westmioster,  capo  di  quella  dm  lirosvenor;  e  il  loro  esemplo 
aeguilo  da  molti  altri,  fra'qnali  si  nota  il  duca  di  Argyll.  potente 
iggio  scozzese,  e  suocero  della  priocipii^ssa  Luisa,  marctima  di  l^i'ne. 
emo,  intanto,  è  sialo  più  o  meno  lasciato  in  pace  )>er  z\fì  che 
inla  le  inquietudini  esterne,  imperocché  avea  chiedo  temp^  a  siu- 
e  nuturare  i  propri!  disegni  per  l'aiueiio  dell'Irlanda,  i  quali  di- 
000  aooora  sono  stati  maturali.  Ma  in  quanto  concerne  l'azione 
del  ministero,  questo  prolungalo  [«riodo  6  riuscito  luti' aliro  che 
iCO,  avendo  ami  a  grado  a  grado  mostrato  che  nei  recinti  incantati 
OmvDiag  Street  non  regnava  né  unità  né  armonia.  Sorsero,  orrit^ile  a 
t  voci  sinistre,  che  dipìngevano  il  signor  Chamherlaio  oltremodo 
At>date  a  vunto  te  sue  aspirazioni  a  tulli  t  posti  di  maggiore 
nel  ministero,  egli  era  siai'i  [lortato  come  capo  d^Il'aramini- 
del  Governo  huale,  e.  maligne  chiacchiere  il  dicevano  alcun 
•oggetto  ad  accessi  di  malumore;  ma  era  questa  naturalmi^nte  una 
ioae,  imperocché  come  mai  («irebbe  supporsi  che  il  mahinioi'C 
«toMse  nelle  serene  regioni  del  ministero?  In  ogni  caso,  però,  dicevasi 


A.A 


CnONACA 

DOD  animare  il  signor  Gham1-i<tr)aÌD  d'ac.cord')  col  si^or  CUdsione  ndlj 
politica  irliindesc,  nolanicmcnte  p^r  rispeun  al  modft  di  irailarii  la 
slion':  agraria.  Questa  voce  si  è  ad&<uo  avverata,  perchè  sì  alTenin 
il  signor  Chamberlara  Ias4:erà  indultiiatameote  il  ininìMero  appaia 
stati  dal  sigtior  fjladsione  s/tttoposti  alia  'filiera  ì  propriì  diw>gni.  ci 
aggiunge  che  tt  suo  ritiro  sarà  tosto  susseguito  da  ({(ihIIii  del  sig.  Treve)|i 
segretario  di  StAlo  per  la  Scozia.  Altri  luminari  iiiitiori  ìinìieraaoo,  secoaj 
ogni  probnhilità,  l'ewinpio  di  lui,  ed  t:  anctie  po^ìsiljìle  che  disoli 
bandiera  del   signor  (ìladioone  uoa  Trazione  considerevole  non  solo 
liberali  n]Gderait,  ma  altresì  di  radicali  Per  queste  ragioni,  il  siguof  Ul 
Siene  trovasi  LnU'aliro  che  sur  un  lelto  di  rOM»;  e  il  peritMio  (J'incerK 
dovrà  necessariamente  proluoi^arsi  fino  al  5  d'aprile,  in  cut   91 
benché  i»  modo  non  as^'vtlut'},  cbe  il  pi'imo  tninisiro  si  iroverà  in 
di  sfitLoporre  alla  Camera  M  paese  1  proprii  disegni  per  la  pactficaiia 
della  si  luogaoii-nte  e  lanosamente  lrava«liata  Irlanda.  La  crisi  è  > 
modo  grave,  sotto  qualunque  aspetto  si  consi<leri,  perche  molli  e 
iin{:>ortanti  intere^»  sono  in  essa  implicati;  ni:  si  tratta  .soltanic  d'ioler 
materiali,  dei  diritti  di  proprietà,  della  religione  me<lesima,  ma  sono 
a  duru  ciiiiemu  i  piii  vasti  iuieressi  di  tulio  quauiu  l'ediGzio  sociale) 
l'impero  britannico;  e^  disi'rii^iatainente,  luuì  qn^siì  cstesissinii  e 
plìcati  inienìssi  irovansi  atTiilatt  alle  mani  d'un  sol  uomo,  e  rimai 
esposti  alle  c-:i|iriccìose  esigpriztt  dì  partito,  e  alla  sapienza  0  all'iusipM 
alla  prudenza  0  alla  folli»,  agl'impulsi  stizzosi  0  alla  sovercbiaoie  va 
del  signor  (ìladstone.  Comunque  sia,  le  cose  .sembrano  avvicinarsi  a 
esito  (Inale,  inquariinchè  te  più  rereali  noti/Je  dei  giumali  recano  die j 
signor  lìladstnne  ba  quasi  condotto  a  termine  il  suo  disegno  |jer  Ti 
dcir  Irlanda,  e  riman  fermi}  nel  suo  proponi  mento  di  soUoporlo  alla  Cj 
nel  giorno  piìc'aiijii  ìmiicalo.  Dopo  un  limilo  intervallo,  6  ^lo  iiiddUI 
coniglio  di  ministri  per  prendere  in  esame  quel  disegnn,  il  quale  ve 
probabilmente  approvato  dal  ministero,  ad  eccezione  dei  sigaori  CI 
herlain  e  Treveiyan,  e  Tors'anco  di  uno  0  più  tra  i  subalterni 
il  Governo.  Hesla  poi  a  vedersi  qual  seguilo  que'  due  signori  si 
dietro  dalle  file  del  partilo  liberale  e  radicale. 

La  natura  delle  proposte  del  sigfior  Gladsione  s«mbra  as:»i 
nosciuia,  in  quanto  almeno  concerne  le  Torme  loro  generali.  11  dii 
crede,  sarà  compone  di  due  parli  distinte,  l'una  risguardaote  1* 
liuie,  l'altra  la  questione  agraria.  Per  rispetto  a  quesi'  ultima,  si  dicei 
l'espropriazione  dei  possidenti,  di  quelli  cioè  fra  toro,  i  quali  la  desic 
ne  formerà  il  carattere  prìneipiile.  Ouesta  espropriazione  vcrr:^  elTe 
me^lianto  un  com{ienso  calcolato  sulU  rc-ndita  media  di  un  dato  nv 
d*aoDÌ,e  il  cui  pagamento  p)rrà  gli  nfllttainoli  od  altri  io  Dosaoai 


Brreno,  eoo  l'obbligo  pcW>  di  <J)or$are  ma  deUsnnidau  somma  annua, 
mezzo  Jella  quale  il  tjoverno  verrà  alla  Qne  rimborsato  delle  amici- 
toni,  che  si  richiederanno  per  simile  operaiioiie.  InlVaiianto  il  paga- 
MOIo  dei  Trulli  del  danaro  cosi  aiiiii^ii^iai»  andrii  in  aumenio  alle  ìmpoiite 
paese,  cioè,  con  uma  [irobiibiliUi,  della  stessa  Irlanda. 
3.  La  forma  da  assumersi  d»ÌVI!ome  Jtule  sarà  un  Parlamenlo  in 
uIiIìqo,  riìiisisicnt»  ìu  una  .sola  ('amera  con  azione  strettamcnie  circo- 
itta  a^li  afTari  irlandesi.  Materie  di  pubblico  iuleresHe,  in  cui  l'Irlanda 
ri  come  pail^ì  iate^ralu  dell'  imiiero.  saranno  di  esclusiva  competenu 
Ila  legislatura  impt-riale  in  Ì.ondra.  8i  prenderanno  cflii-aci  provvedi- 
ili  per  restriiigerc  entro  i  suoi  giu.sLt  contini  il  Farlamenio  irlandese,  e 
guareolìre  altresì  la  libertà  della  minonn»  protestarne,  elio  esiste 
iocipalmente  nfìllu  provincia  di  Ulster.  Vane  !.ono  le  vef.sioni  circa  al 
!o.  ron  die  Iiì  du«  parti  del  disegno  GladsLone  .saranno  portale  innanzi 
a  Camera:  simultaneauienle,  cioè,  o  separatamente.  Alcuni  dicono  ohe 
^Jlome  liuh  sarà  pro|x)slo  pel  primo,  «  dopo  di  e.iso  il  disegno  agrario; 
CIÒ  non  sembra  grau  tallo  probabile,  specialmenle  nel  concetto  die 
^as8«siameiito  della  questione  agraria  debba  lasciarsi  al  nuovo  Parla- 
leoio  irlandese,  quando  la  creazione  di  questo  riesca  un  fatto  compiuto. 
D  tale  assestamento,  ove  aitcniamenle  si  c^Lstderinu  gli  eteiiieiiii  del 
roblema,  st^mbreretibe  niente  meno  die  una  imposstbilìlà;  conciossìacbè, 
Moe  può  mai  sperarsi  che  regni  uno  spirito  di  conci I iasione  fra  i  nazio- 
iliali  nella  prima  «sultao/a  del  loro  trionfo,  o  fra  t  protestanti  f)rangisii 
Bl  primo  sfc^  di  rancore  per  la  loro  perduia  superiorità?  Ammeiiondo 
ire  che  qnesia  speranza  esisiessfs  essa  non  polrebt>e  non  rimaner  distrutta 
iD'  anooo  recente  degli  Orangislì  del  settentrione,  nhe,  m<!.>i.sisi  in  una  via 
llonnata  al  piò  acerbo  spirilo  parligiaoov  aperlamenu;  dichiarano  esser 
nuli  a  trascorrere  a  ogni  possibile  eccesso,  pìuiioslo  che  assofjgeUarsi  a 
D  Parlamenio  indigeno  irlandese.  Uisgraitiatamente,  l'iniziativa  dì  cotal 
rma  d'opposizione  è  parlila  da  lord  tiandotpb  Churchill.  Fre!>co  degli 
lon  ilei  ministero,  e  appunto  dopo  aver  lascialo  il  governo  dtd  vasto  im- 
Brn  delle  Indie,  il  nobile  lord  ttnx  una  visita  a  Belfast  e  al  seLtenlrione 
'Irlanda,  e  mostra  gnaulo  sia  grande  la  .sua  capacilil  e  l'atliludine  a  go- 
Knare,  hofocolaodo  le  sopite  ceneri  del  bigottismo  puri laocr  e  dell'odio 
ftgioso,  slato  per  luogo  tempo  la  pe$le  della  Irlanda  e  t'igaomhiia  dei  pi^ 
■unti  irlandesi.  La  Lmìe  Jsliiuxìone  orangista,  com'essa  medesima 
iatitob,  rappresenta  la  quintes.scnza  dei  protesiantesimo  irlandese.  Hssa 
code  il  suo  nome  dal  gran  liberatore  (!)  Guglielmo  d'Orange,  e  la  ragione 

!pl  tsi^eiìiA  è  stala  sempre  il  inauu^nìmento  della  superìoriià  proiesiant« 
Ipovera  calpestata  Irlanda,  eia  disiruzion'e  della  Clii&sa  catt'tlica  irlan- 
!.  i  suoi  componenti  si  fanno  notare  per  l'esirema  ostilità  ed  asprezza. 


cou  che  rimiraoo  e  perseguitano  (Ulto  quuio  sa  di  cauotieo;  e  a  quesu<t(i 
(eiilabile  corporaiione,  assoluta aiciitc  indegna  del  nome  crisUaito,  lia  bit 
ricorso  lord  Randolph  Churchill  pt^r  procacciare  un  sosleguo  all' esìge» 
delia  giiorra  di  panilo.  Cosi  faamdo,  e^i  è  decaduto  da  okhì  diritio  alk 
prerogative  di  uomo  di  sialo;  e  un'accusa,  che  a  lui  s' inientas.se  per  aviii 
eccitati  alta  guerra  civile  i  sudditi  della  propria  Sovrana,  .sarebbe 
defitta  retribuzione  all'enormilA  della  sna  cnijta.  E  giit  k  sue  vergogna 
lilnndizie  airigiìoranza  e  hì  pregiudizi  de' suoi  subalterni  protestanti 
cominciano  a  (Nirtarc  i  naturali  loro  frulli.  Il  2-i  Ut  marzo  fu  dato 
Uran^isU  del  distretto  di  Londra  un  pranzo  io  onore  dei  dieci  rap[ 
tanti  di  Oliiter,  stali  recentemente  eletti  al  Parlamento  imperiale.  Dur 
il  pranzo  furono  portati  vari  brindi.si,  e  dopo  di  esso  pronunziali, 
il  consuctn,  varii  discorsi.  Calorosamente  applaudilo  fu  il  )irìudi.sì  ^ail 
gloriosa,  pia  e  immortale  memoria  del  grande  e  buon  re  Uuglielmo  Hi,  < 
e  in  meim  ai  discorsi  vennero  enie.s.se  le  dichiarazioni  e  mantfeedatt  il 
leali  .seoUmeoti,  che  seguono.  Un  signor  .lohnston,  deputalo  di  Uelfasi,  di-j 
chiaro  essere  gli  Orangisti  risoluti  a  mantenere  dappertutto,  anche 
l'armi  alla  mano,  occorrendo,  i  diritti  e  la  libertà  dei  protestanti,  del 
che  riotogrilik  dell'impero  briiannìco.  Espose  altresì  essere  stata 
*200,0(X)  Qrangisii  del  Canada  pn>jt»  U  risoluzione  di  prestare  a' loro 
fratelli  Orangisii  d'Irlanda  ogni  pnssihiltì  aiuio  nella  imminente  lottai  < 
soggiunse  che  gli  Orangisti  di  IJlsier  affidavansi  ai  voloutarìi  Orac 
d'Inghilterra  e  di  Scozia,  i  quali  poirebbero  portarsi  in  toro 
ipislora  avessero  da  combattere  per  la  viia  e  la  libertà  nel  loro 
uvo.  Certo  «gnor  l'oiicr,  ministro  di  non  so  qual  religione,  certo 
Vangelo  di  |>ac«,  insìstè  sul  dovere,  che  hanno  i  protestanti  tulli,  se  : 
niresiremn,  di  ricorrere  all'arbitrato  della  spada,  e  ripetè  agli  Or 
il  vecchio  Ruggerimeuto  di  ciinlldare  ìn  Dio  e  teuer  Itene  asciutte 
veri.  Il  quale  suggerimento  equivale,  in  sostauia,  a  dire  che,  se  la 
e  il  Parlamenln  della  Gran  Brettagna  e  d'Irlanda  giudichino,  oaHa 
.■iapienza,  opportuno  di  concedere  all'Irlanda  un  Parlamento  separaU^l 
sonò  risoluti  s  inondare  dì  sangue  il  proprio  paese,,  anziché  .sottnn 
a  un  Parlamento  cosi  slabtiìlo.  Tali  s<>nliinenLi  mostrano  chiaro  qi 
Ma  approprialo  il  titolo,  che  questi  uomini  intelligenti  e  saggi  si  arre 
quello  cioè  di  I.ea1e  Istituzione  orangj&ta.  Può  dirsi  pìutiuKlo  che  iijj 
posto  adallato  sarebbe  o  il  manicomio  o  l'erga-siolo.  tigli  ^  iuoltrerij 
dente  che,  se  la  Lega  nazionale  ha  in  un  modo  o  nell'altro,  sia  con  Vi 
slone,  sia  con  1*  opera,  oltrepassati  i  confini  della  moderaiioae  e 
gahià,  lo  stesso  può  affermarsi  aver  fatto  l'Istituzione  orangisia;  oad 
nel  prin»  caso  si  applica  la  coercizione,  dovrebbe  per  egual  ragioucl 
egual  misura  applicarsi  anche  nel  secondo. 


ooimvPonANBA  5U9 

loddejili  di  tal  falla  dimostrano  a  siilllcieDza  quaoto  diflicile  sia  il 
problema,  cìte  il  sj^jfior  OlaJstone  lia  preso  a  n&olvere  e  quanto  grave  la 
rà)  io  cui  versa,  a  catiMne  di  esso,  l'impero.  Lord  Salìsbury  e  i  conscr- 
vttori  sA  riwlveitf-ro  di  bel  nuovo  ad  adoperare  la  s|tada  della  coercinoite, 
Mila  Rperaoza  di  potere  Kiogliere  il  oodo  gordiano;  ina  la  spada  fu  isu- 
tìlmeflie  a  tal  line  adopenu  duranto  i^Ii  ultimi  tre  secoli,  per  non  parlare 
(lei  cìaque  precedenti,  e  non  fece  che  spuntarsi,  lasciando  il  nodo  niiiavia 
intano.  (>ra  che  il  signor  Gladuttone  ha  deliberalo  di  .sciogliere  il  nodo» 
laui  i  buoni  pairioli,  comunque  pnnsnno  mettere  in  dubbio  resistenza  in 

dalle  qualiiA  ttccessari''  per  l'erciilfa  iitlrapnwa,  non  possono  che  vi- 
dbsiderare  ch'ci  b  conduca  a  bua»  lerminc  Certo  è  cJie  ijuailro 
sùlroiii  di  cattolici  irlandesi  non  possono  lasciarsi  calpestare  da  un  mì- 
Itae,  se  lanii  pur  soiio  gli  Orangisti  proieslaiili.  I  caliolici  sono  disposti 
ad  accordare  ogni  agio  e  libertà  a' loro  compairìoii  jiroieslanli;  ma  nnn 
la  questo  domandano  eoo  minora  insiste»za  di  esser»  animassi  al  godi- 
BKtito  di  eguali  dirtUi.  Oual  sia  per  essere  l'immediato  risulLmiento  della 
imaiifieote  lotta,  ue^o^uno  per  ora  può  dirlo;  ma  la  divina  ['n)vvidea^ 
veglia  su  (ulto  e  su  tutti.  Potrebbe  anche  aggiungersi  che,  quantunque 
Il  ^l^OKismo  protestante  e  il  vecchio  grido  «  Abbasso  il  Papato  >  vadano 
(li  M  nuovo  Mi.'^ciiandosi  in  ln;2tiilterra  e  in  Irlanda,  i  cattolici  credono 
e  coofìdano  ferraamenie  e«ier  passalo  il  tempo,  in  cui  poteva  sperarsi  un 
Iwnvole  Micceiiso  da  simili  armile  che  il  nobile  cuore  dell'Inghilterra 
H|n  alla  flne  sollevarsi  al  di  sopra  di  si  vieta  tentazione.  Xon  manca  al 
fitno,  si  fra  gli  organi  della  stampa,  come  in  altre  classi  sociali,  chi  faccia 
di  tutto  per  risvegliare  il  grido  «  Abbasso  il  Papato»;  ma  v'ha  ogni 
Udamento  di  s[tenirc  chf  John  itull  non  .si  lascerà  [ùi'i  trascinare  dalla 
bandifra  rossa. 

La  fiera  opposizione  degli  Uraugisti  a\V  Home  BuU  si  spiega  facìl- 
nenie:  e&si  sentono  e  confessano  che  l'esistenza  del  protest  a  ui  esimo  è 
mia  a  grave  rischio.  Ammesso  che  fosse  l' Home  Hate  e  riordinato 
'amilo  dei  terreni,  la  superiorità  protestante  nnirebt}e  collo  sparire^  e 
Et  otterrebbe  alLrest  una  cniiMderevule  diminuzione  nel  numero  dei  pm- 
[nriarìi  jirotestauti.  IJuesti  proprietarli  sooo,  specialmente  nei  distretti 
eaitolicl  d' Irlanda,  il  sostegno  principale  delie  chiese  protestanti  ;  le  quali 
riniarrebljero  per  la  massima  parie  chiuse,  se  non  fossero  le  ronlhbu- 
jwnt  dei  proprietani  stessi,  che  provvedono  al  loro  man  lenimento.  Per- 
e»se  WD  woo  mantenute  che  per  fare  da  irntante  in  mezzo  alle 
oni  cauoHcbe;  quanto  a  reale  iortueoza  o  a  potere  aggressivo, 
ne  hanno  oepf:<ur  l'ombra. 

La  principale  fra  le  pratiche  diflicoltà,  che  presenta  l' attuazione  del- 
Eome  Jttiìe,  consiste  iwlla  qualità  degli  odierni  nazionalisti  rappresentanti 


cnorfiicA 


l'Irlanda.  Il  si^uor  Famell  slesso  è  protesi  a  ole,  è  perdona  di  cari 
impeociral'ile  arui  che  no,  ed  è  più  clic  sfispeltn  di  ra»nienere  ùv 
relazioni  col  Rochclòrt  e  coi  comiionenti  il  partilo  estremo  purigioo.  QuaM 
alla  maggiorana  de' suoi  seguaci^  essi  matieauo  aitsolutaroejile  delle  qv» 
liià  u«CL>,i!^arìc  per  governare;  e  quand'anche  le  possedessero,  sono  dd 
tulio  desiitaii  d'esperienza.  Il  porre,  quiodi,  in  nani  sì  deboli  ti  goveru 
d'un  paese,  ^  cosa,  cui  non  si  può  nemmeno  peasare.  Bgli  ^,  ioollrp, 
evidente  che  le  difìlcoltà  d«ir assunto  preso  dal  «goor  fiUdsione  salUM 
tanto  più  agli  occhi,  (juanin  piti  alteniameniesi  esamina  riitteraqaetinne. 
Oual  sia  per  essere  l'esito  fìnale^  nessuno  può  prevederlo.  Il  sig.  UIsdsioifr 
non  sta  bene  dì  salute,  e,  se  venisse  a  mancare,  avremmo  dì  nuovo  il 
caos.  Si  annunzia  ora  che,  ove  sia  in  grado,  egli  farà  un'esposizione  dclli 
sua  politica  irlandese  il  di  H  aprile,  Varii  sono  i  pronostici  iolftmo  tìit 
piega,  che  saranno  per  prendere  le  cose,  i'rima  ad  esser  presentata  siri, 
forse,  la  legge  agraria;  questa,  [tosin  ancora  clie  sia  approvata  dai  Co- 
muni, verrà  rigettata  dalla  (Camera  dei  lindi.  In  tal  caso,  è  possibila 
che  il  sij^rmr  LHndsloiie  pa^l  sopra  alla  sconfitta  e  si  spinga  umili 
con  \' Ilo/ne  Wm/c;  ove  ambedue  i  disegni  fos.^ero  respinti,  egh  fareW-* 
ricorso  al  paese.  Qui,  però,  si  presenta  un'alternativa.  Noo  i  diilKiic 
che  il  ministero  vada  in  sfacelo  per  dissensi  in.sorti  nel  suo  sci»;  e  allnt 
sarebbe  questo  un  altro  modo  di  far  piombare  le  cose  nel  cm«- 

3.  Una  turbolenr^a  di  men  ^rrave  carattere  si  è  manifestala  odia  dioces 
di  Nottingham,  il  cui  Vescovo  è  un  grande  amico  dell'Irlanda  e  un  vali'lo 
so8l«po  della  causa  nazionale.  Si  è  costituito  da  qualche  tempo  un  eoo* 
sorzio  detto  Legaprimulare  (Primrose  Leagne),  cosi  chiamato  per  essere 
stata  la  primula  il  flore  prediìctto  dal  defunto  lord  Beaconslìeld.  Fra  i 
fini  di  questa  Ioga,  che  sono  di  cjirattere  conservatore,  v'ha  quello  dj 
manLenere  nel  paeite  la  religione  e  1  principii  costituzionali  ijuaoto  i 
religiane,  la  lega  ^  restrinse  da  principio  al  mantenimento  della  Cliist' 
stahilìla;  ma  questa  reslri/ione  fu  in  seguilo  tolta  di  mezzo  con  l'oin*^ 
siooe  delle  parole  C'hieJia  siaìaiila:  dimodoché  la  lega  dichiara  adesaA 
apertamente  voler  mantenuta  nel  paese  la    religione  in  generale.  BtolB 
calioiìci  si  sono,  per  cousegueiiza,  accostati  alla  lega;  Dia  questa  nnbl 
incontralo  favore  presso  il  Vescovo  di  Nottingham,  il  quale  ha  vietiV 
a' suoi  diocesani  di  farne  parte,  fondandosi  sulla  consideratone  dell' esscn 
quel  cOQSorno  un  uvikì  di  conservazione  delta  Chiesa  proi^  ' 
racchiudere  nel  suo  seno  uomìDi  dì  tutte  le  crederne  e  opioioai, 
non  pochi  frammassoni,  ulchè  sarebbe  pei  catiohci  un  atto  d'io 
r  assopiarvìsi.  E  tanta  è  l' imporlan?^,  che  a  questo  argomento  &i  anoel 
venerabile  prelato,  che  egli  non  ha  dubitalo  di  fare  della  parted 
alla  lega  un  caso  riservato.  Questa  determinazione  ha  prodollo  ud  ci 


^ ^ 


luiM 

iLfl 


ilqiiAMo  ^avorcviile  snll' animo  degli  aderenti  alla  lejjà;  e  una  persona, 
che  imria  un  nomo  onoralo,  si  è  mostrata  dinienlica  de' suoi  doveri  non 
tanto  verso  il  proprio  V&scovo.  quanto  verso  se  stessa,  lino  al  punto  di 
ntetiersì  in  aperta  o|>()r).sì7lone  col  ano  Dioce-tano,  e  trasgredire  te  regole 
pifi  (^lemeiiiari  il'iirbitnità  nel  denunziare  Toperaiodi  lui.  Se  il  «iiierelante 
si  credeva  danneggrato,  poteva  ricorrere  al  irihunale  coinpeJenle;  ma  la 
via,  die  egli  disgraziata  monte  ha  predella,  è  indegna  d'un  cattolico.  Del 
rimaDeuie,  perA,  consta  in  ni')do  atitcniìco  essere  si.iia  la  controversia 
riferita  al  tribunale  di  Hiiraa. 

4.  Ia  grande  metropoli  è  stjita  di  recente  Tuncsialfl  dall'azione  dei 
sodalÌKli  dcnncralici.  U«  numeroso  meeting^  composto  dnlla  i^ente  dis- 
occupata di  Londra,  disijraziiitatQenie  in  quantità  enti  Hìdi' re  vote,  era  stalo 
ivocalo  allìn«  di  ctiiedcre  che  fosse  apprestaui  un  qualcht;  rimedio  alta 
leosa  e  ognor  crescente  miseria  delle  ìntime  clamili.  Il  luogo  iirescRlio  pel 
weHing,  era  Trafalgar  Siiuarp,  postn  al  Wfst-En-l,  ossia  lato  occidentale 
Londra.  I  socialisti,  pmllttanflo  dfjirasscmhriimenln,  tennero  un  mc>?ling 
paniale  per  conto  proprio,  in  cui  gli  oratori  spinsero  la  violen/a  del  loro 
lioguag^'io  Gno  ad  isugare  le  molliludiEii  al  sitcclieggìo.  L'esito  linale  fu 
che  il  meeting,  lovecft  di  loniare  per  [a  via  doinrerast  mosso,  portossi 
lungo  la  fall  M.-ill,  che  è  il  centro  priucipate  dei  magnlGci  circoli  (clttbs) 
di  Londra,  e  passando  per  S.  James'  s  Street  e  Piccadilly  Tece  capo  a  llyde 
Park.  La  plebaglia  nel  suo  passaggio  si  diverti  a  fracassar  tinesire,  a 
saccheggiar  botteghe,  a  dar  l'assalto  alle  carrozze,  e  ad  altre  prodezjie 
dello  «esso  genere.  La  poli/ia  si  irov/t  ccMta  alla  sprovvista,  perdi*  non 
ave»  sapulo  prevedere  la  possibilità  di  simili  falli;  e  danni  immensi 
«bbersi  I  deplorare  prima  che  l'ordine  fosse  rislabilìto.  Di  scene  come 
^^^■te,  il  signor  Gladstone.  Sir  William  Elarcourt  e  ì  loro  amici  di  go* 
^HBo  non  hanno  eh?  da  nnirraxiare  sé  ste-ssi.  lilssi  furono,  che  permisero  e 
^Kromossero  prima  della  dissoluzione  del  Parlamento,  1*  organÌ7./aziniu'  di  un 
l^immensn  mpeiing  formato  dulia  peggior  feccia  della  parte  orienlalp  di  l/in- 
^dra,  dei  disirniii  suhurhani  e  delle  virine  contile;  e  (luesio  meeting  fu  leaulo 
I  Trafalgar  Sijuare  con  l'espresso  intendimento  di  promuovere  l'estensione 
ella  franchigia  e  influire  sulte  prossime  elezioni.  Essi  furono,  che  col 
mcire  un  simii^lianie  procedimento  additarono  alla  numerosissima  pteba- 
liia  londioese  il  modo  dì  manir^siare  In  sua  possanza,  e  la  iniziaroon 
segreto  di  possederla,  fili  tìffHti  dell'insegnamento  da  loro  imparlilo 
ti  faranno  più  chiaranienie  cinoscere  in  un  tempo  non  troppo  remoto. 
Frattanto  si  fa  sentire  dappertutto  una  eccessiva  miseria,  e  io  ogni 
del  |Miese  regna  una  teiiehrosa  confusione  e  incertezza.  Mai  non  vi  fu 
ipo  nel  quale  si  manifestasse,  come  in  questo,  la  necessità  di  pregare 
che  tutto  sia  regolalo  e  condotto  a  maggior  gloria  di  Dio  e  pel  benessere 


rSowIsrcownniOTitSBA 


il^  motiilo  intero.  Dico  il«l  moDdo  inieru,  [perchè  guatilo  accade  ìd 
gliiUeira  arrmJi-  da[)pt!rtuiu>,  e  in  molli  luogiii  anco  io  più  larghe  p( 
porziODÌ.  I^int,  Domitiey  voluntas  Ina. 


AVVERTENZA 

Viva  ffrtuie  r^nijuitno  a  tutti  qìàei  ^meroai  eattùUd,  efic  n  hanno,  eaflt 
loro  oiTcrte,  itoto  if  modo  d'tnoiorf  nttla  pivsfata  tiwtrtgimn  un  p><xolo  bh»- 
aidio  ai  tanti  MonnJtt*ri  rìi  Sucre  VfTfftni,  th^  nfW  Italia  pennttf)  fra  le  strrttt 
delia  piit  lagrimiut'ia  tnitcria.  Qutate,  neUo  spedirci  le  ncevHtt,  ItatHO  nprfim 
ton  termini  eaidiasimi  la  laro  t/ratUttdinc  ai  bentfnttoH,  rintiattnio  le  più  «in- 
eere  proncHC  di  oratiotìi  eofltinue,  toUe  quiH  m  etudiano  di  rieonipensart, 
dimmn  a  Dio,  H  hnu  che  vi>»  loro  fatto. 

JHoUe,  jNH  dei  eolito,  gotto  passate  nli'ettmità  tn  quitti  «WR  truKOrii, 
CMie  abbiam  potuto  cottoeeere  daiU  lettere  che  ci  eùno  state  tnandate-,  per  im- 
plorare  sufj'ruffì.  (j!utfta  t/randt  mortalità  i  naturate  tffttto  dtlte  prive 
diuturne  rf'offwi  conforto.  La  estrema  povertà  cotuumn  pian  piano  ^jiuite 
tèrne,  che,  i-jììorate  dal  mondo,  sono  pure  incrificate  dnlla  pervertita  del  »< 
e  da  Ihó  graditi,  in  espùiMtoue  delle  acelJeripffini  di  tsao  nùMio. 

Noi  raecomandiamo  te  »anie  anime  di  queate  defonte  atta  pietà  dei  /"« 
specialmente  dei  sacerdoti;  ed  i  tniogni  delle  affUttÌa»ime  soprarviemti 
loro  misencordia;  essendo  la  contó  fattaa  loro  uno  dei  pOt  cari  otaeqMÌ%  ' 
ti  pottnno  offerire  a  Maria,  net  tuo  bei  mete.  Se  né  ramientina  t  pr 
tori  dei  mese  Mariano, 


..  Comm.  F.  Giannini  e  Finlio  tipografi^  Cisterna  dcITOlìo,  5  a  7, 
5.  In  16.  ìli  pagj.  395.  Prezzo  I.  aO. 


Ili  l£UrO  12  1/  IlìICJBIITO 

jTORNO  U  NATURA,  I  PRESERVATIVI  E  I  RIMEDII   DEL  COLERA 

P       TraltakiU  «ientiS»  pufiolin  U  P.  VE\\eitSCO  MLIH  i^W^  $.  l 
Prato,  Tip,  Giochetti,  Figlio  «  C.  1884.  Prezzo  ridotto  Cent  25. 

MESE  01  GIUGNO  CONSACRATO  AL  S.  CUORE 

13DKLLAT0  801'HA  LA  VITA  DEL  X.  S.  GESÙ  CRISTO 
pel  P.  CARLO  HiElA  ROSSI  d.  C  d.  6. 

N«I  p&8Siit/>  inno  noi  rscconj ani] animo  qiiRsto  dirato  |i(>retto,  come  uno 
ti  pili  oimorlHiii  «  fomentare  e  far  crMcero  nella  animi?  U  Uitwkìouo  kI  DìtÌu 
aura  (li  G«su:  e  ne  notammo  i  \>rcgi  singoUri  eli»  lo  di^Ijnguono.  Per  In  hIcakij 
i^ni  torniamo  a  raccomandurlo  ancbo  quest'anno;  e  «iamo  certi  ohe  quanti 
DrnuiQD  gioTiirseoe.  sa  ne  troveranoo  apiiieno  soddisfatti. 

;ìnima  penitente  ossia  il  movo  pejjsategi  bei 

fc      del  P.  BARTOLOMMEO  BAUDRAND  d.  C,  d.  G. 
IKan  raggiunta  di  un  breve  metodo  per  udire  con  frutto  la  S.  Messa 

IrMNda  PdtKigno  —  Un  voi    in  33  di  pimr.  USi  Pr«««B  Ci-al.  *».  Vaa.libiU  ìd  N*[-olÌ  *!• 

rcricti  8iMmirHlo  iIaIIb  OU.  Cuti.  Ulr«<l*  <ju«te<ft,  3;  ia  FirtMe  preMo   LdI^I  UMOAllt.    V» 
U  !>(<»<}  asolo  19. 

TI  Penwatt^i  Jtetìe  del  P.  Paudrand  h  notissimo,  può  dirai  (o  tutto  il  mondo, 
Si^uji»  stalo  Iradollo  in  vario  liagu*.  e  diffuso  dappertutto  p^r  inuumerHbJli 
i:ssci.  ne!l»  811(1  brevità,  racohiiid':  un  vero  tesoro,  perchè  con  somma 
,1  .  pari  efHcncia  olTre  alla  ccn«idi!razione  ddl'aDiaia  le  massime  derne, 
Ka  uhm  pnttiou  V  cuiilìmiftla  «ppliunxioiii)  «Ilo  diversn  circostanza!,  in  eui  l'uomo 
hiiu  trovarsi,  per  faracne  norma  onde  regolare  la  vita  tcinporalo  io  ordiQQ 
liU  «tttnjA  11  prezzo  teuuissiiiio  di  hì  prexioso  libretto  e  la  eleganza  tipogradca 
UU  odixione  saranno  a  tutti  uu  nuovo  stimolo  a  procacuiarnolu. 

II  CrtOOT.V-TI  1^1  H.  F»lKXRO 
«RIA  E  SrEXE  STOmrnP.  della  GLERRI  di  roma  BiELL'A?iXO  ISfi? 
I       T[«  ToIibI  il  S  MD  BU  Ci)K01IU\ri\  itSe  cingile  ^mtt  lt!l<)  Stalo  pouliGcio. 
I,  eoi  tipi  (ir.lh  (.;iv.  Cktt.  ~  I  tre  volumi  sema  la  Corografia  Lire  6. 
Colla  Coroffrafia  Lire  8.  (") 

QwBta  Storia,  compotta  eopra  i  piil  aut«niiei  documonti,  fti  data  nlln  luce 
lccés8ÌTameDl«  nei  quaderni  delU  f^*eìM  CatMiGO.  Per  aderire  alte  replicate 
iimude  avutene,  se  n'è  curata  un'cdiziouti  a  parie,  alla  quale  l'Auloro  lia 
rttfl  quelle  rettificazioni  o  quelle  moltissime  giimtf.  <?he  diilla  atampe,  dallo 
krt«  4  dalle  spiegazioni,  riccvutn  dopi  la  prima  pubblicazione,  li»  (!->'i<^t<!»*o 
■cnuarte  per  rendere  più  esatto,  più  piirlicolrtreggiato,  e  più  pieno  il  SUO 
•oconto,  Chi  voglia  accertaci  dulia  diligenza  posta  nell' enteiidurlo.  vegga 
-■Kbi  iulo  i  libri  dall'Aiilure  citati,  oltre  gli  arcbivii  che  in  Roma  Im  potuto 
(ttsullare;  libri  dei  quali  esso  fià.  un  Saggio  bibUografico  ragionato,  con  nre- 
■•''>i-  n-ramentH  ningolarn  Ora  dio  ni  sono  pubblicate  tante  «torio  della 
i  contro  Roma  noi  Hfi7,  infestissimo  «1  Governo  e  ftll'Escrcito  pon- 
^*--~  ljt3ue  elle  tutti  gli  uomini  imparviiolì  leggauo  auulic  queata,  la  qialo 
^U  merito,  a  cui  prtncipalmeutt!  aspira,  delta  (fìligeuza  e  della  veraciu. 

Vk  icteiftiii  ••  fu  ofQiluIs  sHurilj  l'oii  woai. 


UlilVIM.  SVULUIHENTU  E  PKATICIIE 

DELLA  DKVOZtOXE  AL  CUOBE  SS.  DI  GESÙ  CRISTO' 

hmit  stirìche  mttàU  ii\  P.  ETIOtE  VIINTL1S1  i  0.  a.  fl. 

Pbato,  Upoprafia  QiadteHi,  Figlio  e  O.  1886.  In  16.  piec.  di  pa^. 
Vre^zo  L.  I),  51)  c<>U'  umiecima  copia  graiit  a  dune  ae-juistn  10 

RnccomaDdianio  yer  ora  si  divoti  del  88.  Cuore  «Ji  Geaù  qm-^^v  . 
^operetta,  delta  quale  daremo  pìA  «[moìilIb  contRZza  nella  prossini.< 

LEGA  MARIANA,  RICORDO  DEL  MESE  DIHA&GIO 

iM  InoagiiMili  (òlognGca  ieh  W.  Vergine  m  mili  ia  traMlìtegniU  t  In  paj'aattf  C  i 

Lo  rftuttomao diamo  HpeuialmouUj  perclié  ourft  ad   et^lirparu  la  bestcC 
Qontro  la  M«dr«  di  Dio  ed  a  ripararne  1«  offcM,  SÌ  T«ti(l«  m  Modvaa  prsi 
fiocittik  Litografica  S.Gìiisoppe.  t)  prexzo  di  lire  italiano  3  il  oeato,  e  t] 
mille,  franche  di  posta. 

Affiaa  di  facìtitaro  la  formazione  di  biìjliot^cba  caltolicho,  ed 
^tare  secondo  il  passìbile  gli  sfunti  di  (jiiauti  si  iiduii'jmuo  alls 
pagaiiiono  do' buoni   libri,  cominciamo  oggi  a  prttst'ntaro  una 
f  pecialo  di  opero  scelto  a  proz^iì  struordinarìameiito  ridotti.  Le  dint 
devono  dirigerai  esclusivamente  alla  —  Amministrazione  c^nf  mie 
Cii-Uià  Catiotiixi.  via  do*  Conti  3,  Fireuise  —  accompagr. 
glia,  0  danaro  corrisitundoiite.  I  libri  richiesti  saranno  spi:*....  ... 

di  porto  p(;r  tutta  l'Italia:  ma  non  si  darà  sconto  veruno  a  cbic«b< 
neppure  ai  nostri  buueiuoriti  gerenti,  o  ai  librai.  Per  tutti  gli, 
libri  non  indicali  in  questa  lista  uuova  ci  rimettiamo  agli  avi 
al  catalogo  precedente. 

Ada  SS.  D.  N.  Pii  PP.  IX.  ex  quibtu  exccrptus  est  Sjllabus.  Un  voi  la  &| 
(li  pasg.  '-ifiU.  I.  I,  1(11 

Allios  Tommaso  Qugliemo  —  Ijì  Cattodra  di  S.  Pietro,  fondamoiio  delti  j 
Cliies.1,  fonin  d>ilTa  t^iuri odinone,  ctiuiro  deiruailó.  Versioafl  Jall'  ioiiiofkj 
L'n  voi.  m  S,  di  [ijiijk'.  I4H.  ••  --.W 

Ballerini  Antonio  (d.  C.  d.  G  )  —  lo'^  fi  ofllciiim  Epìscopomm  in 
siilTragio  prò  i  rifa  Ili  tijliuiie  Romani  PonltlloiSi,  cooira  iniperas  caini 
rcr  distiiii.sitiori>'m  iiior»tem  asseriiim  H  viDdicaium.  Itol  voi.  io  H.    »  —  SOJ 

Boero  Giuseppe  (d.  C.  d.  G)  —  Istoria  del  Sanlunrio  della  Beala  Ver^iu  JlJ 
GuUoro.  Tena  »lizù>ne.  Va  opuscolo  dì  pa^jf!.  tìS.  i 

—  Vita  d.d  U-diù^aoui  do  Urlilo.  M.  d.  C.  d.  G.  voi.  in  I6.di  p  "^  •■•■^: 

—  Rlslrelin  delia  vita  dwl  B.  Lliuvanui  de  Brillo,  tu  Hi,  di  i 
"  tsloria  della  vita  del  Ven.  i*.  Giuseppe  PigDalelll  d.  C  iL  u.  i^n  voi.  ini 

di  pagg.  3(ilt.  *    3 

—  Iitlorui  della  Conversione  alla  Chìe^  Catiolica  di  (ìsrio  II  Re  d' InghìI 

cavata  da  «(rrìuure  auienlicheed  ori^iKilì.  Ln  voi.  in  8,  di  (cil^k.  ìki.  >  ~ 
, —  Viia  del  li.  Kalni  Pietro, primo  nompsijno  di  S-  Ignazio oi  Ifliola.  Uà 
in  16.  di  papn.  887.  »    2 

Borgianelli  Enrico  (d.  C.  d.  G.)  —  Discorso  deiranlìca  e  moderna  (ì«sal 
loLia.  Voi.  %  m  lì  Brande,  di  pagg.  37G  e  :i30.  »    3 

Prua,  rijv  Oi^cbtfUi,  FIeUo  •  a  PtU  UOV^Nt,««r«nte  rM|KMwMUÌ 


dtfb 


L^ 


CIYILTÀ  CATTOLICA 

Bcatus  fopulua  eui'ui  Ihmtw4S  Deus  eiwi. 
PSAL».  CXtJIl.  15. 

ANNO  TRI6ESIM0SETTIM0 


SERIE  XIII.  —  VOL.  n.  —  QUADERNO  863 


INDICE  IH  QUESTO  QUADERNO 

—  Di  un  dilemma.  cosTiTirzrosAi.E l'ag.  51 S 

—  CoMMe-tTAKID   OKLL'  b.>aCI.ICA    «  IMHOATALE   UCI  » »   diUÌ 

—  Uk  wuovo  unno  sul  «  sillabo  *. ■  544 

—  StUUII   KECKfTTI  90PHA   l   .NUHAGHI   E   toaO    IMP0!\IAP1ZA »   563 

—  1  DKftfiLrrn »  570 

XXII.  I,e  angosce  dt>l  cuor  maieroo »    ni 

XXII!.  Un  viai;;iio  ad  vVlesumlria  di  Ersilio »  5H0 

XXIV.  Il  ^iìfì  (!  Iiiogtii  di  dclìiic  e  di  commercio »  585 

VI,  —  RmsTA  oklla  sr.vwrA  rrALiA:<.i »  590 

1.  Nniixia  de' lavori  di  e^^tologia  e  lingue  semiiicbe,  pubblicali 

in  Italia  in  questi  iittimt  decennli »    tri 

n.  L'afliiio  agrario  e  la  Insiyi  di  rirchcraa  mobile.  Con5Ìdcr3/.l»Hrt 
ddl'-'U-r.  friomnni  lìortoheci ►  591* 

VII.  —  Bibliografia ' »  OO'J 

VlH.  —  Cronaca  costkhpobakea »  GIS 

I.  Cose  fuimane »    ivi 

II.  Cose  italiane '.  .  .  »  fi25 

Ul-  Cose  STnAPriEnE  —  J'russia  (Mostra  eorrìspondenea) .  ,  »  631 


PIRKMZE 

pansao  LUIUt  MANTFCM,  i.tuiiAio 
ftuf  i-  Miti*  hi  Casf« 

5  giugno  1886 


L'IDEALE  NELL'ARTE 

r>i:i.  ?.  i;ai!:t.\no  ZOCCIII  S.  1, 

SeooDda  Edlslone  fiooresolnt^  a  oorrette 

rmo.  tip.  Giachetti,  Fistio  e  G.,  18'iQ.  Hm  voi  m  l'i,  ili  ^vj^.  351. 
Pnxxot  l.lr«  1,G0. 

CoDlìene  giuste  rìfiGasioui  iotorno  nlla  natura  flell'iditalo  npoessario  ad  o^ 
irto  «  8i\vii  giudizi!  Hiilta  po«9iadel  Miiirvl,  [lui  Pruti,  deir\leitrdi.  d«l  do  Amici 
d'.-l  Zaoolla  con  una  rapian  raHAegiin  dui  poeti  caCliolici  co'itcoiporAnel.  —  Tai 
iicrà  utiJitìiiiiiiio  'Special iueul«  B'giovuii  a  opportDoa  come  streana  o  libra  i 
premio  u«ll«  9ciioI«,  '^ 

I.a  predente  uilixiaiiesi  viinta^gin  nnrt  pocr>  .'itilla  preaedcntt!,  por  In  moli 
importanti  anririate  ed  altri  luiglioramvnli  fiiUivi  ddU'Aat^jre.  Attesa  ['im 
portauza  dell' Opera  fra  breve  no  far«mo  uno  Bpcfialis  rivista. 

Si  venfU  all' Ufficio  cmtr'xh  drUa  Ci».  Cstt.  «j»re»M  i  prinei/nU  Gtrenti  Jttta  Mwd^MM 


DI  ESTERINA  ANTINORI 

Mmm  FCBBLICATK  DA  UN  PADHC  DUlt  COMPAGMt  DI  GBStì 
Téry.a  Kdlalone 

l\t^màt  riuiìn  in  II,  dì  pa^g.  VllI-311 

Prezzo:  I..  1.  —  Con  legatura  all' inglese  L.  1,  80. 

Firenze,  presso  Lnùji  ÒLmmUi,  via  del  Proconsolo  1€,   1884. 

^accomandiamo  Tivamcntp  a  quanti  hnnao  acnore  l'ediicaziooc  delle  fio 
vìneitc.  o  nelle  fanti^ie,  o  oegli  educatorji.  convitti  e  scuole,  questo  ga.'faaua 
HÌnio  libriccioo  che  otCte  a  godere  «ott'ugai  rispetto,  un  voru  liure  dt  pari;lii3 
nittlcìlmentA  potrebbe  ftrsi  ad  uim  signorina  intelligente  o  pia  un  r 
mt^riln  lutturario  e  tuDralu.  [>iù  scoltu  i>  lino  di  questa  Meuiurìe  ■:.■■. 
drìV E^tvTinn  Aotìnori.  Il  rapido  spaccio  d>.-!la  prima  e  e<:<:onda  edixiouc  Un  ro*- 
nece6.sarìo  il  rari:  questa  terza  ia  tutta  tiguale  aìltf  duu  primo  e  cui  ritratti 
in  rolo-incisiouc. 


DI  ANGELINA  NOSADINl 


RICORDI  E  SCRUTI  PlBBUCATr  DA  VS  PADRE  DELIA  COHPAUKiA  DI  GESC 

Ikgftott  ebnb  in  3!,  li  pigine  TIII4SS  cm  ritnittt 
l'rato.  Tip.  OìncktUi,  Figlio  r  C.  IHfii.  —  I^rozzo  Una  X^Ì 


Ecco  un  altro  caro  volumetto  che  fu  bella  accompagnatura  oilii  Mrmari 
dcli'Rstvrina  Antinorj,  di  cui  io  ai  breve  l-empo  ai  sono  spurae  piir  l'iulit 
milln  a  mille  le  copif:.  OiiiNtameatc  l'Autore  di  i)ue8ti  Riconti  paragona  l'Ai 
gelinu  Nuuadiut.  vulatu  in  Paradiso  uu  unno  fa.  ad  utia  Snmmanln  rosa  d'nnipi 
':«|i*n1<<;  etti  in  vi-ritit  \:\{v.  npparjsije  a  clii  ne  \f^9fi  «  it  racc<nito  delle  lUt 
n  gli  KHtmlli  delle  Kcritture  din  iHrgaritenta  sono  in  queste  ptigitin  ripa 
1  gruvt  pttlimviiti  ni  ijuali  ranuiullvtta  soggiacque)  svuxa  »apuu  dulia  Tail 
sna  che  radcirava,  o«  l<*cf  ro.  sin  dalla  tonerà  tXk,  uua  occulta  t^roina  di  pazìi 
Noi  vivanienie  raccomandiamo  Peti-ganto  libretto  a  tutti  quolll  cbe  hanno  e 
dì  formar  gli  animi  clovanili  alla  virtù  ed  ni  giuntili  costumi.  Gli  ' 
gli  RtTÌtti  (li  qii^Mla  di(*io't(.>onc  rHiivìullii  arrtirino  siiig-ilar.*  i-lG(*acìn 
verli  ni  bune  ed  cluviirli  aquei  pciLsivri  ed  alTctti  HOpranuniumIi,  il  rin 
che  l'oducariuno  dei  giorni  nostri  ruitrn  cosi  kIitìIh  ili  btioni  riiiLti.  Il  . 

si  venda  a  beov  di  uti'upeia  iuiìigue  di  caritii,  di'gna   in  tutto  di  nii >> 

memoria  del  bell'angelo  d'amore  divino,  cbe  fu  la  gioranetta  Novndini. 

Sitrotaw  vrnJihìh  nir l'ffirio  t^^tmh  il'lltt  tiviLTX  llirTiiUCA  in  FiVcnrc,  é 
i  prtHcipali  QrffHlt  rhU'i  tnt'itsima. 


ma 


xs 


DI  UN  DILEMiLV  COSTITUZIONALE 


Chi  tien  dietro  eoa  qualche  studio  a  qaelto  che  usa  chiam&rsi 
movimento  delle  idee,  da  tnoltrt  Uìm[M  in  qua  deve  essersi  av- 
visto come  il  credito  delle  istituzioni  parlamentari,  nel  concetto 
del  pubhlico,  venga  via  via  scemando.  Già  dieci  anni  fa  ci  occorse 
di  leggere  un  giudiziosissimo  opuscolo  francese,  sul  /atlittimto 
del  parlamentarismo  in  Europa,  del  quale  i  fatti  posteriori, 
accaduti  in  Francia  e  in  Germania  e  doII*  Inghilterra  e  nella 
Spagna  e  sopra  tutto  nell'Italia,  hanno  storicamente  aggravato 
il  ralore  dialettico,  che  aviia  ben  grande.  Tre  anni  or  sono,  uno 
dei  più  caldi  patroni  del  parlamentarismo  fra  noi,  Ruggero  Bon- 
ghi, stampava  nella  sua  prediletta  Nuova  Antologia  queste  me- 
lanconiche parole:  t  II  Governo  parlamentare,  cioè  un  Governo 
di  partito  e  nel  quale  dipende  da  una  maggioran7.a  di  voti  della 
Camera  elettiva  il  mutare  P amministrazione,  è  in  ribalta  in  gran 
decadimento  da  per  tutto,  persino  in  lughiltorra,  dove  ha  pure 
radici  antiche  e  naturali  e  tutta  una  compagine  sociale  atta  a 
sostenerlo  e  correggerlo  \  » 

Per  tacer  d'altri  molti,  la  Rassegna  cotidiana  di  Roma,  lo 
scorso  febbraio  usciva  in  queste  altre  parole,  non  meno  sconsolate: 
<  La  decadenza,  la  corruzione  del  Governo  parlamoutaro  sono 
Targomento  che  più  di  tutti  richiama  ora  l'attenzione  dei  cultori 
delle  discipline  politiche:  non  potrebbe  essere  di  versamento, 
poichd  il  male  è  vivamente  sentito  e  deplorato  da  molti,  ed  è 
bene  che  se  ne  discuta,  perchè  la  discussione  non  lascerà  in- 
dprìgnìre  la  piaga  e  farà  avvisare  ai  rimedli,  che  si  debbono 
pare  presto  o  tardi  poter  truvare.  Veramente,  di  rhuedit  radicali 
ne  sono  già  stati  consigliati   molti;  essi  consìsterebbero  nel 


•  Fax.  del  1«  (c\)U:  188». 
Serie  XITI.  col.  II.  fast,  Mil 


33 


26  maggia  1886 


514 


01    Vy  blLEBlUA 


sopprimere  questo  organismo  politico  di  transizione  e  di  tran- 
sazione che  è,  al  dire  dì  alcuni,  il  Governo  parlamentare,  a  per 
tornaa*  addietro  al  Governo  di  prerogativa  regia,  ridotto  il  Parla- 
mentò a  funzione  consultiva,  o  per  spiugt^rsì  risolutamente  innanzi 
sulla  via  della  founa  repubblicana.  Ritnedii  l'uno  e  l'altro,  che 
si  possono  ridurre  al  yroptei'  vitam  rivendi  perdere  causas  '.  » 

Ma  VOpinUtm  h  andata  più  oltre.  Dopo  notato  che  in  Francia 
il  ribasso  dtl  credito  delle  istituzioni  parlamentari  coraiociA 
sino  dal  18B8-39,  sotto  nomini  di  quel  provato  liberalismo  che 
orano  i  Pórier,  i  Laffitte,  i  Thìers,  i  Guìzot,  i  Mole,  e  che  qneeto 
scredito  <  mona  prima  al  terrore  rosso  e  poi  al  terrore  bianco;  > 
0  ciò  per  «  nn  processo  inevitabile;  »  ha  concluso:  <  Quindi  por 
noi  Italiani  il  dilemma  è  chiaro:  o  migliorare  il  reggimento 
parlamentare  monarchico,  tniendo  da  esso  tatti  i  vantaggi  dm 
quali  ó  suscettibile,  o  pr^^pararsi,  dì  degenerazione  in  degeneri- 
«ione,  alle  violenze  della  rivoluzione  (terrore  rosso)  e  della  rea- 
ziono (Jerrore  biancoj  '.  » 

Ecco  un  dilemma  inirenun.  fuori  dei  cui  termini  all'  Opinione 
non  pare  esserne  altro  possibile,  e  noi  stimiamo  d^no  di  o&- 
serrazione. 

Al  principio  di  quest'anno,  un  vecchio  credente  nel  eostibi- 
zionalismo,  come  in  panacea  di  tutti  i  morbi  srvciaU,  alfuso  delle 
pìllole  HoUoway,  Prospero  Padoa,  pubblicava  un  libro,  col  fine 
di  riscaldare  nell'animo  dei  giovani  l'affetto  alle  istituzioni 
rappresentati  ve  *  nelle  quali,  scriv'egli,  i  vecchi  liberali  posero 
tonta  fiducia,  e  che  non  può  negarsi  abbiano  ora  perdnto  prA- 
stigìo".  >  Sua  tesi  è  che  questo  istituzioni  vanno  scapitando, 
non  tanto  per  vizio  inerente  alla  propria  natura,  quanto  perchè 
lina  pianta  parassita  vi  sì  h  annidata  dentro  e  le  altera  e  vizia.  » 
E  qual  è  questa  pianta  maladetta?  Il  Parlaìmntarismo,  K%- 
giung*egli  :  e  lo  definisce:  «  lir  iogei-enza  indebita  dei  deputati 

*  Nam.  dd  6  Tebbr.  tSSS. 

'  Niim.  Ati  20  tiprih  1886. 

^  lì  Bt  ntt  Governo  rappreaetiiatìM.  BotopDB,  Zanichelli,  1888. 


COSTITTZfOPfAI-B  5I5 

nelle  varie  amministrazioni.  »  E  lo  spiesu  meglio,  aggiungendo: 

<  I  deputati  premono  sui  ministri,  premono  sui  ministri  Del- 
l'interesso proprio  e  in  qnello  dei  loro  clienti,  postergando  l' in- 
teresse pubblico.  » 

Com'è  chiaro,  il   Padoa  qui  allude   al  cancro  che  va  sotto 
nome  di  affarismo;  cancro  per  la  cui  maligoìtìi,  sono  stie  parole, 

<  l'ordinamento  parlamentare  imbastardisco,  traligna,  si  guasta 
dalle  fondamenta,  offende  la  morale,  spande  la  corru;!Ìone,  disgusta 
gli  onesti.  > 

Questo  Parlamenlarìstno,  che  pullula  nelle  odierne  istitn- 
sioni  d' Italia,  come  la  fillossera  nelle  viti  infette,  ha  tale  rìrti!i 
«rrompitricc,  che  le  fa  imputridire,  nella  stessa  guisa  appunto 
che  sotto  il  rodimento  della  fillossera  cade  piitriila  la  vite.  Perciò 
la  Riforma  dì  Francesco  Crispi,  il  1"  maggio  di  quest'anno, 
asseriva  corrotta  la  Camera  dei  deputati,  pi-rchè  divenuta  «  una 
agenzia  d'affari;  >  corrotto  il  Senato,  perchè  divenuto  «  una 
mummificata  inutilità  *  \  corrotti  il  Consiglio  di  Stato  e  la  Corte 
dei  conti,  perchè  divenuti  «  campì  dì  sinecure  e  dì  favoritismi, 
aperti  ai  beniamini  dei  governanti  >;  e  corrotto  l'intero  Stato 
L-itiliano,  ridotto  a  tale  che  «  lascia  lìbero  T  adito  a  quanto  di 
Haeggio  si  può  da  cattivi  governanti  immaginare,  a  proprio  van- 
^■hg^o,  opperò  a  danno  delle  ìstitii^iuni.  « 

Ma  Ruggero  Bonghi,  che  ama  rerum  cognoseei'e  catisaSj 
non  contento  di  aver  testé  messa  in  mostra  una  sua  bella  foto- 
grafia del  deputato  affarista,  del  deputato  spedizioniere  e  del 
ministro  dalla  volontà  licenziosa^  che  fa  e  dista  da  sultano,  ha 
cercata  la  radice  vera  di  tutto  il  male  e  l'ha  trovata  in  questo: 
«  che  le  assemblee  s' immaginano  che  esse  non  sono  già  ìl  mezzo, 
ma  il  fine.  Surrogano  so  al  paoso  che  le  elegge,  non  per  Sorvire 
a  8tl,  ma  per  esserne  servito  Ini.  »  E  pur  troppo  egli  ha  dovuto 
toccar  con  mano  che  <  nell'assemblea  italiana  un  così  falso  pre- 
gindizio  cresce.  Più  la  Camera  si  chiude  in  so  stessa,  e  più  1 
deputati  s'immaginano  di  non  esservi  mandati  se  non  per  curare 
gV  interessi  loro,  o  quelli  degli  elettori  su  cui  più  contano,  o 
più  gì' interessi  locali  do'Ior  collegi.  Così  la  Camera  diventa 
via  regia  della  vita  privata  ;  e  perchè  tale,  è  desiderato  so- 


Sl6  01   UN   DILENHA 

prattutto  di  farne  parte.  Poich<^  dalla  deputazione  sì  aspetta  1» 
h&Mh  del  progrodire  in  ciascuna  carrioni,  l'aiuto  diretto  o  in- 
diretto dello  Stato  a  farvisi  aTanti^  premio  il  farete  pubblico 
che  si  Tolge  a  chi  può:  non  v'ha  avvocato,  medico,  professore, 
possidente  in  bisogno,  debitore  moroso,  persona  desiderosa  di 
arricchire  o  di  godere,  intrigante,  abbietto  affarista  ansioso,  che 
non  procuri  dì  divenir  deputalo  '. 

ni. 

Abbiam  Toluto  premettere  queste  citazioni,  perchà  iUustiaoo 
molto  la  prima  parte  del  sorrallegato  diletama.  Non  istaremo 
a  indagare  se  il  baco  delle  istituzioni  parlamentari  sia  soltaato 
qwbsìo  Parlatìteutarismo,  che  stravolge  l'ordine  delle  cose  e  brut- 
tamente converto  il  mezzo  in  fine;  nò  ci  diffonderemo  a  disputare 
se  sia  0  non  sia  vtTo  per  s5,  che  il  Governo  ]jarlaitientare  <  non 
è  se  non  una  transizione  alla  Hepubblica  >,  secoudoch^  il  mi- 
nistro Scholtz  affermò  al  Keìcbstog,  quando  vi  si  discutevano 
le  somme  pel  bilancio  del  1384-85.  Ma  preso  tutto  come  ci  si 
dà  dal  Fadoa  e  dal  Bonghi,  noi  ne  inferiremo  che  adunque  il 
niiglioranii.'utw  del  sistema  parlamentare  in  Italia,  o  oonseguen 
temente  la  sua  preservazione  dai  due  f^rrttri  il  rossoe  il  hiancù, 
dipende  più  dagli  elctti-iri  che  dagli  eletti,  giusta  il  detto  del  Roma- 
gnosi:  —  Tutto  è  perduto,  se  non  si  prevengono  lo  cattive  elezioni 

Ma,  dimandiamo  noi,  poste  le  condizioni  nelle  qoali  pena 
r  Italia,  &  lecito  »porare  dall'  Lntelligen/.a,  dalla  libertà  e  dallo 
zelo  degli  elettori  un  corpo  di  eletti,  che  operi  il  miracolo  di 
trarre  dalle  istituzioni  parlamentari  tutto  il  vantaggio  che  poi^ 
venirne?  E  si  noti  che  noi  non  vogliamo  investigare,  ee  l'italiit 
devota  a  queste  istituzioni,  abbia  In  so  un  corpo  di  candì 
il  quale,  anche  nel  miglior  dei  casi,  fosse  capace  di  operai 
tanto  miracolo.  Noi  ci  contentiamo  di  esaminare  il  quesito,  so 
por  ciò  che  riguarda  gli  elettori,  essendo  manifesto  che,  se  il 
corpo  elettorale  non  è  in  istato  di  far  buone  elezioni,  a  duI 
gioverebbe  l'avere  un  esercito  altresì  di  ottimi  candidati. 

■  Nuora  Antologia,  Ta^cicoto  del  t*  nuifigio  1886. 


K 


Or,  consìdfìrato  il  fatto  com'è,  noi  abbiamo  una  grandissima 
porzioue  di  elettori  che  si  astengono  dalle  urne,  e  non  roglioa 
saper  di  elezioni;  ed  abbiamo  l'altra  ponione  restante,  la  quale 
part^ìpa  sì  alle  urne,  ma  o  86n;ta  liberUi,  o  sonza  capacità,  o 
contro  le  medesime  istituzioni.  Xon  hanno  libertà  le  mirìadi  dei 
viventi  al  soldo  del  Governo,  o  di  istituti  al  Governo  legati;  non 
r  hanno  le  altre  migliaia  di  sottoposti  a  persone  che  col  Governo 
fanno  comnnella:  non  l'hanno  gli  adepti  e  i  ligi  alle  tante  so- 
cietà settarie,  ond'è  la  Penisola  arreticata.  Tutti  costoro  debbono 
accorrere  alle  urne  e  dare  il  voto,  non  a  chi  vorrebbero,  ma  a 
chi  il  darlo  è  per  loro  necessità  o  t'ìmaconto.  Non  abbiamo  veduto 
forse  per  le  elezioni  or  ora  compiute,  il  capo  nominale  della  bassa 
massoneria  italiana,  un  tal  giudeo  Lemmi,  imporre  ordini  a  tutte 
le  logge  e  vincolare  così  la  lìbertfL  degli  affigliati  ?  E  non  abbiamo 
Teduto  il  manifesto  della  democrazia  ingiungere  ai  suoi  aderenti 

concorso  alle  urne,  per  eleggere  uomini  che  in  sostanza  sor* 
vertano  lo  Statuto  colla  monarchia?  Che  so  un  certo  numero  di 
elettori  gode  libertà  di  scegliere,  non  già  il  candidato  che  gU 
andrebbe  a  genio,  ma  la  Usta  ov'ò  inscritto  questo,  non  è  insieme 
obbligato  di  dare  il  voto  a  due  o  tre  ftltri,  che  in  cuor  suo  ripudia, 
per  far  passare  T  unico  da  sé  preferito?  Quindi  lo  stesso  scru- 
tinio di  lista,  voluto  dalla  legge,  non  si  muta  in  un  impedimouto 
alla  piena  lihertil  dell'elettore?  K  poi  quanti  sono,  cui  rimane 
ancora  questo  zinzino  di  libertà,  che  sieno  poi  al  caso  di  giudi- 
care la  convenienza  di  un  candidato  pel  pubblico  beno?  Nei  più 
di  costoro,  il  gramma  di  libertà  che  godono  è  sopravrinto  dalla 
assoluta  incapacità  di  utilraento  adoperarlo. 


IV. 


H  D'altra  parte  quanti  sono  fra  gli  elettori  liberi  e  no,  capaci 
Bo  DO  dì  esercitare  l'uffizio  loro,  quelli  i  quali  abbiano  fiducia  nel 
^kayemo  che  sulla  base  parlamentare  si  sostenta?  L'ultima  legge 
^nlettorale  ha  di  molto  accresciuto  il  numero  dogli  elettori,  mas- 
^rsimameate  negli  ordini  popolareschi.  Ma  può  dirsi  che  vi  abbia 

del  pari  aC'Crescinto  lo  zelo  per  le  istituzioni,  e  la  confidenza  negli 

nomini  che  le  conducono  avanti  ? 


Allorquando  si  discuteva  appunto  quella  legge,  nel  t 
del  1881^meraorubili  furono  le  confessioni  che  la  verità  strappò 
dalla  liocca  del  deputato  Sonuino  Siduoy  alla  Camera,  o  niuoo  dei 
ooHeghi  suoi  ebbe  fronte  di  contraddire.  Giora  qui  ricordarle, 
perchò  acconcissimo  all'  uopo  nostro.  *  Il  nostro  Governo  è  debolo, 
e  non  parlo  di  questo  o  quel  Ministero,  ma  dell'ente  Olovemo  ìrt 
sé,  e  per  ci5  Stesso  adempie  malo  alla  sua  missione;  è  debole, 
perchè  la  nostra  vita  politica  Ò  divenuta  tutta  superficiale.  La 
grandissima  maggiord-nsa  della  popolazione,  più  del  90  percento 
di  essa,  si  sento  estranea  ufTutto  alle  nostre  istituzioni;  sì  vede 
soggetta  allo  Stato  o  costretta  a  servirlo  col  sangue  e  coi  denari, 
ma  non  sente  di  costituirne  una  parte  viva  ed  organica,  e  non 
prende  interesse  alcuno  alla  sua  Bsisten;ia  ed  al  suo  svolgi- 
mento '.  » 

Poteva  cantarsi  pili  rotondamente  la  gran  verità,  che  tra  il 
popolo  italiano  e  coloro  ohe  so  ne  vantano  rappresentanti,  tra 
la  nazione  e  coloro  che  formano  lo  Htato,  corre  un  abis^  di  di- 
stanza? Potrebbe  discorrerò  diversamente  il  deputato  d'un* as- 
semblea che  ragionasse  d' un  popolo  conquistalo,  o  di  una  oa- 
7.ioi)0  signoreggialA  dalla  for^a  di  nnu  straniero?  Ma  non  basta: 
il  Sennino  Sidney  passò  avanti  e  mostri»  come  il  popolo  italiano, 
non  pure  nella  sna  ffrandissima  maggioi'anza,  fosse  e  si  sentisse 
estraneo  affatto  alle  istituzioni  nazionali,  ma  di  più  le  avver- 
sasse. 

Ecco  in  qnal  modo  prosegui  egli  a  ragionare.  Questa  gran- 
dissima maggioranza  della  popola7.ìune,  il  90  per  cento,  <  eott» 
sidera  tutti  i  nostri  ordinamenti  con  sospetto  e  i3on  diffidenza, 
ed  uno  spirito  di  malc*mtento  o  di  scoramento  pervado  il  paese» 
dalle  Alpi  tino  all'estrema  puntA  della  Sicilia.  Se  la  forma  del 
(Jovemo  mutasse  ad  un  tratto,  so  per  un  colpo  di  mano  o  iwr 
una  crisi  qualunque,  qmd  DH  omen  averfant,  al  rtìgimo  libero 
attuale  si  sostituisse  o  il  dispotismo  più  cieoo,  o  l'anarchia  più 
scapigliata,  la  grande  ma,s6a  resterebbe  indifferente  all'annun7,ì(\ 
come  di  cosa  che  non  la  tooohi,  oppure,  creduta  ed  avida  di  no- 
vità, saluterebbe  il  mutamento  con  isperansa.  In  una  parola,  lo 

t  Atti  uffic.  pag.  .1855. 


COSTI  ri1Z[0»ALE 


519 


Slato  nostro  noti  poggia  su  quella  base  so'ida  e  sicura,  che  è  il 
«onswso  di  tutti  i  suoi  conoittudini  '.  > 

Ebbene,  clii  Io  crederebbe?  Cinque  anni  dopo,  Ruggero  Bonghi, 
dall' ovidonsa  dei  fatti  era  indotto  a  stampare  la  stessa  verità» 
attenuata  appena  dall'arte  moderante  l'espreasion  del  dolore. 
Deplorato  che  le  antiche  speranze  dei  sognatori  d' un'  Italia  ri- 
sorta mni}  dalla  prosento  realtà  rimaste  cosi  deluse,  e  lamtmtato 
che  gli  odierni  scrittori  «  ficettlct  u  misuri,  acoroscauo  colla  lor 
parola  la  gelida  sfiducia  che  agghiaccia  l'anima  dei  loro  com- 
patrioti; >  seguita  a  dite  che  <  questa  sfiducia  v'è  pure,  più  o 
meno  diffusa,  verso  le  istitu^sioni,  verso  gli  nomini.  Serpeggia 
per  le  classi  p-ipolarì  (e  s'inganna  chi  crede,  che  serpeggi  in 
tlcnne  proìinoi:!  notovolmente  più  che  in  altro)  un  malcontento 
amaro  e  un  desiderio  inquieto  del  nuovo:  e  in  esse  e  n^lle  bor- 
ghesi e  nelle  alte  una  disistima  comune  per  quelli  chc\  a  qua- 
(iunque  classe  o  partito  appartengano,  presumono  di  governarle  '.  > 

D  che  conferma  oggi  quello  che,  di)dici  anni  or  sono,  il  12  mag- 
^0  1371,  il  deputato  Minervini  intonava  nell'aula  di  Monteci- 
torio ai  ministri  ed  ai  suoi  colleghi:  «  ToÌ  credevate  che  la  na- 
zione fosso  voi  ;  ma  voi  siete  voi,  o  signori  ;  la  somma  della 
cittadinanza  non  siete  voi.  Anzi  vi  dir^,  che  voi  siete  fuori  della 
nazione  '.  » 

Ijs  quali  confessioni,  autorevoli,  perchi^  d' uomini  che  non  haono 

fntecesse  a  farle  in  pubblico,  valgono  tutto  un  libro  a  spiegare 

«Dcne  e  perchè  tanta  parte  di  elettori,  anxi  la  piil  onesta,  non 

voglia  io^pacciarsi  di  eiezioni,  che  giudica  contrarie  alla  sua  co- 

fwidoza,  u  vedo  inutili  al  comaa  bene. 


Lasciamo  stare  le  ragioni  detta  coscienza  e  d'una  debita  ob- 
Wienza  al  Sommo  Pontefice,  le  quali  ritraggono  i  cattolici  dalle 
'WM.  Non  è  egli  manifesto  che  da  essi  e  da  tutti  i   savii  e 

'  hi. 

'  IfuOvn  Aniolojia.  I.  e. 
*  AUi  u^.  pap-  23i(S. 


5X0 


DI  OH  DILEMMA 


pensanti  colla  fcesta  propria  Io  istituzioni  parlamontari,  che  reg- 
gono i^gìdì  i*  Italia,  sono  a  buona  leggo  considerate  come  nni| 
fictio  facti,  non  meno  che  una  Jiclio  iuris;  cioè  dire  un  ediGxioi 
cui  manca  il  fondamento  insieme  del  consenso  nazionale  e  del: 
diritto,  TUOI  antico  e  vuoi  nuovo?  Como  uno  strumento  di  prepi>-< 
lenza  nelle  mani  d'ana.  oligarchia,  che  bugiardamente  ÌDdirìz2&{ 
il  Ooremo  della  naziane,  non  alla  prosperità  del  popolo,  ma  all'  in- 
cremento dì  sé  stessa? 

Quanto  air  atto  pratico  ed  alle  conseguenze  che  ne  risentono,. 
il  meccanismo  di  quest'ordigno  non  appare  agli  occhi  dì  tutti 
altrimenti  che  un  giuoco  di  prestigio,  il  quale  oggìmai  non  gahbK 
più  nessuno.  In  cima  alla  grande  mac<;)iina  si  ha  la  monarehii, 
potere  supremo,  inviolabile,  perchè  regna  senza  re^potisabilità 
e  non  goTerna  ;  e  deve  essere  centro  cardinale  di  tutto  il  sistem& 
che  ne  prende  il  nouie.  Ma  oltreché  una  monarchia  regnante  e 
non  governante  ò  tal  cosa,  che  non  entra  nella  intelligonxa  del 
volgo,  in  effetto  ]m  si  osserva  che  la  inviolairilità  di  questa 
monarchia  andrebbe  in  fumo,  dato  che  la  responsabilità  del  Qo- 
verno  dovesse  cadere  sopra  la  persona  di  qualcheduno:  del  cbe 
sono  argomento  Carlo  S,  Luigi  Filippo  e  Napoleone  IH  In  Francia 
ed  Isabella  II  nella  Spagna. 

Ia'i  respousubilitii  iuveco  dee  staro  tutta  sopra  le  spalle  dei 
ministri,  che  fanno  schermo  iìV  irresponsabile  monarchia.  (Sftl 
per  diritto,  in  teorica.  Ma  di  fatto  le  persone  piil  inTioIabili.  da{ 
questo  lato,  sono  appunto  i  ministri,  i  quali  di  tutto  avrtjbbew 
a  dar  conto  e  giammai  non  Io  hanno  dato,  né  Io  danno  di  nolti,! 
fuorché  a  parole  :  così  che  essi,  sotto  nome  di  libertà,  posso»  | 
essere,  se  lor  piaccia,  veri  despoti  e  tiranni. 

n  cbe  è  cosi  certo,  che,  non  solamente  non  è  mai  accadotB] 
in  Italia,  che  un  ministro  fosso  legalmente  costretto  a  soppor- 
tare le  conseguenze  della  sua  costituz^ionale  responsabilHàf  ooal 
tuttoché  le  occasioni  mille  volte  se  ne  sieno  offerte;  ma,  se  àò 
dovesse  accadere,   la  conclusione  sarebbe  vana,  perchè  manci 
tuttavia  una  logge  sopra  questa  responsabilità  mintsteriakU 
legge  che  non  si  farà  mai,  ed  il  cui  difetto  abbandona  il  pieaij 
all'arbitrio  di  quel  gran  flagello  che  porta  il  nome  di  burocra-\ 


oosriTL'noyAt;?  53J 

txa:  essendo  chiaro  cho  il  ministro  dì  fatto  irresponsabile  par- 
terapa  la  irresponnabilità  sua  agli  ufBciuIi  posti  sotto  dì  sé  e 
adombrati  dall'ala  della  siia  protezione. 

Dopo  la  monarchia,  non  responsabile  di  nionto,  cho,  daudosl 
il  caso  opportuno,  diventa  poi  responsabile  di  tatto;  e  dopo  il 
ministero  responsabile  di  tutto,  cho  poi  è  sempre  non  respori' 
sabile  di  niente,  viene  il  potere  legislativo,  che  esercita  la  so- 
TTonìtii  propriamente  giuridica  e  nazionale,  perchè  si  presume 
emanato  e  delegato  dall'unico  sovrano  che  è  il  popolo. 

Senonchò  tutti  sanno  quanto  il  popolo  effeittivameute  sia  tenuto 
lungi  dall'esercizio  di  quest'atto  di  sovranità,  negandoglisi  quel 
''Wffragìo  universale  che  sarebbe  di  suo  diritto,  dato  che  lo 
Istituzioni  parlamentari  sieno  originate  dai  plebisciti  e  poggino 
sol  principio  della  sovranità  popolare.  Il  che  sì  nota,  non  perchè 
questo  suffragio  si  stimi  cosa  seria  e  benelìca,  ma  uaicaiiiente 
iffincbò  si  vegga  tutto  quello  che  è  di  falso  nel  supposto,  che 
potere  legislativo  sia  dal  popolo  delegato.  Secondo  il  diritto 
rÌTolusiouario,  a  rigore,  non  due  milioni  e  mezzo  circa  d'italiani 
soltanto,  ma  tutti  senza  ecce/.ione  gì'  italiani  dovrebbero  essere 
elettori;  o  tiUl  sarebbero  dovuti  essere,  fino  da  che  si  stabilì 
la  mouarcbìa  parlamentare  coi  plebisciti.  Se  il  saffi-agio  di  tutti 
fa  creduto  necessario  a  costituire  giurìdicamente  la  nuova  mo- 
rchia, il  suffragio  di  tutti  aveva  da  credersi  aecessario  altresì 
giurìdica mentt}  conservarla;  e  se  il  suffragio  di  tutti  fu  ri- 
liesto  come  atto  giuridico  delegante  la  sovranità,  questo  pa- 
tente doveva  richiedersi,  coma  atto  giuridico  legittimante 
l'esercizio  della  sovranità  medesima,  della  quale  il  popolo  non 
si  poteva  spogliare.  Ond'è  singolare  che,  a  rii^onoscere  la  con- 
itraddizione  esistente  fra  la  vecchia  legge  elettorale  subalpina 
ad  il  nuovo  gius  pubblico  italiano,  s'iuipìegassero  ventiduc  anni; 
ed  è  più  singolare  che  si  riparasse  l'errore,  offendendo  pur  sempre 
il  preteso  diritto  della  sovranità  popolare;  giacchia  la  legge  ri- 
paratrice non  ammise  o  non  ammette,  per  partecipi  di  questa 
sovranità,  i  milioni  d'italiani  povori  ed  analfabeti,!  quali  non- 
leno  furono  gìadicati  idonei,  nel  tempo  del  plebisciti,  a  so- 
vranamente costituire  la  monarchia  unitaria. 


522 


01  un  ottemiA 


Ma,  scam  ciò,  ubtjì&mo  vcOtito  quanti,  che  hauao  la  facoltà 
di  Tulursi  dol  diritto  di  eleggere  i  legislatori,  se  ne  ritengono; 
quanti  nel  Talérsene  non  sono  lìberi  d'esercitarlo  a  loro  talento, 
e  qnaatì  sono  incapaci  dì  usarlo  a  bone.  £  ciò  non  astante  dallo 
scarso  ntiDiero  di  questi  «lettori,  o  non  Uberi,  o  mal  liberi,  si 
vuole  far  credere  che  scatiirisc&  il  legittimo  mandato  della 
nazione. 

À  tutto  questo  si  aggiunga  il  cozzo  incessante,  non  già  dei 
partiti,  nf'quali,  por  un'altra  finzione  di  diritto,  si  snppone  che 
sìa  diriso  il  paese,  ma  degli  ambiziosi  che  si  litigano  il  potere; 
e  quindi  ì  maneggi  dell'interesse  privato  e  le  molteplici  cor- 
runoni  che  ne  seguono;  e  poi  si  dica  se  ò  sperabile  che  la  parte 
non  grande,  la  qualo  sì  accosta  allo  urne,  ne  faccia  uscire  un 
corpo  dì  eletti,  cbd  inteiidu.no  a  migliorare  lo  istituzioni  ed  a 
volgerle  in  prò  del  pubblico  bene.  Il  negozio  è  tìiulo  dispenb) 
che  r  Opinione  slessa,  nove  giorni  prima  dì  bandire  il  suo 
dilemma,  non  esitava  a  scrivere  :  «  Il  munte  d' iromondizio,  cbo 
si  possono  raccogliere  dopo  una  lotta  elct.torale  nel  nostrv  paese, 
sarebbe  la  cosa  più  alta  che  in  esso  si  cuuesca  '.  »  Ed  il  Bonghi 
si  è  accordato  seco,  soggiungendo:  «  I  sistemi  eitfttivi,  imagi- 
nati  por  trovare  gli  ottimi,  trovano  ì  pessimi.  Lo  mosse  son 
furato  a' buoni  da' tristi,  a'sapienti  dagl'ignoranti,  a  chi  SNit» 
la  dignità  propria  da  chi  non  la  sente  '.  » 

Or  come,  interroghiamo  noi,  non  dare  ragione  a  chi  rklisa 
ogni  fede  ad  un  meccanismo  politico,  il  quale,  fondato  in  on 
gruppo  di  mcuzogne,  non  altro  produce  se  non  tristìzie  e  eof' 
ruttele?  *  ha  gelida  sfiducia  che  agghiaccia  >  il  cnoru  della 
pluralità  dei  galuntLiomlnl  e  dei  cristiani,  non  ò  ella  forse  gia- 
stificata  da  una  crudele  s^Kirìenza  di  anni  ed  anni? 

Data  pertanto  la  morale  impossibilità  che,  felma  sic  sfaìttibus, 
dal  corpo  degli  elettori  italiani  si  costitnìsca  un  corpo  di  eletti, 
i  quali  migliorino  le  istituzioni  parlamentari,  ne  scende  per  filo 
dì  logica,  essere  adunque  ancora  monilmente  impossibile  che  il 
primo  corno  del  dilemma  dell' Opùjioji»  si  avveri.  E  sicoornv 

>  Nuui.  (lei  20  aprile  1 886. 
'  Xitoea  Antologia,  1.  e. 


cocrmrztoxAtE  929 

^mnso  qnesio  corno,  non  se  ne  dà,  a  p&r«r  suo,  altro  che  non 
sia  il  secondo,  hassi  a  dedurne  che  con  seguentemente  Dell*  Italia 
ootivien  propararsi,  di  dogenoraziono  in  dogenerazione  costitu- 
aìonale,  <  alle  violente  delia  rivoluzione  e  della  reazione  >  ;  che 
è  dire  ai  due  terrori,  al  rosso  delP^ocesso  nel  disordine,  ed  al 
bianco  doli' ordine  nel  bnon  diritto. 


^^€ 


VI, 


lesta  sembra  anche  a  noi  una  verità  incontrastabile.  Anzi 
&  merariglia  che  la  sì  diuturna  degenerazione  del  sistema  par- 
lamentare fra  noi,  non  abbia  recata  flnoni  quella  rivoluzione 
prettamente  demagogica,  che  già  ìtaa  quattro  volte  in  uq  secolo 
ka  recata  nella  Francia  e  due  volte  da  nu  mezzo  sucolo  nella 
^agna.  Ma  qualunque  siafil  il  complesso  delle  cause  cbe  in  Italia 
hanno  prodotta  quest'anomalia,  certo  è  che  T indugio  non  ne 
Impedirà  rarvenimento  ed  il  compimento,  al  quale  tutto  mostra 
cbe  noi  ci  appressiamo;  e  Dio  non  roglia  che  debba  esser»  tacito 
piCL  ruinoso  quanto  più  ritardata. 

Uà  questa  non  è  la  meraviglia  maggiore.  Maggior  meraviglia 
è  che  uomini  forniti  dyl  bcuu  doU'inteUetto,  quali  pure  ni  ma- 
BÌfestauo  gli  scrittori  dell'  Opinione,  i  Bonghi,  i  Padoa  e  molti 
in  genere  tra  ì  fautori  del  costi  tu  zionalismo  parlamentare,  che 
Io  predicano,  col  Palma,  «7  solo  regime  che  corrisponda  alle 
odierne  coìidizioni  di  civiltà  ',  non  si  sieao  accorti  che  pra- 
ticamente nei  tempi  nostri  esso  conduce  e  deve  condurre  per 
necessità  al  trionfo  della  dt^mocntzia;  ed  in  sostanza  parlò  gin- 
siÌBSÌmo  quel  raiuistro  prussiano  nel  Reichstag,  che  lo  definì 
<  una  transizione  alla  Repubblica.  » 

Sembni  inipoasibile  che  l'esempio  della  Francia,  paese  elas- 
8ioo  e  tipico  del  parlamentarismo  moderno,  nella  quale  esse,  eoi 
suoi  principiì  rivoluzionaril,  ha  spianata  la  ria  alU  caduta  di 
quattro  luouarchio  ed  ha  intronizKate  già  tre  Repubbliche,  e  quello 
della  Spagna,  per  non  dire  d'altre  c<jntrade,  non  insegai  nulla 
«  nulla  mostri  agli  occbi  laro.  Eppure  non  si  richiede  davvero 

'  La  Ugge  tulio  »tato  d^F  impiej/aU  «  i7  Oocertw  parìavuntare. 


lAJki 


DI   UX  DILEHllA 

tma  mente  d'aqnila  né  una  rista  di  lince,  per  intendere  e  tb- 
dere  cho  un  Governo,  oom'6  il  parlamentare,  il  quale  essenzial- 
mente ha  da  essere  Governo  dì  partito,  nella  età  presente  in 
cui  le  congreghe  massoniche  aTriliippano  gli  Stati  in  una  rete, 
con  facilità  somma  può  cadere  nelle  mani  dei  partiti  settari!, 
il  cui  scopo  politico  è  appunto  la  Repubblica  democratica,  mezzo 
immediato  per  raggiung;ere  l'ultimo  fine  dello  sconvolgi  mento 
sociale.  N6  si  ricerca  un  grande  acume  d'ingegno  per  ricono- 
scere nella  storia  del  secol  nostro,  che  la  forma  parlamentare 
del  Governo  è  stata  quella,  che  da  por  tutto  ha  sollevato  al 
poterò  le  sètte  massoniche;  le  quali  poi  l'hanno  rivolta  contro 
gli  ordini  monarchici  e  la  stanno  rivoltando  contro  1*  ordine  deUa 
famiglia  e  della  proprietà. 

Il  celebre  d'Israeli,  nell'ultimo  libro  che  pubblio!)  prima  di 
morire,  scriveva  questo  parole,  che  sì  avrebbero  da  meditare  assai 
da  tutti  i  si^atori  di  miglioramenti  del  parlamentarismo,  fon- 
dato  nelle  libertà  dui  1789.  <  Le  barricato  non  sono  state  oo* 
struite  dalla  borghesia;  io  conosco  la  gente  ohe  le  ha  erette; 
e  questa  non  forma  una  nazione,  ma  una  setta.  Le  sue  società 
secreto  allacciano  T  Europa,  sono  sparse  in  tutta  la  Spagna  e 
rodono  r  Italia.  I  Wighs  non  ammettono  che  un  solo  rimedio, 
a  giudizio  loro  infallibile:  il  Governo  costitonionale.  £ssi  dao 
per  sicuro  cho  le  società  secreto  non  possono  coesistere  colle 
istituKiom  rappresentative:  io  posso  errare,  ma  penso  al  contrario 
che  le  società  secreto  serviranno  più  tosto  a  fare  sparire  queste 
istitn^ionì  *.  » 


VII. 


Nell'Italia  noi  siamo  già  pervenntì  a  questo  che,  per  pro- 
trarre dì  alcuni  anni  la  durata  delle  istitUEioni  monarchiche,  d 
stato  necessario  al  Depretis  inventar  quel  capolavoro  di  astusia, 
cui  si  è  dato  finora  nome  di  trasformismo;  e  consisteva  nel 
simulare  una  politica  di  progresso  verso  la  rivelazione  demo- 
cratica, praticandone  invece  una  più  presto  dì  regresso.  Forsd 

•  Endymitm,  T.  I,  e  7, 


iota  suggerirono  le  parole  del  principe  di  Bisinark,  il  29  no- 
Koich3tag  aluinìLUuo,  cho  cioè  lu  Italìfi  <  il 
ponto  dì  grarità,  da  Ministeru  in  Ministero,  si  è  sempre  più 
Tolto  a  sìiiifitra;  uodo  uon  poteva  aadare  pìf)  ultra  pur  questo 
Terso,  senza  sdrucciolare  nella  Repubblica.  *  Certo  ò  che  pochi 
giorni  appresso,  il  senatore  Gasparo  Finali  potìJ  dichiarare  ai 
oolleghi  suoi,  tutti  consenzienti,  che  nella  Penisola  <  ormai  era 
ridotta  ai  minimi  termini  la  distanza  che  separa  la  monarchia 
rapp resentati ra  da  un'altra  forma  di  Governo'.» 

Quindi  verissima  riputiamo  la  seconda  disgiuntiva  dell'Opi- 
nioiie  che,  non  potendosi  purgare  l'Italia  dall'immensurabile 
perversione  del  parlamentarismo,  è  mestieri  prepararsi  ad  una 
rivuluzione  demagogica,  delta  fi gu ratamente  (en-ore  rosso,  per 
poi  passare  sotto  il  bianco  di  una  necessaria  reazione.  La  logica, 
confermata  dalla  storia,  conduce  a  (questo  inevitabile  corollario. 

Peraltro  non  sappiamo  capacitarci  cho  agli  nomini  dell'Opi- 
nione  sembri  far  più  paura  il  terrore  detto  bianco,  che  non  il 
ro08o;  ricordando  noi  assai  bene  quel  che  scrissero  anni  sono, 
che  cioè:  delle  due  inkrnazìonalìy  la  rossa  del  diritto  sociali- 
stioo  e  la  nera  del  buon  diritto  antico,  essi  anteponevano  la 
prima  alla  seconda,  ossia  il  diritto  del  socialismo  al  diritto  del 
decalogo.  Forse  qnesta  orrida  8enten:fa  sfuggi  loro  dalla  penna 
per  distrazione.  Onde  vogliam  credere  che  oggi  non  la  ripote- 
rebboro;  sapendo  essi  che  il  terrore  rosso  mira  in  sostanzia  ad 
un  tal  eccidio  social»,  che  si  rizzano  i  capelli  a  solo  pensat-rì. 
li  bianco  invece,  alla  fine  dei  conti,  apporterebbe  rimedio  a  molti 
mali;  non  fosso  altro  a  quella  esiziale  menzogna,  che  copre  la 
corruzione  col  nome  di  civiltà,  e  la  licenza  e  la  tirannide  con 
quello  dì  libertà. 

*  Att.  Vffic.  àeì  Senato,  png.  2002. 


COMMENrAlllO   DELL'ENCICLICA 

DDIORTALE  DEV 


h9  Chiesa  è  alla  società  civile  come  l'anima  razionale 

è  al  corpo. 

Considoruta  ch'ebbe  Papa  Leone  l'indole  dólla  Chiesa  in  nu- 
niera  assoluta,  la  cousidera  ia  maniera  relatiTa,  cioè  rispetto 
alla  società  civile,  e  così  discorre.  «  Debbono  essere  tra  loro 
debitamente  coordinate  le  due  potestà;  la  ^uale  coordiaazioDe 
non  a  torto  viene  paragonata  a  quella  delV anima  e  del  corpo 
nel  supposto  umano.  La  qualttcL  poi  e  la  portata  di  siffatte 
relazioni  non  sì  può  altrimenti  stabilire,  che  ponendo  meQt^ 
come  si  è  detto,  alla  natura  dello  duù  autorità,  e  facendo  ragiond 
della  eccellen7.a  e  nobiltà  dui  rispettivi  fini,  essendo  Tana  di- 
rettamente e  principalmente  preposta  alla  cura  delle  cose  teik- 
poralif  TaUra  all'acquisto  del  1>eni  soprannaturali  e  sempiterni 
Quindi  tutto  ciò  che  nel  mondo  in  qualunque  guisa  ha  ragiooe 
di  sacro,  tutte  ciò  che  riguarda  la  salute  dello  anime  ed  il 
ciilto  divino,  0  che  fcile  sia  por  natura  sua.  ovvero  per  il  fine 
al  quale  si  riferisce,  cade  sotto  la  giurisdizione  della  Chiesa. 
Tutte  le  altre  cose  poi  che  si  racchiudono  nel  giro  delle  inge- 
renze civili  e  politiche,  ò  giusto  che  sottostiano  alla  antoriti 
civile,  avendo  Gesù  Cristo  espressamente  comandato,  che  rendasi 
a  Cesare  ciò  eh*  è  di  Cesare,  e  a  Dio  qael  ch*ò  di  Dio.  Se  non 
che  si  danno  talora  dt;i  casi,  ne* quali  si  apro  un'altra  via  dì 
Concordia  ad  assicurare  la  libftrtà  di  entrambe,  cioè  a  dire  ^* 
lorchè  i   reggitori  civili  ed  il  Romano  Pontefice  si   mettono 


■  Vedi  qoad.  SCI  pag;.  U3-157  ilei  preu-nu  voltune. 


COMHE^TAnlO  DELL  EnCICLKU,  «  IMHORTALE  DEI  » 


527 


accordo  sopra  qualche  ponto  ìa  particolare.  Ideile  quali  Gir- 
la Chiesa  offro  provo  splendi  dissi  ine  di  bontò  materna, 
Tfieando  tutto  quel  pii^,  che  per  lei  si  può,  in  opera  di  arren- 
derolezza  e  d*  indulgenzu.  > 

Molte  cose  abbiamo  nei  quaderni  antecedenti  esposte,  rìgnardo 
alle  mutuo  relazioui  tra  Chiosii  i'  Stato^  che  possono  Bervire  dì 
Coaimentario  a  questa  parte  dell'Enciclica  di  Leon»  XIII  o  pwò 
Don  ci  fermeremo  qui  lunganiente.  ola,  quella  comparazione,  che 
fa  addotta  da  Papa  Leone,  delF  unione  deirauìiua  col  corpo 
umaDo  è  degna  di  profonda  considenuiiono,  perchè  è  tutta  al 
pn>posito,  e  dagli  antichi  dottori  dalla  Chiesa  fu  assai  spesso 
adoprata.  So  non  che,  dopo  Cartesio  chu  rovinò  la  rilosufia  e 
stabili  dell'uomo  e  dell' unione  deirariima  ol  corpo  nna  dottrina 
falsa  ed  avversa  anche  a'concilii  Ecumenici,  quella  comparazione 
fu  a  pravo  senso  tradotta. 

Diedorsì  a  credere  i  ciu-tesiani  eho  il  corpo  umano  fosse  una 
accozzaglia  di  atomi  inerti,  e  che  ruuione  dell'anìtna  con  osso 
eorpo  consistesse  nell'essere  L'anima  preseinte  in  un  qualche 
punto  di  esso,  e  da  tal  punto  determinasse! o  o  al  moto  o  alla 
quiete,  né  altra  passiona  a  Ini  cimcedevano.  Sistema  balordo^  ma 
perchè  facile  ad  ossero  imaginato,  fu  abbracciato  da  molti,  sonaa 
porre  mente  alla  mancan/,a  di  reale  verità.  Chi  tiene  questa 
dottrina  ed  afferma  che  la  Chiusa  ò  rispetto  allo  Stato  come 
l'anima  è  rispetto  ul  corpo,  dìi  alla  Chiesa  la  sola  preseniw  e 
il  potere  di  mnoverts  estri nsocamon te  la  società  civile,  la  quale 
senza  essa  sarebbe  affiato  inerte,  priva  di  qualunque  vita  so- 
ciale: questo  non  regge. 
^k  L'anima  ò  strettamente  unita  al  corpo  umano  da  formare  con 
^■bsso  nna  compiuta  natura  ed  è  principio  delle  tre  vite  che  ha 
gl'uomo,  cioè  della  vita  vegetativa,  della  sensitiva  e  della  intellet- 
tiva 0  razionale.  Quantunque  una  sola  ed  identica  anima  sia  il 
primo  principio  formale  di  queste  tre  vite,  nondimeno  essa  opera 
con  potenze  e  facolti  diverse,  e  solo  quelle  che  le  spettano  in 
quanto  essa  ò  razionale,  cioà  l' intelletto  e  la  volontà,  sono  iuor- 
ganicbe;  le  altre  che  appartengono  alla  vita  sensitiva  ed  alla 
vegetativa  sono  organiche.  Ora,  quando  sì  fa  la  prefata  compara- 


J 1 


coHtrEirntnio  dell  rvciclica 
zione  e  si  dice  che  come  è  T  anima  rispetto  al  corpo,  così  è  la 
Chiesa  rispetto  alla  soci<^U  civile,  por  discorrere  con  tutta  esat- 
tezza si  vuol  prender  l' anima  in  quanto  è  soltanto  principio  di 
vita  razionale,  e  il  corpo  in  quanto  è  fornito  di  vita  vegetatin 
ed  anco  di  vita  sensitiva  e  non  in  quanto  è  inerte,  com'è  un  ca- 
daroro.  Così  san  Paolo  quando  descrìreTa  la  lotta  tra  lo  spirito 
e  la  carne  non  prendeva  la  carne  destituita  di  ogni  principio 
vitale,  mercQCcliè  cosi  non  può  lottare,  ma  prendevala  come 
fornita  di  vita  vegetativa  e  sensitiva,  comechè  principio  di  questa 
vita  fosse  lo  stesso  spirito  che  con  potenze  sue  proprie  lottava. 
Ed  appunto  per  la  diversità  dolle  potenze  radicate  nelle  stessa 
anima  è  ootesta  lotta  possibile. 

Posto  le  quali  cose  consideriamo  i  rapporti  della  vita  razionale 
alla  vita  vegetativa  e  sonsitiva,  quindi  i  rapporti  della  Chiesa 
alla  società  civile  od  allo  Stato.  Anzi  tutto  vediamone  la  priorìti 
di  orìgine.  In  questa  priorità  il  corpo,  con  la  vita  vegetativa 
e  sensitiva,  precede  la  vita  razionale  a  in  diversi  individui  e 
nello  stesso.  In  diversi,  giacché,  come  abbiamo  nel  Genesi  « 
come  la  ngioue  filosofica  lo  dimostra,  l' imperfetto,  nella  origine 
dulie  cose  contingenti,  antecede  il  perfetto  e  prima  dei  vìventi 
furono  creati  gli  inorganici;  e  prima  degli  animali  furono  pnv- 
dotti  i  vegetali,  ed  ultimo  fu  l'uomo  razionale.  Neirnomo  stesso^ 
sebbene  l'anima,  principio  delle  tre  vite  s'infonda  nello  stesso 
tempo,  tuttavia  prima  ad  apparire  è  nello  stesso  individuo  la 
vita  vegetativa,  poscia  la  sensitiva,  quindi  la  razionale.  L'im- 
perfetto nello  individuo  si  considera  come  presupposto  o  soggetto 
del  perfetto,  e  quando  non  ci  sìa  precedenza  di  tempo,  vuoisi 
sempre  considerare  la  priorità  di  origine  e  di  natura.  Simil* 
monte  diciamo  avvenire  riguardo  allo  Stato  ed.  alla  Chiesa. 
L'individuo  è  il  primo  elemento  nell'ordine  sociale  e  però  pre- 
cede e  Stato  e  Chiesa.  Lo  Stato  dalla  Chiesa  è  elevato  ad  uà 
grada  di  perfezione  maggiore,  quindi  deve  precederla  nelk 
orìgine.  Come  poi  avviene  negli  enti  che  il  vegetante  sensttin 
può  essere  senxa  ì]  razionale,  ma  questo,  cioò  l' uomOf  non  può 
esìstere  senza,  avere  in  sé  stesso  Tessere  sensitivo  e  vegetantSi 
cosi  lo  Stato  0  la  società  civile,  senza  intrinseca  rìpugoaBO, 


«  IMUORTALE  DEI  > 

jiTstare  senxa  la  Chiesa,  ma  questa  naturalmente  presuppone 
e  grindÌTidui  e  Io  Stat)  come  proprio  soggetto. 

Se  non  che  questa  priorità  di  origine  non  indica,  per  sé,  per- 
feKtone,  anzi,  come  vedemmo  nelle  cose  contingenti,  denota  im- 
perfeziono rispetto  a  chi,  neU'origine,  è  posteriore.  In  ragione 
di  dignità  la  Chiesa  precede  lo  Stato  o  conseguentemente  V  auto- 
rità ecclesiastica  sta,  per  dignità,  sopra  la  cìtìIo,  come,  in  dignità, 
l'anima  razionale  sorpassa  Tatiìma  sensitiva  e  la  vegetativa  e 
conseguentemente  il  razionale  sta  sopra  il  bruto  e  la  pianta.  Che 
nell'anima  razionale  ci  sia  questa  dignità  prevalente,  è  notissimo 
a  ciascun  filosofo  (e  tali  non  sudo  qne'modemi  scienziati  che  si 
fanno  adoratori  della  sola  materia),  il  quale  ben  sa  che  hi  dignità 
dell'essere  cresce  nella  proporzione  del  suo  dilungarsi  dalla  ma- 
teria  e  del  partecipare  della  divina  immaterialità.  L'anima  ra- 
zionale è  immateriale  nella  propria  essenza;  e  però  è  Ule  in 
quelle  poten?^  che  hanno  la  medesima  sola  essenza  por  soggetto, 
e  di  conseguente  ella  ii  immortale  ò  incorruttìbile,  non  essendo 
Intuita  per  composizione  di  elementi,  ma  da  Dio  creata.  Gli 
SRri  enti,  forniti  soltanto  di  vita  vegetativa  e  sensitiva,  dipen- 
dono dalla  materia  nell'essere  e  nell'operare,  perciò  sono,  a  dir 
vero,  tutti  raatorittU  e  venuti  all'essere  per  generazione  diille 
cause  seconde,  di  conseguente  per  l'azione  di  queste  cessano 
di  esistere. 

In  simile  maniera  la  dignità  della  Chiesa  trascende  la  dignità 
della  società  civile.  Quella  ha  origine  tutta  divina.  Gesù  Cristo 
le  ha  dato  l'essere,  dove  ogni  società  civile  fu  costituita  per 
qualche  fatto  umano  o  per  arbitrio  dell'uomo,  comechò  la  ten- 
denza che  hanno  gli  uomini  a  coUegarsi  in  società  provenga 
fontalmente  da  Dio  quale  autore  della  natura.  Le  potenze  che 
stanno  nella  Chiesa,  in  quanto  tale,  sono  spirituali  e  divine, 
dirette  a  produrre  virtù  e  santità;  dove  a  cose  terrene  sono  per 
8&  dirette  quelle  che  stanno  nella  società  civile  e  però  sono 
materiali  e  terrene.  Ma  la  superiorità  nella  nobiltìì,  bene  anco 
risplonde  dal  considerare  l' indole  sua  propria  in  quanto  cìoA  la 
Chiesa  è  società.  Per  certo  una  società  tanto  in  nobiltà  sovrasta 
ftd  un'altra,  quanto  essa  è  più  estesa  nella  moltitudine  dei  socti: 


w  XJII.  iwl.  //,  /'Mc.  8G3 


31 


2€  maffgio  18S6 


S30  COUMBNTARtO   DELL' EIiaCUCA 

ò  direlta  a  fìne  specìfico  superiore,  ed  ha  neUa  sua  costittizioD» 
una  maggiore  virtù  a  più  lunga  durata. 

Riguardiamo  sotto  questi  rispottì  la  Chiesa  e  la  società  ci- 
vile.  Ogni  società  cÌTÌle  di  fatto  fn  ed  è  ristretta  in  confini. 
che  comparati  a  tutta  la  terra  son  ben  poca  cosa.  U  grande 
impero  cinese,  cho,  tra  le  civili  società,  primeggia  per  estendono, 
occuiw  nna  piccola  parte  dell'orbe  terrattueo.  K  se  dal  /ait« 
pa<tiiamo  al  diritto^  sembra  che  la  discrepanza  dei  linguaggi, 
sìeno  un  seguo  abb;iStan7.u  grave  che  nessuna  socìetìl  civile  abbia 
naturale  nniversalìtà.  Non  siamo  noi  che  soeteniamo  doversi 
costituire,  in  virtù  di  naturale  diritto,  tante  società  civili  quante 
sono  differenti  nazioni.  Può  esservi  giustissima  cagione  dell; 
dismembramento  di  nna  nazione  in  più  Stati,  come  vi  può  esse» 
puro  giustissima  cagione  che  una  società  distenda  il  proprio 
dominio  sopra  una  parto  di  divèrstk  Dazione  od  anche  sopra  tutta. 
Questo  accade  in  tutti  i  tempi,  e  non  v'ha  argomento  veruno  ehi} 
provi  il  contrario.  Ma  non  si  può  negare  essere  più  oonvenient» 
che  i  socii  di  una  medesima  società  civile,  ì  qnali  concordi  m 
mezzi  debbono  cospirare  al  fine  sociale  comune,  abbiano  uno 
stesso  linguaggio  ed  appartengano  ad  nn  medesima  nazione. 

Ora,  dalla  naturale  o  conveniente  ristrettezza  di  confini  che 
hanno  o  debbono  avere  tutte  le  civili  società,  passiamo  a  rin- 
tracciare i  conRui  della  Chiesa.  Ove  sono?  È  impossibile  ritro- 
varli e  nel  diritto  e  nel  fiotto.  Non  noi  diritto  poiché  essa  è,  per 
istituzione  divina,  cattolica,  cioè  universale.  Imperocché  Gbsù 
Cristo  obbligò  tutti  ì  popoli  ad  entrare  nella  sna  Chiesa  ed  es- 
sere sudditi  del  suo  Vicario  e  cosi  la  costituì  essenzial  menta* 
per  estensione  e  per  durnzione,  cattolica.  Laonde  mentre  tutte  lo 
società  civili,  che  portano  il  carattere  della  voltabilità  delle  oon 
terrene,  successi vamonto  soccombono  o  por  tarlo  ìntrinseoo  ehu 
ne  corrodo  i  fondamenti,  o  per  estrinseca  violunza  di  altre  socìetji 
che  le  manomettono,  la  sola  Chiesa  ed  ha  nella  stia  stossa  c»- 
stitn:{ton6  l' intimo  principio  della  sua  propria  immortalità,  e  ptf 
la  mano  possente  di  Dio,  che  la  sorregge,  rimane  vincitrice  in 
tutte  le  lotte  che  da  violenza  estrinseca  lo  sono  mosse.  Quiudi 
si  vede  (mìrabil  cosa  che  anche  sola  la  manifesta  divina!)  che 


'«  iHHonTALG  oa  s  531 

tte  quelle  cause  che  sogliono  aouientare  le  cìtìLì  società,  sor- 
Tono  a  consolidare  la  Chiesa  nulla  sua  forine^iza  u  a  ruuduria  pih 
bella  e  piti  cospicua,  come  il  fuoco  che  riduca  in  cenere  il  legno, 
purifica  Toro.  Per  U  qual  cosa  ò  stoltezza  il  dire  che  la  Chiesa 
sta  nella  società  cÌtìIo  o  nello  Stato,  come  sarebbe  stoltezza  l'af- 
fermare che  il  mare  sta  nella  nave,  dovendosi  dire  piil  presto 
il  contrario  ;  cioò  che  come  le  navi  ranno  veleggiando  nel  mare, 
così  tutte  lo  societik  civili  vanno  veleggiando  nella  Chiesa  cho 
a  tutto  il  mondo  e  in  tutti  i  tempi  si  distende.  Quanto  adunque 
la  Chiesa,  consideratane  l'ampiezza  sociale,  sta  sopm  ad  ogni 

^^rile  società,  e  vuoisi  dire  più  nobile! 

HI  Ha  non  sono,  a  propriamente  parlare,  l' estensione  e  la  dura- 
zione  qnegli  attributi  da  cui  debhasi  per  sé  dedurre  la  nobiltà 

,  assolata  e  relativa  delle  società,  beasi  è  il  fine  onde  traggono 
la  specie  loro.  Dal  fine  ò  determinata  la  essenza  d'ogni  essere 
e,  conscguentemente,  il  grado  pìi"!   o  meno  elevato  che  eccu- 

l    pano  le  cose  nell' unirerso.  Per  Io  che  l'anima   razionale  che 

'  ha  per  fine  il  possedimento  della  verità  e  della  virtù  e  che  ha 
un  eterno  e  beato  destino,  ò  immensiunente  più  mibilo  del  corpo 
fornito  solo  di  vita  vegetativa  e  sensitiva,  il  quale  è  ordinato  al 
conseguimento  di  materiale  e  terrena  perfezione.  Xell'uomo  stesso 
il  corpo,  con  h  facoltà  che  spettano  alla  vita  vegotativa  e  son- 
sitira,  ò  diretto  quale  mezzo  ai  bene  dell*  anima  razionale,  mer- 
eeochè  questa,  a  principiare  la  sua  esistenza,  debb' ossero  unita 
al  corpo,  e  dal  principio  sensitivo  e  dai  fantasmi  dipende  lo  srol* 
gimento  della  sua  vita  intellettuale. 

La  società  civilo  è  per  so  stessa  diretta  al  bene  temporale 
e  alU  pubblica  tranquillità  dei  socli,  e  la  sovrana  autorità  deve 
adoperarsi  studiosamente,  affinchè  ciascuno  possa  attuare  i  pro- 
prii  diritti.  Fino  dì  grande  rilevanisa  invero,  ma  che  sottostà 
infìnitamente  al  fine  cui  è  ordinata  la  Chiesa.  Nella  Chiesa  con- 
tinua a  Tirere  Gesù  (Visto,  ed  essa  seguita  a  compiere  la  mis- 
sione del  medesimo.  Questa  missione  è  rimettere  le  colpe,  iltu- 
minare  le  mentì  con  l'insegnamento  delle  verità  specalative  e 
pratiche,  che  riguardano  Tultimo  fine,  a  cui  tutto  negli  individui 
e  nelle  società  vuol  essere  subordinato;  applicare  i  mezzi  che 


5:^ 


COMMENTARIO   DELL*  EHCICLICA 


crescano  gli  uomini  in  virtù  e  santità.  A  ciò  dere  tendere  U 
Chiesa:  ma  conquesto  è  uaturaLmeo  lo  connesso  Io  STolgimento 
del  progresso  umano  nelle  scienze,  nelle  arti,  in  ogni  genere  di 
cultura.  Por  la  qual  cosa,  oomochò  la  precipua  nobiltà  del  Une 
specifico  della  Chiesa  s'attenga  ad  un  ordine  sopramondano,  tut- 
biTÌa  si  riflette  eziandio  (e  il  fatto  lucalentemente  lo  dimostra) 
a  tutt»  ciò  ch*ò  di  nobile,  di  grande,  di  utile  per  la  cultura 
della  mente  e  del  cuore,  degli  individui  e  delle  società  unone. 
La  cristianità,  è  inseparabilmente  unita  alla  sincera  civiltà. 

La  eccellenza  adunque  della  dignità  della  Chiesa  sopra  la  ci- 
vile società  è  cospicua  a  chi  ha  fior  di  ragione:  ma  a  rilevarne 
r  immensa  portata  e  le  sue  consegnenzo  giova  recare  quel  passo 
dell'  Evangelio,  che  in  ^  stesso  assomma  tutti  i  doveri  e  i  diritti 
della  Chiesa  e  dei  Papi.  (Kesil  Cristo  prima  di  salire  al  cielo  si 
accostò  a' suoi  discepoli  e  loro  confidò  la  divina  missione:  <  Ac^ 
ced€tìs  lesiiS  locutus  est  eis,  dìcens:  data  est  tnihi  omnis  pù- 
testas  in  caelo  ei  in  t^rra.  Euntes  ergo  doceU  omnes  genles, 
bapiiznntes  eoa  in  nomine  Fatris,  et  Filti,  et  Spìntus  Sancii: 
docente»  eos  serrare  omnia  quaecumque  mandavi  vobis.  Et  ecce 
ego  vobiscum  sum  omnibus  diebas,  ìtsqiie  ad  consummaiionein 
aaeettli.  > 

Chi  era  Gesil?  Era  Dio  che  alla  sua  divina  natura  aveacMi- 
giunta  la  natura  umana  nella  unità  della  persona  divina  del 
Verbo.  Era  pertanto  Uomo- Dio.  L'umana  natura  era  creatan 
prodotta  da  Dio;  il  Verbo  divino  era  generato  dal  Padre  eh' è 
il  principio  nella  divina  Trinità.  Gesù,  essendo  Uomo-Dio,  if- 
ferma:  a  me  è  data  dal  Padre  eterno  con  la  stessa  divina  gene* 
razione,  ogni  potestà  in  cielo  e  in  terra:  il  mio  potere  sì  stende 
sopra  tutte  le  angeliche  gerarchie;  si  stende  sopra  tutte  le  cose 
corporee  e  terrene,  sopra  gli  uomini,  sopra  le  loro  mentì,  sopn 
le  loro  volontà,  sopra  tutte  le  loro  azioni  esteriori:  il  mio  sa- 
premo potere  domina  i  popoli,  i  sudditi  e  i  principi,  gl'igno- 
ranti e  i  sapienti:  tutto  è  a  me  subordinato  e  soggetto:  la  vok 
volontà  è  legge  per  tutti:  data  est  milii  omnis  poiestus^. 


ÌOKtt.  SO,  SI. 


J 


«  IMMORTALE  DEI  » 


5^ 


Tato,  cioè  somma,  dovea  oawrtì  la  potestà  di  Gesù  per  essere 
redentore  del  genere  umano,  mediatore  tra  Dio  e  gli  nomini, 
aaatificatore  delle  anime,  via  all'iiltiiuo  fin»,  verità,  vita—é^o 
sum  via  veritas  et  mia.  A  suoi  apostoli  poi  confidò  la  oouti- 
Doaxìone  della  propria  missione  e  perciò  dorea  ancora  parteci- 
pare a  loro  la  propria  potestà:  sicut  misit  tne  Pater,  et  ego 
milto  vos  \  Forniti  gli  apostoli  e  discepoli,  che  costitnivano  la 
nascente  genirchia  cattolica  e  la  Chiesa,  di  tale  divina  potestà, 
potevano  essere  da  Gosil  mandati  in  propria  voce  a  tutte  le  genti 
per  istmirle  in  tutto  ciò  che  loro  avea  detto,  per  battezzarlo, 
per  santificarle,  per  gnidarle  al  cielo.  Euntes  ergo  docete  omnes 
gtnteS}  nessuna  ecctìttnata,  baptizantes  eos:  doct-ntes  servare 
omtH(tf  quaecumqtie  marutavi  vobis,  E  terminò  la  formala  dì 
questa  missione  divina  con  quella  grande  promessa  che  non  potrà 
fallire  giammai:  che  egli  con  la  sua  potestà,  col  suo  aiuto,  con 
U  sua  forra  starà  nella  sna  Chiesa,  tino  alla  fino  dei  secoli: 
sempre,  sempre!  Ecce  egovobiscnm  sum  usque  ad  connumma' 
tionem  aaeculi. 

Dall'indole  della  quale  missione  si  vede  la  estensione  del- 
l'oggetto della  potestà  che  è  nella  Chiesa,  o  la  t^ua  efdcacia 
relativa  a  quale  sì  sia  altro  potere.  Imperocché  tutte  le  azioni 
amane  vogliono  essere  dirette  all'ultimo  fine,  e  perciò  non  deb- 
bono discordaro  dalla  suprema  norma  della  divina  ragione  e  della 
divina  volontà;  antoritativa  interprete  delle  quali  à  la  Chiesa. 
Per  Io  cho  innumerevoli  azioni  che  sotto  un  aspt.^tto  appaiono 
materiali  e  franche  dal  magistero  o  dalla  giiirisdiitiond  della 
Chiesa,  sotto  l'aspetto  morale  le  sono  subordinate.  Non  deve 


'  Art  3\en  va  posto  confftl»  *npn  (iiimIo  punto  si  allpriira  il  saeìiio  Itlton? 
alla  «JoUfiiu  di  aaa  TummaMi,  il  quale  cosi  discnrn;  t  Sìcot  HìFr.  dici!  isnpra  toc. 
MaiUl.  ciU  io  aif.)  Uli  paluUu  data  tat,  qrn  pauìo  ani*  cruci/ixiu,  qui  sepuìluB 
in  tmmtéìo,  q^ti  poatea  rfgarrrxit,  ìiì  esi,  ('hrisia,  *(«:iiinlHm  qnoil  honin.  nicilnr 
aelem  illi  omnjs  fMlcsias  Jiui,  mionc  unioni!),  per  qiLani  ractuin  pH  ul  homo  <A»t 
omnìpoten»,  ut  stipradictnin  r^it  <art.  (iraecctl.  nd  I).  i  Nel  luo^'a  eiiaia  A;t]ì'Knp'lìco 
com  parte  di  Cristo:  <  Homo  tiCK^pit  v\  lciii[>ore  oranipolenliaui,  quani  MJìiu  Dei 
habnit  ab  aetomo,  {ter  ipsaiii  umioncdi  {hcrsonac;  e\  qna  factum  est,  al  sicui  homo 
(licitar  Dciu,  ilji  dicutnr  Omnipoli-riit,  n«»  qu.iKi  «il  alia  omiiipotemia  tiominit  <]uain 
Filii  net.  sJcut  nrc  alia  l)e\Uis;  st'ii  v.u  f\\ìod  csl  oaa  [ii'i-soiia  Ilei  ci  hominis.  > 
{Summ.  Thiol.  laaesL  XIII,  art.  1  et  II). 


COMHETITAftfO  DELL   IMKXICA 

l'iiomo  solameutd  credere  ciò  che,  come  rirt^Iata  verità,  gli  TÌeod 
dalla  Chiesa  proposto  a  credere,  ma  dai  divini  precetti  che  1& 
Chiesa  gli  propone,  non  deve  tralignare  nel  tuangìare,  nel  ber&, 
nel  riprodursi,  nel  laroraro,  nella  propria  conservazione,  nel  gaei- 
reggìare,  e  va  dicendo.  In  tutte  queste  cose  può  V  uomo  peccare 
od  assai  spesso  pecca,  né  la  sua  colpa  p\ìì>  essergli  rimessa  in- 
dipendentemente dalla  Chiesa.  È  vero  che  la  Chiesa  non  deve 
imporre  ad  uno  dì  impalmarsi  ad  una  donna  determinata,  ma 
ha  bene  il  diritto  di  proferire  il  non  licef  anche  a'  re  della  terra, 
quando  ribelli  alle  leggi  divine,  vogliono  stendere  le  braitte  loro 
con  la  soia  norma  della  propria  concupiscenm.  Così  non  ìspetU 
certamente  alla  Ohit^sa  disciplinar  le  milizie,  ma  come  non  pad 
essere  indifferente  nella  oppressione  degli  individui  innocenti, 
così  non  pu&  esserlo  noUa  oppressione  delle  società  non  colpe- 
voli, nò  può  approvare  o  tollerare  rusurpaxione  di  ciò  ch'ò  aoCD}. 
Di  più,  essendo  il  Papa  il  supremo  giudice  nello  cootroversÌA 
inorali,  può  ben  esso  decidere  con  autorità  suprema  sopra  la  giù* 
stizia  0  la  ingiustizia  morale  di  una  guerra.  Però  vedesi  che, 
se  si  osservasse  in  tutta  quanta  la  cristianità  l'ordine  da  Dio 
prestabilito  nella  soggezione  alPautorità  della  Chiesa,  sarebbooo 
tolte  le  guerre  e  da  tutti  i  cristiani  accL'ttato  o  ricorco  per  ar- 
bitro dei  grandi  litigi  intemazionali  il  Romano  Pontefice  Vi- 
cario di  Gesù  Ciisto.  Ma,  cosa  inaspettata  e  provide nsìalo!  in  àò 
dovea  a' di  nostri  precedere  con  l'esempio  un  Imperatore  prò* 
testante  e  in  un  tempo  in  cui  era  in  aperta  lotta  contro  il  Fa* 
pato  —  fatto  d'immensa  rilevanza,  proparato  dalla  sapienaadi 
Leone  Xtit;  fatto  gravido  di  consolantissime  conseguenze. 

Cho  80  dalla  estensiuno  dell'oggetto,  sopra  cai  va  hi  potestà 
della  Chiesa  passiamo  alla  sua  relativa  efficacia,  convienci  porre 
nu  principio  eh' è  certo  ed  evidente.  Non  v'ha  dubbio  che  ou 
forza  minore  è  superata  da  nna  forza  maggiore  neirordine  fisico. 
Nel  morale  altresì  un  diritto  minore  cessa  di  esìstere  in  faccia 
ad  uno  maggiore;  come  allorquando  non  si  può  eseguire  insiene 
mi  dovere  maggiore  e  un  minore,  convieni)  dare  al  primo  la  pre* 
valenza.  Queste  regole  s' hanno  por  certo  a  tenere  nella  appa- 
rente collisione,  so  avvenga,  dei  diritti  della  Chiesa  e  della  cibile 


4  iuxoutaie  dei  ^  535 

9oaetà  e  neir  adempimento  lìei  doveri  verso  di  quella  e  verso 
di  qaesta.  li  fine  a  cui  teode  la  Chiesa  è  l'ultimo  ftae,  diU  quale 
tutti  gli  altri  finì,  elio  sì  profigge  l' uomo  iadividuo  o  1»  società 
civU^^T  Qou  possono  essere  iudipeodeuti  ;  ma  questi  deblwiiSL  a 
quello  subordinare  di  guisa  che  non  ò  mai  Lecito  prefìggersene 
alcuno  che  gli  sìa  opposto. 

Assai  spesso  si  dà  una  mala  interpretazione  a  quel  detto  di 
Gesù  Cristo  citato  da  Papa  Leone  XILI:  dai«  quaestmt  Caesaris 
Ctusariet  guaesunt  Dei  Beo.  Certi  moderni  politici  così  lo  spie- 
gaoc  quasi  che  tra  Cesare  e  Dio  ci  sia  indipendenza  ;  e  si  possa 
servire  a  Cosare  shdz»  subordinarsi  a  Dio  nello  stesso  prestaro 
sermio  a  Cesare.  Cot^jta  interpretazione  è  sostenuta  dai  segnaci 
della  dottrina  che  insegna  la  separazione  della  Chiesa  dallo  Stato, 
dottrina  rea,  che  vìeue  ad  orpellarsi  con  quot  seducente  prin- 
cipio: Chiesa  libera  in  libero  Stato.  Questa  f'iruiula  6  assurda, 
come  sarebbe  assurda  l'altra:  servo  libero  con  libero  padrone; 
figlio  libero  con  padre  libero.  È  vero  che  l'antoritù,  civile  è,  nel 
sno  genere,  suprema:  è  vero  che  lo  Stato  non  sì  puC»  dire,  por 
sé,  né  serro  nò  figlio  della  Chiesa,  e  testi  noi  abbiamo  dimo- 
strato che,  nell'origine  o  nella  natura,  b  Stato  pnjccde  la  Chiesa, 
perchè  questa  io  suppone  come  sc^gotto.  Tuttavia  tra  lo  Stato 
e  la  Chiesa  essenzialmente  tì  debbe  essere  quella  subordinazione 
che  ha  luogo  tra  il  fine  dello  Stato  ed  il  fine  supremo  cui  tende 
la  Chiesa. 

Stpìentissitnamente  si  tratta  dalI'Aquinate  questo  punto  nel 
Libro  I  de  Regimine  Principum  al  capo  14.  <  Poiché  l' uomo 
coi  vivere  virtuosamente  è  ordinato  ad  un  fine  superiore,  che 
consiste  nel  godere  di  Die  stesso-,  h  necessario  che  il  fine  della 
moltitudine  umuna  sia  lo  sti^sso  fìtie  che  ha  l'individuo.  Laonde 
il  fine  della  moltitudine  associata  non  è  il  vivere  virtuosameute, 
ma  col  vivere  virtuosamente  gìugnere  alla  fruizione  divina.  Che 
se  a  questo  fino  sì  potesse  pervenire  per  virtù  della  natura  umana, 
all'ufficio  di  re  apparterrebbe  il  dirigere  gli  uomini  al  fine  stosso. 
Supponiamo  che  si  appelli  re  quello  cui  viene  commessa  la  somma 
del  regime  nelle  ceso  umane.  Ora  tant'è  pìv'i  sublime  il  regime, 
qaaot'esso  è  ordinato  a  fine  superiore.  Imperocehà  sempre  a  quello 


536  covìiEtrr&Rio  deli,' ciracucA. 

cui  spetta  L'ultimo  fÌDO,  appurtiene  il  comandare  a  coloro  che 
fanno  quello  coso  che  voglionsi  ordiuare  al  medesimo  fine;  cosi  il 
goreruatore  cui  spetta  disporre  della  navigazione,  proscrive  a  co- 
lui  che  fabbrica  la  nave,  quale  ne  debba  essere  la  costniziona  ac- 
concia alla  navigazione;  e  colui  che  adopera  Tarnii,  ordina  al 
fabbro  coni*?  debbono  essere  formate.  Ma  perchè  l'uomo  non  per 
umana  virtù,  bensì  per  divina,  consegue  il  fiue  della  divina  fìni- 
zione,  non  ispetterà  all'umano  bensì  al  divino  reggimento  con- 
darre Tnomo  a  cotesto  fine.  Adunque  cosifatto  reggimento  ap- 
parterrà a  quel  re  che  non  è  soltanto  uomo,  ma  ancora  Dio,  cioè 
al  Signor  N<tìtro  Gesù  Cristo,  il  quale  facendo  gli  uomini  essere 
figliuoli  di  Dio  gì' introdusse  alla  celeste  gloria.  Questo  pertanto 
è  il  regno  a  lui  dato  che  giammai  non  si  corromperà:  per  lo 
Chò  nelle  sante  Scritture  Gresil  non  6  solo  detto  Sacerdote  ma 
ancora  Re.  Onde  da  lui  deriva  il  sacerdozio  regale:  e,  ciò  che 
è  più,  tutti  i  fedeli  di  Cristo,  in  quanto  sono  sue  membra,  ven- 
gono detti  re  e  sacerdoti.  Affinchè  le  cose  spirituali  fossero  dì- 
stinte  dallo  terrene,  il  ministero  di  cotesto  regno  non  è  commesso 
&i  re  terreni,  ma  ai  sacerdoti  e  precìpuamente  al  Sommo  Sa- 
cerdote successore  di  Pietro,  Vicario  di  Cristo,  Komano  Pontefice, 
al  quale  tutti  i  re  del  popolo  cri4Ìano  def^ono  essere  sudditi 
come  allo  stesso  Signore  Gesìi  Cristo.  In  questa  maniera  a  quello 
cui  appartìone  la  cura  dell*  ultimo  fine,  debbono  essere  soggetti 
quelli  ai  quali  spetta  la  cura  dei  fini  prossimi,  od  essere  d&l 
suo  imperio  diretti.  Perchè  il  sacerdozio  dei  gentili  e  tutto  il 
loro  culto  era  ordinato  all'acquisto  di  beni  temporali,  i  quali  ven- 
gono diretti  al  comun  bene  della  moltitudine,  cui  deve  prorro- 
dere  il  re,  però  convenientemente  i  sacerdoti  sottostavano  ai  re... 
Ma  noli»  nuova  legge  il  sacerdozio  ò  più  alto,  e  per  esso  gU 
uomini  vengono  guidati  ai  beni  celesti:  pen>  nolla  legge  di  Cri- 
sto i  re  debbono  essere  sc^getti  u  sacerdoti  '.  > 


'  «  Odia  Iiomo  Trveiiilu  sccunduin  vìrlittcìn  ad  ultcriortm  fioi^ni  oiilinaiur,  qui 
coiuìMil  ili  rmilionf!  dìvinn.  opurlft  ^nmilcni  llncm  cjKr  mtillilntltm^  tlunlAoar^,  t]ll 
f»  hwiiijiii  uains.  Nou  rst  ergo  ullimuj  finis  tiialliliidiiiiscondix'galac  \'i\vn  «eo»* 
dnm  vinul^m,  wA  prr  virtooMiii  vlctm  pr rifmirf  ad  rruitìonrni  divjiiam.  Si  qnidnni 
atiteDi  ai  hunc  Dnem  peneniri  poBWt  lìrtolc  hunanae  naturae.  itecesH  esset^Dt  ad 


t 


«  IMMORTALE  DO  »  537 

Questa  dottrina  ò  subii  mamen te  vera  ed  esau  ci  (t&  la  norma 
da  bene  spiegare  quot  fomoso  dotto  di  Gesù  Cristo;  date  a  Ce- 
sare quel  ch'è  di  Cesare  e  a  Dio  ci6  ch*ò  di  Dio.  Quando  mai 
allorché  si  adopera  una  simile  frase  in  altre  occasioni  e  si  ap- 
plica ad  altre  persone  sì  -rìene  ad  indicaro  mutua  indipendenza? 
Beno  si  dice  ehe  vuoisi  dare  culto  ansanti,  alla  Vergine  Imma- 
colata, a  Dio:  ma  per  certo  non  si  accenna  a  indipendenza  remna, 
anzi  implìcitamente  s'ìnchiude  la  necessarissima  dipendenza  dei 
santi  e  della  Vergine  da  Dio.  Così  dicesi  al  servo;  obbedite  al  pa- 
drcme,  alla  sua  moglie,  ai  figlinoli:  ma  coli' ordine  dovuto.  E  vero 
che  vuoisi  dare  obbedienza  a  Cosare,  e  vuoisi  dare  obbedienza  a 
Dio,  ma  tutto  Cesare,  tutto  il  governo  civile,  cioè  ogni  soggetto  del 
sorrano  potere  è  dipendente  da  Die  ed  ò  saddito  di  Dio,  da  cui 
ha  tutta  la  propria  autorità.  Per  Io  che  si  deve  obbedienza  prima 


ni 


iiHii  rtpi  pvrtineret  ilirìiri-re  tiominfs  in  haiic  lìnem.  liane  mm  dici  raitem  *up- 
jwoimiLs  cui  sumni»  rpfiminis  in  pelili*  humanis  AornmiCiilur.  Tanto  aulem  c^t  ro- 
simeli sntiliniids  quanto  ud  tirreni  ullertoreiii  ordinatur.  Semjier  eoim  ìiivenìliir  ilio 
qiipm  (wrtinft  tilllmn*  finis  imperare  opei-.inlibiii  i^a  i{nnv  ad  Jìni"']n  olliiimm  or- 
diiuiniur:  sicui  giihpriinior,  nd  qucm  pFriinnt  nin-igslìoiidii  disponerr,  impcrnt  ei 
qnì  Biiiem  coiiMilait  i|iiiili>m  niivem  Ilg^igjtiQnì  aptain  fncer^  tlebeut;  civilix  juteni 
qui  Dtiiur  nrinìs.  impent  faljra  quntja  arma  Tuliricet.  Set)  <|iiia  [Iricm  friiilÌoiiÌB  ili- 
viriae  HO»  con>C(]iiiliir  homij  per  virLutem  humaiiani,  •>eil  limite  divina  iuxln  illu'l 
postoli  (ìoir.  &,  SS.  Gratiit  Dei  vita  aelfrtvì:  [HTilncere  uri  illiim  fincm  non 
annui  fril,  wd  divini  refiimims.  Ad  illuni  j;:ilur  roRem  IiuìustochIì  rpnimni  |H'riÌiin 
(|DÌ  non  tsi  solum  homo,  scil  oUani  Deu^,  sciliirt!!  ad  Dominuin  nostrum  If.«iiiii  Cliri- 
ftlurn,  qui  honiines  lilios  Dei  faciers  in  cae|(>st(>m  /lorinro  ititi'odiixjl.  Hoc  igiliir  e<i 
ngimflt  pi  [rnrlilDfn  qood  non  formmppiur:  prapier  i)uod  non  solum  snc^nb^  m\ 
rex  in  scrifitum  sacris  nominnliir,  diceiile  ler.  i%  5.  —  lletma'iil  res  ei  K3\>\Ktt» 
trìu  —  Undo  ab  00  n^al^  saci-iilinium  ilmvaiur;  ei  i|ood  est  omplius,  nmiifs  Chrisli 
ftdel»,  in  c{uao[mii  «uni  [iH-[iiLim  eìus,  regt'-^  et  s»<:«i'dole.'»  dicoritur.  Iluiu^  ci-i:o  rcgoi 
mhiiìib'rinni,  ut  n  tprri'nis  t^«i>nl  sjiintuslin  dijiiiiiLla,  nofi  li>rrfni^  irpiliii'i.  «ri  fa- 
lotibus  est  coinmiiiSDin.  et  pra<<cipHe  Sunimo  Sacf-nloti  Mia:L>siDri  Fetri,  Cluì^iti 
rio,  (tornano  foniilìci,  cui  oranti  ft'jiFs  populi  chriMiani  oponet  t^^  snlulilos 
Dt  i[«i  iJomiiio  Ics»  (^risio.  Sic  eiiim  ei  :id  qucm  linìs  ullimi  cura  [>ortiiiet,  ^uIkIÌ 
bbent  illi  ad  qooj  |)ci'(iiiot  cura  aiilccMcntiuiii  tininin  ci  e<u«  imperio  i]iri;;i.  Mula 
sncerdotium  genLìlium  ei  lotus  di^lnoriim  ciiltus  (?rai  pmi>ter  tt!mpor.-ilij  bona 
eoiH|irir«nda,  nm^  omnia  onlinarilur  ad  mnllilndiniit  bnnum  cominune.  uiu*  ngt  cura 
iDCRnihil;  t'Linvenienlcr  siii^prdotc^  ^ctitiliuni  iv^ilms  sutxli'bnnlur.,.  Sed  m  nova  lege 
ed  sc«rdoliam  ;iltiu5.  per  quod  lioiiiine?  iHihanlur  ad  bona  cneLcslia;  unde  in  lege 
Ch.ljgU  rcges  dt-benl  snrridoiibos  esse  subìcclo*.  > 


538  covvrTTAKio  dell' G?iciaju 

a  Dio,  poscia  a  Cesare,  e  in  tanto  si  dere  dar«  obbedienzt  a  Ce- 
sard  ÌQ  quanto  la  sì  deve  a  Dio.  Dal  che  si  vede  che  qualora 
un  goremo  si  fomlasso  sulla  nogii^ìono  ili  Dio,  perciò  franch&- 
rebbe  ì  sudditi  dal  dovere  di  obbedire  a  sé  stesso,  e  al  diritto 
sostÌtuirebl>&  la  for/a,  la  propotonm,  la  tirannia. 

Nei  primordii  del  cristianesimo  s'incarnò  qnesto  grande  prìo- 
«ipio,  della  811  burd  in  aziono  nell'obbodiro,  in  un  f^tto  9obnaissÌm<> 
che  fu  poscia  nella  successione  dei  secoli  semijre  ripetuto  di  ^isa 
che  in  esso  si  può  dir  compendiata  la  storia  della  Chiesa  cat- 
tolica. Eccolo  descritto  negli  Atti  degli  Apostoli  \  «  Miser  lo 
mani  addosso  agli  apostoli,  e  li  posero  nella  pubblica  prigione. 
Ala  l'Angelo  del  Signore  di  notte  tempo  aprì  le  porte  della  pri- 
gione, e  condottili  fuora  disse;  andate,  e  stateri  nel  tempio  a 
predicare  al  popolo  bitte  le  parole  di  questa  scienza*  di  rita.  Ed 
essi  udito  questo  entrarono  sul  far  dell'alba  nel  tempio,  e  in* 
segnavano.  Ma  venuto  il  prìncipe  de' sacerdoti,  e  qnolli  del  soo 
partito,  convocarono  il  sinodrio  e  tutti  i  seniori  de^figliuoli  di 
Israele:  e  mandarono  alla  prigione,  perchè  fosser  condotti  loto 
davanti.  E  andati  i  ministri  e  aperta  la  prigione,  non  li  trovando, 
lomaro  indietro  a  recar  qimsta  inii>va,  dicendo:  Quanto  alla  pri- 
gione l'abbiamo  trovata  chiusa  con  tutta  puntnalità,  e  le  guardie 


'  U  i<!rsion(>  Kcau  ^  del  Mirtini.  «  Fi  inìcc^runl  manux  in  \ponoTo«,  «1  fu- 
fucrunl  PO»  in  ciifitodiu  public^.  AiigduH  atilnn  noinìni  |u>r  nncinn  a|>Prìf>n!t  ianiBl 
cnrcrrl",  ei  odiiccn'i  pn*.  A\\H:  llr.  <>t  ^tnntp^  Inquimìni  iii  it^jilo  pli^bi  ontnia  rtrba 
TitHP  hiiiii!'.  Olii  ciirn  siiri;:;*!nit.  tritravtTuul  ililii;;iilii  iti  ii^mplum  pt  tioci-tnnt.  SÌ- 
rpiiirns  .mtpm  prince|w  «tr-erdolum,  el  <joì  cum  eo  erant,  coinocavcrunl  condlion. 
et  mina  «nnion-s  filloi-mn  Urnfìl;  et  rai«?niai  nd  carreirm,  Di  adrtuCRVnlBr.  Olin 
aiilrm  tnì'M<>nl  minitlri  pt  »\mru>  careere  non  ìnv^Bifunl  illos,  i-ovvrei  nimcisvi' 
nini,  ilici'nti'*':  Carccrvni  quidt^ni  Invenimus  claosinn  nim  onmi  dilìgfinti^,  M  nM9- 
Af*  5lAn(c«  anii?  inniins:  .iporìpntfs  .iiil^m  ncininr'm  ìniiu  iiuMiJniuiL  Gì  autfln  an* 
dicninl  1)09  ji^nnrini?  mapfimtus  templi  et  prlncipcs  sac^rdotiim.  imblfcliMl  de  ili) 
qnidnaiD  Fi«rel.  Adreniciu  autein  quidam  nunciavit  (t\i.  gaia  ec(«  tifi  quA»  paniltil 
in  rarceirm,  ntnt  in  tnnpio  M.inlnt,  ci  docf'nie;  populum,  TaiK  abìil  mnffiitu-uitii  enm 
miniMrui,  ci  nHdiixit  ìllos  sìnc  ti:  tim^banl  enim  (Mpiiltim,  ne  bptdar^nliir.  Et  cum 
3<Mu\isA.-nl  ilio*.  >t'iluirrt)nt  in  concilio,  Kt  iiiicrnqEnvIl  eoe  prìnoqis  HowrdMDIB 
dicpns  :  I-ra^KipirniIn  prapcppiratis  rohit,  r\f  dncerplis  in  nomiti*  isto  :  et  «ce  replrti* 
leni^alcm  docthna  vt-sin:  et  Tilt»  indmcrri!  supt^r  dos  Riii)ri]iDMn  hoinbiis  Miw> 
Itcspondm)!!  aatetn  Pclrm  et  Apostoli,  itiicruni:  Otictlirp  oportct  Dco  nugis  i|iun 
lioniinibus.  »  -^ct,  Ap.  e.  V. 


fiwTÌ  in  piedi  alle  porto:  ma  apdrUla  DÌiino  vi  abbiamo  trovuto 
dentro.  Uilile  tali  parole,  il  prefetto  del  tempio  e  i  principi  dei 
sacerdoti  staran  perplessi,  deve  queste  cose  andassero  a  finire. 
Ma  sopraggiunse  chi  diede  lor  questo  avriso:  ecco  che  quegli 
nomini,  che  faron  mossi  da  voi  in  prigione,  stanno  arditamente 
nel  tempio,  e  insegnano  al  popolo.  Allora  andò  il  magistrato  con 
i  ministri,  e  li  menò  via,  non  con  violenza:  imperocché  temevan 
di  non  esser  lapidati  dal  popolo.  £  li  condussero,  e  presenta- 
rono al  consiglio.  E  il  sommo  sacerdote  gì*  interrogò  diceutlo: 
Noi  Ti  abbiamo  strettamente  ingianto  di  non  insegnare  in  quel 
nome:  ed  ecco  che  avete  riempito  Gerusalemme  della  vostra  dot* 
trina,  e  volete  renderci  responsabili  del  sangae  dì  quell'uomo. 
Rispose  Pietro  e  gli  Aposbili  e  dissero:  Bìsoosa  ibhidibr  \  Bio 
rirrtosTo  che  agli  cokim.  »  Forti  nel  loro  diritto  seguitarono  la 
loro  missione  divina. 

Da  Nerone  a  Costantino  ci  fu  una  serie  di  imperatori  tiranni. 
Pietri  e  1  snoi  successori  comandarono  a  fedeli  che  obbedissero 
loro  in  tutt*)  ciò  cho  era  lecita).  Ma  eglino  pretendevano  obbe- 
dienza illimitata,  stoltamente  dandosi  a  credere  so  essere  Ìndi* 
pendenti  da  Dio,  da  Gesiì  Cristo,  dal  suo  Vicario.  Perciò  il  loro 
comando  era  destituto  di  ogni  autorità,  cssfjndochè  l'autoritii 
WTrana  venendo  da  Dio,  ripu^ma  che  sia  contro  Dio.  Le  carceri 
fiirono  ripieno  di  cristiani.  Io  vie  inondato  di  sangue,  combusti 
i  templi.  Ala  il  cristianesimo  divenne  più  fort«  o  più  si  estese, 
i  tiranni  furono  sconfitti,  spenti,  T  idolatria  distrutta.  Da  Giu- 
liano apostata  a  Napoleone  I  si  ripeto  il  medesimo  fatto.  La 
Chiesa  si  abbellì  di  martìri  e  di  santi,  fiori  di  vita  più  gagliarda 
e  dei  suoi  tirunni  potò  diro  sempre  a  Dio;  tamquam  vox  jigidi 
confringes  eos:  tu  gli  hai  infranti  come  vasi  di  creta.  Quando 
qae'  principi  ebrei  rovesciavano  il  loro  furore  contro  Pietro  e  gli 
ipostoli,  Gamaliele  gran  dottore  della  legge  loro  disse'':  se  que- 
st'opera che  vogliono  costituire  gli  Apostoli  è  umana,  sarà  di- 
strutta; se  divina  sono  inutili  i  vostri  sforzi.  Oggimai  sono 


'  t  Si  rn  ex  homiiiibus  conjllium  hoc  ant  opii<,  H  sohcinr:  si  itro  et  Dro  est, 
lUD  pAtaiii  Asnitere  iltad.  «Le. 


540 


coHuetrrAiuo  dell'  enciclica 


trascorsi  dicìaunoTd  secoli  6  la  potestà  di  tutti  gli  oppressori 
della  Chiesa  fu  distrutta,,  ed  invece  riin&se  salda  ed  immobile 
la  Chiesa  stessa.  I>unquo  questa  è  opora  di  Uio,  e  noo  debbono 
ì  sovrani  terreui  e  ì  loro  governi  trattare  come  loro  nemici  e 
nomici  della  patria  qneUÌ  che  por  non  disobbedire  a  Dìo  non 
eseguiscono  i  loro  non  retti  voleri.  Imperocché  il  fondamento  éi 
ogni  Società  civile  ò  la  sincera  e  piena  dipondonza  da  Dio. 

Fra  i  pifi  splendidi  e  universali  caratteri  della  sorrantU  o 
provvidenza  di  Dio,  v'è  quello  di  dominare,  assistere,  concorrere 
alle  oi>erazioni  di  tutte  le  cause  seconde  cosi,  che  appaiano 
queste  causo  seconde  agire  quasi  da  per  si  stesse.  La  onnipo- 
tente mano  di  Dio  par  che  volentieri  si  oocaltl!  Kppure  è  im* 
possibile  che  non  priìsieda  a  tutto  e  ad  ogni  atto  non  concorra. 
La  Chiesa  ch'ò  tutta  formaU  s^jcondo  il  divino  modello  e  che 
da  Dio  è  continuamente  guidata  ad  esprimere  la  divina  bontà 
nel  reggimento  dei  popoU  della  terra,  sempre  tendo,  nella  pratiet, 
ad  esemplare  la  anzidetta  maniera  di  provvidenza.  Essa  vorrebbe 
che  tutti  ì  governi  e  che  tutti  i  sovrani  per  solo  amore  e  perdei- 
derio  del  bene  delli  Stati  loro,  con  pienissima  e  cospicua  li 
sì  conducessero  a  fare  quello  che  hanno  dovere  di  fare.  Che 
qualche  volta  apparisse  duro  l'eseguire  ciò  che  sarebbe  dovere 
di  faro,  allora,  come  in  sentenza  sapientemente  dice  Papa  Leone, 
anziché  ribellarsi,  dovrebbero  i  sovrani  esporre  i  proprii  desiderii 
e  le  proprie  ragioni  al  Romano  Pontefice  eh'  è  padre  comune  e 
che  dev'essere  sempre  e  con  tutti  rivestito  della  carità  di  GesA 
Cristo.  Kè  raccordo  può  mancare  se  i  sovrani  stessi  non  amino 
traviare  dalla  linea  della  giustìzia  e  far  miseri  i  proprii  popoli, 
mercecfhè  e  per  ragione  e  per  fede  e  per  la  storia  ò  chiarib) 
che  *  nn'seros  facit  populoa  peccatum.  *  {Prov.  14). 

Nello  Stato  pontificio,  ossia  della  Chiesa,  nel  quale  v'era  idea* 
tillcazione  personale  tra  il  Vicario  di  Gesù  Cristo  e  il  soggetto 
della  civile  autoritii  suprema,  il  paragone  deir  unione  del  corpo 
con  r  anima,  presa  nel  senso  sopra  esposto,  perfettamente  qua- 
drava. Ma  da  ciò  non  seguo  che  necessariamenU  l'ordine  di 
esso  Stato  dovesse  esser  sempre  perfetto,  come  in  uno  stesso 
nomo  talvolta  l'anima  à  troppo  indulgente  verso  il  corpo  cai  è 


personalmente  congiunta,  talvolta  ò  troppo  severa.  E  Io  stesso 
dovrebl)esi  dire  se  Gesù  Cristo  che  ne  avea  pienissimo  diritto, 
avesso  Toluto  che  il  suo  Vicario  fosse  runico  re  di  tutti  i  popoli 
della  terra.  Ma  ciò  non  accadde.  IL  Papa  non  dev'essere  il  Ite 
ia  ogni  Stato,  tuttavia  la  Chiesa,  col  suo  spirito,  coll6  sue  leggi 
dev'essere  Tanlma  degli  Stati,  tutti  L  quali,  ueirordiue  spirituale, 
gli  appartengono  o  dì  diritto  e  di  fatto  o  almeno  di  diritto, 
come  dicevamo.  Imperocché  Dio  volle  nella  sua  provvidenza  che 
tutti  i  popoli  appartonessoro  alla  Chiosa  dì  Gosi'i  Cristo,  oh*è 
la  Romana,  e  conseguentemente  che  fossero  sudditi  del  Romano 
Pontefice.  Di  ciò  un  cristiano  non  può  dubitare.  Per  la  qual  cosa 
con  guatile  poesia  anche  Dante  pose  che  Taugelo  il  quale  con 
U  navicella  conduce  Tombre  dei  trapassati,  che  non  sono  tratte 
all'inferno,  le  si  raccolga  alla  foce  del  Tevere  dov'è  Roma,  e 
condottele  dal  Tevere  al  Purgatorio,  al  Tevere  rivolga  ancora 
eoo  vece  assidua  il  suo  corso.  Così  fa  parlare  il  Casella: 

ODd'io  che  or  era  alla  marina  volto, 

Dove  l'acqua  di  Tevere  s'iosala, 

fieni^oamente  fui  da  lui  raccollo. 
À  quella  foce  )ia  egli  or  tlritia  Tata; 

i'erocchè  sempre  quivi  si  raccoglie 

Qual  ver&o  d'Acheroale  nuu  si  cala  {Purg.  U). 


A  qualcuno  forse  sembrerà  dura  la  comparazione  che  ci  ha 
data  occasione  di  discorrere  fin  qui,  mercecchd  sembrerà  ignobile, 
per  la  societi  civile,  o  lo  Stato,  ossone  a  guisa  di  corpo,  e  che  la 
Chiesa  sia  in  luogo  dell'anima  razionale.  Ma  che  farcì,  se  la  cosa 
è  tale?  La  natura  dolio  cose,  il  cui  essere  da  noi  non  dipende, 
è  mestieri  accettarla  qual' è.  I/uumo  devo  contentarsi  di  essere 
uomo  e,  per  natura,  all'angelo  inferiore:  nò  a  malincuore  deve 
sofferire  la  donna  l'essere  tale  e  sottostare  all'uomo.  È  mestieri 
ammettere  la  società  civile  qual  è,  e  non  fingersela  quale  non 
è,  imitando  la  stoltezza  di  que' moderni  scienziati,  i  quali  per 
francarsi  da  ogni  timore  della  vita  futura  e  da  ogni  rimorso  della 
ooscienita  negano  lo  verità  di  fatto,  p.  e.  l'esistenza  delle  cause 
finali,  l'immortalità  dell'anima  o  persino  l'esistenza  di  Dio. 


5« 


C0M»E>T1RI0   dell' BNCICUCi 


Cotesto  SODO  pazzie  belle  e  buono:  perchè  l  pazxi  credonsi  quelli 
che  non  sono,  o  si  adirano  contro  coloro  che  Togliono  loro  per- 
Buadoru  d'ossero  (iiiollì  cho  sono. 

Invece  l'esposta  dottrina  è  una  fonte  di  letizia  e  di  glori» 
sincera.  Di  vero,  T  innesto  nelle  cose  tutte  ò  ordinato  alta  ulte* 
fiore  perfezione  di  ciò  cb'ò  meno  perfetto;  come  si  vede  in  quello 
delle  piante,  e  corno  sì  osserva  nell*  incrociamento  delle  genera- 
zioni degli  animali.  Cosi  Tanima  umana  unondoBi  al  corpo  umano 
lo  rende  partecipe  della  propria  altissima  dignitiV  Cosi  il  Verbo 
divino  assumendo  in  Cristo  T  umana  natura  la  rese  partecipe, 
con  la  unità  personale,  di  una  infinita  i-ccoIIudul  Qiiant'ò  sublime 
questo  concetto  so  si  applica  a  tutta  Teconomia  dell'ordine  morale 
e  del  soprannatnralel  L'unione  della  Chiesa  con  la  società  civile 
a  questa  di^  forza,  valore,  dignità,  e  quella  durazione  che  dori» 
da  un  intimo  principio  d'immortalità,  che  senza  la  Chiesa  non 
punto  avrebbe.  Kd  à  cosa  per  so  cvidentu.  Infatti  la  Chiesa, 
informando  la  civile  società,  unisce  le  menti  e  i  cuori  dei  soci! 
col  vincolo  della  verità  e  delPamore;  rendo  paterno  il  supremo 
potere  sociale;  fa  obbedienti  e  amorosi  i  sudditi,  li  I(^a  tra 
loro  facendo  loro  osservare  scambievolmente  1  doveri  e  rispettate 
i  diritti,  e  fiorire  tutte  le  virtù  che  rendono  la  società  cara, 
pacificu  e  la  tengono  nella  via  del  vero  progresso.  Diciamo  vero 
perchè  come  la  perfezione  dell'  uomo  non  consisto  8ulo  nella 
salute  del  corpo  e  nel  beu  essere  della  parto  sensitiva;  ma  ad 
essa  potissimamente  richiedesi  il  ben  essere  della  parte  superiore 
razionale,  così  la  perfezione  della  società  non  consiste  solo  nel 
vantaggiarsi  nei  beni  materiali  e  del  senso,  ma  potissimamente 
nelle  virtù  della  mento  e  del  cuore.  Tutto  vuoisi  misurare  dal 
fine.  Come  una  casa  se  non  servo  all'abitazione  degli  uomini 
non  pu6  dirsi  buona,  fosse  anche  d'oro;  cosi  non  ò  buona  una 
società  che  non  è  ordinata  al  fine  per  cui  ò  creato  l'uomo  « 
per  la  qnale  è  da  Dio  voluta  la  società  quantunque  essa  ridondi 
di  beni  materiali  e  terreni. 

Non  r'ò  tempo  da  perdere.  Chi  vuole  cooperare  a  salvare  la 
aocietà  dall'imminente  mina  che  lo  viene  pri.!p«rando  la  ribel- 
lione alla  Chiesa,  deve  propugnare  e  diffondere  queste  dottrina 


«  liraonTALP.  DBl  > 


543 


che  ci  presenta  nella  sua  Enciclica  la  sapìen?.a  di  Leone  XIII. 
JE  a  questo  proposito  ci  sia  permesso  chiudere  l' articolo  con  la 
naiTarJone  di  uti  fatto  recente.  Neil' ultimo  giovedì  santo,  in 
an'aula  di  do  conritto  di  nobiiissimi  giovani,  v'ora  preparata 
la  mensa  per  dodici  poverelli,  t  giovanetti,  dopo  aver  loro  lavati 
ì  piedi,  gli  servivano  con  incredibile  amore  e  diligenza.  Il  sorrìso 
di  riconoscenza  fioriva  sulle  labbra,  o  ana  lagrima  di  tenore;;Ka  si 
Tedea  cadere  dairocchio  dei  poveri.  IL  stiperioro  con  a  lato  ano 
de* più  caldi  e  notevoli  liberali  d'Italia,  che  per  visitar  suoi 
congiunti  giovanetti  colìi  ritrovavasì.  si  presentano  in  sulla  soglia. 
U  liberale  stupefatto  si  rivolge  al  superiore  dicendo:  clie  scena  d 
questa?  Che  si  fa  qui?  Coi  il  superiore  umilmente  rispose:  sciO' 
gliamo  la  questione  sociale.  Uimaso  colui  tutto  compreso  dell'im- 
monsa  portata  di  questa  risposta,  e  chinando  il  capo  in  segno  dì 
:^pri>vazion6  rispose:  avete  ragione!  questo  Sarebbe  l'unico  modo 
efficace  ;  noi  abbiamo  sbagliata  T  intonazione.  —  Questa  è  la  so- 
stanza dol  fatto  narratoci  da  un  giovano  dello  iJteaso  convitto.  — 
È  cosa  certa  che  se  vogliamo  salvare  la  società  e  sciogliere  la 
questione  striale,  altro  uon  c'è  da  fare  che  ritornare  a' piedi  del 
Vicario  di  Gesù  Cristo  dicendogli,  quid  vis  nos  faccre  ?  Egli 
apre  le  braccia,  ci  addita  il  vangelo  e,  oine  efficace  preservativo 
dei  gran  mali  immìnonti,  vuole  che  le  civili  società  sieno  infor- 
mate della  vera  carità  di  Qesil  Cristo  e  sieno  animate  dallo 
spìrito  d&lla  Chiesa.  Cosi  s:iranuo  salve  e  felici,  altrimenti  do! 


b^ 


UN  NUOVO  LIBRO  SUL  SILLABO 


1.  Proposizione  XV.  Liberum  cuiqw  homini  est  eatn  am- 
piecti  ac  profteri  religionem,  quam  raiionis  Uunine  quis  du- 
citts  verant  puiaterii  '. 

Noi  non  ci  fenaereino  a  parlare  di  (inc8ta  proposizione,  dopo 
il  tanto  a  più  ripreso  scritto  altre  volte  sopra  In  libertà  di  Oh 
scienza.  Accenneremo  brevemente  qualche  cosa  che  rìgaardi  U 
esposizione  fattane  dall'Abbate  Bosseboenf.  Avec  le  droil,  egli 
scrivo,  et  avec  la  iìiéolog'te  qui  ne  se  piqué  pas  d'ètre  anietife, 
mais  qui  cherche  à  Uve  exacte  (ò  naa  bella  dote,  non  si  puì) 
negare)  il  fatti  distinguer  soigneìisement  rindifft'rentistnc  pò- 
inique  ou  civil  comme  fait  et  principe,  et  indifférentistne  thó*- 
logiqnf!  ou  religieux^  Ija  proposizione  parla  di  quest'ultimo'; 
essa  però  può  avere  un  doppio  senso:  il  primo,  chaeun  est  Uhm 
(Vembrasser  la  religion  de  son  got'it,  de  sa  fantaisìe^  sans  q»i 
sa  conscience  ait  rien  à  répondre  devant  la  moì'ale  et  la  Pro- 
vidence;  il  secondo,  cÌMcim  est  libre  de  suìvre  la  religion  qw 
la  lumière  de  sa  raison  lui  a  montré  étre  la  vrait,  sans  gue 
sa  conscience  aii  rien  à  redouter".  Il  senso  condannato,  contì- 
nua, non  è,  né  potrebbe  essere  questo  secondo,  sondo  che  h 
coscienza  deve  seguirsi  benché  erronea  nel  caso  d' ignoranza  iu- 
TÌncibite.  Kimane  pertanto  il  primo  Benso. 

Senza  faro  altre  osservazioni,  noi  ci  occuperemo  soltanto  del 


'  VMi  quart.  Sfil.  pa;^.  •72  e  s^.  i1r-l  prpwiilo  Mìliime. 
*  Iflt.   Apo«L  ^fultipUen    inter,   Ifl    iulii    IJ^'il  ;  Alloc.  Ma.tima  fiiUm, 
»  iBllil  IWiZ. 

»  Hg.  (tìl.  —  •  Pag.  163.  —  »  Loe.  eiu 


xm  Kuoro  LtBito  sol  «  sillabo  •  545 

senso  che  secondo  il  nostro  Abbate  è  condannato  nella  proposi- 
zione. È  esso  dato  con  dsattfl;^»!?  Xò.  Basta  ravvicinare  la  parole 
di  lui  a  (Quelle  eoa  cui  è  concepita  la  proposizione  pdr  accertarsene. 
ÌA  proposizione  propriamente  non  9'  occupa  del  dorerò  che  abbia 
chi  rìtroTìai  nello  stato  d'ignoranza  inriacibile;  e  neppure  del 
capriccio  0  della  fantasia.  Essa  riguarda  il  priucipio,  0  moglie  \s> 
fiuostioue  del  ìttezzo  maniJ'estanU  e  proponente  la  religione  0 
culto,  che  ciascuno  individuo  e  la  società  deve  a  Dio.  Ogni  uomo 
è  tìssenìiialmeotu  dipouduntu  da  Dìo;  a  Lui  devi3  prufessaro  non 
solo  internamente  ma  anche  esternamente  onore,  riverenza,  doro- 
«ione.  Chi  determinerà  0  manifesterà  il  complesso  di  tali  doveri 
elle  riguardano  sia  l'intelletto  sia  la  volontà,  sia  T ordine  to)ru' 
Uoo  sia  il  pratico?  La  ragione  di  ciascheduno,  risponde  l'irra- 
gionevole razionalismo,  perchè  dalla  ragione  sono  da  derivarsi  le 
verità  della  relìgiouo.  Nella  pn;>posizioue  [V  Pio  IX  avea  con- 
dannato r  antecedente,  qui  nella  XV  condanna  il  cousequente  del- 
l'argomento razioni! liatico.  Là  il  principio,  qui  la  conseguenza; 
\h  la  premessa,  qui  la  conclusione.  Donde  si  fa  mimifesto  che  per 
esporre  il  senso  genuino  della  proposizione  non  s'Ita  a  ricorrere 
né  ad  ignoranza  invincibile,  nò  ad  estensione  del  diritto  in 
questione,  nò  alia  fantasia  momentiLnoa,  passionata,  maniaca  ecc.  ' 
Ciò  sarii  bollo  e  buono,  ma  non  erat  hk  Iokus.  Non  ò  questa 
l'ipotesi  di  cui  parla  la  proposizione,  quasi  che  condanni  chi  as- 

,-Berisca  esser  libero  all' uomo  seguire  la  religione  (Vapres  la  fan' 
iaisie  du  mortmit  et  les  incfiimlioìis  avettgles^,  come  se  cia- 
scheduno avesse  un  diritto  ahsolu,  Ullmité  de  prò/esser  un  eidtc 
quelconque^  immorale  révolutìonnaire  subversi/ de  la  proprii^U 
de  la  famille,  de  VÉiat,  de  la  Jttatice...'  Questi  sono  errori 
gravissimi,  come  dubitarne?  ma  non  è  proprio  quello  di  cui  qui 
si  tratta.  Un  ranioiialista,  so  pur  aon  è  sfacciato,  sarà  il  primo 
ad  escludere  hfaniaisie  du  moment,  e  le  droit  absoht,  Ulimité, 
come  anche  un  culto  immoral,  revolutionnairc...  e  non  avrebbe 

^quindi  nessuna  diffimltà  di  ricevere  la  proposizione  XV  del  Sil- 
labo, rimanendosi  in  p;ice  col  suo  errore  cardinale,  poniiciosia- 
sìmo.  Ma  con  ciò  non  ammetterebbe  la  proposizione  quale  è  dans 


'  I-ag.  IO-I.  -  ■  Ivi.  —  «  Piig.  165. 
Sirie  XllT.  voi.  II.  foK.  863 


33 


27  maggio  ISM 


548  VEf  HOOVO  LIB^O 

h  Sijllabus,  ma  Holo  quali)  ritrovasi  nella  eaposìztone  del  si' 
gnor  Abbate-,  esposÌ;;iono  molto  amoindrie,  appunto  per  Tegage- 
rore  che  ei  fa  l'errore  che  vonebbo  far  credere  condannato  io 
essa.  Cu9a  veramonte  strana;  il  austro  Scrittore  rifuggo  tanto 
dall'esagerazione!  —  La  Uberf-é  de  chactin  est  en  tffei  limitU, 
snwani  les  termeji  mémes  de  la  Drclaratìon  des  droUs  ds 
Vhomme  (è  uno  dei  fonti  dominatici  da  cui  una  teolugia,  qui 
ne  se  piqitf!  pas  d'Hre  ardente  mais  qui  cherche  à  Mrti  tataett^ 
può  con  tutta  ragione  argomentare),  par  la  lirekté  et  les  DKOtis 
d'autrui  et  par  les  raisoss  d'ordbb  ruuLic.  Punto  e  basta!  U&,e 
la  Rivelazione  fatta  da  Ilio  per  m^z:!o  di  Gesù  Cristo  Dio- Uomo, 
proposta  e  predicata  dalla  Cbit'sa  cattolica?  Non  d  essa  un  li- 
mile 0  nell'Economia  proaeute  il  principale? 

Il  nostro  Abbate  vuole  che  non  rimanga  alcun  dubbio  sulla 
genuinitii  della  sua  eSposi?joDe;  per  questo  appella  au  pattsogi 
de  Veticyclique  de  Pie  IX,  d'oìt  celie  proposiliOH  est  extraUe,  e 
ne  traduce  un  tratto  mettendolo  tra  virgolette,  ed  insistendo  sulls 
parole  prò  i.ubito,  che  spiega:  mivattl  sa  fantaisie  (p.  IBI). 
dans  la  voie  rfw  capriceX^'  16->).  Passiamo  pur  sopra  al  chiamar 
che  egli  fa  Knciclica  quella  chtj  è  Atlocuzione  (n6  questo  <>  il 
solo  caso  di  sì  poco  critico  scambiamento);  certo  si  ò,  prirnìeia' 
mento,  che  questa  proposiitione  è  prosa  a  verbo  dalla  CondanHa 
del  Vigli,  MuUiptices  Inter  10  giugno  ISSI,  dorè  il  Santo  Padre 
proscrivo  l'opera  di  C'estui:  Defensa  de  la  auioritad  de  l<a 
Gobiernos  eie;  od  in  cui  si  dice:  docefque{ìì  VigiI)  cniqueli- 
berutn  esse  cam  ainplecU  oc  proJUeri  Religionem,  guatn  ratioaìs 
lumitie  quia  ducius  veram  puiarerit.  Secondariamente  l'allocu' 
ziono  Maxima  quidem  del  9  giugno  1862  poteva  e  doveva  esséf 
consultata  dal  nostro  Critico  per  aver  il  two  senso  dell'errore 
condannato  giìi  ni-l  1S51,  e  quivi  con  altre  parole  di  bel  ddoto 
fulminato.  Sgli  por  verità  la  consultò,  ma  diresti  che  non  vi 
seppe  leggere.  È  difatti  cosa  un  po'  difHcile  a  capirsi  come  noa 
vi  ritrovasse  altro  che  quol  prò  suo  lubito,  il  quale  può,  xm 
necessariatuente  deve,  aver»  quel  senso  spinto  con  cui  viene  spie- 
gato. —  0  lesse  quel  brano  con  disattenzione,  o  non  lo  capi,  o 
avanti  di  leggerlo  s'era  già  fitto  in  mente  che  tntlo  dove»  ooii- 


■I    n 


SOL   «  &ILI.ABO  •  517 

sìstero  nolla  benedetta  fìiotasia,  o  Qon  volle  capirlo.  Rimosso 
quest'iillinio,  giaechò  non  sì  deve  supporre;  e  rimosso  ancora  ÌL 
secondo  membro,  giacché  noi  non  crediamo  il  nostro  Abbate  cosi 
digiuno  in  teologia;  rìniangono  il  primo  ed  il  terzo.  Ora  qua- 
lunque si  scelga  dei  due  si  è  ben  lungi  dal  trovarvi  esatte^sza  e 
buona  crìtica   Posiamo  a  fronte  i  due  teeti. 


Yenlooe  dd  Bosscboeuf. 


h: 


cC'est  une  doclrìne  perverse  ([ue 
d'altrihuer  il  chaiiue  iinlivifhr,  coin- 
me  line  sorte  4e  droìt  premier,  la 
liberU^  d^embrasser  h  religion  et  de 
suivrfile  culle  (ju'il  trouvft  meilleur, 
suivam  sa  TaiilaÌMe  :  prò  suo  lu- 
i/ito. >  Quoi  Je  plus  logique?' 


Pnrole  df    l^o  IX  nelC  AIIocdiìoiic 

Cum  aiiiem  omnes  retigionis  ve- 
late.s  ex  nativa  humaii:m  rationis 
r»  jHTvefie  derivttre  autUant,  tiim 
cuiqiie  homìRÌ  r[uort(tani  velini  pri- 
marium  itts  trìbuuol,  ex  ipin  pofssjt 
I  lifaefe  de  relìgicMie  cogilare  et  loqui, 
eumque  [>eo  honorem  et  cultuiii 
'■  extiibere,  qucin  prò  suo  libito  me* 
llorem  cxistimat. 

I        Come  ognnn  vede,  il  Bosseboeuf  ha  trovato  quel  yro  suo  libito^ 
V  ha  spiegato  in  nn  senso  esagerato,  l'ha  fetto  il  perno  su  cui  posa  e 
intorno  a  cui  s'aggira  la  sua  esposi^iioue,  trascurando  l'esi^enziale, 
il  vero  punto  cancrenoso,  quel  ìus  pritnarium  che  asseriscono  a 
I    sproposito  ed  empiamente  i  lUzionalìsti  ;  diritto  che  essi  dicono 
I     manomesso,  e  spento  dalla  Rivelazione,  la  quale  in  captivìtaiem 
^gredigif.  omnem  inielhciuin  in  obsequium  Christi.  Diritto,  che 
^Btgicamente  si  deve  ammettere,  una  volta  che  contro  ogoi  verità 
^pi  concede  che  tutte  le  verità  della  religione  debbono  derivarsi  ex 
I     iwHtn  kumanae  radoiits  vi.  È  chiaro  adunque  dalla  Allocuzione 
'     pontificia  che  la  libertà,  di  cui  si  parla  nella  proposizione  XV 
del  SìUalw,  vien  condaniiatji  pmpriamente  non  percht^  trapassa  ì 
limiti  indicati  dal  nostro  Abbate,  né  perchè  suppone  Vabiiso  o 
meglio  il  ìum-uso  della  ragione  (quale  sarebbe  in  verità  l'agire 
per  fanUsìa,  capriccio,  passione...)  ;  ma  perché  si  fonda  nel  setn- 
plica  uso  della  ragione  e  nulla  più.  In  altre  parole,  vien  con- 
dannata perchè  si  collega  e  deriva  da  un  falso  diritto  che  s'at- 
tribuisce all'  uomo,  di  domandare  cioè  alla  sola  ragiono  il  modo 
partioolaro  di  onorare  e  riverire  Iddio;  quasi  che  rìtioxis  LuntKB 
pts  DDCTC3  nell'Economia  presente  possa  e  valga  a  conoscere  la 


548 


OR  HDovo  Inno 


vera  religione,  che  non  sarà  mai  tale  se  non  è  la  maaifestata  t9 
imposta  ila  Dìu  uella  Rivelazione.  Questo  senso  sU  bcDissimo 
con  quel  yro  suo  libito,  ma  non  sta  con  quello  spinto  ed  es^^ 
gerato  (benché  esso  pure  sia  errore  gravissimo)  che  il  nostro 
Espositore  ha  voluto  ricarare  da  esso;  perchè  il  primo  (che  poi 
è  r  e3sen7.ialc)  non  è  conttrmito  nel  secondo. 

All'istesso  modo,  per  dirla  come  in  passando,  non  si  potr&  il 
lettore,  cliiainar  contento  della  spitigazioni)  data  alla  proposi- 
zione XVI.  Stando  a  quanto  ne  dice  il  signor  Bosselroeuf  sembiA 
che,  in  opposizione  al  senso  condaunato  in  ossa,  basterebbe  so- 
stenere che  la  sola  vera  religione  può  coudurre  a  buon  termine; 
perchè  una  sola  è  la  Heligione  vera,  sehn  cefte  refiexion  4i 
Jusie  de  Jean-Jacques  Kousseau:  «  Parmi  tant  de  roligioas  di- 
Terses  qui  se  proscrivent  et  s'excluent,  natarellement  une  senls 
peut  &tre  botine'.  »  Cid  è  vero,  la  ragione  stessa  col  dico;  mi 
basterfi  por  l'ospoi^i/ione  del  senso  rigoureux  et  aìdhcnliqut.^ 
della  proposizione?  In  nessun  modo.  Essa  ò  proclamata  e  sostenuti 
empiamente  dagli  increduli  ad  n^nis  veritatis  expugnationemK 
Per  questo  Pio  IX,  mentre  esorta  ad  opporsi  loro  con  ogni  vigi- 
lanza, accenna  allij  cose  su  cui  vuoisi  insistere,  cio^:  quod  sicut 
uiìHs  est  Deus  Paier,  units  Chrìstm  eìus,  unm  Spiriius  San- 
ctìts,  ita  una  est  dioinitìcs  revelaia  veritas,  una  divina  JidM 
hmnanae  satulìs  initium.,.;  et  una  d  tvra,  sancta,  catholìcd 
apostolica.  Romana  Kixlmay  et  Cathedra  -una  sniter  Pefrum 
Domini  voce  funduta...*.  La  Rivelazione,  la  Chiesa  dì  Gdsft 

■  l'asf.  IUT. 

-  Pr^face.  psit.  X. 

*  f!]).  Encycl.  Stngulari  quirtent.  17  miir.  ÌHtttì. 

'  Loc.  cil.;  vwlì  altrui  .Vlloc  Singutari  qtvfìam.  9  di*.  IR.>Ì-  <  i.'n  ' 
Ajwsiolici  n'»<tri  inuiiPii*  *nl.  HpI<eoi».n!«nn  v^traiu  et  snlliciluilioetn  «  ti_ 
«■iirìtniam  vhhiinus  ■».  (|iiaiiiuiii  pnirrsils  iTonti^iiitan*.  npinlnncim  illam  ìmpinnr  .ii'vii' 
n<:  rmieslam  uh  liominam  rnmiR  propulso  liit,  nimirnnl  quavia  tu  rtligione  rr^rm^t 
po»ae  aeternae  saluti»  ptam.  I^o,  i|tia  prafrittiiliis,  coleriia  ne  iloclrìiu  ileiiio»in;tA 
i: oinmisMii  cnme  tt^stra'^  populi^.  mUcralioni  no  iadiline  divioa'^  dofmiLi  MtHnlìfW 
IhIpì  ninttii]iiam  Ailcrrtnr).  Tiiii'nduin  qulppc  qt  li(l«  ci|  p^lra  Apivtolicam  naniADati 
ICccl'!«piii  iilrum  licri  niriiiiciri  pl;s»^  li.im'  pjw  iinioiin  Mini»  arcam,  baoc  «JB» 
Don  fiii;rìl  Ìn;^v5«ii<;  dilnvio  pfciliiriim;  ^fd  tamcn  pTO  ci'i'to  pariler  habcndun  e^ 
qui  vemv  rvl){;ionà  ignomnlta  hborpnt.  si  en  sii  invincibili},  nulla  ip$os  ol«tni(i 
huiusc«  rei  culpa  mie  oculos  Dotiiìiii.  t 


SOL  «  SILLABO  »  549 

Cristo,  la  Cattedra  dì  Pietro,  centro  d'unità,  eeoo  la  sola  toro 
Religione  che  tuoIsì  esclusa  dai  Demici  di  Dio,  Alcune  panile 
sa  dì  ciò  arrebbeTo  riempito  il  moto  lasciato  dal  resto  che  il 
signor  Abbate  dice.  Ma  nello  due  pagine  e  mezzo  (166-168)  nep- 
par  nn  cenno  della  Kiveiazioneì 

2.  Proposixiono  XXVIU.  Episcopis^  sine  gubernii  venia, 
fas  non  est  vel  ipsas  apostolicas  lUieras  promulgare  '. 

Omettiamo  di  parlare  esplicitamente  deirespusizione  fatUi  di 
alcune  delle  proposizioni  dalla  decimanona  alla  Tentesimasettima. 
Per  verità  è  difficile  indoviuare  il  concetto  che  il  nostro  scrit- 
tore ha  della  Chiesa  come  societìi;  cotanto  sano  inesatte,  improprie, 
monche  le  frasi  colle  quali  te  la  presenta!  La  Chiesa  è  une  so- 
eiéié  des  dine^t  une  sotHété  dodriuale,  dogmat'mie (p.  175)  o  ynii 
sotto:  N'oublions  pas  ce  poiut  capital  que  VÈgli&e  est  une  so- 
eiéit*  morale,  doctrinale,  c^est-a  dire  si  noìi  ind^pendatUe  pour 
ce  qui  est  cJiacun  de  ses  membres  scumis  aux  lois  de  la  tiation^ 
du  moins  complètemenl  distincU,  autonome  vivant  dans  la 
8PBÈRB  suPERiKUBE  DBS  iDKBs...  ^  S' ò  boD  luDgì  dul  formarsì  da 
queste  e  fumìgtianti  parole  un  idea  ginsta  od  ad^t(|iiata  dt^tla 
Chiesa,  come  società  veri,  spibituale,  d'obdise  bopbaskituralk,  eio- 

KlDICA,  P0BBLIC1.  JKDIPEN'UKNTR,  PERfETTA,  SITRSXa] 

Diciamo  brevemente  della  proposizione  indicata.  Il  Bosseboeuf 
fa  tre  ipotesi:  La  prima,  che  e  Chiosa  e  Stato  sieno  del  tutto 
Beparat),  ed  allora  les  ÉvfqneSf  ile  par  le  droU  naturei  et  eivil 
peuvent  ptihlier...  e  già  per  questa  parto  la  proposi^iione  sarebbe 
&lsa  0  riprensibile  polla  sua  genordlità  \ —  La  seconda,  che 
la  Chiesa  e  lo  Stato  sieno  strettamente  uniti,  quando  ciod  de  par 
la  nature  des  choses  et  un  pacte  pritno'dial,  la  loi  de  VÉglise 
tìt  en  mime  iemps  loi  de  VÉtat...  sifttalion  fomlée  sttr  la 
r&ÀprocU^  des  droUs  et  des  devoirSt  aifssi  bien  que  dtis  ser- 
nces  qu'ils  se  rendent  l'un  à  Vanire..  In  tal  caso,  se  lo  Stato 
Si  riserva  il  diritto,  e  s'impone  l'obbligo  di  registrare  ne' suoi 
codici  le  lettere  apostoliche,  affinchè  queste  abbiano  forza  d'ob- 

J  Alloc.  liunavam  fort,  15  ilpc.  1850. 
»  P*g,  17&-77. 
•  Pus.  188. 


OR  nuovo  ubho 


bligaro  come  legge  esteriore  e  regolamento  cItìIo,  i  Voscori  f»- 
T«bbero  bene  d'aspettare  questa  formalità  prima  di  promolgire 
le  medesime  '.  —  Terza  ipotesi,  che  Chiesa  e  Stato  non  sieo» 
nd  totalmente  uniti,  né  del  tutto  Boparati.  lu  tale  caso,  cesaanU 
cauBOy  cessai  ejfectns^.  Lo  Stato  pel  fatto  stosso  che  proelaiM 
altamente  Toguaglianza  e  il  diritto  comune  per  tutti  t  eulti,  si 
dichiara  incompetente  pour  examner  et  ctmnattre  des  dodri- 
nes,  des  dogmes.  E  poi  sapete  che  c'^?  Viste  le  eircoetuue 
do*  tempi,  la  facoltà  di  pubblicare  le  Iutiere  apostoliche  è  ui» 
di  quo'  diritti  qm  s^imposeiit  d'etijs-ménies...  e  sarebbe  impoasi' 
bile  e  ìrragioneTole  l'impedirlo  una  Tolta  che  già  tutti  ì  gior 
nali  ne  parlano,  come  evidentemente  e  sapientemente  ragìoia 
lules  Siitton". 

Non  sapresti  diro  se  tutto  ciò  sia  più  <ecnro  che  ìneBttto. 
Prima  di  tutto  stante  questa  esposizione,  ehi  saprà  dirci  qoale 
è  il  ècnso  rigoreitx,  auihenfifjue  Aoììi  proposizione?  Chi  ci  hi 
capito  nulla?  In  tutte  e  tre  le  ipotesi  si  è  ben  lungi  dallMm* 
berciare  nel  segno.  Nella  prima,  i  YeecoTÌ  possono  promu] 
le  lettere  apostoliche  per  diritto  naturale  e  civile;  nella 
«onda,  sono  consigliati  a  non  farlo;  nella  term.  per  tutta  risposti 
si  ha  questa:  cessante  eausa,  cessai  ejfectits.  E  il  diritto  ditiin 
costituito  dalla  divina  missione,  che  la  Chiosa  ha  riceruto  d»I 
suo  dìriu  fondatore  Gesù  Cristo?  Xon  una  parola!  Eppure  qu^ 
proprio  è  il  caso  della  Proposizione,  tolta  dalla  Allocuzione  Nwt- 
quam  fore^  15  dee.  1S56:  Atgtte  in  iisdem  regionibus,  dice  I 
sommo  Pontefice,  prohìheniur  Epìscopi  libere  damnare  noo/Ao* 
lica  scripla,  necjfas  est  eis  sine  Gubeniti  t'Cjita  tei  ifsas  À^ 
stolicas  Litteras  promulgare.  Donde  evidentemente  appori 
1"  Dì  qual  genere  diritto  sia  quello,  il  cui  esereìssio  viene 
Stato  impedito  alla  Chiesa  nelle  persone  del  Papa  e  de'Vi'scr 
2"  Che  le  ipotesi  fatte  dal  nostro  Abbate  sooo  fuor  di  luog^ 
perchè  la  Chiesa  ha  queMìritti  da  Gesù  Cristo  stesso  indipet- 
dentemente  da  esse.  Quindi  siccome  per  tali  ipotesi  U  Papi» 


■  Uccit. 

'  Pag.  189. 

•  Via.  180. 190. 


set.   «  SILLABO  >  531 

Don  acquistano  un  diritto,  qnasì  che  prima  non  Tares- 
sero;  così  per  le  medesime  non  perdono  quello  che  già  arorano. 
Quindi  anzi  cho  giudicare  del  diritto  della  Chiesa  conseguente- 
mente  a  dette  ipotesi,  questo  vogllonsi  giudicare,  approraudole 
0  condannandole,  dipo ndon tomenti;  da  quello. 

E  poi,  in  qua!  modo  si  rappresentano  ì  diritti  della  Chiesa  in 
quelle  ipotesi?  Nella  prima,  se  i  Yoscori  possono  pubblicare  le 
Bolle...  è  per  diritto  naturah  e  civile:  perchè  non  commemorare 
in  primo  luogo  il  diritto  divino?  No,  nessun  Vescovo  si  contenterà 
di  ciò:  essi,  posti  a  Spiritu  Sando  regere  Ecdesiam  lki  uniti 
BBabordioati  al  Romano  Pontefice,  hanno  quel  diritto  più  cho  na- 
turale e  civile,  che  dai  teologi  e  canonisti  ò  detto  im  iuspectionis 
ecelesiasficitm,  itts  teges  /erendi  et  promulgaruli,  ius  iudicandt 
d  puniendi,  eccetera.  Ma,  dlrassi,  in  quell'ipotesi  lo  Stato  non 
rieoDOSce  ciò,  Ta  bene,  ma  lo  riconosce  Pio  IX  cho  condanna  la 
proposizione  XXVItl  del  Sìllabo,  e  eoa  lui  deve  riconoscerlo  la 
'Chiesa  tutta.  Epperò  se  il  Papa  condanna  qucU'errore  non  à 
proprittmi.'nto  pyr  tutelare  un  diriftoy  che  verrebbe  alla  Chiesa 
in  forza  delle  attuali  circostanze,  in  cui  uno  Stato  si  ritrovi 
verso  di  essa;  sì  bene  per  difendere  il  diritto  divino.  £  siccome 
il  nostro  Abbate  s*  era  prefìsso  di  assegnare  il  senso  rigoitrmx 
«d  antlietitique  del  Sìllabo  presentandone  una  spiegazione  mo- 
iivée^  diciamo  che  non  mggiungeri  mai  il  suo  scopo,  finchò  batte 
questa  strada.  Può  <>gli  bi'nisHJmo  e  lodevolmente  argomentare 
ad  hominetn,  ma  prima  ci  faccia  sapere  almeno  in  brevi  tratti 
il  vero  senso,  e  la  portata  del  brutto  errore  contenuto  in  quella 
proposizione.  • 

Questo  difetto  si  rende  ancor  pili  manifesto,  ove  si  consideri 
il  modo  con  cui  il  Bossoboeuf  parla  nella  seconda  ipotesi,  cioè 
«he  la  Chiesa  e  lo  Stato  sieno  intimement  unis.  Primieramente 
dice  cho  in  tal  caso  la  L^go  della  Chiesa  &  ben  anco  le^^ge  dolio 
stato  de  par  l\  sìtl^kb  »«s  chosbs  et  un  pìctk  primobiual  '.  La  frase 
wtftire  dea  ckosea  potrebbe  aver  due  spiogaTiioni  ;  la  prima  che, 
essendo  la  Chiesa  società,  istituita  da  Gesù  Cristo  ed  avente 
lissioue  divina,  la  natura  delle  cose  richiede  che  la  sua  legge 

rag.  im. 


562  ON  lfl»\'0  UBRO 

sìa  aDche  legge  dello^Stato:  di  fatto,  se  lo  Stato  è  cristiano;  al- 
meno per  diriitoy  se  osso  non  6  tale.  Coq  ciò  TÌea  proclumaU 
una  Teritù,  ma  non  ai  sa  più  spiegare  quel  pade  primordiaL 
La  seconda  spiegazione  sarebbe  che,  oce  due  società  convitogaiio 
dì  procedere  unitamente  e  di  comune  accordo,  ò  ben  naturale  che 
le  leggi  dell'una  sieno  riconosciuto  ed  ammesse  anche  dall'ai* 
tra:  ma  in  tal  caso  rìene  trascurata  e  messa  in  non  cale  U 
natura  della  Chiesa  come  società:  viene  sconosciuto  il  diritto  di 
Gesù  Cristo,  e  dimonticaticato  l'obbligo  che  hanno  i  Re  ed  i 
Popoli,  gli  Stati  e  le  Nazioni  d'ubbidire  al  Re  de' Re,  al  Dio 
del  Cielo  e  della  Terra.  Come  l'intese  il  Bosseboeuf?  Noi  so- 
piamo; certo  si  ò  che  nell' economia  presente  della  divina  prov- 
videnza iu  questa  asserzione  generale  o  le  parole  nature  da 
choses  esclndono  le  altre  pade  yrhnordialt  o  queste,  quelle. 
Secondariamente  dice  che  tale  situazione  è  fondata  sur  la  rea' 
proeiié  dea  droUs  et  dea  devoirs,  aussi  bien  que  des  servicta 
qu'Us  se  rendetti  Vun  à  Vanire  '.  Pai  detto  testò  s' intende  ctw 
questo  modo  di  parlare  così  ijenerale  non  può  garbare,  uà  s^a- 
vira  d'esempio  per  chi  voglia  esser  giusto  ed  assestato  nel  favel- 
lare dei  diritti  che  la  Chiesa  ha  verso  lo  Stato,  e  degli  obblìglil 
di  questo,  specialmente  se  cristiano,  verso  dì  essa.  Ma  vedi 
come  proseguo  il  Bosseboeuf.  ^1/ors,  cioù  nell'ipotesi  ricoi 
si  le  gouvernemenl  se  réserve  le  droit  d  s'impose  le  decoif 
à^enregistrr.r,  sur  ses  grands  livrea  offtciels,  tonte  pièce  pò»" 
tijicale  pour  en  donuer  ade  et  la  rendre  obligatoire  cornine  l<i 
extérieure  et  règlementatìon  civile,  il  peni...  '  Messa  da 
ogni  altra  considerazione,  lo  Stato  non  può  riservarsi  un  di 
che  non  Ita,  e  non  vorremmo  che  queste  parole  dessero  a  taluw 
appiglio  a  credere  che,  della  doppia  spiegazione  da  noi  pur  tuo' 
indicata  dullfli  fnise  (Ut  par  la  nature  des  choses,  il  nostri)  Abba' 
inclini  alta  seconda  anziché  alla  prima.  —  Più,  il  dovere^  dì 
è  parola,  non^si  origina  da  ciò  che  Io  Stato  se  lo  impone  de 
ma  dalU  volontà  di  Gesù  Cristo.  In  altre  parole,  non  ò  don. 
di  fedeltà  ad  una  promessa  fatta  e  ad  un  coìUratto  slipnl 

•  Loe.  cit. 


SUL   «  SILLABO  » 


553 


ma  è  dovere  à.*ubbidicnza.  —  Finalmente  non  si  capisce  come 
si  richìi^ga  l'intervento  dello  Stato,  perchè  le  leggi  della  Chiesa 
abbiano  forza  d'obbligare  come  legge  esterna!  Il  non  lavorare  nei 
giorni  festivi,  come  pure  Tastenersì  dal  inangiar  carne  in  alcuni 
giorni  determinati  (lo  stesso  dicasi  di  tante  altre  leggi  eccle- 
siastiche) acciò  sieno  leggi  ed  obblighino,  dovranno  forse  esser 
viste  ed  approvate  dallo  Stato?  0  potrà  senza  assiirditii  ed  em- 
pietà in  ci6  che  riguarda  l'ubbtdienm  alla  Chiesa  invocarsi  !a 
distinzione  tra  mUalico  e  cittadino? 

Nella  terza  ipotesi  presentata  dal  Bosscbocuf  cosi  si  parla 
dei  diritti  della  Chiesa.  Dès  lors  il  ya  certains  yrìncipes  d$ 
droit  qui  jpersistent  et  d'aufres  qui  (otabent  d^eux  tìiemes,  ces- 
sante cansa,  cessat  offectus...  '  Parole  il  cui  minor  difetto  ò  quollo 
d* essere  oscurissime!  Quali  sono  que*  diritti  che  cessano,  quali 
quei  cho  rimangono  in  quella  supposizione?  Non  viene  indicato. 
Una  cosa  sola  sufficientemente  traspare  od  è  la  supposizione  che 
tali  diritti  dipendano  da  uno  stato  d' accordo  o  ài  separaziotte 
delle  due  società;  altrimenti  fuor  di  proposito  si  ricorrerebbo 
al  cessante  causa  cessai  ejfecius.  Il  che  non  puft  cosi  i»  generale 
dirsi  sen?ji  errore;  e  quando  pur  m  particolare  per  una  od  altra 
cosa  siieeiak^  se  gli  concedesse  quanto  dice,  ciò  non  giustifiche- 
rebbe l'aver  proposto  l'ipotesi  senza  rejf^riVionfl,  e  molto  meno 
rinchiudervi  il  diritto  ed  esercizio  d'insegnare  e  di  governare, 
dei  quale  si  parla  nella  proposizione  28'''  e  ben  anche  nell' espo- 
sizione dei  Bosseboeuf.  E  per  verità,  poco  mea  che  evidente  con- 
ferma dì  ciò  vuol  dirsi  quel  ch'egli  soggiunge,  cioA  che  se  lo 
Stato,  nell'ipotesi  in  cui  si  parla,  non  deve  intromettorsi  noUc 
leggi  della  Chiesa  che  riguardano  la  dotirina  e  (7  damma,  si 
è  perchè  esso  si  dichiara  incompetente  a  giudicarne  col  fatto 
stesso  che  promulga  {'uguaglianza  ed  il  diritto  cottiunt  per 
tutti  i  culti.  Al  contrario  ò  certissimo  che  un'autorità  qualunque 
umana  ò  di  natura  sua  assolutamenle  incapace  di  metter  bocca 
o^r insegnamenti  della  Chiosa  non  solo,  ma  eziandio  nell'eser- 
cizio della  Potestà  di  reggere  e  governare  i  fedeli  tutti,  di  qual- 
flÌToglia  condiziono  ossi  sieno;  e  ciò  in  quale  che  sia  o  possa 

»  Pagg  188-189. 


654  UH  RDOTO  LI8A0 

concepirsi  ipotesi.  Koa  T^è  quindi  bisogno  che  lo  Stato  si  di- 
chiari da  sé  iìicoinpeiente  con  tale  o  tal  altro  suo  alto;  no,  ess» 
lo  è  di  già. 

Curioso  fìDalmeiite  per  lo  meno  è  l' argomento  con  cai  & 
pag.  1S9  si  rirondica  ai  Vescovi  il  diritto  di  promulgare  le 
lettere  Apostoliche.  Esso  si  rìdaco  a  questo  raziocinio:  i  Yescon 
hanno  necessariamente  un  tal  diritto  e  l' esercizio  dì  esso,  perchè 
Tisti  ì  tempi  presenti  e  l'andazzo  delle  cose  ò  impossibile  l' im- 
pedirlo. Ognuno  vede  di  per  so  Io  stravolto  modo  di  ragionar» 
che  è  cotesto,  e  come  esso  non  può  neppure  cadere  in  m.eDte  a 
chi  concepisce  il  diritto,  che  la  Chiesa  ha  d'insegnare  e  gover- 
nuro  1  fudeli,  quale  lo  è  m  n.'altà,  diviso;  il  quale  rimarrà  infil- 
libihuentd  sempre  lo  stesso,  qualunque  sieno  i  tempi  e  Le  circo* 
stanze  loro.  Se  vogliamo  ragionare  a  modo,  allorquando  sì  parla 
di  un  diritto,  non  puossi,  senza  cadere  in  un  brutto  paralogismo, 
scambiar  la  questione  ricorrendo  air  esercizio  di  esso:  sondo  pi& 
cho  mantfti^to  cho  T  esercizio  di  un  diritto  u  la  sua  ioviolabìliti 
è  cfìiisi^guente  all'esìstonza  del  dìrit-to  Htesao. 

3.  Quanto  il  nostro  Abbato  va  dicendo  ad  esposizione  ddlo 
proposizioni  30"  31"  32"  e  33"  vuoisi  leggere  con  gran  cautela 
e  circospezione.  Noi  abbiamo  recentemente  trattato  dell'  ioi»h«- 
lìità  Ecclesiastica'  vuoi  personale  vuoi  reale,  non  v'è  quindi 
bisogno  cho  vi  torniamo  sopra  per  notare  quanto  d'inesatto  e 
anclie  non  vero  ritrovasi  quii  e  colik  nella  spiegazione  del  nostro 
Autore.  Per  verità  ha  deH'ìncredibile  quanto  afferma  del  jari- 
viiegium  fori.  Senza  prendere,  così  s'esprime,  le  difese  dott'antioo 
governo,  diremo  soltanto  che  non  era  poi  tanto  irragionevole 
t'aver  preparato  e  stabilito  una  condizione  eccezionale  negU 
affari,  ue'consigli,  nella  giustizia  al  clero  cattolico  sempre  in- 
tento alla  scienza,  al  bene  del  popolo  e  della  patria  '.  Leggi  e 

•  Vedi  il  (ni.i(Jpmn  ft(i5  dol  prwentft  voi.  pajr.  101  e  scRr. 

■  Lrs  icaips  les  érénfinenK  Ics  Idét»  rt  Ics  ItomnKV  ont  ilébil  ceUa  MoM 
(cioè  r.-iniicj).  Sans  rocrrpronrire  la  iétcnse  An  insilttilioiu  de  t'aneieii  neine,  m» 
nwiis  lonieroRs  à  tliit!  qne  ce  n'ititi  ps  uno  rJiow  ii  déralMHUtHble  qui»  d*aHJr 
prepari  t\  eonxtitué  poiir  le  sac<?nlocp  cniholiqiie,  loojonr»  si  ileroué  à  l.i  fcìrMt, 
an  pt-afile  et  à  b  |»[Hc.  une  tUwilion  «MeptiomKÌle  Jam  l'onlrL'  àei  nflblrv. 
Ad  courils,  c\  àe  In  juMkf-.  Oltc  pen^i^c,  ìnspinV  jtnr  k-  itspect  pour  U  tliviM^ 
ruoivm  entitr  r>vait  compri»  et  réolie^e  (p.  193). 


qualche 


SVL   «  SILLABO  * 


è  dato  di 


555 
è  che  (letto 


capirvit  e 

{irirUegio  fu  tutta  UberaliU  del  gorerai.  Nò  meno  ardite  sono 
a  dirai  le  segneuti  parole:  Leu  évhieinenis  ont  presgue  partout 
abolì  cé  priviìège.  De  PiiT,  cbkz  socs,  a  s't  i  plcs  i  y  bevrìir  '. 
Cauaa  jinita  est^  l'ha  detto  egli!  Fo?era  logicai  Si  confoude  U 
qoestioQe  di  fatto  con  quella  di  principio  e  di  diritto;  si  di* 
soooosee  la  saniiià  di  questo  per  la  forza  brutale  di  quello.  Tal 
prÌTÌl^ioèsbito  abolito,  sia  pure;  ma  da  cìii? 'E  poi,  (//«sio- 
menie  OTrero  ntan-sTiiEirrE?  So  giustamente^  voi  signor  Abbate 
prendete  uu  grossissimo  qui  prò  quo.  Se  ingiusiainente,  come, 
di  grazia,  vi  sarà  permesso  di  sentenziare  in  tal  modo  sullo 
sieaao diritto,  sulla  santità  ed  esigenza  morate  di  esso?  I>i  più,  d 
stato  abolito;  ma  vafùiamente  o  invai idamenie?  Non  si  atfermerà 
la  prima  proposizione  senza  errare,  e  supporrò  falsamente  cho 
easo  privilegio  venga  da  istituzione  umana  litica.  So  s'affermerà 
la  seconda,  allora  molto  iuettamente  sì  sanzionerà  che  il  n'y  a  plus 
Q  y  revenir.  Oh  bella,  non  si  ha  a  pensare  più  al  riacquisto  d'una 
t08A  che  invalidumente  ed  ingiiutamento  fu  tolta  culla  forza  io 
mano,  e  solo  colla  forza  ò  inralìdamente  ed  ingiustamente  ri- 
tennta?  Uà  il  signor  Bossebo^nf  ha  in  mira  certi  decreti  della 
Provvidenza  divina,  i  quali  riguardano  un  terzo  stadio  della 
Chiesa,  ed  ò  stadio  d'indipendenza  (p.  191),  stadio  di  lihertà 
(p.  77),  di  neutralità  (ivi),  di  separazione  (p.  246  seq.).  Oh  il 
sogDo;  dorato  sL,  ma  sempre  sogno!  Di  questa  questione  si  è 
parlato  e  scrìtto  abbastanza;  noi  rigettiamo  assolutamente  quanto 
in  più  luoghi  egli  ne  scrìve  con  un  certo  pio  e  devoto  entusiasmo. 
Che  la  Chiesa  in  qualun«iue  lotta  mostrerà  la  sua  vita  divina 
oseendone  sempre  trìonfatrice  con  maggior  vigoria,  chi  può  du- 
bitarne? Il  fermarsi  a  parlar  di  ciò  ò  un  perder  tempo  ed  uscire 
ddl  seminato.  S'ò  ben  lungi  dalla  vaglieggiata  separazione! 
Questa,  quando  trattisi  di  una  nazione  cattolica,  quali  sono  la 
Francia,  l'Italia,  l'Austria,  il  Belgio,  la  Spagna  ©cc,  in  realtà 
non  s'effettuerebbe  se  non  con  perdita  da  parte  della  Chiesa. 
Di  più,  a  meno  dì  non  cadere  in  una  contraddizione,  supporrebbe 
0  richiederebbe  l'apostasia  della  Nazione  dalla  Chiesa  di  Gesù 


•  Pag.  191. 


556 


m  nuovo  LIBRO 


Cristo.  Ijnpercioocli&  qnei  che  sìoilono  al  governo,  spdcìalmentA 
nel  sìfltfìma  liberulesco,  sotto  rappreaenlanli  della  nazione;  d'altra 
parte  se  la  nazione  è  cattolica,  lo  stato  di  vera  lìberU  per  essa 
è  quello  di  essere  unita  e  soggetta  alla  comnn  ìladre  la  Chiesa. 
Quindi  fintanlochò  la  nazione  è  cattolica,  quei  che  la  rappresen- 
tano e  la  governano  non  potranno  mettersi  colla  Chiosa  in  una 
differente  relazione-,  sotto  pena  o  di  essere  rapprwsou tanti  che 
non  rappresentano  la  nazione,  o  dì  abusare  della  forza  per  vio- 
lentare lo  cosciente,  o  dì  tradire  con  T astuzia  e  l'ipocrisia  la 
buona  fede  dei  cittadini.  S' è  mai  risto  mostro  somigliante  a 
quello  di  no  corpo  umano  a  cui  sia  sovrapposta  la  testa  dì  bu* 
falò?!  Da  questo  apparisce  che  la  sola  ipotesi  in  cui  ragìuaaTol' 
mente  si  possii  esigere,  reclamare  e  promuovere  il  suddetto  stato 
dì  separazione  o  dì  libertà,  ò  quella  dì  un  nazione  acattolica. 
Oat  fin  qui  detto  sì  fa  manifesto  eziandìo  che  ÌL  sogno  a  cai  ac* 
cennavamo  poc^auzì,  ove  trattisi  d'una  nazione  cattolica,  si  con- 
verte in  pirnicioso  delirio.  Queste  poche  osservazioni,  oltre  allo 
scrìttone  altre  volte,  varranuo  pure  per  la  esposizione  fatta  dal 
Bosseboeuf  della  proposizione  55\  dove  si  tratta  della  '"^'epara- 
zione  della  Chiesa  dallo  Siato. 

Nello  svolgimento  della  proposizione  32"  si  afferma  che  noo 
sarebbe  poi  contro  la  Jmtice  rigoureiise,  le  droU  naturd  ah* 
solu  et  primordied  {!/..,  imporre  ai  chierici  il  servizio  militare; 
solo  sarebbe  in  quakU  modo  contro  il  diritto  naturate  ddiu 
aes  éiém-nis  secondaires  (p.  106),  in  quanto  cioè  tale  wrvia» 
sarebbe  en  opposilion  direcie  avec  V  esprit  de  paiz  eidedm- 
rité,  che  forma  l'oggetto  della  missione  del  Clero  '.  Tutto  vieo 
riguardato  sotto  un  aspetto  meratHente  naturale.  Pio  IX.  nelU 
lettera  Siugularis  Nohisqite^  29  settembre  1S&4,  donde  ò  tolti 
la  proposizione  raccolta  nel  Sìllabo,  dice:  iniquissimam  pariier 
legem  istìc  quoque  proposiiam  de  Clericis  7nititiae  adscribendis, 
qttae  infandae  sane  legea  omnibus  mviitis,  EocLBSUSTicia,  /irnaa* 
nisque  iuribtis  vel  XAxms  advkksàs  oasiNO  sutU  hbpkoqaku^  at 
DAiKANDAE.  Così  SÌ  Spiega  il  Sillabo  in  modo  veramente  ct'i^a 
ed  autentico  t 


LABO  >  557 

Allo  stesso  modo  nella  spie^aaione  della  prop.  33".  Sb  lo  Stato 
non  puf»  iijiparciarsi  nella  teologia,  saputo  i]ualu  n'  ò  la  ragiono? 
Eccola.  La  Teologia  è  una  scieuxo,  dunque  è  iibre  el  autonome 
de  sa  nature...  Science  mélaphy&ique,  in&rah  et  spirituellet  elle 
échappe  encore  davantage  au  prétettsions  rexaioires  rfes  pou- 
wirs  civih  '.  Tanto  quanto  basterebbe  per  una  qualsivoglia  teo- 
logia anche  bramanica,  ovvero  disciplina  d'ordine  naturale,  a 
mO  d'eseittpio  T  Ontologia  o  Psicologia,  né  più  né  meno. 

La  proposizione  35"  non  è  stata,  a  quanto  sembra,  capita  dal 
nostro  Abbate.  Nihil  vetat,  così  essa  è  espressa,  alìcnjus  Con- 
cila (/tneralìS  sententia  aiU  universontnt  popitlornm  faciot 
Summttm  rontìjicaium  ah  liomano  Episcopo  atcjìie  Urbe  ad 
alium  Episcopum  aliamque  civitaiem  trans/ern  *.  Dove  mani- 
festamente si  parla  uon  del  solo  caso  che  il  Vescovo  Romano, 
rimanendo  tale,  por  uua  od  altra  circostanza  per  maggiore  o 
miouro  spa?,io  di  tempo  risieda  in  altra  cìttÀ,  sì  bene  del  se- 
parare il  Primato  dal  Vescovo  dì  Roma  e  dalla  sua  sede,  e  del 
trasferirlo  ad  un  altro  Vescovo  ed  in  altra  citta.  La  questione, 
come  i>giiun  vede,  6  div-rsissima  '. 

L'esposizione  della  propoaizioae  45"  la  diresti  un  fuor  d'opera 
e  nulla  più.  Kssa  non  è  condannata  quasi  leda  un  diritto  pri- 
mordial  et  nati/  de  l'homme,  quale  sarebbe,  a  dotili  dui  Bos- 
seboenf, h  facoltà  d'insegnare, comu  lo  è  la  iibortà  del  pensiero 
e  della  parola  (p.  221),  sous  le$  garaniies  (ben  Inteso,  e  cid 

'   Pap.  I&8, 

*  Dauinutio,  Ad  Apostolicat.  IS.  Kaf.  ISSI. 

'  Vedasi  il  E'iilniìeri  nrl  suo  Traiuw.  veramentó  tinwico  in  qùcsla  nnieriA,  Ae 
nomano  Pontifke.  Kxca  come  viene  enuti£Ì3ia  h  [u>ì  }{*.  t  Llisiiiigueiida  est  kx 
$ucceaii%onUt  a  condìtione  aucctsaiùni»  in  Primittn.  U'\  5ucc<>Miooig  (sl  ipsa  (trviiia 
iostilulio  I^ìmalus  l'ja^iuft  pr-rfimiitlì^;  conJìlio  (»\  itlulu»  ifuo  flllullar  ut  liic 
potius  i)<i!icn  alias  tncc'ihl.  Hujii^mmli  poii'O  Mndilin  il'-tcniiioiitn  cW  a  fncco  orÌ> 
ginali  IVirìquo  ItPiiKinamSndiin  f\e\i\.  aildi^jitlali?in  )'rl[n.iUuv<Zrrj/jfn9Ì  in  Itti  tO*t. 
B<MIMnu^  r-r^o  ICpi.wnpu!»,  (|iti  solut  «Icliiiac  coikUiìodi  Vaca  saiis.  oblinel  jure  divino 
Ti  legissuccesf'ioni.t  EVÌinalum  in  uiiivuTsaro  lCcc1csia[n.QaocÌrca  cutrj  quneritur  (^no 
jur*  IlomaniR  Episcopo*!  surctdat  l'clro.  sì  intPllijtnlop  non  cmiparalivc  wrt  «hw^iii- 
quo  inre  potiatur  eadeii  aìjctiiiiitatk  or.  1'r.irng;  r<->p<mi)<-jitluiii  prortas  «t 
irfVn  Jl'HE  DIVISO  suc-jehére  F'Kriio.  *  K  l:i  Irai  9';  i  ijiiftii  prao  crl€t[*  fìomait'ts 
Pontifex  is  sii  i|iii  T'elro  ih  Primaiu  Kaniedit,  verità  c^i  immutabilit  in  KccIcaìj; 
■ihilque  oUttal  qociininui  hacc  vcriU«  rtvtìala  cennealnr.  > 


558  UTi  Kirovo  uuno 

basterà  por  un  cattolico?)  nécessaires  de  savoir  et  de  moralUf. 
(p.  222).  Se  il  nostro  scrittore  avesse  letto  per  poco  e  TAlIoca- 
zione  In  cottsishriaH.  \  novembre  1850,  da  cui  è  stata  tfllt» 
la,  proposizione,  e  l'altra  Allocujiione  Quibus  IttctHosissimis 
6  settembre  1851,  cui  pure  viea  rimesso  il  lettore,  aTrebbevi 
trovato  ben  altro.  Vogliam  dire  i  diritti  della  Chiesa  manomessi 
e  conculcati;  dapiKiirht>  ad  essa  s.ila  spetta  il  giudicare  dell'io- 
segnamonto  sia  delle  scienze  sacre  aia  del  catechismo.  Scholoè 
cujuscumque  generis,  atque  adeo  calbedrae  etiam  SiCStKtTl 
DisciPtrSARca...  nec  non  pueroritm  instttutio  ad  elebesta  Cbw- 
STiiNAB  ¥ii>zi,  quam  tadem  lex  {Oubemii  subalpini)  inter  miwh 
rum .  hitdimagisirorum  officia  enunteraty  ah  Episcoporunt 
atictorilaie  suhtrahuiUur...  *  Questo  è  quanto  immediatamente 
segue  Ih  paroli>  riportate  naWn  proposizione  del  Sìllabo.  A  nulla 
di  tutto  ciò  accenna  il  Bosseboeuf.  Avrà  dunque  a  male,  so  Tien 
giudicata  la  sua  spic^zione  tutt'altro  che  rigorosa,  critica,  au- 
tentica? \ò  più  felice  della  prestinte  è  T  interpretazione  data 
alla  47"  proposizione. 

Se  volessituo  proseguire  Innaniìi  di  questa  maniera  poche 
sarebbero  U  proposizioni,  in  cui  il  signor  Bosseboeuf  non  abbia 
fatto  qualche  scappuccio. 

Lo  svolgimento  della  proposizione  57'  è  rerameute  curioso. 
Philosophicnrum,  ossa  dice,  rerum  morumgtte  scientiay  ìUmqm 
civile  ieges  possunt  oc  debent  a  divina  et  ecclesiastica  audo- 
riiate  declinare*.  Qui  non  può  esser  questione  dell' autorità 
divina  propriamente  detta,  così  il  nostro  espositore:  Force  noat 
est  (fotte  d'eìitendre  le  mot  viviM  dans  le  sens  de  CjiTaoLiqus'. 
La  proposiziono  adunque,  secondo  lui,  sonerebbe  così:...  debeot 
a  catholica  et  eceUsiastica  auctoritate  doclinaro!  Consultiamo  di 
gnuia  rAllocuzione  sopra  indicata:  Siquidem  ÌMud  erubeseuiU 
asserere  philosopkicarum  rerum,  m^rumque  scientiant^  itemqw 
civiles  Ieges  posse  ac  debere  a  divisa  revelatiosb  et  Ecclesiat 
attctoriiate  declitiare,..  Dal  che  apparisco  che  la  sostitusione  del 
cafMica  al  divina  s:  riduce  ad  nn  capriccio  e  nulla  piii.  Mt 

'  Alloc.  In  CnusiAot'inli.  I  nov.  IftSi}. 

*  \Hix-.  Maxima  quidem,  9  gìu^O  ISC3. 

'  Vif.  2GI. 


SUL    «  SILLABO  »  '      559 

andiatno  aviinti:  Or,  il  n'est  pas  besoin  (Vaffranchit  la  philù- 
soiMv  ifu  la  puìsmnce  civile  de  VaiUoriU  eccUsiastiqut ;  car^ 
pour  Hre  affranchi^  il  faut  ètre  lié,  étre  servUeur;  il  faut 
appartenir  à  autrui,  étre  non  sui  juris.  Eh  bien,  Vautorité 
civile  a  son  doìnaitie  propre,  autonome^  elle  est  sui  juris;  la 
philosopkie  attssi  a  sa  spltèrc  oìi  elle  se  meni  librement  ',  o 
oontìaua  dicendo  cho  qua.uto  a  qutì' punti  di  contatto  tra  la 
filoeofia  e  In  teologia,  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  di;  ha  gi^  scrìtW 
di  sopra,  0  noi  abbiara  visto  in  qual  moflo...  Djpo  questa  espo- 
sizione preghiamo  il  lettore  a  volerci  dire  che  cosa  ha  capito 
della  proposizione  del  Sillabo.  Pio  IX  raeutre  alla  prosonza  dei 
Cardinali,  Patriarchi,  Arcivescovi  o  Vescovi  parlava  solennemente, 
gittava  le  parole  al  vento,  quasi  si  ritrovasse  in  un  falso  sup- 
posto! eh  si,  pcrch^^  condatmava  che  possa  e  debba  farsi  una 
cosa  che  già  esiste  '.  Quiudi  il  torto  non  è  di  coloro  che  aCTer- 
mavano  che  la  filosofia  e  lo  leggi  civili  possono  e  debbono  ess^r 
sottratte  airaiitoritìi  divina  ed  ecclesiastica,  chò  esso  sono  di 
per  sé  già  tali;  ma  dì  Pio  IX  che  si  metteva  a  condannarli. 
Che  anzi  così  posaiaino  argomentare  al  nostro  Abbate.  Quando 
il  S-immo  Pontefice  fa  menzione  della  scienza  filosofica  e  morale 
e  delle  leggi  civili,  o  intende  parlare  di  quello,  in  che  esse  non 
riguardano  punto  il  deposito  della  fede,  la  morale,  la  divina 
missione  della  Chiesa;  ovvero  di  quello  in  che  ess*>  vengono  al 
contatto  con  le  cose  suddette.  Se  si  concede  il  primo,  eviden- 
temente rimane  quanto  noi  dicevamo,  che  cioè-  Pio  IX  parlava 
in  un  falso  supposto,  stando  airusserv&xioni  del  Bosseboeuf.  Se 
si  concedo  il  secondo,  ò  chiaro  che  Tesposizione  presentata  da 
lui  manca  di  critica,  ed  egli  gitta  le  parole  al  vento:  n6  potrii 
dirsi  che  dia  una  sptega?,ìone  rigorosa  ed  autentica,  chi  pre- 
Benta  cose  che  non  han  che  fare  eoa  quel  che  si  vuole  spiegare 
ed  interpretare. 

Per  rispetto  al  potere  temporale  del  Papa,  dì  che  s'occupa 
la  proposizione  76",  il  nostro  Abbate  parla  biìue  e  mette  gli 
iniqui  usurpatori  alle  strette  di  concedere  che  toutes  Ics  fois 
que  ce  domaiìie  a  été  viole  en  tout  ou  en  partie...  le  Pape  a 
C06sé  d'ètre  libre  et  respecié,  pour  deveiiir  esclave  et  persécuté^ 

'  Pap.  S6I. 


56U 


UN  NUOVO  UBRO 


rtM  grand  détritaenl  des  con'ictence^  calholìqites  '.  Molto  giusta- 
meote!  II  toltoro  però  esiterà  un  [ìwì  nel  leggere  le  dÌTera» 
ipotesi  0  (questioni  clie  vengono  esposte  appresso  '.  Il  nostro 
Abbate,  gli  è  vero,  non  ne  afferma  nessuna:  ma  il  solo  presen- 
tarle, specialmente  alcune  di  esse,  come  liì)ere  alla  discusniote 
non  si  capisce,  specialmente  se  si  consideri  quanto  con  molto 
giudizio  egli  stesso  ne  avea  detto  poc'anzi.  Per  verità  chi  am- 
itiotta  che  tale  oocupa^aone  sarebbe  un  latrocinio  da  piibblid 
briganti,  a»  ouirage  envers  le  souveraine  Ponti/e,  une  attnnU.^ 
à  la  liberté  des  ùmes  (p.  298);  e  che  le  Pape  descendu  du  trónt 
ne  sera  plus  libre...  Vttnité  de  gouvtrnemetU  sefa  brisét  (p.  300); 
non  potrà  concepire  come  libera  ad  essere  discassa  per  esempio 
l'ultima  delle  mentovate  ipotesi.  E  la  ragione  chiarissima  si  è, 
perchè  egli  avrebbe  già  iavincibilmente  ammesso  la  negazione 
di  quanto  essa  imporri.  Perche,  schiavitCì  ò  negazione  dì  libertà 
e  d'indipendenza;  deperimento  del  Oovemo  e  de' membri  d'una 
società,  è  negazione  dello  stato  di  benessere  glorioso  e  magnifico 
di'Ua  medesima.  Né  gioverebbe  gran  fatto  l'osservare  che  in 
quelle  questioni  od  ipotesi  ritorna  il  sogno  dorato  della  separa- 
zìoue  dello  Stato  dalla  Chiesa:  essendoché  la  separazione  non  ha 
nulla  che  far  colla  usurpa:!Ìone  di-1  dominio  temporale;  ella  ansi 
lo  richiederebbe  &  più  forte  ragione.  Di  piò,  se  si  riferisse  tale 
separazione  agli  stati  Pontifici  e  si  parlasse  del  Papa-Re,  essa 

'  l'ai!.  Si»'.». 

'■  la  ni^ci^.'silé  de  celie  gorami^  a-t-clle  tlispiirti  on  diminuì?  L'arenir  oaut 
risrrte-l-ìl  de  vorr  celle  liberté  wuvepinlée  par  «ne  wile  Ab  plbJium  raonii,  »l 
sani  appui  damanial  proprement  itti?  Fin  raison  fin  clianir''in«it  ili-s  inorar*  poliK- 
quc»,  (le  la  dtlTérvnce  des  icinps  et  d'une  iiscilìcatioo  d^sirio  àia  vvpnls  el  in 
cocurs.  1p  hcMin  dr  ce  priiicipni  ci-si^rn-t-il  progressi  ve  meni  ?  Li  nurclie  de  b 
SuciéUJ  ?t  ila  tteure  liuiiuìu,  «lui  imi  à  pi-xHluir  au  Sem  Av»  punples  U  té[»ntìw 
de  ri^.!:lis>>  el  dR  l'I-^tiil  ntnòrim-t-pllv,  [HHir  am  ilorée  inennnne,  re^ereìw  <h 
pouiGÌi-  |i>rtlilìcal  dìiri"  h  «culi*  9lii)0«|itli)re  dii  i:ou<t>rrimiriit  puremfiit  t|>irìtiieI1 
Ij3  providencp  (iTìi  I-elle  r|iic  l'h^sliv,  —  ne  ?'ap[iuy,iin  jiliis.  ni  ù  Rwnc  ni  aiIlflUB 
sur  iiun  iiuloirilé  lciri|Wri'lk'.  el  ii'jìunI  p1ii<  A  r^ouler  ni  In  mriiate  ui  le  Mcvurì^o 
glHÌti'.  rominp  din<t  Ip  Arm  ))r<>mi^rr^  phuM^  ile  i-on  hi^inin*  —  tnaaifrste,  h  la  facr 
tie  l'unìiAPs  un  noavel  ot  plin  nuj^iirinuv  épiinomiaeineDL  <Ie  »  vie  mitrale  el  dhìii^ 
et  apre;  l'aurMIe  sin^hnte  nn  dorde,  apeòs  1.1  conronne  rT^pine-i  de  la  peiVcnileB, 
et  le  diadrjiiic  li'or  de  b  prot»cliori,  porle  !'ii»i(nic  de  rindépeudonce  atnolue! 

Ce  Mn  U  ant»nt  de  quearfons  Iai58i<t^j  i  h  discnssion,  mais  ansi  eovelopfées  d^aa 
TOile  épais...  p.  300-301. 


sm.  «  SILLABO  >  5ib\ 

sarebbe  un  assurdo,  se  non  si  coucepìss^  Mine  precedentemente 
arreouta  k  perdita  del  dominio  temporale;  ma  in  tal  caso  ri* 
tornerebbe  l'istesso  inconveuiente  di  cui  toste  parlavamo.  Che 
poi  il  domma  rìgnardi  Vesìatema  del  cattolicismo,  e  non  le  altre 
circostanze  plus  ou  moins  variabìes  et  ehangeantes  (p.  301), 
non  v*è  dubbio..Ma  non  è  qaesta  la,  questione;  pt-rcìiò  essa  non 
si  Tersa  sulla  relazione  del  dominio  temporale  del  Papa  colla 
esistenza  della  Cliì<?sa;  ma  sulle  romeguetize  della  perdita  di 
cosiEfatio  dominio.  Quindi  quello  che  si  dice  è:  come  possa  con- 
cepirsi quale  ipotesi  praticarnente  aHitahih,  che  la  privazione 
dei  dominio  Umporale  nel  Capo  della  Chiesa  sarebbe /orse  per 
essere  di  novella  e  più  sfolgorante  gloria,  da  colui  il  quale 
ritenga  con  Pio  IX,  stando  pur  solo  alle  parole  citate  dal  Bos- 
9eln>euf  (p.  209),  che  :  ttu  pouvoir  civH  imù'ptmdanl  est  sbces- 
8ilR£  au  souverain  Potiti/e  poiir  gu^il  puisse  Jouir  de  cette 
PLÉsiTroB  de  libbbté  sÉCESSAinE  à  raccomplissemetit  de  sotr  mini- 
STÈaB  APOSTOLiquE,  ed  ammetta  con  M.  Thiors,  pur  citato  dal  Boa- 
seboeuf,  che  le  Pape  deseendit  dn  trùne  ne  seea  plus  libke...  che 
Tusitì  de  goHvermttietìt  sbra  iirìsée? 

Oltreché  le  suddette  ipotesi  non  si  capiscono  di  fronte  alla 
stessa  proposizione  del  Sillabo.  Non  ò  dìfficilo  il  convincersene: 
in  essa  rien  condannato  chi  dicesse  che  la  perdita  del  dominio 
temporale  ad  Ecchsiae  Ubertafem  fulìcitalemgue  vel  tmxime 
cottduceret  '.  Quindi  il  da  tenersi  6  che  essa  non  farebbe  bene 
alla  liberta  e  felicità  della  Chiesa.  Or  questo  non  ò  altro  che 
la  negazione  di  quelTern  magnifica  e  gloriosa  di  libertà  e 
d'indipendenza  che  è  Tagbeggiata.  Alla  stossa  conclusione  si 
Terrà,  se  si  gitta  uno  sguardo  alla  solenne  dichiarazione  su  tal 
ponto  fatta  da  tutU>  l'Episcopato  cattolico,  alle  ripetute  proteste 
di  Pio  IX,  ed  a  quelle  non  meno  esplicite,  energiche,  solenni, 
giustissime  de!  priidenttasimo  Leone  XIII,  felicemente  regnante. 

Le  parole  aggiunto  dal  Bosseboeuf:  le  Pape  -ne  vive  tei  qtte 
fes  elucubrnfions  syslnnatiques  et  haineuses  des  adversaires 
de  VEgtise,  qui  rvveiU  avani  iotU  sa  destruction  ':  Sono  una 

■  AHocQiiilius  qu.iot^iie  SO  apr.  1H4U. 
•  Pag.  30!. 
S*H4  Xiri.  vot.  tt.  fiuf..  Sfìrt  36  27  maggio  ISSft 


562  UK  iruovo  Lrnno  stit  >  sillabo  » 

panacm  illusoria  e  nulla  più.  Por  sistomii  o  no,  per  odio  o  per 
altm  ragiuno  che  s'uffeniu  la  suddetta  proposizione,  si  cadrà 
nell'errore.  Queato  mettono  innanzi  e  proclamano  a  squarciagola 
i  nemici  della  Chiesa,  mossi  dall'ot^f^o  verso  di  lei;  questo  ripetono 
ed  ammettono  non  pochi  illusi  per  dabbenaggine.  È  hrutto  viuo 
confondere  il  fatto  colla  ragione  del  fatto  stesso.  Gli  uoi  e  gli 
altri  convitugono  (tuarito  al  fatto  nello  stesso  errore,  faencUò  ì 
primi  per  una,  e  i  aocoadi  per  un'altra  ragione. 

£  così  poniamo  tormioe  alle  nostro  osservazioni  sul  libro  ch« 
il  signor  Bosseboeuf  presenta  al  pubblico.  Abbiamo  tralasciato 
molte  cose,  e  solo  abbiamo  notato  alcune  delle  principali.  Questo 
però  basterìk  affinchè,  chi  sinceramente  ami  d'essere  istruito  sul 
Sillabo,  si  metta  a  cercare  altrove  schiarimenti  piCi  esatti,  più 
critici,  ti  più  sicuri. 

lu  questo  suo  lavoro,  per  riguardarlo  tutto  d'un' occhiata, 
l'autore,  a  nostro  giudizio,  non  ha  saputo,  o  non  fò  riusciti), 
nascondere  le  rxsTi  fris.  Il  direstì  tutto  e  sempre  intento  nel 
presentare  il  Sillabo  sotto  un  aspetto  tìon  siu>,  omettendo,  a 
dir  poco,  di  svolgerlo  alla  luce  di  quelle  ragioni,  dì  quei  pria- 
cipìi  e  motivi  che  hanno  del  divino  e  soprannaturale.  Inesorabile 
nel  giudicare  alcuni  rispettabilissimi  cattolici,  tutto  tenerezza  e 
condiscendenza  per  altri  che  pur  confessa  di  non  voler  seguire. 
Torribìle  nello  sfor;care  l' esagerazione,  iiuando  questa  riguarda 
ì  diritti  delta  Chiesa,  la  cui  natura  ed  i  cui  diritti  come  società 
poco  0  nulla  esattamente  espone:  esagerato  per  contrario  in  ri* 
guardo  ai  diritti  dello  Stato  ed  a  non  sapresti  quali  aspiraziuni 
de' popoli;  senzu  por  mente  che  queste,  ia  quanto  s'oppOQgoDV 
ai  diritti  della  Chiesa,  sono  piuttosto  le  grida  ed  i  raggiri  di 
alcuni,  relativamente  pochi,  demagoghi,  ebrei  quiisi  tutti  e  fram- 
massoni, i  quali  colla  parola,  colla  stampa,  colla  forsa,  coli*  nsnn 
tengono  schiave  le  nazioni  cristiane. 

La  guerra  accanita  contro  la  Chiesa  di  Gesù  Cristo  venna 
mossa  dal  massonismo,  fu  imbrugtiatiL  dal  liberalismo,  e  forte 
verrfi  sciolta  dal  socialismo,  quale  strumento  della  divina  gin* 
stizia.  In  questo  mezzo  tempo  i  soli  veri  cattolici  le  fianno  testa. 


CosTrau-i  IL  Capo  I. 
Conclusione  detVAppetuliee:   Un  uso  dei  Nuraghi 

i  Nuraghi,  dicevamo  in  fiue  del  precedente  articolo,  non 
ordinati  a  difesa  contro  eserciti  poderosi;  a  (luaì  genere 
di  difesa  appartenerano  essi  dunque,  e  contro  a  quai  nemici?  Or 
ecco  a  tal  dimanda  la  nostra  risposta. 

[  Nuraghi  orano  difese  pastorali  e  «impestri  acconcissimo  per 
genti  che  Tivessero  in  borgatella  a  contado,  contro  altre  genti 
:similmcate  ordinate  u  contro  altro  ancho  men  disciplinate  o  va- 
ganti, 0  contro  bande  di  predatori  che  venissero  d'improvviso 
per  terra  o  per  mare,  dall'isola  stessa  o  da  fuori.  E  che  fossero 
fatti  per  difendersi  contro  genti  che  vivessero  alla  stessa  ma- 
niera in  luoghi  altresì  vicinissimi,  appare  dall'essere  tutti  i  Nu- 
raghi a  qualche  distaoza  tra  loro.  Vien  poi  confermato  dalla 
istoria  dell'isola  sinoa'dl  nostri  col  narrarci,  come  il  caldo  sangue 
isolfloo  accenda  negl'interi  parentadi  inimicizie  mortali,  che  pos- 
sono durare  per  molte  g<!Q'>raxioni,  quanilo  non  intervenga  la 
Etìligìone,  che  ai  tempi  del  paganesimo,  lungi  dallo  spegnere, 
fomentava  nn  fuoco  si  micidiale.  Vero  è  che  l'ordinamento  de'Nu- 
raghi  nel  mostrarci  il  mutuo  sospetto,  ci  mostra  anche  meglio 
nei  Nuraghi  d'un  medesimo  territorio  lo  studio  d'aiutarsi  a  vi- 
cenda: e  non  mancando  tnk  essi  un  centro  da  cui  dipemlessero  gli 
altri,  ed  inoltre  in  uua  stessa  provincia  un  centro  maggiore  da  cui 
dipendessero  più  territorii,  non  mancava  nn  rimedio  per  antivenire 
0  spegnere  più  prontamente  le  mutue  contese.  Maggioro  era  il 
;  pericolo  con  estranei;  e  qui  il  fuoco  della  discordia  poteva  av- 

l'Ted)  qaad.  861,  pagg.  S8d-^J9  del  presenu  Tolame. 


564 


STUPII   nECKHTI   SOPRk  I   KL-RACUI 


vampare  in  maniera  (lu  inottero  in  guurra  gli  interi  comuui  e 
cantoni:  nondimono  volendo  tatte  le  genti  de'Nurikghi  goder  pa- 
cificamente del  loro  suolo,  e  perci<>  avendo  eletto  un  simile  teoor 
di  TÌvcro  in  altrettante  stazioni,  non  è  da  credere  che  i  virìni 
de'coiitcndeDti  permettessero  la  lunga  durata  e  il  facile  rinnoTv 
mento  di  simili  guerriccìuole,  tanto  più  che  prevalendo  una  parte 
e  facendosi  piA  potente  piglierebbo  poi  iialdanm  anche  contro  gli 
altri.  Pertanto  gli  assalitori  nel  prolungare  o  moltiplicare  le  as- 
senze dallo  proprie  sodi  duvevaoo  temere  di  rappresaglie  sulle 
proprie  rohe  e  famiglie  per  parte  di  genti  TÌcine,  e  eon  citi  ve- 
nivano sollecitati  al  ritorno.  Non  è  questo  adooiiue  il  maggior 
pericolo  che  allor  si  avesse  a  temere.  K  maggior  pericolo  insino 
a  tanto  che  tutta  l'isola  adottassQ  il  sistema  medosimo  di  stabile 
abitjwiono,  fu  quello  di  popoli  al  tutto  barbari  che  vedendosi 
esclusi  dai  territori  migliori  tentassero  d^iuvaderli  e  fervi  predt 
M&  i  Nuraghi  sembrano  fatti  apposta  per  ispegnorc  principal- 
mente questn  pericolo,  e  chiara  pruova  ne  è  l'essersi  un  tale 
sistema  propagato  per  l' isola  intera. 

Recita  un  altro  pericolo  cho  mai  non  uvea  da  mancaro;  e  ntlU 
Sardegna,  dove  lo  usati/e  di  qualsiasi  genere  si  son  mantenute 
più  tenacemente  che  altrove,  si  può  dofinire  più  distìntauirtitt 
final  fosso.  Trattasi  di  bande  di  predatori,  non  però  tali  che  scor- 
ressero di  territorio  in  territorio  o  sbarcassero  sullo  spiagge 
anche  di  giorno,  quando  tutti  essendo  i  robusti  alle  fatidtCt  in 
grido  d'allarme  sarebbcsi  levato  da  ogni  parte,  e  da  ogni  parte 
altresì  sarebbesi  corso  sugli  invasori.  Trattasi  invece  di  bande, 
che  irrompendo  con  assalto  notturno  faimo  anche  oj^  tremare  i 
più  fiicoltosi  nel  centro  de' più  popolati  rillaggi.  Non  osano  qaest* 
i  ricatti  della  parte  meridionale  d' Italia  eoa  rapire  una  persona 
più  denarosa  per  averne  la  grossa  taglia.  Ma  piorabaudo  nottfr 
t«rapo  sulla  casa  già  designata  od  occupati  tutti  gli  sbocchi»  dond* 
potrebbe  venirle  soccorso,  fiinno  poi  ogni  opera  per  isfoncar  l'ett* 
trala,  e  quindi  abbavagliati  ì  domestici  perchò  non  gridino  Vac- 
cormomo,  si  gittano  sul  capo  della  femiglia.  ed  anche  a  furia  di 
strazi  gli  traggono  di  bocca,  dove  tenga  riposte  le  proprie  n^ 
chej'^x,  u  in&nu  per  non  averne  le  accuse,  almen  talora,  l'uccidoaa 


E  LORO  lHPonTA^^A 


565 


Né  tali  bande  souo  di  inatfattori  gittatlsi  alla  campagua,  ma  per 
onlÌDario  si  formano  ali'uccasìoae,  e  poi  si  dissolvouo  por  ricom- 
porsi ad  ogni  volta  col  coacorrere  di  faciuortisi  viventi  in  vari 
TiUaggi  nell'ora  e  nel  luogo  fìsso  da  un  capo  segreto  per  fare 
il  eolpo.  Tali  son  anche  por -ordinario  i  dacoii  deir  India. 

Quaato  più  frequeuti  dovessero  essere  nella  Sardegna  simili 
scorrerie  al  tempo  del  pagai lusi ino  che  idolatrava  la  forza,  e  quaute 
Tolte  dovessero  rinuovarsi  sopratutto  da  genti  pift  povore,  elio 
seeadessoro  quasi  torme  di  lupi  affamati  dallo  moutague,  ce  lo 
dico  la  storia  narrandoci  le  scorrerie  che  facevano  auclie  ai  tempi 
Bomaoi  i  montanari  della  Gallura  ',  e  le  altre  terribilissime  che 
poi  seguirono  al  tempo  do*  Greci  per  opera  degli  idolatri  Bar- 
baridni  *.  E  lo  stesso  ci  dicono  i  Nuraglii  col  mostrarcisi  in  gran 
moltitudine  nelle  regioni  più  fertili,  laddove  scarseggiano  noUa 
pift  povere,  se  non  anche  vi  mancano  al  tutto.  Aggiungansi  lo 
aeorrerie  de'piratì,  nelle  quali  ancora  infaustamente  si  segnala- 
rono gli  abitanti  della  Gallura  corseggiando  sino  sulle  spiagge 
d'Etruria:  e  troppe  prima  per  ferme  lor  precedettero  predatori 
Fenici.  E  questo  pure  ei  dicono  i  Nuraghi  collocati  si  in  certo 
nomerò  pur  ogni  parte  doli'  isola  in  vista  del  mare,  ma  a  qualche 
distane»  da  esso  sopra  le  alture,  in  quella  guisa  chi3  yariineuto 
in  riguardo  dei  pirati  paesani  e  Fenici  nota  Tucidide  \  che  le 
più  antiche  città  dulia  Grecia  non  istavano  sullo  spiagge. 

Or  de&nito  il  pericolo  a  cui  soggiaceva  più  di  frequente  il 
popolo  doi  N'un^hi,  e  chiarita  con  questo  medesimo  l'opportu- 
nità di  tali  difese,  valgono  forse  più  nulla  le  obbiezioni  solite  a 
fìirsi  con  la  supposizione  che  i  Nuraghi  si  volessero  considerare 
eorae  vere  furte/ze?  Sì  potrà  forse  più  chiedere,  so  la  gente  d'ogni 
Noraghe  dovesse  sUr  inchiodata  d'intorno  a  quel  suo  rifugio;  o 
per  contrario  non  è  egli  manifesto  che  il  suo  diffondersi  durante 
il  giorno  l'assicurava,  e  solo  richiedevasi  che  alla  sera  si  rac- 


'  SnUBONE.   Gen^r.,  V,  225. 

'  pBOCoi'io.  D-  hetlfi  Vandalico,  II,  13.  —  Iustinianos,  Beo/f.  Praef.  Prov. 
Afrùae  til.  XXVM. 

•  I,  6-1.  Vtggisi  aiKorn  le  «folte  noie  del  I'evbon  nella  sua  traduzione  a  (|ael 
luoffff. 


STUDII   nRCBNTI  SOPRA   I   !<t)FUCHI 

cogliesse?  Quali  poj  fossero  ì  difensori,  è  altresì  maaifosto  ;  cnn 
cioè  tutti  i  robustii  che  il  giorno  stavano  più  sparsi  ad  ogni  f&- 
tira.  Né  avremo  da  dubitare,  che  la  priiua  lor  arma  non  fosse  la 
fionda,  al  cui  uso  addcstravasi  il  Sardo  sin  Oa  fanciullo  *,  e  sei 
coi  «so  furono  insieme  celebri  i  Baleari  viventi  con  lo  stesso 
sistema.  Non  ò  dunque  supposiidone  gratuita,  che  presso  i  No* 
raghi,  e  pili  sui  terra/jti  e  salle  cinte,  si  tenesse  provvigione  di 
pietre,  sea/achè  poi  si  possa  protendere  dì  trovarle  a  lor  lut^o, 
0  trovatele  di  ravvisarne  Io  scopo.  È  pur  agevolo  il  compren- 
dere, che  altre  loro  armi  {irecipne  fossero  o  le  stesse  o  le  più 
simili  degli  stromeuti  soliti  de'loro  lavori,  come  scari,  picconi, 
scalpelli  e  certe  asce  a  martellina  di  cui  troviamo  questo  riscontro 
presso  il  vìi.  Figari  B«y.  I  Nomadi  Ababdi  e  Bisciari  della  Nn- 
bia"  hanno  sempre  seco  qualche  martello  fatto  a  guisa  d'accetta, 
di  cui  si  servono  per  tagliar  rami,  e  staccar  l'arenaria  di  cni 
fannosi  mulini  a  mano.  Lo  armi  di  simil  genere  son  le  più  solita 
a  trordrsi  u  dentro  ^  o  presso  i  Xur^bi.  Dovremo  poi  diro,  quali 
fossero  le  sentinelle  pili  lìde,  rho  ordinariamente  bastassero,  ed 
anche  meglio  valessero  per  siffisitte  difese  pastorali  e  campestri! 
Il  cane,  perchè  si  vigile,  fu  fatto  dagli  Egiziani  persino  ìmagìne 
e  iucarnoùone  d'un  principale  loro  Dio:  il  cane  ancora  fn  sacro 
e  pei  Greci  ad  Epidauro  e  pei  Guanchì  nolle  Canarie,  tantoché 
nemmeno  ripugna,  che  fosse  tonuto  a  guardia  d'un  tempio,  se 
tal  si  tdnga  il  Nuraghe.  E  il  cane  c^U'istinto  suo  d'avventarsi 
ali* estraneo  che  s'avan^.  collocato  che  fosse  nella  nicchia  d'en- 
trata 0  in  certi  altri  forami  piiì  bas^i  che  costituiscono  false  eo* 
trate,  e  possono  giudicarsi  canili  niente  men  che  sepolcri,  potè 
f&v  le  veci  dì  guerriero  contro  un  frodolento,  che  minacciasse  di 
giorno  le  donne  e  i  fanrinlli  rimasti  soli,  dando  tempo  di  farse* 
gnali  per  essere  liberati  da  ogni  pericolo. 
Non  affermiamo  con  tutto  questo,  che  mai  non  succedessero 


■  Lo  mo^rn  il  I^ttAKio  ili  |Tli,  »1trpiunl^  i^ataettfì  Ae\  (iusIa  mosirjn')  le  oprare 
diicrx!  (li  un  [inemero  Sardo  alle  din'r^r  «U,  —  V.  U>U>'r;i  ilei  Caa.  Sta^o  al  C<^ 
nenie  LAiiAHxnnA  nopra  iilciioi  l.iri  mìtiiari  Sanli.  Cigliarì  1851,  pag.  IS,  e  (>*•  l*  !• 

'  Studi  acientifici  tuIF  Kgitto  e  sue  adiaeenie,  11,  691. 

*  S?aNO,  Pnltoetnoloyia  Sanln,  fasi-  13,  ti,  ccc.  fi  tarale  soitcssa.  —  3ftra»> 
ria  sopra  i  Nuraghi,  50,  61,  ecc.  V.  Pais,  290,  ecc. 


LORO  IH PORTANZA 

ne' Nuraghi  dei  mpimeDti  ili  persone  o  d'areri,  che  impedir  non 
a  possiino  eoa  migliaia  di  guardie  nel  bel  mozzo  dello  più  gen- 
tili citU:  come  ueaurhe  alTermianio  che  con  tutte  le  soyrindi- 
cate  difese  non  restassero  mai  espugnati  i  Nuraghi  o  per  numero 
soterchiaiite  d'assalitori,  o  pvr  sorpresa,  ])or  tradimonto,  per  frode 
0  per  valore.  Finalmente  norameno  aOTormiamo,  che  gli  assalitori 
Qou  fossero  mai  lasciati  Tare,  per  indolenza  o  mal  animo  da  chi 
ft?rebhe  do?uto  soccorrere  gli  aasalitì,  o  che  un  vineitor  furtu- 
oaio  per  quanto  perfido,  non  fosse  riconoseiuto  qiial  legìttimo 
possessore  di  un  Nuraghe  da  se  conquistato.  Il  simile  a  tutto 
qucdtu  saccede  tra  Le  più  colte  nazioni,  e  pota  succedere  allora 
assai  più  &Kìlmeute.  Ala  se  i  Nuraghi  non  recano  quella  sicu- 
re/JUi  assoluta  che  non  è  poi^ibile  in  terra,  son  pur  da  noverare 
tra  le  più  perfette  difeso  uel  genere  delle  pastorali  e  campestri; 
e  si  pad  dire,  che  in  siniil  genere  facessimo  la  gninde  isola  sin- 
golarmente forte  e  costituissero  un  gran  sistema  di  fortifìca:^ioni; 
come  può  dirsi  che  in  paragono  dì  tanto  altre  difese  campestri 
ed  anche  di  molto  tra  lineilo  solite  de'Nuraghi  medesimi,  tratto 
tratto  dessero  luogo  a  campi  trincerati  e  fortez-ze,  che  tali  si 
dicano  non  con  tutta  la  proprietà  del  linguaggio,  sibbene  con 
ragtiineTole  simìlitudiuo. 

JUa  non  c'ò  (ot7a  senza  un  governo:  e  noi  senza  fare  della 
Sardegna  co'  suoi  Nunighi  una  confo  deraziono  Svizzera,  od  una 
specie  di  Stati  Uniti»  diremo  imprima  che  certo  uell'ordicaiuento 
do*  Nuraghi  non  mancavano  capì,  come  non  mancano  anche  in 
ne£W  allo  orde  sclvaggu.  V'erano  dunque  capi  ad  ogni  Nuraghe, 
od  altri  maggiori  in  ogni  comune,  ed  altri  principali  in  ogni 
cantone:  tantoché  tutti  i  capi  subordinati,  cosi  sparsi  e  separati 
com'erano,  serbando  con  una  maggiore  o  iiiinnr  dipeDdenza  molto 
d'indipendenza,  costituissero  coi  capì  supremi  una  specie  d'aristo- 
crazia feudale.  Tutti  poi  questi  capi  volendo  serbare  qutl-che 
^MSsero  d'autorità,  orano  interessati  a  sostenersi  a  vicenda;  e 
Hn  anche  vi  erano  interossatt  tutti  insieme  i  cantoni  per  as- 
'sicarare  l'indipendenza,  propria  e  l'uso  libero  dei  propri  beni. 
S^uivane  adunque,  se  non  altro,  una  disposizione  ad  unirsi  e 
!  «occorrersi  all'occasione. 


568  SniDIt   ARGENTI   SOPHi   I   KCnAODI 

Ma  in  ogni  popolandone  antica  non  si  possono  mai  diiaonticaro 
gli  schiavi.  E  qiiosti  erano  i  primi,  coatro  i  qnali  conveniva  guar- 
darsi, massime  ne' perìcoli  repentini,  aociucciiè  nun  fuggis^ro  od 
anche  non  ìtisorpssoro.  Che  se  trovavano  il  destro  d' insorger, 
non  c'ora  poi  estrema  pericolo,  che  s'im]Xidronissoro  altresì  dtì 
Nuraghe,  dove  questo  non  fosse  goardato?  Conveniva  dunque  cbe 
il  capo  tenesse  la  posizione  più  forto  e  più  valevole  a  cnstodire 
il  Nuraghe,  e  tenesse  insieme  ben  bene  al  sicuro  singolarmente 
la  parte  imbelle  di  sua  famiglia,  che  sarebbe  poi  stata  la  preda 
pili  ghiotta  da  consegnarsi  ai  nemici  per  mano  degli  schiavi  ri- 
belli. Ora  ad  ottener  tutto  questo  non  si  trova  in  molte  «tajdoui 
il  luogo  idoneo  poi  capo  e  per  ta  sua  famiglia,  se  non  nel  Nu- 
raghe medesimo,  collocato  com'era  questo  nella  posizione  domi- 
nanttì  o  per  lo  meno  più  forte.  Come  adunque  i  Nuraghi  asso- 
migliano per  la  lor  po9Ì?,ionB  e  corrispondenza  i  castelli  dell'età 
di  meiB^'O,  cosi  dovevano  frequentemente  assomigliarli  con  essere 
l'abitazione  notturna  de* capi  e  della  loro  famiglia. 

Se  non  che  genti,  tra  cui  già  s'intende  abbastanza  cbe  predo- 
minassero pastori  e  cacciatori,  non  si  privarono  de' vanta^  che 
poT^e  a  tal  professione  il  vagare  alla  libera  di  terra  in  terra, 
senza  volere  usufruttuarc  al  possìbile  le  ricchezza  del  suolo  da 
essi  occupato.  Ne  seguivano  varie  industrie  e  commerci:  e  gii  la 
costruzione  medesima  dei  Nuraghi  ne  suppone  e  trae  seco  ben 
molto.  Perchè  poi  uell'  isola  tutta  prevalevano  gli  stessi  prodotti, 
i  commerci  che  di  essi  facevansi,  andavano  indubitatamente  ol- 
tremare. Ed  almeno  con  tali  commerci  venivano  in  sommo  pregio 
i  metalli,  nò  si  potea  non  accendere  ta  brama  di  trarre  dal  suolo 
queste  principali  rirxhezze,  almeno  dove  ne  apparivano  spon- 
lanoe  lo  tracw  o  sopra  il  suolo  o  negli  scavi  fattisi  delle  pietre 
per  fabbricare  i  Nuraghi.  Tutto  questo  richicdovii  moltitudine  Q 
siciìTezza  di  officine,  cave,  depositi,  vie  battute,  acali  ed  emporii: 
e  poiché  i  centri  delle  popolazioni  stavano  presso  i  Nuraghi.  « 
quivi  es^c  trt^vavano  lor  sirnrezza,  sotto  la  tutela  do'Nur^hi 
dovevano  stare  i  luoghi  anzidetti,  od  anche  dentro  i  Nuraghi  i 
depositi  e  gli  emporii,  così  diventando  l'intera  Sardegna  un  centr» 
considerevole  di  commerci. 


E  LORO  1HP0nTA<rZA  569 

^Hb  lun  si  ottientì  e  molto  meoo  si  conduce  a  qualche  stabile 
;rf«don6  verun  ordi aumento  sociale,  sena  che  v'abbiano  una 
"parte  prioiaria  i  sentìiuentì  religiosi  e  morali.  Or  noi  non  diremo 
pur  qutìsto,  che  L'intera  Sardegna  fosso  co'suoi  Niiraglii  un  solo 
santuario  con  3000  tra  templi  o  teiiipietti  o  st^zlom  sacre,  nò 
la  diremo  una  nocrópoU  o  un  Pantheon  di  somidoi  ed  eroi  con 
altrettanti  sepolcri:  ma  dalia  Religione  de' sepolcri  tutelata,  qua! 
la  vedremo,  dai  Nuraghi  ne  dedurremo  con  varie  riprove,  che 
tutti  probabiimente  fossero  consecrati  dalla  Beligiyne,  ed  appar- 
teiieRsero  a  capi  investiti  di  potere  ancor  religioso;  riconoscendo 
pura  iu  alquanti  Nuraghi  una  dedicazione  singolare  ad  ubo  di 
religione,  se  non  anche  tutti  insieme  i  caratteri  di  tempio  o  dì 
Tenerato  sepolcro.  ' 

Tanta  varietà  di  deduzioni  si  pu&  bene  sin  d'ora  riconoscere 
ragionevole:  ma  siamo  ben  lungi  dal  crederla  dimostmta  con  la 
semplice  esposiiiione.  E  conviene  per  questo  insistere  nelle  va- 
rietà dei  Nuraghi  ed  in  quella  delle  loro  appartenenze  e  rela- 
zioni: il  che  darà  pnre  vnrìeUk  diluttavole  ai  seguenti  ra^guiiglì, 
e  no  farà  comprendere  1*  importanm.  Ma  perdio  in  tutto  appa- 
risca l'uno  nel  vario,  convorrà  insionio  mostrare,  come  tutto 
s'accordi  con  una  più  perfetta  difesa,  e  cosi  ogni  varietà  di 
particolari  concorra  ad  una  generale  armonia.  Saliamo  or  sen- 
z'altro alle  catnere  superiori. 


I  DERELITTI 


XXII. 

LS  AS008CB  DEL  CUOB  MÀTEaSO 

Appresso  alla  dipartita  di  Emma  e  di  Pierinn  menaTasi  nella 
stambei^  BelHortì  una  viU  dit^i  rotanti  più  dolorosa  e  grama 
che  per  lo  innanzi.  Ogni  dì  che  trascorrea  senza  notìzie  raddop* 
piava  aila  famiglia  i  palpiti  dijll'ausietii  e  del  timore.  —  Che 
sarà  mai  avvenuto?  dicea  con  angoscia  materna  la  Marchesa. 
Sono  già  dieci  ^orni  da  che  partirono,  e  non  sì  fanno  ancor  tìtì! 
Ah  di  certo  6  loro  iucuntrata  qualche  mala  ventura!  Ed  io, 
imprudente  che  fui,  lì  lasciai  partire  senza  farli  accompagnare 
0  tenerli  raccomandati  a  persona  di  fiducia!  Cosi  rammarìcavafli 
Ih  dolente  redova;  ma  la  Mima  stndìavasi  di  levarla  d'aGFanno 
dicendole:  —  Che  temi,  o  mamma,  e  perchè  tanto  ti  accori? 
Emma  è  donniaa  assennata  e  di  gran  cuore,  a  eiii  bastereblK 
l'animo  di  viaggiare  in  capo  al  mondo.  Temi  fbrse  ch'ella  siasi 
smarrita  tra  vìa? 

—  Oh  no;  ma  non  sai  quanti  casi  fortunosi  avvengono  ai 
viaggiatori  ? 

—  Eh  si  davvero  !  Egli  è  «n  gran  viaggio  qnel  che  fanno 
Emma  e  Pierino!  È  una  volata  di  sei  ore  in  ferrovia  e  di  otto 
0  al  piii  nove  in  vettura. 

—  Per  questo  appunto  cho  il  viaggio  6  corto,  avremmo  dovuto 
avere  da  più  giorni  le  loro  notìzie.  Ma  neppure  una  cartolina,  noa 
sola  cartolina!... 

—  Ed  Emma  avralla  scritta  senza  fallo:  ma  come  la  villa  dello 
zio  è  lungi  parecchie  ore  di  cammino  da  Cagli,  ella  deve  averla 
consegnata  a  qualche  villanzuMlo,  perchè  fosse  a  impostarla;  e 
il  badalone  l'avrii  dimenticata  o  smarrita;  eooo  tutto.  Chi  non  sa 
«he  corti  villani  e  montanari  quando  s*  inurbano,  cadono  pcrfiiu 


I  OEREtrm   -   XXII.   LE  AKCCSCE  DEL  CUOR   HATEnXO 


571 


7. 


ì  mente  a  so  stessi,  e  se  ne  vanno  per  la  cittilh  a  zonzo  col  naso 
alle  stello,  la  bocci  aporta  e  il  cervello  sopra  la  berretta? 

Non  avea  ancor  terminato  di  dire,  ch'ecco  giiingisre  il  postino 
colla  sospirata  lettera  di  Emma.  Ija  Marchesa  e  la  Mima  bal- 
zarono di  gioia  al  rictìvorla;  ma  quale  non  fu  la  loro  sorpresa 
al  vedern  dentro  una  data  di  sei  giorni  innanzi! 

Esse  arrecarono  quel  ritardo  a  smemorataggine  del  messo 
mentre  era  una  marioleria  della  Rosina^  che  avea  trattenuta  la 
lettera  dopo  averla  aperta  e  Ietta,  [n  quella  Emma  narriiva  alla 
madre  le  avventure  di  quel  viaggio,  non  facendo  però  motto  della 
glaciale  accoglienza  dello  zio  per  non  iniicerbirle  l'animo  afQitto. 
liaseio  pensare  al  lettore  la  crudele  trafittura  che  i  casi  di  Emma 
e  Pierino  diedero  al  cuor  della  madre,  della  sorella  e  dell'alTet- 
tuosa  Mariuccina!  La  Marchesa  soprattutto  non  sapua  darsi  pace 
ch'Knima,  derubata  del  danaro,  non  T  avesse  con  un  telegramma 
avvertita;  che  ell'avrobbe  impegnato  Lnfìno  alla  camicia  por 
soccorrerla.  £  però  gliene  mosse  dolce  lamento  per  lettera,  ag- 
giungendo nella  risposta  mille  cose  affettuose  a  lei  e  a  Pierino. 

Id  questo  frattempo  Bruno  sempre  al  buio  del  vero  stato  delle 
cose  e  persuaso  clie  Emma  non  avesse  smesso  ogni  pensiero  di 
nozze  se  non  a  cagione  del  mal  animo  del  padre  di  lui,  confor- 
tavala  di  frequente  per  lettere,  dicendole,  che  se  null'altro  ostava 
al  divisato  matrimonio,  ripigliasse  animo  ch'egli  avrebbe  superato 
le  ripugnanze  di  suo  padre.  E  a  tal  uopo  infatti  avea  scrìtto  ora 
alla  madre  sua,  ora  all'antico  suo  maestro  D.  Giulio,  uomo  di 
molta  autorità  presso  il  padre,  ed  ora  a  quegli  amici  che  credeva 
più  disposti  a  favorirlo,  scongiurando  tutti  costoro,  perchè  si 
argomentassero  di  vincere  le  ritrosie  del  Banchiere,  o  almeno  lo 
recassero  a  tanto  che  ooncedessegli  licen;»  di  rimpatriar  e.  Di 
tutte  cotesto  lettere  le  une,  cÌoà  quelle  dirette  ad  Emma,  vennero 
al  solito  intercettate;  e  le  altre. giunsero  al  loro  destino;  però 
non  approdarono  a  cosa  che  valesse.  Dappoiché  egli  non  ebbe 
dagli  amici  suoi  altra  risposta  se  non  che  vedrebbero...  ^reb- 
booo...  0  aveano  detto...  tentato...  fatto...  ma...;  e  quel  ma  non 
mancava  mai.  Intanto  il  non  vedere  riscontrate  da  Emma  lo  suo 
lettere  eragli  di  un  coltello  al  cuore;  e  spasimava  di  tornare  ìa 


579 


I   DERELim 


patria,  per  potere  aflBatarsi  con  essa  e  sapere  se  avea  ricevuto 
le  sue  lettore  ed  era  disposta  a  ripigliare  le  interrotte  trattatirei, 
avendo  egli  fermo  in  cuore  di  condurle  a  capo.  Scriveva  poi  al 
padre  suo  mille  ragioni  e  pretesti,  perchè  Io  richiamasse  in  patria; 
e  il  Blando  non  lo  desiderava  meno  di  lui,  come  quegli  che  av» 
fatto  venire  in  tutta  fretta  rErmelinda  per  darle  in  isposo  il 
figlio.  Però  prima  di  concedergli  il  permesso  di  rimpatriare, 
facca  ragione  di  dilungare  dalla  città  anche  la  Marchesa:  ac- 
ciocché Bruno  non  venisse  a  smascherare  tutti  1  suoi  artifìci) 
e  le  barrerie  del  Trappola.  L'impresa,  corno  ognun  vede  era 
assai  malagevole;  ma  che  non  può  l'oro  in  mano  ai  tristi I 
L'avvo<*ato  por  cupidigia  di  guadagno  assottigliò  di  tanto  i  suoi 
avvisi,  che  vennogli  immi^inata  una  nuova  e  più  audace  bin- 
doleria. 

Egli  avea  spillato  da  certe  donniccinole  del  vicinato  che  il 
marchesino  Cesare  Belfiore,  ito  a  procacciare  sua  ventura  in 
Alessandria,  orasi  accontato  con  un  Pascià,  e  messosi  con  luì 
per  medico  o  aogretario  che  fosso.  La  notizia  era  esatta  e  venata 
poe'au7>i  por  lettera  dall' istosso  Cesare;  il  quale  avea  scrìtto 
alla  madre,  che,  grazie  ai  buoni  nfficìi  del  signor  Cencio  marito 
della  Qhiti,  a  cui  ella  aveato  raccomandato,  un  buon  Pascià, 
Zerbib-KtTeudi,  avealo  preso  al  suo  soldo  e  invitatolo  ad  accom- 
pagnarlo iu  una  missione  affidatagli  dal  Gererno  Egitiano. 

Il  Trappola  non  c-ercò  più  avanti;  e  scrisse  con  simulato  ca* 
raUere  e  mentito  nome  nna  lettera,  ch'egli  fìngeva  datata  dal 
Cairo,  0  in  cui  dicovasi  :  —  essere  colà  giunta  notizia  di  un  cotal 
giovano  italiano  fatto  prigioniero  in  un'avvisaglia  tra  la  scorta 
del  Pascià  Zerbib- Effendi  e  una  masnada  di  ladroni  del  dosorto. 
E  per  meglio  colorire  la  menzogna,  chiedeva  nella  detta  lettera 
al  suo  amico  se  per  ventura  sapesse)  indicargli  il  nome  e  la 
condizione  del  giovano  italiano.  Quest'amico  a  cui  veniva  diretta 
la  finta  lettera  era  un  tal  Baratti,  che  tenea  di  mano  al  TrappoU 
in  tutte  le  sue  ciurmerle;  e  però  anche  in  questa,  da  cui  aspeV 
lavasi  un  grosso  guadagno.  Egli  indettato  da  costui  del  perso- 
naggio che  dovea  sostenere  in  commedia,  da  vero  barattiere  qnal 
era,  e  come  ristesse  nome  parea  indicare,  diessi  a  spallerò 


XXII.  LK  k^GOSCE   DRL   CTOlt   MATRnNO 

TOOd  di  questa  lettera  tra  alcano  feinniinuc<:6  che  dimoravano 
nei  pressi  dolla  cascttu  Bclflort),  raccomaDdaado  però  loro  il 
segreto,  por  tema,  dicova  t^li,  che  non  no  giungosse  vento  alla 
povera  Marchesa, 

Chi  vuole  che  ona  notizia  si  propali  per  tutto  il  vicinato  culla 
celerità  del  lampo,  non  ha  a  far  altro  che  pispigliarla  alPorec- 
chio  di  f^ualcho  don nìccl noia.  D  pii'.Tiicore  cho  prude  alle  femmi- 
iiett«  la  lingua  e  la  vaaità  di  mostrarsi  posseditrici  di  un 
segreto  faranno  sì  che  loro  tardi  ogni  ora  miiranni  di  potersi 
aprire  con  qualche  confidente  o  arnica;  la  quale  a  sua  volta  e 
per  ristosso  bisogno  eserciterà  la  sua  lingua  con  una  terza,  e 
cosi  di  bocca  in  bocca  il  segreti)  si  bticcineri^,  in  men  che  noi 
dico,  per  ogni  dove.  E  tal  appunto  fu  la  sorto  del  simulato 
segreto  del  Baratti,  strombazzato  in  poco  d'ora  per  tutta  la  oon- 

ida,  tanto  che  la  sera  di  queir  istesso  giorno  ne  giunse  un'eco 
'agli  orecchi  dalla  Marchesa.  Pensi  il  lettore  con  che  ansia  ma- 
terna la  dolente  sì  facesse  a  rintracciare  l'origine  di  quesV  in- 
bustik  oovella,  sparsasi  o  accreditat;i  per  tutt'  intorno!  Né  andò 
guari  che  vennele  ftitto  di  scoprirla,  grazie  alle  diligenze  della 
Ihrìnccina;  la  quale  ar  voi  tace  hìatasì  qua  e  colà  per  le  case 
iTÌdne,  e  presa  vece  dalle  sue  conoscenti,  venne  a  sapere  della 
ira  e  del  Baratti.  Ond'ella  fu  tosto  a  casa  di  costui,  pre- 
idolo  che  ,sì  compiacesse  di  consegnarle  la  lettera,  se  pure 
un  preferiva  di  recarla  egli  stesso  allii  Marchesa,  per  darle 
l«e* maggiori  schiarimenti  ch'ella  avesse  potuto  desiderare.  Il 

idolo  del  Baratti  fo*  vista  che  molto  gli  dolesse  di  dover  essere 

sro  di  cosi  dolorosa  notizia  a  chi  avea  già  tanto  solTerto; 

poi  iu  sembiante  d' uomo  rassegnato  soggiunse,  che  indi  a 

l'ora  avrebbe  egli  stosso  consegnato  la  lettera  alla  Marchesa. 

Quest'ora  parve  lunga,  etema,  infernalo  alla  vedova  o  alla  sua 
imiglia;  cotalchi  quando  venne  a  c&sa  Belfiore  il  Baratti,  av- 
legnachi  fosso  portatore  di  male  nuove,  fuvvi  ricevuto  presso 
che  a  festa. 

—  Ec&imi  qua,  egli  disse  entrando,  agli  ordini  suoi, signora  Mar- 
fì-'^a,.  Mi  dispiace  di  aver  dovuto  differire  alquanto  per  urgenti 
i  la  mia  venuta. 


574 


I  ontBLrm 


—  Non  pn6  credere,  signor  Baratti,  con  qual  ansia  » 
aspettato.  Ed  ora  le  sono  molto  tenata  di  tanta  sna  getfd 
B  cortesia.  ^ 

—  Non  ha  di  che.  Era  mio  dovere,  non  appena  seppi  il 
denidorio,  recarmi  qna  in  persona  a  consegnarle  la  lettera 
mio  amico  Del  Forno;  e  mi  duole  all'anima,  clie  questa  non 
qual  io  l'avrei  bramata;  o  si  dicendo,  dìolle  la  lettera,  eli 
Uarchesa  prese  e  spiegò  con  man  tremante.  La  corse  coU'oec] 
e  gitiata  al  punto,  in  cui  il  fìnto  Del  Forno  dopo  altre  noti 
che  il  Trappola  por  meglio  mascherare  l'inganno  vi  avoi' 
frascate,  veniva  a  narrare  l'improvviso  assalto  de' ladroni 
resistoaza  della  scorta  del  Pascià  Zurbib-E^endi,  e  l'eruioo  va 
di  un  giovane  italiano  men  che  ventenne,  venato  dì  fresco  d 
Francia  e  fatto  nel  combattimento  prigione.  La  povera  mi 
non  potendo  più  dubitare  che  quegli  fosse  il  suo  Cesarino^ 
venne  morticcia  iu  viso,  abbandonò  il  foglio  e  lascìossi  ca^ 
in  sul  canapè  quasi  fuura  de' sensi.  Un'angoscia  mortale  j 
ravale  il  cuor^  e  affollavale  il  respiro.  Era  pallida  corno  la  ra< 
e  muta  come  la  statua  del  dolore.  Un  gelato  sudore  bagnai 
la  fronte,  le  labbra  convulse  tremavano  o  duo  lagrime  im| 
trìvano  sulle  pupille  immote  e  senza  lampo.  La  Mii 
Mariuccina  affr^ttaronsi  a  slacciarle  d'in  snl  petto 
spruzzaronle  d'acqua  fresca  la  fronte,  e  toltala  dì  peso  tra 
braccia,  adagìaronla  sul  letta.  Il  Baratti  tutto  in  sembianti 
uomo  addolorato,  mentre  tuttu  dentro  gongolava  di  contento,  Att\ 
in  fronte  od  esclamava:  —  Ab  non  le  avessi  mai  recato  eosltrl 
novella!  E  fatto  verso  la  Marchesa  un  visino  compassionevoli 
torcendo  il  collo  a  guisa  d'uom  contrito,  dicevate:  —  Hi  perdi 
Signora,  se  sono  stat^  involontaria  cagione  di  tanto  affauo* 

—  Anzi,  riprese  la  Marchesa,  che  cominciava  a  riaversi 
quel  primo  smarrimento  di  spiriti,  io  le  so  grado  moUissii 
non  avermi  tenuta  nascosta  una  notizia,  la  quale,  poTj 
siami  crudele,  straziante,  io  non  dovevo  ignorare. 

—  Tanto  più,  ripigliò  il  Baratti,  che  l'averla  saputa  fti 
potrà  risparmiarle  uno  schianto  maggior  di  cuoro  per  l'avveoii 
poiché  alla  fine  suo  figlio  vive  ancora,  comechè  prigioniera. 


;ralJl 


veni 
ssimo 

j 


ZXn.  LB  AN00SC8  DBL  CCO»  KATERKO  575 

—  Lo  crede  ella?  dimandò  la  Marchesa,  a  cui  nn  lampo  di 
spotraoM  rischiarò  in  quel  inomont»  il  volto.  L'avrebbero  dunque 
que' barbari  o  fieri  nemici  del  nome  cristiano  risparmiato?... 

—  Lo  credo  e  lo  spero,  pur  che  si  pensi  seriamente,  e  senza 
por  tempo  in  mezzo,  al  suo  riscatto. 

Tanto  basU»  perchè  la  Marchesa  si  sentisse  dì  tratto  alleviare 
il  peso  dell'ambascia  e  rialzare  T  animo  abbattuto.  Levossi  inctm- 
tanent«;e  progi*)  it  Baratti  che  volesse  aiutarla  di  consiglio  a 
eotest'ìmpresa,  da  cui  dipendere  dovea  non  pure  la  vita  di  un 
figlio,  ma  quella  di  tutta  una  famìglia. 

E  il  Baratti,  com'era  da  supporre,  non  si  fé' pregare;  raa 
proferissi  pronto  a  quanto  la  Marchesa  sarebbe  per  richiedergli. 
£ra  qnello  appunto  che  il  gaglioffo  volea.  Postisi  a  sedere  in- 
tomo a  un  tavolino,  presero  egli  e  la  Marchesa  a  discutere  il 
da  farsi  per  liberare  i!  prigioniero,  mentre  la  Mima  e  la  Ma- 
rìuecina  mute  pendeviiin)  coir  anima  dalle  loro  labbni. 

Ma  in  sull'aptirsi  della  discussione  la  Marchesa  non  potè  re- 
sistere &  un  segreto  senso  di  terrore  che  impadronivasi  del  suo 
spirito,  e  dimandò  dì  nuovo  con  voce  tremante  al  Baratti.  —  Mi 
dica  con  tatta  sincerità,  crede  lei  che  giungeremo  a  tempo  a 
liberare  mio  figlio?  Non  sarà  egli  stato  ucciso  da  que' barbari, 
come  lo  furono  tanti  altri  europei?  £  si  dicendo,  die  in  uno 
scoppio  di  pianto. 

—  Si  rassicuri  e  si  consoli,  Signora  mia,  cbc  i  ribelli  o  ì  la- 
droni che  BÌeno,  si  guarderanno  bene  dairucciderlo,  se  non  per 
an  senso  di  umanità,  certo  per  cupidigia  di  guadagno  e  per  ti- 
more di  tirarsi  addosso  la  vendetta  del  goveroo  egiziano  e  degli 
«aropei,  ch'essi  finalmente  hanno  imparato  a  conoscere  e  a  temere. 

—  Ma  se  non  l' uccidono,  ne  lo  meneranno  schiavo,  Dio  sa  dove  ! 

—  Eh  oggi  giorno  che  tutta  l'Africa  è  corsa  por  lungo  e  per 
largo  dagli  Europei  non  vi  si  può  tenere  cosi  occulta  la  prigionia 
di  un  bianco,  che  non  ne  spiri  qualche  fiato,  e  non  ne  giunga 
fino  a  noi  suH'ali  del  telegrafo,  come  un  lampo,  la  notizia. 

—  Piaccia  a  Dio  ch'esser  debba  così  cera* ella  dice.  A  ogni 
modo  noi  dobbiamo  dal  canto  nostro  mettere  tutto  in  opera  a 
fine  di  strapparlo  dagli  artigli  di  que'  feroci,  che  mi  dicono  essere 


L 


t  DERELITTI 

sitilwndi  del  sangue  europeo  e  cristiano.  Converrebbe  atlniviaa 
fame  richiamo  al  Ministero,  che  ne  dice? 

—  AI  Itinistero?  ma  si  trarrebbe  l'affiire  in  lungo,  Iddio 
quanto,  e  qui  $i  conviene  troncare  ogni  dimora  sotto  pena  d 
arrivare  troppo  tardi  al  bisogno. 

—  Sarà  dunque  mt't^lio  mandare  tostamente  colà  chi  lo  ri 
scatti;  ed  io  ho  in  Alessandria  una  buona  e  caritateToLe  persou, 
il  signor  Filippo  Cenci;  il  quale,  come  spero,  non  Torrà  rifiu 
tarsi  a  quest'opera  di  carità.  Lo  conosco  appena  di  rista;  ma 
egli  A  il  marito  dì  una  nostra  amica  o  benefattrice,  a  ctii  seri 
Terft  ittoontanonto,  perchò  ne  lo  preghi  e  scongiuri  a  volerà  ado- 
perarsi per  la  libenuioue  di  mio  figlio. 

—  Eccellente  idea!  ma  l'affare  ò  urgente  e  non  soffra  dila- 
zione. Prima  che  giunga  la  lettera  e  che  tomi  la  ri8podt&,  ti 
vorranno  almeno  tre  settimane;  ò  troppo,  è  troppo!  Le  cose  i 
ghe,  dice  il  proverbio,  diveniano  serpi. 

—  Ha  ragione.  Bisognerà  adunque  ricorrere  al  telegrafo, 

—  Xon  avvi,  a  mio  avviso,  altro  mozao  che  questo;  e  se  la 
aggrada,  io  stesso  m'incarico  di  questa  bisogna. 

—  Troppa  bontà,  Signore,  io  non  so  come  ringraziarla,  rispoM 
la  Marchesa,  a  cui  parve  gran  bella  cosa  trovare  chi  si  aceal* 
lasse  di  si  buon  grado  le  spese  di  costosi  telegrammi. 

—  Bando  ai  complimenti,  riprese  il  Baratti;  il  contento  ipuf 
fabile  che  provo  di  potere  in  qualche  modo  cooporare  alla  sal- 
vez;ìa  di  un  nostro  cont^ittadino  e  alla  traut^uillìtà  di  Vossignorìa 
e  della  sua  degnissima  famiglia,  mi  ò  esuberante  guid 
del  tenue  servigio  che  ho  l'onore  di  prestarle. 

E  si  dicendo  levossi;  e  ricevuto  dalla  Marchesa  il  ricapi 
Cenci,  accomiatossì  da  lei,  che  colle  lagrime  agli  occhi  p 
devasi  ÌQ  riagraziamonti:  ma  invece  di  avviarsi  alla  9 
del  telegrafo,  fu  il  brìSTaldo  e  barattiere  a  casa  il  Trappola,  cbé 
r aspettava,  a  contargli  il'  buon  successo  della  sua  ciurmeria. 
che  que'dne  tristi  arnesacci   fecero  le  pii)  matte  sghig 
del  mondo,  applaudendosi  Tuo  l'altro  e  rincorandosi  a  coDdfl 
a  capo  la  trama  cosi  bene  avviata. 

Il  Baratti  indi  a  poche  ore  tornò  a  casa  Belfiore,  e  in  6«iB' 


XXB.  LG  AKGOSCK  DEL  GCOR  SATERNO  577 

biante  d' uomo  cimtrariati)  no' suoi  disegni,  dìsso,  non  essere  giuuta 
alcuQa  risposta  al  telegramma  da  sa  spedito  al  Cenci,  ma  cb'  egli 
bbeglì  telegrafato  di  nuovo. 
Il  dì  seguente  pr^sentossi  di  buon  luattioo  alla  Marchesa  tutto 
in  Tolto  raoDiivolato,  e  dissele. 

—  Signora  mia,  qui  è  a  corcare  altro  riparo  ai  casi  nostri. 
Il  signor  Conci  non  risponde  neppure  al  secondo  telegramma, 
forse  per  essere  assente  da  Alessandria;  e  intant)  it  tem[K)  passa, 

noi  ci  restiamo  colle  mani  a  cintola,  lasciando  che  il  povero 
gionieru... 

—  Ah  mio  Dio,  sclam6  la  Marchesa  coprendosi  la  faccia,  io 
tremo  in  peasarvi!  Questa  notte  non  ho  chiuso  occhio,  nuiliuando 
mille  progetti  in  Uipo.  E  mia  tlglia  e  la  Mariuccina  anch'esse 
non  hanno  fatto  che  piangere.  Ah  s'io  potessi,  volerei  all'istante 
kt  stessa  in  soccorso  di  mio  figlio,  e  lei  sa  bene  quel  che  può 
fare  l'amor  di  una  madre! 

—  Che  dice  mai  Signora?  Avrebbe  ella  coraggio  di  andare 
fin  colà? 

—  Perchè  no?  G'ìh  sarei  a  quosVora  in  viaggio  se... 

—  Se  il  pensiero  degli  altri  figliuoli  non  ne  l'avesse  trat- 

KDuta!... 
—  Ah  non  è  questo  il  mio  imbara;izo;  perchè  duo  dì  loro  già 
tono  affidati  alle  cure  di  uno  Zio;  il  bimbo  rimarrebbe  a  casa 
eon  la  Mariuccina,  che  ha  per  lui  un  cuoro  di  Mamma,  e  questa 
mia  flgliufda,  che  ella  qui  vedo,  ha  piti  coraggio  di  me  e  mi 
accompagnerebbe. 

—  Non  solo  in  Egitto,  interruppe  con  onfasi  la  Mima,  ma  fino 
al  Giappone. 

La  Marchesa  die  ana  tenera  occhiata  alla  figlia;  e  un  sor- 
rìso di  compiacenza  sfloroUe  le  labbra. 

—  Mi  rallegro  con  lei,  signora  Miirchesa,  disse  il  Baratti,  che 
«bbia  una  tal  figliaola  e  cotanto  animosa  da  disgradarne  qnal- 
«hosiasi  de' nostri  pii^i  arditi  giovanotti.  A  dirle  il  voro,  anche 
A  me  erasi  affacciato  in  mente  Tistesso  pensiero;  ma  non  osavo 
f  roiKirlu,  perchè  riputavalo  di  troppo  ardua  esecuzione.  Ora  però 

Serit  XIII.  poi.  II.  fanc.  803  37  28  maggia  1886 


rt78  I   DERELITTI 

che  te  ve^o  disposte  a  tanto,  noa  posso  che  approvare  ìl  lotQ 
diseg^io  ed  esibirmi  pronto  a  secondarlo. 

—  E  abbiamo  infiittì   intisticrì  del  suo  aiuto;   perchè  se  tt 
bnona  volontà  non  ci  manca,  ci  fanno  difetto  i  mezzi... 

—  Ho  intoso.  Trattasi  di  trovare  una  somma  che  basti  a  co 
prire  le  spese  del  viaggio  e  nn'altra  majargiure  pel  riscatto  del 
figlìol  La  rosa  in  vero  è  assai  malagevole  a' t'empì  che  oorrooo; 
basta,  tenteremo...  Iddio  ci  aiuterà. 

K  sì  dicendo,  reoossì  tutto  in  so  stesso  come  nomo  cho  chiana 
a  raccolta  i  suoi  piinsìeri  ;  si  passi)  due  o  tra  volto  la  mano  sulla 
fronte  in  atto  di  chi  vuol  farne  scattare  un'idea;  e  poi  serri 
dendo  a  un  tratto  per  la  bella  pensata,  e  affissando  la  Mar- 
chesa. —  Ah,  Signora,  esclamò,  mi  è  spuntata  in  capo  una  la- 
minosa idea,  ed  H,  presentarmi  a  una  vedova  assai  denarosa  » 
che  fa  segretamente  grosse  limosino  ;  e  porto  fidanza  di  accattanw 
quanto  bisogna  al  nostm  intento.  Vorrei  potergliene  diro  il  nomo; 
ma  so  che  quella  gentildonna  non  versa  le  sae  beneficenze,  M 
Don  a  patto  che  se  ne  ignori  la  fonte.  Ella  vuol  esegaire  lUi 
lettera  il  consìglio  evangelico,  l' una  mano  non  sappia  qnel  eh» 
dà  L'altra.  Ma  che  monta?  Vengano  i  bezzi  donde  che  9ia,eb3 
li  riceveremo  a  bocca  baciata!  Sorrise  del  suo  spiritoso  motto, 
levossi  e  accompagnato  das;lì  affettuosi  rìngruziamenti  della  pò* 
vera  Marchesa,  che  ne  piangeva  di  consolazione,  se  ne  partì. 

U  giorno  appresso  in  sull' annottare  oocolo  di  nuovo  a  can 
Belfiore,  e  questa  volta  tutto  festante,  come  chi  è  venuto 
cernente  a  riva  di  una  sua  vivissima  bnima. 

—  Bnone  novelle,  Signora  Marchesa,  sclamò  egli  entrando  a 
fregandosi  di  contento  le  mani,  buone  novelle! 

—  Dunque  ha  trovato? 

—  E  come!  pìiì  di  quel  che  mi  aspettava!  Or  oonterA  tntl»^ 
e  tirata  a  so  una  seggiola,  si  assise  al  tavolino  del  salotto;  4 
la  Marchesa,  la  Mima  e  la  Muriuccina  fecerglì  cerchia  intoriv 
smaniose  di  udirlo. 

—  Hanno  dunque  da  sapere,  cominciò  egli  con  quel  &re  di 
sinvolto  e  Franco,  che  è  proprio  de' ciurmatori  di  professione. 


XXII.   LE   ANGOSCE  DEL   CUOR   UATEHNO 


570 


10  appena  uscito  di  qua,  non  soprastetti  un  istante  a  mettere 
in  esecuzione  il  disegno  che  eraniisì  alTaccìatu  iu  mento,  e  fu 
rintracciare  persona  di  fiducia  della  ricca  vedova,  perchè  m'in- 
troducesse a  lei  e  appoggiasse  la  mia  domanda.  Lo  trovai  a  se- 
conda del  mio  desiderio  nel  suo  Direttore  spirituale,  uu  sani'  uomo 
tatto  carità  e  sempre  pronto  a  far  servigio  al  prossimo  per 
amor  di  Dìo. 

Com'egli  ehbe  inteso  da  me  di  che  trattavasi,  senza  frapporre 
indugio  fu  a  casa  la  vedova;  e  seppe  tanto  dire  a  favore  di 
Tossignoria  e  di  suo  figlio,  che  quando  io^  ricevuto  per  questa 
mane  T  appuntamento  alle  dieci,  mi  presentai  a  quella  santa 
Signora,  ella  senz'altro  mi  snocciolò  tre  mila  lire  in  napoleoni 
d'oro!  K  sì  diciindo,  trassosl  am  molta  solenuità  di  tasca  un 
boon  gru7J»lo  di  monete,  avute  di  soppiatto  non  già  dalia  tal 
Signora,  ch'egli  diceva,  ma  dal  banchiere  Blando  per  mezzo  del 
Trappola.  ConsegnoUe  con  gentil  atte  alla  Marchesa,  dicendole  :  —  -3 
questo  non  basta.  La  generosa  vedova  mi  ha  dì  più  obbligato  sua 
fede  che  avrebbe  sborsato  il  prezzo  del  riscatto  del  prigioniero; 
ootalchè  Vossignoria  giunta  che  sia  coIÌl,  e  ben  accertata  la 
somma  a  tal  uopo  richiesU,  non  ha  a  far  altro  che  notificar- 
mela con  un  telegramma;  ed  io  gliela  mandon't  incontanente  iu 
cambiale  da  riscuotursi  alla  banca  di  Alessandria. 

cosa,  come  ognun  vede,  fin  qui  andava  liscia,  liscia,  che 
facea  una  grinza.  La  Marchesa  aveva  ora  in  mano  più  di 
lauto  le  bisognasse  per  l'andata  e  il  ritorno;  ond'ella  riogra- 
to  con  effusione  il  Baratti,  e  per  suo  mezzo  l'occulta  bene- 
00,  dìessi  a  far  tosto  gli  apparecchi  del  viaggio;  e  il  di 
ente  scritta  ad  £mma  una  lettoni  e  raooomandato  il  suo 
ìcuccio  alla  Mariuccina,  si  mise  colla  Mima  in  ferrovia  alla 
Ita  di  Genova,  ove  appena  giunte,  imbarcarono  in  un  Vapore 
Società  Hubattiuo,  ch'era  sul  punto  di  prendere  mare  verso 
rOricato,  e  salparono  alla  volta  di  Alessandria. 


98U  I   D£RELITTt 

XXUI. 

m  ruoaio  id  \lksandru  di  ioitto 

Nella  trarersata  la  Uarcfaesa  e  la  figlia  mareggiarono  aasai  ì 
primi  giorni  pel  contìnuo  beccheggio  o  rullio  del  Vapore,  che 
pruoggiava  contra  vento  e  con  maro  grosso  ed  arruffato.  Era  U 
prima  volta  eh' esso  mettevano  pie  in  ona  nave;  o  però  tornava 
loro  più  che  agli  altri  passeggieri  affannoso  qnoU' ondeggiare  e 
più  terribile  l'aspetto  degli  spameggianti  marosi,  che  fìoltavano 
il  loro  legno.  Sol  chi  è  ausato  alle  traversie  del  mare,  o  ha  salda 
tempra  d'animo  sprezzatore  d'ogni  pericolo,  pnò  non  sentita 
correre  da  un  brivido  Impersona  al  vedere  que' monti  d'acqua 
capoievare,  e  furiosi  ruggendo  e  Bcbiumaiidu,  correre  qiuili  giganti 
a  battaglia,  scontrarsi  insieme,  co7.Kar  fronte  a  fronte,  spezanì 
l'nn  contro  l'altro,  rimestarsi,  ribollire,  e  turbinare  con  utw 
soompigUo,  un  arraflSo  e  un  muggire  ed  urlare  spavtinloso.  Mentre 
la  nave  che  ardita  gli  alfronta,  or  balestrata  in  alto,  or  adimata 
in  voragini  di  abisso,  ed  ora  battuta  e  travolta  sulPun  e  Taltro 
fianco,  cigola,  stride,  scroscia,  o  minaccia  a  ogni  ora  di  sfasciarà, 
0  di  far  acqua  o  andare  a  picco.  La  tempesta  però  questa  volta 
non  era  sì  sformata,  che  dir  si  potesse  una  di  quoUe  fortune  o 
traversie  di  mare,  contro  alle  quali  tante  fiate  non  reggono 
seppure  i  navigli  di  gran  corpo  e  ben  arredati  Oltreché  fa  di 
sì  corta  durata,  che  ÌL  Vapore  approdò  a  Malta,  con  un  Darà 
placido  e  spianato  come  un  lago.  Quivi  stette  un  dì  intero  snllf 
ancore;  eotalchè  lo  nostro  due  viaggiatrici  ebbero  tempo  ed  agio 
di  scendere  a  terra,  dare  una  scorsa  per  la  Valletta,  visitare  la 
cattedrale  e  i  monumenti  de' celebri  cavalieri  dì  Malta,  e  spedirà 
di  là  un  telegramma  al  signor  Filippo  Cenci  marito  della  Q 
per  farlo  avvisato  del  loro  prossimo  arrivo  ad  Alessandria.  Q 
al  dì  e  all'oro  prefìssa  fu  colla  sua  consorte  al  porto  per 
glìerlo;  e  neppure  aspettarono  che  scendessero  a  terra:  ma  montati 
umondue  in  un  battello,  raggiunsero  il  Vapore  che  già  arn 
imboccato  il  porto,  e  tosto  die  questo  ebbe  gettato  ferro,  vi  sali* 
reno  sopra  a  far  le  prime  e  festose  accoglienze  alla  Marchesa  < 


XXUI. 


UGOO   AD  ALRSSANOniA    DI   EGITTO 


681 


alla  figlia;  le  quali  a)  redorlì,  sentironsì  allargare  il  cuore, 
e  corsero  ad  abbracciare  la  Ghita  e  a  strìngere  la  mano  al 
aigoor  Filippo.  —  Ben  venute,  disse  lor  la  Gìhita. 

—  0  mia  buona  Gbita,  o  signor  Filippo,  io  non  ho  parole  che 
Instino,  a  ringi'a/>iarvi,  disse  la  Marchesa.  Che  notizie  mi  date 
del  mio  Cesare? 

—  Buone,  buonissime...  risposero  a  im  tempo  la  Ghita  e  il 
marito. 

—  0  che  dite  ?  Dnnque  egli  ò  libero?  riprese  lampeggiando 
in  Totto  di  gioia  la  Marchesa. 

—  Libero?  soggiunse  maravigliato  il  signor  Filippo;  ma  egli 
m  &  stato  mai  prigioniero! 

• —  Ohe  ascolto?  sclamò  quella  tra  lo  stupore  e  il  giobilo. 

—  Sia  ringraziato  Iddio  I  esclamò  anche  la  Mima  tripudianto 
per  la  lieta  e  inaspettata  novella. 

—  Ha  di  grazia,  Marchesa,  dimandò  il  signor  Filippo,  ohi  vi 
ha  dato  qnesta  falsa  notijiia  ? 

—  Vi  conterò  tutto  in  seguito.  Or  ditemi:  eravate  voi  in  Ales- 
"fiondrìa  un  dieci  giorni  fa? 

—  Come  lo  sono  adesso. 

—  Avete  ricevuto  due  telegrammi  speditivi  a  nome  mio  prima 
della  nostra  partenza  dall'Italia? 

—  No. 

—  Eppure  avvi  chi  mi  assicura  di  avorveli  mandati. 

—  Baie!  I  telegrammi  non  si  smarriscono  tra  via  come  Io 
lettere,  e  vengono  fedelmente  ricapitati.  Non  ho  forse  io  ricevuto 
il  telegramma  che  mi  spediste  da  Malta  ? 

—  Avete  ragione;  ed  ora  intendo  quel  che  prima  colle  traveg- 
gole agli  occhi  non  vedevo.  Caro  signor  Filippo,  o  voi  mia  buona 
Ghita,  sappiate  che  noi  fummo  ingannate  e  tradite.  Ma  non  ogni 
male  vicn  per  nuocere!  Gìnnte  che  saremo  a  terra,  vi  svelerò 
bitta  la  trama  ordita  contro  di  noi.  Intanto  che  mi  dite  di  Cesare? 

—  ler  r  altro,  rispose  il  signor  Filippo,  ebbi  un  suo  biglietto 
di  visita,  che  vi  mostrerò,  in  cui  mi  dice  ch'egli  crepa  di  salate, 
e  sta  crogiolandosi  in  ozio  beato,  perchè  al  presente  non  vi  sono 
malati  nella  Carovana,  e  spera  di  fare  quanto  prima  ritorno  al 
Cairo  e  ad  Alessandria. 


&82 


DeRBum 


—  Mio  Dio,  sciamò  la  ^Uurchesa,  leraodo  gli  occhi  al  cielo, 
siate  mille  Toltu  bunijdetto! 

—  Sì  liete  uorelfó,  soggiunse  la  Jliiua,  ci  rìdiinno  la  rita. 
In  fatti  la  Marchesa  e  k  figlia,  alle  quali  la  subita  gioia  area 

rarvirati  gii  spiriti  a  colorito  Tiraiiieote  la  foccia,  parlano  come 
trasfigtirat^.  Era  la  prima  volta  che  assaporavano  dopo  si  lunghi 
affanni  una  stilla  di  godimento. 

Scesero  col  signor  Filippo  e  la  Ghita  io  na  palischermo,  e 
approdate  a  terra,  sì  videro  assediate  da  una  turba  di  Àrabi, 
ciascun  dfjViualì  gesticolando  o  vociferando  esibiva  l'opera  saa 
e  qnelU  del  suo  hurrico,  o  asinelio,  pel  trasporto  delle  valige  e 
delle  persone.  Era  una  gara,  un  serra  serra,  uà  tramestio,  un 
vociare  di  conto  asinai  a  un  tempo,  da  hr  venire  le  vertigini 
a  chi  non  eravi  ausato.  Le  nostre  viaggiatrici  intronato  a  ago* 
monto  non  sapevano  come  schermirsi  da  quell'assalto.  Senoorliè 
il  si^or  Filippo,  come  uom  pratico  delle  costumanze  di  quella 
terra,  levato  il  bastone,  aocarez^^ò  a  ano  de*  più  arditi  le  apallA, 
e  giratolo  a  tondo,  minacciò  gli  altri,  gridando  in  arabo  non  so 
che  parole  scure;  lo  quali  rincarate  da  quell'argomento  apodittico 
del  bastone,  ebbero  la  virtù  dì  persuaderli  a  battere  in  ritirata. 
E  cosi  la  nostra  brigatella  pot^  giungere,  sen/.' altro  impaccio  che 
noa  breve  visita  dei  doganieri,  a  easa  Cenci;  ove  il  signor  Filippo 
avea  già  fatti.»  mentore  in  buon  assetto  per  le  sue  ospiti  due 
stanze  ariose,  agiate  e  pulite. 

Dopo  un'ora  di  riposo  si  mise  tavola,  e  durante  il  desinare,  la 
Marcho.'^a  narr^  per  nio  tutta  la  trama  ordita  per  allonlanerta  dalla 
patria,  e  della  quale  fin  allora  non  avova  avuto  ombra  di  soapettD. 
Ia  Ghita  e  il  marito  ascoltaitinla  con  vivo  interesse  ed  elta  eoa- 
chiuse  il  ragionare  con  diro:  —  Iddìo  saprà  trarre  il  ben  dal  maWt 

Tutti  applaudirono  al  suo  detto;  o  tolte  le  tavole,  il  signor  Fi- 
lippo e  la  Ghita  la  condussero  in  un  colla  figlia  a  visitaro  il 
quartiere  europeo  della  città.  Foichft  è  u  sapere  che  il  Cenci  por 
la  lunga  dimora  fatta  colà,  era  divenuto  un  EgittoHlo  di  gran 
polso,  0  dalla  patria  in  fuori,  non  vedeva  piA  in  là  dell'  Egttto. 
E  a  buona  ragione  amava  questa  seconda  patria;  perchè  venutovi 
p)vorissimo,  eravi  salito,  gra^iie  a' suoi  talenti  e  allo  studio  dalle 
antichità  egizie  a  condizione  di  agiata  fortuna. 


XXIU.  W  TIAGGIO  AV  ALeSSAKDBU  DI  EGITTO 


Egli  duoqiiD  potea  ben  fare  coilesiie  ospiti  riiftìeio  di  buon 
Cicerone;  e  fiu  dui  gioroo  del  loro  arrivo  disimpeguoUo  cod  uno 
zelo  che  mai  il  maggiore.  MdDollo  an?.itiitto,  comt'  dicemmo,  al 
quartiere  europeo,  cb' era  autiramente  il  CL>atro  della  splendida 
citU  de*  Tolomei,  oggi  b&Uumunte   riparlilo  in  tìo  spazioso  e 
casegg^ti  ariosi  e  puliti,  abitati  da  mercatanti  cnrtipci  e  lo- 
Tantini  cristiani,  con  una  vasta  piazza  nel  centro  ombreggiata 
da  filari  di  pianto,  intraiumoziìatc  di  colonnini  a  gaz,  e  ralle- 
grata da  dne  fontane  che  si  prospettano  ai  due  capi  di  quella. 
Poscia  oondusselo  a  vodere  la  colonna  detta  di  Pompeo,  dì 
^reeo  stìle^  alta  tronta  metri,  di  un  roseo  granito,  teniiiimta  da 
no  elegantissimo  capitello;  e  volto  ulla  sna  brlgatella  —  Kcco, 
le  disse,  runico  o  .solitario  monumento  dell'antica  grande^tm  o 
i»agnilìcen;;a  del  Serapeo,  celebre  tempio  eretto  da  Tolomeo  figlio 
di  Lago.  Questa  colonna  grandeggiava  nel  mex^o  di  na  atrio 
ornato  di  ben  quattrocento  colonne,  e  fu  innalzata   da  Publio 
e(«roo  0  prefetto  di  Egitto  ad  onore  di  DiocloKiano,  da  coi  do- 
rrebbe però  denonuDarsì  e  non  da  Pompeo.  Accanto  al  tempio 
era  pur  la  celebre  biblioteca  del  Sernpeo,  ricca  di  trecentomìla 
volumi;  ma,  come  assicurano  puocchi  storici,  anche  Arabi,  venne 
datA  alle  fiamma  per  ordine  di  Omar  l'anno  641  dell'ora  volgare  '. 
Indi  visitarono  le  guglie  di  Cleopatra,  duo  obulìsclii  monoliti 
di  uu  bel  granito  rosa,  nn  solo  de' quali,  alto  un  venti  metri,  sUda 
ritto  ancora  in  pie  le  ingiurie  del  tempo,  mentre  V  altro  giace 
quasi  sepolto  nell'arena.  —  Questi  obelischi,  osservò  il  signor  Fi- 
ippo,  ornavano  l'antiporta  do!  tempio  del  Sole  in  Eliopoli  d'Egitto, 
areali  fatto  erigere  Tumtosi  Ul  della  decima  ottava  dinastìa  ; 
ina  furono  poscia  per  ordine  di  Cleopatra  trasportati  fin  qua  e 
collocati  innanzi  alla  porta  del  magnifico  tL'iapio,  fatto  da  lei 
ionabcare  ad  onore  di  Giulio  C'Osare,  il  qual  tempio  venne  nell'era 
cristiana  trasformato  in  una  chiesa,  detta  Cesarea,  e  poscia  sotto 
Il  dominio  Mnsiilmano  distrutto. 

Il  di  appresi^  furono  a  visitare  il  luogo  ove  anticamente  ora 
il  tempio  di  Nettuno,  il  foro,  gli  ediflxii  destinati  a  imbalsamare 


*  Aknni  ciilici  iTrmuiio  in  diililiio  i\amo  Tallo,  ma  no!  uon  tlubilìnino  dì  3SM- 
ifrtoiuUa  Mv  di  »km\  itulorrvAlì  xerìttoi'i. 


584       I  DBAELim  -  XXIII.  v:t  via(m;io  ad  alessandru  di  egiito 

i  cadareri  e  le  stanze  mortuario,  chiamato  ImproprtameDte  i  bagni' 
di  Cleopatra,  forse  perch*^  vi  s'  iag^>IfaQo  dentro  le  aeque  marine,  da 
cai  fu  invaso  quel  tratto  di  terra  consacrato  al  riposo  dogli  estinti. 

Attniversaronu,  ma  a  prosti  e  fuggitivi  passi,  Tanibo  quartiere.^ 
che  è  un  sudiciume  di  città  tagliata  per  ogni  verso  da  viuzze  an- 
gusto e  tortuoso  e  da  chiassuoli  pieni  d'imbratto,  fiancheggiati  la 
più  parte  da  case  a  un  solo  piano,  quasi  prive  d'aria  e  di  luce,  e  òi 
vere  stamberghe  o  piuttosto  capanne,  ove  uomini,  pecore  e  wàm 
tìvodo  in  buona  fratellanza  insieme  e  dormono  in  una  stessa  stua  i 
0  covile.  Avvilitasi  la  nostra  brigatelia  fuor  di  Porta  Rosetta,  alla 
Tolta  del  sito  ove  sorgea  T  antica  Nicopoli,  vidosi  dinnanzi  un 
ampio  spianato  quadrilatero  affossato  intomo  ed  intorrìato. 

—  Qui,  disse  volto  alle  donne  il  nostro  Cicerone,  Augusto  seoo- 
fisse  gli  ultimi  avanzi  dell'  esercito  di  Antonio,  e  in  meffloria  di 
questo  fatto  chiamasi  anche  oggi  campo  di  Cesare,  e  additò  Itiro 
le  roriue  di  nn  grandioso  palagi'»  di  recente  disotterrato. 

No'  di  st^uenti  feoeru  una  giterella  su  pel  N'ilo  fino  ad  Abukif, 
Tantica  Canopo,  distante  un  19  chilometri  da  Alessandria,  ceb- 
bre  neir  aatìcbità  per  la  fitbbricazione  do*  vasi  figulini  bella- 
monte  inverniciati  ed  istoriati,  ove  gli  Egizi!  soleano  riporr»  i 
visceri  imbalsamati  de'  defunti,  e  che  al  presente  adomano  ì  Hnad 
d'Europa  e  del  Gran  Cairo,  sotto  il  nome  di  vasi  cauopeì.  Oggi 
Àbnkir  non  è  che  un  miserabile  villaggio,  reso  tuttavìa  celebr» 
anche  a' tempi  nostri  dalla  vittoria  dì  Napoleone  I  suiresercib) 
turco  nel  1799  e  dalla  distruzione  della  flotta  francese  sgomi- 
nata, rotta  ed  incendiata  dagl'Inglesi  sotto  la  condotta  dell'am- 
miraglio  Nelson. 

Il  signor  Filippo  a  questi  ricordi  storici  no  aggiunse  un  altro 
di  più  cara  memoria,  rammentando  come  nei  dintorni  dell'antimi 
Canopo,  e  precisamente  nel  luogo  detto  Mefanea,  sorgesse 
tempo  il  tanto  celebrato  monastero  della  penitenza,  ove  fiorì 
un  popolo  di  cenobiti  di  santa  e  austerissima  vita,  fra' quali  3J 
famoso  Abate  Arsenio,  che  n'ebbe  per  qualche  tempo  il  gover 

ÀI  ritorno  della  nostra  brigatelia  ad  Alessandria  ragioi 
a  bordo  del  Vaporo  di  quel  fiume  che  allor  si  navigava,  lai 
orìgine  fu  per  tanti  secoli  un  mistero  o  le  cut  acque  sono  li . 
feconditiìi  e  la  vita  dell'Egitto. 


58» 


XSIT. 

IL  XmO  K  LDOORI  DI  UBIJZni  S  D;  COXHBIUIO 

—  "Non  avvi  al  mondo  fiarae  piCi  benefico  di  questo,  dicea  il 
signor  Filippo.  Uq  paesb,  com'è  l'Egitto,  non  coosolato  quasi 
mai  dalle  piogge  e  sotto  uu  cielo  di  fnoco,  s&rehbe  no  desorto 

FVÌdo  e  morto,  ove  il  Nilo  colle  sue  aDDiiali  iaondazìoni  noi  fe- 
condasse.  Esso  è  come  una  grossa  arteria,  clie  partendo  dalla 
region  centrale  dell'Africa,  attraversa  il  Sudan,  il  Seunaar  e  la 
^^Niibia,  e  dall'ultima  cataratta  di  questa  gittasi  netl'Kgitto,  cui 
ricerca  e  bagna  da  un  capo  all'  altro,  diramandosi  come  il  sangue 
nelle  vene  del  nostro  corpo,  in  una  vastissima  rete  di  canali  grandi 
e  piccoli  scavati  a  mano,  di  condotti,  di  fiiimii^elli  e  di  ruscelletti 
the  ne  portano  i  nutritivi  umori  a  fertilizzare  ogni  zolla  di  questa 
Sterra  ubertosa  e  ferace.  ìlla  ciò  non  basta  :  ogni  anno  esce  dal 
sao  letto,  e  inondando  tutto  V  Egitto,  vi  depone  quel  fertilissimo 
10  carico  di  materie  organiche,  che  seco  trasportò  dall'  alte 
fiooi  sopra  l'Egitto;  cotalchò  il  fellah,  o  agricoltore,  al  ri- 
irei  del  Nilo  entro  al  suo  letto,  non  ha  a  far  altro  che  git- 
ro  sulla  belletta  lasciata  dalle  acque  la  stìmenza  per  averne 
iza  spesa  di  concime  e  senza  fatìai  di  aratura,  o  che  che  altro, 
prodotto  doviziosissimo.  Il  perchè  fin  dai  tempi  piiì  remoti 
^Egitto  andò  sempre  famoso  per  la  sua  miracolosa  fertilità. 

—  Era,  osservò  la  Marchesa,  il  granaio  deir  impero  romano. 

La  Mima,  che  avea  freschi  nella  memoria  i  fiitti  biblici,  sog- 
giunse: —  Qua  vennero  anche  ì  Patriarchi  per  fuggire  la  fame 
che  desolava  le  loro  terre. 

—  E  noi,  ripreso  sorridendo  lu  Marchesa,  ne  imitiamo  l'esempio. 
-  Cara  amica,  dissols  con  aFTetto  la  Ghita,  spero  che  l'Egitto 

sarà  per  voi  q\iello  che  fu  per  noi,  una  terra  promessa. 

—  Dio  lo  voglia!  rispose  quella  con  voce  e  sembiante  di  chi 
»pcra  e  teme  a  nn  tempo. 

~-  Oche  queste  acque  sono  potabili?  dimandò  la  Mima  al 
^agnor  Filippo. 

—  Eccellenti  ;  e  in  tutto  l' Egitto,  ove  non  ha  pozzi  nò  sor- 


&36  I   DERELITTI 

genti,  non  sì  boro  altr'ac/jua  che  quella  dui  Nilo;  cot&tcliè  quesW 
fiumo  non  è  soltanto  la  ricchBzzii^  ma  la  vita  degli  egiziani. 

—  Provvidenza  di  Dio!  Ed  è  anche  pescoso? 

—  Mena  si  prodigiosa  quantità  di  pesci,  che  un  t«mpo  gU 
Egizii  uveano  nome  d*  ittiofagi,  o  mangiatori  di  peaci. 

—  Ho  udito  però  che  anche  gli  uomini  vi  sono  spesso  divorati 
da  quo'mofltri  di  coccodrilli,  che  non  sono  né  carno  né  pescf. 

—  Eh  i  coccodrilli  dod  basìzicano  da  queste  parti,  ore  il  ^'ih) 
ò  fioloato  di  contìnuo  d;i  piccoli  Vapori  u  da  infinito  numero  41 
barche;  ma  stormeggiaao  e  fanno  strage  di  nomini  e  di  animali 
u«ll'iilt«  Egitto. 

—  È  egli  vero  che  gli  antichi  egizii  adoravano  il  Nilo,  come 
mi  rammento  aver  letto  nella*Bturia? 

—  Fu  ab  antico  venerato  qnal  Nume,  ed  ebbe  templi,  sacer- 
doti, .sacrifisiii  e  feste.  Chiamavanlo  l'Osiride  visibile,  il  quale-{ 
congiunto  con  Iside,  o  la  terra,  produce  ogni  bt^n  di  Dio. 

3Ieutre  il  buon  Cicerone  porgevasi  cortese  a  tutte  le  dumande-] 
della  Mima  desiderosa  d' istruirsi,  la  Miirchesa  stretta  a  ragl< 
namento  con  la  Ghìta,  prendeva  da  lei  consiglio  intomo  al  mi 
di  fissar».'  colà,  al  ritomo  del  figlio,  la  sua  dimora.  nuDwJ 
presso  (li  so  tutta  h  fumiglin.  Al  che  L'amica  conlbrtaTala  ■ti'j 
cuore,  comn  quella  ohe  ben  sapeva  in  quali  e  quanto  angustiol 
avesse  la  buona  Signora,  trascinata  la  sua  vita  in  patria.  Qail| 
poi  fosse  il  partito,a  cui  le  due  amiche  appìgliaruns),sarà  d'alt 
luogo  il  narrarlo. 

Intanto  ci  couvieoo  tener  dietro  alla  nostra  brigntella  il 
na'altra  gita,  a  cui  il  signor  Filippo  volle  condurla  per  raegl 
invaghirla  di  una  terni,  ch'egLi  tanto  amava.  Anzitutto  menoU 
a  Rainbe,  0  Ramleh,  ehi!  ò  Inogo  di  convegno  delle  agiate  fnmiglk 
le  quali  vi  ranno  a  goderò  la  frescura  delle  aurette  marÌDL*  &!• 
Vombra  de' palmizi,  de*  verdi  boschetti  e  delle  amcnissime 
che  allietano  quel  luogo  di  campestri  piaceri,  un  tempo  land 
sabbiosa,  arida  e  morta. 

E  ne*  dì  veguenti  coudussela  su  pel  Nilo  prima  a  Rosetta  i 
poscia  a  Damietta,  che  sono  un'oasi,  un  vero  eden  di  delizìu 
verdeggianti  sponde  de' principali  rami,  in  che  biforcasi  il 
prima  di  metter  foce  in  mare.  Lti  spandono  freschissim'c 


XXIV.  IL   ITILO   K   LL-OQHI   DI   UCUZIE   E   DI   COUHCHaO 


587 


ighi  mli  ìnarboratì,  selrotUì  di  rìpoao  o  chioschi  verdissimi; 
^oeondano  mirahilmoate  la  vista  i  bea  disciplinati  giardintitti, 
chi  d^ogDÌ  pii'i  rugo  e  pellegrino  assortimdnto  dì  fiorì.  lÀ 
laletti  e  fontane  artificiali,  orti  e  potnieri,  prati  Terdi33imi  e 
Qpetti  messi  a  cultura,  eoa  qua  e  colà  variopinti  villiai,  i 
ili  apoochiaasi  noNe  acque  dd  ftume,  e  quant'altro  insomma 
iorìseo,  abbella  e  allieta  un  campestre  soggiorno.  Ivi  torrog- 
ino  Palme  d'ogni  generazione,  spiegando  la  loro  superba  chioma 
lUi  a  ombrello,  quali  a  ventaglio  o  d'altra  foggia;  e  vi  gratt- 
ugiano U  cassia  fistula,  l'acacia,  il  sicomoro  e  conto  altre 
tote  d'ogni  corpo  e  d'ogni  aspetto;  tra  le  quali  sorride  n&l 
>  dolce  incarnatino  il  floru  dot  mandot-lo,  fiammeggia  quello 
.  melogranato,  biondeggiano  tra  il  verde  lustrante  delle  frondi 
enti  pomi  di  ogni  ragione  di  aranci  e  acccinto  al  fico  d'Europa 
arra  maestosamente  sotto  le  gigantesche  sue  foglie  il  dovi- 
90  grappolo  IL  banano  delle  calde  regioni.  È  tutto  insomma 
%  dovizia  di  frutti,  uno  sfoggio  di  CJ.)lori,  una  soavitii  dì  pro- 
ni, una  mghe/xa  di  prospetti,  un  riso  e  un  incanto  di  natura, 
3  Vinebbnu  i  sensi,  t'indelisia  l'aaìmo  o  ta  lo  rapisce  in 
'estasi  di  piacere.  h&  case  cittadine  o  campestri  sono  la  pift 
rie  spaziose  e  ben  arieggiate  coi  loro  terrazzini,  invece  di  tetto, 
freBcheggìarrì  a  sol  posto  e  nello  notti  t)Stive;tra  le  quali 
re^  grandeggiano  belle  moschee  che  slanciano  al  cielo  i  loro 
ìlti  mìnarotti  dì  marmo  o  di  pietra. 
Queste  gite  giovarono  assai  alla  malcondotta  salute  deità  Mar- 
isa e  della  figlia  e  a  sollevarne  un  po' l'animo  oppresso  dalla 
imoria  di  un  tristo  passato  e  di  un  incerto  avvenire,  lì  che 
tendo  il  signor  Filippo  e  la  Ghita,  invitaronle  a  una  corsa 
0  a  Tantah,  grand*  emporio  di  commercio,  ore  avea  a  que'dl 
a  solenDissiraa  fiera;  e  la  Marchesa  por  compiacerncH,  tenne 
avito,  e  lasciossi  fin  colà  condurre  in  un  colla  figlia.  Tutte  le 
)  e  l  dintorni  della  cittì  brulicavano  di  gente,  e  gli  alberghi 
(Orgitavauo  di  forestieri,  in  guisa  che  i  sopravvenuti  non 
ivandovì  piiì  luogo,  erano  costretti  d'innalzare  le  loro  tende 
delo  aperti^  dotitro  e  fuori  della  città.  Kra  un  giocondo  spet- 
wlo  il  vedere  quell'accolta  di  tanti  popoli  diversi:  arabi,  siri, 
itsianì,  turchi,  etiopi,  morì,  indiani  ed  europei,  che  recavano 


k. 


fiOD  1   UERELim 

a  quel  gran  morcaio  i  prodotti  dei  loro  paosi.  Uà,  ciò  cho  daT& 
più  anima  e  vita  a  tutta  quella  gente  arvenitìccla,  erano  torme 
di  suonatori,  ballerini,  cantori,  Dovellieri,  salti inlìanchi  e  ciur- 
matori d'ogni  fatta,  che  colà  cocoorrevano  a  far  loro  guadagueri« 
rallegrando  le  brigate  e  tirando  l'aiuolo  agli  alocchi. 

Qui  è  un  drappello  di  danzatori,  i  quali  al  suon  di  trombe  e 
pìfferi  e  tamburelli  Tanno  sgambettando,  e  trottolano  e  trincian 
capriole  con  mÌRibilo  agilità  e  snellezsa.  Poscia  attolattsi  in  doppia 
fila  e  atteggiatisi  a  cadeu^ta,  sì  raffrontano,  intrecclansi,  si  ri* 
mescolano,  fan  massa,  tornano  a  diridersi,  a  distendersi  e  a  ro- 
teare, menando  danze  vertiginose  e  rìddoni  infernali.  I  guisa 
che  danno,  ì  trapassi,  gli  scambi,  i  torcimenti  di  bocca,  il  tn- 
gittare  e  paleggiar  dello  braccia,  il  contorcersi  e  disnodare  di 
tuttala  persona  sono  un  solla^xo  a  v&dore.  Altrove  un  incantatore 
dì  serpenti,  cacciata  la  mano  in  un  suo  cestello  e  trattone  fuun 
un  de'rettiU  più  velenosi,  qaal  è  il  coUiber  haje  di  Linneo,  o 
l'aspido,  sei  caccia  tìto  a  sibilante  in  bocca,  e  ingoialo  fino  a 
non  rimanorne  fuor  deMenti  che  la  punta  della  coda.  A  quella 
vista  un  Oh  lungu  di  stupore  e  di  raccaprìccio  insieme  esce  kk 
ogni  labbro;  ma  l'incantatore  presa  delicatamente  con  due  diti 
la  coda  doH'aspido,  ritiralo  bui  bullo  dalla  bocca,  attortigli 
braccio  e  mostralo  in  aria  di  trionfo  alle  turbe  attonite  e  iaorri 

lÀ  sono  giocolieri  che  flccansi  in  petto  una  spada  fino  all' 
ciurmerìa  ben  nota,  o  stritolano  coi  denti  un  bicchiere  e  ne  ma' 
cìullano  ì  briccioli,  o  fanno  altre  prodezse  di  loro  arte.  Qua 
novellieri  che  recitano  o  cantano  leggende  orientali.  Dove 
santone  predica  le  massime  del  Corano,  e  dove  un  cerretano  ab* 
bindola  i  gonzi,  spacciando  la  miracolosa  TÌrtù  di  certe  atriici* 
di  carta,  che  portano  il  BuggoUo  di  Seyd-Akmet,  il  gran  san- 
tone beduino,  a  cui  ò  sacra  la  fiera.  Chi  per  sollazzo  della  Z'^n- 
terella  fa  danzare  cani  e  scìmie,  o  dii  cozzare  insieme  mondai 
0  duellare  fino  all'ultimo  sangue  due  galli  inferociti.  Aocaolfl 
a  turbe  di  deroti  che  fanno  in  pubblico  preghiere  ed  abblnzioii 
vedresti  beduini  avroltì  ne'  loro  bianchi  mantelli  starsene  0M>; 
coloni  0  a  sdraio,  fumando  tranquillamente  la  pipa,  e  i 
teraponi  d'ogni  nazione  g07/.ovigliaro  nulle  taverne  e  nelle  hischa 
Dapertutto  poi  è  un  andirìvieni  di  gente  affaccendata,  un 


ornala 


xxiT.  n.  vtvò  K  Luocm  di  delizis  e  di  COMMimCIO  58U 

^QÌo  dì  popolo  che  staggirà,  sì  scr>Dtra,  urtasi,  si  preme  per 

li  via  ed  6  un  mareggio  di  schiamazzi,  di  grida,  di  favelle 
diverse  che  ti  fanno  andare  a  zonzo  la  testa  e  venire  i  capo 
girli.  Quando  alhi  tempesta  diurna  succedi)  la  calma  sorena  della 
notte,  un  altro  ben  diverso  e  più  giocondo  spettacolo  presentasi 
allo  sguardo.  Tutta  la  città  s'illumioa  o  sfavilla  d'ìnnuiuerevoii 
faualettt,  di  torce  a  vento,  di  lampunu  di  vetro  o  dì  carta  a  mille 
colori,  e  dai  terrazzi  delle  case  e  dai  Minaretti  delle  moschee 
piove  a  torrenti  la  luce.  Di  tratto  in  tratto  l'aere  è  solcato  da 
strisce  di  fuoco:  sono  razzi,  st«ll«  cadenti  e  altri  fuochi  d'artifiaio. 
TTn  giorno  e  una  notte  passò  colà  la  nostra  brigatolla;  fi  il  dì 
seguento  fe'ritorno  ad  Alessandria,  da  cui  la  Marchesa  a  malin- 
cuore allontanavasi,  come  quella  che  aspettava  con  ansietà  le 
notìzie  della  famìglia. 

Oltreché  per  lei  e  per  la  figlia  ogni  sollazzo  ed  ogni  gioia 
era  assai  imperfetta,  perch<^  non  divìsa  col  rimanente  della  fa- 
miglia. E  spesso  i'una  all'altra  dicea  —  Ah  so  fossero  qui  Emma 
e  Pierino!  se  qui  fosse  la  Mariuccina  col  nostro  Enricuocio!  £ 
cODSolbvansi  a  vicenda  col  pensiero  u  ct)lla  speranza  di  poterli 
quanto  prima  aver  seco,  essendosi  la  Uarchesa,  come  si  disse, 
poeto  in  cuore  di  fissare  la  sua  dimora  in  Egitto. 

Al  ritorno  in  Alessandria,  questa  espose  il  suo  dtvisamento 
in  aoa  lettera  ad  Erama,  la  quale  era  ancora  col  fratello  presso 
Io  Zio;  e  ne  dit^  altresì  un  conno  alla  Marìuccìna.  Solamente  al 
povero  Bruno  ninna  di  loro  pensava;  perchè  tratte  in  inganno 
dalle  mentito  lettere,  che  più  innanzi  riferimmo,  erano  persuase 
ch'egli  avesse  già  sposabj  l'Eniif^liada  o  fosse  in  procinto  di 
far  con  lei  lo  sue  nozse;  e  ogni  fiata  che  cadeva  sti  di  lui  il 
ragionare,  !a  Marchesa  sospirando  tagliava  a  mezzo  il  discorso, 
e  dicea:  —  Parliam  d'altro;  perchè  troppo  mi  accuora  il  pensiero 
del  suo  abbandono. 

Quanto  mal  in  ciò  si  apponesse,  lo  fé  chiaro  al  lettore  il  rac- 
conto della  bruita  traualleria,  di  cui  Bruno  em  vittima  incon- 
sapevole; e  meglio  lo  sì  vedrà  in  appresso;  che  già  l'ordine  della 
lurrazione  ci  richiama  ai  personaggi  che  lasciammo  in  Italia, 
e  di  cui  ora  narrar  dobbiamo  le  vicende. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


I. 

KOnZIA  DE'  UVORI  Dì  EGITTOLOGIA  E  LINGUE  SBXUTICBB 
PUUBLICATJ  IN  ITALIA  IN  QUKSTI  ULTIMI  DKCENNII  ' 

VI. 

LIVORI  S^XITICI 

Lavori  del  Bar.  Salvatore  Casa  —  de'proff.  Celestino  Sekù^ 
parelli  —  Lupo  Huonazta  —  Isaia  Ghiron  —  Giuseppe 
Sapete  —  de  Marchi  —  Italo  Pizzi. 

D' un  altro  Taloroso  arabista  lodatisi  la  Sicilia,  sua  patria,  e 
r Italia,  il  quale  per  vasta  erudizione  e  d'ogni  genere,  e  per 
chiarezza  dì  merito  neU*  arabo  e  nel  greco,  è  molto  benemeribo 
de' buoni  stndii  e  singolarmente  degli  storici.  Ma  noi  del  Pro- 
fessor Salvatore  dei  Baroni  Casa  non  ricorderemo  qui  se  non  quello 
che  fa  al  caso  nostro,  cìoò  dire  i  snoi  dotti  lavori  in  arabo,  ri- 
mandando chi  sia  vago  di  conoscere  le  altre  scritture  di  lui, 
tutte  certamente  utili,  comechò  non  tutte  di  egual  pregio  e  va- 
lore, air  eruditissima  Memoria  del  Can.  P.  Isidoro  Carini,  Sot- 
tarchivista della  S.  Sede  e  Professore  di  paleografia  nella  Bi- 
blioteca Vaticana'. 

L'opera  più  importante  del  Prof.  Cusa  sono  ì  Diplomi  Greci 
ed  Arabi  di  Sicilia,  de'qnali  ha  pubblicato  fin  qui  il  volarne  I, 
che  contiene  il  testo,  senza  veruna  indicazione  di  Tarianti, 
senza  note,  senza  far  consapevole  il  lettore,  delle  voci  da  lai 
supplite  pcrehò  mancanti  net  testo,  senxa  la  descrizìane  del 
diplunia  originale  o  della  copia.  Presenta  dunque  i  testi  quali 
sono  e  quali  dovrebbero  essere,  secondochè  egli  giudica.  Nel  se- 
condo volume  il  eh.  Arabista  darà  certamente  tutto  che  qui  si 

'  Vedi  qaad.  860,  faff-  199-^08  del  |irc««iit<-  volaoie. 
*  n  Prof.  Cuaa  e  gii  Studi  Moderni  di  paJeo^rafia  e  df'pìoittalica  pM 
Sac.  IsifrORO  Cahim.  ralcruto.  Tlpt  di  [tcmardo  VlnV  ^^t^ 


RIVISTA   DELLA  STAMPA   ITlLUKA 


591 


ohe  gli  eruditi  moritamente  aspettano  dalla  grande 
e  dottrina  di  tiii  '. 

U  qual  giudizio  non  è  solamente  nostro,  ma  d*nn  suo  am- 
miratore ed  amico,  d'un  altro  insigne  Arabista,  l'Amari  '.  Por 
coloro  che  iwssono  intendere  i  testi  originali,  quest'opera,  anche 
qnale  si  presenta  ora  senza  versione  e  scriba  apparato  di  note, 
olTre  tale  una  dovizia  di  fatti  storici,  goitgrafici,  tipografici,  giu- 
ridici e  filologici,  da  doverne  saper  sommamente  gnido  all'Au- 
tore.  Infatti  egli  ci  mette  innan?:!  b<^n  202  Atti,  157  in  greco, 
43  in  arabo,  onero  in  arabo  bilingue  greco  o  latino,  1  in  arabo 
ina  con  caratteri  ebraici,  ed  1  in  turco.  La  maggior  pai*te  di 
questi  testi  appartitao  all' XI  e  al  Xll  secolo,  il  secol  d'oro 
per  le  scienze,  le  arti  e  la  potenza  della  Sicilia,  allora  trilingue, 
puichòri  si  parlara  greco,  arabo  ed  italiano.  Con  la  varietà  delle 
fiivellw  s'aveva  altri^sì  quella  delle  legislazioni,  feudale,  musul- 
mana, bizantina,  primitiva  romana;  e  l'altra  delle  religioni,  giu- 
daica, musulmana,  cristiaua-grcca  e  cattolica  romana.  Ondechò 
la  collezione  di  questi  dipliuni  ci  fornisce  prexiose  notizie  circa 
le  relazioni  sociali  e  ciriti  della  Sicilia,  il  diritto  privato  e  pub- 
blico di  quo' tempi;  intorno  ad  alcuni  avvenimenti  storici  non 
ricordati  altrove.  Essa  ci  dimostra  lo  stato  in  cui  erano  le  lingue 
greca,  latina,  araba  ed  italiana  scritte  e  parlate,  ronde  a' filo- 
logi e  glottologi  uiolta  materia  per  lo  studio  della  fonetica  com- 
parativa  e  deMialetti.  li  Dozy  trasse  profitto  da  questa  pubbli- 
cazione del  nostro  Autore,  inserendo  nel  suo  supplemento  dei 
DÌKÌonarii  arabi  stampato  a  Leida,  vocaboli  ricavati  da' no- 
stri testi. 

Il  presente  Volume  è  corredato  di  due  tavole,  dì  glossarli  e 
di  indici.  Una  prima  tavola  è  de' diplomi  come  si  trovano  re- 
gistrati nel  volume  per  serie  di  tabnlarii,  con  Tindicazioiie  della 
provenienza;  un'altra  tavola  molto  importante  e  fatta  con  ac- 
curate:!7:a,  ci  offre  gli  stessi  documenti  in  ordine  cronologico.  I 

'  I  Diplomi  Greci  ed  Arabi  di  Sicilia  pubblicati  nel  Irflo  orìgionle,  (rndotti 
fllaitniti  da  Sat.vatork  Cx^\  fìk  Profewnre  di  pulpogralia  ed  ora  di  lingua  amba 
'doivKrsitA  di  hilermo.  IhitcìTno.  SinliilJmento  lìpognillco  Lio  Via  Celso  31,  iHSi. 
La  $t.-impa  fu  cominciata  nel  lb08  e  ne  uwirono  te  prime  50\  f^f.  ne)  187'!. 
■■•  et  La  Cultura.  RUìsia  di  scieiuc  Icucrc  ed  ani,  voi.  I. 


595 

glossarti  de' vocaboli  greci,  ambì  e  Utinl  che  mikiicano  ne'di- 
zionarii,  sono  altresì  profittevoli  agli  studiosi,  come  di  pari  gl'in- 
dici de' nomi  di  persone  e  de' nomi  dì  Luoghi. 

Degno  pertanto  deirencomio  e  della  riconoflcenza  de'dotti  • 
di  tutti  gli  eruditi  ò  U  nostro  Autore,  il  quale  eoo  la  perspi- 
cacia dell'ingegno,  la  perizia  paleografica  e  la  vasta  erudizione, 
seppe  vincere  e  superare  le  gravi  e  molteplici  diCQcoltà  che  gli 
porgevano  i  testi  greci  od  arabi;  ì  greci  per  le  formolo  intnl- 
date  ed  oscure,  e  l'ortografia  qua!  è  quella  del  Medio  Evo  nota 
per  la  confusione  delle  vocali  ;  gli  ambi  per  la  condizìon  della 
lingua,  e  per  lo  stile  proprio  delle  arti  e  delle  leggi  di  quei 
tempi.  Laonde  l'Amari,  giudice  in  siffatte  materie  compotentis- 
aimo,  nell'elogio  che  fece  al  Cusa  per  questa  sua  dotta  fatica, 
C081  potè  dire:  <Io,  che  de' codici  e  diplomi  arabi  n'ho  pur  ma- 
ueggiati  di  molti,  e  che  ho  visti  gli  originali  pubblicati  adesso 
dal  professor  Cusa,  posao  attestare  che  ve  n'  ha  alcuno  di  quelli 
che  a  prima  vista  fanno  gettare  via  Io  scritto  per  disperazione  '.» 

Dogna  parimente  d'essere  ricordata  per  immensa  enidizione  è 
la  monografia  che  l'Autore  scrisse  intorno  alla  Palma  -,  dopo  di 
avere  illustrato  un  Codice  di  san  .Alartino,  segnato  I.  C.  50  S.M. 
Libro  incorno  alle  Palme ^. 

Il  prof.  Celestino  Schiaparelli  diede  della  sua  non  cornane  co- 
nosceoza  dell'arabo,  prova  chiarissima  con  due  importanti  lavori: 
li  Vocahulista  in  arabico  e  Vltalia  descritta  nel  Libro  Hit 
He  Ruggero  compilato  da  Edrisi. 

Il  carattere  arabo  del  testo  non  originale  del  nostro  l^oec 
bulista  in  arabico  *,  pare  che  debba  appartenere  al  secolo  XEII, 

'  Cf.  La  CuUura,  loc.  ciL 

*  La  Palma  nella  potsia,  nella  aeitnMa  e  tuUa  Storia  tieiliana,  per  Sl1l> 
«ATMiE  OisA.  rixift^sore  f>n)inarìo  nella  II.  L'ohvrsiti  di  Piknno.  l*alt-nDO,  Sulii- 
tinvnin  iìp6{tnilko  Uto,  1873. 

'  Sopra  il  Codice  arabo  autìe  Palme,  intislrjEÌone  del  Cav.  Prof.  S.  CUtt 
Pslfmo.  Subii  tip.  Uo,  1873. 

*  Vocabuìiata  in  arabico,  pabbtìcaio  per  la  prima  volta  sopra  an  Codice  éàk 
Bitilìntrcn  lìiccanlrana  Hi  f-'iren»  àa  C.  .Viirti'xiiRi.il,  alunno  M  litote  Istilirto^ 
Stodii  Su|<orioi-i.  Fiivnxe,  TÌ[)D)p'alÌa  de'Sut-ci'-vnrì  ìx  Mcmiiier,  con  i  cinttfri 
mihi  (Iella  Stanipn-iu  Mnlicea,  tKil.  (^f.  ■umiTMr  XX.VV,  Gli  in4*,CDn/a4>«i'iMl> 
io  rolo(iilì3. 


OELL&  STAMPA,  tTALlAHA  593 

TÀmari  ;  anche  il  lutioo,  per  sentenza  dello  stesso  o  del 
maini,  risale  alla  stessa  età,  ovvero  à  di  poco  posteriore  gÌQSta 
Jaffd  e  il  Gregororius.  \od  se  ae  conosce  TAutore;  U  pro- 
i9or  L&sinto  crede  sia  probabilissimamente  opera  d'an  dome* 
»ao,  e  forse  di  quel  Uaìraondo  Martin  autiire  del  Pitgio  fìdei. 
Voeabulista  si  compone  di  due  parti:  Tuna  arabo-latina,  l'ai- 
b  latìna-araba  prft  copiosa  della  prima,  di  molto.  Imperocché 
ciascuna  voce  latina  rispondono  sovente  parecchie  voci  arabe, 
nonchò,  come  osserva  lo  Schiaparelli,  spesso  t  i  vocaboli  delle 
e  lingue  convengono  soltanto  nel  concetto  generale  e  non  nella 
ma  e  negli  accidenti  grammaticali.  >  Talora  infatti  si  con- 
«ppone  un  nome  ad  un  verbo  e  viceversa,  a  un  sostantivo  un 
getti vo. 

Un'altra  differenza  tra  le  dne  parti  è  notata  dal  Lasìnio  nella 
la  rivista  che  fa  dolTopora  dello  Schiaparelli  ';  differenza 
'egli  chiama  sostanziale,  ed  è  in  questo,  che  la  parte  prima 
carattere  lessicografico,  la  seconda  lessicografico  e  gram- 
.ticale  insieme:  mercecchò  vi  si  recano  non  solo  sostantivi  di 
ria  natura,  e  agg'-'ttivi  e  pronomi  e  particelle,  ma  rarie  forme 
verbi  e  varii  tempi. 

Lo  voci  contenute  noi  Voeabulista  sono  dì  diversa  qualità: 
re  proprie  dell'arabo  letterale  o  lingua  scritta,  del  periodo 
ssico;  altre  dell' arabu  scritto,  postclassico;  piil  numerose  que- 
\  quelle  meno.  Altri  vocaboli  poi  appartengono  esclusivamente 
a  lingua  parlata,  ovvero  sono,  pel  significato  almeno,  proprìi 
Carabo  dì  occidente  e  segnatamente  della  Spagna,  o  comuni 
volgare  d'oriente. 

Aggiungi  i  vf'caboli  stranieri  introdotti  nell'arabo  parlato,  la- 
li,  romanzi  e  soprattutto  catalani.  Ognun  vede  quanto  profit- 
«le  riesca  agli  studii  filologici  e  linguistici  la  pubblicazione 
siffatti  codici,  e  quanta  perciò  debba  essere  la  riconoscenza 
dotti  e  degli  studiosi  verso  coloro  che  vi  danno  opera  con 
re  pazienti  e  con  solerte  ingegno.  Dì  che  egregia  lode  merita 
Linari  che  primo  scopriva  nel  1359  il  prezioso  codice  del  Vo- 
ìndìsta  nella  Kiccardiana  e  ne  procurava  la  stampa,  e  il  suo 

J  Mella  Nuoca  Antoìogia,  I87f. 

r  un.  tei.  It.  fa*e.  8&1  38  28  maggio  1886 


594  nivtsTA 

valoroso  discepolo  Gdkstiao  SchiapareUi  che  Tebbe  csegtiiU 
rara  diligenza  e  ^ètfmone. 

L'altra  nobile  ed  utile  fatica  dello  SchiapareUi  è:  LUtalil 
descritta  nel  Lihvo  del  Re  Ruggero  da  Kdrisi  '.  Questo  voli 
contiune  il  tostu  inturo  pubblicato  pt'f  la  prima  volta,  e  ripanli 
la  parte  c^totinentalo  d'Italia  e  d'-lle  terre  adiacenti,  o  l'altri, 
già  fatta  dì  pubblica  ragiono  dall'Atuari  nella  sua  BìbliUm 
arato-sicula,  che  cotaprenda  Tinsular^.  Lu  SchiapareUi  di 
Teraìone  della  prima  con  molte  note  erudito,  storiche  &  fllob 
gìche.  Così  tra  la  parte  illustrata  dalPAmari  o  iiuella  ch^ 
tribuisce  il  eh.  Autore,  l'Italia  è  tutta  compresa  e  fatta 
Bcere  agl'Italiani  quale  era  raffigurata  e  descrìtta  da*| 
di  mez^o  il  secolo  XII.  Ke  Ruggero,  tornato  ogni  cosa  in  tr&n^ 
qnillo  di  pace  dopo  il  trattato  di  sau  Germano  (25  luglio  11! 
si  diede  tutto  allo  studio  di  quelle  arti  che  gli  asaicararaM' 
prosperità  e  la  gloria  del  suo  vasto  reame.  E  primamente,  ?i 
com'egli  era  di  notizie  geografiche  non  pur  de' suoi  domlnii* 
dì  tutti  i  paesi  e  di  tutte  le  regioni  do' sette  Climi,  seeondo 
geografia  greca,  u$6  ugni  diligeuv:»  ed  industria  acciocché  fvi 
appurato  e  accertato  quanto  era  stato  scritto  Udo  al  suo  tenj 
di  COS43  geografiche,  e  fossero  consultati  gli  uomini  piti  auUjr 
voli  d'ogni  contrada,  versati  nella  scienza  e  pratichi  de'; 
visitati  ne' loro  viaggi.  Fatti  venire  a  sé  cotesti  valentuominìj 
e  interrogatili  tutti  insieme  e  per  singolo,  dopo  quìndici 
di  ricerche,  di  studii  e  di  lunghe  e  mature  discussioni,  fece 
portare  sopra  un  pLinisfero  ì  punti  itinerari!  indicati  nelle 
ìasioui,  tenendo  conto  de' libri,  e  ne*  casi  dnbbi  scegliondo  lepil 
autorevoli  te  stimo  ni  un  w.  Fu  poscia  gettato  un  gran  disco 
siccìo  di  puro  argento,  sul  qiule  venueru  pur  suo  comaadi 
incisa  le  figure  de' sette  Climi  con  loro  regioni  e  paesi,  a 
e  golfi  e  marino  e  fiumi  e  altipiani  e  vie  di  comunicazionò, 
le  toro  distanze  in  miglia.  Come  commento  alle  figure  del 
e  per  illustrar  ciò  che  il  solo  disegno  non  poteva  fornire,  or 


'  L'Ilalia  (IcscriUn  nel  Lihro  del  He  B'tfifferó,  cooipihm  da  Ki>hh'.  T« 
anilw  pubbliciilo  con  tctsÌohc  p  noie  <Ì.i  M.  A>i.vni  e  C  SciiuPrtiiEi.Li.  Kom,i 
[fpi  M  Sahinccl,  1883  (AUi  della  rpatù  AccAdcinia  diri  Lìncei.  Sirie  2*  «i 


DELLA   STIHPA   rTAUA.fA 


5^ 


fbe  ffsm  scrìtto  un  libn),  io  cui  sì  dessero  per  cìaffciin  Clima 
t  compartimento,  tutta  le  notizie  necessarie  ed  utili  a  sapersi. 
£  il  titolo  del  libro  fu  dato  dallo  stesso  Ruggero  ed  è  questo: 
^nugfial  ài  mtàUìq  fi  ihtiràq  ài  "àfàq  (sollazzo  por  ohi  si  di- 
letta di  girare  il  mondo). 

In  si  chiara  e  faticosa  impresa  il  magnilìcQ  principe  oblie  com* 
pftgno  lo  Sceriffo  o/ul  àhd  allah  muliammad'ibn  àbd  àlUh  "ibn 
'idris,  noto  camunemeate  sotto  il  nome  di  Edrisi^  uomo  di  nobil 
prosapia,  rampollo  di  Ali  e  di  Fatima.  Casirì  lo  dice  nato  in 
Orata  l'anno  1100.  Fu  cliiamato  da  Kugeero  per  la  fama  dei 
SODI  ria^i  in  Africo,  nella  Spagna  e  neirAsia  minore,  e  vi  ebbe 
leUK  Corto  di  Palermo  onori  o  trattamento  di  principe-  L'opera 
«he  ti  re^  di  lui  è  quella  che  noi  chiamiamo  Geograjia  di 
Eiirisi^  gli  Arabi  il  Libro  di  Ruggero.  Di  questo  libro  si  sono 
finora  pubblicate  alcune  partì,  non  tutto.  L' Amaria  come  dicemmo, 
Diiso  in  luce  quanto  concerne  la  Sicilia  e  le  altre  isole  italiane; 
il  Dozy  e  il  de  Goejo  stamparono  nel  1366,  la  descrizione  del- 
TAfrìca  e  della  Spagna,  con  versione  in  francese,  note  e  glos- 
io  delle  voci  mancanti  ne' lessici;  e  il  nostro  eh.  Autore  ci  ha 
lotto  e  illustrato  il  tosto  che  riguarda  TlUilia  continentale 
le  terre  adiacenti;  e  con  lodevole  divisainento  vi  volle  aggiim*- 
ire  eziandio  quella  part«  della  preluzione  dell' Edrisi,  la  quale 
htta  della  conllguraziono  della  terra,  della  sua  divisiouv  in 
ii>  de' mari  che  la  circondano.  È  un  capitolo  di  geografia 
9ralo  che  l'^drisi  tolse,  come  dice  il  eh.  Autore,  in  gran 
^JMrte  da  altri  scrittori  non  pervenuti  fino  a  noi,  ed  ha  però  ra- 
gione di  lavoro  originale  degno  di  molta  censi  deraziono  por  coloro 
[de  dàtmo  oi>era  a  studii  di  geografia  comparata  del  Medio  Evo. 
Di  tutto  il  fin  qui  detto  da  noi  con  somma  brevità,  il  nostro 
itore  discorre  alla  distesa  nella  previene  ricca  di  concetti, 
'di  notìzie  storiche  e  di  osservazioni  critiche  intorno  a' lavori  fatti 
fdagli  altri  sopra  la  stessa  uiateria.  Discute  parimente  i  meriti 
e  i  (lifotU  dell'opera  di  Edrìsi,  e  cita  i  codici  cbo  servirono 
Jja  edizione  presente,  quelli  rìoS  della  Biblioteca  Nazionale  di 
e  della  Bodleiana  di  Oxford.  In  capo  al  volume  v'd  una 
Il  issi  ma  <  Carta  d' Italia  secondo  il  Gcojra/oEdrÌ3Ì(n54)> 


596  RTvnTA 

da  no  Codice  della  Biblioteca  Bodlt^iana.  Anche  P  indice  toi 
grafloo  ò  degno  di  molta  lode  per  la  squisita  diligenza  code 
compilato. 

IL  Prof.  Lapo  Buonazia  ha  dato  prova  della  sua  grande 
rizia  nella  lingua  e  letteratiini  araba,  con  la  pubblicazione 
fino  scrìtto  snlla  metrica  araba,  e  de'Cataloghi  scientìfici  do'Ct: 
arabi  delle  Biblìutticho  nazionali  di  Xapoll  e  di  Firenze  \ 

I  Codici  arabi  della  Biblioteca  nazionale  di  Napoli  Tengoi 
da  una  raccolta  fatta  negli  anni  1816-19,  da  Giorgio  Strict 
in  Babilonia  (Bagdad  o  MossulX  dalle  Biblioteche  de'onvent 
napoletani,  specialnioute  dì  qiiullo  di  S.  Oiovauni  in  Carboni 
e  del  Collegio  de'&esnìti.  Questi  Codici  sono  attinenti  1** 
fede  musulmana:  Corano,  Preci,  Oiurìsprudenm,  ecc.  1-41.  Il"  Al 
tenenti  alla  fede  cristiana:  Sacra  Scrittura,  Orazioni,  Frodici 
Kitnali  e«c.,  42-64.  Ili    Attenenti  a  Letteratura  e  Scieni 
Gramniatiche,  Dizionari),  Poesia,  Filosofia,  Medicina  e«c.  C5* 
IV"  Misti,  97-101.  Nello  stesso  ordine  sono  disposti  i 
della  Biblioteca  nazionale  di  Firenze. 

L'armeria  di  Torino,  una  delle  più   ricche  e  pregetoli 
Europa,  fu  fondata  ntìl  1883,  auspice  Carlo  Alberto.  Essa  cunlieQ^ 
molte  armi  musulmane,  sciabole,  maglie^  giavellotti^  elmi,  br 
ciali,  pugnali  e  fucili  con  iscrizioni  e  motti  in  arabo,  in 
quarantaquattro  armi.  Il  Barone  Papasiano  aveva  copiate  e 
dotte  parecchie  delle  iscrizioni,  ma  né  tutto  né  bone.  On^ 
il  eh.  Isaia  Ohiron,  ora  Prefetto  della  Biblioteca  di  Brera 
Milano,  prese  a  tradurla  e  illustrarle  con  rari   dìligen» 
accurati'zza  tanto  nella  parte  filologica  de' testi,  quanto  in  qQelì 
che  s'attìenu  a' personaggi  nominali,  allo  credenze  e  a' riti 
rislaiuismo,  paragonandoli  con  quelli  che  Maometto  avea 
dall'ebraismo ^  L'illustrazione  ò  degna  di  molta  lode  per 

*  Cr.  Oaiteila  ufficiaìe  dei  Benno  d'itaìia,  MtppJmi.  M  N.  ^116,  tS^:l 
iasione  della  Commissione  c!aniìnatricp  al  (kkio  di  proftwore  slraoi-dÌDiric  Al 
eoa  f  iRUni-altira   nnìtì  nelh   R.  Univi>rMtA  di  Napoli.  I  membri  di  i)af!Sllj 
mÌKionc,  Ti'a'rianli  )'Am.ìn,  il  U«inio,  il  Guidi  e  II  Vhv,  danno   le  piA 
eslitnotiiaiiie  airAotorv  e  alla  sua  opera. 

*  Le  l$erirÌonÌ  Àrabe  della  lUaU  Armeria  di   Torino  racteìlr^  e  ili 
iU  lìiAiA  GHirul.x.  Pirenie,  Tipofiratia  dei  SacccsEorì  Lr  Moapier,  eoo  i  cflnItfHi 
tlfltu  Slampcria  mediorn,  t8C8. 


OetLA  STÀIIPl   ITALIANA 

rzionc  varia  e  la  buona  crìtica  del  eh.  Autore,  nel  quale  abbiamo 
iltrasi  ammirato  una  rara  modeMia. 

Nel  1S7S  pubblicava  un  altro  Ibtoto  di  gran  pregio  sulle 
uonete  arabiclie  del  GabiuetV)  uiimisniatrco  di  Milano  '.  Sono 
Me  tra  d'argento  e  di  rame  in  numero  di  CCXVm  e  Te  n'ha  di 
^oteTolissime,  come  p.  e.  un/elsAi  Tangeri  doli' anno  CX,  del- 
E'Egira  (731-732  dell' E.  V.);  un  di rhem  del  diigentonovantotto. 
Ctitti  sanno  che  la  collezione  di  monete  arabe  del  Gabinetto 
uimismatioo  di  Milano  è  una  delle  più  celebri,  così  per  nunioro, 
bnae  per  pregio  dì  rarità.  Essa  nu  novera  sopra  ottocento,  e 
\n  l'altre  rì  è  un  din^r  dell'anno  77  dell'Eg.  (696-97  dol- 
l'E,  V-),  la  più  antica  moneta,  forse,  di  puro  tipo  arabo  che  sì 
BOQOSca;  un  dirhem  dei  Selgiukidì  di  Persia,  uu  gran  numero 
il  dirhem  e  di  fels  di  Selgiukldi  di  Homania,  dei  Khan  mogolì 
fti  Persia  e  del  Kapcifik.  Il  fondatore  di  qaesto  Gabinetto  fa 
Rafitano  Cattaneo,  rilHustratoro  Carlo  Ottavio  Castiglioni.  Il  nostro 
Autore  tolse  a  illustrare  le  moneto  acquistate  dopo  il  Castiglioni, 
seguendo  però  norme  diversi-  da  quelle  del  dotto  Milaiìese,  e 
Parandosi  segnatamente  de' progressi  fattisi  nello  studio  del- 
Taiabo  in  questi  ultimi  decennìi.  Quindi  la  divisione  delle  monete 
per  regioni,  aduttata  dal  Castiglioni  e  dall'Adler,  ovvero  per 
date,  seguita  dall'Hallenberg,  fu  dal  nostro  Autore  sostituita 
pan  Taltru  fatta  dal  Fraehn,  il  quale  pone  in  primo  luogo  le 
monete  de'calìfì  primarii,  poi  quelle  dei  principati  sorta  e  fioriti 
darante  il  califato  di  Bagdad,  e  infìno  quello  dello  dinastie  nate 
0  Terso  0  dopo  la  «ulnta  di  qaesto.  Degno  di  considerazione  ò 
BÌ&che  il  eh.  Autore  scrive  nell'introduzione  intomo  all'origine 
dftlla  scrittura,  nashhl  e  cw/tca.  Segue  egli  l'opinione  del  Beer 
circa  l'alfabeto  delle  iscrizioni  sinaitiche,  e  sostiene  la  somi- 
gUan7>a  sua  col  naskkì;  il  cujico  poi  sarebbe,  secomto  lui,  uua 

Brta  figliazione  àaW  estrangkelo. 
Luche  pregevoli  e  ricche  di  notizie  imnortanti  sodo  due  me- 
ìnorìe  dello  stesso  Autore,  Funa  sopra  alcuni  conii  osmani  del 
Museo  di  Modena,  T  altra  intomo  a  una  moneta  cuGca  con  im- 

*  Monete  arabiche  del  Gabinetto  }fuminmatico  di  Milmno  raccolle  e  illa- 
(b  iSUJi  <ìiiiRON.  l'irìco  lIocEili  Libi-aìoEdilorc,  Milano  fST8. 


598  RIVISTA 

magine  '.  Sì  tratta,  nolla  prima,  dolio  falsi  fi  ca^^ioni  dello  ine 
nei  secoli  XVI,  XYII  e  XVIII,  fatte  dì  pieno  consenso 
Prìncipi,  i  quali  oltre  chd  così  operavano  per  sé,  concederanoi 
altresì  a  privati  cittadini  faroltà  di  falsificarle  nello  loro  zeceh«.l 
Il  che  specialmente  arerà  luo§o  per  le  monete  che  areran  cor»i 
nel  Levante. 

Xella  seconda  Homorìa  l'Autore  discorro  dello  monete  cuSehBl 
con   immagini*  e  svolge  ampiamente   la  quiationo  controversi , 
fra' dotti,  circa  la  proibizione  dolio  immagini  fatta  a' musulmani 
da  Maometto. 

Fra  gli  Autori  di  grammatiche  o  di  Manoali  della  lingua  arata  [ 
Tolgare,  ricordiamo  il  Sapeto.  il  de  Marchi  e  il  Pizzi.  Il  Sapeto'] 
è  uomo  erudito,  come  si  può  vedere  dal  suo  Prodromo  allo  sittdio 
della  Cussìiìde  Abissina  e  delle  dtie  lingiie  Gheez  ed  Amkara 
(Cf.  Atti  del  IV  Congresso  degli  Oriont.  tcn.  in  Fironxe  ne!  sei»] 
tembre  1878,  pag.  97-140);  ma  non  ò  sempre  esatto,  nò  ordinato 
a  nella  scienza  filologica  o  glottologica  non  ha  posto  molto  studio. 
Il  de  Uarchi'  è  anch'esso  erudito,  ma  non  dimentica,  neppar« 
scrivendo  precetti  di  grammatica,  d'essere  Avvocato,  tanta  è  la 
facondia  e  la  Milita  di  far  digressioni  lunghe  sopra  costì  dispa- 
rato e  con  giudi»li  che  non  possono  ossero  aci.'olti  da  coloro  cbe 
veramente  sanno,  figli  conosce  bene  l'arabo  odierno  per  pratioat 
ma  non  del  pari  V  antico  né  la  sua  letteratura,  ed  d  sfornita  di 
metodo  scientifico  nelle  investigazioni  linguistiche  o  letterarie. 
Questo  stesso  giudico  dava  pure  la  Commissione  esaminatrice 
del  concorso  al  posto  di  professore  straordinario  di  lingua  e  let* 
tenitura  araba  nella  B.  Università  di  Napoli. 

liodovolo  per  ordine  e  por  pratica  utilità  6  ìì  Pìccolo  Manuale 
dell'arabo  volgare  d'Egitto,  composto  dal  eh.  Prof.  Italo  Pizsi\ 


'  [li  alcuni  CoHÌi  Onmanì  <lr>t  Miupo  ili  Modenn  e  ili  nnn  ^foneta  Cufica  «M 
imtaoffittt.  Mi-niorìt'  Oi  Uaia  Ghìfion.  l'inau:,  Ti|>OBra[la  eli  M.  Ilicci  e  C.  IJffO. 

■  Grammatica  arafia  coìgare  a*l  ma  i\f\\ti  scaAlfl  [«'jiichd  d»I  Prof.  Citt«errK 
SàPKTO,  Jìcejiie  D  Genovii.  ti|i.  e  lil.  il*-i  Ki-atolli  PHIas.  IH61. 

^  Ottida  pratica  allo  studio  delia  lAngaa  oreria  parlata,  Milaito,  d'iusnll 
Nationsle.  HW5. 

'  Piccolo  ManuaU  dtìlarabo  Tiolgart  d' Egitto  cfui  U-mi  ila  Iniiliirro  A*- 
l'aiMlio  in  iialàno  e  dnli'iiatiABO  in  .imito  f  eoa  tocaholarìo  dvì  trini  coopibW 
4b1  DotL  Prof.  iTAio  Pizzi    Rrenie,  Succnssori  U  Monnicr,  I88& 


DELLA   STAMPA  1TAUA»A 


59» 


■oU)  per  dotti  lavori  di  lingua  e  letteratura  persiana;  dQ'qnali  fu 
parlato  con  cncumio  nel  nostro  Periodico.  II  eh.  Autore  volle  ren- 
4etQ  allo  studioso  meo  disagurole  la  conosotnza  dell'arabo,  unendo 
ieme  la  pratica  e  k  teorica.  Espone  i  principi!  fondamontali 
dttlla  grammatica  con  chiaroit^^a  e  brevità,  e  por  via  di  temi  gra- 
duati da  tradursi  dall'una  nell'altra  lin^a,  ne  fa  applicare  le 
regole.  L'Autore  adopera  i  caratteri  nostri  in  luogo  degli  ara- 
bici, seguendo  l'esempio  di  altri  grammatici,  fra' quali  lo  Spitta  e 
l'ilurtinann,  la  cui  eccuUeati  opere  furono  da  lui  consultate  per 
la  oompilazìone  del  presente  Manuale,  ma  dà  pur  cotesti  alla 
Soe  del  libro^  o  con  essi  le  regole  della  lettura,  e  molti  modi 
éì  dire  più  comuni  e  i  roc^iboli  più  neoessuriì. 

Nel  1^73  lo  stt'Sso  Autore  pubblicava  un  bel  lavorietU)  ohe  ha 
per  titolo:  Crociata  di  Riccardo  Cuor  di  Leone  He  d'ingUl- 
terra  secondo  ditegiortcì  orientali,  un  Siro  ed  un  Arabo.  Parma, 
^lip.  della  Gazzetta  di  Panna^  1873.  Lo  scrittore  Siro  è  il  fa- 
Knoeo  Bar  Sebreo  o  Ahulfaragio,  l'Arabo  è  il  celebre  Ibn  al 
Athb:  Le  versioni  dal  siriaco  e  dall'arabo  sono  fatte  con  molta 
proprietà  dì  lingua  e  chiarezza. 

II. 

L' affitto  of/rario  e  la  tassa  di  ricchezza  mobiie.  Constiler  ozi  otti 
dell' Ary.  GiovAityi  Bortoltcci.  Bologna,  1885. 

Ricorderanno  i  lettori  nostri  come  dalle  tante  riunioni  tcnu  ■ 
tesi  l'aono  scorso,  massima  niente  nell'alta  Italia,  di  possidenti 
icaltori  di  fondi,  per  corcare  pratici  rimedii  al  male  pericolo* 
inssimo  della  così  detta  crisi  agraria^  sempre  si  levasser  pro- 
teste contro  la  tassa  di  riccbez:ìa  mobile  pei  fitti  delle  terre,  ac> 
indola  d'ingiusta  in  s(i  o  di  dannosa  alla  comune  prosperiti: 
BDchè  indarno   finora,  avendo  il  Governo  a  q^ueste  universali 
stestazioni  fatto  oreccliie  da  mercante. 
Il  chiaro  signor  Avv.  Gioviinni  Byrtoluoci  ha  creduto  bone  di 
prendere  ad  esame,  ìu   questo  breve  studio,  la  questione,  uou 
ttnto  sotto  il  rispetto  politico  delta  finanza,  quanto  sotto  quello 
bell'equità  e  della  pubblica  economia;  ed  in  poche  pagine  ha 


RITtSTA 

ristretto  U  più  ed  il  meglio  di  ci6  che  si  può  dire,  prò  e  contro 
la  moralità  e  l'utilità  della  suddetta  tassa.  Il  mantenimento 
della  quale  essendo  uno  dei  fomiti  del  malumore  che  serpi-ggia 
nelle  campagne,  ed  uno  degli  ai^omenti  di  cui  si  ralgono 
settarii  e  mestatori  per  inoculare  il  socialismo  nelF animo  ié 
contadini,  vale  la  spe^a  che  se  ne  ragioni  al  modo  che  seri» 
il  Taloroso  giureconsulto;  cioè  con  mente  pacata  ed  a  punta  di 
logica  rigorosa. 

La  tossa  di  ricchc!:za  mobile  applicata,  come  sì  f!a  in  Italia, 
Agli  affitti  della  terra,  è  ella  giusta  ?  Ecco  il  precipuo  quesito.  D 
fitto  0  locazione  in  sostanza  si  risolve  in  una  cessione,  che  &  il 
proprietario  ad  un  altro  del  diritto  di  godere  una  cosa  sua,  per 
un  tempo  determinato  e  per  un  determinato  prezzo.  Onde  Taffit 
tuario  diviene  legittimo  rappresentante  di  chi  ha  la  proprietà 
del  fondo,  al  quale  egli  paga  in  ricambio  una  somma,  che  rap 
pre^ìeota  e  sta  in  luogo  delle  rendite  del  fondo  stesso.  Il  tributo 
fondiario  poi,  come  lo  esprìme  la  parola  medesima,  altro  non  h 
so  non  la  contribuzione  di  una  parte  del  prodotto  del  suolo,  ptf 
sopperire  in  equa  proporziono,  con  lo  altre  taiso,  alle  spose  dello 
Stato,  ed  assicurare  così  al  proprietario  il  pacifico  e  tranquilla 
godimento  del  restante  prodotto. 

ila  richiede  giustizia  che  il  cespite,  da  cui  si  ricava  il  ttv 
buto,  non  possa  aggravarsi  due  volte.  Quindi  il  tributo  ohe  ptgt 
il  proprietario  locatore  devo  di  regola  generale  guarentire  il 
conduttore  suo  rappmscntante  da  ogni  aggravio,  che  abbia  per 
base  la  stessa  rendita  del  fondo.  Imperocché,  in  caso  divprso,  il 
conduttore,  stipulando  il  contratto  d'affitto,  sottrarrà  al  locatore, 
nel  canone  da  pagare,  la  somma  della  tassa  imposta  all'affitto 
medesimo;  e  così  il  peso  di  tale  tassa  ricadrà  sul  proprietario, 
che  doppio  aggravio  dovrà  sostenere,  e  come  possidente  e  come 
locatore  dell'unico  e  identico  suolo. 

€  Or  bene,  data  la  tassa  di  ricchezza  mobile  per  gli  affitti, 
non  è  evidente,  conclude  il  Bortolucci,  che  lo  stesso  cnspìte  è 
gravaci  duo  volte,  da  un'imposta  della  medesima  natura;  non 
potandosi  negare  che  la  tassa  di  ricchezza  mobile  appartenga  alla 
categorìa  delle  imposte  dirette?  So  non  vi  fosse  l'affitto,  potreste 


delljl  stampa  italiana 


CUI 


colpire  il  proprietario  colia  tassa  dì  ricchezza  mobilo  ?  No, 
rebbe  iniquo.  Dunque  non  lo  pototo  neppure  in  via  indiretta, 
lendori  del  suo  rappresentante,  il  conduttore  del  fondo.  > 
Si  obbietta  che  il  locatore  esercita  un'  industria  ;  e  perciò  vien 
sottoposto  alla  tassa  pel  soprappiù  che  ricava  dall'  affitto,  dopo 
pa^io  il  canone  locatizio.  Se  ogni  ìndastria  è  tassata,  perchè 
non  dev'esserlo  anche  quella  dell'affitto? 

Giustamente  risponde  TAutf^ro,  che  convien  distinguere  l'in- 
dustria agraria,  da  quella  che  chiamano  operaia  e  manifatturiera. 
Id  questa  la  produzione  non  à  tanto  offstto  delia  materia  grezza 
9  bruta,  quanto  del  capitalo  o  d^^l  lavoro;  ed  i  dai^ii  che  si  pa- 
gano per  l'acquisto  dì  essa,  non  son  fissali  in  ragione  dell» 
sua  capacità  di  produrre,  o  della  sua  possibile  rendita,  ma  in 
jìone  del  suo  valore,  o  della  su»  qiuiiilà  e  quantità,  o  dell*  use 
;eat  serve.  All'incontro  nella  così  detta  industria  agraria  \& 
tteria  primo, , su  cui  si  aggira  l'opera  dell' uomo  e  sì  uppUca 
capitale,  è  sempre  la  terra,  per  lo  solo  sue  forze  produttrici. 
Vero  à  che  l'opera  ed  il  capitale  possono  di  gran  lunga  anmen- 
t»ro  il  naturai  frutto  della  terra;  e  per  ciò,  nello  stabilire  il 
tributo  fondiario,  si  ba  riguardo  al  doppio  elemento  o  della  na- 
tura e  del  lavoro.  Quindi  1* esenzione  da  tassa  dell'industria 
agricola,  per  parte  del  conduttore,  non  verrebbe  a  forraaro  un 
privilegio,  ma  sarebbe  un  riconoscimento  del  principio  di  giustizia, 
TÌet»  s'imponga  due  volle  iiu  tributo  sopra  la  stessa  cosa. 
Il  che  SÌ  conferma  dal  futto  dell' onfiteusi,  che  oggi  per  lo 
si  riduce  quasi  ad  un  affitto  perpetuo  o  ad  longum  iempiiSf 
quale  nò  il  padrone  diretto  pel  canone,  né  rutilìsta  poi 
itaggì  che  ne  ricava,  sodo  soggetti  a  tassa  di  ricchei^za  mobile. 
oppone  di  nuovo  la  tassii  del  5  per  cento,  di  cui  è  gravato  il 
Irò  0  colono,  ragguagliata  all'imposta  erariale  principale 
colpisce  il  fondo;  e  si  dice,  se  il  iite:szadro  è  sottoposto  a 
k,  perchè  ne  sarà  esunte  raftìttuario? 
i'Antore  primieramente  biasima  d' ingiusta  questa  tassa  mez- 
Irile,  per  le  ragioni  addotto  contro  quella  degli  allìtti,  e  la 
isidera  come  un  peso  aggiunto  al  da^io  fondiario  in  aggravio 
padroni,  ai  quali  poi  in  ultimo  tocca  di  portarlo.  St^conda- 


602 


KmsfA 


riamente  osserva  che  la  iiiixltcìtà  di  8l  fatta  tassa  ò  tale, 
si  potrebbe  anclie  readere  sopportabile  ali*  affittuario,  qnalonj 
si  applicasse  invece  di  qaelta  di  ricchezìia  mobile.  Finali 
nota,  che  non  sempre  e  in  ogni  caso  l' affittuario  ra  immoi 
dalla  tassa  mezadrile;  essondori  sottoposto  tutte  le  volte  ci 
egli  Ò  insieme  locatore  e  lavoratore  del  fondo  affittato;  caso 
raro  in  varie  regioni  d' Italia. 

Per  lo  cbe  l'in^lnstìzìa  dulia  tassa  di  ricche7,!ia  mobile»  im^ 
posta  ai  nttaiuoli  dì  fondi,  rimau  chiarita;  e  con  ossa  rimane  gin- 
stifìcato  l'universale  grido  che  la  riprova  e  la  condanna.  Ordii 
verrebbe  egli  mai  a  perdere  il  pubblico  erario,  qaando  abo^ 
quest'odioso  balzello?  Il  [acini  affermò  al  senato,  che  circa  qi 
milioni  annui,  non  piit.  <  £  si  deve  negare,  soggìangd  il 
lucci,  qnesto  sacrifizio  non  grave,  relativamente  ad  un  bilancio  ili 
un  miliardo  e  mezzo,  per  rialzare  la  proprietà  rurale  avvilii 
per  beneficare  riigricoUura  e  per  proitiuuvere  e  stabilirò 
buon  regime  colonico,  contribuendo  cosi  a  far  cessara  1*  attuali 
crisi  agraria,  la  quale  andrà  sempre  più  inasprendosi,  quasi 
più  aspri  si  iranno  ì  rapporti  fra  padrone  e  colono?  »  £e 
si  spendono  allegramente  centinaia  di  milioni,  per  lavori 
in  Napoli  ed  in  Roma! 

U  chiaro  Antoa'  flurìsoe  questa  sua  ragionata  dimostrasios 
giuridica  ed  eonnomicu  di  avvertenze  savie  od  opptirtune,  le  qc 
se  fossero  ascultato,  gioverebbero  di  molto  a  sminuire  i 
a  cui  il  crescente  soeialismu  rustico  esp'jne  V  Italia.  Ma  pur  ti 
la  luce  non  nuanca.  K  il  Gloveroo  e  coloro  ohe  formano  il  meglil 
di  quelle  che  sì  dicono  classi  dirigenti,  vedono  quel  che  arrebl 
da  fare  e  posson  ripeterò  col  poeta:  Videa  tneliora,  pt 
ma  nell'atto  pratico  operano  come  se  non  vedessero, 
sequuniur.  La  quale  impotenza,  o  fiacca  volontà  di  motte»  i 
riparo  al  traboccamento  dell'  onda  socialistica,  fa  temere  ch6j 
giustizia  di  Dio  non  intenda  liberare  l'Italia  dali'esporìi 
della  sua  alluvione. 


BJBLIOGRAFIA 


VMBnOSJl(Sancti)  MEDIOLANENSIS  episcopi,  Kcclcsiae  Fatris 
ac  Uociorìs  Opera  oniuia  ad  Mcliolanenses  coJices  pre&sìus  exacu, 
curaDie  Taulo  Aogelo  ballerini  Meiropulitaiiae  Ecctesiae  Canonico  Or- 
dinario, Patriarctia  Alexandrinorum  Laiim  ritus,  Uoctis  iiidem  alii» 
¥Ìhs,  praesertim  ex  Ambrosiana  Ijiblioihcca  coadiuvantibus.  Aloysio 
Nazari  e  Comiiibus  a  Calabiana  in  Metropolitica  Sedo  Ambrusii  Sue- 
oesaori  dicaia.  Meàiolani,  E  typographia  S.  Josephi,  Via  Saocti  (Ja- 
lo«eri>  N.  9,  1875-1880.  Sei  volumi  in  folio. 

Con  Boramo   piacere   .inminilAmu   il      |iiv<i>'  a  mmlif'Mo,  per  riufcirc  a  pnbbll- 
IWpiiil«nto  dflla    cdiiione  ili  luUi>  lo      carne  una,  ta  quale  (Kr  le  materie  Tomc 


IR  gImi  rimanfono  del  irnssimo  Itniioi'e 

p^mliroKio.  leianeote  5|ilciidiil4  i^r 

I^MiEO  lipr>?riilìca,  ma  y\i\  preiio»)  .in- 

HP|iiT  r  luu  della  ngacissiina  crilica  e 

sniDinn  itì1i|;i*nt,i  e  accoratOKi  con  coi 

Mata  conil[flt.i.  ti  merito  si  dern  per  l:i 

aatima   parli'  al  tìottiissiitio  Mom.  l^'aolu 

llerini  PaiiiiiTJi  di  .Uestiniidm,  ìl  [[unlp 

D  prrdoii*\  a  /atica  nel  ricerc:ire  e  con- 

ire  <  eodiel,  non  mio  di  Milano.  c\\f. 

lO  i  |)>ii    prcjtiali,  Ola  A\  iilln-  bìliiio- 

che  aocuni,  non  die  le  (irtì-cdcnii  c»li- 


\i\  pìb  compiuti,  prr  l'antenticità  degli 
«crilU  di-l  Sani»  b  \*[ii  vsitta  e  per  la 
cnrn'jioMp  1.1  pili  pcrfell.!  die  polr*M? 
olluiieo'j.  Ed  e^li,  per  i)uìjuIo  ni*  possìnm 
Odi  giiidicarr,  vi  t  di  liiiio  riuscito.  Ce 
cir  congratuliamo  pcmnio  l'on  l'ìllnsu-e 
l'n-kto  «  co»  <|i):inli  lo  ctiadiuvarviii) 
iiHlIa  mnl;)K('vid<>  im|m'.'^i,  l-n  ijuule  lortinrli 
n  gmn  vantappn  di'iilì  s([idi(K«i  ili>i  Snnlì 
Ptidri,  ed  a  KpIt^ridorB  non  piccolo  deli» 
noliile  Clii«K)  di  Illil»noch«vblH'  la^kria 
di  essere  |{uverii:iLi  da  ù  gran  Ihjitiire. 
1  a  Mamiia,  iiia!:iinie  la  Miujrina  che 

NXnAliIOASTR0'3fETE0R0L0GIC0  con  Kffemeridi  oanti- 
che  per  l'anno  lH8(j.  Anno  IV.  Vni/>3in,lip.  della  Societ:k  fra  com- 
posìiorì  ed  Impressori.  S.  Marco  Ponte  delle  Pignaitp^  Ramo  Urcgo- 
hno.  188:i.  Un  voi.  di  pagg.  198,  XVUI  in  Ili. 
beiiicuut»  al  iiaovu  .\iinaario  clic      pei'  culto  il  I88G;  poi  blogralie  d'astra- 


DOnw  ì  suoi  iii'Hrnlriiti  «oiiiiiiì. 

llorio  huriarc-il'-  di  Vi^in>/.is.  VI 

la  Blc«Ki  copia  di  Mppiiiili  utili 

^Wlo  ai  nnvisatori,  ma  ai  cullfri  pd 

aiorìdeH'ailrvndinia  :  la  eluder iiìone 

'aipcitù  del  cielo  per  cia^ua  nifse 

Itnline  sia  alle  co5tclla;dAnì  :!i;i  ai  pia- 

%  \tt  carie  clic  s^snaiio  gnfirarttnle 

'  dpi  medesimi  fra  le  costellazioni 


Doitiiu  d'aliri  scieiiiiati,  H:liiariiiM'nti  .SII 
^arii^!  (pifiMtoni  M:ienlillc)ie;  Ì[u>oiiiun  liei 
ficcolta  dì  noiiiic  clic  rendono  l'Annua- 
rio preiifMQ  e  gradilo  ad  opni  persomi 
colla.  NonUovrelibc  esservi  biblioteca  tJie 
non  lo  possedere  e  Marcbtio  b«nis«iino 
''ui  tavolini  ili  ijunlunqacf  fatouo  fra  gli 
stampati  curiwi,  divertenti  e  islrulliti  al 
Etiapo  stesso. 


604  BtBUocnAnA 

BE.NVKNUK  AUGUSTO  —  Il  vero  frullo  della  [.rima  Corouniotìt  AB 
moTiimenti  ai  gioviuelli,  pel  sacerdote  romano  Augusto  Iteovenoti' 
Collegio  dei  Missionari  Imperiali.  Jloma,  lip.  della  Pace  dì  F.  Caf<j 
giani.  Piana  della  Pace,  n.  55,  I8S/5.  lo  16  p.,  di  pagg.  140,  Vcnd 
in  Roma  presso  b  Librerìa  Saraceni,  via  dell' UniTersiti  al 
di  c«nl.  30. 


l"no  dei  pornj  ]ii(i  felici  rMIa  tiu, 
e  per  iDollì  il  pifi  relice,  è  qu«ilo  M\i 
prima  Comunionr.  Il  Sijfnorp  in  ijuolln 
circo^inii»  tnol  Isi^thcgglarc  dì  grazie, 
spesso  anche  «raoi-dìnnrie,  con  qncll* 
soimp  innqcenli  o  a  tempo  rawrilutc.  le 
quali  coUfi  oonvcnientì  (liftpo^lzioiii  lo  ri- 
CCTOQO  h  prima  volt».  Ha  <iuaD(o  «in  rari 
coloro  clic  ne  custodiscano  it  frutto  e 
naotensono  al  celeste  omnnicdrlle  anime 
le  http  proinessi>!  U  iaco^unui  (Ir)e'ctà. 
il  crescere  lidie  poKstoiii,  la  prrseiijii  del 


[wricoll  distrùgge  fr»  hre*»»  iriiii«  isu 
c;i]L>l  Ih'uc,  e  soveiili  toIlc  ciù  cbt 
rimane,  è  la  menMriJ  di  una  fclìdti 
fepfffi'ra,  a  cui  A  soecnlulo  il  diwrdi 
ed  il  rimorso.  Il  pio  Antare  ilH 
Hbrìccino  si  olD'e  fida  couf  ijilierv  al  ' 
tinello,  »c<TÌo(;chè  coi  nvii   ed 
meni  che  gì»  suggerisce  [>n£5>ti  aoo 
conservare,  ina  accreacsrr  sempre  pik 
h-Mltì  presiosi  della  priioi  comnila 
Saritbbe  beili-  the  ne  fotin  proi«iuo  i 
giflvineilii  di>]Ki  t\wl  solenne  allo. 


BO.N'COMPAGNI  BALDASSARRE  —  Biilleuirw  di  Mbliografia  e 
storia  dflllc  sri^^nw  matematicho  e  lisicho,  pubblicalo  da  B.  BodcchbJ 
pagni,  socio  ordinario  dell'Accademia  Ponliiìcia  de' Nuovi  Lincei 
Tomo  XVI.  lodici  degli  articoli  e  dei  nomi.  Tomo  XVIII,  magg 
giugno-lu^'Ilo  ISB-ò.  Roma,  iìpo;?rafìa  delle  scienze  inaiemaiiclM 
lìsìche.  Via  Lala.  n.  3,  1883.  In  'i.  di  pagg.  40,  50.  62,  48. 

BONOMELLI  MONSIG.  GEREMIA  -  V.  MOiNSABRÉ  P.  G.  M.  L 

BOTTALLA  EMMANUEIJi:  -  Il  Sacro  Cuore  di  Gesù  modello  d( 
vita  erìsliana  e  sanla,  d«I  P.  Bmmaouele  Botlalla  d.  C.  d.  G.  To 
Cav,  Pietro  Marielti  lip.  Ponlif.  ed  Arciv..  1880.  In  16  p.,  di  pagg.  tìlt 
Nel  nostro  quod-  "Ali,  a  irairg.  595-96      ajipai-tfneM  ewlusivamtnie  ai  wn- 


Annanziainino  l:i  belli^slTiiii  oprreiu  di;! 
clu  V.  ItolulU  sul  SS.  Cuore  di  liesu,  ili- 
lilolala:  SS.  Cor  Itau  saeerdotum  nan- 
etitatù  apecuìum  ut  eiu»  viiisioneat 
impleant.  Benché  direlM  in  irorlo  par- 
ticolare al  sacerdoti,  essa  Ctinlipne  liith 
la  so5taDu  di  qucsii  ntnaliilUsiina  divo- 
zione, e  pcreid  puh  tornare  assai  utile 
anchi-  iid  altre  classi  di  fedeli.  Ed  appunto 
per  nlieiKTe  piit  npvolinente  e  ph'i  nni- 
tersalmentf  fiit«to  scopo,  il  cti.  Atilon? 
sopra  il  fondo  di  quella  In  composto  que- 
st'altro libro,  il  quale  perà  non  i  una 
semplice  iradiiTÌone  m»  una  tiiodil1e.aiiniie 
del  primo.  Ne  Iia  tolto  quindi  cìA  che 


c-d  ha  applicìilo  il  resto  alU  vìtj  rtmu 
del  cristJnno.  Lo  divide  in  dae  |xini.  ìfell 
|ii-itn8  ruiiioDa  leoi'tcanieiite  della  di* 
zione  al  S.  Cuore  dvl  N.  S.  ìntt«  in  <!"« 
senso  che  ci  conduca  nlb  viia  crìiibni 
»niita;  oell'alU^,  «"eDdonilo  a'| 
di  questa  viu,  ne  ìndica  la  prsticB.  i 
perdendo  niai  dì  vifia  ti  modello  dlT 
die  ci  i:  dato  nel  S.  Onore  dd 
nwtro.  Noi  racconundiamo 
qij<>st'opera  a  tiilti  i  fedMi  p^ 
golan  di  cui  va  omaui  e  dei  qnil 
camino   nell'annuniiare  la    pree^Aalj] 
scrina  pili  appositamente  per  |ti 
(lutici. 


Prciiiliamo  tolenliwi  occasienR  da 
dMo  caro  libretto  dj  »n|»)ri[t!  Toesiis 

r  rifftnlflpe  lo  Mrnnnlin.ivio  irinnfrt  e, 
\A  ctii*  V>  anche  meglio  lo  Mrn  din)  ino  rio 
■vnn  della  pifilitazinnp  di  tin  chìnro 
|lio  Hi  S.  Knncexo  a  V'aa.  nella  tcona 
■amimj.  Lp  mnse  paesana  di«itp-ro  aln 
i  [oro  csnii  pfcni  d'ontuMVnio;  pli  ar- 
ni, b  fiovenlA.  il  pnpaln.  i  doni  pivwro 
in«  al  coro:  in  l'i»  non  si  [Kirlavn 
aUro  durante  In  qitare«lmn;  {wr  lullo 

■e(l««Dito  le  rot<^^fì«  doiramciiinlo 
reAeatarc;pa  lon^n  nncnn  durerà  il 
NDT  della  fama.  Il  concono  df^li  udi- 
Bri  ilallf!  vìcinR  p  dallo  Iwitanc  ciltik 
ivKÌ  olire  il  creditiiK 


BlOLIOCnAFlA  61)3 

!l  TEflFILO  —  Omaggio  dei  popolo  pisano  al  P.  Agojaioo  da  Mm- 
lefeliro,  dei  Min.  Rtf.  —  Neri  e  Nanni,  ossia  Mediiaiione  e  Riforma: 
Soseiti  in  vernacolo,  corredali  di  Noie,  e  pubblicali  da  Teofilo  lìozzi. 
Pj.efl,  lip.  Marioiii,  I88fi,  un  opuse.  in  1(>"  di  pagg.  X-54. 


nna  predica  drl  V.  Api»lìno,  e  w  ram* 
nii'iiiano  il  teina  con  quuldie  pri[ici|Milc 
argnmpnlo  cspmio  alla  pnpnlaiia-  Tosi  ti 
podc  alnion  tutto  ÌI  processo  raiinnali! 
ili  (lucila  Tanto^  predicazione,  che  xosk 
mirabilnii-ntL-  non  pur  Pi<a,  ma  tutta 
r  Italia,  non  senza  eco  iti  motti  (tiornalì 
deJrint«n)  Karopa.  Abbiamo  hdcIk.'  l<Mla 
con  pàscere  una  nobile  raiilrua,  sn  ([ufAO 
irfciaenlo,  di  Carolina  Dtrrliiti,  e  vettuio 
p<!r  un  momonio  un  p-nssn  voriimn  di  Iti- 
curdo  doU'atreulurosoquarej.imak,  lutto 
prow  e  poMip,  Miiiii«tritlo  d.i  chiari  nomi. 
Ma  ba5li  pi-rché  rit«ii  ni  pa^lrri  nn  cenno 
hibliofralirii  di  quel  moltiraimo  clic  u  ne 
polrebti«  puliMicarc. 


Onesti  sonetti  rà|)Oiifl<ino  ciascuno  ad 
APPELLAZZl  MiCIIKl.E  —  L'eccellen/a   della  vita  cristiana.  Bi^vi 
coDfer«Q£e  popolari,  teiiule  sulla  iraccìa  di  san  Tommaso  d'Aquino. 
Crema,  lipogrjfia  Carlo  Cauamalli,  I88Ò.  In  10  picc,  di  pagg.  I9tt. 
P^e^zo  L.  I,  copie  sei  L  D. 

B)A  VALENZA   I'.  APOLT.INARK  —   Dihlio(heca  Fralrum  Minfinim 

Capucinorum  l'rovinciae  ^eapoIUauae,  aoclore  I'.  Apollinare  a  Va- 
lentia in  Delphinaiu,  eiusdem  oi^nis,  Provinciac  vero  l'arisienrfs 
alumno.  Xcipoii,  in  aedibus  Salvaloris  F^Ma,  lypngraphi  ftl  liililio- 
I»lac  Via  S.  Hlasii  ad  Bit>Iioiwlas  14,  18S6.  i*cf.7.m  !..  5.  Rivolgersi 
al  P.  Egidio  da  Milano,  Archtvlsu  generale  Cappuccino,  l^azza  Bar- 
(«rini,  Roma. 


t  ipir^lo  nn  ^j;gio  di  niroporii  di 
wIlD  mai-Kior  lena  e  cIil>  lonici'iì  a  gran 
Btro  dell'inclito  Ordine  M  Cnp[mcnini, 
quale  II]  ìotm|ireM>,  ed  abbiamo  tiillii 
iperaRza  che  At4iA>:t  n^^ro  ad  ^Ho 
lice,  il  cb.  P,  Apollinare  «Li  Valcma 
■I  medeiimo  Ordino  R|;1i  si  propone  di 
tul  titolo  di  Bibliottca,  una 
mplnia  recensione  degli  «crìtluri  del 
ine,  e  prima  pniota  ne  *  la  prc- 
ch>e  riguarda  la  sola  provincia  na- 
Irlina.  Esn  ra  dirira  In  U-e  perii.  U 
la  fa  la  r^Aegnx  degli  aalorì  i  cui 


scrini  comenyano  memorie  eoncernenti 
la  storia  iìl-1I.i  ri-ligionr:  n<'l  che  »i  lienn 
all'ordine  rronnlogieo.  I,n  seconda,  che 
proccio  |KT  ordine  ;iIfabetieo,  rcpiilra  le 
aoxiiìe  hio^lii^be  degli  scrìltori,  di  rag- 
guaglio ilclli"  oj)ere  da  («i  dalt-  alla  lilCP, 
con  le  varie  iiidirniiiinl  lipnwniflclie  non- 
ché di'!  tempo  e  del  Inogo  in  cui  veuner» 
pubblicale  e  dellr  scpiienli  ediiioni  » 
ne  furono  fatte,  come  altresì  di  ijo^II*  che 
rimoM^ro  inedite,  indicando  il  luogo  in 
coi  si  conserrano.  Xd  quii  compilo  si 
mostra   sempre  acciu^lo  e  precbo,  jo 


606 


BniLioGR&rrA 


qtuaio  It  poHibilv,  e  roniiio  ili  i^ebì  alm 
dolctii  ralffiif  liililìncnifo.  I,1  l«ni.ì  parie 
praci'tlt*  yvT  online  di  luaierìe  era»wna 
Sotto  il  lilolo  di  ciiascuQa  fBColU  le  Opere 
ad  tssa  Tvh\\\e,  a  cdiu-  o  iii(tdit(!,  AcgW 
aulori.  Cotf!itc  disegiMj.  come  Iwtè  ih>- 
Ufamo,  è  ni'i  prfwiile  vnlome  attuai» 
soltanto  piT  In  pro«Ìiicia  ndpol^tnnu  :  ma 
|Kr  forniaiv  un  giudiiÌQ  odtiiualu  ca^  di 
([aMl»  »i:f»o  come  a»ai  (liù  doIF opera 


iourri  cbc  il  eh.  Aulorv  i 
rimandinmo  il  Irtlom  alU  Pmefat 
ali»  Ratìo  Opfrvi  che  Tanno  iniUB 
BiMiottca. eli  incuir)ll(isireC»|)p« 
con  de^anle  lalJiM  espone  11  suo  OH 
e  dà  CMitPKta  dellr  (ungilo  r  pai>(^ 
cerche  in  prie  LìW  «d  in  pule  di 
come  nllwi  di-Ile  norme  clic  «  é 
Qsto  [td  cuui)iiuii-nto  del  bt( 


ioroM 


DE  FKANCISGIS  P.  DON  PASQUALE  dei  Pii  Operai  —  Pù  olia 
una  messa  qncAiiliaoa  per  le  sante  anime  del  Puri^alorio  la  S.  Lor 
io  L.ucina.  Manuale  ad  uso  degli  ascriiii,  comodo  a  (unì  ì  di 
delle  anime  sante,  per  il  P.  Dnn  Pas([tiale  De  Fraociscisdei  Pii 
rarìi.  Roma,  ttpogr.  Artigianelli  di  S.  Giuseppe,  via 
Preuo  uoa  lira,  e  per  posu  L  1,  IO.  Un  voi.  in  6,  pag. 

AnniuimnuiK)  già  nelb  preccrieole  bi-      ora  lieti  di  br  CDdo^r^n;  Il  ()iT«ril 
Wtograli»  <|iiesla  l'in  Opera  del  eh.  P.  De 
rrafl<-isci«  e  demmo  conto  del  Uanuale 
d;il    mwlpsiijio  tti.  l'ndh'   fotii|)o*lo  per 
uw  dfii  dipoli  delie  niiime  parlami.  Siamo 


Monsemlg 


lato  che  ha  rìcnntn  dal  Saau 
prr  avea'  leceiutn  di  vsvrd 
e«C0H  il  rescritto.- 


i  Ex  audientia  SSmi 
<  Die  15  Maii  isac. 

t  Summus  Pontiff.r  Leo  XITI,  referente  me  infrafrripln  Sùf. 
I  eretarioe  ìttatHe,  prfitioni  in  prrdòut  «.cpottitae  ÌKH*g»e  tnnucre  diy* 
tea.  -  iJfUuvi  Siomaf-  e  Secrelaria  Stntug  die.  mensf,it  anma  praeààd 

t  ^  MaHiCI  HoceT<»<l  Arch.    AfiiopoliUim, 
t  Suhalitutuii  Secrelariite  Statm*. 


Ufi  MàUALUAENS  D.  I.  G.  —  La  cODre<lerazioue  dei  TamoU 
epico  di  D.  I.  G.  Mai^alliaens.  Versione  del  Conle  ICrmaDDo  Strati 
Piacenza,  Vincenzo  Porla  lil>rain-ediiorc,  1:^5.  In  16,  di  jugg. 
Preuo  lire  4. 

Il  soggetto  del  Poema  è  1.1  in$arre- 
uane  dei  Taiuoi.  indigeni  di  i]uclU  msiu 
repione  die  è  il  Unistlc,  i  ()uuli,  dopo  lo 
metii  del  !ci:olo  \V|  iiiiiLiii  dagli  esuli 
dello  rr.tncL't.  icnurono  di  .sciiaiei%  il 
fEifl{0  ilei  i'ortoghcsi  e  rÌGon(|uÌsur<!  il 
paese.  La  ribellione  Tu  donala,  e  i  Itrali 
del  Portogallo  rimasero  iignon  incontra- 
ttali del  Bra»il«,  Il  poema  è  ordito  con 

DE  MATTHEIS  LUIGI  -  S.  Gregorio  VII  e  il  Ponlincalo  Roi 


(luelf  intreccio  di  avTeoimeati  ed  Cfl 
clii«  pnrte  Milo  Muniti  in  lutati  itallaf 
e  |inrt«  iiiiiii;isin;ili  d»!  jwctiiala 
ratiojK  uvTJeniidata  di  cm  p  dì  » 
vario  geiier»  è  condotti  con  arte  a  < 
floluxioBe.  I  Utlori  ne  fnipArertnonl 
licolirj  nella  Tudele  e  tidU  ^p^yon 
ne  fa  il  cb.  Conte  ICminno  Su-ad 


inuffli 


nBLIOCRArtl 


irvoèiio  Barone  Luì?)  de  Mnitheìs.  SStna,  tip.  editrice  S.  Bornar- 
ItDO.  1886.  Un  voi.  in  8"  di  pagg.  fi94. 


.  Grqiorio  VII,  uno  delle  massime 
I  della  CbirsA  e  dMl'lliilin,  hen  i-ra 
t  che  •ItcniwM  tiiialni Itili-  ib  aui 
I  C3tto)»c.i  pd  ihli.iriìi  cfiicH'ornappio 
Olia  mannmrninli',  chi!  in  FmiiCiu  e 
nnatria.  al  l«mpi  iiosiri.  t-gW  riscosse 
prc^  Kcriltorl  non  sot  uiUnlid  ma 
t  pn>te«l.inii  il  eli.  linriinf  Liiip 
■llhei^,  pia  illii.urp  [ipf  iillri  Imi  I.i- 

•niniwanionlp  inlraprwc  fra  noi 
o  oabiiissiiDa  a!e<uDto;  e  II  lìlirn  die 
na uncinino  *)  il  frullo  iV-'«unÌ  MiMi 
ironHi  flnilii  wpra  Gri^rin  VII. 
XXÌ%  Capitoli.  In  cui  e<«o  è  diviso, 
n  disti nsDeDi  in  tre  (Arti.  Vlla 
k,  cIm  fi  i]a  |>relìinirMre  <CAp.  1-Vl), 
ìort  prrwnUi  nn  miigiiifii'ii  qunilro 
;0  dello  CQtMlnioni  itel  niondn  i'  delia 
ii,  del  Ch'ftì  n  diri  l*oiiiifìrsi«,  tifil 
D  *vo  jnlmm-e  -il  rci^nn  ili  lìre^o- 
KcUa  wconilo  (cnp.  VH-XiVi.  oplì 
if  mctonlo  delln  vita  tì'Ildebramto. 

mteiUt  rinA>iirc1(>tatiionf>ul  Paiutn, 
laodocelo  pi'iiiiu  tuiiile  nniiucu  di 
r,  poi  Consigliera  i>  MinÌ.«iro  ,iiiln- 
isfiinD.  per  olirti  a  30  auni.tlri  Poti- 
S.  LwMte  JX,  ViiiftiT  H,  .Slpr;ino  K, 
ilA  II,  Alcssìodi-o  II.   »IIii    ti'iai 

XV-XXI\),  (tojio  narrala  VEtesiont 
Ubrando  n  Pnnttfii^,  p<i  o*|ii*>li  i 
ietti  flìAfhranào circa  il  ìifimnnn 
fijloa/o,  descrive  la  sioria  ile]  Pon- 
ilo di  S.  Oreporio  III,  Mliciien- 
K  roasinen  II- .all'ordino  ci'onol()^ii;n, 
poare  e  rianimo  (|pi  i:i  .inni  del 


in  ciiifvao  di  questi  ditU-ibnmido  notto 
vsrii  titoli  (t^ojERilìci.  per  mafr^ior  cliia- 
vtixà,  r  irmn<-]iw  campu  Jrtr<i{ivroì>Ìtji 
iiiaraTipliosa  Ae]  p-an  Ponlfflcf  fiiirn  il 
dalp  periodo.  Così  nel  capo  XX  ov'6 
deMrìtio  l'Anno  «iU3ilo  M  Pontificalo. 
1 07(1,  il  npMatlhpIs  jiftrt'i  surt;p!SÌv..fnpnlc 
il  Iratro  del  «no  niri:finln  iti  Africa^ 
Spni7iw,  /i^Ai?ifi;rffl.  CrnaTin.  e  liaj- 
masia,  Ofrtìtanìa,  lìoma,  e  di  nuoto 
Oermania,  Uoma,  LotuòarMn,  Puglia 
ToHcnnn:  in  ti;t*cu(i3  tti^ioTie  soRirrmiui- 
dosi  più  II  incnn,  n  mmirn  drll'ìnipor* 
lama  e  copia  dejrli  awrnijneDli. 

La  MManea  del  i-nwonto  è  iraita  tuita 
<[iiauta  4al\e  fonti  toiilroiiioranec  più 
sicure  I'  lini  dnrijmfnli  auU'iHici.  dtì 
<|iiiili  S[*ssu  l'Autore  iw.»  indotti  i  lesti 
orì^'Inali;  mn  ni  tempo  iiifili'aimn  r<;li  hÌ 
piovfl  lariramfnie  di'i  laiun  moderiti  più 
riccrfdiiaii.  V  spiTÌa1tni-iil4ì  dcll«-  cln-wclie 
op«»rr  del  Voijii  e  d«l  Gfifii'cr.  Iji  ,«oria 
ik']  i)f  M,itlliitìs  xbtir:icci»  <|uin'li.  !ioltn 
tiii  «olaitjc  di  liuti  Mverclita  né  iiirainodii 
;:r3[iilfx7a,  (|uaiitn  dì  meglio  é  sialo  scruto 
lirioM  jopn  Orpiror-io  VII  «  i  suol  l^ropi. 
Ma  r.\iilorevia(r?iuii;p  Ufi  doppio  prenio, 
ctie  ^  siu-toLirnienle  a  lui  projino;  cioè, 
in  prima,  uno  .■spirilo  fniiticiilmicnip  «il- 
Irttlco.  uijdp  liiHo  il  libro  è  noìiTiito:  b 
poi  nnn  sr|ui;4itìi  cltigania  e  iplendore  di 
forino  scili litlflin ente  ìLilIiinc,  cuii  mio 
Slite  pieno  dì  calore  e  di  biio  aiPiiitiminle 
clic  allftta  p  rapisce  maravijiliasamente 
Il  Ictiore. 


I  (1073-1095)  un  po-^o  capitolo,  e 

►LA  FR.^NCESDO  —  La  lieatissima  Verpine  e  il  libro  de' Sacci 
Marnici  (jer  FiMncesco  Feola,  canonico  della  Metropohcana  di  Napoli» 
iksdeolo  7  Napofi^  slabilimemo  tipografico  dcU'Atuwra,  Via  Crocelle 
I  Porla  S.  Gennaro,  '21,  IHSfJ.  In  «.  di  pagg.  80.  Prezzo  I,.  I. 

ìTILI  PIETRO  —  Sulla  con.«ervazione  degli  arazzi.  Memnria  piih- 
lUcata  dal  Cav.  [*ielro  (jcntili.  Arazziere  Poiiiificio  e  direttore  della 
iahbricn  degli  Ara/zi  de'SS.  PP.  A.\.  Homa,  tipografa  sociale,  Via 
^  Governo  vecchio,  HSI,  1386.  in  4,  di  pagg.  36. 


608 


BinuoGiunÀ 


(GIANNINI  CRESGENTI^O  ~  lìrevi  prectìtl  di  lingua  itóliaDa.  ari 
delle  classi  inrerion,  espnsLi  in  dialogo  da  (^rescenliuu  f  ìiaurimi.  Ouari 
edizione.  In  Ferrara,  nel  [iremìato  Slab.  tip.  libr.  di  Antoaìo  Taddt 
R  tigli,  IH85.  In  lf>,d)  pagg.  Ufi.  i^rtzro  c«it.  7U. 

GIORLÌIO  ANTONIO  —  All'immortale  Ponlefice  Leone  XIU.  Versi 
Antonio  Giorgio  sacerdote  vlceotino.  In  1^  p.,  di  pagg,  32.  Più 
Up.  Vesn.  Staider,  18SG. 


eccilar«  i  ailoiici  .1  »octonvr«  t  Mio 
(li  sutT  Vpi-giiiì  d'IlalU,  riilfillH  dilla  t[ 
irliatrice  ritolitiioac  a  monif  ili  bme. 
fattn  l'uiitc  tliVgli  rìcata  dallo b( 
(li  questi  »uoi  9|tii»''>1i,  17IÌ  <U!iii( 
piegn  a  vantarlo  di  ^1  Im-II'  <^ipr.-)  iJi  1 


È(|u«sla  uoadi  qti4:ltcallrr  rtct:ol(«i(li 
foe^ir.  diviiU",  varie  d'argomenlnr  catilu  di 
atie.ua  religioto,  ct)«  il  Infiipniirilo  Autore 
Hiole  trailo  tmilo  pnl)blican>,  per  pw- 
imiovHr*  la  iHPliì.  «(ircialmenlf  verso  Mo- 
rìa SiiQlJi^iina  e  il  Smniiiu  ['oiuHirt!,  tr  per 

GIUBILEO  (IL)  del  1H86  dichiarato  al  popolo  net  suo  Kpthlo  a 
stia  pratica;  per  cura  del  Vicariato  di  Homa.  Uomo,  18^'' 
Vaticana.  Lilirena  religiosa  di  .\.  Saraceni,  Via  dell' (Ini voi 
In  16  plcc,  di  pagg.  30.  Prezzo  cent.  15,  copie  lUO  L.  12  franco 
posta. 

GRAZIA  GAETANO  —  Nuovo  mannaie  delle  figlie  di  Maria  Iiama 
lata;  per  Don  Gaeiaoo  Grafia.  Bologna,  tip.  Arcirpscoiile-,  18^ 
In  32,  di  pagg.  3Òtl.  Prezzo  ceni.  50. 

UC.\LANUI  ANGELO  —  Accenni  alle  orìgini  della  liugua  e  della  poe» 
italiana,  e  di  alruni  riraainri  e  prosatori  in  lingua  volgare  Bo)o;:ns 
e  VenGiiani  dei  secoli  Xlll  e  XIV  ;  con  appendice  di  Jocuniemi,  ossa 
vaztoni,  e  tavola.  Spigolature  dagli  Archivi  di  Stalo  di  Bologna 
Venezia,  per  l'Avvocjito  Angelo  Gualandi.  Botogna^  I88.\  pres-so  i] 
libraio  Carlo  HaniazzoUi,  via  Faritri.  In  8  grande  di  pagg.  52. 

GL'ÉKAiNOEK  l'HOSPERO  —  L'anno  liturgico  del  Reverendo  ViA\ 
Prospero  Gut^ranger  .Abb.  di  Solesmes.  La  Seituagesima.   Ttthn 
Cav.  Pietro  Marietti  tip.  Pontif.  ed  Arciv,,  1886.  In  16  di  pagg.  43ft 
Preao  L.  4. 

Vtrti  l'anniintio  dei  prcettieoli  TOlunil. 

GUIDI  ALESSANDRO  —  Il  terz' Ordine  secolare  di  San  Fraoceso 
d'Assisi.  lioma,  tip.  Poliglotta  della  S.  C.  di  Propaganda  Fide,  1886 
Io  LG,  di  pagg.  32. 
Lo  scopo  di  (jaesto  diMor50  è  di  mo- 

«rare  la  divina  eccelteiua  AA  3*  Ordino 

di  S.  Francesco,  non  solo  per  In  «.iiitifi- 

Miionr  di  còìorn  che  tic  tanno  [Hinir,  ma 

anello  poi  nllorimento  di-lIc  vinti  cri- 

Miaiic  nella  CtlieM:  doad«  i.i  n^t^nsilit  di 

propprlfl  wnipn-  piti   iri  i  tvM'i  s«- 

coiido d  desiderio  dfl  S.  Kidrc Lronc  \ill. 


pw  Opporre  uno   lalida  riifeM  cMin 
rodiom.i  gw^n-afiic  si  fa  alt:t  '  '':'-" 
ed  ulTi¥tt:il'<>  h  riltori^  d/*!  pin    :. 
«Inno  snpm  raniicfìsiiano  e  siiUnii^o,  tii 
u>n(](r  ad  iiii^id«ri.>  tutta  intera  U  tocitlk 
k  non  meno  Tifonxo  per  la  Toni 
argomenti,  che  splendido  per  U  tonno. 


BlBLIOCRAnA  Q09 

AE  DirnXAEÌirÉviaruliomaDì  ex  decr.  SS.  Concilii  TriJen- 

oi  rcstiiuij  ^.  hi  V  Pocitìnas  Maximi  iman  edili,  Cleaieatis  Vili, 

IJrbaai  Vili  et  Irforiis  XIII  auctorilaie  recogiiiU.  T>turiné,  Ex  lyp. 

l'ofiiif.  et  Arcliiep.  Eg.  Peiri  iMarietii,  tSStì.  In  3'?,  di  pagg.  318, 

CLXXXVI.  Prc/io  L  1,  JU  le„'ato  iu  leh  L.  i?,  iu  pilk  doralo  1^  2.  50. 

NAUGUR AZIONE.  Per  la  «tenne  Ìnaiij?nrazione  della  ferrovia  Si- 
racusa-Noto. Ifoto.  ofr.  tip.  di  Fr.  Zamniìi,  I8S6.  In  16,  di  pagg.  32- 
IkTEif  ili-H'araomMito  rinitiffnli'iittnli*      mrnia  In  stiu  divina  lultira.  n  conrusioni^ 


etico  «>no  i  qtUHiru  C;ilUi  lirici  crii 
Ulì  tir  iltiulrì  itroff^ssiiri  de)  St-niìunriu 
ì»olo  iniH'gputio  .il  (ritcc  .ivvpniinrnto 
Da  ferrorb  .ijieru  Tra  Sincu^i  e  Notv. 
prinw  dii^  sono  dfl  cti.  '!.  Sh.^no  piS 
un  nHb  n-iiubblìcn  kucrarìa  prr  un 
«ma  di  lati  liinpa  Ihivi:  <  1^'  Ioli»  di 
inna  n  il  Trìonro  tli  Dio  >  di  cui  noi 
Ecmuio  i  meritali  ela^i  in  f\i\mi>  nostro 
"riodico.  t  sool  vfrd  fi  rnniio  ammirare 
ir  iwliilUi  di  cnncnti,  n>aiari[i*i  di  |ii>fl- 
irl  e  F[rieni)ore  dì  Tortn.!  ;  e,  m\h  sc- 
odi Ode,  ma'i«iin,-)ni(iit£  \m-  In  inagnitic» 
■ebriooo  colla  quale  dalle  (n«iiTÌ^i05ic 
ipmc  dell'  umano  in^no,  si  itrgo- 


del  daniinntilc  tnntiT̻lismo.  l'rpgnvoli 
aiic'li'f^i,  silfi' iti  Ini™  IP  [wr  un  crrio  l)rÌD 
V  slancio  g;io»aiiilc,vunwnli  altri  due  cauli, 
l'uno  dpi  di.  G.  Cappelli  e  P altra  del 
eh.  V.  farlHirreco.  niinrinlu<^  giovani  [>ro- 
Tessorì  nel  medcsrtìfci  «'mifiorio.  fi  ijnc^io 
un  pici-ol  silfio  (lellti  ciditini  ledenha 
del  Sitiornario  (li  ^*)Io,  nel  (jnalfi  per  opon 
del  (locio  e  wlaDW  Vescovo  Mon*.  lìio- 
vnnnì  Dlniidini  liorifconn  in  moiTo  tea- 
<;ol.inliìsiino  non  meno  jrli  ìiuilli  d'elle 
IclliTfì  e  delle  !ctcniR  c\w-  la  diuìplina 
CL'cksiasdca ;  e  dose  pm-n'i  si  prepar.uio 
drpì  G  Talenii  oppiai  ppr  la  tÌi^cui  del 
Signore. 


ìfDICI  E  CATALOGHI  -  Mini.siero  della  piihblica  Islriizione. 
Inilici  e  Cauloghì'IV.  1  Corìici  Palatini  della  V\.  Itihlintpca  ^fazioI]ale 
centrale  di  Firenze.  Voi.   I,  fase.   1.  Homa,  presso  i  principali   Ii- 

_tfai,  IHtiJ.  Prezzo  L.  1. 

HRE:NTI  PIETHO  —  Le  lueraviiflie  del  SS.  Sacramento  narrale  ai 
bncìulli  della  prima  Comunioue  dal  F.  Pietro  Uiireidi  tt.  C.  d.  G. 
Ter/^i  edizione  noiaLilmente  accresciuta.  Torino,  Lìp.  e  librerìa  Sa- 
lesiana. i8tìG.  In  ;V2,,  di  pagg.  "220.  Preizo  cent.  jO.  Vendibile  anche 
in  Roma  alla  iip.  di  Propaganda  e  alla  libreria  Saraceni,  Via  del- 
l'Università,  D.  13. 

Di  qiHsu  più  e.  If^iiidni  opcnetta  nbbi.imG  parlato  ncIP  aniinnmmc  Ir  prime  due 
iiiOiù;  col  mnlf^imci  alfolto  e  per  le  tiesse  i-S([ioni  mccomandianio  questa  terza. 

£OiNARDlC\n'OUGAFRANt:BSaj—  Cenni  sul  Cliolera  asiatico 
del  [totU  Francesco  Leonardi  Cattolica.  Palermo,  tip.  edilr.  Giannone 
e  I^mantia,  IKiSfi.  In  10  p.,  di  pagg.  '2H.  Prezzo  ceni.  71). 

ASSINI  CARLO  —  Vita  della  SS.  Vergine  Maria,  Madre  dì  Dio,  ri- 
cavala dallo  Sacre  Sr.ritiuro  e  dai  Santi  Padri.  Opera  di  Carlo  Mas- 
tini della  Gon^regazìane  dcirUralorin  di  Roma,  ridotta  a  .Mese  Ma- 
riano da  Oeueroso  Calenzio  della  raedeRima  Congr.  J?oma,  Pietro 

Xlir.  ooL  IX.  /BM.  »Ì3  3>  »  maigyitì  1886 


610  BIBLIOGnAFIA 

r.ri.<;tìyrto  editore.  Piazza  Borghew,  o.9l,  1886.  lo  16  p.,  dì  p3gg.3l& 
Prezzo  L.  1. 


Tiovrjtfl  Simo  ai  illvoli  dì  Karin  ptr  k 
ilivoiione  ilei  mcw  ili  nu^a  :  o  fnAÌ 
(!  riJTÌsi  in  trentun  capitolo.  oaMpièii<l^ 
srnr  UDO  n  rinirun  gittnn.  argigRfnilpn  , 
m1  o^iiiiA  ili  fvn  un  lìorctio  rA  augo-] 
cvhviri». 


■,>iii%t;i  Mìtiniie  iletla  xh»  ili  Maria 
Snniì$!<iiii.i  di']  P.  MaMini.  rnehiamcnie 
siininta  por  )a  w  «ara  nn:Ìofle  ili  picià 
con  rni  i^  iTÌIta,  si  iImp  nlb  (liviwiofif 
(ti  una  |iÌ3  Sicnora  rom-ina  fd  alle  rnre 
di  IMI  l'udrc  ddJ'Oniinrio,  ROiifmi<>llo  Ari 
Msfsinì    Si   vo!l«  con  #««  p^|;ei'it  un 

MAURI  PIO  -  Vedi  SAULI  [B.)  ALESSANDRO. 

MKNCAGCI  PAOLO  -  L'Ualia  Fem»  il  Papa  [A.  1300-1377).  Gnul 
storici  <]i  Paolo  Mencacci  minano.  Romn,  lipottrafla  A.  UeCuù»  VU] 
Cdsa.  ti,  7,  8,  I8S6.  In  10.  di  \tazi;.  b.M. 
L'ru  prnoia  ni*^ti*a  df^llu  nccfuiiA     ftua  U  Pnpa  icmÌ  il  eh.  Aatoi* 


rtir  tis  l'Itatis  del  Papnio,  pruovn  sniio 
un  ri^petio  and»  più  i'OIc^icr  di  lantf> 
nltrp  |MWiit»f,  ic  l'olTii-  <{iìcì  jK-rioilo  dì 
Iniipo  ivi  t|itt>ie  il  v^i(]  pmitìlkin  miUi 
in  Avi^onr  i-  Tn  porclA  Amo  Mìa  cst^ 
lÌTitA  Avi^'ni)ii<4«.  .Molti  punti  ^i  riiMt>- 
migltaiiza  e.<va  ha  col  tempo  dosU'o,  nel 
quale  il  w\fontì  Ponitffce.  Iioniiti*  i*si- 
dente  ili  Itoniu,  è  iiomlimeno  ridono  a 
conditioiii  aneli»  piti  niisenevoli  dei  Papi 
(li  Avignone,  pprcliè  spOFlUito  dfl  sno 
dominio  t<rm|Virali:  e  co«lituito  in  rsKtnil^ 
prigionia  HOtlo  la  nemìra  poip.«i^  dei  «noi 
Spofii'ilori.  Il  eh.  Cornin  Pantn  MiTiracd, 
notissimo  ai  raliolici  \m  pib  allrr.  o|r(!ru 
pre)^ii»iL«sÌmr  da  luì  piihb1ir.ilr  in  iìi(csà 
dolili  rcliicioae  laltotica  e  <k'Ì  P-J|iato.  si 
è  propo-vln  oon  la  prpwntr  opnm  di  lllu- 
nrare  il  tratto  di  stona  dii  noi  acci>iinato, 
per  mrtlPW  «olio  gli  ocelli  dei  Mlori  i 
iD-ili  t'ratU.MinId'oKn)  jstniere  clic  f«r  l'a^ 
senta  d«i  rotiutiii  l'onlrtici  prwTMinero  in 
i)u«i  ltÌ8tÌMÌmì  anni  non  solo  a  Itoma  mi 
0  tulia  ritalia;  r  (urne  jeAen  una  tpocic 
di  riDnovnmfnio  iii  cptcllì  clw  on  cì  Ira- 
\apliniii>,  per  la  preaunlc  gneri-a  che  »nle 
tonilo  il  rotiMuo  |i04)tìBi:«lo,fld«ipe|tgi(»rÌ 


preruionr)  CMnprvndf  l'epoa  Inhi 
«ima   della  calliviU  d^i    Pupi    in   At 
(inotie.  I  mali  cho  ne  wanero  iiriuluj 
e  ai  perttcutori  di  qur-l  l«iipo  mimi  mul 
0UD«i  lurrìbile  Icziom^  poi  nostri  ^wni: 
e  noi  ttP  onrinmo  ()w  al  Inliore  UB 
cinta  nnrmiìnnc,  non  laalo  ad 
ilri  nemici  prMor>Ì  e  ni.ilvii^  pfrJ 
cipiv,  elle  per  (pirsti  jarrbbfl  npii 
ttoki,  ijuanto  per  conforto  oMtru  r  iIm] 
nostri  rrat^-lll  in  Crsb  Criiio  tifila 

grande  iritwIai'toDc,  msiwiorc  dì     

altre  mai  eblicrn  a  sopportirr  U  Chino.  ì 
ritaliu  f  Iliuna.»  L'(«p9«iÌom  Aef\i  ii-J 
teuiiDOiti  /*  t\a»h  doTfMì  a«petitr«  dlj 
uno  scrittore  cosi  rritdito.  così  c«(l«f| 
di  piincipìi  cosi  iHtema';ilÌ  comV  il 
rarci:  il  qoalo  in  rfurst'opcra  ò  CiJ 
amiuirarc  aiiclip  pib  per  la  viracìtkl 
«Ule,  l'cvidi-nu  i\tih  dvwrìtmn)  e  lì] 
ril^  dri  ritnitU  ilullr  eow  e.  iIpIIp 
che  (ormano  di  tutto  il  rM-^-nato 
un  ([andrò  di  effetto  marovlitUoao.  Lil 
tura  1)1^  hu«irà  p«rciù  (iraiiMiina  a. 
ni  dotti  pd  3).'tl  iuduiii,  e  elA 
coiivila  non  piiiV  fare  ch#  ima 
in  pillili  «tulari  dÌMiipinni. 


c1>e  se  ne  (li'lilinno  uspctiare.  9  L'Italia 

JiLESK  dei  Saero  Cuore  di  Gasò.  Tradotto  ila)  Trancese  sulla 
(lu&iitOA  e<Jiz)one.  A.  M.  I).  G.  Rom%  tip.  editrice  romana,  VU 
Naiart-iio.  U,  \'&%.  In  Wl,  di  fingg.  Itìtì.  Una  i»pia  ceni.  10. 
|4itM:o  postale  wU  copiej  L.  -ì,  òU.  Mille  copie  L.  75. 


BtBLtOGnAPU  611 

RLO  dell'Oratorio  —  La  voce  Jel  Crifir  di  Gesti.  \apoH. 
lipografia  (iell'Acoadpmia  Realfi  delle  Scienze  diretta  da  M.  de  Kii- 
bertis,  188fi.  In  :ì2,  dì  pagg,  2fifi.  PrezM  L.  I,  m. 


Fn  )  librviti  più  yccoiicì  a  fouiealaie 
I  diTMionf  «1  SS.  Cnorp  à-  r..'sii  meriui 
n  |M»lo  a^ìii  r.^^■BlI;l^it■^ole  ta  Vat^  del 
'vor  di  Gc*ù  ilH  cri  P.  C^i'ln  Moln  d.  0. 
Iplh  Manilla  è  con»  un  coi'so  di  leiioiii 
le  il  itì\in  Cuore  dà  airnnifna  Tedek.  e 
<|tiMla  raccoglie  cotl,i  ilocilìlì  di 
morali  iliwfi'ola  per  ncnrle  in  pratica. 
e  teiioni  «or<ano   nulla   *il-i   'li  amwf 

aUt|ghre  sol  moilello  di  f[w\  Cnoiv 
Itjflo  nella  praircs  dei  dotcri  ti;j-!>o  Dio. 


ilodriue  elio  tì  si  »potiRont>  sodo  alitale 
dalb  \\v\  e  [l»ll:i  ]i;is.«i(inp  (l''l  dìvìn  Sal- 
viilore,  cliif  sona  il  rilratlo  del  suo 
SS.  Cuori*  opt>nin(e  f  sofT'rfnte  ppr  noi; 
e  vengono  iii$!utiute  con  tanto  sapoi-e  iti 
pii>tit  e  ili  nlTi^ilo,  i^liPComniiiAtono  soa- 
vemcDlr  e  profonda raenle  il  cuore.  Noi 
lo  propnniamo  allii  prnlicn  dri  (rdi>li 
pel  pifsijiile  Illese  di  Grufilo;  e  siamo 
r^KvTì  che  ei*l  ne  snnnno  som[n.imtritc 
iivva]]|.ig|;i.-iti  iiHh  dìvotione  al  ilìrin 
Cnoiic. 


BM   l6  smn,  T«nio  il   prrRsinio.  Le 

lONSABRÉ  P.  G.  M.  L.  —  Esposizione  del  dogma  ratiolico.  CoQferenze 
del  Rev,  P.  G.  M.  L  Moiisahri' dell'Ordine  de' l'redicalori.  Ver.sione 
con  noie  di  Monsig.  Geremia  llonooieilt,  Vescovo  di  Cremona.  Una* 
«.•ama  1S73.  lisisienza  e  persona  di  Gesù  Cristo.  Torino-,  Cav.  Pietro 
Marietli.  tip.  Poniir.ed  Arciv.  ly8*i.  In  16,  di  pagg.  312.  (Vedi  diversi 
animiiziì  dei  precedenti  volumi]. 

UZZAIìELLl  ALFONSO  —  Il  buon  uso  delle  vacanze,  proposto  ai 
giovaneiii.  Firenze,  tip.  Calasazìana,  18^.  Un  b«llo  e  garbato  vo- 
lumetto in  3'2,  dì  pagg.  138. 


fc  rnimscolo  aolli'>tiiio  del  crlcliro 
'.  Alfonso  Nuiui'elli.  Aulore  del  mese 

irtano.  opuscolo  che  fece  già  un  gRin- 
BNiM  IwDi^  311.1  (!Ìov)-nl6  llaccoinau- 
hUDo  (iui<sta  Hiiioiip,  pi'jrhò  iinn  mimo 
iperta  «  beoefica  l'h:)  rÌloct»Ui  e  am- 
lodprnnta,  «  tì  tia  r»llu  Li  punta  di 
3  nviliuiìonctne,  allìtichi^  i  denoti  po^ 
no  TalcrtfHP  fin  dat  1  "  ili  n^nslo,  dove 
Ile  rojterfil.1  orìginiile  [H-endeva  le  iiios«t! 

il  gionin  li.  Ciisl  unii  t!  irn  i  nielli  delle 


vacao»  ritiian^iio  provveduti  d'un  coti- 
diatio  boccopciiio  di  [latie,  roinniainentt' 
acconcio  iil  biso^io  dei  giovanetti  e  delli- 
fatici ullrt(i>,  clif  pascano  in  wno  delle 
loro  filmigli'-  b  piricolosa  6iagionF>  del(p 
vacante.  Non  crediamo  clu?  si  po*«:i 
loro  fnvp-  mì^llnr  regnlo;  r  ilRsidei'iamo 
die  griitilutori  e  i  padri  di  famiglia  ti 
l-Hovinn  larpami-nlB  di  qnraio  soccoiso 
a  btiiiu   ilfllj  fiiovfntii.    Non    costa  clic 


30  centjwtnii. 

RI  t'OKTL'NATO  —  Il  Giubileo.  Istruzione  per  i^Ii  ecclesiastici  e 
i' laici  per  Forluaalo  Neri  parroco  de' SS.  Giuseppe  e  Cristoforo 
neirospedaletto.  Najìoii^  lipog.  G.  Rondinella  nel  R.  Albergo  de'P(H 
Poveri  1880.  In  IG,  Ai  pagg.  80.  Prezzo  Cent.  -25. 
Nobili  KRNESTO  —  Iji  music»  cristiana.  Sagino  storico.  Firenre,  tip. 
editrice  C.  Adeiiiollo  e  C,  Via  de'Servi  n.  3  bis.  I88C.  In  16,  di 
p»gg.  00.  Prezzo  L  I,  IO. 

'APin  GIOVANNI  —  Orienlele  caiolicu,  geau  concordanliele  iradìtiu- 
ueiecc.  —  Ialine:  Oriens  caiholicus,  sive  iraditionis  concordantìae. 


j^:^ 


612 


BIBLIOORAPIA 


quibiis  e  S.  scriptura  et  e  varììs  Eccle&ìae  orientalis  mone 
libris  ecclesiasiicis  aliisuno  scripUs  conservaiis,  rtemonslralur 
calholica  circa  Iwali  Heiri  aposloH  «iusdetniiue  succwwirum  i 
Dorum  Ponlificium  primatiim:  per  loannem  Papiu  praesbylerum  j 
ritiis  csllifìlìciin),  «Jinecesis  Szamis-utvnriensts  tlumus  h.  r  co 
curai,  s.  seilis  cnnsliL  as-sess.  v.  archìdine.  aJ  Iir>nor.  Z^nmosmjtK 
typ.  -  Aiirorae  >  p.  A.  Toilorano,  1885.  Ih  8,  di  pagg.  XXIV, 
PreMM  fiorini  '2. 


.\<]n  ^i  ha  metta  più  cQlc^ice  a  con- 
viin.i'r  «li  iTi-rtre  (\ne'\  pfipli  infelici  ricl- 
rOrieiilP.  i  i|unli  per  un  Tatalc  scisma 
M  irnvniin  V'pnraii  dn  più  secoli  dulh 
Clik'sa  Caltolìca,  che  nppre«entarv  ni 
lord  occhi  1,1  varila  di>l  domina  ralloticn 
(1«]  Priinaio  pcmiilkio  e  dL>lla  necessaria 
uni&ne  taì  Domano  Ponidlcc,  per  menu 
delle  loi-u  »le>)>e  Inidixioni  e  dui  libri  di 
ìiloi^ia,  tli  mi  aiiL'hf  prewnt^iacnle  (anno 
oso.  A  t{iif>ti>  tiiiF  t)oljili<(Mmo  il  eli.  GÌd- 
TOJini  PupÌTi,  sac/rdnie  di  rìio  ;reco  cat- 
tolico, ha  denlinalo  il  prownivsno  lavoro, 
in  lìngn»  min^na  vnn  versione  latina, 
nel  cinali-  ti  aMump  n  ilimoitram  la  ve- 
nti^ òt\h  rlìvin.i  isiitnrinni^  Ap\  Prìtnntfl 
di  S.  i'ietix)  p  dpi  roRiiiai  Pontelicì  suoi 
snccessori  sopra  tutta  la  Chiesa  di  G«A 
Cristo,  e  i  ilooimi  clie  la  rigoanlano.  Il 
meiodo  che  «fli   tiene  è  quello  di  ac- 


ìopra  cui  si  (oH<l;mo  qaellc  v^rit) 
nirli  poi  a  mano  a  maao  emtn 
colle  Iradtiioni  delle  Chiese  onWi 
colaste  iradiitofli  sono  tre  lo  fiv 
prima  compprinJe  i  litri  corali, 
nilf  (■  litanrii'o^laali.  talloni  In 
qiii'lic  C1]ii-ii<;  la  «t^onda,  i  lilri 
nici  comf  lali  nccMUlì  e  Taunil 
orieni3li;  U  \fi-u.  h  Icstiraoail 
untori  di  i\\ì>-\ìe  ae^^  nntlflnì.  Di 
i'nii)p1t>4.'D  di  docum'mti  con  beiri 
d(»jH)tHi  '>  <rijinri)cjiiaii  dall'Aniil 
solu  UDJ  evidenia  sì  luminosa  «« 
della  Irsi  loIu>  a  dlmo^trarr,  cbff  a 
fssere  cciti(r;>di>tl.'i  rcnu  che  si  rj 
la  ragione  t  11  dittano.  Speritn 
un'opera  di  muto  nicfiio,  non  est 
impufeiiAnì  di*11a  rersìon»  latin 
quali  umitmpnte  rAnlone  dontndi 
ahtiia  a  produrli:  il  frutto  doidani 
conrcrsione  di  raolti  fra  (|WfIl  i 


cannare   itti   argomemi   Mh   Scrittura 

PARL.\UORE  MONS.  LIVIO  -  Ad  Decìtnutn  Tfriiuiii  Unum  P. 

Uvius  Partadorc  Epìscopus  Sactì  Marci  ac  iUsianeu.  Guardimi 

ex  typiR  Ifrwphi  Uucceront  MDCCCLXXXVI.  j 

—  AI  Decimo  Ter^o  L*!Dne  dopo  la  stupenda  .su»  Enririina  Tinmi 
Dei  Livio  l'arladore,  Vescovo  di  S.  Marco  e  Itìsignano, 
ffreUy  slab,  lip.  e  liu  Giuseppe  di  L.  Diicceroni,  1886. 
Il  primo  di  <\Offl>  opuKoli  dair  lllu- 
slrtsìinio  e  Rei  erutdi»»!  11)0  Moii.sij[iior  Ve- 
scovo db  ElisijtnaiiD  contiene  dne  lettere 
laliiK!  indirizutf  al  Snnto   Padre,  nello 
qunli  ooinmrnti  i  punti  princijMli  drlla 
Enciclica   ìd  medesimo  Snnlo  I';idre  in- 
torno ni  In  rosliluzioui?  iTJsti.iLa  dpgli  Stilli. 


I) 


lliu^condoconlicriP  nnirlp^ntfitM 
sia  in  L'oniiDCFidii;Ìniifi  dell-i  stesa 
dica,  odia  ijualc,  con  te  «uiijrl 
eonci'tti  propria  dell'eti  caoidl  t 
ItìiKiio  con  Ifeir  acconto  il  cahR 
sIiiDclo  della  gioTinnia. 


PINCELLl  LUIGI  —  Cibo  dell' aolma  religiosa,  ovvero  prati 
rriiiittoM  d'orazione  meniate  sulla  viu  e  lo  spirilo  di 


UBUOCRAHA  613 

Naovo  corso  di  medila  «ioni  per  ogni  giorno  e  per  le  feste 
ali  dftiranno,  compo^o  sul  metodo  di  S.  I^«iio,  ad  u$o  delle 
ili  religiose  e  de'sara'rdon  ria  l^uij;!  Pinct*!li  S.  I.  Seconda  edì- 
dlodenf,  lip!  l'oulificia  ed  Arcivescovile  dell'Immacolata  Con- 
.  1885.  "ì  voi.  io  16,  di  ps«K-  750-622.  Hrezzo  L  7.  00. 
libile  ancora  presso  L.  Manuelli  libralo  io  Firenze. 
ao  vca'ìkaiB  cgno  dì  .Medìluiotii  li  veda  il  giudizio  i;Iji!  ne  recammo 
9  a  fMff.  61S-13. 

i  GIACOMO  —  Dizionario  Dantesco  di  quanto  si  cooliene  nelle 
di  Dante  AUgliieri,  con  ricliiami  alla  Somma  Teologica  di 
imaso  d'Aquino;  coH'tlluMraxione  dei  nomi  pmprii  mitologici, 
geografici  e  delle  questioni  piìi  controverse;  ompilaio  dal 
►.  Giacomo  Polr-no.  Vnlnme  secondo  0.  E.  F.  SÌ€»a,  tip.  editrice 
lardino,  IHStì  In  16,  di  pagg.  451  PrezM  L.  4. 

|M chr.oi^ proposto  ilch.Pm-      act  incontrarli  iatilTaiii  laiArì.i' )«iM)m|>!« 

con  una  periva  che.  noi  shneno.  in  n^-sfun 
altro  dei  Dniilislìcont>emporsnei  «nprrinmo 
ncoi)Wceri<,  »egii3|jm<'nta  per  ci6  clie 
rìpiiarda  la  ilDtirìna  del  Dottore  Angelico 
che  co»liluì«ir«r  il  Tondo  «lotlrìiiale  duìh 
Divina  Comrnuclia.  0■||^^U>  fuvnrevolp  pu- 
diiiA  chn  noi  roi-miil.immn  dell'operi  iivi- 
l't'Kiniinare  il  pnmo  voluIn(.^  ci  i;  conrer- 
maio  dal  socondo:  e  perciò,  niil  tniigra- 
lr)9aiTni(!  t.ci\  eh.  Aiitorr^  In  cnnfnriioino 
a  cdiidiirru  innaiiiii  un  ti  dolio  ed  iiiilc 
lavar»  non  meno  nd  incmneiito  A^ììii 
nostra  cla»Jc3  letteratura  che  a  floria 
■Iella  nostra  SS.  Tlflijrione,  rMt  hu  tante 
p:irte  tictle  opere  e  5pccialiuenlc  ucl  di- 
vino Focaia  dell'Alighieri. 

IGIENICO  —  Il  mese  dì  Maggio.  Discorsi  morali  e  racconti, 
Ionico  Princi  prcie  naimlìlano  e  missionario  aposLolico.  Voi.  1* 
si;  Voi.  2°  Racconti.  Napoii,  lip.  e  Ubr.  di  A.  e  S.  Festa, 

de'Ulirai,  14,  I88J.  In  IO,  di  pagR  382-272.  Prezzo  L.5. 

volume  si  vende  anche  separaiamenle  al  prezzo  di  L.  %  50. 

\U  di  (]ue^ii  dÌKoni  sono  sna  elnquoni»  ablnManu  proponìonala 
jjftgrfH  bn^Ti  )^  fugo^i  pi?U'  alle  cl»»i  di  persone  cbe  loiiliono,  nella 
Ho^lpiDsli  nel  cUssico  libro      ]nu;r?i"nni.i  alinfno.  ac<rorrere  al  mese 

di  Hugiiio.  A*83i  spt«4u  0  nei  concedi 
in  M!  a  npltn  fortrin  di  eAprìmerli  non  i 
troppo  Brcpwiliile  sIIl-  uimiIì  tolitari,  e 
percii^  sla^io^  in  qnr^li  linllì  almeno,  fii 
niuDca  i]iift11j  coinuniciixioue  coli'  nJiiorio 
che  è  II  Rimo  più  p«tfiilc  di  ^oda* 
gnarnc  i  caori.  Con  tutlocìà,  considerali 


Lo  con  quevlo  »tio  Dìtionarìo 
oenino  raftioQe  nclt'annun- 
lol  naetì  or  sono,  il  pnino 
Bit,  pag.  79-HO».  rn  ciA 
ìMfnmo  l'i  pu4  ben  ir(!onii>n- 
nin  iilililiidi  ipie.M'oiH'ni,  la 
iiimo  dirlo  con  a^'ni  ivrìlà, 
liliotrca  ilamoK.i  |irrcìiWhe 
Mlitie  storiche,  le  intcrpn- 
terali  ed  allegoriche,  la  rtoi- 
Ica  e  teolopica,  le  k'Ikiii- 
in  aolo  delta  Pivina  fiommedia 
lejtli  altri  ncnilì  del  sommo 
le  tinnii  poni,  come  nllon  no- 
i  compi'-  con  ifiiruisita  dili- 
raodo  le  inlinilemolefiti?  solite 


brt*TÌ  e  s«K05i  pal- 
li nel  cUssico  libro 
mncgio  del  Muiiarelli.  Ma  il 
re  li  iRilia  in  miin  l'ampirzia 
orsi  ad  una  predira,  xiixlii-, 
i  alartMfro  Ix-ne  nnche  in  un 
i:  e  in  Msi  il:^  pruova  iti  forte 
'  fantasia  vivace  e  di  caldo 
Taiiatia  non  ci  sembra  li 


614 


BlBLIOCDAn* 


tbre  :iIIa  «na  eloqunm  ana  (ormi 
pib  popolare  e  pcrcli  pib  rrmiuoM  ti] 
f^ni  dassv  di  |ienone. 


i  discorsi  ili  M  Rwilmnii.  «ono  non  fioco 
commeniJcvoll  cosi  pn*  la  solida  sosiinta 
come  jHrr  |:i  9[)l<;n dilla  ronnj;  e  siaa» 
sicuri  clii',  vAlrniln,  noji  iili  «tri  diflìcile 

RAIAiNO  (DA)  F.  EPIFANIO  —  li  Vaialo  dioaiui  al  nook);  pv  a] 
P.  Hpifanio  da  Kaiano  Missionflrìo  Apostotioo,  l«ltora  emerito,  Un 
reato  in  lìngue  nrienUli.  socio  famìaiore  dflla  Società  ili  S.  Paola  ej 
di  altre  accademie.  Napoli,  Slatiilìmeolo  llpoi^sllco  di  V.  l*estÀti 
Via  S.  Sfll>asliano.  3,  IS86.  lo  S.  di  pasg.  9(i,  il?.  Prezzo  U  I,  « 

RICCI  MATTEO  —  OplVamicina.  Breve  Irjiitsto  del  Padre  Matloo  Rtoil 
Macerale^»,  ristampato  per  cura  di  Maria  Corraducci  per  1k  ben  au 
ffurak'  nozxft  del  Marchese  GiU'V'ppe  AccorreUi  colla  nobile  Sij 
Bianca  doi  i'onti  Misturi  Malutrari.  Muceratn,  tip.  dei  fratelli  Mi 
Cini,  1885.  tn  IR  p.,  di  pagg.  16. 
II   P.  IWdilrn  Iticci  i>  unn  di-lli;  pllt      Sl^^nnra  Mann  Corradacci  di  offe 


gpleiidiiti'  plfirip  ili  Maf*i-iiUi,  pH  limtn 
che  opcn'i  neìfu  l'iim  n  lìn«  «ti  stnbilirTi 
la  religione  criMian:i,  per  In  (ama  die 
([nifi  iic(|iiisiiV  di  uno  dei  più  insignì  lei- 
lenti  <IfI  cdcstp  impei-o.  i*  pei  lavivi 
sliaonliuirii  die  Otteiiiie  dal  Sovrano  di 
qnKJ  tallissimo  impcm,  in  jii-uilflla  l-'cdc. 
È  stalo  un  felice   (Wiisifru  ([ueilo  ili"!!!! 


nobili  !!po»i  Mnrchse  GiuHppr  .Vw 
(!  lìinnra  dei   Conli   MHiarl    UMok 
ciifne  n-{ralo  di  iimxe,  il  prMentQ  trm 
t«IIa  dtirAmictria,  cfae  II    loro 
lirailssimo  conctitndino  una   «crino 
Irngun  cincfr  prl  mofiareoChiMisai  Ctrì«-| 
ini,  e  poi  trodDllo  «^i  sti'oo  In  lii 
ilalinnii. 


RUDEZ  FAIMONI30  —  De  mutuo  et  usura.  Disserlalio  P.  Raimi 
Hudez  Ord.  Min.  Obs.  Proviocìae  SS.  Hedempiorìs.  laderae^  ex  trg 
({raphica  caibolìca  croaiica,  1885.  In  IG,  di  pag^.  48. 


Il  lilolo  di  t\ama  dis»rkaÌone  ne 
india  d.i  sé  solo  la  imporUiuu,  tmlUii- 
dosi  di  un  si^gccio  clic  per  le  diverse 
condixioiii  tocial)  ha  «ulVilo  in  ijiivni  itl- 
Linu  titmpi  noi.itiiIi-<»iiiie  inodiiìiiniìflni 
orile  conli-oversie  i1i  morali?  IvoIojtÌo.  Chi 
noti  è  ignnni  di  innesta  disciplina  kì  lii^n 
(|UOnto  niiivrriule  e  comune  fnve  la  dol- 
irina  din  vicLivii  dì  mpt-re  nn  coniraiii 
di  mutuo,  akuncbr  oiirt;  la  >orlo.  st*  uoii 
rosse  pei  titoli  ntrimecl,  iiiiaodo  ci  avnsscr 
luogo,  di  dAuno  nTin^rnu  »  di  lucro  c«- 
aante,  e  situili.  I)  eh.  Aulorr  dopo  awrr 
espa:lo  eoa  csallfM-i  r  pivci^ione  la  C4>- 
Dinue  dollrìnii  dei  li-olcgi  p  fi  aoticlii  efU 
arKomnitl  sopn  cui  si  fonda;  virne  q  trat- 
tire  II  qni^tionc  coinè  prpsenia»  ai  nostri 
trnipl,  Ciri  (jujIì  le  ìeffi  civili  e  l'uso 
conuiae  anuiuHiouo  miivrrsiiltiiriiir  cIjo 
^  pan  Migt»  prl  Mio  titolo  del  mnluo 


un  proponionato  imercuo  BOpri  la  : 
L'illu*<trc  Aulore  sta  di  pieiM 
Colin  comune  degli  aoiiclii  bvlop  i|ii 
a  friudicirc  ill«vilo  prr  tè   \ì  lucra 
«eniplicr  titolo  ilei  muino;  ma  nfllo  i 
tempo,  colla  comune  ilei  l«olofri  i 
rilifnf  esser  twilo  nflle  pr<**rftti 
liiini  wcinll  il  Im'i'o  ollr«>  la 
un  nuoto  liloln  wpravvenoto  a* 
irrw  cvndiiioiii  sociali;  rd  è  (fDelIat 
tunxiune  delle  nipremu'  antoritì  MCti 
le  ijuali  |td'  prOTiedere  al  comiuj 
colla  pib  facile  rircoliitione  deii 
ricmmcoDO  letEillimi  ì  fratti  mn 
à  esipanosopra  i  pnMiii  (atiì.  N<riri 
ncH'idlra  parie  dri  bioro  v%ìì  dì  ]h 
di  mola  eraditioiifì  tA  e^nah- 
atir|ninc)it<  in  '(ualctie  particolarci 
lione  loi  non  ciYilutfli»  doverci 
mare  ellj  sai  soiteiiu. 


BIDLlOGRAnA  615 

ILAZ\R0  VINCENZO  M.  —  Ioni  dells  sacra  Utiir(?ia  inlerpreiaii  in 
prosa  e  in  vt^rso  da  Vincenzo  M.  Sala/iro.  Parte  prima  clie  cninprcnele 
la  preghiera  cri-sliana  negl'Inni  quotidiani  ria  Mattniinn  »  CocnpinLa. 
Raffio  Calabria^  pei  tipi  dì  Paolo  Siclari,  1H^5.  In  12,  di  pagtf.  Ot>. 
Si  rende  L  I  presso  l'Aulore,  Parroco  di  S.  (Jiorgio  io  della  ciuà. 
Il  saupo  c\\e  !*li.i  in  (fucst.i  prtni:i      nini,  I»  «liti>  f>  la  \we\\a  rÌr>«cono  a  una 

no,  d'una  ifiI'Tprr-tiiriflfiff  in    vppìo  e 

|irosa,  il^rìDDi  litormici  della  Chiesti, 

iHMtra  it  Tilorv  poetico  e  k  pili  belle 

Ut  IrUcnirii'  AA  r.h.  Amore.  Il   veno 

ItnipHlo  e  v-toA  nfittXn:  h  frue.  Tnltn 

■iebf  nm   e(;c«aÌDn<<.  seni(ii-(!   poclica 
ekfanie;  il  coowdD  colto  e  n:ql]iito 

kemcnttf.  Nella  prp<3  die  largamente 

Eblora  i  peniìrri  lirici,  e  (len'  Vrrù  e 


wf find.!  frtiitiiiMiiionf  pof ticn  i^h^  si  \e^c 
con  pnrì  dilntu  o  |)rolitla  iIl'IIu  spirito. 
O)mnii>nflcvoli&^mo  è  jkiÌ  lo  xcnpo  pm- 
jKUii'isl  lini  et).  Antc^r^  con  <|ui'Ma  saa 
fatica,  f^upllf)  cioè  ili  rico^irnìri'  con  da- 
n;iro  che  ne  ritnrrft,  il  lanpio  rii  S.  Gior- 
gio ilovc  ppti  è  Parroco.  Ondwliè  acfia'i- 
stanrlo  il  uno  voliimnco.  'i  dawant  a 
un'opera  baonn  ^  ili  gloria  di  Ilio. 


riogalj,  ddln  ponia,  i  peiiMien,  k>  iina- 

ANTA  MARIANOVA  fDA)  P.  ANTONIO  —  Compendium  nolionum 
philosopiiicarum  sub  dialo^  forma  in  usum  incìpicniium,  auclore 
Fr.  Antonio  de  S.  Marianova.  Ord.  Minorutii  Ilegularì^  Otjservanliae. 
Voi.  III.  Ad  Cl'iras  AqufLs  prope  Flonntiam,  ex  iyp.Col]<?gii  S.  flona- 
ventarae,  1885.  In  8,  di  pag?.  248.  Prezzo  del  Ire  volumi  L  'J. 
Col  pr<«entc  tolume  ha  compi uu-n io      li  calloii  della  tchi  e  soda  l]lo«ot)a.  come 


Corw  (IkMolico  do!  eh.  V.  Antonio  dH 
Marunnta.  Nclt;i  rivista  piuttosto  »npiu 
Iw  fac-pimo  dei  primi  due,  i  quali  con- 
tn^Do  la  logica  e  la  meialislcii,  [\?A'\ 
lud.  «5i  p:ig.  206  e  segs-l  Ipnemmo  ni- 
ione  rirl  dÌ!U-^iio  deirAnlore.  i\f\  niciodo 
del  [ondo  dulie  dullrini';  jici  quali  cipi, 
Kulmenli!  pnr  l'ultimo,  ^li  demmn  le 
HTiUlf  lodi,  non  (li<Aimulaiido  (|u:4lciic 
ne  ceiKura  in  comi  Rccaiid;ini'.  Il  me- 
Vàtao  ^  ila  dire  di  qw^ìt'iiliinin   \w\t 


non  poco  opporlun^t  per  I  iii'i'stiiainento. 
Il  eli.  Autore  af^uDjinWi  come  appendice 
al  suo  cono  alcune  raercilaxinni  scola- 
sliclip,  nelle  quali  «  propoiTanno  tri  ^ornin 
sj}lii)[iftica  le  dilticollà  pm  ^n\\  ctic  si 
ifaptioiin  miiovfi'c  coiiiiti  li'  lesi  principali 
dn  lui  diiito.<itraU-  w)  rnrso  dell'opera, 
iLlIfì  4ita1i  saranno  date  ìv  ojipurluoe  ri- 
spo-Mi*.  Con  rht  f^W  viene  ud  nmpierft 
lina  lacuna,  die  noi  avevamo  uolau  uuHa 
Itivisla  deir opera. 


di'  Dfxrra  ;  la  quali!  |K?ri)  raicoiiKimliunio 

ÌAKT'ANGEIX)  (DA)  l\  «ARTOLOMKO  —  Collectio  scripiorum  Drdi- 
nis  CarmelitaniTìi  excalceaiorum  utriusquc  Congrega  lionis  et  %xus 
P.  I'.  tìariholomaei  a  S.  An>(clo  l'rovinciae  Lon^oL)ardicae  opera  et 
solcrtta  exarata;  cui  aceedit  .-iupptemenium  scriptonim  Ordini;;,  qui 
aui  oliliii  futìrunt  ani  roccniins  vixerunt,  auctore  P.  F.  Ilcnrico  a 
SS.  ^(.'nmenio  alutuno  l*rovinciac  Guuueri^i.'i.  .\ccedunl  insupur  calalo- 
gus  Kfiiscoporum,  index  Praeposiioniin  (ieneralium  et  prospeclus  I*ri>- 
vincJarum  et  CoenoWnrijra  Ordinis.  .9firomif,cxlypog.  A.  Ricd,  1^84. 
jlue  volumi  in  H,  di  p.igg,  408,  :iiK.  l'rezzo  L.  12  franco  di  posta. 
All'estero  lire  VA  franco  di  posta.  Dirigersi  a  fì.  P.  Enrico  del  SS.  Sa- 
memlo  Cariueliiauo  scalzo  Loano  (Genova}. 


GI6 


BlBUOCnAFU 


STUDII E  DOCVAfENTl  di  storia  e  dlriito.  pBbblicaaooe 

dell'Accademia  (li  coufereoze  .slorico-giiiridiche.  Anno  VII,  fi 
(geunaìo-aiarzu  m8G}  Uomo,  tip.  Vaiicaua,  1886.  la  4,  di  ptgg. 

TACCONIWtALI.IJCCI  NICOU  —  Dar.  Nicola  Tac<!™e4ìì!luccii 
valiere  del  routificìo  Ordine  lutano.  L'Enciclica  stilla  crisliaoii 
luzioué  degli  Stali  di  Papa  Leone  Xill.  Milano^  L.  ì\  Coglia 
pografo-ediiore,  Via  Panlaoo,  26, 1886.  In  J6,  di  pagi?.  5*2.  Prezzo 

Quello  Aixono  sapm  1j  siupcjida  En-      esso  la  vcrlt.^  e  uk(.-!ì»ìl*i  Ati  pHncifil 


ciclica  ilei  S  Padre  Immoriafe  Dei.  die 
il  eb.  fbroae  aica  fatto  pobbUeare,  ad 
intervalli.  soUc  colonne  doli' egr?(.'io  Os- 
senatori  Komano,  rìvflilfl  oni  la  luce 
nel  pri-«enteirti]iuuFlt(>,am(xl)it«  i3al  me- 
desimo eli.  Autore  di  nolevoli  3j:p'unte 
e  di  iiiiOii^rose  aniiutaiìoiii.  Et^li  coasidera 
il  docuniTito  ponliricìfi,  in  primo  luogo, 
per  mpelto-tl  parlilo  a wcrsu  al  calloIìci> 
smo  r  al  crisllnnrsimo:  e  colla  guida  ddln 
Slorid  e  disila  rHlta  lilùtofia  fa  rav^isnrv  in 


iDuIfFli  dal  SoTrano  PonUfiCQ  eq 
neoli  la  costlluiione  criMluia  defU 
la  sola  capace  di  fornure  la  Utk 
il  benencn;  SDCiali*.  flsponr  in  MJ 
luogo,  per  rispetto  ad  akunt*  àUei 
SKond.ine  Ae\k  scuole  r^lluliclie,  1 
ins,  ch«  ìt  iRiiearv  r  ladrc  comi^ 
dita  loro  sono  il  rìsguanln  della  i 
dell' :tùon«  jifllilica.  P.  im  Inoro  *U| 
dt-gno  di'ILi  pn^rooiU  tlottrion  e  M 
princìpii  ilei  uh-  UaroopTaccOD 


VENTURI  ETTORE  —  Origine,  svolgitnenlo  e  praUcbe  della 
al  Cuor  SS.  di  Gesti  Cnslo.  Memorif;  storielle  raccolte  dal  P.  E 
Venturi  d.  C.  d.  ti.  Prato,  LÌpo;,'ralla  Gischeui,  1886.  In  16  pia 
di  pagg.  1?8.  Preuo  (Jeni.  JO  coti*  undecima  copia  gratis  a  ci 
acquista  IO  insieme. 
Il  lilolo  dcIt'oiKTclla  indica  già  juf- 

Bcicntcmenic  il  p^ruMpro  clte  ba  guidato 

il  cb.  Autore  oel  comporla.  Egli  ha  rflc- 

callo  insle'inc  da  variì  lavori  $i]l  Caor  di 

GesCi   e   dalla    vita  di-llj   D.   M.ir,:limt.i 

Maria  M.ii:<Hpi<'  ijiii'lln  snEo  cbfì  appar- 
tiene oH'onaiiie  di  quf*l.i  dinojione  e  al 

suo  miraliile  pro;;re»u>.  oni(!tU>ndo  il  re- 

Mo;  i*  nr  ha  i:wn|Htslu  aiia  storia  htun 

oriliiiata  e.  «tifile icalrmeine  tompiota,  per- 
ché  post»    (tilTiiiiilft^i    In    i    fpilHi   ed 

inltainiiiirU  ««mpi'e  pid  ili  qwsia  divo- 

liOQe.  giovando  a  ct6  «naissino  il  cono- 

Hcnie  la  storia  ponuloa  e  rondata  saprà 

aatenlicì  documculi.  AIIj  «loria  fu  «rguire 

In  varie  pratidif,  le  ijuali  sono  corni'  U 


cdMfraanatklIa  leuora  riti-  w  n'i 
ricche  l'opereiu  Tiene  natanlmniu 
Tiderji  ìd  tre  parti.  Nella  !•  li  \ 
AclV  OrigifU,  nella  !"  drllo  svtigbt 
nella  3*  delle  pratiche  di  qiiMU| 
lióne.  L'opu-vola  e  it^^ì  bene  id^ 
coadotto  per  mmìf^ni  da  rinKin:  Al 
(le  ^onuDcmo  )icr  le  anime  cono  d 
che  coDtieM  il  flore  pib  eletto  dì  e| 
può  dini  su  questa  dhocione.  MI 
anche  ai  iltsiimo  ad  MCitar  lo  ulo  à 
ccrdoti  KpccialHieale  predicatori,  fi 
esibisce,  raccolta  in  compendiai,  laili 
suppellettile  di  cose,  le  quali  si 
appena  riiroiare  sporw  alirora  ia] 
libri. 


VICENTINI  ADGUSTO  ANTONINO  —  L'otUvo  centenario  iflT| 
goiio  VU  in  Saleroo.  Discorsi  pronuneiaii  per  le  solenni 
giugDo  1H85  nella  Meiropoliiana  dì  quella  ciiià 


RniLiocnirtA 
.  di  Aui 


W 


'icenlini,  Arciv.  dì  Aquila.  Silemo,  prem.  stab.  tip.  del 
Migliacnio,  1886.  In  8,  di  pagg.  W. 
ili  nitMli  ire  lilwofSi,  thp      sUarawi"  rordin«  ÌolellelltialL'r.tn'oi-zai»Io 


rMoiif.  Vicentini  ArcivPMOtv 
ne  per  occasione  ìIp)I«  so< 
lU'iwrie  di  S.  Gpcjrorio  VII 
p  (tncJln  i]i  liitno^lnre.  con- 
|alle  apparcflie,  (juiinto  sia 
I  eoiMliiioRi  ìA  secolo  nostro 
ristauracìonp  iilain  e  con- 
'i1.-iGrc;orioVII.  fkli.nra- 
bìuiiiM  sinleM  mccoglls  in 
ìftmttll  rimpn;sa  (fi  ([ae\- 
Ice:  df  restaurare,  cioè, 
llfìdaale,  l'ontiri?  mnrnle  v 
neirnik  !iia:  b  ({inlr  tri- 


l'iiiiil.^  dnltn  Cliri-sn;  nH  ^f>(;flriiK  come 
l'ìflBurasw  l'oiflìue  morair  rcìiiKvi'iii'do 
la  sanlitA  nei  mnnbri  (Ic3la  Clilua;  nel 
terzo,  come  re<taur.isBc  l'ordine  sociale 
rivcniliciRcio  b  litifrtii  (tifila  CbicM;  Ta» 
cenilo  insieme  un  jiiinllplo  fra  (ludl'eti  o 
l'elft  nnslra  pi^r  inferirnft  chf  ai  ninilpsimi 
mali  i\  L'Oli VRilgoiii)  i  ii»'i]c«iirn  riin(!i]ii. 
L'illn5trp  Oniors  si  dimosirn  slrinp^iile 
ru.'irarituHii'iU.'HioDip,  nobile  nei  cDncctli, 
splendido  ncifa  formn;  <*  nnì  rrrdianin 
atsai  difllcilfi  che  ai  polrssc  can  mngglorc 
raalteiu  e  precisone,  e  i:on  pgunl*!  bra- 
vili, colorare  la  grande  impresa  di  Gre- 
gorio, e  farne  apprcziare  ritiestimabile 
vantaggio  n  predella  Cliii«  e  della  società. 


ione  é  nppnoto  il  .supremo 
lflo»trì  tempi.  Kgll  pcrianio 
Ki  della  storia  diiiifulra,  nel 
no,  come  ^wt\  SoFtimo  rc- 
SeLLA)  e  del  MATlTiniO  dei  Santi  Faustino  e  Giovila, 
ÌPaironi  di  Drtscia,  esposti  al  popolo  da  una  giovane  Bresciana. 

^t)pLedit.(Juerìniai)a,ViaSatan.  192*2,1^^' In  1(^<'1>  pn^S-l-'ì^' 
Urani  principali  ilclla  noliilo      divozione:  la  crìlica  però  vi  ha  In  soa 

parie,  |>erctip  la  dilii^eiiti*  Kriltriie  si  è 
presa  la  can  di  ricercare  le  notiEìe  nelle 
fonti  piti  genuine,  e  di  dare  il  proprio 
luogo  alle  ciTie  e  sicure  ed  a  .inellc  che 
sono  winplicem^nle  prulwljili.  Il  lavoro 
procL-dc  con  bt'll' online;  In  iiainiiionc 
corre  limpida  e  «piiFliaLa;  h  liiiiiiia  e  lo 
stilo  sono  nblxjjtama  coirmi:  l'effetto 
di-'l  lutto  tWjTiello  die  l'Autnc*  si  era  pro- 
poMo,  ciot^  ili  in;;enr>rarp  allifuima  stima 
di  qm-gli  croi  dulia  fude,  e  tenera  e  fidti* 
ciosii  divozione  Terso  di  loro. 


ia  hanno  cullo  5peci>ile  i 
__  e  Giovita,  nativi  ilelfó  slessa 
{la  illuslnirorju  col  loir  niar- 
nocipio  del  fecondo  secolo 
jÌMnontaro  e  creKcrv  sempre 
ione  di-1  popolo  veiNo  sì  gto- 
holi  prolf-tlorì,  1.1  pia  Autrice 
londers)  sotto  il  tgIo  di  onn- 
jbndo  i  desiderii  di  amiche 
fe  ciA  la  pri!gavano,  ha  corn- 
ee storia  della  lor  vit»  e 

rio.  Non  è  un'opera,  come 


^ri 

||crilica,  ina  sì  v(;nimunt(>  di 

^S.  IgnAzio  di  Lnjola,  fondatore  della  Compagnia  dì  Uesii. 

^elzeviriano  di  pagg.  166.  Roma^  tip.  Befani  188G. 

ioso  volumetto  composto  per  le  mani  tanti  die  no»  rono»:ono  di 
quest'eroe  della  Chiesa  se  non  nuclln  che 
QR  hanno  bestenunialo  ut-' loro  tuipi  ro- 
inanii  v  nei  loro  odiosi  drnmmi  gli  empii 
e  i  fi-amm:ii<i»ni.  Si  vrndc  al  tenue  preuo 

ttetno  che  fu  If^naiio  di  Lo-      di  cent.  iO  all'uillcio  centi-ale  della  Gi- 

pBiln'derabile  clic  l'avessero      vHtà  CatMica  in  FirenEC- 


Niccolò  Telialdiiil  e  rimesso 

secondo  l'ortoitrjlìa    mo- 

P.  Loigi  Previli,  l>;i.«a  a 

llta  idea  del  gr.-i[i  .Santo  e 

no  che  fu  If^naiio  di  Lo- 

iln'derabile  clic  l'avessero 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


FtrenMe^  27  maggio  1S8S. 


COSE  nOMSKE 

i.  i*(>b]K-iliPiiui  si   Ctipa  e  b   cIic)iiani7,Ìoiw  dell' Otstr^atere  Romano  —  1 
Sanu  Svile  u  la  ì'atin  —  i.  L'  (!]i:iuo»ini)  della  UesM  si  l'apa  —  1.  U  tiiiiW 
sacifrilolul*  di  L«one  Xltl  e  rKi"W0|>3lo  iulwno  — 5.  Il  f.enl«».it  . 
|ri]£n  —  Ci.  Ijh  (iralestt!  ilrU'lt-ilùi  citlolicii  cuntro  l'empitala  lìH  ■-■     ■ 
hno  —  7.  Il  voto  (legriUilìani  al  Sacro  Cuore  —  H.  liKeviiucnto  in  Viw 
ilei  pellegrini  olfliid4SÌ  ~  &  1  novelli  Cunlinalì. 

1.  QiiiinU)  pili  t'orìzsonie  polìtico  dell' lutia  legale  dlvjen  tsact^ 
gravido  di  tempeste,  taiilo  più  fassi  splendido  e  sereno  quello  dd 
palo.  Sino  a  pochi  mesi  fa,  (aito  il  mondo  pnreva  congiurato  .il  d 
del  Supn?n)0  (ìerarca  della  Chiesa,  e  tutto  inceso  a  farorìre  la 
dei  suoi  nemici.  Oggi  lutto  è  canj^mo;  sicché  non  passn  ginn»  che 
Santo  i'adi-e  non  giunca  una  consolazione  che  ne  disacerbi  l'ama 
delle  patite  ingiustizie.  Siamo,  è  vero,  ancora  bniani  dal  thonf4, 
da  certi  barlumi  non  è  leggerezza  di  mente  il  preiuigire  clic  non  fili 
lungamenle  aspettare.  A  buoni  conti  que~sto  è  cnnsolanie  che,  aneliti 
online  alle  uu.'ie  poliiiclie,  tu  quanto  esse  si  legano  ai  graudi  ìMMI 
della  Chiesa,  i  callnlici  italiani  non  si  dipartono  dagl'ins^uanMiiiU 
Romano  Pontelìce.  S'^  veduto  infaili  di  que.sti  giorni  con  quanta  io 
fetenza  b  maiigiora'ua  della  popola/ione  italiana  abtita  accollo  U  dea 
cbe  chiama  pel  'Ì'A  maggio  gli  elettori  alle  urne  politidie,  e  il 
imeres.vi  che  essa  ha  preso  per  ciò  che  si  vuol  Tar  credure  tuia  verag 
elettorale,  e  in  sostanza  non  •è  che  un  armeggio  di  partili. 

Questa  indilTerenza  proviene  da  due  cagioni  priocipalmenie:  la  prìi 
è  il  di«iii'.^anno.  Da  un  quarto  di  liccolo  gl'Italiani  hanno  appreso  eb 
parlamento  nun  rappresenta  la  nazione,  ma  i  partiti,  e  che  In  fora 
sistema  elettiva,  come  scrlvea  il  Bonghi  nella  Nuot^a  Antoìogìn,  watt 
gli  ottìihi  che  vengono  fuori  dalle  urne,  ma  i  pesami  Ma  quew  l 
c'iraporui;  quello  i:be  c'interessa  t  dì  conoscere  la  seconda  delle  ra^ 
per  cui  la  maggioranza  (lei  popolo  italiano  sarà  sempre  indifTereniepff 
lotta  elettorale.  Oli  è  che  il  popolo  italiano  è  un  popolo  callolico,  e  < 
rimanere  cattolico;  e  llnchA  .sarà  cnliolico,  non  t>  da  sperare  di  vedi 
prendere  parte  alle  cleziooi  politiche.  H  bastato  infatti  che  il  P*F« 


CRONACA   CONTEMPORINBA 


619 


uà  accadere  in  qualche  Iuo?o  die,  per  grarissime  e  gùislis^ 
ragiani,  non  sì3  espediente  di  partecifiare  agli  afTari  dello  Suto,  né 
evere  olljcii  politici  »;  percli<>  ogni  buon  cattolico  si  tenesse  per 
ito  che  egli  dt\Aa  asteiwrsi  dalle  elezioni  politiche:  lionut  hquuta 
:tusa  finita  est.  Ma  {xucliè  a  taluni  è  piaciuto  far  credere  che  il 
tale  si  fosse  messo  d'accordo  col  Vaticauo,  ed  in  viriù  di  questo 
lo  si  potesse  senza  disibbedire  al  Pootence  intervenire  nlle  urne, 
la  dichiarajpone  MW Osservntore  Romnno  che,  in  lermini  caiejro- 
icne  a  smentire  la  fallace  afTermazione  di  coloro  i  quali  sognano 
e  concilia/ioni  impossibili,  perchè  ripugnanti  a  quel  diritti  sacri  e 
ibili,  ni  quali  il  Papato  non  potrà  mai  rinunciare,  l'ìcco  Ja  dicliia- 
e  ùt'M' Oi&ervniort!  Timiano:  «  Non  è  nostro  costume  darci  pen- 
di ciò  che  scrive  d'ordinario  la  Capitale  o  dì  smentire  le  sueiit- 
jn'oni;  e  se  o-^^  lo  Tacciamo,  è  soltanto  per  eccezione  e  perchè 
mo  che  il  suo  anicoletto  di  &ahhato  scorso,  che  jKinn  per  titolo 
di  coi  Vaticano,  lia  dato  luogo  a  commenti  ed  ha  pcodollo  tjualche 
isiooe  in  gente  che  ha  il  difetto  di  essere  trnppu  credula.  Che  questo 

0  sia  un  tessuto  di  ineiizogrie,  tutti  i  giorrmU  liberali  ed  in  tspecio 
polc  Roman'}  lo  hanno  giù  dichiaralo.  Ciò  noadlmeno  anche  noi 
lamo  un'assoluta  sinentila  a  quanto  in  esso  sì  dice  di  accordi  pas- 
'»  il  Ministero  e  il  Valicane,  di  suggerimcTiti  di  alti  [>orsonag^  per 
re  r  intervento  dei  cattolici  Itnliani  alle  urne  polìtiche,  dell' annuenza 
>ot«fice  e  delle  istruzioni  date  ai  Vescovi  per  consigliare  i  cattolici 
ciré  dalla  loro  astensione. 

Dft  molte  parti  d'Italia  ci  sono  giunte  lettere  nelle  quali  ci  sì  chiede 
iteosione  dalle  urne  p^lìticlK\  già  tante  volte  inculcata  ai  cattolici 
li,  debha  mantenersi  integralmente  anche  in  occasione  delle  pros- 
•tezioni,  e  se  non  vi  sia  qualche  eccezione  per  It*  difTerenli  parli 
la.  A  queste  dìinande  gi.'^  rispou detoni o  pubblicando  nel  aosiro  qu- 
del  30  aprile  scorso  la  Circolare  AcìVOpera  dei  Congressi  eaiio- 

1  togliere  jterò  ogni  dtihluo,  ora  dichiariamo  chela  puliltlicazione 
3tla  Circolare  Tu  conosciuta  ed  approvata  dal  Vaticano;  e  sicmmc 
iguarda  tuUì  i  cattolici  d'Italia,  cosi  non  deve  farsi  distinzione  di 
tra  luogo  e  luogo,  ed  aggiungiamo  che  non  esìstono  istruzioni  par- 
ri  date  in  proposito  ai  Vescovi,  » 

Nella  nostra  cronaca  precedente  (G  maggio]  abbiamo  annunziato 
il  Nostro  Santo  Padre,  volendo  dare  un  pegno  della  sua  riconoscenza 
ibah  di  Persia,  per  lo  spirito  di  giustizia  e  dì  equità  nnde  sono 
fi  i  cristiani  che  abitano  ìn  Persia,  si  fosse  degnalo  di  conrirìre  il 
Cordcme  dell'Ordine  Piano  ai  due  suoi  tìgli  Naib  Saliaoeh  e  Zel 
illan.  h' Osservaiore  Ilomano  ha  già  data  una  lunga  relazione  della 
gna  delle  decorazioni,  fatta  con  tutto  il  ceremoniale  d'uso  alla  TrOrie 
tieran.  Da  questa  relazione  ci  piace  dì  levare  soltanto  ì  discorsi  prò- 


k 


620  atoKACA 

uunziaii  dal  rappresenL-tnie  il  delegato  apostolico,  il  Rev.  Mgnor 
e  la  risposta  dei  l'riucipj.  Primo  ail  essere  decoralo  fu  Naib  Si 
ministro  della  guerra  e  principe  imperiale.  11  t^riocipe,  in  grande 
Torme,  stava  in  piedi.  Sul  petto  scintillanie  delie  piii  belle  deeoranom  : 
notava  un  posto  che  pareva  a  bello  studio  lascialo  vuoto.  L' astucdo  > 
racctiiudeva  le  insegne  della  deeorazìonc  di  Sua  Santità  era  portato 
l'aiutante  di  campo,  che  avea  ricevuto  il  Rev.  signor  Demergue  Qu 
preseintollD  al  Principe  iodirìzzandogU  le  seguenti  parole: 

"  Alteega, 

%  Ho  l'onore  di  pre-setitare  a  Vo.'stra  Altezza  Imperiale,  uoilamenlei 
signor  Incaricalo  d'affari  di  Francia,  le  insegne  e  il  dìplocna  della 
eorazìone  del  liran  Cordone  dell' ordioe  di  E*Ìo  IK,  che  il  Sooimr*  l'i 
leltce  le  ba  accordato,  affine  di  atteìilarle  la  sua  ricooosceoza  per  l'j 
benevola  prolezioue  concessa  a  tuitì  i  cattolici  che  s^no  sotto  la  sua  ai 

«  Monsignor  Thomas,  l>elegaio  di  Sua  Santità  per  la  Persia,  sinl 
stato  lieu>  di  venire  egU  Messo  a  presentare  questa  decorazione  a  Ve 
jVlteza,  se  k  stagione  e  lo  stalo  della  sua  salute  glielo  avess^o  penne 

«  In  quanto  a  me,  avendo  ricevuto  l'onorevole  missione  di  so&liluif 
S.  E.  in  questa  solenne  circostanza,  snno  felice  di  coglierò  quest'oceani 
per  esprimere  a  Vostra  Altezza  la  mia  ricoitnscenza  personale  per 
benevolenza  che  accorda  a' nostri  cattolici,  a  tutte  le  opere  nostre  ed! 
isjKcie  alla  Missinnc  di  Teheran  che  si  reputa  fortunata  di  trovarsi 
città  che  Vostra  Altezza  gova-na  con  tanta  sapienza  e  si  grande 

<  Ho  la  fìducia  del  ru&to  che  i  cattolici  i  quali  sono  sotto  il  gnvc 
di  Vostra  Alle£za  si  mostroranou  degni  della  sua  benevolenza.  Noi  bi 
almeno  lutto  ciò  che  sarik  in  nastro  potere  per  loro  inspirare  l'ai 
della  giustizia,  il  rispetto  dell'autorità  e  l'obbedienza  agli  ordini  dì 
Maestà  lo  Sbab.  » 

Sua  Altezza  ringraziò  con  espresssione  di  gioia.  «  È  una  decori 
egli  disse,  che  mi  è  carissitna,  io  l'accetto  eoo  grande  gioia  e  nrò 
di  portarla.  >  K  aprendo  nello  stesso  tempo  l'asiaccio,  che  ana 
mani,  prende  la  gran  placca  e  se  la  ffssa  sul  posto  desinalo:  « 
lietissimo:  fatelo  sapere  al  Sommo  Poniellce,  e  ditegli  che  mi  farò  seni 
un  dovere  di  pruu;ggere  i  catlolici.  Per  altro  scriverò  io  stesso  a  Sua 
tiU  per  ringraziarla,  > 

3.  Le  sirottezzc  alle  quali  ha  ridotto  il  Sommo  Pontefice  b  ni 
zlone,  entrata  in  Roma  per  le  breccia  dì  Porta  Pia,  ba  suggerito  ai 
motori  delie  feste  pel  cinquantesimo  anniversario  della  .sua   ordioazia 
sacerdotale,  il  felice  penserò  di  ììb' elrmosina  per  la  Messa  clie  Egli' 
letircrà  io  quel  fausto  giorno,  o  d' invitare  tutti  i  catlolici  a  cooc 
copie  ad  una  manifestazione  di  fed&  di  devozione  e  di  cariUk. 
elemosina,  dice  l'egregio  diario  torinese,  VCniià  Cattolica^  non  devej 


co!frRMronA.vEA  62 1 

olla  intralnìiirc  o  porre  da  banda  le  usuali  raccollft  e  solirrtcri/inni  a 
tnUiggio  dell'I  spogliato  PoiilRfice.  //  n^nnrf)  di  S.  Pietro  TOnliniieri 
uoquead  C!»ere  l'invito  elTicace  per  mezzo  del  quale  i  {^ornali  cultolici, 

Confraternite  e  le  Sftcietù  particolari  raecoij'Iieraiino  ftiTerl'*  !t\  Papa,  e 
lOtranDO  avere  la  consolazione  di  deporlo  ai  piedi  di  Leone  XIII.  » 

L'J^lfmosina  iìrìla  Messa  ai  Santo  Padre  dev'essere  dnmine  una 
traordìnaria  diuiosl razione  per  b  fausta  riuordan/a  ciii<pianu>narìa.  La 
omnia  cbe  si  richiede  è  per  altro  lenui.ssima  :  cinque  cenlcstmi  ni  mese, 
i  siccooie  si  cerca  e  si  spera  che  ì  cattolici  di  tulle  le  nazioni  accolgano 

milioDt  codesto  invito,  cosi  sì  confida  che  l'elemosioa  ascenda  a  ona 
Mila  cifra.  Per  promuovere  silTalla  speciale  raccolta  di  un  •^ohlo  men- 
iffi  havvi  la  Pìecoìa  SocietA  d^W  amor  filiah,  istituita  canonicamente 

Bologna,  la  riilà  delle  grandi  Ìni7iative  cniioliche,  n  amiThita  dal 
ommo  Pontefice  fli  favori  e  d'iodiilgenze.  (tuesi"  opera,  [-^nignanwnie 
tccolia  dai  Vescovi,  sì  spande  io  Italia  e  in  tutto  il  mondo,  col  mezzo 
ei  (h'trgaH  diocesani,  dai  quali  dipendono  ì  eHuiori.  i  cmturioni  e  i 
ìeeuriotii  ;  si  clie  riasce  agevolo  ad  ogni  fedele  il  presian»  il  proprio 
iributn,  e  con  bella  armonia  in  tutte  le  parti  della  terra  si  compie  l'opera 
U  carità  per  la  elemosina  della  Messa  ai  Papa.  Le  soiTuno  raccolte  [wr 
luesto  Ijellissimo  scopo  sono  di  man  in  mano  inviale  dalla  Cnmmìssione 
direttiva  di  Bologna,  direttamente  alla  Segreteria  di  Slato,  che  le  serba  in 
depiisito  per  la  presentazione  .solenne.  Appena  da  pochi  mesi  la  Sodetii 
dell'amor  fiUale  è  sorla,  ed  es.sa  A  ancor  luiigt  dall'essei-si  estesa  e  or- 
ganizzata in  tulle  le  diocesi,  bippiire  ì  risultali  otteiiuli  con  la  tenue  quota 
stabilita  sono  quanto  mai  dir  si  possa  consolanti.  Sino  al  LI  nianu)  di 
quest'anno  le  somme  cusiodiie  prewo  la  Segreteria  di  Stalo  ammoniavano 
giit  a  L.  .16Ì.598,  17.  Ma  questo  non  basita;  tiisogna  che  questa  cifra 
cresca  mille  tanti,  fiei-ch^  si  tocchi  con  mano  via  lutti  elio  il  cuòre  dei 
cattolici  è  col  Papa,  ed  in  tempo  di  tanic  e  .st  larihilt  mniraddizìoni, 
il  Papa  re^ua  nelle  menti  e  nei  cuori  di  quanti  non  incatenarono  la  Ioni 
coscienza  alta  setta  mas.sonÌca. 

k.  L'episcopato  italiano  contìnua  sempre  nel  dare  all'orla  cattolico 
lo  spettacolo  della  sua  profonda  devo?.ione  e  svisceralo  amoro  verso 
quella  Apostolica  Sedo,  donde  il  regnante  Sovrarko  PonteHce  nitira  a  sé 
gli  sguardi  di  tulio  il  mondo  e  desta  in  petto  ai  caliolÌRi  un  amore  sin- 
cero, disioteres.sal<),  operoso.  Si  veda  infatti  quauio  amoroso  zelo  ha  spie- 
galo e  sta  spiccando  l'episcopato  d'lt:itia  per  feslegijiare  il  Oiubhileo  sa* 
oerdotale  di  I^one  XIIL  Appena  costituita  la  Commissione  promotriee  e 
ordinatrice  della  mondiale  manifestazione,  e  venne  annunzialo  ai  Vescovi 
italiani  il  suo  proi^ramma,  che  furono  essi  i  primi  a  rallegrarsi  di  quel 
Ciro  proposito  e  a  benedire  la  nol>ile  impresa.  "Sh  di  dò  pagtiì,  han  vo< 
luto  far  sentire  la  loro  voce  e  aggiungere  ali"  invito  dej  promotori  il  loro 
appoggio,  facendo  pervenire  alla  Commissione  di  Bologna  col  loro  plauso 


622  CROttACA 

c<t  incopaggiamemn,  la  rrf-omessa  di  occjiare  i  propri!  ffiIHi  a  concoi 
airunivftrsak  m.imlt;<it3ZìnnR  doll'amor  liliale  vt^rsoil  nomano  I'oqi 
Omiociò  il  (Cardinale  Saufe!ì<!e.  die  il  ?H  gennaio  dello  scorso  anno  4 
chiamava  sicuro  del  cone/)rso  a  questa  opera,  per  pane  della  Mia  imiU 
diocesi,  n  l' marzo  dello  stesso  anno  era  il  Cardinnle  Patriarca  di  Veneita 
<-hc  esprìrncYn  putililica mente  la  piena  soddisfjizione  dell'aoimo  suo,  e 
iuvocava  lena  novella  jurcliè  coH'aiuto  divino  fosse  coruJotta  a  lerminela 
stupenda  diroosirazione  di  fede  cattolica.  Il  Cardinale  CaUanì,  Arcivescow 
di  Ravenna,  promeiieva  di  adoperarsi  con  ogni  cura,  perchè  la  sua  Chie», 
figlia  pritnogpjiita  della  Romana,  fo&fìe  pur<^  tra  le  prime  a  tributare  al 
Vicario  di  L'ri^lo  omaggio  sincero  di  profondo  attaccamento  t  di  liliale 
.imore.  Il  Cardinale  Ca[<ecetatro,  Arcivescovo  di  Capua,  sin  dai  primi  g; 
mandava  la  sua  adesione.  Eguali  sentimenti  esprimeva  il  '2'2  gennaiik 
«luest'anno  il  Cardinale  Canossa  Vescovo  di  Verona.  Il  Cardinale  Balla- 
glini,  Arcivescovo  di  Bologna,  il  1"  marzo  dei  18!i5  alTermava  essere  di 
grande  conn)l»z)^'nc  al  suo  cuore,  che  opera  si  bella  fos.«e  sorta  tra  i  suoi 
diocetani-e  benelicRva  all'incremento  e  al  lieto  aict-esw  della  rcligwa 
manifcstaiione.  Gli  Arcivescovi  di  Modena,  di  I^ucca,  di  LandaDO,  di 
Ferrara,  e  i  Vescovi  di  i'eseia,  di  Alatri,  di  Vigevano,  dì  Noto,  di  Sul- 
mona, di  Borgo  San  Donnino,  di  Novara,  ora  paK^to  agli  eterni  ripod, 
lutti  benedice vn no  di  gran  cuore  la  santa  e  lodevole  impresa,  lae&àt 
voli  perctift  i  loro  fedeli  vi  cooperino  del  loro  meglio. 

Ci  duole  che  nel  nostro  periodico  non  possiamo  dare  neppure  un  cesia 
di  ogiiuna  di  quelle  lettere  autorevoli  e  consolanti,  che  a  c^-niinaia  per- 
vengono alla  Commissione  promolrice,  e  che  essa  vien  puiiblicando  nel 
proprio  TiofìeUino.  È  da  sperare  adunque  che  questo  couf^rde  plana) 
dell' Epi»;np,ito  ilaliano  non  sia  per  rimanere  solinnlo  im  premio  e  un 
coaforlo  agli  egregi  promotori,  ma  un  elticace  incoraggia  ni  ento  ai  catioltci 
della  penisola,  a  moslrarsi  devolt  ed  amorosi  verso  il  loro  Padre  e  Maestro. 

5.  A  Torino,  nella  Piccola  Casa  della  divina  Provvidtnga^  il  3  nuggii 
si  celebravano  le  feste  centenarie  di  quel  prodigio  di  carità  cristiana  ebe 
fu  al  mondo  (ììnseppe  Cotloleogo  la  cui  vita,  come  scrisse  il  poeta  FeliM 
Romani,  fti  iiuia,  •  per  così  dire,  una  giornata  di  amore.  »  In  quel  gioma 
si  cnmpivan'>  cent'anni  dalla  sua  nascila  e  quarantaquattro  della  sn 
sepoltura,  e  stava  Itene  che  a  questo  gran  henefattore  dell' iimaniii  II 
Metropoli  subalpina  rendesse  speciali  omaggi  della  sua  gratitudine^  carne 
quella  che  fu  11  campo  dove  si  esercita  la  carilii  di  questo  gr»n  atiadlno 
iuliano  e  venerarle  servo  di  Dio.  Il  Coiiolengo  nacque  il  H  di  maggio  178fi 
m  Hra  nella  provincia  di  Cnnno.  circondario  d'.\lha,  che  per  trattalo  dì 
Cherasco  (1631)  Knuuunuele  Filiberto  aggiunse  ai  suoi  Slati,  e  mori  il 
'^0  aprile  134'?  con  in  bocca  la  sua  cara  giaculatoria,  Mamma  wùi. 
Maria!  Maria,  M'uirf  mia.'  lasciando  al  mondo  un  lesLiuMoio  delb 
Sìa  inf^urìbilc  carilA.  la  Piccola  Casa  detta  Vrowidenta,  Sono  fsn 


ki  aanj  die  si  agita  il  processi)  della  sua  ti«,-iUncanone;  e  chi 
«»  qual  riserbo  siano  condirne  quesl«  cause  dalla  SaiiUi  Sede,  può 
tomprendere  perchè  uoo  sieoo  ancora  esauditi  i  voli  che  tuui  ì  buoni 
mno  di  vederlo  ■'salito  all'onoro  d«gli  altari. 

6.  Dal  giorno  in  cui  Tempio  diario  milanese  venne  fuori  con  quel 
AlaDìco  articolo,  che  luiii  conoscono,  si  può  dire  che  non  ci  è  sialo  ceto 

condizione  di  persone,  che  non  abSia  mandalo  un  grido  d'indignazione 
di  orrore.  L'articolo  tt»  comparso  jl  venerdì  santo.  N'cl  sabato  segiientc 
I  odia  domenica  di  Pasqua  la  commozione  era  tale  e  tanta,  che  nessuno 
entiva  ancora  la  forza  di  prniestnre:  rinveniiLi  dallo  siuporp,  o;ininm  si 
loroaiidava  a  sé  Rless/j;  <  Oh  che  non  ci  è  più  dunque  un  Fism  iu  Italia, 
he  sappia  chiudere  la  tiocci  ai  pubblìn  Ijiìslemoiiatori  a  uorma  dello 
kaluio?  »  Fochi  giorni  pas.sarono  e  le  proteste  cominciarono  a  lloccare. 
Dai  sacri  pergami,  miì  t^ìomnll,  nelle  riunioni  jirivaie.  j^r  le  chiasie, 
n  oratori),  dai  circoli  delLn  ginventù  uttlnlica,  da  nobilissime  signore,  da 
[gregi  gentiluomini,  in  ctfnt*>  luoghi  e  in  mille  forme  è  sialo  un  concerto 
li  proteste  che  nella  storia  formerà,  non  ne  dubiliamo,  una  delle  più  belle 
jaKine  del  sentimento  cattolico  italiano.  Fra  queste  proleste,  unite  a  pub- 
ilicbe  e  solenni  ripara ;eìoiìi,  è  nostro  debito  di  ricordare  quella  del  lelao- 
issimo  Arcivescovo  di  Genova,  Mons.  Mignasco,  il  quale,  riavutosi  appena 
la  mortale  infermità,  con  una  stupenda  [.citerà -Pastorale  in  data  del  7  maj?- 
[io  invitava  i  suoi  dÌoi:es:iiii  ad  astenersi  dalln  lettura  di  quel  sacrilego 
giornale,  e  a  risarcire  con  preghiere  ed  aiti  di  devozione  Cristo  Signor 
Ifostro  dalle  atroci  ed  empie  contumelie  lanciategli  dal  nefando  diario. 
'  Sappiamo  che  queste  coraggiose  proteste  hanno  in  parte  raggiunto  il 
Aro  scopo,  perchè  il  Secolo  in  pochi  giorni  ha  perduto  più  di  ventimila 
issociati  0  compratori. 

7.  Ci  astenemmo  (in  oggi  di  parlare  della  soiloscrìzionfs  pel  voto  degli 
^aoi  al  Sacro  Cuore,  proposta  da  quell'insigne  Porporato  e  zelantis^ 
iitao  Pastore  cUp  f;  1"  Kmineniissimo  Arcivascovo  di  Torino,  tìaelano  A1Ì- 
nonda;  ma  ora  che  questa  sottoscrizione  ha  preso  in  pochi  mesi  pro- 
porzioni consotaniissime,  ci  è  parso  venuto  il  tempo  di  rompere  il  nostro 
iilenzìo  servendoci  delle  notizie  che  su  questo  argomento  ci  fornisce  fot* 
imo  diario  loiinese  l'I-ntUì  CaitoUca  nel  suo  numero  IKJ.  E  da  chi 
iMglio  attingere  queste  notizie,  che  da  un  giornale  che  in  ogni  nobile 
impresa  cMiolica,  e  segnatamente  in  questa,  ha  posto  tutto  il  $uo  zelo  ir 
AUa  la  sita  instancabile  ed  eOicacc  operosità?  Ecco  le  sue  parole: 
H[a  \a  sotioscrinione  proposta  agli  llaìiani  dall'Emo  nostro  Arcivescovo 
I^Dò  omai  dire  splendidamente  riuscita,  ed  ha  prodotto  in  podii  me:«i 
>Itre  a  cinquantamila  lire.  Il  giorno  assegnalo  alla  chiusura  ^  il  3  di 
luglio,  fcsla  del  Sacro  Cuore  di  Gesù,  a  cui  viene  dedicata  in  Roma  la 
^iesa  che  ha  dato  orìgine  a  questo  solenne  volo  dt<gli  Italiani.  Imporla 
kdimque  che  jjrima  del  'ì  di  luglio  sieoo  trasme.'^si  tutti  i  moduli  e  k 


fì2i  CnONACA 

olTerto  raccolte.  1  iionit  delle  diocesi  italiane  che  coocorrono,  dovroduì 
scrivere  sulla  facciata  della  chiesa,  si  desidera  divamente  che  hpssuw 
manchi,  e  lune,  secondo  le  Ione  de'diocesaai,  in  qualche  idcmIo  conin- 
buiscaiìo  alla  spesa.  Cosi  qoì  faremo  in  RoQia  «lualchc  cosa  di  pìd  nnhiU*. 
di  più  durevole,  di  {liù  de^oo  delta  oostra  Ilalia,  che  ood  sia  quella  lunui 
ed  informe  pietra  che  veJesi  in  Torioo  sulla  PioÀjn  .Savoia,  e  chiatm*; 
i-er  dileggio  di  Torino  il  re  dti paracarri.  Onesta  picara  segna  il  princi^ui 
della  guerra  cnntm  la  Chiesa  ed  il  Papa,  e  la  facciala  del  Sacm  Cuor» 
in  Roma  segnerà  la  v-iitoria  del  Papa  e  della  Chiesa,  oiiRmita,  non  coli» 
forza  delle  armi  o  col  machiavellismo  dei  ministri,  toii  coli' aiuto  dnmi, 
e  per  graxui  si)ecinle  del  ^cro  Cuore  di  Cresù.  E  come  già  in  Tonaci 
cominciava  la  Kum-a.  cosi  Dio  volle  che  da  Torino  partisse  l'idea  itó 
monumento  trìuufale  di  Ruma.  > 

8.  U  Santo  Padre  riceveva  il  giorno  33  maggio  in  udienza  solnine 
il  pelingrinaggio  olandese:  Monsignor  I^Aylen,  Vescovo  di  UreiSa,  Mott* 
signor  Boermans,  Vescovo  titolare  di  Termopile,  Monsignor  HoefiiagslA. 
Presidente  del  Seminario  di  Rureraouda  e  Cameriere  segreto  sopraoniH 
merario  di  Stia  Santità,  erano  a  capo  dei  duecento  pellegrini,  il  cui  Comi- 
tato si  costituiva  di  ragguardevoli  personaggi  ecclesiastici  e  secolari. 

Il  ricev)iD<Qlo  fu  fatto  oell'Aula  Ducale,  ove  il  Santo  Padre  entrava 
sul  mezzogiorno,  accompagnato  dalla  sua  Corte  e  preceduto  da  uodid 
Kmineniissimi  Cardinali  e  da  varii  Ve.scovÌ  attualmente  in  Roma.  Se- 
dutosi il  Sommo  Gerarca  io  trono,  Moungnor  Vescovo  di  Ureda  tes»^ 
un  magnilicn  indìriizo  latino  m  nome  della  sua  diocesi,  al  quale  tenw 
dietro  on  altro  indirizzo  riboccante  dì  affeuo  in  idioma  francese  di  Una- 
signor  Vescovo  di  Termopile. 

Il  Santo  Padre,  sul  cui  petto  hrillnva  la  prcziosis-iima  Croce  le-siè  io- 
vialagli  da  S.  M.  rim|)cra[ore  di  Germania,  si  de^ava  rispondere  agli 
indirizzi  in  questi  amiuiraliili  sensi,  che  noi  par  amordi  brevìti  et  ve* 
diamo  costretti  a  riepilogare:  espresse  innanii  tutto  la  sua  viva  soddi- 
sfazione e  gioia  di  vedere  aliorno  al  suo  trono  i  tigli  diletti  del  suo  cuon^ 
e  non  dissimulò  il  pia»Te  che  ei  .sentiva  alla  vista  di  pellegrini  die 
conservano  la  purità  della  loro  fede  e  )a  loro  devozione  al  Cajyi  della 
Chiesa  in  mezui  a  («polazioni  eretiche;  lodò  con  helle  parole  il  coraggio, 
la  fermezza,  lo  slancio  di  pietà  crisiiaoa  con  cui  i  pellegrini^  che  poi- 
devaT]0  dalle  sue  augure  labbra,  erano  venuti  a  dargli  una  prova  si 
splendida  del  loro  ossequio  e  della  loro  obbedienza,  raccomandili  )on 
l'unione  e  la  concordia  in  tcmpt  nei  quali  i  jicricoH  che  minacciano 
l'ordine  sociale  son  diventati  gravissimi;  e  finalmente  implorando Mjm 
ciascun  di  loro  e  su  lutti  ì  cattolici  Olandesi  le  grazie  più  eleiM  lU 
Signore  impartì  a  tutu  l'apostolica  IlcnciJtyione, 

L'indomani  l'intiero  pellegrinagijio  elihe  la  consolazione  di  assisltf* 
alla  Messa  che  il  Santo  Padre  celebrò  nell'Aula  Concistoriale,  convertiti 


OOMTEVPOnAXtA,  C25 

Ella  per  la  oirco^ianz».  Durante  l' incrtioito  Sscrillno,  il  S.  Pa'lre 
:iisò  ai  fit^ltci^mì  la  santa  comunione.  Dopo  dì  che  ìmpart!  loro  l'apo* 
m  benedizione. 

.  Con  biglieiti  della  Segreteria  di  Sialo  in  data  del  24  magico  il 
t  Padre  degnossi  di  destinare  ^'1'  Ablegalì  apostolici  che  dovranno 
re  la  Berreiu  cardinalizia  ai  ciuqui;  Arcive.'icnvì  esteri  che  saranno 
ossi  alla  dignità  di  Principi  di  Santa  Chiesa.  (ìli  Arcivescovi  sono: 
di  Reinis,  di  Hcnnes  di  Sens,  dì  Italtimora  e  dì  0»<^t>oc,  o  gli 
;alì  .Moas.  Antonio  Vico,  Mons.  Grassi-I  «indi,  Mons.  Michele  Luigi 
alelli,  Mons.  Geriiiann  Straniero  e  Alnns.  Riccardo  0'  Ijrien. 
Oi  predelti  Arcivescovi  stranieri  verranno  pure  preconizzati  Cardi* 
oeiriainiinente  Concistoro  del  7  giugno.  Monsignor  Thendoli  e  il 

Camillo  Mazzella  della  Compagnia  di  Uesii,  professore  dì  Teologia 
Fnìversità  gregoriana. 

P.  Uazzella  nacque  d'illustre  ramìglia  Dell' archidiocesi  di  Bene- 
,  il  Ifl  febbraio  1333  e  fece  i  suoi  siudii  nel  collegio  dei  PP.  Gesuiti. 
I  nella  Compagnia  net  I8ó7  e  per  due  anni  insegnò  nlosofia.  Cacciali 
egno  i  Cesuìii,  i  suoi  Superiori  lo  mandaroflo  in  Francia,  dovi;  fece 
vigliare  tutti  uelF occasione  di  una  pubblica  dìsputa  De  Universa 
ìgia,  sostenuta  a  Lione.  In  questa  medÉ^ima  città  continuò  a  inse< 
i  teologia,  tinche  non  pìactiuc!  ai  Superiori  dell'Ordine  di  (nandarlo  in 
ìca,  dov'era  .stnto  fondato  un  gran  collegio  di  (ilosofìa  e  di  teologìa 
li  studenti  dollHJrdinc,  ddle  province  degli  Stati  Uniti  e  del  Canada, 
pleodidi  successi  avuti  iu  Francia  e  in  America,  e  la  sua  grande 
Da  congiunta  ad  una  grande  religiosità,  ispirarono  a)  regnante  Poii- 

U  pensiero  di  averlo  a  Roma  professoro  all'  Università  gregoriana. 
lliLizzella  fa  parte  dell'Accademia  Romana  di  S.  Tommaso  sin  dalla 

imd  fondazione. 


II. 


COSE  ITALIANE 


Kortì  dei  CBpiparle  -^  2.  Il  vprilcun  delle  «rm*  —  3.  Il  significalo  iIpIIb  nuove 
lioiri  —  4.  Ì[npiT4sioiiì  t  giuJi»!  sulle  lotte  i;]clton]J  —  4.  Eruiioni  «paveu* 
oli  deir  Etna  —  6.  Tn  illniilre  figliuolo  di  S.  ttenciletla 

iirultìma  quindicina  l' attività  del  popolo  ìtaUano  è  stata  tutta  as- 
I,  0  meglio  h  parsa,  dalla  gara  elettorale;  e  diciamo  è  parsa,  perchè 
Ila  r  astensione  dalle  urne  È  stata  cosi  grande,  che  continuando  di 
)  pts.v),  verrà  giorno  in  cui  non  si  troveranno  più  elettori  che  vo- 
I  deporre  la  loro  scheda  nell'urne.  Con  ciò  non  pretendiamo  dire 
>o  ci  sia  stata  loita;  lutt' altro!  ma  questa  lotta  si  ò  limitala  ai  soli 
I  iateressati  nella  giostra;  la  gran  maggioranza  della  nazione  è  rl- 

(II.  vai.  ti.  (tua.  Stì;)  -IO  29  tittffffitt  1^ 


696  owhaca. 

nusu  spMutrice,  cfuoe  i  curiosi  cbe  iceomoo  alle  corse,  I  qnaU 
é  TCTO  a  goarlare  gli  agili  ooTtùrì  cbe  divorano  l' arena  e  pcssuftl 
rapido  baleno  ;  ma  poi  poco  o  nulla  imparta  loro  cUe  irioea  qneW 
queir  altra  cavallo;  l'interesse  l'hanno}  solo  ì  padroni  e  aacba  M 
i  bDlinJ  |«r  averne  la  mancia. 

La  rìapeftura  dell'urne  elettorali  è  siala  questa  volta  inceda 
un  diluYio  di  discorsi,  che  ^li  oratori  capipartc  banno  proDumula 
e  colà  con  iotìmto  piau»)  dei  loro  cortigiani  «  tra  rindillerenei  4d 
Q  Depreti^  a  Roma,  il  Chspi  a  Palermi,  il  Iìacc;irini  ad  Arezm,  il  Ni 
tera  a  >'a|:<oli.  il  Geoala  a  Cremona,  il  Carducci  a  f^sa,  il  MingkMU  a 
logns,  il  Ricolti  a  Novara,  il  Ciiroli  a  Roma,  il  GrimaMì  a  CaiaiUM«ki 
in  teatro,  cbì  m  baocbetto,  tutti  qoe&ti  signorì  hao  parlato  perdavi 
che  tuixi  ci  aspettavamo,  per  tare  cioè  ciascuno  l' apologU  iM  sno 
e  anche  della  saa  persona.  A  volerli  riassamere,  questi  diversi  » 
dnrrebbem  a  qupstn:  che  io  Italia  ogoana  delle  fazioui  in  cbe  va 
nuovo  re^no  non  cerca  cbe  gl'interessi  della  nazione,  ladtSnve  ]é-i 
000  eercano  che  i  propri)  ;  e  perciò  al  trarre  dei  conti  i  caporiMl 
partiti  hanno  tutti  ra^one  e  torUi:  ragione  di  aecusarsi  e  rtB| 
vicenda,  e  torlo  dì  credersi  capaci  di  voler  il  vero  bene  della 
qui  lo  speUacoIo  nauseante,  titae  dì  questi  giorut  d  ba  presentato  P 
delio  quarto  potere  dello  stalo  dispensando  lodi  e  vitupeiii, 
eoodo  t  deiiaffli  del  giusto  e  dell'one&to  dm  secondo  il  maggior»  « 
peso  di  moneta  gittata  nelle  iu<;auahih  buci  di  questo   Cerbero  ì 
rivolnziooe. 

2.  Tertoinau  i  discorsi,  venne  Tura  della  votazione.  Il  23  b^^I 
oroe  furono  riaperte  e  il  corpo  eleiiorale,  invitato  a  deponi  il  s4io 
Vorremmo  qui  tar  notare  di  ijuali  arti  i  partiti  contendenti  si  feteae 
per  Ut  prevalere  ì  loro  candidati;  ma  qual  prò!  CI  badi  duogiaedi 
un  sunto  delle  noiizic  eletiAralt  più  importanti,  mettendo  da  pane  lutti 
plebe  dei  deputali  la  quale  non  ha  valore  personale,  ma  aumerk»- 

La  maggioranza  guadagnata  dal  Ministero,  con  tutte  le  prcswoiJ  i 
ha  fallo  0  dìretumente  o  per  mezzo  delle  prefetture,  si  compnu 
a  3U  voti  solamente. 

Da  ciò  i  giornali  aessi  amici  del  Ministero  non  osano 
questo:  la  maggioranza  è  .suflicienlti  per  ]'ap|irovaùonr.  dei  |}itanei;dB|i 
dì  che  si  prendwanao  le  vacanu  e.stive,  vale  a  dire  si  andrà  ftaaai 
vemtire  .seo/' altri  impicci,  essendo  cliìusa  la  Camera. 

Ecco  lutto  II  risultalo  lieoertco  dì  timo  l'armeggio  elettorale! 

Intanto  si  parla  già  di  luture  non  lontane  modificazioni  miai^teri^j 
dare  al  Ooverno  una  base  un  po' più  larga  di  quella  d.ìtai,'ti  dalle 

Noi  crediamo  che  la  maggioranza  OUenula  dal  Miuislero^  scardi' 
bis'>gno.  In  Inghilterra,  dove  i  parlili  sono  serii  e  forti  di  un'antica  in 
dizione,  una  maggìoranca  anche  esigua  può  bastare  a  rendere  statile  • 


Con'EHPOftAKEA  627 

'  Mr  in  Italia  dove  le  varie  frazioni  dei  partiti  stessi  sono  male 
e  piintA  stallili,  nn. 

ci  aspettiamoci  rivedere  presto  il  .solilo  noiosissimo  giochetto 
[>po  di  depuuiti,  mn^ronli^nti  {ter  (pialslasi  motivo,  os>cillare  tra  il 
é  l'opposizione,  lo^lienilo  a  cguellu  la  forza  senza  die  quesla  di- 
iorauKa  Piallile,  capace  di  tenere  il  poion?  con  maggior  saldezza. 
dflle  votazioni  conlrarie  date  a  pochi  giorni  dalle  volaziooi 
al  Minislem  ricomincerà  presto  e  cosi  cnntinuerì  la  H^uida- 
[parlamrtRtarismo  alla  quale  da  vari  anni  assilliamo. 

ebbe  una  iriphctì  ele/ioiie:  a  Lecce.  Reggio  e  Salerno.  Dì- 
a  Udine  e  l'irenze  net  secondo  collegio,  anche  il  socialista 
due  eleiioni.  lì  repulMicano  mazuniano  Pantano  fu  eletto  a 
fd  a  Ravenna.  L'anarchico  Cipriani  fu  eletto  a  Ravenna  e  a  Forlì. 
radicale,  fu  eJetto  a  i'arma  e  a  Reggio.  Cairoli  fu  elctio  a  Roma 
1^.  De  Zerbi  fu  «letto  a  Napoli  e  a  Reggio,  Caeiani  a  Roma  e 

^duti:  MiLtini,  Filopanii,  Dotto  dei  Dauli,  Mori,  Casiellazzo, 
i'Saladioi,  Marcliiori  segretario  generale  alle  finanze,  Paranza, 
robel,  Giovagnolì,  Dilhclmonie,  Toccliio,  Bernini,  Pellegrini,  Se- 

Bt,  Simnnelli.  Nervo,  Del  Santo,  iìaintbon,  Melodia,  Maurtgi, 
0,  Sbarbaro,  Saoguìnelti,  Rogadoo  e  Delzio. 
)e  Marrliinri  ubbia  dato  le  dimissioni  da  Segretario  generale. 
tacci,  il  poeta  di  Satana,  rimase  soccombente  a  Pisa. 
h'ifrumt  magnirica  la  vittoria  della  opposizione  nei  grandi  centri; 
Rilano,  (ìenovi),  Palermo  e  Nnt>oti  ;  ammette  che  il  Ministero  avrà 
l^oranza  di  iguaranU  voli,  selilx^ne  infida. 
"^fibertà  ed  il  Fanfalia  non  dissimulano  la  importanza  antimìni- 
^1  trionfo  dell' oppasÌ2ionc  a  Roma. 
^moerasia  dice.,  chr  quando  il  corpo  elettorale  antepone  IjUgli 

L Sacchetti  a  Zanolioi  e  Dtui  a  Carducci  vuol  dire  che  le  io* 
eulte  possono  più  delle  coscienze  soverciiiando  la  moralitù  pò- , 
Ba  corruzione  amministrativa. 

lOgratnla  con  Roma  che  ha  ferito  morlahnenle  Deprelis  e  it  suo 
JBlcggendo  Cairoh,  Baccelli  e  Pianciaui. 
^tio  dice,  che  (tucMo  del  ?3  maggio  fu  un  plebiscito  contro 
|sussìdialore  di  li!>ellisti  e  disertore  passato  at  campn  nemico. 
|fM  dice  che  la  maggioranza  attuale  darà  agio  al  Depretis  di 
Tapprovazione  del   Lìlando.  UuraoiQ  le  vacanze  estive  poi   la 
&  modificando  il^  Trabinelto  comf  giA  .si  prevede. 
\iforma  deplori^  le  ele/iont  del  Ciprianì  e  le  chiama  una  cotise- 
lella  politica  sconvolgente  la  coscienza  del  pae.se.  Si  dice  lieta  del 
p complessivo  delle  elezioni  carrif^ffrf>ra/«  dalla  vittoria  di  Roma 
lierdita  di  mini.sieriali  a  Palermo,  a  Milano  ed  a  Rovigo. 


u 


uso  CRONACA. 

Orarnsì  ti  rìsulUlo  delle  elezioni  è  cortoscitito.  E  ira  le  declami 
dei  'Mini!4erìali  e  te  esa^i-azioni  degli  oppo^ilorì,  la  verìUk  auctie  q< 
TOlia  sia  uel  Daezzo,  fra  le  due  iperboli,  di  coloro  che  iograndìscono  trof 
e  de^'ti  altri  che  troppo  assotlÌKliano. 

L'Opposizione  non  ha  viste  coofermaie  le  sue  speranze,  ed  il  Mio 
siero  noD  ha  ripoi-iaia  una  vittoria  che  sigoìfìchi  davvero  approraDi 
ed  incoraggiam^Dio,  e  dia  racnone  e  siciirc/za  dì  vita.  I^  prima  ifr«r 
inazione  «b  poggiata  sul  fallo  che  l'Opposizione  numericamente  non  ^  piio 
cresciuta  ed  ha  sofferte  perdile  «ravi  assai  :  parecchi  fra  i  suoi  più 
voli  uomini  sono  rimasti  soccombenli.  In  complesso,  poÌ>  torna  più  sl«git 
più  sciolta  dì  prima. 

Quanto  al  Mìnùaero,  se  i  vKiorìa  il  non  essere  bauuto  e  poter  cai 
pare  ancora  e  manovrare,  in  (]uesto  spìiso  ti  suo  trionfo  è  versi 
notevole,  perchè  c'era  da  temere  di  peggio. 

La  vittoria  vera  ci  pare  delle  Idee  più  temperate,  e  dei  proposti 
vertiginosi. 

Se  ]'on.  Depretis  si  fosse  presentato  al  paese  io  condiziooi  buone, 
chìedorgli  un  verdello  a  favore  di  una  politica  non  radicale  né  ndle 
leggiaiite,  uè  icntennanle,  ma  ferma  e  corretta  quanto  a  Governo; ei 
disposta  a  scambiare  i  f3iUa:>mÌ  per  la  realità,  quanto  a  lej^slazìone, 
diretta  al  soddìsCacimenlo  dei  bisogni  più  legittimi,  il  pae^e  gli  avrt 
data  una  grande  mag]>tioranza. 

Ma  il  Ministero  si  pi-Rsenlava  in  condizioni  cattive  ed  il  paese  ci 
abbia  voluto  dire:  non  mi  piace  favorire  la  pentarchia;  ma  non  iuieidi 
nemmeno  dar  tanto  che  possa  farmi  credere  soddi&fauo  delle  cu« 
punto  in  cui  sono. 

n  paese  noa  vuole  radicalismo,  ed  i  radicali  sono  i  più  batluli; 
è  pei  pentarchie),  e  lo  ha  dimostrato;  ma  non  k  nemmeno  contento  dd 
Ministero,  e  sarebbe  faialt^  illusione  il  pensare  diversamente.  E  poicbf 
guerra  si  era  voluta  impegnare  sul  nome  dell'onorevole  Ilepretis,  <>i 
anche  aEferuiare  che  il  paese  ha  voluto  dare  all'onorevole  Depreiis 
avvertimento  a  procedere  per  una  via  pili  on&sla.  Questo  è  il  sigiùrical^ 
di  una  maggioranza  non  ostile,  ma  nemmeno  largamente  e  slcurai 
favorevole. 

Intendere  le  cose  a  questo  modo,  ci  par  giusto  ed  esano;  e  hi: 
che  cosi  le  intenda  1' (Jpposizione  medesima  per  prima;  perchè  gli 
non  le  banuo  consentito  di  raggiungere  lo  scopo  al  quale  essa  mìnnl 
del  quale,  anzi,  si  riteneva  sicura. 

4.  Gli  fìccitaraenii  in  questa  occasiotie  non  sooo  certo  mancali  di' 
le  specie,  di  uitle  le  forme,  sotto  lutti  gli  aspetti,  in  regola  apparente  elit 
legge  e  col  codice  penale.  Ma  i  primi  a  non  credere  elhcacemente  al  5is 
ddl'appiccìcameuto  aono  i  liberali.  Onde  può  dirsi  con  sicurezza  che 
pure  la  volooU  dell'Italia  rivoluzionaria  è  passata:  ma  quella  dell  U 


COrVTEMPOBATtEA. 


699 


le  personalìlà,  doi  ripicchi  regionari),  del  c-impanile, della  chiesuola,  del 
luccio,  et  per  molu  parie  dell' Italia  delta  pagnolla  e  del  qunllrino. 
il  0  meDO,  la  snliia  vobuU).  I,a  iniigiimaiUA,  |jerl.into,  non  grande  che 
.1  mioiiilero  avrà  »oq  è  di  quelle  che  cambieranno  la  sitiiauoiie  del  paese 

le  dinanzi  al  governo,  at  di  (iiiesto  di  fronle  ad  esso;  e  si  seguiterà 
vivere  alla  meglio  con  scanihievoU  lraa.va£ioni  da  priocìjiio.  facilmente 
degeneranti  io  ostilità. 

Uuooo  pel  Depretis  che  le  elezioni  sieno  avvenute  nella  stacìone  pros- 
riroa  assai  alle  vacanze,  le  quali  gli  daranno  campo  di  assestare  alquanto 
Ha  soma  per  via.  secondo  il  noto  proverbio;  e  potrà  con  comodo  coniare 
Il  numero  a<uoluio  e  relativo,  jiensare  alle  fjicili  conquiste,  e  studiare  la 
'maniera  più  acconcia  dì  farsi  acceltHiv  dagli  scontanti,  dì  ammansire  fìno 
alla  possiliililà  gli  awersarii  men'>  ispidi.  Sarà  insomma  [»er  oovemtire 
[apparecchiata  uqs  secnnda  edizione  della  camera   precedente,  salvo  il 
Iparlamenlarisroo  sempre  più  imbaldaniiìto,  il  quale  avrà  per  centro  della 
!nia  a/ione  il  ministero  che  tenlei*à  tntie  lo  vìfi  per  soprafTare  quello  di- 
sgregante delta  camera  legislativa.  P.  giaccliè  siamo  in  via  d'ipotesi  ragio- 
nevoli, non  essendo  proprio  un  articolo  dì  fede  coslìtusionale  che  la 
naggioranza  che  si  avrà  al  giorno  del  discorso  della  Corona  duri  o  si 
vutaggi,  potendo  accadere  henissimo  che  si  aseoiti^ili,  Il  Oeprotis  non  si 
perde  dì  animo,  perchè  si  sa  da  certa  fonte,  come  asserisce  un  ottimo 
gioraile  caitotìcr)  o  tien  ìnrnrmnio,  che  Pespi^nmenlo  delle  elezioni  fu 
ordinalo  principalmente  a  questo:  di  sparare  cioè  l' uliimn  cartuccia. 
Cosi  egli  è  sempre  in  tempr)  di  rassegnare  al  suo  Ite  le  sue  dimissioni  e 
dì  ritirarsi  defìnitivamenie  dalla  vita  governativa  colla  coscienza  framas- 
sonica  di  aver  previsto  e  provvisto  quant'era  da  sé. 

Infatti,  non  .sì  potendo  tornare  cosi  presto  all'  appello  al  paese,  né 
ido  conto  di  farlo,  il  Dppmis,  secondo  il  sopra  lod,ilo  (ìiornale, 
ratio  intendere  a  Re  Ilrnherio  che  vi  è  sempre  l'uomo  del  i-imedio 
nella  persona  del  Rot)ilaiit.  Tutto  sia  che  la  forza  degli  avvenimenti  non 
congiuri  a  meliere,  come  si  dice,  i  hasioni  fra  le  ruote,  per  incalzare  alle 
recii  roi'portunismo  elevato  a  norma  ijiriillihìle  di  lìoverno. 

l'i-altanio  è  oramai  un  fatto  ctie  nella  (Capitale  del  Regno  il  (ìovenio 
è  stato  ballino;  non  tinto  per  la  rielezione  del  itaccelli  quanto  per  la 
elezione  del  Cairoli,  non  ostante  che  questi  avesse  dichiarato  di  non  voler 
abbandonare  i  suoi  Pavesi. 

Quanto  al  maggior  numero  di  concorrenti  alle  urne  che  si  ^  verificato, 
il  fallo  si  spiega  a  svantaggio  del  Governo.  Per  batterlo  si  cercò  di  far 
nninero  e  vi  si  riuscì.  Il  discorso  all'albergo  del  Quirinaìé  ebhe  minor 
virili  di  quello  àtiVApoìh  e  ne  fu  sopralTallo. 

5.  Ijt  spaventevole  eruzione  dell'Etna,  che  ha  messo  sossopra  le  popo- 
lazioni di  tutia  la  provincia  di  Catania,  e  segnatamente  quelle  pi>i  esposte 
alle  ardenti  sue  lave,  era  -sinta  prevista  dal  prof.  Silvestri  nr-lla  sua  re- 


Li. 


fm 


CHOKACA 


lazione  del  IBS?.  Sì  s:ireb!)e   voltilo  deviare  In   lav.i.  mii   il  limorf  di 
lenlai-e  un' impresa  pressoché  impo^stibile,  ne  ha  IaUoal>tKiQ(lonare  il  ftn- 
siero.  Non  potendo  seguire  tulle  le  fasi  di  questa  nuova  lef  ribile  eriinoitt,| 
diremo  che  il  fenomeno  nel  oieiure  che  scriviamo  è  cresciuio  d'iiii-Misiii. 
che  U  corrente  della  lava  minaccia  Delpasso.  che  la  gran  parie  de^li  ahi-j 
laoli  di  questo  paese  e  di  Nicolosi  sono  ruggiti,  che  il  numero  dei  vi- 
siwiori  k  grandissimo,  che  le  scosse  e  i  Ihmiì  sono  incessami,  che  l'Arci* 
vescovo,  il  clero,  le  amoritA  fanno  a  gara  per  ?ocrorrere  e  consolare  gh 
ahiianti.  Wttità  Cattaìica  riferisco  poi  le  seguenti  notizie  iiiorìche,  d»| 
noi  riproduciamo  volentieri,  j«er  ci)1oro  ai  [|ualì  piace  sempre  di  studiirel 
i  rviitimurti  attuali  nella  sifirìa  del  passalo. 

«  L'Etna  s'innalia  a  settentrione  di  Catania  sulla   sponda  nriefitalti 
dell'isola   alt'atle/Jia  di  330i  metri  (secondo  PaUisì  4050)  e  non  t  di- 
rupalo nella  parie  siippriore  «  nei  molli  coni  vulcanici  sorti  nette  eru- 
zioQl  laterali;  nella  sua  eruzione  del  1874  produsse  alterazioni  Databili 
nella  figura  della  montagna.  L' lutila  copre  una  superficie  di  oltre  l.'iOO  dit- 
lometri  quadrali.  Uall'allo  di  e&^a  si  para  innanzi  allo  sguanfo  dell'oc* 
Mfvatore  la  più  vasta  e  grandiosa  veduta  d'Europa.  Ou«sta  magnilìa 
prospettiva  era  giji  nota  agli  antichi  padri  nostri,  ed  Ilclwald,  Ln.  Trm  < 
«  Puomo,  tradotto  da  G.  StrafTorfllo,  citi  Spartiano,  che  narra  cone' 
Adriano  sali  l'Riaa  per  godervi  la  vista  del  sorgere  del  sole:  Post  n 
Siciliom  navigavit,  iu  qaa  Aetnam  montem  eonsctmiit^  Mi  soiis  ortam 
videret,  art^us  specie,  ut  dicitur,  tmhum.  > 

Le  noiiiie  delle  cruzifini  etnee,  che  ammontano  ad  oltre  70  nella  snh 
^ra  cristiana,  risalgono  a  tempi  pìii  antichi.  Dindoro  Siculo  ne  noonfa 
una  avvenuta  5U0  anni  prima  della  guerra  di  Troia.  Tucidide  ne  rpp* 
stra  la  im|)ortantissima  del  470  e  Talira  del  4'29  avanti  Cristo,  la  quale 
devastò  Catania.  Terriliiii  enizioiiì  furono  quella  ile)  ltt)9  che  cagio<tò  bi 
morte  di  l.'imila  abitanti,  e  l'aUrn  che  durò  dal  1°  marzo  sino  alla  fiuddl 
luglio  del  l(iB'J;  le  lave  distrussero  Nicolosi,  llelpasso,  Mistprhianco,eec; 
superarono  le  mura  di  Catania,  arsero  molli  ediTiEì,  colmarono  il  porto  t 
formarono  un  promontorio  ne)  mare.  Sorsero  allora  i  Monti  Rossi  e  h 
Cima  del  cooo  delle  ceneri  rovinò  col  cratere  con  orrendo  fragore,  fot- 
mando  la  patta  del  Bove.  Memorabile  fu  l'eruzione  dal  "il  Agosto  ìisid, 
al  fehhraio  1B53,  in  cui  formamnsi  dne  nuovi  crateri,  e  la  rec<0t«  iéi 
gennaio  I8(>5  noi  fianchi  della  montaisTia  —  Ferdinando  Hoehsletter  od- 
YAlì/femeine  Erdkintke,  pagina  l^il,  noia  che  *  le  eruzioni  vulcanidie 
ricorrono  ad  intervalli  più  o  meno  lunghi,  e  questa  perìodiciiA  appunto  6 
un  segno  principale  deiraltìvitiì  vulcanica.  L'^'mi  fa  per  solito  pause  di 
111  a  1*2  anni.  »  StTÌssRm  dcil'  Ktna  il  canonico  Kicupero,  Tatuile  FerriRk  j 
i  frai4;11i  (ìeraellaro  e  (ìaeiano  di  Walter shausen,  citato  dall' Hellwall>i 

().  L'tlgregia  Siritin  Vnttoìien  in  un  lungo  e  tieltissimo  articolo  irit^ 
parlava  del  celebre  P.  (ìravina  Cassinese  passato  di  questa  vita  agli  ei«m 
riposi  il  to  del  cadente  maggio. 


COKT£HPO(tA»KA  63t 

ravios,  aalo  io  Palermo  dnlla  iwliilìssimft  fumlglis  dei  Prìncipi 
li  Comitioi,  che  ebl*  per  fratello  quel  Principe  di  Coinilìui,  the  fu  uno 
più  onesti  ed  eoiìnenti  iiomjaì  di  Suio  di  Ferdinando  II,  re  di  Napoli, 
ilr6  giovanìssimn  ridl'insi^'ni;  Ordine  di  S.  lìcnedetlo,  ove  non  lfird& 
I  diventare  un  bc<«l!t!nl«!  religj»»]  ed  u»  grandi;  ciilinrc  delle  scirjize 
pan&  e  dell'archeologia.  Della  sua  lun^a  vita  di  7*2  anni  ^ran  parie  tm- 
|iegb  io  servigio  della  religione  e  nella  iilusirazioue  e  conservazìoue  di 
iDBlla  maravigliosa  basilica  dt  Monreale  ohe  Lriiglielmo,  ciiiaiiiiitu  il 
piumo,  innalzò  al  ditin  Salvatore.  La  5iia  opera,  immensa  net  genere 
pO,  esegiiiU  lulUt  a  sue  spese,  che  costa  l;i  bellezza  di  1.,.  KOO,  e  che 
1  laehlò  airtLiposiziooti  universale  di  Parigi  una  medaglia  per  la  parte 
^ieolinva  e  tecnica,  rimane  come  monumento  ioiperiiuro  della  sua  grande 
irudizione,  e  dell'ingiustizia  d'un  governo,  che  sempre  prodigo  verso  i 
nediocri  o  i  barattieri,  non  ebbe  per  questo  insigne  e  venerando  uomo 
^)e  iadiffereoza  e  non  curan/.a.  Diremo  di  più:  que$i' illustre  religioso, 
kd  di  oefiisii  del  ISfìfì,  quando  Cadornii  generale  dell' carello  rinnovava 
^li  ani  del  pjii  feroce  dispotismo,  in  Palermr»,  ehhe  l'onore  di  essere  da 
|uel  brutale  uomo  strappato  da  suldaiesca  violenza  dai  suoi  studii  e  git- 
alo luorì  del  suo  chiaslro.  Che  1  Siciliani  di  cuore,  e  ve  ne  ha  ancora 
In  quella  terra  tradita  e  ingannata,  vendichino  la  memoria  del  };rande 
Bgliuoln  dì  S.  Itunedetto,  v  a  lui  Ìnnal/.ino  nr;l  tempio  dì  S.  D^imenìco 
ta  monuaieoiu,  da  uun  sì  confondere,  con  quello  innalzato  all'avvcniu- 
morto  a  Mentana. 


III. 

COSE  STRANTERB 

iVSSIA  (Xoflrn  torrispon'ltns'i\  —  I  Lii  foluiioiic  ildli'  ilìDluoll.^  oririilali  — 

^  Lj-  rrluzioni  con  In  l-rand»,  e  IttgiTindi  mastre  —  :t.  U  movimento  sorialìsln 

e  la  popolazione;  i  nuovi  eanali  —  1.  Fine  del  KuHurkampf  —  5.  I  (wllrjrint 

faBBdewhi  in  piv«pnKa  iti»!  Sunto  Padrp  —  fi.  I^c  Icpgi  .inlipflln<;c:he  —  7.  La  quc- 

^^HIdiic  monnKhiui  in  Ra;ii^ra  —  8.  Morte  ri!  mon^ì^nor  Orbin. 

^B*  !•«  potenze  han  consentito  e  il  principe  Ales.'undro  dì  Dul^.ìria  ha 
icceltaio  d'esser  eletto  governatore  della  Romelia  orientale  per  cinque 
»nni.  La  Rus-sia  ha  lascialo  correre,  intanto  che  lo  czar  mantiene  più 
fermamente  che  mai  l'avversione  sua  contro  il  principe.  Ki,  certo,  si  ri- 
verba  d'operare»  suo  tempo;  cnneiossiachè  nessuno  creda  cho  la  Kussia 
vorrà  tollerare  una  Bulgaria -Romelia  indipendente  da  lei  e  appoggiao- 
tesi  sulle  potenze  germaniche.  Il  lìnvenio  ^rL>eu  ha  lìnilo  col  eedere  alta 
volontà  delle  potenze,  che  1'  hanno  chiusa  per  mare  con  un  Llocco  ri- 
goroso. I^  (irecia  disarma^  e  da  quel  lato  Don  pare  die  sarà  in  questo 
uno  turbata  la  pace:  perù  le  diHicolt^,  le  qut^ioui  pendenti,  non  sono 


CnORACA 

ni:  risolute  né  appianale.  Tulio  è  iocerlo.  La  quesliooe  d'Orìaoie  ci  risert4 
ancora  granii  icmp^ste. 

Rìmpetio  alla  Crocia  come  rimpdio  alia  Bulgaria,  sodo  suie  U  Ger* 
mania  e  l' Inghilterra  clic,  mediarne  il  loro  accordo  e  grazie  aU'ai^poesio 
dell'Ausiria  e  ai  pruJenii  conigli  della  Francia,  soiio  riuscite  a  rìcoo- 
durrc  alla  ragione  e  Greci  e  Bulgari;  beo  ioteso,  però,  per  il  momenu. 
Ma  (|uc.sla  ingerenza  anf^lo-germanica  è  una  disfatta  per  la  Russia,  la 
cui  influenza  è  bfliiuta  in  breccia  su  tulia  quauia  la  penìsola  balcanica. 
La  Serbia  è  soggetta  da  varii  anni  al  predomìnio  dell'Auiaria,  la  Homanii 
si  è  l'accostata  atl'Ausiria  e  alla  liermania,  dacché  fu,  nel  1877,  oosirella 
a  cedere  rimboccatura  del  Danubio,  dopo  aver  resi,  durante  la  guerra, 
servigi  considerevoli  alla  Russia.  Sotto  il  Croverno  del  princi[je  Ales- 
sandro, la  Llul^'aria  sembra  fermameuie  risoluta  a  sottrarsi  interameole 
all'induensa  della  Russia,  che  pretendeva  Tare  dì  lei  una  delle  suedi- 
pendenze.  La  Grecia  si  era  separata  dalla  Russia,  dacché  questa  sì  oaslìtoì 
qual  cardine  del  panslavismo:  ma  in  quest'ultime  crisi,  la  Russia  ha 
cercato  di  guadagnarsi  l'amicizia  della  Grecia  col  non  prender  pane 
nelle  manifestazioni  f;ilte  contro  di  lei  dalle  altre  potenze.  La  Grecia  o») 
potrebbe  diventare  per  la  Russia  un'alleata  premia,  giacché  essa  «spira 
ad  annettersi  Salonicco  e  chiudere  perlai  modo  all'Austria  l' accesso  al 
suo  porto  naturale. 

Potrebbe  a  taluno  recar  joeravìglia  il  veder  l' loghilierra  figurare  in 
prima  linea  fra  le  potenze,  che  han  costretta  la  Grecia  a  disarmare,  ft 
che  si  oppongono  atl'esten^one  territoriale  di  quel  paese,  airanne:!v<ùoH 
cioè  della  Macedonia.  U  suo  iniere-sse  commerciale  dovrebbe,  invece, 
suggerire  all'Inghilterra  di  prestar  Tavore  ai  disegni  della  Grecia,  ct»> 
ciossiachè  l'accesso  dell'Austria  al  mare  Egeo  permette  a  quell'impero 
di  diventare  una  poten/a  maritiima  di  prim' ordine,  e  di  aprirsi  vasti 
sbocchi  io  Oriente  e  nell'Affrica.  L'Inehilterra,  però,  ha  un  interesse 
anco  maggiore:  quello  di  difendere  il  suo  impero  delle  Indie  contro  ì 
progres.si  incessami  della  Husiiìa.  A  ciò  le  sue  forze  sono  dì  gran  lungi 
insufficienti:  le  bisogna  l'alleanza  dell'Austria  e  della  Germania.  Senia 
queste  due  potenze,  gli  Stati  della  penisola  balcanica  e  la  stessa  Turchia 
asiatica  cadrebbero  in  potere  della  Russia,  e  rimarrebbero  per  tal  modo 
chiusi  al  commercio  inglecte,  del  pari  che  a  qualsiasi  innucoza  occideoialc- 
Sotto  l'egida  di  queste  tre  potente,  gli  Stali  Tormaii  dallo  smembramenLo 
progressivo  dell'impero  turco  manterranno  sempre  una  sufficiente  auto- 
nomia, e  resteranno  aperti  all'Occidente:  lungi  dal  cooperare  meo'jnu- 
mente  ad  aumentare  la  potenza  russa,  le  .«^irviranno  anzi  di  contrappeso. 
La  Russia,  al  certo,  non  cesseriì  d'aspirare  a  impossessarsi  dì  (!osU0' 
lìnopoli  e  a  fortidcarsi  rtella  penisola  balcanica:  a  ciò  la  spingono  la  soa 
potìlic:!  secolai'e,  le  sue  tradizioni,  il  suo  scisma,  le  sue  tendenze  pan- 
slavi&tu.  Fer  questi  molivi,  v'è  da  aspettarsi  di  momento  in  momento  u 


ooirrsHPonARBA 


633 


urto  fra  la  Rubila  e  l'Ausiria,  qu«st'ultiaia  secondala  dati»  Germaoia 
e  dall' Inghilierra.  La  Russia  o^^  si  rassegna  a  lasciar  fare  in  Itiilgaria 
e  io  Grecia,  perchè  la  sua  coniii/ione  interna  non  le  consenta  di  avven- 
lurarsi  a  una  j^tierra;  ma  si  riserba  per  la  prima  occasione.  IVr  la  stessa 
ragione^  la  Russia  ha  non  sob  accettalo,  ma  ricercato,  l'aecortlo  dì 
Skivnewiu,  che  assicura  per  ire  anni  la  pace  fra  lei,  rAuKiria  e  ta 
Germania. 

'2.  Ija  nostra  slampa  ufTìcinsa  si  k  ricreduta  un  tanlino  dalle  sue  accuse 
contro  la  Francia;  il  cui  governo,  giova  ripeterlo,  non  lia  mai  cessato 
dall'  osservare  il  conlei^rto  più  rct^olare  dirimpetto  alla  (jet-manìa,  le  scam- 
hevoli  rebzMni  sono  tjuindi  rimasto  eccellenti;  ma  la  geloua  e  l' inimi- 
cizia nazionale  Tra  i  due  popoli  continuano  Intiera  a  manifestarsi  in  molte 
OOCftSiQni.  Ter  citare  un  esempio,  l'vVccademia  di  helle  arti  di  Iterlino 
ba  preparato  per  l'estate  prossima,  a  festeggiare  il  secondo  centenario  di 
sua  esistenza,  una  graudiosri  mosii-a  internazionale  di  helle  arti.  Fra  le 
altre  cose,  sono  stati  costruiti  dei  facsimile,  di  grandezza  naturale,  dei 
santuari  d'Olimpia  e  di  Pergamo,  in  conformità  dei  nsultamcnu  ottenuti 
d^Iì  scavi  operati  per  corno  della  Germania,  Queste  cosirunioni,  di  ca- 
rattere il  più  curioso,  sono  una  v^ra  ghioUornia  da  dileitanii.  L'Accademia 
aveva  spedilo  dele^Jiì  nelle  altre  ca[i)iali  [>er  invitare  gli  artisti  ;i  prender 
parta  alla  mostra.  Questi  delegali  furono  dapperiuilo  bene  accolti,  e  un 
tramerò  considerevole  d'opere  d'arte  delTAuslria,  dell'  Italia,  della  Spagna, 
dell'Inghilterra,  dt^l  Belgio  ecc.  stanno  per  esser  esjiosie  alla  pubblica 
mostra:  soligli  artisti  francesi  si  fanno  notare  per  la  loro  m^ncanj^a.  In 
seguito  dì  ciù.  v'ha  raifiorie  di  as|jt>iiarsi  che  la  (ìermania  non  sin  per 
partecipare  alla  mostra  universale,  che  sta  apparecchiandosi  a  Parigi  per 
fasteggiare  il  centenarin  della  rivoluzione;  la  quale  ultima  circostanza 
laroirà  anche  ;iirAu.stria  e  ad  altre  potenjie  un  motivo  per  non  pronJervi 
parie.  Del  rimanente,  grazie  all'iniziativa  prasa  dalle  nostre  corporazioni 
ìDdustriali  e  dal  municipio  di  Berlino,  può  tenersi  lln  da  ora  come  as- 
sicurata pel  18SB  una  mostra  nazionale  nella  capìlale  dell'impero  ger- 
manico. 

3.  £)  Doto  che,  a  malgrado  o  piuttosto  io  grazia  della  legge  contro 
ì  socialisti,  questi  ultimi  itoo  han  fatto,  da  sci  anni  in  poi-,  che  gnada- 
gaar  terreno;  tantoché,  in  luogo  di  9  deputati  al  Reichsiag,  ne  contano 
oggi  95.  l^oniuitocift,  il  (ìovernn  ha  domanilato  la  proroga  della  legge 
per  cinque  anni;  ma  il  Reiclistag  non  glie  l'ha  accordata  che  per  due, 
avendo  47  membri  del  centro  votato  contro,  ''ì'i  in  favore,  e  38  essendosi 
astenuti,  (ili  oratori  del  centro  han  combsUuio  vigorosamente  11  prolun- 
gamento della  legge,  la  quale  fa  più  male  che  bene;  uonciossìachè,  in 
grazia  .sua,  ì  socialisti  trovìnsi  costretti  a  tentarsi  uniti  fra  loro,  laddove 
prima  ilella  legge  distrugi;cv,insi  scambievolmente  a  motivo  delle  loro 
scissure  interne.  Traendo  profitto  dal  silenzio,  che  loro  impone  la  legge. 


CRO!<ACA 

essi  possono  dispensarsi  dal  raetiere  ìnnanri  un  programmi  pnsiiiro,  t 
dal  (lìrenderlo;  possono,  lult'al  pìù^  censurare  i  principìi  «  le  adirmi  alimi  ; 
e  cosi  Tacendo,  attirsno  sposso  dall»  loro  oon  pochi  operai,  cbe  volga- 1 
reliberf)  ad  f-ssi  Ir  siialle  se  sapraspro  dovft  s' intende  realmeole  di  coo- 
durli.  I  pjii  soddisfalli  del  prrilunj^amentn  della  legge,  contro  i  sociatisU 
sono,  adunque,  i  capi  della  .leUa.  Del  resto,  rain(nulinaniCQtosoctalL4a 
del  Belgio  ha  potentemenle  cooperato  ad  assicurare  alla  prorogi  169  mi 
contro  137. 

Viene,  a  (al  proposito,  riferiio  che  al  timore,  da  qualche  persona  ma- 
oifesiato,  di  vedere  quel  movimento  propugnarsi  in  GermaDia,  uno  del 
direttori  delle  fónderle  del  signor  Krupp  ha  data  la  se;?uefHe  risposta:; 
«  Fra  noi,  ad  asseti,  non  può  accadere  nulla  di  simile.  L'tnnuenu  éà\ 
clero  caitolico  ft  cosi  grande,  che  non  larderebbe  un  mompntn  a  far  ra^iOM 
di  un  movimento  di  tal  natura.  Infatti,  ì  ->i(,0[>0  operai  del  si?.  Knipp 
sono  per  ([uaiiro  quinti  cauolicl.  come  cattolici  sono  tutti  quanti  gli  operai 
delle  miniere  e  fonderìe  do'iiaesì  renani. 

J)e)  resto,  la  questione  sociale  va  facendosi  o^ni  fporoo  piti  Brgail&.l 
Slaado  al  censimento  del  ;^  dicembre  ultimo,  la  (ìermania  oni»  ìri,Sìn,5!r] 
aliitaniì.  ossia  l,t)0(v>^2(>di  più  che  nel  1880.  Ual  187à  al  1HS0  l'aumeoio 
era  stato  di  2,50f>,089  anime.  Questa  difTeremia  proviene  in  ptrte  da^l 
l'emigramoe.,  che  dal  1480  al  18^5  è  stata  di  8'V2,24'2  persone^  e  imII 
periodo  precedente  di  ?30,l)Uì.  ]n  Prussia,  la  popolatone  delle  cilti  bai 
progredito  di  8HH,9?7  abitanti,  ed  J>:  al  pre-senle  dì  lfl,555,()f)8;  quella  delle| 
campaj^je  si  è  accresciuta  di  I*l7,7'tr>,  e  ascende  oggi  a  17.758,7(1?*  aoioe.] 
.Ma  poiché  un  gran  numero  di  comuni  assai  dediti  airinduslria,  per  esen-j 
pio  i  luoghi  bassi  di  Berlino  e  i  distretti  minerari  e  metallurgici,  SOMJ 
compresi  wtta  popolazione  delle  campagne,  Qe  segue  che  la  popola 
dedita  airagricottura  i  diminuita  d'assai,  e  che  l'aumento  totale^ 
scilo  e«:hisivamente  h  vantag^^io  delle  ciltà  e  delle  indastrìe.  Di  cid 
ha  una  conferma  nel  faito  che  la  ciliA  di  Berlino  e  le  f^ovioce 
airindusirìa,  come  sarebbero  la  Prussia  renana  e  la  Westfalia,  pr 
tano  il  mai^giore  aumento,  laddove  le  province  a?ricole,  come  la  Pnw 
occidentale  e  lo  SrhWwiir-llolstein.  non  hanno  che  un  aumento  insiirat- 
flcanie.  La  Pomerania,  contrada  essenzialmente  agricola,  ha  penino, 
duto  decrescere  la  sua  popolazione  da  ),i)1f>,03i  a  1,505,795. 
dnnqne,  un  fatto  che  la  popolazione  industriale  e  oi>eraia  «V  andata  aul 
landò,  intanto  clie  la  pninlazione  agricola  è  andata  scemando!  Io  i|uel({ 
è  da  ravvisarsi  incrHìteslabitmentu  un  ag;;ravameuto  della  quej4ìoQe: 
ciale.  Ili  più,  in  grazia  soprattutto  dell' emigrazione,  si  va  (a<->^iii!> 
maggiore  la  sproporzione  fra  ì  maschi  e  le  femmine.  In  Pn.-. 
si  conoscono  per  anoo  le  cifre  degli  altri  Stali  di  Ofìmianìa)  v* 
13,by;i,ti88  abitanti  di  sesso  maschile  e  M.WJ,H5  di  sesso  femmina 
talché  questi  ultimi  presenuao  una  dilfercnza  io  piti  di  5'^Ij,ìj7.  Nel 


CONTEHPORAnSi 


(ielle  remmìne  non  Tu  che  di  397.000;  ed  è  da  rnHare  clie 
kso  è,  ÌD  parte,  cai^ioiialo  dalla  scoini>ur.sa  di  moUì  giovani  desiderosi 
I  «Hirarsi  al  servizio  militare,  e  che  non  figurano  nella  cifra  dell' emi- 
■ipone.  Àoche  un  f\  considerevole  eccesso  di  remmine  è  di  rijfuardarji 
Hf  un  aggravamento  delk  condizioni  sociali. 
[DiK  grandi  opere,  deiilinaie  a  imprimere  un  vivo  impulso  alle  trao- 
itioQi  sociali,  sono  stale  lest^  risolute  11  Reichstag  ha  approvato  la 
istruzione  del  canale  maritiimo  fra  il  Baltico  e  il  mare  del  setiemhooe; 
I  spesa,  calcolata  in  156  milioni,  sarii  sopportata  dall'Impero,  e  la  Prussia 
irnirà  uo  contingeole  di  .")n  milioni.  1!  i^jindtag:,  poi,  ha  approvnin  la 
)slnizionedì  un  canale,  che  da  Oortiuund,  a'tilrodell'imlustria  mineraria 
Iroetallurji^ca  della  WesifalJa,  comlucu  al  porlo  dì  Kmdeji  co»  l'aiuto 
fcl  nume  Kms.  Col  ineuo  di  iiuesti  duo  canali,  il  carboue  e  il  Terrò  del 
^cino  del  Reno  potran  Tare  iiiui  formtdahile  concorrenza  a  quelli  ilcU 
ilDghltterra  in  tutti  i  porti  del  sritentrione. 
I    4.  ìja  questione  relitposa  ha  presa  .sutiitatnenle  una  piega  favorevole, 

fizie  alla  nota  del  cardinale  lacobmi  del  i  d'aprile  (stata  riprodotta 
t  vnsiro  quaderno  84)1].  Il  iB:overno  avea  proposto  un  disegno  di  leffge, 
he,  pur  ruodiliando  molle  disposl/ioui  delle  leggi  di  maggio,  di  tanto  te 
^gravava  di  quanto  le  moditìcava.  Uopo  la  pat>blicazione  della  noia  del 
ordinalo,  il  Governo,  ron  alla  testa  il  principe  di  Bi^mark,  ha  appog- 
tilt  gli  emendamenti  pre5;entati  alla  (^.amera  dei  Signori  da  monsig.  Kopp, 
^scovo  di  Fulda;  e  II  disegno,  cosi  emendato,  attenne  il  13  aprile,  dopo 
be  giorni  di  diliaiiimento,  l'approvazione  della  Camera  stessa  con 
23  voti  —  fra' quali  quelli  del  principe  di  Bismark,  e  del  ministro  della 

tsirzia,  signor  Fricdbcrg  —  contro  46.  Con  questa  legge,  che  vern^  sot- 
DSta  alla  Camera  id  depiilnti  dn|wi  le  varanz*^  dì  Pasqua,  lo.  leggi  di 
fi^jgio  sono  modiricaio  pin*  ;^iiit>a  che  l"  i  prdi  cattolici  !ìoi]')  quind'ìn- 
nzì  affrancati  dall'esame  di  Sialo;  2"  ì  seminarli  maggiori  e  gli  alunnati 
nllegi  d'interni  diretti  da  preti,  ma  i  cui  alunni  frequentano  le  scuole 

Eblflichej  saranno  napnrti.  Oli  staniti,  i  programmi  di  studio,  i  nomi 
dlrellorì  e  de'proressori,  delitxmo  esser  comunicali  al  Governo.  1  di- 
tori  e  i  proftissuri  debijonu  essere  stidilrll  tedeschi,  e  possedere  una 
àruzinne  simile  a  quella  dei  professori  delle  biniversità.  Il  programma 
1  studio  dei  seoiinarii  maggiori  dev'essere  allo  stesso  livello  delle  facoltà 
Mio  Suio.  'ò"  1  sagrestani  non  si  avranno  più  come  facenti  parte  del 
ero.  -i"  ft  al)Oliio  il  ricorso  allo  Stato  in  affari  spirituali. .'»'  Non  potrà 
rfti  altrimenti  dal  trìhunale  ecclesiastico  la  desUtuzionc  di  Vescovi  e 
'di,  essendo  il  tribunale  medesimo  soppresso.  S^La  celebrazione  della 
esse  piane  e  ramniinistrazionc  dei  sacramenti  agl'infermi  saranno  im- 
ani  da  ogni  penalìtfi.  T  Gli  Ordini  ospitalieri  potranno  consacrarsi  ad 
ire  opere  pie,  tranne  l'isMiudoue  dei  faoetulli  soggetti  all'obbligo  seo- 
Itìco.  8"  Il  parroco  surù,  di  dinlto,  presidente  dui  consiglio  di  fabbri- 


636  cao^'aca 

ceri»,  eeceiiochi  sulla  riva  Kiriisira  del  ReiML  0*  l'rnrvisorìainette, 
escluse  dal  godimento  dei  tienefizii  della  less^  le  diocesi  dì  Gnesaa  1^ 
nia  e  di  Cnlnui.  10*  U  parrocchie  potninon  e&ser  pravviAie  di  liin^i 
a  meno  che  il  froveroo  non  miglia  iiiiianii  soverchie  esigenze  a  prop 
àeiV  Aneeigepfiiciii  ;nt)lilìcazÌone  delle  caiiJiJature  ecclesarfirhe;  ci 
duto  dalla  nou  del  cardinale  lairoLini,  con  T  espressa  coudiuooe  du 
ìegfii  di  maggio  vengano  modiilcate  per  ^isa  da  iiermetlere  alla 
la  libera  formazioRe  del  propno  clero. 

Noti  sto  c|ui  a  riportare  il  te&io  della  l^ge,  che,  avendo  rrL 
eoo  le  molteplici  leggi  di  maj^j^lo,  costiiuisce  un  iosieme  di  (lis{ 
ioielllgibiii  soliamo  a  giurecoasulii  speciaU.  La  di^tcuuiftoe  della  oi 
legge  olTerse  udo  speiiacolo  de'  piti  siot;olari.  Giammai  la  Cj 
non  era  suia  cosi  numerosa,  giammai  [»ii  grande  il  concorso  ddl* 
blico.  Da  anni  e  anni,  le  relaxioui  delle  sedute  parlanteoUri  ooo  ai 
trovato  un  si  gran  numero  di  iMlori,  né  promosso  discii-'uioni 
passionate^  come  in  quei  giorni  memnrabilL  I  memliri  della  i^anitf»! 
courormaridosi  all'esempio  del  principe  di  Bismark,  parlando  àtì  I^p 
gli  davano  il  titolo  di  Sua  Snntit.^  e  diedero  sempre  il  liinlo  di  .ìrern 
gnore  al  Vescovo  di  Fulda,  iiou  altrimenti  che  se  fossero  stati  Itno 
cattolici.  Il  principe  di  Kismark  usci  nelle  seguenti  dìcfaiarazioDi :  <  I 
leggi  di  maggio,  essendo  leggi  di  coml>aUì mento,  non  dovevano  si 
per  sempre.  Nel  confrontare  queste  leggi  con  Io  slatu  quo  antt 
io  trovai  che  noi  avevamo  occufialo  po&iiioni  nemiche  mancami  dì 
sia^  valore  per  noi.  Tali  sono,  .sopratlullo,  le  disposi/ioui 
l'educazione  e  la  deisiguazioue  del  clero.  Era,  in  sostanza,  una  vera 
a  cavallo  contro  bianchi  di  anitre  selvagge  11  Ke  può,  «u  questo 
reno,  Taf  concessiooi  a' suoi  sudditi  cauolici  sema  recar  otTesa  tà 
fHVpria  autorità,  né  ai  diritti  dello  Stalo.  Se  i  preti  tedeschi  «ono 
animati  dal  sentimento  nazionale  che  quelli  d'altri   pae$i,  e  hiovj 
coscienza  di  esser  prima  preti  che  tedeschi,  la  colpa  di  ciò  devei 
mente  atlrìbuirsi  alla  ciroosiaoi»  che  fra  noi  il  scntimenlo  oaiionilll 
^«uratroenie,  piìi  debole  che  presso  le  altre  nazioni.  Col  far  si  ciie  qu 
sentimento  si  svolga  dappiirtiilto,  noi  lo  furiìrìcherema  altreisl  nei 
cattolici-  11  Papa  ì^  uu  Sire  pacifico,  e  noi  ci  siami  a  lui  frane 
0  lealnteule  rivolti,  sapendo  ch'ei  utrrà  un  eguale  oooiegao;  abhisfDi 
dicalo  necessario  portare  il  nastro  disegno  di   legge  a  cogniiioat  i 
Sua  Santità  per  avere  su  quello  il  suo  avviso.  * 

Il  oonie  di  Scbulenburg  BestEendorf,  protestante,  dichiara  ailJ 
.volta :«  LV istituzione  cometa  Chiesa  cattolica,  che  presoota  mII'i 
namenlo  del  proprio  clero  un  edilìzio  così  stupendo,  ooo  pob 
l'ingerenza  dello  Slato.  Io  mi  allìdo  che  i  iio^ri  Vescovi  sapraflMi 
care  i  loro  preti  n  sentimenti  patriottici.  »  il  signor  di  KteiM 
afTerma  che  lo  Stato,  eoo  le  leggi  di  maggio,  ha  gravemeaut  tnn»! 


conniiPQiuneà  633 

ilnio  dotU  Chiesa,  e,  assai  più  ctie  atta  Chiosa,  recato  danno  a  &è 
wso-  Monsignor  Ivopp  dice  che  iraila^  di  resiiluire  alla  Chiesa  ciò,  che 
igiu-'Uameflte  te  è  slato  totla:  In  ricambio,  e  a  dimostraTiion^  di  sua 
ralitudiue,  ta  Ctiiesa  si  conforma,  in  corte  qiieslinni,  a!  dcsìderii  dello 
lAlo.  MonsÌ;^fiore  Ta,  inoltre,  ossorvarft  come  al  Vescovo  deltba  premere 
Ù  che  a  figni  altro  che  i  suoi  preti  possegifano  una  istruzione  cho  U 
Mia  alla  pari  delle  persone  dello  stesso  grado:  è  quinJi  superlluo  l'im- 
irre  loro  u  questo  proposilo  redole  deiermirtale.  » 

Prima  della  sua  p&nmia  per  Fulda,  monsignor  Kopp  fu  ricevuto 
di' Imperatore,  il  quale  gli  manifestò  la  propria  soddìsfanione  per  essere 
Ila  approvata  la  legge.  Qui  giova  Jiolare  come  f-và  inutile  annettere 
verchu  importanza  a  certe  p articola ritA.  Il  pnQCÌ[:>e  Htsmark  fect!  io- 
Oliere  che  voleva  la  le^^  per  ragioni  d' uiiiità,  alGne  di  porre  uu  termine 
le  tristi  condizioni  parlamentari  e  corrispondere  ai  voti  dell'Imperatore, 
quale  vuole  slare  iti  pace  co'suoi  sudditi  cattolici.  Sia  pure  che  il  gran 
KQcellierc  non  abbia  che  mire  pratiche  e  d'utilità;  ciò  uon  gli  to>(lie 
merito  dì  q<ie<t'opcra  di  pjce.  \\m  altri  governi  vi  hanno,  pc'qnali  U 
(OciUazione  con  la  ('hicsa  sarehlic  ìinmeni^menle  utile,  e  che,  nonostante, 
m  la  cercano.  U^anto  a  me,  iu  tredo  con  la  nostra  gran  rassegna 
tllolìca,  gli  Hisiorisck-polìtisdie  Blaetter  di  Monaco,  che  il  principe 
ismark  vuole  la  pace  con  iaOiicsa  per  raUor/are  l'tmione  dellafiormania 
lìnchè  questa  possa  aspettare  impnvlda  il  sopraggi  ungere  degli  avve- 
RiciiLi,  soprattutto  in  Oriente.  In  ogni  caso,  però,  e  a  malgrado  di  certi 
Malti  diretti  dal  CancellitTO  net  suo  dìscorsii  del  13  aprile  contro  il 
miro  e  la  stampa  catiolicn,  tanto  egli  quanto  l'Imjierniure, suo  sovrano 
.  sono  aajulstati  ogni  diritto  alia  riconoscenza  e  alle  preghiere  dei  catr 
Mcx  in  ricaKihio  del  Itene,  dm  Tanno  alla  Chiesa. 

5.II21  d'aprile,  qualtru  deputati  del  centro  nelle  persone  dei  signori 
raodeoburg,  Frìlzeo,  Imwalle  e  Mooren,  untlameiile  a  due  preti  e  due 
ecolarì  iede.schì,  furono  ricevati  dal  Santo  Padre,  Il  quale  tenne  loro 
Desto  linguag>;io: 

<Ud  raffreddore  mi  ha  impedito  dal  ricevervi  prima  d'oggi.  Sono 
lissìmo  ili  vedervi.  A  molti  di  voi  toccherà  quanto  prima  discutere 

nuova  le^ge  politico-religiosa.  È  questo  un   pa.<;so  verso  la  pnce.  Mi 

siali  manifestati  i  sentimenti  del  vostro  governo,  che  credo  sìnceri, 

spero  che  col  teraiKi  noi  avremo  una  paco  eccellente  e  duratura   La 

1,  etrio  reputo  soprtiiiutio  iniportaniissiraa,  si  è  la  riapertura  dei 

ìinaii,  che  sono  ì  vivai  per  il  clero  e  la  predicazione  della  fede, 
rasi  chiesto  un  accordo  col  governo  i>er  ciò,  che  concerne  le  persone 
N  professori  dei  seminari;  ma  è  necessario  che  i  Vescovi  siano  affatto 

|i  nella  scelta  dei  professori.  La  provvista  di  titolari  per  le  parrocchie 

bnti  sarà  un  argine  contro  ì  progressi  dell'irreligione  e  le  tendenze 
^cialìsle.  Io  credo  che  voi  possiate  guardare  con  slcurezra  all'avvenire. 


Abbiam  fiducia  ncH'anìonfì  della  Sanla  Sede.  S.  M.  l'Imperatcvo  on 
fatto  assicurare  delle  sue  lienevole  disposizioni  e  del  j.uo  [iropoit 
di  secondare  i  voti  dei  caltoliii.  Fino  dal  primo  gioroo  del  mio 
ficaio,  ho  pensalo  alla  Germania  e  preu:ai(>  ^mpre  Iddio  di  rùUbilil 
pace  religiosa.  Sfìni^tra  che  le  ooadi/ioni  vadxDO  al  preseaie  migli 
Ho  seguilo  con  aueozione  il  corso  degli  aweaiiDeaiì  ndla  patria  ve 
«  ho  fallo  per  essa  lutto  quanto  er»  in  mio  potere.  Ma  tutto  ooo 
farsi  io  un  momenio.  il  mìglioi-anìenio  lento  e  progr«i<iivo  è  oelia  nat 
delle  cose  umane,  specie  nella  patria  vostra,  dove  non  esiste  l'ooiUi 
fede  e  dove  forza  ^  maneggiarsi  col  protesiaatefamos  che,  nella  soa 
senza,  k  l'avvitrsario  del  caUolicismo.  Il  vantaggio  dello  Sialo  ri( 
assolularaenle  che  le  parrnc<:faie  vengano  di  nuora  occupale,  e  cbi 
manirtLstarsi  eoo  vigore  l'iuHuenza  del  cattolicismo.  Il  caiiolico  sa| 
^,  per  la  solidiiji  de'suoì  principìi,  preservalo  dal  pericolo  di  at 
narsi  al  socialismo,  e  il  soddisfacimento  dei  bisogoi  spirituali  dei  eatiol 
riuscirà  altresì  proflllevole  allo  StAin.  1  catLotici  sanno  di  aver  do*( 
da  adempiere  verso  la  Cbiesa,  verso  lo  Stato,  verso  la  famiglia  imprr 

10  amo  la  Germania,  e  prego  miti  i  giorni  pel  suo  besessere.  fio 
piaurio  dell'eccel tenie  contegno  dei  cattolici  ledescbi,  die  bio  iro*l 
nel  parlamento  una  rappresentazione  così  eccellente,  cosi   devou, 
perseverante;  una  rappresentanza,  cbe  ba  cosi  ben  meritato  dei  vi 
caitolicì,  e  alla  quale-si  deve  in  parie  se  la  Chiosa  oiiiofle  adesso 
libertà.  Se  nuovi  cootrasiì  avessero  a  sopraggiognere,  esaa,  al 
nerebbe  ad  affrontarli  con  corai;ifto  e  perseverania.  io,  per6,  noo^ 
una  simile  necessita-,  noi  dobbiamo  accettare  con  riconosceoM  ver 
i  miglioramenti,  cbe  adesso  verranno.  A  voi  spetterà  quanto  primi 
decidere  circa  un  nuovo  disegno  di  legge.  I^e  circosianzo  iraparrai 
necessità  di  certe  riserve;  ma  dì  qn&sto  io  non  voglio  qui  farmi  gii 
V(H  slessi  sapete  quello,  di  cbe  abbisogna  la  Chiesa,  e  non  mancate) 
consìgli  di  savi  duci.  Accettate  con  soddisfazione  e  benigtu'ià  il  di«r|l 
di  legge,  quuuiuuque  non  accordi  tutto  ciò,  die  è  aecessario  alla  Cbie9.< 

11  deputato  «gnor  Monren  manìresiò  la  devozione  e  r«atQsiasw  ' 
centro  per  In  Ssnin   Snde,  e  pregò  il  S;tnto   Padre  d'impartire  la 
lienedizinne  ai  componenti  il  centro,  a'.suoi  elellorì  e  alla  loro  patiil^ 
uno  de' preti,  il  signor  Strumaun.  presentò  l'obolo  di  san  Pietro/ 
diocesi  di  Miinster,  invocando  anclie  [>er  que.'ita  la  benedizione  >[ 

11  Santo  Padre,  ringraziando,  si^niiìcò  di  bel  nuovo  la  sua  come 
per  i  meriti  del  centro  e  per  la  fedeli.\  del  popolo  cattolico,  cbe 
steneva  nel  suo  diftìcile  arrinb'o;  poscia  annunziò  che  i  pell<*grini 
stali  ammessi  aJ  assistere  alla  celebrazione  della  sua  santa  Messti 
cappella  Sistina,  dove  avrebbe  toro  amministrato  il  sacramento  eiicac 

0.  Se,  stando  alla  testimonianza  stessa  dell'angtisio  Capo  della 
la  condizione  dei  cattolici  di  Prussia  si  iruverà  miglìomta  d'i 


CONTEMMJftA.XeA 


639 


nii  della  niiwa  lejg<»,  rhe  h  Cimer»  dei  deputali  mn  msnclierA  certo 
approvare,  i  catiolìcì  (l'origine  polacca  aenioo^i  doppiamefiie  mioncciait. 
esclusi,  come  si  è  visto,  dai  benr^lìzi  dulia  nuova  l«g?e,  e  di  più 
Tanno  altre  leggi  ad  efwi  conirarie.  Il  ,i,'overr}o  chiede  un  nuovo  credho 
3.(j7S,lO0  marchi,  de'ijuali  '.H):ì,6(H1  rapprescnia/io  spese  annue,  per 
ilrodiirre  a  forza  rinsegnamenio  tedesco  Tra  le  popolazioni  d'orìgine 
ktacca.  Tuliii  iiuesia  pmpa^sDda  forzala  del  tedesco  »  scapito  del  pn- 
(cco  [MQ  riuscirà,  secondo  le  piii  rai^ionevnli  previsioni,  che  ad  accrescere 
aoiiDosiU'^  fra  i  due  eleiiienti  della  |«polazinne.  Fino  a  qui,  il  tedesco 
rasi  diiTuso  per  la  forza  delle  co»;  nelle  province  polacche,  dove  og^ 
llle  le  persone  ulruìte  e  mia  parie  della  popolazinoe  parlano  l' idioma 
Bnuanico. 

A  sentire  i  giornah  polacchi,  vi  sarebbe  da  credere  a  una  uraode 
ttiliià  fra  polacchi  e  tedeschi.  Nulla,  invece  di  tutto  questo.  Nelle  pro- 

Fnce  orientati  della  I^russia,  nella  slessa  UerliiM.  le  due  nazionalità  sono 
rierocnte  mescolate  fra  loro:  eppure,  non  si  ode  niammai  parlare  di 
Dimosìiji,  di  risse,  di  contese.  Lo  siessn  avviene  fuori  di  Germania.  Negli 
UMi  Uniti.  Li  città  di  Chica|j;o  è  uno  dei  cenlrl  principali  dei  Tedeschi, 
le  vi  formano  più  d'un  terzo  della  popolazione.  Al  tempo  stesso,  vi  si 
overano  4J,0fXI  i*olacclii  raccolti  in  quattro  parrocchie,  e  che  posseggono 
IO  gran  numero  di  sriiole,  d'as-sociazioni  ecc.  Ebbene.!  Polacchi  e  Te- 
QSChi  vivono  amichevnlmente  gli  uni  accanto  agli  altri,  si  associano, 
sostengono  scambievolmente  in  molli  casi.  Vi  si  pubblicano  iiiollre  due 
tornali  polacchi.  Fino  ad  itggi,  trovansi  stabilite  negli  Stati  Uoili  pib 
f  cento  parrocchie,  oCTlciate  da  91  preti. 
1.  Già  da  parecchi  mesi.,  mn  si  fa  che  parlare  in  Baviera  e  in  tutta 
liermania  degl'imiiacci  pecuniali  del  re  Luigi  II;  impacci  cagì^joati 
nicamenle  dalla  mania  dì  costrusinne  dominante  in  quel  sovrano,  bgli 
gii  edificalo  una  dozzina  di  ville  e  di  castelli  in  luoi^hì  i  più  solitari 
più  alpestri  della  Baviera,  ed  è  l)en  lungi  dall' aver  finito.  Reca  stupore 
descrizione  delle  maraviglie  e  ricchezze,  che  tpovansi  ammassate  io 
nei  [>alagi  iucimtati,  a  iiesituno  acces.«^]bilì;  giacché  il  re  mena  rìtn  da 
ililario.  non  ha  contatto  che  con  due  o  tre  de'suoi  familiari,  nrin  invila 
i  alcuno,  noti  dà  nessuna  festa.  In  una  parola,  egli  non  si  fa  mai 
re,  e  t  suoi  castelli  incantati  nr>n  sono  conosciuti  che  per  le  relazioni 
artisti  e  degli  operai,  che  vi  lavorano.  QuelPeriormi  costruzioni 
liouìscono  somme  favolose.  Or  .son  già  dui?  anni,  dovette  il  re  cnn- 
irre  rrn  imprestilo  di  8  milioni:  ma  da  quel  tempo  in  piì,  gl'impacci 
Ila  hsia  civile  non  hnn  fallo  chR  aumentitre;  la  c^ssa  orm  può  pagare, 
la  rolla  dei  creditori,  stanca  di  asfaltare,  ijicomincia  a  rivolgersi  ai 
ìfMinali.  Si  era  parlato  di  contrarre  un  nuovo  ìmpreslìto,  ma  i  com- 
onenit  la  famii^lin  reale  ricuciano  di  acconseriiirvi.  Adesso  si  parla 
*ua  ìmpi'cstiio  volalo  dal  LamlLag,  e  la  cui  estinzione  si  farebbe  me- 


CftO?(lCA   COWTEHKWANEX 

Stante  riiencioni  sulla  lisi-i  civile. Tiiui  però  riconoscona  essere  imi 
il  conchiudfii'c  un  accomodamento  qualunque,  senza  una  guirenilgia 
il  riioroo  di  un  simile  stato  dì  cose;  ^aremigia,  la  (]uale  nau  può 
sislere  che  nella  cessazione  di  costruzioni  iitf^nsniR.  Ma  il  re  dod 
assoggetlarsì  n  ne^sunu  coodizimiR;  vunl  m.iriLenorsi  j>ndro>ac  assoluto. 
maggioranza  cattolica  del  l^ndtag  saprà,  giova  sperarlo,  {X'nelrnrM  Af 
suo  dovere.  Souo  dieci  anni  clic,  a  malgrado  di  tutte  le  preiuure 
natela  maggioranza  e  con  grave  rammarico  della  popolazione  listar 
Luigi  il  maalieoe  al  potere  il  ministero  Lutz,  Dstili»ùron  ai  csttoUci- 
maggìorjuza  non  pu&  assumer-e  alcuna  respouiubìlità  pei  diNteatU  dHIt 
lista  civile^  cagionali  da  uu  ministero  liberalo;  essa  tioo  deve  conseotin 
a  nulla,  a  meno  che  il  re  non  rinunzi  alle  stie  costruzioni  e  a'suoi  pre»nli 
mim^ari.  Si  va  susurrando  che  la  meotc  d;!  re  non  £  più  In  stato  normale, 
e  che  v'f'  da  aspettarsi,  da  un  momento  all'altro,  di  veder  la  (fuesboae 
risoluta  radicalmente.  Ma  in  que-ao  aiipunto  sta  I»  ditlìcoUJt:  il  re  Lul|^  D 
non  si  presterà  giammai  a  uii'abdicazioue  volontaria. 

8.  L'arcivescovo  i)l  Frihurgo,  monsignor  Orbin,  t)  mono  il  7  d'af 
destinando  per  lestamenlo  I»  propria  fortuna  alla  rondaziooe  d'una 
parrocchia  nella  città  sua  episcopalf.  Anche  mmisignor  von  der  Marwiu,! 
vescovo  di  Kulma,  ha  disposta  delle  sue  sostanze  per  (ondare  in  ciwiltj 
diocesi  una  nuova  parrocchia. 


AVVERTENZA  -  Xel  Quaderno  precedente  (Se?,  3'  salato 
maggioj  per  un  caso  fortuito  ebbe  luogo  nella  Cronaca  dette  Cv$g. 
mane  lo  spostamento  di  un  ca[tovcrso  clic  qui  rcttiflchiamo.  Il  ci| 
si  trova  alla  pag.  481  dopo  la  linea  'Mi.  Esso  comincia:  «  Parole  dU 
e  termina  «  del  mal  tolto?  »  itisogna  trasrerìrlo  alla  pagina  seguente' 
dopo  la  linea  '2:i 

Nello  stesso  Quaderna  a  pag.  507  verso  13,  \it  dove  dice:  «  Tu 
sono  le  ceraioni.^  »  si  corregga:  «  varie  sono  ecc.  » 


CHh:  k,  QUEL  Ci  IR  FA,  «JCLL  CHE  VUOLE 

DrALOGHl  PaPQLARl 

la  Edizione.  In  32  di  pafig.  72.  Prato,  tip.  GìAcUtU,  FÌìjIio  e  C. 

al  jjr,-:;o  Ut  Cent.  15^  <ill'  Uf^^a  eentraìf  (MV  AmmÌHìK''-i'-n"r  4c!la 
t^tlaWca  e  presso  tutti  i  yurmti  àeUa  medesima. 

iir operetta  sulla  Uas'^oaeha  può  dirsi  un'opera  voliimiaoitA  ridotta 
I  1  popolari  pagiae.  Pi-uora  dL'traaiTersnlu  furnra  nnde  è  stata  iiccolta 
blìcu.  è  lo  apactiiu  cUu  ai  é  Tatto  dulia  prima  edixiaae  ili  cir<:ft  30  mila 

pochi  mesi.  È  gi»  iiront»  la  seconda  edir-iono  por  soddisfare  alle  caa- 

lieitte  che  se  uè  fanno. 

fl&GGIO  NELL'INDIA  E  NELLà  GINA 

FLORA,  FAUNA,  COSTUMI  E  AVVENTURE 
ooa  lllnatrftzlonl 

piT  FRANCESCO  SUCKIO  U\m\  il.Gd.  G. 

j.  Gi(ìch':lii,  Figiio  e  C.  18SÌ.  Dm  votunfi  in  16,  ài  pagine  ««- 
he  1040.  Prezzo  L.  4,  50. 

Jlbite  in  R'inta  pri^^^o  il  niftitfir  Birhni.  Vìa  CHn  n.  8.  e  presso  li  signor  Otiin- 
lOioraiini,  VUna  rv^ossujiivulli  Bri;  in  Firci»,  ncH'UIIkiocenlialedulIi  CiciUd 
«  guivt  K  iiilrovj  pJcrSt^  i  Ocfinti  d<;il->  tni'dit'iiinii. 
il  b  rivisti  die  nu  bcemmo  nA  cinailurn»  826  ii  p«g.  416  e  segg. 

>E  MATTEIS  P.  Pasquale  d.  C.  d.  G. 

|mì  Domeniche  in  onoro  di  san  Luigi  Gonzaga.  Pratìcbo  di 
Btà  per  una  imvima  all'  istusso  scopo.  Atti  por  la  confessioni'  o 
Eomaoione.  Un  boi  Tuliimotto  in  32,  di  pagg.  UO.  L.  —  15 
lisideraziozii  per  una  noruna  in  apparecchio  divoto  alla  fiìstu 
bell'angelico  giovane  san  Lnigi  Gonxaga.  Un  voi.  in  16.  »  —  35 
rena  in  proparazioDe  alla  festa  dei  santi  Angeli  Custodi.  Un 
volumetto  in  IG,  di  pagg.  126.  »    —  40 

N.  li.  Uufì.ste  novene  come  quelle  in  onore  di  saori^onitio  e  di  san  Krao- 
^  Saverio  che  si>tirìamr)  puMiIìcare  fra  breve  sono  lulle  dcll'istesso  formato 
potere  assiema  legarsi  in  unico  volume. 


P.  LUIGI  PREVITI  d.  C.  d.  G. 


t 

Bla  decadenza  del  pensiero  italiano 

Un  volume  in  tf  Ut  pagine  XXXII-IUK  Tre^/.»  L.  4. 
Saseodo  esaariU  la  primi  edizione  di  queatu  tni;>ortaiiti99ima  opera,  so 
krata  nna  secoada. e  m  trova  ven/liblle  presso  l'IIfQcio  disila  CiciUà  Cattolica, 
ronze,  Via  do'Coail,  N.3.  Se  ne  vedn  la  Rivinta  che  a»  riicemmo  nel  (]iiA- 
>  «SS  a  pttp.  71  fi  ù  aegg. 

DEL  DIVORZIO,  SUE  ORIGINI  E  SUOI  EFFETTI 

l'n  elegante  opuscolo  in  33.  Prezzo  Ceni.  80. 
all'Ufftciacmtralt  Ueila  Qt.  Cali,  t  pretto  i  prtn fi  fati  Oemili  drlla  tu  fai  f  ma 


K 


ROMANZI  roiCl  del  P.Liiiti  Previti  (L  C.  l  G. 

f.  tiua  collezione  di  Ameni  e  ìm()orUnti  rnccotiti,  urrWt-  '  | 

/sta  queliti  p«riziH  0Ì  cui  l'illustro  Autore  a  dntu  prora  ni  l-, ■:-.  :ni 

(fnn'^ra  Ji  Invorì  s  cba  s'Hadmono  n  maaa  a  tnnDO  pabblicaodo  por  \t  ii 
É  gii  tlfuito  alla  luco  il   l"  vuluum  ìu  S  di  pn^fioe  &I0  U  qxitto  COOtkn 

Parte  I.  Carnenci  e  Vittime. 
Parte  II.  La  Congiura  di  Babington 

Prexzo  I«.  S.XO.  Diri^^r^i  allWniminidtrazioDB  ceotrale  delU  CieUià  Col 
PircDze.  Via  di*' Comi.  ^. 


SANGTi  AMBROSI!  MBDIOLANENSIS 

BCteLOI'l,  EOJ^ilAE  Pittila  \f.  nuirioHis 
OPEOKA    OUNIA    AI>    Mi*:rJliJr..ÌXKNSKS   COHKKS    PRESSIl-« 

('iirAfii> 

PAULO  ANGELO  BALLERINI 

«ETOCirOLITANAK     KCCLESIAC    fUNOMOl     OriHI^AKIO, 
fATfllAltaiA    AMiKA^nRlVORtlM   LATIM  tllTUS,  IHìCTX'i  ITIDCW    klAtH 
PRABSKIlTIM    EX    AnBaOSIA.HA  RlRt.l'ITHItCA    C<ì.tI)t(M-AXnRtr5, 

ALOISIO  NiZAIU  E  COMITIBIS 

k  CiHabiaiu  in  Meiropnlitira  &pi\t  Ambnuiii  Soccenori  tllcabL 

MediAlaDi,  E  typcnr.  S.  Jotfphi^  Via  Sancii  CcUog'^'^i^  }f.  9»  ti 

Sri  fo/www  in  folio. 
Si  voila  TBODuimo  aeila  Bibliografia  àoì  presente  quaderno  a 


VITA  DI  S.  IGNAZIO  DI  LOIOLA 

FONDATORE  DBI.U  CO»r.\DNlA  DI  IJBSt; 

P«  fi/ci/autc  rohimeito  in  .73  dì  pagine  764.  Prezzo  CeoleMi 

Vfdine  J'afiiiiKizio  l>iljliopraflijo  a  puf,'   ^'7  fjijl  prpjtcnt*  qij»d*rtO, 


Oleografia  di  S.  Igwkxìo  dì  IiOloli% 

PU.NUATOftE  DELLA  COHI'ACNU    11   CE$t 

Con  sommo  piacere  imnuuzianio  questa  ìmaftiaA  da  tanto  r- 
ratn-  ArtisticBiniralr  connidarnta  è  bcllisei<rt>i  r  Ai  Dimr'- -ni  ■■(■Iflir 
di  Modena  doiida   proviene    II  prtizxo  6 

oleografia  ha  una  luoe  di  ^ì  ceotUnntrì  >.     .  '  i 

nef  utUn  Unlia  LA.-  Dirigersi  all*A'nuiiiui)trazioae  centrale  deità  <H 
VJB  d»'' Conti,  3j  Fitoiiztì. 


Arvtso  9mporiaHÌe 

iu  questo  stossu  quadeiuo  pubbltcbiotuo  il  uiiovo  r-'-l- 
lihri  clie  si  trovano  vendìbili  (ire^so  l'AintninÌKtraKione  . 
(JatitfUca.  Rii'biiiraianin  soprfi  di  o-^i»  l.i  parlicolurc   utti-uvium 
nnstrì  Ictluri,  i  qnnli  prr}rliii»nio   iiItr-*Bl    v\\f\  In  fiici?Ìf\iio  con* 
ad  altri. 


Pì*li>.  Tiv-  (J'  I  bi-ìij,  Plello  ■  e 


Pin  MOP.ON).  ^CT^nw  nnpMi 


tjl 


VILTÀ  CATTOLICA 


Btatut  popujui  euiut  Bominm  Jkut  «ima. 

i'sàui.  auii,  1&. 


ANNO  TIIIGESIMOSETTIMO 


SERIE  XIH.  —  VOL.  II.  —  QUADERNO  864 

INDICE  DI  OCESTO  QUADERNO 
AoTonrrX  recu  e  rAncAHEKTARisHo Vag.  641 

DkL   OmtTTfl   DELLA  CniESA   VERSO  GLI  StaTI   ACATTOUCI »   C53 

■  Dell' EtutAiCA  pEn^eonioNE  co.Trno  il  cnisTiANCsmn »  6fi8 

-  Il  trsor»,  la  niiìLioTecA  e  l'archivio  dei  papi  nel  secolo  xiv.    »  f)79 

■  I  Derelitti *  69B 

XXV.  ^taligniià  sataaica »    ivi 

XXVI.  L'ionooftDM  calunniala »  701 

XXVH.  U  caccia  delle  Palorahellee  le  vitiime  del  irailiroenio.  *  7011 

•  Rivista  della  stampa  iTALtAifA »  714 

I.  Notizia  de' lavori  di  egittologia  e  lingue  scmiticlie,  pubblìciU 

io  Italia  in  quegli  ultimi  deceonii »    ivi 

II.  Hatomierte  pralique.  Rituel  du  'SA*  et  deraier  degré  de  la 

Fraoc-Mai.:()nnerie,  rìte  rcassais  aocien  et  accepté;  par  It 
Trós  Fuissaiit  SouveraiD  Grand  Commandeur  d'un  ^  su- 
préioes  conseits  confédérés  ù  Lausanne  eo  1875.  ndition 
sacr^e  s'adressaot  exclusiveiuent  aux  Fraacs-UaciHi.s  n^gu- 
liers:  orn<io  d'unti  rtaoche  mystèrieuse,  avec  cxpiication,  et 
d'une  c'illertion  de  {>f)rtraìLs  macouniques:  suivie  de  l'Ency- 
clique  Humunus  tjenuì;  puMi^  par  un  Profane  ....  »  733 
SciESZE  maturali  — I rimedii  coiìtro  la  peronoaitora  —  I.  Sintomi 
del  male  —  3.  Rimedii  in  polvere;  Io  taUo  acido:  la  polvere 
Podechard;  la  miscela  di  zolfo,  calce  e  cenere  —  3.  Kimeilii 
liquidi  :  latte  dì  calce;  modo  d'usarlo;  .sua  efficacia;  incon- 
venirti;  solfato  di  rame  sciolto  o  nell'acqua  o  nel  latte  di 
calce;  stioi  elTetti;  e  vantaggi >  7?6 

CnoWACA  COHTEHPOnANBA  ...»  735 

I.  Cose  HOMAne >    ivi 

II.  Cose  n-ALiANE * >  743 

III.  Cose  straniere  —  La  Grecia »  748 

IV.  IngUilierra  (Nostra  corrispondenMa) »  752 

FIRENZE 

rutsao  LUIGI  U\NUELLt.  uuuo  <N 

■Vl«  ami  fr^'Oanm-iln,  IO. 

rMW  B.  Utilà  li  Camt» 

19  giugno  1886 

V 


LIBIRi  VENDIBILI 

ALL'AMMIXISnUZlOIVE  DELLA  CIVILTÀ  CATTOLi 

FIRENZE  —  3.  Via  de' Conti  —  FIRENZE 


uè  prò 

I 

»• 


Branen^o  Olnieppe  fd.  C.  <i.  G.).  I  primi  Papi  B«  e  raltimo  dei  Re  L 
liirdl.  Rotoa.  coi  tipi  della  Civiltà  CattoUctt.  Vn  voi.  in  ft.  L, 

—  Le  origini  della  Sovrmnità  temporale  dei  Papi.  Rotaa.  coi  tipi  d«lla  (^ 

Cattolica.  Un  voi.  in  8,  iRimangonn  po^hc  inopie).  > 

—  L'impero  di  Babiloui»  e  di  Niiiivu.  duliu  uri^'iai  dao  alla  cooqalvta  di 

duerilta  sticondo  ì  monumenti  coneifontii  comparati  con  la  Bibbia. 
volami  in  8,  di  pagg>.  SOO-530.  Prato,  tip.  Giacliotli.  )i^\  a 

—  La  cronologia  Biblico-Asxìra.  Appendice  air/nipero  di'  Babilonia  ed 

olegsntfi  voi.  in  8.  di  papff.  90.  > 

X^noo  P.  OIo.  Oluitpps  (d.  C.  d.  0.).  I  Crociati  di  S.  Protro.  Storia  ■ 
storicht*  dalla  gut^rra  di  Homa  l'anno  18ff7.  Seconda  ediz.  Tre  ^tf>iA 
lutili  con  ricco  indico  di  pagg-  complessive  1^0.  » 

N.  B.  Vi  sono  alcune  copie  d'una  carta  corografica  delle  cinque  prò 
Pontificie  utilissin^a,  9t>  non  nece.i3aria,  alia  piena  intrllig«nXM '<''^' 
guerra  io  quelle  accaduti.  Si  la.'ìciaQo  al  prezzo  di  lire  S  ciasc 

—  Simon  Pietro  e  Simon  Mago.  L'^g^jenda.  Kduionc  notHbili''"ri'''  « 

e  con  Note  e  Indice  storici.  Roma,  tip.  della  Civiltà  < 
voi,  in  10,  di  pugg-.  fUU.  Uescrive  i  costumi  crisliani  ai 
stoli. 

—  Gli  spinti  delle  tenebre.  Racconto  storico,  delle  pratiche  doirojìerat' 

ritiamo.  Seconda  edizione  accresciuta.  Prato,  ttp.  Giacbetti,  I8SÌ.  IM 
lumi  in  Hi,  di  eirca  700  pagine  compleasive.  t 

K«tt«l  (Se)  P.  Pasquale  (d.  C-  d.  Q.).  P«r  le   sci  Doaicniche  io  ai 
S.  Luigi  (ìuuzaga.  Novena.  Atti  per  la  confus^iuue  a  coinuniooe.    > 

—  Novena  in  apparecchio  alla  festa  di  S-  Luigi  Gouiaga.  Un  olegaota  i 

in   Iti  di  pagg.  90.  > 

—  Novena  in  apparecchio  divoto  alla  festa  dei  SS.  Angeli  Custodi,    i 

—  Novena  io  apparecchio  alla  fetita  di  S.  Ignazio  di  Loiola.  * 

Gli  esercizi!  pi-'nove  giorni  sono  cosi  distribuiti  che  poBSono  ugnai 
servire  per  tutto  luglio,  che  è  il  mese  da  uiolii  consacrato  alle  glof 
santo  Patriarca  e  fondatore  della  Compagnia  di  Gcaà 

N.  B.  Queate  dovvop  come  quelle  in  ouorv  di  san  Francesco  Sarwl 

S  Stanislao  Kostka,  che  speriamo  pubblicare  fra  breve,  «ono  tutte  d*l 

deaimo  sesto,  acciocché  possano  essere  insieme  legate  in  unico  voli 

PreTttl  P.  laolgl  Del  Divorzia,  sue  origini  e  auoi  eoetti,  Uq   eìcgaate 

scolo  in  Sif.  k 

—  Della  Decadenza  del  pensiero  italtBDO.  Seconda  edi2Ì0DC.  Da  volarne  c|i 

in  8,  dt  pagg.  XX\I[*óO.  ■ 

—  Rumanti  sloricL  Voi.  1'*  Carnefici  e  Vittime.  La  congiura  di  Babingti 

grosso  voi.  di  pagg.  i>40  circa. 
Séginr  C^e).  I  Frammassoni  che  sono,  che  fauno,  che  voelionn,  per 

gnor  De  Ségur.  Agi^ìuutuvi  le  note  ed  il  eomiuento  della  Framm. 

italiana  coi  documenti.  Un  voi.  in  'Ai.  di  pngg-  4l'i. 
Vita  di  S.  Ignnzio  di  Loiola  fondatore  della  Compagnia  di  Oomù.  Un 

tissimn  voluTiit^tto  io  ^'i,  di  pagg.   164. 


OleogrrattB  di  S.  Ig'nazio  ili  LoIoIa 

FONDATORE   DELLA   CQUPACNIA   DI   CE5Ù 

CoD  Bommo  piacere  annuniiamo  questa  imagìne  da  tanto  tempo  d 
rata.  Artisticamente  considerata  è  bellmi^iina  e  fa  onore  al  celubrv  stabili 
dt  Modena  donde  proviene.  Il  prezzo  è  modicieaimo,  se  ai  roniiditra 
oleografia  ha  una  luce  di  r>d  centimt-tri  di  altezxa  su  3tf.  —  Franca  di 
per  tutta  Italia  I*.  3.  —  Dirigersi  al  l'Ani  minia  trazione  centrale  delli  ' 
Caltoiica,  Vìa  de'Conti,  3,  Fuenie. 


Iftì 


iDTORITÀ  REGIA  E  PARLAMENTARISMO 


n  tempo,  cho  rlù  consiglio,  o  la  esperien^ta,  ebe  insegna  multo 
ise,  incominciano,  nel  campo  eziandio  del  liberalismo  italiano,  a 
.mppare  dalle  bocche  un  grido  di  salute,  che  prima  si  sarebbe 
sito  grido  dì  reazioni'.  Come  altrove,  così  fra  noi  si  ode  spesso 
(clamare:  —  La  rivoluzione  ci  ammax^ta!  Corriamo  incontro 
,r abisso!  Malo  a  noi,  so  non  si  muta  versu!  E  poiché  si  sente 

si  Tedd  che  tiitti^  va  a  catafascio,  por  riiancan;;a  di  qnell'au- 
frìtà  che  è  naturale  fulcro  dell'ordine,  perciò  se  ne  inroca 
aiuto  ed  ansiosamente  le  si  ripete  il  Salva  nos,  fKrifnHs!  dei 
^fr&ganti  nel  Genczarot. 

Rì\  guaio  è  che,  dove  nel  mare  di  Genezaret  il  Salva  ttos! 
plorato  dal  Dìo  onnipotente,  nel  cjimpo  invoce  dol  libera- 
Bino s' implora  dall'uomo  iinpotetito.  Si  dcsidererf^bbe  si  rimessa 
I  trono  l'antoritii,  iLlmono  {guanto  bastasse  a  tenere  insieme  la 
impagino  della  società,  ma  a  patto  che  qiiest' autorità  si  cod- 
NTvasse  un  principio  astratto,  un  no7tien  sine  re;  o,  per  meglio 
ire,  si  vorrebbe  dalla  sola  apparenza  deir  autorità  quel  bone, 
le  non  può  derivarsi  so  non  dalla  sua  sostanza. 
Del  ohe  non  sembmno  accorgerai  qaoi  molti,  i  quali,  sgomen- 
^  dal  progredire  del  radicalismo,  ne  indicano  qiial  freno  il 
msolidamento  dell'autorità  regia  nella  monarchia  parlamentare: 
lasi  che  il  parlamtntavismo,  restando  pure  quel  che  è  in  sé 
.esso,  fosse  capace  di  conferire  a  un  Re  quello  cbe  esso,  per 
ibxra  ana,  non  può  conFerire;  o  il  He,  durando  ad  essere  quel 
le  dev'assere  in  nn  Governo  parlamentare,  fosse  capace  di 
rero  quello  che,  per  natura  sua,  non  può  avere:  cioè  appunto 
autorità.  Onde  muovono  nel  tempo  medesimo  a  riso  ed  a  com- 
^sione  tutti  que'  nostri  dottrinarii,  i  quali  cercano  il  rimedio 

Hb  XUI.  voi.  II.  ftt»<^.  S64  41  8  Qittsno  18»* 

^ . 


642  AUTOIIITÀ   BECIA 

alle  degenerazioni,  agli  abusi,  ai  tralìgnaineoti  del  sistema  par- 
lamentare, nel  rialzamento  del  cosi  da  toro  detto  franciosa meate 
prestiyw  della  Corona. 

«  Oggi,  scriTea  la  fiorentina  Nazione  del  10  maggio  1880,  com- 
mentando no  artìcolo  del  professor  Palma,  uscito  nella  HansegM 
di  scienze  sociali  e  poUticJie,  oggi  il  Senato  non  esercita  pia 
in  realtà  quel  potere  che,  come  corpo  politico,  gli  spetterelibe,  e 
al  Ht)  la  democi'azia  invadente  tende  a  non  lasciar  libero  e  pieno 
l'esercizio  dello  sue  prerogative.  Ecco  il  male  clie  corrompe  il 
Governo  parlamentare  e  che,  se  non  si  elimina  a  tempo,  lo  cor- 
romperà sempre  più  Uno  alla  rorìna.  Un  solo  organo  nella  viti 
dello  Stato  ò  attivo  od  usurpa  T  attività,  che  dovrebbe  esasn 
Tiserbutii  agli  altri.  La  Camera  dei  deputati  è  arbitra  della  le- 
gislazione, il  Senato  non  fa  che  registrare  le  sue  deltberaKÌoni,iI 
Ke  le  promulga  e  le  pubblica  come  legge  della  nazione.  £■ 
Camera  dei  deputati  è  arbitra  del  Governo  e  deiramministn- 
zione  ;  i  ministri  sono  servitori  delia  maggioranza,  i  prefetti  dai 
deputati  singoli,  o  persino  la  giustizia  non  ò  più  del  tatto  iodi* 
pendente  e  libera.  » 

£  già,  poco  prima,  la  romana  Rassegna  di  Simm&oo,  rispon- 
dendo al  mHnifev<ft(>  per  lo  elezioni,  pubblicato  in  Bologna  (UI 
Fascio  della  Democrazia,  che  domandava  «  la  reìntegrasìdiM 
della  sovranità  nazionale  »,  non  cri  stata  in  dubbio  d'asserì» 
che  nell'Italia,  ^ual'è  ora,  la  «  sola  differenza  »  che  passerebl)t 
tra  la  fonna  repubblicana  e  la  monarchica  sarebbe  questa:  <  io- 
vece  di  un  Re,  un  presidente.  >  Poi  soggiungeva:  «  Quest' 
dunque  è  il  privilegio  della  uionarcbia,  di  lasciare  il  Capo 
Stalo  fuori  del  contagio  »  dello  corruzioni  elettorali  '.  Trana» 
questo,  il  Re  è  comparabile  al  presidente  di  una  repubblica. 

Il  professor  Palma,  inorridito  di  questo  democratico  assorbì 
mento  dì  tutti  ì  poteri  nell'  unico  corpo  della  Camera  etettin,' 
sciamava:  «  II  Re  non  vogliamo  ricercare  che  cosa  possa  diTenii» 
davanti  alle  pretese  del  Demos  ^  »  Ma  non  è  bisogno  di  ricer 
cario:  s'intende  da  sé. 

'  Nuin.  (lei  *■  ajrik  («Sfi. 


Amm 


E   PlRUME.trARISMO 


ti43 


Da  ana  parte  aduuqae  bì  vorrebbe  sollerard  quoir  autorità 
^gia,  che  si  conosce  necessario  fondamento  dell'ordine  inonar- 
bhico:  ma  dall'altra  non  ai  vorrebbe  nulla  togliere  all' essenza 
Sei  parlamentarismo,  che  si  giudica  forma  di  Governo  non  meno 
Necessaria  alla  praseute  civiltà.  Or  corno  risolvere  l'arduo  pro- 
ìilema? 


forinola  con  cui  si  esprime  la  condi^iioDe  del  He  nel  sistema 
irlamentare,  è  la  celebre,  che  egli  regna  e  nùt\  governa.  Questa 
Formuk  si  ha  per  sacra,  e  dal  comune  consenso  dei  moderni  pub- 
blicisti ella  viene  accettati  e  canonizzata.  Vi  ò  por  altro  chi, 
fornito  di  mollo  naturale  criterio,  la  sostiene  assurda  e  contrad- 
Bittoria,  si  nell'  esprussiono  sua  letterale,  come  nel  suo  concetto 
nurìdiro,  non  parendo  ammettersi  nessuna  reale  differenza  lo- 
pca,  tra  il  regnare  ed  il  governare.  Ma  posta  per  ora  da  banda 
U  qaestione  di  tale  assurdità,  guardiamo  al  senso  effettivo  che 
le  si  d^  e  secondo  il  quale  praticamente  si  applica. 

Principio  sommo  e  fondamentale  del  parlamentarismo  è,  che 
fton  vi  ha  sovranitji  fuorché  nel  popolo,  dal  quale  essa  emana 
iel  Re,  che  come  suo  delegati)  regna,  ma  ìnmoìabile  ed  irre- 
iponsabilet  che  è  quanto  dire,  mma.  attuale  esercizio  di  sovranità; 
noè  senza  governare,  essendo  riserbato  il  QoTerno  al  popolo, 
mediante  i  suoi  rappresentanti,  innanzi  a  cui  è  responsabile  il 
potere  esecutivo,  residente  noi  ministri.  In  questa  inviolabilità 
(et  Re,  che  suppone  la  non  imputabilità  degli  atti  governativi, 
tonsiste  la  dift'erenza  specifica  della  monarchia  parlamentare  dalle 
iltre.  Di  modo  che  al  Re,  in  questa  foggia  di  monarchia,  è  pro- 
prio essenziale  il  non  &vc.r  parte  alcuna,  a  lui  giurìdicamente 
Imputabile,  nel  Governo  della  cosa  pubblica. 
I  II  già  ministro  Pisanelli,  quando  nel  Parlamento  italiano  si 
liscuteva  la  famosa  le^e  detta  delle  Uuarcatige  Pontifìcie,  cosi, 
^mgitam  auciorifatem  habens,  ragionò  di  questa  materia,  fn. 
^ossequioso  ed  ammirativo  siltinzio  dei  deputati.  <i  I/inviolabi- 
del  Principe  ò  una  consoguen:;ìa  logica  della  sua  irrespon- 


Gii  AUTORITÀ   RECIA 

sabilìtÀ,  nou  aolo  giurìdica,  uia  aneli»  morale.  Paò  accadore  cb«| 
il  Re  ponga  la  stia  firma  ad  uà  atto,  che  personalmente  qm 
apprord,  poiché  egli  nou  può  ritirarsi.  Un  giorno  in  cui  un  atta! 
dui  Governo  venisse  fuori  seu7.a  la  firma  del  B«,  o  scnn  lu 
Arma  di  nn  ministro,  sarebbe  mutata  la  forma  di  Govenw:  sr] 
avrebbe  il  Governo  assoluto  o  la  Repubblica.  Non  c'è  nel  B«| 
responstibitità  morale;  iLuindi  giuridicamente  è  inviolabile  '. 

ìmreilibilia,  sed  pera/ GÌ' interpreti  del  diritto  mouarchiittj 
ora  vigente,  ed  i  pili  devoti  serri  delia  monarchia,  coloro  clw 
oostitui3C>^no  il  palladio  della  Corona  e  della  dinastia,  e  che  vm 
ne  hanno  legalmente  guarentita  la  irresponsabilUà^  colla  lora 
propria  responsaòiiHà  di  ministri,  spiegando  la  formola  del  Be 
co.-itituzionalo  che  regna  e  non  governa,  escludono  da  lui  peraÌM 
la  inorale  personal iià^  in  quanto  ò  Re;  che  ò  dire  lo  pareggia» 
ad  UD  pupillo  prima  doU'uso  di  ragione,  e  uè  fanno  nn  nuf/aj 
morale.  Noi  ignoriamo  che,  fuori  del  Parlamuuto  italiano,  ii& 
stata  mai  proferita  un'arditezzasiiuile,  neppure  in  un  TarlamoiiU) 
denmgogico,  intorno  al  capo  elettivo  di  una  KepubbLica.  Ala,  ilaU 
questa  dottrina,  assai  ben  comprendiamo  che  la  Jiasseyna  di 
Simmaco  abbia  potuto  asserire,  che  tra  il  Re  parlameutar«  Ìil| 
Italia  od  il  presidente  di  una  Repubblica,  corra  il  solo  dii 
che  quello  non  ò  soggetto  ad  elezione,  come  questo;  e 
aggiungere,  Tuno  ha  una  lista  civile  più  lauta,  ed  onori  pilL| 
sfolgoranti  dell'altro. 

Sappiamo  che  non  tutti  i  liberali  italiani,  massimamente  pa- 
recchi della  vecchia  scuola  piemontese,  hanno   per  legitUc 
queste  iuterp reta/ ioni   del  diritto  statutario;  e  negano  che  il 
patto  foudameutalo  di  Cado  Alberto  abbia  per  so  costituita 
munarcliia,  democratica  fino  al  segno  a  cui  si  ò  ridotta  Todìer 
italiana,  dopo  la  onifìcazione  de'suoi  Stati.  Si  lagnano  ansi 
te  Stjitut)  siasi  illegalmente  trasformato,  oltreché  nt^gli  arU< 
spettanti  alla  religione  dello  Stato,  alla  milìzia  comunale  ed  ali 
bandiera,  nel  4^  che  riguarda  appunto  la  inviólabilUà  del 
a  cui  si  é  aggiunta  la  irresponsabilità,  di  cui  non  Ò  mollo  ne 


'  Saccolta  usciate  dti  dÌ»eorti  ecc.  pìf.  C7. 


I  PAnLAHEKTAfttSMC» 

Statuto.  Con  tale  aggianti,  dicon  essi,  tutto  anello  che  lo  Statuto 
concede  al  Re,  negli  articoli  5",  6  ■;  S'"',  9"  ed  altri,  è  passato  di 
pien  diritto  nel  ministero,  il  quale,  appoggiandosi  all'articolo  G7"*, 
come  responsabiley  se  lo  è  arrogato.  Così  pure  all'articolo  65": 
//  Re  nomina  e  revoca  t  minisfri,  hanno  aggiunto  l'obbligo 
di  sceglierli  fra  la  maggioranzii  [lar lamentare,  obbligo  non  pre- 
scritto dallo  Statuto,  ed  hauno  ridotto  il  Governo  a  Governo  di 
partito  pel  partito^  non  di  popolo,  pel  popolo  '. 

Ma  checché  sia  ùeì  diritto  monarchico  statutario  o  delle  de- 
mocratiche usurpazioni  da  esso  in  Ituliii  patite,  il  fatto  è  questo, 
che  il  Re  viene  considerato  inviolabile  nel  suo  regno^  unicamente 
perchè,  in  quanto  Re,  uiun  atto  può  porro  che  nwraljtietttc  im- 
putabile gli  sia.  Quindi  siasi  o  no  operata  Ie°:almeute  la  rivo* 
lu7.iono,  dal  semplice  citstitLi/.iiinalismo  ut  parlauLontarìsmo,  il 
caso  è  che  ora  il  parlamentarismo  ò  uno  di  quei  faili  cwiipititit 
che  la  massa  dei  nostri  liberali,  anco  di  quelli  che  pur  bra- 
merebbero di  rial^re  il  prestigio  della  Corona,  non  intende 
disfare.  <  Il  reggimento  costituzionale,  scriveva  poco  fa  la  mo* 
derata  Opinione^  cioè  un  gabinetto  non  responsabile  verso  il 
Parlamento,  suppone  una  Repubblica,  come  quolla  iLo^li  Stati 
TTniti,  0  una  monarchia  militare  e  storica,  come  la  prussiana  '.  > 
Or  nò  l'una  nì)  l'altra  paò  convenire  all'Italia  democra  ti  issata, 
ed  in  possesso,  come  soggiunge  la  monarchica  inazione  di  Firenjse, 
di  un  Governo  «  schiettamente  democratico^.  »  La  teoria  del 
principe  dì  Bismark,  che  il  Governo  parlamentare  cessa  dì  esser 
monarchico,  quando  il  Re  puft  essere  costretto  dal  Parlamento 
a  licenziare  i  suoi  ministri,  o  quando  il  suo  veto  nulla  vale  contro 
il  Parlamento;  sariì  stata  forse  la  teoria  di  Carlo  Alberto,  dicono 
ì  nostri  monarchici  libenili;  ma  ora  è  teoria  invecchiata,  non 
conciliabile  col  progresso  doUa  civiltà. 

Conseguentemente  rimane  certissimo  che  in  pratica  il  Ile  non 
ha  punto  da  govtrnare,  ma  deve  puramente  regnare  nelle  serena 
regioni  della  sua  inviolabilità. 


*  X«  moìtarchia  tlemocratìca  proposta  da  un  italiano.  Torino  1884- 
'  Nudi-  Jei  29  aprile  m^O. 
»  Num.  del  13  maggio  I88&. 


646 


AVTOIUTJL   «FGTA 


UL 

Abbiamo  detto  più  bnaTizi  che,  secondo  altri  di  buon  ^indtxìo, 
questa  sorta  di  razìociitiio  include  una  contrae Idiziono  nei  termini, 
0  stabilisco  nientemeno  che  la  base  delle  ìstituTEÌoni  sopra  an  as- 
surdo. Benché  la  cosa  salti  agli  oc«ht  e  non  abbisogni  di  Urg& 
dimostrazione,  ci  piace  di  riprodurre  qui  quella  s\  palpabile  che, 
trentaquattr'annì  or  sono,  pubblicò  nelle  pagine  del  nostro  pe* 
riodico  r  illustre  P.  Luigi  Tapnrolli  d'Àseglto,  e  si  legge  ancora 
nella  stupenda  sua  opera  (kgìi  Ordlul  rappir^.niativi  (toI.  II, 
pagg.  1.)4-155)  che  speriamo  di  ristampar  quanto  prima. 

Accennato  come  l' oseciizìone  della  legge,  oyvero  il  Governo, 
sia  un  atto  pel  quale  il  governante  trasfonde,  col  fermo  suo 
volere,  il  movimento  nei  sudditi,  mediante  la  forza  morale,  e 
come  chi  cosi  muove  dev'essere  immobile;  ed  invocato  l'assioma 
archimedeo,  sema  fulcro  non  si  dà  leva^  des  ithi  consisfam, 
e  chiesto  dove,  nella  teorica  dei  nostri  oostitnziouali  mooarchici, 
ei  trovi  pili  il  punto  immobile,  ossìa  una  immobile  aut^irità,  in* 
troduce  questo  breve  dialoghetto  fra  il  popolo  ed  i  costituzionali. 

<  C. —  Volete  un' autorità  zm7«o6(7c?  Avete  ragione;  ed  eccola: 
Il  Se  sarà  inviolabile. 

P.  —  Come  inviohbile  !  Volete  dunque  rioondurci  air«w»- 
lutismo  ? 

C.  —  Il  ciel  ne  guardi!  Invinlabile,  non  può  comandar  nnUa. 

P.  —  Ha  in  tal  caso,  come  lo  chiamate  Autorità?  Non  st 
chiama  forse  autorità  il  diritto  di  comandare? 

C  —  SI  certamente;  e  il  Uè  di  fatto  lia  questo  diritto:  noA 
non  può  usarlo  se  non  ne' suoi  ministri. 

P.  —  Esc  i  ministri  non  vogliono  fare  a  modo  suo? 

C  —  Il  Ke  li  può  dimettere  o  prenderne  altri. 

P.  —  Sì!  eh?  E  se  la  Camera  non  li  accetta,  e  vuole  a  tutti 
i  conti  gli  antichi  ? 

C.  —  AUora  il  Ke  dovrà  adattarsi. 

P.  —  Ma  questo  vuol  dire  adunque  che  il  Uè  noa  ha  il  diritto 
di  comandare,  giacché  non  è  dìritu  quello  che,  senza  fallire  alla 
probità,  si  può  violare. 


E   VXRLkìtZttrkHKHÓ 


047 


O.  —  Ed  appunto  per  ijiiesto  noi  diciamo  che  il  Re  regna  e 
non  governa.  Se  governasse,  ne  seguirebbe  uno  dei  due  sconci: 
o  voi  io  dite  e  lo  tenete  davvero  inviolabile,  e  allora  diverrà 
Re  assoluto  e  potrà  manometter  lo  Stato:  o  Toleto  assicurarvi 
cbe  non  manometta  Io  SUito,  e  allora  convorrà  renderlo  respon- 
sabile e  punibile  dal  popolo.  Pur  evitare  i  due  inconvenienti, 
ecco  il  trovato  della  sapienza  moderni!:  regni  e  non  governi.* 

Poteva  l'antitesi,  nei  vocaboli  <j  nei  concetti,  retidersì  pift  di 
■cosi  evidente?  E  per  cotisogiiunxa  sopra  che  si  confidano  i  nostri 
monarchici  parlamentari  di  assodare  in  Italia  l'autorità  regia, 
per  rialzarla,  risoluti  comò  sono  di  non  toccar  punto  la  base  del 
parlamentarismo,  vale  a  dire  di  nulla  aggiungere  a  quel  nulla 
di  autorità  vera,  cbe  legalmente  al  R^  viene  lasciata? 


Àlcnnif  e  forse  i  più,  ripongono  quello  che  con  barbara  voce 
chiamano  presfìgin  della  Corona,  nell'cnore  e  rispetto  che  arae- 
rebburo  si  usasse  vi  emaggior  mente  alla  dignità  reale;  e  si  danno 
a  credere  che  il  modo  di  aumentare  questo  rispetto  e  d'invi- 
scerarlo  nel  popolo  sia  di  circondare,  quasi  con  un  muro  di 
cristallo,  la  inviolabilità  regia-,  si  che  tanto  sìa  la  maestà  del  Re 
più  riverita, quanto  la  irre^fonsabilUà  sua  politicai  più  pulcse. 

Ma,  oltreché  il  mozxo  di  crescore  decoro  ad  una  sovranità,  non 
»irà  mai  quollo  di  mostrarla  spoglia  in  tutto  d'ogni  potere  ad 
essa  inerente,  come  il  mezzo  di  aggiunger  credito  ad  un  ban- 
chiere non  sarà  mai  quello  di  mostrarlo  senxa  quattrini;  non 
vediamo  poi  a  che  cosa  questo  espediente,  in  tempi  di  tanto 
afroDamonto  demagogico  corno  sono  i  nostri,  possa  infine  giovare. 

Ad  assicurarne  per  sorte  la  irre.fponsahHiià  ed  a  guarentirgli 
cosi  durevolmente  il  possesso  del  trono?  Parliamo  fuori  d'am- 
bagi. Che  la  irrespon'iahilità  d^gli  atti  del  Governo  tragga  seco 
ia  idea  anche  la  inviolabilità,  è  certo.  Ma  pur  troppo  non  è 
certo  che  la  tragga  seco  eiiiandio  in  effetto.  La  storia  contem- 
poranea ne  dà  la  prova  in  cjntrario.  I  Re  che.  nel  corso  del- 
rultimoseoolo.in  Kuropa  hanno  perduto  il  trouo.bijuchò  inviolabili 
e  forse  perchè  iuviolabilì,  sono  parecchi:  e  quando  l'interesse 


648  AinxiRirÀ  rggu 

della  di^mocrasia  lo  dimauda^  e  il  potere  occalUi  delle  sètte  lo 
oomanda,  si  sa  per  qiial  via  si  faccia  cadere  la  responsabilità 
dol  Governo  sopra  chi  costì tuzional meato  nos  dee  averla.  Yer- 
bigra^iìa,  per  non  uscir  dall'  Italia,  gli  anni  1S4$49,  la  demo- 
crazia mazzÌDÌana  la  fec«  cadere  in  Koma  sopra  V  inpiolatìlt 
Pio  IX,  ed  in  Firenze  sopra  V  inviolabile  Leopoldo  11,  che  am- 
bedue dovettero  esulare:  e  l'avrebbe  prima  fatte  cadere  iti  Napoli 
anche  sopra  l' inviolabile  Ferdinando  II,  se  i  canoooi  e  le  baionette 
non  si  fossero  prosa  la  responsabilità  di  difendere  la  Corona.  Si 
soggiungerà  che,  dopo  fatta  T unità  d' Italia,  questo  caso  none 
occorso.  Ma  noi  replicheremo,  che  quello  che  non  è  occorso  in 
un  quarto  di  secolo,  può  occorrere  quando  meno  si  petisa:  e  non 
ò  occorso  ancora,  perchè  l' interesse  della  democrazia  richitìdera 
che  non  si  facesse  nascere  il  bisogno  di  sindacare  nelle  pi&sze 
V  irresponsabilità  regia.  Noi  fncciain  voti  che  mai  non  nasca, 
se  sarà  possibile;  ma  i  più  dei  monarchici  parlamentari  dabitaoo 
forte  che  non  debba  nascere:  perocché  tutti  sanno  che,  quando 
venisse  l'ora  di  farlo  nascere,  la  responsabilità  finirebbe  al 
ricadere  sopra  chi  mai  non  la  dovrebbe  avere;  e  nondimeno 
BpeMO  ne  porta  i  pesi,  i  danni  ed  ì  dolori.  L'esempio  di  Luigi  XVI, 
di  Carlo  X,  di  Luigi-Filippo,  d'Isabella  Ile  di  Napoleone  III 
non  è  sparito  dalla  memoria  degli  uuiuìni. 


V. 


Altri,  con  Prospero  Padoa,  non  sanno  acconciarsi  alla  formoU 

del  Ke  parlamentare,  che  regna  e  non  governa,  la  quale,  come 
nel  1848  si  affennard  dai  radichili  todeschi  nel  Congrosso  di 
Francoforte,  farebbe  a  dirittura  della  monarchia  rappresentativi 
14»  cappello  sema  festa,  o  conforme  dice  il  Padoa  stesso,  no 
Ke  travicello  che  aon  può  durare  '.  Quindi,  all' intento  di  rimet- 
tere in  alto  il  decoro  della  Corona,  l'Autore  medesimo  propone 
che  a  quella  furmola  si  sostituisca  la  seguente  :  <  Il  He  non 
amministra,  ma  concorre  con  gli  altri  poteri  costituiti  al  Groverno 
dello  Stato.  » 

^  Il  Be  nel  Governo  rappraetUAlivo.  Bol^^iui,  IHKti 


E  PAULA))  ErrTARnito  €49 

E  così  sia.  Intanto  poro  si  chiede  al  signor  Prospero  Padoa, 
IB  spieghi  bene  in  qual  maniera  U  Re  concorra, 

<  Vi  concorre,  ripiglia  easo,  colla  rettitudine  dei  suoi  intenti, 
colla  intelligenza^  coII'e.s[}erìenz;L,  col  genio,  se  ne  ha,  esponentlOy 
■non  imponendo,  nei  consigli  della  Corona,  il  sno  modo  di  giu- 
dicare lo  stato  delle  qnestioni,  gli  avvenimenti  inopinati.  In 
questa  formula  è  delineata  preciftanumte  la  parte  del  Be  nel 
Governo  del  paese,  la  qoale  nulla  toglie  alla  parte  spettante 
ai  consiglieri  della  Corona,  che  ò  quella  dell' aztone  e  della 
malleveria.  Il  Ke  vedrà  trionfare  io  proprie  opinioni,  a  cnn- 
dixione  che  il  ministero  responsabile  le  faccia  sue,  nò  in  altra 
guisa  -potrà  volere  ciò  che  vorreblre.  Tale  ò  la  struttura  del 
GoTemo  monarchico  parlamentare,  da  ofMitfare  a  mutue  con- 
cessioni, a  frequenti  transazioni.  Al  Re  dunque  il  discutere  e 
V esprimere  il  parere  suo,  suH'imdainento  generale  delle  cose  e 
sn  tutte  le  controversie  più  spinose  ed  oscure;  al  ministero 
mallevadore  l' azione  indìpettdenie.  » 

Con  buona  pace  del  signor  Prospero  Padoa,  la  sua  formola, 
ee  non  è  zuppa,  come  l'altra,  è  pan  bagnato.  Sommata  ogni 
cosa,  a  che  riduce  egli  il  concorso  del  Re  nel  Governo?  Airuffixio 
di  eotutultore,  che  espone,  non  impone,  che  ha  libertà  di  esprimere 
opinioni,  le  quali  valgono  solo  nel  caso  che  il  ministero  le 
faccia  sue;  ma  non  può  fare  quel  che  vorrebbe,  perchti  V azione 
indipemlente.  ossia  la  facoltil  di  fava  il  proprio  volere,  non  è  in 
lui,  ma  nel  ministero  malluvadoru.  II  che,  senza  tanti  giri  e 
rigiri  di  frasi,  torna  un  dire  che,  nel  parlamentarismo,  il  Re  non 
goTema  né  può  governare,  giacché,  il  ms  refendi  è  d'altri, 
non  è  suo.  Egli  ai  ministri  può  raccomandarsi,  ma  non  pud 
comandare. 

e  Ad  ogni  modo,  ripiglia  il  Padoa,  L'accettare  che  il  Re  abbia 
ufficialmenfe  voce  nel  Governo  dello  Stato,  rileva  la  sua  persona,' 
ed  ò  vantaggio  da  aversi  in  pregio.  » 

Dio  immortale!  fino  a  che  punto  sono  w!ati  questi  curiosi 
monarchici  liberali!  fino  al  punto  di  tenere  per  un  vantaggio, 
per  un  onore  del  trono,  che  il  Re  conservi  tuttavia  ufficialmente 
la  voce  di  mero  consultore  nel  Governo  dello  Stato  !  K  pensare 


650 


AtrTonrrl  hbcia 


che  scriroQo  e  stampano  queste  miserto,  per  affezionare  U  cre- 
scente gioventù  alla  ntouarchìa! 

Non  vi  basta  la  prerogativa  di  libero  consulente^  che  noi 
rioonospiamo  pKr/wtiz/oHc  governatiTa  nel  Re?  Ebbene:  eoooTew 
nn'altra  vera  e  importante^  che  ninno  pno  disconoscergli  e  eoo* 
tenteriV  i  più  schifiltosi.  Sentiamola.  <  Il  R«,  quale  Capo  supremo 
dello  Stato  e  superiore  ai  partiti,  dev'essere  il  grande  sone- 
gliatore  degli  stessi  partiti  e  di  tutti  gli  affari  dello  Stato. 
Colla  SQH  benefica  influenza,  sarà  istrumento  attissimo  a  oompom 
con  costanza  ed  energia  dissfìUBÌ,  che,  non  ammori^ati  e  spenti  a 
tempo,  susci toreb boro  ìnqnietndini  al  paese.  LI  grande  aoiTeglia- 
tore,  con  attenta  e  sagace  osservaxìone,  saprà  i^coprire  e  apprex- 
zare  e  dare  animo  agli  elementi  buoni  e  sgominare  i  cattivi, 
saprà  farsi  guida  a  tutti  con  la  TÌrtù  dell'  esempio.  1/  esempio 
che  viene  dall'alto,  ò  raggio  di  sole  che  illumina  e  riscalda.  > 

Egregio  signor  Prospero,  tutte  queste  son  coso  belle,  ma  earfr* 
rem.  Il  sorvegliare^  come  voi  dite  franciosamente,  ossia  l'ini'V 
ffilare,  come  si  dice  in  lingua  italiana,  il  comporre  diasidii,  il 
dare  animo  ai  buoni,  Io  sgominare  i  cattivi  e  l' edificare  altmi 
coir  esempio,  sono  uffizi»  lodevolissimi,  qnal  dubbio  c'è?  Ma  noo 
costituiscano  davvero  una  prerogativa  regia,  segnatamente  quando 
l'esercitarla  sia  sotto  la  dipendenza  di  altri,  che  bàn  diritto  di 
concederno  o  negarne  o  regolarne  l'esercizio. 

Plt  lo  che,  a  dispetto  dei  trovati  dell'  ingegno,  di  tutti  gli 
eufemismi  del  mondo,  di  tutte  le  possibili  tapinòsi,  resta  ferma 
la  ingenua  conclusione  del  Padoa:  <  Non  v'ha  che  dire:  nel 
regimo  parlamentare,  il  Re  irresponsabile  6  tenuto  negli  atti 
governativi  &  piegare  alla  volfintà  del  ministero  respoìisabiie.  » 
Ditnqiio,  c^piicEudlamo  noi  alla  nostra  volta,  egli  ò  tenuto  a  non 
governare^  cioò  ad  essere  un  morale  tìiotore,  che  non  ha  nessuna 
forza  morale  di  muovere;  e  ci  confuti  chi  pu6. 

Yl. 

Non  può  n(^arsi  che  la  tesi  dei  nostri  liberali,  gridanti  il 
Salva  tiosf  all'autorità,  sia  vera  e  buona:  l'errore  ed  il  mal» 
stanno  invece  nell'  ipotesi,  che  autorità  salvifica  sia  quella  che  si 
figurano,  e  vogliono  mantenere  esautorata  qual  è,  ad  ogni  patto. 


B   PARLAMENTARISUO 


67)  I 


II  parlamoDtarìsiiio,  pìaotato  sopra  l'assurdo  della  sovranità 
nttzioiialo,  non  può  ÌDvouiru  altra  autorità  suprema,  cho  dou  veaga 
dalla  forza.  La  morale  non  risiedo  nel  popolo,  se  non  per  ischernOf 
noQ  risiede  oei  corpi  legislativi,  se  non  per  fìnzione,  non  risiede 
nei  ministri,  se  non  por  convenzione,  non  risiodo  nulla  Corona, 
se  non  per  cerimonia.  Ov'è  essa  dunque?  Di  fatto  però  viene 
«eercitiita  da  quei  ministri  che  hanno  tutta  la  forza  in  mano;  e 
n^usano  con  pittna  Hbertii  ed  a  talento;  giacchia  san  molto  bene  che 
la  loro  è  una  respousahUità,  la  quale  non  risponde  mai  di  nulla. 

Presupposto  che,  in  una  monurchia,  il  Uq  sia  ridotto  ad  essere 
il  primo  ufficiale  dello  Stato,  perchè  delegato  dal  popolo  a  con- 
8i{;liare  i  suoi  ministri,  ì  quali,  non  la  sua  volontà  debbono 
eseguire,  ma  quella  dei  deputati  a  rappresentare  la  volontà  del 
popolo  medesimo,  l' idea  di  autorità  regia  sparisce  affatto  e  sot- 
tentra un  che  d'indefinibile,  come,  per  esempio,  sarebbe  una 
pinimide  capovolta,  netta  quale  il  vertice  occupasse  il  luogo  della 
base  e  la  base  il  Luogo  del  vertice.  Libero  sarebbe  a  chi  volesse^ 
di  nominarla  piramide:  ma  sarebb'ella  una  piramide?  Così  è 
dellA  monarchia  parlamentiire.  Si  dica  pur  quanto  piace  mo- 
narchia, e  vi  si  esalti  a  cielo  W  prestigio  dell'autorità  del  lU, 
<h9  ne  è  a  capo:  ma  sarà  ella  mai  una  monarchia,  e  sarà  mai 
dotato  di  autorità  il  Re,  che  ii'ò  alla  testa?  In  quali  tempi  e 
in  quale  lingua  si  ò  mai  chiamato  He  un  uomo,  al  quale  fosso 
iegalmente  vietato  di  far  da  Ile,  che  è  governare  ?  Nei  tempi 
nostri  soltanto  e  nella  lingua  libf^ralesca. 

Vero  è  che  la  storia  dei  secoli  cristiani  ci  mette  innanzi  spesso 
monarchie,  nelle  quali  il  sovrano  potere  dei  Principi  era  tem- 
perato, dove  dii  suffnigi  deliberativi  di  diete,  dove  da  prescri- 
zioni di  statuti,  dove  da  clausole  di  trattati  ;  che  1  il  monarchia 
prottamonttj  assuluta  od  autocratica  non  i*  stata  comune  nel 
cristianesimo.  Ma  questi  Principi,  avvegnaché  legati  nell'uso 
delle  reali  prerogative,  dentro  i  limiti  del  pubblico  diritto,  e 
regnavano  e  governavano  ;  nò  mai  cadde  in  mente  a  nessun  gio- 
risti  0  politico  d'inventare  e  creder  possibile  una  foggia  di 
monarchia,  nella  quale  i  consiglieri  della  Corona  avessero  per 
u&iìo  il  comandare  e  la  Corona  avesse  il  consigliare.  E  ciò  per- 


6S2  AUTORITÀ  REGIA   B   TARLA  HENTABtSUO 

eh6  si  teneva  saldo  e  inalterato  il  concotto  naturale  e  cristiano 
dì  sovranità,  il  qualo  include  la  doppia  idea  di  superiorità 
itidipf^ndente  e  insieme  di  rappresentanza  divina.  Il  che  appa- 
risce dalla  stessa  improsa  della  Coruna  d'Inghilterra,  la  cui 
Carta  costituzionale  è  malamente  servita  dì  esemplare  al  moderai) 
parlamentarismo  ;  impresa  che,  nelle  parole  Dìeu  et  mon  ÓroiU 
esprimeva  e  T  origine  e  la  natura  della  sua  sovrauità. 

£  la  ragione  si  è,  che  allora  in  tutte  le  formo  di  QoTemo 
si  riconosceva  l' autorità  sociale  proveniente  da  Dio  creatore  ed 
ordinatore  dell' umana  società,  e  si  confessara  il  soiiimu  prÌDcipio, 
che  ogni  podestà  viene. da  Dio:  A'on  èst  pùtedoi  nisi  a  Dtù. 
Quindi  nel  Sovrano,  per  guanto  avesse  d&tle  leggi  fondamenta 
dello  Stato  circoscritti  i  poteri,  si  onorava,  non  solo  un  sommo 
Principe,  ma  tm'  Immagine  altresì  ed  un  Lttogotenenle  di  Dio. 
Imperocché  sta  fermo  il  divino  oracolo:  Per  me  Reges  regnant; 
ed  il  Principe,  non  pure  partecipa  di  queir  autorità  con  cai  Iddio 
governa  l'universo,  in  bene  dell' universo  medesimo,  lua  la  par- 
tecipa colla  giunta  delP  indipendenza,  dote  cosi  unica  dì  Dio, 
che  egli  h  l'Essere  indipendente  per  proprietà,  VEtis  a  se. 

Se  non  che  il  parlamentarismo  liberalesco  avendo  voluto  toglier 
Dio  di  meiizo  alla  società,  e  fantasticare  un  ordine  sociale  al 
tatto  apostatico  dal  Cruatoru,  è  sUto  costretto  dì  almanaccar? 
l'assurdo  ridicolo  della  sovranità  popolare  suddita  di  sé  stessa, 
e  per  conseguen^  ({uello  della  sovrunità  regia,  suddita  di  quelli 
de' suoi  rappresentanti. 

L'assurdo  è  contro  natura;  e  non  può  reggersi  a  luogo.  E 
noi  non  fìni»mo  di  capii^ittirci  che  uomini  d'ingegno,  quali  sodo 
non  pochi  dei  nostri  dofirinarii  liberaleschi,  si  merarìgliDa 
sul  serio  della  degeuerazìono  del  parlamentarismo  monarchico  ia 
domocra^iia.  e  delta  democrazia  in  socialismo;  e  mostrino  di  spe- 
rare la  ristorazione  e  la  perpetuità  dell' assurdo,  dal  rigore  di 
un'autorità  sossisteato  nell'assurdo. 


^      "    -A^ 


DEL  DIRITTO  DELLA  CHIESA 


VERSO  OU  STATI  ACATTOLICI 


Fin  qui  abbiain  mgionato  de' diritti  della  Chiosa  a  rispetto 
degli  Stati  cattolici  ;  i  quali  sono  in  lei,  e  però  senza  dubbio 
soggiacfliono  alla  sua  spiritual  potestà.  Cì  resta  ora  a  dir  qualche 
cosa  de' diritti  della  Chiesa  per  rispetto  di  quegli  Stati  che  sodo 
fuori  di  lei  0  perchè  non  vi  entrarono  mai,  come  i  Gentili  e  i 
Musulmani  (gli  Ebrei  non  formano  Stato),  o  perchè  entrativi  da 
prima  ne  uscirono  poscia  per  iscisma  od  eresia.  I  primi  possono 
designarsi  col  vocabolo  d'irifydtsli,  ny|  .senso  rigoroso  della  pa- 
rola; i  secondi  possono  comprendersi  sotto  il  nomo  comune  di 
Eterodossi,  in  quanto  tutti  essi  convengono  tra  loro  nel  ripudiare 
qualche  verità  dommatica.  A  queste  due  specie  di  Stati  acattolici 
vuoisi  aggiungere  una  terza,  sórta  di  rwentt?,  quella  cioi^  d^'gli 
Stati  liberaleschi;  i  quali  si  pongono  fuori  della  Chiesa,  in  qualità 
di  nemici,  osteggiandola  in  tutti  i  versi,  affin  di  distruggerla,  se 
foeso  possibile,  o  almeno  ridurla  in  servaggio.  Essi  sono  progenie 
della  setta  massonica,  e  però  giusti  eredi  delle  sue  tendenze. 


I. 
La  Chiesa  a  rincwitro  degli  Siati  in/edeli. 

Gli  Stitti  infedeli,  non  avendo  mai  fatto  parte  della  Chiesa, 
non  contrassero  mai  alcuna  obbligaziune  positirj.  con  lei.  Essi 
sono  al  tutto  fuori  di  lei,  e  perciò  non  soggetti  alla  sua  giu- 
risdizione. Cristo,  benché  per  la  sua  universal  potesti  fdata  est 
mihi  omnia  potcslas  in  caelo  et  in  terra  V  sia  sovrano  e  pa- 
drone di  tutti  gli  uomini;  nondimeno,  nel  costituire  san  Pietro 
suo  Vicario  i^uaggiù,  non  gli  conferì  autorità  se  non  sopra  i  soli 


'    MATtnAEI,    XXVUI,    18. 


654  DRL  DiniTTO   DELLA   CHIESA, 

fedeli:  Pasce  agnos  meos...  pasce  oves  tneas  '.  Sopra  gP  infedeli 
Don  diede  a  S.  Pietro  ed  agli  altri  Apostoli  potere  alcuno,  da 
quello  in  fuori  di  predicar  loro  il  Vangelo  &  coavertitì  s^gn- 
garli  alla  Chiesa:  E tmtes  dùcete  omnes  Gentes^  baptizarUes  eoa 
in  notnhie  Patrìs  et  Filii  et  Spirìtus  Sancti^  docente»  eos  srr- 
vare  omnia  quaecmtufite  nuintiavi  r-ohis  '. 

lì  solo  ovile  di  Cristo  è  commesso  alla  giurisdizione  di  Pietro; 
e  all'ovile  di  Cristo  non  appartengono  che  i  soli  battezzati.  I 
non  battezzati  sono  membri  di'-tla  Chiosa  in  potem^y  non  in 
atto;  in  atto  non  dìveugono  suoi  membri,  che  iu  virtù  del  bat- 
tesimo. Finché  non  l'abbiano  ricevuto,  essi  son  fnorì  della  Chiesa; 
e  chi  è  fuori  d'una  socìoU,  non  è  soggetto  ai  potori  di  tei. 
Onde  l'Apostolo  san  Paolo  parlando  de' Gentili  nega  di  avere 
potestà  giudiziaria  su  di  loro:  Quid  fttìim  mihi  de  iis,  qui  forìs 
snnty  iudìcarù  ''.^  Essi,  son  soggetti  air  autorità  di  Dio  e  al  gin* 
dìzio  di  Dio  :  Kos,  qui  foris  sunt^  Deus  iudicabit  '. 

Nondimeno  la  Chiesa  ha  il  diritto  di  predicar  loro  il  Vangelo; 
perchè  no  ha  ricevuto  da  Cristo  il  comando:  Eunies  in  mundum 
universum,  praedicals  Evanrfdinm  omni  craUurae  ^  Nessun 
Principu  infedele  pu&  opporsi  aireseciizìone  di  un  tal  comando. 
Se  si  oppone,  potrà  essere  scusato  da  ignoranza  invìocibile, 
laddove  operi  in  buona  fede  (il  che  appena  è  credibile,  tanta  è 
la  luce  della  vorità  ovangelica);  ma  non  per  questo  vìeu  meno 
il  diritto  della  Chiesa,  il  quale  è  fondato  non  sul  permesso  dei 
Principi,  ma  sull'autorità  di  Cristo.  In  quel  caso  la  Chiesa  imi- 
terebbe l'Apostolo  Pietro,  il  quale  a  una  simile  opposizione  da 
parte  della  Sinagoga,  dinunziò:  Olmiire  oportet  Deo  magis^quam 
homìnibns  *. 

La  Chiesa  non  ha  diritto  di  costringore  veruno  ad  abbnc- 
ciuro  la  fedo.  L'adesione  alla  f&de  è  atto  della  volontà,  sotto 
l'influBuza  della  grazia  divina;  e  la  volontà  non  è  capace  di 

'    IOANMS,   XXI,    15-17. 

'  MAnH*Ki,  \XVIU,  ly.  20. 

»  l'Ao  Con.  V,  tS. 

'  Ivi.  13. 

'  Marci,  XVI.  15. 

*  ACTLS  Apostolorch,  V,  S9. 


VERSO  CLI  STATI   ICKTTOIKI 

coazione.  L*aomo,  come  con  atto  libero  deviò  da  Dio;  così  con 
atto  liboro  deve  a  lui  ritornare.  Non  inriti  salvatuli  siitU,  sed 
votentes;  uf  intera  sH  forma  iustltiae.  Sicut  fnim  homo  prò- 
prii  arbitrii  volunlai^.,  sefpenli  oòediens,  periit  :  sic  vocante 
$e  graiia  Dei,  propriae  meutts  conversione  homo  q»Ì3qt4e  cre- 
dendo salvafìir.  Errfo  non  vi  sed  liberi  arbitrii  facilitate^  ni 
conv^taninr,  suaitemiì,  non  potius  impeliendL  Così  il  Concilio 
Toletano  IV,  a  proposito  degli  Ebrei;  e  lo  stesso  vate  degli  altri 
infedeli  '.  La  Chiesa  è  si  delicata  sopra  cotesto  punto,  che  non 
volle  mai  battezzate  contro  la  volontà  de' parenti  i  fanciulli  ebrei: 
Hoc  ErcUsiae  usus  vuvguam  babuit  (juod  ludneorum  jilii,  in- 
viiis  parenfibns,  baptizarentur,  scrive  san  Tommaso  \  E  più 
sopra  ne  avua  recata  la  ragione,  dicendo:  Nemini  facienda  esf 
iviuria.  Fieret  aiitem  /wriVre^s-  iuiuria,  si&orumJilH  baptiza- 
rentur eis'ini-itis  '.  Il  cho,  come  spiega  pii^  sotto,  va  inteso  de'fan- 
cinlli,  prima  che  sieno  giunti  alTuso  della  ragione;  perchè  sol- 
tanto allora  vengono  posti  noi  debito  ordino  a  Dio  per  opera 
do*  parenti:  /'««r,  anfeguam  itsttm  rationis  kabeaty  naturali 
ordine  ordinalur  in  Deum  per  rationem  parenlmn^  quormn 
ettrae  naiuralitcr  subiacel;  ei  secutulutn  eovum  di  sposi  tìoìitim 
8UHÌ  circa  ipsittn  divina  agenda*. 

La  Chiesa  come  ha  diritto  di  predicar  l'Evangelo  agl'infedeli, 
e  convertiti  aggregarli  a  sé,  mediante  il  battesimo;  così  ha  di* 
ritto  a  costituirsi  tra  loro  e  spiegare  i  suoi  poteri  di  Ordine 
e  di  Oiurisdixione,  per  santificarli  ulteriormente  e  governarli. 
Senza  questo  secondo,  quel  primo  diritto  sarebb*!  vauo.  Formata 
poi  la  società  de' fedeli,  non  ha  diritto  di  sottrarla,  quanto  al- 
l'ordine politicit,  dalla  signoria  dol  Prìncipe  infedolo,  perchè  il 
diritto  divini»  non  distrugge  il  diritto  umano,  come  la  grazia  non 
distrugge  la  natura.  <  Il  dominio  e  la  superiorità,  dice  san  Tom- 
maso, trae  origine  dal  diritto  umano,  la  distinzione  dei  fedeli 
dagl'infedeli  dal  diritto  divino.  Ora  il  diritto  divino,  che  deriva 


■  Ca{t.  Ó6.  SlatHtttm  eat. 

«  Summa  ih.  t'  %"  (|.  X,  a.  XIL 

*  Iti,  Ctttttra  e$f. 

*  Ivj.  AJ  quarium. 


656  DBL   I>miTTO  DKLLA  CUIKSA 

dalla  grazia,  non  t(^lie  il  diritto  amano  che  dorìva  dalla  ragiona 
naturalo.  E  però  la  distinziunc  de'fL-deli  dagP  infedeli,  di  pi^r  sé 
riguardata,  non  toglie  il  dominio  e  la  superiorità  de' Prìncipi  ìa- 
fedeli  sopra  sudditi  fedeli  '.  >  Allura  solamente  la  Chit'Sa  avrebbe 
diritto  di  esautorare  il  Principe  infedele,  quando  costui  ptHit^M 
ostacolo  alla  prodlca^.ione  evangelica,  ne  perseguitasse  i  miuistrì, 
privasse  t  convertiti  alla  fede  de' vantaggi  e  delle  prerugatifQ 
Civili,  comuni  a  tutti  gli  altri  cittadini,  o  io  qualsivoglia  altro 
modo  nsasse  violenza  contro  di  lei.  Cosi  facendo  egli  si  Costi- 
tuirebbe in  aperta  ostilità  vorso  la  Chiesa;  la  quale  per  con- 
seguensa  avrebbe  giusta  ragione  di  resistergli  colla  forza,  « 
soggiogarle  colle  armi  delle  nazioni  cristiaue. 

Oltreché  il  Principe  infi'dele  che  contrastasse  la  predieuxioiu) 
evangelica  o  la  profussiono  della  fede,  peccherebbe  di  non  tol- 
lerabile tirannia  verso  gli  stossi  suoi  sudditi.  Il  diritto  di  beo 
ordinarsi  al  conseguimento  dell' ultimo  fine  supera  ogni  altro  di- 
ritto, né  ci  ha  dovere  verso  qualsiasi  uomo  che  possa  compriiuMlo. 
Tale  è  il  diritto  di  abbracciare  e  professare  la  fede  di  Cristo. 
Fuori  di  Cristo,  non  ci  è  salute:  Non  est  in  alio  aliquo  saliof*. 
II  solo  nomo  di  Cristo  è  quello,  per  t' adorazione  del  quale  sìamii 
salvi:  Non  enim  alitul  nomen  est  daium  IionUnibiiSt  in  quo 
oporiet  7108  salvos  fieri  '.  Cristo  ha  estesa  la  sua  redenzione  a 
tutti  gli  uomini.  Ogni  uumu  adunque  ha  diritto  a  partecipare. 
V.  poiché  non  può  i^rtocìparsene,  se  non  nella  Chiesa,  ogni 
nomo  ha  diritto  a  far  parte  di  lei.  Potrà  un  Principe  infedele 
non  amare  nà  favorire  la  ('blesa,  ina  impedirla  non  mai.  Dì  quel 
jjrirao  peccalo  renderà  conto  al  solo  Dio,  di  cui  prevarica  la 
legge;  ma  dot  secondo  deve  rispondere  ancora  agli  uomiui,  di 
cui  oltraggia  i  diritti  e  tra  questi  il  supremo. 


'  Tìominìum  et  praetatitt  introdueta  nutU  ex  iure  humano,  dUHnrtio  nuUm 
fiMium  ft  ÌMfuMiwn  c«(  fx  ìitrg  rfirino.  lux  mif/m  (/initiKia,  tjuod  <tt  tr 
gratin,  non  toUit  ìhs  AiimaNMni  quod  est  ex  nalwali  ratiunc.  Ideo  diatineti» 
fideUtim  <l  infideUum,  tteumlnm  tt  cotuidgrata,  non  tolìU  dominium.  d  pfiM* 
htionem  i'nfii<Uum  tupra  fidttfa.  Sumimi  Ih.  5'  S"  q.  X.  a.  10. 

'  A';tus  Apdsiwlohum,  IV,  lì 

»  hi. 


vcaso  eu  stati  ACATTOua  657 

La  Chiesa  a  rhicofUro  degli  Stati  eterodossi. 

Eresiti  (haeresìsj  è  voce  greca,  e  significa  scelta.  Prosa  in 
mala  parte,  secondo  che  ha  portato  il  costnmd,  snona  cattiva 
scelta,  ÌD  qnanto  si  eleggono  domnii  dissonanti  dalla  verace 
dottrina  di  Cristo.  Quindi  essa,  sotto  questo  rispetto,  è  una  specie 
d'infedeltà,  e  potremmo  dirla  una  infedeltà  dimezzata.  San  Tom- 
mas»  spiega  ciò,  al  suo  solito,  ogregiamonto.  «  Poiché,  egli  dico, 
ehiuHqnc  crede,  per  ciò  stesso  che  crede,  assente  airaltnii 
parola;  ne  seguo  che  colui,  alta  parola  dot  quale  si  assente, 
è  come  principale  e  quasi  fino  in  ogni  credenza:  e  per  converso 
lono  come  secondarie  e  qnasi  ordinazioni  al  fine  le  cose,  a  cut 
aderendo  si  vuole  a  quello  assentire.  E  così  chi  ha  rettamente 
la  fede  cristiana,  assente  colla  sua  volontà  a  Cristo  nelle  cose 
che  veramente  appartengono  al[:i  Sua  dottrina.  Palla  rottitiidine 
dnnrjue  della  fedo  cristiana  si  può  deviare  in  due  modi:  I/uno, 
in  quanto  non  si  vuote  asf^entire  allo  stesso  Cristo,  e  cos'i  sì  ha 
prava  volontà  circa  elfi  che  è  fine;  e  questa  è  la  sp*>cie  d'infedeltà 
propria  de' Pagani  e  de'Qiudei.  L'altro  modo  di  deviasiione  dalla 
iede  cristiana  si  ha  quando  coli' intenzione  di  assentire  a  Cristo, 
si  erra  nella  scolta  dolio  coso  in  cui  vuoisi  assontiro,  perchè  non 
ai  scelgono  quelle  che  sono  state  veramente  manifestate  da  Cristo, 
ma  sihbene  quf.^llo  che  sono  suggerite  all'uomo  dalla  sua  propria 
ragiona.  E  per&  t'eresia  fi  uua  specie  d'infedeltà,  propria  di  coloro 
che  professano  la  feda  dì  Cristo,  raa  ne  corrompono  i  dorami  '.  » 

I  ^UM  quicumque  credit,  alieuiu»  ditto  tastniil  ;  primcipai«  vidttuy  att 
et  qutsi  finis  in  unaqunque  crtdulìtat»  ifle  cuius  dieto  ataeMtitur;  qu(ai 
nnttm  ttCHHiìarin  mtiil  ti,  qunt  qui»  Itnfn'ia  rati  nlictti  nt^enlirg.  Sic  rryo 
^tH  reei«  ftdem  ehrialianam  hahet.  sua  roluntatr- fusenlil  Christo  in  Aiji  qune 
vtre  mi  titt*  doctrtnim  [mrlinent.  A  reclitMiiin':  trgo  Fidei  dupìicitet  qui» 
pottat  d'Hare.  Vnn  mudo,  quia  ipM  Christrj  n-in  cult  aeaeniirt,  et  hic  ftabet 
guani  mnhim  ro/uHfafeM  eiì-at  ip»um  fingili;  et  hoc  pertinet  ad  »pe«ti<m  infi' 
AfKfatis  Pwj9nor»m  et  Judaaorum.  Alia  modo  per  hoc  quod  intendit  qutdem 
Chriito  atsentire,  ttd  deficit  in  eligendo  ta  qaifn^s  Christo  assenttnt,  quia  non 
tligil  ea  quae  eunt  vere  n  Christo  tradita,  atd  ea  qitae  aìbi  proprui  niens 
s<ifffferit,  Et  idef  haetesi^  f%t  infi'ttìiMi»  »}'<ci«?. .  ptrtinrns  ad  «M  71*1  fid*m 
CMritli  prafitentur,  aed  eiun  dormita  corrumpunt.  Suniiria  ih.  ì*  S*''  q.  XI.  a.  I. 
«•W*  Xlll.  noi.  II.  fax;.  ^(U  42  8  ^tV^rno  IS&J 


ai 


658 


TtBt,  OmmO   DKLL*   CHIESA 


Diverso  dall'eresia  ò  Io  scisma;  giacché  di  per  sé  importa,  aoa 
perversa  credenza,  ma  solo  scissura  dalla  cattolica  Chiesa.  QiH 
però,  come  bene  osserva  san  Girolamo,  ha  luogo  nel  solo  inixìo; 
perchè  in  processo  di  t^ìmpo  lo  scisma  sì  congiuoge  sempre  eoo 
qualche  eresta,  in  quanto  per  iscolparsi  ò  costretto  di  ricorrere 
a  qualche  erronea  dottrina.  Inter  haereHim  et  schisma  fioc  in- 
teresse arbitrantur,  quod  baeresìs  perversum  (Icgma,  schisma 
popfer  Episcopalem  dissetisionem  ab  EccUna  pariter  apparti.. 
Quod  quidem  in  principio  aliqtta  ex  parto  intelligi  pottgl; 
ccterum  tiuUitm  f^chisma  7ion  alUjuam  sibl  coniungìt  kturesvn^ 
Iti  recte  ab  Kcr.lenia  rer-essisse  vidcatur'.  Il  perchè  giustamente 
può  adattarsi  anche  allo  scisma  Ìl  nome  di  eterodosso. 

So  Qon  che  vuoisi  qui  dilìgtìulomente  avvertire  che  doppia 
può  essere  la  condizione  dell'eretico  e  dello  scismatico;  in  quaoti> 
altri  sieQo  tali  per  volontaria  apostasia  dalla  Chiesa,  ed  altri 
sleno  tali  por  uasciinento  od  educazione,  perchè  nati  ed  allevati 
in  paese  eterodosso,  da'  parenti  eterodossi.  1  primi  sono  ia  [stato 
dì  attuale  ribellione  alla  Chiosa;  i  secondi  sono  in  istato  di 
ribellione  abituale,  cha  trovasi  in  toro,  ma  non  è  procedatada 
loro.  Essi  r  hanno  oreditata  da'  parenti,  quasi  a  quel  modo,  ODil» 
tutti  noi  ereditiamo  la  colpa  originale  dal  primo  padre.  Quindi 
avviene  che  la  Chiesa  sì  comporta  assai  diversamente  con  gii 
uni  Q  con  gli  altri.  Cui  primi,  tornate  vane  le  materne  ammooi- 
yjoni  por  rìcotidurli  sni  retto  sentiero,  ella  assume  le  parti  di 
giudico  e  adopera  i  rigori  doHa  potestà  coercitiva.  Così  veggiasw 
piKiiti  e  perfiiio  abbandonati  all'estremo  supplizio,  per  esempio, 
un  Giovanni  Hus  ed  un  Giordano  Bruno,  eretici  perfidissimi  a 
ostinati  e  dommatÌ7.;;aDti.  L'ipocrisia  moderna  si  scandol6zu,o 
meglio  finge  di  scaudole^'arsi  di  sitTatto  punizioni.  Ma  ogni 
persona  sensata  intende  benissimo  che  in  ogni  società  al  mas<- 
Simo  de'delittì  ò  dovuto  il  massimo  do'gastigbi;  e  mussiniA 
delitto  nella  società  cristiana  è  il  disseminar  rereai».  Por  questi 

<  In  EpìMtoìam  ad  Ttlttm,  cap.  3.  Come  ogoiiDo  xov^c  tl3  sé  uitidwiuiP,  m 
(\ai  ptirlianio  tlcllo  uìtma   rif;ùro<iini<'nU'  Amo,  non  ili  qnHlA  che  suona  ioÌ: 
(livÌfio»i*iI'iinÌHii  (K.T  iiiw-rtcwe  inlorno  al  terv  Capo  drlta  C1ih*s.i,  qtisl  (a  \o 


Vbrso  cu  stati  achttouci 


C59 


fatti,  i  nemici  della  Chiesa  1* accasano  di  cradeltà.  Stolti!  Cru- 
doltà  per  contrario  sarebbe  statu,  se  per  ìmprovida  indiilgeum 
terso  QD  putrido  membro,  si  fosse  lasciato  corrompere  V  intero 
corpo.  Salus  pttblica  suprema  lez.  Ciò  ha  luogo  in  ogni  società 
bene  ordinata,  cirile  o  religiosa  che  sìa. 

Se  poi  trattisi  della  seconda  specie  di  eretici  o  scismatici,  di 
quelli  cioò  che  non  essi  si  ribellarono  dalla  Chiesa  ma  nacquero  e 
Tennero  allevati  netl' eresia  o  nello  scisma,  essi  sono  degni  dì 
sommo  compatimento.  La  loro  separaziono  dalla  Chiesa  è  piut- 
tosto sventura  che  colpa;  salvo  quando  entrano  in  mala  fede, 
di  che  è  giudice  il  solo  Dio.  Onde  la  loro  condizione  in  faccia 
alla  Chiesa  è  ^uasì  la  stessa  che  quella  degl'infedeli  propria- 
mente detti;  e  la  Chiesa  rispetto  ad  essi  nou  intende  esercitare 
giurisdizione,  quantunque  assolutamente  il  potrebbe,  perchè  sog- 
getti a  lei  in  virtù  del  battesimo. 

Ciò,  che  diciamo  delle  persone  individue,  si  dica  a  più  forte 
ragione  delle  intere  società  e  decloro  reggitori.  Essi  si  trovano 
eretici  o  scismatici  per  funesta  eredità,  non  per  propria  elezione. 
Quindi  è  diverso  il  conti^gno  delta  Chiei^a  verso  di  loro  da  quello 
che  fu  verso  i  loro  antenati.  Quando  un  paese  o  un  Principe  per 
8UU  perfidia  ribellavasi  dalla  Chiesa,  la  Chiesa  gì  usta  monto,  dopo 
ftvere  esauriti  tutti  i  moz^i  pacifici  per  rimenarli  alla  vera  fede 
di  Cristo,  metteva  mano  a'gaBtighì  ;.  volgendo,  dove  occorresse, 
contro  di  loro  anche  le  armi  dello  nzuionì  fedeli.  Cosi  vedemmo 
esantorati  per  sentenza  Pontifìcia,  a  cagion  d'esempio,  un  Ar- 
rigo IV  e  un  Federigo  II,  e  mossa  guerra  contro  i  paesi  pro- 
testanti del  secolo  decimosesto.  Fa  quello  un  uso  santìssimo 
della  potesti!  coercitiva,  inchìusa  essenzialmente  nella  potestà 
delle  Chiavi,  data  da  Cristo  a  san  Pietro.  Ma  quando  per  lungo 
tratto  di  tempo  l'eresia  e  lo  scisma  sì  ò  impossessato  di  un  po- 
polo; sicché  geveiruati  e  governanti  si  trovino  disgiunti  dalla 
Chiesa  non  per  propria  fellonia,  ma  per  fellonia  de' loro  mag- 
giori; la  Chiesa  li  riguarda  al  modo  stesso  degli  Stati  iufodeli; 
od  anche  a  rispetto  loro  ripete  quelle  parole  dtìU'Apostolo,  su- 
periormente citate:  Quid  mihi  de  iis,  quiforis  sunt,  indicare?^ 
Eos^  <fni  foris  suTttt  itidicabit  Deus.  Quindi  è  che  i  diritti 


DEL   DIRITTO   DFXLA  CIUCSA 

della  Chiesa  negli  Stati  eterodossi  sono  atuilof/fii  &  quelli  che 
essa  h&  negji  Stati  infedeli,  streitaiuonte  detti.  Diritto  ad  essere 
rioonosciuta,  come  Chiosa;  diritto  a  conservarsi  e  propagani; 
diritto  a  custittiìrsi,  secondo  i  diversi  gradi  della  sua  gerarchia; 
diritto  di  formare  ed  educare  il  suo  Clero;  diritto  di  santificare 
e  goTomare  i  fedotì;  diritto  a  possedere  ed  amministrare  i  suoi 
beni,  e  così  di  tutto  ii  resto  che  le  sia  necessario  a  dcbitamenio 
esistere  e  a  libemmente  operare.  E  adoperammo  avvedutamente 
l'epiteto  di  analoghi,  perchè  ootosti  diritti  detta  Chiesa  negli 
Stati  eterodossi  sono  assai  più  poderosi,  che  negli  Stati  infedeli; 
non  coiiipetendc>le  per  prima  conTorsiono  di  genti  alla  fede,  ma 
por  anteriore  possesso,  e  pnrò  per  diritto  non  solo  ad  rem^  mi 
in  re,  la  cui  violazione  è  più  grave. 

XiO  stesso  ragionamento  con  propor;;ioQe  si  faccia  a  riguard» 
de* semplici  fedeli.  La  parto  del  popolo,  rimasta  cattolica,  per- 
mane nel  suo  precedente  diritto  dì  esercitare  lìberamente  la  sai 
religione,  sotto  l'indirizzo  o  rautoritH  della  Chiesa.  Nò  un  tftl 
diritto  poteva  in  lei  cessare  o  venir  menomato  per  V  altrui  de 
fezione.  Onde  gli  Stati  eterodossi  (protestanti  o  scismatici),  i 
quali  inceppano  come  che  sia,  ne'  suiMiti  cattolici  l'tìsercizio  «iella 
religione  0  cercano  sottrarli  all'influenza  degli  ecclesiastici  sa- 
poriorì,  od  a  cagione  della  diversità  di  culto  stremano  in  essi  il 
godimento  de' diritti  civili;  cadono  verso  di  loro  io  maggiore  ti' 
numide,  che  gli  Stati  idolatrici  o  musulmani. 

Xn7À  gli  Stati  otero'iossi  (protestatiti  o  scismatici)  poiché  pro- 
fessano ancor  essi  la  fede  in  Cri.^to,  sono  tenuti,  verso  i  cattolici 
e  la  Chiesa  che  n'è  madre,  a  una  specie  piuttosto  dì  protexioM; 
perchè  se  da  essi  dissentono  quanto  alla  specificazione  de'dommi, 
e  quanto  airobbodìon:!a  dovuta  al  Capo  supremo;  convengono 
nondimeno  con  essi  quanto  al  principio  della  fede  che  è  CristD. 
£  questo  consenso  ne!  principio,  almeno  fondamentale,  tanto  pia 
deve  valere  a  renderli  benevoli  verso  la  Chiesa,  in  quanto  cbfl 
esso  vale  grandemente  presso  la  Chiesa  a  renderla  benevoU 
verso  di  loro.  La  Chiesa,  come  animata  dalla  c-aritÀ  di  Cristo» 
ama  accesamente  tutti  gli  uomini;  anche  quelli  che  sono  foo 
dì  lei.  Tuttuvolta  tra  questi  ultimi  predilige  coloro  che  almeiu 


VSnsO   GLI  STATI   ACATTOUCI  66! 

criHlono  ia  Cristo,  e  che  Ìq  qualche  modo  a  lei  appartengono  in 
Tiriti  dol  battesimo.  Benché  no  deplori  l'errore  ;  contuttocift,  dopo 
i  cattolici,  li  preferisce  agli  altri  nelTamore,  siccome  quelli  che 
aiiotìiio  riconoscuuo  ed  adonino  la  divinità  del  suo  Sposo.  Oltreché 
essi  de  iure  Sono  suoi  figliuoli;  e  se  non  sono  de  fado,  ciò  non 
è  per  propria  apostasia,  ma  per  apostasia  dì  avi,  cho  in  loro  d 
propaga,  e  in  cui  molti  di  loro  persìstono^  non  per  malizia  ma 
per  ignoranza  incolpevole. 

Quello  però  che  vuoisi  in  particolar  modo  notare,  si  ^  T  as- 
soluta incapaciUl  degli  Stati  eterodossi  a  partecipare  qualsiasi 
ingerenza  negli  aCTari  della  Chiesa.  La  ragione  ò  chiarissima; 
perocché  ninno,  che  ò  fuori  d'una  data  società,  è  atto  ad  intro- 
mettersi delle  cose  di  lei,  massime  se  professa  dottrine  ripu- 
goanti  alla  medesima.  Tal  é  la  condizione  degli  Stati  eterodossi; 
i  quali  son  fuori  della  Chiesa,  e  professano  domini  ripugnanti 
alla  credenza  cattolica.  L'autorità  politica  d'uno  Stato  cattolico, 
benché  non  abbia  diritto  di  entrare  negli  affari  religiosi;  tilt- 
tavulta,  attesa  la  purezza  della  sua  fede,  ha  un'attitudine  pas- 
siva ad  essere  soUerata,  per  concessione  delU  Chiesa,  ad  avere 
una  qualche  parte,  nei  modi  possibili,  in  coso  toccanti  la  reli- 
gione. Cosi  abbiam  veduto  i  Principi  bene  spesso  sedere  ne'Con- 
eilìi  0  per  loro  stessi  o  mediante  i  loro  ambasciatori,  a  fine  di 
Aiutare  dei  loro  cunaiglio  i  Padri,  noi  punti  di  contatto  coll'or- 
dine  temporale;  e  così  ancora  fu  largito  a  molti  Principi  il  pri- 
Tiiegio  di  presentazione  alle  sodi  vescoTili,  nonché  a  beneficìi 
minori.  Ma  il  Principe  eterodòsso  è  incapace  di  simigUanti  pre- 
rogative, Kgli  non  s' intende  delle  cose  che  riguardano  la  fede 
cattolica,  né  può  supporsi  animato  da  zelo  per  grinteressi  della 
Chiesa.  Che  se,  dopo  il  trattato  di  Westfalia,  alcuni  Principi  pro- 
testanti di  Germania  ritennero  certi  diritti  di  patronato,  cid  nun 
fu  per  concessione  della  Chiesa,  ma  per  usurpazione  arbitraria. 


€62 


DEL  Dtnirro  della  caiesx 


m. 

La  Chiesa  a  riftconlro  degli  Stati  liberaleschi. 

Il  liberalismo  non  è  un  princìpio  politico  j  è  na  principio 
morale.  Se  consìstesse  puramente  nel  preferire  e  caldeggiare  l 
libori  ordinamenti  di  gorerno  civile,  non  sarebbe  cosa  nuora,  li 
fii  vodrobbo  in  ostilità  colla  Chiesa,  LMdea  di  libertà  politia 
sczkldò  sempre,  più  o  meno,  il  petto  dì  molti,  anche  popolile 
la  Chiesa  si  trovò  non  solo  in  pace  ma  in  alleanza  bene  spesso 
con  repubbliche,  rnoi  aristocratiche  vuoi  popolari.  Klla  accoglie 
con  amore  tutte  le  forme  di  civil  reggimento,  purché  sìeoo  !e- 
gìttioic  e  giusto.  Ma  it  liberalismo  moderno  è  tntt' altro.  La  sua 
idea  è  posta  nelP  assolata  indipendenza  dell'  uomo  da  qtialsitsi 
autorità,  cha  aun  sia  luì  o  non  emani  da  lui.  Benché  noi  con- 
fessi a  parole  e  sia  ignorato  da  non  pochi  di  coloro  che  cìeo* 
mente  lo  seguono,  esso  si  riduce  alla  massima  di  Feuerbad: 
L'uomo  è  Dio  a  aè  stesso.  £  poiché  la  società  non  è  altro  cito 
l'uomo  stesso  ingrandito,  e  Io  Stato  è  quello  in  cui  essa  prende 
corpo  e  persona;  ne  viene  che  il  concetto  liberalesco  si  assomma 
uella  divinità  (IbIIo  Stato. 

Se  lo  Stato  ò  Dio,  esso  solo  ha  diritto  a  regnare  con  anturìtà 
suprema.  Esso  in  ninna  guisa  può  tollerare  che  di  fronte  a  A 
tì  indipundentemente  da  sa  si  ek-vi  un  regno  cbe  si  appelli  «la 
Dio:  Regnum  Dei;  e  molto  meno  può  tollerare  che  cotesto  regna 
pretonda  di  tenere  aggregati  a  so,  bencliÒ  sotto  aspetto  spiri- 
tuale, i  suoi  stessi  sudditi.  Egli  dee  necessariamente  diseono 
scorlu  e  combatterlo;  e  procacciare  o  di  annii.^ntarlo  o  almeno  di 
sottri  inette  rio  a  sé.  Ecco  l'occulta  ragione  della  feroce  guerra,  eht 
gli  Stati  liberaleschi  muovono  contro  la  Chiesa;  ed  ecco  lo  scope 
che  essi  si  prefiggono  di  conseguire. 

Vero  è  che  por  non  suscitare  contro  di  sé  lo  sdegno  e  li 
resistimm  de' cattolici,  essi  si  volgonu  agl'inganni  e  torcano  di 
nascondere  sotto  frasi  bugiarde  od  equivoche  il  loro  bieco  ìnteo- 
dimento.  Essi  protestano  di  non  voler  altro,  che  la  separaKiooe 
de*  due  ordini,  civile  e  religioso,  confusi  finora  tra  loro,  e  la  ri- 


TtRW  GLI  STATI  kc.xrtfa.Ki  663 

idIautioQd  de'proprii  diritti  politici,  lasciaDdo  in  tutto  il  resto 
iena  libertà  alla  Chiesa:  Ubera  Chiesa  ìa  libero  Stato.  Ma 
l&odo  si  viene  a  determinare  particolarineute  queste  vaghe 
parole,  il  velo  si  fa  tanto  sottile,  che  il  penetrarvi  dentro  è  leg- 
giero. Di  btto,  osscrviziTiìo  un  poco  in  ciò  le  sue  frodi  e  Io  sue 
ghorminellft.  Essendoché  in  ima  societji,  già  scissa  in  molte  cre- 
denze, la  sepankzione  dello  Stato  dalla  t'hiesa  può  essere  talvolta 
un'imperiosa  necessità;  il  liberalismo  si  studia  a  tutV uomo  di 
creare  quella  scissura,  aprendo  il  varco  ad  ogni  sorta  di  errori,  e 
non  solo  non  opponendo  loro  alcun  riparo,  ma  favorundolL  anzi  ed 
accarezzandoli.  Proclamata  quindi  la  separazione  predetta,  si  fa 
a  spiegarla  in  guisa,  che  la  Chiesa-  ne  resti  del  tutto  scbiiicciata. 
Prendiamone  un  saggio  dal  Minghetti,  il  quale  tra  i  gonfalonieri 
di'l  liberalismo  gode  an^i  fama  di  modiTuto.  Or  egli  che  cosa 
insegna?  lasciamo  stare  i  punti  particolari,  che  ci  trasportereb- 
bero tropp'oltre,  e  fermiamoci  alla  sola  idea  generale.  Egli  scrive: 
*  Può  lo  Stalo  (intendi  liberalesco)  riconoscere  la  qualitii  di  ente 
giurìdico,  nel  vero  e  proprio  senso,  ad  un'associazione,  la  quale 
BÌ  estendo  fnori  della  sua  giurisdixione  territoriale,  anzi  che  non 
abbia  limito  alcuno,  così  di  tempo  come  di  spazio?  Mi  sembra 
che  la  risposta  torni  agevole  a  darsi,  e  non  possa  essere  che  ne* 
gativa.  Dal  momento  che  lo  Stato  ba  dei  diritti  di  riconoscimento, 
di  TÌgilanza  e  in  certi  casi  anche  di  soppressione,  l'ente  giu- 
ridico dev'essere  nazionale,  non  fuori  dello  Stato.  Dal  che  segue, 
che  la  Chiesa  cattolica  o  universale  può  dirimpetto  allo  Stato 
rimaooru  cerno  un'associazione,  ma  cheJa  qualità  di  ente  giu- 
ridico non  può  riconoscersi  che  nelle  associazioni  parziali,  come 
le  parrocchie,  le  diocesi,  lo  fimdazioni,  le  corporazioni  ^  »  Ecco 
negata  alla  Ohii;sa  cattolica  dìrimptitto  allo  Stiito  la  personalità 
giuridica.  Bla  negata  alla  Chiesa  cattolica  una  tal  qualità,  essa 
non  può  affacciare,  dirimpetto  alto  Stato,  alcun  diritto  di  cui  pro- 
tenda r  inviolabilità  ed  il  rispetto.  Qiuiado  si  udiva  la  forinola 
ibera  Chksa  in  libero  Stato,  sorgeva  subito  in  mente  l'idea 
le  la  Chiesa  cattolica  si  rÌcoiiosa*sse  dallu  Stato,  qual  ossa  ò 


■  Stato  e  Chiesa,  cnp.  IH,  ptg.  108. 


G64  DEL   DIHITTO    DBLLA   CIII»:SA 

rerunento,  società  pubblica,  dotata  di  diritti,  o  corno  tale  si  ri- 
spettasse. Ciò  Tu  un  orrore;  perchè  noa  si  bad&  alla  spiegazìooa 
ohe  poscia  se  ne  sarebbe  data,  cioè  che  per  Chiesa  non  s'  ÌDteai'> 
deva  altrimenti  la  Chiesa  cattolica,  che  come  semplice  assoda- 
ziooe  morale,  priva  di  diritti.  Ma  se  la  Chiesa  cattolica  in  faccia 
allo  Stato  è  priva  di  diritti,  per  non  essere  in  faccia  a  lui  ente 
giurìdico,  ì  diritti  delle  Chiese  particolari  (diocesi,  {mrruccbie) 
d'ondo  traggono  origine?  Non  altronde  che  dallo  Stato  o  dai 
liboro  consenso  de 'cittadini,  riconosciuto  dallo  Stato,  e  sotto  la 
sovranità  dello  Stato.  Ks.su  saranno  ciò  che  sono  tutto  lo  altre 
associazioni  civili,  rìgnardanti  verbigrazia  l'industria,  il  eoa 
mercio,  l'agricoltura,  e  quindi  sottoposte  a  tutte  le  regole  e  taa- 
dizioui  che  la  legge  civile  voglia  imporro  loro.  La  Chiesa  dunqne 
negli  Stati  liberaleschi  non  avrà  più  diritti  proprii,  che  se- 
gano da  lei  in  quanto  Chiesa,  indipendentemente  dallo  Stato, 
3  in  virtìl  della  sola  istituzione  di  Cristo.  I  suoi  diritti,  lo  stessi^ 
suo  organismo  dipenderà  dalla  buona  gra?ja  del  Governo  civile. 
<  Lo  Stato,  dice  il  Minghotti,  secondo  l'opinione  nostra,  lascia 
alla  Chiesa  di  deliberare  i  suoi  statati,  di  fare  lo  sue  deGisìiìoi. 
secondo  certe  forme  e  regole  generali  che  la  legge  avrà  deter- 
minate e  oltre  a  ciò  vi  pone  per  condizione  che  non  contraditi* 
cano  allo  leggi  nò  ai  diritti  dei  privati  '.  »  E  chi  sarà  gindìM 
di  ciò?  Senza  dubbio  lo  Stato.  Aukì  il  Minglietti  vuole  chele 
Stato,  indirettamente  almeno,  si  adoperi  alla  riforma  intona 
della  Chiesa,  introducendo  nell'ammitiistraisiouo  il  laicato  eoi 
principio  elettivo,  da  cai  scaturiscano  riforme  nello  stesso  or- 
dine spirituale.  «  È  evidente,  egli  scrive,  che  introdotto  il  pris* 
cipio  elettivo  ncile  congregazioni,  dove  i  laici  avrebbero  la  mas- 
sima parte,  e  affidata  lero  ramministraiiiono  e  la  responsabiliti, 
11  germe  della  riforma  è  gittato,  è  aperta  cioè  la  via  al  laicata 
cattolico  e  al  clero  minore  di  conseguire  non  solo  nell'ordine 
temporale  d^Ila  Chiesa,  ma  altresì  neirordine  spirituale  quelle 
mutageni  che  rispondano  al  bisogno  della  coscienza  loro  e  alla 
neoesBÌtà  do' tempi...  L'uflScio  dello  Stato  in  questa  luateria,  per 

*  Sfato  e  Chiaa,  «p.  IV,  pag,  171 


VERSO  GLI  STATI  ACATTOLICI  6tì5 

gindÌKÌo  nostro  fìnÌBCe,  quando  esso  abbia  posto  leffislativatmrUe 
il  laicato  cattolico  e  il  clero  minore  in  tali  condi:«iom  da  poter 
rÌTendicare  1  loro  diritti  '.  » 

Queste  parole  non  hao  mestieri  di  commento.  Da  esse  appa- 
risce ohe  Io  Stato  liberalesco  non  solo  si  separa  dalla  Chiesa,  ma 
si  crede  liC'euxiato  a  fare  man  bassa  sopra  di  lei.  Iia  suparaxiono 
di  per  sé  non  importerebbe  nimistà  né  violenza.  Nel  civile  con- 
sorzio son  separate  le  famiglie;  ma  l'ima  riconosco  la  persona- 
lità dell'altra  e  ne  rispetta  i  diritti.  Ma  Io  Stato  liberalesco  alla 
separazione  aggiunge  l'invasione,  outrando  nelle  appartenenze 
stesse  della  Cbiesa  e  ponendo  restrizioni  ed  inciampi  all'  in- 
ileraa  saa  libertà.  Ascoltiamo  di  bel  nuovo  il  Alinghotti.  Kgli 
parlando  delle  cautele  che  esige  Io  Stato  per  1*  idoneità,  alle  pub- 
bliche professioni,  dice:  <■  Ora  si  chioda  so  simìglianti  cautele 
possono  esìgersi  anche  da  quei  cittadini  chi^  vogliono  assumere 
nelle  associazioni  religiose  riconosciute  l' uffizio  di  ministri  del 
culto  e  di  pastori  di  anime,  e  rispondo  di  si  ;  perchfli  anche 
quella  è  una  prufesaiono  pubblica  e  di  grande  importau7<a  -.  > 
E  più  sotti>:  <  Non  vi  sarebbe  contraddizione  alcuna  col  principio 
da  noi  sostenuto,  se  u  coloro  che  si  dedicano  alla  carriera  eccle- 
siastica fossero  prescritti  certi  studii  ed  esami  di  generale  col- 
tura \  *  Così  U  entrare  lo  Stab)  nella  formazione  de' sacri  Wi- 
Bistri,  e  agguaglia  il  loro  ufficio  a  iiiibU»  delle  altre  professioni 
cirili.  La  stessa  ingerenza  egli  vuole  quanto  agli  ordini  religiosi, 
alle  sentenze  de'tribunali  ecclesiastici  o  va  dicendo. 

Or  qaal  ò  il  diritto  della  Chiesa  verso  uno  Stato  siflRatto? 
Qnello  del  Sovrano  verso  il  suddito  ribello,  e  dell'aggredito 
verso  r  ingiusto  aggressore.  KUa  ha  diritto  di  ributtarne  gli 
assalti,  e  costringerlo  al  rispetto  delle  sue  sacrosante  nigiimi. 
Ella  farà  ciò  non  colla  forza  delle  armi;  giacchò  la  Chiesa  ò 
inerme.  Lo  farà  bensì  colla  forza  della  parola  e  coli' assistenza 
del  Laicato  fedele.  La  parola  della  Chiesa  pjirtecipa  deironuipo- 
teoza  divina,  perchè  informata  dello  Spirito  divino.  Di  essa  se- 

'  stato  e  Vhìtsa,  cap.  JV,  pag.  2ia 
'  Stato  e  Ckiean,  «np.  Jll,  paf.  151. 
*  Ki.  [Kig,  l6j 


666 


OBL   niniTTO    DELLA   CSIKSA 


gQatamenbe  parla  san  Paolo,  là  dove  scrive:  Arma  milUiue  n»- 
sirae  tu/»  carnalia  suni^  sed  poi^uUia  Deo  ad  destmcUfntem 
munitionum,  Consilia  fkstnientes,  et  ooinein  aliitudinem  f/* 
vaìUem  se  adversus  scìentiam  Dei  '.  I^a  Toco  della  Chiesa  è  TuCd 
di  Dio;  e  la  voce  di  Dio  è  voce  di  m&gDÌfìceii?^  e  di  virtù:  Voi 
Vomiììi  in  viritUe,  vox  Domini  in  tnagniJicetUia  '.  Essa  stri 
tela  i  cedri  del  Libano:  Vox  Domini  confringentis  cedro$^  H 
PAìnfringet  Dominun  cedros  ÌAhani  '. 

Contro  gli  uBsaltL  del  liiberalismo  la  Chiesa  si  vale  attrai 
dot  LaìcatpO  fedolo.  Noi  dicemmo  già  altra  rolla  che  negli  StaU 
separati  dalla  Chiesa  l'ufficio  di  aiutatore  e  difensore  di  lei  cada 
di  natura  sua  uel  Laicato  cattolico  '.  Ciò  ha  luogo  massimamentd 
negli  Stati  liberaleschi,  in  cui  non  si  tratta  solamente  di  ta 
telare  i  diritti  della  Chiesa  cattolica,  ma  di  farne  riconoscerà  i 
rispettare  la  stessa  esistenza.  Lo  Stato  liberalesco  disconofi:e  li 
personalità  giuridica  della  Chiesa;  ma  non  può  far  lo  stesso) 
rlsi)etto  delta  personalità  giuridica  de'cittadiai.  I  cittadini  cat- 
tolici han  diritto  d'essere  rìcunoscinti  dallo  Stato  come  eattolid 
Se  essi  lo  hiinno  anche  iu  ^cia  allo  Stato  infedele  o  oterodostt, 
quanto  più  in  faccia  allo  Stato  liberalesco;  il  quale  ordinaria- 
mente non  è  altri*  che  uno  Stato  Cattolico  ia  atto  di  apostasii 
dalla  Chiesa.  Egli  cui  suo  fellonesco  ardimento  non  può  per  ferma 
annullare  ne'cattoliei  il  legìttimo  possesso  in  che  sono  della  loro 
religione.  Se  ciò  facesse,  perderebbe  in  faccia  a  loro  ogni  ragiooQ 
di  essere;  perchè  lo  Stato  è^  in  quanto  non  solo  rispetta 
tutela  i  diritti  de'sudditi.  Ora,  se  lo  Stato  liberalesco  è  costretto 
a  riconoscere  i  sudditi  cattolici,  e  quindi  a  rispettare  i  loro  re- 
ligiosi diritti,  è  costretto  a  riconoscere  la  personalità  giuridiet 
della  Chiesa  cattolica;  perchè  i  diritti  d'una  società  al  tnr 
de' coati  si  confondono  co'tUritti  di  quelli  che  la  compongono. 
0  potrebbe  un  membro  vivere  e  liberamente  operare.  9en2a  cliA 
Tira  e  liberamente  operi  il  corpo  di  cui  ò  membro?  Nò  puitft 

'  «•  AD  non.  X.  A. 

>   Pgalm.  XWIII,  i. 

»  Ivi,  5. 

*  Cinlfà  Calloiica.  S*rie  XI,  rol.  XI,  psg.  12». 


VERSO  GLI  STATI  ACATTOLIQ 


667 


e  la  tlistiozione  (Ìel  MinghetU  tra  la  Chiesa  universale,  e  le 
Chiese  esistenti  nello  Stato  ;  perdio  la  Chiesa  è  una,  benché 
dispersa  in  tutto  il  mondo;  e  le  Chiese  de'sin^ll  paesi  in  tanto 
sono,  in  quanto  fan  parte  (lolla  Chiesa  universale,  e  sottostanno 
il  medesimo  capo.  Ogni  lor  potestà,  ogni  vigore  deriva  dall' in- 
;o  di  questa.  Da  lei  disi^ìunte,  che  sarebbero  ess»?  Non  altro, 

e  aridi  tralci,  disgiunti  dalla  vite  e  non  buoni  che  ad  ardere. 

In  tal  guisa  la  feriDe/,:ìa  de' cittadini  a  farsi  riconoscere  come 

.tolici  sforza  lo  Stato  a  riconoscere  la  personalità  giuridica 
iella  Chiesa  universale,  e  quindi  a  riconoscerne  e  rispettarne  i 
ìritti.  Ne  abbiamo  un  recente  esempio  nella  Pnissia.  Quel  nobile 
0,  cedendo  alle  suggestioni  liberalesche,  aveva  anch' egli 
folnto  non  più  ricono.^cere  la  Chiesa  cattolica  come  onte  giurì- 
lieo,  e  colle  famoso  leggi  di  Maggio  trattava  le  Diocesi  prussiane 
»me  tante  associazioni  rpliglose  di  privati,  soggette  allo  Stato. 
Ha  r  indomita  costanita  de' cattolici  a  far  testa  al  Governo  e  a 
pretendere  d'esser  trattati  da  cattolici,  cioè  come  membri  della 
Jhiesa  universale,  lo  ha  costretto  a  cessarsi  diiU' iniquo  conato, 
I  Tolgendosì  al  Papa  trattar  colla  Chiesa  cattolica  da  Stato  con 
ìtato-  Tale  ajtpunto  ella  è,  benché  d'ordino  diverso  dui  politico; 
I  tale,  eziandio  non  volendo,  sarà  forzato  a  riguardarla  ogni 
Ksto  liberalesco,  quando  i  cattolici  de' singoli  paesi  sapranno 
!itautare  la  magnanima  franchezza  e  il  magnanimo  ardire  de'cat- 
olici  pnissiani. 


DELL^  EBRAICA  PERSECUZIONE 

CONTRO  IL  CRISTIAXESIMO 


Articolo  U. 

Dell  universale  congiura  ordita  daifli  elirei  in  hUto  il  mom 
contro  il  cridìoneìtimo  subito  dopo  la  morte  di  Omù  Crid 

Brovementa,  siccome  la  cosa  gi^  di  per  so  nota  soltanto 
cliicdeva,  vedemmo  nelT  articolo  precedente  come  non  giji  i 
slUni  abbiano  perseguitati  gli  ebrei  ma  gli  ebrei  invece  abVit 
pei  primi  perseguitato  il  cristianesimo  fin  dal  principio,  tentafl' 
non  mono  empiamente  che  stoltamente  di  soEfocarlo  nelle 
colpendolo  a  morte  nella  stessa  persona  del  suo  disino  fondatoi 
Facciamoci  ora  a  vedere  oou  quanta  maligna  ferocia  e  frodoltm 
astuzia,  subito  dopo  la  morte  di  Qe.si1  Cristo,  gli  ebrei  non  pfl 
seguitati  né  provocati  abbiano  preso  a  perseguitarne  i  pi 
discepoli,  ordendo  contro  di  loro  non  soltanto  nello  loro  Sinagog] 
ma  in  lutto  il  mondo  pagano,  qui>ir  uniTersate  congiura  di  s 
e  di  calunnie  dì  cui  la  Chiesa  d' allora  fino  a  noi  fu  sempi 
TÌttiiua,  or  più  or  meno  secondo  la  maggiore  o  minore  ìnfl 
obruica  nel  mondo. 

Di  quest' UDiversale  congiara  ebraica  contro  il  cristianesi 
na.'Mionte  tocca  brevissimamente  sì  ma  chiarissimamente  l'ai 
nimo  scrittore  della  Lfltein  a  Diognde  scritta  nel  primo 
da  un  contemporaneo  degli  Apostoli.  Dice  infatti  alla  fi 
Capo  5"  che:  «  contro  i  cristiani  come  contro  stranieri  gli  obi 
«  fanno  guerra.  »  Ma  dell*  astuzia  eoo  cui  questa  guerra  fii 
dita  ci  Diirra  nel  secondo  secolo  curiosi  purticolari  S.  GÌ 
martire  detto  il  Filosofo,  noi  suo  Dialogo  con  Trifone 

<  Dei  torti  (scrive  al  n"  i  7)  che  a  Cristo  ed  a  noi  si  fan 
e  hanno  tanta  colpa  le  altre  nazioni  quanta  ne  avete  voi 
«  ebrei.  I  quali  siete  anche  gli  autori  di  quella  mala  e  p 

<  dicata  opinione  che  hanno  di  noi  e  di  quel  giusto.  Giacché 

<  dopo  avorio  crocefisso  e  saputane  la  risurrezione  e  l' asce 


DELL  eBHAlCA   l>ei(SecUZIU.\E  CONTRO  IL  CnHTIA.VESINO 


669 


<  al  melo,  noa  soltanto  Don  fiiccsto  poniUìnza,  ma  uppiinUi  ullora 
e  spediste  da  Gerusalemme  por  tutto  il  mondo  inviati  ben  sctdti. 

<  I  quali  narraasoro  da  per  tutto  come  era  nata  un'empia  setta 
«  di  cristiani  o  spargessero  contro  di  noi  gmlle  cose  che  difatto 

<  ora  si  dicono  contro  di  noi  da  tatti  quelli  elio  non  ci  conosco- 

<  no.  p  Quali  fossero  gttelk  cose^  ossia  calunnie,  che  gli  inviati 
da  OerusiUeramu  sparsero  poi  mondo  wintro  il  cristiiinesiino  ap- 
pena nato,  apparisco  da  cid  che  S.  Giustino  ags;ÌMage  al  n"  lOS  : 

<  Non  soltanto  non  facesti)  penitenza  dopo  che  sapeste  la  ri- 

<  Barre:tioDO  dì  Cristo,  ma,  come  già  dissi  più  sopra,  sceglieste 

<  nomini  adatti  per  mezzo  dei  quali  da  voi  spediti  per  tatto  il 
«  mondo  fiiceste  sapere  a  tutti  che  da  uà  certo  Gesù  Galileo  era 

<  fikata  fondata  una  certa  setta  empia  od  illegale  ..  Ed  aggiuu- 
c  ^esta  che  Gesù.  Cristo  aveva  insegnato  ai  suoi  discepoli  di 

<  commettere  tutti,  quegli  empii  e  nefandi  delitti  che  anche 
«  ora  andate  spargendo  presso  ogni  sorta  di  pnrsoni)  contro  co- 
«  loro  che  lo  riguardano  come  Cristo,  Maestro  e  Figliuolo  di 
«  Dio.  Presa  poi  la  città  vostra  e  devastata  la  vostra  terra,  se- 
«  guitate  a  dou  fare  penitenza;  che  anzi  osate  bestemmiare 
«  contro  Cristo  e  contro  quegli  che  credono  in  lui.  Noi  poi  non 

<  portiamo  odio  nò  a  voi  nò  a  quelli  che  da  voi  ricevettero 
*  questa  mala  opinione  di  noi.  Ed  anKi  preghiamo  perchè  Dio 
«  a  loro  ed  a  voi  conceda  misericordia.  »  Colle  quali  parole  ge- 
nerali dì  setta  empia,  di  cui  sì  ha  da  tutti  nmla  e  pregiudicaia 
opinione  perchè  praticante  empii  e  ne/aiuU  delitti,  secondo  che 
gli  ebrei  mentivano  tra  i  pagani  contro  i  cristiani,  volle  S.  Giu- 
stino iudicarc  cii>  che  appunto  di  noi  allora,  colpa  gli  ebrei, 
credevano  i  pagani,  secondo  che  apparisce  da  Tacito  ed  altri 
scrittori;  cioè  che  fossimo  atei,  ci  bruttassimo  dì  ogni  infamia 
noi  nostri  conviti,  ci  cibassimo  di  fauciulli,  adorassimo  il  capo 
di  un  asino  e  tutto  quel  resto  di  cui  è  piena  la  letteratura 

■pagana  e  sacra  dei  primi  secoli. 

Queste  tostimonianxe  di  S.  Giustino,  vissuto  non  più  che  un 
secolo  dopo  il  fatto  della  oongiura  ebraica  contro  il  cristianesimo 
nascente,  sono  ripetute  poco  dopo  da  Tertulliano  al  n"  H  del 
Libro  1"  Ad  Natione:^.  «  Testò,  dice,  in  questa  città  {Caria- 
€  ginsj  un  furfante  apostata  anche  dalla  sua  religione  ('diret^}: 


^.^ 


670 


DRLL  enriAfCA  pEiisea'TiONE 


e  giadeo  soltanto  perchè  oircoaciso  e  spellato  anche  peggio  dopo 

*  i  morsi  dello  fiere  (giac-chè  faceva  il  mestiere  di  gtadiatorri 

<  prese  a  camminare  in   pubblico  portando  una   iniagine  rdì 

<  Cristo)  contro  di  noi  cristiatii  con  questa  scritta  OiEocosns 

<  (figliuolo  delVa»ÌmJ.  QoelVimaginiì  aveva  le  orecchie  d'asino. 
«  la  toga  ed  un  libro  in  mano  col  piedi  anoghiati.  Ed  il  volgo 
€  credette  air  ebreo.  Giacché  qual  altra  mzm  vi  6  al  mondo  cho 

*  sia,  come  l'obroa,  il  seinonzaiu  della  nostra  infamia?  Et  ire 
«  didit  vulgus  Ittdaeo.  Quod  enim  atiud  genus  seminariam 
«  esi  infamiae  nostrae?  »  Sapeva  dunqne  Tertulliano  e  ripe 
tdva  come  cosa  a  tntti  nota  che  le  calunnie  contro  i  cristiaol 
credute  dal  volgo  pagano  provenivano  tutte  dagli  ebrei.  Il  eh» 
anche  dice  noi  Capo  23'  del  Libro  3*  contro  Marcione:  «  Pe^ 

*  severando  gli  ebrei  noi  loro  furore  (dopo  Ut  crocejisstone  ài 

<  Gesh  Cristo)  e  bestemmiandosi  per  loro  colpa  il  nomi;  di  Dio, 
«  secondo  la  Scrittura  che  dice;  Per  colpa  vostra  si  bestemmia 
€  tra  le  genti  il  nome  del  Signore;  giacchò  dagli  ebrei  oo- 
«  rainciò  qoest' infamia  fin  cui  è  ora  tra  i  pagani  Cristo  «2 
«  il  cristianesimo)  e  da  Tiberio  a  Vespasiano  non  avendo  fatti» 

<  penitenza,  si  è  fatta  perciò  un  deserto  la  loro  terra.  »  E  nd 
Capo  X  dello  Scorpiaco  :  «  Le  Sinagoghe  degli  ebrei  (dice),  so» 
«  le  fonti  dello  nostre  persecuzioni:  Synagogae  iudaeorum  font» 
e  perRaeutionum.  »  Ed  Origene  pressoché  contoiuporaitoamefit» 
scrìveva  lo  stesso  nel  n"  27  del  Libro  G"  contro  Celso:  <  ToII« 
«  C^lso  che  il  suo  libro  ispirasse  ai  lettori  che  non  ci  conoseon» 
«  di  combatterci  come  bustemmiatori  di  Dio.  Nel  che  pare  si 

<  mile  ai  Giudei;  i  quali  quando  cominciò  a  predicarsi  la  ri' 

<  ligione  cristiana  spargevano  calunnie  contro  di  lei:  sacrìfi- 
«  earsi  da  noi  un  bambino;  cibarci  noi  delle  sue  &irnì;  a  Tolendo 
«  ^re  l'opere  delle  tenebre,  spenti  i  lumi,  ciascuno  di  noi  au- 
«  scolarsi  con  chicchessia.  Le  quali  calunnie  benché   assurda 

<  molto  già  valsero  contro  di  noi  presso  molti.  »  E  nell'Om»- 
lia  X  sopra  ìl  capo  XII  di  Geremia:  <  Anche  ora  vi  sono  nella 

<  selva  i  looni  giudei  cho  vorrebbero  anatemizaaro  tìtjsft  Crìst* 

<  e  stanno  som{M'e  tessendo  insidio  rA)ntro  i  suoi  discepoli.  » 
Lo  stesso  ci  racconta  nel  secolo  IV  Eusebio  Panfilo  nel  Capo  IS 

dot  Libro  IV  della  sua  Storia  ecclesiastica  citando  S.  Giustio* 


GOimiO  IL  CntSTUXBSIMO  671 

quftsti  termini.  «  Egli  scrisse  anche  un  Dialogo  contro  i 
Giadei  da  luì  tenuto  prosso  Efeso  con  Trifone  celebratissimo 
Allora  tra  tutti  ì  giudei  del  suo  tempo.  Dove  anche  riferisce 
le  insidiose  e  frodoleatt  macchÌDazìuai  ordite  dagli  ebrei  contro 
«  le  dottrine  di  Cristo.  >  E  cita  uno  dei  sopraccitati  tosti  dì 
S.  Giustino.  Ma  ciò  ch«  più  mouta,  nei  suoi  Commenti  sopra 
Isaia  dove  spiega  i  primi  due  versetti  del  Capo  IS:  «  Come  è 
'^  accaduto  fbhmid  che  tutti  gli  ebrei  e  dappertutto  con  nnanime 
«  consenso  abbiano  contradetto  alla  dottrina  di  Cristo?  Troviamo 

<  negli  sentii  dei  nostri  vecchi  che  i  sacerdoti  e  seniori  go- 
«  rosolirnitani  delia  naKione  giudaici!,  spedirono  dappertutto  let- 

<  tere  a  tutti  gli  ebrei  perche  accusassero  la  dottrina  di  Cristo 
«  come  nuova  e  come  una  setta  nemica  a  Dio,  ammonendo  tutti 
«  dì  Don  riceverla.  >  K  poco  dopo:  «  Questi  Apostoli  (ossia  in- 

*  viati)  dei  Giudei  portando  queste  lettere  e  navigando  per  mare 

<  e  correndo  per  terra,  dappertutto  infamavano  con  calunnie  il 
«  nostro  Salvatore.  Ed  anche  ora  i  Giudei  sogliono  cliiamare 
«  Apostoli  coloro  che  portano  qua  e  colà  in  tutto  il  mondo  le 
«  lettere  circolari  dei  loro  superiori.  •»  Dove  avranno  già  di  per 
sé  notato  i  lettori  che  Eusebio  qui  non  parla  più  soltanto  della 
testimonianza  di  S.  Giustino,  ma  ancora  in  gonenilu  di  quella 
dei  nostri  vecchi.  Dovevano  infatti  ctinservarsi  ai  tempi  di  Eu- 
sebio molti  scrìtti  di  autori  ora  perduti,  ì  qnalì  narravano  questo 
fatto,  conservatoci  per<>,  grazie  a  Dio,  da  S.  Giustino  e  da  Eusebio. 
E  S.  Girolamo  nel  Libru  1"  sopra  Amos:  «  I  gindoi,  dire,  r-ou- 

<  servando  l'antico  furore  e  l'antica  ira,  anche  ora  nelle  loro 
«  Sinagoghe  bestemmiano  ìt  nome  cristiano  sotto  il  nome  di 
«  Nazarei;  e  purché  riescano  ad  ammazzarci  sono  contenti  di 

*  essere  anche  bruciati  rivi.  » 

Abbiamo  diinqu*.'  fino  a  noi  conservata  sicura  ed  intatta,  per 
l'autentica  testimonian/ia  dei  primi  cìuqiie  secoli  della  Chiesa, 
dft  storici  greci  e  latini  (taluno  dei  quali  certamente  nulla  co- 
piava dall'altro)  la  memoria  certa  di  questo  fatto  storico:  cioè 
che  gli  ebrt'i  subito  dopo  la  morte  di  Gesiìi  Cristo  organixxarono 
C'entro  il  cristianesimo  per  tutto  il  mondo  una  cospirazione  di 
odio  e  di  persecuzione  generale.  La  quale,  come  vedremo,  essi 
andarono  sempre  e   vanno  anche  ora  promov(.mdo  in  tutto  il 


672  DKLL*PJl|IAICA   rERSRCtnnONE 

mondo,  schiamaritando  sempre  dì  essere  essi  ì  persegiiitoU 
noi,  laddove  no  sono  invece  anche  ora  come  sempre  ne  furono  fin] 
dal  principio,  i  veri,  soli  e  principali  persecutori.  E  perciò  ben  poU 
assicurare  il  Mnsomio  al  n"  14  del  Hecoh  primo  del  suo  Libr 
De  reints  ehristianornm  anie  Constantinttm  maynum  (p»g.  9( 
ddir edizione  di  Flelmstadt  1753)  ehe:  «  il  Pontefleo  massiufl 
«  ed  i  Seniori  degli  ebrdi  spedirono  ambasciatori  in  tutte  lil 
«  province,  i  quali  eccitassero  tutti  ì  loro  confratelli  non  soIUat 

<  a  fuggire  essi  o  detestare  i  cristiani,  ma  anche  a  vossarlì  il 
<t  tutti  i  modi  che  potessero  ed  accusarti  presso  i  magistrati. 

<  quali  comandi  dei  loro  superiori  obbedirono  gli  ebroi  dì  tolti) 
«  il  mondo,  fiforiiandosi  di  attizzare  contro  i  cristiani  i  prefetti, 
«  i  giudici  ed  i  popoli  con  varie  calunnie  ed  improbe  maoelu-] 
«  nazioni.  Di  tutte  le  calunnie  però  la  capitale  era   fc(m9 

<  anche  presentemente)  che  i  cristiani  erano  gente   pcrieoi 
«  allo  Statai  e  nemici  della  maestà  imperiale.  GiaccUft  essi  le-| 
«  nevann  per  Dio  e  per  Re  un  certo   malfattore   GosA    Crifitoj 
«  crocefisso  per  giustissime  cagioni   da   Pilato.  Donde  eoi 
«  tanti  lamenti  dei  primi  cristiani  contro  l'odio  e  la  crudeli 

«  giudaica,  che  essi  spesso  dicevano  riuscire  loro  piil  grave 
«  più  perniciosa  che  non   quella  stessa  dei  pagani.  »  Ed  w 
accade  appunto  lo  stesso;  dagli  ebrei  essendo  propriamente 
quella  persecuzione  generalo  contni  la  Chiesa  che  ordinarìamest 
si  snoie  attribuire  ai  loro  figlinoli  i  Frammassoni  ed  i  Lìbei 
I  quali  inspirati  dati' ebreo  sempre  e  dappertutto  dicono  qnelll 
che  gli  ebrei  cominciarono  a  diro  fin  dai  primordìi  del  crislij 
nesimo:  cioè  che  la  Chiesa  è  nemica  dello  Stato;  che  i  crìstiaiii 
odiano  la  patria;  che  il  clerkalistno,  come  diceva  Tebroo  Gì 
betta,  ù  il  vero  nemico.  E  mentre  ora  sotto  la  maschera  del  le 
figliuolo  il  Massonismo  ed  il  Liberalismo  gli  ebrei  oombattood 
i  cristiani,  come  prima  Io  perseguitarono  sotto  la  maschera  d* 
paganesimo,  sempre  schiamazzano,  come  sempre  schiamazzaron'i^ 
di  essere  essi  la  nostra  vittima  innocente. 

Dalle  quali  sì  autorevoli  tcalimonianBC  di  scrittori  dei  primi 
secoli   della  Chiesa,   e  specialmente  da  quella   di  S.  C4iustii 
scrivente  agU  stessi  ebrei  ed  al  più  celebre  allora  di  essi  set 
timore  di  esserne  contradetto  poco  dopo  ed  anxi  durante  l'av*! 


cosmo  IL  CR!STIA.»ESniO 

mimento,  apparisce  in  primo  luogo  la  verità  della  congiura 
;«tuz2ata  dagli  ebrt»i  contro  il  cristiau esimo,  subito  dopo  la 
>rte  di  Gresiì  Cristo.  Apparisele  iu  s«condo  luogo  che  quest'uiii- 
[Tersale  persecuzione  si  doveva  fare,  come  si  fece  e  si  se^ue  om 
«  fare,  specialmente  colle  maldicenze  e  calunnie,  donde  seguono 
I  i  fiitti  contro  il  cristianesimo.  In  terzo  luogo  che  'jueste  calunnie 
'sparse  dagli  ebrei  att^'Cchiroiio  pur  tmppo  allora,  corno  seguono 
■anche  ora  ad  attecchire,  tra  le  genti  dagli  ebrei  gabbate   ed 
aìx&aW  contro  i  cristiani.  In  quarto   luogo  che  tra  queste  ca- 
lunnie ([nella  che  fin  dui  principio  specialmente  promossero  contro 
i  cristiani  gli  ebrei  si  t"*  appunto  quella  che  anche  ora  special- 
mente promuovono  contro  di  noi  gli  ebrei  ed  ì  franinssoni  :  cìoò 
che  i  cristiani  sono  nemici  dello  iStuto  e  della  patria  e  che  il 
elerimlisim  è  il  nemico.  Finalmente  in  quinto  luogo  che,  come 
promettemmo  di  dimostrare,  subito  dopo  come  prima  della  morte 
dì  Ge-sCi  Cristo,  gli  ebrei  presero  pei  primi  essi  stessi  a  persegui- 
tare gratuitamente  e  senza  motivo  i  cristiani  che  non  li  porsegui- 
ìt&do,  ed  anzi  U  amavano  e  pregavano  e  lavoravano  per  loro  bene. 
Ma  di  questa  universale  persecuzione  dagli  ebrei  fatta  e  pro- 
tra tutte  le  genti  fin  dal  principio  contro  il  cristianesimo 
snle,  quando  por  fermo  mai  i  cristiani  non  li  avovano  nò 
seguitati  né  provocati,  abbiamo  anche  eridente  dimostrazione 
NnoTO  Testamento.  E  così  nel   Capo  IV  degli  Atti  degli 
jtoli  (del  quale  come  diù  seguenti  non  citeremo  che  le  parole 
le  fanno  al  nostro  proposìtol,  si  narra  che  avendo  questi    e 
lialmeuto  S.  Pietro  e  S.  Qiovanui  preso  ii  predicare  Gestì. 
risto  al  popolo  di  Gerusalemme,  «  mentre  ossi  parlavano  so- 
f*  praggiunsero  i  Sacerdoti  ed  il  magistrato  del  Tempio  e  i  Sad- 

<  ducei:  misero  loro  le  mani  addosso  (a  S.  Pietro  ed  a  S.  Gio- 

<  ranni)  e  li  fecero  custodire  in  carcere   pel  giorno  seguente. 
L«  Allora  si   raunarouo  i  loro  caporioni  e  i  Beniori,  gli  scribi, 

Anna,  Caifasso,  Giovanni  ed  Alessandro  e  quanti  erano  della 
stirpe  sacerdotale.  E  cliiamati  ì  due  Apostoti  dinanzi  a  sé, 
intimarono  loro  di  non  più  oltre  inseguare  in  nome  di  Gesù. 
E  minacciatili  li  rimandartmo.  Kd  eglino  posti  in  libertà  se 
oe  andarono  dai  suoi  e  fecero  loro  parte  di  tutto.  Allora  questi 

I&t-I'tf  sili.  rol.  ir.  fOK.  e&l  4a  io  sim^no  ISStt 


674  HELL'  l.8ftAlC*   rERSECOZIONe 

«  dissero:  Tu  o  Signore  dicesti  pur  bocca  di  David:  Per  qual 

*  motivo  tumiilfuhrouo  ìe  genti  ed  i  popoli  si  presero  inttWi 
«  cure'f  Si  /ecero  innanzi  i  He  della  terra  ed  i  principisi 

*  adunarono  insieìne  contro  il  Signore  e  contro  il  sito  Cristo. 
«  Imperocché  vei-ameote  si  unirono  in  questa  cìtUl  contro  0«sù 

<  ed  Erode  e  Piluti)  con  le  genti  e  con  i  popoli  d' Israele.  Ed 
«  ora  0  Signore  rifletti  alle  loro  minacce  e  concedi  ai  tuoi  sern 
«  di  parlare  con  tutta  fidanza  la  tua  parola.  E  seguendo  pereì^^ 
«  a  predicare  esacerbato  (Capo  V)  il  Principe  dei  Sacerdoti  e 
«  tatti  (^nelli  del  suo  partito,  che  è  la  setta  dei  Sadducei,  mìser» 
«  le  mani  addosso  agli  Apostoli  e  li  posero  nella  pubblica  pri- 
«  gione:  e  smaniavano  e  tratt-iruno  di  metterli  a  morte.  <*  Dalla 
quale  furono  per  allora  salvi  grazie  all'intromissione  di  Gams' 
tiele.  Kd  avendo  poi  eletto  a  Diacono  anche  Ste&iao  <  6i  len- 
«  rono  contro  dì  Itii  (Capo  VI)  alcuni  della  Sinagoga  cbe  loos* 
«  sero  a  tamulto  la  plebe  e  ì  Seniori  e  gli  Scribi.  I  quali  consigli 
«  sopra  l'aberrarono  e  lo  trassero  al  consiglio:  producendo  falN 

*  testimonii  »  secondo  T  antico  ed  il  moderno  uso  degli  ebrai 
contro  Cristo  ed  i  cristiani.  Ai  qnali  falsi  testimonii  rispondendo 
Stefano  nel  consiglio:  «  Voi  (disse  loro  tra  le  altre  cose  al 
«  Capo  VU)  voi  duri  di  testa  ed  iucirconcisi  di  cuore,  voi  sempre 
«  resistete  allo  Spirito  Santo,  come  i  padri  rostri.  [  quali  ne 
«  cisero  coloro  che  profetarono  la  venuta  del  Giusto  di  cui  voi 
«  foste  ora  ì  traditori  e  gli  assassini.  Airndire  tali  cose  i  Sa- 
«  cerdoti  si  rodevano  e  digrignavano  i  denti,  e  gli  corsero  ad- 

<  dosso  con  furia  e  cacciatolo  fuori  della  città  lo  lapidarono.  B 
«  Stufano  gridava:  SignOTO  perdonate  loro  questo  peccato.  »  Piit 
dal  principio  così  verificandosi  che  i  cristiani,  lungi  dal  perse- 
guitare gli  ebrei,  perseguitati  da  loro  lì  amavano  anzi  e  pre* 
gavauo  per  loro. 

«  Sosoitossi  allora  (Capo  VUI)  una  grande  persecnzione  contro 

<  la  chiesa  di  Grenisalemmo;  sì  che  tutti  (ì  cristiani)  dovettero 
«  disperdersi,  tranne  gli  Apustulì,  pt^r  i  paesi  della  Qiudea 
«  delia  Samaria.  »  Ed  allora  dovettero  ossero  stati  spediti  àn 
Gerusalemme  per  tutto  il  mondo  quelle  ambascerie  di  genta 
scelta,  che  per  tutte  le  Sinagoghe  e  nel  mondo  pagano  sparges- 
sero l'odio  e  le  calunnio  ebraiche  contro  Cristo  ed  i  cristiani. 


conino  IL  CRISTI  ASESIUO 


67J 


Stalo  infatti,  ossia  S.  Paolo,  il  qiialo  aveva  aiutato  alla  lapi- 
dazione dì  santo  Stefano  custodendo  le  vesti  dei  lapidanti  «  de- 
li Tastava  la  Chiesa  entrando  per  te  case;  e  strascinando  via 
«  uomini  e  donne  lì  faceva  mettere  in  prigione.  E  (Capo  IX) 

<  tutto  spirante  minacce  o  strage  contro  i  discepoli  di  Cristo  si 

*  presentò  al  Principe  dei  Sacerdoti  chiedendo  lettere  coramen- 
«  datÌ7.ie  per  Damasc}  alle  Sinagoghe,  affino  di  menare  legati 
«  a  Gerusalemme  ciuanti   uomini   e  donne  avesse   trovati  cri- 

<  stìani.  »  Ottenutele  e  convenite  a  Cristo  per  via,  «  confondeva 
«  i  Giadei  dì  Damasco,  dimostrando  loro  che  GcsO  era  il  Mossia.  » 
Perciò  «  gli  ebrei  fecen»  riaoluKione  di  ucciderlo  e  facovam)  dì 
«  e  notte  guardia  alle  porto  per  ammazzarlo  »  :  cercando  così  dì 
liberarsene  con  metodo  spicciativo,  come  già.  avevano  fatto  (senza 
mai,  3'  intende,  persoguitare  nessuno  ma  essendone  anzi,  come 
sempre  schiamazzano,  perseguitati)  con  Gesù  Cristo  e  con 
santo  Stefano,  ti  lo  stesso  poi,  quando  o  come  poterono,  segui- 
tarono sempre  a  fare  noi  secoli  seguenti.  Il  ciie,  come  vedemmo, 
attesta  S.  Girolamo  nel  luogo  sopra  citato  nel  suo  libro  l"  sopra 
Amos:  «  I  Giudei  conservando  l'antico  furore  e  l'ira  antica 
«  anche  ora  purché  riescinw  ad  ammazzarci  sono  contenti  di 

<  essere  anche  arsi  vivi.  »  E  S.  Giustino  al  numero  IG  del  suo 
Dialogo  con  Trifone:  «  Voi  ebrei  (dice)  aveto  ucciso  il  Giusto 

<  e  prima  di  Ini  ì  suoi  profeti,  ed  ora  disprezzate  e  quanto 
«  potete  avvilito  i  suoi  discepoli  mandandoli  al  diavolo  (dirls 

•  voventes)  nelle  Vostro  Sinagoghe,  Giacché  non  potete  piiì  ora, 
*■  grazie  a  quelli  che  ora  comandano,  alzare  sopra  di  noi  le  mani. 

•«Ma  quando  lo  poteste  fare  sempre  l'avete  fatto.  »  £d  anche 
ora  gli  ebrei  osservanti,  crediamo  che  non  l'osservano,  ma  non 
possono  negare  di  avere  la  legge  talmudica,  loro  comandante  di 
nccidero  i  cristiani  quando  possono  farlo  a  mano  salva,  siccome 
altrove  dimostrammo  ed  è  notissimo  a  tutti  i  mediocremente 
eruditi  nella  storia  e  nella  legislazione  rabbinica. 

E  come  di  S.  Paolo  così  avrebbero  voluto  gli  ebrei  sbarax- 

zarsi  di  S.  Pietro.  Giacché  (Capo  XII)  •>  avendo  il  Re  Erode 

«  preso  a  maltrattare  alcuni  cristiani  ed  ucci^  di  spada  Gia- 

'•<  corno  fratello  di  Giovanni:  «  vedendo  che  ciò  dava  piacere  ai 

«  Gittdei,  volle  catturare  anche  Pietro.  £d  avutolo  nelle  mani 


C7C 


DELL  RORAICA    PenSRCtZIOKE 


*^  lo  mìsti  in  prigione.  »  Donde  fu  liberato  dall'Angelo.  E  per 
«  Erode  comandò  che  fossero  menati  a  morte  i  suoi  caro^n 
Ito  poi  S.  Paolo  con  Barnaba  in  Antiochia  della  Pi^...^  . 
conFertendo  molti  *  i  Giodei  (Capo  XUE)  veduto  qoel  conwrso 
«  si  riempirono  di  zelo  o  bestemmiando  contradicevano.  K  mìsero 
«sa  matrone  timorate  e  ragguardevoli  e  i  principali  nomini 
«  della  città  e  suscitarono  persecuzione  contro  di  loro  e  li  «ac- 
»  ciarnuo  dal  loro  territorio.  »  E  poco  dopo  in  Iconio  «  avvenne 
«  similmente  (Capo  XIV)  che  molti  ebrei  e  gentili  credendo  ti  \ 
«.  due  Apostoli,  i  giudei  misero  su  od  irritarono  gli  animi  dei 
«  gentili  contro  ì  fratelli.  K  sì  sollevarono  contro  loro  gentili 
«  e  giudei  coi  loro  capi  affine  di  oltraggiarli  e  lapidarli.  *  Od* 
deche  partitisi  di  colà  e  venuti  a  Lislra  dove  furono  bene  ac- 
colti, subito  •>  sopraggiunsero  da  Antioirhia  e  da  Iconio  alcuni 
€  giudei  che  sciolsero  la  moltitudine  e  preso  a  sassate  Paula  lo 
«  strascinarono  fuori  della  città  crmkndo  di  averlo  uccìso  feri- 
«  siimantes  eum  mortuum  essej.  •*  Ma  gra7,ie  a  Dio  fìi  salvo 
anche  allora  dallo  ebraiche  persecuzioni.  Parimente  in  Teasab- 
nira,  dove  vi  era  una  Sinagoga,  predicando  Paolo  con  Sila  ed 
avendo  convertiti  alcuni  ebrei  e  molti  gentili  *  i  Giudei  (C»- 
«  pò  XVU)  mussi  da  zelo  prendendo  seco  alcuni  mali  nooiinì 
«  del  volgo  e  fatta  gente  misero  la  città  in  tumulto  e  comin»* 
«  sero  la  moltitudine  ed  i  magistrati  gridando:  Ecco:  sono  re-' 
«  tinti  andie  gtti  coloro  che  mettono  sottosopra  il  mondo.  Co- 
«  gl'Oro  fanno  contro  gli  editti  di  Celare  dicendo  esservi  un 
«  altro  Re  Gesit  :  »  servendosi  dell'accusa  polìtica  come  avevano 
fatto  già  con  Gesù  Cristo  e  seguono  anche  presentemente  a  fare' 
coi  clericali  ossia,  cristiani  in  Francia,  in  Italia  e  dovunque  hanno 
qualche  influenza.  Perciò  S.  Paolo  e  ì  suoi  dovettero  partire  da 
Tessalonica  ed  andare  a  Berea  nella  Sinagoga  dei  Giudei.  «Co- 
«  storo  erano  più  generosi  di  quelli  di  Tessalonica  e  molti  di  loro 
«  credettero.  Ma  appena  saputo  ci6  i  Giudei  di  Tessalonica  corsen) 
«  a  Berea  ad  incitare  e  muovere  a  tumulto  la  città.  ^  Ondech^ 
Paolo  dovette  partire  anche  da  Berea.  K  giunto  a  (Jorinto  e  colà 
predicando;  «  i  Giudei  (Capo  XVIII) oontradicevano  e  besterauiia- 
*  vano:  e  si  levarono  su  tutti  d'accordo  i  Giudei  contro  Paolci 
«  e  Io  menarono  al  tribunale  »  che  non  essendo  composto  di 


OOIfrnO  IL  CRKTIA.tESIMO 


eri 


^i  l'accolse  subito.  R^caodosì  poi,  di>po  molti  altri  viaggi,  per 
maro  in  Siria  <  gli  ebrei  (Capo  XX)  gli  tosom  insidie  nella 
navigazione.  »  Del  cbo  fé'  cennu  pui  in  Mìleto  agli  efesini  To- 
natilo a  TÌsitare  dicendo:  «  Tei  sapete  come  io  sia  stato  tra  voi 
-^  tra  le  lagrime  e  le  tentai^ioni  che  mi  assalirono  per  te  insidie 
dei  Giudei.  >  E  tornato  a  Geni  sale  mme  <  i  Giudei  dell'Asia 

<  Capo  XXI)  vedutolo  nel  Tempio  concitarono  tutto  il  popolo 
«  e  gli  mìsero  le  mani  addosso  gridando.  K  si  mosse  a  minore 
«  tutta  la  città.  K  mentre  cercavano  di  ucciderlo   il  Tribuno 

<  lo  salvò  dalle  luro  mani,  facendolo  condurre  in  prigione.  La 

*  moltitudine  dei  giudei  lo  seguiva  gridando  Levalo  dal  mondo.  * 
E  parlando  Paolo  ai  Giudei,  questi  (Capo  XXII)  gridavano: 
•t  Togli  costui  dal  motìdo;  giacché  non  è  giusto  cfie  egli  v!>:a.  » 
Svelatosi  poi  Paolo  per  cittadino  romano  e  «  (Capo  XX  [II) 
«  temendo  il  Tribuno  che  Paolo  non  fosse  dagli  ebrei  fatio  in 
«  pezzi,  lo  fece  condurre  agli  alloggiamenti.  Iiit:iuto  alcuni  ebrei 
«  giurarono  che  non  avrebbero  mangiato  nò  bevuto  finché  non 
«e  avessero  ucciso  Paolo.  Ed  erano  più  di  quaranta  quelli  che 
«  fecero  questa  congiara.  »  Il  che  saputo  dal  Tribuno  trasse 
Paolo  in  salvo  a  Cesarea.  ■>  Dove  subito  (Capo  XXIV)  corsero 
da  Gorasalommo  i  Seniori  con  Anania  Principe  dei  Sacerdoti  ed 
na  certo  oratore  Tertutlo  cbe  accusò  Paolo  a  Felice  preside 
come  *  uomo  postilenniale  che  istiga  a  sedizione  (òempre  co- 
«  titnnie  di  genere  politico)  tutti  i  Giudei  per  tutto  il  mondo; 
«  il  quale  è  anche  capo  della  ribclliontì  della  setta  de'Nazarei. 
«  E  i  lestimonii  giudei  (sempre  leali  e  veritierij  soggiunsero 
«  che  le  cose  stavano  così.  >»  Passò  intanto  due  anni  in  prigione 
&  Cesarea  quando  (Capo  XXIV)  «  i  principi  dei  sacerdoti  e  i 
«  più  ragguardevoli  giudei  pregarono  ì^'esto  Preside  di  far  con- 

*  durre  Paulo  a  (terusalemiue,  tcndendoffli  insidie  per  ammaz' 
«  zarlo  nel  viaggio.  *  E  come  Paolo  ebbe  appellato  a  Cesare 
e  fu  a  Koraa,  andò  alla  Sinagoga  dove  (Capo  XXVIIF)  gli  ebrei 
gli  dissero  duo  cose  contmdittorio:  Cioè  ftnentendoj  in  primo 
luogo  che:  «  noi  nò  abbiamo  ricevute  lettere  intorno  a  te  dalla 
«  Giudea,  né  è  venuto  alcuno  dei  fratelli  ad  avvisarci  o  dirci 
«  alcun  male  di  te.  »  E  in  secondo  luogo  ((licendit  il  vero)  che: 
«  rìgmirdo  a  questa  setta  (dei  cristìanij  è  noto  che  dappertutto 


^ 


678 


DELL  eBRAICA   PERSSCVUOrtE  COKTAO  IL   CRISTI  A  NESIHU 


«  lo  si  contrudìce.  »  £  le  coutradisson»  subito  anche  gli  ebm 
di  &«tu&.  «  Alcuni  credevano  ed  altri  no.  Ed  essendo  discordi 
«  tra  loro  se  ne  andarano.  K  disso  Paolo  questa  sola  parola:  1» 
«  Spirito  Santo  ben  parl^  por  bocca  d' Isaia  di  quiìsto  popolo. 
«  Udirete  e  ìton  intenderete:  vedrete  e  non  distinguerete.  Si 
*  è  incrassaio  il  cuore  di  questo  popolo.  K  si  partirono  da  lai 
«  i  (riudoi  questìoaaado  forte  fra  loro.  *  Ma  poco  dupu  accur- 
datisi  tutti  contro  gli  A|K)8tolt  ed  il  cristianesimo  che  si  andare 
propagando  tra  i  pagani  di  Homa,  organizzarono  contro  lom 
quella  crudelissima  persecuzione  detta  di  Nerone  la  qu^e  per6 
più  propriamente  dee  dirsi  degli  ebrei  come  vedremo. 

Intanto  por  ora  giìi  soltanto  dal  fin  qui  esposto  si  pu6  chii- 
ramentc  vedere  cotue  iu  tutte  lo  parti,  dovunque  S.  Paolo  ed  Ì 
cristiani  trovavano  ebrei,  trovavano  persecutori.  Laddove  iufeee 
dove  Don  trovavano  ebrei  trovavano  talvolta  udienza,  talvolta  in- 
differenza, ma  non  persecuzione.  Che  an/j  dai  gentili  essi  furono 
spesso  difesi  contro  gli  ebrei.  I  quali  non  soltuto  nelle  loro 
Sinagoghe  ma  anche  tra  i  gentili  ceravano  sempre  di  eccìtan 
odio  e  pericoli  anche  di  vita  contro  gli  Apostoli  ed  i  crìatìaoì: 
secondo  chu  del  resto  vedremo  essere  sempre  accaduto  anche  nà 
secoli  posteriori.  Sempre  infatti  fu  vero  od  è  vero  anche  ades» 
che,  come  diceva  Tertulliano:  Stjnagogae  itidaeorHtn  fonUt 
persectdimium.  Credìdit  lutlgus  iudaeo.  Quod  enim  alittd  gè- 
fius  seminarium  est  infamiae  iiostrae?  K  sì  vede  infatti  aucbe 
ora  da  tutti  colla  propria  esperienza  che,  secondo  la  maggiore  « 
mbore  influenza  ebraica  nel  mondo,  maggioro  o  minore  è  anche 
la  persecuzione  del  mondo  contro  la  Chiesa. 

E  poìchò  massima  pare  ora  essere  nel  mondo  quest'ebraica 
influenza,  ò  ben  naturale  che,  salva  sempre  ta  divina  promessa 
del  Portae  inferi  non  praerahf}unty  massima  parimente  paia 
ora  essere  la  persecuzione  contro  la  Chiesa  anche  ed  appunto  nel 
mondo  cristiano.  Il  che  egregiamente  e  con  universale  applauso, 
non  ostanti  parecchie  scusabili  ine%ittozzc,  dimostrò  testé  il  Drum- 
mout  nella  sua  France  Jutve  giunta  ormai  a  pirt  che  trenta  odi- 
sioni.  E  come  della  Francia  cosi  delle  altre  parti  dell' Europa 
civile  e  cristiana  si  potrebbe  (acilmeute  dimostrare  lo  stesso. 


E  TESORO,  Li  BIBLIOTECA  E  L'ARCHIVIO  DEI  PAPI 

NEL  SECOLO  XIV. 


IIL 

Il  lairocinio  del  Tesoro  in  Lucca     « 

Appena  fu  giunta  in  Avignone  la  triste  novella  della  morto 
ì\  Cardinal  Gentile,  accaduta,  come  dicemmo,  a  Lucca  il  27  ot- 
tol)re  1312;  il  Pontefice  Clwmcnte  V  incariod  due  dei  Cardinali, 
che  erano  stati  deputati  ali'  incoronaKione  romana  di  Enrico  VII, 
Loca  Fioschi  «  Arnaldo  de  Falgerns  (di  Piìla^ruo),  di  racco- 
gliere Vereditù  del  Cardinal  defunto  (al  tutto  distinta  da!  Tesoro 
papal*})  e  riporla  in  luogo  sicuro,  fino  a  tanto  che,  conoaciuto 
il  tenore  del  testamento  da  lui  lasciato,  il  Papa  prendesse  le 
disposizioni  convenienti.  I  due  Cardinali  eseguirono  prL>ntamente 
la  commissione  avuta;  e  l'ereditai  del  Gentile,  rinchiusa  in  15  for- 
KÌeri,  venne  deposta  nel  Convento  dei  Domenicani  di  S.  Romano 
ìq  Lucca,  e  ivi  serbata  nomine  romane  ecclesie';  mentre  11 
Tesoro  papale,  venuto  da  Poriigia,  continuava  a  custodirsi  in 
S.  Frediano.  Ma  l'uno  e  l'altro  dei  preziosi  doi>ositi  non  tarda- 
rono a  divenir  preda  del  rapace  e  sacrilego  furore  dei  Ghibellini. 

Il  U  giugno  13U,  i  Ghibellini  di  Pisa,  capitanati  da  l'gnc- 
cione  della  Faggiuola,  e  rafforzati  dalEa  masnada  de'suoi  Tede- 
schi e  dai  fuoniseìti  di  Lucca,  d'intelligenza  con  Castrnccìo 
degli  Antelmincili,  fecero  una  improvvisa  irruzione  nel  Lucchese, 
e  levato  a  romore  tutti  intorno  la  terra,  invasero  la  città  e  armata 
mano  se  ne  impadronirono,  commettendovi  per  più  giorni  stragi 
e  rapine,  tra  le  quali  la  miiggioro  fu  quella  appunto  del  Tesoro 
pontifìcio.  <  La  città  di  Lucca  (narra  il  Villam-*)  perii  Pisani 

'  EiiRi-F^  ìkW Archi 0  sBpra  tinto,  pajr.  435-536. 
'  Istorie  Fiorentine.  Uh.  l\,  e  59. 


680  IL  TESORO,   LA    SIBLIOTECa   E  L' ARCUI V10  DEI   PAH 

e  Tedeschi  fu  corsa  e  spogliaU  d'ogni  rìocbozaa,  che  per  otto 
di  bastò  la  ruberia...  cou  molti  riiicidii  e  incendii.  E  oltr*  t 
ciò  il  tesoro  della  chiesa  dì  Roma,  cha  il  cardinale  messere  Oli- 
tile da  Montefiore  della  Marca  avea  per  comandamento  del  Pap» 
tratto  di  Houia  e  di  Campagna  e  del  Fatrìmonìo  *,  e  avealo 
lasciato  in  S.  Friano  di  Lucca,  per  Io  detto  Uguiccione  e  sud 
masnade  Tedesche  e  per  li  Pisani  tutto  fu  rubato  e  portalo  in 
Pisa.  K  non  si  ricorda  di  gran  tempi  passali,  che  ona  città 
avesse  si  grande  avversità  e  perdita  per  parte  cho  yì  rienlrasa» 
(la  parto  dei  fuorusciti  Ohibelliui),  come  ebbe  la  città  di  Luce» 
d'avere  e  ài  persone.  > 

Nò  il  Tesoro  papale  soltanto,  riposto  in  S.  Frediano,  andò 
preda  dei  sacrileghi  ladroni  di  Fisa,  ma  tutta  altresì  l'eredità 
del  Cardinal  Gentile,  che  era  in  S.  Romano.  Imperocché  la  sera 
del  2  dicembre  del  medesimo  anno  1314,  prcsontossi  d'improT- 
viso  al  CiiQTento  dei  Frati  Domenicani,  con  uno  stuolo  d^armati 
Ser  Tentura  de  Comitato  Florentiìw^  Vicario  del  Podestà, 
Francesco  della  Faggiuola;  e  non  ostante  le  proteste  dei  Frati *> 
s' impadronì  di  quanto  aveano  in  casa  d'oggetti  preziosi  \ 

Il  latrocinio  era  avvenuto,  durante  la  lunga  vacanza  della  Sede 
apostolica  che  corse  tra  la  morte  di  Clemente  V  (20  aprile  13U) 
e  l'elezione  di  Giovanni  XXII  (7  agosto  1316):  laonde  potè 
per  oltre  due  anni  passare  impunito.  Ma  il  nuovo  Pontefioe 
Giovauni  no»  tardò  a  levar  alto  h  voce,  ed  a  colpire  dei 
meritati  anatemi  gii  autori  doir  esecrando  misfatto.  In  prima, 
con  una  Ijettera  del  31  marzo  1317,  che  leggesi  fra  le  Ex- 
iravuganies  communes  {De  ftirtisj^  ed  è  contro  gli  Infiddìs 
et  atolidae  perditionis  alumni,  i  quali...  ìUam  thesatiri  sui 


'  Con-^i  coH'EHiaE  <ArchÌv  png.  23'ìi,  tratto  di  Peruffia.  II  l'ai»  Cio- 
Tanni  SXIl.  iti  varifl  sur  Lettere  ricordamlo  qupsto  lairocioio,  dice:  tAaiaurwm, yai 
i>K  l'Kitt^Kio  (e  nou  (l'iilCroude)  ad  civitattm  Lneanam  de  mnndato  ft.  re.  Ciò- 
tnentia  papac   V...  portatia  txHttrat. 

*  L'Atto  tli  [ir<>tc.<iL.'i  tiri  t'i'ioiT  iti  S.  [lomnna,  si  lif^e  presso  II  Ball'ZH).  ìli- 
Befllanen,  i.-.li/.  Mi\*i,  IV,  617);  »l  il  Ppocaso  contro  i  rapitori,  nelle  Vìiat 
l'aparum  AKinionmtium  (11,  305^1)  (lui  medisimo  Antorc 

*  F.mis..  Arehic  pa^.  237. 


NEL   SECOLO   XÌY. 


68f 


maximam  pariem,  quae  de  Perusìo  ad  civUatetH  Lucanam  de 
mandato  fé.  ree.  Clementh  papae  V  praedecessoris  nostri... 
extiierai  deportata  et  qaae  in  sacrisiia  mmxasierii  S.  Frediani 
'Zmoanenns  (une  iemporis  servabaiur^  deinde  ad  cameram 
praedecessoris  eìtisdem  jideliter  deferendam,  tempore  invasionis 
ctvitatis  Lucanac  direpsirunt  in  praedam  etc.  Dolio  stesso 
giorno  è  un'altra  lettera  contro  i  colpevoli  del  furto  di  S.  Ro- 
nuno.  Più  tardi,  in  altre  Lettere  il  medesimo  Pontefice  ricorda 
e  lamenta  cotesto  latrocinio  di  Lacca:  come  in  quella  del 
31  marzo  1318,  Inter  curas  innumeras,  scritta  contro  Ca- 
atrnccio;  e  in  un'altra,  Aìi^it  nos,  del  30  aprile  1325. 

Ma  quanto  al  riaver  nulla  dulie  ricchezze  derubate,  tutto  fu 
indarno.  Gli  artigli  ghibellini  eran  troppo  tenaci,  né  era  punto 
a  sperare  che  fossero  mai  per  rilasciar  briciolo  delle  prede  gher- 
mite; le  quali  d'altronde  andarono  in  breve  disperso  e  distnitte, 
chi  sa  per  quante  mani.  Soltanto  si  sa,  che  Giovanni  XXII, 
aTendo  inteso  che  una  insigne  particella  delia  Croce  ed  alcune 
altre  Reliquie,  dal  furto  di  S.  Prediano  erano  pervenute,  per 
Iraditionem  NÌcolo3Ì  Dani  factam,  al  Convento  dei  Francescani 
in  Genova,  ordinò,  con  Lettera  del  21  agosto  1320  ai  Vescovi 
di  Catania  e  di  Soana,  di  ripeterle  in  nome  della  Camera  papale 
e  mandarle  ad  Avignone  '. 

Del  Tesoro  antico  pertanto,  che  sotto  Benedetto  XI  era  stato 
da  Bonia  traslocato  a  Perugia,  non  rimase  salvo  che:  1"  quel 
tanto  che  noi  1805  il  Vescovo  Giovanni  dì  Spoleto  aveva  portato 
per  la  coronazione  di  Clemente  T,  da  Perugia  a  Lione,  e  indi 
r^  Avignone;  e  anche  di  cotesto  tanto  una  buona  parte,  alla 
morte  di  Clemente,  venne  involata  da'suoi  nipoti,  che  vennero 
perciò  processati  da  Giovanni  XXII  ^  ;  2"  quel  residuo,  che  nel  1312, 
dopoché  il  Cardinal  Gentile  ebbe  staccata  dai  Tesoro  o  portata 
a  Lucca  la  maggiore  e  più  ricca  porzione  —  thesauri  «ixeuì» 

•  ArcMr  pa?,  Ì^ÌH. 

'  Jfcl  Codiai  ili"  iìnW Archirium  Avinionenae  ili  Vaticano,  dopo  l' Incenlarmin 
bonornm  viobilium  Cltmentiii  r,SÌ  legge  il  Pr^ticetnus  eonlra  tuurpatorea  eorum, 
che  erano  Bertranitu»  de  Guto,  Vicerome»  Leomanie  et  AUivillarii,  iiijioU  di 
Clemealc. 


68S  IL   TESORO,   LA   BlBtlOTeCA   E   t.' ARCntVtO   DEI   PAM 

pxETEit'  —  quel  residuo,  diciamo,  che  fu  lasciato  iu  Perogìa,» 
poco  appresso  renne  trasrorìto  e  deposto  Della  basilica  di  S.  Frao- 
ccsco  d'Assisi.  K  dì  quost' ultimo  ci  rosta  ora  a  Darraru,  con 
alla  mano  i  nuovi  Documenti  pubìjlicali  dall' Ehrle,  qoaì  din- 
Btri  anch'esso  ìnoontrasse. 

IV. 

Il  latrocinio  del  Tesobo  in  Assisi 

La  tomba  Teneratissima  di  S.  Francesco  in  Assisi,  a  la  gru 
Basilica  che  sorge,  piantata  a  guisa  dì  Ìotìq/jo.  sopra  gigan- 
teschti  costruzioni  in  sullo  sprone  dei  colle  occupato  dalla  cittiu 
era  già  da  gran  tempo  tenuta  per  luogo  sicurissimo  ove  serbare 
in  salvo  qualsiasi  deposito  di  danari  e  oggetti  preziosi;  e  coma 
tale  era  adoperata  a  Gdanza  da  Papi  e  Cardinali  e  da  ricchi 
signori  e  mercatanti.  Così,  da  una  Lettera  di  Alessandro  IT, 
data  da  Anagni  ìl  24  settembre  1255,  sappiamo  che  Idoo- 
cenzo  IV  suo  predecessore,  avea  fatto  deporre  m  sacj'islia  eeclt' 
siae  S.  Franciscì  e  raccomandare  al  Guardiano  del  Conventi» 
...  libros  ef  qnaedam  alia  botta  appartenenti  alla  Sauta  Sedfr, 
ì  quali  da  Alessandro  son  ridomandati.  Parimente  Clemente  IV, 
in  una  sua,  data  da  Titerbo,  scriveva  al  Guardiano  di  Assia 
intorno  a  certi  arnesi  da  guerra  dell'armerìa  p<ipale  che  custo- 
divansi  in  S.  Francesco:  Ilecepimus  arma  et  alia  guae  per 
nurUium  nostrum,  siciit  v(^is  niandavimi^i,  destiuastis.  Vndi 
cum  adhìtc  indigeamus  guibusdam  armaturisj  gutie  suM  in 
scriniis  pcnes  vos  de  mandato  nostro  depositis,  volumus...  gue^ 
ienus  easdem  artnaluras...  tiobi^  destinelis.  E  Gregorio  X,  da 
Firenze,  il  23  giugno  1273,  ordinava  al  Guardiano  di  ooow- 
gnare  duo  scrinia  nostra  cum  aliis  rebus  noslrùs  in  doma 
vestrn  diposita,  al  famìglio  papale  mandato  a  farne  rìsGoesL 
Con  Atto  del  giorno  11  maggio  1282,  un  ootal  Galganuctiits 
familiaris  magnijici  viri  dìii  Bertitldì  de  Jiliis  Tirsi  {il  celebra 
Bertoldo  Orsini,  nipote  di  Nicolò  III  e  Settore  della  Komagna) 
dava  quietanza  ai  Frati  di  S.  Francesco  de  mille  fortnis  ai' 

'  Utlera  dì  Giovnnni  .\X1I,  del  III  miirzo  1317. 


NGt  SBCOIO   XIV. 


683 


Ttis,.,  de  ere  seti  pecunia  dicti  domiiii  deposta  apud  ecchsiam 
S,  Frajicisci  E  similmente,  il  19  agosto  I2SS,  certi  mercanti 
Ài  Pistoia,  muniti  di  lettere  procuratorie  portanti  il  sigillo  del 
Cardinale  Pietro  Peregrosso,  ristwtevano  dal  Oiiardiano  di  S.  Fran- 
<esoo  quatuor  scrinia  serrata  et  sigillata^  cho  nel  guunaìo 
Scorso  un  socio  dei  medesimi  merranti  deposmrat  in  saeristia 
ioci  S.  Francitìci  '. 

Cleniònto  V  aveva  dunque  ottima  ragione  di  affidare  auch*egli 
alla  guardia  di  S.  Francosco  in  Assisi  quella  parte  del  Tesoro 
pontificio  che  dovea  rimanere  in  Italia.  In  S.  Francesco,  il  ripo- 
stiglio dello  coso  preziose,  e  per  chiamarlo  con  voce  antica,  il 
gazofilacio,  era  nella  Sagrestia  superiore  dfìi  gran  tempio;  il 
quato,  siccomo  ò  partito  in  duo  chiese,  bassa  ed  ulta,  così  ha 
du«  Sagrestie,  l'una  inferiore,  l'altra  superiore.  ì/ inferiore  ftk 
parte  del  basamento  della  torre  massiccia  del  campanile^  uè  ha 
altro  accesso  che  dall'  interno  della  chiesa  :  la  compongono  dae 
grandi  ciimere  a  Tolta,  sopra  le  quali  sono  due  altro  stan:to 
spaziose,  ma  meno  elerate.  Al  di  sopra  di  queste  stanze  posa 
la  Sagrestia  superiore,  dalla  quale  si  entra  in  una  gran  sala 
attìgua,  cho  oggi  chiamasi  Cantera  dei  paramenti.  Or  questa 
nltima  Camera  è,  a  giiidicio  dell'Ebrle,  quella  appunto  ore  fu 
riposto  il  Tesoro  papale,  perocchò  ad  essa  meglio  cho  ad  ogni 
Altra  rispondono  tutto  le  indicazioni,  fornite  dai  Documenti  del 
secolo  XIV:  altior  quaedam  camera  sacristie;  in  sacristia  su- 
perioriy  per  gnam  immediate  accesstts  seu  ingre^sus  hahetur  ad 
cìjO:ru  ubi  uictus  thesiikis  fPapaeJ  est  repositus  ;  e  piil  esplici- 
tamente SiL'arsTi-i  p»PB,  qucK  est  ii'xta  sacristum  supkriokkm  con- 
twnjus  S.  Francisci'.  E  quivi  altresì,  insieme  CJtl  tosoro  pontificio, 
probabilmente  sorharansi  tutti  gli  altri  depositi  preziosi  affidati 
al  celebre  santuario. 

La  qualità  e  fortezza  del  sito  rendeva  sicurissimi  cotesti  de- 
positi  da  ogni  assalto  di  prodoni  cho  movessero  dall'esterno  della 
dttà,  le  cui  robuste  mura,  sormontata  da  un  gagliardo  castello, 
abbracciavano  nel  loro  circuito  hk  Basilica:  e  finché  la  città  fosso 

■  Vedi  i  ilocumpnti,  citati  dill'  Eiini£,  AreMv  pag.  4fì-4'. 
*  Ivi,  p«g.  47. 


684  IL  TESDKO,  tA  BIBLIOTECA   E   L'aXCHIVIO  DEI   PAfl 

fedele  al  Papa,  questi  non  aTea  nulla  da  temere  pel  suo  tesoro. 
Ed  Assisi  di  fatto,  già  fìn  dal  mòmì  del  secolo  XIII,  erasi  mia- 
tenuta  fedelissima  alla  causa  guelfa  e  devotissima  al  Pouleflee: 
di  che  avea  meritato  da  parecchi  Papi  l'onore  di  insigni  elogi. 
Ila  Dei  primi  anni  di  Giovanni  XKU  le  cose  ad  un  tratto  mii- 
taroii  faccia.  £  G^hibellini  e  i  fuorusciti  dell'Umbria,  »palleggiatt 
da  quei  delle  Marche,  alla  testa  dei  quali  era  il  celebre  capi- 
tano, Couti'!  Federico  da  Muntefeltro,  fecero  una  gran  levata  di 
scudi,  e  riascìrono  con  improvriso  colpo  di  mano  a  impadronirsi 
di  Assisi  e  poi  di  Spoleto,  ed  a  cacciarne  a  loro  volta  ì  Guelfi. 

Di  questa  rivoluziono  d'Assisi  il  Crìstofani,  storiografo  delli 
città',  non  dìi  che  iiu  breve  cenno,  tratto  dalla  Cronaca  Peru- 
gina del  QraKiani  (scritta  eira  il  1491),  che  dice:  «  1319  adì 
29  aepterabre,  in  questo  miUesimo  fuoro  cacciali  glie  Ghelfì  dt 
Àsese,  rimasene  signore  Nuccio  di  ser  Francesco  ^  >  Ma  i  Do- 
comenti  oggi  pubblicati  dall'Ehrle  spargono  sopra  queste  epì- 
sodio  della  storia  ghibellina  d'Italia  nuova  luce,  rivelandoci  Id 
belle  geste  dei  nuovi  padroni  d'Assisi. 

I  Ghibellini  aduuque,  entrati  armata  mano,  il  29  settembre 
del  1319,  nella  città,  con  alla  lor  testa  il  cavalìer  Mttsio  di 
ser  Francesco,  che  prose  il  titolo  di  Oapitaiu^  d'Assisi,  appciu 
si  furono,  colla  cacciata  dei  Giioin,  assettati  nel  nuovo  dominio, 
la  prima  cosa  volsero  l'occhio  al  bel  tesoro  che  gìacea  nella  sa- 
grestia di  S.  Francesco,  e  fortemente  se  ne  invaghirono.  Asà 
è  probabile  che  già  da  lunga  mano  eglino  avessero  volte  costà 
le  cupide  brame,  e  che  il  colpo  da  lor  tentato  e  cosi  ben  riu- 
scito sopra  Assisi,  avesse  preso  dì  mira  questa  città,  a  preferenn 
d'altre,  in  grazia  appnnto  del  tesoro  che  olla  possedeva.  Co^ 
anche  ai  Ghibellini  di  Pisa  un  dei  precipui  moventi  a  far  Lnoca 
bersaglio  dei  loro  assalti  era  stato  per  avventura  il  tesoro  pi- 
pale, ivi  testa  alloggiatosi  in  S.  Frediano:  e  d'altronde  sì  n 
come  il  dar  di  piglio  ai  beni  di  Chiesa  e  porli  senza  niuno  scru- 
polo a  saccomanno,  fosse  costumo  a  quei  tempi  comune  a  tutti 
i  Ghibellini,  dovunque  rinscissero  a  prevalere:  degni  precursori 

'  ClllSTOFAKi,  I>eUe  »tnri6  d'Assxai  libri  sei. 

*  Archivio  $b>rico  Haliano,  1.  XVI,  Vane  I,  pug.  87. 


-*"*-- 


ili  ciò  degli  odierni  rìvuliiziooaril  ItnliaDÌ,  inn  da  questi  por  dì 
gran  luoga  superati,  cume  por  udìo  aotiiKipale,  .così  per  ingor- 
dìgia dì  rapine  sacrileghe. 

II  fatto  si  è  che  ad  Assisi,  nei  primi  di  ottobre  1319,  cioè 
pochi  gioroi  dopo  rinmsione,  il  Capitan  Muzio  coi  dieci  Priori 
del  nuovo  governo  wrainciarono  il  siicchcggio  Ji  S.  Fmueesco; 
ma  serbando  tuttavia  in  sulle  prime  una  certa  larva  di  lega- 
lità. Invece  di  irrompere  colle  armi  in  pugno  nella  Basilica, 
Hozio  chiamò  al  proprio  palazzo  il  Vescovo  di  Assisi,  col  Pro- 
vinciale e  col  Guardiano  dei  Frati,  e  chiusili  iti  una  camera, 
impose  loro  che  dovessero,  del  sacro  tensore,  fornire  una  certa  quan- 
tità di  danaro  pei  bisogni  urgenti  del  Comune.  Essi  negarono 
da  prima  risolutamente:  ma  poi  tante  furono  le  minacce  e  gli 
spaventi  onde  il  Capitano  li  strinse,  che  dovettero  arrendersi  a 
cedergli  i  danari  dello  decime  papali,  che  serbavansi  nella  Sa- 
grestia di  S.  Francesco.  Bran  queste:  1"  la  decima  di  sei  anni 
(131 3- 131 9)  —  dècima  scrarina/ts —  raccolta  nella  propria  Dio- 
cesi, dal  Vescovo  di  "Vocerà,  la  ^uale  ammontava  ad  8(ì63  li- 
bre, soldi  11,  denari  S,  e  che  da  lui  era  stiitii  poco  innanzi 
(neir  aprilo  del  1319)  deposta,  comò  in  luogo  sicurissimo,  nulla 
predetta  Sagrestia;  2'  la  decima,  raccolta  parimente  pel  Papa 
nella  propria  Diocesi  dal  Vescovo  di  Assisi,  che  ascendeva  a 
7200  libre,  e  sorbavasi  insieme  col  Tesoro  pjipale  venuto  da  Pe- 
rugia. Gli  sgherri  di  Muzio  corsero  tosto  a  impossessarsi  della 
preda;  ma  il  fecero  con  modi  violenti  e  assassini,  rompendo  a 
Airia  le  porte  del  Tesoro  —  ìiostìis  thesauri  ìtupeliiose  con/ra- 
ctis  —;  0  poi  ivi  lusciarou  guardie  alla  custodia  del  rimanente 
danaro,  affin  di  potere  a  lor  talento  disporn'j  in  appresso  —  cu- 
stodibu^  ad  reskiw.  pe.cnnie  c-ustodiam  positìs^  ut  de  ea  dispo- 
nererU  prò  eoriim  Ubitu  voluniaiis  '. 

Il  Comune  di  Assisi  avea  promesso  ai  due  Vescovi  di  N'ocera 
e  d'Assisi  che  il  valore  di  coleste  decime  sarebbe  guanto  prima 
ad  essi  restituito.  Ma  non  ne  fu  mai  nulhi.  Ao:!Ì  avendo  quel 
di  Nocera,  sopra  tal  fidanza,  mandato  nel  febbraio  del  1320  due 

■  Cosi  nclb  Sententa,  pronunciata  nel  I3i!6  coairo  Muzio  e  ì  suoi  cotnpiieh 
presso  l'EllRLe.  AicMv  fn^.  Sò5. 


r,m 


IL  Tt 


niBUOTSCA   B  L  ARClIIVfO    DEI   PAPI 


Frati  Minori  ad  Assisi,  ad  inveslig<Uionem  et  recupfrationvn 
decime;  i  malarrivati,  appena  giunti  alla  mortadella  città,  fo- 
Tooo  fatti  prìgioni  e  gittati  nella  torre;  od  avoudo  presentaU 
al  Giudice  del  Pod>^stà  le  lettere  del  Tescoro,  non  che  queste 
lor  valessero  nulla,  eglino  furono  anzi  dal  maestrato  costretti 
ver  istrazìo  a  mangiarle  ed  ingoiarlo  inture  iutore,  salvo  la  cer» 
del  suggello  —  gnau  licteraa  tandem  coadi  /nerunt  comedtrt, 
preier  ^ram  dnmfazat  cum  tftta  fuerunt  sijgUìat^ie  — ;  e  il 
Capitan  Musio,  dopo  averli  carichi  di  percosse,  toUo  Curii  8ai> 
roventar  gii*!  dalla  torre,  il  qual  comando  tuttavia  pur  fortuna 
non  ebbe  effetto;  ed  infine  ebbaro  a  gran  mercè,  di  essere  U 
notte  segnento,  cacciati  via  dalla  città  senza  avere  pur  potata 
porre  il  piede  in  S.  Francesco  '. 

La  notizia  della  ribellione  d'Assisi  e  del  latrocìnio  delle  if 
cime  fu  tosto  portata  ad  Avignone  da  un  cursore,  [>er  nome  Gen* 
tile,  a  cui  Giovauui  de  itnelio,  a  quei  di  tesoriere  pontificio  del 
Ducato  Spoletano,  sborsa  per  tal  servigio  20  fiorini  d'oro,  com'ei 
ne  fa  fede  nel  libro  àelVlniroUtts  et  ezitua  dncatus  SpotiUanif 
doro  lasciò  scritto:  Die  fjuìntadecìma  rnensis  octubris  (1319) 
item  aedi  et  solvi  Gentili^  (jui  ivit  ad  curiam  ad  noli^atn- 
diun  nova  coniraU,  et  sp^cialiter  factum  Asisii.,  quia  trat  terra 
rupia  et  subrecfa  fsuhrepta)  erai  alìqualis  pecunia  de  dtcìma.., 
viginti  Jìorf'enosJ  auri  '. 

Ma  cotesto  primo  furto  del  danaro  delle  decime,  luogi  dai 
saziare  l'ingordigia  di  Muzio,  non  feciì  che  aguzKame  vieppifL 
Tappctito;  e  nel  marzo  seguente  oi  voile  porre  le  agne  m^ 
il  Tesoro  papale  e  i  ricchi  depositi  del  Cardinale  Napoleone  Orsini 
e  di  altri  Cardinali  e  personaggi,  che  cust'ìdivansi  iti  S.  Fran- 
cesco. Facil  pretesto  a  colorare  la  sacrilega  ruberia  egli  s'av- 
visa di  trovare  uella  guerra,  che  il  Comune  doveva  a  qaei  di 
sostenere  contro  ì  Perugini,  ì  quali  di  fatto,  per  punire  Assisi 
della  sua  ribellione  al  Papa  e  por  ritogliorla  ai  Ohibeltini,  ne 
avi-ano  invaso  il  territorio  e  pesto  assedio  alla  cìtt^. 

'  VfJi  it  curioso  Doccmraln  At^V InxIntweMta  Mìacfllanea  tX  Oci.  |S*I  lir 
cMvin  ValicjROl.  m«  f ofl  rticconlatj  questi  fitti;  iH-iewl' tJnaE,  Archit  \\.t^ìXÌ. 
*  CllliLK,  Archiv  pag.  SU. 


XCt  SECOLO  XIV. 

La  dclÌbera:cioQ«  presa  sopra  ci6  in  Consiglio  dal  Capitano 
Hnzìo,  insieme  col  Podestà,  ohe  ora  no  colai  Vagai  o  Vanni  (il 
Crislofanì  io  chiama,  Verga)  da  Poppi  (l'an^iies  de  Puppio)^ 
e  coi  maggiorenti  ghibollini  del  Comiiae,  veouo  tosto  a  pubblica 
notizia,  ed  eccitò  lo  silognrt  dei  buoni  cittadini.  Fra  questi  un 
dei  priiiiarii,  il  signor  Giacoxo  di  Taddeo,  presontossì  ardita- 
mento  in  Palazzo,  il  7  marzo,  a  fare  in  nome  dì  tutti  pubblica 
e  aolenne  protesta^  dinan?.!  al  Podestà  e  al  Capitano  e  ad  altri 
sei  testimoni,  contro  Tempio  attentato  che  meditavasi  —  rumo- 
rifandn  fortifer  contra  predictos  dominos  (il  Capitano  e  li  Po- 
destà) et  (ìffic'tahs  ibidem  presentes,  eis  omuibuti  ei  singulis 
pr^^tavit  et  protesiains  fuii  et  pfofestando  dixit  et  demtfavH 
prò  parte  sua  et  prò  universali  et  foto  communi  civUatìs  .4s- 
siaii  etc.  i  e  domandò  che  l'ordinamento  preso  toUatur,  cussetur 
et  revùcetur,  adducendo,  che  il  tiolare  quel  sacro  deposito  e  toc- 
care il  Tesoro  della  Chiesa  Romana  e  dei  Cardinali  o  d'altri, 
tornerebbe  non  già  ad  utile  e  difesa  legittima  della  città,  ma 
anzi  in  danno  e  vitupero  e  inTumìa  grarissinia  e  perpetua  della 
medesima  '. 

Ma  la  nobil  Protesta  a  nnlla  giovò.  Pochi  giorni  appresso, 
cioè  agli  1 1  marzo,  Muzio  col  Podestà  e  cinq^ue  prwìentes  et 
spiente»  viri  domini  de  civiiaie,  v'delicet  untis  prò  qualiUl 
porta^  recaroQsl  al  Convento  di  S.  Francesco,  e  dichiararono  ai 
Frali,  esser  eglino  risoluti  di  ricorrere,  con  buona  licenza  dei 
Frati  medesimi,  al  Tesoro  della  Chiesa  lt.»niana  e  dei  Cardinali 
6  della  Basilica  —  dixenint...  gitod  ipsi  vokbant  imbeve  re- 
eursum  ad  thesaitrum  saa-i  loci  et  roftiane  ecclesie  et  domi- 
norum  cardinalium  —,  e  trarne  via  gli  oggetti  preziosi,  in 
tutto  0  in  parte^  per  impegnarli  e  cavarne  danari  per  le  paghe 
de' soldati  e  por  lo  spese  necessario  alla  difesa  della  città,  anzi 
della  Basilica  e  del  Tesoro  stesso  (dicevano  eglino,  simulando 
santo  sielo)  contro  i  Perugini,  che  stringeano  Assisi  di  aspra 
guerra  e  volean  mettere  ogni  co!>a  a  sacco  ed  a  rovinn.  La  de- 
scri/.ioQe,  che  Muzio  prese  a  fare  di  questa  gncrra,  merita  d'es- 

'  Vriutini  il  pubblico  tstrimetUo  dtVn  Piotevla.  Uatlo  dall' vlrcAtPÌO  Mit- 
midttale  ài  Assùi;  pi-osso  l'KlliilE,  Archie  (tì?.  Ìi.1*i5. 


tiLI 


K  L'ARC 


sere  riferita,  come  esempio  del  modo  che  allora  tenessi  d«1U 
lotte  si  frequenti  tra  Cotnuae  e  Comune.  Muzio  adaaque  aLU- 
meoto  laraentavasi  de  perdutone  saeri  loci  beati  Francisci  d 
rerum  omuiitnt  que  in  &j  comisitint,  ac  de  fterdifione  totiut 
civitaiis  propter  (ìierrai  pestifera»  bt  cbcdbi.ex,  fjuam  cottira 
eam  potenter  faciunt  Perusìni  volenifs  sacntni  loctitn  caf/en 
et  privare,  ut  dicUnry  gloria  et  gratia  sacri  corporis  tanti 
patris  beali  Francisci,  et  omnibus  rebus  guas  inveuii'enl  ibi-' 
dem,  et  ctoitaiem  vel  rttyne  (radere  vel  eam  in  totum  sibi  su- 
biicere...;  ad  qxte  ohtinenda  tale  Perugini  iam  /ecere  princi- 
pium,  guod  cum  generuti  exercitu  et  particularibus  aivalcaiii, 
eum  multili  tnilitibua  et  balisieriiSi  cum  frabuccJiis^  mangO' 
nellis  et  gaptis  (iiiacchiDe  militari  da  batter  le  mura)  et  aliii 
hedijiiiis  (h  variis  veiterunt  et  sederunt  hostUìier  per  commi- 
taittm  Asisii,  dicti  conunitatus  castra  et  villas,  ecclesias  ti 
ecclesiartim  loca  capientes^  derohbantes^  rtientes  et  comburent&j 
arborea  oinnes  incidentes  et  vìneas,  fruetus  arhoruni,  vinearum 
et  QÌivaì'um  et  arborutn  Permium  remtctentes  ;  et  ad  muna 
ciiitatls  circiim  circa,  ad  muros  loci  sacri  ut  plurltnum  tfl- 
ststettdo  fortissima  et  grada  ìndia  daides;  ìatmpte  tu  commi- 
tatù  dicto  multos  komines  oceiserunt  morte,  senibus,  iuv^nibnt 
et  mulieribus  et  pueris  adolescettiibus  non  parcendo  etc.  '. 

I  Frati  riondimeiii)  stettero  da  prima  saldi  in  sul  ne^rei 
Muzio  la  lIcoDKa  eh' ci  domandava.  Quindi  nuore  insistenze  e  ri- 
mostrauze  di  Aluziu  e  dei  coUoghi  con  promesse  e  proteste  so- 
lenni, quod  non  animo  tenendì  et  dìstrahendi  vel  minuendi 
ipsum  thegaurum,  res  ipsas  et  bona  reciperent,  sed  puro  animi 
et  voluntate  proba  reponendi,  sahandi  ac  ad  integrum  retti' 
tuendi  etc.  Inftne,  dopo  un  lungo  dibattere,  i  Frati  vergendo 
dall'una  parto  che  tornerebbe  inutile  opporsi  alla  forza,  acci 
Muzio  poteva,  e  certamente  era  disjKisto  a  por  oiauo,  e  dairiiltn 
fidandosi  forse  in  parte  alle  sue  promesse,  s'indussero  ad  ac- 
oouscutire;  a  putto  però  cbe  venissero  nominati  uno  o  due  Sìa- 
dttci,  ì  qu>ili  in  come  del  Comune  promettessero  al  Sindaco,  ossia 

*  Itutrumtnta  diverga  ab  an.  lSff:i  u»que  ad  13^,  ilell'.VrchiilA  rii  S  Fnn- 
fifaco  io  Anifì;  prono  rEHni^  Archi»  pag.  Uó-iK^. 


NEL  SECOLO  XÌY. 


tiratore,  del  Convento  V  intiera  restituzione  di  tutto  ciò  che 
Terrebbe  preso  dal  Tesoro:  ad  promiciendttm  sindico  loci  sacri 
fratrum  et  conientus  eiusdem  rkstitctionem  isteoram  omnium, 
gue  inde  reci^tniur  per  eos:  obbligando  per  tal  restituzione 
beni  stessi  del  Comune.  Il  patto  fi]  subito  accettato,  e  ne  fu 
ita  scrittura  autentica;  la  quale  è  riportata  per  intiero  dal- 
l'flhrle  '.  Con  ciò  Muzio  obbc  libere  le  mani  a  pescar  nel  Te- 
>,  manteltaudo  sutto  cotest' ombra  di  legalità  il  meditato  la- 
trocinio. 

Da  varii  Documenti,  riferiti  dall' Ebrle,  sì  ban  notizie  sicure 
di  nna  parte  almeno  dei  ragguardevoli  valori  che  Muzio  o  i  suoi 
complici,  nei  due  anni  che  ritennero  la  signoria  di  Assisi,  an- 
darono man  mano  sottraendi»  dalla  Sagrestia  di  S.  Francesco.  Il 
Guazzesi  '^  narra,  come  «  la  città  di  Assisi  impegnasse  agli  Are- 
tini i>er  14,000  fiorini  d'oro  gli  arredi  sacri,  gli  argenti  o  lo 
gioie  della  chiesa  di  S.  Francesco  »  ;  ed  il  Papini  ^,  notando  co- 
testa  essere  una  porzione  del  Tesoro  saccheggiato  da  Muzio, 
aggiunge  che  un* «altra  porzione  fu  trasmessa  in  Firenze  per 
essere  venduta  >,  e  che  ne  <  furono  fatti  tre  Inventarli  >  nel- 
Tan  dei  quali,  a  lato  degli  oggetti  registrati,  davasi  il  raggua- 
glio <  della  vendita  fattane,  del  denaro  ritratto  e  della  distri- 
buzione del  medesimo.  >  Oltre  a  questi  valori,   im{>egnatì  ad 
Arezzo  o  venduti  a  Firenze,  il  prezzo  dei  quali  forse  fu  impie- 
gato in  servigio  della  città;  Mnxio  (o  il  simile  vuol  dirsi  dei 
suoi  buoni  colleghi)  più  altri  ne  ritenne  per  so,  impinguandone 
.  la  propria  borsa  fino  a  diventare  straricco,  come  viene  aocen- 
rnato  in  una  Lettera  di  Benedetto  XII  (dftl  28  novembre  1340): 
I  Quum  ipse  (MuciusJ  de  ihesauro  huiusmodi  et  aliis,  que  iem- 
Ìj}ore  diete  tirannidis  in  eadetn  civitate  Assisinaie  dicitnr  eoc- 
\iorsÌ8se,  :iiniuii  loccpletatus  etc,  Fra  i  quali  furti  del  valente 
Capitano,  sono  accertati  da  Atti  pubblici  1"  «n  bel  gruzzolo  di 
1000  fiorini  d'oro,  2  "una  bella  partita  di  tazze,  coppe  e  altri 

•  .<lrd!itci  jug.  2Ì5-5A8. 
'  i;cA77F.?i,  Opere,  Tom    11,  png.  155;  eili;.  Pìm  1706. 

•  pAMNr.  KoiitU  mure  della  morte,  sepolUtnt,  canotùttaeioHe  e  trasla- 
sione  di  S.  FranCoKO  di  Asmi,  [lag.  199;  2*  eiJia.  Folìfc^no,  1824. 

8iri«  Xllt,  woL  n,  fan.  HM  •       ^\  10  gU-gno  IScìi 


"-       ' 


690  IL   TESORO,   I.X   niBMOTSCA   g   L'AnCllIVlO   DIQ   VAPt 

vasallami  d'argento  —  petia  rerum  argentea  —  con  fregi  d'onl 
e  di  smalti  e  pietre  fine,  per  os.  xinus  urciolus  ih  argeitm 
deauraius  eum  coperta  ;  una  cuppa  deaurata  cum  coperta  otj 
cttm  exmaltìs  inlerius  et  ezterius  granata;  una  cuppa  ir 
rius  granata  cum  atìquibus  exmaliis;  una  cuppa  sìne  co} 
et  laltorala  ad  litium;  una  chonca  cum  aliquibus  parasia 
de  argento;  etc.  etc.:  tutta  ruba  apparUìnoute  al  Cardinale 
poleooe  Orsini,  il  cai  tesoro  giaceva  in  S.  Franceso)  allato  il] 
Tesoro  papale;  e  che  Muzio,  nel  1323.  in  Todi  dov' erasi  dof 
la  sua  disfatta  rifuggito,  fu  c()stretto  a  restituire,  in  parlej 
meno,  all'Agente  del  poLoatfssiiuo  Ourdinalt;.  Inoltre,  diklla 
tenì»i  del  132(>  sappiamo,  cho  Muccius  fece  largamente  mani 
bassa  sopra  ogni  sorta  di  arredi  sacri  e  preziosi,  onde  S.  Frau-j 
Cesco  era  ricco:  sanctontm  relitfuias,  cuticeii,  cnwes,  turi(ntìa,\ 
candelabra,  tfmagines,  plumaìia,  planetas,  daìmaticas  et 
pretlosa  ìndumenta,  vasa  aurea  et  argentea,  et  nonnulla 
namenta  dipino  cultui  deputata,  laptdes  pretiosos  magni  va' 
lorÌ9  exinde  suhtraxit  et  poalea  vendidit  et  disiraxti  et 
phanis  u^ihus  applirat^it  '. 

Quanto  poi  al  Tesoro  papale,  i  ministri  pontificii  f&cendc 
nel  1327,  la  ricogni/àono,  poterono  cui  riscontro  d^gli  anti( 
Inventarìi  rileTare  tutti  gli  oggetti  che,  durante  la  tirannìd 
gbìbellioa  in  Assisi,  erano  stati  dal  Tesoro  sottratti;  e  ne  stese: 
l'esatto  registro.  Ora   in  questo  registro,  dice  l'Ebrio"  « 
troviamo  in  primo  luogo  un  buon  numero  di  {/regia,  ossìa)  o[ 
a  ricamo,  ornale  d'oro,  di  porle  e  pietre  prezioso;  e  di  parament 
sacri  planefe,  pluvialìa,  dalmatice  di  simil  valore:  poi  non 
argenterie  f^ahria,  catìces,  imatjines,  i;«.s«,  e  sopra  tiitUi 
ìndi  circa  40  Manoscritti,  per  lo  più  giuristici  e  litui-..:.,  :, 
infine  le  seguenti  somme  di  danaro;  700  fiorini  d'oro,  356  librj 
12  sol.  8  den.;  piò  618  fiorini  d'oro  e  2080  lìbr.  denarii 
eortanensium  usualium  in  provìncia  Spnletana,  16  sol.  8  de 
cortou.  >  I  soli  oggetti  che  andaron  salvi  dalle  granfie  dei  ladi 
furono  le  sacre  Reliquie  coi  loro  ori  ed  argenti,  alle  quali,  per  j 


'  Etim 
•  Puf.  ♦:.n. 


I.K,  AreMv  papi.  SAd-2Jì5. 

«MI 


WEL  srcoLo  xpr. 

avanzo  forse  di  religione,  essi  non  osarono  stender  la  mano 
rilega;  e  poi  la  grau  massa  di  Cadici  e  delle  Carte  d'arcliirio, 
ugli  oochi  di  cuttìSti  predoni,  gonte  di  guerra,  avKin  poco  o 
n  valore.  Kondiraeno  anche  di  queste  Carte  parecchie  spari- 
Do,  cioè  quedam  lustrumeuta  continentia  multa  debita  ecclesie 
tnane  (somme  dovute  alia  Chiesa  Romana)  a  diveisis  debito- 
6m-s  et  mercaforibus  :  Qà  ognuno  intende  facilmente  il  perchè 
Icuno  fra  i  sacclieggiatori,  pift  intelligente,  a  siffatte  Carte 
Tooore  singolare  d' intascarsele. 


/  Ghibellini  cacciati  da  Assisi. 

Da  Avignone  intanto,  Papa  Giovanni  SXII,  il  quale  in  sulle 
rime  forse  avea  sperato  che  la  rivoluzione  di  Assisi  passerebbe 
ome  una  tempesta  effimera;  veggendo  poscia  i  Ghibellini  aver 
ri,  ed  a  Spoleto  e  poi  anche  a  Nocera,  piantato  saldi)  radici, 
t  ogni  dì  più  imperversare  con  atroci  fatti  a  danno  dei  Guelfi 

della  Chiesa;  non  indugiò  più  oltre  a  prendere  contro  di  loro 
rowedimenti  gagliardi.  In  data  adunque  del  23  marw>  1JÌ20 
nrtese  parecchie  Lettere  ìu  Italia;  le  une  al  Rettore  del  Ducato 
^pdetano  ih  spiritual ibus  et  temporalìbns,  che  era  a  quei  di 
1  vett^abilìs  vir  dominus  Hatjnaldus  de  S.  Arthetnia;  altre 
Ile  città  di  Gubbio.  Foligno,  Camerino,  Penigìa,  Orvieto  e  Siena, 
ìhe  erano  tuttora  in  man  dei  Guelfi,  affinchè,  insieme  col  Rettore, 
irocedess<;ro  risolutamente  ad  abbattere  i  Ghibellini  dì  Assisi 
I  di  Spoleto;  ed  altre  infìne  alle  medesime  città  ribelli  di 
^leto  e  di  Assisi,  intimando  loro,  sfitto  minaccia  di  gravi  pene, 
ì  proTitamonte  sottomettersi.  Nella  Lettera  ai  dìUcfis  JiUis 
Vtiiéstatì,  Consilio  et  Communi  Assìsinatìbus,  dopo  descritti 
)  lamentati  gli  orrendi  mali  delle  discordie  cittadine,  rimprovera 
ià  essi  le  vìolouze  ustte  contro  i  Guellì,  sudditi  fedeli  della 
Clùesa,  e  la  sacrilega  rapina  del  Tesoro  papale;  e  intima  loro, 
ulto  minaccia  dell' Interdetta  e  d'una  multa  di  2000  marchi 
^'argento,  di  restituire  il  furto  e  di  richiamare  in  città  i  Guelfi 
«palai.  E  siccome,  ei  soggiunge,  premissorum  otnnium  detesta- 


bJ'^  IL   TESORO,   tA   BIBLIOTBCH   B   iTàRtSmo  ItEI   PAPI 

biliwn  enormitatum  et  ezceasuum^  fractionls  iJiesauri,  no/o-J 
tio»is^  asportationts  depositoram,  et   ali&rum   malùrttm 
sunt  prtterea  subsecuta,  Mutius  quondam  Fra»cisci  mitiiii^ 
Assìsinas  cit>w,  princlpalis  minister  ei  audor...  nosctiur  rx 
iissey  expedit  quod  contra  ipsum  si»guhriter  excedinUmt^ 
ciatius  et  notobiUits  pmmddiur  '.  E  Ìl  Pupa  procedo,  fiì 
a  Unzio  certi   termini  pertìntorii,  entro  i  quali  ei  ilubba  (ir«| 
ammenda  rigorosa  di  tutto  il  male  fatto;  dove  oo,  soggiaocùl 
alle  più  gravi  pene  :  perdita  di-i  feudi,  iafomia  perpetua,  confÌMa| 
di  tutti  ì  beni,  e  libertà  a  tutti  i  fedeli  di  dargli  1»  cmoìx 
catturarlo,  però  extra  moHis  et  mutilatioms  pcrìculwHy  sU 
pubblico  assassino. 

II  Rettore  Raiualdo,  a  cui  il  Papa  avea  mandato  la  Lottsn 
diretta  agli  Assisiati,  con  incarico  di  presentarla,  ove  potossa^^ 
di  propria  o  d'altrui  mano,  a  Mu^io  ed  al  Comune, 
indarno  per  duo  mesi  un'occasione  propizia  e  sicura  di 
I^wnde  infine,  secondo  gli  ordini  del  Papa  stoaso,  risolse  di  pr»-] 
mulgarla  solennemente  in  Perugia,  donde  la  pubblica  fai 
porterebbe  tosto  l'eco  per  ogni  dove  e  in  Assisi  medesima, 
tanto  il  fi  giugno  1320,  radunata  ad  somtvi  campattantm  tt\ 
vocetn  preconis,  in  sulla  vaeta  piazza  della  Cattedrale  di  Pera^< 
una  gran  folla  di  genti  niagna  muUitudine  genttum,  pretta*" 
runty  rtiì igiosorutH,  yniUtwn^  doetomm,  iudicttm  ci  aliommi 
hominupn  ckrkorum  et  latjcorum — ;  quivi  alla  preseoM 
Vescovo  della  città,  dell'Abbate  di  san  Pietro,  di  tre  Dolt 
Bologna,  e  d'altri  cospicni  person^^ì  e  dell'immenso  p»pol(iij 
presentò  le  duo  Lettere  apostoliche,  dirotto  l'uoa  agli  AssiàatiJ 
l'altra  al  Kottoro  stesso,  ambedue  una  bulla  pubtìce  bullatas,] 
nonvicialasyuon  canceUatus nec  in  aliqua  parte  sui suspfdtir,\ 
ne  fece  leggere  ad  alta  roce  l'intiero  tenore  dal  Notaio  Olfreduitsi  I 
Monalduzzi  di  Spetto;  e  indi  stendere  di  tutto  il  fatto  un  prv-{ 
tocollo  autentico'. 

Muzio  intanto  e  i  ribelli  d'Assisi  dunivono  ostinati  uella  kfl 


■  ElIfiLR,  Archiv  |)QK.  358. 
*  Pubblicalo  dairKiiiiLE.  \a%.ì(j\ -t(it;\\\\vsi\t  kiiruMria  uMCO|ila  ilH  I3W, 
COOSontaU  ntWArchivio  municipale  (lì  A$.tisi. 


NBL  SECOLO    XIV.  69% 

e  Bordi  alle  intii nazioni  e  !iiinicc6  del  Papa,  lascìacon 
ire  tutti  i  teriuini  t;  indugi  da  lui  fìssati  senza  dar  niun 
^  resipiscenza.  Il  Papa  alloru  lanciò  (xintro  Ui  sciagurata 
mltiterddto;  castigo  sempre  terribile,  ma  sopratatto  in 
^mpi  oTe  nei  popoli,  malgrado  le  selvagge  e  furibonde 
jfi,  la  fede  serbuvasì  viva,  singolarmente  patiruso  ed  efficace 
Hliaro  i  pii'i  riottosi.  Ma  Muxio,  scellerato  saperiore  a'siiui 
"si  rise  dell'  Interdetto;  o  due  Frati  Minori  avendo  assunto 
Tiglioso  incarico  di  affiggere  la  Bolla  pontificia  alle  porte 
Kftttedrale  d'Assisi,  culti  in  sul  fatto  dalle  guardie  civiche, 
F da  Muzio,  dopo  ì  plil  obbrobriosi  maltrat Cimenti,  costretti 
igoiare,  a  brano  a  bruno,  tutta  la  pergamena  '. 
bla  guerra  che  i  Perugini,  fin  dall'ottobre  del  1319,  come 
kl  Cristofani,  avoano,  sotto  il  comando  di  Gante  Gabrielli 
Qfbbio,  rotta  contro  Assisi,  veniva  stringendo  sempre  più  la 
e  dava  gran  rovello  ai  capi  del  Comune.  Nel  corso  del  1320, 
izioni  guerresche  dei  Perugini  oransi  limitato  a  scor- 
cavalcate  pel  contado  nemico,  a  prender  vani  luoghi, 
inalcho  assalto  alla  città  stessa,  ma  sen/,a  grau  profitto. 
tpal  cagione  di  tal  lentezza  era  stata  l'osiìnatu  resistenza, 
Bai  la  fortezza  dì  Bastia,  posta  a  mezza  strada  tra  Assisi 
iTUgia,  avoa  trattenuto  per  almeu  setto  mesi  sotto  le  sue 
|U  nerbo  delle  forze  perugine;  le  quali  inoltro  onmsi  dovuto 
wre  qua  e  là  per  l'Umbria  per  correre  in  aiuto  delle  città 
le  pericolanti.  Ma  col  cominciare  del  1321,  la  guerra  prese 
70  slancio  e  vigore.  Spronati  dalle  lettere  del  Papa  e  dalle 
tize  del  Rettore  pontificio,  rafforzati  di  freschi  o  potenti  aiuti 

^^Hptt  Khcrw  YLHitmmo  |)om  ìoediikì  ussi-rp  sutio  tmo  ai  dm-  riMti,  ni.iti- 
™1^B  Ù%ì  V«Mto  di  Nocfm.  K  \inn-  iW  in  fjiie]  s«:oio  il  liarli»i-i)  pioto 
I  motia,  Esfo  piacque  si ngolar incili.-  ;i  tiiiciraiPtwe  Imrlont^,  clii!  fu  Ilarniibtl 
f  Si^aar  di  Mihno;  dì  cui  si  narra  clip  eswmlo  qd  di,  im^iitrt!  tMialrjivn, 
mtf>  da  dui-  Lejrali  d'Avìsnone  clii;  por(av.ingli  In  scomiiniQ  dti  Pujia  ;  egli. 
aotiatactìie  «eco  lino  al  |)onll^  M  Liriihi»,  ivi  d'imprawi^n  mlPlli?  o  iliwe 
fst^  bere  o  Toangiare?  T.  i  due  malcapiLiti  Numi,  che  (poppo  bene  inte- 
gri^ aOìn  di  noQ  ewcrc  buttati  ail  allear  nel  liame,  doTi-ltero  raiiw^narsi 
.crf  idffliiottìre,  «me  surip,  le  fj^rpimene  p&millcip;  con  ijiialr  ^oiniico, 
I-     Vedi  (aSTC,  Storia  Unicenah  i^  edit')  Tomw  VII.  [aB.  ^39. 


694  Ai  TESORO,  LA  BIBUOTECA  E  L'HItCHlV»  DEI  PAPI 

dalle  città  guelfe  alleate,  e  Uberi  ornai  da  ogni  altro  imi 
i  Perugini,  già  padroni  di  tutta  la  campagna,  posero  formaLiJ 
strutto  assedio  alla  città  d'Assisi  e  sì  diedero  gagliardi 
ad  tncal  sarto. 

Per  più  mesi  gli  Assisiati,  mercè  le  robuste  mura  e  la 
tissima  rocca  torreggiuoto  in  capo  alla  città,  [wturono  rcsis 
alle  batterìe  nemiche;  ma,  il  19  agosto,  essi  troraronsi  rìdot 
a  sì  mal  partito  che  dorottero  implorar  paco.  Il  23  e  23 
medesimo  mese,  ne  furono  stipulate  le  condizioni.  Ia  città 
Assisi  si  obbligh'.Tebbe  con  giuramento  ad  obbedire  ai  oomaod 
del  Papa  e  de' suoi  ministri;  cederebbe  ai  Perugini  nna 
porzione  di  territorio,  come  indennità  per  le  spese  di  gueni; 
caccerebbe  Uuzio  in  esigilo.  Ì^Ia  questa  pace  aborti  in  sul  di 
u  non  venne  mai  ad  esecuzione '.  Pmbabil mento,  come  PKhrl 
congettura,  a  Mtuìo   riusci,  col   favore  del   Conte  Fcderìor)  tU] 
Montefeltro  allora  strapotente,  di  rompere  e  mandare  in  fu 
Id  trattative,  respingere  i  Perugini,  e  mantenersi   ancora 
qualche  mese  in  sella.  Quindi  ai  messi  spediti  da  Giovanni  £{ 
Amelio,  tesoriere  del  Ducato  Spoletaoo,  al  Poutefice  in  Avi^ 
prò  intimanda  pace  Jacta  iuier  Asisinates  et  Pcritsinos,  alt 
tosto  tennero  dietro,  per  annunciargli,  guoinodo  pax  ciiiU 
Assisii  erai  fracta  noviter.  Laonde  il  Papa,  con  Letlenj 
21  ottobre  1321,  rinnovò  ed  aggravò  le  intimazioni  già 
nei  marzo  del  1320,  contro  il  Potestà,  il  C<tnsiglìo  e  il  Coi 
di  Assisi,  che  ai  precedenti  delitti  aveva  aggiunto  ultimai 
quello  dì  calpestare  l'Interdetto;  e  contro  Muzio,  autore  prìmaiio'l 
e^antenitore  della  sacrilega  ribeliione,  e  resosi  inoltre  pel  si»] 
dÌsprez:!;o  dello  pene  ecclesiastiche  fortemente  sospetto  di  ei 
—  Mulius  sacrilegus,  pgr   diversoria  mortìs   i»c&iens, 
veretìs  ex  predicti  violaiiùne  et  subiractiotie  tìtesauri  latn  ftC'J 
phandi  sacrilega  commisisse  reatum^  dietam  senienfiam  exrc 
municationis  tnuquam  mentbrum  pntridnm  a  corpore  preciswn] 


)  Il  GniSTOrAM.scfuilo  rin»  ai  di  no4ri  dj  ilirì  iulorì,  erol(4t«  eb«  cod  qwMlj 
pacft  i  Gu«llì   rìcnlnsKro  in  Asii<ì,  i'  poscia  verni«N>m  da  ona    nuora    ri*a|y 
cacciati  (11  iiooio.  Ha  ITiinLi:  con  t>ili(li  arfioiiienU.  initU  ilalU;  anUchr  cnwdtal 
cgnrula  <  corrrgice  «■«l'-mi,  t  varii  altri  rrrori,  (Mio  Storico  d'A»nn. 


REL  SRCOLO   XIT. 

e9tae  non  formidans,  Uhm  diuUus  uhsiinata  mente  smtinnìt 
adhuc  quasi  bibem  aquain  prò  maledidione  coutiitua  ii\- 
'inito  et  irreverenti  animo  in  muUorum  scandalum  substì- 
tre  presumit.  Propter  quod  de  labe  non  imvierìto  suspccttis 
ibelur  heretice  pravitatis.  —  Per  Io  cho  il  Papa  ordioa  al 
escoro  datila  città,  ed  agli  Inquisitori  di  aprire  contro  Io  atesso 
uzio  solenne  processo  '. 

Ma  sul  cominciar  del  nuovo  anno  1322,  i  Perugini  coi  loro 

leali  doliti  città  guelfe,  tornaruni)  con  ratldoppìato  ardore  e  con 

iaggiori   fonsu  a  battere  e  tempestare  le   mura   di  Assisi.  £ 

pesta  Tolta  ialino,  lu  loro  armi  furono  coronate  di  splendida  e 

terissima   vittoria.  Verso  gli  ultimi  dr.I  marzo,  i  Ghibellini 

Uà  città,  ridotti  aLl'estremo  d' uomini  e  di  vettovaglie,  furono 

Tzatt  d* arrendersi  a  dlscremue:  e  il  giorno  29,  ì  lor  Deputati 

ttoacrissero  in   Perugia,  nel  Gran  Consìglio,  l'Atto  di   sotto- 

issione,  che  venne  ratificato  ai  3  d'aprile.  Duro  furono  le  con- 

Iìzìodì  imposte  dai  vincitori  ai  vinti;  ma  più  duro  ancora,  dice 

rEhrle'^,  fu  il  modo,  con  cui  i  Perugini  e  i  Guelfi  d'Assisi,  ora 

rientrati  trionfanti  in  patria,  le  portarono  ad  esecuzione.  E  il 

Ì)rreo  giogo,  a  cui  da  quel  d)  la  superba  Perugia  sottomise  l'antica 
aa  rivale,  gliel  mantenne  sul  collo  per  pili  auni  appresso:  onde 
piovanni  d'Amelio,  il  12  febbraio  1325,  scriveva  ad  AvignonoT 
leplorando  la  sevizie,  con  cui  tuttavia  i  Perugini  gravahant 
pntjrmiler  AssJsium. 

La  fine  al  prossimo  articolo. 

'  Ehìii.e,  Archiv  |iaj;.  9r.r>. 

»  Arehiv  pag-  *tìl3.  Il  coiilemiioranno  Giovanni  V11.UW  {Istorie  Fiortntine 
|lb.  [X.  e.  \'A7i,  jmrlatKlo  ili  questa  iiii'iiicimliìl  viltoriii,  Akc  die  i  Pernpni  t  di- 
^MÌono  ÌP  Ritira  e  le  fi>rtei.:i>  «lelli  ciuà  lii  Asci'^i,  v  riKaronla  a  loro  giunsilÌEione. 
ì  tobooo  il  stin  t'onradii  iitlino  iil  fiiiinc  ili  l 'ti iacee i-o  rl]i>  è  a  pie  ilrlln  cilli^.^  R 
(nireiì  i  r«rngini  in  Ksc'ifi  corsoiin  \a  l-rrn  contro  ai  p:itli,  «  piò  ili  cento  ultadiui 

isono  a  fnroni  nella  icrm,  drenino  Muli  loro  rnlH-llì.  • 


I  DERELITTI 


XXV. 


MiLIGSITi    SàTANICl 


Mentre  la  Marchesa  Cocilìa  o  la  figlia  raitioreoDd  aodamiol 
in  Tolta  per  la  terra  de'Faraonì,  aspettando  il  figlio  e  il  fn-l 
tello,  che  n*cra  d'Emma  o  di  Pierino,  che  lasciammo  in  can  lo] 
zio  Malagiiinta?  Eratii^  i  tapini,  siccome  altrove  dicemmo,  allkj 
mercè  di  un  reechio  avaro  e  di  nna  perfida  goreroante,  n 
tìzzom  d' inferno,  che  parea  Tenuta  al  mondo  per  accendere  ìli 
fuoco  della  discordia  in  seno  alle  famiglie.  La  malvagia  fomÌBi{ 
quando  venne  a  notizia  della  partenza  della  Marchesa,  per  b< 
lotterà  che  questa  scrisse  alla  figlinola,  avvisò  tosto  di  giovar* 
Beno  ai  snoi  periodi  intendimenti.  Scaltrita  e  scozzonata  più  cImI 
lina  volpe,  ella  prese  anzitutto  a  far  con  Emma  e  Pierino  un  graBl 
rammarichio  della  partenza  della  madre  e  della  prigioDÌa  fij 
Cesare,  e  a  compiangersene  vivamente  od  essi  con  tutte  qac 
Ante  di  pietà  e  di  dolore,  a  cui  sapea  maraTÌgliosamente  atteg- 
giarsi. Il  che  le  valse  a  meglio  cattivarsene  la  benevolena  e| 
la  fiducia,  e  a  far  si  che  anche  il  padrone  non  gìiigip 
odorare  i  suoi  occulti  disegni.  Per  tal  forma  vennele  h.i 
tranellaro  a  salva  mano  zio  e  nepoti.  Per  un  paio  dt  eettiroaa«j 
adunque  ella  rappresentò  bellamente  in  commedia  le  parti  jii 
pietosa  consolatrice:  ma  quando  vide  ammollare  noi  vecchio  qaelj 
primo  sentimento  di  naturai  compassione,  che  avealo  reso 
po' po' benigno  verso  i  nepoti,  e  riprendere  in  lui  il  soprawent 
Pavarìzia,  stimò  venuto  il  tempo  di  fare  il  colpo. 

Un  dì  che  il  vecchio  era  d' umor  pid  nero  e  serpentoso  che  miì,| 
e  andava  in  bi///.a  per  la  nota  d<Mle  speso  di  casa,  straboccbe-) 
Tolnionte,  com'egli  diceva,  caricata,  la  Rosina  con  aria  compant 


I   CEBEtrm  -  XXV.   «AUGfftTÀ   SATAMCA  6U7 

Bseguata  e  sommessa.  —  Caro  signor  Padrone,  gli  dlsso,  io 
ci  ho  colpa.  So  lu  fiimiglia  è  cre^ciut»,  forz'  6  che  si  ag- 
ivino  pur  anco  lo  speso.  È  cosa  che  va  eo'piedi  suoi.  Voi  ben 
pete  ch'io  sono  Ttiassaia  ;  o  non  dico  per  lodarmi,  mu.  ìd  quindici 
ni  che  vi  sorro,  mi  paro  di  avervi  dato  prore  bastanti  della 
a  fedeltà. 

—  Che  ti  frulla  ora  pel  capo?  Chi  ha  mai  messo  in  dubbio 
tua  fodeltii? 

<^  Eh...  perdonate...  quel  vedervi  così  imbronciato  per  la  nota 
U©  spese?... 

—  Vorresti  tu  ch'io  facessi  un  visino  dolce  e  una  boccaccia 
ridere  ai  bezxi  che  mi  volano  via? 

—  "N'un  dico  questo  ;  ma  poiché  vi  siete  sobbarcato  alle  spese 
.  mantenimento  e  deireducuzioue  do' vostri  nopoti;  converrìl 
re  che  mettiate  fuora  de' buoni  contanti... 

—  Ohe  mi  parli  tu  di  mantenere  ed  'educare  i  nepoti?  Io  me 
terrd  in  casa  al  più  fitio  al  ritorno  della  madre. 

—  Ah,  ah...  fltio  al  ritorno  della  madre!...  Kd  ò  possibile, 
to  padrone,  che  voi,  uom  sì  prudente  e  avvisato,  non  vi  8iat« 
sorto  che  vi  danno  il  giambo  e  vi  tongono  in  sulla  gruccia, 
cho  il  fatto  vostro  6  una  compassione^  e  voi  n'anJate  io  voco 
tatti  come  vecchio  (perdonatomi  l'espressione)  babbuasso  e  di 

tondo? Che  vi  diss'io  laggiiì  noi  viale,  quando  corsi  a  darvi 
àzia  dell'arrivo  de'nepoti?  Xon  vi  manifestai  allora  il  mio 
ttto  che  sotto  colore  di  mandarvi  qua  per  poco  tempo  i 
ti,  la  vedova  nascondesse  il  pensiero  di  addossarvone  l' in- 
?  Or  ecco  che  la  sua  partenza  per  l'Egitto  viene  a  ooofer- 
i  miei  bravi  sospotti.  Credete  voi  ch'ella  debba  rimpatriare 
tosto?  Ci  vuol  altro  !  Prima  di  ricuperare  il  lìglio,  se  pur  ò 
fthe  sia  prigioniero,  e  nou  sia  anche  questa  una  sua  frottola 
colorire  la  sua  andata  colà,  dovranno  passare  dei  mesi  e 
ra'anco  degli  anni!... 

—  Degli  anni?  ripetè  il  vecchio  tutto  rabbuiato  iu  viso.  Sa- 
ibbe  duuqutj  anche  questo  un  tnwiello,  come  tu  dici,  e  come 

incìo  a  sospettare  anch'io?...  Basta:  tutto  lo  ciambelle  non 
iQo  cui  buco,  dico  il  proverbio.  Se  lu  signora  Marchesa,  mia 


69o  I   DEtteLITTI 

nepote,  mi  avrà  gioatato,  in  fò  di  Dio  che  mangerà  ìl 
pentito!... 

—  Frattanto,  rìpresd  la  mascagna^  non  6  ginsto  che  lo 
gÌDo  i  rostri  nepoti  ;  i  quali  fora»  nulla  sanno  di  tuUo  questfl. 
E  perd  voi  vedete  eV  io  non  posso  fìir  soperchia  eeonomia  seva 
lori)  danno  e  vostra  vergogna.  E  voi  mi  garrite  per  l'acetesd- 
monto  delle  spese?... 

—  'Siili  sai  tu  quel  che  dice  an  antico  adagio  :  /(  sovtrAk 
r<mpe  il  coperchio?  Ti  dico  dunque  e  tomo  a  dire  che  le  speN 
sono  troppe,  che  conviene  rilìlare,  assottigliare...  Oià  tom'ia- 
tendi...  E  accompagnava  ìl  suo  diro  passando  leggormenie  uu 
mano  sull'altra,  come  chi  taglia  o  affetta  sottil  sottile. 

—  Eh  si...  soggiunse  con  nn  ghignetto  la  Rosina,  n  i  rìiiU:^ 
a  quelle  due  bocche  che  divorano  per  dieci!  Basta,  fard  il  y-^- 
sibile  per  contentarvi!... 

Questi  dialoghi  tra  la  governante  e  il  padrone  che  ripete 
di  frequente,  produssero  col  tempo  T  effetto  che  la  brìfblda 
ne  aspettava.  L'j  lettere  che  giansero  in  seguito  dall'  Egitto 
man  della  Marchesa  dirette  a  luì  u  ad  Emma  non  f^vano 
ribadirgli  iu  capo  Tidea  di  un  laccio  tesogli  dalla  nipote, 
quello  che  venivano  a  smentire  le  voci  oirso  intorno  alla 
gionìà  di  Cesare,  e  davano  insieme  a  iatf^ndere  che  ella 
rimasta  coU  per  un  tempo  indefloito.  La  governante  poi 
falliva  mai  di  battere  ìl  ferro  fincVera  caldo,  rinfocolando  l' ani 
del  vecchio  in  queste  sue  bizze,  e  con  Recandogli  vie  pìil  add 
il  chiodo  ch'erasi  piantato  in  tosta;  mentre  d'altra  porta 
scaldavagli  sempre  te  orecchie  contro  ì  nepotìf  che  non  e 
verso  dì  lai  sinceri,  ma  cospiravano  colla  madre  ad  abbiado 
Deir interesse  poi  non  è  a  dire:  era  il  tema  ordinario  del 
pissi  pissi  col  padrone,  quando  la  sera  preseutavagU  la 
delle  spese,  ch'ella  con  finissima  asbma  caricava,  ma  in 
che  il  vecchio  baggeo  non  so  ne  addosso.  Di  quest'arte  ella  gi 
bel  bello  ad  alienarlo  da'neputi,  vors'j  i  quali  peraltro  nuo 
mai  stato,  come  il  lettore  avrà  veduto  a  suo  luogo,  troppo 
e  gentile!  Emina  e  Pierino  ben  se  ne  addiodero;  ma 
iDQgi  le  mille  miglia  dal  subodorarne  la  cagiono.  K^tsi  arrea 


XXT.   MALICMTÀ   SATANICA  699 

Il  mal  taIdDto  dello  zio  e  i  saoi  modi  aspri  e  disdegnosi 
indole  soa  nibcsta,  bisbetica  o  scontrosa.  Noq  passava  loro 
capo  ombra  di  sospetto  che  vi  putosse  aver  mauu  la  Rosina; 
|uale  pareasl  buoQa,  e  diceva  dì  amarli  tanto,  tanto!  Pove- 
I  qaaato  s'inganDavaito!  Ma  chi  mal  non  fa,  mal  noa  pensa; 
i>n  è  a  stupire  che  quelle  due  aainmcce  innocenti,  ingenue, 
are  delle  frodi  dì  nn  moudaccio  traditore  si  lasciassero  ago- 
Uente  abbacioare  dallo  vane  lustre  di  un  mentito  alette. 
Quando  quella  vecchia  volpaccia  della  Rosina  videsi  padrona 
(cuore  di  Emma  e  dì  Pierino,  corno  gìh  lo  era  da  pezza  del 
t  zio,  deliberosai  di  non  soprastare  piiì  a  lungo  a  fare  scattar 
tacchina  che  avea  motilità  por  piglinro  a  una  stcssji.  ta- 

la  7.Ì0  e  uop(.tti.  [ndusse  du.pprima  il  vecchio,  già  incaponito 
*]dea  di  essere  stato  carrucolato,  a  faro  ricerca  del  conduttore 

mma  e  di  Pierino,  a  fine  di  apparare  per  suo  mezzo  la 
ita  di  quanto  questi  avcanglì  contato.  Ben  avvisava  l'astn- 
'ÒA  dover  tornare  vana  eotosta  rioorca,  ignonindos^^ne  perfino 
nome;  ma  questo  medesimo  avrebbe  raffenmito  il  vecchio  nei 
i  sospetti.  E  la  cosa  andò  coin'etla  avea  divisutu;  chò  il  Ca- 
do iuc^aricato  di  questa  bisogna  dal  padrone,  e  recatosi  per 
ndemu  vocu  a  Ca^li,  non  potò  mai  sa[>oru  chi  fosse  il  giovane 
[liese,  che  avea  vettureggiato  fio  colà  Emma  e  Pierino,  quan- 
qne  questi  avessegli  fornito  i  connotati  uecessarii  a  rìcono- 
rfc).  La  mala  riuscita  di  queste  ricerche  ribadì  i  sospetti  in 
0  al  vecchio;  il  quale  per  questo  fatto  guastns.si  sì  malamente 
Buoi  nepoti,  ch'indi  in  poi  non  li  volle  neppnr  seco  a  mensa, 
irdinò  che  desinassero  coi  ramigli,  nò  gli  venissero  innanzi, 
non  chiamati.  Faccia  seco  ragiime  il  lettore  di  che  acuta  fìtta 
«r  dovesse  al  toro  cuore  l'ingiusto  sdegno  dello  Zìo!  Essi 
ha  loro  semplicità  e  buona  fede  ebbero  ricorso  alla  mediazione 
Ha  governante,  ch'ora  come  so  lo  pecorella  si  mettessero  sotto 
protezione  del  lupo.  La  manigolda  infatti  fe'sembianza  di 
Jteggerli,  ma  solo  por  meglio  tradirli  e  rovinarli. 
—  Piglinoli  miei,  diceva  loro  con  bocca  piccina  piccina  e  un 
etto  arieggiat<j  a  cjmpassiouc.  vostro  zio,  mi  grava  il  dirlo,  è 

Fecchio  testardo,  che  quando  sì  ò  fìtto  un  chiodo  in  capo 


L 


TOtI 


1  DERELirn 


non  glielo  lerorebbe  manoo  satanasso.  Come  fare  a 
che  Toi  non  avete  voluto  ingannarlo?  lo  mi  ci  sono 
vedete,  miL..  e  qui  crollò  il  capo  e  trasse  un  sospirone,  con 
dire:  egli  è  un  lavare  la  tosta  all'asino.  Vi  dirò  di  pift;  e  gn 
d'attofQo  per  assicurarsi  dì  non  essere  udita;  poscia  j 
r  indice  alla  bocca,  vi  dir6  di  più,  ripetè,  ma  ìa  gran  a 
veb...  Egli  è  talmente  cornicctato  con  voi  cbe  voleva  rìmu 
a  casa  vostra!  Io  Tho  supplicato  a  mani  giunte  che  noi  fai 
ed  egli  in  questi»  almeno  mi  ha  dato  ascolto.  Però  se  uin 
volta  Io  assalisse  oost  brutta  tentazione...  io  non  so...  \m 
Starò  sempre  alla  vedetta  per  darvi  il  segnale  delta  tem 
e  farò  di  tutto  per  rabbonirlo,  se  mi  sarà  possibile;  p 
rodete,  è  un  benedetto  vecchio  che  arruffasi  per  ogni  poco, 
un  istrice,  e  guai  a  chi  Io  tocca!  Poveri  figliuoli,  don 
capitati  \  Ma  buon  per  voi  che  la  Kosina  non  vi  abbando 

—  Si.  Kosina  mia,  vedete  modo  di  rappattumarci  eoli 
dissele  Emma.  Ve  no  sapremo  grado  influito  per  tutta  Ift 

—  Eh  cani  Emma,  ripigliò  la  Rosina,  T  impresa  è  ^àl 
di  quello  che  vi  pensate.  Tuttavìa  metterò  tatto  in  open 
venirne  a  capo.  Voi  due  intanto  abbiate  pazienza,  e  Bons 
più  che  potete  l'incontro  dello  zio,  aspettando  che  passi  la 
pesta  e  l'animo  suo  si  rabbonisca. 

Di  questa  foggia  la  rea  femmina  teneva  a  bada  i  ti 
orfanelli,  mentre  in  pari  tempo  era  mantice  agli  sdegn 
vecchio,  della  cui  confidenza  orribilmente  abusava.  Quaod 
le  parve  che  il  mal  seme  della  discordia,  da  lei  gittate  t 
e  nepoti,  fosse  ben  attecchito,  allora  piiì  non  pensò  che  a  cogl 
il  frutto;  e  fu  così  perfido  e  infame  il  mezzo  a  cui  die  di  p 
che  mi  rifugge  l' animo  o  mi  trema  in  mano  la  penna  n« 
cingermi  a  descriverlo.  Ma  innanzi  che  veniamo  al  do 
passo,  non  sappia  male  al  lettore  ch'io  rivolga  indiet 
sguardo  a  quel  solo  e  vero  amico  deMerelittì,  voglio  dir 
r  affettuoso  Fido,  che  parve  da  me  in  certa  guisa  dimeni 
Fin  dal  gioruo  che  Emma  e  Pierino  misero  piò  in  casa 
giunta,  il  loro  cane  fiivvi  dal  ringhioso  vecchio  accolto  aS 
non  guari  dopo  a  colpi  di  bastone  cacciato;  di  cbe  pori 


J 


XIEV.    UAUGMtJL   SAT.INICÀ  lOi 

Irumbi  grundissima  noia.  Sooonchtì  il  liuon  ìLnittmlo  noti  li 
ibbHndoDÒ  por  questo;  che  dì  o  notte  avroltacchìaudosi  intorno 

la  casa,  uttendea  il  momento  che  i  suoi  padroncini  ne  uscissero 

r  fare  loro  ogni  volta  un  mondo  di  carezze;  ed  essi  di  soppiatto 
ittavuugli  ogni  dì  dalla  finestra  qualche  tocchetto  di  pane  o 
imasaglio  del  loro  desinare,  perchè  non  si  morisse  di  fame, 
iitravreniva  spesso  che  il  vecchio  si  facesse  alla  porta  o  alla 
neslra;  e  allunt  Fido  darala  a  gambo,  ma  per  tornare  heu  tosto 
i  dove  r  amore  de'saoi  padroni  lo  richiamai. 

Che  oontn^to  tra  i'  amor  di  Fido  o  il  cuor  nero  di  dae  esseri 
Inaani,  Timo  insensibile  per  aTarixia  e  l'altro   per  amliizìone 

cupidigia  spietato!  Ma  torniamo  a  bomba. 


' 


XXVI. 


L  INK00Eli/.t    CALUNNIATA 


La  Rosina  solea  ricevere  dal  padrone  ogni  mese  la  somma 
ieeessaria  per  le  spese  giornaliere;  la  quale  dopo  la  venuta  dei 
nipoti  ammontava  a  un  duecento  lire.  Or  che  fé' la  scanfarda? 
Simulf»  de'piccoli  furti  di  qualche  lira,  u  ne  mosse  lagnanza  al 
padmne,  dandogli  così  a  credere  che  vi  fosse  qualche  Indro  in 
casa.   Il  pecorone  di  Taddeo  prestandole  intera  fedo,  domanda- 
tale sempre   su   chi  facesse   ella  cadere  ì  suoi   sospetti:  e  la 
piglioffa  stringendosi  nelle  spalle  rispouderaglì,  che  niiin  dei 
domestici  metteva  mai  pie  nelle  sue  sta:i7.e...  E  nel  dir  questo 
Hcoompagnava  le  parole  con  un  cotal  ghìgnetto  ironico,  che  ben 
rivelava  com'ella  spingesse  più  oltre  i  suoi  sospetti.  Di  che  av- 
vedutosi il  vecchio  ombroso,  più  d'una  volta  le  disse  che  parlasse 
chiaro;  ma  ella  sempre  gnardossi  dal  nominargli  i  nepoti,  ac- 
iocchi;  questo  risorbo  le  giovasse  in  seguito  ad  acquistare  presso 
di  lui  più  credenza  per  quello  che  mulinava.  E  poi,  che  bisogno 
^*era  di  pronunziare  quei  nomi,  che  Dio  sa  quante  volte  affacciar 
il  dovevano  da  so  stessi  in  mente  al  sospettoso  vecchio?  Infatti 
«gli  diceva  tra  sé  e  so.  —  Prima  che  mi  si  appiccassero  ad- 
dosso quelle  sanguisughe  de' miei  nepoti.  io  non  sono  stato  mai 
derubato  da' mici  domestici,  porchd  mi  avrebbero  a  fare  adesso 
fA  brutto  tiro?  E  quand'anche  il  volessero,  come  il  potrebbono, 


702 


I  DEneLim 


se  non  mettono  mai  pie  nelle  stanze  della  H<.iina^  L&  governiuit» 
poi  guardò  sempre  con  gelosia  il  danaro  cbo  le  diedi  per  U 
spese,  u^  ebbe  mai  a  lagnarsi  meco  di  furto.  Come  ra  che  adeaw 
vedosi  sparire  dì  tratto  in  tratto,  come  per  incanto^  le  lire?  Mi 
sarebbe  ella  riuscita  dì  massaia,  accorta  e  fedele,  eh*  è  aempn 
stata,  una  governante  spensierata,  strulla  o  ladra?  Oh  no...  odi 
è  possibile...  Kirò  una  donna  ammodo,  e  dopo  15  anni  di  pron 
non  potrei  dubitarne.  Resta  dunque  ch'io  tenga  oq  po' d'occhi* 
a'mioi  cari  nepotinil... 

Essi  mi  sono  venuti  in  casa  quasi  di  frodo,  affamati,  e  per  TÌvm 
a  mie  spuso,  riguardando  fin  d'ora  come  propria  la  roba  mii. 
Qual  niaravigtia  che  cedano  alla  tf^ntiiziono  di  rusparmi,  quo 
possono,  un  po'di  mon<3ta?  Occhio  dunque  Taddeo,  occhio 
mani  de' cari  nepotinì!... 

Tutto  cotesto  fisime  fruUavan^li  por  la  fantasia,  ed  egli 
tanto  afllssarvisì  sopra,  avea  dato  corpo  al  suo  sospetto  por  fo 
cbo  ornai  niuno  sarubbo  stinto  capace  dì  cLvar^^Iielo  di  rapo, 
che  avvedutosi  troppo  bene  quel  demono  incarnato  della  Rosi 
pii\  non  ìstette  a  far  scattare  la  trappola  che  avea  montata 
infernale  astuzia. 

T7n  dì  che  il  padrone  ebbele  dato,  secondo  il  solito,  te  du< 
lire  mensili  per  le  spese  di  casa,  queir  impiccatacela,  culto 
tempo  che  Emma  passeggiava  col  fratello  nel  viale,  corM 
sofUearlo  per  entro  al  pagliericcio  dì  quella,  e  ne  ricompow 
letto  com'era  per  l' innanfii.  Il  giorno  appresso  eccola  tut 
santo  0  stralunata  correre  alla  camera  del  padrone,  e  in  sem 
e  in  atti  di  disperato  dolore  gridargli  :  —  Signor  Taddeo,  fin 
questo  momento  abbandono  per  sempre  la  casa  vostra.  Ah 
sarli  mai...  £  qui  a  piangere,  a  piangere...  che  olla  tenera  sea; 
le  lagrime  nel  serbatoio  per  ogni  buona  occasiono. 

—  Ma  se'pazza?  Che  è?  che  avvenne?  Parla.  Disse  il  v 
sbarrando  un  paio  d'occhi  smarriti. 

—  Quel  danaro...  che...  mi  deste... 

—  Kbbene? 

—  Mi-.,  fu...  rubato...  K  qui  nuovo  pianto,  e  omei  e  dispe 

—  'Rubato?  ripreso  il  vecchio  con  voce  tremolante.  Possibili^ 
Guarda  beso  che  non  l'abbi  piuttosto  perduto? 


^ssak 


Perduto,  dite  voi?  Vi  pare?  L'avevo  chiuso  nel  mio  for- 
ino; e  questa  mattina  ho  trovato  il  forzierìno  aperto  e  le 
iecento  tiro  scomparse. 

—  Che  mi  conti  ?  Ahi  me  disorto  1  me  tapino  coi  ladri  in 
!  E  cacciandosi  le  mani  ne' capelli,  levossi  furibondo  e  fu 
camera  della  Rosioa;  dove,  vedendo  lo  scrigaetto  sforzato 

Ihè  U  ribalda  avoane  sconficcato  ossa  stessa  la  serratuni)  a  lei 
rivolse  tatto  inviperito,  dicendole: 

—  £  ta.  bestia  che  sei,  vai  a  nascondere  il  mio  danaro  in 
DO  sUpetto,  che  è  un  ninnolo  da  fanciulli,  o  pu<>  essere  da 
ualiiniine  manina  forzato  ed  aperto?  K  qui  tutto  gonfio  d'Ira 
K>ttò  in  parolacce  da  trivio  contro  la  sua  diletta  Rosina;  la 
naie  senza  fiatare,  con  aria  compunta  e  ad  occhi  bassi  lasciava 
piovere,  godendo  intanto  in  cuor  suo  di  quel  risciacq[no  a  ranno 
oliente,  che  doveva  poi  ricadere  in  capo  alle  sue  vittime.  E 
aando  il  vecchio  ebbe  dato  esalo  all'ira  che  bollivagli  in  cuore, 
aella  fnrbaccliìuna  trincata  prese  a  fure  con  lui  le  sue  scuse, 
icendo: 

—  Sono  quindici  anni  che  Ìo  chiudo  il  danaro  in  questo  stipo, 
ler  averlo  più  alla  mano,  e  guarda  che  mi  sia  mai  mancato 
D  ccntesimol  Ed  ora?  ah  ch'io  smemoro,  nò, so  che  pensare!... 

—  Ma  non  mi  hai  tu  detto,  ripigliò  sbuffando  il  padrone,  che 
i  quando  in  quando  ti  vedevi  sparire,  senza  saper  comò,  or 
ezza  lira  ed  ora  una  lira?... 

—  Si,  ma  erano  di  quello  ch'io  cavava  fuori,  e  talora  lasciava 
ni  tavolino  por  le  spese  giornaliere. 

—  Impura  per  l'avvenire,  citrulla  che  sei,  a  custodir  meglio 
I  danaro,  che  è  sangue  mio,  hai  inteso? 

—  Non  dubitate,  signor  Taddeo:  la  lezione  che  questa  volta 
avuto  b  Sì  dura,  che  n>m  la  dinu^utichorò  mai  .pìCi,  viver 

■ytSBÌ  gli  anni  dì  Matusalemme.  Intanto  non  mi  soffre  l'animo 
i  vedervi  patire  questo  danno  per  cagìon  mia.  Io  ho  peccato 
ler  troppa  ìidncìa;  e  ragion  vuole  ch'io  solane  porti  la  pena, 
spese  dell'ontrantu  mese  saranno  tuttu  a  mio  c;kri:co  ;  ed  io 
chieggovi  la  ritenuta  del  mio  salario  fino  ad  essermi  con 
i  sdebitata  dello  duecento  lire  che  vi  debbo. 
Questa  profforta  rabbonì  il  vecchio  avaro;  il  quale  senza  dire 


704 


1   PERELim 


86  r  accettava  o  no,  r.i3SereDi>ssi  alquanto  in  riso,  spianò  U  froob 
e  gaardò  con  occhio  bdnevolo  la  Hosina,  che  stavsgli  io  aU 
umile  e  contrito  (linDaui!Ì,  corno  il  roo  alla  presenza  del  giudi< 
Poscia  colle  braccia  conserte  al   petto,  e  tutto  chiuso  uè  suo 
pensieri,  diesai  a  misurare  a  passo  a  passo  la  stanza;  e  la 
governante  arrìsandu  l'arvìamónto  che  questi  dorerano  prende 
naturalmente  in  corca  del  ladro,  se  ne  stette  in  disparte  e 
cituma  per  non  dtstoraarne  il  corso.  Quando  il  vecchio 
matosi  a  un  tratto  e  a  lei  rivolto,  dissele.  —  Chi  ci  ha 
il  brutto  giuoco,  non  piiO  essere  che  un  ladro  domestico. 

—  Certamente,  riprese  la  Rosina.  Chi  altro  poteva  enti 
in  camera,  quand'ìo  ierser^i  no  uscii  per  dare  i  vostri  ordini 
famigli,  ovvero  iinesla  notte,  ment.r'io  dormiva. 

—  Se  il  ladro  ò  in  casa,  Io  scoprirò  per  tutti  i  diaroU 
l'inferno,  lo  scoprirò;  e  allora  te  lo  concerò  in  manieru  che 
abbia  a  ricordarsi  di  me  fin  che  viva,  uff...  e  lasciò  andare  aflj 
pugno  sul  tavolino  che  stavagli  dinnan;!Ì. 

—  Ma  come  scoprirlo?  rispose  la  frodolenta.  Io  non  vi  v€ 
che  una  sola  vìa  da  scovarlo,  anzi  da  acchiapparlo  col  fartoìi] 
mano,  che  è  il  più  bel  colp<>tto  che  si  possa  £aro. 

—  E  tu  lo  eredi  possìbile? 

—  Anzi  iufallibìle. 

—  Tu  mi  (ai  cadere  dalle  nuvole.  Spiegati. 

—  Sentite,  padrone:  ninno  de'domestici  ha  finora  messo 
fuori  di  casa.  K  però  nìont>;  più  facile  che  aver  in  mono  il  cor 
del  delitto,  lìasta  cogliere  tutti  alla  sprovvista,  e  riunitili  nel 
sala,  frugarli  garbatamente;  e  nnlta  trovando,  farli  guardare  al 
vista  dal  Castaldo,  mentre  noi  rovisteremo  ne*loro  BlAmbut;t;«| 
voi  vedrete  che  il  morto  si  scoprirà. 

--  Non  dici  male!...  Il  passo  in  vero  è  un  po' arrischiato;! 
perchè  saprà  molto  agro  ai  demestici  Tessere  presi  iu  sospeUfj 
di  ladri;  ma  veggio  anch'io  non  vi  avere  altro  partito  che  questo- 
Trattasi  finalmente  di  diie...cento...Itre,  corpo  di  Bacco!.-  Vnt 
bagattella  eh... due.. .conto.. .lire!  E  poi,  come  dormire  tntuiuìl&^ 
in  casa,  sapendo  che  v*  è  un  ladro  domestico  che  ti  può  demìm 
a  mail  siUva? 

—  Derubare  ditd  voìP  E  perchè  non  aggiungete  pur  tua 


assassitiare?  È  forse  la  prima  volU  che  famigli  e  anche  parenti, 
0  mìo  Dio,  si  anche  parenti  giungono  a  BcaQnare  il  prossimo 
per  amore  de'qiialtrinì? 

La  conclusione  di  questo  dialogo,  por  tagliar  corto,  fu  mettere 
tosto  ad  effetto  il  suì^gerìineuto  della  governante;  ed  è  inutile 
raggiungere  che  le  ricerche  fatto  addosso,  e  nelle  robe  e  nello 
cameracce  de' famigli  approdarono  a  nn  bel  nulla.  Di  che  la 
Rosina  dar»  vista  dVsserne  soprammodo  sgomenta  e  accorata  ; 
e  intemigara  otgli  occhi  il  padrone  come  per  leggergli  in  viso 
l'iotcazionc  di  spingere  più  ultre  le  ricerche  nelle  stanze  dei  ne- 
poti,  cosa  cb^ella  non  ardiva  proporgli  per  non  dargli  nemmeno 
da  lungi  ombra  del  tradimento  da  lei  ordito  a  loro  danno.  JUa  il 
rocchio  ne  la  cav^  egli  stesso  d'impaccio,  dicendole  —  Andiamo 
a  {are  lo  nostre  ricerche  nello  stan?^  di  Kmma  e  di  Pierino. 

—  E  che?  dubitereste  voi  de' vostri  nepolì-'  dimanda  astuta- 
mente la  perfidiosa. 

—  Eh...  quando  tratUsì  di  quattrini,  non  bisogna  fidarsi 
nemmon  de'pareutì.  Andiamo. 

—  PiiLCCìavi  ch'io  prima  sotto  un  pretesto  qualaaque  cerchi 
di  allontanarli. 

—  Mandali  dove  diavolo  vnol. 

Ta  Rosina  sali  alle  loro  stanze,  mulinando  tra  sé  che  pretesto 
addurre  dovesse  ai  malcapitati;  e  appigliossi  al  primo  che  af- 
facciossole  in  mente,  e  fu,  invitarli  alla  caooia  delle  palombelle, 
a  cai  in  quel  momento  appunto  arviavasi  il  Castaldo  con  altri 
cacciatori  di  que' dintorni. 

Kmma  e  Pierino  t«mnero  di  gran  cuore  l'invito,  perchè  non 
avevano  mai  veduto  quella  caccia  che  è  di  tanto  sollazzo  ;  u 
scesi  nel  viale,  ov'ebbero  tosto  le  festose  acodglieoze  del  povero 
Fido,  che  starane  sompre  alla  posta,  se  no  andarono  anch'essi 
di  brigata  c^jì  cacciatori  alla  volta  di  una  selvetta  non  guari 
lontana  in  sulle  verdi  sponde  di  un  ruscello.  Partiti  ch'essi  fu- 
rono, la  governante  e  il  padrone  mìsero  sossopra  le  due  cime- 
rucce,  razzolando  tra  le  loro  masserizìuole,  scompigliando  i  letti 
e  rìfnistando  i  pagliericci.  Quando  a  un  tratto  la  furfantaccia 
della  Rosina  arrestossi,   e  in  sembiante  di  gran  maraviglia 

Strù  XIIJ.  coi.  II.  fatt.  8ft*  4*.  U  gnrgio  ISSli 


706  I  oaHELim 

—  Qui,  dìsso,  noi  pagliericcio  di  Eiutna  par  che  sìuvi  del  sodo. 
Il  padroD6  tosto  ri  corse  colla  mano,  e  ficcatala  lino  al  fondi 

—  Che  è  questo?  sclamò  tutto  rabbuiato  in  viso;  e  trass«iM 
fuora  im  iuvolto.  L'aperse,  e  trovorvi  dentro  tra  di  argento  i 
di  rame  le  duecento  lire  che  cercava.  Osservò  la  pezzuola  in  di' 
erauo  arvolte,  e  rioonobbela  dalla  cifra  per  quoUa  di  PieriDo. 

—  Ecco  i  ladri  scoperti  !  mugghiò  cupo  e  fremente;  ecco  il 
corpo  del  delitto! 

—  Oh  chi  l'avrebbe  mai  pensato?...  sclamò  la  gaglioffa  oaa 
un'aria  di  volt4  tra  stupefatta  e  dolente. 

—  Chi  l'avrebbe  pensato?  ripigliò  con  voce  tremante  perla 
rabbia  e  la  vergogna  il  vecchio,  chi  l'avrebbe  pensato?  L'ho 
pensato  io,  cbo  fin  dal  primo  istante  giii  oramene  balenato  ia 
mente  il  sospetto.  T7IT...  ladri  i  miei  nipoti?...  cosa  mi  tocca 
di  vedere!  i  miei  nepoti  Udri?!...  E  io  posso  sopportare  ootutti 
infamia?  Pazzo  che  fui  a  raccattarmeli  in  casa!...  Bella  merenda 
in  vero  essi  rendono  allo  zio  della  sua  cariti!  £  queir  Emmi 
che  fa  la  Santuzza,  e  ti  par  proprio  ana  madonnina  del  Dola 
0  del  Coreggio?...  Va,  fidati  delle  apparenze!...  E  Pierino,  a  m 
piite  tuttora  la  bocca  di  latto?  Pierino  tien  mano  alla  sorella 
nella  gloriosa  impresa  di  spennacchiare  lo  zio,  che  li  ha  raocollJ 
quasi  pez:ìentif  affamati...  e  or  li  mantiene,  solo  perchè  possuk 
meglio  ciuffargli  la  borsa!  Che  Dio  li  fìuxia  tristi!  Io,  non  mi* 
io,  corpo  di  satanasso,  se  non  li  caccio  in  una  casa  di  «orrezioo^ 
e  dopo  avnr  dato  loro  un  buon  carpicelo  di  nerbata.  E  .si  di 
stufava,  corrugava  Io  ciglia,  aggrottava  la  fronte,  sprizzava 
dagli  occhi,  e  misurando  a  passi  concitati  la  stanza,  ripetea 

—  nerbate,  7ierhate  ! 
—  Per  amor  del  ciclo,  disse  la  Rosina,  signor  padrone, 

fiate  cosi  grossa  buassaggiue!  Vi  pare?  Che  si  direbbe  di  Vtt 
se  ti  mandaste  in  una  casa  di  correzione?  Un  tal  pas-so  vi  po- 
trebbe attirare  di  molti  guai.  E  poi  sarebbe  un  luetteru  in  piana 
le  miserie  domestiche,  e  ne  andreste  di  mezzo  anche  voi.  Ci 
scapitereste  dulia  vostra  riputazione.  Fate  a  mìo  modo:  rimandateli 
senz'altro  a  casa  Loro.  Se  non  vi  ò  colà  la  madre,  evvi  la  ca- 
meriera, la  quale,  a  detta  di  Emma,  ha  un  cuore  di  madre  per 
la  famiglia. 


XXTt.   L  mnOCENZA  CALU.\»UTA 


707 


Questo  ooDsigtio  datogli  con  sotti!  raalixia  dalla  governante, 
andò  molto  a  sangue  al  vecchio  barbagianni  ;  i  I  quale  sbollito  quel 
primo  impet')  d'ira,  e  dato  un  po' luogo  alla  riflessione,  le  disse: 

—  Tu  hai  ragione,  Uosìna,  il  meglio  è  rimandarli  a  casa  loro. 
Ha...  e  le  spese  del  ri^gio?...  Questo  impensieriva  forte  il 
pitocco,  che  non  sapea  mai  risolversi  ad  aprire  la  borsa. 

—  Se  è  per  questo,  voi  non  ci  avfite  a  pensare.  Darò  loro 
nn  cento  lire  del  mio,  ed  è  pift  del  bisogno.  La  carità  fintUmonte 
la  so  fare  anch'io. 

—  Brava  Rosina!  Io  ti  ho  sempre  avuto  in  conto  di  donna 
luassaia  sì,  ma  all'uopo  ancor  liberale  e  generosa,  e  godo  di 
noo  essermi  ingannato! 

—  Tutta  vostra  bontìi,  caro  Signor  Taddeo!  Or  di  una  cosa 
floitt  vi  prego,  ed  ò  che  non  facciate  traspirar  fiato  ai  vostri 
nepoti  della  scoperta  che  abbìam  fatto. 

—  E  perchè?  \on  ti  par  egli  convenevol  cosa  far  loro  una 
l>aona  canata  e  scudisciarli  di  santa  ragione  per  cacciarne  il 
diavolo  che  li  tenta  a  stendere  l'ugna  sulla  roba  altrui;  e  poi 
lerarceli  dinnanzi? 

—  Cotesto  sarebbe  nn  rimedio  peggìor  del  male;  perchè  essi 
pnntì  sul  vivo  al  vedersi  puniti  e  cacciati  di  casa  come  ladri, 
né  sofTrmido  di  turuare  ìu  patria  con  <xi>f>sta  brutta  macchia  in 
viso,  Dio  sa  a  qual  partito  sì  appiglierebbero  per  riscattarsi  di 
i^aeet'onta.  Forse  non  arrossirebbero  d'inventare  eziandio  molte 
calunnie  a  carico  vostro.  È  vero  che  voi  avete  buono  in  mano 
da  sbugiardarli,  confonderli  e  farli  vergognare  di  sé  stessi.  Ma, 
oh  Dio!...  Voi  siete  sempro  zio...  essi  sono  vostri  nipoti!...  Parvi 
egli  che  vi  convenga  mettere  in  mostm  quello  che  tra  parenti 
dorrebbe  rimanere  sepolto  in  alto  segreto  poi  decoro  di  tutta 
la  famiglia?  E  \m  sareste  .sicuro  che  il  mondo,  sempre  maligno, 
Avesse  a  dar  ragione  a  voi  e  non  piuttosto  ai  vostri  nepoti;  i 
qaali  hanno  a  lor  favore  tutte  te  apparenze  ingannevoli  della 
piet!\  del  candore  e  dell' innocemsa? 

—  Von  hai  torto,  R«3sina;  o  mi  maraviglio  di  me  stesso,  che 
coleste  rillessìuni  non  mi  siono  passate  pel  cervello,  tanto  sono 
«lleno  giuste  ed  assennate!... 

—  Eh  quando  sì  ha  l'animo  tutto  sconvolto  e  il  sangue  ia 


1^^ 


1 


7(18 


1   DERELITTI 


bollimento,  come  l'avevate  voi  testé,  non  si  può  ponderare 
cbu  meglio  ei  convenga!  Or  a«]  animo  più  riposato  voi  st 
vudetu  la  ooovenieam  della  cosa. 

—  Sì,  à,  rimanderemo  senza  strepito  e  in  sanU  pace  i  nep^t 
come  tti  mi  comigli.  Uà  bisognerà  puro  dar  loro  una  qualct 
ragione  di  (jaesUi  sfratto? 

—  Che  ragioni?  Si  farà  in  modo  cVessi  stessi  pel  loro  meglio 
fr:  ne  vadano.  Qiù  ossi  sanno  che  ò  spirato  il  tempo  della  \»v 
villeggiatura  nel  vostro  casino,  o  che  voi  siete  scorrueciato 
essi,  perchè  li  trovaste  infinti  e  bugiardi  ;  e  tanto  basta.  I: 
non  cerclieranno  più  avanti;  e  se  ne  andranno  pe'&tti  lor 
Lasciatene  l'incarico  a  me;  e  vi  prometto  io  che  dentro 
vi  libereranno  d'ogni  noia.  Converrebbe  però  che   voi  non 
lasciaste  vedere  da  essi,  perchè  vi  leggerebbero  tosto  in  volt 
quello  che  vi  eliìuduto  in  cuore,  o  vi  assedlerebboro  di  domande; 
e  quaudu  puro  non   si  ardissero  di  farvule,  perdio   non  baai 
la  cuscioDzu,  uetU,  voi  mal  vi  terreste  alle  mosse  al  vederre 
dinnanzi  con  quel  loro  vìsino  dolce  e  ingenuo,  mentre  sapete  cMj 
vi  tradiscono  u  vi  derubano... 

—  Dici  bene,  Rosiua,  riprese  il  cotioone,  a  eoi  ueppur  pj 
per  la  fantasia  che  quello  fosse  un  parlare  pieno  d'artifii 
d' inganno,  l  nepoti  se  uè  vadano  pur  con  Dio,  chò  quanto  a 
non  mi  curo  pii^  di  loro,  come  se  uon  fossero  al  inondo;  e 
fa  ch'io  non  li  vegga^  perchò  temo  di  bksciarmì  trascinare 

.collera  più  oltre  che  non  vorrei. 

—  n  colpo  è  fatto,  disse  tra  so  con  infernal  compi 
Bosina;  ma  una  voce  intema  tosto  soggiunse  l.. 

—  Or  toccherà  a  Dio  a  pagarti  a  misura  di  carbone.  Era 
grido  della  coscienza  che  rinfacciavale  il  suo  delitto;  e  bt 
per  lei  so  l'avesse  ascoltato  1 

Il  vecchio  sì  mosse  per  tornare  allo  sue  stanze;  ma  fatti 
passi  soffermossi,  e  volto  alla  governante  —  Rosina,  le  Au 
ricordati  di  dar  loro  del  danaro  poi  viaggio;  aoeioccht)  non  si 
che  io  sono  senza  cuore  ed  ho  gittato  sul  lastrico  i  nepoti. 
sei  meriterebbero;  ma  in^ue  la  couvenien:&a  mia...  m*  intendi  r. 

—  Non  ve  ne  date  carico.  Già  vi  dissi  che  io  stessa  fiirO  lu 
le  spese  del  viaggio. 


I 


aggiunse  in  cuor 

l'aroaute!  Entrò  nella  sua  staiua,  o  dio  la  stanghetta,  all' uscio, 
me  sempre  solea.  Lasciamolo  là  nella  sua  rolontaria  prigione, 
cai  la  sua  stessa  avarizia  lo  condanna,  e  torniamo  alle  Tittlme 

ella  sua  pecoraggine  e  della  perfidia  altrui. 


xxvu. 

LI   CICCIA    DELLE    PALOMBKI.t,»  B   LE    VITTIHK    DEL    TUiPrMBNtO 


H  Emma  e  Pierino  ignari  di  (^nanio  ernsi  tramato  a  loro  danno 
^e  tranquillamente  assisi  a  pie  di  un  fronzuto  castagno,  conttsm- 
,  piavano  silensiosì  la  caccia  delle  paloml)elIe,  senxa  sapere  che  in 
'  qaelle  semplicette,  colte  con  inganno  al  varco  dal  cacciatore,  essi 
avrebl)ono  potuto  ravvisare  la  loro  imagino  o  somiglianza.  Mira- 
vano con  un  certo  senso  dì  compassione  quelle  amabili  pellegrine, 
_fiiinboIo  della  somplicitiì,  e  del  candore,  venir  volando  ap^m  i  co- 
>mbi  domestici  addestrati  a  quella  caccia,  quasi  volessero  alTra- 
ìllarsì  con  loro,  attratti  dalla  naturale  simpatia,  che  tende  a 
ravvicinare  gli  animali  della  stessa  specie  —  Povere  croaturine, 
ilamò  Emma, oh  come  sarà  loro  fafcile  cotant-J  amore!  Le  palom- 
}Ue  diedero  larghe  e  spesso  volto  pei  campi  dell'aria,  onde 
esplorare  di  lasssCi  il  luogo  pii")  acconcio  a  posarvi  il  pie.  Emma 
'e  Pierino  erano  di  là  lontani  e  non  ispiravano  ad  esse  sospetto 
e  timore  di  sorta:  i  cacciatori  all'incontro  erano  vicini  e  a  tiro, 
ma  invisibili,  perchè  appiattati  iti  una  fossa  cavata  a  mano  e 
coperta  da  una  ramata,  che  fumvali  ai  loro  occhi  di  argo.  Dopo 
molto  ruote  e  giri  e  rigiri  calarono  flmilmonte  là  ove  avevano 
veduto  posarsi  i  loro  fratelli  conduttori,  o  ì  colombi  domestici; 
,e  bilanciandosi  soavemcnto  sullo  cimo  dogli  alberi  e  sullo  punte 
le'rami,  movevano  tutto  intrimo  i  pavidi  sguardi:  ma  nulla  veg- 
;endo  che  desso  loro  ombra  di  un  agguato,  rassicuratesi  alc^naato, 
jmincìarono  in  loro  metro  a  gemere  e  a  tubare.  Quando  3*ode 
un  tratto  uua  voce  cupa,  arrangolata,  che  pareva  uscisse  da  un 
sepolcro  :  era  la  voce  del  capocaccia  che  dava  il  segnale  —  Attenti  : 
una,  due,  tre...  Pumh;  e  pifl  palombelle  a  un  tempo  caddero 
fulminate  dai  fucili  de' cacciatori.  Pierino  battè  palma  a  palma; 
ma  Emma  non  vide  Io  strazio  di  quelle  innocenti  e  care  bestiola 


710  1  OEiiEum 

senza  compatimento.  Ab  se  avesse  saputo  che  in  qnell'on  ma- 
desima  dia  stessa  e  ìt  fratt^llo  emiiu  vittime  di  simile  ingaDuL. 
Quando^  terminata  la  caccia,  amendne  tornarono  al  canino,  si 
videro  renire  incontro  la  Rosina  non  più  sonìdente,  come  solea, 
ma  con  aria  di  volto  rannuvolata  e  scara. 

—  Cbe  novità?  dimandijUo  Emma,  che  già  le  area  letto  qui* 
che  oosa  di  sinistro  Del  sombiaote. 

—  Eh  se  sapeste?...  poveri  fìgliuoliL.  ma  ritiriamoci  oell»  vo- 
stre stiinze;  che  quello  che  v'ho  a  dire  è  cosa  di  gran  segreto... 

Qaest'  esordio  atterrì  Emma  e  rietino.  —  Che  sarà  mai  avve- 
nuto? dimandavano  a  sé  stessi;  e  mille  angosciosi  pensieri  affol- 
lavansi  loro  in  mente,  ognun  de'  quali  parea  loro  una  risposta  a 
quella  dolente  domanda. 

Quando  si  furono  mossi  nella  stanza  di  Emma,  la  Rosina  dift 
il  chiavistello  ali*  uscio,  e  mandato  fuor  un  sospìrone,  come  ehi 
ha  il  cuore  oppresso  e  sente  il  bisogno  di  dargli  un  po' di  esalo, 
sclamò  dì  nuovo: 

—  Poveri  figliuoli,  siete  proprio  il  bersaglio  di  ona  re* 
fortuna  1 

—  Ebbene?  ripreso  Emma  con  ansietà,  parla,  che  avvenne? 

—  Ho  battagliato  fino  ad  ora  con  vostro  zìo,  a  fine  di  per- 
suaderlo che  non  vi  rimandasse  a  casa  prima  del  ritorno  di 
vostra  madrfl.  Ma  egli  non  si  è  lasciato  smuovere  né  d»lle  mio 
ragioni,  né  dalle  mie  preghiere.  Egli  dice  che  Emma  e  la  ca- 
meriera ben  iH)S3ono  aver  cura  di  Pierino  e  del  bimbo  nell'as- 
senza della  madre,  che  cotesto  ritorno  affretterà  (Quello  della 
Marchesa,  la  quale  va  a  ?/jnzo  por  l'Egitto,  che  il  tempo  del- 
l'ospitalità  da  lai  promessa  ai  nepoti  è  già  spirato,  e  ch'egli 
non  intende  prolungarlo  d'avvantaggio. 

—  lia  conclusione  ò  adunque  che  dobbiamo  andarcene?  disM 
Emma  facendosi  di  bragia  in  viso. 

—  Purtroppo!  rispose  la  Rosina,  la  quale,  come  il  lettore  avri 
osservato,  guardavasi  bene  dal  dar  loro  sentore  della  terribile 
accusa,  che  sa  di  essi  pesava;  poìehò  prevedeva  che  non  n» 
avrebbero  sopportata  Y  infamia,  ma  fatto  ogni  opera  per  discol- 
parsi e  mettere  in  chiaro  la  propria  innocenza.  E  perchè  non 
cadesse  loro  nell'animo  il  sospetto  ch'ella  avesseli  traditi,  mtK 


XXTtt.  LA  CAtXlA  DEtL£  PALOMBELLE  E  LE  VITTIHE  DEL  TBADIU ENTO     7t  I 

strarasi  doleDtfi  Hn  airaoìma  della  loro  dipartici.  —  Veggo  bene, 
disse  Emma,  che  la  vera  ragione  di  qnestn  sfratto  è  il  mal  animo 
«he  lo  KÌo  ci  ha  colto  addosso;  perchè  perfidia  a  crederci  infìnti  e 
menzogneri  verso  di  lui,  mentre  Dio  sa  che  gli  abbiamo  sempre 
detto  la  pura,  purissima  verità.  Però  prima  di  andarcene  vo* 
ch'egli  mi  ascolti  un'altra  volta... 

—  È  inntile:  riprese  Fastutaccia. 

—  E  perchè?  dimandarono  maravigliati  a  una  voce  Emma  e 
Pierino. 

'  -T—  Per  la  gran  ragione  ch'egli  6  fìsso  neJ  pensiero  di  riman- 
darvi a  cisa  vostra  e  per  tiitt'altro  motivo  da  quello  che  ima- 
ginatu.  Egli  non  vuol  mantenervi:  ecco  tutto.  E  abbassando  la 
voce  aggiunse:  è  un  avaro,  un  aTaro...  come  non  ne  ho  conosciuto 
Tegualeal  mondo!... 

—  Ci  permetterà  almeno,  disse  Emma,  di  togliere  da  lai 
commiato  e  dì  ringraziarlo  dell'ospitalità,  che  per  questo  pò* di 
tempo  ci  ha  concesso. 

—  Che  volete  ch'io  vi  dica?  Egli  si  è  chioso  in  camera  e 
mi  ha  lasciato  ordine  che  niuno  vada  a,  disturbarlo. 

—  V'anilrò  io,  riprese  Emma  con  ^isolnte7.K!^  e  si  moss'ji  verso 
l'appartamento  dello  zio,  seguita  da  Pierino. 

—  Aspettate  per  amore  di  Dio,  riprese  la  Hosina,  che  voi 
lo  fareste  andare  in  bestia.  Lasciate  ch'io  lo  prevenga;  ed  en- 
trata loro  innanzi,  corse  a  picchiare  alla  stanza  del  vecchio, 
dicendogli  ad  altii  voce. 

—  I  vostri  nepoti  chiftggono  di  parlarvi.  E  il  vecchio  senza 
aprire,  rispose  di  dentro: 

—  Dite  loro  che  se  ne  vadano^  ondo  sono  venuti. 

—  Avete  udito?  disse  la  governante  rivolta  ad  Emma  e  a 
Pierino,  che  a  si  brutto  commiato  erano  rimasti  lì  come  im- 
pietriti. 

—  Andiamcone,  disse  Pierino,  afferrando  per  un  braccio  la 
sorella;  ma  questa  non  si  mosse,  e  levando  la  voce:  —  Zio, 
gridò,  7.Ì0.  Ma  il  vecchio  non  rispose. 

—  Lasciate...  che  per  l'ultima  volta... 

~-  Andate-.,  rispose  allora  con  voce  arrangolata  il  ringhioso 
recchio. 


719 


DSREUTn 


Emma  arreblìd  volato  insistere;  ma  PierÌDO  fromeoto  di  sdegno, 
—  AndiaiD,  ripoteralo,  andiamo,  e  traevala  a  aè;  meatre  U 
goTenunto,  ciie  per  tiitt' altra  cagione  era  ÌQteressaU  a  impedire 
un  abboccamento  tra  lo  zìo  e  i  nepoti, 

—  Lasciatelo  in  pace,  diceva  sottovoce  ad  Emma;  che  non 
tueste  altro  se  non  dargli  cagione  d'ìmbiz/iarrìre, 

Emma  spiccatasi  di  là,  ritìrossi  col  fratello  nella  sua  stanza; 
e  fette  fardello  delle  poche  robìcclaole  che  areruio,  si  disposero 
a  partire.  I^a  ^remante  gongolava  tutta  dentro  di  ^oia  per 
la  bella  riuscita  del  suo  tradimonto,  senza  pensare  che  v*  hs  in 
cielo  un  occhio  scrutatore  de*  cuori  e  una  giustizia  etoma  chi: 
pesa  le  umane  colpe  e  non  le  lascia  inulte.  —  La  vendottjidi 
Dio,  dice  il  proverbio,  non  piomba  in  fretta,  ma  piomba;  e  oo 
altro  adagio  par  dice:  —  Iddio  non  paga  il  sibato,  ma  a  otta 
e  tempo.  E  noi  vedremo  in  seguito  corno  Dio  piinìs»  qaest'atrose 
tradimento. 

loUiuto  la  Rosina  era  ben  lungi  dall' aspettare  il  castigo 
delU  sua  perfidia;  e  crogiolavasi  nel  pensiero  che  sarebbe  indi 
in  poi  rimasta  padrona  del  campo  o  con  fundatA  sper&oa  che 
UD  bel  dì  avesse  a  ricadérle  in  capo  o  in  tutto  o  in  parte  H 
retaggio  del  padrone.  La  qual  cupidigia  e  arubisione  era  appoots 
quella  che  aveale  assottigliato  il  femminile  ingegno  a  ordire  6 
condurre  a  capo  l'orrenda  trama.  Gran  maestra  nell'arte  del 
mentire  sembiante  e  affetti,  come  si  ò  veduto  fin  qui,  ave»  sapatit 
destrt^ggiarsi  in  guisa,  che  lungi  dal  dare  di  sé  ombra  e  so- 
spetto al  padrone,  o  ai  nepoti  suoi,  erasì  pur  troppo  gnadagnAi 
la  loro  stima  e  fiducia.  Ed  ora  che  rappresentare  dovoa  rumino 
atto  in  commedia,  non  è  a  dire  come  si  studiasse  di  superare 
Bè  stessa,  siumlaudo  per  Emma  e  Pierino  una  teuerena  e  una 
oompassiono,  che  mai  la  maggioro.  Sospirava,  pi^nuootava,  e  eoa 
voce  compassionevole  dicea:  —  Poverini  !  Oggi  tocca  a  voi,  e  forse 
domani  a  me*.  Presto  dovrò  seguirvi  anchMo;  chò  ornai  più  tol- 
lerare non  posso  cotesto  vecchio  scontroso,  bisnrro,  avaro  e  sena 
cuore.  Vi  basti  dire  che  non  pago  di  cacciarvi  via,  neppure  vuol 
darvi  il  danaro  nocossario  pel  viaggio. 

—  £  come  viaggiare  senxa  danaru?  disse  Emma  grandemente 
accorata. 


Xm.  LA  CJtCCU  DELIE  PALOMBELLE  E  LC  MTTIXE  DEL  TftADIlfETtTO     713 

—  Quanto  a  queato  datevi  pace.  Pagherò  io  il  viaggio  a  voi 
e  a  Pierino;  e  si  dicendo,  cavò  di  tasca  il  portamonete;  e  co- 
minciava  a  contare  la  lire,  quando  Emma  formandole  la  mano, 

—  Non  sia  mai  vero,  lo  disse,  ch'io  abbia  ad  accattare  la  vostra 
offerta.  Ve  ne  ringrazio  però  ngiialmente  e  di  cuore.  Poveri  slam 
venati,  e  poveri  ce  ne  andremo.  Iddio  provvedorà! 

La  Rosina  contenta  in  cuor  suo  di  questo  rifiuto;  ma  pur  vo- 
lendo far  pompa  di  generosità,  insistette  alquanto,  perchè  accet- 
tasse almeno  alcune  lire  per  ogni  bisogno.  £iuma  però  stette 
salda  nel  suo  rifiuto,  e  Pierino  fé' altrettanto.  In  questo  mexzo  il 
Castaldo  per  ordine  della  governante,  la  quale  era  d'intesa  in 
questo  col  padrone,  aveva  attaccato  il  cavallo  a  un  suo  calesse 
per  condurli  nella  vicina  Cagli,  ove  duvea  cercare  chi  li  vettureg- 
giasse fìno  a  Fano.  Colà  giunti,  dicea  fra  so  la  Rosina,  si  faranno 
venire  da  casa  la  somma  necessaria  per  fornire  il  viaggio,  ovvero 
l'accatteranno  a  B^auo,  ove  ha  tanta  gente  denarosa. 

Emma  o  Pierino  accomiatatisi  dalla  governante,  salirono  ia 
calesse  e  la  sera  di  quull'islesso  giorno  smontarono  a  un  albergo 
di  Cagli.  Il  Castaldo  il  dì  appresso  diesai  attorno  a  cercare  una 
vettura  per  Fano;  ma  non  vennygli  fatto  di  trovarla.  E  però  non 
potendo,  Com'egli  diceva,  prolungare  la  sua  assenza  dalla  villa, 
consegnò  ad  Emma  sei  lire  pel  nolo  della  vettura,  e  andossene 
pe' fatti  suoi.  Ma  a  questo  prezzo  Emma  non  potiì  noleggiarla;  e 
vldesi  quindi  forcata  ad  aspettare  un'occasione,  che  tardò  tre 
giorni  a  presentarsi,  cioè  quando  speso  avendo  gran  parto  di  quel 
danaro  per  pagare  Falloggio,  ora  non  avea  neppure  con  che 
prendere  due  posti  nella  vettura,  che  era  sulle  mosse  per  Fano. 

—  Pierino  mio,  disse  al  fratello,  conviene  per  ora  abbandonare  il 
peasìero  di  tornare  a  casa;  perchè  tu  sai  che  sia  viaggiare  senza 
danaro.  E  poi  che  faremmo  noi  a  casa,  or  che  mamma  è  lontana, 
se  non  aggravare  le  angustie  della  povera  Mariucciua;  la  quale 
a  stento  riesce  colle  sue  industrie  a  mantenere  io  vita  il  nostro 
fratellino  e  so  stessa?  Convien  duuqae  appigliarci  a  un  altro 
partito. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


NOTIZIA  DE-  LAVORI  DI  EGITTOLOGIA  E  LLVGUE  SEMPTICHE 
PUBBLICATI  IN  ITALIA  IN  QUESTI  ULTIMI  DECENNII  ' 

vu. 

LiTOKI  SMITICI 

Lavori  del  Prof.  Ignazio  Guidi 

Abbiamo  fin  qui  dato  contezza  delle  pubbljc&aionì  di  quei 
T&leotuomiui  che  alla  lingua  e  letteratura  araba  dedicarooo  esdn- 
sìvomentu  ì  lorostiidii.  Ora  diromo  delle  unorate  fatiche  di  quelli, 
cbe  noQ  pur  nell'arabo,  ma  dettero  eziandio  prora  dì  molta  pe- 
rizia in  altro  liogue  semìtiche. 

Udo  de*  più  pregevoli  lavori  dove  si  mostra  in  tutta  la  soa 
luce  la  profonda  e  vasta  conosceoita  delle  lìngue  semitiche  « 
dell' archuologia  orientale  del  Prof.  Ignazio  Guidi,  È  la  Memorii 
ch'egli  scrisse  intorno  alla  sede  priiuitìva  dei  popoli  Semìtici *- 
L'argomento,  di  natura  sua  congetturale  ed  oscuro,  non  poten 
fornire  al  eh.  Autore  se  non  indijiii  più  o  meno  probabili,  e 
questi  stessi  non  ai)ertì  e  facili  ad  usarne,  ma  da  doversi  aea 
tamonte  ricercare,  e  trovati  disaminarli  con  severa  critica.  Or» 
la  prova  tentata  dal  dottu  semitista  ci  sembra,  quanto  ingegnosa 
e  difficile,  altrettanto  saldamente  fondata  e  felice. 

Dopo  d'aver  discusse  le  opinioni  de' dotti,  e  singolarmenl^ 
quella  dello  Schrader,  intorno  alla  sede  primitiva  de' Semiti, 
l'Autore  propone  e  dimostra  le  probabilità  che  stauno  per  la  sui, 
contro  tutto  le  altre  sentenze.  £gli  primamente  distìngue  ilnr 
patrie  primitive  de*  Semiti,  Tuna  vetustissima  cìie  sarebbe  11 
regione  abitata  da  loro  per  un  tempo  più  o  meno  lungo,  J()^ 

'  Velli  i|tiaa.  863,  pan;.  500-598  ilei  prrsonlc  volume. 

*  Ikììn  Sede  primitiv^i  dei  popoli  Semitici,  Mrmw'a  flel  SOCIO  lr>!(Allol 
Hotn.1.  coi  tipi  <)H  Salvìncci,  1879  (KiitrstUi  <bg:)i  Aiti  dtlla  R.  Acmdemiq 
JAneti.  Auro  O  LXXYl  tlS:S-Tt)>. 


RIVISTA   DELLA   STAMPA   ITAUA>'A 


715 


i 


s^oooo  aniti  con  altra  schìiitU;  l'altra,  che  più  propriamnuie 
merìU  il  nomo  di  patria  prituitìra,  sarebbe  la  regione  dove  si 
fissarono  ì  tratti  caratteristici  de'  impeli  Soiniti  e  delle  loro 
lìiigiio,  tratti  ondo  .si  distingiiooo  chiaraiiionte  da  popoli  e  lìngue 
anche  abba&taaa  affini,  come  ì  cosiddetti  Camiti,  cioè  i  gruppi 
liibico,  Etiopico  (Galla,  Somali  ecc.)  ed  E^iitiaiio.  La  quìstione 
propostasi  dall'Autore  versa  intorno  a  qn&sta  seconda  o  pifi  vera 
patria  de' Semiti;  dice  in  ultimo  ciò  che  ch'egli  opina  circa  la 
prima  nel  senso  da  noi  spiegato.  Il  nostro  Autore  non  accctU 
l'argomento  dello  Schradi^r,  della  maggiore  antichità  ed  origi- 
nalità della  lingua  araba  del  gruppo  meridionale  per  rispetto 
-al  gruppo  settentrionale  in  che  diride  i  Semiti,  donde  poi  in- 
ferisce che  l'Arabia  centrale  nord  fu  la  patria  comun«j  di  tutti, 
prima  che  sì  separassero  e  costituissero  i  due  gruppi  meridio- 
nale e  settentrionale.  Il  nostro  Autore  con  buone  ragioni  spiega 
oiiie  e  perchè  nella  lingua  araba  vi  sia  maggiore  uriginalitÀ, 
ma  nega  che  questa  debba  dirsi  assoluta  (§  E.) 

La  via  scelta  dal  Guidi  per  iscoprire  la  patria  de' Semiti  Ò 
quella  che  già  tenne  il  ?Ìctut  nelle  sue  Origini  indo  europee, 
>la  comparazione  cioè  delle  lingue  semìtiche  fra  loro,  bene  sce- 
verando le  voci  passate  ìu  tempi  storici,  d'una  in  un'altra  lingua, 
da  quelle  appartenenti  alla  primitiva  lingua  semitica.  Ora  queste 
ricerche  condussero  l'Autore  a  ritener  come  probabile,  che  tutti 
i  Semiti  abbiano  dapprima  abitato  il  bacino  inferiore  dell'  Eu- 
frate e  del  Tigri,  e  che  di  lì  si  soparassero  per  andare  ad  abitare 
l'Arabia,  rAssirìa,  l'Aram  e  la  Palestina. 

Nel  §  U  l'Autore  argomenta  dalie  parole  semitiche  che  si 
riferisoono  alla  coufignraxiono  del  suolo  «  del  clima,  e  dice  che 
lutti  i  Semiti  hanno  un  vocabolo  comune  signifiirante  Jiuuie 
un  gran  fiume;  laddove  il  vocabolo  che  significhi  monto  è  di- 
verso ne'varii  rami  delle  lingue  semitiche;  donde  inferisce  che 
la  patria  primitiva  de' Semiti  non  doveva  essere  in  monte,  si  in 
'  valle  B  presso  un  gran  fiume.  Ora  qut.'sta  coDdixione  si  verifica 
*it.intii  nella  valle  inesopotamica.  D'altra  parte,  comune  ò  pure 
Id  roce  mare,  e  peri  sembra  probabihi  clie  la  patria  de' popoli 
Seni  ti  Don  fossa  lungi  dal  mare.  Questa  seconda  circostanza 


716  RIVISTA 

aiiita  alla  prima,  come  esclude  l'Arraenia  e  l'Arabia,  così  raf- 
ferma l'argomento  che  fa  la  Babìionide  o  la  Mesopol&mia,  patria 
de'  Semiti.  I)i  pifi,  la  parola  deserto  in  arabo  presenta  V  idea  di 
luogo  pauroso  senz'acqua;  gli  Ebrei  al  contrario,  gli  Arameì  a 
gli  Assiri  hanno  la  stessa  parola  per  significare  il  deserto,  ma 
La  cui  etimologia  esprime  l'idea  di  loogo  dove  il  bestiame  è 
condotto  a  pascolare.  Laonde,  conchiude  l'Autore,  non  un'im- 
mensa regione  arida  '.'  paurosa,  come  quella  dì  Arabia,  diede 
IMdea  del  deserto  a' Semiti  del  nord,  ma  im  campo  da  pasrolarTi 
il  bestiame.  Ora  tutto  questo  s'addice  ottimamento  alla  Babì- 
ionide, doro  non  son  montagne,  e  vi  son  due  gran  fiiimi;  dorè 
80D  pìauure  e  pascoli  abbondanti,  dov'  è  vicino  il  mare  (il  golfo 
Persico),  che  in  quei  remotissimi  tempi  entrava  più  dentro  terra 
per  lunghissimo  tratto.  La  Babìionide  ha  inoltre  molte  e  vaste 
paludi,  dove  crescono  smisurate  canne.  Ora  la  parola  palude  è 
comune  a  iiuasì  tutti  ì  Semiti  ed  ba,  oltre  il  significato  proprio 
di  palude,  anche  l'altro  di  canneto  che  risponde  aSTatto  alle 
paludi  della  Babìionide. 

La  stessa  argumentazione  istituisce  l'Autore  su*  vocaboli  ÌQ' 
dìcanti  il  clima,  e  con  maravìgliosa  erudizione  filologica  e  per- 
fetto buon  senso,  giunge  alle  medesime  conclusioni.  Kincalza 
quindi  le  provo  recate  fin  qui,  nel  §  III  dove  cunsidera  lo  parole 
semitiche  relative  a'mioemli  ed  alle  piante.  Bitume  e  mattoni, 
cose  proprie  della  Babìionide,  quello  da  nutura,  e  quesU  per 
l'arte  e  l'incredibile  uso  fattone,  hanno  nelle  liagne  semitiche 
lo  stosso  vucobolo.  Fra' metalli  importanti  e  comuni  nell'uso 
della  vita,  era  noto  agli  antichissimi  Semiti  t'oro,  ignoto  Par* 
gente,  come  si  rileva  dallu  comparazioni  linguìstiche  fra  i  vani 
idiomi  semitici.  Noti  altresì  rame  e  bronco,  ma  non  il  ferro  ed 
il  piombo.  Ora  tutte  questo  considerazioni  couvengono  appunto 
e  in  modo  notevole,  con  lo  stato  della  metallurgia  della  Babì- 
ionide, come  si  par  chiaro  dagli  oggetti  delle  tombe  più  antiche. 
Per  quel  cho  riguarda  le  piante,  povero  n'em  il  paese,  ma  qaell» 
che  posson  dirsi  indigene  del  bacino  inferiore  dell' Kufrate  e  dd 
Tigri,  cio»^  pioppi  di  pii^  ragioni,  tamarischi  e  siiecialmont«  1» 
j>alma,  hanno  lo  stesso  nome  nello  liiiguo  semitiche.  Al  contrario 


DCLLt.   STAMPA  rTALTAITA 

il  nome  delle  piante  de' paesi  tempemtì  e  delle  montagne:  olmo, 
frassino^  castaguo,  faggio,  pino,  ovvero  non  hanno  vocalwlo  nello 
stesse  lìngua  semitiche,  ovvero  l'hanno,  come  in  arabo,  d'ori- 
gina recente  e  straniera.  Abbondevole  poi  oltre  misura  era  il 
bacino  inferiore  3e'due  finmi,  d'orzo,  di  grano  e  di  simili  piante, 
e  r  accordo  anche  qui  fra  le  lingue  somitiche  è  grandissimo. 
Erodoto  conferma  le  conclusioni  a  cui  giunge  l'Autore  per  via 
di  romparazioni  linguìstiche.  Importantissimo  è  i!  §  IV,  dove 
TAiitore  discorre  delle  parole  semitiche  relative  agli  animali 
domestici  ed  a'  feroci  e  selvatici,  e  delle  voci  indicanti  caccia  e 
pescai  donde  egli  prende  le  mosse  per  trattare  nel  §  V,  del 
genere  di  vita  degli  antichissimi  Semiti,  i  (^iiali  oltre  la  caccia 
e  la  pesca,  coltivarono  in  singoiar  modo  la  pastorìzia.  Gli  argo- 
menti che  l'Autore  trae  da' riscontri  linguistici  sono  d'una  forza 
ed  evìdenMi  che  non  sì  può  desiderar  maggiore.  Oltre  l'identità 
de*  nomi  della  spica  e  del  grano  nollo  lingue  semitiche,  l'Autore 
ci  fa  vedere  eziandio  l'identità  medeaiina  ne' nomi  do* lavori  re- 
lativi alla  coltura  del  grano,  e  prima  di  tutte  aLl'araro. 

Nel  §  VI  l'Autore  ricerca  se  i  primitÌTi  Somiti  conoscessero 
ì  fichi,  l'olio  e  il  vino,  o  dopo  uua  dotta  e  sottile  discussione, 

ne  a  questa  conseguenja:  che  i  fichi,  gli  ulivi  e  il  vino  fu- 
rono ignoti  a' primitivi  Semiti;  e  infatti  la  natura  del  ternano 
della  Babilonide  non  è  adatta  alla  cottura  di  quelle  tre  piante. 
Erodoto  conferma  ìl  gludÌKÌu  del  fritidt  quando  nel  d^crivere  il 
paese,  dice:  tà  3'aXXa  3s'v8,o£«  sùS;  nupà-au  ùpyjnv  c-ipiiv,  »ut£ 

Col  §  Vn  ed  ultimo  l'Autore  stringe  sempre  più  l'argomento 
della  comune  patria  degli  antichissimi  Semiti  nella  Hubilonide, 
dimostrando  che  in  essa  soltanto  troviamo  originariamente  il 
fatto,  che  poi  fu  comunu  a  tutti  i  Semiti,  della  santità  dei  nu- 
mero 7;  che  il  piti  antico  culto  della  religione  semitica  fu  quello 
del  Solo,  d«lla  Luna  e  de'  Pianeti  ;  meutre  il  cullo  per  diviniti! 
che  si  riferiscono  a  nuvole,  pioggia,  fulmini  e  simili,  non  fu  mai 
comuue  e  proprio  della  religione  semitica.  Ondechè  inferisce 
l'Auture  che  la  religione  semitica  col  culto  del  Sole,  della  Luna 
e  dei  Pianeti,  non  potè  formarsi  che  in  un  paese  dove  non  piove 


Kìe 


718 


RIVISTA 


quasi  mai,  e  il  cielo  v'ò  limpido  e  sereno;  qaindi  non  già  sol- 
['alUpiuno  armoQo,  ma  Doltu  Babiionide.  Or  poiché  religione  « 
lìngua  ne' popoli  primitivi  si  fissano  contemporaneamente  neMora 
tratti  caratteristici,  ne  viene  per  oonseguenxa  che  nella  Babi- 
ionide altresì  siansi  fissatt^  le  lingue  semitiche. 

Da  ultimo  l'Autore  iud^iga  acutamente  onde  sarebbero  veont: 
gli  unt3nati  di  questi  Semiti,  nella  Babiionide.  Dopo  un  esame 
snlla  tradizione  antichissima  de^ Semiti  circa  la  introduzione 
della  Tito  che  assi  riferiscono  al  tempo  e  al  paese  degli  antenati 
loro,  couchiude  chfi  questo  paese  originario  non  potrebbe  veri- 
similmente  esaere  altro  che  Li  contrada  al  sud  o  sud-ovest  del 
Caspio,  donde  infatti,  secondo  molti  naturalisti,  la  vite  è  origi- 
naria. Corrobora  l'argomento  dal  lato  linguistico,  ritenendo  por 
provato  il  nesso  ario-semitico  doirAscoli,  e  finalmente  trae 
un'altra  prova  della  raigriLziono  de' Semiti  e  del  Loro  stabilirsi 
nella  Babiionide,  da' nomi  di  Arpaksad,  di  Solah,  dì  Eber,  di 
Felegj  prova  ch'egli  dà  come  verisimile  e  che  difende  oootro 
il  Delit7,sch. 

Nella  recensione  che  l'Autore  fece  dell'opera  dello  Sprenger: 
Die  aiU  Geographie  Arabiens  ah  Grundlage  der  Enttcìcklang» 
getehichie  des  Semift'smus,  Bern  1875,  tocca  al  solito,  con  molla 
dottrina  e  siiaisito  giudìzio,  questa  stossu  qulstiono  della  seda 
primitiva  de'Semiti,  e  confuta  ropinioue  di  coloro  che  la  pongono 
nell'Arabia.  Nella  quistione  poi  de' fiumi  dolI'Kden  e  dell' Ufir 
sente  con  lo  Sprenger,  mentre  sostiene  d'altra  parte,  contro  di 
luì,  che  nel  versetto  22  del  capo  X  del  Libro  lU"  de' He,  non  si 
parli  della  spedizione  dì  Ofir,  si  bene  della  Spagna,  e  propria* 
monte  di  Tarsis,  o  paro  a  noi  con  nigione.  Cfr.  BolUttino  GfO- 
grajico,  voi.  XEI,  fase.  8-9. 

Questo  studio  dell'illustre  semitista  romano  é  uno  de'pìO 
profondi  che  siansi  intrapresi  finora  per  chiarire  le  orìgini  de' 
popoli  semitici,  la  primiera  loro  stanza  e  le  loro  mìgra^oai.  Si 
potrà,  dissentire  dall'Autore  Intorno  a  questo  o  quell'altro  ar* 
gomento,  ma  presi  tutti  insieme,  hanno  un  valore  che  equivali» 
quasi  a  una  dimostrazione. 

Nel  ISSI  il  nostro  Autore  pubblicava  a  grande  utilità  delta 


L1.A   STAMPA   ITAUArrA 


7t» 


ri&  ecclesiastica  e  letteraria,  la  celebre  Lettera  di  Simeone 
TwooTo  di  B^th-Arsàin  ',  cou  traduzione,  oommonti  e  uoto  di 
aommtt  importim>ta.  La  Lettera  ò  scritta  in  siriaco,  e  l'autore 
V^è  senza  dubbio  Simeon»  detto  <  iltiroÀd  farsàifd  >  o  <  il  di- 
sputatore persiano  »,  per  h  molte  dìspute  che  ebbe  contro  i 
oestoriaai.  !IIa  egli  stesso  era  monofisita,  come  dimostra  TAu- 
tore  con  buoni  argomenti  contro  TAssemani,  e  specialmente 
eoa  un  passo  di  questa  stessa  Lettera  di  Simeone,  il  cui  testo 
intero  6  quello  pubblicato  dal  Guidi  elio  lo  scoperse  in  un  codice 
siriaco  del  Museo  Borgiann;  mentre  tutti  gli  altri  che  finora 
si  conuscerano,  non  oriiuo  altro  che  un'abbreviazione  fatta  forse 
da  Oioranni  di  Efeso  o  dal  c<^siddetto  Zaccaria.  Dopo  una  di- 
lìgente colla:'/Lone  di  questo  testo  che  chiameremo  Onidiano, 
poiché  al  Guidi  so  ne  deve  la  scoperta,  con  due  codici  del  Bri- 
txsh  Afmeitm  fatta  dal  Wrlght,  si  ha  ora  la  certezza  che  il 
testo  originale  e  genuino  giaceva  ancom  inedito.  II  manoscritto 
del  Maseo  Borgiano  concorda  pìtiuamente  iti  quanto  albi  receu- 
8ÌOU0,  col  codice  di  Londra  scritto  nelTSTa  dell' E.  V. 

In  questo  lavoro  del  Guidi  si  ammira  una  vasta  eradiziono 
e  d'ogni  genere  di  studii  storici  e  letterarii,  congiunti  a  uDa 
crìtica  sempre  ponderata  e  sagace. 

Un'altra  pubblicazione  dell'Autore,  utile  agli  studii  arabi  e 
alla  storia  letteraria  doll'Orìonte  e  doU'Occidonte,  è  quella  che 
versa  sul  lAhro  di  Calila  e  Dimna  *,  celebre  raccolta  di  fa- 
vole e  novelle,  conosciuta  altresì  »otto  i  nomi  di  Panriatantra, 
dì  Favole  di  Bìdpai  ecc.  Del  libro  di  Calila  e  Dimna  ai  aveva 
nna  versione  siriaca,  e  un  testo  ragguardevole  e  antico,  la  tra- 
duzione cioà  che  dal  pahlavi  in  arabo  fece  nel  secolo  VIU  del- 
l'K.  V.  Ibn  al-Muqaffà.  11  Socio  ritrovò  a  Mardin  la  versione 
siriaca,  che  è  il  testo  pi£ì  antico  di  tutti. 

n  nostro  Autore  uu'suoi  Sludii  sul  libro  di  Calila  e  Dimna, 
»dosì  di  tre  codici  appartenenti  uno  alla  Vaticana,  il  ae- 

•  Ln  Lettera  di  Simtone  VrsfQvn  di  B^lh-Arhim  sopra  i  Martin  Omenti 
puIibhtJla  e  tnidotln  dal  Socio  Ignazio  Uuibi.  Homa,  i:fli  tipi  ilnl  Salviuoci.  ISSI. 
(Eslr.  dalle  Mem.  delta  R.  Aecad.  dà  Lincei,  Anno  CCLWVMI.  1880-tS81». 

'  Stnàii  sul  tetto  arabo  del  Lìlro  di  Caìiìa  «  Dimna  per  Ignazio  Cuioi. 
Bomu,  librerìa  StiUbiTiver,  1813. 


790  ~^^^^^^K  RIVISTA 

condo  (KarèfìGi)  alla  Siblìoteca  privata  de*  Monaci  Maroniti  di 
Siint'Antonìo  Abate  in  Uoma  e  il  terzo  alla  Laurcnxiana,  potè 
dimostrare  quanto  sia  manchevole  o  lontano  dalla  prìmiliTi 
forma  che  il  libro  dovette  avere  nel  volgarizzamento  di  Iba 
al-Miiq^a,  il  testo  pubblicato  da  Silvestro  de  Sacy  a  Parigi  e 
poi  ristampato  altrove. 

Herìt&no  d'oserò  lodati  por  somma  accuratoxza,  il  Catalvg^D 
dei  Cudici  siriaci,  arabi,  turchi  e  persiani  della  Biblioteca  Vit- 
torio Emanuele,  e  gli  altri  dei  Codici  siriaci,  arabi,  etiopici, 
turchi  e  copti  della  Biblìott'ca  Angelica  o  dei  codici  orieoUli 
del r Alessandrina,  compilato  dal  (}uìdi  e  pubblicato  nel  137S  '. 
Quasi  tutti  i  Codici  della  Vittorio  Bmaouele  erano  del  Collegio 
Bomano  e  della  Casa  Profossa  dei  PP.  fìosuitì  in  Roma. 

Altra  prova  del  forte  iugegao  del  Quidi  e  della  sua  profondi 
conoscenza  della  lìngua  e  letteratura  araba,  è  il  Commentar ìhi 
f»  carnien  Kàbi  Ben  Zoheir.  etc.  -  pubblicato  a  Lipsia,  co'Upi 
del  Brockhaus,  1871-74.  Il  Commentario  è  scrìtto  in  buon  la- 
tino, lo  note  in  buono  arabo.  L'Autore  ritorna  sopra  lo  stesso 
argomento  in  una  dotta  reconsìone  sopra  il  libro  del  Freytag: 
Caahi  Ben-Sohair  Carmen  in  lattdttn  Muhameddis  etc.  (Cfr. 
Annuario  della  Società  Italiana  per  gli  Studii  Orientali, 
Ann.  sec.  1873,  pagg.  UI-C7). 

Un  bello  studio  dell'Autore  sul  dialetto  neo-aram^ico  FeU 
Uhi  leggesi  nella  ZeitschriJ't  der  Deutsdien  }forgnilfindÌsckm 
Gesellscfia/l  (1883)  col  titolo:  «  Beitràge  zar  Kenntnias  dea 
neu-aramàìschcn  Fellihì  Dialectes,  von  ProfGuìdì  in  Roma.  > 

Nel  Bollettino  Italitmo  degli  Stwlii  Orientali,  Serie  1* 
(Firenze,  Ì87G-1S77,  pagg.  422-34)  leggiamo  sotto  il  titolo  di 
<  Filologia  e  Glottologìa  st-mitica  »  tre,  quanto  brevi,  altrettanta 
importanti  memoriette  del  Guidi,  le  quali  meritano  d'esiera 
qui  riconiato.  La  prima  ò  sopra  il  sìgnifiouto  dì  quelle  parola 
della  Bibbia  che  descrivono  la  terra  promossa  come  una  terra 

'  CaialogM  ^ei  Codici  Orientali  ài  akttne  BiòtioieiAt  J'IMia,  lue.  1*. 
l-'irsn»,  lip.  ilii>"iucr.e»opi  }jì  Monniw,  187Jl. 

'  GemàUddtni  Ifm  Uiitlmi.  CommKntarìut  in  Carmen  Ka'bi  Iten  Z^Atà 
B&nat  Su'àit  rii}j>eUatu»  ;  edidit  lilNiTilt^  Guir»  RomaHita.  Lifi^iiN',  (^j>ii  F.  \. 
Brockhaus,  iJTl-?*. 


DELLA  5TAV?A  ITALt&IfA  721 

piena  di  liiUe  e  di  mi5lo:  ttOii  a'-r  re*  pn.  Il  Prof.  Goldziher 
Ti  trovò  il  mito  del  Sole  e  della  Luaa,  ma  il  G-uidi  crede  che 
U  interpretazione  di  questo  peraltro  dotto  professore,  non  per- 
BoaderÀ  tutti,  e  ne  propone  una  molto  semplice,  per  cui  quella 
espressione  sarebbe  proverbiale  e  di  antichità  grande.  Infatti 
l'oso  dì  mescolare  co* cibi  e  le  bevande  il  mèle,  risale  n  tempi 
lemotìssimi,  come  dimostra  l'Autore  con  esempi  d'Omero  e  de?li 
antichi  arabi,  donde  inferisce  che  questa  specie  di  bevanda  com- 
posta di  latte  e  mèle,  dovette  essere  in  uso  presso  gli  Ebrei  dediti 
alla  pastorizia,  e  perù  ìi  senso  che  egli  die  alle  citate  parole 
della  Bibbia,  sarebbe  questo:  la  terra  promessa  era  cosi  beata, 
che  invece  dell'acqua,  vi  scorreva  la  pii'i  sriuislta  bevanda  che  un 
popolo  pastore  potesse  immaginare,  il  latte  mescolato  aA  mèle. 
La  Rocotida  memoria  versa  intorno  alle  radici  «a,  ta  fan,  at) 
in  torme  verbali  delle  lingue  semitiche.  L'Autore  osserva  giu- 
stamente che  queste  radici  dimostrative  sono  quelle  che  f^^rmano 
il  riflessivo  (passivo)  delle  lingue  semitiche,  colla  differenza  che 
forma  il  riflessivo  del  verbo  semplice  (T^^al),  e  ta,  tanto  del 
.Terbo  semplice,  quanto  del  composto. 
jja  terza  meniurieUa  suirurigino  delle  .Masore  semitiche,  di- 
tra  che  la  MiLSora  non  è  antichissima,  nù  fu  invenzione  degli 
Ebrei,  ma  de' Siri  che  fin  dal  IV  o  Y  secolo  cominciarono  a  far 
sulla  Bibbia  qnel  lavoro  critico,  imitato  qui  dagli  £brei  e  men 
servilmente  dagli  Arabi.  Sospetta  inoltre  e  con  buou  fondamento, 
il  nostro  Autore,  che  la  stessa  Masoru  siriaca  o  semìtica  in  gè* 
nerale,  sia  sorta  per  influenza  degli  studi!  filologici  e  crilioi 
de'  Greci. 

1j*  amoro  che  il  nostro  Autore  ha  vi>rso  Roma,  sua  patria,  lo 
2no8se  a  ricercare  quale  ella  fosse  nella  immaginazione  e  nella 
ìoDza  de'Geografi  arabi  del  Medio  Evo.  Dì  che  egli  ci  offre 
n  molti  schiarimenti,  due  Ooscrizioni  di  Botna,  una  più  breve, 
ti  r  altra  più  lunga;  questa  h  data  tradotta  dal  dizionario  geo- 
grafico di  Jftqiìt,  quella  dalla  geografia  di  Edr5si,  secondo  la 
Versione  che  ne  fece  il  Jaiibert  '.  Il  nostro  Autore  osserva  che 

*  Ignazio  Giudi,  Im  Daerisiona  di  Soma  nei  (reografi  Arabi.  In  lloniu,  a 
rara  d^ll'  Sociutl  lloatnnt  di  Sloria  l'alrìa,  IS77. 

Srri*  XJII.  roi.  II.  ftir:.  »»  46  11  givgno  18!« 


IU\T5TA 


le  Dotìzid  date  dagli  Aralii  intorno  a  Roma,  non  sono  tra 
della  loro  fantasia,  ma  notizie  che  essi  attinsero  da  1^{ 
sfigurate  e  cambiale  dall' Owidento  e  da*  bizantini.  La  tW 
onde  passarono  agli  Arabi   siffatte   notizie,  fnrono   le  vorsiw 
siriacho  ed  arabo  da  libri  greci. 

Nel  1SS5  r  infaticabile  Aotore  ci  darà  un'altra  Deacrizion 
dì  IVìma  da  un  tosto  siriaco  della  Biblioteca,  Vuticana'.  Il  qua 
te^to  fu  pubblicato  già  dal  Card.  Mai  con  una  versione  latioii 
ma  sen^a  grande  aocurat(}7.;ia  Tuno  e  l'altra.  Un  altro  testo,  n; 
non  paragonabilo  con  quello  del  manoscritto  Vaticano,  appartie 
al  Britisk  Afuneum  e  fu  pubblicato  diil  Land,  tradotto  dal  Si 
chau.  II  Guidi  ci  ùk  quasi  un  fuc-siinile  del  tosto  Vaticano,  i 
una  versione  letterale  con  ischiarìmonti  e  note.  Una  splendidi 
prova  della  stima  in  cho  gli  Orientalisti  hanno  l'ingegno  e  li 
scienza  del  nostro  Autore,  specialmente  nella  lìngua  e  lettera 
tura  araba,  è  quella  d'essere  egli  uno  degli  editori  de'celobTf 
Annali  di  Tabari  ".  Gli  altri  sono:  l.  Barth,  T.  Nr.ldeVo,  P.  és 
Jong,  E.  Prym,  H.  Thorhecke,  S.  Fraenkel,  D.  IL  Mallaf, 
T.  Houtsma,  iS.  Giiyard,  T.  Reson  e  J,  de  Gocje.  Il  Gnidi  pnlK 
blic6:  una  parte  della  sezione  seconda  f'SerJionis  aecundoe  Pan 
SccwKlaJ  dalla  pag.  USO  nlla  pug.  GIO  nel  1SS3;  nel  ISSI 
la  parte  terza  della  seconda  sezione,  e  nel  18S5  la  parte  quarti 
della  stessa  sezione. 

Nel  presente  anno  1886  il  Guidi  pubblicava  «  Enien 
critiche  al  K/imil  di  Ibn  al-Atir   negli    anni  B.j-99  del 
Storia  di  'Abd  eUMalik,  Walìd  e  Sulalmàn,  nota  1.»  (RendÌMQi 
della  K.  Accad.  dei  Lincei.  Class»  di  scien.  mor.  stor.  e  filo! 
Seduta  del  21  febbraio  1886);  e  nn  lavoro  dotto  e  impor 
sopra  i  <  Sette  dormienti  di  Efeso  >*  stampato  nel  passato  an 
ma  fatto  dì  pubblica  nigione  in  questo  corrente.  Oltre  ì  soW 
pregi  che  si  ammirano  in  tutte  le  scritture  del  valorosi 

'  Ignazio  Gl'idi.  H  U$to  airiaeo  delia  Tkscrieione  ài  Róma   ntlla 
attributta  a  Zaccaria  Retore.  Hoim.  lip.  della  i\.  Accsil«inii  del  \ju 

*  AnnaUa,  auctnr^  Abn  Djafar  Mnhammfd  Ibn  Itjarir  At-  Tu: 
Mai.  ¥..  I.  Rrlll. 

*  Tefli  orientali   ittettiti   xapra   i  stUt   dormienti   di  Kfeto,  pohbliah 
li-ndotli  dol  socio  l<^MAZiortUiDi.  {RtaU  Accad,  dei  Linai,  Aon.CCLXX.XU,  IKKi 
Itonia,  tip.  Mìa  FI.  Aaadunia  dei  Lincei,  IKfó. 


JLi 


DELLA  STASPA   ITAUXITA  723 

orientalista,  la  vasta  eriidizioue^  la  soda  ed  arguta  crìtiea,  la 
seienza  filologica  :  degne  di  oonsitlerasioDe  e  di  maraviglia  ci 
sembrano  in  questa  la  qualità  e  la  varietà  d<ji  testi  ìa  quasi 
tatto  le  lingue  letterarie  dell'Oriente  cristiano,  che  TAtitore  ci 
fa  conoscere  per  la  prima  volta  e  che  traduce  e  commenta  con 
singolare  acfuratez7,a  e  dottrina,  l  testi,  tutti  inediti,  sono  in 
tingna  copta,  siriaca,  araba,  etiopica  ed  armena;  qualcuno  di 
essi  conservato  in  Mss.  che  sembrano  unici. 

L'Autore  crede  ohe  la  prima  fonte  di  tatti  i  racconti  da  lui 
pubblicati  e  tradotti,  dcbb^v  essere  stata  un  qualche  te<9to  greco, 
scritto  nolla  prima  mct^  del  VI  secolo. 

II. 

JtfofonHtfnV  pratiqm.  Hititel  du  55"  et  dernier  degrè  de  la 
Frane- }[aront\erkt  riie  écossaìè  artcien  et  accepté;  par  le 
Très  Puissani  Sonverain  Grand  Commandeur  d'un  des 
suprémes  conmU  confétUrés  à  Lattsanne  en  1875.  Kditiof^ 
sacrée  s'adressant  ezdusivement  aux  Francs-Marons  réfìu- 
iiers:  arnie  d'une  Plancite  mt/stérietisey  avec  explkation,  et 
_  d^utie  coUeolion  de  porlraifs  maconniqites :  auivìe  de  l'En- 
^^cyclique  HusANUs  oknus;  publù^e  par  un  Profane.  Tome 
^Mecond.  2*  ùdition.  Paris,  Baitenweck  >^diteur,  1S86,  un  grosso 
"Tol  in  16  grande,  dì  pagg,  VU-8  Ó32. 

Parlammo  del  1"  volume  di  quest'  opera  quando  apparve  alla 
Incei  ed  ora  salutiamo  cen  piacere  il  secondo  ed  ultimo  volume. 
È  una  delle  più  sensate  e  piil  utili  pubblicazioni  da  far  ri' 
Montro  con  quelle  di  Lóo  Taxil.  la  questo  secondo  volume 
abbiamo  il  Kituulo  del  grado  33  '  e  supremo  del  Rito  scozzese, 
antico  ed  accettato,  rito  cho  fi  anche  in  Italia  comunissimo.  Ave- 
vamo gii^  il  Hitnale  del  33"  grado,  pubblicato  dal  Ragon,  incolore 
ed  inodoro,  seminato  dì  bestemmie,  colla  prova  ciarlatanesca  del 
lavarsi  le  mani  col  piombo  fuso,  ritualo  tanto  stupido,  che  il 
Kagon  stesso  in  nota  scbernìsco  questa  scioccheria  del  piombo, 
^■me  ancora  il  pii)  sciocc*  giuramonto  le  tìen  dietro,  e  la  scine- 
H(ls8ima  tantaferata  storica  sul  conto  dei  Templarii.  11  lUgon 


734  rimsTA 

concliiado  (pag.  40)  «  Le  syatème  écossais,  ancien  et  aoMptó^j 
33*  dogré,  donne  troìs  mensonges  histonquea  pour  appnìs  faoA 
damentau.v  à  son  tempie,  coa&icró  à  la  morale  et  à  la  verta.  > 
Eptire  il  Ragen  non  sa  preporre  niente  dì  meglio  che  qoellel 
tre  menzogne!  Il  Ka^n,  per  quanto  possiamo  capire  noi.  la 
cercato  di  lerare  qnanto  vi  è  negli  «si  rituali  della  setta  di  pù' 
empio^  immorale,  ridicolo.  Ma  non  è  riuscito.  Altri  rituali  an-j 
ramo  in  Italia,  altri  In  altri  paesi. 

Il  Rituale  pubblicato  dal  nostro  Autore  (che  noD  si  nomina,! 
ma  noi  conosciamo)  sembra  tolto  dalle  tradizioni  della  masso- 
neria amcrìrana.  Ma  da  i^aale  paese  che  sia  esso  vcnut'^  il  htt» 
è  che  non  si  poteva  scegliere  meglio  per  dare  una  idea  dellal 
massoneria.  Perchè  non  comprende  solo  la  breve  cerimonia  dil 
uso,  che  si  pnd  vedere  in  tutti  i  rituali,  dove  più,  dove  meool 
accorciata,  e  cucinata  secondo  il  gusto  del  paese;  ma  dà  ptrtì-| 
tamente  la  preparazione,  l'esame  del  candidato,  il  suo  riceri- 
mento,  il  giuramento,  e  l'investitura.  Poi  da  tutti  i  piCt  rionm&tìj 
rituali  (e  li  cita)  raccoglie  la  spiegazione  autentica  delle  singoli 
parti  del  rito,  e  gì'  insegnamenti  diabolici  della  setta,  che  i!i| 
quest»  grado   supremo  più  chiaramente  si  manifaslano.  È  ui 
lavoro  compito,  e  degno  dello  studio  dì  quanti  desiderano  entrar 
nella  conoscenza  intima  della  massoneria. 

Né  meno  utile  a  tale  scopo  ò  il  Compte-rendìi  cUs  Trataai 
dtt  Cottvent  des  Supnmes  conseiU  dti  rite  éeossais  ancitn 
accepi''  réitnis  à  Itatisaime  (Sui&se)^  m  septembre  1875.  È 
prima  volta  che  questo  documento  vede  la  luce  pei  pro/ai 
Convennero  a  quelle  supreme  assiso  delta  Massoneria  i  Sol 
Grandi  Ispettori  Generali  di  Svìzzera,  di  Francia,  del  Belgio 
d'Irlanda,  d'Inghilterra,  dì  Scozia,  d'Ungheria,  d'Ilalii 
Portogallo,  del  Peni,  di  Cuba,  e  altri.  Vi  si  tenne  una  rst 
semblea  cosiituenU,  vi  si  rinnovarono  e  rabberciarono  lo  Grat 
eoatUuzìoni  del  17S6,  relative  ai  Supremi  (ansigli  della 
soneria  dirigente,  composta  di  soli  massoni  graduati  al  Irentat 
e  si  confederarono  tra  loro  tutte  le  Polente  ossia  tutti  gli  ul 
di  suprema  direzione  dei  paesi  che  vi  presero  parto,  e  coi  e&| 
anche  tutti  i  massoni  dìp^^ndenti  da  questi  centri. 

Xon  sarà  disutile  pubblicare  qni  parte  della  tavola  dei  f9»\ 


DEtLA  8TAHPA   ITAUAHA 


725 


rè  seggi  supremi  che  stendono  la  loro  giurisdizione  sul  mondo 
Msooioo,  secondo  la  costituzione  votata  dalla  sovrana  asaombiea. 

EUROPA 

lu  giurisdiiioae  »utl'ln^'liìlti>rr.i,  I>.  di  (jdllts,  ecc. 
>  Scozia 

»  li'hinda  v 

»  flelpio 


Loodb 
Edimhargo 

Itil'Iil'O 

fìr.-ì.'lle 
Usbona 
rfno  (e  oi-aì  Hoina 

Jil-PlSltl 

le 


t'rancii 

Porlogallo 

Sviiicm 

lialis  p  istìlt  italiane 

l'ngliorìa 

Grecia 


Teston  > 

Inillion  > 

bìcu  1 

Hieii  (tlpp.  di  Om»  R.)  * 
lon  (Aspiiiwall.  CoMa  ildlu 

N.  Grana  ui?f 


AMERICHE 

ha  piunidiriDnc  sugli  Stali  l'nìli.  parie  vilTtrifinalc 
»  Slati  Uuìti.  p:ii'te  inui-idioiiale 

Onadtl  e  paKÌ  il<>l  llORiinìo  ingle^^e 
Rc'IHlltMicj  itrl  Mruico 
AmcricJi  wntralp 
Isola  ili  Cuba  cArilillu  sirajEnaole 


Dcai 

Valpmìiio 
Monli^vid«o 
iluifiot  ArtTS 
RktilcliDcivo 


CciuriilcroiioiJi?  [)ì  Vincio'-la 

F'erfi 

Chili 

[l[fiib.  orifiiL  ileir  L'ruguai 

llppuli.  nr^rnlinn 

Bm^ìlc 


Oltre  questi  23  contri  d'infezione  rìi3onosciulì  logittiini  nella 

tenue  assemblea  costituente,  arsi  otto  o  dieci  altri  rospai  in 
i  di  formazione,  per  l'Olanda,  la  Spagna,  la  Germania,  l'Austro 
igheria,  la  Russia,  la  Danimarca,  ecc.  Chi  volesse  conoscere  i 
imi  dei  capi  dello  Potenze  confederate  0  dì  molte  altre,  ([uali 
CI  quali  meno  unite  alla  Con  foderai!  ione,  vtìgga  il  volume  2"  di 
&o  Taxil,  Las  frères  Troìspoinis. 

Noi  benediciamo  tutte  queste  pubblicazioni,  che  hanno  giìi 
niati  eccellenti  frutti,  di  orrore  cioè,  e  di  dispregio  contro  la 
assonerìa,  ma  avvertiamo  che  non  sono  da  mettere  nelle  mani 
li  giovinetti.  Vi  sono  tuli  rivelaitioni  che  non  convengono  al- 
fii^  innucenttf. 


SCIENZE  NATURALI 


I  niiiRnii  a>MriiO  \.k  vttiOHOfpom.  —  I.  Siotomi  del  naltt  —  S.  tlimedii  ìn  p 
lo  tolto  acido:  ta  polvere  Padcclnrd  :  h  misc«lB  di  lotfo,  caIc<^  t  ùttfn—ì, 
molii  liquidi  :  bite  dì  calce  ;  modo  à'  n<arlo;  su:i  eOìcaeia  ;  liicQnteofeati  ;  id 
di  rartse  «cfollu  o  nell'nL'tiua  o  nel  lane  di  calcia;  aaà  cHrlti;  <■  miU;!(L 

t.  Si  avvicina  oramai  il  tempo  in  cui  le  nostre  vitt,  cespite  pnnf 
della  ricrliezica  af^'icola  ilAliana,  dovranno  sostenere  l'asuilU)  àei  ui 
e  lerriliile  loro  nemico,  che  è  la  p^ronosporn.  trli  agricoltori,  altri  spm 
dal  damio  .sofTcrU),  alU'i  scossi  dal  pencolo  ìinmiiienle,  uon  baiuti)  a' 
forse  altro  maggior  pensiero  (tei  piissali  mesi  iiiveraali,  che  di  cooltf 
intorno  ai  provvedi ineoti  da  prendersi,  nccoffliere  notizie  inlorao 
ésperimenii  fatti  sia  in  Italia  sia  fuori,  e  romirsi  di  Dorme  e  d'Istnit 
per  affrontare  la  lotta,  con  isperanze  fondai*  di  rìusciineDlo. 

NeirAppendice  del  nostro  rascìcolrt  SrjO,  dopo  aver  d.ili  alcuni  i 
intorno  ai  rimedii  esp«rimeaiali  giovevoli  contro  la  peroaos|>ora,  proa 
(emmo  di  ritornare  m  cotesto  argomento  quaodo  si  conoscessero  on 
i  metodi  usali  ìd  Italia  e  gli  clTeili  oii^niiti  con  e^si.  Aiioninmo  on 
promessa  tanto  più  sollecitamente,  ìn  quanto  vi  ci  spronano  le  ridii' 
di  pari'cctiL  nosiri  gentili  associali. 

K  per  rifurci  dalla  prima  nfizioiie,  necKssaria  a  cìii  delibera  inM 
all'uso  di  un  riuie^lio,  clic  è  di  conoscere  i  sìntomi  del  male,  rami 
lerenio  che  la  vite  si  pal&sa  infestAia  dalla  peroncspora,  quafido  uei  [ 
pini  la  pagina  superiore  apparisce  chiaz/iita  piii  qua  più  li  di  v 
pallido:  e  le  chiazze  allargamlnsi  piti  o  meno  pre^^tamente,  la  Togtia  l 
ini{ial]isce>  si  dissecca  e  cade.  Colesio  elTetlo  producendosi  non  per 
Ihnseca  malattia  di  tnlta  la  pianta,  ma  per  azione  lottale  del  para» 
s'inlundiì  che  egli.  mas.sìine  sui  principii  dell'invasione,  oon  si  ms. 
slerà  a  un  tratto  in  tutti  i  pampini  di  una  data  vile,  ma  heoe  (id 
successivnmcnte  dilTondersi  a  tulli,  sicché  la  pianta  finisca  con  nmao' 
spogliata.  Il  perchè,  come  sarebbe  su  perlluo  il  volere  assoluiaraente 
soggettare  a  medicamenti  un  vigneto,  ette  ìn  paese  sano  non  mostri 
d' infezione,  cosi,  no»  appena  quei  sogni  ap|tanscot»o,  non  è  da  HKI 
lempo  iu  mezzo,  aflìnchò  il  rimedio  non  arrivi  tardo.  E  la  vigilanza 
durare  per  tutta  ta  stagione  calda,  segnatamente  nei  mesi  di  lu^ 


&CISMG   NATttRAU 


757 


a^stn:  e  forse  i|u<^L'anon  ella  avM  in  piìi  luoghi  maieria  (]»  esercitarsi 
aniulio  nella  sceoinla  metà  iJi  t^iu^^no. 

Ora  vciKnAn  ai  rìmAdii,  altri  di  essi  sono  polverulenli  ni  altri  liquidi. 
primi  nlire  all' èssere  applit^bili  nelle  regioni  dove  l'acqua  scarseggia, 
dove  uori  puA  |irocaeeiarst  in  (|iianl)l;ì  tiaSevole  sci  non  da  loiiiano,  li:inno 
il  vauia^Kio  della  leKK^rezzii,  e  det  uoa  richiedere  uè  uuovt  slrutnenli  né 
nanuvrtì  scodoscitite  ai  coniadini. 

Fra  i  riniedii  piil ver u lenti  il  prituo  luogo  si  dere  concedere  allo  zolfo  ; 
<0n  pcr^  all'ordinario,  Vfvtin  contro  all'oìdio,  die  si  mostrò  al  tutto  inef- 
icact?;  ma  al  /olfn  .sublimalo  nrìrìo.  Il  Mar^s  in  una  sua  Memoria  Iella 
urAccadeiTiìa  di  Parigi  d«  parlava  cosi:  «  Dopo  le  esperienze  che  Ito 
ile,  dopo  quattro  anni  dacché  o%»ervo  la  perooospora,  la  mia  opinione 
è  ^mpre  quella  che  l' ìnzoiram^olo  della  vigna  praticalo  in  tfropo  op- 
porKinn  e  spesso  ripetuto,  é  (inora  il  meuo  pìii  pratico  ed  efUcace  per 
comhaKterlo-  Le  polveri  di  soltì  acidi  hanno  un'azione  più  rapida  contro 
(«ratsiti  crillogaraici  della  vite  per  distruggerli  e  per  imprimerp  poi 
Hlla  vite  una  vegelariorw  più  r!g()glin«n.  >  Al  voto  del  Mar*-»  concorda 
n  Italia  quello  del  profes»r  ariosi  direitore  del  Uboratorio  di  Botanica 
Erilloganiica  di  Pavia.  Non  omnidtereiTio  peraltro  l!ì  Aoiare  che  il  M«r^ 
«Nisi^lia  dì  dar  principio  all'operazione  preveniivanietilc  ve.rso  la  line 
d'aprile,  e  ripeterla  ogni  ir»  giorni.  Nel  rimanente  i  consueti  soIBctli 
idnperati  (In  qui  {nt  zolfari^  le  uvi^  servono  ezìandin  nll'a^persìone  dì 
KUo  acido,  purché  (scrive  il  Hermlini}  siann  forniti  di  una  valvola  che 
mpediHca  il  coniatlu  dello  zolfo  col  cuoio  del  sorUeito. 

Dal  medesimo  autore  poi  ricaviamo  che  il  fiore  tU  aoìfo  acido,  pre- 
parato per  l'uso  di  cui  stiamo  rjigionando,  si  raljl>rica  e  sdiaccia  per  cura 
dell' Ammiuìslrazione  delle  .Miniere  sulfuree  Albani  al  prexzo  di  Lire  ^i 
il  quioiaie  |>er  piccole  partile;  e,  a  scanso  di  frodi,  si  spedisce  chiuso  in 
sacchi  da  ÓO  chilot^ramnii  l'uno,  contrassegnali  da  marca  speciale. 

Viene  in  secondo  luogo  la  Polvere  detta  Podecftard  dal  nome  del- 
rinvenlore.  Kccone  la  oompositione  e  il  costo: 


ino  Kii. 

calce  grassa  .    .    . 

.  L.    %  - 

90    * 

solfato  di  rame  .    . 

.    .  14,  - 

W    » 

solfo  triturato.    .    . 

.    -    1,70 

15    > 

cenere  non  liscivata. 

.    -    0,75 

145  Kil. 

.  L.  18.  45 

Per  comporre  la  miscela  (scrive  il  Vannuccini)  «  si  fa  un  cercine  colta 
cenere,  vt  si  pone  nel  mezzo  la  calce,  quindi  si  scioglie  it  solfalo  di  rame 
io  50  chili  di  acqua  portala  a  ^^  di  temperatura,  e  con  la  soluzione  fi 
Vpeogo  la  calce  ;  si  aggiunge  il  solfo  triturato,  e  si  mescola  il  lutto 
liea  bene.  » 


728 


mit  KATCBAU 


Resta  però  il  lavoro  de!  ridurre  Dovamenie  in  polvere  niiriuUi  n 
scuglio,  chR  non  (ino  a  meno  d't^sersi  raggnimitto;  e,  tralUndosì  ili 
ti(à  iioievolt,  può  lien  darsi  ctie  la  casa  non  riesca  oè  spedila  e 
facile.  Ma,  compiuta  die  sia,  la  polvere  si  aoiiuinìitra  con  uo 
come  per  le  solfature  ordinarie. 

Si  citano  in  icrio  luogo  esempii  autentici  di  buoni  elTetLi  oiteauli 
la  miscela  di  zolfo  comune,  cenere  e  calce  io  parti  eguali,  usala 
con  due  avvertenze;  la  prima  ette  le  aspersioni  si  cominciarono  \4 
mente  al  primo  apparire  dei  germogli  delle  viti,  la  seconda  che  si  k 
abbonda ntisiti me,  sicché  le  piante  ne  erano  come  a  dire  ricoperte. 

2.  Veniamo  ora  ai  rimedii  liquidi  :  e  qui  v'  ha  due  metodi  che 
a  propo.<iiio,  pan*  a  noi,  si  sono  voluti  conirnddistinguere  chiamando; 
ce&e  l'uno  e  italiano  l' altro,  procacciando  a  que-st'ullimo  il  vanliiggìD| 
una  raccomandazione  indiretta  che  non  dovrebbe  precnlere  le  es[ 
comparative  dei  due  metodi,  ma  al  pii\  seguirle. 

Il  metodo,  cosi  detto,  italiano  consiste  nell'us)  del  semplice  liuei 
calce.  Esso  Tu  proposto  dal  prnrcssore  Rho,  direttortj  dello  Slabiliiné 
Agro-Orticolo  di  Udine,  ma  le  splendide  cspurien/e  dui  rratt-Ui  Uellu 
ne  [Uisero  io  piena  luce  l'elììcacia,  e  gli  conciliarono  la  llducia  universili 

H  latta  0  idrato  di  calc«,  quale  fu  usato  dai  suddetti  viiiculion, 
compone  .^lemperando  4  cbilograromi  di  calce  in  un  ettolitro  d'ar<ia 
Vi  Sì  adoi^a  (dicono  essi)  la  calce  io  ciouoli  od  in  zolle:  e  que4ai 
vrebbe  spegnersi  un  mese  o  due  prima  di  farne  uso;  ma  può  Sf 
eziandio  nel  giorno  .stesso,  purché  si  abbia  cura  di  stemperarla  emù 
scolarla  perfeitamenie.  Facto  poi  cbo  5Ìa  l'intriso,  è  bene  pas&arU  ai 
verso  a  una  tela  per  separarne  i  corpi  estranei  e  i  granelli  che  notti 
fossero  sciolti  per  difcito  dì  coltura;  al  contrario,  gl'ìsirumenii  roiqi 
.si  asperge,  ne  vanno  prcsin  intasati, 

L'ercbè  il  latte  di  calce  operi  il  suo  effetto,  convietje  che  la  papi 
sujjeriore  dei  pampini  ne  sia  tuiia  ricoperta  e  imbiancata,  e  tale  nau» 
per  quaitlu  dura  lo  svolgimento  del  fruito.  ì*)  opinione  di  molti  che  qi 
r  inibrnlto  possa  nuocerò  ai  germogli  tuttora  teneri:  laonde  coi 
che  non  si  dia  principio  all'incalcinamenio  se  non  dopo  che  il  (lort^ 
vite  ha  allegato,  e  quindi  non  prima  della  seconda  quindicina  di  giu| 
Peraltro  i  fratelli  Uellussi  scrivono  in  lermini  espre.«i  essere  coni 
di  «  fare  l'aspersione  mediante  pompetle,  cominciando  l'operatiooe 
dai  primi  germogli,  bagnaìido  tutto,  uva,  foglie,  tralci,  ripetendo  l'of 
zioue  ogni  dieci  o  dodici  giorni,  »  Ma  chi  pur  conservas.%  quatclip  tic 
intorno  all'  incalcinami-ni»  dei  rampolli  ancor  teneri,  potrà  (un  altr'i 
iosolfarti  col  Jiolfo  addo,  e  pasì^are  al  latte  di  calce  pììj  tardi,  qt 
sono  oramai  assodati. 

U'aliroodc  pare  che  luiU  quei  iraLiamenii  precoci  non  servano 
a  sovrabboudanza  di  ptecauzipne,  giacché  il  parassita  non  si  svolgt  i 


SCtENZK  NATrnALI  729 

se  nella  stagione  calci»,  ossia,  g^neratmenip  parlnndo,  nel  luglio  e 

Il  tratiamenlo  a  lalie  di  calce  diede  in  pratica  tutte  le  più  certe  e 

lìorì  rìpruove  che  si  possano  desiderare.  Innanzi  tratto  i  già  nominali 

lussi,  recero  esperimenti  comparativi,  appjicniido  il  rimedio  ad  alcuni 

i  di  vili,  mentre  altri  sullo  stesso  terreno  si  abtfandonarono  a  sé:  e 

[dove  i  pamjHni  di  queste  ultime  furono  ben  presto  distrutti,  e  le  uve 
rimasero  agreste,  le  prime  si  mantennero  rigogliose  e  condussero 

'filino  a  piena  maturila.  La  preservazione  poi  delle  vigne  di  quei  si- 
ri, in  mezzo  alla  generale  devastazione  dei  vigneti  circostanti,  fu  cos\ 
ndida,  clie  da  duemila  visitatori  vi  si  recarono  a  mano  a  mano  |)er 
riarsene  coi  proprii  occhi  «1  olienernc  la  spiegazione. 
Per  ciò  che  riguarda  il  prodolio,  ceco  una  Ujbfjlla  comparativa  che 
rivela  al  tempo  slesso  e  la  quantità  e  la  qualitit. 

■ÌÓ76  viti  incalcinate  diedero  ettolitri  di  nin.sto  18 
^39?  vili  non  incalcinale  ne  diedero  etiolitri      15 

;ia,  falla  ragione  del  numero,  il  prodotto  delle  prime  stelle  a  quello 
le  seconde  poco  meno  i-he  come  3  :  t. 
L'analisi  chimica  poi  rivelò  nel  mosto 


delle  viti  incaici  nate 
Clucosia    ...    lo,  G  X 
Acidità  ....      9,79  . 
Sostanze  eslrallive     2,  2  » 
Cremore ....      3,32  » 


delle  non  incalcinate 

-    .      7,      "1, 
.    .    12,73  » 
.    .     2       » 
3,K)  > 


si  spiega  ahiiasianza  come  il  vino  delle  prime  riuscisse  di  ottima 
isllt.*!,  il  secondo  per  lo  conlrario.  acido,  poverissimo  di  alcool  e  quindi 
bUo  a  conservarsi  e  appena  lievi)>i?e: 

Paragonato  eziandio  i-nn  altri  metodi,  il  trattamento  a  latte  di  cah» 
flihra  averne  riportalo  il  vanto  sia  pnr  conto  dell'ellìcacìa,  sia  |Mr  quello 
ili  spesa.  I.'Avv.  Canonìcii  di  Cortemigtia  volle  sperimentare  in  con- 
talo ras{)er.sÌoiie  dì  calce  in  polvere,  misla  a  solfo  e  cenere  in  parli 
nati,  e  l'imliralto  di  latte  dì  c.ilce:  h  primn  pcib  eseguita  sotto  eoo- 
tìODi  diverse,  cio<^  a  foglia  bagnata  e  n  foglia  asciutta.  Ora  qticst'ul- 
Ida  riuscì  di  gran  lunga  la  meno  efiìcace  e  la  pid  costosa,  per  la 
feeessÌLÌ  del  dovwI;ii  motte  volte  ripetere  ondo  mantcn'^re  ai  pampini  il 
VQ  instabile  riparo.  Più  vanlaggiosa  lorn^  la  cospersione  a  foglia  ha- 
i;  ma  non  mai  lamo  quanto  l' inaflìamcmo  a  laile  di  calce.  Neper 
■«to  si  vuol  negare  una  proporzionata  fiducia  alle  suddette  conpersioni 
Blreree,  siiecic  s<;  si  pr.iiirhÌno  ^iii  pampini  infradici.ili  dn  un'opportuna 
loggia  ovvero  dalla  rugiada.  l'n  cntnle  signor  lìnrlinglio,  di  S.  Golomliaro, 

quel  di  llrescia,  avvedutosi  tardi,  nella  seconda  metà  dì  agoslo,  che 


roti 


SCIENTE   NATURALI 


un  suo  vignelo  era  invaso  dalla  perooospors,  ne  fece  losto  ricnpriT 
pampini  Rolia  suddetta  miscela;  e.  ripetuta  l'operazione  tre  volle  ad 
lervalli  ili  dieci  giorni,  Tu  in  tempo  di  rislorare  le  vili  e  di  salvi 
protlotio.  Tali  enenipii  vanno  ricordali  sopraitnlto  »  beneficio  di 
fi  Don  saranno  pochi,  a  cui  si  renderà  impossibile  in  pratica  I'um 
l' idrato  di  calce. 

Il  (jual  rimedio,  per  mollo  esaltarlo  che  si  faccia,  non  va  immi 
da  parecchi  inconvenienti,  altri  aa'idenlali  ed  alln  intrinseci.  K  il 
che  s'atTaccia  è  rigjjravio  della  mano  d'opera,  mai;»)  ma  mente  ii 
l'acqua  non  !!ia  alla  mano  nella  quantità  richiesta,  e  quando  Tof 
deliba  ri[N.iersi  piii  e  più  volte.  In  vero  dire  il  Canonica  assensee 
r involucro  lascialo  per  evaporazione  dall'idrato  di  calce  adirtsetj 
pampini  per  mesi  e  mesi,  resistendo  anche  a  pingue  tempnralrarhe-  E 
stesso  avviene  spesso  di  osservare  su  Toglie  spruaaie  a  caso  con  «1^ 
ma,  per  lacere  del  caso  di  pio>ii;e  che  lavino  l'intriso  ancora  Tr 
maggiore  tenacità  pn/i  diftendfre  dall'essi^re  l'imliratln  |>iù  o  menu  d< 
e  per  quanto  .si  agili  il  vaso  duiid' egli  .si  allinge,  ver.so  il  Tondo  s'ai 
sempre  un  liquido  più  carico  di  calce  clie  non  negli  strati  .superiori 
fallo  sta  che  i  fratelli  Ilpllussì  nella  loro  esperienze  ebhem  a   h| 
rinariiamenio,  nel  corso  di  ntia  stajjrione^  non  una  o  due,  mn  sei  \(t\lt\ 
ragion  vuole  che  nella  previsione  delle  spese  si  tenga  conto  prinnerai 
dì  qiiesta,  che  \mi)  diventar  notevole  soprallutio  nei  [loderi  di  mlhna.j 
luoghi  dove  racquu  si  deve  trasportare  da  lungi,  e  dove  le  vili  sì  last 
andare  su  por  gli  altieri  lontano  dal  suolo. 

V'è  poi  la  spesa  degli  islrumetili:  giacché  dovendosi  in  quesioir 
ricoprire  inlframf^nti*  i  pampini  di  no  inlonacn  calcare,  ci''»  non  piiM 
in  pratica  se  non  per  mezzo  di  polverizzatori;  dai  quali,  uscendo  per  : 
di  pompa,  il  liquido  si  suddivida  al  tempo  stesso  in  islille  minuti; 
che  irrorino  i  pampini  anziché  inondarli  con  un  rovescio  di  pioi^ju 
ftcorrerelibe  a  perdersi  per  la  maggior  pitrie  sul  suolo.  Di  couli  is 
menti  ve  n'ha  oramai  in  si  gran  numero,  tra  di  premiali  ai  con< 
d'encomiali,  che  l'imbarazzo  maggiore  t  quello  della  Kcelta.  Al  Codi 
dì   Montpellier  in   Francia,  fu   premiato  il  sottietio  polvcnzfalorv 
conte  Riccardo  Zorsi.  Al  (Concorso  di  Coneglìano  ebbero  la    iati 
d'oro  il  Ualesirazzi  d'Imola,  il  Noel  di  Parigi,  il  Z^beo  dì  Tadova. I 
Pompa  del  Zabeo,  sì  fabbrica  dalla  Casa   Almici  e  C  tn   Milat 
casta  I^  12,50.  L'apparecchio  fìalesiraui  rosta  L  41)  in  Imola;  e| 
quando  è  pieno,  ÌU  chilogrammi.  L'apparecchio  del  liamlla  ih 
(Padova!  ha  la  capacità  di  '^Ohtrì,  e  costa  L.  ?l.  Fu  pn-nnaln  a  Caì 
glìam  con  medaglia  d'argento,  L'odìciua  meccanica  di  Mnnt 
Firenze  casiruisce  polverizzatori  di  due  tipi.  Il  {irimo.  più  maoei 
adattarsi  alla  vita  mediante  due  rigne;  e  costa  L.  !-'>;  il  sncoiuK' 
voluminoso  e  peonie,  jjer  poderi  e  vigneti  piuttosto  eslcsi,  vale  W 


SaeXZK  SATURAU 


7SI 


}tno  nominarne  un'altra  veuima,  dì  iliversì  autori  in  diverse  i>arii 
ma  a  quest'ora  in  ciascuna   provincia  ve  n'avr.'t  qualcuno  di 
Ito,  e  tuui  bannn  il  suo  prèdio.  Ma  tulli  aoora  s'  hanno  a  com- 
e  torse  a  parecchi  per  podere;  e  per  la  malagevole  materia  che 
tue  di  calce,  ì  pitj  dimanderanuo  qualche  raccutuodanicuiu  annuo, 
'pore  (ciUDgoQO  senta  guasto  al  {«rmino  della  .«lagiooe. 
Per  ultimo  non  è  da  passare  sono  sileoeio  un  altro  grave  ioconve- 
lemuio  da  non  pochi  esperii  viiicuUori,  ed  è  che  il  vino,  per  etfeiio 
calcinai! ione,  non  debba  soiTrìre  noievole  scapito  nelle  sue  buone 
ialiià    hnpfTflcclift  ncoprondosi  di  ralrr,  neirinamameutn,  liiito  insie- 
1 1';i[]iiiinì  e  ì  grappali  (lantnrh(>  iiuc^sil  hod  s'ìnstilfano  nfippur  più,  e 
ache  De  a lihisi lituano)  l'una  delle  due;  o  s'intende  vhe^  Taita  la  ven- 
ia, i  gnip|i0li  si  debbano  lavare,  ovvero  si   avranno  a  gualcire 
itla  la  calce,  uride  sono  iiDtiraiiaie.  Nel  primo  caso, oltre  alla  ditTi- 
dell'eseguire  quell'operazione  per  quantilA  non  piccolissime  d'uva,  e 
rimpossitiililà  dftirtfsoguirla  fllti-o  chR  supi.Tllcialissimamnnte,  v'ft 
ieaio  di  snervare  il  vino  e  di  difliciiliarnfi  la  rermejitazinnit,  come 
la  vendemmia  cade  in  istaginiie  piovoj».  Se  poi  s'intende  che 
si  faccia  sena  meno  colf  uva  incalcinala,  v'è  assai  da  temere 
eiwra  un  liquore  troppo  diverso  da  lineilo  che  si  soleva  olleiieie. 
elli  bellussi  magnirìcano  la  bontà  dei  vini  da  sé  ottenuti,  eli  chia- 
vini  da  e.sposi/.ione;  il  che  sembra  accennare  ad  una  hontft  inso- 
qufi  vitigni  e  per  r|nei  vigneti.  Ora,  osserva  avvedutamente  il 
luccioì,  i  vini  di  quella  regione  peccano  d'ordinario  in  acidità;  e 
[Calce,  adoperata  a  tuli' altro  intento,  è  venuta  a  Tur  loro  da  opporlu- 
imo  correttivo;  precipitando  sotto  forma  di  lailrato  di  calce  il  so- 
eliio  acidn  tartarico.  Ma  che  sirÀ  dei  vini  i  quali  o  direnano  di  tartaro 
'altre  sostanze  acide,  ovvero  ne  contengono  la  ^uRta  misurarsi  può, 
correggere  l' elTcuo  della  calce  con  opportune  aggiunte  al  tino, 
cido  tartarico  od  anche  di  ncìdo  solforico  puro:  nìa  cosi  si  rntra  da 
io  un  greto  dì  dilTicoltà  e  di  rìschi,  dovendosi  accertare  la  dose 
^'ano  0  dell'altro  correttivo,  sicché  in  cambio  di  giovare  non  rechi 
ri  alterazioni. 

ciò  coBfesscramo  che  non  partecipiamo  ancora  alta  compiacenza» 
la  quale  parecchi  encomiaiori  del  trattamento  a  lane  di  calce  can- 
la  viltni'ia  i>er  asso  riportata  sulla  pernnnspora,  e  rivcndirnno  quel 
braio,  come  vanto  glorioso,  all'  Italia.  Nella  queslione  prtt.senle  ci  pare 
il  patriottismo  si  riduca  priniieranienle  nel  provvedere  alla  vilicol- 
Italiana  co»  quel  rimedio,  che  Ita  per  sé  maggiori  proliahilità  di 
U  (elici,  ed  i;  di  applica/ioiie  universale,  sia  poi  egli  francese  o  italiano, 
importa.  !■)  poiché  i  nostri  vicini  di  Francia,  buoni  agricolturì  quanto 
se  non  migliori,  assaliti  dallo  stesso  nemico,  cominriarnuo  prima  di 
ft  combatterlo  con  altn  metodi,  e  ne  ebbero  cosi  buone  pruoveche 


saeifze  itaturau 


non  mostrano  dì  volerli  abliandnnarR  pel  latte  di  calce, 
TRgnlit  di  prntleriza  eli»,  lasciale  in  dlspurtt;  le  laudull 
lanee  vanità  nazionali,  quei  melodi  .si  lengaoo  d'occbio, 
sigino,  e  :^i  conTrorilino  po«alaniefile  con  questi  die  si  dì 

Ciò  cìiv  m'Ha  ritorca  del  rimedio  contro  la  [teronospora 
pochi  vitìculton  francesi,  Tu  T  irr^olarità,  da  doÌ  già  altrove 
del  processo  dell' invasioue;  avvenendo  non  dì  rado  clic  essa, 
clìmalerìcbe  non  ancora  Leti  Oefiuile,  dia  indietro;  e  coloro  che  »'a|i 
3  saiigìare  qualche  loro  rimedio  ìd  tali  congiunture,  ne  rìmaD^ni 
gien  galibati,  attriliueodo  ad  esso  uà  ciTelio,  che  proviene  da  u 
cagioni.  Pure,  dopo  molli  saggi  inutili,  una  .%rìe  di  e'i{>erìenze  fd 
f\iorÌ  di  dut>t)io  l'ellìcacia  del  solfato  di  rame,  e  questo  in  Krani 
aJojieraio  e  raccomandalo,  ^<■l  Tasc.  HÒfì,  pagg.  473  e  ì7-i,  deso 
già  il  doppio  modo  di  applicare  quel  sale,  u  sciolto  da  sk  oell'i 
ragione  di  3  grammi  per  litro,  ovvero  in  raescuglio  col  lailo 
oelle  [iroponioui  quivi  stessn  indicale.  C'uivì  pure  accennatnne 
esperienze,  in  cui  il  solfato  diede  della  sua  eflìcacia  prove  ali 
.■splendide,  quanto  sono  quelle  citate  |jfìl  latte  di  calce;  e  mdicaa 
k  spessa  per  un  ettaro  di  vigne,  con  10,()(IU  ceppi  dt  vili  hasse,  i^i  i 
UiLto  compreso,  a  Tìi)  Irancbi,  da  spendersi  una  soia  volta,  tolto  il 
piogge  continuale  e  dirotte,  nel  quale  è  jmtiiente  il  hfietere  Topi 
Dicemmo  pure  non  occorrervi  pompe  o  altri  nuovi  .iitre;zi  Dà  i 
poiché,  non  è  d'uopo  che  ogni  pampino  sia  coperto  d' imbraUo,  D 
che  ne  rijiorti  uno  spruzzo.  Ciò  si  rileva  ancora  dalla  pìccola 
dì  liquido  (JO  litri)  baMevole  a  trattare  IDOO  vili  basse;  onde  l 
d'e^e  non  ne  toccano  che  ò  ceniimeiri  cubi,  dovecbè  coiraspersioi 
dì  calcv  si  calcola  occorrervi,  per  ogni  vite,  da  3  a  5  litri  dì  quel 

Tosti  cotesti  falli,  non  s' intende  in  verità  ciò  che  lo  .scrittore 
licoto  sui  rimcdìi  della  Peronospora,  pubblicalo  nel  fascicolo 
nflio  ÌHi^Cì  AeiV Affriraltura  lUtlùma.  discorre  dei  vantaggi  deH 
calce  sul  snlfnto  di  rame.  Egli  melle  in  rilievo  la  penùsLeoza  q 
oaco  calcare  ed  asserisce  non  essere  certamente  tanta  quella  dell' 
di  solfato:  onde  conchiudo  clic  nel  secondo  meiodo  .<ii  richiede! 
mero  maggiore  di  iratiaraenii  che  nel   primo.  Ora  se  coflfroi 
esperienze  citale  come  classiche  pei  due  metodi,  quelle  cìo6  del 
pel  solfalo  e  quelle  dei  Hetlus.sì  per  l'idrato,  vi  inniaino  pr« 
il  rovescio:  nelle  prime  basta  un  Iraltanieoto  anche  dopo  piOg 
stenti  e  dirotte,  e  solo  se  ne  coìmyìia  un  secondo;  nelle  seconde 
mento  è  praticato  Tioo  a  sei  volte.  Similmente  il  citato  scrittwe 
il  latte  di  calce  pel  suo  colore  bìaDCO  si  presta  benissimo  a  bi 
scere  se  il  trattamento  venne  ben  distribuito,  cosa  che  oon  i 
colla  soluzione  del  solfato  di  rame,  specialmente  operando  sot 
una  {lìoggìarella  o  sempliccmeute  una  rugiada.  Ala  l'ariicolisU 


SCIErCZe   NATURALI  TiZ 

con!»dcraio  che  la  ili(\erema  con  sussiste  se  ma  qualora  .si  usas.«o 
'mluziono  para  dì  soirato  di  rame,  dovecM  usandola  addìzionaUi  di 
alce^  gli  spnizzi  caduti  sui  pampini  sono  più  che  visibili;  e  quanto  al 
praticare  l' aspersione  subito  dopo  la  pinggìa,  o  ilopn  una  guaus  mollo 
jibliOQdanle,  non  è  cerlameiiie  quello  il  mumento  clie  &i  sceglierà  dal  vi- 
Ucultorc  neanche  per  allrì  rispeui. 

A  questi  due  punti  si  riduce  ì)  confronto,  dal  quale  l'articolista  con- 
fihiude  rraftcatuente  doversi  preferire  •«  il  latto  di  calce  al  solfalo  dì  rame 
«  a  qualsiasi  altra  sostanza  che  fionra  venne  indicata.  >  Ma  a  fare  che 
parecchi  ne  dubitassero.  L'asterebbe  anche  solo  quel  eenno  elie  abbiamo 
^aio  or  ora  ioiomo  alla  dnTercni^a  delle  dosi  necessarie  nei  due  metodi. 
Si  supponga  una  vigna  o  un  podere  con  nulla  più  che  500U  vili.  W 
tendola  tratiare  con  latte  di  calce,  vi  occorreranno  (stando  la  do^c  di  2 
]n  .'(  litri  per  vite]  fra  ì  100  e  »  250  eftohtri  di  liquido  con  propor- 
zionalo lavoro  nell'operazione  dell' inaftlamento  e  con  quelle  difficoltà  del 
procacciarsi  tanl'acqiia,  e  del  trasportare  sul  luo^  il  preparato,  che 
Ognuno  può  eatcoisre  net  caso  proprio.  K  costoso  e  gravoso  a  pro[ior/.ÌODe 
riuscirà  il  ripetere  l'operazione,  comunque  sì  ammella  die  essa  non  ri- 
cliìeJerà  più  tuia  eguale  qiiantit;^  di  liipiido.  Volendo  invece  trattare 
ó()(M)  vili  basse  col  solfalo,  non  iiccnrreranno  che  '3  i4lolilri  e  Vt\  e  sup- 
ponendo che  le  viti  alte  richicggano  il  doppio  o  se  cosi  piace  il  triplo, 
aoo  si  arriverà  mai  ad  8  eLtolitri,  con  rispurraio  corrispondente  di  mano 

K 'opera  nel  trasporto  e  ncll'  applicazione. 
^  La  sproporzionala  Uilferenea,  clie  esiste  fra  le  dosi  adoperate  nei  due 
Wlodi,  si  collega  col  diverso  modo  di  agire  delle  due  sostanze.  Secondo 
l'opinione  più  verisimile,  l' involucro  calcare,  depositalo  dal  latte  di  calce, 
preserva  il  pampino  soprattutto  per  via  meccanica,  inquanto  impedisce 
primieramente  le  spore  del  parasiia  dal  venire  a  conlatto  col  pampino, 
che  è  il  teri'cno  favorevole  alla  sua  vegetazione;  che  se  pure  alcuna  ve 
ne  giunge,  ella  s.irelibc.  impacciata  nel  suo  svolgimento  da  quell'ingom- 
bro. 1/ azione  invece  del  rame  si  eserciterct)l>e,  secondo  il  Millardei,  per 
■nodo  d'intossicameniD  recalo  ai  germi  della  peronospora.  Mescolando  il 
solfato  colla  calce,  si  viene  a  formare  dell'ossido  di  rame,  quasi  inso- 
lubile rteiracipta,  ma  solubile  lentamente  nell'acqua  che  tiene  in  solu- 
zione del  carlionato  di  ammoniaca  a  I.V  centigradi.  \i)  .slesso  ossido, 
Idrato  che  sia,  6  solubile  altresì  nell'acqua  carica  di  acido  carbonico. 
Ora  una  pìccola  dose  di  carbonaio  di  amEUoniaca  s'inconlra  Ira  ì  gas 
atmosfenci  e  quindi  nella  pioggia  e  nelle  rugiade  le  quali,  si  forniscono 
di  leggieri  anche  di  acido  carbonico.  Il  perchè,  inumidendosi  il  pampino, 
«'intende  facilmente  come  quell'umido  velo  sciolga  «  dilTonda  una  quan- 
Utì  quantunque  menomi<isima  di  ossido  di  rame.  Ma  per  pochissimo  che 
sia,  è  bastevole  al  bisogno  d'isterilire  le  spore  che  si  trovassero  sul  pam- 
pino, e  di  uccidere  il  parasiia.  UifaLli  il  Millardet  potè  osservare  che 


734 


BCniKÉt  NATCHAU 


un  liquido,  in  cui  non  .si  ronlcngano  die  ctuc  o  Ire  diecìmilìoo< 
rame,  pub  già  impedire  la  germinazione  dulia  peronospora. 

1^  qui  cade  ìn  ac<nnc{o  di  rispondere  ad  una  questione,  che  a  oiotli 
8i  può  arricciare,  e  che  accenoaramo  già  nella  predente  Api^ndice. 
cioè  non  vi  sia  pericolo  che  il  vino  di  vili  trattate  col  solfalo  di  raau 
non  contragga  per  avventura  delle  qualilii  nocive  alla  salute.  A  ciò  h 
polrclitie  rispondere,  essere  un  pregiudizio  refuiato  da  espen«njfe  e  di 
sfide  solenni,  che  ì  sali  di  rame  veramente  pun  »iÈao  venefici,  dom 
dosi  gli  avvelenamenti  da  essi  prodotti  ripetere  dal  piomixi  o  dal  zio» 
che  v'erano  mescolali.  Ora  nel  solfato  di  rame  cristalliJiraio  cor 
commercio  il  rame  suole  trovarsi  veramenie  puro,  e  perciò  >' 
rehbe  innocuo.  Ma  rìnunziamo  a  cotesia  ri.sposia  che  forse  non  iraiiquil' 
lerehbe  i  piii.  Atteniamoci  piutiosto  a  due  falli  concludeniì  ji^r  chicchessi. 
Il  primo  è  che  per  ire  anni  oramai  si  ^  spaccialo  e  consumalo  il  viu 
proveniente  notoriamente  da  tali  vigneti,  senza  che  ne.<«uno  ne  alliia 
rì.<ieritilo  alcun  efTeDo  sinistro.  Il  secondo  è  che  la  (juanlità  di  rame,  i1> 
sala  chimicameiile  dal  Gayoii  in  quei  vini,  fu  trovala  inrtiriore  a  quella 
che  s' incontra  in  qualche  pozzo,  dove  pescano  pompe  di  rame,  e  che 
pur  sanis.'iime.  Saggiando  quattro  vini  diversi,  it  Gayon  scoperse;  oN  I* 
e  nel  4*,  meno  di  0, 1  di  millit^rammo  di  rame  per  litro;  oel  ?*  (  otì'f, 
soltanto  iriccc  dubhiO-<%.  Ora  un'acqua  .lana  potabile  può  contenere aa* 
che  il  doppio  della  prima  cìrra,  G  non  è  che  i  mosti  saggiali  ooa 
contenessero  di  più,  cioè  fra  1  e  2,  ?  milligrammi  per  chilogramnw,  mi  li 
maggior  parte  ne  va  precipitala  nell'atto  della  fermentaziooe,  e  »  rìtrtp» 
nelle  fecce  dei  vino.  Cotcsta  precipitazione  poi  si  può  favorire  aggiungeato 
al  mosto  innanzi  alla  fcrmcnuzlone,  alcun  fioco  di  tannino  0  di  zolfo. 

Goialché  per  questa  pane  ancora  1'  u.<in  del  solfato  di  rame  n^gfi  B 
vantaggio  al  confronto  con  quello  del  latte  di  calce. 

Una  dose  senza  diitihìo  maggiore  di  rame  deve  ìnconirarsi  sulle  Av 
glie,  e  il  Gayon  ve  ne  trovò  dai  19, 1  fino  ai  <Jj,  n  iiiilligramini  per  tìi\- 
lograTfìmo;  perciò,  sebbene  jur  le  cose  anzidette  iwtsano  ritenersi  qtifj 
pampini  come  un  foraggio  tuttavìa  innocuo  agli  animali,  ciò  non  dì  mal 
sarà  cosa  più  prudente  il  procedere  con  cautela  per  accertarsi  del  ftU 
senza  nulla  pericolare. 

Dai  ragguagli,  inaod,  che  d  ^  dannai  intorw)  al  rame  raccolto  sol) 
vinacce,  nel  mosto  e  ne!  vino,  e  inoltre  dal  potersi  fare  uso,  per  ^ai^pB^ 
sione,  d'apparecchi  d'inaffìamento,  apparisce  chiaro,  benché  non 
detto  in  parole  espresse,  che  il  trattamento  del  solfato  si  può  estender 
ancora  ai  (,'rappoli  e  che  su[iptisce  quindi  ancora  al  .solfamtiQio  rìvo^ 
contro  l'oidium.  Che  se,  asiMirg^-ndo  le  viti  a  mano,  si  preferisce  dischi 
vare  in  quanlo  si  pub,  ma  senza  superstizione,  ì  grappoli,  st  faccia  i: 
huou'rjrn,  e  a  questi  converri  applicare,  contro  roìdìo,  il  rimedio  consoeii 
dello  zolfo. 


CBONACA  CONTEMPORANEA 


Fireni€^  10  giugno  1886. 


l 


COSE  ROMAN£ 


Weoniio  votmiif  ilfi  Rfgi'Hti  di  ClpmeiiU-  V  —  2.  Cause  di  B''aiiOrJiiioii«  — 
3.  Sita  Sautitì  .1II.1  Ito^ini  i1ì  $|ini^:i  —  1-  L'\f!«iiil>lea  cattolica  ili  l-'nitcìn  al 
Sniiin  Pìrirc  —  5.  Ij^hc  XIII  e  h  Basilica  Ifltenripnsc  —  6.  Il  Concistoro  se- 
I|rrioO«l  '  {tingilo. 

1.  Il  Dovello  volarne  dei  Regesti  di  CteBiunte  V,  leste  uscito  alla  luce, 

richiama  al  jicnsiera  ritnpre.sa  veramente  grande  a  cui  ha  posto  mano 

rej^nauie  p'iiilelìce,  e  riuiniKnsfi   vafilaffgio  che  ne  viene  alla   s^jpjua 

alla  veriU  ìuturuo  ad  uno  ilei  più  inipoilauli  ptirioili  disila  sLoria  ec- 

esiastica  e  civile. 

QiKsio  pre/ÌQ.sn  volarne  compi^ntle  Rli  allt  del  secondo  e  del  terni 
ino  del  poiiLifieaio  di  Clemente  compendiali  in '21.^2  doeiimeoii.  e  rac- 
}1li  dai  codici  vaticani,  in  cui,  per  autorità  ponlillcìa  Turono  consegnali 
saocili.  Il  prim'>  e  l'ond,imenlale  pregio  di  qii'esLi  alti  é  U  loro  inetut- 
lille  autenticità  sia  nelle  cose  che  riguardano  la  fede  ed  il  costume,  sìa 
ri  Governo  generale  e  paiiicobre  delta  Chiesa^  ^ia  nelle  storiche  coniro- 
u^icTra  i  documenti  del  secondo  e  del  leno  anno  la  difTeren/a  che 
urre  è  quella  del  numero.  Nel  secondo  anno  infatti  il  Papa  fu  irava- 
llato  da  gravi  ed  acerbe  infermità  a  tal  punto  da  poter  dire.,  scrivendo 
Filìppf>  re  di  Francia  d'essere  stalo  condotto  alle  soglie  dell' eternità. 
ue.sta  sua  infiTiniiA  fu  quindi  cagioni?  per  cui,  a  doua  dì  un  amico  suo 
©grafo,  gli  -tcritlori  della  Curia  poco  in  fpieiranno  poterono  lavorare, 
uanio  all'iitiporiauza  storica  essa  è  uguale  e  mnllissiiua  negli  uni  e  negli 
tri  docurntìuii,  come  quelli  che  mettono  in  chiara  luce  l'indole  di  Cle- 
kente  V,  e  fanno  vedere,  che  i  danni  avvenuti  allora  alb  Chiesa  non  si 
Yono  addchiiarc  a  lui,  ma  a  netluizia  dei  tempi  e  a  mallalLMilo  di  uo- 
tinì  che  volevano  sigrtnreggiare  sulla  Sede  .apostolica;  cliè  in  quanto  al 
lonteilce,  egli  si  appalesa  in  quei  documenti  ne  pigro,  né  debole  nel  con- 
urrc  (jli  arTari  della  Chiesa,  mi  onsapevole  del  proprio  ulltdo  e  proiilo 
d  allontanare  il  male  coire  a  promuovere  il  bene. 

Ntm  avesse  poi  iiuestn  volume  altr.i  inipirlanza  che  il  fornirci  i  do- 
umenti  circa  l'affare  dei  Templari,  basterebhe  questo  solo  a  rcnderb 


736 


cnortACA 


pr<uìoso,  perchè  questi  documemi  sona  la  più  eloquente  coudantia  di  U 
le  catiinnie  accumulale  su  lale  argomento  dagli  odkrtu  copiatori  dfti  Vi] 
■ani.  del  (iurtlero,  del  Voltaire  e  del  Dupuis. 

Per  questo  ogni  biion  cattolico  dev'essere  sincwameoie  grato  al 
ttnaote  Pottieiìce  sotto  gli  auspicii  del  quale  è  stala  l'opera  iDtrapresa,  ' 
saper  grado  altresì  agli  ejiregi  figliuoli  di  S.  liencdeitn,  che  coniiuuaDii 
le  gifìrìose  tradizioni  del  loro  (Jr(lin&,  han  dnto  in  qiiC5io  secondo  ni 
un'altissirriH  prova  dell'operosa  alacriià  onde  corrispondono  si  dingnl 
ai  voli  del  l'onience  che  al  loro  ingegno  un  tanto  e  sì  arduo   lait 
atlidava. 

2.  La  mattina  del  25  passato  maggio  net  Palazzo  Vaticano  e  alla 
senza  del  Santo  Padre  riunivasi  l'Adunanza  generale  della  Sacra 
grcgazione  dei  Riti,  nella  quale  furono  Innaujii  lutto  proj>osti  i  dulibU: 
tuto  procedi  posse  a\ìa  lìpatilica/ione  del  Ven.  Ludovico  Maria  Or 
di  Monfort,  Tondatore  dei  Missionarìi  dello  S{nrìIo  Santo,  e  de1l« 
della  Sapienza  in  Francia;  del  Ven.  Cleni'.'iile  Marta  florbaucr.  sacurdoi 
professo  della  Congregazione  del  Saniissimo  Hedeniore.  e   prof 
della  detta  Congregazione  si>ecialmeote  in  Austria;  dol  Veri.  Jet. 
Maria  di  S.  Giuseppe,  laico  profcwn  dell'Ordine  dei   Minori  Scalli 
S.  Pietro  d'Alcantara,  in  Napoli,  e  ddla  Yen.  Suor  lìiusepfta  Ì4aru 
S.  Agoese,  volgarmente  Ines  de'lteningaoiiu  diocesi  di  ValeuEa  in  li 
re1ì)?io>:a  profe<i<'a  dell'Ordine  dei  RoniÌi:)iii  Scalzi  di  S.  Agojitii 
quali  Voncratùli  erano  stati  dal  Santo  Padre  approvati  solenc 
miracoli  coi  decreti  del  ^1  febbraio  corrente  anno. 

(Juindi  tt  stalo  projnsin  il  dubbio  sopra  i  miracoli    del   Vco. 
da  Nirosia  laico  (Cappuccino.  Davano  i  loro  voti  Lauto  pel   tuta 
possr  (]uanto  su  i  miracoli  del  veuerahilc  Tigliuolo  di  S.  Francesco  li 
verendisfiimi  Consultori,  i  Prelati  ofliciali  e  Analmente  gli  Kmiuc 
Cardinali  ap{Kirtenenti  alla  S.  <.>>ngre^noQe  dei  Riti. 

Uuanio  prima  vedremo  dunque  iualsati  agli  onori  degli  altari  ali 
Ire  eroi  della  Chiesa,  che  per  le  loro  opere  e  per  le  toro  sanie  virtà 
sciarono  sulla  terra  uu  uome  i«r  sempre  tHiiiedelto. 

3.  l<a  nascita  del  presunto  erede  della  Corona  di  Spagna  ci  oblìi 
a  riferire  la  leitei-a  inviata  al  Santo  Padre  alla  Regina  di  Sp>apa.  Oueol 
avea  a  suo  tempo  sollecitala  la  grazia  di  vedere  tenuto  al  sacr^  '-vm! 
il  neonato  principe  dal  Padre  comune  dei  fedeli.  K  il  Santo  !' 
nuendo  al  pio  desiderio  dell'augusta  Sovrana  della  Cattolica  S^mi^k.,'. 
spondeva  benignamente  in  questi  sensi  : 

<  Maestà, 

«  11  deMderio  che  V.  M.  espone  nella  lotterà  conwgoata  al  N'qqdo  \;- 
stoHco  presso  la  stia  R.  Corte,  i''  un  ulteriore  argomento  del  liliale 
che  Ella  nutre  veri>n  la  Nostra  persona  e  la  Santa  Sede.  Accogliamo^ 


cotrrairaRiNBA  737 

tanto  con  patema  deferenza  sìirullo  dtisìJerir),  e  non  UnlianK)  a  sìgnìft- 
earle  che  nella  Nostra  speciale  lienevoIeoTa  (jer  la  call'ilio  Spagnai  [*r 
Maestà  Vostra  e  per  la  H.  Faraii{lia,  Ci 'sarà  l>en  gradilo  di  contrarre 
essa  un  nuovo  vincolo  spirituale,  lenendo  al  sacro  fonte  con  la  (li- 
letta  Nostra  lìi;lia  in  Cristo,  l'Infjnu  Isaltella.  la  jtmle  che  V.  31.  sarà 
per  dare  alla  luce.  In  quelito  caso  il  menzionato  Nunzio  szr^  il  Nostro 
ppresentaote  alta  .lacra  cerimonia.  Intanto  preghiamo  vivainenle  il  Si- 
ore  che  si  degni  acconlarc  alla  M.  V.  un  parlo  felice,  perchè  inalwi 
compia   i  materni  suoi  voli.  A  que^sto  siewo  inlento  poi  Le  compar- 
ONi  dairintinra  dell'animo  l'Apostnlica  Ilenedizìone. 
«  Dal  Valicami,  li  l'i  maggio  1880.  » 

■i.  Se  un  governo  animiiw  d'odio  seuario  contro  il  crÌsiianc.sinio  è 
cauìia  di  scandali  e  di  dolori  per  la  Cliiesa,  ci  hanno  ancora  In  Dio 
\   mene  in  Francia  dei,'li  uomtni  di  more  che  porgono  al  Vicario  dì  (>isto 
S  materia  di  grandissime  consolazioni.  K  i(ue.stì  uomini  sono  appuDin  quelli 
tìte,  riuniti  le&tè  m  assemlilea  nella  metropoli  della  Fnncia,  prr  prov- 
vedere ai  bbaj^l  del  popolo  e  scongiurare  i  pericoli  che  minacciano  la 
toro  p.iiria.  votavano  per  acclamaàone  un  caldo  e  coramovenle  iudirizzo 
1^^  Santo  Padre.  L'indiriizo  fu  votato  nella  seduta  del  28  passalo  nia^- 
^Hd:  ed  eccone  il  testo. 
^^  «  lieniissimo  l'idre, 

•  1  membri  della  quindi  cesimi  ai^semblea  dei  cattolici  di  Francia, 
prostrati  ai  piedi  di  Vostra  SantìtJt,  le  ofTrono  Tomaggio  della  loro  piii 
profonda  vtinerarionn  e  d'un  amore  chi'  non  uscirà  mai  dal  loro  cuore. 
Voi  -serhaie  prcs-so  noi,  iieatissimo  Padre,  il  posto  di  (jesii  Cristo,  nostro 
IHo  e  nostro  Ke.  Noi  resteremo  .sempre  aiuccaii,  dall'intimo  dell'animo 
alla  sacra  vostra  persona,  e  i  vostri  insegnamenti  infallibili  ci  troveranno 
sempre  soitomeKsi. 

V  Noi  ci  inspireremo,  mtlla  nostra  condotta,  agli  oracoli  che  avete 
fatto  successivamente  intendere  al  mondo  cattolico;  noi  inleiideremo,  m 
pariicolare,  a  svolgere  in  noi  ed  a  spandere  \n  spirito  d'otfbedlenza  verso 
il  Santo  Padre  e  l'episcopato,  lo  spirilo  d' unione  fraterna,  lo  spìrito  di 
pr^tiiera  e  di  penitenza,  la  devozione  alla  Santa  Vergine,  al  Santo  Sa- 
cramento e  a)  Sacro  Cuore. 

«  Ci  sforzeremo  di  preservare,  con  tutti  ì  mezzi  possibili  e  massime 
con  qaellt  che  sono  stati  indicali  dalla  Santità  Voiar;!,  la  fede  iJelte  gio- 
vani generazioni,  messa  in  pericolo  ila  un  granrle  niimem  di  cause  e 
principalmente  da  una  slampa  empia  e  liccnuoia;  noi  non  omelteriMno 
di  comliatterc  la  frainassaneria  e  le  altre  as.saciazioriì  antìcrisliaue  ripro- 
vale da  Vostra  Santità. 

«  Noi  facciamo  panioolarmenie  professione.  Ueatissimo  Padre,  d'ade- 
rire con  luito  il  cuore,  senza  resirifione  alcuna,  alla  vostra  Encìclica  sulla 
costituzione  cristiana  degli  Stati.  Facciamo  nostre  tutte  le  dottnne  che  la 

Sirù  XJJJ.  noi.  U.  foK.  tHU  47  12  ffÌt>p.,o  ISStt 


7if$  CnoNACA 

Santità  Vostri  proclama;  ci  unifornieremo  ai  desideri!  ed  ai  conugli 
rormiila;  dichiariamo  cIir  voglìamn  t^s^re  alianiRnle  cnllnliri,  in  tniu^ 
dapperluUo  «  .semj're.  «  (Juaniln  peniamo  che  in  rnezi»  alle  soUftcitHdii 
di  nulli  ^Isa,  matj^rado  lanle  ralìctm  iuereiitì  al  .suprea»  FouLillcahv  la 
Santità  Vostra  non  cessa  di  moliiplicarv  i  lumi  per  illuminare  i  aosi 
passi,  una  ItonlÀ  rosi  paterna  ci  lascia  penetrali  di  hconoKceaza. 

«  (ìoi)  quesii  <i<;nlii[ie»li  imploriamo  umilmeate,  la  vostra  apocloUa 
benedizione.  » 

5.  Il  g^rao  \\  di  giugno  1S8G  segna  una  nuova  e  splendida  pagiDi 
negli  annali  dell'ani  cristiana  e  in  quelli  della  munilìcenu  del  Pa^ 
perocché  fu  quello  il  f^orno  in  cui  si  riapriva  la  nuova  ati<qda  ddti 
basìlica  di  S.  Giovanni  Laierano.  La  gioia  di  quel  giorno  pei  cattolic 
di  Roma  e  di  Tiiort  fn  Innto  mug;^ion!  quanto  piii  grande  e  sensibilf  i 
la  decadenza  dell'arie  per  opera  della  rivoluzione.  Per  averne  un'id 
basterà  solo  para^^oiiare  i  lavori  di  risiauro  doll'ahRide  laieranense  colli 
ìtconcialure  che  ranno  dentro  Roma  costruendosi  dai  suoi  invasori. 

Per  fere  cosa  grata  ai  ooslrì  tetlori  ci  piace  di  compendiare  la  jinp 
storia  che  VOsservalore  liomnno  tesseva  nella  sua  Cronaca  eitUidiu 
del  grandioso  e  n)Onuin<'ntalu  lavoro,  dovuto  alla  regale  inuaificema  A 
regtuale  Pontefice. 

<  Sono  appiinio  dieci  anni,  scrivea  l'egregio  diario  roroaiw,  e  l'absida  M 
l'nntica  Imsilica  dd  Laierano,  la  prima  Chiesa  del  mondo,  apertasi  in  larghi 
fenditure,  accennava  a  rovinare.  Un  restauro  era  necessario  e  gli  siudii 
effeimarlo  furono  intrapresi-  Faceva  mestieri  riprendere  Topera  dalle  Ino 
dazioni,  e  disinigi^ondo  la  vecchia  at>»tda,  coisiruime  altra  intera 
nuova.  A  questo  primo  concetto  se  ne  aggiunse,  come  coroHarìo,  un  «lui 

•  L'attsida,  situata  immediat.imcnie  appresso  alla  Nave  Clementi 
per  la  ristreltez^a  delln  s|).izin,  mal  rispnnleva  alla  esigenza  delle 
cerimonie,  k  più  sj)ecialii)e.me  a  quelle  delle  funzioni  jiapalì,  che  più  voltq 
durante  l'anno,  vi  si  celebravano.  Ouindi  la  uecessiià  di  un  ampliammUt 
approvato  daiiprtma  dal  Pontellce  Pio  IX,  di  santa  mBiiuiria,  e  quindi 
dal  suo  successore  il  regnarne  Leone  XIII. 

«  Direttore  del  lavoro  venne  nominalo  l' illustre  archiletlo,  conte  Vir 
ginio  Vespignani.  .Ma  l'opera  era  da  poco  cominciata  quaodo  la  morti 
venne  a  rapirlo;  e  a  surrogarlo  nell'arduo  compito  fu  chiamalo  ilflgU 
di  lui.  come  Francesco  Vespignani. 

«  Ora  l'opera  è  compiut»,  1a  N.ive  Clemeoiina  re^aura  ta  e  il  naoti 
braccio  coll'ahsida  nimva,  Aironn  aperti  all' a  mmi  razione  del  pubblica. 

La  dimcolift  che  sì  pre.sentava  maggiore  era  il  trasportare  dal  v 
cbio  muro  sul  nuovo  il  grande  mosaico  dell'antica  absidi  delU  btnUa 
E  questo  lavoro,  che  a  mf>lti  sembrava  di  quasi  impossibile  riu«dU 
affidato  all'illustre,  ora  defumo,  prnf.  Consoni,  e  da  lui  accuratiaitH' 
mente  sorvegliato  e  diretto,  non  poteva  aver  esito  più  felice. 

La  lunghezza  del  prolungamento  della  Issìlica  è  di  metri  ?0.^ 


L 


COKTBMT-OtlANeA 


Ti9 


eoo  que4i  nuova  »m\imza  sì  venne  n  formare  11  posto  per  gii  siali!  dvl 
Cij>ilolo,  i  fittali,  {«r  Io  iniini)/ì,  giravano  ciroohrmcnu  intorno  ah'aL^iìita. 

Il  grande  arco  d'iofcresso  al  proliJNi;amenlo  è  sostenuto  da  due  bel- 
lissime colonoe  iti  granilo  di  Uaveno.  Nelle  pareti  laterali  si  aprono  due 
granili  cantorie,  ciascuna  delle  finali  ha  ai  fianchi  due  coretti. 

Ambedue  le  pareti  sono  riveslìle  di  ricchissimi  marmi,  stupendamente 
amiuuizzait  tra  loru.  Nella  parele  superiore  e  preei^^iuente  al  disopra 
delle  cant'>rìe  due  vasti  alTrcsclii  del  Ijrandi  rappreseniaiio,  uno  il  Pon- 
tellce  Leone  X.ÌII  in  allo  di  ordinare  i  restauri  della  basilica,  Paltro 
jaoooeuzo  III,  que^'lì  che  tenne  il  C^oncitio  laleranense. 

Nel  fondo  è  il  uriinde  musaico  del  qu»le  gii  parlammo,  col  quale 
miraliìiroeoie  si  raccorda  il  nuovo  fregio  parimeitU  a  mu.taico. 

U  liaik<io  dell' ab^ida  è  rivestito  di  marmi,  il  cui  scompartimento  è  sullo 
siile  coniuncmcnie  appellato  Cosmatesco. 

Nel  centro  della  trihima,  in  mez/')  a  due  Cf)lonne  a  spirale,  ornate, 
fra  le  etiche,  di  mirmtissimo  mwiaico,  è  la  sedia  Pontificale.  Le  delie 
colonne  sosleni^'ono  una  tralieazìone  che  fnra  luiiu  attorno  all'ahsida,  e 
sulla  quale  al  ii  sopra  del  trono  s'inalza  un  archivolto  a  tre  centri, 
secondo  Io  stile  dell'epoca. 

La  sedia  pontifif^ah;  è  dì  marmo  bianco,  ornato  di  mosaici  fim.<HÌmt. 
Hìcchi5.sinm  dì  marmi,  e  stu[«eudo  per  dise;;^o  è  it  pavimento,  ite)  cui 
mecm  tì^ura  lo  .slemma  di  Leone  XIII.  U  parte  dì  pavimento  racchiuso 
nell'absida,  in  armonìa  con  l.i  decora/Jone  delle  pareli,  è  di  0[>era  ales- 
Raodrina.  È  altresì  di  oprra  ale-ssandrina  il  piccolo  pavimento  della  ca- 
nierella  dietro  il  Trono  Fnnlilìcale.  Splendido  è  riuscilo  il  solIUlo  della 
nuova  costruzione,  Lsso,  st-bbene  di  stile  più  ricercato,  concorda  con 
quello  della  >3ve  Ctem'jniina.  La  ileco razione  ne  è  formata  da  stucco 
addossato  a  volte  reali,  le  quali  sono  sostenute  da  una  rohii.4ia  oliatura 
di  ferro.  N'cl  centro  del  soflìiio  campei^gia  lo  stemma  di  Leone  Xlll. 
W  i  firandiosi  lavori  sì  sono  limitati  alla  cnsini^ione  del  nuovo  prolun- 
gamento, ma  si  sono  estesi  altresì  al  restauro  della  Navn  Clementina, 
nella  quale  furono  riatiaii  g,lì  antichi  ornaraejuì,  e  ristorate  dal  prof.  Fon- 
tana le  piltnre  nelle  pareti. 

(li  rcstereUbe  ancora  a  |i;irlare  de!  porlìeo  che  i  valentissimi  archi- 
tetti sepiiero  slupt-nJamenle  rannodare  con  quello  gii  preesistente;  del 
ve.st)t)olo  die  gira  liJlU)  aUonio  al  pmlunga mento  delta  basilica;  del- 
l'atrio e  delle  seale  che  uniscono  la  t>asìlica  al  bauisleno  Uostantìnijno; 
dei  locaU  acce.>i!U)rìi  ;  e  sopraituiio  del  soUìilo  costruito  con  arte  squisita 
di  un'ossatura  di  ferro  e  di  vòlte  reati. 

Ma  il  rendere  esatto  conto  dì  lavori  di  tanto  rilievo  non  può  essere 
compito  di  un  giornale.  A  noi  basta  aver  dato  un  breve  cenno  di  (pie- 
h'  '^pera  che  è  una  nuova  gemma  incistonala  nella  corona  di  gloria  che 
circonda  ti  Pontiiìcato  Homano;  una  nuova  ed  imperitura  testimonianza 
della  munificenza  di  duePoniencÌ;di  Pio  tX  die  la  approvò;  di  Leone  XIII 


740  caioiTAC* 

chR  conrermsndone  l'approvazione,  la  ioiziò  e  la  coodusse  fdloHiuuU 
a  termine. 

6.  [^1  Saniilà  di  Nostro  SìRoore  Papa  Leone  XIII  la  mauina  del  7  gii- 
gno  nel  Talazzo  Aposiolico  S'atìcaoo  ha  tentilo  t)  Coucì(itoi'o  se^rreto,  kI 
(|iia1e,  ilnpo  che  l' F.mo  e  Hiìio  signor  Cardinale  Jacobioì,  qual  Proctin* 
tnre  ciell'Enio  e  Rttio  signor  i:ar(lìnale  Agostini,  dimesso  il  Xilolo  & 
S.  Euf^bio  ebbe  oit»io  all'altro  vacante  di  S.  Maria  della  Pace,  prowiiuift 
la  seguente  Allocuzione: 

Venerahiles  Fratres 

«  In  sarrum  Concìstorium  hodi^ma  dieVos  advocaodos  censuimus  dm 
fA  solum  de  rau»ui  ut  vtduaias  pasioribus  christìani  orhis  Ecrles.ìas  novis 
Kpiscopis  dtmareniiis,  verum  eliain  ut  de  Cardinalium  creaLtooe  agv» 
mus,  quam  CoLle^ii  vestri  decus  et  splendor,  alque  ìpsa  teinpornm  eoi- 
ditio  postular»  a  Nohis  videltantur.  Non  pniicos  enim  e  veltro  nununi 
p^isiremis  hisce  annis  vita  exce&sisse  Nobiscum  dolelis,  io  gtinruDi  loeum 
alios  uwxlo  sulTicere  ilecreviinus. 

«  CJuoniam  vero  Apostolica  Mostra  solliciludo  ad  cunctos  se  poriipl 
diversaruni  i^entium  c:itholicos  quos  paterna  ex  animo  cantate  rotoplf' 
ciittiur;  ac  suramopere  laeianiur  cura  aliqua  potior  se  Nobi*  oflert 
casio  propensa»  in  eos  voluntatìs  argumcnia  •nhibendì,  opportuDum  tue 
vice  piiiavimuii  ex  diversis  velerU  ac  uovi  orhis  regìonihus  ìùàgat 
(luosdani  lìpiscopos  delij^'ere  in  ordinem  vesiruui  coopiandas. 

«  Ac  primo  quidem  oculos  in  Galliaro  ìniendimus,  uhi  lecliitsimi 
crorum  Antisiiies  inronso  studio  el  con<;ian!t  intiniis  proposito  Apos» 
licac  Sedi  mire  dovincti,  mngnum  et  omni  common  dai  ione  digoissitam 
uDìtaiLs  cum  Kcelestae  Capite  in  seipt;is  exemplum  praele-runi;  ac  fideld 
eoruni  curae  coDcreditì  iiifiumiiris  poene  cariiaiis  et  pieiatis  nperlbn 
suum  in  Kcclesiam  aniorem  iH  immotara  erga  lesu  Chrisiì  Vicari 
fldem,  plures  inler  gravesi[ue  dinicultales,  splendidi;  protllerì  non 
sant;  ac  rei  calliotirae  tuendae  vires  sua!:  et  facnttatHs  lihenter  impen 
dimt.  Hac  igitur  purpuratorum  Patrum  renunciattone.  lum  sacro  eoru 
ordini  qui  lìalliae  ecdesiis  prae.sunt.tum  universae  Gallorura  genti  pò 
tilicum  et  slngulare  dileciionis  Nosirae  pignus  dare  cotistiiuimus  alqi 
ea  amoris  e*  observaniia  vinciila  arciius  adsiringere,  quae  Kejieros 
nationem  cum  romana  Ecclesia  romanoque  Pontillcatu  coniunguni. 

■  Menicm  deiiiceps  Noslram  ad  se  vocant  focderali  Americae  StiH 
et  CanadoQsis  re^rio.  —  t'Ioren»  in  ea  confoederaliooe  calbolìcae  rdigii| 
ois  oondìtio  qtiae  btiiis  se  in  dies  expticst,  novtsqiie  auj^etur  ìncremen^ 
ipu  eliam  constjlutio  et  Torma,  ad  quam,  secttndiim  .saerorum  Caiionoi 
Ic^s,  Kcclesiae  illae  quolidie  mai;is  sese  coinpoiiuni;  monent  quodan 
modo  Nos  ac  poene  n»;{iiani  ut  alium  aliquem  e.\  praecipuis  carnmd 
rci^ionum  Kpiscopis  in  Palrunt  Oardmaliiim  s&les  l'ecijwaiUHs. 

«  Ouod  ad  (^anadense^  attinel,  omnihus  exploratum  ei^t,  quanta  ani 
tìrmilndìne  calholicae  lidei  adhaereaot,  quam  sincero  in  Ecclesiam  amor 


^m 


COnTBHPOnANEA  741 

iDlur,  quam  luculenter  pìetaleni  et  (idem  suatn  èrga  RonuRum  Pon- 

Icem  dimcilltmo  t«nir>ore  prohjirini.  Qua  itecaussa  mmime  ilubitamus, 

lin  uiiìiis  t'\  Canadens^hiiit  Archiepiscopi^:  ad  tanlam  rlignitatcm  cveciJO, 

caiholicae  r-eliKionis  decus  cwsiira  sii,  Iiem;  ac  feliciler  verlal  popnlo 

inadcflsi,  ei  du.s  promptJiDi  ereciamque  in  romanarn  Ecctesiam  volun- 

Iteni  aiigfJiL  iitqiie  cnnllrmei. 

e  jgitur  hi  suiii  qiias  hodìc  ex  varils  orbi&  regìonibus  in  Collegium 
krum  referuodos  !<tatuimu.s.  Dìmirum: 

Victor  Felix  Beii?(adoii,  Archiepiscopus  Senorfeusis  ei  Aniissiodo- 

rensis:  — Alexajìder  Tascheheau,  Arcliiepiscopus  Uuelj'ecensis  —  bu- 

AEDicTcs    Maria    I^ANc^iNitun,  Archiepiscopus   fthomensis  —  Jacobus 

<jiuiioM,  Arcliiepisccpus  lìaliiiuorensis  ^  Caholus  Piiilippos  Place, 

,,Arc)iiepiscopus  Uliedouensìs. 

«Quos  omnesardens  religioni^  catholicaearoplìricandaeelsaliilisani- 
narum  procurandae  sludiiim,  sins^ulare  in  hanc  Aposiohcam  Sedera  ot^ 
sequium  rcninique  gerendanira  prudeniia  maxime  corameodal. 

<  Nec  vero  lialiam  pra^icrmisimus,  ex  qua  codem  honore  aiigendos 
axislimavimus  Augiismrii  ThradoU,  special issimu in  e  clero  romano  iir- 
baiiuiii  anlisiiieiu,  ipii  variis  iara  ollìciis  et  curaiionihiis  naviier  per- 
fttficius,  ilotnus  Nosirae  rouUIlcalis  Praefcfiuram  multa  cum  Ode  ac  di- 
Itfjenria  poslremo  hoc  tempore  gessii;  el  Camilliini  Ma^^i^lla  Socielalis 
J^su  aliimniim,  in!;tgni  doclrinae  fama  ac  pari  virliitis  laudi;  praaclarum. 
«  Quìa  vohis  videlnr? 

«  AucLorilate  iiaque  omiiipoteiilis  Dei,  sanclonimtiue  Apostolnrum  Pelri 
Panili  ac  .Nostra  creaiiius  el  piibhiicamus  8.  ]{.  H.  PrtMbjieros  Car- 
dinales:  Victcihem  Fcliuich  Be::ii>'A[>uu;  ALEXAnuiiiiH  Tascìieiieai;;  IIexe- 
uiatH  Mahiam  I,ASGi':MEUx;.lAcnRiiH  [jibboxs;Caromm  Philipì'um  Place 
el  DiacoDOs  Cardiitales:  Ai;>ansTLTH  Tcieoooli;  CAniLLi'ii  Mazziìlla. 

«  Cum  dispensaijonibus  derogaiionibtis  el  claiisulìs  necessariis  el  op- 
ponitnis.  In  nomine  Pairis  -i<  ci  Filii  •&  el  Spiriius  *  Sancii.  Amen.  » 
Quindi  Sua  Saniìia  ha  proposto  le  seguenti  Chieste: 
C/ùesa  MetropoUiana  di  Toledo,  per  l'EiTio  e  RiBo  signor  Cardi- 
nale Michele  Payjl  y  Rico,  iraslaio  dalla  Sede  di  CompostcHa. 

Chiesa  Meiropohlani  di  Sorrento,  pel  R.  D.  Giuseppe  Gìusliniaiii, 
dì  Mapnli,  ivi  Sofio  dell'Accademia  di  S.  Tommaso  d'Aquino,  (ìiudice 
delle  cause  mairiinoniali  in  lineila  Curia  Arcivescovile^  Rettore  del  Se- 
miuarìo  Urbano,  Canonico  della  Metropolitana  e  dottore  in  sacra  teologia. 
Chiesa  Cattedrnte  dì  Gran-  Varadino,  dì  Uito  Latino^  per  Mon- 

Arnoldo  Jpol)i-Stumnier,  traslalo  dalla  Sede  di  Neiìsolio. 
Chiesa  Cnttedraìe  di  Novaia,  per  Monsignor  David  Riccardi,  Ira- 
ilo  dalla  Sede  d'Ivrea,  che  ritiene  in  amministrazione  provvisoria. 

Chiesa  C'illfdrale  rfi  Reggio  d'Emilia,  per  Monsignor  Vincenzo 
inicardi,  Inastato  dalla  Sede  di  Uorgo  S.  Donnino,  che  ritiene  in  am- 
nistrazìone  provvisoria. 


742 


CItOKACA 


Chiesa  titolare  Vescovi/e  di  Leuca^  per  Moosigoor  tiaoUoo  Badie 
dì  Castigiione,  Gran  Priore  di  S.  Nicola  in  Bari  «  Vescovo  dimissiaur» 
di  Cast^llaneia,  cbe  ritiene  in  aramiQiMrnzìone  ifrovvisoria. 

Ciiiesa  Catfedrnìe  di  Casale,  per  Monsignor  Filippo  Chiesa,  iraslat» 
dalla  Sedfl  di  Pinerolo,  che  ritiene  ìd  amminisiraùooe  provvisoria. 

Chiesa  Cattnirale  di  Aversa.  per  Monsignor  Carlo  Caputo,  traslatft 
dalla  Sede  di  Monopoli,  cbe  mìene  in  ammini&lrazione  prowisons. 

Chì^a  Cattedrale  di  Ufompob',  pel  R.  D.  Krancesco  d'Albore,  ar 
chÌdÌnce»ino  di  Capila,  ivi  Esaminatore  pro-Sinodale  e  Canonico  ow- 
rario  della  Meiropolitaiui. 

Chiesa  Cattedrale  di  CasteUanetas  pel  R.  R  Fr.  Utacondo  da 
S.  Giovanni  RotoiKio,  arohidìucesano  di  ManTredonia,  dell' Ordioe  dei  lU- 
nori  Osservanti  Uiforinati  di  S.  Francesco,  Lcuorc  di  teologia  e  MuuM 
Provinciale  della  provincia  dì  S.  Aogelo  dì  Puglia. 

Chiesa  Cattedrale  di  Livorno,  pel  R.  D.  Leopoldo  Franchi,  di  Piato 
professore  di  teologia  morale  nel  patrio  Seminario,  Canonico  di  qudla:' 
Catledrale  e  Vicario  Generale. 

Chiesa  Cattedrale  di  Borgo  S.  IhnnÌ7to,  per  Monsignor  Oiaiutjal 
tisu  Tesc&rì,  della  diocesi  di  Vicenza,  ascritto  al  clero  di  l'arnu,  O- 
nierìerc  .segreto  .soprannumerario  di  Sua  Santiii,  ELsaminatore  sìnodal» 
nelle  due  diocesi  di  Vìcenxa  e  l'arma,  in  quest'ultima  Canonico  delb 
Cattedrale  e  Diacono  Preltendato  dì  S.  Secondo  Superiore. 

Chiesa  Cattedrale  di  Pinerolo,  pel  R.  D.  Giovanni  Maria  SàriJ, 
diocesano  di  .\.sti,  ivi  ^nmìnatom  pro-sinodale,  seconda  DigaiU  di  A^ 
cidiacono  nella  Caiiedralef'e  Vicario  Generale. 

Chiesa  Cattedrale  d'Jvrea,  pel  R.  1).  Agostino  Rìchelmy,  di  V 
fino,  ivi  ProTessore  dì  teologia  nel  Seminario.  Superiore  del  Monaxten 
del  SS.  Rosario,  lilsumiuatore  Sinodale,  Canonico  onorano  della  MetiO' 
polilana  e  dottore  in  sacra  teoloipa. 

Chiesa  Cattedrale  di  Trento,  pel  R.  D.  Eugenio  Carlo  Valosn 
dell'archidiocesi  di  Udine,  a.schilo  al  clero  di  Gorizia,  ivi  Uireiiorevii' 
rituale  e  Professore  di  teologa  morale  nel  Seminano  centrale.  Esami- 
natore pro-Sinodatr,  Assessore  del  tribunale  ecclesiastico,  Cauoaico  Vn 
Tosto  dì  c|Eiel  Capìtolo  Metropolitano  e  dottore  in  sacra  teologia. 

Chiesa  Cattedrale  di  Cefnì  o  Noìue  di  Gesù,  nelle  Isole  Fìlìi 
pine,  pel  R.  P.  Fr.  Martino  Garcìa  Alcocer,  archidiocesano  dì  Toledo 
sacerdote  profe.<iso  dell'Urdine  dei  Minori  Usservaoli  Scal7.i  di  S.  Franoeicq 
Reuore  del  Collegio  del  .suo  Ordine  in  Paslrana  per  le  Isole  Kilipiant 

Chiesa  titolare  VescSvile  di  Uta^  pel  R.  I).  Filippo   Hej^ni,  de 
Baroni  dì  Salenlo^  di  Napoli,  iri  Superiore  di  varie  Congregazioni,  C 
finitore  per  gli  affari  di  t|uella  Mensa  Arcivescovile  e  dottore  in  ami 
le  leggi,  deputato  Auiìltare  dell' Emo  e  RiTio  signor  Cardinale  Arciv 
scovo  di  Napoli. 

Chiesa  tilolure  VescoviU  di  Derbe^  pel  R.  D.  Yioc«(izo  Alda 


COSTEMPOflATtEA  743 

Sancbo,  dioccMno  di  Tarazona,  Arct'lìaeona  nolla  Meiro[K>liiana  dì  Sa- 
ngtuza,  ivi  Vicario  'ìmierale.  e  lic^iuiaio  in  sacra  («elogia,  depulalo 
auMliare  detl'Kino  e  Hiùo  Sig.  Cardinale  Arcivescovo  di  Saragozza. 

n. 

COSE  ITALIAIfE 

I.  Iji  noova  C^nirta!  pretWani  *coap«l(ir*—  !.  LVIctiorw' dH  pi!«»tlfltipriani  — 
X  Gfi  cITcui  dHri|)noltiino  ~  4.  L'nercilo  iUillano  —  h.  L'eruiìoBe  dvirKlra 
•  Il  Cholcra  J)  Tcnexin  —  fì.  La  rendita  iUliana. 

1.  Cile  la  vitloria  riportala  dal  ministero  nelle  recenti  elezioni,  dod 
ivrebt>e  modilicalo  t^^n  fallo  le  condizioni  parlamentari,  né  dimimiiie  le 
grati  diiIioolU  nelle  i]iiali  si  ts  trovato  (inora  il  Depreiis,  è  cosa  che  gii 
Doummo  ndla  cri^naca  dolla  quindicina  passala.  Diratlo  sono  apitcna  Ira- 
$eorsi  olio  giorni,  e  ftà  larnano  a  ^alla  r\ì  stessi  sintomi  che  resero  fati- 
cosa e  sienuia  la  viia  del  ^'abincilo,  nell'uliimo  perìodo  dolla  passata 
le^slatura. 

Il  mini.stero  ha  vinto,  non  c'i>  da  diilnlarne;  sia  la  maggioranza  di 
sesK«nia  si»  magari  di  cenili  voti  come  dicono  altri.  Ma  tra  le  file  di  coloro 
ctie  hinno  comtiallitln  sotto  la  sua  ttandiera,  e  divisa  gli  allori  della  {fior- 
nata^  gli  elementi  dell'antica  destra  rappresentano  una  parie  abhaslaoza 
considerevole,  ed  essi,  al  pari  dei  loro  portavoce;,  mostrano  di  avere  una 
pieoa  conoscenza  del  nuovo  slato  di  cose  e  si  preparano  a  Ario  valere  il 
meglio  possibile.  ]t  Miugtiettì,  (ht  esempio,  ha  già  piii  vnke  formulale  le 
Rue  condizioni,  a  prezz")  delie  quali  soltanto,  esM  e  i  sii^i  amici,  dicono 
aperto  di  voler  mant-^nere  il  loro  appoggio  al  Governo.  Ora,  a  Iialtaglia 
finita,  i  giornali  moderati,  fra  cui  \'0}u'monf,  van  rifeteiido,  con  Ijel  garbo, 
V  intimazione,  ricordando  al  Depretis,  il  dovere,  seivitOo  essi,  impreterìbile, 
di  abbandonare  i  mf:zti<)*^i,  gli  ei^pp'Urntì,  le  niicoh  ahìfità  adoperale 
finora.  A  qneste  ìniimuzioni  rispondono  dall'almi  larte  quelle  degli  nomini, 
che,  dopo  avere  militato  sotto  le  bandiere  del1a>inislra  storica,  fanno  ora 
parte  della  mah'ginran^.i  governativa;  e  elio,  alk  loro  vottn,  minacciano  il 
Deprelis  di  un  immii-iialn  aliliandono,  se  aviistì  ancora  a  muovere  un  sol 
passo  verso  ta  Destra.  Tra  quesla  pertanto  che  mosira  chiaramente  di 
Toler  contare  piii  che  pel  passalo  e  di  volerdeitare  la  leg^e  al  Governo,  e 
gli  ultimi  avanzi  della  Sini*iira  storica,  cli'^impongino  al  ministero  dì  non 
Urt  a  tali  prelese  ulteriori  concessioni,  Irsituazione  del  Depreiis  può,  nel 
volgere  di  poche  sciiiminc,  rassomigli!»e  a  quella  di  Ercole  al  bivio.  Gli 
organi  ministeriali  teni^onn.  per  ora,  i  faccia  alle  rivendicazioni  della 
Destra,  un  linguaggio  abbastanza  fred"-  togliendo  ad  essa,  otfni  speranza 
di  moJilioaziooi  mlnisienali.  È  proli^ile  che  le  ambi/ioni  dei  rappreMO- 
Uiiii  l'antica  Destra  acconsenti r.inf  a  qualche  piccola  tregua,  prima  di 
darò  libero  il  corso  ai  loro  propptiì  6d  alle  bro  aspirazioni;  ma  è  in- 


^ 


m 


cao»ACA 


dubitato,  cbe  l'epoca  delle  gt^ri  dirUcolti  pel  Depreiis,  non  è  cbe  dìS 
«  Tutto  beo  calcolain,  scrivea  VEco  d'Italia,  a  noi  s«a)l>ra  cl>«  Deprete 
con  tutta  la  sua  in  contrasta  LÌIe  vittoria  elettorale^  sì  ti^jri  peggio  dt  pnsK. 
Staremo  alla  finestra.  * 

'i.  ÌA  elezione  del  galeotto  Cipriani  ha  prodotto  una  ptv>fonda  tmpret* 
siouc,  tantn  dentro  quanto  fuori  d'Italia.  Da  per  lutto  t  stato  notato  cnae 
un  f^rave  stolnino  della  potenza  »  cui  sono  giunte  nella  peiiì^ta  la  ptfr- 
pagarida  anarchica,  e  la  corruzione  ntorate.(^ine  immediala  coaseguema 
questo  Tatto,  qualche  giornale  iilTerma  cbe  sia  staio  deriniiivamaitQ  il^ 
bondonato  il  progetto  di  un  Tiaggio  del  re  Umberto  nelle  RomagiM;! 
occasiono  delle  grandi  manovre. 

È  mollo  probabile  cbe  la  elezioDe  del  galeotto  Cipriani  sia  slata, 
cosi  dire,  la  pietra  sepolcrale  posla  su  questo  progetto;  ma  chi  cooobw 
le  condizioni  in  cui  versano  le  llomagne,  difTieilmeniA  si  adagerà  a  cn- 
dere  possibile  il  viaggio  reale,  nonoslaate  le  generose  largizioni  fatte  hn 
in  questi  ultimi  tempi  al  Re  Umberto,  in  vantaggio  di  questa  o  qaeH'altn 
società  di  mutuo  soccorso  romagnola.  Ci  vuol  altro,  per  aggiustare  le 
lagglùi  stille  rive  del  Ronco  e  del  Rubicone!  Ìa  storia  è  maestra  iotot' 
ntttihile  della  vita,  e  ta  storia  dice  che  prima  i  murallisti,  poscia  ì  nui* 
finiani,  quindi  i  l'epoli,  i  H  a  sponi,  i  Minghoiti,  i  Pasolini,  cb<;  è  qaaola 
dire  ì  moderati  della  più  bcH'aei^ua,  gettarono  nelle  contrade  di  Romaga 
tanto  seme  di  anarchia,  che  sovrabhoniWj  al  rovesciamento  del  tion 
pontificio,  per  cui  era  slato  seminato;  e  ripreso  poi  dopo  il  1859  e  rìr 
forzalo  iusiancabilmenie  di  nuovo  dai  raanioìAni,  e  tìnalmeote  dal  snel- 
listi, ora  ha  dato  tali  fruiti  che  la  parola  repubbh'cano  nelle  Rou)I|H 
suona  retrogrado,  e  il  vero  liberalismo  consiste  nelle  teorie  e  negli  esenti 
dei  Costa  e  dei  Cipriani. 

Questa  è  la  pura  venti  ;  uè  valgono  i  lardi  piagnistei  della  .statopi 
moderata  e  dei  suoi  amici,  perchè  e<^i  sono  i  principati  colpevoli  di  uao 
slato  di  cose,  del  quat  oggi  essi  ancora  sono  le  vittime;  poiché,  bratto  » 
dire,  ma  verol  in  Romana  ì  cattolici,  che  sono  molti,  anzi  moliissìmie 
franchi  ed  operosi,  e  sii  slessi  preti  o  religiosi  sono  lasciati  in  pace  coi 
gente  che  non  ha  nessuna  colpa  e  non  da  nessun  fastidio  agli  anareMd 
imperanti;  invt^e  tutto  l'odio  di  costoro  b  rivolto  contro  il  liberaltflM 
moderato.  (Jual  si  è  seminato,  tal  si  miete. 

3.  Registriamo,  in  quesijr  nosira  cronaca,  iwme  indizio  dei  tempii 
gravi  fatti  accaduti  in  Milano  al  teatro  dei  Kilodramuialici  per  cabine 
delle  ciarlatanerie  del  Donato.  l>)slui  venne  ultimamente  a  Uihno  pe 
esercitarvi  la  profe-ssione  di  ipnotista,  eoo  gravissimo  danno  della  saliiB 
e  morale  pubblica  come  avea  rati'-i  a  Tonno,  dove  alle  sue  rappi 
lanoni  intervennero  poco  lodevoltiv'^ote  altissimi  personaggi.  Si  sa  dtf 
r  ipnotisnio,  0  soiinambolismQ  artificfide.  è  un  metodo  trovato  dal  medi» 
Braid  (li  Manchester,  e  con»8te  nel  faà'  fissare  un  oggetto,  brillante,  coste 
un  astucdo  metallico,  alla  distanza  di  2i/,o  40  ceotimeirì  dagli  occbi,  usui 


CO^n-RMPOnAFTBA 


745 


la  tina  posizione  cosiffatta  sopra  la  fronte,  che  possa  esercitare  la  mag- 
porc  azione  possibile  sutfli  occhi  e  sulle  palpel^re,  e  il  paziente  possa 
leoen'i  gli  occhi  (issi  sopra.  Si  produce  con  tal  meun  uno  sialo  Ai  sonno 
caial^iioo  che  cessa  col  riposo.  Neil' ipnotismo  i  sensi  acijuisiano  una 
finezza  singolare,  specialmente  la  sensazione  d'attività  musr.'n1are,  dalla 
quale  luuì  i  movimonli  volontari  sono  regolali,  p  che,  esaliain,  può  sur- 
rogane la  vrsia  in  molle  operazioni.  Inoltre  avvi  una  grande  Taciiilà  a  di- 
rigere i  pensieri  deìV ipnot issato  col  principio  della  suggestione,  sia  col- 
l'aiuto  delle  parole,  sia  poi  eoli' aiuto  delle  impressioni  derivami  dalla 
sensazione  delI'allivilA  muscolare,  fucsie  cose  altliiamo  voluto  rir.ordare, 
perchè  appaia  manifi^slo  che  i  fatti  di  Milano  sotio  un  prodoilo  d'ella  ciar- 
lataneria, aiutato  da  una  scienza  della  quale  non  sono  ancora  abbastanza 
conosciuti  i  fenomeni,  le  cause  e  i  mezzi,  seijbene  si  conoscano  glieffeiU 
funestissimi  in  ordine  alla  salute  pubblica  ed  alla  morale. 

Ora  r  ipnotista  Donalo,  per  parecchi  mesi  ha  potuto  leocr  desia  con 
le  sue  ciurmorie  l'attcnjiione  non  pur  della  città  di  Torino  e  di  Milano, 
na  di  altri  luoghi,  a  (al  segno,  che.  a  Torino  è  sialo  un  vero  faiiatisiuo,  un 
delirio,  da  sfaiare  quanto  in  quest'arie  dì  far  perdere  la  raf^ione  a^l'  im- 
becilli è  stalo  inventalo  dal  Mcsraer,  rial  Cagliostro  e  dal  famnso  Home. 
J  milanesi  moslrarou»  più  stanno.  Ma  ci  è  voluto  lo  spellacnln  di  lauta 
povera  gente  ridona  alla  pazzia  o  all'ebìtudine  per  vedere  finalmente  la 
questura  di  Milano  proibire  le  rappresentazioni  ipnolisliche,  dopo  la  de- 
cisione del  Consiglio  sanitario  provinciale. 

«  Noi  non  imendiarun,  scrive  l'egregio  Osservatore  Cattolico  di  Mi- 
boo,  dir  parola  tjè  della  decisione  del  Consiglio  sanitario,  né  della  proi- 
bizione del  signor  Questore,  ma  riferendoci  a  quanto  noi  slessi  abbiamo 
Berillo,  è  bene  che  il  Donato,  ciarlatano  pericoloso  e  dannoso,  non  possa 
pili  esercitare  una  profcs-sione  tanto  sciocca  quanto  nociva  ;  una  profcs- 
rione  che  allelLi,  attrae,  insania,  istupidisce.,  i  privi  di  sangue,  di  sale, 
di  spirilo,  di  senso  dìgniio.tu.  K  siccome  di  questi  infelici  malsani  che 
corrono  pazzamente  dietro  alle  noviiA  lusinghiere,  che  ambiscono  il  mi- 
tierioso,  che  invocano  strane  .sensazioni,  e  sono  lanto  vaghi  di  celebrità 
da  domandarla  a  un  saltitKinco  p,  procurarsela  a  spesi!  del  pniprio  decoro 
e  della  propria  salute,  grandissinin  è  il  numero,  conviene  che  una  prov- 
videnza s'interessi,  come  fa  una  buona  madre  cui  bambini,  perchè  sieno 
allontanati  i  sogijetti  ipnotkjabifi  dal  pericolo  che  loro  tende  il  Donato.  » 

4.  L'esercito  italiano  torna  di  nuovo  a  far  parlare  di  sL  Che  ci  sia 
D  esso  un  germe  malefico,  ninno  piìi  dubita;  da  quali  cause  questo  germe 
IFOvenga  è  sentenza  di  alcuni  giudici  competenti,  non  potersi  ben  de- 
ndere,  forse  perchè  essendo  i  falli  complessi  è  naturale  che  complesse 
Itebbano  ancor  essere  te  cause  dalle  quali  quelle  derivano.  Ora  ì  falli  che 
Bt  rinnovano  nclTesercito  italiano,  e  cIh'  noi  rcj];isirinmo  qui  con  dolore, 
jcoQ  di  tal  natura  da  far  temer«  chn  lo  spirito  miliLirp  non  vmìa  di  conserva 
col  seutìiuenio  morale.  Questo  dimostrano  i  suicidiì,  la  cui  frequenza  è 


746  CRONACA 

o^mai  Ule,  che  non  sì  rìcoMa  la  snuiiglianle  nella  storia  degli  <?5«r(^ 
11  male  è  sventura  la  mente  (wnelraio  lama  adileniro  in  lulli  gli  ordini  M-l 
l'esercilo.  che  passa  cou>e  uu'eccezioite  quel  gioroo  in  cui  non  &i  sbhia  a  dt-\ 
plorare  il  ca^o  di  un  rinfaccino  o  di  un  gradualo  che  siasi  dato  mi! 
la  morie.  Questo  pei  suicidii.  D'altri  reali  uoq  parliamo,  {.«rchè 
generalmente  neli'mierno  delle  caserme  è  dìllicite  cbe  trapelino  di  loofi^ 
ma  se  oe  oom mettono,  e  Torse  più  di  quello  che  alirì  pensi  lu  '- 

Ora  è  invalsa  la  moda,  ira  i  graduati  .spccialmcolc,  di  recar 
alle  donne  che  vanno  \m  falli  loro,  come  è  accaduto  di  recente  a  Ki^eo2^l 
e  di  scandaliziam  il  popolo  io  Chiesa,  come  s'è  veduto  in  san  Fftia  io] 
Pia^^a.  della  slessa  Firenze,  dove  alcuni  graduati  dell' arnit;  dei  IIen4*J 
gtleri  nsarnuo  modi,  atti  e  parole  da  lanzichenecchi  innanzi  all'aliare  deHa] 
Vergine  hentidella.  Il  caso  ha  tanto  più  vivamente  commosso  i  haoGii.j 
quanto  cht;  finora  il  soldato  ìtaliauo  ito»  avea  dato  motivo  di  waj)<]zl»j 
su  queslo  puoto.  Taciamo  dei  falli  accaduti  in  Pistoia  la  sera  del  6  giug»; 
perchè  w!  fossero  vere  le  cose  riferite  nel  Fìeramosca  di  rirenw.  d 
rebhe  proprio  da  rabbrividire,  [lensando  che  il  simbolo  dell'  ordine  e  d«llaj 
disciplina  possa  diventare  tulio  il  rovescio. 

Ma  If  prore  d'onore  n  di  valore  che  danno  specialmente  e  si  di 
qaent«Kli  uiliciali  fon  diventale  laverà  piaga  dell'esercito.  L>a  Mdafiod] 
è  vmuiii  testé  la  uoiirìa  di  un  duello,  che  il  31  maggio  di  buon'ora  ve 
comhsitulo  tra  due  geoenli  di  cavallerìa,  Masczuvcbi  e  Crolli  di  Cofili^lic 
in  seguito  a  diverbio  per  ragione  di  servizio,  riportandone  l' uno  e  l'alif 
non  gravi  ferite.  I^  scandalo  è.  stato  grande,  né  a  ripararlo  ci  é  sperai»] 
che  chi  ne  avrebbe  il  dovere  ci  pensi.  Vediamo  invece  i  giornali  intesi 
pascere  la  curìosiiii  dei  loro  leiturì.  rac4:nntando  per  filo  e  per  segno! 
pariicoliirì  del  duello,  ì  mutui  assalti,  le  carni  lacerate,  ìl  sangue  ette  scone,] 
il  pallore  della  morte  che  si  dipinse  sul  viso  dei  coml>8lienii  e  simili. 

5.  A  dare  un  preciso  ragguaglio  della  spavenlevole  eruzioue  ddl'Hiaa 
crediamo  melleie  sono  gli  occhi  dei  oosLh  lettori  il  sunto  di  una 
Ussima  corrispondenza,  che  da  Giarre  è  siala  spedila  all'  ^fre^o  dia 
romano  la   Voc«  delia   Verità. 

Il  corrispondente  più  che  alla  natura  del  terribile  feooineDO  si  voli; 
a  considerare  gU  eflctii  sfiavcnicvoli  dell'eruzione.  «È  uno  spel 
grandioso  e  terribile,  egli  dice.  Volgendo  l'occhio  a  sottentriooe, 
grande  vulcano  che  riigge  ori-eiidamente  e  si  dìbailc,  versando 
squarciato  fianco  (lumi  di  fuoco  e  levando  con  somma  violenza  e  ad 
credibile  altezza  spense  pioggie  di  massi   infuocati,  e  globi  ros.sastri 
fumo  e  di  cenere  che  nella  loro  ascensione  sempre   più  dilatandoà 
oscurissime  nubi  e  per  una  vasia  zona  si  distendono  sino  al  mare.' 

I  punti  più  minacciali  dalla  lava  »orio  stali  Borrello,  fielpasso  e  NU 
quest'  ulUmo  vuoi  per  la  breve  disianr^a  vuoi  per  la  maggiore  pendeaui 
soolo.  *  Quivi,  cfiniinua  il  corrisfwndpnie,  si  assiste  a  scene  dì  dolore, 
zianiì,  inenarrabili.  Le  casa  senza  teiio,  senza  porte,  spoglie  d'ogni 


CO.NTEMPOHANEA 


V47 


inienio  ornampnio;  innunwjrevoIi  carri  flissemìnalì  per  I«  vi^choc- 
ilgono  ed  esporiiinn  o^ni  oggetto  domi^Mico.  Donne  che  meste  e  pìai>- 
coi  loro  par^olelii  sulle  braccia,  si  iraggono  dietro  a  quel  carri, 
!osi  spesso  a  rimirare  il  luo^o  natio  che  ahUiridoiiano  senza  spe- 
di mai  pii'i  rivedere;  uomini  ehe  molli  di  sudore  si  iravaglianoa 
Tiare  mobili  e  niasserizifi,  a  svellere  porte,  fintsire,  halcoiii,  inve- 
lale, (egole  e  inno  che  le  loro  case  rivciie  r  soldati,  carabinieri  e  guardie 
i  sicurezza  che  gareggiano  cogli  shiiaiiti  iieM'o{:)era  di  salvalagiiìo;  sa- 
srdoli  die  col  pietoso  e  iofalicabilc  loro  Arcivescovo,  larghi  conrorli  e 
ffsidii  dispensano,  e  colla  parola  e  l'esempio  infondono  magoammi  seosì 
sollievo  dei  roiwri.  e  fiducia  ispirano  oella  divina  clemeu^a,  e  sopral- 
\un  nolln  Consolairiw  degli  aflliiii;  giovani  e  vecchi,  vergini  e  spose, 
i«,  in  divoli  drappelli  accalcandosi  al  tempii,  geounessi,  gementi  invo- 
ino  il  soccorso  divmo;  lotto  ciò  accresce  a  miJIe  doppii  lo  squallore,  la 
piiternazione,  lo  spavento,  e  speira  di  pietà  e  di  tenerezza  ì  cuori  più. 
uri.  Tralascio  dì  descrivere  i  danni  gravissimi  arrecati  dulia  cenere  e 
ai  lapilli  alta  vegetazione  nelle  circonvicine  campagne;  da  Trecasia;,*ni  a 
bdara,  da  Pedara  »  Nicìlosi,  da  Nicolosi  alla  L'oirenie  lavica.  Allieri 
viti  per  un'area  sterminala,  in  calcola  hìli%  piegano  più  o  meno  morenti, 
iii  o  aleno  avvizziti  i  loro  germogli,  e  alla  letizia  di  (|uelle  terre  amene 
I  rìdenti  è  sotlunlr.ito  il  lutto,  la  desolazione,  l'orrore.  » 

Il  velo  della  Vergine  e  Martire  Sant'Agata  jKirtalo  in  quei  luoghi 
desolazione  e  di  [ulto  ci  fa  sfiorare  che  la  calasirole  sia  [>er  essere 
congiurala,  e  che  si  nnnr>vi  il  miracolo  di  altra  volta.  Cnrlo  è  che  dal 
^orDO  in  cui  la  preziosa  reliquia  è  slata  trasportali  colà,  l'allìvità  del- 
[erunone  si  ^  di  mollo  dtirtinuìia. 

I    lolanto  che  l'eruzione  del  Mons^hello  tiene  in  grande  angoscia  la 
vincia  di  Catania,  altro  pericolo  minaccia  l'alta  e  media  Italia.  Tristi 
ilizle  giungono  dal  Piemonte,  dal  Veneto,  dal  Napolelimo  e  dalla  Te- 
ina, prl  dilatarsi  del  terribile  morbo.  A  Venezia  siamo  già  a  circa 
casi  al  giorno;  Asti,  Ciini>o  e  lant'alirì  paesi  del  i'iemonte  coniano 

fioro  vittime:  A  Kiren^is  in  due  giorai  3  casi.  A  Uarì  il  male  ^  in  di- 
inuziono,  come  »  Brindisi,  ma  si  ha  ragione  di  temere  che  coll'avan- 
irid  della  stagione  estiva  il  flagello  rincnidiKca.  Insomuia  da  ijualunque 
Ilo  ci  volgiamo  non  si  sentono  che  miserie,  dolori  e  pianti. 

6.  I^  reudita  italiana  è  giunta  a  lOU!  FnnfiiUa  scrivea  testò:  <NoD 
ippiamo  se  le  elezionr  generali  del  IStìfì  polranno  quaìifìcarsp  il  trionfo 
Bir articolo  cento;  ma  il  numero  cento  ha  iriorirato  ad  ogni  modo.  In> 
Itti  il  listino  della  Uorsa  segna  la  rendita  italiana  al  prezzo  di  cento 
ler  ogni  rin()ue  lire  di  rendita,  e  potete  aggiungere  all'intiero  qualche 
fieciua  di  centesimi.  » 

'    Onesto  risultato  per6  non  deve  illudere  nessuno.  «  Nel  dicembre  1864 
f  Parigi  ed  a  Roma  compariva,  dice  l'Unità  Cattolica  di  Torino,  noi 
ini  della  Itorsa  il  n.  1UU.  IJu^'tli'O  mesi  d')po,  per  complicazioni  po- 


totni  della  11 


i 


748  cRonACJL 

litiche,  scendeva  a  80,  50,  e  si  richiedeva  un  anao  e  meuo  per  riaoqu- 
stare  le  condizioni  di  prima^  mcnire  il  consolidato  inglese  in  od  id«» 
rìgaadagoava  il  terreno  perduto.  Il  rialzo  della  rendila  italiana  non  vuol 
dire  la  prosperità  nazioimle.  Noi  seuitatno  gli  effetti  della  cri»!  che  «)»• 
mina  in  Europa  e  negli  Stati  Uniti.  L'industria  marittima,  la  tn'^talltir- 
glca,  la  wrica  ed  altre  .sono  in  rilias.so;  i  commerci  interna  zinna  li  so- 
mano,  le  tattile  doganali  accusano  ribassi  di  valore  e  qnanlità  negli 
scambi  iitUtmazJ Oliali.  Come  si  trovi  l' agricoltura,  lutti  sajipiamo.  lo 
alcuni  paesi  di  Lombardia  le  elezioni  si  fecero  al  grido:  ai  salvi  Va/fri- 
coiiura.  t  Da  più  anni  inoltre,  soggiunge  il  Corriere  dtUa  Sera,  il  sagg» 
dell'interesse  è  basso.  Ad  Amsierdum,  a  I>OQdra  Io  secalo  si  aginra 
ordinariamente  iolorno  al  Snù-Ciò  significa  o  abbondiaxa  ili  capitali  « 
scarslU  di  rìchiesie.  Nel  primo  caso  è  un  bene,  male  nel  secondo.  Ha 
86  voi  interrogate  perdio  ci&  ora  succeda,  vi  si  risponde  a  coru:  ptf 
mancanza  di  richieste.  La  crisi  generale  non  lascia  dubbio  su  di  ciò. 
Le  Industrie  che  per  il  pcrtìstente  ribasso  dei  preni  lavorano  coiaantfr- 
menie  in  perdita,  cercano  di  re:>tringersi  appena  pos<;ano-  L'agrirnliuri, 
scoraggiala,  non  Investe  piti  capitali  nelle  terre;  i  commerci  sceinano. 
Quindi  l'aliltondHnza  di  capiliili,  che  s'impiegano  in  valori  pubblici  a 
redditn  fisso,  preferendo  quelli  che  si  credono  migliori.  Uà  ciò  l'aunKOU 
dei  valori  pubblici  e  quindi  della  rendita  italiana.  > 

il  Eco  d'Italia,  dortinrida  intanto  al  Vanfuìla,  di  .sapergli  dire  quaiU* 
abbia  speso  il  Governo  italiano  per  mandare  la  rendita  alla  pari. 

HI. 

COSE  STRANIERE 

Uk  GRECIA  —  t.  Timori  e%\»:r.ti\LH  —  2.  i'olitiui  rniii4:v}«,c  comlcilta  dcJla  Rossii  — 
3.  Giudizio  siilb  polìiic^  dd  >'.tliinp|lo  tììeuo  —  i.  Fine  drll;)  controTcnn 
S.  La  questione  d'Oiienu^  e  la  Russia  iivl  Mnr  Nero. 

I.  La  Dulgarìa  non  aveva  ancora  accettato  l'ordinamento  iniposiol» 
dall'Europa,  né  la  Serbia  rìniin/ialo  ad  ogni  velleità  di  coollitlo,  che  II 
questione  della  Grecia  sì  faceva  tanto  più  pericolosa,  quanto  diveotavaM 
più  scrii  i  timori  che  il  ijnbineiir)  ellenico  ricusasse  di  pic^rsi  ai  coiingli 
della  prudenza,  e  si  astinas.sc  n  lenitr  ti^sLa  alle  minacce  dell' Europi 
iiifatli  die  !e  sperann;  coitcepite  pare-ssero  indebolirsi,  taluni  argomenta^ 
vanlo  da  ciò  che  la  questione  si  era  complicata  nel  modo  più  strana 
inispetlaio  nel  momento  stes.so  io  cui  il  conUitto  pareva  prossimo  ad  ntà 
soddisJacenlc  soluzione.  Ouesti  timori  ood  erano  esagerali.  Innanzi  iiHM 
i  Greci,  non  si  sa  da  quale  iuQuenu  sobillali  trovavansi  io  tate  sialo  d 
orgasmo  battagliero  da  far  temere  non  avessero  smarrito  il  !;euuo;eoi 
crc<lei-e  infatti  che  una  nazione  dì  due  milioni  appena,  senza  qiiaunoi 
in  abitandone  di  tutti,  pote&se  misurarsi  cnlla  Turchia,  la  quale,  benché 
tanto  in  oggi  stremau  di  forze,  è  senza  paragoiw  dieci  volle  per  Io 


COIfTGHPORArrKA  749 

superiore  io  armi  alla  Grecia?  0  doveaiisì  asjiettare  i  leggendarìi  prodigi 
delle  Termopoli  ! 

Un'nftra  nf^om  di  Umore  presentavano  Francia  e  Rus.4ia. 

La  Germania,  si  dicea,  riniJ:liiHerra.  l'Ausiria-Unj^lieria  e  l'tialia  erano 
certamente  d'accordo  per  cosirinjfere  la  Grecia,  anche  colla  forza,  a  ùì- 
sarroarc;  ma  in  qua)  misura  e  mo  a  qtial  puaio  partecipavano  a  qiiesio 
iccordo  delle  quattro  siimmentovaie  potente  la  Francia  e  la  Russia?  Era 
questo  che  dava  martello  a  «{uanti  rifniardavano  una  KU^rra  tra  la  ijreota 
fi  la  Turcliia,  come  il  princìpio  di  mia  conflaj^r anione  europea. 

2.  A  dir  vero,  la  Francia  avea  sempre  delio,  e  cnniiauft  a  dir  stMiipre, 
efae  essa,  pur  desiderando  la  pace  ed  insistendo  pre!>M)  il  gabinetto  elle- 
nico per  indurlo  a  cedere,  senza  scapito  del  suo  onore,  ch^  linalmenle 
cedere  innanzi  all'Kuropa  armata  non  era  un  disonore,  si  sareblic  aste- 
nula  da  (jualsivo^lia  dimostrazione  armata  contro  la  Grecia.  Ecco  pereliè 
nessuna  nave  francese  s'era  mai  unita  a  <iuelle  detjli  altri  ì?lati  nelle 
acque  di  Suda.  E  siamo  .sinceri  :  la  politica  del  ^fabineito  Freycinet  è  stala 
scbietta,  nò  ba  mai  dato  occasione  in  questa  circostanza  ad  equivoci  o 
niAlinicsj.  Volesse  il  cielo  che  lo  fosse  altrettanto  in  quel  che  concerne  la 
ma  politica  inierna,  specialmeni^  in  ordine  agl'interessi  reltgìmi  della 
Francia:  ma  di  ciò  a  suo  leni^iu.  l'er  ura  concludiamo:  il  f^ahiueito  di 
Parì|p.,o6  lia  venduto  lucciole  per  lanterne  ai  Greci,  né  s'i^  prestato  a  far 
violeo^^  a  quei  principii  clje  formano  oggigiorno  la  quintessenea  della 
politica  rivoluzionaria  dei  governi  d'Europa, 

Ma  erano  altrettanto  esplicite  le  intenzioni  della  Russia  7  Qui  stava 
veraraenii-  il  nodo  della  (|uestinjie.  Qualche  nave  russa  s'era  visla  di 
quando  iu  quando  commista  alla  cosi  detta  squndra  ìnlemazìGnale,  ma 
Qoo  io  modo  permanente;  sicché  .si  pote.sse  dire  che  ci  fosse  davvero  e 
coir  espressa  intenzione  di  tirare  add'>s.so  ai  Greci,  come  l'aveaoo  gl'lla- 
liani,  i  quali  non  desideravano  meglio  che  intonar  l'orrenda  musica  delle 
cannonale  per  far  dire  ai  loro  giornali,  che  la  (lotta  italiana  avea  preso 
il  battesimo  di  fuoco,  con  nnu  spavalderia  somii^liante  a  quella  d'Ancona  e 
di  Gaeta,  e  seno  il  pericolo  di  vedersi  affondala  n^tle  acque  di  una  nuova 
Lissa.  Il  sos|)etto  adunque  che  da  Fieii-oburj!;o  il  gahineito  d'Atene  riccvc.'ise 
segreti  incoraggiamenti  alla  resistenza  era  venuto  non  si>lo  dìtiondendosi, 
ma  aumentandosi,  con  pericolo  della  pace  europea.  Ohreditliè,  coinè  spie- 
gare altrimenti  le  tergiversazioni  e  rosltnazione  del  ministro  Ilelyanni? 
Non  il  egli  evidente  che  in  lutto  questo  garbuglio  se  non  a  piarla  niente  di 
soppiatto  per  lo  meno  ci  fosse  la  mano  di  qualche  grande  |K)tenza? 

ComunquH  cih  sia,  .se  la  Russia  e  la  Francia  non  erano  allora  d'ac- 
cordo colle  altre  putenze  riguardo  ai  mam  per  co.siringere  la  Grecia  a 
smellere  dalla  sua  haldaii/a,  certo  erano  unite,  almeno  apiuirenlemenle, 
nell'azione  diplomaiica.  Mentre  per5  questa  veniva  esercitata  in  quel 
modo  che  tutti  sanno,  cio^  con  un  blocco  formidabile  e  con  un  apparalo 
di  forze  navali  senza  esempio  nella  storia  cotiiempi>raaea,  la  Francia  fa- 


750 


cnnf(ACA 


ceva,  per  proprio  conto  e  iadipeDdeniemerite  da^tli  alirì  ccsbincili,  un  t«D> 
lativo  per  oUeaere  dalla  Grada  ciò  che  questa  negava  osiinaiaiDetiietlk 
IMHcnzc  coUe$;ate.  Più  di  iin  giornale  ben  addenlro  nnilc  sperete  com  deUa 
Uepuhliti<!a  francese  non  esiti')  di  m<>uere  in  duhtiìo  la  t'uona  Tf^de  e  le 
rette  intenzioni  del  signor  di  Frercinei;  come  quegli  che^  salvando  l'àratt 
proprio  della  Grecia,  mirara  a  far  eooseguìre  un  isi^ialiio  trionfo  alla  ib- 
Ijloimam  frannav.  jnratii  alle  premure  della  Frnncì»  il  si^^nr  Itplyaniri  u 
alTreilò  a  ris{K>ndere,  che,  per  dererenza  ad  una  |<otejKa  amica.  U  Oreoa 
non  avrebbe  turbalo  la  pace  e  si  sarebbe  indotta  a  diurniare  dentro  n 
periodo  di  tempo  indeiemiinalo.  [|  lato  vizioso  di  ituesta  ri'ijjosla  en 
evidente  come  due  e  due  r»nno  guuitra.  Invero,  riuesla  conili/.t(>ni>  non  po> 
leva  piacere  alte  polenzo  te  quali  nel  disarmo  immediato  vederano  il  Mto 
mezzo  adatto  a  impt^dirn  un  conflitto.  Ma  pare  cHr  le  Iraltntive  tra  b 
Francia  e  la  (irecia  e  l' accordo  dw.  n"  era  risultalo  peccassKrn  anche  di 
un  altro  lato,  i^a  Francia  infatti  avrebbe  lasciato  sperare  alla  Grecia,  àit 
nuMlrandosi  arrendevole  ai  .suoi  su^erimenti,  essa  avreblje  {Xiluio  otu* 
nere,  in  via  pacillca,  una  retti  fica  nione  di  cooDnì  e,  per  conseguenza,  «a 
iftprandìmcnto  di  territorio.  I,a  Grefia  dal  canto  suo,  avrebbe  acooli'» 
questa  dichiarazione  del  Governo  fnncese  come  un  impegnn  quasi  formale. 
0  almeno  come  una  prom<»;sa  di  prossima  rlTei  tua  zinne.  Di  qui  la  li^Divzn 
dì  disarmare,  le  tergiversazioni,  gl'indugi,  gli  equivoci,  tutto  insomma  i^nel 
complesso  dì  anìricii  per  avere  il  tempo  oc  -essarto  da  atieodere  che  t'tni- 
pegno  venisse  manicnuto.  Ma  furon  conti  fatti  senza  l'o^e,  come  apiwesso 
vedremo.  Intanto  .ippona  si  cfinnbbe  la  risjiosia  del  .sii^nor  Delyanni  al  si- 
gnor Di  Frercinet,  e  la  stampa  francese  colla  .-uilita  sua  loquacità  cik 
minciò  a  menarne  vanto  come  ili  una  segnalata  vittoria  della  Kepubldirj; 
e  quasi  ciò  non  bastasse,  alcuni  giornali  commiscro  l'erront  di  altribuire 
a  quel  (atto  un  caniltere  di  cslililà  alla  Germania,  alTermaudo.  Mwa 
rond^jmetito  per  altro,  cbe  il  Ul  Freyciuet  avea  persuaso  il  Governo  d- 
leoico  a  fare  quelle  concessioni  ette  erano  siate  negate  al  principe  di  bì«* 
mark;  poìcMa  loro  avviso  il  Gran  Caocetliere  era  stalo  il  vero  ispira- 
tore della  politica  delle  potente  europe»^  verso  la  Grecia. 

Quest'I  tin^uagtrìo  non  [mtcva  non  ispiaoerc  a  llerlino  a  landra,  a 
Vienua.  L'iniziativa  dei  provvedimenti  coercilivi  era  stata  presa  non  dal 
Gran  Cancelliere  Germanico,  ma  dal  ministero  Salisfaur;;  e  il  Gladiuma 
era  riiDasto  fedele,  in  questa  parte,  nlla  pnlilira  del  suo  predecessore, 
lenze  osservavano  con  ragione,  che  ue.'^suna  gnrenzia  si  poteva  arere 
la  Grecia  non  avesse  accotiseotito  al  disarmo  immediato  e  senza  condizioni. 
A  questa  opinione  si  accostò  anche  la  Russia.  Che  ne  avvenite?  Mentre  la 
Francia  rimaneva  sola  a  trovare  soddisfacente  la  risposta  del  Deijaiuùr 
r  Inghilterra,  la  Germania,  T  Austria-llogheria,  la  Russia  e  rilnlia  iodi' 
rizzavano  al  galiinelio  d'Atene  un  u/fi'»M/i(in,  appoggiandolo  con  l'invìo 
della  s(|uadra  irjierna/innal«  al  l'iieo.  .\  (iw^i ufitmittim  il  Uelyanm  ri- 
spondeva nuovamente,  riferendosi  puramente  e  semplicemente  alle  dicbìt- 


.^ 


CONTEMPORAtrEA.  75t 

ruioni  già  rulm  alla  Fr»ncÌA.  Ma  (b  tempo  sprecato.  Ls  pHrteci|uizione 
della  Russia  :itt'  uilmiaium,  persuase  I«  |>oterin!  di'  era  iPinpo  di  finirla,  e 
il  blocco  dellv  cosk-  ellenictm  vnime  aiiiiaiidali)  e.  iEutiianlinenle  eseguito. 

3.  Prima  di  andare  inoauzi  nel  racconto  dell' iiUima  fase  dì  i|ue.^io 
draniaìa  non  vogliam'»  privare  i  nostri  lettori  dfl  gìiidiuo' che  l'anto- 
re%*ole  periodico  il  Jlffmortaf.  iliphmatìgue  portava  uUiniameute  sulla 
poltiica  seffuiia  dal  gaLiioelto  Delyaiini,  e  in  generale  ddla  Grecia.  «La 
Grecia,  scrive  quel  diario,  »«'è  mostrala  inferiore  alla  Mia  riputazione  di 
fur^ieria.  Lp.  siie  ultime  vicende  infatti  non  fanno  onore  alla  prevesgenza 
politica  dei  .suoi  uomitji  di  Statn,  La  Tirecia  non  ha  ni.-ii  .-caputo  scegliere 
il  iDomeulo  opportuno  per  rivendicare  i  ^uoi  diritii.  Non  lo  ha  fiittu  dii- 
nnXQ  l'uliinia  guerra  turcn-ru-ssn,  e  non  ha  saputo  nemmeno  approfii- 
tare  dell'occa.'itone  che  le  presentiva  il  movimenio  dei  rumelioti.  Non 
tiimgnava  allora  opporsi  ai  voti  della  Bulgaria,  ma  secondarli  e  trarne 
partito  a  rimettere  in  campo  le  aspirazioni  elleniche,  le  i)riali  polevano 
tienissiaio  conciliare  con  rf»iste.n/a  di  un  grande  Stato  liulgaro.  U  mi- 
oiMro  Delyaniiì,  invece  iiocque  al  Kulgari  e  ai  Huiiiehoti,  sen^a  giovare 
alla  Grecia.  Quando  infatti  le  potenze  aveano  composta  e  a  gran  fatica, 
la  questione  bulgara,  era  follia  sperare  che  potessero  permettere  alla 
Grecia  di  lurhare  la  pace,  e  far  divampare  un  grande  iocendio  in  Oriente 
non  meno  che  in  OcddenLe.  > 

4.  È  duijque  avvenuto  ciò  che  si  prevedeva  e  le  speranze  di  coloro 
I  quali  credevano  che  la  Russia  si  sarebbe  staccala  dall'Inghilterra, 
dalla  Germania,  dall'Austria  e  dall'Italia,  non  si  sono  realizzale.  Il  ga- 
hiopito  di  Pietmhnrgo  ha  manlcnuio  l'accordo  cni  (governi  elicgli  altri 
Stati.  l,a  Francia,  i;he  volle  serbare  la  propria  azione  indi  |ien  il  ente  da 
quella  delle  altre  potenze,  t  rimasta  isolata.  Che  rimaneva  a  fare  al 
Dclyanni?  Sottomettersi  o  dimettersi.  Appena  liicliiarato  il  blocco,  il 
Ueiyanni  prestuitava  le  proprie  dimìs.sioni,  la.sciaiidr)  il  nuo  Ke  e  il  suo 
pae^e  in  grandissimo  Imbaraìczo.  Il  Tricoupis,  capo  dell' oppoi^izione,  ctiia- 
mato  dal  He  al  governo,  avrehtte  voluto  declinare  la  rasponsabilit;')  di  ordì* 
aare  il  disarmo,  dicendo,  con  ragione,  che  chi  avea  fatto  il  male  avea  Toh* 
bligodl  ripararlo:  ma  cedendo  all' impero  della  necessità  accettava  l'arduo 
compito  e  metiea  termine  ad  una  politica  di  spavalderie,  che  avrcbl* 
potuto  fare  .scomparire  dalla  caria  geogralìca  il  rc(fno  della  Grecia. 

lu  quella  però  che  il  Tricoupis  accollava  senza  benelìcio  d'inventario 
la  eredità  lasciatagli  dal  Dclyanni,  l'esercito  ellenico  e  l'ottomano  che 
da  lanio  tempo  stavano  a  farsi  11  viso  delle  armì^  perdono  la  pazinn?^ 
e  vengono  alh!  mani.  Per  qualche  giorno  Greci  e  Turchi  lian  combat- 
luto  sulla  frontiera,  per  disputarsi  qualche  posto;  fur lunatamente  iiod 
s'è  andato  più  in  là  di  una  mutile  elTusìoue  di  sangue.  La  Grecia  ab- 
bandonala a  .sé  stes.sa  pensò  che  il  resistere  ancora  alla  vnlont^i  del- 
l'l<luropa  era  una  vera  follia.  La  questione  è  siala  dunque  sciolta,  e  il 
pericolo  di  ud  gigantesco  conllitto  allontanato;  ma   intendiamoci,  scon- 


7^  cno.tACA 

giuralo  per  oggi,  che  quanto  all'avvenire,  iiitiì  sanno  che  ri<n  wjWI 
ett  Orient  come  lasciò  scrìtto  quel  sommo  uomo  di  Stato  che  fu  il  Doo 
(lones.  «  Nessuno  infalli,  scrive  il  de  Marjide  nella  Ité^irue  des 
moìulffs,  rimane  soddiiiCillo  della  recente  crisi  dei  Balcani:  oon  la  SertàM^ 
die  divora  l'amarena  delle  patite  disdette,  non  la  Unlgaria,  che  si  koU 
io  una  pasizione  prticaria,  non  la  Grecia,  ferita  nel  suo  amor  pnqiria, 
non  la  Turchìa,  rovinata  più  che  mai  poi  suoi  armamenti;  e  qitcl  che 
peggio  niuno  ha  fede  die  questo  concerto  europeo  formato  f>er  cosithk 
gere  i  Ureci  sia  duraturo.  Sommato  tulio  kÌ  può  dire  cli«  l' Europi  in 
quaulo  concerne  gli  afTarì  d'Orìeote  it  eJitrsta  in  una  novella  Ireinti. 

5.  Ciò  tanto  è  vero  che  si  som  voluti  vedere  nuovi  sioLomi  di  pro»- 
sima  gutirra  io  un  nrdiriK  del  giorno  indirizzalo  dallo  Czar  alla  floua 
russa  del  Mar  Nero  e  in  un  discorso  del  llorgomastro  di  Mosca.  La  noi<ta, 
che  ha  cancellalo  nel  Mar  Nero  le  conseguenze  della  guerra  di  Crimea,  <^ 
naturale  che  se  ne  rallegri  e  che  la  propria  soddisfazione  manifesii  con 
parole  che  p(>ssono  parere,  ma  non  sono  una  minat^cia.  I?  qui!>tn  diciama 
perché  se  la  Russia  avesse  assolutsmenie  voIum  pruniuovere  uria  guerra  in 
Oriente,  oon  le  sarebbero  mancati  da  alcuni  mesi  i  prelesti.  Si  è,  invoee, 
mostrata  mollo  arrendevole,  e  cosi  nella  Bulgaria  corno  in  Grecia  b» 
tittito  col  meilersi  d'accordo  cogli  Imperi  centrali  e  con  l'Inghilterra. 

Essa  non  poteva  dare  maggiori  prove  del  suo  desiderio  di  oqb  lnr< 
bare  la  pace.  In  corircrma  di  ciò  il  Mémariai  diphmalique  acoeoiuiva 
lesiè  alla  probabilità  di  ud  nuovo  convegno  dei  ire  Imperatori,  il  cbs 
Riustrerebbe  che  la  iriplice  allean/a  è  ancora  in  pieno  vigore  e  che  eoa- 
tinuerà  ad  essere  volta  a  scopo  pacifico,  e  Dio  voglia  anche  a  .schiac< 
ciare  l' idra  dalle  cento  teste  che  è  la  rivoluzione,  che  ha  |«r  ora  it 
roano  lo  scettro  del  mondo. 

IV, 

JUGUILTEIiRA  (yo9tra  corrìapondtntn)  —  |.  Graift  crisi  partameBlBn^ 
Disegno  M  ^'gaoT  Ghrl^lORC  intorno  ni  nuovo  Covcmo  irlandese:  Soni  anicali 
prìnri|Kili  -  i.  Il  ùill  3eniri(>|>rr  t'Irbiith.  Drf-tp  santo  del  lenorr  di  rmd  - 
;t.  Oitiio  i-tTiilo  imMlftlKi  sui  vani  pat-llli  dai  frilb  irìinAni.  Sola  T'itrlr  >I 
tiigiior  (ìlailsioD<^  h  Luo^n  il^mocntzia  ~  i.  f^iscorsi  U'iiuli  [k'IIi  tatuimi^  [u^^puli. 
Maiiire«Ut  del  «ijrnor  GIit(l'<Ioni>  a"  suoi  «•leltori  di  Mid  Ijìlhi.iii  —  fi.  Voci  intorna 
Alle  fiitar^  iKtcìiìhili  CfMUioiiaitr.  ronsidcrazinni  «ul  pmi^jiir  Mato  di  cxtac  ti.  Pf»- 
posi!  del  ^i^HOr  Olii<l*lnuif  per  la  «.ixiiidj  lettura  di-t  MI  dvW Home  JiuU.  0|r- 

rlionc  di  Ìx>rvl  1  lu-tinirinn  —  7.  $    M.  U  ttCKin-)  all'i  mo<lni  di  Utcrpodl  - 
Decorso  <li  Lonl  Sali<j(un*  intorno  ntle  copdìrioni  presenti.  Sua  roitfnUÉaaf^ 

I.  La  Gran  Brcllagna  attraversa  in  questo  momento  una  penosa  aia 
parlamentare,  la  quale  non  potrà  cIié>  esercitare  su  tutto  rtoipero  un'io* 
fluenza  lanio  più  funesta,  quanto  l'Irlanda  vi  concorre  eoo  la  sua  fona 
pertvirbalrice.  [Mpo  aver  caccialo  da' suoi  alloggiamenti  il  Governo  Sa* 
lisliury.  doveva  il  sisuor  Ijladstone  supeniri!  un  grave  intoppo  puia- 
loenlare,  e  questo  egli  tentò  di  fare  mediante  un  audace  Icntalivo  ili 


COSTEMPORAffEA. 

idere  il  man  gordìann.  Hmh  ih' egli  nrinunziasse  siccoDie  base  delle 
eoe  operazioni  la  coucesstoiie  all'  Irlanda  dtrll'  Home  Hute^  [jeixliti  ijuesia 
ma  couversìone  assicurasse  al  Miiiiiitero,  cbe  da  lui  prendeva  il  nome, 
l'adesione  del  sigiwr  Parnell  e  de'^iioi  segnaci:  ma  la  nolìzia  venne^  da 
UQ  aliro  canto,  a  cadére  a  guisa  di  bomba  framezzo  ai  paitigiani  del 
priiDo  Mìoìsiro  si  dentro  come  fuori  del  Galiinetio.  Voci  di  disaccordo 
DOfi  tardarono  a  sorgere;  e  allorché  dopo  lunghe  dcliherarionl.  die  misero 
dura  prova  la  pazienza  e  fedelià  delle  lìle  ministeriali,  vennero  llnal- 
meoic  specificate  le  proposte  del  signor  Gladsionc,  sì  fece  subilo  manifesta 
ropiwsìziiine  contro  di  essa.  Olire  a  liOnl  fiarlingion,  a  Ijori!  Derby,  a 
Sìr  H.  lames,  al  duca  di  ArgjII  e  ad  altri,  the  fin  da  principio  o  erano 
ì  eselusi  dal  Ministero,  o  ne  erano  usciti  spontaneamente,  anche  i 
signori  Ghamberlaiu,  Trovelyane  alcuui  altri  di  minor  conto  rinunciarono 

tioro  ufUcio  e  si  ritrassero  dal  (ìaliineiio.  Il  signor  lìlad.ston<'  riempi 
I  meglio  ì  vuoti  cagionati  nelle  sue  Ale,  e  finalmente  la  sera  del  dì 
iprile  si  Tece  ad  esporre  i  sai>i  disegni  per  la  cessazione  de'gvat,  che 
'ri  Inngn  lem(H)  afnigifono  l'imjjero  perdalo  e  fatto  deirirlaoda.  E' 
Seva  essere  stato  uno  spettacolo  commovente  assai  per  coloro,  che  crao 
presentì,  il  vedere  una  Camera  popolai  issi  ma,  e  un  uomo  col  carico  di 
70  anni  sulle  spalle  levarsi  a  parlare,  non  solo  ai  legislatori  adunali  in- 
naiui  a  luì,  ma  all'Impero  e  al  mondo  tinto  quanto.  Per  la  durata  di 
Ire  ore  e  mezzo  seppe  l' eloquente  vegliardo  icocre.  per  dir  così,  stretta 
ÌD  pugno  l'attenzione  della  Camera  con  una  potenza  e  un'armonia  di 
parole  corrispondente  al  vigore  de' suoi  sforzi;  dopo  di  che,  prese  a  svol- 
gere il  suo  gran  disegno  dinanzi  a  coloro,  cui  correva  il  dovere  solenne 
di  decidere  sul  merito  di  esso  e  sulla  sua  attitudine  a  rimediare  al  gran 
male,  per  la  cui  riparazione  era  stato  clalwraio.  l^cco  pertanto  gli  artìmli 
principali  de)  hiil:  ì"  Hcmoiione  dal  Parlamento  britannico  di  tutti  ì 
Pari  e  Imputati  rappresentanti  l'Irlanda;  "i"  Creazione  {>er  l'Irlanda  dì 
un  l'arlamenio  siatulariti  da  constare  di  due  «Ordini»;  il  primo  di 
75  membri  eletti  a  vita  In  Irlanda  a  titolo  di  una  rendita  non  inferiore 
■He  300  lire  sterline  all'anno,  con  la  facoltà  ai  Fari  preseuti  dì  sedere  fra 
i  nuovi  vita  naturai  durante  ;  il  secondu  composto  dei  prescfitì  1(13  membri 
per  l'Irlanda,  da  rimuoversi  da  Wesiminstor,  «di  altri  101  ehgìbili  dai 
borghi,  dalle  contee  e  dalle  università  irlandesi;  3"  Concessione  al  Par- 
laniento  irlandese  di  una  certa  facoltà  dì  tassazione,  con  che  però  i  dazii 
ilogaoali  e  di  consumo  debbano  esser  riscossi  dal  tesoro  imperiale  per 
TADlo  dell'  Irlanda  ;  4"  Obbligo  alla  polizia  dì  prestar  servìzio  alle  stesse 
coodizioni  e  con  la  stessa  aiaorità  di  adesso,  organizzala  però  sul  sisioma 
Dglese,  cosicché  la  sua  spesa  possa  dalle  lire  sterline  l,(HXl,l^)IJ  ridursi 
ille  600,0(*(),  e  il  governo  irlandese  venga  guarentito  contro  ogni  ecce- 
leiMta  che  superi  le  lire  sterline  l,OlII,0(Hl;  5°  Soggezione  assoluta  de- 
j^r impiegati  civili  al  sindacato  del  Parlamento  e  (Toverno  irlandese,  con 
'aenlià  agrìmpiegati  presenti  di  chiedere  la  pensione  dì  ritiro;  6"  Divieto 

Strie  Xni,  ed-  li.  fat>y.  StU  4^  \t  ghigna  18tì5 


at  Purli]iitt!ti(o  irlandesf!  di  arcurtlare  dolazinni  a  veruna  conresMooe'] 
giosji.  Ter  ullhiio  il  .sigitor  (ìlad^tùue  loccó  le  oalerì»  di  Ctaaoia^  t 
cbe,  se  il  nuovo  Uovei-no  irlandese  aveva  da  ìncomiociare  eoo  un 
si  dovesse  ricorrere  o  alle  annue  lire  sterliue '20,0U0  dell' avanzo 
sìasiico,  n  &ivvtìro  at  tesoro  imperiale. 

L*inte^e^Rameulo  eccitato  io  occasiocie  cosi  solenne  può  misurare  ikV 
Paasietà  del  pul'l'lico  a  trovare  accesso  nella  Camera.  I  300  memUii 
que^a  fecero  a  nzra  per  assicurarvi  un  posio  afeli  amici  loro,  ciaqv 
de' «inali  ottennero  di  collocarsi  nella  galleria  del  i're&idente,  a  sesfi» 
in  quella  dei  forestieri,  l'er   comodo  dei  membri  stessi,  la  Camera  ti 
aperta  prima  delle  (ì  di  manina  ;  e  alcuni  di  loro  fecero  colazione  nd^ 
l'inieruo  di  essa  afTiue  di  procacciarsi  posto  per  una  discussinne,  chei 
ebbe  principio  Hno  alle  5  di  sera. 

"i.  U  MI  atcrario,  die  serve  di  eompleraenio  a  quello  del  Parlar 
statttlario>  fu  dal  signor  Gladsione  presejitalo  alla  l'amerà  nella  sera 
segiicnlo.  'JUBstn  bill  è,  per  sua  natura,  tale  da  non  dover  passare 
raiamente  dalln  legge  sul  Governo  irlandese;  esso  è  un  complementi 
legge  stessa^  e  le  due  leggi  dehbono,  per  consegueuza,  aver  elTetlo 
medesimo  giorno.  Nel  presenlani  questo  secondo  provvedimenlo, 
il  signor  Gtadsione  le  raj^ioni,  per  cui  non  conveniva  lasciare  al  quq 
Parlamento  irlandese  lo  siahilinienio  del  sistema  agrario.  La 
di  tali  ra^oni  era  la  lunga  esasperazione  prodotta  dalle  relaziooi 
floqu)  in  Irlanda  fra  il  proprietario  e  l'afliliuario;  esaaperaziooe  nsull 
dalla  valutazione  della  renditi  al  di  là  dei  giusti  contini;  dalla  ìucouauI 
stravaganza  dei  propheiarìi;  dalla  dura  indiirerenEa  loro  per  il  tietK.< 
degli  affittuari!,  e  soprattutto  dalla  melodica  aii-sen/a  dei  proprieUrii  ; 
di  modo  tale  cbe  .sarelilin  .stalo  atto  di  iH-nevnlenza  male  intesa,  peri 
dire  di  colpevole  debolezza,  lo  imporre  alla  legislatura  irlandese,  in 
primordiì  slessi  del  suo  esercizio,  ìì  grave  carico  di  occuparsi  della  qi 
stione  agraria. 

Se.  non  che,  avrehtte  taluno  p'ìtuto  domandare:  Perchft  mai  deve; 
dossarsi  alta  Gran  Uretlagna  la  soluzione  di  sì  arduo  problema?  Li 
sposta  a  silfalta  doinauda  sì  fu  cbe  j)er  la  (jran  brettagna  era  «  un 
di  polilica  e  d' onore  >  il  tor  di  meuK>  la  dolorusa  diUìcolU,  die  è  l'orì^ 
di  lutti  i  guai,  onde  soffre  l'Irlanda.  <^oi  non  possiamo  —  disM 
signor  (jladsione  —  chiamarci  alTauo  immuni  da  responsabilità.  Il  UX 
dei  proprietarii  irlandesi  è  in  gran  parte  fatto  no-stro.  Noi  siamo  jMrl 
eijtes  criminis;  noi,  cbe,  col  potere  nelle  mani,  stemmo  a  guardare;  ! 
cbe  non  solo  stemmo  a  guardare,  ma  incoraggiammo  e  sostooemnuL* 
In  appoggio  a  questa  coosideranoue,  il  .signor  tìtadslonc»  mentre  resili 
geva  la  sua  censura  a  pochi  iiroprietarii  irlandesi  dell'oggi,  citava  al( 
passi  dell'opera  del  «gnor  Kroude  i^uir  Irlanda,  a  mnsirare  il  mal 
turato  contegno  tenuto  dai  proprietarii  verso  gli  airuluari  in  pai 
sarelilie,  invero,  potuto  obtiiellare,  non  e.<^sere  sperabile  cbe  ringhili 
e  la  Scozia  fossero  coniente  di  esporr  a  rischi  pecuniarii  in  una  face 


COLTRI!  POR  A  !te  A 


755 


,«,  alla  fio  dei  comi,  rts}iu,inlnv.i  esclu^v^imeQie  l'Irlanda:  ma  quella 
tiiezioue  venne  agevolmente  dal  signor  Gladslone  confutala  con  asserire 
oessiin  rìschio  rea!''  e.MsLeva  nell'operazione  da  lui  raccomandala 
'accellanooe  delta  Cnmera. 

Beco  perianto  un  breve  «imio  delle  prop-rale  gladsloniane.  Sarà  ofTerla 
li  proprirtarin  Vopshne  per  la  venrliia  del  suo  terreno.  Se  il  proprietario 
dispasio  a  vendere,  la  faciyjida  vien  pn^a  noUe  mani  di  una  persona 
fjwrazione  da  diiamarsi  «  auioriiii  di  .Sialo  »,  ti  designarsi  rial  l'ar- 
di Dublino;  la  quale  autorità  dovrik  essere  t' intermediaria  fra 
Veadiiore  e  l'icquireote,  dopo  che  I»  Commissione  avrà  deciso  che  il 
.90  pu6  esser  comprato.  Il  prezzo  da  sborsarsi  è  calcolato  sirll' am- 
ntare  della  rendila  nella  al  novemlire  1HH5,  deirazinn  falla  delle  somme 
itituile  da  lasse  e  sjH-se  lettali,  da  debiti  inesìuibìli  e  da  mala  ammt- 
Bbirazioue.  I  j  rendita  lorda  dovrik  essere  la  rendila  t^iudiciarta,  se  rendita 
iciaria  esista;  in  caso  diverso,  verrà  lissata   dal  tribunale  agrario, 
viene  poscia  ■«  l' autorità  di  Slato  >,  e  sborsa  al  proprietario  il  prcKO 
uisio'in  venli  annate  di  rendila  nella  —le  quali,  mentre  possono 
id€rsi  lino  a  venlidue,  possono  però  dal  tribunale  agrario  essere,  in 
casi,  mantenme  in  qnesii  misura,  e  in  altri  casi  scemate  —  pren- 
do «  r  amorilà  di  Stato  •  sopra  di  sé  le  Annue  gravezze,  e  romimiandn 
pagarle  a  redimendole,  secondrtchè  le  sembri  piii  acconcio.  L'afTilitiario 
ira  diventa  sul  momento  proprietario  mediarne  il  pasainento,  per  la 
U  di  quaranianove  anni,  di  un  canone  del  4  per  cento  sulla  rendita 
orda,  mentre  la  differeni'a  fra  queiH"  ultima  e  la  rendiut  netta,  sulla  ipiale 
è  calcolato  il  rimhnrso  all'In^bilterra,  viene  incassala  dall' «autorità  di 
ilatn,  >  a  lienefìirio  dell'  Irlanda;  ditTerenzji  ammoittante  all'e^^rcgin  somma 
dì  àura  'i(H\(KXi  lire  sterline  all'nnno.  l_los),  .spirati  die  siano  ì  quaran- 
tanove  anni,  l'occupante  flivenier.'i  liljero  proprietario;  ma  quanto  a  pro- 
irie*ario  effetiivo,  tale  dev'essere  immedialamenie.   Per  sopperire  alla 
Kpesa   di   (wsi  fatte  opera/ioni,  il  tesoro  imperiale  dovrà  procurarsi  la 
somma  di  lire  siyrhn*;  riO/HIO.dlK),  ociorrenie  all'acquisto  dei  possessi  in 
conformità  della  legge;  al  rimliorso  della  qual  somma,  non  che  al  pa- 
gamento degl'interessi  durante  il  processo  di  rimborso,  snrA  provveduto 
ipa  le  operazioni  accennate  di  sopra,  e,  in  caso  di  detìcieni^a,  quesia 
ri  a  carico  dei  proventi  irlandesi. 

3.  Tali  sono,  considi-rale  sotto  un  aspetto  generale,  le  proposte  ori- 
larie  del  signor  l'iladstone.  L'elTfito  di  queste  proposte  sul  parlilo 
irisieriale  è  stato,  almeno  in  quanio  concerne  i  liberali,  quello  di  un 
venie  de' più  energici.  I,a  falanije  miuisieriale  lia  toccato  una  tre- 
ida  sconfina.  I  cnnst;rvntori  lt;iri  preso  l' espediente  di  una  generalo 
ione  a  tutia  le  proposte  di  simil  genere,  pronti  a  tornare  di  bel 
lìfevo  al  sistema  di  eoerci/ione.  se  questo  sia  reputalo  necessario;  e  LaDlo 
I>ird  IlarUniiioii.  ipianto  t  rapi  delle  grandi  famiglie  tchujf,  han  deler- 
ininaio  di  procedere  d'accordo  coi  cooservaiori  nelle  trattative  della  que* 
«ione  irlandese.  E  neppure  i  radicali,  cbe  seggono  nel  ministero,  sona 


Tifi  CRONACA 

fra  loro  concordi  por  rispello  ai  bf/Zì^  irL-tnOesi.  I  sìgiKirl  Cliamherlun  i 
TrevBlyao,  insieme  curi  un  gran  ounKiro  dì  aderenli,  souo  avversi  ill'i 
ed  all' nitro  bill.  In  ciò  cIih  coucernu  il  btil  deWIIume  Buie,  11  sig.  Cba 
berlaìn  obliieila  jjrìucipatimnle  sulla  sua  rorma;  su  questa  fiiii  ctie  mI 
provvediiuenio  iti  m.-iuima;  vivissima  memo,  poi,  su  certe  sue  particoli- 
rilil.  II  sigoor  ChauiijRflain  sembra  risguardare  il  bill  come  uà  proi 
(llroeuto  disinietiraiiie,  come  un  provvedimeli  lo  avente,  per  In  nieno.  ai 
Sfili  tendenza  a  una  separazione  deliniiiva;  e,  appoggiandosi  a  que 
«onsiderazione,  combatte  con  tutte  le  sue  fonte  1* esclusione  del  cooiii 
gente  irlandese  dal  Parlamenio  imperiale.  Ni  le  ragioni  di  fiiiwta  ««^ 
obbiezione  sono  mancami  di  fondamento,  conciossiacln''  ripo-'^ion  sul  m 
assioma  cosiitu /.innate  che  nessuno  può  esser  lassalo  senza   il  |iro| 
consenso.  Ma,  stando  al  disixtsitA  del  bili,  il  Parlamenio  imfierìale  A 
vrebbe  essere  quindi  innanzi  il  siilo  t^iidice  ed  arbitro  in  materia  dì 
tassazione  concernerle  dazlì  di  coiisumo  e  dormali.  Si  avreblie  a  fiiabtlii 
la  tiatura  e  la  <iuaniii.-ì  di  quesin  tassazione,  si  dovrebbe  procedere 
lassazioue  di  tre  ifuarLi  della  ri^ndila  d'Irlanda,  e  il  popola  irlandetf  i 
dovrebbe  in  lutto  ciò  metter  bocca,  non  dovrebbe  avere  alcuna  rajipi 
lanza  nel  Parlamento,  elio  imponesse  queltt^lasse.  Inoltre,  l'oggetto  di 
provvedionenio  concernente  la  dillicolià  irlandese  dovrebb' essere  noa 
di  scemare  simile  diOicoItà,  ma  ancbe  di  adoperare  tutu  i  mc7;£i  ìmmsi;» 
bill  onde  ri^ndcre,  quanto  fosse  possibili^,  piena  l'unione  fra  i  due  paesi,! 
coose^ueule mente  di  favorire  re>)steQza  di  ogm  legame  inteso  a  coogm 
gerii  in  una  comune  amjclievolo  azione  e  nella  sollecitudine  a  promuove 
i  comuni  inieressi.  L'esclusione,  com"Ì>  chiaro,  dei  iDcmbri  irlandesi 
Parlamento  imperlale  sia  direliamcnio  in  opposizione  con  tutto  ciò,  e  i 
si  prevede  dover  condurre  piiiiiosio  alla  separazione  che  all'unione. 

Un'altra  dilTicolià,  cbe  s'incontra  dal  siKuor  Cbamberlain  nel  dis 
gladslouiann  del  (ìoverno  irlandese,  a'ò  la  condizione,  io  che  rimarrei 
quella,  die  parsdos&alnienle  si  appella  SA7toH£/ea/f^.  Si  obbietta,  infotl 
cbe,  essendo  qu&sta  sezione  princtpal mente  costituita  da  una  minoranza  i 
protestanti  di  Scozia  e  dell'Ulster,  varrebbe  la  minoranza  stessa  abbani! 
naia  alla  mercè  del  trionfinle  partilo  catlolicu  e  nauonalisla.  Per  uvviarei 
questo  temuto  ^laio  di  cose,  proporrebbe  il  signor  Cbamt«rlain  che.  ove  ali 
vera  e  propria  popolazione  irlandese  fosse  concesso  l' Hoaìe  little,  una  &i[ 
concessione  venisse  falla  anche  all'UIsier  in  forma  d'assemblea  separai 

Per  ultimo,  il  signor  Chambcrlain  si  oppone  in  lutto  e  per  tmw 
hHl  agrario;  e  la  natura  e  le  ragioni  della  sua  opposizione  egli  ra| 
senta  come  materia  di  principio,  valendosi  delle  seguenti  parole,  che 
gono,  probabilmente,  una  chiara  ide»  del  lavorìo  della  sua  mente  su  tal 
proposito.  <  Il  bill,  per  me,  è  caitivo.  In  preferirei  astenermi  affatto  dil| 
pfiliiica  ^inzìcliè  dare  il  mio  volo  per  impegnare  il  capitale  (lc!l 
—  dirò  di  pili,  jicr  impegnare  ì  futuri  guadagni  dì  ogni  creatura  d*i 
i  sessi  del  Hegno  Uuilo  —  al  solo  iiaa  di  modilìcare  le  condiiion) 
un'esigua  classe  di  proprietarii  irlandesi  e  favorire  un  disegno,  che, 


C0NrKMi^nA.KeA  757 

nella  presente  su»  rorma,  condurrà  ìnfallibìlmenic,  n  mio  avviso,  alla 
done  dell'Irlanda  dall' Inghilierra.  Io,  in  quelito  caso,  mi  oppongo 
cui  si  vorrelibe  esporci;  ini  oppongo  aliresi  all'oj^geUo,  pel 
ile  si  vorrebbe  che  ci  esponessimo  a  tal  rischio.  »  In  queste  ultime  pa- 
si  racchiude,  probahilmente,  tulio  l'amaro  dell'obbiezione  del  si- 
(^hambcrlain.  Ki  non  ;yi  vedtvre  il  [wrchft  dovrehlM3  sborsarsi  danaro 
coloro,  che  hanno  st  lungamente  guduio  di  ciò,  che  egli  chiama  il 
Ilio  non  guadagitaio  »,  a  l>ei]efl/.Ìo  proprio  e  di  altri;  e  sborsarsi  poi 
quello,  che  loro  rimane  neite  mani.  Facciano  essi  il  me^flro  chfi  pos- 
per  s^  stessi;  se  nulla  oitener  possono  pe'lom  terreni  con  gli  or- 
procedimenli  uiercalorii.  li  cedano  a  chi  sappia  da  quei  terreni 
tvare  ma^j^nor  profitto  che  non  abbian  Tatto  gli  antichi  proprieiarii. 
CoQluttociò  la  nuova  democrazia  si  maotiene,  per  la  massima  parte, 
al  signor  Oladsiooe,  e  pronta  ad  assentire  alle  proposte  di  lui;  e 
[tignor  Chamberlam  si  è  dovuto  accorgere  che  la  stia  ribellione  contro 
liicO  suo  cajK)  nnn  ha  incontralo  nj-  la  .simpatia  né  il  s4sie^no  delle 
is^,  sulle  quali  egli  avea  fatto  asse>,'na mento,  e  che  con  tanti  e  sì  po- 
si srnr/i  erasi  ingegnalo  di  trarre  dell»  sua.  1  più  dei  componrnli  il 
(ito  irlandese  si  ronti^ntano  di  nna  sorta  dì  generale  e  tacilo  iisstuiso 
disegno  gl3dsi/>niann,  ma  lengnnsi,  senza  dubbio,  in  riserbo  per  futuri 
liti  intorno  a  materie  speciali.  Sola  loro  [rolitìca  si  è  di  conseguire 
che  possono,  e  di  questo  tenersi,  per  ora,  conienti. 

4.  XJuranli  le  ferie  pasquali,  noiossi  una  grande  allibita  e  una  gran 
pia  di  discorsi,  avendo  la  maggior  parte  dei  capi  delle  dilTerenit  se- 
li  lascialo  libero  il  corso  a'Iorn  pensieri  e  sontimonii  intorno  all'ar- 

quostione  del  momento.  Il  .signor  (.ìlad.slone  non  parl6,  ma  die  fuori 
manifesto  a' suoi  elettori  dì  Miti  I,olhÌan,  manifesto  alìlmenle  conce- 
e  informalo  da  Una  stratei^ia  parlamentare.  Il  signor  Gladsione  si 
irìnge  a  un  esame  generale  delle  condizioni  esistenti,  e  lasciando  cosk 
ivedere  la  pa!»lbilJtii  di  concessioni  agli  oppositori  si  dell'una  come 
lell'altra  parte;  ma  in  questa  materia  tutti  veggono  con  timore  un  pros- 
simo e  grave  pericolo,  e  questo  consiste  nell'essere  il  signor  Irladsione 
disposLissìmo  a  rìeoiTerc  a  una  guerra  di  classi,  se  Cìh  egli  reputi  neces- 
sario a  manlenere  il  proprio  ascendente  e  venire  a  capo  do'proprii  [Jìscgni. 
Non  v'tia  bisogno  di  dire  <]ii.ile  e  quanta  e.sieitsinne  sarebbr,  [m  prt^iidere 
una  simiiR  guerra,  e  con  qual  furia  verrebbe  la  ivmfiesta  a  imperversare 
intortio  ai  vecchi  conllni  del  paese  e  alle  venerabili  tradizioni  e  islituiioni 
della  vecchia  società  britannica. 

Una  ooncess.ioDe  è  stala  già  fatta  nel  senso  del  signor  Chamberlain. 
È  voce  che  il  ministero  sia  venuto  nella  determinazione  di  la-sciare,  per 
ora,  sospesa  la  questione  di  escludere  i  membri  irlandei^i  dal  Parlamento 
imiN^mle;  quutiiunque,  però,  sì  aggiunga  che  tre  memlirl  almeno  del 
miuislero  sono  .issobiia mente  cooirani  a  simile  cona'ssione, 

5.  Dal  linqul  detin  apparisce  abbastanza  chiaro  che  la  piliiica  bri- 
tannica trovasi  al  presente  in  uno  stalo  di  gran  confusione,  e  circolano 


CROSACA 

(igni  sorta  di  voci  pnr  rìspelto  alle  futuiv.  po&sihlli  comingenE^ .  Riii<;dri 
egli  il  siznor  GiadRlone  a  far  pusKare  in  seeoorta  lelitira  i  suf>i  billsJf 
Se  si,  ollfirrA  egli  una  maggioranza  stUTicienle  per  farli  passarti  anche  al 
Coniìlato,  e  in  ultimo  inviarli  alla  Camt^ra  dei  I^rdì?  Supporto  eh' ti 
riesca  in  l»Ii>  inienlo,  nessun  dutiliio  pu^i  cadere  suH' accoglienza,  eia 
inennlrcranno  pr&sso  queir auiriisia  assemblea:  saranno  ìmnianofllitlmeDl^ 
resfiiuli.  lo  riueslo  csvso  gli  è  cerio,  certissimo  che  il  signor  Gladsinn*  m 
rivolgerà  al  pa«se:  e  allora,  vorrA  S.  M.  la  Regina  aderire  alla  dissimo- 
zioue  del  t'arlamento  ì  E  se  si,  quali  rii^ulianit'nii  darik  una  nuova  elflsooe! 

Ammesso,  poi.  ctie  il  sij^nor  Gladsione  rimaitesse  sontiiio  a  propo- 
nilo della  seconda  lettura,  due  vìe  rimarrebt)ero  a  luì  aperte:  o  rinuniiara 
airuiririo,o  sciogliere  il  Parlamento.  Io  quest'ultima  ipotesi,  ricormehhe 
la  sta*»»  difficoltà  poc'anzi  accennala;  nell'ipotesi  della  rìnunria,  chi  |U 
snicccderehbe?  I  conservaiori  non  sono  foni  abbastanita  per  formare  an 
Governo;  uè  di  loro  più  forti  sono  i  liberati  moderati,  la  coalizione  coi 
quali  'la  parte  de'membri  irlandesi  ^.  nelle  proHcoti  condinoni,  impon- 
bile.  Parimetiie  imjiossiliile  sarebbe  la  loro  cùali/,ioni^  col  sig.  Cbaintierlaitt 
e  la  sua  sezione  di  radicali,  qualora  egli  persistesse  nella  sua  preMeJite  allt- 
tudìne:  come,  impossibile  sarebbe  altresì  l'iilleiinza  de' primi  col  sig.  Glai^ 
sione,  e  i  ■'^uoi  seguaci,  'l'ulto  consideralo,  adunque,  le  cose  sembrerebbem 
avviarsi  verso  il  puoto  preveduto  dal  duca  di  Wellington  a  lempo  delt'ag>' 
Lazione  pel  bill  della  prima  Riforma,  allorquando  ei  fece  quella  opporluia 
domanda:  «  Cnmn  mai  dev'esser  condotto  il  Governo  del  Re?  » 

l^a  fase,  forse,  piii  triste  di  tutto  l' insieme,  è  il  fallo  dell'essere  '■ 
troppi  casi  i  più  preziosi  interessi  subordinali  all'esigenze  di  una  clasiie, 
0  di  un  parlilo  politico,  o  magari  di  una  framne  di  partito.  Lord  UaK 
tingion  si  atteggia  a  difensore  degl'interessi  della  classe  de' propnciarii 
in  Irlanda;  ìnierossi,  che  tanto  gli  stanno  a  cuore  siccome  ad  erede  d«l 
possessi  Ilevonsbìrt;;  e  pur  di  mantenere  quella  ctasw  uelle  sue  [iresenll 
condizioni,  ei  non  rifugge  dall' invocare  l'aiuto  della  classe  orangtsta  d'tr^ 
landa,  e  per  tal  modo  attizzare  sempre  più  il  fuoco  dell'odio  religinso, 
che  nei  [ietti  di  quella  cricca  arde  cosi  ferocemente  contro  i  caitniid. 
Pur  lui,  Ijird  Hartingion.  res!wtr.sj  abbassato  Uno  al  livello  di  I»rd  Hao- 
doLpb  Churchill,  il  quale  |)er  semplici  (ini  partigiani  eblie  ricorso  alU 
slessa  sciagurata  politica,  costituisce  nieoie  meno  che  un  delitta  fi  oep* 
pure  il  signor  C'hamberlain  può  dirsi  immune  da  si  grave  imputazione; 
egli,  che,  corifeo  del  partilo  radicale,  il  liberale  fra  i  liberali,  noo  dubit* 
di  eccitare  il  fanatismo  protestante  di  Galles  contro  ogni  conce.<»inn<  al 
poiwlo  caitolico  d' Irlanda,  e  die  con  tal  fatto  a  divedere,  non  ess*>r  egli 
tal  uomo  da  ispirare  lìducia  che  saprebbe,  all'occorrenra,  provvedere  al 
naturali  interessi  dell'Impero  con  lar^ezza  dì  vedute,  e  con  spirito  traih 
qoillo  e  generow),  qual  si  cwivìene  ad  un  vero  slatìsla. 

l-'r»  le  cim  hi  nazioni  possibili,  quell»,  ctiR  più,  forse,  si  accosta  alla 
probabilità,  si  è  l'unione  dì  Lord  Uartiogton  e  de' .suoi  toAù;*  can  ly>rd  Si- 
Jfsbury  e  i  suoi  tories.  SilTatta  coalizione  formerebbe,  al  cario,  un  pat^ 


j^ 


.^-u 


CONTE» POR ANEA 


759 


filo  forte,  ma  non  riuscireijhe,  a  lunpo  andare,  a  leoer  fermo  contro  la 
nptUa  (lumina  Jctla  incalzante  democrazia. 

liC  cose,  fraiianio,  non  lasciano  da  un  «liro  lato  dì  pre^niare  un 
ax|tiiito  ed  una  forma  aliliastanza  comica.  Non  si  pu^  quasi  fare  a  meno 
di  ritlpre  nel  vedere  comò  il  sifjnop  (.ìiadstone,  l' autore  di  quella  strana 
rapsodia  che  ha  per  titolo  /  Tkcrùti  vaticani,  stia  di  presente  arrahallan- 
dosi  a  prò  della  popoiazitJfiH  cattnlica  d'|rlan{ln  per  ripararae  i  torti  e  le 
Bis«rie  otto  volle  secolari  ;  iippure  tale  è  lo  sjiellacolrt,  cui  ora  ci  tocca 
ad  assistere.  Si  ia,  inoltre,  un  gran  discorrere  del  mantenimento  ilell'unione 
fra  riagliilterra  e  l'IrlariJ,!,  siccome  di  condizione,  da  cuidifiende  l'intfr- 
gritA  deiriniperu  ;  e  la  conservazione  di  questa  integriti  è  il  grido  di  guerra 
degli  odierni  oppositori  del  signor  Gtadstooe.  L'uuione  fra' due  paesi,  essi 
dicooo,  dev'esser  mantenuta  intatta  a  qualunque  costo,  anche  a  quello 
della  guerra  civile.  Ma  clie  è  mai  la  supposizione,  emj  cui  questo  grido 
si  appogi^ia?  Dov'è  l'unione,  che  si  tratta  di  mantenere?  Esìste  essa  rea)- 
ncoie?  Chi  può  dire  che  al  presente  vi  sia  tra' due  paesi  una  reale  unione 
organica  T  Vi  sarà,  sì,  unione  meccanica,  fondata  sulle  leggi  statutarie  e 
la  forza  Tisica;  ma  quanto  a  tinìnne  morale,  ve  n'è  poca  davvero. 

iÌL  va,  inoltre,  proclamando  ai  quattro  venti  che  la  minoranza  leale 
ha  da  esser  protetl.i  contro  i  possibili  eccessi  del  trionfanto  partito  na- 
Eiouale,  qualora  venga  concesso  VHome  Hule.  Ma  questa  stessa  mino- 
raOdta  leale  ha,  in  certa  misura  e  in  varie  guise,  calpestata  per  Io  spazio 
di  tre  stìcotj  la  gemente  maggioranza  AA  paese,  stanza  punto  curarsi  del- 
l'ingiuria,  che  con  ciò  si  arrecava  a' più  ovviì  diritti  naturati,  che  que- 
st'ultima Ila  comuni  co'suoi  oppressori;  e  fi  timore  di  rapprejaglie  per 
itaa  si  lunga  serie  d' ingiustizie  e  di  crudeltà  è,  molto  probabilmente,  la 
sola  causa  occasionate  della  lealtà,  di  cui  la  minoran/a  stessa  mena  cos) 
gran  vanto.  Non  sarebl>e,  dunque,  per  tei  miglior  partito,  e,  per  ogni  ri- 
spetto, più  dicevole  e  più  appropriato,  il  riconoscere  francamente  le  pro- 
prie colpe.,  e,  dopo  tal  confessione,  rimenersì  nella  generosità  de' suoi 
cnmputrioiti  —  gcnerosilù,  che  non  mancherebbe  giammai,  se  invocata 
con  sincerila  —  per  ottenerne  indulgenza  quanto  al  pa.<isatn,  stringendo  poi 
con  Inro  una  schietta  e  cordiale  alleanza  per  cfHii)erarc  al  benessere,  alla 
proprietà,  e  alla  pace  delln  patria  comune,  die  dovrebb' essere,  ed  è  senza 
dubbio,  cara  ad  ambe  le  parti?  Sarebbe  questo  il  vero  mezzo  onde  mao- 
lenere  l' onore,  conservare  l' inicgrità  e  accrescere  la  forza  del  grande  im- 
pero britannico;  mezzo  di  gran  lunga  più  acconcio,  che  non  il  ricorso  a 
una  pressione  esterna  che  riesce  sempre  grave  e  cocente. 

6.  Dopoché  erano  state  messe  in  iscritto  le  sovraesposle  considera- 
zioni, il  signor  (jladstone  si  fece  a  proporre  in  un  discorso  di  due  ore 
intere  la  seconda  lettura  del  bUl  deir.^o/n«  lidie.  \j&  prima  parte  della 
sua  arringa  viene  qualificata  un  ammasso  di  sentenze  epigrammatiche, 
buttale  giù  l'una  dopo  l'altra  a  semplice  sfoggio  mielletiuale  —  delini- 
noni,  aforismi,  citazioni,  una  moltitudine,  infine,  dì  fi^re  rettoriche;  per 
esempio:  la  delìnizionc  dell'esperimento  in  politica,  «  proponente  gravi 


760 


CRO^CAC* 


cambiamomi  wnitt  firavi  cause»;  (iennirione,  che  —  per  paremwi  — 
Lord  Uariin^ton,  nel  suo  discoreo  per  la  reie/hoe  de!  biU,  illustrò  col 
so&liluirvi  uoa  defìni/ione  del  pruprìo,  cioè:  «  traiiaote  gnvì  qiieoiou 
saiza  grave  considera zione  *  ;  un  paase  destiiuio  d'ordine  socialr,  *  dove 
il  senlimento  radicale  itnl  popolo  non  ha  «simpatia  eoa  la  legge»;  ia 
citazione  che  il  Canada  nftn  oilenne  VHorne  Ruìe  per  essere  stato  leale, 
ma  fu  leale  e  lienevol»  per  aver  otleouU)  YHome  Rute»;  l'abtfflgho  fatale 
di  «  applicare  il  grido  di  uniià  lieW Impero  al  rimedio,  quaodo  it  do- 
vreste applicare  alla  malattia.  »  Ad  onta,  però^  di  si  spleudido  discora, 
non  sembra  che  il  signor  Gladsione  accrescesse  con  la  sua  copiosa  do- 
quenu  le  probabilità  di  una  secoiwla  lettura,  imperocché  egli  onn  riosd 
a  soddisfare  né  il  signor  Chamberlain,  nò  i  seguaci  di  Ini,  circa  alla 
questione,  che  ora  maggiormenle  li  tiene  inquieti;  queir aniroln,  cto^, 
del  bili,  che  esclude  i  memSri  irlandesi  del  Parlamelo  imperiale.  Il  a* 
gnrtr  tìladsione  propose  certi  espedieoii  per  modiilenre  la  diiììcoltà, 
si  guardò  bene  da  lasciare  travedere  la  possibilità  di  Itr  coacessiooi 
signor  Chamt>Prlain.  Frallanto,  la  tattica  del  signor  liladsloae  eood 
nel  procrastinare  la  discussione  del  biU,  e  così  dilTerire  il  più  possibile 
la  votazioiit!  ;  ed  è  interesse  di  lui  il  far  ciò  in  più  maniere.  Sari  datoti 
tempo  occorrente  per  riparare,  ove  sìa  possibile,  le  brecce  del  partito  libe- 
rale, soprattutto  per  pi-eudere  ia  più  matura  considerazione  le  disposicoM 
del  hUi,  e  in  sostanza  tinto  il  complesso.  Una  cosa  va  facendosi  o^ 
giorno  più  maiiifesu,  ed  è  l'estensione  degli  avvenimenti,  cui  può  dar  luogo 
il  movimento  iniziato  dal  signor  Gladslooe.  A  o^i  pa:^Ki  della  discussioM 
vengon  fuori  questioni,  che  scuotono  dai  fondamenti  rediTizio  cosutuzU' 
nate  dell'Impero  britannico;  imperocché  il  movimento,  che  dapprima  sem- 
brava avere  per  obhietto  la  sola  Irlanda,  minaccia  ora  di  comunicarsi 
a  ogni  parte  dell'Impero,  e  dare  impulso  al  grande  argouieoio  della  coolb- 
derazione^  che  rapidamente  si  avanza.  Ansiosissima,  frattanto,  è  la  pubblici 
espettazione  rirca  al  primo  passo  nell'  imminente  dramma. 

Dopo  il  signor  Gladslone  levossi  a  parlare  Lord  Hartington,  e 
che  «  desse  del  bill  lettura  da  qui  a  sei  mesi.  I^  discussione  sarft  ri 
presa  il  Kt  di  maggio,  e  probabilmente  spìnta  molto  innanzi  Rella  seUi< 
mina  susseguente,  se  pure  aoclie  in  questo  spaglio  di  tempo  riesca  coodurla 
a  termine.  Per  la  sera  del  I'2  è  inlimalo  in  Devonshire  llouse  un  mettine 
dei  seguaci  di  I.*rd  llartingion,  e  uno  pirimenle  rti  quelli  del  signor  Cham 
berlaiu;c  si  aspetta  con  grande  ansietà  di  conoscere  il  ri^uliamento 
tali  meetinga,  siccome  quello  che  non  mancherà  di  avere  una  grand 
influenza  sulla  sorte  defmitiva  del  hiU. 

7.  La  Regina  (^  stala  Inlia  al  suo  ritiro,  e  (alla  venire  la  notte  d< 
10  maggio  a  Liverpool  per  aprirvi  nel  gtoroo  susseguente  una  maslr 
(Juesl' apertura  avvenne  con  gran  cerimonia  e  molto  succe.sso,  e.  Pacai 
gtien/a  fatta  a  S.  M.  riusci,  quanto  ni»i  potesse  desiderarsi,  alTeituosa 
cordiale.  Splendide  e  oniva-sali  furono  le  dimostrazioni  di  lealtà  versta 
l'augusta  Donna;  e  il  ri|>eiersi  di  simili  avvenimenti  uon  mancherebbe 


OONTcnranANBA 


?61 


rafforzare  )»  monarcliia  contro  le  scosse  cUe  iwlessero  sovrastarle;  impe- 
rocché il  cuore  del  [X)p)lo  inglese  ouire  séntinienii  cosi  profondauiente 
kati,  che  la  visti  detU  sua  Sovrana  gli  ionia  sempre  oliremodo  gradita. 
8.  Lord  S.ilìst>ury  ha  receniemente  praniinziaio  un  discorso  intorno 
alle  oondìzìoiii  presenti.  [I  passo  seguente  si;i  ad  indicare  l'ordine  d'idee 
e  la  disposizione  d'aoìmo,  con  che  il  nobile  Lord  prende  di  mira  la  que- 
stiooe.  Dofifi  aver  levalo  a  cielo  la  lealt.'i  del  popolo  inglese  verso  la  Regina 

ta  sua  aiTeziotio  all'Impero,  e^li  scese  a  dire:  *  Qualità  eoett  fatte  hanno 
«Ueno  luogo  iiella  dnuiitiaiite  Tai^ione  irlandese?  1  suoi  componenti  sono 
egliii')  stali  leali  verso  la  Regina;  hanno  arriatu  la  legge;  si  snno  eglino 
sempre  mantenuti  caldamente  alTe^lonati  airimpero?  1^  egli  quesin  il  rì- 
conlo,  cui  è  in  grado  di  esibire  l'elometiLo  dominante  nel  popolo  irlan- 
dese? Nou  ha  esso,  di  Uiilo  in  tanto,  cercato  snsiR^no  presso  qualsivoglia 
nazione  ctie  si  trovasse  lu  ostililil  con  l'Inghilterra,  prima  presso  gli  Spa- 
gDUolì,  p^i  pr&<»o  i  francesi,  e  ora  presso  gli  Americani?  »  Verissimo,  si 
risponde;  ma  I/ird  Salisbury  dimentica  il  perchè  quel  sostegno  fu  ricercato. 
Gli  uomini  non  operano  né  senza  ra^jiorìe,  n^'  senta  causa,  Prima  di  tornare 

discorrere,  farehbc  Nene  Lord  Salist>ury  a  studiare  la  storia  d'Irlanda. 
Egli  vi  imvereNbe  lun;;he  narrative  di  persecuzioni,  crudeltà  e  oppres- 
sioni d'ogni  maniera,  le  quali  mostrano  chiaramente  le  L'ause  del  malcon- 
leoio  del  popolo  irlandese  verso  il  Governo  liritannÌco,c  distia  sua  avversione 
t  luuo  quanto  portava  il  nome  di  leggi  inglesi;  emise,  la  cui  esistenza  gli 
rluscirebhe  assai  d,ÌlTlcile  il  uoii  ricouosi;ere.  Ma  cosi  vanno  in  Inghilterra 
le  cose.  Innanzi  tutto,  il  partito;  poi  il  tiene  eomune,  ses  questo  sìa  pos- 
sibile provvedere,  se  no;  porro  unttm  esi  necessaritmt;  e  di  ciì),  che  non 
può  oUeiiersi,  forza  è  farne  di  meno,  purché  il  partito  vinca  ta  giornata. 


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ISO 
121 
18.-. 

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FRRATA.  COHItlliJ-: 

it    colla  ii.it»ra alla  luitiira 

22  e  affjg.  (",rim (Irìiiim 

'M)     Vi'1'3110 V:iraao 

38     [Kirnii iiiirolii 

15    iifiii  cr.i'')n(lio Mia  «.-viaiiitio 

7    nn<ct-ssf;  I'diIcvìco   ....  regnasse  l'eili'rico 

pen.  priìiiri» propria 

7     inr!lii-;ic,e <rl)ii:acc 

3    lini  Vi-n.  M(i»n«trrfl.    ...  a  nooie  del  Veti.  MDnit$l«ro 

31  etlaltrm'e.  Naiti-ux-SulUnch  ,  .  Nali-M-Sull-ioch 

33    Thpriin Teheran 

.SI     l'arnie  d'oro  «e Tutlo  il  eapnv.  si  Iraaferùen 

alìn  png.4aS  iU>po  la  ììh.  S3. 

13     Vanfi  «ino Varie  sono 

li    pn^'ione.lji  povera  madre.    .  [nisinnc,  la  [«veni  madre 

.16     ilorhiitrtlfr Ilwlislàtlor 

37    Enluuke EiilkiiQdu 


INDICE 


La  questione  del  Papa  e  la  vigilanza  italiana  Pag.  5j 
Studiì  recenti  sopra  i  Nuraghi  e  loro  imjìorlanza  »     Il 

Idem  > 

Idem  » 

Assurdità    della    separazione    dello    Stato    dalla 

C/iìcsa > 

1  Derelitti. >     5 

VIU.     Il  lavoro  e  la  lottA  con  la  miseria  e  le 

malattie »   i 

IX.  Un  po' (li  elemosina  per  amore  di  Dio  » 

X.  Eroismo  della  pietà  liliale.     .     .     .     > 

XI.  L'amore  alle  prese  coU'avarizia.     .     >    6' 

XII.  L'abbandono »  1 

XIII.  Il  soccorso  del  cielo  e  la  buona  GbiU  » 

XIV.  L'Ermelinda  e  la  sua  viU     .     .     .     > 

XV.  Un'umiliazione  e  un  tradimento.     .     > 

XVr.     Un  volontario  esilio > 

XVII.    In  vi;i*^jjio  senza  un  soldo.     ...» 
XVni.  L'eremo  di  Roveredo >  3J 

XIX.  Il  traforo  e  la  lacca  del  Furio  .     .     >  44 

XX.  Lo  torture  della   fame   e   l'angelo    del 

soccorso » 

XXI.  Il  vecchio  avaro  e  la  governante    .     >  4 

XXII.  Le  an||osce  del  cuor  materno     .     .     »  5" 

XXIII.  Un  vi.-ig_ffio  ad  Alessandria  di  Egitto  >  5^> 

XXIV.  Il  Nilo  e  luoghi  di  delizio  e  di  com- 

mercio  >  òSTt 

XXV.  ^lalignità  satinica •     >  ''•>:! 

XXVI.  L'innocenza  calunniata      ....     »   Tul 

XXVII.  La  caccia  delle  Palombelle  e  le  vittimo 

del   tradimento »  "^ 

Ihl  socialismo  in  Italia  —  il  male  ,     .     .  * 

Idem  1  rimedii    ,     .     .     >  J  ' 


IITDICK 


^mmentario  deW Enciclica  <  Immortale  Dei  >. Pag,  143 

Idem  »  526 

n  nuoto  libro  std  <  Sillabo  »     .     .     .     .    '.     »   158 

Idem  >  272 

Idem  >  &44 

.V  giovine  Italia  e  il  recc/tio  Papato  ,     .     .     >  385 
diritto    della  Chiesa   air inifìiuniià    ecclesia- 
stica  •  401 

Tesoro,  la  Biblioteca  e  l' Archivio  dei  Papi  nel 

secolo  XIV .419 

Idem  Idem >«679 

//'  ebraica  persecitsione    contro  il   cristianesimo. 
Art.  [.  Come    Un  d«l  principio  non    già  i   cri- 
stiani gli  ebrei,  ma  ffli  ebrei  abbiano  sempre 

perse-juitati  i  cristiani » 

Art.  II.  OelTuni versalo  congiura  ordita  dagli 
ebrei  in  tutto  il  mondo  contro  il  cristiane- 
simo subito  dopo  la  morte  di  Gesù  Cristo  >  66S 

un  dilemma  costitusionale » 

iutoriià  regia  e  parlamentarismo 


Del  diritto  della  Chiesa  verso  gli  Slati  acattolici  »  653 


437 


513 

G41 


RIVISTE  DELLA  STAMPA  ITALIANA 


fetisia  de' latori  di  effittoìoffia  e  lingue  semitiche,  puMlicati  in 

Jla'.iii  itt  quetUuUim  decennii. » 

lilcm         > 

Idem         » 

Idem        > 

Idem        » 

ìaueti  Thomae  Aquinati»  Doctoris  Angelici  O'piX^cvXs.  philoso- 
pliica  et  ttieologica  ad  usurn  Studiosae  lureiilutis  seìecta 
et  iuxta  ordinem  rerum,  quae  in  Schoìit  tractantur,  nunc 
jtrintUM  digesta  et  t-xacia.  Acceduni  Qiiaestioiies  QuotJUbe- 
tales.  Sditio  accurate  recognita  et  nonuullis  quaesiiontòita  et 
schoiiis  aueta  a  MJchaelo  De  Maria  S.  I.  i*  Pontificia  t'ni- 

versHaie   Grei/oriana  Phihsophiae  Professore. » 

lanuariì  Buccerutii  o  S-  I.  Moralis  Theotogìae  pr^essaris  in 


84 


IITDICB 

Pontifioia  UnÌMrsUatd  Grefforiana  C.  If.  Commfnlant  it 
Beala  Virgitu  3&ria.  Editio  altera  ab  Avetùrs  reeogRtta  tt 
oKcla.  .'...., Pag. 

lacrtbi  Laynoz,  secvnii  PraeposUi  (ìene^ralis  Societatù  Itm, 
Dispulalioues  TrideoUnae.  Ad  wanatcriptùmm  Jidtm  tH- 
dit  et  eommentariis  historieìt  inslruxit  HarLmanuus  Griìar 
S- 1.  Hist.   Ecct.  C/tiiteì filate  Oenìponlana  Prof.  P.  0,  .  .  >  1 

J?™*  di  Giuseppe  Ferriguo  —  fVm*  dì  Vincenzo  PodesU.  ►  2 

Prof.  Filippo  Lussana.  La  Cireolasione  del  xa»jfug  ed  i  A^i 
}feMoria  letta  alla  S.  Accademia  di  Scitnxé,  Lettere  ed  Arti 
I»  Padova,  nella  tornata  dei  giorno  f7  gennaio  fSSG  .  .  »  < 

Storia  Sacra  illuatrata  del  Nvovo  Testamento  di  A.  P.  .  .  » 

Za  iitnazione  del  faete  e  U  elesioni.  Nuova  Aaiologia,  /*■ 
scicoio  ^  di  aprile > 

i/oam/jwr  Donalo  Velluti  di  S.  ClHniento,  Veacoto  litolart  di 
Oropa:  Legioni  esegetiche  e  morali  sopra  il  eucro  libro  di 
Oioòòe » 

t'ajltin  agrario  e  la  tassa  -ii  ricchezza  mobile.  Conxiderasióti 
dell'Avv.  Giovanni  Bortolucci *■ 

Ma^onattrie  pra/i^ue.  Riiuel  dv-  33'  et  dénàer  degré  de  la  Fraikt- 
.ifaconnerie,  rile  Scossate  ancien  et  accepté;  par  te  Tris  Puiuant 
Sonverain  Grand  Commandeur  d'uH  des  suprémes  roiueils 
coajédérés  à  Lausanne  en  é875.  Fdition  sAcrr'e  s'adressaiU 
exclusitement  ohx  FrancsMacont  r/gntìert:  omée  i*u 
Planebe  mystérieuse,  atee  explicatio»,  et  d'une  collection  i$ 
portraitx  maeonni^ites:  sminie  de  l'J?ncyelÌque  IluoianUit  ge- 
nus;  pubìiée  par  un  Profane % 

RlEIUOOaAFlA > 

Idem        > 

Idorn » 

SciEKZK  NATURAI,!  —  \,  Le  applìcaiìctil  astroMniiehe  deHec 
/otograjla.  Le  earte  celasti  fotografate  dai  fratèlli  ITfnrf. 
Alcune  osservatimi  sul  metodo  da  essi  t-inuto.  Pregio  di  qmelJé 
carte  —  2-  Una  piccola  polemica  intorno  ali'ae^ua  di  Fiuggi. 
Idem.  —  I  rimedi  rontro  la  peroncspora —  1.  aratomi  dti 
male  —  2.  RvmedHin  polvere:  lo  :ol/b  addo:  la  polvere  /\» 
dechard:  la  miscela  di  colfo^  calce  e  cenere  —  il.  Rimgdii 
liquidi:  latte  di  calce;  nodo  d'tttarlo;  sua  efficacia:  ineontt- 
nienti;  solfato  di  rame  sciolto  o  neU'acqna  o  nel  latte  di  ca/céf 
tuoi  ^etU;  e  vantaggi 


INDICB 

SreBe  di  S.  .V.  Icoue  Xlfl  al  R.  P.  Micliele  De  Maria 
d.  C.  d.  O,  Prqftssùre  di  Filost^a  ntlla  PonUAcia  Univtr- 
sità  QregoriajM Pag.  352 


CRONACHR  CONTEMPORANRE 


Dal  19  al  96  marzo  I88fi 

I.  COSE  ITALIANE  ~  \.  V  geneUiaeo  di  Re  Umberto  — 
.  Riapertura  della  Camera  —  3.  Scarso  numero  di  deputati 
Camera  e  la  situazione  del  Gabinetto  —  4.  Un  fiasco  dì- 
tico  —  Ó.  Zff  nvese  d'argento  deiV Italia  unificata  —  G.  La 
He  della  discussione  generale  sui  provvedimenti  finansiarU  — 
.  Jl  Cancelliere  Bismark  e  Leone  XIII  —  8.  La  questione  del 
rtere  temporale  —  'J.  La  distrueione  di  Boma  e  l'assedio  dei 
^/dasxi  Apostolici  —  10.  //  disastro  ferroviario  di  Hoceabruna 
-  11.  Cattivi  sitttoini  —  12.  Peliegrinaggi  regionali  dell'Opera 

1  Congressi  Cattolici  a  Loreto  nel  maggio  p.v »   1 15 

IL  COSE  STRANIERE  -  Francia  —  I.  Astensione  della  Fran- 
ta nella  questione  orientate  —  2.  La  crisi  economica  —  3.  // 
banda  degli  Orleans  e  dfi  Bonaparfe  —  i.  La  ìibertà  d'imporre 
funerali  civili  —  T».  L'assemblea  generale  dei  Cireoìi  caiioliei 
operai  di  Parigi  —  6.  Tm  condanna  del  Vescovo  di  Pnmiers  — 
Una  festa  massonica  a  Parigi  —  8.  Le  fallacie  dd  trattato 
tonchiuso  col  Madagascar  —  &.  L'anniversario  della  Comune  — 
0.  Invito  al  Congresso  eucarìstico  di  Tolosa >  1*22 

Dal  97  marzo  all' 8  aprile 

I.  COSE  ROMANE  —  I.  Una  profesta  nel  Senato  del  Belgio 
favore  del  dominio  temporale  fH  Papa  —  2.   Udienza  pon- 

—  3.  Pellegrinaggi  regionali  ai  Santuario  di  Loreto  — 
'este  centenarie  a  Savona  e  a  Mantoi^a  —  5.  Generose  ht- 
ìficense  del  S-  Padre  Leone  XIII  —  G.  La  Santa  Sede  e  to 
ìtalo  dd  Congo »  937 

II.  COSE  ITAIJANE  ~  \.  La  guerra  al  Depretis  e  i  Cfert- 
ì  —  9.  X' Omnibus  finanziario  —  3.  Il  disastro  dei  Prati 
Castello  —  4.  La  tega  dei  Vì^Vi  del  Lavoro  e  i  torbidi  di  ìltì- 

—  fi.  li  ritorno  del  generale  PoasoUni  —  0.  L'assolutoria 
i  contadini  di  Mantova  ed  i  tripudii  socialisti  —  7.  Nobiie 
nlegno  di  un  consigliere  municipale  —  8.  Sintomi  di  socialismo 
net  Monferrato  —  9.  La  ribellione  dei  tHÌ7iori  corrigendi  net  re.' 
tlusorio  di  Firenie  —  tO.  Processo  in  Genova  contro  anarchici 
t  socialisti  —  II.  Fasti  comunardi  in  varie  province »  241 


766  1  K  D  1  e  B 

IIL  COSE  STRAMERK  —  Prussia  -  (Nostra  corrispondeiio) 
—  \.  La  politica  estera  —  2.  Le  leggi  contro  l'elemento  jK>laa« 
nella  Prussia  orientate  —  3,  //  Kuliurkarnpf  —  4.  Im  ìtgy 
amiro  i  sociatisli  —  5.  i7  bilancio  deH'Tmtìero,  e  il  cnnale  fm 
i  mari  Scitico  e  Germanico  —  6.  //  rtordittamento  del  paride 
cattoiieo  mi  granducato  di  Baden  —  7.  Uh  nuovo  poema  sul 
Messia Pafr . 

Una  rtttificaxioiie - »  - 

Dal  9  al  22  aprile 

r.  COSE  ROMANE-  —  \.  Iticevimenii  in  Vatkano  —  2.  /I 
giufiiieo  sacerdotale  dei  Santo  Padre  —  X  Nttove  proteste  cantra 
la  dùtrusione  di  Roma  —  i.  La  nota  del  Card^ruU  Seffretarit 
di  Stato  e  la  pace  eeclisiasU'ea  in  Prussia  —  5.  Vn  muwosfr^ 
ffio  ai  Cattolicìsmo  nella  ìtoma  dei  Papi  —  6.  La  ì/enedìritm 
della  campana  delta  Patriitrcah  Basiliea  di  Santa  Maria  Ma^ 
ffiore  —  7.  Decreto  della  Sacra  Congregiaìone  dell'Indice.  .  » 

li.  COSE  ITALIANE  —  I.  Quindici  giorni  di  chiacctuere  t  A 
^tiegolezsi  —  2.  //  IJejiretis  fatto  bersaglio  agli  attacchi  drt 
partiti  coalisiati  —  3.  Ultimi  lavori  della  Camera  alla  e  della 
Cainera  bassa  —  4.  Un  tentativo  fallito  di  rmand'ire  in  co'' 
cere  lo  Sbarbaro  —  ò.  La  proroga  del  Parlatntnto  —  6.  L'ajv- 
tazione  dettoraie  —  1.  La  Massoneria  in  moto  —  8.  Mene 
socialiste  e  twiori  di  scotnbitssolameHti  —  t*.  Il  choìera  a  Padow 
e  a  Brindisi  —  lU.  //  Colkgto-convitto  Pontano  a  Napoli  «  A 
Cardinale  Arcivescovo  San  Felice » 

III.  COSE  STRANIERE  —  Belgio  —  (Nftsira  corrìspondenia) - 

1,  Dcscrifìone  dette  parli  in  che  si  divìde  il  popolo  belga  — 
9.  Gravi  disordini  avvenuti  in  varie  provineie,  notantemente  a 
lAegi,  a  Tournni,  Chartcroi  e  a  Soignies.  Ij/>dcvole  contegno 
del  ministro  della  guerra  e  del  gaieraJe  Van  der  Smissen  ~ 
3.  Hi^ultametiti  degli  accennati  disordini.  Urgente  necessità  di 
un  governo  eristiano  e  forte  che  sappia  pretmtire  maii  ulteriori.  » 

IV.  PRUSSIA  (Nostra  corri spondeaza)  —  I.  Gli  affari  esteri  — 

2.  Tm  nuova  legge  eccìestasfiea  —  3.  Il  ministro  dei  culti  i  «  P»- 
lacchi  —  4.  Aff'nri  religiosi,  e  fatti  di  perseeutìone  —  ."»,  Marte 
di  monsignore  van  der  Marwits. » 

V.  CANTONE  TICINO  (Noslra  corrispondeoza) > 

Dal  23  aprile  al  R  maggio 

I.  COSE  ROMANE  —  1.  Le  Palina  offerte  al  Santo  PadrtH 
17  aprile  —  2.  Benefiche  sue  largisiotti  —  3.  Uicevimenti  f 
udienze  pontificie  —  4.  Leone  XIII  e  ìa  Persia  —  5.  VAió' 
confraternita  diS.  Michele  a  Vienna  e  US.  Padre  LeoneXIII^ 


■-■  toT-l 


INDICE 


767 


P»w  wlmn*  eerìmottia  in  VoìJmho  —  7.  Leone  XJIJ  « 
«  Sfifujna  —  K.  L'Imperatore  dì  Germania  e  il  Santo  Padre  — 
.  Lefmn  XIII  e  la  pxce  religiosa  in  Prussia  —  10.  Otmoea 

'/a  queaiwnn  romana , Fag.  475 

U.  COSE  ITALIANK  —  I.  If  decreto  ehr  scioglie  la  Camera 

—  '2.  L'a^jitasione  rleltorale  —  3.  //  coi/ra  in  Italia  e  le 

ttne  —  4,  /  fatti  ih  Brindisi  r  i  fischi  al   Tninni  — 

L'eccidio  delia  spedizione  africana  —  (j.  X'  inventario  della 

V  lepislatitra  italiatta  —  7-  Circolare  dfl  Comitato  generale 

finente  ^ft Opera  dn  Congressi  t  lìeì  Comitati  Cottolìd  — 

/Timi  Mia  proposta  deti'Gco  d'IUlia  —  0.  //  monttmenfo  a 

^Metnstasio. »  483 

IIL  a)SK  STRANIERE  —  Spago*  —  1.  U  agitasioni  flet- 
ti e  le  manifestazioni  operaie  —  2.  L'arresto  ài  un  u/fu:iaii' 
h  congetture  Me  se  ne  son  fatte  —  3.  La  riunione  in  un 
'r9  di  Madrid  del  pitrtUo  repubblimn^  intransigente  —  ^.  J)i- 
rdo  in  seno  del  Gahiwtto  r  dimissioni  ilei  Ministro  delle 
'innn^e  —  T».  Ottoemto  impiegati  destituiti  —  6.  Commataiione 
duca  di  Siviglia  delta  pena  del  carcere  in  esiglio  —  7.  Po- 
del  Sagaata  —  H.  Tentativi  dì  rivolta  in  Cartagena,  pre- 
tivi  dei  Zorillisti  e  scoppio  di  dinamite  in   Badalona    — 
Decreto  che  convoca  le  Cortes,  e  il  programma  elcttoroìe  della 
'inistra  dinastica  —  10.  //  matrimonio  ileWIjifant'i  donna  £'u- 
—  11.  Qnistione  di  rivalità  tra  la  Francia,  Spagna  e  il 
Vescovo  di  Crgel  —  12.  L'assassinio  del   Vescovo  di  Madrid  e 
/d  scandalo  di  Murcia  —  1-1.  Dìchiarasioni  del  ministro  degli 
4M/fari  esteri ...»  4'J3 

IV.  LNiiniLTERRA  (Nostra  corriapowlcnMi  ritardili)  —  I.  Il 

Gladstonr  per  la  terza  volta  a  capo  del  ministero.  Suoi  disegni 
per  la  paeifieamone  dell' Irlan^la  —  2.  La  questione  rfWl'Hntne 
nule.  Lord  Randolph  Churchill  e  gli  Orangtsti.  Ungioni  del- 
Vopposieione  di  qtvMi  intimi  ali'  Home  Iliile  —  3.  //  Vescovo  di 
yottingh/tm  e  la  co-^ì  detta  l'rimrnsi!  Leagiie  —  4.  Gravi  disor- 
dini uttiniamenle  avvenuti  in  Londra  per  opera  dei  socialiali  de- 
mocratici.   *  o03 

Dil  7  al  37  maggio 

I.  COSE  ROM.VNE  —  I.  L'obbedienza  al  Papa  e  la  diehia- 
rnsione  dc/rDiser valore  Romano  ~  2.  La  Santa  Sede  e  la  Persia 
—  X  L'elemosina  della  Messa  al  Pajw  —  4.  It  Gìubbileo  sa- 
ci-rdotale  dì  Ijeane  XIII  e  V  Epiìcofiato  italiano  —  5.  //  een- 
tmano  del  Cottohngo  —  (ì.  Le  proteste  dell'Italia  cattolica  contro 
l'empietà  del  Secolo  di  Milano  —  7.  li  voto  ilegl' italiani  al 


■^— ■- 


i 


768  ixoiCB 

Sacro  Cuore  —  K.  IticevitHotto  in  Faticano  dei  peVtgrini  otath 

desi  —  i).  /  novcili  Cardinali l*ag. 

il.  COSE  ITALIANE  —  I.  /  discorsi  dei  enpiparie  —  III 
vertletfó  delle  urne  —  3.  //  significfiio  drlte  nuotfe  elezioni  — 
k.  Impressioni  e  piudigit  sttJle  lotte  eUttorali  —  5.  A'^mon»  ipa- 
vetitevoìi  delCEtna  —  (>.  Uh  illustre  figliuòlo  di  8.  Benedetto.  » 

III.  COSE  STRANIERE  —  Prussia  —  ;Noslrn  corrispondeaza)  - 
I.  La  soìuziotie  delh  difficoltà  orientali  —  "2.  J>  retojiani  am 
ìa  Francia,  e  te  grandi  mostre  —  'À.  Il  movimento  socialista  t 
ìa  popolaeione;  i  lìuovi  eanali  —  j.  lune  dei  Kullurkampr — 
5.  /  pellegrini  ledesdii  in  presensa  dr-l  Santo  Padre  —  G.  U 
leggi  antipolacelie  —  7.  La  questione  monarchica  in  Baviera^ 

8.  Morie  di  monsignor  Orbin ■ 

Dal  ?8  mag^o  al  IO  giugno 

I.  COSE  RUMANE  —  1.  Il  secondo  voliuae  dei  Ttfgesli  di 
mente  V  —  2.  Cause  di  Beati fieasione  —  X  Sai  Santità 
Ret/iua  di  Spaftna  —  4.  L'Assemblea  cattolica  di  Francia  tt 
t'^anto  Padre  —  3.  Leone  XIII  e  la  Basilica  tateranense  —  6.  JB 
Concistoro  del  7  giugno ■•-' 

n.  COSE  ITALIANE  —  I.  Xa  nuova  Camera:  prerisioni  e  con- 
gctiure  —  2.  L'elezione  del  galeotto  Ciprtani  —  3.  Gli  effHli 
dell'Ipnotismo  —  4.  L'esercito  Hatiano  —  5.  L' eruzione  dell'Etna 
e  il  Cholera  di  Venezia  —  6.  Z>i  rendita  italiana ■ 

III  COSE  STRANIERE— U  Grecia  — I.  Timori  e  sperame- 

9.  Politica  francese,  e  condotta  delia  Unssìa  —  3.  GiUiUzio  sulta 
politica  dd  gabinetto  elleno  —  4.  Fine  della  eontrover$Ìa  —  5.  £a 
questione  d"  Orienta  e  la  lìuisia  nel  Mar  Nero »  ' 

IV.  INGHILTERRA  (Nostra  corrìsfionderiai:  —  I.  Grave  erisi 
parìamentare.  Disegno  del  s^or  (rladsione  intornn  al  niupo 
Gover%w  irlandese.  Suoi  articoli  principati  —  3.  //  liill  agraria 
per  Vlrlandt.  Breve  sunto  del  tenore  di  esso  —  B.  Cattivo  effetto 
prodotto  sui  varii  partiti  dai  bills  irlandesi.  Sola  fetide  al 
signor  Gladstone  la  nuoea  democrasia  —  4.  Discorsi  tenuti  nsUe 
vacanze  pasquali.  Manifesto  del  signor  Gladstone  a'suoi  eiettori 
di  Mid  Lothian  —  5.  Voci  intorno  aite  future  passibili  contin- 
genze. Considerazioni  sui  presente  stato  di  cose  —  fi.  Proposta  tlei 
signor  Gladstone  per  la  seconda  tetiura  del  bill  dell' Hnme  Rulc 
Opposizione  di  Lord  Ilartiw/ton  —  7.  S.  M.  la  Regina  alla  mostra 
tìi  Literpooì  —  8.  Discorso  di  Lord  SalisÒnrg  intorno  alle  condi- 
£Ìoni  presenti.  Sua  confutazione 


.A  CRONOLOGIA  BIBUCO-ASSIRA 

del  P.  GIUSEPPE  BRINENGO  d  (.d.  G. 

APPENDICE 

ili'liprra  lì  Babìlonu  «  il  \mt  dilli!  «ri^iai  Udo  iIU  roiM|flÌHta  di  Cini 
^ìtb  KnnJo  i  nogunieali  cuQcKvmii  cvinparali  («Uà  Bibbii 

DEL  VEDESIUO   AITORB 

*rito,  lìp.  Giaciti,  Figlio  e  C,  188'!.  Opuscolo  in  8  gr.  di  pag.  92. 

Presso:  ttlr«  If 

Tra  i  problemi.  Rusuitali  diiltu  scoperte  di'lla  moderila  Ansirtologia  uno 
r'più  rilevanti  e  dtIBctti  k  (ji)«IIu  che  rifjHnnla  la  Cronoloji^a  asaim  rispetto 
la  biblici!,  0  i]  modo  di  concordarle  entrambe  fra  loro,  spiaiimido  In  coatrnd- 
lione  che  a  prima  fronte  presenUno.  L'Autore,  nel  presente  Opuscolo,  dopo 
abiliti  alcani  solidi  priiieipii  di  esegesi  biblica,  roca  In  merzo  tutti  l  dati  e 

cODditioni  del  problema;  iodi  espoue  e  dii>cu(e  le  principali  soluzioni,  im- 
•ginali;  Unom  dal  dotti,  specialmente  quella  dsH'OpPERT;  «  in  line  propoofi 

propria,  m^rrò  la  quale,  aalraudo  da  un  lato  tutti  ■  dati  autenltcìi  della 
^boia,  e  dair.ftllro  tutti  i  dati  aspiri,  egli  riduce  dì  fatto  le  due  Crouologìe  a 
rrfettA  concordia:  come  dimostra  la  Tavola  sinottica,  colla  qtiale  l'Opascolo 

DODcliiude. 

' nemie  aW Uififto  CeuiroJt  dfila  Qv.  Catl,  t  prfssa  i prinnpaìiGrrfnti  ilflìnmf^caim/i. 


UKii  coi.k:ka  e:  ue>l<»i  kimeui 

Lettera  dì  OlOV.  M.  CORNOLDI  d.C.  d.G. 
Mava  adizione  riveduta  dall'Autore.  Venezia,  iimgrafta  Emiliana.  18Sà. 

11  minacciare  cbe  fa  di  bel  nuovo  quesito  morbo  funesto  rcudu  opportuna 

divulgazione  dì  quelli  sentti  oho  recano  v^ra  utilità  pratica.  Tra  oue.stÌ  6 

[presente  del  eli.  P.  Cornotdi.  il  quale  da  tauli  auni  sostenne  easuro  il  morbo 

{ioiiato  dai  miciolii  e  prima  di  tutti  gli  altri  additò  certi  modi  onde  il  me- 

lìiuo  si  dìlTuuilc  tsd  altri  coi  quali  possiamo  preservaroene. 


Ili  CERTO  E  I/IJVCERTO 

ITORNO  LA  NATURA,  I  PRESERVATIVI  E  I  RIMEDI!  DEL  COLERA 
TriUalello  scnaliRco  popolare  del  P.  Umim  S\LIS  SXKIHS 1 1. 

Prato,  Tip.  aiaehetti,  Figlio  e  C.  1884.  Prezzo  ridotto  Ceni.  25. 

Baccogliendo  e  discutendo  le  varie  opinioni  e  la  preacrizioni  diverso  e  coQ- 
idtttoric,  pubblicate  da  naturatisti  e  da  medici  intorno  al  trepido  argomenlo, 
tutore  deteriiiinu  nettamente  ciò  che  «i  sa  linoni  o  cift  che  non  di  «a  intorno 

esso;  iodica  poi  i  più  aicuri  modi  di  preservazione,  eliuiinnodb  quelli  che 
scienza  eutHirìmeutnle  dimostra  iueOlcuci  e  che  pur  ai  eonìiigliano  con  riiichio 
KvUuimo  ai  chi  vi  ai  aitida:  i>er  ultimo  anuovera  alcuni  rtiiiodii  corri^pou- 
mtj  a  ciascuno  stadio  dell'inferiono  colerica,  autenticati  dall'eaperienza  diretta 
commendati  dall'analisi  scientillca. 

Cosi  il  lettore  troverà  in  poche  pagine  vagliato  e  raccolto  il  più  e  il  meglio 

ciò  che  fu  scritto  fin  qui  per  la  conuacenza  del  ternbilo  morbo  o  dei  modi 

combatterlo. 

tende  alV  Ufficio  centrale  dellaVAv.  Catl.  efressoiprittapali  Gerenti  Seìla  nudeaima. 


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