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ItalZS.14,
l^arbatH College ILiiiraro
...i2?tt-u/-..
LA
Civiltà Cattolica
Beatus populus cuius Daminus Deus eiu9.
Ps. 143, 16.
Anno 59°-I908
VOL. I.
ROMA
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via di Bipetta 2éS
1908
Ita/a6./*
V
Harvard College Librr.ry
^ Aprii 2.j. 19:3.
Tr insferred f rom
Harvard Law Library
BOUND OCT 21 1913
PROPRIETÀ LETTERARIA
' kocu, tifT. ti. tietani. Via Gelsa fi, 7.
AJ>ERNO I381. 4 GENNAIO I908.
Civiltà Cattolica
xr. y
"* Btaìui populus C^ius Dominus Deus eius.
(Ps. 143, 15).
"V
Anno 59^ - 1908 - y ol. l
INDICE DI QUESTO QUADERNO
1. AUocuzioiie delia SaothA di Hoetto Signore Papa Pio X pronim-
xiata oel Concistoro del 16 decembre 1907 Pag. 3
2. L'amo Qiobilare del Santo Padre » S
3. 11 modemismo teologico 19
4. Uà nnoTO criterio di estetica » 35
5. Donna antica e doma noova. Sune di domani. — 46. La costituente del
femminismo » 51
6. Una « Storia sociale della Chiesa » » 68
7. 1 « Carmim scriptnrarum » nella Htnrgia » 74
S. La « Storia de' Papi » di Lodovico Pastor » 82
f . BIMIografia. Studi biblici. Teologia » 8/
Ba5tien P. 94. - Bazzocchiai P. 91. - Bclscr J. E. 92. - Ciippcllazxi A. 97. -
Crampoa A. 89. - DeUttre A. J. 87. - Haine F. 96. - Hejcl J. 88. • Lehmkuhl A.
96. - Mansoai C. 93. - Martin M. 94. - Mechineau L. 87. - Piscecta A. 96. - Schin-
dler M. 95. - Suarn R. 97, - VcrJunoy. 90.
10. Cose romane » 98
11. Cose italiane » 109
12. Notizie generali di cose straniere » 114
13. Austria Ungiieria. Nostra Corrispondenza » 115
14. L'Obolo di S. Pietro raccolto dalla « Civiltà Cattolica » neiranno
del Qinbileo sacerdotale di S. S. Pio X. 2^ serie - 2^ lista. . . » 123
15. Opere pervenute alla Direzione » 126
ROMA
' DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via Ripttta 246.
ESCLÉE E C} EDITORI PONTIFICI
E DELLA SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI
r f^ ROMA — Piazza Grazioli (Palazzo Doria) — ROMA
HARTMANN GRISAR S. L
storia di Roma e dei Papi
dEL MEDIO EVO
esposta secondo le fonti con particolare rìganrào alla civiltà ed all'arte
VOL. L
ROMA ALLA FINE DEL MONDO ANTICO
SECONDO LE FONTI SCRIHE ED I MONUMENTI
Con 224 illustrazioni storiche e piante fra cui una Forma Urbis
Romae aevi Christian! saec. IV-VII a colori
TRADUZIONE DALL'ORIGINALE TEDESCO
Edieione seconda a cura del Sac. Dr. Prof. Angelo Mercati
Voi. in-8 gr. di pag. LIV-800 rilegato alla Bodoniana
h. 25,00
Wilpert G. mons., protonot. Roma sotterranea. Le pitture
nelle catacombe romane. Due splendidi volumi in foglio
legati, di cui uno di tavole ed uno di testo. Netto L. 375 —
Pastor (Dr. Lodovico) Storia dei Papi, compilata con l'aiuto
dell'archivio secreto pontificio e di molti altri archivi. Tra-
duzione italiana del Rev. D. CI. Benetti. 3 voi. in-8 gr.:
Voi. I. (esaurito).
Voi. II L. 7,50
Voi. III. Storia dei Papi dalla elezione di Innocenzo Vili
fino alla morte di Giulio II. Pag. XXIV-840. . . L. 10 —
— Storia de; Papi, compilata con l'aiuto dell'archivio secreto
pontificio di molti altri archivi. Nuova traduzione del Prof.
Angelo Mercati.
— Voi. I. I
— Voi. IV, 1. Dì prossima pubblicazione.
— Voi. VI, 2. )
ALLOCUZIONE
DELLA SANTITÀ DI NOSTRO SIGNORE PAPA PIO X
prooooziata nel Coocfstoro del 16 decembre 1907
Yenerabiles Fratres,
Relicturus Ecclesiam, quam sanguine suo acquisiverat,
ac transilurus de hoc mundo ad Patrem, Chris tus dominus
id nobis, nec semel nec obscure, praenuntiavit, fore nos
insectationibus inimicorum perpetuo premendos, neque un-
quam in bisce terris carituros adversis. Scilicet hoc sponsae
debebatur quod Sponso obtigerat; ut quomodo Huic dictum
fuerat; < Dominare in medio inimicorum tuorum » *, sic illa
per medios hostes mediasque pugnas a mari dominaretur
usque ad mare, donec, promissionis terram ingressa, pe-
renni tranquillitate feliciter potiretur. — Quod utique divini
Reparatoris oraculum, ut nullo non tempore, sic modo im-
plepi ad unguem videmus. Alibi quidem acie apertaque di-
micatione, astu alibi abstrusisque insidiis, attamen ubique
Venerabili Fratelli,
la proci Qto di lasciar la Chiesa, acquistata col sangue suo, e di
far ritorno da questo mondo al Padre, Cristo signor nostro, più volte
e senza ambagi, pronunziò che noi saremmo sempre in balla della
persecuzione dei nemici, e mai su questa terra non saremmo liberi
da tribolazioni. La sorte cioè dello Sposo doveva essere riserbata
eziandio alla Sposa ; talché, come all'uno era stato detto : Tu regnerai
nel mezzo dei tuoi nemici ^ cosi T altra attraverso ai nemici ed alle
lotte dominasse dall'uno all'altro estremo della terra, finché posto
il piede nella patria di promissione godesse il felice acquisto d' in-
defettibile tranquillità. E questo oracolo del Redentore divino, come
già d*ogni tempo, noi oggi lo vediamo avverarsi a capello. Dove ad
oste schierata e con aperte battaglie, dove con arti subdole e con
coperte insidie, dappertutto scorgiamo la Chiesa pigliata d'assalto.
1 Ps. CIX. 2, .
4 ALLOCUZIONE DELLA SANTITÀ DI N. S. PAPA PIO X
Ecclesiam oppugnar! conspicimus. Quidquid illius est iu-
rium impetitur ac proculcatur: leges vel ab iis despiciuntury
quorum esset earundem tueri auctoritatem : impia interea
impudentique ephemeridum colluvie fidei sanctitas morum-
que nitor maculatur, detrimento animorura maximo, nec
minori civilis consociationis damno ac perturbatione ; quod
ipsi, ut alias saepe, sic non ita pridem vel inter nostrates
vestris fere oculis usurpastis.
Sed bis aliud modo additur malum piane gravissimum :
sollicitum quoddam, studium late increbrescens novarum
rerum, disciplinae omnis ac potestatis impatiens; quod Ec-
clesiae doctrinas ipsamque adeo revelatam a Deo verilatem
impetens, nititur religionem sanctissimam a fundamentis
convellere. Eo nimirum ducuntur (utinam pauciore nu-
mero!) qui eius, quam vulgo scientiam et criticen et pro-
gressionem et humanitatem dictitant, audacissimas opi-
nìones cocco fere impetu amplectuntur. Hi quidem, spreta
tum Romani Pontiflcis tum Episcoporum aucloritate, me-
thodicam invehunt dubitationem impiissimam circa ipsa
Quanto essa ha di diritti si combatte e si misconosce : le sue leggi
sono fatte segno al disprezzo pur dì coloro che ne dovrebbero tu-
telare Tautcrità : e intanto con una colluvie di stampe empie e spu-
dorate si gitta Tonta sulla santità della fede e sulla purezza del co-
stume, con somma rovina delle anime, né minor danno e sconvol-
gimento del civile consorzio ; ciò che voi, come soventi altre volte,
così non gran tempo indietro in queste nostre stesse contrade avete
visto coi vostri occhi.
Ma a tutto questo si aggiunge ora un altro male fuor di dubbio
gravissimo: uno spirito che largamente diffondesi. smanioso di no-
vità e insofferente d'ogni disciplina e comando; che, pigliando di
mira le dottrine della Chiesa e fino la verità da Dio rivelata, si ar-
gomenta di scrollare dai fondamenti la nostra religione santissima.
Da siffatto spirito sono agitati (e piacesse a Dio che in minor nu-
mero 1) coloro, che con cieco impeto abbracciano le audacissime aspi-
razioni di ciò che volgarmente esaltano siccome scienza e critica e
progresso e civiltà. Volta in dileggio ogni autorità cosi del Romana
Pontefice come dei Vescovi, pongono costoro in voga un dubbio me-
todico pieno di empietà circa le basi stesse della fede; e special-
PRONUNZIATA NEL CONCISTORO DEL 16 DECEMBRB 1907 5
fidei fundamenta; ac, praesertirn sic vero sunt, calholicae
theologiae studia aspernati, phiJosophiam, sociologiam, lil-
teraturam e venenatis fontibus hauriunt; lum vero con-
scientiam quandam laicam catholicae oppositam pieno ore
concrepanl; sibique ius simul ofBciumque adrogant calho-
licorum conscientias corrigendi ac reformandi.
Lugendum piane foret si homines eiusmodi, Ecclesiae
gremio relieto, ad apertos hostes convolarent : verum longe
magis dolendum est quod eo devenerint caecitatis, ut se
adhuc Ecclesiae filios reputent et iactent, eierato quamvìs,
factis etsi forte non verbis, fidei sacramento, quod in Ba-
ptismate edixerunt. Sic porro, fallaci quadam animi tran-
quillitate ducti, Christiana etiam sacra frequentant, sanctis-
simo Christi Gorpore reficiuntur, quin et ad altare Dei,
quod piane horrendum, sacrificaturi accedunt: inter haec
tamen, quae praedicant, quae agitant, quae pertinacia
summA profitentur illos a fide excidisse deraonstrant, dum-
que se navi duci autumant foede naufragium fecisse.
Decessorura Nostro rum exemplo, qui vigilantia maxima
mente se fanno parte del clero, sprezzato lo studio della cattolica
teologia, traggono la loro filosofia, sociologia e letteratura da fonti
ammorbate; e spacciano a gran voce una coscienza laica in opposi-
zione alla coscienza cattolica ; e si arrogano il diritto insieme ed il
dovere di correggere e raddrizzare le coscienze del cattolicisnio.
Sarebbe certamente da deplorare se siffatti uomini, abbandonata
interamente la Chiesa, passassero ad arrolarsi fra i nemici dichia-
rati di lei: ma assai più lagrimevole è il vederli caduti in tanto ec-
cesso di cecità, da credersi tuttavia e dichiararsi figli della mede-
sima Chiesa, benché, coi fatti se non forse colle parole, abbiano
disdetto quella promessa di fedeltà, che nel Battesimo pronunzia-
rono. E così, cullandosi in una falsa tranquillità di coscienza, man-
tengono tuttora le pratiche cristiane, si cibano delle carni sacro-
sante di Cristo e, ciò che è orrendo, montano altresì all'altare di
Dio per offrirvi il sacrifizio: e intanto ciò che proclamano, cloche
fanno, ciò che con la massima pertinacia professano, mostra che
essi han perduta la fede e che, mentre si lusingano di trovarsi ancor
sulla nave, hanno fatto miseramente naufragio.
Seguendo l'esempio dei Nostri Predecessori, i quali con somma
6 ALLOCUZIONE DELLA SANT1TÌ DI N. 8. PAPA PIO X
constantissimoque pectore sanam doctrinam lutati sunl,
solliciti ne quid ei labis aspergeretur, Nos quoque, apo-
stolici praecepti memores « Bonum depositum custodi > *
decretum « Lamentabili > nuper edidimus, mox vero Lit-
teras Encyclicas ^ Pascendi dominici gregis^: atque Epi-
scopos gravissime commonefecimus ut, praeter cetera a
Nobis praescripta, sacra praeserlim sena inaria diligentis-
sime custodiant, caveotes ne quid capiat detrimenti insli-
tutio adolescentium, qui in spem sacri cleri educantur:
quod, gratulantes dicimus, a plerisque omnibus et volenti
animo exceptum est, et strenue perficitur.
Paterno tamen huic studio ad correptionem animartim
errantium quo pacto ab ipsis errantibus responsum sit non
ignoratis, Yenerabiles Fratres. Alii quidem, in hypocrisi lo-
quentes mendacium, ad se quae dicebaraus non pertinere
professi sunt, callidis argumentis animadversioni se sub-
ducere conantes. Alii vero insolenti superbia, bonorum
omnium luctu, apertissime restiterunt. Quare, quae sugge-
rebat caritas incassum adhibitis, canonicas demum irrogare
visrilanza e con petto fortissimo tutelarono la sana dottrina, solleciti
che punto non se ne alterasse la purezza. Noi pure, ricordando il
detto dell'Apostolo: Custodisci il buon deposito ^ pubblicammo, non
ha guari il decreto LameìiUMÒili. e poco stante le Lettere encicliche
Pascpììfli dominici grpgis: e con gravissime parole ammonimmo l'Epi-
scopato che, oltre alle rimanenti Nostre disposizioni, vegliasse con
somma attenzione sopra i seminarli per impedire che non si recasse
danno alla formazione della gioventù, che quivi si educa nella spe-
ranza di entrare un giorno nel clero: e, godiamo qui dirlo, tutti i
VcFcovi accolsero con animo volenteroso Tammonimento e l'esegui-
scono con zelo.
Però alle paterne Nostre premure pel ravvedimento degli animi
fuorviati voi non ignorate, o Venerabili Fratelli, in che modo si sia
risposto dai fuorviati stessi. Altri, con ipocrita menzogna, protesta-
rono che le Nostre parole non facevano per loro, con astuti eaviUi
studiando di sottrarsi alla condanna. Altri, a gran cordoglio di tutti
i buoni, eoa audacia insolente opposero apertissima resistenza. Per
lo che, usate inutilmente le arti della carità, fummo iìnalmente eo-
1 TinL 18.
L.
PRONUNZIATA NEL CONCISTORO DEL 16 DEGBMBRE 1907 7
poenas, moerore animi maximo, coacti fuimus. Deum tamen,
luminum ac mìserìcordiarum Patrem, rogare impensis-
sime non desistimus ut velit errantes in viam revocare
iustitiae. Idipsum et fieri a vobis, Venerabiles Fratres, ve-
hementer optamus, illud minime dubitantes omnem operam
Nobiscum vos impensuros ad hanc luem errorum quam
latissime prohihendam.
Nunc autem ut hodierni conventus vestri rationem at-
tingamus, hoc primum monere vos volumus, postquam
iteratis postulationibus dilecti Filii Nostri losephi Seba*
stìani Neto de resignando olysipponensi patriarchatu diu
amantissimeque restitimus, resignationem ipsam demum
Nos excepisse. Patriarcham novum, qui in eius locum suo-
cedat, mox in decreto et schedulis consistorialibus desi-
gnabimus. Post haec, S. R. E. Cardinales creare ac renun-
tiare egregios viros quatuor decrevimus, quos sua quemque
virtus et variorum administratio munerum dignos proba-
vere, qui in amplissimum GoUegium vestrum cooptarentur*.
strettì, con sommo strazio deiranìmo, a fulminar le pene canoniche*
CoD ciò, non cessiamo dai pregare con le più grandi istanze Iddìo,
Padre dei lumi e delie misericordie, perchè voglia richiamar gli er-
ranti sul sentiero della giustizia. E questo stesso, o Venerabili Fra-
teUi, chiediamo insistentemente che facciate ancor voi, certissimi che
insiem con Noi adoprerete ogni sforzo per allontanare il più possi-
bile questa peste di errori.
Ed ora passando al motivo per cui vi aj^biarao oggi raccolti ,* vo-
gliamo innanzi tutto farvi noto che, avendo lungamente e con ogni
affezione resistito alle replicate istanze del diletto Nostro Figlio Giu-
seppe Sebastiano Neto circa il rinunziare al Patriarcato di Lisbona,
abbiamo finalmente accettato cotal rinunzia. 11 nuovo Patriarca, che
succede in suo luogo, sarà subito da Noi designato nel decreto e
nelle schede concistoriali.
Dopo ciò, abbiamo determinato di creare e proclamare Cardinali
di S. R. G. quattro egregi personaggi, tutti per la loro virtù e pei
vari ufficii sostenuti provati degni di essere annoverati nelTamplis-
simo vostro Collegio.
* Vedi le Cose Romane dei presente quaderno.
L'ANNO GIUBILARE DEL SANTO PADRE
L
Poco più di un mese dopo il fatale 20 settembre 1870,
Tangelico Pontefice Pio IX rivolgeva ai giovani del Circolo
di S. Pietro, andati ad ossequiarlo in Vaticano, le seguenti
parole : « Se la rivoluzione non avesse causato tanti danni
alla Religione e tante piaghe alla società e alla morale, con-
verrebbe quasi benedire Dio come di un beneficio, di aver
fornito l'occasione a tanti milioni d'italiani e di stranieri
di mostrare il loro figliale affetto verso la Santa Sede, in-
viando tanti begli indirizzi e proteste al trono di S. Pietro. »
Pensiero sublime, degno dell'anima grande e santa dalla
quale usciva! Noi per verità non sapremmo formarne altro
meglio appropriato alle mondiali esultanze, che il prin-
cipiar di quest'anno 1908 ci arreca, per l' anniversario cin-
^juantesimo, che il 18 settembre si compirà, della consacra-
zione sacerdotale di Nostro Signore Papa Pio X.
Onde infatti tanto commovimento non pur di Roma e
di tutta Italia, ma dell'orbe cattolico intiero, e così univer-
sale gara di onoranze, dì oblazioni, di doni, di personali
sacrifizii, in ogni classe, dal sommo all' imo della scala so-
ciale, dalle Corti ai tugurìi, afiBne di rendere più bella al
Papa la sua festa giubilare, se non da intensissima fiamma
di amore? Ma è un amore che vuol prorompere e farsi co-
noscere non soltanto dall'Augusto Personaggio, che ne è
l'obbietto proprio e precipuo, ma il più che sia possibile
tla tutti e massime da quelli che sono indifferenti o av-
versi. È dunque veramente, conforme al concetto espresso
già da Pio IX, una dimostrazione ed una protesta; dimo-
strazione grandiosa della pietà di milioni e milioni di figli,
che sentono irresistibile il bisogno di consolare il Padre
l'anno giubilare del santo padre 9
comune, amareggiato da altri, i quali dovrebbero pure es-
sergli figli e gli si schierano contro da nemici; grandiosa
protesta della fede di milioni di cattolici nell'autorità di-
vina, nel magistero infallibile del Vicario di Cristo, oltrag-
giato impudentemente da altri e trascinato nel fango. Cosi
si verifica anche questa volta che, per mirabile disposi-
zione di Provvidenza, ancor le volontà più ribelli son fatte
servire alla glorificazione della giustizia e della verità e che
da un male orrendo, qual' è l'apostasia del mondo ufficiale
dalla Chiesa cattolica, proviene incremento nei popoli di
unione affettuosa alla Chiesa stessa ed al Papato.
Principalmente a motivo di quelle malignità e di quei
continui dileggi dei tristi, l'attenzione dei cattolici di tutto
il mondo è tenuta desta; né loro sfugge alcuna congiun-
tura o data o ricorrenza, che in tempi tranquilli sarebbe
forse trascorsa inosservata, la quale offra opportunità di
contrapporre all'inestinguibile odio dei settarii l'indoma-
bile amore dei figliuoli devoti del dolce Cristo in terra.
Perciò il giubileo sacerdotale di Pio X fu di lunga mano
prevenuto e segnalato e in ogni angolo anche più remoto
sì vennero preparando dimostrazioni di riverenza al Papa
buono, che in meno di un lustro seppe guadagnarsi tutti i
cuori; perciò la celebrazione del cinquantesimo anniversario
della sua prima Messa va ogni dì in guisa più splendida
e magnifica improntando il carattere di solenne afferma-
zione mondiale della fede, passata trionfatrice sempre fra
le battaglie di venti secoli, a grandi caratteri immortalata
intorno la cupola gigantesca che fa da padiglione al se-
polcro del Pescatore di Galilea: Tu sei Pietro, e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa, Le porte delV inferno non
prevarranno.
II.
Simiglianti affermazioni si fecero frequentissime dal dì
che le sette, smessa la maschera, lanciarono contro il
Papa il loro ultimatum^ ingaggiando guerra di sterminio,
10 LXSSO GIUBILARE
e strettesi intorno al suo Trono gli attraversarono in tanti
modi la libertà del suo ministero universale di verità e di
rarità. Questo è un fatto di cui moltissimi di noi sono te
^timonii oculari e parte-
Durante il pontificato di Pio IX e massime nel terzo
e più calamitoso periodo di esso, gli omaggi del mondo
cattolico al Vicario di Cristo divennero così numerosi come
non erano stati mai. In meno di dieci anni furono cele-
brati con pompa fulgidissima il giubileo sacerdotale, il ven-
licuiqaesimo anno del pontificato romano, il giubileo della
coasacrazione episcopale di «^uel singolarissimo Pontefice,
che rese il papato immensamente popolare: e gli omaggi, a
lui prodigati da tutta la cristianità, rivestirono anche Tin-
liole specialissima di culto alla persona di lui. che parve
SI Tolesse tuttora vivo venerare come santo.
Sotto Leone XIII. le S43lennità, indirizzate a celebrare
qualche fausta ricorrenza della vita del Papa, si succe^Jet-
tero quasi senza intermissione, e in particolare i pellegri-
naci chiamarono in Roma ai pieiii del Supremo Gerarca
4^4 cattolicismo e sotto le volte maestose di S. Pietro,
*i DMÒ dire, tutta la terra. E certo dovrà ricoaos»?ersi da
»|U4*s:as: a:ecte non pre^:u»l:cata. che tutte queste ma-
tufesUzioQÌ di grandi consorzi d'ogni spfsrie. di società na-
zionali ed internaziocali. di popoli intieri, mosse sempre
da un doppio sentimento di amore al Paire trìl:M:»Iato e di
d<*t^st azione de "e beste:itmie correnti contr»? la fe<le catto-
lica, torr.ar'^iio etri/aoissiiiie a ritardare i pn^gressi della
S4'r^^t:3.^.:zzaz:orle con ta:ì*o ar i^^re prop^ossa dalla masso-
H'^na cos:::opoI:ta. e nel deplorevole abbandono dei go-
lerri e dorile rappreseritaii::e naz:oria!i. a st^icv^^re con vin-
ctC; più te:ia :i «li ubbidienza e di amore le anime alla Cat-
te ira di Pietro.
Ora ii-^i oi preL ariamo a festeggiare, oine si è tatto per
Pio IX e per Le«?::e XIII. il g:ub:>».^ s^ìoerì^taV di Pio X.
Senza dubbio, nessun divisximento più bxievole di questo
e insieme più proprio all'ora tristissima che volge. Peroc-
DEL SANTO PADRE 11
che se le afflizioni del Papa, invece di scemare di numero
e dMntensità, si sono accresciute, non può e non deve
punto diminuire nei figli lo zelo di lenirle con quelle di-
mostrazioni stesse di amore e di fede, le quali sappiamo
essere ai due predecessori di Pio X tornate sì care; e se
l'opera nefasta degli implacabili nemici della nostra Reli-
gione ha accumulato in quest'ultimo scorcio di tempo
maggiori rovine, se il pervertimento non ha fatto che di-
latarsi, l'odio di ogni santa idea e di ogni santa istituzione
che invelenirsi e diventare nei suoi sfoghi più petulante,
nelle sue minaccie più terribile, se ormai Colui che noi
veneriamo per rappresentante di Dio in terra è pubbli-
camente ogni giorno coperto di fango e gittato in pascolo
alla sozza plebaglia della strada, non dovremo noi con
più ardore appigliarci a tutte quelle cattoliche manifesta-
zioni che furono sperimentate sì salutari in passato?
111.
Non crediamo necessario dì enumerare fatti, i quali
stanno sotto gli occhi di tutti, e col frastuono che menano
ed il fetore che tramandano, proverebbero la realtà dello
espresso testé da noi in forma dubitativa eziandio a coloro,
i quali non avessero occhi. Nella gravissima Allocuzione
concistoriale or ora recitata dal Santo Padre, che noi pub
blichiamo immediatamente prima di questo articolo, si rive-
lano con accento dignitoso, ma pur pieno di lacrime, tutte
le tribolazioni presenti della Sposa di Cristo crocifisso. La
meditino quell'Allocuzione gravissima i cattolici : sentiranno
scendersi in cuore a ricercarne tutte le fibre il grido di
Paolo: Omnem tribulationem passi sumus: foris pugnae^
inlus timores^. Il Vicario di Cristo, pur sentendo indomita
la forza che Cristo stesso gli dà dall'alto di sovraneggiare,
a imitazione sua, la bufera, si vede dentro e fuori preso
in una fitta d'implacabili nemici e manifesta al mondo
' f . Cor. vu, 5.
12 l'anno giubilare
cattolico la stretta in cui si trova, diventata ora più spa-
ventosa, così perchè sono enormemente cresciuti gli assalti
antichi contro i dogmi, le leggi, la santità della Chiesa,
con somma rovina delle anime, secondochè dice di sua
bocca il Pontefice, né minor danno e sconvolgimento del
civile coìisorzio, come perchè la nuovissima peste del mo-
dernismo serpe nelle vene medesime della Chiesa, a met-
tervi in voga un dubbio metodico pieno di empietà circa le
basi sfesse della fede.
Nella qual condizione disastrosa di cose qual sia il do-
vere di ogni vero cattolico, ecclesiastico o laico, di qua-
lunque classe o grado sociale, qual sia il dovere delle as-
sociazioni, dei giornali, dei periodici e in genere della
stampa che ancora si fregia del glorioso titolo di cattolica,
non vi sarà, pensiamo, un solo, il quale chiarissimamente
noi vegga. E quindi la prossima ricorrenza del giubileo
sacerdotale di Nostro Signore Papa Pio X vuol esser colla
con accesissimo impegno da tutti per promuovere una ge-
nerale riscossa di tutte le energie e rannodarle in un vigo-
roso plebiscito di amore, che compensi il venerando Capo
della Chiesa di tante sofferenze. Ma il Papa non soffre
soltanto; combatte altresì con tutte le sue forze, senza posa,
per respingere gli assalti di tanti e così fieri nemici insieme
congiurati e serbare incolume la Fede. Bisogna dunque
che da questa generale riscossa nasca una unione univer-
sale di volontà, risolute a schierarsi contro l'oste nemica,
e che le schiere si ordinino difatto numerose per ogni
dove e scendano in campo con un grido solo prorompente
da lutti i petti: andiamo e moriamo con luil Solo così
potrà fiaccarsi la tracotanza di quelle orde, invase da un
vero delirio anticristiano, le quali d' innanzi a tanto ordi-
namento di forze cattoliche e papali saranno costrette a
ricredersi, ed a riconoscere, che la loro impresa di scri-
stianizzazione non è né sì agevole, né sì prossima al suo
compimento, siccome avevano pensato.
Ripetiamo che la celebrazione del giubileo sacerdotale
DEL SANTO PADRE VH
del Papa si porge opportunissima a questa necessaria ri-
scossa ; e avvaloreremo il nostro asserto coir autorità dello
Enaìnentissimo Cardinale Lorenzelli arcivescovo di Lucca,
che eccitando i suoi diocesani a concorrere di gran cuore
con tutti i cattolici alle feste giubilari, scriveva molto sa-
pientemente:
« Voi darete al forte e mite Pontefice un attestalo di
indomabile amore, d'inalterata fede e di viva riconoscenza.
Aduniamoci tutti! Le persecuzioni de' nostri nemici ci
spingano alla solidarietà nella lotta e nel dolore : la ricor-
renza soave ci chiami e ci raffermi nell'unione della ca-
rità e della gioia. Più patetica è la festa in quest'ora, cui
l'inferno circonda col sinistro rumore delle sue tempeste;
e noi perciò sforziamoci di rispondere pari alla grandezza
della cosa e alla profondità del significato. Mostriamo da
parte nostra, che se i figliuoli del mondo non hanno mu-
tato nelle loro pessime vie, neppure i figli di Dio hanno
abbandonato le vie della verità e della virtù, di cui Gesù
Cristo è principio e fine. »
IV.
Dalle notizie che leggiamo nell'apposito BuUettino, che
si pubblica in Roma per cura del Gomitato Centrale, costi-
tuito dalla Società della Gioventù Cattolica italiana affine
di promuovere le feste giubilari, abbiamo potuto inferire,
essere questo medesimo qui espresso dall' Eminentissimo
Arcivescovo di Lucca il pensiero animatore degli apparec-
chi, che si fanno con grande operosità non solo in tutte le
nazioni d'Europa, ma e nella Siria, negli Stati Uniti, nel
Canada, nel Brasile, nel Messico, e persino nell'India e nella
Cina. La Francia cattolica merita una speciale menzione per
le prove durissime, a cui l'anticlericalismo massonico la tiene
in modo selvaggio soggetta: essa, non ostante le sue angoscie,
dimostra uno zelo fervidissimo per la celebrazione del giu-
bileo del S. Padre e come esprime vasi il signor Blanchon
14 l'anno giubilare
ìiqW Eco di Fourvière, trae eccitamento al suo zelo appunto
dalle ragioni flagranti che ha di attestare a Pio X la
sua gratitudine e di riparare alle ofifese gravissime venu-
leyli dal governo francese. <( In questo momento special-
monte, i francesi provano il desiderio di manifestare la loro
riconoscenza verso Sua Santità Pio X, che ha assunto la
loro difesa in una maniera sì energica, pubblicando le ire
encicliche che formano l'ammirazione del mondo intiero.
„, Le circostanze si prestano alla manifestazione di questa
«gratitudine, ed è nostro vivo desiderio che il cuore di Pio
X possa essere consolato dalla pietà figliale dei buoni fran-
eerfi, dopo gli oltraggi ricevuti da parte di figli indegni e
ciechi ».
Or questo ragionamento, che vale per la Francia, non
pnlrebbe colle debite proporzioni applicarsi anche all' Ita-
liii? — Intanto è certo, che l'augusto Pontefice, nella sua
Allocuzione ai Cardinali poc'anzi mentovata, fra i sacrile-
{ilii attentati dell'empietà alla santità della fede ed alla
purezza del costume, onde ha il cuore infranto, novera
specialmente quelli di cui noi siamo stati testimoni non
gran tempo indietro in queste nostre stesse contrade; e il Papa
vuol dire delle contrade tutte d'Italia e anche di Roma.
Fu uno sfrenamento di passioni ignominiose, una vera ub-
ili iacatura anticlericale, che espose per mesi a tutti i lu-
iiibri cose e persone di chiesa, preti, frati, monache, ve-
scovi, cardinali, nella stessa Roma, sotto la vigilanza im-
tiiediata del Governo; di guisa che, cessata la personale
sicurezza, dovettero per ordine del Pontefice sospendersi
molti pellegrinaggi itahani e stranieri, già stabiliti per il
st^tlembre e i seguenti mesi del 1907, in onore del giubi-
leo sacerdotale. Poi si ebbe, è vero, un po' di tregua; ma
gli effetti di quei torbidi plebei e commovimenti di piazza
non cessarono del tutto ed anzi, come è noto, qui in Roma,
nelle elezioni comunali del novembre furono portati in
Campidoglio i più scamiciati anticlericali, compreso lo stesso
direttore de\V Asino, ove ogni settimana sono nel più or-
DEL SANTO PADRE 15
rendo modo vituperati i misteri sacrosanti della Fede e
r inviolabile persona del Papa, e a sindaco venne istallato
Tex Grande Oriente della Massoneria ed ebreo Ernesto
Nathan.
Per tutto questo si fa troppo evidente quanta ragione
avesse Sua Eccellenza Rev.ma monsignor Bisleti di scri-
vere al Conte d'Ursel presidente del Comitato dei pelle-
grinaggi belgi, in una lettera del 9 die. 1907, comunicata
al Comitato centrale del Giubileo di Sua Santità per nor-
ma di tutti i pellegrinaggi, che « lo stato presente non
è favorevole a giocondità ne propizio a dimostrazioni
di fede pur dentro la città di Roma ».' Laonde TEccmo
Maggiordomo di S. S. faceva conoscere che < Sua Santità
preferirebbe che i suoi figli celebrassero il felice avveni-
mento nei loro propri paesi, raccolti nella preghiera e intesi
ad opere di morale e materiale sollievo dei loro fratelli ». Ad
ogni modo, conchiudeva, direttori ed organizzatori di pel-
legrinaggi badino a prendere tutte le precauzioni necessarie
per guarentirne la tranquillità e la sicurezza K
Dacché il Papa sta chiuso in Vaticano, è la prima volta
che egli deve sconsigliare i pellegrinaggi, per tema d'in-
sulti attraverso le contrade italiane e in questa medesima
Roma, assicurata già al cospetto delle nazioni da parola
sovrana sede tranquilla e rispettata del Pontificato. Qual
rammarico per il dolce Pio X, come Capo dei fedeli di
tutto il mondo e come italiano, di dover confessare tanto
scadimento delle condizioni religiose dell'Italia e di Roraal
Ma* i sinceri e fervorosi cattolici d'Italia e di Roma deb-
bono ritrarne, anziché scoramento e sgomento, lena mag-
giore a gareggiare con i fratelli stranieri ed a superarli
ancora negli omaggi al veneratissimo Pio, per la sua festa
giubilare. Invece di note di gioia, saranno note intensifi-
cate di tenerezza figliale, che manderanno dal cuore af-
flitto col cuore del padre, stretti intorno a lui a piangere
ed a pregare. E sarà per noi occasione soprammodo propizia
1 V. L'Osservatore Romano del 15 die. 1907.
^^
16 l'anno giubilare
di contarci e di accertare la realtà delle stragi fatte dall'in-
sano spirito modernista nelle nostre file. Un nuovo soffio
scenderà dal Trono di Pio ad attizzare il sacro fuoco che
si venne affievolendo, perchè con rinnovato entusiasmo
religioso torniamo a combattere strenuamente per la nostra
fede, il nostro Capo Supremo, l'onore della nostra patria.
V.
Un giornale che si stampa a Roma in mediocre fran-
cese e che in certe sue divagazioni vaticane di quinta e
sesta colonna viene da un tempo in qua facendosi sempre
più pettegolo, con qualche pizzico altresì d'insolenza, ricor-
dava gli splendori delle feste del 1888 per il giubileo sacer-
totale di Leone XIll e la magnificenza della mostra vati-
cana di allora, affine di motteggiare sui festeggiamenti di-
visati dai cattolici per il giubileo di Pio X. Sembra che per
l'ameno scrittore non possa darsi altro modo degno e no-
bile di celebrare un fausto anniversario anche del Papa,
fuorché il fulgore abbagliante di tutte le pompe e le solen-
nità esteriori, fulgore che, nel resto, non mancherà pur in
questa occasione, benché per le luttuose ragioni accennate
debba forzatamente alquanto scemarsi. Ma non son dunque
nulla gli apparecchi, che ad invito caloroso dei Vescovi, di
comitati e delegati, di soci cooperatori e promotori, si fanno
per ogni dove ; apparecchi di luminarie, di funzioni magni-
fiche, di missioni popolari, di largizioni ai poveri, d'isti-
tuzioni durevoli, soprattutto per provvedere agli emigranti,
per istruire nella religione la gioventù, sbandire l'ignoranza
religiosa dalle plebi, raccogliere in leghe e società catto-
liche le moltitudini dei lavoratori a riparo dall'invadente
socialismo? Non son dunque nulla i sacrifizii che da mi-
lioni di cattolici si fanno non solo per raccogliere l'obolo
da offerire al Santo Padre nel giorno auspicatissimo, in
cui rinnoverà sotto la cupola di Michelangiolo, da Papa,
la prima Messa che egli celebrò or sono cinquant'anni, da
DEL SANTO PADRE 17
giovane prete di uà giorno, nella chiesa parrocchiale del
suo nativo Riese, ma altresì per rendere stabile in avvenire,
con annue ordinate contribuzioni, il soccorso del mondo
cattolico all'augusta povertà del Vicario di Gesù Cristo?
Non è nulla la fervida emulazione di mìgUaia di giova-
netti e di fanciulle in mettere assieme, coi risparmi sot-
tratti dai loro svaghi innocenti, l'oro richiesto a farne un ca-
lice, con cui il Papa celebrerà la sua Messa per il mondo
cattolico? E accanto a queste stupende dimostrazioni di
aflFetto degli umili e dei piccoli, come raddoppia il suo splen-
dore la pietà edificantissima del Re di Spagna, che affida
alla sua diletta sorella, l'infanta Maria Teresa, l'incarico di
organizzare comitati, i quali preparino ogni sorta di arredi
sacri da offerire al Papa per strenna del giubileo, acciocché
egli possa conforme al suo cuore arricchirne gli innume-
revoli altari e tabernacoli abbandonati del Re dell'Euca-
ristia! L'esempio del Re Alfonso non dubitiamo che avrà
imitatori tra i Sovrani ed i Principi del mondo cristiano.
Un conserto dunque magnifico di affetti, un concerto ar-
monioso di inni si leva dai dispersi lidi, nel giubileo sacer-
dotale del Padre di migliaia di uomini, qual dimostrazione
di gioia d'una immensa famiglia, che festeggia le nozze d'oro
del genitore, risalendo alle sorgenti arcane della propria
vita spirituale. Che era allo sguardo della Provvidenza, or
sono cinquant'anni, il modesto levita celebrante in lacrime,
nell'umile villaggio del trevigiano, fra l'ammirazione di sem-
plici agricoltori, la sua prima Messa? — Era il destinato Padre
di cento popoU, i quali un giorno da lui colla mente e col
cuore avrebbero attesa, da lui avrebbero ricevuta la vita
dell'anima, nel supremo magistero del credere, nella suprema
sovranità della grazia che fuga la morte e corrobora per l'im-
mortalità, nella giurisdizione suprema delle chiavi che aprono
e chiudono le porte del cielo. Paternità sublimissima, la quale
iniziavasi il 18 settembre 1858 colla ordinazione sacerdotale e
manifestasi ora nel 1908, con tutta l'ampiezza possibile a rag-
giungersi, nell'uomo salito per i singoli gradini della eccle-
tOÙ8, voi. t fiMC. 1381, 2 24 dicembre 19€7.
18 l'anno giubilare del s. padre
siastica Gerarchia al vertice supremo di Vescovo del mondo
cattolico I Paternità universale per l'influenza, universale
per l'estensione del benefizi, universale per lo spazio, uni
versale altresì per il tempo; giacché nel succedersi di cento
e cento pontefici sulla medesima Cattedra, per il corso dei
secoli, b sempre ad un solo, a Pietro, che Cristo dice : Pasci
i miei agnelliy pasci le mie pecorelle!
Nella paternità del Papa l'Italia ebbe sempre la sua
prima e più fulgida gloria e Roma la sua verace grandezza
di città eterna e universale. E l'ha e l'avrà ancora in quella
paternità medesima del Papa; benché segga ora in Cam-
pidoglio chi, la mercé della cazzuola e del compasso, pre-
tende raccoglierne l'eredità, raggiando di lassù, qual sole
oriente, ad illuminare ogni italo commune e ad indicare la
via da seguirsi. Il giubileo sacerdotale di Papa Pio X, Vi-
cario di Cristo in terra, é venuto in buon punto a mostrare
la goffaggine di quelle massoniche e bloccar de pretese ed
a dischiudere a noi, che fidiamo nei destini del Papato, un
più sereno orizzonte.
IL MODERNISMO TEOLOGICO
Da quanto abbiamo ragionato, sebbene in rapido com-
pendiOy intorno al modernismo filosofico ^ «- mentre se ne
fa evidente la ripugnanza assoluta ad ogni forma di reli-
gione, naturale o soprannaturale, come ad ogni filosofia
razionale e allo stesso buon senso, che è pure filosofia pe-
renne del genere umano — ne appare insieme, e per molte-
plici rispetti, r irrimediabile dissidio e Fincompatibilità radi-
cale con tutta la teologia cristiana e cattolica» Ma ciò in
generale : conviene ora vederlo nelle particolari applicazioni,
e, se non in tutte, che sarebbe un troppo lungo trattato,
in alcune almeno principali. Cominciamo dalle applicazioni
della filosofia modernistica alla fede e alle dottrine che
immediatamente si attengono alla fede : vedremo purtroppo
anche qui come il modernismo, oggettivamente considerato
nella sua essenza, non è credente, se non a parole o per
antifrasi ; anzi è per diametro opposto e ripugnante ad ogni
fede divina ed ai suoi fondamenti, checché sia poi sogget-
tivamente considerato negli individui, per una possibile e,
vorremmo sperare, non rara incoerenza. Noi seguiremo anche
qui i modernisti su le tracce dell'enciclica non solo, ma
anche delle loro dirette affermazioni, raccolte da lungo
tempo nei loro scritti, e non attenuate ora, ma aggravate
più che mai dair insolente linguaggio delle loro risposte
all'enciclica, siano esse di critici aperti, come quelli del
Rinnovamento di Milano, o di coperti e anonimi, come gli
autori del famigerato Programma di Roma. Che se di pre-
ferenza recheremo citazioni italiane, sarà da rammentare
tuttavia come più che altrove in Italia il modernismo è
psittacismro: onde i modernisti nostri appaiono tanto più ciar-
lieri, quanto più novellini e più gloriosi dell'imparaticcio
^ Vedi quaderni 1377-1979.
20 IL MODERNISMO
che da tempo ci vengono ricantando, senza forse scorgerne
— speriamolo ancora — tutto il veleno esiziale.
1.
E anzitutto — non diremo un paradosso, ma una verità
incontrastabile e per ogni buon intenditore chiarissima —
il modernismo è avverso alla fede per ciò stesso che
mostra di volerla troppo esaltare, deprimendo oltre misura
* l'intellettualismo >, la ragione e le sue prove. Esso ha
fatto proprio il detto del filosofo di Kónisberg, che è il
motto del proemio alla seconda edizione della Critica della
ragione pura e tutto il fiore di essa critica: <( Rimuovere
il sapere per dar luogo al credere > {Uas Wissen atifh^ben
um zum Olauben Platz zu bekommen). Esso accetta quindi
la critica e del Kant e dello Spencer: protesta di più
che per lui < la ragione ragionante non esiste », né ra-
gione speculativa, né ragione pratica, la cui testimonianza
rigetta come aprioristica *: altre vie addita * altre forme di
conoscenza finora poco apprezzate », in cui la fede trionfa,
né la contraddizione con la ragione fa difficoltà o inciampo,
ma diviene argomento e pietra miliare di progresso. Quindi
poi, a costo di contraddirsi subito, i modernisti ricorrono alla
ragione ragionante, alle sottili disquisizioni, agli avvolgi
menti, ai sofismi, pur di snervare tutte le antiche prove
razionali che si recano sia delle dottrine preliminari alla
fede e della' stessa esistenza di Dio, sia delle verità che ne
dimostrano prudente e obligatorio l'assenso, cioè dei mo-
tivi tutti di credibilità e anche del fatto stesso della rivela-
zione divina, che della fede divina é necessario presupposto.
E in ciò parecchi mettono uno studio così accanito di sotti-
gliezze e di astrazioni, una tanta voluttà di distruzione
* Programma dei modernisti. Risposta all'Eaciclica « Pascendi » (Roma
IflOS), p. 9697.
' Ausonio Franchi, Ultima critica. Parte prima. La filosofia delle scuole
ilaliane. (2* ediz.) Milano Palma, 1890, p. 55. La seconda parte è Del Seti-
TEOLOGICO 21
degli antichi argomenti, che maggiore non se ne vide forse
negli increduli antichi e moderni : se ne differenziano solo
nel pretendere che quest'opera di distruzione sia tutta
di edificazione: sia una «nuova filosofia», una nuova
apologia della fede. Noi possiamo ben credere che in al-
cuni questa Ulusione sia stata sincera. Ma ciò — giova ripe-
terlo — nulla toglie né aggiunge alla questione oggettiva,
alla somiglianza, diremmo quasi identità, del loro atteg-
giamento con quello del vecchio naturalismo e razionalismo,
molto meno alla gravità funesta delle conseguenze.
Di che recheremo un argomento troppo dimenticato,
ma tale che può bastare per molti e anche servire di esem-
pio ai « chierici nuovi », e cioè quello datoci da Cristoforo
Bonavino, prima sacerdote, poi uno tra i razionalisti del neo-
criticismo italiano più accaniti sotto il nome di Ausonio
Franchi, infine illustre convertito. Egli nel primo suo libro
scritto da razionalista — La filosofia delle scuole italiane —
finiva appunto dove i nostri modernisti cominciano: appli-
cava una critica spietata alle dottrine capitali della meta-
fisica, particolarmente a quelle dell'esistenza di Dio e di
altre verità previe alla religione cristiana. Non negava però
quelle dottrine come false, ma soltanto come non filoso-
fiche: ]e rimoveva in nome della ragione pura, perchè ra-
zionalmente non dimostrate né dimostrabih: né pure amava
di ammetterle in nome della ragione pratica, sebbene caldo
ammiratore del Kant perchè l'antitesi kantiana fra le due
ragioni non gli sonava bene, ed egli preferiva quella fra
ragione e sentimento : ma intendeva che tali dottrine <^ per
altra parte dovevano tanto più mantenersi in nome di un
intuito 0 sentimento spontaneo, di una fede naturale, perchè
psicologicamente e moralmente radicate nella vita stessa del-
Hmenio; la terza 11 rasionalismo del popolo; tutte e tre corrispondono
ad altrettante ,opere del razionalista, e ne sono vittoriosa confutazione,
ma sono insieme un'anticipata condanna del modernismo e dei modernisti
filoi<ofi. Forse perciò questi yi hanno fatto intorno quasi una congiura
del silenzio: ma Dio voglia che Io imitino piuttosto nel ravvedimento,
come l'hanno purtroppo imitato nel traviamento.
^ IL MODERNISMO
l'intelletto e del cuore ^. Cosi egli, accordandosi fin nelle pa-
role con l'assunto dei modernisti, come nessuno potrà
negare *, e preludendo in certo modo alla nuova « metafisica
dei bisogni» ; e aggiungeva egli per maggiore rassomiglianza :
* Quinfii voleasi negare il valore filosofico di quelle dottrine
non ^\k per distruggere, ma per salvare e raffermare il loro
valore reale e morale » *. Nel che il razionalista Ausonio
Franchi era meno audace dei nuovi metafisici, e nominata-
mt^nte di qualche pragmatista, maestro della nuova scuola,
il qiiak si contenterebbe dei valore morale.
Kppure odasi come il Franchi dopo ^c trentasette anni tra-
scorsi a continuare incessantemente lo studio della filosofia,
e massime della sua storia », dopo ^ le lezioni dell'espe-
rien^ia propria ed altrui, la pratica della vita privata e pub-
blica -^, aggiuntesi allo studio incessante, confessava il
HUo inganno e giudicava severamente il suo assunto: « Per
me il primo disinganno cadde appunto su Io scopo gene-
rale della mia risposta al Bertini {Idea di una filosofia
(ìdia vìia). Quella critica severa, spietata delle prove con
cui sogliono dimostrarsi le dottrine metafisiche del teismo
e spiritualismo cristiano, ebbe effetti tutto opposti a quelli
the io me ne riprometteva. In luogo di convalidare la ve-
rità naturale delle tesi abbattendo la validità razionale
delle pTOve, portò a giudicare false le une come le altre.
In luo^m di ehminare la scienza per esaltare la fede, riuscì
ad abolire l'una insieme con l'altra. Non risuscitò il sen-
timento religioso dalla tomba delle teorie metafisiche, ma
vi sei>]ielll anche quello sotto di queste. Potè fare degli in-
rrt^HuIi. ma non un credente » ^
C,m\ egli con una commovente sincerità, che ravvicina
il suo linguaggio a quello appunto onde Tenciclica rim-
provera ai modernisti l'esiziale frutto della loro critica kan-
tiana e^ agnostica. Né meno calzanti per i modernisti sono
^ ^ro^mmma dei moriernisH, specialmente a p. 96, e di nuoTO a p. 98,
a p. UìZ, 104 e altrove.
" finma Critica, p. 68 s. — » Ivi, p. 67, 58.
TEOLOGICO 23
le prove che reca il Franchi della sua disdetta: « Ec-
cetto quei pochi amici cui era troppo noto T intimo mio
pensiero, coloro da cui mi ebbi pubblicamente e privata-
mente, congratulazioni e lodi amplissime, eccessive; coloro
che mi si professarono debitori della loro emancipazione
da tutti i pregiudizi della famiglia, della scuola, della chiesa,
erano o atei e materialisti dichiarati, o liberi pensatori e
razionalisti, che volea dire scettici in filosofia e miscredenti
in religione ».
Siamo certi che molti dei modernisti potrebbero far pro-
pria questa confessione dolorosa: della contraddizione cioè
dello scopo a cui mirano o dicono di mirare, e dell'efifetto
a cui giungono miseramente.
E questa contraddizione è conseguenza necessaria del-
l'assunto, anche quando ai due termini dell'opposizione
kantiana, di ragione pura e di ragione pratica, si sostitui-
scano quelli tra ragione e intuito, tra scienza e sentimento,
come voleva il Franchi e come vogliono i modernisti coi
neo-critici o neo-kantiani: nell'un caso o nell'altro si
vuole affermata una verità, mentre sì nega il valore delle
prove e fin lo stesso fondamento, che è la veracità naturale
della ragione, come delle altre facoltà conoscitive.
Ora non è diflBcile scorgere — e ben lo notava lo stesso
Ausonio Franchi — che « il proposito di chi afferma una ve-
rità maitre nega ogni valore deUe sue prove, equivale in
ultimo costrutto a voler affermare quel che si nega o a
negare quel che sì afferma >. Perchè l'affermare indubita-
bilmente presuppone la certezza; la certezza, i motivi che
la determinano, e i motivi non sono altri che le prove della
verità. Dunque negare le prove di essa verità è togliere alla
ragione ogni possibilità di affermarla e perciò di conoscerla:
è un dire propriamente che quella verità non è verità; ov-
vero con una versione più esplicita, equivale a discorrere
in questa forma causale: Affermo che la tal cosa è vera
perchè la ignoro ; o in quest'altra forma illativa : Non posse
affermare che la tal cosa è vera: dunque l'affermo.
2i IL MODERNISMO
Ora, conchiude il razionalista convertilo, non è egli con-
tradditorio in se stesso un simile discorso? *.
II.
E la contraddizione cresce quando il modernista col suo
criticismo rigetta gli argomenti dell'esistenza di Dio, le prove
del fatto della rivelazione, i motivi di credibilità non solo
come insufficienti, ma come falsi, come sofistici, come pe-
tizioni di principio, e via via, al modo, per es., del Le Roy
in Francia, del Tyrrell in Inghilterra, dei loro pedissequi
e più o meno « franchi discepoli » in Italia. Poiché se T in-
sufficienza delle prove ci ritira dall'affermazione della ve-
rità, la falsità di esse ci spinge naturalmente alla nega-
zione. Tanto più che il modernismo sovente non giudica
solo falsa l'una o l'altra prova, ma tutte generalmente
quelle che furono proposte finora, anzi dichiara impossibile
trovarne una vera* : non vuole altro che l'intuito o il senti-
* Ivi, p. 59, 60. Secondo Igino Petrone, nel lìinnovamento (selt.-ot-
tobre 1907, art. L'enciclica di Papa Pio X) dovrebbe invece essere questo
un discorso profondo ; giacché, biasimando Tenciclica, egli leva a cielo i raoder-
nisli, i quali escluse le altre prove e seguendo «direzioni idealistiche e vo-
lontaristiche... prossime al ciiticismo (kantiano), hanno affermato Tevidenza
probante della certezza interiore e spirituale deiresistenzadi Dio », «hanno
inaiatilo sul valore criteri alogico della credenza, come atto e come abito
dì affermazione o posizione reale deiresistenza di Dio > : in altre parole per
ttiLio argomento hanno allegato la loro fede o persuasione istintiva, non
appoggiata su prova qualsiasi razionale. Poiché, come c'insegna il Petrone
stesBO, « la credenza di cui parla la scuola del dogmatismo morale (e a cui
ath ibuisce tutto il valore criteriologìco) è Tatto di affermazione esistenziale
detroggetto stesso della speculazione razionale: un potere dello spirito che
accede alla stessa ragione e traduce la necessità ideologica delle deduzioni
di ijuesta in una posizione di esistenza reale»; cioè, in termini spicci, si
conTonde con un assenso cieco spiegato alla kantiana, siccome quello che
senza altra prova afferma esistente ciò che sarebbe pura necessità ideolo-
gica senza oggettività alcuna I — Che sapienza!
* « Noi non possiamo più accettare — essi scrivono — una dimostrazione
di Dio che s* innalza su quegli « idola tribus » che sono i concetti aristo-
leiìci di moto, di causalità, di contingente, di fine. Anzi... se la dimostra-
zione di Dìo dovesse essere essenzialmente vincolata a questi concetti, il
TEOLOGICO 25
mento spontaneo che esso confonde con la testimonianza
della coscienza, né l'ammette già quasi valevole a dimostra-
zione deiresistenza di Dio ma a mera « giustificazione della
fede nel divino». Così si esprimono gli autori del Programma S
sebbene altrove parlino anche di dimostrazione e di argomen-
to, ma estraneo alla ragione: «l'argomento della coscienza
operante che porta nelle contingenze della sua vita fittizia il
bisogno ansioso del divino, e riesce a vivere più nobil-
mente la sua vita solo a patto dì percepire questo bisogno
e di soddisfarlo in quella esperienza religiosa che l'ambiente
e la formazione storica in cui si trova a vivere naturalmente
gli impongono» *. A questo girigogolo di parole buone a giu-
stificazione di una fede qualsiasi, fosse pure politeista, non-
ché maomettana o buddista, si riducono tutte le prove del-
Tesistenza di Dio, dei motivi di credibilità, di tutte le verità
preambole alla fede, secondo i modernisti.
Ma chi ha occhi in fronte vede tosto quanto sia arbitra-
rio e incoerente anche questo argomento per chi ha negato la
ragione ragionante, anzi generalmente la veracità delle fa-
coltà conoscitive, il valore obiettivo della cognizione, nonché
la dimostrazione fondata sui concetti di moto, di causa-
lità, di contingente, di fine, come nega il modernista re-
cisamente '. Con ciò egli si costringe a non uscire dai feno-
pensìero critico contemporaneo avrebbe aperto definitivamente le vie all'atei-
smo». Programma^ p. 103 s.
« Ivi, p. 99.
* Ivi, p. 104.
* V. p. es. il Programma a p. 95, e da capo a p. 98, a p. 103 e altrove
ripetutamente. A questo proposito è da rammentare come tutti i modernisti
inquanto fautori deWirnmaneìteat benché digradino in mille sfumature —
dal puro empirismo della cosciema religiosa di William James al contatto
mistico del Fogazzaro o airesperienza emozionale dei modernisti del Pro-
gramma — convengono nella sostanza dell' immanentismo psicologico, che
é non solo attenersi all'argomento psicologico e morale esclusivamente o
quasi, ma presumere di trovare Iddio e generalmente le verità metafisiche
nei fenomeni interni e soggettivi dell'anima. Ora questi, studiati in sé, non
ci conducono che ad un mero empirismo positivista. A trovarvi Iddio e in
generale verità metafisiche è necessario risalire alle cause, studiare cioè 1
dati intrìnseci non solamente in sé, ma relativamente alle loro cagioni pros-
26 IL MODERNISMO
meni o « bisogni >^ interni e soggettivi in quanto tali, né
può di essi ricercare o arguire una causa prossima o remota
f'he sia. Dunque per trovarvi il divino dovrà supporlo o iden-
tificato con la coscienza ovvero suo naturale compimento
(panteismo) o a lei presente come oggetto immediatamente
conosciuto (ontologismo), ovvero rappresentato per un'idea
0 specie intelligibile congenita o innata (innatismo), che è
una forma più mite di ontologismo.
Dell'ultima di queste tre supposizioni non debbono
contentarsi i modernisti, non tanto perchè essa ha troppo
del l'arbitrario e ripugna ad ogni fondata esperienza non
meno che alla retta ragione, ma più perchè avrebbe ancora
troppo d'intellettualismo. Dalla prima, poi, che è l'ipotesi
panteistica, sembra che i più finora rifuggano apertamente
con orrore delle conseguenze se non dei principii. Non resta
dunque che la seconda, alla quale danno una forma molte-
pliee, secondo i gusti, e generalmente al tutto soggettiva
e capricciosa. Ma non è essa perciò nuova nella sostanza,
cioè nel tentativo di ricorrere slW intuizionismo mistico,
ad una certa fede d'istinto, anzi al senso stesso e all'espe-
rienza del divino, come fonte prima di certezza: tentativo
sovente ripetuto da altri in forme e sistemi diversi, dopo
intorbidate le fonti genuine della certezza e oscurato il criterio
dell'evidenza dallo scetticismo cartesiano e dal conseguente
criticismo kantiano.
III.
Già infatti, per isfuggire alle rovine dall'uno e dall'altro
accumulate, dottori cattolici e protestanti vollero ricorrere
alle vie della fede; onde la ragione dichiarata impotente a ri-
trovare per dimostrazione rigorosa la verità, non avendo
d obito né potere di cercarla come cosa ignota, l'avesse
di riconoscerla e d'intenderla come cosa affidata o tra-
sime e remote. Il che non si può senza qualche uso di raziocinio, o almeno di
j.-ijgnizione mediata ; né con ciò sì resta neìV ì mmanema ; ma si passa alia tra^
^eendema. Cfr. Ballerini, Il principio di causalità {FìT^nu^X^Q^^ p. 288 ss.
TEOLOGICO 27
smessa. E più oltre, dovendo spiegare donde l'intelletto ri-
ceva la verità, o donde gli sia tra:?messa — mentre altri im-
maginarono una rivelazione esterna, cioè il linguaggio e il con-
seguente magistero, come in Francia particolarmente, i tradì
mnalisti — altri l'immaginarono interna, psicologica; onde
la visione di Dìo del Malebranche e dei susseguenti ontologi, o
piil espressamente tra i mistici, i pietisti, i sentimentali di
varie scuole o gradazioni, il senso del divino, senso spiri-
tuale intemo, di gran lunga più nobile del corporeo, cioè
percezione immediata del mondo soprasensibile, supposto
presente allo spirito, come il sensibile è presente ai sensi
del corpo, secondo la filosofìa del Jacobi e di altri prote-
stanti di Germania. La persuasione poi che quindi s'in-
genera nell'anima, fu per essi chiamata fede, ma fede al
tutto naturale, e stabilita come fonte prima di certezza.
Con ciò, ad es., il pietista Jacobi pretese opporsi al cri-
ticismo e al panteismo, screditando ogni uso di logica, di
speculazione o di critica naturale, esaltando solo il senti-
mento dell'uomo dabbene e a lui attribuendo una intui-
zione immediata delle verità che non si possono raggiun-
gere se non per via di ragionamento o almeno di cognizione
mediata, come la verità dell'esistenza di Dio. Ma egli con
siffatte esagerazioni di dogmatismo, che molto si appressano
al dogmatismo morale dei modernisti, col ricorso continuo
alla fede naturale, al sentimento e alla coscienza morale
riaprì per altro verso Tadito allo scetticismo, raccostandosi
al Kant, ch''egli presumeva combattere col suo intuizionismo.
Infatti questa e tutte le precedenti forme di fede sogget-
tiva, di ontologismo o di intuizionismo che si dicano, da una
parte accennano a confondere l'ordine naturale col sopran-
naturale : e dall'altra, escludendo ogni uso previo dì ragione,
come ogni valore dì argomentazione e il criterio stesso del-
Tevidenza, non valgono a fondare niuna certezza di proprio
nome, neppure quella del testimonio della coscienza, come
già fu accennato: possono fondare solo una cieca affer-
mazione, ossia la persuasione di un allucinato : l' illusione.
28 IL MODERNISMO
E illusione è appunto la loro pretensione commune, di
ricercare come necessaria ad ogni cognizione, non più la
somiglianza intenzionale della mente con l'oggetto — sa-
rebbe questa dottrina degli scolastici — ma un immediato in-
timo congiungimento e quasi identità della mente stessa con
l'oggetto intelligibile in sé; un afferrarlo insomma, non già
intenzionalmente nella sua ragione formale, ma fisicamente
per un'apprensione concreta di esso nella sua propria e reale
entità; ovvero, secondo il nitido parlare di altri modernisti,
« uno sforzo dello spirito che cerca di possedere meglio il
reale e di più utilmente servirsene attraverso gli schemi men-
tali. » Ciò rispetto alla cognizione degli oggetti sensibili è
assurdo per una parte, e per l'altra è distruttivo di ogni
cognizione intellettuale; poiché si rende così affatto sogget-
tiva, supponendosi non più conforme a realtà, bensì a schemi
o forme kantiane a priori. E non meno é assurda questa
supposizione rispetto alia cognizione della esistenza di Dio,
degli attributi divini, e generalmente delle verità soprarazio-
nali, giacché qui sopratutto né l'unione fisica immediata
con l'oggetto né l'intuito non può ammettersi da mente
cattolica se non nella visione o cognizione beatifica di Dio,
con cui cessa la cognizione naturale analogica e quella so-
prannaturale di fede.
Ma quando pure si concedesse questa immediata ap-
prensione, questo contatto sensibile e spirituale del divino,
questa « esperienza interna ed emozionale del divino pre-
sente in noi » S secondo il diverso parlare dei modernisti,
non potrebbe escludere lo scetticismo né dar luogo a cer-
tezza, di scienza o di fede che sia, stando al sistema kantiano
e a quello degli intuizionisti modernisti. Poiché se la cogni-
zione intellettiva astratta non é ammessa, se non si può
ritenere conforme all'oggetto, o se tale conformità non è pos-
sibile a verificare, come dicono, perché non si potrà dire
altrettanto, e a pari diritto, dell'esperienza o intuizione
supposta? Che se essi oppórranno il testimonio della co-
' Programma cìt. p. 98.
TEOLOGICO 29
scienza o il criterio dell'evidenza, si condanneranno da sé;
poiché questo ci assicura egualmente il valore certo e obiet-
tivo, che essi negano, delle altre cognizioni fuori della intui-
zione sperimentale, come accennavamo nel precedente arti-
colo a proposito della fratellanza tra criticismo e agno-
sticismo, kantiano e spenceriano.
0 dunque ammettere il valore di quelle o negare anche
il valore di questa : non c'è mezzo. Ed è ciò sì chiaro che i
kantiani più conseguenti non riconoscono oggettività neppure
all'intuizione: per essi la cognizione non tocca l'oggetto
reale, non attinge altro che se stessa. Perciò appunto é chia-
mata fede, in quanto non pretende negare l'oggetto —se lo
crea anzi o se lo foggia « attraverso gli schemi mentali >,
cioè secondo le sue forme soggettive — ma non iscopre,
non sa nulla della realtà oggettiva.
IV.
Quindi s'intende come la fede dei vecchi e dei nuovi
kantiani abbia per suo oggetto ciò che è inconoscibile;
ed è inconoscibile tutto ciò che esce dai limiti dell'espe-
rienza e perciò è sbandito dalla scienza, o vogliasi dire
dalla conoscenza; giacché il costei valore tutto dipende
dalla esperienza dell'oggetto, secondo i filosofi moderni
dopo il Kant: dalla esperienza esterna dei sensi, secondo
il positivismo materiahsta; dalla esperienza interna della
coscienza, secondo il neo-positivismo e il neo kantismo.
Una fede sifl^atta è dunque meno di un'opinione qual-
siasi; non è affermazione propria, né vera adesione biella
mente, né pure cognizione propriamente detta: è, come di-
cono, uno « stato d'anima », un sogno di poeta o d'illuso, e
nulla più. « Per usare il linguaggio kantiano — ascoltisi di
nuovo Ausonio Franchi — la ragione sa che l'anima, il mondo
e Dio non sono enti reali, cose in sé, ma semplici idee, a cui
non corrisponde nessuna realtà oggettiva, e pure nei suoi
pensamenti e nelle sue deliberazioni deve comportarsi come
30 IL MODERNISMO
se (als oh, ìq carattere distinto anche nel testo) quelle idee
che non rappresentano alcun oggetto reale, s'avessero la
massima realtà * '. È un'illusione insomma — e l'esempio è
del Kant nella sua Appendice alla critica trascendentale —
simile a quella che ci fa vedere gli oggetti dietro lo specchio:
sicché bene interroga il kanlista convertito, e noi con esso:
che fede può mai esser quella ? o non dovrebbe essere così
finta la fede come è finto l'oggetto? — Ora è tale appunto
la fede del modernismo filosofico, quella su cui egli stabi-
lisce la dimostrazione di Dio e tutta la sua teologia fon-
damentale: fede che si vuole valevole come fatto speri-
mentale, non come dottrina.
Ma il modernismo teologico, pur consentendo in così
fatta filosofia, vi ha trovato un riparo: ha trovato che questa
fede si può conciliare benissimo, anzi è tutt'uno con la fede
cattolica, con la fede soprannaturale e divina. E come? Con
un ripiego semplicissimo: quello di ridurre anche la sua
fede soprannaturale, di credente e di cattolico, ad un ge-
nere di esperienza interna, ad una intuizione della co-
scienza o del cuore, ad una emozione di tnto vissu,ìa^ o
simile senso interiore, secondo la varia e inesauribile loro
dovizia di « formule » o di « gergo > anti intellettualiata. La
quale esperienza tuttavia si dice succedere < in maniera che
sfugge alla analisi » ', eppure essere di un ordine totalmente
diverso e perciò lontana affatto da ogni incontro o possi-
bile contrasto con quella di ordine scientifico; sicché essa
verrebbe a rendere assurda l'idea stessa di accordo o di
^ Ultima critica, p. 68 s. Dal sacerdote cattolico, neokantista convertito,
non 4ì^i!orda in ciò gran fatto il neokantista più ostinato e più bellicoso, il prò-
te^^tante Paulsen, come si può vedere da parecchi suoi articoli, — partioo-
lannente da quello intitolato * Kant U filosofo del protestantesimo i» — che
reccntt^mente furono voltati con uno siile da ostrogoto in italiano e pub-
blicati dai Bocca nella loro Piccola biblioteca di scienze moderne, col titolo
molto scientifico Contro il clericalismo (Torino 1907). Questo infatti — il
clericalismo — è Tav versarlo più inesorabile della filosofia e della fede kan-
tiana, secondo il Paulsen; e anche in questo gli consentono 1 modernisti, cosi
feroci aaticlericali.
* Programma, p. 106.
TEOLOGICO 31
contraddizione tra scienza e fede : tale sarebbe la fine — ci
annunziano — del concordismo.
La soluzione è radicale, è spedita: non si può negare;
ma, disgraziatamente, è anche la più malefica e la più in-
coerente nell'apparente sua facilità. E l'incoerenza, come
osserva bene l'enciclica, balza fuori ad ogni tratto dall'espo-
sizione stessa del modernista credente, e fin dal bel primo
nell'opposizione in che egli si mette con se stesso, con-
trapponendo al filosofo, al dotto, allo scienziato il cre-
dente. Basterà una rapida sintesi delle teorie modernistiche
su questi punti, per giudicarne.
Noi abbiamo veduto che in forza del suo scetticismo
si dica esso criticismo kantiano o agnosticismo spenceriano,
— riaffermato l'uno e l'altro nelle varie risposte all'enciclica,
quanto al punto sostanziale * — il modernista nega di fatto la
oggettività della cognizione, quindi la veracità stessa delle
facoltà conoscitive che ammette, della ragione non meno che
deUa coscienza, in quanto si riferiscono all'oggetto este-
riore e ne affermano l'esistenza reale. Quindi anche, per
ciò che riguarda la fede e l'oggettività del credere, come ben
dichiara l'enciclica, il modernista, in quanto filosofo, non
può né si cura di affermare, molto meno dimostrare, se
l'oggetto di essa fede, cioè la realtà divina, esista altrove
fuorché nell'animo del fedele. Ma in quanto credente, eglr
l'afferma come esistente in se stessa, mettendosi in contrasto
col filosofo o, per usare il termine modernistico, « superan-
dolo, oltrepassandolo » : per fondamento poi della sua asser-
' Cf. p. es. Programma, I. e, p. 96, 97 ecc. Diciamo ora solo della sostanza,
di esso criticismo e agnosticismo ; perchè i modernisti non potendo negare
questo, vi sorvolano, esagerando in quel cambio le loro differenze che sono
meramente accidentali o secondarie, anzi, d'ordinario, meramente apparenti. Dì
che non ebbe sospetto Igino Petrone nel fi innovamento, mostrando un'i
Krtoranza della quistione, pari solo all'orgoglio con cui bistratta renciclica
<ia lui totalmente fraintesa.
32 IL MODERNISMO
zione assegna l' esperienza individimle, cioè una certa in-
tuizione del cuore, che ingenera una sì profonda persua-
sione da vincere ogni altra persuasione o esperienza ra-
zionale.
E per meglio intendere ciò, è da ricordare come, secondo
il modernista, l'uomo urtando al confine doppio da cui si
trova limitato — il mondo esteriore e la coscienza inte-
riore — s'imbatte di fronte a l'Inconoscibile, o come altri
dicono con parola non meno vaga, l'Assolulo, sia che questo
suppongasi al di fuori, quasi incarnato nel fenomeno, sia
che dicasi interiore, profondato nelle latebre della subco-
scienza: quindi una commozione, un sentimento, un « biso-
gno ». Questo inchiude o apprende la realtà del divino, e
tuUiivia (notisi bene) < non come idea che si deve pensare,
ma come realtà che si deve vivere >: una ^esperienza» in-
somma emozionale, o come anche, parlano, una coscienza
(piuttosto un atto della coscienza), una intuizione interna:
con questa si trova per un « contatto diretto » (il contatto mi-
stico del romanziere) neW immanenza la trascendenza, nell'io
Iddio. Questa esperienza del divino è fede per il modernista
credente, in quanto è sentimento e coscienza, o più esatta-
mente si dovrebbe dire, atto o intuizione della coscienza:
in quanto è atto del manifestarsi divino, o il divino stesso
man ifestan tesi, è rivelazione; giacché la rivelazione è « parte
integrale della coscienza ». La communicazione poi della
esperienza originale, fatta ad altri mercè la predicazione
pei mezzo di una forinola intellettuale, diviene la tradi-
zione, e ad essa va attribuita, per via della formola, una
virtù rappresentativa non solo, ma anche suggestiva, atta a
ravvivare e ingenerare il sentimento e la esperienza reli-
giosa. Che se questa vive, è vera; perchè è vero ciò che
vive: verità e vita sono una cosa.
Di che si vede tosto come anche per questo solo ri-
spetto, secondo che nota l'enciclica, tornano vere quante
religioni hanno vita. E quindi appare altresì, ciò che già fu di-
mostrato* per altri capi di argomenti, come un tale moder-
TEOLOGICO 33
nismo — meaire tende socialmente a sottomettere le se-
colari dottrine della Chiesa all'opinione corrente, alle idee
fuggevoli dei sistemi filosofici della moda — mira indivi-
dualmente a sottomettere la verità oggettiva, filosofica e teo-
logica, alla coscienza individuale, al privato sentimento;
corre insomma ad un soggettivismo pienamente naturalistico,
al quale non giunse mai il vecchio naturalismo dei liberali.
Segue a ciò la supposta separazione totale, assoluta, tra
fede e scienza. Poiché quella riguarda un oggetto che questa
ha per inconoscibile, cioè le cose divine. E anche quando Tog-
getto è del mondo sensibile, poniamo fatto storico come
la vita umana di Cristo, la fede lo trasforma e lo svisa, tra-
sferendolo dal mondo sensibile al divino, non più conside-
randolo secondo la realtà storica, ma secondo quella indotta
e, come dicono, vissuta dalla fede e per la fede : una specie
insomma di apoteosi o divinizzazione del fenomeno ossia
fatto storico, separata perciò in teoria dalla scienza e dalla
storia. Ma in realtà, la supposta separazione si fa riuscire
infine ad una vera subordinazione della fede alla scienza;
giacche nel dominio della scienza cade anche il fatto reli-
gioso, massimamente le « formole > o i dogmi — anzi vi cade
pure l'idea divina, se non la realtà di Dio (la quale è solo
oggetto delVesperiema di chi crede, esperienza sottratta alla
scienza) — e di più il credente ha bisogno, per evitare un dua-
lismo doloroso, di accordare la sua fede con la scienza. Quindi
Tevoluzione religiosa segue e si accommoda alla evoluzione
intellettuale e morale, siccome a lei subordinata. — Nel che
da capo si mostra un pretto naturalismo che finisce da ultimo
ad un evoluzionismo radicale, come il simbolo-fideismo
di Augusto Sabatier, di Giorgio Tyrrell, degli anonimi au-
tori del Programmai dei modernisti.
Tale è la sintesi della fede modernistica, in quanto ri-
sulta condannata dall'enciclica, cioè in una delle sue forme
più risolutamente audaci: travolgimento intero delle dot-
trine cattoliche intorno al concetto di fede, e quindi di
rivelazione, d'ispirazione, di tradizione: separazione o piut-
1008, voi. l fase. 1381. 3 26 dicembre 1907.
34 IL MODERNISMO TEOLOGICO
tosto opposizione tra fede e scienza, e infine una vera su-
bordinazione della prima alla seconda, cioè una effettiva
soppressione della fede stessa. La fede non più essenzial-
zial mente assenso della mente, o atto intellettuale, ma con-
senso di volontà, atto ^c emozionale » : derivata non più da
rivelazione divina ma da un senso psicologico, ridotta al-
l'intuizione, all'esperienza o coscienza interna: la rivelazione
supposta parte integrale di questa esperienza stessa e sua
espressione spontanea; la ispirazione un impulso a «for-
mulare > l'esperienza ; la tradizione una trasmissione di
esperienza; il dogma, formulazione pratica o provvisoria
di esperienza; e brevemente, tutto spiegato in ordine alle
esperienze interne, o come anche dicono, alle coscienze,
individuale e collettiva, in questo nuovo positivismo che si
vanta positivismo spirituale. Di tutto questo sistema di fede
nuova si possono ben antivedere di primo tratto le applica-
zioni necessarie e le conseguenze estreme rispetto alle rela-
zioni della fede con la ragione e la scienza, rispetto al dogma,
al rito, alla società ed autorità religiosa, alla Chiesa ed al
Papa, a tutta la religione insomma; applicazioni e conse-
guenze così estreme che a molti cadrà il sospetto esservi
forse esagerazioni nell'esposizione dei principii.
Ma noi restringendoci ancora all'idea modernistica della
fede, che è fondamento delle altre nella nuova teologia, ve-
dremo facilmente la triste realtà e insieme le vecchie origini
della sintesi qui sopra abbozzata su la traccia dell'enciclica
e su le fonti modernistiche: dopo il che si chiarirà anche
meglio sotto nuova luce, quanto già appare dalle precedenti
dimostrazioni: assurdità filosofica, empietà teologica, ipo-
crisia pratica del sistema : « sintesi di tutte le eresie » ; non
professione di fede, ma d'infedeltà.
UN NUOVO CRITERIO DI ESTETICA
I.
Intorno al libro di Benedetto Croce sopra VEstetica S
uscito qualche anno fa, molto s'è discusso e parlato: e
conviene che anche noi ne diciamo qualcosa, specialmente
ora che si tenta dall'autore e da altri di rinnovare la vieta
filosofia su cui la nuova estetica dovrebbe fondarsi. Lode
e biasimo, men di questo che di quella secondo i sistemi
e i criterii estetici, si versarono sopra il libro: segno che
esso esce dalla volgare schiera, e può far un gran bene
o un gran male.
Noi non ci facciamo paladini né avversari del Croce,
coraggioso vessillifero d'un programma estetico radicale.
Vogliamo solo nell'esame del suo libro dir al pane pane e
cacio al cacio, non schivi d'accogliere quanto di buono ci
verrà trovato.
In quest'impresa altri già sono andati al palio, tra gli
altri, Mario Pilo e Manfredi Porena. Al primo l'esame del-
l'Estetica del Croce mise « in fermento tutta una provincia
del cervello, tutta una categoria di cognizioni, tutto un
gruppo d'idee, anzi, e meglio, tutto un sistema organizzato
e quasi cristallizzato, di dottrine intorno ad un vasto sog-
getto di ricerche, di meditazioni e di discussioni lunga-
mente ed amorosamente seguite >, materia che rappresen-
tava, dice lui, « la parte maggiore e migliore del mio patri-
monio intellettuale, messo insieme con lungo studio e con
grande amore in ormai quindici anni di letture e di espe-
rienza immediata. > Di tale scossa data al proprio edificio*
il Pilo seppe grado al Croce, benché a scongiurarne il to-
^ Estetica come sciensa delV espressione e lìnguisfica generale. Teoria
e storia, 2* ed. riveduta daU'autore, Milano-Palermo, Remo Sandron, 1904.
36 UN NUOVO CRITERIO
tale sfacelo e la rovina, si parasse dinanzi all'amico, perchè^
diceva a' suoi leggitori, « né la sua critica è in tutto ac-
cettabile né indiscutibile la sua teoria » \ Meno rassegnato
e disposto a tanto disastro e ad assidersi sui ruderi della
propria casa, fu il professor Porena, il quale, dopo aver
inalzato il suo particolare sistema d'estetica, edificio assai
diverso da quello del Croce, non seppe annidarvisi o an-
darsene in pace, e, coU'arco dell'intelletto teso al riparo»
armeggiò disperatamente contro l'insorgente nuova teoria
crociana che sembrava uccidere la sua pur nelle fasce.
Perchè, soggiungeva, è quel « recente sistema così singolare
e, ad un tempo, così semplice, così freddamente ragionante
e così terribilmente rivoluzionario, così sicuro di sé e così
convinto della falsità fondamentale di tutti gli altri che a non
sbarazzarne il terreno si risicherebbe di esser preso da qual-
cuno per tardivo solutore d'un problema ormai sciolto senza
più. » Il Porena sfidò ogni pericolo, da campione sicuro del
fatto suo, assaltò il campo nemico, e, per usar la sua audace
imagine, aflFerrò per il petto l'eroe avvolto nell'oscurità delle
sue dottrine, gli accese il lume sotto il viso e ne svelò il fatuo
eroismo, in quella che, diceva lui raccontando l'aneddoto < i
deboli, i timidi, gl'irresoluti, gl'impreparati, gl'indifferenti»
tutti i rettili, tutti i molluschi, tutti i parassiti, tutti gli
eunuchi del pensiero si lasciano imporre da tale piglio spa-
Valdo; e gli cadono alle ginocchia o si tengono a rispettosa
distanza > *.
Peccato che all'eroe non restò bruciata la barba, do-
v'era il velen dell'argomento; e il prof. Porena ne sentì
poco dopo tutto l'amaro ^ Né fu il solo, perché un poco-
lino ne provò anche il Bertana ed altri che aveano criticato
l'opera dell'eroe. Essa invece era piaciuta al collaboratore ed
* Una nuova concezione dell' Estetica nella Nuova Antologia, 1902,
Sett. Olt., pag. 516 e seg.
* Che cosa é il bello 1-^ Schema d'un' estetica psicologica, Milano, Hoepli,
1905, pag. 407, e 483.
3 Vedi La Critica di Napoli, 1905, pag. 416.
DI ESTETICA 37
amico del Croce, il prof. Giovanni Gentile, il quale encomia-
tone prima la Tesi fondamentale, come « una delle opere più
importanti prodotte dalla nostra letteratura filosofica dal '60
in qua » \ all'apparir del libro che più ampliamente la svol-
geva e chiariva, ne lodò l'autore siccome quegli che aveva
« soddisfatto un desiderio comune a quanti sono in Italia
stanchi ormai dell'indagine minuta de' singoli fatti, senza la
luce e il calore di un' idea che, piccoli e grandi, li irraggi
dall'alto e rischiari e rianimi di quella vita spirituale che
compete a tutto nella mente dell'uomo > *.
Quel desiderio veramente c'era, e più o meno lo sen-
tivamo anche noi. Vari tentativi s'erano già fatti per trovar
una via d'appagarlo e il Valensise n'avea additata una si-
curissima '. Che poi l'idea del chiaro professor Croce, per
quanto proposta a mo' di trattato scientifico, d'Estetica, come
a dire, prima, ossia come una Metafisica dell'arte quale già
Tavea intraveduta e tentata il MoUière S sia alcunché di
meglio che un poderoso « tentativo teorico », come egli lo
chiama \ per toglier tutti i dispareri particolari colla distru-
zione dialettica di tutte le differenze fin qui introdotte e
ammesse bene o male da' dotti, la è questione di logica,
d'osservazione e di prova di fatto. Anche La Critica, pe-
riodico diretto dal medesimo autore, fornisce assai chiari-
menti alla sua teorica estetica. Ma a valutarne il peso e l'ef-
ficacia è da aver l'occhio più particolarmente alle asser-
zioni formali del libro, codice e norma della critica crociana,
come di leggieri si pare da' suoi scritti.
* Giornale storico delia leti. Hai,, v. 87, pag. 437.
* Ivi, Tol. 41, pag 89.
3 MoNS. D. M. Valbnsise. DelVEstetica secondo iprincipii delV Angelico
Dottore S. Tommaso, 2^ ediz. riveduta e ritoccata, Roma, Desclée, 1903, 2
Tolumi.
* MoLLiÈRE, Métaphysique de Vari, Nouvelle édit., Lyon, Scheuring,
1868.
» Estetica, pag. Vili.
38 UN NUOVO CRITERIO
li.
Uno de' punti capitali per noi e pel Croce si è questo:
con quali criterii va fatta la critica di un libro d'Estetica,
Se guardiamo al sottotitolo dell'Estetica del Croce, che
manifesta la ragion formale, sotto cui egli la considera,
cioè 4( come scienza dell'espressione e linguistica generale»,
convien concedere che a giudicar di una scienza si richie-
dono criterii scientifici, a voler che la critica sia proporzio-
nata alla scienza. E la critica scientifica, dice il Croce*,
si fa allo stesso modo della critica del giudizio estetico.
Orbene come si fa il giudizio estetico? E, anzitutto, che
cosa significa giudicare?
È questa una domanda, sopra la cui risposta bisogna
accordarsi prima di muovere un passo: altrimenti si risica
di pigliar lucciole per lanterne. Giudicare un'espressione
bella, scrive il Croce, significa riprodurla in sé. Per intender
bene qtiesto fatto ^ supponiamo che un individuo A sia
riuscito ad esprimere con certe parole e frasi un suo con-
cetto, per esempio, che V Estetica è la scienza ddV espres-
^ione. 4c Se ora un altro individuo, soggiunge il Croce, che
diremo B, dovrà giudicare quell'espressione e determinare
se sia bella o brutta, egli non potrà se non mettersi nel punto
di vista di Ay e rifare, con l'aiuto del segno fisico prodotto
da A, il suo processo. Se A ha visto chiaro, B (che s' è messo
nel punto di vista di lui) vedrà anch'egli chiaro ; e sentirà
quell'espressione come bella. Se A non ha visto chiaro, non
vedrà chiaro neanch'egli, e la sentirà, d'accordo con lui,
come più o meno brutta » *. In altre parole, il giudicare
se altri col suo cannocchiale ha visto un bel panorama si
riduce a mirare per entro i^ medesimo cannocchiale la stessa
cosa, e riceverne l'imagine sulla propria retina. Per tal
modo, essendo un medesimo lo strumento, un medesimo
^ Op. cit. pag. 121.
« Op. cit. pag. 119.
DI ESTETICA 39
Toggetto, un medesimo il punto di vista, è impossibile che
i due curiosi non vadano d'accordo, e non dicano il me-
desimo; ossia che l'uno vegga chiaro o brutto ciò che l'altro
ha veduto buio o bello e viceversa. « Questi due casi », dice
infatti il Croce, « filosoficamente parlando, sono impossibili
L'attività espressiva, appunto perchè attività, non è ca-
priccio ma necessità spirituale. Un medesimo problema
esletico non può risolverlo se non in un sol modo che sia
buono » •. Così pure, egli aggiunge, per dare un giudizio mo-
rale, 4c solo rimettendoci idealmente nelle condizioni mede-
sime in cui sì trovò chi prese una data risoluzione, noi possia-
mo giudicare se quella risoluzione fu morale od immorale-^ \
In breve, secondo il nostro autore, giudicare è ripresen-
tare in sé la cosa qualunque sia, e entrar nell'orbita della
veduta altrui. Noi quindi, a voler dare un giudizio scien-
tifico dell'Estetica del Croce, dobbiamo ri presentarcela in
noi cioè rimetterci idealmente nelle condizioni scientifiche
medesime in cui si trovò il dotto e valente professore quando
scrisse le sue pagine, o, meglio, metterci nel suo punto di
vista e guardare dove egli guarda. Ciò facendo, anche noi
vedremo chiaro come lui, e bujo come lui, e giudicheremo
per tal modo la trattazione dell'Estetica « come scienza del-
Tespressione e linguistica generale > quale l'ha giudicata e
pesata lui, non « scarna, ma anzi ben più larga di quelle so-
lite > per essere stata l'Estetica « studiata da lui in ogni
parte > '. Saremo, per usar la sua frase, « d'accordo con
lui > pienamente.
III.
Ma, di grazia, è proprio questa la genesi e natura del
giudizio? Se così fosse, ogni critica e giudizio si ridurrebbe
all'accordarsi con l'autore, a lodar quel eh' egli loda e bia-
» Ivi.
• Op. cit. pag. 121.
' Op. cit. pag. 142.
40 UN NUOVO CRITERIO
simar quel ch'egli biasima: a una specie d'amicizia: idem
velie atque idem nolle ea demum firma amicitia est.
Perchè posto che al giudizio si preesiga l'immedesimarsi
intellettualmente con l'autore, ne segue che s'immedesimino
anche i giudizi e per « necessità spirituale » critico e au-
tore dovranno vedere e pensare « d'accordo » all'unisono.
Ciò segue logicamente, vale a dire, legittimamente, dalla
definizione e spiegazione crociana del giudizio; ed è espli-
citamente ammesso dall'autore. Ma perchè questo sia, come
vuole il Croce, un fatto^ ossia conforme a verità, è neces-
sario che sia un fatto reale e non ipotetico quell'antecedente
della definizione del giudizio come riproduzione. Il che non è.
Il Croce infatti piglia un'analogia per un'identità, e scambia
un modo di dire de' critici per una definizione inappuntabile.
Di qui l'ammettere che fa senz'altro come un fatt^ consi-
stere il giudicar un'espressione nel riprodurla in sé. Ma
egli non ne indaga l'origine e gli basta per tutta prova
di fatto che così rispondano « quasi a una voce i critici
d'arte, e rispondono egregiamente >.
Che i critici parlino a quel modo, sta bene; che essi ri-
spondano egregiamente e intendano ed estendano proprio
la cosa nella forma che schematicamente la rappresenta il
Croce, qui sta il busillis. Certo è che parecchi critici si op-
posero e oppongono a quell'interpretazione della loro frase.
Poi, il Croce stesso nel fatto contradice alla sua teoria. Se
egli invero leggendo l'opere de' numerosissimi esteti di cui fa
una critica severissima e distruggitrice, le avesse giudicate
col riprodurle in sé e mettersi nei panni de' loro autori e
al loro punto di vista, avrebbe veduto vero e scientifico quel
medesimo che parve ad essi, e sopra le varie teorie del
bello e dell'arte si sarebbe accordato con quanti ne trat-
tarono da Platone al Lanzalone e al D'Ovidio. Anzi, il suo
teorema sopra il giudizio estetico e scientifico avrebbe do-
vuto imprimere tutt'altro indirizzo al suo periodico La Cri-
tica, e farne ai tutto uno strumento ripetitore e risonante
delle idee altrui, sempre giuste e sempre belle. E ciò tanto
DI ESTETICA 41
più che, essendo peranco vivi parecchi autori de' libri e delle
sentenze criticate, sarebbe stato tanto agevole V interrogarti
sulla via percorsa per arrivare a quel loro speciale punto di
vista. Così sarebbe accaduto a lui, quel che avviene a chi
guarda una prospettiva, puta caso, la famosa volta del Pozzo
in S. Ignazio a Roma, dal punto prospettico centrale; che di
lì tutto toma a posto, ritto, bello, magnifico, e le curva-
ture, gli allungamenti e le spezzature delle linee e delle
figure svaniscono, e l'illusione del vero è completa, tanto
da poter dire col poeta
Non vide me' di me chi vide il vero.
Per simil guisa il Croce avrebbe dovuto giudicare i suoi
avversari e i dissenzienti da lui dal loro punto di vista ab-
bracciando le idee di tutti. Sarebbe insomma dovuto intuarai,
immiarsi, inlujarsi, se non come i beati spirti del paradiso
dantesco, almeno più che gh fosse stato possibile, sve-
stendo ogni preconcetto e idea contraria perchè la riprodur
zione del giudizio altrui riuscisse quanto mai perfetta.
Ma il bravo professore adoperò altrimenti. E a salvar
la libertà del giudizio dalla necessità spirituale di veder
sempre il bello cogli occhi altrui, quando trattasi dell'opere
del prossimo, vi oppose una riserva, cioè « che la riprodu-
zione ha luogo, tutte le altre condizioni restando pari » *.
Il che viene a dire che, caso mai questa parità fosse affatto
impossibile, la riproduzione non si darebbe mai. Orbene il
Croce confessa essere < un fatto che lo stimolo fisico si
altera continuamente e così anche le condizioni psicolo-
giche » '. Di qui la varietà de' giudizii rispondente alla va-
rietà delle condizioni fisiche e psichiche. Come vincere e
superare codesta varietà? come rattenere codesto flusso
perenne delle cose e del loro apparire e svanire? C'è un
mezzo, risponde l'accorto filosofo, ed è 1' « erudizione sto-
rica, diretta a rimetterci in comunicazione con le opere del
* Op. cit. pag. 123.
• Ivi.
42 UN NUOVO CRITERIO
passato e a servir di fondamento al giudizio estetico ». Di
che viene, se la cosa è vera, che l'erudizione storica potrà
sopprimere il flusso de' tempi e delle circostanze, e dalla
distanza di parecchi secoli noi potremo retrocedere e ripro-
fondarci lesti lesti nel passato al punto di vista in cui l'opera
si creò dall'artista o dallo scienziato. E quanto maggiore
sarà l'erudizione, minore diverrà la divergenza delle opi-
nioni e de' giudizii, dovendo essere la diversità di vedere
fra il critico e l'autore in ragione inversa dell'erudizione
del critico rispetto alla conoscenza dell'autore, per forma
che il colmo dell'erudizione sarebbe l'annullamento d'ogni
discrepanza e il conseguimento dell'identità di veduta e
giudizio da parte del critico e dell'autore. Ove quindi tutti
gli eruditi giungessero coi loro studi e colle loro indagini
a quella medesima cima, o punto di vista storico e psi-
chico, a cui nella sua ascensione artistica o scientifica si tro-
vava levato l'autore d'un'opera, quando la componeva, colle
medesime cognizioni, co' medesimi affetti, co' medesimi in-
tenti, un coro unisono di giudizii, anzi un giudizio unico
echeggerebbe da tutte le bocche; pari né più né meno a
quello dell'autore sepolto e sparito da secoli.
Torniamo quindi all' identità del giudizio per necessità
spirituale, e alla negazione d'altri criterii superiori da-
vanti ai fatti estetici e scientifici. Questo non sarebbe un
male, anzi un gran bene, per la pace e la concordia uni-
versale. 11 guaio è che un tal modo di giudicare non ha
luogo se non là dove la verità non ha velo, dove Dante
dice a Folchetto:
Dio vede tutto e tuo veder s'inluia.
Ma quaggiù, ove alla verità e alla sua manifestazione
non si giunge se non per il sentiero dei fantasmi e delle
impressioni sensibili, l'unità del giudizio va cercata non
nell'identità del punto di vista individuale e soggettivo, ma
nell'identità della luce intellettuale, ossia de' fermi principii
forniti dalla comune natura razionale. E uno di tali prin-
DI ESTETICA 43
cipii 0 verità ammesse da tutti è che quaggiù sotto la luna
il giudicare è qualcosa altro che un puro riprodurre in sé
Topera altrui. 11 giudizio è un'affermazione o negazione li-
bera o necessaria d*una cosa rispetto ad un'altra, non il
ripetere o rifare materialmente l'affermazione o negazione
altrui.
IV.
Ma il Croce potrebbe opporre che, riproducendo in noi
Topera dell'autore, se questi fece un giudizio, anche la no-
stra riproduzione sarà un giudizio, cioè affermazione o ne-
gazione d'una cosa rispetto ad un'altra. Una tal spiega-
zione non approderebbe a nulla, perchè verrebbe a ridire
che il mio giudicare dev'essere una seconda edizione del
giudizio altrui.
Se tutto il mio studio e la mia erudizione deve a ciò
riuscire, di farmi dir sì o no, come diceva l'autore, che
importanza o valore ha il mio giudizio intorno all'opera
d'arte? Non è forse meglio risparmiarsi quella fatica improba
e noiosa, e cercar subito d'accordarsi coU'autore, se egli è
il solo giudice in causa propria?
Ma no, soggiunge il Croce, l'erudizione storica è diretta
« a servir di fondamento al giudizio estetico ». Sta bene.
Ma in che modo riesce a servire?
In questo, ripete il Croce, che l'interpretazione storica
* ravviva il morto, compie il frammentario, ci dà il modo
di vedere un'opera d'arte (un oggetto fisico) come la ve-
deva il suo autore nel momento della produzione » *. Siamo
dunque alle medesime; il fondamento del giudizio estetico
si riduce al concorso dell'erudizione per la riproduzione in
noi dell'opera.
Codesta riproduzione viene dal Croce altra volta rag-
guagliata al procedimento éeWintelligere^ e della compren-
sione, « ufiScio proprio > della critica. Il giudizio estetico,
1 Op. cìt. pag. 126.
44 UN NUOVO CRITERIO
ad esempio, di un sonetto del Petrarca vuol consistere in
ciò che si cerchi « di comprendere il sonetto, cioè farne la
critica » *.
Parrebbe di qui che la comprensione equivalga alla cri-
tica. Nel fatto però la critica del Croce non si ferma alla
comprensione e all'intelligenza, ma di questa si vale a
mo' di piedistallo per una vera critica. Egli comprende il
Pascoli, ma non s'accorda nel giudizio estetico col Pascoli
né co' pascoliani. Ma di questa discordanza pratica parle-
remo poi. Ora tornando all'esame filosofico della teorica
in sé considerata, ci pare che la sua pecca originale stia in
sostanza nel confondere la cognizione della materia del
nostro giudizio estetico o scientifico col giudizio stesso che
noi intorno a quella dobbiamo dare. Una tal confusione si
origina forse da questo che alla verità del giudizio si esige la
sua conformità colla cosa giudicata, conformità oggettiva
che per essere vera deve manifestar l'opera, quale uscì
dalle mani e dal cervello dell'autore in una data situazione
psicologica. Ma non è necessario che s'accordi col giudizio
che ne fece l'autore. Perchè oggetto di critica è non solo
l'opera, ma anche il criterio e il giudizio estetico del suo
autore. Quindi è che talora, dopo tutte le nostre ricerche
piti fortunate, rimane ancor sospeso il nostro giudizio este-
tico, come potrebbe restar sospeso il mio giudizio scienti-
fico dopo aver intesa e compresa ne' suoi principii e nelle
sue conseguenze la nuova teoria del Croce. E la ragione
sta in ciò che questo intendere e comprendere non è altro
che un percepire la cosa com'è in se stessa e nelle sue
cause senz'affermare o negar nulla per tale atto. Per esso
infatti noi possiamo conoscere non solo le cose semplici,
ma e le composte e intiere proposizioni e storie. Ad esempio,
io intendo che cosa significhi questa proposizione: I versi
pvhhlicati dal Pascoli sono in numero pari, ma coll'inten-
derla non affermo o nego che la cosa stia così. Allo stesso
modo imparo dalla storia del risorgimento italiano, com* è
^ Letteratura e critica, Bari, Laterza, 1908, pag. 63.
DI ESTETICA 45
narrata dagli scritlori palriotti, che il plebiscito romano
per l'annessione fu qimsi unanime e nella votazione contro
40,785 sì stettero solo 46 no; ma con ciò non affermo che
quelFunanimità fosse del popolo romano.
In una parola la riproduzione o comprensione crociana
non è altro che la prima operazione dell'intelletto, la quale
Della logica aristotelica va sotto il nome di intelligenza
delle cose semplici e delle complesse, ossia di semplice
apprensione, non il secondo atto mentale vale a dire il
giudizio. Questo risponde non alla conoscenza della cosa,
quale potrebbe averla uno studiosissimo avvocato, ma alla
sentenza affermativa o negativa, assolutoria o condannatoria
del giudice. Qui sta la critica, la quale anche secondo la sua
etimologia suona giudizio, non pura comprensione e intel-
ligenza. Quando il Gentile afferma che l'Estetica del Croce
è una delle opere più importanti prodotte dalla nostra let-
teratura filosofica dal '60 in qua, s'atteggia a giudice e dà
sentenza: paragona cioè il libro del Croce con tanti altri
più o meno importanti e, secondo il suo modo di vedere, gli
attribuisce la migliore nota. Questo suo atto di critica è
qualcosa di più del riprodurre in se l'opera del Croce, e del
comprenderla. L'attività giudicatrice del Gentile non è la me-
desima attività del Croce che produsse il libro. La conoscenza
che il Gentile ha delle condizioni in che l'opera fu scritta,
gli dà il modo di vedere il trattato dell'estetica crociana
come lo vedeva il suo autore nel momento della produ-
zione; tuttavia io non posso presumere se non maliziosa-
mente che il suo giudizio intorno dell'opera del Croce sia
il giudizio che il Croce diede della medesima, perchè po-
trebb'essere che nell'uno o nell'altro ci fosse da questo lato
un punto di vista diverso per elevatezza locale e purezza
di luce.
Comunque sia, contro l'uniformità del giudizio sta il fatto
del diverso modo di vedere che s'incontra tanto nell'or-
dine estetico, quanto nell'etico e nello scientifico. Da che
dipende? Da certi principii, da certi lumi, da certi criterii,
46 UN NUOVO CRITERIO
cui ciascuno è venuto acquistando coU'educazione, collo
studio, colla convivenza sociale e co' tempi che corrono.
Sarà filosofia e metafisica aristotelica o platonica, tomistica
o hegeliana, sarà un miscuglio di un po' di tutto o anche
una novella rivelazione scientifica; sempre però sarà una
norma, una guida, una misura, una regola, consciamente
0 inconsciamente eletta e seguita nel nostro giudizio. Tale,
per esempio, è il presupposto teorico della critica del Croce,
ossia il « concetto dell'arte come pura fantasia e pura espres-
sione * * da lui esposto e difeso nel libro che esaminiamo.
Qui quel presupposto sgorga a mo' di conseguenza dal-
l'identità del giudizio colla riproduzione e della riprodu-
zione colla produzione artistica. Ma tra la critica crociana
e la teorica aleggia un so che d'incoerente da non vedersi
cliiaro come l'una nasca dall'altra e si spalleggino a vicenda.
Anche l'autore pare se ne sia avveduto, e, pur di soste-
nersi e appoggiar la critica alla teorica, è sempre suU'av-
vertirci (perchè difficile è persuadersi di cosa urtante contro
al concetto comune) che comprendere vuol dire giudi
tare e far la critica; che il risultato dell'erudizione sto-
rica ed ermeneutica è « l'esposizione o ragguaglio critico, che
fJica semplicemente (e, nel dir ciò, ha insieme giudicato) wie
es eigentlich geschehen, come sono andate propriamente le
cose; secondo la definizione — geniale nella sua sempli-
(ità — che Leopoldo v. Ranke dava della storia. Perciò
critica d'arte e storia d'arte, a mio vedere, (è il Croce che
parla) coincidono: ogni tentativo di critica d'arte è il ten-
tativo di scrivere una pagina di storia dell'arte (intendendo
la parola « storia > nel suo senso alto e compiuto, cioè
e ome deve intendersi) » ^
Da queste parole si vede come siasi veramente alterato
il concetto di critica rispetto alla concezione normale e
ricevuta. Ma posto quel principio della trinità sostanziale
^ Letteratura e critica, pag. 44.
- Letteratura e critica^ pag. 45.
DI ESTETICA 47
psicologica: giudixio, riproduzione e produzione S anche
l'alterazione di concetto non fa più specie.
V.
Ma ogni erba si conosce per lo seme. E nulla manifesta
meglio a quali conseguenze riesca codesta teorica Crociana
dell'applicazione che se ne faccia nel campo scientifico,
secondo il diritto che ce ne dà il medesimo Croce, là dove
afferma che « allo stesso modo > dell' estetica * si fa la
critica scientifica, economica, etica », valendo per ogni altra
attività e per ogni altro giudizio ciò che s'è detto del giu-
dizio estetico *. Poniamo, ad esempio, di dover fare la cri-
tica scientifica delle teoriche di Aristotele e di Kant intorno
alla conoscenza delle cose. Se il mio giudizio scientifico
dev'essere sostanzialmente identico alla riproduzione e pro-
duzione delle due teoriche, poiché l'una è contraria all'altra,
necessariamente il giudizio e la produzione scientifica del-
l'una saranno contrarii a quelli dell'altra; ed io concepirò due
giudizii tra loro diversi delle due opere. Ma poiché le due pro-
duzioni scientifiche, aristotelica e kantiana, alla mente dei
loro autori apparivano come spiegazioni unicamente vere e
ammissibih del fatto della nostra conoscenza empirica e razio-
nale; tali devono pure apparire, secondo la filosofia del Croce,
alla mia intelligenza riproduttrice e giudicatrice: io non sarei
un buon critico, se coi miei due giudizii scientifici non an-
dassi d'accordo con l'uno e con l'altro. E poiché un giudizio
è un'adesione, ne viene che io simultaneamente aderisco alle
due teoriche contrarie, di Aristotele e di Kant, come vi ade-
rivano i loro autori. Per tal modo io colla mia mente vengo
a concedere poter essere simultaneamente vere due pro-
posizioni o giudizii universalmente contrarii, perché con Ari-
stotele affermo che tutta la nostra conoscenza si origina
dal senso; con Kant per contro che la medesima procede
^ Esfeiica, pag. 311.
* Op. cit. pag. 121.
48 UN NUOVO CRITERIO
dallo schematismo trascendentale della ragion pura. E se
dieci, se cento, se mille fossero i sistemi contrarii, io tutti
dovrei così giudicarli e riprodurli in me. Altrimenti, se io
affermassi il rovescio della produzione di un qualunque au-
tore, contradirei al principio dell'identità sostanziale tra il
mio giudizio o riproduzione e la produzione dell' autore.
Di qui la logica conclusione che tutti i sistemi sono e ac-
cettabili e veri, e, per conseguente, l'identità degli opposti
ossia de' contrarii e de' contradittorii.
Eccoci quindi all'idealismo trascendentale di Hegel, alla
sua dialettica che identifica gli opposti in un terzo termine
comune. Nel quale, dice il Vera, avvien la metamorfosi dei
termini distinti ed opposti, perchè scompare ogni differenza
e opposizione e si compie la loro conciliazione. Per con-
seguenza, il limite che lì separava è distrutto, ed essi non
formano più che un solo e medesimo termine, dove non
v'ha né affermazione né negazione, o, ciò che è lo stesso,
che s'afferma e nega allo stesso tempo ^
Il Croce, ci affrettiamo a dirlo, accoglie codesta dottrina
dell'Hegel, e la loda ed esalta come « la sola soluzione pos-
sibile > del problema degli opposti, perché integra i fram-
menti di verità fondendoli in un'unica verità. « E l' unica
verità è, che l'unità non ha di fronte a sé Vopposizione, ma
Vha in sé stessa; e che, senza l'opposizione, la realtà non
sarebbe realtà, perché non sarebbe svolgimento e vita.
L'unità è il positivo, l'opposizione é il negativo ; ma il ne-
gativo é anche positivo, positivo in quanto negativo; e
se tale non fosse non si comprenderebbe la pienezza del
positivo >. La dialettica degli opposti, scrive il Croce,
é « una parte vitale y^ della filosofia hegeliana, cui bisogna
serbare. Perché « gli opposti non sono illusione, e non è
illusione l'unità. 6h opposti sono opposti tra loro ma non
^ Introduction ù la philosophie de Hegel, 2^ édit., Paris, Ladrange,
1864, pag. 157-158.
DI ESTETICA 49
sono opposti verso l'unità; giacché l'unità vera e concreta
non è altro che unità, o sintesi di opposti » ^
Egli chiama codesta scoperta di Hegel « principio sem-
plicissimo e che par tanto ovvio da meritar d'esser messo
con gli altri che si simboleggiano nell'uovo di Colombo » '.
Ma è una scoperta rancida e da musei, già sfatata dallo
Stagirita due mila anni fa contro i solisti e i sofi Protagora
ed Anassagora. « È chiaro, scrive il Filosofo, che se le con-
tradittorie, dette dello stesso, fossero vere, si farebbe di
tutte le cose una sola. Giacché sarebbero lo stesso e trireme
e parete e uomo, se d'ogni cosa si può affermare o negare
qualunque altra. £ di qui non s'esce, chi ragioni alla ma-
niera di Protagora (e noi aggiungiamo di Hegel). Di fatto
se a uno pare che l'uomo non sia trireme, é chiaro che non
è trireme; di guisa che l'è anche, se la contradittoria è vera.
E ne vien fuori quello d'Anassagora: ogni cosa insieme
{ò\i6o icàvta jjf7^\i7.za) : di maniera che non ci esista nulla dav-
vero. Pare adunque che parlino dell'indeterminato, e figu-
randosi di parlare dell'ente, parlino del non ente; giacché
quello che è in potenza e non in atto é l'indeterminato
per l'appunto ♦ \
Coincidendo quindi con questa sentenza vecchia la nuova
trovata dell'Hegel, valgono contro lei tutte le argomentazioni
lanciate dal Filosofo contro l'antica, e ognuno le può vedere
al luogo citato, e specialmente nel magistrale commento del-
l'Aquinate.
È dunque un hegeliano il Croce? 11 titolo d'hegeliano
garba poco a lui, e lo rifiuta * o, meglio, l'accoglie al
par d'ogni altro, per rifiutarli tutti ^ Ma poco monta il ri-
' Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel, Bari, La-
terza, 1907, pag. 19 e 196.
< Op. cìt. pag. 18.
3 Metafisica, I. 4, e. 4, n. 12. Traduzione del Bonghi, Torino, 1854,
pag 175.
« Vedi La Critica, anno 1904, pag. 264.
' Ciò che è vivo ecc., op. cit. pag. 207.
1908. voi. 1, fase. 1381. 4 20 dicembre 10(/7 .
50 UN NUOVO CRITERIO DI ESTETICA
cusar il titolo quando si ritiene la cosa, e se le fa buon
viso. Estetica e filosofia nel pensiero del Croce, si dan la
mano. * Non è la filosofia contemplazione come la poesia f
Perchè al pensiero filosofico, analogo in tutto all'espres-
sione estetica, dovrà mancare questa perfezione che ha
l'altra, questa potenza di risolvere e rappresentare l'unità
nell'opposizione? > K Qual ella sia, parole non ci appul-
ero, direbbe l'Alighieri.
Ma è tempo di chiudere questo articolo. Nel criticare
il Croce, il nostro pensiero sarà, secondo la sua frase, per
avventura ingenuo, cioè non filosofico alla maniera di Hegel
e de' suoi ammiratori, sibbene germinalmente filosofico se-
condo r istinto naturale. Ad ogni modo « è certo cattivo
segno, quando una filosofia è in contrasto con la coscienza
ingenua». Così c'insegna anche il Croce ' e vuoisi far te-
soro della lezione. « Ma il più duro è qui. (Facciamo no-
stra una sensatissima riflessione dello Stagirita e la diamo
per frutto del fin qui detto). Se quelli cbe hanno meglio
esaminato ciò che potea essere il vero (e, di certo, son
coloro i quali piti lo cercano e l'amano), hanno di tali
opinioni e s'esprimono di questa maniera sulla verità,
come non s'hanno di ragione a scoraggire i principianti
in filosofia? Di fatto il cercare la verità dovrebbe equiva-
lere a un correr dietro agli uccelli > ^.
(Continua)
1 Ivi, pag. 18.
• W, pag. 17.
^ Metafisica, 1. 4, e. 5, n. 8. Traduzione del Bonghi, pag. 186.
DOMNA ANTICA E DONNA NUOVA
SCEINE DI DOMANI
XLVL
La i^atitumte del femminismo.
La grande commozione, prodotta in casa Storni dalla
strana avventura della Ida e dal terribile pericolo ond'era
stata sì maravigliosamente salvata, fu presto attutita e dis-
sipata dalle gravi e molteplici cure che imponeva alla con-
tessa e alle sue cooperatrìci la prossima prima adunanza
generale della nuova ^Heanra nazionale, e dal lavoro feb-
brile che si richiedeva a preparare debitamente ogni cosa.
Ben sapeva la contessa di quanta importanza fosse la
felice riuscita di codesto congresso, a cui dovevano inter-
venire con suffragio deliberativo ledelegate delle varie pro-
vince d'Italia, per costituire definitivamente la nuova -41-
leanza nazionale, discutere ed approvare lo statuto, eleg-
gere le cariche dei tre gruppi in cui l'opera era divisa e
quelle della presidenza generale, e determinare con altri
provvedimenti stabili ed efficaci l'andamento e il lavoro
della nuova organizzazione, a fine di corrispondere degna-
mente al grande favore, all'immensa fiducia, al meravi-
glioso entusiasmo, ond'era stata accolta dalle donne italiane,
e spiegare ordinatamente, universalmente, costantemente la
sua attività a loro vantaggio.
Laonde, come aveva fatto sempre per l'addietro nel suo
mirabile lavoro di organizzazione femminile, si diede anche
adesso a considerare, prevedere, disporre e ordinare tutte
le condizioni e circostanze del prossimo congresso, per
guisa ch'esso ottenesse sicuramente il suo scopo e riuscisse
di comune sodisfozìone. E tale lavoro di preparazione le
52 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
andava per così dire crescendo tra le mani, perocché quanto
piti vi s'inoltrava, tanto meglio vedeva il molto che le ri-
maneva ancora a farsi.
Una relazione accurata intorno alla nuova istituzione
doveva nella prima parte esporne l'origine, i progressi, la
natura e lo scopo; nella seconda indicarne lo stato pre-
sente in tutti i suoi particolari; nella terza determinare i
varii capi di un programma pratico, concreto e fecondo di
azione, a cui V Alleanza nazionale avrebbe dedicate le sue
cure, fino ad estendere e perfezionare la sua organizzazione,
in maniera da diventare l'unica legittima rappresentanza
corporativa degl'interessi femminili in Italia.
In quanto allo statuto che doveva essere discusso e vo-
tato dall'assemblea, conveniva prepararne il disegno, chiaro,
semplice, brevissimo. Ma appunto perciò era arduo, lungo
e penoso il lavoro dell'allestirlo felicemente, occorrendo di
pesarne attentamente le singole parti ed anche le singole
parole, prevedere e prepararsi a sciogliere tutte le difficoltà,
i malintesi e i dissensi che potessero insorgere da qua-
lunque parte; apprestare ragioni, motivi, espedienti e ri-
chiami, per chiarire, illustrare, sostenere e condurre a porto
ogni cosa.
Argomento capitale, cioè condizione sommamente ne-
cessaria pel buon andamento della nascente istituzione na-
zionale, si era la scelta felice delle persone, da destinarsi
ai varii uffici dei tre gruppi in cui l'opera era divisa, e so-
prattutto della segretaria generale. Doveva pertanto la con-
lessa, come colei che aveva ideato, ispirato, creato e pro-
mosso la grande impresa e sola era in grado di conoscere
pienamente la natura dei singoli uffici e il valore delle per-
sone capaci di esercitarli, designarle anticipatamente, prov-
vedersi di tutte le informazioni richieste, per proporle alla
nuova presidenza colla sicurezza che verrebbero approvate,
ed insieme istruirìe ed avviarle con opportuni inchrizzi e
r^egolamenti nella pratica dei loro doveri, talché, appena
costituita definitivamente la nuova organizzazione, essa an-
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 53
dasse, a dire così, coi suoi piedi e tutto procedesse ordi-
natamente.
Dovevasi pure preparare il bilancio consuntivo, cioè
render conto air assemblea generale delle entrate e delle
uscite, occorse nello stato provvisorio della nascente orga-
nizzazione generale; come pure allestire un bilancio di
previsione delle rendite e delle spese nel nuovo stato di
cose, determinato dall'ordinamento definitivo delV Alleanza
nazionale, specialmente in quanto al grande edifìzio da co-
strursi per collocarvi gli uffici della presidenza, e agli sti-
pendii da assegnarsi alle varie ufficiali che dovevano pre-
starvi l'opera loro.
E acciocché l' inaugurazione della nuova istituzione riu-
scisse veramente ordinata, solenne, grandiosa e lasciasse
in tutte le intervenute la più grata e lieta impressione, con-
veniva prendere in tempo le disposizioni e fare i prepara-
tivi necessarìi, per l'accoglienza e per l'alloggiamento delle
delegate e delle altre socie che in gran numero sarebbero
accorse alla festa inaugurale, per la funzione religiosa da
celebrarsi prima del congresso, per la pubblica sfilata del
corteo, pei varii convegni particolari, che si sarebbero te-
nuti in tale occasione, e pei feste^iamenti, banchetti e
trattenimenti, che dovevano allietare e rendere più solenne
r inaugurazione del nuovo organismo nazionale.
Quanto più si avvicinava il gran giorno del congresso,
tanto più l'animo della contessa era occupato in queste ed
altrettali gravissime cure ; talché per lei e per le sue fedeli
cooperatrìci il tempo si faceva sempre più scarso al bisogno
e si era costretti di supplirvi colla intensità e celerità del
lavoro. In che la contessa era ammirabile. Come aveva pre-
veduto e prestabilito ogni cosa, in se stessa e nei suoi par-
ticolari, così con calma ed energia inalterabile affrettava,
concentrava e condensava la sua attività direttiva e rin-
forzava i mezzi di esecuzione, per guisa che a tempo debito
lutto fosse in pronto e dovesse farsi per così dire a scatto
di molla, cioè con ordine, prontezza e precisione.
M DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Venuto finalmente il giorno della grande assemblea^
pareva che la città avesse smesso ogni altra cura, per ac-
(^ogliere e celebrare solennemente l'inaugurazione della
Huova Alleanza nazionale. Alle stazioni della ferrovia e
delle tranvie, donde i treni riversavano in città ampie
iorme di gente; per le vie e per le piazze, tappezzate di
manifesti e cartelli a varii colori, col programma e con
iltre indicazioni concernenti il congresso; alle finestre e
alle botteghe, parate e addobbate con emblemi, arazzi e
handiere; nelle chiese, negli alberghi e nei ridotti, riboc-
canti di forestieri; dappertutto era un affollamento, un andi-
rivieni, un rumorìo incessante e vertiginoso, eppur gaio,
pacifico, lietamente fragoroso e sereno, come se tutti fos-
sero una sola famiglia e si accingessero a celebrare la più
hella festa domestica.
Argomento obbligato di tutti i discorsi era naturalmente
il congresso e il nome della contessa Stomi correva per
le bocche di tutti. Pareva che tutta la città giubilasse e
andasse altera dell'essere stata la culla della nuova istitu-
zione e del divenirne il centro e la sede suprema; talché,
in mezzo alla generale esultanza, gli avversarii erano co-
stretti a nascondersi o a dissimulare il loro mal animo.
Si die' principio al congresso colla funzione religiosa.
Nel vasto tempio si accalcavano migliaia e migliaia di per-
sone appartenenti alle varie classi sociali, tutte animate
*Ja un solo sentimento di fede e di fratellanza cristiana,
tutte atteggiate a pietà e divozione, tutte raggianti di gioia,
ispirata alla solennità di quel giorno memorando. Quando
poi il sacro oratore rivolse dal pergamo brevi parole di
saluto, di felicitazione, di augurio e di benedizione alle
ìdunate; quando toccò a tratti maestri delle vicende, delle
lotte e delle vittorie déiV Alleanza, e illustrò l'importanza
*lel congresso, dimostrando che quel giorno segnava una
(lata capitale nella storia sociale d'Italia; quando adombrò
la missione redentrice che la nuova istituzione avrebbe
(esercitata in tutto il paese a vantaggio della donna, della
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 55
famiglia, della società, e spingendo lo sguardo nel futuro
presagi una patria moralmente una, libera, forte e felice
perchè rifatta cristiana coU'apostolato délY Alleanza, spesso
ripetendo Tepifonema « salva la donna, la patria è salva »
e conchiudendo con rivolgersi alla SS. Vergine, la benedetta
tra le donne, e pregarla fervidamente di stendere il suo
manto celeste e di acccgliere nel suo Cuore immacolato la
nuova associazione e tutte le ascritte; allora la commo-
zione si dipinse su tutti i volti e l'entusiasmo non potendo,
per la santità del luogo, sfogarsi in acclamazioni ed ap-
plausi, apparve nelle lagrime e in un fremito universale
onde fu accolta la chiusa del sermone.
Benedetta dal vescovo la bandiera sociale e impartita
la solenne benedizione col Venerabile, si mosse il corteo
dal Duomo al Politeama, ch'era il luogo del convegno. Pro-
cedevano a due a due, dietro alla banda cittadina, tutte
le ascritte alla nuova Alleanza nazionale, distribuite in
gruppi, secondo le varie associazioni particolari a cui ap*
parteaevano. Ultima tra queste veniva la lunghissima fila
delVAlleanza locale, ch'era seguita dal gruppo delle dele-
gate provinciali, schierate dietro al nuovo stendardo so-
ciale, e dalla contessa col suo stato maggiore, a cui era
affidata la direzione della festa inaugurale e la presidenza
della prima adunanza solenne fino alla elezione della nuova
presidenza. Chiudeva il corteo una rappresentanza del Co-
mune, che aveva deliberato d'intervenire ufficialmente al
corteo e di assistere dal proprio palco all'adunanza inau-
gurale.
11 passaggio di quella schiera interminabile di donne
attraverso le vie principali della città fu come una marcia
trionfale; si vive erano le manifestazioni di simpatia e i
segni di affezione onde venivano accolte da ogni parte.
All'apparire poi della contessa e del suo stato maggiore,
scoppiavano battimani, piovevano fiori dalle finestre e le
donne del popolo non finivano di benedirla. Nessuna re-
gina avrebbe potuto raccogliere dal suo popolo maggiori
56 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
dimostrazioni di affetto di quelle che si ebbe la fondatrice
deWAlleanza nel giorno in cui s'inaugurava solennemente
Fopera sua. Vestita semplicemente di nero, procedeva ella
calma, modesta e sicura in mezzo a quel continuo trionfo,
visibilmente commossa a tante e sì spontanee e sincere
manifestazioni di universale entusiasmo; mentre le delegate,
che la precedevano ed accompagnavano, apparivano pure
commosse in vedere il favore straordinario che incontrava
la nuova istituzione nella città che doveva esserne il centro,
e gongolava la nostra Ida, che amava la contessa e VAl-
leanza più di se stessa e perciò in tutto quel plauso rico-
nosceva la sua gloria più ambita.
Quando la contessa giunse colle ultime coppie del corteo
al Politeama, il teatro era sì gremito di gente in ogni sua
parte che un gran numero di ascritte, sebbene munite della
tessera sociale, non vi trovarono posto. La platea e il log-
gione stipati di sole donne; i palchi affollati di signore e
qua e là anche di signori; il proscenio era riservato alle de-
legate che, sotto la direzione della presidente déìV Alleanza
cittadina, la quale provvisoriamente reggeva anche V Al-
leanza nazionale, dovevano eleggere la nuova presidenza
e costituire definitivamente la nuova organizzazione.
Non vi ha penna che valga a descrivere quello che av-
venne allorché di dietro alle quinte comparve sul proscenio
la contessa e dietro a lei il suo stato maggiore e lo stuolo
delle delegate, occupando ciascuna il suo posto in due ali
disposte a semicerchio a destra e a sinistra della presi-
denza. Gli applausi, le acclamazioni e lo sventolare dei faz-
zoletti, onde tutto il pubblico al primo apparire della con-
tessa sorse unanime a festeggiarla, continuavano e si ripe-
tevano con tanta insistenza, da sembrare che fosse quello
l'unico scopo 0 tutto il programma dell'adunanza.
Bastò però uno squillo di campanello, partito finalmente
dal banco della presidenza, perchè si facesse come per in-
canto il più profondo silenzio.
Sorse la contessa e con voce limpida, sicura, vibrata,
disse :
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 57
— Signore, amiche, sorelle !
Se i nostri antenati avessero potuto quest'oggi ritornare
tra noi, affacciarsi a vedere la vita e le opere dei loro ne-
poti, sarebbero stati certamente colpiti dal più alto stupore
dinanzi allo spettacolo singolare e per loro stranissimo che
ha testé offerto a tutti la nostra città, e che noi conti-
nuiamo ad offrire in questa prima adunanza generale del-
V Alleanza femminile. Le donne che da sole si associa lOt
da sole si organizzano, da sole compaiono in un pubblico
corteo, da sole discutono, deliberano, votano e si costitui-
scono in un grande esercito sociale che abbraccia e si estende
a lutto il paese! E quello che renderebbe loro più singolare,
più strano anzi più mostruoso codesto fenomeno, sarebbe il
fatto ch'esso non viene offerto da una piccola minoranza
di donne italiane, le quali calpestando la natura e la tradi-
zione, vogliono attuare il tipo della donna ntwva con emanci-
parla dai doveri del s-^sso nell'ordine privato e pubblico, per
mettersi in guerra aperta contro l'uomo e carpirgli la parità
di tutti i diritti e di tutti gli uffici; bensì dalla grande mag-
gioranza del popolo femminile, che si protesta e si vanta
di mantenersi fedele all' ideale della donna antica, ereditato
dai proprii maggiori, e pretende di unire insieme i prin-
eipii, le tradizioni, le costumanze cristiane della famiglia
italiana con programmi, metodi e mezzi di azione e di or-
ganizzazione, che spingono la donna ad uscire dal san-
tuario domestico per gettarsi nell'agitazione della vita pub-
blica e difendervi i proprii diritti. Quale aberrazione, quale
danno non parrebbe questo per la stessa donna, per la fa-
miglia e per la società!
Né in condannare sì severamente l'opera délV Alleanza
i nostri buoni vecchi avrebbero torto, per la semplice ra-
gione che, vissuti in altri tempi, quando cioè la donna aveva
nella famiglia e dalla famiglia pane, educazione, occupa-
zione e diritto, e vivendo in essa vi svolgeva tutte le sue
attitudini e raggiungeva sicuramente il suo fine, non sa-
rebbero in grado di apprezzare adeguatamente le condi-
58 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
zioni dei tempi nostri, in cui la donna, per la rivoluzione
avvenuta nei metodi di produzione e per l'anarchia intel-
lettuale e morale determinata dall'individualismo, se non
vuole soccombere all'egoismo dell'uomo, se vuole mante-
nere la sua dignità e rendersi idonea alla sua missione do-
mestica e sociale, deve abilitarsi a pensare e lavorare da
sé, deve in molti casi uscire di casa a guadagnarsi il suo
pane, deve istruirsi non solo dei suoi doveri, ma anche
dei suoi diritti, per poterli difendere contro l' invasione del-
l'uomo ; deve insomma esercitare la sua attività come per-
sona e non come semplice cosa, per bastare a sé stessa
quando ai suoi bisogni e ai suoi interessi non sia provve-
duto né dalla famiglia né dalla società.
E perché oggidì la comunanza dei bisogni e degl'inte-
ressi conduce all'associazione e questa è il mezzo più po-
tente a provvedervi, anche la donna, come l'uomo, deve
organizzarsi.
Fu questo il concetto che ci guidò in fondare prima
V Alleanza locale e poi V Allea/ma nazionale, che oggi si co-
stituisce definitivamente e inaugura con tanta solennità la
sua azione a benefizio della donna itahana.
Stimolo e sprone all'ardua impresa avemmo pure dal
fatto evidente che l'organizzazione femminile ésì fattamente
richiesta dall'indole dei tempi, da non darsi alcuna forza
umana che la possa impedire; ondechè, se non si fosse
creata una istituzione, antica nei principii e nuova nei
metodi, in cui raccoghere le donne itahane, queste sai-eb-
bero necessariamente rimaste in balìa di altre imprese,
nuove nei principii e nei metodi, cioè del radicalismo, dei
socialismo e del femminismo esagerato e anticristiano, con
danno e rovina della donna, della famiglia e della società.
Quale effetto abbia avuto l'opera da noi iniziata, e come
il frutto del seme da noi sparso nel cuore della donna ita-
liana si sia moltiplicato in modo superiore alle nostre piti
ardite speranze, lo dice a noi e a voi, lo dice a tutta Italia
il numero delle ascritte e lo spettacolo di questo giorno
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 59
memorando, che segnerà una data veramente storica n^li
annali della patria nostra.
Nulla più aggiungo, perchè avrei troppo ancora a dire,
se dovessi esprimere quello che il cuore mi dice in questo
momento. Non aggiungo nemmeno i ringraziamenti pel fa-
vore, onde fu accolta, diffusa e sostenuta l'opera nostra;
né per quel plebiscito grandioso, onde di primo lancio due
milioni di donne italiane corsero ad arrotarsi sotto il nostro
vessillo; né per questo universale entusiasmo, onde tutta
la cittadinanza pare non abbia oggi altra brama che di
esprimerci LI suo affetto, di festeggiare e applaudire alla
nostra impresa. No, non aggiungo i ringraziamenti, perchè
il meglio che io mi sforzassi di dire in esprimerli sarebbe
troppo insu£Glciente a manifestare V intensità della nostra
riconoscenza.
Quello però che non posso tacere e che mi contento
solamente di accennare, come visibile agli occhi di tutti,
si è il fatto che ormai la donna itahana ha neìV Alleanza
nazionale la facoltà di decidere le proprie sorti e non può
deciderle che con adoperare tutti i mezzi del progresso
moderno a rendersi più profìcuo, per sé, per la famiglia e
per la società, il patrimonio inalienabile delle antiche tra-
dizioni. £ perchè la donna è il cuore della patria, V Alleanza
che lo mantiene sano e gagliardo, sarà perciò stesso il
centro vitale, da cui V Italia attingerà la sua forza e la sua
grandezza.
Dopo ciò, qxiale presidente 6e\V Alleanza locale, a cui
rimase finora afi&data la direzione provvisoria deìT Alleanza
nazionale, dichiaro aperta l'assemblea costituente e prima
adunanza generale della medesima. —
Finito il discorso della contessa, spesso interrotto e in
ultimo coronato d'interminabili applausi, fu letta dalla no-
stra Ida la relazione sull'origine e sviluppo passato, sullo
stato presente e sul programma dei lavori futuri della nuova
organizzazione nazionale. Anche qui gli applausi fiocca-
60 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Vìuio tanto che la presidente dovette pregare il pubblico
di moderarsi, per non mandare troppo in lungo l'adunanza.
Poi si venne all'atto piti importante del congresso, cioè
all'elezione della nuova presidenza, che la contessa accor-
tamente volle si facesse nella solenne adunanza inaugu-
rale, non solo per dare maggiore splendore all' insedia-
mento delle nuove cariche, ma specialmente perchè, avendo
intenzione di non accettarne per sé alcuna, sperava di tro-
vare appoggio nel pubblico, composto in gran parte di sue
concittadine, con dichiarare che ricusava di entrare nella
direzione dell'^Hean^ra nazionale per poter dedicare tutta
se stessa alla sua cara Alleanza cittadina.
Aveva però fatto male i conti e fu vinta in astuzia da
una delegata, la quale aveva avuto qualche sentore della
sua intenzione e del suo stratagemma per mandarla ad
elTetto.
Alzossi pertanto la contessa e annunziò che si doveva
lirocedere in primo luogo all'elezione della presidente ge-
luirale, dopo la quale si sarebbero elette le presidenti dei
tre gruppi principali, riservando ad altre tornate succes-
sive la designazione e scelta delle persone che dovevano
entrare nelle giunte e nei varii uffici dipendenti. Dichiarò
Glie, volendo consecrare tutte le sue forze sdVAlleanza cit-
tadina e dare con questa formale dichiarazione una nuova
testimonianza di affetto e di riconoscenza alla sua diletta
città natale, che l'aveva in tante maniera favorita ed aiu-
tata in ogni impresa, era fermamente risoluta di non ac-
cettare alcuna carica neìV Alleanza nazionale, qualora le ve-
nisse offerta. Invitò quindi le delegate a scrivere e deporre
nell'urna il proprio voto, anzitutto per la nuova presidente
generale.
Sorse allora la suddetta delegata e, in mezzo al pro-
fondo silenzio di tutta l'assemblea, disse con voce com-
mossa e solenne: — Se V Alleanza locale è opera della con-
tessa Storni, V Alleanza nazionale è il suo capolavoro. Pro-
pongo pertanto ch'ella sia eletta per acclamazione prima
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 61
presidente generale, e invito tutta l'assemblea a confermare
con unanime plauso tale elezione.
A queste parole tutte le delegate balzarono in piedi e
battendo le mani gridarono in coro : — Viva la nuova pre-
sidente ! - grido e battimani che furono ripetuti fragorosa-
mente dall'intera assemblea.
Sebbene visibilmente commossa, tentò la contessa più
volte di parlare per insistere nella sua anteriore dichiara-
zione e pregare l'adunanza di passare ad un'altra elezione;
ma ogni volta la sua voce veniva coperta d'acclamazioni
e d'applausi; ondecbè dovette rassegnarsi a rimanere in
quel posto, che indarno aveva sospirato di cedere ad altri^
e continuare a presedere l'adunanza.
A scrutinio segreto furono poi elette le presidenti dei
tre gruppi, in cui era disti-ibuito il lavoro della nuova or-
ganizzazione. Dall'urna uscirono a voti unanimi i nomi di
quelle che, nei previi abboccamenti avuti colle delegate, erano
state designate come le persone più idonee alle cariche che
dovevano esercitare.
Quindi una ragioniera fece l'esposizione del bilancio
consuntivo e preventivo, fermandosi in particolare a spie-
gare il disegno del vasto e magnifico edifizio, che si vo-
leva costruire per collocarvi gli uffici di presidenza della
società.
Finalmente si venne all'ultimo punto dell'ordine del
giorno : osservazioni e voti delle convenute. La presidente lo
annunciò dicendo : — Poiché questa prima adunanza, in cui
si è solennemente inaugurata V Alleanza nazionale, è pub-
blica, prima di chiuderla si concede la parola a chi la do-
mandi per fare qualche osservazione o esprimere qualche
desiderio, che sia conforme all'indole della nostra asso-
ciazione e possa giovare ad attuare il suo programma e
raggiungere il suo fine. Avverto però che, per ragioni di
discrezione, a nessuno si permette di parlare più a lungo
di cinque minuti.
62 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— Domando la parola! - si udì esclamare da un palco
di prim'ordine.
— Parli pure ! - rispose la presidente, che aveva veduta
alzarsi in piedi la principessa Astoifi e affacciarsi, appog-
giandosi sul davanzale del palco in atto di parlare.
Fra la più viva maraviglia e attenzione del pubblico,
questa disse:
— Dopo il grande plebiscito delle donne italiane, che
con due milioni di voti si sono dichiarate per V Alleanaa
nazionale, VAssistefiza femminile^ che ho l'onore di prese-
ci ere, ha dovuto affrontare e ventilare seriamente la que-
stione del nuovo stato, in cui veniva a trovarsi per effetto
di tale plebiscito, e delle risoluzioni da prendersi per prov-
vetlervi nel miglior modo possibile. Proposto l'argomento
alta discussione del consiglio direttivo, questo si vide aperte
dinanzi tre vie di uscita: continuare come prima ad esi-
stere e lavorare secondo il proprio programma e perciò
stesso rivaleggiare e contendere aìV Alleanza l'organizza-
zione nazionale della donna; sciogliersi definitivamente e
lasciar libero il campo 9\V Alleanza; oppure fondersi con
essa facendo proprio il suo programma, giacché non si po-
teva trattare di fondere insieme i due programmi per foi^
marne un terzo che partecipasse di entrambi.
Dopo lunga e matura deliberazione; visto che l'unità
dell'organizzazione nazionale h necessaria o certo almeno
sommamente vantaggiosa a raggiungerne più efficacemente
e più largamente gli scopi; visto che la grande maggio-
ranza del paese ha chiaramente manifestato di preferire alle
altre organizzazioni quella déìV Alleanza; visto che da un
confronto accurato dei programmi è apparso chiaramente
non darsi differenza sostanziale tra Y Assistenza e VAUeanea,
e le differenze accidentali doversi riconoscere tali che fu-
rono saviamente adottate da questa per rendere l'associa-
zione più acconcia alle condizioni dei tempi presenti; il
consiglio direttivo deìV Assistenza femminile ha deliberato
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 63
a voti unanimi dì fondersi coW Alleanza femminile nazio-
nale e di convocare quanto prima l'adunanza generale per
comunicarle tale risoluzione, invitando tutte le proprie as-
sociate ad ascriversi aWAlleanza, per attuare in essa con
maggiore facilità e sicurezza il programma dfHV Assistenza
e meglio conseguirne il fine. Sono lieta di partecipare tale
deliberazione all'assemblea, anche per attestare pubblica-
mente l'alta stima che professo alla creatrice deW Alleanza
e festeggiare la sua elezione a presidente generale. —
A questa dichiarazione di persona sì cospicua, quale era
la principessa Astolft, che aveva scelto l'occasione e il mo-
mento più solenne per offrire dXV Alleanza e alla contessa
Stomi un nuovo trionfo, le acclamazioni e gli applausi pro-
ruppero nuovamente da ogni parte con tutto l'impeto del
più vivo entusiasmo.
E si ebbe tosto un altro trionfo.
Non aveva ben finito la presidente di ringraziare la
principessa Astoifi della sua dichiarazione, che si udì da
un palco di terz'ordine una voce argentina esclamare: — Do-
mando la parola!
Era la studentessa Clelia, una recente conoscenza dei
nostri lettori, che disse: — A nome mio e di altre due stu-
denti deiruniversità, già ascritte alla Lega femminista ilor
liana, dichiaro che, dopo aver attentamente seguito lo svi-
luppo déìVAlleanaa e considerato il suo programma, nei
principii e nei metodi, ci siamo persuase di poter meglio
raggiungere in essa quej^Ii scopi per cui ci eravamo aggre-
gate alla Lega, specialmente in quanto alla difesa dei veri
diritti femminili. Per conseguenza tutte e tre abbiamo presa
la determinazione di abbandonare la Lega e di entrare nel-
Y Alleanza, proponendoci insieme di adoperarci presso la
Federazione universitaria femminile perchè faccia atlo di
adesione sdV Alleanza e si dichiari con essa solidale, invi-
tando le sue associate a darle il proprio nome. —
61 DONNA ANTICA B DONNA NUOVA
Nuovo scoppio clamoroso di applausi e nuovi ringra-
ziamenti della presidente, ch'ebbe parole elevate e calde di
affetto per la gioventù femminile e in particolare per quelle
che battevano l'aspra via degli studii superiori.
Seguirono parecchie altre adesioni , osservazioni e pro-
poste, a cui la presidente rispose nel modo più garbato,
più destro e più sicuro; finché, nel momento in cui si ac-
cingeva a chiudere l'adunanza, risonò dal loggione una
voce risoluta che gridò: — Domando la parola!
Come per lo scatto di una molla, tutte le teste si alza-
rono, tutti gli occhi si volsero a guardare dond'era uscito
quel grido. La presidente, appuntato il binocolo, riconobbe
Olga Fioroni che, ritta in piedi, stava fiera e impettita
aspettando di poter parlare. Sorrise e disse con calma: —
Signorina Olga Fioroni, segretaria della Lega femminista?
— Sissignora.
Mormorio universale ed esclamazioni di meraviglia pel
fatto che le era riuscito d' introdursi colà dentro, mentr'era
noto a tutti che all'ingresso c'era un servizio rigoroso di
vigilanza, per non lasciar entrare se non le persone munite
della tessera sociale o del biglietto personale d' invito.
— Sappia, signorina - ripigliò tranquillamente la presi-
dente - che non potendosi qui oggi entrare che o colla
tessera o col biglietto personale, ed avendo io la certezza
ch'ella non ha avuto legittimamente né l'uno né l'altra,
dovrei non solo negarle la parola, ma anche il diritto di
trovarsi presente all'odierna adunanza. Tuttavia le permet-
terò di parlare, s'ella prima mi prometta di attenersi leal-
mente a quanto é stabilito all'ultimo punto dell'ordine del
giorno, cioè di fare soltanto qualche osservazione o espri-
mere qualche desiderio conforme all'indole délV Alleanza,
al suo programma e al suo fine. Favorisca rispondere si
o no.
— Ma la libertà di parola...
— SI o no?
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 65
— In un pubblico comizio...
L'assemblea si agita, il mormorio cresce, si odono escla-
mazioni di sdegno e si vedono gesti d'impazienza.
La presidente scampanella e poi dice : — Questo non è
un comizio, non è un'adunanza pubblica, nel senso che
l'accesso sia aperto a tutti e nemmeno a quelli che non
sieno stati chiamati. Questa è bensì una grande, solenne
festa di famiglia, in cui la padrona di casa, sostenuta da
tutti i membri che l'hanno eletta, ha diritto e dovere di non
permettere che sia turbata
— Rinuncio alla parola I - gridò la Fioroni con gesto di
rabbia e di disprezzo.
— Che non ha mai avuta ! - la rimbeccò la presidente
con una gaia risatina, a cui rispose tutta l'assemblea con
uno scroscio di risa e di applausi.
Ricompostasi la calma, la presidente avvisò che l'ordine
del giorno era esaurito e perciò si doveva chiudere quella
solenne adunanza inaugurale; che il congresso delle dele-
gate avrebbe continuato nei giorni successivi i suoi lavori,
occupandosi principalmente nella discussione dello statuto,
nella elezione delle tre giunte permanenti e delle vicepre-
sidenti, nella scelta delle persone da nominarsi ai varii uffici
dipendenti dalla presidenza generale e dalle presidenti dei
gruppi, e nella compilazione dei regolamenti ed ordini di
servizio. Con commozione visibile a tutti ringraziò l'assem-
blea, le delegate, le associate vecchie e nuove, gli ospiti, la
cittadinanza, l'autorità, il Comune e tutti che avevano dato
il loro appoggio a\V Alleanza e cooperato a rendere sì lieta,
splendida, solenne, grandiosa la festa della sua inaugura-
zione. Finalmente conchiuse:
— Signore, amiche, sorelle 1
D sfiniti vamente costituita, oggi la nostra associazione
prende giuridicamente il suo posto nella vita del paese come
la più vasta e numerosa istituzione nazionale.
1908, voi. 1, fase. 1381. 5 28 dicembre 1907.
66 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Ferma e irremovibile sul terreno del diritto costituzio-
nale, cioè della libertà eguale per tutti, nata gigante con
due milioni di ascritte, essa è così forte che, sebbene non
partecipi direttamente alla vita amministrativa e politico,
senza di essa o contro di essa nulla si potrà mandare ad
effetto dai pubblici poteri e rappresentanze, che riguardi
gr interessi e i diritti femminili. Assicurataci per tal guisa,
mlhi forza del numero e dell'organizzazione generale, la
libertà e indipendenza della nostra azione contro ogni so-
pruso, potremo tranquillamente attuare il nostro programma
ed esercitare l'opera nostra, nelle sue varie diramazioni, per
offrire alla patria il più efficace contributo, anzi il fonda-
mento inconcusso della sua unità morale, ch'è il vero prin-
cipio, la fonte genuina e perenne della sua forza, della sua
prosperità, della sua grandezza. Unità morale tra il passato
e Tavvenire, determinando nel presente una corrente di vita,
informata a tutto che vi ha di grande, di prezioso e di fe-
condo nelle tradizioni del genio e del popolo italiano, te-
soreggiarlo nel cuor della donna e trasfonderlo nel sangue,
neiranima della nazione, per renderla capace di meglio con-
seguire e godere i vantaggi della moderna civiltà, senza
risentirne i danni. Unità morale tra i varii organi della
compagine sociale, con affratellare insieme tutte le donne
italiane in un programma di azione che, egualmente alieno
in ogni ordine di cose dagU estremi dell'eccesso e del di-
letto, sempre antico nei principii e sempre moderno nei
metodi, saviamente ordinato a raccogliere in un gran centro
latte le forze vive e sane del paese, abiliti la donna alla
fiiseiplina di un ideale comune, per esercitare la sua ma-
iernità sociale alla rigenerazione e unificazione morale della
patria.
\/ Alleanza nazionale non è pertanto un partito di guerra
che, spingendo le donne a lottare contro gU uomini per la
perfetta parificazione dei diritti economici, civili e politici,
renrlii più larga e profonda la piaga sociale del moderno
k ^
XLVI. LA COSTITUENTE DEL FEMMINISMO 67
proletariato, bensì una milizia di pace che colla sua forza
difende la sua libertà e della sua libertà si serve soltanto
per beneficare l'uomo e la donna, la famiglia e la società,
mediante l'esercizio perfetto, costante, universale della ma-
ternità sociale. —
Appena la presidente ebbe finito di parlare, l'entusiasmo
dell'assemblea, ormai giunto al suo colmo, proruppe nova-
mente in un grande trionfo di applausi e di acclamazioni,
che si rinnovarono dall' immensa folla accalcata sulla piazza
allorché la contessa fu veduta uscire dal teatro e saUre in
vettura colla sua fida segretaria, la nostra Ida.
— Me l'hanno fatta! - le disse la contessa, quando la
carrozza ebbe pigliate le mosse.
— Chi la fa l'aspetti! - rispose la Ida, baciandole la mano,
piangendo e ridendo insieme per la piena del giubilo onde
si sentiva tutta commossa e come inebbriata.
— Ma io la farò a te di pepe - ripigliò la contessa. - Da
oggi sei la mia segretaria generale e domani dai la tua ri-
Dunzia all'ufficio telegrafico.
— Lodato Dio! io tw' far or per allegrerà un salto!
RIVISTA DELLA STAMPA
1.
Una « STORIA sociale della Chiesa » *.
Fra tanto risveglio di studi sociali, lodevole certameiile ma
spesso misto a traviamenti non pochi anche fra cattolici, non
è raro ai nostri giorni vedere ignorata, misconosciuta, o negata
anche protervamente la parte benefica e salutare avuta in
ogni tempo dalla Chiesa nelle vicende della società civile e nei
progressi della sua civiltà. Cosi ancora ci risuona agli orecchi la
voce ingiuriosa di alcuni pretesi rappresentanti di « cultura >
come dei modernisti nel loro programma, i quali da figli indegni
della Chiesa, la calunniano « di inerte isolamento » e le rinfac-
ciano di avere smarrito la sua efllcacia sociale. Stolti! Nulla è
così splendido nella storia, anche per l'osservatore profano,
quanto la perenne, mirabile efficacia della Chiesa rispetto alla
stessa prosperità temporale, che è il bene proprio della società
civile: efficacia che la Chiesa va continuando al mondo in ogni
età, anche nella nostra, anche su quelli dei nostri contempo-
ranei che la osteggiano. Allo studioso credente poi nulla ap-
pare più necessario, e diremmo anche più semplice e più na-
turale, di questo fatto: poiché la Chiesa, appunto in quanto
è società perfetta e divinamente istituita da Cristo come suo regno
sulla terra, intende a perfezionare l'uomo in ogni sua parte, in
ogni sua relazione, e come «individuo e come membro della so-
cietà. Di più, come la vita soprannaturale si aggiunge alla natu-
rale non distruggendola, ma quasi compiendola e perfezionan-
dola oltre ogni suo debito ; cosi la società divina che congiunge
in un vincolo spirituale tutti i figli di Dio sulla terra, non di-
trugge, né pure ristringe o attenua l'essere della società umana,
ma Io consolida e lo innalza. La Chiesa insomma può dire, come
il suo Fondatore divino, di essere venuta perchè gli uomini
^ Mons. U. Benigni, Storia sociale della Chiesa. Voi. I. La prepara-
zione. Dagli inizi a Costantino Milano, Tip. Vallardi, 1907, 8«, pag. XXIV-450,
Lire 10.
UNA STORIA SOCIALE DELLA CHIESA 69
abbiano vita e l'abbiano con divina sovrabbondanza, anche nella
terra delFesiglio : veni ut vitam habeant et abundantius habeant ' .
La dimostrazione storica di queste verità, come già accen-
nammo altre volte, scende quasi corollario dalla semplice espo-
sizione dì tutta la storia generale od universale della Chiesa.
Ma essa poteva tuttavia ricevere assai più chiara luce e più po-
tente rilievo da una storia speciale « organica », la quale racco-
gliendo insieme ciò che nelle altre storie è disseminato e disperso,
svolgendo ciò che è implicito e spesso inosservato anche nei fatti
più notorii, ne illustrasse di preferenza i punti che toccano la
vita sociale.
Ciò che era sommamente desiderabile, né da altri finora ten-
tatosi con qualche ampiezza, vediamo ora attuato, almeno in
parte, nel primo volume della « Storia sociale della Chiesa », che
MoQs. Umberto Benigni, tra le sue molteplici occupazioni, è
venuto pubblicando in quest'anno: opera insigne, ch'egli può
dire veramente « nuova nell' intuizione sintetica del tema » ;
poiché in verità « una organica storia sociale della Chiesa an-
cora non esisteva afTatto ». E che debba giovare tale circostanza
presso r intelligente benevolenza dei lettori, nessuno può dubi-
tarne. Onde l'autore ha ben diritto di pretenderlo, come l'ha altresì
d'appellarsi a quell'antica sentenza che in arduis voluisse aat
est (p. IX).
Né è meno giusto l'avvertire che egli fa, come non sia questa
sua opera una « laicizzazione » della storia ecclesiastica, quale ad
esempio la vorrebbero i modernisti, riducendo la storia stessa,
come ogni scienza, a studio di pretti fenomeni e di fenomeni na-
turali, con isbandirne ogni cognizione di cause, ogni nozione di
fatti o d* intervento soprannaturali. No; è uno « studio del lato
laico, o meglio misto ed esterno, della storia della Chiesa, dal
quale ancor più deve rifulgere la vita ecclesiastica, intema, spi-
rituale di lei ».
Così l'elemento spirituale e divino spicca da sé e risalta nella
storia della Chiesa, narrata con critica sincera, spassionata e
serena, quando cioè non si escluda a priori il soprannaturale,
come di fatto si usa da razionalisti, si dicano essi pure prote-
stanti liberali o cattolici modernisti.
E assai facile ci sarebbe il dimostrarlo anche con una rapida
corsa attraverso le erudite pagine di questa Storia sociale della
* Io. X, 10.
70 UNA STORIA SOCIALE
Chiesa. Ma dobbiamo contentarei di acceDname scberaatieamente
il disegno, l'ordine e il contenuto.
In un'ampia introduzione generale l'autore anzitutto passa
in rassegna i concetti filosofici e sociali, che egli presuppone
a fondamento della trattazione: chiarisce la nozione di vita so-
ciale in genere, come partecipazione attiva e passiva alla vita
della società, e l'applica in ispecie alla Chiesa, non solo in
quanto essa vita si svolge in mezzo alla società umana, ma
soprattutto in quanto riguarda la società stessa e la sua civiltà:
la distingue in vita politica, vita etico-giuridiea e vita economica;
e da questa triplice divisione prende l'ordine e la trama nella
ripartizione della materia, che è la sintesi cosi complessa della
vita sociale della Chiesa. Quanto alla « divisione di tempi »,
giusta la specialità della materia, ci dà una divisione crono-
logica speciale, e in essa ha pure la sua parte una ragionevole
scelta. Così l'autore distingue — secondo lodevoli criterii, seb-
bene con divisione personale — sette periodi, che daranno
luogo ad altrettanti tomi. Il primo, che abbiamo sott'occhio,
abbraccia l'epoca antica anteriore a Costantino, il periodo ro-
mano-pagano, che va dagli inizi al 31!^, ed è giustamcRte
chiamato dall' autore « periodo di preparazione »; mentre da
Costantino ha principio Yascenaione sociale della Chiesa. L'au-
tore vi considera anzitutto (parie prima) « la base evangelica »
della vita sociale della Chiesa, cioè prima Y inaegnamento di
Cristo rispetto alla triplice vita sopra distinta, politica, etico-giu-
ridica, etico-economica, di fronte alla vita sociale del giudaismo
contemporaneo; ìndi V insegnamento degli Apostoli similmente
teorico e pratico, applicazione e svolgimento della dottrina del
Maestro; onde il ministero ecclesiastico di carità attiva, anche
materiale, e quindi la costituzione del diaconato, in cui già si
mostra la missione sociale del clero creata dal cristianesimo.
Appresso (parte seconda) descrive l'autore, giusta la sua tri-
plice divisione, la vita sociale della Chiesa, divina famiglia di
Cristo, a contatto insieme e a contrasto continuo con la guasta
società pagana, la quale aveva omai per unico concetto morale
della vita il piacere nelle varie sue forme, espresso come in una
sintesi d' ideale epicureo, nel noto grido Fanem et Circenses, o
nel motto della famosa tabula lusoria * : Yenari, lavare, hidere,
I Tavoletta da giuoco, a guisa di scacchiera, scompartita in quadi-etti,
o caselle contrassegnale ciascuna da tante lettere, che formaYano le parole
DELLA CHIESA 71
ridere, hoc est vivere. Per mettere così a raffronto l'una e l'altra
società, lo storico deve stendersi, più largamente che non com-
portino gli altri metodi di storia ecclesiastica, a tratteggiare la
vita sociale dell' impero contemporaneo sotto il triplice rispetto,
prima della politica, poi del diritto e della morale, e infine della
economia sociale. Né crediamo che alcuno sarà per dargliene
biasimo, quando pure credesse qualche conclusione dell'autore
piuttosto ardita, qualche circostanza aggravata, o anche certi
fatti storici ritratti a colpi troppo risentiti e fieri, da caricare
le tinte già per sé tetre del fosco quadro della civiltà pagana. A
far una giusta ragione di siffatte impressioni, converrà anche
dar la sua parte alla « forma scorrevole e vivace >►, della quale
ben dice l'autore che ha cercato Y « opportuno connubio con
la sostanza scientifica » ; perchè essa « non solo rende più ac-
cetta, ma anche più sentita, più « vissuta » la materia esposta ».
E la forma scorrevole e vivace del Benigni é di chi sa le
battaglie della penna e scrive non tanto per la scuola, né per
la umbratile palestra critica dello scienziato, quanto per la vita,
secondo il celebre detto dell'oratore romano *.
Quindi in luì certa libera audacia e novità della parola e
della frase, propria dell'antico pubblicista, che dà aria di no-
vità alle conclusioni, rapida movenza e spigliatezza alle discus-
sioni del critico e alla narrazione dello storico.
Notiamo tuttavia che il fondo delle conclusioni resta bene as-
sodato storicamente, quantunque non sia possibile sempre esclu-
dere ogni probabilità di dissenso. Così quando l'autore scrive, che
< la vecchia retorica contro V impero distruttore della romana
libertà va lasciata alle disquisizioni delle farmacie da villaggio,
finché non ne vorranno anch'esse più sapere, lasciandola al-
l'ultimo sicuro rifugio negli articoli di fondo della stampa gia-
cobina » *, noi crediamo che solleverà protesti anche nelle far-
deUa sentenza citata : Cacciare, bagnarsi, giuoeare, ridere, questo è vivere.
Eccone lo schema:
VENARI
LUDERE
HOC EST
LAVARI !l
RIDERE I
VIVERE !
^ Non scholae sed vitae discimus: il che pur troppo malamente dimen-
ticano molti studiosi e scrittori di parte nostra ; mentre gli avversarii ne
fanno loro prò a trionfo deirerrore e oppugnazione della verità.
• Pag. 214.
72 UNA STORIA SOCIALE
macie di città, per non dire nelle scuole ed università d' Italia,
« in ispecie di Roma. Ma è ùoto che da gran tempo storici
insigni hanno portato l'opinione espressa qui dal Benigni, seb-
bene in fonna più incisiva e risoluta, « che T imperialismo nel
suo complesso e prescindendo dalle persone... fu il programma
tanto inevitabile quanto salutare per lo Stato romano e per la
civiltà che in questo allora si imperniava » ^: onde « molte colpe
e molti errori deir imperialismo spettano alla responsabilità del-
l'opposizione quiri tarla, senatoriale, stoica ». E ciò perchè il
senato, non potendo riafferrare il potere, impedì ai cesari di te-
nerlo pacificamente, obbligandoli perciò a tatare sempre in al-
larme ecc. Sicché esso sarebbe « veramente il padre della odierna
opposizione parlamentare, specialmente dei paesi cosidetti la-
tini »; la quale sta nel « cercare non già la correzione del vero
o supposto male nell'interesse del paese, ma anzi l'aggrava-
mento del male stesso per tentare una crisi governativa ». Né
sarà facile rifiutare la gran parte di verità, che si contiene in
questo giudizio. Ma con questo dovrà anche riconoscersi d'altro
lato la difficoltà e quasi impossibilità morale di quella « lucida
intuizione della realtà » e più della conseguente decisione, che
avrebbe dovuto, secondo l'autore, piegare il senato « ad accet-
tare l'unico posto possibile e conveniente per lui nella nuova
costituzione, il posto di un subordinato cooperatore del princi-
pato per il controllo e l'equilibrio della pubblica amministra-
zione » ; insomma una specie di consiglio di Stato, che poteva
poi divenire ad ogni modo, come divenne per l'opposizione im-
periale, un semplice consiglio municipale di una città abban-
donata. Sarebbe stato quello un miracolo d' intelligenza specu-
lativa e di eroismo pratico, nelle idee dei padroni di ieri, dei
conquistatori del mondo, non immemori ancora del regere im-
perio popiiloa.
Ma checché sia di ciò, il fatto certo che qui spetta alla storia
sociale della Chiesa, è l'adesione perpetua dei cristiani al potere
costituito e quindi all'imperialismo romano. E la dimostra lunga-
mente il Benigni, analizzando le dottrine politiche dei cristiani,
sino al conchiudere per ultimo, nel riassumere tutto questo suo
trattato della vita politica della Chiesa nell'età precostantiniana,
come i cristiani dell'orbe romano erano stati e rimasero impe-
rialisti, anche dopo che l'imperialismo divenne cristiano, anzi
^ Pag. 213-215.
DELLA CHIESA 73
4 gli unici imperialisti, i quali trascendentalmente vedessero in
quel programma un istru mento di civiltà ».
Anche più importante e più attraente ci riesce l'altro trat-
tato della vita etico-giuridica, quella cioè che riguarda gli usi,
ì costumi, le leggi della vita morale, sia privata sia pubblica dei
cittadini, esclusane la parte politica ed economica, sebbene
anch'essa per altro riguardi un lato speciale della vita mede-
sima etico-giuridica. Qui noi vediamo nella vita pubblica del
cristiano, il suo' rispetto e la sua obbedienza alle leggi, il suo
contegno nelle liti e negli arbitrati, la sua fedeltà e riserba-
tezza nel giuramento, il suo concetto di diritto e di dovere
sociale nelle persecuzioni, il suo modo di partecipazione agli
uffici e alle dignità civili, alla milizia ed alle onorificenze mi-
litari, i suoi criterii generali su la vita pubblica, che sono tanti
punti, copiosissimi certo e complessi, toccati dall'autore. Altri
similmente assai utili occorrono per rispetto alla vita domestica,
nelle questioni concernenti la doniia e la famiglia, l'indipen-
denza del matrimonio religioso, il divorzio e le seconde nozze;
quanto alla vita professionale, comprendendovi le professioni
libere e la clientela; quanto alla schiavitii, venutasi di tratto
mitigando e poi mano mano sopprimendo presso i cristiani;
quanto alle arti, alle scienze, alle lettere, e simili, che l'autore
abbraccia col titolo di « vita estetica ed intellettuale »; e da
ultimo quanto alla pietà verso i defunti, quasi continuazione
di vita sociale d'oltre tomba, espressa nel domma consolante
della comunione dei santi.
La trattazione della vita economica della Chiesa, dopo trac-
ciato il problema economico-sociale delle due società e l'am-
biente storico, cioè vita economica-sociale dell' impero con le
sue influenze, — influenza ebraica ed influenza etnica segnata-
mente — ci mostra la dottrina da prima e poi la pratica eco-
nomico-sociale della Chiesa nell'età anteriore a Costantino; indi
Teserapio delle chiese tipiche — chiesa povera di Gerusalemme,
centrale di Roma, primaziale di Cartagine, patriarcali di Ales-
sandria e di Antiochia — da ultimo « episodii e figure >. Solo tra
queste osserveremo che quella del cristiano onestamente indu-
striale e operoso non si può tuttavia raffigurare cosi nei pochi
tratti, verisimilmente travisati, che ne dà il fiero scrittore dei
Philosophiimenay probabilmente l' iracondo Ippolito, mordendo il
1 Pag. 214.
74- UNA STORIA SOCIALE DELLA CHIESA
SUO avversario Callisto, diacono fiduciario e poi successore di
Zefirino.
Giunto al termine della sua corsa, certamente fluttuosa benché
rapida, « attraverso alla vita sociale della Chiesa precoslanti-
niana », l'autore può bene raccogliere « la formula sintetica di
quella intensa, per quanto poco appariscente, vita sociale dei
primi cristiani ». Essa sta nella conclusfone : che la lotta del cri-
stianesimo contro il paganesimo, nel campo sociale, fu vera lotta
per la civiltà e per il suo reale progresso ; che il cristianesimo offrì
la soluzione, non solo della profonda crisi religiosa, ma anche
delia non meno profonda crisi sociale, politica, etica ed econo-
mica; che la vittoria religiosa e sociale fu un vero miracolo,
miracolo sintetico che resta quando pure si dessero dei sìngoli
fatti le ragioni umane, resta cioè come « una risultante supe-
riore al totale delle singole spiegazioni umane », a quel modo
che sarebbe un miracolo l'uscire illeso di un uomo restato lun-
ghissima pezza tra continuo grandinare di palle, scoppiare di
bombe, squarciare di mine, sebbene queste appaiono sempre re-
golate da leggi nel loro moto ; perchè resta sovrumano il fatto
del come tutte siano cadute così per l'appunto intorno a lui,
inoffensive.
Né questo miracolo esclude, anzi importa il concorso o la
cooperazione dell'attività umana; e l'autore l'addita infine con
calda parola ìq tre doti che egli attribuisce meritamente ai
primi cristiani nella lotta gigantesca; essi furono cioè coscienti e
decisi, furono disciplinati, e finalmente furono equilibrati, cioè
lontani in genere dagli eccessi. Non sarebbe forse troppo ardito
l'aggiungei'e qui la dimanda, se ai contemporanei, e specialmente
a quelli che più presumono di riformare il mondo, si possano
attribuire eguali doti di guerra, e con ciò eguale certezza di
vittoria.
II.
I 4< Carmina scripturarum » nella liturgia ^
Sotto il bel titolo di Carmina scripturarum mons. C. Mar-
bach, vescovo titolare di Pafo, offre agli studiosi della sacra
liturgia un'opera del tutto nuova nella forma, d'inestimabile
* Carmina Scripturarum sci licei antiphonas et responsor la ex sacro
Scripturae fonte in kbros liturgicos Sanctae Ecclesiae Romanae derivata
collegit et edidit Gakolcs Marbach, episcopus tit. paphiensis. Argenterà ti.
Le Roux, 1907, S^, 596 p. M. 8 (L. 10).
1 « CARMINA SGRTPTURARUM » NELLA LITURGIA 75
pregio in se stessa e di tanto aiuto agli studii, che al primo
scorrerla vi si deve mettere sopra la scritta : mdispeìtsabile ad
ogni liturgista. Essa raccoglie tutti i testi liturgici, che sposati
alle soavi melodie della Chiesa^ vengono proposti a pascolo della
nostra pietà nelle varie solenni funzioni del culto e si trovano
prescritti nel messale, nel breviario, nel pontificale e nel rituale
romano, come dire le antifone della messa e dell' ofBciatura, i
versetti, i respoosorii, i graduali, i tratti. Sono le voci, ora di
confidente ed affettuosa preghiera, ora di mestizia e di dolore,
ora di gaudio e di giubilo intenso, onde la Chiesa nel compiere
il mistero eucaristico e nel celebrare Tofficiatura parla al suo
Sposo divino. Or siccome, salvo poche eccezioni, tutte codeste
voci sono tratte dai libri della Scrittura e solo in alcuni casi
i libri liturgici ne danno la citazione, sorgeva sempre più insi-
stente il bisogno di avere alla mano un'opera di consultazione,
che agevolasse le ricerche comparative e desse modo di rendersi
conto al primo sguardo, non pure del libro e del verso a cui
deve riferirsi ogni testo, ma eziandio della fwma che la parola
ispirata prende nella liturgia^ del senso che le viene dato^ della
frequenza ond'è ripetuta, delle varietà che talvolta in queste
ripetizioni si scorgono.
Tale è il lavoro del revilio autore. Tutti i libri della S. Scrit-
tura sono disposti per ordine come stanno neiredizione Volgata
e ad ogni loro capitolo, ad ogni verso, risponde il testo litur-
gico, quasi sempre riferito per disteso, mentre del passo corri-
spondente seiitturale si dà soltanto la citazione in margine.
Perchè poi il lettore ne colga più facilmente il senso, in prin-
cipio dì ogni capitolo della Scrittura e quando occorre nel suo
decorso, ne è indicato brevemente il senso letterale. I testi li-
turgici, rispondenti ad una stessa citazione, ricompariscono na-
turalmente Tun sotto l'altro, e cosi si riconosce subito quante
volte ritomi il medesimo tratto scritturale nella liturgia e con
quali differenze letterarie. Neppure mancano i testi^ presi dai
libri apocrifi (dall'Orazione di Manasse e dal 3*^ e 4® di Esdra).
Come bene osserva il revtìio A. (p. 26*), assai probabilmente essi
appartengono tutti ad oCKciature antichissime, quando ancora
quei libri erano da alcuni tenuti in conto d'ispirati. Né la Chiesa
stimò poi di dover sopprimere tali testi bellissimi, come sono tra
gli altri il Requiem aeiernam pei defunti ed il grandioso vei-setto
della vigilili di Natale: Crastina die delebiiur iniquità^ ierrae
et regnabit super nos Salvator mundi (4 Esdr. II, 34, 35; XVI, 53).
76 I * CARMINA SCRIPTURARUM >
I testi liturgici così ricordali neiropera sono in tutto 4346 ;
in realtà il loro numero è di gran lunga maggiore, appunto
perchè uno stesso testo ricorre in circostanze diverse e sotto
diversa forma, di antifona, di versetto, di responsorio e simile.
Vi si riscontrano adoperati tutti i libri della S. Scrittura, ad
eccezione di 8 sopra 72. Sono quindi rimasti fuori TEcclesiaste,
le profezie di Abdia e di Nahum, la 2* lettera ai Tessalonicesi
e quella a Filemone, la 2* e 3* lettera di S. Giovanni e quella
di Giuda. Di più non si riscontrano i salmi 81 e 100. Ma par
bene che le omissioni si debbano a puro caso; forse la brevità
di alcuni di questi libri od anche il carattere del loro con-
tenuto non parvero oflferire buona materia a testi litui^ci. Certo
è ad ogni modo che questi stessi libri vengono letti pubblica-
mente nelle lezioni ordinarie dell'officiatura (p. 13*).
I salmi fornirono alla liturgia il massimo tributo; dei 4346
testi notati, 1565 sono presi di là. Poi vengono gli altri libri
con quest'ordine: Vangelo di S. Luca, 350; Vangelo di S. Matteo,
315 ; Isaia, 257; Vangelo di S. Giovanni, 255 ; Epistole di S. Paolo,
180; Ecclesiastico, 127; Cantica, 124; Genesi, 105. Gli altri libri
offrono un numero di testi inferiore a 100 (p. 15* ss.; 122*).
Però il compositore liturgico ricorse talvolta anche fuori della
S. Scrittura, ai Padri della Chiesa ed ai poeti cristiani. Così
ad esempio troviamo il communio Frumentum ChrisH sum di
S. Ignazio, il versetto Senex puerum portdbat, l'usitatissima
antifona S, Maria succurre miseria che leggiamo in sermoni
attribuiti a S. Agostino, l'introito Salve aanda parens di Se-
dulio ed altri parecchi. Il revtìio A. non volle omettere questi
canti venerandi, e sebbene non appartengano propriamente ai
Carmina Scripturarum, ne diede l'elenco ift una speciale ap-
pendice. Forse per la stessa ragione di veneranda antichità
avrebbe potuto tener conto altresì delle offlciature, prese dagli
Atti dei Martiri, come sono quelle di S. Lorenzo, di S. Martino,
di S. Lucia, di S. Cecilia, di S. Clemente, di S. Agnese, di
S. Agata ; ma non ne dà alcun riscontro e neppure ne dice
mai verbo. Inoltre sarebbe stato opportuno, a piena interezza del-
l'opera, il raccogliere insieme, sia pure citando sommariamente,
i pochi testi rimanenti che non possono essere collocati nelle ca-
tegorie accennate, o perchè finora l'A. non ne ha trovato il ri-
scontro o perchè sono di composizione interamente libera. Tali
ad esempio sarebbero il principio del grande responsorio Aspi'
NELLA LITURGIA 77
ciena a lange per la prima domenica dell'Avvento *, varie parti
deirofflciatura di S. Elisabetta regina di Portogallo, il versetto
Dignare me laudare te^ le grandi antifone mariane e simili.
Le principali questioni che quest'ammirabile lavoro compa-
rativo viene di mano in mano suscitando, sono trattate dal
revflio A. con particolare competenza negli undici capitoli del-
l'Introduzione (p. 1*-135*). Peccato che siano scritti in lingua
tedesca e non in latino, come il resto del volume! Ne spigo-
leremo alcuna cosa, sia per migliore conoscenza dei libri liturgici
che abbiamo continuamente alla mano, sia particolarmente per
quei documenti che se ne ritraggono intorno alla composizione
tradizionale di un'offlciatura liturgica. Gli antichi vi si attene-
vano assai scrupolosamente; ma i compilatori più recenti di
messe ed ofBcii e perfino gli stessi correttori, incaricati a più
riprese nei secoli scorsi della riforma del messale e del breviario,
non vi badarono gran fatto, non certo per negligenza o disprezzo
delle regole, ma semplicemente perchè se n'era perduta ogni me-
moria. Oggi codeste regole si vanno di nuovo raccogliendo ed illu-
strando * e quel che più monta si procura di metterle in pratica,
per quanto è possibile, nelle riforme che ora si stanno allestendo,
ad esempio in quella dei libri liturgici gregoriani, dove la cor-
rezione del testo letterario diviene necessaria per bene ristabi-
lire l'antica melodia gregoriana. Sotto questi rispetti l'opera di
mons. Marbach giunge molto opportuna e serve di sussidio im-
pareggiabile.
Percorrendone le pagine, si scorge subito che non tutti i
testi liturgici rispondono alla lezione della nostra bibbia Vol-
gata. Com'è noto, quando S. Gerolamo fornì questa nuova lezione
latina, non si vollero toccare i testi già in uso nella liturgia,
particolarmente quelli della messa, che seguivano lezioni più
^ Sebbene VAspiciens a long» sia composto assai liberamente, vi si
sentono però le allusioni scritturali (Cfr. Hebr. XI, 13; Eccli. XXIV, 6;
Matth. XXV, 1* Lue. VII, 19 etc.).
* Cfr. A. Grospbllier, Eiudea sur les textes liturgiques (Rev. du chant
grég. 1905 p. 119); De introitihus missarum (Ephem, liturgicae 1907,
p. 27) ; De prophetiarum et episiolarum lectionibus in missa (ib. p. 345) —
A. De Sakti, TI Cursus nella storia letteraria e nella liturgia (Roma, Be-
fani, 1903), dove sono minutamente illustrate le regole tradizionali per la
composizione metrica delle orazioni liturgiche. — V. Maurice. La revisione
del testo liturgico delle parti di canto (graduale) al XV e X VI secolo
(Boss, gregor, 1905 e. 49, 107). — P. Piacenza, De textu Labri gradnalis
novae editionis vaticanae (Ephem. liturg, 1907, p. 51, 599).
78 I « CARMINA SCRIPTURARUM >
antiche, massimamente della cosiddetta Itala, cioè della prima
versione della bibbia, latta nel secolo 11; cosi rimasero sino
a noi, e non è più lecito di modificarii od alterarli e molto meno
di ridurli per intero alla lezione Volgata. Pio V volle rispettata
Tantica costumanza nella riforma del messale dopo il Concilio
di Trento, e Clemente Vili nella Bolla Cum sanctiasimutn del
7 luglio 1604 consecrò per sempre la regola tradizionale, con-
dannando coloro che s'erano arditi di cangiare i testi del messale
[>er uniformarli con quelli della Volgata e ridare unità di testo
lUa salmodia della messa e dell'ofiìcio ^
Al qual proposito è da notare che la prima ccMrrezione del
salterio, fatta da S. Gerolamo nel 383, conserva il testo del-
l'antica Itala, salvo lievi ritocchi, e forma il cosiddetto psal-
lerium romanum, introdotto subito da Papa Damaso nella li-
turgia della messa e delle ore canoniche. Più tardi però S. Ge-
iolamo intraprese una seconda correzione del salterio, accolta
anzitutto nelle Chiese della Gallia e designata perciò col nome
ili psalterium gallicanum. Il testo dei salmi che leggiamo oggi
nella Volgata è appunto quello del psalterium gaUicanum, che a
poco a poco passò dalle Gallie nell'uso comune delle altre Chiese,
non però per la salmodia della messa, ma solo per quella delle
ore canoniche ^ Esso penetrò anche in Roma, ad eccezione della
basilica di S. Pietro, dove i canonici, fermi alla più antica tra-
1 Dopo avere ricordato la 8oUeeita cura del Romani Pontefici per re-
stituire il messale romano ad veterem et emendatiorem normam, Gle-
inente Vili si lagna fortemente, cheprogre&8u temporis, Bive typographorum^
aive aliorum temeritas et audacia effecii, ut multi in ea qui in proxi'
tni^ annis excusa aunt missalia, errores irrepserint, quibus vetustissima
fifa sacrorum BihUorum versio, qtiae etiam ante S. Hieronymi tempora
relebris habita est in Ecclesia, et ex qua omnes fere Missarum Introitus
f^t quae dicuntur Gradualia et Offertoria accepta eunt, omnino eublata
est.. Cuius rei pretextus fmisse videiur, ut omnia ad praeacriptum #a-
< iorum Bibliorum vulgaiae editionis revooarentur ; per la qualcosa, per
ìik pastorale sollecitudine, qua otnnibus in rebus oc praecipue in sacris
Bcdesiae ritibue oplimam eamque veierem normam studemus tu&ri, proir
tiìeoe severamente tutti i messali cosi alterati e vuole siano restituiti uni-
rormemente alla loro propria ed antica leaione.
* Un esempio curioso nelle nostre ore canoniche è quello del salmo 94
Vanite exultemus. Lo recitiamo ogni giorno in principio del mattutino se-
< ondo la lezione del psalterium romanum, mentre nel 8<^ notturno deU*Epi-
fania il suo testo è preso, come di regola, dalla Volgata. La ragione dovrà
^enza dubbio cercarsi nella popolarità della più antica lezione.
NELLA LITURGIA 79
dizione, vollero mantenere in tutta rofiSciatura rantieo psalte-
rium romanum e lo mantengono ancora ^
La prescrizione di Clemente Vili riguarda propriamente la
parte delle versioni più antiche già introdotte nella liturgia.
Per la qual cosa rimase facoltativo di prendere dalla Vol-
gata i testi che occorrevano per le nuove messe, come già pa-
recchi se n'erano presi prima di Clemente nei secoli antecedenti.
Non può negarsi che V ideale deiruniformità liturgica richiede-
rebbe che tutti i testi della Volgata fossero quivi ridotti alla
antica versione e solo a questa si ricorresse da qui innanzi per
le nuove compilazioni. Ma l'ideale trova spesso ostacoli nella
pratica esecuzione, e primo e massimo ostacolo è quello che non
esiste ancora un'edizione compiuta dell'Itala. Ad ogni modo,
questo almeno può con ragione richiedersi, e ne conviene anche
l'A. (p. 41*), che se un testo antico è già accolto nel messale,
non si dehba ripeterlo in altra occasione secondo la Volgata*
Ad esempio : nell'antifona al Magnificat e nella Comunione della
domenica fra l'ottava dell'Epifania si legge secondo l'antica
lezione: ego et pater tut^\ invece nelle oflSciature più recenti
della Santa Famiglia e di S. Giuseppe si legge secondo la V ol-
^ta: pater tutta et ego.
Non di rado incontrano differenze di altro genere e quasi
.sempre nelle officiature più recenti. Il lihro del Marhach le
mette di necessità tutte in mostra l'una sotto l'altra, onde tor-
nerebbe oramai facilissimo il correggerle, se cosi si credesse.
Ad esempio l'antifona : Quare ergo rubrunt est indumentum
tnum et veatimenta tua, sicut calcanUum in torculari? è presa
alla lettera da Isaia (LXIII, ^) pei vesperi del Preziosissimo
Sangue e ricorre poi altre tre volte: nei vesperi della S. Co-
lonna, nei mattutino delle SS. Cinque Piaghe ed in quella della
S. Sindone, ma sempre diversamente. Nell'una è detto et ve^
«timentum iuum^ nell'altra è tralasciato Vergo, nella terza è
tralasciato quare ergo, cadendo insieme la forma interrogativa
del testo scritturale. Parrà cosa di poco momento ; ma trattan-
dosi di liturgia si deve procedere con qualche motivo in ogni
menomezza, e qm non se ne scorge proprio nessuno. Si con-
sideri che il compilatore deve avere innanzi agli occhi che scrive
UQ testo il quale dovrà essere cantato nelle funzioni liturgiche.
^ I canonici di S. Pietro neppiire accettarono la riforma degli inni ec-
elesiastiei, fatta da Urbano Vili, e continuano a cantarli nelF antica loro
lezione.
80 I « CARMINA SCRIPTURARUM »
Or se r identico testo di un introito, di un graduale, di un of-
fertorio, di un'antifona, ricorre più volte, dovrà essere più volte
cantato, ma sempre, almeno di regola ordinaria, con la stessa
melodia. Quando dunque il compilatore, ripetendo uno stesso
testo, ora toglie ed ora aggiunge parole e sillabe, che si farà
delle note o superflue o deficienti della melodia ?
Col dire tuttavia che un medesimo testo deve essere ripe-
tuto secondo una medesima lezione e sempre uniformemente,
non si toglie la libertà al compositore liturgico di adattare pel
primo il testo scritturale in maniera più conforme allo scopo
suo. In questo gli esempii delle antiche oflBciature sono molti
e bellissimi. Si aveva allora costantemente un duplice ri-
guardo: anzitutto al canto pel quale i testi erano destinati,
poi air intrinseca nobiltà e bellezza della poesia liturgica. Pren-
diamo le comuni antifone. Non basta mettere giù alcune parole
come vengono ; convien riflettere che l'antifona ha una melodia
semplice sì, ma soavissima, opportunamente divisa in treo quattro
brevi emistichii, quasi fossero piccoli versi ; e però il testo che le
si presenta dev'essere breve, così suddiviso, con accenti bene di-
sposti, perchè diano un ritmo scorrevole e spontaneo. Sia ad
esempio da adoperare come antifona il passo Lue. IV, 40: Omnes
qui habebant infirmos varila languoribus ducebant illoa ad eutn.
Ai ille 8inguli8 manus imponens curaòat eoa. Assai probabil-
mente un recente compilatore prenderebbe il testo così com'è
e lo porrebbe nel breviario, come si è fatto nell' intera officia-
tura di S. Giuseppe con simili testi presi alla lettera dal Van-
gelo. L'antico estensore invece, dovendo scrivere l'antifona al
Magnificat per la feria V dopo la terza domenica di quaresima,
rimaneggiò il testo di S. Luca in questo modo : Omnea qui ha-
bebant infirmoa, ducebant illoa ad leaunt, et aanabantur ; tre
piccoli membri, con ottima disposizione ritmica di accenti ed
una chiusa veramente solenne, invece del più prosastico curabat
eoa. Un altro esempio tra i citati dall' A. (p. 38*) è l'ammirabile
communione nel sabato dopo la 3* domenica di quaresima, tutta
brevità, dramatismo ed efficacia poetica: Nemo te condemnavit
mulierP Nemo Domine, Nec ego te condemnabo: iam amplius
noli peccare (Cfr. Io. Vili 10, 11).
Dove però gli antichi liturgisti dimostrarono maggiore abi-
lità si fu nella composizione dei responsorii dopo le lezioni.
Specialmente in argomento storico è necessario saper rimaneg-
giare con avvedutezza il testo biblico, anche per le ripetizioni
NELLA LITURGIA 81
che ricorrono dopo il versetto e dopo la dossologia, le quali
devono essere disposte in modo, che per lo meno non diano
un senso illogico col versetto e soprattutto non urtino col Gloria
Patri che segue o precede. Il revtìio A. non tralascia d'indi-
carne alcuni meno felicemente disposti, anche tra* più antichi,
come ad esempio il responsorio S" nella 3* domenica di qua-
resima: Rever»u8qus Ruben,., scidit vestimenta sua et dixii:
Gloria Patri etc. Fuer non comparet et ego quo ibo ? Così pure
il responsorio 7° nella festa della Purificazione: Senexpusrum
portabat... Gloria Patri etFilio et Spiritai saneto. Quem virgo con-
cepii, virgo peperit eie. (p. 82*). Ma forse l'autore avrebbe potuto
notare a scusa degli antichi che la dossologia fu introdotta nei
responsorii soltanto nel secolo IX \ la quale cosa trasse con sé
un'alterazione nel modo primitivo di disporre e suddividere le
varie parti del responsorio e quindi anche qualche incongruenza
nel senso.
Mons. Marbach si estende largamente nello studio dei respon-
sorii, come pure delle altre singole parti della messa e deiroflScio,
determinando per ciascuna il carattere proprio e la forma tra-
dizionale e spesso abbandonandosi ad osservazioni e conside-
razioni molto utili di estetica liturgica. Non diciamo che la
prefazione non abbia bisogno di essere qua e colà meglio com-
piuta, specie per la parte storica, e forse anche meglio disposta
e proporzionata; ma è certo che lumeggia assai bene la pre-
ghiera della Chiesa e richiama l'attenzione del lettore sopra
tante bellezze della nostra liturgia, che spesso non avvertiamo,
0 per l'uso continuo, od anche perchè le mutate circostanze
tolsero ad alcune parti della liturgia quello splendore che eb-
bero in altri tempi. Ma la bontà loro intrinseca rimane pur
sempre, e lo studiarla ed il rendercela familiare ed il farla co-
noscere ai fedeli sarà tanto di guadagnato per la pietà nostra e
per riaccendere in altrui un più vivo amore alle sacre funzioni.
Chiudendo l'opera Carmina Scripturarumj sentiamo più in-
timamente la verità di quei versi del Cathemerinon di Pruden-
zio, citati qual motto dal revtho Autore:
Te mente pura et simplici,
Te voce, Te cantu pio.
Rogare curvato genu.
Fiondo et canendo discìmus.
^ Amalabii De ordine anfiphonarii, cap. 1 : « Priscis temporibus non
eantabatur Gloria post versum, sed repetebatur responsorium... A modernis
Tero apostolìcis additus est Hymnus post versum » (Migne P. L. GV, 1247).
1908. voi. 1, fase. 1381. 6 28 dicembre 19€7.
82 LA « STORIA de' PAPI >
IH.
La 4c Storia de' Papi » di Lodovico Pastor.
L'opera gigantesca di Lodovico Pastor pix)cede innanzi di gran
passo. Nel corso di un anno appena riusci egli con la sua in-
stancabile attività a pubblicare un grosso volume di ben 1400
pagine *. Quale ingente lavoro vi adoperasse intorno si potrà de-
durre anche solo dairaoiplissimo registro delle opere più fre-
quentemente citate (p. XXVII-XLVII), mentre la serietà e pro-
fondità del suo metodo di studio si può raccogliere dalla lista
dei 92 archivi e biblioteche da lui consultate e dalla scelta di
150 documenti inediti pubblicati nelle appendici, oltre le nu-
merose note che accompagnano il testo, dense di materia e di
sostanza sempre importante.
Or tutto codesto materiale non è una massa inerte, senz'a-
nima e senza vita, si bene corre innanzi con una narrazione piena
di brio e di vigore, ove splendono un pensiero sempre strin-
gato e nondimeno lucido e chiaro, giudizii equilibrati, belle
descrizioni, e quadri condotti con arte e finezza plastica.
Ed il Pastor scrive storia vera. Non si propone punto di
tracciare dei suoi eroi un quadro, come direbbesi, d'impres-
sione e di eflfetto; così pure è ben lontano anche ne' giudizii
più severi, da quel fare altezzoso, dietro cui pur troppo assai
spesso si nasconde, una mal repressa irriverenza, Vodiumpapae.
« Non abbiamo paura della pubblicità dei documenti », ebbe a di-
chiarare nel 1884 Leone XIII ad una schiera eletta di studiosi catto-
lici di storia ; la migliore difesa del papato è l'esposizione della sua
storia reale, anche quando sopra questo o quel pontefice in par-
ticolare dovessero gittarsi ombre profonde. Anche nel presente
volume, che tratta della fine della rinascenza e dei gravissimi
avvenimenti della cosidetta riforma, il Pastor ha seguito since-
ramente e lealmente codeste norme fondamentali, come gli è stato
riconosciuto dagli stessi studiosi di parte contraria.
Né però il eh. autore perde mai di vista il suo concetto
strettamente cattolico. Per appunto il grandioso ideale del pa-
* Ludwig Pastor. Geschichie der Patiste seit (lem Ausgang des Mittel-
altcrs. IV Band. Geschichie der Pflpste im Zeitalter der Renaissance und
der Glattbensspaltung von der Wahl Leos X. bis sum Tnde Clemens' VII.
(1513-1534). 1. Abt. Leo X; II. Abt. Hadrian VL umì Clemens VII. Frei-
burg i. B., Herder, 1906-1907, 8^ XVIII-609; LXVIl-799 p.
m LODOVICO FASTOR 83
pato^ che gli sta sempre^ mnanai agli cechi, FobUiga tal
Tolta a dare di qualche pontefice uà giudizio, che ranimo cat
ioUco iK)n può rìpeteipe se non con raHimarico, e la penna ncm
sa registrare senza rincrescimento. Al contrario si ravvisa subito
la sua gioia, quando sulla fede dei documenti gli riesce di
sgombrare la via dalle pietre non poche, che sulla Chiesa e sul
papato ebbero a gittare gli studiosi oaaleyoli, o certo meno cono-
scenti deUe reali condizioni storiche delFuna e dell'altro.
In particolare il Pasto? mantiene in principio .la legittimità
dello Stato e della Chiesa» Qual^ contrasto con te declamazicmi,
ad esempio, di un Gregorovius, contro il potere temporale, det-
tate sempre da cieco fanatismo partigiano 1 E sebbene qua e colà
i mezzi adoperati talvolta per condurre ad effetto certe imprese,
diano occasione a qualche dolorosa riserva, esse però appaiono
Bella loro sostanza perfettamente giustificate.
L'autore non si propose d' investigare lo svolgimento interno
€ psicologico di un Leone X, di un Adriano VI, di un Cle-
mente VII ; invece mette innanzi 11 loro carattere, già bello ed
improntato, come appare alla luce dei documenti originali da
lui studiati, ritraendoli con le loro parti buone o cattive, con le
loro qualità favorevoli o perniciose all'adempimento del loro alto
e delicato officio, e presentandoli con ogni vivezza entro il quadro
delle condizioni del loro tempo, in tutte le loro attinenze e con
rispetto all' intera civiltà di allora, specialmente degli stati ita-
liani. A volte essi imprimono il movimento, a volte sono come
trascinati e portati via da correnti impetuose.
Come ben s'intende, non possiamo qui seguire 1 singoli pnv
cessi storici, le cui numerose vicende il Pastor con la sua arte
propria va suddividendo e descrivendo con delicata finezza. Le
singole lotte mondiali durante i conclavi, che ricevono una luce
interamente nuova, massime dalle relazioni degli ambasciatori ;
^ avvenimenti che condussero all' incontro in Bologna di
Leone X con Francesco I; la guerra pel possedimento di Ur-
bino, nella sostanza legittima, ma deplorabile nelle circostansoe;
la congiura del cardinale Petrucci; l'ardente entusiasmo di
Leone X per la crociata nel 1518, la quale dovette passare in
seconda linea a cagione delle complicate ed in parte egual-
mente deplorabili trattative per relezione ad imperatore di
Carlo V ; lo scoppio della riforma protestante in Germania ma»^
slrevolmente descritta, la cpiale non può certo giustificarsi in
alcuno modo, ma pure può essere spiegata dallo stato degli
8i LA « STORIA de' PAPI »
animi io tutta l'Europa media e pur troppo eziandio, almeno
in parU», dai gravi disordini che allora si ebbero a lamentare
nella Cìiiesa, nella stessa Roma, centro della cristianità, e nella
corte papale; poi la convenzione di Leone X con Carlo V; l'in-
terna aUività ecclesiastica sotto Leone X, trascurata alquanto,
ma pure non priva d'importanza; inoltre i tentativi di seria
riforma del nobile Adriano VI, il quale, dotto per sé solo, non
iutesD e non sostenuto dai suoi familiari, e tenendo troppo poco
iu conto il carattere di quanto lo circondava, si vide dalla forza
delle circostanze e contrariamente ai suoi principii trascinato a so-
stenere la lega imperiale; l'unione di Clemente VII con Carlo V,
poi con Francesco I, e il conseguente sacco di Roma; la prigionia
del papa in Castel S. Angelo; il suo accostamento a Carlo V; le
trattative perpetuamente contrastate a motivo della convocazione
di un concilio generale; in fine la perdita dei regni settentrionali
ed il ribollimento nel mezzogiorno — tutti questi sono avveni-
menti (l'importanza mondiale, che il Pastor descrive maestrevol-
mente ì^opra un fondo storico contemporaneo, messo insieme
con infinita accuratezza, dove tutte le persone dalla prima al-
1 ultima e le condizioni civili nel loro complesso vengono ri-
tratte sulla fede d'irrefragabili documenti.
Non poteva mancare un'ampia descrizione, fatta con vero
amore, dell'attività scientifica, letteraria ed artistica dell'epoca
medìcea, cbe comprende creazioni immortali, le società di ar-
tisti e di dotti, in ispecie le relazioni di Leone X con Raffaello
e dì Clemente VII con Michelangelo. In più di un punto il
eh. autore ha passata la nostra aspettazione, sebbene qua e
colà riruarranno ancora diversità di opinioni.
Noteremo qui alcune cose di maggiore importanza. Rispetto
alla que^itione, in qual misura Leone X siasi lasciato guidare,
nei provvedimenti politici, dai riguardi verso la sua famiglia,
non si può rispondere con assoluta certezza nel presente stato
deir in\ estigazione storica. Sembra nondimeno che Leone X sia
stato Rssai più ritenuto di quello che finora si credeva sulla
fede de' suoi contemporanei. In vero, come già ebbe a notare
il Ni ti, pare che nella mente di Leone prevalessero interessi
più generali: come dire, la tradizionale politica dei papi di non
permettere che Napoli e Milano cadessero nelle mani di uno
stesso principe, la stabilità e l'ingrandimento dello Stato della
Chiesa, in fine l'amore di patria come allora concepì vasi nella
formola della libertà d'Italia.
DI LODOVICO PASTOR 85
II pensiero di Leone X rimase costantemente rivolto alla
crociata. Raffaello stesso vi allude nell'affresco della battaglia
di Ostia e nella Trasfigurazione. La tetterà che Leone X spedi a
tutti i principi d'Europa esprime ancora, sebbene alla vigilia
di una nuova èra, l'idea medioevale della solidarietà di tutti
gli stati cristiani nella guerra contro gli infedeli. Sempre affan-
nosamente sollecito per l'indipendenza della S. Sede, Leone X
combattè fino all'ultimo l'elezione di Carlo di Spagna ad impe-
ratore tedesco.
Se ad alcuno può forse sembrare troppo ampia la parte dal
Pastor consacrata alla riforma protestante, ov'egli tocca delle
sue cause, del suo primo scoppiare e della forte lotta di oppo-
sizione da parte della Chiesa e dello Stato ; bisogna per altro
capo convenire che questo periodo di storia è gravissimo a
cagione delle conseguenze che recò la riforma sull' intero ordi-
namento storico delle Chiese e degli Stati di Europa. Forse
anche il eh. A. ebbe riguardo speciale al comune dei lettori
fuori di Germania, i quali non cosi facilmente possono avere
alla mano l'immensa ricchezza letteraria che gli studii storici
del periodo della riforma produssero in Germania.
Con la soppressione della prammatica sanzione francese,
ottenuta a Bologna in occasione dell'incontro con Francesco 1
e solennemente promulgata nel Concilio lateranense, venne ter-
minata in favore della S. Sede una lunga lotta di ottant'anni
contro.tendenze scisnaatiche; « senza codesto concordato sarebbe
avvenuta senza dubbio la separazione da Roma della Chiesa di
Francia »; ma tale risultamento fu comperato a forza di così
grandi sacrifizii — il diritto di nomina concesso alla corona —
che quasi quasi il pensiero ricorre mestamente alla vittoria di
Pirro.
A Leone X mancavano il coraggio, la grandezza, la profon-
dità dei suoi predecessori ; non era egli l'uomo meglio acconcio
a mettere in esecuzione i salutari decreti del concilio latera-
nense; non riuscivano a farsi strada neppure i tentativi e le serie
proposte di riforma messe innanzi da nobili personaggi, e non
ultimo impedimento era l'esempio della corte romana. Con un
ottimismo senza pari Leone X guardava il futuro senza punto
prendersene pensiero, e s' ingannava interamente intorno alla
condizione delle cose che pure si mettevano serie assai. I nego-
ziati politici lo occuparono con sempre maggiore intensità; e
però gli affari ecclesiastici trascurò malamente e talvolta pospose
86 LA ^ STORIA de' I>API >
uì toin|K)rali. « Molti erano di opinione che la Chiesa si trovasse
i\ THiI partito, poiché il suo capo si dilettava di giuochi, di
musica, di caccia, di oomfhedie, aneichè pensare ai bisogni del
jfri'irtf"* *^ piangere la sua ^isgraaia >. Scoppiò finalnjente in Oer*
Ulti n il ([ nella tempesta, a scongiurar la quale sarebbe dovuto
inMHiìsi sulla Cattedra dì S. Pietro, non un principe della Gasa
dv\ M^^ilicL, ma un Gregorio VII.
Iii'l i^sto Leone X personalmente era pio, di retti costumi e
^;nniih'fjunite caritatevole, accorto, amabile nella conversazione;
vonw politico era prudente, ma incerto, doppio, chiuso, duro.
l*rninnsH^ sì le scienze e le lettere, ma si devono dire esagerati
^rli vU\\n che gli si diedero; invece il suo tieVo per Varie produsse
Il atti niei^lio duraturi, sebbene egli non raggiungesse Timpor-
1 «11/^1 ili an Giulio IL Egli non fu avvelenato, sì b«ie morì di
si^nplii'i' malaria.
A'iriaiio VI nel breve suo governo di un anno e mezzo, non
riiHri a riparare quei gravi danni che un secolo e mezzo areva
ii('( uiniilato. Ma gli resta sempre il merito immottale d'essere
t^\z\\ sialo il primo a mettere il dito sulla piaga con eroico co^
raj^u'ìi^ 1^ ad indicare ai posteri la via da seguire.
I IrMtiente VII era moderato, sobrio, pio, amico delle lettere
r iH\v arti; e contuttooiò il suo pontificato è nno dei più in-
MU'Ì iÌM* ricordi la storia. Il sacco di Homa, la prigionia del
(wm,u la triste sorte da lui procurata a Firenise sua città natale,
li» htiHM^) dalla Chiesa di una terza parte di Europa, e quindi
bi hìUiiru di quel legame che nonostante tutte le lotte poli-
1itlu\ nazionali e sociali, aveva mantenuti insieme i popoli cri-
?.hiMu; questi erano i quadri tristissimi che si affacciavano alla
^sfii*-* guardo di Clemente VII. La cagione principale di tante
sci*tiimv è pur troppo da ricercare nelle incertezze e nella man-
i,iiiii^4 iti energia di Clemente VII. Perdette subito il coraggio e
si U\^^^\à si^ìvolare >ia il timone dalle mani. Quanto uno spirito
vtTiiniriite principesco, come quello di Giulio II, pieno di ardita
U*rmi*fj^ e di forzii erculea avrebbe potuto ideare, a fine di diri-
v'H» riUUa nella lotta coutvo il dominio degli stranieri e strap-
(Mf^ \{ p;)pato dulie strette in cui tentava ridurlo la potenza
lfV<*Hi1ÌLile della Spasrna, non poteva dav\-ero riuscire ad un uomo
llii'i^rltìv pusillanime e di piccolo cuore, quale era Clemente VII.
\iiTi M «leve però qui tralas^Mar di notare, che se il pontefice
l^'nli'tìi* presto il cofaJ^^o, lo ritrovìS poi nel sostenere con di-
sili U Ili sua disgrazia; sarebbe ingiusto di prendere la figura
DI LODOVICO PASTOR 87
gigantesca di un Giulio li a stregua assoluta di un pontificato;
ed al postutto se Clemente VII non era pari ai gravissimi do-
veri che quei tempi difficilissimi esigevano, la disgrazia nondi-
meno che piombò sulla Chiesa durante il suo pontificato, aveva
il suo fondamento in cause anteriori al governo di lui.
L'A. nel conchiudere ricorda i molti inizii di riforme eccle-
siastiche, che contenevano i germi di un avvenire migliore. Au-
guriamo che gli sia concesso di descriverci questo migliore av-
venire con pari scienza e nobile forma nel seguito della sua
storia impareggiabile.
:bi:bi:^ioo:r.a.im.à
L'idée du livre inspìré. Bruxelles, Sche-
L. 1,25. Si vende presso il Deposito di
zione lungo i secoli; da prima se-
condo r Antico Testamento ; indi se-
condo il Nuovo e secondo le dot-
trine dei Padri; appresso, nei teo-
logi cattolici fino al concilio di Tren-
to, nei protestanti fino ai giorni
nostri, e da ultimo nei teologi cat-
tolici dopo il concilio di Trento fino
alle più recenti controversie. È que -
sta dunque un'operetta di recensione
insieme, d'informazione e di critica,
utiUssima agli studiosi. Con essa tutti
potranno applicare nelle moderne di-
scussioni la regola giuridica di ogni
tempo : audiatur et altera pars.
A. J. DELATTRE S. I. — Le Criterium à V usage de la nouvelle
exégèse biblique. Réponse au R. P. M. J. Lagrange. 0. P. Liège
DesBain, 1907, ir, p. 88.
L. MECHINEAU S. L -
pens, 1907, 8^» 124 p
libri. Via del Seminario, 120.
È una storia ben accurata e una
analisi acuta, penetrante, quella che
che fa qui U eh. autore, dell' idea più
vitale e feconda di tutta l'esegesi
biblica, cioè deU'idea stessa di libro
ispirato: storia ed analisi che egli
£&, non solo esponendo ma chiarendo
e compiendo in non pochi punti e
talora anche rifiutando ciò che ne
dissero, fino ai nostri giorni, gli
scrittori più noU. Così il eh. pro-
fessore di Scrittura, nell'università
Gregoriana, ci mette sott'occhio, a
grandi tratti e rapidamente, lo svol-
gersi successivo dell'idea d'ispira-
La genesi di questo opuscolo non è
da dissimulare, massime dopo le esor-
bitanze dettene dal sac. Minocchi ul-
timamente. Nel 1903, il R. P. Lsr
grange pubblicava il suo volume as-
sai noto : La méthode historique sur»
toutàpropos de V Ancien Testament
L'anno appresso, il R. P. Delattre
confutava tale opera col suo libro
non meno conosciuto: Auiour de la
question Biblique. Une nouvelle école
d'éxégése et les autorités qu'elle in-
voque. Non guari dopo un opuscolo
— il quale non fu messo in com-
mercio per motivi che a noi non oc-
corre spiegare — andava attorno per
Roma e altrove, sotto questo titolo :
Bolaircissement sur la Méthode hi-
88
BIBLIOGRAFIA
storiqiie, àpropos d'un livredu R, P.
Dslaftre S. L. pur le P. M. J. La-
grange, dea F/'ères PrC'cheura, con-
sulteur de la Commission Bihliqiie,
Ora a quest'opuscolo appunto ri-
sponde ioti ne il P. Delattre.
Non è poBsibile esporre qui il
tenm ài que=ìta importante contro-
versia fra due consultori della Com-
missione bìblica, i quali si direbbe es-
sersi intesti a giustificare la defini-
zione data dei consultori stessi dal
recente Mofu proprio del 18 novem-
bre 1907 : • e dootis scientia theologiae
Bibliorumque Sacrorum delecti. na-
Uooe varlì, siudiorum exegeticorum
mei h odo atqiie opinamentis dissimi-
los ^ . Ma non si potrà meglio cono-
scere rin tento dell'autore che da que-
ste sue parole: € V Eclaircissement
ci tira in una faccenda troppo lunga.
Ma perchè del nostro silenzio si abu-
sava in alcuni circoli e in altri per
questo moti?o se ne moveva lamento,
noi ci slamo appigliati ad un termine
di mezT^o. Restringeremo il nostro
esame ad alcune pagine dell' Eclair-
cJ^itefnt'nt, e lo citeremo largamente.
Dr, J. HEJCL, Prof, an der theol
Sceglieremo le pagine più importanti
e quelle che al tempo stesso pare corri-
spondano meglio al titolo deiropuseo-
lo. Il R. P. Lagrange si è immaginato,
e si vedrà su quale fondamento, che
gli scrittori biblici non iscrivano sem-
pre per essere creduti. Ma quando
essi esigono credenza? V Eclaircis-
sement dà la risposta in forma di
criterio a u?o della nuova scuola
per la i nterpretazione generale della
storia biblica ed evangelica. Come il
R. P. Lagrange, per la forza delle
cose, arrischia tutto su questo suo
criterio, su questo appunto è forza se-
guirlo ». {Le criterium, p 15). E ciò
avviene di fatto : il criterium messo
innanzi dal P. Lagrange vi è discus-
so, criticato, confutato in tutte le sue
parti.
Noi non entreremo più avanti
nel l'analisi di questo libretto corag-
gioso. Ma possiamo ben dire ai no-
stri lettori che è molto attraente,
vivo ed elevato : né manca della nota
gaia; ma sopra tutto ci fa gustare
una scienza solida, una dottrina sana
e pura.
. Lehranstalt in Kòniggratz. Das
altt està mentii che Zìnsverbot im Lichte der ethnologischen Juris-
prudenz Bowie des altorientalischen Zìnswesens (Bìbl. Studien.
Xn, 4). Freiburg i. B. Herder, 1907, 8^ VIII-98 p. M. 2,80.
Donde hanno attintogli ebrei le
loro opinioni in tomo al censo ed
all' usura f Taltì questione viene qui
eianiinata con ogni diligenza ed ec-
cone brevemente la conclusione: non
te attinsero dai babilonesi o dagli
assiri, presso e quali era diffuso un
sistema assai complicato di censo, di
capitalismo e di usura; si bene il
divieto del censo (interesse) dato
neir Antico Testamento si fonda nel-
l'obbligo naturale di venire in aiuto
dei propri connazionali in tutte le
loro dilfìcoM. Così considerato, quel
divieto è antichissimo ed antecedente
alla legislazione mosaica. Nella so-
stanza altro non è che un'espressione
della giurisprudenza etnologica; ma
ciò che costituisce il suo valore mo-
rale è l'alto motivo che lo guida: il
timore di Dio e non il guadagno, la
misericordia verso il fratello biso-
gnoso e non il ricco frutto del capi-
tale devono essere i motivi del pre-
stito. Tale altezza di valore morale
si rende ancora più chiara dalla cir-
costanza, che la legge prescrive per-
fino con quale spirito interno e con
STUDI BIBLICI
89
quale atteggiamento si deve fare il
prestito: «astienti dal gittare uno
«guardo maligno sul povero tuo con-
nazionale — nel dare non devi essere
4l*animo increscioso » (Deut. XV, 9'^
secondo la lezione ebraica).
L*antica legislazione ebraica è
contenuta in Exod. XXII, 24; Deut.
XXIII, 20-21; Lev. XXV, 36-37. D
-commento del eh. À. a questi passi è
<degnodl essere attentamente studiato,
poiché dimostra il progressivo svi-
luppo dell' istituzione (p 64 ss.).
Permettendo di ricevere il censo da-
gli stranieri si eliminava ogni peri-
colo economico nel commercio degli
israeliti; Fuso infatti di dare ad in-
teresse ebbe origine dal commercio e
•dal traffico. In particolare si notino
le osservazioni intorno alla voce
ebraica tarbU (p. 83 ss.) nel senso
di aumento di somma o di pagamento
aggiunto e di multa convenzionale
<p. 89). Finora il senso comunemente
ammesso era quello di un censo in
natura; ma è ora dimostrato chiara-
mente che tanto non basta. Molto
interessanti sono i numerosi testi
delie iscrizioni cuneiformi intorno al
esterna del censo presso i babilo-
nesi e gli assiri (p. 22-56). Esistono
scritture di molti contratti, che mon-
tano su fino al terzo millennio e
però ai tempi anteriori ad Abramo;
il libro delle leggi di Hammurabi
parla del censo, come di cosa uni-
yersalmente conosciuta ed assai dif-
fusa. L'antico diritto privato babilo-
nese dà per consueto nei prestiti Tin-
teresse del 20 ^o s® trattasi di dena-
ro, del 25 ^ ,j-33 ^ q se di cereali (p. 35).
Però s'incontrano interessi ancora
più alti ; ad esempio per ^/^ mina si
deve pagare ogni mese 4 schekel,
cioè ogni anno 160 ^ o (P* ^1) In As-
siria il contratto di prestito richiede
la somma relativamente piO grande
del 25 ^/o (p. 91). Le massime richie-
ste vengono fatte per i prestiti sui
tesori del tempio; vi ha l'esempio
che per un prestito di tre mesi fu
richiesta la metà, e però in un anno
il 200 ^ 0 (p. 55). La cosa andava di-
versamente neirAlto Egitto; il pre-
stito ad interesse vi fu introdotto
legalmente soltanto nel sec. Vili da
re Bolcchorìs, pel denaro il 30 *\„, per
i cereali il 33 V/^ ^ o (p. 21); il tosso
massimo cadeva sul prestito degli dèi
vale a dire dei tesori del tempio ; si
richiedeva il quadruplo del censo le-
gale e quindi il 120 ^ o, rispettiva-
mente il 133 V'3 ^'0 e per giunta nella
cedola del debito si doveva ancora
convenire sul!' inleresHe dell' interesse
(p. 21). Il sistema a-^siro-babilonese di-
mostra senza dubbio un alto grado
di sviluppo nazionale-economico ; ma
per rispetto al principio morale il
popolo ebreo è in questo unico al
mondo; nella letteratura assiro-babi-
lonese non s'incontra mai il consiglio
di prestore ai poveri nel nome di
Dio (p. 95).
Il libro che abbiamo brevemente
esaminato è una prova eloquente
della diligenza e della grande erudi-
zione del eh. A. ed offre agli stu-
diosi una vera ricchezza di notizie
ed importonti dilucidazioni.
Abbé A. CRAMPON. — Le Nouveau Testament de Notre-Seigneur
Jésus-Christ traduit sur le texte origlDal avec ÌDtrodu<^tion, notes,
divisìons logiques et sommaires. Paris-Rome^ Desclée, 1905, 8°,
316 p. L. 2.
La traduzione francese di tutto ginali dall'abbate Grampon è ormai
la Bibbia condotto sopra i testi ori- conosciuto e giustamente pregiato in
90
BIBLIOGRAFIA
Francia e fuori. Essa rende i mag-
giori Bprvigi, segnatamente a quelli
che per riscontrare Inesattezza della
nostri! Volgata qualche volta un poco
larga e anche qua e là difettosa, non
po^^ono valersi, o con difficoltà sola-
mente^ dei testi originali, greco ed
ehraico. [ passi poi che potrebbero
destare qualche difficoltà nelFanimo
del lettore, vi sono chiariti con
note molto assennate, molto dotte e
sempre a notizia dei progressi degli
studi biblici moderni. Con vivo pia-
cere quindi raccomandiamo questo
Nuovo Testamento, che è la seconda
parte della Bibbia del Grampon.
Abbé VERDUNOY. — L' Évangile Synopse. Vie de Notre-Seigneur.
Commentaire. Parts, Lecoffre,
Noi abbiamo in questa sinopsi la
vita di Nostro Signore, tutta intiera
comporta sui testi dei quattro Van-
gBÌ.L ordinati su due colonne paral-
lele. 11 testo vi è in francese, tra-
dotto sul greco dall'autore: conta
19r> numeri, e ogni numero è seguito
da note e spiegazioni assai opportune
a fare conoscere Tordine degli avve-
nimenti tì risolvere le difficoltà che
corrono.
Ma tuttavia si potrà forse muo-
vere biasimo all'autore di non aver
sempre atteso baste volmen te a met-
tere ogni cosa in suo luogo. E per-
chè, ad esempio, rimettere gli undici
primi capitoli di S. Giovanni e tutti
i fatti die vi sono raccontati, alla
tlne dei terzo anno di vita pubblica,
immediatamente prima della grande
settimana della Passione? Nessuno
intenderà come l'autore di una si-
nopsi non abbia introdotto questi
fatti a loro luogo nella vita del Si-
gnore, Similmente ci sembra che
il dotto autore troppo facilmente abbia
fatto guitto degli sforzi tentati dai
più grandi esegeti, dopo S. Agostino
Ano ai tempi nostri, per la soluzione
delle antinomìe che appaiono nei
racconti evangelici. Vedasi, p. es., a
pp. 5, 11, 223, quello che concerne
1 ciechi di Gerico. Sopra la questione
della morte del Salvatore il Verdunoy
segui una migliore ispirazione cer-
cando, non ostante il suo orrore per
1907, 12% XX-380 p. L. 3,50.
1 « procédés harmonistiques » , di por-
gere almeno (pp. 303-304) una so-
luzione probabile a una difficoltà
grave che potrebbe turbare 1* animo
dei lettori. Poiché vi sono pure mol-
ti lettori, i quali con ragione ammet^
tono che non si possa dare contrad-
dizione, per minima che sia, tra due
testi egualmente autentici ed ispirati.
La sinopsi del Verdunoy è prece-
duta da una introduzione (p. 1^1),
su r ispirazione, la formazione dei
Vangeli, i loro autori rispettivi. Io
scopo differente che ciascuno di loro
si proponeva, eccetera. È questa una,
buona idea, e conviene lodarne il
eh. autore, sebbene tali questioni sia-
no d'ordinario trattate a parte nelle
introduzioni al Nuovo Teetamento.
Ma faremo anche qui alcune osserva-
zioni. Non ci piacque punto questa
definizione deirerroie (a p. 4) : « L'er-
rore, quale s'intende qui, è una pre-
posizione che lo scrittore avrebbe
avuto rintenzione d'insegnare come
vera e che in realtà sarebbe falsa » .
E allo stesso modo non possiamo ap-
provare tutti i eoitintesi insinuati in
questa proposizione (p. 5), che viene
attribuita al P. Prat, ma di fatto è del
P. Lagrange (Hevue biblique, 18^,
p. 506) : € Dio insegna tutto ciò che
è insegnato nella Bibbia, ma non vi
insegna nul l'altro che quanto vi è
insegnato dallo scrittore sacro, e que-
st'ultimo non insegna se non ciò che
STUDI BIBLICI
91
vi vuole insegnare». Questa neces-
sità di ricorrere aUa intenzione, allo
intento generale d'uno scrittore per
sapere ciò ch*egU ha voluto ailér-
mare, può stringere in certi casi
oscuri : ma quando un'affermazione è
chiara e hene assodata, non é da ri>
gettarsi per il futile pretesto che non
sia racchiusa nell'intento generale
dell'autore. Ora certi esegeti moderni
ragionano così: Gli scrittori sacri
hanno Tunica intensione d'insegnare
le cose religiose: dua^e noi non
abbiamo necessità di stare alle loro
affermazioni, quand'esse toccano ma-
terie non religiose. — Ma questo è un
ristringere l'ispirazione alle cose della
religione, dottrina riprovata daUa
Chiesa e che certo il Verdunoy non
ha io mente d'insegnaM. Si opporrà :
È tanto comodo, quando s'inconbano
difficoltà nella Bibbia, poter rispon-
dere che l'autore non ha avuto l' inten-
zione d'insegnare l'astronomia, la
geolegia, la storia ecc. — Certo, to-
plicheremo aoì, è oommodo, ma forse
è anche troppo commodo. Gli avver-
sari! dei nostri libri santi, che cono-
scono la dottrina della Chiesa sopra
l'ispirazione e l'inerranza amo luta
dalle Scritture, non ammetteranno
cotali risposte, le quali sono vere scap-
patoie.
Ancora usa o due crìtiche leg-
gere che potranno giovare per le
edizioni avvenire. Non è la revi-
sione gerominiana delia Volgata (p.
IS) quella che S. Agostino accettò
suUe prime con difficoltà, ma al con-
trario la versione nuova che S. Gi-
rolamo aveva preso a fare su l'ebraico
dopo la sua recensione sui testi greci.
Altra particolarità. La divisione della
Bibbia in capitoli non è di Ugo da
S. Caro (p. 13, nota 1), come un
tempo fu creduto, ma di Stefano
Langton, allora professore alla Sor-
bona, su l'entrare del secolo XIII.
Fatte queste riserve doverose, noi
raocomandiamo ben volentieri TJ^-
vangii-e Synopse del eh. abbate Ver-
dunoy. »
B. BAZZOCCHINL
8% 160 p.
Dove porre r£flimaus di S. Luca,
quella terra che rammenta una delie
apparizioni più graziose del Reden-
tore risuscitato? Tale questioBe ha
accalorato in questi ultimi tempi i
nostri migliori palestiaologi. U P. Ben-
venuto Bazzoechlnl l'afl^Mita a sua
volta con serenità — di che bisogna
lodarlo — ma insieme con tutta la
scianza e preparazione richieste. Ba-
sta gettare un'occhiata su la prima
parte del suo lavoro, parte tecnica,
ove sono discusse le diverse opinioni
venute fuori suU'aEgoraenlo; e si ri-
scontrerà non aver ^11 trasandato
alcuno degli atti di questo processo.
Emmaus — per non parlare qui se
non delle opinioni più ricevute — è
L'Koimaus di S. Luca. Boma, Pustet, 1906,
stata identìAoata dagli uni con Co-
losiieh, situata all'ovest di Gerusa-
lemme, a distanza di trenta e più
stadii, o di cinque in sei chilometri;
dagli altri eon la presente Amoas,
antica Nicopoli, anch'essa a ponente
di Gerusalemme e lungi un censes-
santa stadìi, un poco più di trenta-
due chilometrL Da ultimo una terza
opinione, che rappresenta la tradi-
dizione fimncesoana, colloca la nostra
Emmaus a Qobebe, al nbrd-ovest della
città santa, in distanza di sessanta
stadii, poco più di undici chilometri.
Il eh. A. sta per Emmaus-Qubebe.
Considerando la questione sotto
il rispetto critico, solo le due ultime
opinioni si possono disputare il cam-
92
BIBLIOGEUFIA
pò. S. Luca infatti ci dice (XXIV, 13):
« Ed ecco che duo di essi andavano
lo stesso di a un castello chiamato
Emmaus, lontano sessanta stadi! da
Gerusalemme » . Cosi portano i più
dei manoscritti; ma una minoranza
importante reca pure altra lezione:
« dls^tante da Gerusalemme cento ses-
santa 8tadii*\ il che ai fautori di
Emmaus-Nicopoli giova per mante-
nere il loro punto. Resta a esaminare
Targomento della tradizione, la quale
da una parte e dall'altra appare flut-
tuante, incerta.
Noi lasceremo ai nostri lettori, de-
siderosi di conoscere il prò e il contro
di questa importante questione, la cu-
ra di consultare per loro stessi la
discussione assai bene condotta dal
P. Bazzocchini: e quando preferiscano
la soluzione di Emmaus-Qubebe, sa-
ranno pure contenti di trovare, su la
fine dell'opera, una descrizione par-
ticolareggiata delle scoperte archeo-
logiche e dei lavori di ristauro, ini-
ziati dai RR. PP. Francescani per
consecrare a Qubebe la tradizione che
loro è cara.
JO. EV. BELSER, ord. Prof, der TheoJcgie an der Univ. zu Ttt-
hingen. — Die Briefe des Apostels Paulus an Timotheus und
Titus ttbersetzt und erklàrt. Freiburg i, Br., Herder, 1907, 8«,
VIlI-302 p. M. 5,60.
L* instancabile esegeta di Tubinga
ci offre un altro nuovo e prezioso la-
voro. Una s[)iegazione da parte cat-
tolica delle cosiddette lettere pasto-
rali è da accogliere con tanto mag-
ì^mr piacere, quanto più quelle let-
tere tornano , particolarmente impor-
tanti per la storia della Chiesa nelle
su« origini e nella sua primitiva co-
si li azione. Questione di fondamentale
importanza è qui il sapere a qual
tempo esse appartengono e se con
buon diritto debbano ascriversi al-
l'Apostolo Paolo. Ora appunto sotto
tale duplice rispetto il eh. A. ci dà
lume prezioso. Da parte protestante
venne negata 1* autenticità paolina
delle due lettere anche per la sola
ragione che vi si veggono combat-
tuli errori, non proprii del secolo
primo, ma d«l secondo, come quelli
che si riferiscono agli gnostici. Contro
tale affermazione il eh. A. ha il me-
rito principale di avere illustrata con
profondità la questione a chi deb-
bano riferirsi le dottrine erronee, quivi
confutate. Già gli antichi Padri per
Xq più non ne chiamavano eretici gli
autori, mettendo invece in rilievo la
costoro origine giudaica. Di fatto nelle
tre lettere si vanno indicando mae-
stri di dottrina, che insegnano cose
inutili, ma che pure sono tuttavia
nella Chiesa ; soltanto per i tempi fu-
turi viene predetta la comparsa di
veri eretici.
E quali sono codeste cose inu-
tili? Le troviamo indicate subito al
principio della 1 Tim. 1, 4: ut de-
nuntiares quibusdam, ne aliter do-
cerent. neque intenderent fahiUis et
genecUogiis interminaiis, che solo
conducono a controversie sottili ed
infruttuose. E nella realtà non man-
cano esempii presso gli ebrei di si-
mili favole, leggende e genealogie, in
relazione ai racconti ed alle genea-
logie dell'Antico Testamento, mesco-
late ad ogni sorta d'invenzioni fan-
tastiche. Se ne riferiscono parecchie
a p. 38, tratte dal Libro dei Giu-
bilei (detto eziandio Genesi minore).
E le prove di questa spiegazione ven-
gono poi riconfermate con nuovi ar-
gomenti lungo il corso dell' opera
(p. 6,17 ss., 33, 99 ecc.). Per Tautenti-
STUDI BIBLICI - TEOLOGIA
93
cita delle lettere il Commentario reca
non pochi indizi! che riguardano la
lingua propria dell'Apostolo, le sue
proprie dottrine ed altri piccoli tratti
caratteristici, che aggiungono forza
alle testimonianze esterne già cono-
sciute in favore della provenienza Pao-
lina. Circa la difficoltà che TApostolo,
scrivendo ad un discepolo di sua fi-
ducia, tanto insistesse sulla sua di-
gnità apostolica, osserva con ragione
il eh. A. che l'Apostolo intendeva
dare alla sua lettera un carattere of-
ficiale, come suol dirsi; certo è ch'egli
parla qui\'i deiramministrazlone della
Chiesa e delle condizioni nelle quali
pe* suoi doveri di officio si trovava
il vescovo di Efeso; inoltre a Timolro,
giovane ancora ed in circostanze dif-
ficili rispetto agli avversarli ed alle
contrarietà che pativa, tornava molto
opportuno nell'adempimento del suo
officio il potersi riferire al testo me-
desimo dello scrìtto apostolico. Cosi
pure Timoteo conosceva da lungo
tempo la vocazione di Paolo ad apo-
stolo delle genti, e questa afferma-
zione, ripetuta con tanta solennità
(1 Tim. II, 7), non era certo per lui,
ma per gli avversarli giudaici, che
vedevano le cose da un lato solo e
che appunto nell'apostolato fra le
genti trovavano motivo di scandalo,
fino ad accusare l'Apostolo di men-
zognero (p. 19, 59 ss.).
Contro l'esegesi dei protestanti
l'A. dimostra egregiamente che la
prescrizione unius uxorie vir, fatta
al vescovo, già dagli antichi fu in-
tesa con ragione nel senso di proi-
bire la successiva bigamia (il mede-
ammesse al servizio della chiesa,
1 Tim. V, 9). Non è punto detto che
il vescovo debba avere una moglie ;
ciò sarebbe in contraddizione stri-»
dente con la dottrina dell'Apostolo
(1 Cor. VII, 7). Merita pure d'essere
particolarmente ricordato quanto è
detto a proposito della condizione e
dell'attività degli epìscopi (p. 78 s ).
Parimente sono degne dì nota le os-
servazioni a 1 Tim, V, 9-16 intorno
alle vedove: non si tratta qui delle
vedove bisognose di soccorso, ma di
quelle a cui si venivano assegnando
certi offici! nella comunità cristiana,
istituzione che viene ricordata anihe
più tardi nelle lettere di S. Ignazio
e nel Pastore di Hcrmas. Alcuni tro-
vano singolare il detto dell'Apostolo:
ntulier aalvabiiur per ftliorum gè-
nerationem (1 Tim. II, 15). Il eh. A.
dimostra che il pensiero dell'Apo-
stolo, quale è dato dal contesto, è che
per la donna il campo proprio in cui
esercitare il cristianesimo, non è la
vita pubblica ed il magistero eccle-
siastico, si bene la vita di famiglia,
dov'essa trova i mezzi alla salute.
Pregio particolare del lavoro sono
eziandio le molte o bene appropriate
illustrazioni sulle lettere pastorali,
tratte dalle omelie di S. Giovanni
Crisostomo ; alia stessa guisa tornano
molto opportune le numerose cita-
zioni dalle opere di Efrem, di Teo-
doreto, dell' Ambrosiaste, di Agostino,
di Gerolamo, di Tommaso d'Aquino
e di altri.
Siamo grati all' illustre autore d'a-
verci indicato tanto buon tesoro ese-
getico, tramandato dagli antichi espo-
sitori cattolici.
«imo si dica a proposito delle vedove
C. MANZONI. — Compendium teologiae dogmaticae. Voi. II. De Deo
Uno-TrlDoCreante-Elevante. Laudae, ex tip. Quìrico et Camagni,
1907, 8^ VIII-436 p. L. 4,50. Rivolgersi all'Autore. (Seminario
di Lodi) ovvero alla Libreria del S. Cuore (Torino).
9t
BIBLIOGRAFIA
Di quesi^ opera ampiamente lo-
dammo ti primo volume nel primo
fa^picolo del gennaio 1907. L'autore
, mantiene lo «sleHSO metodo e però me-
rita le 8tes^ lodi. È conciso ed esatto,
si che tuff ni professore, valendosi del
lesto datti dal Manzoni, avrà campo
di svolgere la materia bene accennata
nel lìbrOp e gSi scolari dovranno stu-
diare e pensare con molto ' profitto.
E in tutto conforme alla dottrina
deir Angelico, e cosi fornisce quel cibo
eli' è vi tal ntitri mento, e fa stabili gli
intellelti contro il diverso sofQar dei
venti, per le opinioni di giorno in
giorno ^^ari^enti. È ricco di erudizione
con molte citazioni di scrittori re-
centi, e più tli Dottori e di Padri, sì
che il lettore abbia le indicazioni
delle fonti alle quali può attingere
nuo%e cono.*t:enze, e assicurarsi di
quello dio veramente ci vier? dalla
tradizione cattolica. È originale, quan-
to può essere un corso, dove è espo-
sta la dottrina antica net modo proprio
deirA., che meditando Tha fetta sua,
eapplicandola alle nuove questioni, di-
mostra come gli eterni principii e le
verità rivelate restano immutabili, fra
le novità dei trovati e delle ipotesi an-
che più recenti.
Vedasi p. es. come, riguardo alla
cresima, sieno proposti secondo TAn-
gelico gli antichi insegnamenti, e co-
me sieno risolte le questioni moderna-
mente mosse intorno all'antichità del
mondo, al trasformismo, all'unità del-
la specie umana.
Con particolare attenzione abbiam
letto il trattato de Deo Trino, e ci
è sembrato molto ben fatto, pel lu-
cido ordine, per la scelta degli ar-
gomenti, pel prudente riserbo ad af-
fermare quello eh* è certo e eh* è ne-
cessario insegnare ai giovani eccle-
siastici.
B. M, MARTIN 0. P. — De necessitate credendi et credeudorum,
seu de Fide salutari. Dissertatio theo logica. Lovami, tip. Uyst
pruyst. 1906, 8S 142 p.
E'^cco un tyel frutto deirordinazio-
ne fatta nel Capitolo generale dei
Domenic^mi . celebrato il 1901 in
Gami, nella quale si prescrive che il
laureando in teologia presenti una
db^ erta scio ne scritta, come si usa ge-
neralmente nelle università. Questa
è appunto la dissertazione teologica
a volta dal P. Fr. Raimondo M. Mar-
tin, e giudicata a ragione da" supe-
riori deg^na delia stampa.
La trattazione delPargomento, co-
me manifesta il titolo, ha due parti:
necessità della fede e necessità delle
e CI se da credere. L*autore segue TA-
quinate, e fondandosi sopra la Scrii-
tura, i Padri, le dichiarazioni della
Chiesa, la natura dell'ordine sopran-
naturale, e particolarmente dell'atto
di fede salvifica, combatte Topinione
del Gutherlet, che talvolta basti a
salute Tatto di fede in senso larga,
cioè la cognizione di Dio e della sua
rimunerazione ottenuta per lume di
ragione sotto l'influsso della grazia.
Dottrina e bontà di metodo sono il
pregio di questo lavoro, ottimo te-
stimone de' forti studi dell'autore e
preludio di migliori frutti a difesa del
vero e de' sani principii.
BASTIEN 0. S. B. — De frequenti quotidìanaque communione ad
normam decreti « Sacra Tridentina synodus ». Accedunt variae
appendi^^ess praecipua documenta conti nentes.fiotwae, Desclée, 1907,
8^ XVI'240 p. L. 2,50.
TEOLOGIA
95
L*opera è divisa in due sezioni. La
prima, che può dirsi storica, espone
succintamente l'uso della comunione
frequente e quotidiana attraverso i
variì secoli della Chiesa, cominciando
dai tempi apostolici sino all'età no-
stra (pp. 1-72); la seconda tratta del
modo di fruttuosamente riceverla, giu-
sta i principii inculcati nel decreto
« Sacra Tridentina Synodus » (pp. 73-
133). Segue un'ampia appendice dove
sono raccolti non pochi documenti ec-
clesiastici sulla questione, dal cap. IT
della Sess. XIII del Concilio di Trento
air istruzioni al clero dei vescovi prus-
siani, convenuti in Fulda il 20 dee.
1905 (pp. 135-221).
Il Bastien con questa monografia
ha fatto opera accurata, e veramente
utile al clero e ai direttori delle ani-
me soprattutto, che nell'esercizio del
delicatissimo ufficio abbisognano di
soda dottrina intorno a simili materie,
e ricevono non mediocre vantaggio
dal possedere un buon fondo di sacra
erudizione in proposito. 11 suo breve
commentario storico, cosi possiamo
chiamarlo, venne compilato sopra au-
torevoli fonti di prima mano. Forse
riesce troppo digiuno, o meglio la-
cunoso» nel periodo del rinascimento;
che l'autore accenna appena quali
fossero le opinioni professate e le nor-
me pratiche seguite dagli ascetici e
mistici dei sec. XV circa l'accordare
o negare la comunione firequente. Una
ben meritata lode gli va attribuita
perchè non ripete, come tanto spesso
si ascolta, che nei primi tre secoli
dell'era cristiana i fedeli comunica-
vano quotidianamente; e più ancora
perchè dimostra in poche parole che
i noti testi degli Atti degli Apostoli,
di san Paolo ai Corinzi), e dei Canoni
degli Apostoli provano bensì la pra-
tica della comunione, non già i ter-
mini della frequenza (pp. 4-U).
Anche più pregevole della prima
sezione ci pare la seconda, vuoi per
la solidità e chiarezza delle dottrine,
vuoi per un sapore d'unzione, frutto
della domestichezza che ha il Bastien
con le opere dei ss. Padri e dell'arte
che possiede in usarle. A chi poi
avesse qualche peculiare opinione
contro la comunione frequente, anche
quotidiana, crediamo sarebbe molto
da raccomandare la lettura di questa
parte del libro. Posto che egli non sia
di coloro che ad ogni ragione ante-
pongono il proprio giudizio e l'idee
una volta propugnate, crediamo che le
pagine del Bastien T indurrebbero di
leggieri a cambiare avviso. Segna-
liamo infine, come degno di speciale
ricordo, il commento della seconda di-
sposizione ricercata dal decreto € Sa-
cra Tridentina Synodus » in chi si
comunica assiduamente (pp. 86-99).
Sicurissime sono le norme che in esso
ci porge circa la retta intenzione dei
comunicanti come a' fatti potrà spe-
rimentare ogni illuminato direttore
di coscienze.
Dr. Fr. M. SCHTNDLER, Prof, an der k. k. Univ. in Wien. —
Lehrbuchder Moraltheologie. Erster Band. Wien, Opitz Nachfolger,
1907, 8^, VIII-312 p. K. 6,50.
n eh. dott. Schindler dell'Univer-
sità di Vienna, dopo lunghi anni d'in-
segnamento, deliberato di lasciare ai
vogliosi discepoli un caro ricordo
della sua scuola, pubblica ora un
dotto manuale di morale cattolica,
studiandosi specialmente di chiarirne
e dimostrarne i principii ed i fonda-
menti por mezzo della speculazione
filosofico-teologica sulle tracce del-
l'Aquinate e de' più insigni moralisti.
Stabilito nella dotta introduzione l'og-
96
BIBLIOGRAFIA
getto e M carattere della teologia mo-
rale, dal iato cattolico, e determina-
toàe il metodo e le fonti e accenna-
tane la storia^ nel primo volume testé
uscito discorre del tlne soprannaturale
dell'uomo, e de' mezzi che ha per rag-
giungerlo, poi passa a trattare de' re-
quisiti generali dell'agire etico-cri-
stiano, del peccato, del probabilismo
e del merito salutare proveniente
da' carismi divini. È lavoro nella
sua brevità copioso e profondo, e se-
condo lo scopo dell'autore più teore-
tico che pratico.
A, PiSCETTA, soc. S. Francisci Salesii presbyt. S. Facultalis col-
ìegii doctor etc. — Theologiae moralìs eleiiienly. Ed. altero.
Voi. Ili. De iustitia et iure, de iniuriis et rcstìtulione, de con-
tniclibu^, de obligationibus peciiliaribus. Augustae Taurìnorum,
Salc-tìlaiia, 1907, 8^ 500 p. L.
È un libro che a buone e parche
dlmostrajcloni unisce copia d'appli-
ca^ìonì e d'esempi quotidiani. La
chiarezza e Tardine accrescono pre-
gio alla sicurezza della dottrina e
al!a conveniente larghezza dì tratta-
zìo no, come agevolmente se ne per-
AUG. LEHMKUHL S. 1. — Casus conscientiae, ed. Ili
Brig.. Herder, 1907, 2 voi. 8*, XVI-1160 p. M. 12,80
3,50.
suaderà chiunque scorra, ad esempio,
il trattato intorno alla giustizia ora
uscito nella seconda edizione. Valga
anche per questo volume quanto già
scrivemmo de' precedenti (Cfr. Civ.
Catt. 1906, 1. 75), tutti commende-
voli anche dal lato tipografico.
trihurgi
EcGo la terza edizione de' notis-
simi casi d[ coscienza del Lehmkuhl,
utilissimo^ per non dir necessario,
complemento di ogni studio teoretico
morale. Fame le lodi sarebbe un por-
tar legna al bosco; e basta il nome
dell'autore per ogni raccomandazione.
Solo, anche per questa novella edi-
zione valgano le osservazioni che noi
facemmo or fa un anno alla seconda
(Cf. Ch\ rati., quad. 1343, pag. 610
e eegg.) non avendo l'autore potuto
tenerne conto, perchè, come egli av-
verte il lettore, la presente edizione
era g^ià quasi compiuta. Tuttavia, co-
me un bravo artista che va di con-
tinuo perfezionando il suo quadro, il
P. Lehmkuhl, oltre la giunta di nuo-
vi casi e di più esatte espressioni di
concetto al primo volume, si studiò
con ogni cura d'introdur nel secondo
que' miglioramenti, che esigevano i
novissimi decreti delle Congregazioni
romane. Ebbe quindi con diligenza a
ragguagliare le soluzioni de' casi alle
disposizioni pontificie intorno alla
comunione frequente o quotidiana,
alla permutazione degli stipendii del-
le messe coi libri e con altre merci ,
all' unica unzione nell' amministra-
zione dell'Olio santo in casi urgen-
tissimi e alla nuova disciplina per
la celebrazione del matrimonio in
tutto il moderno impero germanico;
sicché, si può dire, qui nulla v* »
omesso, perchè la pratica risponda
alla scienza e s'accordi coi progresso
teologico e positivo.
P. ROMUALDO SOUARN, des Augustins de TAssomptìon. — Me-
mento de la théologie morale a Tusage des missionaires. FariSr
Lecoffre, 1907, 16^ 260 p.
Ai mi8sionarii cattolici, a codesti farà, a' barbari rimpiangere le loro
eroi di un verace progresso che non selve e le loro men civili abitudini
TEOLOGIA
97
il P. Romualdo Souarn, agostiniano
dell* Assunzione, pone in mano que-
sto utilissimo libriccino, quasi un
ricordo della teologia morale per tutti
i casi pratici che nell'amministra-
zione de* sacramenti, nell'esercizio e
nella comunicazione de* sacri riti pos-
sono occorrere a chi, ministro di Te-
nta e di salute, viene a contatto con
cattolici e protestanti, con infedeli e
scismatici, con persone di rito latino
e di rito orientale. Un dubbio che
nasca, una prescrizione che vogliasi
richiamar alla mente, una prova che
sia da addurre de' propri diritti e
doveri, e tant'altri casi ne' quali lì
per li convenga pigliare una pronta
risoluzione, hanno in] questo ma-
nualetto una risposta, un consiglio,
una norma, una legge sicura, perchè
quanto vi si afferma non è campato
in aria, ma s'appoggia sopra gli usi
riconosciuti, il diritto de' vari paesi,
e specialmente sopra i decreti della
Santa Sede, i responsi della Propa-
ganda e la costituzione di Leone XIII
intorno ai riti orientali, costituzione
importantissima che qui trova un
breve e pratico commento. Un libric-
cino tanto denso di cose, dov'è stil-
lato il sugo del diritto canonico e
della morale, sarà il compagno di
viaggio e la gradita lettura de' tempi
interrotti in mezzo alle stanchezze
delle gravi fatiche dell'apostolato e
della cura de' popoli neo-convertiti.
Sac. A. CAPPELLAZZI. — Spiritismo vecchio e misticismo nuovo.
Sietia, tip. S. Bernardino 1907.
— Il Sillabo di Pio X e le contraddizioni delPalta critica. Cre-
ma, 1907.
I due nuovi opuscoli dell' infati-
cabile pubblicista cremonese ci danno
raccolti parecchi articoli di attualità
e di polemica, già pubblicati sui gior-
nali, con la vivacità insieme e la ra-
pidità propria di tali scritture. No-
tiamo particolarmente nel primo sma-
scherate le insidiose proposizioni del
Murri, intomo al suo « nuovo catto-
lieismo » nella nota polemica col
Renai, intorno alla supposta « crisi
della teologia cattolica » e infine, ac-
cennata benché sommariamente, la
forma estrema del misticismo nuovo
nell'intuizionismo religioso.
Nel secondo sono toccate rapida-
mente molte questioni e sunteggiato
ordinatamente l'autorevole decreto La-
mentabili sane. Nel che siamo lieti
che il eh. autore abbia potuto gio-
varsi del nostro articolo del 3 ago-
sto, scritto esso pure al dimani del-
l' importantissimo avvenimento per
mostrarne l'importanza e insieme la
connessione e l'ordine delle proposi-
zioni, negato da lettori superficiali.
1908, voi, 1, fase. 1381.
28 dicembre 1907.
CRONACA CONTEMPORANEA
Roma, 13-30 dicembre 1907.
I.
COSE ROMANE
1. Concistoro segreto e creazione di quattro cardinali. — 2. Cenni intorno
al nuovi porporati. — 3. Il Santo Padre impone loro la berretta: suo
discorso. — 4. Concistoro pubblico. Provvista di Chiese. — 5. Conse-
crazione episcopale di mons. Giacomo Della Chiesa. — 6. Il Consiglio
Comunale e i cappuccini. — Breve di Pio X al Rmo Gasquet, abbate
dei Benedettini inglesi.
1. Nei giorni di lunedi 16 e giovedì 19 dicembre si tennero da
S. S, Pio X in Vatìcjino due concistori, secreto il primo, pubblico
il secondo per la nomina delle più alte dignità della Chiesa, quella
dei Cardinali e dei Vescovi. Nel concistoro del 16 il Pontefice, pre-
messa un'allocuzione, da noi riportata a principio del presente qua-
derno, nominò ì seguenti cardinali di S. R. Chiesa.
Deir Ordine dei Preti : Mons. Pietro Gasparri, Arcivescovo titolare
di Cesarea di Palestina, — Mons. Lodovico Enrico Lu^on, Arcivescovo
di Reims, — Mons. Paolino Pietro Andrien, Vescovo di Marsiglia. Del-
rOiiDiNE DEI Diaconi: Mons. Gaetano De Lai, Segretario della Sacra
Congregazione del Concilio.
Quindi Sua Santità propose le seguenti Chiese:
Chiesa titolare arcivescovile di Traianopoli, di rito latino, per mons.
Augusto Giuseppe Due, promosso dalla sede cattedrale di Aosta. — Chiesa
tifolare arcivescovile di Anazarbo, di rito latino, per Mons. Raimondo
Ingheo, promosso dalla sede cattedrale di Iglesias. — Chiesa metropolitana
di Cfiambéry, per mons. Francesco Virgilio Dubillard, promosso dalla sede
cattedrale di Quimper. — Chiesa metropolitana di Bologna, per mons. Gia-
como Della Chiesa, di Genova, prelato domestico di Sua Santità, dottore
in sacra teologia ed in ambe le leggi, commendatore del sacro sovrano or-
dine di Malta, sostituto della segreteria di Stato di Sua Santità e segre-
tario della Cifra. — Chiesa metropolitana di Lima, pel R. D. Pietro Ema-
nuele Garcia Naranajo, della stessa arcidiocesi, dottore in sacra teologia,
canonico tesoriere della metropolitana. — Chiesa titolare vescovile di
Pmconneso, per mons. Alfonso Maria Giordano, della Congregazione del
SS. Redentore, traslato dalle sedi cattedrali unite di Calvi e Teano. —
Chiesa titolare vescovile di Sebastopoli, per mons. Sante Mei, traslato dalla
sede cattedrale di Modigliana. — Chiosa titolare vescovile di Lampsaco,
COSE ROMANE 99
per mone. Giulio Serafini, traslato dalla sede cattedrale di Peseta. — Chiesa
cattedrale di Bobbio, per mons. Luigi Morelli, di Milano, prelato domestico
di Sua Santità, provicario generale di Milano. — Chiesa cattedrale di
Pescia, pel R. D. Angelo Simonettì, arcidiocesano di Firenze, parroco di
S- Pietro in Mercato. — Chiesa cattedrale di Tarentaise, pel R. D. Gio-
iranni Battista Bielloy, della stessa diocesi, canonico onorario della Catte-
drale e parroco arciprete di Albertville. — Chiesa cattedrale di Budweis,
per mons. Giuseppe Hiilka, della stessa diocesi, cameriere segreto sopran-
numerario di Sua Santità, esaminatore prosinodale, provicario generale e
canonico della cattedrale. — Chiesa cattedraXe di Pasto, per mons. Adolfo
Perea, arcidiocesano di Popayan e vicario generale. — Chiesa titolare ve-
scovile di Sebaste, per mons. Dionisio O'Connell, diocesano di Richmond,
dottore in sacra teologia, prelato domestico di Sua Santità, rettore della
Università cattolica di Washington. — Chiesa titolare vescovile di Adrior
napoli^ per mons. Tommaso Kennedy, arcidiocesano di Filadelfia, dottore in
sacra teologia, prelato domestico di Sua Santità, in Roma, rettore del Col-
legio Americano del Nord. — Chiesa titolare vescovile di Cestro, per Mons.
Barnaba Pìedrabuena, diocesano di Tucuman e vicario generale.
2. Mons. Pietro Gasparri nacque a Visso, provincia di Macerata, dio-
cesi di Norcia il 5 maggio 185!^. Fece i Buoi studii in Roma e gio-
vanissimo nominato professore di diritto canonico all'Istituto Cat-
tolico di Parigi, occupò quella cattedra per diciannove anni, nel qual
tempo diede alla luce varii volumi meritamente celebrati promovendo
altresì durante la sua permanenza a Parigi T Opera cattolica degli
Italiani. Nominato arcivescovo di Cesarea di Palestina il 2 gennaio
1898, e consecrato dal Card. Richard, andò Delegato apostolico nel-
r America del Sud per le repubbliche del Perù, di Bolivia e delKE-
quatore dove rimase quattro anni riuscendo a migliorare le relazioni
fra la Santa Sede e quei governi. Alla promozione di Mons. Cavagnis
al Cardinalato fu chiamato a succedergli neirufQcio di segretario della
Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinarii . Per la sua grande
competenza come canonista Pio X gli affidò la direzione della commis-
sione istituita per la codificazione del diritto canonico.
L'arcivescovo di Reims Mons. Ludovivo Errico Luqou nacque
il 28 ottobre 1842 a Maulévrier nella diocesi di Angers. Studiò nel
seminario diocesano ed ascese al sacerdozio nel 1865. Laureatosi
io Roma dottore in diritto canonico, dopo otto anni di ministero,
venne preconizzato vescovo di Belley nel concistoro del 25 novem-
bre 1887 e. consecrato da mons. Freppel il dì 8 febbraio 1888. Per le
qualità che possiede di valente organatore egli diede nella sua diocesi
un vigoroso impulso alle opere religiose- sociali ed alla stampa, che
trovò sempre in lui uno strenuo collaboratore, e per la quale vien
conosciuto autore di varie opere apologetiche: né va dimenticato Tim-
pulso che spiegò nelle feste per la beatificazione del Curato d'Ars. Nel
100 CRONACA CONTEMPORANEA
concistoro del 21 febbraio 1906 fu promosso all'arcivescovato di Reims,
eri m UQ anno appena ha saputo guadagnarsi particolare autorità
presso i suoi confratelli nell'episcopato in un tempo di perigliose
vicende, come quelle che ora attraversa il caltolicismo in Francia.
Anche figlio della grande e travagliata nazione francese è il car-
dinale ^Paolino Pietro Andrieu, vescovo di Marsiglia, nato a Seyssel il
giorno 8 dicembre 1849. Fece i suoi studii con bel successo a Tolosa,
ogni anno conseguendo il premio d'onore. Ordinato sacerdote il
p^fi maggio 1874, alla fine dell'anno scolastico fu nominato Vicario di
fttims, e poco dopo segretario particolare dell'arcivescovo di Tolosa,
il al quale ufficio passò ad essere indi a non molto Vicario generale
della archidiocesi, e vi durò sotto i cardinali Desprez e Mathieu e
poscia sotto mons. Germain. Preconizzato vescovo di Marsiglia nel
eoncistorq del 18 aprile 1901 fu consecrato il 24 luglio dello stesso
anno, e per un settennio di episcopato non ha fatto che dimostrarsi for-
nito di una grande saggezza ed esperienza amministrativa, di vasta cul-
lura In dritto ecclesiastico e civile, di prudenza e fermezza d'animo
congiunte a spirito di sacrificio. Per aver, in un discorso pronunziato
a Marsiglia, difeso tutto l'episcopato francese oltraggiato dalla per-
fìdia del Gombes gli furono tolte le temporalità, ma ì suoi discorsi,
W àu^ allocuzioni e lettere pastorali sulla separazione non lasciano
di essere manifestazioni di un animo intrepido e universalmente am-
mirai «.
L'Eifio Gaetano De Lai ha cinquantaquattro anni essendo nato il
30 luglio 1853 a Malo provincia e diocesi di Vicenza. Ordinato sa-
cerdote il 16 aprile 1876, si consecrò all'apostolato della gioventù
dalla quale fu tenuto sempre in alta stima per le sue qualità semplici
ed attraenti. Ebbe la cattedra di dritto nel seminario romano, ed in
seguito assegnato alla Congregazione del Concilio vi passò per varii
gradì fino a quello di segretario. Serbò per qualche tempo la carica
dì Vicario del capitolo di S. Maria ad Martyres e S. Maria in Tra-
stevere e di deputato del pontificio Seminario romano. In tutti gli
ufTleli da lui esercitati, compreso l'ultimo di consultore della com-
missione del dritto canonico, si dimostrò uomo di competenza straor-
dinaria, di virtù e zelo degni dell'onore cui è stato testé innalzato.
3. Nelle ore pomeridiane del mercoledì seguente. Sua Santità impose
la berretta cardinalizia agli Eifii Gasparri, Lu^on, Andrieu e De Lai.
LViula concistoriale in cui si compiè la cerimonia era stivata da nu-
merosi rappresentanti delle diocesi e luoghi natali di ciascuno dei
lì uovi principi della Chiesa, membri delle famiglie, deputati dei ca-
pitoli, del clero, del laicato, officiali della Congregazione del Con-
cilio e molti invitati, tra i quali in posti riservati, alcuni vescovi e
h> t^ccitie sorelle del Papa. Pio X in mozzetta e stola, accompagnato
COSE ROMANE 101
dalla corte giuase nelPaula scortato dalle guardie nobili e dagli sviz-
zeri, e sedutosi ìq trono ammise al bacio dei piede e della mano
ciascuno dei novelli porporati, ai quali dopo Tabbraccio porse la
mozzetta e la berretta cardinalizia. Terminata questa cerimonia
il card. Gasparri in nome anche degli eminentissimi colleghi rin-
graziò il Santo Padre della dignità eccelsa cui si era degnato di
innalzarli costituendoli principi della Chiesa. E « poiché nobiltà
obbliga » soggiunse il cardinale oratore, « noi tutti sentiamo con
l'onore conferitoci cresciuti i nostri doveri: noi sentiamo che spe-
cialmente in questi tempi così ostili alla Chiesa, la sacra porpora
di cui siamo rivestiti è simbolo di una vita, non già di pompe e di
agì, ma di lavoro e di sacrifizio spinto, se ve ne fosse bisogno, fino
allo spargimento del sangue, per la causa santa di Cristo, per il
trionfo della verità e della giustizia. » Ed ha terminato protestando
r indissolubile attaccamento loro alla persona del Pontefice con pro-
messe di fedeltà e raddoppiato zelo e dicendosi felici se in qualche
modo varranno a consolare le sue pene e alleggerire il peso ' del-
l'Apostolico ministero. A tali proteste Sua Santità rispose col se-
guente nobilissimo discorso:
« Vi ringrazio. Signor Cardinale, dei sentimenti di devozione e
di filiale amore, che mi avete significati in nome vostro e dei vostri
diletti confratelli per Tonore a cui foste chiamati. La sacra porpora,
che è premio alla virtù e alla scienza, non solo onora quegli egregi
che avendo prestato segnalati servigi alla Santa Sede sono chiamati
a cooperare col sommo Pontefice al governo universale della Chiesa,
ma onora pure quei luoghi, dove i nuovi eletti hanno rapporti di
origine, di parentela e di spirituale governo, i quali giustamente ri-
guardano come un benefizio e una grazia speciale T avere uno dei
loro figli nel Sacro Collegio. Io provo in vero la massima compia-
cenza tutte le volte che mi è dato di corrispondere al desiderio di
questi popoli, come sarebbe per me la più cara delle soddisfazioni
se potessi appagare i voti di tutti. Mi congratulo pertanto con voi,
diletti figli deir Umbria e della Venezia, perchè i cari vostri, dopo
di avervi seguiti col pensiero, mentre eravate occupati in delicati
uffici e importanti missioni anche in lontani paesi, ora finalmente
vi salutano con gioconda letizia e godono del premio concesso al
merito dei tanti servigi prestati alla Chiesa. Mi congratulo con Voi,
diletti figli della Francia. Mi tardava Tanimo di offrire ai cattolici
delia vostra patria un nuovo argomento della mia particolare atten-
zione; e per dare questa testimonianza mi si presentavano al pen-
siero tutti quegli insigni Prelati che, obbedienti alla mia parola, con
anione mirabile, con tranquilla, ma forte resistenza incontrarono la
persecuzione, di cui erano vittime, e alle subdole offerte di un Go-
UH CRONACA CONTEMPORANEA
venie)» che con aperta ingiuria a tutte le leggi divine ed umaae
ii%i'vn sacrilegamente usurpate le cose più sante, preferirono le an-
j^usHe, ÌB. povertà e la miseria, il qual fatto, mentre infonde in tutti
i huoni la fiducia, è caparra di sicura vittoria. Copì chi voleva di-
tìtniKt^*Te ha invece edificato, chi voleva per ogni maniera bandita
iìMn Krancia le religione di Gesù Cristo, ne ha invece rinvigorita
Ja fp^io eccitando tutti i fedeli a ripetere coi loro Vescovi le parole
di (ihida Maccabeo: Melius est nos mori in bello quam videre mala
ifmtiiH ttostrae et satictorum. Ora a tutti questi campioni, che meri"
furono ÌJ plauso e rammirazione del mondo, mi è dolce manifestare
anclm in questa occasione la mia gratitudine. Che se non posso uf-
terìtv [i lutti, come vorrei, un pegno della mia riconoscenza, son
certo |H-rò che tutti faranno plauso oltreché ai meriti vostri parti-
coìni'i, ai pensiero che mi indusse a preferirvi a tutti gli altri ottimi.
Mar^il^lla è il porto, a cui dopo il sacrificio divino del Calvario, ap-
prodò non solo il discepolo, ma Tamico del divin Redentore ; e Mar-
siglia, {he fé tesoro della parola di vita dispensata da Lazzaro b la
venera rincora come speciale patrono, dev'essere riguardata dalla
Franeìji con speciale venerazione. Reims conserva il fonte battesi-
nmit* «tonde é uscita tutta la Francia cristiana e giustamente é chia-
iiììxìA per questo il diadema del regno. Era un'ora tenebrosa per la
Chteifiri tJI Gesù Cristo, che combattuta per una parte dagli Ariani e
assalii J^ per l'altra dai barbari, non aveva altro rifugio che la pre-
j^hìera per invocare l'ora di Dio. E l'ora di Dio suonò a Reims nella
fmìik dì Natale dell'anno 486, perché il battesimo di Clodoveo segnò
la naHi'ìta di una grande nazione, della tribù di Giuda dell'era no-
vella, i'he prosperò sempre finché mantenne l'alleanza del sacerdozio
f d^l pubblico potere, finché non a parole, ma coi fatti si mostrò
ftjflb primogenita della Chiesa. A Reims pertanto ed a Marsiglia de-
vono rivolgersi gli affetti dei cattolici della Francia, perché se a
Mttrsiglia fu portato il primo germe della fede, della parola venuta
d«U (lolgota, caldo ancora del sangue di Gesù Cristo, a Reims fu
gglennumente proclamato il Regno di Cristo in tutta la Francia pel
R6 ehB senza parole, ma col suo solo esempio indusse i popoli, che
lo bit^gufvano, a ripetere alla di lui presenza e ad una sola voce :
tsm rinunciamo agli Dei mortali e siamo pronti ad adorare il Dio
IjDiuortale predicato da Remigio; provando così un'altra volta, che
1 |io(M>U sono quali li vogliono i loro Governi. Mi congratulo per-
ttiola t'CiQ voi, Venerabili Pastori di Reims e di Marsiglia, che ritor-
tìciidt> alle vostre Sedi adorni della Sacra Porpora, sarete accolti con
gioia V avrete il saluto affettuoso dei vostri confratelli e la venera-
zione di tutti i cattolici della Francia. Che se in questa letizia non
ho jMiluto fare a meno di rammaricarmi pensando alle persecuzioni
COSE ROMANE 103
alle quali è fatta segno la Chiesa, confido però molto anche in voi,
che, cominciando oggi una vita di lavoro più assiduo e di maggior
sacrificio, come per lo passato, continuerete a sostenerne i diritti e
ad aiutarmi nello spirituale governo. E a questo fine impartisco con
effusione di cuore TApostolica Benedizione, a voi, al Clero ed al po-
polo delle vostre Diocesi, ai diletti che decorarono colla loro pre-
senza questa ceremonia, ai vostri ed ai loro parenti, e questa Bene-
dizione sia fonte per tutti delle grazie più elette e delle più soavi
consolazioni. »
4. Nel seguente giovedì 19, neiraula delle Beatificazioni il Santo
Padre tenne concistoro pubblico, al quale assistettero i membri del
Corpo diplomatico, del patriziato e della nobiltà romana, il Gran
maestro deirOrdine di Malta con i commendatori e cavalieri del con-
siglio, e in tribune e recinti speciali moltissimi invitati tra parenti
ed amici dei novelli porporati, le deputazioni del giorno precedente
e numerose persone appartenenti alla colonia straniera. Dopo l'omag-
gio consueto ebbe luogo la imposizione dei cappelli ai nuovi cardi-
nali nonché agli eminentissimi Aguirre e Rinaldini creati e pubblicati
nel Concistoro del 15 aprile 1907, ceremonia compiuta da Sua Santità
mentre i cantori interpretavano alcuni mottetti del Palestrina ed il
Tu es Petrus del Perosi che ne dirigeva l'esecuzione. Nel concistoro
segreto che ebbe luogo dopo nella solita aula il Santo Padre propose
le Chiese seguenti :
Chiesa patriarcale di Lisbona, per mona. Antonio Mendes Bello, pro-
mosso dalla sede cattedrale di Faro. — Chiesa cattedrale di Faro, per
mons. Antonio Barbosa I/eao, traslato della sede cattedrale di Angola e
Ck)ngo. — Chiesa cattedrale di Guadix, pel R. D, Timoteo Hernandez
Mnlas, diocesano di Zamora, laureato in diritto canonico, canonico dotto-
rale della cattedrale di Cuenca. — Chiesa cattedrale di Aìmeria, pel R.
D. Vincenzo Casanova, diocesano di Tarazona, licenziato in sacra teologia,
in Madrid parroco della chiesa del Buon Consiglio. — Chiesa cattedrale
di Segorbia, pel R. D. Antonio Maria Massanet y Verd, diocesano di Ma-
iorca, professore di filosofia nel seminario vescovile di Palma. — Chiesa
«aitedrcUe di Beja, pel R. D. Sebastiano Leite de Vasconcellos, di Oporto,
fondatore e direttore della Officina dì S. Giuseppe. — Chiesa titolare fé-
scovile di Martiropoli, pel R. D. Antonio Alves Ferreira, diocesano di Por-
talegre, licenziato in sacra teologia e in diritto canonico, professore di sa-
cra teologia nel seminario di Santarem, canonico della chiesa patriarcale
di Lisbona, deputato coadiutore con successione di mons. Giuseppe Dias
Correia de Carvalho, vescovo di Viseu. — Chiesa titolare vescovile di
Olimpo, pel R. D. Prudenzio Melo y Alcalde, di Burgos, dottore in sacra
teologia e in diritto canonico, provicario generale e canonico letterale della
metropolitana di Burgos, deputato ausiliare deirE.mo e R.mo Sig. Card. Ci-
riaco Maria Sancha y Hervas, Arcivescovo di Toledo. — Chiesa titolare
104 CRONACA CONTEMPORANEA
vescovile di Antldone, pel R. D. Raimondo Barberà y Boada, arcidioce-
s&no di Tarragona, dottore in sacra teologia e licenziato in dritto canonico,
<5anonico arcidiacono della Metropolitana di Tarragona.
Quindi Sua Santità pubblicò le seguenti Chiese, già. provviste
per Breve:
Coadiutoria con successione nella chiesa cattedrale di Parma, per
mons. Guido Maria Conforti, arcivescovo titolare di Stauropoll (ora è suc-
ceduto). — Chiesa titolare arcivescovile di Sardica, per mons. Pio Alberto
del Corona, dei Predicatori, promosso dalla sede cattedrale di S. Miniato.
— Chiesa titolare arcivescovile di Pessinuntey di rito latino, per mons.
Costanzo Lodovico Maria Guillios, promosso dalla sede cattedrale di Le Puy.
— Chiesa metropolitana di Avignone» per mons. Gaspare Maria Michele
Latty, promosso dalla cattedrale di Ghàlons. — Chiesa metropolitana di
LinareSf per Mons. Leopoldo Ruiz, promosso dalla sede cattedrale di Leon
di Messico. — Chiese metropolitane unite di Acerenea e Matera, per mons.
Anselmo Pecci, benedettino, promosso dalla sede cattedrale di Tricarico. —
Chiesa metrojìolitana di Bombay ^ pel Rev. P. Ermanno JQrgens, della Com-
pagnia di Gesù. — Chiesa titolare arcivescovile di Eraclea, pel Rev. P. An-
drea Francesco Frtthwirth, dei Predicatori,* diocesano di Seckau, maestro in
sacra teologia, consultore del S. Uffizio, nunzio apostolico in Baviera. —
Chiesa cattedrale di Uberaba, recentemente eretta da Sua Santità per
mons. Edoardo Duarte Silva, traslato dalla sede cattedrale di Goyaz. —
Chiesa cattedrale di Piince Albert, recentemente eretta da Sua Santità ,
per mons. Alberto Pascal, degli Oblati di Maria Immacolata, traslato dalla
chiesa titolare vescovile di Mosynopoli. — Chiesa cattedrale di Leon del
Messico, per mons. Giuseppe Mora, traslato dalla sede cattedrale di Tulan-
cingo. — Chiesa Cattedrale di Chilapa, per Mons. Francesco Campos, tra-
slato dalla sede cattedrale di Tabasco. — Chiesa Cattedrale di Curytiba,
per mons. Giovanni Francesco Braga, traslato dalla sede cattedrale di Pe-
tropolis. — Chiesa titolare vescovile di Cina, per mons. Carlo di Gesù
Mejia, della Congregazione della Missione, traslato dalla sede cattedrale di
Tehuantepec. — Chiesa cattedrale di Acireale, per mons. Giovanni Bat-
tista Arista Vigo, della Congregazione deirOra torio, traslato dalla chiesa
titolare vescovile di Nissa. — Abazia nullius di Monserra o nel Brasile,
recentemente eretta da Sua Santità, per mons. Gerardo van Caloen, del-
l'Ordine di S. Benedetto, vescovo titolare di Focea. — Chiesa cattedrale
di Venosa, per mons. Felice del Sordo, traslato dalla chiesa titolare vesco-
vile di Claudiopoli. — Chiesa cattedrale di S, Miniato, per mons Carlo
Falcini, traslato dalla chie^ titolare vescovile di Aretusa. — Chiesa cat-
tedrale di Ibarra, per mons. Ulpiano Perez y Quifiones, traslato dalla chiesa
titolare vescovile di Aretusa. — Chiesa cattedrale di Mfmteflascone, per
mons. Domenico Mannaioli, diocesano di Todi, prelato domestico di Sua
Santità, dottore in sacra teologia ed in ambe le legge, correttore della S. Pe-
nitenzieria e canonico de!ld patriarcale basilica liberiana. — Chiesa cai»
tedrale di Città della Piece, pel R. D. Domenico Fanucchi, arcidiocesano
di Lucca, esaminatore sinodale, canonico della metropolitana e provicario
COSE ROMANE 105
generale di Lucca. — Chiese cattedrali unite di Corneto Tarquinia e Ci-
ciiavecchia, pel R. P. Beda Giovanni Cardinale, iienedettino, di Genova,
Abate del Monastero di Fraglia presso Padova. — Chiesa cattedrale di
Amelia, pel R. P. Francesco Maria Berti, dei Minori Conventuali, diocesano
di Pistoia, commissario generale di Toscana e rettore di S. Croce di Fi-
renze. — Chiesa cattedrale di Grosseto^ pel R. D. Ulisse Bascherini, ar-
cidiocesano di Pisa, licenziato in sacra teologia, esaminatore prosinodale,
arciprete della metropolitana e provicario generale di Pisa. — Chiesa caU
tedrale di Borgo 8. Donnino, pel R. D. Leonida Mapelli, di Milano, pre-
vosto parroco di Sesto Calende nella stessa arcidiocesi.
Chiesa cattedrale di Lacedonia^ pel R. D. Gaetano Pizzi, diocesano
d*Isemia, dottore in saera teologia, esaminatore sinodale e canonico della
cattedrale d^Isernia. — Chiesa cattedrale di Caltanisetta, pel R. P. An-
tonio Augusto Intreccialagli, dei Carmelitani scalzi, diocesano di Frascati,
maestro di filosofia e sacra teologia, visitatore apostolico in Roma e in
varie diocesi d*Italìa, consultore della S. Congregazione dei Vescovi e Re-
golari e di varie commissioni Pontificie, nel suo Ordine già Definitore e
provinciale, postulatore delle Cause dei Santi. — Chiesa cattedrale di Ce-
fali^, pel R. P. Anselmo Evangelista Sansoni, dei Minori, diocesano di Arezzo,
lettore in filosofia e sacra teologia, in Arezzo esaminatore prosinodale, pro-
fessore di teologia dommatica e sacra Scrittura e direttore spirituale nel
Seminario. — Chiesa cattedrale di Angouléme, pel B. D. Enrico Arlet, dio-
cesano di Cahors, Professore emerito del Seminario e Vicario Generale di
Cahors. — Chiesa cattedrale di Le Puy, pel R. C. Tommaso Boutry, dio-
cesano di Moulins, dottore in sacra teologia e in diritto canonico, canonico
teologo della cattedrale e vicario generale di Moulins. — Chiesa cattedrale
di Pamiers. pel R. D. Martino Izart, diocesano di Perpignano, ivi canonico
arciprete della cattedrale. — Chiesa cattedrale di Troyes, pel R. D. Lo-
renzo Mounier, diocesano di S. Claude e canonico arciprete della catte-
drale. — Chiesa cattedrale di Blois, pel R. D. Alfredo Giulio Mélisson,
diocesano di Le Mans e canonico arciprete della cattedrale. — Chiesa cat-
tedrale di Santorino, pel R. D. Michele Camilleri, arcidiocesano di Corfù,
parroco in Smirne. — Chiesa cattedrale di ìiiohamba, pel R. P. Andrea
Machado, della Compagnia di Gesù, ministro provinciale dell'Equatore. —
Chiesa cattedrale di Portoveochio, pel R. D. Giovanni Maria Riesa, dei
Predicatori, ministro provinciale nell'Equatore. — Chiesa cattedrale di Tu-
ianeingo^ pel R. D, Giovanni Herrera, arcidiocesano di Messico, dottore in
filosofia, sacra teologìa e diritto canonico, in Messico rettore del Semina-
rio arcivescovile e prefetto degli studii. — Chiesa cattedrale di Tehuan-
tepee, pel R. D. Ignazio Placencia, arcidiocesano di Guadalaxara, ivi pro-
segretario della Curia arcivescovile. — Chiesa cattedrale di Derry, per
mons. Carlo Mac Hugh, della stessa diocesi, prelato domestico di Sua San-
tità, dottore in sacra teologia, rettore del Seminario e vicario generale. —
Chiesa cattedrale di Fall River, pel R. D. Daniele Francesco Feehan, dio-
cesano di Springfield, Parroco di S. Bernardo e Consultore diocesano. —
Chiesa cattedrale di Poona^ pel R. P. Enrico Doring, della Compagnia di
Gesù, Diocesano di Mlinster, Missionario in Poona. — Chiesa cattedrale
106 CRONACA CONTEMPORANEA
di Nagpur, pel R. P. Francesco Stefano Coppel, dei Missionarii di S. Fran-
cesco di Sales, diocesano di Annecy, professore e rettore del collegio di
Nagpur e provinciale della sua Congregazione. — Chiesa titolare vesco-
vile di Acmoììiay pel R. D. Pietro Marty, diocesano di Pórigueux, dottore
in sacra teologia; decano del Capitolo di Périgueux, deputato Coadiutore
con successione di mons. Adolfo Fiard, vescovo di Montauban. — Chiesa
titolare vescovile di Aita, pel R. D. Carlo Maria De Grostarzn, del Semi-
nario delle Missioni estere di Parigi, deputato vicario apostolico dello Yun-
nan in Cina. — Chiesa titolare vescovile di AntifellOy pel R. P. Giovanni
CalLins^ della Compagnia di Gesù, deputato Vicario Apostolico della Già-
maica. — Chiesa titolare vescovile di Damar a, pel R. D. Nicola Ciceri
della Missione, diocesano di Nola, procuratore in Shanghai, deputato Vi-
cario Apostolico del Siam-Si meridionale. — Chiesa titolare vescovile di
Pilionte. pel R. P. Pietro Munagorri y Obineta, dei Predicatori, diocesano
dì Vittoria, deputato Vicario Apostolico del Tonkino centrale.
Chiesa titolare vescovile di MUeto, pel R. P. Adeodato Witner. dei
Minori, diocesano di Strasburgo, deputato coadiutore con successione del
vicario apostolico dello Sciam-Ton orientale. — Chiesa titolare vescovile
di ParnassOj per mons. Lodovico Giuseppe Lagraive, arcidiocesano di Ma-
lines, prelato domestico di Sua Santità e vicario generale, deputato ausi-
liare dell'Emo e Revmo signor Card. Desiderato Mercier, Arcivescovo di
Mal Ines. — Chiesa titolare vescovile di Amata, per mons Paolo Rosario
Farrugia, diocesano di Malta, protonotario apostolico ad instar parteci-
pantiutn, dottore in sacra teologia, esaminatore prosinodale e canonico
della cattedrale, deputato ausiliare di mons. Pietro Pace, arcivescovo ve-
si^ovo di Malta. — Chiesa titolare vescovile di Selimbria, per R. D. Gio-
vanni Klunder, diocesano di Culma, dottore in ambe le leggi, canonico
della cattedrale di Culma, deputato ausiliare di mons. Agostino Rosentre-
ter, vescovo di Culma. — Chiesa titolare vescovile di Sura, pel R. D.
Antonio Augusto de Assis, arcidiocesano di Marianna, in Porto Alegre
canonico arciprete della cattedrale, deputato ausiliare di mons. Giovanni
Battista Correa Neri, vescovo di Porto Alegre. — Chiesa titolare vesco-
vile di Cernia nicopoli, pel R. D. Giuseppe Maria Kondelka, diocesano di
Cli^veland, deputato ausiliare di mons. Ignatio Horstmann, vescovo di Cle-
veland. — Chiesa filolare vescovile di Elenopoli, per mons. Rocco Vucic,
diocesano di Segna, protonotario apostolico ad instar participantiiim^ li-
cenziato in filosofia e in sacra teologia, canonico della cattedrale di Segna.
Nello stesso concistoro il Papa diede ranelle ai nuovi cardinali
eJ assegnò loro le proprie chiese titolari: alPEifio Aguirre il titolo
Prtfsbiterale di S. Giovanni a porta Latina; quello di S. Pancrazio
air Emo Rinaldinì; quello dì 5. Bernardo airEmo Gasparri ; quello
di S'. Maria Nuova airEino Lu(^on ; quello di S. Onofrio alTEifio
Audrieu; e la Diaconia di S. Nicola in carcere alTEiìio De Lai.
Fu pure fatta a Sua Santità la postulazione del Sacro pallio per
la chiesa Patriarcale di Lisbona, per le chiese metropolitane di JBo-
ì^na, Acer enea e Matera, Lìnares, Avignone, Chambéry, Bombay, Lima
COSE ROMANE 107
e Bostofi (per successione) non che per le chiese cattedrali di Puy
e Coutances (per privilegio).
5. In attestato di benevolenza non comune verso rilliTio e Rilio
Mona. Giacomo Della Chiesa, e di stima per Tarchidiocesi di Bologna
il S. Padre si degnò conferire personalmente al degnissimo preiato la
consecrazione episcopale. La maestosa cerimonia si svolse nella cap-
pella Sistina domenica 32 decembre alla presenza di parecchi cardinali,
arcivescovi, vescovi, deli* ambasciatore di Austria, dei ministri di Prus-
sia, Belgio, Russia, Baviera, Brasile e di molti addetti al corpo diploma-
tico, dì numerosi invitati, tra i quali i parenti di Mons. Delia Chiesa ed i
rappresentanti bolognesi e genovesi del clero e del laicato. Il Pontefice
assistito dai due arcivescovi mons. Balestra di Cagliari, e mons. Val-
frè di Vercelli compiè la ceremonia augusta della consecrazione,
dopo la quale e mentre si cantava il Te Deum il novello arcivescovo
si recò fino al fondo della cappella impartendo secondo il rito la
sua prima benedizione pastorale agli astanti.
Doni in gran numero furono offerti in questa occasione al nuovo
arcivescovo, tra i quali spiccano una magnifica croce pettorale tem-
pestata di grossi brillanti e un pastorale regalatigli da Sua Santità
Pio X. .
6. La nuova amministrazione comunale da poco insediata in Cam-
pidoglio per mostrarsi fedele al suo programuia giacobino, dal quale
traspare anche la grettezza di che è brutta Tanima bloccarda, appena
le fu possibile decretò la soppressione d*una pietosa opera. Antica-
mente dal Comune di Roma era affidata a preti, poi a frati cappuc-
cini, tre in tutto, la incomoda missione dì accompagnare i cadaveri
nel trasporto notturno dagli ospedali e parrocchie al cimitero. Ogni
giorno TufiBcio d* igiene mandava ai cappellani il foglio sul giro
da compiersi prima dell'alba, ed il povero religioso accompagnava
airultima dimora i trapassati salmodiando dal suo luogo sul carro
dove avea posto coi becchini. Il nuovo assessore d* igiene dichiarò
con un decreto della giunta esonerati i frati dal loro ufficio,
risparmiando cosi al bilancio del Comune il dispendio, nientemeno
di 1800 lire annue equivalenti a 150 mensili da dividersi fra tre
o quattro cappellani. Chissà se si può essere più tristi e lerci
di cosi. Però il poco destro colpo, che voleva essere colpo di
genio, destò, come era da prevedersi, T indignazione generale, e più
dei cattolici che deploravano la sorte dei poveri di Roma privati
perfin delle preci della Chiesa dopo morte. L'assessore da uomo sa-
gace ritornando sulla deliberazione fece sapere per i pubbbici fogli
che ai frati non era tolta la facoltà di compiere il loro caritatevole
ufficio, purché volessero esercitarlo senza stipendio alcuno. Non in-
dugiarono nn momento i cappuccini e con sorpresa forse del censi-
108 CRONACA CONTEMPORANEA
gliere bloccardo si dissero fin dal domani pronti a prestar Tantica
opera gratuitamente. Ma la cittadinanza commossa sottentrò al
Comune e per mezzo del Corriere d'Italia mise insieme una somma
maggiore del bisognevole per venire in aiuto dei frati, sicché po-
tranno tuttora i poveri volontari non abbandonare gli abbandonati
dalla fortuna.
7. Il giorno 3 di dicembre venne dal Santo Padre diretta una let-
tera di congratulazione e di nobile incoraggiamento al P. Aidano
Gasquet presidente della Commissione dei lavori circa la revisione
del testo della Volgata. In essa Pio X mostra la fiducia che nutre
di vedere coronati di felice successo i lavori del dotto Benedettino
e de' suoi soci! intorno ad unMmpresa assai ardua e alla quale illustri
autori e gli stessi romani pontefici si consecrarono felicemente : dicesi
sicuro della diligenza con la quale i Padri Benedettini versati nella
scienza paleografica ed ìstorica non lasceranno inesplorato alcun co-
dice antico che possa trovarsi nelle biblioteche di Europa senza por-
tarlo alla luce e alio studio affin di restituire fedelmente il testo
geronimiano della Volgata. Prosegue esortando quelli che ne hanno
il potere a favorire gli studiosi onde si rendano benemeriti della
religione e della santa scrittura. L^ lettera nel suo testo originale
è la seguente:
Delatuin sodalibus Benedictìnis munus pervestigationum Studiorumque
apparandorum, quibus nova innitatur editio Conversionls Latinae Scriptu-
rarum, quae Vulgatae nomen invenit, adeo equidem arbitramur nobile ut
gratular! vehementer non tibi modo, sed sodalibus universis tuis, ila ma-
xime, qui adiutores clari operis erunt, debeamus. Operosum et arduum ha-
betis propositum facinus, in quo sollerter, memoria patnim, colebres enidi-
tione viri, ipsoque e Pontiflcum numero aliquot, felici haud piane conatu,
elaborarunt. Adiungentibus vobls rei illustri animum, non est dubitationi
locus, flnem vos concrediti muneris fore aesecuturos, qui finis restitutione
continetur primiformis textus Hieronymianae Bibliorum Gonversionis, con-
sequentium saeculorum vitio non paullum depravati. Explorata, qua Bene-
dictini Sodales pollent, paleographlae historicarumque disciplinarum scientia,
eorumque compertissima in pervestigando constantia, certo securoque animo
doctos esse iubent perfecta vos investigatione antiquos Godices universos
Latinae Scripturarum Interpretationis, quotquot adservari in Europae Bi-
bllothecis ad haec tempora constat, esse examinaturos ; idque praeterea ha-
blturos curae, Godices ubique conquirere in lucemque proferre, qui usque
adhuc Incomperti lateant. Has vero conquisitiones valde exoptandum ut, quo
minore fieri negotio possit, persequi cuique vestrum fas sit; ideoque prae-
fectis tabulariorum bibliothecarumque studia vestra impense commendamus,
nihil ambigentes quin, prò sua in doctrinas Librosque sacros voluntate,
omnem vobis gratiam impertiant. — Singularis praestantia rei, et concepta
de vobis ab Ecclesia expectatio; Ingeniimi item horum temporum, quibus
illud certe dandum est laudi, pervestigationes istiusmodi ita perflcere ut
COSE ROMANE 109
nulla ex parte reprehendendae videantiir: talia haec profecto sunt ut aperte
inde appareat, oportere id opus ad absolutioneni piane ac perfectionem af-
ferri, diictuque conQci normarum, quae plurimi apud disciplinas Id genus
aestimentur. Equidem inteiiigimus longo vobis opus esse temporis spatio,
ut munus exitu fausto concludatis; talis namque agitur res, quam animis
aggredì et perflcere necesse est curarum et festinationis expertibup. Neque
vero perspicuum minus Nobis est, quam multa pecuniae vi tam ampio exc-
quendo Consilio sit opus: ob eamque rem spem libet amplecti non defuturos
immortali operi qui de svls fortunis adiutores velini se dare, bene de Sacris
Litteris ac de Christiana Religione merituri. Eos Nos, perinde atque vos,
initio egregi! facinoris, hortatione prosequimur, velint Nobiscuni adiumentum
operi aiferre ; quandoquidem qui bona impendunt studia, liberalibus debent
manihua fulciri. Auspicem luminum gratiaruraque coelestium, inilicemque
praecìpuae dilectionis Nostrae Apostolicam Benedictionem tibi ilsque uni-
versis ac singulis, qui studium opemve praestantìssimo facinori contulerint,
peramanter in Domino impertimus. Datum Romae apud S. Petrumdie IH De-
ccmbris anno MCMVII, Pontiflcatus Nostri quinto. PIUS PP. X.
II.
COSE ITALIANE
1. L'esposizione finanziaria alla Camera. Dichiarazioni deIi*on. Bertolini —
2. La questione dell'arresto delKon. Nasi risoluta affermativamente. —
3. Uno scoppio spaventoso di polvere a Palermo. — 4. Le manifestazioni
per Oberdank.
1. L'esposizione finanziaria fatta dal ministro Carcano il 7 dicembre
fu giudicata un documento sincero, ma senza ampiezza di vedute, l
conti consuntivi del 1906-907 si chiusero con un notevole avanzo di
quasi 10^ milioni, i quali come vero beneficio recato al tesoro si ri-
ducono a 68.8, dovendosi il resto di eccedenza al prelevamento
dall'avanzo deiresercizio 1905-906. A tale risultato contribuirono le
spese riuscite inferiori alle previste e le entrate effettive superanti
di 72 milioni e mezzo la previsione. Inoltre il Carcano calcolò che
l'esercizio corrente si chiuderà con 51 milioni (da ridursi a 29 qua-
lora si riferiscano le spese straordinarie all'esercizio cui spettano) .
e previde pel 1908-909 l'avanzo di 43 milioni, che anch'esso portato
all'effettivo si ridurrà ai 24 soltanto. Annunziò inoltre una riforma
bancaria che si riduce a già note proposte parte discutibili, parte
accettabili, e lodata fu dai tecnici quella da lui fatta di assegnare
60 milioni di oro a rinforzare il fondo metallico dei biglietti di
Stato, necessità già difesa dalfon. Luzzatti. L'accenno al bilancio
ferroviario fu uno dei punti più interessanti dell'esposizione finan-
ziaria. L'on. Carcano parlò di diminuzione del T mcrewenio nei redditi
netti e l'accenno non sembrò chiaro, poiché dalla esposizione si rile-
110 CRONACA CONTEMPORANEA
verebbe che questi non diminuissero, sibbene aumentassero lenla-
meute; come non sembrò chiara la giustificazione del prelevamento
di IO milioni dal fondo di riserva per le spese impreviste, apparendo
questo come un artificio per non diminuire i redditi netti ferroviari!.
Il consiglio dei ministri riunitosi più volte nella prima metà di
di( (*mbre prese le ultime determinazioni circa l'aumento dei bilanci
stiìhilendo che, quello dell'interno sarà accresciuto di 8 milioni,
^juf! Ilo delle poste di SO, quello di grazia e giustizia di poco meno
di 7, quello degli esteri di lire 850,000, e quello della istruzione
fii 4 milioni e mezzo.
Notisi che gli avanzi del bilancio sono in gran parte destinati al
iin^ltoramento economico degli impiegati dello Stato, ed il relativo di-
segno di legge, come risulta dalle tabelle, provvede a 19,000 funzionarli :
cu ri viene quindi opporsi una buona volta alle pretese di quei di-
pendenti dello Stato, i quali cavando dalla potenza delle organizza-
zioni audacia ogni dì più, mirano a strappare condizioni di privilegio
di fronte a quelle di altre classi lavoratrici con una perenne mi-
!iaccja alla integrità dei bilancio. Di questa necessità parve convinta
la maggioranza degli italiani, a giudicarlo dall'eco che fece alle di-
chiarazioni del ministro dei lavori pubblici on. Bertolini in risposta
al Ite interpellanze del Turati. Questi svolgendo la sua tesi sullo sciopero
f<?rro viario di solidarietà pei fatti di Milano che, cioè, non si può con san-
/juiif punitive impedire il movimento collettivo di una classe, come una
I urza inevitabile ed irresistibile la quale solo, secondo lui, può trovare
un freno negli arbitrati obbligatorii, e deplorando perciò le inflitte puni-
zioni invocò un'amnistia generale, la sola valevole a pacificare gli animi
f disarmare gli eccitati. Magistralmente l'on. Bertolini, rispose affer-
mando l'assoluto ed imprescindibile diritto dello Stato, il quale non
pciìrebbe non applicare la sanzione della legge contro una mino-
ranza prepotente e soverchiatrice senza la propria abdicazione, e
proseguì ragionando sulla intollerabilità dello sciopero nei pubblici
servizi da parte di qualsiasi Governo né quale mezzo di Rivendica-
zione di classe, né quale partecipazione di solidarietà ad agitazioni
allrui. Alla proposta di un arbitrato obbligatorio osservò con chiara
logica, equivarebbe questo ad un esautoramento del potere legislativo
spogliandolo delle attribuzioni proprie, quale quella di stabilire le
condizioni di contratto dei dipendenti dello Stato, compensarli della
rinunzia al diritto di sciopero e tutelarli contro ogni abuso da parte
del governo, sostituendolo con un potere estraneo irresponsabile, il
\]Uì\\e al tempo stesso potrebbe stabilire di proprio arbitrio l'am-
montare delle pubbliche gravezze. Quanto alla proposta di un con-
dono generale di tutte le pene non fu meno esplicito rigettandola,
ijunle alto di imperdonabile leggerezza valevole, non a disarmare, si
'JCSL ITALIANE 111
ad inanimire ì turbolenti a nuove agitazioni ; e quindi esser anzi
necessaria un'azione di « difesa sociale » contro le teorie tendenti a
scuotere le basi della società e piombarla nella anarchia. Il discorso
col quale Ton. Bertolini si dimostrò vero uomo di Stato non privo
di energia fu coronato da applausi vivissimi della Camera ai quali sì ^
associò tutta la nazione.
2. Una controversia molto vivace svoltasi alla Camera venne oppor-
tunamente a scuotere dal torpore i sonnolenti deputati, e da quella
uscì vittorioso il buon senso e la retta coscienza politica. L* impu-
tato Nasi aveva domandato alla Camera la revv^ca, o almeno la di-
chiarazione di illegalità incorsa dal presidente delFAlta Corte, nel-
Temettere contro lui, deputato, Il mandato d'arresto, e la Camera
doveva dare la sua sentenza. Nella discussione si era trafugato più
dì una questione adiafora, come quella delle prerogative parlamen-
tari, della moralità e perfino dell'opportunità politica, laddove il nodo
propriamente si trovava nell'articolo 47 dello Statuto. Le preroga-
tive parlamentari erano fuori discussione, né venivano contestate : il
caso non era di guarantire un deputato contro l'azione del potere giu-
diziario, cioè contro un potere estraneo al quale la Camera può dai e
o no il suo consenso, così per la citazione in giudizio, come per
l'arresto ; ma di stabilire se la Camera accusando un membro del
Governo e traducendolo avanti al Senato costituito in Alta Corte può
riservarsi il diritto di limitare i legali effetti dell'accusa e ristrin-
gerne la giurisdizione. Ma gli amici del Nasi portarono la battaglia
proprio nel campo delle prerogative parlamentari comprese nelTar-
ticolo 45 dello Statuto, ed ebbero nella lotta il solo risultato con-
forme a giustizia, la sconfitta. L'accusa lanciata dai Nasiani contro
i difensori del potere sovrano della Camera, di essere illiberali e an-
tidemocratici, perchè il deputato, quale rappresentante della sovrana
volontà popolare, è sopra della legge e non può essere arrestato, fu
vittoriosamente respinta dal Turati, il quale provò che nel diritto di
accusa della rappresentanza nazionale è contenuta la vera sovranità
popolare. Il voto (sancito con appello nominale) che affermò il diritto
sovrano del parlamento nell'accusa, e il dovere di rispettate la giu-
risdizione competente all'altro potere, sovrano anche esso, rimarrà
memorabile nella storia parlamentare, perchè ha stabilito un prece-
dente esemplare. L'arresto dell'on. Nasi fu mantenuto con !239 voti
contro 91. A stornare questo voto il comitato prò Nasi avea minac-
ciato il finimondo, e nei varii comizii anteriori protestando contro
l'arresto era sceso a tutti gli espedienti, non escluso quello di un
inqualificabile procedimento presso tutti i collegi elettorali della Si-
cilia affinchè imponessero ai propri deputati di far causa comune
con l'ex ministro. Ma ogni sforzo sia del famoso comitato, sia del
112 CRONACA CONTEMPORANEA
Nasi stesso, sia dei suoi difensori fu vano, e pare finalmente as-
sodato che si verrà fra non molto ad una soluzione definitiva, quella
appunto per evitar la quale parvero escogitate le vane complicazioai
nelle quali si è andato ravvolgendo il malaugurato processo.
^ 3. Il giorno SO dicembre a Montecitorio la politica passò in secondo
luogo: rargomento principale dei discorsi fu il grave disastro di
Palermo. La sera precedente era avvenuto in quella città uno scoppio
terribile di polvere pirica e di altre materie esplodenti che produsse
il crollo del caseggiato in cui era nascosto il deposito frodolento, e
quello del caseggiato fronteggiante, ricovero di poveri emigranti, con
ripercussione in quasi tutta la città. Dall'esplosione si generò un
incendio minaccioso nel fitto, delfabitato, e le spire prepotenti delle
fiamme abbracciavano le case circostanti, mentre da un mucchio im-^
mane di rovine venivano voci di infelici sepolti chiedenti mercè. Nod
ostanti i frequenti rimbombi e i getti di faville che si sprigionavano
dalle viscere di quelfammasso informe molti generosi corsero all'o-
pera di salvamento : quasi un centinaio di feriti e 72 morti secondo
le notizie dei giornali locali, vennero dissepolti dall'immensa rovina
e portati negli ospedali tra episodii di eroismo e di terrore.
Le prime notizie diffuse rapidamente in Roma fecero crederò il
disastro assai pi Ci grave, poiché in un dispaccio da Palermo all&
Tribuna parlavasi di mille morti i quali lasciarono supporre Dio s&
quanti feriti e un disastro immenso. I siciliani che formano in Roma
una vera colonia, accorsero al ministero dell'interno, dal quale per
l'ora tarda non poterono cavar migliori novelle, e si rivolsero dap-
pertutto dove potevansi attingere informazioni precise; le quali giun-
sero man mano a determinare la verità, sempre dolorosa quantunque
meno grave di quanto si poteva temere dai primi telegrammi, pur
confermarono tutti nel convincimento di un gravissimo disastro piom-
bato sulla capitale dell'isola. Generalmente si accusano d'insipienza le
autorità locali, e si biasima forte la negligenza della questura, la quale
avendo contezza di un deposito di polveri nel mezzo dell'abitato e po-
tendo supporre che vi si tenesse in quantità maggiore della consentita
per legge, e forse di nascosto la dinamite, non abbia provveduto con
debita sorveglianza mentre ora le incombe gran parte della respon-
sabilità del disastro.
4. Il fare il Sindaco di Roma è un bell'onore, ma è anche un im-
piccio, perchè le corbellerie che si commettono dal sindaco di Roma^
gli attirano maggior vergogna e maggior biasimo quanto è più alta
la carica che occupa e la responsabilità che incorre. Il signor Nathan
pare che abbia cominciato assai presto a scappucciare, se si deve
credere a un comunicato della Stefani a proposito di gazzarre re-
pubblicane e antiaustriache, e ai commenti pepati che vi fece l'ujffi-
COSE ITALIANE 113
CÌ08& Tribuna del 23 dicembre sotto la rubrìca « Le maDifestazioni
per Oberdaok » che noi trascriviamo di peso :
< L' Agenzia Stefani ha trasmessa la seguente nota della cui im-
portanza, ufficiale od officiosa, lasciamo al pubblico il giudizio.
« Boma, 21. — Le manifestagioni politiche isolate avvenute ieri in
qualche Università ed in qualche assemblea amministrativa non pos-
sono che essere deplorate dal Governo italiano, come il Governo austro-
ungarico ha recentemente deplorato qualche manifestazione isolata ostile
air Italia, poiché è fermo volere dei due Governi non solo di rimanere
lealmente fedeli alValleanea, ma di rafforzare sempre piit quei rapporti
di cordiale ed intima amicizia che intercedono tra i due passi e che
nessuna manifestazione di piccole minoranze riuscirà a turbare.
< Una delle Università in cui avvennero le manifestazioni politiche
a cui si accenna nel comunicato, è 1* Università di Roma, dove la
commemorazione per concessione del rettore assunse il carattere di
funzione solennemente autorizzata. Una delle assemblee amministra-
tive in cui si inneggiò a Oberdank è il Consiglio comunale di Romti,
dove il repubblicano dottor Musanti mandò un saluto ali* « ultima
vittima generosa delfunità italiana », il pubblico bloccardo applaudi,
i consiglieri monar<;hici o applaudirono o stettero spettatori silen-
ziosi, e applaudirono socialisti, repubblicani e radicali e dove il sin-
daco Nathan prese atto della dimostrazione e deirapplauso che qua-
lificò « il segno migliore del sentimento dei colleghi al saluto pro-
posto dal Musanti » e non rilevò nemmeno che per dimostrazioni di
tal fatta i corpi amministrativi non sono i più adatti. Il comunicato
ufficioso è dunque una smentita o un severo ammonimento al ret-
tore della Sapienza e al nuovo sindaco di Roma? Non vogliamo dire
che sia solo rivolto contro gli atti loro, ma certo il biasimo insito
tocca anche a loro.
« E certamente nella grande maggioranza della popolazione romana
fatto del Consiglio municipale e del sindaco di Roma, non potè a
meno di essere giudicato per lo meno inopportuno. Non si siede sul
Campidoglio, di fronte al Quirinale a cui si è inteso di rendere
omaggio, di fronte a un governo costituzionale, del cui appoggio si
ebbe cosi manifesta prova e si ha tanto bisogno, per fare atto scon-
veniente e ostile airuno e alFaltro. Il blocco è salito al sacro colle
per fare della politica antimonarchica od antiaustriaca? E allora lo
dica: sapranno i cittadini e le autorità come regolarsi. Ma se questo,
come vogliamo ancora sperare, non fu e non è, lealmente, il suo
proposito, perchè commettere manifestazioni cosi imprudenti, che se-
minano attriti fra Governo e Municipio della Capitale e diffidenza
nella cittadinanza? *
1908. voi. 1, fase. 1381. 8 28 dicembre 1907.
114 CRONACA CONTEMPORANEA
HI.
COSE STRANIERE
{Notizie Generali). 1. Spagna. Ricevimento del nuovo nunzio apostolico. La
legge per la nuova flotta. — 2. iNOHiLTBaHA. Morte di lord Kelvin. —
3. Stati UxNiti. La crociera della squadra nel Pacifico. — 4. Persia. Con-
flitto costituzionale.
1. (Spagna). £1 19 dicembre, moDs. Vigo nuovo nunzio apostolicu,
ricevuto io udienza solenne cogli onori dovuti agli ambasciatori straor-
dinari presentò al re le lettere credenziali. Erano presenti i membri
del Governo, il corpo diplomatico, e Talto personale di palazzo. Il
nunzio pronunziò un discorso nel quale ricordò le speciali e cordia-
lissime relazioni che corrono tra il Sommo Pontefice ed il re di Spa-
gna, e fece voti per la felicità del sovrano, della famiglia reale e
della nazione spagnuoia. Alfonso XIII nella sua risposta ricordò esso
pure con piacere che il Papa aveva degnato essere padrino al prin-
cipe ereditario di Spagna, consolidando cosi i vincoli tradizionali che
legano la nazione spagnuoia alla Santa Sede. Dopo Tudienza il nunzio
fu ricevuto dalla regina Vittoria, dalla regina Cristina e dalla fa-
miglia reale.
La politica delFon. Maura comincia a portare i suoi frutti nelle
relazioni internazionali. (Jn atto molto importante è il trattato stretto
fra la Spagna e la Francia da una parte e la Spagna e Tlnghilterra
dall'altra, col quale si obbligano a non alienare i possedimenti la cui
ripartizione assicura T equilibrio attuale del medi terraneo occidentale
e della vicina regione atlantica. Benché tali accordi abbiano un ca-
rattere conservativo, essi hanno un enorme valore in caso di guerra.
Il presidente del Consiglio, discutendosi alla Camera il bilancio della
marina faceva sentire la fiducia nelle nuove condizioni politiche escla-
mando: Non saremo forti per noi stessi, ma se dovessero nascere
complicazioni non saremo lasciati soli come pur troppo è accaduto
altre volte, fi Tassemblea con un entusiasmo patriottico votò un
assegno di duecento milioni per metter mano a ricostituire nei minor
tempo possibile le forze navali.
2. (Inghilterra). La scienza ha sofferto una grave perdita colla
morte di lord Kelvin, più conosciuto sotto il nome di sir William
Thomson. Nato a Belfast nel 18!S4, nel 1845 era già redattore capo
del Cambridge and Dublin maihematical Journal. L'anno appresso
gii fu data la cattedra di fisica airUniversità di Glascow. La teoria
dinamica del calore, le misure elettrostatiche, i fenomeni elettrici la
bussola, i canapi sottoraarìni furono oggetto dei suoi studi che at-
NOTIHE GENERALI 115
tirarono 1^ ammirazione dei dotti e gii valftero i più grandi onori
dalia nazione. Fu fatto pari del regno nel 1892.
8. (Stati Uniti). Il 16 dicemtjre la flotta «alpò dalia rada di
Hampton Roads, passata in rassegna e salutata dal presidente Roo-
sevelt con una solennità drammatica non proporzionata alla partenza
per una crociera nel Pacifico. Erano sedici coraezate ed alquante navi
di carico per vìveri e carbone necessario a un giro veramente co-
lossale. Un incidente molto geloso turbò la vigilia della partenza:
vennero rimandati tutti i marinai giapponesi iscritti negli equipaggi
della flotta, per sospetto di spionaggio. — Ed il Giappone è vera-
mente nelle menti di tutti lo spauracchio» al quale è diretta la mostra
delle forze formidabili delFUoione, monito o minaccia, prodromi certi
di qnel conflitto che pur troppo si prepara inevitabilmente per Tege-
monia del commercio orientale.
4. <Pbrsia). Un vento di reazione ha messo a tumuilx» il regno.
Lo flcìah subornato dai partigiani det vecchio regime, si era proposto di
sciogliere il Parlamento e sopprimere la costituzione, il Parìamento
ed il popolo si sono ammutinati. I principali ministri arrestati per
ordine dello eciah e minacciati di morte furono poi per iutromis*
sione del rappresentante inglese mandati in esilio. Altri ministri
furono surrogati, la calma pare ritornata.
AUSTRI A'UNGUERJA (Nostra Corrispondema). 1. Il nuovo compromesso
austro-ungarese. — 2. Parlamento austriaco ; rimpasto^ ministeriale ;
nuovo successo dei cristiani-sociali. — 3. Parlamento ungarese; discus-
sione del compromesso ; ostruzione croata. — 5. Sessione autunnale delle
Diete prorinciali; disordini universitari. — 5. Il congresso eattolico di
Vienna, e il oongreaso del libero PeosSero a Praga.
1. Finalmente il giorno 8 di ottobre, dopo parecchi annidi con-
tinue tergiversazioni e dieci buoni mesi di trattative imbrogliatls-
sime Ara Vienna e Budapest, i due governi dell'Austria e dell'Un-
gheria vennero a capo d'un accordo per il nuovo compromesso,
valevole per dieci anni. Gravissime le difficoltà da superarsi per giun-
gere a tale accordo, ma gravissime del pari le conseguenze, quando
l'accordo non fosse stato raggiunto. Il merito principale è da attri-
buirsi al Wekerie, all'Andrassy, e al Kossuth per 1* Ungheria, e per
l'Austria all'abilissimo presidente Beck, sorretti dalla matura espe-
rienza e dalla saggia remissività dell'ottimo vecchio Imperatore e Re
Francesco Giuseppe.
Kota. — La Oirwrione del periodicn, nel pubblicare le illazioni de* suof cArrispon-
daatì «tteri, eonie m attda alla Mrìetà delle lor» Imlònnaziaiii e tispeUft la oMvemimkto
libertà de* loro apprezzamenti, cosi lascia loro la responsabitiU de* fatti e delle opinioiià
tooiimicate.
116 CROxSACA CONTEMPORANEA
Più volte, anche da ultimo, nel lungo corso delle trattative ne
venne annunziata la rottura definitiva,? ed apparve impossibile qual-
sivoglia componimento. E nessuna meraviglia per chi non ignori la
niolteplicità e la portata delle questioni complicatissime assommate
nel compromesso, ossia nel patto fondamentale stabilito nel 1867,
quando V Ungheria dalla torma di^semplice provincia austrìaca venne
elevata al grado di Stato autonomo nel nesso della monarchia austro-
ungarese. È da sapere che quel trattato abbracciava due compro-
messi distinti, Tuno politico, irreformabile, l'altro economico-finan-
ziario, da rinnovarsi ogni decennio colle necessarie modificazioni. Il
primo riguardava il nesso politico fra le due parti della monarchia,
ponendo a fondamento T un ita; statuale delle medesime nella guerra,
negli affari esteri, e nelle finanze comuni. 11 secondo regolava fra
le due parti la quota delle spese comuni, le tariffe del dazio sul co-
mune territorio doganale, la valuta comune, e Tamministrazione della
Banca austro-ungarica. Questo in poche parole era il compromesso
del 1867, cardine di tutta la vita politica deif Austria-Ungheria.
Ora quali sono innanzi tutto le principali modificazioni stipulate
fra i due governi nel nuovo compromesso finanziario-economico? Si
riassumono in quattro disegni di legge, de* quali accennerò soltanto
quello che può maggiormente interessare i lettori d'oltre confine,
cioè la legge sulla quota di contribuzione alle spese comuni, della
quale andò occupandosi da un paio d'anni non solo la stampa au-
striaca, ma anche il giornalismo estero. Adunque finora, ossia per
quarantanni, l'Austria di poco più che cinque milioni d'abitanti supe-
riore all' Ungheria si rassegnò a pagare dapprima il 70 7of dipoi da
pochi anni il 65 e Vio % delie spese comuni, con una sproporzione
evidente a vantaggio dell'Ungheria, alla quale toccava solo il 34.4 Vo
in cambio del 42.4 7o, che avrebbe dovuto contribuire a ragione del
numero de' suoi abitanti, considerevolmente aumentato in questi ul-
timi anni. Ora nel nuovo compromesso la quota ungarese verrà bensì
aumentata, ma solamente del 2 7o9 di guisa che mentre alt' Ungheria
toccherà il 36.4 7o, l'Austria dovrà accollarsi il 63.6 ^/o. Ecco una
prima concessione di innegabile vantaggio economico strappata dagli
Ungaresi, di tanto non ancora contenti, ai buoni Austriaci.
Un'altra, d'indole politica, è il carattere di semplice trattato o
contratto decennale fra le due parti della monarchia (Vertrags-ZoU-
tarif) considerate non più nella loro unità statuale, ma come due
siati indipendenti, sebbene sia mantenuto comune per ora il terri-
torio doganale. Ed ecco una seconda concessione, apparentemente
di sola forma, perchè per i prossimi dieci anni, come si disse, nes-
suna barriera doganale separerà l'Austria dall' Ungheria, ma non in-
differente nelle sue conseguenze pratiche, quando, spirato il prossimo
AUSTRIA-UNGHERIA 117
decennio, V Ungheria darà forse rultimo colpo per ottenere la sepa-
razione del lerritorio doganale, voluta dai quarantottisti del partito
dell'indipendenza, come pente di passaggio al definitivo distacco po-
litico e militare dell* Ungheria dall'Austria. Anche nei trattati col-
Testero, in forza del nuovo compromesso, V Ungheria farà un passo
avanti come Stato autonomo, dovendo essi recare la firma non solo
del ministro comune degli esteri, ma anche quella de' ministri un-
garesi. Fra le altre innovazioni volute dagli Ungaresi e' è pure l'isti-
tuzione di un nuovo « Giudizio arbitrale » incaricato di decidere
sulle controversie che potessero sorgere fra le due parti nella pra-
tica applicazione del compromesso. La questione della Banca austro-
ungarica e della sua divisione voluta dagli Ungaresi resterà insoluta
fino al 1910, quando scadendo il privilegio della Banca si tratterà
di rinnovarlo. Tale nelle sue linee principalissime il nuovo compro-
messo, che sta ora discutendosi nei due parlamenti per la necessaria
approvazione.
Per quanto riguarda il compromesso politico più sopra accennato,
il quale essendo di natura sua immutabile, e toccando direttamente
i diritti della Corona, non poteva entrare in discussione nelle recenti
trattative ministeriali, corse voce nella pubblica stampa, che gli Un-
garesi siano riusciti ad ottenere dalla Corona qualche concessione
sul terreno delle cosiddette guarentige costituzionali, e come dicesi
anche nella delicatissima questione dell'unità di lingua, d'insegne
militari ecc. nell'esercito.
Questo sarebbe stato l'oggetto de'ripetuti colloqui, naturalmente
secreti, dei ministri ungaresi con S. M. l'imperatore, e coll'arciduca
ereditario, che in tale circostanza il sovrano volle al suo fianco.
Checché ne sia, sta il fatto, che il Kossuth in un pubblico discorso,
che sollevò molto rumore di qua e al di là del Leita, potè affermare
fra gli applausi dell'uditorio magiaro, che il nuovo compromesso
deve considerarsi come favorevole all'Ungheria anche perchè i mi-
nistri ungaresi nello stipularlo « non rinunciarono ai criteri! della
maggioranza nazionale, cioè del partito dell'indipendenza ». E quali
sieno questi criteri sarebbe superfluo ripetere.
2. 11 16 ottobre venne riconvocato il Parlamento austriaco, allo
scopo precipuo di discutere il compromesso di pari passo col Parla-
mento ungarese. Le dichiarazioni colle quali il presidente Beck ne
accompagnò la presentazione alla Camera incontrarono un accogli-
mento in complesso favorevole, del resto già predisposto dal Beck
nei suoi colloqui della vigilia coi capi dei partiti'della Camera. Ma ap-
pena passato il compromesso allo studio d'una grossa Commissione
parlamentare arieggiante ad un parlamentino, scoppiò improvvisa-
mente una crisi ministeriale, provocata dalla incoercibile rivalità
118 CRONACA CONTEMPORANEA
medievale fra tedeschi e czechi i^iella questione del T urgente rimpasta
ministeriale. L'accanimento fra i cacciatori di portafogli giunse a
ta] punta, da arrestare per alcuni giorni la macchina parlamentare,
e da tpinacciare a dirittura di prossima caduta ii gabinetto. Se non
che anche questa volta T accorto ed instancabile presidente Beck
seppe mettere d'accordo tutte le parti dissidenti nella sostituzione
di cinque nuovi ministri: il Dott. Fiedler (tedesco) ai commercio;
atragricolUira il dott. Ebenhoch» e al nuovo Ministero del lavoro
lUdcora da erigersi il dott. Gessmann (ambedue dell'unione conser-
vativo cristiano-sociale); e analmente il Praschek (un contadino
ex-capo raie dell'esercito, capo degli agrari, preponderanti fra i par-
titi czechi) e il Peschka (un semplice campagnuolo tedesco) il prima
rBinistro nazionale senza portafoglio per gli Czeehi, il secondo per
ì Tedeschi .Resta ancora vacante il posto di ministro della difesa del
paese, lasciato dal generale Latscher, troppo compromesso nella que-
stione dei maltrattamenti dei soldati nell'esercito, e da confermare
ai posto di ministro nazionale polacco^ abbandonato dal conte Dzie-
duszyskì per le discordie interne del suo gruppo parlamentare, il
neo-uoDi inalo Abraharaovic, inviso a molti, specie ai liberali tedeschi,
come colui che a'tempi dell'ostruzione tedesca recò alla Camera lo
sfregiojdi chiamarvi dentro la polizia.
L ^accoglienza fatta dalla Camera al nuovo gabinetto non fu troppo
lusìjighiera, anzi non mancarono 1 fischi massimamente all'indirizzo
della nuova Eccellenza ex-caporale Praschek (ohi il saflfragio uni-
versale!) da parte dei giovani eradicali czechi rimasti soccombenti
nelle prime elezioni a suJSragio universale. In complesso il partito
cristiano-sociale fu quello, che come nelle elezioni cosi nel rimpasto
ministeriale riportò la palma, ed è da rallegrarsene; i socialisti, i
quali tengono per numero il secondo posto nella Camera, si appar-
tarono in attesa di tempi migliori; ed i capi degli Slavi meridionali
aspiranti pure ad un posticino nel nuovo gabinetto dovettero partir-
sene a mani vuote, con gran dispetto della loro truppa croata e
slovena. La nomina dei due ministri cristiano-sociali è un vero
trionfo ili codesto partito, il quale vent'anni fa riducevasi ad una
piccola patiaglia assai male in arnese, comandata da un certo dot-
tore Lueger, in quei tempi oscuro avvocatuccio del foro viennese,
ed ora da parecchi anni dopo una lotta veramente epica contro il
lìberaiierao giudaico padrone dispotico della capitale, borgomastro
glorioso del municipio di Vienna, capo del più potente gruppo par-
lamentare, e l'uomo di Stato più influente a Vienna, nelle province
limitrofe ed alpine. Pur troppo egli è da qualche tempo colpito d'una
malattia che non perdona, e che risparmiandogli finora la vita, ha
tuttavia allentato i nervi della sua energia ed attività meravigliosa ;
AUSTRIA-UNGHERIA 119
ma il doti. Lueger ha saputo a tempo crearsi d* attorno un forte
drappello di valorosi collaboratori, come i due nuovi ministri dot-
tor Gessmann e dott. £benhoch, il principe Liechtenstein, mare-
sciallo provinciale della Dieta de]!* Austria inferiore, con allato Mona.
Scheicher e il dott. Pattai, membri della Giunta, il presidente della
Camera austriaca Weiskirchner, ed altri uomini politici del partito,
forniti di non comune talento amministrativo ed organizzatore.
Lia commissione per il compromesso ha già approvato i primi ca>
pitoli del trattato, la cui approvazione finale nella Camera, se non
succede qualche rivolgimento impreveduto, si dà come sicura. È vero
che c*è per aria qualche minaccia di ostruzione da parte degli Slavi
meridionali e dei vecchi Ruteni ; ma si può ben credere, che al mo-
mento critico il presidente Beck saprà trovare Toffa da far tacere il
cerbero. In questo breve scorcio di sessione fino alle ferie natalizie
non si tratterà di proposito d'altro affare che del compromesso ; tutto
il rimanente entra solo in se<*4>nda linea, non esclusa Tapprovazione
del bilancio provisorio, il quale non ostante le spese aumentate di
60 milioDÌ, presenta (almeno secondo le cifre logismografìche del
ministro di finanza Koritowski) un attivo di due milioni, da aggiun-
gersi ai 146 milioni (sempre a detta di S. E.) sopravvanzati sul bi-
lancio dell* anno scorso. Purché la logismografia non sia stata sug-
gerita in questo caso dal bilancio militare, imposto dall* insaziabile
nostro Stato maggiore colle sue enormi pretese di sempre nuove
spese per 1* esercito e per la marinai
3. Nella Camera ungarese il compromesso, fino dalla sua prima
presentazione incontrò un'accoglienza poco lusinghiera, segnatamente
in punto all'aumento della quota, non solo da parte dei Croati, già
passati all'opposizione estrema ed all'ostruzione contro il governo
per la questione della loro autonomia, ma anche per opera degli altri
partiti antimagiari, romeno, slovacco, e sassone della Transilvania.
Né al compromesso fecero miglior viso alcune fra le diverse frazioni
della stessa coalizione ministeriale, nelle cui file un grosso stuolo
di avventurieri malcontenti, la frazione quarantotti sta intransigente,
e il partito popolare (cristiano-sociale in fieri) che aveva minacciato
il suo esodo ancor prima della riapertura del parlamento, non dis-
simularono i loro malumori. Ciò non ostante la maggioranza dei
partiti della coalizione di fronte al pericolo d'una crisi ministeriale,
che avrebbe gettato il regno in balìa del caso e del disordine estremo,
fini per accettare in massima il compromesso, la cui finale approva-
zione, quantunque attraversata dall'ostruzione croata, sembra ormai
assicurata anche in Ungheria.
Frattanto della spinosa questione della riforma elettorale, che dà
tanto sui nervi al magiarìsmo minacciato a morte del suffragio uni-
120 CRONACA CONTEMPORANEA
versale, nessuno parla, e malgrado l' impegno assunto dal Wekerle
di fronte alla Corona di occuparsene ancora in quest'autunno, non
se ne parlerà probabilmente più entro Tanno corrente, se non forse
per pigliare una nuova proroga fìno al venturo.
i. La sessione autunnale delle Diete provinciali fu quest'anno
lirevissima, e non meriterebbe di essere mentovata, se non vi fosse
siala discussa V applicazione del suffragio universale alle elezioni
(Ht^tali delle singole province. Precedette colla sua approvazione la
Dielii delT Austria inferiore, dove la maggioranza è cristiano-sociale,
furando i passi ai socialisti rossi, che montarono sulle furie perchè
volevano farsi belli della nuova riforma; e malgrado che facessero
di Lutto, anche a pugni col loro programma medesimo, per impe-
dirne la votazione, la riforma proposta dai cristiano-sociali passò a
grande maggioranza di voti, tuttavia colle modificazioni volute dai
Beck, Il quale, ammettendo il suffragio universale per il parlamento,
che p un corpo di natura politica, stimala riforma del tutto disadatta
ai corpi essenzialmente amministrativi delle Diete provinciali, doven-
dosi in queste tener conto delle difficoltà d'un'assoluta abolizione del
sÌBtemu delle curie, della misura e qualità delle imposte pagate, e
finalmente anche dei rapporti fra città e campagna.
L unica Dieta che non potè lavorare nemmeno quest'anno fu quella
del Tirolo, il cui regolare funzionamento fu ed è impedito da un cumulo
dì difficoltà, create da un secolo di oppressione della parte italiana
legata in ìbrido connubio alla tedesca da Francesco I sul principiare
delTotlocento, in seguito alla mediatizzazione ed all'invasione napo-
leonica dell'antico principato vescovile di Trento. Alla vecchia ingiu-
alizia ^'aggiunsero più recentemente le note sopraffazioni e violenze
con Hiì rn.it e ad Innsbruck contro gli italiani dai fanatici pantedeschi
tirolesi, colla distruzione dell'università italiana ivi appena inaugu-
rata, ed abbandonata al furore teutonico da quello stesso governo
4jhe l'aveva fondata. Da ultimo i rapporti fra le due frazioni della
provincia divennero ancor più difficili, grazie alle nuove gravis-
sime provocazioni italofobe fattesi in nome del Tiroler Volksbund
da due sudditi esteri della grande Germania, i quali aiutati dagli
frredenliati pantedeschi di Innsbruck e di Bozen, più o meno con-
nivente \ì governo, vennero a piantare la bandiera germanica sul
liuolu ìialìano, provocando una violenta reazione da parte del tren-
titìU col pericolo d'una questione diplomatica fra l'Austria e la Ger-
mnnht» La stampa tedesca, ingannata sulle prime dalle false rela-
zioni pantedesche, aveva dato tutto il torto agli italiani; ma ap-
pit>na venuta a galla la verità dei fatti, la parte più seria ed onesta
della detta stampa, come p. e. la Bórsen Zeitungdì Berlino, il Va-
terland di Vienna, le Tiroler Stimmen di Innsbruck, ecc. non esita-
AUSTRIA-UNGHERIA 1l1
roQO a riconoscere da qual parte stava il torto, biasimando a do-
vere la sfrontatezza dei pantedeschi invasori e calunniatori. Resta
pur troppo r inasprimento degli animi, e lo strascico dei rancori,
onde sempre più malagevole riuscirà Topera di riconciliazione, la
quale, come scrissi altra volta, era cosi bene avviata qualche anno
fa, primachè il luogotenente Schwarzenau venisse sacrificato al Mo-
loch germanico. Ad aggravare ancor peggio la situazione sopravven-
nero nel p. p. novembre le violenze brutali degli studenti tedeschi
delle università di Vienna e di Graz contro gii studenti italiani, i
quali in mancanza d*una propria università nazionale, reclamavano
per ora almeno Teguagllanza dei diritti coi tedeschi nelle università
austrìache che sono costretti a frequentare come ospiti. Questi fatti
deplorevoli ebbero un'eco nelle dimostrazioni degli studenti di Mi-
lano, di Roma, e d*altre città del regno italiano, le quali sebbene
poco encomiabili sotto certi riguardi, aiutarono il governo austriaco
ad imporre ai rettori delle università un trattamento più equo verso
gli studenti italiani e slavi, ponendo così un termine, almeno per
ora, ai disordini universitari. Resta pur tuttavia inadempita la pro-
messa fatta dal ministro dell' istruzione DJ Marchet di provvedere
parzialmente alla mancanza d'università italiana coli' istituzione d'una
facoltà legale in terra italiana, e col riconoscimento condizionato dei
diplomi universitari e politecnici del regno d' Italia. E mentre gli
italiani del Tirolo e delle province orientali stanno aspettando la
promessa soluzione della questione universitaria, si aspettano eziandio
a sentire i loro organi di stampa, che il governo dopo tanta inespli-
cabile debolezza, mostrata finora di fronte all' irredentismo tedesco,
riduca alla ragione i fautori del più sfacciato pangermanismo, che
si annidano nel « Volksbund » tirolese, e tuteli i confini dell'Austria
dalle invasioni del protestante « Schulverein » germanico e della pan-
tedesca « Sìldmark » due società potentissime di danaro e d' in-
fluenza, le quali scimiottando il gran Bismarck, vorrebbero far trion-
fare nel Tirolo la cosiddetta politica di penetrazione da esso inau-
gurata contro gli infelici Polacchi della Posnania. È veramente da
augurare, che si trovi per intanto almeno un modus vivetidi, che
renda possibile il funzionamento della dieta tirolese, spianando la
via a quella definitiva separazione ammipistrativa della parte ita-
liana, la quale basterebbe a riconciliare fra di loro le due nazioni
di quella provincia tanto dilaniata dalle discordie nazionali e poli-
tiche. Frattanto si dà per certo, che la Dieta attuale sarà sciolta
e che !e nuove elezioni saranno indette nel p. v. gennaio.
5. Sotto i migliori auspici quest'anno venne convocato a Vienna,
il 16 novembre, il sesto congresso generale de' cattolici austriaci.
Mentre i passati congressi si aprivano sotto l'incubo d'un brutto
122 CRONACA CONTEMPORANEA
dissidio fra i diversi partiti cattolici, quest^aDuo già fino dalie prime
giornate del parlamento erasi felicemente eompiuta la fusione dei
vecchi conservatori coi cristiano-sociali in un solo circolo parlamen-
tare, ed il « Pius-Verein » sviluppatosi meravigliosamente in breve
tempo oltre ogni speranza, era già riuscito a togliere di mezzo il per-
nicioso antagonismo fra ì due maggiori giornali cattolici di Vienna,
il conservativo Vaterland e la Beichspasi organo dei cristiani-so-
ciali, ottenendo un accordo amichevole nelle loro pubblicazioni, e
fornendo loro i mezzi da poter in tempo non lontano gareggiare coi
maggiori organi liberali ed anticlericali della capitale.
Anche in Ungheria qualche cosa di bene si è fatto al congresso
annuale di Budapest. Se nonché rimangono tuttora pendenti alcune
questioni d'altìssimo interesse per i cattolici del regno di S. Ste-
fano: in primo luogo la questione già vecchia e rancida dell'auto-
nomia della Chiesa cattolica nel regno ungarese, che il ministro del
culto Apponyi ha promesso di fare sciogliere air attuale governo e
parlamento della coalizione, per far entrare nelle sue file i cattolici
del partito popolare, che ora minacciano la secessione. Altre riforme
di grande portata per T indipendenza della Chiesa sarebbero quella
della nomina dei Vescovi, dei canonici, degli abati ecc. usurpata in
fatto a detrimento dei diritti della S. Sede e della Corona dallo
Stato laico e massone; quella delle istituzioni e fondazioni origina-
riamente cattoliche, come ad es. T università, snaturata ed abusata
a tutt'altro scopo da quello voluto dai fondatori ; quella dei diritti
della Chiesa nella scuola, e va dicendo. Quanto resta a fare nel
regno di s. Stefano, per liberarlo dalle catene impostegli dalla si-
nagoga e dal grand 'oriente massonico.
Non istanno frattanto colle mani alla cintola i figli delle tenebre,
nemici di Dio e della sua Chiesa. Nel p. p. settembre essi tennero
a Praga il congresso generale del Libero Pensiero. Atei dichiarati,
apostoli di tutte le religioni, ebrei, socialisti, anarchici e massoni,
soprattutto massoni d'ogni colore convennero in quella bolgia cosmo-
politica, facendo a gara, non ostante la babele del pensiero e della
parola, a chi le sballasse più grosse: innanzi tutto abolizione di
tutte le religioni, e quasi ciò non bastasse, abolizione del catechismo
nelle scuole, del matrimonio cristiano, del giuramento, dei funerali
religiosi, degli ordini religiosi ; incameramento dei beni ecclesiastici,
la cremazione obbligatoria ecc. Insomma il nichilismo religioso!
Convien però dire che quella congrega di mattoidi fanatici, che per
giunta vennero più volte a baruffa tra di loro, da disgradarne quella
dei diavoli della Divina Commedia, non venne presa sul serio da
nessuno, sbandandosi sotto il peso del ridicolo, per tornare a far
ridere di sé il mondo a Bruxelles nell'anno venturo.
L'OBOLO DI S. PIETRO
RACCOLTO DALLA CIVILTÀ CATTOLICA
nell'anno del GIUBILEO SACERDOTALE DI S. S. PIO X
Dalla lista qui sottoposta i nostri lettori possono scorgere
come al primo nostro invito * pel giubileo sacerdotale del S. P.
Pio X abbiano corrisposto molti nostri amici con slancio ge-
neroso. Le loro offerte tornano tanto più gradite al Padre co-
mune dei fedali, perchè mentre rendono omaggio alla suprema
autorità, muovono dal delicato peoi^iero di dargli modo d'alle-
viate le sventure che sopravvengono ogni giorno ad affliggere
la grande famiglia cristiana.
Abbiamo voluto ricordarlo anch'oggi per norma dei noveUi
lettori e dei aoir pochi nuovi assoetati, che con Taimo entrante
hanno voluto apportarci Y incoraggiamento della loro benevo-
lenza. A tutti vada la parola della nostra gratitudine e Faugurìo
delle benedizioni celesti.
1 Fu pubblicato nel nostro quaderno «lei 7 decembce 1907, pagp. 637.
2- SEFHE - 2» LISTA
Somma precedente L. 7.915 82
Cav. Giuseppe I>el Chiara, Segretario della Direzione della
Givtlià Cattolica, Roma » 10 -
S. E. Rifta Mons. Giovanni Volpi, vescovo di Arezzo, il
Clero e 1 fedeli della sua diocesi. « Al Santo Patfre
per i danneggiati éKÌ recente terremoto in Calabria
(2^ offerta) » 1 .000 —
Raccolta dal Ritio Arciprete Pranceéco Andriulìf cK Mon-
tescaglioso per i poveri caiabresi » 109 25
Signor Giacomo Blafae e Simiglia, Minneapolis, S. U. A.,
« professando profonda venerazione pel Vicario di
Gesù Cristo » » 50 —
Rev. Ermenegildo Baccolo S. I., Venezia .... » 20 —
La famiglia Brando, Roma » 10 —
11 Collegio Convitto Fontano alla Conocchia, Napoli,
« Omaggio di devozione e filiale affettto »... » 1 .000 —
Da Hportarsi L. 10.109 07
12i l'obolo di S. PIETRO
Riporto L. 10.109 07
Alcuni religiosi di Napoli implorando per sé, per le loro
opere e per i fedeli oblatori T apostolica benedi-
zione » 3.000 —
Una Signora di Roma . • . . » 12 —
Cav, Giuseppe Orioles, del fu Barone Carlo, Palermo. » 5 —
Sac, Pietro Mazzini, Soresina » 5 —
Prof. Cav. Giuseppe Biroccini, Roma » 12 —
Can. Pietro Todde, Oristano {offerta mensile) ...» 5 —
Signora Maria Pia de Gresti-Lavis, Tirolo .... » 5 —
Il Rettore del Collegio Convitto di Strada, Casentino implo-
rando una speciale Benedizione per tutti i convittori » 20 —
Chiesa di San Giorgio, Bologna » 2 —
Conte Saverio Capris di Cigliè, Torino » 30 —
N. N-, Nardo » 10 —
Sig. Luigi Bissetti, Seminario di Pinerolo .... » 5 —
Offerte raccolte prò Calabria dai Riìii Parroci nelle par-
rocchie della Diocesi di Sora, per mezzo del Can. Do-
metvlco Fortuna » 302 75
Sac. Gaetano Strazza, Milano » 4 85
Un Sacerdote romano » 10 —
Rev. F. T., Locamo {offerta metisile) » 3 —
Avv. Gaetano Coppola, Foggia » 1 —
Signora Maria Marchetti, Bolbano, Trento .... » 5 —
Sig. Luigi Trotta prò Pontifice » 20 —
* * » prò Calabria ...» 10 —
Mademoiselle G., Roma. « Al Santo Padre per le vittime
delia persecuzione giacobina in Francia» ...» 1.000 —
U Rettore e gli alunni del Collegio De Filippi di Arona,
Lago Maggiore, prò Calabria » 100 —
Can- Ambrogio Galbusera, Arona, Lago Maggiore . . » 20 —
La Peter s Pence Society della Chiesa di S. Ignazio nella
città di S. Francisco, California, per mezzo del
R. P. Giuseppe Sasia S. I » 2.575 —
Rev. D. Giovanni Schlenk, Parroco, Ronco Briantino im-
plorando TApostolica Benedizione » 10 —
Colonnello Paolo Lallai, Firenze » 10 —
Un Sacerdote di Vercelli » 100 —
S. E. Rilia Mons. Balestra, Arcivescovo di Cagliari . » 10 —
Mone. Francesco Emanuelli, Cagliari ; » 5 —
Da riportarsi L. 17.406 67
SECONDA SERIE - SECONDA LISTA 125
Eiporto L. 17.406,67
Sac. Francesco Leca Cagliari » 1 —
Sac. Antonio Vargiu » » 2 —
Sac. Raimondo Aresti » » 2 —
Sac. Edmondo Fenu. » » 2 —
Diac. Aurelio Nonnis » » 1 —
Chier. Giuseppe Cogoni » » 2 —
Rev. Pietro Larghi, Milano » 5 —
RevAo Arcip. Giuseppe Franceschi, Maserno ... » 10 —
Sig. Patrizio Kiernan e famiglia. Nuova York, ft. U. A.
«Al gran Sacerdote e Padre dei poveri »... » 750 —
Signora Giuseppina Fontana, Crema, implorando per sé e
per i suoi cari defunti la Benedizione Apostolica.
Sig. Francesco Pellizzoni, Coricizza, Udine »
Dott. Pozio Eduardo, Cisternino »
Dott. Tommaso Lettieri, Bari, « Al Santo Padre per i po-
veri calabresi » »
Can. Michele Pizzitola, Bisacquino
Sac. Giuseppe Brincat, Valletta, Malta »
Sac. Raffaele Metto, Muro Leccese »
Rmo Mons. Giov. Batt. Inama, Preposto del Capitolo Cat-
tedrale di Trento. Pel Clero perseguitato in Francia »
Arcip. Saverio Gandolfo, Borgomaro
Sac. Prof. Carlo Decani, Gorlaminore >►
Sig. Ingegnere Giuseppe Locatelli, Bergamo. . .
Rtfio Angelo Marchica, Vie. Generale, Girgenti. .
Rev. Giuseppe Gasoli, Missionario neir Australia « In segno
di filiale devozione » »
Cav. Luigi Santangelo, Polena, Napoli »
Avv. Giuseppe Bontempi, Darfo »
Sac. Prof.. Giovanni Paranzini, Gorlaminore. ...»
Sac. Fortunato Auzzi, Paganico »
Sac. Ettore Delfabbro, Vienna »
Sac. Onofrio Mastrom, Palo del Colle »
Totale L.
28 dicembre 1907.
2fi-
JO —
5 —
20 —
2 50
23 45
50 -
7 95
37 10
5 —
5 —
10 —
1.000 —
50 —
50 -
5-
10 -
5 —
50 —
lft.5P3 67
AVVERTENZA
Il Santo Padre, grato a' suoi figli per l'obolo registrato
nella presente lista, invia a tutti gli offerenti e ben di cuore
l'Apostolica Benedizione.
La terza lista delle offerte sarà pubblicata nel 1.® qua-
derno del prossimo mese di febbraio.
OPERE PERVENVIE ALLA DIREZIONE *
Aiti epìBOopali.
llaffl P. card, arciv. di Pisa. Lettera al
vett. Clero delle diocesi di Pisa e di S. Mi"
nialo. Pisa, 8«. 10 p.
Camini N. arch. epinc. lassiens. Epistola
Pastoralis ad ven. clerum De cristiana dO'
ctrina tradendo. Mutinae, iyp. Ima. 007,
8». i4p.
Angolini S. vescovo di Avellino. Discorso
letto nella inaugurazione del seminario
centrale di AveUino nel 3 noe. 1907. Avel-
lino, Maggi, 8», 36 p.
Scienge sacre.
Maxlmlllanus, Prlnceps Baxonlae. —
Praelectiones de liturgiis orientalUnts ha-
bitae in univeraitote friburgensi Helvetìae.
Tonas primus, continens : 1. Introductio-
neni generaleui in omnes Liturgias orien-
talea : 2. Apparatum culius necnon annum
ecelesiasticum Oraecorum et Slavorum. Fri-
burgi Br., Herder, 1908, S\ ViiI-242 p. M. 5.
Poggi P. sac. Il Cuore di S. Paolo. Stu-
dio sulle lettere delPapostolo. Torino. Sale-
aiana, 1908, 16>, M p.
L^^n M. Christologie. Commentaire dea
propositiona XXVII-XXXVIII du Décret du
Saint-Office « Lamentabili ». Paris, Bea«-
chesne, 1908, 16». p. Fr. 1,20.
BancM J. sac. Questioni moderne da-
vanti alla morale cattolica. Manuale scien-
tifico teorico-pratico per parroci e coafeasori.
Vicenza, Galla, 1908, 8», 260 p. L. 3.
EuBObluB Werke. Zweiter Band. Die Kir-
chengeschichte, herausgegeben iin Auftrage
der Kirchenviiier-Gommission der kdnigl.
preussischen Akademie der Wisaenschaften
v. Dr. Ed. Sciiawrtz. Die lateinische tfòer-
seteung dee Rufinus, bearbeitet im gleichen
Auflrage v. Dr. Th, Mommsen Zweiter Teil.
Die Biicher VI bis X Uber die Mdrtyrer in
Paldstina (Die griech. christl. SchriftsteU
ìer). Liepsig. Hinrichs, 1908, 8«, p. 506-1040.
Vermeerach A. S. I. De Religiosis et mis-
sionariis supplementa et monumenta perio-
dica. Decembris 1907. Brugis, Beyaert, 16»,
p. 149-192.
Falabruzzl L. sac. L'insegnamemto del
Catechismo. Osservazioni pratiche. Mace-
rata, Unione calt. tip., 1906, 8<», 48 p. L. 0,60.
l^etiure»
Dolx Th. abbé. "La vérité religieuse mise à
la portée de tous. Paria, Relaux, M«, MI y.
De la PaamMte J. L. Apologie tfamaw-
taire. Dieu et la Religion. (Èlétnents d'a-
pologAtique). Parìa, Bloud, 1906, 1^, 676 p.
Fr. 4,89.
Jleport of the Proceeéings and Addresaea
of the fourth annual Meeting Milwaukee,
WIs. july 8, 9, 10, 11, 1907. iThe Oatholie
Educ. AsBooimtion BmUoNm^^v, iO07>. Co-
lumbus (Ohio), 8>, XiV-398 p.
Faccenna E. mons. Armonia e bellesea
della X^esa CattoUea neìia sua liturgia,
Roma, Filiziani, 1906, 212 p. L. 1,50.
Debó E. La condanna del modernismo.
Appunti polemici. Roma, Desclée, 1908, IO»,
196 p.
Matoao mona. Un po' di coerenaa. Sag-
gio di logica e di religione modernista.
Roma, Istituto Pio IX, 16*, 1«0 p. L. 1,50.
Meschler H. S. i. Ersieìmmo wnd fifi»-
ranbilduthg dee Leibes. (Estr. « Stimmea
aus Maria-Laach » 1907, n.° IO). Freiburg i.
B. Herder, 8», p. 5»-»5.
ZocoU Q. S. I. Nel giornalismo catiolioo.
Correnti diverse. Conferenza letta in Roma
nelPaula massima del palazzo della Cancel-
lerìa. Prato, Qiaobetti 1907, M*, 32 p. L. 0,50.
Marini C. Le dieci prediche al vettto di
Don Muso Duro. 3» ed. con aggiunte, nao%'e
appendici e più < I quattro noviasimi ■ del
conte Monaléo Leopardi di Reéanati. Roma,
Filiziani, 1908, 16% 256 p. L. 2.
Don Musone. L'avvenire della stirpe la-
Una. Roma, Fìfiziani 1907, 8>, 80 p.
Soeioloffia, e acienge,
Lvgan A. L'^nseignement sodai de Jé^
sus, Paris, Bloyd, 190S, t«S XXVi^2 p.
Almerld L. Democrazia cristiana o lega
democrcUica nasionale? (Questione ceae-
nate). Lettera aperta al sig. march, aw. G.
Chini. Pesaro, Federici, 1907, 8«, 42 p.
Drlllon P. n oòmpiio eo-fiale dtUa carUà.
(Sciensa e Religione). Roma, Desclée, 1907,
16», 64 p. L. 0,60.
ThoaTOnln L. Oeuvres agricoles. Diffi-
cultés : objectioDS. (L'action popmUUre, n.*
166). Paris, Lecoffre, 1907, 16», 96 p. Fr. 0,25
' Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci reagono inviate, eoa quella
sollecitudine che si vorrebbe dagli egregi autori e da noi, ne diamo intanto un aanunzio
sommario che non importa alcun giudizio, riserbandoci di tornarvi sopra a seconda dell'op-
portunità e dello spazio concesso nel periodico.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
127
fiiuiitiìa> J. chu. La théarU òb fvMlM-
lion. Étude critique sur 1m € Premiers prin-
eipea » de Herbert Speooer. Bruxelles, Dewit,
i«8» », 488 p.
Girerà y BaleeUa S. 1. IEMmcMo ds una
rveientepertorbociofli cotmica regiairtÈdaen
•1 obmrfftttorio del Ebro. <£slr. de U R&9.
comtercimi Prograam) 4», Ì0 p.
9toi*ia e bio^ralla.
nea il» jtoria ètolkm*. Teru
aorìe. Tom. XIL (R. DeptOamùme sovra ffli
jtadt 4i» atorki poirta per le antiche pro-
vi acie e la Lombardia) Torino, Bocca 1807,
?*•. XX-400 p. Tab. V.
Muratori L. A. /^accolte di storici ita-
liane. Nuova edizione. Fase. 52. Città di
Cfttftello, Lapi, 1907, 4^ p. 170^271 L. 10.
Ollsar H. S. I. Bowm alia fime del mondo
antico aeoomdo le fonti eeriUe ed i «nomm-
imentù Con 224 iilustr. storiche e piante fra
eoi urna « Forma ITrbis Romae aevi diri-
eaec. Vi- VII » a colori. Trad. dall*ori-
tedeeco. Bdiz. seconda a cura del
dr. prof. Angklo Msrcati. Roma. De«clée,
1908, 8*, gr* LJV.8Ì8 p. L. i5.
Basfligarten F. M. Aua Kanelei umd
Knmmor. Erorterungen sur Kurialen-Uof-
und Verwaltuogaiseschichie im XIU. XIV.
«ad XV. Jahrhaadert ^ BulhOorm Toma-
lorea, CWrtoret. Freibarg im Breisgau, Uer-
dor, 1807, di, XVm-412 p. M. 20.
MuBil A. Arabia Petraea, li JSdom. To-
pographiaeher Reiseberìehi. 1. Teil. Mit 1
VmgeJmngskarte von Wadi Mòaa, (Petra) uad
170 Abbild. iiH Texte. 8* X li 344 p. 2. Teil.
Hit 1 Ucberuchtskarte des Oreieckaetxes und
Idi Abbild. im Texte. {Kaiaerlieke Akad. d.
Wmeenckafìen). Wieo, Htfldcr, 8^ X-SOO p.
^GrieeMselM Imeckriften omo Arabia Pe-
traea, Wien, (SoBdez-Abdruck aus dem An-
meiger d. philoe,-hiet. Klaeee d. K, Akad.
d. Wneenoch. 1907, p. 135-142) in 8*.
XrM8«r G. Namareth éin Ze»ge far Lo-
reto. Hislorìsche Untersuchungea. Graz a.
Wieo, «Stjria» 1908, MI», 84 p. K. 1^0.
Rubino L. La Ckieea di S. Anionio abaie
im Sa9»eeeero» Monografia etor. con documen-
ti ioedìlL Sansevero, Morrico, 1907, 8*, 128 p.
Sortals Q. Il proeeeeo di Galileo. Studio
storico e dottrinale. (Scienea e Religione,
48). Roma, Oesciée, 1907, 16^, 64 p. L. 0,80.
SouUlon A. M. O. P. SainU Hèltne. Avee
préface du T. R. P. M. J. Ollivibr 0. P.
Parìa, Leeoffre, 1907, 18-, Xll-178 p. Fr. 2.
LedM a. Santa GeUrude (1256 f • 1303).
Balla I* ediz. franeeae. (« l Santi ») Roma,
Desclée. 1907, 16», 208 p. L. 2.
(ktfoUo O. Dieiamarèo biografico unieer-
. MIUbo, Hoepli, 1907, 18^ 2U8 p. L. !«.
Francesla O. B. «ae. Brevi cenni e%U eoe.
Secondo Ettena, parroco di Bueeano Cana-
veae. Torino, Letture cattoliche, 1907, 24*.
Lettere ed Arie.
Xavrlcl A. Il nome di Dio nella lingua
italiana. Notarella letteraria. Palermo, tip.
poatiiicia, 1906, 1««, 16 p.
Teronsi A. La Deoadaei prometta. Rac-
conto indiano. Rooia, Filiziaai, 1907, 8»,
236 p. L. 2,60.
POffCi 17.Pa^Maai0 al ««Nto.8onetli e metri
diversi. Bologna. Garagnani 1907, 16», 64 p.
AfltORi A. M. Ckieea abbaeiaU di Cam-
pofilone. Onni descrittivi della decorazione
latta per cura ed a spese delPillAo e revAo
abb. mons. Mancia iSalviai con appendice di
cenni biografici degli abbati predecessori.
Fermo, tip. sociale 1907, 8^, 18 p.
Vita di Maria. Xilografie di Alberto DQ-
rer. Torino, Mossa, 1907 f.»
Qamberlnl 8. can. Afefodo feortco-proftoo
di canto liturgico gregoriano, Ediz. sesta
riformata. Roma, Salesiana, 1907, 8», XVI-
148 p. L. 1.25.
Fradiche a Conferanxe.
L. Francesco di Sales. Del metodo di
predicare. Lettera a mons. A. Frómiot, ar-
civ. di Bourges. Siena, S. Bernardino, 1908,
16», U p. L. 0,40.
HetUnger Fr. Aphoriemen iiber Predigt
und Prediger. Zweite Auflage herausgege-
ben V. I>r. Peter HUls. Freiburg, i. Br.,
Herder, 1907, S», XVl-554 p. M. 4,50.
Ungaro E. can. arcid. Eiter o sia la Fa-
vorita della Provvidenza. Lezioni scritturali.
Cerreto Sannita, Lerz, 1908, 8°, 188 p.
Leroy H. S. 1. Jéeue-Christ. Sa vie, son
temps. {Legons d'Écriture Sainte). Année
1907. Paris, Beauchosne, 1907, 16», 360 p.
Fr. 3. — Detto. Premier Sèrie. Vie cachée
et vie publique. Annóes 1804 à 1906. Indax
et table. Id. 1U07. 16«>. 88 p. Fr. 1,25.
Frasslnettl Q. sac. Spiegazioni del Van-
gelo al popolo. Voi. IL Dalla Domenica in
Albis alia Domenica XXIV dopo Penteco-
ste. Roma, tip. Vaticana, 1908, 8», 516 p.
L. 3,50. — Detto. lalmeioni catechistiche
al popolo. Voi. II. Sul Decalogo, salPora-
zione e Pater noster ed appendice con Ì!<lru-
zioni sul Sacramento della (lonferisione*
Roma, Vaticana, 1907, 8«, 360 p. L. 2,70.
Oraslano L. parr. Cotrone reUgioea, [Pei"
ncgirici di Maria SS. di (Zapolonna e di
S. Dionigi l'Areopagita]. Cotrone, Pinozzi,
1907, 16», 48 p.
Janfler E. Le vice et le péché. 1. I^ee ea-
ractére qui en font la malice et tee pro-
éuieent. Cìonfiérences et rctraite. Caréme,
128
OPERE PERVENUTE ALL4 DIREZIONE
Ì9Cn. (Kcpoa. d« la morale cathol. V). Paris,
Lethìetlcuit, 8*, Mi p. Fr. 4. Cfr. Civ. Catt.
1907, :i. ;11H nyr^.
Kuhn B. n. p, Ter* la vie divine. Paris,
LHlìitilIriiv. ItìtiH, it>, 144 p. [Conferenze!.
Burraacaao M. can. Colloqui e discorai.
Mi-afi-ma, Trinthér-w 1907, 16«, 15* p. L. 1,50.
Rivnlgerdi ulTA, in Castroreale (Sicilia).
Da MarcliL A. Fervorini per la novena
del .S. datale. Vicenza, Gallo, 24», 70 p.
Schùller Im^L^i tonfesitione iacramentale.
Idlru£Lc>ii( |tuj>olari itd uso dei predicatori e
dei cal8[;kiÌ8Li arricchita di 158 racconti ed
esempi sl/triirì. f~ ed, Koma, Desclée, 1908,
8^, J(X.Xil-u7i p. L. 4.
P'ietà.
t, Aifonflo Rodriguez. La via sicura
delia cristianfi tirtit e perfegione. Raccolta
di lirf'vì triiUaii. Torino, libr. del S. Cuore,
Itìo:, Ity*, m [t.
LvL Santa Iteasa. Pesaro, Federici, 1907,
3i', luì p
FrasBlnettl J. Le Banquet de l'amour
dicin^ TruiJ. pur E. Cuuct. Tourcoing, 1907,
41^, XVU^'^»* p.
Di Martino D. ^^c, Apologia dell'amor
dì ìùu {tii^mniti di Paradiso, n" 1). Paler-
mo » Botcotit^ del Povero» 1908, i4», 48 p.
L. U,lLJ.
Druzbickl G^ ^^ U Le C>eur de Jéaus
idé^t dea Cfeurn pftientè ò l'amour de
lOH^. Trsiduit iiar A. Hamos. Paris, Beau-
theatu.-, 1W7, tì*, XVI«tìO p. Fr. 1.
fiUirèeliaux H, ubbé de Si. Fran^uise ro-
ma! a^-. L^s Itianks du Sainl-Nom de ]é-
tu» (.xplitjiiées. Puris, Beauchesne, 1907, ltt«,
VilUlTi p. Fr. 1,50.
Coiifìt E. La Hyats sacerdotale euchari-
sttip^e. (CungiiVrt HucliaristiquedeMetz). Dru-
selkf*, 11*07, 6*, Jfi i>.
Quelli £. Mi^t. Iiift$$siont e pii esercizi-
ud IMO dti sac&rdutL 2* ed. Roma, Desclée,
iy08, i^\ XIV 400 p. L. 0,75. Cfr. Cto.CaU.
XV n, (ì tl«^) =^»*
11 mese cJ'oUohrc^ dedicato all'angelo cu-
Bkìd^. {Lc«. Catt.}. Torino, 1907, 24», 96 p.
Kestt dì iiia^i^riu 11^1 uso degli cremili ca
nuiidoletii d^iJu Cuni^nìgazione di Monte Co-
rona, JKLiiliJKH, Jii^.Ht^.uu, 1907, i¥y 106 p.
Memorie.
Curi A. parr, Ekt^ia funebre del sig. card.
Domenico Smimpa firciv. di Bologna letto
neiia parrocchiale dei SlS. Filippo e Gia-
como* Fermu, ti]K ejjuiiLle, 1907, 8*», 3i p.
Fiori sparsi huI ten^tro di Cluido Barone
r&ccoJtJ d^l padre suo per coloro che gli
volìpro bent*. Avellino^ Pergola, 1907, 8^, 68 p.
8> B> A la metrsotre venèree de M. l'abbé
Jaan^Th^dore Foatel. {L'Echo d'Auvers
n, li, 190t>. Piers, Impr. catholique, 16», 16 p.
Barbati L. Ricordi. Maddalonì, De Si-
mone, 1907, 16% 38 p.
I RapalleBl alla Madonna di Montallegro
nel 1907. 7* cinquantenario dell'apparizione.
Rapallo, Devoto, 1907, 8% 90 p.
Branda V. mons. Da S. Domenico di
Soriano alla Certosa di Serra S. Bruno.
li-16 ag. 1907. impressioni ed appunti. Na-
poli, cooperativa, 1907, A4», 16 p.
Rendiconto delle elemosine raccolte a
beneficio delFopera pia internazionale delia
Propagazione della Fede dal consiglio cen-
trale per r Italia in Roma per l'anno 1904.
Roma, Filiziani, 1907, 8», 40 p.
Periodici e strenne.
II Papa. Numero unico, pubblicato pel
Giubileo sacerdotale di S. S. Pio X. Milano,
libr. ed. milanese, f», 8 p. L. 0,25.
Scuola italiana moderna. Rivista d'in-
segnamento primario. Prezzo d'abbona-
mento, per un anno L. 6 ; per un trimestre
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studio dalla lingua tedesca e italiana. La
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ciazione per un anno L. 5 ; per 6 mesi L. 2.
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strato per fanciulli. Brescia, palazzo S. Paolo,
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annue. Estero L. 5.
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Notre-Dame de compassion. Paris, Lecoffre.
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n Benadlr. Periodico trimestrale. Roma,
Procura generale delle Missioni del Benadir..
S. Crisogono. Prezzo di associazione, L. 1.
Almanaque 19U8 de los amigus del Papa,
publicado por la Reviata popular de Bar-
celona. Barcelona, lib. cattolica, 8«, 56 p.
Calendario illustrato di « La Stella di
S. Domenico » 1908. Torino, Convento di
S. Domenico, 24«, obi. 144 p
Almanacco illustrato delle famiglie cat-
toliche per l'anno di grazia 1908. Roma,
Desclée, 8*, 128 p. L. 0,50.
n Qalantuomo. Almanaccorstrenua illu-
strato^ offerto agli associati alle « Letture
cattoliche » di Torino. Torino. 1908. 24«, 128
p. L. 0,50.
Sicut Rosa... C4ilendario domenicano.
Anno decimo. Firenze tip. domenicana, 1907,
8* 112 p. L. 0.60. Rivolgersi, via Pie di Mar-
mo 12, Roma.
Calendario del Corazón de Jesus para el
aflo bisiesto del Seflor 1908. Manila, Santo»
y Be. 16», 48 p.
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METODO GENERALE DI CATECHISMO
tratto dalle Opere de' Padri e Dottori della Chiesa
Seconda edizione ifailana rivedufaf correffa ed ampilata
dai Teoi. Coli. PAHTC MUNCR^^TI Saieslano
Tre eleganti volami in'16 grande di pag. 1294 L. 5
EacoioiatA dal S. Padre con lettera del Card, di Stato e dal Card. Fer-
rari arciv. di Milano nell'ultimo Convegno catechìstico tenutoBÌ a Milano
oello scorso Novembre, è uscita la nuova edizione. Dire dell'eccellenza
iell'opera sarebbe cosa superflua, dopo che tanti Catechisti Tbanao espe-
rimentata. Basti ricordare che è una vera miniera di suggerimenti, in una
materia tanto importante. In questi giorni in cui si fa tanto diffìcile Parte
del catechizzare, sono preziosi gli insegnamenti di coloro, che furono Maeitri
insigni. La nuova ediz. poi si avvantaggia per la saggia revlBlone del
Teol. Munerati, noto per altri lavori di Teologia e Diritto, e giù Profes-
sore alla Scuola di Religione di Parma. Speriamo quindi che resa così
più maneggevole, tornerà anche maggiormente pratica allo scopo. (Nota
dell'Editore).
" Il Contenzioso Ecclesiastico „
RIVISTA PRATICA QUINDICINALE IN MATERIA ECCLESIASTICA
B DI GPBRB PIB
Questa Rivista conta sette anni dì vita ed è fra le più autorevoli, essendo
diretta da giureconsulti particolarmente versati nella materia. — Ebbe le più lusin-
ghiere approvazioni e gli incoraggiamenti di S. S. Papa Leone XllI e tM Ifegnante
Pio X. — È assai diffusa nel Clero a cui rende segnalati servigi.
'' Il Contenzioso Ecclesiastico ,, si pubblica in Oeaova - vìa s, lo^
nazo, 23, — Esce due volte al mese in fascicoli dì 32 colonne in ottavo.
fibbonamenfo annue L. 5 — Semesfre L. 3
I seguenti libri sono vendibili presso TAniniinistrazione della
" CIVILTÀ' CATTOLICA „ — Via Ripetta 246, Roma.
SALVATORE M. BRANDI S. L
HOTC GIURIPICHe.
1) Del regio patronato sulla Chiesa Patriarcale di Venezia. Ri-
sposta all*on. A. Rinaldi, deputato al Parlamento. In-8 di pag. 55. L. 0,60.
f) Di chi sono le Chiese? Tn-8. Quarta edizione. L. 1.
3) Le bandiere in chiesa. In-8. Terza edizione. L. 0,50.
4) Un quesito al Consiglio di Stato a proposito delle bandiere in chiesa*
In-8. L. 0,25.
5) Il matrimonio cristiano dinanzi al Senato del Regno. Roma, Ti-
pografia A. Befani 1900. In-7. L. 1.
I seguenti libri sono vendibili presso l'Ammim^^trazione delta
«CIVILTÀ' CATTOLICA » — Via Ripetta 246, Rom.
Novità
GIOVANNI BUSNELLI S. I.
L'ORDINAMENTO MORALE DEL PURGATORIO DANTESCO
2^ edizione riveduta ed ampliata, Roma Civiltà Cattolica, 1908.
Opuscolo ÌQ-8 di pagg. VI-110. L. 1.
È il necessario complemento del lodato studio del medesimo autore intomo
alla CoHceaione del Purgatorio dantesco, e insieme un largo e scientifico com-
mento della teorica deiramore e de* vizi capitali esposta dair Alighieri nella seconda
cantica. Con sodezza di dottrina e con sicura nuova indagine di fonti sono chia-
riti i punti più oscuri e discussi delFargomento, e fornita la ragione deirordinata
pena delle colpe e della meditazione de' vizi e delle virtù ne* vari gironi. E un
vero e pregevole contributo al serio progresso degli studi danteschi.
Il TADEHECDM DEL CATTOLICO
Brevi risposte alle moderne obbiezioni contro la Chiesa Cattolica
di P. Saverio Brors S. L
Roma, «Civiltà Cattolica», 1908.
Un bel volume in 16 di pagg. 472. L. l.SO
Elegantemente rilegato in tela, L. 2.2S.
È una vera novità nel suo genere; novità, intendiamo, per T Italia,
non già per la Germania, che già sin dal 1903 la vedeva correre a diecine
di migliaia di esemplari. Il pregio singolare di quest*economico manualetto
di apologetica è riposto nella sostanza non meno che nella forma. La prima
è tutta sodezza di argomenti che mettono a nudo la vacuità di tante e tante
obbiezioni (255) solite portarsi in mezzo per iscreditare la religione ed at-
tìnte dalla filosofia, dalla sociologia, dalla storia e via dicendo; la seconda
poi è ràpida, chiara, concisa eminentemente popolare non senza una fine
punta 'l^ umore a tempo e luogo opportuno. S* aggiunge la novità della
diepoidzione della molta materia per ordine alfabetico che rende il libro assai
facile a consultarsi.
L*opera, come T indica lo stesso suo titolo, è destinata a divenire il
prontuario di ogni colto cattolico che vuole egli stesso avere alla mano
l'antidoto a tanti e tanti de' più divulgati eri ori e desidera di mostrare
alle occasioni la ragionevolezza e nobiltà della sua fede. Per questo mo-
tivo, non che per l'oppottuno rimando ad altre fonti indicate alla fine dei
capi, il Vademecum riuscirà graditissimo ai predicatori, ai catechisti, ai
pubblicisti, a quanti in una parola hanno a cuore di opporsi al dilagare
della miscredenza ed irreligione, spargendo tra il popolo la sacra dottrina.
Per dìfFondersi e moltiplicarsi pella nuova veste, come già pure ha ot-
tenuto nella sua natia, non ha bisogno se non d'essere conosciuto, impresa
che vorremmo in i speciale maniera affidata ai direttori delle Congregazioni
Mariane e a quanti altri si occupano delfeducazione della gioventù dell'uno
e dell'altro sesso.
PREZZI P'JISSOCIJIZIONE ALLJI CIVILTÀ CATTOLICA
ITALIA. . . . Anno Lire 20 — Seiìestre 10 — Trimestre 5 — Un fasoloolo L. 1-
ESTERO Franohl25- .. 13 — ... 6.25 „ „ 1.2S
Bfinia, Tip. A. Befani, Via Gelsa 0, 7. ^ ì ASPARE CALABRESI Gerente reapoHMbile.
Quaderno 1382. 18 gennaio 1908.
La
Civiltà Cattolica
Btatus populus ctiius Dominus Deus eius,
(Ps. I43> 15)-
ANNO 59^-1908 -VOL. I.
INDICE DI QUESTO QUADERNO
I. Verità storiai e coitora popolare Pag. 129
Z. 11 modernismo teoli^co » 14é
3. I ouirtirolofl storici del medio evo » 161
4. Douia antica e donna nnova. Scen$ di domani, — 47. Dopo la rotta
— 48. n grande secreto » 177
5. Kavi e navisatione » 193
é. Ra88Q:na artistica » 207
1. DI Caterina Volpicelli» istitntrice delle Ancelle del Sacro Cuore (i8^(^-
1S94) » 213
ft. MilOfralia. Attualità; Storia; Letteratura; Musica » 219
André G. 211. - Arrigoni R. 230. - Bartolini A. 227. - Cambiaso D. 2t^. - Chiap-
pelli A. 222. - De Fercnzy O. 220. - Dupuif Ch. 221 - Gcndry J. 226. - Geronimi E.
229. - Giannini G. 251. - Kurth G. 222. - Lanzalone G. 229. • Pecbenard L. 220.-
Rossi V. 224. - Savini F. 22). - Yaughan H. M. 226/ - Vita religiosa. 219.
9. Cose romane » 232
10. Cioè itafiane » 238
U. Notizie seneraii di cose straniere » 242
12. Russia, inoltra Corrispondtnxa » 244
B. Anstralia. Nostra Corrisponden'^a . . . / » 251
14. Per l'Olwlo di S. I^etro. Awertmx^a ...» 254
15. Opere pervenute alla Direzione ..'...» Ivi
ROMA
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
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TERITÀ STORICA E COLTURA POPOLARE
I.
Tra i varii mezzi, adoperati dalla rivoluzione e dal
laicismo anticristiano per dare l'ostracismo alla Chiesa
dalla vita pubblica moderna e mandare ad effetto l'apo-
stasia delle classi civili dal cattolicismo presso le nazioni
latine, il più efficace e funesto è stato certamente quello
di alterare e falsare la storia, per dimostrare che la vera
libertà, eguaglianza e fratellanza ebbero origine dalla pro-
clamazione dei diritti dell'uomo nel 1789, e che conseguen-
temente tutta l'azione sociale della Chiesa, nei diciotto se-
coli precedenti, aveva mirato a favorire il dispotismo, il
privilegio aristocratico e il servaggio delle classi popolari.
Or tale studio di sostituire alla storia la leggenda e la
favola, cioè le menzogne e le invenzioni convenzionali alla
realtà dei fatti, trovò pur troppo nella società contem-
poranea tanta fortuna che il Thierry, sebbene imbevuto
anch'egli di pregiudizii rivoluzionarii, ebbe a dire: « J ma-
nuali di storia accoppiano d'ordinario alla più grande ve-
rità cronologica la più grande falsità storica che si possa
imaginare... In argomento di storia l'opinione pubblica o
è radicalmente falsa o è viziata di qualche falsità... La per-
suasione pubblica in fatto di storia dev'essere del tutto
rinnovata *. »
Il peggio poi si è che la leggenda anticattolica della
rivoluzione si è difiFusa così universalmente, è penetrata sì
addentro nelle classi civili e, col moltiplicarsi continuo dei
mezzi di coltura, va ormai per guisa conquistando anche
le grandi moltitudini del popolo, che contro di essa si mo-
I TjeUres 8ur Vhistoire de Franco, avertissement.
1008, voi. 1, fase, 1382, 9 8 gennaio 1908.
l'ÌO VERITÀ STORICA
islraiH) di fatto impoteati i risultati più certi degli studii
euinpiiiti dagli storiografi e critici moderni.
Si sperava che in Francia i lavori del Tocqueville e del
Tuine sulla leggenda rivoluzionaria, e quelli di tanti altri
auiori non settarii, che nel secolo XIX risalirono più o
meno alle fonti della storia per ristabilirne la verità indi-
pctnleritemente dai pregiudizii giacobini, dovessero riuscire,
specialmente dopo il rinsavire della pubblica opinione de-
ternnrjato dai disastri militari del 1870, a sbugiardare in
mezzo al popolo e dissipare per sempre il funesto errore,
ondo si crede che la vera libertà abbia avuto principio
cui 1789 e tutti i secoli precedenti si disprezzano e si
odiano come una lunga epoca di oppressione e dì tiran-
nide. Ma purtroppo codesti lavori rimasero simili a una
polla montana, a cui non si accostano per dissetarsi che
i ptH^lìi conquistatori dei gioghi alpestri; Terrore invece
^mantenne il suo dominio e lo andò sempre più allargando
iti mezzo al popolo traviato, come una fiumana fangosa
ehe dilaga nella piana ed aperta campagna. Né ciò può far
maraviglia a chi consideri che, quando un pregiudizio è
poiiehato universalmente nel popolo, esso diventa una
sipeeitì di tradizione dogmatica, che non si può altrimenti
estirpare se non con lungo e costante lavoro di volgariz-
Ku^iniie della verità contraria. Correggere un pregiudizio
gitorito popolare è come fondare una nuova religione.
Eppure tanto è necessaria quest'ardua ed immane ira-
presiu di risanamento intellettuale del popolo, quanto è evi-
AìHxW che la sua avversione alla Chiesa e perciò stesso
anrlH alla religione, colla progressiva apostasia dalla fede
rrìstiaaa, troveranno nella persuasione che la rivoluzione
lo ha emancipato dal despotismo gerarchico un ostacolo
ìuviiicibile contro ogni tentativo di liberamelo, se prima
non sia stato persuaso del contrario. Donde chiaramente
apparisce come e perchè la diffusione di una sana coltura
jstorica, specialmente per mezzo della stampa popolare, co-
sitituisea oggidì l'apostolato più urgente e più santo; senza
E CULTURA POPOLARE 131
di cui un popolo, nonostante l'operosità inesausta del mi-
nistero sacerdotale, può in poco tempo perdere la fede e
rinunciare alla vita cristiana.
Un esempio veramente classico, per le sue intime atti-
nenze collo sviluppo storico della vita pubblica moderna,
varrà a meglio illustrare il nostro proposito.
M.
Oggidì è dimostrato a tutto rigore di critica storica, fon-
data sopra innumerevoli documenti, che l'origine, lo svi-
luppo e la costituzione organica delle libertà pubbliche nel-
r Europa civile col movimento comunale e municipale del
medio evo, vanno attribuiti all'azione educatrice e civilizza-
trice della Chiesa; — che cotale regime era eminentemente
democratico e corrispondeva ad una organizzazione sociale
sì vantaggiosa alle classi popolari, la quale non fu mai né
superata né raggiunta nei tempi posteriori; — che i principi
temporali, aiutati dai loro legisti cortigiani e favoriti dalle
idee pagane del rinascimento, si adoperarono a restringere
e rimuovere dalla vita pubblica l'azione della Chiesa, per
sottoporre i popoli al giogo dell'assolutismo monarchico, e
che pur troppo vi riuscirono fino alla totale distruzione
delle franchige comunah ; — e che la rivoluzione, colla ri-
volta del terzo stato contro il potere monarchico e le tra-
dizioni feudali, ha bensì distrutto l'assolutismo dei principi,
ma vi ha sostituito quello del governo centrale rappresen-
tativo, sostenuto dall'onnipotenza della maggioranza co-
stituzionale, a danno dell'autonomia comunale e delle fran-
chige popolari.
Vero è che l'immenso cambiamento, avvenuto nelle con-
dizioni economiche e politiche della società, per effetto della
macchina applicata alla produzione e alla locomozione e del
continuo perfezionarsi dei mezzi di comunicazione, che vanno
trasformando lo Stato in una famiglia e tutto il mondo in
un solo paese, esclude anche la possibilità di un ordina-
132 VERITÀ STORICA
mcnlo ri vile e sociale quale era quello della democrazia
comunale nel medio evo. Nondimeno, com'è evidente che
tuie differenza di tempi non menoma punto l'incompara-
bile valore dell'opera sociale compiuta dalla Chiesa otto
secoli fa, anzi lo accresce grandemente per aver cambiata
una società barbara in una società eminentemente civile;
COSÌ lertamente nulla vieta di inferirne legittimamente che
lu stesso principio di giustizia^ di carità e di libertà cristiana,
onde si valse allora la Chiesa per creare il regime comu-
nale, cjuaado fosse stato applicato alle condizioni dei tempi
presenti, ci avrebbe dato un nuovo ordinamento sociale e
politico, in cui il concerto tra le esigenze del potere cen-
trale e le franchige dell'autonomia di classe, di corpora-
zione, fli comune, di provincia e simili, si sarebbe felice-
menle compiuto e conservato, preservando i paesi civili
dalle continue convulsioni in cui si agitano disperatamente
ai noshi giorni, col pericolo imminente di qualche cata-
slniie o conflagrazione universale.
Perchè invece l'ostracismo, dato alla Chiesa dalla vita
pii!4>!ica per opera del dispotismo monarchico, fu ereditato
e reso più crudo e più accanito dal dispotismo collettivo
della rivoluzione, perciò l'utopia del socialismo fu abbrac-
ciala come la soluzione più ragionevole, più giusta e più
vantajr^nosa della questione sociale, dalle classi popolari
educate alla scuola della rivoluzione anticristiana, e il di-
spotÌBnio del proletariato sovrano si presenta quale forma
le^'itlima di governo di un non lontano avvenire. Così i'Eu-
rojia civile è come la Francia «simile a un viandante che
ha smarrita la via e la cerca nelle tenebre, ha perduta la
tradizione delle sue libertà nazionali e va cercandola da più
di un secolo in un avvenire chimerico, senza neramen so-
y|>ettare ch'essa possiede nel suo passato le istituzioni più
libere che un popolo abbia mai avuto > *.
Ovkì in tale stato di cose, se il popolo conoscesse la vera
' Pk.mouns, Le mouiement communal et municipal au moyen àge,
\\U\\v\\ l*arÌ8 1875, próface.
E COLTURA POPOLARE 133
storia delle libertà comunali procacciategli dalla Chiesa nel
medio evo, e del benessere che ne provenne alle classi la-
voratrici, specialmente colla ifloridezza delle corporazioni
d'arti e mestieri; se sapesse che l'assolutismo monarchico,
rivale della Chiesa e ostile alla sua azione sociale, lo ha
privato di codesti vantaggi, per condannarlo al pauperismo;
se potesse confrontare le condizioni delle classi operaie, du-
rante la tenebrosa e feroce barbarie del medio evo, col mo-
derno proletariato della rivoluzione e colla tirannide col-
lettiva dell'utopia socialista ; non vi ha dubbio che sarebbe
per lui sfatato il più grave e funesto pregiudizio storico
onde lo hanno imbevuto gli apostoli anticristiani e, rista-
bilita la fiducia tra l'anima popolare e l'azione sociale del
catlolicismo, questo potrebbe, sotto altra forma, più ac-
concia alle nuove condizioni dei tempi, applicare la virtù
taumaturga del lievito evangelico a riabilitare le classi po-
polari e ristorare l'ordine sociale turbato, rimovendo i pe-
ricoli di qualche grande catastrofe.
Dal che appare novamente confermata l'importanza e
la necessità di diffondere in mezzo al popolo la sana col-
tura non solo intorno alla storia in generale, ma partico-
larmente in quanto* alle istituzioni specifiche di libertà, di
agiatezza e di prosperità, svoltesi, sotto l'azione sociale
della Chiesa, a vantaggio delle classi popolari, mediante il
regime comunale del medio evo.
III.
Queste riflessioni venivamo facendo in percorrere una
recente pubblicazione dell'^cWon Populaire, che tratta ap-
punto del regime municipale in Francia nel secolo XII *,
e contiene un confronto particolareggiato tra le condizioni
delle classi lavoratrici a quei tempi di schiavitù e di barbarie
* A. DcTBOUBGniBR, Travaìlleurs de France. Servitude et liberté au XRo
aiècle et au XX« (Publìcations de !'« Action Populaire»). Paris, Lecoffre, 1907,
8», XII.Ì36 p.
J34 VERITÀ STORICA
e lu shiio del proletariato nei secolo XX, per dimostrare
coti documenti autentici ed incontestabili che <* le riforme
ed isitituzioni, di cui giustamente si gloria il nostro secolo,
non sono in realtà che un ritorno a istituzioni già create
dalla (lliiesa, e un ristabilimento dell'organizzaiione sociale
cb'estìa aveva già fondato »; ch'esse « sono pure, nell'anima
pop(*lare della Francia, un'aspirazione vaga, indeterminata,
ma ctM'la di ritorno alle istituzioni dell'alto medio evo ed
ai ^nandi principii di giustizia, di buonafede e di hbertà,
che ìc lianno per così dire impregnale e ne hanno assicurati
alle popolazioni i benefici effetti pel corso di più secoli e
perfino in parte fino alla rivoluzione > \
(Quindi lo scrittore osserva a buon diritto nella con-
ilusioTie del suo libro: < Questo lavoro dimostra, in modo
pLHt 11 Iorio ed irrefragabile, che la Chiesa ha già potuto sta-
bitirr l'equilibrio delle forze sociali sui principii della giu-
stizia e della libertà, senza rivoluzione, anzi pacificamente.
Ehisn al tosta che i riformatori deìVancien réffinie, senza il
Vimfrelo e contro la Chiesa, non riuscirono, cogli orrori di
sansoni rtose sommosse, che a costruire edifizii senza consi
i^lunssa £5ulle rovine delle antiche libertà, sì care ai nostri
padri. Quello che la Chiesa ebbe fatto col suo Vangelo e
cuiraiuio del potere sovrano sotto il regime municipale^
puu lailo ancora pacificamente » ^
ì\ noi soggiungiamo con tutta sicurezza che chiunque
pf*niirra con animo imparziale questo pregevole libro, ion-
i\i\\i\ sullo studio dei documenti medievah, anche se non
conn?^f'ii d'altronde la verità slorica in esso illustrata, ne
dovrà ritrarre la persuasione che le condizioni delle classi
popijlari erano in generale ben più vantaggiose quali le
a>evu fuggiate anticamente la Chiesa colla sua forza mo-
i^alts di quello che non sieno al presente per effetto della
forx.a materiale, adoperata dalla rivoluzione e dal sociali-
Hino i'oiilro l'assolutismo politico ed economico delle classi
sup(*riori.
' Armìt'propos p. IX. — * Pag 212.
E COLTURA POPOLARE 13»
I due documenti principali di cui si serve il eh. Autore
nella esposizione dell'argomento sono: 1.^ La carta o di-
ploma di Vervins, concessa nel 1163 agli abitanti di questa
città da Raoul de Goucy e divenuta poi comune ad altri
domÌDÌi della stessa famiglia; confermata quattro secoli
dopo da un altro documento autentico, sotto il nome di
Charte de Jacques de Ckmcy col titolo : Déclaration des ai-
sances, franchises et privilèges qu'ont les bourgeois de Che-
mery^. 2.** La legge di Beaumont, di cui scrisse già il con
vmsionale Merlin: « La sua pubblicazione fu per l'umanità
un'epoca memoranda, perchè gli uomini vi sono conside-
rati nella loro dignità. La libertà e la proprietà, queste due
divinità tutelari, ne informarono la composizione. > Essa
fu accordata nel 1182 da Guglielmo di Sciampagna, arci-
vescovo di Reims e zio di Filippo Augusto, agli abitanti
di Beaumont in Argonne, di cui egli era signore feudale;
divenne bentosto la le^e comune delle campagne di Sciam-
pagna e di Picardia; anzi per quattro secoli un gran nu-
mero di diplomi, concessi principalmente ai comuni rurali
nel nord- est di Francia, contengono la dichiarazione che
il signore e gli abitanti sono soggetti alla legge di Beau-
mont. Il Bonvalot ', che ha esaminato i diplomi ed altri
titoli di più di 500 città o villaggi soggetti alla medesima
dal XII al XVI secolo, dice che ad essa la classe servile
deve la sua emancipazione e che nessun regime moderno
e soprattutto i regimi contemporanei non possono essere
paragonati al maraviglioso regime municipale stabilito dalla
legge di Beaumont.
Oltre questi due diplomi o carte di libertà comunale,
negli ultimi decennii furono o scoperte o tolte dalla di-
* Defourny, Le regime municipal d'apròs la loi de Vervins (Revue
des queatìons historiques, 1883, pp. 553-575).
* Bonvalot, Le Tiers Elat d^après la charte de Beaumont et sea fi-
lialeSy Picard, Paris 1884. Cf. Defourny, La Loy de Beaumotìt.coìip d'oeU
mr les lihertés et les institutions du moyen age^ Reims, 1864. 1d. Le Tiera
Etat d'après la Charte de Beaumont (Revue des questiona historlques, 1884^
pp. 126-240).
136 VERITÀ STORICA
menticanza in cui erano cadute molte altre consimili, spe-
cialmente per merito della École dee Charles, fondata in
Francia appunto per lo studio e per la pubblicazione di
codesti documenti. L'effetto fu singolare e solenne.
Prima di codeste pubblicazioni era universalmente ac-
cettato in Francia, anche tra i dotti ammiratori del medio
evo, i! pregiudizio, divulgato specialmente dal Thierry, che
le frauchige comunali si fossero ottenute nei secoli XI e XII
colla rivoluzione del popolo contro i signori feudali e l'au-
torità temporale dei vescovi, e che il clero si fosse dap-
pertutto opposto alla costituzione dei liberi comuni. Ora
invece è criticamente dimostrata la realtà del contrario,
perchè tutti i diplomi o furono accordati dai vescovi, come
la le^^gre di Beaumont, o furono dettati e informati dallo
spirilo evangelico della Chiesa, anche quando alcun vescovo,
per motivi di egoismo personale, vi si volle opporre; e quasi
dappertutto il grande passaggio delle popolazioni dalle ser-
viti! feudali all'autonomia comunale si compì pacificamente.
La Chiesa insomma, colla inesausta vitalità del vangelo,
come aveva, senza scosse sociali, abolita la schiavitù pa-
gana e barbarica, così, senza rivoluzione, creò e mantenne
in vi^^>re il regime municipale, finché non fu sopraffatta
dal cesarismo del rinascimento e della riforma.
Degno pertanto di encomio è il eh. Dubourguier che,
col suo ritato lavoro, si è proposto di divulgare in mezzo
ai lavoratori francesi la vera storia del regime municipale
durante il medio evo. Ed è appunto questo carattere di divul-
gaxiiiiìe popolare del libro, che gli conferisce ai nostri occhi
una speciale importanza e ci ha indotti a parlarne nel pre-
tìeutc articolo, per la speranza ch'esso serva di esempio a
molli altri lavori consimili.
Quando il popolo sarà in grado di giudicare del pre-
sente e dell'avvenire da ciò che la Chiesa ha fatto per lui
in passato, non tarderà certamente a riconciliarsi colla sua
madre e sovrana benefattrice.
E COLTURA POPOLARE 137
IV.
Una rassegna sommaria della costituzione e delle fran-
chige comunali, principalmente secondo i diplomi di Ver-
vins e di Beaumont e l'esposizione che ne ha fornita il
Dubourguier, varrà a meglio chiarire e confermare il nostro
apprezzamento.
Premesso l'abbozzo generale del governo municipale nel
secolo XII, come di un regime nuovo di libertà delle per-
sone e delle terre, d'indipendenza e sovranità amministra-
tiva, ferma e stabile, di fronte ai signori feudali e sotto la
prolezione immediata del sovrano; dimostrato che tale go-
verno fu una emanazione del vangelo, onde ordinariamente
una croce monumentale di pietra (franche-croix, croix de
Iffierté, croix de Beaumont) era il segno delle libertà e fran-
chige municipali ; e illustrato il carattere di evoluzione pa-
cifica, e non già di rivoluzione, ch'ebbe la fondazione dei
comuni, talché i diplomi furono detti patti di pace (pactes
de paix); il eh. Autore espone compendiosamente l'orga-
nizzazione municipale di quei tempi, per porre in rilievo i
vantaggi che ne ritrasse e godette per più secoli la società
del medio evo.
Carattere essenziale della carta era la mutualità o soli-
darietà tra il signore ed il popolo o la borghesia, in forma
di un contratto bilaterale, confermato con giuramento da
entrambe le parti, onde il comune diventava una famiglia,
i cui membri si dovevano reciprocamente fede, aiuto e con-
siglio ifoi, aide et conseil). Se il signore violava la carta,
incorreva in gravi pene d'ordine religioso, feudale e civile:
scomunica, sequestro del feudo, perdita dei suoi diritti.
Contro la carta nulla poteva il signore feudale, nulla il po-
tere centrale del sovrano, per guisa che ciascun comune e
ciascun cittadino erano indipendenti da qualunque onere
che venisse loro imposto contro di essa, anche se la mag-
gioranza lo avesse accettato. Quale differenza tra questo
138 VERITÀ STORICA
diritto (iella minoranza e la moderna onnipotenza della
maggioranza!
Ai servi, divenuti liberi cittadini per effetto dei diplomi
di V^ervins e di Beaumont, viene riconosciuta la piena pro-
prietà privata delle loro abitazioni e delle terre coltivate,
campi, prnti, giardini, col libero uso delle acque e dei bo-
schi; il contadino è padrone nella sua casa e vive agiata-
mente, sicché solamente quando sia ridotta all'indigenza
una eoiiladina è senza anello al dito e senza croce d'oro
o d'argento al collo \
Pel ritardo nel pagamento delle imposte non vi ha il
flagello moderno della eviziane, ma solo una tassa di sup-
plemento; il ritorno della terra al signore avviene soltanto
se il contadino la lasci incolta per sette anni; la detenzione
preventiva dell'imputato non ha da durare più di un giorno
e una notte, e gli schiavini debbono fare tosto giustizia.
Preservativo efficace contro il pauperismo e la diser-
zione delle campagne era la proprietà pubblica e l'uso col-
lettivo o comune dei boschi, dei prati e delle paludi, che
offrivano gratuitamente a tutti legna, pascolo ed orto o
giardino, non già come elemosina o carità benefica, ma in
forza di un diritto concesso, stipulato e giurato, e in nome
della giustizia e della pace sociale. Altro vincolo del con-
tadino alla campagna era la mercede dei giornalieri, che
rtrrivava a dodici denari quando bastavano quattro pel vitto
(juotidiano, oppure si costituiva del nono covone pel mie-
titore e del diciassettesimo del grano battuto pel trebbia-
tore, cioè di un sesto della raccolta.
Così ciascun lavoratore dei campi aveva la sua casetta,
la mm vacca e il suo maiale (la maisonnette, le lait et le
pot-an-feu), la famiglia agricola era numerosa ed agiata e
si eia raggiunto quello che il Ruskin chiama « la risultante
finale e l'ultimo termine di ogni ricchezza, ch'è di produrre
un gran numero di creature umane, dal petto robusto, dagli
occhi brillanti e dal cuore giocondo >. Quanto inferiore e
* BOSVALOT, p. 509.
E COLTURA POPOLARE lo9
degna di pietà non è la condizioDe odierna del contadino
francese, educato colla dottrina del motto : le clericaliame,
voilà Vennemi!
Fra i minatori di Francia converi-ebbe diffondere i rego-
lamenti delle miniere del secolo XV \ contenenti le deter
minazioni di diplomi ben più antichi, per far loro conoscere
le ragioni onde la condizione antica era ben più agiata
della presente.
Libero per ogni membro della comunità era in tutto il
territorio e in tutte le foreste il diritto, di cacciagione, come
pure quello di pescagione dove poteva esercitarsi : e l'uno
e l'altro diritto erano universali nel secolo XII. Quindi il
vescovo Giona d'Orléans riprovò severamente la prepotenza
di certi signori, che riservavano per sé la caccia, colle pa-
role riportate dal Thomassin: Miaerabilis piane et valde
deflenda res est, quando prò ferie, quas cura hominum non
aiuti, sed Deus in commune mortalibus ad utendum conceasit,
pauperes a potentioribu^ spoliantur *.
Or queste franchige, come tante altre, furono abolite dal
secolo XV in poi, quando cioè il cesarismo pagano venne
a soppiantare l'azione sociale della Chiesa, talché il diritto
di caccia divenne il privilegio del ricco e i beni comuni si
cambiarono in beni comunali, dipendenti dall'arbitrio dello
Stato onnipotente!
Semplicissima era l'organizzazione delle imposte : poche
contribuzioni dirette fisse e nessuna indiretta.
La le^e di Vervins riconosceva a tutti la proprietà delle
loro case verso una capitazione di 12 denari all'anno (circa
2 franchi). La decima dell'agricoltore nel secolo XI 1 non
oltrepassava il tredicesimo e mezzo del prodotto ; oggidì,
sotto altro titolo, egli paga l'ottavo e le imposte indirette
^ Retine des questiona historiqttes 1877 pp. 195 sg.
* Ib. 18S3 p. 530.
140 VERITÀ STORICA
hanno portato al decuplo l'antica decima. La legge di Beau-
monl riconosceva a tutti la libera facoltà di compera e di
vendila, senz' alcuna imposta di commercio o di circola-
zione* e non imponeva nessuna tassa di successione. Nel
YcrniJindois vigeva il principio: pueri, mortuis parentihus,
nihii thtìit. Era poi assicurata la stabilità delle famiglie colla
perni [Utenza del patrimonio e colla indivisibilità dell'asse
erediUirio.
(Mi esattori delle pubbliche gravezze venivano eletti dagli
abitanii e dovevano determinare le gravezze secondo la stima
comune {commune renommée); il sequestro contro i renitenti
noti poteva colpire né i mobili né il bestiame, cavalli o
attrezzi di lavoro; le prestazioni o contribuzioni di vassal-
laggio (iaille et corvée) furono soppresse dalle carte di Ver-
vins e di Beaumont. Gratuita la riscossione delle imposte;
nei easi controversi la religione del giuramento bastava
eojne |)rova sicura; pene severe colpivano l'esattore e il
oonirihiiente infedele.
T.a cosiddetta banalità, per cui gli abitanti erano obbli-
gati a far macinare il grano al molino del signore e cuo-
cere il pane nel suo forno, era più un vantaggio che un
oof re, perchè munita di clausole che assicuravano la bontà
del patie; la legge di Vervins permetteva a lutti di aver
mulinu e forno proprio.
Per lo spaccio delle bibite non esisteva alcuna tassa e
!c frodi erano punite.
Contro il cavaliere, che non pagasse il suo debito ad
un uomo del popolo, si decretava il divieto di prestito e
perlirio di compera in tutto il comune. Un vero, boicottaggio
generale 1 Per impedire poi che alcuno aggravasse coi pro-
prii fh^iiiti i suoi eredi e successori, era escluso il prestito
con itjoteea.
La costituzione politica del comune era essenzialmente
democratica, fondata sulla elezione popolare dei magistrati
meiliiuite il suffragio universale. Ma questo non consisteva,
eonie iii nostri tempi, in una confusa agglomerazione di
E COLTURA POPOLARE 141
unità atomiche, sibbene in una armonia organica di enti
sociali, raggruppati in potenti associazioni, con mandato
omogeneo e voto proporzionato alla natura e importanza
degl'interessi rappresentati, confederati insieme senza an-
tagonismo di class'i nel corpo municipale. Il popolo assem-
brato eleggeva gli elettori del sindaco, degli schiavini e dei
quaranta giurati, che costituivano il corpo o consiglio mu-
nicipale, cioè una specie di consiglio di Stato e di alla
corte di giustizia.
La giustizia si amministrava dagli schiavini anche nelle
cause tra il signore e i cittadini; il giuramento era sì sacro
che suppliva alla mancanza di testimonii. La legge di Beau-
mont dice che, in caso di conflitto tra il signore ed il bor-
ghese, questi si purgherà col solo giuramento fjuramento
proprio sepurgabitl). La disposizione della magna charta di
Inghilterra, per cui nessuno può essere punito che dal giu-
dizio dei suoi pari, era in pieno vigore nel regime muni-
cipale del secolo XII.
Da tali istituzioni sociali e politiche sorse una nuova
classe di uomini liberi che, a fianco della nobiltà e del
clero, dirigeva le sorti del paese e, coli' applicazione della
sua forza fisica e mentale allo sviluppo dell'agricoltura,
dell'industria e del commercio, salì poi a tanta prosperità
nelle corporazioni d'arti e mestieri ed a tanta potenza nei
governi popolari del medio evo. Il Bonvalot riassume l'ar-
gomento del suo libro in queste parole: «La classe ser-
vile deve la sua emancipazione alla carta di Beaumont...
Essa la conquista non colla forza e colle armi, ma con
pacifici accordi... Ha una patria nella città nuova che abita ;
questa patria assicura all'individuo la libertà e la proprietà,
al cittadino l'elettorato e il governo libero per mezzo dei
suoi pari, che sono suoi amministratori e suoi giudici
Ha una legislazione particolare, il cui carattere specifico
e dominante è l'eguaglianza nella città e nella famiglia;
nella città, dove tutti i membri sono eguali sotto la so-
vranità di un signore e sotto il governo di magistrati elet-
142 VERITÀ STORICA
ti vi... Sotto l'egida dei diritti di città e di famiglia, questa
classe si dà con ardore e perseveranza ai lavori dell' agri-
coltura, del commercio e dell'industria; coltiva le lettere,
le sciejize e le arti. . arriva al benessere e all'agiatezza,
quarifln non raggiunge la ricchezza >> '.
Vi.
M;ì il nostro riassunto, per quanto sommario e imper-
lai In, sarebbe troppo monco e difettoso, se non ricx)rdas-
ìsiiiio ancora un diritto degli uomini liberi, durante il re-
gi rn** comunale del medio evo, che ai cittadini dello Stato
morlerno può sembrare una utopia: quello cioè di non
poier essere chiamati alle armi che per la difesa del paese
e iji una guerra riconosciuta giusta.
Nella carta di Vervins si dice: «Non avrò il diritto di
condurli a battaglie, che nel caso in cui alcuno mi abbia
mitiacciato con arroganza di venire colle sue forze a chiu-
iUn^. me e i miei in alcuna delle mie fortezze o di deva-
stare il mio territorio. Allora potrò condurti insieme per
difcTìdere il mio onore. Se nasca una guerra tra me ed
altri, avrò facoltà di condurti, a spese loro, per un giorno
e una notte; e se rimangano più a lungo per lo stesso
atTiu <\ dovrò provvederli di mantenimento, oppure potranno
essi si'iiza delitto ritornarsene alle case loro » '. Le stesse
clausole, onde il signore non poteva chiamare ii popolo
alle armi che in una guerra giusta e per la difesa del paese,
8*iniHntrano in parecchi diplomi figliali della legge di
Beauujont, citati dal Bonvalot: ad equitationem, exeroitum
et (jìicrram non ibunt, nisi causa iustissima et manifesti^-
Htìiii incumhente — homines dictae villae nunquam ibunt (in
i*xercUam) nisi prò patria defendenda. Fra le cause legit-
tiine si annovera pure quella ad recuperandam praedam^
cioiN [KT ritogliere al nemico le cose da lui ingiustamente
rapile ^
' |1|), 554-555.
' linme dea quesU hisU 1883, p. 565. — ^ n,, i883, pp. 568-569.
E COLTURA POPOLARE 143
La Chiesa aveva già prima, colla tregua e colla pace
di Dio, mitigato gli orrori delle guerre barbariche e, colla
sua severa disciplina, crealo il nuovo diritto cristiano delle
genti, che fu poi sancito nel III Concilio Lateranense (can.
Innovai:: wì\ per la protezione delle donne e dei fanciulli,
dei pellegrini e dei viandanti, dei mercanti, artigiani e agri-
coltori, col loro bestiame ed attrezzi agricoli, delle cose e
persone sacre, estranee alla guerra. Ora poi il servizio
militare, detcrminato nei diplomi comunali, fu ristretto alla
sola difesa del paese come obbligo comune del signore e
dei cittadini, per una causa giusta riconosciuta da entrambe
le parti; di guisa che, se mancava tale condizione o non
veniva provveduto al mantenimento conveniente dei com-
battenti, questi potevano o ricusare il servizio o ritornare
alle loro case.
Singolare a tale proposito è il fatto del vescovo inde-
gno di Liegi, Enrico di Gueldria, deposto poi da Grego-
rio X a' concilio di Lione, il quale, volendo arrotare un eser-
cito per una causa non riconosciuta giusta, gli fu risposto
dalla cittadinanza, dietro proposta del borgomastro Enrico
di Dinant, colla risoluzione seguente: il denaro e il sangue
dei Liegesi appartengono al passe e devono essere versati
per la sua difesa^ non già per contese che sono ad esso estra-
nee. E la gran carta di Liegi, che legittimava codesto rifiuto,
fu concessa nel 1195 dal principe vescovo Alberto di Cuyck
,ad un popolo, che il Vangelo aveva già preparalo a non
abusare di tale beneficio ^
Severe erano poi le penitenze che s'imponevano a coloro,
i quali avessero combattuto in una guerra non evidente-
mente giusta, e spesso i vescovi venivano ad impedire la
effusione del sangue cristiano con placare le ire dei com-
battenti.
Dopo ciò, non è punto esagerato il conchiudere che il di-
ritto internazionale non fu giammai più contrario al dispo-
tismo militare e più conforme alle libertà e franchige popola-
» Ib. 1884, p. 239.
I4i VERITÀ STORICA
rincorile all'epoca gloriosa del regime comunale e municipale-
Né fu ([uindi certamente esagerato il protestante Urquhart
che, risalito collo studio alle fonti cristiane del diritto delle
genti, pubblicò nel 1869 il suo famoso appello al Papa, colla
proposta di ristabilire rautorità della Chiesa nelle questioni
internazionali. Nei tempi barbari, se la guerra non era rico-
nosciuta giusta e se non si trattava di difender la patria,
il ciUadino poteva ricusare il servizio militare. Oggidì in-
vece non appartiene certamente al soldato di risolvere colali
questioni !
VII.
L'autore già citato di un pregevole lavoro sul movimento
comunale e municipale del medio evo * ci ha descritto nella
prefazione l'impressione profonda, da lui provata in risalire
collo studio alle fonti della storia dei secoli di mezzo ed
accorgersi di dover correggere gli errori e rinunciare ai
pregiudizii dell'insegnamento universitario, riconoscendo
che il medio evo, per opera della Chiesa civilizzatrice, è
stato l'epoca classica della vera libertà, e che questa fu
confiscata al popolo prima dal cesarismo e poi dalla rivo-
luzione. Aggiunge poi che tale impressione gli fu resa piti
amara dal fatto che molti autori cattolici, intimiditi dalla
fama e dall'audacia degli avversarli, ebbero a fare non poche
concessioni inutili e dannose alla rivoluzione, concorrendo
in tal guisa a screditare la storia della Francia cristiana.
Il saggio sommario che ne abbiamo dato ai lettori nel pre-
sente articolo, sulla traccia della recente pubblicazione po-
polare del eh. Dubourguier, basta certamente a porli in
condizione di giudicare quanto sia giusta codesta impres-
sione del Demolins e leale la sua dichiarazione.
Or quanto si è detto delle libertà comunali, svoltesi in
Francia durante il medio evo sotto l'azione educatrice della
Chiesa, è pure avvenuto, sebbene con forme più o meno
diverse, negli Stati italiani e germanici e generalmente anche
^ Ehmond Demolixs. Le mouvement communal et municipal au moyen
tSge, Didier, Paris 1873.
E COLTURA POPOLARE 145
negli altri paesi dell'Europa civile, talché il detto del Thierry :
le moyen àge est la véritable epoque des libertés bourgeoises ^
ha UQ valore storico universale.
Laonde a tutti i popoli, civiHzzati dalla Chiesa, si con-
viene l'ammonimento dello stesso Thierry ai Francesi: « Non
temiamo di rimettere in luce le vecchie storie della nostra
patria: la libertà non è nata ieri. Non temiamo di dover
arrossire in rivolger lo sguardo ai nostri padri ; i loro tempi
furono difficili, ma le loro anime non furono vili. Uomini
della libertà, noi pure abbiamo i nostri avi! )► 11 che vale
non meno, anzi assai più pel popolo italiano, il quale già
nel secolo XI godeva la libertà municipale, svoltasi, senza
moli violenti, dall'autorità dei vescovi * ed estesa poi alla
Francia col nome di diritto italiano (ìms italicum) ^
Ma com'è certo che questo povero popolo, se conoscesse
la vera sua storia, si manterrebbe fermamente attaccato alla
fede e alle tradizioni cristiane dei suoi padri, e da esse at-
tingerebbe, al par dì loro, la forza della sua riabilitazione ;
così è manifesto che oggidì se ne va sempre più allonta-
nando, perchè la sua storia gli fu falsata dalla coltura anti-
cristiana, e la pubblica opinione delle classi popolari non
ammette altra libertà che quella della rivoluzione né altra
riabilitazione o riforma sociale che quella del socialismo.
Donde appare con tanta evidenza la somma importanza
e necessità della volgarizzazione storica popolare, per mezzo
di pubblicazioni economiche di grande diffusione, che ci
sembra di poter qui chiudere il nostro articolo, lasciando
a quanti amano la Chiesa ed il popolo di trarne l'ultima
conclusione. Senza di che, le grandi opere moderne di critica
storica continueranno bensì ad adornare le nostre biblio-
teche; ma basteranno, pur troppo, le leggende anticlericali
dell' Inquisizione, di Giordano Bruno e del Galileo a com-
piere l'apostasia del popolo dalla Chiesa e dalla fede cri-
stiana.
' Lettres sur Vhistoire de France^ lett. 1.
* Hbgbl, Storia della cosHttizione dei tnunicipii italiani. Guigoni,
Mìlano-Torìiio 1861, p. 438. — > Demolins, p. 161.
1908, vai. 1, fMO, 1382. 10 8 gennaio 1908.
IL MODERNISMO TEOLOGICO '
[ntorno alla sintesi della fede propria del modernità
eredente, tracciata dall'enciclica e da noi abbozzata breve-
mente nel precedente quaderno, conviene anzitutto esclu-
dere due contrarie opinioni: l'una che ne attenua o nega
a^ffatto la triste realtà; l'altra che ne rileva o esagera fuor
di raodo l'originaria novità.
È noto infatti non esservi mancate per una parte anime
buone, piene di tenerezze per gli erranti, se non d'indul-
genza per gli errori, le quali si dettero a credere che la
sintesi della fede modernistica, tracciata dall'enciclica, fosse
puramente \mdi sintesi ideale^ e il credente in essa descritto
un ens rationis, con qualche tenue fondamento in re, ben
inteso, ma non esistente come tale in natura rerum. Altri
per contrario stimarono le dottrine riprovate dall'enciclica
eosì proprie dei modernisti, come fossero un parto del loro
ingegno, col pregio almeno di una novità sottile, ingegnosa.
Ne dell'una cosa né dell'altra sarà, crediamo noi, potuto
cadere in mente ai nostri lettori il sospetto: tante volte ab-
biamo dovuto, in questi ultimi tempi segnatamente, ripro-
vare per una parte cotesti falsi indirizzi dei modernisti con
le loro conseguenze e per l'altra mostrarne la vecchiaia co-
dente, nelle remote e nelle più prossime loro origini di filo-
sofia e di teologia eterodossa.
Tuttavia ne aggiungeremo qui ancora qualche conferma :
e ci restringeremo ora al primo punto, cioè dire alla realtà
della sintesi, ma considerandolo insieme sotto il rispetto
filosofico, di cui il teologico è naturale continuazione.
1 Continuazione. Vedi quad. 1381, p. 19-34.
IL MODERmSXO TEOLOGICO 147
Una sintesi piena della fede filosofica e teologica del mo-
dernista, per \ia d'esempio, noi la troviamo sino dal 1905,
compendiata oscuramente, ma tanto più crudamente in un
opuscolo di propaganda, e quasi di programma da chi si
propose di trattare della « psicologia > della fede e della
religione, exprofesso, lo pseudonimo italiano Sostene Gelli,
amico intimo dello pseudonimo inglese Ernesto Engel e
amici araendue della xìosira, società nazionale di cultura *.
Costui, o piuttosto il suo nebuloso maestro anglosassone,
come già fu spiegato altra volta *, riduce la religione tutta,
nonché la fede, ad una sua esperienza dì sentimenti d' at-
trazione e di ripulsione ecc. « a cosa di sentimenti e Ai
affetti >, quantunque non possa escludere affatto l'ingerenza
secondaria di qualche elemento intellettivo. Nel che ha con-
corde la schiera dei modernisti, pei quali, se vi ha ritorno
alla religione ai nostri giorni, è anzi tutto in nome del sen-
timento, senza ingombro di « metafisica >, cioè di verità
speculative, razionali o soprarrazionali che sieno, essendo
il « sentimento religioso il più primitivo e il più nudo dei
sentimenti >► ^. Ma il Gelli va più avanti, ricercando^ qual è
* Dott. SosTBXE Gelli, Psicologia della Religione («Piccola Biblioteca
della Cnlfnra Sociale pubblicata da R. Murri »). Roma, Società |nazio-
nale di cultura editrice, 1905. Noi ci riferiamo specialmente ai primi pa-
ragrafi: sentimento e religione; Vasaoìufo e In conoscsma di esso eoe.;
ma è da notare che la piena intelligenza delle teorie accennatevi suppone
la conoscenza di tutto il sistema delio pseudonimo inglese. A questo più
volte allude senza dubbio l'enciclica, snebbiandone le tenebre che d^i troppo
tempo ne occultavano a molti la reità, sì che tali dottrine, come i'opusook)
del Gelli, erano citate anche in libri ascetici, che noi potremmy nominare.
■ Cf. Civ. Oatt., quad. 1«66, p- 427 e.; quad. 1876, p. 137.
3 Cf. Cultura Sociale, 16 giugno 1905: « Forse mai come oggi si è pro-
vata altrettanta smania di liberarsi da ogni sussidio di metafisica religiosa
per lasciar libera l'interna vista rìmpetto all'eterno, all'infinito, a Dio... Ri-
chiamo a religione si ha e gagliardo e frequente, ma è prima dal senti-
mento che dalla ragione, dal sentimento religioso che è il più primitivo e
nudo dei sentimenti».
148 JL MODERNISMO
rcioiiiento della nostra esperienza, al quale tali affetti si ri-
tcMìscono, in altre parole, quale ne è l'oggetto.
K risponde, lucidamente, così: « Non è un elemento che
posali essere staccato a forza e messo o fuori o sopra al
resIfK ma uno che pervade ed unisce tutti $?li altri; è il reale
(ii>n<le come e perchè di ogni essere e di ogni moto, in cui
il tifjstro essere e il nostro moto non è che una frazione
ÌHÌinilesimale. Prima di essere tradotto in qualsiasi distinto
luìnetto della mente intorno a Dio o a dii, questo dato
ffùue come confuso nella nostra esperienza collettiva, per-
cepìio insieme con altre percezioni, ma non a parte, e
— eij^ualmente — può modificare nel senso di religiosità le
nosire azioni senza dar luogo ad atti distinti di religione » *.
Le parole sono bene di colore oscuro; ma per chi non
i\ nuovo al gergo modernistico, di non oscuro né dubbio
fcsiyuificato; come non oscuro né dubbio é l'arbitrario e lo
aj^surdo che esse contengono: il distillato deW immanenza
vhv potrebbe essere benissimo immanenza panteistica.
Ma a noi basti qui notare quanto esse confermino, an-
che troppo, le parole dell'enciclica, segnatamente intorno
alla spiegazione della religione per via d'immanenza vitale,
e Hi^Il'oggetto di essa, V Inconoscibile, di cui i modernisti
IH I loro Programma hanno il coraggio di dire « che nessuno
parla **. Su questa teoria del « dato confuso nella esperienza
l'ulleLtiva e percepito così confusamente con altre perce-
zioni 1* — diciamolo di passaggio — é poi fondato il senso
tli certa religiosità e fede subcosciente o subliminale, at-
' Psicoloffia della Religione, p. 10 ss.
■ Il programma dei modemiaii, p. 113. — Si noUno in particolare
queJli' parole deirenciclica che della religione, come di ogni fenomeno vi-
Mi\ juHma moiio ex indigenfia quapiam seu impulsione est repetenda'
lirfnt<*rdia vera, si de vita pressius loquamur, in mota quodam cordis
qui ."^i^nstis dicitur, con quel che segue (p. 8 ss.): vi si troverà indicata la
tietMih>aa teoria modernistica, qua sopra accennata, come, ad esempio, «in
quuJ .sentimento, appunto perchè egli è sentimento e non cognizione (pro^
prh utente detta, secondo il modernista). Dio si presenta bensì alTuomo, ma
in ]i lamiera cosi confusa che nulla o a mala pena si distingue dal soggetto
eresiente».
TEOLOGICO 149
tribuita anche all'ateo dichiarato, di cui abbiamo altre
volte fatto cenno. Ora ascoltiamo quale sia questo « senso ».
« Noi — continua il modernista — possiamo chiamarlo
il senso dell'assoluto, il senso del valore finale ed indipen-
dente della verità, della bontà e della bellezza, separata-
mente da qualsiasi loro conseguenza o vantaggio. In ultima
analisi ciò significa: senso della nostra subordinazione a
un ordine e a un interesse generale > *. Fin qui non c'è pan-
teista od ateo che non sia disposto ad accettare questa fede ^
ne occorre mostrarne l'insussistenza e V apriorismo senti-
mentale. Eppure in essa pone il modernista l'inizio o il
fondamento, della fede e della religione, anche sopranna-
turale; e questo per l'appunto giustamente gli rinfaccia
l'enciclica^.
II.
Vero è che questo « senso > può essere, come gli altri,
coltivato e rafforzato con l'attendervi, o attenuato per di-
• Psicologia cit., p. 10, 11.
* Ecco ad esempio come parla il Paulsen, uno dei più fervidi Icantiani
di Germania: « Fichte... dichiarò per vero Dio Tordine morale dell* uni verso...
fede in Dio quella certezza morale che ogni azione veramente buona ha del
suo successo, come della sua eterna realtà e importanza £ con questa
fede si collega necessariamente la felicità». Perchè chi ha una fede cosi
fatta «crede che Tordine morale dell* universo (il Dio di Fichte) sia legge
assoluta della verità e vive nella certezza che solo il bene ha una reale
esistenza; mentre tutto il rimanente non è per lui che una fallace parvenza.
Questo è adunque Iddio : Tunità del bene col reale. Il concetto è però effi-
cace solamente nella fede viva e operosa, non nelle definizioni teoriche. Ogni
teoria è relativa». Contro il Cìeìicalistno (vera, di L. Guguelmjnotti, Tori-
no 1907) p. 108 s. Per questa fede viva che esclude come relativa ogni dottrina,
il Paulsen soggiunge che 11 Fichte ebbe ragione di riferirsi alla sacra Scrit-
tura e alla dottrina di Gesù Cristo, che «manifestò i suoi pensieri molto
più chiaramente di Kant » ; ma che solo per ragioni estrinseche « gli stessi
pensieri in Kant passarono quasi inosservati, sebbene questi fosse molto
meno reb'gioso di Fichte» (ivi p.Ul) ecc. Non troppo dissimile è la fede
▼iva e operosa, nuda di ogni teoria anche dogmatica, perchè relativa, fede
che piace ai modernisti, unanimi col Paulsen contro il clericalismo,
^ « Est porro hic sevsus quem modemistae fidel nomine appellant, estque
illis religionis initium. Sed non hic philosophandi seu potius delirandi
finis »... (p. 9).
\:À> IL MODERNISMO
^UHo o p<?r positiva violazione; ma quanto più si vorrà fare
ititt»ii«o, e tanto più si dovrà ricorrere all'uso dell' intelli-
genza, * il cui ufficio è disegnarci in piccolo e con l'aiuto
ili ^irnlxili la vastità della nostra disordinata esperienza».
(lu^ì a ^(fìrvizio subordinato del senso e dopo il senso,
v.mi* tu t^rado affatto secondario si ammette l'intelligenza,
ikLii solo come disegnatrice in piccolo, di una «"vastità > di
i Npi'ri<*rj/,a disordinata, e disegnatrice a norma dei suoi
|jr(i|n]i s<4kemi artiiìciali, o forme soggettive alla kantiana,
u ^lusci di simboli onde foggiarsi, non già scoprire, la realtà.
A in Top era siffatta di « disegno in piccolo » riducendosi
UlUu il lavorio della intelligenza, non si vede come possa
ilar ìuve al sentimento né avere corrispondenza o riscontro
roii la vutìlità della nostra esperienza, la quale per giunta
hÌ su[i|HMie così disordinata e ronfusa. Tanto più, se si ri-
linjj.'-a, vìa che è solenne al modernista odiatore dell'cpi-
s-ilrmnhfijia scolastica, non darsi cioè nella cognizione in-
li'lliMiiate vera oggettivitày ossia conformità del pensiero
TOH la ( osa pensata, né perciò criterio alcuno di veracità,
rumi* altrove si è detto.
Vt;r notisi di più — per qual fine si fa cosi disegaa-
li'ii r - \ìì pìccolo > la nostra intelligenza.
Hispniide il modernista: «per la migliore guida della
nositra ^-ondolla e per aumentare la naturale antiveggenza
l'ol t'*»ti^re di una più o meno scientifica e certa visione
Ot^lTussonle o del distante. — Quindi, prosegue egli, il nostro
ìstMisu itrllo^vo/Mfo cerca di conoscersi traverso i simboli
dotrdtlolligenza, e Vassoluto diviene un oggetto, il primo di
Juttl, liei nostro sapere, ed ha un posto centrale e sovrano
liei nt»55tri schemi artificiali della realtà*.»
U\ «jiiesta conclusione, sebbene avvolta in una nebbia
iraulunno londinese, ci balza innanzi tutta una serie di
futili antilogìe e di assurdità ìnlollerabiU : aHiiveggefiza
iiaiuntlr. che é aumentata dairinlelligenza, nra non è in-
letlt^ert^a; una visione dell'assente, del distante, e noa
TEOLOGICO 151
del presente alla facoltà visiva o intuitiva, come vorrebbe
la definizione di « visione » ; un « senso )^ che non conosce,
mentre cerca di conoscersi ecc.: da ultimo, per farla breve,
la forma più arbitraria dell'ontologismo o piuttosto dello
pseudo-misticismo protestantico, aggravata dal pramma-
tismo e simbolismo dell'autore anglosassone, da cui ritrae
tutto questo abbozzo della fede modernistica *.
Tale forma di simbolismo mistico si scorge anche meglio
dal passaggio repentino che dopo i tratti sopra citati il mo-
dernista fa dal senso dell'assoluto ai nostri concetti intorno
a Dio, il quale sarebbe per l'appunto Vassoluto menzionato
sopra, dandoli come simboli, « atti a guidare più o meno effi-
cacemente la nostra condotta nel retto senso » ; e parago-
nandoli ai nostri schemi della natura fisica. Conciò li deprime
senz'altro a creazioni soggettive e simboliche, secondo la
nuova filosofia, benché utili alla pratica, perciò buone e
in questo solo senso (prammatistico) vere, « coordinando ed
unificando un più grande campo d'esperienza possibile »^: in-
somma li fa mere ipotesi, che servono a spiegare l'espe-
rienza- Sicché infine tutta la loro verità, o piuttosto il loro
valore, si confonde con la opportunità dell'ipotesi assunta
o escogitata dal fisico; diremmo anzi con la pretta versati-
lità delV opportunismo o deìV utilitarismo, che ora chiamano
umanesimo o prammaiismo: quindi verità mutabile e pie-
ghevole, essendo un mero simbolo del vario atteggiarsi del
sentimento religioso. In questo senso conchiude il Gelli, par-
lando della verità religiosa e della sua utilità per la vita dei
rapporti con V assoluto : « La vita è il criterio della verità > '-
' Ivi, a pag. 11. — Vedi a questo proposito tutto il passo dell*eaciclica
che spiega la parte data dal modernista filosofo ali* intelletto : Habet autem
et ipse... 9ua8 in actu fidei partes... Mene UH sensui (religioso) adveriiens^
in eundem se in flectit, inque in eo elaborcU pictoris instar ecc. (p. 18)-
• Ivi, p. 11. s.
^ Si raffrontino anche qui le parole stesse neir enciclica : € vivere au-
tem modernistis argutnenium veritatis est : veritatem enim et vitatn pro-
miscue hàbent. Ex quo inferre denuo licebit: religiones omnes quotquot
exiant, veras esse, nam secus neo mverent» (p. 18).
162 IL MODERNISMO
Il lettore attento ravviserà bene espressa anche su questo
punlo la genesi della fede modernistica fatta dairenciclìca; e
come perciò questa sia bene tutt'altro che esagerata o
ideak\ Da essa la conseguenza che tutte le religioni vive
sono vere, sono buone tutte, perchè corrispondenti a qual-
che forma di sentimento, scende inesorabile evidente.
III.
Ne i modernisti lo ignorano, benché cerchino di dissi-
mularla, oscillando per es., col Gelli, così: «Una reli-
gione od una teologia può come teoria essere incom-
pleta od anche erronea, e pur tuttavia non essere affatto
(inzione arbitraria, in quanto come principio di operosità,
come guida dell'anima alla sua eterna vita {cioè alla suddetta
vita dei rapporti con Vassoluto) può contenere il vero, al-
meno in rapporto alle condizioni ed alle attitudini del-
Tanima» ^ È vero che ciò si vuol detto delle «religioni
imperfette », non del Vangelo, « del quale ora non ci occu-
piamo », dice il modernista; ma egli ha tosto cura di soggiun -
gere per ogni buon intenditore: « quel che è solo una fase
passeggera può apparirci come una Ipnga e quasi intermina-
bile durata». Il che insinua perTappunto l'indole provvisoria,
relativa e mutabile della legge evangelica avviata verso una
forma più alta di rehgiosità, come già il giudaismo verso
il crì.stianesimo, secondo la dottrina dello pseudonimo in-
glese, noto eterodosso, di cui l'italiano è qui più guardingo
pedissequo e traduttore. In ogni caso però resterà costante,
giuria la conclusione modernistica, che « Dio come distinto
HI corsivo è anche qui del Gelli) dai suoi effetti ed attributi
intelligibili, non può esserci presentato con nozioni sem-
plici o complesse, le quali abbiano maggior valore che di
verità pratiche ed equivalenti: egli appartiene in tal modo
a quell'ordine di fatti o di cose, con le quali la volontà è
in rapporto diretto, a quello che vien chiamato il mondo
i hi, pag. 12.
TEOLOGICO 153
dei valori della volontà, al mondo della storia e della vita,
non della scienza >*: ecco tutto.
È inutile fermarci a dichiarare che è questa una pro-
fessione di fede agnostica la quale potrebbe conciliarsi
bene con qualsiasi forma di religione, anzi pure con la
negazione della personalità divina o della divina infinità,
con una sorte di panteismo o di ateismo, come altri di
questa scuola, con un passo più avanti, ha già tentato. E
siffatta professione è quella che severamente ma non infon-
datamente espone e biasima in piti luoghi l'enciclica, anche
in ciò ben altro che ideale.
IV.
Ne vi fa riparo l'opposizione supposta qui dal moder-
nista credente, e accennala anche dal QeUi murriano, tra
il valore della volontà, o il mondo della vita, e quello
della scienza. Questa opposizione, che ritornerà spesso a
proposito di dogmi, sì fonda nella finzione di una doppia ve-
rità, o più propriamente, doppio valore, come dicono; re-
ligioso l'uno e pratico, l'altro intellettuale e speculativo;
questo relativo e variabile, quello assoluto e immutabile.
Perchè, lo speculativo appartiene al mondo delle appa-
renze, dei 4c fenomeni », è collegato a un fatto storico, o
ad una concezione scientifica o filosofica; perciò di ordine
intellettuale; l'altro, il religioso, appartiene al mondo delle
volontà, è indipendente da fatti o concezioni determinate,
quindi d'ordine pratico: il valore religioso sarebbe la ve-
rità spirituale; l'intellettivo la verità letterale. Così nel dom-
ma della Risurrezione, verità letterale direbbesi il fatto
in sé considerato; verità spirituale la glorificazione e sopra-
vivenza mistica del Maestro nei suoi fedeli.
Pur troppo siffatta distinzione è un assurdo : conseguenza
pessima della peggiore ignoranza o falsa interpretazione del-
l'analogia che interviene in ogni nostra cognizione di cose
' Ivi, p. 14.
154 IL MODERxVISMO
divine. Essa, mentre scinde in due la verità dogmatica, la
stravolge non solo, ma la distrugge. Ed è chiaro che, una
volta ammessa, dovrà stendersi a tutti i dogmi, anche a
quello delle* personalità divina, peggio di quanto abbia fatto
it noto Le Roy di questa scuola, lasciando loro nulla più che
Tattitudine (valore religioso) a dirigere l'azione, a nutrire la
pietà, indipendentemente dalla verità o falsità dei fatti sto-
rici o delle nozioni filosofiche implicate nel dogma: il che è
manifestamente — ripetiamolo pure — distruzione del cri-
stianesimo, anzi di ogni religione positiva; avviamento al-
r ateismo.
Tuttavia il modernista, passando a considerare « l'asso-
lutu nel mondo della volontà», dopo molte enormezze
sa cui ora non possiamo indugiare, confessa almeno che
noi « non possiamo giammai smarrire il convincimento del
carattere assoluto ed imperativo di questi rapporti di vo-
lontà né dubitare del nostro dovere di consentire con gli
uomini di buona volontà », e soggiunge che « questo carat-
teri^ imperativo dell'assoluto non è altro che la forza di
quella suprema eterna, indeclinabile volontà che noi chia-
miamo Dio ».
Ma, lasciando stare la improprietà, dei termini, ond'egli
falsa ciò che è di vero nel suo concetto \ il modernista
trascorreda ciò all'assurda conclusione che in un certo
senso si potrebbe vivere religiosamente, senza alcun de-
finito e separato atto di religione, interna od estema,
80I0 con l'obbedire alla coscienza e seguire il senso inte-
riore della volontà assoluta. Ciò è un dire che si può
vivere religiosamente senza religione alcuna; perchè, co-
m'egli stesso concede, la religione comincia solo quando
questa volontà che pervade e governa tutto, è concepita
separatamente al di fuori e al di sopra delle altre*, cioè
' Il carattere assoluto ed imperativo, nell'antecedente, diviene nel con-
aoguente « carattere imperativo delFassoluto » ; e questo, che in termini più
ohUrì e più esatti dovrebbe essere il dettame della legge naturale, diviene
< Ia forza » della volontà stessa di Dio, la legge eterna. — Attenti alla logica I
* Psicoloffia della religione^ p. 19.
TEOLOGICO 155
quando Dio è conosciuto come distinto dai suoi effetti. Ora
un tale riconoscimento è, del resto, il primo e più indu-
bitabile dei nostri doveri, né può dirsi « obbedire alla co-
scienza » chi non ne segue questo dettame che è il più
fondamentale.
V.
Eppure, stando al modernismo teologico, senza questo
c'è fede: precede il senso o l'esperienza di un * dato confuso
nella esperienza collettiva percepito insieme con altre per-
cezioni; ed è fede: segue il senso o la persuasione che
sopra il mondo della materia — fenomenico — si dà un altro
mondo ben più reale, quello della volontà, come lo chia-
mano; ed è fede; succede il senso della nostra relazione
con queste altre volontà, ed è fede iniziale esso pure — anzi
in questa relazione sentita, dice il Gelli, consiste la vita e
l'interno essere spirituale nostro ; il che è tutto dire, ma
sa bene di panteistico — infine il senso della volontà asso-
luta, o come anche dicono il senso dell'infinito, del divino, e
via, con attenzione a non nominare il nome di Dio invano.
Perciò questo sentimento molteplice di fede non vuole
essere ne senso morale, né senso estetico, né senso esterno
sperimentale o scientifico, ma un senso intemo sui generis.
Per esso alfine entriamo in contatto immediato con Dio e
prendiamo conoscenza della sua esistenza, come della no-
stra propria, e ciò con alto intuitivo « emozionale » della
coscienza. Questo atto ultimo, congiunto però all'interessa-
mento della coscienza che vibra all'unisono e fa centro
della sua vita le realtà superiori, più propriamente i mo-
dernisti chiamano fede.
Né intendono essi solo una tale fede filosofica alla kantia-
na; ma teologicamente, un vero inizio, o piuttosto essenza, di
fede soprannaturale e divina. Perocché questo sentimento del-
l'infinito o dell'assoluto diviene a grado a grado per l'anima
esperienza o presentimento del cristianesimo, cui Tanima in
156 IL MODERNISMO
luUe le sue potenze, aspirazioni, esigenze o « bisogni » come
dicono, postula necessariamente. Sicché il cristianesimo può
dirsi in un senso immanente all'anima, come è immanente il
sentimento religioso, non essendo altro che svolgimento di
es.^a, come tutte le religioni sono « semplici esplicazioni
d<*ir anzidetto sentimento», secondo l'efifato modernistico
ricordato dall'enciclica: insomma il deismo è «cristiane-
simo in germe » e il cristianesimo è « deismo svolto o evo-
luto ^, mentre esso pure a sua volta si avvia verso una « forma
superiore di religiosità» che ora solo in germe contiene. Tale
è in sostanza e spoglia delle sue astrattezze la teoria mo-
dernistica, p. es. del Gelli, e di altri suoi franchi discepoli, in-
torno a « sistemi religiosi e religioni positive ».
Quindi si fa evidente, anche per questo capo, come siffatta
teoria, filosofica e teologica insieme, corrisponda per Tap-
punto alla sintesi che ne dà l'enciclica, a proposito del mo-
dernista filosofo prima e poi credente, massime in ciò che
spetta ad uno dei capi di maggior rilievo nella dottrina dei
modernisti, all'origine cioè e alla natura di fede e di dogma.
Essa ne giustifica fin troppo la severa sentenza: ^clnfinito
cumulo di sofismi che abbatte e distrugge ogni religione !...
Oli veramente ciechi e conduttori di ciechi che vaneggiano
fino al segno di pervertire l'eterno concetto di verità e il
genuino sentimento religioso!... Essi, da parte loro, messa
fra i ciarpami la vecchia teologia, si adoperano di porne
in voga una nuova, tutta ligia ai dehramenti dei filosofi ».
VI.
Quindi s' intende pure come, anche parlando della fede
BO[>rannaturale, i modernisti, quali il Gelli - Engel - Tyrrell
e j>iinili maestri, non accennino mai, se non escludono posi-
tivamente, il concetto cattolico, di assenso fondato sopra te-
stimonio estrinseco; ma la definiscano sempre in ordine a
un senso, ad un intuito, ad una esperienza interna. Così
* Psicologia della religione, p. 20 ss.
TEOLOGICO 157
nella famosa Lettera confidenziale*, che lutti i modernisti co-
noscono, massime gli italiani, la fede vien definita in forme
varie e vaporose, ma non mai con nozione netta e catto-
lica. Ora fede è ^c un atto per cui facciamo sostanza della
sostanza nostra un mondo di speranze... tanto indetermi-
nato da potersi definire un sogno di poeta, una visione di
profeta e non più » : ora è « una visione di Dio, non a faccia
a faccia, ma nella creatura come in uno specchio fosco *; ad
ogni modo visione nostra, e non credenza suggerita da pa-
role altrui (che è sentenza ereticale, siccome contraddittoria
alla definizione del Vaticano). E più sotto ^c è un corret-
tivo del ragionamento, come questo lo è della sensazione
immediata » ; indi cessando di essere un atto o un abito,
diviene « una facoltà rudimentale che ci fa communicare
con un mondo trascendente » ; ma è sempre una visione,
che « si chiama soprannaturale perche non dipende dal-
l'arbitrio nostro » ; e ancora « visione trascendente della
quale partecipano i veri membri della Chiesa unica e invi-
sibile » ; e infine anche « un cotale entrare a parte della
visione divina, un levarsi sopra i confini delle facoltà in-
tellettuali umane per una comprensione meno chiara ma
più vasta, ma sovnimana della suprema Realtà ». — Ibrido
mescuglio di misticismo e di naturalismo razionalistico!
Non parliamo poi di altre definizioni così mistiche venu-
teci di Francia, come quelle del Laberthonnière, al quale
la fede, per es., è « un atto per cui l'uomo si apre a Dio per
essere e vivere realmente ed eternamente in lui » : è un appog-
giare il proprio essere al suo per trovarvi salute *, è un « far-
si Dio in qualche modo » e simili. Nelle quali definizioni,
— applicabili, se mai, del pari alle altre due virtù teolo-
* Cr. p. 25, 26, 35 e altroye.
* Vedi Psicologia cit., particolarmente, p. 20 ss.
^ Le Réalisme chrétien, p. 98. 123 eccCtEssais de philosophia reli-
ffieuse, p. 67, p. 74 ss. e altrove. Di quest'ultima opera, proibita come la
prima, usci poco dopo il decreto delia S. Congregazione dell'Indice, una tra-
duzione italiana « autorizzata », senza nome di traduttore, dall'editore Remo
Sandron, 1907.
158 IL MODERNISMO
galt e anche alla virtù della religione in genere, quel poco
Ijiirliime di vero che cela Terrore appare avvolto e travi-
i^ato nella caligine del misticismo sentimentale e pietista.
Né pure ci fermeremo alle nozioni fluttuanti dei moder-
nisti anonimi nel loro Programma, per cui « l'adesione alle
rraltà soprasensibili... è il prodotto di una interna espe-
rita/.a », esperienza religiosa che « esce appunto dall'iute-
^B^^ìamento della coscienza e dalla vibrazione dell' essere
nif>ni!e all'unisono con la parola del divino ». — Cara de-
fìrìizione che ricorda quella del diaframma della coscienza
vi Idrante all'unisono con la coscienza contemporanea. —
Molto meno recheremo il concetto del romanziere, per cui
hi fede divina è assimilata ad una forza speciale diffusa
uvWii natura come tante altre; o le nozioni del pari strane
(hI eterodosse sparse in altri libri e periodici modernisti
Huirti 0 moribondi, e massime nel Rinnovamento, il quale
Beili Irra aspirare al non invidiabile vanto di rinnovarle tutte,
eote^te vecchie aberrazioni dell'infedeltà e dell'eresia.
!*^olo vogliamo far notare come i modernisti, rìnnovaiulo
silTrilte vecchie aberrazioni, le aggravino sempre con T in-
sislf^re nella pretensione di ridurre primieramente la fede
tul un intuito di ordine sentimentale, alla coscienza od espe-
rìeyua interna di una « emozione » : perchè da questo esce
si i"É volta la ragione o essenza deìVatto, assenso intellettuale
r*Ttf>, ma oscuro; delVoggetto, verità esteriore rivelata, non
ifitnita; del motivo, testimonio estrinseco, o autorità di Dio
rivolente, non visione o sensazione intima della coscienza >*
luf^vnmente ne va stravolto tutto quello che concorre all'es-
seii/.a della virtù soprannaturale, sia come atto, sia come
al)it<> di fede divina: che è appunto la negazione di ogni
nistianesimo storico, anzi di ogni religione positiva.
VII.
Così da ciò, come già accennammo, è necessario ^altresì
che esca alterato il concetto di rivelazione, la quale diviene
TEOLOGICO 159
cosa tutta individuale, partecipata immediatamente alla co-
scienza di ognuno; e con essa il concetto d'ispirazione, di tra-
dizione, di dogma, di teologia. E neppure in ciò credasi che l'al-
terazione rimproverata dalTenciclica ai modernisti, sia una
conclusione tratta dai loro principii logicamente, se si vuole,
ma da essi, che sprezzano la logica, non antiveduta né vo-
luta espressamente. Anzi il Gelli insegnava ricisamente,
parecchi anni prima deirenciclica, che * a ciascuno di noi
è largita di quando in quando una certa misura di rivela-
zione » ; che «^ da questa rivelazione sgorga come naturale
conseguenza il desiderio e lo sforzo di una nuova forma
d'espressione (dogma) che può essere chiamata ispira-
zione >; anzi, più avanti, che « anche alle più povere co-
struzioni religiose primitive non manca una qualche ispi-
razione, quantunque il mito o la leggenda o la teoria
scientifica che servì come mezzo alla manifestazione divina,
sia rozzamente umana e puerile ». E qui il modernista reca
Tesempio stesso che reca l'enciclica a simile proposito:
« Su questo rozzo canevaccio — egli dice — {quello cioè del
mito 0 leggenda ecc.) Dio dipinge la sua immagine di età
ÌQ età, toccando e ritoccando... e sono questi ritocchi che
costituiscono l'elemento inspirato di ogni manifestazione
profetica e ci rivelano il divino » *.
* Psicologia p. 24 s. — Sì confrontino queste aberrazioni del Gelli mur-
riano, (cioè anglosassone) con quelle di Giorgio Tyrrell, suo intimo, che scrive
alfine soUo il proprio nome nel Hintiovamento (ìugUo-ai^osio 1907).., per ìa
sincerità: « Lo studio dell'antropologia ci vieta di aflermare... che Dio non
si riveli progressivamente, nella vita morale e sociale dì ogni anima, quan-
tunque soprattutto in quella di Cristo, nella vita di tutte le religioni, sin-
golarmente e collettivamente, quantunque soprattutto nella vita del Cristia-
nesimo.... Ck>8i la religiosità del futuro dovrà essere il regolare prodotto
delle religioni del passato, la continuazione e diffusione dello stesso pro-
ce:»o>. E poco avaati egli si dichiara nel senso stesso, affatto naturali-
stico e distruttivo di ogni genuina rivelazione, quantunque in termini sempre
vaghi e nebulosi: «La religiosità del futuro sarà il risultato della rifles-
sione induttiva sulle forme passate e presenti della religione, di un esame
di esse in quanto sono ispirate dalla Luce di Verità che illumina ogni
uomo veniente in questo mondo, e in quanto rappresentano ognuno in modo
160 IL MODERNISMO
Con ciò si conferma che tutte le religioni sono buone,
divine, rivelate; sebbene « come teologia » sieno « frutto di
uno sforzo puramente umano, come l'etica e la logica », o
per dirla più spiegatamente, « un tentativo che l'intelletto
fa per sistemare un determinato elemento della nostra vita
multiforme, per costruire una teoria di esso e quindi de-
durne regole pratiche per la nostra condotta » ; una crea-
zione cioè affatto soggettiva e meramente utilitaria, come
dicemmo sopra, o prammatistica.
Non ha dunque esagerato l'enciclica: ha semplicemente
smascherato l'errore. Non ha colorito il pericolo : l'ha sve-
lato nella sua nuda realtà, squarciando il fìtto velame che
vi aveva addensato intomo la mala fede degli uni, la ine
sperienza, la leggerezza, la semplicità degli altri, abbagliati
da una vanità che par persona. A conferma di ciò noi ab-
biamo qui abbondato in citazioni modernistiche, vincendo
il tedio nostro e affrontando quello dei nostri lettori ; per-
chè esse da sé mostrassero e quanto sia pur troppo reale
la sintesi della fede del modernismo, fatta dall'enciclica, e
quanto con essa, come si esprime l'enciclica medesima,
« siamo lontani dagli insegnamenti cattolici » e per contrario
vicini ai vaneggiamenti dei vecchi filosofi scredenti, già con-
dannati dal Concilio Vaticano.
Le vecchie origini infatti degli errori del modernista e
segnatamente del modernista credente, sono cosa omai ri-
detta e indubitata. Ma non sarà inutile ritornarvi sopra,
brevemente, in un prossimo quaderno, per chiarire infine
novamente l'opposizione della fede modernistica con la ra-
gione umana e con la fede cristiana.
speciale, lo sforzo del Divino Spirito di rendersi intelligibile neiruomo, in
armonia con gli altri gradi del suo sviluppo morale, mentale e sociale ....»
' Ivi, p. 21, 22. — Il Gelli murriano, come il Tyrrell, qui giunge a dire,
fondato sulla doppia verità, speculativa e pratica, cb*egli distingue nella
religione: «Si può immaginare una religione praticamente utile e specu-
lativamente falsa. Più ancora, essa potrebbe essere speculativamente vera
e praticamente falsa per anime moralmente e mentalmente immature; per
esse quel cbe è falso in teoria può essere più sovente vero per gli effetti
pratici » .
1^
I MARTIROLOGI STORICI
DEL MEDIO EVO
I.
Si dicono storici quei martirologi che oltre ai nomi dei
martiri indicati nei giorni della loro festa, danno qualche
notizia sulle qualità del martire, sul luogo e su altre cir-
costanze del martirio.
Nel periodo anteriore al Medio Evo si può dire marti-
rologio storico, almeno in un senso lato, il martirologio
pseudo-gerolimiano, composto verso l'anno 460, il più an-
tico ed anche il più autorevole, sebbene giunto a noi in
uno stato tale di confusione, che lo rende bene spesso in-
decifrabile. Dopo il martirologio gerolimiano, il primo mar-
tirologio storico sembra essere quello di Beda (verso 720),
poiché quello che si dice martyrologitim romanum parvum
e da alcuni si vorrebbe scritto anche prima del martiro-
logio di Beda, vedremo tra poco essere di molto posteriore.
Dopo Beda, quasi tutti i martirologi storici, giunti fino a
noi, appartengono al secolo IX, a quel secolo in cui, mercè
l'opera iniziatrice di Carlomagno, sorsero e fiorirono tutte
le varie ramificazioni delle scienze sacre. Allora composero
dei martirologi Floro diacono di Lione, Vandelberto mo-
naco del monastero di PrQmn, Rabano Mauro, Adone,
Usuardo e poco dopo Notkero.
Tra siffatti martirologi, scritti nei secoli più antichi del
Medio Evo, v'è questa notevole differenza, che mentre al-
cuni rimasero poco noti, né esercitarono influenza sulla
composizione dei martirologi posteriori, altri si collegano
coi martirologi seguenti con una relazione e un legame
necessario, di guisa che i martirologi posteriori non sono
per lo più che riproduzioni di martirologi anteriori con
1908, voi. 1, fMC. 1382. 11 10 gennaio 1908.
162 I MARTIROLOGI STORICI
aggiunte. Alla prima classe appartengono il martirologio
poetico di Vandelberto e quello in prosa di Rabano Mauro;
alla seconda i martirologi finora più noti di Beda, di Floro,
di Adone e di Usuardo; ai quali ora si deve aggiungere il
martirologio che fu composto poco prima del 806 da un
contemporaneo di Floro, e servi d'anello di congiunzione
tra Beda e Floro. Bèda perciò sarebbe il primo anello di
questa catena martirologica; dopo di lui verrebbe l'ano-
nimo lionese anteriore a Floro; poi Floro, indi Adone; i
quali tutti riprodussero l'opera dei loro antecessori, e vi
fecero delle aggiunte. In ultimo venne Usuardo, che si
prefisse soltanto di ordinare e rendere uguali nella di-
eitura le notizie del precedente martirologio, assai am-
plificato da Adone ma in maniera disuguale. L'opera di
Usuardo parve tanto opportuna e adatta ai bisogni litur-
gici, ch'essa fu comunemente accettata, finché con alcune'
aggiunte e correzioni si trasformò poi nel martirologio
per cosi dire ufficiale della Chiesa romana.
Essendo i martirologi da noi citati qualche cosa più che
semplici predecessori del martirologio romano, poiché l'ul-
timo di essi, cioè quello di Usuardo divenne (eccetto non
gravi correzioni ed aggiunte) il martirologio stesso della
cbiesa romana, ognun vede di quanta importanza sia uno
studio destinato a valutare la genesi e quindi il valore sto-
rico dei martirologi, da cui provenne, come tarda derivazione,
il martirologio romano.
Tale studio fu pubblicato testé da un alunno dell'in-
clito ordine benedettino, tanto benemerito dell'erudizione
ecclesiastica, il eh. P. Don Quentin dell'abazia di Soles-
mes, che vi impiegò attorno ben sette anni di ricerche pa-
ssientissime, sopra un'infinità di codici conservati nelle città
priacipali d'Europa *. Dalla lista che ne dà alla fine del suo
libro si vede che i codici da lui consultati furono ben 443,
dispersi in 50 città diverse d'Europa.
^ Dora Henri Quentin, Lea martyrologes historiques du Mogen Age,
étude sur to formation du marlyrologe romain. Paris, Lecoffre, 1908.
DEL MEDIO EVO 163
I risultati ottenuti da siffatto lavoro di pazienza e di
erudizione sono del tutto inaspettati e nuovi, e destinati
a produrre un vero rivolgimento nella scienza agiografica.
In effetto egli ha potuto stabilire i testi finora incerti di
alcuni martirologi, fissare l'età e gli autori di altri, e de-
terminare il valore storico di tutti. Quindi noi incliniamo
a credere che, dopo V edizione critica del Martyrologium hie-
ronymianum fatta nel 1894 dai due sommi maestri di eru-
dizione ecclesiastica, il comm. De Rossi e monsignor Du-
chesse, e dopo gli studi relativi al medesimo pubblicati
da essi in quell'occasione, non sia venuta fuori nel campo
agiografico, altra opera di tanta importanza per le sue conse-
guenze, quanto questa di cui parliamo. I nostri lettori ne
potranno meglio giudicare dal saggio, che qui intendiamo
di darne.
II primo risultato ottenuto dal eh. Don Quentin fu di
aver fissato definitivamente i testi di tre martirologi, di
Beda, di Floro e dell'anonimo lionese intermedio tra i due.
Beda, come dice egli stesso*, compose un martirologio,
nel quale indicò sotto il giorno della loro morte tutti i
martiri di cui ebbe notizia; ma non avendo trovato tanti
martiri quanti sono i giorni dell'anno, lasciò vuoti di santi
molti giorni del suo martirologio.
Parecchi di questi giorni vacanti, secondo la concorde
attestazione di Adone e di Usuardo* furono poi compiti
nel seguente secolo IX da Floro, diacono della chiesa di
1 « Martyrologium confeci de natcUiciis sanctorum martyrum diehns,
inquoomnes qrws invenire potui^ non solum qua die, rerum etiam quo
genere certamims vei sub quo indice ntundttm vicerini, diligenter annotare
studui » .
^ Adone spiegando i motivi che lo indussero a comporre il suo marii-
solo^ìo, si esprìme cosi: < Primum fuit imperium oc iusaio tfanctorum
virorum, ut ^uppilerentnr dice, qui absque nominibua martyrum in mar-
tyroiogio quod venerabllia Fiori studio in labore domini Bedae accre-
veral, tantum notati erant*. Presso Qurntin, pag. 5. Usuardo dice dei
nurtlrologt deMo psenéo^^erobuno e di Beda : « multa inveniuntur prae-
teriese neoesmiria. Quos tatnen seeutus, censni et Fiori viri venerabilie
latiora iam in eo ipso negotio sequi vestigia ». Quentin, pag. 5-6.
164' I MARTIROLOGI STORICI
Lione. Ma non avendo Floro voluto, nonostante tali ag-
giunte, togliere a Beda il merito e la paternità del marti-
rologio, e questo avendo nei codici continuato a portare
il nome di Beda, fu sempre impossibile distinguere quali
aggiunte avesse recato Floro all'opera di Beda.
Nel 1668 i bollandisti Papebrochio ed Henschenio cre-
dettero finalmente d'aver trovato i due martirologi in un
codice marlirologico, che oltre al portare il nome di Beda
(Kvplkit martyrologium Bedae presbyteri) ed avere dei giorni
vuoii di santi, essendo scritto con due caratteri diversi,
sembrava contenere scritto con carattere più rilevato il
martirologio di Beda, e con carattere più minuto il mar-
tirologio di Floro.
Le laboriose indagini ed i raffronti del Quentin hanno
messo in sodo che i due bollandisti ebbero veramente la
fortuna di trovare il martirologio di Beda (quanto alla sua
parte sostanziale), ma non furono altrettanto felici nell'as-
segnare a Floro le aggiunte, che stavano nei loro codici.
Una prova che queste aggiunte non sono di Floro, (e
ciò era già stato notato da un altro bollandista, il P. Du
Sollier)S sta nel fatto che esse non sono riportate nel mar-
tirologio di Adone, che pure si sa essersi proposto di ri-
ferire tutto il martirologio di Beda con le aggiunte di Floro
e le sue proprie personali aggiunte.
La sorte di scoprire il genuino martirologio di Floro è
toccata ora meritamente al Quentin, qual premio alle
lunghe, laboriose e minute sue ricerche.
Secondo le deduzioni del Quentin, il pensiero di fare
delle aggiunte a Beda era già stato attuato, prima di Floro
e nella stessa chiesa di Lione, dove poi Floro si rese ce-
lebre pei suoi scritti, da un ignoto, che compose il suo
martirologio poco prima dell' 806. Tale martirologio del-
ranonimo lionese sta nel codice 3879 della biblioteca na-
*■ Nella prefazione al martirologio di Usuardo pubblicato da lui nel 1714 ;
tomi VI e VII degli Ada SS,; Prolegomena art. 2, n. 168; Migne, P. L,r
CXXm, pag. 512.
DEL MEDIO EVO 165
zionale di Parigi. Le aggiunte di costui al martirologio di
Beda fecero sì che mentre i Santi o gruppi di Santi della
seconda classe dei codici bedani erano 158, per mezzo suo
si elevarono a 387, ed i giorni vuoti, che (nella stessa fa-
miglia di codici) sommavano a 181, furono ridotti a 129 *.
Questo martirologio però non è il martirologio di Floro,
come altri forse potrebbe pensare, ma un martirologio in-
termedio tra Beda e Floro. L'autore di esso si dimostra
tanto digiuno della conoscenza dei SS. Padri e della let-
teratura ecclesiastica, che non può aflfatto essere identifi-
cato con Floro, il quale in questa parte fu tra i più eru-
diti del suo tempo.
Questo carattere dell'erudizione patrìstica ed ecclesia-
stica è visibile al contrario in quei martirologi, nei quali
il Quentin ha riscontrato l'opera di Floro. Tali martirologi
egli li divide in due classi; la classe M (da un codice di
Macon che lo rappresenta), e la classe E T (da due codici,
l'Eptemacese e il codice di Toul). Nella seconda classe
vi sono certe aggiunte che non si trovano nella prima, ossia
alcune notizie prese dalla storia della persecuzione van-
dalica di Vittore Vitense, alcune notizie sopra nove Apo-
stoli o gruppi di Apostoli, e alcune notizie prese dai Gesta
SS, Nerei et Achillei. L'archetipo della prima classe fu scritto
tra Tanno 806 (in cui si trasferirono dei martiri Scillitani
a Lione) e l'anno 837, in cui avvenne la traslazione dei
SS. Severino, Esuperio e Feliziano *. L'archetipo della se-
conda classe è posteriore all' 837 ed è anteriore all'episco-
pato di Adone (859-860). La loro composizione pertanto
coincide col periodo dell'attività scientifica di Floro, che,
per quanto ci è noto, comincia neir827 incirca e si estende
fino all' 860.
In questi martirologi, divisi secondo il numero maggiore
o minore di aggiunte in due classi, il Quentin riscontra
l'opera di Floro, e ad essa crede si riferisca un carme
1 Quentin, pag. 138.
* QuBNTiH, pag. 394.
Mj6 I MARTIROLOGI STORICI
dello tìtestìo Floro, con cui egli offre alla chiesa di S. Ste-
fano un suo libro, che nessuno finora aveva mai ben de-
tenniatito, ma che il Quentin giustamente crede sia il mar-
tirologio.
11 caiiue^ che incomincia coi versi
Nane Ubi, prime pii testis fortissime ChrisU,
offerimus vario rutilantem flore coronam
formava nella sua massima parte una specie di prefazione
al martirologio, e gli ultimi versi lo chiudevano. Tale ipo-
tesi è confermata dal fatto che i versi di chiusa si trovano
realmente in alcuni esemplari del martirologio di Adone,
(nel quale sta rifuso il martirologio di Floro).
Il trasporto intero dei martirologi M ed E T nel mar-
tirologio di Adone (che risulta dal confronto tra loro di
detti martirologi) è prova evidente che i martirologi M ed
E T rapprt^sentano il martirologio di Floro, poiché Adone,
come dicemmo, si propose solo di far delle aggiunte al
marfèjrologmm quod venerabilis Fiori studio in labore domni
Bedat^ (marmerai,
li.
Trattando di Floro e del suo martirologio, il Quentin
non poteva tacere di Vandelberto, monaco di Priimm, con-
lemporaneo ed amico di Floro, il quale volle porre in versi
un martirologio. Per compiere il suo lavoro Vandelberto
circa r84S (quando non esisteva ancora la famiglia E T)*
ricorse a Floro, il quale gì' imprestò dei codici vecchi ed
emendati *.
Ora il Quentin, confrontando il martirologio di Van-
delberto eoi martirologio M (che sarebbe, come dicemmo,
la prima edizione di Floro) ha trovato che sopra 500 Santi
0 gruppi di Santi, di cui parla Vandelberto, 400 erano nel
^ QtTKVTlì*! pag. 455.
* QCKNTis, pag. 399.
DEL MEDIO EVO 167
martirologio M * ; il che vuol dire eh' egli compose quasi
tutta l'opera sua sul martirologio di Floro. Gli altri 100
Santi o gruppi di Santi li derivò Vandelberto parte dal mar-
tirologio gerolimiano, parte da notizie locali.
Di qui però nasce una difficoltà. Vandelberto non dice
mai che o l'uno o l'altro dei martirologi ricevuti in pre-
stito da Floro, fosse opera dello stesso Floro. Perciò si po-
trebbe dubitare che veramente i martirologi M ed E T rap-
presentino il martirologio di Floro.
Questa difficoltà si spiega assai bene con la modestia
di Floro, il quale, con tutte le aggiunte fatte al martiro-
logio di Beda, non volle mai che questo lasciasse il nome
del suo primo autore. Onde ne è avvenuto che nessun co-
dice, contenente il martirologio, che sappiamo essere stato
composto o, se si vuole, aumentato da Floro, porta il suo
nome; ma tutti i martirologi, che hanno un nome, portano
quello di Beda *.
Il silenzio di Floro sul suo nome fu imitato anche da
Adone nella prima edizione del suo martirologio (di cui
egli fece tre edizioni); onde poi nacque pochi anni dopo
uno strano equivoco in cui cadde il suo stesso compendia-
tore, Usuardo monaco del monastero di S. Germano dei
Prati preso Parigi.
Com'è noto, Usuardo si propose di compendiare il mar-
tirologio di Adone riducendo ad una dicitura concisa e, per
quanto gli fosse possibile, uniforme, le molte notizie stese
da Adone per lo più troppo prolissamente e spesso in modo
ineguale.
Ora sebbene il fatto della dipendenza di Usuardo in
* « Ope et subsidio praecipue usus sum sancii et nominatissimi viri
Fiori, Luffdunensis ecclesiae subdiaconi, qui et no^stro tempore reitera
singulari studio et assiduitate in dioinae scripturae scientia lìoìlere, ita
librorum authenticorum non mediocri copia et verifate cognpsdtur aburi'
dare. Ab hoc ego, sumptis veteribus emendatisque codicibus, martyrolO'
gicum librum a Kalendis Januarii ad fine ni anni per dierum singnlorum
occurrentes festivUates metro edidi». Presso il Quentin, pag. 3d6.
• Quentin, pag. 406.
168 I MARTIROLOGI STORICI
Adone sia ora ammesso da tutti e reso evidente dal con-
fronto dei loro martirologi, il fatto è che Usuardo nella pre-
fazione, dove enumera le fonti principali del suo lavoro,
tace affatto di Adone. Al contrario egli parla d'una 2» edi-
zione di Floro notabilmente diversa dalla prima, di cui nes-
suno finora aveva mai avuta conoscenza *.
Ora se noi supponiamo che Usuardo avesse in mano un
esemplare del martirologio di Adone senza il nome dell'au-
tore, la cosa si spiega benissimo.
Siccome Adone nel suo martirologio fece entrare tutto
il martirologio di Floro, a cui poi mise delle aggiunte, si
capisce assai bene come Usuardo, non vedendo in testa a
questo martirologio il nome di Adone, e d'altra parte ve-
dendolo tanto rassomigliante quanto al fondo al martirologio
di Floro, lo credesse una seconda edizione del martirologio
di Floro, cioè il martirologio di Floro accresciuto di nuove
aggiunte e correzioni.
111.
Fin qui i risultati ottenuti nelle sue laboriose ricerche
dal eh. Don Quentin sarebbero già tali da ricompensarlo
della fatica e delle noie impiegatevi. Ma assai più impor-
tanti sono le conclusioni a cui egli è venuto riguardo al
così detto martyrologium romanum parvum, (da non con-
f Oli df irsi col Martyrologium romanum oggi in uso nella
Chiesa) ed al grado di fiducia che meritano Adone ed il
suo martirologio.
Finora, seguendo l'opinione del De Rossi, i più degli
eruditi credevano che la composizione del Martyrologium
rometnum parvum si dovesse alla sollecitudine di qualche
Papa e rimontasse ai primi anni del secolo Vili. Sarebbe
1 t Quos tamen secutus (lo pseudo Gerolamo e Beda), eensui et Fiori
iHri metnorabilis latiara iam in eo ipso sequi vestigia, praesertim in se-
citmti* eius libro. Ibi enim multa quae in priore omiserat et eorrexit et
adijtidii » . QoENTiN, pag. 403.
DEL MEDIO EVO 169
quindi stato contemporaneo del martirologio di Beda, ma
avrebbe avuto di più una specie di consecrazione ufficiale
da parte del Papa e della Chiesa romana. Il De Rossi, e
quei che lo seguirono, fondavansi per la loro opinione sul
fallo che nel Parvum non è indicato nessun Santo poste-
riore al 700, e di più essi fidavansi interamente dell'assicu-
razione di Adone, il quale pubblicando, primo tra tutti,
quel martirologio in testa al suo, protestava d'averlo co-
piato in Ravenna, dove gliel'aveva dato in prestito un
monaco di colà, affermando esser quello un martirologio
che anticamente un Papa aveva mandato ad un vescovo di
Aquileia. A dir vero, non erano mancati prima, del De
Rossi degli eruditi, ì quali avevano sospettato o anche di-
chiarato esplicitamente, che Adone era stato ingannato dal
monaco ravennate. Così per es. credette il Valesio, il quale
considerando che Fautore del Parvum prese molto da Ru-
fino, lo credette composto ad Aquileia, e pensò fosse una
bugia del monaco ravennate il dirlo mandato da un papa
ad un vescovo di Aquileia ^ Altri poi come il Saussaio, il
Frontone e il Fiorentini lo credettero un compendio di A-
done scritto assai tardi, cioè nel secolo XI.
Ma ora il Quentin ha fatto un passo assai più avanzato,
poiché dagH studi e confronti suoi sembra risultare in modo
ineccepibile che Adone stesso avrebbe composto di sana
pianta il martyrologium parvum, e che nella composizione sì
di questo che del martirologio cui prefisse il suo nome non
sempre mirò soltanto alla semplice ricerca e manifestazione
della verità, nia più d'una volta mirò altresì a far preva-
lere nel mondo ecclesiastico alcune idee ch'egli si era fisse
in mente.
Chi consideri come Adone abbia portato un contributo
nuovo e notevole di notizie ai martirologi preesistenti, vedrà
tosto la gravità eccezionale delle accuse mosse dal Quentin
ad Adone, e l'obbligo quindi ch'egli aveva di sorreggere le
* Presso il Sollerio nei Proles^omeni ad Usuardo, capo 2<>, art. l"», n. 83;
MiGNE, P. L„ GXXIII, col. 602.
170 I MARTIROLOGI STORICI
accuse COI] solidissime prove. Né queste mancano nel suo
lavoro.
tJapprima egli sostiene che l'autore (qualunque siasi) del
Parvam ha attinte quasi tutte le sue notizie da Floro. L'aifer-
nvdnone si può facilmente verificare nel libro del Quenlin
dove i testi dei due martirologi sono posti di fronte.
In effetto il Parvum contiene 595 menzioni di Santi o
di K'uppi di Santi e di esse solo 120 sono state aggiunte
<iìi lui. Le altre 475 sono prese da Floro *. Qui a dissi-
pare ogni dubbio di chi pensasse, che Floro potè prendere
dal Parvum e non questo da quello, sta il fatto dei 120 Santi
che si trovano nel Parvum e non sono in Floro. Se Floro
fosse posteriore, avrebbe registrati anche questi 120 Santi.
Di pi il, nota il Quentin che il Parvum prese tanto da Floro
vhv ne prese persino degli errori. Così Floro copiando il
martirologio gerolimiano in luogo di scrivere Constantinopoli
& Avelli et alibi Hermelli martyris, tralasciò la frase Acelli et
alibi, e scrisse: Constantinopoli Hermelli martyris. Questo
cnoie si trova pure nel Parvum *.
Così dicasi dell'errore d'aggiungere addì 24 ottobre un
AtUìHcius nella notizia di S. Felice vescovo di Thibiuca in
Alrira, errore provenuto dal ricordo dell'Adauctus marti-
ri/.xalo a Roma col martire S. Felice (30 agosto).
N^ basta ; ai IV kal. aprilis il Parvum ripete l'errore di
Klort* che leggendo la storia della persecuzione vandalica
di Vittore Vilense credette nome di persona il nome archimi-
m§i»$K nome di mestiere che ivi l'autore da ad un certo Ma-
scula^ e così ne fece un S. Arcliimimo '.
Secondo i raffronti del Quentin, il Parvum dipende non
già dalla prima edizione di Floro (classe M), ma dalla 2*,
nella quale soltanto Floro introdusse i martiri della per-
secuzione vandalica. Perciò essendo la 2* edizione di Floro
|M%^teriore al Tanno S18, ne viene che alFanno medesimo sia
|Hi^lerìore anche la composizione del Parrum.
^ \)vtxtis^ op. cìt.« psg. 451.
* QiKNTiw pag. 4^, — * IK. fvag. 4r>5.
DEL MEDIO EVO 171
Ma se il Parvum fu scritto dopo l'848 ne segue essere
del tutto falso il racconto che fa Adone sull'origine del
medesimo, cioè che mentre egli stava in Ravenna gli fu
imprestato da un monaco di questa città detto martirolo-
gio antichissimo {perantiquum) e venerando, che da un Papa
era stato mandato ad un vescovo d'Aquileia, e che egli se
Jo copiò \ Non essendo possibile ammettere che Adone
fosse vittima d'un inganno, in guisa ch'egli giudicasse an-
tichissimo un martirologio composto, tutt'al più, un sette
od otto anni prima del suo (Adone avrebbe composto il suo
tra 850 e 859), bisogna per forza accettare la conclusione
che fl Martyrologium Parvum è opera sua e che egli volle
con una storiella di sua invenzione dare un carattere di
molta antichità e di molta autorità al martirologio sud-
detto.
IV.
Per quanto questa conclusione possa parere novissima
e strana, essa però è resa molto verosimile da tutta una
serie, assai numerosa, di libertà, che si prese Adone nei
comporre iJ suo martirologio e di cui, sulla scorta del Quen-
lin, daremo ora qui un saggio ai nostri lettori.
Egli vid« peres. una chiesa in Roma dedicata a S. Adriano
martire di Nicomedia, nella quale forse si venerava qualche
sua reliquia; e ciò gli bastò per dare come certa la trasla-
zione del corpo di S. Adriano de Nicomedia a Roma '. Nello
stesso modo ai 6 giugno egli affermò la traslazione di S. Bo
nifacio a Roma da Tarso ' e di altri ancora *.
' « Huic operi, et cUes martyrum versione notarentnr, qui confusi in
Kalend{BXÌ)is satis inveniri solent, adiiivU venerabile et perantiquum Mar-
tyrologium ah urbe Roma Aquileiam cuidam sancto episcopo a ponti-
fice romano directum, et mihi postmodum a quodam religioso fratre ali-
quot diebus praestitum. Quod ego diligenti cura tranecriptum, posifus
ojmtl RavennatHj in capite huius operis ponendum curavi ». Cosi Adone
nella prefoz. al suo Martirologio: Migne, P. L., GXXIIl, col. 144.
' Qdentin, pag. 487.
3 Pag. 490. — * Pag. 504.
172 I MARTIROLOGI STORICI
Sul solo fondamento, troppo leggero, dell'analogia dei
nomi egli identifica Santi che vissero assai lontani Tuuo
dall'altro e per età e per luogo. Così il monaco Ilarino
morto ad Ostia, del quale parlano gli Atti di S. Gallicano,
egli l'identifica col monaco Ilariano, di cui gli Atti di
S. Donato dicono che morì e fu sepolto ad Arezzo K Alle
none d'ottobre identifica Marcello compagno di Apuleio,
martirizzati secondo i loro Atti al tempo di Giuliano apo-
stata, con un Marcello, di cui parlano gli Adtis Petri ed i
Gesta SS. Nerei et Achillei come di un contemporaneo di
S. Pietro. Un Publio, già notato da Floro ai 21 gennaio
come vescovo di Atene, è dato da Adone come quel Pu-
blio che ospitò S. Paolo naufrago nell'isola di Malta. Iden-
tifica S. Cristina martire di Tiro con S. Cristina di Boi-
sena *; Paolo vescovo di Narbona con Sergio Paolo procon-
sole (ai 22 marzo) di cui si parla negli Atti degli Apostoli;
Trofimo vescovo di Arles (29 dicembre) col Trofimo, di cui
scrive S. Paolo nell'epistola a Timoteo. S. Gorgonio mar-
tire di Nicodemia, venerato il 12 marzo, è identificato da
Adone con un S. Gorgonio martire di Roma ed ivi sepolto
ad duas lauros e venerato il 9 settembre ^. Un Ippolito mar-
tire di Antiochia, registrato ai III Kal. fébruarii da Floro,
diventa per Adone il celebre Ippolito, prima antipapa poi
martire (l'autore dei Filosofumeni). Identifica con S. Timo-
teo d'Efeso, discepolo di Paolo, un Timoteo onorato a Co-
stantinopoli il dì 9 maggio, che, secondo gli eruditi, sarebbe
il patriarca omonimo di quella città, morto nel 385.
Eusebio di Cesarea dice di Sagari vescovo di Laodicea
alla fine del secolo li, che visse sotto il proconsole Sergio
Paolo. Adone non pensò o non volle pensare che al Sergio
Paolo proconsole contemporaneo di S. Paolo, e così di Sa-
gari fece un discepolo di S. Paolo *.
Parecchi personaggi, che negU Atti dei Martiri sono sem-
plicemente nominati, oppure dei quali si dice solo che furono
' QuENTiN, pag. 514. — « Pag. 580. — s Pag. 618.
* QuENTiN, pag. 609.
DEL MEDIO EVO J73
esiglìati o imprigionati, per Adone diventano tanti martiri.
Tali diventano quelle 47 persone, che diconsi convertite da
S. Pietro in occasione dell' acqua fatta sgorgare prodigiosa-
mente nel carcere mamertino *. Tali quei cristiani che se-
condo la Passio S. Sebastiani, si ritirarono da Roma in Cam-
pania per fuggire la persecuzione. Martire sotto Diocleziano
è detto Gabinio, che negli Atti di S. Susanna figura solo
come prigioniero. Così mette tra i martiri (ai 22 ottobre)
Marco vescovo di Gerusalemme \
Non meno arbitraria è l'assegnazione a parecchi mar-
tiri della persecuzione nella quale soccombettero.
Fa uccidere S. Giustino prete sotto Gallo e Volusiano
(succeduti immediatamente a Decio), probabilmente perchè
dagli Atti dì S. Lorenzo rilevò che Giustino sopravvisse a
Decio. Qui il criterio da cui partì Adone non si può dire
del tutto inverosimile, quantunque sarebbe stato più ve-
rosimile far morire Giustino sotto Valeriano e Gallieno
(257, 258), che furono persecutori dei Cristiani, mentre Gallo
e Volusiano non si sa che perseguitassero. Ma altre volte
l'assegnazione della persecuzione è totalmente fantastica^
come nel far morire un S. Faustino martire di Milano al
tempo di Aurelio Commodo {VII idtts atigusti) \
Quanto all'assegnazione del martirio di S. Cecilia al
tempo di Marc' Aurelio e di Commodo (Passa est beata
virgo Marci Aurelii et Commodi imperatorum temporibus),
essa dipende da uno sbaglio di Adone, che è spiegato dal
Quentin nella seguente maniera.
Gli alti di S. Cecilia la fanno contemporanea del papa
Urbano. Ora la cronaca di Beda, molto adoperata da Adone,
dice che il papa Urbano fiorì sotto l'imperatore Aurelius
Alexander. Questi è certamente l'imperatore Alessandro
Severo, sebbene Beda gli attribuisca il prenome Aurelius,
che mai non ebbe. Il suo predecessore Eliogabalo è detto
da Beda Marcus Aurelius Antoninus, e il vero e proprio
Marc' Aurelio è chiamato Marcus Antoninus Verus. Siccome
* QuBNTiN, pag. 565. * — Pag, 605. — ^ Pag. 583.
174 I MARTIROLOGI STORICI
Adone vide negli Atti di S. Cecilia che il papa Urbano, vi-
vente sotto Aurelius Alexander, sopravvisse a S. Cecilia, di
cui egli curò la sepoltura, perciò pose il martirio di S. Ce-
ciìhì, sotto l'imperatore precedente, quello che vide detto
(ia Reda Marcus Aurelius Antoninus, e ch'egli identificò
col celebre Marc'Aurelio filosofo. Inoltre, poiché gli risul-
ta vu che Commodo, figlio di Marc'Aurelio, fu associato nel-
riiii|>ero dal padre, ne conchiuse che S. Cecilia fu martire
tìi)ltu Marc'Aurelio e Commodo.
Qui non si arrestano ancora gh arbitrii di Adone. Egli
cambia talora capricciosamente il luogo di sepoltura di certi
niarliri. Dà come seppelliti in Roma i SS. Claudio e Prepe-
dijriia, che Floro indica ai 18 febbraio come morti ad Ostia,
dove furono gettati nel fiume ^ I SS. Tolomeo e Lucio, di cui
pnrhi (riustino nella sua seconda apologia, come di cristiani
uccisi in Roma, Adone li fa morire ad Alessandria, e ciò
senz*altro fondamento, che il nome di Alessandria, messo
fuori incidentalmente da Giustino nel suo racconto. Talora si
altontana dagli Atti per errore. Per es. negli Atti di S. Deme-
I ria essa è detta figlia di Fausto, e non già di Flaviano, come
scrive Adone ^ Dice S. Nemesio sepolto sulla via Appia, men-
tre ^^li Atti lo dicono sepolto sulla via Latina ^. S. Gorgonio,
dio da Floro è detto sepolto in Roma sulla via Labicana,
Ad<nie lo dice sepolto sulla via Latina \ Forse ad una con-
fus^iooe, fatta dalla sua memoria, si deve ascrivere l'attri-
buire ad Egesippo quel che Giustino afferma essere suc-
ceduto a sé stesso (7 aprile) '\
Al contrario si deve credere voluto da lui il nome dato
a certi martiri, che nelle loro fonti storiche non l'avevano,
o che ne avevano un altro. A quel cristiano, che in Nico-
lutnlia stracciò l'editto imperiale della persecuzione, egli
dà il nome di Giovanni •. Un ignoto Eleuterio, martire di
Nicomedia, registrato nei martirologi precedenti ai 2 ottobre,
ti i venta per Adone il primo martire cristiano di Nicomedia,
' Qlentin, pag. 577. — « Pag. 495. — » Pag. 576. — * Pag. 6U. —
l^tg, «2». — « Pag. 613.
DEL MEDIO EVO 175
ucciso dopo l'editto di persecuzione *. Un soldato detto
Besas da Eusebio, che volle sottrarre agli oltraggi dei pa-
gani i corpi dei martiri, da Adone vien detto Alessandro.
Pei Santi dell'Antico e del Nuovo Testamento Beda e
Floro si erano generalmente attenuti alle indicazioni del
martirologio gerolimiano o a documenti greci •. Adone, che
non conobbe il martirologio gerolimiano (una volta solo
che lo cita lo cita dietro a Beda) procede in questa parte
senza freno alcuno. Primieramente, quanto ai giorni in cui
li collocò nel calendario, il Quentin osservò che per parecchi
di loro. Adone segui l'ordine stesso con cui li trovò nominati
negli Atti degli Apostoli, come si può vedere dal seguente
specchietto :
Capi degli Atti
Calendario di Adone
Anania
IX
Vili Kai. febr.
Cornelio centurione
X
IV nonas febr.
Agabo profeta
XI
Idibus februarii
Lucio Girenense
XIII
II nonas Mali
Manahen
»
Kal. iunìi
Sosteoe
XIX
III iduB lunii
Sosipatro
XX
VII Kal. lulii
Mnaaone
XXI
IV idus lulii 3
Alcuni poi li fa vescovi delle città stesse dove li vide no-
minati negli Atti degli Apostoli o nelle epistole di S. Paolo.
Aristarco (4 agosto) diventa vescovo di Tessalonica, Cor-
nelio il centurione vescovo di Cesarea, Epafra vescovo di
Colossi, Erasto vescovo di Filippi, Lucio vescovo di Cirene,
Onesimo vescovo di Efeso.
Potremmo prolungare con altri esempi la serie delle
licenze, assai gravi come ognun vede, che si prese Adone
nella composizione del suo martirologio. Ma il saggio da-
tone ci pare che basti per dar un'idea del metodo seguito
da questo scrittore e quindi anche del grado di confidenza
ch'egli merita. Chi abbia seguito il Quentin nell'analisi
minuta di molti altri analoghi esempi del metodo arbi-
trario e capriccioso di Adone, dovrà necessariamente ac-
* QuBNTiN pag. 615. — » Pag. 688. — ^ Pag. 589.
167 I MARTIROLOGI STORICI DEL MEDIO EVO
celiare la conclusione dell'erudito critico moderno, che dove
Adone è solo, o primo nel dare una notizia, bisognerà es-
sere mollo guardinghi nell'accettarla.
Ciò si deve osservare in guisa particolare nelle date nuove
eh' egli assegnò a molli Santi, non tenendo conto o mettendo
in seconda linea quelle che risultavano dagli Atti o dai mar-
tirologi precedenti. Qui è dove Adone si mostrò più che
mai libero; né noi staremo a recarne gli esempi, che in
gran copia sono addotti dal Quentin. Qui spesso, per giu-
stificare il cambiamento di data egli inventa delle trasla-
zioni di martiri da un luogo all'altro della stessa città, affer-
mando che la data scella da lui, è la festa più celebre per
ragione di detta traslazione, come dice, per esempio, nella
notizia di S. Ponzìano di Spoleto: Celebris vero dies ipsius
agilur XIV kal, febr., quando iterum sacrum eius corpus
mutatum est \
Questo anzi, secondo l'opinione assai ragionevole del
Quentin, fu uno dei molivi principali che indussero Adone
a compilare il martyrologium parvum e a darlo come anti-
chissimo e proveniente dalla mano dei Papi, senza parlare
dell'altra storiella del monaco ravennate che gliel'aveva
imprestato per pochi giorni. Egli slesso pubblicamente pro-
testò che dove il martyrologium parvum l'avea aiutato di
più era nel fissare la data vera di molti martiri : « Huic
operi ut dies martyrum verissime notarentur, qui confusi in
kalend(ari)is satis inveniri solent, adiuvit venerabile et pe-
rantiquum Martyrologium ab urbe Roma >► ecc.
La condotta quindi che s'impone a chi voglia di qui in-
nanzi intorno a questo o quel martire, indicato nei marti-
rologi, conoscere la tradizione antica, sarà primieramente
di ricorrere ai martirologi anteriori ad Adone, e solo in
mancanza di questi, ricorrere ad Adone, al martyrologium
parvum e ad Usuardo compilatore di Adone, ma sempre
con cautela e cercando sempre le fonti cui Adone attinse.
* QcENTiN pag. 564.
DONNA ANTICA E DONNA NUOTA
SCENE DI DOiVlAINI
XLVII.
Dopo la rotta.
Gli ultimi avvenimenti, che avevano preceduto e accom-
pagnato l'inaugurazione trionfale delVAlleanza nazionale, e
che si prolungavano ancora in varie adunanze e festeggia-
menti solenni del consiglio generale e delle nuove cariche,
tenevano non solo il campo avverso in uno stato sempre
piti angoscioso di accoramento e di costernazione, ma spin-
gevano disperatamente i due personaggi più esposti in quel
tristo negozio ad affrettarne la conclusione definitiva.
La povera presidente della Lega femminista non poteva
più star nella pelle, tanto la sua condizione era divenuta
intollerabile, e la si sentiva consumare per la smania di
uscirne a ogni costo.
La lunga ed aspra guerra tra i due eserciti della Lega
e à^V Alleanza era ormai finita : quella giaceva sbaragliata
e disfatta per sempre, questa era rimasta padrona del campo
e andava di trionfo in trionfo.
Ed ella doveva accrescerne lo splendore della finale vit-
toria, renderne i trionfi più grandiosi col confronto, col con-
trasto della propria rotta, della sua opera distrutta. Doveva
stare sempre rintanata, per non vedere coi proprii occhi
la glorificazione dei suoi nemici, per non essere mostrata
a dito come un generale sconfitto; doveva leggere in ogni
volto il dileggio del suo scorno, sentire dappertutto l'eco
dei plausi che si profondevano alla sua rivale.
La contessa Storni era l'idolo del popolo, la regina dei
cuori, l'ammirazione di tutti; di lei invece o non si parlava
o si faceva menzione unicamente per pigliarsene spasso.
1008, voi. 1, fiMSO. 1382. 12 10 gennaio 1908,
178 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Dopo averla tante volte e con tanto rumore provocata
alla guerra; dopo tanta pubblicità di sfide, di mostre, di
armeggi, di assalti e di proclamate vittorie; mentre l'altra,
col suo non rispondere agli attacchi e lavorar di straforo,
sembrava confessarsi incapace di tener fronte al nemico;
come si era tutto improvvisamente cambiato!
Vedersi la Lega ridotta uno sfasciume, mentre V Alleanza
sorgeva colla sua mole gigantesca, grandiosa, a renderne
piti squallide le rovine, piti vituperosa l'ignominia!
Già il più e il meglio del suo esercito si era sbandato
o era passato al campo nemico; di mese in mese la riscos-
sione delle quote precipitava all'ingiti; un nuovo censimento
avrebbe spalancato l'abisso; fedele ormai non le rimaneva
che un gruppo, e questo era la feccia del socialismo e della
mala vita.
Che fare? Prolungare l'agonia? Condursi al verde di
tutto per sostenerne le spese? Rimanere al timone di una
nave disfatta, che stava per essere inghiottita dalle onde?
Comparire in pubblico, mostrarsi agli uffici, trattare con
ogni specie di persone quale presidente della Lega, per in-
contrare ad ogni pie' sospinto le tracce della sua disfatta,
per leggere in ogni volto la propria condanna, per bere a
goccia a goccia il tossico della disperazione e dell'esterminio?
Quando il plebiscito nazionale di due milioni a favore
deìVAlleanza le aveva chiaramente rivelato che ormai la
Lega era spacciata per sempre, e perciò la si sarebbe cer-
tamente tolta la vita, se un pensiero più alto, quello cioè
del rinfacciare alle sue cooperatrici l'ingratitudine, l'egoi-
smo, il tradimento, ond'erano venute meno delle loro pro-
messe, non ne l'avesse trattenuta, un estremo barlume di
speranza era balenato a rompere le tenebre della sua di-
sperazione, pensando che, con fare una solenne ramanzina
al consiglio direttivo e coU'aiuto del suo fido Brandini, forse
si poteva provocare una crisi salutare e racconciare le cose.
Ma, dopo quella famosa adunanza, in cui le consigliere,
colla Lisardi alla testa, avevano colmata la misura della
XXiVIl. DOPO LA ROTTA 179
petulanza e delia fellonia, fino a riversare addosso a lei
la colpa del loro tradimento ; dopo quel briUto giuoco fat-
tole dal Brandini, con attirarla alla Casina della comare per
rimanersi poi col danno e eolle beffe ; dopoctìè le sue pro-
messe di rimettere, con provvedimenti pronti e radicali, in
buon assetto la Lega, non si erano punto avverate e, seb-
bene da lei sollecitato più volte, coi suoi punti legali non
faceva che menare il can per Taia, senza venir mai a una
conclusione; ormai anche quel barlume di speranza si era
dileguato per sempre.
E la solenne inaugurazione della nuova Alleanza, colla
elezione della Storni a presidente e della Piumetti a se-
gretaria generale, con tanta pompa di pubbliche dimostra-
zioni, con tanto apparato di feste, di spettacoli, di trionfi,
con tanta baldoria di popolare entusiasmo, era, nel suo
significato più evidente, la sentenza irrevocabile che con-
dannava a morte la nemica àéiV Alleanza, la Lega.
Non c'era più scampo: la Lega era morta.
Dunque doveva morire anche la sua presidente, come
aveva già prima risoluto, sospendendo l'esecuzione del sui-
cidio solo per non mostrarsi codarda con abbandonare il
campo di battaglia, prima di aver chiamato a' conti per
l'ultima volta il suo stato maggiore?
Strana contraddizione I Ora che tutto sembrava spin-
gerla al suicidio, madama Schwitzer n'era più lontana che
mai e non vedeva la salvezza che nella fuga improvvisa e
nascosta.
L'Italia, ch'era stata sempre il suo giardino incantato
per le meravigliose bellezze di natura e di arte, e in cui
aveva sempre sperato di chiudere poeticamente i suoi giorni
dopo impressavi l'orma incancellabile del suo genio, ora
l'era diventata sì odiosa, che non voleva lasciarle nemmeno
il proprio cadavere. — Verdammtes Bigottenland I (Maledetto
paese di bigotti !) - diceva imprecando. - No, non avrai le
mie ossa, non accoglierai le mie ceneri, per appestarle colla
putredine della tua barbarie. Via, via di qua, lontano da
180 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
questa terra esecrata, da queste orde fanatiche, da quest'aria
improgaata di feticismo ! Lungi da te, voglio morire tran-
quilla. Ho voluto redimerti, rigenerarti, sollevare le tue
donne dall'abbrutimento, dall'idiotismo, dalla schiavitù al-
l' ideale piti alto della libertà, del diritto, della dignità. Mi
hai fellonescamente ingannata e tradita; non bai inteso mai
altro femminismo che quello dei miei quattrini. Verdamnites
Befftvì'land! (Maledetto paese di accattoni!). Non avrò pace
elle quando ti avrò voltate le spalle, quando, passati i tuoi
co ti li Ili, potrò mandarti l'ultima maledizione. Saprai forse
allora quel che hai perduto!
Ferma nel proposito della fuga, che le sembrava il mezzo
più spicciativo, più sicuro e più conforme alla sua dignità,
per uscire presto e bene da uno stato che le sembrava un
itiferuo, prese tosto a mettere in iscritto le disposizioni, da
eseguirsi dopo la sua partenza, intorno a tutto ciò che la
riguartlava e alle cose che le appartenevano, talché ella pò-
lesse scomparire improvvisamente, senza farne motto ne
prender commiato da nessuno, senza dover liquidare ella
stessa i suoi interessi e definire i suoi affari, senza le noie
e le amarezze inevitabili di un distacco sì doloroso e si
umiliante.
1 ali disposizioni abbracciavano: una dichiarazione for-
nuile al consiglio direttivo generale della Lega, con cui ri-
uuiKiava irrevocabilmente all'ufficio di presidente e si scio-
glieva da qualunque impegno verso la stessa; istruzioni
particolareggiate alla segretaria e alla cassiera, sul modo
con eui dovevano chiudere le loro aziende fino al giorno-
delia sua rinuncia e riferirne al consiglio direttivo; una
esposizione specificata di tutte le sue largizioni alla Legar
elle iuiimontavano a più di 150.000 lire e di cui non do-
mandava alcun rimborso; un inventario di tutti gli oggetti
di sua proprietà, che lasciava dietro a sé così all'ufficio
come nell'abitazione, coli' indicazione per ogni singolo di
ciò che se ne doveva fare; un memoriale al consiglio di-
rettivo sulla sua attività come presidente della Lega, dalla
XLVU, DOPO LA ROTTA 181
fondazione fino alla rinunzia, e sulle ragioni che l'avevano
determinata a dimettersi.
Per non comunicare a nessuno il suo segreto, nemmeno
al Brundini o alla Fioroni, die' di mano ella stessa a sten-
dere di suo pugno codeste carte, anche perchè avessero
maggior valore come autografi; onde, volendo portarne
seco una copia nella fuga, spinta, come se avesse la febbre
addosso, dalla smania di venir presto alla conclusione, lavo-
rava anche di notte, mentre pur di giorno era invisibile a tutti.
L'altra persona che aveva il diavolo addosso per la
smania di liberarsi da uno stato di agonia insopportabile,
era la nostra comare.
Si figuri il lettore come rimanesse senza sangue e scor-
bacchiata in quella famosa sera, quando, aspettando nella
sua Casina dì campagna, col Brandini e colla Schwitzer,
l'arrivo della vittima, e sicura di aver già in mano il topo
per poterlo straziare, si vide comparire la trappola vuota
e per giunta senti narrarsi dai suoi cagnotti il modo on-
ci'era stato loro carpito. Una lupa affamata, che si vegga
strappato di bocca un agnello da latte e pestato il muso
e rotti ì denti nel momento del pasto, non potrebbe sen-
tirne maggior rabbia e dolore.
Accomiatò bruscamente i suoi malcapitati due ospiti e
complici, facendo loro, col timore di essere scoperti, gran
pressa di salire nella vettura, in cui avevano indarno aspet-
tato di vedere arrivare la Ida. Quindi in fretta in fretta
chiuse tutto, spense i lumi e se n' andò anch' ella, a piedi,
colla sua manutengola, rientrando in città e facendo un
.gran giro per vie e vicoli meno frequentati, finché arrivò
a casa a notte inoltrata.
Per alcuni giorni rimase come istupidita, forsennata,
a mangiarsi l'anima e, quando era sola, a delirare contro
se stessa e contro tutti per la sua maledetta sorte, di cui
già vedeva imminente la catastrofe.
Sentiva di condurre con la Piumetti un duello mortale,
182 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
e le pareva di trovarsi ornai atterrata ai piedi della vinci-
trice, in atto di riceverne l'ultimo colpo che doveva finirla.
Intanto vennero i grandi preparativi per la prima adu-
nanza generale della nuova Alleanza, e la solenne gior-
nata inaugurale, colle dimostrazioni e feste straordinarie,
di cui andò piena tutta la città e che si prolungarono an-
che nei giorni seguenti.
Si vide allora sola e inerme di fronte a un esercito ag-
guerrito e invincibile.
Il Brandini colle sue vanterie e spacconate, la Schwitzer
colla sua Lega già moribonda, la vecchia strega coi suoi
oracoli falliti, tutti si erano mostrati impotenti ad aiutarla
nella lotta; non rimaneva ch'ella sola sul campo contro
la sua rivale. E questa, dopo averle già date tante scon-
fitte, sostenuta da una organizzazione che aveva conqui-
stato la città e tutto il paese, e di cui come segretaria ge-
nerale aveva in mano ogni cosa, ebbra delle sue vittorie e
dei suoi trionfi, ora non penserebbe soprattutto che a va-
lersene per darle l'ultimo crollo. Su di che non aveva il
minimo dubbio.
Come infatti dubitarne, dopo il primo colpo da lei avuto
colla liberazione della Giannina Maglioni, dopo che in con-
segnargliela le aveva solennemente promesso di raggiun-
gerla colla vendetta, dopo che in ciascuno degli attacchi
fattili la Ida aveva certamente riconosciuto la vera mano
che li ebbe orditi?
Ora pertanto ch'era al colmo della potenza e della glo-
ria, ninna cosa più le starebbe a cuore che l'abbattere
colei che le avea giurato vendetta e, con ripetuti atten-
tati, aveva mostrato di stare sempre coli' arco teso per
colpirla; ondechè, se non l'avesse ridotta all' impotenza di
nuocerle, doveva necessariamente aspettarsi qualche nuovo
attentato, che poteva riuscirle irreparabile e fatale.
E che la Ida potesse facilmente trovare il verso per le-
garle le mani a rigor di legge, per farle interdire T eser-
cizio della sua turpe industria, per darie lo sfratto, per
XLVII. DOPO LA ROTTA 183
mandarla in galera, n'era persuasa la comare più di chic-
chessia, per testimonianza diretta della sua coscienza.
Anzi, sapendo benissimo che scopo precipuo dell'^i-
kanza si era di combattere a tutt' uomo la professione da
lei esercitata, vedeva chiaramente che la Ida, prescindendo
da qualunque ragione di sicurezza o di risentimento perso-
nale, non poteva non adoperarsi, per principio e per do-
vere di coscienza, a rovinarla intieramente.
Dunque si era alla porta co* sassi; era giocoforza pren-
dere subito una risoluzione decisiva. Quale?
La comare non si vedeva aperte che due vie. 0 rinun-
ciare alla sua professione, chiudere il suo ridotto e cam-
biar domicilio, con trasferirsi più lontano che potesse dal
campo della sua sconfitta; oppure gettarsi all'estremo, per
vendicarsi con un colpo disperato.
Al primo partito non si fermò che nell'istante necessario
ad escluderlo come intollerabile, tanto ribrezzo le faceva il
pensiero di doversi ridurre alla povertà, alla miseria e di ri-
nunciare alla vendetta; oltreché ben sapeva che ad esso era
sempre in tempo di rassegnarsi, quando dall* eseguire il se-
condo non potesse aspettarsi che maggiori sciagure.
A questo pertanto si volse con tutta l' intensità della sua
scaltrezza, con tutto l'acume della sua inventiva, per archi-
tettare un assalto, in cui la Ida dovesse soccombere, l'ili-
leanza uscirne col maggior danno, ed ella rimanersi quanto
era più possibile immune dal pericolo di dare poi nelle
branche della giustizia. — Per bacco, diceva seco stessa, ella
deve morire ; altrimenti, finché la è viva, io non fo che mo-
rire di rabbia e di disperazione e trascinare una vita d'in-
ferno eh' è peggior della morte. Se non posso farla cre-
pare che colla mia morte... in malora!... creperò anch'io o
andrò in galera, ma non avrò più addosso quel canchero
che mi divori, quel diavolo che mi strozzi. Però... se si può
mandarla a ingrassare i cavoli senza andarne col capo
rotto... tanto meglio I il guadagno é doppio. Chi sa? forse
mi potrebbe riuscire... vediamo!
184 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Qui si fece ad esaminare i varii modi, onde avrebbe po-
tuto spacciare e mandare nell'altro mondo la sua rivale,
e a cercare insieme le persone di cui servirsi per dare ese-
cuzione ai suoi atroci disegni; premendole soprattutto di
cavare la bruciata dal fuoco coDa zampa del gatto, cioè di
ordire una trama, in cui potesse esporre più gli altri e meno
se stessa al pericolo di pagare il fio del delitto che meditava.
Or tra coloro che le si affacciarono alla mente come stru-
menti idonei della sua vendetta, la piti facile a raggirarsi,
per indurla a pigliare sopra di sé il mandato del delitto le
parve la Schwitzer.
Certamente in quei giorni, dopo l'inaugurazione trionfale
della nuova Alleanza, doveva trovarsi fuori di cervello e
macchinare anch' ella qualche colpo disperato. Se pertanto
le si offeriva destramente l'occasione di dare sfogo al suo
furore, inorpellando l' atrocità del delitto colle lustre della
legittima difesa, del giusto castigo, dell'azione diretta perla
giustizia sociale e simih, era sperabile ch'ella desse nella
ragna e si accollasse il carico di quel pericoloso negozio,
anzi ne pagasse anche le spese. Ottenuto il suo assenso
all'impresa, la comare le aveva il morso in bocca, e l'a-
vrebbe governata a proprio talento, lasciando a lei tutti i
rischii e pericoli del misfatto e serbando a sé tutte le scap-
patoie.
Persuasa di aver imberciato nel segno e di poter facil-
mente trarre a capo il suo disegno, disse: — Or che ab-
biamo attaccato l'asino a buona caviglia, non perdiamo più
tempo. Alle mani! Mettiam mano alle carte e vadane ciò
che vuole.
Mandò subito a vedere all'ufficio della Lega se e quando
avrebbe potuto abboccarsi colla presidente. Avutone in ri-
sposta che in quei giorni ella era quasi sempre assente ed
anche quando compariva in ufficio non riceveva mai nes-
suno, la comare, non che perdersi d'animo, ne trasse anzi
buon presagio pe' suoi disegni, giudicando che il ferro ancor
caldo meglio si poteva battere, e le scrisse in tono di gran
XLVII. DOPO LA ROTTA 185
mistero, non per domandarle, ma per offrirle un colloquio,
dandole ad intendere che c'era un buon partito da pigliare
per cavarsi d'ogni travaglio.
La Schwitzer abboccò subito l'invito e le diede la posta
pel dì seguente ad un'ora di notte.
XLVIII.
Il grande secreto.
Dopo presa la risoluzione irrevocabile della fuga, la pre-
sidente della Lega per verità era del tutto cambiata e non
si riconosceva più ella stessa.
Dominata da un solo pensiero, quello del sottrarsi presto
e per sempre allo spettacolo intollerabile della sua scon-
fitta, non vedeva l'ora di lasciarsi dietro alle spalle la città,
l'Italia, la Lega, con tutte le persone e cose che potessero
richiamargliene il pensiero, rinfrescarle la piaga dell'umi-
liazione, dello scorno avuto pel fallimento della sua impresa.
Per ciò affrettava segretamente i preparativi, non voleva
vedere né parlare con nessuno, sentivasi per così dire scottar
la terra sotto i piedi, opprimere e soffocare dall'aria che
respirava.
Quando pertanto ebbe ricevuto il biglietto della comare,
subito si propose di non lasciarsi prendere ad alcuna of-
ferta di ricatto o di rivincita contro Y Alleanza e di non farle
trapelar nulla del suo disegno. Si acconciò tuttavia a darle
l'appuntamento richiesto, innanzi tutto perchè, sapendola
colpita non meno di sé dal trionfo deìVAlleonza, non aveva
di che parere dinanzi a lei umiliata e, quando occorresse, po-
teva rinfacciarle lo smacco avuto dalla Ida in vedersela uscir
di mano allorché, con lei e coi Brandini, l'aveva aspettata
nel suo villino per pigharne vendetta; oltredichè, non rifug-
giva da un ultimo colloquio colla comare, per la curiosità
di risapere quale nuova impresa macchinasse quella volpe
vecchia, e per procurarsi la soddisfazione di mostrarsi non-
1W DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
t tirante dei trionfi conseguiti dalV Alleanza e sicura di poter
provvedere ai fatti suoi senza risentirne alcun danno.
Or tale condizione d'animo della Schwitzer era affatto
ignota alla nostra comare, la quale anzi credeva di trovarla
hI colmo della disperazione e aveva fatto assegnamento su
ili ciò per carpirla in buona e trarla al suo intento ribaldo,
laonde, quando si trovarono a quattr'occhi, secondo il
convenuto, la comare rimase non poco maravigliata in ve-
dersi accolta con una certa disinvoltura e indifferenza che
juireva volesse dirle: — Son qui ad udirti, tanto per sapere
<iuali sono i tuoi disegni ; ma, se credi di cogliermi al boc-
cone, questa volta hai fatto male i tuoi conti.
Dissimulò tuttavia il rammarico del suo disinganno e,
ivroponendosi di andare col calzare del piombo per non
rapitar male, volendo anzitutto tastarla e vedere dove la
trovasse, disse: — Siamo sconfitte e sbaragliate.
— Finora non me ne ne sono accorta. Che intende di
dire?
— Diavolo! La Lega è spacciata. Il femminismo è
morto.
— Ghisa...?
— Dopo l'ultimo trionfo deW Alleanza... !
— A tutto è modo, e il diavolo non è brutto come si
dipinge.
— Bene bene - ribattè ironicamente la comare - Bene,
liene, dice il proverbio, e... la mattina era morto!
— Ma noi intanto siamo ancor vive, e finché c'è fiato
rè speranza.
— Voglio sperare anch' io che ci riesca di trovare qualche
rimedio. Sperar ben si deve sempre. Ma, s'ella è verità che
ì\rì presente si argomenti il futuro, temo che, per quanti
ripari facciamo, pur si vada ancora di male in peggio.
Hra per chi ama come me la Lega e il femminismo, gli
i' questo un pensiero che fa perder la bussola. Dover ri-
mmciare a un ideale sì nobile, a una impresa sì gloriosa,
;i un'opera sì necessaria di risorgimento della donna ita-
XLVIIL IL GRANDE SBCRETO 187
liana! Lasciare tutto il movimento femminile in mano alla
tirannide teocratica, all'assolutismo clericale, al farisaismo
deWAlleanza e permettere che il vero femminismo sia sof-
focato dall'egemonia di quelle pinzochere travestite! Ve-
dersi costretti a cedere il campo, a deporre le armi, a
prender la fuga, a farsi calpestare da un branco di bacia-
pile e di pinzochere ! Oh Dio del Cielo 1 Mi vengono i bri-
vidi in sol pensarci! La Stomi e la Piumetti, due bindo-
lone gonfianugolt, che ci bastonano d'una santa ragione e
noi che,., paghiamo il boia perchè ci frusti ! No, no, ella è
troppo ostica e non si può ingozzarla I Rivincita ci vuole o
almeno vendetta!
Mentre andava così soffiando nel fuoco, calcando le pa-
role, alzando gradatamente il tono della voce e fingendo
di sempre più incalorirsi, la comare stava attentamente
studiando sul volto della Schwitzer, per vedere se vi ap-
pariva il desiderato effetto. Né tardò ad accorgersi che i
colpi non andavano a vuoto.
Per quanto ferma nel proposito della fuga e perciò ri-
soluta di non piti avventurarsi ad alcuna impresa per sal-
vare la Lega, quel sentirsi rimestare con tanta abilità la
dolorosa realtà della sua sconfitta le faceva rimescolare
il sangue e le rinfrescava le piaghe del cuore, già temperate
dal pensiero della sua prossima improvvisa scomparsa.
Ondechè, alle uHime parole della comare, fattasi scura
in volto, non potè più trattenersi e le domandò : — Quale
sarebbe la sua pensata?
— Qui sta il duro delFosso! Delle pensate ne abbìam
fatte tante finora, e tutte andarono in fumo. Ella, madama,
dacché ha creato la Lega, che a lei deve tutto, non ha mai
cessato un istante dal prodigarle il suo genio, la sua at-
tività, le sue ricchezze; ha fatto l'impossibile, ha sacrificato
il suo tempo e la sua vita, per sostenerla nella lotta contro
VAlleafwa. Io, nella mia modestia e oscurità, ho cercato di
darle di spalla dove ho potuto; ma, purtroppo, siamo ri-
maste noi due quasi sole a combattere contro un esercito.
188 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
forte di tutti i pregiudizii tante volte secolari dell'atavismo
clericale.
— E tanti e tante che mi avevano promesso mari e
monti...
— L'hanno lasciata in asso, pur troppo! Vigliacchi e
vigHacche ! Gli è appunto perciò che, se io fossi in lei, non
mi fiderei più di nessuno e o farei tutto da sola, come va
fatto, o non farei nulla e lascierei andar tutto in malora.
— Oh questa sì che ci calza! Ma allora conviene chiu-
der bottega, poiché da sola io non ci posso nulla. Le pare?
Qui la comare non rispose subito, ma stette alquanto
sopra pensiero, tentennando il capo, e poi disse come se
parlasse seco stessa: — Certo conviene andar sul sicuro e
dare nel segno, altrimenti meglio è non impacciarsi. Tutto
consiste in trovar la retta via e questa non può essere che
una sola. Ma, chi sa se non sia forse meglio che io gliela
lasci indovinare... perchè... non vorrei che mi credesse una
briccona...
— Oibò! s'io so ch'ella ha il capo a compiacermi ed
aiutarmi.
— E perciò non posso nasconderle la verità.
— Me la dica pure come la intende.
— Gliela do fuori alla buona: percosso il pastore, di-
sperse le pecore.
— Ma il pastore non si lascia cogliere. Lo ha pur pro-
vato anche lei più volte, specialmente in quella sera...
— Non me ne parH, madama! La colpa è mia, che non
ho saputo andar per la più corta.
— Per la più corta? Vuol dire...?
— Insomma - riprese la comare con risolutezza - io vorrei
dire che a' miei occhi vale più un grande ideale che una
o due persone volgari.
— Qui ha ragione...
— Più un'opera immensa di riforma sociale che la vita
di qualche miserabile.
— Anche qui ha ragione...
XLVIII. IL GRANDE SECRETO 189
— Più la rigenerazione delle donne italiane, coll'unico
vero femminismo della Lega, che la pelle della Storni e della
Piumetti.
— Qui pure non ha torto....
— E allora?
— E allora?
— E allora conviene eliminare l' ostacolo per salvare
l'istituzione.
— Eliminare l'ostacolo! Vorrebbe dire...?
— Mandare tra i più la Storni e la Piumetti, o almeno
quest'ultima, senza di cui V Alleanza non può reggersi contro
la Lega.
Quantunque non avesse ancora penetrato tutto il signi-
ficato della proposta fattale dalla comare, tuttavia in sen-
tirsi parlare della morte delle sue nemiche, la Schwitzer
rimase atterrita e disse, come se avesse franteso le parole
della sua interlocutrice : — Non intende mica di propormi
la morte...
— Ma se non vi ha altro mezzo di salvare la vita della
Lega? .
Qui s'interruppe un istante e poi riprese con solennità:
— Se alcuno mi vuol piantare un pugnale nel petto, non
ho io diritto di ritorcerlo contro di lui? Ora la vita della
Lega, ch'esse voglion distrutta, vale ben più della vita mia;
ondechè, per diritto di legittima difesa, ed inoltre per do-
vere di giusta pena e risarcimento dei danni immensi che
elleno hanno cagionato alla riabilitazione del proletariato
femminile, all'opera più benefica dei tempi presenti, io posso
e debbo dar di piglio a qualunque mezzo per eliminarle.
Non vi ha evoluzione sociale senza lotta per l'esistenza, né
questa può concepirsi senza l'eliminazione degli uni per la
sopravvivenza degli altri.
— E come penserebbe ella di ottenere tale elimina-
zione?
— Coll'azione diretta.
-Di chi?
190 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— Di quelli che rappresentano legiltimamente la giu-
stizia sociale, cioè gì' interessi del femminismo.
— E sarebbero...?
— La creatrice della Lega come mandante, la sua serva
fedele, che sola non l'ha abbandonata nella sventura, come
esecutrice.
— Insomma io dovrei ordinarle di uccidere la Stomi
e la Piumetti, ed ella penserebbe a dar loro la morte? Pos-
sibile? - disse ansiosamente la Schwitzer, sentendosi sempre
più crescere il terrore per quella proposta.
— Perchè no? - rispose imperterrita la comare - che dif-
ficoltà ci ha egli a essere? Teme forse di essere scoperta?
Ovvia, il rischio è tutto mio ed io non ho voglia di andare
in galera. Se non fossi sicura di passarla liscia, non mi ci
metterei...
— Ma perchè vuole il mio mandato ?
— Perchè senza di esso non si può armare la mano
che deve infallibilmente colpirle.
— La mano... di chi?
— Diamine! Di un uomo. Io sono donna e la donna
non ha occhio, polso e animo da ciò.
— E codest' uomo vuole il mio assenso ì
— Sissignora.
— Perchè?
— A questa sua domanda, non meno naturale che giusta,
non posso altrimenti rìsponderìe che con rivelarle un grande
secreto. Ma prima devo esigere da lei la promessa solenne
di non rivelario mai a nessuno. Me lo promette sul suo
. onore?
— Sul mio onore glielo prometto.
— Grazie. Ha dunque da sapere - continuò la comare,
abbassando misteriosamente la voce e guardando intomo
e verso l'uscio - che la mia professióne di levatrice mi ha
aperta la via a scoprire una società segreta di anarchici,
i quali non hanno altro programma che quello di eserci-
tare l'azione diretta o la propaganda dei fatti, in nome della
XLVm. IL GRANDE SECRETO 191
giustizia sociale. La esercitano per conto proprio ogni volta
che il loro consiglio abbia pronunciata sentenza capitale
contro alcuno e la sorte designatone Tesecutore; la eserci-
tano però anche per conto delle imprese sociali affini,
quando ne vengano incaricate da chi le dirige o presiede.
Vendette private non ne fanno, perchè prive del titolo giu-
ridico della giustizia sociale. Questa è la ragione, per cui
io non potrei ottenerne a nessun patto la soppressione
delle nostre due nemiche; laddove basta un suo biglietto,
madama, come presidente della Lega, per mandarle calde
calde all'altro mondo.
— A chi dovrei dirigere codesto biglietto? - domandò
la povera Schwitzer, che se l'aveva bevuta e si sentiva
mancare il respiro per la paura.
— LfO dia pure a me; m'incarico io di ricapitarlo. Già
le ho detto che prendo volentieri sopra di me la parte più
rischiosa, quella dell'esecuzione. Ma se ciò non le garba,
io posso metterla in corrispondenza diretta col comitato
esecutivo, mediante un delegato che verrebbe qui a pren-
dere i suoi ordini. Scelga pure, come le piace !
Ridotta così alle strette, la Schwitzer se ne stette muta
per qualche istante, mentre la comare le teneva gli occhi
addosso, quasi a carpirle la risposta.
Con toccarla abilmente nel debole, questa l'aveva di
leggieri infinocchiata a prestar fede e a pigliar sul serio le
sue storiacce; ma indarno si aspettava di pigliarla al laccio,
per gettarle addosso il carico del delitto che meditava.
À colali nefandità, dobbiamo dirlo a sua lode, la Schwi-
tzer sentiva una ripugnanza invincibile; tantoché, quando
il Brandini le aveva proposto la famosa partita nel villino
della comare a danno della Ida, non vi aveva ella altri-
menti acconsentito che dopo essere stata rassicurata che
si voleva ottenerne unicamente un atto di riparazione dei
torti fatti alla Lega.
Ora pertanto che aveva afferrato intieramente lo scopo
di quella visita della comare, se ne stava silenziosa, non
192 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
già perchè fosse dubbiosa della risposta, bensì perchè la
rivelazione di un disegno sì feroce le incuteva raccapriccio
e spavento, e d'altra parte temeva assai di rompersela colla
terribile cospiratrice che le stava dinanzi, pensando che.
come aveva osato macchinare di far uccidere le sue due
rivali, così potrebbe fare anche a lei qualche brutto tiro,
quando la irritasse con manifestarle il suo orrore e la sua
ripugnanza a quella scelleraggine. Aveva insomma, come si
suol dire, da un lato il precipizio, dall'altro ilupi; perciò
continuava a tacere, cercando ansiosamente una via di
scampo.
La comare credette ch'ella nicchiasse solo per essere
spinta ad acconsentire; onde, fattasi piti audace, rinforzò
gli argomenti della sua persuasiva; ma non ottenne che di
renderla più cauta e più restia a palesarsi e perciò stesso
più intenta a trovar modo di uscirle di mano, senza urtare
il capo al muro.
Finalmente si accorse in buon punto la Schwitzer che
il meglio si era tenerla a bada con qualche speranza e in-
tanto affrettare la partenza, per farla poi restare con un
palmo di naso.
Perciò le disse : — Presa così all' improvviso, per ora non
posso darle nessuna risposta. Mi lasci un po' riflettere e
considerare ogni cosa. E, senza che si disturbi a ritornare
qui inutilmente, aspetti un mio avviso intorno alla conclu-
sione dell'affare.
Indarno la comare rinnovò gli assalti e cercò di strin-
gerla tra l'uscio e il muro, per conseguire il suo scopo. La
Schwitzer fu irremovibile e la accomiatò graziosamente,
promettendole su tutto il più geloso segreto.
Da quel momento stette sulle spine più di prima e, non
vedendo l'ora di fuggire, come se avessi i birri dietro, si
fece a precipitare i preparativi della partenza.
SCIENZE NATURALI
NAVI E NAVIGAZIONE
Da Liverpool a Nuova York in cinque giorni. Grandi dimensioni dei piro-
scafi moderni: ragioni che le rendono necessarie. Distanze percorse e
%'elocità. Gara fra le principali Compagnie di navigazione francesi, te-
desche, inglesi. Un nuovo motore per le grandi velocità: la turbina.
Suoi pregi, suoi difetti: riscontro colle macchine a stantufo.
Una buona notizia per quelli dei nostri lettori che a sva-
garsi, pognamo, delle birbonate sempre crescenti nella vecchia
Europa desiderassero passare TAtlantico e dare un giro a vedere
se per caso in America le cose andassero meno peggio. La Com-
pagnia Cunard di Liverpool da poche settimane ha messo a loro
servizio una nave gigantesca, la Lusitania, che può compiere
la traversata in non più che cinque giorni giusti giusti \ Chi ha
visitato Tanno scorso l'esposizione di Milano vi ha potuto vedere
appunto nella sezione della marina commerciale inglese il ma
raviglioso modello di quel colosso allora in costruzione. Nelle
sue reali dimensioni esso misura da prua a poppa la bellezza
di S40 metri e 37 di largo al baglio maestro, dove é la maggior
cun^atura dei fianchi. La sua capacità o, per dirla alla marinara,
la sua stazza lorda è di 35,560 metri cubi, e la sua portata di
45,600 tonnellate. Il corpo della nave è diviso in otto piani
de' quali Fultimo che è il ponte di comando si leva a trentatre
metri al disopra della chiglia: è l'altezza di un campanile, ma
l'altezza non fa disagio, perchè a scendere od a salire son sempre
pronti undici ascensori, ed i posti telefonici disseminati nei cen-
tri più opportuni presentano il mezzo di aver senz' incommodo
lutto l'occorrente alla giornata. Neil' immenso labirinto di scale,
di gallerie, di sale, di camere, di camerini che s'incrocia tra
ponte e ponte sotto coverta, cinquecento cinquanta passeggeri
di prima classe trovano tutto il lusso e tutte le agiatezze di
^ Veramente nel suo primo viaggio spese cinque giorni e cinquanta mi-
nuti, ma secondo le previsioni, guadagnerà anche più in avvenire.
1908, voi. 1, faso. 1382. 18 11 gennaio 1908.
19i SCIENZE NATURALI
un sontuoso albergo metropolitano: non vi mancano neppure
due ricchi appartamenti reali in punto di ricevere principi o
sovrani in viaggio di nozze : l'acqua, il vapore, l'elettricità sono
messe ad ogni servizio con quella pratica eleganza che è dote
inglese. Più modesto ma pur confortevolissimo alloggio vi è
altresì distribuito nei ponti inferiori per altri cinquecento cin-
quanta passeggeri di seconda classe e per millequattrocento di
terza, oltre ottoicento uomini di equipaggio, che tanto ne esige
il governo della nave ed il servizio di tutto il popolo che si
accampa tra le sue pareti.
Per muovere questa mole e spingerla alla corsa con una
rapidità che si lasciasse dietro tutti i piroscafi delle Ck)mpagnie
rivali, gli ingegneri della Canard le applicarono la forza pro-
pulsatrice di nientemeno che 72.000 cavalli, fornita da quattro
eliche messe in azione da quattro turbine Parsons alla velocità
di centoquaranta giri al minuto. Il vapore necessario alle tur-
bine viene sviluppato da venticinque enormi caldaie cilindriche
che hanno quindicimila metri quadrati di superficie di riscal-
damento con centonovantadue fornelli di servizio ai quali ser-
vono di fumaiuoli quattro torri di sette metri di diametro. Si
capisce facilmente come, animata da sofQo cosi potente, la Lii-
sitania possa percorrere i suoi ventiquattro o venticinque nodi *,
vale a dire tra i quarantacinque e i quarantasei chilometri
all'ora, divorando in cinque giorni con instancabile lena i 5300
chilometri che separano le coste inglesi dalla metropoli degli
Stati Uniti.
Questa velocità, queste dimensioni, questa perfezione non è
l'opera di un giorno, né di un uomo: è la meta raggiunta di
un lungo processo, al cui svolgimento ha concorso l'esperienza
e lo studio di un secolo intero ", verificandosi anche in fatto
^ Il nodo praticamente si prende per miglio geograflco, o marino, equi-
valente a un sessantesimo del grado medio del meridiano terrestre, vale a
dire m. 1852,01 secondo il Bureau des ìotigitudes. Nella sua origine però
il nome ricorda la funicella segnata di nodi a distanza di m. 15,40 uno
dall'altro, la qual distanza è la 120°>» parte del miglio geografico. Gettando
la cordicella in mare dalla poppa e contando quanti nodi scorrono in 30 se-
condi, cioè nella 120°"^ parte di un'ora, lo stesso numero di nodi rappre-
senta il numero delle miglia orarie e quindi la velocità approssimativa del
bastimento.
' La navigazione a vapore si può dire inizi&ta veramente col primo
viaggio del Clermont di Roberto Fulton, sull'Hudson, il 17 agosto 1807.
NAVI E NAVIGAZIONE 195
di arte quanto della natura ci insegna un adagio comune: che,
cioè, essa non va a sbalzi ma passo passo. Chi non ricorda il
^eat Eastem di cinquant' anni fa? La Compagnia che lo fece
costruire, aveva creduto tentare un colpo audace col raddop-
piare le dimensioni fin allora usate, dandogli 207 metri di lun-
gùezza (mentre i maggiori piroscafi del tempo di poco supera-
vano I cento) ed applicando al nuovo mostro, al Leviatan ma-
nuo, tutti i sistemi di propulsione, le ruote, l'elica, le vele
variandone l'uso a seconda delle circostanze in vista della
economia e della velocità. Ed è curioso leggere ora tutte le
maravighe promesse ai viaggiatori, le speranze anche maggiori
aegli interessati, le dissertazioni dei dotti, come il dott. Scoresby
e Scott RusseU, nei cui cantieri la nave era impostata; mail
(^eat Eastem, appena uscito dal Tamigi, alla prima tempesta
Che incontrò ebbe rotto ruote e limone, perdette gli attrezzi,
nmase m balìa delle onde che lo sconquassarono, ed a mala
pena potè esser salvato.
Le ripetute avarie incontrate novamente nei pochi viaggi
che potè intraprendere, lo scoraggiamento, le spese e i danni
cùe ne vennero agli azionisti, condussero la Compagnia aU'orlo
del felhmento, sinché non s'affrettò a disfarsene vendendolo
ali asta per meno di due milioni (era costato più di 22), senza
Che mai compiesse neppure una volta quella traversata verso
East, cioè verso l'Australia e le Indie orientali, da cui aveva
preso 11 nome. Fu una prova fallita per mancanza di prepara-
zione.^ Si dovette tornare ai cento metri e consumare altri cin-
quant'anni di tentativi, di osservazioni, di graduale progresso,
pnma di risalire e raggiungere di bel nuovo i duecento del Great
AMfem che oggi vediamo trionfalmente oltrepassati dai 240
deUa Lusiiania. E già si parla di 300 1
Ma donde nascono tali fantasie d'ingrandimento, e qual bi-
sogno VI è di dimensioni si gigantesche? può borbottare fra sé
e se U cortese lettore. 11 bisogno c'è, e indeclinabile: e a pro-
varlo basti riflettere a due ragioni perentorie. Sono appena volti
due anni dalla guerra russo-giapponnse e nessuno ha certa-
mente scordato fra le peripezie di quella lotta il titanico sforzo
<ieua squadra di soccorso mandata da Cronstad attraverso due
oceani con più di ventimila chilometri di navigazione, sforzo
tolto poi così miseramente nelle acque di Tsushima. L'attenzione
1% SCIENZE NATURALI
allora vivissima del mondo intero seguiva con acuto sguardo
le lìKiese di quel naviglio, scrutando con opposti interessi,
eeeon(k> il partito favorevole od ostile, come saprebbe giun-
gere tino al termine dell'immenso viaggio, non potendo per le
rnnvtjìizioni di neutralità rifornirsi di combustibile in nessun
porto delle nazioni non belligeranti. E risuonano ancora nelle
oftHvhìe di tutti le alte querele del Giappone e le accese dia-
[nbv tblla stampa anglosassone contro la Francia e le gelose pra-
tiche della diplomazia francese per discolparsi di aver sommini-
stralo carbone alla flotta russa esausta a mezza via e già messa
htoii di combattimento ancora prima di impegnar battaglia.
Questo è fuor di dubbio che senza la connivenza di qualcuno
che rifornisse i carbonili delle navi, esse non avrebbero potuto
compiere l'audace disegno di un giro cosi sterminato. Ed ecco
\sì prima ragione che obbliga la moderna marineria a dare sempre
maggiore sviluppo al corpo delle sue navi mosse dal vapore.
yutuulo queste navi sono destinate non a servizio di cabotaggio
lììa ki ^^randi traversate, sulla cui linea retta non si trovino
dr|H>siti di carbone da cui possano attingere nuove provvisioni,
è gio*«jforza che le na^i medesime portino nella propria stiva
quanto basti al bisogno. Anzi quand'anche i depositi non di-
tettu^seio, la prudenza fa prevedere che una ragione politica o
unii rivalità commerciale può chiuderli da un giorno all'altro,
e n^vi tiare ogni impresa. Rendersi dunque indipendenti dalla
ti^ira p durarla navigando in alto mare colle proprie provvi-
sioni, è un problema commerciale e guerresco che preoccupa
Topi filone pubblica delle grandi nazioni marittime. Non per nulla
nieudp si stampano queste pagine le corazzate americane, uscite
da ÌInmpton Roads con un convoglio carboniero, fanno rotta
|it*r doppiare il capo Hom e passare nel Pacifico a farvi quella
nìi>^l*"riosa crociera, soggetto di fosche previsioni in Giappone
ed allmve. È uno studio delle stesso tema.
l/iittra ragione è il bisogno di velocità. Tutti cercano di far
pnn^to: e il primo guadagno di cui è avido il nostro secolo è
qufllt» di guadagnar tempo. Vediamo quanto av\iene pei treni di-
iTtli e direttissimi sulle fenovie del continente. Ma perchè un
pinisfafo possa accelerare la sua corsa e abbreviare la durata dei
sm»i viaggi, la condizione capitale è quella di crescere il numero
e la potenza delle sue macchine motrici, quindi le loro dimensioni
NAVi £ NAVIGAZIONE 197
e r ingombro del loro volume e ancora — di rimbalzo — il vo-
lume e r ingombro delle enormi provvisioni di combustibile che
esse devono consumare. Abbiamo detto, che la Lusit€mia per
produrre la forza dei suoi 79.000 cavalli ha venticinque cal-
daie e quasi duecento fornelli : ora per alimentare quei fornelli
ci vogliono 1000 tonnellate di carbone ogni 24 ore: 5000 ton-
nellate per la traversata da Liverpool a Nuova York. È il ca-
rico dì cinquecento carri di ferrovia. Imimagini il lettore quali
immeasi carbonili deve portare nei suoi fianchi il piroscafo^ e
quali anche maggiore ne dovrebbe avere se dalle sponde del Ta-
migi avesse a metter capo non a Nuova York, bensì alle Indie,
all'Australia, all' Impero del sol levante.
Noi sorridiamo ora al pensare che per muovere la pesante
mole del Great Eastern non era stata applicata che la forza di
11.000 cavalli: ma sappiamo che quella era l'infanzia delle
macchine a vapore, eolla pressione atmosferica, coi lenti bilan-
cieri: mentre le caldaie dei nostri piroscafi sono tutte a resi-
stenza di 10 o 12 chilogrammi per centimetro quadrato. È curioso
il raffronto dei progressi della velocità con quello della potenza
delle macchine e dello spostamento nella marineria commerciale.
Nel ì88oVEiruria di 8120 tonn. con 14.500 cavalli-vapore tra-
versava l'Atlantico in sei giorni, tre ore e dodici minuti. Nel 1 897
il Kaiser Wilhelm der Grosse di 14.350 tonn. con 28.000 cavalU-
?apore non abbreviò il passaggio che di tre ore. Ci vollero 72.000
cavalli della Lnsitania per guadagnare un giorno intero : vale
a dire che si dovette crescere il quintuplo di forza per aggiun-
gere un quinto di velocità.
D'altronde la questione della velocità non è siolo importante
in ragione di comodità preziosa a coloro che viaggiano per af-
fari : ma anche in ragione di profitto per i costruttori e di si-
curezza per la nave. Infatti, senza dilungarci in troppe discus-
sioni tecniche, è mafjifesto che quando il piroscafo ha doppia
velocità, farà doppio viaggio nel medesimo spazio di tempo, con
doppio introito. Ed ogni giorno di meno che esso passerà in alto
mare saranno tanti probabili pericoli di tempeste che avrà sfug-
gito, tante deviazioni, tanti ritardi che avrà potuto evitare.
Da queste considerazioni e da queste sperienze è venuto che
tutte' le primarie compagnie delle varie nazioni a capo del mo-
viiuento marittimo da venti anni lottano a tutto potere d'in-
198 SCIENZE NATURALI
gegno e di danaro per creare sempre nuovi piroscafi di mag-
giori dimensioni che possano rispondere all'incessante incremento
del commercio mondiale. 11 centro di quel movimento è il bacino
dell'Atlantico tra le sponde dell'Europa e quelle dell'America
settentrionale.
Tra queste terre, dove la vita è più intensa, sono più nu-
merosi e più rilevanti gl'interessi, più attive le relazioni: qui
perciò si svolge il servizio più rapido e meglio ordinato da tutte
le società rivali. Citiamone le navi maggiori e più recenti.
La Francia vi concorre con tre piroscafi di cui due gemelli
di pari dimensioni la Savoie e la Lorraine, ed il terzo recen-
tissimo, la Provence; le loro note caratteristiche sono:
per i primi,
lunghezza totale, m. 177,55 larghezza al baglio maestro, ro. 18,28
spostamento, tonn. 15,414 forza motrice, cav. -vapore 22,000
velocità media, 20 nodi all'ora 1074 passeggeri.
per il terzo,
lunghezza totale, m. 191 larghezza al baglio maestro, m. 19,80
spostamento, tonn. 19,190 forza motrice, cav.-vapore 30,000
velocità media, 22 nodi all'ora 1502 passeggeri.
Tutti e tre hanno due eliche di bronzo con tre ali di sei
metri e mezzo di diametro che fanno ottantaquattro giri al mi-
nuto in piena corsa. L' ultimo, a pieno carico pesca m. 8,15 ;
ciò è il massimo che poteva permettere il fondo del porto del-
l'Ha v re, capolinea di partenza. Questo della profondità dei porti
dove i piroscafi devono entrare, è un altro ostacolo che com-
plica il problema delle grandi dimensioni di cui trattiamo.
La potente Germania, che per mandare ad effetto il pro-
gramma di espansione commerciale ha bisogno delle vie del
mare, con energica e perseverante operosità è giunta a porsi al-
l'antiguardo, costruendo i più saldi e più grandiosi piroscafi che
tennero fino a ieri il primato della velocità. Son noti a tutti 1
viaggiatori il Kaiser mihelm II ed il Deutschland. Il Kaiser
Wilhelm II ha per misura :
lunghezza totale, m. 215 larghezza al baglio maestro, m. 21,96
spostamento, tonn. 26,000 forza motrice, cav.-vapore 42,000
velocità media, 23 nodi all'ora 1900 passeggeri.
Questo piroscafo (a cui il Deutschland è di poco inferiore)
anch'esso a due eliche di sette metri, mosse da quattro mac-
NAVI E NAVIGAZIONE 199
chine a quadrupla espansione, ha più volte traversato l'Atlan-
tico sviluppando fino a 44,600 cavalli-vapore colla media ve-
locità di 23,58 nodi e vincendo la gara della massima velocità
nelFunità di tempo. Nella sezione germanica della marina alla
mostra di Milano era messa in rilievo la grandezza di quella
superba nave ragguagliandola alle dimensioni della piazza del
Duomo che non la potrebbe contenere. Nella medesima sezione
se ne vedeva una finitissima riproduzione di una sezione lon-
gitudinale che rappresentava con maravigliosa pazienza gli infi-
niti compartimenti di quella città galleggiante : sale da pranzo
per centinaia di commensali, sale, da giuoco, fumatoi, sale di
musica, di lettura ; palestre per ginnastica, stanze per bagni di
luce elettrica, per bagni a vapore, per docce e massaggi ; cabine
a centinaia con salottini di ritrovo, appartamentini mobigliati
con lusso : immense cucine, dispense, ghiacciaie; farmacia, infer-
meria, ospedale per cento malati; stanze per parrucchiere ; stam-
peria di bordo, ufficio telegrafico Marconi. Una vera bellezza. La
Germania nel costrurre il Kaiser Wilhelm II aveva voluto far
onore al nome che gli sarebbe stato imposto.
Albione gelosa non pativa in pace questa prevalenza della
pericolosa rivale e non poteva contentarsi di giungere seconda
nella gara, coi suoi due colossi, la Lucania e la Campania, che
avevano già:
lunghezza totale m. 190, larghezza al baglio maestro, m. 19,8G
spostamento, tonnellate 20.000 forza motrice, cav-vapore 31.000
velocità oraria, 22 nodi 1700 passeggeri.
200 SCIENZE NATURALI
11 Kaiser Wilhelm II e il Deutschland vincevano i piroscafi
inglesi di un nodo o un nodo e mezzo, il che vuol dire una
differenza di più di otto ore di mare. L'onore nazionale e la
njncorrenza commerciale ci scapitavano: bisognava far più grande
e più veloce. Ed ecco in pochi mesi impostarsi e galleggiare due
vapori superiori a qualunque siasi nel mondo ; la Lusitania, di
fui abbiamo già date le caratteristiche e la Mauritania che
stazza 200 tonnellate di più e pare che alle prove abbia raggiunti
i 26 nodi e ^/^. La Luaitania, dapprima più restia al moto, forse
per la difficoltà di manovrare quegli inusitati colossi, finì però
eoi filare tra i 24 e i5 nodi, come si disse nel cominciare. 1
giornali anglosassoni ci riferirono a piene colonne la trepidante
aspettativa, le discussioni ardenti, le gare delle scommesse, che
agitavano gli abitanti dell'una e dell'altra sponda dell'Atlantico e
le acclamazioni di trionfo colle quali fu salutato l'arrivo del pi-
roscafo nel porto di Nuova York, perchè, vincendo poche ore di
eorsa sopra i vapori tedeschi, rialzava la bandiera inglese al
primo posto.
A questo ritto c'è pur troppo il suo rovescio. Un viaggio
veloce è un gran comodo, ma bisogna pagarlo. 1 piroscafi che
possono correre i 22 i 23 nodi all'ora costano in media, secondo
i calcoU del White, capo dell'ammiragliato inglese e presidente
della Società degli ingegneri civili di Londra, dai diciotto ai
venti milioni di lire: è il prezzo dei BetUschland e del Kaiser
Wilhelm IL La Lusiiania per correre un nodo e mezzo di più
all'ora è costata circa 37 milioni, quanto una delle più grandi
corazzate. Ora si aggiunga al costo di costruzione tutta la spesa
viva d'esercizio, e prima d'ogni altra quella del combustibile,
[ja Savoie^ filando 20 nodi a tutto vapore consuma a un dipresso
350 tonnellate di carbone in 24 ore. Nella stessa unità di tempo
!a Campania per i suoi 22 nodi ne consuma invece 500. Per
S3 nodi o poco più il Kaiser Wilhelm II sopracitato ne di-
vora 700. Per ottenere la velocità di 25 nodi, si era preveduta
la quota di 1000 tonn. al giorno pel viaggio della Lusiiania da
Liverpool a Nuova York. Se il consumo fu un po' minore si
deve all'uso di un nuovo motore di cui parleremo più innanzi.
Con questo solo, senza entrare in più lunghi particolari, si
i^apisce facilmente che le Compagnie di navigazione per rifarsi
Uelle spese sono obbligate di alzar le tariffe ed esigere dai viag-
NAVI E NAViGAZlOJNE 201
gìalori un prezzo così salato che non può convenire certo alle
borse smunte dell'operaio emigrante in cerca di lavoro. Sorge
dunque un problema tecnico ed economico» proposto già allo
studio de' costruttori, ed è quello della necessità di separare le
navi di comunicazione in due grandi categorie. La prima dei
piroscafi a massima velocità, e per conseguenza di alto prezzo
di nolo, i quali facciano il servizio postale e possano albergare
un sufficiente numero di viaggiatori che vogliano pagare i co-
modi loro largamente distribuiti : l'altra dei piroscafi a velocità
più moderata, i quali ammettano oltre i viaggiatori anche un
grosso carico di mercanzie il cui nolo, vantaggiando gli introiti,
permetterà di ribassare di altrettanto il prezzo d'imbarco. Tale
è il partito abbracciato dalla GunanC aiutata in ciò dal Go-
verno inglese, il quale, per voto espresso del Parlamento, prestò
larghi capitali alla Compagnia ed aumentò la sovvenzione an-
nuale (3.750.000 lire) senza cui la Società non potrebbe soste-
nere tali dispendiose costruzioni.
Un'importantissima particolarità venuta in tempo a favorire
questo sviluppo di velocità e di potenza nella meccanica navale
è l'applicazione dei motori a turbina, invece delle comuni mac-
chine a stantufo. Che cosa sia una turbina non è certamente
del tutto ignoto ai lettori, anche senza conoscere tutte le com-
pUcaziooi dei suoi varii organismi. Il suo principio d'azione,
del resto, si può mettere in evidenza con un congegno molto
semplice adoperato già da Erone due mila anni sono per di-
vertire, forse, istruendo i fanciulli di Alessandria e conservato
tuttora nelle scuole sotto il nome di eolipila. È una sfera
metallica vuota, girevole su un asse orizzontale, forata in due
punti opp'>sti a egual distanza all' incirca tra i punti di so-
stegno e l'equatore della sfera medesima. Ai due fori sono ag-
i^iustati due cannelli oppostamente ricurvi nella direzione per-
pendicolare all'asse. Ora se nella sfera si pone poca acqua e si fa
bollire, lo zampillo di vapore, uscendo dai cannelli opposti, per la
reazione sulle loro pareti curve le sospingerà in senso contrario
ed imprimerà alla sfera un movimento più o meno rapido di
rotazione.
Un tal principio, rimasto infruttuoso per tanti secoli, eccolo
ripreso d'un tratto e introdotto maestrevolmente nelle applica-
zioni meccaniche per opera del Parsons che da venti anni ha
202 SCIENZE NATURALI
saputo fare della turbina la rivale fortunata di tutti i motori
a vapore. Il nucleo della macchina, come si vede riprodotta
nella figura, non è altro che un tamburo composto di più pezzi
a differenti sezioni che nel presente modello vanno crescendo
di diametro da destra a sinistra, tutti montati sopra un asse
centrale mobile, che è l'albero stesso dell'elica del bastimento,
e chiusi poi in un manicotto fisso, esattamente modellato sopra
le loro dimensioni. La superficie dei vari pezzi del tamburo non
è liscia, ma sopra di essa sono piantati tanti ordini di lami-
nette in cerchi successivi, trasversali con una eerta incli-
nazione. L' interno del manicotto è anch' esso armato nella
stessa guisa dì ordini di laminette, ma inclinate in senso ro-
vescio: e le une e le altre sono cosi aggiustate e precise da
non lasciare altro spazio se non quello necessario perchè il
tamburo giri liberamente.
Ora si apra la valvola del tubo a destra per dar passo al
vapore tra il tamburo e il suo manicotto. Il getto nel suo en-
trare va a battere sulle laminette della guaina e da esse si ri-
percuote su quelle del tamburo di inclinazione opposta, succe-
dendosi cosi una serie di ripercussioni e spinte man mano che
il vapore va espandendosi, finché la parte mobile, che è il tam-
buro, cede all'impulso ed entra in rotazione.
L'effetto utile della macchina sarà tanto maggiore quanto
più grande sarà la differenza fra la pressione iniziale e quella
NAVI E NAVIGAZIONE 203
di uscita del vapore: e precisamente per aumentare quella
differenza si accresce il diametro del tamburo, affine di impe-
dire il troppo rapido efflusso del vapore e dargli spazio e
tempo di spiegarvi la sua forza espansiva, sino a passare
poi in un condensatore od in una seconda turbina a pressione
più bassa e perciò di diametro superiore. Non intratterremo i
lettori colla particolarità dei diversi accessorii della macchina
e del suo funzionamento, che qui non importano gran fatto:
ma vogliamo invece indicare i vantaggi che questo recente si-
stema motore vanta sopra gli altri suoi predecessori. 11 primo
sorge spontaneo dalla descrizione che abbiamo fatto. In verità,
di quale specie di movimento ha bisogno V ingegnere navale
per la propulsione di un bastimento, sia esso ad elica od a
ruote? * — Del movimento circolare. Quale movimento per Top-
posto producono le macchine ordinarie a stantufo? — Un mo-
vimento rettilineo. Occorre dunque sempre una trasformazione,
ed ogni trasformazione meccanica importa una perdita di energia.
La turbina all'incontro, secondo abbiamo esposto, fornisce diret-
tamente un moto di rotazione e lo imprime all'asse dell'elica
sul quale essa è saldata e col quale fa corpo. Per sua stessa
natura dunque la turbina è più adatta a questo lavoro, veri-
ficandosi un'economia di vapore e quindi di carbone fino del
15 per 100. Inoltre per la stessa soppressione della trasformazir ne
di movimento viene semplificata la costruzione di tutto il mec-
canismo propulsore, la sua manutenzione, il suo regolare anda-
mento. Chi ricorda le delicate funzioni e quindi la precisione
richiesta al buon servizio di uno stantufo, colle sue bielle, col
suo cassetto di distribuzione del vapore, lo spazio che esso
* È cosa nota che il sistema delle ruote fu gii da un pezzo abbando-
nato per la grande navigazione marittima e non si trova che sui batteiii
sai laghi o sui fiumi. La stessa avventura toccata al Greai Easten, ricor-
data più sopra, mostra già un difetto gravissimo di quel sistema che espone
l'organismo motore, relativamente debole, ai colpi sempre incalzanti dei
marosi nella tempesta. Ma anche senza il flagellamento dei marosi, la sola
oscillazione di barcollamento impressa alla nave dal vento e dalle alte onde
& sì che una delle ruote si immerga quasi totalmente da un fianco mentre
Taltra sul fianco opposto sorge quasi interamente fuori deiracqua : la prima
trova un massimo di resistenza e Taltra invece un minimo e questo squi-
librio fa soffrire gli assi con perìcolo della loro solidità. Ce n*era a suffi-
cienza per sbandirle dalla navigazione sul mare.
404 SCIENZE NATURAU
o<*cupa, il peso di tutto il materiale neeeseario alla solidità
il ella &ua installazione, la cura continua che richiede, le ripa-
razioni che spesso esige, si capaciterà senz'altro del guadagno
che- si fa sostituendovi il solo tamburo della turbina, di volume
COSMI ridotto e di manutenzione relativamente così semplice.
Di più eolia soppressione dello stantufo vengono pure di-
niiriuite le pressioni sull'asse, ma sopratutto, vantaggio note-
^ r>lissimo e molto apprezzato dai passeggeri della nave, vengono
anauliate le incessanti vibrazioni che si trasmettooo nelle im-
palcature delle macchine e nelle traverse del bastimento pcF
ìi molesto scotimento prodotto dallo stantufo ad ogni inver-
sione del movimento alternativo di va e vieni. Ed è questa la
prima e piacevole sensazione che ì viaggiatori della LusUania
^ degli altri piroscafi a turbina hanno riportato: il silenzioso
r placido scivolare sull'acqua senza quasi acx^orgersi del movi-
li ferito.
Dirimpetto ai vantaggi, per esser giusti, dobbiamo porre i
difetti: e la turbina ne ha due specialmente che te scemano
valore nell'uso della marineria. Uno è che il senso ddila sua
I Qtazione non può essere rovesciato, come invece facilmente si
(attiene collo stantufo. Se si riflette che la rotazione è cagionata
dalla spinta del vapore condotto tra le laminette della guaina
Lontro le laminette del tamburo oppostamente inclinate, si vede
vite per quella data inclinazione la turbina si moverà sempre
nella stessa direzione. Ora per le navi è una inevitabile neces-
sità di poter rovesciare il moto delle loro macchine specialmente
nell'approdo per raUentare la corsa e non oltrepassare lo sbar-
<*;Uoio, o per abbrivare all' indietro quando il fondo non per-
nietta di girar largo di prua ed obblighi a rifare un tratto di
-itrada. Quindi i piroscafi a turbina sono costretti di avere delle
macchine speciali per il moto a ritroso : e la Lusitania infatti
ire ha due a bassa pressione montate sopra alberi distinti e
colle proprie eliche adattate a tal moto. 11 secondo difetto non
è così sensibile, almeno per ì colossi navali, come il nostro^ i
quali, destinati a traversare l'Oceano senza fare scala in alcun
finrto intermedio, non hanno altra preoccupazione da un capo
all'altro del viaggio che darsi a correre colla massima velocità
[ler guadagnar tempo e moneta. Ma bene spesso i piroscafi dei
servizi minori devono variare la loro velocità e raUentare i loro
NAVI E NAVIGAZIONE 205
inoTimenti : al cbe si adattano assai agevolmente le macchine
a staiìtufo senza svantaggio sensibile nella proporzione tra il
laToro e la forza impiegata a produrlo.
La turbina invece mal si adatta a quel rallentamento e
quando è ridotta a piccola velocità subito consuma proporzio-
nalmente assai più di vapore e per conseguenza di combusti-
bile; donde una perdita economica. Il motore Parsons non ottiene
tutto il suo vantaggio sopra il vecchio sistema se non quando
può spiegare ampiamente la sua potenza imprimendo all'elica
una notevole rapidità.
Anche allora, d'altronde, non mancano le difficoltà : ed ecoone
ana del tutto impi"evij?ta e scoperta appunto nello studio del
nuovo motore. Quando la velocità della turbina oltrepassa certi
limiti e la rapidità dei giri dell'elica è tale che le sue ali alla
periferia compiono più di cinquanta o sessanta metri al secondo,
Telica non è più utile alla propulsione. L'acqua respinta non
ha tempo di riprender contatto colle ali giranti, non ne seguita
il moto né produce la reazione necessaria sull'elica stessa, la quale
perciò finisce col girare come in un vortice vuoto, in una cavità
(donde il fenomeno prende il nome di incavamento) il cui volume ci-
lindrico aumenta coU'aumentare della velocità di rotazione, co-
sicché le estremità delle ali deirelica scorrono carezzando Tacqua
che la circonda, senza utilità. Al qual difetto finora nc«i si è
trovato altro rimedio che diminuire il diametro dell'elica, e con
ciò la velocità periferica x)er lo stesso numero di giri, modifi-
candone inoltre il passo e la forma.
Del resto nói conosciamo ancora cosi poco le turbine che
non é punto maraviglia se \ì sono dei tentennamenti e degli
«contri nella pratica applicazione. Ma il favore con cui T In-
ghilterra, competentissima nella materia, le adottò nella sua
marina di guerra e di commercio, prova la fiducia che si pone
nell'avvenire di questo motore. Non sono ancora quindici anni
da che il Parsons adattò. nel 1894 il suo trovato a una piccola
torpediniera, appunto perciò chiamata Turbhiia, e poco dopo a
due altre, la Yiper e la Cobra, sempre di piccola portata, che
sotto queir impulso filavano fino a sessanta chilometri all' ora.
Dopo quei primi saggi quasi ogni anno si vennero moltipli-
cando le applicazioni a navi di dimensioni sempre maggiori
fino al Dreadnought, la più formidabile delle corazzate che esi-
206 SCIENZE NATURALI - NAVI E NAVIGAZIONE
.stano, la cui comparsa da due anni ha provocato tante discus-
sioni e minaccia un nuovo orientamento navale in Europa.
Mentre però si veniva già usando a fidanza del nuovo mo-
Inre, non si smetteva di studiarlo sagacemente, indagandone le
|H*uprietà e i difetti. E perchè le prove fossero più palpabili e
<lì mostrati ve, parecchie Compagnie si assunsero di costrurre
t< rie coppie di piroscafi in tutto simili fuorché nel motore,
ailoperando per uno la macchina a stantufo, per l'altro la tur-
hìim Parsons, sicché il consumo e la produzione della prima ser-
\ isse di riscontro alla produzione e al consumo della seconda.
Cobi la Società del Midland Railway fece varare quattro piro-
st-afl, V Antrim, il Donegal, il Londonderry e il Manxman di
|iiiri lunghezza — 100 metri — di pari larghezza — metri 12,84
— con uguali caldaie e altrettanti fornelli, ma nel!' Antrim e
nel Donegal due macchine a stantufo, e negli altri invece una
iurbina ad alta e due a bassa pressione per ciascuno. — La
('.unard medesima per ottenere lo stesso scopo costrusse due
iltii suoi più bei vapori transatlantici il Caronia e il Carmania
ili !207 metri di lungo e :i2 di largo, circa 30.000 tonnellate,
^rlOOO cavalli vapore, al primo lo stantufo, la turbina al secondo.
1^ di sommo rilievo per il progresso tecnico e industriale della
t marineria il seguire, quasi direi giorno per giorno, l'andamento e
1 (isito parallelo di queste coppie prese ad esame; e dalle osserva-
zioni dei giornali di bordo vennero già ricavate e presentate all'I-
^Ututo degli ingegneri navali di Londra parecchie conclusioni
a conferma di quanto abbiamo già notato più sopra dei van-
taggi economici che procura l'uso delle turbine ad alte velocità.
A?^pettiamo che il tempo e l'esperienza dicano anche qui « l'ul-
lima parola ». Finc^a però é comune avviso degli esperti che
isì turbina non isloggerà del tutto la rivale già scoronata, ma
le due macchine avranno due distinte sfere di azione, secondo
il vario profitto che da loro si intenda ricavare.
RIVISTA DELLA STAMPA
L
Rassegna Artistica.
1. A. Venturi. La pittura italiana del trecento. — 2. W. Rothes. La
Madonna neWarte. — 3. Kempf ASchuster. La cattedrale di Friburgo
in Brisgovia, — 4. F. Geiues. Le vetriere dipinte delta medesima oat"
tedrale. — Panicoxi. Il monumento del card, de liraye in Orvieto,
1. Diamo principio a questa rassegna coi quinto volume
deUa Storia delFarte italiana, arditamente intrapresa dal pro-
fessor Adolfo Venturi e condotta rapidamente innanzi con cre-
scente favore degli studiosi *. Sono 1100 pagine incirca, occu-
pale in buona parte dalle 818 incisioni, che illustrano la pit-
tura italiana del trecento, lo splendido mattino dell'aile nostra.
L'insolita ricchezza di materiali, adunati dalla rara conoscenza
che il Venturi ha dei prodotti artistici del suolo italiano, fa di
questi suoi volumi degli strumenti preziosi di studio, anzi in-
dispensabili anche a coloro che avessero ragioni da dissentire
in qualche giudizio dell'autore o neirattribuzione di alcuna tra le
opere esaminate. In ogni caso è grande benemerenza aver messo
alla mano di tutti tanti monumenti poco conosciuti o per la
difficoltà dell'accesso, o perchè le riproduzioni fotografiche non
sono in commercio o per somiglianti impedimenti. Ecco per es.
gli affreschi scoperti nel 1904 a s. Maria Maggiore, riprodotti in
eccellenti fotografle del Sansaini ; indi i disegni del codice Bar-
berìniano lat. 4006 della Vaticana, che ci hanno conservata me-
moria di alcuni affreschi dell'antico s. Paolo; poi quelli del
codice manoscritto di Jacopo Grimaldi (Barb. XXXIV, 60) che
ritraggono varii dipinti del quadriportico di s. Pietro esistenti
ancora nel secolo XVII. Questi ultimi sono fotografati dal Gar-
gioUi, che ha per tutto il volume una dovizia delle sue egregie
riproduzioni, come gli affreschi di Grottaferrata, di s. Ce-
cilia, di Subiaco, di s. Maria Donna Regina a Napoli, di As-
si.si, di Tolentino, i mosaici del battistero di Firenze. Uniti
* A Venturi. Storia dell'arte italiana, V. La pittura dei trecento e
le sue origini. Milano, Hoepli, 1907, p. XXXl-1093. L. 30.
RASSEGNA
ai disegni deirUfficio regionale de' monumenti di Firenze, qui
cppportunamente pubblicali dal Venturi, i detti mosaici escono
forse la prima volta dalla penombra della cupola, dove stanno da
secoli non so se esposti o nascosti alla vista del mondo, e dove ri-
masero nove anni mascherati dall'impalcature di restauri final-
mente terminati. Tale è la sorte d' un' infinità d' altre pitture, dei
minuti particolari massimamente, che molto meglio si studiano
sulle fedeli riproduzioni fotografiche, anziché nei loro inaccessi-
bili domicilii; e nel presente volume ne ricorro una gran copia.
Siffatto intento veramente scientifico muove il Venturi a rin-
tracciare e riprodurre i frammenti delle nostre cose belle sparsi
per le gallerie d'Europa e custoditi a grande onore, per es. le
formelle della pala d'altare dipinta a Siena da Duccio di Buo-
nìnsegna. Ora, che bel compimento a tale diligenza sarebbe
siato uno schizzo di ricostruzione, fosse pure in forma sche-
matica, di quest'opera famosa I
Quanto all'illustrazione, se le fotografie summentovate e
quelle dell'Anderson, dell' Alinari, del Braun, dell'Hanfstangel,
del Lombardi e d'altri, hanno fornito degli eccellenti originali,
la fattura della zincotlpia è buona in generale, ottima in non
jioche figure, mediocre in alcune. 0 perchè l'editore non si ri-
solve a volerla assolutamente inappuntabile in tutte senza dis-
fi azione? Perchè non esigere dal Danesi che in non pochi casi
adoperi un retino più fitto, e non istorpi certi quadri dove
la piccolezza delle figure richiede già essa di per sé un tratta-
mento più delicato? Si direbbe, per esempio, che le famose
allegorie, dipinte nella crociera della basilica inferiore d'As-
sisi, sièno state trattate da mano matrigna. Eppure qui ap-
punto si richiedeva maggiore nitidezza per riscontrare gli ar-
gomenti e i confronti onde il Venturi s'adopera di spodestare
(fiotto dai diritti d'autore su quei dipinti, e sugli altri del-
rinfanzia di Cristo, dei miracoli di s. Francesco, della Crocifis-
sione. La critica, finora, non sembra disposta di accettare tali
ronclusioni, eccetto forse per una delle quattro vele, cioè il
trionfo di S. Francesco; troppo incerto essendo, nella man-
canza di documenti scritti, il procedere per via di puri raffronti,
<'he finora si dimostrarono insuflBcienti persino a definire se
quegli affreschi sieno anteriori o posteriori a quelli dell'Arena
in Padova. Ma, dopo tutto, nel volume del Venturi la pittura
italiana del trecento ha oggi la sua storia più accreditata, con-
giunta alla più ricca galleria de' suoi monumenti.
" ARTISTICA 209
2. Le varie monografie artistiche sulla Madonna, pubblicate
in questi ultimi anni non hanno punto esaurito il vasto arjyo-
mento. Quella del Venturi infatti (Milano 1900) non esce d'Italia
né oltre il secolo XVI; e quella del Muftoz (Firenze 1905), seb-
bene abbracci nella sua limpida brevità maggior campo e non
escluda le scuole straniere, nondimeno rispetto a queste special-
mente riesce sempre troppo succinta. Eppure si tratta d' un ar-
gomento che non ha cessato d'occupare l'animo degli artisti
d'ogni tempo e d'ogni paese. Rimaneva adunque ancora luogo
ad altre rassegne, a quella per es. del Rothes *, che in un vo-
lume di poche pagine ha condensata una ingente quantità di
materia. Essa dimostra subito il suo intento internazionale col
portare in capo all' elegante volume rinarri vata Concezione del
Murillo. Il simpatico pittore dell'Immacolata ha meritamente
larga parte in questa galleria, come larga la prendono pure Alberto
Durer, il Lochnor, il Craaach sen., e oltre i nostri maestri italiani
più famosi, molti alemanni e fiamminghi, anche moderni, delle
scuole dei Nazareni e di Dusseldorf o di Monaco: Overbeck,
Steinle, Fuhrich, Schrandolf, Deger, Carlo Muller, Ittenbach,
Sichel, Sinkel, ecc. tutti nomi che non possono assolutamente
essere passati sotto silenzio, mentre rappresentano tanta parte
nella storia dell'arte religiosa del secolo XIX.
Potrei fare un appunto al Rothes d'aver lasciato da parte le
stupende rappresentazioni di Maria che gli potevano fornire le seol-
ture delle grandi cattedrali gotiche, s' egli si fosse proposto di
fare un'inconografia storica compiuta. Tuttavia anche per modo di
saggio, r Vnnunciazione e la Visitazione d'.Amiens, l'Incorona-
zione di Parigi, la morte di Maria di Strasburgo, e qualche altro
esempio ancx)ra, potevano prendere posto molto opportunamente,
e servire appunto all'intento espresso nella prefazione, di riu-
scire utile anche ai giovani artisti. Avrebbero questi tanto da
imparare a quelle fonti scaturite da un'età cosi profondamente
cristiana I
L'autore non entra in disquisizioni critiche; tuttavia oc-
correndogli alcuna volta qualche accenno, è naturale che
si desti nel lettore il desiderio di piena luce. Perchè non ripor-
tare la figura dell'Incoronazione rappresentata sul vaso di bronzo
nel museo provinciale d'Hannover, allegato già dal Kraus e qui
• Walter Rothes Dr. Phil. Die Madonna in ikrer Verherrlichunf/ durch
die bildend» Kunst Koln a. Rh. J. P. Bachem (a. d.), 8«, XV-160 p. con
119 flg. e 10 tav. M. 5. leg.
1908, voi. 1, fase. 1382. U 11 gennaio 1908,
210 RASSEGNA
rammentato a p. 148, riferendo pure le ragioni che lo fanno
■cosi in confuso ascrivere al secolo XI o al XII al più ? Forsechè
verrebbe a scuotere l'opinione che la più antica Incoronazione fin
ora conosciuta sia quella scolpita sul cancello del coro (Lettner,
jubé) della campestre chiesetta di Vezzolano in Piemonte, che
porta la data esplicita del 1189? Noterò ancora che il mosaico
di s. Maria in Trastevere, non raflSgura Tatto stesso dell'inco-
ronazione, bensì Maria già coronata, sedente accanto al Figlio; e
quello di s. Maria Maggiore non si può annoverare tra i più anti-
chi esempi essendo del 1295, mentre alla cattedrale di Parigi se
ne vede una del 1210, e ad Amiens un'altra del 1225 incirca, e
altri altrove.
Ma se il caldo affetto, onde è scritto questo volume, sosterrà
l'autore nell'ardua fatica di ampliarlo, svolgendo la grande copia
di materia condensata, illustrando molte opere antiche e mo-
derne di altre nazioni appena enumerale, scegliendo nuove fi-
gure, riducendone altre a minori dimensioni, egli potrà darci
l'iconografia della Madonna più completa e meglio intesa di
quelle fin qui pubblicate. 11 primo saggio promette bene.
3. Una veneranda cattedrale, che conserva i lineamenti delle
diverse età del suo accrescimento, che possiede la più perfetta
torre gotica di tutta l'Allemagna, che contiene scolture, dipinti
e vetriere di gran valore: il glorioso Miinater di Friburgo in
Brisgovia, era stato già oggetto di dotte e suntuose pubblica-
zioni, ma aspettava sempre una monografia meno costosa e
non meno sicura, che portasse alla mano di tutti le eru-
dite conclusioni dei solenni volumi in folio. Oggi v'hanno
provveduto l'architetto del duomo stesso, Federico Kempf, e
il pittore Carlo Schuster con un volumetto maneggevole, gen-
tile come l'arte che deve illustrare *. Dell'insigne monumento,
fatto e rifatto e ampliato, non s' hanno memorie scritte anteriori
al 1301, quando già il coro romanico, la navata gotica e la
grande torre di facciata erano compite nelle parti essenziali ;
sicché volendo rimontare più addietro nelle date, forza è ricor-
rere ai criteri intrinseci, all'analogia col duomo di Basilea, con
la chiesa abaziale di s. Ursanne nel Giura bernese, col duomo
di Strasburgo. Cotali riscontri insieme con gli avanzi antichi
hanno guidate le sapienti ricostruzioni, che in nitidi disegni
^ Dos Freiburger Mùnster. Ein Ftthrer fOr Einheimische und Fremde
von Friedrich Kbmpf, MUnsterarchitekt, und Karl Schuster, Kunstmaler.
Mit 93 B.ldern. 12«(VIII n. 232) Freiburg i. Br. 1906, Herder Af. 3 leg.
ARTISTICA 211
ci fanno passare dinanzi il graduale trasformarsi della navata,
della crociera, delle torrette ottagone, del coro. Le piante della
torre maggiore, prese a differenti livelli, ci danno modo di stu-
diarne la poderosa struttura e l'ingegnoso passaggio dal qua-
drato all'ottagono, che s'innalza sempre più leggero, levando
a 116 metri la stupenda cuspide traforata. Notissima è l'ico-
nografia del portico che s'apre all'entrata sotto la torre; no-
tevoli non poche delle statue allogate in vari punti della chiesa
o nei tabernacoli su pei contrafiforti ; in alcune anzi non si sten-
terebbe a riconoscere l'influenza della statuaria francese, di
Reims in particolare, per es. nella Madonna e nell'angelo a
p. 116 e 117, come nel grazioso S. Giorgio della p. 50. Forse
i Freiburger Alunsterbldtter accoglieranno un giorno nuovi do-
cumenti, che vengano a restituire i loro diritti storici a tanti
anonimi, le cui opere belle figurano oggi accanto ai dipinti di
Hans Baldung, dei due Holbein, del Cranach sen. ecc. Intanto
quivi appunto, disotto la magnifica fabbrica che s'aderge tra
i fronzuti colli della Selva Nera, il solerte editore che è l' onore
della libreria cattolica tedesca, ha reso al monumento patrio
l'omaggio d'un gioiello letterario circondato della più squisita
eleganza tipografica.
4. Prima di lasciare la cattedrale di Friburgo, ci vogliamo
soffermare un momento dinanzi alle sue vetriere dipinte, insigni
tra le opere consimili in Germania, dalle quali il prof. Geiges
trae occasione ed esempi per illustrare tutta l'arte della pit-
tura su vetro, e di dare in succinto una storia tecnica di que-
st'incomparabile ornamento delle grandi chiese medievali. Il suo
studio veramente è intitolato dal duomo di Friburgo in partico-
lare *, ma quel tanto che finora è pubblicato non si restringe
a questo solo monumento, anzi spazia più largamente assai,
ricorrendo all'altre chiese di Germania e massime di Francia,
come già avevamo notato per conto delle due prime dispense *.
Nella terza, che frattanto è sopraggiunta, egli continua l'interes-
sante argomento, entrando a trattare degli effetti della luce, che
qui lavora per trasparenza, dei pochi colori adoperati dai pittori
vetrarii, dei loro contrasti, degli effetti di diffusione e delle
' Fritz Geiobs, Der alte Fensterschmuck des Freiburger Mùnsters,
Ein Beitrag zar dessen Kenntniss und Wtirdigung. I. Teil 13 u. 14. Jahr-
hnodert, 3 Lief. mìt 87 Abbild. u. 1 Taf. in Farbendruck. Freiburg i. Br.
Herder. — M. 5.
« V. 1904 voi. 4 p. 721.
212 RASSEGNA
conseguenti modificazioni che necessariamente bisogna intro-
durre nel disegno, dell'influenza delle commettiture in piombo:
tutti punti oggi studiati e ammirati negli antichi dipinti, seb-
bene non consti nettamente se gli artisti del medio evo ne fos-
sero veramente consapevoli, ovvero ci si dovessero adattare in
foi-za delle molte diflBcoltà e dei legami imposti dagli stessi ma-
teriali. Certo è però che tra quelle pastoie, essi seppero maneg-
giarsi con rara destrezza e ingegnarsi d'ottenere il supremo in-
canto dei colori.
La descrizione tecnica e storica della lavorazione del vetro,
il taglio delle lastre col ferro rovente, il disegno dei modelli,
lo smalto nero da dipingere e la dipintura stessa, indi la cot-
tura, l'impiombare e serrare tutta l'opera nei telai di ferro o
di legno, formano una quantità di notizie interessanti, cui s'ag-
giungono, riunite insieme in fondo ai capitoli, delle note im-
portanti, piene d'ei-udizioue, con una copia di belle figure rica-
vate da rilievi originali o anche da opere rare, che vengono a
concorrere in un prezioso capitolo di storia delle arti industriali.
5. La città d'Orvieto possiede nella tomba del cardinale Gu-
glielmo de Braye, francese, ivi morto nel 1282, un monumento
che oltre all'essere un'opera autentica di x^rnolfo di Cambio,
ha un alto valore artistico in se medesimo. Ivi apparisce la
nuova idea di collocare la figura del defunto su di un letto
funerario sovrapposto al sarcofago stesso, e velato di cortine,
che due belle figure aprono riverentemente ; mentre su tutto il
monumento è una grande ricchezza di policromia, distribuita
in lucidi mosaici cosmateschi sulle formelle del basamento, su
per le colonnine tortili e su su fino al trono della Vergine, che
sormonta ogni cosa. Ma tutta quest' architettura delicata nel
trasporto del monumento avvenuto nel secolo XVII fu scom-
paginata e poi ricomposta alia meglio, perdendosi e disperden-
dosi varii pezzi, alcuni dei quali oggi si conservano al museo
deirOpera. Tentare di restituirne la disposizione primitiva, iso-
lando la cella funeraria, rifacendo l'edicola della Madonna,
rimettendo il tutto sotto un grande ciborio a sest'> acuto, uti-
lizzando i frammenti esistenti e argomentando dai cibori consi-
mili di AiTiolfo a s. Paolo e a s. Cecilia in Roma, ecc. questo è l'ac-
curato e interessante studio dell'egregio ing. Paniconi *, libero
* Ing. Enrico Paniconi. Monumento al cardinale Gtiglielmo de Bray
nslla chiesa di S, Domenico in Orvieto, Rilievo e studio di ricostruzione.
Roma, 1906, in fol« p. 14, tav. 25.
ARTISTICA 213
docente d'architettura tecnica alla scuola degl'ingegneri in Roma,
li quaJe, colle grandi tavole del disegno complessivo e coi par-
ticolari minutamente disegnati al vero, fornirebbe gli elementi
occorrenti a rendere ad Arnolfo tutto l'onore dell'opera sua, se
mai si ponesse mano ad un restauro effettivo; e in ogni caso
presenterebbe agli amatori dell'aile il modello d'un monumento
funebre o con Ingerì ritocchi anche d'un altare, che oggi sa-
rebbe una felice rievocazione delle più belle tradizioni italiane.
IL
Di Caterina Volpicelli
istitutrice delle axgelle del s. cuore.
(1839-1894).
A sentire certuni si direbbe de' santi quel che dei poeti, che
cioè santi si nasce, non si diviene. E l'opinione tanto più vo-
lentieri s'insinua, quanto è più ricca di lusinghe per tutti, mas-
sime pei tanti tepidi amici della virtù, cui niente meglio sorride
come il poter fare della virtù medesima un privilegio solo di
pochi, nati sotto propizia stella.
Ma il fatto è che il virtuoso sentiero è in santi aspro e forte
come a tutti gli altri mortali. La santità è eroismo, e l'eroismo
non si dà senza asprezze e lotte da eroi. Solo che i santi l'eroismo
lo fanno, non l'ostentano, e questo fa pensar di loro quel che
non è. Ma S. Ambrogio che se ne intendeva ebbe tutt' altra
opinione e scrisse che i santi non furono « di più insigne
natura, ina di più osservanti costumi, che non ignorarono i
vizi, ma li corressero ». Questo sì che fu loro privilegio,
privilegio di sapersi vincere e di sapersi guidare: privilegio
quindi non di natura inconsapevolmente portata al bene, ma
di volontà risolutamente e faticosamente lottatrice pel bene.
Paà8i pur dunque l'equivoco quando si tratti di quelli tra i
santi-, in cui uiia sti'aordinaria precocità di portenti fa quasi
scomparir l'uomo dietro i carismi del soprannaturale, ma l'equi-
voco non è più possibile rispetto ai tanti altri in cui la santità
pare che conquisti a palmo a palmo U suo terreno e, pur splen-
dida come il sole, col passo graduale del sole cresce e s'innalza
e non arriva al meriggio se non cominciando dall'alba.
Ecco la donna mirabile che dà il nome a queste pagine.
214 DI CATERJNA VOLPIGELLl
Fu donna santa, ma d'una santità che non parve davvero
nata con lei, né infusa per vie straordinarie e tra vicende
portentose. Fu una santità che ella si lavorò colle sue mani
lentamente e laboriosamente, per il sentiero comune degli ordi-
nari doveri, salendo sempre sì, ma un passo dopo l'altro, e in un
tenor di vita all'apparenza così semplice che la sua storia po-
trebbe essere quella di molte altre anime. Semplicità però non
vuol dir facilità, e se fu semplice la vita della Volpicelii, non
fu semplice e scarso il merito, e il valore delle sue virtù : basta
sfogliare qualche pagina della sua storia *. Ma c'è di buono che la
semplicità se non altro ha le apparenze della facilità, e questo
è un vantaggio, perchè così gli esempi virtuosi non sbigotti-
scono la nostra pochezza, ma l'allettano e l'incoraggiano.
*
Innocente e buona sempre, non andò scevra, giovanetta, dalle
tendenze proprie del sesso e dell'età. Fu vana, fu orgogliosa,
amò il mondo con lo slancio di fanciulla dagli spiriti ardenti, di
buona società, di ricco censo, e di pregi di avvenenza, di brio,
e di coltura. Soprattutto era di una calda sensibilità di affetto,
che volto poi a più nobil segno, fu la molla possente della
sua ascensione. Ma ora non vagheggiava che le nozze.
Ella, benché gelosissima del suo abbigliamento, sempre vaga
di far bella pompa di sé, tuttavia le sue cure non le esauriva fra
i fronzoli della toletta. Apprezzava gli ornamenti del corpo, ma
non sì che non tenesse in gran conto quelli dello spirito. E la
prontezza e la perspicacia dell' ingegno sortito da natura, gliene
agevolavano il modo, e gliene accrebbe il desiderio la guida
illuminata d'un famoso maestro Leopoldo Rodino, della scuola
del Puoti. Sotto la cui guida imparò a gustare le gioie serene
dell'arte letteraria e in particolare della poesia dantesca, non
senza una qualche predilezione per studii filologici e di critica.
Quell'amore allo studio, accanto alle frascherie della vanità,
rivelavano in Caterina un fondo di assennatezza, e questa già
dava da sperare. Dicemmo quale fosse, in quegli anni verdi, il
suo anelito più vivo. Ora avvenne che anche per le abitudini
riflessive, favorite dall'applicazione allo studio, dovette forse, a
lungo andare, ripiegarsi su se medesima. Interrogò meglio le
^ Sac. Michele Ietti. Di Caterina Volpicelii, Istitutrice delle AnceUe
del S. Cuore, libri tre, Napoli, tip. D'Auria.
' ISTITDTRIGE DELLE ANCELLE DEL S. CUORE 215
sue aspirazioni, gl'innati istinti di grandezza che la frugava, e
si domandò se al suo cuore anelante non vi fosse, fuori delle
cose mondane, un oggetto ben più alto, e più degno. E la ri-
sposta il cuore suo medesimo non gliela fece attendere.
La fiamma della pietà cristiana che, pur languida, ardeva
sempre in quell'anima cristianamente allevata e cristianamente
affrancata, a quell'intimo eccitamento, si ridestò, dette dei guizzi
e il lume vivo agevolò la risoluzione e la risposta: si quel-
l'oggetto più degno vi era, oh! se vi eral Ed ecco spuntar al
suo sguardo quell'ideale divino, verso cui presto si orientò,
come fiore verso il sole nascente, tutta la vita di lei.
Ma ora, pur felice di vagheggiarlo, lo teme. Non per nulla vi
sono le seduzioni del mondo, le lusinghe delle gioie umane, e Ca-
terina si sente sempre donna. La nuova luce che rischiara la
sua coscienza ne ritempra le energie e i propositi, ma non
recide d'un colpo le ripugnanze della natura. E Caterina lo
sente, e tergiversa, e piange, e vuole e disvuole e mostra che
l'uomo vecchio, nonostante tutto, sta giù sempre vivo nel
fondo della oscura argilla umana, e pigro e ostinato non vuol
saperne di venire a patti. Fortunatamente non è debolezza sentir
gli ostacoli, che, alle anime forti anzi sono stimolo ad ambirne
con più ardore la vittoria.
E così Caterina attratta dall'ideale che sempre più vivo le
sorrideva dall'alto, non si sbigotti, non si stancò. Versando san-
gue e lasciando brandelli d'anima fra le asprezze d'una intema
angosciosa lotta, proseguì intrepida e non s'arrestò se non quando
con mano avida e convulsa giunse a stringere la palma vitto-
riosa. Da quel giorno, sgombrate le nebbie, risplendette sul suo
sentiero limpida e sovrana la nuova looe, che fu la luce di tutta
la sua vita, il Cuor di Gesù I
Non si creda però che per rispondere a questi nuovi ed alti
propositi ella si ritenesse in obbligo di rinftegare la terra e la
vita, fissa era cristiana e il cristianesimo non rinnega nulla,
salvo il male e l'errore: tutto il resto, anche puramente umano^
riconosce e consacra. Che se in nome d'esso talora si rinunzi
ai beni e alle gioie legittime della vita, come si fa da tante
aaime generose, ciò non è per deprimere o immiserir la vita,
ma per renderla più perfetta e più feconda, proprio come l'agri-
coltore che pota la pianta, non per distruggerla o isterilirla,
ma per crescerne bellezza e frutto. Del resto il cristianesimo è
una pianta vigorosa che può fiorire e fiorisce lussureggiante
216 DI CATERINA VOLPICELLI
sotto Ogni clima, nel terreno vergine e solingo del chiostro, come
nei campi aperti e battuti della vita del mondo.
Caterina non credette di mutar nulla al suo esterno tenor
di vita. Circostanze di famiglia e convenienze ragionevolissime
non le permisero di appartarsi subito dal mondo e vi rimase.
E iu questo anzi uno dei più bei tratti della sua vita.
Eia radicalmente un'altra di dentro, e di fuori appariva la
atei^iHa. Nel brio, nella cortesia, nel conversare, alle feste, al tea-
tro, ai passeggio, nessuno avrebbe mai sospettato che sotto
It^ t^l>oglie del mondo si celasse una Caterina che ben potea
flirti di Gesù. Solo il suo sguardo tradiva talvolta i suoi nuovi
pensieri: uno sguardo contemplativo e trasognato come di ehi
taglieggia un misterioso oggetto.
^\ii anche allora, si era così lontani dal dare la giusta in-
tf ijìivtazione a quella singolarità di contegno, che piuttosto ci
^i inendeva motivo per deduzioni a rovescio e con accenni
e sorrisi si celiava sul senso, creduto mondano, di quegli
iìj^tjaidi appassionati. Buon per noi che le dissimulazioni, vo-
loiilarie o no, non traggono mai in inganno l'occhio di Dio;
« i\m questo pensiero, Caterina sollecita solo del buon giudizio
divino, seguitava nel suo tenore, che un giorno meglio giudi-
cato anche dagli uomini tornerà a nuovo titolo di merito per
lei. Sotto le spoglie mondane viveva da sposa di Cristo e negli
ornamenti stessi delle vesti e dei gioielli metteva ytimoli e ri-
chiami per stringersi meglio a Lui.
\'Ì8se così qualche anno e finalmente potè lasciare la casa
padana. Da una parte vuoto il cuore da ogni affetto di terra,
dì ?7if^iitiva tratta ognor di più verso Iddio e non palpitava che
tl*urj unico supremo desio, l'onore e la gloria del Cuore di Gesù.
Duiraltro gliene dava stimolo il vivo schianto che provò per la
morie improvvisa della madre, e le angustie dolorosissime di
ipirilo, in cui l'anima si dibattette per anni. Era vissuta fin qui
eunic colomba fuori del nido. Non sapeva più stare alle mosse
** spiccò il suo volo.
Siamo al tratto più lungo e più fecondo della sua vita, la
?ita di religiosa e fondatrice. A noi basterà riassumere suc-
fiu la mente.
Non conlenta di dedicare se stessa all'amore di Dio e al-
rapoi!jtolato, volle con sé una schiera di vergini sorelle, e sta-
ISTlTaTRIGB DELLE ANCELLE DEL S. CUORE 217
bili il SUO nido su d'un'amena e tranquilla contrada della
cHtàdi Napoli, detta la « Salute », che, d'allora divenne il centro
irradiatore di salute di tante anime. Istituì prima Topera del-
< l'Adorazione riparatrice e del sovvenimento delle Chiese po-
vere » e poi la Congregazione dell' < Ancelle del S. Cuore ».
Non è u dire se al prospero incremento dell'una e dell'altra
si dedicasse con tutta l'anima. L'intelligenza» l'attività, l'ardore,
della prima giovinezza spensierata, qui al lume del nuovo ideale
si ritemprano e si dirigono a uno scopo ben più alto. Gli studii
fatti, il gusto delle belle arti pone ugualmente a profitto : so-
prattutto nella delicata e ardente sensibilità dell'animo attinge
un tesoro di tenerezza materna per la sua nuova e spirituale
famiglia. Sente molto la bellezza dell'arte e della natura e se
ne giova per sé e per le altre al culto e all'amore di Colui che
è fonte d'ogni bellezza.
Ma più si esalta nella bellezza morale della virtù. Fin da
quando uscita dalle ombre crepuscolari del suo spirito moveva
i primi passi sul sentiero luminoso dell'intera giustizia, provò
un fascino di cui lasciò scritto nelle sue <^ Memorie » così : « Una
luce divina sfolgoreggiava e stenebrava il mio spirito. Il mondo
mi compariva, quale è, torbido, vile, noioso ed abbominevole; le
virtù evangeliche mi si presentavano belle e sublimi in un modo,
non saprei come dire, spiritualmente seasìbile, sicché vagheg-
giandole, aspiravo al loro acquisto. >
E che non fosse un sentimentalismo ascetico, altrettanto va-
poroso che instabile, lo mostrò ben presto : coU'ardore cioè e la
costanza onde si mise a battere il nuovo sentiero fatto di amore
e di dolore e coU'operosità indefessa della sua vita apostolica.
Nella sua anima d' idealista anelante alle bellezze superne
della santità e colla nausea che provava per la terra e pel
mondo, niente poteva sembrarle più ovvio e spontaneo che rin-
chiudersi fra le pareti impenetrabili d'un chiostro di clausura
e vivervi come stelo solitario in valle romita, volto e fisso
all'infinita serenità dei cieli. E questo era stato infatti il lungo
desiderio del suo spirito. Ma vide che ai nostri tempi non basta
esser buoni per sé ; che la nostra fede vuol essere militante per
combattere i cresciuti avversari della Chiesa. Che come dalla natura
ci vien l'obbligo di viver nel mondo non solo per noi, ma come
dice Platone, e meglio di lui. Gesù Cristo, per i genitori e i con-
giunti, per gli amici, la patria, i poveri, che è quanto dire per
tutti coloro coi quali viviamo e che hanno bisogno di noi ; così
218 DI CATERINA VOLPiCELLI
molto più quest'obbligo ci viene dallo spirito cristiano nel campo
dell'attività morale e spirituale. E non ci volle altro perchè ella
si regolasse con questi larghi criteri e v' informasse il suo zelo
di religiosa e di fondatrice. Colla stessa sua esperienza aveva
imparato a conoscere quanto poco alligni la virtù nel mondo
e allignata che vi sia, dì quanti aiuti abbia bisogno e fra quanti
disagi viva, fatta segno all'indifferenza e al dispregio, alle in-
sidie dei più. Ebbene appunto qui ella rivolge le sue mire: a
seminare e coltivare il fiore di virtù sul terreno incolto del
secolo.
A questo scopo, oltre tutto un complesso di regole, non volle
prescrivere altr'abito alle sue figlie religiose da quello ordinario
d'ogni donna; e dei tre gradi che formano la Congregazione
delle Ancelle, quelle del secondo e terzo non soa tenute neppur a
vivere in comunità, ma con certe cautele, restano a diflFondere il
buon odore di Cristo nel seno delle rispettive famiglie. E a tale
prescrizione ella attribuiva tanto più valore in quanto sapeva
di aver per sé, fra gli altri, l'esplicito voto del Card. Monaco e
del Card. Mazzella. Sicché sul letto delle agonie fra l'ultime solenni
raccomandazioni che lasciò alle figlie, la prima fu questa dell'abito
secolare. Un vestire positivo ma decoroso secondo le varie persone
e i luoghi e i tempi, senza di che le Ancelle — diceva — sareb-
bero riconosciute e non potrebbero fare il bene in mezzo alla
società.
Ma la fonte di tutto il bene che ella desiderava e si pro-
poneva era sempre il Cuore di Gesù, sole di verità e di a-
more, attorno a cui l'anima di lei, come stella fiammeggiante,
rotava di continuo nell'ardore di una fede e di una carità sempre
più accesa.
E così nel tristo secolo che fu suo, ricco di rivoluzioni po-
litiche e sociali, offuscato dall'ombre fredde dell'irreligione e
della licenza, colla Chiesa desolata, coi suoi ministri persegui-
tati da leggi ostili, ella passò come mite visione, confortando
coir esempio, stimolando coU'opere e diffondendo intomo a sé
luce di amore e di virtù. Peccato che il suo pellegrinaggio
mortale si restrinse fra due brevi termini. Nata nel gennaio
del 1839 mancò ai vivi il decembre del 1894. Ma i 55 anni
di età s'intensificarono di meriti e bastarono perchè lasciasse
dietro a sé un'eredità di esempi e di affetti che non si dilegue -
ranno col tempo.
ISTITUTRIGE DELLE ANCELLE DEL S. CUORE 219
Un martedì dello scorso ottobre gli avanzi mortali di questa
donna ammirabile dal cimitero di Napoli furono trasportati al
Santuario del Sacro Cuore da lei fatto erigere alla Salute, centro
della sua attività apostolica, e quel giorno medesimo vedea la
luce il terzo ed ultimo volume della vita di Lei, dettata dal
l'illustre sacerdote napoletano Michele letti. Son queste due
circostanze che ci fornirono Toccasione di dettare questi brevis-
simi cenni su Caterina Volpicelli.
]BI]Br^IOOK^A.F^lfA.
LA VITA RELIGIOSA. — Rivista
Firenze, 1908, 8, 64 p.
« La Vita religiosa è una pub-
blicazione creata da alcuni redattori
deUa cessata rivista di Studi Re-
ligiosi, col proposito di continuarne
Uberamente e fedelmente il program-
ma *. Però essa « apparisce in mo-
desta apparenza ». E perchè? Anzi-
tutto perchè si vuol lasciare ai lettori
« campo Ubero e mezzi per associarsi
anche ad altre riviste ». A p. 63, tra
le migUori riviste straniere « ed
eventualmente più utili ai nostri
associati », si propongono e racco-
mandano « come eccellenti sotto ogni
rapporto » le seguenti : Annales de
PhiloHophie chrétienne, Revue hi-
blique. The Hibberi Journal (perio-
dico anglicano) e Hochlaìtfl; tra le
italiane « abbiamo nel campo reli-
gioso cattolico il Rinnovamento e la
Rivista di Coltura » . Anche la Ras-
segna nazionale trova grazia, perchè
« pubblica di frequente buoni articoli
in questo senso ». E qui si fa punto.
« Di altre riviste simili di scienze
religiose, per ragioni facili a capirsi,
non possiamo tener conto » . Per non
dir altro, passa ogni limite l'auda-
cia di proporre pubblicamente ai cat-
tolici, come rivista degna di calda
cattolica. Anno I. Fascicolo I.
raccomandazione, Il Rinnovamen-
to, su cui pesa la pubblica con-
danna della S. Sede. L'altra ra-
gione deir « apparenza modesta » è
che i redattori « vogliono incarnare
nella Vita un'Idea precisa ed orga-
nica » esclusa « ogni retorica », il
che non sarebbe facile ottenere « di-
latando lo spazio per gli estranei » .
La rivista è quindi riservata ad al-
cuni redattori, quelli « della cessata
rivista », che cosi si trovano « uniti
personalmente o per lettera in frater-
na comunione di fede e di scienza » . La
chiesuola (ideale e romantica) di Via
della Vite in Roma avrebbe dunque
la nuova succursale (reale) a Firenze.
C'è però una novità. La direzione dei
cessati Studi religiosi era affidata
ad un sacerdote ; ora invece « la di-
rezione della rivista è laica ». Cosi
credono i suoi promotori di poter
continuare più « liberamente » e più
« fedelmente » il loro programma,
celando la sottana del prete sotto la
corta giubba del laico, a fine di elu-
dere r ingerenza dell'autorità eccle-
siastica e non avere tra' piedi le pa-
stoie deW Imprimaturf che di fatto
in questo primo numero non appare.
220
BIBLIOGRAFIA
E non riflettono che cattolici, i quali
pubblicano una rivista che si dice
- rattolica » e tratta di studii reli-
iihysìy sono per ciò solo soggetti alla
revisione ed all' Imprimatur, e con
ragione più forte ancora perchè sono
litici e senza affidamento di serii
ubidii fllosoflci e teologici.
Non entriamo nell'esame partico-
in questo fascicolo. Parecchie cose
si potrebbero fortemente censurare e
pel rimanente non sarebbe difficile
mettere a nudo lo sforzo di una ve-
lata prudenza, che però fa intendere
quel che astutamente si tace. Lo
spirito della pubblicazione non è
buono, e tanto basti avvertire, perchè
i cattolici respingano con isdegno la
nuova insidia.
Lireggialo degli articoli contenuti
ih De FERENZY. — Vers l'union dee catholiques de France. Pré-
face par É. Flourens, ancien ministre des aft'aires étrangères.
Paris, Bloud, 1907, 16°, 354 p.
« Quando avremo alzato una diga tere indirizzate all'autore dai più
iiM)astanza alta per arrestare la fiu-
mana ascendente della barbarie, al-
lora potremo riprendere le nostre vec-
chie discussioni teoretiche». Queste
parole del sig Flourens, antico mi-
nistro degli esteri, nella prefazione
del libro, bastano a chiarire tutta la
importanza del soggetto in esso trat-
tato. Il eh. autore si propone appunto
rolla presente pubblicazione di far
iiessare le polemiche violente tra i
tattolici e di ottenere un ravvicina-
Tnento personale dei capi militanti di
tutti i partiti e di tutte le scuole,
nbe portano il nome cattolico, per
concertare un' azione comune sul ter-
reno religioso.
Quindi nella prima parte espone
le varie opere, istituzioni, comitati,
leghe e federazioni cattoliche, offrendo
per ciascuna ragguagli autentici e
jtórticolarì, che mettono il lettore in
'Condizione di conoscerne esattamente
r indole, l'attività e l'importanza.
Nella seconda parte, dopo alcune let-
eminenti rappresentanti del movimen-
to cattolico francese, quale risultato
della inchiesta da lui condotta sulle
vie da seguirsi e sui mezzi da ado-
perarsi per raggiungere la bramata
fusione delle forze militanti.
11 eh. autore si mostra sempre
animato dal desiderio più ardente e
sincero della concordia, e perciò pro-
cede verso tutti ì rappresentanti delle
varie opere cattoliche con grande ri-
spetto e carità, e chiude il suo libro
con una esortazione affettuosa all'u-
nione e alla solidarietà fraterna. Vo-
glia il Signore concedere presto alla
Francia questa grazia, da cui dipende
la sua salvezza !
E noi crediamo che ciò avverrà
quando l' Action liberale, come as-
sociazione politica, e V Action popiP-
lairey come istituzione di coltura e
di propaganda, saranno veramente
riconosciute e sostenute da tutti l
cattolici francesi quali istituzioni na-
zionali e centri generali del movi-
mento cattolico.
Vers raction, 2. ed.
Lere di vescovi, si contengono le let
P. L. PÉCHENARD, eveque de Soissons
Paris, Bloud, 1907, 16", VIlI-330 p.
Sono quattordici discorsi, pronun- studiosa o in occasione di congressi
eiati dall' illusti'e vescovo di Soissons, e di distribuzione di premii. Gli ar-
i[iiando era rettore dell'istituto cat- gomenti sono quindi adattati all' u-
Lolico di Parigi^ dinanzi alla gioventù dienza e all' indole del tempi : la col-
ATTUALITÀ
m
tura intellettuale e la preparazione
alia rerità, la vita morale e sociale,
il patriottismo, l'azione sociale dei
giovani, la scienza; il valore perso-
nale, le convinzioni, Io studio della
religione, la coltura della volontà, i
motivi ài sperare, il magistero di
Gesù Cristo ; temi questi che vengono
namento, scioltezza di sviluppo, evi-
denza ed efficacia di stile, splendore
imaginoso di locuzione e calore di
convinzione e di affetto, che sono
propri! della eloquenza francese, e
che in mons. Péchenard hanno tro-
vato un autorevole interprete e uno
degli esempii più degni di essere
imitati.
svolti con quella chiarezza di ragio-
CH. DUPUIS. — La crise religieuse et T actioa iiitellectuelle des
catholiques. Paris, Bloud, 1907, 24°, 92 p.
Il eh. autore si propone in que- sul terreno politico. Seuza negare
sVopuscolo di animare i cattolici fran- l'importanza e opportunità di un giu-
cesi a ristorare le gravissime perdite,
cagionate aUa Chiesa dalla legge di
separazione e dalla persecuzione gia-
cobina, eoa un lavoro intenso e ge-
nerale di azione intellettuale, per la
riforma religioea e per la conquista
del popolo, specialmente acconciando
rinsegnamento della dottrina e la
divulgazione del pensiero religioso,
non in quanto alla sostanza, bensì
in quanto alla forma, alle esigenze
ed asfnFazioni del tempi moderni.
Per aver traaeurato tale modernità
di tattica o di metodo, osserva egli
che il cattolicismo in Francia fu vinto
G
sto lavoro di adattamento alle con-
dizioni dei tempi, pare a noi tuttavìa
ch'esso dovrebbe precipuamente con-
sistere in sospendere tutte le discus-
sioni accademiche, per riunirsi in-
torno a un sol centro di azione ge-
nerale e trovare in primo luogo,
nella unione e fusione di tutti i mezzi
materiali e morali, la forza necessa-
ria per creare una stampa quotidiana
che sia capace di vincere l'audacia
rovinosa del giornalismo contrario.
Senza di che, tutto il resto non fa
buona presa, e trova difficoltà insor-
montabili.
ANDRÉ. Luttes pour la liberté de TÉglise catholique aux Élals-
uni9. PaHs, Lethielleux, 1907, 16», 114 p.
Dimostrare ai propri connazionali legislazioni ; e) reciproche cordiali re-
lazioni della Chiesa col popolo, con
gli Stati particolari e col Governo cen-
trale. Non anni, ma più di due se-
coli durò la lotta; clero e fedeli si
dettero la mano, pronti così a prender
Tarmi per la tutela dell'indi pendenza
della patria, come a stringer la penna
e alzar la voce per la libertà della
religione cattolica. Né pochi né de-
boli eran gli ostacoli ed i nemici da
vincere: pregiudizi inveterati del pro-
testantesimo contro il cattolicismo,
assalti della forza materiale, violenza
legale, tumulti settarii, insubordi-
nazione d'alcuni fedeli, ingerenza del
coir esempio eloquente degli Stati
Uniti come sì lotti per la conquista
della libertà religiosa è lo scopo dì
queste pagine, scritte da chi visse
per lunghi anni in quelle regioni, in
mezzo a quella società giganteggiante
nel Nuovo mondo. Triplice fu ivi la
vittoria della Chiesa cattolica : a) li-
bertà rampollante dalla dichiarazione
ufficiale fatta dal Governo della sua
incompetenza nelle materie religiose,
sancita nel primo articolo degli emen-
damenti alla costituzione del 1789;
b) rispetto del diritto ecclesiastico
nelle diverse province e nelle loro
222
BIBLIOGRAFIA
potere laico neirorganizzazione gerar-
chica. Ma tutto cadde. L' indiano fe-
roce si prostrò ginocchioni al tumulo
del martire da lui oppresso; la per-
secuzione legale sfumò a' raggi del
patriottismo dei cattolici, tutti d\in
sol pensiero e d*un sol cuore pel bene
della novella nazione ; le passioni e
i moti settarii scemarono davanti alla
meragliosa fecondità dello zelo de' ve-
scovi e del clero illuminati dal faro
del Vaticano, e stretti a Pietro nel-
A. CHI APPELLI. — Cronologia jB
nograficke e quadri sinottici per
cipio delVEra Cristiana ai giorni
XXXIII, 419, L. 6,50.
I lavoratori d'archivio sanno
troppo bene quali incagli nel deter-
minare le date delle scritture antiche
provengano dalla diversità dei si-
stemi usati per l* addietro nel com-
puto degli anni, dei mesi, dei giorni,
o dall'uso di ère differenti dalla vol-
gare. Ora sono allegati i consoli, ora
gì* imperatori o i re o i papi, quando
l'èra bizantina, quando la spagnuola,
l'indizione o l'egira di Maometto, o
il caleudario giuliano non riformato,
o lo stile veneto o il fiorentino dal-
l' Incarnazione, ovvero il pisano o il
francese. Spesso, specialmente nel
medioevo, non è assegnato il mese
né il giorno, ma una festa religiosa,
la ricorrenza d*un santo, p. e. la
domenica Està mihi (quinquagesima)
o Inclina Diìe (XV dopo Penteco-
ste), ecc. ecc. È un viluppo che bi-
sogna pure distrigare, ai quale perciò
l'egregio autore di questo manuale
ha voluto portare l'aiuto della sua
esperienza e della sua dottrina, in-
Tunità della disciplina ecclesiastica.
Tali fatti gridano alto qual sia
il cammino per giungere a conqui-
stare e difendere, conservare ed accre-
scere i diritti della fede e della Chiesa.
L'André li addita a' cattolici francesi
e ne trae gravi ammaestramenti pel
loro indirizzo pratico: anche noi del
« bello italo regno » , non faremo un
gran peccato, se ne dedurremo qual-
che norma e eccitamento per la no-
stra azione civile, sociale e religiosa.
Calendario Perpetuo. Tavole ero-
veri ficare le date storiche dal prin-
nostri. Milaìio, Hoepli, 1906, 16«,
formata a spirito di vera esattezza
scientifica. Quindi alle tavole crono-
logiche, riscontrate sempre coli' èra
volgare, fa seguire il calendario per-
petuo, poi un glossario di date e di
nomi e feste religiose, una lista di
santi; e da ultimo, nella seconda
metà del volume, la successione dei
sovrani nei principali Stati d^Europa.
Qua e là, p. e. nelle note sulle
feste, qualche menda è restata, ma
non mette conto di rilevarla, di
fronte alla copia di notizie, di date,
di precisione, condensate in sì pic-
cola mole. Che se l'A. ha mirato
principalmente agli archivisti e sto-
rici diplomatici, egli ha fornito un
tesoro di gran pregio a tutti gli stu-
diosi di storia : perchè la cronologia
insomma, più che una scienza ausi-
liaria, è come la salda inquadratura
entro la quale si debbono riguardare
gli avvenimenti della storia. Tra i
manuali Hoepli questo è uno dei mi-
gliori.
Prof. G. KURTH delFuniv. di Liegi. — La Chiesa alle svolte della
storia (L'Église aux tournants de rhìstoire). Versione eseguita
sulla 2» ed. francese. Siena. S. Bernardino, 1907. le^ XIl-152 p.
L. 1,50.
STORIA
223
Il tìtolo risente del francese, come
purtroppo altri passi della traduzione,
nuL la sostanza dell* opera è eccellente ;
è degna cioè dell'insigne storico belga,
il quale unisce alla profondità e si-
•curezza della erudizione, il brio, la
chiarezza, la popolarità dell'esposi-
zione; e, ciò che tutto corona, uno
spirito schiettamente cattolico. Con
questo il Kurt studia nella introdu-
zione la missione della Chiesa, come
società di anime e regno di Dio sulla
terra, per cui il mondo si venne tutto
rinnovando; indi in sci lezioni ne
descrive l'attuazione, cioè i modi sva-
riati e molteplici onde la Chiesa
adempì la sua missione lungo il corso
dei secoli, e segnatamente nei grandi
rivolgimenti, ossia punti più decisivi
della storia. Così noi vediamo la
Chiesa vittoriosa degli ostacoli che
. le frapponevano da prima i giudei
col loro spirito gretto e nazionale,
che avversava ostinatamente T uni-
versalità del cristianesimo, chiamato
4id essere per essenza la religione non
di un popolo solo, ma del genere
umano; di poi i barbari che ne di-
struggevano l'opera di conversione e
d'incivilimento ; il feudalismo che ne
minacciava la stessa costituzione, il
neo-cesarismo che ne attentava alla li-
bertà; il rinascimento, che voleva cor-
romperla con un nuovo paganesimo;
da ultimo la rivoluzione che si con-
tendeva a schiacciarla con la violenza,
il sangue, la calunnia.
Questuiti ma continua più che mai
furiosa l'opera sua persecutrice : ma
al sanguinoso e sinistro ideale, scrive
il Kurth, rappresentato dalla ban-
diera rossa sormontata dal berretto
del forzato, la Chiesa contrappone il
suo incomparabile ideale d'amor di
Dio e degli uomini coronato dal se-
gno della croce... Non c'è da du-
bitare ch'ella finalmente trionfi, quali
si siano le apparenze contrarie. Anzi
questo medesimo trionfo apparente
del male, precipitando gli avveni-
menti, affretterà l'alba del giorno nel
quale l'umanità non avrà più che la
scelta fra la civiltà cattolica e l'anar-
chia rivoluzionaria: quel giorno la
scelta sarà fatta. E l'anima dello storico
già presente il trionfo e ne giubila.
SAVIXI. — Gli edifìzii teramani nel medio evo. Studio tecnico-
storico corredato di 62 tavole fototipiche. Roma, Forzanì, 1907,
8% 60 p.
È il lavoro più recente del Sa vini,
il quale con pari amore che intelletto
in più scritti ha tolto ad illustrare
le gloiie e le bellezze storiche della
natia sua Teramo. 11 presente è uno
.studio accuratissimo degli edificii te-
ramani nei medio evo. Bel soggetto
e ben trattato. Vi si parla de! lo stile,
delle forme, delle parti degli edifizii,
com'erano nell'alto e nel basso me-
dioevo, e di tutto ciò che con essi
Ila stretta attinenza, con grande mi-
nutezza e precisione storica e tecnica.
Alio scorrere queste pagine, voi ve-
dete rivivere sotto gli occhi tutta
Tedilizia medievale d'una città colla
moltiplicità dei suoi muri, archi, fi-
nestre, porte, tetti, gronde, mensole,
torri, colombaie, merli, altane, portici,
ballatoi, scale, soffitte, imposte, fer-
ramenta, stemmi gentilizii, orti, ponti,
bastioni, fosfati... e tutto illustrato
dal corredo di 62 nitidissime tavole
fototipiche.
Il medio evo ha sempre un fa-
scino per chi lo studia e lo rivive
anche nelle minutezze; e questo fa-
scino si sente nello scorrere il volume
del Savio i, che quindi merita tutta
l'attenzione degli specialisti in ma-
teria, e fa onore all'antica e nobile
città d'Abruzzo.
224
BIBLIOGRAFIA
Sac. D. CAxMBlASO. — Cremeno
venlù, 1907, 16% VIII-248 p.
Il desiderio già tante volte espres-
so che ogni parrocchia, ogni Comune,
sebbene d'importanza storica secon-
daria, provvedesse alia pubblicazione
della sua storia, o almeno di un re-
gesto dei propri documenti, che po-
tesse valere di poi alla storia gene-
rale, si viene in qualche parte at-
tuando; e la Liguria in particolare
ce ne dette già parecchi utili esempi.
Questo, del eh. sacerdote Dome-
nico Cambiaso, è uno dei più com-
moventi ; perchè, com'egli scrive, se
piccola è la mole del libro, non fu
lieve però la fatica a comporlo. Sono
migliaia di documenti, di citazioni,
di memorie... e tutti questi docu-
menti e memorie se costarono tempo
e fatica a ricercarli, non richiesero
meno studio per riordinarli, per col-
locarli sotto quel punto di vista che
meglio conveniva. Né chi percorre il
libro potrà dubitarne; e certo anche
non potrà esimersi da un senso di
commossa ammirazione per lo* scrit-
tore, che tanta fatica durava per la
storia di un umile villaggio.
Ma la fatica non è gittata; tut-
t'altro. L umile villaggio ha le sue
glorie, civili e religiose, fra le altre
quella d'essere stato culla o sede della
vetusta prosapia dei Visconti, detta
perciò di Cktrmandhio (nome primi-
tivo, da cui si formò poi Carmaino e
Cremeno), la quale tanta parte ha
nella storia delle origini di Genova
e delie sue nobili famiglie. Le glorie
poi e le vicende del modesto paesello
vanno connesse a quelle di tutta la
e la Polcevera. Geìwva, tip. Gio-
ridente valle della Polcevera, che non
a torto fu chiamata per le sue bel-
lezze « regina delle valli » , e per la
sua importanza, fino dalla remota an-
tichità, traeva a sé le cure del po-
polo romano, come appare dalla fa-
mosa tavola di bronzo, dell'anno 117
avanti l'èra volgare, che ne traccia
i limiti e le divisioni. Di essa perciò
tratta insieme il Cambiaso, descri-
vendone in brevi cenni le condizioni
e la vita prima neirantichità — all'e-
poca pagana quando i Genuates e i
Veturli Langenses si disputavano il
fertile agro dell'amena ProcoOera, e
all'epoca cristiana , quando per la
grande via Postumia , che tutta la
percorre a lei giungevano i primi
banditori della buona novella — di poi
nell'età medievale e nella moderna, '
fino ai tempi nostri.
Alla narrazione segue, in oppor-
tuna appendice, una serie di docu-
menti e di note: la tavola di bronzo
della Polcevera — la quale però avrem-
mo amato meglio veder riportata nel
suo latino arcaico, anziché nella tra-
duzione del Poggi — documenti rela-
tivi ai Visconti di Cremeno, alla par-
rocchia ed a materie ecclesiastiche,
al villaggio di Cremeno, ed altri.
Quest'operetta, frutto di studio
paziente ed amoroso, non sarà dun-
que inutile alla storia gloriosa dei
Liguri , mentre fa nota quella di un
modesto villaggio della Polcevera. Es-
sa si vende a benefizio della chiesa
parrocchiale di Cremeno, la quale vi
ha pure un suo capitolo di stoiia.
Teol. V. ROSSI. — Cuneo e il suo Santuario della inir.icjlosa Ma-
donna deirOlmo e delle Grazie con appendice sulla Madonna della
Riva. Cuneo, Isoardi, 1907, 16^ 192 p. L. 1. A beneficio del
Santuario.
Questo libro è frutto della pietà cerche storiche o critiche dell' autore-
e dello zelo, più che di lunghe ri- Egli ci narra come gli « capitò f^a
STORIA
225
le mani un vecchio libro in cartape-
cora, che fii per lui rivelazione* e
tesoro», e portava il titolo: Breve
compendio delle Grafie e Miracoli
operati a beneficio de" suoi devoti
da Maria Vergine dell' Olmo, della
fedelissitna e sempre vittoriosa città
di Cuneo, ecc. (In Garmagaola 1711).
L*aQtichità dell'opera non è cosi
grande, né il valore storico certa-
mente indiscutibile in ogni punto,
per i voli oratori i e lirici del buon
frate agostiniano, Franseaco Amedeo
Leverà, « predicatore generale del-
rOrdine di S. Agostino», che n'è
Tautore, per la sua lontananza d«a
&tto miracoloso che dette origine al
santuario (1593), per le lacune della
sua narrazione, e simili. Ma per altri
rispetti non manca di pregio, sic-
come testimonio della tradizione po-
polare stabilita, delle grazie ottenute
dai fedeli in quel santuario, e del
culto antico e straordinario quivi
reso alla Vergine miracolosa. La sco-
perta del piccolo volume parve quindi
piamente all'autore, custode dell'an-
tico santuario, come una voce del
Cielo che lo animasse a ravvivarne lo
scaduto splendore, e rinfrescarne la
memoria nel popolo. Questa fu T ispi-
razione del libro; nel quale il pio
autore ci narra, dietro le orme del
Lovera, le origini e vicende del suo
santuario e di poi ne continua la
storia fino ai tempi nostri, conse-
crando anche un intero capitolo alla
celebre battaglia della Madonna del-
l'Olmo, combattutasi colà presso fra
Carlo Emanuele III e T esercito
dei Gallo-Ispani alleati (80 settem-
bre 1744). Anzi dovendo parlare del
santuario, parve a lui doveroso di
« prendere le mosse dalla città fedele
che lo vide sorgere alle sue porte » :
sicché questo libro comprende notizie
molte e svariate sopra la gentile città
incuneata fra la doppia sponda del
Gesso e della Stura.
L'autore ha voluto con ciò corri-
spondere non solo alla pietà sua e
dei di voti, ma anche al giusto desi-
derio dei suoi concittadini ed al bi-
sogno, com'egli ci assicura, di « chi
non conosce la città di Cuneo se non
attraverso ad una leggenda dovuta
forse all'invidia delle incontestate
sue glorie » .
HERfeERT M. VAUGHAN. — The
Stuart, Cardinal Diike of York
Methuen A Co., 1906, XIX-309
Questa si potrebbe chiamare una
storia del tramonto della reale casa
d^ll Stuart, ed è scritta con caldo
affetto e attrattiva potente, massime
per gl'italiani e per Roma, ove in
gran parte si svolgono gli avveni-
menti. Ecco il pretendente Giacomo
m eolla sua famiglia morire il 2
gennaio 1706 nel palazzo Balestra al
ss Apostoli ; indi suo figlio maggiore
Carlo III, denominato il conte di Ai
bany, che fini ivi stesso i suoi giorni
a' 30 gennaio 1774, non sa adattarsi
alla perdita del trono, e dell'infedeltà
last of the royal Stuarts, Henry
. With 20 illustracions. London^
p. Sch. 10.6.
della eiposa cerca un sollievo nel bere;
Luisa di Stolberg, contessa di Al-
bany, scappata dal marito, la quale
colle sue relazioni coli' Alfieri fece poco
onore alla Simiglia e particolarmente
al troppo spregiudicato cardinale En-
rico di York; poi Clementina Wal-
kinsaw madre della duchessa di Al-
bany, Carlotta Stuart, figlia di Carlo
III, tutta amore e sacrificio verso il
padre infermo; indi papa Benedetto
XIV che nomina cardinale il giovane
Enrico dì York ; Clemente XIII che lo
fa vescovo di Frascati, senza però ri-
1908, voi, i, fase, 1382.
15
11 gennaio 1968,
2i6
BIBLIOGRAFIA
eonoscere ufficialmente Carlo III come
i-e, seguito in ciò da Clemente XIV
e da Pio VI; infine la più eminente
fl^ra di quésta storia, il cardinale
Enrico, duca di York, che rende ira-
nensi servigi allo Stato della Chiesa
6 al suo vescovado di Frascati, con
tale affetto alla sede apostolica, con
tanti dolori e privazioni, che fanno
perdonare i suoi errori.
Notiamo un'inesattezza singolare
in uno scrittore cosi versato nella
storia, come il Vaughan, cioè che in
occasione della soppressione della
Compagnia di Gesù nel 1769 (doveva
dire 1773) il cardinale abbia preso
per suo seminario vescovile « il col-
legio dei gesuiti ora abbandonato » .
GENDRY. — Pie Vi. Sa vie-son pontificat (1717-1799) d'aprés les
Archives Vaticanes et de nombreux documents inédites. Paris,
Picard, 1908,8% XIV-5Ì8; 516 p.
Lunga, paziente, minuziosa ri-
cerca durata quattro anni negli ar-
ehivii vaticani, ci dice aver premessa
airopera sua il eh. autore, e noi gli
crediamo sulla parola: egli si mo-
stra veramente l'archivista minuzioso
e tutto ingolfato nel suo lavoro di
svolgere polverosi manoscritti, de-
cifrare le carte ingiallite, ammassare
documenti di ogni fatta che gli ven-
gano a mano. Quanto poi a coordi-
narli debitamente o discuterli» dando
a ciascuno il suo valore e il suo peso,
a riscontrarli con altri che possono
esistere altrove e aggiungono ai primi
luce e conferma, ovvero smentita for*
male, e tener conto delle opere pub-
Uicate intorno al medesimo soggetto,
e illustrare questo con lo studio «iei
problemi delicati e delle questioni
eomplesse che vi hanno attinenza,
insomma darci un lavoro storico si-
curo e compiuto, è tutt'altra cosa. Né
in questa fu del tutto fortunato il eh.
autore, com^egU stesso n'ebbe il fonda-
to sospetto e con lodevole commovente
modestia ce lo manifesta nella pre-
ftizione della sua opera. Quindi fino
disile prime pagine occoirono le la^
ouDe.
L'a. dice (voi. I, p. 3) che il piccolo
Braschi « all'età appena di dieci anni
fti affidato ai Padri della Compagnia
di Gesù » e non dice dove ; che « for-
niti gli studi! letterarii scientifici e
storici, si dette allo studio del di-
riuo » e neppure qui ci fa sapere
dove. Ci racconta (a pag. 4) che « al
20 aprile 1735 egli riportò la doppia
palma di dottore in utroque iure » ;
e in un medesimo tratto, ricevuto
avvocato e aggregato al collegio dei
venti giuristi d^l'università della
sua città natale, cioè di Cesena, al-
l'età cioè di poco più che diciassette
anni (era nato, com'è noto, nel di-
cembre del 1717). Ma parecchie diffi-
coltà suscitano questi particolari, che
l'autore doveva sciogliere : tanto più
che appresso ci narra come il Bra-
schi passò all'università di Ferrara
« a fine di compiere ì suoi studii di
giurisprudenza ». E questi sono i
punti meno scabrosi della sua storia.
Ben altre sono le lacune e le diffi-
coltà che s'incontrano quando l'au-
tore passa, ad es., alla trattazione
dei conclavi, dei concordati e delle
relazioni del Papa, massime di Cle-
mente XIV, coi princìpi ecc., dove le
mene dei politici, l'arte dei loro di-
spacci, le finzioni della diplomazia
concorrono ad arruffare la matassa.
Ma, sorvolando altri punti, non
possiamo omettere le gravi insinua-
zioni, o anche aperte calunnie, che
il buon canonico muove a molti ge-
suiti, con ottima intenzione, non vo-
STORIA - LETTERATURA
227
gliamo dubitarne, ma contro ogni
giustìzia storira. « È accertato, egli
scrive, che tutti i religiosi della Com-
pagnia di Gesù non obbedirono da
per tutto. Essi ailegavana che il breve
non aveva ricevuto una promulga-
zione sufficiente per obbligarli, in
coficienza, a conformarvisi. Alcuni»
sembra, trascorsero anche più oltre :
accusarono il breve d'eeaere radical-
mente ingiusto. Per questo conser-
varono il loro abito e continuarono
ad osservare le loro costituzioni»
(voi. I, p. 49). Egli ha letto questo
nei dispacci dell'edificante card. Ber-
nls e di altri tali esemplari prelati
di quel tempo: non cerea più avanti :
getta l'accusa almeno come proba^
bile, né sente bisogno di aggiungerne
altre prove, né sospetta che vi pos-
sano essere ben molte distinzioni a
fare e molte complesse questioni ca
noniche da risolvere. Cosi altro è che
i gesuiti non abbiano levato a cielo
il breve che li riguardava ; altro è che
non abbiano chinato la testa al colpo
autorevole che li decapitava. Non furo-
no tutti eroi: alcuni ne mormorarono
ma può uno storico serio spacciare uno
sfogo di dolore per una mossa di riot-
tosi, di ritielli f La forma pm delia pro-
mulgazione era determinata dal breve
stesso: non solo non dovevano, ma
non potevano i gesuiti in coscienza
svestire l'abito religioso prima che
la debita promulgazione si facesse :
la semplice notizia della legge non
basta ad obbligare: è necessaria la
promulgazione e nelle forme pre-
scritte. — Queste e tante altre cose
che non si trovano negli archivi pol-
verosi, sfuggirono alle « lunghe e mi-
nuziose ricerche » del Oendry; e ce
ne duole assai per l'opera sua, per
altro pregevole, che noi non possia-
mo lodare come vorremmo.
AGOSTINO BARTOLINl. — Eflfemeridi Dantesche, i^* ediz. accre-
sciuta e corretta. Roma, Polizzi, 1907, 8**, 130 pag. — Studi sulla
vita di Dante. Roma. Salesiana, 1904, 8«, 128 pag. — Dizionario
geografico storico della Divina Commedia. Roma, Desclée, 190^.,
16», 4!2f^ pag. — Vita inedita del Conte Ugolino della Gherardesca.
Roma, Polizzi, t^j06, 8*^. 20 pag. — Il Quaresimale dantesco del
Padre Paolo Attavanti de' Servi di Maria : Paradiso. Roma, Fi-
lippucci, 1907, 8% 47 pag. — Giovanni dei Virgilio e Dante Ali-
ghieri poeti latini. Ivi, 1907, 63 pag.
Dantista provato e dotto in ogni (1089) a quella (U Dante. Non è que-
campo della letteratura dantesca,
rillustre mons. Bartolini, custode vi-
gilantissimo dell'Arcadia, presenta ai
giovani studiosi alcuni suoi utilissimi
lavori, per agevolare ad essi l'intel-
ligenza del sacro poema con lo spia-
narne le più impacciantì e noiose
difl&eoltà, quali sono le cronologiche,
le biografiche e le geografiche.
Alle prime si riferisce il bel vo-
lumetto delle Effemeridi dantesche
che vanno dalla morte di Lanfranco
sto un arido catalogo di date, ma
un seguito nunto di fatti e notìzie
indispensabili a chi voglia intendere
il sostrato storico della Divina Com-
media. Alla sobrietà ed esattezza il
solerte autore seppe congiuogere una
certa ricchezza, accennando le altrui
opinioni, condensando fonti, biogra-
fie, documenti, fatti artistici e poli-
tici, oltre tutto quello che riguarda
la genesi dell'opere di Dante e delle
parti della Commedia. Ogni cosa è
ns
BIBLIOGRAFIA
trattata con acume di critica, soli-
bene qualche opinione non sia per
garbare a tutti.
La biografia del poeta, accennata
alla breve nelle Effemeridi, è svolta
più ampiamente negli Studi sulla
vita di Dante, Tutti sanno quali te-
nebre avvolgano la vita domestica,
pubblica e randagia dell'Alighieri,
benché qualcosa siasi in questi ul-
timi anni accertato. Di tutto il me-
glio che finora n*è venuto fuori, Te-
rudito monsignore dà una chiara e
sufiSciente idea, specialmente sopra
alcuni viaggi dei poeta.
A chiarire le difficoltà geografiche
della commedia V illustre dantista
pubblicava qualche anno fa il suo
Dizionario geograficostorico, vera
miniera soprabbondante di notizie
riferentisi a questo o quel luogo no-
minato nel sacro poema. Codesto bel
lìbricciuolo nitido e lindo come un
fiore, compensa la lettura di molti
altri libri e commenti danteschi, pie-
no com*è dì citazioni d'autori, di ri-
chiami bibliografici, di riassunti sto-
rici e politici locali. A questo erudito
dizionario geografico, certo, accresce-
rebbe pregio e utilità, mentre ne sa
rebbe il complemento uno biografico
de' personaggi della Commedia, ope-
ra, cui il dotto monsignore saprebbe
condurre in porto felicemente al par
delia prima. È un desiderio, che ci
nasce nell'animo dal rafiTrontare il
Dizionario geografico del Bartolini
col Dizionarietto dantesco del Pas-
serini troppo parco di notizie, se non
di critica e di bibliografia, e con
l'altro del Toynbee, troppo ampio e
costoso pe' giovani.
A quest'opere dedicate special-
mente ai novizi di Dante l' autore
instancabile viene continuamente ag-
giungendo più dotti e larghi contri-
buti storici ed ermeneutici intorno
a svariatissimi argomenti danleschi.
Uno di questi è la vita del Conte
Ugolino tolta da un manoscritio del-
l'archivio privato de' Conti della Ohe-
rardesca e per la prima volta messo
ora ih luce. Non v'è molto di nuovo,
né il codice onde fu tratta va più in
là del secolo XVII; tuttavia il difetto
di novità e antichità è largamente
compensato dalla ricchezza de' par>
ticolari biografici.
Più interessante, specie per la
fortuna di Dante nel secolo XV, è lo
studio sopra la terza parte del Qua-
resimale dantesco del servita P. At la-
vanti, oratore umanista e levato a
cielo dal Ficino. Mons. Bartolini ne
accenna la vita e Topere, e poi espone
l'interpretazione che l'Attavanti diede
nelle sue prediche di vari passi del
Paradiso, del significata simbolico di
Beatrice e della concezione del teatro
de* beati. Notevoli e piene di alta
scienza teologica sono alcune osser-
vazioni e spiegazioni proposte dal-
l'eloquente oratore.
Ultimo di tempo, ma non di me-
rito è lo studio sopra i versi latini
che si scambiarono Giovanni Del Vir-
gilio e l'Alighieri. Il chiaro dantista
ne ricerca e determina l'occasione, il
tempo, Tautenticità, la forma e il
contenuto con raffronti, ' cenni sto-
rici, riflessioni e note, utilissime al-
l' intelligenza dei componimenti di
due poeti. Il meglio però dell'opu-
scolo è la nuova traduzione in versi
sciolti che segue il testo, traduzione
piana, chiara, e assai lodevole, chi
pensi alle gravi difficoltà e alle oscu-
rità de' carmi, dovute vincere dal ge-
nio poetico del traduttore.
Noi ci congratuliamo coll'illustre
monsignore di questi suoi eruditi e
sapienti lavori, onde nella letteratura
dantesca si accrescono i suoi meriti
già grandi, se non generahnente ri-
LETTERATURA
229
conosci ali da chi non ha ancora o-
blìato nelle discussioni letterarie un
pò* di vecchio anticlerieaiisnio, ora
fortunatamente assai nel calo. In
mezzo alla pletora di studi danteschi
inutili o strani o mal fondati si prova
un sollievo quando penne, come quel-
la deir illustre Custode dell' Arcadia,
ce ne presentano di sodi, proficui e
retti per idee filosofiche e teologiche
e per pregio di contributo esegetico
e positivo.
G. LANZ ALONE. — Accenni di critica nuova (seguito a L'arte vo-
luttuosa) con prefazione di Angelo De Gubernatis, 3* edtz. Mi-
lano, 1907, 8«, 204 p. L. 1,50.
Contro la crìtica d'oggidì la quale
sfruttando Taura del predominio che
gode, vorrebbe passasse per dogma
essere Parte indipendente dalla mo-
rale, da parecchi anni leva la voce
il prol Lanzalone e addita i gravis*
simi pericoli e danni che non solo
alla letteratura e all'arte stessa, ma
e molto più alla coltura morale e ci-
vile ne provengono.
E in questo volumetto egli ha
raccolto vari! suoi scritti, che toc-
cano specialmente dell'arte del D'An-
nunzio e del Fogazzaro, de' prìncipii
estetici del Croce, delle relazione fra
l'arte e la morale e dello spirito dan-
tesco. Buona logica, «buon gusto e
buon criterio sono Tarmi del Lanza-
lone contro gli avversari, che con-
fondono l'acquisto dell'arte coU'eser-
cizio sociale di essa; quello è come
lo studio della medicina o della mo-
rale per un medico e un predicatore,
questo è l'uso che di cotal arte e
scienza vuol forsene nella società, da-
vanti alla quale la ragione e la ci-
viltà dettano quel riserbo onde con-
viene sia limitato l'uso utile e ne-
cessario del linguaggio medicale e
lubrico. Anche l'artista, massime delle
forme figurative, al par del medico
e del moralista dovrà sapere più di
quel che sciorina davanti al pubblico,
per non errare nel disegno e nella de-
scrizione delle persone e degli avveni-
menti, ma questo non gli dà il di-
ritto di ofiTrire alla lettura e alla vi-
sta di tutti, ciò che non conduce
a bene civile, etico e religioso. Per-
chè « la morale non inceppa l'arte,
scrìve il nostro autore, ma l'arma di
ali sempre più potenti » fpag. 33).
Togliete, ad esempio, il contenuto
morale dalla Divina Commedia, e in-
seritevi in quella vece il contenuto
d'annunziano ; e il poema divino pre-
cipita dalla sua altezza perchè l'arte
non può divinizzare, se non di effime-
ra apoteosi, l'immoralilà e il fango.
«Se il D'Annunzio, esclama il Lan-
zalone, avesse per un momento solo
la chiara visione della bruttezza mo-
rale, cioè intima, di quasi tutta la
sua opera artistica, dovrebbe morir-
ne d'orrore e disperazione » (pagi-
na 53). Ma per veder la morale, bi-
sogna almeno, quand'anche 'non si
pratichi, sentirla, e il sentirla è di
chi comprende i destini sovrasensi-
bili dell'uomo.
Sac. EUGENIO GERONIMI. — Corso di sacra eloquenza ad uso dei
Seminari secondo le norme della S. Sede. Testo adottato dairEpi-
scopato Lombardo nel Programma degli Studi per 1 Seminari.
4^ ediz. riveduta e migliorata dall'Autore. Como, Cavallari e Bozzi,
1907, 8«, 389 p. L. 2.
A quest'opera, cui già demmo lodi (Vedi Civiltà Cattolica, 1^ sett.
alla prima sua edizione le meritate 1888), basta per ogni raccomanda-
2:J0
BIBLIOGRAFIA
Eione la stima e il pregio, in cui
è tenuta dall' Episcopato LorabardO)
che la eleggeva fra molte consimili a
testo pe' giovani leviti crescenti nei
seminari alla speranza dei popoli e
della Chiesa. E veramente, come in-
tendeva Tautore, questo corso va a-
dorno di quelle doti di brevità suc-
cosa e piena, di praticità attuale e
sicura che si convengono a un ma-
nuale compiutissimo e acconcissimo
per la scuola. Dopo aver nella prima
parte, ragionato deireloquenza sacra
in generale, esposto quali debbano
essere le doti del sacro oratore, la
materia, la forma, le parti, le con-
venienze e razione del discorso sa-
cro, il Ceroni mi tratta nella seconda
delle sue varie specie, sia d'oratoria
alta, come il sermone, i panegirici e
i discorsi familiari, le omelie, le mis-
sioni, le predicazioni quadragesimali,
e mariane ecc., sia dell'oratoria me-
diana, come il catechismo, gli eser-
cizi spirituali, i vari sermoncini d'oc*
casione ecc.
Ogni cosa poi è spiegata secondo
le più ricevute norme, tolte da' Pa-
dri, da' Santi, da' più giudiziosi orar
tori e precettisti, specialmente dai de-
creti della S. Sede, e confortata da
luminosi esempii accennati, come esi-
ge la brevità, di volo, ma che il let-
tore può da sé leggere a suo agio
nell'opere stesse degli scrittori sacri.
Oh se i sacri oratori avessero sempre
dinanzi codesti sani e lucidi ammae-
stramenti, quanto miglior grido la-
verebbero, e maggior frutto farebbero
nella vigna del Signore I
Noi auguriamo che a questo uti-
lissimo corso s'informi l'era novella
della sacra predicazione, a cui nuovo
succo e nuova forza è pure per venire
dalla riforma degli studi teologici te-
sté introdotta dall'autorità pontificia
ne' seminari, studi sui quali s'appog-
gia tutta reloquenza cristiana.
ROSA ARRIGONl. — Eloquenza sacra italiana del secolo XVII.
Osservazioni critiche. Bontà, Desclée, 1906, 16°, 114 p. L. 0,80.
L'argomento non è nuovo e intatto,
ma la signora Arrigoni ha tolto a ra-
gionarne con maggior profondità e
quindi della falsa eloquenza sacra del
secolo XVII, studia la natura, l'origine,
la forma e lo scopo. La ragione pre-
cipua di tal corruzione, a detta di
lei, sta « nel fatto che nessun arte
risente così potentemente come Torà-
tori a dell'influenza della moltitudine»
(pag. 13); e la moltitudine del secento
era di pessimo gusto. A questo s'ag-
giunga la falsa estetica, e la poca
serietà degli studi sacri, e s'avrà quel
complesso di circostanze e di cause
che generarono quella stranissima,
vuota e ridicola corruttela dei pul-
pito. Molte giuste osservazioni ed
analisi lepide infiorano questo scrit-
terello, che sarebbe anco più lode-
vole, se r Arrigoni non si fosse fidata
troppo del Dejob, accettando da lui
anche la stolta affeimazione che nel
secolo XVII una delle ragioni del de-
generar dell'oratoria fosse la man-
canza in Italia della libertà religiosa
« soffocata interamente dal concilio
di Trento e dall'Inquisizione che si
agitava, minaccioso e temuto spau-
racchio, di continuo agli occhi e alla
mente degli oratori » (pag. 23). Che
cosa intenda la signora Arrigoni per
libertà religiosa, non sapremmo in-
dovinare. Certo il senso del Dejob è
quello della libertà luterana, ossia del-
l'eresia, della bestemmia, e tal libertà
sarebbe stata in Italia licenza di fare
il male. C'era, si, c'era nel secento
la libertà religiosa di dire e far il
bene, di predicare, come un Segneri
LETTERATURA - MUSICA
231
e un Pinamontl; e non eran già i
decreti del Concilio di Trento né
l'Inquisizione che tarpassero le ali
a* genii oratori : altrimenti non avrem-
mo di queiretà il primo oratore
sacro della nostra letteratura. Lungi
dairincutere terrore, il Tridentino di-
fende ì predicatori e scrive per essi:
« Curent autem episcopi ne quis prae-
dicator ^el ex falsis in forma tioni bus
vel alias calumniose vexetur iustam-
que de eis conquerendi occasionem
habeat » Sess. V, De ref. e. 2. Certo
quand'anche non avessero propalato
errori od eresie, non già difenderli
ma interdir loro avrebbero dovuto i
vescovi quella forma di predica ^.ione
né breve né facile, né soda né salu-
tare, e tanto confraria alla riforma pro-
pugnata dal Tridentino. Ma T univer-
salità del cattivo gusto, di cui non
eran scevri anco i prelati, non faceva
loro veder degna di biasimo e di ca-
stigo severo ciò che sarebbe bastale
per una sospensione e per una sco-
munica. Del resto i secentisti cono-
scevano bene la sostanza della fede,
altrimenti chissà a quali e quan'i
errori li avrebbe trascinati T impeto
della loro rettorìca; bensì s'arrabatta-
vano d'illuminare la sostanza co'razKi
matti dell' iperboli, delle metafore e
delle antitesi più sesquipedali e tra-
secolanti.
Altri appunti non vogllara fare
all'osservazioni critiche dell' Arrigoni,
perchè generalmente sono buone e
fondate sopra quanto finora coi mi-
gliori argomenti s'è dimostrato. Il
libro, del resto è ben condotto, e colle
lepidezze oratorie che raduna offre
insieme un utile e dilettevole lettura.
G. GIANNINI. — Si paga o non si paga*? Per canto e pianoforte.
Roma^ Libr. Sales. Editrice, 1907, fui. picc, 51 p. L. 5.
Molto opportunamente per il tem-
po di carnovale ci viene tra le mani
quest'operetta musicale, che farà gran
piacere agli artisti dilettanti dei col-
legi e delle associazioni giovanili,
sempre in cerca di nuove produzioni
teatrali adatte al loro pubblico; e il
trovarle non è cosa facile. Ecco in-
vece un piccolo lavoro che servirà
loro egregiamente e ha già servito
con ottimo successo in varie occa-
sioni. « Si paga o non si paga » è
uno scherzo comico composto da
Zeta (pseudonimo ben noto per altri
scritti a vantaggio della gioventù)
nel quale, in versi settenarii spi-
gliati e briosi, sono mecsi in iscena
gli artifizi di un debitore spiantato
per liberarsi da un usuraio griffa-
gno; tema vecchio ma graziosamente
variato. Il maestro Giannini, an-
ch'esso già noto per altre ottime
composizioni, ha saputo vestirne le
scene principali con una musica facile
ma brillante, che mette destramente
in rilievo la comicità dell'azione alla
quale si lega perfettamente colla spon-
taneità delle melodie e colla varietà
del ritmo. Tre cori assai l)ene indo-
vinati, di speziali, di guardiani del
manicomio, di becchini danno vita
e movimento all'intreccio. Cosi alla
semplicità dello scherzo non manca la
tragicità dei contrasti da cui sorge il
ridicolo: e ridere abbiamo sempre vi-
sto alla sua rappresentazione quanta
si può ridere saporitamente in una
serata onestamente allegra. Il favore
incontrato quando fu eseguito nei
Collegio pio-latìno-amerifano di Ro-
ma, dove il Giannini è maestro or-
ganista, persuase a mandarlo alle
stampe, e certamente l'esito proveri
che ebbe ragione.
CRONACA CONTEMPORANEA
Roma, 31 dicembre 1907 - 9 gennaio 1908.
I.
COSE ROMANE
1, Ricevimenti di Natale in Vaticano. Il nuovo oratorio del Perosi « Tran-
situs animae » alla presenza del Papa. — 2. Per le case a buon mercato.
— 3. Riassunto sulla delinquenza cittadina. Esplosione neiredificio della
Borsa. — 4. Inaugurazione della nuova basìlica alle Catacombe di Pri-
scilla. — 5. Decreto del S. Ufficio riguardante i chierici infetti di errori
modernistici. — 6. Morte del M. R. D. Pietro Centoiknti ex preposi to
generale dei Pii Operai.
1. Per la ricorrenza delle feste Natalizie e del capo d' anno sua San-
tità Pio X ricevette in varie udienze secondo il costume il Sacro
Collegio dei cardinali, il corpo diplomatico accreditato presso la Santa
Sede, il Gran Maestro dell'Ordine di Malta il principe Colonna assi-
stente al Soglio, e gli altri membri della Corte pontificia e della
nobiltà romana. Nella stessa occasione il ministro di Russia presso
la Santa Sede rimise al Sommo Pontefice le lettere del suo governo
per le quali veniva elevato alla carica di ministro plenipotenziario,
e il barone Wolfram de Rotenhan inviato straordinario e ministro
plenipotenziario di Prussia presso il Vaticano prendeva congedo dal
Santo Padre rimettendogli le lettere imperiali che ponevano fine
alla sua missione diplomatica.
Il Perosi ha già da un pezzo legato il suo nome e la sua fama
agli oratorii, da lui, dopo lungo oblio, rimessi in voga con quel
magistero d' arte che ornai tutti sanno. La corona già ricca s* ac-
crebbe testé di nuove gemme in quel gruppo di lavori musicali re-
centemente eseguiti nella Sala Pia all'uopo edificata; cioè due «hì ^
intitolate « Roma » e « Venezia », il Pater di Dante, ed il Transitus
animai.
Le due composizioni di genere sinfonico che con nome fran-
cese si chiamano Suites erano forse il soggetto di maggior cu-
riosità per la novità del genere non ancora tentato dal maestro; ma
il lavoro di maggior importanza era il Transitus animae da lui messo
sotto forma di oratorio, benché ridotto alla più semplice espressione.
Non sono che due gli interlocutori : l'anima del morente e il coro
dei fedeli che assistono all'agonia recitando le preghiere della sacra
liturgia. I versetti del Miserere esprimono i gemiti dell'anima tre-
mante e pentita, alla quale il coro risponde invocando per lei i santi
COSE ROMANE 233
con dolcissima frase piena di espressione supplichevole ma Oduciosa.
Le due strofette del Maria mater graiicie, affidate ai soprani e con-
tralti soli, sono di un effetto semplice ma delizioso dopo Tagitazione
dei passi precedenti ; e la maestosa frase deirin paradisum dedueani
te angeli imitata dal gregoriano finisce tutto il lavoro. L'oratorio
porta l'impronta di un'ispirazione sempre sostenuta, larga e solenne,
e quantunque il soggetto per la semplicità del dialogo e l'uniformità
dei sentimenti potesse riuscire monotono, il Perosi lo seppe variare
colla ricchezza della sua vena melodica e colla profonda conoscenza
dei secreti dell'arte. -«- Anche la cantata composta sulle terzine del
Pater noster tratte dal Purgatorio di Dante, scritta sullo stile fugato,
fu assai gustata e applaudita. Le esecuzioni, dovute all'eccellente corpo
dell'orchestra romana e ad una grandiosa massa corale sotto la di-
rezione vibrante del Maestro, si succedettero tre volte con crescente
favore dei periti nell'arte il cui giudìzio, nella critica dei giornali
d'ogni colore, fu unanime nel rilevare i pregi d'una musica, che
ancora una volta s'affermava gloriosamente. Nella parte sinfonica
fu notato specialmente il terzo tempo della suite « Venezia» il quale
basterebbe a coronare il Perosi quale compositore di prima forza.
Compiuto il breve ciclo di Roma, le nuove opere perosiane hanno
varcato subito i confini d'Italia, e l'Autore stesso è partito per
guarentirne meglio le sorti gloriose, cominciando da Varsavia e
Pietroburgo. Prima però di lasciar l'Italia a suggello degli allori
mietuti e a più lieto auspicio di quelli che era chiamato a mie-
tere all'estero, il Perosi ebbe l'invidiata fortuna di dirigere l'ese-
cuzione dei suoi pezzi, in un'audizione solenne, alla presenza del
Pontefice Pio X, l'augusto mecenate del giovine Maestro. Fu uno
spettacolo di quelli che nella loro caratteristica grandiosità ripor-
tano il nostro pensiero ai trionfi dell'antica e grande arte italiana.
Che quadro splendido per la musica del Perosi quella sala Regia,
dove fu eseguita, colle sue vistosità classiche, colle grandi figure
istoriate in quell'ambiente augusto del Vaticano dove palpitano ì ri-
cordi di tante glorie d'arte e di artisti insuperabili! E quando si
pensi che alla dignità dell'ambiente rispondeva quella dell' uditorio
sceltissimo e singolarissimo, formato da una corona smagliante di
cardinali, di prelati, di cavalieri di Malta, di membri del corpo di-
plomatico, di un folto gruppo di famiglie patrizie romane ed estere
con a capo la figura maestosa e veneranda del Pontefice, ognun vede
il carattere di finezza ed elevatezza che il trattenimento dovette avere
e che si rivelò anche dall'attenzione religiosa con cui l'uditorio segui
lo svolgersi dell' esecuzione. Il Pontefice stesso dava ogni volta il segno
dell'applauso e questo seguiva spontaneo e caloroso. Ui a volta dì più
l'arte era degna della Chiesa e della religione che ne furono sempre
ispiratrici gloriose.
234 GRONArA CONTEMPORANEA
2. Il problema che grandemente preoccupa molte città in Italia come
fuori è quello delle abitazioni : esso si agita vivacemente in questi
giorni a New York e in quasi tutte le grandi cittA. nord-americane
come in località più vicine a noi, e vi si studiano i modi pratici coi
quali sopperire alTurgenle bisogno del popolo. Milano, Torino hanno
in 4|iialotie modo sciolto il problema, mentre Napoli porge rallegro
spettacolo di interi rioni ribelli ad ogni pagamento di fitto. Da Roma
quetilo disagio che si fa sentire da un pezzo dovea essere allontanato
vìtloriosamente«ìon la salita al Campidoglio del consiglio comunale por-
tnlodai blocco, È noto che il programma presentato agli elettori roniani
per strapparne il voto abbracciava le grandi prospettive di un migliora-
nienlo e<*onomico mediante il ribasso delle pigioni. Il popolo si attende
di giorno in giorno una trovata geniale per cui costretti i proprietari
a amettere o diminuire le loro pretese, la bella promessa divenga una
nnillà. Né ci è da dire che in Campidoglio si dorma, perchè abbiamo
^ià visto Tassessore d'igiene trattar sollecitamente da pari suo la qui-
strone dei cappuccini, con qual esito però lo sanno i nostri lettori.
xVnche l'assessore per Tistruzifue che non scherza decretò d'un
ti ulto Tabolizione della vacanza scolastica il giorno di S. Giovanni
cht^ ptT Roma è festa di precetto; e il torto non fu suo se i ragazzi
alimentandosi dalla scuola fecero che il nuovo portato non maturasse:
ma 11 Sindaco da uomo pratico prese le mosse proprio dalie abi-
tazioni, e visto e considerato che un ribasso, anzi una stasi delle pi-
gioni lira pel momento un disegno inattuabile, credette di regolarsi
ili tallo e per tutto come la massima parte dei padroni di casa, e
du vero israelita di botto aumentò di cento lire il fitto di certi
mHgnizinr di sua proprietà in via Torino. Pel solo guadagno di po-
che lire é probabile che il Nathan non si sarebbe esposto al bersa-
j^liu degli avversarli, deve quindi aver visto assai lontano il giorno
ili cut avverrà il ribasso dei fitti, e di fronte a un interesse rile-
Viinle ha pensato, può darsi, essere di secondaria importanza la pub-
kìViL'iì opinione. Quando poi i popolari si saranno ridestati e prote
slf^raimo, il Nathan si troverà, secondo i computi che potrebbe aver
fatti, u legiferare in Senato, e l'essere un dì asceso in Campidoglio
jion sark stato alla fine senza ottimi risultati per lui. Probabilmente
Unum avrà poco da rallegrarsi con quelle turbe ignare di amministra-
Kìorìe, rimpinzate di spropositi, sature di ambizioni e di rancori che
foi'tuaf^o il suo municipio rosso fiammante cui sono affidati per iscia-
gura i suoi interessi vitali.
lì, Riv^olgendo uno sguardo retrospettivo alla cronaca romana del-
l'anno or ora tramontato rileviamo i seguenti dati rivelatori del li-
vello ivi quale discende con ispaventoso progresso la pubblica mo-
rulitiV Nel detto periodo si sono registrati 484 furti notevoli, che
COSE! ROMANE 235
degli innumerevoli seccndarii sarebbe pre88f)chè impossibile tenere
il computo : 506 ferimenti gravi dovuti per io più al coltello, arma
a buon prezzo posseduta quasi generalmente da ogni popolano e ma-
neggiata con destrezza per Tu so che esso ne fa uscito appena di
fanciullo; e 47 gravi omicidli, di quelli che si segnalano per circo-
stanze addirittura mostruose e nefande e che fissano Tultimo limite
deir umano abbrutimento. Ma la perversione suicida fu quella che
superò anche in numero gli altri delitti, e destò raccapriccio pel
contributo giovanile tristamente largo essendo i quattro quinti dei
oli casi di suicidio avvenuti per ragione di amore ed alcuni per
assai futili motivi, come ad esempio, la severa correzione paterna
per cui qualche giovanotta si affogò nei vortici del Tevere o fredda-
mente si diede a ingoiare le pastiglie di sublimato. Un giornale
cittadino, che suol darsi Taria solenne di moralizzatore, sotto il titolo
quoUdiatw suicidio esclama al proposito « triste effetto delia vita
febbrile ed intensa dei grandi centri che stanca e fiacca nervi e
cervello » non accorgendosi o fingendo di non accorgersi che il
triste effetto è legittima conseguenza dei principìi materialistici e
aotireligiosi che esso si affatica giornalmente a diffondere, e che in
molti è frutto di quella educazione laica la quale verrebbe impar-
tita largamente a tutti.
A chiudere T elenco desolante anche troppo si aggiunse neir ut-
timo giorno deiranno una terribile esplosione alla Borsa di Roma.
Allo scoppio terribile tenne dietro la caduta del lucernario centrale,
rabbatti mento dei tramezzi che dividevano le varie saie, il crollo dei
pavimenti negli ufflcii del primo e secondo piano, la rottura dì tutti
i cristalli deiredificio oltre quelli di molte case circostanti. L'angoscia
fu vivissima specialmente in quanti potevano supporre i loro cari
vittime del disastro in quel momento di operazioni boràistiche. Veq-
tidue furono i feriti immediatamente soccorsi, ma uno di essi morì
il giorno appresso, proprio il custode della Borsa, con frattura alla
base cranica. Sulla causa si opinò variamente, e V incertezza destò
nel re parole di poca soddisfazione per coloro cui incombeva obbligo
di venirne a capo, come deplorò la poca sagacia e della questura e
dei carabinieri nel rintracciare l'uccisore dell' ingegnere Arvedi bru-
talmente trucidato e derubato nel suo scompartimento di prima classe
nel viaggio in ferrovia da Roma ad Ancona. Quanto alla Borsa si
parlò di una bomba fatta esplodere a scopo di furto, data la coinci-
denza della fine di mese e di anno e i grandi valori ivi depositati;
altri diedero la versione confermata dalle indagini seguenti d'una
fuga di gas in certo ambiente chiuso, nel quale entrato un fattorino
con raccendere un fiammifero per fumare vi avesse prodotto Tac-
censione e lo scoppio. Ma qualunque voglia essere stata la cagione,
236 CRONACA CONTEMPORANEA
lo scoppio produsse gravi danni nell'edificio, sembrando oggi mal
sicura la stessa facciata dai grandi massi impassibili, residuo del-
rantlco tempio di Nettuno edificato da Antonino, e i danni alle
persone potevano divenire assai più luttuosi se il disastro fosse ac-
caduto un venti minuti prima, quando Taula era gremita del maggior
numero di frequentatori.
4. Il giorno 31 dicembre sacro alla memoria del papa S. Silvestro
ebbe luogo T inaugurazione della basilica intitolata al suo nome
testé ricostruita sul cimitero di Priscilla. Il felice avvenimento è do-
vuto alla geniale iniziativa del professore Orazio Marucchi, il quale
nel 1890 scoperse gli anticbi muri della basilica distrutta e ne pro-
pose la risurrezione ; come va ascritto alla Commissione di archeo-
logia sacra che vi pose grande amore e cui il re donò Tarea sulla quale
ora sorge il nuovo monumento, al concorso pecuniario di cospicui
personaggi, specialmente del card. Merry del Val e di mons. Vanden-
branden, e finalmente alla intelligente direzione tecnica dei signori
Bevignani e Kanzler. L'antica basilica era stata eretta nei tempi
della pace, nel IV secolo, e i pellegrini vi visitarono i sepolcri
delle sue catacombe assai celebri, finché nel secolo IX non giunse
il tempo del trasferimento di quei santi corpi alle varie chiese della
città, che segnò l'abbandono del cimitero e della chiesa e la seguita
rovina della basilica.
Le antiche costruzioni richiamate a luce sono ricoperte da due
tetti in modo da formare due basilichette l'una posta avanti all'altra:
ad esse si giunge pel cimitero di Priscilla dalla via Salaria salendo
la scala che dal sottosuolo ivi mena, incontrandosi in due aule ab-
sidate con avanzi di sepolcri nel pavimento e iscrizioni nelle pareti
(in cima alle quali furono collocate le copie di quelle insigni sto-
riche della basilica, riferite dalle collezioni epigrafiche) e innumere-
voli altre memorie di quei tempi remoti. Nella solenne funzione della
mattina ebbe luogo la messa pontificale del card. Respighi ed una
conferenza del prof. Marucchi sul cimitero e sulla nuova basilica, e
nel pomerìggio, dopo un'altra conferenza dello stesso illustre archeo-
logo, si cantarono per gli ambulatori! le litanie dei santi e nella ba-
silica il Te Deum seguito dalla benedizione impartita dal card. Merry
del Val.
5. Dagli Atti delle Congregazioni romane portiamo a notizia dei
lettori una istruzione del Santo Ufficio diretta agli Ordinarli ed ai
varii superiori delle famiglie religiose riguardanti i chierici imbevuti
degli errori modernistici e la condotta da tenersi dai superiori verso
di loro.
Receatissimo Decreto Lamentabili sane exitu die 3 Julii e. a. ab hac
S. Congregatione S. Romanae et Universalis Inquisitionis, iussu D. N. Pii
COSE ROMANE 237
Papae X, notati atque proscripti sunt praecipui quidam errores qui nostra
aetate a scriptoribua, eCTrenata cogitandi atque scrutandi libertate abreptis,
sparguntur, et aitioris scientiae fuco et specie propugnantur K
Quum autem errores occulti serpere, et, quod maxime luctuosum est,
ineautos animos, iuvenum praesertim, occupare soleant, ac semel admissi
diffieillime radicitus ex animo evellantur, immo, etiam eradicati, plerumque
sponte sua repullulent, opportunum visum est Eminentissimis et Reveren-
dissimis Dominis Gardinalibus, in rebus fldei et morum una mecum Inqul-
sitorìbus Generalibus. Decreto supra laudato monita quaedam adiungere,
quibus plenìuà et efficacius attingatur finis quem S. Sedes in reprobandis
errori bus sibi proposuerat, consequendum.
Memores igitur imprimis sint ad quos pertinet, necessarìum esse ut
sive in Seminariis ciericorum saecularium et studiorum domibus Religio-
sorum, siv^e in Universitatibus, Lyceis, Gymnasiis aliisve educationis col-
legiis Tel institutis, a iuvenum institutione omnino removeantur modera-
tores atque magistri qui damnatis erroribus infecti cognoscuntur, vel eorum
siispecti merito hab;:ntur.
Necessarium pariter erlt interdicere praesertim Seminariorum alumnis
ac universim viris ecclesiasticis, ne nomen dent libellis periodicis, quibus
neoterici errores sive aperte propugnantur sive latenter insinuantur, neque
quidquam in eis publici iuris facìant. A qua regula non deflectant, etsi
aliquando gravis ratio aliud suadere videatur, nisi de consensu Ordinarli.
GonsuUum postremo erit sacram ordinationem diCTerre vel etiara prorsus
denegare ilsqui,' quod Deus avertat, neotericis erroribus imbuti essent, quos
non ex animo raprobarent atque reiicerent.
His autem prò zelo, quo erga gregem sibi creditum animantur Ordi-
nari!, illa adiicere non omittant Consilia ac remedia quae prò ratione lo-
eorum et circumstantiarum opportuna iudicaverint ad zizania penitus ex
agro Domini evellenda.
Datum Romae ex Aedibus S. 0., die 28 Augusti 1907.
S. Card. Vanndtelli.
6. Nato a Gramo-NevaDO nel 1820, il M. R. P. Centofanti entrò ben
presto nel seminarioAversano, ed ivi venne ordinato eacerdote. Tornato
in famiglia, al suo spirito arrideva più la solitudine del chiostro che
il mondano rumore, onde si ritirò nel Convento dei Pii operai di
S. Nicola alla carità in Napoli. E fu tale il suo attaccamento a questo
luogo del suo ritiro, che quando per la legge di soppressione del
1860 tutti i padri ne furono espulsi, egli volle rimanervi conten-
tandosi di alloggiare in una stamberga che serviva da ripostiglio per
le legna. Fu più volte designato airuflBcio di Parroco e di Vescovo,
ma non volle addossarsi mai tanto onerosi carichi e solo la defe-
renza ai Pii operai lo indusse ad accettare Tufficio di Preposito Ge-
nerale deirOrdine. Ebbe facile adito in molte nobili famiglie, e in
tutte lasciò il più caro ricordo della sua bontà. Non disdegnò, anzi,
■ Gfir. Acta S, Sedia, voi. 40, pag. 470.
238 CRONACA CONTEMPORANEA
amò gli umili e li confortò colPopera e col coiìsìglìo. Scrisse: Cenni
storici di S. Tammaro, e V Ufficio di S. Tammaro, oltre quello di
S, Nicola che furono stampati a sue spese. E nel luogo del suo ri-
tiro morì, com'era vissuto, santamente il 30 dicembre 1907.
II.
COSE ITALIANE
I. Prima tappa della Camera. — 2. Nuovo Ministro della guerra. — 3. La
scomunica maggiore al periodico milanese il liinnovamento, — 4. Let-
tera della Lega de' padri di famiglia ad alcuni senatori e deputati. — '
5. Pel ricoUocamento dei crocifissi nelle scuole al comune di Alessandria.
1. La Camera prese le vacanze natalizie il 21 dicembre, dopo un pe-
riodo di lavori parlamentari non troppo lungo in vero, né troppo
vivace; pure a guardar detto periodo dal lato della fecondità non
può non dirsi eccezionalmente fecondo. Tra i disegui di legge rima-
sti all'ordine del giorno per le vacanze estive furono menati a ter-
mine quelli sopra il reclutamento delV esercito: il bilancio della emigra"
sione che forni al problema assai complesso e tutt*ora non risolto
nella sua ampiezza, tema a larghe discussioni: le modificasfioni or-
ganiche del corpo sanitario militare ed altri progetti di secondario
valore. Importanti studii su disegni di legge furono quelli pre-
sentati pel trattato di commercio con la Russia: per i provvedi-
menti urgenti ai danni deirultimo terremoto di Calabria e delle allu-
vioni nelPalta Italia: la legge bancaria, destinata a dare maggiore
elasticità alla circolazione fiduciaria. Né le quistioni sociali furono
trascurate dal Parlamento nel breve tempo de' suoi lavori e quindi
venne approvata una legge di abolizione del lavoro notturno dei panet-
tieri, da tempo domandata dal gruppo socialista e dail* ufficio del lavoro,
ed in gen^^re da una tenace e forse ordinata agitazione dei lavoranti
panettieri ; detta abolizione introdotta già in varii luoghi non pare
stia recando le disastrose conseguenze che gli avversarii prevede-
vano. Le modificazioni alla legge sulle case popolari ed economiche
che importa una larga riforma della legge 1903 a fine di affrontare
meglio il problema degli alloggi popolari ed economici e prepararne
la soluzione: il contratto di lavoro insieme all'arbitrato obbligatorio
vennero a colmare delle lacune che si deploravano nella nostra le-
gislazione.
!i. Una nuova crisi si aperse nel ministero il 29 dicembre per la
quale Ton. Vigano lasciò il portafoglio della guerra. È il sesto mi-
nistro in poco più di un anno, dopo il Maiorana al tesoro, il Massimìni
alle finanze, il Gallo alla giustizia, il Fucinato alla istruzione, il Gian-
COSE ITALIANE 239
turco ai lavori pubblici. L'oii. Vigano meritò lode se dopo l'esperi-
mento fatto si convinse delia convenienza di sottrarsi dai dirigere
un'amministrazipae così delicata e ai tempo stesso così complessa,
e di essersi indotto a dimettersi prima che la commissione d' inchiesta
portasse le sue conclusioni dinanzi al Parlamento. Ciò non ostante
le dimissioni per le circostanze in cui vennero date lo fecero ber-
saglio di poco benevoli commenti : ad ogni modo esse furono ac-
cettate dal re, il quale con decreto dello stesso giorno nominò il
successore nella persona dell'on. Severino Casaoa ingegnere, e se-
natore del regno. Questi fu deputato per cinque legislature : eletto
sindaco di Torino ebbe la nomina di senatore il primo maggio 1898
inaugurandosi quella esposizione : ora faceva parte della commissione
d* inchiesta sulF esercito e precisamente della quistione dei materiali
di artiglieria: le sue idee in fatto di religione gli fanno onore, e per
questo riguardo dicesi che i cattolici possono esser soddisfatti della
sua partecipazione al gabinetto. Con tal nomina il governo dispose un
tentativo giustificato, pare, dalla opportunità del momento, introdu-
cendo per la prima volta nel dicastero della guerra un ministro bor-
ghese, al quale sebbene venga attribuita la qualità di eminente uomo
parlamentare congiunta ali* altra di stimato amministratore, non si
è certi però se nelle cose militari abbia quella indiscussa compe-
tenza richiesta ali* uopo, e non si debba ridurre il tutto a tenere
un ministro della guerra alla Camera ed un direttore pratico, tec-
nico air amministrazione. — E il tentativo consisterebbe in una dis-
simulata concessione air antimilitarismo pur essendo un rimedio
al male che, dallo stato latente venuto ultimamente alla luce, richie-
deva un rimedio straordinario alla straordinaria decomposizione
onde è minacciata T amministrazione più importante, cui è affidata
la difesa della patria. Nel discorso che il Casana rivolse ai diret-
tori ufficiali, capi divisione e capi servizio autonomi del ministero
della guerra disse che il ministro borghese ha questo scopo prin-
cipale di curare tutto ciò che è incluso nei suoi poteri ammini-
strativi, e che rimangono affidate al sotto segretario le alte quistioni
militari, ciò che sì riferisce ai servizii tecnici, air ordinamento e alla
mobilitazione dell* esercito : d*ora innanzi per quanto si riferisce ad
attribuzioni strettamente militari i capi servizio del ministero ricor-
reranno in modo diretto al generale sotto- segretario, il quale rife-
rirà al ministro quando lo giudicherà: questo sistema bene applicato
produrrà a parere del ministro grandi beneficii ali* esercito. A sotto-
segretario della guerra, dopo le dimissioni presentate dal generale
Valleris, fu scelto il generale Segato uno dei più giovani comandanti
di brigata avendo solo 51 anno, da pochi mesi promosso a maggior
generale; quelli che lo conoscono lo danno per uomo assai colto
210 CRONACA. CONTEMPORANEA
il quale però aon si è occupato mai espressamente di problemi coa-
cernenti ramministrazione e T organizzazione militare.
3. Poiché tutti i tentativi di far desistere i compilatori del Bin-
novamenio dall'opera intrapresa, e tutti gli sforzi di ricondurli sulla
via dritta riuscirono vani, l'arcivescovo dì Milano card. Ferrari fece
loro pervenire il di 23 decembre un decreto col quale proibiva la
continuazione del periodico sotto pena di scomunica per i suoi di-
rettori, scrittori e collaboratori. Il decreto rammenta gli antecedenti
della pubblicazione svoltisi tra la pertinacia degli scrittori e la lon-
ganimità dell'autorità ecclesiastica, e conchiude in questi termini:
« Perciò flon solo per la nostra autorità ordinaria, ma anche per
l'autorità pontifìcia, in tal caso particolarmente a noi delegata»
strettamente vietiamo e interdiciamo la pubblicazione della rivista
che ha per titolo : lì RinnovameniOy rivista critica di idee e di fatti
sotto pena della scomunica maggiore nella quale incorreranno ipso
facto tutti gli editori, direttori, autori, collaboratori di qualsiasi dio-
cesi, e v'incorreranno anche se con altro titolo ed in altro luogo
fosse pure in altra diocesi, e sotto qualsiasi forma continuassero l' in-
terdetta pubblicazione. »
Accompagnava 11 decreto una lettera dell'arcivescovo, il quale
anche in quell'estremo passo si mostrò fiducioso dopo le patite de-
lusioni con accogliere nel cuore paterno straziato ancora un filo di
speranza. Ma con rammarico per mezzo di uno scritto pervenutogli
apprese il proposilo dei direttori del Rinnovamento di non volere smet-
tere dalla pubblicazione, sicché in una nota al foglio ufficiale il
card. Ferrari lamentava che « purtroppo questa favilla di speranza
si è spenta... così la ribellione alla autorità della Chiesa é consu-
mata, e lo scandalo assai grave ».
4. Fedele al suo nobile programma, la « Lega nazionale tra i padri di
famiglia » inviò ultimamente a molti fra deputati e senatori una let-
tera con la quale chiedeva l'appoggio autorevole dei rappresentanti
della nazione alia sua opera di difesa per la moralità contro la stampa
libertina e irreligiosa, e sappiamo che molti si sono affrettati a ri-
spondere, che aderiscono pienamente ai concetti in essa contenuti. La
lettera é in questi termini :
Onorevole Signore,
Non può al certo ignorare la S. V. 0. come da vario tempo, ma ora
assai più intensamente e sfacciatamente, una stampa empia e libertina con
i suoi articoli e colle sue illustrazioni offenda non solo la religione della
grande maggioranza degl' italiani, ma sia scuola nefasta d'ogni sorta d'im-
moralità. Qual danno immenso essa Caccia, massime alle giovani genera^-
zioni, non è d*uopo dimostrarlo; perchè bastano le sole statistiche crimi-
nali, costatanti Tognor crescente aumento della delinquenza dei minorenni»
COSE ITALIANE 241
e le deficienze fisiche, rilevate dalle visite mediche negli uflici di leva, per
rimaner convinti a qual basso livello morale ed a qual depauperamento fisico
siasi giunti nella nostra Italia. Ora, contro il dilagare di tanta empietà e di
tante sozzure, causa principale d{ cosi gravi danni fisici e morali, un gruppo
di cittadini romani, fino dal decorso agosto, intese di costituire, come ha
costituito, una Lega Nazionale tra i Padri di Famiglia (quelli cioè che per
naturale loro missione, sono i più legittimamente interessati a tutelare la
moralità dei propri figli) per opporre un argine all'invadente corruttela di
costumi e di educazione civile. Con quali mezzi la Lega (già fortunatamente
diffusa nelle principali città d'Italia) intenda e voglia raggiungere il suo
alto e patriottico scopo, è detto chiaramente nel programma, stato già pub-
blicato, e del quale si ha l'onore di compiegarne un esemplare. Ma, a con-
seguire più efficacemente T intento, la Lega, non avente carattere (giova il
notarlo) politico, né confessionale, ha bisogno anzitutto dell'autorevole ap-
poggio di coloro, cui sono affidate le sorti della nazione. A tale effetto il
Gomitato Centrale di questa Lega si rivolge alla S. V. 0. affinchè si com-
piaccia di onorarla con la sua preziosa adesione.
5. I poveri socialisti di Alessandria hanno un diavolo per capello
dopo Tordine prefettizio a quella giunta comunale di ricollocare i
crocefissi nelle scuole. La grave quistione interessava da tempo
la cittadinanza, fin da quando, cioè, la giunta correndo per la via
della laicizzazione aveva voluto per se il gran merito di essere per-
venuta alla rimozione delle insegne di cristianesimo dai locali scolastici.
La lunga serie di ricorsi da parte dei cattolici e contro ricorsi anti-
clericali ebbe l'epilogo col trionfo del principio religioso. La giunta riu-
nitasi per discutere sul decreto prefettizio e ascoltato il di scorso del Sin-
daco intorno all'opera di laicizzazione intrapresa dall' amministra-
zione e osteggiata dal governo, stabili di rassegnare le proprie di-
missioni e quelle del sindaco. Il consigliere Pozzi in questa occa-
sione sputò quanto fiele aveva in corpo dicendo che, quando la politica
di un paese di tradizioni liberali viene guidata dai ministri del
papa, in quel paese occorrono violenti atti di sincerità (alludendo alle
dimissioni ben auspicate). « Non intendiamo di sottostare a nessun
arbitrio, siamo qui non per volontà di monarca né per grazia di Dio,
ma per libera volontà della sovranità popolare: rimuovendo i cro-
cefissi dalle scuole abbiamo inteso togliere il simbolo di una reli-
gione che si presentava alle tenere menti dei nostri bambini con le
spasmodiche contorsioni di un uomo inchiodato, noi che amiamo la
vita nel senso più pagano della parola non possiamo essere gli ado-
ratori delle piaghe del beato Labre, né del letamaio di Giobbe ». Il
breve riassunto di strafalcioni cosi bestiali coi propositi inverecondi val-
gano a illuminare il popolo illuso e far scuotere il giogo che incosciente-
mente si è venuto fin qui accollando. Anche l'assessore della pubblica
istruzione volle il merito di aver ammassato il suo cumulo di sciocchezze
1908, voi. i, fase. 1382. 16 11 gennaio 1908.
24i52 CRONACA CONTEMPORANEA
cofichiudendo magistralmente il discorso coi gridi di abbasso il papa,
viva il socialismo; e Videa nuova comunicando all'^ran^t le pri-
mizie d*un suo commento si sbizzari come potè meglio contro le pin-
zochere, i preti, il prefetto e, solito ritornello un pò* fuor di moda,
la Dama bionda di Savoia.
III.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali). Spagna.. 1. Il bilancio della pubblica istruzioae. Una
bomba a Barcellona. — %. Svezia. I premii Nobel. — 3. Stati Uniti. Il
bilancio della guerra e della marina. — 4. Giapponb. Sua attività pro-
duttiva : la mostra del 1912.
1. (Spagna). Un trionfo politico importante per il presidente del
Consiglio è riuscita la votazione del bilancio della pubblica istru-
zione, sul quale Topposizione cercò suscitare un movimento di ostru-
zione. La tornata del sabato 28 dicembre si prolungò tuttala notte,
ma la maggioranza sostenne unita il ministero e le disposizioni mi-
nisteriali furono approvale. Le sessioni delle Cortes vennero riman-
date fino al ^ gennaio.
A Barcellona non cessano le agitazioni piti o meno audaci del-
l^anarcbìa. La terribile esplosione di una bomba nascosta nel portico
di un palazzo rovinò buona parte del fabbricato ed uccise un agente
dì polizia. Furono sospese le franchigie costituzionali.
2. (Svezia). I premi Nobel per Tanno testé trascorso sono stati
distribuiti ai seguenti candidati: quello per la pace fu diviso fra
Luigi Renault, francese e Teodoro Moneta, italiano: quello per la
fisica venne assegnato al sig. Alb. Michelaon, di Chicago: quello
di, chimica al sig. Hans Buchner, di Monaco in Baviera: quello di
medicina al dott. Laveran, di Parigi: quello di letteratura al signor
Rudyard Kipling di Labore. Ciascuno dei premiati, oltre il montante
del premio in danaro che quest*anno era di lire 190.525, ricevette
nu diploma con una medaglia d'oro.
11 Re^nault professore di diritto internazionale, membro dell* Ac-
cademia delle scienze morali e politiche, ministro plenipotenziario e
membro della Corte permanente d'arbitrato all'Aia, è il capo delia
scuola francese di diritto delle genti. I) suo Trattato di diriio com-
merciale fu coronato dall' Istituto di Francia. Nel 1902 fu scelto
come arbitro tra il Giappone e le Potenze europee Germania, Fran-
cia ed Inghilterra, in una questione d'imposte sui terreni concessi
da quel Governo.
Il Moneta nato a Milano nel 1833 fu garibaldino, poi giornalista
e direttore del Secolo per molti anni. Scrisse unE Storia della guerra
NOTIZIE GENERAL! 24S
e della pacB nei secolo XIX: la eeienea e la guerra al Transvaal : La
pmce e la difesa nazionale.
lì Michelson, fisico tedesco naturaMzzato americano, fa profes-
sore alla Scuola delle scienze applicate di Cleveland, (Ohio) quindi
all^unì versi là Clark di Worcester (Massachussetls), e dal 1893 a
cfoella di Chicago. Sono rimaste celebri le ricerche colle quali egli
rannodò la lunghezza del metro colla lunghezza d*onda del cadmio.
Il Buchner è direttore dell'Istituto d'igiene, batteriologo emi-
nente; a lui si deve la dimostrazione che T infìammazioae, la secre-
zione del pus, Televazione della temperatura sono la reazione difen-
siva delTorganismo contro T infezione microbica. I principali suoi
lavori furono quelli intorno alla contagione delFantrace, ali* influenza
della luce sul batlerii, su! modo di diminuirne la virulenaa ecc.
ll'Laveran membro dell* Accademia delle scienze e di quella di
oMdicina, illustrò il suo nome colla scoperta del modo d* infezione
delle Mkbri intermittenti e eolio studio dei protozoari del sangue.
Il Kipling é autore di novelle, di racconti sulla vita nelF India,
di ballate che lo fecero chiamare il Tirteo sassone: i suoi due libri
sulla Jungla fKibblicati nel IBM e 1895, sono stimati il suo lavoro
migliore.
3. (Stati Uniti). Nelle presenti congiunture, dopo i rrpetuti dis-
sensi col Giappone e la crociera intrapresa nel Pacifico, non pfiiò
passare senza essere notato il bilancio di esercizio per il 1908-1909 pre-
sentato dal secretarlo del Tesoro ; la cui somma monta a 3,83^,541,31^
lire. Questo bilaneio è in aumento dì 281 milioni sopra il bilancio
corrente e Tau mento riguarda quasi esclusivamente la ^erra e la
marina, di cui la prima accresce le sue spese di 180 milioni e Taltr»^
di 130.
4. (Giappone). Continuano a sorgere qua e là voci di malumori
dell'impero cogli Slati Uniti ed ultimamente anche coli' Inghilterra
a proposito del commemo colle Indie. Certo è che la concorre nia
giapponese ba accaparrato sotto la sua bandiera tutto il traffico in^
ternazìonale nell'Estremo Oriente. Intanto le importazioni del Giap-
pone nei primi nove mesi del 1907 salirono a 938 milioni e mezzo,
vantaggiando di 127 milioni quelle dell'anno precedente. Le espor-
tazioni nello stesso tempo toccarono circa 913 milioni con 88 mi-
lioni di eccedenza. Il commercio totale saliva a 1,651 milioni. Le
sole sete tra gregge e lavorate contano per 280 milioni. Un altro
indizio del movimento e della prosperità finanziaria é nei depositi
alle casse postali di risparmio che alla fine di settembre montavano
a 220 milioni di lire.
L'impero nipponico prepara con ardore la Mostra internazionale
del 1912 alla quale già cinque Stati europei hanno aderito; e sono
244 CRONACi. CONTEMPORANEA
già destinate aree speciali a espositori stranieri nelle sezioni di
elettricità e manifatture. Il ministero dell* istruzione prepara pure
una conferenza universale di medicina da tenersi in quella occasione.
RUi^SIA (Nostra Corrispondenza). 1. L* inaugurazione solenne della terza
Duma. — 2. Il carattere della terza Duma. — 3 1 partiti della terza
Duma, il loro orientamento, e il tramonto dell'autocrazia. — 4. Il clero
ortodosso nella terza Duma. — 6. 1 deputati polacchi e l'autonomia della
Polonia. — 6. L'accademia romano cattolica di Pietroburgo, e la sua
prosperità. — 7. Il congresso generale dei preti mariaviti a Varsavia.
1. Il 7i4 novembre nel palazzo della Tauride, alle il del mattino,,
si è solennemente inaugurata l'apertura della terza Duma. Mgr. An-
tonio, metropolita di Pietroburgo, si è rivolto ai nuovi deputati russi,
citando un testo dell'Apostolo S. Paolo (ad Eph., VI, 18), e met-
tendo in rilievo l'importanza della preghiera pel buon successo di
tutte le iniziative. Dopo una breve allusione alle discordie che tra-
vagliano la Russia, ed ai delitti che il terrorismo vi moltiplica, il
metropolita ha esortato i suoi uditori a mettere da banda gli attriti
delle fazioni, ed a lavorare di comune intesa alla grandezza ed alla
prosperità della patria nell'unione indissolubile con lo Tzar.
Il Vice-Presidente del Consiglio di Stato, il senatore Golubev, ha
salutato la nuova Duma da parte di S. M. lo Tzar, augurandosi che
lavori per ristabilire l'o/dine, favorire l'istruzione ed il benessere
del popolo, consolidare il nuovo regime costituzionale e tutelare la
grandezza dell' impero russo indivisibile. Si è quindi scelto il Presi-
dente, e con 371 voti, quasi all'unanimità, è stato eletto a questa
carica Nicola Aleksieevitch Khomiakov, secondogenito del famoso
scrittore siavofllo russo, Alessio Stepanovich Khomiakov. Per lui vo-
tarono quindi compatti i tre partiti più importanti della Duma, la
Destra, gli Ottobristi ed i Cadetti. Il Khomiakov in una breve al-
locuzione fé' una professione di fede schiettamente monarchica, rap-
presentando i deputati della Duma come persone investite della mip-
sione di attuare la volontà dello Tzar nei gravi problemi che s' im-
pongono alla Russia sanguinante.
Dell'apertura della terza Duma si sono interessati solamenti i
giornalisti di professione, e i proprietari dei cinematografi. Il popolo
è rimasto del tutto indifferente : gli operai e gli studenti non hanno
scioperato, ed il cielo eziandio, fosco e nuvoloso, non si è mostrato
clemente ai sedicenti delegati del popolo russo. Arrogi che il pre-
Nota. — La Direzione del periodico, nel pubblicare le reiasioni de* suoi corrispon-
denti esteri, come si affida alla serietà delle loro informasioni e rispetta la oonveniente
libertà de* loro appressamenti, oosi lascia loro la responsabiUtà de' fatti e delle opinioni
eomunicate.
RUSSIA 245
fello dì polizia, nella vigilia deiraperlura della Duma, avea dato
ordine che i muri delle case fossero tappezzali di manifesti che com-
minavano severe repressioni contro i fautori di disordini, e proibi-
vano gli aggruppamenti di curiosi, il transito delle carrozze e dei
pedoni nelle vie adiacenti al palazzo della Taurlde, circondato da
forti nerbi di truppe. Inoltre la pessima riuscita della prima e delia
seconda Duma, i mutamenti introdotti nelle leggi elettorali, i con-
tinui delitti e rapine commessi in nome della rivoluzione, la steri-
lità delle due prime rappresentanze nazionali hanno stancato il
popolo, il quale si accorge di essere stato tratto in inganno dai ca-
porioni di un socialismo che proponevono flnanco al governo l'espro-
priazione forzata della proprietà rurale, e la sua naeionalieeagione.
Nella febbre di libertà, i partigiani del rinnovamento democratico
della Russia, esorbitando oltre ogni limite nelle loro pretese, hanno
provocato una reazione, la quale propugna il ritorno air antico or-
dine dì cose, o ad uno stato equivalente. Fuor di dubbio gli stessi
più accaniti membri della Destra, dopo il loro trionfo proclamano
la necessità di serbare inviolate le prerogative della Duma, ed esal-
tano la sua missione di pacificatrice della patria. Ma si vorrebbe da
molti ridurre il suo compito ad una mera sorveglianza che non me-
nomerebbe le prerogative del regime autocratico.
2. Nella passata corrispondenza esprimevamo il nostro scetticismo
riguardo alle previsioni avventate di quasi tutta la stampa liberale
russa che presagiva il trionfo del liberalismo e del radicalismo russo
nella terza Duma. Gli avvenimenti ci hanno dato ragione. Da un
lato le limitazioni imposte al diritto di suffragio dalla nuova legge
elettorale, dall'altro una più energica ed attiva preparazione del go-
verno, il quale si è avvalso specialmente dell'opera del clero, hanno
dati i risultati che si speravano.
Gli elementi reazionari della destra e gli elementi moderati hanno
escluso quasi totalmente dalla Duma i rivoluzionari dell'estrema si-
nistra ed i cadetti, incerti e mutevoli nella loro politica dì oppor-
tunismo. La nuova legge elettorale mirava a dotare la Russia di una
Duma essenzialmente russa, nella quale l'elemento straniero rappre-
sentasse una minorità infima. I cosi detti inorodtzy ed inoviertzy
(uomini di altra stirpe e di altra fede) nella seconda Duma forma-
vano il 25 %, e nella terza sono ridotti all' 11,5 7o ^^ anche meno,
qualora si consideri che nella seconda Duma i deputati erano 500,
laddove nella terza il loro numero è sceso a 442. I deputati non
russi nella terza Duma sono in tutto 51, tra i quali 18 polacchi
contro 46 nella seconda Duma, 8 musulmani contro 38 nella seconda
Duma, 2 ebrei contro 6 nella seconda Duma, eli nella prima, 9 te-
deschi, 2 armeni, 3 georgiani. 7 lettoni e lituani. Le maggiori per-
246 CRONACA CONTEMPORANEA
dite SODO state quindi subite dai Polacchi, considerati come nemici
dell' impero, dai Musulmani, perchè non maturi ancora nel regime
costituzionale, e dagli Ebrei, contro i quali infierisce attualmente la
lega degli uomini veramente russi coi suoi organi il Viece ed il
Busskoe Zuantia.
Il secondo intento delia nuova legge elettorale era Tel imi nazione
dalla Duma del partito democratico socialista e dei cadetti favorevoli
airautODomia delle singole nazionalità dell* impero. Secondo la carta
grafica della terza Duma, edita dal A^voe Vremia, su 427 deputati
della Russia, esclusa la Siberia, 33 appartengono alla lega del po-
polo russo, 154 alla destra, 100 agli ottobri sti, 13 ai moderati, 28
ai progressisti, 47 ai cadetti, 16 ai polacchi, 10 agi* indipendenti
(beepartimye) e 26 alla sinistra. Questa comprende i socialisti de-
mocratici ed i socialisti rivoluzionari ; del partito progressista fanno
parte i deputati musulmani. Secondo la statistica dei Teerkovnia
Viedomoati la destra novera 192 membri, gli ottobristi 104, i ca-
detti 50, e la sinistra 91. I cadetti quindi, che Porgano del Sinodo
assimila ai rivoluzionari, e la sinistra formano un gruppo di 141 de-
putati, che rappresentano Topposizione. Nella seconda duma essi
costituivano i tre quarti del parlamento. Gli ottobristi accarezzano
tendenze liberali al pari dei cadetti, e si separano da costoro sola-
mente perchè sono contrari alla concessione dell'autonomia politica
alle nazionalità dell* impero, ali* uguaglianza civile degli ebrei, e pro-
pugnano una soluzione del problema agrario che non risponde al
programma dei cadetti. Si è quindi tentata sulle prime un'intesa tra
i due partiti, ma le trattative sono andate a vuoto. Gli ottobristi
hanno quindi fatto causa comune con la destra formando un gruppo
compatto di 300 deputati, che riduce ali* impotenza i partiti dell'op-
posizione. Questa coalizione di elementi reazionari e moderati dipen-
derà fuori di dubbio dall'attitudine che i deputati della destra prende-
ranno nei dibattiti parlamentari.
Notevole è il fatto che in Pietroburgo e Mosca gli elettori hanno
mandato alla Duma 5 cadetti e 5 ottobristi. I due capi del primo
partito, Rodicev e Miliukov, sono stati eletti a Pietroburgo con una
maggioranza imponente. 1 cadetti si dichiarano quindi soddisfatti di
questa vittoria morale, magro compenso della loro disfatta nume-
rica. Dalla nuova Duma sono stati esclusi l'arrabbiato antisemita
Kruscevan, che organizzò il massacro degli ebrei di Kiscinev, ed il
famoso prete liberale, Gregorio Petrov, contro 11 quale insolentiscono
con triviali caricature i giornali reazionari.
La terza Duma è stata variamente giudicata dalla slampa. I ne-
mici del governo deplorano la rovina delle speranze del popolo, il
riturno all'antico regime ed il trionfo della reazione. Il Novoe Vr^mia
RUSSIA 247
dichiara invece che 11 nuovo parlamento sarà un elemento di rì^e-
nerazione per la Russia. La prima Duma componeasi di professori,
e come ironicamente si esprime una vecchia satira tedesca contro il
parlamento di Francoforte : Undwteiebzig Profeasoren ; Vaterland, du
bist verloren (Centosettanta Professori!.. O patria, tu sei perdutal);
la seconda Duma noverava il 45 % ^^ uomini grossolani ed igno-
ranti che le davano Taspetto di un comizio di popolari esaltati.
3. Questa alleanza politica, suggerita dairopportunismo, non sa^rà
forse duratura. Pei loro ideali gli ottobristi sembrano propendere
più dalia parte dei cadetti che da quella della destra. E di queste
simpatie si è avuta una prova chiarissima nella memoranda te mata
d^l '^ s« novembre che il Menscikov del Novoe Vretnia non esita a
chiamare giornata storica. La Duma discuteva l'indirizzo di fedeltà
dei suoi membri allo Tzar. L'Estrema Destra volea a tu tt' uomo che
si continuasse come pel passato ad aggiungere ai titoli dello Tzar
quello di autocrate: samoderjetif. La discussione fu vivissima. Uno
dei due vescovi deputati, Mgr. Metrofane, citò le antiche cronache
per dimostrare che l'autocrazia é il principio del benessere e della
felicità della Russia. Le pretese della Destra che propugnava il man-
tenimento del vecchio regime non piacquero a buon numero di otto-
bristi, i quali vorrebbero lealmente Tattuazione delle riforme costi-
tuzionali. I cadetti profittarono delle intemperanze di linguaggio di
parecchi membri della Destra (uno di questi, il Purichkevitch, avea
asserito che Alessandro II, lo Tzar Liberaiore, era stato massacrato
dal popolo, quando proponevasi di promulgare la Costituzione) e
tentaroT!io di amicarsi gli elementi più liberali del partito degli ot-
tobristi. Il loro tentativo riuscì felicemente. Gli ottobristi si divisero
in ottobristi della destra, capitanati dal conte Uvarov, ed in otto-
bristi della sinistra, capitanati dai deputati Petrovo-Solovov e Ka-
pustin. Uno scisma politico è quindi scoppiato nelle file del partito
che la stampa reazionaria lusingavasi di veder militare sotto i ves-
silli della Destra. Il risultato di questo scisma é stata la soppres-
sione dell'epiteto di autocrate nell'indirizzo della Duma allo Tzar.
In uno splendido discorso che riscosse gli applausi del Centro e della
Sinistra, il deputato Plevako, ottobrista, rivolgendosi ai membri della
Destra, dicea loro : « Lo Tzar vi largisce la toga virile, e voi am-
bite di rimprendere le camicie della vostra infanzia. » La destra esa-
gerando nelle sue pretese, ha compromesso la sua preponderanza
morale, ed i cadetti, nonostante l'esiguo loro numero, sono riuscita
a guadagnarsi una grande vittoria.
La terza Duma lavorerà quindi a consolidare in Russia il regime
costituzionale. Il Tovarichtch, l'organo del socialisti russi, commen-
tando la tornata del ^^/^ novembre scrivea che il perìcolo di una
248 CRONACA CONTEMPORANEA
destra reazionaria è scomparso: Tautocrazia è morta, e non vi è
più timore che risorga: la Duma si è francamente dichiarata sua
avversaria. Il Rietchy Torgano dei cadetti, esprimeva la sua gioia
dichiarando che infine la Costituzione vigeva realmente in Russia.
11 Novoe Vremia deplorava al contrario che la Duma con la sua de-
cisione avesse cancellato cinque secoli di storia nazionale. A parer
nostro, la terza Duma è il primo parlamento russo che sembra de-
ciso ad un lavoro efficace e fecondo. La seconda Duma era il par-
lamento del nihilistno nazionale, come la definiva il principe Eugenio
Trubetzkoi. La terza Duma risulta in maggioranza di elementi mo-
derati, e per giunta il suo livello intellettuale è molto elevato, buon
numero dei suoi membri essendo forniti di diplomi universitari. Si
prevede che la sua vita non sarà effimera come per le due prece-
denti, e che le sue iniziative ristabiliranno alquanto l'ordine in
Russia. Diciamo alquanto, perchè sventuratamente i delitti dei ter-
roristi, ai quali il Russkoe Znamia dedica una rubrica speciale col
titolo generico di agitaeione liberatrice, crescono di numero. Si cal-
colano a 44,000 le vittime che nell'ultimo intervallo di tre anni i
torbidi poi tici hanno mietuto in Russia, ed il periodo delle esecu-
zioni capitali o degli assassini! non è ancora chiuso.
4. Una nota caratteristica della nuova Duma è il gran numero
di popi che figurano tra i suoi membri. Oltre i due vescovi orto-
dossi di Chelm, Mgr. Eulogio, e di Moghilev, Mgr. Metrofane, tra
i deputati russi noveransi 42 popi, vale a dire, il clero forma la
decima parte dei membri della Duma. Il clero è ben lungi dal godere
in Russia la popolarità, e perciò i suoi successi elettorali non sono
il prodotto spontaneo della sua morale influenza. Il Bus attribuisce
il trionfo delle candidature clericali all' indifferenza del pubblico per
le elezioni politiche. Moltissimi laici si sono astenuti dal recarsi alle
urne, laddove il clero ha preso una parte vivissima alla lotta elet-
torale.
Per citare alcuni esempi, a Novgorod, nei comizi preparatori alle
elezioni, sono intervenuti 69 popi ed 1 solo laico; a Ji tornir 56 popi
e 2 laici; a Kaluga 120 popi e 5 laici. I delegati elettorali dì pa-
recchi governi erano quasi tutti popi : nel governo Tver se ne con-
tavano 170 di fronte a 16 laici; in quello di Mosca 161 e 44 laici e
così di seguito. I concistori ecclesiastici hanno emanato parecchie cir-
colari ingiungendo al c!ero di recarsi alle urne. Qualche vescovo ai
popi delle parrocchie imponeva come dovere di coscienza di votare
in favore degli uomini veramente russi. Il clero si è così comportato
in seguito alle istruzioni ricevute dal Sinodo, il quale per tenerli
vieppiù sotto la sua dipendenza, loro ha offerto gratuitamente l'al-
loggio in uno dei palazzi di sua proprietà, il metochion di S. Me-
RUSSIA 249
trofane. Il clero della Duma è quivi riunito sotto la presidenza dei
due vescovi Eulogio e Metrofane, e sulle prime si è discussa Top-
portunìtà di formare coi suoi membri un partito speciale per la tutela
degr interessi della Chiesa. Il metropolita Antonio ha però loro con-
sigliato di votare sempre in favore della Destra, uno dei cui membri
più esaltati, il Purichkevitch, prende parte alle loro adunanze per
suggerire loro i suoi piani di battaglia. Mgr. Eulogio si adopra poi
per serbare Tunità morale tra i suoi subordinati, parecchi dei quali
non celano le loro tendenze progressiste.
Sembra però che queste esortazioni non raggiungano il loro scopo.
Infatti nella seduta del ^^/^^ novembre parecchi popi hanno votato
con gli ottobristi della sinistra e i cadetti per la soppressione del
termine di autocrate. Il loro voto ha inviperito il gruppo delKEstrema
Destra, e scandalizzati i due vescovi deputati, che sembrano disposti
a chiedere delle punizioni esemplari, la destituzione dal sacerdozio,
l'espulsione dalla Duma ecc. La discordia regna quindi eziandio nel
partito, che lo spirito di casta dovrebbe tenere concorde ed unanime.
E di questi attriti sapranno forse trar profitto i cadetti. AlTora in
cui scrivo, assistiamo ad una lenta evoluzione VieDa terza Duma, la
quale presentatasi come il blocco delle forze della reazione, si orienta
verso il liberalismo, e dichiara che la Russia vuole un governo co-
stituzionale.
5. Nella terza Duma i Polacchi formano una frazione insignifi-
cante. Gli elettori vi hanno inviato i democratici nazionalisti, che
considerano la concessione delfautonomia alla Polonia come il primo
ed unico passo decisivo per la soluzione della questione polacca in
Russia. Il Dmowski, capo della frazione polacca, dichiara che dal-
Tattitudine del governo russo dipende la soluzione del problema po-
lacco, e che ad esse si collegano le sorti e Tavvenire dell'impero.
Ma il tempo non è propizio alle rivendicazioni polacche, che il partito
della destra considera come i prodromi di una prima rivolta politica
simile a quella del 1863.
Il Movoe Vremia descrive a foschi colori la situazione dei Po-
lacchi nella Russia, ed i rigori del governo che rapisce ai suoi sud-
diti polacchi le loro terre e chiude le loro scuole, e di questi mali
getta la responsabilità sui Polacchi stessi, che persistono nella loro
chimera di ristabilimento del loro antico reame. I Polacchi dovreb-
bero unirsi lealmente ai Russi e combattere insieme per eliminare
il pericolo tedesco che minaccia gli Slavi dell'Austria. Ma il Xovoe
Vremia dimentica che la prima condizione per indurre i Polacchi a
subire la supremazia politica della Russia è la rinunzia all'infausta
politica di russificazione della Polonia, che tuttora logora questa
sventurata nazione.
250 CRONACA CONTEMPORANEA
I Polacchi attualmente secondo Tautorevole periodico del prin-
cipe E. Trubetzkoi, il Moskovsky Ejenedielnik, dovrebbero differire a
miglior tempo la questione dell'autonomia nazionale. I Russi temono
10 sfasciarsi deirunità dell'impero, qualora i Polacchi prima, e poi
le altre nazionalità ottenessero, come la Finlandia, un regime auto-
nomo. 1 Polacchi darebbero prova di sagacia e di prudenza limitan-
dosi per ora a lottare per la difesa della loro lingua, a chiedere che
il loro idioma sia introdotto negli zemstva, nei tribunali, nelle scuole.
Nelle attuali condizioni sarebbe questo infatti il migliore consiglio.
I cadetti favorevoli all'autonomia della Polonia, sono nella Duma una
piccola minoranza, ed il governo sembra ritornare alla sua politica
di ostilità e di diffidenza a riguardo dei cattolici e dei polacchi. Ne
abbiamo la prova neirallontanamento di Mgr. Edoardo Ropp, vescovo
di Vilna, dalla sua diocesi. I Polacchi dovrebbero quindi procedere
con cautela, e rivendicare un po' per volta tutti i diritti dei quali li
ha privati la politica di russificazione.
6. Di fronte alla indolenza religiosa del clero russo siamo lieti
di elogiare lo zelo e l'attività del clero cattolico di Pietroburgo.
11 nuovo parroco della Chiesa di S. Caterina, il Rev. Butkiewicz,
la più vasta e la più importante di Pietroburgo, ha dato un vivo
impulso alle scuole parrocchiali, e per favorire vieppiù il loro incre-
mento ha fondato una società pedagogica. I redditi annui della
parrocchia di S. Caterina si aggirano intorno ai 230,000 rubli al-
l'anno e sono in massima parte spesi per l'istruzione cristiana dei
fanciulli, e per le opere di beneficenza. Sotto l'aspetto scientifico
notevole è il risveglio dello studio delle scienze sacre nell'Accademia
ecclesiastica di Pietroburgo, trasferita da Vilna in questa capitale
nel 1842 per ordine dello tzar Nicola I. L'Accademia di Pietroburgo
è l'unica scuola superiore del clero cattolico in Russia, e la valentia
dei suoi professori ci è arra di liete speranze pel suo avvenire. Men-
zioniamo tra i più chiari Mgr. Longino Zarnowiecki, liturgista di
polso ed autore di pregiatissime opere sui paramenti sacri, sui
ricami e sulle stoffe sacre, sul calice ecc.; il canonico Giovanni Ma-
tsulewicz, che ha dato alla luce un dotto trattato De jusHtia et
jnre; il canonico Giovanni Cieplak, autore di un bellissimo studio
sull'Epiclesi; il rev. prof. Matulewicz, la cui tesi latina sul peccato
originale secondo i teologi russi rivela la sua profonda conoscenza
della teologia ortodossa; il rev. Michele Godlewski, che ha dato alla
luce due volumi di documenti, col titolo generico di Monumenta eccle-
siastica petropolitana. l materiali raccolti in questi due volumi sono
tutti inediti, ed offrono un contributo prezioso alla storia della Chiesa
cattolica in Russia verso la fine del secolo XIX. Il professore di
russo dell'Accademia è un fervente cattolico, Stanislao Ptaszycki,
RUSSIA 251
autore di numerosissimi lavori e monografìe storiche date alla luce
da Società scientifiche russe e polacche. I corsi di studi sono divisi
in 4 anni, e gli alunni raggiungono il numero di 60. Il fiorire del-
TÀccademia cattolica di Pietroburgo contribuirà efficacemente a rial-
zare il livello intellettuale del clero cattolico in Russia e ad agguer-
rirlo nelle lotte che gli sono imposte per la tutela della sua fede.
7. Con dolore ritorniamo a parlare della sciagurata setta dei Ma-
riaviti, che tuttora continua a fomentare disordini nella Polonia, e fa
gongolare di gioia certi organi della stampa ortodossa. Nell'ottobre
si è tenuto a Varsavia il congresso dei preti che aderiscono tuttora
alla setta con gravissimo scandalo e danno dei fedeli. Nonostante
r anatema che grava su di lui, il famoso sedicente generale della
Congregazione dei Mariaviti, Giovanni Kowalski, celebrò la messa,
e nominò suo vicario generale il prete Romano Pròchniewski. Si
decise nel congresso di dividere il territorio abitato dai mariaviti
in tre sezioni nazionali : polacca, boema e lituana. L'organamento
ecclesiastico mariavita comprenderebbe alcune provincie divise in di-
stretti, e dei distretti divisi in comuni ed in succursali. Il congresso
dei mariaviti (swiaeek tnarjafvitów) è retto dal generale o vicario:
alla cura dei distretti è preposto un custode; i parroci ed i vicari
ammiai strano i comuni e le succursali. I parroci sono eletti dal ge-
nerale col consenso dei parrocchiani. Il capitolo generale si raduna
una volta ogni tre anni, e le sue decisioni hanno forza di legge.
Un consiglio di tre preti è investito della facoltà di emanare delle
sentenze di divorzio (1). Gli uffici divini devono essere celebrati nel-
Tìdionaa parlato dal popolo. I seminari sono inutili. I candidati al
sacerdozio, compiuti gli studi ginnasiali, faranno un noviziato apo-
stolico di tre o quattro anni presso un parroco, e poi un noviziato
ascetico durante il quale studieranno la liturgia. Il generale dei ma-
riaviti li abiliterà (!) allora all'esercizio del ministero sacro. Le de-
cisioni del congresso, firmate da 32 preti mariaviti, sono state sot-
tomesse all'approvazione del governo.
AUSTRALIA^ (Nostra Corriepondema). 1. L'industria della lana. — f.
Riscossioni deUe entrate. — 3. Il eonsiglio provinciale.
1. La prima grande industria deirAustralia è l'esportazione della
lana. Nei sette anni che precedettero il 1903 una grave siccità
fu cagione di perdite enormi per la distruzione delle pecore ; e le diffi-
coltà finanziarie crebbero ih seguito al gonfiamento artificiale del va-
lore delle terre che scadde improvvisamente, producendo in tutta 1' Au-
stralia gravissimi danni. Quando cessò la siccità nel 1902 vi fu una
ripercussione di tanta forza che l' intera situazione finanziaria cam-
biò come per incanto. Oggi è ritornata pienamente in tutti la fidu-
252 CRONACA CONTEMPORANEA
eia, e si crede che mercè Tesperienza del passato V industria potrà
far fronte a ogni cosa che Tavvenire porti seco.
Nei 1903 le relazioni diedero un totale di 75.765.000 pecore nelle
gregge degli stati e della Nuova Zelanda. Per il 1906 le cifre sono
103.548.330. Ciò non basta; in grazia di una scelta più accu-
rata la tosatura del 1906-1907 riesce un avvenimento di gran-
dissima importanza, malgrado il fatto che il numero totale delle
pec(re è al di ^otto di quello del periodo di tempo che precedette
la siccità. Allora furono tosate 120.000.000 pecore, ma le espor-
tazioni non arrivarono che a 1.959.811 balle. Oltre a ciò natural-
mente la cessazione della siccità fece si che ci fossero maggiori im-
barchi di castrati, di pelli e di sego. Quindi si calcola che il valore
dei prodotti rappresentati dair industria pastorizia sali nei dodici
mesi passati all'ingente somma di 40.000.000 di lire sterline. Non
fa meraviglia che il bilancio degli incassi sia cresciuto a Londra, e
che il deficit sia stato colmato con la rapidità si direbbe quasi del
baleno. Certo, questo mutamento non viene soltanto dalle stagioni
migliori. L'Oceania ha avuto parte nei benefizi derivanti dal mera-
viglioso sviluppo industriale degli ultimi cinque anni. C'è stato
per ciò un aumento nel prezzo della lana, e noi siamo riusciti a
mettere sul mercato alle condizioni più favorevoli quantità del nostro
prodotto ogni anno maggiori. Prendendo come base i prezzi fatti nelle
vendite locali, mentre il valore lordo nel 1901-1902 eradi 9 lire ster-
line, 6 scellini e 8 soldi la balla, ossia 233 lire italiane e 35 cent.,
nel 1906-1907 i prezzi aumentarono in modo che la balla si ven-
deva in media 14 lire sterline, 3 scellini e 22 soldi, ovvero 354 lire
italiane e 85 cent. E poiché nel medesimo tempo c'era stato un aumento
nella quantità della lana esportata (le cifre del 1906-1907 essendo
circa 600.000 al di sopra di quelle del 1902-1903) è facile intendere
come la situazione finanziaria sia migliorata.
Sarebbe stoltezza non riconoscere il gran servizio che V in-
dustria ha reso all'Oceania in qi:esti due anni addietro. La com-
binazione casuale delle stagioni favorevoli e dei prezzi alti fatti
alle nostre mercanzie ha fatto si che noi soddisfacessimo alle non
lievi obbligazioni degli ultimi due anni, e ci preparassimo a soddis-
fare facilmente a quelle del 1908. Il contributo che 1' industria
pastorizia portò sotto questo rispetto si può vedere dalle cifre
citate di sopra circa il valore dei prodotti dell'industria per il 1906-
1907. Tuttavia non bisogna mai dimenticare che le siccità ritornano,
e che allora le perdite succedono con rapidità maravigliosa. È vero
che ormai son quasi terminate le preparazioni fatte per far fronte
ai rovesci di fortuna in condizioni migliori che non per l'addietro,
ma dobbiamo guardarci dal credere che ci sia sempre tempo di
AUSTRALIA 253
rifarsi di tutte quante le perdite. La proclività degli australiani però
a dimenticare il passato non si ha da estendere fino ai moderatori
della cosa pubblica. Avendo veduto il valore che ha per il paese,
dal punto di vista finanziario, Tindustria pastorizia, bisognerebbe
che gli uomini politici non tentassero dMmpedirne il progresso con
leggi poco sagge, scio perchè in circostanze eccezionali si è avuta
un*era di prosperità.
2. Le floride condizioni delle finanze dei due maggiori Stati di
Australia sono indicate dai listini delle esazioni nel trimestre
chiusosi il 31 ottobre. In Victoria il mese di ottobre diede quest'anno
un totale di 692,391 lire sterline in confronto di 589,265 lire ster-
line neirottobre del 1906. I principali cespiti neirultima relasiione
sono degni di nota per il fatto che in nessun caso il confronto
con le cifre del 1906 mostra decremento. Le entrate delle ferrovie
che lo scorso anno manifestarono un miglioramento reale sulle en-
trate del trimestre precedente, diedero un aumento di 38,000 lire
sterline, mentre con Taiuto di uno o due forti incassi della tassa
di successione, i redditi delle imposte superarono di 18,481 lire
sterline la somma riscossa il 1906. L'aumento nei generi promiscui
fu di 29,379 lire sterline, e le tasse governative furono maggiori di
16,074 lire sterline.
Il primo trimestre dell'anno finanziario ha dato 2,692,461 lire
sterline. Nello stesso periodo di tempo il totale dello scorso anno
fu di 2,479,628 lire sterline, cosi che c'è un aumento di 212,833
lire sterline.
T cespiti principali sono cosi ripartiti :
Ottobre Ottobre
1906 1907 Aumento
Lire sterUne Lire nterliae Lire sterline
Imposte 31,119 49,600 18,481
Diritti territoriali .... 17,833 18,108 275
Ferrovie 316,824 354,832 38,008
Feudi 23,795 25,821 2,026
Massa di varie cose. . . . 14,651 44,030 29,379
Bilanci della cosa pubblica . 168,995 185,069 16,074
Totale . . . 589,265 692,391 103,126
Nel Nuovo Galles del Sud la rendita riunita per ottobre mostra
che le entrate nette del governo ascesero a 598,578 lire sterline, e
che dalle imprese di carattere commerciale e industriale si ricava-
rono 708,425 lire sterline, avendosi per totale un aumento di 184,062
lire sterline suirottobre del 1906. Per il trimestre Taumento fu di 574,845
lire sterline. L*accrescimento più sensibile ai redditi del mese derivò
254 CRONACA CONTBMPORANEA
dalle ferrovie, rappresentato da 139,566 lire sterline. Gì* incassi
della cosa pubblica crebbero di 60,103 lire sterline, e quelli derivati
dalla vendita dei francobolli di 19,700 lire sterline. Le diminuzioni
più cospicue furono di 38,817 lire sterline nei cespiti di entrate non
eta8»ifteati«. e di 9,539 lire sterline nelle tasse dei terreni.
3. Mons. Carr, K»rcÌ¥escovo di Melbourne, con i vescovi suffra-
ganei della provincia, mons.Higgins di Ballarat, mons. Reville di Sand-
hurst, e mons. Corbett di Sale» aprirono il coaeiiio provinciale dome-
nica 17 novembre, con la messa solenne dello Spirito S«&to, durante
la quale T arcivescovo fece un discorso su gli errori del modernismo.
La sera dopo i vesperì V oratore fu il Riho P. Giovanni Conmee,
preposito dei Gesuiti irlandesi, che al presente sta facendo una
visita in Australia. Le tornate dei vescovi e del clero si protrassero
per più di una settimana, e una pastorale partecipa al laicato le
decisioni generali prese dal concilio.
PER L'OBOLO DI S. PIETRO
Avvertenza.
11 prossimo quaderno del 1"* febbraio riporterà la terza
lista della seconda serie delle offerte per TObolo di S. Pietro
nell'anno del Giubileo sacerdotale di S. S. Pio X. Ci fac-
ciamo premura di rammentarlo alla generosità de^ nostri
lettori e amici, perchè le loro oblazioni possano essere re-
gistrate in tempo e pubblicate pel giorno 23 del corrente
mese di gennaio.
OPERE PERVENVIE ALLA DIREZIONE
A,tii epiacopalL ClpoUa C. La citazione del « Comma
Joanneum » in Priscilliano. Nola fEstr.
Rend. R. IstU. lowtb. di m. é leU. S«r. IL
Morando L. arciv. di Brìndisi. Dopc la
S. Visita. Raccomandazioni ed avvisi al
Popolo. Lettera pastorale. Brindisi, tip. del ^^i' ^^' !^>' «•• f ^'^ " "^8;
commercio, IQOT, 8^ t« p. - Detto. Notifica- , ^^ ^"^^ ^' ^ Sacramento della peni-
Bkme. Ivi, \m, 8-, 40 p. *"'*'* *^' P"^* '^^^ ^^ Cristianeaimo,
Studio storico critico. Napoli, D*Àuria, 1906,
Sci^xuee «aera.
8». 212 p. L. 2,40. Rivolgersi all'Autore in
Ob9€ di Liberi (Caserta).
VUroQTOVX, Baeues et Brassac Mar- Blama GÌ. & I. Der Cèèreue s. BenedicH
nnel biblique, ou cours d'Écriture Sainte Nursini und die lUurgiaehen Hyfnnen det
a l'usage dea Séminaires. Tome troisième. 6-9 Jahrhunderts in ihrer Beeiehung gu
N^WBéau Teaiament par A. Biassag. 12 òom dm Sénniaffa-Mm^Feriaìhgmmem nnaereM
ed. totalement refondue da Manuel de ÌL. Ba- Bretriers, Eine hymnologiaeh'liturgiacheStu-
caez. -^ Jésua-Christ. Lea Sainta Évangilea. die auf Grand handschrìfllichen Quellenma-
Paris, Roger, 1908, l««, XH-TflS p. terials. Leipzig, Reisìand, 1908, 8% 138 p.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
255
Bova G. vescovo titolare di Samarii, au«
siliare di S. Em. il card, arcivescovo di
Palermo. La benedinione degli olii il gio-
Tedi santo. Versione e commenti. Palermo,
tip. pontiflcia, 1907, 16», 3i p.
JLeiiure,
Palmieri A. O. S. A. La Chieea rìuaa,
té mte odierne condiBioni é il euo rifor»
iHMfMo dt^trinale, Pirense, libr. ed. floreB-
tina, 1606, 8% XV[-7eO p. L. 6.
Hoch A. Kirche und Zeitgeiet. Die haièpi-
eaehlichsten Hirtenschreiben Pim X, ala
Kardinals und Patriarchen von Veuedig.
Mìt eigenster Crlaubnis seiner Heiligkeit
ins Deutsche Qberlragen und mit einer Cin-
leitung vefMhen. g^traitsburg, Le Roux* 1907,
S*, 148 p.
Serra y Canssa K. preab. Mawneria
4x1 dertcHo y al retée. Eetudio sobre la na-
turaleza y flnes de la misma. Barcelona,
libr. catolica, 1907, 8», 492 ; 482 p.
Bassi D. b. In famiglia, Firenze, Sale-
siana, 1907, 16*. XXXVf-366 p. L. 3.
Onlde d'action religietése. 1906. Reims,
Bureaux de TAcHon populaire, 48 rue de
Teaiae, 8*, XVl<68a p. Pr. 3.
GameTale L. ab. Un'idea $uUa etampa
cattoliea. Voti e propositi. Lanciano, Gian-
donato, 1907, 10>, 20 p.
Qhlone A. Aagietenea fisica e religiosa
<iegli ammalati. Rimedi più comuni. Ma>
lattie evitabili. Mali improvvisi coi soccorsi
d'urgenza. La morte areale e la morte appa-
rente in relazione ai SS. Sacramenti. Ad
uso delle famiglie ; indispensabile ai mia-
sionarii ed agli emigranti. Ed. 13» aecre-
MciatA. Torino, Salesiana, 1907. Ufi, XVI 306
p. Cfr. dfj. Coti. XVr, 11 1897) 596.
Diritto.
Cappello F. sac. InsiittUiones jurie fmbli-
ci ecelesi€utici kodierncu omne» quaesttones
complectentes ad mentem Leonia XI JJ et
Pii X in clericorum usu exaratae, quibus
accordìi Ju8 publicum status itali-ii cirva
relationes eum Ecclesia. Voi. il. Taurini,
P. Marietti, Ì9U6, 16", 688 p. L. 8.
Trenta E. can. La nuova disciplina
sulla celebraeione degli sponsali e del ma-
trimonio, ossia il Decreto « Ne temere »
Hrll.i S. C. del Concilio brevemente com-
oaentato. Ascoli Piceno, tip. ascolana, 1907,
8*, 61 p. L. 0,60.
Busso F. sac. La nuova legge ecclesia-
aiica sul mcUrimonio cristiano a datare
dalla Pasqua del 1908 in raffronto col Ck>-
dice Cicile e Penale Italiano (con appen-
dice; Palermo, Fiorenza, 1908, 16», 48 p.
L. 0,40. Rivolgersi all'Autore, Vicolo Rocca
n. 1 alla Gioiamia, Palermo.
Clliara A. M. sac Le questioni di banchi
in chiesa nel diritto moderno ecclesiastico ci'
0(2e t/a/tatto. Novara. Cantone, 1907. 8o,64 p.
Fongóre B. LiCS amicales de l'enseigne-
ment catholiqtéc libre et leurs offices de
placement et de renseignements. {L'aettoH
populaire n. 167) Paria, Lecoffrc, I64, 36 p •
Pr. 0,25.
Scienze naturali.
Memorie della Pontificia Accademia ro-
mana dei Nuovi Lincei. Voi. XXV. Roma*
Cuggiani, 1907, 4*, 262 p.
OemeUl A. O. M. La nosione di specie
e la teoria dell'evolusione. (Estr. Riv. di
Fisica^ Matem. e Scieme Nat. dee. 1907)
Pavia, Fusi, 1907, 8», 70 p.
Lanna D. sac. // valore della psicologia
nel problema dell'origine umana. Napoli,
D'Auria, 1908. 8», VIII-80 p. L. 1.
Sfona Q. Ricerche dt estensionimetria
negli spasi metrico-proiettivi in due note
cnn^unicate alla R. Accademia di scienze,
lettere ed arti di Modena dal prof. U. A*
UALDi. (Estr. Mem. R. Accad, sud.* Ser. Ili
voi. 8« app.^ Modena, Solìani, 1907, 4», 46 p'
Patrizi M. L. La curva di fatica dej
centro respiratorio inibitore. Nuove espe .
rienze 'con 10 figure in 3 tav.) (Estr. id.)
MlcoUs U. Sul cerchio meridiano del'
l'Osservatorio di Modena. Nota {Pubbl. del
R. Osserv. geofisico di Modena n. 21) Mo-
dena, Soliani, 1907, 4^, 14 p.
Storia a Biografia.
Cavassi L. La diaconia di S. Maria
in via Lata e il Monastero di S. Ciriaco.
Memorie storiche. Con 38 illustrazioni. Ro-
ma. Pustet, 1906; 8», XVIl(-448 p. L. 12.
marnare O. M. vescovo di Sessa, ifa-
morie storico-critiche della chiesa di Sessa
Aurunca, Parte 11. Napoli, Artigianelli,
1907, 8«, 230 p. L. 3. Ui volgersi al Semina-
rio di Sesaa. Cfr. Gir. Catt. 1907, 4, 736.
Mathieu. Card, de l'Académie fran<;aise.
L'ancien regime en Lorraine et Barrois
d'après dee documents inédits (1698-1789)
4.èrae ed. revue et augmentée d'un épisode
de la revolution en Lorraine. Paris, Cham-
pion, 1907, «•, XXIV-040 p.
Hugues T. S. I. The History nf the So-
ciety ofjfsus in North America colotìia
and federai. Docunients. Voi. 1. Part. I, n. 1-
140 (1606-1838) London, Longmans, 1908, 8»,
XVl-600 p. Sh. 21 netto.
Benini O. sac. Giordano Bruno. Confo-
256
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
renza letta per TAssoe. di Cultura il 16 giu-
gno 1907 nell'aula magna deirEpiscopio di
Imola. Imola, Ungania, 1006, ld<, 41 p. L.0,50.
Renda U. Gerolamo Campagnola e Aiu
ionio Tebaldeo, (Estr. Mem. R. Accad. di
BÒenze, lettere ed arti di Modena. Ser. Ili.
voi. 8*). Modena, Soliani, 1907, 4«, 8 p.
La Mère Marie de Jòras Deluil^Martiny
fondatrice de la eooiété dee fUlee du Coeur
de Jésue, et aon oeuvre, 3.ème 6d. Toumai,
Gaslerroan, 1007, 16«, 100 p.
JLe tiare ad Arte.
Baumgartner A. S. 1. Reieebilder aut
Schottland. Mit zwoi Biidern in Farben-
druck, 85 Abbiid. und einer Karte. Dritto,
Termehrte Auflage. Freiburg i. Br., Herder,
1906, 8*, XIV.370 p.
Hattler F'-. S. ì. Ein SlrAueechen Roa
marin, Bunte Geschichten fUr Jung und
Alt. Zweilo Auflag«, Freiburg i. Br., Her-
der, 1907, 16^ Vi-Sit p. M. 2,20
Q. Carducci. Da un carteggio inedito,
con prefazione di A. Messeri. Bologna, Za-
nichelli, 1907, 16*. 181 p. L. 3.
Debout J. Le myatère de la Mieéricorde.
Évangile en 3 actes et en vers. Lettre-pré-
face par (ì. FoNSEa.ìivB. Paris, Tèqui, 1906,
16», XIISO p.
COara di san Damiano. La leggenda di
Padre Nilo. Torino, Festa, 1908, 16», 28 p.
PemllO C. mona. Sctcra poeeie, seu car-
mina in Sanctorum laudes qui fracta ma-
Jori urbe aedibus Deo dicatis coluntur. Ac-
eedunt varia latina et italica edita et inedita
ab ejusdem auctoris calamo. Aversae, Fa-
bozzi, 4*, XVI-46!5 p.
ColaSorl V. M, m. e. Rime eparse. Pisa,
F* Marìotti, 1907, 16*. 96 p.
Brann J. 8. 1. Die helgieehen Jeeuiten-
Kh-ehen. Eia Beitrag zur Geschiehte dea
Kampfes zwischen Qotik und Renaissance.
Mit 73 Abbiid. Freiburg i. Br., Herder, 1907,
8», X 11-208 p.
Vigo P. Antignano e la eua nuova chiesa.
Siena, S. Bernardino, 190S, 4«, Ì0 p. Con
ricche illustrazioni.
Yaocà V.* Giusti L. Il canto eoi canto.
Metodo popolare per Tinsegnamento teorico-
pratico della musica mediante alcuni canti .
Milano, Ifagas, 1907, 8*, gr. 28 p. L. 2.
neià.
PlCCireUl O. S. L La vita pel Saero
Cuore. Trattenimenti ascetici su Tinflueuza
del Saero Cuore nella vita soprannaturale
della Chiesa. Napoli, D* Auria, 1907, 8*,
304 p. L. 1.80. Rivolgersi al sig. N. Di
Matteo, Convitto Fontano, Napoli.
Fontana A. m. e. Crociata di amore
nel giubileo dell'Immacolata a Lourdes,
Siena, S. Bernardino, 1906, 24*, 20 p. L. 2
al cento — Detto. Il prete al smo posto.
Ivi. 24*. 24 p. L, 3 al cento. Rirolgersi al-
TAutore Aresso (Toscana).
Cipriano da Napoli, capp. Duodecimo
discorso sul Sacramento. Benevento, D'A-
lessandro, 1907, H\ 20 p.
Maccono F. sac Ogni giorno a Gesi^
per la 8. Messa, per la S. Comunione, per
la visita al SS. Sacramento. Faenza, libr.
salesiana, 1908, 24«, 64 p. L. 0,20.
Feriodioi e L,9uuici.
Herden Konversations-Lexilcon. Dritte
Auflage. Reich illustriert durch Textabbil-
dungen, Tafeln und Karten. Achter (Schluss)
Band. Spinnbrbi biz Zz. Freiburg i. Br.,
Herder, 1907. 8-, yilM912 col.
Bcherer A. 0. S. B EmmpehLexihon
fUr Prediger und Kctteeheten, der heiligen
Schrifl, dem Leben der Heiligon und andem
bewShrten Geschichtsquellen entnommen.
Freiburg i. Br., Herder, 1907, 8*, VlIl-1022;
1016 p. M. 11 il voi.
Foglio ufficiale ecclesiastico per la dio-
cesi di Milano. Si pubblica nei primi d*ogni
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RlTlSta di diritto e legislazione agraria
e delle acque. Mensile. Fase, di 24 pag.
Roma, via del Leoncino n. 32. Prezzo di
associazione annua L. 6. Ciascun fase, se-
parato L. 0,80.
La Fenice, strenna mirandolese per Tan-
no bisestile 1908 colTaggiunta delPannuario
e del calendario per Tanno nuovo. Anno
XXXVIl. Mirandola, Gagarelli, 1907, 24*,
126 p. L. 0,60.
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Via Porta S. Lorenzo 42
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METODO GENERALE DI CATECHISMO
tratto dalle Opere de^ Padri e Dottori della Chiesa
Seconda ediicione ifaiUna rivedutap corretta ed ampliata
dal Teoi. Coli. PAHTC MUHCRjlTI Salesiano
Tre eleganti volami in'l6 grande di pag. 1294 L. 5
Encomiala dal S. Padre con lettera del Card, di Stato e dal Card. Fer-
rari arclv. di Milano neir ultimo Convegno catechistico tenutosi a Milano
nello scorso Novembre, è uscita la nuova edizione. Dire dell* eccellenza
dell'opera sarebbe cosa superflua, dopo che tanti Catechisti Thanno espe-
rimentata. Basti ricordare che è una vera miniera di suggerimenti, in una
materia tanto importante. In questi giorni in cui si fa tanto difficile l'arte
del catechizzare, sono preziosi gli insegnamenti di coloro, che furono Maestri
insigni. La nuova ediz. poi si avvantaggia per la saggia revisione del
Teol. Munerati, noto per altri lavori di Teologia e Diritto, e già Profes-
sore alla Scuola di Religione di Parma. Speriamo quindi che resa così
più maneggevole, tornerà anche maggiormente pratica allo scopo. (Nota
delVEditore).
l seguenti libri sono vendibili presso FAmministrazione della
" CIVILTÀ^ CATTOLICA „ — Via Ripetta 246, Roma,
SALVATORE M. BRANDI S. I.
Di chi è il Vaticano? Roma, 1904 L. 1,50.
L'estraterritorialità del Vaticano. Note storiche e giuridiche. Roma, Be-
iani, 1904, 8. L. 0.50.
La dotazione della Santa Sede secondo la legge delle guarentigie.
Roma, 1904. L. 0f25.
CARLO BRICARELLI S. I.
Letture popolari d'Astronomia. Roma, Civiltà Cattolica 1906, in 8, di
pag. VIlI-97. L. 1,25.
Escursioni zoologiche, Letture popolari, Roma, Civiìtà Cattolica, 1906, in 8»,
di pag. VII-92. L. 1,25.
GAETANO ZOCCHI S. I.
Il soprannaturale nella Chiesa e nella società. Conferenza. Un bel voi. in 16,
di pag. 528. L. 4.-
Spigolature. Oratoria — Polemica — Descrittiva — Critica — Giornali — Scuole.
Con un appendice sull'azione Cattolica. Un voi. in 16, di pag. VII-392. L. 3. —
EUGENIO POLIDORI S. 1.
L'autore del quarto Evangelo rivendicato. Opusc. in 16, di pag.
Terza ediz. migliorata. Roma 1906. L. 0,75.
I nostri quattro Evangeli. Studio apologetico critico. 2» ediz. migliorata in 8«
gr. di pag. 368. Roma, 1907. Civiltà Cattolica, L. 2.—
pj|~^^
ITALIA. . . . Anno Lire 20 — Semestre 10 — Trimestre B - Un fasoioolo L. 1-
E8TER0 ... ,. Franolil 2S - „ 13 - ... 6. 25 „ .. 1,25
A, PAVISSICH S. I.
LA GUERRA AL CATECHISMO
Roma, «Civiltà Cattolica», 1908.
Opuscolo in-16 di pagg. 34 L. 0,05. Copie 100 L. 4^. Copie 1000 L. 40.
Un pericolo gravissimo minaccia il popolo italiano: la massoneria,
il radicalismo e il socialismo, stretti in ibrido connubio, scimmiottando
il blocco giacobino in Francia, si agitano rabbiosamente per ottenere che
sia dato il bando al catechismo da tutte le scuole italiane e vi sia intro-
dotto l'ateismo obbligatorio. Solo una forte, energica, universale agita-
zione contraria del popolo italiano, potrà allontanare il pericolo e far si
che sia rispettato il diritto naturale, positivo, costituzionale dei padri di
famiglia ali* istruzione religiosa dei proprii figli. A promuovere appunto
tale agitazione legale è diretto il presente opuscolo di propaganda, che
espone in modo piano e succoso le ragioni principali di diritto e di fatto
per la conservazione del catechismo nelle scuole italiane.
L' ONNIPOTENZA PEL GIORNALISMO
Roma, « Civiltà Cattolica », 1908.
Op. in-16 di pagg. 34 L. 0,05 - per copie 100 L. 4,50 • copie 1000 L. 40.
« Il mondo è governato dalla pubblica opinione e questa dal giorna-
lismo ». Perciò i cattolici non possono lottare ad armi pari e resistere
felicemente nella vita pubblica agli assalti dei loro nemici, se non sono
sostenuti da una stampa quotidiana forte, numerosa e molto diffusa. Il
presente opuscolo di propaganda espone ed illustra in forma popolare
tale argomento, per eccitare i cattolici italiani, colle ragioni più ovvie e
più evidenti, a rinforzare e moltiplicare l'apostolato della stampa quoti-
diana, il cui inchiostro, disse il Veuillot, è oggidì seme di cristiani come
una volta il sangue dei martiri.
IL Vape mecum pel cattolico
Brevi risposte alle moderne obbiezioni
CONTRO LA CHIESA CATTOLICA
di P. Saverio Brors S. I.
Roma, «Civiltà Cattolica», 1908.
Un bel volume in 16 di pagg, 472, L. 1.80. Elegantemente rilegato in tela. L.2.25
È una vera novità nel suo genere; novità, intendiamo, per T Italia,
i>on già per la Germania, che già sin dal 1903 la vedeva correre a diecine
di migliaia di esemplari. Il pregio singolare di quest*economico manualetto
di apologetica è riposto nella sostanza non meno che nella forma. La prima
è tutta sodezza di argomenti che mettono a nudo la vacuità di tante e tante
obbiezioni (255) solite portarsi in mezzo per i screditare la religione ed at-
tìnte dalla filosofìa, dalla sociologia, dalia storia e via dicendo ; la seconda
poi è rapida, chiara, concisa eminentemente popolare non senza una fine
punta di umore a tempo e luogo opportuno. S* aggiunge la novità della
disposizione della molta materia per ordine alfabetico che rende il libro assai
facile a consultarsi.
Roma, Tip. A. Befani, Via Gelsa 6, 7. OA.SPARB GAbABReSi Gerente raQNMMoMto.
Quaderno 138 3, I febbraio 1908.
La
Civiltà Cattolica
B^tus populus cuius Dominus Dtu$ mm.
(Ps. 14), liy
Anno 59^-1908 -Vol. l
INDICE DI QUESTO QUADERNO
1. L*fÌoqiiana S S. Otorani Ortoostoflio . Pug . 217
t. il tMtro ta itaUa » 274
2. Douui afltka e dooiM naota. Scene dì domani, — 4r. Vocazione laica. —
50. VuUimé trama » 2S7
4. Mt— irafle « iMl^fki stefka • positiva. » ^«Jl
5. Saat'Asaese e il sao rMente storica » ^
é. «Uftere» « QalMMe D'Aaawuio » 325
7. Saqiio di starìa eccleslaatica della Calabria » 333
S. biblèaf ralla. .AUuaJità; Patristica; Agiografia; Biografia; Oratoria . » 337
Bauoftri. )4|. - BAur Cbr. 341. - Bouchage ir. 347. - Bougaud. 34?. - Caron
▲. 34y. - Cinquetti G. B. 348. - C^i A. 34^ - Dal Gal N. 342. - Franco U. 348. -
GooUspeed £. 338. - Grabinski G. 343. - Hamon A. 343. • Warner P. 349. - Man*
-^acci U. 339. - Moli C. 349. - Xtfva et vittr», 337. - Paraailiti B. 14$. - Parisi M.
F. 349. • Rim^auh L. 348. - Siu<di V. 34S. - Scheid N. 347. • Strobiao P. 34^. •
Villelga Rodrigaez E. O 3»?.
9. U P. (Uavami (Uaseppe Fraaco S. 1. Necrologia » 350
M. Coaa raMae * 35^
IL Coaallallaae » 340
42. Matiik a^aerall di cose stnuiiere » 365
13. Germania. Nostra Corriipond^\a ; » 3é7
14. Grecia. Sottra Corrispondènza » 373
15. Al beoef attori delle povere monache d'Italia » 38!
ÌL L'Obolo di S. IHetro raccolto dalla « Civiltà Cattolica » nell'anno
del Qlobileo sacerdotale di S. S. Me X. 2* serie- 3^ Usta, . . » 382
17. Opere pervenute aHa Direzione » 38(
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(N. 46 della Collezione Sciensfa e BéU-
giane).
Un voi. di pag. 64, L. 0,60.
Mona. BATTANDIER
ANNUAIRE ?0NTIFICAL
CATHOLIQUE 1908
Un voL in-8 di pp. 500, L. 5,60.
ETTORE DEHÒ
LA CONDANNA
DEL MOMSRNISMO
jvrmrrr polemici
Interessante volume di pp. 200, L. t.
Di pro89ima pubblicazione:
LUDOVICO PASTOR
STORIA DEI PAPI
DALLA FINE DEL MEDIOEVO
CON l'aiuto dell'archivio segreto pon-
tificio E di molti altri abghivi.
(Volume IV)
Traduzione dal tedesco del Prof. A. Muh
GATI.
L'ELOQUENZA
DI S. GIOVANNI CRISOSTOMO
Sta bene che dalla fausta ricorrenza del XVI centenario
della morte di un Padre della Chiesa, il quale lasciò al
mondo cristiano per tutti i secoli in preziosa eredità non
soltanto gli esempi preclarissimi di una virtù pastorale
eroica, ma ancora i modelli più fulgidi di quella pre-
dicazione evangelica a cui, per detto dell'Apostolo S. Paolo,
fu affidata la salute dei credenti, si tragga occasione di
dar aria e luce a così ricchi tesori di eloquenza, rimasti in
questi ultimi tempi troppo chiusi dentro le biblioteche.
Chiusi diciamo massime per molti oratori sacri mo-
derni, che ne avrebbero dovuto profittare a correggersi e
perfezionarsi nel sublime ministero della parola divina; giac-
ché i molti e gravi volumi di Omelie del Boccadoro, prov-
videnzialmente conservati, e si conoscono e sono univer-
salmente lodati e par essi in tutta V estensione del mondo
cattolico è con un sol labbro levata a cielo la potenza d'in-
gegno e di parola del grande oratore, il quale va noverato
senza esitanza con Demostene, tra i greci, con Cicerone,
tra i latini, ossia co] sommi a cui il suffragio dell' uman
genere concedette la palma dell'eloquenza.
Qualcuno ha detto che, se la Q-recia non avesse avuto
Demostene, si glorierebbe ancora di essere la regina del-
l' eloquenza per il Crisostomo ; né crediam noi che del tutto
a torto. Ma data pure l'enfasi soverchia di un tale giu-
dizio, accetteremo però volentieri quello del Bossuet, che
proclamava il Crisostomo primo tra gli oratori del cristia-
nesimo. La Chiesa greca vanta altresì giustamente per gran-
dissimi, a diversi titoli, S. Basilio, S. Atanasio, S. Gregorio
Nazianzeno, ma li nomina dopo il Crisostomo. La Chiesa la-
tina, pur gloriandosi altamente di un Ambrogio, di un Leone
1908, voi, 1, fase. 1383. 17 22 gennaio 1908.
258 l'eloquenza
Magno, di un Gregorio Magno, potrebbe ài Grisostorao
contrapporre con fondamento il solo S. Agostino. Ma questi,
che vola come aquila sopra il Crisostomo per la potenza
dell'idea, cede al Crisostomo nelle magnificenze e negli
splendori della parola: S. Agostino è più profondo, S. Gio-
vanni Crisostomo più efficace : S. Agostino è più ordinalo
e filato, il Grisostomo più accostevole ed attraente; S. Ago-
stino è meno abbondante, meno imaginoso, meno popo-
lare, sommato tutto, diremmo che S. Agostino è più filo-
sofo e teologo, ma il Grisostomo più oratore. 11 Barden-
hewer nella sua opera sui Padri della Chiesa ha istituito
questo medesimo confronto tra i due, e chi lo legge at-
tentamente inferirà di leggieri che anch' egli è del nostro
sentimento. Nota in particolare che « giammai a S. Ago-
stino prende vaghezza d'indugiarsi negli esempi e nelle
imagini, laddove S. Giovanni Grisostomo pensa che quei
ravvicinamenti fanno più (in un discorso popolare soprat-
tutto) che le analisi filosofiche o morah, e possiede una in-
superabile maestria di render sempre l'idea sensibile, mercè
l'imagine, e di dare in tutto rappresentazione concreta alla
verità ». Riflette inoltre il Bardenhev^er che « S. Grisostomo
molto più di S. Agostino ha il merito dell'attualità nel mi-
ghor significato di questa parola: nessuno più di lui, mas-
sime nell'esordio e nella perorazione, sa far caso delle preoc-
cupazioni del momento e riappiccarvi il suo tema e trar
partito dalle circostanze esteriori > *. Or bastano, secondo
noi, anche queste due note sole a dar vittoria al Griso-
stomo come oratore.
Cesare Cantù, che tra gli storici pur di letteratura no-
stri connazionali merita di esser citato a preferenza di pa-
recchi di lui più recenti, vede in S. Giovanni Grisostomo
la viva rappresentanza della Chiesa orientale, come della
occidentale è S. Agostino, ed esaltando con elogio magni-
' Lea Pérea de VEglise» leur vie et leurs (Buvres, par D. Bardenhe-
wer Ed. fran^aise par P. Goder e C. VerschaffeL Paris, Bloud, 1899, Tomo II,
pag. 194.
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO £59
fico i pregi dell'eloquenza del Boccadoro, avverte non po-
tersene comprendere lutto il vigore da chi legge solo brani
staccati delle Omelie di lui. < La loro bellezza, prosegue,
consiste nel tutt' insieme, nel calore che le anima da capo
a fondo, nel titillamento di quell'asiatica ridondanza, so-
vraposta ad una morale sempre pura e generosa, nella
magìa d'uno stile che veste i pensieri colle espressioni me-
glio appropriate, chiare per istruire, pittoresche per descri-
vere, robuste per esortare, patetiche per commuovere o con-
solare » K Nessuna introduzione per verità poteva occor-
rere al nostro modesto lavoro piti conveniente di questo
giudizio vero e pieno dell'illustre storico lombardo. Da esso
si ritrae subito qual perfetto modello di oratoria sacra noi
siamo per proporre al Clero e come acconcio a restaurare
la predicazione, la quale non già solo secondo il nostro
troppo meschino e fallevole avviso, ma per gravissime, ri-
petute dichiarazioni della suprema autorità ecclesiastica è
venuta in questi ultimi tempi scostandosi dalla sua meta.
Noi non intendiamo già di scrivere uno studio compiuto
sulla eloquenza del grande Patriarca di Costantinopoli,
perchè ciò sarebbe opera di troppo lunga lena. Ma non è
forse far cosa lodevole il delibare di quella eloquenza quel
tanto che basti ad invaghire dell' indole di essa tutta pra-
tica, quale il Cantù l'ha scolpita, il nostro Clero e sopra-
tutto il giovane Clero, preso invece di una maniera di
predicare piantata in aria sulla fantasia e sulla specula-
zione vacua o fuor di proposito, alieno dal prender par-
tito contro gii strafalcioni ed i vizii che rovinano la vita
cristiana? Se la fatica nostra approdasse a questo, di far
leggere per intiero e studiare dai banditori della divina pa-
rola un numero considerevole delle Omehe di S. Giovanni
Grisostorao, noi ci riterremmo ripagati ad usura; perchè
indubitatamente avremmo con ciò cooperato al fine provvi-
denziale della celebrazione di questo centenario, che non
' Cesare Cantù, Storia della letteratura greca, Firenze, Le Monnier,
1863, pag. 463464.
260 l'eloquenza
deve essere soltanto un omaggio reso al genio ed alla santità,
ma un ammaestramento altresì a ritornare l' oratoria sacra
nell'ulfficio suo proprio, così gloriosamente compiuto dal-
l'eloquenza del Crisostomo, di riformare i costumi e sal-
vare le anime.
La parte della cultura scientifica
e letteraria nelV eloquenza del Orisostomo.
Perchè il Boccadoro preferì nella sua meravigliosa elo-
quenza i temi morali e pratici agli speculativi e quindi trionfò
soprattutto nella commozione degli afifetti, la quale a quelli
meglio senza dubbio conviensi che a questi, non pensi al-
cuno per avventura che egli non sia stato eccellente maestro
pur dell'altro ufficio essenziale di ogni oratore, cioè del per-
suadere. Non si compiace, è vero, come Agostino, dei ragio-
namenti tratti dalla pura filosofia; che anzi par professarsene
in massima alieno, e spesso a quella contrappone la filosofia
soprannaturale della fede, celebrandone con entusiasmo così
le vittorie sopra i sofismi delle scuole del gentilesimo, come
la splendida virtù dimostrativa rispetto alle debolezze ed
alle incertezze della povera ragione umana. Nel secondo
discorso da lui recitato in Costantinopoli, dopo la sua
esaltazione a quella cattedra episcopale, ricorda ai suoi
figli di avere, fin dalla prima volta che loro parlò, pro-
messo di nulla dire per modo di puro raziocinio, « sic
quoque pollicebamur vobis, nihil ex ratiociniis dicturos »;
perchè, soggiungeva, le nostre armi, secondo la mente del-
l'Apostolo, non devono esser carnali^ ma spirituali, e demoli-
trici di qualsiasi sofisma od orgoglio, il quale si levi dalla
terra contro la scienza di Dio *. Disperdere a noi s'addice^
non puntellare e sorreggere gli umani ragionamenti, che
camminano sempre brancolando ; perocché ciò che con tali
argomentazioni si dimostra, pur quando sia vero, non reca
1 2. Cor. X, 45.
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 261
sufficiente certezza e degna fede alVanima, « nondum tamen
satis certa argumenta dignamque fidem animae aflfert».
Poiché pertanto così grande è la debolezza della ragione,
suvvia (concludeva energicamente) mettiamoci a combattere
gli avversari colle Scritture, « age Scripturis contra adver-
sarios pugnemus » \
Con ciò il Grisostomo non voleva per fermo obbligarsi
a rinunziare nella sua predicazione ad ogni ragiona-
mento fondato nell'umana filosofia e a privarsi così di
ogni valido presidio che dalle verità stesse naturali e dal-
Terudizione non strettamente teologica avrebbe potuto trarre
per confermare le verità e le massime soprannaturali della
fede; giacché nella immensa mole de' suoi discorsi vediamo
che si é regolato altrimenti, tirando anzi largo partito dalla
sua vasta cultura scientifica e letteraria. Egli aveva percorsa
con plauso la carriera degli studii, per la quale si forma-
vano tutti i dotti uomini del suo tempo, e se ne valse nella
sua predicazione. « Sperto ad eccellenza, scrive il Cantù,
in ogni copia ed eleganza della lingua greca, conosceva tutti
i modi onde la parola può essere variata e disposta; col
brio del dramma dipìnge la sconcezza del vizio, od eccita
le passioni a favore della verità, benché destramente celi
il vantaggio che ritrae dal maestrevole maneggio della re-
torica e della filosofia » ■. Ma con quel che abbiamo udito
da lui stesso, il Grisostomo intese soltanto di dire, che
nella parola di Dio e in particolare nella Sacra Scrittura
avrebbe posto il migliore e principalissimo nerbo della sua
predicazione, come difatti fece costantemente.
Molto meno poi é a credere che il Grisostomo pen-
sasse giammai ad escludere dalla sua predicazione la per-
fezione dell'arte: che anzi nei libri De Sa^rdotio insiste
assai a persuaderne lo studio come non pur utile ma
necessario ai ministri della divina parola, sentenziando
che nulla devono lasciar intentato per acquistarsi questa
1 Patr. graeo, t. XLIX, e. 797.
2 G. Càntù, luogo citato pag. 463.
262 l'eloquenza
facoltà del dire. ^ Quamobrem par est sacerdotem nihil non
agere ut sibi facultatem hanc comparet >. E dice che S. Paolo
la possedeva in grado eccellente, comecché nella seconda
lettera a quei di Corinto si dicesse idiota, ^ avendo egli per
converso fatti ammirati tutti, e giudei e greci e gentili e fi-
losofi, della sua eloquenza. Non si ha certo, osserva egli,
a ricercare in Paolo il sapere d'Isocrate, l'acume di Demo-
stene, la gravità di Tucidide, la sublimità di Platone, in
una parola i curiosi allettamenti degli oratori profani o la
squisitezza della loro forma, essendo per contrario assai
semplice e naturale. Ma è tuttavia nell'eloquenza di Paolo
una forza che lo rese atleta della divina parola, e una casta
bellezza spirituale a cui pose massima cura, e in cui deve es-
sere imitato da tutti i predicatori ^. E in ciò il Crisostomo
fu veramente esimio discepolo dell'Apostolo delle genti, in
particolare per la serrata sua dialettica, che riduce l'udi-
tore a darsi vinto, e per la maniera meravigliosa onde svolge
i testi scritturali, illuminandoli di luce vivissima senza
scostarsi dal senso letterale, -rincalzandoli senza tregua, e
applicandoli in guisa da non lasciare alcun efifugio.
Conie il Grisostomo sa argomentare
dai testi della Scrittura.
E per venire a qualche saggio, cominciamo dal riferire
due o tre luoghi del Grisostomo, scelti alla ventura fra mille,
onde appaia il suo metodo esporre il sacro di testo e di ragio-
narvi sopra, non vagando in astrazioni o in inutili benché
forse elevate contemplazioni, ma mirando costantemente a
far frutto spirituale nell'uditorio.
Prendiamo dalle OmeUe intorno ai salmi davidici '\ che
' 2. Cor. XI, 6.
2 De Sacerdoiio lib. IV, n. 5-8.
3 Sono sessanta Esposizioni dì sessanta Salmi, ovvero cinquantotto, se
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 263
sono senza fatto fra le migliori opere del grande ora-
tore, così per l'accuratezza dello studio, come per la va-
rietà delle applicazioni morali, e la magnificenza e la lar-
ghezza dell'esposizione, quella che riguarda il Salmo XLVIII:
Audite haec omnes gentes. Il reale Salmista con stupenda
amplificazione fa considerare il nulla delle ricchezze e delle
glorie di questo mondo a petto della eterna dannazione
dell'anima nell'inferno. Tema più confacente di questo al-
l'indole apostolica del Crisostomo certo non poteva pre-
sentarsi, ed egli vi pose tutta l'anima sua.
Prende subito partito dall'esordio magniloquente del
Salmista a preparare i suoi uditori all'annunzio di qualche
gran cosa, meritevole di tutta l'attenzione: «Magna quae-
dam et arcana nobis nunc est dicturus propheta ». E bel-
lissima applicazione all'uguaglianza di tutte le condizioni
sociali nella chiesa, che è la casa di Dio, e rispetto alla
predicazione della divina parola, trae dall' invito onde Da-
vide chiama tutti insieme senza distinzione ad ascoltarlo,
gli uomini di tutte le favelle e le stirpi, e ricchi e poveri,
atidite haec onmes gentes.,. Simul in unum divea et pauper.
Fuori di qui, grida il Crisostomo, si fanno tante vane distin-
zioni fra gli uomini, benché tutti siamo d'un medesimo loto:
ma non qui. « Qui nella chiesa e alla predica io non tollero
quella stolta ambizione e cupidigia di onoranze; ma a tutti
in comune propongo la stessa dottrina. > E poi a parte a
parte, ponderata ogni parola del Salmista e lucidamente
espostone il significato, viene ad eccitare in sommo gra-
do l'attesa della verità proposta.
< Hai visto che proemio ? Chiamò l'orbe intiero, escluse
ogni disuguaglianza sociale, rammentò la naturale ugua-
8i tolgano quelle del Salmo III e del XLI, che non appartengono alia stessa
serie. Esse comprendono 250 pagine circa di un volume del Migne, e ne vanno
CHclusi i salmi più lunghi, quale il GXVllI, di cui l'esposizione andò per-
duta. À ragione pertanto l'annotatore maurino osserva che l'opera intiera,
sui 150 salmi del Salterio, prenderebbe due gravi volumi. Non crediamo dover
mettersi in forse che pur questi Commentari furono predicati dal Grisostorao
sotto forma di Omelie.
264 l'eloquenza
glianza, l'arroganza represse, presagì cosa magna e pre-
clara, disse che non metterebbe innanzi nulla di suo, ma
sol ciò che ha udito dall'alto, avvertì, per farci più at-
tenti, che nei discorso era grande oscurità e promise di
ammannirci un insegnamento di spirituale sapienza per lunga
pezza già da lui ruminato. Attendiamo dunque, uditori,
e non perdiamone sillaba ». Segue finalmente la enunzia-
zione problematica, e però suboscura del profeta: Cur tir
mébo in die mala? Iniquitas calcanei mei circundàbit me. E
il Crisostomo ammonisce doversi per ben intenderla deter-
minare anzitutto ciò di che l'uomo ha veramente ragione di
temere. Non della povertà, non del disprezzo, non di quelle
cose delle quali universalmente i piti hanno paura. Paure
da bambini! Sol deve temersi il peccato che trascina a giu-
dizio inesorabile e ad irreparabile danno. Nessun vantaggio
nell'altra vita trae il peccatore, siccome spiega il salmo, né
dalla ricchezza, né dalla potenza; ma per il virtuoso le
brevi fatiche si mutano in corona etema. Che pertanto di-
viene per costui qualsiasi angoscia presente? Che la morte
istessa? Oh! la morte egli non la teme, perché la contempla
nei sapienti che salgono alle palme gloriose, e a racco-
gliere la messe dei meriti che qui sulla terra hanno semi-
nato : non vidébit interitum cum viderit sapientes morientes.
Chi è retto dalla speranza dei premii etemi né la morte
pure pensa essere morte, e mira giacersi innanzi agli occhi
i morti senza spavento. « Come l'agricoltore quando vede
il frumento macerarsi e morire non cade d'animo né si
afSigge, ma allora anzi massimamente si allieta ed esulta,
sapendo essere quella morte principio di una nascita mi-
gliore e fondamento di maggiore fertilità: così anche il
giusto che si gloria del ben operare e aspetta ogni giorno
il regno, quando gli sta sopra la morte non si angustia,
non si affligge al pari di molti altri, né patisce contrarietà
o perturbazione; poiché sa che la morte per i virtuosi é
migrazione e passaggio a cose migliori e corsa a toccar
le corone > ; perché crede che i morti risorgeranno un giorno.
DI S. GIOVANNI GRIS09T0M0 265
e se virtuosi, a maggior gloria anche del corpo, di cui la
morte presente distrugge solo la mortalità e la corruzione,
non la sostanza.
Tutto il rovescio incontra ai mondani che si perdono
dietro ai beni di quaggiù onerandosi d'ingiustizie e di pec-
cati. Ad altri devono, morendo, lasciare le loro ricchezze, re-
linquent alienis divitias suas; e i palagi e i monumenti
stessi sepolcrali, a cui vogliono raccomandato il proprio
nome, divengono gli accusatori della loro avarizia e ne per-
petuano l'infamia; mentre le anime loro son condannate
al supplizio dell'inferno, che è morte vile ed obbrobriosa
e insieme morte immortale, perchè non finisce giammai. Da
bruti vissero, avvilendo coi vizi e le basse cupidige la
nobiltà loro, sino a farsi simili ai giumenti, giusta la pa-
rola del Salmista: comparatus est jumentis insipientibus et
similis factus est illis; e da bruti parimenti periscono.
Questi concetti il Crisostomo sviluppa seguendo ad uno
ad uno i versetti del salmo; ed è davvero godimento in-
tellettuale intensissimo quello scorrere maestoso e continuo
dell'eloquenza sua come di fiume reale che si arricchisce ad
ogni istante di nuove acque, senza che, per l'interpolazione
del commento scritturale, mai si avverta alcun intoppo, pre-
cisamente come se si trattasse di una concezione originale
e libera dell'oratore medesimo K
Non meno eflBcace il Grisostomo si palesa nell'appli-
care la Scrittura alla dimostrazione di verità dogmatiche.
Così neirOmilia in quatriduanum Lazarum confuta gli Ano-
mei, che dalla preghiera fatta da Cristo al Padre prima di
operare la risurrezione di Lazaro pretendevano inferire.
Cristo non essere Dio uguale al Padre, con vigorosa dialet-
tica non pur trionfando dell'obbiezione, ma traendo altresì
il testo evangelico ad evidente conferma della divinità del
Salvatore. Pregò, sì, esclama l'oratore, pregò Gesti Cristo,
ma non perchè avesse bisogno di preghiere a risuscitare
» MiGNB, Patr.graec, t. LV, e. 222-239.
266 l'eloquenza
il morto, essendo egli Dio uguale al Padre, padrone della vita
e della morte; bìBnsì, secondochè egli medesimo si espresse,
per istruzione del popolo, affin di persuadere al popolo
presente e spettatore, che egli era stato mandato dal Padre,
ut cognoscant omnes quia tu me misisti, E come persuaderà
egli ciò? Attendete diligentemente, uditori. «Ecco, dice
Cristo, per mia propria autorità richiamo il morto dalla
tomba ; ecco, per mia propria podestà, comando alla morte:
chiamo padre mio il Padre e Lazaro traggo dal sepolcro. Se
quella prima cosa non è vera, né la seconda pure acca-
drà; ma se il Padre è veramente mio padre, obbedisca il
morto ad istruzione dei circostanti. Lazaro vieni fuori.
Quando Cristo pregava, il morto non rispose ; ma quando
disse: Lazaro vieni fuori, allora il morto rispose. 0 grande
tirannia della morte 1 0 gran tirannide del potere che riteneva
prigione quell'anima! 0 inferno, l'orazione è fatta e non ri-
lasci il morto? — No, risponde. — E perchè? — Perchè non
mi fu comandato di rilasciarlo. Sono custode del carcere,
stringo in mie mani il reo: noi cederò se non comandato:
giacché l'orazione non fu fatta (da Cristo) per me, ma per
gl'increduli presenti. Quanto a me, ripeto, senz'ordine non
rilascio il reo: aspetto il grido: Lazare veni foras. — Udì
il morto l'ordine divino, e tosto infranse le leggi della
morte. Si vergognino gli eretici e scompaiano dalla faccia
della terrai Imperocché il testo stesso del Vangelo ci
assicura che non per risuscitare il morto Cristo pregò, ma
per provvedere alla debolezza degli increduli che ascol-
tavano » K
Quanta forza, quanta chiarezza, quanta popolarità in
questa argomentazione,^sia pure che, a gusto nostro, quella
prosopea della morte dia nel troppo. Ebbene tale può
dirsi esser sempre il metodo e lo stile del Crisostomo nel
combattere non solo gli Anomei, ma anche altri eretici;
laonde ci reca meravigUa che qualche critico, per mal ap-
* MiGNE, Patr. graec. t. XLVIII, e. 783, 784.
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 267
presa deficienza di sodezza, abbia voluto ascrivere ad un
plagiario questa prima Omelia su Lazzaro, non avvisando
che il Grisostomo stesso nella seconda Omelia sul mede-
simo tema la citò per sua.
Tutte le Omelie contro gli Anomei porgono modelli di
ragionare stringato e vittorioso, in punti per se molto
ardui, che si riferiscono alla cognizione di Dio, all'unione
in Cristo delle due nature, alla distinzione delle due vo-
lontà, alla consustanzialità del Figlio col Padre. Scegliamo
un esempio concernente quest'ultimo punto. Il Grisostomo
trova assurdo negare la comunione di sostanza del geni-
tore col generato, e chiama ridicoli quelli che in cosa sì
chiara si oppongono alla verità. Ma entrano gli Ànomei ad
obiettare, essere questa cosa tutt'altro che chiara secondo
le Scritture; giacché anche noi siamo nelle Scritture chia-
mati figli di Dio, benché non siamo a Dio consostanziali.
Al che ribatte tosto il Grisostomo: < 0 imprudenza! 0 de-
menza sommai 0 come evidentemente manifestano in tutto
l'insania loro ! Quando parlavamo dell'incomprensibile so-
stanza divina pretendevano di attribuire a se stessi ciò che
è proprio sol dell'Unigenito di Dio, presumendo di cono-
scere così perfettamente Dio come egli conosce se mede-
simo : ora poi che parUamo della gloria dell'Unigenito vo-
gliono abbassarlo alla propria meschinità e dicono: noi
pure veniam qualificati per figli e tuttavia ciò non ci fa
punto consostanziali a Dio. Sì, tu sei detto figlio, ma l'uni-
genito è tale: in te l'appellazione soltanto, in lui la cosa;
tu sei chiamato bensì figlio, ma non unigenito al pari di
lui, tu non vivi in seno al Padre, non sei splendore della
gloria, né figura della sostanza, né forma di Dio. Se però
quella prima affermazione non ti persuade, ti persuadano
le seguenti ed altre molte assai maggiori, che attestano la
nobile origine di lui. E di vero, quando vuol significare
che la sua sostanza non è per modo alcuno diversa dalla
paterna, dice: chi vede me vede anco il Padre mio; quando
vuol mostrare la propria virtù, dice: io e il Padre siamo
268 l'eloquenza
una cosa sola; quando l'eguaglianza di podestà: come il
Padre risuscita e vivifica i morti, anche il Figlio vivifica
quelli che vuole; quando l'identità del culto: affinchè tutti
onorino il figlio, come onorano il Padre; quando final-
mente l'autorità sovrana sulla legge: il Padre mio opera
(in sabbato) e del pari opero anch'io. Ma costoro, lasciato da
parte tutto ciò, non accettando in senso proprio il nome
di figlio, perchè di tal appellativo vanno essi pure fregiati,
deprimono al livello della propria miseria il Figlio, e ram-
mentano la sentenza: Dissi: voi siete tutti dei e figliuoli
delV Altissimo, 0 dunque, come per cagione di quest'appel-
lativo di figlio tu affermi niente possedere il Figlio più di
te e perciò né essere pure vero figlio; così anche per l'ap-
pellazione di Dio (giacché ancor questo nome ti fu dato)
sosterrai per avventura niente più di te possedere il Padre,
poiché sei del pari chiamato figlio e chiamato dio? Ma per
essere tu chiamato dio, non osi sostenere essere questo
nel Padre un nudo nome, e lo confessi nonpertanto vero Dio:
al modo medesimo quando si tratta del Figlio non osare
di trarre in mezzo te e dire: anch'io son chiamato figlio;
ma io non sono consostanziale al Padre; consostanziale
al Padre non deve dunque essere neanche il Figlio. Peroc-
ché tutto quello che abbiamo sopra annoverato dimostra
che egli é vero Figlio, di una sostanza medesima col ge-
nitore » *.
Vigore con che il Grisostomo
stringe Vuditorio ad ammettere il suo assunto.
La stessa forza dialettica ed anche maggiore dispiega
il grande Arcivescovo quando cammina, sciolto dall'im-
brigliamento dei testi, a' conchiudere il propostosi assunto,
' MiGNE, Patr. graec, t. XLVUI, coL 758, 769.
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 269
rovesciando per via lutti gii ostacoli, dissipando tutte le
obbiezioni e rivolgendole spesso contro l'obbiettante, anzi
traendone nuove ragioni, talvolta inaspettate, in proprio
favore. Da ognuna delle Omelie del Santo si potrebbero
ricavare saggi bellissimi: la difficoltà è nella scelta e quindi
noi preferiamo anche qui di citare quel che ci viene a
mano, pur se non dovesse essere il meglio.
Ecco che nella Omelìa XI sopra la lettera di S. Paolo
agli Ebrei vuol persuadere l'elemosina ai poveri. Ricorda
dapprima al ricco che il poverello è nobile e libero al pari
di lui e lo rimprovera di trattarlo spesso peggio de' suoi
cani e de' suoi schiavi. Ma questi, risponde il ricco, mi ren-
dono servigio. E il Crisostomo : quale? «Ebbene, ti mo-
strerò che maggior servigio assai ti presta il poverello:
egli ti assisterà nel giorno del giudizio e ti libererà dal
fuoco. Che mai di simile ti fanno tutti i tuoi servi? » Poi
descrive il povero mezzo morto dal freddo e dalla fame e
il ricco bene pasciuto, che passa senza curarsene. « Come
vuoi, soggiunge, che Dio ti liberi quando sei nella sven-
tura? > Tu disprezzi il povero che non t'ha fatto nulla di
male, come vuoi che ti perdoni Iddio contro cui tu pecchi?
Questo tuo modo di condurti, dimmi, non merita la geenna?
E segue rammentando che si coprono di preziose vesti i
morti e si lasciano nudi i poveri, dandosi più alla gloria
vana che al timor di Dio. Poi trae in iscena il ricco che
rimprovera il povero di non far nulla e indignato l'oratore
lancia a bruciapelo in faccia al ricco questa domanda: ma
tu, dimmi, che fai? «Lavorando ti sei guadagnato quello
che hai, ovvero l'hai dall'eredità paterna? Che se pur
lavori, non abbiamo forse tutti obbligo di fare il bene?
— Ma quel povero è un impostore >. — « Che dici, o uomo.
Per un pane ed una veste lo chiami impostore? — Ma subito
vende quel che ha avuto? — E tu amministri sempre ret-
tamente le cose tue? Che dico? Tutti dunque quelli che
sono poveri, son poveri per oziosaggine? Nessuno per nau-
fragio? nessuno per una sentenza contraria? nessuno per
270 l'eloquenza
furto patito? nessuno per pericoli corsi? nessuno per ma-
lattie? nessuno per qualche altro caso qualsiasi? Ma ap-
pena vediamo qualcuno lamentare queste disgrazie, e gri-
dar molto, e ignudo, coi capelli sparsi, coi panni laceri
guardar il cielo, subito lo giudichiamo impostore, imbro-
glione, simulatore. Non ti vergogni? chi chiami impostore?
Non gli hai dato nulla, dunque non l'accusare. — Ma ha,
dici, e finge. — Quest'accusa ferisce te non lui: egli sa
di aver a fare con crudeli, con belve, anziché con uomini,
e che pur piangendo miserie, non commuoverà alcuno; gli
è quindi mestieri vestirsi di un abito più logoro per
piegare il tuo animo. Se vediamo uno accostarcisi in abito
decente, costui, diciamo, è un impostore, e viene innanzi
così per farsi credere nato di buona famiglia; se lo vediamo
in opposto abbigliamento, ancora lo vituperiamo. Che fa-
ranno dunque? 0 sevizia! 0 indolenza! Perchè mostrano
le membra mutilate? — Per cagion tua! Se fossimo mise-
ricordiosi non avrebbero bisogno di tali arti. » E l'oratore
continua così ancora un bel tratto, crescendo sempre mi-:
rabilmente di vigore nella parola e nel concetto, togliendo
all'avarizia ogni via di sottrarsi all'obbligo dell'elemosina,
e svergognandola col rinfacciarle che essa rapisce, mentre
rifiuta un tozzo di pane al famelico che prega; che essa
si sdegna di non essere esaudita da Dio, mentre è sorda ai
gemiti del mendico. Si muovono tante accuse ai poveri,
se ne vuol minutamente scrutare la vita; sono pretesti,
né Dio fa così con noi: quando lo supplichiamo ci esau-
disce senza badare ai nostri peccati. « Non é tempo di mi-
nuti esami, egli conchiude, ma di clemenza; é tempo di
misericordia, non di raziocini! : il povero domanda di essere
nutrito; se vuoi, dagli, se no, mandalo almeno in pace senza
discussioni > ^
Nella prima delle due Omelie da noi già mentovate sul ver-
setto del Salmo: XLVIII, ne timueris cum dives factus fuerit
* Hom. XI in Epist. ad hebr. e. VI, Migne Patr. graec. t. LXHT, e. 94-95.
DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 271
honWjh la volta della signora che sciupa il tempo ad ornarsi
con lusso e che viene in chiesa splendente d'ori le mani e il
collo. 4c Che fai? gli grida il Grisostomo. T'imbelletti e ti
pari, o donna? A chi vuoi piacere? A tuo marito? Cat-
tivo artifizio se così arrivi a piacergli e se così studi di pia-
cergli. — Come dunque gli piacerò? — Colla continenza. —
Come gli piacerò ? — Colla modestia, colla saviezza, colla
mansuetudine, colla carità, colla concordia, col consenso.
Son questi i tuoi adornamenti, o donna. Queste tue virtù
fanno la concordia; ma quei fronzoli e quelle gale non otten-
gono che tu piaccia, bensì che tu sii di peso al marito. » E se-
guita di tal tenore, lagnandosi specialmente del lusso delle
signore in chiesa che scandalizza i gentili, facendo loro
apparire le cose di nostra religione, come scene: ma non
sono scene, grida il Santo, benché in chiesa avvengano
queste scenate: quindi fa altresì toccar con mano alle donne,
che senza la speciosità dell'animo, eleganza esteriore non
profitta loro col marito, il quale, per i loro dispendii, finisce
coll'infastidirsene, come aborre il creditore che gli cerca da-
naro nel foro^
Innumerevoli passi fulgidissimi intorno all'argomento
delle ricchezze potremmo citare dalle Omelie sopra il Van-
gelo di S. Matteo e sopra la prima epistola ai Corinti
(V. Hom. XI), che con quelle sui salmi e sulla lettera ai Ro-
mani sono le più forbite, eccellenti e perfette uscite dalla
bocca del Santo, nonché dalle Omelie famose al popolo
Antiocheno dette delle statue (V. Hom. VI) e dalle recitate per
Eutropio. Il Grisostomo combatteva incessantemente le ric-
chezze, non già in se, riconoscendole anzi per cosa buona,
ma, come molte volte ebbe a dire egli stesso, per il cattivo
uso che comunemente vedeva farsene *, e con eloquenza
di fuoco ne sfolgorava la vanità, la caducità, le corruttele,
' Luogo cit. nel testo, n. 5-6.
* Vedi : Hom. XLIV in Matt., - Hom. in Princip. Actorum — dove dice « non
sunt malae divìtiae sed illegittimus eorum usus est malum » — Hom. I in
illud ne timueris cum ecc. Ps. XLVIII, ecc.
272 l'eloquenza
le ingiustizie, i danni individuali e sociali, tanto che pur
riscuotendo a quando a quando applausi veniva fortemente
in uggia a parecchi. Né ciò ignorava egli. — Eccoti sempre
contro i ricchi, si fa egli contrapporre un giorno. E ri-
sponde: — Ecco sempre voi contro i poveri. — Eccoti sempre
contro i rapitori. — Ecco voi sempre contro quelli di cui si
rapiscono i beni. E dando sfogo al suo cuore di apostolo
e di padre, esce in un tratto meraviglioso di energia, di
persuasione, di amore. « Voi non vi saziate divorando e
mordendo i poveri, io non mi sazio di correggervi e di emen-
darvi. — Sempre tu te ne stai fisso a queste cose; sempre
prendi le parti dei mendicanti. — Va via tu dalla mia peco-
rella, partiti dal gregge per non rovinarlo. Ma tu rovini il
mìo gregge, e poi mi vuoi apporre a colpa che io ti per-
seguiti. Se io fossi realmente pastore di pecore, !non mi
accuseresti tu ove non perseguitassi il lupo irrompente
nel gregge? Sono pastore di pecore ragionevoli, ti perse-
guito non coi sassi ma colla parola; anzi veramente non ti
perseguito, ma ti chiamo. Sii pecorella, t'accosta, sii del
novero del mio gregge. Perchè corrompi il gregge che do-
vresti vantaggiare? Non perseguito te, perseguito il lupo. Se
non sei lupo, non ti perseguito. Se lupo poi ti sei fatto,
accusa te stesso. Non sto contro i ricchi io, ma per i ricchi ;
poiché dicendo queste cose le dico in tuo favore, quan-
tunque tu non senta — Come in tuo favore ? — Sì, perchè
ti libero dal peccato e dalla rapina e ti faccio amico a tutti,
a tutti desiderabile > *.
Col medesimo zelo il Crisostomo non ristette dal con-
dannare teatri, e circhi, e spettacoli e se ne trovano tratti
stupendissimi, che resteranno sempre modelli inarrivabili di
eloquenza sacra, nelle Omelie VII e XXXVII sopra il Van-
gelo di S. Matteo, nelle Omilie XIII sopra la prima lettera
ai Corinti e LVIII sul Vangelo di S. Giovanni e altrove.
1 Hom. in illud Ps. XLVIII ne timiieris cum ezc. ÌIiqìik, Patr, graeo.
t. LV, e. 604.
DC S. GIOVANNI GRISOSTOMO 273
Noi avemmo già occasione di dar saggio della terribile, ma
pur giustissima e salutarissima indignazione del Crisostomo,
contro il teatro in cui ravvisa praticamente un male e la
sorgente di turpitudini e di disordini senza fine *; quindi
ce ne asteniamo ora, anche perchè l'articolo s'è fatto
abbastanza prolisso, e ci sarà necessario continuare un' al-
tra volta. Avranno però i lettori già notato con quanta
maestria il Crisostomo adoperi quella figura nobilissima
dell'oratoria che i greci chiamano climax, la graduazione
cioè dell'idea e della parola, onde se ne perfeziona ed
intensifica mirabilmente nell'anima degli uditori la im-
pressione. Con questo congiunse un'arte esimia di amplifi-
cazione, di descrizione, di contrasti e di paragoni quale diffi-
cilmente si può riscontrare in altri oratori antichi e mo-
derni, sacri e profani. Di che c'intratterremo un'altra volta,
accennando altresì all'apologetica di S. Ciò vanni Crisostomo,
affinchè, per quanto è nelle nostre modeste facoltà, nulla
manchi al serto che in queste centenarie ovazioni anche
noi ambiamo di deporre sulla fronte del Principe immortale
della predicazione.
— Un giorno in chiesa il grande oratore, dopo avere con la consueta
yeemei.za e con splendore meraviglioso di parola mostrato le orribili con-
seguenze morali, private e pubbliche, della passione del teatro, cosi conchiu-
deva : € Pertanto io predico e grido ad alta voce : se dopo questa esorta-
zione ed istruzione alcuno tornerà di nuovo all'iniqua pestilenza dei teatri,
costui non lo riceverò più tra queste mura, non gli amministrerò i divini
misteri, non permetterò che si accosti alla sacra mensa». {Contra ludos
et theatros. Patrol. graec. t. LVI, e. 268).
Civilfd CaUoiica, Quaderno 1340, (21 aprile 1906) pag. 187-188.
1908, voi. t fase, 1383. 18 22 gennaio 1908.
IL TEATRO IN ITALIA
Rifar la storia è risalire i tempi e questo che sembre-
rebbe un indietreggiare, spesso non è che uno stimolo a
meglio progredire. Non per nulla la storia è la maestra
che tutti sanno. Il passato è guida dell'avvenire, come la
strada fatta serve per quella che resta da fare. Se il vian-
dante, volgendosi indietro, vede d'aver camminato molto e
bene, ne prende sprone alla sua alacrità. Se per ventura
invece avesse deviato, quello sguardo gli darà modo per
rimettersi in carreggiata. Nell'uno e nell'altro caso guardare
indietro serve per vederci meglio innanzi.
Appunto in fatto di teatro ci fu una voce autorevole
che anni or sono proclamò alto: 4( torniamo all'antico».
Voleva dire : al punto in cui siamo, l'onda canora e sonora
della musica moderna, è torbida e stagnante. Vogliamo
noi rintracciarne la natia bellezza? Non ci rimane che
risalire alla sorgente. Giuseppe Verdi "parlava della mu-
sica, ma chi non vede che il suo discorso sarebbe tor-
nato a capello per tutta la materia del teatro integralmente
preso ? Solo che per l'arte propriamente drammatica con-
verrebbe distinguere il più e il meno antico. Se per antica
intendiamo quella vera e grande arte della seconda metà del
settecento, quando il Parini, a proposito almeno della trage-
dia, potè cantare che l'Italia finalmente cingeva « al suo crine
glorioso >► Vunica corona * che ancor le mancava, nessuno cei to
oserebbe trovar strano nonché superfluo l'invito di ritornare
collo studio e coll'imitazione a quei classici modelli della no-
stra tragedia e commedia, l'Alfieri e il Goldoni, creatori più
che instauratori del nostro teatro. Ma le origini prime, le
prime fonti del dramma in Italia, preso in tutto il suo
' Cf. il sonetto: Tania già di cottami....
IL TREATRO IN ITALIA 275
senso, rimontano di secoli più indietro; a quell'età medioe-
vale cioè, in cui la « religione sola, o quasi » ispirava e
informava il dramma; quando esso era «quasi foggia del
culto, amplificazione della liturgia, svolgimento del ceri-
moniale ecclesiastico » e così strettamente legato alla chiesa
che anche quando « negli ultimi tempi si staccò dal rito
né più si rappresentò nella casa di Dio, ritenne indelebili
le impronte della prima sua origine » *. Origine alta, se altra
mai, ma troppo alta ahimè! per potervi richiamare quella cosa
tanto profana, qual'è il teatro nostro contemporaneo. Al
vento che tira, il solo ricordo che il teatro è nato in
chiesa basterebbe a far venir la pelle d'oca, o se non
tanto, a chiamare sul labbro evoluto dei nostri contempo-
ranei un sorriso pieno d'indulgente superiorità per quei
nostri avi semplicetti. Che dire se sentissero sul serio
chiamarsi a tornarvi anche più che col solo ricordo?
il «torniamo all'antico» qui varrebbe quanto esortare
il diavolo a farsi frate, cioè una cosa altrettanto strana che
incredibile.
Il nostro modesto intento qui è ben altro, quello di
riassumere a brevi e rapidi tocchi, le vicende storiche del
nostro teatro, per trame qualche utile insegnamento a
nostro profitto. Com'è naturale, dovremo cominciare col
rifarci dalle origini, ma vi ci rifaremo per conto nostro,
senza pretese di sorta alcuna, per quell'istinto proprio dei
nepoti, i quali benché tardi e degeneri, anzi soprattutto
se degeneri, han sempre buon garbo a rinfrescar la me-
moria intemerata degli avi. Tanto più che anche il momento
è opportuno. In questi giorni di periodo carnevalesco,
ferve il lavoro delle scene, e la vista continua di questa
vecchia arte drammatica, fiacca e cadente tra le sue raffi-
natezze posticce e le sue corruttele, ci fa correre più vo-
lentieri al ricordo delle grazie ingenue benché ruvidette,
della sua lontana infanzia.
* A. D*AscoKA, Origini del teatro Italiano, J* edlz. toL 1, introdu-
zione pag. 5.
276 IL TEATRO
I.
Forse andammo Iropp'oltre nel ritenere inconciliabili il
moderno e l'antico, in fatto di teatro. Proprio ai nostri
giorni, vediamo rifiorire, tra gli applausi d'una società scet-
tic'^B una forma di teatro sacro in quegli omai celebri ora-
tori, che quantunque di origine relativamente a noi vicina,
pure pel contenuto essenzialmente biblico, per il carattere
classicamente religioso e per la condizione ecclesiastica
degli autori, ci riavvicìnano col pensiero all'indole del-
l'antichissimo teatro. Che se qui il pregio più che altro è
nel magistero dell'arte musicale, non mancano esempi di
produzioni recentissime di carattere sacro vero e proprio,
recitate in pieno apparato scenico; e. pur ieri leggevamo delle
calde accoglienze incontrate a Parigi da un dramma in
versi « Le mystère de la miséricorde », dove anche il titolo
« Mystère » ci riporta al teatro primitivo *.
11 che - sia detto di passaggio - prova due cose. Prima,
la freschezza eterna della poesia evangelica e biblica, la
cui vena possente sa farsi strada anche attraverso i terreni
più alieni e refrattari. Secondo, la dignità congenita al teatro,
il quale se ora è venuto cosi in basso, è solo per un abuso
altrettanto deplorevole che innaturale, perchè il teatro
per sé, ove sappia e voglia, può esser sempre e da per
tutto quello che dev'essere, scuola di elevazione, non offi-
cina di depravazione. Certo deve pur significar qualche cosa
che quando esso nacque per impulso d'un'arte tutta spon-
tanea, non nacque corrompitore, anzi neppur profano, ma
sacro e religioso.
Vero è che non il teatro solo, ma tutte le arti, fiori elet-
tissimi della vita, sbocciarono dal fecondissimo tronco della
religione o vi s' innestarono per meglio fiorire. E v'attinsero
^ Jacques Dbbout, Le Mystère de la miséricorde - évangUe en 3 actes
et en vera. Lettre-préface par Q. Fonsegrìve, Représenté pour la !'• foia à
rAthén e Saint-Germain, Paris-Téqui, 1908.
IN ITALIA 277
tanto rigoglio che, come si sa, l'invidiato vanto d'Italia
d'esser madre d'ogni bellezza d'arte non si può concepire
scompagnato dalla sua fede religiosa. E dire che vi fu chi
con incredibile irosità partigiana osò scrìvere che « fra
l'aspirazione cristiana e l'arte v' è odio »I — Che avrebbe
egli detto se la storia fosse il rovescio di quel che fu,
mentre arte e religione andarono sempre così stretta-
mente unite che per dirla col Settembrini ^ non sospetto,
« se noi vogliamo la storia delle nostre arti dobbiamo ri-
cercarla nelle chiese » ?
Nelle nazioni cristiane d'Europa il primo passo dell'arte
drammatica fu segnato, come si sa, dal dramma liturgico.
Fra le rovine, ogni dì più accumulantisi, del mondo
romano che spariva, persistettero tenaci certe fioriture
malsane di spettacoli crudamente osceni ed infami, ma
a cui purtroppo la plebe si appassionava. Erano l'estreme
resistenze del paganesimo, che nella tristezza dell'universale
decadimento, faceva l'ultime prove nel recinto dei teatri e
dei circhi. L'abitudine soprattutto dei ripugnanti ludi gla-
diatori aveva talmente ingrossato e pervertito il gusto del
pubblico che omai non si voleva più sapere di nessun ri-
serbo e di nessuna simulazione d'arte. «In luogo dell'imi-
tazione artistica chiedevasi la pretta realtà: il dolore e la
morte non dovevano essere simulati, ma veri. Muzio Sce-
vola si bruciava davvero la mano, ed Ercole era consu-
mato vivo sul rogo: per tacere delle scene di lasciva eb-
brezza che, senza scandalo e senza ritegno, producevansi
innanzi agli occhi degli spettatori >► *. Non è a dire se contro
sì osceno abbrutimento i Padri e Dottori dei primi secoli
insorgessero con tutta la foga della loro eloquenza, sfolgo-
rando quel corrottissimo teatro, che parve a TertuUiano :
sacrario di Venere, rocca di tutte le sozzure, concistoro
d'impudicizia; a S. Clemente cattedra di pestilenza; a
S. Basilio officina di lascivia e caverna del demonio; a
* Stor, letter, voi. J, e. 74.
• D'Angona, 1. e. V. I, e. II, pag. 9.
278 IL TEATRO
S, Giovan Grisoslomo ^ fonte di malizia e accademia d'in-
Gontinenza » e cosi via. Neppure è da soggiungere se al
coro unanime dei Padri e Dottori facessero, eco i Concilii
con riprovazioni e canoni e condanne d'ogii maniera. Ma
purtroppo l'amore insano di quei spettacoli era invete-
rato nel popolo e lo scandalo durò e a svellerlo non ci
volle poco. Tanto più che l'imitazione scenica risponde
a un vivo istinto della nostra natura, portata invincibil-
mente, secondo Aristotele, a godere di tutto ciò che imi-
tando si esprima ^, e ciò spiega la difficoltà di svezzare
il popolo da certi pascoU per quanto velenosi se non se ne
sostituiscano altri. Fortunatamente la Chiesa aveva nelle
bellezze dei suoi riti di che nobilmente appagare quest'in-
nata brama, una fonte ricchissima di diletto altrettanto puro
che suggestivo agli occhi e al cuore del popolo, e questo,
consapevole o no, fu un'espediente efficace contro gli spet-
tacoli profani, e nacque il dramma liturgico.
Come questo si andasse elaborando può ricavarsi da c[uei
che fu scritto in queste pagine nella pasqua dell'anno scorso ■.
Ma è noto a tutti che i riti della Chiesa nelle sue solennità,
specialmente secondo le liturgie più antiche, abbondano di
forme oltreché simboUche, evidentemente drammatiche. Ora
la specificazione più rilevata di questo elemento della li-
turgia, è quel che si convenne di chiamare dramma litur-
gico : dramma in quanto cioè nei famosi ufficii ecclesiastici
del Nataley dei Magiy dei Pastori^ della Stélla, della Posatone,
della Risurrezione ed altri, il mistero non si celebrava solo,
si riproduceva con un misto di rappresentazione simbolica e
storica, di canto e di azione. E tutto questo a scopo non
di sollazzo, ma di edificazione spirituale, con non altro
teatro che l'interno delle Chiese e delle Basiliche e con
^ « n«pi «o»)Tixt}; » n. 4 (Ed. Acad. Reg. Boruss. Beiolini 18S1). Ed è
nota anche la sentenza di S. Tommaso: * Bepruesentatìo naturalUer hO'
mini detectabilia est » (p. I. q. I art. 9 ad 1).
- Civ, Catt, del 6 aprile 1907, quad. 1363, nell'articolo! € n mattino di
Pasqua nella storia liturgica » .
IN ITALIA 27§
non altri attori che il solo clero. Il popolo vi partecipava
colla presenza e al più colle risposte.
Così il dramma liturgico, distinto per un lato dal ce-
remoniale vero e proprio delle chiese, per l'altro dallo spet-
tacolo sempre più teatrale dei tempi successivi *, durò e si
mantenne, a quel che pare, fino allo scorcio Jel secolo XIL
Più tardi comincia la trasformazione e la tendenza alla
teatralità : s' introducono nuovi elementi : oltre quelli di
fonte biblica ed evangelica, nuovi personaggi anche plebei:
la lingua latina si muta nei nuovi volgari nazionali, il clero
cede il posto al laicato : in una parola la trasformazione è
tale che il dramma liturgico non si riconosce più, e Inno-
cenzo III, nel 1210 lo bandisce dal tempio e minaccia di
censura gli ecclesiastici che vi prendessero parte*. La di-
sciplina della Chiesa su questo punto passò per varie vi-
cende che qui non occorre ricordare.
Piuttosto è ca notare che uscito dal tempio, il dramma
trasformato non se ne dilungò. Se non potè più avere per
cornice le navale auguste, volle però per isfondo Tedifizio
della casa di Dio, e continuò a rappresentarsi nel vestibolo^
nel sacrato, nelle adiacenze.
E cosi l'ubicazione esterna simboleggiava la trasforma-
zione interna, perchè se il dramma aveva allentato i suoi
vincoU dalla severità liturgica delle feste religiose non si
dilungava dalla religione, benché sul diletto spirituale ten-
desse omai a prevalere sempre più il diletto profano. E il
dramma sacro continuò così il suo sviluppo, assumendo
nei diversi paesi diversi nomi: di « mistero » in Francia, di
< miracolo » in Inghilterra, « di spettacoli spirituali » in Ger-
mania, di « auto sacro » in Ispagna e da noi di « Sacra
rappresefUazione ».
• D'Ancona, 1. e. pag. 28.
* Cf. il cap.: Cum decorem domus Domini, nella Decretale di Gregorio IX.
280 IL TEATRO
II.
Ma a questo da noi non si giunse d'un tratto. Mentre
nelle nazioni ultra-montane tfa i testi evangelici e il « mi-
stero )► ci fu di mezzo il dramma liturgico, da noi la Sacra
rappresentazione cominciò con un elemento nuovo e in
lingua volgare, la lauda, sulle cui attinenze col dramma
liturgico si opina variamente dagli eruditi.
La lauda, questa forma di canto popolare, caldo e vi-
vido nella sua natia rozzezza, brilla al nostro ricordo d'una
luce sacra d'idillio e di leggenda. Ci riconduce alle prime
fresche sorgenti del nostro volgare, alla culla della nostra
lirica religiosa, quale fiorì dall'anima ingenua di Francesco
d'Assisi e de' suoi compagni, in quella classica Umbria,
che colla bellezza solinga del suo verde, delle sue valli,
delle sue ardue montagne par fatta per svegliare nelle anime
la vena della poesia e della mistica contemplazione. Benché
la lauda forse sonasse anche in altra lingua, noi qui inten-
diamo quella che fu come il primo fiore lirico della nuova
lingua nazionale, e che coU'andare del secolo XIII risonava
sempre più ferma, benché rude, sul labbro dei diversi po-
poli d'Italia, che a quel suono parevano sentir come il fre-
mito d'una nuova* età.
Fu il primo fiore lirico, ma vi fu anche la lauda a dialogo,
drammatica, ed essa fu la breve favilla d'una gran fiamma.
Venne in grande importanza soprattutto per l'estesa
divulgazione e per l'uso solenne che ne fecero le così dette
compagnie dei Disciplinati o dei Flagellanti o dei Battuti
che dir si vogliano : quelle compagnie che ricordano tutto
un lato caratteristico della nostra storia medievale, e che
per quanto sott'altri aspetti variamente giudicate, ebbero
il merito d'aver contribuito anche all'incremento del nostro
patrimonio letterario.
Come si sa, erano compagnie d'uomini, di età e di con-
dizione varia, che mossi a principio dalla parola calda del-
IN ITALIA
reremila Ranieri Fasani, procedevano a cento, a mille, a
decine di migliaia processionalmente dietro il vessillo della
croce, di paese in paese, di giorno e di notte, anche nel
freddo asprissimo dell'inverno, nudo il petto e le spalle,
scalzi i piedi, spietatamente flagellandosi e accompagnando
i colpi di gemiti, di pianti, d'implorazioni solenni a Dio, alla
Vergine, ai Santi.
« Tacquero allora — prosegue il cronista Padovano del
tempo — * i musici strumenti e le amorose cantilene; il solo
lugubre canto dei penitenti d'ogni parte si udiva, tanto
nelle città quanto nel contado, alla cui flebile modulazione
i cuori più duri s'ammollivano e gli occhi dei più ostinati
non potevano trattenersi dalle lagrime ». Ora quel « canto
dei penitenti > che si sentiva echeggiare da per ogni dove,
era la nostra lauda, che in quella così grande eccitazione
degli animi dovette avere un'eiBcacia nuova sulle fantasie
e destare la naturale vaghezza di vedere sensibilmente
rappresentati quei fatti, il cui canto così fortemente li tra-
sportava. Il che dovette riuscir più facile, quando sbol-
lito quel fervore di pubbliche processioni penitenziali, le
compagnie divennero confraternite coi loro privati oratori,
dove l'apparato scenico e la rappresentazione trovava con-
dizioni più adatte e più stabili.
La lauda « sulla Passione di Cristo > di lacopone da Todi,
che è un « piccolo dramma — come scrive il D'Ancona —
nel quale in iscorcio e con pennellate che oseremmo chiamar
michelangiolesche, è ritratto in tutti i principali episodii
il gran quadro della Crocifissione > ■ è perciò stesso un
saggio classico del genere; e porta in se la ragione della
sua fama e del suo fiorire. Il quale, come sembra, non fu
breve, finché verso la metà del secolo XIV, venne in voga
la Devozione.
Il passaggio si fece senza urti e senza scosse. Alle sestine
d'ottonari delle laude vennero sostituite le ottave di ende-
» D'Ancona, 1. e. pag. 106.
* D'Ancona, 1. e. pag. 162.
282 IL TEATRO
casillabi e con questo più nobile paludamento la Devozione,
che nel nome dice lo scopo intensamente spirituale, riprese
la via del tempio. Era rappresentata in chiesa alla dipendenza
del predicatore, del cui sermone essa serviva a fare come l'il-
lustrazione plastica, tanto più efficace, quanto più effetto
doveva produrre nell'animo dei fedeli quell'alternativa tra la
voce commossa del predicatore dall'alto, e l'azione scenica
che in basso i membri della confraternita acconciamente
vestiti eseguivano, da un palco appositamente eretto, nel bel
mezzo della Chiesa.
Tra le più antiche si ricordano le notissime devozioni
del Giovedì e del Venerdì santo riproducenti con scrupolosa
minutezza la Passione, come ai dì nostri si fa in Oberam-
mergau di Baviera.
Oltre i confini dell'Umbria, a Firenze la devozione trovò
terreno soprattutto favorevole e vi crebbe finché non ma-
turò la sacra rappresentazione, la terza e più compiuta for-
ma del dramma sacro volgare.
III.
L'indole era sempre quella: uno spettacolo fatto per
edificare ed alimentare la fede negli animi, ma non più come
una funzione religiosa bensì a scopo di spirituale diletto, con
carattere ed apparato teatrale. Questa tendenza profana ora
si bilanciava coU'indole sacra ora eccedeva, « Nella devozione
umbra i frustatori frustavano Cristo un poco, devotamente,
o proprio dovevan mostrare soltanto de li dare alcuno
colpo; a ben altre scene si assisteva in Firenze, quando sì
trattava di rappresentare martirii di vergini e di santi. A
S. Agata si mozzavano le poppe. Santa Dorotea era messa
sulla graticola, poi così nuda legata ad una colonna e cru-
delmente con gli uncini laniata. S. Romolo trascinato per la
gola e i suoi discepoli, chi per un piede chi per un hrao-
cio, uno altro per i capelli, V altro per tutte e due le bragia.
S. luliana spogliata, legata ad una colonna, battuta forte.
IN ITALIA 283
straziata da una doccia di piombo liquefatto sul capo,
messa a una ruota piena di r(Moi, infine decapitata ».
Così il Torraca * il quale soggiunge subito : « Ma si ha da
ritenere che si procurasse di conciliare alla meglio la de-
cenza, la necessità di non far soffrir realmente gli attori,
con l'illusione scenica».
Però nata a Firenze, culla e ospizio d'ogni più bel-
Tarte, e coltivata da mani esperte, quali, fra l'altre, quelle
di Feo Belcari e di Lorenzo il Magnifico, la sacra rappre-
sentazione vi prospeiò e vi assunse importanza di forma
letteraria. Tanto più che favorita dalla potente famiglia dei
Medici, nel tempo del suo predominio sulla città, messa
su con ricchezza di apparato, abbellita dall'arte e dagl'inde-
gni del Brunelleschi e di altri insigni artisti, se ne accrebbe
10 splendore e allargatasene sempre più la fama, da Firenze
il dramma si trapiantò anche in altri luoghi d'ItaUa e fiori
in pieno 500.
Ma appunto le condizioni del secolo non potevano esser
più a lungo favorevoli.
Nel vivo del rinascimento, tanto sfoggio di pietà cristiana
non si confaceva più coli' ambiente nuovo scettico e pa-
ganeggiante* E poi nel rinnovamento febbrile di tutte le
forme classiche, compresa la drammatica greca e latina,
le forme nostre indigene e popolari impallidivano. A soste-
nere la formidabile concorrenza si tentò di dar nuova faccia
aiisi sacra rappresentazione e nnovo contetkìiio^ ma indarno.
11 rinascimento dell'antichità classica proseguiva nella sua
marcia trionfale tutto travolgendo con sé. Col cader della
repubblica di Firenze cadde anche la sacra rappresentazione
irrimediabilmente. Pochi anni dopo neanche i dotti si ricor-
davano com'era fatta. Le stesse compagnie divote rappresen-
tavano commedie d'altra natura e gli stessi argomenti pii
venivano adattati dal Cecchi alla forma e all' indole della
^ F. Torraca, Pref, al Teatro Hai. de' secoli Xlll Z/r e XT, Firenze,
Sansoni, in «Antologia critica» di L. Morandi, pag. 113.
284 IL TEATRO
commedia classica, che quindi ebbe facile sopravvento e del
dramma sacro non si parlò più.
Fu un danno ?
Dal lato morale non c'è dubbio. Finché il dramma man-
teneva il suo carattere sacro, nonostante le vicende a cui
andò soggetto e gli abusi più o meno gravi e grossolani,
di cui si macchiò, c'era sempre bene a sperare, o almeno
non molto a temere, pel rispetto morale ed educativo.
Ma una volta scomparso il dramma sacro, e scomparso
al soffio turbinoso d'una antichità splendida d'arte ma non
altrettanto di costume pura, e' era poco da nutrire illusioni
anche sul solo carattere morale del teatro. E noi avremo
tutto r agio di vedere fino a qual punto il teatro mise in oblìo
ia sua dignità e il suo decoro, da parere un figliol prodigo,
che lasciata la casa paterna, la chiesa, dov'era nato e cre-
sciuto nei begh anni dell'adolescenza, se n'era andato in
regionem langinqtiam a sbizzarrirsi a talento e a vivere
liixuriose.
Dal lato dell' arte invece il giudizio è diverso.
Nei paesi d'oltremonti il dramma sacro ebbe più largo
e più esteso sviluppo e la graduale trasformazione a cui
andò soggetto non fu dapertutto un discendere, ma in I spa-
gna per es. e in Inghilterra ebbe momenti di ascensione
-gloriosa, fino a vestire dignità d'arte. Non così in Italia
dove la sacra rappresentazione, pur sotto il manto vistoso
che ebbe a Firenze, non ebbe mai importanza come opera
d'arte, e per noi ora ha poco più che un'importanza « sto-
rica ed archeologica ». Da questo lato dunque il danno della
sua scomparsa è molto relativo. In altri tempi forse e sotto
la mano d'un uomo di genio, anche la sacra rappresenta-
zione si sarebbe potuta sollevare, come altrove si sollevò il
mistero, e divenire il dramma d'Italia vero e proprio. Ma
quest'uomo in Italia non ci fu, o se ci fu, — un Poliziano,
un Boiardo fecero tentativi — potè più la condizione non
favorevole dei tempi. Certo è che la salerà rappresentazione
IN ITALIA 285
rimasta quel che era, « umile riduzione metrica delle asce-
tiche leggende > * venne meno, e pianticella artisticamente
fragile e grama inaridì sotto il sole fiammeggiante della
risuscitata arte antica.
Purtroppo questo sole non doveva esser molto bene-
fico neppure al nuovo dramma che sotto i suoi raggi ger-
mogliava, come vedremo.
Ma qui potrebbe sorger l'idea se quel che non avvenne
a suo tempo, potrebbe avvenire ora e chiedersi cioè se ai
nostri giorni, quando ancor dura qualche vestigio, in luoghi
di contado, della sacra rappresentazione, il dramma sacro
troverebbe in mezzo alla società contemporanea terreno
propizio a rifiorire.
La risposta facile e pronta è la negativa *. In tempi come
i nostri di laicismo imperversante e invadente, fino al
punto di dar l'ostracismo alla religione anche là dove essa
starebbe come a suo posto, nella scuola, negli ospedali e
simili, chi oserebbe lusingarsi di vederla rimettere in onore
proprio sul palco scenico che è la sede della profanità,
per non dir di peggio? Eppure, crediamo che non basti
fermarsi solo alle condizioni d'ambiente. Il sentimento re-
ligioso ha radici così profonde nell'anima umana che, per
quanto e comunque osteggiato, sarà sempre vero quel che
scrisse Plutarco che « possono ben trovarsi nel mondo
città senza mura, senza lettere, senza re, senza case, senza
facoltà, senza moneta, senza teatri, senza ginnasi! ; ma
senza templi, senza numi, senza oracoli né alcuno le vide
né le vedrà mai » *. D'altra parte il dramma sacro è frutto
spontaneo del sentimento e del culto religioso e di esso
si alimentò per tutto il tempo della sua durata, di dieci
secoli. Si tratta dunque d'una tradizione millenaria, d'una
*• D* Ancona, I. e, pag. 2.
' Gf. € Revue de deux mondes » XXXVIII anné, 2<^ période, tome 66.
«Le drame religieox » per Albert Réville, pag. 113.
3 Plutarco, nel libro « cantra Colate » , presso Napoli - Signorelli : « Storia
crìtica dei teatri » tomo I, cap. II, pag. 13, in nota, ediz. 1813.
386 IL TEATRO IN ITALIA
euorme forza latente, perciò stesso non facilmente estin-
guibile e capace di ridestarsi nonostante i tre secoli di si-
lenzio, dal rinascimento in qua. Tutto il mondo antico, può
ben dirsi che risuscitò coll'umanesimo, benché paresse se-
polto per sempre sotto le rovine accumulate dai barbari e
sotto una lunga notte di secoli. Ora perchè il flusso e ri-
thisso della storia che fa rivivere tante cose grandi e piccole
non potrebbe riportare alla vita dell'arte moderna il dramma
nostro antico? Siano pure ostili le condizioni e i costumi
del tempo: attraverso la luce dell'arte, specialmente se in-
fusa da un uomo geniale, le ostilità finirebbero. A. Manzoni
co' suoi inni sacri non s'è imposto all'ammirazione e al
plauso de] secolo XIX, scettico e miscredente?
E poi si ha torto a non considerar nell'ambiente la
parte precipua che vi rappresenta l'anima popolare, per lo
più sana e religiosa nonostante i lumi di civiltà, e aperta
alla pura bellezza. Per essa nacque e fiorì e si diffuse per
secoli il rirara ma religioso e perchè per essa non potrebbe
rivivere'^ In una recente conferenza sulla « Psicologia reli-
friosa y^ a Milano, l'on. Fradeletto riferiva le parole semplici
e commoventi d'una vecchierella: « Le funzioni religiose
sono il teatro di noi altri poveretti!»
Ecco una frase rivelatrice, dove la vecchierella, senza
saperlo, att'erma la perennità di quello stesso sentimento
che nei secoli del medio evo ebbe sì largo pascolo nel
dramma religioso dentro o fuori del tempio. No, non è il
popolo certo che si ribellerebbe al ritorno del dramma re-
ligioso.
Che se invece della possibilità speculativa avessimo
voluto discutere la opportunità pratica di un tal ritorno,
non ci sarebbe stato bisogno di tanto. Per tutto argo-
mento bastava mettere idealmente di fronte il dramma
sacro e certe pochades moderne, e poi chiederci da quale
delle due scuole uscirebbe megho educato il popolo.
DONNA ANTICA E DONNA NDOTA
SCENE DI DOiVtANI
XLIX.
Vocazioìie laica.
Finito ormai il movimento straordinario di persone e di
faccende per la prima adunanza generale della nuova Al-
leanza nazionale; chiuse felicemente tutte le adunanze e i
convegni particolari e concertata a dovere ogni cosa pel
buon andamento della grande istituzione; dopo gli ultimi
festeggiamenti d' inaugurazione della nuova presidenza e di
commiato alle delegate, in casa Storni regnava novamente
la tranquillità e l'attività ordinata di prima; sebbene l'as-
sestamento degli uffici dipendenti dalla presidenza generale,
secondo le disposizioni del nuovo statuto e gli accordi sta-
biliti durante il congresso delle delegate, richiedessero un
lavoro intenso, lungo e difficile.
Codesti uffici furono dalla contessa collocati provviso-
riamente in casa sua, finché cioè fosse compiuta la fab-
brica del grande palazzo, in cui la direzione generale do-
veva fissare stabilmente la propria sede. Conforme al suo
disegno, già maturato prima del congresso, ella attese a
ordinare distintamente i due segretariati deWAlleanza cit-
tadina e della nazionale, assegnando loro locaU e persone
diverse e ritenendo intanto per sé la presidenza di entrambe,
per poter meglio sperimentare, fino al trasferimento della pre-
sidenza nazionale nel nuovo edificio, se le convenisse con-
tinuare a tenere unite le due presidenze, oppure cederne
una ad altra persona.
La nostra Ida, subito dopo l' elezione della contessa a
presidente generale, aveva presentato le sue dimissioni dal
288 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
servizio dello Stato, dichiarando che entro quindici giorni
avrebbe abbandonato definitivamente l'ufficio telegrafico.
Ora, trascorso tale termine, ella vi si recò l'ultima volta,
dissimulando quanto più poteva il contento e l'allegrezza,
onde tutta gongolava internamente in lasciare per sempre
quel luogo di tante pene, e prese bellamente commiato dai
suoi superiori e colleghi, mostrandosi con tutti rispettosa ,
garbata, riconoscente delle cortesie ricevute e dimentica degli
sgarbi, delle noie e delle molestie da loro avute; talché ne
rimasero essi meravigliati e confusi, anzi li udì manife
starle sinceramente l'alto concetto che in fondo avevano
sempre avuto del suo carattere e delle sue virtù, e chie-
derle insieme scusa dei fastidii che le avevano dato. Solo
il Fiocchetti sì mostrò impacciato come il topo nella pece
e rimase muto, smarrito, interdetto, mentre la Ida, lesta e
disinvolta, prendeva anche da lui congedo; di che accor-
tisi gli altri colleghi, gliene diedero poi la baia, attribuendo
quello strano contegno alle ragioni patetiche di un cuore
ferito !
In uscire finalmente per sempre da quel luogo, verso il
quale già prima di entrarvi come telegrafista aveva nutrito
una ripugnanza, un'avversione invincibile; dov'era rimasta
fino all'ultimo unicamente per non venir meno al proprio
dovere, quantunqne le angustie, le persecuzioni, i soprusi
e i tradimenti sofferti gliene avessero resa sempre più tor-
mentosa e intollerabile la dimora; la Ida sentì cadérsi dal
cuore un gran peso e mandò un respiro di sodisfazione,
come il condannato a cui venga improvvisamente aperta la
porta del carcere e ridonata la libertà.
Volò subito a casa per dare sfogo alla sua gioia, e non
sì tosto fu in presenza della contessa, che le saltò al collo
rìdendo e piangendo insieme di consolazione, e diede in
tali segni e trasporti di allegrezza, da sembrare una bam-
bina a cui sia stato regalato il premio più ambito del suo
afletto figliale. — Ora non sono che sua - diceva stringen-
dole e accarezzandole le mani - sempre sua, tutta sua fino
alla morte...
XLIX. VOCAZIONE LAICA 289
— E dopo...? - domandò ridendo la contessa?
— Dopo...? Oh! sarò io la prima ad andarmene nel
mondo di là, per darle la benvenuta da qui ad un secolo
e farle anche in paradiso da segretaria... della gloria che
rè serbata pel gran bene che mi ha fatto...
— Guarda che per le bugie c'è il purgatorio...
— Ma la verità vuole avere il suo luogo. Del resto Toro
non piglia macchia...
— Mi pare che incominci assai male il tuo nuovo uf-
ficio citando cosi a sproposito certi proverbii. Ora mi vien
quasi rimorso di averti scelta a mia segretaria...
— E dovrà presto pentirsene amaramente. Ma... il fatto
non si può disfare ed io saprò godermi allegramente il mio
papato. Non sono più uccel di gabbia, ma uccel di bosco
e voglio saltare, volare, cantare e cinguettare a mio bel-
r agio.
Tutta la vivacità della sua indole ardente, gaia, espan-
siva, depressa per tanto tempo dalle tristi condizioni della
sua vita privata e pubblica, si manifestava ingenuamente
in questo primo colloquio colla sua seconda madre dopo
la liberazione, come una polla cristallina che sgorga di sot-
terra a irrigar la pianura, appena fu tolto l'ostacolo che
la teneva nascosta. E come questa, apertole una volta il
varco, continua sempre a scorrere, spandendo nel suo pas-
saggio fecondità, vita e giocondità di piante e di fiori ; così
la Ida da quel giorno sembrava avesse cambiato natura,
tanto era serena, gioviale, faceta con tutti; diffondendo co-
stantemente intorno a sé la pace, la gioia, l'alacrità e la
fiducia che le traboccavan dal cuore.
Appena entrata nella nuova vita, suo primo pensiero fu
d'inchiodarsi al lavoro per impiantare bene il suo ufficio,
che fino allora era stato condotto alla meglio in modo in-
cipiente e precario, e dargli uno sviluppo ordinato e si-
curo. Al quale proposito soleva dire non solo che chi bene
comincia è alla metà dell' opera, ma che con una buona
segreteria tutto va pe' suoi piedi e la presidenza muove
1908, voi. i, fase. 1383. 19 23 gennaio 1908,
SS90 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
con un dito l'intero organismo; laddove, se rimpianto è
difettoso, si ha un ginepraio e l'organismo non cammina
perchè i piedi sono incappati. — £lia è la testa -diceva alla
conlessa - noi i piedi; ma senza i piedi il corpo non cam-
mina e la testa da sola non può fare alcun passo.
— Però, se la testa si rompe, la colpa è dei piedi, che
andarono incontro al pericolo o non seppero scansarlo in
tempo.
— E perciò i suoi piedi dovranno avere le ali. Con esse
la testa potrà levarsi a volo e uscire incolume da qualun-
que cimento. In ogni caso, i piedi saranno i primi a coz-
zare con certi animali cornuti, perchè noi tutte siam pronte
a dar la vita per la nostra presidente.
Lungo, paziente e faticoso fu codesto lavoro d'impianto,
come lo aveva concepito la nuova segretaria generale. Di-
visione e distribuzione di lavoro tra le sue collaboratrici,
protocolli, registri, repertorii, indici, prospetti, referti, cor-
rispondenze, tutto insomma che appartiene a un grande
uflBcio perfettamente ordinato, fu dalla Ida preveduto, trac-
ciato, concertato con singolare abilità e sveltezza, e messo
in esecuzione con grande energia e perseveranza, talché la
nuova segreteria divenisse nel minor tempo possibile un
vero modello. Al che concorse efficacemente, come sempre,
la generosità della contessa, che le offrì largamente di che
procacciarsi la cooperazione delle persone più perite e ar-
redare il nuovo ufficio con tutta la perfezione della tecnica
moderna.
Così la Ida era giunta finalmente in porto, dopo tante
burrasche, e non aveva altra aspirazione, altro desiderio
che quello di rimanere nel suo ufficio di segretaria dell'.lZ-
leanza fino alla morte.
La vita domestica era per lei una continua festa, un ri-
sloro inesausto di tutte le passate afflizioni: considerata e
trattata dalla contessa come sua figlia prediletta, ne godeva
tutta la confidenza e trovava in lei la più savia e la più
afiFetluosa delle madri. Colle altre persone, che formavano
XLIX. VOCAZIONE LAICA 291
la famiglia della presidente, tutte da lei scelte tra le mi-
gliori, era impossibile non accordarsi in ogni cosa e non
passarsela allegramente. Giannina e Giorgina, le due fedeli
fantesche e fattorine, si sarebbero fatte squartare per di-
fenderla e contentarla. L'ufiflcio poi di segretaria generale
delV Alleanza nazionale non poteva essere né più acconcio
alla sua mente, né più conforme al suo genio, né più caro
al suo cuore, né più adatto a spiegarvi le sue attitudini ed
inclinazioni.
Ricca d'ingegno e dotata d'animo virile, cresciuta fin
da bambina nello studio e compiuti splendidamente i corsi
superiori di scienze e di lingue per essere ammessa al ser-
vizio dello Stato ; pratica del mondo per l'amara esperienza
che ne aveva fatta nelle pubbliche scuole e all'ufficio tele-
grafico ; ella trovava nella sua nuova carica un campo va-
stissimo da coltivare, esercitandovi la sua attività con grande
sodisfazione e vantaggio dell'opera a cui aveva consecrata
la vita.
Quivi tutto che aveva imparato collo studio e alla scuola
della vita le veniva assai bene a proposito per applicare
la sua abilità e destrezza negli affari; quivi sentiva di es-
sere il centro vitale di un organismo sì vasto e sì benefico,
ch'estendeva la sua azione salutare a tutto il paese, che
esercitava il suo apostolato verso milioni di persone, che
propagava e moltiplicava dappertutto il bene morale e ma-
teriale delle donne italiane con ogni specie di opere e d'isti-
tuzioni ; quivi ella era il braccio destro di colei, che aveva
compiuta la più grande riforma sociale dei tempi moderni.
Che mai poteva desiderare di più e di meglio per chia
marsi contenta?
— Chi è piùTortunafo di me? -diceva un giorno alla
contessa. - Io nuoto nell'acqua di viole. In famiglia tutto é
zucchero; all'ufficio il lavoro è una delizia: V Alleanza kìa.
prima potenza del paese ed io, come fedele faccendiera e
manovale della presidente, la tengo in mano e spero di
farla presto andare come un orologio. Ella poi mi porta
in palma di mano e mi tiene sempre in nozze...
292 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— A proposito! - l'interruppe la contessa con un sorriso
maliziosetto - alle vere nozze non ci hai ancora pensato?
Arrossì la Ida ed esitò un istante, ma subito si ricom-
pose e disse ridendo allegramente : - Per fare le nozze non
basto io sola; ci vuole anche l'altra parte.
— Di buoni partiti ne hai già avuti parecchi; ma li hai
mandati all'uscio.
— Pur troppo. Ed ora il male non ha riparo, talché
mi trovo sola a far la figura d'Arlecchino, ch'era sicuro di
dare presto l'anello alla regina, perchè il suo consenso l'aveva
già dato, né mancava altro che il consenso di lei!
— Ma, se ti viene offerto un nuovo partito...?
— Qui sta il guaio ! Allora non sarò contenta io, fosse
pure un affare d'oro, e così mancherà sempre il secondo a
fare il paio. Oramai la mia sentenza é scritta: io rimarrò
a casa a guardar la città o... a covar la cenere fino alla
morte. Così avrò sempre tutta la mia hbertà e potrò con-
sacrare tutte le mie forze a lavorare co' piedi e colle mani
in servizio deìV Alleanza. Questa é la mia famiglia, dove ho
tutto, ma sopratutto... una madre!
— Ah! furfantella, come sai toccare nel buono. Aspetta,
aspetta, che questa volta te la fo pagare... Or dimmi: se
non ti fossi imbattuta in me e ueW Alleanza, non saresti
forse a quest'ora già andata a marito, non fosse altro per
liberarti dal servizio telegrafico? Se non rispondi a tuono,
sei aggiustata.
— Rispondo per le rime e... sono a cavallo! Sebbene io
sappia che la condizione naturale della donna sia di ac-
casarsi e di diventare una buona madre di famiglia, tuttavia
questa regola, come tutte le altre, ha le sue eccezioni, che
non solo confermano la regola, ma ne ren'flono meno tristi
certe conseguenze e certe altre più vantaggiose. Così il ce-
libato delle vergini consacrate a Dio ha creato e mantiene
l'apostolato delle suore di carità, per sanare tante piaghe
domestiche e sociali, e la vedovanza dì una contessa a lei
ben nota ha creato e mantiene la grande armata del fem-
XLIX. VOCAZIONE LAICA 293
minismo. Se questa, rimasta vedova a ventanni, fosse pas-
sata a seconde nozze e il Signore le avesse regalata una
bella corona di figli, V Alleanza avrebbe ancora da nascere
ed io non ne sarei segretaria. E non pertanto, sarei rimasta
ancora... una eccezione alla regolai
— Ma dunque, saresti andata a farti suora? To' su, che
forse forse... un bel giorno te ne vai in convento e mi
pianti qui...
— No, no; né matrimonio né convento, ma celibato laico
fino alla morte; questo è il mio programmai Del matri-
monio mi ha disgustato l'esperienza della vita, perché cre-
sciuta e stata sempre in mezzo agli uomini, condannata a
vivere più da uomo che da donna, ho sentita sempre più
forte la ripugnanza a legarmi indissolubilmente con alcuno
di essi. Li conosco troppo, i nostri uomini e superuomini
moderni ! Alla vita religiosa poi, non so perchè, non ci ho
avuto né ci ho inclinazione, tantoché col mio confessore
non ne ho mai parlato. Per me é indubitato che la Prov-
videnza mi ha predestinata e condotta amorosamente a cader
nelle mani di colei che ora mi sta facendo l'esame di co-
scienza, fino a ricoverarmi uelV Alleanza, ch'é il mio nido,
il mio regno, il mio papato. Ma se ciò non fosse avvenuto,
dopo la morte della mamma io non avrei cercato altro che
di assicurarmi uno stato modesto di libertà ed indipen-
denza personale, per poter vivere col mio lavoro e cooperare
all'apostolato laico, perla riabilitazione sociale della donna.
Or questa missione, ch'eia più importante e vitale tra tutte,
e che dalle maritate e dalle religiose non si può esercitare
in ogni sua parte, mi fu offerta divinamente neìV Alleanza.
Perciò io posso dire di aver toccato il ciel col dito e la mia
vita è un continuo godere a mele e focaccia. Eccole in
poche parole la mia confessione generale I
Dinanzi a questa nuova riprova di nobiltà e grandezza
d'animo della sua segretaria, la contessa era commossa e
si compiaceva grandemente della loro inlima, perfetta con-
formità di pensare e di sentire, onde sembravano fatte l'una
294? DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
per l'altra e naie a posta per lavorare insieme nell'apo-
stolato del feinminismo cristiano. Gonchiuse quindi con
quell'accento di tenerezza, che toccava sempre cèrne bal-
samo di consolazione il cuor della Ida: — Pressapoco e senza
volerlo, hai fatto anche la mia! Dunque assolviamoci a vi-
cenda e facciamo insieme la penitenza combattendo il lai-
cismo falso col nostro cli'è di buona lega. È questo certa-
mente la missione più utile della donna per la donna nei
tempi moderni. Siamo nella stessa barca, io pur troppo sul
ponte del comando e tu al timone; speriamo, ad onta d'ogni
burrasca, di entrare felicemente in porto.
L.
L'ultima trama.
Tornata dalla visita alla Schwitzer colle pive nel sacco,
la comare aspettò indarno per piti giorni di riceverne l'av-
viso convenuto alla conclusione dell'affare. Né di ciò ebbe
punto a restare maravigliata o ad accorarsi, poiché il ri-
serbo e la ripugnanza, onde la presidente della Lega si era
schermita dall'entrare nella congiura divisata, ben poca
speranza le aveva lasciato di averne il consenso più tardi
e, quanto più si prolungava l'indugio della risposta, tanto
più quel po' di speranza andava svanendo, finché venne
a dileguarsi del tutto.
Tentò allora quell'anima dannata di tirare altri nella
rete, per servirsene a strumenti del suo infernale disegno
e scaricare sopra di loro i pericoli e le eventuali conse-
guenze della impresa nefanda; tastò specialmente l'auimo
del Brandini, della Fioroni e della Lisardi, mostrandosi
cosieniata pel trionfo deW Alleanza e delle sue nemiche,
spiegando un'ansietà e uno zelo straordinario per salvare
la Lega dalla imminente rovina, dichiarandosi e protestan-
dogli pronta a qualunque atto più risoluto ed audace per
iìaccare l'arroganza del clericalismo trionfante, e conchiu-
L. l'ultima trama 2%
dendo sempre le sue invettive con insistere sulla necessità
di un rimedio radicale, di un ardimento eroico, di un colpo
maestro, di uno stratagemma sicuro, con cui si sarebbe
fatto tornare il cervello in capo alle smargiasse dell' ^I-
leanza e verrebbero ridotte a pollo pesto quelle nemiche
capitali della Lega.
Ma non tardò pur troppo ad accorgersi che gittava via
il tempo, la fatica e la spesa, perchè non solo trovava in
tutti una freddezza e diffidenza che le faceva venire la mo-
starda al naso, ma ogni volta ch'ella tentava di strignere
il nodo per farsi provocare alla spiegazione finale, tutti la
lasciavano dire e facevano orecchie di mercante, dandole
chiaro ad intendere che se ne lavavano le mani.
Non le rimaneva quindi che un ultimo partito, prima
di accertarsi ch'era abbandonata da tutti e perciò o doveva
rinunciare alla vendetta o pigliarne interamente sopra di
sé l'esecuzione: ingarbugliare la vecchia strega con darle
a credere che la Storni e la Piumetti stavano tramando di
rovinarla mediante un terribile processo, talché, se non sì
menasse loro un gran colpo, il caso sarebbe disperato.
Sebbene avesse poca speranza di accalappiarla, ben sa-
pendo per esperienza con quale schiuma di birbona avesse
a fare, sempre intenta a gabbare gli altri e gettar loro la
broda addosso, volle tuttavia farne la prova, anche per
averne in ogni caso qualche nuovo suggerimento o consi-
glio, stringerle un po' il pelo a cagione dei suoi oracoli
falliti e rompere insomma con lei la scopa, giacche ormai
aveva perduto ogni fiducia nelle sue malìe.
Recossi pertanto nuovamente da lei una mattina per
tempissimo, com'era solita, e cercò anzitutto, dandole fra-
sche e foglie, di metterle la paura addosso di una denun-
cia giudiziaria con sequela d'inchiesta, perquisizione, arre-
sto, processo e condanna criminale, per indurla ad entrare
nella congiura contro le due factotum déìV Alleanza e pi-
gliarsene la direzione.
Veduto però che la scaltra sibilla aveva indovinato il
496 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
giuoco e non si lasciava cogliere al punto, anzi minacciava
di far pagare il fio a chiunque volesse darle noia presso
la giustizia, la povera comare, mutato registro, tentò per
l'ulti ma volta di averne qualche aiuto per salvarsi dalla
catastrofe che prevedeva imminente.
Ma la megera si strinse nelle spalle e si mostrò stucca
e ristucca della sua insistenza, intimandole di non darle
più molestia, perchè con lei aveva ormai provato tutti i
mezzi della scienza occulta, né aveva piti nulla da sugge-
rirle. Accortasi invero che la comare era venuta per im-
barcarla in una impresa disperata, oppure, se ciò non le
fosse riuscito, per romperle il capo con nuove bravate e
tragedie, volle prendere destramente il sopravvento e darle
il conto suo prima che l'altra sciogliesse i bracchi, con
venire subito allo scontro o affrettarne l'esito a proprio
vantaggio.
Difatti, appena la comare, inviperita da quella provo-
cazione, diede ne' lumi e si levò in bestia minacciando il
finimondo, la vecchia, senza punto commuoversi o ricor-
rere, come altre volte, allo spauracchio degli spiriti, le
disse freddamente con un sorriso sinistro e maligno: —
Bada a non ischerzare troppo col fuoco, perchè la mina
è pronta e potresti accenderne la miccia. 11 nostro collo-
quio odierno fu udito, come tutti gli altri precedenti, da
due testimonii sicuri. Se non fai senno, ci vuol ben poco
a farti arrestare, condannare e mandare in galera.
Ciò detto, la strega balzò in piedi e scomparve, chiu-
dendo a chiave dietro di sé la porta interna del salotto.
lìiraase come fulminata la comare a quella scena, e te-
mendo, quantunque senza ragione, che i due testimonii
fossero due guardie quivi appostate per arrestarla, non
disse motto, ma fuggì anch'essa in molta fretta, recandosi
a gran fortuna di trovare aperta la porta di casa e di poter
darla a gambe senza essere inseguita.
Venuta a casa trafelata e grondante di sudore per la
fatica e per l'agitazione di quel brusco e precipitoso ritorno,
L. l'oltjma trama 297
disse freddamente, borbottando da sé a sé : — Atto quinto,
scena ultima : scontro finale tra le due protagoniste del
dramma. E... felice notte I Non é più bel messo che se stesso.
Dunque, all'opera! Vediamo!
E si fece a riflettere e considerare attentamente la con-
dizione fattale dagli ultimi avvenimenti e la risoluzione
definitiva che doveva prendere ed eseguire da sola, dopo-
ché tutti i tentativi di cavar il granchio dalla buca con la
man d'altri erano miseramente falliti.
Vide subito con evidenza, ch'ella si trovava affatto sola
a combattere contro un esercito trionfante, e però non le
rimaneva che o fuggire o fare un colpo disperato.
Erano troppi quelli che conoscevano i segreti delle sue
trame criminose contro la Piumetti: il Brandini, il Fioc-
chetti, la Schwitzer, la strega, e questa teneva pronti anche
i testimonii. Ora, nel momento estremo, costoro l'avevano
abbandonata alla sua triste sorte, sciogliendosi da ogni
impegno per la comune difesa e salvezza. Al Fiocchetti non
aveva proposto l'ultimo suo disegno, perché lo riteneva del
tutto inetto ed incapace di prenderne sopra di sé l'esecu-
zione, non solo come autore, ma anche come semplice
strumento, e sapeva di dominarlo unicamente col timore,
cessato il quale sarebbe egli il primo a tradirla. Oltreché,
aveva indizii e prove non poche né dubbie di essere con-
tinuamente spiata e pedinata dalle sue nemiche, le quali,
scaltre com'erano, avevano certamente raccolto un bel cor-
redo di argomenti per farla andare in galera, e stavano ordi-
nando le file del laccio che doveva strozzarla con una buona
condanna criminale. L'incetta della merce per la sua turpe
industria sarebbe stata senza dubbio uno dei punti di accusa.
In tal caso, quando cioè dovesse comparire davanti alla
giustizia come rea convenuta, i suoi antichi complici e
amici avrebbero spifferato tutto e fatto ogni sforzo per ag-
gravare lei e salvare se stessi; i suoi più fidi, le persone
di casa, i manutengoli di altri delitti nefandi, avrebbero
rivelato ogni cosa; l'ergastolo a vita non le poteva mancare.
298 DONNA ANTICA B DONNA NUOVA
D'altronde, prescindendo puranco da codesto tremendo
pericolo, la guerra, che V Alleanza faceva in generale al turpe
mercato e in particolare alla sua industria privata, l'avrebbe
tosto 0 tardi ridotta all'impotenza di continuarlo senza
danno economico, e perciò al fallimento.
Stando così le cose, non poteva aspettare che la fiumana
le venisse addosso, per battersi l'anca quando fosse già trop-
po tardi, ma doveva o fuggirla o metterci un argine sicuro.
Fuggire? Smettere il suo traflBco, abbandonare l'impresa,
ritirarsi a vivere nascosta in qualche paese lontano, dove
i suoi nemici non potessero scovarla? Era un condannarsi
da sé alla galera, cioè alla miseria, all'indigenza, alla di-
sperazione, colla certezza di accrescere il trionfo della sua
rivale e con pericolo di essere tuttavia scoperta, snidata e
data in mano alla giustizia. Come e dove occultarsi alla
AUennza, che colla sua organizzazione aveva occhi e mani
dappertutto? E poi, dove trovar pace e come vivere, sen-
z'aver eseguito il giuramento, sfogata la cupidigia, appa-
galo l'appetito irresistibile della vendetta? Meglio la morte
che una vita sì intollerabile I II solo pensiero di non rendere
il contraccambio alla sua nemica le faceva venire la schiuma
alla bocca, e però diceva farneticando: — 0 vendicarsi o am-
mazzarsi ! Dunque vendetta ! Vendetta che colpisse a morte la
PiuMietti quando si trovasse insieme colla Storni, per ucci-
dere possibilmente anche questa e così mandare in rovina
'Affennza con privarla dei suoi due principali sostegni.
Vendetta, di cui restando ignoto l'autore, ella andrebbe
salva dal conquasso ond'era minacciata e potrebbe libe-
ramente esercitare la sua industria come e meglio di prima;
laddove, se venisse scoperta, era sempre in tempo di farla
finita con quattro pasticche dì sublimato o con un forel-
lino alle tempie. Vendetta da eseguirsi in maniera che, dopo
il fatto, i sospetti si volgessero verso coloro che avevano
ricaisalo di entrare nella congiura, specialmente la vecchia
strega e il Brandini, per vendicarsi anche di loro, aggra-
varli opportunamente in giudizio con una buona deposizione
giurata e assicurarsi maggiormente la propria impunità.
L. l'ultima trama 299
Abbozzato così il disegno nelle sue linee maestre, ne
rimase sempre più infatuata, tanto le sembrava degno del
suo accorgimento ed unica via di uscita da tanti guai.
Ma s'era facile e lusinghiero il concepire in generale il
truce divisamento, ardua ed irta di diflRcoltà e di pericoli
n'era la determinazione in particolare e soprattutto la fe-
lice esecuzione. Qui dunque concentrò la comare tutti i
suoi pensieri e per più giorni non fece che mulinare e lam-
biccarsi il cervello in architettare i varii modi, onde avrebbe
potuto dare il gran colpo alla sua nemica, per venire poi
alla scelta dì quello che le sembrasse più acconcio e felice.
Dopo aver fantasticato e rimuginato lungamente per
ogni specie. possibile di attentati, trovando sempre difettoso
il disegno in quanto alla sicurezza della propria incolumità,
finalmente le parve di averla azzeccata giusta e di poter
dar di mano al negozio, purché una persona pari a lei in
destrezza ed audacia le tenesse il sacco. Or di persone sì
fatte non ce n'era che una sola, la sua direttrice.
Chiusasi con lei un giorno nel suo gabinetto a segreto
consiglio, come soleva fare per le faccende più gravi, le
disse : — Da qui a un anno che sarà di noi ?
— Saremo al verde. Ormai si va giù a precipizio.
— Dobbiamo lasciarci ferrare e aspettare la catastrofe?
— Chi pecora si fa, il lupo se la mangia.
— Allora non c'è salvezza che nella fuga: chiuder bot-
tega e andarcene tra i ferri vecchi.
— Per uscir dalla brace e rientrar nel fuoco. Ne san
troppo de' fatti nostri quelle stregacce e continueranno a
perseguitarci, finché non ci abbian dato l'ultima stretta.
— Ma dunque a che diavolo dobbiamo darci per venire
a qualche riparo?
— Farci giustizia da noi, prima che ci faccian la festa.
— Qui ti voglio. Ci Siam provate più volte e non ce ne
rimasero che il danno e le beffe.
— Perché ne abbiamo data incombenza agh altri. Chi
fa da sé fa per tre.
300 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— Benissimo. Per vita mia, tu hai dato nel segno, lo
dunque sono pronta a mettermici coir arco dell' osso e farla
finita con un gran colpo, ma ho bisogno di alcuno che mi
tenga la mula e stia lesto, con coraggio e sangue freddo,
Or, fuor di te, non c'è altri. Col tuo aiuto io non temo nulla
e sono sicura di uscire a bene. D'altronde tutto il rischio
sarà per me; darò io di mia mano fuoco alla miccia e tu
non avrai che d'aiutarmi a svignare. Di chi fidarmi meglio
che di te? Non siamo forse carne ed ugna, strettamente
legate in ogni evento? Nel peggior dei casi, se io dovessi
rimanere alla stiaccia, tutto il mio andrà a te come a mia
legittima erede; prima di metterci alla fortuna, avrai in
mano il mio testamento olografo. Siamo d'accordo?
— A tutta prova ! In buona <ioscienza, la cosa è secondo
il mio gusto. Ma... è già bello e pronto il disegno?
— Mi ci vuole ancora qualche giorno per dargli l'ultima
mano e prender campo di eseguirlo.
— Quanti colombi vuol pigliare ad una fava?
— Vorrei pigliarne due, la presidente e la segretaria;
questa però mi sta più a cuore.
— E se lo merita la colombina!
— A buon conto, pensaci anche tu, e poi ne riparle-
remo.
— Così Dio ci aiuti, dobbiamo accoccarla a quelle cor-
nacchie e mandarle a guardare i polli al prete.
— Non si può menarla piti in lungo. Io ci schiatto!
— A' mali estremi, estremi rimedii.
— Appunto. Dunque prepariamo gli approcci e poi ver-
remo all'assalto finale.
MONOGRAFIE
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA
Ornai riconosciuta generalmente — come già abbiamo ac-
cennato in due precedenti articoli di recensione * — è la
necessità e l'importanza, che vanno prendendo di giorno in
giorno maggiore gli studii storici e positivi nella teologia,
dopo rimasti, secondo l'opinione di alcuni, troppo sopraf-
fatti dal soverchio prevalere della speculativa nella ristau-
razione scolastica, anzi tomistica, della filosofia e della
teologia. Ora si direbbe che a loro volta si arroghino essi
il primato, anzi talvolta pretendano di restar soli in campo,
com'è solito ad avvenire nelle reazioni umane che si tra-
scorra facilmente dall'uno estremo all'altro; sì che neppure
i saggi valgono sempre a premunirsi da ogni eccesso, quando
ve li attrae l'impeto dell'opinione corrente.
Noi stimiamo pertanto aver fatto cosa utile additandone,
insieme con la necessità e l'importanza, le difficoltà e i
pericoli. Ma persistiamo sopra tutto a credere gravissimi e
questi e quelle in chi si avventuri per il gran mare delia
storia delle idee e delle dottrine, senza la debita prepa-
razione intellettuale, anzi con una grande confusione di
dottrine e di idee, qual è manifesta in alcuni recenti scrit-
tori di critica teologica e di studi religiosi, massime in Italia,
dove apparvero tanto più audaci quanto più erano improv-
visati. E tanto più persistiamo in questa sentenza dopo
che l'enciclica Pascendi dominici gregis l'ha confermata con
tanta forza ed evidenza, assegnando questa, dell'ignoranza
della scolastica e della conseguente confusione delle idee,
tra le prime cause intellettuali delle aberrazioni moderni-
1 Vedi quad. 1867 (10 giugno 1907), p. 513-527, e quad. 1374 (21 set-
tembre), p. 641-655.
302 MONOGRAFIE
stiche, ma conchiudendo essere però « degni di lode coloro
che, salvo il rispetto alla Tradizione, ai Padri, al magistero
ecclesiastico, con saggio criterio e con norme cattoliche...
cercano di illustrare la teologia positiva, attingendo lume
dalla storia di vero nome > : perchè « certamente alla teo-
logia positiva deve ora darsi più larga parte che pel pas-
sato, sebbene in modo che nulla ne venga a scapitare la
scolastica ».
Né questi sinceri studiosi della positiva, così lodati dal
Sommo Pontefice, cesseranno di apparire così <^ degni di lode »
quando per sorte ci sembrassero trascorrere qualche volta a
conclusioni nuove od anche alquanto arrischiate, né tutte di-
mostrate apoditticamente fuori di ogni dubbio. Ciò é tanto
più facile ad avvenire — ed é avvenuto in qualche parte
anche a studiosi cattolici, come dimostravamo recente-
mente *'— quando si debba con una rapida corsa attraverso
i secoli della Chiesa, ossia con una sintesi prematura di
storia dei dogmi e di teologia positiva, passare così in ge-
nerale rassegna tutto l'immenso tesoro dottrinale della
Chiesa e dei suoi dottori nelle diverse età; peggio poi se
si pretenda quasi di farcene, come dicono, «l'inventario
critico > ovvero « il bilancio dottrinale > per trarne conclu-
sioni soggettive o pronunciarne universali e categoriche
sentenze.
Meno arrischiato invece é questo lavoro « d'inventario
critico », quando si tratti di un autore solo delle cui dot-
trine il critico sottile e sperimentato possa raccogliere la sin-
tesi sicura da opere superstiti che ne rappresentino il pen-
siero. E questo é il lavoro appunto che fece il P. Ademaro
d'Ales nel suo libro su la * Teologia di Tertulliano »*, lavoro
di gran lena e che si ebbe le più meritate lodi, non solo
dai gesuiti confratelli dell'autore, come mostra di supporre
un critico benevolo nella Revtie biblique, ma dalle persone
^ Quad. 1374, p. 643 ss.
« A. D'Ales, La Théologie de Teriullien (Bibl. de Theol. hist.). Paris,
Beauchesne, 1905.
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 303
più competenti K In esso, come già fu accennato in una breve
recensione *, l'autore ci espone quali fossero le dottrine di
Tertulliano intorno ai principali punti del cristianesimo;
mettendo in luce i suoi meriti non meno che i suoi trascorsi.
E sebbene l'opera sollevi questioni non poche, né l'autore
possa né intenda scioglierle tutte, egli vi ha però esposto e
chiarito con lodevole integrità il sistema dottrinale del gran
dottore africano.
È quindi almeno fuor di luogo il biasimo che il critico
suddetto gli muove, di aver trascurato quistioni storiche le
quali non entravano nel disegno dell'autore; e peggio il
trarre quindi pretesto di opporre il metodo positivo del-
l'autore a un nuovo supposto metodo storico, che ha l'aria
invece di essere molto soggettivo o troppo vago d'ipotesi
ardite: giacché alle ipotesi non basta l'ingegnosità del-
l'architetto perché divengano tosto ricostruzioni storiche,
particolarmente in punto di storia sacra e teologica.
Del resto una sintesi ardita, ma condotta con vero me-
todo storico, tentò di poi, dove l'argomento lo portava, lo
stesso P. Ademaro d'Ales, in un'altra monografia, di cui inten-
diamo ora dare un cenno, la quale si ristringe pure alla teo-
loffia di un solo autore, cioè di S. Ippolito. Questa offre più
' Rimandiamo, per modo di esempio, il critico e il lettore ai giudizi
di V. Ermoni C. M. nella Retme du Clerg^ francala (agosto 1905) che
lo dice uno dei migliori i«tudii pubblicati finora sull'apologista africano, di
T. Tixeront S. S. nella Univeraité cafholique (15 agosto 1905) che si con-
gratula con 1 autore di averci data un'opera pressoché definitiva ecc.; di
P Scen nella Jìevue d'Histqire eccUaUtatique (15 ottobre 1905); di E. Boury
nella Rpvue Augusfinienne (luglio 1905), e potremmo aggiungere altri scrit-
tori francesi, per non dire nulla degli stranieri, che il critico poteva igno-
rare più scusabilmente. Quanto airosservazione che questi pure mosse, delle
frequenti citazioni di autori razionalisti e protestanti, il critico non ignora
che gran difetto sarebbe solo quando il d'Ales ne accettasse le dottrine tali
e quali, senza punto verificarle ne emendarle, come fanno purtroppo certi
cattolici, benché non citino sempre gli autori eterodossi dai quali attingono.
« Cf. CiL\ Cait., quad. 1317, p. 338.
304 MONOGRAFIE
largaparte alla investigazione storica, e diremo anche alla
congettura, giacché la persona di Ippolito ancora enigmatica
e la dottrina di lui nota solo per frammenti, dette e darà
tuttavia luogo a molte discussioni. ^
Così, fino da tempi remoti, altri faceva Ippolito vescovo
di Roma (come Apollinare, maestro di S. Girolamo), altri di
Porto (Ghron. Paschale, seguito da Anastasio apocrisiario
nel secolo VII), altri di Arabia (come papa Gelasio, 492-496),
forse per un abbaglio cagionato da Eusebio, che lo chiama
vescovo senza designarne la sede, ma nominandolo dopo
Berillo di Bostra in Arabia ; altri lo voleva ben anche dei
tempi apostolici (Yvéptjio^ tfòv ànoaxòhay). Nel 1551 se ne scopri
la statua nel cimitero appunto che da lui ebbe nome, sulla
via Tiburtina, al campo Verano, e quivi sopra un regolo
il catalogo delle sue opere. Da ciò gli studiosi furono messi
sulle tracce, e particolarmente nella seconda metà del se-
colo passato vennero moltiplicando studii e ricerche; onde
i noti lavori del DòUinger, del Taylor, del De Rossi e più
recentemente fra i molti quelli dell'Hagemann, del Kraus,
del Lightfoot, dell'Harnack, del Duchesne, il quale ultimo
gli dà merito di essere l'Origene dell'Occidente \ Così negli
ultimi decennii, col lungo lavorio della critica, l'immagine
di questo dottore parve uscire rinnovata da quella penombra
di storia e di leggenda in cui si teneva avvolto sino dai
tempi damasiani, e con le successive scoperte la raccolta
delle sue opere si è accresciuta di dieci tanti in dodici lustri
di ricerche.
Non poteva dunque il d'Ales, come per Tertulliano, pas
sarsi così brevemente della parte storica o biografica; ma
dovette egli vedere, ciò che altri non avvertono, come il
troppo diffondersi del teologo in un campo non suo, nelle
sottili indagini biografiche o in minuziose critiche, quando
poco o punto rilevino al progresso teologico, può bene ag-
^ La théologie de Saint Hippolite (Bibl, de Theol, hisi.), Paris, Beau-
chesne, 1906, S», L1V-2Ì2 p. L. 6.
« Uistoire ancienne de l'Égliae. Paris 1906, t. I, p. 296.
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 305
giungere varietà ed attrattiva, crescere anche stima per
l'apparato della erudizione, ma scemare altresì chiarezza e
precisione, come suole avvenire che la moltiplicità degli ac-
cessorii offuschi la nitida esposizione del tutto. Quindi re-
strinse egli, per quanto si poteva, in una copiosa Introdu-
zione ciò che Tignarla la vita e l'unità storica di questo
personaggio singolare, stato maestro celebre e difensore delle
verità cristiane, poi antipapa, indi riconciliato col Pontefice,
da ultimo con lui esule per la fede e con lui onorato qual
martire. Così il d'Ales ritenta con qualche ardire la rico-
struzione storica della vita del suo personaggio, e particolar-
mente cerca di stabilire quali opere debbano a lui attribuirsi,
come necessario fondamento perchè il teologo possa rico-
struirne la teologia. Nel che egli non è riuscito veramente
a sciogliere tutte le difficoltà e a vincere tutti i nostri dubbi,
segnatamente sui Philosophumena; ma ha fatto ad ogni modo
una sintesi originale, attraente e tutt'altro che infondata.
Lo stesso dicasi della esposizione delle dottrine d'Ippo-
lito, la quale si svolge in cinque capitoli. Noi vediamo la
parte non lodevole presa da Ippolito alle controversie tri-
nitarie con la interpretazione dei subordinaziani, onde pul-
lulò di poi l'arianesimo, e con la opposizione alle dottrine
dommatiche e morali di Papa Callisto: indi l'opera sua ben
migliore nelle lotte contro le eresie, né solamente contro il
modalismo» o monarchianismo, che egli pur troppo confutò
trascorrendo all'estremo opposto, ma altresì contro lo gno-
sticismo e l'adozianismo, cominciando dall'opera polemica
della sua gioventù, che fu una somma contro tutte le eresie
(SjvTaY(ia ^pt; zòlq àitioou; xà^ aEpéoet;), la quale avrebbe egli di
poi ampliata e compiuta con quella conosciuta sotto il
titolo di Philosophumena.
Singolare ci si mostra anche il merito d'Ippolito negli
studii scritturali e intorno alla ispirazione e intorno al ca-
none e intorno alla esegesi delle Scritture; nel che il d'Ales
è veramente nuovo, analizzando le opere o i frammenti re-
centemente ritrovati, in ispecie i Conimentarii su la Can-
1908, voi, 1, fase, 1383, 20 23 gennaio 1908,
306 MONOGRAFIE
tica, scoperti dal Marr nel monastero caucasiano di Schat-
berg in una vereione grusiana del secolo X. Di qui possiamo
farci un giudizio della esegesi di Ippolito, aliena dai processi
tecnici famigliari ad altre epoche di maggior cultura, talvolta
stranamente letterale, ma di solito più legata ai concetti
che alle parole del sacro testo, atteggiantesi allo stile di una
famigliare omelia, fiorita non solo di riflessioni personali,
ma di esortazioni, di esclamazioni, di apostrofi alle persone
e alle cose, con quel sapore di semplicità e di antichità ve-
neranda, che già Fozio vi gustava.
Mettendo poi a raffronto la scienza profana d'Ippolito
con la scienza sacra, la prima si ritrova alquanto superfi-
ciale e mediocre, l'altra originale e profonda; e di questa il
d'Ales mette in rilievo l'estensione e il carattere, partico-
larmente rispetto al battesimo e all'eucaristia, su la quale
i suoi testi parlano con espressioni di un realismo fermis-
simo. Delle scienze ausiliari della teologia, quali sono la
cronologia e la storia, egli fu amatore più zelante che for-
tunato, come appare e dalla compilazione del suo Canone
pasquale e dalla sua Cronaca. In questa ci dà una specie
di enciclopedia, piuttosto superficiale e confusa; in quello
un ciclo pasquale che avanza di cinque ore ogni anno il
mese lunare, sicché, in termine di 80 anni, si era già alla
divergenza di un mezzo mese lunare, onde le date asse-
gnate dal canone alle lune piene corrispondevano di fatto
alle lune nuove: il che lo fece ben presto cadere in disuso.
Più propria del teologo e più fruttuosa è la parte che
riguarda il lato positivo del sistema teologico di Ippolito,
di cui i tratti principali sono, più o meno direttamente, su-
bordinati alla dottrina della salute e la escatologia n'è lo
scioglimento finale. Ma qui la dottrina di Ippolito, sebbene
in qualche parte incompiuta, ci appare in opposizione agli
errori escatologici dei Montanisti, più ponderata e più mo-
rale: la quale opposizione al millenarismo è di fatti più con-
forme alla tradizione romana, come ben nota il Tixeront *.
» Cf. LTniversifé catJwlique (16 febbraio 1907) p. 304-305. In questa
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 307
*
Il lato manchevole del concetto d'Ippolito rispetto alla
opera della Redenzione e della salute fu esposto accura-
tamente nell'opera, già da noi aHre voHe ricordata, intorno
al dogma della Redenz'hne \ del Rivière. Questi però nel
suo « saggio di studio storico » com*egli V intitola, non si
ristringe allo studio del dogma in un solo autore; ma lo
studia da prima nella Scrittura, indi presso i Padri greci
e i Padri latini e alfine presso i dottori medievali. L'am-
piezza potrà sembrare talora a detrimento dell'esattezza; e
noi sappiamo le vivaci critiche mosse in Francia ed in
Italia all'opera del Rivière; ma non possiamo trovarle sempre
giustificate, come accennammo già in un precedente articolo.
La meno sussistente fu però quella avventata dal Laberthon-
nière, il quale, oltre a fraintendere lo svolgimento dogmatico
nel senso di un evoluzionismo audace, vuole che questo si
continui ad un modo nel periodo susseguente alla defini-
zione della Chiesa; sì che le « formule » stesse dogmatiche
andrebbero soggette a perpetua evoluzione o, si potrebbe dire
pili schiettamente, a trasmutazione di significato. Contro sif-
fatto stravolgimento della storia dei dogmi insorse giusta-
mente il Rivière, rispondendo al critico oratoriano; e in-
sorse pure il dotto suo maestro, P. Batiftbl, chiarendo op^
portunamente i princìpii cattolici della scuola da cui era
uscita la tesi del professore di Albi. Ma non possiamo
recensione, il Tixeront ammira giustamente la puziema e la scienza del-
l'autore, e fatta qualche osaerv.izione (come sul punto (lell.i disciplina peni-
tenziale) trova il libro « excellente, dif|»ne de son ainé, la Theoiogie de Tor^
tuìlien». Con assai onore ne parla anche D. Béde Lebbe nella lìevne lie-
nedirtine, chiamandolo « ouvrage originai, qui est une contri butlon très
Berieuse * ecc., e cosi altri critici, che non passeran !0 ignorati, speriamo,
a quello della Revu^ biòliqiée.
» Rivière abbé, prof. Le dogme de la Redamption. (Étudea d'hist
des dogmi'8 ef d*anc. liitér. ecclésiasHfiue). Paris, Lecoflfre, 1905, XII-550 p.
Fr. 6. Cf. Civ. Catt. quad. 1367, p. 519.
308 MONOGRAFIE
qui dilungarci su questo argomento quanto vorremmo: ci
basti averlo accennato *.
«
A un genere di monografia anche più ristretta si attenne
un altro giovine professore, il P. Feder, che fece per
parecclii anni soggetto dei suoi studii la sola dottrina del
martire S. Giustino intorno a Gesù Cristi, in quanto Messia
e Figlio di Dio fatto uomo; ond'egli comprese non solo
la « Cristologia » propriamente detta e la « Soteriologia », o
dottrina della Redenzione, ma quella della messianità altresì
e della seconda Persona della Trinità. Ma poiché a megho
intendere, com'egli osserva, la dottrina d'un determinato
autore conviene studiarla in tutto il suo nesso con l'intero
periodo storico al quale appartiene, egli allarga opportu-
namente il suo studio a ricercare e a mettere in chiaro il
filo elle lega Giustino ai suoi predecessori come ai suoi
più prossimi contemporanei ; sicché l' opera sua per questa
parte riesce un modello di vera e propria monografia di
storia dei dogmi.
Così pure in una lunga introduzione ci dà egli intorno alla
persona dello scrittore, alla vita e all'importanza di lui e
delle sue opere, al tempo e al luogo della loro composi-
zione, all'intento speciale da lui propostosi, alla forma e
^lla proprietà dello stile, quelle notizie generah che sono
necessarie a penetrare più addentro nel pensiero: e insieme
passa in diligente rassegna i principali giudizi portati finora
sulla dottrina di Giustino, offrendocene in poco una com-
piuta bibliografia.
Di poi, venendo alle questioni più propriamente teolo-
giche, il Feder svolge la trattazione con ampiezza anche
maggiore, con serenità e franchezza dando rilievo ai lati pre-
^ Cf, P, Batiffol, Questiona d'enseignement superieure ecclesiustique,
ParìSj Lecoffre, 1907, p. .145 ss. Le sena et lea limitea de Vhiatoire des
da^mt*, contro gli Annalea de philoaophie chrét.^ ferriér 1906 : Le dagme
de la Hedemjìtion et Vhistoire, etc.
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 309
gevoli non meno che ai manchevoli o anche erronei delle
soluzioni proposte dal filosofo cristiano. Anzi, in questo
ultimo punto, avrebbe altri voluto una maggiore indul-
genza neir interpretare in senso cattolico parecchi noti
passi dì Giustino, particolarmente rispetto alle relazioni del
AéYoc, o Verbo, scusando il filosofo dall'errore subordina -
ziano, nel quale caddero certamente alcuni scrittori anteni-
ceni. Noi non possiamo entrare qui in particolari discus-
sioni ; ma dobbiamo in genere convenire col eh. scrittore
che la dottrina di S. Giustino non è certo scevra al tutto di
errori. Questi errori peraltro non sono da attribuirsi al teo-
logo credente, ma al filosofo studioso e investigatore; sicché
nulla tolgono al merito dell'uomo e del cristiano. Né farà
maraviglia che Giustino sia incorso in frasi inesatte e in
concezioni erronee, quando la speculazione teologica era
agli inizi, e il pensatore cattolico si studiava con lodevole
sforzo di accordare e confermare le verità cristiane con i me-
todi e i principii della filosofia dominante: il che non va
mai esente da pericoli. Nella sostanza tuttavia S. Giustino
deve la sua dottrina su Gesti Cristo, Verbo di Dio incar-
nato, all'insegnamento tradizionale della Chiesa, quale sgorga
dalla Scrittura; il che significava egli dicendo che non la
doveva agli uomini, ma a Dio. Tuttavia, come bene osserva
il Feder, ebbe Giustino il gran merito — e in ciò fu merito
originale — che seppe metterla in rilievo, lumeggiarla viva-
mente, farla centro della sua speculazione teologica e così
illustrare fedelmente l'insegnamento della Chiesa.
Tale fu, del resto, il merito dei grandi Padri della Chiesa,
in quanto non furono solo testimoni o semplice eco della
fede professata al loro tempo, ma si studiarono, secondo
le condizioni degli uomini e dei tempi, a svolgere sempre
meglio le verità, a chiarirle, a difenderle contro le insor-
genti novità; col quale studio personale essi concorsero a
1 A. L. Feder S. I., Jnstins dee Mdrtyrers Lchre roti Jesus ChristHS,
dem Messias und dem menschgetvordpurn Sohne Gottos. Freiburg i. B.
Herder, 1906, 8% XlV-304 p. M. 8.
310 MONOGRAJ<7£
quello svolgimento dommatico, che è vero progresso, e noa
corruzione dei donima, non evoluzionisino, come quello dei
moderni eretici. Illustrare bene questo punto, mostrando
l'immutabile persistere del domma contenuto nel deposito
della rivelazione, fra gli incessanti progressi della teologia
cattolica, e la parte che in questi progressi ebbe ciascuno
dei Padri e dottori della Chiesa, dovrà perciò essere il me-
rito, come è l'intento proprio, della teologia storica e positiva.
*
* *
Né da siffatta benemerenza si vuole escludere in tutto,
non ostante i suoi gravi errori, l'infaticabile ASafiivTtoc l'uomo
di acciaio, lo stupore del suo secolo, il grande Origene, per-
sonaggio anche più importante e complesso che Tertulliano,
Ippolito e Giustino. Tale è certo la conclusione che il let-
tore trae dalla recente monografia del P. Ferdinando Prat *,
Essa differisce, è vero, dalle precedenti, secondo l'indole
della collezione a cui appartiene; né studia Origene sotto
ogni rispetto, bensì come teologo e come esegeta solamente,
e restringendosi ancora a studiare il teologo nei primi tre
libri del Periarchon, raffrontati coi passi dommatici delle altre
opere, e l'esegeta nella esposizione teorica dei primi libri
dei Principii e nell'applicazione pratica ad un capitolo
scelto di S. Paolo, il nono dell'epistola ai Romani. Con ciò
l'autore lascia da parte, com'egli osserva, quei lati appunto
del suo personaggio che sarebbero più attraenti, più istrut-
tivi, più varii, e ad ogni modo più accessibili al « gran pub-
blico »: l'apologista, il critico, il predicatore, il maestro. Ma
non poteva altrimenti in così breve giro, se voleva far opera
seria. E perchè appunto così ristretta l'opera di lui, va più di-
retta allo scopo, che è di rappresentarci il grande Alessan-
drino quale fu, non solo in ciò che illustra la dottrina della
Chiesa ~ come già fecero i due più illustri dottori dell'O-
* F. Phat S. r. (irigene. Le thé^lagie^a et ì'exégek'. (La p9tMéf ohr^
tienilo), Paris Bloiid, 1907, 16°, LXIV-SM p. Fr. 4,
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 311
rieate, Basilio Magno e Gregorio di Nazianzo, «ella loro
preziosa raccolta di pagine scelte d'Origene, intitolata Phi-
localia — ma anche in ciò che se ne scosta ; poiché le te-
merità stesse e i traviamenti dei grandi possono giovare
di lezione ai piccoli.
Così di grande utile e attrattiva insieme riesce la lunga
trattazione, che è l'introduzione dell'opera sopra Yarigenia-
nistno, considerato prima in Origene stesso e poi dopo la
morte di Origene fino alla distruzione graduale de' suoi
scritti nel secolo sesto. E qui bene osserva l'autore che
solo dopo la morte di Origene per opera di fanatici ammi-
ratori, i quali ne travisarono con l'esagerazione le idee ar-
rischiate, ne trasformarono in dommi le ipotesi, e non ten-
nero conto dei progressi compiuti di età in età dalla teo-
logia cattolica, sorse l'origenismo * sistema eteroclito che
seguì le più opposte direzioni per riuscire poi, nel secolo
sesto, a una specie di panteismo nichilista ». Esso com-
prendeva singolarmente tre elementi o capi di errori: l'esa-
gerata applicazione del metodo allegorico alla esegesi, la
subordinazione delle persone divine e la teoria delle prove
successive, con le sue diramazioni, quali preesistenza ed
eguaglianza primitiva delle intelligenze create, fluttuazioni
senza fine del lìbero arbitrio e da ultimo sogno di restau-
razione finale (apocatastasi). Ninna meraviglia dunque che
abbia tirato sopra di sé i fulmini della Chiesa e che questi
di rimbalzo abbiano colpito anche la memoria del grande
uomo. Sua disgrazia, del resto, fu quella, che traviò e prim a
e poi molti ingegni straordinarii : la sua stessa precocità
di mente inaudita, per cui « fu grande sino dall'infanzia»,
come scriveva S. Girolamo, benché nemico. Per questa, {do-
vane diciassettenne, si trovò capo della scuola alessandrina,
successore al suo maestro Clemente, mortogli, come il pa-
dre Leonida, troppo prematuramente; portato infine dalla
foga dell'ingegno stesso a uno studio troppo sparso, affan-
noso, tumultuario e, come rimproveravagli già Marcello di
Ancira, spinto ad affrontare la teologia, uscito appena dalle
312 MONOGRAFIE
scuole filosofiche, senza la debita preparazione. Questo me-
desimo non vediamo noi succedere tutto giorno a giovani
nostri contemporanei, benché non sieno certo degli Origeni?
Ciò che tuttavia consola ed è cagione di bene sperare
del grande maestro di Alessandria, è il suo grande amore
alla Chiesa e alla dottrina della Chiesa come regola di fede
ecclesiastica, significato anche colà dove inconsapevolmente
se ne scosta. Egli fino a dieci volte vi accenna nella sola
prefazione del Periarchon, e così ripetutamente altrove : ri-
conosce quattro evangeli canonici perchè la tradizione ec-
clesiastica tanti ne riconosce : ammette le aggiunte del greco
al libro di Daniele, perchè la Chiesa le ammette; predica
la necessità del battesimo per i bambini, perchè la Chiesa
lo pratica; l'interpretazione della Scrittura non vuole ab-
bandonata al sentimento privato, ma sì « alla regola della
Chiesa celeste istituita da Cristo ». E la ragione è mani-
festa: « Noi abbiamo per rischiararci due luminari: Cristo
e la Chiesa. Cristo è la luce del mondo e illumina la Chiesa
della sua chiarezza. Come la luna riceve, dicesi, la luce dal
sole per ischiarare la notte, così la Chiesa irraggiando la
luce di Cristo illumina tutti quelli che attraversano la
notte dell'ignoranza. Essa rinvia a noi fedelmente tutti gli
splendori che l' innondano, né sottrae di questo fulgore
delle Scritture o verbo o senso, né vi aggiunge mai altro
quasi profezia. Chi non cammina a questa luce è nelle tene-
bre, è eretico : all'incontro, è distintivo del cattolico appar-
tenere alla Chiesa, dipendere dalla Chiesa, dacché fuori
della Chiesa non è salute » (p. 7-9).
Questi principii, che salvarono Origene dalla ostinazione
dell'erroie propria solo dell'eretico, devono ora più che mai
animare i cattolici, e mentre varranno a premunirli, o a libe-
rarli dalle aberrazioni correnti, condannate ripetutamente
dal decreto Lamentabili e dalla recente Enciclica Pascendiy
li spingeranno a sempre nuovi progressi, anche negli studii
di teologia storica e positiva. Senza tali principii i soli con-
formi ad un tempo alla ragione ed alla fede, tutti i vantati
DI TEOLOGIA STORICA E POSITIVA 313
progressi di una teologia storica pedissequa dei protestanti
non sarebbero, come scriveva recentemente il BatifFol, a
proposito degli errori di un giovine prete italiano, se non
magni passus extra viam ^
Ma le opere da noi sopra ricordate, come parecchie altre
delle quali abbiamo altre volte fatto cenno o ci riserviamo
di farlo in avvenire, ci danno cagione a bene sperare. E
basti qui ad esempio, nominare semplicemente quelle perve-
nuteci più di recente, come il grosso volume dello stesso
P. Ferdinando Prat, sopra la teologia di S. Paolo'* ^ utilis-
simo allo storico, al teologo, al predicatore; quello minore
del Pourrat, sopra la teologia sacramentariay sintesi storica,
bene accurata, delle dottrine cattoliche intorno ai sacra-
menti in genere, ed in ispecie, sebbene rapidissima; quello
del Saltet intorno a Le riordinazioni, studio s?opra il Sa-
cramento deir Ordine, quantunque più storico che teologico,
come portava l'argomento'; senza accennare alle opere già
note di altri scrittori cattolici discusse e discutibili cer-
tamente in alcuni punti, ma non già composte sopra il pre-
supposto dell'evoluzionismo dommatico dei modernisti,
contrario alla stessa nozione prima di verità e di progresso,
nonché alla ragione ed alla fede.
La nuova condanna perciò dell'evoluzionismo domma-
tico — massimamente per ciò che riguarda la teologia neo te-
stamentaria e la dottrina dei sacramenti, in cui ne venne fatta
dal Loisy e da altri più larga e più risoluta applicazione —
non aggiungerà certo all'attività scientifica dei cattolici
una catena, un vincolo, come altri scriveva; ma sì una
norma ed uno sprone a coltivare più seriamente questa
parte della teologia, senza disgiungerla mai da quella spe-
culativa e scolastica, verso la quale deve convergere, come
convergono gli studi speciali dell'erudizione verso l'opera
scientifica della sintesi generale.
* Cf. fììdletin de litiérature ecclésiasfic/tte (giugno 1907), p. 175.
* F. Prat S. L, La tìieologie de Saint Patii. Paris, Beauchesne, 1908.
— P. PoDRRAT, La théologie sacra meni aire. Paris, Lecoflfre, 1907. —^L. Sal-
tet, Les Réordinations. Etude sur le Sacremenl de 1' Ordre. Ivi, 1907.
RIVISTA DELLA STAMPA
L
Sant'Agnese e il suo recente storico.
« Sant'Agnese non è, come è stato asserito di recente \ una
martire oscura, che dovrebbe la sua celebrità a una fortuita
circostanza: il trovarsi cioè della sua tomba in vicinanza di
una villa o di un mausoleo della famiglia imperiale. Non si
trova punto traccia di una villa dei secondi Flavii in questa
regione della via Nomentana. Quanto al mausoleo, anzi che aver
dato occasione alla fondazione della basilica costantiniana sulla
tomba della santa, fu invece evidentemente annesso, a cose finite,
alla dipendenza di questo edificio. La scelta del luogo per quel
mausoleo, come pure l'erezione della basilica, non può attribuirsi
che alla devozione specialissima di Costantina verso la martire
già celebre.
4c La figlia di Costantino non ha fatto che associarsi al culto
veramente eccezionale reso a sant'Agnese da Roma e dal mondo
latino ; essa non l'ha fatto nascere : questo culto era tale da
non poter essere motivato che da una ragione affatto personale
alla santa.
< Sola, infatti, fra le vergini romane, Agnese ebbe la sua
basilica eretta dalla munificenza imperiale ; così pure sola ebbe
la sua festa solennizzata in modo speciale : a Milano ove san-
t'Ambrogio pronuncia il suo panegirico dinanzi alle vergini adu-
nate in onore di lei : a Cartagine ove sant'Agostino parla di lei
ai « Continenti » dei due sessi, riuniti nella grande basilica per
celebrare l'anniversario del ^1 di gennaio; e non si può punto
dubitare che Cartagine non abbia seguito in questo, come in
tanti altri punti, l'uso della metropoli romana.
« Nessun'altra, delle vergini romane, ebbe la sua immagine
resa popolare fra quelle di cui si adornavano le coppe dai fedeli ;
nessun'altra ebbe la sua tomba onorata dalle iscrizioni dei papi
del quarto secolo ; alcuna non ve ne fu celebrata da Prudenzio
e presentata quale patrona tutelare dei Romani. »
* Dl'fourcq, Les Gesta martyrnm romains, 1890.
SANT'AGNESE E IL SUO REGENTE STORICO 315
€osi si esprìme il P. Jubara, giunto al termine del suo gran-
dioso e splendido lavoro sulla vergine romana sant* Agnese \
Ci sì sente in queste vibrate parole, e nelle seguenti del suo
riassunto finale (p. 271-304) la soddisfazione di un* anima per-
venuta al termine di un lavoro che le ha dato risultati eccel-
lenti ; il fervore di una pietà che ha lungamente e felicemente
lavorato intorno all'eroina del suo cuore ; un canto di vittoria.
Ma alla pietà verso la tenera vergine della via Nomentana
il P. Jubaru univa tutte le condizioni indispensabili a un lavoro
arduo, quale era quello a cui egli s'accingeva ; perchè oltre all'arte
dello scrivere, e ad una felice disposizione a questo genere di
st4idii, possedeva una perfetta conoscenza dell'antichità cristiana
e classica, specialmente di Roma. Fu anche incoraggiato a pro-
cedere nell'ardua fatica da un insieme di felici circostanze, come
quella del ritrovamento della insigne peliquia del capo di
s. Agnese.
A questa scoperta, di cui il P. Jubaru diede già una par-
ticolareggiata reazione negli Études dei 20 sett. 1905, non potè
egli giungere che adoperando tutta l'energia del suo carattere,
e tutto l'ardore della nobile causa che avea presa a patrocinare.
Cosi potè nel 1902 ottenere da S. Santità Leone XIII un rescritto
che l'autorizzava -« a rioercare nella cappella del Sgancia Sancto-
rutn il capo di santa Agnese, cum facuUaiìhus neceesariis et op-
portunis. Dopo difficoltà di vario genere, superate grazie alla
estrema benevolenza di S. Em. il Cardinal Satolli arciprete del La-
terano si potè aprir l'altare le cui quattro chiavi s'erano per-
dute. Dietro l'inferriata dagli enormi lucchetti e la porta di bronzo
d'Innocenzo III, nell'arca di cipresso dì Leone III, si trovarono
tutte le reliquie menzionate già dal secolo duodecimo da Gio-
vanni Diacono. Esse erano custodite in reliquiarii antichi in
oro, argento, smalto, cristallo, legno Intarsiato in avorio. Il
19 aprile 1903, in presenza del cardinal Satolli, il dottor Lap-
poni faceva l'esame medico anatomico del capo contenuto nel
cofanetto d'argento d'Onorio III (p. 335) >. L'iscrizione ne
indicava il prezioso contenuto: Honorius p. p. Ili fieri fedi
prò capile beaie Agnetis,
« Quando, dice in un'altra parte dell'opera il P. Jubaru, alla
fine, al Sattcta Sanctorum del Laterano noi giungemmo a vedere
* Florian Jubaru, S. J., Saint Agnèe Viefyje et M<irfyre de la Vote
Nvmenlane, d'u^/rés dp nouvclles t'^herehee {179 fotomci trioni) Paris (Dch
moulin), 1907, 4^ Xll-386 p.
316 SANT'AGNESE
e tenemmo nelle mani il capo della giovinetta vergine, quando
Agnese cessò d'essere per noi una semplice concezione ideale
e prese forme concrete e tangibili, noi consideravamo le fragili
pareti del cranio d'una trasparenza di madreperla, le suture
delle congiunture sì tenere ancora, i piccoli denti, non ancora
tutti dischiusi nei loro alveoli, ed eravamo tentati di doman-
darci : « Quanto teucra questa martire di dodici anni; era essa
più che una bambina? » * (p. 276-77).
11 P. Jubaru fu' con questo fortunato ritrovamento felice
insieme di poter fare di nuovo rivedere la luce del giorno a
un intero tesoro di memorie e di opere d'arte cristiana, che da
secoli erano chiuse nell'inaccessibile altare. Colla celebrità del
tesoro del Sancta Sanctorum, che cosi bene fu illustrato dal
P. Grisar in parecchi articoli del nostro periodico *, andrà sempre
ormai associato il nome del Jubaru, e la memoria del suo valore
in simili ricerche.
I termini che abbiamo adoperato di grandioso e splendido
riguardo al lavoro del Jubaru, non sembreranno punto esagerali
a chiunque anche solo per poco l'abbia avuto sotto gli occhi.
Anche considerato dal lato materiale il volume si impone per
lo splendore dell'arte tipografica, per la «quantità e bellezza delle
illustrazioni (173 fotoincisioni, molte delle quali di semplice
ornamento dell'opera)^ e per la mole stessa sotto cui si pre-
senta. Ma noi vogliamo esaminarne alcuni almeno dei pregi
intrinseci, tanto maggiormente stimabili quanto più arduo era
il lavoro.
Infatti non si trattava di narrare una storia: « bisognava ri-
trovarla » come egli si esprime (p. X), e ciò a prezzo di lungo
lavoro nell'esaminare il vero senso dei documenti greci e latini,
' Qualcuno ha mosso dubbio sulla autenticità della reliquia lateranese
(prima che si ritrovasse), dicendo che secondo il processo verbale della ri-
cognizione del corpo di s. Agnese fatta dal Card. Sfondrati nel 1605, si
trovarono i due corpi di Agnese ed Emerenziana con tutte le teste. Il
Jubaru a pag. 337 osserva che il prope capita del testo latino del processo
va inteso in un largo senso, che è spiegato dal testo italiano, il quale
sembra la minuta originale del processo verbale. In esso si parla non di due
teste ma del sposto della testa dell'uno e dell'altro i^ corpo. Del resto il
Bosio che era in Roma a quel tempo, dice che il corpo fu ritrovato senza
testa,
* Si vegga la sua bella pubblicazione a parte fi Sancta Sanctorum
ed il suo tesoro sacro. Roma (Civiltà Cattolica) 1907. « Questa edizione,
dice r A. (p. 13), possiede il vantaggio di contenere varie aggiunte e migliorie
che per la massima parte avevo già in pronto » .
E IL SUO RECENTE STORICO 317
studiarne le reali divergenze e ricercarne la causa, e dar luce
a queste ricerche per mezzo dei dati deirarcbeologia. Solo a
costo di questo lungo e difficile lavoro l'A. si riprometteva fin
da piincipio « di ritrovare sotto l'intonaco d'epoca tardiva il
marmo antico, più bello, nella sua semplicità primitiva, di ogni
altro abbellimento posteriore » (ivi).
A noi è sembrato, nel leggere attentamente il voluminoso
lavoro, che i propositi e le speranze del P. Jubaru non siano
state vuote. Sotto la luce della vera critica, come il Grisar
l'avea preveduto nel nostro periodico (16 die. 1899, p. 721), la
figura d'Agnese ne è uscita « più viva, piti bella, e piti an-
gelica ».
Un pregio che apparisce fin dai primi capitoli dell'opera del
Jubaru è senza dubbio quello della sua abilità nella interpre-
tazione dei documenti, e del suo fine discernimento nella cri-
tica dei medesimi.
Si presentano in primo luo^o al suo esame le fonti ambro-
siane: il racconto in forma oratoria contenuto nel De Virgi-
nibus 1. I, e. 2, scritto fra il 375 e il 377, che è « la più antica
narrazione di data certa che ci rimanga del martirio della
santa » (p. 3); e il celebre inno Agnes beatae virginia, che gli
autori « si accordano a considerare come posteriore al De Vir-
ginibus di cui riproduce parecchie frasi ». (p. 25)
Il primo documento non ha punto la pretensione di essere
una narrazione completa del glorioso martirio di s. Agnese: è
un oratore che parla, evidentemente, accennando soltanto a fatti
che si suppongono conosciuti da chi ascolta, coli' intento di
« trame nuove considerazioni in lode della martire (p. 5) ».
Ciò però non significa punto, come l'A. l'osserva, che debba
considerarsi la composizione « come un'opera di pura rettorica
(ivi) ». I punti sostanziali di quel racconto sono chiari: 1) La
martire era nei dodici anni; 2) essa era dedicata alla profes-
sione di verginità, e ha dovuto lottare per perseverarvi; 3) la
martire è morta trafitta di spada; 4) Agnese è andata sponta-
neamente al martirio.
Quanto al secondo documento, nel quale tutti si accordano
a riconoscere un'alta antichità, benché non tutti ammettano
cbe esso sia proprio lavoro di Ambrogio, l'A. a ragione segue
l'opinione di coloro che riteugono l'autenticità dell' inno, come
il Biraghi e il Dreves.
11 eh. Franchi de' Cavalieri, che nel suo pregevole studio « S. A-
318 SANT'AGNESE
gnese nella traérizione e nella leggenda >►, dà all' iuno in questione
il titolo dì stupendo, e riporta pure gli argomenti del Dreves
(p. 4-5) per l'autenticità ambrosiana dell'inno, trova che « il
Dreves non mostra neppure di essersi accorto, che l'inno ci
descrive il martirio in un modo non solo, nella sua maggior
bi'evità, più particolareggiato, che nel Be virginiìma, ma intie-
ramente diverso * (p. 6). Ora ci sembra che il Jubaru ha piena-
mente dimostrato che non v'è alcuna reale opposizione o di-
versità fra i due documenti.
Nel De Virginibua, secondo il Franchi, la Santa si fei perire
decollata, mentre « l' inno non fa perire Agnese decollata, ma
trafitta, o meglio jugulata >. (p. 6) Il Jubaru dimostra come
nulla nel De Virginibus suoni contro la jugulaHo, Anche il
Franchi ammette che nel De Virginibus occorroQO « espressioni
meglio convenienti, per sé, a chi è sgozzato o trafitto: fhtiine
in ilio corpusculo vulneri locusP... quae non haòmi quo ferrum
reciperei. Ferrum recipere si diceva notoriamente dei gladiatori
e dei bestiarii feriti, allorché venivano scannati o nell'arena
stessa, o nello spoliarium)^. (p. 7) Ciò non ostante avevano fatto
difficoltà al Franchi le parole del De Virgiwéhms: Stetit, oravii,
cervicem inflexii. Si è supposto, dice il Jubaru, che non vi
fosse differenza fra cervicem inflexii, e cervicem inclinava, e
che se Agnese inclinò il collo ciò era per avere spiccata la testa.
Questa conclusione sarebbe ovvia se inflectere fosse sinonimo
di incUnare. Ma non é così. Inflectere significa volgere verso o
semplicemente volgere, piegare non solamente in basso, ma da
un lato o anche in alto. Gli esempi che se ne hanno non pos-
sono lasciar dubbio; e il Jubaru poteva anche insistere sul cer-
vicem che ci sembra indicare appunto il senso in cui si esjwriiiie
fatta l'inflessione, cioè dalla parte della nuca, come diciamo pia-
gare la fronte per l'inclinarci dalla parte della medesima. Del
resto il Jubaru ha rafforzato la sua interpretazione con un'osser-
vazione ulteriore sul seguito del testo. Ivi si parìa della martire
dicendo stetit. Questa posizione sarebbe la più infelice per ese-
guire la decapitazione. Così pure le altre difficoltà spariscono,
specialmente se si tenga sempre presente quello che da i»*in-
cipio abbiamo notato col Jubaru, che l'oratore non mostra nes-
sima intenzione di voler narrare una storia, ma la suppone.
E questa osservazione vale pure a darci una spiegazione
chiara di alcune differenze fra l'inno e il De Virginibus, che
r A. (p. 34-35) spiega specialmente tenendo conto della desti-
E IL SUO RECENTE STORICO 319
nazione diversa di queste due composizioni letterarie e deli' in-
dole letteraria diversa che ad esse conviene.
Altro campo alFabile crìtica del Jubaru apre un terzo do-
cumento relativo alla s. martire della via Nomentana, cioè Tiscri-
zione metrica di s. Damaso in onore di sant'Agnese: anteriore
al 384>, di cui possediamo ancora il bellissimo marmo originale.
Ne ripetiamo qui Finterò testo per comodità dei lettori:
Fama refert sanctos dudum rbtulissb parentes
Agnen cum lugubrbs cantus tuba concrepuissbt
nutrlcrs gremium subito liquisse puellam
Sponte trucis calcasse minas rabibm[que] tyranni
URERE cum FLAMMIS VOLUISSET NOBILE CORPUS
ViRIb[us] IMMENSUM PARVIS SUPERASSE TIMOREM
nudaque profusum crinem per membra dedisse
Ne Domini templum facies peritura videret
0 veneranda M[HI SANCTUM DECUS ALMA PUDORIS
Ut Damasi precib[us] paveas precor inclyta martyr.
Le differenze fra le composizioni ambrosiane e V iscrizione me-
trica damasiana non sono tali da farci credere che si debba
veramente riconoscere opposizione fra loro; solo mostrano « che
i due autori non si copiano, e che sono due testimoni indi-
pendenti di una tradizione medesima più o meno precisa (p. 45) ».
Non può però negarsi che qualche difficoltà a spiegare ci
resta, quella soprattutto della differenza che si troverebbe, a
primo aspetto, fra il genere di pena inflitto alla martire se-
condo ì due scrittori. Per Ambrogio Agnese è certamente perita
di ferro; secondo Damaso la pena inflitta alla martire sembrerebbe
invece il vivicomburium : Urere cum flammis voluiaset nobile
corpus K Ma, come osserva con molta ragione il Jubaru, Damaso
non parla punto di una pena inflitta alla martire, si bene di una
semplice minaccia per mettere in rilievo la fermezza della santa
* Non ci sappiamo indurre però a pensare che Ambrogio ignorasse afTatto
Tepìsodio del fuoco nel martirio di S. Agnese. Le parole del De Vh-ginibu^
< wl 8% ad aras invita raperetur, tendere inter ignea manus atque in
ipffis saerilegia fbcis trophaeum Domiiti aignare victoris, ci suggeriscono
nn forte sospetto che o dai due Santi autori sia stata diversamente inter-
pretata una fonte comune, o, forse meglio, che la tradir.ione già divulgasse due
versioni dello stesso fatto. Lo stesso si dica della 5* 6* strofa dellMnno Agnes
beatae virginia.
320 SANT'AGNESE
fanciulla innanzi al timore del più terribile supplizio: Viribus
immensum parvls superasse timorem ^
Così si spiega come Prudenzio, che venne in pellegrinaggio
alla tomba della santa alla fine del IV secolo, ed ebbe sotto
gli occhi i versi di Damaso, non faccia punto menzione della
pena del fuoco; e s. Gregorio, che nel VI secolo fa un'omelia
per la festa della santa dinanzi la stessa iscrizione di Damaso,
non parli punto di fuoco, ed esprima chiaramente la morte di
spada 4< stetit feriente robustior >► e « ire ad regna caelestia
puellas^er ferrum videmus ». Che più? Si potrebbe aggiungere
che' le stesse Gesta S. Agnes parlano, sì, della condanna ad
esser bruciata viva, ma essa non ne è punto offesa, e alla sua
orazione « omnis ignis extinctus est » e allora il tiranno ordina
in « guttur ejus gladium mergi ». Tanto era ferma la tradi-
zione della morte per ferro.
Certo può recar meraviglia il vedere che in Damaso non si
trovi poi punto menzione di altro genere di morte ; ma anzitutto
dobbiamo tener sempre presente che il poeta non è uno sto-
rico, come non lo è l'oratore; e poi noi vediamo che Damaso
« né per S. Eutichio, né per S. Saturnino, né per S. Ippolito,
né per i SS. Nereo e Achilleo fa parola del genere del loro mar-
tirio, benché egli rammenti una o più particolarità della loro
Passione. Si può credere che egli conoscesse questi particolari
e poi ignorasse la consumazione stessa del martirio? > (p. 42).
* L'antitesi fra V immeìiso timore delle flamine, cosi naturale, in una
fanciuila specialmente, e la tenerezza dell'età che ne resta vittoriosa, per-
derebbe non solo o^ni efficacia, se si volesse intendere urere cnm flammis
voluisset di Agnese, quasi essa fosse stata quella che si offriva alle fiamme,
come qualcuno ha inteso, ma sarebbe senza verun significato; tanto più
che Damaso aveva già cosi chiaramente espressa la spontaneità della Mar-
tire nel correre al martirio. Senza parlare poi della frase urcre cum flammis
voluisset nobile corpus che davvero non sarebbe la più adatta ad esprimere
il volersi gittare sulle fiamme. Del resto è falso il supposto stesso di questa
opinione, che il soggetto grammaticale di tutte le proposizioni, anche inci-
denti, sia Agnen, e perciò sia impossibile riferire il voluisset ad altri che
a lei. Il soggetto di tutta la narrazione è Agnen, ma non il soggetto gram-^
maticale di tutte le proposisioni, Agnen è soggetto dì tutte le proposizioni
col perfetto dell'infinito che dipendono da fama refert, parentes retulisse
quindi : Agnen liquisse; (Agnen) calcasse; (Agnen) superasse: (Agnen) de-
disse. Invece cum voluisset è una proposizione incidente, come cum con-
crepuisset. E come quest'ultima ha per soggetto tuba, così cutn voluisset
ha sottinteso tyrannuSj che è stato nominato alla fine del verso antece-
dente.
E IL SUO RECENTE STORICO 321
Del resto osserva (ivi) FA. « Il coraggio della Santa si mani-
festa meglio coll*affrontare il più terribile dei supplizi che nel
subire il più mite. »
Ma poi si può veramente dire che a. Damaso non menzioni
punto il genere di morte di s. Agnese? L'A., non senza ra-
gione, ne vede un rapido cenno nei due seguenti versi dove si
fa menzione della verecondia verginale di Agnese nel ricoprirsi
dei suoi stessi capelli nel momento dell* esecuzione. « Questo
particolare conviene in maniera singolare alla jugulatio » e
d'altra parte non si vede come potrebbe convenire alla decapi-
tazione 0 agli altri generi di supplicio (p. 46).
Non si deve mai, in questo genere di composizioni letterarie,
dimenticare dentro quanto angusti limiti esse siano ristrette:
destinate come erano le composizioni di Damaso a essere incise
in marmo, e in caratteri abbastanza grandi, e in luoghi spesso
assai angusti, esse non potevano dilungarsi in molti particolari,
specialmente quando si parlava a persone che conoscevano già
quello a cui bastava solo accennare. Chi potrebbe, osserva
giustamente FA., intendere i versi delle due prime strofe del-
l'inno di 8. Teresa, se non fossero stati destinati a un pub-
blico che già conosceva, o aveva altri mezzi di conoscere la vita
di quella vergine spagnuola? (p. 47-48).
Ambrogio e Damaso non sono dunque veramente in discordia
fra loro. Ambrogio romano, e vissuto a Roma al tempo di Li-
berio, prima che F iscrizione damasiana fosse composta, doveva
conoscere la stessa tradizione romana a cui Damaso allude colla
frase fama refert Anche quando troviamo che in Damaso la
martire si scioglie per verecondia intorno al collo e al petto i
capelli, esso non si trova veramente in opposizione con Am-
brogio. I versi di Damaso, osserva F A. (p. 45), « sono doppia-
mente favorevoli alla jugulatio che F inno ambrosiano suppone
nell'episodio ove la vergine si ricopre colle sue vesti. Non vi
è alcuna temerità dunque, poiché le due narrazioni concordano
esattamente in tutto il resto, a considerare questi due partico-
lari come due aspetti diversi d'un medesimo fatto tradizionale
(ivi). > La sostanza del fatto tradizionale era l'estremo pudore
della vergine che la spingeva come per istinto a impedire di
farsi vedere, anche leggermente scoperta, da occhio mortale: Ne
Domini templum facies peritura videret.
Quando la vergine s. Agnese ha subito il martirio, in quale
persecuzione? Dall'iscrizione di Damaso, dice il Jubaru (p. 54),
1908, voi 1, fase, 1383, 21 26 gennaio 1908.
322 SANT'AGNESE
risulla che « la morte di Agnese non era affatto per Fautore
deir iscrizione un avvenimento di epoca molto remota, ma un
fatto di cui fino a poco tempo innanzi vivevano dei testimoni
in mezzo ai contemporanei. Il tenore dell' iscrizione non si po-
trebbe dunque spiegare se Agnese fosse morta in una persecu-
zione anteriore a quella di Diocleziano, sotto Aureliano verso
il 274, o sotto Valeriano verso il 258 ».
Pure è noto che altri autori, fondandosi essi ancora proprio
sull'iscrizione di Daraaso, riferiscono ad un'epoca anteriore il
martirio; e di recente abbiamo letto, in una rivista al libro del
Jubaru, che la sua opinione non è del tutto accettabile ; perchè,
come fu osservato da molti e valenti archeologi, l'espressione
fama refert adoprata da Damaso accenna ad un avvenimento
ebe era già assai remoto ai tempi suoi, e quindi meglio può
applicarsi ad un fatto avvenuto in età più antica di Diocleziano.
Noi non neghiamo che la frase fama refert potrebbe appli-
carsi ad un avvenimento anche assai remoto; però ci sembra
che le osservazioni messe insieme del Jubaru siano tali da far
di molto propendere la probabilità per l'ultima persecuzione, e
di togliere assai di verislmiglianza alle persecuzioni anteriori.
Tutto dipende dalla vera interpretazione del primo verso del-
l' iscrizione : Fama refert sanctoa dudum retulisae pa^entes. Da-
maso, come si vede, si appella direttamente alla tradizione
orale che correva a Roma a suo tempo: fama refert. Noi direm-
mo: È cosa nota, ai narra, si dice; e non è punto vero che
la frase indichi tempi assai remoti da chi parla. Anzi talvolta
corrisponde precisamente al nostro corre voce, come in Marziale
Epigr. I, 29.
Fama refert nostros te, Fidentine, liheUlos
Non aliter popuìo qttam recitare tuos.
Quando avveniva che i santi parenti di Agnese raccontavano
il suo generoso martirio*? Il dudum che segue non ci può la-
sciar dubbiosi. 11 Jubaru dimostra chiaramente che si tratta
di indicare un corto spazio di tempo, e cita in proposito l'au-
torità stessa di Donato, il celebre grammatico contemporaneo
di Damaso, il quale afferma che sì dice de exiguo tempore prae-
ferito sed incerto; e Cicerone lo adopera non solo parlando di una
lettera ricevuta di recente da Attico, ma anche di ciò che si era detto
nel corso stesso di un dialogo, ut dudum,,, a^^diebamus (Brut., 1±),
Insomma significa poco fa, e anche or ora, o al più non è m^ìlto.
E IL SUO RECENTE STORICO 323
come nota il Forcellini ; il quale dopo aver osservato che si usa
qualche volta de tempore praeteriio paulo longiore, aggiunge
però che si adopera sempre per indicare un tempo non lungo:
semper auietn de non longo tempore dicitur, Damaso dunque
ha notizia che non molto innanzi i parenti narravano ancora
1 particolari del martirio d'Agnese; come noi parlando di avve-
nimenti che coincidono colla nostra fanciullezza, o col tempo
di poco antecedente, diciamo che i nostri vecchi raccontano, ri-
cordano, ecc. Ciò a nessuna persecuzione può convenir meglio
che a quella di Diocleziano, che quando Damaso nacque du-
rava ancora.
Non vi è poi ragione di escludere T interpretazione (seguita
pure dal Jubaru) che nei santi parenti del verso di Damaso,
riconosce i cougiunti di Agnese, anzi gli stessi genitori di lei ;
quasi debba apparire inverisimile che la memoria di un mar-
tirio cosi celebre si riferisca tramandata ai posteri da due sole
persone. La frase non è punto esclusiva; la fonte preferita sono
i sancii parentes, perchè Damaso ha avuto la fortuna di udirlo
dalla bocca di coloro che erano stati famigliari dei sancti pa-
renies, e ne potevano citare la testimonianza. Del resto si po-
teva osservare, contro i contradittori, che Damaso comincia
con una s«*>ena in tutto domestica: Nutricis gremium subito li-
quisse puellam, cioè la subitanea fuga di Agnese, senza che se ne
avvedessero nemmeno quei di casa, e neanche la nutrice sotto le
cui cure si educava e custodiva. Quale meraviglia dunque che il
racconto divulgato si riferisse proprio a coloro che meglio lo po-
tevano sapere, e da cui molti cx)n temporanei di Damaso pote-
vano gloriarsi di averlo inteso?
Uno dei risultati più singolari del nuovo lavoro del Jubaru
è l'averlo i suoi studi accurati condotto a distiuguere l'Agnese
della Nomentana, dall'Agnese della Passione greca. Esaminando
questo documento l'A. osserva che secondo il medesimo vi sono
delle differenze enormi fra la martire di cui parla e la mar-
tire della tradizione Damaso-Ambrosiana. La Passione greca
riguarda un'Agnese adulta, arrestata per proselitismo, condan-
nata al luogo inlame, e bruciata viva, mentre TAf^nese della
tradizione Damaso-Ambrosiana è una fanciulla ancora sotto la
custodia della nutrice, che spontaneamente s'offre al martirio,
e muore uccisa di spada. « Le difficoltà in apparenza inestri-
cabili che presentano le tradizioni relative a sant'Agnese, non
dipenderebbero per avventura dal riferirsi ad una medesima
324- SANT'AGNESE
santa narrazioni conlradittorie che si riferiscono realmente a
due sante del medesimo nome? » (p. 72). La gloria della illustre
martire della via Nomentana avrebbe, se ciò fosse, eclissato una
martire omonima più antica, come avea già sospettato TÀr-
mellini.
Noi crediamo che l'opinione del Jubaru, frutto di lunghi e pa-
zienti studi, benché non sia senza gravi difficoltà, meriti di essere
seriamente presa in considerazione dagli agiografi. Tanto più
che ad essi è ben noto che, se il Jubaru desse nel segno, non
sarebbe questo davvero un caso isolato. « Cosi il De Rossi, per
il primo, ha distinto fra loro due martiri omonime: santa So-
tere, morta con san Pancrazio sotto Valeriano, e l'illustre santa
Sotere di cui sant'Ambrogio, suo parente, ha fatto l'elogio, e
fu immolata sotto Diocleziano > (p. 74).
Il Jubaru non si contenta di muovere un dubbio, di gittar
là un'opinione (cosa assai spesso facile e molto comoda), senza
poi pigliarsi la pena di motivarla. E sarebbe cosa piena d'inte-
resse e di soddisfazione, se non ci fossimo già troppo dilungati,
il poterlo seguire attraverso le più di settanta pagine (pp. 62-136)
nelle quali esamina i testi greci, espone come si siano a mano
a mano fuse le due tradizioni riguardanti l'Agnese della Nomen-
tana, la martire del 21 gennaio, e una martire Agnese del 5 lu-
glio; e la fusione completa delle due tradizioni; senza parlare
di un interessante studio ia un'appendice a parte (p. 340-351)
sulle Differenti menzioni d'Agnese e d'Emerensiana nell'antico
martirologio geronimiano ^
Noi non ci rendiamo mallevadori di tutte le opinioni del Jubaru,
specialmente intorno a questioni di seconda importanza ' (ben-
ché di molto interesse per la storia e l'archeologia cristiana) ;
ma siamo venuti, dopo l'attenta lettura di questo poderoso lavoro,
nella persuasione che se si procedesse sempre colla cautela e
il rigore scientifico con cui ha proceduto il nuovo storico di
sant'Agnese, non vi sarebbe così facilmente il pericolo, che ^Itri
< Un' importanza speciale hanno per Tarcheologia cristiana il diligente
studio che TA. fa nel capo intitolato La sepoltura della martire (pp. 151-
180); il capo sulla Morte di S. Emeremiana presso la tomba di S. Agnese
(p. 181-202); e quello interessantissimo sulla Basilica e il Mausoleo ras fan-
tiniani del Cimiterium Sanctae Agnetis (p. 202-267).
^ Non avremmo, p. es., dato come dimostrato ad evidenza (p. 63, nota 4)
che la Passione greca dei Menei greci sia Toriginale, e che il testo del
Cod. Ottohoniano, pubblicato dal eh. Franchi de' Cavalieri, no sia l'ampli-
ficazione.
E IL SUO RECENTE STORICO 325
ha temuto, di giungere anche a sdoppiare tanti altri perso-
naggi, che storicamente non si possono sdoppiare. Di somiglianti
lavori la scienza sacra se ne avvantaggia assai, a grande gloria
della Chiesa e dei suoi martiri.
L'opera del Jubaru è assai notevole anche dal lato artistico.
Innanzi all'occhio del lettore TA. fa svolgere una vera galleria
dell'iconografia agnesiana, dal bassorilievo del tempo di Papa
Liberio (sec. IV) al grazioso quadro dello Charderon del XX se-
colo. Chi voglia seguire anche cronologicamente lo sviluppo
storico di questa iconografia, può trovarlo in fine del volume
(pp. 376-377), dove l'A. registra prima le produzioui dell'arte
antica (IV e V sec.) poi quelle dell'arte bizantina, e le nume-
rosissime della rinascenza e dei tempi moderni. L'A. ha poi
trattato assai bene in un'appeudice speciale (App. Ili p. 324f-
331) delle più antiche rappresentazioni di S. Agnese, dove ci
fa sapere che non ha potuto pubblicare la più antica pittura
murale che rappresenti la santa, cioè un affresco di S. Maria
Antiqua al Foro Romano (sec. Vili e), perchè non ne ha potuto
ottenere l'autorizzazione.
Finalmente questo libro, con tutto il suo apparato scien-
tifico e artistico, spira tale un olezzo di cristiana pietà, da do-
versi proporre come modello a coloro che scrivono intorno agli
eroi della fede. Basti far cenno delle commoventi pagine (284-
304) che il Jubaru scrive intorno al culto, anzi all'entusiasmo
di cui fu oggetto la santa verginella martire della Nomentana
in tutti i tempi e presso ogni condizione di persone, e il benefico
influsso che quest'olezzante fiore ha sempre diffuso nel mistico
giardino della Chiesa.
Ci permettiamo di terminare questa recensione coU'augurarci
che il P. Jubaru, il quale tanto bene ha illustrato il nome della
martire S. Agnese, voglia continuare con nuovi lavori ad illu-
strare ancora altre glorie dei primi secoli cristiani.
II.
4c La Nave » di Gabriele D'Annunzio.
Fu tale e tanto il clamore popolare, letterario e teatrale
per il varamento scenico della nuova opera dannunziana, che
sembreremmo a' nostri lettori d'essere stati sordi in mezzo a
tanto gridio, se non dicessimo una parola, facendo un breve
esame dell'opera del poeta. Tanto più, che, come bene osserva
326 « LA NAVE >
il Croce, al periodo della moderoissima vita letteraria italiana
contrassegnato col nome di Giosuè Carducci, vate sceso da
poco nel sepolcro della gloria, tien dietro ora uno nuovo capita-
nato dalla triade onomastica del D'Annunzio, del Fogazzaro e
del Pascoli, tre poeti e prosatori gridati dalla fama sopra gli
altri, come e perchè non è qui il luogo d'indagare.
Certo è che a Gabriele D'Annunzio, per toccar di lui, non
manca tempra d'ingegno e tenacità di studio. La nuova tra*
gedia La Naven'è prova. Ma non basta T ingegno e Io studio
per sé a dar vita a un'opera che sia degna di lode: vuoM
che quelle due parti congiurino amichevolmente e s'aiutino per
forma che Io studio sia sodo, proporzionato alla dignità e alla
grandezza del soggetto, e che col proprio spirito s' immedesimi
la materia stessa studiata, sicché diventi sangue e nutrimento
della mente e del cuore. Solo allora la forma potrà accordarsi
al soggetto; e l'intenzion dell'arte signoreggerà la materia.
L'ingegno poi dove non sia retto nelle sue figurazioni e
ne' suoi voli da quel sano gusto e fine criterio in che consiste
tutto il nerbo e l'acume della discrezione estetica e artistica,
degenera in potenza sfrenata avida del nuovo e deiresotico, come
un cavallo mal domo e mal cavalcato.
Tale ci appare U tragico abruzzese in questa nuova sua
opera. 11 poeta vuol sceneggiare i primordii della repubblica di
di S. Marco, e fisso con lo sguardo al bel mezzo del secolo
sesto, il 552, vede un popolo raccolto sugli scogli dell'estuario
veneto. L'ora è delle più terribili di quel secolo. Il regno degli
Ostrogoti oppressori sta per cadere sotto la spada e l'astuzia
di Narsete: in Costantinopoli s'agita la lotla de' tre capitoli,
l'Oriente e l'Occidente ne guardano e temono le fasi con animo
sospettoso e discorde. II D'Annunzio accenna a tutti questi
fatti; ma essi sono trasformati, innestati sopra un fondo leg-
geudario, illuminato più che da luce, da un miraggio, da un' om-
bra del vero qual è l'antagonismo fra Jl paganesimo e il cri-
stianesimo, fra l'eresia e la vera dottrina. Paganesimo ed eresia
s'accordano nel nuovo dramma in una medesima orgia selvaggia
e invereconda; e per questo lato />a iVa ve arieggia il Quo Vadis
del Sienkieviez, e ne imita le tinte con tratti secchi, bruschi,
forti, ma più nei male che nel bene, perchè nel descrivere la
corruzione il poeta abruzzese ha molto più larga la vena e più
facile la penna. 11 cristianesimo invece non palpita ne' personaggi
del dramma, e le didascalie anziché emendare peggiorano il getto
DI GABRIELE d'ANNUNZIO 327
delle parole. Gli inni e i salmi latini, le molte rimembranze e tra-
duzioni bibliche, le processioni in onore delle ossa de' martiri,
^li effati eretici de* diaconi ribelli alla fede sono tirati dentro
l'orditura drammatica quasi per forza, scoppiano come razzi im-
provvisi.
Nessuna forza interiore seppe loro comunicare l'artista, perchè
egli stesso non la sentiva. La vita sociale e rinnovatrice del
Cristianesimo è ignota al D'Annunzio; e posticcia appare la
nozione che ne dà. DagFinnarii medievali, dal catalogo delle
eresie e da' libri liturgici, egli radunò frammenti senza che sa-
pesse unirli in un'anima informatrice, del tutto assurgente alla
grandezza dell'idea balenata forse allo sguardo del poeta ma
da lui non raggiunta e compresa. Marco Gratico, un barbaro^
cristiano se si vuole, ma più barbaro che cristiano, corre a dis-
seppellire eolla spada alla mano di sotto le rovine accumulate
dagl'invasori le sante reliquie per recarle a fondamento del
nuovo tempio, si brutta tornato in patria, del fratricidio," ricor-
dando poi a sua discolpa malintese parole bibliche, e la me-
moria
della santa Roma
e del solco arrossato dal Re 'primo.
Nuovo Romolo egli fa l'ammenda in un modo nuovo, fab-
bricando la nave per salpare verso Alessandria a riprendere il
corpo dell' Evangelista Marco.
Turna col sacro corpo e sarai mondo.
É una espiazione ignota al cristianesimo antico.
Né foggiata secondo il concetto cristiano è la diaconessa Ema,
madre di lui, la quale ha meglio l' aria di una ninfa egeria e
d'una pitonessa, che non d'una Debora o d' una Giuditta. Non
penetrata dei soavi affetti fraterni e amorosi, onde ci lasciarono
nel Medio Evo esempio tante matrone, non ha nulla dell' au-
stera soavità femminile e misericorde. Esiliata, torna invasa di
profezia; ma le sue parole sono aride reminiscenze bibliche,
quasi verbalmente tradotte. Nella scena che nel terzo episodio •
si svolge fra lei e Basilìola, « la diaconessa alza il capo ine-
sorabile » e aizza contro la colpevole giovine il carnefice, e
quando s'intromette il figlio Marco, « livida la implacabile si
ritrae; riprende la sua Croce astata... e guarda bieca per l'in-
tervallo delle braccia come di sotto a nera cuspide ». Gezabele
328 « LA NAVE »
o Atalia non avrebbero agito altrimenti. Il suo atteggiamento
suona r amarezza d* un animo invendicato. In lei sembra trion-
fare l'odio vendicativo delia vecchiezza contro le grazie della
giovinezza.
Tu non ritornerai al tuo guadagno,
Nò io tra i serpi a masticar l'assenzio.
In Ema quindi è falsata la donna cristiana e devota; 'non
è la « santa vedova >► qual sarebbe dovuta apparire una dia-
conessa santificante gli augurii di un nuovo popolo e di un
nuovo fatto sociale. Il conflitto fra Ema e Basiliola richiama
l'immagine di altre due donne troppo famose in quel secolo,
Fredegonda e Brunechilde.
E peggio si presenta il clero nella tragedia dannunziana. I
due vescovi che entrano in iscena non hanno nulla di grande ;
e sì che ad Aquileja e nel suo patriarcato non si era ancora
a quei di accesa forte la lotta per i tre capitoli. L' eresia trionfa
nel concetto, se non nel fatto, sotto la plastica rappresenta-
zione del poeta. Tra i zelatori della fede, non v' è un' anima che
senta profondamente la parte sua: cantano salmi, versetti, al-
leluja; ma ninna voce possente si leva contro Sergio, a difen-
dere l'alta dignità della fede e del seggio vescovile. Il D'An-
nunzio non comprese la dignità del vescovo cattolico e dì
quanta aureola d'autorità pure in quel tempo apparisse agli
occhi del popolo. Gli sfuggì la grandezza d' un vescovo davanti
ad una nave.
Egli per converso pensava più ad intrecciare al varamento
della nave qualcosa di romantico che toccasse la passione e
commovesse i bassi sensi. C è modo e modo d' arrivare al cuor
dell' uomo. Ma il poeta abbruzzese vi giunge sempre per la via
del fango e del linguaggio equivoco. Per questo lato la sua
nuova tragedia, è la continuazione impenitente delle sudicerie
abituali de' suoi lavori : la corruzione è da lui descritta o ac-
cennata in tutta la crudezza di un parlare che non ha ritegno,
e si ode solo ne' tri vii e nelle taverne; né vale a scusarlo la
• fonte biblica o storica. Invereconda è la scena del primo episodio
fra Basiliola e il monaco Traba, scialba figura di saniasso indiano,
e peggio la seguente con Marco Gratico, in cui il protagonista del
dramma, colui che deve armar la nave e salpare verso il mondo,
stupidamente lotta di fronte al pericolo, e quasi bestemmiando.
DI GABRIELE D'ANNUNZIO 329
getta poi sopra Dio la colpa della sua caduta. Iddio
m*ha lasciato; non m'ha riscosso. L'Idolo
è più potente, poi che tu m*hai vinto.
Altro che cristianesimo sentito; è fatalismo maomettano, né
basta a giustificar la bestemmia T ardore d*una passione na-
scente. Nel secondo episodio Tagape eretica di Sergio assomiglia
a un'orgia neroniana: è una profanazione quale forse fu solo
veduta ne' tempi peggiori dell'eresia e dello scisma, e che por-
tata sul teatro tragico ne fa una taverna.
Ma il concetto informatore della tragedia dannunziana a vo-
lerlo ben comprendere, più che nel cristianesimo va cercato nel
paganesimo e nel suo simbolismo, in quella forma artistica che
l'autore suole incorporare anche nell'altre sue finzioni, e che
espone nel Fuoco, In questo romanzo è il cenno e il germe della
Nave, come già fu osservato da altri. Ivi è la designazione della
forma e della materia La visione di Venezia commuove il poeta
ed egli la imagina « immersa nel mare sinfonico svolgersi per
mille aspetti fino alla sua perfezione ». Il D'Annunzio vuol tra-
sformarsi in Beethowen e in Wagner. E la tragedia vuol essere
una sinfonia. Per mezzo della musica, della danza e del canto
lirico vuol creare intorno a' suoi eroi un'atmosfera ideale, in
cui vibri tutta la vita della natura, così che in ogni loro atto
sembrino convergere non soltanto le potenze de' loro destini
prefissi ma pur anche le più oscure volontà delle cose circo-
stanti, delle anime elementari che vivono nel gran cerchio tra-
gico. Tale è il suo pensiero e le sue parole. Di qui l'introdurre
che fa nella Nave quel più e quel meglio che può, come mo-
tivi musicali sovrapponentisi al principale, ricordati e richia-
mati di quando in quando nel seguito del dramma. Basiliola so-
stiene r idea principale ; gli altri motivi sono affidati ai naumachi,
a' catecumeni, al popolo, al convito, all'organista, all'armonio
e via dicendo. Quindi Basiliola, come motivo principale, ritorna
quasi per forza sulla fine dell'ultimo episodio.
In questa sinfonia melodrammatica paganesimo e cristiane-
simo, tempio e nave formano lo sfondo. Basiliola è veduta dal
d'Annunzio in una luce simbolica pregna di mitologia pagana. Essa
è Medusa, come accennano i disegni stessi del Cambellotti; è
Ecate, Afrodite, che lancia dardi e inferocita dalla vendetta
si trasnatura peggio che nella biblica Gezabelle, giungendo a
tal grado di crudeltà da far ribrezzo, onde il poeta, a quanto
330 « LA NAVE »
fu detto, dovette modificarne la scena dopo la prova generale
eseguita davanti a critici d'arte.
Il D' Annunzio volle condensare nella nuova tragedia troppa
roba che stava bene lasciata fuori, perchè, secondo il Venosino
non potea, trattata, riuscire a risplendere, laddove ne omise
tant'altra che sarebbe stata suscettiva di magnifica forma. Lia
culla di Venezia non è disegnata o cantata davanti alla visione
del futuro concreto e della gloriosa storia della regina dell' A-
driatìco. Tutta la profezia non è che una scarsa allusione alla
grandezza avvenire e indeterminata delle imprese venete e del
commercio della repubblica.
Alla profetessa Ema poco si apre di futuro, ed essa presenta
quali previsioni dell'avvenire di Venezia alcuni raffazzonamenti
di testi biblici antichissimi. La sua ultima parlata profetica,
benché abbia degli impeti di ispirazione e di estro, perde di
foi*za dopo il suggerimento del popolo:
Profetizza
la città la potenza i patti i secoU.
Anche la plebe sembra invasa dallo spirito profetico.
Il soprannaturale poi è introdotto come un Deus ex fnachina
a suggerir V idea della nave, idea che casca dall'alto della ba-
sìlica in risposta a' dubbi della situazione proposti dal timo-
niere, come il responso della Pizia alla domanda di Temistocle
nell'invasione di Serse.
Dove porremo noi la nostra patria?
La voce misteriosa:
Su la navel
Questo ripiego dell'ispirazione potrebbe parer sublime, e
ricorda per un altro verso l'augurio di Romolo e di Remo per
la fondazione di Roma. Ma nel secolo di Giustiniano ad uo-
mini rifugiati sopra scogli in mezzo al mare, a barcaioli e
timonieri, il pensiero della nave dovea sorgere spontaneamente
alla vista delle navi passanti, alla vista dell'acqua che li segre-
gava dal resto degli uomini, almeno doveva esser suggerito,
come fu di fatto, dall' impulso degli eventi imperiosi e dal bi-
sogno. Gran meraviglia che Colombo, avido e presago di un
nuovo mondo al di là dei mari pensasse a provvedersi di una
nave! Il meraviglioso di quella voce improvvisa, che talora
affermata come udita da un individuo, ha più del credibile.
1
DI GABRIELE d' ANNUNZIO 331
perde T impronta del divino quando scoppia pubblicamente^
mentre potrebbe nascere dal consiglio umano e dalle dure cir-
costanze della vita.
CSotal naturalezza d'intreccio e d'ispirazione si desidererebbe
maggiore in alcune scene, dove o manca affatto come nel dia-
logo fra Qauro e Basiliola, o sa troppo di strano, come accade
nella scena del monaco Traba. Invece di naturalezza e senti-
mento profondo tumultua e freme nell'andamento della tragedia
molto naturalismo, e quel fare tra il pedestre e il forbito che
vorrebbe aver lode di semplicità e magniloquenza tragica alla
moderna. Quindi a discorsi e brani ben condotti qua e là se-
guono parlate fredde, pensieri diluiti in lunghi giri di parole,
che non possono non annoiare chiunque legga od ascolti e an-
noiarono di fatto gli spettatori dell' Argentina, sequenze di verbi
imperativi marinareschi, che lasciano stordito l'uditore perchè
non è tenuto a saper tanto di marina, testi latini introdotti
alla maniera di certi predicatori, e profanati nel tradurli e
applicarli, scherzi o frizzi da commedia e da trivio ove la cosa
non è velata neppure dal pudore del linguaggio. Abbonda è
vero, lo sfoggio della parola toscana, ricercata con lo studio
e col lanternino, come sa fare il D'Annunzio, ma il verso en-
decasillabo fortunatamente da lui prescelto non è de' migliori
che siano usciti dalla lira del poeta. Ce n*ha de' veramente
belli, come questo :
anna la nave e salfMi verso il mondo;
ma ce n'ha più spesso di prosaici, di sovrapposti senza concate-
namento; o con un andare da cinquecentista, membri di periodi
legati all'ebraica, e certe ripetizioni di versi intieri, o di parole
che sanno troppo di rettorica stantia. È quel po'po' di secenti-
smo, la cai riapparizione omai non sfugge più a niuno, benché,
pochi come il Cesareo, abbiano il coraggio d'additarlo *.
Ma in mezzo a tutte queste brutte pecche v' è pure qualcosa
che sbalordisce, e col rincalzo di un'enorme pubblicità, bastò
al trionfo della scena, non dell'arte. Noi non negheremo la gran-
' A prova di tutto questo che affermiamo si potrebbero recare esempi
a dovizia. Compiuta san di piangere — fendendo con lo squillo il mattino
— vomite il vituperio — mojssare il polso fino ai gomiti — tino sema doghe
e sensa cerchi — mescolare V immortalità dell'amore alla morte — £ uno
dativo dell'aggettivo unus che è stato sempre uni e però cantiamo uni tri-
ncque Domino. La lista può continuare.
332 4C LA NAVE »
diosità del preludio, e lo stratagemma di coQcbiudere gli episodi
con scene che bene o male scuotono rocchio, rorecchio, la
fantasia, il cuore o le passioni; e l'intreccio di forti, sebben
talora strane situazioni; ma tutto questo non basta airaiioro
di tragedo. Il nuovo dramma dannunziano è ancora un gran
pezzo di marmo sbozzato solo alla grande, che fa intravedere
quel che potrebbe essere ; ma vi manca il genio e la mano di
un Michelangelo per cavarne un David animato.
Codesta mancanza di anima e di sentimento, che si riduce
sAV insincerità biasimata dal Croce, è riconosciuta, si può dire,
comunemente dai critici della Nave, Il dannunziano Ettore
Moschino nella Perseveranza scrive che i caratteri de' perso-
naggi « si attenuano nella loro eloquenza che ha suoni ma
non ha palpiti, affascina ma non penetra e non commuove >.
^La Nave, dice Domenico Lanza nella Stampa di» Torino, non
si può dire ancora opera profonda e sincera... sono scarse
anche l'invenzione e l'originalità >►. <« Si può affermare, senten-
zia il Secolo XIX di Genova, che La Nave è opera teatralmente
manchevole e incompleta ». Domenico Oliva nel Giornale d'Ita--
Ka, ammettendo pure ch'essa sia « spettacolo di esteriore ma-
gnificenza », se all'ultimo quadro, egli dice, « ci fa piacere e ci
diletta, non ci vince e non ci scuote», e finisce esclamando:
<« Quanto studio, quante ricerche, quanto lavoro, quanta forza^
quanto ingegno! E il dramma non c'è ». C'è U dramma, scrive
il limes di Londra; ma è come l'arrivo di un circo equestre
in una città di campagna, con la differenza che nel circo « il
pubblico è invitato a vedere come le bestie possono agire al
pari degli esseri umani, nel dramma di D'Annunzio invece il
pubblico è invitato a vedere come degli esseri umani possono
agire al pari delle bestie... Egli voleva far fremere d'orrore,
voleva eccitarci con le sue audaci licenze, voleva agitarci il
cuore con la profondità del suo fato; ma il terrore delle sue
frasi diventa grottesco, le stesse audacie non riescono che a
creare un mite stupore mescolato con un mite disgusto ».
Convien dunque dire, nonostante il trionfo della scena, pre-
parato dentro e fuori del teatro dell'Argentina, che « anche una
volta, come scrive Giovanni Pozza, l'acuto critico del Corriere
della Sera, a Gabriele D'Annunzio è sfuggito di mano il capo-
lavoro. Anche una volta il poeta non seppe comporre in quella
perfezione di forme espressive che egli va da tempo cercando
nella scena, una magnifica materia tragica, veramente degna di
ricevere e di contenere l'anima possente della vita eroica ».
DI GABRIELE d'aNNUNZIO 333
E senz'aDÌma morale e artistica una tragedia può godere l'im-
mortalità di un giorno, non quella de' secoli. Onde facciamo
nostro a riguardo della Nave dannunziana ciò che G. A. Ce-
sareo valente e dotto professore di letteratura italiana nell'Uni-
versità di Palermo scriveva, in fine del suo esame della Can-
zone di Garibaldi. « Se il D'Annunzio fosse stato uno scrittore
solitario, come ce n'è tanti, io mi sarei contentalo di leggere
l'opera sua e di valutarla per mio conto, senza consegnare alla
luce la mia valutazione. Ma il D'Annunzio è molto letto e molto
ammirato, segnatamente dai giovani. La qual cosa vuol dire
che il cattivo gusto ond'egli ha dato Vesempio si va diffondendo
come un contagio. Ebbene, io ho voluto mettere in guardia ì
giovani: badate, quest'arte è falsa; non affermo, non pretendo
d'essere creduto su la parola: dimostro. Noi precipitiamo a una
poesia di decadenza peggiore di quella del Marini e dell' Achil-
lini. Almeno, se volete fare di questa poesia, sappiate che Po-
pera vostra non ha alcuna speranza di gloria nell'avvenire » *.
111.
Saggio m storia ecclesiastica della Calabria.
Vi sono regioni in Italia, come tutti sanno, le quali celano
tesori di storia, ma cosi sepolti da vicende di tempi e da in-
curia di uomini, che anche nel presente rifiorire di studii sto-
rici i più pazienti ricercatori ed eruditi hanno a durare molta
fatica in rimetterli alla luce. Ma questa fatica diviene tanto
più lodevole e meritoria quanto più resta occulta ai profani,
anzi talora neppure consolata dal frutto che se ne cerca, e molto
meno poi dal plauso che Io studioso merita ma non cerca.
La più sfortunata fra tali regioni, per diversi rispetti, potrà
sembrare a molti la terra dell'antico Bruzio, moderna Calabria :
tanto le sue glorie antiche e moderne, la storia delle sue chiese,
dei suoi santuarii, dei suoi martiri, dei suoi santi e suoi uomini il-
lustri, dei suoi monumenti religiosi e profani, salvo poche ec-
cezioni, restano ignorati agli stessi suoi figli, nonché agli stra-
nieri studiosi di storia generale.
Così parve all'erudito vescovo di Nicotera e Tropea, raons. Do-
menico Taccone Gallucci, nella cui nobile famiglia è tradizionale
il gusto per gli studii alti ed eruditi. Egli si dette quindi ad
1 Critica Militante, Messina, Trimarchi, 1907, pag. 219.
334- SAGGIO DI STORIA ECCLESIASTICA
illustrare la storia della sua patria, ma restringendosi alla parte
ecclesiastica e, di preferenza, al metodo delle trattazioni parti-
colari o monografie. Di che egli reca un'ottima ragione con
le parole dell' illustre card. Hergenròther nella introduzione della
sua storia, che cioè soltanto, dopo compiute le ricerche e pro-
fittato di studii speciali, proprii delle monografie, si potrà avere
una esposizione intera, compiuta sotto ogni rispetto e profonda,
della storia generale, Che se ciò vale universalmente, vale più
ancora rispetto alla storia della Calabria, in cui restano tanto
maggiori tenebre da diradare, tanto maggiori lacune da riem-
pire. Noi stimiamo pertanto far cosa grata ai lettori con ac-
cennare, almeno rapidamente, le principali monografie del dotto
prelato.
Ai primi secoli della storia ecclesiastica del forte paese dei
Bruzio appartengono due pregevoli opuscoli archeologici e insieme
storici ^ Nell'uno l'autore ci dà le epigrafi cristiane del Brusio,
che sebbene poche al suo e al nostro desiderio, non vanno senza
importanza per la storia ; giacché, com' egli bene ossers'a, l'epi-
grafia è certamente una fonte storica tra le più limpide nello
studio dell'antichità. Nell'altro, accennato brevemente alla condi-
zione del Bruzio nei primi secoli del cristianesimo, tratta dei
martiri di Calabria e del loro culto in generale, ed in ispecie di
santa Domenica, venerata singolarmente in Tropea. Intorno a
quest' ultima santa martire discorre di volo parecchie questioni,
come quella delle fonti storiche del martirio e degli antichi docu-
menti liturgici, fra cui accenna altresì quello dell' antico codice
greco della biblioteca Ambrosiana di Milano, che noi pure abbiamo
avuto una volta sott'occhio, ed è una leggenda che, a noi pare,
darebbe luogo a discussioni molte, di cui non è qui luogo. Ma
fa bene il eh. critico a non decidere con risolutezza la quistione
della nazione di santa Domenica (in greco Ciriaca) a favore di
Tropea. In appendice tratta anche l'autore di parecchi martiri
calabresi più recenti, cioè di sette francescani martirizzati nel Ma-
nxjco e più distesamente, di due gesuiti missionarii nel Giappone,
Camillo Costanzo e Pietro Paolo Navarro, ora iscritti fra i beati.
In ogni tempo la Chiesa di Calabria ha dato pure i suoi
santi, i suoi uomini illustri. E di questi fa memoria il eh. sto-
* l'epigrafi crìsliane del Drugìo (Calabria), raccolte ed annotate ecc.
Reggio Calabria, 1905. — // culto dei martiri in Caìabria, Miscellanea.
Napoli, 1905.
1
DELLA CALABRIA 335
rìco in allre monografie *, che saranno certo consultate dagli
storici, come già ebbero lodi dai competenti, quali il Duchesne,
il Pastor, rEhsps ed altri non pochi. Tra esse particolarmente
notabile quella che illustra Mileto e la sua diocesi — la quale
piacque assai al De Rossi e parve al Duchesne destinata a fare
epoca nella storia di questa chiesa importante — indi quelle
su la Certosa di Calabria, sopra il santuario di S. Domenico in
Soriano, e meglio ancora quella più generale sopra il clero calabrese
e lo studio delle scienze, la quale ultima è insieme una risposta a
vecchie esagerazioni o calunnie dei passato come un incorag-
giamento e uno sprone a un sempre migliore avvenire. Accen-
neremo anche, perchè ci sembra d'importanza più che domestica,
d*una più recente monografia, in cui la storia ha pure qualche
parie, ed è un tributo di affetto fraterno alla memoria di quel per-
fetto gentiluomo e cristiano, scrittore e pensatore profondo, che fu
il barone Nicola Tacconi-Gallucci, fratello dell* autore *. In esso
particolarmente gradita riuscirà allo storico la copiosa raccolta
di lettere dagli uomini più illustri indirizzate all'ottimo scrit-
tore, che fu per tanti anni veramente l'onore della Calabria,
anzi un vanto del laicato cattolico in Italia: solo noi le avremmo
volute disposte in ordine cronologico, dove avrebbero dato e
ricevuto forse miglior luce.
Ma l'opera più utile per gli storici e d' importanza più gene-
rale è quella della raccolta e pubblicazione dei Regesta dei Papi,
concernenti le chiese di Calabria ^, cominciando dalla lettera
d'Innocenzo 1 (416) a Massimo e a Severo e^j/sco/>*8j>er5rw^ioa,
contro i sacerdoti indegni che vuole eselusi dall'uffizio sacerdo-
tale, fino a quelle di S. Pio V e di Gregorio XIII al declinare
del secolo decimosesto. Ai Begesta seguono copiose ed erudite
annotazioni storiche, indi la cronota^^si dei vescovi, che fu anche
edita a parte, e da ultimo un indice alfabetico analitico, utilis-
simo alla consultazione; sicché quest'opera, quantunque non i-ia
forse in ogni sua parte del tutto decisiva, resterà sempre indispen-
- Monografìa del Santuario di S. Francesco in Paolo. Reggio di Ca-
labria, 1906, — Monografìe di storia caìahra ecclesiastica. Roma (Desclée)
1900. — Memorie di storia cnlabra ecelesiasfica, 1906. - Monografia delle
diocesi di Nicotera e Tropea. 1904.
• Della vita e delle opere del baroìte Xìcola Taccone-frallucci. Reggio
Calabria, 1906.
• Regesti dei liomani Pontefici per le Chiese della Calabria, con an-
notazioni storiche. Roma, tip. Vaticana, 1902 - 8'^ gr., XXXI-496 p. — Cro-
notassi deimetropolitanif arcivescovi e vescovi della Calabria. Tropea, 1902.
336 SAGGIO DI STORIA ECCLESIASTICA DELLA CALABRIA
sabile allo storico della Chiesa. E «opera altrettanto utile ohe dotta»
la stimò il Duchesne; e delle note accompagnate al testo, scrisse
« che facevano testimonianza della profonda erudizione messa dal-
l'autore a servizio della sua storia regionale ». Ond'egli augurava
che un lavoro consimile tosse intrapreso per iediverse regioni d'Ita-
lia. Solo spiace vagli che la criticadeirautore non avesse risparmiato
le lettere di Callisto II relative a Taverna e a Catanzaro; giacché,
diceva egli, sebbene una sia da riconoscersi per falsa, e una fal-
sificazione sia pure la cronica di Tres Tahernae, tuttavia a lui
pare che ninna difficoltà seria si possa opporre alle altre let-
tere. Il quale richiamo dell'illustre storico è certo degno di con-
siderazione, ma dimostra insieme che la critica dell'autore fu
tutt'altro che facile o troppo credula ad ammettere documenti.
Da questa collezione di oltre a ducento regesti e diplomi
pontifìcii si fa manifesto — ciò che fu certo nell' intenzione del-
l'autore d'illustrare alla luce dei documenti — lo studio e la
sollecitudine che i Sommi Pontefici ebbero in ogni tempo per
il bene della lontana Calabria, anche nei torbidi secoli dell'età
di mezzo. Di che in un suo breve assai onorifico rendeva merito
all'autore il compianto Leone XIII con queste parole: « Quae
decessoribus Nostris iam inde ab antiquissima aetate cordi fue-
runt curae Calabriae provinciae, quaeque in eamdem contulerunt
ipsi benefacta placuit fuisse per te demonstrata, idque non sine
multa et rerum et litterarum scientia. Industriam propterea tuam,
qua te Nobis et historiae et Ecclesiae benemerentem probasti,
libet ea prosequi laude quae et habita diligenter studia ampio
praemio exornet, et nobile voluntati Tuae addat ad incorruptatn
rerum fidem praeclarius in dies adserendam atque explicandam ».
E che questo incoraggiamento non sia caduto vano, ben mo-
strano gli scritti susseguenti dell'erudito prelato, come gli studii
che tuttora va continuando, volti ad illustrare la storia della sua
Calabria, e di preferenza le relazioni che essa ebbe coi Sommi
Pontefici. Di che ricordiamo ancora come egli tenne altresì discorso
in pubbliche conferenze, lumeggiando con calda parola i bene-
fizi i recati dai Papi alla forte Calabria, così spesso e ingiusta-
mente dimenticata e conculcata dai governi, i quali pare che
solo dal rombo di que' suoi spaventosi terremoti siano ridestati
a pensare per qualche ora a quella pittoresca e infelice regione,
ma per dimenticarla poi tosto e più miseramente di prima.
]bi]bivIOO:ra.im.a.
NOVA ET VETERA, — Rivista quindicinale. Anno [, Num. [.
Roma, 10 gennaio 1908. Società Internazionale scientijfìco-reli-
giosa.
Tra il nascere e il morire di nuovi
periodìchetti modernistici che hanno
la vita del fungo, quest* ultimo non
meriterebbe in verità di essere no-
minato: tanto è privo di ogni va-
lore scientifico e religioso, benché si
dica pubblicato da una «società in-
ternazionale scienti fico-religiosa » . Ma
crediamo utile denunziarlo come sin-
tomo dei rapidi progressi di perver-
timento intellettuale e religioso dei
giovani, anche di buona indole e di
migliori speranze, traviatisi alla scuo-
la educativa e serena dei «chierici
nuovi » o modernisti, e ora strettisi
in una pretesa « società internazio-
nale». Questa — ci assicurano essi
nel loro proemio ai lettori — cura al
presente la pubblicazione del nuovo
periodico, ma « ha già formulato in
una solenne occasione il Programma
che intende di difendere e di divul-
gare ; sembra quindi superflua... una
nuova professione di fede » (p. 1).
Il programma qui accennato è
quello dei modernisti ribelli , del
quale i nostri lettori conoscono la
professione d'infedeltà, non solo di
eresia, unita a un cumulo di errori
teologici, filosofici e storici di ogni
fatU (Cf. Civ. Catl. quad. 1378,
6 nov. 1907). Ma anche i chierici
suggeritori e i compilatori laici non
ne possono ignorare la opposizione
aperta al magistero autorevole del-
la Chiesa e quindi la pena da sé
incorsa della scomiénica, pena già
1908, voi. 1, fase, 1383.
inerente alla loi^o sintesi di tutte
le eresie e con fermata ancora dal Motu
proprio del 18 novembre 1907 (cf.
quad. 1379, p. 576 s.). Vero è che
in essi probabilmente «palpita una
religiosità ancora nascosta nelle pe-
nombre di una semi-consapevolezza » ,
come essi parlano delle anime a cui
si ri'olgono. Loro scopo è « offrire
(a queste anime) il mezzo di leggere
distintamente nei loro sentimenti più
intimi, e trarre a sé le altre che non
sono ancora del loro ovile » : loro ca-
rattere « vivacemente polemico » : loro
metodo « prammatista nel più bel sen-
so della parola » 4 loro religione o « es-
perienza cristiana » , come essi dicono,
« una concezione ottimistica della
vita, nella quale... il quo deiruniverso
illumini Vunde di esso» : loro mis-
sione « conservare gelosamente e tra-
mandare l'esperienza cristiana, gene-
rata cioè dairassimilazione dello spi-
rito messianico, che è nel Vangelo » .
Loro conforto e pensiero fidente « una
dolce parola messianica », un « pro-
gramma troppo dimenticato » , di cui
« modestamente » si attribuiscono la
continuazione: Tevangelizzazione del
poveri — « A tutti gli spiriti rattrap-
piti sotto il ciarpame di una ideologia
barocca e di un legalismo farisaico ; a
tutti gli spiriti che la rigidezza im-
mobile della tradizione ecclesiastica
ha allontanato dalla vita del Vangelo,
noi vogliamo, da fratelli, mormorare
la vecchia buona novella — pura e
22 25 gennaio 1908,
338
BIBLIOGRAFIA
limpida fonte nascosta fra 1 ciottoli
di un terreno alluvionale». — Sono essi
i figli del «Santo», i cavalieri dello
Spiritol — Con siffatto mandato mes-
sianico, i piccoli Messia possono
osare di attribuirsi pure la parola
divina: «beato chi non si sarà scan-
dalizzato in noi I » (p. 4).
Certo più compassione che scan-
dalo fiiranno ai conoscitori degli uo-
mini e delle cose i lorodelirii di « psi-
cologia » morbosa, quili, ad esempio
le diatribe calunniose del Tyrrell con-
tro il primato di Roma e contro i papi,
le empietà panteistiche dello pseudo-
nimo Aschenbrodel, le villanie di un
altro povero giovine su « ragonia di
una istituzione » che è il papato po-
litico, egli dice; infine per tacere di
altri gli € echi vaticani » dello stu-
dente Quadrotta, il quale, dopo le so-
lenni e ripetute mentite a tutti note, si
ostina ancora ad attribuire al Santo
Padre una sentenza che il Santo Pa-
dre espressamente nega di aver pro-
nunciata.
Impossibile fermarsi qui in com-
menti : ogni cattolico, anzi ogni ani-
mo cristiano ed onesto sa troppo bene
che pensarne.
EDGAR J.GOODSPEED, p. doct. — Index patristicus, sive clavis Pa-
Irum apostolicoriim operum ex edìtìone minore Gebhardt Harnack
Zahn lectionibus editionutn miooriim Punk et Lightfoot admìssis.
Leipzig, Hinrichs, 1907, VlII-'iea p. M. 3.80.
Questo Index presenta la raccolta
di tutte le parole che si trovano nei
Padri apostolici, disposte in ordine
alfabetico, in modo che sotto ogni
parola siano allegate le singole for-
mole grammaticali, con l'indicazione
di tutti i luoghi ove ciascuna si
legge. Esso fu compilato da 11 teo-
logi americani, e certo assai com-
piutamente. La precisione poi è tale
che p. es. a p. 150-164 sono regi-
strati tutti i luoghi ove si trovano
gli articoli ó, •?), xò, ecc. ; ma grazie
alla ripartizione straordinariamente
pratica, il libro è riuscito di piccolo
volume, di prezzo modico e di molta
ehiaiezza nella stampa.
L'utilità di un tale lavoro per un
filologo è evidente : ma non è meno
per gli altri studiosi delle discipline
teologiche. Chi s'occupadistudii bibli-
ci, per esempio, avrà qui dinanzi a sé
senza alcuna fatica tutti i luoghi in cui
venga usata una parola biblica di
qualche importanza; ciò che torna di
non poco eccitamento allo studio.
Chi si è dato alia dogmatica o alla
storia del dogma troverà a p. 73-74
raccolti in una mezza colonna e or-
dinati secondo le varie forme gram-
maticali tutti i luoghi ove s' incontri
la parola èxxX7]7(a. I sei tratti in
cui il Pasto r di Erma si riferisce
alla Chiesa personificata, vengono
quivi resi riconoscibili dalla lettera
iniziale maiuscola. E così in altri
casi. È facile comprendere con quanta
facilità uno studioso di patristica
può con un tal lessico alla mano se-
guire il significato di qualche impor-
tante parola presso i diversi Padri.
Sotto questo rispetto il libro è il più
utile strumento di studio che pos-
sediamo pei Padri apostolici.
Vorremmo però che in una nuova
edizione, forse non lontana, si te-
nesse conto dei seguenti deside-
rata: L'Index ha per base IV-
dfVto minor dei Padri apostolici
curata dal Gebhardt, dairHarnack e
dallo Zahn (1900 e 1905). Esso nota
con L o con F anche le lezioni in-
frodotte e sostituite dal Lightfoot e
dal Punk nelle loro editioncs mi-
nor ea. Noi avremmo desiderato che
si fosse tenuto conto di tutte le le-
PATRISTICA
fÌS9
zioni di reale impoitanza crìtica,
mettendole in rilievo con qualche
sigla. PreDdiamo a caso un esempio.
Non potrebbe foraealcuno colLightfoot
( The ajìostolic Faihers, Part. II, /-
gnatius and Folycarp voi. II sect. I
p. 224, 2£5) preferire veroeinii lineate
i& lezione dmX.ó|iavov invece di xal
XoLko^y in Rom. VII. 2 come appel-
latiTo delTacquA vivente ch'era nel
cuore di s. Ignazio? Il testo qui è
ambiguo, ma V interpolatore delle let-
tere ìgnaziane leggeva dXXé(i€vcv, e
del resto un'altra allusione alla me-
desima pericope evangelica di Toh. 4
si trova neir «acqua vivente». Ep-
pure presso il Goodspeed àXXójiavov
non si è menzionato affatto. Lezioni
documentate le cpiali hanno pure
molti suffragi in lor favore, dove-
vano tanto meno essere escluse in
quanto cho nell'opera sono accettate
ajirhe delle mere congetture.
11 Goodspeed non ha tenuto conto
del fratHmeuto di Quadrato, né delie
Reliqw'ae presbyterorum cioè dei det-
ti dei presbiteri che Ireneo ci ha con-
servati : anche qui non abbiamo che
a dolerci deiresagerato attaccamento
aire dizione Gebhardt-Harnack-Zahn.
Il frammento di Quadrato è forse
meno autentico di quello di Papia,
che pure è stato accolto daireditore?
Ma esso è importantissimo sia pel
contenuto, poiché riguarda ì miracoli
di Cristo, sia per l'autore, essendo
Quadrato discepolo degli Apostoli e
forse anche profeta del Nuovo Patto
(Gfr. Bardenhkwkr, Gesch. der alt-
kirchL Literafur. I. 108): Il slrai-
gliante vale dei detti dei presbiteri,
accettati del resto tanto dal Funk
ohe dal Lightiòot.
Dal punto di visU degli studi!
patristici e dogmatici sarebbe desi-
derabile che alle parole più impor-
tanti pel dogma fosse aggiunto il
contesto; uno o due parole sareb-
bero di regola state per ciò suffi-
cienti. P. es. sotto la parola èxxXT^ola
gioverebbe molto sapere, se quivi si
tratti di una chiesa particolare, come
dire di Smirne, o in genere della
Chiesa di Dìo, e specialmente se il
nome rechi inoltre Tarticolo i\. Lo
stesso dicasi della parola uCó^: vi è
^oO? E cosi di seguito nelle parole
che hanno sapore dogmatico o che
ad ogni modo sono importanti pel
dogma : p. ee. uviOjia, x^P^^^Ia*- Que-
sto ci sembra si potrebbe fare senza
grande aumento di spazio: se pure
non si preferisca accorciare qua e là
qualche tratto, ad esempio quello che
riguarda gli articoli ò,% xò, p. 150-lW.
Anche ci sarebbe piaciuto che si
fossero notati brevemente quei luoghi
che presentano qualche irregolarità
grammaticale, morfologica o sintat-
tica. Sarebbe tanto di guadagnato.
IRENAEI lugd. Ep. Adversiis haeresea libri quinque, curante sac.
U.Mannucci, theol. et philos. doct. Par» I et II {BibL SS. FP.
Ser. 11. voi. Ili, 1). Romae. Forzani, 1907, 8\ 476 p.
Ognuno, che appena abbia scorso
le varie edizioni dell'opere de' SS.
Padri, sa quanto torni difiQcile in pa-
recchi punti l'accertarne il testo e la
genesi, sicché vi si possa fermare un
raziocinio e una prova come sopra
sicuro fondamento. A sì laboriosa fa-
tica, consacrò se stesso il bravo sac.
dott. Mannucci, e in questo primo
volume dell'opere di S. Ireneo ci offre
un magnifico saggio delle sue larghe
ricerche e de' sodi criteri i onde ne
prepara l'edizione. Un modello sobrio
e ricco di notizie e dottrina é la pre-
fazione che col titolo di prolegomeni
premette al libro I Advprauahaereses;
340
BIBLIOGRAFIA
edito da lui pel primo in Italia, dac-
ché tutte l'altre edizioni, anche Tul-
tima di 50 anni fa curata dall' Har-
vey, videro la luce di là dall'Alpi e
dalla Manica. Non solo da' suoi pre*
decessori trae vantaggio il Mannucci
ma dalle più recenti pubblicazioni e
scoperte intorno ad Ireneo ; e discute
assai bene le poche notizie, che si
hanno di lui, i codici e il catalogo
delle opere, e in modo veramente
originale tratta dell'importanza di
questo libro Adv. haer, dal lato scrit-
turale, e dal lato storico della lette-
ratura cristiana, si cattolica come
gnostica, della quale ultima offre in
bel prospetto la genesi e successione
de' fondatori e delle scuole (pag. 42).
Utilissimo per la storia del dogma
cattolico è il riassunto del libro d'I-
reneo che chiude i prolegomeni, e
dimostra già fin dal li secolo la dot-
trina cattolica intorno alla regola di
fede, alle sue fonti, quali sono la
Scrittura, la tradizione e il magistero
ecclesiastico, e al centro della fede,
eh' è l'incarnazione del Verbo e la
redenzione, essere stata sodamente
poggiata sulle sue basì immobili e pe-
renni.
Quanto al testo, il dotto editore
nel latino segue il Massuet, non s^
però che talvolta non gli preferisca
la lezione dell' Harvey o dello Stieren,
ovvero de' quattro codici vaticani da
lui consultati. Il testo greco poi, che
con tutte le giunte più recenti accom-
pagna perennemente il latino, è qua
e là spesso emendato sui cod. vat. 503
del sec. Vili, ed Urb. 17 del sec. X; la
stampa però non è del tutto immune
da errori. Si poteva forse osservare a
pagg. 473 che l'interprete latino tra-
ducendo navxoxpGìxoop per « continens
omnia » suppose composto il voca-
bolo di tcAv e xpaxi^p invece che xpd'
toc, forse perchè onnipotenza è nav-
Toxpdxeipa. Né meno importanti delle
correzioni sono le note specialmente
intorno a' tratti bìblici, alle parole ri-
portate del testo ebraico e alle citazio-
ni di filosofi greci ; cosi pure il com-
mento aggiunto, ove all'erudizione del
Mannucci e al suo giusto criterio nulla
sfugge che di buono sia stato tro-
vato d'oltralpe, e vi fa calzanti e pro-
ficui raffronti con l'opera testé sco-
perta d'Ireneo tìg èwl^stgiv (Cfp. CHv,
Catt del 7 sett. 1907, p. 580-589),
aggiungendovi (pag. 225) un frammen-
to inedito del medesimo Padre tradotto
da una catena copta pubblicala dal
Lagarde, di non lieve valore per la
dottrina escatologica del Santo.
Di quest'opera il prof. Jfllicher,
uno dei dotti protestanti che vanno per
la maggiore, ha dato recentemente
sfavorevole giudìzio nella Theolog.
Literaturzeilung del 10 die. 1907
(n. 25). A mostrare con quanta im-
parzialità questi scrittori giudichino
le opere cattoliche, basterà notare che
quasi tutti gli appunti ch'egli fa alla
nuova edizione non sono che altera-
menti voluti àe\ testo, Così egli legge
promentum mentre il Mannucci scri-
ve momentum ; óxaxcovojidoxoi^ men-
tre a pag. 76 è scritto giustamente
àxaxeovciidoxotg ; a pag. 73 (non 75
come scrive il Jttlicher) legge fa-
reiis ove è fovetis. Critica la nota
absque nostra culpa, contro xat nocpà
xV i^fiexépav aìxtav, la quale è giu-
stissima come anche dimostra il
Dindorf (stato maestro del Jttlicher)
nell'ed. Operum Epiphanii t. IH, pa-
gina 636. Peggio ancoraquando il Ju-
licher attribuisce al Mannucci l'errore
« ad |jL6adxT]v quod attinet » , mentre
né al luogo indicato pag. 95 n. 1 né
altrove abbiamo potuto trovarlo. E
mentre si perde in queste misere cri-
tiche, non ha alcun cenno di quanto
v'è di buono e sostanziale nella nuo-
PATRISTICA
341
va edizione, la quale, se non anche
pel lato filologico, per la solida co-
noscenza della letteratura, storia e
dottrina cristiana che mostra nelle
note, è certo superiore e più utile
assai di molte altre, anche lipsiensl.
Ci congratuliamo col solerte dott.
Mannucci sicuri che anche il resto del
suo erudito e profondo lavoro pareg-
gerà co* «noi pregi le primizie olTerteci
nel presente volume, nitido ne' ca-
ratteri e comodissimo nel sesto.
Dom Chr. BAUR O. S. B. — S. Jean Ghrysostome et ses oeuvres
dans Thistoire littéraire. Paria, Pontemoìng, 1907, 8*, XII-312 p.
Neiroccasione del XV centenario
della morte del Crisostomo il dotto
P. Baur, pubblica un lavoro quanto
mai importante, ove è raccolta una
quasi completa bibliografia del gran-
de vescovo di Costantinopoli. Gol
volgere de' secoli Tautorìtà e Teffica-
cia di questo gran padre andò nella
Chiesa greca e latina un dì più del-
Taltro crescendo, a segno tale che fu
riputato uno de' più grandi genil del-
la nostra fede. Se non pugnò nel
campo dogmatico con opere polemiche
e scientifiche, come fece S. Ago-
stino, fu però nelle sue omelie, e nel-
le sue orazioni esegetiche il predica-
tore insuperato della tradizione e
del pensiero cristiano e cattolico,
e il maestro per eccellenza del po-
polo grecto.
Nella Chiesa orientale, dopo la
sorda opposizione della scuola ales-
sandrina, di cui era capo S. Cirillo,
l'autorità del Grisostomo, come dot-
tore della Chiesa venne riconosciuta
dai vescovi greci, per impulso di
Leone Magno, che la ragguagliava a
quella del Nazianzeno e di Cirillo
d'Alessandria nella raccolta di testi
spedita nel 450 al patriarca di Co-
stantinopoli a conferma della sua let-
tera dogmatica del 449, accolta poi
con acclamazioni nel Concilio Calce-
donese (451). Oltreché contro l'euti-
chianismo, la parola del Grisostomo
fu citata contro l'orìgenismo e tutte
le eresie posteriori. Anzi durante la
lotta intorno a' tre capitoli per la
prima volta nel costituto di Vigilio
del 14 maggio 553 è raffermato al
grande oratore il soprannome di gri-
sostomo o bocca d*oro; «Johannis
constantinopolitani episcopi quem
chrysostomum vocant>; e con tal
titolo andò giganteggiando in mezzo
a tutta la susseguente letteratura
greca.
Né minore fu la fama e l'autorità
di lui nella Chiesa latina. Annove-
rato ancor vivente da S. Girolamo
fra gli uomini illustri del suo tempo,
venerato poi come dottore e santo
dal gran vescovo d'Ippona, e da Cas-
siano, stato già discepolo del Bocca-
doro, questi, dopo cessate le tenebre
dell'invasioni barbariche, risorge più
fulgido e autorevole per opera di
Alenino, Rabano Mauro e altri. I
suoi scritti sono tradotti e copiati
dappertutto. S. Tommaso d'Aquino
ne ammira la sapienza e S. Bonaven-
tura lo cita ben 326 volte. Codici in-
numerevoli ne tramandano a noi la
dottrina. Di anteriori al rinascimento
se ne conoscono finora 1917; Parigi
ne possiede 475, Roma 158, oltre i
vaticani propriamente detti, l'ambro-
brosiana di Milano 84. Le omelie sul
Genesi e su S. Matteo sono le più
diffuse, e si leggono, quelle in 181
codici, queste in 174. Dopo l'inven-
zione della stampa, le edizioni spe-
ciali o generali si seguono senza posa
fino al numero di 367 per le opere
greche, sole o colla traduzione: dì
297 per le versioni latine, la prima
34S
BIBLIOGRAFIA
delle quali ehe abbia la data appare
nel 1466, oltre le molte traduzioni an-
tiche e moderne nelle lingue d'oriente
armena, copta, siriaca, araka, e in
quelle d'occidente, tedesca, slava,
francese, italiana e va dieendo. Alle
edizioni dell'opere s'aggiunga 1* im-
menso numero di studi sopra Ja loro
autenticità, la cronologia, il testo,
la dottrina filosofica, morale, dogma-
tica, esegetica, si generale come par-
ticolare di questo o quell'argomento,
e si Tedrà di qual luce maestosa e
perenne si rivesta la grande imagìne
del Grisostomo attraverso la storia
della Chiesa e della coltura ecclesia-
stica universale.
Latini e Greci ne cantarono e ne
cantano ancora le lodi; e al suona
di queste mille voci si mesce ora
quella del chiarissimo P. Baur, il
quale in codesto suo laborioso stu-
dio bibliografico e storico tesse col-
Teloquenza de* fatti e degli scritti il
più splendido panegirico del Demo-
stene cristiano.
P. N. DAL-GAL O. F, M. — Sant'Antonio di Padova taumaturgo
francescano (1Ì95-1S31). Studio di documenti. Quaracchi, S. Bo*
ventura, 1907, 8<», XL-4M p.
Non s' immaginino i lettori, pro-
fani o specialisti che siano, di tro-
vare qui uno studio di documenti
condotto secondo il metodo freddo,
stringato, rigido degli storici e crì-
tici di professione. Raffronti di co-
dici, esami di nanoscrìtti, discussio-
ni di versioni, di date, di leggende
o simili, non mancano in questo li-
bro, particolarmente nell' introduzio-
ne. I)enchè neppure vi abbondino
troppo ; ma quasi per compenso vi si
trattano con uno stile florido, ampio,
oratorio, che se le rende meno gra-
dite ai competenti, le farà più intelli-
gibili al resto dei lettori. L'ottimo
p. Niccolò Dal-Gal ha scritto, com'egli
si esprime, «più che con la penna,
con intelletto d'amore e di ammira-
zione al caro Santo di Padova». —
« S. Antonio di Padova I — egli scrive
più sotto (p. XL) — Io amo, io am-
miro questo Grande. Con lo sguardo
fisso sopra la sua dolce ed espressiva
figura, rutilante d'immacolati splen-
dori, fatti più belli dalle afl"ermazioni
autentiche dei biografi primitivi e dal
testimonio di .sette secoli, ho scritto
di lui con la devozione nel cuore e
cP^ un culto particolare di amore » .
E runa e l'altro egli mira a trasfon-
dere nei lettori con la parola calda,
concitata, vibrante di tutto l'entu-
siasmo di un'anima francescana; si
che ogni capitolo, preceduto da due
ben scelti testi scritturali, fa quasi
l'effetto, più che di una discussione
documentaria, di un caldo efficace
fervorino. Cosi potessero scaldarvisi i
critici, come vi si potranno infervorare
i lettori dìvotil
Del resto, nell'uso della crìtica,
questo libro segna pure un progresso
su tante altre vite precedenti. In
parecchi punti abbiamo notato come
l'autore segue fedelmente il Lepitre
(cfr. Civ, Catt.y quad. 1344, p. 742)
quasi a verbo ; sicché avremmo voluto
che fosse anche stato più indulgente
nel criticarlo e confutarlo : tanto più
che non ne appare sempre cosi trìon-
fale la ragione. Più fondata Invece è la
confutazione della critica, assai più ra-
dicale e per molti punti insussistente,
del Kerval, troppo caldo ammiratore
di Paolo Sabatier nei suoi studii
francescani (cf. Civ.Catt, qua d. 1344
p. 743). Non entriamo nei particolari,
che troppo ci portebbero in lungo ; ma
auguriamo sempre maggiori progressi
AGIOGRAFIA
343
agli Btudìi francescani, trattati — co- dedicato questo libro — ea quidem
me appunto scriveva, è un anno, il ratione ac methodo, qua hodie pe-
Ministro Generale dei Minori a cui è riti utuntnr historici.
G. GRABINSKT. — Il B. Tommaso More e lo scisma d'Inghilterra.
(Fedee Scienza. Serie V, 45). Roma, Pustet 1906, 16^ 128 p. L. 0,80,
Nello scrivere queste poche pa- tutto che « in fondo, salvo qualche
gine sul b. martire, Tauiore, come
ce ne assicura nella breve prefazione,
non pretese certamente narrarne la
vita: si propose questo solo, « di
dare al lettore un concetto esatto del
carattere, delle virtù e dell'ingegno
di quest'uomo insigne e di spiegare
per sommi capi le cause dello scisma
d'Inghilterra ». Intento assai lode-
vole e opportuno alla collezione popo-
lare del Pustet, benché non di studio
originale e strettamente agiografico.
L'autore quindi si vale largamente,
più che delle fonti, degli autori che
lo hanno preceduto, particolarmente
di Enrico Bremond, il cui stile ha
certo il brio e lo spirito del lette-
rato, non lo spirito e Funzione del-
l' agiografo. Noi ci rallegriamo tut-
tavia che il conte Grabinski abbia qui
scritto generalmente con vero sen-
so di ortodossia, sacrificando an-
che certi pregiudizi del vecchio libe-
rale italìanlssimo alla fede schietta
dell'antico polacco: il che non po-
tremmo dire egualmente di altri suoi
studi i più recenti sull'Inghilterra com-
parsi già nella Rassegna nneionale^
dove anche tira in mezzo i gesuiti con
la congiura delle polveri ! Ci pare non-
dimeno che qui pure sia riprovevole
la simpatia che V autore mostra per
Erasmo, come è poco sussistente la
difesa che ne prende in parecchie
pagine (p. 26-29); falsissìmo soprat-
sfumatura , le idee riformatrici di
Erasmo erano comimi non solo al
More, ma a molti ed ai più cari amici
del grande inglese » . Questi volevano
sinceramente una vera riforma, quella
degli abusi umani non dei dogmi di-
vini, e cominciavano da se stessi. Era-
smo invece, come i moderni riformi-
sti, frìvolo e orgoglioso, pretendeva
riformare tutto e tutti, meno se stesso,
e nella vita come nelle dottrine. Cosi,
reggendosi ad impeto più chea ragione
(come è talora proprio di letterati e di
artisti) fu tra quelli che « sacrificano
il vero e il bene a quello che adesso si
chiama opjìortttnismo e che non è altro
chela scuola dell'egoismo e deìV uti-
litarismo », per dirlo con le belle pa-
role del Grabinski nella sua prefa-
zione. A questa scuola appartenen-
do con molti umanisti, massime di
Germania, anche Erasmo, favori, ben-
ché non eretico aperto e formale, i
progressi dell' eresia, simile anche
in questo ai moderni riformisti. Seb-
bene cosa da poco, noteremo an-
cora che quanto all'uso costante del-
Tautore di dir More, invece di A/oro,
« come si é detto per tanto tempo »,
non sembra a noi proprio € dove-
roso » , potendosi benissimo ripetere
il vecchio ma bene assennato adagio
di Cicerone rispetto a simili capricci
dell'uso : « Scientiam mihi reservavi ;
usum populo concessi».
A. RAMON, doct. ès lettres. — Vie de la Bienheureuse Marguerite
Marie d'après les manuscrits et les documeiits originaux. Paris ^
Beauchesne, 1907, 8«, XL-538 p. Fr. 7,50.
Cinque anni là il P. Ramon, negli le vite della Beata Alacoque compo-
Ètudes (20 giugno 1902) esaminando ste dai Languet, dal Daniel, dal Bou.
3i4
BIBLIOGRAFIA
gaud, ne mostrava i difetti e le la-
cune e conchiudeva esser ornai giunto
il tempo di scriverne una nuova che
fosse definitiva, approflttando tra
Valtre dell* importantissima scoperta,
fatta ad Avignone nel 1888, di dieci
lettere indirizzate dalla Beata al
P. Groiset. A quest* impresa, che ri-
sponde all'unanime desiderio de' di-
voti, egli stesso attendeva già da pa-
recchio tempo, ed ecco che ora offre
al pubblico, come primo volume della
Storia della divozione al Sacro Cuore,
la vita della B. Margherita su 1 ma-
noscritti e i documenti originali, se-
condo le esigenze legittime della cri-
tica storica. Viaggi, ricerche nelle bi-
blioteche, trascrizioni di manoscritti,
consultazioni di opere e di mono-
grade, ed altre fatiche non lievi costò
al dotto e divoto scrittore quest'ot-
tima narrazione di tutto ciò che ri-
guarda la grande discepola del divin
Cuore, della quale con parsimonia
densa di cose, di osservazioni, di note
utilissime ci fa assistere alla prepa-
razione, alle grandi rivelazioni, alla
prova dei divini carismi, all'apostolato
e agli ultimi giorni, come ad una Vi-
sione di giorno purissimo, che sale al
suo meriggio, e nel suo tramonto
lancia più meravigliosi i suoi sprazzi
di luce e di speranza. L'erudizione del-
Tautore, e la piena e perfetta cono-
scenza di tutta la letteratura della
B. Alacoque, non che impacciargli la
penna, gliela rendono più rapida ed
attraente, perchè egli sa tanto bene
congiungere il racconto storico e la
citazione del documento da uscirne
un bel tutto omogeneo, sparso di de-
votissima unzione scendente neira-
nimo del lettore come un balsamo che
lo rapisce e l' innalza alla meraviglia
e all'amore della grande degnazione
del Redentore verso la misera nostra
natura.
Né meno de' di voti s'avvantagge-
ranno di questo bel libro gli storici,
pei quali specialmente v'è aggiunto
l'indice de' nomi proprii. Noi augu-
riamo che tutti abbiano a ri trarne
que' vantaggi spirituali e morali, che
negli amici del Cuor di Gesù non
fallirà di produrre quest'opera, vera-
mente degna, a petto d'altre, d'essere
volta e diffusa fra noi in bella veste
italiana,
Sac. ANDREA COI. — Visite pastorali del B. Gregorio Barbarigo,
cardinale vescovo di Padova, alla sua diocesi. Memorie. Padova.
Seminario, 1907, 16", VII-I 13 p.
Queste Memorie furono raccolte
dal sac. A. Coi (f 1836) e compilate
principalmente sui processi autentici
di beatificazione e sulla Vita del Barba-
rigo scritta dal Musoco, uno dei fami-
gliari dello stesso Beato. Esse compren-
dono un periodo di ben 33 aniii,
dal 1664 al 1697, e sono tutte in-
tessute de' più svariati episodii e
di esempii delle più eroiche virtù.
Per citarne un solo, da buon pastore,
che va in cerca della pecorella smar-
rita, così ebbe a scrivere il Beato
ad un peccatore che non voleva sa-
pere di confessione: verrò io stesso
a piedi a cotesto angolo della dio-
cesi, e mi vedrete avanti di voi gì»
nocchione sema sorgerne fin r)u^ non
t^i confessate.
Attraenti sono pure le vicende
estranee alle visite, che gli occorsero,
specialmente le varie sue andate a
Roma per i conclavi di quattro Pon-
tefici, i quali tutti ebbero in somma
stima il cardinal di Padova. Fra que-
sti Innocenzo XI, rimandava i ve8CO%-i
angustiati a specchiarsi nel Barba-
rigo, come S. Pio V aveva in costume
AGIOGRAFIA - B10G!AFIA
346
di dire ai cardinali: specchiatevi nel
Borromeo.
11 bellissimo libro, stampato con
ogni eleganza, è un omaggio del se-
minario a S. E. mons. Luigi Pellizzo,
in occasione del suo ingresso solenne
quale vescovo di Padova e successore
del B. Gregorio.
Mons. V. SARDI. — Vita del Servo di Dio Giovanni Alfonso Va-
reia y de Losada, fondatore del S. Ordine della penitenza di
Gesù Nazareno. Roma. Istituto Pio IX, 1907, 8°, VlIl-240 p.
Certo non si allontana dal vero
il eh. autore di questa Vita, quando
afferma che « alla quasi totalità » dei
suoi lettori debba tornare affatto nuo-
vo il nome di Giovanni Alfonso Va-
lera y Losada (1723-1760); e ciò per
mancanza di chi in Italia ne mettesse
insieme le memorie disperse, in una
gradita e bene ordinata narrazione.
Ma ciò stesso ne rende ora tanto più
pregevole la biografia e più bene-
merito il biografo; poiché se il Va-
reia, come Tordi ne da lui fondato,
era ben degno di avere alfine il suo
storico, la stessa varietà e stranezza
dei suoi casi, la diversità dei giudizi
intorno a sé suscitati, la moltitudine
delle persecuzioni e disdette sofferte,
l'apparente fallimento di non poche
sue imprese, massime le tempestose
vicende delFistltuto, che fu Topera
della sua vita e pure non fu da lui
potuta condurre ad ultimo compi-
mento, e tutto ciò Alla distanza di
quasi un secolo e mezzo, concorre-
vano a crescere le difficoltà dell'o-
pera, non ancora da altri tentata
Non solo dunque i religiosi del
santo istituto della Penitenza di Gesù
Nazareno, ma le anime religiose tutte,
che amano vedere le meraviglie di
Dio nella varietà mirabile dei suoi
santi, saranno g/atl al chmo mons.
Sardi, di avere tratto dall'ombra, il-
lustrato e studiosamente ornato coi
fiori della sua penna forbita, Timma-
gine di questo santo spagnuolo, il
quale dopo unMnfanzia e una fan-
ciullezza piissima, dopo una gioventù
burra%osa fra la dissipazione della
milizia e i pericoli della vita errante,
ridottosi ad una vita di santità e di
penitenza austerissima, iniziata la
istituzione di un novello Ordine,
quando tanta guerra già si moveva
agli antichi, perseguitato e cacciato
da una città ad un'altra, veniva a
morire in Italia, dova non molti anni
appresso l'Ordine da lui istituito
riceveva V apostolica approvazione.
« Ravvivi il Signore, conchiudere-
mo anche noi, pei meriti del suo servo
Giovanni, la pianta che per la tristizia
dei tempi, è alcun poco isterilita; e
faccia che nella presente stagione cosi
depravata e cosi sfrenatamente per-
duta dietro i godimenti della terra,
i discepoli del Varela coU'esempio e
colla parola richiamino molte anime
sulla via della vera penitenza. »
Mons. BAUNARD, rettore delle facoltà cattoliche di Lilla. — La
fede e i suoi trionfi. Voi. L II conte Schouvaloff, Donoso Cortes,
il generale La Moricière. Prima versione della 7* ed. frane, del
sac. Basilio Parasiliti. Torino, Lib. Sacro Cuore, 1907, 16o,
XV-488 pag. L. 3.
« Tre personaggi occupano que- grembo della Chiesa per vie diverse,
eto volume: un russo, uno spagnuolo, e per ciò stesso molto più acconci
un francese, tutti e tre ritornali in a rappresentare le diversità delle for-
34«
BIBLIOGRAFIA
me che piace alla grazia di prendere
negli uomini di buona volontà. Lo
Schouvaloff, gran signore e poeta,
ritorna a Dio spinto dal potentis-
simo bisogno d*una beltà, d*un amo-
re e d'una felicità trascendentali;
Donoso Cortes, pubblicista e statista,
dal bisogno della pace per gì' indivi-
dui e per i popoli; il La Moricière,
uomo d'onore e uomo di guerra, da un
generoso bisogno di verità e di giusti-
zia. Tutti e tre studiano, cercano,
investigano, e tutti e tre trovano
r oggetto di tante ricerche e di tante
investigazioni alla scuola ed al ser-
vigio di Colui che è la via, la verità,
e la vita » . Così il dotto scrittore, e
quanto narra, lo dimostra dalle loro
testimonianze, bellamente intrecciate
in un ameno, semplice e religioso
racconto. Egli entra nel cuore dei
suoi personaggi, ne scruta le ten-
denze buone e cattive, le cadute e i
risorgimenti, le ansie e i dubbi.
ond'essi erano travagliati ed agitati
internamente durante il cammino
verso la luce e la virtù, mentre pure
esternamente compivano imprese ed
opere, che sembravano accennare as-
sai più pace e tranquillità di coscienza.
Ma tale è sempre il segreto lavorio
della grazia, che dispone tutte le cose
con fortezza e soavità.
Alla battaglia segui il trionfo.
La carità dello Schouvaloff, la fede di
Donoso, la speranza del La Moricière
ponevano il sigillo della religione e
della pietà all'opera più matura della
loro attività.
Valga il loro esempio di luce e
di sprone a chi sente il bisogno di
riconquistare la male abbandonata
fede, e di conforto e coraggio a chi
soffre e combatte per la sua difesa.
Tale è lo scopo di questo bel libro»
offerto dal Parasiliti in veste Italiana,
chiara e semplice, né meno adoma e
forbita.
Mons. PIETRO STROBINO vescovo titolare di Pompeopoli, vicario
apostolico del distretto orientale del Capo di Buona Speranza.
Tributo di un condiscepolo. Con nove incisioni. Genova, tip.
della Gioventù, 1906, 8% 128 p.
È una bella memoria d'un apo-
stolo del continente africano, rapito
troppo presto alle speranze più fio-
renti della Chiesa cattolica e della ci-
viltà cristiana. Mons. Strobino, nato
in quel di Biella, fu alunno del col-
legio Brignole Sale Negrone per le
Missioni Estere fondato in Oenova
dalla munificenza del marchese Bri-
gnole Sale e della sua consorte la
marchesa Negrone. Partito prete gio-
vanissimo pel Vicariato orientale del
Capo di Buona Speranza, nel 1879,
vi spiegò uno zelo indefesso ed in-
traprendente per ogni opera d'istru-
zione e di carità, amato ed ammi-
rato da tutti pel suo coraggio e per
la cordialità equanime del suo carat-
tere. Tornato due volte in Europa,
anche per rimettersi in salute, il suo
ardore lo spinse di nuovo laggiù tra
i Cafri. Fatto coadiutore di mons. Ri-
ca rds, e succedutogli nel carico di
vicario apostolico nel 1893, lavorò
ancora tre anni instancabile misaio-
nario e padre del suo popolo, e, con-
tratto l'immedicabile morbo polmo-
nare, mori a Graff-Reinet il 1 otto-
bre 1896 a quarant'anni.
All'affetto del suo condiscepolo
p. G. B. Maggiorotti, missionario già
da 32 anni in quelle parti, si devono
le notizie raccolte in questa memo-
ria, che presenta all'ammirazione ed
all' imitazione le virtù e le fìitiche, i
lunghi patimenti e l'invitta pazienza
di sì generoso eroe di Cristo e del
suo Vangelo.
ORATORIA
347
N. SCHEID S. 1., Prof, in Feldkirch. — P. Franz Hunolt S. I. Ein
Prediger aus der 1. Halfle des 18. Jahrhunderts. Regensburg,
Manz, 1906, 16«, VIIM16 p. M. 1,50.
La persona, Tapostolato, il ca-
rattere e Timportanza del P. Hunolt,
che fu il più insigne predicatore
germanico della prima metà del se-
colo XVni vengono in questa pubbli-
cazione ritratti nel modo più fedele,
più vivo e più edificante.
In un tempo di decadenza, quando
la predicazione risentiva non poco
della volgarità letteraria dominante,
fu il P. Hunolt un vero uomo apo-
stolico, segnalato tra tutti per la
fecondità ispirata del pensiero, per
Fr. BOUCHAGE.
la dignitosa e schietta popolarità
della forma, e per la efficacia con-
quistatrice del suo zelo apostolico;
talché anche oggidì i suoi sermoni
stampati sono una ricca miniera, da
cui i banditori della divina parola
possono largamente attingere eccel-
lente materia predicabile. È pertanto
il presente lavoro del P. Scheid un
ottimo mezzo per ravvivare e divul-
gare le sane tradizioni della sacra
eloquenza, come pure un utile con-
tributo alla storia della medesima.
Formation de l'orateur sacre : 72 exercices com-
prenaut tout le catéchisme du
toires. ParÌ8'Lpan, Vitte, 1907,
Certo non poteva il P. Bouchage,
per far seguire a* precetti da lui dati
nel suo metodo di eloquenza la pratica
genuina, eleggere miglior materia di
quella ch'egli propone in questi sche-
mi oratori!, cioè gli argomenti asse-
gnati nel catechismo del Concilio Tri-
dentino, il Credo j i sacramenti, il de-
calogo e la preghiera ossia il Pater
noster. Sono 72 temi, con esordio,
diyisione e perorazione, che in forma
semplice e succosa, Tautore presenta
a mo' di trama, di schizzo, per av-
concile de Trente. Thèmes ora-
16°, XXVni-278 p. Fr. 3.
ricerca, all'omogeneo sviluppo, al vi-
vace argomentare, ai proficuo muo-
vere. Modelli sbozzati, ma già pieni
di pensiero e di vita, han bisogno
degli altrui colpi di martello, e dei-
Taltrui fatica per isprigionarsi dalle
loro ruvide forme, parlare al popolo
e spronarlo a bene. I novelli predi-
catori vi si provino, e del frutto che
ne verrà loro, impareranno qual sia
la miglior forma di profittar per sé
e per gli uditori, pel maestro e pei
discepoli, nella scuola del vivere mo-
rale e cristiano.
vezzare il giovane oratore alla seria
Mone. BOUGAUD, obispo de Lavai. — El cristianismo y los tiem-
p08 presentes. Traducción de la novena edición francesa por el
Dr. D. Emiuo A. Villelga Rodriguez, Pbro., Catedràtico de Apolo-
gètica y de Elocueacia sagrada en la Unìversidad pontificia, voli. 5.
Barcelona, Gili, 1907, 14°, 510, 578, 507, p. L'opera intiera L. 25,
L'opera famosa di mons. Bougaud mandazione se non là dove la sua
vede ora la luce anche in veste spa- fama non è peranco giunta. Gli è per
gnuola per la dotta penna del dott. Vil-
lelga, per ufficio conoscitore esperto
della apologetica cristiaiia. Notissimo
anche in Italia, il capolavoro del gran
vescovo di Lavai non chiede racco-
questo che il traduttore spagnuolo,
rivolgendosi a' suoi connazionali,
benché confessi che per tal opera non
era necessaria pre&zione veruna, cor-
tesemente però loro la presenta, mo-
348
BIBLIOGRAFIA
strandone i pregi, e il contenuto par-
ticolarmente del primo volume. In
due parole, egli dice, ecco il mera-
viglioso disegno di quest^opera mo-
numentale. Dal punto sintetico, que-
sto lavoro è un riassunto, ma largo
e sostanziale delle grandi questioni
oggidì dibattute nel terreno dell'apo-
logetica. I cinque profondi e ricchi
studi intorno alla religione e T irre-
ligione, a Gesù Cristo, a' dogmi del
Credo, alla Chiesa e alla vita cri-
stiana assommano in sé il complesso
della lotta tiianica religiosa e discu-
tono con magistrale e vigorosa tattica
tutti i punti capitali della controver-
sia. Fra tutte Topere di simìl genere,
d'indole sintetica e generale, quella del
Bougaud, per tacer dell'Apologia del
P. Weiss, del resto totalmente diversa
per indirizzo, è Ja più perfetta, am-
mirabile, originale e meglio scritta
(pag. 9). E a tal sentimento il Vil-
lelga venne, dopo d'aver per obbligo
del suo magistero percorso quanto di
più eccellente l'odierna apologetica
ebbe fruttato. Di qui lo zelo di far
conoscere altrui il tesoro da sé tro-
vato, e per mezzo della sonora lin-
gua di Cervantes farsi interprete de-
gli alti pensieri del Bougaud sulla
nona edizione francese.
Il solerte editore Gili di Barcel-
lona ofTre a' lettori i primi tre vo-
lumi ; ma colla fine dell'anno corrente
gli altri due coroneranno l'intiera
edizione, bella, chiara, né troppo gra-
vosa per le borse.
Mone. U. FRANCO. — De rore coelì. Una settimana di ritiro spi-
rituale per le dame cristiane, pubblicata da G. B. Cinqdetti.
Verona. Cinquetti, 1908, i6^ XVI 344 p. L. 2,50.
Semplici i temi e semplicemente
trattati, cioè in una forma plana e
schietta e con molto sentimento di
pietà. È una lettura soda e raccoman-
dabile specialmente alle pie signore.
per le quali questo ritiro spirituale
fu composto dall'insigne autore Mons.
U. Franco, tanti anni or sono, ed ora
opportunamente pubblicato a cura del
benemerito D. G. B. Cinquetti.
LEON RIMBAULT, miss. ap. — Les Vaillaotesdu devoir. Éludes fé-
minines. 2* ed. Paris, Téqui, 1907, 16^ 408 p. Fr. 3.50.
Il eh, A. esordisce con una con-
ferenza fondamentale sul dovere, di-
mostrando la gloria riposta nel bene
adempirlo. I titoli delle altre sette con-
ferenze sono ordinatamente : celleaqui
pensent, celles qui vibrent,... qui ai-
meìit,,.. quiplenrent,... quipriettt, ..
qui iravaiUent,... qui lutient. Que-
st'ultima è al tutto stupenda. La donna
deve lottare, non già con le armi, come
Giovanna d'Arco, ma coU'intelligen-
za, coU'energia, collo zelo, colla pru-
denza e sopratutto coìV unione che
fa la forza, e vale a combattere tanti
elementi esotici di degenerazione e di
corruzione rainaccianti il vero patriot-
tismo e la nostra fede. Il libro si
chiude con una preziosa appendice:
Lesfemntes de France, e sono quattro
eroine cristiane: Genoveffa, Clotilde,
Bianca di Castiglia e Giovanna d'Arco,
La prima vi è figurata quale mirabile
esemplare delle vergini ,che volontaria-
mente rimangono nel secolo; la seconda
qual modello edificante di donna che e-
sercita un apostolato cristiano; la terza
come tipo di madre cristianamente e-
ducatrice; e l'ultima finalmente quale
impavida eroina della patria e della
Chiesa cattolica.
La bontà delle dimostrazioni e la
forma letteraria, sempre piena di brìo
e di estro or.itorio, rendono il libro
assai proficuo ed attraente.
ORATORIA - PIETÀ
3i9
F. M.* PARISI, barnabita. — Gesù Cristo. Discorsi. Napoli, Ron-
dinella, 1906, 16S 360 p. L. !2,50.
Pure facendo qualche riserva su certe
autorità che si adducono in prova e
L'eloquenza smagliante del eh.
p. Parisi grandeggia in queste pa-
gine, ben più che non £Eiccia nei suoi
discorsi morali (Cfr. Oiv. Cati. 1906,
II, 472). Talvolta Targomentazione in
difesa delia verità suppone obbiezioni
piuttosto antiquate: segno che i di-
scorsi non sono di fattura recente.
che forse sarebbero più acconce al-
lo scrittore che non al sacro oratore,
diremo che il complesso di queste
prediche è frutto di zelo sacerdotale
sincero, atto ad illuminare le menti
ed a commuovere i cuori.
Mons. C. MOLA., Vescovo di Foggia. — Brevi discorsi morali. Na-
poli, Artigianelli, 1907, 8" 336 p. L. 3.
È un libro di modeste sembianze,
ma è la modestia del vero merito,
perchè sotto le dimesse apparenze
di questi « brevi discorsi » si asconde
ricca sostanza di dottrina sana, soda,
nutriente: un vero pane dell'anima.
Le più belle e solenni verità, spe-
culative e pratiche della nostra fede
formano la materia prelibata di que-
sti, che rEccelientissimo Autore chia-
ma discorsi non prediche; anche
perchè s'intenda esser fatti non per
dirsi dal pulpito, ma per servire di let-
quelle, che non avendo Tagio di ascol-
tare in chiesa la viva parola di Dio, la
potranno trovar qui, sempre, in queste
pagine, scritte appunto per servir di
«quaresimale in famiglia». Né noi
c'indugeremo a dire se questa lettura,
altrettanto che utile, sarà per riuscire
dilettevole; perchè chi conosce l'aurea
penna dell' illmo mons. Mola, sa quale
attrattiva egli dà a tutto ciò che
scrive — e ha scritto tanto fin qui —
colla grazia e la vivezza d'una forma
sempre, chiara, sobria, leggiadra.
tura alle anime pie. Specialmente a
P. LANIER prétre de Saint-Salpice. — L'Évangile. Les discours et
les enseignements de Jesus dansTordre chronologique. Paris, Beau-
chesne, 1907, 16«, 400 p. L. 3,50.
Libro scevro di pretensioni e spo- con alcune note, e cosi procede fino
gliodi apparato scientifico. Prendendo
a esporre la vita del Redentore dagli
inizi del ministero pubblico, l'autore
riassume brevemente i fatti; di poi
quando ^ìi capita un discorso, una
parat>ola, li traduce alla semplice in
francese, succintamente li rischiara
all'Ascensione di Gesù e alla discesa
dello Spirito Santo su gli Apostoli.
Certamente è questo un lavoro che
produrrà frutti di edificazione in tutte
le anime di buona volontà; e ciò basta
perchè noi auguriamo all'opera la
più larga diffusione.
Mons. A. CARON, vescovo coadiutore di Ceneda. — Messa e Officio.
Dono ai novelli sacerdoti, Vicema, Galla, 1907, 8<*, 80 p. Cent. 60.
L'eccAo autore presenta ai neo-
sacerdoti questi pii ricordi, così come
gli sgorgano dal cuore. Egli parla
della santa messa e ne spiega parti-
tamente il canone; percorre l'officio di-
vino e dà alcune notizie storiche che
lo riguardano Ma non è da cercare
qui entro sfoggio di erudizione scien-
tifica, come avverte lo stesso autore,
sì bene pie osservazioni e sodi avver-
timenti a fine d'infervorare i novelli
sacerdoti ed eccitarli a bene compiere i
due quotidiani ministeri di nostra san-
tificazione, quali la mes a e T officio.
t
Il P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANCO S. I.
In sul principio di questo nuovo anno dobbiamo segnalare una
nuova 0 dolorusn perdita nella famiglia degli scrittori della Civiltà
Citttoìica, Il piti anziano tra noi, il P. Giovanni Giuseppe Franco,
ci \m lasciati per una vita migliore il 15 di gennaio a un'ora dopo
In n\e//.anotte, in età di otlantaquattro anni quasi finiti, chiudendo
con una morte tranquilla una vita spesa nelle opere dello zelo, nel
di'siderio incessante del bene. Questo, si può dire con verità, fu il
distintivo di quel carattere serio, profondamente pio, benigno e ama-
bile nella sua religiosa riservatezza, il quale non conobbe ambizione,
non peixiette tempo, lavorò senza tregua e senz* ansietà. Qua-
ranta e più anni de* suoi migliori egli dette all'opera della buona
st.^mpa nella iH^llaN^razìone ordinaria alla Civiltà Cattolica, cui fu
assegnato dai superiori tìn dal t8t>3, e che servì fedelmente, rive-
sttMulo ivp Tamonità del racconto e cini la vivezza d*uno stile festoso,
forl»;to e spigliato, ^a difesa della rt*ligione e della morale, i grandi
pt^M S'ori de!!a sua vita.
lUovciuni Kriinov^ fratello al P. Secondo salito in tanta fama
jvr lei prx\i\\ir orc\ trji UAto di cìvi'.e fd^r^iìa il 2f> gennaio Ì8i4
A Tor v^ vìv^e frxs;.;e:::ò ptT dloutil a:::*ì le souole deite del Car-
;u. 'e, U'::;.:e A .orci via" ^e:>u lì. e fu jkv*vo*/o crll'cnìia^f stesso, che vi-
\,i'^*'.^ ^wsiivrAxji. AMH^oa per V go^icetta ecà gli fu consoli ti to.
a o^ *^ Aj?.*^:o iNvS. Kji::o t»*' .a t^ovoiji c-::à d: Ch*eri :ì primo ti-
rvv •» V* e ^ !.•-"»» :ii: :.v\ »»nì' « T^^'-'o .tu- * i- •» «.^««^--Pa, ne!* 'autunno
vL'* *^r* i\ts<v^ ji N vAr* a *-s%?^t.ire !e'.ter\t.:ra :a qa^l collegio.
:it»vV'»,* !^u<>i'' 'vt ie'*A 0,*-"M^' jk. i«t-^"e"nr«f ?<: «jr: ^rarde alacrità
■ ^ ' •*• ~. - .^-i' e<^-v '• "':/.--.i-*. •:*■*•* 1 or.1 •-"csC'i.TiJLTir-O. «i: pub-
* <.v>i. ;^ s.t^^ .:'•.<„' '^■■". :*•.*!•• •'.'- M"!t_" 5^«: •"! 'l'zx co-
• .-^ •« Ji • • i ; " .' . ' .1 jl:-: >M":; :*: i o >t'^«:\' p^- .'i*.': delle
i «r -• aNs- . *- V': "• 1. JL va" • i":'-'*-? 1-. v- - 1 -«:! trarre
* -V - ' ,' ' . > .' ', -^-' L • ^ r-'.* ì- L Tt-iji; ■? '«f .1. .-*::i*ra-
.1 ^ w jk A • i,- X ^'^< ;, .v' :>*. *• 1 :»: ii- i :c i ;ie>:' -. Ji «eap:
*■ • • t 1 nr X '. ^ 1 ■ . :v : r? 1 •-••fi.- ir.:', nie .XìC^. ^•■- 1. acqui-
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'' *>*» " • 1» ' A :v . ■»c; i V c'^nrt :ir*i *S*^. soorarre-
IL P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANGO 8. I. 351
pagatasi la rivoluzione nel vicino stato di Parma, egli dovette va-
gare per diverse città, ospite di benevole persone, finché potè rifu-
giarsi in Francia nel giugno del 1848. Nondimeno tutti quei tram-
busti al giovine vivace religioso non avevano levata la calma dello
spirito, né l'avevano distratto dal pensiero, che Taccompagnò fino
agii ultimi suoi giorni, di prevalersi di tutte Toccasioni per istruirsi,
visitando i monumenti delle città e le rarità dei paesi, come le isole
Borromee, la certosa di Pavia con le sue ricchezze d*arte e di gemme,
osservando a Parma un ecclisse di luna dalla specola di quel col-
legio, appuntando brevemente ogni cosa notevole ne' suoi diarii.
Avanti però di valicare le Alpi, fra tante incertezze e sconvolgi-
menti aveva egli avuto dai superiori le opportune facoltà per or-
dinarsi sacerdote, quando prima gli venisse fatto; il che in quei
giorni agitati non era cosa agevole; ma come a Dio piacque, egli
ottenne il suo intento a di 4 di giugno 1848 in Vercelli, per mano
di quell'insigne prelato e apostolo di carità, che fa l'arcivescovo
monsignor D'Angeunes. Cosi consolato e forte della nuova robu-
stezza che gli dava il carattere sacro, s'affrettò di passare i monti, e
per la Savoia, per Lione, pel Rodano, visitando i santuari, osser-
vando, notando, si condusse a Vals presso il Puy, ed in quella casa
di studio della Compagnia di Gesù offri a Dio le primizie del suo
sacerdozio nella festa di S. Luigi, il ^1 di giugno. Ripreso colà
lo studio della teologia, prima a Vals poi a Dole ne) Giura, nel 1850
andò a continuarlo a Lovanio, passando prima a Parigi due mesi
dell* estate.
Questi egli dedicò ad uno studio, pel quale ebbe sempre un sin-
golare interesse, alla botanica, intervenendo alle pubbliche lezioni,
frequentando spesso il Jardin des plantes, e s' impratichì bene, mas-
sime nella botanica sistematica in cui ebbe dappoi notevole fami-
gliarità e sicurezza. Anche il Belgio forni al P. Franco ampio campo
d'istruzione, prima negli studi sacri, a' quali attendeva principal-
mente, e poi ne' monumenti, nei numerosi stabilimenti scientifici,
nell'industria quivi largamente sviluppata.
Compiti colà gli studi e l'ultime prove della religione, tre anni
appresso rientrò in Italia, per Parigi, Marsiglia e Genova, ed indif-
ferenti incarichi d'insegnamento e di predicazione, a Massa, a Reggio
di Calabria, a Napoli, ebbe occasione di scorrere la penisola da capo
a fondo e conoscere quel paese, donde doveva trarre in seguito tanti
elementi, ricordi, imagi ni alla sua vena letteraria Ritornato a principio
del 1857 a Massa, e occupato in predicazioni diverse per la Garfagnana,
la Lunigiana e la vicioa Toscana, nell' autunno fu inviato a Bastia
in Corsica, restando in quell'isola poco meno di sei anni, quasi
senz' interruzione. Nel vigore delle sue forze, la percorse predicandovi
352 IL P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANCO S. I.
missioni e faticando in varii ministeri, senza dimenticare quello della
penna, che fruttò alcuni racconti, indizio d' un' attitudine, che poco
stante ebbe più largo campo d'esercitare.
Chiamato infatti dai superiori in Italia e venuto a Firenze, indi a
Roma, il i2 novembre del 1863 entrò a parte della redazione della
Civiltà Cattolica, che non lasciò più, se non per passare, come spe-
riamo, alla beala dimora del cielo. Questi furono per un uomo dello
zelo e deir attività del P. Franco anni pieni, ancora più dei prece-
denti. Anzitutto l'occupazione assidua dello stendere per la C. C. i
racconti del Tlgranate (1865), Simon Pietro e Simon mago (1867),
La Campana di Don Ciccio (id.), I Crociati di S. Pietro (1868 s.).
La Savia e la passa (1871), I cuori popolani (1872), Le vie del cuore
(1873 8.), Le gemelle africane (1876 s.). La sposa della Sila (1878 s.)
Gli spiriti delle tenebre (1880 s.). La contessa internazionale (1884 s.).
Massone e massona (1887), Le diavolerie del secolo passato (1890 s.).
Al dimani del Diluvio (1892 s.), oltre una quantità di articoli e di
trattazioni seguite e staccate, che venne pubblicando nel periodico,
sulla massoneria e sullo spiritismo massimamente, sull'ipnotismo,
i presentimenti e le telepatie, e cose simili. Argomenti pieni tuttora
di mistero e irti di difficoltà senza fine ; dove non è meraviglia che
s'armasse di diffidenza uno spirito retto e zelante come il P. Franco,
il quale per la lunga pratica del ministero, e per con6denze avute,
era anche troppo esperto degli effetti deplorabili di quelle cause oc-
culte, qualunque ne voglia essere la natura.
Ulndice generale della Civiltà Cattolica (Roma 1904) può dare
un'idea più adequata, che questa rapida enumerazione, dell'attività
letteraria del P. Franco; i lettori che per tanti anni ne seguirono
con interesse le pubblicazioni, come i non pochi altri che scorsero
le pagine di quei racconti ristampati a parte in frequenti edizioni, tutti
sanno quanta istruzione vi sia racchiusa sotto l'amenità di una no-
vella più o meno intrecciata. I romanzi del Franco si potrebbero
Forse annoverare ad un genere intermedio tra i romanzi così detti
a tesi e i didascalici; giacché l'autore tra svariatissime avventure im-
maginarie, talora sul filo d' un fatto reale convenientemente dissi-
mulato, ha sempre di mira alcuna tesi o morale, o religiosa, o po-
litica, e la propugna o la espone, chiamando in aiuto la storia, l'ar-
cheologia, le scienze filosofiche e teologiche, ed anche le fìsiche di tutti
i rami. Nelle vie del cuore p. e., che sono certamente uno dei migliori,
egli svolge la controversia cattolica contro il protestantesimo ; nelle
Gemelle africane, l' apologia cristiana ; I Crociati di S. Pietro sono
una storia della guerra contro Roma, che terminò colla battaglia di
Nfentana nel 1867, per la quale attinse tutti i particolari agli ar-
chivii di Stato fattigli aprire dal papa Pio IX, senz'eccezione; il che
IL P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANCO 8. I. 353
conferisce allo scrìtto un valore speciale, e gli valse il merito della
traduzione in varie lingue. I tre volumi, oggi interamente esauriti,
sono ricercatissimi.
Ck>si durante il Concilio Vaticano il P. Franco era stato impie-
gato dal Papa per la edizione della Summa Coneiliarum brevissima,
che seppe di poi essere di Mons. Fessler, segretario del Concilio ; e
fu similmente teologo del vescovo di Urgel Mons. Caixal y Estradé,
e procuratore di Mons. Gelabert y Crespo vedovo di Parano. Col
quale ultimo titolo intervenne nella tribuna alla sessione quarta, in
cui fu definita rinfallibilità pontificia; solennità ch'egli, quale te-
stimonio di veduta, potò poi descrivere eoa vivi e veraci colori nella
Contessa intemasianale.
Da tutto questo per altro non si potrebbe ancora argomentare
appieno l'operosità del venerato e caro collega, che testé abbiamo
perduto. Tra rincalzarsi continuo di tante stampe e ristampe, men-
tre la vivace fantasia a servigio d' una mente calma e serena lavorava
architettando nuove forme da rivestire le lezioni del bene, da di-
fendere i dirìtti del vero, Tuomo apostolico non riposava mai, anzi
colla direzione delle coscienze e colla predicazione empiè, si può
dire, tutti gì* intervalli de* suoi giorni. Non l'avremmo creduto noi
stessi, se non avessimo ora sott' occhio gli appunti autografi del ruo
diano: per quarantanni interi, dal 1863 a tutto il 1903, lo troviamo
occupato o in Roma o in Firenze (dove risiedette colla Direzione del
perìodico dal 1871 al 1887) per le chiese e per le comunità religiose
delia città, pei seminarìi, nelle adunanze del clero, nelle congrega-
zioni della gioventù e delle signore, per varii sodalizi, massime col
dare gli esercizi, nei quali aveva speciale valentia ed era gustato
pel suo senso pratico. Cosi egli operò per quasi tutta l'Italia indefes-
samente, in Roma e nei dintorni, in Firenze, nel chiesino di piazza
Strozzi, oggi demolito, allora frequentatissimo, e in tutta la Toscana,
neir Emilia, nel Veneto, in Lombardia, in Piemonte, in Liguria, negli
Abruzzi e in Calabria, finché il peso degli anni lo costrinse a riposo
nella sua stanza, senza che valesse a spegnere in lui il desiderio
di lavorare per Iddio e pel bene delle anime.
E seguitò a lavorare col consiglio e con l'esempio delle più esi-
mie virtù religiose, d'una pazienza inalterabile, d'una perpetua equa-
nimità, d'una inesauribile carità pei poverelli, d'una singolare deli-
catezza di coscienza, che traspira come delicata fragranza da' suoi
appunti fuggitivi, non intermessa mai dagli anni giovanili fino al-
r estremo della lunga età. Uomo di zelo grande, se s'indegnava
delle iniquità presenti, delle ribellioni contro Dio e la sua Chiesa,
del lavoro corrompitore della gioventù e della società, non poteva
sostenere in cuore malevolenza verso nessuno, né tanto meno sulla
1908, voi, 1, fase. 1388. S3 25 gennaio 1908.
354 IL P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANGO S. L
lingua. Uomo di fede antica, d'antica austerità di pensare, era al
tempo stesso largo e giusto estimatore dei progressi moderni, oe
godeva e ne ragionava con compiacenza, e fino a pochi giorni avanti
di morire teneva dietro alle novelle invenzioni percorrendo la stampa
periodica, intere8sand*>si di tutto sinceramente. Cosi trascorse questi
ultimi due anni, leggendo, pregando, edificando, sofifìrendo in pace la
debolezza e le infermità, per cui si estingueva a poco a poco una
vita lunga, santa, operosa.
L'affetto e la venerazione nostra piti schietta lo ha accompagnato
alla tomba; ma la sua memoria rimane in benedizione presso di
noi, presso tanti da lui beneficati nelle loro miserie e sollevati
nelle necessità dello spirito : rimane e sopravvive negli scritti, dove
non è una sillaba che non sia stata scritta per la cansa dì Dio.
Sorte veramente invidiabile!
R. I. P.
PUBBLICAZIONI DEL P. GIO. GIUSEPPE FRANCO S. I.
Tre racconti. Torino, 1862, in 16».
Le Cospiratriei. Torino, 1863, in 16o.
Beniamina, Roma 1863.
Aurora. Roma 1863.
Tigranaip. Raccoiìto storico dei tempi di Giuliano apostata. 3* ed. 1883,
due voli. 8.
Sei racconti. 5» ed. 1886, 16.
Id. Versione francese di tre racconti. 1863, 16.
Simon Pietro e Simon Mago. Leggenda. 1868, 16.
La ramfyana di Don Ciccio. Novella. 6* ed. 1900. M.
/ Crociati di San Pietro. Storia e scene storiche della guerra di Roma
Tanno 1867. 2» ed. 1869-1870, 8, tre voli.
Los Crtizndoa de San Pedro. Traduz. spagnuola di I. M. CaruUa. Madrid
1870-71, 4 voli.
La savia e la [Kizza. Racconto storico del principio del secolo XIX. 2» ed.
Modena, 1872-73, due voli. 16.
I cuori popolani. Novella. 3* ed. 1889, 16.
Le vie del cuore. Racconto di ieri. 6» ed. 1889, due voli.
Le gemelle africane, 4* ed. 1892, due voli.
La sposa della Sila e la gente ammodernata. 3* ed. 1898, 8.
Gli spiriti delle tenebre. 2» ed. 1882. due voli.
Id. Edizione illustrata. Milano, 1887, 4.
. Id. Versione spagnuola. Barcellona, 1888, 4.
IL P. GIOVANNI GIUSEPPE FRANCO B. I. 355
La contessa iniemaeionals, 2* ed. 1886, 8, due voli.
Massone e massona descritti dai documenti autentici dei settarii. 2* ed.
due voli. 8.
Le diavolerie del secolo passalo, 2* ed. 1891, 8.
Al domani del diluvio. 2« ed. 1893, 8, 512 p.
Lo Spiritismo. Manuale scientifico e popolare. 4* ed. 1907. 8, 514 p.
Id. Trad. francese par A. Onglair. Bruxelles, 1894, 16.
Idea chiara dello spiritismo. 1885, 8, 60 p.
Stalo dello spiritismo nell'anno 1892. 1892, 8, 36 p.
Nuove bugie sullo spiritismo. 1890, 8, 16 p.
L'ipnotismo tornato di moda. Storia e disquisizione scientifica. 4» ed. 1899,
16, 544 p.
Id, Versione spagnuola. 2* ed. Barcellona, 1888, 16.
Id. Versione francese par M. Villi brs.
Un quesito d' ipnotismo. 1894, 8.
L^ ipnotismo e i suoi fenomeni volgari, medii, superiori. 1898, 8.
Pickman e Lombroso a Torino, ossia Tipnotismo chiaroveggente, 1890, 8.
La nuova teoria delle suggestioni destinata a spiegare l'ipnotismo, ll>.
Presentimenti e telepatie. Disquisizione scientifica e popolare. 2* ed. 1900, UJ.
L'Orbe cattolico al pontefice Pio IX pel suo giubileo sacerdotale, 24»
Catalogo di libri per le famiglie colte ed oneste. 1892; 1897, due volL
Lourdes vero. 1903, 24.
/ diritti degli animali. 1904, 8.
CRONACA CONTEMPORANEA
Boma, 10-23 gennaio 1908.
I.
COSE ROMANE
1. Apertura deU'anno giubilare di Sua Santità Pio X — 9. Circolare della
Commisalone dei festeggiamenti alte Figlie di Maria. — 3. Dono pre-
aioeo alla Chiesa di S. Agnese al Circo Agonale. — 4. Ricevimento del-
r Ambasciatore di Germania presso il Vaticano.
1. La sospeaslone di una gran parte dei pellegrÌDaggi, che do-
vevano allietare in Roma quest'anno giubilare del S. Padre, non
deve avere per conseguenza anche la soppressione di ogni festa e
di qualsiasi esteriore manifestazione di figliale pietà. Anzi con mag-
gior fervore è uopo insistere perchè dappertutto i Comitati istituiti
per la celebrazione del giubileo sacerdotale del Papa divinilo opere
e funzioai pubbliche, airintento di ravvivare in questa fousta ricor-
renza Tamore alla S. Sede. E Roma ha già sentito il dovere di dame
a tutti Tesempio. Infatti il Conùtato romano dei festeggiamenti, con
un manifesto affisso largamente per le vie« designava i giorni 17, 18
e t9 gennaio testé decorso ad un solenne trìduo nel tempio fame-
sì ano del Gesi^, come inìzio augurale di quest'anno 1906, in cai al
19 settembre si compirà il cinquantesimo anniversario delia prinw
Messa celebrata da Nostro Signore Papa Pio X n^la chiesa parroc-
chiale di Riese sua patria.
Il manifesto bellissimo rammentava il dovere, che di andare in-
nanzi a tutti i cattolici delPorbe nella sincerità e cordialilà dei fe-
ste^amenti hanno i cittadini di Roma, « la cui storia gloriosa é
strettamente coUegata colla vita e grandezza dei Pontificato ronano».
Assai opportuoameute poi nel manifesto medesimo si accmnaTano
j^c.ì ^é*fmi destini dì Rosia che « attrassero in ogni tempo la mente
ifi il cuore dx?glì spiriti eletti », con felice contrapposto ai iMiort
fi»fs*^ini per ca^'oQ dei qudU in un altro grande aanìlesto, aottoserìtto
vìaI Sìc^iaco dì Roroa E. Natbaa e dal Sindaco dì Torino Sen. Frola,
er;» caMe^rtata U celebrazione del ci aquant esimo aanirersario della
proclamai io e e di Roma cap tale. Noci ìstaremo a dire, dei destini
•••»«,»ci e de^ìi >;t^mL quali nie^iio sorridano alla grandczia di Robe»,
GOSB ROMANE 357
e se nella mente e nel cuore degli spiriti eletti a Roma valga maggior
estimazione il titolo di capitale della nuova Italia datole a Torino
il 27 marzo 1861 o quello di caput gentium, cioè di capitale dei
mondo, conferitole da Dìo e confermatole da venti secoli dì storia.
Fatto è che i cattolici romani, risposero con mirabile slancio di
devozione all'appello del Gomitato per il giubileo, mostrando di tener
fede ai destini etemi di Roma. Tutte le sere del triduo il Gesti fu
aCTollato come nelle maggiori solennità ad ascoltare i discorsi del
P. Zocchi S. I. che predicò nei primi due giorni sulla, paternità pa-
pale e sulla Cattedra di S. Pietro, e deirillibo e Revibo Monsignor
Paolo Maria Barone, arcivescovo titolare di Melitene, che ragionò del
giubileo sacerdotale nel terzo giorno, cioè la domenica 19 gennaio.
Gli Eminentissimi Cardinali, Rinaldini, Samminiatelli e Respighi
Vicario Generale di Sua Santità diedero successivamente la benedi-
zione col Santissimo Sacramento, assistiti nel primo giorno dal Col-
legio Pio latino americano, nel secondo dal Collegio leoniano e da
una rappresentanza del Collegio germanico, nel terzo dai due Semi-
narli Romano e Pio e dal Collegio germanico. Al solenne Te Deum,
cantato nella chiusa del triduo, l'altare maggiore del Gesù, già stu-
pendamente illuminato da una moltitudine di lampade elettriche, era
divenuto un mare di luce per le centinaia di torcie dei rappresen-
tanti di tutte le associazioni cattoliche romane, del Comitato romano
e del Comitato centrale del giubileo di Sua Santità. Sublime mani-
festazione, che commosse il cuore del Papa, massime per la sua
grande spontaneità e perchè sì parve troppo evidente che tutte le
classi della cittadinanza avevano espressamente voluto cogliere questa
occasione per palesare i loro sentimenti dì figli al venerati ss imo ed
amatissimo Padre. È quindi a sperare che andrà crescendo non solo
in Roma ma in tutta Italia e nelle altre nazioni cattoliche il sacro
entusiasmo delle feste giubilari.
2. La commissione per il Giubileo del S. P. Pio X ha diramato a
tutte le Pie Unioni delle figlie di Mariana seguente circolare:
Com'era già stato annunziato, per desiderio dell* E&o Cardinal Vicario,
il giorno 9 corr. si sono riuniti a plenaria adunanza i RR&i Direttori di
tutte le Pie Unioni delle Figlie di Maria di Roma, aggregate ai tre centri,
della Primaria di sant'Agnese, delia Prima Primaria di sant' Ignazio e della
Congregazione della Missione di Parigi.
Di comune accordo pertanto s'è stabilito che, dentro il prossimo mese
di Febbraio — in cui cade anche il cinquantesimo anniversario dell'Appa-
rizione di Lourdes — in quel giorno che tornerà più comodo, dietro speciale
invito che i RRi&i Direttori rivolgeranno alle singole ascritte, ciascuna Pia
Unione — nella propria sede — terrà solenne adunanza, nella quale, chi
vorrà, si accosterà alla Santa Comunione; tutte insieme pregheranno pel
S58 CRONACA CONTEMPORANEA
Sommo Pontefice, e il Rnio Direttore pronunzierà un discorso sul Papa e
liul Giubileo. Di quanto verrà praticato in siffatte adunanze e del numero
delle intervenute, le segretarie avranno la compiacenza di inviare al più
presto una succinta relazione alla Commissione, perchè si possa renderne
informato lo stesso Santo Padre.
Questa adunanza dovrà servire come di preparazione alla solenne udienza
che Sua Santità sì degnerà concedere alle Pie Unioni delle Figlie di Maria
dì Roma e suburbio ed ai RRAi Direttori delle medesime. In tale propizia
occasione si uniranno anche in ispirito tutte le Pie Unioni delle Figlie di
Maria del mondo cattolico e verranno rappresentate presso il Vicario di Geeù
Cristo dalie Pie Unioni di Roma e specialmente dai RKAi Direttori generali
dei singoli centri sopraindicati.
Nella suddetta riunione dei Direttori vennero anche, di pieno conaensoa
jiccettate alcune altre proposte della Commissione, che potranno recare pe-
renne vantaggio alle singole congregate, alle loro famiglie e alla società, e
che qui brevemente si accennano:
i.^ Invece di tenersi — come di ordinario — una sola riunione men-
sile, ciascuna Pia Unione d*ora innanzi, come già talune fanno, procurerà
di averne duo in ogni mese — in quei giorno e in quell'ora che si crede-
ranno più opportuni — perchè il Direttore possa svere agio di tener confe-
renze religiose, morali e sociali adattate all'uditorio e alle circostanze dei
tempi.
2.0 Le singole congregate si adopreranno con zelo ardente per opporsi
alle cattive letture e diffondere la buona stampa nelle famiglie e nella so-
cietà. A tal uopo, quelle Pie Unioni che hanno già una biblioteca circolante
cercheranno di vieppiù arricchirla, e quelle che non V hanno procureranno
di fondarla. Questa biblioteca, qualora fosse abbastanza copiosa ed impor-
tante, potrebbe essere intitolata dal nome dell'augusto Santo Padre Pio X.
Inoltre, ciascuna Pia Unione, dovrà fornirsi dì un relativo numero di copie
del « Foglio Volante » che si pubblica in ogni bimestre per cura dell' Unione
Popolare fra i cattolici d'Italia, affinchè le Figlie di Maria l'introducano
nelle famiglie. Tali copie si potranno avere, a prezzo tenuissimo, rivolgen-
dosi al Vicariato di Roma.
3.0 Da ora in poi le riunioni dei RRmi Direttori si ripeteranno perio-
dicamente, affine di trattare insieme quanto si crederà necessario od oppor-
tuno per il bene e V incremento delle Pie Unioni.
3. Coo pompa straordinaria e maggior coocorso di popolo qua-
si anno si è celebrata la festa delia martire romana S. Agnese nei
suo splendido tempio al Circo Agonale. Era la prima volta che io
quella chiesa, che pure era priva d'una reliquia della santa giovi-
netta, si esponeva la sua testa dono del Santo Padre, rinchiusa in
una preziosa ed artìstica custodia offerta dal magnìfico Cardinale
protettore Emo Rampolla. Accompagnava il dono del Sommo Pon-
tefice una lettera al medesimo signor Cardinale nella quale si dichiara,
che quindi innanzi il tempio avrà in custodia il sacro deposito, ri-
OLanendo il dominio di esso e del T urna che lo rinserra presso lì
COSE ROMANE 359
Sommo Pontefice ed i suoi successori. Ecco la lettera nel suo testo
originale.
Dilecto Fato Nostro Mariano Titulo S. Caeciliae 8, R. E, Presi). Card.
Rampolla Del Thtdaro,
Plus PP. X.
Bilecte Fili Noster, saluiem et apostolicam benedictionem. — Hagnae
virgìnis Aedem, quae in Foro agonali eet, nihil possi dere oognovimus 4e
exuvlis Martyris sanctissimae : idque eo mirum magis vìderi debet, quod
nobilissima Aedes eo ipso loco est aediflcata quo Puella insigne omnique
aetate celebratum martyrium fecit. Hanc ob rem piacuit No bis ipsum Hagnae
caput, quod antehac ad Lateranum in augusto Sanctissimi Servatoris sacello
asservabatar, postmodum in praedicio Tempio, Deo in honorem aanctae
Hagnae dicatum, aaservaiidum concedere, kl ubi Tu audi visti, qui eidem
Tempio praees, munificentia qua poUes, oblulisti Nobls ditissiroam a eque
atque operis praeelari thecam, in qua saerum Caput inciuderemus. De sum-
ptuoso munere et gratias tibi agimus et laudes amplissìmas imperUmus. —
Habeto igitur Hagnae sanctissimae venerandum Caput, quod in theca a te
oblata Nos ipsi collocavimus. lllud tamen sic memorato tempio servandum
palamque proponendum adhibuimus, ut et sacri Pignoris slmul et conti-
nentìs Thecae dominium integrum ac perfectnm sit penes Nos ac Suceee-
sores NostroB RoBianos Pontiflces. — Peeuliarìs Nostrae benevolentiae testoni
et jaunerum divinorum auspioem, apostolicam benedicUonem Tibi, Dileete
Fili Noster, amantissime in Domino importi mus.
Datum Romae die XIX Januarii MCHVIU Pontificatus Nostri anno quinto.
Plus PP. X.
4. Il giorno 15 gennaio il nuovo ministro plenipotenziario della
Prussia von MUhIberg si recò in Vaticano per presentare le lettere
credenziali del suo governo che gli affida la missione diplomatica
presso la Santa Sede. Egli fu ricevuto con gli onori dovuti al suo
grado da Sua Santità nella sala del trono, e poi a privato colloquio
nel gabinetto particolare del Papa. L'udienza fu cordiale e i discorai
ispirati al vicendevoli sentimenti di concordia e al desiderio di man-
tenere le migliori relazioni, fecero svanire tutte le supposte ra-
gioni di dissidìì e le numerose insinuazioni messe in giro in questi
ultimi giorni. Il colloquio nel gabinetto privato prese un tono di
maggiv^re affabilità: il Papa domandò notizie della salute di tutti i
componenti la famiglia del Kaiser e commise al nuovo ministro i
suoi saluti per la famiglia imperiale.
Quelli che commentarono il ricevimento dell* inviato geimanico
notarono che sebbene due quistioni potrebbero ostacolare le buone
relazioni tra il Vaticano e il governo tedesco : la questione Polatxa
e Tattuale posizione del centro, pure per la prima si finirà con con-
vìncersi a Berlino della inutilità dì una politica che tenderebbe ad
esìgere cosa che il Vaticano non piftrebbe concedere, e per la sec tiida
360 CRONACA GONTEMPORANBA
essendo note le intenzioni di Roma di voler essere estranea alla
lotta politica attuale fra il Centro e il Governo, anche accendendosi
di più la lotta, le relazioni diplomatiche non verrebbero a turbarsene.
Il nuovo ministro si recò a visitare TEibo Card. Segretario di Stato
Merry del Val e il giorno seguente i signori cardinali di Curia,
la sera poi nell'appartamento del segretario della Legazione ricevette i
cattolici tedeschi residenti in Roma.
n.
COSE ITALIANE
1. Scontro di Lugh nella colonia del Benadir. Agitazione nella penisola. —
S. Neir inaugurazione delPanno giudiziario alla Corte d'appello di Roma.
— 3 L' insegnamento religioso nelle scuole, votazione dei muoicipii di
Torino e di Roma. — 4. Ultimo disastro ferroviario. — 6. Morte del
Granduca di Toscana.
1. Mentre una calma generale sembrava regnare nel mondo poli-
tico della penisola un grido si levò del reggente dalla colonia del
Benadir dove un improvviso combattimento era avvenuto il 15 di-
cembre nella località di Bagallei presso Bardabe sulla strada Lugh-
Revai. Una mano di predoni abissini aveva assalito la guarnigione
di quel passo avanzato sul Giuba nell* interno della Somalia: peri«
rono nello scontro alcuni ascari e i capitani Bongiovanni e MoHnari.
L'occupazione da parte italiana non impedisce che quasi periodi-
camente i capi Abissini del sud ne saccheggino il territorio. Que-
sta volta il presidio richiesto d'aiuto dalle tribti Baidoa e dalle
carovane che erano state attaccate dagli abissini pensò ingaggiare il
combattimento con 250 ascari contro una banda forte di ottocento
fucili. Menelik venne informato del fatto dal rappresentante italiano
di Àddis-Abeba conte Colli di Felizzano, e se ne mostrò sincera-
mente addolorato chiamando responsabile dell'accaduto il capo ri-
belle e diede assicurazione che il funesto incidente sarà composto
serenamente che i ribelli verranno puniti e costretti a indennizzare i
danni. L'incidente, dice il Giornale dei Lavori pubblici, ha fatto
comprendere alle potenze firmatarie del trattato Etiopico che, la-
sciare aperta la quistione della delimitazione dei confini verso la
Somalia italiana ed inglese può costituire un pericolo permanente:
frattanto nei trattati con Menelick per ottenere una soddisfazione
le tre potenze agiranno d'accordo anche per la risoluzione della qui-
stione dei con 6 ni.
Fuori di questo incidente di frontiera che servi di tenia per pa-
recchi giorni alla prosa dei giornali già disposti a prevedere una
guerra col negus ^ nulla venne a turbare la pace pubblica se non forse
COSE ITALIANE 361
le solite beghe der sindacalisti e riformisti tra le varie fazioni del so-
cialismo che si COI tendono la supremazia nelle Camere del Lavoro; alle
quali beghe presero parte anche i ferrovieri, mentre stavano per discu-
tersi a loro carico nuovi processi dopo la deserzione dello scorso ot-
tobre. A Ruvo (Puglie) dopo una dimostrazione di 8000 contadini
chiedenti la soluzione di alcune quistioni demaniali e i disordini di
due giorni appresso per i partiti locali con 1* ucci sione a pugnalate
di due contadini e ferimenti d'alcuni carabinieri da persone scono-
sciute, furono fatti 30 arresti ed altri più tardi, donde la calma alla
città che dura tuttavia. Mentre a Napoli gli inquilini morosi verso
la società del risanamento continuarono a non volere né pagare i
fitti, né sgombrare prendendo a sassate guardie e carabinieri; a
Palermo i ciechi mendicanti si misero sotto la protezione della Ca-
mera del Lavoro per fare opposizione ad un recente regolamento
che vieta Tacca ttonaggio.
1, Inaugurandosi Tanno giudiziario alla Corte d'appello di Roma, il
sostituto procurator generale Francesco de Blasis pronunziò un di-
scorso molto apprezzato per elevatezza e rettitudine alla presenza di
un uditorio sceltissimo, in mezzo al quale spiccavano il ministro Or-
lando, il prefetto, il sindaco e molti di sentimenti non del tutto consoni
a quelli delToratore. Questi, dopo essersi occupato dei reati contro lo
Stato, passando a quelli della stampa lamentò innanzi tratto, che la legge
onde essa é regolata, — ammessa Tabolizione del sequestro preven-
tivo — sia rimasta con gli antichi difetti dell'editto Albertino del 1848,
cagione di molti disordini. « Da ciò fors'anche promana» prosegui l'ora-
tore « il dilagar di contumelie verso taluni sentimenti che tra noi pos-
sono dirsi il patrimonio dei più. Continuo ed eziandio ributtante suona
l'oltraggio, ma non vorrei che prendendo occasione dalla mancanza del
sequestro, si accusassero le autorità di non far rispettare la religione
con tutti gli altri mezzi dalla legge imposti. Perchè accusarle?
Illegalf oltreché incivile è turbare la coscienza con derisioni scan-
dalose; incivile ed illegale imporre delle credenze nella libertà del
pensiero; illegali ed incivili sono le discussioni non serene fuori
degli ordini della storia e della scienza: e dinanzi ad illegalità il
Pubblico Ministero non resta. Egli ha ottemperato al dovere suo
promuovendo e continuando per quelle offese Tazione penale. Com-
prendo che il mio parlare non appa(2:herà coloro che per il principio
di laicità di Stato credono potere far libito della religione: non ho
che farci, questa è la legge e finché una legge esiste nessuna cu-
pidigia può offuscarla. Guai se l'autorità obliassero che un popolo
che vilipende la religione sia un popolo che non vìve... Noi che più
di altri abbiamo agio di conoscere i fenomeni della colpa... noi più
degli altri possiamo affermare che la credenza nella religione é ri-
362 CRONACA CONTEMPORANEA
tegno ai vizi! e alle cattive tendenze che son fondamento di corrut-
tele e di delitti. » Indagate le cause della criminalità l'oratore ne
passò in rassegna le categorie e notò come i delitti, rimanendoDe
quasi invariata la inteusità, sono in estensione cresciuti in tutto il
regno eoa aumento maggiore e più rapido di quello della popola-
zione, e che gli atti giudiziarii, le sentenze, gli arresti non han po-
tuto rallentare il progredire della delinquenza, né emendare 11,142
recìdivi quanti furono quelli deiranno decorso. Tra le varie sca-
turigini del male accennò a quello delle famiglie nelle quali è rotto
ogni legame, all'infanzia abbandonata a se stessa che cresce alla
corruzione del vizio. Contro questo torrente deve rivolgere la società
i suoi provvedimenti affinchè, saldi gli argini, non continui a mi-
nacciare i campi della civiltà. I rimedii però dall'oratore proposti
per combattere e limitare la delinquenza, specialmente tra i minorenni,
non parvero efficaci, l'esempio di altre nazioni che egli propose eoo
le loro scuole industriali e gli istituti di educazione correzionali non
arrivano ad uccidere il male, come mostrò di opinar l'oratore. È vero
r.he i soli mezzi preventivi non bastano, ma quando i più efficaci
vengono trascurati e combattuti, molto meno raggiungono lo scopo
i mezzi correzionali : non è da credere, e i fatti lo comprovano, che
tutte le volte che si apra una scuola si chiuda una prigione: i fatti
e le cifre attestano l'errore. Non sono mancati gli istituti di edu-
cazione correzionale dei quali si era sforniti anticamente ; ed ecco che
tra noi la delinquenza fra i minorenni è cresciuta con progressione
costante, (n una volta sola a Milano il 10 gennaio erano ^1 di questi
imputati alla sbarra fra i tredici e i diciassette ani\i, tutti di Ma-
genta. Diede meglio nel segno il sostituto procuratore generale alla
Corte d'appello di Torino avv. Bertolini, il quale nel chiudere il suo
discorso illustrò con la evidenza delle cifre la cresciuta delinquenza
giovanile, in rimedio alla quale sempre in via di prevenzione pro-
poneva uua maggior cura nella educazione scolastica. Nella quale
educazione ha parte essenziale l'insegnamento religioso, la cui op-
portunità è dimostrata da inoppugnabili dati statìstici in quanto con
l'attuale sistema dell'insegnamento facoltativo in Torino ben 28,500
padri di famiglia hanno chiesto l'insegnamento religioso di fronte
a 1030 che non Thanno chiesto, dei quali 600 sono acattolici.
3. E degne pure di encomio furono le parole che in tal propo-
sito disse nel consiglio toiinese fon. Palberti. Ai socialisti che, non-
curanti del desiderio dei padri di famiglia, tentavano ottenere un voto
contrario al catechismo « codice di pazienza e di rasseguazione allo
sfruttamento capitalista», l'onorevole s«^natore oppose una franca
dichiarazione.
« La grossa questione delTinsegnamento religioso non può essere
COSE ITALIANE 363
risolta in questa assemblea a base dì con fronti, di regoi aro enti
e di leggi. La città di Torino e il Consiglio comunale devono
porre la questione netta : anche se la legge non V imponesse deve
darsi nelle scuole T insegnamento religioso? Le nostre cosi dette
malinconie, di fronte ai deliri! di quella parte del consiglio... »
Queste parole, narra il Momento, sollevarono nei banchi socialisti
un vero uragano di urla e d'invettive, ma il Palberti tenendo
fronte ai suoi assalitori gridò : « Voi col vostro orgoglio, col
vostro ateismo, col vostro amore libero, vorreste che tutto crol-
lasse». Rossi in viso urlando a squarciagola i socialisti lanciavano
improperi!, ai quali l'oratore imperterrito, « mi compiaccio d'aver
toccato il vostro tasto debole. Dichiaro adunque nettamente, anche
& nome di molti oolleghi, che noi vogliamo T insegnamento religioso
nelle scuole non solo come obbligo di legge, ma come sincera con-
vinzione personale di ciascun consigliere per la sua necessità mo-
rale ».
Lo stesso argomento della istruzione religiosa per la scuola pri-
maria venne portato improvvisamente al Consiglio comunale di Roma
il 14 gennaio, e accettato con 51 voti contro 3 e 5 astenuti un or-
dine del giorno che diceva; « Il Consiglio comunale di Roma fa voti
perchè il governo e 11 parlamento in coerenza alla legge vigente di-
chiarino esplicitamente estranea alla scuola primaria qualsiasi forma
d'insegnamento confessionale». L'on. Giordano Apostoli avanti la
vot€uione osservò giustamente che un argomento di tal fatta grave
e delicato venisse trattato quasi tumultuariamente, cioè senza esser
posto all'ordine del giorno, facendo inoltre notare esser poco defe-
rente un voto del Consiglio del Comune trovandosi la questione di-
nanzi al Parlamento e al Consiglio di Stato. La quistione essere
duplice, cioè, vedere prima se l'istruzione religiosa debba o uo essere
obbligatoria, e poi, se facoltativa, il Comune creda assumersi il ca-
rico di quell'insegnamento. La votazione non ostante qualche pro-
testa fu deliberata per appello nominale, dalia quale l'on. Monti Guar-
nierì disse astenersi per riser(^are integra la sua libertà di discus-
sione in Parlamento, e il Giordano-Apostoli fece altrettanto dietro
le dichiarazioni premesse più avanti. L'organo socialista gridò alla
diserzione di quest'ultimo che pur essendo della maggioranza, dopo
avere sottoscritto il programma fra i cui capisaldi è appunto la lai-
cizzazione della scuola, mascherava al momento la propria astensione
col dire, che iì Comune non si dovrebbe occupare di certe cose. Ma
quello che più lo punge è il pensiero che quei due essendo deputati
faranno chissà qual mossa in parlamento il giorno in cui verrà
portata la questione che tanto agita gli animi colla votazione della
Camera.
361 CRONACA CONTEMPORANEA
Il voto della rappresentanza civica di Roma fu riparato dal voto
della città di Torino con le dichiarazioni solenni (telFon. Tommaso
Villa e del consigliere Bolraida nella seduta consiliare del 15 gea-
naio. Quelle dichiarazioni che riflettevano Tintima convinzione del-
Taaimo furono provocate dalla sfrontata audacia dei socialisti. Dietro
Tesempio del municipio di Roma essi vollero tentare un colpo im-
provviso prendendo occasione dalle spese per 1* insegnamento reli-
gioso in due istituti superiori femminili. Contro le quali presentarono
un ordine del giorno, nel che fare allargarono la questione e pro-
mossero un voto contro il suddetto insegnamento in ogni specie di
scuola. Il sindaco si oppose, e Tordine del giorno rimase nella
cerchia più ristretta per essere volato, pure in tale forma sarebbe
l] voto stato radicale, perchè il punto a cui si era portata la que-
§Uone importava o la compromissione della causa per sempre, o il
suo intero trionfo. I consiglieri liberali Bolmida e Villa, anche non
vofendo esporre intero il loro giudizio intorno alla istruzione reli-
giosa, dichiararono di volerla mantenuta in riguardo alla volontà e
alla coscienza della grande maggioranza dei padri di famiglia, e altri
MbQrali diedero simili dichiarazioni. Cesare Balbo dichiarò che avrebbe
votato il catechismo per fedeltà ai propri schietti e interi sentimenti
cattolici. La maggioranza si conservò compatta dinanzi al pericolo
di qualche scissione per un*accorta dichiarazione del Crispolti Fi-
lippo, e tutti meno uno votarono contro l'ordine del giorno socia-
lista. All'appello nominale 46 risposero no e 12 si, uno il quale si
astenne era israelita.
Meglio di così non poteva essere corretta la civica rappresi^n-
tanza di Roma, che tanto male rappresenta la città nella massima
parte cattolica, con quell'accozzaglia di blocco popolare ubbriacato
di odii antireligiosi.
4. Per colpevole negligenza di impiegati dello Stato il 21 gennaio
verso le 21.30 avvenne un terribile disastro ferroviario presso Milano
al ponte dell'Acqua Bella. Non datisi i segni opportuni, il treno
direttissimo Milano-Roma trovò sul binario il treno omnibus desti-
nato a Bergamo fermo, lo investi alla coda, e l'urto formidabile pro-
dusse lo sfasciamento completo degli ultimi vagoni dell'omnibus, e
la macchina in vesti trice scartò rovesciandosi sul binario laterale :
dopo pochi secondi sopraggiungeva un treno da Pavia che, non ri-
cevuto avviso di sorta, andò alla sua volta contro la macchina ca-
duta sul binarlo, vi balzò sopra con tutta la ferrea mole e vi restò
inclinata.
Allo schianto dell'urto seguirono le grida disperate dei molti fe-
dii e dai rottami furono estratti 7 cadaveri ridotti in uno stato mi-
serando. I primi soccorsi furono apprestati da un medico che viag-
OCSl: ITALIANE 365
giava sul treno di Pavia, e dai PP. Stimmatìni che abitano presBo
il luogo dello scontro, o nella cui casa furono trasportati dei feriti
e dei morti, ed il loro teatrino divenne subito un ospedale finché
non giunsero numerosi militi, i quali alla luce rossastra delie torce
a vento intrapresero un più efficace e rapido lavoro di salvataggio.
È doloroso vedere la azienda delle ferrovie esaurirsi in quistioni di
organici e non giungere a rendersi conto chiaro che ha delle vite
umane in sua custodia.
5. A Salisburgo il 17 di gennaio cessò di vivere per paralisi car-
diaca Tarciduca Ferdinando IV d* Austria-Toscana neiretà di 72 anni,
essendo nato nel giugno 1835, a Firenze, dal Granduca Leopoldo e
dalla principessa Maria Antonietta delle Due Sicilie. Salì sul Irono
di Toscana nel giugno 1859 e ne discese poco dopo per la rivolu-
zione del 1860. In prime nozze sposò la principessa Anna di Sas-
sonia, dalla quale ebbe la arciduchessa Antonietta ed in seconde la
principessa Alice del ramo Borbonico di Parma, e da questo secondo
matrimonio ebbe nove figli, primogenito Leopoldo Ferdinando, e se-
condogenita la principessa Luisa, Tu no e l'altra esclusi oggi dal
prender parte ai funerali paterni. La condotta romanzeschi di questi
figli dei quali il primo rinunziò a tutti i suoi diritti per vivere a
proprio modo in Isvizzera sotto il nome di Vòlfling, e quella di Luisa,
la quale cambiata la corona di Sassonia dopo non poche avventure
coiremblema musicale d'un maestro fiorentino chiamato Toselli, ama-
reggiarono gli ultimi anni del principe e resero lui che era stato
sventurato principe anche sventurato padre.
Il defunto ebbe amore pel popolo toscano e glie lo dimostrò del
continuo con grandi beneficenze tanto più apprezzabili quanto meno
tendenti a ricompensa o a riconoscimento: nutrì pel Romano Pon-
tefice tutta la deferenza e Tamore d*un figlio devoto, ed il Santo Pa-
dre senti profondamente l'annunzio della sua morte.
III.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali). 1. Fa ancia. Espulsione delle religiose dair Ospedale. —
2. Prussia. Tumulti a Berlino. Legge di espropriazione antipolacca. —
8. Stati Uniti. Terribile incendio in un cinematografo. — 4. Marocco.
Pacificazione delle tribù.
1. (Frangia). Parigi si è vivamente commossa, mercoledì 15 gen-
naio, alla cacciata delle suore agostiniane dairOspedale che esKe di-
rigevano da dodici secoli e dove anche la grande rivoluzione le aveva
rispettate. Buon numero di deputati e di consiglieii municipali ed
366 CRONACA CONTEMPORANEA
una folla d'ogni ordine di società erano accorsi per protestare contro
l'iniqua «laicizzazione»: ma la più commovente protesta fu quella
dei malati stessi, i quali scesi nei cortili acclamarono le loro bene-
fattrici, si sforzavano di trattenere le carrozze sulle quali esse do-
vevano partire, e ne staccarono a più riprese 1 cavalli. Le suore
circondate dai canonici del capitolo di Notre-Dame, dai medici, dalle
infermiere, cercavano confortare ognuno : la folla esterna intonò il
Farce Domim, dopo il quale migliaia di voci fecero echeggiare il
cantico: Nous voulans Dieu! La maggior parie degli spettatori pian-
geva. La polizia, agli ordini del noto Mesureur direttore dell'Assi-
stenza pubblica, per cessare lo spettacolo doloroso fece allontanare
violentemente i malati e disperdere la folla, che si gettava per terra
a fine di impedire il passaggio delle vetture. Un giovane ebbe le
gambe fracassate molti furono i contusi : altri vennero arrestati.
2. (Prussia). Domenica 12 gennaio, Berlino fu teatro di scene
tumultuose. Una accozzaglia di circa dodicimila persone fece il giro
della città cantando la marsigliese e urlando selvaggiamente. Fra
esse molte donne che portavano cartelli rossi su quali era la scritta;
Abbasso il voto delle tre classi! Vogliamo il suffragio universale per
uomini e domisi La forza pubblica dovette adoperare le armi per
disperdere i tumultuanti che rispondevano a sassate. Si tirarono
anche dei colpì di rivoltella non si sa bene da chi. Ci furono trenta
feriti : un centinaio di manifestanti venne arrestato. I tumulti furono
preparati dai capi socialisti.
11 landtag, cedendo alle pressioni del principe di Bttlow, ha ap-
provato la legge di espropriazione dei polacchi che resistono alla
< prussiflcazione » del loro paese, fissando però a 70.000 ettari il
massimo delle terre da espropriare. La legge fu condannata come
un'ingiustìzia manifesta e una causa di odio e di rancore, del quale
la Prussia avrà a pentirsi più tardi.
3. (Stati Uniti). Una spaventosa catastrofe ha portato la deso-
lazione nella città di Boyertown (Pennsilvania). Una sala di cinema
tografo fu invasa dal fuoco durante la rappresentazione. La folla
composta specialmente di donne e di bambini si accalcò spaventata
alle porte dove presto fu impossibile ogni uscita. Molti si gettarono
dalle finestre, molti morirono schiacciati, osofTocati. Le fiamme con-
sumarono Tedifizio. Vi furono più di centosessanta morti e un nu-
mero grande di feriti. Tutte le famiglie di quella città di 25.000 abi-
tanti sono immerse nel lutto. Si dovette mandare medici ed infer-
mieri dalle città vicine per aiutare gli infelici.
A Nuova York la prepotente influenza degli ebrei ottenne che
si imponesse ai maestri delle scuole pubbliche di non parlare di
Cristo né del cristianesimo e nelle solennità del Natale venne proibito
ogni segno di festa nazionale.
NOTIZIE GENERALI 367
4. (Marocco). Le tribù ribelli, dopo aver tentato inutilmente qual-
che avvisaglia contro gli europei di Casablanca, inseguite dalle co-
lonne trancesi che occuparono la casba di Mediuna e quella di Settat
si sono per la più parte sottomesse pagando una taglia e consegnando
armi e munizioni. Nuovi torbidi sono a temersi per la proclamazione
di un nuovo sultano Hafid contr«i Abd el Aziz, riconosciuto già dalle
due città principali Fez e Makarresch (Marocco). Hafid nemico agli
europei e fanatico musulmano cerca suscitare la guerra santa. Ma
la via tra le due capitali è dominata dai francesi a Settat e i ma-
rocchini difettano di danaro.
GERMANIA (Nostra Cor rispondenza). La situazione della Germania alla
fine deiranno 1907.
La Germania, già da lungo tempo — se a ragione o a torto poco
importa — credeva di godere nel mondo politico una posizione tran-
quilla, anzi perfino direttiva; ora però è arrivato per lei senza dubbio
un periodo di difficile crisi.
Qui si conferma ancora una volta T antica esperienza che non
appena in un organismo comincia ad ammalarsi un membro, in breve
anche gli altri membri, apparentemente del tutto sani, si disturbano
più o meno nelle loro funzioni, sinché alla fine, se non si prendono
energici rimedi, cade in decrepitezza Tintero organismo. Avviene ora
in Germania come in un grande e solido negozio, il quale abbia go-
duto per lungo tempo la fiducia generale, e dove però una volta
gì' inconsiderati modi d'agire di una delle parti abbiano scosso Fin-
terò credito alla ditta, che altrimenti si sarebbe mantenuta molto
bene e avrebbe potuto superare le difficoltà; sicché da per tutto
si sente scricchiolare e rompere, finché da ultimo il grandioso edi-
ficio si sprofonda in rovine. Applicando, mutatis mutandis, questo
paragone alla nostra Germania, io vedo certamente nero, ma è in ogni
modo indubitato che il nostro popolo e il nostro Stato provano al
presente una scossa che mette alla più dura prova la loro solidità.
Quel che fa pensare di più per gl'interessi della vita pubblica,
anche fuori della Germania, é senza dubbio la profonda crisi reli-
giosa, la quale se, come è noto, ha già attaccato le altre nazioni,
non ha però risparmiato la Germania, il paese della riforma, il paese
dei sofisti e dei visionari. Fortunatamente si può e si deve risolu-
tamente affermare che la parte cattolica del popolo è in proporzione
poco toccata da questa crisi religiosa, sicché non si può propria-
Nota. - La Direzione del periodico, nel pubblicare le relazioni de' suoi corrinpor-
icnti eeteri, come ù affida allA serietà delle loro iaformazioiii e rispetta la convenief>te
il berta de' loro apprezzamenti, cosi luAcia loro la responsabilità de' fatti e delle opinioai
comunicale.
368 CRONACA CONTEMPORANEA
mente parlare di una crisi generale, perchè vi partecipano soltanto
pochi indivìdui che sono in gran parte innocui.
Naturalmente sarebbe stollo il voler aifermare che per es. la
questione intorno ai defunto Schell, insieme con tutto ciò che la
riguarda, non abbia fatto impressione e rumore presso la gente colta
e specialmente nella Germania meridionale; tuttavia si può affermare
che questa disgraziata faccenda è passata interamente senza grande
agitazione ; fatto sta che il popolo cattolico, nella sua massa compatta,,
si è mostrato indifferente alla questione, oifrendo cosi un*inconfuta-
bile prova che non è stato per nulla infetto dalle nuove e pericolose
dottrine.
Non si può negare che in certi ambienti, specialmente nella Ger-
mania meridionale, vi fosse una specie di disposizione riformista, e
che vi sia tuttora tale tendenza innovatrice; ma si tratta, più che
altro, di manifestazioni individuali e isolate, che non arriveranno
mai ad una organizzazione. Sarebbe pure dei tutto inesatto il con-
siderare costoro indistintamente quali seguaci dello Schell, perchè una
tal setta non esiste se non come un'artificiosa gonfiatura di tutti
gli elementi malcontenti che adesso si pavoneggiano con il nome
del defunto Schell, e questi probabilmente non avrebbe voluto sa-
perne nulla delle loro strane e confuse idee. In quanto al valore
della questione Schell, generalmente si è d'accordo, dopo che la Santa
Sede ha pronunziato la sua sentenza, in condannare gli errori del
teologo di WUrzburg, non meno che nel giudizio della sua persona: in
particolare questo vale per la stampa cattolica, e giustizia vuole che
si noti come anche i più autorevoli e diffusi giornali del Centro delia
Germania settentrionale, i quali prima, non avendo informazioni
esatte su lo Schell, l'avevano giudicato un po' troppo favorevolmente,
quando venne loro in chiaro tutta la questione e specialmente dopo
che furono pubblicate le sue famose lettere, presero subito un con-
tegno giusto.
Dopo questa prova non c*era più nulla da temere in Germania
per la pubblicazione degli atti pontifici, prima dèi decreto « Latmenta-
bili* e poi deirenciclica ^Pascendi», Pochi saranno i paesi nei
quali venga accolta con maggiore ossequio quest'enciclica; il che
del resto non fa maraviglia, perchè nessuna delie condannate teorie
moderniste è stata accettata dai veri dotti tra i cattolici tedeschi.
Non ha dunque nessuna importanza il fatto che vi sia stata qualche
voce sfavorevole e discorde; e che ora i giornali liberali pubblichino
la cosi detta lettera aperta al Papa di un sacerdote del Wttrtemberg,
poiché non si sa neppure se questa lettera sìa veramente scritta da
lui. E neppure si può gonfiare il « caso Schroers » come un segno
di modernismo; giacché qui non si tratta di questioni dogmatiche
GERMANIA 369
o dottrinali; ma unicamente di conflitti di competenza tra la curia
arcivescovile di Colonia e la facoltà cattolica di teologia di Bonn.
Voilà touL
La stampa liberale naturalmente avrebbe volentieri sfruttato tutto
per farne un gran chiasso e gridare in difesa del modernismo per-
seguitalo; ma non v'è riuscita, grazie all' intromissione deirautorilà
ecclesiastica. Insomma, per ogni dove si osserva che tutti i germi
di una crisi interna sono allontanati per lungo tempo dal cattolicismo
tedesco.
Diversamente stanno le cose pel protestantismo tedesco. Questo
combatte ora una battaglia decisiva per i suoi principii. Noi non
abbiamo qui il compito di spiegarne Tintima natura, risalendo ai
principi! protestanti; basta dire che il subiettivismo teologico di Lu-
tero si è spinto alle sue estreme conseguenze. Così l'estrema ala si-
nistra dei loro predicatori — senza parlare dei non teologi che for-
mano la maggioranza, la quale è interamente ii>dìfFerente o radi-
calmente incredula — è arrivata a negare l'ispirazione della Sacra
Scrittura, la divinità di Gesù Cristo e altre dottrine fondamentali
del Cristianesimo (che Lutero e i suoi successori avevano espres-
samente insegnato). S' incomincia perfino a mettere in dubbio ogni
credenza in un Dio personale e a negare ogni dogma positivo, pro-
fessando un vago monismo che non è altro se non una nuova forma
di panteismo ; i predicatori poi difendono anche dalla cattedra le loro
opinioni e convinzioni, mentre prima avevano l'abitudine di tener
celata al pubblico la propria incredulità e apostasia, servendosi, in-
nanzi al popolo, di espressioni equivoche o facendo addirittura gli
ipocriti. Questo cambiamento dì tattica costringe naturalmente l'auto-
rità ecclesiastica protestante, che procedeva prima alla leggera, a pren-
dere ora un contegno più risoluto intorno a questioni sì fondamentali.
Ed è questa l'origine dei numerosi e sempre crescenti processi dot-
trinari avutisi negli ultimi anni, che i concistori protestanti sono
costretti a intentare contro i pastori radicali, dato pure che loro
faccia poco piacere; poiché erano già arrivati da lungo tempo al
punto dì lasciare ai teologi, nel loro dominio privato, ogni libertà
nella fede, purché nelle chiese conservassero un atteggiamento orto-
dosso, così che i casi, nei quali i predicatori che sì sono spinti troppo
oltre, vengono chiamati a render conto e puniti anche disciplinar-
mente sono assai frequenti. E ogni caso simile suscita ogni volta grande
rumore nel pubblico, che nella sua mnggioranza (per lo meno in quanto
si manifesta per via della stampa) prende naturalmente partito per
quello che è stato punito; poiché i liberali laici sanno benissimo che qui
si tratta della questione decisiva dell'assoluta libertà dell'insegna-
mento e della fede, che io un modo o nell'altro deve alla fine esser
1908, voi. U fase. 1383. 24 26 gennaio 1908.
370 CRONACA CONTEMPORANEA
decisa. Così accadde, per ricordare soltaato aleuai esempi, nel caso
Gasar, nel caso Burggraf, nel caso Fischer e nel caso Ròmer, ecc.;
cioè ogni volta che Tautorità ecclesiastica si è opposta coraggiosa-
mente alla «opinione pubblica», oppure si è contentata di mezze
misure che girano intorno al nocciolo della questione. Ma ciò non
può far meraviglia, quando si pensi che le schiere più numerose
della chiesa protestante tedesca consistono di membri dei così detto
« partito di mezzo > il cui elemento vitale è il compromesso.
Per meglio chiarire questa questione, vuoisi parlare in modo par-
ticolare di un « caso » tipico, anzi caratteristico, che da circa un
anno fa molto parlare e dà un'immagine netta e precisa della con-
dizione critica della chiesa protestante. 11 pastore Jatho di Colonia
aveva già da lungo tempo suscitato grandi scandali nella minoranza
eredente della comunità protestante di Colonia per le sue idee li-
Ijerali, e il concistoro protestante della provincia renana era stato
costretto fin da un anno fa a procedere contro di lui ; ma nonf po-
teva fare ulteriori passi, perchè la comunità protestante si era schie-
rata dalla parte del predicatore dopo che lo Jatho aveva fatto una
Insignificante dichiarazione. Il predicatore continuò dunque senza
riguardo la sua azione di struggi tri ce e nelle sue prediche faceva senza
esitazione propaganda per una licenza di opinioni liberali che non ha
(kiente di comune col cristianesimo. Dopo ciò e specialmente dopo
una predica sulla Comunione, il concistoro protestante non poteva
tacere più a lungo e recentemente si è sollevato contro il pastore
Jatho col seguente decreto che noi dobbiamo definire un documento
politico ecclesiastico di un significato sintomatico.
« Nel discorso sulla Comunione tenuto alla vostra comunità, voi
vi siete trincerato nella dichiarazione che la conferenza era stata
tenuta in modo e con concetto scieutifico. Questo non è vero punto.
Tale conferenza manca affatto di risultati più o meno sicuri e mette
Innanzi delle ipotesi molto arrischiate di singoli autori come se fos-
serc risultati scientìfici, ai quali mancan del tutto il carattere asso-
lutamente necessario di uno spirito scientifico, con la distinzione pru-
dente tra ipotesi probabili e supposizioni infondate. Voi abbando-
nate il terreno di una spiegazione scientifica e discorrendo con tono
di polemica moderna, arxivale fino a concepire V insegnamento della
chiesa sulla divinità del Signore come una specie dì mito di un Dio
t!he si è fatto uomo, e a giudicare gli atti liturgici della comunità
protestante come una cosa analoga ai misteri pagani.
« Questo, invece di essere un apprezzamento scientifico''in nome
della scienza» è un adulteramento scandaloso della dottrina della
fihiesa e delle pratiche sacramentali. Nella vostra conferenza non vi è
dunque nulla che possa darle altro carattere da quello infuori di un
GfiRMANIA 371
Insegnamento popolare ecclesiastico; e perciò in giudicarla si deve
osservare se il conferenziere è stato o no conscio del suo dovere
di evitare lo scandalo e di fornire alla comunità la necessaria istru-
zione.
« Voi invece avete detto cose che devono suscitare scandalo : avete
cercato di soddisfare innanzi tutto gl'istinti del vostro uditorio^
contrari alla tradizione e agli ordinamenti ecclesiastici. Noi vi dob-
biamo caldamente raccomandare di ricordarvi anche In tali confe-
renze deiravvertimento che vi è stato dato Tanno passato. Diver-
samente Tautorità ecclesiastica sarà alla fine costretta di iniziare un
processo disciplinare per allontanarvi dal vostro ufficio. Se allora
si avranno delle conseguenze di'^astrose, voi solo ne avrete la re-
sponsabilità. È vostro sacro dovere di conciliare con la vostra co-
scienza questa responsabilità che v' incombe. Voi avete questa respon-
sabilità verso la Chiesa dello Stato e specialmente verso quella parte
della comunità che vi segue, perchè se le cose giungono fino al
punto che i vostri seguaci si separino dalla Chiesa, secondo ogni
probabilità essi arriveranno a confondersi coi famigerati liberi pen-
satori e voi sarete colpevole di aver causato il decadimento reli-
gioso di quelli a cui avete voluto servire ».
Chiunque legge senza preconcetto queste righe, deve maravigliarsi
della contraddizione in cui incosciameute si mette il concistoro con
il principio costitutivo del protestantesimo. Perchè il decreto del
concistoro si trova esattamente sullo stesso terreno fondamentale
sul quale si muovono pure le autorità ecclesiastiche cattoliche e il
Santo Padre nella recente enciclica contro il modernismo. Come tutti
i concistori della chiesa prot<»stante prussiana, cosi il concistoro
della provincia renana (che è forse il più favorevole al libero pen-
siero) ha creduto suo buon diritto di esaminare e verificare V insegna-
mento del pastore Jatho e nel caso di disubbidienza minacciarlo con
misure disciplinari. Gli rinfaccia: 1) che professa le dottrine e le
ipotesi estremamente arrischiate di alcuni investigatori come risul-
tati scientifici; 2) che concepisce Tìnsegnamento ecclesiastico sulla
divinità del Signore come un mito di un Dio che si è fatto uomo e
la celebrazioiie della comunione ecclesiastica della chiesa evangelica
come analogia dei misteri pagani; 3) che cerca di procurarsi la so-
disfazione del suo uditorio con assecondarne le tendenze contro
l'ordine e la tradizione ecclesiastica.
Talché il concistoro sta saldo nel principio che T insegnamento
della divinità di Gesù Cristo sia un dogma intangibile della chiesa
protestante. Tiene pure fermo che la celebrazione della comunione
ecclesiastica debba essere insegnata come la chiesa protestante Tha
concepita e come essa Tesige ; finalmente sostiene che la tradizione
372 CRONACA CONTEMPORANEA
e l'ordine ecclesiastico debbano essere assolutamente conservati. Ma
la cosa più curiosa e incoerente si è che questi ragionamenti tro-
vino approvazione perfino tra i liberi pensatori nello stesso protestan-
tesimo e che pure da questa parte non si ammetta alcuna abolizione
del diritto di vigilanza, quando si tratti di dogma o di dottrina.
E perchè ciò? Hanno finalmente capito dove conduce la libertà del-
rinsegnamento ed hanno paura di tirare quest'ultima conseguenza,
perchè ciò sarebbe la morte del protestantesimo come comunità. Ma
noi diciamo che questo principio non è altro che il riconoscimento
indiretto del principio cattolico di una autorità oggettiva in que-
stioni di insegnamento del dogma. Or che altro ha fatto il Papa
nella sua enciclica « Pascendi » se non difendere la divinità di Gesù
Cristo contro Tinsegnamento di quei modernisti, i quali mettono al
disopra del dogma risultati più o meno mal sicuri ed ipotesi estre-
mamente ardite di alcuni singoli pensatori?
Qui bisogna osservare che la maggior parte delle teorie condannate
dal Papa e sostenute dai giovani riformisti francesi e italiani non sono
altro che una debole eco dei pretesi risultati della critica biblica e ne-
gativa dei tedeschi, dalla quale anche lo latho desume i suoi argo-
menti. Se dunque è giusto che il concistoro della provincia renana vegli
suir insegnamento della purezza evangelica, si dovrebbe pur ricono-
scere come giusto che il Papa vigili sulla purezza dell' insegnamento
cattolico, quando esso viene attaccato da certi pretesi dotti, i quali si
mettono contro la Chiesa cattolica nello stesso modo che lo Jalho in
Colonia si è posto contro la Chiesa protestante. La differenza sta solo in
ciò che il concistoro protestante protegge quegli insegnamenti che il
protestantesimo ha sempre mantenuto dopo la riforma, mentre il
Papa protegge anche quegli insegnamenti cristiani che furono sempre
creduti in tutta la Chiesa cristiana nei quindici secoli che precedettero
la riforma. A questo bisogna aggiungere una grande differenza pratica:
che cioè il Papa possiede anche i mezzi e la possibilità d' imporre con
autorità le sue decisioni sulP insegnamento e di allontanare dalla
Chiesa quando occorra i falsiOcatori, mentre l'autorità ecclesiastica
protestante è costretta a contentarsi di proteste scritte sulla carta.
E così avviene che il protestantesimo tedesco si trovi in una crisi
decisiva, il cui scioglimento non può condurre che alla totale disso-
luzione delle credenze.
Rimettiamo ad altra volta la spiegazione dei singoli momenti e
fattori della crisi politica ed economica in Germania.
GRECIA 373
GRECIA (Nostra Corriapondema). ì. La politica. Sempre il sig. Teolokìa*
— 2. Le bande greche e le bande rivoluzionarie bulgare in Macedonia.
— 3. Proye recenti e la protesta del Fanar alle grandi potenze. — 4. La
popolazione del regno greco. — 5. n nuoyo yescoYO cattolico di San-
torino nelle Gicladi. — 6. Greta finalmente in pace. — 7. li matrimonio
del principe Giorgio di Grecia con la principessa Maria Bonaparte di
Francia. Origine ellenica della famiglia Bonaparte.
1. I lettori della Civiltà ricorderanno quanto abbiamo scritto
nelle nostre precedenti corrispondenze intorno al deputato di Corftì
sig. Giorgio Teotokìs, Presidente dei ministri voluto da nessuno^
ma scelto da tutti perchè non si trova ancora chi possa rimpiaz-
zarlo e tenere al par di lui le redini del governo. In faccia ai suoi
numerosi competitori Tabbiam visto retrocedere e minacciare di ri*
tirarsi ; ma obbligato di restare al posto per la semplice ragione
che nessun partito può presentare un uomo che raccolga in sé le
comuni simpatie. Per il primo ministro è dunque oggi come ieri.
Air ultima sessione parlamentare lo si ritenne al potere perchè ne-
cessario, a questa nuova lo si vuole al seggio presidenziale perchè
indispensabile.
L'apertura della Camera ellenica avvenuta l'undici dello scorso
novembre non presentò nulla di straordinario. Come in paese cri*
stiano, prima che il signor presidente dei ministri leggesse il de-
creto di convocazione, il metropolita di Atene circondato dal bug
clero assistente recitò le preghiere usitate in tale occorrenza e be*
nedisse l'aula parlamentare. La civile Europa, scristianizzata nei
suoi governi e nelle sue leggi dai precursori dell'anticristo, riderà
forse a queste costumanze cristiane gelosamente custodite, ma noi
al contrario piangiamo sulla sorte d'una civiltà europea fondala
sulla barbarie dell'irreligione. Il signor Castrotis presidente di età
del Parlamento ellenico, si riserbò quindi di convocare l'assemblea
quando tutti i deputati fossero arrivati in Atene e dichiarò sciolta
la prima riunione. Ciò egli fece qualche giorno appresso con va-
cando i deputati pel 20 novembre. All'ora stabilita l'animazÌLnie
della città era grande assai : nella persona del Presidente della Ca-
mera che doveasi scegliere, si sarebbe dato il primo assalto al go-
verno e specialmente al signor Teotokis: si faceano le più strane
ipotesi; chi nella scelta del Presidente della Camera prevedeva t^i
caduta del fiero Corcirese; chi presentiva almeno il suo indeboli-
mento e la sua prossima fuga, chi al meno male si prometteva mm
larga decomposizione dell'attuale Ministero.
Ma furono tutte speranze premature, poiché venuta l'ora cJelUi
votazione il signor Badinòs fatto lo spoglio delle schede proclama
eletto il candidato del Governo sig. Levìdis con 97 voti sopra 155
374 CRONACA CONTEMPORANEA
votanti : TopposizioDe non era giunta a mettersi d'accordo e presen-
lava un candidato comune; laonde i RaUisti presentarono il signor
Cavapànos^che [ottenne 33 voti, il sig. Mavromicbalis capo partito
n'ebbe 19; schede bianche ne uscirono cinque, e un voto fu dato
al sig. Teotokis. I seguaci del sig. Dragumis, non so per quale biz-
zarria, chiamali Giapponesi, si divisero tra i vari capi deiropposi-
/fone, lasciando la vittoria compiuta al Governo nella persona del
81 g. Levidis, il quale prendendo possesso del suo seggio presiden-
ziale, ringraziò i suoi coUeghi, eoo le solite promesse di rispetto agli
usi della Camera, e d'imparzialità verso tutti i partiti, e alle ore
11,30 sciolse la seduta tra le grida entusiastiche dei suoi amici, e lo
ablguttimento di tutti i gruppi delFopposizione. In tale guisa il Mi-
nistero non ebbe a soffrire nò tradimenti, né disfatta, né decompo*
Edizione, ma restò padrone assoluto del campo, di&ponendo ancora
riella maggiorità dei voti. Il Parlamento infatti si compone di 177
(leputatif e di questi appartengono al Ministero 105; mentre Top-*
posizione conta solo 39 amici del sig. Rallis ; ^0 seguaci del signor
Mavromicalis» e 7 giapponesi, come vogliono chiamarli. Ed ora tocca
al sig. Teotokis di mantenersi saldo al posto, non già contro i colpi
che gli lanceranno i suoi oppositori politici che saranno assai deboli,
ma sì contro le tempeste che solleveranno la Bulgaria, la Serbia e
la Romania» sempre in guerra per T eterna quistione macedone. —
Però il governio ellenico spunterà facilmente i dardi che gli saranno
vil)rati contro da questi rivali, grazie alla storia degli ultimi eccidi!
dei Greci in Macedonia.
%. U Inghilterra e la Russia han preteso da lunga data che la
rausa delle turbolenze nelle province macedoni, dovea cercarsi esclu*
divamente nell'entrare continuo delle bande greche in Macedonia: la
Grecia, non ostante le sue proteste e le sue assicurazioni, non ces-
i^ava punto di ricevere severe ammonizioni dalle Potenze, e appunto
in ossequio di questi avvisi essa ha dovuto custodire amano armata
le sue frontiere, impedendo cosi che volontarii greci passassero ad
aiutare e difendere i loro fratelli in Macedonia. La tranquillità
avrebbe dovuto essere ristabilita nelle province macedoni, se noo
t:he i fatti hanno dimostrato il contrario, come appare dalla stati*
.^lica delle stragi degli ultimi mesi, compilata dalle stesse autorità.
Nel solo mese di settembre nella provincia di Salonicco 76 morti
t* :ì^1 fe'riti ; in quella di Monastirs b^ morti eli feriti; nella pro-
vincia di Gossovo 29 morti e ^2S feriti, un totale di 148 morti e 41
feriti: e questi oltre i numerosi villani greci, parte oppressi parte
derubati; oltre i molti greci qua e là trucidati dai bulgari, e i quo-
tidiani scontri sanguinosi avvenuti tra le bande bulgare e i soldati
turchi. Si è quindi avverato quanto ebbe a dire il signor Teotokis,.
GRECIA 375
che il solo argine alla barbara attività dei bulgari in Macedonia eran^
le bande greco-macedoni. Il governo greco ha efficacemente impedito
che volontarìi greci passassero le frontiere e corressero alia difesa
dei loro fratelli; ma ciò non ostante, gli incendii, le spoliazioni, gli
eccidii non solo non sono cessati o diminuiti in Macedonia, ma m
al contrario si sono terribilmente accresciuti. Non resta dunque che
un*altra prova a fare ed è precisamente d'impedire, ai governo bul-
garo di mandarli sul territorio macedone le sue bande armate, e sì
vedrà come d'incanto tuttala Macedonia ritornata allo stato di calma
e di tranquillità, come si trovava prima del 1903.
3. La verità della nostra conclusione è provata ad evidenza da
un recente ragguaglio del capitano Manera, il quale coirimparzialità
che gli impone la sua condizione di straniero e di capitano della
polizia europea in Macedonia descrive la distruzione totale di da«
villaggi greci, cioè di Tchenghel e di Polat nel distretto di Marichov^
fatta da una banda di rivoltosi bulgari. Il signor Man era, eh 'è um
ufficiale italiano, assicura le sue autorità che questi due villaggi de-
vono ornai essere cancellati dalla carta geografica di Macedonia; €
secondo lui la stessa sorte sarebbe toccata alla grossa borgata greca
di Kotchivir, se gli abitanti, avvertiti a tempo del pericolo, non
avessero respìnto l'assalto dei bulgari.
In faccia a queste atrocità così ben provate, la Russia e T In-
ghilterra tacciono e l'Europa non si commuove, ma perchè? Non
tacciono però quelli che innanzi alla pubblica opinione erano stali
accusati di esser causa delle stragi in Macedonia. Al Fanar sono
stati convocati dal Patriarca greco Gioacchino i due alti Consigli
della nazione, per discutere sull'opportunità d'inviare una protesta
alle grandi Potenze che hanno preso l'impegno di rimettere l'ordina
in Macedonia. La protesta fu approvata come assolutamente neces-
saria: in essa il patriarca leva alta la voce contro le persecuzioni
mosse ai greci tanto in Bulgaria, quanto in tutta la estensione della
Romelia arientale, e protesta energicamente contro gli assalti san-
guinosi delle bande bulgare ai villaggi greci di Macedonia. Ma s«
le Potenze non si impietosiscono al fiume di sangue che bagna Ir
terre macedoni, sentiranno compassione alle grida di angoscia del
patriarca del Fanar? La politica è senza cuore. Anche il governo
di Atene nella sua risposta all'ammonizione venutagli dall'Europa,
ha protestato fortemente contro i continui misfatti commessi dai
bulgari : ma la voce della piccola Grecia resterà un grido nel de-
serto, perchè non potrà mai essere accompagnata dal tuono formi -
daJjile del cannone.
4. Non manca eertamente d'interesse uno specchietto comparativo
della popolazione della Grecia redenta, dal principio del suo riscatto
376 CRONACA CONTEMPORANEA
8ÌQ0 ai nostri giorni, pubblicato dal Messager d'Athènes nel suo nu-
mero del 13 novembre 1907. Dopo la proclamazione della guerra
deirindipendenza fatta nel 1820, la prima volta che venne in mente
ai greci redenti dalla schiavitù ottomana dì misurare le loro forze
numeriche, di passarsi così in rivista ufficiale, e di contarsi tutti
quanti, fu precisamente nel 1838, e si trovarono in tutto 75!i2,077
abitanti. Se non che prima di questo tempo il celebre Capo d* Istria,
avea fatto accertare, per quanto era allora possibile, quale fosse la
popolazione della Grecia durante tutto il periodo della rivoluzione
ellenica. Si era allora trovato che nel 1821 vi erano in Grecia 875, loO
cristiani, e 63,615 musulmani: più della metà di questa popolazione,
cioè 458,000 cristiani e 42,785 musulmani, abitavano il Peloponneso:
nel continente ellenico si contavano 24,785 cristiani e 20,865 mu-
sulmani, mentre che 169,300 cristiani abitavano nelle isole. Ma
nel 1828 il censimento portava una diminuzione d*un quarto della
popolazione, e si avevano in meno 173,915 abitanti, dacché i Turchi
avevano già abbandonato il paese devastato dalla rivoluzione. La
diminuzione si fa più sensibile dal 1831 al 1838, nel qual anno la
popolazione era appena di 752,077. Però nei 1833 essa si accresce
di 71,696 abitanti, e di poi si andò sempre progredendo. Gli abitanti
salirono a 915,059 nel 1843: a 1,042,587 nel 1853: 1,457,794 nel 1870:
a 1,679,470 nel 1878, cosi che tra il 1831 e il 1830 Tannessione
delle isole Jonie apporta un aumento di 364,084 abitanti. Appresso
coirannessione della Tessaglia la Grecia guadagna altri 567,738 abi-
tanti, nel decennio dal 1879 al 1889. Il censimento infine del 1896,
diede 2,433,806 abitanti.
Nel novembre scorso si è fatto il censimento per accertare la
differenza in più o in meno della popolazione in questo ultimo de-
cennio ; ma il risultato non sarà mai esatto a causa del pregiudizio
inveterato nel popolo greco, che il governo cerca sapere il numero
degli abitanti non per altro che per distribuire più sicuramente nuove
imposte e nuovi balzelli. Cosi in quest*ultimo censimento la città
di Patrasso, la quale nel 1896 presentava una popolazione di 41,000
abitanti, ora comparisce con appena 38,000 anime. Atene ed il Pireo
offrono il più forte aumento di questo decennio, quantunque anche
in queste due città si creda che il censimento abbia avuto un corso
molto difettoso, specialmente nei sobborghi e nella classe povera
della citta. La popolazione che viene attribuita ad Atene è di 176,000:
essa conta dunque un soprapìù di 47,255 abitanti in questo decennio
dal 1896 al 1907, giacché nel 1896 non vi si trovarono che 128,735
anime; un accrescimento del 37 per 100, è certamente una bella
prova di progresso. Più sensibile ancora è la forza ascendente della
popolazione del Pireo. Il censimento del 1896 dava al Pireo 51,020 abi-
tanti ; oggi esso gliene attribuisce 75,800, cioè un bel aumento del
GRECIA 377
50 per 100. Né ciò reca alcuna meraviglia, vista T importanza che
ha preso il porto del Pireo, dove fanno scala tutte le navi che dal-
l'Occidente vanno al Levante e viceversa. Il risultato totale del
censimento non è ancora conosciuto.
5. La nobile sede vescovile di Santorino, vedovata già da tempo
con la morte del venerato vescovo Monsignor Antonio Galibert, ha
mutato finalmente le sue vesti di lutto in quelle della più schietta
e santa letizia per accogliere pomposamente il suo nuovo pastore
Monsignor Michele Camilleri. Da Smirne sua patria, dove il nuovo
prelato si trovava al governo spirituale della parrocchia di Buggià,
chiamato dalla voce del Sommo Pontefice a pascere Teletto gregge
di Santorino, vi facea il suo ingresso solenne il 15 ottobre tra gii
applausi entusiastiei di quei buoni cristiani* greci e cattolici, uniti
in uno stesso sentimento di venerazione profonda e di filiale divo-
zione. Egli giungeva a Santorino accompagnato dai rappresentanti
del clero di Smirne, di Atene e di Santorino: appena il piroscafo
gettava T àncora nelle acque di Santorino, furono a riceverlo il vi-
cario capitolare D. Federico Delenda, il clero cattolico, i notabili
dell'isola e una lunga schiera di fedeli con a capo il corpo musi-
cale. Alle porte della città ricevuto solennemente dal signor sindaco
col consiglio municipale e dalle autorità civili e militari dell'isola,
tutti greci ortodossi, indossava gli abiti pontificali e al canto del
Benedictus qui venit, percorrendo tutta la città, entrava nella sua
cattedrale di S. Giovan Battista, dove, dopo le cerimonie di rito,
dava la sua benedizione pastorale all'immensa folla di cattolici e di
greci ivi accorsa da tutti i punti dell'isola per venerare ed accla^
mare il novello Pastore. Con delicato pensiero e carità veramente
paterna egli pensò dapprima ai poveri dell'isola ed ai miseri pro-
fuKhi della terribile catastrofe di Anghialos in Macedonia, incendiata
dai bulgari, facendo distribuire copiose elemosine, abbracciando cosi
con lo stesso affetto paterno cattolici e greci ortodossi, perchè tutti
suoi figli. Non è a dire con quale e quanto entusiasmo dai fedeli
delle due Chiese cattolica e greca fosse stato accolto questo primo
atto del novello Pastore, dimostrando col fatto che il vescovo cat-
tolico, animato dallo spirito di Gesù Cristo, non ha riguardi a na-
zionalità o partiti, ma tutti stringe al suo seno con quella carità
che non conosce limiti di nazioni o interessi di parte, e che pur
non essendo greco di nazione egli non conosce differenza alcuna
tra greco e romano, tra schiavo o libero, ma si fa tutto a tutti per
condurre tutti a Gesù Cristo.
La pietà singolare, e la non comune dottrina di cui è ornato
Monsignor Camilleri sono state meritamente apprezzate a Smirne e
a Roma, in Alene e a Santorino, e la sua lunga esperienza nel go-
verno ecclesiastico e nella guida delle anime gli renderà meno dif-
378 CRONACA CONTEMPORANEA
ficile a portare il peso della sublime sua dignità Ad multos annos
è l'augurio sincero d*una lontana conoscenza, la quale piena di ve-
nerazione e calda di affetto verso il degnissimo vescovo e la genti-
lissima Santorino, fa voti che Pastore e greggie scambievolmente si
eotioscano, scambievolmente si amino, perennemente abbracciati si
ritrovino neiraraantissimo cuore del Pastore dei pastori. Gesù Grislo.
6. Chiunque considera con occhio equo ed imparziale lo stato
presente dell* isola di Creta uscita appena dalle sanguinose strette
della rivoluzione, non può a meno di ammirare con sensi di com-
piacenza la pace in cui essa oggi si trova. E però fanno pro-
prio pietà i rumori che spesso si spargono specialmente in Eu-
ropa, tendenti a far credere che in Creta sono ancora in lotta i cri-
stiani coi musulmani, e che i cristiani greci-ortodossi perseguitano
] poveri musulmani per obbligarli a partire dalF Isola, della quale
resterebbero soli padroni i greci. È fuori di dubbio che il turco non
vive bene là dov*egli non comanda, e la storia ci mostra ch*egli ab-
bandona il paese dove i cristiani cominciano ad avere una supre-
mazia qualsiasi. Tuttavia altro è affermare che voi non volete coabi-
tare con gente la quale professa principi diversi dei vostri, altro
il dire che voi ne siete cacciato. E poi, i seguaci di Maometto che
abitano in Creta non son affatto dei turchi, ma sono puri Cretesi
musulmani, cioè sono greci discendenti da ortodossi o volontaria-
jnente rinnegati o costretti dai turchi a farsi musulmani : essi noD
sono quindi stranieri, ma veri Cretesi professanti la religione mu-
sulmana. Come tali, essi hanno visto rispettati dalla nuova costitu-
zione Cretese i loro diritti di cittadini, e le leggi sono severissime
per tutti gli abitanti dell'isola. Sarebbe una ingiustizia troppo sfac-
ciata l'accusare il nuovo governo di Creta di parzialità, quando un
musulmano fa oggi parte dello stesso governo, col portafoglio più
importante qual è quello della pubblica istruzione.
La vera causa delle continue e pericolose lotte intestine era ap-
punto la pertinacia del partito Venizzelliano a pretendere le redini
del governo, per menare il paese secondo le proprie opinioni e ì proprii
inleressi. Oggi che il signor Venizzelos e i suoi seguaci rassegnati
0 vinti, non agognan più al potere, il paese è in pace e continua
lieto e tranquillo nella via delle riparazioni e del riordinamento so-
ciale.
Infatti l'assemblea nazionale Cretese, prima di sciogliersi il 40 No-
vembre, potè approvare senza incidenti un prestito di 11,300,000 lire:
dèlie quali 5,000,000 dovranno essere distribuite quale indennizzo
per i danni cagionati dalle passate lotte del 1896 al 1898 e il ri-
manente dovrà essere impiegato a migliorare i mezzi di comunica-
ndone dei quali T isola ha un vero e assoluto bisogno. Dall'altro
lato gii ufi&ciali staccati dall'esercito greco e mandati in Creta per
GRECIA 379
la creazione d'una raiìizia cretese, continuano ]*opera loro senza
scosse o contrasto dalla parte degli abitanti chiamati a prestare il
loro servizio militare.
Tutto ciò dimostra, quanto da noi si è sostenuto da più anni,
che cioè il solo mezzo di pacificare queir isola, così duramente pro-
vata, era precisamente lasciarla in mano della Grecia, verso la quale
essa tende come verso il suo centro naturale. Ciò sembra essersi
finalmente ben capito dalle potenze protettrici. Meglio lardi che mai.
7. Contrariamente a quanto sin da principio si era detto, e noi
ravevamo accennato in una delle nostre corrispondenze, 11 matri-
monio religioso del principe Giorgio con la principessa Maria Bona-
parte, si celebrò in Atene secondo II rito greco alla cattedrale or-
todossa e fu benedetto dal metropolita di Atene circondato e assistito
da tutti i membri della S. Sinodo. È inutile ricercare la causa di
questo mutamento di programma, se veramente mutamento ci fu,
o esso non fu solamente nella fantasia dei reporters. La principessa
figlia di Rolando rinunziò ai suoi diritti e non riconobbe i suoi do-
veri di cattolica, e tanto basta. Per altro è saputo da tutti che alla
famiglia Bonaparte si attribuisce una origine intieramente ellenica.
Inietti senza parlare d*una tradizione ducale, cui prese poi a pro-
vare come storica lo scrittore tedesco Hunin, Alessandro Suzzos nel
suo famoso « Periplanomenos » lo asserisce come cosa certa, e can-
tando le vittorie del grande Napoleone, ne indica la patria, in questi
versi :
& Kopatxovò^, 6 lyjày xòv TaOYexov iraipiSa
0' eli |i(av [lóvTfjv ftpav
Tijv Y^v TzatJcfitQy xfjv y^ YJ^^^j ®^ '^°^ BatepXGi r/^v x<J>potv !
« Il Corso ch'ebbe per patria Taigete — che in una ora sola — si
giuoco la terra e la perdette sul campo dì Waterloo».
Le accoglienze quindi e i festeggi amenti fatti in onore della gio-
vane principessa, hanno avuta una nota tutta particolare di gioia
di famiglia, come chi rivede un amato parente per lungo tempo stato
lontano dai suoi cari. Così almeno sembrano giudicare molti tra i
Greci, li suo arrivo al Pireo fu salutato dalle salve di prammatica,
e dagli applausi d*una immensa folla che da lunga pezza aspettava
l'arrivo deirAmfitrite. Il primo a correre a bordo della nave fu il
principe Giorgio, quindi i sovrani, il principe ereditario, le princi-
pesse e gli altri principi della famiglia reale. Scesi poi a terra,
S. M. il Re Giorgio presentò alla Principessa Maria il Sindaco dei
Pireo, il quale le dà il ben venuto in lingua francese. Non meno
splendida e affettuosa fu l'accoglienza che la principessa ebbe in
Atene, appena giunta nella piazza « Omonia », dove V aspetta-
vano il metropolita coi suoi prelati, il corpo diplomatico, le dame
380 CRONACA CONTEMPORANEA
di Corte e le supreme autorità della capitale. Il siudaco di Atene
salutò la principessa con un ben venuto in lingua greca, accolto da
fragorose ed entusiastiche grida di applauso dell* immensa folla ivi
accorsa. Il corteo fu a dirittura incantevole, ed esso procedette sotto
una pioggia di fiori sino al palazzo reale.
Il giorno del matrimonio alla cattedrale, Atene era animatissima
e tutta in festa: difficile assai riusciva il trovarsi un posto per ve-
dere il corteo che partiva dalla reggia, luogo e magnifico quanto
mai ; e il doppio cordone di truppa schierata lungo il percorso du-
rava gran fatica a sostenere la spinta della folla. sempre crescente:
JDtanto in chiesa si erano raccolti tutti gli invitati alla cerimonia
nuziale, i Ministri, i rappresentanti delle potenze, gli ufficiali e lo
stato maggiore delle navi da guerra straniere, inglese, russa, au-
striaca, italiana, francese, i magistrati, il corpo legislativo e in-
segnaote, gli alti funzionarii dello stato e cosi di seguito. La prin-
cipessa Maria fu condotta al posto preparato agli sposi da Rolando
suo padre, circondata dai suoi paraninfi, cugini B»« d*Aubigny e le
6glie della marchesa di Villeneuve, mentre lo sposo aveva ai suoi
lati [ principi Nicola, Cristoforo e Giorgio.
Dopo la lunga cerimonia il primate della Chiesa greca pronunziò
una breve allocuzione agli sposi, augurando loro ogni prosperità a
QonsoIazioDe della famiglia reale e di tutta la nazione greca.
La sera fu offerto in onore degli sposi da S. M. il re Giorgio
un pranzo, a cui presero parte duecento invitati, e il sabato del
14 dicembre gli sposi lasciarono la Grecia e in strettissimo inco-
gnito partirono per la bella Italia e si fermarono a Firenze, dove
passarono la luna di miele.
Intanto gli Ateniesi cantano a loro piacere una marcia nu-
ziale, musica del M.* Giuseppe Cesari e versi del sig. Cazzelopulos,
che si vorrebbe lasciare come ricordo del fausto avvenimento.
AI BENEFATTORI
DELLE POVERE MONACHE D'ITALIA
È un anno da che, dando da queste pagine il triste annunzio
della morte del P. Raffaele Ballerini, manifestavamo l'intenzione
di continuare la pietosa opera delF « Obolo per le povere mona-
che », a cui quel nostro insigne confratello e collega aveva dedicata
la mii^lior parte del suo zelo. Spenta quindi la voce dell'antico
promotore, seguiva la nostra per dire ai nostri lettori che,
com'egli pel passato, cosi noi per l'avvenire ci affidavamo alla
loro ben nota generosità.
Siamo lieti oggi di annunziare che la nostra fiducia non fu
vana, e che a quel nostro appello rispose con commovente pron-
tezza e larghezza il cuore cristianamente gentile di tanti gene-
rosi. A cui consolazione perciò diremo che neppur quest'anno,
come negli anni scorsi, è mancato il sollievo a tante vergini
derelitte dei monasteri d' Italia, e l'obolo è disceso a temperarne
l'indigenza, nella somma complessiva di L. 32.400,00.
Dire della riconoscenza vivissima che quell'anime angeliche
hanno espressa a noi con lettere, e presso Dio con lagrime e
preghiere, è quasi superfluo pei nostri lettori, che ornai per
lunga esperienza sanno a qual frutto è messo il loro danaro,
offerto per opera così nobilmente e pietosamente cristiana.
Piuttosto ci piace di dar loro a conoscere quanta gioia ne
ha provato il S. Padre Pio X, nel prendere visione delle somme
raccolte e a Lui presentate dal P. Direttore della Civiltà Cat-
tolica, Tenendo per dono fatto a sé quello che serve a lenire
le angustie di tante vittime compassionevoli, ha dato incarico
al medesimo Direttore di ringraziare a suo nome i benefattori
e dir loro che Egli con effusione di cuore impartiva ad essi
e alle loro famiglie l'apostolica benedizione.
E noi lo facciamo qui tanto più volentieri, in quanto che
la riconoscenza non sterile di tante tribolate Spose di Cristo,
accresciuta e sublimata da quella che il Vicario stesso di Cristo
s'è degnato esprimere, mentre è di conforto ai benefattori e a
quanti nutrono gentilezza di sensi cristiani, vorrà essere loro
anche stimolo per aiutarci a mettere insieme r« Uovo pasquale »
da offrire fra breve in occasione della grande solennità ai più
che 400 monasteri, come recentemente ci fu dato di offrir loro
la « Strenna natalizia ».
L'OBOLO D[ S. PIETRO
RACCOLTO DALLA CIVILTÀ CATTOLICA
nell'anno del giubileo sacerdotale di s. s. pio X
2» SERIE - 3* LISTA
Somma precedente L. 19.553 67
Avv. Dott. Giuseppe Cappelletti, Cav. deirOrdine di
S. Gregorio Magno, Trento » 30 —
Un Sacerdote francese, Roma . • » 5 —
Un vecchio difensore della Breccia di Porta Pia, Veggìa » 100 —
Avv. Giacinto Bricarelli, Torino » 50 —
N. N., Genova » 5 —
Sac. Pio Filomeno de Corta prò Pontifice .... » 3 —
» » » prò Gallia » 2 —
S. E. Riha Mons. Andrea Righetti, Vescovo di Carpi -
Offerta della Diocesi prò Calabria » 320 —
Sac. Angelo Scotti, Borgo di Terzo » 5 —
Sac. Lorenzo Bertinotti, Monasterolo Savignano . . » 2 —
Sac. Enrico Invernissi, Parroco di Bresso .... » 3 —
Sac. Dott. Francesco Pedone, Palo del Colle ...» 10 —
S. E. Ri&a Mons. Giuseppe Aldanesì, Vescovo tit. di Dio-
nisiade, Corneto Tarquinia » IO —
Sac. Raffaele Pero, Pila » — 60
Sig. G. di R. Torino « in riparazione e in protesta con-
tro le tiranniche spogliazioni che si compiono in
Francia per danneggiare il cristianesimo che ha por-
tato la civiltà nel mondo » 100 —
Signora Erminia Imperatori, Intra » 10 —
Sac. Crispolti Tancredi, Umbertide » 2 50
N. N. di Verona » 500 —
Sac. Giovanni Buoqo, Barano d'Ischia » 1 —
Arcidiacono Camillo M. Caldi, Salerno » 5 —
Can. Raffaele Grippo, Potenza » 4 80
Ingegnere Gaetano Capuccio, Torino ► 10 —
Can. Pietro Todde, Oristano {offerta mensile) ...» 5 —
Corneille Borbely Ponnonhalma, Austria » 25 —
Sac. Spiridione Grischi, Malta » 5 -
Da Hporiarsi L. 20.767 57
SECONDA SERIE - TERZA LISTA 383
Biporio L. 20.767 57
Dalla Diocesi di Nicosia prò Calabria » 174 80
Come segue:
S. E. Rma Mons. F. Fiandaca, vesce vo di Nicosia, L. 100.
— Mona. L. Nicosia, Pro Vie. Gen., L. 20. — Mons. G. L.
Leta, L. 4. — Can, Giov. Buscemi, L. 5. — Parrocchiani
di S. Maria M., L. 15,90. — Parrocchiani di S. Michele,
L. 7,90. — Parrocchiani del SS. Salvatore, L. 6. — No-
bile famiglia Volgoarnerì, L. 10. — Parrocchia di Santa
Croce, L. 6.
Sac. Pellegatti Ricci, Ficarolo ». 1 50
Sac. D. P. Viareggio » 10 —
Sig. Giulio Rocca, Napoli »« 10 —
Sac. Alessio Amadio, Cividale » 10 —
Sac. Luigi Zucchialti, Cividale » 10 —
S. E. Rfiia Mons. Raffaele Sandrelli, Vescovo di Borgo
S. Sepolcro ed il Clero della sua Diocesi ed in ispe-
cie I sacerdoti intervenuti nello scorso agosto agli
Esercizii spirituali » 456 —
Il Clero e il popolo della medesima Diocesi prò Calabria » 164 —
Rtìio Can. Tommaso Testa, Casale Monferrato. . . » 7 —
Rtìio Mons. Francesco Orsucci, Pitigliano . . . . ► 1 35
Sac. Lorenzo Grassi, Parroco, Monteiago. « Al S. Padre in
attestato d*illimitato ossequio al suo magistero ». » 80 —
Una pia Signorina, Torino » 5 —
Can. Matteo Di Chiara, Bisarquino » 5 —
Can. Milone Miloni, Treia > 2 —
Humilis, Roma » 2 —
Dalla Casa de' PP d. C. d. G. di Firenze .... » 15 —
F. T., Locamo (offerta mensile) » 3 —
Rifio Mons. Giovanni Edwards, Vie. gen. dell' arcidiocesi
di Nuova-York - Omaggio di filiale affetto* . . . 510 --
25 gennaio 1908. Totale L. 22.234 23
AVVERTENZA
11 Santo Padre, grato a' suoi figli per V obolo registrato
nella presente lista, invia a tutti gli offerenti e ben di cuore
l'Apostolica Benedizione.
La quarta lista delle offerte saia pubblicata nel 1^ qua-
derno del prossimo mese di marzo.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
Scienze aaore.
Martinetti T. Manuale introduetùmis in
S. l^ripturam (quarta edìtio novU curia
«K|iuLitji} TractatuB I(. Dj auctorilate hi«(o-
rioa librorum V. T. Homae, Befani, 1907,
»-, èi^ p. Cfr. Civ. Catt. 1906. 4. 886.
DtffllQ V. parr. Enchiridion théologioum.
^up^>lì. Chiuiuzzi, 1908, 8*, XII-274 p. L. 2,50.
Orègi ire de Nazlanze. Discours funèbres
en rtjoniieur de son frère Céi»aire et de Ba-
ailé dv Cesaree. Texte grec, traduction fran-
^AÌse, mlroductioQ et index par F. Boulbn-
aiH. {Textes et docunients). Paris, Picard,
ISWéJ, ìi^, GXVI-25* p, Fr. 3.
B, Alberto Magno, vescovo di Ratisbona.
Il Sacramento dell'amore. Prima versione
it&Uana libera ad uso dei sacri oratori. Ma-
eemUu Tnione cali, tip., 1907, »», 128 p.
OasBÌEl 8. ieromonaco Poesie di San Nilo
ìitjjiur^' e di Paolo Monaco abbati di Grot-
tafturata. Nuova edizione con ritocchi ed
ftgi^iuntr'. (Innografi italo-greci Fase. I.)
(Edtr. Oriene christianiés. Anno V). Roma,
Propitg^Tida, 1906, 8», 92 p.
l^etture.
Faraoni O. La Religione di Gesù Crisi j.
Fin'nzrv libr. ed. fiorentina, 1908, 8», 448 p.
Prlor J. mgr. li the Pope Independent?
or OutJincs of the Roman Qucslioa. Rome,
1907, 8«, 140 p.
Commer E. Hermann Schell und der fort-
wchritUiche KcUholÙBiamua. £in Wort zur
OrìenLicyrung fUr glaubige Katholiken. Zweite
neiibeur))eitete Auflage. Mit einem Prologe
Ton i'rUlat Dr. H. Glossnbr u. einer Doku-
RD^uleiiritimmlung. Wien, Kirsch, 1906, 8o,
LSXIW 4Ó8 p. M. 8.
Pujla C. arciv. di S. Severina. Dopo l'En-
eictitia < Pascendi dominici gregis ». Discor-
do. BoiuA, Desclée 1907, 16«, 32 p.
Favi 'flloh A. S. J. L'onnipotenea del gior^
naligmo. Roma, « La Civiltà Cattolica » 1908,
10», U |i. L. 0,05. Copie 100 L. 4,50. Copie
lOOti L. 40.
Diritto • SociOÌO0ria.
ClOlll A. can. Dichiaramento delia ntMva
Icgae riguardante gli sponsali e il matri-
monio. Firenze, tt. Ricci, 1908, 16», 28 p.
L. ÙM^ (Rivolgersi alla librerìa Manuelli,
Firenze ,
OajrlgUdt L. Regime de la proprietà. (É-
ttidi! de morale et de sociologie). Paris Bloud,
lOH, Itì*, XX-336 p. Fr. 4.
QliajLtry F. L'institut populaire de l'É-
peule. (L'cieiion populaire n. 163) Paris, Le
coffrr, 1906, 24*, 43 p.
Cheneyers B. Le mcirquia de la Tour du
Pin. {L*<iction populaire n* 169). Paris, Le-
coffre, 1908, 16». 36 p. Fr. 0,26.
Predaul F. Cktstitueione e difesa delie
società cooperative. Asti, Astigiana, 1907, 16»
XlV-320 p. L. 2,50.
DesgrèeB da Leu E. De Leon XIII au
« Sillon *, Une conjuration réaclioanaire.
Paris. Bloud, 1907, 16», 139 p. Fr. 1,15.
Barbler E. La décadence du < Sillon ».
Histoire documentaire. Paris, Lethielleox,
19», ?86 p. Fr. 2,50.
JP'jIoaoAa. e Sciente.
Bréhler E. Les idées philosophiques et
religieiues de Philon d'Alexandrie. Paris,
Picard, 1908, 8». XlVSS'i p.
Foerster Fr. W. Sexualethik und Sexual-
pàdagogik. Eine Auseinandersetzung mit
den Modornen. Kenipten und MUuchen, Ko-
sei, 1007, 8«, 98 p. M. 1.
Mérvellle E. Thèories sur le magnèti-
sme terrestre, (Extr. du Cosmos ocL 1907).
Paris, Féron-Vrau, 8», 14 p.
Scoria e Biogrratìm.
Fonck L. S.J.WissenschaftlichesArbeiten.
Beitrage zur Methodik des akademischen
studiums. {Verd/f. des bibl.'patrist. Semi-
nars eu Innsbruck). Iniisbruck, Rauch, lOOS,
8», XVI-S40 p. M. 2,20.
Bergamaschi D. sac. L' Inquisitione e
gli eretici a Cremona. Saggio storico. (Eslr.
La scuola cattolica). Monza, Artigianelli,
1907, 8», 28 p.
Joly L. chan. Le christianisme et l'extrè-
me Orient. II. Mission catholique du Japon.
Paris, Lelhielleux, 16*, 308 p. Fr. 3,50.
Mona. R. D'Agostino vesc. di Ariano.
Elziario e Delfina Santi e Vergini sposi
del sec. XIV. Ariano, Appulo, 1906, 24«, 52 p.
Premoll 0. Barn. Vita del ven. Bartolo-
meo Canale barnabita, Milano, Berlarelli,
1908, 16% 192 p.
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Annuaire pontificai catholique par mgr
A. Battandier. XI aunée, 1908. Paris, Bonne
presse, 16», 700 p.
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due volte al mese. Anno III. Prezzo di as-
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Seconda edizione Italiana riveduta, corretta ed ampliata
dal Teol. Coli. PAHTE MUHERJITI Salesiano
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Encomiata dal S. Padre con lettera del Card, di Stato e dal Card. Fer-
rari arciv. di Milano neirultimo Convegno catechistico tenutosi a Milano
nello scorso Novembre, è uscita la nuova edizione. Dire dell* eccellenza
dell'opera sarebbe cosa superflua, dopo che tanti Catechisti Thanno espe-
rirne ntata. Basti ricordare che è una vera miniera di suggerimenti, in una
materia tanto importante. In questi giorni in cui si fa tanto difficile Tarte
del catechizzare, sono preziosi gli insegnamenti di coloro, che furono Maestri
insigni. La nuova ediz. poi si avvantaggia per la saggia revisione del
Teol. Munerati, noto per altri lavori di Teologia e Diritto, e già Profes-
sore alla Scuola di Religione di Parma. Speriamo quindi che resa cosi
più maneggevole, tornerà anche maggiormente pratica allo scopo. (Nota
delVEdiiore).
^ ■ ■ ■ , ■ ■
l seguenti libri sono vendibili presso l'Amministrazione della
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LA GUERRA AL CATECHISMO
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Opuscolo in-16 di pagg. U L. 0^. Copie 100 L. 4^. Copie 1000 L. 40.
L' oNnipoteNha pel giornalismo
Roma, « Civiltà Cattolica», 1908.
Op. in-^fO (B pt^i^ &L. IWM - Copie 100 L. 4»60 • Copie 1000 L. 40
L'UNIONE POPOLARE ITALIANA
Roma, « Civiltà Cattolica » 190T.
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Roma, € Civiltà Cattolica », 1907. Op. in-8 di pagg. U L. 0^5.
PIETRO TACCHI-VENTURI S. I.
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Roma, « Civiltà Cattolica», 1906. Op. in-16 di pagg. 44 L. 0^25.
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utilissime alle anime divote e ai loro direttori dal R. P. Ales-
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gine. . . L« IfQO
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SALVATORE M. BRANDI g. I.
DI ohi ò il Vaticano? Room» 1904. L. l»50.
t^'estraterritorialità del Vaticano. Note storiche e giurìdiche. Roma, Be-
fani, 1904, 8«. L. 0,50.
La dotazione delia Santa Sede secondo la legge delle guarentigie.
Roma, 1904. L. 0,26.
I Cardinali di S. R. Chiesa nel diritto pubblico Italiano. Roma, (906. L. i.
CARLO BRIGARELLI S. I.
Letture popolari d'Astronomia. Roma, Civiltà Cattolica, 1906, in 8», di
pag. VllI-97. L. 1,25.
Escursioni zoologiche. Letture popolari, Roma, civiltà Cattolica, 190fi, in^,
di pag. VII-92. L. 1,25.
ANGELO DE SANTI S. L
Le " Laudes „ neirincoronauone del Sommo Pontefloe. Roma, 1903, di pag. ^^.
L. 0.25.
II '- Cursus „ nella storia letteraria e nella liturgia, con particolare ri-
guardo alla composizione delle preghiere liturgiche, In 8^ di pag. 96. L. 2.
GASPARE MARII S. I.
II Gi«[lio d'oro. Romaneo, in IO» di circa 300 pagg. L. 1,50.
La Gemma del Golfo. Boemtto. Un be! volume di pagg. 125. L. 1.
H. GRISAR S. I.
Il Sanota Sanctorum ed il suo tesoro sacro. Scoperte e studii delV au-
tore nella cappella palatina Lateranense nel medio evo. Con 62 Illustrazioni
ftoma Civiltà Cattolica, 1907, Un bel volume di pagg. VlII-200. L. 10.
"" PREwryjis^^
ITALIA. . . . Amo Lire 20 — Semestre 10 — Trimestre 5 - Un fasoloolo L 1-
ESTERO Fraiiohl25.- „ 13- . , . 6.25 „ „ 1,»
Roma, Tip. A. Befani, Via Gelsa 6, 7. GASPARE CALABRESI GeretUe responsabiU.
Quaderno 1384. 15 febbraio 1908.
La
Civiltà Cattolica
Bmìus populus cuius Dominui Dius eius,
(Ps. 14}, 15)-
Anno 59° - 1908 - vol. i.
INDICE DI QUESTO QUADERNO
1. Il Modernismo teolofico Paf . 3U
2. Lo Schopenhauer e la morale peaaimista » 4M
3. Un nuovo criterio di estetica » 412
4. Donna antica e donna nuova. San^ di demani'^ s^. UassMo finaU,
— 52. La seconda viilima » 4Jt
5. Il Cardinale Newman presentato ai lettori italiani 44é*
é. Una biografia Illnstrata di Lnifi Windtborst » 45/
7. La dommatica speciale nell'Apoloi^etica » 460
8. WMUtgràfìu. Aitualità ; Diritto ; Apologetica ; Arte •465
BAHitcr Ch. 471. - Biavascht G. B. 468. - Cera G. 469. - De ia Rive Tb. 473.*
Deaeax A. 472. - Deu Gr. 467. - Devivicr W. 471. - Faraoni G. 471. - Ferreres I.
B. 46A. - Fontana A. 470. - Fraaceschini L. 470. - Germain A. 474. - La Quercia.
465. - Mach i, 468. - Fniemmer II. 467. - Pycia H. 466. - Rossi A. 469. - Zar-
nowiecki L. 474.
I^. L*EpÌ8Copato tedesco e il modernismo » 475
10. C«we romane » M
il. Cose Italiane » 487
12. Notixie i:eneraii di cose straniere » 491
B. Attftrìa-UOflieria. Nostra Corrispondenza » 495
14. Twcllia. Nostra CorrispondM%a. Il centenario di 5. Giovanni Griso-
stomo a Costantinopoli » S%i
15. Ptr rOlwto di S. Pietro. Avvertenza » 4é4
le. Opere pervennte alla Direilone » 511
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Tre Tol. di compless. pp. 1442, L. 13,50.
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GUELFI Sao. ENRICO
PRAELEGTIONES
lURIS CANONICI
Cinque voL di pp. 3014, contenente i
nove tomi di cui l'opera si compone.
L. 15. (Ultime copie esistenti).
SCHULLER Mons. LODOVICO
LA CONFESSIONE
SACRAMENTALE
ISTRUZIONI POPOLARI
ad uso dei Predicatori e dei Catechisti
corredate di tre indici copiosi ed ar-
ricchite di 158 racconti ed esempi sto-
rici.
Seconda edizione. Un voi. dì pp. 668, L. 4.
RIFLESSIONI
E PII ESERCIZI
AD uso DEI SACERDOTI
MANACORDA E.
DICIANNOVE SECOLI
DI CIVILTÀ CRISTIANA
GBNNI STORICI B RIFLESSIONI
Un voi. di pag. 546, L. 3.
ZAMBRUNI D. PROTO
IL VANGELO
NELLE FAMIGLIE
Seconda edizione. Un voi. di pp.380, L. 2.
Seconda pdizione. Un voi. di pp. 400
L. 0,75.
GABRIELE LEDOS
SANTA GELTRUDE
(N. 23 della Collezione / Santi)
Dalla Quarta ed. francese
Un volume di pp. 208, L. 2.
GASTON SORTAIS
IL PROCESSO DI GALILEO
STUDIO STORICO B DOTTRINALE
(N. 46 della Collezione Scienza e ^«It-
ffione).
Un voi. di pag. 64, L. 0,60.
Mona. BATTANDIER
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CATHOLIQUE 1908
Un voL in-8 di pp. 500, L 5,60.
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Interessante volume di pp« 200, L. 1.
Di prossima pubblicazione:
LUDOVICO PASTOR
Sl^OftlA DEr PAPI
DALLAFINE DEL MEDIOEVO
GON L* AIUTO dell'archivio BBORBTO POH-
TIFIGIO B di MOLTI ALTRI ARCHIVI.
(Volume IV)
Traduzione dal tedesco del Prof. A« Mia-
IL MODERNISMO TEOLOGICO
Vili.
11 modernismo nelle varie sue fasi o metamorfosi — dalla
volubile leggerezza del romanzo di moda all'affettato sus-
siego delle critiche di idee e di fatti, degli studi religiosi
di psicologia della fede e simili — non ha contro la Chiesa
e le sue dottrine rimprovero più frequente e più sprez-
zante che quello di una pretesa vecchiaia, di una vecchiaia
cadente.
In siffatto rimprovero si cela tutto un sistema di futili
presupposti, che falsario ben anche il concetto stesso di verità
con le insipienze del relativismo, dell'evoluzionismo, del sog-
gettivismo e via: si presume cioè che la verità non abbia altri-
menti valore assoluto, ma meramente relativo al soggetto co-
noscente, guindi sia con esso cosa mutabile e provvisoria,
sottoposta a evoluzioni incessanti, che in queste stia la sua
vita, e come la vita è criterio di verità, così la evoluzione
sia criterio di vita; sicché non potrebbe la verità avere il
torto, mai, di essere antica, riè fissa o statica, come essi
dicono. Ma su questi presupposti — apriorismi incoerenti
e risibili del modernismo che rifugge dall'apriorismo — non
vogliamo ora insistere. Ve n' è un altro, più facile a inten-
dersi, ed è la ingenua sua illusione di crédersi — perchè
in quest'alba di secolo si è svegliato più ciarliero e più
chiassoso — di credersi giovine e moderno più che di
nome, ignorando o chiudendo gli occhi sopra quella ve,ra e
propria vecchiaia, che le sue lontane orìgini e antiche di-
sdette e trionfi effimeri e mille svariate vicende dell'errore,
tutte di un passato prossimo o remoto, concorrono a mo-
^ Continuazione. Vedi quad. 1381, p. 19-34; quad. 1382, p. 146-160.
1908, voi, 1, fase, 1384. 25 6 febbraio 1908.
386 IL MODERNISMO
strare decrepita, quale appare anche dalla sua slessa gar-
rula vanità.
Sarebbe utile e curioso, come vi abbiamo fatto allusione
altre volte, così ora farvi sopra uno studio lungo e minuto.
Con questo, ne siamo certi, si metterebbe sempre più in chiaro
dove ia stretta affinità, dove la intima dipendenza, dove la
simpatia segreta degli errori, che nati dalla defettibilità e
dalForgoglio del pensiero umano, non hanno spesso di nuovo
altro die la veste e il nome. Utile e curioso vedere, quanto
i sogni filosofici, teologici e critici di una pretesa « cultura »
moderna abbiano riscontro, se non attinenza, con quelli
della vecchia « gnosi >►; come il nuovo (ignosticismo si tocchi,
— cosi avviene degli estremi — con lo gnosticismo antico;
e come il misticismo antico si incontri, e non solo nelle nubi
D nel frasario, con un misticismo nuovo che cade nel fango.
Più utile ancora e più importante sarebbe, segnatamente per
ciò che riguarda il concetto modernistico della fede e della
religione sperimentale o « emozionale », ricercarne il fonda-
mento antico; e da prima remotamente nella pretensione
della falsa mistica, di aspirare al contatto immediato « emo-
zionale > o sensibile, come ad una unione intiqa e reale,
con la divinità; indi più prossimamente nel concetto prote-
stanti co, massime del libero esame, che è individualismo e
soggettivismo religioso. Ma questa trattazione storica, di cui
teniamo in mano gli elementi sicuri, sarebbe al nostro argo-
mento una troppo lunga digressione. Del resto, non ci oc-
corre essa per provare il nostro assunto. Basta a noi l'av-
vertire come nel protestantesimo, più che in tutte le altre
eresie precedenti, in modo simile al paganesimo della gno^i,
tolto ogni sodo fondamento dogmatico, ogni criterio fermo
di verità religiosa, e in ispecie il principio di autorità, si rese
naturale il trascorrere alla soppressione o anche alla ne-
gazione aperta dell'elemento intellettivo e dottrinale, all'esal-
tazione invece del sentimento privato o individuale, al primo
lasciando nulla più che quell'ombra di vita fittizia che sem-
brava necessaria a tener desto il secondo.
I
TEOLOGICO 387
IX
Ciò anzi appariva inerente già, fino dalle prime mosse,
nel falso mistieismo di Lutero, nel quale avevano influito il
loro veleno seducente le correnti quasi panteistiche di una
mistica tralignata, quale trapela, ad esempio, dal Libello
della vita perfetta, che il monaco di Wittemberga studiò con
tanta passione e pubblicò di poi sotto il titolo improprio
di Teologia tedesca ^
È nota la crisi psicologica, tempesta di passioni e di ri-
morsi, per cui il religioso rilassato si condusse ad accecare
se stesso in una persuasione illusoria della propria giustifi-
cazione e salute senza necessità di buone opere ; anzi l'ade-
sione a questo sentimento intemo, confortatore dell'anima
e rivelatore del perdono ottenuto pei meriti di Cristo, divenne
per lui perfezione di fede. La fede quindi riusciva anzitutto
adesione ad una rivelazione interiore alla coscienza, pre-
sente anzi intima ad ognuno, cioè « un riconoscimento spe-
rimentale » (agnitio experimentalis), secondo una famosa de-
finizione luterana della fede; conftisa in tutto con la fiducia,
ordinata non tanto a scoprire, a conoscere, ad |affermare,
quanto a sentire, a sperimentare, in qualche senso a pro-
durre andie e quasi creare l'oggetto creduto, cioè dire la
remissione del peccato. Con essa fede l'anima afferrava la
giustizia stessa di Cristo Signore, se Tappropriava, se ne
rivestiva, secondo le frasi del novatore: faceva, cioè, per
Tatto stesso del crederlo, che fossero a lei imputati i me-
riti del Redentore ed ella, per estrinseca denominazione
dalla santità di Cristo appropriatasi per la fede, si dovesse
credere santa, sebbene tale non fosse intrinsecamente.
In questo concetto di fede giustificante e salvifica, frutto
dello pseudomisticismo e dell'avversione del monaco squi-
librato ad ogni sana filosofia, sta una fonte inesauribile di
' Di quest'opera, registrata nell* Indice dei libri proibiti, si sta ora pub-
blicando a Napoli una traduzione italiana degli iniziatori < mistici » di una
famosa <# bibKoteea mistica » . Cf. Oiv. Oatf., quad. 1880, p. 705 s.
388 IL MODERNISMO
contraddizioni. E la prima è nel concetto stesso del credere,
il quale sarebbe, non più cognizione o assenso dell' intel-
letto a ciò che esiste e viene affermato ; ma consenso o ade-
sione della volontà a ciò che si vuole che esista e volendolo
si fa esistere, si sperimenta, si sente. Onde si apre il varco
all'ibrido connubio di un volontarismo e idealismo, che
confonde la fede con l'illusione e aggrava l'insano presup-
posto dell'antico scetticismo che esse est percipi, E Lutero
stesso e Melantone e altri fra i primi capisetta del prote-
stantesimo lo presentivano già, come sembra, e cercavano
evitarlo ammettendo, oltre alla rivelazione interna e pre-
sente, un'altra esteriore e passata.
Di qui un oscillare perpetuo fra i due concetti di fede :
di atto conoscitivo l'uno o intellettuale, di atto affettivo o
emozionale l'altro; quello di adesione a tutti gli articoli della
fede, ai dogmi, a ciò che sta scritto, ad un sistema dottrinale
ingomma. (doctrinaEvangelii); questo di affezione del cuore, o
semplice sentimento di un ben essere spirituale, di una sod-
disfazione intima, o vogliamo dire del perdono e della salute.
Il ijuale dualismo della fede luterana è rinfacciato anche dal
luterano razionalista Harnack al suo Lutero; e dette luogo,
secondo il prevalere dell'uno o dell'altro elemento, a contro-
versie accanite fra novatori *. Ma negata la fede e la religione
di autorità, per sostituirvi quella dell'esperienza o del senso
individuale, era inevitabile l'estenuare da prima e restrin-
gere sempre più, di poi sopprimere addirittura ogni ele-
mento dottrinale o dogmatico, fisso e consistente, cioè og-
gettivo in sé e derivato da una rivelazione passata, este-
riore al credente, scritta o tramandata; quindi dedurre per
ultimo ogni cosa, fino alla stessa fede del perdono, da una
rivelazione presente, interiore, personale, « vissuta », che
avrebbe fatto della Scrittura e del Vangelo stesso un « pro-
dotto di esperienze ». Bentosto a questo estremo giunse
appunto il protestantesimo, che ora dicesi largo e liberale,
troppo bene affratellato al razionalismo; ed all'estremo
* Cf. Paulsen, Contro il clericalismo, trad. ital., Torino 1907, pp. 41-45.
TEOLOGICO 389
medesimo, come ripetutamente ammonisce l'enciclica, corre
il modernismo.
A simile esagerazione dell'elemento mistico nella fede pre-
ludeva infatti, dagli inizi della riforma, il canonico di Ossig,
Gaspare Schwenkfeld, prima fanatico ammiratore e poi fiero
oppositore di Lutero: egli derivava la fede dalla parola inte-
riore, deprimendo la parola esteriore, la predicazione, la
bibbia, ed esaltando unicamente la pietà interna, indiffe-
rente ad ogni esterna costituzione della Chiesa. Né fu egli
solo in ciò : peggio ancora insegnava, al tempo stesso, Se-
bastiano Franck, non riconoscendo, fuori della parola in-
teriore, alcun valore oggettivo alla parola esteriore, né a
Scrittura né a dogma alcuno della Chiesa.
Di qui al pullulare del misticismo fanatico e panteista
del Weigel, del Bòhme e simili, fino al dilagare aperto della
incredulità, fu rapido il passo: e alcuni lo temono rinno-
vato già nella impresa mistica e libraria di non pochi mo-
dernisti, i quali in palese e di soppiatto fanno propaganda
di un misticismo consimile, e di cotesti scritti ereticali o
infetti, preparano la pubblicazione in Italia, sotto specie
di rinnovamento religioso o di religione interiore.
Ma il vero è che i più, almeno perle apparenze, propen-
dono al misticismo pietista dello Spencer, dello Zizendorf e
de' loro seguaci, per cui la religione é tutta cosa del cuore.
Tale misticismo appare alquanto meno esorbitante nella pra-
tica e nella teoria. Anzi a primo aspetto potrebbe quasi dirsi,
e lo proclamano essi altamente, prossimo al cattolicismo, per
ciò che ha di reazione salutare alla forma scheletrita e fredda
del culto riformato e del dogmatismo arbitrario della chiesa
protestantica. Ma in verità il pietismo pallia con queste lustre
il suo indifferentismo dogmatico, il quale riesce al disprezzo
delle Scritture e dei Simboli, come di ogni altra forma deter-
minata del dogma. Esso qui contrasta non solo al protestan-
tesimo storico, ma ad ogni cristianesimo positivo e corre a
IL MODERNISMO
ìiK^ontrarsi eoa Taltro estremo, col razionalismo; verso cui
per giunta si trovò sospinto dallo spirito di setta e dal-
l'orgoglio intellettuale del misticismo fattosi ben presto mor
boso e bizzarro. Così fino dal secolo XVllI furono veduti
uscire a schiere dalle sette mistiche di Germania e di In-
ghilterra, i filosofi dell'agnosticismo religioso, dell'indiffe-
rentismo scettico o incredulo fino alla professione d'infe-
deltà, coperti i più dell' orpeUo di una fede e di una reli-
gione sentimentale.
XI.
Tra essi primeggia senza fallo, quale Copernico della nuo-
va filosofia, com'egli voleva essere, il filosofo di KOnigsberg.
educatosi al pietismo protestantico, sebbene poi vi rinuib-
ziasBe come religione positiva, ne ritenne il principio anti-
dogmatico, anzi fu tratto a dargli un fondamento filoso-
fico; esaltando la conoscenza sperimentale o sentimentale e
deprimendo la conoscenza intellettuale fino ad escludere
dalla religione ogni dottrina metafisica di Dio e dell'anima
e per conseguente ogni teologia speculativa, ogni dogma.
Ma senza entrare per ora in una distesa esposizione del suo
sistema religioso o piuttosto irreligioso, purtroppo affine al
simbolo-fideismo del modernista, è notorio il concetto kan-
tiano di fede, come di esperienza interna soggettiva, appren-
Bioue di un reale fantastico, quasi sogno di poeta. Sicché alla
fede rimandava il Kant ciò che non aveva fondamento di
prova, e quindi nulla di commune con la scienza: onde l'una
poteva contraddire all'altra impunemente, e la religione re-
stava cosa del sentimento e del cuore^ non della ragione,
nel senso appunto dei noti maestri del modernismo.
E perchè non si gridi qui, com'è il solito, all'esagerazione,
tale è l'intendimento che ne hanno i suoi discepoli. Ci basti
recare l'opinione di chi n'è in Germania il rappresentante piii
caldo e più sincero, del Paulsen ^ ; alla cui opinione pare
' Kcco le sue proprie parole nel libro di recente tradotto e intitolato
OùHtro U eléiHcalismOy cioè il cattolieismo, dove esalta nel Kant il fUowfò (M
TEOLOGICO 391
a noi che si accordi nella sostanza, quanto all'origine pietista
del dogmatismo morale e dell'immanentismo modernìstico, il
Laberthonnière, vantato fra noi come il teologo della nuova
scuola. II Paulsen tuttavia stima che questi sentimenti fu-
rono tenuti animati dal contatto con lo spirito del Rousseau
e che solo « ricevettero dal Kant una nuova illustrazione
in senso antipretesco ». Il Laberthonnière invece sostiene
- e appunto contro quei che l'accusavano a buon diritto di
soggettivismo kantiano - che il dogmatismo morale e l'im-
manentismo da lui preconizzato è sì veramente « cosa kan-
tiana >, ma « è prima di tutto cosa cristiana > ; che il « Kant
l'ha ritenuto appunto dal suo Cristianesimo e dal senso
della vita immanente che ha attinto dal pietismo », che ^ que-
sto elemento mistico non è affatto esclusivamente suo ».
Anzi aggiunge : « Questo ci basta senza dubbio perchè egli
- il Kant - ci appaia, per quanto ci possiamo sentire indi-
pendenti di fronte a lui e pur potendogli rimproverare
qualche cosa (solo qualche cosa /j, molto più vicino a noi che
non Aristotele » col suo Dio, la sua morale da esteta ecc. *.
Né minori sono le simpatie degli « umili e franchi di-
protestantesimo (p. 51), e considera le esperienze e ì sentimenti perso-
nali che hanno avuto speciale influenza nel Kant e nella formazione della sua
filosofia: « Kant nacque da una famiglia in cui regnava quella speciale forma
di devozione religiosa che si chiamò Pietismo. Egli imparò a conoscere la
religione in una forma che odiava speculazioni scolastiche e litigi di teo-
logi... rimase in lui per effetto di paterna eredità un certo qual sentimento
per il valore di quel cristianesimo non dogmatico popolare il quale si ma-
nifestava invece neli* intenzione e nella vita pratica ecc. Di qui la persua-
sione che la religione sia una cosa del sentimento e del cuore, e non della
ragione... che convenga tanto alla scienza quanto alla religione abbandonare
questo sistema dogmatico... che per tal modo la scienza potrà liberamente e
senza pregiudizi occuparsi della verità... Kant adunque nella buona inten-
zione di voler rendere servizio alla religione abbatte tutto Tàntico sostegno
della fede, vale a dire la metafisica dogmatica della scuola ». Fin qui il
Paulsen, plaudendo al maestro e parlando per Tappunto come un modernista.
• Luciano Labkrtoknière dell'Oratorio, Saggi di flloaofia religiosa.
Unica traduzione italiana autorizzata. Milano, 1907, p. 371. •— Citiamo que-
sta recente traduzione, ma essa, salvo qualche nota, è conforme air opem
proibita Essais de lìhilosophie réligieuse. Gf. appendice Le kantisme et
M, Blondel (p. 321).
392 IL MODERNISMO
scapoli > della nuova filosofia in Italia, come di quel ge-
niale conferenziere che ripeteva sovente « quanto poco
sia cristiana pur credendo di esserlo molto, di esserlo essa
sola » l'antica filosofia, quella dei suoi avversarii.
Il Paulsen ci pare ben più schietto e più competente : egli
dà « chiaramente delineata la posizione » del Kant in tre
punti che tutti e tre pur troppo hanno riscontro nel mo-
dernista al di qua, come al di là, delle Alpi e del Reno. Il
primo è autonomia della ragione, sopra la quale non c'è
istanza e che nessuna rivelazione può circoscrivere; quindi
il Kant è sincero razionalista. Il secondo è antidogmatismo,
anzi quasi anti-intellettualismo, perchè la ragione non può
appoggiare la fede religiosa, né la scienza stabilire qualche
cosa di positivo, nemmeno intorno ad una causa prima ecc.,
e sotto questo riguardo il Kant è con l'Hume uno scettico
dichiarato. 11 terzo è possibilità e necessità di una fede
pratica ragionevole, di una fede morale, di cui « egli con-
sidera l'ateismo intellettuale come base ». Poiché — di-
scorre egli — « la ragione speculativa non può alzarsi sopra
il mondo dei fenomeni: quindi confida la formazione degli
ultimi pensieri sopra la realtà, la concezione filosofica, alla
ragione pratica : questa movendo da un proprio fenomeno
fondamentale, quello del dovere assoluto che è anche l'as-
soluto volere, determina l'essenza della realtà per mezzo
del concetto del bene assoluto: la realtà in se stessa è Dio
e il suo regno; la legge morale è la legge naturale del regno
di Dio > *. Così il Paulsen, ritraendo il pensiero kantiano, ci
rimette innanzi non pochi tratti della « psicologia della reli-
gione » e della fede modernistica, da noi riportati altrove, del
Celli, del Tyrrel, di altri.
Ma il professore berlinese conferma altresì un nostro giu-
1 Contro il Clericalismo, p. 47. Si raifrontìno qui le parole del Laber-
thonnière, dopo quelle citate sopra: « Kant è evidentemente molto diverso
dal tipo del negatore, inventato sotto il suo nome dalla scuola eclettica ed
accettata tal quale dai teologi, molto diversa da quel tipo di Robespierre
della metafisica, che avrebbe soppresso Dio, secondo il paragone di Enrico
Heine ». - Si vede quanto sia giustificata questa simpatia per il Kantl
TEOLOGICO 393
dizio spesso ripetuto, quando soggiunge non potervi essere
dubbio che queste teorie non sono altre da quelle del prote-
stantesimo primitivo, « ma alquanto meglio sviluppate e spie-
gate >, quasi per corollario dell'autonomia della ragione. Di
fronte alla Bibbia Lutero, quantunque ammetta la superiorità
della propria coscienza, non prende una posizione radicale
come il Kant. Questi tira le ultime conseguenze, dice il Paul-
sen. Laparola di Dio in noi è Vultima regola del vero. Non più
dunque parola di Dio rivelatrice esterna, nella Bibbia; ma
solo rivelatrice interna: perchè « io non posso convincermi
che in Cristo e nella Scrittura Dio si è manifestato, se le
mie idee sopra la divinità non coincidono colla essenza e
vita di Cristo e col contenuto della Scrittura stessa » ; con-
forme al principio dell' immanenza kantiana. < Chi non vuole
riconoscere ciò — conchiude il filosofo di Berlino — deve
diventare cattolico, poiché nel cattolicismo la fede non nasce
dalla fc rza persuasiva delle cose, ma dalla fiducia o obbe-
dienza verso un'autorità esteriore ». E appresso egli insiste
a ridire che « protestanti sono pure gli altri due concetti
à^Wanti-intellettualismo e del volontarismOy che la fede viene
dal cuore, non da speculazioni teologiche o da prove sto-
riche: che essa è la certezza immediata» *, cioè senza ombra
di argomenti o di giustificazione razionale, una certezza
cieca insomma.
Con un siffatto concetto di fede, ridotta a un cieco senti-
mento, non occorrevano evoluzioni per trascorrere alla ne-
gazione della divinità di Cristo, del cristianesimo storico,
di ogni religione positiva, di ogni culto esteriore *: vi era
* Ivi, p 48.
^ Ivi, p. 49: «L'unico modo di servire e piacere a Dio è quello di con-
durre una vita morale intesa in senso kantiano, secondo il quale questo prin-
cipio « tu devi » si muta nel più profondo deU*bnima in un io voglio,
e il valore morale dell'uomo non dipende da ciò che egli eseguisce este-
riormente, ma dalla buona volontà ed intenzione, che è perfettamente au-
tonoma. — ()gni altro culto esteriore non è neces.»ario e nuoce, anzi quando
Tautorità ecclesiastica lo raccomanda, ne nasce allora quel culto ciarla-
tanesco, che è causa di tanto male». Anche in questo punto, massime nel-
Tawersione al culto esterno, i più dei modernisti si accordano mirabilmente.
394 IL MODERNISMO
già esplicita bastevolmente, sebbene avvolta nelle nubi misti-
che di un frasario pietista.
XI.
Né da queste nubi si uscì del tutto coi successori del Kani^
sebbene tanto più audaci del maestro nelle negazioni di
ogni religione positiva e naturale, fino alla negazione stessa
della personalità divina*. Anzi può dirsi che l'infedeltà viep-
più si camuffò dì misticismo, segnatamente per opera della
Sohleiermacher, il quale da essi ispirato, escluse del pari
dalla fede e dalla religione tutto ciò che non è pio senti-
mento, quindi ogni fatto meramente storico, ogni verità dog-
matica partecipata ab estrinseco, anzi ogni verità trascen-
dentale, come ogni pratica estema e determinata di culto:
ristrinse fede e religione nell'intimo del cuore o della co-
scienza: in un sentimento di dipendenza per una parte e
per altra nella creazione di certe disposizioni di quiete o sod-
disfazione interiore, giusta i < bisogni» personali *: solo ciò
che l'uomo può provare in sé o almeno sentire con altri, solo
ciò che può far suo proprio con l'esperienza interna e con
la propria vita, che può produrre nella sua coscienza, solo
* Tvì, p, 93 ss. Firhte in lotta per la libertà del pensiero.
^ Di qui al criìjtìane,simo personale (Eigenes Christenium) del LehmaD
fu un pàssio BoLo, e portato Decessarìamente dalFessenza del protestantesimo
come dal concetto pietista della fede « emozionale » essendo tede e religione
cosa dì puro eenti men lo, la religione è dunque puramente interiore, pura-
mente individuale. Quanto vi può essere di obiettivamente stabilito, ogni
dogma che dovesse accettarsi così cora*è rivelato, ogni legge, ogni forma,
ogni pratica esterna obbligatoria, diviene un attentato, alla dignità, airau-
tonotiuii umana. L'uomo in questa religione prega e crede come vuole e
perché vtfolp: il huo Interno si ribella al dovere della preghiera, la sua
aapimzione verso Dio alla catena del dogma che Topprime, al dogma-ma-
ciffìio. Ognuno pertanto ha diritto d' «individualizzarsi» la sua religione,
cioc adattai la alla :sua inclinazione personale, alla sua disposizione d'animo
deiroi^ipri. allo stato deUa sua educazione, ai suoi «bisogni», insomma. Si
potrebbe dunque chiamare anche questa «la religione dei bisogni », per ri-
scontro alla famosa flioHofla nuova, esaltata fra noi come « la metafisica
dei blarigni *.
TEOLOGICO 395
questo poteva essere oggetto di fede. Quindi la fede, e per
conseguente la teologia, fu al tutto dis(^iunta dalla scienza,
la religione dalla cognizione e ridotta ad essere una mera
descrizione, o « proiezione » ebe si voglia dire, della vita
intema, cioè d'immaginazioni interiori e soggettive, dicasi
poi questa arbitraria affatto, ovvero provocata da fenomeni
esteriori inesplicabili, fenomeni benefici e confortanti o no-
cevoli e paurosi: è tutt'uno: l'origine, come l'essenza, è
sempre naturale affatto, prettamenta umana.
Siffatto concetto- di religione e di fede era già popolare,
nel secolo andato, fra i protestanti di Germania, e più di-
venne con gli scrìtti di Alberto Ritschl e del suo più fido
discepolo, Hermann, che lo colorì anche più al vivo della
seducente parvenza di uno pseudomisticismo nebuloso ed
aereo, sebbene amendue così pieni di livore contro il « mi-
sticismo monastico » : e il loro misticismo parve ad alcuni
più profondo che quello del BOhme stesso, il gran teosofo
del secolo XVII (1575-1624), di cui pure i mistici nuovi ci pre-
parano in Italia la traduzione.
Così gli stessi razionalisti più increduli vi ricorsero a
gara, allegando il loro sentimento del divino, la loro reli-
giosità interiore contro chi li accusava d'irreligione, e pre-
sero a rigettare con dispetto il titolo, che prima ei-a loro una
gloria, di razionalisti : separavano essi per ogni rispetto la
fede della scienza, fabbricando quindi al dogma, alla teo-
logia, come lo Schleiermacher nella s\iaiOlaì4ben8lehre (dot-
trina della fede), un'abitazione più larga, più ariosa (« luf-
tigen Pcwillon ») ^.
Ma non occorrono parole a chiarire che il termine di
tutti costoro è un medesimo : la distruzione del cristianesimo.
XII.
E questa distruzione fu proclamata altamente in Ger-
mania, dai seguaci appunto della religione filosofica del
1 Cf. KiBFL, Die Emyclika « Pascendi » in Lichte der modernen-phi-
ÌOBophischen Entwicklung (L* Enciclica « Pascendi » alla luce del moderno
svolgimento filosofico) in Hochland (i genn* 1908), p. 445 ss.
396 IL MODERNISMO
Kant e dello Schleiermacher. Di essi anche il citalo Kiefl
reca solenni testimonianze, su le quali passiamo ora come
cosa omai troppa nota.
Poiché, come scrive il Kiefl stesso a questo proposito, a
nulla potevano giovare le sottigliezze escogitate a conciliar
in qualche modo una religione siffatta col cristianesimo.
Né meglio delle altre giovò quell'ultima onde si cercò
fondare la dogmatica come scienza sopra il sentimento re-
ligioso, cioè il neokantismo. E la forma, in particolare,
onde si volle applicato il neo-kantismo al cristianesimo,
mostra la maggiore somiglianza con quella che l'enciclica
biasima nel modernismo, come il Kiefl viene ampiamente
dimostrando : « previene il simbolismo modernistico, stabi-
lisce uno scisma permanente, una rottura insanabile fra la
ragione e il sentimento, fra la mente e il cuore. Quindi
spinge essa alfine, con l'impeto della corrente irresistibile,
alla negazione di ogni fede positiva, di ogni dogma, non
escluso quello dell'esistenza divina e dell'immortalità del-
l'anima, che sono le due verità fondamentali del cristia-
nesimo. Ma già per lo stesso pendio oltrepassando il Kant,
precipitava al panteismo il pietista Schleiermacher, porta-
tovi dalla sua coscienza o esperienza religiosa, fino ad
invitar piamente i suoi correligionarii a fare riverenti li-
bazioni ai Mani del santo e perseguitato Spinoza > *.
Questo pendio lubrico noi abbiamo denunciato più volte,
anche a proposito di modernisti italiani, come di qualche
rivista per il clero, la quale riconosceva dallo Schleierma-
cher l'origine delle idee nuove ma pretendeva che l'origine
non offuscasse la giustezza delle idee. Ora ci è caro di
vederlo riconosciuto e messo in viva luce nel periodico di
Germania più caro ai modernisti italiani *, e da uno scrit-
tore che non può essere loro sospetto. 11 quale conchiude
* Cf. Hochland (l genn. 1908), art. cit., p. 454.
' Diciamo questo, perchè Hochland è Tunica rivista di Germania rac-
comandata da La Vita Religiosa, nuovo organo del modernismo. Il Kiefl
poi fu grandemente lodato negli Studi religiosi del Minocchi, perchè stato
amico e difensore dello Schell ; ma noi vediamo con piacere, che è assai me-
glio pensante dei suoi lodatori italiani.
TEOLOGICO 397
alfine la sua dimostrazione con dire, che questo concetto
della religione e del cristianesimo, rigettato dall'encìclica
col nome di modernismo e di cui è padre proprio lo Schle-
iermacher, è andato già percorrendo in Gei mania, da cento
anni, tutti gli stadii della sua evoluzione, ed è alfine giunto
a un pieno fallimento : riconosciuto comunemente da filo-
sofi e da teologi siccome un concetto errato nel suo prin-
cipio, nella sua applicazione inetto a conciliare il cristiane-
simo col pensiero moderno, e nell'esito, foriero di « crisi »
o piuttosto di dissoluzione del cristianesimo.
Quindi si scorge altresì, per le cose dette, come gli er-
rori del modernismo, accolti quasi novità nei paesi latini — e
prima anche negli anglosassoni — erano da gran tempo con-
siderati per cosa non solo vecchia, ma morta, in Germania,
almeno secondo la forma più cruda onde sono esposti e
condannati dall'enciclica. Il che aveva osservato già, or
sono cinque anni, anche il Mausbach a proposito dello pseu-
donimo anglosassone Engels, che è tutt'uno con l'italiano
Sostene Gelli, da noi sopra confutato *.
XIII.
La spiegazione di questo morboso entusiasmo nei paesi
latini, se può trovare per qualche Iato un riscontro nel
così detto americanismo, più lo troverà segnatamente per la
Francia e per l'Italia pedissequa nell'indirizzo dei neo-cri-
tici o neo-kantiani francesi, originariamente protestantico-
pietista, come quello del protestante Renouvier e della sua
scuola; dalla cui sorgente, intorbidata tutta di veleno kan-
tiano, attinse poi il protestante razionalista Augusto Saba-
tier gli elementi della sua pseudo-filosofia della religione, «
onde sgorgò infine il nuovo sistema di religione dello spirito,
opposto alle religioni di autorità: che nella sostanza è quello
dei modernisti.
* « L'entusiasmo postumo con cui certi cattolici stranieri rappresentano
oggigiorno il Kant, il Goethe, lo Schleiermaclier, il Ritschl ecc. come fonti
e modelli della teologia e dell'opinione cattolica, fa in Germania una impres-
sione strana e tutt*altro che lusinghiera» {Theologische Revue, 20 ag. t903).
398 IL MODERNISMO
Restringendo il molto in poco, secondo Augusto Sabatier,*^
principio, onde muove la religione, e primo moto di fede
è appunto una commozione dell'anima al cospetto della
natura, un sentimento di dipendenza e di unione; un'espe-
rienza religiosa insomma: la quale poi si traduce nel « ge-
sto » o rito che è il primo germe della liturgia, indi in
« parole > elemento intellettuale, secondario e provvisorio,
onde sorgono i dogmi e le mitologie diverse, che sono
semplice prodotto di commozioni o esperienze religiose.
Siffatta commozione o sentimento religioso, secondo lui,
si destò con più vivezza in alcuni, come nei cantori ispi-
rati o profeti, che si trovano in tutti i popoli primitivi, e
più particolarmente in quello, da prima nomade e poi stan-
ziatosi in Palestina, della tribù di Abramo: corona di que-
sti « profeti » sarebbe Cristo, che nella sua coscienza reli-
giosa sentì si vivamente e amò questa dipendenza sua dal-
l' « Essere universale » — il quale per A. Sabatier è « la col-
lettività di tutte le forze rivelatesi nella evoluzione cosmica
del mondo » — da trasformare siffatta relazione di dipen-
denza in una relazione di figliuolanza; e in questo senso
egli divenne realmente figliuolo di Dio, e l'espresse in sem-
plici parabole e similitudini, ma senza dogmi: questi nac-
quero solo con S. Paolo e col quarto Evangelio, come for-
mule delle esperienze religiose dei primi discepoli di Cristo.
Questo è il pretto razionalismo, e più propriamente re-
nanismo, rivestito dai Sorbonista protestante di frasi più
mistiche che non dal chierico apostata; onde quegli ebbe
assai pestifera l'efficacia sui cattolici stessi e su parte del
clero, non solo in Francia, ma anche in Italia. Poiché fra
. noi se ne copiavano bonariamente da giovani scrittori
le frasi e i paragoni, come quella delle coscienze religiose,
^ Etfquisse d'une phtlosophie de la religion, d'apres la psycJwlogie et
Vhistoire. — Les religione d' autor ite et la religion de V Esprit, Paris,
Fischbacher, 1903. — Avvertiamo da capo che non si confonda questo Augusto
Sabatier, già decano della facoltà di teologia protestante a Parigi (1839-
1901), con Paolo Sabaiier, letterato chiassoso ma deJ tutto ittoompetenta ia
materie filosofiche e religiose lattosi ora « balio » dei moderBÌsti.
TEOLOGICO 399
4c tutte in vario grado manifestatrici della divinità » e quella
delle « formule » teologiche o dogmatiche assimilate alle
bende che avvolgono le mummie d'Egitto, e simili spirito-
sità; per non parlare qui di altre proposizioni anche peg-
giori, come il chiamare Cristo semplicemente « la più grande
coscienza religiosa dell'umanità », e simili frasi, che abbel-
livano conferenze ed articoli di « nuova cultura ».
Ma peggio, al di là della Manica, il Tyrrell, vanamente
presumendo farsi « continuatore » del Newman, si lasciò
rimorchiare dal razionalismo del protestante della Sorbona
di Francia, trascorrendo di botto da focoso tomista a fana-
tico simbolista.
Non cercheremo noi, come altri ha fatto anche tra pro-
testanti, le rassomiglianze della nuova dottrina di lui col
protestantesimo di Lutero. Una convenienza tuttavia non
si può negare, che conferma le cose dette sopra; ed è l'ori-
gine dallo. pseudo-misticismo: più angoscioso e fiero nel
monaco sassone, più tenero e sentimentale nel religioso in-
glese; ma nell'uno e nell'altro intensissimo e fomite d'illu-
sioni le quali falsarono il concetto stesso di fede, e con questa
di tutta la religione *. Di ciò abbiamo dato saggio nell'arti-
colo precedente esponendo la nebulosa « psicologia » della
fede dell'autore stesso, che sotto il nome di Sostene Gelli co-
loriva il programma religioso alla società italiana di cultura
del Muitì e di altri giovani traviati; programma che conte-
neva in germe o in abbozzo tutto il veleno degli errori con-
dannati poi nel modernismo filosofico e teologico.
Ora di simili « vaneggiamenti » ripete sovente l'enci-
clica che furono già tutti condannati dal Concilio Vati-
cano ; e perchè ciò riguarda la vecchiaia del modernismo,
noi lo confermeremo brevemente in un altro quaderno;
e mostreremo per giunta che furono condannati fin d'allora
come errori vecchi, derivati da pseudo-riformatori e da ra-
zionalisti, per le stesse ragioni e con le conseguenze stesse
che ora l'enciclica di Pio X riscontra nei modernisti.
' Vedi su questo punto M. de la Taillb, SurVencyclique * Pascendi »,
in Éfudes (decembre 1907), p. 650.
LO SCHOPENHAUER
E LA MORALE PESSIMISTA^
Il filosofo della volontà, così suole appellarsi lo Scho
penhauer, non è un autore che si possa mettere da canto
in uno studio, qual è questo nostro, sul problema morale.
Troppo famoso è il suo nome nella storia della filosofia I
Troppo singolari sono le sue vedute filosofiche! Specialmente
poi nello stabilire il criterio della moralità, lo Schopenhauer
si allontana di molto da tutti gli altri autori.
Lo ripone, come vedremo, nella volontà di vivere. Giu-
dica e classifica gli atti umani, secondochè scorge in essi
un'affermazione o al contrario una negazione della volontà
di vivere {eine Bejahung oder eine Verneinung dea Willens
zum Leben).
in questo articolo adunque prenderemo in esame la sua
filosofia, risguardandola principaiineuv^ i lato morale.
A principio del suo trattato di morale^ fa egli una dichia-
razione, che a noi sembra un vero paradosso. Dice ciie
avremo da lui una morale totalmente scevra di precetti ed
obblighi. E si noti che questa dichiarazione non è già un
semplice preavviso del fatto, strano invero ed incredibile,
che cioè il trattato gli riuscì tale. No: è una protesta formale,
a priorL Sostiene egli, che un corso di etica non può non
^ Continuazione dello studio sul Problema morale, quad. 1361 pag. 537 ;
quad. t3G3 pag. 49; quad. 1365 pag. 286; quad. 1368 pag. 673; quad. 1370
pag. U6; quad. 1373 pag. 256 ; quad. 1377 pag. 270; quad. 1380 pag. 651.
* Questo trattato contiensi nel libro quarto dell* opera intitolata : lì
mondo come volontà e come rappresentazione {Die Welt ala Wille und Vor-
i^ieliung) Questa è Topera principale dello Schopenhauer. Nel citarla, ci
alLerremo airediz. di Lipsia, Brockhaus 1873.
LO SCHOPENHAUER E LA MORALE PESSIMISTA 401
essere tale, non i)uò senza ripugnanza contenere ingiunzioni
e doveri.
In verità, non sappiamo concepire una morale, senza
comandamenti ed obblighi. Se è un trattato di etica, di-
scorrerà senza dubbio delle azioni cattive e di quelle buone.
E che cosa ne dirà? Quanto alle cattive, non affermerà sol-
tanto, ch'è lodevole astenersene, ma denunzierà inoltre, ch'è
obbligatorio schivarle : malum est vitandum. Quanto alle
buone, non dirà certamente, che tutte sono libere o super-
erogatorie, ma di alcune insegnerà che sono doverose. Lo
proclamerà per lo meno di quelle tre azioni che lo stesso
Voltaire, nel suo poema sulla legge naturale, dichiarava
obbligatorie : * Adore un Dieu^ soia juste, et chéris ta pa-
trie » *. Se dunque è, quale si dice, un trattato di morale,
conterrà senza fallo precetti e doveri.
Eppure, lo Schopenhauer protesta, a priori, che la sua
morale non ne conterrà affatto. « Ninno, così egli, aspetti
in questo mio libro di etica prescrizioni o un trattato sui
doveri; molto meno poi aspetti un principio etico univer-
sale, che sia come il ricettacolo, donde escano fuori tutte
le virtù. Non faiicmo alcun motto di doveri incondizionati
(unbedingtes Soìtsn), non cenno alcuno di leggi della libertà
{G-^setz fiir die Freiheit), perchè gli uni e le altre inchiudono
contraddizione. Non parleremo punto di doveri: di questi sì
tiutta coi fanciulli e coi popoli nel primo stato d' infanzia,
non però con quelli che posseggono l'intera coltura di una
età provetta. Non è, in verità, una contraddizione palpabile
(handgreiflicher Widerspruch)^ ammettere che la volontà è
libera, e nondimeno stringerla con leggi alla cui norma deve
attenersi? » E poco appresso : « Molti per l'addietro hanno
stabilito principii di morale e li hanno proposti, come pre-
^ lì Voltaire pubblicò questo poema, La loi naturelle, Tanno 1751. Lo
scrisse per confutare un certo opuscolo, Du souverain bien, il cui autore si
sforzava di provare, non esservi né virtù né vizio, e doversi il rimorso della
coscienza attribuire ai pregiudizii delFeducazione. Il poema, diviso in quat-
tro parti, fu dedicato ^al re di Prussia.
1908, voi. i, fase. 1384. 26 5 febbraio 1908.
402 LO SCHOPENHAUER
celti di virtù, e come leggi a cui conviene di necessità ob-
hedire. Io, come già dissi, non posso fare altrettanto, perchè
non ho né legge né dovere da imporre a una volontà eter-
namente libera » *.
Rispondiamo, non esservi ripugnanza alcuna in questo,
che la volontà sia al tempo stesso libera e vincolata per
legge. Il legame della legge è un vincolo morale: sotto la
legge la volontà ritiene la sua fisica libertà. Ora, ripugna
forse, che la volontà sia fisicamente libera e moralmente
vincolata? All'opposto, è ciò necessario, per impedire che
la volontà si dilunghi dall'ordine del fine, ne voluntas^ così
spesso ripete l'Angelico, divertat ab ordine finis.
Lo Schopenhauer va più oltre del Kant, di cui si pro-
fessa discepolo*. Il Kant, è vero, esclude ogni eteronomia*;
ma pure, con l'autonomia della ragione, con l'imperativo
categorico, si studia di conservare qualche ombra di ob-
bligazione, cerca di salvare qualche resto del Decalogo. Di
ciò non si cura punto il nostro A. : rigetta apertamente e
totalmente ogni idea di legge e quindi anche di dovere. E
senza leggi e doveri pretende darci un compiuto corso di
etica? Vediamo, che sorta di morale è questa sua.
Il Ribot, dopo avere lungamente esposto la filosofia dello
Schopenhauer, ne fa infine un esatto riepilogo che ci piace
qui soggiungere. Così i lettori avranno dinanzi agli occhi
na buon sunto di tutto il sistema di quest'autore,
< Un principio sconosciuto, una x, che non può espri-
mersi per alcun vocabolo, ma di cui il nome volontà — nel
senso generalissimo di forza — è l'espressione meno ine-
satta ^ spiega l'universo. In se stessa, la volontà è una
> Op. cit., lib. IV. § 53 e 66. Voi. 1. pag. 320 e 4i2.
^ Lo Schopenhauer dice di essere discepolo del Kant, ma con differenza
dal Fichte, dallo Sebelling e dall'Hegel. Diceche, mentre quelli ne sono la
discendenza bastarda, egli ne rappresenta la linea legittima.
» Vedi quad. 1368 del 6 giugno 1907, pag. 675.
* « Noi, cosi lo Schopenhauer, non ci serviamo ^he d'una denomina-
E LA MORALE PESSIMISTA 403
€ identica; la pluralità dei fenomeni non è che un'appa-
renza, risultante dalla costituzione dell'intelletto, facoltà
secondaria e derivata : per esso nondimeno, la volontà in-
cosciente diviene cosciente, e passa dall'esistenza in se
stessa all'esistenza per se slessa. Riconoscendo allora, che
non è in fondo che desiderio, e quindi bisogno, e conse-
guentemente dolore, essa non trova altro ideale della vita,
se n-ìn quello di negare se medesima, e di operare per la
scienza la sua liberazione » ^
Queste sono, in sostanza, le dottrine filosofiche dello
Schopenhauer*: esaminiamole partitamenle.
E fermiamoci dapprima in quella ipotesi, leggiadra, se-
condo alcuni, e ingegnosa, della volontà che, una e iden-
zione apotiori, per la quale il concetto di volontà rìcej e un'eatensione più
grande dì quella avuta sinora... Denominiamo il genere dalla specie più per-
fetta. (Wir gehranchen hier allerdings nur eine denominatio a potiori
durch welohe eben dpshaìh der Begriff Wille eine gròasere Ausdehnung
erhdlt, als er biaher hatte,,, Ich benenne daher das Genn» nach der
vorsùglichaten species)*. Op. cit., Lib. II. § 28. Voi. 1. pag. 132.
* « Un principe inconnu, une x, qu'aticun terme ne peut traduire,
fnais dont le mot volonté — au sena très general de force — est l expres-
Sion la moins inexacte, explique l'uni vera, En eUe-méme la volonté est
une et identique: la pluralité dea phénoménea n'est qn'une apparenoe,
réauUant de la conatitution de l'intelligence, faculté aeconiaire et dérivée ;
jyar elle toufefoia, la volonté inconaoiente devient conaciente, et pasae de
Vexiatence en élle-méme, à Vexiaience pour elle-méme, lìeconnaiaaant alors
qu'elle n'est dans son fimd que déair, par conséquent beaoin, par oonaéquent
douleur; elle ne trouve d'autre idéal de la vie que de ae nier elle-méme,
et d'opérer par la acience aa libération. » La philoaophie de Schopenhauer,
cap. VIL
* Avverte lo Schopenhauer (nella prefazione della 1^ ediz. delPopera
già citata, il mondo come volontà e come rappresentazione), che per com-
prendere il suo sistema è necessaria la conoscenza perfetta della filosofia
del Kant, e utUe assai quella delle opere del divino Platone. Raccomanda
pure d'imbeversi della sapienza indiana dei Veda a cui, per somma nostra
ventura, ci è stato aperto Tadito dagli Oupanisciadi. Nel libro 4** § 63 del-
l'opera anzidetta, dice dei Veda, che sono il frutto della più alta intelli*
gonza, e degli Oupanisciadi, che sono il dono più prezioso fattoci nel secolo
£K;orso. Voi. 1. pag. 419.
404 LO SCHOPENHAUER
tica, si sviluppa (si obbiettiva) nella natura incorporea, nel
regno vegetale, in quello animale, ed anche nel cervello
umano ove diviene cosciente.
Gli autori moderni, come osservammo in altro luogo,*
ripetono spesso, che i. gradi o i momenti d'ogni nostro
processo scientifico sono questi tre: accertare i fatti, sup-
porre le ipotesi, verificarle. A spiegare l'universo, lo Scho-
penhauer percorre quei due primi gradi: assoda i fatti,
pianta l'ipotesi anzidetta. Ma lì si ferma: la verifica non vi
è. La verification manque^ asserisce il Rìbot, e lo asserisce
con tutta ragione.
Quali prove adduce egli per dimostrare che, tra le varie
ipotesi, quella sua è la vera? Non ne arreca alcuna. Non ci
spiega, donde venga quella volontà, una e identica, dove
tenda, perchè esista: deve bastarci il sapere da lui che real-
mente esiste e che tutto si riduce ad essa, tutto ne dipende.
Molto meno si cura di ribattere gli argomenti, numerosi e
gagliardi, con cui gli avversarli impugnano quella sua teoria
cosmologica, e la mostrano insussistente, inammissibile.
Essa pertanto rimane una mera ipotesi gratuita e fantastica.
Elle reste, conchiude il citato autore, sans valeur scientifique *.
E se essa è priva di valore scientifico, ne sarà pure
destituita la morale della volontà di vivere, che da essa
dipende.
Passiamo ora a quella tesi che lo Schopenhauer stabi-
lisce: L'intelligenza è facoltà secondaria e derivata^. La
1 Vedi quad. 1887 del 22 ottobre 1907, pag. 271.
• Op. e cap. cit.
^ « L' intelletto, cosi lo Schopenhauer, non è che un accidente del nostro
essere : perchè è una funzione del cervello, che, coi nervi da esso dipendenti
e col midollo spinale, è semplicemente un frutto, un risultato, anzi quasi un
parassito del restante organismo, (Der Intellekt ist ein blosses Accidenf
unsers Wesens: denti er ist eine Funkiion des Gehirns, welches, nebst
den ihm anhangenden Nerven und RUckenmark, eine blosse Frucht, ein
Produki, ja insofern ein Parasit des Ubrigen Organiamus ist) ». Op. cit-
Gomplem. del lib. II. cap. 19. Voi. II. pag. 224.
E LA MORALE PESSIMISTA 405
deduce da queste due asserzioni, ugualmente false : dall'es-
sere l'organismo una oggettivazione immediata della vo-
lontà, e dall'essere il pensiero una pura funzione, un mero
prodotto del cervello e per conseguenza dell'organismo.
Ecco, esclama, ecco la volontà rimessa al primo posto
d'onore, posto ingiustamente usurpatole per tanti secoli,
dopo Anassagora, dall'intelligenza. Il primato spetta di di-
ritto alla volontà : viene poi l'organismo : indi, al terzo posto,
il pensiero. Povera intelligenza I II nostro A. da per tutto ti
tratta come nemica: ti vuole proprio umiliata e punita per
l'atroce ingiuria che facesti alia volontà, usurpandoti il pri-
mato, ad essa dovuto.
Se, così egli ragiona, non ammettiamo che l'intelligenza
è un puro fenomeno cerebrale, un' efflorescenza o fosfore-
scenza del cervello, noi non riusciremo a spiegare due fatti :
come mai l'applicazione mentale richiegga di tanto in tanto
i suoi tempi di riposo, come mai col giungere della vecchiaia
sopravvenga bene spesso rammollimento del cervello, e
quindi follia o demenza senile. Al vedere uomini insigni, un
Swift, un Kant, un Walter Scott, un Southey, un Wordsworth
e tanti altri, minorum gentium, ritornare alliii condizione
infantile, o soggiacere a indebolimento intellettuale, al veder
ciò, chi mai vorrà negare che l' intelligenza è un puro organo,
una pura * funzione del corpo, mentre il corpo ^ è una fun-
zione della volontà?
^ Quando il nostro A. dice dell'intelletto, eh' è funzione del cervello,
non prende il termine di funzione in quel senso generale, in cui Tadoperano
i matematici. Questi dicono che una quantità è funzione di un'altra quando
varia col variare di questa. Ma egli intende molto di più. Vuol dire che
l'intelletto è una pura funzione del cervello, da cui dipende direttamente:
che «l'intelletto è cosi transitorio, come lo è il cervello di cui è il pro-
dotto, o meglio ragiona. (Der Intellekt ist so vergànglich, fvie das Gehirn,
dessen Produkt, oder vielmehr Aktion et Ì8t)>, Op. cit. Complem. del lib. II.
cap. 18. Voi. II. pag. 224.
* « La volontà, così lo Schopenhauer, non è, come l' intelletto, una
funzione del corpo, ma il corpo è sua funzione : quindi essa, ordine rerum,
lo precede, come il suo substratum metaphysicum, come la cosa in sé del
fenomeno (Denn er ist tticht, tvie dsr Intellekt, ein eFunktion dea Leibea ;
406 ^ LO SCHOPENHAUER
Rispondiamo che di quei fatti ben può e deve darsi altra
spiegazione, chiara insieme e vera. Deve tenersi ben fermo^
che l'intelletto è facoltà spirituale, che non opera per mezzo
di organi corporei. Questi dunque viziati, gli atti dell'intel-
letto non sarebbero, per se, impediti o disturbati necessa-
riamente. Ma, viziati gli organi, viene impedito l'esercizio
di quelle facoltà che dipendono dagli organi, cioè del senso
e della fantasia. E poiché l'uso di queste facoltà, nel nostro
presente stato, si richiede, come condizione, per gli atti del-
l'iiitelletio, quindi dal perturbamento degli organi conse-
guita che l'intelligenza pure sia disturbata nelle sue ope-
razioni.
Odasi l'Angelico: « Per la lesione di qualche organo cor-
porale, rintelletto s'indebolisce indirettamente, in quanto
che alla sua operazione richiedesi quella del senso dipen-
dente dall'organo. DébUitatur intellectus ex laesione alicuiìis
organi corporalis indirecte, inquantum ad eius operationes
requirihiv operatio sensus haòentis organum > *.
Qud è dunque tra le facoltà umane quella, a cui com-
pete il primato? l'intelletto o la volontà? In questo perio-
dico, sostenevamo, non ha guari, « il primato dell'intelletto
sopra la volontà, in quel senso che l'Angelico spiega * : ciò
è per riguardo all'oggetto più semplice e più assoluto, es-
sendo il vero fondamento del buono, e per rispetto all'ope-
razione previa e regolatrice, essendo la volontà potenza
cieca e sua guida l'intelletto > ^ Tutto ciò è verissimo, e
consuona col detto del Filosofo: <^ L'intelligenza è la più ec-
cellente delle facoltà che sono in noi> \ Essa infatti con-
sond(*rn der Lelb ist seine Funkfion : daher ist er diesem, ordine rerum,
vorgéìitjig, als dessen metapliysisches Substrati ala das Ansich der Er-
seheimtng desselòen)'* , Op. cit. Gomplem. del lìb. H. cap. 19. Voi. IL pag.240,
VoL U, pag. 2i0.
' De Anima, lib. ITI, lect. VII.
* SuMfna theoì.. 1. p. q. 82. a. 3.
» Qiiaii. 1379 del 7 dee. 1907 pag. 552.
* * KpaxtOTT] TE yàp aOxT] èorlv -^ èvépYsta* xal yàp 6 voO^ xfflv èv ii\ittr
Ytd T&v -pfTòox&y, Tcept & 6 voO^». Ethic, lib. X. cap. VII. num. 2.
E LA MORALE PESSIMISTA 407
ferisce airuomo la sua dififerenza più nobile, la dignità e
il nome di ragionevole.
«
* *
Lo Schopenhauer è fautore ardente dell'idealismo. So-
stiene che la volontà è la sola cosa in sé {Ding an sich isl
all&in der Wille *). Il resto non è che apparenza, dovuta
alla costituzione dell'intelletto. « Sopprimete, così lo fa
pariare il Fouillée, tutte le teste pensanti, con i loro organi,
ed ecco spegnersi il sole, quietarsi il mare, scolorirsi t
fiori, il mondo visibile sparire > *.
A provare il suo idealismo il nostro A. insiste prin-
cipalmente su questa tesi: Il mondo, per essere un og-
getto, ha bisogno d'un soggetto che lo pensi. {Diese ganm
Welt Ì8t nur Objekt in Beziehung auf das &ubjékt) ■. Questa
asserzione potrebbe prendersi in due sensi. Un senso è
questo: Il mondo, per essere un oggetto attualmente co-
nosciutOj ha bisogno d'una mente che lo pensi. Ciò è vero :
ma nulla ne conseguita in favore dell'idealismo. L'altro
senso è il seguente: Il mondo, per essere un oggetto in
8e stesso, ha bisogno d'una mente creato che lo contempli
Questo è il senso, inteso dallo Schopenhauer, senso favo-
revole in qualche modo al suo idealismo, ma apertamente
falso.
Ed invero, il mondo, ancorché la mia testa e le altrui
leste non vi pensino punto, non può forse esistere, come
oggetto in se stesso? Non può, indipendentemente da tutte
le teste, esistere fnel tempo e nello spazio, e nella serie
continua degli effetti e delle cause? L'imagine che si forma
nello specchio, non é possibile, se qualche specchio non
esiste : se tutti gli specchi fossero distrutti, non si avrebbe
1 Op. cit., lib. IL § 21. VoL 1. pag. 131.
* « Supprimes toutes les tétes pensantee, avec leurs arganea^ (HiàMSt
le soleil s'éteintf la mer se tali, la ffsur sb décolove, le monde iHsible 8*é'
vanouit», Op. cit, cap. I.
' Op. cit., lib. I. § 1. Voi i. pag. 8.
408 LO SCHOPENHAUER
iraagiiie alcuna. Ma, dal distruggerli lutti segue forse, che
spariscano pure gli oggetti che vi si riflettono?
* *
Lo Schopenhauer, oltre ad essere un puro idealista, è
anche un truce pessimista. « È, come afferma il Rìbot, il
pessimista più originale, più convinto tra quanti ricorrono
nella storia della filosofia. Lo è profondamente, non su-
perficialmente, quali sono il Voltaire e gli altri autori da
lui sì spesso citati. Se noi fosse intimamente, non tratte-
rebbe il suo paradosso a quel modo che fa, con tanta vi-
vezza di colori, con tanto spirito umoristico, inesauribile.
Egli è d'una ricchezza meravigliosa, quando parla delle
umane afflizioni. È riboccante di osservazioni e di fatti
dimostrativi, raccolti dapertutto: di citazioni attinte dai
poeti di tutti i tempi, da Esiodo e Teognide fino all'inno
al dolore del Lamartine e alle imprecazioni del Byron '.
Gusta una gioia selvaggia nell'enumerare le miserie umane:
si direbbe eh' è contento di trovare il mondo così cat-
tivo » *•
Vede ognuno, quanto sia esagerata e falsa l'afferma-
zione dello Schopenhauer, non essere la vita altro che
dolore e pena. « Essenzialmente, così egli, tutta la vita è
patimento » {Wesentich alUs Lében Leiden ist) ^. Che tale non
sia la vita, ben apparisce dall'amore intenso che le portano
gli uomini, e dalla cura somma che mettono per trattenerla,
quando se ne fugge, e protrarla. Non vi è condizione al-
cuna di vita, misera quanto si voglia e tribolata, in cui gli
I Fra i tanti autori che hanno trattato 1* argomento delle miserie di
questa vita, lo Schopenhauer dona la palma al Leopardi. « Nessuno, cosi
egli, ha trattato questo soggetto cosi a fondo e cosi compiutamente, come
il Leopardi. Questi ne è al tutto compreso e compenetrato. Il suo tema
costante è l'ironia e il dolore dell' esistenza. Ne parla ad ogni pagina dei
suoi scritti, ma con tale varietà di forme e di espressioni, con tale ric-
chezza d'imagi ni, che, lungi dal recare noia, trattiene ed eccita». Op. cit.,
complem. al lib. IV. cap. 46. Voi. IL pag, 675.
• Op. cit., cap. VL
3 Op. cit., lib. IV. § 66. Voi. I. pag. 866.
E LA MORALE PESSIMISTA M)9
uomini, fatte poche eccezioni, non preferiscano dì restare,
anziché morire *.
Il grande dottore sant'Agostino, dopò avere, in due capi-
toli distinti, trattato dei mali di questa vita, comuni ai buoni
e ai malvagi, e delle tribolazioni con cui Dio prova e pu-
rifica i buoni, ne aggiunge un terzo intitolato : de honis
qmbus etiam hanc vitam Creator implevit ^ Li enumera a
lungo e li chiama solatia, sollievi coi quali il pietoso Iddio
conforta gli uomini quaggiù viatori. E conchiude con questa
bella interrogazione: « Se questi sollievi sono tanti e tali
e così grandi, quali poi saranno i premìi che Dio conferirà
agli uomini lassù beati? Quae igitur illa sunt, si tot oc
tolta ac tanta sunt ista^ )^
Non ottimismo dunque, non pessimismo. La vita non
è al certo scarsa di mali, ma neppure è scevra di beni.
Quindi l'uomo ha bisogno di due virtù: della fortezza per
non cadere fiaccamente sotto il peso dei mali, e della tem-
peranza per non eccedere smodatamente nella ricerca e nel
godimento dei beni.
Questa vita, dice lo Schopenhauer, non è che patimento.
Ne conchiude che* la negazione della volontà di vivere (die
Verneinung des Willens zum Lében) è l'ideale dell'uomo, il
colmo delia moralità.
Che penseremo dunque del suicidio? Non dovrà esso,
in coerenza col suddetto principio, riputarsi buono al sommo
e commendevole? Come dubitarne? Non è esso negazione
* Ciò lepidamente espresse il gran patrono delle lettere Mecenate con
quei versi, riportati da Seneca, epist. 101 :
Débilem facito manu,
Debilem pede, coxa;
Tuher adstrue gibberum,
Lubricos quaie dentea:
Vita dum super est, bene est!
Hanc mihi, vel acuta
Si sedeam cruce, sustine,
' De civit. Dei. lib. XXII. cap. 22-24. Migne P. L. tom. XLI, coi. 788.
410 LO SCHOPENHAUER
della volontà di vivere? No, dice il nostro A., no cer-
tamente; il suicidio non è rifiuto della volontà di vivere
(gieòt keineswegs dén Willen zum Leben aufj ^
Rispondiamo che il suicidio non lo è, quanto alla vita
universalmente presa in se stessa; ma lo è quanto alla vita
presente. In altri termini, è vero, che il suicida non dice:
Non voglio la vita, quale che essa sia, prospera o tribo-
lata, quieta o burrascosa, in alti o in bassi gradi della so-
cietà. Dice però: Non voglio questa vita, quale mi tocca a
trascinare quaggiù, tanto misera e affannosa. A quel modo^
che colui il quale rifiuta un cibo nocivo, non dice per questo
di non voler prendere cibo di alcuna sorte, neppure quelli
gustosi e sani. Dice però di non voler prendere quel dato
cibo che gli viene offerto e gli è pernicioso. Or bene gtee^to
vita, la vita presente è quella, cui lo Schopenhauer riguarda
e di cui parla, quando nella negazione della volontà di
vivere colloca l'ideale dell'uomo, il colmo della moralità.
11 suicidio dunque è veramente rifiuto della volontà di vi-
vere, nel senso inteso dal nostro A. Egli pertanto, confor-
memente al suo principio, che in quella negazione consiste
il colmo della moralità, dovrebbe esaltare il suicidio, come
atto sommamente buono e lodevole.
Ma, replica lo Schopenhauer, ricorrerido allei palingenesiy
il suicidio è «un'azione totalmente inutile e insensata (eine
ganz mrgebliche und thòrichte Handlung) » *; perchè il sui-
cidio non distrugge « la cosa in sè>, ma soltanto il feno-
meoo. La cosa in sé è indestruttibile. Sussista pure, rispon-
derà il suicida, 4c la cosa in sé >►; continui pure ad obbiettivarsi
in quanti altri modi vuole, all'infinito. Ma cessi l'obbietti-
vazione in questa forma, che mi riesce tanto penosa: me ne
verrà il grande guadagno, che non avrò più a tribolare in
questo modo.
Pur tuttavia, insiste lo Schopenhauer, l'uomo saggio
non ricorrerà al suicidio. I gradi che salirà successivamente
* Op. cit , lib. TV. § 69. Voi. I. pag. 471.
^ Ivi, pag. 47«.
E LA MORALE PESSIMISTA 411
per raggiungere il suo ideale, sono questi tre: la castità
assoluta, la quale impedisce che la sofferenza si perpetui
sulla terra: poi Va^scetismo che, conscio del male inerente
all'esistenza, spegne nell'uomo l'attaccamento alla vita: indi
il nirvana propriamente detto, cioè l'atto supremo di li-
bertà, pel quale la volontà si libera interamente dalle forme
e necessità della vita sensibile. « Eccoci, esclama il Ribot,
in pieno Oriente. Tutte le scuole filosofiche dell' India, or-
todosse o eretiche, dal sistema Vedanta al Sankhya ateo
di Kapila, non hanno che un solo e medesimo ideale: la
liberazione. Questa si ottiene per due mezzi inseparabili,
la scienza e l'inazione; -col riconoscere che tutto è niente,
e quindi col sospendere ogni operazione > *.
Ma no: l'uomo saggio non si atterrà né ai Veda, né
agli Oupanisciadi. Non seguirà le utopie buddistiche dello
Schopenhauer. In quella vece, abbraccerà la filosofia cri-
stiana, così bene interpretata ed esposta dall'Angelico. Ep-
però, ponendo a criterio dell'onesto e dell' inonesto la retta
ragione, informata dalla legge divina, giudicherà che Tatto
umano é cattivo o buono, secondochè ad essa é contrario
o conforme.
Quando poi la mano del Signore venga a toccarlo con
qualche patimento, l'uomo giusto non uscirà col Byron in
imprecazioni contro le miserie di questa vita, ma paziente
e rassegnato dirà con Giobbe: « Si bona stiscepimus de
manti Dei, mala quare non suscipiamus? > E quindi anche
a lui, come al santo Giobbe, si darà questa bella lode, che,
quantunque oppresso dalle più atroci sventure, non pec-
cava labiis suis *, ma innalzò sempre al Signore Iddio inni
amorosi di benedizione.
(Continua)
1 € N0U8 somniea ici en plein Orient Toutes les éeoles philosophique»
de V Inde, orthodoxps oh hérétiques, deputa ìe système Vrdanta jusqu'au
Sanhfiya athée de Kapila, n'ont qii'un setd et tnéme bui: la libération.
Elle 8'obtieut par deux tnoyens inséparables : la science et Vinaotion ; aa^
voir que tout n'eat rien et en conaéquence ne paa agir ». Op. cit. cap. VL
2 Cap. n. vera. 10.
UN NUOVO CRITERIO DI ESTETICA
VI.
Il concetto del giudizio estetico, quale viene definito e
spiegato dall'egregio prof. Croce, meglio si manifesta e ri-
leva, quando si esaminino gli argomenti onde l'autore si
studia di assodare la sua teoria, e di mostrarne la verità
e il valore scientifico.
Una delle ragioni da lui recate suona così: « Il porre
una differenza sostanziale tra genio e gusto, produzione
e riproduzione artistica renderebbe inconcepibile (a comu-
nicazione e il giudizio*. Come si potrebbe giudicar di ciò
che ci restasse estraneo? Come, ciò eh' è prodotto di una
data attività, potrebbe giudicarsi con un'attività diversa da
essa? Il critico sarà un piccolo genio, l'artista un genio
grande; l'uno avrà forza per dieci, l'altro per cento; il
primo per elevarsi ad una certa altezza, avrà bisogno del-
l'appoggio dell'altro; ma la natura d'entrambi dev'esserla
stessa ».
Il ragionamento del Croce, se mal non veggiamo, torna
a questo. Noi non possiamo giudicar ciò che ci resta estra-
neo. Ma il prodotto d'una data attività estranea a noi ci
resterebbe estraneo se potesse giudicarsi con un'attività di
natura diversa. Dunque l'attività giudicatrice non dev'es-
sere diversa dall'attività produttrice, ma a lei identica.
Quanto alla prima proposizione ninno mai contestò che
una cosa reale del mondo esteriore per esser conosciuta
da noi non dovesse divenir cosa nostra, cioè che un og-
getto esteriore o estraneo a noi non dovesse divenir l'og-
getto interiore del nostro atto conoscitivo, il contenuto di
quel nostro pensiero col quale lo conosciamo. Come posso
' Estetica, pag. 120 121.
UN NUOVO CRITERIO DI ESTETICA 413
io pcQsar una cosa che non sia cosa pensata da me? O
convien forse ingenuamente ammettere secondo l'espres-
sione d'un filosofo moderno, che il pensiero sta di fronte
all'esistenza delle cose come il naso nell'aria ?
Ma il baco sta nella seconda affermazione, che cioè
il prodotto d'una data attività non possa giudicarsi con
un'attività diversa da essa. Generalmente presa, questa
asserzione è falsa. Altrimenti ne seguirebbe che il fiore o
il frutto d'una pianta non si potessero giudicare che con
un'attività vegetale, la morsicatura d'un cane che con una
attività canina, la furia di un pazzo che con un'attività
pazzesca, e, per non uscire dall'ordine intellettivo, si do-
vrebbe anche conchiudere che l'angelo e Dio stesso non
potessero giudicar delle azioni di noi miseri mortali, per-
chè l'angelo specificamente si differenzia da noi, e Dio
sovrasta estraneo a tutti i generi delle cose create, dalle
quali è in infinito naturalmente diverso.
A quella proposizione universale vuoisi dunque porre
una restrizione, o, meglio, assegnare un contenuto che
guarentisca in qualche modo la verità. È questo il senso che
ci fornisce il Croce, quando soggiunge: < Per giudicar Dante
noi ci dobbiamo levare alla sua altezza; empiricamente,
questo s'intende bene, noi non siamo Dante né Dante è
noi; ma in quel momento della contemplazione e del giu-
dizio, il nostro spirito è tult'uno col suo, e in quel mo-
mento noi e Dante siamo una cosa sola ». Qui dunque
l'identità è ristretta al 4c momento della contemplazione e
del giudizio », il che viene a dire essere l'identificazione
puramente intellettuale, intenzionale nel senso che di Dante
come oggetto cognito e del nostro atto conoscitivo si fa
nell'ordine intellettuale una sola cosa, secondo il vecchio
assioma medievale : intelligibile in actu est intellecttis in
actu, legittima conseguenza di quell'altro eflfato aristotelico :
intellecttis intelligendo fit omnia. E questo avviene, non per-
chè alla cognizione si richieda simiglianza di conformità
nella natura o sostanza, ma soltanto simiglianza di rap-
414 UN NUOVO CRITERIO
presentazione, a quel modo, osserva TAquinale, che lo
aspetto di una statua d'oro fa rinascere in noi la memoria
di una determinata persona'. Perchè, sebbene l'intelletto, ri-
cevendo in sé la specie o forma o imagine intelligìbile di
qualsivoglia oggetto esteriore costituisca con esso un sol
principio emanativo dell'atto dell'intendere, per questa
unione però l'intelletto non perde o sveste la propria na-
tura sì da trasformarsi nell'altrui colla elisione d'ogni so-
stanziai differenza fra lui e la cosa intesa. Insomma^ nel
fatto della cognizione, il nostro spirito si fa tutt'uno colla
cosa, puta caso, con Dante, assai diversamente da quanto
avviene nell'universale concreto hegeliano, nel quale io e
non io^ intelletto e cosa esterna, superata l'antitesi o op-
posizione de' due loro momenti, pregni di falsità, s'iden-
tificano, e conseguono in questo divenire dell'identifica-
zione la verità. La cosa esterna non cessa d'esser distinta
nella sua natura sostanziale, dalla natura dell'intelletto,
al quale essa si fa presente non per sé stessa, ma per una
imagine rappresentativa o vicegerente di sì; medesima.
Onde non è necessario che il modo d'esser del conoscente
sia identico a quello della cosa conosciuta. E per conse-
guenza, l'attività giudicatrice non esige identità sostanziale
con l'attività produttrice, e quindi neppure si richiede a
un giusto giudizio che l'atto della riproduzione, come vuole
il Croce, sia identico a quello della produzione, e che l'at-
tività del gusto s'identifichi con l'attività del genio.
Anzi, a considerar bene la cosa, avviene proprio il ro-
vescio di quanto afferma il nostro filosofo. Vale a dire, non
l'attività giudicatrice deve rivestir l'essere dell'attività pro-
duttrice, ma questa nel suo prodotto l'essere di quella,
intellettuale s'intende, non sostanziale. Il prodotto dell'at-
tività artistica deve spiritualizzarsi nello spirito di chi se ne
fa giudice.
Perchè, tornando all'esempio del Croce, il nostro iden-
tificarci con Dante nel momento della contemplazione e del
^ De verit. q. 2, a. 5, ad 5.
DI ESTETICA 415
giudizio per levarci alla sua altezza può interpretarsi in
due sensi, assai differenti, anzi opposti: oggettivo e sog-
gettivo. Il primo è vero, falso il secondo. E su questo con-
viene si fondi il Croce, seguace com'è dell'hegelismo, a
voler difendere la sua teoria del giudizio estetico.
Infatti, a concludere che l'atto riproduttivo è per na-
tura identica al produttivo, e quindi anche il gusto s'iden-
tifica col genio, è necessario considerarli soggettivamente,
non oggettivamente, cioè nel loro modo intrinseco e fisico
d'agire, non nel termine od oggetto, intorno a cui agiscono.
Perchè, quand'anche l'oggetto fosse il medesimo, se il modo
di operarvi attorno per raggiungerlo è nell'uno e nell'altro
psicologicamente e soggettivamente diverso, malamente si
dedurrebbe dalla diversità del modo d'operare l'identità
delle attività operatrici. Orbene che facciamo noi quando
per giudicar Dante ci leviamo alla sua altezza? Ci leviamo
soggettivamente ovvero oggettivamente, vale a dire, ci le-
viamo collo sforzo dell'arte creatrice ed operatrice ovvero
collo sforzo della contemplazione che guarda l'arte dantesca
creante ed operante? È forse lo stesso il fare e il veder
fare? il volare e il veder volare? C'è sì, qualche cosa che
unisce il fare col veder fare, il volare col veder volare;
ma questo altro non è che il legame della percezione della
contemplazione nostra con l'oggetto; legame che trascina
non noi dentro le cose, ma le cose dentro noi, dovendo
ogni cosa conosciuta e contemplata essere comunque sia
nel conoscente e nel contemplante. Quindi è che soggetti-
vamente nel levarci all'altezza di Dante non noi ci trasfor-
miano in lui e in qualcosa della sua attività, ma Dante si
trasforma in noi, in qualcosa propria de' nostri atti e della
nostra attività, e del nostro pensiero; secondo quell'as-
sioma innegabile: Quidquid recipitur per modum recipientis
recipitur. E quel che vale di Dante e del suo poema, vale per
qualunque altra cosa che cade sotto la nostra conoscenza.
Quindi è che, quando si legge la Commedia, si ascolta una
sonata di Beethoven, si ammira la volta della Sistina, o
416 UN NUOVO CRITERIO
il Mese o il Colosseo, si suol dire che parlano a noi Dante,
Beethoven, Michelangelo, il genio di Roma, non noi par-
liamo loro. Noi siamo passivi contemplando l'opera d'arte
non altrimenti che davanti a' miracoli e alle bellezze della
natura; noi vediamo, ascoltiamo, gustiamo, percepiamo, ri-
ceviamo l'impressione, vera parola delle cose; e non diven-
tiamo attivi che nel rifletterci sopra di esse col giudicarne
le impressioni e le parvenze, l'opere e le attività ^ Noi par-
liamo agli artisti, dopo averli ascoltati; ed ascoltare e par-
lare non sono tutt'uno, anche se ci accordiamo in un me-
desimo pensiero sopra una stessa cosa.
VII.
Ciò posto, quando si asserisce che il prodotto d'una
data attività non può giudicarsi con un' attività diversa,
conviene distinguere. Se s'intende oggettivamente, C 3 non
si può giudicare di cosa non conosciuta comeches^C'^t in
se stessa o nelle sue cause o ne' suoi effetti, e va dicendo,
la cosa è vera, e scritta in sui boccali di Montelupo. Se
invece si vuol dire che solo può giudicar del prodotto altrui
quegli che soggettivamente ha più o meno la stessa potenza
riproduttrice, come il calzolaio d'Apelle, la cosa non corre.
Perchè il giudizio suppone la conoscenza dell'opera, e, caso
mai, la cognizione oggettiva e scientifica dell'arte e della
potenza di riprodurla, non già il loro possesso. E ciò è
tanto vero che nel giudizio dell'opere d'arte e de' concorsi
artistici influisce più la contemplazione dell'opera in sé,
che sapere la maniera onde fu fatta o si fa. E l'eleggersi
a giudici per lo più persone dell'arte in tanto avviene in
quanto si suppone in esse per l'esperienza dell'arte una
maggior scienza e perspicacia ad esaminare e conoscere i
difetti e i pregi de' prodotti artistici. E anche codesti ar-
tisti giudicanti non giudicano in quanto come artisti sog-
* « Anima vero in quantum de rebus iudicat, non patitur a rebus, sed
magia quodammodo agit. » S. Tommaso, DeveriU q. La. 10.
DI ESTETICA 417
gettivamente riproducano in sé l'opera altrui, rifacendo la
genesi del lavoro dell'autore, ma in quanto, come contem-
planti, veggono opera, genesi e lavoro come materia e
termine del proprio giudizio, non della propria attività ar
tistìca. Così agirà certamente Benedetto Croce, né architetto
né scultore per quel che noi sappiamo e tuttavia eletto testé
a sedere fra i membri della commissione artistica per l'eterno
monumento nazionale capitolino.
11 darsi pertanto a credere che per l'elevarci che noi
facciamo all'altezza, come si diceva, di Dante, guidati e so-
stenuti da lui, noi veniamo a riprodurre in noi la Divina
Commedia, é un pigliare una visione di fantasma per per-
suasione intellettuale. S'aflfanni quanto vuole il nostro in-
telletto per comprendere in tutti i suoi lati l'opera dante-
sca, e dallo studio di essa, e dalla erudizione storica e
scientifica si elevi pure ad un concetto adeguato del suo
valorQjj straordinario ed unico; cotali sforzi d'ingegno e
d'ar r V non lo trasformeranno mai di speculativo in pra-
tico, com'era l'intelletto del di duo poeta pensante e com-
ponente la Commedia; ma resterà sempre puramente spe-
culativo e contemplativo, come l'occhio dell'Alighieri, quando
al termine del suo poema, si rivolse indietro a rimirarlo,
e si compiacque d'essere col ponderoso tema arrivato fe-
licemente a riva.
Di là dal verso immutabile e immoto la nostra fantasia
vede l'immenso lavorio del genio che lo preparava, ideava
e fissava sulla carta o sulla pergamena; ma noi non la-
voriamo con lui. Contempliamo, seguitiamo coH'acume della
veduta il volo dell'aquila; ci eleviamo col guardo dietro il
remeggio di quell'aU potenti, ma noi non voliamo, non
agitiamo quell'ali. Il conato e la vertigine del salire non
è nostra, come non son nostri i timori degli abissi e le
gioie de' pericoli superati. Il nostro sguardo e il nostro
cuore non conosce nulla di tutto ciò, perché quelle pene
e quegli affanni sono simili al solco della nave attraverso
l'acqua che diventa eguale.
19Ù8, voi. 1, fase. 1884, 27 6 febbraio 1908.
418 UN NUOVO CRITERIO
Chi mai può' riprodurre in sé T infinita mestizia di quel
sentimento, incognito, indistinto, che TAIighierì esprimeva
in quei versi degU ultimi canti quando del poema sacro as-
seriva che vi avea
posto mano e cielo e tara
ai che m'ha fatto per più anni macraf
Da noi al poeta corre la stessa differenza che è fra chi
canta e chi ascolta.
0 voi che siete in pfccioletta barca
desiderosi d'<zscoUar, segaitì
retro al mio legoo che cimiando varca,
tornate a riveder li nostri liti:
non vi mettete in pelago, che forse
perdendo me, rimareste smarriti ^
Dante non identifica il giudizio colla riproduzione. 11
solco del poeta non si confonde col nostro. Quello è il
solco della creazione e del genio; il nostro della contem-
plazione e dello studio, lo farò, dice rAlighierì, come Gia-
sone fatto bifolco: io arerò, voi starete a vedere, come gli
ammiratori di Giasone, Se potrete intendere Fopera mia^
e gustarla, varrete a dame un giudizio^ e sarà il giudizio
delFammirazione; se no, tornale pure a rivedere i vostri
liti, che altrimenti giudicherete a (proposito.
Vili.
Tuttavia, se non si può accogliere in tutto il suo rigore
la teorica del Croce, altri le potrebbe fare buon viso per
quel fondo di vero che dà anche al resto non vero un aspetto
veridico generale. Cotesto fondo, per usare Y inuigine dan-
tesca testé ricordata, è quel medesimo pelago deir intelletto
creatore e della mente ricercatrice, ove s' incontrano artista
e critico, per far rotta di conserva, Vuno cantando e ope-
rando, Taltro ascoltando e giudicando, Tuno, come Colombo,
movendo alla scoperta di un mondo divinato, VaHro, come
1 Pur, e. IL 1.
DI ESTETICA 419
il Vespucci, navigando a lasciarvi il battesimo di un nome.
Certo, la nostra mente non è d'altra specie di quella del
genio; anzi T intelletto pratico, considerato come facoltà
deUo spirito, è sostanzialmente identico allo speculativo,
perchè all'uomo Dio concesse non due intelletti, ma uno
solo per pensare e far eseguire ciò che pensa *,
Se il Croce s'appagasse di questo, saremmo con lui d'ac-
cordo, ma egli vuole assai più : vuole che dall'identità spe-
cifica degl'intelletti umani si concluda la loro identità in-
dividuale nella qualità dell'essere e dell'agire, per forma che
grandi e piccoli, artisti ed artigiani, tutti sieno specie di
genii operativi. Il genio si distingue dal gusto, è vero, per
un accidente, per quel soprappiù di che un intelletto so-
pravanza l'altro ; ma esso è un certo che, che chi l'ha può
fare belle cose, chi non l'ha può star solo a vederle fare
o farle come vien viene. È un accidente che nel fatto ar-
tistico diventa assai sostanziale.
Il genio artistico è intelletto non puramente contem-
plativo, ma speculativo e pratico insieme. Lo speculativo
s'appaga de! vedere, il pratico non si quieta che nel fare.
Il critico osserva e giudica; l'artista osserva e opera. Com-
piuta l'opera d'arte, essa sta dinanzi a noi, come davanti
al suo autore ; noi non possiamo dirla nostra, come lui ia
proclama sua. Possiamo si, come l'artista assurgere alla
pienezza dell' idea incorporata nel poema, nel marmo, nella
tela, ftei suoni. Ma queir idea è passata nell'opera dalla
mente delFartista, e dall'opera s*è riversata in noi ; noi in-
vece arriviamo alF idea dell'artista attraverso l'opera di lui.
Wè quell'idea si presenta a noi e all'artista sotto un
medesimo punto di vista, come vorrebbe il Croce, ma con
un aspetto un po' diverso. L'idea che acquistiamo del-
Topera d'arte, è in noi principio di cognizione e di retto
^udizio; ciò che apprende l'artista e concepisce è invece
principio d'operazione e produzione esterna. L'essenziale
della differenza fra il critico e l'artista sta in quel soprappiù
» S. Tommaso, I, p. q 79, a. 11.
420 UN NUOVO CRITERIO
che costituisce l'artista operante in una cotal forma psico-
logica ch'è incommunicabile a chi lo contempla, e gli dà
quella paternità attiva dell'opera che non può esser divisa
fra lui e il critico. E questo si fonda in quel non so che
di speciale, di proprio a ciascun genio, che non diventa
mai comune a tutti; e
a cui natura non lo volle dire,
noi divien mille Aleni e mille Rome.
È quella differenza primordiale umana, non specifica
ma individuale, per cui di due nati dalla stessa costola
d'Adamo ed educati ed istruiti nella stessa scuola l'uno
sarà un Michelangelo o un Rossini, l'altro non leverà mai la
testa sopra la mediocrità degli uomini. Il battezzar per
genii i grandi e piccoli, come fa il Croce, è urtare contro
il senso comune, secondo il quale
mediocribus esse poeti s
non homines, non di, non concessere columnae.
Una differenza fra gli uni e gli altri è in verità ammessa
anche dal nostro autore, ma è differenza quantitativa, la
quale, dice, per essere stata scambiata « per una differenza
qualitativa, ha dato luogo al culto e alla superstizione del
genio, dimenticandosi che la genialità non è qualcosa di
disceso dal cielo, ma è l'umanità stessa > *. Certo, ninno
mai dubitò che i genii non fossero anch'essi figli d'Eva,
o sostenne che calassero fra noi dalle schiere angeliche, o
nascessero uomini di differente natura specifica. No. Ma
entro la stessa specie umana sortirono un'anima più vigo-
rosa e perfetta con maggior potenza intellettiva e attiva:
differenza quantitativa, se si vuole, ma che per lo spirito
si risolve in differenza qualitativa individuale, perchè più
intensa nel suo vigore, non più estesa nella sua omoge-
neità • . Napoleone non era qualcosa di disceso dal cielo,
tutt'altro; solo, il massimo Fattore
1 Op. cit. pag. 118.
* Cf. S. Tommaso, De verit. q. 8, a. 2 ad 9.
DI ESTETICA 421
volle in lui
de] creator suo spirito
Più votata orma stampar:
vastità di orma, la quale alla fin fine si risolveva in piU
superba altezza di spirito. E a colali ingegni si dà talvolta
il titolo di sovrumani e divini, non perchè non sieno umani,
ma perchè nella gradazione degl'intelletti tanto distano
dalla turba degl'infimi e mediocri da sembrar che escano
dalla schiera di tutta l'umanità per accomunarsi coU'ange-
lica e divina. Onde il Venosino cantava del poeta:
iugenium cui sit, cui mens divinior atque os
magna sonaturum, des nominis huius honorem ^
Non abbassiamo dunque i genii per pareggiar loro i
pigmei, confondendo il genio col gusto, l'artista col critico,
la concezione dell'idea col giudizio intorno ad essa.
IX.
Per comprendere e giudicare un genio, se non è neces-
sario essere un genio, perchè assai meno si richiede a stu-
diare ed esaminare un'opera d'arte che non a produrla, fa
d'uopo però, come s'è detto, che critico e artista conven-
gano in un campo di nozioni comuni. Queste sono oerti
principi! e criteri! non inventati né dall'uno né dall'altro,
ma superiori ad ambedue, come norme supreme d'arte e
di critica insieme, contro le quali può peccare tanto il cri-
tico quanto l'artista. Principi! e norme, che sono sopra e
fuori del fatto aitistico, ma terribilmente imperano sopra
di esso e del suo nascimento, e che non si violano o sprez-
zano impunemente, né dall'aile né dalla critica. La loro
esistenza e autorità è sentita più o meno da tutti e propor-
zionatamente alla coltura ed all'intuito di ciascuno, quan-
tunque intorno alla loro qualità e al loro numero regni
discordia di pareri fra i dotti.
• I Sai. IV, 43.
422 UN NUOVO CRITERIO
Secondo il Croce, il supremo concetto dell'arte ed ogni
presupposto teorico della critica sta neìV espressione riìAscita
0 perfetta *. Norma unica, perchè la belleaza, giusta la defi-
nizione crociana, è essenzialmente espressione riuscita, o
meglio, espressione senz'altro, perchè Tespressione, quando
non è riuscita, non è espressione. Quindi il brutto è Tespres-
sìone sbagliata ^
Ma, si può domandare, quando l'espressione sarà riu-
scita e quando sbagliata? C^è o non c'è una regola per
distinguere l'una dall'altra, il perfetto dall' imperfetto, il
normale dallo irregolare, il bello dal brutto ? Sì, risponde
il Croce, è Vintpirione ariiatica. £ si avrà, allorché la cosa
sarà pensala bene, perchè, dice lui, non si può pensar chia-
ramente e scrivere confusamente.
Di che segue, nel sistema crociano, che la norma ultima
non è l'espressione riuscita, sibbene la chiarezza dell'in-
tuizione e del pensiero, che le corrisponde nella mente.
Abbiamo quindi un richiamo dell' idea chiara e distinta
cartesiana, introdotta nell'estetica, per cui il bello si fa tutta
cosa personale e soggettiva. E tale infatti si manifesta il
concetto del Croce. Le cose belle e il bello fisico^ dice, « sono
un paradosso verbale ; il bello non è delle cose, non è fatto
fisico; è dell'attività dell'uomo, dell'energia spirituale » ^
• Letteratura e critica etc. p. 44.
* EèiMita, p. 81.
^ Estetica^ pag. 07. Il Croce è un eclettico in ftloeo&a con Unia prepon-
derante hegeliana, benché lo neghi. AUi domanda se sia hegeliano o no,
egli cosi risponde: « Io sono, o credo che bisogni essere, Jtegeliano, ma
nello sleeso eeneo in cui chiunqve abbia ai tempi noertri mente e coltura
lUoeoftca è, e ei sente, tutt' insieme, tlcxitioo, eradUeo, socratico, platonie^
aristotelico, stoico, scettico, ìi popi a toni co. crini iano, buddista, cariesiauo^
spinozista, ìeihniziano, vichiano, kantinrw ; e via dicendo. Nel senso cioè,
che ogni pensatore, e ogni movimento storico d^l pensiero non può esser
passato senza frutto, senza deporre nn elemento di verità, che fii parte,
consapevole o no, del pensiero vivo e moderno. Hegeliano, nei significato
di seguace servile e pedissequo, che professi di accettare ogni paiola dei
maestro, o di settario religioso che consideri peccato il dissentire, nessuna
persona sennata vorrà essere e neppur io. » Ciò chs é tivo e ciò rh^ é
morto della flìosofìa di Hegel, Bari, I^aterza, 1907, pag. 207 208. Non sembra
DI ESTETICA 4«3
Dunque l'uomo è l'unico creatore del bello, e fuori della
sua fantasia e della sua intuizione non si vede cosa bella
che esista. Per tal vìa s'introduce anche nell'arte il sog-
gettivismo come misura e criterio dell'opera artistica, e dal
soggettivismo è breve il passo allo scetticismo e al capriccio,
a pie del quale s'apre il precipizio e il baratro d'ogni arte.
Ma no, soggiunge il nostro esteta. « L'attività espressiva,
appunto perchè attività, non è capriccio, ma necessità spi-
rituale » ^ Dalla qua! necessità egli assai legittimamente
deduce che quell'attività espressiva « un medesimo problema
estetico non può risolverlo se non in un sol modo che sia
buono », perchè tutti sanno che necessità è determinano
ad unuiH. E certo, se nell'estetica vale quel che accade nella
matematica, ove di un problema non può darsi per neces-
sità logica che una soluzione, intendendo per soluzione il
risultato finale, si può osservare che questo risultato in certi
problemi, specie di geometria, riesce a essere più d'uno,
e, quando pure è unico, può essere il termine di più d'una
via. Quando pertanto si afferma che d'un problema estetico
non si dà che una soluzione che sia buona, si dovrebbe
intendere che questa non sia sempre l'unica, anzi che è mai,
perchè nel campo estetico, ove i nessi fra il pensiero e
l'espressione non sono così assoluti, come fra i dati di un
problema di matematica, le forme possono in più modi
variare, come accade in tutte le cose agibili.
Ma dato e non concesso come vuole il Croce, che unica
sia l'espressione riuscita ossia il modo buono di un fatto
estetico, ne segue che ogni stltra sarà sbagliata e brutta, e
anche questa nascerà per necessità spirituale dall'attività
espressiva dell'intuizione dell'artista. Orbene, se codesta in-
tuizione soggettiva è Tunica misura dell'espressione riuscita o
sbagliata, chi potrà entrare nella mente dell'artista, e accer-
ìl Croce un seguace del Gousin, di cui in altre parole espone il medesimo
concetto? Vedi, fra l'opere di V. Cousin, ^fan^^el de lliisloire de la philoso-
pitie traduìt de VaUemand de Tetinemann, II ed., Paris, 1848, pag. VII e segg.
» Op. cit. p. 119.
424 UN NUOVO CRITERIO
tarsi se egli abbia un'intuizione chiara e distinta e se Tespres-
sione le risponda? Ogni artista, valente o mediocre che sia,
potrà sempre dire d'aver seguito l'impulso della natura, e, ad-
ditando qualunque sua opera, sia un mostro o un capolavoro,
affermare: ecco l'espressione riuscita della mia intuizione
artistica. E il critico dovrà credergli, e porsi a guardar
l'opera dal punto di vista del suo autore; trovandola poi
bella 0 brutta, secondo garba a chi l'ha fatta. Ritorna
quindi il rifiutato soggettivismo artistico con le sue esiziali
conseguenze, come l'acqua dianzi tolta in una nave sdrucita.
Parrebbe pertanto che fosse sfumata la libertà del giu-
dizio estetico. Il Croce vede la diflBcoltà, e, a schermirsene,
ammette che sì l'artista sì il critico possano ingannarsi nel
loro giudizio e chiamar bello il brutto e viceversa. Onde,
a non cadere in tal peccato e travedere, l'artista deve porre
giù la fretta, la vanità, l'irriflessione, i pregiudizii teorici, e
ripiegarsi davvero su se stesso. E il crìtico a sua volta convien
che faccia il medesimo, svestendosi anche delle personali sim-
patie od animosità e d'altri motivi siffatti. Deposto così ogni
ingombro della mente e del cuore, l'intelletto, vergine d'ogni
pastoia di teoriche, con pacatezza, riflessione e apatia, solo
per impeto di natura, « come a seconda giuso andar per
nave », sentenzierà intorno al bello e al brutto. Fuori di
questo, il Croce non vuole altre norme o criterii di scuola
o di nazione. Al giudìzio estetico basta dunque la virtù
di una certa sagacità e fiuto naturale, per cui si arriva a sen-
tóre il bello e il brutto ; e i critici invero lo < sentirebbero
come tale, se eliminassero qtie' motivi perturbatori» testé
accennati *. Il criterio e il giudizio estetico si riduce dunque
a un sentimento, che per quanto profondamente si radichi
nella natura, è però sempre nelle sue manifestazioni sog-
getto alla variabilità delle cose umane.
Ma vi ha di più. Il bello, secondo il nostro autore, è
valore estetico, come il brutto è un disvalore, I valori poi
1 Op. cit. pag. 120.
DI ESTETICA 425
altro non sono che « i sentimenti organici in quanto ac-
compagnano l'attività spirituale », cioè i « piaceri che sieno
oggettivi ossia non meramente organici ; disinteressati, ossia
non semplicemente interessanti l'organismo; che implichino
un'approvazione» e non sieno mero diletto*.
Dunque il bello è quel « piacere estetico » che prova
il poeta o un altro artista « nel momento in cui vede (in-
tuisce) per la prima volta la sua opera, in cui le sue im-
pressioni pigUan corpo e il volto gli s'irraggia della divina
gioia del creatore » *. Sicché il bello è un sentimento este-
tico di piacere nascente dalla forma, ossia dall'opera d'arte,
e nulla ha che fare, afferma il Croce, coi sentimenti estetici
apparenti^ che si originano dal contenuto dell'opera stessa.
Di che si pare come nella teoria crociana, mentre si
dà quale unica norma di giudizio estetico l'espressione
riuscita, di là da questa ne esistono due altre; cioè l'in-
tuizione artistica, e infine il piacere e sentimento estetico,
criterio ultimo d'ogni bello. Né la cosa ci dispiace, perchè
con questi passi non si andrebbe molto lontano dalla teo-
rica tomistica del bello : pulcrum est id oujus apprehensio
placet; pulcra sunt qua visa placenta.
Ma cotal teorica è rigettata come falsa dal nostro cri-
tico, perchè è una concezione edonistica dell'arte. Eppure
in questo peccato, il Croce s'accorda più che non vegga con
S. Tommaso, cui combatte perchè ne fraintende il pensiero.
Nella teoria crociana < il processo completo della pro-
duzione estetica ha quattro stadii, la funzione estetica ha
quattro lati, che sono: a, impressioni; 6, espressione o
sintesi spirituale estetica; e, rovescio psichico dell'espres-
sione (piacere estetico); d, rovescio fisico dell'organismo
psichico (suoni, toni, movimenti, combinazioni di colori e
linee, ecc.) » Parimente < il processo della riproduzione
avverrà nell'ordine seguente: e, stimolo fisico; d, fatto psi-
cofisico (suoni, toni, movimenti mimici, combinazioni di
linee e colori ecc.); 6, sintesi estetica; e, riflesso psichico
(piacere estetico)
1
Op. cit. p. 79. — « Ivi, p. 8«. —3 Ivi, p.176. — *JSBfee/ca, p. 95 e 97.
426 UN NUOVO CRITERIO
In questi due processi, le cui fasi ora non discutiamo,
alla espressione o sintesi spirituale estetica segue imme-
diatamente il rovescio o riflesso psichico eh' è il piaeere
estetico, come nel concetto tomistico b\V apprensione e vi-
sione d'una cosa bella segue il godimento o diletto. Sicché
il piacere è un effetto, un segno, una proprietà emanante
dalla sintesi o cosa bella, non la causa, la natura, l'es-
senza di essa. L'essenza del bello è infatti cosi definita
dall' Aquinate: «Ratio pulcri in universali consistit in re-
splendentia forma è super partes materiae proportionatas vel
super diversas vires vel actiones»*. In questa definizione
come si vede, non è per nulla menzionato il piacere che
deriva in chi contempla il bello. Coli' Angelico pertanto
s'accorda il Croce quando ripone l'essenza del bello nel-
l'espressione o sintesi estetica e la distingue dal riflesso
psichico 0 piacere estetico risultante. Se dunque l'Ange-
lico pecca d'edonismo, è un peccato di cui non va esente
nemmeno il Croce.
Solo, l'edonismo crociano è tutl'altro dal tomistico. La
sintesi estetica del Croce a parole soltanto risponde alla
apprensione dell' Aquinate. Questi infatti assegna come ter-
mine dell'apprensione un bello oggettivo, fisico o artifi-
ciale, ossia, come voleva l'infelice Leopardi,
il bel che raro e scarso e fuggitivo
appar nel mondo, e quel che, più benigna
di natura e del ciel, fecondamente
a noi la vaga fantasia produce
e il nostro proprio error ^;
un bello insomma, che sia costituito da tre requisiti, in-
tegrità o perfezione, debita proporzione e chiarezza. Nel si-
stema invece del nostro filosofo non v'è un bello che sia
oggetto, ma la sintesi spirituale estetica è essa stessa il
* DoTT. P. CccELLL Del Bello. Questione inedita di S. Tommawo d'A-
quino con nolieie storico-critiche c/e' codici da cui fu cavata, Naj^,
1889, (Articoli estratti dal periodico La ìScietiza e la fede^ S. Ili, v. V.
fas. 436-432). pag. 2i». Cf. Valensise, DelV Estetica, op. cit. II, pag. 18.
* Epistola a Carlo PepoU.
DI ESTETICA 427
bello. Non consta di elementi, né è retto da norme ogget-
tive che lo inquadrino e lo determinino. Il Croce rifiula
ogni norma oggettiva del bello, perchè il bello non ha
esistenza fisica né è inerente alle cose, ma è meramente
interno e lutt'uno con l'espressione interna riuscita. Ciò
che quale unico segno lo manifesta, come il fumo il fuoco,
è il piacere estetico sgorgante dalla sintesi estetica o bello
essenziale. Ma s^no e segnato, fumo e fuoco, tutto è pro-
prio deiranima e dentro da essa; fuori non vi sono che
le cose, dette volgarmente belle, ma che filosoficamente, se-
condo la frase del Croce, altro non sono che puro stimolo
fisico esterno del bello, legna estrinseche del fuoco che
poi s'accende nell' interno. In una parola, il bello sarebbe
una cotal forma di ens rationis o un idolo della fantasia
con qualche ombra di fondamento reale.
Ma qui vien fatto di chiedere: se le cose esterne, co-
munemente dette belle, non sono veramente belle, ma
puri stimoh a concepire e intuire il bello, ond'è mai
questa forza o qualità stimolatrice^ di cui una cosa va
fornita a preferenza d'un'altra? Perchè davanti al Lao-
coonte io son costretto a riprodurre in me il bello, e da-
vanti a un masso qualsiasi non faccio nulla o debbo con-
cepire il brvitto? Non potrebb'essere che qualcosa di na-
turale e di fisico per la via de' sensi arrivasse alla mia
fantasia, non nella sua realtà, si capisce, ma nell'imagine
rappresentativa di ciò che ha di buono, ossia di bello?
No, risponde il Croce. Perchè la relazione fra gli sti-
moli e il bello è accidentale. « Il cosidetto bello naturale >
non è che « un semphce mcidente della riproduzione este-
tica >, non « un dato in natura » ^; non è un punto di par-
tenza omogeneo al punto d'arrivo, non una causa attiva e
assimilante a sé l'effetto. È un'occasione, uno svegliatoio
alla cui presenza spunta nell'orizzonte del nostro spirito
l'intuizione o produzione e riproduzione del bello. È questa
una nuova forma d'occasionalismo, altro fiore dall'eclet-
tismo crociano rapito al giardino filosofico di Malebranche,
1 Estetica, VMS- 1^-
428 UN NUOVO CRITERIO
e potrebbe chiamarsi occasionalismo estetico. 11 bello dun-
que, se non deriva dalle cose belle, è sempre nostra crea-
zione, nostra finzione di cui godiamo, ne sia stimolo
Topera d'arte o quella di natura. L' estrinsecazione del bello,
il quadro, la statua, il poema, il canto non contengono per
nulla il vero bello; perchè il bello, a detta del Crore, non
può aver esistenza reale e fisica. Bello naturale e bello artifi-
ciale esterno foggiato dall'uomo sono paradossi verbali. Fare
un'opera d'arte, ad esempio, il Mosè michelangiolesco, non
vuol dir altro che fare uno stimolo a riprodurre il bello,
non una cosa realmente bella. Tutti gli artisti altro non
sono che fabbricatori d'eccitanti estetici. Grandi magaz-
zini di siffatti stimolanti sono i musei, le pinacoteche, le
chiese, i palagi de' ricchi; e fra le città, Firenze e Roma
ne sono le più fornite. Quali poi sieno gl'ingredienti che
costituiscono codesti stimolanti il Croce non osa dirci,
perchè essi si ridurrebbero a norme, prescrizioni, leggi,
tutta roba impacciante e ingombrante la questione del bello,
di cui egli non vuol saperne.
Resta dunque che il giudicare esteticamente se una
cosa estrinseca qualsivoglia sia fornita di bellezza o di brut-
tezza, equivale, nella teorica crociana, al giudizio intorno
alla sua maggiore o minore virtù stimolatrice. rispetto al-
l'intuizione 0 sintesi estetica. Giacché, dove noi volessimo
riferirci al bello stesso, il nostro giudizio non potrebbe ca-
dere sopra la cosa estema, perchè lì non cadrebbe sopra il
bello, non avendo questo esistenza fisica fuori della fan-
tasia. Parlare quindi del bello è parlare di cosa che non
cade sotto i sensi; e di ciò che sfugge all' esperienza esterna
e universale, chi mai può ardire di dare una sentenza si-
cura? Se dunque il giudizio estetico, quando trattisi non
degli stimoli, ma delle cose stesse fornite di bello, torna
al giudizio di una finzione fantastica o intellettuale, esteti-
camente inesprimibile in forme esteme di sensibile bellezza,
l'estetica pura diventa puro idealismo ed evoluzione fan-
tastica; e il bello della vita, della natura e dell'arte, se non
è una chimera, è un sogno: la vida es sumo.
DI ESTETICA 429
xr.
In tutta questa teoria, per conchiudere, quello che c'è
di certo è T idealismo assoluto hegeliano, fondato sull'equi-
voco radicale del fenomenismo e dell'apriorismo kantiano.
Il bello diventa una forma del nostro spirito; tra il feno-
meno esterno e il bello c'è occasione, non causa. Anzi ogni
causahtà propria delle cose su noi, e di noi sulle cose è ne-
gata: nessuna rassomiglianza causale fra l'esterno e l'in-
terno della nostra vita. Di più. Il bello interno non arriva
mai all'esterno, non cade mai sott' occhio, né tocca l'orec-
chio. Tutto il bello è immanente allo spirito. Per quanti
sforzi di scalpello, di pennello, di tromba, di metrica fac-
ciano artisti come Michelangelo, Raffaello, Beethoven, Dante,
non verrà loro mai fatto d'incorporare nella tela o nel marmo,
nel verso o nel suono quel bello che tentano e dicon di fare.
Essi s'illudono: credono di creare un'opera bella, e non
s'accorgono di metter fuori soltanto stimoli. 11 loro oc-
chio non può cadere sopra il bello; essi sognano di di-
stinguere, giudicare, creare, estrinsecare il bello; il bello
sfugge di sotto i colpi del loro lavoro; non c'è passaggio
dall'idea al mondo esterno, né da questo a quella. Tra l'o
pera d'arte e il bello s'apre un abisso.
Ma son forse questi i principii della nuova arte e critica
artistica? Non parrebbe; perchè il Croce sa nella pratica
trattar del bello e dell'opera d'arte al par d'ogn'altro, e darne
un giudizio fine e autorevole con una filosofia intelligibile a
tutti, scostandosi spesso, almeno nel linguaggio, dal for-
mulario della sua estetica. Se le idee filosofiche sull'arte qua
e là fan capolino, nella crìtica del Croce, sono però delle
cinque cose che richiede la critica moderna, quella che
per avventura meno influisce nel giudizio estetico di lui;
il più importante sta nella coltura storica, nella sensi-
bilità estetica, nell'acume d'analisi e forza di sintesi *,
quattro doti che certo non mancano al dotto professore.
Solamente quando secondo la sua teorica estetica elabora,
trasforma, modifica e riordina storia e sentimento, autore e
1 Letteratura e critica pag. 26.
430 UN NUOVO CRITERIO DI ESTETICA
opera, allora il Croce critico fa troppo uso del suo crogiuolo
filosofico, e lo stimolo esterno non detta in lui che l'imagine
di un bello o di un brutto ch'ei solo vede, dimodoché,
come già il mitico Narcisso al fonte, giudica dell' imagine
propria quasi fosse la realtà esterna del prodotto artistico.
Ma « gì' individui, ammette il Croce, sono spesso assai mi-
gliori del loro falso ideale; e se in parte della loro opera
manipolano il vuoto nella foggia che s'è detta, in altre parti
mettono il meglio di loro stessi: acuti pensieri, accurate
ricerche storiche, deHcate impressioni artistiche, sinceri
slanci religiosi » '.
Gli è per questo che il Croce critico è migliore del Croce
filosofo, e a parecchi de' suoi giudizii letterari noi sotto-
scriviamo a due mani perchè ivi supera il proprio momento
critico e, mentre ammette in teoria che questo o quel con-
tenuto è indifferente all'arte, nella pratica afferma non es-
sere spunto indifferente che un contenuto qualsiasi vi sia> •.
Che fede possiamo quindi dare alla teorica crociana del
giudizio, quando anche per il Croce « le cose hanno la loro
propria voce e protestano in senso contrario »? Sarà un neo
d'insincerità anche la sua, di quell'insincerità inconsape-
vole, il cui vento, a detta di lui, spira appunto nel periodo
più recente della nostra letteratura?^. Noi non vogliamo
spinger lo sguardo tant'addentro. Solo sarà sempre vero an-
che nell'estetica ciò che il dotto professore asserisce del cat-
tolicesimo ammodernato. « Contro forza di cose non vale
forza di parole. Si può spiegar Terrore, si può altenuario
mostrando come in alcuni sia uno stato di confusione pas-
seggiera o di transizione: ma la contraddizione resta»*.
E se resta anche nel Croce, è però assai palliata ed eclis-
sata dalla molta luce della sua critica vera ed inesorabile
quando si fonda non sull'estetica del libro ma della na-
tura, e dice, proclama, difende verità e giudizii severi che
molti sentono nell'aria ed egli, uno de' magnanimi pochi, ha
il coraggio di formulare senza che per ciò gli sì scemi né
presso noi né presso il pubblico il nome e Tautorità di cri-
tico assennato, perito e imparziale.
1 Op. clt. p. 26. — f Op. cit. p. 37. — «Op. cit. pag. 10. — < Op. cit. p. f5-26.
DONlii ANTICA E DONNA NUOTA
SCENE DI DOMANI
LI.
L'assalto finale.
Passarono, dopo la congiura colla direttrice, alcuni
giorni, impiegati dalla comare in ventilare ben bene e de-
terminare tutti i particolari dell'assalto, affine di assicurarsi,
per quanto era possibile, tre cose: in primo luogo, di fare
un colpo sì giusto, che le due vittime designate, o almeno
la Ida restasse infallibilmente freddata; poi di svignarsela,
appena compiuto il delitto, senza lasciare ai birri la benché
minima traccia, da cui potessero scoprirne l'autore; e fi-
nalmente di acconciare certe orme e indizii falsi, per cui
i sospetti e le indagini della giustizia, sviandosi da lei, an-
dassero a dar la caccia a quelle persone che avevano ri-
cusato di entrare nella congiura.
Quando le sembrò di aver maturato e allestito magi-
stralmente ogni cosa, comunicò il suo disegno alla diret-
trice e ne discusse con lei lungamente le più minute cir-
costanze, finché si trovarono perfettamente d'accordo e
fecero insieme con somma diligenza gli esercizii e i prepa-
rativi necessarii. Quindi stettero alle vedette, aspettando
pazientemente che si offrisse loro l'occasione migliore. A
che la comare aveva provveduto scaltramente con un ser-
vizio d'informazioni, degno del più raffinato poliziotto.
E r occasione venne presto sì acconcia, che non se ne
poteva desiderare un' altra più opportuna. Si era alla vigi-
lia del S. Natale, giorno sospirato dalla comare, perchè te-
neva per certissimo che le due vittime designate sarebbero
andate ad assistere alla messa di mezzanotte in qualche
432 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
chiesa, probabilmente in quella delV Albergo delle operaie,
già noto ai nostri lettori, e a farvi la comunione. Or quello
appunto le sembrava il momento più propizio per la felice
esecuzione del suo disegno infernale.
A notte avanzata ordinò pertanto al suo fido manuten-
golo di andare ad aggirarsi, spieggiando cautamente, in-
torno al palazzo della contessa fino a mezzanotte, per ve-
dere se e quando uscisse di casa, con quale compagnia e
dove si dirigesse, venendo poi subito a dargliene notizia,
appena ciò fosse avvenuto.
Una mezz'oretta prima delle ventiquattro l'uomo rien-
trò e disse che la contessa, con Ida e Giorgina, era testé
uscita in carrozza, prendendo la via che conduceva alV Al-
bergo delle operaie, e che Giannina, discesa e stata con loro
fino a vederle partire, era rimasta in casa.
— Va bene — rispose con indifferenza la comare —
To' la buona mano per le feste, che ti sei ben meritata,
ed ora va pure a dormire. Stanotte penso io a guardare la
casa e a mandar via tutti gli estranei prima del tocco. A
proposito... se accadesse qualche guaio, sei pronto a giu-
rare ch'eri tu di guardia e che al tocco tutto era chiuso
né alcuno è entrato o uscito di casa?
L'altro, che sì era veduto brillare in mano un mezzo
marengo, ne fu sì commosso e persuaso che, per dimo-
strare subito la sua fedeltà alla padrona, giurò più volte
di essere pronto a giurare, dinanzi a tutto il cielo e a tutta
la terra, che in quella notte egli non avea chiuso occhio,
stando sempre di guardia, e che non era entrata né uscita
nemmeno una mosca.
Dieci minuti dopo il brav' uomo, per cui il non vegliare
la notte era una festa, dormiva come un tasso.
Aveva giustamente calcolato la comare che prima delle
due dopo mezzanotte le sue vittime non avrebbero potuto
ritornare, bisognando impiegare appunto non meno di un
paio d'ore per le tre messe notturne, la comunione gene-
rale e le altre funzioni del presepio, di cui si era già accu-
LI. l'assalto finale 433
ratamente informata. Stabilì pertanto colla sua compagna
di non trovarsi ad appostarle che alle due, sicura com'era
che avrebbe tuttavia dovuto aspettare prima di vedersele
venire a portata.
Intanto, a sviare gl'indizii e i futuri sospetti della in-
chiesta, rimase colla direttrice di brigata tra i suoi ospiti,
giocando e bufiFoneggiando allegramente fino al tocco. Poi
ordinò alla vecchia portinaia di chiudere e serrare dap-
pertutto a chiavistello, e si ritirò colla sua compagna per
allestirsi all'impresa ardua e rischiosa di quella notte.
Venti minuti prima delle due discese con essa senza
lume e sulle punte dei piedi, nella corte interna; quivi di
dietro a un uscio presero a mano due biciclette, aprirono
cautamente la porta rustica, richiudendola poi dal di fuori;
salirono in bicicletta e in meno di un quarto d'ora furono
al punto prestabilito della imboscata, non più di venti passi
discosto dsM'Aìbergo delle operaie, cioè ad un ciglione ri-
levato ed ombreggiato da alcune piante annose, il quale
faceva angolo dall'una parte colla strada maestra e dal-
l'altra con un tragetto o scorciatoia che metteva in città.
Quivi smontarono, appoggiarono alle piante le biciclette,
la comare prese una mantellina e una croce di metallo,
che aveva portato seco, e se ne coprì le spalle ed il petto
per modo da sembrare una suora o almeno una manda-
taria, mentre l'altra trasse dalla borsetta, che le pendeva
al fianco, una rivoltella e gliela porse dicendo: — Ha sei
confetti. Sia generosa e li regali tutti fino all'ultimo.
— Se trovo ingrati che me li rifiutano, sarò egoista e...
l'ultimo me lo piglio iol
— OibòI Sarebbe come andare al letto al buio e senza
cena. Occhio dritto e polso fermo e... tra un'ora saremo
a dormire il sonno dei giusti.
— In buona coscienza! Se non abbiamo altri peccati,
il paradiso è nostro. Dunque, siamo intesi: mentre io sto
in agguato, tu stai pronta qui sotto alla voltata, colle bi-
ciclette sul tragetto, rivolte verso la città. Al primo rumore
1908, voi, t fase. 1384. 88 6 febbraio 1908.
434 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
della porta che si apre, monti la tua appoggiandoti al ci-
glione colla destra e colla sinistra tenendo in piedi la mia,
linchè vengo io, salto in arcione e... a chi tocca, tocchi.
— Mi troverà desta in sull'ali e andrem via di volo, che
neanche il diavolo ci potrà raggiungere. Ella badi, appena
sparato l'ultimo colpo, di gettar via la rivoltella e maneg-
giar prontamente la famosa polvere insetticida, con cui te-
ner lontano chiunque volesse venirle addosso per acchiap-
parla. Da ciò dipende il buon successo della spedizione.
— Hai ragione. Speriamo che il diavolo non ci metta né
le corna né la coda. Prima che passi un'ora lo sapremo
e, 0 bene o male, avremo finito questa musica maledetta
che da tanto tempo non mi dà pace. Così Dio ci aiuti a
uscirne a benel
— Finora la fortuna ci ha fatto buon viso. Nel venire
in qua non abbiamo incontrato anima viva; ora la notte
è si nera che non ci si vede a bestemmiare. Dunque co-
raggio ! Buon'ancudine non teme martello.
— Zitto! Non senti...?
— È la carrozza che viene a pigliarle. Si vede che ha
avuto il fissato per le due.
— Maledetta carrozza! Se ritornavano a piedi, era una
bagattella il far loro la festa. Ma non è tempo da por
porri. Prima che sia qui, vo a mettermi alla posta. Quando
poi saran voltati i cavalli verso la città, piglieremo i passi
pfìr r assalto. All'erta! Zara a chi tocca.
E scomparve nelle tenebre, correndo a mettersi in ag-
guato dietro alla cantonata AeW Albergo, dal lato opposto
a quello che guardava verso la città. Quivi, protetta dalla
oscurità e dalle piante, facendo capolino dal suo nascon-
diglio, vide arrivare la carrozza e, fatto il giro per poi ri-
tornare dond'era venuta, fermarsi dinanzi alla porta del-
V Albergo; ma si sentì dare una stoccata al cuore quando
si accorse che a cassetta, oltre il cocchiere, sedeva anche
lo staffiere; rimase poi del tutto costernata allorché lo vide
dii5ccndere e, aperto lo sportello, uscirne una donna e li
LI. l'assalto finale 435
udì parlare insieme, riconoscendo alla voce la Giannina,
mentre, sonato il campanello, aspettavano che si venisse
ad aprire.
Che disdetta! Aveva tenuto per fermo la comare che,
in quella gita notturna privatissima, la contessa si sarebbe
contentata del solo cocchiere e, avendo già seco due com-
pagne, non sarebbe venuta altra persona a pigliarla; sopra
tale certezza aveva fondato la sua impresa e fatti in con-
formità i suoi calcoli, preparativi ed esercizii necessarii. Ora
invece comparivano due attori di più nella terribile scena,
che doveva svolgersi con rapidità fulminea e con tanto suo
pericolo di esser colta e mandata all'ergastolo!
Fu sul punto di abbandonare per quella voltai' attentato
e di tornare a casa colle trombe nel sacco. Ma subito pensò
che, volendo pur appigliarsi a questo partito, non c'era
fretta di andarsene e poteva restar lì ancora, aspettando
che se ne andassero incolumi le sue nemiche, prima di
muoversi dal nascondiglio in cui si trovava al sicuro.
Intanto stava sospesa tra il sì e il no, origliando atten-
tamente e sforzandosi di scorgere quel che avveniva di-
nanzi a lei, alla porta di casa.
Udì le ultime strofe del canto pastorale, che risonava
dalla chiesa; vide Giannina entrare in casa e lo staffiere
rimanersene fuori; poi sentì un rumore confuso di voci
che parlavano insieme, e il cigolìo della chiave che volge-
vasi nella toppa per aprire la porta.
— Ecco il momento ! - disse seco stessa e sentì divam-
parsi in petto un furore satanico di odio e di vendetta,
come se fosse invasata. Ma si contenne e stette immobile
a spiare, senza batter palpebra.
Finalmente la porta si aprì e ne uscì un fascio di luce.
Vide allora distintamente il cocchiere seduto a cassetta,
vide lo staffiere colla schiena a lei rivolta dinanzi allo spor-
tello; vide uscire per prima una domestica, che le parve
la Giorgina, e la udì dire ridendo allo staffiere: — Speriamo
che quella cagna della comare non ci inviti nuovamente a
villeggiare, come in quella sera.
436 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
A queste parole la comare si sente raddoppiare il furore
che la divora, stringe, con una scossa convulsa, nella de-
stra la rivoltella e la spiana in atto di sparare, nell'altra
una specie di pepaiuola a scatto, contenente la famosa pol-
vere, a cui aveva testé alluso la sua compagna, e rimane
ancora immobile in tale atteggiamento, come per cogliere
il momento da scagliarsi sulla preda.
Dietro a Giorgina è già uscita anche la contessa, poi
Ida e 6nalmente Giannina.
Ora sono tutte a tiro ; ma la comare non si muove, perchè
non vuole sparare che a bruciapelo, colla certezza di fred-
dare la vittima e di non essere acchiappata; vede invece
che, sparando di lontano, il colpo può fallire, e, facendosi
troppo vicino, corre rischio di restar presa dalle braccia
robuste di Giorgina e dello staffiere.
Ha quindi già rinunciato in cuor suo all'impresa; quando
vede Ida e Giannina venirle incontro, per girare dietro alla
carrozza e salirvi dalla parte sinistra, lasciando l'entrata di
destra libera per la contessa.
— 0 adesso o mai ! - dice a se stessa, afferrando in un
baleno la facilità di colpire l'una e l'altra e di fuggire, prima
che gli altri possano accorgersene e raggiungerla. Svelta
pertanto si slancia innanzi sulle punte dei piedi, pigliando
la mira contro la Ida.
Ma alla prima mossa della comare, Giannina ha veduto
luccicare alcunché nelle tenebre, cioè la croce che l'assas-
sina portava al petto, per rimuovere da sé e far cadere sopra
una suora i sospetti del delitto, e, temendo appunto un ag-
guato, si è gettata davanti alla Ida, per coprirla della sua
persona e correre verso il punto da cui veniva quel bagliore
sinistro; talché la comare se la vede venire addosso, prima
di esser giunta a portata per colpire la Ida.
Allora perde la bussola e non pensa che a fuggire. Ma
Giannina, mandando un altissimo grido, con una mano le
ha già afferrata la croce e sta per piombarle addosso come
un'aquila sulla preda.
LI. l'assalto finale 437
Vedendosi perduta, la comare le spara in petto ìi primo
colpo e, gettando via la rivoltella, con uno strappo violento
si svincola e si spinge a fuggire, lasciando in mano a Gian-
nina la croce.
Tutto ciò avvenne con tanta rapidità che, quando ac-
corsero, al rumore dei passi, al grido e allo scoppio del-
l'arma, lo staffiere, Giorgina e la contessa, trovarono Giannina
caduta a terra come morta e la Ida inginocchiata accanto
in atto di stringerla tra le sue braccia.
Giorgina e lo staffiere si gettarono a correre, dietro il
rumore sordo e debole, fatto dai passi della comare che
fuggiva, e reso più confuso ed incerto da un'eco vicina; ma,
per la fitta oscurità, non videro nulla, e pel discorrere alto
e angoscioso che si faceva tra la contessa, Ida e le suore
quivi pure accorse, intorno alla ferita, non udirono più nulla
e perdettero ogni traccia dell'assassino.
Non c'era da esitare sul da farsi in quel terribile caso :
la povera Giannina, sanguinante dal petto e priva dei sensi,
fu portata dentro a]V Albergo, per essere messa a letto e
curata dalle suore; la contessa ed Ida rimasero pure presso
di lei e trattennero seco lo staffiere; Giorgina salì a cas-
setta col cocchiere e ritornò precipitosamente in città, per
mandare tosto un medico-chirurgo oìVAlbergo, denunciare
il fatto alla questura e veder d'indagare le prime tracce
dell'assassino.
Fermamente persuasa che il delitto fosse stato compiuto
o per mano o per mandato della comare, nel ritornare in
città fece andar la vettura per quelle vie, dove sperava di
incontrarsi cogli autori dell'attentato, ritornanti anch'essi
in città ; ma non vide nessuno. La fece poi girare intorno
alla casa della comare, sperando di scoprirvi qualche in-
dizio del delitto, ma non trovò che tenebre e silenzio. Si
condusse pertanto allo spedale maggiore, dove cedette la
carrozza al dottore perchè si recasse suhìto SilV Albergo.
Ella poi corse a piedi alla questura e fece la denunzia
dell'accaduto.
438 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
LII.
La seconda vittima.
Nello stato della povera Giannina si manifestarono tosto
i sintomi più gravi e pericolosi: febbre violenta, respiro
affannoso e spasmodico, accessi di delirio.
Posta a giacere con tutte le cautele possibili ed esa-
minata attentamente, sul davanti del giacchettino le fu
trovato un forellino, coU'orlo tutto all'intorno abbruciac-
chiato e inzuppato di sangue; un altro quasi eguale fu
scoperto nella schiena; segno questo evidente che la palla
micidiale l'aveva passata da parte a parte. Tosto fu scinta
con ogni riguardo e delicatezza, per applicarle un certo
balsamo, recato dalla infermiera delle suore, e prevenire
una infiammazione maligna delle ferite. Sul vivo queste
apparvero nettamente circolari, della forma appunto di
una palla di rivoltella, cogli orli contusi e anneriti dalla
ecchimosi, e quella del petto con una specie di aureola
pur nera intorno intorno, cagionata dalla bruciatura dello
sparo, avvenuto a piccolissima distanza.
Lavate soavemente e rinfrescate col balsamo le piaghe^
e postevi sopra due spugnette^ per assorbire il sangue che
continuava lentamente ad uscire a goccia a goccia, quelle
povere donne le stavano intorno senza saper altro che fare,
aspettando ansiosamente che arrivasse il dottore, coster-
nate, sbigottite, angosciate per quella terribile tragedia
notturna, succeduta così improvvisamente alla santa e pura
letizia della festa di Gesù Bambino.
Più di tutti la Ida doveva fare uno sforzo continuo
violentissimo a se stessa, per non lasciarsi sopraffare dal-
l'eccesso dell'orgasmo, in vedersi tuttora dinanzi quella
scena atroce a cui aveva testé assistito ; del dolore e della
compassione per la Giannina, che le aveva salvata la vita
con tanto eroismo ed ora le sembrava già prossima a mo-
rire per lei; del rammarico e del rimorso, per non essere
Lll. LA SECONDA VITTIMA 439
tosto salita in carrozza a destra, come le aveva offerto la
contessa, evitando così quel giro fatale a sinistra, che aveva
dato occasione all'attentato ed al ferimento della povera
vittima.
— Povera mia Giannina I — disse finalmente, non po-
tendo più contenersi, mentre, caduta in ginocchio accanto
al letto, le prendeva la mano e la bagnava di lagrime,
singhiozzando angosciosamente, e pur continuando a si-
gnoreggiare, per quanto poteva, il suo affanno. — Povera
mia Giannina I Ti ho uccisa io colla mia storditezza. Do-
veva prevedere il pericolo e non esporti...
— Ida! la interruppe la contessa, sforzandosi anch'essa
di dominare l'ambascia e la commozione e di mostrarsi
severa. — Non mi dire spropositi ! Ora è tempo di essere
forti, rassegnati, e di fare ogni cosa per salvare la nostra
Giannina. Speriamo che il Signore ce la ridoni sana e
salva. Del fatto poi siamo tutti innocenti, ma specialmente
tu che avresti data volentieri la vita per risparmiare la sua...
non è vero?
— Oh ! sì, prego il Signore che me la tolga, che mi mandi
pure la morte quando e come egli vuole... anche subito
e... per mano della... di chi gli pare, purché questa vittima
innocente guarisca e sia salva... Povera mìa Giannina !... mi
par di vederla avventarsi come un leone... gridare come
un'aquila... Che momento! Dio, Dio mio, che scena!
— E tu, hai veduto l'assassino ?
— Era una donna!
— Una donna? — esclamò la contessa e con lei in coro
le suore, tutte altamente maravigliate.
— Sì, certamente, una donna. Ho veduto da prima un
luccichio che si moveva nel buio, poi un'ombra avanzarsi
prestamente, quindi, trovandomi dietro alle spalle di Gian-
nina, che le si era scagliala addosso, non la potei vedere
in viso, ma ben mi accorsi ch'era una donna, specialmente
quando, dopo il colpo, la dette a gambe e scomparve
nel buio.
440 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Qui tutte tacquero e s'incontrarono nel pensiero che
quella donna misteriosa fosse la comare, o certo almeno
una sua mandataria; ma nessuno osò pronunziarne il nome.
La contessa domandò : — Quel luccichio, che hai veduto
muoversi nel buio prima del delitto, non ti pare venisse
dall'arma che l'assassina teneva in mano?
— No, no. Le veniva dal petto e pareva una croce di
metallo bianco, come quella che portan le suore?
— Misericordia 1 Possibile? Che anima dannata I — escla-
marono le suore inorridite.
La contessa si fé' pensierosa e disse: — Ella è questa
una circostanza che.... mi pare.... può avere la sua impor-
tanza per l'inchiesta sull'autore del dehtto. Mi chiamino lo
stafiBere.
E appena questi comparve colla suora che lo aveva
chiamato, la contessa gli disse: — Prendi un lume e va a
vedere se trovi qualche cosa sul uogo del delitto. Forse
l'assassino o la povera Giannina hanno perduto una croce
di metallo o altro nel momento dell'assalto. Cerca con
diligenza... un po' in largo anche all'intorno. Chi sa che non
pigliamo qualche lume! Già so che non hai paura; ma,
anche se l'avessi, puoi stare sicuro che l'assassino, dopo
il colpo, non ha fatto che fuggire ed ora è ben lontano.
— Dio volesse che fosse vicina quella serpe infernale
e che la mi venisse alle manil Le darei ben io le buone
feste !
Pochi minuti dopo ritornò colla rivoltella e colle croce
attaccata a un pezzo di cordone.
La rivoltella fu chiusa in un armadio e la croce, con-
frontata con quella che portavano al petto le suore, fu
trovata molto somigliante, ma evidentemente non uguale
e di altro conio. Esaminatala attentamente, disse la con-
tessa : — Ora abbiamo una chiave in mano, che ci potrà
aprire qualche porta segreta. Il diavolo insegna fare, ma
non insegna disfare. Dio voglia che il proverbio si avveri
anche questa voltai
LII. LA SECONDA VITTIMA 4il
Intanto la povera Giannina non ritornava ne' sensi, non
rispondeva alJe chiamate e domande, ma continuava a va-
neggiare e a respirare con grande affanno; la febbre si
faceva piti ardente, il polso più agitato e frequente e il suo
stato andava sempre più peggiorando.
Fu quindi chiamato il cappellano deW Albergo, che aveva
celebrato le tre messe e le altre funzioni notturae e poi si
era ritirato a riposare in un appartamento separato dal con-
vitto, situato alla parte opposta dell'ingresso, e perciò non
aveva sentito nulla di tutto l'accaduto. Alla triste notizia
che gliene diede la persona andata a svegliarlo, rimase co-
sternato il buon prete e, accorso subito al letto della vit
tima, trovolla egli pure molto aggravata e si fece a recitarle
le preci liturgiche.
Finalmente arrivò anche il dottore, il quale, dopo esa-
minata l'una e l'altra ferita ed osservati gli altri sintomi,
ne dedusse ch'era stata lesa l'arteria mammaria, cagio-
nando una emorragia interna assai pericolosa, la quale
poteva determinare prossimamente la morte. Raccomandò
che si cambiasse spesso l'aria da una finestra del corri-
doio, lasciando aperta la porta della stanza, che si evitasse
tutto che potesse eccitare la paziente, specialmente i ru-
mori e la luce troppo viva e che fosse continuamente vi-
gilata. Prescrisse pure un certo impiastro per le due piaghe
e se n'andò, promettendo di ritornare prima di mezzo-
giorno.
Alla domanda della contessa e della Ida se c'era qualche
speranza di salvarla, si strinse nelle spalle, allargando e
lasciando cadere le braccia, e rispose con una lunga spie-
gazione sul trapasso della palla attraverso gli organi vi-
tali, sulle lesioni e lacerazioni inteme che aveva prodotto
e su quelle che avrebbe potuto produrre, sulle conseguenze
patologiche che ne potevano derivare e sulle complicazioni
inopinate che potevano manifestarsi, adoperando in copia
i termini tecnici della medicina e della chirurgia, e con-
chiudendo con dire che quello stato prolungato di delirio
44'2 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
simpatico gli dava da pensare, perchè proveniva da gravi
lesioni traumatiche, con febbre purulenta, e perciò non si
sarebbe meravigliato se prima di sera avesse dovuto soc-
combere.
Quando il dottore stava per risalire in carrozza, la 'Ida
volle avvisare il cocchiere che ritornasse a levare la con-
tessa per condurla a riposare, ma questa non lo permise
e disse che voleva rimanere presso la povera vittima, a ve-
dere quale piega prendesse il suo stato. Aveva pur troppo
perduta ogni speranza di guarigione e le diceva il cuore
che presto sarebbe spirata, né poteva adattarsi al pensiero
che ciò avvenisse mentr'ella fosse assente.
Lo stesso timore avevano pure le suore più esperte
nella cura dei malati, in vedere che i sintomi della immi-
nente catastrofe apparivano sempre più manifesti e spe-
cialmente il delirio diventava più intenso» e angoscioso.
Tremiti, sussulti, convulsioni spasmodiche agitavano la po-
vera inferma, mentre l'affanno al petto, colla crescente diffi-
coltà del respiro, pareva la volesse soffocare.
D'improvviso si alzò con violenza a sedere e, stringendo
i pugni, sbarrando gli occhi sanguigni e fiammanti, gridò : —
Eccola... eccola I su, presto, ella fugga, salti in carrozza e
via!... via! 0 Signore Dio! Ha in mano la pistola... Ferma,
ferma!... Ahimè!... Mi ha colpito in petto... Brucio... muoio I
Guarda come fugge! È lei! Contessa... signorina... ecco,
ecco la croce ! Dev'essere quella stessa che aveva quando...
quando... ahi! mi sento morire... acqua, acqua! Non ne
posso più... Gesù, Giuseppe, Maria, spiri in pace con voi...
l'anima mia! Madonna mia, vi raccomando la mia... signo-
rina! È una santa... mi ha salvato dall'inferno... Grazie,
Addio! Ci rivedremo... lassù... lassù... Ah!...
E ricadde sfinita a giacere, rimanendo immobile come
se fosse morta.
Ma il polso e il respiro, sebbene più deboli e frequenti,
si sentivano ancora.
Vedendola quieta e assopita, l' infermiera disse: — Pare
LII. LA SECONDA VITTIMA 443
che dorma. Se continua così per qualche tempo a riposare
tranquillamente, è buon segno e la natura può aiutarsi da
sé a rimarginare e saldare internamente le ferite.
La contessa e la Ida s'inginocchiarono accanto al letto
a pregare con grande fervore, come se quella povera do-
mestica fosse sangue del loro sangue e la persona piti cara
che avessero al mondo.
Ma che quello non fosse un sonno ristoratore, bensì
uno stato comatoso di abbattimento e di languore mortale,
apparve tosto da certi sussulti nervosi e contrazioni con-
vulse, dalia crescente irregolarità del polso e finalmente
dal rantolo annunziatore dell'agonia.
Le fu pertanto amministrata l'estrema unzione e reci-
tate le preci degli agonizzanti.
Allo spuntar dell'alba ritornò in sé dal lungo delirio e,,
quantunque non potesse parlare che balbettando qualche
frase tronca e stentata, mostrò di riconoscere la contessa
e la Ida, stringendo loro le mani, guardandole languida-
mente e sorridendo con tenera amorevolezza, come per
esprimere la soddisfazione che sentiva in vedersele vicine.
— Soffri molto, poverina, eh ? - le disse soavemente la
Ida, e n'ebbe in risposta un cenno affermativo del capo.
— Hai dato la vita per me ed io pregherò sempre per
te e ti porterò sempre nei mio cuore come la mia dolce
amica e sorella.
Due grosse lagrime spuntarono dagli occhi della mo-
rente e un sorriso di compiacenza le fiorì sulle labbra,
riarse dalla febbre.
— Perdoni a tutti ? - le domandò la contessa - anche a
chi ti ha ucciso?
— Oh... sì... di tutto cuore...
-- Basta; non ti affaticare. Sei stata una buona figliuola
e il Signore misericordioso ti darà il paradiso.
— Spero... - disse la paziente, sollevando gli occhi e
baciando il Crocifisso pòrtole dall'Ida.
Questa soggiunse: — Stai molto male e ti fu già ammi-
nistrata l'estrema unzione.
444 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— Sia fatta... la voi...
— Sì, sì, sia fatta la volontà di Dio ripigliò la contessa. -
Già sei pronta; hai ricevuto tutto, anche la Comunione sta-
notte, in onore di Gesù Bambino. Che fortuna andare in
Paradiso il giorno del S. Natale!
Alzò nuovamente gli occhi Giannina in atto di rasse-
gnazione e di speranza e poi si sforzò di dire : — Quel po' di...
roba... lascio... alla mia pò... povera... mamma...
— Sì, sì - disse la contessa - e penseremo noi a provve-
derla di tutto finché vive.
Quindi il sacerdote le si accostò per suggerirle in quel-
l'estremo gli affetti e le aspirazioni della fede e impartirle
ancora una volta l'assoluzione, colla benedizione apostolica
in articulo mortis.
Nel bacio del Crocifisso si spense la sua ultima scintilla
di vita, e l'ultimo suo alito si trasfigurò in un sorriso, che
rimase impresso nei lineamenti della defunta, quale riflesso
della gloria, dischiusa all'anima in Cielo.
Quando venne la commissione, per esaminare le circo-
stanze del delitto sul luogo dov'era stato commesso, e sen-
tire possibilmente le deposizioni della vittima, questa era
allora allora spirata; sicché il perito medico non potè che
osservare un cadavere.
Come la notizia del delitto, appena si fu diffusa in città,
aveva dappertutto provocato sentimenti ed espressioni una-
nimi di orrore e di esecrazione, così i funerali della povera
vittima furono una dimostrazione pietosa, solenne, univer-
sale di compassione e di affetto alla sua memoria, ed in-
sieme una nuova manifestazione di stima alla presidente
delV Alleanza e alla sua segretaria, uscite fortunatamente
incolumi dal pericolo dell'infame attentato.
Sì lungo era il corteo, sì fitte le due spalliere di popolo,
che facevano ala al suo passaggio, sì frequenti e generali i
segni esterni di lutto, sì mesto, commosso e commovente,
Taspetto e il contegno di tutti; da potersi dire, senza esa-
LIl. LA SECONDA VITTIMA 44-5
gerazione, che l'intera città, come una sola famiglia, pren-
deva parte al pietoso convoglio, per onorare la salma di
quella povera figlia del popolo e rendere omaggio alla no-
biltà e grandezza morale del suo sacrifizio.
La presidenza delle due Alleanze, con tutte le cariche
annesse e dipendenti e con tutte le ascritte presenti in città,
intervenne ufficialmente alle esequie e, oltre i suffragi pre-
scritti dallo statuto, tributò tali onori funebri alla sua prima
fattorina, che maggiori non avrebbe potuto offrirne alla me-
moria della stessa presidente. La Ida fece porre sul suo
sepolcro un ricordo marmoreo con questa iscrizione:
QUI • GIACE
GIANNINA MAGLIONI
PRIMA • FATTORINA • DELL'ALLEANZA • NAZIONALE
DELLA • TRATTA • DELLE • BIANCHE • VITTIMA • INCONSCIA
PER • LA • SUA • LIBERATRICE • ANELÒ • A • IMMOLARSI
E • AFFRONTÒ • LIBERAMENTE • LA • MORTE
VITTIMA • EROICA • DI • FEROCE • ATTENTATO
(millesimo)
R. 1. P.
Diceva poi che quella povera contadina di nascita e di
professione fantesca, per la sua nobiltà e grandezza d'animo
meritava viva un trono regale e morta un magnifico mau-
soleo, ma che la divina giustizia le aveva già dato ben più
e meglio in Cielo.
Giorgina, inconsolabile per la perdita di colei che amava
quale sorella ed amica del cuore, ne parlava come di una
santa e conchiudeva spesso dicendo: — Una sola cosa non
posso perdonarle : che mi abbia rubato il diritto di morire
per la mia signorina.
E la contessa diceva talvolta alla Ida: — L'Alleanza sarà
benedetta dal Signore, perchè ha già dato al Cielo una
martire.
IL CARDINALE iNEWMAN
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI
Chi scrive queste pagine ricorda bene la visita che il car-
dinale Newman fece a Roma nel maggio del 1880 per ricevere
il cappello cardinalizio. Il sovrano atto di bontà del Pontefice
Leone XIII di s. m. nel crearlo cardinale, la stima personale
6 l'affetto dimostratogli da Sua Santità, destarono sentimenti di
benevolenza per lui nei romani non meno che negli italiani. Ma
tra loro pochi erano quelli che conoscevano il Newman per i
suoi scritti. In Italia si sapeva solo in generale della stima e
venerazione profonda in cui era tenuto dai suoi compatriotti,
per l'altezza dell'animo, per l' ingegno e per la grande maestria
con cui maneggiava la lingua inglese. Una prova efficace del-
la stima che la nazione inglese nutriva per lui, i romani l'eb-
bero quando seppero che il suo lungo discorso di circa due
mila parole, tenuto ali' atto di ricevere il biglietto cardina-
lizio, era stato telegrafato al Times di Londra, e pubblicato per
intero dallo stesso giornale la mattina seguente. L'argomento
del discorso fu il liberalismo nella religione, « Godo di dire »,
cosi egli nel suo discorso, « che a un gran male mi sono io
opposto fin da principio. Per trenta, quaranta, cinquanta anni
ho resistito il meglio che ho potuto allo spirito del liberalismo
nella religione. Mai il bisogno che la santa Chiesa ha di cam-
pioni contro quello spirito non fu così sentito come all'ora pre-
sente, in cui esso si va diffondendo per tutta la terra a guisa
di un'insidia; e in questa grande occasione in cui è naturale
per uno ch'è al mio posto di dare uno sguardo al mondo, alla
santa Chiesa, come è nel mondo, e all'avvenire, non si consi-
dererà, spero, fuori di luogo, se io rinnovo contro quello spirito
la protesta che ho fatta tante volte y^.
Ora soltanto, dopo circa trent'anni, si vanno traducendo in
italiano le sue opere. Due opere importanti, Lo Sviluppo del
Domma Cristiano, e Fede e Ragione ^ sono offerte al pub-
' Development of Christian doctrine. — Essay in Aid ofa Grammar
of Assenl.
IL CARDINALE NEWMAN PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 447
Wico italiano da' sacerdoti R. Murri e D. Battaini. La ma-
niera onde il Newman è stato presentato da costoro ai lettori ita-
liani vuole che si facciano alcune osservazioni e si dica una
parola di ammonimento. Pare che questi improvvisati discepoli
del Newman mettano avanti, quasi loro maestro, il venerabile
cardinale, e che, nell'atto di proclamare per lui il diritto di essere
ascoltato, usino parole le quali sono un insulto alla sua memoria.
Ecco < il baluardo delle idee nuove, dice il Battaini \ idee che
hanno in lui il precursore e il padre ». Non siamo lasciati in
dubbio quanto a ciò che signifìcano le « idee nuove », se diamo
un'occhiata ai nomi degli scrittori citati ripetutamente nello
Sviluppo del Domma Cristiano, alle opere dei quali siamo riman-
dati per maggiori lumi sui punti che si discutono. Sono questi
THarnack, il Loisy, il Tyrrell ed altri. La nota alla pagina 15
di Fede e Ragione rende la cosa ancor più chiara: * E questo
è quanto fanno i cosi detti apologisti, rei di modernismo, i quali,
perciò, ed il più delle volte senza saperlo, non fanno che appli-
care alla lettera il pensiero del Newman. 11 maestro ha degli
scolari senza che questi sappiano, sovente, di esser tali ».
Il Murri da parte sua dice : Ecco l'uomo che proclama: « Papa
o Regina, chiunque mi chieda una obbedienza assoluta esce dal
diritto comune. Io non volo obbedienza assoluta a nessuno »*.
Poi ancora: «Non aveva egli detto che tutto il mondo erano
])er lui due esseri, egli e Dio? E non parve che in questo così
intimo e vivo contatto vi fosse poco posto per una Chiesa este-
riore? » ^. Tratteremo pienamente qui appresso di questa falsa
citazione e della conseguente, falsa e grossolana trasformazione
del pensiero del Newman. Per ora ci basti osservare che qui il
Newman è rappresentato evidentemente come se avesse ristretto
il dovere di obbedienza all'autorità della Chiesa visibile, meno-
mando i diritti di coloro che di quell'autorità sono insigniti,
e quasi fosse disposto ad appoggiare i modernisti nel loro di-
niego di lasciarsi guidare dalla Chiesa. Ora questa in sostanza
è una accusa di mancanza di lealtà verso la Chiesa — accusa
che non ha ombra di fondamento né nelle parole, né negli atti
del cardinale. Nessuno meglio di lui ha messo in rilievo i diritti
1 Fede e Bagioìw, Introduzione, p. XVII.
' Lo sviluppo del Domma Cristiano — prefazione, p. X.
3 Ivi, p. IX.
448 IL CARDINALE NEWMAN
imperituri dell'autorità della Chiesa, nessuno si è sottomesso
ai comandi di essa più di buon cuore. Ma il Newman parlerà
per sé stesso.
Neir Apologia prò vita sua, egli tratta del magistero della
Chiesa dalla pagina 384 alla pagina 412 \ Noi ne citeremo quanto
basta per spiegare la sostanza dei suoi insegnamenti.
Egli incomincia con un proemio nel quale dimostra il biso-
gno della grande prerogativa dell' infallibilità. Quel bisogno,
die' egli, deriva dal fatto che da una parte il peccato è il peg-
giore di tutti i mali, e dall'altra l'uomo è in uno stato di ri-
bellione contro il suo Fattore, ed ha bisogno di esser rinnovel-
lato dalla grazia divina in tutto il suo essere, nei suoi afFetti
non meno che nel suo intelletto ; occorre una virtù gigantesca
per lottare contro un male gigantesco. « Siccome dunque io ho
parlato del rapporto in che è la mia mente verso la fede cat-
tolica, così ora parlerò dell' attitudine che essa prende riguardo
all' infallibilità della Chiesa. £ prima di tutto, fa d'uopo che la
dottrina iniziale di un maestro infallibile sia una protesta ener-
gica contro lo stato presente dell' umanità. L'uomo si era ribel-
lato al suo Fattore. Ecco ciò che fu cagione della mediazione
divina: eli primo atto del messo divinamente accreditato do-
veva esser quello di proclamarlo. Bisogna che la Chiesa de-
nunzi la ribellione come il peggiore di tutti i mali possibili.
Bisogna che essa non venga a patti con la ribellione ; se vuole
essere fedele al suo Maestro, è necessario che maledica la ri-
bellione e la colpisca di anatema. La Chiesa cattolica tiene
esser meglio che il sole e la luna precipitino dal firmamento,
che la terra venga meno, e che tutti i molti milioni di creature
che l'abitano muoiano di fame nella più grande agonia, per ciò
che riguarda le afflizioni temporali, di quello che un'anima,
non dirò già, si perda, ma commetta un sol peccato veniale,
dica una bugia volontaria, ovvero rubi un misero quattrino
senza scusa. Credo che il principio qui allegato sia il mero
preambolo delle credenziali formali della Chiesa cattolica, presso
a poco a quel modo che un atto del Parlamento si farebbe
incominciare con un considerando. Per ragione appunto dell' in-
tensità del male, che si è impadronito dell'umanità è stato dato
contro di esso un antagonista degno; e il primo atto di quella
* Citiamo la prima edizione cbe è dei 1864.
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 449
potestà conferita divinamente si è, ben inteso, di scendere in
campo e di sfidare il nemico. Questo preambolo quindi dà un
rilievo alla posizione della Chiesa nel mondo, e una interpreta-
zione air intero corso del suo pensiero e della sua azione » K
« Come un altro nuovo punto, la Chiesa cattolica si fa ad
inculcare che ogni conversione vera ha da incominciare con
le fonti del pensiero, e ad insegnare che ciascun uomo ha da
essere nella persona un tempio di Dio intero e perfetto, nell'atto
stesso che egli è anche una delle pietre viventi di cui si compone
Tedificio di una comunità religiosa visibile... Verità come queste
essa ripete vigorosamente, e con costanza impone all'umanità;
quanto ad esse non usa mezze misure, né ritenutezze economiche,
né delicatezza, né prudenza Voi dovete nascer di nuovo, è la for-
mola semplice e diretta che essa usa ad imitazione del suo
divino Maestro; tutto il vostro essere deve rinascere, le vo-
stre passioni, e i vostri affetti, e le vostre mire, e la vostra
coscienza, e la vostra volontà, tutto deve bagnarsi in un ele-
mento nu*)vo, e riconsecrarsi al vostro Fattore, e, da ultimo,
benché non meno importante, il vostro intelletto » *.
Nella dottrina pertanto del Newman, T infallibilità, consi-
derata nella sua pienezza, é terribile come il male gigantesco
che rha fatta necessaria. Esercitata nei debiti limiti, a) in ri-
g^iardo della dottrina rivelata, « essa sostiene di avere con sé
una guida sicura nelF assegnare il significato vero ad ogni
parte del messaggio divino, confidato agli Apostoli da Nostro
Signore: sostiene di conoscere i propri limili, e di decidere ciò
che può determinare assolutamente, e ciò che non può deter-
minare ». b) In riguardo delle verità profane che hanno atti-
nenza con la rivelazione, « sostiene, inoltre, di poter entrare
nelle dottrine non direttamente religiose, fino al punto di de-
terminare se indirettamente si riferiscono alla religione, e,
conforme al suo giudizio definitivo, di dire se sono o no, in
ogni caso particolare, compatibili con le verità rivelate ». e) In
riguardo delle proposizioni scandalose ecc., « sostiene di poter
decidere magistralmente, sia in maniera infallibile, sia altrimenti,
se tali e tali affermazioni sono ovvero non sono nocive al deposito
apostolico della fede, sia nel loro spirito, sia nelle loro conse-
guenze, e perciò di permetterle, o di condannarle e proibirle ;
sostiene parimente il diritto d'imporre silenzio a suo piaci-
» Ap. 3S4. — « Ap. 386.
1908, voi. t fase. 1384, 29 7 febbraio 1908.
4oO IL CARDINALE NEWMAN
mento in qualsiasi materia, o controversia di dottrina che con un
suo ipse dixit dichiara pericolosa, sconvenevole o inopportuna ».
d) Per quello poi che riguarda l'obbedienza dovuta dai cattolici,
« sostiene che quale che sia il giudizio dei cattolici intorno a tali
atti, questi atti debbono essere ricevuti da loro con quei segni
manifesti di riverenza, di sottomissione e di lealtà, che gli in-
glesi, a modo di esempio, usano alla presenza del loro sovrano,
senza farne una critica pubblica, quasi fossero sconvenevoli
nella sostanza, oppure violenti e offensivi nello stile». E da
ultimo, e) in riguardo della sanzione propria di tali atti « so-
stiene di avere il diritto d'imporre pene spirituali, di allon-
tanare dai canali ordinari della vita divina, e di scomunicare
semplicemente coloro che negano di sottomettersi alle sue di-
chiarazioni formali ».
Ciò premesso, ceco le espresse dichiarazioni * del Newman :
« Siffatta è l'infallibilità depositata nella Chiesa cattolica, con-
siderata in concreto, quasi rivestita e circondata dalle aggiunte
dell'alta sua sovranità; per ripetere ciò che ho detto di sopra,
l'infallibilità è un potere prodigioso sopreminente mandato in
terra per affrontare e sottomettere un male gigantesco. E aven-
dola ora cosi descritta, io professo la mia sottomissione assoluta
a tutto ciò che essa sostiene ed esige come suo ». Noti il
Mur ri la espressione « sottomissione assolutala, ìie riparleremo
nella seconda parte di questo lavoro.
Subito dopo il Newman rinnova la sua professione di fede
alle seguenti verità particolari: a) Alle verità esplicitamente
insegnate : 4< Io credo in tutto il domma rivelato come esso fu
dagli Apostoli insegnato alla Chiesa, e come fu dalla Chiesa
dichiarato a me. Io lo ricevo ed accetto, come viene infallibil-
mente interpretato dall'autorità alla quale fu confidato, e (im-
plicitamente) come sarà ulteriormente interpretato alla stessa
maniera da quella stessa autorità fino alla fine dei secoli ». 6) Alle
verità contenute nella tradizione: « Mi sottometto, inoltre, alle tra-
dizioni universalmente ricevute della Chiesa, nelle quali si trova
la materia di quelle nuove definizioni dommatiche che gì fanno di
^ «Such is the infallibility lodged in the Gatholic Ghurch, viewed in the
concrete, as clothed and surrounded by the appendages of ite high sove-
reingty ; it is, to repeat what I said above, a supereroinent prodigious power
sent upon earlh to encounter and master a giant evil. And now, having
thus described it, I profess my own absolute submission io ita claim ». Ap. 389.
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 451
quando in quando, e che sono in ogni tempo quasi la veste e
l'illustrazione del domma cattolico come già definito», e) Alle
decisioni delle Congregazioni romane: « E mi sottometto a
quelle altre decisioni della Santa Sede, sieno teologiche o no,
fatte per mezzo degli organi che ha stabiliti essa stessa, le
quali, lasciando da parte la questione della loro infallibilità,
per infimo che sia il motivo su cui poggiano, mi si presen-
tano come quelle che hanno un titolo per essere accettate ed
obbedite ». d) Alla Schola Theologorum : « Di più, opino che, a
grado a grado, e nel corso dei secoli, le ricerche cattoliche hanno
preso certe strutture definite, e formatosi il carattere di una
scienza, con metodo e fraseologia tutta sua, sotto il maneggia-
mento intellettuale di grandi menti, come S. Atanasio, S. Agostino
e S. Tommaso ; né io ho alcuna tentazione di fare a pezzi il gran
legato di pensiero così fondatoci per questi ultimi tempi ».
Nell'Appendice alV Apologia, poi, il Newman cosi scrive, trat-
tando una questione di teologia : « Io non posso fare niente di
meglio, anche per mio sollievo, che sottomettere me stes^jo e quel
che dirò al giudizio della Chiesa, e al consenso, per quanto si dà
consenso in questa materia, della Schola Theologorum » *. Pari-
mente in una sua ultima nota, aggiunta al suo Essay in Aid of
a Grammar ofAssent, egli ripete: « Dal principio alla fine ho par-
lato sotto correzione, e come colui che sottomette assolutamente
[si noti di bel nuovo la parola assolutamente] tutto ciò che ha detto
al giudizio della Chiesa e del suo Capo » *. E finalmente, nel
paragrafo di chiusa della lettera al Duca di Norfolk sulla con-
troversia col Gladstone, soggiunge : « Dico che vi è un sol ora-
colo di Dio, la santa Chiesa cattolica e il Papa quale suo Capo.
Ho sempre desiderato che tutti i pjiei pensieri, tutte le mie pa-
role fossero conformi ai suoi insegnamenti; al suo giudizio sot-
tometto ciò che ho scritto adesso, ciò che ho scritto altre volte, non
solo quanto alla verità, ma quanto alla prudenza, alla conve-
nevolezza e opportunità di esso. Credo di non aver cercato alcun
mio fine nelle cose che ho pubblicate, ma so bene che in materie
non di fede, posso aver parlato quando avrei dovuto tacere » ^.
* P. 88, First edition.
■ P. 503, ed. 1885.
^ I bave beea speaking ali along under correction, and as one sub-
mitting absoluteiy ali I have said to the judgment of the Ghurch and ita
452 IL CARDINALE NEWMAN
11 Newman adunque riteneva che anche quando le proposi-
zioni attenenti alla fede erano vere, spettava alla Santa Sede di
giudicare intomo all'opportunità dell' insegnarle. Egli vi insiste
in un modo ancor più energico nella sua Idea of a University,
affermando che dobbiamo implicitamente far capitale del giudìzio
del Capo della Chiesa rispetto a ciò che è praticabile ed espe-
diente : « lo ho un solo punto di appoggio, scriveva egli, proprio
uno solo, una giustificazione che mi serve in luogo di qualsivoglia
argomento diretto, che mi rende insensibile alla critica, mi fa
animo contro la paura, e alla quale farò sempre ricorso, quando
sento portata in discussione la questione di ciò che è praticabile
ed espediente. In somma, Pietro ha parlato. Pietro non è un so-
litario, né uno studioso astratto, né un sognatore del passato,
né un innamorato eccessivo di cose che furono, né un formatore
di fantastici disegni. Pietro vive nel mondo da diciotto secoli;
ha veduto ogni sorta di fortuna, ha sostenuto l'urlo di tutti gli
avversari, si é reso atto ad ogni evento. Se c'è stato mai potere
in terra che abbia avuto un occhio per i tempi, che siasi lìmi-
tato a ciò che è praticabile, e sia stato felice nelle sue an-
ticipazioni, le cui parole sieno state opere, e i cui comandi pro-
fezie, egli è appunto nella storia dei secoli quegli che siede di
generazione in generazione sulla Cattedra degli Apostoli, quale
Head. ... I say there is only one oracle of God, the Holy Gatholic Church
and the Pope as ber Head. To her teaching I bave always desired ali my
thoughts, ali my words to be conformed ; to ber judgment I submit what
I bave now written; wbat I bave ever wrìtten, not ouly as regards its
truth, but as to its prudence, its suitableness, and its expedience. I think
I bave not pursued any end of my own in anytbing tbat I bave publisbed,
but I know well tbat in matters not of faitb, I may bave spoken wben I
ought to bave been silent.
^ After ali, Peter bas spoken. Peter is no recluse, no abstracted student,
no dreamer about te past, no doter upon the dead and gone, no projector
of the visionary. Peter for eigbteen hundred years bas lived in the world :
be bas seen ali fortunes, be bas encountered ali adversaries, he bas sbaped
himself for ali emergencies. If there ever was a power on earth wbo bad an
eye for the times, wbo bas confi ned to the praticable, and bas been happy in
bisanlicipations, whose words bave been deeds, and wbose comroands prò-
pbecies, sucb is be in the bistory of the ages wbo slts on from generation
to generation in the Ghair of the Apostles as the Vicar of Gbist and Doctor
of His Gburch. P. 25, ed. 1852.
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 453
Nessun maestro cattolico è fctato mai ascoltato con tanto
rispetto dai protestanti d'Inghilterra, quanto fu il Newman.
La sua sincerità, la sua schiettezza lo facevano entrare nelle
loro menti, e intendere le loro difficoltà, e fare le concessioni
che poteva per guadagnarli alla verità. Egli stesso ce ne as-
sicura nella sua prefazione allo Sviluppo della dottrina cri-
atiana: <« La confidenza forse nella giustizia e nel valore di
questo punto di vista condusse l'autore ad abbondare molto
liberalmente nelle sue concessioni ai protestanti per riguardo al
fatto storico dello sviluppo. Se in qualche cosa è così, egli prega
il lettore d'intenderlo come se parlasse ipoteticamente, e nel
senso di un argomento ad hominem o a fortiori. Né un tal modo
di argomentare ipoteticamente è fuori di luogo in una pubbli-
cazione che si rivolge, non a teologi, ma a quelli che non sono
ancora cattolici, e che, leggendo la storia, disprezzerebbero ogni
difesa del cattolicismo che non sapesse giungere nelle conces-
sioni, ai limiti di quelle del presente lavoro » *.
Una di queste difficoltà dei protestanti è da lui esposta
nella sua Apologia % immediatamente dopo la sua professione
di sottomissione all'autorità della Chiesa. « Considerato tutto
questo, scriv'egli, come una professione fatta ex animo, siccome da
parte mia, cosi anche da parte della società cattolica, per quanto
mi è dato conoscerla, si dirà a prima giunta che l'intelletto irre-
quieto della nostra umanità ordinaria rimane affatto oppresso
sotto il peso della repressione di qualsiasi sfogo ed azione indi-
pendente, di guisa che se questo è il modo di metterlo in or-
dine, lo si mette in ordine solo perchè sia distrutto ». La risposta
di lui si è che l'intelletto, lungi dall'esser oppresso dall'auto-
rità della Chiesa, profitta dal fatto che è da essa guidato e
tenuto in freno. « Ma questo è lungi dal risultato, lungi da ciò
eh' io immagino sia l'intenzione dell'alta Provvidenza che, contro
un gran male ha fornito un gran rimedio, — lungi dall'esser
confermato dalla storia del dissidio tra T Infallibilità e la Ra-
gione per il passato e dalla prospettiva di esso dissidio in avve-
nire. La forza dell* intelletto umano cresce nell'opposizione ; di-
vien grande e festante, di una forza robusta ed elastica, sotto
1 terribili colpi dell'arma foggiata alla maniera divina, e non è
* Developrnent of Christian Doctrine, p. Vili, ed. 1906.
« P. 390.
454 IL CARDINALE NEWMAN
mai tanto esso stesso, se non quando è stato disfatto di recente...
S. Paolo dice in un luogo che la sua potestà apostolica gli è
data in edificazione, e non in distruzione. Non ci può essere
ragione migliore dell'infallibilità della Chiesa. È un provvedi-
mento per un bisogno e non va al di là del bisogno. 11 suo
obbiettivo come pure il suo effetto non è d' indebolire la libertà
e vigoria del pensiero umano nella speculazione religiosa, ma
di opporsi alle stravaganze di esso e dominarle ».
11 Newman ammette infatti (e chi non l'ammetterebbe con
lui?) che nei casi dove non entra la questione della fede, dove
la Chiesa non proclama dottrine, ma sancisce provvedimenti di-
sciplinari rispetto a materie indifferenti, che però hanno atti-
nenza con la religione, ammette, dico, che il dovere della sotto-
missione possa essere una prova per la ragione. Egli però insi-
stendo nuovamente sulla pienezza dell'estensione dell'autorità
della Chiesa, opportunamente osserva: « Ora io mi farò con
equità a dire quel che credo sia la gran prova per la ra-
gione, quando è messa di fronte all'augusta prerogativa della
Chiesa cattolica, prerogativa di cui io ho fin qui parlato. Io mi
sono or ora diffuso sulla forma concreta e sulle circostanze, nelle
quali si presenta al cattolico la pura autorità infallibile. Quell'au-
torità ha la prerogativa di una giurisdizione indiretta in cose che
sono fuori dei suoi propri limiti, e molto ragionevolmente ha
siffatta giurisdizione. Non potrebbe operare nella propria cerchia,
se non avesse un diritto di operare fuori di essa. Non potrebbe
convenevolmente difendere le verità religiose, senza rivendicare
per esse ciò che potrebbe chiamarsi il loro pomerio, oppure,
volendo servirmi di un'altra illustrazione, senza operare al modo
che adoperiamo, come nazione, nel rivendicare per nostro non solo
il suolo sul quale dimoriamo, ma anche le acque che diconsi bri-
tanniche. La Chiesa cattolica vanta il diritto, non solo di giudi-
care infallibilmente delle questioni religiose, ma di esaminare in
cose laiche le questioni che si riferiscono alla religione, in materie
di filosofia, di scienza, di letteratura, di storia, e vuole la no-
stra sottomissione ai suoi poteri. Rivendica il diritto di censurare
libri, di far tacere autori e di vietare discussioni. In tutto que-
sto la Chiesa non definisce dottrine, ma proclama leggi discipli-
nari. Deve naturalmente essere obbedita senza repliche, e forse
in progresso di tempo desisterà dalle sue ingiunzioni. In tali casi»
PRESENTATO Al LETTORI ITALIANI 455
la questione della fede noa c'eutra; perocché quel ch'è materia di
fede è vero in ogni tempo, ne si può mai disdire » (Ap. 397 V
E pur concedendo che nei lunghi anni dell' esistenza della
Chiesa possano trovarsi casi, nei quali si è usato il potere
legittimo in modo duro e scorretto, egli nondimeno afferma che an-
che in quei casi il cattolico può sfidare il giudizio della storia per
ciò che riguarda la sostanza degli atti dell'autorità. Egli cosi scrive:
« Penso che la storia ci fornisca degli esempi nella Chiesa, nei
quali si è usato con durezza il potere legittimo. Con tale con-
cessione non si viene a dire più di questo, che cioè il tesoro
divino è, al dir dell'Apostolo, in vasi di creta; né segue che
la sostanza degli atti del potere supremo non sia giusta ed
espediente, per ciò solo che il modo loro può essere slato scor-
retto. Autorità così alte agiscono per mezzo d'istrumenti; noi
sappiamo come siffatti strumenti si arrogano il nome dei loro
capi, i quali per tal guisa si tirano il biasimo di falli che
in verità loro non spettano. Ma, concesso tutto questo fino al
punto peggiore di quel che si possa attribuire con qualche ap-
parenza di ragione all'autorità suprciua della Chiesa, che cosa
in questa mancanza di prudenza si trova di più di quanto si può
addurre, con maggiore giustizia, contro comunità e istituzioni
protestanti?... Ma dirò ancora di vantaggio, che cioè, non ostante
tutto quello che il più acerbo critico possa dire degli abusi o delle
severità commesse da alti dignitari ecclesiastici, nei tempi pas-
sati, io credo nondimeno che gli avvenimenti hanno dimostrato,
che essi in generale avevano ragione, e che quelli verso i quali sì
usò durezza, erano per lo più dalla parte del torlo » (Ap. 398).
Il Newman tratta quindi del caso di un uomo di ottime
intenzioni, il quale desidera fare delle riforme ed intende
annunziare una verità e non un errore, ma sceglie però predi-
carla un tempo mal a proposito, ed è represso vigorosamente
dall'autorità. Qui ancora il Newman é dalla parte dell'autorità
e contro l'uomo dalle ottime intenzioni, al quale fa difetto la di-
screzione : 4c Nel leggere, cosi egli, la storia della Chiesa, quando
ero anglicano, soleva destare nell'animo mio una profonda impres-
sione il fatto, che V errore iniziale di ciò che divenne poi eresia,
fu questo di allegare qualche verità contro il divieto dell'autorità
in un momento inopportuno. C'è tempo per ogni cosa, e più di uno
vuole la riforma di un abuso, o il più pieno sviluppo di una
dottrina, o che si adotti una politica speciale, ma dimentica di
456 IL CARDINALE NBWMAN PRE3SENTAT0 Al LETTORI ITALIANI
domandarsi se è venuto per ciò il tempo opportuno; e, sapendo
che non c'è alcuno che muova una paglia in quella direzione
durante la sua vita, salvo che non lo faccia da sé, non vuol
dar retta alla voce dell* autorità, e guasta un'opera buona
nel suo secolo - opera che altri, non ancora nato, potrebbe por-
tare facilmente a perfezione nel secolo appresso. Costui al mondo
può sembrare niente altro che un ardito campione della verità
e un martire del libero pensiero, mentre egli è proprio uno di
quelli acni T autorità competente dovrebbe imporre silenzio, e,
benché il caso non tocchi quelle cose nelle quali essa è infal-
libile, ovvero manchino le condizioni formali dell'esercizio di
quel dono, é evidentemente dovere dell'autorità di procedere nel
caso con vigore » (Ap. 400).
Né questo è tutto. Il Newman si fa ad esaminare la condizione
di molti cattolici colti del suo tempo, di persone sinceramente re-
ligiose, le quali erano perplesse, spaventate e anche spinte alla
disperazione per la confusione estrema che le scoperte e specu-
lazioni, allora recenti, avevano gettato nelle loro idee più elemen-
tari in fatto di religione, e del loro desiderio di veder sorgere
con nuove teorie un campione cattolico a respingere gli as-
salti mossi alle verità rivelate. Egli medesimo ne era stato ri-
chiesto, non solo dai cattolici, ma altresì dai protestanti. Ma si
ricusò, e la ragione sua fu, non soltanto che la nuova leoria
si sarebbe appena potuto formare prima che essa e le obbie-
zioni speciali contro cui era diretta fossero spazzate via dal
sorgere di più recenti obbiezioni, le quali avrebbero annullato
le prime; ma anche perchè la saggia direzione della suprema
autorità cattolica, che 'consigliava la pazienza, la fede e la for-
tezza, era avversa al tentativo. Il dovere di obbedienza in que-
sto caso egli lo riguardava come facile, ed esprimeva anche la sua
gratitudine e gioia nell' avere una direzione così chiara in un fatto
di tanta diflflicoltà. Quindi proclamava egli : « Io interpreto gli ulti-
mi atti di quell'autorità (la condanna del Gunther ecc.) come quelli
che legano le mani al contro versi sta, quale sarei io, e c'insegnano
quella saggezza vera, che Mosé inculcava al suo popolo, quando
gli egizii lo inseguivano: Non temete, siate fermi, il Signore
combatterà per vot, e voi riterrete la vostra pace, E così, lungi
dal trovare difficoltà nell' obbedire in questo caso, ho cagione
di esser riconoscente e godo di avere una direzione cosi chiara
in una materia irta di difficoltà > (Ap. 405). {Continua)
RIVISTA DELLA STAMPA
I.
Una biografia illustrata di Luigi Windthorst.
Chi non conosce il Windthorst, la perla di Meppen, la pic-
cola eccellenza, il capo del Centro, l'atleta del KuUurkampf^
Tantagonista e il vincitore del Bìsmarck sul campo delle lotte
parlamentari? In Italia egli è certamente ancor vivo e notis-
simo tra i cattolici militanti, e chiunque voglia meglio cono-
scerlo trova abbondanti ragguagli, pubblicali nei periodici, ne-
gli opuscoli e nei libri d'indole politica e sociale. Finora però
mancava un lavoro biografico completo del grande uomo, ed
è questo appunto che ci viene offerto dal eh. Autore nel pre-
sente volume.
L'impresa non era facile, perchè, sebbene l'azione politica
e parlamentare del Windthorst sia strettamente connessa colla
storia contemporanea della Prussia e dell'impero germanico, e
perciò si trovi abbondantemente registrata nei tanti documenti
che vi appartengono, soprattutto negli atti ufficiali della Camera
prussiana e della Dieta germanica; tuttavia, a tessere la bio-
grafia di un uomo sì eminente, conveniva esporre fedelmente
molti particolari della sua vita privata, e ritrarre altresì con
qualche ampiezza certi fatti e momenti intimi e segreti, che
determinarono la sua attività pubblica e giovano quindi a spie-
garla ed apprezzarla rettamente.
Ora il Windthorst fu sempre si segnalato per la sua mo-
destia, da nascondere scrupolosamente tutto ciò che potesse
tornare a sua lode; la prudenza era immedesimata col suo ca-
rattere per guisa, che il silenzio coprì sempre in lui tutto che
potesse in qualsivoglia modo riuscire meno confacente agl'inte-
ressi della causa da lui rappresentata, ne mai gli usci dalle
labbra una parola inconsiderata; Tuna e l'altra poi arrivarono
a tal segno, che un uomo il quale, durante la sua carriera po-
litica, mantenne, al pari e più di qualunque altro, relazioni
molteplici e continue con ogni specie di persone del suo campo
458 UNA BIOGRAFr.V ILLUSTRATA
e dei parliti contrarii, ed ebbe parte precipua negli affari più
gravi del paese, scomparve dalla vita pubblica, senza lasciare
alcuna memoria scritta, e portò seco nella tomba tanti secreti
della sua attività e tanti tesori della sua esperienza.
Tuttavia, le notizie che il chiaro Autore raccolse diligente-
mente dai parenti ed amici intimi del Windthorst intorno alla
sua vita privata, e quelle che gli furono largamente sommini-
strate dagli uomini politici più autorevoli intorno alla sua vita
pubblica, lo misero in grado di offrirci un lavoro biografico
eccellente, in cui il grande duce del Centro viene ritratto al
vivo, dalla culla alla tomba, non solo nel suoi lineamenti mae-
stri, ma anche nelle sue fattezze più particolari, che servono ad
illustrarne il carattere. Nella distribuzione poi della materia,
nella esposizione delle singole parti, neirarte dello scrivere con
vivacità, energia ed eleganza, il chiaro Autore si dimostra sì
perito, che il soggetto, già per sé sommamente piacevole, ne
acquista maggiore attrattiva e il libro si legge con diletto pari
all'utilità straordinaria del medesimo.
«
« «
Di che siamo sì intimamente persuasi, da non peritarci di
confessare che nessun libro, come questo, ci ha lasciato in cuore
un desiderio si vivo ch'esso venga letto e meditato dai cattolici
di tutto il mondo e specialmente, in una buona traduzione,
dai cattolici d'Italia; tanti e sì proficui, eflScaci, acconci alle
esigenze dei tempi moderni, sono gli ammaestramenti pratici,
personificati, vivi e parlanti nel soggetto, che sgorgano, spe-
cialmente pei laici militanti, dalla lettura di questa vita di
colui, che fu detto giustamente Viiomo piU popolare dei 8uoi
tempi, il re non coronato del suo popolo, puro conte una la-
grima e forte come una pietra vulcanica.
Quivi il racconto schietto e fedele della sua vita privala e
pubblica illustra mirabilmente la specchiata probità, modestia,
lealtà e rettitudine del suo carattere; onde seppe mantenersi
sempre superiore a tutte le lusinghe del potere, degli onori e
delle ricchezze, per poter meglio promuovere e ottenere la li-
bertà del cattolicismo contro tutte le vessazioni ed ingiustizie
del luteranismo dominante. Quivi risplende, alla luce dei fatti,
il suo genio politico; onde prima come deputato e due volte
♦ Da. Ed. Husgen. — Ludwig Windthorst. Mit 154 Ulust. u. f Beila-
gen. Cciln, Bachein, 1907, 8o, XVr-478 p.
t>I LUIGI WINDTHORST 459
ministro d' Annover, poi come deputato di Prussia e del nuovo
impero germanico, si mantenne sempre in posizione dominante di
fronte a tutti i suoi avversarii; e, come prima che l'Anno ver ve-
nisse annesso alla Prussia, aveva additata a quello sventurato
monarca la via della salvezza, così, dopo l'annessione, primeggiò
nei parlamenti di Berlino in determinare un indirizzo di go-
verno veramente costituzionale del regno di Prussia e del nuovo
impero germanico. Quivi si manifesta, in modo del tutto sin-
golare, la sua rara abilità e destrezza in giovarsi felicemente
in tutti gli espedienti della tattica parlamentare e di tutti i
mezzi di azione pubblica, per conquistare ed assicurare ai cat-
tolici tedeschi la ricognizione e il godimento dei diritti civili
a tutto vantaggio della religione e della Chiesa. Quivi appare
in piena luce la sua fede e la sua pietà cristiana, l'affetto e
l'ossequio filiale che lo animavano verso la S. Sede; di cui
nei momenti più difficili diede pubblicamente le prove più se-
gnalate. Quivi insomma vediamo personificato nel Windthorst
l'ideale del cattolico militante che, nel campo pratico della
politica parlamentare, con un programma determinato di egua-
glianza costituzionale e di riforma sociale, duce oculato, pa-
ziente ed invitto, conduce il suo esercito, attraverso prove lun-
ghe, aspre e terribili, alla finale vittoria, lasciando ai cattolici
tedeschi un'eredità di esempii e di metodi, eh' è diventata la
tradizione del Centro ed è il secreto della sua unità e della
sua forza.
Per queste eminenti qualità del suo carattere e pel valore
impareggiabile della sua attività parlamentare, il Windthorst
sali si alto nella considerazione universale, che alla sua morte
tutta la Germania, amici e nemici, furono unanimi in rendere
omaggio alla memoria di un uomo, che aveva sempre fuggito
il fascino del plauso e della gloria umana. L'imperatore e l'im-
peratrice, i presidenti delle camere prussiana e germanica, il
cancelliere Caprivi, i ministri e i più alti dignitarii dello Stato
si unirono alla stampa di tutti i partiti in onorarlo con segni
particolari di lutto. E il suo grande antagonista, il Bismarck,
riconobbe amaramente che il Windthorst, dopo la sua morte,
era stato celebrato come un santo nazionale.
Nel penultimo capitolo, dove sono riprodotte tutte le cari-
cature, raccolte dai varii giornali umoristici del tempo, osserva
giustamente il eh. Autore che la persona del Windthorst vi è
trattata, in tutte le figure umoristiche che la rappresentano, con
V/) rSA HlfJ^ilìXyiK :LLr>TR\TA DI LCmi WnfDTHORST
una dirC'rezione ed un {farho. e!ie manifestano quanto egli fo*?.«e
hiìffsaUf anche dai suoi avrer^rii e come Tenisse trattato con
rìh^ffriio anche nell'alto in cui lo si esponeva al ridicolo del
pubblico.
L'edizione del libro, veramente di ]us>o. ricchissima di l>elle
e nitide illustrazioni, è uà modello di arie libraria e toma a
grande onore della casa Bachem dì Colonia. Notiamo che a
pag, ibi fu riprodotta per errore la fotografia del card. Dome-
nico lacobini, invece di quella del card. Lodovico lacobini, già
Nunzio a Vienna e poi segretario di Stato di Leeone XIII.
Per la singolare importanza di quest'opera, la cui lettura
non può che tornare sommamente vantaggiosa a tutti, princi-
palmente ai cattolici militanti, noi le auguriamo che abbia pre-
sto la sua traduzione italiana e siamo cerii che Teditore, il
quale ne imprenderà la pubblicazione, non avrà da rimpian-
gere né il lavoro né la spesa.
II.
La DOMMATIGA SPECIALE NELL'ApOLOOETIGA.
L*apoIogetica, nel senso più comune, e proprio della parola,
è la difesa delle verità previe e fondamentali della religione,
che spettano parte alla filosofia naturale, parte alla teologia fon-
damentale; e più propriamente quella chiamata da' teologi « di-
mostrazione cristiana » e « dimostrazione cattilioa », in quanto di-
mostra la sola religione ciistiana essere la religione vera, e la
sola religione veramente cristiana essere la religione cattolica.
Assodato questo punto^ restano assicurate, per via indiretta ma
franca e spedita, le altre verità e i dommi tutti della Chiesa cat-
tolica ; onde l'uomo ragionevole sente il debito di sottomettere
l'intelletto all'assenso, quantunque per l'altezza e la difficoltà
dei misteri gli resti la fisica possibilità del dissenso. Non è
dunque necessario, e neppure sempre convenevole, all'apologista
permettere che si sposti la questione e la disputa scenda ai sin-
goli dommi o misteri, prima di aver provato il fatto della ere-
LA DOMMATICA SPECIALK NELL'APOLOGETICA 461
dibilità di una rivelazione o locuzione divina, e però infallibile,
che ce li ha insegnati, e dell'organo dottrinale, o magistero au-
tentico, della Chiesa che ce li ha tramandati e custoditi.
Ma se ciò è vero — né deve mai dimenticarsi — non si può
tuttavia negare quanto afferma il eh. Labauche *, che ai tempi
nostri la discussione si viene spesso allargando, con lo svol-
gersi e volgarizzarsi degli studii esegetici, patristici e filosofici,
di erudizione segnatamente, e si viene allargando ai dommi tutti
della nostra dommatica speciale. Questi si sono veduti, senza ri-
serbo, assaliti dalla critica incredula degli uni, e attenunti o
travisati dalle timide concessioni o dalle ipotesi audaci degli
altri ; sicché tutta la teologia cattolica parve sconvolta nel moto
medesimo di libero pensiero e d'irreligione, che da lungo tempo
era proprio del protestantesimo largo e liberale del settentrione
e che dalle stesse autorità oflBciali delle chiese protestanti è
recisamente combattuto.
Questo moto d' irreligione e di apostasia — massime dopo il
decreto Lamentabili e Tenciclica Pascendi — non può che su-
scitare fra i cattolici sinceri, laici ed ecclesiastici, un moto con-
trario, un contrario sforzo di apostolato, e con esso un « eser-
cito » di apologisti.
Ora a questo « esercito » valoroso di ecclesiastici e di laici,
che risolutamente ma prudentemente vuol metterei, come dicono,
sul terreno dell'avversario, sono dedicate le lezioni di teologia,
di cui annunziamo ora il primo volume, del citato Labauche,
professore alla scuola di teologia cattolica a Parigi. E poiché
questo esercito degli apologisti ai nostri giorni, grazie al cielo,
viene ingrossando, l'opera nuova, oltre che a professori e a stu-
denti, s'indirizza ad una classe numerosa di lettori.
Essa pertanto ci viene innanzi scritta in francese, e svin-
colata dalla disciplina severa imposta ai trattati scolastici fa-
vorevole alla chiarezza dell'insegnamento non meno che alla
esattezza e solidità della dottrina. E tuttavia, come già il nome
dell' illustre professore dava cagione a sperare, queste « lezioni »
riescono generalmente degne del loro scopo: e questo si potrebbe
bene contraddistinguere, a modo di esergo, col motto celebre del
^ L. Labauche, professeur à l'ecole do Théologie cathollqiie de Paris.
Leqons de Théoìogìc dofjmaiique, Dogmatiquo speciale. L'Homme considéré
dans réUt de justice originelle; dans l'étal de péché origine!, dans Pétat
de gràce, etc. Paris, Bloud, 1908, 80, 421 p., franco 5,50.
462 LA DOMMATICA SPECIALE
Lerinese: non nova, sed nove ; dottrina tradizionale esposta in
modo originale e particolarmente attrattivo.
Ma anzitutto propria di questo corso di teologia può dirsi
la cura, veramente nuova in manuali di tal genere, di dare
la storia di ciascun domma, cercandone metodicamente l'ori-
gine nella Scrittura, seguendone poi lo svolgimento nella tra-
dizione dei Padri, fino a giungere ai tentativi fatti di ordinarli
in sistema nelle scuole. Con tal metodo Fautore si propone
di «condurre le menti a formarsi un'idea netta dell'inse-
gnamento della Chiesa » (p. IX) : sicché egli procede per sé
in modo ben diverso dalla temerità dei modernisti, i quali
presumono studiare la storia dei dommi « facendo astrazione
dalla loro fede ». Il nostro autore invece, prima di avventurarsi
nel rapido viaggio attraverso i secoli, comincia con l'esposi-
zione del domma « neir ultima sua determinazione ricevuta nei
concilii» ; indi prosegue, nella ricerca della verità storica, * con
tutta l'anima sua di credente » ed osserva saggiamente che la
fede, valendoci di guida, ne deve aiutare altresì nell' interpre-
tare rettamente i fatti (p. XI),
Un altro pregio di queste lezioni sta nello studiare la Scrit-
tura e i documenti della tradizione in modo più sintetico di quel
che facciano molti manuali. 11 Labauche non si contenta d'una
breve citazione staccata dalle circostanze o dal contesto che ne
determinano il vero senso; e così pure diffida, non senza ra-
gione, delle argomentazioni fatte « con tale o tal altro piccolo
testo, che non può fornire, al più, se non una insinuazione »
della verità da dimostrarsi (p. 41). E come siffatto metodo, così
torneranno assai utili parecchi suggerimenti pratici per la pre-
dicazione e l'apologetica; assai opportuna la bibliografia che
si trova alla fine di ciascun capitolo del libro.
Ma ciò che più importa, tornando al fondo della dottrina,
essa ci pare, come abbiamo accennato già, stabilita sopra basi ge-
neralmente sode. Osserva il Labauche che « il domma non sarà
mai infeudato a nessun sistema »; ma bene egli ritiene « come
definitiva nei suoi punti essenziali, la sintesi teologica dei grandi
Dottori del medio evo *.
D'altra parte, non ostante la precisione data da quei grandi
maestri della scolastica alla spiegazione della dottrina rivelata.
non ostante anche « le ultime determinazioni dei concilii », molte
sono, come ciascuno sa, e molte saranno sempre le quistioni
ancora pendenti, lasciate alla libera controversia dei teologi.
nell'apologetica 463
La slessa quistione — fondamentale per chi vuol seguire il
metodo del Labauche — della natura generale dello svolgimento
dommalico, contiene parecchi punti oscuri, e nel trattare riesce
difficile, per non dire impossibile, di stabilire sempre matema-
ticamente un limite fra V imprudenza, sempre grave in tali ma-
terie, ed il legittimo o scusabile ardimento, favorevole al pro-
gresso scientifico.
Un fatto troppo evidente da negarlo, e troppo importante da
passarlo in silenzio è pur questo, che prima di pervenire ad una
conciliazione e all'uniformità delle formole dommatiche, i primi
Dottori della Chiesa differivano spesse volte fra di loro nel-
l'esporre le verità rivelate. La diversità d'ingegno o di circo-
stanze, la mancanza di una espressione imposta dall'autorità
dottrinale, anche la necessità di difendere il domma contro er-
rori che pullulavano da ogni parte, danno talora al linguaggio
dei varii Padri, specialmente dei latini e dei greci, apparenze
di contrai ietà. Ma prima di conchiudere ad una opposizione veW
nominis, la quale esiste pure in qualche caso, si deve andare
molto a rilento. Conchiudere sconsideratamente, ammettere con-
trasti fondamentali e frequenti trascinerebbe a poco a poco la mente
dello studioso a considerare il domma piuttosto come una dot-
trina che si forma col processo del tempo e con la risoluzione
delle antinomie, anziché quale una verità, rivelata dal principio,
e dal principio implicitamente ammessa, ma di cui sia divenuta
esplicita l'espressione.
Ora il Labauche, benché nella sua prefazione abbia osser-
vato che lo svolgimento dottrinale si fa sempre in eodem
dogmate, eodem sensii eademque sententia, sarà slimato da
qualche critico troppo propenso ad opporre fra di loro le più
grandi autorità dell'antichità cristiana, come fa, per esempio,
con S. Agostino ed il concilio di Grange nella quistione della
predestinazione (p. 210).
E cosi anche, pare a noi, lo studio di rimanere imparziale,
nel riferire storicamente le varie sentenze, impedisce V au-
tore di ricorrere a certe distinzioni, le quali sarebbero cosi utili
a chiarire i concetti e aprir la via alle giuste conciliazioni : nel
che il metodo scolastico sarà sempre impareggiabile, appunto
perché fondato sulla natura stessa dell'intelletto umano. Per
il difetto di tali distinzioni, l'esposizione delle diverse opinioni e
della stessa dottrina cattolica corre rischio di rimaner confusa o di
uscirne anche inesatta. Così, a parer nostro, è avvenuto, per es.,
464 LA DOMMATICA SPECIALE NELL'APOLOGETICA
trattandosi del peccato originale (p. 121 ss.) e della nota contro-
versia intorno alla concordanza della grazia attuale col libero
arbitrio (p. 218).
Anche nelle pagine consecrate dal Labauche alla difficile qui-
stione dell' inabitazione dello Spirito Santo nelle anime giusti-
ficate, troviamo alquanto di confusione; forse perchè vi sono
trattati unitamente due aspetti ben diversi della quistione, cioè
1.° l'ordine di precedenza fra il dono increato ed il dono creato;
2.^ Tefficienza del dono creato attribuita (ma in qual modo?) allo
Spirito Santo.
La propensione manifestata dall'autore per l'opinione che ri-
guarda il dono creato come posteriore alla presenza speciale
della divinità (p. 298), non ci sembra ben concordare con quello
che egli osserva della relazione della grazia col lumen gloriae.
Evidentemente il lumen gloriai ha un ordine di precedenza sopra
la visione beatifica, e non ne è una conseguenza. Dunque la
grazia, semen gloriae, non è un effetto posteriore al dono in-
creato.
Ma queste critiche ed altre che si potessero fare all'opera
nuova, voluminosa e complessa per tante questioni trattatevi
di teologia dommatica, non c'impediscono di riconoscere in essa
il frutto, spesso maturo, di un utile e generoso sforzo, aiutato da
una grande erudizione, da una scienza seria, da un ingegno più che
comune. Aspettiamo quindi con desiderio gli altri volumi di
questa dommatica speciale, che ritoccata in alcuni punti, potrà
riuscire assai utile, com'è nell'intento dell'autore, all'apologe-
tica cristiana.
PER L'OBOLO DI S. PIETRO
Avvertenza.
Il prossimo quaderno del 7 marzo riporterà la quarta lista
della seconda serie delle offerte per l'Obolo di S. Pietro nel-
l'anno del Giubileo sacerdotale di S. S. Pio X. Ci facciamo pre-
mura di rammentarlo alla generosità de' nostri lettori e amici,
perchè le loro oblazioni possano essere registrate in tempo e
pubblicate pel giorno 29 del corrente mese di febbraio.
:Bi:Brvioo:R A tM A.
LA QUERCIA, — Sociologia, arte, letteratura. — Rivista mensile.
Anno I. Veronay (25 gennaio 1908), N. I.
Non si può negare che le rivi-
ste nuove — non diciamo modernisti-
che — hanno almeno una bella novità
di tìtolo. A intervallo di soli quindici
giorni, dopo Wnva et velerà, ne sorge
unViltra novissima a cui non si po-
trà più predire la vita dei fungo, per-
chè le dà il nome La Quercia e leda
vita un A. Tommasoni e un rag. F. Ve-
sent ni. La « copertina del pittore
Carlo Veroi » ci adombra la nera
quercia annosa che ste.ide intorno la
pompa dei suoi rami e dell'ombra
cupa : ma i giovani che hanno orec-
chi, come quelli del « Santo » , odono
certo il crepolio della corteccia vec-
chia che si fende, che si dissecca, e
insieme ascoltano «il moto della cor-
teccia nuova che si forma» e del «suc-
co novello che monta su per il vec-
chio tronco religioso » .
Veramente la rivista promette
nulla più che « sociologia, arte, lette-
ratura » : solo r « amico Egegi » augura
che abbia a segnare « sul quadrante
della no:$tra vita artistica e letteraria
il risveglio delle nostre giovani ener-
gie, raffermarsi possente della nostra
individualità in questa ora grigia di
sconforto e di gelo fatale » (p. 13).
Ma essa dà più assai di quel che
promette: dà il sommario di alcune
fra le migliori riviste e queste sono :
Critica sociale di socialisti. Rivista
di cultura di murriani, La riforma
sociale di riformisti, Rivista filoso-
fica di positivisti, la Nuova Antolo-
gia, la Rivista italiana di filosofia,
1908, voi. 1, fiisc. 1384.
la Rassegna nazionale,, nessuna in
tutto e schiettamente cattolica: dà no-
tizie edificanti sopra una « società let-
teraria », a cui « si sta per dare un
indirizzo apolitico»: ma soprattutto
— quello che a noi più importa — ci
dà sentenze religiose, tutte mistiche
e commoventi.
Tali sono queste, in bocca a
giovani laici : « Colui che demolisce
la Chiesa non è soltanto l*avversario
ma bensì anche quel prete che s*as-
side in essa cercandovi soltanto un
lauto convito». Sentenza che suona
pur bene in bocca a un giovine « ra-
gioniere », e opportunissima a questi
lumi di luna! — Più profondamente fi-
losofica questa : « L*altro uomo dice :
Io giudico tutto, dal verme a Dio:
noi invece giudichiamo tutto, ma
soltanto sino a Dio ». Che degnazione
buddistica I — Meglio psicologica e pia
è queiraltra: «Gli uomini vogliono
oggi la chiesa un luogo ove si con-
sacrano a Dio soltanto luci di ceri e
di ori, ove la materia sopprime lo
spirito, ove la preghiera turbata si
arresta sul labbro in cerca di Dio.
Meno luci, perciò, di ori e di ceri e
una fede più sentita nelFanime var-
rebbero per la Chiesa il ritorno alle
sue scaturigini, e con questo alla
sua migliore esistenza » . Con simili
esagerazioni dei giovani veronesi par-
lano anche i freddi protestanti londi-
nesi, il cui gelido culto esteriore è
indice e fomento della calda fede in-
teriore. Anch*e3si hanno paura delle
30 7 febbraio 1908.
466
BIBLIOGRAFIA
loci, dì ori e dì ceri ! tutto per amore
alla religione interna.
Non tanta paura dei lumi accesi,
ma piuttosto dei lumi spentì mostra
un glorine professore Arena, che ad
un suo articolo sul modernismo re-
ligioso e suirenciclica di Pio X dà il
titolo interrogativo: A lumi spen-
ti? Egli ricorda che « sì paragonò
Inatto papale ad una raffica di vento
che ha spento i lumi che... cercavano
dì volgere le anime alla Verità (?)
ecc. ecc. ; ma egli non entra nel1*e-
same dell'enciclica «la quale come do-
cumento ammonitore dì possibili (solo
possibiìi?) teorie, va tenuta nel de-
bito conto » : deplora solo « il buio
che accenna a nebbiare le anime dei
timidi, o a spingere altri a fuorviare
fatti scettici dalla condanna » : è pie-
namente convinto che vi sieno stati
e vi sieno tuttavia dei modernisti
nel senso condannato dalP ultima en-
ciclica papale, ma essi si contano per
lo più al di foorì della Chiesa catto-
lica, tra ì protestanti ecc. ecc. Il buon
Avena — si vede — vive a lumi
penti, o in un altro mondo, come
cjuando ci dice che « i ricercatori se-
veri delle orìgini crìstiane sono o^^
diventati dei modernisti», che «lo
spirito di rì volta forse potrebbe essere
un giorno il desiderato elemento vi-
tale», che « d*ora innanzi chi si de-
dicherà a tali studi (storiai) passerà
per modernista; ma passerà questa ora
nera di confusione» ecc. ecc. — Bene
però conchiude che « chi raccoglierà,
dovrà secernere il grano dal loglio »
e anche dall'avena, soggiungerà qual-
cuno. Ma noi auguriamo che egli ed
altri si ravvedano, che non parlino
più se non di ciò che hanno studiato
bene; e cosi La Quercia non avrà
la vita del fungo e darà migliori
frutti che di ghiande.
H. PYCIA. — Momenlum iuris civilis romani in formando iure ec-
clesiastico publico. Kielciis, Kleszczyoschi, 1907, 148 p.
La mutua relazione esistente fra il senso di diritto stabilito da Cri-
sto nella organizzazione della Chie-
sa come società perfetta coi diritti e
doveri che ne derivano ex natura
rei — e questo appunto pare sia il
senso adoperato dalFA. nella pag. 17
e 18 — allora la tesi non ha né può
aver più senso; si dovrebbe cioè fare
la questione se Cristo nel dare alla
Chieaa la propria costituzione inten-
desse imitare il diritto romano. Ma
se il ius constituens s'intende in un
senso pili largo, cioè dell' interno svi-
luppo della legislazione ecclesiastica
sulla base della costituzione datale da
Cristo, allora si dà del diritto pub-
blico una nozione assai consona ed
entra in esso una piccola parte del
diritto stabilito della Chiesa, il ius
conslitufum, che secondo V A. sa-
rebbe diritto privato di e^sa. Questa
il diritto canonico ed il romano è
ben nota a tutti i cultori dell'uno o
deiraltro ed è stata illustrata in
molte opere di valenti giuristi e ca-
nonisti. L'autore però nella presente
monografia ha preso a dilucidare il
punto particolare, se e come il di-
ritto romano abbia esercita to influenza
nella formazione del diritto pubblico
ecclesiastico. Anzitutto bisogna fis-
sare bene la nozione di diritto pub-
blico, il che fa VA. nel primo capo
preliminare. La distinzione fra diritto
pubblico e privato da lui accennata
iu8 constiluens, ius cnnstifutum,
ha bisogno di molte dichiarazio-
ni, perchè possa servire allo scopo
propostosi e cosi su due piedi possa
ammettersi come abbastanza fondata.
Infatti, se al ius conslituens si dà
DIRITTO
467
«tessa confusione si scorge nello svol-
gimento dell'argomento, giacché non
pochi degli esempii sono evidente-
mente presi dal diritto privato.
Il metodo usato dall'autore nella
•dimostrazione della tesi, è quello di
far vedere in diverse materie i punti
di accordo e di simiglianza che si tro-
vano tra la legislazione romana e la
<^nonlca: ma perchè la conclusione
che se ne cava intorno all'influenza
della prima sulla seconda sia ben
fondata, non basta qualche simi-
glianza. Nell'interno lavorio di svi-
luppo nell'esercizio dei diritti ricevuti
da Cristo, la Chiesa non ostante la
sua vitalità sovrana turale, doveva
tener conto delle condizioni esteme
contro le quali andava spiegando la
sua attività. Ora l'istoria c'insegna
che non imitò servilmente il diritto
romano. Esso in molti punti fu dalla
Chiesa corretto, ed in altri trovò nelle
canoniche sanzioni un'opportuna con-
secra'^ione. Le premesse considera-
zioni serviranno a dare un giusto giu-
dizio intorno al valore degli argomenti
addotti dall'egregio autore.
Gr. DEU 0. F. M. — Jus naturae, seu ethica specialis ad menlem
yen. J. Scoti, doct. Subtilis. Cuoi triplici appendice: de quae-
stione sociali, feminismo, et arbitrata internatìonali. Hierosolymis,
typìs PP. FF., 1906, 8^ 292 p. Fr. 3.
Un buon programma di studio,
un chiaro e compito libro di testo
ad uso di scuola è l'opera dell'egregio
p. Deu, intitolata lus nainrae seu
ethica specialis. Sopra la denomina-
zione non vogliamo insistere, benché
si discosti da quella comunemente
data alle due parti della filosofia
morale, e quantunque vi sia spesso
dell'arbitrario in cotali denominazioni
e divisioni.
L'opera é distinta in tre trattati; nel
primo si contiene il diritto individua-
le, nel secondo il diritto sociale, nel
terzo si tratta della società religiosa,
della sua connessione con la società po-
litica e della loro mutua relazione. Col
nome però di società religiosa l'A. in-
tende la società religiosa concreta (la
Chiesa) positivamente istituita da Cri-
sto ; onde si vede che, oltre le materie
■comunemente trattate in opere simili,
ha voluto l'A. con ottimo consiglio,
atteso i bisogni dei nostri tempi, fare
una speciale trattazione dei principii
generali di diritto pubblico ecclesia,
etico, la cui cognizione per premunire
le intelligenze contro i molti errori
sparsi dal liberalismo é oggidì tanto
necessaria, a coloro in specie che non
fanno altri studii di filosofia. Inoltre
l'autore ha aggiunto in appendice un
breve ragguaglio sopra le questioni
tanto ai di nostri dibattute, cioè la
questione sociale, il femminismo e l'ar-
bitrato internazionale.
Ben si comprende che una cosi
ampia materia non può, nello spazio
relativamente breve di 300 pagine
scarse, trovare nn esame profondo
ed esteso, né anche nei punti di più
capitale importanza ; ma però si tro-
veranno con sobrietà, chiarezza e
solidità esposti i principii e sciolte
le principali difficoltà; e per questo
diciamo che il libro è piuttosto un
buon programma di studio ed un te-
sto ad uso delle lezioni di scuola,
conforme senza dubbio al fine propo-
stosi dall'autore.
M. PRUEMMER 0. Pr. — Manuale juris ecclesiastici in.usum cle-
ricorum, praesertim illorum qui ad ordines religiosos pertinent.
468
BIBLIOGRAFIA
Tom II. Jus regularium speciale. Friburgi Brisg,, Herder, 1907.
16^ XXVIII-358 pp.
In questo secondo torao. che pre-
cede il primo deir opera, il dotto
autore con istlle piano e fàcile, con
quella brevità e chiarezza, onde vuol
essere adorno un libro scolastico, trat-
ta de' diritti inerenti al modo di vi-
vere tutto speciale de* religiosi.
La natura e diversità dello stato
religioso, l'ingresso e la professione
con le obbligazioni che ne sgorgano,
il governo e i privilegi de* regolari
sono esposti in conformità degli ul-
timi decreti pontificii, senza ingom-
bro di inutili citazioni, nulla lascian-
do di quanto è necessario e conve-
niente a procurare quella maggior
sicurezza, cui i molti decreti delta
Sede Apostolica pubblicati in quetsti
ultimi tempi son nati fatti a ingene-
rare nella pratica. La materia è svolta
in tutta la sua ampiezza, per quanto
lo permetteva un manuale, col metodo
tomistico di questioni e risposte, e
secondo Tordi ne già usati dal P. Piai
Ord. Gap. nelle sue Fraelecfiones ju-
ri8 regularis.
R. I. MACH S. I. — Tesoro del sacerdote. XIII ed., adaplada a las
mas recientes disposiciones de la Santa Sede y del Derecho Ci vii
por el P. I. B. Ferrbres e. S. v. 2. ^arcetona. Subirà n a, 1907,
8^ XXIV-720; X-926 p.
Quest'opera del P. Mach è un
vero tesoro, che va crescendo, e con
le nuove aggiunte degli ultimi decreti
della Santa Sede e delle questioni
più recenti, introdotte dall'egregio
teologo e canonista Ferreres, acquista
in questa 13» edizione il carattere
dell'attualità.
L'autore vi pose a profitto la sua
lunga esperienza nel ministero eser-
citato in tanti paesi i più disparati,
per comporne una vera enciclopedia
di scienza pastorale, liturgica, asce-
tica. Nelle due parti egli offre al
clero prima un trattato compiuto dei
mezzi della propria santificazione;
poi quelli della santificazione altrui.
come gli obblighi e le norme per il
governo della parrocchia, per 1* am-
ministrazione dei sacramenti, Tassi-
stenza degli ammalati, le relazioni
coirautorità civile, per coltivare e
risvegliare la fede e la pietà del po-
polo, ecc. Gii ultimi documenti pon-
tificii, fino a quello recentissimo Xe
temere sugli sponsali e sul matri-
monio, vi sono riportati e commen-
tati con la consueta sodezza e chia-
rezza già riconosciuta nel p. Ferreres.
Come lo precedenti edizioni del te-
soro ebbero Tonore della traduzione
in diverse lingue moderno, oltre Tì-
taliana, auguriamo pari successo a
questa cosi notabilmente accr esci u la.
G. B. BIAVASGHI. — Origine della forza obbligatoria delle norme
giuridiche. Udine, tip. del « Crociato », 1907, 8°, Vili- log p. L. 3.
Questa non è opera d* un vec-
chio giurista, consmnato nelle ricer-
che e negli studi, ma di un bravo e
valente giovane, che la presentò al-
rUniversità di Friburgo qual tesi dot-
torale, riportandone approvazione e
lode. È lavoro di tinta storico-critica,
ma ordinato secondo che si fa deri-
vare Tobbligazione o da una qualìfica
dei fattori producenti il diritto stesso
o da una qualità del contenuto delle
norme, separando anche il diritto
dalia morale; ovvero dal connubio
dell'autorità del fattore producente
DIRITTO
469
il diritto col giusto oggettivo, o infine
puramente dall'estrinseca coercizione
della forza. La volontà onnipotente
dello Statoci contrattualismo deirHob-
bes, la volontà generale dei Rousseau,
ristoriamo giuridico, la congruenza
delle norme, sia con la natura umana
secondo il Grozio, sia con la ragione
soggettiva secondo il Kant, o con la
ragione collettiva secondo il Proud-
hon, o con V utilitarismo bentha-
miano, non che Tautonomiadel diritto
rispetto alla morale» e il suo valore de-
rivante dalla forza fisica: tutti questi
bacati sistemi sono dall'autore alla
breve distinti, dichiarati, combattuti
e rifiutati, per attenersi all'unica vera
dottrina, che fa capo a Socrate, Pla-
tone, Aristotele, Cicerone, e sì svolge
poi magistralmente, e si perfeziona
da S Tommaso anco coi riflessi della
fede, ponendo « nella legge eterna di
un Dio vivente, personale, V ultima
fonte obbiettiva, la norma immuta-
bile di ogni diritto e di ogni do-
vere » .
Benché in gran parte analoghe,
buone però e succose sono le confuta-
zioni degli errori, ed accennano nel
Biavaschi acutezza d'osservazione e
di critica, sorretta da una soda col-
tura filosofica. Anche l' esposizione
tomistica è ben condotta, e dà un* idea
abbastanza chiara e compiuta di ciò
che vuoisi tenere nella agitata que-
stione. Noi avremmo desiderato più
unità, omogeneità e una divisione
più netta nell'ordine dei sistemi, con-
trapponendo come in duo parti, al
falso il vero, non frammezzandovelo:
cosi più utile e più ragionevole sa-
rebbe tornata la trattazione dell'ar-
gomento. Questi nei, ed altri che si
potrebbero notare, come la dimenti-
canza delle scuole giuridiche e degli
autori italiani, non scemano l'impor-
tanza di questo sodo e sicuro studio,
cui anche i dotti potranno consultare
e leggere come un utilissimo, sche-
matico e stringente compendio della
questione intorno all'origine del vin-
colo giuridico.
Sac. dott. A. ROSSI, prof, nel semin. di Pavia. — La situazione
legale della Chiesa cattolica in Francia dopo la separazione.
(Estr. dal Contemioso ecclesictstico 1907) con aggiunte. Pavia^
Ponzio, 1907, 16, 90 p.
La nuova condizione legale, in cui
si trova la Chiesa di Francia dopo la
ingiusta e brutale separazione com-
piuta dal governo giacobino ; i prln-
cipii legislativi e le conseguenze che
ne derivarono per le persone, per le
spese di culto e per gli enti eccle-
siastici ; le varie questioni che riguar-
dano la proprietà e l'uso degli edi-
flcli, le riunioni e manifestazioni
esterne della religione, le disposizioni
penali delia nuova legge, l' insegna-
mento, i seminarli e le feste religiose ;
tutti questi argomenti formano l'og-
getto del presente studio giuridico.
In esso il eh. Autore, munito di una
cognizione piena e sagace della mate-
ria e coir aiuto dei migliori autori che
ne hanno trattato, procede sempre si-
curo nella sua trattazione e chiarisce
in ogni sua parte l'ingiustizia e mo*
struosità della nuova legge, conchiu-
dendo giustamente col lieto presagio
che la Chiesa di Francia riuscirà rin-
novata e vincitrice dalla presente per-
secuzione.
G. CERA, dott. iu diritto canonico, cantore della cattedrale di Bo-
vino ecc. — Saggio sulla giubilazione dei canonici e di altri be-
neficiati corali. Bovino, Luciani, 1907, 16% 128 p. L. 1.25.
470
BIBLI03RAFIA
La dotta monografia contiene un
contributo ed insieme un voto, che la
giubilazione dei canonici e d* altri
beneficiati, addetti airufficiatura co-
rale, riceva nel nuovo codice della
Chiesa con la sanzione del potere le-
gislativo una vita certa, stabilmente
determinata e migliore della vita suo*
cedanea che nel diritto vigente gii
accorda la sua natura d' indulto apo-
stolico. Il voto delFA. è giustissimo e
crediamo sarà'accolto ; tanto più es-
sendo a suo favore la giurisprudenza
delie sacre Congregazioni. Come con-
tributo allo studio della disciplina
vigente, ci contentiamo di dire che
il dotto Autore nella sua monografia
ha raccolto, con sagacità e paziente
lavoro sulle decisioni della Sacra Con-
gregazione del Concilio, le concivK
sioni solidamente provate per deter*
minare le condizioni sulle quali s'ac-
corda rindulto di giubilazione e i di-
ritti e doveri dei canonici giubilati ;
sicché ha fatto opera utilissima ai
canonie i ed agli stessi beneficiati.
Alle meritate lodi soltanto ag-
giungiamo, che a nostro parere pecca
di rigorismo non fondato Topinione
del canonista Gercia, che VA. accenna
e fa propria a pag. 39 ; come se i tre
mesi chiamati di vacanze conciliari
non fossero una vera concessione del
Concilio Tridentino fatta ai canonici,
ma una mora toUeranza che lasciasse
loro Tobbligo del servizio corale.
Avv. A. FONTANA. — Le Fabbricerie nel Modenese. Leggi che Je
regolano. Modena, Ferraguti, 1907, 8, XVIII-138 p.
È un lavoro diretto a dimostrare
che Tamministrazione delle fabbrice-
rie del Modenese, tanto sotto Taspetto
storico quanto sotto l'aspetto giuri-
dico, dev'essere regolata, non già
con le norme e disposizioni francesi o
napoleoniche, applicate nel I» regno
italico al Lombardo-Veneto, bensì con
quelle contenute neireditto 8 novem-
bre 1814 del governatore di Modena
e nel decreto 16 ottobre 1861 del II«
regno italico. Il oh. Autore, premesse
le nozioni necessarie sulla natura
delle fabbricerie, sulle vicende della
legislazione che le riguarda e sulle
modificazioni particolari che sotto i
varii governi concorsero a determi-
nare la loro condizione giuridica nel
Modenese, riporta in esteso tutti i
documenti che giovano a confermare
la sua tesi, contro una decisione del
Consiglio di Stato del 5 giugno 1897,
per ottenerne, dietro un più maturo
esame, la revoca o la riforma.
L. FRANCESCHINI. — Osservazioni e proposte su alcune questioni
di procedura penale. Foligno, Campìtelli, 1907, 8<», pag. 36i2, L. 5.
Dietro le ripetute istanze dell'edi-
tore, il eh. Autore s*indusse a ripub-
blicare, raccolti in questo volume,
i suoi apprezzatissimi articoli, già
comparsi sulF Opinione Nazionale
di Terni e sul Fieramonca di Firenze,
intorno ad alcune questioni dì pro-
cedura penale, sorte tra i giurecon-
sulti dopo r assoluzione, avvenuta
alle Assise di Milano, di quel famoso
Olivo, che aveva uccisa la moglie e
ne aveva tagliato a pezzi il cadavere,
portandoli poi a Genova in un baule
e gettandoli in mare. Nel presente
lavoro si fa una critica serena e
obiettiva dello scandalo giudiziario
che fu il verdetto di assoluzione, se
ne chiariscono le cause e si indicano
i provvedimenti da adottarsi, per
premunirsi in avvenire contro in-
convenienti e sconci di simil fatta.
Notevole è lo studio sulla riforma
deirordinamento giudiziario e de^rne
di ogni considerazione sono le savie
DIRITTO - APOLOGETICA
471
osservazioni e proposte sul carattere
religioso della scuola, come condi-
zione necessaria di una educazione
veramente morale del popolo italiano.
W. DEVIVIER S. T. — Cours d*apologetìque chrétienne, t9«e édition
revue et augmentée. Tournai, Casterman, 1907.
— Corso di apologetica cristiana. Esposizione ragionata dei fonda-
menti della Fede. 3* ed. ital. aumentala e in gran parte rifusa sulla
17» ed. francese. Venezia, Emiliana, 1906, 8°, XVI 682 p. L. 5.
Tra i corsi di apologetica cri-
stiana, i quali tengano il mezzo fra
lo stile popolare e lo scientifico, ninno
ebbe forse neirultìmo ventennio più
popolarità e più diffusione dì quello
del Devivier : le edizioni si succedono
rapide e non solo in francese, ma in
inglese e anche in italiano come ripe-
tutamente ne abbiamo informato i no-
stri lettori (Cf. Civ. Catt., Ser. XVIII,
voi. 12, p. 328; Ser XV, voi. 1, p. 101 ;
voi. 11, pag. 83). Ora siamo in debito
di annunziare la terza edizione della
traduzione italiaaa, la quale ba molti
vantaggi sopra le precedenti: tanto
fu « aumentata e in gran parte ri-
fusa sopra la diciassettesima edizione
francese »; e ciò da mani esperte nelle
questioni di filosofia e di teologia non
meno che di erudizione generale e
di critica storica in particolare. Ma
fra questo mezzo già ci si annunzia la
diciannovesima edizione francese, si-
milmente corretta e accresciuta di pre-
gio e di sostanza su le precedenti.
Ciò basta in verità a raccoman-
dare Topera; ma vale insieme a di-
mostrare la sempre vivente eflBcacia
e opportunità deirantico metodo di
apologetica cristiana e cattolica, con-
tro il veleno insidioso della nuova,
detta del dogmatismo morale o del-
l'ml»fan^tt^a. U che, riferendosi al-
l'Enciclica Pascendi, mette assai bene
in luce il eh. p. Baille S. I. in un suo
breve ma succoso opuscolo sopra L'en-
aeignement apologétique (Bruxelles,
1907), pubblicato già nell'ottima Ré-
viw aiMlofféiique del Belgio (16 set-
tembre 1907) a proposito per l'ap-
punto di questa edizione nuova del
Corso di apologetica del Devivier.
G. FARAONI. — La Religione di Gesù Cristo. Corso breve per stu-
denti. Fireme, lib. ed. fiorentina, 1908, 8% 440 p.
« Sono brevi appunti, scritti qual-
che anno fa per servir di traccia nella
scuoLt. Qua e là, — con tocchi pur
troppo forzatamente rapidi, — rior-
dinati e resi più rispondenti all'esi-
genze presenti delle scuole di scienza
religiosa, vengono ora raccolti in que-
ste pagine per secondare il desiderio
di varie benevole persone che han
creduto di poterne trarre una qual-
che ulilltà » . Queste semplici e schiet-
te parole del modesto autore, messe
là in nota, senza neppure il lusso di
una prefazione, in fondo alla prima
pagina di questo breve Corso, non
dovranno tanto valere — crederemmo
noi — di scusa, quanto di raccoman-
dazione all'opera; la quale mostrando
pure bei pregi di ordine, di rapidità,
di chiarezza, di semplicità di dettato
e simili, potrà certo fare non poco
bene alle anime, a quelle della gio-
ventù segnatamente. Questa, come ha
gusti diversissimi, cosi è bene che
abbia grande varietà di libri, i quali
le condiscano in varii modi e le ren-
dano gradito Io stesso cibo intellet-
tuale di verità e di vita.
472
BlBI.IOaRAFfA
Abbé GH. BARNIER, miss, a Pont-Saint Rsprit (Gard). — Conire les
seste i et les crreiirs qui noas divisent et nous désolent. Lyon-
Fr. 5.
in favore della trasformazione di una
Paris, Vitte, 190a, 8°, 480 p.
Il eh. autore attende da ben t cen-
t'anni ad una vasta opera apologe-
tica, delia quale il presente volume
non è che un estratto, a maniera di
saggio. Comprende esso una serie di
dissertazioni sopra argomenti fonda-
mentali di dottrina cattolica con la
confutazione di altrettanti errori op
posti. A prima vista le varie materie
si direbbero non bene ordinate, ma
pure la dimostrazione delle verità e
la confutazione degli errori si con-
giungono poi in un tutto assai com-
patto e robusto.
Dimostrata la necessità di cono-
scere la verità in genere, ed in ispecie
la verità d'ordine religioso, il eh. A.
passa prima a dimostrare, resistenza
di Dio. Combatte quindi i faUi sistemi
del positivismo, del naturalismo e del
darvinismo. Contro di questo il eh.
autore non si contenta di far toccare
l'inanità dei principi! da esso invo-
cati, ma fa inoltre vedere come lo
stesso darvinismo moderato non ha
ancora addotto alcuna solida prova
specie qualsivoglia, laddove i fatti
stanno a luminosa conferma del con-
trario. La necessità poi d'un Legisla-
tore sovrano abbatte l'assurdità della
morale indipendente. I motivi di credi-
bilità sono esposti con og-.i efficacia
l>er mettere in sodo il fatto della di-
vina rivelazione e la verità della cri-
stiana fede. Seguono poi con eguale
vigoria altre dimostrazioni sulla di-
vinità di Gesù Cristo, sulle note della
Chiesa, sull'unica vera Chiesa, sul
Papa e sul suo Primato, confutando
di mano in mano, in dissertazioni
distinte, il razionalismo, il giudaismo
ed il socinianismo, io scisma greco,
il protestantismo, la massonerìa e le so-
cietà segrete. Due altri discorsi, l'uno
sull'immortalità dellanima l'altro sul
socialismo terminano il libro.
Oltre la sodezza della dottrina,
congiunta ad un modo attraente di
esporre, e da notare la vasta erudi-
zione dell'autore, specialmente intor-
no le sètte da lui confutate.
A. DENEUX, cure de Liercourt. — Matérialisme et libre pensée a
Taube du XX* siede. Dieu, Tàme, la prière. Paris-Lyony Vitte,
1906, 8», 280 p. Fr. 3.
Il eh . autore non si ferma in questo
suo lavoro ad una diretta e partico-
lareggiata confutazione dei grosso-
lani errori del materialismo e del li-
bero pensiero, ma prende invece di
mira le verità contrarie. Solo nella
prefazione presenta con certa vivezza
quelle due mostruose aberrazioni, met-
tendone in rilievo le spaventose con-
seguenze per La vera religione e la
sana morale, e passa poi subito a
Dio» h\V anima ed alla preghiera.
Siccome secondo il putrido mate-
rialismo nient'altro esiste fuori della
materia, il Deneux opportunamente
richiama cièche la ragione e la fede, lu
filosofia elaS. Scrittura c'insegnano
sopra Dio e sopra l'anima. In uno stile
semplice, ma vivace e spigliato, il
eh. A. solleva l'anima alla cogni
zione di Dio Creatore di tutte le cose,
ne fa come sentire presente la potenza
e la maestà e ne illustra i più im-
portanti attributi. Viene poi a trac-
ciare come in un espressivo quadro la
dignità e bellezza dell'anima umana
quale imagine di Dio per le sue facoltà
naturali e più per la sua elevazione
APOLOGETICA
473
allo stato soprannaturale, mediante la
grazia santificante; ne esalta la pre-
ziosità e Tultiroa destinazione. Anche
qui abbiamo lampi di luce e tocchi
ardenti di fiamma, ma piuttosto per
via di asserzioni ed eccitamenti esor-
tativi, che di rigorosa dimostrazione.
L'anima nostra fin dalla presente
vita ha il bene di mettersi in comu-
nicazione diretta con Dio, per mezzo
della preghiera, e i*A ne tratta so-
lidamente, ma con ampiezza, forse
soverchia rispetto alle altre parti
deir opera.
TH. DE LA RIVE. - Vingl-cinq ans de vie catholique. Expéricnces
et observations. Pan^, Plon, 1907, 16», LXXXlV-280 p. Fr. 3,50.
È sempre un diletto utile e som-
mamente gradito udire da un con-
vertito sincero e fervente la sua sto-
ria; ma più ancora sentirne gli af-
fetti, le esperienze, le impressioni, da
lui riportate nella pratica costante
del cattolicismo. L'uno e Taltro ci fa
gustare T ili usi re convertito di Gine-
vra, Teodoro de la Rive: il primo in
un piccolo libro intitolato De Genève
à Home (Paris, Plon 1895); il secondo
nelPopera che annunziamo, da lui
scritta per occasione del suo primo
giubileo di vita cattolica, compiutosi
nel marzo 1905. Quel primo fece del
gran bene a molte anime, sia di pro-
testanti in buona fede sia di catto-
lici; e non meno, crediamo noi, sarà
per farne quest*ultimo, quantunque
ad alcune persone pie, nate e vissute
sempre nel bel mezzo del cattolici-
smo, lontane da ogni comunicazione
con protestanti, certe espressioni o
sentimenti possano far meraviglia od
anche impressione sinistra. Ma questa
sarà presto vinta dalla edificazione,
dalla commozione anzi, che desta nel
cuore a chi legge, l'accento pieno di
persuasione e di fede, il senso cri-
stiano, l'unzione dello spirito schiet-
tamente cattolico del convertito, e
soprattutto quel suo sentimento di
umile e figliale soggezione alla Chie-
sa; ond'egli esente 11 bisogno di sot-
tomettersi senza riserva e con lo spi-
rito di obbedienza assoluta, al giu-
dizio deir autorità ecclesiastica » ;
poiché, soggiunge, « è facilissimo per
un laico, il quale tratta questioni re-
1 giose, lasciarsi sfuggire dalla penna
espressioni inesatte ed an( he errori » .
Del resto, anche per la sodezza della
dottrina e la giustezza dei sentimenti
e dei criterii, questo protestante con-
vertito può dar lezioni a molti cat-
tolici, e specialmente ad altri, conver-
titi o no, fattisi scrittori di apologia,
che chiamano newmaniana, ma è inve-
ce kantiana, e sta tutta nelPattenuare
o sopprimere addirittura il genuino
concetto del cattolicismo, dei suoi
dogmi, dei suoi riti, delle sue pra-
tiche religiose. Basta leggere ciò che
TA. scrive intorno alFautorità della
Chiesa e airinfallibilità del Papa,
air inferno, al purgatorio, alla pre-
ghiera per -i morti, alle bellezze della
liturgia e del culto esteriore, all'im-
portanza del culto interno, alla co-
munione dei Santi, alla devozione
verso la Vergine santa, verso il
Cuore SS. di Gesù, verso il Sacra-
mento dell'altare, e via via ; giacché
pare che quest'anima senta più viva-
mente quello che dai suoi antichi cor-
religionari è più combattuto.
È questa una lettura che consola
veramente, e noi benediciamo l'autore
e chi l'ha indotto a vincere le sue esi-
tazioni, che lo rattennero per due
anni dal pubblicare queste pagine
per quel carattere tutto intimo e in-
dividuale, onde l'animo suo vi si
spande e si manifesta. Né questo suo
47i
BIBLIOQRAFU-ARTE
necessario [tarlare di sé e delle sue amato il suo Dio e il suo prossimo
esperienze ci offende: vi si srnte trop- che si trova in possesso di grandi
pò bene Tuomo di fede e di cuore, che beni e parla solo per farli conoscere,
ha fermamente creduto e tì va mente per farli partecipare ai suoi fratelli.
Rev. LONGINO ZARNOWIECKI. — Kìelick w koscìele rzymsko ka-
tolickim pod wzgledem historycznym, liturglcznyin, estetycznj^m
i praktycznym (Il calice nella Chiesa romaDO cattolica sotto l'a-
spetto storico, liturgico, estetico e pratico). Varsavia, tip. La-
scaner, 1907, pp. 73, ia-8° con molte illustrazioni.
Mons. Longino Zarnowlecki, ret- riodo del rinascimento dal 1556 al
tore deir Accademia ecclesiastica di
Pietroburgo, è certamente uno dei mi-
gliori liturgisti polacchi. Ce lo atte-
stano le sue pregiatissime opere sui
Colori liturgici nella Chiesa rmnana
(Varsavia, 1902), sul Simbolismo dei
paramenti sacri e le stoffe ecclesia -
««c^ifl (Varsavia, 1901), bM* Architet-
tura ecclesiastica (Varsavia, 1904)
e specialmente il suo libro monu-
mentale: Historya i technika Haf-
ciarsUva koscielnego (Storia e tecnica
dei ricami ecclesiastici, Varsavia,
1902) con 27 cromolitografie e 154
fototipie. La sua recente opera sul
calice, sia per Terudizione liturgica,
sia per la beltà ed eleganza delle il-
lustrazioni, non la cede alle prece-
denti. Il dotto scrittore ci narra la
storia artistica del calice che egli di-
vide in sei periodi; !<> periodo pri-
mitivo dalle origini del cristianesimo
sino al 1000 ; 2° periodo romano (sud-
diviso in tre parti) dal 1000 al 1250;
3<> periodo gotico dal 1250 al 1550
(suddiviso pure in tre parti) ; 4° pe-
1600 ; 5<* periodo moderno (l>arocco del
secolo XVII e rococò del secolo XVIII);
0<> periodo ultimo (secolo XIX). Egli
cita i monumenti più belli dì queste
varie epoche e le loro particolarità,
e le illustrazioni compiono mirabil-
mente il testo. In seguito l'autore
tratta parti tamen te della materia del
calice, della sua forma, dei suoi fregi,
del suo simbolismo, della sua conse-
crazione. Due capitoli sono dedicati
alla patena e al piccolo cucchiaio col
quale si attinge Tacqua delle ampol-
line per versarla nel calice al momen-
to dell'offertorio. Cita quindi estratti
d'antichi inventari di chiese che si
riferiscono ai calici ed alle patene.
Un altro capitolo è dedicato al sac-
cultis rei theca calicis, e l'ultimo
è una descrizione particolareggiata
del calice che si conserva nella chiesa
di Saint-Jean Du Doigt (Finistère,
Francia) della fine del secolo XVI. Uti-
lissime sono le due liste dei calici
più importanti delle varie epoche
e delle iscrizioni che li adornano.
A. GERMAIN. — LMnflueaza di San Francesco d'Assisi nella Ci-
viltà e nelle Arti. Roma, Desclée, 1906, 16«, 64 p. L. 0,60.
Tra i fiori della moderna lettera-
tura francescana spargerà i suoi mo-
desti profumi anche questo libriccino,
che non ha altra pretesa se non quella
di additar il frutto dell'opera del Po-
verello d'Assisi nel campo della ci-
viltà, della poesia, della letteratura
e delle arti plastiche. Sono cenni e
sguardi storici, che abbracciano anco
tutti i figli della regola francescana,
e ne mostrano la non degenere effi-
cacia nella civiltà e costume cristiano.
L'EPISCOPATO TEDESCO
I vescovi di Germania, raccolti il 10 dello sisorso decembre in Colo-
nia per una conferenza speciale, pubblicarono recentemente con la data
di quei giorno una Lettera Pastorale al clero ed al popolo delle loro ri-
spettive diocesi intorno alla veneranda Enciclica pontificia Fascendi do-
minici gregis, È un mirabile monumento di fede, di unione deirepi-
scopato con la Sede apostolica, di dottrina e sapienza, di bontà pa-
terna e vescovile fermezza. ^
« 11 tesoro delia vera fede, cosi comincia, amato e difeso dall&
Chiesa e dai veri figliuoli di lui come pupilla dei loro occhi, spesso
così disprezzato dai cristiani tiepidi e perfino accolto da alcuni contro
voglia come un grave peso, non fu conosciuto nel suo pieno valore,.
se non da Uno solo — da Colui che lo ha recato nel mondo. Egli,,
il Verbo fatto Uomo Gesù Cristo, in nome del genere umano ha pure
innalzato a Dio Padre il perfetto inno di grazie per questo dono ce-
leste : Gloria a te, o Padre, Signore del cielo e della terra, perchè queste
cose hai nascose ai sapienti ed ai prudetiti, e le hai rivelate ai par-
voli. Così é, Padre, perchè così a te piacque. In mia balìa ha posto^
il Padre tutte le cose. E nessuno conosce chi sia il figliuolo fuori del
Padre: né chi sia il Padre fuori del Figliuolo^ e fuori di colui, al
quale avrà il Figliuolo voluto rivelarlo (Lue. X, 21 ss.). Ed alla lode
di Colui che il dono ha largito, aggiunge la beatificazione di quanti
lo accolgono : E rivolto ai discepoli disse: BcuU gli occhi, che veggono
quello che voi vedete (v. 23). Alla preziosità del donò risponde Isu
fedeltà e lo zelo, onde Egli lo presenta alle anime, senza posa sol-
lecito di dare testimonianza della verità (Giov. Vili, 37) e di dire
ed insegnare ciò che gli commise il Padre (Giov. XII, 49). Così pure
risponde alla preziosità dei dono la sollecitudine del Signore, perchè
esso non vada mai più perduto per Tuman genere, perchè sia offerto
a tutti i tempi ed a tutte le generazioni, e perchè sia per sempre
protetto contro ogni alterazione e rovina. »
Dopo questo esordio solenne, i vescovi indicano la Cattedra in-
fallibile di Pietro, quale guida sicura in mezzo al dilagare di ogni
sorta di errori. « Ai domma del magistero infallibile della Chiesa il
cristiano cattolico deve tener fermo, senza mai venir meno nella
fede, nella dottrina, neiresercizio pratico della vita; deve quindi
accettare tutte le conseguenze che da quel domma derivano nella
dottrina e nella pratica, chiaramente determinate nelle loro partico-
larità, in parte dalle decisioni del magistero stesso, in parte per
476 l'episcopato tedesco
mezzo della scienza teologit^a, come anche voi ben conoscete. Vo?
tutti, con noi d'accordo, giudicherete stolto e fallito ogni tentativo
di mettere limiti secondo il proprio talento all'esercizio del magi-
stero infallibile, o di rendere la fede dipendente dal placiti delia
ragione individuale od anche di una cotale interna coscienza ed
esperienza, tanto incerta e mutabile, ovvero di restringere il numero
dei dommi definiti, od infine di rimanejrgiare ed interpretare code«^li
dommi, secondo il proprio talento. Voi non ammetterete mai che
sia obbedienza di fede il contentarsi di accogliere soltanto esterna-
mente le dottrine della Chiesa e le decisioni del magistero ecclesia-
stico, di accoglierle soltanto col non contraldirvi, con un silentium
obsequiosum, con una sommessione suggerita dalla paura e con vo-
lontà repugnaute. No, voi vi aspetterete da ogni cristiano cattolico
che egli corrisponda in ogni cosa alla sua santa Chiesa ed al ma-
gistero di lei con una fede ed obbedienza che proviene dal più pro-
fondo deiranima: fede ed obbedienza alacre, volonterosa, penetrata
di riverenza verso lo Spirito Santo, che per la Chiesa ci parla ed
al quale il resistere sarebbe peccato. »
Passano quindi i vescovi a tratteggiare la grande straordinaria
importanza dell'Enei elìca pontificia e la necessità di accoglierla in
ogni sua parte con ossequio profondo, perché parla il Padre dei
fedeli, e con viva riconoscenza, perchè c'illumina a conoscere l'er-
rore e ci segna la via per sicuramente evitarlo. « Possiamo consc-
iarci, essi dicono, che il sistema dottrinale, descritto ed esposto
nell'Enciclica, non è professato in Germania, in tutte le sue parti
e fino alle ultime sue conseguenze, da nessun cattolico del laicato
o del clero. Ma anche tra noi esiste il pericolo che si possano inos-
servatamente infiltrare simiglianti false teorie. » Perciò raccomandano
al clero lo studio profondo del documento pontificio e l'istruzione
da impartire al popolo, in quanto si stimerà necessario, sugli errori
quivi condannati ; ma in ispecial modo raccomandano d' illuminare i
laici piti colti, perchè bene intendano il senso dell'Enciclica e siano
messi in guardia contro gli immani equivoci che intorno ad essa si
vanno spargendo.
« Non si può infatti negare che uno spirito di novità, dì dubbio,
di negazione, cerca di guadagnare un'esiziale influenza sul pensiero
e suir investigazione scientifica eziandio nel campo religioso. » Non
si vuol più sapere dell'antico, si disprezza la tradizione, si rifiuta
talvolta apertamente l'insegnamento della Chiesa. La saldezza della
propria fede si pone soltanto nelle proprie opinioni. * Precisa-
mente quest'è caratteristico presso coloro che aderiscono al mo-
dernismo, dimostrare cioè una morbosa avversione verso l'unico
medico che potrebbe ancora salvarli, l'autorità della Chiesa. Non
vogliono essere da lei importunati. Esigono che si conceda loro molta
E IL MODERNISMO 477
fiducia; essi però soao pieni di diffidenza e di ombroso sospitto contro
Tautorità .ecclesiastica. Rifiutano gli ammonimenti ed i consigli di
lei ; quando poi finalmente viene il momento di dover procedere con
qualche forza contro di loro, levano alti lamenti contro T intolle-
ranza e la strvitCì dello spirito ed oppongono alTautorità l'autonomia
del pensiero, del sentimento, della volontà e detrazione, mentre essi
sogliono essere quanto mai intolleranti contro tutti che la pensano
diversamente da loro. Hanno perduto la stima ed il rispetto dei ma-
gistero ecclesiastico e misconoscono interamente la sua natura e la
sua origine divina. Dicono alcuni di loro, o forse essi lo crederanno
sul serio, che sono mossi soltanto dal desiderio di giovare alla causa
delle Chiesa, di rimettere di nuovo la Chiesa in onore e riverenza,
e di guadagnare quanti più possono al Regno di Dio. Ma alla Chiesa
solo allora sì può giovare, quando le si presta obbedienza e si segue
la guida di lei. Solo quel che è conforme a lei ed alla sua dottrina
può giovare al Regno di Dio e recare benedizione e salute al genere
umano... Voler condurre a salute uomini moderni con un cristiaue-
simo ammodernato, è impresa fallita. Coloro che per tali vie vogliono
trovare il Redentore e condurre altri a Lui, già sono stali giudicati
dal Redentore stesso: Voi mi cercherete e nonmi troverete (Giov. VII,
34). Essi cercano il Signore, ma non là, dov*egli ha promesso di
trovarsi; essi Io cercano con la luce insufficiente della conoscenza
umana, e non con la splendida e piena luce della fede; essi lo
cercano tra' saggi e sapienti di un mondo divenuto a Dio straniero,
e non in mezzo alla Chiesa da Dio istituita quale maestra infalli-
bile. Per questo si adempie ad ogni istante su loro la parola am-
monitrice: Voi non mi troverete. »
Tra' segni e sintomi del modernismo è da notare altresì « il pru
rito sempre più crescente di criticare e riformare, senza averne la
missione, senza retto criterio e senza sufficiente istruzione. È la ma
lattia dei nostri tempi. Essa non si arresta innanzi ad alcuna auto-
rità, mette sossopra le più venerande istituzioni a seconda della co-
scienza moderna, vorrebbe introdurre nell'organizzazione e nel go
verno della Chiesa un parlamentarismo ed un democratismo con lei.
inconciliabile, e neppure ha ribrezzo di gettare in pasto del pub-
blico, nei periodici e nei giornali, perfino nella stampa nemica della
Chiesa con grande gioia degli avversarli, le loro idee, prive di criterio
adi pietà filiale, contro l'autorità e le istituzioni ecclesiastiche... Quel
che maggiormente contrista è il vedere che perfino alcuni singoli
sacerdoti, ammorbati dallo spirito dello scontento, del criticismo, del
disprezzo dell'autorità, abbiano talmente dimenticato se stessi, che
nei giornali, anche avversari! alla Chiesa, criticano indelicatamente
e contro giustizia le istituzioni e le autorità ecclesiastiche, alzano
la bandiera di una radicale opposizione e cercano alleati presso i
478 l'episcopato tedesco
nemici della Chiesa, a fine di intimidire i loro superiori ecclesia-
«ti ci, ovvero a fine di procacciarsi riparazione per imagiDarie offese
sofferte, ovvero per aspettazioni che andarono a vuoto. Voi sentite
€on noi quanto sia disonorante un tale procedere, come metta il
marchio sulle loro fronti e nello stesso tempo avvilisca T intero
nostro ceto, nuoca in tempi difficili alla nostra causa ed indebolisca
la nostra unità: Qui non colligit mecunt dispergit (Lue. IX, 23). Dio
voglia che gli erranti non dimentichino Ja minaccia del Signore contro
coloro pe' quali viene lo scandalo (Matt. XVIII, 7) ! Dio voglia che
tutti i buoni congiungano insieme i loro sforzi, perchè quest'abuso
non metta radice in niun luogo! »
La Lettera pastorale assicura che i vescovi saranno vigilanti con-
tro Terrore ed in parti colar modo attenderanno alla formazione nella
pietà e nello studio degli alunni del santuario. « Un clero formato
scientificamente e che continua scientificamente a formarsi è la no-
stra gloria. Manifestiamo la nostra fiducia e la nostra gratitudine
verso gli uomini della scienza, che nelle nostre facoltà teologiche e
nei serainarii, strettamente uniti ali* insegnamento della Chiesa, gui-
dano con grande zelo gli alunni nostri del santuario nel vasto campo
della teologìa e li spronano a fecondo lavoro in ogni altro ramo del
sapere e li introducono nel metodo scientifico. Ci torna di vera con-
solazione il sapere che nella vita e nell'ordine giornaliero del nostro
clero lo studio mantenga il suo posto, dai primi anni giovanili fino
alla vecchiaia. Sappiamo pur bene che lo studio serio, anche da
solo, è già un preservativo contro l'immaturo criticismo, contro la
peste del ìnodernismo, contro il giocare superficialmente con frasi,
con oscuri concetti, con idee e sentimenti, che oggi recano così
gran datino. S'intende, dev'essere uno studio profondo e serio, la
cui parte precipua per un ecclesiastico e per un teologo deve essere
data alla teologia, che mai non si esaurisce. Ninno potrà mai con
istudio proprio e personale educare se stesso nelle discipline teolo-
giche e trarne profitto, se prima non abbia percorso una scuola se-
ria e sistematica. Tutti gli uomini sperimentati nella scienza sanno
benissimo che a questo fine è indispensabile la filosofia e la teolo-
gia dell'epoca classica scolastica, specialmente del grande Aquinate. >
È da promuovere altresì ogni altra scienza che può giovare al-
l' illustrazione delle dottrine teologiche. « Ma non dimenticherete
mai, che in ogni cosa dobbiamo subordinarci all'eterna verità ; cbe
questa non lega lo spirito, ma lo rende libero (Giov. Vili, 32), che
coir avvisare all'errore non si mettono impedimenti all'investiga-
zione scientifica, anzi questa viene promossa, a quella guisa che le
indicazioni della via e la chiusura dei passi dirigono ed assicurano
i viaggiatori delle alte vette alpine. »
E IL MODERNISMO 479
Più in particolare lodano i vescovi lo zelo del clero nell' impar-
tire l'istruzione religiosa e raccomandano che quello zelo si accre-
sca ancor più. « Quanto sia ciò necessario lo dimostrano certi gruppi
del laicato cattolico più colto, i quali si sentono sopraffare da una
certa inquietudine, non forse T Enciclica venga a minacciare il pro-
gresso scientifico e la libertà del pensiero e dello studio, quasi fosse
proibito o reso impossibile dairautorìta ecclesiastica il prender parte
ai progressi dell* umana cultura. Deh, riconoscano tutti, quanto
tali timori sono senza fondamento I La Chiesa vuol melter limiti ad
una libertà soltanto — alla libertà di errare. Se i suoi consigli e le
sue prescrizioni suonano talvolta forti e severe, il motivo è questo,
€h*essa vuole ad ogni costo mantenere la massima: — La verità so-
pra ogni cosa. »
Bellissima e commovente è in fine della Lettera l'esortazione al-
l'unità e concordia di tutti tra loro e coi superiori ecclesiastici.
Essa termina con questi stupendi periodi : « Dai primi secoli della
Chiesa giunge sino a noi la voce: Divisiones fugite ut principium
malornm; omnes episcopo obtemperate (S. Ignat. ad Smyrn. e. 7).
Sine episcopo nihil facile (ad Philad. e. 7). Sono le parole di un
santo vescovo, grandemente venerato fin dai primi tempi della Chiesa;
esse provengono non dall'egoismo e dalla voglia di dominare, ma
dall'intimo desiderio che neiro(ficio pastorale trionfino la carità, la
pace e r unione. Quest'è pure il nostro vivissimo desiderio! Spiritu
feroentes. Domino servientes, spe gaudentes, in tribulatione patienteSf
orationi instantes (Rom. XII, li ss.), teniamoci tutti bene uniti,
qualunque cosa ci possa recare il futuro; affinchè il comune nostro
vivere, insegnare, operare, soffrire, risuoni come una santa sinfonia,
secondo che scrive il medesimo santo discepolo degli Apostoli e
martire : Memorabile vestrum presbyterium, dignum Beo, ita coaptafum
est Episcopo ut cordai citharae, propter hoc in consensu vestro et con-
cordi caritate lesns Christus canitur; sed et vos singuli chorus estote,
ut consoni per concordiam, melos Dei recipientes in unitate, cantetis
voce una per lesum Christum Patri (ad Ephes. e. 4). »
La lettura di questo documento episcopale deve certo aver com-
mosso il cuore di molti e ravviata più di un'idea distorta e fatta
luce dove già cominciavano a spargersi confusione e tenebre. Se
il prof. Ehrhardt dell'Università di Strasburgo, avesse avuto sotto
gli occhi l'esortazione dei suoi vescovi, non si sarebbe forse la-
sciato andare allo scoraggiamento e non avrebbe sicuramente scritto
il deplorabile e meritamente censurato articolo da lui pubblicato
nella protestante Internationale Wochenschrift fiir Wissenschaft, Kunst
und Technik di Monaco.
CRONACA CONTKMPOIUNRA
Homo. 24 i;eiinaio - 0 felbiaio 1008.
I.
COSE ROMANE
1. Prona li Igazione dei decreti per la beatificazione della Ven. Barat e del
V^en. Gabrii'le di n'Addolorata. — 2. Lutto del Santo Padre per la morte
vioenta del Re Carlo e del Principe ereditario di Portogallo. — 3. Con-
danna del periodico Nova et Velerà, — 4. L'Episcopato italiano contro il
Giorualo d'Italia. — 5. Per la custodia de' monumenti e documenti affi-
dati al Clero. — 6. Morte del Card. Richard, arcivescovo di Parigi.
1. Domenica, 26 gennaio, festa della Santa Famìglia, nelTailla con-
cistoriale del Palazzo apostolico vaticano, dinanzi Taugusta presenza
del Santo Padre Pio X, dal Rtìio Mona. Diomede Panici, Arcivescovo
tit. di Laodicea e Segretario della Sacra r4ongregazione dei Riti, ven-
Dero promulgati i decreti sopra il tuta per la solenne bealiflcazione
deila Venerabile Maddalena Sofia Barai, fondatrice della Socielà delle
religiose del Sacro Cuore, e sopra i miracoli richiesti per la beati-
ficazione del Venerabile Gabriele dell'Addolorata, chierico professo
passionista. La prima viene opportunamente a confondere i sapienti
del mondo e i fautori della scuoia e deila dottrina cosidelta laica.
lì secondo, nella sua verde età, invita la gioventù a sollevare in
alto le sue aspirazioni e le sue energie per raggiungere la vera fe-
licilà. Alla lettura dei decreti assistevano gli Ethì e Bxtìì signori Car-
dinali Serafino Cretoni, Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti,
Domenico Ferrata, ponente delle due cause, ed Angelo Di Pietro,
Protettore della Società delle religiose del Sacro Cuore, nonché i
Rthi Monsignori Verde, Promotore della Fede, Mariani, Sottoproroo-
tore ed Assessore, e Di Fava, sostituto. Erano pure presenti ì Po-
stulatori : Riiio Mons. Raffaele Virili, Vescovo tit. di Troade, e il
p. Germano di S. Stanislao, passionista, gli avvocati e i procuratori
ed una numerosa rappresentanza dei due Istituti coi rispettivi su-
periori e superiore. Terminata la lettura dei decreti. Monsignor Vi
rili, appressatosi al Trono, a nome delle due postulazioni e dei due
Istituti, accennando alla Croce di Cristo che il Venerabile Gabriele
abbracciò e alla carità di Cristo che accese il cuore della Venerabile
gos:j romane 481
Maddalena Barat, rese umili e vivissime azioni di grazie al Santo
Padre, che coi decreti pubblicati aveva esaltate quelle grandi anime
dalia Croce e dall*amore del divin Redentore condotte fino aireroismo
delle virtù e alia vera santità. Quindi nella fausta ricorrenza del
giubileo sacerdotale di Sua Santità, offri devoti e ardenti voti ed au-
guri! al Supremo Pastore della Chiesa da cui implorò per i postulalori
e attori delle due cause e per la Congregazione dei Passionisti e la So-
cietà delle religiose del Sacro Cuore 1* Apostolica Benedizione. Sua
Santità, con paterna bontà, manifestò la sua compiacenza e le sue
congratulazioni in ispecie ai due fiorenti Istituti che giustamente go-
dono e profittano degli esempi e degli onori, uno della loro madre,
Taltro di un loro confratello, ambedue modelli di santa vita, coronata
con preziosa morte e illustrata con prodigi, da riscuotere la vene-
razione dai fedeli e la glorificazione dalla Chiesa.
2. La festa del 2 febbraio spuntò funestata quest'anno dalla truce
notizia di una nuova strage di regnanti, avvenuta la sera innanzi
nel lontano Portogallo. La Roma profana si affrettava a vestire il
lutto ufficiale: abbrunava le sue bandiere, sospendeva qualche ballo,
inviava qualche telegramma per continuare domani con la indifferenza
e r irreligione delle scuole e del giornalismo 1* opera nefasta della
scristianizzazione del popolo.
Ma la Roma cattolica, tutta compresa di orrore, si raccoglieva
nel lutto profondo e nella preghiera. Ne dava Tesempìo il Padre co-
mune, che nell'eccidio di due vittime regie, nel dolore di due sven-
turate regine e di un giovine figlio superstite, nel cordoglio presente
e nel pericolo futuro di una nobile nazione, e più ancora nel sintomo
triple della perversità de' tempi, accresciuta dalla cecità ostinata dei
pubblici fautori dell' apostasia, trova tanta cagione di amarezze e di
lutto. Fino dalle prime ore del mattino a lui perveniva il confuso
annunzio dell'orrenda tragedia, confermato indi a poco nei suoi par-
ticolari da un telegramma cifrato del nunzio apostolica a Lisbona.
11 Santo Padre sfogando in parole di profonda pietà il suo cordo-
glio, volle tosto telegrafate le sue vivissime condoglianze alle due
regine, al re Manuel, al Governo portoghese; mentre il card. Segre-
tario di Stato recavasi a presentarle personalmente all'ambasciatore
presso la S. Sede. E la mattina stessa nella commoventissima
udienza data ad una rappresentanza del collegio portoghese col suo
degnissimo rettore, mons. Giacomo Sinibaldi, appena frenando le la-
grime, il S. Padre, sumus in maffna tribulatione, esclamava ; indi ri-
voltosi ai giovani che gli stavano dintorno silenziosi e lacrimanti:.
Pregate, pregate per la vostra patria, ripeteva loro; io prego con-
tinuamente per essa, e • nell' accomiatarli - fatevi coraggio, figliuoli,
e abbiate fiducia in Dio I — La parola cristiana del compianto, della
1008 wa. 1 fiue. 1384, 31 8 febbraio 1008.
482 CRONACA CONTEMPO-RANEA
preghiera e della speranza non può mancare anche da queste pa-
gine verso la nobile nazione portoghese e verso la famiglia che ne
regge le sorti, cosi dolorosamente colpita Tuna e l'altra dal piombo
regicida nel meglio delle sue speranze.
A suffragio delle vittime reali, S. Santità ordinò tosto un solenne
funerale in Vaticano; e questo sarà celebrato nel trigesimo della
loro mt)rte con intervento di tutti gli alti personaggi della Corte pon-
tificia e di tutti i rappresentanti diplomatici presso la Santa Sede.
3. Nel precedente quaderno (p. 337 s.) abbiamo fatto cenno di una
iiaova rivista modernistica, sorta in Roma col titolo Nova et vetera,
la quale accoglie in sé nuU'altro che novità di false imputazioni con-
tro ! cattolici, anzi contro lo' stesso loro Padre e Pastore, il sommo Pon-
tefic^e, e stranezze dì vecchie aberrazioni, che vanno dal protestantesimo
ripiilKìlalo in Giorgio Tyrrell fino al panteismo camuffato dallo pseu-
donimo Aschenbrodel. Suo intento è difendere e propalare le dottrine
già dannate dalla Chiesa, segnatamente quelle riprovate dall' encì-
clìra Pajicendi, Niuna maraviglia dunque che il nuovo periodichetto,
benché già colpito nei suoi autori di scomunica in forza del Motu
proprw del 18 novembre 1907, sia ora nominatamente proibito e pro-
scritto dall'autorità ordinaria: né solo interdettane la lettura e la
vendita sbotto pena dì peccato mortale, ma ai chierici di qualsiasi
ordine, che vi si associno o che associatisi non ne disdicano quanto
prima !*associazione, é inflitta la pena di sospensione a divinis da
Incorrerei ipso facto. Eccone il decreto:
DEGRETUM
PETÌiUS Tiiuli SS. Quatuor Coronaforum S. R. K Preso, Cardinalt's
HESPIGHI SSmi D. N. Papae Vicarius Generalis, Romatuie Curiae
eiìisque Districtus ludex Ordinarius etc.
Lit>eHu8 periodicus recens, cui titulus: Nova et vetera, « Rivista quin-
dleinatf", Roma, Società Intemazionale Sci enti flco-religioea » ; cum sibi pro«
poeuerit doctrinas Modernistanim, nuper ab Ecclesia damnatas, defendere,
noviS3Ì[nai3que opiniones audeat invehere cathoUeae ventati pariter adver-
santes ; No3, prò munere quo fungimur, saluti animarum fldeique incolumi-
tatì prospicere volentes, eundem, Ordinaria Auctoritate, pi'ohibemus et pro-
acri tvioius, atque prohibitum et proscriptum declaramus.
Nemo ideo eum imprimat vel imprimi faciat, nemo vendat aut legat. Si
fiecua quie fecerit, is noverit graviter peccasse. Praeterea clerici cuiusque
ordinrfi, qui periodico eidem se consocient, vel si iam consoci ationem fece-
rlnt, quamprimum eam non retractent, noverint se suspensionem a divinis
ìpao farlo incurrìsse.
Datum Romae, die 28 laauarii 1908.
PETRUS RESPIGHI, Card. Vie.
Franciscus Can. Faberi, Secret.
GOBE ROMANE 483
4. -Un simile provvedimento, come ci giunge notizia da molte parti,
é stato preso contro il Giomaìs d* Italia, da parecchi vescovi per le
loro diocesi. Monsignor Pasquale Berardt, vescovo di Ruvo e Bi tonto
(Puglie), che fu primo ad iniziarlo, ne dette anche alcune ragioni
nella <«ua notificazione al clero : che « questo giornale molto diffuso
anche fra coloro che si dicono ben pensanti^ professandosi conserva-
tore, affetta altresì un certo interesse malsano di sentimento religioso,
ed in sostanza riesce più dannoso della stampa schiettamente atea
ed immorale: si presta alla pubblicazione di quistionì religiose
svolte da preti apostati e da pervertiti filosofeggiauti che si stimano
cattolici: si é fatto, quello che più moata, organo dei modernisti^
i quali — dal sacerdote che si è posto in moneatanea lotta col suo
Ordinario a quello che sistematicainente insorge contro il magistero
dottrinale e disciplinare del Sommo Pontefice — tendono tutti a di-
sconoscere Tobbedìenza di mente e di azione di fronte alla Chiesa ».
Insinuandosi poi questo giornale « con le parvenze seduttrici di una
scienza fallace... avviene che molti in buona fede — e, fra tanti,
anche molti del clero — prendono per oro di coppella quello che ne
ha appena la lustra, ed auch^essi sentenziaoo a sproposito in fatto
di fede e Delle tante quistioni che hanno stretta relazione con la
religione e con la disciplina della Chiesa: insìdia di nuovo genere
che si tende ai cattolici con questa stampa esiziale ». Ordina quindi
espressamente che nessuno del clero sia abbonato od assiduo del
suddetto Qiomaìe d'Italia, anzi ognuno impedisca che altri di sua
famiglia lo introduca in casa e lo legga; similmente ogni eccle-
siastico avverta i fedeli da lui dipendenti dell'insidia tesa con sif-
fatta stampa alla loro buona fede; ma specialmente i parrochi si
adoperino con ogni potere a impedirne la lettura nelle loro parrocchie.
L'esempio dato dal Vescovo di Ruvo e Bitonto fu seguito ben tosto
dagli arcivescovi di Cosenza, di Fermo, di Brindisi; dai vescovi di
Narni e Terni, dì Sezze, Pi perno e Terracina, di Livorno, di Molfetta,
di Fano, di Anagni, di Nusco, dal Delegato Apostolico di Subiaco e
da altri.
5. Accade non di rado che corrano notizie sui pubblici fogli di
furti e trafugamenti di qualcuno degli oggetti d'arte di cui son ricche
le nostre chiese dalle sontuose cattedrali alle umili parrocchie di
borgata. Basti ricordare le peripezie ancor recenti del celebre piviale
d'Ascoli : in questi stessi giorni si va parlando del calice della Genga.
A prevenire quanto è possibile tali fatti, una lettera circolare del
Cardinale Segretario di Stato ai vescovi d' Italia viene assai oppor-
tnnamente a stabilire certe norme per la custodia e conservazione
dei documenti e monumenti preziosi esistenti in ciascuna diocesi.
Tali disposizioni e nuove cautele proteggeranno sempre meglio quei
tesori contro le ingiurie del tempo, o la voracità degli incettatori,
484 CRONACA CONTEMPORANEA
e sono una novella prova della sollecitudine di cui la Chiesa cir-
condò sempre il suo patrimonio artisco a splendore del culto e ad
onore di Dio. Ecco la lettera :
'lllmo e Bevmo Signore,
L'urgente necessità di assicurare e regolare la conservazione degli ar-
chivi, dei monumenti ed oggetti d*arte, custoditi dal clero, ha suggerito al
Santo Padre di richiamare su questa importante materia la particolare at-
tenzione e sollecitudine del Reverendissimo Episcopato italiano.
Adempio pertanto I* incarico affidatomi da Sua Santità, notificando a
y. S. le seguenti pontificie disposizioni e raccomandazioni.
1. In ogni Diocesi verrà costituito dairOrdinario un permanente Cotn-
missariato diocesano pei documenti e monumenti custoditi dal clero, con
lo scopo preciso di assicurare e migliorare la conservazione delle cose so-
vraccennate, tanto nel senso che non vengano alienate, quanto in quello che
siano custodite in buone condizioni.
2. Prima cura del Commissariato sarà di redigere un semplice ma esatto
Catalogo, tanto dei documenti conservati negli archivi ecclesiastici della
diocesi, quanto dei monumenti ed oggetti artistici, custoditi dal clero dio-
cesano. L*uno e Taltro catalogo sarà redatto dal rispettivo Commissariato
per ogni onte ecclesiastico (Capitolo, Parrocchia, ecc.] e per ogni luogo pub-
blico destinato al culto. Una copia di tale catalogo verrà conservata nel-
Tarchivio locale (capitolare, parrocchiale, ecc.), ed un'altra presso il Com-
missariato stesso, in codesta Curia.
3. Qualsiasi cambiamento da farsi nello stato della cosa catalogata, per
il quale cambiamento il catalogo verrebbe ad essere inesatto nel punto ri-
spettivo, — sarà puntualmente notificato, avanti di essere eseguito, da chi
di ragione (Capitolo, Parroco, ecc.) al rispettivo Commissariato che dovrà
registrare tale cambiamento, salvo di fare eventuali osservazioni le quali
dovranno essere tenute nel debito conto.
4. Continua cura del Commissariato sarà d'invigilare che Tanzidetta
conservazione venga scrupolosamente assicurata da parte del clero cui spetta.
Constatando qualche deficienza, ne avvertirà subito il responsabile; ed al
bisogno, presenterà un motivato ricorso all'Ordinario che non mancherà
d'informarsi e di provvedere quanto prima. — D'altra parte, l'Ordinario non
mancherà in occasione della Sacra Visita, di verificare lo stato delle cose
alle quali si riferisce la presente circolare, avvertendone a sua volta il Com-
missariato per le opportune disposizioni.
5. Il Commissariato diocesano sarà composto almeno di un Commissario
per i documenti, e di uno pei monumenti. Sarà pertanto cura sollecita della
S. V. di devenire a tale nomina; ed altresì potendolo, di aggiungere al-
l'uno e all'altro una Commissione di competenti ecclesiastici e laici per coa-
diuvarne l'opera.
6. 11 Revmo Ordinario non lascerà occasione di dare pratiche indica-
zioni e di fare opportune raccomandazioni al clero custode come sopra,
perchè questo possa meglio adempiere il suo compito. Da parte sua il Com-
missariato si darà premura di raccomandare la diffusione di opportuni ma-
nuali, come anche di sunti di brevi norme pratiche per lo stesso scopo. —
COSE ROMANE 485
Inoltre, considerati i frequenti e spesso subdoli tentativi di acquisti, cambi ecc.
da parte di trafficanti, TOrdlnario terrà rigidamente ferme le vigenti dispo-
sizioni canoniche contro le alienazioni, permute ecc., nonché al proprio di-
ritto e dovere di ricognizione e dì consenso per ogni atto straordinario di
simile amministrazione.
Tali sono le disposizioni che il Santo Padre affida allo zelo del Rav.mo
Episcopato italiano, come linee fondamentali per provvedere sempre più
adequatamente al grave ed onorevolissimo compito del clero, riguardo alla
custodia dei tesori di storia e di arte. Sua Santità è sicura che queste linee
saranno non solo prontamente e pienamente applicate, ma che verranno
altresì a condurre continue migliorie, ad onore e tutela delle gloriose tra-
dizioni della Chiesa.
Colgo intanto con piacere V occasione di raffermarmi con sensi della
più distinta stima
Di S. V. Illma e Rma
Roma Ì2 dicembre 1907,
Affmo per servirla
Card. Mbrrt Del Val.
6. Colla morte dell'Eibo cardinale Richard arcivescovo di Parigi,
avvenuta il 29 gennaio 1908 testé decorso, la Chiesa cattolica, il
sacro Collegio e la Chiesa di Francia in particolare hanno perduto
uno dei loro più insigni ornamenti, un difensore costante e fedelis-
simo del diritti di Dio e del vero bene della nazione. La figura del
venerando vegliardo é scomparsa dal mondo circondata dall'aureola
gloriosa di chi soffre persecuzione per Cristo, e sotto il peso ine-
sorabile degli anni incurva la gracile persona, ma nella calma d*una
mansuetudine inalterata non piega l'animo pure un istante alia pre-
potenza mascherata di legge. Il popolo di Parigi, che da oltre tren-
t'anni era avvezzo a mirare quel dolce aspetto e che Tanno passato
aveva visto il suo arcivescovo più che ottuagenario espulso a forza
dal suo episcopio in me de Grenelle, è venuto nei giorni scorsi in
gran folla a rendergli un omaggio estremo d'amore e di riverenza,
onorandone la spoglia benedetta.
Francesco Maria Beniamino Richard de Lavergne era nato d'an-
tica e nobile famiglia a Nantes il 1^ marzo 1819. Ricevuta la prima
educazione nel castello stesso di Lavergne,- compì a Parigi nel se-
minario di San Sulpizio gli studi teologici, fu ordinato prete il 21
dicembre 1844, e due anni dopo venne a Roma per studi dì perfe-
zionamento, restandovi dal 1846 al 1849. Indi ritornò in Francia e
poco stante fu fatto vicario generale di Nantes. Il 22 dicembre 1871
da Pio IX preconizzato vescovo di Belley, rimase al governo di quella
diocesi finché il cardinale Guibert, che sempre lo aveva particolar-
mente stimato, lo domandò ed ottenne dal papa, d'accordo col go-
verno, come siuo coadiutore con diritto di successione alla sede di
Parigi. Nominato pertanto arcivescovo titolare dì Larissa il 5 luglio
486 CRONACA CONTEMPORANEA
1875, entrò in ufficio, e succedette di .diritto ali'Bifio Guibert addi
8 luglio 1886, e tre anni appresso nei concistoro del f4 maggio 188^
da Leone XIII fu eletto cardinale prete del titolo di s. Maria in Vìa,
I» membro delle congregazioni dei Vescovi e Regolari, dell'Indice,
dei Riti, dell'Indulgenze e s. Reliquie.
Pene e disgusti in quell'importantissima sede non gli dovevano
mancare durante il suo lungo episcopato, come non mancò egli alle
grandi opere dello zelo pid rischiarato. Per accennarne solo alcune
delle più notevoli, egli fu con Mona. d'HuUt il principale organiz-
zatore deir Istituto cattolico di Parigi, cui volle rendere un vero
centro di studi superiori in Francia. In politica rinun^ando a qual-
sivoglia simpatia personale, che gli potessero ispirare le sue tradi-
zioni di famìglia, inteso unicamente al bene spirituale della patria,
non si scostò d'un apice dalle direzioni pontificie. E quando la legge
di separazione, prima lungamente minacciata e poi tristamente ese-
guita, venne ad aggravare le difficoltà della Chiesa verso lo Stato,
al cardinale Richard incombette ordinariamente riniziativa delle spi-
nose deliberazioni, ed in lui si vide in ogni occasione una mirabile
sicurezza di giudizio e una perfetta coscienza della divina dignità
della Chiesa. Cosi fino dalle prime proposte delle famose associa-
zioni cultuali, che per un momento poterono sedurre qualche spirito
di buone intenzioni ma di corte vedute, il cardinale vi scopri l'in-
sidia d'una costituzione laica della Chiesa e si rifiutò risolutamente
di approvarle. Confermato tale giudizio dalla Sede suprema di Roma,
egli ebbe ancora a protestare contro nuovi tentativi, onde si cercava
di ritornare all'assalto. Ma ciò che rendeva tanto più insigne questa
fortezza si era il sapere ch'essa procedeva da uno spirito di rara
dolcezza e mansuetudine. Eppure non si commetteva pubblica ingio-
stizia, ch'egli non levasse alta la voce di protesta. Il 28 gennaio
1900 furono condannati i religiosi Assunzionisti, ed era un prodromo
aperto della persecuzione dello sciagurato Waldeck-Rousseau ; e il
giorno appresso il cardinale subito si conduce alla loro casa a ren-
dere loro pubblica testimonianza del suo affetto e dell'approvazione
delle tante opere buone, massime della stampa, precisamente di quelle
che si volevano colpire dal governo. II Waldeck-Rousseau ne fu in-
degnato, biasimò l'arcivescovo : il quale non si turbò nn momento
e si compiacque anzi all'opera compiuta. Un atto somigliante di co-
raggiosa carità fu quello che gli costò la vita. Il 15 gennaio volle
farsi portare alla cappella del Buon Soccorso per accogliervi egli stesso
le suore Agostiniane espulse allora dallo spedale, l'Hotel Dieu. Della
sua carità generosa basti ricordare che una metà del cospicuo pa-
trimonio avito gli si dileguò tra le mani, che largamente dispen-
sarono pane, consolazione, perdono. Dispersit dedit pauperibus, itistUia
ehis manet in saecuìum 8(mcuIì! — R. I. P.
COSE ITALIANE 487
II.
COSE ITALIANE
1. La tragedia di Lisbona alla Camera e al Consiglio municipale. Intempe-
ranza di linguaggio dei repubblicani e socialisti. — 2. La questione
dell* insegnamento religioso: incoerente soluzione malamente immagi-
nata dai Governo con decreto reale.
1. I lettori troveranno in altra parte della nostra cronaca il rac-
conto sommario del feroce assassinio commesso da sicari repubbli-
cani sulla persona del re Carlo I e del principe ereditario Luigi
Filippo nella sera di sabato, primo febbraio. Il misfatto, esecrato da
tutto il mondo onesto, doveva pur sollevare una protesta ancbe dal
Parlamento italiano come da tutti gli altri Governi delle nazioni civili :
protesta tanto più doverosa quanto le vittime infelici erano legate
di più stretta parentela colla famiglia reale di Savoia. — Infatti, ria-
pertasi la Camera, dopo le vacanze natalizie, il 4 corrente, le prime
parole del presidente Marcora furono la proposta di un telegramma
di condoglianza in nome della rappresentanza nazionale, alle regine
Maria Pia ed Amelia, così barbaramente colpite nei loro affetti di
madre e di sposa. Alla proposta si levarono assentendo unanimi
tutti i presenti meno i soli cinque deputati dell'estrema intervenuti
alla tornata, cioè Chiesa, Campì, Siuna, repubblicani, Aroldi e De
Felice socialisti. E perchè il bel « gesto » di plebea cortesia non
passasse inosservato, il Chiesa domandò la parola tentando di insi-
nuare che la strage di Lisbona era una giusta vendetta del popolo
portoghese al quale egli mandava un saluto augurale per il trionfo
del suo diritto e della sua libertà. Ma fortunatamente un po' di buon
senso e di umanità eccitò l'indignazione dei colieghi che copersero
di rumori la voce del « chincagliere », contro il quale si levò pro-
testando energicamente l'on. presidente del Consiglio.
Non fu vero però che si dessero pace quei furiosi e tacessero
per vergogna. Nella seduta del giovedì appresso, fattasi incidental-
mente menzione del regicidio, un altro dei compagni, Giacomo Ferri,
balzò in piedi gridando come un energumeno che se fosse stato
presente alla tornata dì apertura avrebbe anch'esso applaudito agli
assassini 1 Tanto ci tengono questi gentili educatori del popolo a
farci sapere spudoratamente quali sarebbero i loro sentimenti e di
che cosa sarebbero capaci il giorno in cui, giunti al potere, non
avessero più a temere della giustizia e del codice penale.
Un contegno simile a quello dei loro compari avevano tenuto la
sera precedente gli scamiciati rossi e neri portati in Campidoglio dalla
488 CRONACA CONTEMPORANEA
bufera del 10 novembre. Anche là il sindaco Nathan aveva credulo in-
terpretare il sentimento comune di civiltà inviando un telegramma
alla regina Maria Pia in questo tenore: « Compresa di sdegno e di
pietà per il truce misfatto, Roma, a mio mezzo, rassegna a Sua Maestà
l'espressione del suo vivo dolore e compianto ». Era la cosa forse
più corretta che avesse saputo dire finora il neoterico capo del Co-
mune : ma non fu vero che socialisti e repubblicani se ne contentassero.
Anche qui un repubblicano, TAlliata, volle gettare addosso alle .vit-
time la colpa, o com'egli disse, « la determinante prima del fatto
sanguinoso ». E « tacciano pure gli odii di parte, continuò, di fronte
alle tombe dischiuse delTucciso e di coloro che Tuccisero, ma vada
un caldo saluto a tutte le vittime della reazione, a tutti gli oppressi,
a tutti coloro che combattono per la causa della libertà, coU'augurio
che il popolo di Portogallo possa presto trionfare e raggiungere la
sua meta finale, la repubblica. (Applausi e grida di Viva la repub-
blica!) ». I nostri lettori non si lasceianno gabbare certamente dai
paroloni di questi declamatori ciarlatani, né seguiranno a chiusi oc-
chi i criterii con cui costoro incoronano i loro « oppressi », le « vit-
time della reazione », gli eroi della « libertà ». Omai una triste
sperienza ci ha ben appreso che cosa voglian dire tali nomi in bocca
a biechi settari. Ed il livore anticattolico della setta ben si tradiva
nella riflessione con cui TAlliata conchiudeva le sue parole: « Come
romani e come italiani rammentiamo in questo momento che il re
Carlos di Braganza rinunziò ad una visita a Roma per non ricono-
scere nella città nostra la capitale della terza Italia ». - Ognuno
sente quale gentilezza di sentimenti sia in queste diatribe dinanzi a
una tomba. Ma peggio ancora si potrà dedurre da quanto aggiun-
geva nella medesima tornata del Consiglio municipale il portavoce
dei socialisti. De Seta: « Se l'onorevole sindaco avesse potuto ri-
sparmiarci la lettura del telegramma inviato per la morte del re d»l
Portogallo, noi ci saremmo astenuti da ogni parola, lasciando - con
le nostre speranze nel cuore - che i mani del re ucciso si placas-
sero nel sollievo della nazione, la quale dalla strage (in cui il san-
gue dei principi si è confuso col sangue del popolo) attende il ri-
fiorire della libertà I (Applausi), Ma pur nella tristezza pel sangue
versato noi - che in questa maggioranza rappresentiamo il partito
socialista che non rinuncia alla propria fede politica - non possiamo
a siffatti eventi guardare senza domandare alla storia le sue voci e
senza chiedere a queste voci tutta la verità. La storia e la verità
dicono che non di un volgare « truce misfatto » qui si tratta, come
si è detto nel telegramma dell'onorevole sindaco. La storia e la ve-
rità dicono che se truce e fosco fu il tramonto del 1 febbraio nel
Portogallo (e fu in realtà truce e fosco) ben più truce e fosca fu
COSE ITALIANE 489
Talba delio stesso giorno. Se il tramonto vide il re ucciso, Talba
vide accisa la libertà neiruUimo decreto firmato dal re. (Applausi)
Ora dal lutto a cui il popolo fu trascinato sorga la libertà ed
essa sia sincera e forte e metta le sue radici in una sana e salda
democrazia la quale se ai repubblicani darà la loro repubblica, per
noi sarà nuovo passo versola nostra repubblica sociale ». (Applausi)
£ quando scandolezzato sorse un monarchico costituzionale mara-
vigliando che si volesse onestare un truce delitto : no, delitto gli fu
gridato, no, delitto: ritiri la parola! urlandosi e fischiandosi dai po-
polari partigiani, sicché le guardie dovettero agguantare uno dei più
energumeni e cacciarlo dairaula consigliare. Ed allora il sindaco si
protestò: «Il mio telegramma risponde a sentimenti civili. Se il
Consiglio credesse che ciò fu mal fatto io mi sentirei onorato di
scendere da questo posto! » La qual dichiarazione suscitò commenti
vivissimi e tornò le cose in prudente silenzio.
La fredda e calcolala audacia di queste pubbliche dichiarazioni,
nei consessi più solenni della nazione e della sua vantata capitale
riceve il suo compimento e la sua vera luce dal più chiaro e sbri-
gliato linguaggio usato nella stessa occasione, secondo il loro co-
stume, dai fogli dei partiti sovversivi. Dal racconto del fatto nella
cronaca delle « Cose straniere » i lettori sanno che sul posto stesso
deirassassinio tre dei sicari vennero uccisi dai soldati e dalla po-
lizia accorsa a difesa della famiglia reale. Ora la Bagione^ giornale
del partito repubblicano sorto col nuovo anno, nell'annunziare la
tragedia del 1 febbraio declamava enfaticamente: « Altri ostenti il
lutto per le vìttime in alto {gii assassinati) noi cingiamo le grama-
glie per le numerose vittime in besso (gli assassini): e pensiamo con
tristezza che il regime monarchico ha mantenuto e coltivato nel Por-
togallo troppo pretiswo e troppo analfabetismo perchè le speranze di
un regime repubblicano possano confortare i lutti di questa ora tra-
gica». E alla vigilia deirassassinio lo stesso foglio pubblicava una
lettera di Magaihaes Lima direttore dellM Vanguarda, giornale re-
pubblicano di Lisbona, nella quale si diceva: « Presto saremo libe-
rati da un sovrano senza scrupoli e da un governo dispotico. » —
U Avanti, col solito cinismo di pleb.o rifatto, dopo aver travisato
tutta la storia delle presenti condizioni di quel reame per gettare
il disprezzo ed il ridicolo sul re trucidato e la colpa del delitto sopra
le provocazioni del ministro Franco, dopo avere insultato con goffa
compassione alla « bellissima » regina Amelia, chiudeva le sue diva-
gazioni sulla « tragedia ammonitrice » con questi voti : « 1 - regnanti -
pensino che il loro collega portoghese cadde vittima dell'infausta
utopia reazionaria, ciecamente faciiona, secondo la quale anche nel
secolo XX è possibile aver ragione deiropposizione più o meno sov-
490 CRONACA CONTEMPORANEA
versìva con i solili rigori repressivi. Ora nella storia politica è in-
tervenuta la folla con la sua volontà e col suo cuore irresistìbil-
mente sovrani ed essa passa — anche sul sangue — nella sua marcia
verso l'avvenire. Per meditare utilmente su ciò si ritirino da parte
le loro Maestà reali od imperiali — anche per sottrarsi ad uno spet-
tacolo quanto mai sgradevole in quest'ora tragica per essi, perchè
frattanto passa la repubblica portoghese. A questa nuova creatura
di uno spirito a noi fraterno, il saluto nostro augurale! »
*2. 1 fogli ufficiosi del 8 corrente pubblicavano, quasi timidamente
in via di saggio un comunicato del nuovo regolamento nella parte
che tocca l'insegnamento religioso. Ed eccone il tenore:
« Il Consiglio dei ministri nell'ultima seduta, ha approvato il
regolamento generale sulla istruzione elementare. Quanto alla que-
stione dell'insegnamento religioso, che aveva più specialmente fatto
oggetto della discussione del Consiglio di Stato, il Consiglio dei mi-
nistri, coerentemente alle dichiarazioni fatte dal ministro Orlando
nel 1904 e dal ministro Rava nel 1907, deliberava la seguente di-
sposizione regolamentare :
« 1 comuni provvederanno all' istruzione religiosa di quegli alunni
i cui genitori la chiedano, nei giorni e nelle ore stabiliti dal con-
siglio scolastico provinciale, per mezzo degli insegnanti delle classi,
i. quali siano reputati idonei a quest'ufficio e lo accettino ; o dì altre
persone, la cui idoneità sia riconosciuta dallo stesso Consiglio sco-
lastico. — Quando però la maggioranza dei consiglieri assegnati al
comune non creda di ordinare V insegnamento religioso, questo potrà
essere dato a cura dei padri di famiglia che lo hanno chiesto da
persona che abbia la patente di maestro elementare e sia approvata
dal consiglio provinciale scolastico. In questo caso saranno messi a
disposizione per tale insegnamento i locali scolastici nei giorni e
nelle ore che saranno stabiliti dal Consiglio provinciale scolastico. —
Cosi viene assicurala la libertà dei comuni, dei maestri e dei padri
di famiglia. »
Tale è — forse — l'illusione di chi ha steso tale artificioso in-
dovinello, non accorgendosi del cumulo di incoerenze e di contrad-
dizioni che tentava di combinare insieme. Se l'infelice compilatore
prende nota dei commenti che gli organi di ogni partito non gli hanno
risparmiato si persuaderà di non aver contentato nessuno colle sue
tergiversazioni. Non certamente i liberi pensatori, i massoni, i set-
tari i d'ogni colore che accusano il Governo di clericalismo, di ge-
suitismo, e d'ogni infezione di sacristìa perché non abolì interamente
ogni insegnamento religioso, proclamando la sovranità assoluta della
scuola laica. — Molto meno ì cattolici che vedono diminuiti i loro
diritti e si sentono ingiustamente gravati di nuovi oneri e di nuove
angherie, a vantaggio dei prepotenti e dei mascalzoni.
. COSE ITALIANE 491
Per qual ragione ì padri e !e madrifamiglia cristiani che tengono
il catechisnao «ome la cosa pi il sacra e più importante ali* educai
zione dei loro bambini e delle loro bambine devono vedere la pro^
pria volontà disprezzala dal capriccio di una maggioranza di socia-
listi atei o disonesti : o devono sborsare una nuova tassa per eser-
citare un diritto loro riconosciuto dalla legge : o devono perciò far
approvare un maestro dal Comune assolutamente incompetente in
materia religiosa? E come può considerarsi quale opera seria di un
governo una disposizione che mette la più manifesta disparità tra
un comune e l'altro, poiché nelle circostanze di oggi il catechismo
entrerebbe nelle scuole per esempio di Milano, ne uscirà a Roma
per rientrarvi a Napoli e cosi via via, salvo, s'intende, a mutar
sorte quando per qualunque evento le amministrazioni comunali ab-
biano a cambiar padroni. Dal 1* accoglienza che gli avversari fecero
alle disposizioni ministeriali che V Avanti qualifica subito per un
^colo passo ifmanei, è manifesto che esse non giovano ai cattolici
e ai fautori di un insegnamento morale e religioso. È questo che vo-
leva il Governo?
Non mancherà occasione di ritornare sull'argomento.
III.
COSE STRANIERE
{Noiieie Generali). Portogallo. Tentato assassinio di tutta la famiglia
reale. Morte del re e del principe ereditario. Successione al trono del
principe Manuel. Cambiamento di Ministero.
La sera del sabato, 1" febbraio, verso le cinque la famìglia reale
rientrava in Lisbona dalla residenza di caccia a VilLavizosa. Traver-
sato il Tago allo sbarcatoio della piazza del Commercio e quivi com-
plimentati dalle autorità, il re, la regina, il principe ereditario Luigi
Filippo e il secondogenito Manuel salirono nella etessa carrozza sco-
perta, dirigendosi alla reggia fra due ale dì popolo. La carrozza reale
procedeva lentamente quasi al passo de' cavalli a certa iistanza dalle
altre del seguito,, quando uscendo dalla piazza e svoltando per la
via dell'Arsenale dove minore era la lolla un uomo vestito dimessa-
mente saitò rapidameule sul predellino e puntò la rivoltella alla testa
del re, il quale cadde colpito da tre palle, di cui una traversando
il collo troncò la carotide. Nello stesso tempo altri sicari intorno
alla carrozza tiravano contro la regina e i principi. Uno di essi spe-
cialmente dal lungo mantello di cui si copriva, trasse una carabina
e appostatosi dietro le colonne del palazzo dove risiede il ministero
dell'interno fu visto far fuoco ripetularaente finché assalito da un
492 CRONACA CONTEMPORANEA
ufficiale fu finito a colpi di spada. Tutto questo era avvenuto in un
baleno, tra le grida e lo spavento della folla che fuggiva inorridita.
Nella confusione del tumulto inaspettato si era vista la regina Amelia
rizzarsi in piedi ai primi colpi facendo scudo del proprio corpo al
marito ed ai figli e servendosi di un mazzo di fiori offertole poco
prima per colpire uno degli assassini aggrappatosi alla carrozza. Si
dice che anche i principi tentassero difendersi, prima che la car-
rozza messa a corsa entrasse nelT arsenale vicino, e la polizìa ac-
corsa alla riscossa sbandasse gli assassini. Ma sventuratamente era
tardi e l'opera loro era riuscita già troppo micidiale. Quando la car-
rozza entrò nell'arsenale della marina il re era morto: il principe
ereditario colpito nella faccia e nel petto agonizzava e spirava pochi
minuti dopo: il principe Manuel perdeva sangue da due ferite for-
tunatamente non gravi. La regina Amelia sola era incolume e appena
sfiorata dalle palle nel vestito: — ma ognuno può immaginare in
quale stato di animo si trovava tra i cadaveri del marito e del figlio
stringendo una mano dell'uno e dell'altro. Un sacerdote chiamato
in tutta fretta non potè che benedire le salme. La regina madre e
V infante Alfonso fratello del re accorsero anch'essi sul luogo della
catastrofe.
Intanto la notizia del misfatto si era sparsa per la città che ne
fu costernata e muta di dolore: chiuse le botteghe: le strade de-
serte : sospesi i teatri : risoluti provvedimenti furono presi per as-
sicurare l'ordine e la sicurezza pubblica. Pare che gli assassini fos-
sero sei: tre erano rimasti uccisi intorno alla stessa carrozza e si
dice che si trovasse loro indosso circa cinquemila lire; forse il
prezzo del loro delitto. Essi furono riconosciuti per Luigi Lopez,
commesso di negozio, già amministratore del giornale Caixeria e
proprietario di crn'agenzia dì pubblicità: Manuel Buissa già maestro
a Vinhaes, ed ora da otto anni istitutore privato in Lisbona: Cor-
dova di nazionalità spagnuolo e già implicato a quanto sembra nel-
l'attentato della Calle mayor.
Parecchi dei repubblicani sospetti furono incarcerati la sera stessa,
altri fuggirono: si scopersero armi e depositi di bombe: un tentativo
contro la dimora del presidente del Ministero, Franco, venne re-
presso con poco sforzo. Nonostante le affermazioni insistenti dei
giornali settari annunzianti lo scoppio della repubblica, la guerra
civile, il trionfo della rivoluzione, nessun movimento venne a tur-
bare la capitale o le province. Il piano rivoluzionario era abortito:
Tpsecrazione del suo delitto servì anzi a rannodare le sparse energie
dd partiti monarchici e stringerli intorno al trono insanguinato.
Infatti il principe Manuel la stessa notte del regicidio, ricono-
siiuto dai capi militari e dagli alti dignitari che gli giurarono fé-
NOTIZIE GENERALI 493
deità, prese il nome di Manuel II e diresse alJa nazione il seguente
manifesto :
« Portoghesi, — Un abbominevole misfatto ha riempito di angoscia
il mio cuore di figlio amoroso e di fratello affezionato ed ha coperto
di lutto la Famiglia Reale e tutta la nazione, troncando prematu-
ramente la preziosa vita di S. M. il Re Carlos I, mio augusto,
amatissimo padre, e quella di S. A. R. Don Luigi Filippo, mio
carissimo fratello. Io so che la nazione partecipa al mio supremo
dolore e prova la più viva indignazione contro lo spaventoso delitto
senza precedenti nella storia portoghese che chiuse inaspettatamente
il regno di un Sovrano buono, giusto ed amato e distrusse le spe-
ranze che si potevano fondare in un principe, notevole per le sue
doti e le sue virtìi. In tali disgraziale circostanze sono chiamato
dalla Costituzione delia Monarchia a presiedere i destini del Regno.
Nel compimento di questa alta missione farò tutti i miei sforzi pel
bene della patria e per meritare l'affetto del popolo portoghese. Per
conformarmi alle regole della costituzione, giuro di mantenere la
religione cattolica romana e T integrila del reame, di osservare e
di fare osservare la costituzione politica della nazione portoghese e
di lavorare pel bene generale nella misura delle mie forze. Mi im-
pegno di rinnovare presto questo giuramento dinanzi alle Cortes. »
Le circostanze erano davvero disgraziate per un giovane re di
diciotto anni, impreparato, circondato da contrari partiti, scosso
dalle terribili scene che aveva sotto gli occhi, incerto delTavvenire.
Nella riunione del Consiglio di Stato, al quale il re si affidò inte-
ramente, si risolvette di profittare del momento per tentare un'o-
pera di pacificazione, accettando il concorso di tutte le frazioni dei
partiti monarchici per un « Ministero di concentrazione ». Il Franco
e i suoi colleghi, consenzienti, rassegnarono il loro ufficio nelle
mani del Sovrano e si costituì il nuovo Ministero coi seguenti ti-
tolari : ammiraglio Ferreira do Amarai alla presidenza e ministro
dell* interno ; Moreira junior alle finanze ; Campos Henriquez alla
giustizia; Castilio alla marineria; il conte Bretlandos ai lavori pub-
blici ; Mathìas Nunes alla guerra ; Venceslao Luna agli affari esteri.
Di questi uomini chiamati al governo il presidente, noto ufficiale
e direttore degli arsenali di Lisbona, non appartiene a verun par-
tito, e la sua scelta evitava appunto le infauste gelosie fra i varii
capi di gruppi concorrenti : il ministro delle finanze e quello degli
esteri appartengono ai progressisti, gli stessi che sostenevano il
Franco: quello della giustizia e dei lavori pubblici ai rigeneratori: gli
altri agli indipendenti. — La legge marziale intimata subito dopo
la tragedia fu presto disdetta: le franchigie parlamentari rimesse in
vigore e tre deputati che erano stati tratti in prigione rilasciati :
494 CRONACA CONTEMPORANEA
ripristinata la libertà di stampa e prosciolti anche quelli fra i gior-
nali che erano stati sospesi. Il giovane re, con lettera del 5 febbraio
al presidente del Consiglio, rinunziava alPaumento della lista civile
assegnato dal precedente ministero per compiacere al re defunto, e
rimetteva la votazione degli appannaggi alle Cortes. — Tutto ac-
cenna a riprendere la calma.
I funerali del re Carlo e del principe Luigi Filippo sono fìssati
al giorno 8. Questi non aveva che 21 anni e sopra di lui si fonda-
vano già grandi speranze dalla nazione in mezzo alla quale pur troppo
il padre non era riuscito a cattivarsi là vera afifezione del popolo.
Però nou è la vita privata dell'uomo, ma la politica del sovrano che
si invoca a pretesto dai partiti rivoluzionari per iscusare il volgare
assassinio. Gli si attribuisce a delitto lo scioglimento della Camera,
la dittatura del Franco, le misure repressive contro la stampa che
incitava alla ribellione e alfanarchia e V incarceramento dei capi più
audaci della rivoluzione. In queste accuse si nasooade un viluppo di
contraddizioni. Il Portogallo da molto tempo è travagliato dalla di-
scordia e dalla corruzione del più inetto parlamentarismo. Due par-
titi, il moderato o rigeneratore e il progressista, chiamati partiti
« rotativi » perchè si avvicendano nel potere, pretendevano arrogarsi
ogni ingerenza di governo, facendo della pubblica azienda un traffico
partigiano ad esclusivo benefizio degli addetti al partito. Se la co-
rona ebbe un torto fu quello di non avere spezzato molto prima tali
consorterie che in sostanza costituivano una oligarchia, una ditta-
tura mascherata solo avida di soddisfare le ambizioni personali con
danno delle pubbliche amministrazioni e degli interessi del paese.
I partiti parego^iandosi nella Camera, rendevano rmpossibile ogni
voto parlamentare. Era necessario uscire da una situazione di in-
trighi, di crisi continue: la Camera fu sciolta e il Governo provve-
deva temporaneamente al disbrigo degli affari fino alle nnove elesioni
che erano state prolungate per dar il tempo necessario airopinione
pubblica e ai parliti di migliorare. Era, secondo una giusta espres-
sione d«^lla Corrispondenga romana^ un uscire delia legalità per rien-
trare nell'ordine.
Che la maggioranza della nazione approvasse tale indirizzo e non
consentisse menomamente alle sètte agognanti a rivolgidienti polìtici
è provato dai fatti stessi di questi giorni, nei quali il ministro fu
rispettato, né alcun movimento si sollevò nel popolo per seguire i
regicidi. Se la nazione fosse stata coi settari, o li avesse lasciati
fare, il re e la famiglia reale sarebbe ora in esilio. Ma i congiurati
sentivano che la nazione non avrebbe ciò consentito e perciò ricor-
sero al sangue.
Infine non è inutile qui notare colla stessa Corrispandenea quanto
NOTIZIE GENERALI 495
poco valgano certi partiti monarchici nei paesi travagliati dalle sètte.
Qaando re Carlo spezzò la dittatura pseudo - parlamentare delle ca-
marilU, si videro gruppi e giornali monarchici fare un'odiosa campa-
gna di vero e proprio eccitamento contro le istituzioni, per vendetta
e per ricatto contro la corona. Se la campagna di certi circoli e fogli
monarchici di Lisbona non ha fruttato la rivoluzione, ciò prova che
11 popolo è molto migliore degli uomini e dei partiti, i quali sono
monarchici se e finché la monarchia è del loro partito. E non solo
in Portogallo.
AUSTRIA-UNGHERIA (Mostra Corrisjìondenea), 1. Parlamento austriaco:
la discussione ed approvazione del compromesso austro-ungarico; difficoltà
superate; interruzione della sessione parlamentare. — 2. Apertura delle
Delegazioni ; nuove spese militari, ed aspirazioni del militarismo. — 8.
Il sesto Congresso dei cattolici austriaci in Vienna; il « Plus verein »
e la stampa cattolica austriaca; la questione delle università austria-
che ebraizzate sollevata dal dott. Lueger; sconfitta degli ebraizzanti
nella Camera. — 4. Il compromesso nella Camera ungarese ; torbidi in
Croazia. — 5. La morte del conte Federico Schònborn.
1. Dei tre paurosi enigmi, che la sfinge austriaca proponeva da
risolvere al presidente Beck quando giunse al potere, due hanno già
trovato felicemente il loro scioglimento, vale a dire la riforma elet-
torale ed il compromesso (Ausgleich) coir Ungheria; resta ancora
da affrontare il terzo, senza dubbio il più difficile di tutti : il rista-
bilimento della pace nazionale fra le diverse stirpi dello Stato più
eterogeneo e poliglotta dell' Europa centrale. E a dir vero, i primi
tentativi fatti dal Beck al sorgere del nuovo anno, per ravvicinare
un po' fra di loro le nazioni nemiche e ringhiose dell'Austria, se-
gnatamente gli czechi ed i tedeschi, a ben poco finora approdarono;
anzi ad altro non riuscirono, che a provocare le dichiarazioni meno
conciliative e le pretese più intransigenti degli avversi partiti nazio-
nali. Mentre ne stiamo attendendo i risultati finali, gioverà ripigliare
il filo della storia del compromesso austro-ungarese, finalmente ap-
provato da ambedue i parlamenti di Vienna e di Budapest.
Il compromesso doveva essere stipulato e sanzionato alla più
lunga per la fine del dicembre p. p., ed i due parlamenti avevano
a loro disposizione tutto quel mese per discuterlo. Ove non fosse
stato possibile venire ad un accordo entro quei termini, la si-
tuazione politica dell'Austria-Ungheria sarebbe piombata in un vero
Nota. — La Direzione del periodico, nel pubblicare le relazioni de* suoi eorrispor-
iionti esteri, come si affida alla serietà delle loro informazioni e rispetta la eonvenierte
libertà de* loro apprezzamenti, cosi lascia loro la responsabilità Je* fatti e delle opinioni
poTunicaie.
496 CRONACA CONTEMPORANBA
caos, e danni immensi ne sarebbero seguiti per ambedue le parti
della monarchia. Se non che, appena incominciata la discussione,
s*addensò sui due parlamenti tale tempesta, che I* approvazione del
compromesso entro dicembre apparve impossibile assolutamente.
Ostruzicne feroce inesorabile dei Croati nella Camera un garese, ostru-
zione larvata ma tenace nella Camera austriaca, sotto forma di inter-
minabili proposte d*urgenza presentate dai socialisti e dai radicali
czechi e ruteni allo scopo d'impedire fin dalle prime la discussione
del compromesso.
L'ostruzione venne spinta a tal punto, che il presidente Beck
videsi costretto a minacciare Timmediata dimissione del suo gabi-
netto, ed il ritorno allo stato extra -costituzionale del famoso § 14.
La votazione delle proposte d'urgenza segui in mezzo ad un pande-
monio di rumori e tumulti plateali, da disgradare tutti gli scandali
passati, pur tanto clamorosi della vecchia Camera. La stampa vien-
nese intitolava i suoi articoli sulla situazione della fine del novem-
bre colle parole: « Suicidio della Camera». — Vigliacchi, traditori,
assassini del popolo, briganti, infami ! — erano gli appellativi piti
cortesi, lanciati fra gli urli delle gallerie dai socialisti contro i cle-
ricali ed i cristiani-sociali, perchè non avevano stimato opportuno di
riconoscere l'urgenza d'una loro proposta diretta in apparenza con-
tro il rincaro dei viveri, ma in fatto a semplice scopo di ostru-
zione.
A peggio arruffare la matassa sopravvenne l'episodio delle dichia-
razioni antitedesche, contro la barbarie delia legge di sterminio
nazionale, voluta imporre dal BUlow in Germania agli infelici Polac-
chi della Posnania, a danno dei quali vuoisi abolito perfino il di-
ritto di proprietà privata. Contro siffatta iniquità sorsero a prote-
stare alla Camera austriaca i Polacchi della Galizia; spalleggiati
dagli Italiani del Trentino, pur essi oppressi ed insidiati nella loro
esistenza nazionale dalia prepotenza tirolese e pangermanica. Agli
Italiani s'aggiunsero tutti gli Slavi, dando una lezione solenne di
civiltà ai Tedeschi pangermanisti furibondi ed insieme sgomentati
dell'isolamento procuratosi col loro iniquo procedere verso le altre
nazioni, e colla loro superbia veramente incorreggibile.
L'episodio parlamentare ebbe un'eco a Leopoli, dove in un co-
mizio di 10.000 persone, fra le grida di « abbasso i barbari, ab-
basso Blilow, abbasso Aehrental » si protestò contro la brutalità
prussiana, eccitando il governo ad intervenire in difesa dei loro
conculcati connazionali. Ma figurarsi, se il governo austriaco, legato
com'è al carro trionfale della grande Germania, avrà il coraggio di
zittire al cospetto della formidabile alleata, della quale è costretto
a tollerare in connivente silenzio le invasioni più sfacciate di prò-
A USTR [ A-UXGHBRIA 497
paganda luterana e germani zza tri ce nelle province dello Stato au-
striaco! E di fatto il governo se la cavò colla solita canzone degli
affari interni d*un altro Stato, nei quali non è lecito intervenire.
Cosi è salvo anche il famoso principio del non intervento, sostituito
airunità solidale della Cristianità, distrutta dall'eresia e dalla rivo-
luzione 1
Il compromesso già accettato dalla commissione parlamentare
venne finalmente approvato anche dalla Camera, si può dire a voti
unanimi, grazie all'improvvisa astensione dei socialisii, ottenuta non
si sa bene con quali promesse dal Beck, la cui abilità incontesta-
bile sembra non sappia sostenersi più largamente, senza ricorrere
alla promessa lunga con Tattender corto. Ne ebbero un saggio gli
Italiani, deputati Adriatici e Trentini, quando sul chiudersi della
sessione il Beck negò loro recisamente quello che il suo governo
aveva promesso rispetto alla questione dell'università italiana, per
assicurarsi il loro voto a favore del compromesso austro-ungarico.
Dopo la votazione del medesimo successero nuovi tumulti per opera dei
Ruteni ostruzionisti, uno dei quali nel furore della mischia ferì un
deputato Sloveno con un pezzo del suo banco, scaraventato contro il
presidente della Camera. E dì lì a pochi giorni corsero ancora nuove
dicerie di crisi ministeriale, a cagione del rifiuto opposto dal Beck
alla dimanda d'un deputato czeco cattolico, il quale esortava il go-
verno austriaco ad ingerirsi nelle cose dell'Ungheria, per difendere
i diritti delle minoranze nazionali oppresse dai Magiari. I quali,
montati sulle furie per tale offesa, continuarono un bel pezzo a vo-
mitare nella loro stampa le ingiurie ormai stereotipate contro gli
Austrìaci per le loro inframmettenze intollerabili negli affari interni
dell'Austria. Frattanto l'esperto presidente Beck, ottenuta dalla do-
cile Camera anche l'approvazione del bilancio provvisorio, carico di
allori poteva il Si dicembre p. p'. sbarazzarsi finalmente dei signori
deputati, mandandoli a casa a godersi le feste natalizie, coli'appen-
dìce di un paio di mesi di vacanze, per far luogo ai lavori delle De-
le*::azìoni e delle Diete provinciali, fino alla metà di marzo, quando
la Camera sarà riconvocata per ripigliare l'interrotta sessione.
2. Le Delegazioni vennero aperte il 22 dicembre p. p. da S. M.
l'imperatore, ritornato per la prima volta a Vienna dopo la grave
malattia, che aveva dato molto a temere dentro e fuori della mo-
narchia. Nella Delegazione austriaca, ingrossata dal suffragio uni-
versale, siedono quest'anno 19 slavi, 17 tedeschi. 3 italiani ed un
ruteno, fra i quali quattro socialisti. La sessione delegatizia si pro-
lungherà quest'anno fin dentro la state ad intervalli e riprese, oc-
cupandosi soprattutto di nuovi aumenti straordinari nelle opere mi-
litari di terra e di mare, le quali richiederanno milioni sopra mi-
1908, voi. l fiuo. 1384. 32 8 febbraio 1908.
498 CRONACA CONTEMPORANEA
lioni per racquieto de' nuovi cauDoni di campagna, per Taumento
degli artiglieri, per il miglioramento delle paghe degli ufficiali, e mas-
Bimamente per il completamento della flotta e della difesa marittima.
Finora ogni discussione al riguardo venne impedita dalle pretese na-
zioni degli Ungaresi, sempre ostinati nel volere un proprio esercito
indipendente, e per ora almeno la bandiera e la lingua di comando
ungarese.
A meglio accaparrarsi il voto dei delegati in favore di tutto il
nuovo fardello imposto dal militarismo, il supremo comandante della
flotta conte Montecuccoli li invitò tulli a recarsi a Trieste per la
metà di gennaio, per passare, accompagnati dalle corazzate della
flotta invernale a Pola, a visitare quell'arsenale e porto militare,
ed assistere alle finte battaglie di mare allietate da sontuosi ban-
chetti. Cosi è da sperare che i signori delegati ritornando ai loro
scanni non avranno più il coraggio di rifiutare i nuovi milioni per
compiere gli apprestamenti di guerra da un paio d'anni già molto
avanzati al confine meridionale del Trentino, convertito su tutta la
linea in una fortezza inespugnabile, con guarnigioni seminate un
po' dappertutto, con depositi d'armi e di munizioni, con numerosi
posti di gendarmeria e di polizia militare, quasi come alla vigilia
d'una guerra contro il finitimo alleato. E si parla di concentramenti
militari e di nuove fortificazioni anche nel Friuli. Tutto ciò al do-
mani delia conferenza dell'Aia, e del recentissimo scambio di auguri
cordiali per l'anno novello fra i due ministri degli esteri Aehrental
e Tittonil Ora rimane ancora da fortificare la costa istriana e dal-
mati na, non comprese nel raggio fortificatorio dei due centri inespu-
gnabili di Pola e di Gattaro. A tal uopo tutta la stampa militarista
di Vienna si impegna a fare una levata di scudi per influire sui De-
legati e sull'opinione pubblica. Persino il brindisi all' « Adriatico
amarissimo » della poetica « Nave » di Gabriele D'Annunzio potè
da ultimo dar buono in mano alla A'. F. Presse e compagnia bella
di Vienna, per dimostrare sul serio l'urgente necessità della difesa
contro l'invasione armata, minacciata (con quella bella preparazione
militare I) dall' Italia 1 E l'Ungheria viene accusata di aiutare sotto-
mano le voglie conquistatrici dell' Italia, perchè i delegati ungaresi
con a capo il loro Barabas non assecondano in tutto le pretese dei
militarismo austriaco 1 A che tutti questi armeggiamenti? Forse non
è lontano il giorno, in cui lo statu quo, stipulato fra l'Austria e il
suo alleato meridionale della Triplice, cesserà e la Bosnia-Erzego-
vina, finora amministrata come semplice territorio d'occupazione dal-
l'Austria, a nome delle potenze firmatarie del trattato di Berlino»
sarà trasformata in provìncia dell* impero austro-ungarese, ed aprirà
la via alle ultime passeggiate verso l'Albania e la Macedonia. Air
AUSTRIA-UNGHERIA 499
lora tutto deve essere pronto per fare il colpo, dopo aver bene ae-
flicurale le spalle, contro chiunque volesse mettere bastoni nelle
ruote.
Caratteristica a questo riguardo la proposta di compiere ancora
entro quest^anno, in cui festeggiasi il LX anniversario di regno del-
l'Imperatore Francesco Giuseppe, in omaggio allo stesso, la annes-
sione definitiva della Bosnia-Erzogovina, col pretesto della crescente
agitazione panserba. È chiaro tuttavia che siffatta proposta non po-
teva partire né del ministero degli esteri, né dai circoli politici più
seri di Vienna.
3. Come fu accennato neirultima corrispondenza, il sesto con-
gresso generale de' cattolici austriaci fu tenuto a Vienna dal 16 al
19 novembre p. p., con grande frequenza di delegati della capitale
e delle province (circa 6000) e col seguente programma di lavoro:
stampa, scuole, organamento dei contadini, dei professionisti, degli
operai, delle donne, ecc. Assisteva a capo d'una schiera di Vescovi
e di abbati S. E. il Nunzio pontificio, insieme al fiore dell'aristo-
crazia cattolica, e fra altri laici illustri il nuovo ministro cristiano-
sociale D. Gessmann, presidente il benemerito conte Sylva Tarouca.
Il segretario centrale nella sua relazione accennò ai 4 milioni e mezzo
di firme opposte dai cattolici austriaci alle 70,000 raccolte, ed in
parte carpite dalla setta anticristiana contro T indissolubilità del ma-
trimonio, deplorando tuttavia che l'agitazione del ^ Los von Rom »
non sia ancora cessata, specie in Boemia e nella Stiria, dove i pa-
stori e predicatori luterani, piovuti dalla grande Germania come le
cavallette d'Egitto, possono continuare a tutto loro agio sotto gli
occhi del governo la loro propaganda anticattolica ed anliaustriaca. Il
vegliardo quasi novantenne D. Gruscha, cardinale arcivescovo di Vien-
na, diede lettura dì un Breve del S. Padre, applauditissimo, che chiu-
devasi colla benedizione apostolica al congresso. Splendidi i discorsi
del p. Benno Auracher e del p. Vittore Kolb S. I. intorno ai pro-
gressi assai consolanti del « Pius verein » e della stampa cattolica.
11 p. Kolb, principale promotore del « Pius verein » illustrò fra Taltro
il disegno diabolico della mondiale « Alliance Israelite » di conse-
guire la distruzione religiosa, morale e materiale della cristianità,
per mezzo della stampa giudeo-massonica, rappresentata a Vienna in
prima linea dalla famigerata N. F, Presse, e da una serqua di altri
grandi giornali, l'uno più diffuso deìl' altro, ai quali i cattolici non
possono contrapporre se non il Yaterland e la Feichspost, ora final-
mente coordinati e rinforzati con grave dispendio del benemerito
« Piusverein ». Accanto ad una falange di piccoli periodici, opu-
scoli, e fogli volanti nella forma più popolari, la stampa cattolica
delle province tedesche venne pur essa soccorsa di danaro e d' in-
500 CRONACA CONTEMPORANEA
formazioni dal « Piusverein », il quale spiega per T incremento della
stampa cattolica uno zelo adeguato alla sua importanza, sì lumino-
samente dimostrata in un recente articolo notevolissimo della Civiìià
Cattolica, Nel breve corso di venti mesi il < Piusverein » ha fon-
dalo 3"£0 gruppi locali, con 70,000 tra soci ed aderenti, e speso
'ltì:2,000 corone, pur mantenendo un fondo di riserva di 60,000 co-
rone: sono cifre che parlano da sé. I quattro milioni di corone rac-
colte nello spazio di molti anni dal comitato promotore dell'univer-
MÌ1à cattolica di Salisburgo sono certo qualche cosa, ma se un con-
Tronto fosse lecito, esso rischierebbe di apparire un po' odioso.
Nella questione scolastica il deputato D.r Majer, professore uni-
versitario, protestò in parecchie risoluzioni contro l'opera nefasta di
molti professori miscredenti nei ginnasi e nelle università. Altre sagge
risoluzioni vennero approvate rispetto all'educazione religiosa nelle
Hcuole popolari, ed alle riforme della legge scolastica, deplorata come
insufficiente dall' Episcopato austriaco. Impossibile nei limiti ristretti
di questa cronaca riassumere tutto il buono ed il bello contenuto
nt'i discorsi e nelle risoluzioni di questo congresso, p. e. in punto
alla lega cattolica dei contadini (il solo gruppo dell'Austria sotto
r Gnns conta 37,000 soci) alla società dei maestri popolari, degli
artigiani, dei giovani operai, alle donne ecc.
Gioverà bensì spendere qualche parola di pi\i sull'incidente parla-
mentare, occasionato da un discorso tenuto al congresso cattolico dal-
rUlustre borgomastro (sindaco) di Vienna, D.r Lueger, a proposito
tlelle università austriache. Egli parlò in sostanza come segue: Dopo
r ultimo congresso molto si è fatto, ma non tutto. La nostra impresa
più importante nel prossimo avvenire deve essere quella di « riconqui-
stare rUuiversità» (applausi). Le nostre cattedre universitarie sono in-
vase dagli Ebrei; degli otto nuovi professori, nominati pochi giorni
f«, sette, dico sette, sono Ebrei (grida di j>/Wi ! vergogna!) Proseguì
biasimando la crescente rozzezza de' costumi studenteschi, Tostra-
ciiimio accademico inflitto alle società cattoliche universitarie, l'inse-
]^namento demolitore d*ogoi principio di fede e di morale cristiana,
e propagatore dì idee rivoluzionarie ed anarchiche, conchiudendo
cuiriuvooare la restituzione delle università al popolo cristiano, loro
Antico fondatore e padrone.
A ci>mmento d**Ve afferma/ioni del D.' Lueger possono servire i dati
:i^^uentì. A Vienna di i3 professori ordinari 10 sono ebrei: di sette
«tnioniìnan uno soli» è cristiano ! Due ebrtri ed un cristiano a Vienna, e
èi^Vì ebrt*i a Pm^ra insegnano diritto civile e matrimoniale! Ebrei sono
i prx^fessorì di diritto ei^mmerv-ìale a Vienna, a Praga ed a Czerno-
YttJ-. Perfino la commissione giuridica p^r la revisione del codice
ch'ile è comfH^ta in maggioranza di ebrei. La facoltà medica sta
AUSTRIA-UNGHERIA 501
quasi per intero nelle mani degli ebrei. Ebrei sono a Vienna il 61 %
degli studenti di medicina, il 23 % dell' intera università, il 27 °^o
nel politecnico, il 23 % nelle scuole reali, nei ginnasi il 28 <»/oi anzi
in uno dì essi il 77 % ! Con tutto ciò, appena il D."^ Lueger ebbe
parlato, tutta la stampa della Sinagoga e della Loggia colla N, F.
Presse a capo sorse con grande schiamazzo alle difese « della scienza
e della libera indagine scientifica » si terribilmente minacciate dal-
Toscurantismo clericale. Alle fiere proteste della stampa aggiunsero le
loro dichiarazioni altisonanti i professori di materialismo e d'ateismo
che appestano le diverse cattedre universitarie, e tutti i pezzi grossi
della liberaleria nazionale tedesca, portando la questione fin nelle
sale del parlamento, dove il deputato boemo D.' Masaryk, profes-
sore deiruniversità di Praga, presentava una proposta d'urgenza,
invocante dallo Stato il soccorso necessario a salvare la scienza e
la libertà accademica dagli assalti dei nuovi Attila cristiano- sociali.
Gou un'altra proposta d'urgenza i socialisti chiedevano l'abolizione
delle facoltà e lauree teologiche nelle università, e la reiezione delle
lauree pontificie. E su tali argomenti s'impegnò per parecchi giorni
la discussione, infiorata di tutte le viete calunnie e delle più stolide
accuse contro il clero, il Cristianesimo e la Chiesa cattolica, sicché
pareva di trovarsi alla vigilia d'un nuovo « Kulturkampf » alla
francese.
Nondimeno la votazione sulle dette proposte riusci ad una piena
sconfitta del Masaryk e compagnia rossa, nonché della briffalda
N. F. Presse e degli altri corifei della sinagoga. Apparve poi chia-
ramente dalle cifre della votazione, che, se nella nuova Camera
sorta dal suffragio universale non esiste una maggioranza cattolica,
non esiste nemmeno una maggioranza favorevole alla scuola laica,
al divorzio anticristiano, e ad una separazione della Chiesa dallo
Stato sulla falsariga di Francia. Da che segue, che, almeno per in-
tanto, se non si potrà uscire dalla morta gora, almeno non avremo
a temere peggiori guai, e potrà progredire durante la tregua l'opera
della difesa religiosa.
4. Nella Camera ungarese la discussione del compromesso venne
tirata in lungo dall'accanita ostruzione dei Croati, provocata, come
si disse, dall' imposizione della lingua magiara nel servizio delle
ferrovie croate ; altre difficoltà vennero create dal malcontento di
tutte le altre nazionalità non magiare, e del partito popolare (Volks-
partei) che minacciava la secessione per questioni di principio.
Ma finalmente ridotta al silenzio colle armi dell'astuzia e della vio-
lenza l'opposizione, il governo del Wekerle, dopo aver superato
anche il pericolo d'una crisi ministeriale e politica, venne a capo
di far passare anche in pieno la legge del compromesso, approvata
502 CRONACA GONTEMPORAKEA
dal parlamento austrìaco. La chiosa della sessione parlamentare per
le feste natalizie nel regno di S. Ste&no venne festeggiata, contro
ogni legge divina ed umana, collo scandalo di un dneUo clamoroso-
fra il sig. Wekerle presidente del ministero e il sig. Polonyi ex mi-
nistro della giustizia!
I rapporti fra T Ungheria e La Croazia, già peggiorati oltremoda
durante Tanno passato, sotlo il governo del Bano magiaro Rakodzay,
precipitano adesso ad una aperta rottura, in seguito al tirannico
scioglimento della Dieta di Zagabria, ed alla nomina del nuovo Bano
barone Ranch, croato bensì di nascita, ma in politica moffiarwie^
che vuol dire fautore del predominio ungarese a danno deiraotonoraia
croata, guarentita dal compromesso del 1868. Il 15 gennaio, recatosi
il nuovo Bano a Zagabria per prendere possesso del suo ufficio,
venne accolto alla stazione da uoa grande folla, la quale tra i fischi
e le urla di traditore. Giuda, vigliacco, minacciava di schiaffeggiarlo.
Le carroaze del sno corteggio furono esposte ad una tempesta di
pietre e d* immondizie lungo tutto il tragitto fino al palazzo del go-
verno, che venne fatto segno ad una fitta sassaiuola. Si temono
eccessi ancor più gravi nelle prossime elezioni per la Dieta.
In Ungheria Torganamento cristiano-sociale nella « Katholischer
Volksverein » dopo quasi tre anai di lavoro è arrivato a buon punto.
Predominano nella sua direzione gli elementi e Tinfluenza della par-
lamentare « Volkspartei » di cui fa parte anche il vescovo Prochaska.
Pur troppo l'aristocrazia ed anche il clero, in generale, s' indugiano
tuttora sotto le tende dei partiti governativi, facendo da puntelli
alla coalizione, finché potrà tenersi in piedi. Tuttavia nel congresso
deir 11 novembre p. p. erano rappresentati WO gruppi della so-
cietà con circa 30,000 lavoratori delle diverse lingue e nazioni del
regno ; a Budapest il gruppo cristiano sociale conta più di 6000 operai.
E la società promette bene, purché si riesca a definirne meglio il
programma d'azione, e che la sua attuazione non venga in parecchi
punti impedita dalle correnti partigiane della politica.
5. Sul principio del suo giubileo imperiale, che sarà festeggiato
con opere di carità e di beneficenza dei sudditi della monarchia,
S. M. Francesco Giuseppe, appena guarito dalla sua grave malattia,
venne amareggiato dalla perdita d'uno dei più fedeli ed abili uomini
di Stato, il conte Federico Schònborn, una personalità, come osa
dire, assai distinta per acuto intelletto e vasta coltura, per saldi
principii cattolici, non mai sconfessati nella sua lunga e brillante
carriera di giurista, di oratore, di luogotenente e di ministro.
TURCHIA 503
TURCHIA (Nostra Corrispondenea). 1. La Chiesa greca di Costantinopoli
e la sua inerzia nella ricorrenza del XV centenario di S. Giovanni Gri-
sostomo. — 2. Una tornata dell* Istituto archeologico russo in onore del
Grisostomo. — 3. Il solenne triduo in onore dèi Grisostomo celebrato
nella cattedrale latina di Costantinopoli. — 4. Le accademie letterarie
in onore del Grisostomo tenute nel collegio di S. Benedetto dei Laz-
zaristi francesi. — 5. Le diatribe di un giornale greco sulle feste cen-
tenarie del Grisostomo a Costantinopoli.
1. La Chiesa greca non si è preoccupata di celebrare con feste
speciali il centenario di S. Giovanni Grisostomo. Il patriarca ecu-
menico Gioacchino III nei suoi documenti ufficiali si gloria di assi-
dersi sulla cattedra illustrata da Grisostomo e da Fozio (!), e non-
dimeno si è astenuto dal commemorare degnamente il più grande
atleta dell* ellenismo cristiano, ed i vescovi greci hanno imitato
Fesempio del loro capo. La cosa sembra incredibile, ma è pur vera.
IIpoóSo^, col suo franco parlare, biasimava la gerarchia greca della
sua inerzia e meravigliavasi che i Latini fossero più zelanti dei Greci
nell^esaltare i santi più illustri dell^ellenismo. Il patriarca Gioac-
chino III, al quale siffatti rimproveri non parvero campati in aria,
interrogò i membri del Sinodo se conveniva festeggiare il XV cen-
tenario della morte di S. Giovanni Grisostomo. I vescovi sinodali
si mostrarono scandalizzati della proposta. L* iniziativa di queste
feste partiva da Roma, e non vi è nulla di comune tra Cristo e
Belial, tra le rive del Bosforo e quelle del Tevere. Il Sinodo di-
chiarò quindi che non dovevasi commemorare il Grisostomo per non
darsi Tarla di copiare servilmente le novità delia Chiesa romana.
Ed il consenso della gerarchia greca per quel che concerne siffatta
astensione è stato si unanime che nel 1907 la stampa del clero greco
ha finto d* ignorare che ricorreva il XV centenario del più illustre
dei suoi dottori. La 'ExxXrjataaxtx^ 'AXir^Oeta, organo del Fanar, af-
fermava che la Chiesa greca non giudicava conforme alle sue tradi-
zioni il rendere speciali onori aj Crisostomo.
La memoria del santo è da essa celebrala tre volte: il 13 no-
vembre, anniversario della sua morte ; il 27 gennaio, traslazione delle
sue relìquie nel 438; ed il 30 gennaio, festa dei tre gerarchi (S. Ba-
silio, S. Gregorio Nazianzeno e S. Giovanni Grisostomo). La Chiesa
latina non celebrò mai con pompa solenne il centenario del Grisostomo,
o di qualsiasi altro Padre della Chiesa orientale; né eziandio dei
Padri Latini. Il patriarcato ortodosso aderisce con salda fermezza alle
usanze-^ 5[ia6e xal ncupéXa^e xal ^fKODOE (che apprese, e ricevè per tra-
dizione orale e scritta) e non viola le preFcrizioni ecclesiastiche.
Tale è il sunto del curioso documento patriarcale che rivela le
concezioni grette e meschine, e le bizze puerili della gerarchia del
504 CRONACA CONTEMPORANEA
Fanar. Anche l'organo del Santo Sinodo dì Pietroburgo non perita-
vasi di biasimare gli sfoghi intempestivi del Patriarca, e ricordava
le feste solenni celebrate dai Russi nella licorrenza dei centenari del
battesimo della Russia, dei Ss. Cirillo e Metodio, e di S. Sergio Ra-
donejsky. Aggiungeva inoltre che la consuetudine di festeggiare i
centenari dei più illustri campioni della verità cristiana è corrobo-
rata dairautorilà della S. Scrittura. All'organo del Sinodo di Pie-
troburgo non sembra poi credibile che 1 Latini, come asserisce la
Verità Ecclesiastica ^ non sieno usi a celebrare i centenari dei santi.
Il periodico russo sarebbe stato più leale tacciando di falsità T as-
serto dell'organo patriarcale, e richiamandogli alla memoria la so-
lenne celebrazione dei centenari di S. Agostino e di S. Gregorio il
Grande neirOccidente. Arrogi che la Chiesa greca festeggiò con pe-
culiare entusiasmo il centenario di Fozio. 11 ghiribizzo dunque di
non commemorare degnamente il XV centenario del Grisostomo non
ha altro movente che Podio contro il cattolicismo, odio si radicato
nel cuore dei redattori della Verità Ecclesiastica.
Invece di rievocare il genio, le virtù ed i meriti dell'illustre
Dottore, e d'intrecciare i suoi inni di lode a quelli della Chiesa cat-
tolica, l'organo del Patriarcato nei suoi fascicoli del 1907, per ab-
battere il latinismo, si è appigliato al partito di tradurre e pubbli-
care il misero libello del Froschhammer contro il Primato dei Romani
Pontefici : Der Fels Petri, edito nel 1871. Ma le antipatie della Grande
Chiesa di Costantinopoli contro i centenari non sono state imitate
dalle altre chiese autocefale dell'Oriente. Le chiese slave e la chiesa
rumeno ortodossa hanno gareggiato di zelo nel commemorare l'illustre
Djttore, ed il Fanar si è accorto che certe sue decisioni suggerite
dall'odio e dal fanatismo contribuiscono ad abbassare vieppiù il suo
credito ed il suo prestigio. I posteri apprenderanno con meraviglia
che nel 1907-1908 il più grande luminare della Chiesa di Costanti-
nopoli è stato esaltato e festeggiato dall'orbe cattolico, dal prote-
stantesimo, e dalle chiese autocefale slavs e che all'universale con-
certo di lodi non si associava la voce dell'ellenismo cristiano. La
Grande Chiesa è più tenera delle tradizioni di Fozio che di quelle
del Grisostomo.
2. Sull'esempio delle accademie e delle università russe che con
feste religiose e letterarie hanno celebrato il XV centenario del Santo
Dottore, l'Istituto archeologico russo di Costantinopoli, tanto bene-
merito diigli studi bizantini, a di 27 novembre 1907, riuniva nelle
sie sale il fior fiore della colonia russa, li dotto bizantinista, dot-
tor Teodoro Uspensky, tratteggiava mirabilmente un quadro della
società bizantina al IV secolo, facendo risaltare la lotta che com-
battevasl tra il cristianesimo già vittorioso ed il paganesimo ago-
TURCHIA 505
nizzaite. L'arciprete riisio di resideaza a Costantinopoli, Giovanni
Govliovsky, inlesseva le iodi del Grisostomo, luofi^ggiando la sua
aurea elo.(uenza, la sua conoscenza profonda delle Sante Serit<
ture, i suoi meriti nel dominio della liturgia, il suo zelo Apostolico
e la grandezza del suo episcopato. Secondo Tarciprete russo, nella
persona del Grisostomo vigeva la più perfetta armonia tra Ja sua
dottrina e la sua vita, tra i suoi ideali e le sue opere. Il Grisostomo,
vittima di ti:ìa corte lasciva e corrotta, col suo martirio pronunziò
il verdetto di conianna della sibaritica Bisanzio. Deviando poi nel
campo della politica, foratore dichiarò che la vita e gli scritti del
santo Dottore con^engono i punti principali del programma da svol-
gersi nelle se.-3slo.ii del futuro e problematico concilio russo. Il Cri-
sostomo, provveduto di larga cultura umanistica, ci attesta la neces-
sità pel clero russo di rialzare il suo livello intellettuale. Egli de
termina con la sua ìntrepidità di fronte alia corte bizantina la
missione del clero nello Stato; nella liturgia egli è il partigiano di
un idioma liturgico accessibile al popolo; contro le eresie «gli in-
voca solanente le armi spirituali, TefQcace predicazione e la mise-
ricordia; le sue torture sono un argomento indiretto in favore del
diritto dei laici e del clero inferiore di partecipare ai concilii. È
noto infatti che la condanna del Grisostomo fu pronunziata da un
conciliabolo di vescovi. L'amor fraterno v. la carità cristiana sono
il fondamento di tutte le dottrine e deirattività apostolica del Gri-
sostomo.
Abbiamo riassunto la conferenza dell'arciprete russo, il quale ha
trasformato il santo Dottore in vindice delle pretensioni del clero bianco
in Russia contro la supremazia morale e materiale deirepiscopalo e
del monachismo. L'oratore ha però dimenticato a bello studio che
nelle sue persecuzioni l'eroico confessore della fede e difensore dei
diritti della Chiesa non si rivolse ai laici od al clero inferiore, ma
dai Romani Ponte&ci implorò giustizia e sostegno.
3. Tranne la sum n intonata conferenza dell'arciprete Govidovsky,
gli ortodossi di Costantinopoli hanno fìnto d'ignorare la ricorrenza
del XV centenario del Grisostomo. La loro astensione ha messo in
più chiara luce l'universalità e l'unità della Chiesa romana, che
dappertutto e in tutte le lingue festeggia i grandi eroi del cristiane-
simo greci e latini. A sua Ecc. Mgr. Giovanni Tacci, Delegato Apo
slolico e Vicario Patriarcale di Costantinopoli, coadiuvato dal suo
degno Vicario Generale Mgr. Giovanni Borgomanero, devesi V ini-
ziativa di queste belle feste che sì grato ricordo hanno lasciato nei
cattolici della città, e con tanta eloquenza hanno rivelato ai Greci
le miserie morali della loro chiesa, e la vitalità divina del Cat-
tollcismo.
506 CRONACA CONTEMPORANEA
Il solenne triduo in onore del Grlsostomo si è celebrato ai di 25,
26 e 27 gennaio. La cattedrale dello Spirito Santo era bellamente
ornata di orifìamme, e di bandiere pontificie. Sull'altare maggiore,
irraggiata dai ceri di numerosi candelabri, attirava gli sguardi dei
fedeli il quadro del Santo, venerato in una delle cappelle della cat-
tedrale. Sin dal primo giorno la Chiesa era gremita, e commoveva
lo spettacolo del clero dei vari riti che aff rate (lavasi per onorare
degnameate il Grisostomo. La mattina del 25, alle 9 e mezza, celebrò
solenne pontificale di rito slavo. Sua Ecc. Mgr. Michele Mfrov, ar-
civescovo bulgaro di Teodosio polis. Lo assistevano due preti bulgari,
e parecchi preti di rito greco. Il fiorente seminario bulgaro di Ka-
ragatch, diretto con tanto zelo dai Padri assunzioni sti, vi aveva man <
dato i migliori suoi alunni cantori sotto la direzione dei Padri Basilio
Gueoev e Demetrio lanev. Gli ortodossi poterono accertare la vene-
razione che nutre il cattolicismo per le liturgie orientali, e la con-
cordia soprannaturale che regna fra i suoi membri.
Greci e bulgari ortodossi si scomunicano a vicenda, e solamente
nelle chiese cattoliche ci è dato di vederli fraternamente riuniti in-
torno allo stesso altare, e cibantisi del medesimo agnello immacolato.
Nel mezzo della liturgia, tra la commozione generale dei fedeli, Mon-
signor Mtrov, cantò prima in paleoslavo, poi in latino ed in greco
l'antifona: Damine, Domine, respice de coelo et vide vineam hanc quam
piantava dextera tua et perfice eam.
Il R. P. Gabriele Moriondo 0. P., superiore della Missione Do-
menicana del Levante, tessè le lodi del santo in lingua italiana. Il
valente oratore tratteggiò nel Grisostomo l'ideale del Pattar bonus
che sacrifica la vita pel suo gregge. Le caratteristiche della sua
anima sono una virtù eroica, una scienza sublime, una carità ine-
sauribile. A Costantinopoli egli si rivela acerbo riprensore dei vizi,
riformatore della società corrotta e padre dei poveri. Nel trattare
della carità del Grisostomo, egli mostrò l'inanità delle accuse di
coloro che scorgono in lui un precursore teorico del socialismo, un
demagogo violento. Le condizioni sociali di quei tempi, il lusso sfre-
nato di una oligarchia che assorbiva la ricchezza nazionale e la^
sciava i poveri morire d' inedia, le fiamme del suo zelo, ed il bol-
lore della sua eloquenza spiegano le sue invettive contro i ricchi e
contro la proprietà! Nella chiusa bellissima del suo panegirico il
P. Moriondo descrisse con vivi colori i mali e le rovine prodotti a
Bisanzio dallo scisma e dall'eresia, il suo decadimento, la sua ro-
vina, ed implorò dal Grisostomo, siro di nascita, greco di lingua,
armeno per la sua morte e latino di tomba, il ritorno del suo gregge
disperso all'ovile di Pietro.
A dì 26 celebrava solenne pontificale di rito greco S. Ecc. Mgr. Ata-
TURCHIA 507
nasio Savaya, arcivescovo greco- melchì la di Beirut, venuto di pro-
posito a GoBtaotinopoli affine di partecipare alle feste crisostomìane.
Lo assistevano con ricchi e maestosi paludamenti due greci melchiti
e parecchi preti di rito greco. I canti furono eseguiti dagli alunni
del seminario greco-cattolico di Eum-kapu, una delle opere più belle
e soprannaturali fondate dai Padri Assunzionisti dell* Oriente. I canti
furono eseguiti con tanta maestrìa dai cinquanta e più alunni dei
seminario greco di Kum-kapu, che i molti greci ortodossi i quali
per curiosità vi assistevano confessarono di assistere raramente nelle
loro chiese a cerimonie si belle e sì solenni come quella celebrata
nella cattedrale latina di Costantinopoli.
Al Vangelo, il R. P. Giorgio Calavassi, prete cattolico di rito
greco e alunno del Collegio greco di S. Atanasio, disse il panegi-
rico del Santo nell'armoniosa sua lingua. Egli fé risaltare la fisio-
nomia morale del Crisostomo come santo e come teologo e maestro
della verità cristiana, le cui opere formano una enciclopedia delle
questioni sociali, sciolte conforme ai principi del Vangelo. Bellissime
le citazioni originali del Crisostomo che luminosamente attestano la
sopremazia di Pietro e dei suoi successori. Il Signore, secondo il
grande luminare della Chiesa greca, non consacrò Pietro titolare di
una sede, ma sì maestro deH'orbe intiero : xòv Ilirpov xf^ o^xoujjìvtji;
àK&ar^ éX^tporóvTjoE StSàaxaXov. Ritornare dunque all'ovile di Pietro,
equivale pei Greci separati, come si espresse l'oratore, riannodare
le interrotte tradizioni di S. Giovanni Crisostomo.
Il Lunedi S7, festa di precetto per Costantinopoli, si tenne ìì
solenne pontificale di rito latino celebrato da sua Ecc. Mgr. Gio-
vanni Tacci, il quale avea assistito nei giorni precedenti ai due pon*
tificali slavo e greco. All'imponente cerimonia prendeva parte il
clero della cattedrale, Mgr. Giovanni Borgomanero, Vicario Gene-
rale, Mgr. Francesco Braggiotti, cancelliere apostolico, e Mgr. Fe-
derico Vallega, segretario di S. Ecc. Mons. Tacci. Nel coro rive-
stiti di ornamenti sacerdotali, assisterono alla funzione i superiori
e parecchi religiosi delle comunità di Costantinopoli, francescani,
conventuali, lazzarìslì, assunzionistì, domenicani, gesuiti, georgiani,
cappuccini, ed in posti distinti il Patriarca armeno- cattolico, Pietro XII
Sabbaghian, Mgr. Mirov e Mgr. Savaya. Secondo l'antica tradizione,
all'augusta cerimonia era presente S. E. Mgr. Constans, ambascia-
tore della repubblica francese presso la Sublime Porta, i membri
dell' Ambasciata Ledoulx, Bonin, Cuinet, de Barante, Delon, Benoist
d'Azy, e parecchi ufficiali dello stazionario francese, la Mouetie. Tra i
rappresentanti delle chiese orientali citiamo Mgr. Giuseppe Charib,
vfcario generale del Patriarcato caldeo'di Babilonia, Gabriele Fahir,
vicario generale dei siri cattolici, e Michele Cherem, vicario patriar-^
508 CRONACA CONTEMPORANEA
cale greco -tnelchi la. La corale, diretta dal valeatissimo artista S. E.
Dussap pascià, eseguì maestrevolmente la messa liturgica del Mat-
toni e il Benedictìis del Percsi. Tessè le lodi del santo con ispirata
eloquenza il R. P. Bruno, superiore dei cappuccini francesi del se-
minario e chiesa di S. Luigi. L'oratore tratteggiò mirabilmente la
iisonomia del Crisostomo come pastore, il quale ama il suo gregge,
e si studia di conoscerlo, e gli offre il cibo spirituale e materiale,
e sacriQca la sua vita per tutelarlo contro i lupi rapaci. Un fremito
scosse Tuditorio quando rievocò il Crisostomo perseguitato, che im-
plora giustizia e si rivolge alla Sede romana, perchè ivi è Cristo
vivente, il quale con la voce dei successori di Pietro parla alfuni-
verso.
La vasta cattedrale dello Spirito Santo era gremita di fedeli sin
dalle prime ore del mattino, e numerose sono slate le communioni.
Le feste celebratesi con tanta pompa h&nno realmente ravvivata la
pietà dei cattolici verso il loro grande ed immortale protettore.
L' intervento del signor Constans alla solenne funzione del Lunedi
ci attesta che la Francia, nonostante rinAerire del suo anticlerica-
lismo, continua in Oriente a serbarsi fedele alle sue tradizioni, ed
a fregiarsi ancora deiraureola di protettrice del cattolicismo in que-
ste contrade. Questa sua missione è un titolo di gloria che i giaco-
bini del suo governo vorrebbero cancellare; ma il Constans, checché
ne sìa delle sue idee religiose, è un accorto diplomatico, convinto
deir influenza morale che il protettorato largisce alla sua patria, e
perciò è fermamente risoluto a non ripudiarlo.
4. Il clero di Costantinopoli ha celebrato eziandio con un'acca-
demia letteraria il XV centenario del Crisostomo. La domenica 26,
alle tre pomeridiane, sotto la presidenza di Mgr. Tacci ed alla pre-
senza di uno scelto uditorio, i migliori alunni del collegio di S. Be-
nedetto, con tanta annegazione diretto dai Lazzaristi francesi, hanno
in forma di dialogo descritte le condizioni della società bizantina
al IV secolo e narrata la vita del grande Patriarca. La conferenza
dialogata era rosa più interessante da proiezioni luminose che ri-
producevano i più begli edifizi sacri e profani dell'antica Bisanzio,
le basiliche bizantine più famose, e scene relative alla vita del Cri-
sostomo. Tre quadri viventi rappresentarono l'elezione del santo ar-
civescovo di Costantinopoli, l'episodio della disgrazia di Eutropio,
che perseguitato dalla folla, sì rifugia in chiesa, ed accanto all'al-
tare è salvato dal Crisostomo, e la morte e l'apoteosi del santo.
Più solenne eziandio fu T accademia greco-latina, tenutasi il
1^7 con l'intervento di S. E. Mgr. Tacci e di numerosissimo clero
nella grande aula del medesiiflo collegio. In una prolusione applau-
di tissima, il P. Luigi Petit, degli agostiniani dell'Assunzione, trat-
TURCHIA 509
teggiò il Grisostomo come oratore e come moralista. Jl P. Petit,
continuatore delia collezione dei concili del Mansi, è giustamente
celebrato come uno dei più valenti bizantinisti delKetà nostra. La
sua conferenza, classica per lo stile, densa di pensiero, ed allietata
di fine umorismo, fé' risaltare le doti mirabili, piuttosto uniche, del
più grande oratore dell'elleniFmo cristiano. Dopo la conferenza gli
alunni del seminario assunzionista di S. Eufemia (Cadikeni, l'antica
Calcedonia) recitarono poesie in greco antico e moderno, ed eseguirono
canti liturgici in onore del Santo. Poscia gli alunni del seminarlo
francese di S. Luigi, diretto dai Padri cappuccini, lessero bellissime
poesie latine, e cantarono un'ode latina che inneggiava all'eroismo
delle virtù apostoliche del Grisostomo. Un seminarista recitò eziandio
una bellissima poesia italiana in versi sciolti, che terminavasi con
una prece ardente per l'unione delle Chiese
.... abbatti
Gol possente tuo braccio il baluardo
Che di Cristo il nemico aderse un giorno
Fra la Chie!>a di Reina e di Bisanzio;
Sicché te duce, te maestro e padre,
L'iride bella di fraterna pace
Il settemplice raggio incurvi ancora
Del Tevere e del Bosforo in sull'onde
Nel ver congiunte e nell'amore a Cristo.
In tal guisa si chiuse il solenne triduo del latini per festeggiare
il XV centenario del Grisostomo nella nuova Roma. Gli armeni cat-
tolici aveano celebrato un altro triduo a dì 29 30 novembre e 1° di-
cembre 1907 nella loro chiesa dedicala a S. Giovanni Grisostomo.
La Chiesa cattolica ha saputo degnamente onorare l' illustre dottore
della Chiesa greca nella gloriosa sua sede, tanto decaduta dal suo
primitivo splendore. La sua iniziativa è stata un omaggio doveroso
a colui che flagellando Bisanzio corrotta col sarcasmo delle sue in-
vettive eloquenti, con le parole e con gli atti salutava in Rnnia il
cuore vivente e la mente direttiva del cristianesimo.
5. Uu giornale greco di Costantinopoli, la IlpóoSoi;, ha dedicato un
articolo di fondo alle feste latine del centenario crisostoroiano, inti-
tolandolo: Note maestose e noie discordanti. L'autore di questo ar-
ticolo, il pubblicista K. Spanudis, serba il silenzio sul primo giorno
del triduo Si 'eùvoT^xoui; Xò^ouq, vale a dire perchè forse la censura
turca gli avrebbe vietato di pubblicare nel suo giornale le solite dia-
tribe dei greci contro i bulgari uniati. Ingiusti e triviali sono però
i suoi apprezzamenti sul pontificale greco celebratosi la domenica 26.
A suo parere, gli ufBcianti non sapevano il greco, ì loro canti erano
imperfetti, le cerimonie monche e manchevoli. Il Vangelo della messa
510 CRONACA CONTEMPORANEA
fu cantato neU* Idioma volgare (x^SaGc)} y^^^^*)* ?!> ufBcìanti ce-
lebrarono la liturgia di S. Basilio invece di quella del Grìsoslomo.
Lo Spanudis ha specialmente inveito contro l'oratore greco, il P, Gala^
vasi, biasimando il suo panegirico e qualificandolo di fanatico, dMn-
tem pesti vo, di ripetizione insulsa delle viete teorie concernenti la
supremazia dei Papi, 1* il legittimi là del divorzio e le relazioni del
Grisostomo all'ombra del Vaticano. In altri termini, secondo T in-
ferocito pubblicista greco, i latini, celebrando il centenario del Gri-
sostomo hanno insultato la Chiesa greca, hanno violato le leggi
della carità cristiana, e della cordialità di relazioni, hanno volato
effettuare una dimostrazione politica. Per evitare tutti questi rim-
proveri, il clero latino avrebbe dovuto rigorosamente escludere da
queste feste gli orientali uniti, limitarsi ai suoi propri mezzi
{lnpti:e va TieptoptaO-g dq xòv xóxXow xGv iStov aòtfj^ (iéaa)v), vale a
dire a celebrare le sue messe solenni secondo il rito latino, ed evitare
nei panegirici del santo di accennare alle sue relazioni con la Roma
dei Papi. Lo Spanudis riconosce che il catlolicismo può giustamente
gloriarsi della scienza e dell'annegazione del suo clero, ma nello stesso
tempo afferma senza dirci il perchè che la Chiesa greca supera la
Chiesa latina in lealtà, cortesia e maestà 1
Tali sono le amene considerazioni suggerite alla IIpóoSoc dalle
grandiose solennità latine in onore del Grisostomo. Gli altri giornali
greci della capitale Ta)(u5pó}io^, KtovatavicvouTroXci;, Néa 'E(fnf)jJiep(c,
npa)'ùx, hanno serbato un silenzio edificante su queste feste che sono
riuscite addirittura splendide. Non sciupiamo tempo a confutare i
ridicoli appunti del giornale greco, il quale ha mentito asserendo
che si è cantato il Vangelo in greco volgare (i greci uniti adoprano
gli stessi libri liturgici dei greci ortodossi), e che si è celebrata la
liturgia di S. Basilio (lo Spanudis Ignora la liturgia della sua chiesa
per confondere in modo così grossolano la liturgia di S. Basilio con
quella del Grisostomo).
È strano poi che s'imputi a delitto all'oratore l'aver citato nel-
l'idioma originale i tesli del Grisostomo relativi alla supremazia di
Pietro e contrari al divorzio. Poiché questi testi sono autentici, del-
l'immaginario delitto è responsabile non l'oratore ma il Grisostomo
etesso. Riguardo poi all' intervento del clero orientale unito alle
solenni funzioni in onore del Grisostomo, il clero latino dì Co-
stantinopoli non poteva escluderlo per una ragione semplicissima. La
Chiesa alla quale appartiene il clero latino è la Chiesa cattolica,
vale a dire una chiesa universale che abbraccia tutti i riti, tutti
gli idiomi liturgici, tutte le nazionalità, che teoricamente e pratica-
mente stringe in fraterno amplesso tutte le razze. La Chiesa greca
di Costantinopoli è al contrario una chiesa nazionale nonostante i
TURCHIA 51 1
pomposi epiteti di grande e di ecumenica. Come tale, essa si fìq-
chiude Dell*angu8ta cerchia dell'ellenismo, e per motivi politici con-
danna ali 'ostracismo dal suo santuario coloro che avversano le sue
concezioni elleniche, russi, bulgari, rumeni, arabi. Ora Gesù, se-
condo il Vangelo, non ha fondato delle chiese nazionali, ma una
sola Chiesa universale. La sola Chiesa cattolica attua questa uni-
versalità, e perciò noi vediamo penetrare nel suo ovile i fedeli di
tutti i riti e di tutte le razze, laddove la grande Chiesa di Costan-
tinopoli, unicamente preoccupata della tutela degl'interessi politici
greci, fulmina dei suoi anatemi i bulgari bramosi di autonomia ec-
clesiastica, e gli arabi del patriarcato di Antiochia che invocano da
parecchi lustri dei vescovi arabi.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
Atti epiaeopuU.
Resala O. B., vescovo di Hondoyi. Ri-
eordo e lezioni di uno sfogo anticlericale.
Lettera circolare in occasione dei nuovo
anno. Mondovi, Up. vescovile, 1908, 8*, 24 p,
Bansonl A. O. F. M., vescovo di Cefalù.
I^rinfa lettera pastorale. Rocca 8. Ga-
seiano, Cappelli, 1906, 8*, 32 p.
Volpi O., vescovo di ArezM. Della istru-
zione religiosa : s. visita pastorale ; giU"
bileo del S. Padm Pio X; conserwMione
dei monumenti ecc. Lettera pastorale. A-
rezzo, Bel lotti, 1908, 8>, 44 p.
Scienze sacre.
Crosta 01. can. L* ispireusiome agiogra-
fica. Studio teologico-critieo, S> ed. riveduta
« accresciuta. MoAte&lco, S. Chiara, 1007,
a*, 128 p.
ChaaYin C. caa. Il processo di Gesi^
Cristo (Scienaa e religiome). Dalla S^ ed.
francese. Roma, Deselée, 1907, 16*, M p.
L. 0,60.
Lap«ri1no d'Hantpoul O. mgr. Lettre»
à un homme du monde mh* VépUre de
Saint Paul au» Romain». R'ime, Fer-
rari, 1908, 18», 2U p.
Veneslanl P. L. Il Regno dei cieli. Le
parabole del lago di Cafarnao. Piacenza,
Solari, 1906, 8*, 80 p. L. 1.
La divine liturgie de 8. Jean Cluyso-
Stome. Trad. fran^ise du P. Bmm. Andbé
O. S. B. revue, aanotéè et publiée avec le
texte grec en regard par le R. P. Placidb
DB Mbbstbr O. 8. B. Rome, Ferrari, 1907,
1«», XVI-270 p. Fr. 2.60.
— > Idem. Versione italiana del dott. E. Mer-
catanti. Idem. Fr. 2.50.
Hl88aleroxiuuiiiinMedlolaiill474. Voi. IL
A coliation with otlier editions printed be-
fore 1570 by Robert Lippe Indices by H. A.
Wilson, M. A. (Henry Bradshaw Society
Voi. XXXllI). London, 1907, 8», VI 11-468 p.
Cavallera F. Saint Athanase (295-373).
(La pensée chretienne. Textes et études).
Paris, Bloud, i90S, 16o, XVl-350 p.
Laiirentlus B. S. I. Institutiones juris
ecclesiastici. Ed. altera emendata et aucta.
Friburgi Br., Herder, 1908, 8«, XVl-712 p.
Fr. 15,75.
Devivi er W. S. I. Cours d'apologétiqus
chretienne, ou exposilion raisonnée dea
fondements de la foi. Dix-neuvième ed.
revue et augmentée. Paris, Casterman, 1907,
80, XU-616. Vedi sopra p. 476.
Ferreres O. B. S 1. La comunione fre-
quente e quotidiana secondo gli insegna-
menti e le prescrùsioni di S. S. Pio X.
Commento canonico-morale del decreto « Sa-
cra trideutina synodus ». Trad. del P. A.
Strabelli S. I. Torino, libr. del S. Cuore,
16», XII-144 p. Cfr. Civ. CaU. 1907, 4, 456.
Blamontl L. Saggio di interpretaeione
del concetto di ordine morale di ragione
nel sistema eti-so-giuridico romagnoaiano»
Scansano, Tessitori, 1907, 8^, 84 p.
2. aitare.
Salile L. Che cosa è la sciensa ? (Scienza
e Religione). Roma, Desclée, 1907, 16«, 80
p. L. 0. 60. Cfr. Civ. CatL 1907, 3, 73 81.
PogUanl E. sac. parr. Appunti di apo-
logetica pei corsi superiori. Milano, Ghir-
landa, 16«, 128 p. L. 1.
Ressi B. arcipr.IJ trionfo della carità
divina tulle. vette del Calvario. Pie conbi*
512
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
der.Tzion! o sludi polemico- "non; li , sulle
selte parole. Viterbo, Agnosolti, 1907, 8",
4*8 p. li. 3.75.
Archelet, abbé. A l^ourdes, Les appari-
tiona de 18ó8. Histoire. Ascélisme. Psycho-
logie PariP, Lcthicll-ux, 16», .KVIII-SW p.
Fr. 3.50.
Gapecelatro A. card, arciv. di Gapua.
La pocertà, l' indu»tria e il sapere in re-
lazione al Criatianeaimo. Roma. Desulée,
1908, 16', 32 p. L. 0.45.
— L' istruzione catechistica nelle scuole.
Ivi, KJ», 3i p.
Cristiani L. Luther et le luthéranisme,
Paris, liloud, 1908, 16-, XXVl-38Sp. Fr. 3.50.
WeiSB A. M. El peligro religioso. Tra-
dución de la tercera edición alemana por
el Doctor M. H. Villabsgusa, Darcvionn,
Gili, 1908, 8«, 3S4 p. Pes. tf.
* * * // tramonto del modernismo. Milano,
libr. ed. milanese, 1908, 16«, 48 p. L. 1.
Storia e BiograQ-a.
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Periadica publicatio triiaesliis, cura PP.
r.ollegii D. Bonavcniurac. Annus I. fase. I.
Ad Claraa Aquas prope Florentiam (Qua-
rncchi presso Firenze) 1908. 8«, X1I-Ì08 p.
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Epiatolae et inatructiones, Tom. VI. fase. IL
(Mon. hist. Soc. Jesu). Madrid, Rodeles, 8»,
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Manno A. Bibliografìa storica degli stati
della monarchia di Sawia. {Bibl. storica
italiana). Voi. Vili. Torino, Bocca, 1907,
4*, 352 p.
Blron E. 0. S. B. St. Pierre Damien. 1007-
1072 (*Les Saints»). Paris, Lecoffre, 1908,
16«, Xll.204 p. Fr. 2.
Pietro degli Onesti detto Peccatore
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culto liturgico di Pietro, detto Peccatore].
In-8', U p.
Cochln E. Il Beato Fra Giovanni An-
gelico da Fiesole. 13S7-1455. Dalla 3* ed.
francese (« I Santi *), Roma, De«(clée, 1907.
10», 2S0 p. L. 2.
LedOB G. //« P. de Ravignan. {Les grands
hommes de l'Église au XIX* siècle, XIII).
Paris, Bóduchaud, 1908, 18, VH76 p.
Poncelet A. S. I. La tie et les oeuvrea
de Thierry de Fleury. (Extr. dcs Analecta
hollandiana XXVII). Bruxelles, l'oUeunis,
1908, K% 28 p.
E,eiier€.
Busnelll Q. L'ordinamento morate del
Purgatorio dantesco. 2> ed. riveduta ed am-
pliata. (Bslr. dalli Civ. Catf.). Roma, IW»,
«•, ìli p. L. 1.
Pellegrini F. Carlo Gol-ioni ed Alessan-
dro Mtnzoni. Spignlature. (Estr. dui:' Ate-
neo Veneto voi, t, fase. '). Vcnezi,!, IVlIiz-
zalo, 1907. 8s 26 p.
Schmid can. Cuenlos para ii i'mos. Vrrsion
de Enrìquc Massnguer, illustraciones de
Dom. Soler. Tom. il, Barcelona» Gili, 1907,
16% 374.
FUIU da Patti O. Capp. Lettere a Ma-
ria. (Appunti sul Manzoni e Sienkiéwìcz).
Messina, Rizzotti, 1908, 16*, 10( p. L. 1.
Voci de l'anima. Primi versi. Milazzo,
Marullo. 1908, lò% 120 p. L 1.
Mattlus IG. S. 1. All'armi! Carmi*. Aci-
reale, tip. Orar, delle ferrov. 1907, IO", 16 p.
Torelli C. L. Fiori liturgici per le prin-
cipali solennità cristiane, (La Messii). Na-
poli, Artigianelli, 1907, 8'*, 24 p. — Detto.
FioH di Nstale, Ivi, 8", 2S p.
Lourdes. Dramma in cinque atti ad uso
degli istituti femminili. Milano, Oliva, 24*,
92 p. L. 0,75.
DI Carlo vicario geu. di Tivoli. // pur-
gatorio di questo mondo, ossia storia dei
più celebri pazienti. Poema secondario in
settima rima. Uoma, Dori», 1908, 8*, 16 p.
OrAioria.
Predlcbe e predicatori secondo S. Gio-
vanni Grisostomo con prefazione di G. M.
Zaupim. (XV Centenario di S. Giovaiini Gri-
sostomo). Napoli, per cura della Riv. di s.
eloquenza f 1907, 8% 76 p.
ZV centenario di B. OIoy. Orlsostomo.
Omaggio della Rivista di sacra eloquenza.
Napoli, Artigianelli, 1908, 8% 80 p.
Bougaud, obispo de Lavai. El Cristia-
nesimo y los tiempos presentes. Trad. de
la novena edición francesa por E. A. Vil-
LELOA RoDRiGUBZ. Tom. V. Barcelona, Gili,
1907, 8«, 376 p. Cfr. Civ. Colt. 1908, 1. 347.
Boncard L. Le dogme catholique decani
la raison et la sdence. « La Trinile, les
ange^, les origines, Paltento du Messie».
Conférences apologéiiques faites aux élu-
dianU. Paris, Beauchesne, 1906, 16% Vlll-
316 p. Fr. 3.
Delmont Th. UEglise connue l'Église
wngée. Conférences aux hommes données
en 19l«-1907. Paris, Lethielleux, 16», Vl-244
p. Fr. 2,50.
Munaron 0. sac. Panegirico del SS. No-
me di Gesù. Padova, tip. Ant. 1906, 8*, 24 p.
Balzoflore F. ag. Bellezza e amore.
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IL VfiDEnECUn
DEL CATTOLICO
Roma '* Civiltà Cattolica „ 1908.
2ù/a àtwna apologia ^ Jacilcj^ óuccinia^ m clié.ecenfoGinfUiUt^ci'
articotf' sjjìccij (£l solidìóó^tfpa ócien^a éeoiaqù^a Cj óéozica^ aq-eva/t^
iaócaéi/ej: eccola l'opeuif cCel. ir (^t-ató^ c^ej ^l ól o^ze^ a^^
pu£Slico caéfo/fCOj an^ ad aanl affptco delCa t/e^ità,
Giovani óiid^ùnélj opeui-i ióiruìéi ed atrùu di leUfiray iuMe le^
j>ézóonej coliej, coóéreééej o^^ ad a^^^a/iói nelle cotUlnuej in^^ùfie
ed aóóalii con/^o là ^eliaioneJ e^ la i/ertéd sfatica, oiJTannO' ttt
^eiéa iToliunetìo una ^ona difesa^ tpn arma a iiro j>etfeééa e»
jprect'óOy c^ej darà l(yco anifftc J>e^ j>^ocederej a Jzaniéj alfa €j
CtU>€ej ó1rCi4/lO,
ffl irolu^fp^j noft coóia o^ej -/. 1,50 ócioléo ej 2,25 eleqanie'
fft^enée.^ ^ileqafa ìfi iela.
SALVATORE M. BRANDI S. I.
La Questione biblica e r Enciclica « Providentìssimus Deus». Un toI. di
pp. 228 in 16. L. 2.
La questione francese e il dovere cattoUco, In 16 di pp. 171 L. 0,75.
CARLO BRICARELLI S. I.
Della Vita e delle Opere del P. Angelo Secchi della medesima Gom-
pagnia. Un opusc. in 16 gr. di pp. 66. L. 1,50. .
GIOVANNI BUSNELLI S. I.
L'Ordinamento morale del Purgatorio Dantesco. Roma. dv. OaU-
1W8. Opusc. in 8 di pag. VI»110. L. 1. <
ANGELO DE SANTI S. I.
Adolfo Kolping e la società cattolica degli artigiani. Un voL L. 0,75.
Ricordo materno. Racconto. Terza ediz. Volume in 16 di pp. 576. L. 2.
GASPARE MARII S. I.
La Gemma del Golfo. Boeeetto. Roma, Oiv, Catt, 1907, Un bel yolome di
_ pp. 125. L. 1.
ANTONIO' PAVISSICHS. I.
Milizia nuova dei Cattolici Italiani, ossia la riorganizzazione delle forze
cattoliche in Italia secondo la mente del Santo Padre Pio X. In 16, di pa-
gine 836. L. 1.
GAETANO ZOCCHI S. I. - ^
Panegirici. Voi. I. InrS, di pp: 896: L 3. — Panegirici. Voi; IL In 8, di
pp. 380. L, 3 50. -T- Pàneglrlci.Vol. m. In 8, di pp,,4f90 L. 8. — P^i^e-
girici. Voi. IV. In 8, di pp. 415. L. 3,50. (Prendendo 1 4 voi. insieme L^ 11,50).
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Civiltà Cattolica
B*atus fùfulus ^uius Dominus Dtus $ius*
(Ps. 143. 15).
Anno 59^-1908 -Vol. l
INDICE DI QUESTO QUADERNO
1. Sducaziooe pubblica e catechisoio Pai . M
2. La aolenoe lltarfia freca io Vaticano pel XV centenario di S. Gio-
vanni Qrisostomo » IM
3. Il Crepuscolo di Roberto Ardifò » 546
4. Donna antica e donna nuova. Scene di domani — s^, D.o non paga il
sabato, — 54 Pt^g<i e maUdiiione » 551
5. 11 Cardinale Newman presentato ai lettori italiani » 5é(
é. La polemica sul modernismo. A proposito di scritti recenti ...» 576
7. La Diaconia di S. Maria in Via Lata » 589
8. Bibliografia. ^Archeologia ; Fihsofia; Sociologia » 595
«Action popiiUire». 602. - Ballerini G. 598. - Bettenccurt-Rutten V. 605. • Boi-
tri C. 598. - Calissano B. 600. - Degert A. 599. - De Maria M. $97. - Defré:hou
A* $93' Glossi Gondi F. 595. - Hugon T. 597. - Katholische Kolportage. 604. -
Lugan A. 601. - Marucchi O. 597. - Problemi di filosofia. 600. - Puccini R. 602. -
Roguenaat A. 6oj. - Ruelli A. 604. - Toraari G. 602. - VcIarJita A. 602.
9. Cose romane » 605
10. Cose italiane » él5
11. Notizie generali di cose straniere » él9
12. Francia. Nostra Corrispondenza » é21
13. Belgio. Nostra Corrtspondtn^a » *628
14. L'Obolo di S. Pietro raccolto dalla « Civiltà Cattolica » nell'anno
del Giubileo sacerdotale di S. S. Pio X. 2* serie- 4^ Usta. . . » 635
15. Opere pervenute alla Direzione .^ » 637
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Idem, in pelle zigrinata r4)8sa, taglio giallo • . . » 32 —
Idem, in marocchino rpsso, taglio ed ornamenti dorati (N. 8 sp.) » 34 —
Idem, in pelle zìgrinata, taglio oro » 35 —
Idem, in marocchino rosso zigr., t. oro ricca placca dorata (N. 8
sp. chagr.) > 37,50
Idem, in marocchino zigrinato rosso, ricchi ornamenti dorati, t. oro
(N. 8) . . » 44 —
Idem, in zigrino superiore rosso, ricchi ornamenti dorati, taglio
rosso ed oro (N. 17 bis) » 55 —
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Idem, croce e doratura sui piani, taglio in oro . . . » 29 —
Idem, in pelle zigrinata rossa, taglio oro » 30 —
Idem, in marocchitio rosso zigrinato, t. oro placca dorata (N. 8
sp. chagr.) » 31,50
EDUCAZIONE PUBBLICA E CATECHISMO
1.
Nel campo del pensiero moderno l'avversione alla me-
tafisica, la noncuranza del sillogismo, la ripugnanza ai
principii assoluti, alle formole astratte, alle categorie logiche,
ai concetti transcendentali, vanno di pari passo colla stima
degli studii positivi, colla moda della critica oggettiva,
coll'amore alla osservazione empirica dei fatti, alla investi-
gazione delle leggi che li regolano e alla determinazione
e coordinazione delle loro relazioni, della loro evoluzione
e delle loro conseguenze o risultati.
Or, se vi ha argomento, a cui codesto criterio o metodo
positivo dovrebb'essere fedelmente applicato da quelli che
lo professano, tale si è certamente tutto ciò che appartiene
alle condizioni morali della società, alFeducazione pubblica,
alla formazione del carattere nazionale, all'esercizio delle
virtù civili, alla prevenzione e repressione dei vizii e della
delinquenza, al principio insomma e al fondamento, da cui
essenzialmente dipende la vita, la sanità, la forza e il vero
benessere di un popolo. Senza di che i moderni positivisti
vengono a porsi non solo in aperta contraddizione con la
loro dottrina, ma altresì a rinnegarla proprio là dov'essa
è più necessaria per non cadere in errori gravissimi e pre-
venire irreparabili danni, sostituendovi una metafisica as-
surda e l'ostinazione di un assoluto chimerico, il fanatismo
di concezioni astratte che sono veridelirii.
Volete educare l'uomo, plasmare la famiglia, equilibrare
moralmente la società? Prendeteli quali sono nella loro
realtà concreta, determinata dalla loro natura, dallo svi-
luppo storico, dalle condizioni particolari della loro indi-
viduazione e, coir applicazione del metodo empirico, tro-
verete e intenderete con tutta evidenza quanto stolta e
rovinosa è, a modo d'esempio, la tendenza del laicismo
moderno che, dopo diciannove secoli di civiltà cristiana
1908. voi. 1, fa9e. 1885, 33 26 febbraio 1908.
514 EDUCAZIONE PUBBLICA
vuole, colla metafisica dell'uomo astratto e buono per natura,
educare l' individuo senza il catechismo ; coli' idealismo del-
l'amore libero perfezionare la famiglia, senza la consacra-
zione cristiana del vincolo religioso indissolubile e con lai
eguaglianza transcendentale del collettivismo riformare la
società senza la giustizia e la carità evangelica.
Ben disse il Taine, principe tra i positivisti : « La forma
sociale e politica, in cui un popolo può entrare e rimanere,
non è lasciata al suo arbitrio, ma determinata dal suo
carattere e dal suo passato. Conviene che fin nei suoi
minimi particolari essa si adatti alle membra vive a cui
viene applicata; altrimenti dovrà rompersi e sfasciarsi > V
Com'egli poi intendesse codesta forma sociale e politica,
specialmente in quanto essa deve fondarsi sull'azione edu-
catrice, morale del cristianesimo, lo diede chiaramente a
conoscere nella sua grande opera sulle Origini della Francia
contemporanea, che si potrebbe definire uno studio storico
positivo, condotto con tutto il rigore del metodo critico
oggettivo, da cui appare che, senza l'azione morale del
cattolicismo, la Francia è destinata a perire, perchè priva
di quel paio d'ali che impediscono all'umanità di cadere
nella degrc^dazione, nelV egoismo brutale, nella crudeltà e
nella sensualità^ di diventare uno scannatoio e wn postri-
bolo '.
In Francia il laicismo anticristiano continua tuttavia a
signoreggiare a talento, sfruttando le sue vittorie elettorali
per imporre ufficialmente al paese un assetto sociale e po-
litico che rinnega, in nome della scienza positiva, le dot-
trine rivelate dal Vangelo quale fondamento della vita
morale, e vi sostit.uisce le chimere metafisiche dell'evolu-
zionismo e della solidarietà morale, o più in generale i
dommi astratti della ideologia rivoluzionaria» i quali non
hanno valore se non nelle menti dei sognatori che le hanno
foggiate, senza punto curarsi della esperienza che, con la
testimonianza quotidiana, universale, sempre più evidente
^ L* Ancien Réffime, préftice, p. IH,
* Bureau, La erise morale, 2. ed. Bioud, Paria 1907, p. 293.
E CATECHISMO 515
dei fatti, ne dimostra la sterile e rovinosa falsità. Così la
Francia ufficiale va compiendo l'assassinio morale della
Francia reale, adoperandosi a svellerle dal cuore il retaggio
prezioso trasmessole dalla sapienza dei secoli, di cui dice
ancora il Taine che, se venisse improvvisamente a scom-
parire, Tuomo ricadrebbe nello stato selvaggio ridiventando
quello che fu da prima, cioè un lupo inquieto, affamato,
vagabondo e cacciato *.
Abbiamo ricordato la Francia, non già perchè la guerra
alla morale cristiana, fondata sui dommi rivelati, in nome
del moderno positivismo, colla sostituzione della morale
fondata sulle chimere della metafisica anticristiana, non
infierisca anche negli altri paesi civili; ma perchè il riferirsi
alla Francia è oggidì, pur troppo, in questo argomento il
mezzo più acconcio per aprirsi la via a parlare pratica-
mente deiritalia.
Dalla rivoluzione dell' 89 in poi la Francia ha sempre
considerata l'Italia come sua pupilla, le ha somministrato
i principii del pensiero, le norme della vita pubblica e fu
fedelmente seguita, imitata, ricopiata dalle nostre classi
dirigenti, fino a formarsi tra noi una tradizione, ormai più
che secolare, per cui l'opinione pubblica è strettamente
legata alla tradizione rivoluzionaria della Francia.
Oggidì pertanto, che il giacobinismo anticristiano impera
sovrano nell'antico regno cristianissimo e va quivi attuando
il suo programma massimo di totale apostasia dall'avita
religione, non vi ha dubbio ch'esso si sente perciò stesso
chiamato a esercitare verso la patria nostra i diritti acqui-
siti di tutela intellettuale e morale, anche per rassodare il
suo dominio interno coll'appoggio e colla solidarietà di con-
dizioni omogenee all'estero; ondechè si affatica con tutti i
mezzi, non escluso quello di laute propine ai suoi porta-
voce e pedissequi della stampa, per promuovere in Italia
un'azione pubblica di scristianizzamento del paese, con-
forme a quella ch'esso va spiegando in Francia.
E l'Italia rivoluzionaria, fedele alle sue tradizioni gal-
* L' Ancien Regime, p. 271.
516 EDUCAZIONE PUBBLICA
liche, ora cammina, anzi corre per questa via. Alla campagna
dì calunnie e dimostrazioni anticlericali, onde fu preceduta
la nuova legislazione draconiana in Francia, corrisponde
la stessa campagna per lo stesso fine in Italia; al blocco
massonico-radicale-socialista francese una riproduzione fe-
dele del medesimo tra noi; all'ateismo obbligatorio della
scuola laica giacobina l'abolizione del catechismo nelle no-
stre scuole, ch'è omai il gran cavallo di battaglia dei partiti
sovversivi e l'unico loro programma politico per le prossime
elezioni generali. Così l'Italia di Dante, di Colombo e del
Vico dovrà ridursi a un'appendice della Francia del Vol-
taire, del Robespierre e del Gambetta!
Dinanzi a tale pericolo, i cui sintomi si fanno di giorno
in giorno più gravi, pare a noi che, nelle condizioni pre-
senti della nostra vita pubblica, il mezzo più efiBcace di com-
batterlo sia appunto l'osservazione empirica e la critica og-
gettiva dei fatti sociali, per dimostrare col metodo positivo
quali sciagure prepara all'Italia la follia della metafìsica
giacobina, se non venga in tempo arrestata e ricacciata ol-
tralpe con una forte reazione veramente nazionale.
Laonde, volendo circoscrivere il nostro studio alla parte
più vitale e fondamentale dell'argomento, cioè alla moralità
e pedagogia giovanile, ci proponiamo di chiarire, colla te-
stimonianza dei dati positivi più istruttivi e più recenti,
quanto sia rovinosa la tendenza del moderno laicismo an-
ticristiano nella educazione, e perciò stesso quanto benefica
e necessaria per la salute della patria la fedeltà alle tradi-
zioni pedagogiche cattoliche dei nostri maggiori, compen-
diate e per così dire incorporate praticamente nell'insegna-
mento scolastico del catechismo.
II.
Conforme al nostro proposito, dobbiamo anzitutto tra-
lasciare la questione teoretica, che qui si affaccia spontanea
al principio della nostra trattazione, se cioè possa darsi in
generale un vero ordinamento morale, popolare, universale,
e perciò una vera educazione morale, che non sia fondata
E CATECHISMO 517
sulla religione. Omettiamo altresì la critica dei varii sistemi
pedagogici, che furono inventati o rimaneggiati in questi
ultimi tempi per creare una morale educativa senza reli-
gione, specialmente ì due più recenti, quello dell'evoluzio-
nismo e l'altro della solidarietà, a cui s'ispira oggidì l'in-
segnamento ufficiale in Francia, e che ora si macchina e
si minaccia di sostituire anche in Italia alla pedagogia del
catechismo '.
Rimanendo pertanto sul terreno positivo dei fatti, come
primo tra questi occorre notare che, per confessione degli
stessi moralisti anticristiani e fautori della pedagogia laica,
i tanti tentativi eri esperimenti fatti finora in architettare
e attuare un ordinamento morale, che potesse surrogare
l'azione educativa della religione, sono rimasti sempre sterili
ed inefficaci; talché ormai è positivamente dimostrato non
darsi in pratica vera moralità senza religione e tutto che
ancora rimane in piedi del nostro edifizio morale reggersi
unicamente sul fondamento delle tradizioni religiose cri-
stiane.
Hanno un bel almanaccare i dotti nei loro gabinetti in-
torno al principio o alla norma fondamentale della morale
e proporre poi dalle cattedre, pubblicare in volumi eruditi
il frutto delle loro elucubrazioni, per dimostrare chi l'edo-
nismo col Bentham e col Mackintosh, chi l'altruismo col
Comte, col Mill e col Paulsen, chi l'evoluzionismo coU'Hart-
mann e col Wundt, collo Spencer e col Brtihl, col Guyau
e col Fouìllée ; chi l' intuizionismo del senso morale o della
simpatia o del gusto estetico colle vecchie e nuove scuole
del soggettivismo anglosassone e alemanno; chi l'impera-
tivo categorico della ragione pratica col Kant, chi il perfe-
zionismo col Fichte e coll'Ulrici, chi il positivismo o il
meliorismo della scuola italiana col Siciliani, coU'Ardigò,
coU'AngiuUi e tanti altri; chi il monismo coU'Haeckel o il
solidarismo col Bourgeois e perfino l'immoralismo e l'amo-
ralismo collo Stirner e col Nietzsche *. La grande maggio-
^ Bureau, La Criae maral&, pp. 27 Ir segg.
* V. Cathrbin, MoralphUosqphie, %. ed., Herder, Freiburg i. B. 1898,
5t8 EDUCAXIONB PUBBLICA
ranza dai lorp aderenti e discepoli, che trovano onorifico,
vantaggioso e comodo l'accettarne gli oracoli come altret-
tanti articoli di moda e divulgarli, spiegarli, applicarli col-
Teserapio e colla stampa popolare, non mirano e non riescono
che a scalzare, come contrario a tali sistemi, il fondamento
religioso della moralità, su cui la tradizione ha eretto l'edi-
flào della nostra vita morale, per sostituirvi alcune formole
astratte, le quali, anche se non fossero false e sterili in se
stesse, per ciò solo che hanno il carattere di semplici tesi
e opinioni scientifiche, sono prive di qualunque valore po-
sitivo o azione pratica sull'andamento generale dei costumi.
Una dottrina non diventa attiva che con farsi cieca. Per entrare
nella pratica, per prendere il governo delle anime, per trasformarsi
in una molla di azione, conviene ch'essa si stabilisca negli animi
in istato di credenza matura, di abitudine fatta, d*inclinazione de-
terminata, di tradizione domestica, e che dalle alture agitate della
intelligenza essa discenda e s* incrosti nei bassi fondi immobili della
volontà; allora soltanto essa fa parte del carattere e diviene una
forza sociale, Ma nello stesso tempo essa ha cessato di essere cri-
tica e ragionatrice, né tollera più le contraddizioni o il dubbio, non
ammette più le restrizioni o le differenze, non sa o apprezza male
le sue prove *.
Mitigando la crudezza dell'espressione iperbolica, questa
sentenza del Taine si riduce al credo ut intelligam di S. An-
selmo e pel nostro proposito significa che il fondamento
della morale pedagogica e popolare non può essere che
religioso, come non può darsi religione senza fede. Tolto
tale fondamento da una dottrina contraria qualsiasi, l'edi-
ficio vecchio si sfascia, ma il nuovo non si alza, perchè le
formole catt/edratiche non vanno al cuore.
11 che fu riconosciuto dallo stesso patriarca del positi-
vismo. Augusto Comte, il quale, per rendere popolare e
durevole il suo sistema antimetafisico quale fondamento
pratico della morale, volle farne una religione dell'umanità,
coi suoi dogmi e catechismo, sacramenti, preghiere, riti e
pp. 130 segg. Qui Ti sono confatati magistralmente i principali sistemi mo-
rali anticristiani.
^ Tajnb, Zi' Ancien regima» p. 275.
E CATECHISMO 519
gerarchia, proponendosi di renderla accettabile perfino al
generale dei gesuiti e col suo mezzo di sostituirla al cat-
tolicismo *.
Lo stesso tentativo, sebbene sotto altra forma, cioè di
pretto spiritualismo attinto dalla tradizione cristiana pro-
testante *, fu fatto in Italia dal Mamiani colla sua religione
delVavvenirej e rimase sterile più di quello del Gomte, che
pur ha trovato seguaci specialmente in Francia e in In-
ghilterra, per la semplice ragione che nulla è più impopo-
lare di una religione e di una morale accademica o filoso-
fica. Sostituire a una religione un sistema filosofico è come
ridurre un popolo a smettere la sua lingua per parlare il
volapiik o Vesperanto. E vale lo stesso delle due morali che
ne derivano.
A tale sorte di totale falliipento è certamente destinata
anche la nuova religione filosofica, ideata dall'Hartmann
ed elaborata dal suo discepolo prof. Arturo Drews ' in
forma di monismo ariano contro il deismo semitico del cri-
stianesimo.
Pel nostro scopo giova qui ricordare il motivo che lo
spinse a tale impresa chimerica, cioè il fatto che come non
vi è mai stata religione senza moralità, così in origine ogni
moralità fu una moralità religiosa e lo stesso ordine so-
ciale in tanto potè reggersi in quanto fu considerato come
voluto da Dio.
Dal vincolo religioso, die' egli, attìnse l'uomo per la prima volta
il pensiero di un ordine che ha una realtà oggettiva ed obbliga uni-
versalmente, il pensiero dì un ordine morale universale eh' esiste per
essere da tutti egualmente seguito e mantenuto.
Alla domanda poi se possa darsi moralità senza reli-
gione, egli risponde affermativamente, ma solo tutto al più
per alcuni pochi privilegiati, singolarmente dotati ed in
1 Grdbbr, Auguste Comte, der Begrùnder dea Positivisntus, Herder,
Freiburg i. B. 1889, p. 123.
- Critica delle rivelazioni in appendice alla religione dell'avvenire,
Treves, Milano 1890.
• Die Jteligionals Selbstbewusstsein Gottes, Dlederichs Verlag, Jena 1906.
Gf. il periodico Uochìand di Monaco, febbr. 1908, pp. 611 segg.
■ Jl»^l^
520 EDUCAZIONE PUBBLICA
quanto i loro principii filosofici hanno un carattere reli-
gioso. E soggiunge :
Quelli che ai nostri giorni professano una cotale morale senza
religione, per lo più non attingono punto il loro entusiasmo morale
dai pretesi principii universali della ragione, bensì semplicemente
dal sentimento morale ricevuto per eredità, che ha la sua vera ori-
gine nelle condizioni religiose degli antenati, sebbene i propugna-
tori di tale moralità non ne sieno ordinariamente consapevoli
Quello che ancora esiste di vera moralità, rn quanto non posa sopra
un fondamento religioso, non è che un avanzo o residuo di una
moralità perduta.... laonde la nostra moderna moralità è campata
in aria.
Tale fatto singolare, onde anche quelli che accusano ^
d'immoralità il catechismo e vogliono sostituire al prin-
cipio religioso della educazione un principio pedagogico
puramente laico, in realtà uniformano la loro vita morale
alle tradizioni cristiane dei proprii maggiori, ha un'impor-
tanza capitale per chiunque voglia giudicare oggettivamente,
col metodo positivo, del valore di una causa dai suoi ef-
fetti e della verità di un principio dalle conseguenze pra-
tiche che ne derivano ; mentre rivela insieme la temeraria
follia degli apostoli della morale laica, che si arrabbattano
ad abbattere l'albero da cui essi stessi traggono l'alimento.
Perfino il Renan, che ha forse contribuito piti di qua-
lunque altro autore a scristianizzare la Francia nel se-
colo XIX, riconobbe codesto fatto, quando scrisse nelle
sue Feuilles détachées: « Noi possiamo passarci di religione,
perchè altri ne hanno per noi. Coloro che non credono sono
rimorchiati dalla moltitudine più o meno credente. L'uomo
ha un valore proporzionato al sentimento religioso che porta
seco dalla sua prima educazione e eh' è il profumo della
sua vita. > Quindi nei momenti, in cui dimenticava il suo
dilettantismo intellettuale e indifferentismo morale, soleva
ringraziare gli antenati per avergli conservato, colla loro
vita pura e persuasione ardente, il vigore dell'anima in un
paese spento, in un secolo senza speranza *.
Ma se tutta la moralità degli stessi filosofi e pedagoghi
' Bureau, La crise morale^ p. 295.
B CATECHISMO 521
del laicismo dipende da quello che il Drews chiama uno
« stato casuale d'animo determinato da una eredità reli-
giosa inconscia > (zufàlliger Gefuhlszustand infolge ei/ner
unbetmissten religiòsen Erbschaft)^ talché a mano a mano
che questo si va perdendo, la moralità discende e scom-
pare; che dovrà dirsi delle classi borghesi e popolari e spe-
cialmente della gioventù, se manchi loro il fondamento etico
della religione avita? Risponde il Drews:
Le nostre persone educate, nella loro caccia al profitto esterno
e all'agiatezza individuale, sono si aliene da qualunque pensamento
veramente filosofico, che non hanno nessun senso per Tastrazione.
Ricorrono alla negazione antifilosofica della concezione teleologica del
mondo, secondo la scuola del Darwin e dei suoi discepoli, colla
stessa fermezza di fede onde il cattolico ricorre ai suoi santi, e poi
si meravigliano che le idee liberali da loro rappresentate vadano di
giorno in giorno sempre più perdendo terreno, e che la moltitudine
del popolo preferisca di arrotarsi sotto la bandiera del socialismo,
il quale almeno non fa aleno mistero del suo materialismo pratico...
La nostra gioventù se n* infischia col Nietzsche della moralità, per-
chè Tavita concezione religiosa del mondo ha perduto per essa la
sua forza di fondamento morale, né sì è in grado di offrirgliene un
altro migliore; chi poi ha ancora qualche iuieresse per la moralità
come tale, colle sue industrie in promuovere una coltura etica, la
lascia morire di una lenta, ma decorosa morte civile.
Conchiude pertanto con affermare che le prescrizioni
morali non diventano potenze pratiche di vita che nella
religione, onde l'uomo acquista non solo la forza d'incor-
porarsele e di trasformare la propria volontà, ma altresì
di farsi un dovere della loro costante attuazione e di agire
realmente secondo il loro impero.
Posto ciò, è facile intendere la follia di quell'agitazione
artificiosa, fittizia, settaria, onde i corifei della massoneria,
del radicalismo e del socialismo più o meno anarchico,
spingono e aizzano i loro gruppi popolari e studenteschi,
che rappresentano una ben piccola minoranza del popolo
italiano, alle chiassate contro il catechismo, per imporre
alla grande maggioranza del paese la pi opria tirannide an-
ticlericale e, coU'abolizione dell'insegnamento religioso nelle
522 EDUCAZIONE PUBBLICA
scuole, togliere all'istruzione ed educazione pubblica il suo
necessario fondamento.
Vogliono costoro ridurre il nostro patrimonio morale e
pedagogico a quello della Francia giacobina, di cui dice
un apostolo del laicismo, il creatore delle università popo-
lari in Francia: «Senza Dio, non abbiamo ancora saputo
concepire una morale efBcace... Non troviamo che cuori
steriliti dalla critica filosofica... Tutto che ci fu offerto come
morale indipendente, scientifica, razionale o positivista, non
è che una parodia, una deformazione della morale reli-
giosa » *. E il Payot, autore di un corso di morale del so-
lidarismo laico, afferma non esservi libro di morale scritto
neir ultimo quarto di secolo, la cui lettura sia tollerabile ".
Il Benoit Malon poi, grande moralista del socialismo, di-
chiara: «Sarebbe facile contare le anime nobilitate dalla
filosofia, raccontando in quattro pagine la storia della pic-
cola aristocrazia, aggruppata sotto questo nome; il rima-
nente, abbandonato al torrente dei suoi sogni, dei suoi
terrori e dei suoi incantesimi, va rotolandosi alla rinfusa
nelle vallate rischiose dell'istinto e del delirio, non cer-
cando la sua ragione di agire e di credere che nei barba-
gli del suo cervello e nelle palpitazioni del suo cuore >'.
E potremmo aggiungere ancora una lunga serie di testi-
monianze recentissime del laicismo anticristiano, per con-
fermare col metodo positivo il fallimento della morale in-
dipendente, della pretesa neutralità della scuola, della pe-
dagogia nemica del catechismo*.
III.
Fin qui abbiamo discorso, o meglio lasciato discorrere
gli stessi avversarli del cattolicismo, contro i fautori della
pedagogia laica, che vogliono del tutto escluso dalla scuola
' Dehermb, Coopération dea Idées, 1 juillet 1903.
' Bureau, La Crise morale, p. 848.
3 La Morale Sociale, p. 207.
* V. Bureau, La Crise Morale, Tavernier, La Morale et l'Esprit laf-
qu€, Lelhielleux, Paris, 1903. Goyau, L'Bcole d'aujourd'hui,!^ éd,Penìn,
Paris.
E CATECHISMO 523
qualunque insegnamento religioso. Ora però ci conviene
affrontare l'opposizione che si fa, non già all' insegnamento
religioso in genere, bensì al catechismo cattolico in ispe-
cie, quale viene prescritto e insegnato dalla Chiesa; fatto
questo che ha una importanza speciale per le condizioni
presenti della nostra Italia.
Quivi infatti, da mezzo secolo in qua, il laicismo masso-
nico ha sempre spadroneggiato nella pubblica istruzione ed
ha ottenuto l'abolizione delle facoltà teologiche e l'esclu-
sione dell'insegnamento religioso dalle scuole alte e medie,
procedendo scaltramente, con una serie di provvedimenti
legislativi e amministrativi, per non provocare una reazione
troppo forte dell'opinione pubblica, alla progressiva esclu
sione del catechismo anche dalle scuole elementari. Non-
dimeno, a dispetto di tutti gli sforzi fatti per creare ed
attuare tra noi un sistema, una norma, un fondamento
morale puramente laico che potesse sostituire, come in
Francia, la morale del catechismo, il buon senso italiano,
difeso dalla tradizione cattolica, vi ha sempre opposto una
resistenza invincibile.
Basti dire che la morale filosofica del positivismo, pre-
dicata negli ultimi decennii da tante cattedre universitarie,
promossa con grande apparato didattico in tante riviste,
imposta agli alunni delle scuole magistrali e caldeggiata
con solerte apostolato dalla massoneria *, non ha potuto
conseguire alcuna popolarità ed è rimasta sterile come la
propaganda del protestantesimo, della teosofia o del bud-
dismo; ora poi va più decadendo dinanzi alla nuova moda
filosofica dell'idealismo filosofico e morale.
Posto ciò, si poteva ragionevolmente aspettare che la
grande maggioranza dei nostri uomini politici, pensatori,
professori, pubblicisti, apertamente contrarii alla piccola
minoranza dei gruppi anticristiani, infeudati alla masso-
neria e alla demagogia, e fautori in astratto di una edu-
cazione fondata sulla religione, accettassero in concreto
l'insegnamento del catechismo quale ci fu trasmesso dai
^ Gbubir, Dw PositiviitmuSf p. 159 segg.
524 EDUCAZIONE PUBBLICA
nostri maggioii ed è prescritto dalla legittima autorità della
Chiesa. Se ciò fosse avvenuto in passato, V istruzione reli-
giosa non sarebbe stata totalmente bandita dalle scuole
superiori e medie e ridotta a sì mal partito nelle scuole
elementari, né i partiti sovversivi potrebbero ora preten-
dere con tanta arroganza di escluderla interamente anche
da queste.
È invece pur troppo avvenuto che i più tra gli antichi
e moderni conservatori liberali, sempre corrivi nella vita
domestica e privata a rispettare o tollerare le tradizioni
educative fondate sul catechismo, schiavi nella vita pub-
blica del pregiudizio anticlericale d'importazione francese,
abbiano bensì favorito e conti Quino a favorire una educa-
zione religiosa, ma insieme abbiano combattuto e conti-
nuino a combattere il catechismo cattolico come insuffi-
ciente e disadatto allo scopo.
Si oda quel che ne dice Aristide Gabelli, chiamato dal
sen. Pasquale Villari il primo scrittore di pedagogia che
V Italia abbia mai avuto, i cui metodi, a poco a poco, en-
trarono in tutte quante le nostre istituzioni scolastiche, pub-
bliche 0 private, in tutto il nostro insegnamento:
Chiunque di questo fatto innegabile, di un insegnamento reli-
gioso che non produce una religione, cerchi i motivi, non ha che
ad aprire un catechismo e leggere dove gli aggrada. È sempre un
riassunto di teologia con tutti i pregi di questa scienza; gli attri-
buti di Dio, i misteri, Tanalisi dei peccati, descrizioni delle pene
dell* inferno e dei premi del paradise, il purgatorio, il limbo, la
malignità del demonio, il culto dei Santi. Ma poco pochissimo che
insegni il modo di vivere e di condursi verso il prossimo, nulla
soprattutto che parli al cuore. Si trasporta la mente in mezzo a un
mondo ideale, si esalta 1* imaginazione infantile mostrandolo popo-
lato di spiriti di differente natura e ufficio, composti in dramma fra
loro; ma Tanimo resta freddo in quegli anni gentili e cari, nei
quali si accenderebbe così facilmente all'amor del bene. Chi dubi-
tasse delle nostre parole, si rammenti la sua fanciullezza. Se e' è
alcuno in grado di dirci che dall* insegnamento del catechismo im-
parò a diventar migliore, noi confessiamo lealmente di esserci in-
gannati e di aver ascritto a sciagura comune accidenti individuali ^.
1 A. Gabelli, L'Istruziotie in Italia, Zanichelli, Bologna 1891, 1, p. 71 .
E CATECHISMO 525
Così il Gabelli riprova il catechismo per ciò appunto
che lo rese ammirabile agli stessi increduli, cioè perchè
risponde categoricamente a tutte le questioni più imperiose
della mente e del cuore umano intorno alla divinità, alla
vita futura, alla natura degli spiriti, all'origine del male,
alla glorificazione della virtù ! Disse il D'Alembert che « col
catechismo in mano il popolo è più istruito, più sicuro
sui problemi dell'umanità che le sètte tutte dei filosoft e
risolve la maggior parte de' grandi problemi dell'umana
vita ». E il Jouffroy, nel suo noto panegirico del catechismo,
che « il cristianesimo è una grande religione, perchè non
lascia senza risposta alcuna questione che ha importanza
per l'umanità > '. Questa invece, agli occhi del Gabelli, non
è che una ragione per cui si dovrebbe escluderlo dall' in-
segnamento! L'altra poi è ancora più strana, cioè che il
catechismo contiene pochissimo che insegni a vivere e
nulla che parli al cuore. Ma dunque il decalogo, ch'è parte
principale del catechismo e di cui dice il Proudhon ch'esso
4c è la genesi dei fenomeni morah, la scala dei doveri e
dei delitti, fondata sopra un'analisi sapiente e meraviglio-
samente sviluppata » *, non insegna a vivere, non parla al
cuore? Non insegnano a vivere, non parlano al cuore i
precetti e gli esempii, le dottrine e i Sacramenti di Gesù
Cristo, di cui il catechismo è la chiave che ne apre l'in-
telligenza, il compendio che ne contiene la quintessenza,
il primo germe da cui dipende la fecondazione e lo svi-
luppo di tutta la vita cristiana?
Vero è che il Gabelli, correggendo posteriormente il suo
giudizio, in avversare il catechismo, ne vorrebbe esclusa
dall'insegnamento solamente la parte dogmatica « che im-
miserisce in una ripetizione di formole, di distinzioni, di
nomi », non già la morale; anzi per questa propone la com-
pilazione di un libretto col titolo : Precetti ed esempii tratti
dal Vangelo, in cui ammette perfino che s'introduca qual-
che sentenza sulle verità fondamentali, sull'immortalità del-
' MiGNB, Eneyclop. ihéol. IX, p 801.
* MiGNB, 1. e. p. 546.
526 EDUCAZIONE PUBBLICA
l'anima e sulla giustizia divina * ; una specie insomma di
catechismo protestante, senza tante pedanterie sul dogma,
compicciato da « un buono e brav'uomo, veramente istruito
e fervido amante del bene », comprendendovi pure le pa-
rabole e alcune risposte di Cristo.
Ma a ciò hanno già risposto i maestri e gli scolari, edu-
cati col nuovo sistema pedagogico, senza pedanterie di
dogmi, rinnegando logicamente tutta la dogmatica e tutta
la morale del catechismo e dichiarandolo addirittura un
libro immorale, con quello stesso diritto onde i purgatori
laici del catechismo vogliono eliminarne la parte dogma-
tica. E costoro sono, se si vuole, bensì più empii del Ga-
belli, ma anche assai più logici di lui, perchè senza fon-
damento di dogma non vi ha edifizio di morale; perchè
tutti i dogmi che il Gabelli vuole banditi si trovano nel
Vangelo, che pur gli sta tanto a cuore; e perchè solo la
formola del dogma, non già imparata pappagallescamente,
ma fecondata dalla parola evangelica e trasfusa nella vita
religiosa, ispira, avvalora e sublima il carattere morale fino
alle cime più alte dell'eroismo cristiano. I Martiri di fronte
ai carnefici non fecero che professare e mettere in pratica
le formole dogmatiche del catechismo. E la poesia della
prima Comunione scompare, appena si neghi la formola
dogmatica della Transustanziazione.
Per quello poi che concerne l'ammirazione tributata dal
Gabelli ai protestanti, presso i quali, dic'egli, è addirittura
un altro mondo, ci basti ricordare che, in quanto a verità
fondamentali del cristianesimo, il loro simbolo dogmatico
è ormai una fila di zeri non preceduti da alcuna unità; in
quanto a morale il vizio contro natura, professato pubbli-
camente e organizzato come una istituzione, non è certo un
privilegio che dobbiamo loro invidiare; quanto a ordine so-
ciale, senza l'azione antisocialista dei cattolici, il socialismo
sarebbe oggi padrone del grande impero germanico.
Dopo di che l'affermazione del Gabelli, che dall'insegna-
mento del catechismo nessuno impara a diventar migliore,
* L' Istrusione in TtcUia, II, p. 239.
E CATECHISMO 527
può essere verissima, ma solamente con questa aggiunta:
se tale insegnamento non venga impartito secondo lo spi-
rito e le prescrizioni della Chiesa, quale norma della vita
cristiana. Altrimenti la sua affermazione non è che un se-
gno dell'accecamento, a cui può condurre il pregiudizio an-
ticlericale.
Con queste semplici osservazioni intomo al riordina-
mento dell'insegnamento religioso secondo la mente del
Gabelli, il grande pedagogo della nuova Italia, abbiamo già
suflBcientemente espresso il nostro giudizio anche in pro-
posito di quella scuola conservatrice, la quale nella pre-
sente agitazione prò e contro l'insegnamento religioso nelle
scuole, tiene la via di mezzo e vuole bensì l'insegnamento
religioso, ma non lo vuole impartito secondo il catechismo.
Tra le varie manifestazioni della medesima, che ha già
trovato nell'ordine del giorno proposto alla Camera dal-
l'on. Fradeletto sulla mozione Bissolati la propria espres-
sione parlamentare, la più strana è certamente quella del
prof. Chiappelli, pubblicata nella Tribuna del 6 gennaio.
Strano in verità è l'oracoleggiare sul catechismo in un
giornale il quale, prescindendo dalle sue tradizioni giu-
daico-massoniche, con celebrare recentemente la mistica
lascivia nuda di veli e l'animo cavalleresco dei regicidi
portoghesi, di fronte alla provocazione del re assassinato^
a cui appartiene la responsabilità del delitto, ha saputo
mirabilmente esemplificare i due effetti principali dell'in-
segnamento laico.
Strano il volere una religione laica che ci dia una edw-
cazione religiosa laica « espressione di quella unità religiosa
del genere umano ch'è il risultato dello studio comparato
delle religioni storiche e viventi, ed ha reso possibile un
congresso delle religioni a Chicago nel 1893 e ne renderà
possibile un altro ad Oxford in quest'anno ». E come non
sarebbe stranissima utopia il proporsi di fondare una re-
ligione laica sull'unità religiosa del genere umano, quando
la confusione babelica del moderno dilettantismo ed eclet-
tismo metafisico in religione è giunto al delirio — rincari-
528 EDUCAZIONE PUBBLICA E CATECHISMO
carne i congressi accademici, quando è più che mai vero
il detto del Voltaire che da Talete in poi nessun filosofo
ha mai migliorato i costumi nemmeno del suo vicinato?
Strano V imporre allo Stato di « provvedere seriamente
e con maturo consiglio alla preparazione religiosa del per-
sonale laico, in guisa che si possa avere una scuola laica
bensì ma non irreligiosa », colla sua brava « libera e viva
parola etico-religiosa non confessionale ». Quale maggiore
stranezza di codesto cesaropapismo, tiranno delle coscienze
e invasore del santuario domestico, conferito allo Stalo
moderno, che il Taine chiama giustamente une maison qui
mécontente san public et s^achemine vera la failliteP
Strano il dire che, nel gravissimo argomento dell'istru-
zione religiosa, i cattolici < com'è loro stile, solo di forma
fanno questione, e la loro protesta non ha manifestamente
che una ragione politica ». Politicanti per una questione
di forma i miUoni di padri e di madri di famiglia, che vo-
gliono armonizzata l'educazione domestica colla pedagogia
scolastica, per impedire l'ossessione anticristiana dei maestri
e Tateismo ufficiale della scuola!
Non accade però meravigliarsi di tali ed altrettali stra-
nezze del prof. Ghiappelli, qua)ido si rifletta che per lui
le virtù teologali sono astrazioni teologiche della simbolica
m^ioevale, il 2*» comandamento del decalogo e le opere
della misericordia corporale formole che non hanno pite
senso, e la Chiesa sì ciecamente tenace da inculcare ancora
il precetto delle decime! Poffare! Servirsi del catechismo
per far pagare le decime!
Così i moderni pedagoghi, che vogliono l'insegnamento
religioso come necessario all'educazione pubblica ma non
vogliono il catechismo, sono simih ai difensori di una città
assediata, dove, mentre il nemico va minandone i fonda-
menti, essi stanno chiusi nei loro gabinetti ad architettare
una città ideale per fabbricarla sulle nuvole.
Il che apparirà ancor meglio dalla continuazione di que-
sto nostro studio.
LA SOLENNE LITURGIA GRECA
IN VATICANO
PEI XV CENTENARIO DI S. GIOVANNI CRISOSTOMO
11 14 settembre 408 si spegneva in Gomana dì Cappa-
docia, fra le privazioni ed i dolori di un aspro esiglio, mar-
tire del suo zelo pastorale, il grande luminare della Chiesa
universa S. Giovanni Grisostomo. Fedele partecipe della
croce del Signore, nel giorno dell'esaltazione di questa en-
trava egli pure nel gaudio eterno. La sua festa fu fissata
nella Chiesa latina ai 27 gennaio, giorno in cui nell'anno 438
il suo santo corpo fu riportato con solennissima pompa in
Costantinopoli; mentre la Chiesa greca, oltre il farne com-
memorazione nello stesso giorno, ricorda, con rito piti so-
lenne il giorno 13 novembre, quand'egli ritornò trionfalmente
alla sua cattedra episcopale dopo il suo primo esiglio. Questi
due termini parvero appropriatissimi ad inchiudere le grandi
onoranze che di fatto si svolsero in Roma in onore del Santo
nel XV centenario dalla sua morte. Cominciarono i greci nel
giorno suo proprio del novembre; continuarono i greci
non meno dei latini durante il tempo intermedio; chiu-
sero in fine le solennissime feste i latini ed i greci insieme
in un'unione di amore e di rito, col prendervi attiva parte
da un lato il Sommo Pontefice assistito dall'intero collegio
cardìnaUzio e dai vescovi e dal clero della Chiesa romana,
dall'altro il Patriarca greco-mei chita di Antiochia Cirillo Vili
assistito anch'egli dai vescovi e dal clero della Chiesa greca.
E le ragioni di così fare erano valide assai e furono toc-
cate dal S. Padre Pio X nel Breve del 22 luglio 1907 al-
l'emo card. Vincenzo Vannutelli, vescovo di Palestrina e
presidente di onore del comitato grisostomiano * : — Al-
^ Ne abbiamo pubblicato il testo latino nel nostro quaderno del 17 agosto
1907, p. 485.
1&08, voi. 1, foBO. 1385. 84 26 febbraio 1908.
530 LA SOLENNE LITURGIA GRECA IN VATICANO
Fetà nostra, sommamente bisognosa dì forti esempi di virtù,
conveniva proporre questo, tanto insigne, del Grisostomo;
poiché egli insieme unisce felicemente i varii stati del lai-
cato, del sacerdozio e dell'episcopato, tutti splendenti di
luce veramente straordinaria e singolare. Dotto uomo, mo-
naco, asceta insigne, maestro ai fedeli di pietà cristiana,
ìttipavido vescovo contro ogni sopruso dell'autorità seco-
lare e martire del proprio dovere, maestro e dottore delle
Sacre Scritture e della verità cattolica, testimone e custode
insieme delle sante tradizioni, e per dono singolare del cielo
dotato di un'eloquenza così potente e persuasiva, che me-
ritoesi dalla posterità il nome di bocca d'oro ed il titolo,
conferitogli da Leone XIII, di patrono speciale di quanti,
nella Chiesa di Dio devono imitarlo nell'ofiQcio di annun-
ziare ai popoli la divina parola.
Ma un'altra ragione gravissima indusse il Sommo Pon-
tefice a decretare onoranze al tutto fuor dell'usato al Gri-
sostomo. Come il santo vescovo è decoro e gloria delle
Chiese orientali, così è ornamento della Chiesa romana,
poiché l'amò dal fondo dell'animo e la difese strenuamente
da ogni assalto ; nasce quindi la ferma fiducia, che per le
dottrine da lui insegnate e per la potente sua intercessione
presso Dio, consoli ora la stessa Chiesa romana, ricondu-
cendo nell'unità della fede con lei le genti orientali, co-
stante brama e desiderio del presente Pontefice e di tutti i
suoi predecessori. Per questo appunto il S. Padre voleva,
che celebrate le feste centenarie nelle varie chiese di rito
orientale in Roma, se ne celebrasse una sovra ogni altra
solenne ad ipsam divi Petri basilicam in monte Vatica/no ; noa
solo perché il popolo che da ogni parte della cristianità vi
sarebbe accorso fosse maggiormente eccitato dagli esempii
illustri del santo Dottore, ma più particolarmente perchè
tutti i fratelli orientali, separati ancora dall'unità della
Cliiesa, vedessero, anzi toccassero con la mano, quanto
grande, quanto legittimo favore dimostri la Chiesa di
Ruma ai loro riti e s'inducessero a seguire amorosamente
PEL XV CENTENARIO DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 531
i desiderii del Sommo Pontefice e ad abbracciare con sa-
lutevolissimo ritorno l'antica madre: et ii qui a Nobis, orien-
talibus e coettbtis dissidente videant perspiciantgue quam
multam quamque germana/m ritibus universis gratiam prae-
8temi4s, indncantque demum omimos optatis Nostris amcmter
obsequi, et cmtiquam matrem saluberrimo reditn amplecti.
Per tutti questi motivi, conchiudeva il S. Padre, vogliamo
che quest*anno la beata morte di Giovanni Grisostomo sia
celebrata con solennità e con culto al tutto singolare: Quam-
obrem beatum e vita discessum Joannis Ghrysostomi volu-
mus gratulatione maximaj et cuUu coli, hoc anno, piane sin-
gulari.
La parola del S. Padre aprì largamente il cuore di quanti
infervoravano per le feste grisostomiane. Perocché sulle
prime, era loro parso grande favore il poter celebrare la
liturgia di rito greco sulla tomba stessa del santo nella
cappella del coro della basilica vaticana, com'era stato dap-
prima concesso; poi l'efiio card. Rampolla, arciprete della
basilica, assegnava l'altare della Cattedra, come più propizio
allo svolgimento della grandiosa liturgia e più opportuno
al concorso che si attendeva del popolo. Quand'ecco il
Sommo Pontefice invitare a sé direttamente gli orientali,
concedere alla loro liturgia l'altare stesso papale sulla
tomba del principe degli Apostoli e promettere la sua au-
gusta assistenza alla ceremonia, quale Capo della Chiesa
universale e custode supremo della santa liturgia di ogni
forma e di ogni rito dalla Chiesa cattolica riconosciuto.
Tale disposizione pontificia fu partecipata al comitato
delle feste dalla S. Congregazione dei Riti per mezzo di
una lettera del 13 agosto 1907 *, stabilendo pel giorno 13 no-
vembre la solennità di un pontificale greco, da celebrarsi
con assistenza di Sua Santità all'altare papale di S. Pietro
in Vaticano ed ordinando ai ceremonieri pontificii di pre-
* n testo è riportato nella Bctàsegna gregoriana 1907, noT.-*dec. e. &1S.
5^2 LA SOLENNE LITURGIA GRECA IN VATICANO
parare il relativo ceremoniale da sottoporsi al giudizio
dell'eilia conrimissione cardinalizia a ciò deputata.
Le tristi condizioni politiche e le vergognose agitazioni
anticlericali, che frattanto sorsero a funestare la quiete pub-
blica, costrinsero, com'è noto, a modificare in parte il di-
segno grandioso delle solennità grisostomiane. Si dovette
dapprima differire la festa in S. Pietro dal 13 novembre
al 27 gennaio; poscia rinunziare interamente alla basilica
vaticana e designare per la solenne liturgia greca la grande
aula, cosiddetta delle Beatificazioni, sovrastante l'atrio dì
S. Pietro. La nuova dilazione dal 27 gennaio al 12 febbraio
provenne da motivi interni di riguardo ai patriarchi e ve-
scovi orientali, che non potevano comodamente trovarsi in
Roma nel giorno dapprima assegnato.
Ma quanto è più grande, anzi unico nella storia, come
diremo, il fatto di una solenne liturgia greca celebrata in
Vaticano, con l'assistenza del Sommo Pontefice, tanto ri-
marrà più dolorosa nella storia della Chiesa la pagina
che dovrà narrare ai secoli venturi, il vero motivo di
una tale disposizione restrittiva. Senza dubbio è da de-
plorare che per le stesse ragioni i fedeli della cristianità
non2 possano celebrare in questo medesimo anno il giu-
bileo sacerdotale di Sua Santità con quelle pubbliche
dimostrazioni di amore filiale, sebbene ristrette entro il re-
cinto vaticano, che consolarono gli ultimi anni di Leone XIII,
quando i pellegrini di ogni parte del mondo s'accalcavano
a migliaia nella basilica vaticana, per vedere anche solo
nell'imagine fuggitiva di un lampo il Padre loro comune
e riceverne la benedizione ed attestargli la gioia del cuore
nei giorni più memorandi della sua vita. Ma le feste giu-
bìlari riguardano più propriamente la persona augusta del
S. Padre, e sebbene sia al tutto intollerabile che ai fedeli
del mondo cattolico sia tolta la libertà di giungere con la
debita sicurezza ai piedi di Lui, pure essi possono in altro
modo supplire con dimostrazioni meno solenni, ma non
meno amorose. Laddove nel caso nostro si tratta che è
PEL XV CENTENARIO DI 8. GIOVANNI GRISOSTOMO 533
colpito il pieno e libero esercizio del suo sommo Sacer-
dozio, nell'occasione unica che si presenta nella storia,
quando innanzi alla Chiesa greca egli deve presiedere ad
una solennissima liturgia di rito orientale nella sua qualità
di Patriarca d'occidente rispetto alla Chiesa orientale ed
insieme di Pontefice della Chiesa universa e però investito
del primato di giurisdizione su tutte le Chiese e su tutti
i riti. In tale singolare circostanza non gli è possibile di
scendere nella sua basilica vaticana, di aprirla ai fedeli, di
dare all'ofificiatura straordinaria l'ampiezza e la solennità
che essa esige, e deve restringere ogni cosa entro l'ambito
di una sala vaticana, dove le ceremonie si svolgono a di-
sagio ed innanzi ad esiguo numero di fedeli e più esiguo
ancora di fedeli orientali; mentre, secondo il disegno dei pro-
motori delle feste centenarie, si doveva raccogliere in que-
st'occasione un numeroso pellegrinaggio di quelle nazioni.
La sostanza è salva, come sarebbe salva ancorché si cele-
brasse la liturgia nell'oscura cripta di una catacomba; ma
non è salva la solennità e questa pure appartiene sempre
al rito e la Chiesa non vi rinunzia, salvo il caso di condi-
zioni esterne anormali di oppressione o di persecuzione.
Così in ogni circostanza sempre meglio si dimostra e con-
ferma la condizione intollerabile, fatta dalla rivoluzione al
Sommo Pontefice, ridotto a dover rinunziare, come già da
tanti anni si sta facendo, alle ordinarie funzioni liturgiche
papali nelle basiliche di Roma, ed a restringere la solennità
anche di quelle, che altissime ragioni del suo augusto mi-
nistero sacerdotale gli impongono di dover ancora cele-
brare.
Quanto all'importanza straordinaria ed assoluta novità
dell'avvenimento, lasciamo la parola al eh. mons. Carlo
Respighi, ceremoniere pontificio, che prima della festa ne
scrisse assai bene nella Rassegna Gregoriana di Roma *:
4c Non si è mai avuta nei secoh passati una dimo-
1 Num. dì gennaio-febbraio, e. 59 ss.
534 LA SOLENNE LITURGIA GRECA IN VATICANO
strazio ne solenne come sarà questa, di unione e fra-
tellanza tra i due più grandi riti della Chiesa cattolica.
Neppure nei due concilii di Lione (1274) e Firenze (1438),
nei quali la Chiesa greca si unì alla Sede di Roma, il
Papa aveva assistito e preso parte iattiva alla liturgia
greca, bensì greci e latini, fraternamente uniti, assistet-
tero alla liturgia latina e papale. Nel concilio lionese,
poi, i greci vollero ripetere nella loro lingua il Simbolo,
dopo che i latini lo avevano cantato in latino, quindi fe-
cero le acclamazioni a Gregorio X. Dopo questo concilio,
a Costantinopoli furono cantati nel pontificale greco (16 gen-
naio 1275) anche l'epistola e il vangelo in latino, e in Roma
fu raffermato l'uso antichissimo, che ancora si conserva, di
cantarlo in greco da ministri greci, dopo i corrispondenti
tratti della liturgia latina. Ed è pur bene rammentare che
nel concilio di Firenze, per volere di Eugenio IV, tutti i
cardinali, ì padri del concilio e gli altri latini assisterono
in S, Maria Novella ai funerali in rito greco del Patriarca
costantinopolitano Giuseppe, morto sul finire del concilio
(giugno 1409). In seguito troviamo poche notizie degne di
nota e soltanto in questi ultimi tempi le relazioni e comu-
nicazioni liturgiche tra i due riti si erano rese più frequenti
ed interessanti. Qualche volta, per speciale concessione del
Papa, si ebbero i ministri greci nei pontificali latini se-
condo l'uso del cerimoniale papale, e la s. m. di Leone XIII
concesse alla Badia greca di Grottaferrata molti privilegii,
oltre quello dei ministri latini per l'epistola e il vangelo la-
tino da cantarsi ogni anno nel pontificale greco per S. Nilo,
che godeva dal concilio di Firenze. È pur noto che la
s. ni, di Pio IX assistè una volta alla messa cantata
nel collegio greco, ma questo fatto od altri simili avve-
nimenti che forse potrebbero rammentarsi, benché sem-
pre tiotevoli, non rivestirono mai il carattere di vera so-
lennità; più che assistenze liturgiche, furono assistenze pri-
vate, anzi non andarono più in là della semplice presenza.
Il ceremoniale vigente nella Cappella papale, poi, mentre
Ila considerato il caso dell' in terventc alle funzioni papali
PEL XV CENTENARIO DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 535
di vescovi e anche di patriarchi dei vari riti, non ha mai
pensato al caso presente, né mai veduto svolgersi la sacra
liturgia nella Cappella del Papa in rito diverso da quello
della Chiesa romana. >
Per conseguenza, de mandato SS.j il collegio dei cece-
monieri pontificii ebbe l'incarico di studiare diligentemente
la nuova straordinaria funzione e di prepararne il cere-
moniale, come fu fatto, chiedendo anche il parere d'insigni
liturgisti così dell'uno come dell'altro rito. Il concetto che
diresse la determinazione del nuovo ceremoniaJe, secon-
dochè si esprime il citato raons. Respighi, fu quello di una
messa solenne di rito greco con assistenza liturgica, pari-
mente solenne, del Sommo Pontefice, del sacro collegio e di
tutti i soUti personaggi della Cappella papale. Sorge quindi
spontanea la regola, che il Papa, come Capo supremo ge-
rarchia di tutti i riti, prende parte attiva allo svolgersi
della liturgia greca in quella forma e misura che spetta al
legittimo presidente di un' assemblea liturgica. Così vengono
a lui riservate nel caso presente quelle azioni e quelle for-
mole che di consueto in una funzione liturgica di rito greco,
sono proprie di chi la presiede. Tali sono le benedizioni
dell'incenso, quelle ai sacri ministri, il saluto di pace alla
intera assemblea, le formole solenni di inizio e conclusione
del canone e quella eulogica finale. « Essendo le domande
o proposte rivolte in greco dai ministri greci, e alla lor
volta le formole integrando azioni della liturgia che si svolge
in greco, è al tutto naturale che le formole stesse siano
dette in greco dal Papa, che è capo del rito latino come
del greco. Per gli altri personaggi della Cappella non pos-
sono valere le stesse ragioni, che fanno ritenere come cosa
naturalissima pel Papa assistente al rito greco di usare in
alcuni casi ^la lingua di questa liturgia. È invece logico che
l'assistenza di costoro si regoli nel modo consueto, s'in-
tende d'accordo con lo svolgersi della liturgia greca, e che
il Sommo Pontefice, eccettuati i casi speciali sopra indicati,
segua il consueto ceremoniale della Chiesa romana, unita-
mente al sacro collegio che gli fa corona. »
536 LA SOLENNE LITURGIA GRECA IN VATICANO
Con tali principii adunque fu steso anzitutto il cere-
mouiale proprio del S. Padre: De agendis et servandis a
Summo Ponti fice Missarum solemniis ritu graeco pontifica-
liter cehbrandis assistente, che esaminato ed approvato dal
S- Padre fu imposto autorevolmente alla Cappella papale
il 2 febbraio 1908 dal proionotario apostolico mons. Fran-
cesco Riggi, prefetto delle cereraonie pontificie. Esso con-
tiene, oltre le rubriche da osservarsi dal Papa, dal s. col-
legio e dalla Cappella papale, tutti i testi liturgici in lingua
greca che devono recitarsi o cantarsi dal Papa; a questi
ultimi è aggiunta la cantilena greca, ma nella consueta nostra
notazione gregoriana. Poi fu pure messo in luce dai cere-
monieri pontificii un altro ceremoniale direttivo in lingua
italiana: Ordine da tenersi nella Cappella papale che avrà
lìtogo il 12 febbraio 1908 con pontificale in rito greco (Roma,
tip- vaticana), alquanto particolareggiato e con continui ri-
scontri al testo della liturgia greca pubblicato per questa
fausta occasione dal R. D. Placido de Meester O. S. B. ^
I due direttorii tornarono di pienissima soddisfazione a tutti
s] latini che greci ed impressero alla nuova, difficile e com-
plicata funzione liturgica, oltre al consueto carattere di so-
lennità e maestà sempre proprio delle funzioni papali,
quello di un'ammirabile e commovente armonia tra gli
splendidi riti orientali e l'assistenza liturgica, non soltanto
dì un augusto Preside, ma di un intera Cappella papale
con le osservanze tradizionali sue proprie.
Non entreremo a descrivere le singole parti della sacra
funzione e basterà solo qualche cenno per metterne in rilievo
il singolare carattere. L'aula delle Beatificazioni è disposta
nel modo consueto delle solenni Cappelle papali. Solo l'al-
tare in fondo, innanzi ad uno splendido arazzo rappre-
sentante la discesa dello Spirito Santo, è più ampio del
consueto, di forma quadrata, libero tutto all'intorno ed
^ La divina liturgia di S. Giovanni CrisostomOy con versione italiana
(Roma, Ferrari, 1907). Della stessa opera si ha pure la versione francese.
PEL XV CENTENARIO DI S. GIOVANNI GRISOSTOMO 537
acconcio al rito della concelebrazione di ben ventidue tra
vescovi, archimandriti e sacerdoti greci. Innanzi ai gradini
sono disposte le sante iconi, che insieme determinano i
varii ingressi all' altare e sostituiscono l'iconostasi o parete
delle porte sante. L'imagine di S. Giovanni Crisostomo è
pure esposta di fianco in cornu epistolae, e quinci e quindi
dell'altare centrale, presso le pareti dell'aula, sono eretti
i due altri altari minori, l'uno per la protesi a sinistra,
dove si prepara la materia del s. sacrificio, l'altro per la
suppellettile liturgica a destra. La lunga ceremonia della
vestizione e della preparazione all'altare della protesi sono
state opportunamente determinate in questo modo, che
la prima avvenisse fuori dell' aula, nella Cappella Sistina,
e la seconda si compiesse durante il tempo impiegato
dalla consueta obbedienza del sacro collegio in principio
d'ogni funzione papale. Così all'ingresso solenne del S. Pa-
dre in sedia gestatoria col triregno in capo, preceduto
e seguito dal consueto splendore della corte pontificia, fu
dato premettere l'ingresso pure solenne in forma di pro-
cessione del clero greco, dei sacerdoti, degli archimandriti,
dei vescovi ed arcivescovi e del Patriarca celebrante, tutti
nei loro fulgidi abiti liturgici, ed i vescovi con le corone gem-
mate in capo.
Il primo atto liturgico greco del S. Padre fu, dopo l'ob-
bedienza del sacro collegio, benedire l'incenso e poi conce-
dere al primo concelebrante ed ai diaconi la licenza di co-
minciare la santa liturgia, che poi si svolse tutta con mi-
rabile ordine e con esattezza meravigliosa, come se greci
e latini fossero da lungo abituati a simile ceremonia, e quel
che più importa, con una devozione profonda che toccò gli
animi di tutti.
— EJpifjVT) ^ luaat, Pace a tutti !
Così cantava solennemente e con voce vibrata il Sommo
Pontefice dopo la recita della grande Ectenès. Era il mo-
mento del bacio liturgico. Il diacono greco ricordava:
Amiamoci gli uni agli altri, affinchè unitamente confes-
siamo la nostra fede; proseguendo il coro: nel Padre, nel
538 LA SOLENNE LITURGIA GRECA IN VATICANO
FigliuQlo e nello Spirito Santo, Triade consustanziale ed
indivisibile, L'emo card. Rampolla, primo dell'ordine dei
Preti, recasi allora all'altare, e baciato il velo che copre
le oblate, riceve la pace dal Patriarca celebrante e la porta
al Sommo Pontefice, mentre i concelebranti ed il clero
greco si scambiano anch'essi il bacio liturgico ed un ministro
greco lo reca al s. collegio: simbolo dell'unione nella ca-
rità «anta, come dice più volte l'Apostolo : àa7uàaaa*e àXXTf^ug
Iv ^dìfjtJLan àylcp \ e com'ebbe a spiegare lo stesso S. Giovanni
GrisOÈ^tomo al popolo : ci abbracciamo gli uni gli altri durante
i santi misteri, affinchè i molti che siamo diventiamo una
cosa solay èv tol; |iu(7rr)p£ot; àa7ca^6[ie&a àXXVjXou^, Tva o£ icoXXol
E seguì tosto la professione di fede, la stretta unità della
quale è pure simboleggiata dal bacio, come il diacono aveva
amiìionito. IltaTetxo el<; Sva 6e6v, cominciarono i greci intomo
al Patri arca e presso l'altare ; Credo in unum Deum^ proruppero
nello stesso tempo i latini, facendo circolo il s. collegio innanzi
al trono del S. Padre. Diversa era la lingua, una la fede.
Quel che diciamo due Chiese, latina e greca, era, com' è
di fatto, una Chiesa sola, la Chiesa uscita dal Costato del
divin Redentore morente, bagnata dal Sangue suo prezio-
sissimo. E mentre durava quel solenne mormorio, ci pareva
il divin Redentore dalla sua icone sollevare lo sguardo al
Padre celeste, stendere a lui le palme e ripetere la grande
sua pre^^hiera sacerdotale: Che siano tutti uua sola cosa,
come tu sei in me, o Padre, ed io in te ; che siano anch'essi
una cosa sola in noi, sicché creda il mondo che tu mi hai
mandato ^.
Due altre volte greci e latini si unirono così insieme
nella comune preghiera, per la recita dell' "Aytos, Sanctus,
e pei" quella dell'orazione domenicale. Assai commovente
è stato il momento della consacrazione, mentre il S. Padre
e tutti della Cappella pontificia adoravano prostrati, come
l Rom, XVI, 16; 1 Cor. XVI, 20; 2 Cor. XII, 12 ecc.
^ Hora. De Proditore, (Mione, P. G. 59, 426).
3 GioT. XVII, 21.
PEL XV CENTENARIO DI S. GIOVANNI GR180ST0M0 539
pure quello della comunione di lutti i concelebranti e del
clero greco per mano del Patriarca*
Finita la liturgia il S. Padre impartì solennemente dal
trono l'apostolica benedizione con l'indulgenza plenaria,
che fu annunziata nelle due lingue, e l'assemblea si sciolse
uscendo processionalmente dall'aula il clero greco e poscia
la corte pontificia ed il S. Padre in sedia gestatoria con
l'ordine medesimo ond'erano entrati.
Nel volto di tutti, ma specialmente di Sua Santità Pio X
e del venerando Patriarcha greco di Antiochia Cirillo Vili,
si scorgeva dipinta la santa gioia e la soddisfazione del
cuore per la grande azione liturgica tanto felicemente com-
piuta. Il dì seguente, durante la solennissima udienza con-
cessa dal S. Padre nella sala del Concistoro al comitato
delle feste pel XV centenario di S. Giovanni Crisostomo
condotto dall'eco presidente onorario card. Vincenzo Van
nutelli, a S. E. il Patriarca Cirillo, ai vescovi e dignilarii
ecclesiastici- orientali, agli alunni dei due collegi di Roma
greco e ruteno ed a numerose persone, il S. Padre in
un suo stupendo discorso ha voluto ricordare ad una ad
una le altissime ragioni delle onoranze tanto singolari,
tributate in quest'occasione al grande Dottore della Chiesa
S. Giovanni Crisostomo, rivolgendo di nuovo con teneris-
simo affetto agli orientali dissidenti l'invito a deporre i
secolari pregiudizii ed a tornare nelle braccia materne del-
l'unica vera Chiesa.
La parola, che nei fortunati istanti dell'udienza usciva
dal labbro commosso del Padre della cristianità, rimarrà
scolpita nel cuore di quanti l'udirono e noi la ripetiamo piti
innanzi nelle pagine nostre, col voto ardentissirao che il
desiderio di Pio X si compia, e che un non lontano avve-
nire presenti di nuovo al mondo il grande e soave spetta-
colo di latini e greci affratellati nella santa liturgia intorno
il medesimo altare in conferma ed in memoria perpetua
dell'unione raggiunta.
IL CREPUSCOLO DI ROBERTO ARDIRÒ
I.
Risuonano ancor le aule e su pe' giornali ancor riinane
la traccia de' festeggiamenti e delle congratulazioni onde si
volle commemorare l'ottantesimo compleanno di Roberto
Ardigò, salutato principe de' positivisti italiani e da parecchi
anni professore nell'Università di Padova. L'imagine austera
deiruomo ci sta ancor presente vivissima allo sguardo. La
sua barba d'oro, se la barba facesse il filosofo, è certo la
più venerabile che sia dato incontrare sotto gli stemmati
portici del Bò e per le porticate vie di quella città. Tra per
siffatto bel dono di natura, assai positivo, e per l'età assai
avanzata e degna di rispetto a chi sente in sé un zinzino
di cortesia spartana, il vecchio filosofo non sta a disagio
in mezzo a' festeggiamenti fatti ad onor suo. Egli è altresì
il padre e il nonno della famiglia de' positivisti nostrani.
E codesti suoi figli legati a lui con la riverenza di disce-
poli o con l'affetto di amici e ammiratori, si sarebbero resi
colpevoli di leso galateo domestico, quando non si fossero
fatti vivi nella presente circostanza.
E il loro capo, Roberto Ardigò, cosa naturalissima, ne
esultò, come ne fece testimonianza nelle risposte agli os-
sequi e agli augurii de' benevoli. Fu certo esultanza o
gioia dell'animo, in chi si trova avere ancora amici e cono-
scenti; ma poca dal lago del cuore dovè riversarsene ad
inondare i penetrali della mente. Se tornato alla sua cat-
tedra, il professore, un giorno applaudito come oracolo, girò
intorno lo sguardo cercando non gli ammiratori della glo-
riosa vecchiaia, ma i seguaci genuini della sua scuola, non
fallì che non s'avvedesse come sopra il campo de' positi-
visti al crepuscolo del mattino fosse omai succeduto quello
della sera.
IL CREPUSCOLO DI ROBERTO ARDIGÒ 541
La vita del professor Ardigò, passata per metà in seno
alla Chiesa cattolica, sacerdote e poi canonico di Mantova,
per metà nell'aule delle scuole governative, alte e basse,
con l'ottantesimo anno arriva a un limite da augurarselo
per fermo ogni uomo, né vorremo noi invidiargliene il pro-
lungamento, cui anzi auguriamo felice, come le prime au-
rore della sua gioventù.
Se è vero, a detta dell' Ardigò, che il « positivista, non ha
fretta di conchiudere », quanto alla vita fisica il filosofo
disse bene, e nella causa propria fu buon profeta. Ma il fi-
losofo parlava non della vita, ma della verità. E del non
aver fretta di conchiudere delle tre ragioni che ne dava^
l'ultima più perentoria suonava così. « Non ha fretta, per-
chè sa che il vero si fa ragione da sé. Si annuncia come
un chiarore incerto, a guisa di crepuscolo: si fa a poco a
poco più risplendente e si scopre all'orizzonte, come il sole
che nasce: poi sale, al pari di quello, in cima al cielo, e
lo illumina tutto con la pienezza della sua luce. Non ha
fretta, ma davanti al vero che gli si é manifestato, non in-
dietreggia mai. A chi colle argomentazioni cavillose, colle
citazioni dotte ed autorevoli, colle dolci insinuazioni, colle
rampogne e con le minacele glielo contrasta, tranquilla-
mente, senza scomporsi, con un sorriso pieno di indoma-
bile fierezza risponde: Eppure é così! » *.
In queste parole sembra ritratta la novella corsa di Ga-
lileo davanti all'Inquisizione, il quale, dopo fatta la fa-
mosa abiura, battendo il pie in terra, avrebbe gridato:
< Eppur, si muove! >►. E a Galileo, già ornamento del mede-
simo Ateneo patavino, non ad Augusto Comte, l'Ardigò s'in-
dustria di ascrivere la paternità del positivismo, non solo
per q^uanto riguarda le scienze fisiche, ma anche per la
filosofia *.
Ma il crepuscolo del Galilei male si confonde con quello
di Roberto Ardigò. Il crepuscolo del vecchio d'Arcetri é il
1 11 verOf volume V, delle Opere filosofiche, pag. 193.
2 Opere fllosoficJiey II, Padova, 1884, p. 436.
542 IL CREPUSCOLO
crepuscolo del sol nascente; quello del vegliardo di Pa-
dova del sole cadente. E se il positivista non s'affretta a
conchiudere, non avrà piti luce a conchiudere mai :
tempo è da trayagiiar mentre il sol dura.
II.
Il positivismo del canonico mantovano, al suo apparire
sull'orizzonte moderno, fu creduto un sol nascente. Si mostrò
la sua luce crepuscolare nel discorso sopra il Pomponazzi
del 17 marzo 1869, l'alba si chiarì neUdi Psicologia come
scienza positiva, l'aurora nella Formazione naturale nel fatto
del sistema solare; e il sole stesso apparve nella Morale
de' positivisti, nella Scienza délV Educazione, nella Sociologia,
nella Religione di Terenzio Mamiani, neW Inconoscibile di
Herbert Spencer e il Positivismi), e dopo altri scritti, nella
Unità della coscienza. Così in tutto il cielo della filosofia
parca diffuso il raggio del nuovo sole; e quanti vollero fis-
sarvi la pupilla, scolari e professori avidi di luce nuova e
odiatori delle tenebre medievali, ne andarono abbacinati
come fosse spuntato a' loro sguardi l'agognato sol délVav-
vomire. Tanto che il Baccelli, un uomo per la quale nelle
discipline antiche e moderne, ebbe a dire che nel far onore
alle terre, Virgilio stava a Pietole, come l'Ardigò a Castel-
didone o a Mantova.
Ed ecco il positivismo venir di moda. Ammutolirono
allora gli altri filosofi, schivi d'entrare nel consorzio dei
novelli pensatori e ragionatori, allocchi che al sorger del
sole volano ad appollaiarsi. Ausonio Franchi capo de' ra-
zionalisti italiani, non si fé' più vivo nelle pagine dei suoi
libri; ritiratosi nella sua scuola, pensoso piti di sé che
d^altrui, lasciò andar l'acqua per la china, solo guar-
dando
a guisa di leon quando si posa.
E quando dal suo profondo studio a ritroso, paruto un
letargo della sua mente, si scosse, si fé' a domandare
DI ROBERTO ARDIGÒ 5i3
che razza di filosofi signoreggiasse a sé d'intorno, e « Sono,
scriveva, i corifei di quella scuola che s'intitola e si vanta
positiva e che fa del positivismo appunto il contraposto
negativo ed esclusivo della filosofia... Sono coloro che
hanno scritto molti volumi, piccoli e grossi, d'una cotal
filosofia che tratta d'ogni cosa fuorché di filosofia; che cioè
non si degna di entrare in questioni filosofiche, se non a
patto di mostrare che la filosofia non ha più voce in ca-
pitolo per discuterle né per risolverle; ma che discussione
e soluzione spettano ormai di pieno e assoluto diritto alla
meccanica o all'astronomia, alla fisica o alla chimica, alla
fisiologia o alla medicina, alla filologia o alla storia, in-
somma a qualsivoglia disciplina, purché si possa appiccarle
il cartellino di positiva e non di filosofica. Così è spiegato
e chiarito il segreto del favore che godono e del trionfo che
ottengono dapertutto. Regina del mondo moderno è la così
detta opinione publica; la quale e perché opinione, e perchè
publica, va doppiamente soggetta agl'influssi di quella dea
fantastica e capricciosa che è la moda. Ed oggi è di moda
esaltare la scienza per deprimere la filosofia. Or quei se-
dicenti filosofi positivi son davvero nati fatti per dar nel
genio della moda che corre... Che meraviglia dunque se
vengono levati a cielo essi e i loro scritti, e lodati e glo-
rificati quali interpreti fedeli e felici del nostro tempo? )► *.
Così menò il suo trionfo davanti alla novella Italia ri-
generata Roberto Ardigò, il quale, dopo proclamato che
tutti gli antichi da Aristotele all'Aquinate e a Dante s'erano
solennemente illusi dandosi a credere che la scienza do-
vesse condurre a conoscere le cose fino nella essenza e
nelle cause loro, sentenziò che ormai « a noi non è più
possibile una tale illusione; poiché sappiamo che lo sforzo
di risalire oltre i fenomeni è vano affatto >► ".
« La realtà e la verità è la sensazione considerata ne' suoi
elementi. E nient'altro fuori della sensazione » ^. « Tutti gli
^ Ultima critica, voi. I, 1^ ediz. Milano, Palma, 1890, pag. 20-21.
* La psicologia come scienza positiva, Mantova, 1870, pag. 7.
3 Ivi, pag. 374.
544 IL CREPUSCOLO
atti psichici, taato quelli compresi nella categoria delle co-
gnizioni, quanto quelli che si designano coi nomi di affetti
e di voleri, tanto i particolari quanto gli astratti, tutti, nes-
suno eccettuato, sono, o sensazioni, o ricordanze di sensa-
zioni > ^ « Quindi le idee non sono se non associazioni di
sensazioni > *. « L'intelligenza è la funzione dell'organismo
umano > '. « L'anima non è se non una astrazione de' fe-
nomeni morali » *; e « i fattori della psiche sono le sensa-
zioni elementari e le combinazioni loro, onde sorgono le
formazioni vive del pensiero > ^
Sul fondamento di siffatta teoria, che fa del senso e del-
l'esperienza la bilancia della verità, s'innalza poi come su
proprio piedistallo, l'identità dello spirito colla materia
compenetrati in una sostanza psicofisica, nell'Indistinto; e
diviene assurda la distinzione fra la natura e l' inteUigenza.
Di qui la negazione della libertà; e la morale ridotta al
piacere e al dolore causato all'essere sociale. La libertà vai
quanto l'autonomia dell'uomo, e dopo negata l'anima, la
grazia. Dio, la vita spirituale presente e futura, si ebbe
l'ardire di conchiudere che la morale del positivismo « è
nientemeno che il corollario più diretto e piti sincero e più
schietto del Vangelo » *.
Tale è il verbo della filosofia che trionfò; e parve aprire
nuovi orizzonti e l'èra della verità e della felicità. Vero è
che molti levarono la voce insieme con noi, contro il delirio
di que' momenti. Né quei giorni, que' mesi, quegli anni fu-
rono eterni, e quando cominciarono a farsi lontani, e a spro-
fondarsi nell'abisso del tempo, gli storditi presero a riaversi,
e le teste meno scosse e più libere di sé posero l'animo ad
esaminare le cose udite e, paragonatele con quanto vede-
vano e toccavano, ci trovarono non poco a ridire, ed entra-
rono in sospetto non fossero per avventura state ludibrio
di un' illusione assai peggiore della rinfacciata a' filosofi
antichi. Perché la pietra di paragone per giudicar così a
• Ivi, pag. 265. — • Ivi, pag. 322. — 3 ivi, p. 431. — * Ivi, pag. 168.
* La morale de* positivisti, Milano, Battezzati, 1879. pag. 89.
^ Ivi, pag. 154.
DI ROBERTO ARDIGÒ 545
barlume di un sistema è ciò che è sempre, alla mano e
airocchio di tutti, e va sotto il nome di principii di senso
comune e di senso morale. Se una cosa inciampa contro gli
uni o gli altri, cattivo segno : la non va, e, a costo di farsi
dar del codino, non c'è anima d'uomo che rinneghi e scon-
volga la pratica per salvare e difendere la teorica. La filo-
sofia è una cosa e la vita è un'altra, anche per quelli che
si vantano di discendere non dalla costa d'Adamo, ma
dalla bestia antropomorfa. E qui vorremmo lasciar la penna
ad Ausonio Franchi, che ne ragionerebbe come va *. Ma no-
stro intento non è rifare la confutazione altre volte fatta
del positivismo *, sibbene accennare il suo crescere e ca-
lare nella stima delle menti italiane.
III.
Il positivismo fu definito dal Bonavìno uno di quei
sistemi che sorgono con grandi promesse di rivelare e spie-
gare ogni cosa; levano grande rumore sotto il patrocinio
della moda; e dopo venti o trent'anni cadono in dimenti-
canza al sorgere d'altre ipotesi affatto contrarie, che di-
vengono anch'esse la moda d'un 'altra generazione ed hanno
in breve la stessa fine, quasi a riprova di quell'antico prin-
cipio filologico:
Multa renascentur quae jam ceddere, cadentque,
qìnae nunc sunt in honore, vocabula, si volet uaus ^ ;
colla differenza però che le parole valgon sempre qualche
cosa perchè giovano ad intenderci, e i sistemi effimeri di
filosofia ad altro non riescono che a ingarbugliar e aizzar
fra loro vie peggio le menti. Perchè, chi ben consideri, in
mezzo all'altalena dei moderni sistemi che irreticano e im-
pacciano via via le teste, rimane sempre intatto anche nei
piti fanatici, ove non sieno giunti a darla del tutto per
1 Vedi UUima critica, voi. I, cit. pag. 489 e segg.
• Vedi CivUtd Cattolica, Serie VII, voi. VI, p 699; Ser. Vili, voi. HI ,
p. 201; Serie VII, voi. H e HI.
^ Orazio, Ad Pisones, 70.
1908, voi. 1, fase. 138ò. 85 27 febbraio 1908.
516 IL CREPUSCOLO
traverso, quel fondamento di norme vive che implicita-
mente tutti accettano, simile all'immobilità del globo sotto
le pedate di chi lo calpesta ne' suoi passi; fondamento che
ci fa scrollar il capo come davanti ad una tentazione al so-
pravvenir d'un pensiero filosofico contrastante col sentire
comune, quando ci troviamo di fronte a' fatti domestici e
sociali, alla morte, alla consistenza e al dileguamento di
cose già credute soggette a tutt'altra fortuna. Si tenterà, alla
maniera dell' Ardigò, di accordare le cose e la vita con la
nuova filosofia, ma, per uno che se ne dica persuaso, cento
si rimarranno dubbiosi, e mille continueranno a dire e pen-
sare come tutto il resto del genere umano, perchè ki mente
dell'uomo è così fatta che a lungo andare ritorna a un
sano principio come una molla che si sviluppi dai ritegni.
L'errore è il baco roditore d'ogni falso sistema, e come
il baco finisce che viene alla superficie.
E male l'Ardigò fa padre del positivismo il Galileo, perchè
l'osservazione galileiana della natura e de' suoi movimenti
non trasmutava le cose, né le confondeva in una miscela
psicofisica ed indistinta, ma ne co^ieva e chiariva le più
occulte forze e differenze sì nell'ordine fisico, come nell'intel-
lettuale, rifuggendo da ogni materialismo e apriorismo, due
scogli non causati dal moderno positivismo.
Gli è per questo che il crepuscolo del Galileo è il cre-
puscolo del vero e andò facendosi sempre più chiaro col
tempo e cogli uomini, laddove col tempo e cogli uomini di-
venne sempre più oscuro il crepuscolo già sì scialbo della
dottrina dell 'Ardigò. E quante speranze deluse ! Quante pre-
visioni e promesse fallite! Quanti argomenti di ragione e
di fatto per dover venir su molti e molti punti a conchiu-
dere: Ergo erravimus a via veritatis; oh come ci siamo
ingannati! *.
Ingannatisi i razionalisti, alla lor volta si sentirono in-
gannati i positivisti, e credendo di camminar nella luce,
s'accorsero di brancolar nelle tenebre e d'abbracciar l'urne
' A. Franchi, Ultima critica, I, pag. 57.
DI ROBERTO ARDIGÒ 547
dei filosofi del nulla ed interrogar i bugiardi simulacri di
una nuova superstizione. « Che i discepoli, scriveva una
barba dei nostri Atenei, Achille Loria, parlando dell'Ardigò,
abbiano esagerata e talvolta anco traviata la parola del
maestro ; che immemori dei genuini precetti positivi, abbiano
troppe volte surrogate ai fatti le proprie preconcezioni e tra-
sformato il positivismo in quella metafisica materialista,
che il maestro avea tanto flagellata; che la scuola del li-
bero esame sia così degenerata in fucina di nuove super-
stizioni le quali di scientifico non aveano che il nome, che
codeste improntitudini siano per molta parte nella presente
rinascita della metafisica fra noi - son queste verità irre-
fragabili, sulle quali però ci guarderemo bene dall'insistere
per non turbare con riflessioni malinconiche un'ora di ri-
conoscenza ed esultanza » *.
Perchè, soggiunge Benedetto Croce, « non bisogna cre-
dere che gli uomini sieno bambini, e che si possa a lungo
tenerli in soggezione e privazione con quattro frasi di
suono scientifico e con l'autorità di nomi de' pretesi filo-
sofi. Dopo il dominio, durato alcuni decenni e non senza
grossi contrasti del positivismo, il bisogno religioso si è
riaffermato tanto più pungente quanto più era stato tenuto
insoddisfatto. Tutto il mondo contemporaneo è alla ricerca
d'una religione; e le manifestazioni di questo bisogno sono
le più varie. Di positivismo, di neocriticismo, di agnosti-
cismo, nessuno vuol più saperne: già assistiamo allo spet-
tacolo de' militi del positivismo che voltano casacca e inal-
berano bandiere, su cui è scritto non so qual positivismo
idealistico o psicologismo umanistico » ^
Così proclama il Croce la disfatta del positivismo che pre
tese « di lasciare insoddisfatto il bisogno religioso del-
l'uomo», sebbene a sostituirvi alcunché di meglio, invece
della vecchia fede cattolica < suicidio mentale », propone la
rinascita dell'idealismo che, secondo lui, è « la negazione
» Nel Marzocco del ^ febbraio 1908.
' La Coltura del 1 gennaio 1908.
548 IL CREPUSCOLO
del positivismo ed insieme la negazione di ogni forma di
trascendenza e di credenza >, e va impostata sopra « il qua-
drilatero tilosofico della Germania, Kant, Fichte, Schelling
e Hegel >.
Lasciamo stare che siffatto rimedio è peggiore del male,
e per nulla soddisfa al cosidetto bisogno religioso, come
n'è prova il passato: quel che per ora ci giova accertare
è la rovina del positivismo dell'Ardigò manifesta agli occhi
di tutti.
Se pertanto chiediamo che cosa mai sia rimasto della
filosofia positiva che dovea rinnovare il mondo, convien ri-
spondere che le reliquie della filosofia stessa, tutte si
assommano nello spirito positivo, come afferma il Loria, o
nel psicologismo umanistico, secondo il Croce, cioè antire-
ligioso, anticristiano e anticattolico onde è rimasta imbevuta
la generazione degli epigoni, ansiosi di dar per un'altra via
— la quale, si dice, «promette all'uomo la verità, la piena ve-
rità, da conquistarsi con la forza del pensiero, con la volontà
del vero » — la scalata alla rocca del cristianesimo sotto il ves-
sillo già sdrucito d'una vieta filosofia pervenutaci d'oltre
alpe. A questo spirito di pugna anticattolica danno una spinta
i festeggiamenti dell'ottantesimo anno dell'Ardigò; onde si
volle di sotto la cenere rinfiammare i carboni semispenti
per salutare nel vecchio positivista colui < che ha abbat-
tuta la chiesa gotica del pregiudizio e sulle sue rovine ha
eretto il tempio della ragiono *.
IV.
Né con ciò vogliamo noi togliere il rispetto a' vecchi, e
quella venerazione che loro si conviene, come a chi è già,
per necessità di natura, sul
calar le vele e raccoglier le sarte.
No. Ma, davanti a Roberto Ardigò che non ^perdette
il coraggio del vivere e la ferma volontà di fare il bene »,
^ Nel Marzocco citato.
DI ROBERTO ARDIGÒ 549
com'egli aflfermò quando appunto descriveva nelle sue opere
la mesta storia del ripudio di quella fede ch'era stata la
vita e la speranza di sua madre, di sua sorella, del suo
benefattore Monsignor Martini *, davanti a quest'uomo, di-
ciamo, ci piace pensare e meditare chi mai, fra lui e la
madre e la sorella, abbia megho ragionato e filosofato.
Nella fede di quella « semplice e povera contadina » di
sua madre che crede, spera ed ama come la vecchiarella
della montagna cantata dal Torti, non è « l'ubbia religiosa »
che imperi, o la stupida credulità incosciente. Stretta com'è
alla Chiesa di Cristo, ne partecipa tutte le glorie e tutta la
sapienza. Non vi meravigliate se lei non sa darvi ragione di
quel che tiene per fede; codesta ragione ve la daranno per
lei un Agostino, un Crisostomo, un Bernardo e un Aqui-
nate, e tutta quella schiera di (dottori, di artisti e di poeti,
davanti a' quali s' inchinano rispettose le età che passano
e studiano la miseria dell'uomo e la storia del divino soc-
corso nelle loro opere e ne' loro capilavori, cercando con
occhio chiaro e con affetto puro, senza la superbia del filo-
sofo che contemplando il corso de' cieli, se stesso dimen-
tica, e inganna.
Di fianco a questa popolana noi vediamo ritto e Ubero
in piedi il genio di Dante e di Galileo, del Manzoni e del
Pasteur, a' quali non mancò certo profonda conoscenza
della natura e dell'uomo. Chi è più grande, la madre o il
figlio? Roberto, il quale, abbandonata la scuola e la società
materna, s'imbranca con quattro nomi di filosofi novelli,
già eclissatisi nelle tenebre e vede disperdersi la sua scienza
e vanire nell'infinito nulla dell'errore, finché di lui non resti
che un nome di più nella storia de' traviamenti umani?
L'Ardigò si vanta di aver spesi gli anni più freschi sulla
Somma teologica di S. Tommaso. M^ gli anni più freschi non
sono i più maturi alla riflessione. Altrettanto era avvenuto ad
Ausonio Franchi. Ma il Bonavino, dopo un lungo errare
^ La MorcUe de* positivisti, ediz cit. pag. 300 e segg.
560 IL CREPUSCOLO DI ROBERTO ARDIGÒ
pei sentieri del razionalismo, ritornato a' paschi della gio-
vinezza, aJl'Aquinate, quando al dolce della novità era suc-
ceduto l'amaro del disinganno scientifico, rivide e comprese
quel vero da lui prima mal inteso e peggio abbandonato, e
si persuase alfine che il medio evo e i secoli passati aveano
pur ricevuto, trovato ed accettato qualcosa di immutabile e
irrefragabile, e che l'illusione dell'errore era sua, non del-
TAquinate e dei sapienti cristiani. Così al Franchi riap-
parve il crepuscolo albeggiante del mattino, ma più bello
e ridente, mentre per l'Ai digò perdura ancora questo cre-
puscolo vanescente della sera. Che se il positivista non ha
fretta di conchiudere perchè il vero si fa ragione da sé, il
fatto della rovina del positivismo per mano stessa de' suoi
fautori fa ragione che veramente le sue basi erano instabili
e l'edificio sacrato allo sfacelo. Per tal modo i festeggiamenti
al principe di un positivismo che tramonta in un crepuscolo
oscuro ci hanno l'aria di uno scoronamento devoto e di
esequie scientifiche e palliate. Onde all'austero vegliardo,
cui conciliò stima e lode anco l'astio massonico, noi augu-
riamo che al provvido pensiero del venir meno della vita
e del careggiato sistema gli si rischiari un nuovo orizzonte,
ove il crepuscolo del vero non conosce occaso, e il sole
divino che spunta in questo mondo di fede, a riparare e
rinnovare ogni nostra umana miseria, fa nella tomba ri-
trovar la culla, e senza tramonto rinasce di là dal velo delle
cose ingannevoli e periture per risplendere più bello e
senz'ombra in una vita indefettibile e intera d'amore e
di pace.
DONNA ANTICA E DONNA NVOf A
SCENE DI DOiViAINl
LUI.
Dio non paga il sabato.
Colla prima posta del santo Natale il questore ricevette
la seguente lettera :
Illmo signor Questore,
VigUia da S. NatcOe, ore 22.
Chi le scrive ha scoperto or ora una congiura, ordita
contro la contessa Storni^ presidente dell'Alleanza e contro
la sua segretaria Ida Piunietti, ma non può altrimenti de-
nunziarla all'autorità che con questa lettera anonima, senea
esporsi a pericolo prossimo di una feroce vendetta dei con-
giurati. Costoro hanno deliberato la morte delle due povere
vittime e stanno ora spiando il momento per poter impune-
mente mandare ad effetto il loro scellerato divisamento.
U doppio assassinio fu ordito per motivi di rivalità e di
antagonismo religioso e politico, che si connettono col m^ovi-
mento del femminismo. La presidente della Lega femminista
italiana e il suo avvocato e protettore on, Brandini dovreb-
bero saperne qualche cosa! Le tracce poi del delitto, che si
sta macchinando, potrebbero trovarsi presso una vecchia fat-
tucchiera, chiamata dal vicinato la strega, che abita un vil-
lino fuori di Porta S. Martino e le tiene nascoste, con filtri
e veleni micidiali, in un armo^dio segreto.
y. S, non perda tempo a cercare l'autore della presente,
perchè tutti i suoi agenti non riusciranno mai a rintrac-
ciarlo.
552 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
La lettera era scritta a macchina.
Contemporaneamente gli venne portata la notizia del-
l'attentalo avvenuto in quella notte, della morte della vittima,
dei rilievi fatti sul luogo, delle voci che correvano sull'au-
tore dell'assassinio e riguardavano in gran parte la leva-
trice Lucia Trecoppe, e gli furono pure mostrate la rivol-
tella e la croce, trovate sul posto.
Una guardia notturna aggiunse che, verso le tre dopo
mezzanotte, aveva veduto di lontano due ombre, come due
donne, in bicicletta, entrare in città dalla parte opposta a
quella dov'era avvenuto il delitto, e correre a precipizio
verso il quartiere dove abitava la comare, fermandosi presso
una buca postale tanto solo quanto era necessario a get-
tarvi qualche lettera.
Subito dopo venne da lui Giorgina e gli consegnò l'istan-
tanea della comare, presa, come si ricordano i lettori, nel
suo giro d'incetta di carne umana, con un biglietto della
contessa, in cui lo pregava di far confrontare la croce ri-
trovata con quella fotografata, per trarne qualche lume
sull'autore del delitto e prendere le disposizioni che risul-
tassero opportune.
Da questi indizii si veniva già disegnando nella mente
del questore un primo abbozzo di sospetto sull'autore del-
l'attentato e sui provvedimenti da prendersi per assicurarlo
alla giustizia; ma, a meglio determinarlo e giustificare la
risoluzione che divisava di prendere, chiamò anzitutto un
delegato e gli ordinò di far vigilare e pedinare la comare,
arrestandola immediatamente nel caso che volesse fuggire.
Quindi domandò a due agenti più alti della polizia se-
greta quale opinione avessero della Trecoppe e s'ella fosse
già in carriera. L'uno rispose che ancora non aveva po-
tuto coglierla sul far della luna, ma privatamente ne sa-
peva tanto da riputarla degna dei piti alti gradi; l'altro
disse sorridendo che con una semphce perquisizione do-
mestica s'impegnava, senz'altro, a piantarla in catorbia.
Mandò pure un delegato dalla contessa Storni a infor-
LUI. DIO NON PAGA IL SABATO 553
marsi se, nel caso di un'azione penale, ella avrebbe ra-
gioni da addurre per dimostrare Tanimosità e l'intenzione
di nuocere della comare verso V Alleanza, e n'ebbe in ri-
sposta che aveva tanta materia da poterle intentare più di
un processo criminale.
Finalmente, fatto eseguire da un perito il confronto tra
la croce ritrovata con quella fotografata, l'esito fu che si
corrispondevano perfettamente non solo nello stampo, ma
anche in certi segni particolari.
Da tutto ciò il questore dedusse che la Trecoppe era o
autrice o mandante dell'assassinio e ch'ella stessa gli aveva
inviata la lettera denunziatrice, per distornare da sé e ri-
versare sugli altri l'imputazione del delitto. E i referti degli
agenti sull'opinione pubbhca, che si andava formando in
città, tutti consonavano in attribuire alla comare quel truce
misfatto e in domandarne la punizione.
Quella stessa sera fu spacciato il mandato di arresto
della levatrice Lucia Trecoppe, e alcuni agenti tra i più ocu-
lati ebbero l'incarico di eseguirlo immediatamente.
La comare però, che si aspettava una visita della po-
lizia, stava alle vedette e aveva già deliberato e disposto
ogni cosa per non dare nell'ugna della giustizia.
Appena riuscitole sì male l'assalto in cui sapeva di aver
ferito gravemente Giannina e che la Ida era rimasta inco-
lume, l'unico suo pensiero fu di fuggire, imbucare la let-
tera al questore, trovarsi a casa, mettersi subito a letto e
riflettere alla nuova condizione, in cui veniva a trovarsi
per l'esito imprevisto dell'attentalo, non volendo precipi-
tare la risoluzione che doveva prendere.
Nel lungo tratto che percorse fuggendo in bicicletta colla
direttrice fino alla prima porta di città, e poi girando ester-
namente sulla via di circonvallazione, per rientrare in città
da un'altra parte, le raccontò sotto voce l'esito sfortunato
dello scontro, soggiungendo freddamente : — Per un punto
Martin perse la cappa.... ma io non sono un fra Martino qua-
554 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
lunque che mi lasci sì facilmente snidare dalla mia badia.
Domani... cioè oggi, giorno del S. Natale, lo si saprà e i
miei cari amici, i poliziotti, resteranno con tanto di naso.
Né disse altro fino a casa, mentre la sua compagna,
bisbigliata qualche frase inconcludente, si tacque anch'essa,
pensando ai malanni che le potevano venire da quella fac-
cenda, e ai vantaggi che poteva ritrarne con lasciare la
comare nelle peste, per raccoglierne poi l'eredità e la suc-
cessione.
Imbucata la lettera e giunte a casa, senza essere state
vedute, a parer loro, da nessuno, rientrarono, com'erano
uscite, per la porta rustica e, in recarsi a riposare, disse
la comare: — La notte assottiglia il pensiero. Io vo a fin-
gere di dormire e a pensare come abbiam da uscire del
pecoreccio. Tu intanto dormi tranquillamente; verrò poi io
a svegliarti, quando sarà tempo, e ci accorderemo insieme
sul modo di stare sode al macchione e.... rattoppare lo
sdrucio.
Dominata dal timore di essere scoperta e dal terrore
del carcere preventivo, di un processo e di una condanna
criminale, che teneva represso nel suo animo qualunque
altro sentimento, compreso quello del rabbioso dolore per
non aver colpito la sua nemica — la comare, quando fu sola»
esaminata freddamente la condizione in cui si trovava, de-
terminò anzitutto di non cadere che morta o morente nelle
mani della giustizia, epperò d'inghiottire le pasticche di
sublimato, che teneva pronte, prima che si giungesse ad
arrestarla. — Meglio - diceva - finirla con un atto di coraggio,
che esporsi al supplizio prolungato, alla lenta agonia di
tutte le vessazioni che mi stanno preparando i miei nemici
e i miei falsi amici, e poi finire in galera.
Sapeva in vero o almeno temeva con fondamento d'es-
sere condotta a questo termine dal processo che le venisse
intentato. Ma poi considerava che per la sua impunità le
circostanze dell'attentato erano state fortunate, secondo i
suoi desiderii, perchè nell'andata e nel ritorno non aveva
LUI. DIO NON PAGA IL SABATO 555
incontrato nessuno e nell'atto dell'assalto non era stata cer-
tamente veduta che solamente da Giannina, la quale, come
credeva, essendo rimasta morta, non poteva più nulla contro
di lei. E in tale giudizio venne a confermarla la notizia che
la sua vittima era spirata prima che la commissione po-
tesse interrogarla. Quanto poi alla croce, perduta nel con-
flitto, sperava la comare che fosse quello un buon espe-
diente per distogliere da sé le indagini della polizia e ri-
volgerle altrove. Tanto è vero che il diavolo insegna a far
le pentole e non ì coperchi !
Prese pertanto la risoluzione di stare in sull'avviso per
vedere quale piega prendessero le cose, pronta a morir di
veleno se si volesse catturarla, prevedendo che la cattura
sarebbe seguita dal processo e questo dalla condanna; ri-
soluta a difendersi strenuamente e a caricare gli altri di
sospetti, se venisse semplicemente citata a deporre in que-
stura o in giudizio sul fatto; e piena di speranza che la
facilità di dimostrare il suo alibi in quella notte, colla let-
tera al questore e colle altre circostanze favorevoli del mi-
sfatto, sviassero da sé l'attenzione della giustizia e la por-
tassero alle persone da lei denunciate.
Chi avesse potuto penetrare fino in fondo del suo cuore,
vi avrebbe trovato che questa speranza di passarsela liscia
era in lei fomentata e ingrandita dal ribrezzo che sentiva
al suicidio e dal desiderio di salvare la pelle; onde volle
differire fino all'estremo di prendere il veleno, per non dover
confessare a se stessa che aveva poca voglia di pigliarlo.
L'astuto delegato, a cui era stata affidata l'esecuzione
del mandato di cattura, destro com'era nel suo mestiere,
sapeva che in siffatti casi le donne, più che alla resistenza
ricorrono all'astuzia per non dare nella ragna, e che la co-
mare, quando si accorgesse che stava per cadere in bocca
al cane, conscia dei suoi meriti e presaga del premio che
l'aspettava, poteva tenersi perduta e fare un colpo dispe-
rato.
556 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
Volendo pertanto prevenire tale pericolo e pigliar viva
e sana la lepre al covo, aspettò che fosse notte e, dato or-
dine ai suoi birri di mettersi di piantone, senza farsi scor-
gere, intorno alla casa, salì in automobile, vestito da dandy
inglese. Giunto al termine, dopo suonato il campanello e
apertagli la porta dalla famosa vecchia bitorzoluta, le do-
mandò, con accento e sintassi anglosassone, di vedere la
padrona di casa.
La vecchia, a cui era noto il gran conto in cui la co-
mare teneva gl'inglesi, lo condusse tosto, attraverso Tan-
ticamera, nel salotto, e quivi gli fé' cenno di accomodarsi,
entrando nel gabinetto della padrona per annunciarlo.
Ma il brav'uomo vi entrò subito anch'egli e, postosi a
sedere di fronte alla comare, mentre la vecchia usciva, do-
mandò: — Signora Lucia Trecoppe, padrona di casa?
— A' suoi comandi.
— Vengo a pregarla di favorire subito dal signor que-
store, per alcune spiegazioni di ordine pubblico.
La comare aUibbì, riconoscendo in quell'invito una inti-
mazione di arresto. Ma cercò di vincersi e disse con aria
d'indifferenza: — Perchè subito? Ora è notte. Verrò do-
mattina.
— L'aflfare è urgente e non ammette dilazione.
— Vi ha forse un mandato di arresto immediato?
— Legga - rispose l'altro, e le presentò un foglio.
Fredda e in apparenza calma come prima, la comare
gettò una occhiala sul foglio e con un'altra guardò pieto-
samente il delegato, dicendo con voce carezzevole, accom-
pagnata da uno strano torcimento del collo e degli occhi
e da un sorriso furbesco: — È un equivoco curioso questo!
Tuttavia mi dispiace di dover uscire a ora sì tarda, tanto
più che mi sento poco bene. Sarei felice di mostrarle la
mia riconoscenza - aggiunse calcando studiatamente le pa-
role - se potesse differire fino a domattina... mettendo pure...
se vuole... le guardie alle porte...
— Dispiace anche a me - ripigliò l'altro, stringendosi
LUI. DIO NON PAGA IL SABATO 557
nelle spalle, con un sorriso non meno furbesco - ma... non
posso fare altrimenti. Andiamo!
E si alzò in piedi. La comare si mutò nuovamente di
colore e, rimasta ancora un momento seduta perchè sen-
tiva tremarsi le gambe, subito si ricompose e alzandosi
disse: — Vo a mettermi il cappello e il mantello e vengo
subito.
In così dire aprì lestamente un uscio laterale e vi entrò
tenendo la mano al battente per chiuderselo dietro; mail
delegato le fu alle spalle e la afferrò dicendo: — Perdoni se
le dò noia, ma... Favorisca un po' di luce, altrimenti non
la lascio entrare. Capisce anche lei...
— Capisco - disse la comare - che mi si tratta come una
ladra.
— Oibò ! - soggiunse l'altro seccamente, quando la comare
ebbe girato il rubinetto elettrico e illuminata la sua stanza
da letto.
Poi tacquero entrambi, mentre la comare toglieva dalla
scatola il cappello e se lo acconciava in capo, quindi dal-
l'armadio pigliava il mantello e se lo poneva addosso, ag-
giustandosi l'uno e l'altro lentamente davanti allo specchio.
Quindi, mentre prendeva il boa, il manicotto e i guanti e
li poneva sul letto, voltando le spalle al delegato, per com-
pire l'abbigliamento, cavò destramente di tasca uno sca-
tolino e, apertolo, stava per toglierne e inghiottire alcune
pasticche, quando il suo angelo custode, che le teneva sempre
gli occhi addosso, le afferrò il polso e con una buona stretta
fece cadere nell'altra sua mano lo scatolino e le pasticche,
le rinchiuse nuovamente dond'erano uscite, se le mise in
tasca e disse: — Non è roba questa da pigliarsi adesso.
— Ne ho bisogno per calmare i nervi.
— Per ora non ci pensi; penseremo noi a darle tutto che
può occorrerle.
Vedendosi ormai perduta e punta dall'ultima frase del
delegato che le sembrò un atroce sarcasmo, la disgraziata
non seppe o non volle più tenersi e, tremante d'ira, col
558 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
volto orribilmente contraffatto, arroncigliata come una serpe
percossa, gridò disperata : — Ma che modi son questi ? Venire
ad insultarmi in casa miai Finiamola, per altrimenti io
farò nascere una tragedia e mi lascierò strozzare piuttosto
che vedermi trattata come una feccia. Io non ho nulla a
fare colla questura e, se non mi lasciano in pace, scoprirò
certi altari... certe infamie...
— Ebbene finiamola, dico anch'io, colle belle, altrimenti
la finiremo colle brutte e colle guardie, 'che stanno giù
e aspettano un mio cenno. Se viene subito meco, senza
farmi altre scene, la conduco in automobile dal questore
e non darem nell'occhio a nessuno; altrimenti devo usare
la forza e farla scortare dalle guardie. Scelga l
A queste parole, pronunciate con solennità pohziesca,
la comare si quietò e disse : — Andiamo l
Il delegato le accennò di uscire la prima e la seguì alle
spalle, per osservarne attentamente ogni movimento e con-
durla felicemente in porto.
Attraversato il salotto e l'anticamera, quando furono al
pianerottolo della scala che metteva alla porta di casa, la
comare in discendere disse alla vecchia portinaia: — Avvisa
la direttrice che questa notte rimango fuori e che domat-
tina o ci rivedremo o avrà altrimenti mie notizie.
Alla cera seria e contenuta della padrona e alFaccento
nervoso della sua voce, come pure all'aspetto tutt'altro che
sereno o mansueto dell'inglese, ebbe sospetto la vecchia
di qualche brutto imbroglio; perciò corse subito a dame
avviso alla direttrice.
Ma questa, che dopo l'attentato aveva pensato unica-
mente al modo di scamparla e, prevedendo una visita dei
birri, era stata tutto il giorno con gli occhi aperti a spiare
ciò che avveniva intomo alla casa, aveva già veduto certe
ombre sinistre aggirarsi nelle vie sottoposte e perfino dalla
parte quasi deserta della porta rustica. Al fermarsi poi del-
l'automobile dinanzi alla porta, era stata in sulle spine,
aspettandosi di essere chiamata a salirvi colla padrona
LUI. DIO NON PAGA IL SABATO 559
Quando vide pertanto da uno spiraglio che questa usciva
sola col suo angelo custode, le parve di aver vinto un terno
al lotto ; ondechè, all'annunzio della vecchia rispose facendo
l'indiana: — Che mai può essere? Dove gl'inglesi sono in
ballo, c'è sempre qualche grosso guadagno. Lo sapremo
domani. A buon conto, tu bada alla porta e non ammettere
che persone sicure, sai ? Nei casi dubbii avvisami e vengo
io. Non vorrei, dopo il fatto della notte scorsa, che alcuno
venga a darci qualche noia.
Poi corse a una finestra e veduto l'automobile chiuso
ch'era già lontano, fece un gran respirone e disse seco stessa:
— Che fortuna ! Finora ho avuto, più fortuna che giudizio.
Non era da imbarcarsi in quella maledetta impresa con una
guastamestieri come lei che, per troppa smania di aver
l'uovo mondo e di salvar la pelle, ha fatto un buco nel-
l'acqua ed ora va a veder il sole a scacchi, forse... chi sa?
fino a creparne di rabbia e di dolore. Però... non dir quattro
se tu non l'hai nel sacco... Oggi a me, domani a te... prima
dunque che venga l'inglese a fare anche a me da angelo
custode, sarà bene pigliar partito, se non vogliam ire nella
malora. Diacinel Quando la mia cara padrona vedrà che
naviga per perduta, figurarsi la voglia matta che avrà di
tirarmi dentro a farle compagnia! Carità pelosa! Oh me
l'aspetto... ma dovrà fischiare ai tordi. Intanto, finché le
rimane la speranza di passarsela liscia, farà ogni sforzo
per difendere se stessa e quindi anche me, con coprire la
sua compagna di ventura. Dunque... non c'è fretta. Staremo
all'erta e... chi ha spago aggomitoh!
Il giorno dopo, saputo di buon luogo che la sorte della
comare prendeva una eattiva piega e che lautorità giudi-
ziaria stava per ordinare una perquisizione a domicilio, la
direttrice raccolse il più e il meglio che poteva di oggetti
e di denari e scomparve.
560 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
LIV.
Fuga e maledizione.
Madama Schwitzer aveva finito di vergare in doppio
tutte le scritture, contenenti le disposizioni da eseguirsi
dopo la sua scomparsa; eppure non sapeva ancora risol-
versi a partire. Andava bensì allestendo segretamente un
paio di valige, con assestarvi le cose più necessarie pel
viaggio e trasporto di domicilio in Germania; ma lo faceva
con tanta indecisione e lentezza, che pareva dominata da
una forza arcana, la quale le impedisse di venire al termine
dei suoi preparativi e la tenesse attaccata all'Italia.
Come in istendere i suoi documenti aveva avuto la febbre
addosso, per la smania di venirne a capo e poter pigliar il
volo; così ora che li aveva terminati sentiva tutta la gra-
vità del passo che stava per fare, e tutta l'angosciosa tri-
stezza del dover rinunziare a una impresa, per cui aveva
sacrificato ogni cosa.
Misteri del cuore umano I
Non si apporrebbe però in fallo chi volesse spiegare
tale differenza di sentimenti con osservare che, mentre la
nostra campionessa del femminismo attendeva a preparare
le sue disposizioni in iscritto, trovava in tale occupazione
uno sfogo al dispetto che la rodeva, per vedersi ripagata
con tanta ingratitudine dal pubblico italiano, e una specie
di rivincita contro il trionfo A^\Y AlUama; laddove, dopo
finito il lavoro, vedeva pur troppo che colla fuga clande-
stina non solo lasciava libero il campo alle sue avversarie
e rivali, ma tacitamente si confessava battuta da loro e scon-
fitta, fino a vergognarsi di giustificare con un atto pubblico
e solenne la sua ritirala.
Con questa spina nel cuore, e non volendo cercar sol-
lievo o consiglio nel comunicare ad alcuno il suo segreto,
sentivasi sempre più perplessa ed irresoluta, mandando
d'oggi in domani, con varii pretesti, l'ultima risoluzione e
LIV. FUGA E MALEDIZIONE 561
flssazioae della partenza, non senza illudersi talvolta che
forse forse qualche inopinato accidente venisse a mutare
la faccia delle cose e darle la palla in mano per rifarsi del
tracollo.
Non è a dire quanto penasse la povera Scliwitzer per
tale stato d'incertezza, specialmente dovendo vivere quasi
del tutto ritirata e nascosta, come un capitano che ha per-
duta la battaglia decisiva, e non sa risolversi né a racco-
gliere gli avanzi dell'esercito sconfitto e riprendere il com-
battimento, né a deporre il comando o darsi alla fuga.
Arrivò così anche per lei il giorno del S. Natale e la
trovò coi documenti e colle valige pronte, ma senza che
avesse ancora fissato il giorno della partenza.
Quella mattina ella stava appunto, nella stanzetta che
le serviva di guardaroba e di spogliatoio, rimestando nelle
valige le sue robe e pensando malinconicamente alla sua
prossima partenza, quando dal vicolo sottoposto le ferì gU
orecchi la voce di uno strillone, che gridava con quanto
n'aveva nella strozza, annunciando alcunché di straordi-
nario.
Si accosta alla finestra, l'apre ed ode: Il delitto di sta-
notte - La presidente e la segretaria délV Alleanza aggre-
dite ' Una donna assassinata - Seconda edizione. Dà un
guizzo esclamando: — Um Gottes Willenl Entsetzlich! (Giusto
Cielo! Orribile!), prende il cappello, corre giù in istrada e,
pigliato il giornale, risale e legge, tremando come una verga,
la narrazione fedele dell'accaduto.
Ricordandosi dell'ultimo colloquio avuto colla comare
e della proposta fattale di entrare nella congiura cogli anar-
chici, indovina subito gli autori dell'attentalo e si sente in
pericolo di essere compresa e compromessa nella imputa-
zione e nel processo di omicidio; onde, sembrandole di ve-
dere già i birri alla porta, come annientata dall'orrore e
dallo spavento, non pensa che a precipitare la sua partenza.
Consultati gli orarii della ferrovia e trovato un treno di
1008, voi. 1, fase. 1385. 36 27 febbraio 1908,
562 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
lusso per Genova -Ventimiglia- Nizza -Cannes, che partiva
nel pomeriggio, si risolve appunto di prendere questa via,
volendo scendere a Montecarlo e quivi riposarsi alcun tempo
e svagarsi in quel ritrovo dell'alta società internazionale,
per riaversi dallo stato di prostrazione tìsica e morale, in
cui le ultime vicende l'avevano gettata, fino a toglierle quasi
del tutto il benefizio del sonno.
Detto fatto, scrive subito una lettera al suo amministra-
tore, in cui gli espone che, dovendo partire quello stesso
giorno e non volendo disturbarlo con trattare a voce di
affari nella festa del Natale, gì' inviava le sue disposizioni
autografe, autorizzandolo di metterle in esecuzione e riser-
vandosi d'indicargli poi la sua nuova dimora, dove avrebbe
dovuto indirizzarle la corrispondenza.
Della lettera e dei documenti fece quindi un piego, lo
suggellò e, sforzandosi di vincere e dissimulare la grande
agitazione, onde sentivasi ancora tremare il cuore, corse
alla posta e lo consegnò raccomandato, sicura che non sa-
rebbe ricapitato se non dopo ch'ella fosse già partita.
Stando sempre colla tremarella che la polizia non le
mettesse gli occhi addosso e non le facesse qualche brutto
giuoco, quelle poche ore, che ancor le rimanevano fino a
salire in treno, le parvero un secolo. All'ufficio non si fé
vedere, sebbene avesse da regolarvi alcune cose prima di
abbandonarlo per sempre; ma rimase tappata in casa^ per
timore di attirare sopra di sé l'attenzione del pubblico e
di non riuscire a nascondere il suo turbamento, cioè la sua
paura.
Un'ora prima della partenza era già al ristorante della
stazione, dove, più che a far colazione, stava a contare i
minuti della sua trepida aspettazione. Quando pertanto la
macchina, dato il fischio di partenza, pigliò finalmente le
mosse, sembrò alla nostra expresidente della Lega di rina-
scere e, per solennizzare la sua liberazione, ella che non
fumava che sigarette, die fuoco a un avana genuino e votò
un paio di bicchierini di cognac.
LIV. FUGA E MALEDIZIONE 663
A mano a mano però che il treno divorava la via e, al-
lontanandosi dal punto di partenza, si allontanava anche
dal luogo del pericolo e dal centro della Lega femminista,
dove la Schwitzer aveva speso tanto del suo genio, della
sua scienza, della sua energia e dei suoi quattrini, per creare
una grande istituzione d'importanza nazionale e mondiale,
e d'onde ora se ne andava per sempre, colla fatale cer-
tezza che l'opera era irreparabilmente condannata a sfa-
sciarsi e perire, talché il suo nome resterebbe perpetua-
mente legato ad una impresa miseramente fallita; la
povera expresidente sentiva rinascersi in cuore tutti i sen-
timenti di dolore, di rabbia e di disperazione, che l'atten-
tato della notte precedente, col timore di essere arrestata,
avevano momentaneamente sedato.
E quanto più il treno, scivolando come se volasse sulle
rotaie, la portava lontano, tanto più codesti sentimenti si
facevano acerbi e le straziavano l'animo. Per quanti sforzi
facesse a distrarsi, non poteva distoglier la mente dal fatto
che, con mandar quelle carte al suo amministratore, aveva
spezzato l'ultimo filo ond'era rimasta ancora attaccata
alla Lega e all'Italia; né poteva impedire che un ex ine-
sorabile le stesse fitto nella mente come un chiodo ribadito,
anche quando riusciva a non pensare ch'era stata presi-
dente.
Allorché poi si vide vicina a toccare la frontiera e ol-
trepassarla, colla evidenza nel cuore che, in varcarne la
linea, l'ideale, ch'era stato il sole della sua vita^ tramon-
tava per sempre, noi non sapremmo altrimenti significare
lo stato dell'animo suo che con paragonarlo a quello di
Annibale, nell'atto in cui anchegli era costretto di abban-
donare l'Italia.
Dopo avervi dimorato per ben sedici anni sempre tra le
armi e in mezzo ai nemici, il grande capitano cartaginese
si vide necessitato a partirse^ie, senza che le sue famose
vittorie gli avessero avverato il sogno di tutta la vita, quello
cioè di soggiogare il popolo romano. A mano a mano che
564 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
la nave si allontana dal lido, cresce il dolore, più viva e
cocente si fa l'ambascia del suo cuore disperato; spesso
si volge a guardare il bel paese che gli fugge sotto gli oc-
chi; finché, vinto dall'angoscia, prorompe in accuse contro
gli dei e gli uomini, in maledizioni contro se stesso, per
non aver condotto l'esercito, sanguinante dalla vittoria di
Canne, alla conquista di Roma. Né mai, alcuno, soggiunge
lo storico romano, fu piti triste in abbandonare la patria
per andare in esilio, che non fosse Annibale in lasciare la
terra nemica per ritornare alla patria.
Tale la nostra protagonista, capitana generale, per pro-
pria elezione, del puro femminismo italiano e mondiale,
quando giunse a notte fatta a Ventimiglia, in vedersi or-
mai in procinto di varcare la frontiera italiana, per non
rivarcarla mai più, secondo il giuramento che ne aveva
fatto, sentì tutto il peso della sua immensa sventura e, non
riuscendo a dominare e a dissimulare la tempesta degli af-
fetti che le si agitavano in cuore, per sottrarsi agli sguardi
di alcuni inglesi ed americani, con cui si trovava a viag-
giare e da cui, per la singolarità del suo vestito semima-
scolino e per la stranezza dei suoi atteggiamenti tragico-
mici, veniva osservata con una curiosità troppo importuna;
si ritrasse nell'unico luogo del treno, dov'era sicura di non
essere né veduta né disturbata da nessuno, nel momento
in cui si doveva passare la linea di confine per entrare dal-
l'Italia in Francia.
Quivi aprì il finestrino, per ricevere dalla fresca brezza
notturna qualche sollievo al suo affanno ed assistere inos-
servata al valico della frontiera.
Allorché finalmente si venne al punto di passaggio e
vide i lampioni accesi, vide i doganieri francesi, vide il tor-
rente di confine e vi passò sopra col treno, tosto sentì come
una mano di ferro che le svellesse il cuore dal paese che
fuggiva e colla fantasia, risoaldata dalla grande agitazione
dell'animo, sembrolle di vedere le donne italiane schierate
sulla frontiera, in atto di rigettare la propria liberatrice,
LIV. FUGA E MALEDIZIONE 565
per ricadere nella barbarie e nella superstizione. Ondechè
vinta come Annibale dall' angoscia per tanta ingratitudine,
oppressa dal dolore del suo genio disconosciuto e del suo
ideale tradito, ma moralmente più alta di lui, perchè con-
scia di non aver nulla da rimproverare a se stessa e tutto
agli altri, forte e imperterrita anche nel momento più sven-
turato della sua vita, si piegò fuori del finestrino in atto
di chi volesse slanciarsi nel buio, strinse i pugni e subito
li riaprì vibrandoli nel vuoto, come avesse in mano i ful-
mini del cielo e li scagliasse contro i suoi nemici, e gridò
con voce da spiritata, ma coperta dal romore del treno:
Du, Ilalien, sei verflucht! (0 Italia, sii maledetta!).
E chiuse in fretta e in furia il finestrino, quasi temesse
di lasciarvi altrimenti rientrare la maledizione lanciata o di
essere colta in flagranti; uscì dal suo recesso e corse a
sdraiarsi, per pigliare un po' di sonno, di cui aveva estremo
bisogno, dopo le lunghe veglie delle notti precedenti e l'a-
gitazione di quel sì triste Natale; sebbene questo giorno
di tanta santità e letizia non avesse per lei un significato
dift'erente da qualunque altro giorno dell'anno.
Sognando le parve di vedere che tutta l'Italia fosse sot-
tosopra per la sua paiienza, e che ricevendo una deputa-
zione nazionale, venuta oltre il confine a supplicarla di
ritornare, ella mettesse per condizione un plebiscito con
due milioni di voti e la soppressione deìVAlleanza nazio-
nale.
La sera dopo madama Schwitzer faceva il suo ingresso
al casino di Montecarlo e vi perdeva alla roulette una bella
sommetta.
IL CARDINALE NEWMAN
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANA
La sottoimissiaQe airautorità religiosa era quasi un istinto
nel Newman ; ozid* egli, cou tutto il suo grande ingegno» era quasi
un bambino nella docilità in tutto ciò che concerneva le verità
religiose. Vediamo in lui questa disposizione perfino al tempo
ch'era anglicano. Sette anni prima di esser ricevuto nella Chiesa
cattolica, così scriveva al suo vescovo anglicano a proposito di
certi opuscoli da sé pubblicati : « Mi offrii di ritirare quale che
fosse degli opuscoli sui quali avevo diritto, se mi si dicesse
a quali Vostra Eccellenza fa obbiezione. Di poi scrissi a Vostra
Eccellenza che io credeva di poter dire sinceramente come avrei
avuto anehe più vivo piacere nel sottomettermi al giudizio
espresso di Lei in una cosa di tal genere, che non per qualsiasi,
anche grandissima, diffusione del libro, di cui si tratta. Vostra
Eccellenza non reputò necessario di prendere un tale provve-
dimento, ma io sentivo, che ove Tavesse fatto, mi sarei sentito
costretto ad obbedire » ^.
Similmente, era ancora anglicano il Newman quando scrisse:
« Come l'obbedire alla coscienza, anche se meno retta, contri-
buisce alla perfezione della nostra natura morale e, per conse-
guente, della nostra conoscenza, così l'obbedire al nostro supe-
riore ecclesiastico può esserci d'incremento nella luce e nella
santità, anche se egli comandi cosa esagerata o inopportuna,
o insegni cosa che ecceda i suoi legittimi poteri » ^.
Don Romolo Murri si atteggia a scandolezzato di tale sem-
plicità del Newman, quale risulta dalla precedente citazione, e
si fa subito a correggerlo con la seguente nota: « Queste parole
vanno intese con discrezione. La coscienza religiosa si affida
all'autorità per possedere la verità e compiere il bene, e la
nozione stessa di autorità sparisce quando alla coscienza reli-
giosa l'atto di essa apparisce nocivo alla vita dello spirito > *.
* V^edi quaderno precedente pp. 446 sq.
* Apol. 157, ed. 1864. — 3 Development, p. 87.
* Lo Sviluppo del Domma, p. 95.
IL CARDINALE NEWMAN PRESENTATO Ai LETTORI ITALIANI 567
Il Newman nella sua maniera all'antica avrebbe considerato
« la coscienza religiosa, alla quale Tatto di autorità apparisce
nocivo alla vita dello spirito », come un giudizio privato che ac-
cusa davanti al suo piccolo tribunale la pubblica autorità eccle-
siastica, e su di essa pronunzia sentenza. Né questa è una vana
nostra congettura, perocché il Newman ha dato ammaestramenti
molto espliciti, nella sua ben nota lettera al Duca di Norfolk,
su i diritti, i doveri e i limiti della coscienza, rettamente intesa
e su la differenza di questa da quella che Gregorio XVI nel Mi-
rari V08, chiamò il « deliramentum », della libertà di coscienza,
quale é intesa ai nostri giorni. « La coscienza *, nel suo vero
senso, egli dice, é un messo da parte di Colui, che, sia nella na-
tura sia nella grazia, ci parla dietro un velo, e ci ammaestra
e ci governa per mezzo dei suoi rappresentanti. La coscienza è il
Vicario di Cristo primitivo, è profeta nell' istruire, monarca nel
decidere, sacerdote nel benedire e nell'anatematizzare, e, quando
pure il sacerdozio eterno da una estremità all'altra della Chiesa
cessasse, in essa rimarrebbe a regnare il principio sacerdotale. Pa-
role come queste sono parole inutili vuote di senso per il gran
mondo dei filosofi odierni ».
« Vediamo, prosegue egli, nella medesima lettera, qual* è la
nozione della coscienza oggigiorno nella mente popolare. Quivi la
coscienza non ritiene Tantico e vero significato cattolico della pa-
rola più di quel che si faccia nel mondo intellettuale. Anche quivi
l'idea, la presenza di un governatore morale é lontana di gran
lunga dall'uso della parola, per quanto l'uso di essa sia frequente
ed enfatico. Quando gli uomini difendono i diritti della coscienza,
in nessun modo vogliono dire i diritti del Creatore, ma il diritto
di pensare, di parlare, di scrivere, di operare secondo il proprio
giudizio o il proprio capriccio, senza darsi alcun pensiero di Dio.
Essi non pretendono neppure di regolarsi giusta una legge mo-
rale, ma chiedono quel che credesi prerogativa dell'inglese, che sì
vanta di essere padrone di sé stesso in ogni cosa, di professare
quel che gli piace, e tenere il sacerdote e il predicatore, l'ora-
tore o lo scrittore in conto di un impertinente, il quale osa parlare
contro di lui perchè corre alla perdizione nel modo che gli pare
*■ « Conscience, in ìts true sense, is a messenger from Him Who, botfa
in nature and grace, speaks to us from behind a veli, and feachea and rulea
tts by His reprcsentativea » \p. 57).
568 :l cardinale newman
e piace. La coscienza ha dei diritti perchè essa ha dei doveri;
ma in questa età, con una gran parte del pubblico, il diritto
stesso della libertà di coscienza è di fare a meno della coscienza,
di non curarsi di un Legislatore e di un Giudice; di essere
indipendente da obbligazioni invisibili. Diviene licenza l'accet-
tare una ovvero nessuna religione, il darsi a questa o a quella
religione e poi abbandonarla di nuovo, andare in chiesa, op-
pure in una pagoda, vantarsi di essere di sopra a ogni reli-
gione, e di farla da critico imparziale per qualsiasi religione. La
coscienza è un monitore rigido; ma in questo secolo è stata
sostituita da una contraffazione, di cui nei diciotto secoli pas-
sati non si era mai udito parlare, e non sarebbe stata mai presa
in luogo della coscienza vera, quando se ne fosse udito par-
lare. È il diritto di fare la propria volontà ».
< inoltre egli nettamente osserva che se il Papa par-
lasse contro la coscienza presa nel vero senso, commetterebbe
un atto di suicidio. Egli si scaverebbe il terreno sotto i piedi.
La stessa sua missione è di proclamare la legge morale, e di
proteggere e ravvivare quella luce che illumina ogni uomo
che viene al mondo. Su la legge della coscienza e su la san-
tità di essa poggiano si Tautorità di lui in teoria, come i suoi po-
teri in pratica... La sua raison d'éire sta nell'esser lui il campione
della legge morale e della coscienza. Il sentimento del diritto e
del torto è allo stesso tempo il più alto di tutti i maestri, benché
sia il meno luminoso; e la Chiesa, il Papa, la Gerarchia sono,
nel disegno divino, il provvedimento per un bisogno urgente ».
Abbiamo citato il Newman un po' diffusamente intorno a
questa questione della « coscienza », perchè è uno dei punti in
cui si manifesta chiaramente il suo istinto cattolico e in cui la sua
bella fama di compito maestro è stata travisata. Oltre a ciò, il « sa-
cro diritto della coscienza > è uno dei fantasmi che per giustificare
la loro condotta tirano in mezzo coloro che sono riottosi al Vicario
di Cristo. Esso viene ad essere per costoro, non il monitore asse-
gnato divinamente, ma il giudizio privato, il « deliramentum »
di Gregorio XVI, il diritto di fare la propria volontà, descritto
dal Newman cosi graficamente. Se non che il Newman per questo
appunto sarà reputato da' modernisti « un antiquato ed un
semplice » * !
* Prefazione del Murri, Sviluppo del Damma, p. XIX.
PRESENTATO Al LETTORI ITALIANI 569
Sì, il Newman si gloria della semplicità della fede. Parlando
nella sua Grammar of Asserii della fede della maggioranza dei cat-
tolici, dice che essi « vivono e muoiono in una fede semplice,
intera e ferma a tutto ciò che la Chiesa va insegnando, e
perchè ella l'insegna; nella fede, cioè, della verità inoppugna-
bile di quanto ella va definendo e dichiarando; e sarebbe
semplicemente paradossale eh' io negassi a tale condizione men-
tale la più alta qualità di fede religiosa > ^
Ma qui viene la volta del supposto professore Battaini di
fare lo scandolezzato. Che maestro incomodo è mai questo New-
man I Ma sarà corretto dal suo scolaro, e il Battaini si accinge
a farlo in una nota^: « Il fatto è cosi (cioè la fede semplice
della maggioranza dei cattolici), e vi è, fra noi, chi dice che è
bene così : disgraziati : non s' accorgono che una fede di questo
genere dura solo finché non soffino i venti contrari, ma cade
al primo soffiare di questi. Che cosa è quella miscredenza che
va ora pervadendo anche le campagne — non parliamo delle
città — al primo apparire delle idee inorali socialiste? A che
cosa va attribuito questo strano fenomeno? Tutto al malessere
economico? No, alla mancanza di una cultura religiosa più
razionale e meno autoritaria, giacché l'autorità crolla troppo
facilmente, né chi rappresenta tale dottrina religiosa è sempre
tale da imporsi col proprio prestigio. L'autorità s'impone solo
allorquando chi la riveste ha qualità personali tali da farla
rispettare ».
Se non che la dottrina del Newman dovrà essere in gran parte
corretta e rifatta per renderla adatta a siffatto temperamento moder-
nista. Quanto più questi pseudo scolari del Newman studieranno i
suoi scritti, tanto più rimarranno disingannati del loro maestro,
se vi cercano una qualsiasi approvazione delle loro idee intorno
air autorità ecclesiastica. E già in Francia si va scoprendo come
il Newman non appartenga punto alla scuola di coloro che ten-
tano usurparsene il nome. L' abbate Ernesto Dimnet, uno di
quelli, dai quali il già nominato Battaini professa di aver attinta
la sua conoscenza del Newman^ e che. egli dice, è uno dei più
eleganti ed acuti scrittori della Francia contemporanea*, scrive •':
i Edizione 1885, p. 211. — * Fede e Ragione, p. 238.
3 Ivi, p. IX. — * Ivi, p. Vili.
^ Revue pratiqtte ci' Aiologetique, n. 34, p. 619.
570 IL CARDINALE NEWMAN
4c Ce que je tiens a répéter ici, e' est que Newman n' a pas été
newmaniste >. E l'abbate Brémond, che il Battaini appaia con
l'abbate Dimnet quale idolo delle sue lodi, scrive nel Ta-
blet^: « lo sono pienamente di accordo con coloro che difen-
dono il Newman da qualsivoglia simpatia col modernismo,
quali che sieno le armi che egli può aver foggiato inconsape-
volmente per l'uso di esso». Infatti, noi riteniamo che egli
prevenne molti degli errori modernisti, e che il prezioso legato
dei suoi scritti è un antidoto contro di essi. D. Domenico Bat-
taini promette una versione italiana dell' « Apologia prò vita
sua » * : ma se mai porrà ad effetto questa sua promessa, deh I
non la guasti con le sue note.
*
* 4
È ormai tempo di occuparci delle citazioni che del Newman
fa Don Romolo Murri per mostrare l' atteggiamento di lui verso
r autorità della Chiesa. La prima è alla pagina IX della prefazione
del Murri allo Sviluppo del Domma cattolico. Egli dice che
il Newman « venuto alla chiesa romaila... dovette più tardi
difendere contro cattolici meno ferventi, e nella cui vita reli-
giosa r elemento esteriore e formale aveva assai maggior parte,
non la sua fede, ma il suo pensiero religioso; e molti lo ten-
nero, e non solo in cuor loro, per un protestante convertito a
metà, solo per quest'alto valore che nella sua vita e nella sua
fede aveva ancora la coscienza interiore e personale. Non aveva
egli detto che tutto il mondo erano per lui due esseri, ugual-
mente sovrani ed ugualmente presenti, egli e Dio? E non parve
che in questo cosi intimo e vivo contatto vi fosse poco posto
per una Chiesa esteriore? »
Le parole dal Murri qui poste in bocca al cardinale Newman
sarebbero: « Tutto il mondp per me sono due esseri, ugual-
mente sovrani, ed ugualmente presenti, io e Dio » ; onde il
Murri tira la conclusione che, quindi, parve come in questo
così vivo ed intimo contatto ci fosse poco posto per una Chiesa
esteriore. Noi affermiamo, che il Newman non disse mai quelle
parole. Lo scrittore non dà nessuna citazione; ma noi supponiamo
» Jan. 18, 1908, p. 100.
« Fede e Ragione, p. XXIIl.
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 571
che egli alluda a un passo che leggesi nel principio dell* Apologia, *
e che qui riporteremo nel suo conlesto. Quivi il Newman ci dice che
egli, come un giovine calvinista, all'età di quindici anni, credette
che fosse eletto alla gloria eterna, e questa credenza ebbe l'ef-
fetto di « confermarmi nella mia difiSdenza della realtà dei fe-
nomeni materiali, e di farmi adagiare nel pensiero di due soli
esseri assoluti e luminosamente evidenti per sé, io e il mio
Creatore ». In tutte le edizioni dal 1865 in poi la parola è
« assoluti », non « sovrani >. È vero che proprio nella prima
edizione dell'Apologia, nel 1864, il Newman aveva scritto < su-
premi ». Ma supremi non si può qui tradurre per sovrani.
Quanto all' « ugualmente » non e' è affatto. 11 significato chiaro
delle parole è questo, che due esseri, il suo Creatore e lui,
spiccavano tanto chiaramente nel suo pensiero, e traevano la
sua attenzione con tanta forza che il mondo intorno a lui era
dimenticato, o piuttosto considerato come non reale. Il pensiero,
che non vi siano per ciascuno di noi che due esseri al mondo, Dio
e noi, è un luogo comune degli esercizi spirituali, e non ci fa-
rebbe specie se venissimo a sapere che il Newman stesso se
ne fosse servito da cattolico e da sacerdote. Ma il fatto è che
qui egli non fa un ragguaglio delle convinzioni ponderate dei
suoi anni virili, ma narra le fantasticherie di un giovine cal-
vinista di quindici anni. Nel contesto non vi ha una parola
intorno alla Chiesa o all'autorità esteriore; e con assai mag-
gior verità potrebbe il commentatore concludere dalle suddette
parole che il cardinale Newman insegnava il mondo mate-
riale intorno a noi non essere reale, di quello che egli ritenesse
* vi fosse poco posto per una Chiesa esteriore ». Potremmo for-
nire al Murri un argomento molto migliore, desunto dagli scritti
del Newman, col quale si proverebbe che il cardinale Newman
insegnava il Papa essere l'anticristo. Perocché all'età di M anni,
quando il suo giudizio era molto più maturo che non a 15
anni, fece una predica per provarlo, come noi sappiamo dalla
sua Apologia*.
L'altro passo citato da Don Romolo Murri è : « Papa o re-
gina, chiunque mi chieda un'obbedienza assoluta esce dal diritto
comune. Io non voto obbedienza assoluta a nessuno ». C'è qual-
cosa di simile, nella lettera del Newman al duca di Norfolk, la
• p. 54, ed. 1864. — • p. 124.
572 IL CARDINALE NEWMAN
quale era una risposta all'accusa del signor Gladstone, che cioè
i cattolici non potevano essere sudditi leali della Regina, perchè
essi dovevano una obbedienza assoluta al Papa. — «« Assoluta »
voleva dire, in tutte le cose; nelle cose temporali e nelle spi-
rituali, nelle cose lecite e nelle illecite; una obbedienza che
conferiva al Papa ^ il diritto di creare una coscienza falsa per
i suoi fini » ^ e fare dei cattolici tanti « schiavi intellettuali e
morali ^^, Il Newman risponde che il Papa non si rivendica, e che
i cattolici non gli prestano una obbedienza assoluta in questo
senso. In sostegno della sua sentenza, egli cita tra gli altri il Bel-
larmino : « Come è lecito di resistere al Papa, se assalisse un uomo
nella persona, cosi è lecito resistergli, se assalisse le anime, tur-
basse gli Stati, e molto più se cercasse di distruggere la Chiesa.
È lecito, dico io, resistergli non facendo quanto egli comanda,
e impedendo che si faccia la sua volontà » ^. Per via d'illu-
strazione il Newman fa alcuni casi che chiama « immaginari »,
4c ipotetici > e 4c impossibili ».
Ma ci sia lecito a questo proposito di riferire le parole del
Newman stesso nel loro contesto : « Quando dunque il signor
Gladstone domanda ai cattolici come possano obbedire alla
Regina e pure obbedire al Papa, dacché può accadere che i
comandi delle due autorità vengano in conflitto, io rispondo
che è mia regola di obbedire all'una e all'altro, ma che non
c'è regola al mondo senza eccezioni, e che, se il Papa o la Regina
mi domandasse una « obbedienza assoluta » egli o ella trasgre-
direbbe le leggi della natura umana e della società umana. Io
non presto una obbedienza assoluta né all'uno né all'altra. Oltre
a ciò, se mai questa fedeltà dovuta dai sudditi al principe mi
tirasse in direzioni contrarie, ciò che in quest'anno di grazia
credo non avverrà giammai, allora deciderei secondo il caso spe-
ciale, che é al di là di ogni regola e deve risolversi conforme
alle circostanze. Procurerei di vedere ciò che potessero fare per
me 1 teologi, i vescovi e il clero che mi sta d'attorno e gli
amici che mi son cari; e se, dopo tutto, non potessi io in quel
caso accettare il loro parere, allora mi regolerei secondo il
mio giudizio, e la mia coscienza. Ma tutto questo é ipotetico
e non reale > \
* Letter to the Duke of Korfolk, p. 64. — « Ivi p. 39.
• De Bom. Pont, II, 29. — * Letter to the Duke of Norfolk, p. 53,
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 573
Fuori pertanto di tali casi ipotetici, ne* quali non \i può
essere mai vera obbedienza né assoluta né relativa, il Newman nei
casi reali, professò sempre la più sincera, filiale e piena sotto-
missione all'Autorità della Chiesa e del suo Capo. In questo
senso, parlando espressamente di tale autorità, egli come fu
già sopra riferito \ cosi si espresse : < Professo la mia sottomis-
sione assoluta a tutto ciò ch'essa sostiene ed esige come siio >,
e di nuovo, nella medesima lettera al Gladstone, dichiara di
4c parlare sotto correzione e come colui che sottomette assolu-
tamente tutto ciò che ha detto al giudizio della Chiesa e del
suo Capo ». Fin qui egli; e basta bene a dare una smentita
solenne ai suoi moderni traduttori.
*
Ma prima di metter fine a questo argomento dobbiamo ag-
giungere una parola sul come si è fatta l'edizione del libro del
Newman nella versione italiana.
E anzitutto chi mai giudicherà cosa ben fatta e leale l'apporre
i nomi di scrittori modernisti a pie delle pagine del Newman
nello « Sviluppo del Domma Cristiano » senza indicare che
siffatti richiami sono giunte dell'editore, quand'anche fosse noto
che gli scrittori a cui si fa il rimando, scrissero per lo più dopo
la morte del Newman? Si capisce: l'insinuazione tacita è che
essi vanno svolgendo il pensiero del Newman e vogliono avere
la sanzione del suo gran nome. Ingenuità o mala fede ? Ma noi
crediamo di aver citato del Newman quanto basta per dimo-
strare ch'essi non partecipano punto del suo spirito, né sono
protetti dalla sua autorità.
Eppure un'accusa ancor più grave, e di molto, abbiamo
da muovere contro l'editore dello « Sviluppo del Domma ». Con-
fessiamo che non avremmo mai preveduto di dover dare siffatta
accusa a chi si protesta di appartenere a una scuola che mena
vanto di serena lealtà e di scrupolosa fedeltà alle leggi della
critica moderna. L'accusa è che l'editore ha soppresso le parole
stesse del Newman, e ciò senza un motto di spiegazione o scusa I
Prima di recarne la prova evidente, saranno utili alcune
osservazioni generali intorno all'opera Lo Sviluppo del Domma
Cristiano, a) Essa com'è noto, fu scritta dal Newman negli ultimi
sei mesi innanzi alla sua conversione, l'anno 1845; perciò quando
* Vedi quad. prec. pp. 450-451.
574 IL CARDINALE NKWMAN
era ancora protestante, ò) Contiene errori, come egli stesso am-
mise nella sua Apologia : « Avevo un modo di ricerca tutto mio,
che io confesso senza difendere. Ne diedi un esempio di poi nel
mio Saggio sullo Sviluppo della Dottrina, Credo di non aver più
letto quel lavoro da che lo pubblicai, e non dubito punto di
avervi sparso molti errori ; parte per la mia ignoranza dei par-
ticolari della dottrina, come li ritiene la Chiesa di Roma, ma
parte anche per la mia impazienza di sgombrare quel largo
campo col principio dello sviluppo della Dottrina (lasciando
stare la questione del fatto storico) il «^uale era compatibile con la
stretta apostolicità e identità del Credo cattolico »*. e) Il primo atto
compiuto dal Newman al tempo della sua conversione, fu di sotto-
mettere per la revisione alla competente autorità il suo lavoro ; ma
questa non accettò l'offerta per la ragione che il libro era staio
scritto e in parte stampato prima ch'egli fosse cattolico^ e che si
sarebbe presentato al lettore in una forma più persuasiva, se
questi l'avesse letto come l'autore l'aveva scritto, d) In una nuova
edizione nel 1878, senza correggere tutti gli errori nel testo, poiché
non voleva distruggere il carattere essenziale quasi di una testi-
monianza protestante prestata alle verità cattoliche, il Newman vi
aggiunse alcune note nuove che si distinguevano dalle vecchie
note protestanti, per esser messe tra parentesi quadre [ ].
Ora alcune di queste note cattoliche, come ci fu indicato
pure con sentimenti d' indignazione da un amico personale del
Newman, sono state soppresse nell'edizione italiana di Don Ro-
molo Murri. Da prima pensammo che la traduzione potesse es-
sere stata fatta su un'edizione più antica che non conteneva
tali note. Ma poi ci avvedemmo che così non era; poiché la.
traduzione italiana contiene la prefazione del 1878 ed alcune
delle note cattoliche di cui si tratta, come, per via d'esempio,
alle pagine 95 e 339. Perché dunque altre dì queste note fu-
rono omesse t Noi chiameremmo in ogni caso un procedimento
sleale quello di tradurre il libro di un autore, e omettere le note
ch'egli stesso vi appose senza avvertire i lettori dell'omissione. Ma
é massimamente sleale in questo caso, nel quale s'invoca
l'autorità del cardinale Newman a favore di un libro scritto dal
rev. Giovanni Enrico Newman, ministro anglicano, e presentato
ai lettori spoglio della maggior parte delle note che egli vi fece
da cattolico. Il Newman stesso manifestò con parole di fine
sarcasmo quel che pensa di coloro i quali dicono che il
* p. 161.
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 575
P. Newraan, sacerdote, era il medesimo con mente immutata,
che il sig. Newmaìì, vicario anglicano della Chiesa di St. Mary *.
Anche là dove le sue opinioni religiose rimangono invariate, la
sua delicatezza di coscienza, rispetto airautorità della Chiesa,
lo fa cauto a ritenerle in modo che va iuimune da ogni infe-
zione di giudizio privato.
Nei suoi « Discorsi sull'Educazione universitaria * • il New-
man cosi scrive ; « Se ho manifestato compiacimento che
le opinioni, ricevute per tempo e a lungo nutrite nella mia
mente, mi ritornino ora impresse col sigillo della Chiesa,
non vogliate credere che io mi stia abbandonando a un
genere sottile di giudizio privato, sconveniente soprattutto a
un cattolico. Sarebbe, credo io, un'ingiustizia fatta a me, se
qualcuno da ciò che sono andato dicendo dovesse conchiudere,
essermi io siffattamente fondato sulle mie idee e sulle antiche
mie cognizioni, quale centro del pensiero, che invece di venire
alla Chiesa per esserne ammaestrato, stessi spiando soltanto
le opportunità che ella mi offre, per tirare la vostra atten-
zione a quei principii che avevo ammesso stando fuori di lei.
Sarebbe proprio una disposizione di animo indegnissima questa
di cons^iderare la sua sanzione (della Chiesa) comunque si
potesse avere, a mo* di licenza per la quale V intelletto ot-
tenga lo sfogo, che sempre desidera, di vagare qualche volta
liberamente e godersela come in un raro giorno dì festa. Ma
non è così ; la sapienza umana, al massimo, anche in materia
di politica religiosa, per sé non è che un omaggio, non certo
un servizio essenziale alla verità divina. Né la Chiesa è una
padrona arcigna, usa solo ai dinieghi e alle proibizioni, fatta
per esser obbedita dì mala voglia ed esser furbescamente
ingannata; ma è una guida, un maestro buono e vigilante,
che ci anima su per il sentiero della verità in mezzo a peri-
coli. Ciò profondamente io sento e sempre proclamerò ; poiché
posso fare appello alla testimonianza della storia, che cioè
in questioni di diritto e di torto non vi é nulla di altri-
menti forte in tutto il mondo, nulla di decisivo e di efficace,
eccetto la voce di colui, al quale furono date le chiavi del regno
e la custodia del gregge di Cristo. Quella voce é oggi, quale é
sempre stata, un'autorità reale, infallibile quando insegna, fa-
^ Apol. Prima edizioae, p. 40. Kingsley (Jorrespondence^ p. 34.
* Edizione 1852, p. 21.
57i) IL CARDINALE NEWMAN
vore\ ole quando comanda, che nella sua cerchia è sempre alla
testa sagf^ìacneate e chiaramente, e aggiunge certezza a ciò che
è probabile, e persuade in ciò che è certo. Prima che essa parli,
i più santi possono errare, e dopo che ha parlato, i più grandi
per ingegno devono obbedire >.
Quanto poi alla norma che segui l'editore italiano nell'e-
Ifggere tra le note da pubblicarsi e le note da omettersi, noi
non diremo nulla: solo delle note mancanti riporteremo una o
due a cognizione dei nostri lettori, lasciando a loro, di far-
sene un'idea. Alla pagina 247, il Newman parla del giudizio
del mondo avverso alla Chiesa; se ne gloria, e lo addita come
un segno che la Chiesa dei nostri giorni è identica a quella
degli Apostoli e dei primitivi martiri. Daremo una parte della
sua nota, omessa affatto nella versione italiana : « Dopo la pub-
blicazione di questo volume nel 1845, uno scrittore, in un pe-
riodico conservatore di gran nome, ha osservato che non ci si
potrebbe dare designazione più felice di quella che gli uomini
di Stato pagani affibbiarono ai primi cristiani : nemici del
genere umano! Qual testimonio maraviglioso dato alla nostra
identità con la Chiesa di San Paolo (uomo pestilenziale, e sol-
levatore di sedizioni in tutto il mondo), di S. Ignazio, di S. Po-
licarpo e di altri martiri I In questa faccenda gli uomini politici
conservatori si uniscono coi liberali e coi partiti rivoluzionarii
della Gran Bretagna, di Francia, Germania e Italia nel loro
concetto intorno alla nostra religione >.
Il Newman qui cita la « Quarterly Beview » come quella che
dice ; « Per forza di circostanze, per la logica inesorabile delle sue
pretensioni, (la C/»te«a)dev*essere il nemico intestino o Telemenlo
perturbatore in ogni Stato dove non ha dominio; e... deve ormai
apparire nella stima di tutti i protestanti, patrioti e pensatori
(filosofi e storici, quali Tacito?) come Vhostis humani generis
(sic) » ecc. Si noti V ironia della interpolazione del Newman ^
(« filosofi e storici » ).
Se il Newman vivesse ancora, e facesse un'altra edizione
di questo suo lavoro, con lo stesso spirito di esultanza parle-
rebbe del coro di condanna levatosi dalla stampa protestante
e liberalesca all' apparire del recente Sillabo e dell' Enciclica
Pascendi dominici gregis. Fu forse omessa questa nota perchè
Don Romolo Murri fu colpito dal fatto ch'essa descrive appuntino
le condizioni presenti?
PRESENTATO AI LETTORI ITALIANI 577
Un'altra lunga nota alla pagina 322 è stata omessa. Ne
citeremo una parte: « Quanto al sistema di dottrina cattolica,
il tipo di religione permane lo stesso, perchè si è sviluppato
a seconda dell'analogia della fede, come si osserva nelV Apo-
logia, * L' idea della Vergine fu in certo qual modo ingrandita
nella Chiesa di Roma, con l'andar del tempo, ma lo stesso av-
venne per tutte le idee cristiane, come per quella della Vergine. »
Il Newman stesso mette in corsivo le parole « ingrandita » e
« tutte ». Un errore da parte del Newman nella sua idea prote-
stante dello sviluppo della dottrina, fu quello di tenere, che la re-
gola di fede non fosse stata stabili ta una volta per sempre alla morte
dell'ultimo Apostolo, « perchè S. Ignazio dovette stabilire la dot-
trina dell'Episcopato » *. Ora egli virtualmente corregge quest'erro-
re, dichiarando la sua idea cattolica nella nota qui sopra riferita.
Cosi una lente forte ci rivela nell'oggetto che miriamo dei linea-
menti, che non potevamo scorgere senza l'aiuto di essa, ma non
mette nell' oggetto nulla che già non vi fosse : solo ingrandisce.
Il Newman sottolìnea la parola « ingrandito » e ci dice che l'in-
grandimento, se ci è permesso usar la parola, è l'esito o il frutto
dello svolgimento delle verità rivelate; — cioè fa si che della
verità noi vediamo aspetti, che sempre furono in essa, ma che
prima dello svolgimento dommatico noi non vedevamo chia-
ramente, o forse non vedevamo punto. Il che, naturalmente^
non si accorda con le « idee nuove » nella faccenda dell'evolu-
zione del domma. Fu forse questo disaccordo quello che scando-
lezzò l'editore e il traduttore ? Ovvero credettero essi forse che
l'omissione di questa nota avrebbe loro risparmiato del tutto il
fastidio di una nuova correzione, e li avrebbe lasciati liberi di scio-
rinar con minor improntitudine dinanzi al pubblico italiano che il
gran cardinale < delle idee nuove era il Precursore e il Padre? »
Non è dunque il cardinale Newman quegli che è presentato
al pubblico italiano in queste traduzioni modernistiche delle
sue opere; non è il P. Newman, sacerdote cattolico; non è
nemmeno il signor Newman, ministro anglicano; ma, volendo
usare la frase stessa del Newman in un caso analogo, è « un
fantastico fantoccio che balbetta al posto di lui » ^.
* P. 196. — * Development p. 68. II Rev. Dr. Barry nel suo libro sul
« Newman » , p. 279 e seg. mal si appone stimando che V idea dello sviluppo
del Newman da cattolico fosse epigenesi,
^ A phantom ihat gibbers instead of him, Ap. First, edition p. 47.
1908, voi. 1, fase. 1385. 37 28 febbraio 1908.
RIVISTA DELLA STAMPA
I.
La polemica sul modernismo
▲ PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI.
Il modernismo, come il liberalismo, come ogni altra forma
dì infedeltà o di eresia, nella permissione della Providenza di-
vina si volge per le anime docili e volonterose in occasione di
bene, come di studio, di lavoro, di zelo; in occasione insomma
di una salutare riscossa. E questa riscossa sveglia appunto molti
ingegni sonnolenti, richiama altri, i temerarii, da una corsa pre-
cipitosa, ed altri, prudenti ma timidi, sprona ad un vigoroso pro-
gresso, più conforme alle necessità dei tempi, più proporzionato
air indirizzo delle menti contemporanee, più valido all'oppu-
gnazione degli errori correnti.
Di questo bene tuttavia, se l'errore è mera occasione, causa
vera non è altra se non il magistero della Chiesa che lo rifiuta
e lo condanna: da prima con lo studio, il giudizio, le discus-
sioni dei dottori privati, indi con Je decisioni, gli indirizzi, le
sentenze dell'autorità sua dottrinale, profferite secondo i vani
gradi e gli organi diversi del suo insegnamento autentico, sia
ordinario, sia straordinario o solenne.
Cosi la solenne condanna del modernismo, come « sintesi di
tutte le eresie », iniziata col decreto LamtniahiU della Cioogrega-
zione della SL Inquisizione, del 3 luglio 1907, compiuta con l'encì-
clica pontificia Fdscendi dominici gregis, dell' 8 settembre, san-
cita con il Motuproprio Fraestantia, del 18 novembre, rinnovata
nella allocuzione del 16 dicembre con le più gravi parole dalla
voce stessa del Vicario di Cristo e maestro universale della
Chiesa, mira non solo a sgominare e reprimere gli erranti
e disseminatori di errori, ma ben più a sollevare l'animo dei
sinceri credenti, a illuminare le menti confuse, a imprimere negli
studiosi cattolici un nuovo impulso allo studio, come ne ha allar-
gato opportunamente alle scuole ed ai maestri il programma,
i metodi, l'indirizzo. Sicché, conservandosi quanto l'antica isti-
tuzione scientifica e letteraria aveva di sodo, di duraturo, dì
LA POLEMICA SUL MODERNISMO 579
perenne, vi si aggiunga quello che i tempi nuovi richieg-
gono, e ciò è uno speciale riguardo ai bisogni correnti, agli
errori moderni, o se vogliamo dire meglio, alla veste moderna
onde gli errori vecchi si trasfigurano di età in età cosi da
sembrare novità e traviare dietro a sé gli incauti.
Con questo anche la verità, nel cozzo e quasi per T attrito
dei nuovi errori, getta nuovi sprazzi di luce e, spiegando al sole
i suoi molteplici aspetti, si rafferma più chiaramente, più reci-
samente in questa parte o in quella, mentre, restandosi immu-
tata nella sostanza, riveste essa pure nuovi atteggiamenti, nuove
forme e somministra armi nuove contro le forme nuove dell'errore.
Si fa dunque necessario, nello svolgere delle trattazioni sco-
lastiche, ringiovanirle debitamente, rinfrescandone l'aridità spe-
culativa, non con una spruzzaglia di confusa erudizione, ma con
la viva sorgente deìVattuaUtày mostrandone contro gli errori
nuovi la pratica applicazione. Cosi non avverrà più, ciò che tal-
volta si avverò in passato — e fu deplorabile, dopo tanto sforzo dì
ristaurazione scolastica — che molti chierici, usciti anche da buone
scuole filosofiche, si credevano di aver combattuto coi mulini a
vento, impugnando, ad es., i nominalisti o gli averroisti medievali,
mentre essi ne vivevano in mezzo, e alcuni anche ne accet-
tavano, più o meno inconsapevolmente, gli errori trasfigurati
in nuove sembianze da filosofi moderni e modernisti *: gridavano
morto il positivismo e ne propalavano i principii funesti; esal-
tavano la « rinascita dell' idealismo e dello spiritualismo », e
mascheravano con questo il ripullulare del vecchio panteismo
* Questo punto, da noi toccato più volte, ha ricevuto ancora recente-
mente nuova luce e nuova conferma, per ciò che riguarda in ispecie gli
averroisti contemporanei di S. Tommaso, da uno studio accurato del Baylac,
Autour de Vencyclique, nel BuUetin de litterature eccleaiastique, di Tolosa
(novembre 1907, gennaio 1908). Il Baylac riconosce meritamente « une res-
semblance entre Tattitude des averroistes chrétiens du XIII^ siècle et Fat-
tìtude de philosophes modernistes ». E la rassomiglianza sta non solo in
ciò che gli uni e gli altri sono gente di Chiesa, chierici o laici cattolici,
ma perchè questi, come quelli, « dichiarano che essi sono prima di tutto
cattolici, che credono fermamente e confessano in tutta sempUcità di cuore
ciò che crede la santa Chiesa cattolica, apostolica e romana ; ma a quel modo
che la filosofia degli averroisti impediva loro di essere credenti conseguenti,
cosi del pari la filosofia dei modernisti loro impedisce di credere realmente,
o almeno conseguentemente, alle verità rivelate », essendo essa una filosofia
ripugnante affatto alla credibilità dei dommi soprannaturali (Ivi, genn. 1908,
pag. 5 ss.).
580 • LA POLEMICA SUL MODERNISMO
e conseguente ateismo: se altri li faceva avvisati dell'abisso,
l'irridevano, e gridavano all'esagerazione.
Ora, questo eccesso, diciamo noi, non potrà più ripetersi fra cat-
tolici dopo l'enciclica: che troppo cliiaramente essa mette a nudo
i nuovi errori e ne prescrive la confutazione alle scuole catto-
liche, né solo la confutazione diretta o la polemica, ma meglio
assai la indiretta, più stabile e più fruttuosa, quella della espo-
sizione e dimostrazione della verità contraria, fatta con giusto
criterio di sana modernità. Se altro non vi fosse, questo solo
sarebbe già un gran bene dell'enciclica: e questo soprattutto
la farà ricordare con gratitudine dai posteri, insieme con l'en-
ciclica Aeterni Patrie, nella ristaurazione della filosofia e della
teologia cristiana.
Ma non tutti possono attendere alla filosofia, molto meno
ad un corso compiuto di studii sacri, quale sarebbe necessario
per avere una piena conoscenza e confutazione del modernismo ;
eppure tutti sono esposti agli errori del modernismo, e più spe-
cialmente i meno preparati scientificamente, i giovani, chierici
e laici. Fanno quindi opera assai utile ed opportuna quegli
scrittori cattolici che in libri di piccola mole, scritti popolari,
o articoli sparsi di giornali o di riviste, hanno cercato e cer-
cano studiosamente di chiarire e volgarizzare le dottrine del-
l'enciclica contro i moderni errori, i quali s' infiltrano e si tra-
forano per tutto insidiosamente.
Gli articoli sparsi o continuati per la stampa periodica o
quotidiana, non si contano più: ma anche fuori di essi, gli
opuscoli separati si vanno moltiplicando per ogni parte con il lo-
devole intento di volgarizzare segnatamente le conclusioni del
l'enciclica. Fra i tanti ne accenneremo qui solo qualcuno,
secondo che ci viene primo alla mano e mostra una sua im-
pronta speciale nella volgarizzazione dell'argomento, sotto l'uno
o l'altro rispetto più o meno esteso.
E primo ci si fa innanzi, commendevole per la popolarità
della forma e la semplicità estrema del metodo, il Catechismo
sul modernismo^; che il P. Lemius compilò in francese su le
' P. Giov. B. Lemius, obi. di Maria Imm., Catechismo sul modernismo
secondo Venciclioa « Pascendi dominici gregis * di Sua Santità Pio X. —
Traduz. dal francese del P. Giuseppe Ioppolo della med. Gongr. — Roma, tip.
Vaticana 1908. Elegante opuscolo a cent. 30, di pp. 142.
A PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI 581
parole dell'enciclica. In esso ogni proposizione del documento pon-
tificio, ogni membreito anzi, che abbia significato pieno, è pre-
ceduto da una semplice e chiara interrogazione che lo mette in
rilievo, richiamandovi l'attenzione del lettore meno riflessivo.
Con ciò è anche agevolata ad ognuno l'analisi dell'intiero do-
cumento, dove per la stessa abbondanza della materia, per il
nesso logico degli errori, per la densità e concatenazione dei
pensieri che li confutano, oltre all'astrusità del linguaggio, ossia
terminologia dei modernisti, possono facilmente sfuggire molti
elementi, talora appena accennati in un inciso, in un passaggio,
in una frase, di volo, e tuttavia importanti o anche necessarii
a ritenersi per la retta intelligenza del tutto.
Così saggiamente osservava il card. Merry del Val, segreta-
rio di Stato, nella sua lettera di encomio all' autore ; « L' indole
del Pontificio documento ed il genere degli errori in esso con-
dannati, poteva forse rendere alquanto malagevole la subita e
completa intelligenza di tutte le più minute parti dell'impor-
tantissima Enciclica alle classi meno colte ed estranee al mo-
vimento delle buone e delle cattive sentenze, o a quelle altre
che pur essendo sventuratamente troppo facili a dare adito agli
errori, massime quando questi presentino una falsa esteriorità
di scientifici, non sono poi così svegliate da comprendere con
eguale prontezza la causa del male. Ella pertanto ha fatto opera
d'insigne utilità, quando ha decomposto, secondo il metodo
semplice e piano del nostro catechismo, il documento medesimo,
adattandolo per tal modo anche alla portata delle meno ad-
destrate intelligenze ». Alle quali parole di elogio si aggiun-
gevano queste altre che per uno scrittore cattolico sono bene
il premio più dolce e più prezioso quaggiù: « Sua Santità si
compiace del geniale e proficuo lavoro di V. S., e mentre la
loda anche per un altro titolo, di non essersi cioè menoma-
mente discostato dalle parole dell'Enciclica, Le offre l'augurio
di vedere largamente diffuso il prodotto del provvido suo stu-
dio, e Le im parte di cuore l'Apostolica Benedizione».
Dopo tanto, è superfluo ogni nostro elogio.
Un lavoro simile — e per la simile ragione di far bene
rilevare i molti punti particolari, che nella stessa armonia
del tutto così magistrale e solenne potrebbero scorrere inavver-
titi — è quello dell'abate Elia Blanc: edizione accurata del testo
582 LA POLEMICA SUL MODERNISMO
latino eoi francese di fronte, divisa in numeri ordinatamente e
seguita da una « tavola » o indice alfabetico, assai particola-
reggiato a modo di concordanza, per ritrovarsi più facilmente nella
consultazione o raffronto di questi o di quei passi precisi, che
occorrono allo studioso. È un « modesto lavoro », dice Teditore,
da lui intrapreso per suo uso ; ma tornerà assai utile anche ad
altri, i quali non abbiano agio di farlo per conto proprio: esso
li aiuterà ad un'accurata analisi e ad una più facile consulta-
zione dei due celebri documenti, i quali uniti e inseparabili for-
mano un solo e solenne giudizio della Santa Sede contro gli
errori compresi sotto il nome di modernismo. Di che siamo
tanto persuasi, che a qualche cosa di simile pensavamo noi
pure per l'Italia, prima di conoscere il commodo opuscolo del
chiaro professore di Lione.
Un commentario deirenciclica — scrive il Blanc, e non a
torto — 4c potrebbe sembrare temerario e richiederebbe lunghi
svolgimenti » : anzi richiederebbe, diremmo noi, se volesse riu-
scire adeguato, non solo lunghe ma molteplici trattazioni. Esso
dovrebbe muovere dai principii primi e fondamentali del senso
comune nonché della logica e della filosofia prima, che i mo-
dernisti negano in coro; indi percorrere tutte le quistioni gene-
rali e speciali della metafisica — della psicologia segnatamente
nelle varie sue parti, massime in ciò che concerne V umana
conoscenza — come pure della teologia naturale, dove più si
accumulano le facili negazioni e i sistemi nuovi si assottigliano;
infine abbracciare tutta l'estensione della scienza sacra, o teo-
logia propriamente detta, da quella generale, apologetica o fon-
damentale, che riguarda i cosi detti preamboli della fede, fino
alla più speciale che concerne i singoli dommi, perchè contro
ognuno di essi i modernisti si avanzano col martello demoli-
tore. Anzi, poicliè costoro neppure lasciano intatti i fondamenti
della scienza naturale, applicandovi con varie gradazioni il cri-
ticismo o l'agnosticismo, cioè i principii del vecchio pirronismo,
e molto meno hanno rispetto ai sani principii di critica storica
quando si tratta di fatti soprannaturali, di storia sacra o ec-
clesiastica, occorrerebbe addirittura una specie di enciclopedia
^ Abbé E. Blakg, prélat de la Maison de S.S., prof, de phUos. à TUnÌF.
cath. de Lyon. Uencyclique « Pascendi dominici gregis » etledécret « La-
mentabili sane exitu». Texte latin et texte francais suivis d'une Table
alpha bétlque très détaillée avec renvoi précis aux textes au moyen de nu-
mèros d'ordre. Paris, Vitto, 1907 B», 134 p. Fr. 1,60-
A PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI 583
per raccogliere e confutare tutte le loro particolari asserzioni
o anche solo le molte e svariate conclusioni e applicazioni de-
gli errori, ai quali accenna Tenciclica.
Ma per la verità non occorre tanto : basta scuoterne, o anche
solo scoprire alla luce, l'uno o l'altro dei loro fondamenti : il resto
deiredifizio crolla da sé e si sfascia. Questo è ciò che andiamo
facendo noi nella nostra trattazione sul modernismo *, che hanno
fatto, prima e dopo T enciclica, molti autori, dei quali i più
siamo venuti citando altre volte, restringendoci a qualche punto
determinato, più o meno comprensivo, della loro filosofia e teo-
logia, della loro critica, storia o apologetica. Così il p. Lebreton
nel suo pregevole studio sopra VencicUca e la teologia moder-
nistica *, già comparso in parte negli Etudes (20 nov. 1907), si
contentò di ri trarne per sommi capi l'abbozzo, valendosi par-
ticolarmente del programma dei modernisti e degli scritti di
Giorgio Tyrrell.
Egli risparmia quelli di altri autori francesi e stranieri, sot-
tomessisi airenciclìca : ma altri ha osservato che quando pure,
com'è da credere, la soggezione sia stala più che disciplinare
ed esterna, e non solo quella conforme ai principii del moder-
nismo, gli scritti restano, si volgarizzano e si diffondono lar-
gamente. Così, certo, avviene in Italia dell'opera del Laber-
thonnière, la cui traduzione uscì dopo la condanna. E tuttavia ha
ragione il Lebreton, stando al suo presupposto, quando cioè di tali
scritti e loro tendenze perniciose possa credersi svanita la memo-
ria, o almeno il pericolo : allora veramente pourquoi faudrait-il en
rappeler le souvenir? Tanto più che egli dichiara « l'intento
suo ristretto ad aiutare i cattolici a comprendere la parola del
Papa, e ad afferrare la natura e la gravità delle questioni che
si agitano intomo a loro »; poiché « il modernismo non è già
un'eresia dì scuola, sì che debbano occuparsene solo gli studiosi
di professione : è un cristianesimo nuovo, che rovina dalle fon-
damenta l'edifizio antico della fede e pretende costruirlo tutto
sopra un nuovo disegno » (p. I). E nell'ora dei conflitti acuti, come
soggiunge egli ancora saggiamente, non si pensa molto a fare
' Vedi i quaderni 1375-1384.
' J. Lebkrton, prof, à i' Institut cathol. de Paris. VEncyclique ci la
théologie moderniste. (Bibl. apolog.) Paris, Beaucheene, 1908, 16*», 80 p.
Fr. 0,75.
584 LA POLEMICA SUL MODERNISMO
opera definitiva : basta fare opera leale e cristiana. Ora tale è cer-
tamente questa sua, e non passerà senza frutto *.
Tale pure è l'operetta del eh. Lepin, benché circoscritta alla
Cristologia *; essa direttamente ci porge come un succinto e ni-
tido commentario delle proposizioni 27-38 del decreto Lamen-
tabili; ma indirettamente vale di conferma a ciò che espone
l'enciclica, in ispecie, dei principii critici e storici del moder-
nismo ; e più particolarmente delle applicazioni empie che se ne
fanno alla persona di Cristo, come bene osserva l'autore (p. 4).
Con maggiore pienezza varrà pure a simile conferma il com-
mentario intero di tutto il suddetto Decreto, o « Sillabo >, com-
pilato dal dotto Heiner, professore dell'università di Friburgo
nel Baden; la cui traduzione italiana, già pronta, speriamo di
veder presto uscire alla pubblica luce **.
Più ampia e più generale è l'opera del P. Cristiano Pesch S. I.
sopra le questioni teologiche dei tempi nostri^ della quale opera
è uscita or ora la quarta serie ossia quarto volume, che più
strettamente dei tre precedenti si attiene all' esame e alla con-
futazione dei fondamenti del modernismo. Nei precedenti Fau-
tore aveva già trattato, contro diverse moderne opinioni, pa-
recchi punti delicati e complessi della teologia ; come nella prima
serie quello del magistero ecclesiastico e della libertà della scienza
^ Alludiamo sopra alla critica mossa aU'opuscolo del p. Lebreton da una
nuova rivista francese, di cui non si può che lodare la migliore rettitudine d'in-
tenzione e la bella intransigenza delle idee, come ce ne assicura, di primo
tratto, il titolo stesso: La fai caiholiqvs — Revue critique, antl-kantiste
des questions qui touchent la notion de la foi. Paris. Lethielleux, 1908.
!«'« année, n. 1 (cf. p. 12J ss.).
' M. Lepin, prof, à l'École superieure de théologie de Lyon. Chr isto-
logie. Commentaire dea propositions XXVIl-XXXVJII du Décret du Saint-
Office * Lamentabili*. Paris, Beauchesne, 1908, IO», 120 p. Fr. 1.20. - Questo
piccolo Commentario comparve già su la Croix nel settembre del 1907, con
quelli di altri teologi su le restanti proposizioni. Una serie consimile di
trattazioni o articoli popolari, a spiegazione del Sillabo (come poi dall'en-
ciclica), usci pure suU' Univers, e appresso fu pubblicata a parte col titolo :
Le décret du Saint-Office [Lamentabili sane exitu]. Études et commentaires
par un groupe de tbéologiens. Paris, ed. de V Olivera, 17, rue Cassette, 1907.
Così meglio s'intende in Francia la «missione» del giornalismo cattolico I
3 Di quest'opera abbiamo già fatto quell'ampio elogio che si meritava,
nel quad. 1379 (7 dicembre 1907), p. 602-603. Essa ha per iiioìo: Derneue
Syllabus Pius X oder Dpkret des hi. Offtziums « Lamentabili » vom 3
Juli 1007 ecc. Mainz, Kircheim 1907, S», IV-300 p. M. 5.
J
A PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI 585
teologica, e meglio ancora quello dell'antica e della nuova apo-
logetica, quale erasi manifestata tra gli scrittori francesi fino
al 1900; nella seconda serie le questioni dell'essenza del peccato
mortale e deiraniraa del peccatore nell'altra vita contro lo Schell ;
nella terza serie le controversie ancora più generali e più ar-
denti su gli studi i biblici e la dottrina cattolica dell' ispirazione :
della quale questione si è da noi parlato distesamente altre volte.
In quest'ultimo invece egli tratta le questioni non meno vitali
in sé che fondamentali per gli errori moderni, quelle dell'atto
di fede, dei motivi di credibilità, dei dommi e dei fatti storici
nella religione, questioni appunto intomo a cui si volge l'es-
senza del modernismo teologico *.
Né con tutto ciò il Pesch si propone di svolgere la trattazione
sotto ogni rispetto, o di prendere in esame tutte le opere mag-
giori o minori dei modernisti; ma si contenta di tirar in campo
alcuni dei loro rappresentanti o maestri. Ma per dar modo
al lettore di giudicare delle loro opinioni, espone egli anzitutto
la dottrina cattolica, recando la traduzione letterale delle defi-
nizioni del Vaticano e tirandone le conseguenze : la fede essere
un atto conoscitivo, imperato dalla volontà, moralmente buono
e soprannaturale, possibile solamente con l'aiuto della grazia,
e fondato sopra fatti storici. Appresso, fedelmente ritrae le nuove
idee sopra le relazioni della fede ai fatti storici, secondo il vario
sistema dei citati maestri. Infine critica le dottrine moderni-
stiche della fede salutare e del motivo di fede, dei dommi cat-
tolici (nominatamente la teoria del Le Roy), dello svolgimento
dommatico con ispeciale riguardo alle opinioni del Newman, e
per ultimo dei dommi e fatti si orici in particolare.
Questo pregevole volume non é tuttavia, propriamente parlan-
do, un commento all'enciclica di Pio X sul modernismo, come bene
osservalo stesso autore; giacché l'opera era già terminata sul
finire del 1906; ma potrà riguardarsi come tale in quanto la su-
prema autorità ecclesiastica si é dichiarata solennemente intorno
alle dottrine nuove quivi esposte e criticate. Onde l'egregio teo-
logo, non avendo potuto giovarsene nel corso dell'opera, reca
opportunamente in una doppia appendice sia il decreto della
S. Inquisizione del 3 luglio 1907, per intero, sia l'enciclica di
Pio X, in ristretto, per ciò die si attiene all'argomento.
' Ghr. Pesch S. I., Tìieoìogische ZeUfragen Vierte, Folge: Glaube,
Dogmen und geschichtliche Tatsaohen. Bine Unterauchung Hher den M(h
dernismua, Freiburg i. B. Herder, 1908, S», VIII-244 p.
586 LA POLEMICA SUL MODERNISMO
« *
Ciò che per una parte della teologia il Pesch, altri ha fatto
per qualche parte della filosofia, e tanto più a ragione, perchè
il modernismo teologico è tutto e solo una pessima filosofia,
come già abbiamo avvertito più volte : onde il Le Roy che ha
su gli altri almeno il merito di una più rude franchezza, afferma
nel suo famoso Dogme et critique, che il dissenso fra l'antica
e la nuova scuola poggia su la nozione medesima di verità.
Quindi fu mosso il p. De Tonquédec S. I. a esporre e criticare
questo radicale dissenso del modernismo *, e la esposizione fu co&i
esatta che i rappresentanti della nuova filosofia non vi trovarono
che ridire, salvo qualche minuzia su punti sec<jndarii; la critica
poi, tanto vittoriosa e, per quanto lo comporta la sottigliezza e
la difficoltà della questione, tanto limpida, che non ebbe finora
risposta.
Né risposta ebbe finora un altro simile opuscolo, del p. Luigi
Bailie S. I., contro il concetto modernistico di scienza e di filosofia
e della separazione assoluta, sia fra loro, sia dalla fede; del quale
opuscolo abbiamo già fatto parola al primo suo comparire in
francese, ed ora siamo lieti di annunziare la traduzione ita-
liana *. Né, insomma ebbero mai altra risposta, se non d'insulti o
di giovanili divagazioni, le tante confutazioni fattesi finora di
simili punti della filosofia modernistica, o anche dì tutto il si-
stema complessivo, dell'indirizzo e delle tendenze del moder-
nismo.
Di siffatte confutazioni anche in opere originali italiane non è
scarso il numero, come sa chi siasi tenuto a notizia delle nostre
recensioni ^. Ma perché la lode potrebbe qui sembrare sospetta,
^ J. Db Tonquédec, La notion de vèr ite dans la « Philoaophie nou-
velie*, Paris, Beauchesne, 1908, 16°, 152 p. Fr. 1,60.
* Luigi Baillb, prof, air Università pontificia Leoniana. Che cosa è la
seiema? [coli. Scienza e religione] Roma, Desclée, 1907. Gf. su quest'argo-
mento il nostro articolo Scienza e critica^ nel quaderno 1369, pag. 72-^1.
— Non merita poi il titolo di risposta la cicalata del visconte d'Adhemar, ben-
ché stata poi intrusa nella stessa collezione francese.
3 Tra gli opuscoli contro il modernismo, pervenutici prima delle recenti
condanne siamo tuttavia in debito di annunziare quello del sae. Vincenzo
Sozzi, dottore in sacra teologia, Sa le presenti riforme religiose (Ragusa
inf. 1906), compilato con ottimo intento, ma pubblicato solo in edizione di cen-
totrenta esemplari: come un simile opuscolo, edito già dal Cattolico Militante
di Genova e da noi annunziato a suo tempo, esso ci dà raccolti «i docu-
menti della Ghiesa docente, la letteratura episcopale », cioè parecchie testi-
A PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI 587
quanto meno necessaria per opuscoli che hanno propugnato e
propugnano le stesse nostre idee, e vanno del resto per le mani
dei nostri lettori, citeremo solo, per conchiudere, l'una o l'altra
requisitoria contro i modernisti, uscita da chi sembrò conoscerli
un tempo da vicino e ora li assale di fronte con argomenti ina-
spettati, ad hominem, accostandosi anche per poco, qua e là,
allo stile d' invettiva loro proprio.
Nel che noi, per quanto risoluti fin dal principio all'energia
della polemica doverosa in chi difende la sua fede e la verità
divina, confessiamo di non averli mai potuti seguire, nonché
raggiungere alla lontana. Il più curioso e più simile nella « vio-
lenza del linguaggio » a un articolo della Rivista di cultura o
altra critica modernistica, salvo le idee, è 1' « opuscoletto > di
mons. Statone *, scritto < senza nessuna pretesa di confuta diretta >,
egli dice — e ^ con questo solo argomento persuasivo... a colpi di
frusta fustigatrict >. Ma questo è un po' troppo, o un po' pocol
Tanto più che la frusta è tutt'altro che maneggiata da lui con
la mano pietosa e bonaria di un fra Frustino, di memoria cara
e intemerata anche pei modernisti.
Più pacata e più copiosa è l'opera dì Ettore Dehò, che i
modernisti non si aspettavano certo; tanto usci affrettata. Ma
essi si affrettarono anche più di chiamarla « libercolo >, come
nel nuovo periodico La Quercia. Infatti sino dalle prime pa-
gine il Dehò dipinge troppo graficamente la superbia dei fau-
tori di modernismo, « per la quale van ripetendo : non sumus
sicut ceteri hominum, vogliono essere capi-scuola... e ci si vede
nei loro scritti e nelle pose che assumono che « amant vocari
rabbi ». E sembra egli ben anche voler applicato a taluno dei
monianze preziose di vescovi nelle loro lettere pastorali. — Similmente, è
passato senza annunzio l'opuscoletto di un antico missionario (Paolo Emilio
Savino, prete della Missione) intitolato : TI moderno riformismo cattolico^
ovvero Modernismo, Lettere aperte ad un giovane studente per P. E. S.
Missionario. Materdomini, 1907. L'edizione è difettosa, ma ottimo lo spirito
e lo zelo del pio missionario. — Una rassegna alquanto ampia, sebbene ancora
in molti punti necessariamente sommaria e ristretta, per quanto possiamo
giudicare dalla parte già stampata, promette di riuscire quella che comparirà
prossimamente presso il Desclée: D. Angelo Ferrari, Rassegna del Moder^
nismo dinamidl Sillabo del S. Padre Pio X Essa è però, quale si annunzia,
opera ideata e composta prima dell'apparire dell'enciclica Pageendi.
^ Mons. Matonb, Un po' di coerenza. — Saggi di logica e di religione
modernista. Roma, 1908. 16<», 120 p. L. 1,50.
* E. Dbró, La condanna del modernismo. Appunti polemici. Roma,
Desclée, 1908, IG», 196 p.
588 LA POLEMICA SUL MODERNISMO
loro capoccia democratici il detto del P. Felix a proposito del
demagogo anticristiano: « Voi'credete che quest'uomo sia un fra-
tello che cerchi degli eguali ! V* ingannate a gran partito : è un
sovrano che va in cerca di sudditi >^. Cosi egli; e soggiunge
poi, non meno al vero, che « i giovani specialmente si schie-
rano sotto il nome di uno o di un altro capo scuola, e lo se-
guono fedelmente e ciecamente ». Allora il < sovrano » ha
trovato i sudditi, e insieme in foveam cadunt.
Il Dehò ci assicura, che egli « si è accinto a questo breve
saggio teologico- storico e a una brevissima confutazione del pro-
gramma dei modernisti con aflfetto di sacerdote e di figlio osse-
quioso della Chiesa, basandosi sulla sua fede cattolica e rievo-
cando gl'insegnamenti dei suoi cari e venerati maestri ».
Sotto questo rispetto mirata l'opera del Dehò — eh' egli chiama
modestamente « appunti polemici » — non vediamo come debba
dar luogo a critiche sottili, molto meno a sinistre interpretazioni,
massimamente per chi ha coscienza di non poter giudicare se
non del finis operis^ che qui è irreprensibile.
Lo stesso potrà dirsi forse di un terzo opuscolo anonimo dal
titolo troppo promettente S il quale dopo avere abbozzato ap-
pena del modernismo Vessema^ Villusione^ indi la sterilità notoria
« nell'altro campo », ne annunzia « guardando all' avvenire » il
vicino tramonto. Ma l'autore fa troppo caso del libro di Giuseppe
Prezzolini ^, amico e ben informato delle persone e delle cose mo-
dernistiche, ma ignaro spesso delle opere e delle dottrine catto-
liche. E similmente mostra troppo le sue simpatie pei liberali,
insinuando che recenti avvenimenti diedero ragione a questi »,
cioè alla « sottile falange dei cattolici liberali, che aveva preso per
divisa il motto : In religione col Papa ; in politica col Re » (p. 9).
Queste ed altre gravi mende, oltre al titolo dell'opuscolo,
dettero quindi sui nervi ad un vero cattolico intransigente, qual è
1 • • • i7 tramonto del modernismo, Milano, libreria editr. milanese. 1903,
16», 48 p. L. 1.
' // cattoliciamo rosso. Napoli, 1908. U nome di « cattolicismo rosso »
che il Prezzolini vorrebbe surrogare a quello di «modernismo», è al tutto
improprio ; perchè i modernisti « coscienti » non hanno più nulla di cat-
tolicismo, per quanto annacquato ; sono appena deisti, quando non corrano,
come già alcuni, dove la logica li porta, al panteismo e quindi all*ateismo,
come asserisce, purtroppo con verità, il Prezzolini stesso di Alfredo Loisy.
E a persuadersene, basterebbe leggere ad occhi aperti i primi numeri
del perjodichetto Nova et vetera e particolarmente il terzo (10-25 febbraio 1908),
tutto a glorillcazione della persona e delle empietà del suddetto apostata.
A PROPOSITO DI SCRITTI RECENTI 589
il notaio dott. Leone Donadoni di Milano*; i cui lavori sono
dettati certo da zelo per la integrità della fede e del costume;
ma toccano spesso controversie parecchie, personali e locali, su
cui noi da lontano non vogliamo ora portar giudizio. Solo augu-
riamo per il meglio una comune intesa fra cattolici e una verace
4c unione » di mente e di cuore. Allora — e allora solamente —
allontanato il pericolo dell'infedeltà e dell'eresia, inerente al
modernismo, sarà attuabile e opportuno l'augurio dell'anonimo li-
berale: «Possano chiudersi definitivamente le sterili polemiche
per dar luogo alla miglior apologetica, che è quella della con-
quista delle anime che slam chiamati ad illuminare ed a salvare! »
Iddio affretti questo momento I
IL
La Diaconia di S. Maria in Via Lata.
L'insigne diaconia di S. Maria in Via Lata aspettava da
tempo un uomo di buon volere, che ne riprendesse lo studio e
le desse una nuova storia, che correggesse le inesattezze e com-
pletasse le notizie mancanti negli scrittori precedenti. E la
diaconia, più fortunata di tanti altri sacri monumenti di Roma,
che dovranno chi sa quanto attendere ancora, ha avuto la sorte
di trovare quest'uomo di buon volere in Mgr. Luigi Gavazzi,
canonico di S. Maria in via Lata, il quale, senza risparmiare
lavoro e danaro, da parecchi anni attende con amore a studiare
la sua Diaconia, di cui ora pubblica la storia *.
Già alla metà del XVII secolo, Martinelli Fiorante avea
pubblicato su questa chiesi un'opera dal titolo solenne : Primo
Trofeo della Croce eretto in Roma nella via Lata, Roma 1655;
e prima idea del eh. Mgr. Gavazzi era stata quella di ristampare
questa opera, riordinandola e completandola; ma poi vedendola
« così farraginosa e indigesta e sema un filo di critica » (p. XII),
seguì miglior consiglio, coU'accingersi a un lavoro nuovo, ritor-
nando alle fonti originali, e all'esame del monumento stesso, in
quanto lo poteva permettere il suo stato attuale. Gosì è riuscito
a darci un libro interessante, il quale, oltre al merito intrinseco,
1 Notaio Dott. Leone Dovkdosi, A proposito di modernismo e questioni
connesse, Milano, Palma, 1908, S», gr., 130 p. L. 1,50 (a beneficio deiristi-
tuto pei figli deUa Provvidenza).
* La diaconia di S. Maria in Via Lata e il monastero di S. Ciriaco,
Memorie storiche (con 38 illustrazioni nel testo), pp. XX-446 Roma Pustet, 1908.
590 LA DIACONIA
esce al pubblico in una veste così decorosa, sia per l'eleganza della
forma, sia per la bellezza dei tipi e la copia delle illustrazioni,
da non temere il confronto colle migliori produzioni del genere,
sì italiane come estere.
Parecchi documenti inediti, posseduti dal capitolo di S. Maria
in via Lata (v. p. XIX), oltre il Tabularium della chiesa pub-
blicato dall'Hartmann (I, 1895; II, 1901), hanno formato il
fondamento principale del lavoro del Gavazzi, il quale ha pure
preso di nuovo in esame i pochi ma importanti testi già co-
nosciuti di fonte diversa, specialmente quelli del Liber Pontifi-
calis. Ma ciò non bastava ; uno scavo si imponeva per lo studio
della parte inesplorata dell'antico edificio della diaconia; e
benché molte e gravi difficoltà vi si opponessero, Mgr. Gavazzi,
sobbarcandosi a gravi fatiche e a spese non leggere, « coi debiti
permessi, e con l'approvazione del reverendissimo capitolo > al
quale egli appartiene, iniziò nel novembre del 1904 i suoi la-
vori nel sotterraneo della chiesa (p. 212). Le scoperte fatte dal
Gavazzi furono la prima volta messe a cognizione degli studiosi
in una relazione che egli lesse nella tornata dell'8 gennaio 1905
alla Società per le conferenze di Archeologia cristiana, relazione
che fu poi pubblicata nel Nuovo Bullettino diretto dal Ma-
rucchi.
Uno dei moventi principali a imprendere i menzionati la-
vori era stato, come l'A. dice, il desiderio vivissimo che egli
aveva di ricevere da quei resti venerandi una qualche risposta
sulla tradizione della dimora di S. Paolo nel primitivo oratorio
su cui era sorta la diaconia, e « la speranza di trovare qualche
argomento in favore » di quella « o almeno qualcosa che gli
spiegasse l'origine di tale leggenda (p. 212). » Le scoperte fatte
« nulla aggiungono e nulla tolgono » come l'A. osserva (p. 239),
a quella tradizione, di cui egli ha ripreso lo studio con grande
amore per il lustro della sua chiesa, pari a quello per la verità;
evitando i due eccessi, l'uno della leggerezza tanto comune con
cui molti, attratti dalla moda, vogliono demolire pur di parere
critici; e l'altro del condursi a facili affermazioni per sostenere
un vanto, a danno della storia, e con nessun utile per la re-
ligione.
L'A. si occupa della tradizione nel capo II, dove egli de-
plora la perdita del « vetusto antifonario in pergamena » che si
conservava nell'archivio capitolare, e che « ci avrebbe dato un
po' di luce sulle origini della Ghiesa ». Siamo però sicuri che.
DI S. MARIA IN VIA LATA 591
sotto questo riguardo almeno, la perdita non sia grave, perchè
da quanto si può ricavare dalle memorie dell'archivio, che ci
hanno conservato il sunto di quelle notizie (p. 36), nell'anti-
fonario non si conteneva più di quanto si trova nella Enarratio
del Cod. Vai, lai. 5516, che l'A. pubblica in appendice a p. 383
segg. Il Gavazzi, discutendo le diverse opinioni sul luogo di dimora
di S. Paolo in Roma, esclude, e a ragione, quella che lo pone
nelle vicinanze del Castro Pretorio, non essendo probabile la
interpretazione in questo senso del testo dell'Apostolo ai Fi-
lippesi: « ita ut vincula mea manifesta fierent in Chriaio in
omni praetorio » (èv 8X<p tw 7cpati(op((p), che assai probabilmente
ha una spiegazione nella frase spettante ai sancii de domo Cae-
saris, di cui si fa menzione al termine della lettera (IV, 22).
Quanto alla tradizione della Via Lata una difficoltà ben grave
nasce dal non trovarsi mai nelle antiche pergamene « il più
piccolo accenno alla dimora di S. Paolo », mentre < la chiesa
è semplicemente detta Diaconia in Yia Lata, o Diaconia B. Dei
GenitHcis in Via Lata (p. 41) »; e quindi non si potrebbe
ammettere che contro l'asserzione di quella dimora non si sia
potuto opporre alcun serio argomento (p. 54). L'argomento però
non è decisivo, non solo perchè d'indole negativa, ma anche
perchè contro di esso esistono memorie le quali, se non sono
di grande antichità e autorità, ci tramandano però una notizia le
cui origini ancora non sono spiegate, e si perdono nell'oscurità
della storia medievale. Si potrà dire nata dal nulla l'opinione,
riportata nella citata Enarratio (vedi Appendice, p. 383 segg.)
corrente in Roma prima del XIII secolo, e secondo l'Autore,
dell' XI, che indicava in S. Maria in Via Lata il luogo dell'al-
loggio di Paolo? Ci sembrerebbe più facile asserirlo che di-
mostrarlo, tanto più che, come l'A. osserva « è assai verisimile
che si mantenesse viva in Roma la memoria del luogo ove
dimorò il grande Apostolo... anzi pare quasi inammissibile che
ciò non accadesse > *. Ad ogni modo far nascere questa diceria
* Inclineremmo a credere che ai tempi di S. Girolamo i fedeli sapessero
indicare un luogo determinato come dimora di S. Paolo ; perchè nel com-
mentario dell'epistola a Filemone (y. 22) dà con tante particolarità le con-
dizioni ehe dovevano circondare il luogo di dimora, che pare proprio abbia
avuto presente una parte determinata della città : « ut domua celebri esBet
urbis loco,,, ab omni importunitcUe vcuiua... ampia,., ne proxima specta"
culorum loda, ne turpi vicinia detestabilis, postremo ut in plano potine
esset quam in caenaculo » . Ma corrispondono queste condizioni alla via
Lata, come pensa Cornelio a Lapide?
592 LA DIACONIA
da una pittura, dall' A. scoperta nel sotterraneo, rappresen-
tante il martire del Celio S. Paolo, colla scritta Paulus (come
sospettò anche TA. p. 54) non ci sembra molto probabile, perchè,
senza parlare di altre ragioni, i caratteri di questa pittura, che l'A.
(d'accordo cogli intendenti) riporta al secolo X circa , ce la mo-
strano abbastanza vicina ai tempi in cui avrebbe avuto origine
la tradizione.
Se sotto questo rispetto le speranze nutrite dall' A. non
hanno avuto l'esito bramato, non si deve però pensare che
egli abbia nell'esplorazione del sotterraneo fatto opera poco
utile, o male speso il suo danaro. Gli avanzi importanti delie
pitture rimesse in luce dal Gavazzi, come quella della molti-
plicazione dei pani che il p. Grisar {Rassegna gregor., gennaio-
febbr. 1907, p. 22) ha trovato in rapporto con lo scopo della
diaconia, cioè la distribuzione delle elemosine ; le immagini dei
due santi martiri celimontani Giovanni e Paolo, probabilmente
del secolo X; il martirio di S. Erasmo; l' Orazione all'orto, di-
pinto somigliantissimo alla scena del medesimo mistero del
Codice purpureo di Rossano, e perciò attribuita dall' A. al se-
colo VII; l'antico altare che l'A. assegna con probabilità alla
medesima epoca, e che il Grisar (l. e.) dice uno dei più antichi
conosciuti in Roma, ecc. sono più che bastanti a compensare
le fatiche e le spese di mons. Gavazzi. Certo sarebbe deside-
rabile che le esplorazioni fossero continuate, in modo che il
venerando monumento potesse celebrare la sua completa risur-
rezione, come si augurava il Grisar; ma purtroppo è da temere
quello che il Gavazzi teme, cioè che tesori ivi nascosti non
abbiano mai a veder luce (p. 240). Tanto gravi sono le diffi-
coltà tecniche, sia per la fabbrica sovrapposta, sia per lo stato
del sottosuolo penetrato dall'acqua.
Nonostante l'oscurità in cui rimangono, e in cui forse ri-
marranno per sempre, le origini della diaconia, le pitture sco-
perte parrebbero confermare l'opinione che essa non sia ante-
riore al secolo VII, perchè nessuna delle pitture è stata giu-
dicata anteriore a quell'epoca. Ma è facile vedere come gue-
st' argomento non sia di gran valore, potendo le pitture anche
più antiche essere posteriori all'origine della chiesa, come è
successo e succede tante volte. E nonostante l'opinione del
Duchesne {Lib. Pont. Il, 41, n. 65), secondo la quale non è
possibile che la diaconia sia anteriore al secolo VII, perchè
sorta in un edificio pubblico, quale erano i Septa Julia, il Ga-
DI S. MARIA IN VIA LATA 593
vazzi propeode a ritenerla alquanto più antica, come fa pure
il Marucchi, che ne rimanda le origini verso il VI secolo. Ad
ogni modo, come l'A. stesso dice, la prima menzione della chiesa
si ha nel Liber Pontificalia nella vita di Leone III (795-816);
e la lettera del 570 di Giovanni III, riportata dal Marini nei
Papiri diplomatici, dove è nominata V ecclesia S, Mariae quae
est in via Lata, non può esser presa in seria considerazione, per-
chè parecchie aggiunte la fanno sospettare apocrifa come il
Marini ne avea già sospettato.
Una delle confusioni più comuni negli autori, che si sono
occupati della chiesa di S. Maria in Via Lata, è stata quella
della chiesa primitiva colla seconda. Il Martinelli, come FA.
nota (p. 33) trattando delle origini dell'edificio, « parla confu-
samente, non sempre distinguendo la chiesa inferiore dalla su-
periore, e della superiore confondendo l'antica con la nuova,
riedificata sotto Innocenzo Vili ». Quando si parla delle origini,
esse riguardano il sotterraneo. La chiesa superiore anteriore alla
riedificazione rimonta alla prima metà del secolo XI. Il nome
di oratorio dato al sotterraneo dev'essere « di data piuttosto
recente » p. 54. Che esso non sia che l' antica diaconia rimasta
in abbandono, come ce ne persuadono tanti altri esempii delle
chiese di Roma, non può revocarsi in dubbio, e questa è pure
l'opinione seguita dal eh. Autore.
Però quanto al tempo della fabbrica superiore esso * non si
può precisare, mancandoci i documenti storici » p. 83. L'ipotesi
che la erezione risalga al tempo di Leone IX nel secolo XI, fon-
data sopra una pergamena, trovata nel 1491 sotto l'aitar mag-
giore con molte reliquie di santi, nella quale si diceva che
erano ivi state riposte da Leone IX cum muUis episcopis et car-
dinalibus, ci sembra molto attendibile ; perchè « tale solenne ri-
posizione di reliquie suole farsi in occasione della consacra-
zione della nuova chiesa» p. 81. L'Autore osserva pure che
ciò dovette avvenire nella prima metà del 1049, durante il periodo
in cui si trovavano radunati in Roma molti vescovi : si teneva
allora infatti un sinodo in Laterano contro la simonia.
Dal 1049 fino al 1491 non si hanno più notizie di modifi-
cazioni notevoli apportate alla chiesa ; quindi allorché troviamo,
come l'A. osserva (p. 81) * che sulla fine del secolo XV fu demo-
lita la chiesa di S. Maria in Via Lata, dobbiamo con fondamento
ritenere che si tratti della demolizione della chiesa superiore,
la cui esistenza » prima del 1491 « risulta ancora dall'antica
1908, wa. t fiue. 1385. 88 28 febbraio 1908.
504 LA DIACONIA
liturgia, usata da quel capitolo certamente prima della sud-
detta epoca, in cui si legge che S. Luca dipinse la immagine
della Vergine, e S. Paolo la pose in luogo basso : Quam Apostolus
infixit - In loco inferma^ con evidente allocuzione a una chiesa
inferiore p. 82.
La distruzione della chiesa superiore fu cominciata ai 23
di agosto 1491 sotto Innocenzo Vili, e a riedificare la nuova
i lavori si continuarono per lo spazio di 15 anni, e fu
consacrata il 25 ottobre 1506. « La chiesa fu eretta, come
l'antica, sopra l'oratorio sotterraneo, ma di forma e circuito
f»aggiore, e la tribuna fu fatta nella chiesa di S. Ciriaco »
che, come è noto, già apparteneva al capitolo di S. Maria in
Via Lata, avendo Eugenio IV nel 1435 soppresso il monastero
di S. Ciriaco, ed essendo stato da Nicolò V incorporato, coi
suoi beni, alla collegiata della diaconia.
Lo studio che fa il Gavazzi sul monastero di S. Ciriaco e
sulle sue dipendenze (P. II pp. 241-322) è dei più importanti
del libro. Diremo una sola parola intorno all' evangeliario di
& Ciriaco, che giustamente l' A., trattando dell'archivio di S. Maria
in Via Lata, chiama la cosa più preziosa che esso possegga an-
cora. E^li riporta, senza discuterla, l'opinione del prof. Federici
{Bull, della Soc. filologica romana 1903, p. 12 e seg.) secondo
la quale la Berta anelila dei che fi^ri iussit l'evangeliario,
come dice la scritta scolpita nella lamina d'argento della lega-
tura, dovrebbe essere la stessa scrittrice del codice. Ma il fieri
iussit che si deve riferire specialmente alla parte più impor-
tante del dono, cioè l'evangeliario stesso, e non soltanto alla
legatura, esclude questa interpretazione.
Riguardo alla chiesa detta di S. Passera (pp. 278-307), altra
importante dipendenza del medesimo monastero di S. Ciriaco,
dedicata ai SS. martiri alessandrini Ciro e Giovanni, e alla
quale l'A.. dedica un accurato studio, egli ha voluto prendere
di nuovo in esame la questione del nome stesso di S. Passera.
Gli autori dopo il Mabillon, avevano tenuto con certezza il
passaggio da Abbaciro a Passera; FA. invece dall'esame dei
testi più antichi ricaverebbe che quella metamorfosi non può am-
mettersi che « nei limiti solamente della probabilità p. 280 ». Ma
la ragione arrecatane non ci sembra tale da scuotere la sicu-
rezza dell'opinione comunemente adottata ; perchè se è vero che
nd 1317 e nel 1321 si parla di un luogo qui dicitur 8. Ba-
cerà; è vero pure che nel 1325 si parla di ecclesia di S. Pas-
DI S. MARIA IN VIA LATA 595
sera {iuxta ecclesiam S, Pacera^ Lib. transumptorum, p. 373
citato dairA. a p. ^8!^); e la differenza di quattro anni appena
è troppo piccola per averne il diritto di dare ai documenti una
così diversa interpretazione. L'A. poi dice di ignorare dove
rArmellini fondi la sua opinione (seguita anche dal Delehaye)
che farebbe derivare il culto, prestato in quella chiesìna a
S. Prassede, da una confusione fra S. Passera con S. Prassede.
Fa da corona ali* importante opera del Gavazzi un'appendice
di Documenti editi ed inediti, e un accurato elenco dei car-
dinali diaconi del titolo di S. Maria in Via Lata, e dei loro
dcari priori e canonici fino ai presenti, che non meno della
diaconia sono stati onorati dal bel lavoro del loro collega.
:Bi:BrvioOM^A.iMA.
GROSSI GONDI F. S. I. — Il Tusculano nell'età classica. Escur-
sioni archeologiche con 18 illustrazioai e una carta topografica.
Roma, Loescher C. (W. Regenherg), 1908, 16S VIII.235. L. 5.
Il p. Grossi-Gondi, già tanto bene-
merito degli studi areheologici, si oc-
cupò con predilezione, deUe Antichità
tusculane, indottoTi daUe circostanze
stesse in cui egli si è trovato. « I pa-
recchi anni, ci dice egli stesso, che
ho dimorato nel Tusculano, mi hanno,
nella solitudine delia campagna, of-
ferta più volte occasione di occu-
parmi di tale argomento ». (p. SS).
Le sue diverse pubblicazioni in tal
genere, si possono vedere, insieme
aUe altre, nella compitissima biblio-
grafia che egli dà in fine dell'opera.
Ricordiamo il suo più importante la-
voro: La vaia dei Quintili e la
Villa di Mondragone; e il dotto stu-
dio sulla Villeggiatura Tuscukma
di M, Tullio Cicerone^ che vide la
luce in questo nostro periodico (1905).
Nel volume ora pubblicato il eh A.
ha saggiamente determinato « di pre-
sentare riunite le sparse membra, per
dare una illustrazione del classico
suolo tusculano per quanto sia pos-
sibile completa, servendosi sia di al-
tre sue scoperte» sia di quelle accu-
mulate in questo tempo dai lavori al-
trui > (p. 23). Esclude dai suo lavoro
la città di Tuscolo, perchè non es-
sendosi ftitto, dopo il lavoro del Ca-
nina, nessun nuovo scavo, egli si do-
vrebbe limitare a ripetere quanto
disse il celebre archeologo.
Dopo una interessante introdu-
zione sulla vita dei caimpi e t Ho-
mani, e sulle ville antiche in gene-
rale, TA. volendo trattare delle tu-
sculane, dà per Tidentiflcazione degli
antichi possessi i criteri più esatti
sia d'indole monumentale che lette-
raria (e. MI). Nel e. Ili dopo deter-
minati i confini del territorio tuscu-
lano, prende a trattare delie ville «he
fiancheggiavano la via Latina, e le
sue diramazioni: nel IV di quelle
della TtiSCtUana e diverticoli che se
ne diramano. Nel e. V ricerea le an*
r>96
BIBLIOGRAFIA
tiche yiUe della zona a nord-est di
Frascati, e nel seguente quella della
zona sud-ovest. Neil* ultimo CVII, dà
un diligente catalogo di altri posses-
sori di ville tusculane di cui non può
determinarsi Tubicazione.
Un'idea di quanto lungo e grave
lavoro debba esser costato questo li-
bro al Grossi-Gondi si può avnre an-
che col dare semplicemente una scorsa
alle note continue che accomp:.gnano
il testo, dove apparisce una compi-
tezza eccezionale nello studio delle
fonti e della letteratura relativa al
suo soggetto. L'esattezza che vi scor-
giamo può servire di esempio a chiun-
que voglia accingersi a lavori di que-
sto genere. Cosi fosse toccato o potes-
se toccare ad altre regioni classiche
la sorte di un simile illustratore.
Ma il pregio principale dell'opera
ci è sembrato il valore critico, col
quale VA, sa abilmente escludere le
opinioni poco fondate, facendo toc-
care con mano la debolezza degli ar-
gomenti, mentre poi ha in pronto le
ragioni più persuasive quando si trat-
ta di proporre le opinioni, risultato
delle sue speciali ricerche. Cosi, come
era riuscito a riconoscere, nella villa
di Mondragone, la villa dei Quintilii
(cfr. p. 142), è giunto a stabilire che
il luogo che meglio risponde alla
villa di Cicerone, secondo tutti gì' in-
dizi fornitici da Cicerone stesso, è il
Ck)Ue delle Ginestre a oriente di
Grottaferrata, dove appunto l'Albert
scoperse gli avanzi di un'antica villa
(p. 97); e che la villa di LucuUo
corrisponde alla villa Torlonia e li-
mitrofe (pp. 113 segg.), ecc. Notevole
è specialmente il suo studio originale
intorno alla antica villa romana, sa
cui ora sorge la città di Frascati, dal
quale risulta che essa fu poss-esso di
C. Passiono Crispo, passato in ^re-
dità a sua moglie Agrippina e al fi-
gliastro Nerone (p. 129).
Agli altri pregi mette corona la
bella ed esatta carta topografica, in-
sieme alla quale il libro del Grossi-
Gondi sarà una guida scientifica in-
dispensabile a chi voglia con frutto
visitare i colli tusculani.
0. MARUCCHI. — Manuale di archeologia cristiana. Roma, Desclée
1908, 8», VIII.404 p.
Il prof. Marucchi era naturalmente
indicato tra tutti i nostri cultori del-
l'archeologia a compendiare in un
volume, di scienza sicura e di facile
studio, quanto importa sapere ai gio-
vani studenti di teologia in genere
di antichità cristiane; massime do-
poché i recenti provvedimenti ponti-
ficii hanno opportunamente aggiunta
questa disciplina alle altre del corso
teologico. Il presente volume è stato
accolto e ricercato con viva aspetta-
zione e rapidissimo smercio; tanto
che insieme con questa prima edizione
possiamo ornai annunziare pure la se-
conda, la quale uscirà tra breve, emen*
data di alcune inesattezze del tutto
secondarie dovute alla celerità onde
fu allestita la stanipa. U Marucchi ha
dato qui come un ristretto dei tre
volumi componenti i suoi Elémenis
d' archeologie chrétienne, premetten-
do una breve descrizione delle fonti
dell'archeologia cristiana, indi un com-
pendio della storia delle persecuzioni,
per passare tosto alle catacombe, al-
l'epigrafia, ali 'arte primitiva e alle ba-
siliche cristiane antiche. Una felice
novità introdotta in questo manuale
è il quadro sinottico di tutti gli an-
tichi testi relativi alla topografia ci-
miteriale, disposti secondo le vie
cui si riferiscono, e secondo che
erano indicati negli itinerari dal se-
ARCHEOLOGIA- FILOSOFIA
597
colo VII in poi. I grossi volumi della
Roma sotterranea, ove il De Rossi
pubblicò la prima volta cotali quadri
sinottici, non sono alla mano di tutti ;
studenti e professori saranno perciò
lieti di ritrovarli qui riprodotti dalla
esporta diligenza dell* egregio com-
mendatore Marucchi.
ED. HUGON 0. P. S. Theol. prof. — Philosophianaturalis. Secunda
pars. Biologia et psychologia. Parisiis, Lethielleux, 1907, 8*», 342 p.
Chiarezza e brevità congiunte con
sicurezza di dottrina sono i prègi di
quest'opera del P. Hugon, tanto Jm-
nemerito della filosofia e deir ascetica. '
Seguace deirAquinate, ne espone e
difende quasi tutte le sentenze, come
anche quella intorno aUMneguaglianza
sostanziale individuale delFanime u-
mane. Quanto alla questione del quan-
do l'anima ragionevole s'infonda nel
corpo, il dotto autore rimane dubbio,
fra le tre opinioni, la peripatetica
delle tre anime succedentisi, quella
attribuita ad Alberto Magno, già ac-
cennata però da S. Agostino {De Trin,
\. XIV, e. U; De Oen, ad lift, lYll-
e. 7.), dell'unica anima razionale, e
la nuova esposta dal Brin, Farges e
Barbedette della successione di due
anime, dalla razionale cioè alla unica
vegetativa sensitiva. Con la proposta
della verità va congiunta la sua di-
fesa nelle obbiezioni e nel rifiuto
de* vari sistemi opposti, particolar-
mente del rosminiano.
La stima e la competenza scien-
tifica del chiaro professore bastano
per ogni raccomandazione dell'opera,
veramente egregia e pregevole nella
sua densa parsimonia.
S. THOMAS aq. doct. ang. opusculum « de ente et essentia » com-
mentariis Gaietani illustratiina. Accedi t eiusdem Gaietani tractatus
«de DODfiinum analogia». Editio accurate recognita et ab innu-
meris mendis vìndicata a P. Mighaele de Maria S. I. Romae,
Università gregoriana, 1907, 8\ 282 p. L. 3.
Un opuscolo tra i più insigni del intimamente nell'analisi e nella co-
dottor Angelico, un commento tra i
più sottili del suo sottilissimo com-
mentatore, una trattazione del Gafe-
tano stesso intorno ad un argomento
capitale nella perenne filosofia, e su
tutto ciò un'edizione accuratamente
riveduta e da mende innumerevoli
ripurgata da chi e nello studio e nel
magistero di questa stessa filosofia
consumò la vita, con parecchi de-
cennii d'insegnamento, non ha dav-
vero bisogno di raccomandazioni :
basta l'annunzio. Solo vogliamo av-
vertire — per chi fosse tentato di
credere troppo oziosa la questione —
come essa non vale solo ad acuire
gl'ingegni e a disciplinare le menti,
ma a farle sovra tutto penetrare più
gnizione di quei concetti più primi-
tivi e più semplici — di ente, di es-
senza, di analogia, e simili — i quali
si stendono universalmente e s'inter-
nano in ogni altro concetto, si che
travisati, fraintesi o confusi possono
trascinare e trascinano sovente ai più
gravi errori.
E in particolare dalla ignoranza
0 perverso intendimento dell'analogia
e della cognizione analogica, noi siamo
persuasi che siano derivate molte aber-
razioni dei filosofi moderni e moder-
nisti, segnatamente nella cognizione
delle verità metafisiche in genere e
delle cose divine in ispecie, come si
può vedere nelle loro teorie di relati-
vismo, di prammatismo, di agnostl*
598
BIBLIOGRAFIA
cismo, di immanentismo e eimlli ; per
es., quando suppongono clie ogni co-
gnizione e denominazione analogica
sia falsa o vogliono trasferito alla
cosa conosciuta, qual è in se stessa,
il modo ond*è conosciuta, e viceversa.
A pieno diritto pertanto afferma
il eh. P. De Maria che non avrà egli
a pentirsi della fatica presa, quando
gli riesca « in tanta fatsarum opi-
nionum colluvione et in tantis peri>
culosis dottrina rum no vitati bus, quae
innoxiae iuventutis mentes hac no-
stra aetate male pervadunt et tran
sversas agunt, erga purissimam S,
Thomae Aquinatis sapientiam amo-
rem studiumque commovere et in
flammare » (p. TV).
Prof. G. BALLERINI. — Il principio di causalità e l'esistenza di
Dio di fronte alla scienza moderna, ^'^ ediz. corretta ed ampliata
Firenze, libr. ed. fiorentina 1908, 16% XlI-328 p. L. 2.
Se fino dalia prima edizione ab-
biamo trovato in quest'opera del eh.
mons. Ballerini « profondità di razio^
cinio, rigore di logica, lucidezza di
esposizione » (cf. quad. 13G9), meglio
ancora la troviamo nella seconda edi-
zione, cosi l)ene ampliata e opportuna-
mente migliorata. £ tanto più possia-
mo ora sicuramente proclamarne la di-
mostrazione « splendida e trionfale »,
dopo che la recente enciclica è venu-
ta quasi ad aggiungerle il suggello
della più autorevole approvazione. Né
Tautore trionfa solo quando strin-
ge gli increduli aperti, atei e pan-
teisti, i quali a nome della scien-
za negano Iddio e rigettano le pro-
ve tutte della sua esistenza, ma
anche quando incalza quelli fra i cosi
delti « modernisti » — siano deisti o
protestanti o cattolici — i quali, se
non negano V esistenza divina,
dichiarano di non poterla ammettere
che per l'impero di volontà, per 1* istin-
to, per il sentimento, per il «bisogno»
e via dicendo. Su questo punto singo-
larmente notabili e opportune sono le
aggiunte fatte in questa edizione ; od-
d'essa appare quasi opera nuovsi.
Noi ci congratuliamo vivamente
con l'illustre filosofo, che è sorto con
tanta scienza e vigoria a difendere
la più nobile delle cause; lanciando
agii increduti scienziati — e anche
ai deboli credenti — T inesorabile
dilemma, che è il fondo del suo libro :
o voi negate il principio di causa-
lità, e la vostra scienza empirica va
in fascio ; o l'ammettete, e resistenza
di Dio è dimostrata — e dimostrata
proprio triontalmente di fronte alia
scienza moderna.
Sac. prof. C. BOLTRI. — Il neocriticismo di fronte ai cinque argo-
menti coi quali S. Tommaso prova resistenza di Dio. Casale
Monferrato, Tarditi, 1907, S^, 84 p. L. 1.
Dedicato a S. Ecc. Rma Mons. 6a-
votti, vescovo dì Casale, il cui nome
ricorda le più nobili tradizioni dome-
stiche di fede e di ortodossia, questo
pregevole opuscolo è volto a eomi)at-
tere Terrore più pernicioso dell'età
nostra, il peggiore nemico della fede
non meno che della ragione: il neo-
criticismo, in quanto è applicato ai
cinque argomenti tomistici della esi-
stenza di Dio. Esso ci dà nella so-
stanza, più ordinata e più svolta,
una conferenza che l'egregio profes-
sore Boi tri ebbe a tenere innanzi al
suo vescovo ed al clero; e sebbene
di argomento assai noto — che altri
citati dall'autore, e in ispecie il eh.
mons. Ballerini, hanno trattato as-
sai più ampiamente - l'opuscolo non
resta di essere, ora più che mai, com-
FILOSOFIA
599
mendevole ed opportuno. Anche più
attraente lo rende la vivacità della
parola detta, com' è V indole della
dissertazione, e Fattuali tà della po-
lemica. A proposito di certe riviste,
su cui molti giovani, anche chierici,
credevano doversi formare tutta la
loro scienza, abbandonando i grandi
maestri della Scuola, tutti gli stu-
diosi seni ripeterebbero forse con
l'autore : « Quante volte costretti per
ufBcio a leggerne molte, ci portammo
dolorosamente col pensiero a quel cane
infelice, che per guadagnare li tozzo di
pane gettato al fondo del secchio, do-
vette prima berne l'acqua con pericolo
di schiattare! » Auguriamo all'autore
che possa vedere sempre meglio av-
verato il santo desiderio, ond*eglì
« vorrebbe escluso almeno dalla in-
genua simpatia dogli alunni del San-
tuario * quel filosofo e quella filo
sofia « che l'odierna corrente agno-
stica vorrebbe riportare in tutte le
scuole » , anche cattoliche, anche ec-
clesiastiche; anzi già vi era riuscita
in qualche parte, come deplora la fa-
cente enciclica Pascendi.
DUFRÉCHOU, profeseeur à l'Institut cath. de Toulouse. — Lea
Idées morales de Sophocle. Paris. Bloud, 1907, 8°, 90 p.
DEGERT, docteur ès lettres. — Les Idées morales de Cicéroa,
Ivi, 80 p.
Raccogliere in compendio l'etica
sofoclea e ciceroniana fu 1* intento
de' due chiari scrittori, che in questi
due opuscoli la vengono partì tamen te
esponendo con abbondanza di cita-
zioni, raffronti, osservazioni, quali
si convenivano a un sommario. In
Sofocle comincia a splendere la luce
deirinvestìgazione filosofica e uma-
na, poco contemplata da Eschilo, il
tragico della divinità e del destino.
Dair.^ipo re aW Antigone il destino
e il fato va eclissandosi per dar
luogo alla volontà e alla ragione u-
mana : è lo spirito di Socrate che si
avvicina. Sofocle già proclama la leg-
ge eterna superiore alla positiva nel
famoso passo éeìV Antigone, 450-468,
foggia il modello dell'uomo onesto e
della grandezza umana specialmente
ne' suoi cori, designa le norme della
giustizia, dell'ordine, della coscienza,
e fa della ragione e della volontà le
due forze reggitrici dell'anima uma-
na, e del vivere morale e civile. Se
trasmoda per eccesso di raziocinio e
di egoismo si pensi che alla morale
pagana mancava il soffio della cri-
stiana rivelazione, purificatrice dei
bassi argomenti che alla ragione fa-
cevano in terra batter l'aU,
Simile osservazione va pur fatta
per le idee morali di Cicerone, seb-
bene scrutatore più profondo del vi-
vere umano e civile, aiutato conae
fu da n'esser venuto quando la Gre-
cia già aveva su Roma sparso i raggi
della sua più matura sapienza.
Dal grande oratore si può quindi
raccogliere un quasi completo trat-
tato di etica, forse troppo egoistica
dal lato del fine della vita terrena,
e dal lato civile troppo ligia allo
stato, ma sempre però sostenuta dai
riflessi di una verità alta e solenne
come la prudenza romana, quantun-
que a volte male applicata.
L* eccletismo ciceroniano non è
cieco, e fu da alcuni troppo esage-
rato, perchè non parve pregno della
novità, che sempre accompagna la
nascita d'un sistema filosofico nella
Grecia. Nel fatto Tullio è più filosofo
di molti greci e de' suoi maestri, fi-
losofo specialmente morale, con una
cert'aria romanamente socratica e
600
BIBLIOGRAFIA
tutta diretta al vivere civile. In que-
sta nativa dote di saper scegliere e
vedere ne* sistemi etici della Grecia
quella parte di vero che si confà
con la ragione e con la natura uni-
versale deiruomo sta il merito di Ci-
cerone e la lode che toccò da' Padri
della Chiesa, particolarmente da Mi-
nuzio Felice, da Lattanzio, e da S. Am-
brogio.
PROBLEMI DI FILOSOFIA DELLA NATURA. — Pensieri di un
metaflsico. Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1907, 8°, 135 p.
L'autore, che non ha creduto do-
verci svelare il suo nome, si nasconde
sotto quello di Metafisico, e « se ar-
disco parlare, dice, il fo come filo-
sofo (filosofo nel senso più largo di
questo termine) verso filosofi. Se avrò
taccia di profano e di presuntuoso, non
trovo altra scusa se non che in certe
cose tutti siamo degl'intrusi » (p. 6).
E il bravo anonimo non ha torto,
mentre vediamo che la scienza posi-
tiva si atteggia a dominatrice asso-
luta nel campo della teoria dell'evo-
luzione, la quale invece « almeno per
quattro qtiinti è pura speculaeione
filosofica » (p. 5). Ha dunque il di-
ritto, e pieno diritto, d'interloquire
anche il filosofo, il quale, si capisce,
abbia una sufGciente cognizione dei
fatti, e sia in grado di conoscere lo
stato della questione; e tali requi-
siti appunto si trovano nelFA. fornito
di fine criterio filosoflco, e bene in-
formato dei fatti tanto decantati dalla
teoria de ir evoluzione.
Uno dei pregi di questo non vo-
luminoso lavoro è una quantità di
giustissime e nuove osservazioni, mes-
se giù con singolare spontaneità; os-
servazioni spesso semplicissime, ma
con ciò non meno vere ed efficaci.
Egli qua e là nel suo libro mostra
di accorgersene, ed è grazioso sen-
tirlo su ciò ragionare col miglior umore
del mondo: «Ma queste e simili con-
siderazioni hanno un gravissimo torto:
sono semplici, troppo semplici, tanto
che le potrebbe fare un contadino.
Ora le teorie tanto più fanno im-
pressione e sono ammirate, quanto
sono più complicate, astruse e so-
prattutto da capo a fondo ipotetiche
e immaginarie; quanto più hanno
del romanzo, insomma» (p. 61).
L'A. dimostra assai bene la sua
affermazione che il concetto d'evola-
zione sia per quattro quinti purct
speculazione filoso fi^ca; quanto sia
priva di fondamento l'importanza che
gli evoluzionisti annettono alla lotta
per la vita, e come logicamente da
essa l'evoluzione non potrebbe trarre
verun profitto.
Si deve confessare che Taver dato
al libro l'aspetto di una lunga dis-
sertazione, interrotta solo da aste-
rischi e da XII numeri, senza alcun
titolo, non ne agevoli certo la lettura.
Non avremmo adoperato, come talvolta
fa l'A. il nome di intelligenza par-
lando dei bruti, (per es. a p. 67) ; seb-
bene si capisca il senso in cui lo usa
l'A. ; e non possiamo concedere che
« un essere, solo perchè vive, è per-
fetto, altrimenti non vivrebbe» (p.9t),
benché l'A. non voglia dare a queste
parole il senso che viene suggerito
a prima vista.
B. CALISSANO. — L*educazione morale indipendente in rapporto
con l'educazione religiosa. Torino, tip. editrice, 1907, 8«, 130 p.
Un problema certo «grandemente e diverse controversie» — massima-
discusso ai giorni nostri e che sol- mente dopo i noti disegni anticri-
leva continuamente opinioni diverse stlarii della setta spadnneggìante an-
FILOSOFIA - SOCIOLOGIA
601
che in Italia — è quello preso a trat-
tare neir opuscolo che annunziamo,
da una chiara e valorosa scrittrice,
Beatrice Galissano. Ed ella sa ben
unire in questa difiQcile trattazione
agli alti e vigorosi concetti di una
bella mente la franca e persuasiva
eloquenza di un nobile cuore, di un
cuore di donna e di pensatrice cri-
stiana, sebbene si ristringa al lato
puramente pedagogico e, diremmo
così, umano deirargomento.
« Profondamente convinta — ella
dice nella prefazione (p. 10) — che
un'educazione morale non disgiunta
dalla religione darebbe migliori e più
retti cittadini che una educazione fon-
data su una morale indipendente, ho
procurato di riassumere brevemente i
frutti di uno studio, mi permetto di
dire, coscienzioso, diligente, paziente
fatto in proposito, ponderando le varie
opinioni e ragioni degli avversari e
traendone le necessarie e logiche con-
seguenze: avvalorando in seguito la
teoria da me sostenuta con un esa-
me critico deir opera sulF « Educa-
zione intellettuale, morale e fisica »
di Herbert Spencer, come il massi-
mo rappresentante della scuola positi-
vista » . Che se ella non osa prometter-
si « di aver tanta forza di pensiero e
di parola per convincere gli avver-
sari! », ciò torna a lode della sua mo-
destia ; e anche se si effettuasse, riu-
scirebbe solo una conferma deirosti-
nazione cieca dei nemici deireduca-
zione morale e religiosa, secondo 11
detto della Scrittura che gii stolti o
traviati di/ffciltnente si correggono
(Eccle. I, 15).
Del resto vede ognuno quanta sia
rimportanza e l'attualità dell'argo-
mento e del fine propostosi dalla eh.
scrittrice; di che tutte le anime one-
ste, particolarmente i padri e le ma-
dri di famiglia, le dovranno gratitu-
dine sincera, come già gliela debbono
per quel tanto che ella va facendo
a prò deireducazione morale e reli-
giosa della gioventù, con quella schiera
dì donne cristiane che a Torino,
come altrove, si sono dedicate a
questo nobile apostolato.
A. LUGAN. — L*enseignement social de Jesus. Paris, Bloud, 1908,
16% XXVI-272 p., 3 fr.
Scopo altissimo ed eminentemente
moderno di questo libro si è di mo-
strare con lo studio del S. Vangelo
come nella vita, nella parola e in
tutta l'opera divina di Gesù Cristo
si contengono i germi e i fondamenti
di quel cristianesimo sociale, che
solo Va ppresenta la scuola più prati-
camente giusta, sicura ed efficace per
la vera riforma della presente so-
cietà. L' ideale dell' individuo come
membro sociale, la rigenerazione della
famiglia come organo sociale, la per-
fetta costituzione della società coi
principii e coi vincoli della fraternità,
dell'uguaglianza e della libertà cri-
stiana, vengono dal eh. Autore feli-
cemente illustrati con quel lume so-
vrumano e con quella meravigliosa
efficacia che sì deriva dalla medita-
zione del più santo dei libri. Il lavoro
è condotto con maestria, originalità
ed erudizione, e tiene pure conto,
con sobrietà, delle esigenze apologe-
tiche e polemiche moderne. Su qualche
giudizio particolare in fatto di asce-
tica potremmo forse non accordarci
interamente coir Autore. Ciò però non
toglie che la lettura del suo libro ci
sia tornata assai gradita e che, a
nostro giudizio, esso sia per riuscire
utilissimo specialmente ai predicatori
e conferenzieri, polendosi affermare
che riempie una lacuna nella lette-
ratura sacra e sociale ed è un lavoro
non meno originale che sostanzioso.
602
BIBLIOGRAFIA
Cav. A. VELARDITA. —
Bini, 1905-07, S\ 260 p.
Quest*opera è divisa in due parti,
critica e ricostruttiva. Sotto il tri-
plice appetto, polìtico, economico e
religioso, nella prima si confutano i
sistemi falsi intorno ai concetti di
governo, lavoro, proprietà e morale,
specialmente il socialismo, l'evoluzio-
nismo spenceriano e il determinismo
della nuova antropologia criminale;
nella seconda si svolgono ed illu-
strano i concetti positivi della pro-
prietà, della famiglia e dello Stato,
secondo le dottrine etiche che de-
Principii di sociologia, Napoli. Pao-
L. 8.
vono informarlo. Uno studio prelimi-
nare chiarisce il concetto filosofico de-
la natura umana, conforme ai prin-
cipii della sana psicologia tradi-
zionale.
Con molta erudizione e abbondanza
di argomenti l'Autore difende le teorie
sociologiche cristiane contro i vani
avrersarii che le combattono e di-
mostra che senza fede non vi ha
vera moralità e perciò stesso la so-
cietà non può raggiungere sicura-
mente il suo fine.
Can. prof. R. PUCCINI. — Compendio di economia sociale, Siena,
S. Bernardino, 1907, 16°, XII-116 p. L. 0.80.
Questa nuova pubblicazione del
eh. prof. Puccini ha pieno diritto al
suo titolo di comimndio, giacché non
sì poteva meglio e più succosamente
condensare in un piccolo volumetto
la vasta materia di un trattato. Si
aggiunge maggior pregio al mede-
simo dalla difficoltà dell'argomento,
che abbraccia tanti problemi non
ancora chiaramente determinati e
sciolti dagli studiosi di economia
sociale, e che l'Autore ha saputo
felicemente ridurre alle formolo più
concise e più sicure. Un perciò stesso
l'uso del libro si £a duro e difficile
agl'incipienti, se non venga ag^evo-
lato dalle spiegazioni del maestro.
Con questo aiuto invece esso riesce
utilissimo e prepara felicemente gli
scolari a studii più ampli.
ACTION POPULAIRE, — Guide social. 1908, 5« année. Reitns. rue
de Venise 48, 16% VlII-296 p.
Col più vivo interesse abbiamo ordine si perspicuo, proporzionato e
dato una prima scorsa a questo pre-
zioso volume e siamo ben lieti di
congratularci con quel gruppo di va-
lorosi che dirigono i lavori del-
V Action Populaire, perchè il Guide
sociale riuscito, nel suo quinto anno
di vita, un manuale veramente per-
fetto e utilissimo non solo ai catto-
lici francesi, ma anche a quelli degli
altri paesi, che vorranno giovarsene.
In esso si trova condensata tanta
abbondanza di matèria sociale, teo-
retica e pratica, distribuita con un
simmetrico delle singole parti , e
tanta ricchezza di articoli, rilievi,
informazioni e consigli pratici in-
torno al movimento sociale, che
chiunque lo legga ne ritrae in breve
tempo un corredo di cognizioni, da
non potersi altrimenti acquistare che
con lunghi studii ed indagini. Le
indicazioni bibliografiche meritano
poi di essere particolarmente lodate
per la loro copiosità ed esattezza.
Auguriamo pertanto a questo eecel-
lente annuario la massima diffusione.
G. TORNARI. — Del pensiero politico e delle dottrine economiche
di Giovanni Boterò. ToWno. Grafica ed. 1907, 16% 138 p. L. 2,50.
SOCIOLOGIA
603
L'abate piemontese GioTanni Bo-
terò, già segretario di S. Carlo Bor-
romeo, educatore del futuro cardinale
Federico Borromeo e dei figli di Carlo
Emanuele 1, defunto a Torino nel
1617 lasciando erede dei suoi beni
quel collegio della Compagnia di Ge-
sù a cui aveva appartenuto in gio-
ventù, fu insigne politico ed econo-
mista, primo avversario delle dottrine
immorali del Machiavelli e vero fon-
datore delle scienze politiche. In que-
sta monografia il eh. autore ne esa-
mina oggettivamente le dottrine, colla
scorta sicura delle sue opere e dei
sussidii letterari] più accreditati, per
dedurne nella conclusione « la so-
stanziale e profonda modernità dei
principii su cui si basa la dottrina
di G. Boterò » e soprattutto per di-
mostrare come « su questi stessi prin-
cipii, possa concepirsi una società
A. ROGUENANT. lauréat de Tlastitut.
nontie sociale), Paris. Lecoflfre, 1907,
perfettamente ed equamente organiz-
zata nella sua struttura economica
e politica » . Di tale conclusione, lo-
gicamente dedotta da tutta U trat-
tazione, noi ci rallegriamo col eh.
autore come cattolici e come italiani,
essendo il Boterò una gloria della
Chiesa e della patria nostra. In quan-
to air ultimo capitolo del libro, dove
si discorre dell'affinità che ha la con-
cezione economica del Boterò sull'au-
mento della popolazione colla teoria
malthusiana, dobbiamo notare che,
con ammettere l'inferiorità della pò -
temialitd nutritiva di fronte alla
potemiàlita rigenerativa degli uo-
mini, il Boterò è ben lontano dal-
Toffrire il minimo argomento alle
dottrine mostruose del moderno mal-
thusianismo degenerato ; la qual cosa
del resto si arguisce facilmente dalla
stessa esposizione del eh. autore.
— Patrons et ouvriers {Eco-
16% XXI 1-182 p. Fr. 2.
11 eh. Autore, già operaio auten-
tico, sollevatosi per solo merito di
studio e valore dì capacità singolare,
alla condizione di laureato e scrit-
tore, ci offre in queste pagine un
eccellente manuale di morale pratica
intorno ai diritti e ai doveri dei pa-
droni e degli operai. Ija trattaaione
non è condotta con metodo scolastico,
ma procede sempre per la via più fa-
cile, più attraente e più efiicace di
considerazioni, sentenze, aneddoti e
conclusioni, tratte dairesperienza quo-
tidiana del lavoro, dalla vita pratica
della famìglia e della officina. Tutta
l'opera si può dire la predica del buon
senso e del buon cuore, fatta da un
amico sincero ai padroni e agli ope-
rai, per persuaderli che la pace e la
felicità degli uni e degli altri con-
siste nel loro mutu^ accordo, fondato
sulla osservanza della legge evange*
lica della carità fraterna. Perciò U
lavoro ebbe il premio intero, sopra
altri dieci, nel concorso bandito dal-
TAccademia delle scienze morali e
politiche.
L'indole del libro è tale che si
può applicare In ogni sua parte anche
alle condizioni della nostra Italia;
laonde una traduzione tornerebbe
assai vantaggiosa alla soluzione pra-
tica della questione sociale anche
tra noi.
Une foadation nécessaire. Les
160 p.
V. BETTENCOURT-RUTTEN 0. P.
secrétariats d'oeuvres sociaJes. Paris, Lecoffre, 1907, 16®
Fr. 1.
Con ottimo consiglio, i cattolici si danno, con sempre maggiore in-
irancesi, vinti sul terreno politico, tensità ed estensione, al lavoro so-
604
BIBLIOGRAFIA -SOCIOLOGIA
ciale. Ne abbiamo un nuovo esempio
in quest'opuscolo, diviso in due parti.
Nella prima il Bettencourt, presidente
della gioventù cattolica di Parigi,
propone la fondazione e diffusione
dei secretariati sociali, come u£Qci
d'istruzione, centri d'informazioni e
posti di soccorso. Nella seconda il
domenicano belga Rutten, segretario
generale delle unioni professionali di
Gand, ritrae Fattività spiegata dalla
lega antisocialista e dal segretariato
generale di quella città, le lotte e le
splendide vittorie ottenute per l'or-
ganizzazione cattolica dei lavoratori
contro il socialismo. Per l'istruzione
pratica e per la propaganda sociale
l'opuscolo torna utilissimo.
KATHOLISCHE KOLPORTAGE, nebst einem Verzeichnies geeigneter
Schriften. Zweite vollstandig umgearbeitete Auflage. {Soziale Ta-
ges'Fragen -29 Heft) M. Gladbach, 1907, 8«, 80 p.
Il coìportage, cioè lo spaccio della
merce per mezzo dei venditori ambu-
lanti, è oggidì il mezzo più potente
di diffusione della stampa immorale.
Nella sola Germania esistono 43.000
colporleurs o venditori ambulanti,
che offrono a 20 milioni di lettori il
veleno micidiale dell'anima. Lo stesso
si può dire in proporzione degli altri
paesi civili, compresa la nostra Ita-
lia, ^nchè i cattolici pertanto non
apporranno a codesto vero diluvio di
empietà e d'immoralità una diga ca-
pace di arrestarlo, esso continuerà
la sua opera di distruzione. Ora tale
diga non può essere che una buona
organizzazione del coìportage della
stampa onesta. Nel presente opu-
scolo viene appunto svolto e illu-
strato un argomento sì vitale per
la propaganda del bene contro quella
del male. I principi!, i mezzi, gli
esempii, gli statuti, gli oggetti e le
industrie, che riguardano la vendita
e la distribuzione della buona stampa
mediante il coìportage; tutto è quivi
trattato con quella intelligenza teo-
retica, abilità e senno tecnico, chia-
rezza ed efficacia d'indicazioni pra-
tiche, che contraddistinguono tutte
le pubblicazioni del Volkaverein ger-
manico. In questa 2» edizione, note-
volmente migliorata, di un manuale
sì prezioso si offre certamente ai
cattolici degli altri paesi un esempio
assai istruttivo di attività, richiesta
imperiosamente dalle condizioni dei
tempi moderni. In Italia poi chi non
sa che in fatto di coìportage c'è an-
cora quasi tutto da fare?
P. AG. RUELLI, agost. — Confutazione storico-dottrinale d'un opu-
scolo socialista. Viterbo, Monarchi, 1906-1907, iQ\ 196 p.
Questo lavoro polemico espone,
smaschera e sbaraglia trionfalmente
in 40 capitoli tutti gli strafalcioni
storici e dottrinali, di cui è infar-
cito un opuscolo o libello socialista,
pubblicato a Viterbo contro il de-
gnissimo arcivescovo mons. Grasselli.
Il eh. Autore esamina minutamente
ad una ad una tutte le castronerie
spacciate dal suo avversario, spe-
cialmente contro i gesuiti e in fa-
vore del socialismo, e vi oppone tale
un cumulo di ragioni storiche e dot-
trinali, rinforzate dalle citazioni più
autorevoli e sicure, che Fautore del-
Topuscolo deve amaramente pentirsi
di avere, come suolsi dire, stuzzicato
il can che dorme.
L'andamento polemico e vivace
della trattazione rende la lettura di
questa operetta non meno amena
che sanamente istruttiva.
CRONACA CONTEMPORANEA
Homo, 7 - 28 febbraio 1908,
I.
COSE ROMANE
1. Grandi festeggiamenti pel XV centenario di S. Giovanni Grisodlorao.
Ricevimento degJi Orientali in Vaticano e discorso di Sua Santilà Pio X.
Solenne accademia di chiusura al Palazzo della Cancelleria. Discorso
del Patriarca Cirillo Vili. — 2. Onoranze rese al Ven. Don Bosco. —
3. Contro la stampa modernistica. — 4. Decreto per la festa delle ap-
parizioni di N. S. a Lourdes.
1. Con pompa e solennità degne di Roma si celebrarono nello scorso
mese le feste del quindicesimo centenario dì S. Giovanni Crisostomo.
Già fin dal novembre si era onorato il gran dottore nella chiesa
greca di S. Atanasio al Babuino con un pontificale nel rito che fu
del santo, ed il 27 gennaio nella basilica Vaticana, alTaltare sotto
cui è rinchiuso in artistica urna il suo corpo, aveva con straordinaria
liturgia celebrata una messa solenne il cardinale Rampolla, assistito
da diaconi e suddiaconi del duplice rito latino e greco, i quali can-
tarono repistola ed il vangelo nelle due lingue, presenti patriarchi»
arcivescovi e vescovi orientali nei loro suntuosi paludamenti e nu-
meroso popolo. Le feste recenti durate più giorni s'inaugurarono con
una riunione di personaggi illustri e del comitato per i festeggiamenti
nel collegio greco di S. Atanasio, e terminarono col grandioso pon-
tificale orientale alla presenza di Sua Santilà Pio X, col ricevimento
dei prelati orientali in Vaticano e con una splendida accademia nel
palazzo della Cancelleria. A questa riunione previa presieduta dairemo
card. Vincenzo Vannutelli, cui il Santo Padre aveva preposto al co-
mitato delle feste, presero parte il patriarca di Antiochia di rito greco-
melchita mgr. Cirillo Vili Geha, il patriarca Ignazio Efrem Rahmani,
una eletta schiera di vescovi, archimandriti, prelati e personaggi
forestieri e italiani. L*opera del Santo Patriarca di Costantinopoli,
di colui che Orientali e Occidentali erano per festeggiare con pompa
straordinaria, fa maestrevolmente tratteggiata dal p. Gaisser Rettore
del collegio greco, dopo avere con acconce parole espressa la comune
gratitudine verso gli intervenuti e principalmente gli orientali,
e pose fine al suo dire facendo voti per l'unione delle chiese e prò-
606 CRONACA CONTEMPORANEA
ponendo d'inviare al Santo Padre, come fu fatto per telegramma,
Tomaggio di fedeltà e di figliuolanza in nome della Chiesa che fu
del Crisostomo, e alla quale Pio X dava attestato si magnifico di af-
fetto paterno insuUMnizio del suo anno giubilare. Sua Santità si degnò
rispondervi il dì seguente per mezzo del card, segretario di Stato con
un altro telegramma lodando gli alti sensi degli adunati e benedicendo
l'opera loro. Poi il segretario del comitato p. Placido Meester,
diede comunicazione delle adesioni e delle rappresentanze venute
dalTestero, non che delle opere, feste letterarie, religiose, accade-
miche fatte in diverse partì del mondo cattolico.
Il Patriarca Cirillo Vili fece dare lettura d'un bellissimo discorso,
cui tennero dietro quelli dei rappresentanti dei varii riti orientali
di diverse regioni, Italo-Greci, Greco-Rumeni, Greco-Ruteni, Greco-
Bulgari, Greco-Russi ^
Nello stesso giorno sul!' imbrunire si die principio alle sacre fun-
zioni nella chiesa dì S. Atanasio al Babuino con vespri in rito greco,
e la mattina seguente con un grandioso pontificale nel medesimo rito :
lo celebrò il metropolita di Damasco, mgr. Ignazio Homsi, assistendo
dal trono il card. Vincenzo Vannutelli, alla presenza dì molti vescovi
orientali e di numerosi intervenuti specialmente della colonia greca e
russa, rappresentanti di ordini religiosi e di folto popolo. Il rito
sacro si svolse maestoso dall'ingresso nel tempio del cardinale in
cappa magna preceduto dal clero cogli archimandriti e vescovi
orientali ricevuti all' ingresso dai celebranti in paramenti sacri, fino
al termine del pontificale ammirato con straordinaria attenzione da
quanti erano avidi di vedere i riti caratteristici e lo splendore dei
paludamenti bizantini, mentre al pensiero ritornavano i secoli remoti
quando uniti greci e latini circondavano il medesimo altare e, se-
condo l'espressione del Crisostomo, con un sol cuore ed una sola bocca
lodavano insieme la Santissima Triade. Il di seguente fu celebrato il se-
condo pontificale dall'arcivescovo greco melchita di Beyruth mgr. Atana-
sio Saouaya nella chiesa di S. Maria in Domnica sul Celio, antico monu-
mento eretto ove fu una volta la casa della matrona romana Ciriaca, e
nel terzo giorno ebbe luogo un altro solenne pontificale in rito greco-
ruteno ai Santi Sergio e Bacco, presso il collegio dei monaci basiliani di
Galizia. Nel pomeriggio dei tre giorni le feste proseguirono nel tempio
di S. Atanasio coronate da discorsi del p. Janssens priore-rettore
del collegio dì S. Anselmo, del rev. Franco sacerdote di rito greco
e del p. Pellegrini abbate di Grottaferrata. Ma delle grandiose li-
turgie si ebbe in Vaticano l'epilogo il giorno 12 febbraio, allorché
con pompa non mai vista alla presenza del Sommo Pontefice, del
*■ II discorso del Patriarca verrà stampato con altri documenti in una
speciale relazione delle feste.
COSE ROMANE 607
sacro Collegio e di quanto vi ha di eletto nella capitale del mondo
cattolico il patriarca Cirillo Vili celebrò la messa solenne pontificale,
assistito dai prelati mgr. Andrea Szeptyckì arcivescovo greco-ruteno
di Leopoli, mgr. Ignazio Hompsi vescovo greco-melchita dì Damasco,
mgr. Atanasio Saouaya arcivescovo greco-melchitadiBeyruth, mgr. gre-
gorio Haggear vescovo greco-melchita di S. Giovanni d'Acri (Tole-
maide), mgr. Giuseppe Schirò vescovo greco dì Neocesarea, mgr. Laz-
zaro MI adenoff vescovo greco bulgaro di Satala, dagli archimandriti»
Gabriele Nabaa abate generale dell'ordine basiliano greco di S. Salva-
tore, p. Arsenio Pellegrino abate di Grottaferrata, p. Sergios Weriguine,
e da numerosi prelati e sacerdoti di rito orientale sìa residenti in Roma,
sia venuti di fuori come da Parigi, Marsiglia, Pau, Livorno, S. Cosmo
Albanese ecc. Della liturgia veramente grandiosa e del suo alto
significato si parla in apposito articolo : solamente è qui da no-
tare, come tutta la funzione sacra svoltasi con tanta esattezza, anzi
le feste tutte centenarie si ben riuscite, secondo la generale af-
fermazione, debbono molto al p. Ugo Atanasio Gaisser 0. S. B.
rettore del Collegio greco di Roma presidente dei comitato dei
festeggiamenti, o meglio anima ed ispiratore di ogni cosa. Egli
diresse il canto greco ; sulla natura di quel canto i nostri orecchi
potranno forse giudicare variamente, ma è però certo che esso rap-
presenta la tradizione più antica e più genuina della chiesa greca
in questa parte, e che si deve agli studii specialissimi dello stesso
p. Gaisser l'essere slato tale canto ricondotto alla sua più pura tra-
dizione, come anche a lui sì deve l'eccellente esecuzione ottenuta
in questa occasione, dirìgendo egli il coro composto degli alunni dei
Collegi greco ruteno germanico ed altri e dì alcuni benedettini del
Collegio di S. Anselmo.
Il giorno seguente il Santo Padre accordò un'udienza solenne a
tutti i prelati e personaggi illustri che ebbero tanta parte nelle feste
crisostomiane : al ricevimento intervennero il cardinale Vincenzo Van-
nutelli presidente onorario con tutto il comitato, il patriarca Cirillo VIII,
il patriarca dei Sin* Ignazio Efrem Rahmani, i metropoliti, arcivescovi,
vescovi, abati generali, archimandriti, procuratori, prelati, sacerdoti
greci e varie rappresentanze dì ordini ed istituti orientali, di religiosi e
di membri della colonia greca e russa. Sua Santità giunto con la scoila
delle guardie nobili nella sala del concistoro, dove stavano i conve-
nuti, sedette in mezzo a loro, e dopo aver ascoltato un bel di-
scorso rivoltogli dall'eAu card. Vannutelli, rispose coi suo, di somma
rilevanza, inteso a dimostrare V interesse costante della Santa Sede
per l'oriente, specie negli ultimi tempi sotto il potificato di Pie IX
e Leone XIII, e il desiderio di accogliere i separati fratelli al centro
dell'unità religiosa. Ecco per intero il discorso del Sommo Pontefice.
608 CRONACA CONTEMPORANEA
« Ringraziamo vivamente Lei, Signor Cardinale e con Lei gU'egregi del
Comitato pel molto che fecero onde render splendide le feste quindici volte
centenarie dell'insigne Padre e Dottor delia Chiesa S. Giovanni Grisostomo,
e con Voi ringraziamo il Venerando Patriarca e tutti gli altri Venerabili
fratelli e figli carissimi, che con tanto loro disagio vennero dal lontano
Oriente a rendere più solenne questa ricorrenza nella capitale del mondo
cattolico. Come colla massima compiacenza abbiamo assistito ieri al solenne
Pontificale, che ci trasportava ai tempi di S. Giovanni Grisostomo, nelle Ba-
siliche di Antiochia e di Costantinopoli, cosi oggi ci gode Tanimo di vedervi
qui riuniti per dare una prova novella del vostro attaccamento alla catto-
lica Chiesa e alla Sede Apostolica e di perfetta adesione alia dottrina di
Ge^ù Cristo di cui essa è depositaria. Volesse il Signore che come abbrac-
ciamo Voi nella carità di Gesù Cristo cosi potessimo fare con tutti gli altri
fratelli e figli che si mantengono lontani dal centro della cattolica unità I
Perchè a Noi è oltremodo soave la rimembranza stessa delle glorie e dei
meriti incomparabili che vanta l'Oriente. Ivi infatti è la culla delPumano
riscatto e le primizie del Cristianesimo, di là a guisa di fiume regale si diffuse
neirOccidente la dovizia dei beni inestimabili recatici dal Vangelo dì Gesù
Cristo. — Né si spegnerà giammai la rinomanza di quegli illustri Orientali,
che, inspirati e guidati dal genio del cattolicismo, poterono salire ad ogni
più pregiata grandezza, e mercè la santità, la dottrina, lo splendor delle
imprese, raccomandare ai posteri la glcria del loro nome. Le quali cose rian-
dando col pensiero ci sentiamo, come i nostri Predecessori, animati dalia
più viva brama di adoperarci con ogni potere, affinchè in tutto T Oriente
torni in fiore la virtù e la grandezza di una volta, e si distruggano quei
falsi concetti e quei pregiudizi! che diedero argomento alla fatale divisione.
« E infatti la Chiesa ben lungi dal dimostrarsi ingiusta e parziale verso
ì popoli orientali, non ha mai cessato di trattarli con materna predilezione.
Se si leggano il Martirologio e il Bollarlo Romano, gli atti dei Concili par-
ticolari o generali tenuti in Occidente, come a Clermont, a Lione, a Firenze,
a Trento, o piuttosto se si legga la storia di quindici secoli, sarà impossi-
bile tacciare per un solo atto il Papato di rigore o di indifferenza verso
l'Oriente.
« Il nostro calendario dà un posto d'onore a tutti i santi Pontefici e Dot-
tori dell'Oriente, la nostra liturgia è piena delle loro sapienti Omelìe; le
lettere e Costituzioni Pontificie mostrano una costante sollecitudine pei sacri
interessi delle loro Chiese, e intomo a molti punti considerevoli della di-
sciplina ecclesiastica, l'Occidente si contentò di difendere la propria tradi-
zione, e si mostrò pieno d' indulgenza per le pratiche differenti delle Chiese
Orientali. La Santa Chiesa, tratta da un pensiero di pacificazione non ha
forse sanzionato colla suprema sua autorità la preminenza che Costantino-
poli aveva usurpato sui Patriarcati Apostolici dell'Oriente? Non è finalmente
il Papato che ha chiamato a raccolta tutte le nazioni cristiane per togliere
il divino anatema, che pesa sulla città deicida, e per riscattare Gerusa-
lemme dal giogo degli infedeli? Che se tanti sforzi restarono senza un felice
successo, voi ne sapete gli umani motivi, o Venerabili Fratelli. Ma nessuna
meraviglia che non abbiano voluto associarsi ai Latini, per la liberazione
COSE ROMANE 609
dei luoghi santi, coloro che si rifiutarono di ascoltare le preghiere della
Chiesa per la loro stessa lit)ertà, e, figli ril>elii, preferirono alle tenerezze
della madre un giogo durissimo.
Ciò non pertanto il Papato non ha mai cessato di piangere sulla sorte
infelice di tanti figliuoli ; e, per non ricordare fatti lontani, bastano le Let-
tere Encicliche del 6 gennaio 1848 di Papa Pio IX — V invito amoroso con
cui lo stesso Pontefice, 1*8 settembre 1868. colla carità la più viva e più
delicata* col desiderio più ardente della pace e dell' unione, prega tutti i
Vescovi dissidenti a venire al Concilio Vaticano e li scongiura ad imitare
i loro predecessori, che risposero all'appello dei Papi Gregorio X e Euge-
nio IV per recarsi al secondo Concilio di Lione e a quello di Firenze. Ma
basterà per tutto la carità dimostrata dal Nostro immediato predecessore
Leone XIII, che, sempre preoccupato da questo pensiero, per gli Orientali non
ha risparmiato preghiere, esortazioni e sacrifici, e, in un momento solenne,
nonché distinguere con segni di vera predilezione un figlio, che ritornava
tra le braccia del padre, ron una singolare eccezione alle regole generali
della ecclesiastica disciplina, gli concedeva i titoli, le insegne e gli onori
della dignità vescovile malamente conferitagli da alcuni prelati disertori
dalla cattolica unità. Per il che, o Venerabili Fratelli, l'Oriente non ha al-
tri nemici che le sue divisioni, gli errori, e la passione che lo ha fatto giuoco
prima degli imperatori e poi dei suoi più accaniti nemici. E ciò che resta
della dignità dell'Oriente è quello soltanto, che ha avuto il coraggio di
mantenersi fedele a Roma. Siete voi. Venerabili Fratelli che vivendo nella
povertà e assoggettandovi a tutte le privazioni, tenete ancora in onore le
sacre tradizioni dei vostri Antenati. Siete voi che non risparmiate fatiche
per convertire i vostri fratelli, siete voi, che formate il nostro gaudio e la
nostra corona.
Ritornando pertanto ai vostri paesi dite a tutti, che la dignità e lo
splendore dell'Oriente non è in alcun luogo tanto caro come a Roma. Che
qui i diversi riti orientali sono trattati con onore, regolarmente celebrati In
molte Chiese, e si uniscono firequenti alle cerimonie papali. Dite, che una
Congregazione speciale è incaricata di vigilare sulla sua conservazione, come
alla sua ortodossia. Che la S. C. di Propaganda manda tutti gli anni a
tutte le parti dell* Oriente dei giovani preti indigeni, eh' essa ha nutriti ed
educati secondo le tradizioni cattoliche dei loro paesi, e ai quali impone la
legge di restar fedeli ai riti delle rispettive loro nazioni. Dite che Roma è
cosi attenta per togliere ogni pretesto alle divisioni, che resiste con fer-
mezza allo zelo ardente dei neofiti, che vorrebbero abbracciare la sua di-
sciplina.
Dite che V Oriente resterà sempre il paese dell'aurora e che le sue pla-
ghe ridenti non cesseranno di mandarci il lume della natura; ma, poiché
il Signore ha eletto Roma per essere il testamento della nuova alleanza, il
centro dell'unità, è qua che spande i suoi raggi il sole della verità e della
grazia come l'han proclamato di gran cuore gli stessi Orientali in tante
occasionL
Dite finalmente che il Papa guarda a loro con affetto straordinario, e
fa voti che per l'intercessione del santo glorioso, di cui celebriamo la festa
1908, voi. 1, fase. 1386. 39 29 febbraio 1908.
610 CRONACA CONTEMPORANEA
si rinnovi per le Chiese d* Oriente il fatto dei primi secoli della Chiesa,
quando dall'Oriente eram) chiamati gli Anacleti, gli Evaristi, i Telesfori, i
Zosimi, i Teodori ed altri fino al terzo Gregorio a governare la Chiesa di
Gesù Cristo.
A tal w>po neii* umiltà éel nostro cuore supplichiamo caldanMnte il Prin-
cipe dei Pastori, perchè si degni &r balenare ia di^ijia sua lue» alle -menti
dii tanti traviati e infondere knro qnei generoa» coraggio^ eiie li fMcia en-
trare nell'unico ovile di Crist» e riconoscere la sovrana antoriti dell'unico
sapremo pasàora di tutta la Chiesa.
Intanto a pegno della viva nostra gratitudine e della nostra particolue
affezione impartiamo a Voi, Venerabili Fratelli e diii^ti Figli, e a tatti 1 Car
tolieì d^rOfìeate l'Apostolica Benedizione.
Il discorso del Santo Pwire fu ascoltato con segni di viva com-
piacenza, ed il patriarca Cirillo in nome di tutti gli orientali presentì
protestò rattaccamento e la devozione alla Santa Sede Apostolica
di Roma e a Sua Santità Pio X cui rendeva sentite grazie per la
partecipazione alle solenni onoranze del Crìsoelomo: ammessi in
seguito uno dopo Taltro al bacio della mano, il Santo Padre ebbe per
tutti una parola benevola ed affettuosa. Mise termine «ile onoranze
solenni rese al gran dottore della Chiesa orientale un'accademia
poliglotta avutasi i>el palazzo apostolico della Cancelleria. L* aula
magna sembrò assai piccola pel concorso numererò degli in-
tervenuti : assistevano gif etbi cardinali Agliardi, Cretonì, Vives
y Tuto, Rinaldi ni, Gasparri, il conte de Thun gran maestro del
sovrano ordine militare di Malta, i Ministridi Baviera e Chili con le
signore, il primo segretario del T Ambasciata di Spagna, la veneranda
schiera dei Vescovi orientali con il Patriarca Cirillo a capo e
antpie rappresentanze della prelatura, nobiltà romana, colonia estera
e dei eollegi di Roma. Dopo un grave inno greco in eanto litur^oo
Teifio card. Vincenzo Van»uteili volse la parola ad illustrare il li-
gnificato di tanta celebrità festiva nell'Urbe, cui rispose in francese
il patriarca di Antiochia ringraziando l'erfio VannutelH come presi-
dente onorario, e nella sua persona il Santo Padre, delle splendide feste
organizzate in onore del grande Dottore della chiesa greca e universale
e per il bene deirunione. Indi seguirono poesie in lìngua siriaca, ar-
mena, greca» latina» italiana, framezzate da canti orientali e da un coro
di forbito stile del maestro rev. Giocondo Fino intitolato « Inno dei
Romani >, sulle parole di mgr: Agostino Bartolini, che venne vivace-
mente applaudito e col quale pure si chiuse raccademìa e il ciclo dei
grandiosi festeggiamenti e che parve lanciare l'ultimo sprazaso di laee
d'una giornata di gloria. In memoria del quindicesimo anniversario
rimarrà un volume di dotti studii che si sta pubblicando, di cai in
questi giorni ha visto la luce il primo fascicolo.
COSE ROMANE 611
Da ultimo vogliamo qui riferire testualmente le nobili parole del
discorso pronunciato dal patriarca Cirillo al banchetto solenne tenu-
tosi al collegio benedettino di Sant'Anselmo, in presenza deireifto
Card. Vincenzo Vannutelli, perchè perfettamente si conoscano i
seni i mentì coi quali dai figli della Chiesa d'Oriente vennero apprez-
zate le significazioni di onore date loro dalla Chiesa d'Occidente.
Tali parole prendono dalle circostanze di questi giorni la più alta
espressione.
Eminenee, Vénérctbìes p'ères, IMie Abbé, Messieur».
Le 12 Février a été un grand jour, dont rhistoire conserverà le souvenir
en lettres d*or. Ce fut vraiment une fète imposante, une solemnité grandiose,
dont l'écho s*est reperente dans tout Tunivers et a falt tressaiUlr d'une vive
allegrasse toute TEgUse orientale. Les chrétiens des antiques patriarcats de
rOrient ont adressé au elei de ferventes prières, pour la conservation du
Chef Suprème de TEglise universelle, le Pére commun des fldèles, Sa Sain-
teté Pie X notre bien-aimé Souverain Pontife glorieusement régnant.
Avec des sentiments d'une vive reconnaissance et d'un attachement
Invlolable, ils ont confesse son ineflable bonté et son admirable condescen-
dance, pour Thonneur insigne, que son auguste Personne leur a fait, en
daignant en présente des Eminentissimes Seigneurs Gardinaux, prondre une
part active, à la messe pontificale grecque, célébrée par un patriarque, assistè
de plusieurs pontifes et d'un grand nombres d'archimandrites, de dìgnitaires
ecclésiastiques et de prétres. Venus de différenls pays, nous avons tous le
méme ri te et la méme liturgie malgré la diversité de nos langues. Aussi nous
avons été heureux de feter, dans la ville le Jubilé quinze fois séculnire de
S. Jean Ghrysostome, ce grand docteur de l'Eglise grecque et son astre ra-
dieux, cet orateur à l'éloquence incomparable et à la boucbe vraiment d'or.
Mais ce qui a ajouté un lustre à ces solemnltés splendides et jeté sur
TEglise d'Orient un éclat qu'on ne saurait ternir, e' est le grand intérét que
le Souverain Pontife a montré à notre Egiise, dans la belle allocution pro-
noncée par Sa Sainteté dans la salle concistoriale. G'est un discQurs plein
de hautes pensée s et de sages enseignements, comme sait en dire la bouche
eloquente et Infaillible du Vicaire de Jesus Christ. Vraiment c'est pour nous
tous un oracle divin.
Farmi les belles paroles du Saint Pere, j'airae à rappeler les persécutions
endurées par l'Eglise d'Orient, pour conserver étroite et inaltérable son
union avec la sainte Egiise Roraaine, la mère et la maitresse de toutes les
églises. Eminence Illme et Rme, cette unite avec le Saint Siège Apostolique
que notre Egiise a gardée et qu'elle conserve encore avec un soin jaloux, a
été la cause pour laqueJle elle supporta les souffrances. Sa Sainteté nous a
rappelés dans son beau discours cette page glorieuse de nos ancétres. L'E-
glise dissidente en effet a persécuté l'Eglise catholique de Syrie, de l'an 1700
à l'an 1826 environ. Alep et Damas furent le principal théàtre de la per-
sécution. En 1818 la ville d'Alep envoya au ciel, en un seul jour, onze
martyrs. Ce spectacle triste et consolant à la fois n'était pas pour diminuer le
courage fndomptable de nos a'ieux. Ils accouralent par milliers au devant
des persécuteurs, pour se disputer la palme du martyre. C'était vraiment le
612 CRONACA CONTEMPORANEA
cas de dire avec Tertullien: « Sanguis martyrum semen Ghristianorum ».
Car la persécution affermìssait la foi et la gràce divine faisait nattre, dans
les coBurd, le désir du martyre. Autour de la fraìche hécatombe, on enten-
dait milliers de voix s'écrler; « Nous sommes catholiques, nous sommes
catholiques ». Pria de la sainte envle du martyre, l'un de nos frères syriens,
de la famille Bachache et une autre personne maronite de la famille Haw&,
crièrent aussi : « Nous sommes grecques catholiques » . Ils eurent ainsi le
bonheur de donner leur vie pour la foi catholique.
Mais bientòt notre Eglise sortit victorieuse, dans son noble combat,
nimbée, d'une aureole de gioire. Notre gouvernement ottoman s'as-iura que
les catholiques étaient ses sujets les plus fidèles et les plus soumis. La Su-
blime Porte nous octroya toute la liberté nécessaire surtout sous le règne
de notre auguste Souverain actuel, Sa Majesté Imperiale, Abd-Ul-Hamid II
Khan. C'est pourquoi, c'est pour nous un devoir sacre d'offrir à S. M. I. le
tribut de notre sincère reconnaissance et Lui souhaiter une longue et heu*
reuse vie. Aujourd'hui, en effet, nous sommes libres dans nos é^lisea, libres
dans Taccomplissement de nos cérémonies, et de nos devoirs religieux. Notre
auguste Souverain nous a dotés de grands privilèges et a constitué les Pa-
triarches et les évéques, dans beaucoup de cas, les juges civils de leurs fidèles.
Gràce à cette epoque de paix et de tranquillité, le catholicisme fait des
progrès dans nos contrées. Beaucoup de vlllages des alentours de Jérusalem,
de Bethléem, de Damas et d'Antioche, demandent à grand cris de rentrer
dans le véritable bercail de Pierre. J'ai la douce espérance, que ces solen-
nités du XV centenaire de Saint Jean Chrysostòme, que la capitale de la
catholicité a montrées au monde, ne feront qu'accentuer ces roouvements de
conversion. Car nos frères séparés ont vu de quel amour, de quelle solU-
citude paternelle, le Souverain Pontife, de quelque nom qu'Il 8*appelle, cn-
toure l'Eglise d'Orient, son Patriarche et ses Pasteurs.
Rentrés dans notre patriarcat et nos diocèses, suivant fldèlement Tordre
du Saint Pére, dans sa belle allocution, nous annoncerons, du haut de la
chaire, cet amour et cette soUicitude maternels de l'Eglise Romaìne. Nous
dirons à nos prétres : Allez annoncer dans toutes nos villes et nos villages
les bontés du Souverain Pontife. Racontez à tous sa prédilection pour ses flls
d'Orient. Nous avons Tintime conviction que par la gràce deDieu, Pintercesslon
de rimmaculée Théotokos et le zèle du Souverain Pontife, l'Eglise d'Orient
verrà renaitre, avec le temps, la splendeur de son passe et vivrà de nouveau
les jours des Basile, des Grégoire, des Athanase, des Cyrille et des Chryso-
stòme, confessant toujours avec eux et comme eux la souveraine auiorité
du Chef Supreme et infaillibile de l'Eglise universelle, le Pontife Romain,
Vicaire de Jésus-Christ.
Je vous prie donc, Eminence Illustrissime et Reverendissime, de déposer
au pied de l'auguste tróne du Saint Pére, les sentiments de notre vif amour,
de notre profonde vénération, de notre sincère gratitude ou plutót de la
reconnaissance de toutes les Eglises orientales.
Daignez, en méme temps, Eminentissime Seigneur agréer nos plus sin
cères remerciements pour les fatigues que Votre Eminence s'est imposées,
en tant que Prèsi dent d'honneur du Comité organisateur des fétes juhi-
COSE ROMANE 613
laires de Saint Jean Ghrysostòme» et pour les belles paroles qii*Elle nous
a fait entendre. Permettez-moi donc, en demandant à Dieu de conserver les
jours si précieux de Sa Sainteté et de Votre Eminence, de lever mon verre et
de boire à la sante du Saint Pére, à celle de V. E. ainsi qu'à celle de Mon-
seigneur de Hemptìnne et du saint Ordre bénédictin.
Rome 16 Fóvrier 1908.
+ Kyrillos Vili
Patriarche d* Antioche eie.
2. 1 nostri lettori già sanno dell'onore e del conforto che toccava alla
pia Società salesiana, or sono pochi mesi, nell'ora appunto della tribo-
lazione : Tonore e il conforto più caro ad una giovine congregazione reli-
giosa, quello di salutare venerabile il suo amato Padre e Fondatore. La
voce figliale del giubilo nelle tante case salesiane, e Teco fraterno delle
congratulazioni dei loro numerosi cooperatori, ammiratori ed amici, fra
cui godiamo di essere noi pure, andò quasi soffocata dall'angoscia della
prova, fra il rumoreggiare della tempesta; ma, tornato il sereno, si
diffondeva tosto, e tanto più schietta e giuliva. Precedeva, com'era
giusto, nell'esultanza quella città e quella casa, che fu prima culla
ed è tuttavia primo focolare della grandiosa opera di Don Bosco:
e della straordinaria esultanza si faceva interprete a Torino la pa-
rola ornata di un eminentissimo principe della chiesa, il card. Maf&,
arcivescovo di Pisa. Ma Roma, che ne vide in pochi anni così mira-
bili frutti non poteva essere seconda a Torino, se non di tempo.
E domenica, 16 febbraio, ne dette una prova in quel fiorito concorso,
onde volle unirsi alle festive dimostrazioni dei figli di Don Bosco,
nell'Istituto del Sacro Cuore al Castro Pretorio. Vi erano presenti
cinque cardinali, molti vescovi e monsignori, con una eletta corona di
ecclesiastici e di laici, che gremiva l'ampia sala, sopra il cui sfondo
campeggiava in alto l* immagine mite e serena del Venerabile. Oratore
fu il marchese Filippo Crispolti, sempre geniale conferenziere, ma
in quella sera, come parve a molti, superiore a se slesso; tanto
egli seppe trattare il nobile argomento con nobiltà di linguaggio
e altezza di pensiero, mista ad una delicatezza di senso cristiano,
che venne strappando di tratto in tratto i più calorosi applausi,
sopra tutto quando mostrò per quante ragioni l'ora del trionfo di
Don Bosco sia provvidenziale.
3. Un decreto assai notevole fu quello del S. OfBzio, pubblicato nel-
V Osservatore Romano, del 23 febbraio: nuova conferma delle giuste
condanne di non pochi vescovi francesi.
S. ROM. ET UN. INQUISITIONIS.
DECRETUM
Feria V, loco IV, 13 Fébr. 1908.
« Utrumque diarium La Justioe Sociale et La Vie Oatholique repro-
batur et damnatur : sacerdotes Naudet et Dabrt firmiter ac peremptorie ad
614- CRONACA CONTEMPORANEA
monentur ne haee vel alia diaria aut scripU quaeTÌs eiiisdem indoUs sub
pioprìo T«i mentito nomine in posterum evulgare audeant, sub poena sa-
spensionis a diTinis ipao-facto «t absque alia declaratione incurrendae ».
La voce dei vescovi contìnua a levarsi energica anche in Italia,
contro quella stampa quotidiana o periodica, che nelle varie diocesi
della penisola si è fatta organo o fautrice della eresia modernistica.
Ai dodici nomi di vescovi ed arcivescovi, riportati nel quaderno pre-
cedente, i quali condannarono il Giornale d'Italia per questa sua
pro^ganda irreligiosa di modernismo, dovremmo ora aggiungerne
altri molti, come quelli di Mazara-Vailo, di Ascoli Piceno, di Fe-
rentino, di Chieti, di Nicastro, di Lucca, di Bovino, di Teramo,
d*Ischia, di Chiusi, dì Gallipoli, di Telese, di Monopoli, di Acqui,
dì Loreto, di Fabriano, di Atri e Penne, e possiamo dire ormai, di
tutte quasi le diocesi dove il suddetto Giornale trova qualche difhi-
sione fra cattolici.
La stessa sorte è toccata, dove occorreva ad altri periodici e gior-
nali, come alla Lotta e alla Libertà di Fermo, foglio assai careggiato
da Paolo Sabatier, oltreché onorato da un vero fascio di « collabo-
ratori » i quali vanno da R. Murri a un famoso G, Quadrotta, come
alla Rivista di cultura, a « Nova et vetera^^ al Binnovamento, e in
particolare alla Giustizia sociale, morta e poi risorta sotto il nome
di Savonarola, Contro quest'ultimo periodichetto la Curia fioren-
tina promulgava un ben motivato decreto, che qui riportiamo per
istruzione dei nostri lettori e a solenne mentita delle dicerie moder-
nistiche : ,
Attesoché il giornale settimanale « Savonarola » , che si pubblica in
Firenze, non sia, mutato il nome, che la cessata « Giustizia Sociale », or-
gano della Lega democratica nazionale, già riprovata dalla Santa Sede; con-
siderato che per le sue tendenze completamente modernistiche, per i suoi
apprezzamenti non conformi al vero spirito cattolico, per i suoi sentimenti
irriverenti verso l'autorità ecclesiastica, il « Savonarola » non possa dirsi
giornale cattolico, benché insinui di esserlo; in virtù delle facoltà Nostre
ordinarie proibiamo a tutti i nostri amantissimi diocesani, « sotto pena di
colpa grave » di leggerlo e molto più di prenderne o continuarne l'associa-
zione; come altresì, « pur sotto pena di peccato grave », a tutti gli eccle-
siastici di collaborarvi comechessia, fosse pure con corrispondenze e liotizia
di cronaca.
Faccia Iddio che tante voci di vescovi, in accordo con quella del
supremo Pastore della Chiesa, ri chiamino alfine i traviati sul retto
sentiero !
4. Nella fausta ricorrenza cara a tutti i cuori cattolici che festeg-
giano il cinquantesimo anniversario delle apparizioni di Maria Im-
macolata alla grotta di Lourdes, ci piace riportare il decreto delia
COSE ROMANE Gif)
Sacra Gongregazioae dei riti, col quale ne vieti concessa in perpe
tuo la festa di rito doppio per tutta la Chiesa.
URBIS ET ORBIS.
Djcretum quo fe»tum apparitionis B. M. V. Immciculatae vulgo de Lour^
dee ad ^niversam Eodesiam sub rifu duplici tnaiori extetuiitur ce-
lebrandum quotannis die ti februarii.
Imtnaculatae liariae VlrgiaUi vulgatum nomen ds Lourdes^ e eeleber-
rimis ipsius Deiparae apparitionibas quae prope Lapurdum, Tarbiensis
Dioeceeis oppidum, anno quarto a dogmatica deflnitione de Immaculato
Gonceptu elusdem Virginis evenerunt, quum in dies magia magisque incla-
ruerit, simulque Fidelium pietas et cultus ob innumera exinde accepta be-
neficia, saepissime addltis prodigi is, ubique terrarum miriflce adauctus
sit; multi Romanae E(;clesiae Patres Purpurati, ac plurimi sacrorum Anti-
stites et Praesules e cunctis urbis regio ni bus, praeeunte Episcopo Tarbiea-
sium, Sanetissimo Domino Nostro Pio Papae X supplieia vota enixe porre-
xerunt rogantes, ut festum Apparitionis B. M. V. Immaculatae, vulgo de
Lourdes, a fe. re. Leone XIII petentibus tantummodo E^ciesiia et Religiosis
Famillis conoessum, ad universaa Gatholici Orbis ficclesiam auprema Au-
ctoritate Sua benigne extendere dignarctur.
Quare Sanctitas Sua, exceptis libentissime eiusmodi precibus, Praede-
cessorum suorum vestigi is inhaerens, qui Lapurdense Sanctuarium permultls
attributis privilegiis cohonestarunt : innumeris quoque peregri nationi bus
permotus, quae, mira sane Fidei professione, frequentissimo Fidelium tur-
marum concursu nunquam intermisso ad memoratum Sanctuarium peragun-
tur: maxime vero prò Suamet erga Dei Genitricem primaeva labe expertem
constanti piotate, ac spa fretus ob ampllorem Immaculatae Virginis euitum,
rebus in aretis Gbristi Ecclesiae adauctum iri potens Ipsius opiferae aaxi-
liuiu; festum Apparitionis B. M. V. Immaculatae, quod a plurimts Dioecesibus
et Regularibus Familiis iamdiu celebratur, inde ab anno insequenti, qui a
Deiparae Virginis ad Ga7i Fiuminis oram appari tieni bus quinquage^imos
erit, vel a nongentesimonono supra miUesimum, in universali Ecclesia sub
ritu duplici malori, cum Officio et Missa iamdiu approbatis, undecima die
Februarii quotannis recolendum iusslt : serva tis Rubricis et Decretis. Praesens
vero Decretum per me infrascriptum Gardinalem Sicrorum Rituum Gongre-
gationis Praefectum expediri mandavit. Contrariis non obstantibns quibn-
scumque. Die 13 noverobris 1907.
L. >B S. S. Gard. GRETONI, Praefeetiis.
f D. Panici, Archiep. Laodicen., Secretar tue.
II.
COSE? ITALIANE
1. Discussione del problema religioso alla Gamera. Dimostrazioni antirefi-
giose neiran ni versarlo di Giordano Bruno. — 2. Fine dei processo Nasi
e condanna dell* imputato. — 3. Sentenza della Gorte di Gassazione in-
torno al mantenimento dei crocifissi nelle scuole.
1 La Camera sulla metà dello scorso febbraio, numerosisfiima come
nelle solenni occasioni, si occupò, anzi si appassionò della quistione
616 CRONACA CONTEMPORANEA
deilMnsegoamento religioso nella scuola primaria. Nessuna ragione
valse a far scemare il numero dei deputati, nemmeno Tultima fase
risolutiva del processo Nasi, rimanendo quasi vuota la loro tribuna
al seuato, di solito piena, tutti attirati dal vitale interesse che de-
stava la lotta politica religiosa ingaggiatasi il 18 febbraio. Una mo-
zione del socialista Bissolati che chiedeva allo Stato la consacrazione
ufficiale della scuola laica dovea discutersi, ed erano iscritti per par-
lare prò e contro l'importante argomento ben quarantaquattro ora-
tori. Intanto pervenivano al governo voti di Associazioni e Circoli
cattolici in favore della istruzione religiosa: solo da Napoli 150 rap-
presentanti di dette Associazioni si rivolsero al Presidente della Ca-
mera dei deputati, al tempo stesso che la giunta appoggiava presso
il governo il voto formulato dai cattolici, dopo aver deliberato alla
vigilia della mozione Bissolati la necessità del mantenimento della
istruzione religiosa con una vittoriosa e quasi unanime votazione ; e
dalla sede diocesana di Roma venivano trasportati a Montecitorio 16 vo-
lumi con firme di 100.000 maggiorenni, i quali protestando contro il
voto contrario emesso già dal Consiglio comunale invocavano dal
Governo e dal Parlamento l'obbligo per i Comuni di fare impartire
V insegnamento religioso. Anche da parte degli elettori che detto In-
segnamento rigettano giunsero raccomandazioni e voti alla Camera,
e i partiti avanzati vollero opporre dimostrazioni anticlericali alle
riunioni tenute un po' da per tutto dai cattolici, e misero fuori eoa
le note arti il veleno dei loro precordi!; cosi profittarono dell'an-
niversario del supplizio di Giordano Bruno per tenere un comizio in
Campo di Fiori, in prò della scuola laica, cioè atea, o meglio, a
sfogo di bile e all'incremento della propaganda sovversiva.» E vero
che il questore l'aveva proibito, ma il ministro Gioii tti credette
bene cedere alla domanda del deputato socialista Chiesa, sicché
il comizio ebbe luogo dove e come spavaldamente ed anche vil-
lanamente aveva annunziato l'organo del partito. Il comizio co-
minciò coi saluti ed augurii ai regicidii portoghesi (e per un inco-
minciaraento non c'era male!) proseguì tra i plausi del popolaccio
alle capestrerie piti grosse degli oratori, tra urli e fischi antimo-
narchici, antisociali e, già s'intende, antireligiosi e terminò con ca-
riche della cavalleria, parapìglia, disordini e una dozzina di feriti
d'ambe le parti. Lo stesso Giordano Bruno sembrava nauseato del-
l'indecente commemorazione, tolta a pretesto di sfoghi plateali, e
più scuro ed accigliato appariva dal suo piedistallo sotto il giogo dì
una corona di lauro gettatagli al collo, vedendo, credo, verificarsi
appuntino quanto di certe plebi lasciò scritto nella 4c Cena delle Ce-
neri ». Anche il comizio tenuto a Livorno riuscì una vera e chiara
dimostrazione antimonarchica. Intanto alla Camera si seguirono i
COSE ITALIANE 617
discorsi dei varii oratori agitanti un problema educativo, politico
religioso, e fin dal principio della dìscussiope col discorso del Bis-
solati deputato socialista, anticlericale e ateo, e quello del Game-
roni deputato cattolico essa potè formarsi Tidea precìsa dì ciò che
si voleva dall'una e dall'altra parte. Che cosa verrebbe fuori dal voto
non era agevole formularlo, stanti le tesi svolte da quelli che par-
larono contro r insegnamento religioso, differenziandosi dagli anticleri-
cali del tipo Bissolati, e i criterii e le finalità del rappresentante il
gruppo di destra che ponevano una notevole differenza tra i liberali
dì questa e gli anticlericali dell'estrema sinistra. Dopo otto lunghe
tornate nelle quali furono pronunciati ventisei discorsi, oltre le di-
chiarazioni di voti che sotto forma di ordini del giorno vennero di-
scusse, tornò il tempo di prima, cioè il regolamento formulato dal
consiglio dei ministri. Giacché volendosi dalla Camera la votazione,
la mozione Bissolati fu votata per divisione. La prima parte cosi
formulala: « La Camera invita il Governo ad assicurare il carattere
laico della scuola elementare » respinta dal Governo, fu anche per
alzata e seduta respinta dalla maggioranza. La seconda parte che
diceva: « vietando che in essa venga impartita qualsiasi forma d'in-
segnamento religioso » ed egualmente dal Governo respinta fu votata
per appello nominale. Di 407 votanti risposero si (in favore della
mozione) 60 : risposero no (contro) 347. L'ultima votazione si ebbe
sull'ordine del giorno puro e semplice, il quale significava che il
Governo manteneva le norme del regolamento con il proposito di
confermarle se daranno buona prova, od altrimenti modificarle. Es-
sendo i votanti 409, approvarono l'ordine del giorno 279 e lo respin-
sero 129, ed un solo si astenne.
2. Il 24 febbraio segnò finalmente la chiusura del processo a carico
dell'ex-rainistro della Pubblica Istruzione Nunzio Nasi, e pose fine
alle interminabili vicende di tre anni e mezzo, che giunsero perfino
a turbare l'ordine pubblico in quei luoghi dove l'affare Nasi era di-
venuto un pretesto ed una quistione di campanile. L'alta corte dopo
un conciso e chiaro riassunto di quanto risultò dallo svolgimento
del processo, fatto dal presidente Manfredi, e dopo aver diviso i quesiti
di diritto da quelli di fatto, decise su i varii capi di accusa con la
maggioranza di due terzi di voti contro un terzo dei 101 giudici se-
natori. Segui l'udienza pubblica riapertasi alle 19: la tribuna dei
deputati era letteralmente gremita; in essa si trovavano anche gli
avvocati difensori, ma gli imputati erano assenti conforme al rego-
lamento giudiziario del Senato che stabilisce doversi la sentenza co-
municare per mezzo di uscieri. L'alta corte dichiarò Nunzio Nasi
colpevole del reato di peculato continuo con danno lieve, e lo con-
dannò alla pena della reclusione per undici mesi e venti giorni, alla
618 CRONACA CONTEMPORANEA
multa di lire 292 e alla interdizione dai pubblici oflBcii per la durata
di quattro anni e mesi due, oltre le spese e i danni. Detta condanna
fu applicata dall'Alta Corte secondo il dispositivo deirarticolo 168
del codice penale. Essa partì neirapplica/ione della pena afflittiva
dal minimo di un anno, la quale aumentata del sesto per raggravante
della continuazione del reato diventava di 14 mesi, e da questi tolto
un sesto per le attenuanti generiche si ha la ragione degli 11 mesi
e 20 giorni; mentre per la interdizione dai pubblici uflSci, partendo
dal massimo di 5 anni, per le attenuanti applicategli essi si riducono
ad anni 4 e 2 mesi.
Il concetto della sentenza contro Nasi ha un significato politico
e anche morale che trascende certamente la persona del condauuato
e va ad assicurare la nazione dal pregiudizio che l'altezza del posto
e la condizione privilegiata possano dispensare dall'adempimento di
doveri comuni. Si richiede ora una saggia opera purificatrice del go-
verno, di preferenza nel dicastero della Pubblica Istruzione donde son
venuti a galla, durante il processo, magagne e irregolarità di varia
natura, perchè il sentito bisogno dì moralità possa iniziarsi là dove
dovrebbe posare serenamente la fiducia di tutta la nazione.
3. I nostri lettori ricorderanno la empia prepotenza del sinda^^o di
Cossato (Biella) il quale si era arrogato dì togliere i crocifissi dalle
scuole del Comune, nonostanti le inutili proteste dei padrifamiglia
e di tutti gli onesti. La causa portata dinanzi a tutte le giurisdi-
zioni, viene finalmente definita dalla Corte di cassazione dì Roma
(presidente Lucchini — estensore Romano) la quale ha sentenziato
che « è colpevole di abuso di autorità il Sindaco che fa rimuovere
dalle scuole. del comune i Crocifissi, quantunque per deliberazione
consigliare sia stato soppresso l'insegnamento religioso».
Riproduciamo volentieri il testo dell'importante documento:
« Con sentenza 6 dicembre 1906, il Tribunale di Biella dichiarò non
farsi luogo a procedimento, per inesistenza di reato, a carico del Sindaco
di Cossato, Felice Mino e del messo comunale, Olinto Orazzini, imputati il
primo del delitto di cui alFarticolo 175 Cod. Pen., per aver con abuso della
sua autorità, ordinata la rimozione dei Crocifissi dalle scuole comunali, e
l'altro di correità in detto reato per avere eseguito l'ordine; ma sul gra-
vame del Pubblico ministero, la Corte di Torino con sentenza 23 aprile 1907.
riformando quella del Tribunale, dichiarò colpevoli il Mino del reato aacrit-
togli analogamente, e assolve il Orazzini per non provata reità. — Omissis ».
Attesoché sia oziosa ogni questione intorno airobbligatorietà o meno
dello insegnamento religioso e alla costituzionalità o meno dell'art. 3 del
regolamento 9 ottobre 1895, poiché, come ben dice la sentenza impugnata,
così la questione del Crocifisso come il fatto del ricorrente ne sono affatto
indipendenti, poiché, anche ammesso che il detto insegnamento non sia ob-
bligatorio, non é meno obbligatorio per il Comune quello di collocare e con-
COSE ITALIANE 619
servare nelle scuole il Crocifisso, simbolo non già dell' insegnamento ma del
sentimento religioso, e risultando accertato nella sentenza che il Mino tolse
soltanto il pretesto della deliberazione consigliare intorno all'insegnamento,
per far onta al sentimento religioso della popolazione; che, pertanto, non
sono fondate le doglianze contenute nel primo e secondo mezzo. — Che nep-
pure sussiste il difetto di motivazione lamentato col terzo mezzo. La Corte
di merito, come esattamente rileva il ricorrente, fece consistere il diritto
manomesso dairarbitraria rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche, nel
rispetto alla libertà del eulto e non nel conseguente rispetto del desiderio
dei padri di famiglia di non vedere manomessi i sentimenti religiosi nei
loro figliuoli. « La rimozione dei crocifissi, essa dice, e cioè delFemblema
della fede, durante la scuola e presente i bambini, fu un atto che togliendo
ad essi il simbolo delia religione, non potè a meno di produrre in essi una
viva impressione, contraria ai sentimenti che i genitori desideravano loro
inculcare ». — Ed è pur vero che la stessa Corte ammette che i genitori,
dopo avere inutilmente nel 1903 chiesto il ripristinamento deir insegnamento
religioso, non fecero altre istanze; ma del pari è vero che la stessa Corte
ritiene, e largamente dimostra, che ciò avvenne, non già perchè i genitori
non più volessero queir insegnamento, molto meno perchè desiderassero anche
la rimozione del crocifisso, ma perchè convinti, più* desiderando quell'inse-
gnamento, qualunque loro ulteriore premura in proposito sarebbe riuscita
vana, a opera appunto del Mino, che per pertinace intransigenza e incivile
intolleranza, non avrebbe mancato di valersi della sua autorità e del suo
ascendente nel consiglio comunale per frustrare i loro desideri!.
Per questi motivi, rigetta ecc.
III.
COSE STRANIERE
{Notizie Generali). 1. Francia. Giubileo delle apparizioni di N. S. a l'Ourdes.
— 2. Portogallo. Funerali del re Carlo e del principe Luigi Filippo.
Clemenza pericolosa verso i rivoluzionarli. Le elezioni generali. — 3. Ma-
rocco. Operazioni militari poco fortunate: situazione incerta.
1. (Francia). La Francia cattolica ha festeggiato in tutte le sue
diocesi ma specialmente a Lourdes il cinquantesimo anniversario
della prima apparizione della Vergine Immacolata colle dimostrazioni
consentite dallo stato presente. Un triduo solenne celebrato nei
giorni 10, 11 e 12 febbraio attrasse al santuario una folla di 40.000
pellegrini. Dodici vescovi, tra i quali quello di Canton nella Cina
ed uno del Brasile, circondavano il legato rappresentante del Sommo
Pontefice, il cardinale Lecot. I discorsi del vescovo di Angers ecci-
tarono l'entusiasmo dei fedeli che proruppero in applausi. L'ultimo
giorno dei trìduo un coro dì trecento voci eseguì una messa com-
posta per la circostanza da uno dei cappellani, Darros : dopo la messa
i prelati scesero processionalmente alla grotta dove il popolo colla
più intensa commozione rispose alle preghiere ^^W Angelus recitate
620 CRONACA CONTEMPORANEA
al suono di mezzogiorno, ora della prima apparizione il 12 febbraio
1858. La sera tutta la città fu illuminata splendidamente. Le auto-
rità municipali concorsero alla festa della Vergine che ha tanto ono-
rata e benedetta la loro città.
2. (Portogallo). I funerali del re Carlo e del duca di Braganza
ebbero luogo 1*8 febbraio nella chiesa di San Vincenzo di Fora, col-
Tintervento degli inviati straordinari delle Corti, del Corpo diplo-
matico, dei membri della Camera dei pari, delle autorità, del Consi-
glio municipale di Lisbona, alla presenza di una folla immensa. Le
salme dopo l'assoluzione data dal patriarca furono calate nelle tombe
reali ; ne fu redatto processo verbale, ed il gran maggiordomo prestò
il giuramento tradizionale sopra la identità dei cadaveri consegnati.
Per una reazione, di cui non è difficile capire 1 motivi, ma che
non tutti giudicheranno opportuna allo stesso grado, il Governo ri-
solvette di porre in libertà le persone sospette arrestate la sera del-
l'assassinio e nei giorni precedenti, anche quelle colpevoli di aver
nascosto armi e bombe nei secreti depositi dei rivoluzionarli. Furono
pure rilasciati circa un centinaio di detenuti politici chiusi nella for
tezza di Caxias, e al loro arrivo alla stazione di Lisbona vennero
accolti con dimostrazioni festose dai gruppi repubblicani. Furono al-
tresì graziati circa venti marinai delle navi da guerra Vasco de Gama
e Pom Carlos ammutinatisi due anni sono e condannati per ribellione.
È stata tolta completamente la censura della stampa, conservan-
dola solo per i telegrammi inviati alTestero. Di questa libertà hanno
subito profittato i giornali repubblicani per i scatenarsi contro ogni
autorità, con tanto piCi di violenza perchè sentono di imporre al Go
verno e dominare col terrore. Così osarono aprire una colletta del
partito per le famiglie degli assassini uccisi e portare corone sul
luogo dove furono sepolti i loro cadaveri. Certo l'opera del nuovo
ministero è irta di difficoltà esterne ed interne e non è facile
prevedere l'esito a cui condurrà la politica ondeggiante de* suoi
membri.
In mezzo alle competizioni degli intriganti ed alle bieche mene
dei settari, nelle ore più tristi che traversa il Portogallo, le sue due
regine fatte più nobili dal dolore e dal pericolo, hanno attirato il
rispetto e l'ammirazione di tutti. Alla regina Amelia sopratulto,
più colpita nella crudele tragedia, è unanimemente rivolta la sim-
patia del popolo da lei meritata colla operosa carità in prò de' derelitti
e degli sventurati. Sotto il suo patronato e per suo efficace impulso sono
sorte in tutte le principali città sanatori! e dispensarli specialmente
contro la tubercolosi. Non di rado s'incontrava la regina a piedi vi-
sitare i poveri nei quartieri più popolosi della capitale: anzi una
delle stesse residenze reali, quella di Outao presso Setubal è stata
volta in ospizio. La carità e l' interesse per le classi popolari era la
NOTIZIE GENERALI 6^21
sua politica e il suo modo di rimediare ai mali che vedeva e a quelli
che il suo fine sentimento le faceva sospettare. Alla sua intelligente
direzione si attribuisce Tottima educazione data al principe ereditario
e al presente re che, nonostante la inesperta giovinezza dei suoi di-
ciotto anni, fece la migliore impressione nelle terribili circostanze del
suo avvenimento al trono. Si dice che la cerimonia della incorona-
zione sarà rimandata dopo le elezioni generali.
Il Consiglio dei ministri ha deliberato di annullare il decreto col
quale era stata sciolta la Camera dei deputati. I suoi membri sa-
ranno convocati in seduta solenne perchè in essa il re Manuel possa
prestare giuramento alla Costituzione. Si prenderanno quindi le di-
sposizioni necessarie per le nuove elezioni che avranno luogo nel
prossimo aprile. La nuova Camera non avrà poteri costituenti se non
dopo che sarà discussa ed approvata la necessità di introdurre mo-
dificazioni nella Costituzione dello Stato.
3. (Marocco). La condizione delle cose si è aggravata maggior-
mente nelle ultime settimane per l'infelice riuscita di alcuni fatti
d'arme tentati dal corpo di spedizione francese. 11 generale d'Amade,
succeduto al general Drude nel comando, aveva avuto ordine di al-
largare la sfera di azione, e coi rinforzi ricevuti sottomettere le tribù
sollevate e pacificare il paese. Egli infatti stabili dei posti fortificati
a Buznika, a Pedala, a Mediuna, a Ber-Rechid. Col resto delle sue
truppe dispose due colonne di circa 1500 uomini ciascuna e alcuni
cannoni, per correre la regione d'intorno, assalire le varie tribù,
sbandarle rapidamente e imporre la pace. Ma il disegno fallì. 1 gruppi
più deboli delle colonne, sorpresi da forze maggiori, o dovettero re-
trocedere con danno, o si salvarono con difficoltà. In tre giorni di
marcia e parecchi combattimenti i francesi perdettero 13 ufficiali e
152 uomini tra morti e feriti: ed il generale d'Amade fu costretto
di rientrare a Casablanca, non solo senza aver ottenuto lo scopo pre-
fisso, ma lasciando anzi il nemico più baldanzoso di prima. Si teme
che sieno necessari altri rinforzi per rialzare le sorti cosi compro-
messe.
FRANCIA (Nostra Corriapondema). — Rimpasti nel ministero. — Dise-
gni del sig. A. Briand novello ministro della giustizia e dei culti. —
Gli scandali delle liquidazioni dei beni ecclesiastici sequestrati. — No-
tizie religiose. — Le cagioni del disorganizzamento sociale e religioso.
— La crisi speciale del protestantismo e del giudaismo in Francia.
Quest'oggi 14 gennaio, nello stesso momento che scrivo alla
Civiltà co' miei augurii di prosperità, il parlamento francese eletto
Mota. — La Direzione del periodico, nel pubblicare le relazioni de* suoi corrìepon-
deati esteri, come si aflBda alla serietà delle loro informazioni e rispetta la conveniente
libertà de* loro apprezzamenti, cosi lascia loro la responsabilità de* fatti e delle opinioni
comunicate.
6^2 CRONACA CONTEMPORANEA
nel 1906, ripiglia i suoi lavori dopo tre setlimaae di ferie. Fraltanto
SODO avvenute nella compagine del ministero alcune mutazioni, poco
notevoli per avventura a] di fuori, le cui conseguente però possono
essere gravissime pei cattolici del nostro paese.
Queste mutazioni seno, state cagionate dalla repentina scomparsa
del ministro della giustizia signor Guyot Dessaigne, colto da morte
fulminante V ultimo giorno dell' anno 1907, nel palazzo del senato,
radunatosi per terminare la votazione del bilancio. Il defunto, già
prima magistrato sotto il governo imperiale, divenuto poscia de-
putato del dipartimento del Puy de Dòme, da lungo tempo aveva
fatto abiura del suo fervore imperialista, ed il suo radicalismo po-
litico anticlericale era sembrato sincero ed energico abbastanza da
affidargli ,il portafogli della giustizia e la custodia dei sigilli. La
famiglia del defunto avea desiderato che si celebrassero esequie reli-
giose a Glermont-Ferrand, dov* è stato trasportato il cadavere, ma
l'autorità ecclesiastica ba ricusato di concedere le solenni esequie
che si sarebbero bramate, atteso la partecipazione del defunto agli
atti più riprovevoli del ministero, ond'era membro, e specialmente
per ragione della circolare odiosa e peculiarmente ostile alla Chiesa,
da lui spedita Tanno scorso ai presidenti delle corti e dei tribu-
nali per raccomandare ad essi di tenere in sospeso i ventimiìa e più
processi introdotti da eredi diretti o collaterali, o da terzi, per la
rivendicazione dei beni lasciati in legato alle chiese od alle fabbri-
cerie. Il pretesto di questa sì strana circolare era che una legge
nuova verrebbe proposta in parlao^ento per modificare parecelii ar-
ticoli della famosa legge di separazione (5 dicembre 1905) relativa
alla trasmissione di cotali beni alle future associazioni cultuali,
delle quali appena dieci si sono potute costituire, in onta alla reie-
zione prescritta dal Sommo Pontefice ai nostri vescovi.
Questa legge odiosa e che costituisce la più ingiusta concio sione
dei principii fin allora ammessi anche dalla giurisprudenza repub-
blicana in materia di diritto successorio, fu infatti deliberata dalla
camera dei deputati, ma non è stata peranche approvata dal Senato,
il quale se ne occuperà fra breve. — È noto che questa legge nefasta
la più empia forse di quante furono votate da sei anni in qua,
senza eccettuare Tostracismo delle congregazioni religiose, contiene
tre disposizioni giuridiche, che qui mi sto pago a eompendiare.
1.0 L'esclusione degli eredi collaterali, in mancanza di eredi diretti,
dal diritto dì rivendicare i legati o le donazioni fatte alle chiese,
fabbricerie, presbiterii od altri istituti religiosi, a titolo oneroso : e
ciò per cagione d'inadempimento delle clausole imposte, p. es., ce-
lebrazione di messe agli anniversarii della morte del donatore ; ces-
sazione di insegnamento scolastico da parte dei congreganisti, ecc.
FRANCIA 623
^.^ Sconoscimeato del carattere della persoDa defunta per i legatari!
a titolo universale. 3/ Un principio di retroattività di certe dispo-
sizioni concesse e mantenute dalla legge del 1905. — La pubblica
opinione, perfino quella ostile in generale al cattolicismo, ha già
bollato questa nuova legge di uno stigma odioso, ma verace, e la
chiama « spogliazione dei morti ». Avranno i senatori tanto spirito
d' indipendenza e tanta dignità da temperare questa mostruosa legge,
non oso dire rigettarla interamente t Questo ci dirà una votazione
prossima.
Dopo questa digressione necessaria, che gioverà a spiegare in
parte la rilevante mutazione ministeriale provocata dalla morte
del sig. Guyot-Dessaigne, eccovi brevemente quale è la ricomposi-
zione fatta dal sig. Clémenceau nel corpo de* suoi collaboratori. È
forse necessario rammentare agli stranieri che il nostro presidente
della repubblica sig. Fallières non è più altro che un semplice magi-
strato di parata? Egli sottoscrive quanto gli propongono i mi-
nistri, né si oppone mai comechessia. Dunque il signor Fallières ha
sottoscritta 1® la nomina del sig. Aristide Briand, ministro della
pubblica istruzione e dei culti (perchè dei culti? se la legge del 1905
è stata fatta precisamente perchè lo Stato non abbia più ad occu-
parsi di essi I) al portafogli della giustizia in sostituzione dei depu-
tato sig. Guyot-Dessaigne; 2^ la nomina del sig. Gastone Dou-
mergue, deputato del Gard e ministro del commercio, al portafogli
della pubblica istruzione; 3® la nomina del sig. Gruppi, deputato dei
terzo collegio di Tolosa, alla direzione dei ministero del commercio.
Costui è quello che qui chiamano arrivista: un (nominato in grazia
di un programma repubblicano progressista, è divenuto radicale d'un
tratto per ambizione). Il sig. Doumergue, che è ugonotto, segnò già
il suo passaggio al ministero delle colonie con la tirannica e totale
laicizzazione delle scuole congreganiste. La riunione dei culti e della
giustizia è un fatto eloquente e fecondo di minacce ; esso indica net-
tamente il principale intendimento del ministero presieduto dal si-
gnor Clémenceau, del quale il sig. Briand è Talter ego (fors* anche
in un di prossimo il probabile soppiantatore ; il Briand è messo a
quel posto per applicare rigorosamente, implacabilmente la legge di
spogliazione dei beni ecclesiastici confiscati in seguito al rigetto della
legge di devoluzione di que* medesimi beni. Rammento qui che co-
tali beni confiscati, mobili, ed immobili rappresentano una somma
valutata 500 milioni di franchi e questi valori saranno assegnati ad
istituti prettamente laici di beneficenza, i quali dipendono o dallo
Stato, o dai dipartimenti, o dai comuni. Le gazzette ligie al governo
annunziano per di più che il sig. Briand proporrà fra breve un di-
segno di legge per abolire 1* inamovibilità di residenza della magi-
stratura collegiale.
621 CRONACA CONTEMPORANEA
Questa inamovibilità è la sola ed unica guarentigia della indi-
pendenza dei giudici. Da parecchi mesi in qua circa 70 tribunali
hanno proferito sentenze sfavorevoli alla tesi cara al sig. Briand ed
al blocco anticlericale della camera in materia di rivendicazioni e re-
voche, di donazioni e legati per fondazioni pie, messe in perpetuo
per i defunti, scuole dirette da religiosi ecc. Da ultimo, togliendo
pretesto dagli abusi vituperevoli e schifosi, che gli amici del governo
hanno segnalati (p. es. il già ministro Gombes), abusi commessi dai
liquidatori delle congregazioni abolite nel 1903, il novello ministro
della giustizia avrebbe in animo, a quanto dicesi, di proporre al par-
lamento un terzo disegno di legge, per abolire le mansioni dei li-
quidatori officiali ed affidare quind* innanzi airautorità amministra-
tiva la prosecuzione e il compimento delle liquidazioni già iniziate.
Gli scandali ed abusi finanziari! sono stati infatti tanti e tanto vi-
tuperosi, che il senato ne è stato scosso, e che, in seguito alle ri-
velazioni pubblicate dalFalto della tribuna dai senatori cattolici, ha
nominato una commissione incaricata di procedere ad una inquisi-
zione sui modi d'agire di questi liquidatori e degli avvocati, procu-
ratori, uomini d'affari d'ogni provenienza, che si sono fatti ricchi
colle spoglie opime assidue delle diverse cnugregazioni.
Non posso ricusare di rispondere alla giusta domanda dei vostri
lettori dei paesi esteri, che desiderano di avere precisi ragguagli in-
torno a questo infame trafi&co dei beni tolti ingiustamente ai reli-
giosi ed alle suore, i quali, lungi dall'essere utilizzati per costituire
il miliardo promesso dal fu Waldeck-Rousseau agli operai ed agli im-
potenti al lavoro per assicurare ad essi una pensione conveniente,
hanno servito unicamente alle avide gole di liquidatori e d'uomini
d'affari senza coscienza. Le cifre che riporto sono desunte da un
accuratissimo lavoro del sig, J. Gibon segretario generale della So-
cietà cattolica d'insegnamento libero; lavoro che è venuto a luce
nel Correspondantj e le cui cifre non possono essere negate. A Ver-
sailles il liquidatore incaricato di far vendere 680 franchi di povere
masserizie delle carmelitane scacciate, fece 7000 franchi di spese ! Il
Carmelo di Angoulème ed il convento del Bambin Gesù della detta
città, messi in vendita, produssero 123.000 franchi ; il loro valore
era di tre tanti : or bene, nessuna delle antiche religiose ha riscosso
un centesimo della liquidazione forzata. Sopra circa 677 congrega-
zioni abolite e assoggettate alla liquidazione forzata dei loro beni,
sono appena 150 quelle che hanno veduto terminare la liquidazione.
[1 troppo famoso sig. Ménage, uno dei più riputati fra i liquidatori e
incaricato fra l'altre cose della liquidazione di 143 beni immobili,
dianzi occupati da' padri della Compagnia di Gesù, con fatica è giunto
a compiere la vendita di una trentina di quegli ediflzii ed istituti, al-
FRANCIA 625
cunì dei quali molto rilevanti. Egli ha messo in moneta l'attivo di i27
congregazioni ed ha potuto ritrarre la somma di 3.110.000 franchi ;
ma siccome ha dovuto sborsare 3.175.000 franchi di spese, ne vien
fuori uno scapito di 65.000. Le vendite all' incanto di magnifici edi-
fizii hanno subito un deprezzamento tremendo.
Ad esempio: il convento delle dame del Sacro Cuore a Marsiglia,
stimalo 1.235.000 franchi, è stalo venduto per 69.500 franchi ; — la
residenza dei gesuiti di Marsiglia, insieme coir annesso giardino,
chiesa ecc., stimati 1.451.000 franchi, è stata venduta per 34,500
franchi; — il collegio degli eudisli a Rennes valutato 1.450.000 fran-
chi, ha trovato a stento un compratore per 100.050 franchi ; — la
possidenza dei marianiti a Castel -Sarrasin, stimata 215.000 franchi
è stata venduta per 4.000 franchi. — Tale è lo sciupìo svergo-
gnato, la mostruosa spogliazione dei beni sequestrati o meglio
rubati ai religiosi ed alle suore! Laonde ai poveri, agli operai
invalidi, agli istituti di beneficenza toccherà meno di nulla del
famoso miliardo, che nell'ottobre 1900 il sig. Waldeck-Rousseau
primo ministro prometteva ai tanti elettori ingannati dalle sue
promesse altisonanti quanto mendaci. 11 miliardo caduto in mani
disoneste (se questo miliardo potesse mai essere realizzato) è
già volatilizzato, secondo l'espressione giustissima del sig. Gibon.
Or bene, siamo appena all'esordio di uno spaventoso deficit, risul-
tante da questa liquidazione forzata. I pesi aumenteranno in breve,,
perchè gran numero di questi beni immobili sequestrati e liquidati
per provvedimento amministrativo, sono gravati d'ipoteche, e i cre-
ditori, sieno capilalisti o società finanziarie, faranno valere i lora
crediti. Ora, secondo una sentenza della corte di cassazione in data
17 luglio 1907, il pagamento di queste ipoteche incombe ai liquida-
tori. Beni di chiesa rubati non arricchirono mai né gli spoglia-
tori né i semplici compratori, dice un proverbio assai noto ! E c'è
modo di persuadersene una volta di più, come 120 anni addietro,
al tempo della grande spogliazione operata dalla Costituente, dalla.
Legislativa e dalla Convenzione.
Dopo l'ultima mia corrispondenza sono accaduti alcuni avveni-
menti rilevanti, che interessano la Chiesa di Francia, e che per
la maggior parte sono stati notati dai fogli religiosi italiani ed anch&
dalla Civiltà Cattolica; tali sono l'elevazione alla porpora cardina-
lizia da parte di Sua Santità dei nostri illustri e sommamente be-
nemeriti prelati mons. LuQon arcivescovo di ReimB e mons. Andrieu-
vescovo di Marsiglia; il sig. canonico Biollay della diocesi di Ta-
rantasia in Savoia, è stato designato e nominato in sostituzione
di mons. Lacroix, che aveva rinunziato alla sua sede; la chiesa di
Montauban ha veduto scomparire nella scorsa settimana mons. Fiard
1908, va. t Amo. 1385. 40 29 febbraio 1908.
6SS6 CRONACA CONTEMPORANEA
òhe con tanto senno la goyernava da venticinque anni. Per cagìune
della sua grave età il venerando prelato aveva poc'anzi ottenuto dal
Sommo Pontefice a coadiutore con futura successione mons. Marty.
I fogli religiosi annunziano molto prossima radunanza dei prelati
per provincia ecclesiastica nella regione del Sud e del Sud-Ovest, a
Tolosa ed a Bordeaux. Poco fa i vescovi della provincia ecclesia-
stica di Albi si sono radunati nella loro metropoli ; le adunanze
sono durate solo due giorni; non è stato violato il segreto sulle
questioni che vi sì sono discusse.
I corsi e l6 conferenze regolari sono già ricominciati nelle facoltà
cattoliche Ubere; e specialmente a Parigi, ove sono in grado di
giudicarne sopra luogo, non solo si è conservato, ma possiamu
rallegrarci di vedere felicemente accresciuto l'intervento degli udi-
tori liberi e quello degli studenti regolari. La maggior parte degli
argomenti trattati dagl* illustri conferenzieri si riferiscono alle dot-
trine avute in mira dalla celebre enciclica Paseendì, e sono intesi
a confutare gli errori modernisti. Assistiamo ad un rinoveilamento
delle scienze religiose. Non si rallenta lo selo del clero secolare e
dei molti religiosi dispersi o secolarizzati ; esso in molte città e centri
Operai ha creato delle opere rilevantissime, come patronati dì gio-
vani e di ^ìovauette, circoli di studi! religriosl e sociali, biblioteche;
ma purtroppo non si dee dissimulare^ che è immenso ciò che ri-
mane la creare, ad organizzare, a rinnovellare, e ci vorranno degli
anni molti, ti sig. conte de Mun^ deputato del Finistère e membro
del r Accademia francese, ha esposte nei gioriutle Lm Cr&ix in un arti-
colo molto studiato e molto riputalo, sotto il titolo « Esame di co-
scienza », le intime cagioni della indifferenza religiosa od anche della
ostilità latente, alle vo\be anche violenta, cfce esiste nel grosso del
popolo contro il cattoH^ismo «d i suoi ministri.
E^li a/ttribytdoe qi^esk) stato degli animi a diverse influenze fu-
neste e purtroppo 4*^li, che possono classiifiotrsi così di«eguito: la
stampa 'cattivci, la letteratura licenziosa, rìasegnanìento alle dasd
popolari sprovvisto d'ogni dottrina jreligiooa, èa crescente ittiueaxa
delle leggi alali i90t;ìi*li deliberate »el iM>r8e4d venti aani; ad esempio
<rnella drel diporaifo, (il ni»nero dei di^vt^ffseiì tsi aotresoe d'anno in
anno, e «itd V^V -«ot» «tati pia di iAimiimM):; |k>ì rablwmti—enta
dovuto air aiicimyli SAIO cli^ dilaga "va laeKzo alla pocpeiasidae operaia
delle 'Città «d OMiai anche fra quella -delte «campagne. I>a ultia» Vìi-
lustre autore^ ìnentre riconosce i lodevoli islòrzi i«tti 4al clero «da
tatili laici generosi ed «fnergrci, fa giustamente osservai^ dke per di-
v^prse cagioni il d&to p&r troppo gwin tempo mon ebbe ad occuparsi
delle questioni sociali ed 'ecoftomiche ; ch'egli ha perdato il con-
tatto «col popolo^ e tton è riuscito per atielie a distruggerne- i pre-
FRANCIA 627
giudizi! dì aborrimento od anche solo faziosi. Quindi il de Mun do-
manda al clero di andare al popolo,^come tanto ebbe a raccoman-
dare Leone XIII, e di dissipare a forza di carità, di sacrifizio e di zelo
opportuno 1 pregiudizi tanto radicati in certe popolazioni che di catto-
lico non hanno altro che il nome, e spesso non hanno neppure il carattere
battesimale. In un certo dipartimento vicino alla capitala, il parroco
di villaggio riesce a stento a racimolare un sagrestano, e la sua povera
chiesa (che fu già ricca in passato) rimasta bella per la sua architettura,
rimane deserta nelle domeniche e nelle altre feste. In questo disgra-
ziato dipartimento in un anno solo (1906-1907) si sono registrati
quasi dugento suicìdii 1 La visibile presenza di 50 a 60 mila chiese
e campanili eretti sul suolo della vecchia Francia, per luogo tempo
hanno fatto illusione. In complesso si poteva credere cattolica la na-
zione francese; no! per due terzi forse la popolazione giunta alKetà
virile o ha perduto la fede o almeno non adempie più le pratiche re-
ligiose.
Non farò certo stupire i vostri lettori, che stanno al corrente del
movimento religioso e sociale del tempo nostro, manifestando loro
la cri se religiosa che di presente turba intimamente 1 due eulti dis-
sidenti, pur dianzi riconosciuti e retribuiti dallo Stato ed i quali
hanno accettato nelle disposizioni fatte per loro la legge di separazione
del 1905. Un giornale protestante (Le christianisme au XX. siede)
ci palesa questa crisi dissolvente che affievolisce sempre più il pro-
testantesimo francese. Un pastore della regione meridionale scrive
cosi: « Noi ignoriamo i cattolici, essendo noi protestanti i soli cri-
« stiani autentici. Nel che diamo prova di molto orgoglio ed'altret-
^ tanta sciocchezza. E di più in più ho l'impressione che il futuro
« religioso in Francia ci sfugge dalle mani, che già non ci appi^
« risce più, e che esso trapassa nelle mani degli oeeurì eroi che sof-
« frono, che aspettano e che preparano nelte lagrime il rinascimento
«di domani ». Il giudaismo francese, se pure può usarsi questa
espressione, soffre anch^esso una inlima crisi religiosa, che s'è poco
anzi svelata per un cumulo di fatti molto significanti. La comunità
israelita di Parigi è composta dì circa 40 mila persone. Essa ha dato
di recente una prova della sua vitalità, riorganizeanéo in occasione
della legge di separazione il suo denaro del culto per il naatesl-
mento dei rabbini « delle sinagoghe. L'elenco dei soscrittori é com-
parso in varie gazzette^ ed il pubblico della capitale ha potato oo»
noscere il numero dei generosi Levi, dei Kohen, degli Aaron eoe,,
che hanno promesso di contribuire al mantenimento d^ loro c^ito
e delle opere di beneficenza israelitiche. Ma è avvenuta non ha guari
una specie di selezione aristocratica favoreggiata dagl' * intellet-
tuali » molti ed infiuenti, «lei culto ebraico. £ssi sono deliberati a
628 CRONACA CONTEMPORANEA
romperla con tradizioni secolari e troppo discordanti dalla società
cristiana (almeno di nome), nella quale vivono. Hanno dunque aperta
una sinagoga ove gli uffici! del culto sono celebrati la domenica e
non più il sabato ; inoltre, tranne la lettura liturgica dei libri cano-
nici dell'antico testamento, le preghiere ed altre funzioni del cullo
sono celebrate in lingua francese. Questa libera sinagoga deirave-
nue Kléber ha inaugurato le sue funzioni sotto il patrocinio di ric-
chissimi banchieri, commercianti, professori e magistrati israeliti :
i Reinach, i Rothschild, gli Oppenheim vi si sono incontrati con
gran numero dei loro correligionarii meno ricchi, ma pur nondimeno
liberali e prosciolti dai vecchi pregiudizii giudaici. Questo è certa-
mente un segno dei nuovi tempi e di un' ìntima rivoluzione nella
mentalità israelitica.
Tengo in serbo per una prossima lettera interessanti ragguagli
intorno alla politica estera della Francia, al movimento economico,
ed alla crisi di certe grandi industrie, quali la costruzione delle
macchine automobili e quelle dei meccanismi per la navigazione aerea.
Dopo ricevuta la presente corrispondenza un grave e luttuoso
avvenimento sopraggiunse a colpire la chiesa di Francia, cioè la
morte del cardinale Richard arcivescovo di Parigi. Demmo nelle no-
tizie di cose romane del quaderno precedente alcuni ragguagli sulla vita
e le virtù insignì di quell'eminente principe della Chiesa. Il suo succes-
sore intanto, Mons. Amette, entrò subito in possesso della sede vacante,
annunziando ufiìcialmente al presidente della repubblica la morte del
cardinale e ricevendone le condoglianze, con giusto scambio di cortesie.
BELGIO (No9trù Corrispondenea), 1. Ricevimento del card. Mercier al-
l'uni versila cattolica. — 2. Morte e funerali cristiani del nostro primo
ministro. — 3. La questione congolese. — 4. Nuovo capo del ministero
e nuovo presidente della camera. — 5. I socialisti zimbello dei libe-
rali ad Anversa. — 6. Nuove leggi e provvedimenti democratici. —
7. Le strade ferrate. Fatti e problemi.
1. Il giorno 8 dello scorso decembre. Sua Eminenza il card. Mercier
visitò officialmente VAlma mater. Dopo la Messa, nella quale Sua
Eminenza distribuì la santa comunione agli studenti ed ai profes-
sori, dopo l'adunanza annuale della società di S. Vincenzo de* Paoli,
l'università si riunì nella grande aula del collegio del papa Adriano VI.
Rispondendo al saluto di benvenuto indirizzatogli dal sig. Rettore, il
card. Mercier pronunziò un discorso importantissimo, nel quale so-
prattutto spiegò il compito della facoltà teologica. Diamo un sunto
delle principali idee di questo discorso. Cominciò con parole, dalle
quali traluceva l'accento d 'un'anima sinceramente e profondamente
L-.'^
BELGIO 629
pastorale, esortando il suo giovane uditorio a conformare lealmente la
vita alla propria religione, praticando le opere di carità e la comu-
nione quotidiana, e passando poi ad inculcare di più alcuni principii
delTultima enciclica papale. Ciascuna scienza dev'essere studiata se-
condo il metodo che le è proprio ; però è necessario attingere la ispi-
razione da una filosofia sana, quella cioè di Aristotele, spiegata e
commentata da S. Tommaso d'Aquino. « Signori Professori della fa-
coltà di teologia, soggiunse, poiché, meglio avveduti degli altri, voi
avete atteso più rigorosamente che gli altri allo studio obiettivo, allo
studio sereno dei fatti, avete al tempo istesso saputo preservare la
nostra Alma Mater dagli errori del modernismo, senza defraudarla
dei vantaggi offerti dai metodi scientifici odierni. » Essi si sono te-
nuti ad ugual distanza dairapriorismo e dalla prudenza troppo umana,
sorretti dalla certezza della fede che per i dotti è un punto d'ap-
poggio, non uno scoglio; laddove l'incredulo edifica sulla mobile
arena della speculazione individuale. Terminando, l'oratore ricordò
che lo studio non è tutto per l'uomo; ed esortò vivamente i profes-
sori dell'università cattolica a cercare nella pietà e nella carità il
perfezionamento pieno ed intero della loro anima cristiana. Con la
protezione della celeste patrona, la Vergine Immacolata, Sedea «o-
pi&ntiae, l'episcopato belga pone in essa, nel loro onore scientifica,
nei loro esempii d'integrità cattolica, le migliori speranze. '
2. L'ultimo giorno del medesimo mese di decembre morì a Brus-
selle il ministro dell'interno e presidente del ministero, sig. Giulio
de Trooz, cristiano sincero e militante,. il quale disimpegnò con onore
gli alti uffici. Senza avere conseguito alcun grado universitario, il
futuro presidente del consiglio si avviò per tempo alla vita politica
dedicandosi molto attivamente alle opere di propaganda cattolica, a
quelle, in modo speciale, dei circoli operai di cui egli fu uno fra i
più autorevoli promotori. Membro del consiglio comunale di Lovanio,
sua città natale, dipoi deputato alla camera, la sua assiduità al la-
voro, il suo spirito di osservazione, compensarono tanto bene il vuoto
lasciato nella sua prima educazione, che nel 1899 il conte de Smet
de Naeyer gli affidò il portafoglio della pubblica istruzione. Nell'anno
decòrso, per le dimissioni del presidente del consìglio rimase solo al
primo posto. La sua carriera ministeriale omai lunga, la sua salute
logora, gli davano diritto al riposo; ma egli solo, dicevano ì suoi
amici, poteva rendere alla Destra la compagine necessaria ad effet-
tuare l'unione dei partiti. Il suo dovere essendo manifesto, rispose
con coraggio alla chiamata del Re.
Giulio de Trooz aveva 51 anni ed era nel pieno possesso del sua
beir ingegno. Rispettato dai suoi avversarli, oltrepassò le speranze
dei suoi amici. L'oscura questione congolese aspettava da lui la sua
630 CRONACA CONTEMPORANEA
soluzione ; ma senza dubbio il peso era troppo grave, essendogli ben
presto mancate le forze. Egli si sentì profondamente colpito, e senza
farsi illusioni, senza debolezze aspettò la morte. La vigilia di Na-
tale ordinò ad un ufficiale del suo ministero di preparargli pel ve-
nerdì prossimo una nota importante : « Io voglio troncare la que-
stione »^, disse, e poi calmo soggiunse: « Se sarò ancora di questo
mondo. » Il 30 decembre i medici riconobbero un pericolo imminente,
ed allora fu chiamato S. £. il card, arcivescovo di Malines, amico
personale dell* infermo, ed in quel giorno medesimo il fervente cri-
stiano ricevè dall'Eifio Mercier gli ultimi sacramenti ; ma il suo corpo
affranto non obbediva più, ed al momento della comunione la Santa
Ostia posta sulla lingua non potè essere consumata. La signora de
Trooz era genuflessa ai piedi del letto : rEminentissimo le presentò
le Sante Specie e la pia consorte fece l'ultima comunione pel proprio
marito. Il giorno appresso al nipote che vegliò ai suo capezzale nelle
ultime notti il malato disse; « G-razie per la tua bontà! Io muoio,
prega per me. » Poche ore dopo, benedetto dal Principe delia Chiesa
che l'assistè fino airoltimo momento, Giulio 4e Trooz rese Tanima
a Dio.
Netta sala éti passi perdirti dei palaszo delio Stato, nel cui fondo,
paro lo in drappi neri, spiccava un gran Crocefisse^ fu esposto il CMla-
vere del pnooto ministra, in attesa del clero di Brasselle per le ese-
quie. Il Pdnoipe Aliberto 4el Belgio pregò alquanto dinanzi al ca-
davere del valOTDBo <e fedele 8erT« ; di poi il sig. Selnollaert, presidente
della Camera, dette T ultimo aéftio a «olut che fu il suo più intloFio
amico. « La tua feéa, egli disse terminanélo, era senplice, profooda
e sincera seoBa ostentazione. Poche ore prima di morire il nostro
amico dioeva: « Io non temo la morte, perchè io ho difeso la iMiona
« caasa e servito la mia patria i*.on coscienza. » Ora, alla mattina nella
Mfl8«a del giorno corrente^ il sacerdote aveva letto l'epistola di S. Paolo
a Timoteo nella quale Tapostolo scriveva le seguenti parole: « Io ho
combattuto nel buon arringo, ho terminata la corsa, ho conservata
la fede. Del resto è serbata a me la coroua della giustizia, la quale
mi renderà il Signore giusto giudice in quella giornata: né solo a
me ; ma anche a coloro che desiderano la sua venuta. » Noi che ab-
biamo la fede sappiamo che il nostro amico si è separato solo mo-
mentaneamente e nutriamo ferma speranza che egli abbia già rice-
vutala corona di giustìzia. Noi religiosamente conserveremo il ricordo
di lui ed innalzeremo per lui le nostre preghiere al trono di Diu. »
Questo discorso così elevato, cosi francamente religioso fu pro-
nunziato davanti alla comitiva numerosissima ed officiale di amici
e di avversarti, ascoltato in silenzio con rispetto e commozione, e
riferito al paese intiero dalla stampa di ogni colore. Il sig. Schol-
BELGIO 631
laert, il quale in pubblico ha fatto tanto onore alle sue cpnvinzioiù,
ha oggi sostituito il sig. de Trooz Deli* ufficio di presideqte del mi-
nistero, e possiamo aspettarci molto da lui, esseudo per giunta up
uomo di cuore.
3. La pubblica attenzione, deviata per un istante dalla questiona
congolese a causa della morte del sìg. de Trooz, vi é slata di b»l
nuovo ricondotta da tale fatto, venendo spontanea la domanda ; Chi
sarà destinato a raccogliere la eredità gravosa del ministro defunto?
Qual criterio adotterà il suo successore per la soluzione deli» div-
elle questione? Nella generale incertezza potava solo <jLare un pre-
zioso barlume la scelta del Re. Di fatto ecco eoiyie stavano le cos^
alia vigilia della elezione del sig. SchoUaert a ministro deli' interno
e a presidente del ministero.
Gra stato sottoposto al Tesarne della commissione pjurlumentaiye
dei XVII, di cui era presidente il aig« ScboUaert medesimo, uo trei-
tato di cessione della nostra futura colonia, compilate <Ui plenipo-
tenzìarii del Belgio e dello Stati) indipendente. Questo documento
fu accolto assai freddamente dai partiti pajrlameatari : poiché la dè-
stra, senza dichiarerei «splieitamente, Io riguardava <eoB4iffidenz«;
La sinistra più risoluta, oosae partito di opposizjone non Avendo (a
voglia di dedicarsi alta soluzione della quostione^ fepe btoceo« per 4i-
elii arare aii*iiniani«iità ehe e««a riguardava il tjratteio ^me «aaeceit-
tatMle. La ^polazlone non rimaae pidi m^di§(^\im (i»l ^Ari«.menti»,
eirea i ri«u}t«/ti delle trstiajtive d<el plenifiateezlftnii Iiif)if»c#ti4i c^cm-
pilare il disegno pel riscatto. Tanto alte oamene, ^uanio nel gr^js pju^-
Meo, Bon era possilwle, infatti, si iosaero di««nljciute de asplicÀte
dichiaraKÌoni fatte dal governo nel dec»Mibre 14^6, aiiorcbè ebkae
luogo V i-nterpellanza, provocata da una letlera del CU nel «leae idi
grugno del medesimo a«iK>. In questo tempo il aiig. <de -Smei 4e
T^aeyer non aveva iorse dichiarato che le raoooiiiaodasionì cootutUittte
ne^ria lettera riguardo al celebre >« dominio della eoiMMUii» e che lo
sottraevano ali* ispezione ^el Seigie ^qoq ereoe OMidizioni jaiposte
dal Re per la cessione del Congo, «m iiutentielie raeoomandazioni ?
In conseguenza di tali parole tranquillizzanti, dalla camera fu appro-
da to un ordine del giorno col quale si dichiarò -pronta ad aprire,
su tali basi, le trattative per il riscatto del Congo.
Ma a dispetto delle dichiarazioni ministeriali, le raccomandazioni
regali sono divenute vere e proprie condizioni e come tali sono en-
trate nel trattato presentato alla camera. Così argomentano i mal-
contenti, con una parte dei deputati, e, senza giudicare le i;ntenzion,i,
bisogna confessare che vi è qualche apparenza di ragione. Però lè
giusto aggiungere che altre concessioni erano state fatte dal Sovrano,
e che il dominio stesso della corona non é cosi intangibile come
632 CRONACA CONTEMPORANEA
prima. Per dire il nostro umile parere, il nodo si trova piuttosto
nel principio stesso dì questa fondazione, di fronte ai diritti della
popolazione nera, e non nella destinazione (per opere di pubbliche
utilità) in quanto riguarda il Belgio. Il sig. Schollaert, il quale era
stato testimone della impressione disastrosa prodotta dal trattato,
è supponibile abbia, nell'atto di accettare il portafoglio, se non
messo delle condizioni, giacché a Sua Maestà non si impongono
condizioni, almeno combinato qualche concessione. Possiamo argo-
mentarlo dalle parole medesime pronunziate in parlamento dalFon.
ministro, allorché espose il programma del governo, cioè: « Lo studio
accurato della questione dimostrò fino a qual punto le difficoltà
opposte (contro il trattato) hanno fondamento e se possano essere
appianate mercé alcune modificazioni nuove. » Noi vogliamo sperare
non si tratti di vane promesse, ma che in quella vece il nuovo capo
del ministero sappia trovare per questo grande problema nazionale
una soluzione accettabile tanto dalle camere quanto dallo Stato.
4. Noi crediamo che il nuovo presidente del Consiglio dei mini-
nistri non sia sconosciuto ai lettori della « Civiltà » ; perchè dal
maggio 1895 all'aprile 1899, il sig. Franz Schollaert, deputato catto-
lico di Lovanio, ebbe la direzione dei nostri affari interni, facendosi
ammirare per la sua attività non comune, per la sua grande lealtà
politica e per la franca professione della sua fede religiosa. Da sei
anni, dalla fiducia dei suoi colleghi fu elevato alla presidenza della
camera, e mantenuto senza interruzione in questo alto e delicato
ufficio, nel quale col suo ingegno e col suo merito seppe acquistare
tanta autorità presso gli stessi suoi avversarli da ottenere nella
camera tornate, nelle quali l'ordine non fu più turbato con dimostra-
zioni sconvenienti di alcuni socialisti. Il suo successore alla presi-
denza della camera è il sig. Gerard Cooreman, deputato cattolico del
Gand e antico ministro del lavoro. Ambedue questi uomini politici
sono profondamente cristiani. Due fratelli del nuovo presidente delia
camera sono ascritti alla Compagnia di Gesù e consacrati alla evan-
gelizzazione dell'isola del Ceylan.
5. Dalla costituzione del consiglio dello scabino ad Anversa av-
venuta per le elezioni comunali di ottobre si è veduto quanto sincera
e leale sìa l'unione dei liberali coi socialisti. Nel Belgio gli scabini
sono eletti dal consiglio comunale e nel proprio seno, ed hanno tura
dell'amministrazione degli affari comunali, dello stato civile, delle
finanze, dell'istruzione pubblica primaria ecc.. È noto che ad An-
versa, liberali e socialisti si unirono contro i cattolici e che, in virtù
di tale maneggio, essi ebbero, se così può dirsi, gli onori del giorno.
Per assicurarsi l'alleanza dei loro amici rossi, i liberali dissero e lo
ripeterono che uno degli scabini sarebbe slato scelto fra i socialisti:
BELGIO 633
ma al contrario con grande sdegno dei socialisti di Anversa e di
tutto lo Stato i liberali hanno conferite a se stessi tutte le cariche
scabinali.
6. I. L'attività del nostro parlamento si concentra presentemente
nel modificare la legge per la ricerca della paternità ; ma noi ci ri-
serviamo di parlarne più a lungo quando sarà stata approvata : sin
d'ora però possiamo dire che i privilegi accordati al seduttore dal
codice napoleonico saranno molto ridotti e i diritti della donna e
del fanciullo meglio tutelati. — II. È stata approvata una legge che
istituisce per il circondario della città di Brusselle una procedura
e un giury fiammingo per gli imputati dinanzi alla corte d'assise,
che esterneranno il desiderio di essere giudicati in tale lingua. —
III. Un ottimo provvedimento democratico cristiano pratico è quello
preso dal sig. Helleputte, ministro delle strade ferrate, il quale, du-
rante i quindici giorni di freddo intenso da noi sofferto, ha aumen-
tato di 40 cent, il salario quotidiano di migliaia di operai dipendenti
dalia sua amministrazione.
7. L'attività commerciale e industriale del Belgio si manifesta
chiaramente col movimento dei suoi porti e l'importanza della sua
rete ferroviaria. Nonostante lo sciopero di Anversa, la nostra me-
tropoli ha visto entrare nel suo porto 6330 navi che stazzavano
11,^18,000 tonnellate contro 6486 navi di 10,812,000 tonnellate del
1906. A Gand il movimento del porto è stato da 821,000 tonnellate
a 840,000 (1180 navi); a Ostenda da 308,000 a 305,000.
Nell'anno testé terminato ha assunto grande importanza in molti
Stati la questione delle ferrovìe, come per esempio negli Stati Uniti,
in Francia, in Italia, in Russia, nelle Indie, nella Svizzera. Nel Belgio,
il governo, continuando la propria politica economica diretta a mo-
nopolizzare nelle sue mani l'esercizio di tutta la rete, ha riscattato
la linea della Fiandra occidentale. Da 16 chilometri nel 1835 siamo
ora giunti nel 1907 a 5000 chilometri, ai quali aggiungendo le vie
ferrate vicinali noi abbiamo 25 chilometri di via ferrata per miria-
mento quadrato e 10.5 kil. per 10,000 abitanti ; mentre che in Italia
queste due proporzioni sono respetti vamen te di 5 kilometri e mezzo
e di 5 kilom.; in Germania di 10.5 e di 10; in Francia di 8.7 e di
12. Per le nostre vie ferrale d'interesse generale, la rendita lorda
è passata da 32,000,000 di franchi nel 1855 m 126 milioni nel 1875;
a 197 milioni nel 1895 e a 278 milioni nel 1905. Le nostre strade
ferrale vicinali danno alla nostra rete il proprio carattere nazio-
nale, poiché la esecuzione di dette vie ferrate fu affidata con legge
dei 1884 alla società nazionale delle vie ferrate vicinali. Il suo ca-
pitale, che è il punto più originale e più interessante della organiz-
zazione, è costituito sotto forma di azioni, dai tre rami del potere
634 CRONACA CONTEMPORANBA
pubblico: stato, province, comuni. Fino a detta data qualunque via
ferrata era stata costruita o dallo Stato o da compagnie private, ma
senza alcun intervento finanziario delie province e dei comuni. Una
ingegnosa combinazione ha permesso ai poteri pubblici di soddisfare
alla loro parte finanziaria non già prelevando dalla cassa i fondi
equivalenti alla loro sottoscrizione; ma sotto forma di annualità
stabilite per un termine di 90 anni e comprendenti il frutto e l'am-
mortizzamento. Il frutto annuo è stato stabilito al 3.50 ^/^. Eki ecco
in qual proporzione vi prendono parte i poteri pubblici. Lo Stato
cominciò sottoscrivendosi per un quarto del capitale; però la legge
gli proibì di passare la metà. Anche i privati sono ammessi alia
sottoscrizione delle azioni : ma sono obbligati di sborsare subito i
fondi e la loro parte non può oltrepassare il terzo del capitale. Presen-
temente il capitale sborsato, corrispondente alle linee concesse, è di
250 milioni di franchi, sottoscritti nelle seguenti proporzioni:
Stato 41 7o ; provincia 28 7^ ; comuni 29 7o ; privati 2 7o- ^ ren-
dite lorde della rete sono passate dai 966.000 franchi nel 1887 per
315 chilometri a 16.609.000 franchi nel 1906 per 290(« chilometri.
Eccettuati 200 chilometri a trazione elettrica, la rete è esercitata a
vapore. In media si costruiscono 250 nuovi chilometri per anno, e
Tardore messo dai comuni nel continuare la costruzione di nuove
linee, dopoché le hanno viste compiute dai propri vicini, dimostra
chiaramente quanto sappiano slìmarne i servigi resi. Lo straniero
d'altra parte ci ha già più volte mandate missioni con rincarico di
studiare l'organizzazione e il modo d'agire della società nazionale.
Le grandi vie ferrate sono i fiumi, e le linee secondarie le riviere«i
ruscelli che servono di complemento alle prime non solo pel maggior
bene degli abitanti delle riviere medesime, ma ancora per assicurare
ed accrescere la vitalità dei fiumi, dei quali esse contribuiscono cer-
tamente a render fiorente il commercio.
Nel Belgio come in Italia, come in Germania, le spese di eser-
cizio delle vie ferrate sono accresciute di recente in proporzioni con-
siderevoli. La somma totale delle spese ordinarie è calcolata fran-
chi 224.991.000 per le nostre vie ferrate, mentre che le medesime
spese pel 1907 erano previste in Fr. 201.471.000. Bisogna tener
conto, è vero, delie spese nuove incontrate dallo Stato con il riscatto
della rete della Fiandra occidentale; ma l'aumento apportato per
questo non arriva a 4 milioni. Donde provengono gli altri 19? Si
contano 7 nuovi milioni per stipendii e salari ; 7 milioni anche per
aumento di carbone, e 4 milioni pel mantenimento del materiale.
Dis«rraziatamente questo aumento di spese non sta in proporzione
con quello dolle entrate; ptrchè nel 1304 le entrate lorde furono di
232.7(0.000 franchi per 4000 chilometri in esercizio, e sono giunte
BELGIO 635
nel 1907 a 266 milioni per 4100 chilometri, con un aumento del
14 7o > ^^ ^^ spese di esercìzio sono passate da 139.728.000 franchi
nel 1906 a 182.700.000 nel 1907 ossia a 31 7^ di più. 11 coefficiente
di esercizio essendo di 60 nel 1904 giunse a 62 nel 1905 e a 68 nel
1907. Si aggiunga a tutto questo che il riscatto di una rete ha sem-
pre avuto per resultato in passato la diminuzione dell'entrata netta
oltre i] previsto. Tale condizione di cose presentemente esiste in
Germania, ove noi vediamo il coefficiente d'esercizio aumentare da
54 nel 1895 a 62 nel 1906 e a 67 nel 1907 ; come anche in verità
lo Stato italiano, il quale finora come esercente di strade ferrate è
rimasto alle prime imprese, ne cava le gambe assai peggio di noi.
Di fatto il coefficiente d'esercizio di questo Stato è giunto adesso al
73 7o ; il quale aumento di spesa deriva soltanto, si può forse affer-
mare, dair£LCcrescimento degli stipendi e dei salari, che assorbono
il 54 ^0 della somma intiera delle spese con un aumento propor-
zionale di questo capitolo, da un anno all'altro, fino al 12 7ot ®
vi é una diminuzione di L. 200.000 sulla somma incassata l'anno
decorso. Ecco il frutto dell'esercizio di Slato. Se nel Belgio ed al-
trove le società, come in Inghilterra ed in Francia, amministras-
sero ed esercitassero per proprio conto la nostra rete, tale enorme
aumento di spese non giungerebbe certo alla somma ehe lo rende
adesso tanto inquietante.
L'OBOLO DI S. PIETRO
RACCOLTO DALLA CIVILTÀ CATTOLICA
nell'anno DEL GIUBILEO SACERDOTALE DI S. S. PIO X
2' SERIE - 4» USTA
Somma precedente L. 22.234,22
Sac. Antonio Czarkowski, Parroco, Kónskie, Polonia
Russa, per mezzo del Riho P. Ragonesi, Generale dei
Teatini » 131 25
Venetiis. «Patri optimo filius addictissimus — Duci in-
victo miles emerìtus — Benefactori munifico cor per-
gratum » » 100 —
La Lega P. Italiana nell'Uruguay, « in prova di affetto
e sommissione sincera al Vicario di Gesù Cristo »,
prò Calabria » 884 40
Da riportarsi L. 23.349,87
636 l'obolo di s. Pietro
Riporto L. 23.349,87
Rifio Mona. Gustavo Persiani, Roma » 50 —
Sig. Virginio Pandolfl, Cartoceto » 10 —
S. E. Riìia Mons. Enrico Gabrieis, Vescovo di Ogdensburg
(S. U. A.). Offerta della sua Diocesi pel Giubileo sa-
cerdotale di Sua Santità . » 5,610 —
Nobili coniugi Gaetano é Luigia Brambilla, Milano, im-
plorando l'Apostolica Benedizione » 40 —
Conte Luigi Balsamo, Lecce » 30 —
Sac. Giuseppe Trace, Candela » 5 —
Sig. Battista Tognoni, Crema » 10 —
Can. Pietro Todde, Oristano (offerta mensile) ...» 5 —
D. Francesco Sales, Casale-Monferrato » 200 —
N. N., Saluzzo » 12 —
Sac. F. T., Locamo {offerta mensile) » 3 —
Una pia e nobile persona di Napoli. « Al Santo Padre
prò redemptione captivorum » » 3,000 —
S. E. Riìia Mons. Polito, Arcivescovo di Corfù, il Clero,
i missionarii cappuccini ed i fedeli delle Isole Jonie
per il Giubileo sacerdotale del Santo Padre . . » 80 —
Alcuni studenti, Roma » 12 —
Sac. Antonio Piccinelli, Como » 5 —
Sac. Filippo Verdenelli, Slaffolo, Ancona .... » 300 —
Riìio Mons. Michele Fernicola, Arciprete, Buccino « Omag-
gio di filiale affetto » » 20 —
Sac. Stefano Mazzarelli, Montalecelli, Tortona ...» 10 —
Dott. Vincenzo Vivenzio, Napoli . » 10 —
Sig. Giuseppe Carcieri, Calci Risorta » 5 —
S. E. Rilia Mons. G. Volpi, Vescovo di Arezzo, il clero
e i fedeli della sua Diocesi per i danneggiati dal
recente terremoto in Calabria {S^ offerta^). . . » 490 —
29 febbraio 1908. Totale L. 33.256,87
AVVERTENZA
11 Santo Padre, grato a' suoi figli per T obolo registrato
nella presente lista, invia a tutti gli offerenti e ben di cuore
l'Apostolica Benedizione.
La quinta lista delle offerte saia pubblicata nel 1' qua-
derno del prossimo mese di aprile.
*■ Totale delle oflferte inviate da S. E. revma Mons. Volpi L. 2890.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
ScienEB sacre.
Dufourcq A. La paaaé ehrétìen. Vie et
pensée. 1. Epoque orientale. Histoire oom-
parée dee religione paiennes et de la reli-
gion juive. (L'ckvenir du ehriatianieme.
Première partie). 8.ème 6d. refondue Paris,
Bloud, 1906, 160, XXVI-330 p. Fr. 4.
Dnrand A. S. I. L'enfanoe de Jéeus-
Christ d*apréa le» éoaugilee canoniquee
auivie d'une étude eur tea frèrea du Sei-
gneur, {Bibl. apolog.). Paris, Beauchesne,
1908, 10*, XLl(. ^3 p. Fr. 2.50.
Celllnl A. can. // primato di S. Pietro
a'udiaio nel divin libro degli Atti degU
Apostoli. Roma, Pustet. 1907, 8», X-236p.
Dr. 'Schaefer J., Prof, der Theol. am
Priestersem. in Malnz. Die Eoangelien und
die Evangelienkritik der akademischen Ju-
gend and den Qebildeleu aller Stande gè-
wilmel. Freiburg i. Br. Herder, 1908, 16»,
VIll-124 p.
Cabrol F. 0. S. B. Dictionnaire d'ar-
cheologie chrétienne et de liturgie. Fase.
XI ^. Bassus-Bibliothèqub. Paris, Lelouzey,
1908, 4», 610-895 p.
Arens Fr. Der Litter ordinariua der Ea-
asner Stiflakirche. Mit Einleilung, Erlau-
terungen und einem Pian der Stiftskirche
and ihrer Umgobung im 14. Jahrhundert.
Paderborn, Junfermann, 1908, 8», X[V-280p.
M. 6.50.
Pesch Clìr. S. I. Theologiache Zeitfragen,
Vierlc Folgo. Glaube, Dogmen und ge~
aohichtliche Tataachen, Eine Untersuchung
ttber den Modernismus. Freiburg i. Br., Uer
der, 1904, 8% VIII-»4 p.
Bonacina 0. sac. Theologiae nwralia
univeraae manuale. Ed. III. ab auctfire re>
cognita addilLB recent. decr. circa missas
manualcs, communionem frequentem, asbtin.
et jej., sponsalia et matrim. eie. Augustae
Taorinorum, Salesiana, 1906, 16«, XVI 224 p.
L. 8.60. ar. C*«. Catt. XVI, 3 (1895) 333.
Attualità.
Hugon E. Réponaea théologiquea à quel-
quea queationa d'actualité. Paris, Téqui,
1908, 16«, V1.288 p. Fr. 2.
Lemlus 0. B. Obi. di M. I. Catechiamo
atU moiemiamo aecondo l'enciclica « Pa-
Bcendi Dominici gregis » di Sua Santità
Pio X, Trad. dal francese del P. G. loppolo
d. m. e. Roma, Vaticana, 1908, 16«, 142 p.
L. 0.30. Copie 25 L. 7.20. Gopi^ 50 L. 14.
Copie 100 b. 27. Rivolgersi alle librerie Des-
clée e Pustet di R'^n^a.
Blanc E. mgr. L'Encyelique « Pascendi
Dominicis gregis • et le Decret « Lamenta-
bili sane exitu ». Ttxto latin et texte fi-an-
Qais suìvis d*uno Tahle alphahétique trèa
détailUej avec renvois précis aux textes au
moyen de numéros d'ordre. Paris, Ville,
1907, 8% 124 p. Fr. 1.50.
Donadonl L. A propoait^ di moderniamo
e queationi conneaae. Lettei*a di S. S. Pio X.
Milano, Palma, 1908, 8«, 130 p. L. 1.50.
Sortala O. La criae du libéraliante et la
liherté d'enaeìgnentent. 2.ème ed. Paris, Le-
thielleux, 1907, 16o, 222 p. Fr. 2.50.
Vitali L. La campagna anticlericale,
Milano. Cogliatl, 1907, 16», 68 p. L. 0.30.
Duplesay E. Lea frèr*s de MoAutinaud.
(Matutinaud et C.ic Controveraea famihèrea,
8- sèrie). Paris, Téqui, 1908, 16% VIII-272 p.
Fr. 2 60.
De CasAxnaJor C. L. Devoir actuel dea
catholiqu^ia. LVctiondirpcteetla résistance
active pour le retour aux traditions natlo-
nales de la France : Le maintien et la dé-
fense de la religion el de la libcrlé. Rome,
Desclée, 16», 64 p. Fr. 1.10
P. Teodosio da B. Detole 0. F. M. La
modernità e i tloveri dei giovani. (Estr.
« La Verna ». Anno IV e V). Rocca S. Car
sciano, Cappelli, 1908, 160 p. L. 2. A bene-
ficio della erigenda chiesa di Montepaolo.
Podestà F. can. C'>ndisioni e diapoai-
aioni da apprendere. Firenze, tip. S. Giu-
seppe, 1907, S*», 92 p.
Pierini F. 0. M. Doa aauntoa de actua-
lidad en Bolivia. (El seminarlo de Cocha-
bamba y las misiones de Guarayos). Buenos
Aires. Ferrari, 1907, 16«, Vl-69 p.
Diritto e aociologia.
Vermeerscli A. S. I. De forma aponaa-
lium ac matrimonii poat decretum « Ne
temere » 2 aug. 1907. Brugis, Beyaert, 1908,
16% 64 p. Fr. 0.50.
Borierò F. sac. Sponsali e matrimonio.
Nuova legislazione canonica. Padova, tip.
del peminario, 1906, 16o, 60 p. L. 0.20.
Causa elettorale a favore della colle-
giata di S. Maria in Casoria. I canonici
638 OPERE
delle soppresse collegiale che soddisfano,
per conto del comune, i pesi di culto ine-
reuti ai beni delle stesse collegiale, rìven*
dicati dal comune, sono eleggibili a consi-
glieri comunali. Napoli, Sordoomuti, 1906,
8», 60 p.
I Parroci della diocesi di Diano-Teggiano
(Salerno a S. fi. il ministro Guardasigilli
per Taumento di congrua a mille lire. Sala
Gonsilina, AuleU 1908, 8«, 1t p.
PreuBB A. Ed. The Fundamental Falla-iy
ofSocialism, An Exposition ofthe Question
of Landownership. Gomprising an authentic
Account of the famous Me Glynn caso. Si.
Louis, Mo, Herder, 1906, 16», 19S p.
TlTaronl J. Compendio di acisnea dette
finanze. Bari, Laterza, 1908, 16«, XlI-taS p.
L. 3.
Statistica giudiziaria penale per Tanno
1904. introduzione. Roma, Berto.ro, 1907, 8»,
€LX1I p.
Atti del convegno femminile. Milano, so-
cietà arti grafiche, 8», 206 p. L. 2.50.
JP'ilomotìta,
8. Thomae Aq. doct. ang. opusculum « de
ente et essentia » cofnmentariiB Caietani iU
lustratum. Accedit ejusdem Caietani tracta-
tus « do nominum analogia ». Edilio accu-
rate recognita et ab ianumeris mendis vin-
dicata a P. Michablb db Maria S. I. Romae,
UniversitÀ gregoriana, 1907, 8», 982 p. L. 3.
Vedi il presente quaderno.
Allo B. O. P. Fot et 8ysthnes {JSttides de
philosophie). Paris, Bloud, 1908, 16«, dOi p.
Fr. 3.50.
Camera N. can. Saggio di filosofia com-
parata intomo ai aietemi in protologia,
Salerno, Jovane, 1908, 8>, 292 p.
Colin E. Obaervatoire de Madagctacar.
ObaervoHona météorologiquea faitea à Tc^-
narive. 1905. Tanarive, impr. de la Mission
catholique, 1907, 8«, Vl-ifiS p.
ColBBac O. M. La théorie et Za pratique
dea projeftiona. Paris, me fìayard 5, 8»,
XIl-700 p. Fr. 10.
BertolOttl E. Convergenea di algoritmi
infiniti. (Estr. Mem. R. Acead. di acienee
di Modena, HI, 7). Modena, SolìAui, 1907, 4%
104 p.
Btorim.
Cappelli A. Cronologia e cakmdario pm^
petuo. Tavole cronograflche e quadri sinot-
tici per verificare le date storiche dal prin-
cipio dell'era cristiana ai giorni nostri.
Milano, Hoepli, 1906, 16«, XXXIV-418 p.
L. 6.60.
F. Giustino da Patti, capp. I ConeàUl
generali e i eùneiliaboU, ha genealogica rf»
Criato Geaii. I Padri, Dottori, Scrittori ec-
cleaiaatici. Quadri sinottici Messina, Rizw>tti,
1908, 16». L. 0.50.
Muratori L. A. Racootta degli storici iUa^
liani dal 500 al 1500. Nuova edizione jter
G. Carducci e V. Fiorimi. Fase. 55, 56-
Cìttà di Castello, Lapi, 1907, 4», 106 p. L. «ft-
4arJlAar H. S. L Die rémieehe Kapeii^
Sanata Sanctorum und ihr SchaU. Meiae
Entd«ckuRg«n und Studi«ti in der Palasi K»-
pelie der mittelaUerlichen PSpste. Mit eimer
Abhandlung von M. Drbobs, aber die llgu-
rierten Seidenstoffe dee Scbatacs. Mit 77
Texlabbildund 7 sum Tcil forbigen Tafctn-
Preiburg i.Br., Herder, 1908,8», VI-Ì66 p. M.10.
Oranderatli Th. S. 1. C. Klrscli S. 1.
Hiatoire du Concile du VaUcandepuim «0
première annonce juaq*à aa prorogalion
d'aprèslea documenta afUhentiqme», Tc*-
duit de l'dllemaad par des religieox d« la
m£me Compagnie. Tome premier. Priiiani-
naire du Conoile. Bruxellee, l>ewit, liX»,
8% XIV.269 p. Cfr. Ci». CaU., 1904. 3» Sii ;
4» 65.
Dnlir B. S. £. I Gesuiti, favole e loggc«de
(Jesuiten-Fabeln). Versione italiana sulla
quarta ed. tedesca di G. Bruscoli. FireojEe,
lib. ed. fiorentina, 1908, 16% 402; 448 p.
L. «. Gfr. de. CoU. 16, 11 (t8ft4> 70.
Valle L. sac. Il seminario vescovile di
Fama dalla sua fomdaeione all'anno 1902.
PavU, Arti^rianelli, 1907, 8», 276 p.
Valle L. sac. U giansenismo aW^anieer-
eàtà di Pavia nell'uUiwao quarto del ee-
oofo XVIII. (Bstr. Ossero, catt. «330 i»-
vembre 1907). Milano, tip. « Osservatore cat^
toiioo» 1907, 24», 24p.
Boni A. !/« chiesa di S. Andrea della
VaOe, Confcrenta letta «U'aseociaxione ar-
oheolofica roauna. Rotaa. Filiuani, 1«8,
8«, 32 p.
Calleja Behamlnl H. Coina and Medals
òf the KnigMs of Malta. London, Byre and
Spottiswoode, 19W, 8s M2 P<
roulla Ih Au jour le jour. Notes «t aoo-
y^mite d'un voyageor. Paris, Téqai, 1908,
16*, 348 p. Fr. S.QO.
Elchard'B L. Cowìpreheneive Geography
of the Chineae Empire and Dependencies.
Translated into English, revised and en-
Iwged by M. Kwowll-v S. L Shanghai, T'u-
seve! press, 1908, «•, XVU1.71I p. Fr. 16,
Agr^ograiSa é hiOffraAm.
HloiLl U. Il culto delle reHquie nètta
Chiesa cattolica. Sue -origini. Suo sotlwp-
PERVENUTE ALLA DIREZIONE
639
po. Suo stato attuale. Studio storico-critico.
Torino, P. Marietti, 1908, 16% 368 p. L. «.50.
BlTlBta storica benedettiiia. Santa
Francesca Romana nella storia e nell'arie
(«348-1908). Scritti vari pubblicati nel IH cen-
tenario dalla canonizzazione. (Con venticin-
que incisioni j. Roma, (29 maggio 1608 —
20 maggio 1908) Santa Maria Nuova 1908, 8%
«DO p. L. 4.60.
Valle L. sac. Bartolommeo Botta, prète
pavese del secolo XVI. Pavia, Artigianelli
1007, 16*, U p. (Bsaurìtoì.
De Lescure M. Le comte Joseph de Mai-
sire et sa famille, Études et portraits poli-
ti ques et littéraires. Novelle édition. Paris,
Téqui, 1908, 16«, 4» p. Fr. 3.50.
Canon Sclimlts E mona. Life ofPius X.
Illustrated. Ry special arrangement the ro-
yally accruing from the sale- of this work
shall be presented to His Holiness Pope
Plus X as Peler's Pence. New York, The
American catholic pubblication society, 8*,
XVI444 p.
Rettore.
amndrlsi einer Methodologie der Gei-
stpswissenschaften roit besonderer BerQck-
sichtigung der Po8tik. Wien, Manz, 1908, 8«,
1V.«>4 p.
ChanrailZ A. La renaissance Uttéraire
en France au seiziènie siècle et dans la
première partie du dix septième. Paris, Le-
thielleuz, 8*, XIT428 p.
D'Amico F. S. Cesare Malpica. Contri-
buto alla storia del romanticismo. Salerno,
tip. salernitana, 1908, 16*, 16 p.
SlenUéwlCS E. Quo vadis.., ? Novela de
los tiempos de Nerón. 2* ed. expurgada,
adomada con un grabado. Trad. de B. A-
MEKGUAL precedida da una carta-prologo del
EAo Sr. Card. Spinola arzobispo que fué
de Sevilla, Barcelona, Oili, 1008, R«, Vin-478
p. Pes. 4. Cfr. Civ. Coti., xvn, 10 (1900) 702,
Serena A. Casti lari, Treviso, Buffetti*
1908. 4*. 62 p. L. 1.60. [Poesie].
Myriam Cornelio Massa. Regina dei
mari! Pistoia, tip. Ut. sinibuldiana, 1008,
8», 12 p. L. 0.60. [Carme] A beneficio delP i-
stituto infantile dei cierhi in Milano.
OuercUena P. sac San Luigi Gonsaga.
Dramma storico sacro popolare in 4 atti con
prologo. Treviglio, Messaggi, 1907, 24% 52 p.
Rivolgersi alla Libreria Melerei, Crema.
Calabro G. sac. Due commedie per signo-
rine. Una femmints'a alla prova. — Una
letterata alla moda* Reggio Calabria, Mo-
rello, 1907, 16% 166 p. L. 1.60.
Collana di letture drammatiche, n.« 185.
P. Bbttòli. Fiore barometrico. Commedia
in tre atti. — Il disordinato. Fai sa in un
atto ridotta p^r soli uomini da G. F. Roma,
Salesiana, 24», 1907, 94 p. L. 0.40.
Oratoria.
8. Francesco di Sales. Del metodo di
ben predicare. Lettera a mons. A. Frémioi
arciv. di Bourges. Siena, S. Bernardino,
1908, 16», 48 p. L. 0.40.
Meyenberff A. can. Erg&nsmngsiverk*
Serica tnematica: Erster Band. Religióse
Grundfragen. {HomiUtische und KatechC'
tische Studien), Lusern, RKber, 1908, 8*,
XU-666 p.
Scotton A. mons. Corso completo di co-
techismi secondo la m^nte del S. Pcidre.
Parte prima. Il Simbolo apostolico. Bre-
ganze, tip. della «Riscossa», 1907, 8«, lY-
604 p.
BoBlo O. A. 1 fatti di Lourdes e la
soienea moderna. Tre conferenze recitate a
Treviso nel triduo solenne 9, 10 e 11 feb-
braio 1908. Treviso, Cooperativa, 16*. 104 p.
L. 1. Rivolgersi all'autore, via Convertite 2,
Treviso,
Rampano A. can. Panegirici, Padova,
tip. seminario, 1908, 16*, XXIV-206 p.
L. iJM.
Feireres O. B S. I. Panegirico della Im-
macolata Conceeione, tradotto da D. Luioi
BuB^i. Torino, P. Marietti, 1906, 24*, 60 p.
L. 0.60.
Cipriano da Mapoll, c«pp. L'Immooo-
kUa Concesione di Maria, Discorso. Bene-
vento, D'Alessandro, 1906, 8*, 20 p.
Rossi O. B. mons. Noetra Signora di
Lourdes. Diseorsi. Piacenza, Solari, 190&.
10(, Vin-188 p. L. 3.
JLatiiir« pie.
Rette A. Dal diavolo a Dio. Storia di
una conversione con prefazione di F. 4 op-
PÉB. Versione di L. Cassis. Treviso, Buf-
fetU, 1908, 16«, XV1-1H6 p. L. 2. Cfr. Ci9,
CaU. 1907, 3, 458.
Gli oratorll maschili festivi. Remini-
scenze vecchie e fatti nuovi. ^ ed. ampliata.
Monza, Artigianelli, 1908, 24«, 136 p. L.0.40.
Mioni U. S. Servolo, ossia il sesto e il
nono comandamento Torino, Letture cattoli-
che, 1908, 24«, 96 p. L. 0.20.
Foradada F. S. I. Los apóstoles del Sc^
grado Coraeon de Jesus en Filipinas 1908,
Manila, 8^, 14 p.
Snell R. Le livre de l'action, Paris, 1908,
Téqui, 16» X-128 p. Fr. 1.
BOBSnet. Doctrine spiritueUe. Extraite^de
6*0
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
ses oeuvres. Qualrième ed. Paris, Téqui,
1908, 16% XXIV-482 p. Fr. J.
De Qonnelieu P. De la prèaence de Dieu
qui renferme tous lea principeB de la vie
intérieure. S.ème ed. Paris, Téqui. 1908, U%
VIir-156 p.
Meditazioni e soliloquii di Sant'Agostino
roll*aii:giunta delle meditazioni di Sant'An-
selmo, di S. Bernardo e delle contempla-
zioni del Santo e dell* idiota. Tradotto dal
testo latino. Torino, libreria del S. Cuore,
1908, 16-. 3U p. L. 1.60.
Watrlgant H. S. L Bibliographie dee
recentea publications sur lea exercicea api-
rituela et aur lea retraitea (1904-1907) (Ett4^
dea et documenta n. 12). Enghien, rue dea
Auguslins 3, 1907 8», 42 p.
Fernandez Garda M. O. P. M. Mentia
in Dàum quotidiana elevatio duce doctore
subii li ac mariano B. Joanne DunB Scoto
O. F. M. Ad Glaras Aquas (Quaracchi) S.
Bonaventura, 1907, 16% XCVI.4«4 p.
Valenti J. I. Octavario à la Inmaoulada.
(Meditazioni] Palma de Mallorca, Amengual,
1908. 122 p.
Bourgeols, O. P. La Vierge Marie. My-
stères de sa prédestination et de sa vie.
Paria, Lecoffre, 1908. 16o, Vlll^2 p. Fr. 8,50.
Fanfanl L. O. P. Il Rosario. Storia, le-
gislazione, pratiche. Manuale utilissimo per
i direttori della confraternita del Rosario e
per gli ascritti alla medesima. Roma, Des-
clée, 1908, 16», VI1I-24S p. L. 2.
SlnopoU di Giunta G. P. sae. Al aactr-
dote cattolico. Noace teipaum. Massime e sen-
tenr^e per ogni giorno dell'anno offerte ai
sacerdoti cattolici. Acireale, tip. orario delle
ferrovie, 1907, 2i», 230 p. p. L. 1. Vendibili
all'Oratorio dei PP. Filippini di Acireale.
Elzzl A. pan*. L^amico del chierico, ossia
brevi e salutari avvisi al giovane che aspira
al sacerdozio. 3* ed. con giunte e ritocchi.
MUano, Ghirlanda. 1907, 16% X1M40 p.
L. 0,50. Cfr. Civ. Catt, XV, 10 (1894) 341.
Nouet G. S. I. MeditcMioni aopra la
frita di Geaù Cristo per tutti i giorni del-
l'anno. Versione dal francese. II ed. Mi-
lano, Bfajocchi, 1907, 24% voli. 5 di circa
1600 p. L. 6.
P. Ludovico de los Sagrados Corazones
carm. desc. El Nino Jeaua de Praga. Devo-
cionario para uso de las almas devotas.
Barcelona, Gili, 1907, 16», 256 p. Pes. 2.
Gemme cristiane, n." 1. La ntia patria.
Macerata, Unione tip. catt., 24«, 32 p.
A. 0. Aapircutioni a Cfeaù, Maria, Gt«-
aeppe. Milano, S. Lega Eucaristica, 1906,
24% 64 p.
Bulgarelll C. sac. Il giglio e la rosa.
Novene su parole dei santi evangeli in onore
di Orsù e di Maria offerte particolarmente
alla gioventù colta. Modena, tip. deirimm.
Concezione, 1908, 16», 176 p. L. 1, presso
l'autore in Latirano (Firenze).
Svegliarino mensile delle madri cri-
stiane. Modena, S. Bartolomeo. Prezzo di
associazione L. 0.40 all'anno ; per copie 10
L. 3.50 ; per copie 27 L. 7 ; per copie 50
L. 13 ; per copie 100 L. 25.
IPeriodìci.
Milano sacro, ossia stato del clero della
città e diocesi di Milano pel 1906. lAnno
CXLVIll). Milano, Agnelli, 16% XX-384 p.
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annuaire pour 1908 (6* année). Chang-Hai,
impr. de la Mission cuthol., 1907, i6*, 256 p.
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Les questione eccléslastlques. Revue
mensuelle publiée par des professeurs des-
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Civiltà Cattolica, 1907. Opuscolo di difTusione di pagine 24. L. 0,25.
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— Il Nemico d'Italia. (L'anticlericalismo), Roma', tivùtà Cattolica. 1907,
Ui'ie di pagine IX-19Ì. L. 1.
— La Guerra al Catechismo. Roma, Civiltà Cattolica, 1908. Opuscolo di
. diffusione di pagine 24. L. 0,05.
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— VOnnipn-tenza del Giornalismo. Roma, Civiltà Cattolica, 1908. Opu-
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ROSA ENRICO S. I. — Domma e critica di Edoardo Leroy. Roma, Civiltà
Cattai ica, 1907. Opuscolo in -8 di pagine 24. L. 0,25.
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ci vii fa Cattolica, 1907. Opuscolo in 16 di pagine 36, terza ediz. L. 0,20.
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Quaderno IjSó* 21 marzo 1908.
La
Civiltà Cattolica
Btaius populus cuius Dominus Deus eius,
(Ps. 143. »>).
Anno 59^-1908 -vol. i.
INDICE DI QUESTO QUADERNO
1. Il « Veto » nel Conclave Pag. M
2. Il Modernismo teologico e 11 Concilio Vatioino » éé2
3. Il teatro in JtaUa » 681
4. Donna antica e donna nnova. Scéné ài domani --^^. Un anno dopo . » é92
5. Ascetica classica e solida pietà » 704
6. Apostolo 0 apostata? A proposito di A. Lolsy e della sua scuola . » 708
7. Bibliografia. Biblioteche; racconti; potsii; drammi; Utter atura; storia, » 713
Brecheamacher J. K. 714. - CaUbrò G. 717. - Carducci G. 711. - Charles I. 714.
Chiesi L. 7i8. - Colajori V. M. 716. - Debout J. 717. - De Lyris J. 713. - Ga-
brielli A. 720, - Giorni C. 719. - Graaiani P. 7*3. - Martina M. 719. - Massa M. C.
716. - Montanari A. 720. - Montesano T. 718. - Neg^i G. 731. - Pittahiga G.
721. - Pansini P. 719. • Putellt S, 733. - Veuillot. Fr. 715. - Veuillot L. 722. -,
Vigo P. 7*3,
8. Scienze naturali. Le case gigantesche delle città americane .... » 725
9. Cose romane ...» 73^
10. Cose italiane » 740
11. Notizie generali di cose straniere » 747
12. Stati-Uniti. Nostra Corrispondenia » 748
13. Cina. Nostra Corrispondenza » 753
14. L'OYO pasquale per le povere monache d'Italia » 760
15. Per rObolo di S. Pietro. Avx'ertmia » ivi
16. '* '«re pervenute alla Direzione . . . * » 671
17. ..«dice delle materie contenute nel voi. 1, 1908 » 764
ROMA
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II Beato Bernardino da Feltre
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Un voi. di pag. 198, L. 2
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U QUESTIONE SOCIALE
E LA QUISTIONB RELIGIOSA
Traduzione dal francese
del P. Stefano Ignudi
Seconda Ediz. Un voi. di pag. 460, L. 2
WASMAN ENRICO
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NEL REQNO ANIMALE
Contributo oritioo della zoologia moderna
\ersione italiana
sulla terza edizione tedesca
di Antonio Boni
Un voi. di pag. 376, L. 4
AQUILANTE BERNARDlNUS
FLORILEGIUM SPIRITUALE
Un voi. di pag. 128, L. 0,75
BREHlER LOUIS
LE BASILICHE CRISTIANE
Dalla ter7a edizione ft'aneese
(CoU. Scienza e BeUgione, N. 51)
CALDERONI can. prof. GIUSEPPE
LE FUNZIONI
DELLA SETTIMANA SANTA
OSSIA
Discorsi per Tesposizione delle Qua-
rant'ore — per Vagonìa di N. S. G. —
via Crucis — Bacio del Cristo Morto —
Terea edieione
riveduta ed aumentata dalV Autore
Un voi. di pag. 160, L. 1,60
CAMERA can. NICOLA
Saggio di filosofìa comparata
intorno al sistemi di protolosU
Un voi. di pag. 25?2, L. 3,50
FERRERES P. GIOV. B.
LA COMUNIONE
FREQUENTE E QUOTIDIANA
COMMENTO CANONICO MORALE
DEL DECRETO
Saora Trldeidina Synodus
Un voi. di pag. 144, L. 1
GENNARI Card. CASIMIRO
BREVE "commento
DELLA
Nuova legge sugli sponsali
e sul matrimonio
Edizione terza
con considerevoii giunge e corre-zioni
Un voL di pag. 64, L. 0.90
LEONE prof. NICOLA
ESERCIZI ^IRITUALI
(Conferenze)
Un volume di pagine 144, L. 1,50
STROWSKI FORTUNAT
SAINT FRANCOIS DE SALES
(La pensée chrétienne)
Un voi. di pag. 368, L. 3,50
ZUALDI FELIX
Caeremoniale Missae privatae
EDITIO SBPTIMA LATINA
EMENDATA
ET ADNOTATIONIBUS AUCTA
Un voi. di pag. 230, L. 1
^ frSfcir
IL " VETO „ NEL CONCLAVE
Quest'è l'argomento di un nuovo e pregevole studio
intrapreso dal eh. sig. Alessandro Eisler e da Jui condotto
con ampia conoscenza della letteratura relativa e su pro-
fonde e decisive ricerche d'archivio *.
Quale è in realtà il carattere giuridico del veto, che frap-
posero talvolta gli Stati cattolici nell'elezione del Papa? È
questo un diritto o un abuso? E in particolare, sono ancora
sostenibili quelle teorie, pure oggi difese da alcuni, le quali
giudicano legittimo il veto, sia a cagione di scambievoli ac-
cordi fra Chiesa e Stato, sia per l'esercizio fattone con lunga
consuetudine, sia finalmente per la prescrizione acquisitiva
compiutasi a favore di questo o quello Stato particolare f
(p. 253). L'autore giunge alla conclusione che qui < non
si tratta per nulla di rapporto giuridico, ma solo della conse-
guenza di un materiale uso di potere, la quale, appunto per-
chè priva di tutti gli elementi costitutivi del diritto, non può
affatto acconciarsi al letto di Procuste d'una determinata
forma giuridica » (ibid.) e, più precisamente, « non vediamo
qui alcun fatto giuridico, ma solo un uso materiale della
potenza dello Stato determinato da interessi meramente
politici » (p. 255 e seg.).
A ragione l'autore insiste sulla necessità di porre in
chiaro anzitutto l'origine storica del veto per preparare così
il vero fondamento d'un giudizio giuridico-ecclesiastico-
Quanto egregiamente egli vi soddisfaccia lo mostrano le ricche
allegazioni letterarie, le interessanti notizie archivistiche e i
52 documenti pubblicati in appendice ; di modo che gli è riu-
* Dr. ALEXA.NDER EiSLER, k.k. Gerichtsadjunkt, Das Veto der katholfschen
Staaten bei der Papstwahl, seit dem Ende dea 16, Jahrhunderts, Mit
BenUtzung von unpublizirten Akten aus romischen ArchiTen und dem k. u. k.
Haus-, Hof-und Staatsarchiv in Wien. Wien, Manz, 1907, in 8» p. X 1-362.
1908. voi. 1, fase, 1386. 41 11 marzo 1908.
642 IL « VETO >
scito di porre in chiarissima luce molti punti di non lieve im-
portanza. Alla trattazione propriamente giuridica (5* sezione
p. 251-290) premette, distinta in quattro sezioni, una parte in-
troduttoria nella quale traccia la storia dell'elezione dei papi
e della legislazione relativa in quanto concerne l'intelligenza
del veto, di cui si chiariscono le singole fasi dell'evoluzione
con dovizia di documenti desunti dalle fonti manoscritte e
stampate.
I.
Il veto è un episodio della lotta che ebbe principio nel
secolo XI, in forza di mutate scambievoli relazioni poli-
tiche, tra r aspirare dello Stato a un' ingerenza nell'elezione
dei Pontefici e la difesa dell'avita libertà da parte della
Chiesa (p. 5). Se il vescovo di Roma è il capo della Chiesa
intiera, la sua posizione giuridica dipende però dalla le^t-
timità della sua elezione « e questa legittimità è già conse-
guita, se la collazione della sede episcopale romana come
negozio puramente ecclesiastico {res mere spirituali8\ corri-
sponde alle prescrizioni della legislazione canonica» (p. 7), al
cui valore però è essenzialmente necessario < che essa derivi
dall'autorità in ciò legittimamente competente, la quale,
poiché qui si tratta di un diritto segnatamente ecclesiastico,
sempre e in qualsiasi circostanza non può essere che la
Chiesa » (p. 7). Quest'è il principio evidente, sul quale non
sarà mai troppo l'insistere, assunto con ogni ragione dall'au-
tore come norma suprema delle sue indagini.
Riguardo alla piii antica forma dell' ingerenza dello Stato
nell'elezione, quale l'imperiale diritto di conferma, l'autore
fa notare assai giustamente, che questo non è affatto una
conseguenza della podestà terrena insita nella sovranità na-
zionale tedesca dell'Imperatore, ma deve solo intendersi
quale diritto o privilegio a lui concesso dai Papi come a
temporale protettore della Chiesa, liberalmente, sì, ma in
modo da non appartenere agli Imperatori come tali per mo-
NEL CONCLAVE 643
dum legis, sì bene ai singoli imperanti adpersonam, e con tali
cautele da non scemarne per nulla in pratica la libertà della
elezione. Ed anche di questo limitatissimo diritto non si
fa parola dopo il concordato di Worms *.
IL
Il terreno al veto fu già remotamente preparato dalle
leggi stabilite da Nicolò II e da Alessandro III per la ele-
zione papale. Infatti avendola Nicolò II posta nelle mani
dei cardinali, o più propriamente dei cardinali vescovi, di-
veniva possibile anche una elezione fuori di Roma. Quando
poi Alessandro III la aflBdò all'intero collegio cardinalizio,
non richiedendo più Vassensus del resto del clero e dei fedeli
di Roma, l'elezione del Papa fu interamente svincolata dalla
sede locale di Roma e si aprì la via alla rappresentanza in-
ternazionale del collegio cardinalizio. Ma con questo stesso
fu posto il fondamento di quella evoluzione, « per la quale,
dopo un tempo relativamente breve di perfetta libertà,
nella elezione pontificia, si spalancò la porta a quella mala
forza dello Stato su la Sede romana, che produsse aper-
tamente i suoi frutti nella captività d'Avignone, che
ne fu la forma più acuta. Indebolita poi cotal ingerenza
da esteriori complicazioni politiche, dopo il ritorno della
Curia nella eterna città, condusse alla formazione di partiti
nazionali nel sacro Collegio^ donde a sua volta^ dopo una
evoluzione di quasi trecent'am^i^ scaturì la forinola del-
Vesclusiva yt^ (p. 18).
Anche la maggioranza dei due terzi, prescritta già da Ales-
sandro III, prestò il destro ad una esclusione propoeta da un
partito: abuso che servì di ponte di passaggio al veto. Già
con la bolla di Gregorio X intorno al conclave era stata
proibita e dichiarata irrita e nulla qualsivoglia intesa o con-
venzione privata che i cardinali potessero stringere fra loro
riguardo alla elezione del Papa. Al qual proposito l'autore
1 P. 9 nota, e p. 18.
64i IL 4C VETO »
meritamente osserva che, quando pure Gregorio X avesse
voluto co' suoi decreti opporsi a una qualche ingerenza dello
Stato, questa non poteva essere che indiretta; e che da una
tale ingerenza nascosta sotto il velo di un contratto di di-
ritto privato non poteva svilupparsi organicamente il veto,
che per sua natura è forma di diritto pubblico (p. 22 e seg.).
Importante per la intelligenza del veto posteriore, della
sua accettazione nel collegio cardinalizio e della sua natura
giuridica è la dichiarazione fatta solennemente nel Concilio
di Vienna da Clemente V, che cioè «i cardinali non avevano
alcun diritto di modificare e tanto meno di abrogare la bolla
di Gregorio X e che il collegio cardinalizio durante la
vacanza della S. Sede non poteva usare della giurisdizione
pontificia se non nei limiti e termini stabiliti da Gre-
gorio X >► (p. 24).
La soggezione del collegio cardinalizio alla nazione fran-
cese durante il tempo di Avignone, come pure le fazioni car-
dinalizie formatesi in seguito allo scisma, offrivano un'altra
occasione alla esclusiva di partito, prodromo del veto, la
quale ebbe poi più largo sviluppo in seguito per il crescere
del numero dei cardinali oltre i 24 stabiliti a Basilea, come
accadde da Sisto IV in poi, fino ad arrivare a 76, quanti
se n'ebbero con Pio IV (p. 30).
Aumentato il numero dei cardinali, e moltiplicatisi con-
seguentemente gli interessi e le ambizioni talora in con-
trasto fra loro, cominciano nei conclavi di quel tempo a
manifestarsi dei particolarismi politici, i quali dapprima as-
sumono carattere nazionale italiano; ma in seguito, es-
sendo il Papato fin da' primordi del secolo XVI divenuto
uno dei fattori politici di prim'ordine, cercano d'intro-
mettersi nella scelta del papa, anche la Francia, la Spagna,
l'Imperatore, tentando dapprima di asservire a' loro inte-
ressi le ambizioni degli Stati minori d'Italia, poi, a partire
dal secolo XVI, procedendo le Corone, come già eran dette,
per loro conto.
Quinc' innanzi il frazionamento politico dei varii Stati si
NEL CONCLAVE 6i5
ripercuote in certa maniera nel conclave, e i vari gruppi dei
cardinali corrispondono alle aspirazioni politiche domi-
nanti nella loro patria « cosicché, distinguendo la storia di
un conclave nei suoi elementi più intimi, vi si può sempre
vedere una imagine della storia universale di quel tempo »
(p. 35).
IH.
Ond'è che l'autore nel « sunto storico dei vari conclavi >
(sez. 1-lV) comincia sempre col delineare lo stato politico
dei singoli tempi, indicando i rappresentanti delle varie cor-
renti politiche nel conclave, affinchè così meglio s'intendano
le varie mosse e situazioni nel processo dell'elezione.
L'autore ci sembra dimostri pienamente (e la cosa è molto
importante per un retto giudizio intorno alle leggi canoniche
dell'elezione, e in particolare per la questione di una proi-
bizione giuridica del veto) che non si può parlare di una
esclusione nel senso del veto prima dei conclavi del 1644 e 1655
e anche in questi solo della sua fase iniziale; mentre fino a
quest'epoca l'ingerenza degli Stati assume sempre la forma
indiretta dell'esclusione di partito. Questa poi non procedeva
in realtà che da' cardinali stessi, e non si presentava mai
come una dichiarazione, fatta con pretese giuridiche, dalla
volontà d'un regnante; né d'altra parte fu proibita espres-
samente prima di Gregorio XV.
De' cardinali * politicanti >►, come si dicevano in Roma,
erano sempre stati fin dal tempo di Avignone. Ma ora
ognuna delle tre maggiori potenze cattoliche ha un vero e
proprio rappresentante nel cardinale della corona, o cardi-
nal protettore, il quale deve formarsi intorno un partito della
corona per condurre in porto nel conclave i disegni del suo
Principe (p. 36, s.). Oltre a questi partiti nazionali comin-
ciano già a delinearsi altre formazioni di partiti minori : di
regola v'é anche il partito del nipote, composto dei cardi-
nali creati dal papa defunto e diretto dal cardinale nepote
di lui. Inoltre, specialmente più tardi quando i papi rinun-
ziarono assolutamente al nepotismo, sorse anche il partito
6*6 IL 4C VETO >
degli zelanti^ o gente di bene o sqtiadron volante (più sempli-
cemente squadronisti) come si dicevano da sé, i quali mira-
vano unicamente al bene della Chiesa e all'osservanza delle
sue leggi. Ogni partito poi aveva il suo capo di fazione che
disponeva ad arbitrio suo dei voti del partito stesso (p. 37).
Ogni sforzo veniva rivolto a formare in favore di
un determinato cardinale la maggioranza dei due terzi pre-
scritta da Alessandro III, cosa difficile e rara; più sovente,
ad impedire che tale maggioranza sì formasse, assicuran-
dosi contro la parte avversa più d'un terzo dei voti; nel
qual caso si aveva appunto rc^dicm^a dipartito, prodromo,
come dicemmo, del veto, e che si vede di sovente adoperala
fino a Gregorio XV (p. 38).
Soltanto la Spagna all'apice della sua potenza, quando
i più dei cardinali erano suoi sudditi o avevano i loro in-
teressi materiali legati a' possessi del dominio apagnuolo,
potè per breve tempo verso la fine del secolo XVI « metter
fuori pretensioni circa il conferimento del trono pontificio,
le quali, essendo destituite d'ogni fondamento giuridico, non
si manifestano che come atti arbitrarii d^un semplice mate-
riale uso di potere ». Essa era abbastanza forte per poter
esercitare una inclusiva (p. 39), cioè almeno presentare
una lista di cardinah, tra i quali certamente uno dovesse
essere eletto. D'altra parte Vesclitsiva di partito si mostrò
abbastanza potente per costringer l'altra parte a venire ge-
neralmente a un compromesso in favore di un candidato
al tutto nuovo sul quale le due parti si accordavano; questo
dicevasi fare il papa. Perciò tutti gli sforzi si appuntavano
comunemente nel creare una minoranza, bastevole ad im-
pedire l'elezione di quel candidato che un dato partito,
ispirato dal suo governo (il quale dava in tal senso l'esclu-
siva), avesse posto nella sua lista nera. E appunto nella
smania di contrastarsi tra loro, che avevano, da una parte
i singoli partiti nazionali, dall'altra il partito nepotista e il
partito zelante, sta la ragione della soverchia dispersione
dei voti e della conseguente lunghezza dei conclavi (p. 40).
NEL CONCLAVE 647
la genere una esclusiva proposta da un regnante, era
tenuta segreta nel principio del conclave; tutt'al più ^
faceva conoscere, pure in segreto ai cardinali. Ma quando
appariva serio il pericolo che il designato riuscisse papa,
allora il cardinale della corona dichiarava pubblicamente
che il suo principe aveva escluso dal pontificato Sua Emi-
nenza N. N. Quando ciò avveniva, il partito già segretamente
guadagnato votava di fatto conforme all'esclusiva, e lo stesso
facevano anche tutti coloro che non volevano porre gli inizii
del nuovo pontificato sotto il cattivo augurio dell'ostilità
d'una grande potenza, o anche coloro ai quali non pia-
ceva avere personalmente nemico il principe. Si aveva
così Veocclusio aperta et pubblica. Anche in questo caso
però alla dichiarazione dell'esclusiva, fatta in nome del
principe, non era attribuita alcuna forza elirainativa (p. 41).
4c Essa, se si voleva praticamente efficace, doveva essere
appoggiata da un partito d'esclitsiva sufficientemente forte >
(p. 42) : e la stessa pubblicità, alla quale si ricorreva sol-
tanto in caso di necessità, non aveva altro scopo che di
aumentare nel senso dichiarato le file del partito di esclu-
sione (p. 42 s.). Un proprio e reale diritto all'osservanza
del veto, non fu riconosciuto prima del sec. XVII ad alcun
principe, molto meno « alla semplice dichiarazione d'e-
sclusiva che lo Stato voleva per un determinato candi-
dato » (p. 42).
Ma il successo faceva i principi sempre più audaci, spe-
cialmente dopo che Gregorio XV con la proibizione delle
inclusioni e esclusioni anche di partito, aveva loro preclusa
la via consueta. < Si comincia a far sempre minor conto del
partito d'esclusione, stato fin qui indispensabile, e a porre al
posto di un'influenza solo effettiva e indiretta una diretta
e formale dichiarazione del volere regale. Senza che s'ele-
vasse da parte del s. Collegio un'aperta e formale protesta,
le corone cominciarono ad attribuirsi una facoltà d'escln-
siva, la quale, essendo diretta e pubblica e indipendente dal
numero di partigiani, come semplice dichiarazione di volontà
648 IL 4C VETO »
di uno Slato, prendeva apparentemente una certa parvenza
giuridica. E quando la forma esteriore di questa pretesa
cominciò a raffermarsi, non andò molto che si fece parola
d'un vero diritto di esclusiva da parte dello Stato, e con
questo veniva già ad apparire il veto formale ». Ciò non av-
venne però che alla fine del sec. XVII (p. 43).
IV.
Tutto ciò è detto dall'autore e confermato con assai
documenti d'archivio e con sodo raziocinio contro l'opi-
nione del SagmilUer \ il quale vorrebbe asserire l'esistenza
d'una formale esclusiva fin verso il 1549.
Né in quell'anno, e neppure nel 1555, fu fatta cono-
scere al Collegio cardinalizio come tale, l'esclusiva voluta
da Carlo V. Lo stesso Filippo II, nonostante la sua inge-
renza senza esempio nei conclavi, non oltrepassò la forma
indiretta, ricorrendo solo all'adunamento di un partito di
esclusione per riuscire nell'esclusione che aveva desiderato.
Lo stesso è a dirsi del conclave del 1559, ove il suo inviato
Vargas non fece conoscere l'esclusione del cardinale dì
Mantova, se non ai cardinali spagnuoli. Ma è da uotare
che anche questa maniera di ingerenza effettiva, non messa
innanzi con pretese giuridiche, ma esercitata solo indiret-
tamente, fu considerata come un vero abuso da molti con-
temporanei, tanto che Filippo II si vide costretto a scon-
fessare il Vargas (p. 52 ss.). Che se in seguito Filippo II,
incoraggiato forse dalla domanda che gli rivolsero in
proposito alcuni cardinali a lui interamente ligi, giunse a
far pubblicamente nota al collegio cardinalizio una lista
dei porporati che gli erano graditi, non è questa un'orga-
nica evoluzione del principio d'esclusiva, ma solo una con-
dizione di cose eccezionalmente mostruosa, la quale spianò
la via al posteriore regolare esercizio del regio veto.
^ Die Papsfwahlen, 182 ss.
NEL CO^'CLAVE 649
Così furono eletti Pio IV e Gregorio XIII, sebbene per
la aperta opposizione di S. Carlo Borromeo la lista non
sia stata mai pubblicata: bastò che se ne conoscesse il
contenuto. Per tutte le successive elezioni fino a Cle-
mente Vili, a Filippo li bastò anche far conoscere al S. Col-
legio la sua lista per mezzo del suo plenipotenziario, il
cardinal Madruzzi (p. 56 ss.)! Nessuna meraviglia che nu-
merose voci abbiano condannato questo modo di procedere
come un abuso vergognoso, anzi simoniaco; ma per quanto
l'agire del Madruzzi sia < il primo esempio d'una pubblica
e ufficiale dichiarazione », esso però « non oltrepassa i li-
miti di una politica d'inclusiva (nel senso dichiarato), seb-
bene spinta fino all'ultimo termine » (p. 57).
Che del resto l'ingerenza di Filippo fosse non giuridica,
ma solo personale, lo mostrano chiaramente oltre al prender
piede in sua vece l'ingerenza francese, gli avvenimenti che
seguirono la morte di lui. Non ostante le più tempestose
proteste della parte spagnuola, venne nel 1605 eletto il
cardinale Medici (Leone XI); e soltanto con un procedere
del tutto violento il cardinale d'Avila potè nel secondo
conclave del 1605 impedire l'elezione del cardinale Ca-
merino.
Ad ogni modo < questi due conclavi rappresentano un
progresso nell'evoluzione dell'esclusiva », in quanto che
in ambedue, sebbene forse tumultuariamente, fu fatta co-
noscere in pubblica forma all'intero collegio cardinalizio
la volontà esplicita di un principe laico. Nel conclave del
1621 il cardinale Aldobrandini voleva anzi costringere « l'in-
viato francese D'Estrée» ad annunziare l'esclusione in
-«nome del Re» (p. 59); ma questo parve all'ambasciatore
un esperimento pericoloso, onde egli non si scostò dalla
vecchia forma. Tuttavia in questo stesso conclave e' è forse
questo di nuovo, che un determinato gruppo di cardinali si
650 IL « VETO >
obbligarono per iscritto a votare contro il Gampora e in fa-
vore del Bagnino o del Ludovisi, il quale ultimo riusci
eletto e prese il nome di Gregorio XV. Ma « qualunque
possa essere stato lo stimolo, l'occasione, rincitamento, che
favorì la influenza allora manifestatasi degli Stati nell'eie
zione de' Papi e procacciò l'imporsi della volontà del po-
tere laico, questo può ben asserirsi con sicurezza, che cioè
prima della pubblicazione della bolla < Aeterni Patria Filius »
di Gregorio XV non avvenne mai ingerenza alcuna nell'ele-
zione sotto l'aspetto di una formale escltisiva » (p. 62).
Perciò questa stessa Bolla non poteva avere di mira
la formale esclusiva, e le inclusiones ed exclusiones, quivi
condannate non possono essere che le consuete esclusioni
di partito, le quali appunto dopo la loro condanna cessano
del tutto (p. 62 ss.). Ma appunto per ciò, che non erano
oramai più possìbili le esclusioni di partito, se Y influenza
nelle elezioni papali doveva ancora venire efficacemente eser-
citata dalle potenze, bisognava che essa assumesse una
nuova forma, che fu trovala appunto nell'* aperta esclu-
sione > fp. 62 ss.).
La maggior parte dei cardinali s'erano mostrati assai
remissivi di fronte a queste ingerenze del potere laico ; non
così i Papi, per ufficio più stremi difensori della libertà
d'elezione. Giulio 11 dichiarò nulla l'elezione simoniaca;
Paolo IV fulminava gravi pene contro la simonia palliata
e le trattative d'elezione vivente il Papa. Pio IV, il quale
mirava al positivo, confermò tutte le bolle precedenti da
Alessandro 111 a Giulio li, ma tacque di quella poco pra-
tica di Paolo IV, e inoltre egli condusse a termine il regola-
mento del conclave cominciato da Gregorio X, Clemente V e
Clemente VI. In questo non combatte direttamente il potere
laico, perchè sarebbe stata cosa poco efficace, ma si sforza
di parlare alla coscienza dei cardinali. Senza proibire espres-
samente ch'essi trattino coi conclavisti, vieta però loro ogni
relazione col mondo esteriore ed in maniera speciale di
far conoscere fuori del conclave le votazioni, o il proba-
NEL CONCLAVE 65J
bile risultato dell'elezione: delle intercessiones principum
essi non debbono fare alcun caso.
Se con tutto ciò nei conclavi successivi Filippo II pre-
sentò la sua lista, anche allora però si osservarono le forme
esteriori di una elezione veramente canonica, e d'altra parte
per tre volte riuscì eletto un ottimo papa dopo una bre-
vissima vacanza della S. Sede. Ad ogni modo i nuovi di-
sordini e specialmente le indiisiones ed excltisiones dei di-
versi partiti cardinalizi, le quali avevano oltrepassato ogni
misura, resero necessarii nuovi ordinamenti. E per togliere
radicalmente ogni nerbo ai disordini, Gregorio XV proibì
espressamente le inclusioni ed esclusioni, nominatamente
poi le convenzionali e le scritte; e per rendere direttamente
impossibile ai capi di /a^jione dì sorvegliare reiezione, pre-
scrisse la votazione segreta (p. 76).
VI.
Poiché ormai agli Stati era preclusa la maniera fin qui
usata d' influire nel conclave, essi ricorsero alla via direWa
deW esclusiva regia. « Un passo decisivo in questo senso fu
dato dalla Spagna... in occasione dei conclavi donde usci-
rono Innocenzo X (1644) e Alessandro VII (1655) > (p. 88).
E che quivi apparissero i primi inizii di una nuova
forma, l'esclusiva regia, è dimostrato non solo dalla stona
di questi conclavi, ma anche dalla circostanza, che proprio
essi diedero origine a una notevole e ricca letteratura ma-
noscritta intorno ai conclavi, la quale giunge nel suo ulte-
riore sviluppo fino al 1774 e tratta appunto di questa
nuova forma dell'ingerenza de' governi. Però anche in que-
sti due conclavi l'esclusiva regia, poiché praticamente non
si stimava ancora di sufficiente efficacia (p. 116 ss.), s'accom-
pagna con la forma di esclusione di voti; era detta esclu-
siva aperta, se si poteva fare assegnamento fin da princi-
pio sopra un sufficiente partito di esclusione; dicevasi invece
esclusiva coperta nel caso contrario, e allora si faceva nota
652 IL « VETO »
in principio solo ai cardinali nazionali (p. 138). Ciò nono-
stante in ambedue i conclavi la volontà regia venne pre-
sentala realmente, esigendo che se ne avesse diretto ri-
guardo. È però da notare che nel conclave del 1644 il con-
fessore P. Valentini non parlò ancora di un vero diritto
da osservare, ma solo fece notare che il candidato « doveva
essere accetto a tutti i principi > ; in quello del 1655 tanto il De
Lugo quanto più tardi lo spagnuolo Adarzo, nonostante che
i principi accampassero reali pretese, parlarono soltanto di ri-
mostranze dei principi sopra « i disordini che sarebbero po-
tuti derivare da una elezione sconvenevole > ed il De Lugo,
non osò insistere * sul paragone col giuspatronato dal quale
logicamente si sarebbe dedotto un vero diritto dei prin-
cipi » (p. 128 ss.).
Il Lugo, come anche T Adarzo e il Medici, di cui il
Wahrmund erroneamente attribuisce lo scritto al De Lugo
(p. 123 e 129), i quali del resto non sono altro che mem-
bri del partito spagnuolo, e non, come il Wahrmund egual-
mente crede « le sfere ecclesiastiche in genere 5>, quando di-
fendono la liceità dell'esclusiva, lo fanno perchè non hanno
compreso il vero carattere di questa ingerenza, che assu-
meva ormai pretese giuridiche (p. 128 e 134); mentre lo
scritto del card. Albizzi, il quale solo mostra aver ben com-
preso la realtà, (p. 134), contiene già una energica protesta
da parte del s. Collegio contro quella nuova forma di inge-
renza laica, proprio nel primo momento del suo manifestarsi,
protesta che impedisce fin d'ora il suo trasformarsi in di-
ritto consuetudinario (p. 136).
VII.
Intorno allo svolgimento dell'esclusione tra il 1666 ed
il 1775, l'autore parla diffusamente, illustrandolo tanto dal
lato storico quanto dal teoretico (p. 141-212); ma qui ne
daremo solo il compendio che leggesi a p. 211 e seguenti,
con le sue stesse parole.
NEL CONCLAVE 653
« Negli ultimi conclavi del sec, XVII la cooperazione
dei partiti formatisi nel sacro Collegio era ancora necessaria
per ottenere l'intento deiresclusione, richiesta dalla vo-
lontà regia espressamente manifestata. Quindi i voti dei
singoli aderenti al partito di questa esclusione riusci-
vano ad ottenere un corrispondente risultamento di fatto
eziandio nella votazione di scrutinio; anzi in molti casi la
stessa dichiarazione dell'esclusione dipendeva dalla condi-
zione che fosse già preparato un partito sufficientemente
forte per condurla ad un positivo successo. Questo avanzo
dell'antica esclusione di partito scompare poi del tutto con
l'apparire dell'assoluta dichiarazione della volontà d'un
principe laico, fin dai primi conclavi del sec, XVIIL
< Allora per la prima volta si riscontra anche nella let-
teratura l'espressione diritto d'esclusiva, la quale viene
quinc'innanzi confermata e consacrata nell'uso, tanto da
quegli scrittori che ne difendevano la forza giuridica, quanto
da coloro che nel preteso diritto d'esclusiva non iscor-
gevano se non un semplice abuso d'ingerenza da parte
degli Stati. Ma quanto più le potenze metton fuori pretese
d' ingerenza nell' elezione con la forma propria deìVesclusiva
ormai considerata come un vero diritto, tanto piti rara e
circospetta ne diviene V applicazione^ e questo appunto jperc/iè
ormai sempre meglio si riconosce essere la forza violenta di
questo diritto d'esclusiva chiaramente opposta alla libertà
d'elezione del collegio cardinalizio; essa infatti appare spo-
gliata della veste di esclusione di partito che prima la na-
scondeva. Perocché, mentre l' esclusione di partito rimaneva
cosa interna del sacro Collegio, originata da trattative eletto-
raU fra i cardinali stessi, l'esclusiva invece fin da prin-
cipio, benché in apparenza somigliasse all'esclusione, era
però portata dal di fuori nel conclave. Se dunque l'esclu-
sione, finché Gregorio XV non la tolse di mezzo, conser-
vava tuttavia per lo meno l'apparenza d'una conformità
con lo spirito della legge canonica, cotale apparenza non
si poteva certo in alcun modo far valere per l'esclusiva
degli Stati,
65i IL « VETO »
« Ma la legislazione ecclesiastica non si rimase indiffe-
rente a questa nuova forma che l'esclusiva andava pren-
dendo; e già nella prima metà del sec. XVIII, Clemente Xll
pubblicò la sua bolla per l' elezione, che qualificava e con-
dannava l'esclusiva per un grave abuso, per un privilegio
inammissibile e contrario al diritto » (p. 211 sg.).
Questo punto infatti è chiarito perfettamente dall'au-
tore contro il Wahrmund, con la prova inoppugnabile del
protocollo della congregazione che preparò la bolla di Cle-
mente XIL Di straordinaria importanza è la ragione ma-
nifestata nel protocollo stesso, per la quale non si potè intro-
durre nella bolla un espresso divieto dell'esclusiva : « la gran
delicatezza di questa materia (così alla lettera il verbale!
ne pure permette di autenticare in tal modo la prova del-
l'uso di essa in fatto, sì ancora perchè nel pubblicarsi la nuova
bolla con tal provvedimento si ecciterebbe verisimil mente
un gravissimo disturbo con le corone > (p. 195) '.
* Infine, quanto al valore della letteratura di que-
st'epoca, si potrebbe ripetere quel che fu già detto nella se^
zìone antecedente. Neil' esposizione dei fatti, come nella va-
lutazione giuridica del modo di agire e delle loro eonse^
guenze, hanno forza dimostrativa soltanto quegli scritti, che
si fondano sul concetto della illiceità delV e8clu»iffa e che
negano il suo carattere giuridico.
* Tutti i difensori dell'opinione contraria, per giustificare
il loro modo di vedere, sono costretti a falsare o a pal-
liare la realtà^ sia a ragion veduta, sia anche in buona fede
e per ignoranza degli antefatti storici. E questo se vale dei
trattati, anche solo manoscritti, che si conservano in Ro-
ma stessa, a maggior ragione deve dirsi delle opere stam-
pate nei paesi tedeschi.
« Inoltre tutti codesti lavori si fanno notare per la loro
composizione prolissa, secondo il gusto del loro tempo, e
spoglia al tutto di ogni critica storica; sotto il qual rispetto
^ li testo del protocollo è riferito nelle Appendici in fine del volume
a p. 237.
NEL CONCLAVE 655
fa solo eccezione lo studio, ultimo in ordine di tempo, ap-
parso al tempo del conclave del 1775.
« Questo trattato, il quale combatte con la massima
forza V ammissibilità delV esclusiva, è V unico che anche oggi
possa vantare un valore giuridico, e la cui argomentazione si
mostri punto per punto profondamente logica e pienamente
corrispondente alla realtà delle cose.
« E sarà bene notare che tutte le obbiezioni messe in
campo dall'autore di questo scritto del 1775 contro l'esclu-
siva, conservano anche pel tempo presente intera e intatta
la loro forza giuridica; poiché tutti i mutamenti subiti da
allora in poi dalla Chiesa, non possono avere influito che
sul lato temporale della potestà dei Papi e della legisla-
zione di Curia; ma il lato spirituale della Chiesa stessa non
fu tocco affatto e non lo sarà giammai, poiché nessuna
potenza temporale potrà mai in verun modo innestarvi
qualcosa di suo » (p. 212).
Di tutta la storia dei conclavi del secolo XVIII, i più
dei quali furono tenuti sotto la pressione incessante di
esclusive o realmente date o solo temute, non ha per noi
importanza se non la Bolla di Pio IX data il 23 agosto
1871, la quale, come l'autore dimostra contro Lucius
Lector (p. 248 ss.), combatte energicamente ogni maniera
di ingerenza dello Stato, anche se non esercitata espressa-
mente nella forma d'esclusiva.
Vili.
Riguardo al valore giuridico del veto, di cui si tratta nella V
e ultima sezione (p. 253-289), diremo brevemente. L'esclusiva
può, caso maiy essere una prova della potenza di uno Stato,
ma essa non è per nulla un diritto. Già fin dal tempo di Cle-
mente Vili, la commissione di teologi da lui istituita qualifi-
cava come conculcazione dei canoni la maniera di ingerenza
esercitata da Filippo II (p. 256). Questi dovette udire una
risposta ben poco favorevole ai suoi disegni dai teologi da lui
656 IL « VETO >
interrogali, il domenicano Valencia e il gesuita de Acosta : solo
una terza commissione costituita da due laici e due ecclesia-
stici, si espresse, sotto Filippo III in una maniera a lui favo-
revole. « Se mai la commissione di Filippo III si fosse limi-
tata a concedere semplicemente al re cattolico una specie
d'intervento oflBcioso sotto forma di un amichevole richiamo
all'adunanza del sacro Collegio, la Curia sarebbe stata
pronta a tollerare cotale ingerenza da parte della Spa-
gna, quale prima potenza cattolica di quel tempo (p. 257).
Ma posto così il fatto, vi si oppose praticamente il conclave e
teoreticamente il card. Albizzi nel suo lodato scritto, il quale
combattè acremente l'intervento spagnuolo; mentre il De
Lugo 4c inventò pei cardinali elettori la responsabilità morale
del pericolo in cui avrebbero precipitata la Chiesa con una
elezione inconsiderata » (p. 258). Il De Lugo dunque non
riconobbe alcun diritto degli Stati all'esclusione, solo do-
mandava « agli elettori un prudente riguardo a uno Stato
il quale poteva mettere in opera la sua volontà anche
sotto la forma di tristi rappresaglie » (p. 258), le quali,
come anche noi sappiamo, non rimanevano sempre pure
minacce (vedi p. 97 nota). Forse a discolpa del De Lugo, e
anche a sua confutazione, si potrebbe aggiungere, che una
volta presupposto l'ostinato volere d'una potenza laica, il
cedere era per sé e in sé il miglior partito : ma certo avreb-
bero fatto meglio i cardinaU ad adoperare il loro credito
presso i principi, per allontanarli quanto più potessero dal
portar nel tempio le cupide vele.
Pertanto questa teoria medesima, nella sua forma di pas-
saggio all'esclusiva, fu adottata eziandio da Luigi XIV e ri-
mase l'unica, finché dopo circa 100 anni, essendo ormai
stabilita pienamente l'esclusiva regia, si pensò a giustifi-
carla. Vale a dire la parte tedesca mise innanzi la teoria
cesarea^ la quale, esclusa la Francia e la Spagna, al solo
imperatore per la sua dignità di protettore della Chiesa,
faceva lecito di escludere dalla tiara con parola autorevole
qualunque candidato egli volesse; come se l'imperatore
NEL CONCLAVE 657
in forza della sua dignità avesse su la Chiesa qualche
altro diritto oltre quelli che la Chiesa stessa gli aveva con-
cessi, fra i quali l'esclusiva non si trovava davvero.
I fautori della teoria del diritto di natura attribuivano
l'esclusiva ad ogni sovrano di Stato, in quanto ognuno poteva
impedire un'elezione pericolosa a sé e alla sua politica; ne fa-
cevano dunque una specie di legittima difesa. « Non occorre
spender parole per dimostrare l'insostenibilità d'una tale
teoria, la quale per una smoderata estensione del diritto
dello Stato alla sua autodifesa, non può che condurre a un
grave danno del bene della Chiesa, alla cessazione com-
pleta dell'indipendenza della S. Sede, e della sovranità di
chi ne venga investito » (p. 260).
IX.
Tali sono i tentativi di dare un fondamento giuridico al-
l'esclusiva fino alla metà del sec. XIX. 11 successivo pro-
gresso del metodo storico anche nelle scienze giuridiche
condusse a una duplice sentenza in questa materia: alcuni,
e tra questi l'autore, dichiarano ch'essa non è se non un
abuso sfornito d'ogni carattere giuridico, un materiale uso
di potere da parte dello Stato: altri invece credono di po-
terla concepire come un diritto acquisito dallo Stato, sia per
convenzione, sia per consuetudine o legittima prescrizione.
Ma non si può in primo luogo parlare di diritto con-
venzionale in questo senso, che la Chiesa abbia concesso
allo Stato il diritto dell'esclusiva, e lo Stato abbia rinun-
ziato alla Chiesa il diritto d'eleggibilità alla sede pontificia
dei cardinali della sua nazione: perchè togliere questo di-
ritto ai detti cardinali non sarebbe stato che una nuova in-
giustizia. Nessuno poi ha mai preteso che la noncuranza
dell'esclusiva abbia resa invalida l'elezione di un Papa; e
questo, nel caso della conculcazione d'un vero e proprio
diritto sorgente da un contratto, è per lo meno duro ad in-
tendersi (p. 261-263).
1908^ voi. 1. ftue. 1386. 42 11 marzo 1008.
6')8 IL « VETO >
In seguito Tautore, attenendosi nella sostanza al Siig-
miiller, combalte la teoria di un diritto consuetudinario, pro-
posta dal Wahrmund per la ragione precipua che, come
dimostra tutta la storia del vetOy accennata più sopra, alla
formazione di un tal diritto non solo manca il consensiu^
saltem ìegalis del legislatore, ma vi si oppongono le sue
espresse energiche proteste, fatte fino dalla sua prima ori-
gine. L'esclusiva è stata condannata sempre dall'aulorità
competente come abuso, come irrationabilis, come con-
traria a tutto lo spirito delle kggi canoniche, e divenne
quindi disacconcia ad acquistare giammai un qualsivoglia
carattere giuridico (p. 269-272). E, anche prescindendo
dal necessario consensus^ che qui fa difetto, manca pure
(di che il Wahrmund non s'è accorto) Vopinio necessitati^
presso le persone agenti in causa. Al più, come dice pur
giustamente l'autore (p. 276), vi sarà stata Vopinio utili-
tatis: o, come meglio si sarebbe potuto dire, i cardinali non
si sentirono mai costretti da una moralis o iuridica nec€i<
8ita^, la quale li spingesse a riconoscere nel principe un
qualsiasi diritto, ma bensì da una necessitas quasi physica,
da una coactio o violentia, la quale si opponeva loro nel libero
uso del voto. Anzi non si può neppure affermare che nel-
l'esclusiva si presenti quella forma puramente esterna di
consuetudine giuridica, la quale per l'intervenire di sanzioni
legali venga elevata a diritto consuetudinario: manca qui il
suo uniforme reciproco riconoscimento, poiché i tre principi
non andaron mai d'accordo neanche a quale fra di loro do-
vessero attribuire l'esclusiva (p. 277),
Silvio Pivano assai recentemente parlò di una prescri-
zione acquisitiva dell'esclusiva, ma a torto; poiché manca
la bona fides^ che egli stesso detinisce per ignorantia alieni
iuris. Infatti le bolle contrarie sono slate pubbUcate rego-
larmente e non potevano certo ignorarle i rappresentanti
del principe, i cardinali della corona. Bastava del resto la
mala fides superveniens a troncare la prescrizione già co-
minciata. D'altra parte il Pivano, per fare ééiVesclt^iva una
NBL CONCLAVE 669
res habili8y è costretto a negare che essa sia una ingerenza,
anche negativa, nell'elezione pontificia. Ma se l'esclusiva non
deve avere alcuno effetto a questo riguardo, quale è allora
il suo scopo? (p. 281-283).
Da ultimo la cosiddetta « école traditionelle > non vede
nell'esclusiva che una semplice esortazione amichevole o
l'espressione di un desiderio dinanzi al quale il sacro
Collegio sarebbe pienamente libero: esso può permettere
che si pronunzi l'esclusiva, poi può trascurarla, ma per lo
più la rispetta con illuminata saviezza (p. 283 384). Il giu-
dizio dell'autore non ci sembra qui sufficiente. Sarebbe stato
bene notare anzitutto che l'esclusiva, quale è realmente, ap-
pare proprio vestita di pretese giuridiche. Poteva l'autore
allegare quelle ragioni che gli avversarii dell'esclusiva svol-
gono ampiamente, dimostrando che < cupidiores sunt im-
peratores sacerdotio quam sacerdotes imperio », come dice il
bel detto di S. Ambrogio, posto dall'Eisler per motto in fronte
del libro. Poteva infine dire esplicito che una tale dichiara-
zione pubblica da parte del governo non è altro che una
indegna pressione, una ingerenza del tutto ingiuriosa al
s. Collegio da parte del potere laico.
Nel presupposto che l'esclusiva regia noif sia stata di
nuovo proibita espressamente da una recentissima dispo-
sizione pontificia, come alcuni affermano (e noi crediamo
che affermano con ragione), l'autore stima che secondo il
tenore della vigens ecclesiae disciplina, l'esclusiva stessa,
sebbene non permessa e anzi esplicitamente vietata dal
rigore del diritto, sia dalla Chiesa nell'ora presente tollerata;
non però in questo senso che le norme pratiche suggerite
da ragioni d'opportunità, le quali temperano oggi il rigore
di antiche leggi, debbano dare per sé sole Vmtero con-
cetto della ingens ecclesias disciplina, come l'autore pare che
voglia dire, poiché a questa appartengono tanto le esten-
sioni di antiche leggi, quanto i restringimenti di antiche li-
bertà. Inoltre l'autore nota a buon diritto che questa tolle-
ranza (sempre supposto che essa esista ancora realmente),
660 IL < VETO >
non va considerata di fronte alle leggi che come una pratica
sospensione del loro effetto, senza alcuna forza abrogante, di
modo che sempre che lo voglia la Chiesa con una semplice
dichiarazione, possa di nuovo ridare a quelle leggi mede-
sime il loro pristino pienissimo vigore.
L'autore chiude così le sue bellissime osservazioni: « La
esclusiva non è altro che un rapporto di fatto esistente
tra lo Stato e la Chiesa, fondato sulla connivenza della
Chiesa verso i singoli Stati e rappresentante come una linea
di mezzo fra la potenza politica di Stato dei maggiori governi
cattolici e la Curia. Per la tolleranza usata dalla Curia il fatto
assume l'aspetto di forma giuridica, e, appoggiato dalla
vigens ecclesiae disciplina, in tanto attenua il rigore del
vecchio diritto canonico escludente ogni sorta di ingerenza
laica nell'elezione del Papa, in quanto la Curia per ra-
gioni puramente pratiche la tolleri e continui a tollerare
pel bene della Chiesa universale ».
« Ma a questa stessa forma che contrasta colValtissivw
principio della libertà della Chiesa, che contraddice allo
spirito e alla lettera dell'intera legislazione pontificia, e che
oggi^ prescindendo dal silo valore pratico, non rappresenta
die un bizzarro strumento diplomatico, un anachronisme
choquant, un'arme rouillée, non si può affatto attribuire
alcun reale carattere giuridico o una vera natura di diritto, •
Accennato poi alle voci che corrono di una condanna
data in questo stesso tempo, egli prosegue « non occorre
dimostrare ulteriormente dopo il già detto, che questo può
bene accadere senza alcuna conculcazione di facoltà con-
cesse a singoli Stati dalla tolleranza ecclesiastica >.
Poiché infine i cardinali sede vacante, specialmente dopo
la costituzione di Pio IX, non hanno alcuna giurisdizione
su questo argomento, « è chiaro che l'essersi tenuto conto
NEL CONCXAVE 661
di una esclusiva da parte del Sacro Collegio non ha alcuno
significato giuridico ».
« Certo, anche per l'avvenire, sarà sempre cura della
Chiesa, come anche del Capo supremo della Cristianità, di
conservare secondo gh insegnamenti evangelici pace e buona
concordia coi maggiori Stati cattolici : ma alla Chiesa fa
pur d'uopoy specie nella sua odierna posizione in mezzo
ai popoli, disciolta come è da ogni legame di podestà terrena,
d'aver quella libertà la qu^le, quando non sia turbata dalle
costrizioni di connivenze politiche e da impaocianti riguardi
di StatOy è sola capocce di assicurarle quella indipendenza di
cui essa ha bisogno per raggiungere lo scopo assegnatole
dalla parola divina. »
Quando la suprema autorità della Chiesa crederà giunto
il tempo « l'esclusiva cadrà, e l'antico ius stridum ripren-
derà quella forza giuridica che ora è solo sospesa, poiché
in nessun caso e a nessun patto può venire attribuito al-
l'esclusiva un valore derogatorio » (p. 287-289).
È certo atto di nobile coraggio proclamar tali cose
apertamente davanti a tutti, e non è poco l'onore che ne
ridonda al eh. dott. Eisler, cui sì deve una si lucida e vigo-
rosa espressione della sua convinzione scientifica.
S.
IL MODERNISMO TEOLOGICO
E
IL CONCILIO VATICANO
I.
La ^ vecchiaia cadente » del modernismo o per meglio
dire, la sua viziata origine dalle vecchie aberrazioni dell'or-
goglio umano, è un fatto su cui non può cader dubbio
per chi abbia qualche notizia delle questioni correnti e degli
errori passati. Ma non occorre neppur tanto : a persuader-
sene, come accennavamo in un precedente quaderno ^, basta
percorrere gli atti dell'ultimo Concilio ecumenico, o almeno
leggerne con qualche attenzione la celebre costituzione dom-
malica. Dei FLlius. La dimostrazione, che ne sgorga, pare a noi
sfolgorare di tanta evidenza che ci sembra quasi ozioso l'insi-
stervi : né certamente vi spenderemmo parola, se non fosse
per mettere al tempo stesso in più viva luce l'opposizione del
modernismo teologico, massime per ciò che spetta il concetto
di fede e di rivelazione, col magistero autentico, infallibile
e solenne della Chiesa, non meno che l'accordo pienissimo
e la coerenza perfetta degli atti recenti di questo stesso
magistero ecclesiastico — quali il decreto Lamentabili, T en-
ciclica Pascendi, il motu proprio Prasstantia — con gli
atti e le definizioni antecedenti. Chi percorre con animo
sincero e queste e quelli, non può che uscirne pieno di
ammirazione, riconoscendovi uno di quei divini e miste-
riosi presentimenti che sembra avere la Chiesa dei peri-
coli che le sovrastano, mentre ella, condannando gli er-
rori passati, quasi previene i futuri.
Ciò è dovuto appunto alla promessa divina e alla divina
presenza, alla quale accenna con linguaggio solenne il
1 Vedi quad. 1384, p. 385-389.
IL MODERNISMO TEOLOGICO 663
proemio della costituzione dommatica Dei Filius^ del Vati-
cano : il Figlio di Dio e Redentore del genere umano, Gesù
Cristo Signor nostro, come promise ritornando al Padre,
così rimane tutti i giorni fino alla consumazione del secolo
con la sua Chiesa militante in terra: né resta mai, a niun
tempo, di assisterla docente, benedirla operante, aiutarla
pericolante: e questa sua salutare provvidenza fa egli ap-
parire per altri benefizi innumerevoli; ma più manifesta pei
frutti amplissimi, che ridondarono dai Concilii ecumenici
al mondo cristiano.
Che se questo ultimo punto dal Concilio Vaticano
è applicato nominatamente ai Tridentino, < benché cele-
brato in tempi inìqui », si può da noi, con la debita pro-
porzione, applicare meritamente al Vaticano stesso, e ri-
scontrarne a parte a parte i frutti a quello attribuiti: dorami
santissimi della religione definiti con più precisione e con
più larghezza dichiarati ; errori condannati e repressi; quindi
la disciplina ecclesiastica fiorita e con maggiore fermezza
sancita, promosso nel clero lo studio della scienza e della
pietà... quindi ancora - e sopratutto - stretta più intima
l'unione delle membra col capo visibile, e aggiunto a tutto
il corpo mistico di Cristo, nuovo nerbo e vigore.
Ma purtroppo si dovrà insieme applicare, con non mi-
nore verità e con acerbo dolore, l'altra parte dell'esperienza,
quella cioè dei « mali gravissimi, i quali sorsero da ciò mas-
simamente, che di esso sacrosanto Concilio, presso moltis-
simi, fu sprezzata l'autorità o negletti i sapientissimi de-
creti ». Quindi cresciuta non solo la divisione infinita
delle sette originata dal privato giudizio protestantico, ma
la distruzione di ogni fede cristiana; le Scritture sacre ri-
legate sempre più tra le favole o i miti o le leggendarie
narrazioni; propagata viemaggiormente nel mondo quella
dottrina del razionalismo o naturalismo, che avversando in
tutto alla religione cristiana, perché istituzione sopranna-
turale, va macchinando con ogni sforzo di escludere Cristo
dalle menti degli uomini, dalla vita e dai costumi dei pò-
664 IL MODERNISMO TEOLOGICO
poli, per ristabilire il regno che chiamano della pretta ra-
gione o della natura: e con ciò il traboccare di molti nel-
l'abisso del panteismo, materialismo e ateismo, a segno tale
che rinnegando la stessa natura razionale e ogni norma di
giusto e di retto, si affannano a crollare fin le stesse fon-
damenta dell'umana società ': insomma l'aggravarsi di tutti
quei mali appunto che enumerava già Pio IX nel proemio
della Costituzione Dei Filitis, quale frutto del protestante-
simo e conseguenza della sprezzata autorità del Tridentino,
che ne aveva dannati gli errori.
Ma sopra tutti questi mali si aggravò quello di cui an-
diamo ora parlando, — più insidioso, perchè più interno alla
Chiesa e più occulto, perciò anche più amaramente deplo-
rato dal Pontefice: — cioè «tra l'imperversare, per ogni
dove, di una tanta empietà, infelicemente avvenne che molti
anche tra i figli della Chiesa cattolica errassero dalla via
della vera pietà, e in essi, attenuatesi a poco a poco le verità
anche il senso cattolico si venisse attenuando. Poiché tra-
volti da svariate e peregrine teorie, confusero malamente
la natura e la grazia, la scienza umana e la fede divina,
depravarono il senso genuino dei dommi... e trassero in
pericolo l'integrità e la sincerità della fede*. — Le quali
cose tutte vedendo, prosegue il proemio, come può farsi
che non si commuovano le intime viscere della Chiesaf
^ Ai mali denunziati dal proemio della Costituzione VaUcana fanno ap-
punto li riscontro quelli additati dall'enciclica neiresordire : « Pur nondimeno
è da confessare che in questi ultimi tempi è cresciuto oltremisura il numero
dei nemici della croce di Cristo : che con arti affatto nuove e pieni di astuzia,
si affaticano a render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare dai
fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Cristo. »
* « Si raffrontino anche qui le parole deirenciclica : « I fautori del-
Verrore già non sono omai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che
dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più
dei perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo... a molti del laicato cat-
tolico, e ciò che è più deplorevole, non pochi dello stesso ceto sacerdotale,
i quali... tutti penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa... si
gettano su quanto ha di più santo neiropera di Cristo, non risparmiando
la stessa persona del Redentore divino. »
E IL CONCrUO VATICANO 665
Perocché... ella, costituita da Dio madre e maestra de' po-
poli, si riconosce debitrice a tutti, ed è sempre preparata
ed intenta a sollevare i caduti, sostenere i vacillanti, ab-
bracciare i ravveduti, rassodare i buoni e promuoverli al
meglio. Onde in niun tempo può restarsi dal testimoniare
e predicare la verità di Dio, la quale sana ogni cosa »...
Ognuno sente quanto palpito di attualità vibra in que-
sto proemio ! Di questa voce lontana noi ora ascoltiamo l'eco
presente in quella dei nuovi documenti del magistero au-
tentico della Chiesa, eco tanto fedele quanto il messaggio
di una medesima verità divina. Poiché questa verità divina,
che il S. Pontefice Pio IX « per il supremo suo officio aposto-
lico > nella solenne costituzione vaticana difende e insegna
«appoggiato alla parola di Dio scritta e tramandata, se-
condo che l'ha ricevuta, dalla Chiesa cattolica custodita
gelosamente e genuinamente esposta, proscrivendo e dan-
nando gli errori contrarii »; questa medesima Pio X riaf-
ferma nella sua enciclica per «l'officio divinamente com-
messogli di pascere il gregge del Signore », il quale appunto
<c fra i primi doveri ha quello di custodire con ogni vigi-
lanza il deposito della fede trasmessa ai santi, ripudiando
le profane novità di parola e le opposizioni di una scienza
di falso nome ».
Ma ciò che più importa al nostro proposito, l'uno e l'altro
la proclama, questa medesima verità divina, per opposizione
ai medesimi errori, alle medesime profane novità, e soprat-
tutto per opposizione a quella forma in apparenza più tem-
perata degli uni e delle altre, che trasfigurandosi in sistemi
varìi, sottili e complessi cerca in ogni tempo di traforarsi
fra' cattolici insidiosamente. Ciò si fa chiaro dalle cose
dette; ma noi possiamo qui ancora confermarlo con un
cenno sommario dei principali capi di dottrina contenuti
nella costituzione dommatica Dei Filius, della quale poi sarà
facile ad ognuno il raffronto coi capi corrispondenti del-
l'enciclica e del « Sillabo » di Pio X, che si potrebbero ci-
tare ad ogni passo ^
^ Uno studio alquanto più ampio e un*anali8i minuta degli atti e decreti
666 IL MODERN[SMO TEOLOGICO
IL
E anzitutto, della forma più temperata di razionalismo
o naturalismo, penetrata fra i cattolici, avevano già detto
i teologi relatori del concilio Vaticano, che ^ quanto meno
appare manifesta nei suoi errori, tanto ha più di pericolo »:
e perciò contro di essa rendevi necessaria una più spiegala
affermazione della verità cattolica: laddove per le aperte
aberrazioni del razionalismo assoluto^ nella sua trìplice
veste di materialismo, di panteismo e di razionalismo vol-
gare, sufficit monstra errorum nominasse ad eorum execra-
tionem. Per il che solo un capitolo, il primo e il più som-
mario, intorno a Dio creatore, fu indirizzato contro gli er-
rori più aperti, dannandoli per modum detestationis ; gli altri
tre capitoli, coi loro canoni relativi, sono rivolti ad esclu-
dere le forme più temperate, più occulte, perciò penetrate
del Concìlio Vaticano darebbe senza fililo una dimostrazione palmare del
nostro assunto con la piena confutazione del modernismo teologico, parli-
colarmente in ciò che riguarda le questioni della fede e le sue conseguenze.
Ma una trattazione siffatta ci trarrebbe ora troppo in lungo: e del restosi
può già essa vedere in parte attuata nella recente opera del P. Cristiano
Pesch S. I, di cui abbiamo fatto cenno altrove (quad. 1985, p. 581 s.), che
è una critica del modernismo in punto di fede, domma e fatti storici. —
Per uno studio accurato sul Concilio Vaticano, segnatamente su la prima
sua costituzione dommatica, alla quale noi ora ci riferiamo, si hanno certo
opere notevoli, e quantunque non tutte moderne, sempre attuali; di esse si
può vedere un buon catalogo, sebbene incompiuto, nel Libellìis fidei exhi-
bens decreta dogmatica et alia documenta etc, edidit B. Gaudeau 5. /.
(Paris, Lethielleux, 1898). A queste sono da aggiungere i due grossi volumi
del Vacant : Etudes theologiques sur Ics canstitutions du Concile dm Va-
iican (Paris, Delhomme et Briguet 1895), come anche i diversi articoli com-
parsi nel nostro periodico, nominatamente quelli del compianto P. Libera-
tore (Ser. .VII, voi. 10, p. 322, 513; voi. 11, p. 257). Ma per questo cenno
noi ci riporteremo direttamente alle fonti degli Atti, raccolti nel volume
settimo della Collectio Lacensis (Acta et decreta Sacrosancti oecumenlci
Goncilii Vaticani etc. Friburgi Brisg., Herder 1890): dei quali tuttavia po-
trà il lettore consultare i più importanti neiropuscolo maneggevole del Gau-
deau (da pag. 194 a 302); e per le definizioni, neW Enchiridion del Dex-
ziNGER (nn. 1630-1666), senza che noi moltiplichiamo qui ad ogni pag'ina le
citazioni.
B IL CONCILIO VATICANO 667
già in qualche grado tra i cattolici, e l'escludono mediante
Tesposizione più esplicita e ragionata della vera dottrina.
Così il capitolo De revelatione, che nei suoi quattro pa-
ragrafi ne definisce il fatto, la necessità, le fonti, l'interpre-
tazione, è di così viva attualità che sembra di oggi. Nel primo
paragrafo ci dà accertato il fatto storico di una rivelazione
soprannaturale positiva, distinta dalla rivelazione naturale
della ragione, — avvenuta per un beneplacito della sapienza e
bontà di Dio, il quale si è compiaciuto di manifestare se
stesso e i decreti della sua volontà al genere umano anche
per un'altra via superiore, non ripugnante ma indebita alla
natura. Nel secondo è chiarita la necessità di siffatta rive-
lazione e la causa di essa necessità: — la quale causa è
la ordinazione stessa, o elevazione gratuita dell'uomo, a
un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni
divini che superano ogni intendimento umano. Nel terzo
additate le fonti della rivelazione medesima: — le quali sono,
giusta la fede della Chiesa universale, i libri scritti e le
tradizioni non iscritte, quelle cioè che ricevute dalla
bocca stessa di Cristo per gli Apostoli e dagli stessi Apo-
stoli per dettame dello Spirito Santo tramandate, giunsero
sino a noi. Infine stabilita nel quarto paragrafo la norma del-
l'interpretazione A%\\^ Scritture sacre: — quella cioè che
nelle cose di fede e di costumi, che spettino alla edifica-
zione della dottrina cristiana, si debba ritenere per vero
senso della Scrittura, ossia come parola di Dio, quel senso
che tenne e tiene la santa Chiesa, alla quale appartiene il
giudicare del vero senso e dell' interpre^tazione delle Scrit-
ture sante.
Anatema quindi al vecchio razionalista, come al giovane
modernista, che neghi la certezza della cognizione naturale
di Dio, ottenuta per il lume della ragione (cf. can. 1). Anatema
a chi neghi essere possibile, o espediente che l'uomo sia
ammaestrato intorno a Dio e alle cose divine con una rive-
lazione propriamente detta (can. 2) ; a chi confonde questa
cognizione soprannaturale con un fatto psicologico qual-
668 . IL MODERNISMO TEOLOGICO
siasi, di ordine naturale, organico o anche morboso; a eh
vuole sotto ogni rispetto necessaria, postulata da interni «bi-
sogni» o immanente al soggetto tale rivelazione divina (can.:;
e perciò sprezza come estrinsecismo ogni manifestazione es-
terna e soprannaturale di verità, di fatti, di doveri religiosi
(can. 2) : anatema infine a chi ricusi di accettarla qua! è
contenuta nei libri sacri e canonici, ricusando dì am-
mettere per sacri e canonici i libri interi della Scrittun-
sacra come li ebbe annoverati il Tridentino, o negando che
essi siano divinamente ispirati (can. 4).
In questi anatemi è troppo evidente che incorrono i
modernisti con le loro dottrine di soggettivismo, d'immanen-
tismo, di naturalismo e simili, dannate nel decreto Lanietì-
labili e neirenciclica Pascendo. Così intorno alla rivelazione,
all'ispirazione, all'interpretazione della Scrittura, come par-
ticolarmente intorno al criterio che essi ne assegnano per
siffatta interpretazione ; criterio sempre soggettivo ed arbi-
trario indipendente dal fatto storico della rivelazione posi-
tiva, — come sarebbe quello del sentimento o della supposta
« fecondità religiosa > — laddove, secondo la definizione va-
ticana, vuol essere un criterio affatto oggettivo ed assoluto.
Poiché il Concilio definisce qui come la Chiesa medesima ha
per sacri e canonici i libri stessi delle Scritture « non perchè
composti per sola industria umana siano stati poscia dal-
l'autorità di lei approvati; né solamente perché contengono
la rivelazione senza errore; ma perché scritti per ispirazione
dello Spirito Santo hanno Dio come autore, e come tali furono
alla Chiesa medesima consegnati. » E il simile si vuol dire
delle tradizioni o divine o apostolico-divine, in quanto ricono-
^ Di queste sarebbe pur troppo lungo il catalogo, anche quando si re-
stringesse alle più manifeste, come sono le bestemmie dal Loisy accumulate
nelle sue due opere recenti: Les Évangiles Synoptiques e Simpies Réffe-
xions sur le décret du Saint Office etc., e raccolte in buona parte nel
numero 3-4 del periodichetto modernistico Xova et Vetera di Roma (Vìa
della Scrofa, 10), tutto dedicato al Loisy. Per costui « Dio è Tautore della
Bibbia, a quel modo che è architetto di S. Pietro di Roma e di Nostra Si-
gnora di Parigi » ! {Sirnplea réflexiona, p. 42).
E IL CONCILIO VATICANO 669
scono tutte la loro prima origine da una rivelazione divina,
positiva, di cui la Chiesa è testimone infallibile, è custode,
interprete, promulgatrice: non è autrice, né continuatrice
strettamente parlando, molto meno « laboratorio », co-
munque dicasi, di verità o di rivelazione.
ili.
E tutto ciò da capo ci è confermato, oltre ogni dubbio,
dalla dottrina del Concilio nel capitolo seguente De fide ;
giacche essa, come osserva mons. Martin nella sua relazione,
corrisponde necessariamente a quella della rivelazione, e si
restringe a quei capi che si oppongono ai recenti errori
circa la fede, tralasciandone tutti gli altri che apparten-
gono alla compiuta trattazione dei teologi. Così il paragrafo
primo recisamente assegna la radice prima e la fonda-
mentale ragione dell'obbligo della fede — la ragione cioè di
dipendenza essenziale da Dio come creatore e padrone,
onde viene il debito di ossequio intellettuale ; — indi netta-
mente chiarisce la nozione genuina di fede in sé conside-
rata — cioè intellettivo assenso soprannaturale, fondato come
in proprio motivo nell'autorità di Dio stesso rivelante, il quale
non può ingannarsi né ingannare. Ora nell'una definizione
e nell'altra si oppone per diametro alla supposta autonomia
0 indipendenza della ragione, e all'altro errore capitale di
quanti alterano il concetto o piuttosto negano la fede, ne-
gandone o la propria nozione di assenso ad una verità, cioè
di atto intellettuale, ovvero il motivo proprio di questo
assenso, cioè l'autorità divina, sebbene spesso usurpino
il nome di fede (cf. can. 1 e 2). Il paragrafo secondo
mostra poi che questa fede non è ossequio irragione-
vole e cieco, ma bene <c consentaneo alla ragione », stante
i segni di credibilità interni ed estemi, segnatamente mira-
coli e profezie, che attestano il fatto della rivelazione divina:
onde novamente si esclude un doppio errore, dei razionalisti
per una parte e per altra dei pietisti, quali sono tra i mo-
670 IL MODERNISMO TEOLOGICO
dernisli non pochi, i quali vogliono la fede o assurda o
cieca affatto, cioè senza motivi di credibilità, siccome fon-
data solo in una interna esperienza o vaga sentimentalità,
negando fin anche la possibilità di dimostrare la credi-
bilità del fatto della rivelazione divina, i miracoli e la stessa
possibilità del fatto miracoloso (cf. can. 3 e 4).
11 terzo paragrafo definisce la fede un atto libero e salu-
tare, poiché i molivi di credibilità, sebbene evidenti, fanno ra-
gionevole, non necessario Vatto del credere; e questo, come ogn:
atto soprannaturale, richiede una illuminazione e ispirazione
dello Spirito Santo, e una libera cooperazione della volontà
umana, sicché « essa per sé é dono di Dio, quando pure non
operi ancora mediante la carità » : nel che si oppone, come e
noto, a un doppio errore dell'Hermes, oltre che all'antica
eresia dei pelagiani da un estremo e dei luterani e calvinisti
dall'altro (cf. can. 5). Ma non meno si oppone ad altri più
moderni errori già da noi accennati, per cui la fede va
confusa tutta con un moto del cuore, e supposta istintiva
inseparabile dalla carità o dalla vita vissuta, come dicono,
essendo quell'atto medesimo per cui l'anima farebbe quasi
centro della sua vita le realtà soprasensibili *.
I Contro questa definizione urtò apertamente, fra gli altri, chi scrisse
che la fede senza le opere. la fldes infomtis, « non è vera fede, non è nulft
non vale nulla » ; che è un ipotesi assurda, non mai caduta in niente, cioè
« nella psicologia semitica » di S. Paolo, e simili proposizioni avventate, le
quali suonano, almeno verbalmente, quali contraddittorie anche al canose
del Tridentino (sess. VI): «Si quis dixerit, am issa per peccatum gratta, si-
mnl et fldem semper amitti ; aut fldem quae remanet, non esse vetxtm fldew.
licei non sii viva; aut eum qui fldem sine charitate habet, non eaae cfarì-
stianum anathema sit», — Né basta a eludere V anatema dare luogo, i
questa fede informe, tra « le sottili categorie e distinzioni greche » ; né ^du
ammetterla come « un principio sensibile ed esterno » qoasl tessera di unione
con la Chiesa visibile, molto meno quasi « fede capace forse di fare ipo-
criti»: no; essa è un principio interno, inizio proprio (fundatnenium ti
radix) di giustificazione e di salute. Se cosi non fosse, ogni colpa giave
andrebl)e congiunta alla perdita della fede, e ogni colpevole cesserebbe di
essere, internamente, cristiano ; oltre a quelle tante altre assurdità che i teo-
logi sogliono mettere in luce a confutazione di questo errore, slato già fon-
damentale nei protestantesimo e ora voluto risuscitare in parte dal moder-
nismo teologico fra i cattolici. Similmente appare condannata una distinzione
E IL CON-CILIO VATICANO 671
Definita la natura della fede, il Decreto passa nel para-
grafo seguente a determinarne l'oggetto materiale — cioè le
verità che si hanno a credere — e sono quelle « conte-
nute nella parola di Dio scritta o tramandata e dalla Chiesa
proposte a credere sia con solenne giudizio, sia con ma-
gistero ordinario e universale, come divinamente rivelate » :
dove, come già osservava nella sua relazione l'illustre vescovo
di Paderbona, si esclude Terrore di coloro i quali vogliono
che si abbia a credere di fede divina solamente gli ar-
ticoli di fede, formalmente definiti, e però si studiano di
ridurre al minimo le verità da credere (minimisti) : e
sono ora costoro i moderati fra i modernisti ; perchè gli
altri, i più conseguenti, escludono ogni elemento intellet-
tuale fino a volere una religione e una fede adomm^tica.
Né meno attuali riescono i due paragrafi seguenti che
danno ragione e definizione insieme, della necessità della
fede e dell'obbligazione strettissima sia di abbrax^ciarla, sia
di perseverarvi costantemente, senza dar luogo a dubbio
o a sospensione di assenso, né prima dell'investigazione
scientifica, né poi: e ciò per l'aiuto della grazia esteriore, cioè
di tanti segni evidenti di credibilità che mostrano a tutti la
Chiesa custode e maestra della parola rivelata, non meno
che per l'aiuto della grazia interiore: l'uno e l'altro man-
cante nelle false religioni. Le quali definizioni, come il sesto
canone che le concerne, valgono bene contro la critica indi-
pendente e l'indifferentismo dei modernisti — per cui tutte
le religioni sono buone — e non meno di quel valgano
contro il dubbio positivo dell'Hermes posto come fonda-
mento di ogni inquisizione teologica (cf. can. 6).
tra ^de di thnore « f^de di amoi^, asserita da qualche scrittore in Italia,
dopo ii Laberlhonnière in Francia; distinKione bea simile a quella dell'Her-
mes, tra fede della cognizione e fede del cuore, e come questa, cer la mente
difforme dalla schietta dottrina cattolica del Concilio. — ^ Ma su ciò non pos-
siamo noi ora dilungarci; né forse gioverebbe qui, essendo facile ad ognuno
il raffronto. E lo stesso dicasi di troppe altre applicazioni scottanti.
672 IL MODERNISMO TEOLOGICO
XVI.
Più manifesta ancora è la modernità, per così dire,
del capitolo quarto De fide et ratio e: tanto dritto esso
mira contro il pervertimento che delle relazioni tra fede e ra-
gione va ora facendo il modernismo. Per accennarvi almeno
rapidamente, contro di esso è riaffermato un doppio ordine
di cognizione, distinto non solo di principio — che neiruoo
è un lume naturale, la ragione; nell'altro soprannaturale,
la fede — ma anche di oggetto — nel primo verità accessibili
alla ragione, nell'altro affatto trascendenti, « misteri nascosti
in Dio, che non ci possono esser noti se non in quanto rive-
lati divinamente )>: La quale definizione annienta tutti i sogni
deW immanentismo. Appresso è specificata la intelligenza che
di questi misteri divini può cercarsi e conseguirsi fruttuosis-
sima dalla ragione illustrata dalla fede: intelligenza opposta
non meno dWagnosticismo che aìVantropomorfismo, i due es-
trerai a cui deve correre il modernista che ha perduto i' con-
cetto della cognizione analogica e della propria ragione di
mistero.
Ma soprattutto è inculcata la impossibilità assoluta del
dissenso reale tra fede e ragione; l'origine del dissenso appa-
rente sempre causato da qualche nostra ignoranza; il diritto
e l'officio della Chiesa, conseguente all'officio apostolico d'in-
segnare e al mandato di custodire il deposito della fede, quello
di ^ proscrivere la scienza di falso nomo; e al diritto correla
tivo il dovere, che tutti i fedeli cristiani non solo non sosten-
gano come legittime conclusioni della scienza, ma rigettino
come errori, quelle opinioni che si conoscono per contrarie
alla dottrina della fede. Infine è chiarito l'aiuto vicendevole
che si porgono la fede e la ragione, l'opera di progresso
vero, che promuove la Chiesa anche nelle arti e nelle scienze
umane, alle quali assicura la giusta libertà, e quella del pro-
gresso falso che esclude, rispetto massimamente alla dottrina
della fede e al senso dei dommi.
E IL CONCILIO VATICANO 673
Tali definizioni sono poi anche qui avvalorate e spie-
gale dai canoni susseguenti, onde si tronca la radice alle
pazze teorie del modernismo, segnatamente a quella del-
V evoluzionismo dommatico, e alle tante sue conseguenze
ereticali che ne infettano tutto il sistema teologico. Ana-
tema a chi non ammette misteri propriamente detti nella
rivelazione divina, ma vuole che tutti i dommi della fede
si possano intendere e dimostrare dai principii naturali,
mediante la ragione debitamente coltivata o evoluta (can. 1) :
a chi sostiene che le discipline umane si debbano trattare
con tanta libertà che le loro asserzioni si possano rite-
nere per vere, ancorché avverse alla dottrina rivelata,
né si possano proscrivere dalla Chiesa (can. 2) : a chi dice
potersi dare che ai dommi proposti dalla Chiesa si abbia
un tempo da attribuire, secondo i progressi della scienza,
un senso diverso da quello che ha inteso e intende la
Chiesa (can. 3). E da ultimo, come per fare più compiuto
il riscontro, chiude il documento l'ammonizione solenne di
fuggire' non solamente l'eretica pravità (degli errori dan-
nati), ma anche quegli altri errori che ad essa più o meno si
accostano, e di osservare altresì le costituzioni e i decreti, onde
siffatte prave opinioni dalla Sede apostolica sono proibite e
proscritte. Ora tutto ciò basta bene a conchiudere, insistendo
in ispecie sulle dottrine del modernista credente, quanto giu-
stamente l'enciclica affermi che « simili vaneggiamenti (del
modernismo) li abbiamo già uditi condannare dal Concilio
Vaticano > ! Sono dunque essi vaneggiamenti senili, per
usare la parola dei modernisti, molto senili, oltreché dete-
stabili ed ereticali.
Ma vi é di più: noi dobbiamo aggiungere, che mentre
il Concilio Vaticano li condannava già come aberrazioni
molto antiche nella sostanza — sebbene mitigate nella
forma dai semirazionalisti tedeschi, massime di parte cat-
1908, voi 1, fase. 1386. 43 12 mareo 1908.
674 IL MODERNISMO TEOLOGICO
tolica — ora quasi a riagiovanirle ì modernisti vi aggiun-
sero una novità, e più che di forma, se si vuole: la novità
fu quella di aggravarle enormemente. Potrà ognuno giu-
dicarne, percorrendo, anche rapidamente, i varii punti della
sintesi, abbozzata sopra, delle dottrine modernistiche in
contrapposto alla dottrina del Vaticano. Noi siamo forzati,
anche qui, di restringerci a pochi cenni su l'uno o l'altro
punto, quasi di volo.
E sia il primo, quello onde muove il fnodernista cre-
dente, di ridurre, come abbiamo spiegato altrove distesa-
mente, la fede ad una sorte d'intuito o di esperienza in-
tema, dicasi atto istintivo del senso religioso, o del cuore o
della coscienza individuale, senz'atto previo dell'intelletto
né giudizio alcuno di credibilità, né previa dimostrazione del
fatto di una rivelazione positiva. Un simile concetto è l'ag-
gravamento di quello riprovato dal Vaticano, e descritto
dai teologi relatori del primo schema, siccome un errore
che « assumendo alle volte apparenza di pietà, tanto più
riesce di pericolo »; cioè l'errore di quei protestanti, « i quali
fanno professione di ammettere la rivelazione cristiana, ma
rigettati i criterii idonei a conoscere e provare il fatto della
rivelazione, provocano unicamente alla esperienza intema.
al senso religioso, alla testimonianza dello spirilo, alla cer-
tezza immediata della fede>. Su ciò osservano opportuna-
mente i teologi, come già i primi pseudo riformatori si ar-
rogavano di discernere la parola di Dio genuina per via
del « sapore » e del « gusto » ; al qual fine ponevano in
ogni uomo il testimonio immediato dello Spirito Santo: ed
erano conseguenti, ammesso il principio del lìbero esame.
Di che i teologi stessi recano in prova parecchie proposizioni
di Calvino, come quella così recisa: ^(Non argomenti, non ve-
rosimiglianze noi cerchiamo ; ma siccome a cosa posta fuori
d'ogni incertezza di estimazione, l'ingegno e il giudizio
nostro assoggettiamo. »
E venendo ai moderni, i teologi relatori così ne parlano,
a un di presso, come dei modernisti parla l'enciclica : « che
E IL CONCILIO VATICANO 675
ritenuto il metodo istesso degli antichi pseudoriformatori,
a questa testimonianza dello Spirito Santo sostituiscono
per lo più il naturale sentimento religioso ovvero il bisogno
dell'anima religiosa, per il quale sentimento immediatamente
e senza che la verità rivelata ci si renda credibile per cri-
terii esterni, noi abbracciamo la religione cristiana siccome
vera e divina ». Di ciò allegano appunto a riprova lo Schle-
iermacher nella sua Dottrina della fede, dove afferma che a
qualsiasi prova della verità e necessità della religione cri-
stiana noi rinunziamo affatto, ma sappiamo piuttosto che
avanti a siffatte inquisizioni ogni cristiano ha già per certo
che alla sua pietà nessun'altra forma fuori di questa può con-
venire. E a lui si accostano altri, i quali insegnano, che i
fatti soprannaturali dianzi accennati, non si possono inten-
dere quali motivi di credibilità, se non già si presuma la
fede : perciò il fatto stesso della rivelazione non potersi di-
mostrare all'uomo che non ha ancora ricevuto la fede, e
perciò anche la persuasione certa della verità del fatto della
rivelazione non potere precedere il ricevimento della fede
cristiana.
Così i teologi; e con questi relatori del primo schema
si accorda quello dell'ultimo e definitivo; dal quale abbiamo
certezza che il paragrafo secondo del capo terzo intese ap-
punto condannare « Terrore del falso pietismo, il quale pro-
voca unicamente all'esperienza interna, all'interno testi-
monio dello Spirito Santo, o alla certezza immediata ».
E similmente il canone terzo, che gli corrisponde, propugna,
come dice il relatore, i diritti della ragione nella stessa fede,
contro quell'errore che disperando della ragione riduce ogni
cosa ad una vaga sentimentalità; onde nel distruggere la
fede s'incontra col razionalismo, o intelletttialismo razio-
nalistico, al quale presumeva fare contrasto.
VI.
Ma i protestanti pietisti ammettevano ancora il fatto
della rivelazione positiva di cui l'esperienza e la coscienza
67G IL MODERNISMO TEOLOGICO
interna è segno o argomento, non essenza. I modernisti in-
vece vanno piti avanti : mettono nell'esperienza o emozione
interna l'essenza di rivelazione: dal fatto esterno prescin-
dono, quando non lo negano addirittura; e sempre esclu-
dono dalla loro fede sia il motivo proprio ed estrinseco,
dell'autorità di Dio che rivela, sia l'atto intellettivo di
adesione ad una verità certa e determinata, come a pa-
rola divina, esteriore, mentre la ripongono tutta in una
visione o intuito, poniamo pure che congiunto alVadesìone
di tutta Vanima, come essi dicono, ossia ad « un'attitudine
morale che fa delle realtà superiori come il centro della sua
vita ».
Ora « anche i razionalisti — osservano i teologi del Con-
cilio — parlano di fede religiosa, ma non possono ammettere
una fede, di cui il motivo sia l'autorità di Dio che paria:
giacché negano la stessa locuzione di Dio, ossia rivelazione ».
Fede è dunque per essi una cognizione qualsiasi delle cose
che spettano a Dio e alla religione; e secondo il vario modo
di concepire la cognizione e la scienza, diverso è il loro
concetto; sicché di fede ritengono il solo nome. « Ma anche
in questa fondamentale nozione della fede, proseguono i
relatori, vi ebbe una qualche derivazione nel semiraziona-
lismo. I semirazionalisti negano che l'autorità di Dio rivelante
sia motivo formale della fede, per cui ci chiamiamo e siamo
credenti; negano cioè che la ragione di fede stia nel pre-
stare l'assenso a motivo dell'autorità di Dio che paria. Pe-
rocché insegnano essi che ogni ferma persuasione intorno
a Dio e alle cose divine sia quella fede propriamente delta,
da cui sono denominati i fedeli, benché il motivo di ab-
bracciare e tenere la verità non sia l'autorità di Dio, ma
la sola visione del nesso intrinseco delle idee. Anzi dicono
che nel senso più sublime è fede la cognizione, per esempio,
della esistenza di Dio, alla quale si perviene dalla consi-
derazione di questo universo ». Tale era l'opinione dell'Her-
mes e del Mayer, citati dai teologi del concilio, poiché quegli
definiva la fede « lo stato di certezza della verità conosciuta,
E IL CONCILIO VATICANO 677
indotto in noi per l'assenso necessario della ragione teo-
retica o della ragione pratica », secondo la sua teoria kan-
tiana; e questi, il Mayer, più vicino ai modernisti, 4c l'ap-
prensione delle cose che ci si manifestano mediante i loro
fenomeni, ossia sottostanno quale fondamento alla cogai-
zione empirica >; onde il cristiano conosce e crede l'esi-
stenza di Dio, mentre con l' intelletto ne vede nell'universo
la maestà e la divinità.
VII.
Certo è bensì che i più dei modernisti protestano contro
siffatte definizioni < intellettuahstiche » ; ma ciò è solo per
fare un passo più avanti, e più ardito dei semirazionalisti
tedeschi: non più visione di nesso intrinseco di idee, o
assenso intellettuale — ciò sa troppo d'intellettualismo —
ma visione « emozionale » del cuore o della coscienza,
anzi contatto immediato con le realtà superiori, esperienza
insomma o prodotto di esperienza: questo, sotto varii nomi,
intendono essi per fade: le idee, come dicemmo, e le for-
mule, primitive o secondarie che siano (dommi), non sono
altro che simboli, cosa più o meno indifferente e mutabile,
siccome soggetta a molteplici interpretazioni, giusta i pro-
gressi della scienza, e a svariati adattamenti, giusta il vo-
lubile atteggiamento del senso religioso, dal quale debbono
essere vitalmente assimilate.
Ora in tutto ciò i modernisti, poniamo pure senza
addarsene, incorrono in un inganno ben simile a quello
che i teologi del Concilio Vaticano, relatori della celebre
Costituzione Dei Filius, avevano già denunziato come
«frode» dei panteisti. Questa era d'insegnare che nella
fede cristiana non s'intende la verità in se stessa, ma si
riceve sotto velami simbolici: onde il gloriarsi d'inter-
pretare essi i dogmi speculativamente, anziché negarli in
modo alcuno. I modernisti preferiscono intenderli moral-
mente, o in senso prammatistico, in ftmzione con la vita,
678 IL MODERNISMO TEOLOGICO
con l'azione, coi bisogni e simili. Ma il principio del sim-
bolismo onde muovono è tutt'uno, come tutt'uno è il
termine a cui riescono : a oppugnare la religione cristiana
con la depravazione dei dogmi e l'abuso delle parole, quando
pure non lo intendano espressamente, come invece l'in-
tendevano i razionalisti del vecchio panteismo o idealismo
germanico e l'intendono quelli del nuovo e rinascente idea-
lismo *.
Ma può parer bene strano che non lo intendano i moder-
nisti, i quali parlano con tanto sprezzo di «formolo dogma-
tiche — secondo che deplora vivamente l'enciclica — fino a
darle per frutto di uno sforzo meramente umano, a guisa
di formole o'piuttosto ipotesi non accertate ma immagi-
nate per comodità pratica, come li abbiamo uditi nel pre-
cedente articolo.
Si potrebbe anzi dire che cotesto simbolismo dei mo-
dernisti, « emozionale o prammatistico » che si chiami, è
peggiore di quello < intellettualistico > dei vecchi raziona-
listi ; perchè sommuove, anzi nega ogni fondamento di ve-
rità speculativa, quindi qualsiasi corrispondenza del domma
con la realtà oggettiva, lasciandogli solo quella di espressione
convenzionale o formula umana di una « emozione » o
disposizione psicologica soggettiva, e per alcuni anche
4c morbosa >.
Vili.
Vero è che il modernista non nega espressamente ogni
elemento divino nel domma; anzi ci dà tosto in mano una
« chiave o criterio » per discernere l'elemento divino dall'u-
mano. Ma siffatto criterio o saggio di valore, come egli
pure lo chiama, non è altro che « la fecondità religiosa»,
cioè * l'attitudine a sviluppare la nostra vita religiosa ».
E conforme a questo, egli ci sfida a prendere una qual-
siasi di quelle definizioni nelle quali, secondo lui, di tem-
* Cf. Gaudead, Libelìus fidei, p. 221-M2.
E IL CONCILIO VATICANO 679
po in tempo il senso religioso si è espresso e fissato nei mo-
menti critici,e ci assicura che l'ultima ragione di essa defini-
zione troveremo -« nella sollecitudine di mettere in salvo l'u-
nione personale fra Dio eTanima », che tutto il resto dipende
da questo ; che la metafisica, la scienza, la storia o qualunque
altro ramo del sapere non ha che fare direttamente con la
orientazione della nostra volontà verso Dio; che perciò le dot-
trine intorno a Dio e alla creazione, a Cristo e alla redenzione,
allo spirito e alla santificazione ; i fatti della prima vita di
Cristo (la storia evangelica) e della storia ebraica, tutte queste
cose sono state oggetto di definizione non per se stesse,
neper i progressi del sapere, ma nell'interesse della volontà;
che è quanto dire, speculativamente parlando, non hanno
necessariamente realtà oggettiva, ma soggettiva, non verità
assoluta ma relativa, ipotetica, provvisoria. Sicché, soggiunge
immediatamente il modernista « se questi interessi (di w-
lontà) potessero per ipotesi essere salvaguardati per altra via,
tutto ciò perderebbe valore » ; perderebbero cioè valore le
dottrine tutte definite dalla Chiesa, fino alle verità più fon-
damentali dello spiritualismo e deismo cristiano.
Così parla lo pseudonimo Sostene Celli nella sua Psi-
cologia ', dietro l'eco di un altro pseudonimo d'oltre Ma-
nica, entrato assai innanzi nella professione di quel pram-
matismo agnostico, da noi altrove spiegato distesamente •.
Ciò posto — non essendovi più luogo a verità oggettiva,
ossia corrispondenza di domma rivelato con la realtà, ma solo
a conformità della formula con una disposizione o espe-
rienza soggettiva (verità delV esperienza, detta valore reli-
gioso) — è facile a intendere in che senso l'organo più
sincero del modernismo potesse, prima dell'enciclica, assi-
curare che in molti casi perdita della fede è piuttosto
perdita dell'ortodossia teologica, in altri effetto di confu-
sione tra la fede e la sua formulazione teologica. Quindi
pure egli poteva affermare da una parte la supremazia della
fede sopra la ragione per rispetto alla verità religiosa, fino
* Psicologia della religione. (Roma, 1905), p. 25-26.
* Cf. quad. 1368 (15 giugno 1907) Domma e critica di E. Le Boy.
680 IL MODERNISMO TEOLOGICO
a volere comandalo all'uomo di rimaner fermo nella verilà
dell'esperienza religiosa, non ostante la impossibilità di
esprimerla o la contraddizione della espressione, o foruiula
dogmatica, della fede con l'intelletto e le sue cognizioni*.
Ma per altra parte egli negava questa supremazia, soste-
nendo che la causa della religione non potrebbe essere di-
fesa dai suoi rappresentanti ufficiali, ecc.; ma « dal metodo
scientifico.... dalla scienza nel vasto senso di una filosofia
fondata e controllata da esperienze inteme di ogni genere 3^ *.
E siffatta incoerenza sebbene tanto in sé assurda, è logica
nel sistema del modernismo e perciò argomento dell' assur-
dità di esso, giacché ex aòsurdo sequitur quodlibeL Ed è
questo appunto l'ultimo capo di errori su cui più vivamente
insiste l'enciclica, a proposito del modernista credente.
Indi sgorgano molte altre incoerenze che l'enciclica enu-
mera in parte e che dimostrano anche troppo ad evidenza,
insieme con la contraddizione teoretica, la contraddizione
pratica del sistema, cioè una sorte di ipocrisia, pivi che mai
simile a quella degli averroisti medievali del secolo XIII, e
di certi umanisti increduli del secolo XV, i quali professa-
vano potersi negare da filosofo ciò che da credente si af-
ferma, ossia tenersi come vero per iscienza ciò che per
fede si crede falso, e all'incontro ': contraddizione teore
tica e ipocrisia pratica tanto più detestabile nei moderni-
sti, quanto più essi hanno piena sempre la bocca di scienza,
di coscienza, di esperienza religiosa, di sincerità.
' G. Tyrrell, Per lasinceriM. ne\ lì inno va mento (hìgMo-agosio 1907),
pag. 9-10. — • Ivi, p. 9 8.
' Le energiche parole dell' enciclica anche qui fanno eco alia definizione
del Vaticano, ma più espressamente ancora a quella tanto più antica del
Lateranense contro Terrore simile degli averroisti e degli umanisti, quali il
Pomponazio e la sua scuola (cf. Denzinger, Enchìridion, n. 621): ♦ Cum-
que verura vero minime contradicat, omnem assertionem ventati illuminatae
fldei contrariam omnino falsam esse deflnimus; et ut aliter dogmatizare non
liceat, diatrictius inhibemus; omnesque huiusmodi errorls asserì ioni bus in-
haerentes, veluti damnatissimas haereses seminantes, per omnia ut detesta-
biles et abominabiles haeretigos et infideles, catholicam fldera labefactam-
tes, vitandos et puniendos fore decernimus » : ragione e definizione ripe-
tuta dal Vaticano, al cap. 4, de fide et raiione. (Cf. Dbnzingbb, nn. 1635, 1646).
IL TEATRO IN ITALIA '
IV.
Il dramma religioso, liturgico prima e sacra rappresen-
tazione poi, fu frutto di nostra terra e per tal rispetto al-
meno si può dir nazionale: a differenza di quello che venne
dopo e che fu detto classico^ perchè nato dall'imitazione
dell'arte classica, greca e romana.
Di quest'arte antica, che come fiumana a lungo frenata
irruppe impetuosa e inondò per lungo e per largo l'Italia e
poi l'Europa, in quell'epoca che perciò venne detta del rina-
scimento, un vestigio, com'è noto, non si cancellò mai lungo
tutto il medio evo.
Per quel che spetta a noi, accennammo già quanto i
Padri e i Goncilii ebbero a travagliarsi nella lotta contro
le oscenità pagane dei teatri e dei circhi. Ma anche dopo
che il dramma sacro ebbe messe radici, parallelamente ad
esso durava, a delizia delle plebi, una forma volgare di
farsa, che derivata o no dalle atellane o dai mimi latini,
continuò a rallegrare il volgo, senz'altra vis comica che
di buffonate grossolane e scurrilità licenziose.
Servì però a mantenere aperto il solco della tradizione
popolare indigena, e! a cui doveva più tardi germogliare la
commedia dell'arte o a soggetto, così denominata perchè, come
si sa, agli attori non si davano le parti per iscritto, ma si ac-
cennava all'ingrosso il soggetto della commedia, lasciando il
resto aXYarte di ciascuno, cioè alla loro vena d'improvvi-
sazione. Fu la commedia che deliziò le nostre città colla
prontezza e vivacità d'ingegno che richiedeva ne' suoi attori,
e coU'uso largo e vario delle maschere, le quali in parte de-
rivate dalle latine, in parte nate dall'invenzione spontanea
• Vedi quaderno 1383.
682 IL TEATRO
dei nostri, formarono i personaggi buffi e tradizionali del
nostro teatro comico: e di cui anche adesso resta un saggio
nei teatri dialettali.
La commedia dell'arte che ci fu tanto lodata dagli stra-
nieri e divenne popolare in Europa e in Francia, fino ad
influire sul genio nascente del Molière, presso di noi ebbe
il suo maggiore sviluppo dalla seconda metà del 500, e per
un tempo dominò sola il teatro; ma arrivò al Goldoni piena
di rughe e di vizii. Fu allora che questi sceverando da essa
quel che di buono e di vitale v'era rimasto, tra il tanto di
vile e di caduco che coH'uso e l'abuso vi si era agglomerato,
le tolse ogni ragione di essere, e da quel giorno egli ri-
formò il teatro comico italiano, e la commedia dell'arte
andò a sedersi sulle pagine della storia.
Un tenue riflesso se ne ha ancora nei teatrini ambu-
lanti, quando, nei giorni di festa o di mercato, per le con-
trade dei sobborghi o sulle piazze dei paesi di campagna
il Pulcinella o l'Arlecchino raccoglie intorno a sé una bella
corona d'ingenui spettatori, gongolanti anche solo alla vista
e alle lepidezze di quei storici personaggi, che coi Brighella,
i Truffaldini, i Pantaloni, e altri, tanto buon sangue fecero
ai nostri nonni.
Tutto questo si volle ricordato per mostrare la conti-
nuità storica della nostra drammatica popolare profana, che
accanto a quella sacra, di cui nell'articolo antecedente, costi-
tuisce tutta la materia della nostra drammatica nazionale.
Col rinascimento si riapre la fonte, da secoli quasi smar-
rita, dell'arte amica e quindi anche dell'arte drammatica: di
qui un nuovo fiume, il fiume del dramma d'imitazione clas-
sica col quale prosegue parallelo, benché più umile, quello
di fonte popolare, or ora detto.
Il nuovo fiume però se è ricco d'onde, non è in ugual
modo ricco d'onore. Per lungo tratto esso segue un alveo
non suo, e il corso ne riesce stentato e magro. È grama
soprattutto la tragedia, ma neppur la commedia ha di che
IN ITALIA 683
andare orgogliosa. La imitazione non retta dei classici,
com'è noto, fu quella che sulle prime e in buona parte im-
pacciò il corso del nostro dramma o lo fece malamente de-
viare. Si cominciò con traduzioni pure e semplici. Si prò
seguì con rifacimenti calcati sui modelli, e quando in fine
si volle far da sé, non si andò più in là di un'imitazione
tutt'altro che da emancipati.
Quei nostri drammaturghi si affaticavano in esercitazioni
scolastiche non in opere originali e d'ispirazione. I loro
lavori erano belle composizioni rettoriche, compassate, mi-
surate; perfette nella tessitura, nello sceneggiamento, nel-
l'osservanza scrupolosa delle unità aristoteliche, ma senza
forza interiore, senza fiamma di passioni calde e reali; erano
copie morte non opere vive. Più che a lieto intrattenimento
del gran pubblico, servivano però a dotto e freddo pascolo
degl'intellettuali nel recinto delle accademie. Pel pubblico
c'era la commedia dell'arte chiassosa, frizzante, corrotta che
quindi prese il sopravvento e riempì di sé, per lunga pezza,
come dicemmo, il teatro. Invece di tante tragedie composte
e recitate nei secoli XVI e XVII, non ve n'ha una che
abbia resistito all'urto del tempo. Bisognò aspettare il 700
perché sorgesse prima il Maffei e poi sopra tutti l'Alfieri.
Le vicende della commedia non furono di molto più
Uete. Anch'esse, senza dubbio, rigidamente modellate sugli
schemi fissi e infrangibili di Terenzio e Plauto: ma l'imi-
tazione dei classici non tutti l'intesero così grettamente da
lasciarsene tarpar le ali. E così nella ricchissima fiorit.-ra
comica del 500, v'ebbe più d'una commedia, la Mandragola
del Machiavelli, la (Mandria del Bibbiena e qualche altra
del Gecchi e dell'Aretino, che per naturalezza di dialogo,
per proprietà e spigliatezza di linguaggio, per fedele dipin-
tura d'ambiente, fatta astrazione dall'inescusabile indecenza,
sono anche ora fra le migliori del nostro teatro. Ma son
l'eccezione e di tutte l'altre si può fare un fascio e con
giudizio più 0 meno sommario proclamarle una miseria per
l'arte, un sudiciume per l'oscenità.
684 IL TEATRO
La miseria dell'arte nel secolo seguente crebbe di lutto
quel più di ampolloso, di mostruoso, d'innaturale che il
gusto universalmente corrotto di quell'età portava in ogni
ramo di produzione letteraria, e più sulla scena dove la
servilità al teatro spagnolo giunse a tale eccesso che il
Gravina lamentandosi del « vile ossequio > scrisse queste
gravi parole: < Il nostro teatro è divenuto campo dì mo-
struosità; nel quale non han luogo altre produzioni se non
quelle ove meno si riconosce la natura >S
Quanto all'oscenità, ne furono infette largamente le com-
medie anche più belle e più note ^
Segno dei tempi in quel cinquecento spensierato quando
gli uomini letterati d'Italia non erano « altro che intelligenze
senza affetti grandi, senza sentimento religioso, e, quel ch'è
peggio, senza morale » ^ e la vita che si rifletteva sul teatro
non poteva essere difforme da quella che si menava in
realtà, la cui corruzione nonché trovar freno ebbe anzi ali-
mento dalle infelici condizioni d'Italia di quel tempo. In
quel triste periodo della nostra storia parve rinnovarsi un
1 Della ragione poetfcn, Roma, 1708, pag. 199.
* n Goldoni, a proposilo della Mandragola, datagli a leggere ancor
giovinetlo, scrive nelle sue Memorie cosi: «La divorai nella prima lettura
e la rilessi dieci volte... Non era già lo blilo libero né T intreccio scanda-
loso che mi facevano trovar buona questa composizione, anzi la sua lubri-
cità mi ripugnava. Ma era questa la prima produzione di caratteri», che
cadevami sotto gli occhi e ne era rimasto incantato. Avrei desiderato che
gli autori italiani avessero continuato dietro questa commedia a scriverne
delle oneste e decenti, e che caratteri attinti dalla natura fossero suben-
trati agP intrighi romanzeschi....» — Invece A. Graf in un buo antico la-
voro {Sludii drainm. — « Tre commed. italiane del cinquecento ecc. » To-
rino, 1878, pag. 115 e sgg ) scagiona da ogni immoralità la commedia del
Machiavelli dove, secondo lyi, quantunque Toscenità occupi molto luo^o. vi
è come satira non come pascolo alla lubricità di gente corrotta. Ma a quanto
pare il significato satirico della commedia non dev'essere dei più trasparenti
se sfuggì a tanti, compreso il Goldoni, e se potè sfuggire alio stesso Leone X,
come il Graf maliziosamente mostra di voler credere; e ciò anche ammesso
che sia da dirsi un bel sistema quello di proporsi un fine morale, da rag-
giungere per una via cosi fangosa e disastrosa. A noi pare che anche a rag-
giungerlo quel fine per una via così fatta, sarebbe pagarlo troppo caro.
3 Settembrini, Slor, lelt. voi. II, e. I.
JN ITALIA 685
fenomeno psicologico di altri secoli. Quello cioè di Roma pa-
gana, allorché declinando ogni dì più verso la mina totale,
invece di raccogliersi a scongiurare Tiramane iattura, si sfre-
nava nell'oscena spensieratezza dei teatri e dei circhi; onde
l'espressione dell'apologista Salviano, che il mondo romano
moriva ridendo: morittir et ridet^. L'espressione quadre-
rebbe anche all'Italia, quando fatta prima campo alle incur-
sioni inondatrici e desolatrici dei tedeschi, dei francesi e degli
spagnol i che se la contendevano a brani, poi finita col divenire
una provincia di conquista della Spagna, i nostri letterati
quasi non avessero occhi da vedere e orecchi da sentire, ri-
devano e s'abbandonavano alla pazza gioia, come chi dalla
grandezza stessa dei mali a cui non si vede riparo, prende
motivo per stordirsi nel piacere e nella baldoria, aspettando
l'ineluttabile fato.
Anche a questo forse si deve che attecchisse poco la
tragedia, di sua natura grave, austera, fremente di affetti
e passioni gagliarde, e prevalesse la commedia, la popo-
lare soprattutto, co' suoi lazzi e trivialità licenziose e con
tutto quel bagaglio di sconci artistici che verso l'ultimo
aveva fatto perdere l'idea della vera e sana commèdia
e co' suoi eccessi medesimi dovette destare nel Goldoni il
desiderio vivo della riforma.
V.
Ma la riforma non venne che nell'ultimo scorcio del 700,
quando fresco ancora il genio comico del Goldoni, si ri-
velò ed affermò il genio tragico di V. Alfieri, mentre allo
stesso tempo, per tutta Europa, col melodramma rinnovato,
sonava glorioso il nome del Metastasio.
Ma per quali vie? Con quali criterii i due s'accinsero
alla gran d'opera?
Per chi osservi, trova che nel periodo, che siam venuti
richiamando, lungo periodo di povertà e di squallore del
' De guhernatione Dei, VU.
686 IL TEATRO
nostro teatro, non vi fu né vera coscienza d'arte né quasi
alcuna coscienza morale.
L'arte vera attinge alle fonti schiette della natura e ad
essa si attiene con fedeltà e sincerità. Ma i nostri maggiori
perdettero di vista la natura o almeno la guardarono da lon-
tano, quando nel furore classicista del cinquecento non si
vedeva altra via di salvezza per l'arte, che seguire pedis-
sequamente le orme degli antichi. Nel secolo appresso la
guastarono, quando, colla corruzione del secentismo, ven-
nero in moda sul teatro gì' intrecci maravigliosi, le esage-
razioni, le sguaiataggini, i concetti, i bisticci, le fantasti-
cherie bizzarre e inverosimili.
L'arte vera inoltre benché abbia per fine di dilettare, il
suo diletto lo vuol sano non corrompitore, lo vuol far servire
a fini più alti, non esaurire in sé stesso. Se parlasse in-
somma la vera arte, parlerebbe come già scriveva l'ab. Conti,
immediato predecessore dell'Alfieri: < Se io posso istruire
e dilettare nello stesso tempo, perchè vorrò propormi di
piacere solamente? Se io posso dilettare colle idee nobili
e i sentimenti deUcati che la morale m' inspira, perchè cer-
cherò io il diletto nell'empietà e scostumatezza ^ ? »
Ma tutt 'altro fu il criterio che prevalse comunemente. Si
cercò di piacere, senza curarsi d'istruire : e di piacere non
già col bello che conduce al bene, ma coll'empietà e sco-
stumatezza.
Tale era lo stato punto confortante del nostro teatro
quando il Goldoni prima, l'Alfieri dopo vennero in campo
armati di risolutezza e di genio.
Il domma artistico che il Goldoni pose a fondamento
della sua riforma fu quello che servì sempre per ogni ri-
forma nel campo delle arti ', il ritorno alla natura, puro e
semplice. In più luoghi delle sue « memorie» egli lo pro-
clama : « Tutto lo studio da me adoperato nella composi-
*■ Nella dlssertaz. alla Signora Ferrant.
« Cf. Civiltà Cattolica, quad. 1364, 80 aprile 1907: € La riforma del
Goldoni » .
IN ITALIA 687
zioi>e delle mie commedie è stato di non guastar la natura...
e di preferir sempre la semplicità al bello artificioso e agli
sfarzi dell'immaginazione l'ingenua natura. » E allo studio
d'imitar la natura e di non guastarla corrispose talmente
il successo, che al dir del Voltaire, in certi suoi noti versi,
nelle commedie del Goldoni è la natura stessa che parla ed
agisce. Né la lode potrebbe esser più lusinghiera, perchè
niente più si apprezza e si cerca nell'arte rappresentativa,
che la naturalezza, e la naturalezza schietta e squisita è ap-
punto il pregio e il segreto della commedia goldoniana, che
perciò ha il suggello dell'immortalità.
Del pari V. Alfieri, il quale pur attenendosi alle norme
degli antichi, attraverso i modelli recenti della tragedia
francese, non si fa schiavo di essi, né compone per eser-
cizio rettorico le sue tragedie a gloria dell'arte antica e
di Aristotele, ma imprime loro una vita e un'anima tutta
personale e soprattutto ha, quel che mancò ai suoi prede-
cessori, un fine alto e degno, quello cioè di volere « che
gli uomini debbano imparare in teatro ad esser liberi, forti,
generosi, trasportati per le vere virtù, insofferenti d'ogni
violenza, amanti della patria, veri conoscitori dei propri di-
ritti e in tutte le passioni loro, ardenti retti e magnanimi > *.
Le quali parole, benché suscettive di diverso ed opposto si-
gnificato, a seconda di chi le pronuncia, e l'Alfieri stesso mo-
stri intenderle in un senso non sempre incensurabile e giusto,
pure rivelano l'alto e severo concetto ch'egli aveva della mis-
sione dell'arte. E quando si pensi che a questi principii egli
di fatto informò la sua tragedia, che quindi fu per lui non un
passatempo, ma un'arma possente per rialzare -comunque
egli ciò intendesse - l'anima e la vita d'un popolo : non fa
meraviglia eh' egli col genio sortito da natura riuscisse il
grande che fu, e conquistasse nel nobile arringo quella palma,
cui nessuno giunse innanzi a lui e nessuno dopo, benché a
lui seguissero calcando le sue orme, uomini come il Monti e
^ Opere. Pisa, 18«1, voi. V, pag. 67.
6S8 IL TEATRO
il Foscolo, e poi più tardi, con più libere movenze e "con
leggi di nuove correnti letterarie, il Manzoni.
Ma non andiamo più oltre per non entrare nel campo
della drammatica contemporanea. Avremmo potuto ricor-
dare, per compimento della materia, il dramma pastorale
coi capilavori déìV Aminta e del Pastor Fido, e soprattutto
il dramma musicale o melodramma a cui legò così stret-
tamente il suo nome il Metastasio, terzo col Goldoni e col-
r Al fieri nella riforma del teatro, ma per lo scopo nostro
che è non di far la storia vera e propria del teatro passato,,
bensì di accennarla a rapidi tocchi per trarne qualche lume,
pel presente, basta la rassegna dei due rami principali.
E intanto con sì alta idea della missione e dignità del-
l'arte, sarebbe superfluo il chiedere se e l'uno e l'altro dei
due riformatori si tenessero lontani dal fango che tanto im-
brattò il teatro antecedente. Una così grande probità artì-
stica rifuggiva per istinto dall' improbità morale e così l'osce-
nità, almeno quella sistematica e sfacciata, non macchiò né
la commedia né la tragedia rinnovata.
Per il che, gettando uno sguardo complessivo su tutta
la storia del nostro teatro medievale e moderno fino a
tutto il secolo XVIII, e giudicandola sommariamente, nei
rapporti dell'arte e della morale, possiamo, ci sembra, rias-
sumerla così: che il nostro teatro nacque sacro e religioso,
poi giacque e fu corrotto, quindi risorse e fu morale.
VI.
Di qui scaturisce spontanea qualche riflessione sul conto
del nostro teatro contemporaneo.
Innanzi tutto che il nostro non sia un secolo d'oro per
l'arte, è un opinione tutt'altro che solitaria.
Ne fece un ritratto fosco, anni or sono, Leone Tolstoi,
in quel suo tanto discusso libro: che cos'è Varie? E il Graf,
pur confutandone parecchie idee fondamentali in una acuta
critica, trovò giusto e fece suo quanto lo scrittore russo
IN ITALIA 689
afiferma intorno alle condizioni generali dell'arte contem-
poranea.
« Che sia ridotta (l'arte contemporanea) - scrisse il pro-
fessore torinese, naturalmente anche a proposito dell'arte
italiana - che sia ridotta per molta parte a non esprimere
altro ormai che la vanità, la sensualità, la stanchezza, la
stravaganza e ad ingannar l'ozio e il tedio di scioperati assai
più corrotti che eleganti e più imbecilli ancora che corrotti;
che sia per troppi rispetti un' arte contraffatta e bugiarda e
nella sua stessa raftìnatezza puerile ed inetta, nessun uomo
di sano giudizio vorrà, credo, negare > *. Il che se vale per
l'arte in genere, vale e deve valere, come è chiaro, per l'arte
drammatica in particolare, anche se mancassero a carico
di questa giudizi diretti che, non mancano, pure recentis-
simi, e basta riandare quel che si disse e si scrissa l'anno
scorso, quando a proposito del centenario Goldoniano si
ebbe largo campo, alla luce viva del commediografo ve-
neziano, d'istituire paragoni tra allora e ora, tutt'altro che
lusinghieri pel teatro attuale.
La cui decadenza perciò a tutti visibile a noi pare si con-
netta anch'essa, come quella del teatro antico, con un falso
concetto o se si vuol megho, con una falsa applicazione
del concetto dell'arte.
Che l'arte rappresentativa debba essere soprattutto na-
turalezza, cioè riflesso vivo e fedele della natura e della
vita, nessuno si sogna di metterlo in dubbio. Ma il male è
nel modo onde s'interpreta questo postulato : perchè né si
rappresenta tutta la vita, né la parte che si rappresenta è
tutta intera.
Se si osserva, della vita il teatro attuale non rispecchia
che una parte e, quel che è peggio, gli angoli sporchi di
essa. Tesi senza fine, esplicite o implicite che siano, ven-
gono in campo sul palcoscenico, filosofiche, scientifiche,
sociali, ma quasi tutte o immorali o involte d'immoralità.
' « Sofismi di Leone Tolstoi in fatto d'arte e di critica » in Nuova An-
tologia del 16 Settembre 1898, ripubblicato recentemente nel volumetto:
« Per la nostra coltura ».
1008, voi. 1, fase. 1386. U 12 marso 1008.
۩0 IL TfiATBO
Nella vita, grazie a Dio, ci sana ben altre cose degne
dì rappresentazione. La virtù, il sacrificio, l'eroismo non è
si raro come si varrebbe far credere: c'è tanto di bello
e; di grande nel mondo, per chi lo sappia indagare sotto
La corteccia superficiale; e con tutte le contrarietà, è il bene
quello che finalmente trionfa sul male^ la verità quella che
ai fa strada sull'errore. Ci aon tante belle scene, del popolo
cfcie soffre e lavora, della virtù che lotta colla sventura, del
carattere che si spezza ma non si piega; tante cause belle
da propugnare, per la saldezza della famiglia^ per la luora-
Idià dei costumi, per la educazione dei popolo; tanti nobili
sentimenti, oltre queU' unico usato e abusato, sentimenti di
fedeltà al >»roprio dovere, di coraggio della verità, di gene-
rosità nel perdono, d' intrepidezza nelle proprie coavin-
aioni, di slancio nel sacritìeio di sé e delle proprie cose,
ahe, come danno tanta luce di bellezza alle omaDe azioni,
e tanto piacciono e si ammirano nella vita, così piacereb-
liMro e quanto 1 sulla scena. Ma che? lesi morali di questa
sorta non trovan posto nel teatro dei nostri giorni. Il posto
m esso par riserbato ai disordini e alle debolezze della vita,
speeie a quelle che rientrano nella sfera galante delle infedeltà
coniugati, che sono, come si sa, il tema obbligato del dramma
contemporaneo, con tanta insistenza e universalità da fer
pensare che al mondo d'oggi non vi sia altro che corru-
zione e bassezza e fango. - Ora un'arte di questa maniera
sarà tutto quei che si vuole, fuori che arte vera. L'arte vera
rispecchia la vita com'è tutta inteia, e se la mutila e la
deforma non è che un*arte « contraffatta e bugiarda ».
Ma non la rispecchia anche per un altro verso. Dei di-
sordini stessi che essa è così premurosa ài rapfH-esentare
ritrae solo i lati luminosi e lusinghieri e lascia nell'ombra
quelli donde per la logica del fatto stesso, scaturirebbero
utili insegnamenti e correttivi Del piacere preferito al do-
vere, si rappresenta H dolce non l'amaro che esso iaseta.
Delle passioni, dei capricci, delle scioperataggini, inqua-
drate per Io più in ambienti morbidi e fastosi, di grandi
IN ITALIA 691
e piccoli alberghi, di salotti, di ville, di stazioni climatiche
e simili, si presenta solo ciò che ben lusinga, ma non la
volgarità, la bruttezza, le spine che sotto tanta apparenza
si nascondono e che messe in vista gioverebbero non
meno alla verità che alla moralità dell'arte; che al con-
trario, com'è fatta adesso, colle sue apparenze inganne-
voli e meretricie, travisa la vita e le sue leggi provviden-
ziali, corrompe dove potrebbe educare, e non può esser
degna che di servir di trastullo e « d'ingannar l'ozio e il
tedio di scioperati corrotti... e imbeciUi )►.
Che si stia dunque male pel teatro tutti lo sentono e
se ne invoca il risanamento e la ristaurazione. Vi sarà un
braccio vigoroso che lo rialzi come vi fu sulla fine del se-
colo XVIII? È da sperarlo, purché la via regia delle riforme
ora come allora sia il ritomo alla verità schietta e fedele della
vita e della natura. Il segreto del Goldoni sarà il segreto di
chiunque ora e sempre si proponga di restituire al teatro
contemporaneo la perduta dignità artistica e morale. E la
ragione è sempre quella che la verità vera e intera è la
condizione assoluta della vera arte, nel senso che noi ac-
cennammo e che ci piace ribadire colle parole d'uno scrit-
tore francese.
La vita — scrive G. Le Bidois — è « la luce e l'istitu-
trice dei cuori. Essa abbonda per tutti di utili insegna-
menti. Agli scrittori quindi di teatro essa rivela, presto o
tardi, che l'arte d'esser morali è quella d'esser veri, che
basta quindi aver buona vista per raggiungere la più so-
lida e la più fina moralità. Al critico, essa insegna e dà mis-
sione di ripetere che è una delle più rilevanti condizioni
della bellezza e dei trionfi duraturi » *.
* « Le Gorrespondaiit » t5 aout 1904. -* Les 4dé€9 moreUeg au théatrer
DONNA ANTICA E DONNA NDOTA
SCEINE DI DOMANI
LV.
Un anno dopo.
Era la seconda, festa del S. Natale.
Dopo aver assistito quella mattina a una messa cele-
brata a]VAlbergo delle operaie in suffragio della Giannina
buon'anima, la contessa e la Ida, colla loro fedele Gior-
gina, erano ite nel pomeriggio al camposanto, a pregare
sul sepolcro di quella povera domestica, che un anno
prima si era immolata per le sue padrone, afifrontando
con eroismo la morte.
Compiuto un atto sì nobile di pietà e di riconoscenza
cristiana; mentre la pace profonda, che il mistero della
corrispondenza coi trapassati infonde sempre nelle anime
credenti e pure in visitare la dimora delle loro spoglie
mortali, era resa più solenne dal silenzio della solitudine
campestre e dal mite splendore di un bel tramonto inver-
nale; la contessa volle approfittare di un'occasione sì con-
forme alla disposizione dell'animo suo, per pigliarsi colla
Ida un po' di sollievo e abbandonarsi ad uno di quei col-
loqui intimi, in cui l'una e l'altra trovavano sempre con-
forto e ristoro, e spesso tra loro due si esaminavano gli
argomenti più gravi e si scioglievano le questioni più vi-
tali e più ardue de\V Alleanza, prima di sottoporle alla di-
scussione e deliberazione del consiglio direttivo.
Lasciò pertanto Giorgina nel cimitero a pregare an-
cora e sfogare la propria pietà verso la sua indimentica-
bile amica, con ordine di trovarsi poi presso la carrozza
DONNA ANTICA E DONNA NUOVA 693
pel ritorno in città e, presa seco la Ida, uscendo dal cimi-
tero le disse: — Vieni qua per questo magnifico viale. Che
bella giornata! Godiamoci quest'ultima ora di sole, per
fare una passeggiata e discorrere delle nostre faccende.
— Assai volentieri. Volevo appunto suggerirglielo io.
Non solo i polmoni, ma anche l'anima respira più libera-
mente e si ristora in questa solitudine beata, special-
mente dopo una visita ai morti. Povera Giannina ! È un
anno...
E s'interruppe per non palesare la sua commozione^
La contessa soggiunse:
— Beata lei, eh' è morta martire della fedeltà, della ca-
rità e della riconoscenza per chi l'ha salvata dalla perdi-
zione. Ella è in Cielo e prega per noi, mentre noi stiamo
qui ancora a tribolare...
— Le confesso ch'io mi raccomando spesso alle sue
orazioni e parmi di sentirne l'effetto.
- Si vede che continua a proteggerti dal paradiso, come
ti ha difesa quando era in terra...
— A costo della sua vita! Quanto eroismo in una po-
vera contadinella!
— E quanta malvagità nella sua assassina! Fino all'ul-
timo, anche dopo la sentenza di condanna all'ergastolo,
ha continuato a protestarsi innocente, imprecando e sper-
giurando come un demonio.
— Non so se sia maggiore il ribrezzo o la compassione
che sento in pensare a quell'anima dannata. Il Signore ne
abbia misericordia! Quanta robaccia di altri dehtti nefandi,
venuta a galla nel processo ! Se non c'era a difenderla un
buon nerbo di guardie, il popolo l'avrebbe linciata,
— Preghiamo per lei che il Signore le tocchi il cuore.
Finché si è in vita, c'è sempre tempo di pentirsi e di sal-
varsi. Vedremo se il cappellano dell'ergastolo ci manda
qualche buona notizia... Speriamo, ma... il peggiore di tutti
i peccati è l'ostinazione. Più di lei mi fa grande compas-
sione la Schwitzer, eh' è morta, senza neanche poter fare
694 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
un atto di contrizione, in quel famoso raid di automobili
a Nizza.
— Disgraziata! Non le mancava che di mettersi a fare
ki chauffetise, per finire poi con fiaccarsi il collo. Bel fem-
minismo che la ci voleva piantare in Italia! Chi sa poi s'è
vero quel che dissero i giornali, che cioè andò a cercar
la morte in automobile, perchè aveva perduto al giuoco
tutto il suo!
— Comunque sia, fa spavento il pensarci. Quante vi-
conde in un anno! E noi, senza accorgerci, c'incontriamo
qui oggi in richiamarle alla memoria...
— L'anniversario della buona Giannina ci fa rivivere
nel passato.
— Così è. Non hai riflettuto anche tu che tutti quelli,
i quali ci hanno dato maggiori noie per lo sviluppo del-
Topera nostra, sono ormai scomparsi dal campo?
— Quante volte ci ho pensato anch'io! Il mio collega
Fiocchetti, pei risultamenti del processo Trecoppe, ha do-
AUto uscire dal servizio telegrafico. Buon per lui che la
cosa non è ita più in là; altrimenti, se si fosse risaputo
{juel che sappiamo noi...
— Ti so dire che stava fresco. E la tua collega segre-
iaria Fioroni ha abbandonato gli studii, per imbrancarsi
tome amazzone in una compagnia girovaga da circo
equestre!
— Cosa pazza! La più scaltra è stata quella vecchia
(attucchiera, eh' è scomparsa con la sua manutengola prima
che le venisse fatta la perquisizione in casa, e nel corso
del processo fu accusata dalla comare di veneficio, di truffa
e di occultazione di reato. Se riuscivano ad acciuffarla,
ctii sa quali scandali sarebbero venuti a luce!
-- Un putridume da turarsi il naso, cara mia. Quanto è
più lucido e profumato alla superficie, tanto il gran mondo
moderno è più marcio e verminoso nelle sue viscere.
— Lo si è veduto in parte nel processo della comare.
— Di' bene in parte, perchè io credo che gli stessi giù-
LV. UN ANNO DOPO 69&
dici siano rimasti atterriti dinanzi a certi punti interrogativi
del processo, e alle conseguenze che potevano venirne se
avessero voluto cercarvi, a rigor di legge, i punti afiferma-
inativi corrispondenti. I maggiori furfanti non siedono m
galera, ma passeggiano a piede libero e talvolta brillano
nei saloni.
— Lo ha detto anche la comare nel processo..,
— Ma poi si è disdetta per non darsi della scure in
sul piede. Si trattava appunto del Brandini. Ti ricordi ?«.
— Sì, sì. Egli però se l'è passata pel rotto d-ella cuffia.
Laddove la maestra dì casa della comare, ch'era fuggita
e fu arrestata al confine svizzero, si è buscata dodici anm
di reclusione per la sua gita notturna in bicicletta. CI»
glielo avesse detto prima di avventurarsi a quella impresa^!
Hanno fatto l'esame delle due famose biciclette sequestrate
nella perquisizione, le hanno portate sul posto dinanzi al-
V Albergo, hanno confrontato le ruote colie impronte e ì«
loro scarpe colle orme rimaste sul terreno umido e sofRce,
hanno perfino calcolato il tempo che doveva essere tra-
scorso per ridurre il fango delle ruote nello stato in coi
fu trovato, e le hanno quindi colte tra l'uscio e il muro,
senza che potessero uscir loro di mano.
— Oosì i frutti del moderno progresso, che servono tante
volte a fare il male, questa volta han giovalo alla giustizia :
se non c'era la fotografia istantanea della comare colla croce
al petto e la moda delle biciclette per le donne, chi sa se
quelle due mariole sarebbero giunte al canto 1
— Ed ora hanno tutto il tempo di darsi airanimal Di®
volesse] Quanto a me..., finché elleno stanno a vedere il
sole a scacchi, non ho a temere di andarmene per le po^te'I
Intanto la nostra Alleanza va di bene in meglio. Le iscri-
zioni continuano a fioccare, e io spero di chiuder l'anno
con un mezzo milioncino di aumento.
— Sia ringraziato il cielo. Golia buona stagione pren-
deremo stanza nel nuovo edifizio, e allora si potranno or-
dinare meglio gli uffici e dare maggiore sviluppo agli affari.
Tu poi avrai una segreteria da far invidia a un ministro.
696 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— E le due Alleanze continueranno, n'è vero, come prima,
ad avere la slessa presidente?
— Che ne so io? Per quanto mi rompa il cervello a
sciogliere questo nodo, non ci riesco a cavarne le mani.
Fra le due, vorrei preferire la primogenita, finché mi ci
tengono le mie senatoresse; ma... va tu a farla intendere
alle senatorone déìV Alleanza nazionale, tutte congiurate a
farmela cento altre volte, come la prima! Se poi mi tengo
questa e rinuncio all'altra, metto in guerra tra loro le due
sorelle e i due senati e...
- I due contrarli fan che il terzo goda, cioè che go-
diam tutte e che il litigio finisca prima di nascere. Ella è
la nostra papessa! Or come il Papa è pastore di tutto il
mondo e insieme vescovo di Roma, così anche la presidente
deWAlleanza nazionale deve stare alla lesta deWAlleanza
locale nella città dov'ella risiede. Quando poi trattasi di
colei che ha creato e data la vita a tutte e due, allora è
chiaro che...
— ... la segretaria deve guastarle le uova nel paniere
ed entrar nella congiura per farle la barba di stoppa. So
tutto, birboncella! Ma le ne pentirai, quando vedrai che
non si può portar la croce e suonar le campane e avrai
tu, come segretaria, a ripescare le secchie della presidente.
— Oh per questo me ne sto di buon cuore io ! Finora
le cose sono andate a vele gonfie, e andrem col vento in
poppa anche in avvenire. Ormai le grandi prove sono su-
perate e V Alleanza va co' suoi piedi, mentre la Lega, se non
è morta, certo è moribonda.
— Veramente, io m'aspettava che la professoressa Li-
sardi, entrata a dirigerla, dopo la fuga di madama Schv^ilzer,
aiutata dal Brandini, le infondesse un po' di vita; ma in-
vece...
— Sono in liquidazione e, per coprire lo sfacelo, hanno
già deliberato di trasformare la Lega femminista in una fe-
derazione sociahsta femminile. Così gli avanzi dell'esercito
disperso entrano nelle file del socialismo, e l'on. Brandini
LV. UN ANNO DOPO 697
può vantarsi di aver salvalo la capra e i cavoli, a tutte
spese della povera Schwitzer!
— Così sia e buon prò lor faccia! Son pur tutti d'un
pelo e d'una buccia. Noi intanto si continuerà a fare il
dover del giuoco e speriamo di far loro ancora qualche
buona pedina. A dir vero, viviamo in tempi di tanta con-
fusione, la lotta tra le idee vecchie e i fatti nuovi è così
aspra e accanita, le condizioni politiche del paese sono sì
arruffate, ch'è ben difficile tener la via diritta tra gli estremi
e pigliar il mondo pel suo verso, senza dare in ciampa-
nelle.
— 0 questa sì che ci quadrai Se il Signore non le avesse
dato il dono di tenere sempre la linea di mezzo tra il mondo
vecchio e il mondo nuovo, per salvare la fede antica coi
metodi moderni, oggidì V Alleanza non sarebbe la più po-
tente istituzione nazionale e la Lega starebbe alla testa del
femminismo italiano.
— Veramente la Provvidenza ci ha favorito finora in
modo singolare, sarei quasi per dire miracoloso. Quando
ritletto alle difficoltà superate, alle lotte sostenute, alle vit-
torie riportate e allo sviluppo gigantesco, prodigioso della
nostra impresa, incominciata con sì modesti auspicii, mi
sento pieno il cuore di riconoscenza alla divina bontà e
dico: qui vi ha il dito di Dio! Se poi rammento le circo-
stanze del nostro primo incontro e la protezione visibile,
onde il Signore ti ha scampata da tanti pericoli, insidie,
tradimenti e attentati, veggo proprio...
— Ah sì, sì, contessa, lo veggo anch'io e parmi di toc-
carlo con mano, il braccio di Dio che ci porta, ci sostiene
e ci difende sempre e dappertutto come le sue pupille. Ne
sia Egli ringraziato e benedetto in eterno!
— E ci assista a non guastare Topera sua!
— Questa è per me - disse Ida sorridendo - che ho la
carica ufficiale di guastamestieri.
— Sotto la direzione e col concorso della presidente,
da cui dipendi aggiunse nello stesso tono la contessa. E
continuò :
698 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
— Mi hai fatto perdere il filo del discorso colle tue celie.
Volevo dunque dire... che... dopo tante prove ddila divina
protezione, ora sarebbe tempo di avere maggior fiducia
in Dio per... fare un passo un po' ardito, ma... pare a nae.^
necessario.
La Ida la guardò con una occhiata penetrante e disse;
— Per quanto ardito, il passo si deve fare, s'ella lo dice
necessario. E il Signore sarà con noi!
— Vedi, mia cara, come stanno le cose. Tra i mezzi
umani, onde la Provvidenza si è servita per benedire l'o-
pera nostra, io metto in primo luogo gli errori dei nastri
nemici e le condizioni politiche del paese. E parlando di
nemici, non alludo unicamente, e neanche principalmente,
al feuirninismo di madama Schwitzer e compagnia bella,
che ha sempre lavorato per la propria rovina e pel nostro
vantaggio; bensì ai partiti anticlericali e sovversivi, i quali.
quando ebbero il governo in mano prima del presente mi-
nistero, fecero l'impossibile per rendersi odiosi al paese e
piovDcare una reazione formidabile contro il loro dispo-
tismo insensato. Quando poi vollero manomettere e pro-
fanare la famiglia col divorzio, la vera Italia ìi ha mandati
a gambe levate. Fu quella per noi un'occasione d'oro. Se
non coglievamo il destro dell'agitazione contro il divorzio
per conquistare il paese, V Alleanza nazionale o avrebbe
ancora da nascere o sarebbe appena nelle fasce.
— Ma ci voleva il suo coraggio per gettarsi nella mi-
schia. Che lotta gigantesca! E che vittoria strepitosa!
— Che sarebbe stata un fuoco di paglia, se non ne
ave^ssiino approfittato per costituire un'opera stabile di or-
ganizzazione generale...
— A cui si deve la salvezza della donna italiana e perciò
stesso della famiglia e della società.
— Adagio, carina, non esageriamo. Per risanare la fa-
miglia e la società, ci vogliono anche gli uomini, e questi
pur troppo sono ancora ben lontani...
— Però coll'autorità educativa della donna, colPesercizio
LV. UN ANNO DOPO 699
della maternità sociale e coli' azione indiretta nella vita
pubblica...
— Lo so, lo so e lo dico sempre anch' io ; ma la è questa
una cambiale a lunga scadenza, ed ora invece si vuol la-
vorare a pronti contanti. Mi spiego. Il presente ministero
continua a far del suo meglio per riturare i buchi e ras-
settare gli sdruci fatti al paese dal governo precedente;
il guardasigilli, il nostro Terziglio, ci dà di spalla dove
può ed è tutto per noi; se non c'era lui, tu andavi in Sar-
degna e chi sa poi quali conseguenze ne potevano venire I
Ma né egli né i suoi colleghi possono abolire o ignorare
le leggi anticlericali, votate sotto il ministero precedente.
Il loro é un governo di concentrazione o di passaggio, che
si regge con una piccola maggioranza parlamentare, costi-
tuita di parti non omogenee e perciò facile a disgregarsi.
Così sono rimaste in vigore le leggi giacobine contro le
congregazioni religiose, contro la proprietà ecclesiastica e
contro l'istruzione religiosa nelle scuole; in pratica si é
cercato di attenuarne l'esecuzione, secondo il detto: fatta
la legge, pensata la malizia. Ma...
— Pur troppo, i danni sono stati enormi; io non so né
quando né come ci si potrà porre riparo.
— E il peggio si é che se non ci si ripara presto e
bene con un rimedio radicale, si ricade in bocca ai lupi.
— Oh!? Che il Giel ci guardi!
— Diamine! Non sai che siamo alla vigilia delle elezioni
generali?
— Eh sì, e so pure che dovranno riuscire secondo i no-
stri desiderii.
— Qui ti voglio. Non può avverarsi che uno di questi
tre casi: o prevale la lega anticlericale della massoneria,
del radicalismo e del socialismo; o rimane padrona del
campo, con qualche po' di rinforzo, la presente maggio-
ranza del governo; oppure questa si trasforma, colla esclu-
sione delle parti eterogenee e con un nuovo nerbo di parti
omogenee, in un grande partito nazionale, che porti al go-
700 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
verno un programma simile a quello da noi seguito con
tanta fortuna per l'organizzazione delle donne.
— Io sto pel terzo.
— E io temo assai pel secondo.
— Temo anch'io per esso, e tale timore mi pare ap-
punto una ragione di più per sostenere il terzo.
— Come vuoi sostenere un partito che non esiste?
— Dovrà uscire dalle urne....
— Oh brava! E verrà fuori bello e fatto, armato fino ai
denti, come Minerva dalla testa di Giove!
— Voglio dire che dovrà uscir vittorioso dalle urne; si
intende però che per vincere convien combattere, e per
combattere bisogna esistere.
— Ma chi gli darà l'essere e la vita? In Italia, come più
o m«3no dappertutto, la democrazia politica, colla prepon-
deranza delle questioni economiche e sociali, va sempre più
guadagnando terreno, talché i partiti, che non vi accomo-
dano il proprio programma, sono destinati irreparabilmente
ad assottigliarsi e a perire. Ora la presente maggioranza
parlamentare è piuttosto restìa a mettersi risolutamente
per questa via, non potendo, senza disgregarsi, rinunziare
all'appoggio del gruppo liberale moderato che, sebbene si
dica democratico anch'esso, di fatto però vi è contrario.
Così il partito del governo si fa di giorno in giorno più
impopolare; ed è questa la ragione per cui io temo che
nelle prossime elezioni esso non regga alle botte della lega
anticlericale, e vorrei, come ti diceva, la sua trasformazione
in un partito nazionale, con programma più popolare e più
moderno. Quello eh' è riuscito sì fehcemente colle donne,
perchè non si potrebbe provare, sotto altra forma, anche
cogli uomini ? Ma perchè codesto tentativo sia serio e possa
aver buon effetto, si richiede un lavoro previo, intenso, im-
menso di agitazione elettorale in tutto il paese. Tale la-
voro, naturalmente, dev'essere condotto ed eseguito dagli
uomini. Noi donne non ci possiamo nulla.
— Convengo anch'io che non possiamo metterci alla
testa del movimento elettorale....
LV. UN ANNO DOPO 701
— Sarebbe corae leccar porfido e per giunta far ridere
anche le pietre.
— Ma la storia c'insegna che, dove la donna ci mette
il suo zampino, si ha il vento in ftl di ruota, anzi che in
tutte le vicende politiche e sociali dei tempi moderni l'a-
zione della donna ha dato il tracollo alla bilancia. Nei
paesi anglosassoni poi, ella sa meglio di me quanta parte
prendano le donne nell'agitazione elettorale anche là dove
sono escluse dal suffragio elettivo, attivo e passivo.
— Vorresti forse che scimmiottassimo le inglesi con le
conferenze e coi comizii in favore dei nostri candidati?
Staremmo fresche come la ruta! Altri paesi, altro sangue
ed altri costumi!
— Tuttavia... si può agitare colla stampa e privatamente
anche a viva voce.
— Le nostre stampe non sono lette dagli uomini e
alle nostre prediche fanno gli sbadati o i burloni. Ho
provato a toccar questo tasto con alcuno di quelli che ci
han le mani in pasta, ma non ne rimasi consolata e... questo
basta per... attaccar la voglia al chiodo !
— Come...? M'ha pur detto poco fa che vorrebbe fare
un passo ardito... e che non c'è tempo da perdere... ed ora
vorrebbe mettere la cosa a dormire? Che indovinello è
questo? Ho capito! Ho capito! S'ella mi tiene tanto sulla
fune, vuol dire che c'è da menare una gran pasta... Su,
andiamo, mi chiarisca la partita.
— Ebbene, veniamo dunque al punto. Ma ho voluto
prima menare il can per l'aia e tenerti un po' a bada, per
farti riflettere sulle difficoltà dell'impresa ed avermi così da
te un giudizio più sicuro. Dunque... ti dicevo or ora che, se
non si costituisce presto in Italia un grande partito nazionale,
con carattere democratico e sociale, a simiglianza di quello
che abbiamo fatto noi per le donne, nelle prossime elezioni
generali io m'aspetto un disastro, che butti l'Italia nell'a-
bisso in cui giace da tempo la Francia giacobina e deca-
dente. Come stanno oggidì le cose, non è a sperare che
702 DONNA ANTICA E DONNA NUOVA
gii uomini la intendano a dovere, se ne facciano inizia-
tori di proprio impulso e ci si mettano colFarco della
schiena. Pur troppo, quelli che hanno voce in capitolo
e potrebbero darsi attorno hanno il capo altrove e sono
fuori del seminato; oltreché il loro passato politico e
le attinenze che hanno coi vecchi partili li rendono im-
popolari e incapaci di riuscire in un'azione generale radi-
calmente nuova. Eppure non solo la prima spinta, ma tutta
l'agitaziotte elettorale propriamente detta deve venire da
loro; altrimenti, invece di una grande campagna politica,
avremmo una grande... carnevalata!
— Fin qui c'intendiamo; ma poi...?
— Ma poi? Ecco! Se ci fosse un gruppo di valorosi,
uomini nuovi e impregiudicati, superiori a qualunque so-
spetto, e se questi lanciassero improvvisamente un appello
al paese, annunciando la formazione del nuovo partito
nazionale con un diluvio di manifesti, di fogli e di opuscoli,
facendo un gran fracasso, come abbiamo fatto noi prima
contro il divorzio e poi per VAllecmza nazionale...
— È un'idea che vale tant'oro...
— Se, non avendo essi le forze necessarie per dar l'as-
salto contemporaneamente a tutto il paese coi mezzi della
pubblicità moderna, c'incaricassimo noi di tale faccenda,
lasciandone però a loro tutta l'apparenza dinanzi al pub-
blico...
— Benissimo! Gettiamo noi il frumento in terra ed essi
lo raccolgono...
— Se noi inoltre mobilitassimo tutta la nostra armata,
non per gettarla nell'agitazione elettorale, che appartiene
agli uomini, ma per dar loro tutto l'appoggio morale di
cui son capaci due milioni di donne...
— Abbiamo la vittoria in pugno ! — esclamò la Ida con
entusiasmo.
La contessa si fermò e fissando gli occhi addosso alla
Ida. più vivi e penetranti del consueto, le disse in tono
serio e solenne: — Di ciò basta per oggi. Rifletti bene alle
L.V. UN ANNO DOPO 703
grandi difficoltà della impresa e domani mi darai la ri-
sposta.
Era questa la formola usata della contessa, quando vo-
leva avere il parere della sua segretaria intorno agli affari
di maggior gravità. E a far sì che tale parere fosse più
libero e considerato, non volle dirle che ne aveva già par-
lato al suo consigliere fidato, l'antico precettore, e che
questi non solo l'aveva esortata ad eseguire il suo disegno
e si era offerto a costituire egli stesso il primo nucleo del
nuovo partito, ma le aveva detto: — S'ella non fa questo
passo decisivo, ch'è la consegueoza legittima e neeessaria
della sua azione pubblica precedente, sappia che ha fallito
airnltimo scopo della sua missione ; come il contadino che
non cogMe il frutto più prezioso dei suoi sudori, quand'esso
è già maturo.
Il giorno dopo la Ida ebbe colla contessa una lunga
conferenza, in cui fu risoluto di gettarsi arditamente alla
nuova impresa.
Qui finisce la nostra storia.
Se altri vorrà riprenderla, dovrà narrare come uscì vit-
torioso dalle urne il nuovo partito nazionale e come la
donna antica non solo trionfò della donna nuova^ ma fu la
Tera salvatrice della patria.
FfifB.
RIVISTA DELLA STAMPA
Ascetica classica e solida pietà.
Se reta presente abbia una così verace tendenza alle severe
discipline dell'intelletto da meritare il titolo novamente in-
ventato d' « intellettuale > è questione che si potrebbe forse
discutere, ma non risolvere sulla fede soltanto de' suoi auto-
panegirici. Non depongono a suo favore né la tendenza mate-
rialista di molte alte scuole, né la meschina scienza dialettica
di uomini fomiti per altro di ampia erudizione positiva; né la
deplorabile ignoranza religiosa di molte persone colte ed anche
di accurati investigatori delle scienze umane; né tanto meno
l'indifferenza, la trascuratezza, l'avversione religiosa di molti:
tutto questo evidentemente non é intellettualità, ma fiacchezza
di mente e di cuore. Nondimeno sarebbe pure ingiusto disco-
noscere il compenso recato dalla pietà schietta, che sempre fio-
risce in molti spiriti eletti, comecché non faccia vistosa com-
parsa nel mondo, anzi ami produrre senza romore i suoi frutti
di fede viva, di carità, di zelo, di forte abnegazione cristiana.
Un indizio, tra gli altri, di cotale rifiorimento di solida re-
ligiosità si può scorgere nel rinascente gusto per i classici scritti
ascetici e spirituali, che le forniscono vitale alimento. Cosa sin-
golare! scrittorelli e conferenzieri ecclesiastici e laici vanno lu-
sigando le anime mistiche e invitando i cattolici ad una nuova
pietà, mistica, ben inteso, una pietà che deponga la cortec'cia
dell'antico ascetismo, che voglia vivere il cristianesimo, che
aspiri per vie sublimi d' unirsi all' « essere centrale » che miri
ad un rinnovamento di tutto e di tutti cosa singolare! di
fronte a sì generosi sforai le persone serie, veramente pie, ve-
ramente cristiane e cattoliche seguitano ad attenersi alle pra-
tiche antiche, a stimare i medesimi dottori, a volere attingere
la scienza alle medesime fonti, a volersi santificare con le me-
desime virtù, con la frequenza dei medesimi sacramenti.
ASCETICA CLASSICA E SOLIDA PIETÀ 705
Ecco qua un eminente curato di Parigi, il signor Marbeau^
che alia sua parrocchia di Saint-Honoré d*Eylau consacra pen-
sieri continui, fatiche ed averi, e per non abbandonarla ha recen-
temente ricusata la dignità episcopale; nella sua lunga espe-
rienza egli ha provato troppo spesso quanto sia difficile incon-
trare, tra l'esuberante produzione spirituale contemporanea quella
solidità di dottrina, che è capace di soddisfare il bisogno d' un
sostanziale nutrimento. Pur troppo in molti di quegli scritti è una
deplorabile vacuità di pensiero, malamente aggravata dalla sve-
nevolezza di concettini, ripetuti a sazietà. Con ragione adun-
que il Marbeau ha pensato che nella letteratura ascetica dei secoli
passati, singolarmente ricca in Francia, si potesse trovare di che
adempiere quei giusti desiderii e rispondere anche alle più dif-
ficili esigenze moderne. Così è nata la « Biblioteca della vera
e solida pietà » ^ laqua le s'apre coi nomi illustri di S. France-
sco di Sales, di Bossuet, di Bourdaloue, mette alla portata
di tutti in una buona traduzione il classico ed ufficiale cate-
chismo del concilio di Trento, e pei manuali di devozione pro-
priamente detti ricorre in gran parte alla liturgia direttamente.
Del Bossuet abbiamo qui tre volumetti: le Elevazioni sai
misteri, che accanto alle orazioni funebri sono il capolavoro
del profondo teologo, dell'acuto filosofo, del grande vescovo e
piissimo sacerdote. Esse costituiscono per così dire il testamento
spirituale di lui, che rivestiva della più squisita, più spon-
tanea e nobile forma letteraria quanto poneva in carta, pure
senza darsi mai pensiero propriamente di fare opera di let-
terato, come avvenne del resto ai più grandi e veramente
grandi scrittori di ogni nazione e d'ogni tempo, cominciando
da Marco Tullio e Giulio Cesare, uomini d'azione anzitutto e
coltissimi, non uguagliati da alcun altro dei prosatori romani.
In secondo luogo vengono le Meditazioni sulVevangelo, pa-
* Bibliothèqiie de la vraie et solide piété, édltée par M. Marbeau, cure
de Saint-Honoré d'Eylau à Paris. Paris-Rome, Desclée.
Première sèrie: 1. Bossuet, Elévaiiona sur Ics Mystères, — 2. Bossuet,
Méditations sur V Evangile, — 3. Bossuet, La Sainte Vierge. — 4. Bour-
daloue, La Passion de N, S, J, C, — 5. Camus, Esprit 5. F. de Sales,
Deuxième sèrie: 1. Catéchisme du Concile de Trente. Manuel classique
de la Religion. Traduction no tirelle et integrale aveo tables.
Fr, t.ijO ciascuno leg. in tela.
Hors sèrie; 1. Le Paroissial des Fidéles, (Rituél et Paroissien
réunis. — ISOOpages); 2 fr. leg. — 2 Le Rituel des Fidéles, oh Paroissial
poptdaire; (tre Partie du Paroissial, — 6W pàges,) tt, 1.50 leg. —
1908, voi, 1, fase, 1386, 45 18 marzo 1908,
706 ASCETICA CLASSICA
gine veramente classiche, piene di salutari riflessioni sui discordi
di N. S., principalmente sul sermone del monte, e su quelli fatti
dalla domenica delle palme a tutta ia cena, cioè la parte più den^a
dell'insegnamento riportato dai sacri testi. A questi due fa seguito
un terzo volume dedicato a Maria, che riunisce i più bei discorsi
del Bossuet sulle solennità della Madre di Dio, oltre quelli famo:^i
sull'Assunzione capila vori dell'oratoria cristiana; due discorsi
su San Giuseppe, e un terzo su San Giovanni evangelista.
Ora in ciascuno di questi volumetti la già tanto succosa e
così varia materia di meditazione è preceduta da una piccola
scelta di esercizi devoti, tratti dagli scritti stessi dell'autore o
dall'ufficiatura liturgica, come vespri, messa ecc., acciocché i
fedeli se ne possano prevalere nell' uso giornaliero, mentre por-
tano seco in piccola mole quell'eccellente soggetto di conside-
razione e di largo pascolo spirituale.
Altrettanto si trova in capo al quarto volume della serie,
che è preso dal Bourdaloue, il grande oratore, di cui l'eloquenza
viva e l'inesorabile potenza del raziocinio si sostennero txen-
tacinque anni di fronte alla splendida leggerezza, alla potenza
di Luigi XIV e di tutta la società francese, e si sostiene tut-
tora, non indebolita nel corso dei secoli, né ristretta ai conOni
d' una nazione e d' una letteratura. Qui abbiamo per opera del
Marbeau riunite alcuni istruzioni sugli esercizi del cristiano, e
principalmente le esortazioni e i discorsi diversi del Bourdaloue
sulla Passione di N, S,, i quali sono meritamente ritenuti come
uno dei più profondi studii che lo spirito cristiano abbia fatto
sul tremendo e pietosissimo argomento. Chiudono il volume un
centinaio di dense pagine e di stringati raziocinii sull'impor-
tanza, la necessità, la sollecitudine della salute.
Meno faticosa forse, ma non meno fruttuosa lettura è quella
che offre il volumetto intiU^to Lo spirito di San Francesco di
Sales, ricavato dai sei volumi, nei quali monsignor Camus, amico
intimo del santo e da lui stesso consecrato vescovo di Belley,
dipinse un ritratto vivo, naturale, delicato del grande dottore,
che la Provvidenza riservava a rendere facile e amabile l'eser-
cizio della divozione cristiana. Non é una biografia, eppure la
^ita e gli esempi del saato vi traspariscono del continuo; non
è un duplicato della Filotea né del trattato dell'amor di Dio, ep-
pure è la medesima dottrina soave e consolante, che guida senza
quasi avvedersene alla virtù, per la via più discreta e più sicura.
Anche qui vanno in capo al tascabile manualetto gli esercizi di
E SOLIDA PIETÀ 707
devozione cavati dalle opere del santo. Poiché, come osserva
molto giustamente il Marbeau, le persone, che potrebbero fare
senza alcun libro in chiesa, sarebbero quelle fornite d'un' istru-
zione superiore, d'uno spirito suflSciente a se stesso, o d'una pietà
che supplisce agli ordinarli sussidii, le quali per levare l'animo
a Dio con una preghiera personalmente concepita e riflessa
s'appoggiano sull'ali d'una fede viva e d' un'ardente carità. Ora
egli è un fatto innegabile che costoro appunto, i quali meno n'a-
vrebbero bisogno, sono quelli che amano umilmente aiutrfrsì con
qualche libro devoto e servirsene fedelmente. Del resto è stato
felice pensiero quello dell'abate Marbeau di ritrarre dalla liturgia
la materia del suo Paroissial dea fidèles e il compendio dello
stesso (Rituel des fidèles) messe, uffici, riti dei sacramenti, parte
in latino, parte in volgare, con dichiarazioni utilissime circa le
più auguste preghiere e funzioni della Chiesa, che pur troppo
sono divenute veri enigmi per molti cristiani.
Il medesimo senso, e quasi un bisogno dì ritornare al-
l'antico nello studio della scienza dello spirito, ha mosso
anche altri editori a ripubblicare le opere d'insigni maestri
dei secoli andati. Abbiamo annunziate in queste medesime pa-
gine di mano in mano che «uscivano per le stampe, te novelle
edizioni intraprese dall'Herder di Friburgo di tutti gli scritti
di Tomaso da Kempis, il famoso autore dell' Imitamone di Cri-
«^, in edizione critica, compresi in otto volumi, accuratis-
simi, maneggevoli, eleganti *; poi la Bihlioiheca (Mceiica mysiica
promossa dall'eflio card. Fischer arcivescovo di Colonia e curata
dal p. Lebmkuhl S. I. Questa conta già il classico trattato De
sacrificio mis^ae del card. Bona (v. Civ, Ctett. 1907, 4, p.739). Ora è
sopravvenuto un Manuale vitae epiriiuaUs * che contiene diversi
opuscoli scelti del famoso Blosio, cioè Ludovico di Blois (1506-
1566), quel nobile giovinetto che fu amico e compagno di Cario V
imperatore e poi abate di Liessies, sselante e discreto riformatore
della disciplina, devoto sciittore. Sei titoli degli opuscoli ri-
sentono il gusto del secolo, Gamm vitae spiritìmlis, Piarum
precularum cimeliarchion, Tabella spiritualis, Speculum spiri-
tuale, Monile spirituale; il contenuto è la dottrina più solida,
tratta delle opere dei padri della Chiesa, informata a quella giù*
*■ Thomas Hemerkbn a Kempis Opera omnia edidit IL J. Pohl. Fribupgi
Br., Herder, 1902 ss.
• Manuale vitae spirituatis continens Ludovici Blosii opera spiritualia
selecta. Friburgi Br. Herder 1907, 16* p. XVI-373. M. 3.
708 ASCETICA CLASSICA E SOLIDA PIETÀ
stezza, che rese l'autore così caro a Sant' Ignazio di Loiola e a
San Francesco di Sales. La lingua latina in cui sono scritti ne
restringerà naturalmente l'uso quasi al clero soltanto ; ma siamo
certi che questo vi deve trovare il suo compiacimento e per la
sostanza e per la limpida spontaneità della dizione, tutt'altro
che impolita^ come l'autore modestamente la chiama nell'epistola
dedicatoria, anzi improntata a quella sobria eleganza, a cui il
buon gusto umanistico sapeva attenersi quando si poneva schiet-
tamente a servigio della letteratura religiosa, « sacrarum litte-
rarum, quas non sermonis exterior ornatus, sed interior veri-
tatis fructus commendat. >►
II.
Apostolo o apostata?
A PROPOSITO DI A. LOISY E DELLA SUA SCUOLA
Con un senso di disgusto, misto a commiserazione profonda,
ci esce dall'animo rattristato questa strana domanda. Non ce la
mette su le labbra vivacità di polemica o acerbità di critica,
ma la trovata peregrina di un. giovine, già alunno di una delle
nostre università romane, e ora fattosi panegirista del Loisy e
del suo neo-cristianesimo, in un periodichetto romano di mo-
dernisti ^, con un articolo ditirambico in lode delVc^zione dì A.
Loisy sul giovine clero italiano. Il nuovo e piccolo Archimede
grida al mondo il suo eureka: in Alfredo Loisy ha trovato
l'apostolo! 4f Con tutta l'anima nell'eretico trovai V apostolo *
— scrive egli sottolineando il glorioso titolo — e altrove: * la
gioventù religiosa (?), specie del clero, aveva trovato in Loisy Va-
postolo della sua redenzione !» ; e ancora : « con un vigoroso
e cosciente sforzo di liberazione del passato noi definitivamente
riconoscemmo l'apostolo in chi i teologi della scuola, i libellisti
stipendiati, gli zelanti di una ortodossia, distributrice di onori e
ricchezze (!), ed i superiori di seminario con mille voci ed orrì-
bili favelle ci avevano scongiurato a compiangere ed aborrire
V eretico ». E via di questo tono.
Tanta ingenuità di illuso o aberrazione di apostata passa
ogni limite del credibile, massimamente dopo le due ultime opere
del Loisy e in quel numero del periodico modernista che è tutto
in esaltarne e propalarne largamente le blasfeme enormezze, insi-
nuate ora a mezza bocca per ogni buon intenditore, ora aperta-
' Xova et \ etera» Rivista quindicinale. Numero (3-4, 10-25 febbraio 1908).
]
APOSTOLO O APOSTATA? 709
mente vomitate, contro ciò che il nostro animo cristiano ha di più
caro e di più sacro : la persona adorabile di Cristo, la sua conce-
zione miracolosa, la verginità intemerata della sua Madre Santis-
sima, la sua risurrezione gloriosa, la istituzione della sua Chiesa,
dei suoi sacramenti ecc. ; tutto il cristianesimo storico insomma,
sotto qualsiasi forma, nonché il cattolicismo, che è il solo cri-
stianesimo integrale.
Tale è, e ben peggio, il succo delle empietà disseminate
nelle ultime due opere del Loisy, che fin d'ora vogliamo additare
— per disinganno di tanti bonarii illusi e per ammonimento salu-
tare di cui tocca — alla esecrazione dei cattolici, anzi dei cristiani
tutti, per i quali la religione di Cristo non è sogno o alluci-
nazione di un illuso, ma rivelazione positiva dell'Inviato di
Dio, ma religione soprannaturale e divina.
Il 4< solitario » di Garnay e ora di Ceffonds, il nuovo * apo-
stolo >►, come lo chiamano i suoi ammiratori, getta sul mer-
cato librario — di cui egli e il suo partito con abile pubblicità
venne acuendo l'aspettazione curiosa ed anche morbosa — due
opere ad un tempo : l'una di due grossi volumi e di prezzo ben
alto (trentadue lire) per gli intellettuali, intitolata Lea Evan-
giles Synopliques; Taltra, agile e popolare, tenue di mole e di
prezzo (l. 3,50), dal color di fiamma, come gli altri precedenti
« libelli rossi », ma dallo stile ben più di questi acre, vele-
noso, altero, sebbene dal titolo apparentemente modesto di Sim-
ples Réflexions sur le Décret du Saint Office : Lamentabili sane
exitu, et sur VEncyclique : Pascendi dominici gregis, * Ma dell'una
e dell'altra opera, i giovani suoi discepoli, in Nova et Vetera,
annunziarono tosto un Compendio con « ritratto e biografia del-
l'autore » : il tutto in « elegante volumetto » a un prezzo ben
tenue di pubblicità*: compendio di scienza a buon mercato, o per
dirla più esatto, proclama di apostasia dal cristianesimo.
E vera apostasia, simile se non peggiore di quella del Re-
nan, si dove ormai chiamare l'atteggiamento dell'abate francese
1 L'opera è slata già condannata e interdettane la lettura dalFarci ve-
scovo di Parigi.
' Alfredo Loisy, Compendio dei Vangeli Sinottici e delle semplici
riflessioni sul Decreto del S. Ufficio « Lamentabili » e sulV Et? ciclica « Pa-
scendi». Libreria internazionale scientiflco-religiosa Roma, 1908. — Oltre
ad essere un manifesto di apostasia e d* infedeltà, più che di eresia e di scisma,
questo libello si annunzia come un aborto di psicologia morbosa, per non diro
aperta mala fede, onde si stravolgono le dottrine cattoliche e il significato
dei due documenti che hanno dato il terribile colpo al modernismo.
7tO APOSTOLO O APOSTATA?
e della sua scuola, come dei piccoli suoi pappagalli italiani.
Anche questi ultimi infatti, poveri giovani, vittime di uno « psit-
taeib?rno » colpevole, che è effetto e punizione insieme del loro orgo-
glio, facendosi eco dell'apostata e compendiandone « le idee fon-
daiiientali* sparse nei suoi <? Vangeli Sinottici », rappresentano
Gesù Cristo Signor Nostro « come un operaio di villaggio, ingenuo
ed entusiasta, che crede alla prossima fine del mondo... e che,
forte di questa prima illusione, attribuisce la funzione principale
neir organizzazione della città irrealizzabile; che si mette a pro-
fetare... che raccoglie un piccolo numero di seguaci illetterati,
non potendone trovar altri e provoca un'agitazione non molto
profonda negli ambienti popolari; che doveva essere arrestato
proatamente, e lo fu, dai poteri costituiti, che non poteva sfug-
gire a una morte violenta, e T incontrò. Il suo sogno era fra-
gile come lo è la nostra scienza ; ci sembra assurdo anzi, come
i nostri più cari ideali appariranno assurdi ai nostri pronijjoti ».
Così bestemmiano questi figli spirituali del « solitario» di Cef-
fondis; e la bestemmia diviene sarcasmo quando essi con tutta di-
sinvoltura credono ripararla, soggiungendo col maestro, che que-
sto sogno assurdo « conteneva i germi più preziosi della verità
umana, i principii più fecondi dell'umano progresso... e che se
r ultima parola di tutte le cose non è il nulla, e non può essere
il nulla, il Vangelo ha di una chimera solo l'apparenza:
Ge^ù ha incarnato nell'uomo la sapienza di Dio, e la sua morte
non poteva essere che un tramite all' immortalità » : tutto me-
rito di quella « prima illusione » e del conseguente suo sogno
fraj^ile, assurdo I
Sono bestemmie che fanno fremere ogni animo cristiano
ed onesto! Sono assurdità che fanno compassione ad ogni uomo
ragionevole, nonché ad ogni serio filosofo I
E come queste, altre in gran numero occorrono nei due
grossi volumi dei « Vangeli sinottici », molte delle quali sono
ritratte quasi a parola dal Renan, senza merito né di novità, né
di scienza, come dimostrano anche autori assai larghi in punto
di apologetica e di esegesi*. Ma sono espresse con tanto ardi-
mentosa sicurezza che abbagliano i lettori superficiali e frivoli.
' Vedi, per es., Tarticolo di critica sopra le « Simplea réflexionM » etc.
nel Btilletin de littéraiure ecclésiastiqtie di Tolosa (febbraio 190S), segnato
Lons Desnoybhs, p. 53-58. Cf. pure Revue Néa-scolastique (febbraio 1908),
p. 130-l^y recensione di L. Noèl.
t
A PROPOSITO DI A. LOISY E DELLA SUA SCUOLA 711
partioolarmente fra i giovani, pronti sempre ad accogliere le
novità temerarie come l' ultimo verbo della critica e della scienza.
Ad Alfredo Loisy manca solo un po' di stile e di sincerità,
per essere il Renan del secolo vigesimo. — Ma egli non vi aspira,
sembra: egli vela anzi l'apostasia e la bestemmia, per insi-
nuarla meglio, non pure sotto specie di scienza ma sotto il
manto di apologia nuova, di nuova religiosità, di cattolicismo
più raffinato o « evoluto >. Cosi gli torna più facile sedurre
gli animi incauti della generazione contemporanea, i quali se
della religione non possono disfarsi del tutto, la vorrebbero però
accomodaticcia, racconciandola opportunamente ai proprii co-
modi, o come dicono, ai « bisogni » individuali e sociali.
Quindi i giovani modernisti con chiudono esclamando : —
4c Quando chiuso il grosso volume (dei « Vangeli Sinottici )►)
il lettore riflette a queste ultime parole (a quelle appunto ripor-
tate sopra), il suo spirito non può fare a meno di fremere in un
senso di inesprimibile esaltazione >. — A noi pare questa l'esalta-
zione del bestemmiatore e dell'apostata ; poiché apostata è certo
la generazione che « il Loisy personifica realmente > e di cui
affermano i modernisti, che mentre « giunge ad una percezione
del Cristo così intensa e cosi audace, è sulla via di iniziar una
rinascita di Vangelo, a cui i secoli futuri daranno un nome un
po' più significativo di quello stolido vocabolo, creato dai gesuiti
di via Ripetta: il modernismo y^.
Si, poveri giovani di via della Scrofa, il vocabolo più signi-
ficativo l'avrete dai secoli futuri: sarà uno di quelli che il Veg-
gente dell'Apocalisse scorgeva sopra le teste della bestia che
« saliva dal mare »: nomina hlasphemiael^
Avevamo scritto questa breve nota, quando a conferma do-
lorosa ci giunge il recente decreto di scomunica maggiore, dato
contro r « abate » Alfredo Loisy ; ultimo atto doloroso ma ine-
vitabile, che pronuncia nominatamente e personalmente escluso
dalla communione della Chiesa, chi già dalla Chiesa era uscito
colpevolmente da anni, rinnegandone e impugnandone la fede
con insegnamenti e scritti destinati a sovvertire i principali
fondamenti del cristianesimo.
Noi lo riportiamo qui a titolo di documento storico, più che
a riprova non necessaria di una sì triste apostasia. Esso fu
* Apoc. XIII, 1.
712 APOSTOLO O APOSTATA?
pubblicalo ufficialmente nelV Osservatore i^omano dell' 8 marzo ;
ed è il seguente:
DECRETUM
Sagrae Romanae et Univbrsalis Inquisitionis.
Sacerdotem Alpredum Loisy, in dioecesi Lingonensi in praesens
comraoranlem, plura et verbo docuisse et scripto in vulgus edidisse
quae ipsaoiet fidei chrifltianae potissima fundamenta subvertunt, iam
ublque compertutn est. Spes tamen affulgebat eum, novitatis magia
amore quam animi pravi tate fortasse deceptum, recentibus in eius-
modi materia Saoctae Sedis declarationibus et praescriptionibus se
conformaturum ; ideoque a gravioribus canoaicis sanclionibiis bu-
cusque temperalum fuit. Sed centra accidit: nam, spretis omnibus,
non solum errores suos non eiuravit, quin imo, et novis scriptis et
datis ad Superiores litteris, eos pervicaciter confirmare veritus non
est. Quum piane igitur constet de eius post formales canonicas mo-
ni tiones obfirmata contumacia, Suprema haec Sacrae Romanae et
Universalis Inquisitionis Congregatio, ne muneri suo defìciat, de
expresso SS. mi Domini Nostri PII PP. X mandato, sentenliam raa-
ioris excommunicationis in sacerdotem Alfredum Loisy nominatim
ac personaliter pronunciat, eumque omnibus plecti poenis publice
excommunicatorum, ac proinde vitandum esse atque ab omnibus vi-
tari debercy solemniter declarat.
Datum Romae ex Aedibus S. Officii die 7 Martii 1908.
L. ^ S.
Petrus Palombelli,
S. R. et Univ. Inquisitionis, Notarius.
I motivi di questo decreto sono troppo evidenti : ma quando
pure mancassero, basterebbero ad una piena giustificazione le
seguenti parole del Loisy che mostrano il suo proposito deli-
berato di fronteggiare ostinatamente il magistero della Chiesa,
e che noi riportiamo qui, anche a edificazione di tante anime
dolci, le quali non hanno mai voluto credere alla realtà del
pericolo religioso e ancora al presente tollerano a malincuore
ogni polemica sul modernismo: « Pio X — scrive il Loisy —
non ha fatto che tirare le conclusioni che si deducono logica-
mente dair insegnamento ufficiale della Chiesa... Il moderni-
smo, quello che esiste realmente,... mette in questione questi
principii, cioè Tidea mitologica della rivelazione esteriore, il
valore assoluto del domma tradizionale e T autorità assoluta
della Chiesa; sicché renciclica di Pio X era imposta dalle cir-
costanze, e Leone XIII non Tavrebbe fatta notevolmente diversa,
almeno quanto all'essenziale e nella parte teorica. Il Pontefice
A PROPOSITO DI A. tOISY E DELLA SUA SCUOLA 713
ha detto il vero, dichiarando ch'egli non poteva più tenersi in
silenzio, senza tradire il deposito della dottrina tradizionale.
Al punto ove sono le cose, il suo silenzio sarebbe stato una
enorme concessione, il riconoscimento implicito del principio
fondamentale del modernismo: la possibilità, la necessità, la
legittimità di una evoluzione sia nella maniera d'intendere i
dommi ecclesiastici, compresovi quello dell' infallibilità e del-
l'autorità pontificia, sia nelle condizioni di esercizio di questa
autorità > *.
Così egli, e dopo ciò non resta dubbio né che il moder-
nismo esista realmente, né che esso, nella sua essenza — pre-
scindendo pure da particolari sistemi o principii di agnostici-
smo, di filosofia e apologia d' immanenza e simili — sia un'apo-
stasia dai principii essenziali del cattolicismo. Chi dunque lo
segue consapevolmente, esce perciò stesso dalla communione
della Chiesa, anzi da ogni forma di cristianesimo storico: si fa
apostata e infedele.
* Simplea reflexions eie, p. 275 8.
JBIJB IvIOOR: A. JFTI A.
JOEL DE LYRIS. — Le choix d'une bibliothèque. Guide de la lecture.
Avignon. Aubanel, 1906, 16o, 262 p. Fr. 3.
Neir immensa quantità di libri del presente volume,
che sì stampano ogni anno e nella Esso però non è un catalogo, ma
crescente tendenza alla lettura, in un* esposizione di criteri! ; e questi
ogni classe della società, diviene sem- sono ispirati ai principii eternamente
pre più necessario Taiuto d'una guida veri della morale cristiana, della so-
per la scelta delle opere, che debbono lida scienza. Nondimeno di cosiffatte
o che possono costituire una biblio- norme non si poteva ragionare senza
teca, anche modesta, privata, di fami- scendere ad esempii; ma coi pochi da
glia. Ma altra sarà la bibliotechina lui citali TA. non intende per niente
d'un fanciullo, altra d'un giovanetto o esaurire la letteratura di ciascun sog-
d'una donzella, d'una donna di casa ; getto né di escludere opere altret-
altri i requisiti d'una biblioteca prò- tanto degne di entrare in una libreria
fessionale ovvero d'una biblioteca cir- seria, utile, morale. Mettendo a pro-
colante, destinata ad ogni sorta di per- fitto di cosi buona causa la sua sva-
sone, e diverse ancora le condizioni riata erudizione e il suo retto giu-
della città e della campagna. Tali dizio, TA. ha fatto un'opera di zelo
sono i soggetti di altrettanti capitoli moderno meritevole d'ogni encomio.
714
BIBLIOGRAFCA
FUHRER dureh die JU9ENDLITERATUB, — Bine Auswahl emp-
fehlenswerter Jugendschriften, Ratgeber fUr Bibliotheksvorstàade.
Lehrer und Eltern, herausgegebea von der Jugendschriflenkofli'
inissìon des kathol. Schulvereins fUr die Diòzese Rottenbur)?,
redigiert von Jos. Karlm. Brechenmachkr. 1 Heft. Stuttgart, Lehrer
Wenger, 1906, 8% 76 p.
Se il volumetto del De Lyris vuole
essere soprattutto un'esposizione di
principii, quest'altro compilato dal
Brechenmacher, maestro di scuola in
Hundersìngen, nel campo vasto e in-
tricato della letteratura adatta alla
gioventù vuol dare indicazioni con-
crete. Esso riporta parecchie centi-
naia di libri, ma ha cura insieme
di stabilire nettamente i criteri mo-
rali onde debbono regolare! parenti
ed educatori nello scegliere le let-
ture pei loro Agli. La necessità d'una
opera siffatta, riconosciuta dal con-
gresso magistrale cattolico, tenuto a
Ravensburg nell'aprile 1904, diede
luogo alla nomina d'una commissione
di esperti insegnanti, laici ed eccle-
siastici, specialmente versati nella
letteratura giovanile, i quali proce-
dessero viribus unWs nella difficile
impresa, consci di rendere un servi-
zio veramente salutare alla parte più
cara e delicata della nazione. Inca-
ricato uno di loro, il Brechenmacher,
di mettere insieme le contribuzioni
dei colleghi, ne usci un primo fasci-
colo con una lista di 589 opere, tutte
esaminate, vagliate, giudicate, con
brevi coscienziose recensioni.
L'elenco è distinto secondo l'età
dei giovani lettori. Cominciando dai
volumi illustrati con le grandi figure
I. CHARLES. — Vera l'idéal.
a eolori tanto cari ai bambini, viene
poi alle letture competenti a* fan-
ciulli fino incirca ai dieci anni ; indi
ai giovanetti della prima adolescenza,
dai dieci ai quattordici ; e finalmente
dai quattordici o quindici in su. Ben-
inteso, tutto ciò deve eaaere pre»
con una certa latitudine, rimessa al
giudizio degli educatori nei casi par-
ticolari. Ora se la maggior parte delle
opere qui registrate non potrebbero
convenire ai paese nostro per la di-
versità della lingua, ben si potreb-
bero trasportare le giuste riflessioni
esposte nelle introduzioni alle singole
rubriche; le quali, insieme coi giu-
dizi espressi nelle recensioni degli
articoli principali, danno prova d'un
sentimento pedagogico profondamen-
te filosofico e cristiano. Il Dr. Schnell.
membro della commissione, ha preso
su di se l'incarico di trattare in se>
parato opuscolo i principii scienti-
fici di tutto il lavoro, già concertati
a voce e seguiti nella compilazione
della parte pratica offerta al pubblica
Abbiamo ragione di credere che To-
pera frattanto sia proceduta e nuovi
fascicoli sieno comparsi. 11 presen-
tare ai bravi redattori, veri amici
della gioventù, vive congratulazioni
non è in questo caso un vano com-
plimento.
Éveils d'àmes. Préface de Tabbé
F. Kleih. L^OH'Paris, Vitte, 1907, 16^ VlIl-374 p. Fr. 2,50.
Troppo di ideale in questo libro;
troppo di risvegli d'anime, risvegli
morbosi, innaturali, violenti, che pa-
iono provocati dal soffio impetuoso
di uno spirito nuovo, che non è lo
spirito di Dio. E questo spirito nuovo,
che è dMndipendensa e di orgo^rlio.
soffia più che un poco da molte delle
lettere nervose del povero René; tt
capolino da quelle sentimentali del
RACCONTI
715
buono ma permalosa abbate Saint-
Victor, maestro di umanità nel pìor
colo seminario ; e non viene comJmt-
tuto con bastevole rigorìa né con
savia direzione sacerdotale, da Ta-
mico Tardy, al «|uale amendue fanno
ricorso.
Il lettore ha già inteso : abbiamo
in questo libro del Charles quasi ab-
bozzato in una serie di lettere una
specie di romanzo psicologico. Un
alunno di piccolo seminario, un fan-
ciullo di quarta o quinta ginnasiale
si propone a principio dell'anno di
compiere da sé Topera della propria
educazione, farsi un pensiero libero
da pregiudizi, un carattere indipen-
dente, ecc.; e al tempo stesso un
giovine professore di umanità, inva-
ghito di nuovi indirizzi, sogna una
vita sacerdotale più personale, meno
passiva ; Tuno e Taltro narrano i
loro ostacoli, le loro esperienze, le
loro impressioni, tentazioni, propo-
siti e spropositi, scrivendone ad un
amico sacerdote lontano, che sareb-
be loro maestro... in ideale.
Parliamo franco : in questo libro
vi sono pure delie belle pagine, com-
moventi, cristiane; ma purtroppo non
sono molte, o almeno quante vor-
remmo: generalmente è la natura
che parla: fantasia accesa, animo
esacerbato, cuore battuto dalla tem<
peata di passioni varie e tumultuose :
pietà poca o punta: preghiera ben
rara, meditazione mai o quasi: sempre
V Ideale in bocca; e il nome di Dio, di
Gesù Signor nostro e della sua Vergi-
ne Madre raramente sulle labbra, mai,
si direbbe, nel cuore. Cosi non si pos-
sono formare, davvero, buoni chie-
rici, né sacerdoti cattolici. Lungi da
noi questi « ideali » , questa sorta di ri-
8 vegli ^ onde un giovine ginnasiale vien
messo dal professore a contatto con un
antico chierico (uno degli otiimi, ai
vorrebbe I) che ha perduto la fede;
sicché egli pure comincia a dubitare
della fede, nonché a vacillare nella
vocazione sacerdotale. Certo sifFatli*
« erisi di anime » - chiamianH>le cosi -
non sono nuove, né purtroppo infre-
quenti, massime ai giorni nostri; ma
non si curavano cosi dai nostri
maestri di spirito le tentazioni, come
dagli abbati Saint- Victor e Tardy
quelle del povero Renato. Nò si for-
mavano cosi le giovani anime sacer-
dotali, coi grandi paroloni astratti
delle teoriche nuove, ma con le pa-
role semplici e forti del Figlio di Dio
e dei suoi santi. Ci vuol altro che un
sentimentalismo morboso, altro che
l'esaltazione fuggevole e vaga di uà
entusiasta dell' Idea per formare ul'
chierico buono e un sacerdote santo,
un uomo di Dio e del popolo: ti
vuole lo spirito di Gesù Cristo, spi-
rito di sacrifizio e di preghiera, di
soggezione e di umiltà, di pace e di
amore! E ciò si può dire, con giusta
proporzione, di ogni vero cristiano,
come d» ogni onesto cittadino. Ma fu
anche dimenticato tra noi da chi scris-
se e pubblicò (strana coincidenza!)
al tempo stesso del Charles e con lì
metodo stesso, un romanzo intitolato
Verso la vita, che piuttosto doveva
intitolarsi V>r«o la morte: del quale
abbiamo parlato altrove. (Cf. quader*
no 1379, p. 594 ss.).
Fr. VEUILLOT. — Humbles victìmes. Faris, Lethielleux. 1907, 16\
266 p. Fr. 2,50.
Sono sedici novelle i cui soggetti spesso sanno esser sublimi. Quania
sono presi dal mondo degli umili» verità in queste scene intime, quanta
dei semplici, che nella loro oscurità naturalezza, quanto buon senso che
716
BIBLIOGRAFIA
è anche il più profondo senso cri*
stiano I Non sì può non sentirsi com-
movere vivamente leggendo gli epi-
sodi così ben ritratti dalla presente
persecuzione religiosa, i cui eroi cam-
peggiano, per esempio, nel bozzetto
intitolato Propriété d vendre, o in
quell'altra Étrennes de soeur Me-
larne, 0 nella compassionevole Fin
du hédeau. La rivoluzione di un se-
colo fa ha pure i suoi quadri nel pic-
P. VINC. M. COLAJORI, m. e.
Pisa, Marietti, 1907, 16°, 162
— Rime sparse (Ivi), 96 p.
Anima infiammata dal soffio di
Parnaso, il P. Vincenzo è uno che
quando amore spira nota e a quel
modo che detta dentro va significan-
do. Dalla sua forbita lira, temprata
al suono e alle onde moderne e pa-
scoliane si sprigionano canti soavi,
come di zampogna, che ridicono le
voci della primavera, della mietitura,
dell'autunno e della più fredda bru-
ma, con variazioni liriche delle città
e de' paesi, ove ebbe culla ed ha con-
vento il poeta, con richiami storici,
con mesti ricordi della tragica morte
paterna e dell'abbandonata madre.
Al metro omogeneo delle ballatette
succede maggior varietà diverso nelle
rime sparse, ove tu ascolti, oltre il
colloquio del poeta colla natura, l'in-
no della sua devozione a Maria, e
del suo affetto a' confratelli. Assai
bella e calda di sentimento è l'ode
Ad una immagine di Maria. Anche
la ricca e abbondante veste tipogra-
MYRIAM CORNELIO MASSA. -
nibuldìaaa, 1908, 16\ 12. L.
È la perenne poesia di Venezia
quella che palpita in questo poemetto,
pieno di dolcezza e d'incanto, come
l'acqua delle lagune.
Come noUurno uccel che l'onda sfiori
Passa la ne^ra gondola silente.
colo dramma Au grand sein de lois»
colle più vive scene di pietà e di
terrore. Ai sentimenti invece di fede
uniti alle grazie dell'innocenza sono
ispirati i Contea pour Tea jours de
féte e ve ne sono per le principali
feste cristiane specialmente del Na-
tale, della Pasqua di risurrezione ecc :
bozzetti e racconti sempre vivi e pieni
di naturalezza che si leggono con
diletto e profitto.
— Saggio di Ballatette moderne.
. L. 2.
fica rende più gradito il sapore della
poesia del P. Cola Jori. E quesli ranni
son certo un preludio di voli più
alti e potenti a cui il crescere del-
l'esperienza e del pensiero al poet i ve-
stirà le piume, perchè delre^to, quan-
to a lingua e a maestria di verso c'è
già assai da rallegrarsi con lui. A
prova, si ascolti il seguente gentilis-
simo sonetto.
AL MAR... DI VIAREGGIO.
Al mnr, ai mar; a le fragranti brezze
De la distesa cenila inQnita :
Alia spiaggia dolcissima lambita
Da un mormorio di baci e di carezze !
In su la riva, a notte ; e da le altezze
Stellate e silenziose, a luna uscita.
Udrete d*un'allodola smarrita
Nel mnr de Tetra splendide dolccrze.
E udrete da la prossima pineta.
Corrusca d'una pira, un usignolo
Trillare nel serotino susurro.
Egli è Shelley che cinta, egli è *I poeta
Naufrago e inceso ed or libralo a volo
Del mar, del cielo fra Timmenso azzurro.
- Regina dei mar. Pistoia, tip. Si-
0.50.
De la laguna il palpito si sente
Pari al sospir di chi gemendo implora,
E fra la « negra gondola • e « la
laguna » l'A. fa brillare la bellezza
eterna, il poema delle memorie eroiche
di q uella che fu Regi na dei mari , fino al-
POESIE -DRAMMI
71 :
la recentissima sua gloria d*aver « di
Piero al Soglio » dato * un Pio » I
La gentile scrittrice non è ignota
ai nostri lettori e questo nuovo frutto
della sua vena feconda riconferma i
J. DEBOUT. — Le mystère de la
et en vera. Lettre-Préface par G
16<' XiI-80 p.
Che Hia un tentativo che l'A.
abbia inteso per rimettere a nuovo
sulle scene moderne rantico mistero
medievale? Dal titolo, dal soggetto,
dallo stile della composizione si di-
rebbe senz'altro, e dal lieto successo
che il dramma ha avuto nella sua
prima rappresentazione, ci sarebbe da
prenderne lieti auspici!. Purtroppo il
teatro attuale batte una via si diame-
tralmente opposta che non c*è molto da
illudersi ; ma intanto è bello vedere che
un dramma sacro, puramente intessuto
sulla trama della storia evangelica,
riesca anche adesso ad avvincere e
a produrre impressioni indimentica-
meriti del suo ingegno e del suo de-
licato sentire.
Il lavoro è a beneficio dell* asilo
infantile dei ciechi in Milano.
Miséricorde. Évangile en 3 a[?tes
. FoNSEGRiVE. Paris, Téqui, iWH,
bili come ne fa fede il Fonsegrive^ vìw
ne fu spettatore ed ha premessa al
volume una calda prefazione.
Sono tre atti che abilmente cun-
catenati intorno a un episodio prui*
cipale, fanno spiccare, coU'efficueia
propria del dramma, la bellezza pro-
fonda e tenera della misericordia di
Gesù redentore. Il dialogo è tutto in
versi e dall'andatura grave, benché [fi-
lerà forse un pò* lenta e pesante, (Jel
mistero antico : ma l'alito della po^nìa
evangelica spira vìvo da ogni pag^ina
e si sente che l'A., coll'intellelto d'ar-
tista, vi ha messa tutta l'anima eua
cristiana e sacerdotale.
Sac. prof. G. CALABRO. — Due commedie per signorine. Una
femmiaista alla prova — Una letterata alla moda. Reggio Cala-
bria, tip. Morello, 1907, 16°, 166 p. L. 1.50.
Hanno queste due commedie un
intento morale e per i tempi che cor-
rono opportunissimo, di disingannare,
cioè, le giovanotte per le quali son
fatte delle nuove massime che si dif-
fondono circa la libertà della donna
e la missione nuova a lei serbata nel
mondo moderno. Assai chiaramente
con semplice ed ingegnoso intreccio
si mostra nella prima composizione
che il voler fare della donna un uomo
è esporla anzitutto a divenir ridicola
e poi uno spalancarle innanzi l'a-
bisso, senza vantaggio vero e reale
della società, laddove rimanendo nella
sua sfera naturale di azione, avva-
lorata dalla fede, spande intorno a
gè profumi celestiali di virtù e te-
sori di carità. E l'altra per una via
somigliante approda a disgustare du I {u.
letteratura sovversiva e di quella cul-
tura rivoluzionaria che è propria dnlle
donne, le quali sì sono fatte propn-
gandiste di socialismo. Queste com-
medie non ammettendo che at!rii^ì,
riescono necessariamente alquanto
monotone: ma l'autore seppe tutta-
via condurne i dialoghi con vivarìtà
e indovinare il sentimento de' suoi
personaggi, in guisa che rappreecri-
tate nei convitti femminili certame n te
troveranno gradimento e divertiranrni
assai, come dall'autore stesso sa^
piamo essere già intervenuto a Reggia
di Calabria nell'educatorio fiorenti^-
Simo delle Figlie della carità.
718
BIBLIOGRAFIA
L. CHIESI — Elementi di grammatica latinau Parma, Butteì, 1907,
8% VI-196 p. L. 1,50.
Sono «questi Elementiy pensati
e scritti col cuore, vivendo tra i fan-
ciulli, osservando, interrogando, no-
tando ». E il cuore parla a volte assai
meglio della testa, perchè non vive
nelle nuvole, ma nella praticità della
vita. E certo il solo amor del profitto
linguistico de' suoi alunni e la lunga
esperienza, maestra e ispiratrice del
metodo, dettarono al bravo professor
Chiesi codesta grammatichetta, senza
pretese scientifiche, ma con sano e
reale intendimento pratico. Perchè,
dice bene Fautore, « il metodo soien^
tifico o glottologico, che dir si voglia,
non è per le sue difficoltà applicabile
al primo insegnamento della lingua
latina, senza andar incontro a veri
inconvenienti che guastano la scienza;
e ai quali non si rimedia certo con
note, osservaeionh (Mwertenee, qua*
dtH tematici e simili cose, le quali
non fanno che ingenerare confusione
nella mente pur de* migliori scolari » .
G il Chiesi quindi, posto da parte il
bisturi glottologico che ne* testi usua-
li seziona in cento parti ogni voca-
bolo, torna all'antica disposizione e
al vecchio meftodo, alla manieni del
Porretti e del Soave, e rinnova l'in-
segnamento primario della lingua la*
tina, il cui scopo non è di sapere con
quante parti si fabbrieìii un vocabolo
T, MONTESANG 0. F. M. —
Gì-erHsaìemntey PP. Francescani,
È un ottimo libro scolastico, che
gùda « indirisza io studente attra-
verso il labirinto delle diffioeltà Àn-
tattiohe del latino, e gì' insegna l'arto
di J[>en tradurre «dalla favella italiana
nella lingua del Lazio. Con riccbacaa
d'esempi è illustrata ogni regola «
chiarita ogai eccezione. Solo avrem-
mo voluto omessa qualche forma di
Mia lingua del Lazio, ma di saper
capire, e scrivere in quella Hngua.
A parità di condizioni, coi vecchio
metodo un ragazzo impara assai più
lingua che co' moderni, perchè sasli-
tuiscono nella ristretta memoria fan-
ciullesca a gran parte delle parole la-
tine un sovraccarico di vocabolario
glottologico e scientifico, utile a chi
è già arrivato al possesso della lin-
gua, ma inutile e distrattivo per chi
in tal sentiero muove appena i primi
passi, n metodo che sta bene in una
aula universitaria male si adatta in
una scuola di ginnasio. A tali prin-
cipi! s' ispira il Chiesi ; e gli va data
lode del suo coraggio a manifestarli
e praticarli, opponendosi alla cor^
rente comune venutaci d'oltralpe con
qual vantaggio delle nostre semole
classiche tutti sei sanno, quanti a!
poco frutto portato vorrebbero far
succedere addirittura reradicazione
dell'albero. Codesti elementi sono dedi-
cati al chiarissimo latinista Remigio
Sabba tini, professore nell' Accademia
scientifico-letteraria di Milano, che
certo per l'altezza pratica del loro
scopo non deve sdegnarli. Per parte
nostra li raccomandiamo a ehi più
che la propria nomea guarda ai bene
e a' bisogni delle nostre scuole gin-
nasiali,
SintaA£i latina. Corso superiore*
1907, 8\ VIIÌ.M6 p. Fr. 4,50.
latino medievale e sacro, troppo do-
vente dall' insegnaaieiilo classioo, o
akneso che ne fossero notato le dif-
ferenze strideBAi, come pure sarebbe
stato bese più spesso avvertire gU
stoéenti éi paneohie àloente sinteU
ticfae della poesia, partieolansentn
virgiliana, perchè non pigUno U vi-
zio di far della prosa un cenrtone
LETTERATURA
719
poetico. Ma questi nei e altri pochi che
si potrebbero notare nulla tolgono
air utilità e praticità del libro, frutto
di lunghe osservazioni e dì fine gu-
sto letterario, sebbene un po' schivo
de' portati della critica moderna.
F. FANZINI 0. F. M. — Prosodia; versificazione e raccolta di
poesie latine edile per cura del P. Tito Montesano O. F. M. Ge-
rusalemme, PP. Francescani, 1907, 8\ VIII-160 p. Fr. 2.
Il saper comporre buoni versi la-
tini è quasi un raro privilegio di
chi fu educato all'antica, quando il
gusto del bello scrivere non era sof-
focato dalla farragine di materie estra-
nee onde oggi è oppresso lo studente
delle nostre scuole secondarie. Non
così accade ne' chiostri e in parec-
chi seminarli, ove la prosodia s' im-
para colla pratica più che con la teo-
rica. Testimone di questo ottimo in-
dirizzo è il presente volumetto di
prosodia latina, ove Tautore a' pre-
cetti fa seguire traduzioni, versioni,
esempi, perchè lo scolare apprenda a
esprimere in vari metri latini i pen-
sieri proposti. Buona è pure la rac-
colta di poesie latine, e sarebbe stata
ancor migliore se la scelta fosse ca-
duta su qualcuna del Flaminio o
d'altri famosi latinisti, che lodevol-
mente trattarono non solo argomenti
sacri e antichi ma anche profani e
moderni.
G. GIORNI. — Epitome rerum romanarum. Letture latine di prosn
e poesia raccolte ed annotate. Con oltre 100 illustrazioni e XI
tavole. Firense, Sansoni, 1908, 8», VIlI-274 p. L. 2,50.
A rinfiammare un pochino l'amo-
re della lingua del Lazio, tanto raf-
freddato nelle nostre scuole secon-
darie, il chiaro prof. Giorni offre ai
giovanetti e insegnanti delle classi
medie del ginnasio codesto ottimo
sunto di storia e di antichità roma-
ne, raccolto dagli autori, anche an-
teriori e posteriori a' classici, ridu-
cendone, ove bisognava, alcuni luo-
ghi. È una vera enciclopedia della
vita antica, un'antologia classica di
tutto ciò che può istruire e dilettare
i principianti, con belle e numerose
illustrazioni e ricostruzioni di luoghi
e d'edifizi, le quali danno della ma-
gnificenza di Roma imperiale un ade-
M
quato concetto, cui non può fornire
nessuna città moderna, e solo difficil-
mente riescono a ingenerare nelle te-
nere menti i superbi ruderi del foro e
del Palatino. E come le illustrazioni
parlano all'occhio e alla fe,ntasia, cosi
le ricche e dotte note apposte a' testi
rischiarano alla mente le difficoltà
dell'intenderne e deirassaporarne il
succo storico e la forma estetica. Un
altro vantaggio ne ritrarranno i gio-
vanetti studiosi, e sarà d'aver sot-
t'occhio e alla mano una eletta di
documenti e monumenti per meglio
apprezzare e comprendere la storia
romana, avvezzando cosi l'ingegno
ad utili raffronti e richiami.
MARTINA. — Antologia italiana a uso delle scuole ginnasiali,
tecniche, complementari e normali. 2* ediz. S. Betiigno Canavese,
tip. Salesiana, 1907, 8% 1152.
Ci ri toma sotto la veste novella fu accolta con plauso dalla stampa e
di una seconda edizione quest'Anto- dagli studiosi,
logia che fin dal suo primo apparire Non abbiamo bisogno di lungo
li
^
720
BIBLIOGRAFIA
discorso, potendoci riferire in tutto a
quel che la Civiltà Cattolica già ne
disse a proposito della prima edi-
zione. Solo Yogliam notare i miglio-
ramenti recati e i nomi nuovi ag-
giunti, sempre col sano criterio dì far
servir r Antologia non meno alla istru-
zione della mente che all'educazione
del cuore. È notevole anche il tentativo
Mons
di mettere praticamente un po' d'or-
dine nella gran babilonia deirortogra-
fia italiana: ma riuscirà? Quando sì
pensa che tutti i dibattiti della bene-
detta questione linguistica paiono de-
stinati a trascinarsi vanamente perse-
coli, chi può farsi delle illusioni f la
ogni caso il tentativo è degno di lode
e di successo. E noi glielo auguriamo
A. MONTANARI, canonico di Cervia. — Dante ed il Papato
nella Divina Commedia. Letture per il mese di giugno. (Aunuarir,
dantesco), Ravenna, Artigianelli, 190!2. 16®, 232 p. L. 2.
Dotte e proficue letture son que-
ste, quali la soda erudizione e la
larga scienza dell'autore non pote-
vano fallire di presentare a* cultori
di Dante per le calde giornate del
giugno. Di tre parti consta il libro.
La prima, generale, tratta de' titoli,
della podestà e del primato spirituale
e temporale dei Papi secondo la dot-
trina cattolica e il concetto dì Dante.
La seconda forma propriamente il
mese di giugno con le trenta letture
0 commenti de' passi della Comme-
dia, ov'è parola de' Papi. Nella terza
sono raccolti, a mo' d'appendice, alcuni
documenti e sentimenti altrui intorno
al patrimonio di S. Pietro; le bio-
grafie de' Papi ricordati da Dante e
altre questioncelle. Un copioso in-
dice alfabetico e analitico agevola Iz
ricerca delle materie trattate nel li-
bro. Di che ognun vede quanta uti-
lità debbano recare codeste letture s:
per la sodezza de' principi i della cri-
tica, si per l'estensione della materia
e la bontà del metodo. Il campo era
un pò* spinoso ma l'autore non temè
di porvi mano e sradicare le male
erbe. Ond' è ch'egli non salta le dif-
ficoltà e le opinioni varie, ma le
scioglie e, dove bisogni, le confuta:
sicché porge un completo trattato di
quanto il divino poeta ebbe a dire
e accennare intorno alla • dignità e
al potere papale nella chiesa e nella
società, nella politica e nella storia.
A. GABRIELLI.
108 p.
È una bella « esposizione della
parte che Dante ha assegnato a Ma-
ria nel gran dramma del sopranna-
turale » , dedicata particolarmente ai
giovani che si avviano allo studio
del nostro massimo poeta. L'autore
vi ha raccolto presso che tutto quello
che l'Alighieri dice della Vergine sul
poema, ma non in una forma staccata e
frammentaria, sibbene riunito intorno
a un concetto animatore delle parti e
del tutto. L'esempio delle virtù di
Maria meditato dalle anime del Pur-
gatorio fondato sul contrappasso ma-
Maria di Dante. Torino, Paravia, 1906, 16-,
teriale e spirituale, come pure il
trionfo e la sede di Maria nel Para-
diso egli ce lo *fa comprendere per
via di una cognizione chiara intomo
alla costruzione e al concetto del
terzo regno dantesco. Benché alcune
spiegazioni non ci appaghino, come
quella accennata dell'ordinamento del-
l'Inferno (p. 43), in cui l'autore s'ac-
costa al Pascoli, e l'altra contraria al
concetto dantesco che cioè dalle stelle
« per Tastrologia d'allora, scende per
fatale influenza tutto il bene e tutto
il male sulla terra, influenza alla quale
LETTERATURA
721
Dante credevaanch'egli» , laddove per
Dante il cielo solo inizia, almeno i mo-
vimenti umani, li volumetto del Ga-
brielli contiene belle osservazioni e
raffronti, e sarà buona guida a' gio-
vani nelPele varai al grande concetto
dantesco intorno alla Vergine, Regina
deir Empireo.
Prof. G. NEGRI. — Sui Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
Commenti critici, estetici e biblici. Parte IV. Milano, Salesiana,
1906, 8°, 336 p. L. 2.
In questo nuovo volume il bravo
prof. Negri continua i suoi studi man-
zoniani, chiarendo alcune finezze umo-
ristiche del romanzo famoso, rincon-
tro di Renzo con fra Cristoforo al
lazzaretto, la finzione del possibile
ravvedimento di don Rodrigo, ii di-
scorso di fra Felice e gli avvisi di
fra Cristoforo, V interpretazione d*aU
cuni personaggi, come don Abbondio
e il sig. Marchese X, il sugo di
tutta la storia e le relazioni fra i
Promessi Sposi e la Morale Cattolica
del Manzoni. Ampia cognizione di
tutte le questioni agitale, e di quanto
fu scritto da altri, sposata a fino cri-
terio, che sa trovare buone ragioni e
raffronti felici per metterci sottoc-
chio il pensiero e V intenzione del-
Tautore, fa di questi studi un ottimo
commentario del capolavoro Manzo-
niano.
G. CARDUCCI. — Da un carteggio inedito, con prefazione di A. Mes-
seri. Bologna, Zanichelli, 1907, 16°, 184 p. L. 3.
La lettera che in questa raccolta
più si nota è la XVI, diretta, come
tutte le altre, alla Contessa Silvia
Pasolini-Zanelli di Faenza, e che
comincia : Voglio fare le mie confes-
sioni ecc. In essa, a proposito di certe
notissime strofe blasfeme, in Chie
sa gotica e in Fonti del Clitumno,
il Carducci scrivo fra Taltro così:
« E certo sono cose forti e indimen-
ticabili. Confesso che mi lasciai tra-
sportare dal principio romano, in me
ardentissimo: e fu troppo. Ma quasi
al tempo stesso soavi cose pensai e
scrissi di Cristo:
Oh allor che dal Giordano ai freschi rivi
traeva le turbe una gentil virtù ecc.
«Resta che ogni qual volta fui
tratto a declamare contro Cristo, fu
Cristo pensai lit>ero e sciolto, fu mio
sentimento intimo. »
Se la lettera finisse qui, ognunp
vede il valore che essa avrebbe ed il
partito che se ne potrebbe trarre.
Ma pur troppo qui non finisce e
l'A. distrugge tutto o quasi tutto
colle triste linee che seguono subito
dopo : * Ciò non vuol dire che io rin-
neghi quel che ho fatto : quel che scris-
si, scrissi ; e la divinità di Cristo non
ammetto. Ma certo alcune espressioni
son troppe ; ed io senz'adorare la di-
vinità di Cristo, mi inchino al gran
martire umano.» Non occorrono com-
menti. Ci limiteremo solo a dire che la
brutale chiarezza di queste parole
avrà almeno il merito di non fomen-
tare confusioni d*idee intorno al-
l'uomo e allo spirito della sua arte.
per odio ai preti ; ogni volta che di
G. PITTALUGA. — Pensieri d'un solitario. Giosuè Carducci, Carlo
Goldoni. Città di Castello, tip. Lapi, 1907, 16*, 90 p. L. 1.
L*A. mostra di tener volentieri la suo dettato sembra cader dalla penna
penna in mano. Tira giù con una senz'ombra di sforzo. Peccato che fa-
spontaneità viva ed arguta, che il cile di vena, egli non sembra del pari
1908, voi. 1, /b#o. 1386. 46 13 mareo 1008.
\'^iÀ
722
BIBLIOGRAFIA
geloso della lima. Se ne* suoi scritti un pò* più di sostanza, sarebt)e tanto
e conferenze ci fosse un pò* più di di guadagnato per le buone cose che
disegno, un pò* più d'unità e anche egli dice e propugna.
L. VEUILLOT. — Pages Ghoisies, avec une ìntroduction critique
par Ant. Albalat. Paris Lyon, Vitte, 1906, 8^ pagg. XXX-398.
Fr. 6.
Pagine di L. Veuillot, il grande
polemista francese: ciò basta a dirne
il valore. La sua penna fu una spada
che per mezzo secolo balenò in tutte
le lotte del pensiero, a oppugnazione
dell'errore a difesa della civiltà cri-
stiana. E ciò su tutti i campi, delia
polemica propriamente detta, detla
letteratura, della critica, della storia,
delia filosofia e financo della poesia.
In questo bel volume v*è un saggio
di tutto, breve ma bastevole a farci
vedere la gran forza dell* ingegno
versatile, la gran fecondità di vena,
la gran sostanza di pensiero e di
arte buona. Sulle idee di questo ge-
neroso cavaliere della fede e della
civiltà non occorre indugiarci. Quanto
air arte, ci piace rilevare, coli* Al-
balat, che prepone al volume una
squisita introduzione crìtica, il culto
che egli ebbe della solidità e delle
grazie dello stile. Chi direbbe mai
che uno scrittore e un giornalista
fecondissimo, badasse a comt>attere
ooireejgenze minute dell'espressione
CHATEAUBRIAND, VICTOR UGO,
Vitte, 1907, 8^ 364 p. Fr. 3,50.
Sono studi biografici e critici su
tre grandi scrittori della Francia mo-
derna. Lo Chateaubriand, Vittor Hugo
e il Balzac chi non li conosce? Ma
appunto perchè variamente e uni-
versalmente discussi, non sarà mai
fuor di luogo una raccolta di notizie
e di giudizii sicuri sul loro conto,
sul valore letterario, stonco e filo-
sofico. Tanto più che la loro vita e
le loro opere cosi complesse offrono
materia sempre nuova alla ricerca,
e si vede nelle questioni qui trattate,
stilistica? Eppure l'Albalat reca do-
cumenti autentici dello studio che il
grande scrittore poneva nel dar la
vesta ai suoi pensieri, fin a rifarla
parecchie volte, con longanime incon-
lentabilifà. Se lo spazio ce lo consen-
tisse, riferiremmo le parole stesse del
Veuillot, d*uno dei tratti scelti ripor-
tati in questa Antologia, dove enume-
rando le doti essenziali d'ogni scrit-
tore cattolico, dopo la fede e la dot-
trina, assegna lo stile quest' « arte su-
blime che edifica palazzi imperituri
al pensiero umano» , e ne mette in ri-
lievo da una parte il valore decisivo
che esso ha pei nostri scrìtti, e dal-
l' altra la possibilità, per chi non
rabbia, di acquistarlo a forza di
studio HS'«tdao.
Noi qui accenniamo appena quel
che per 1* importanza della cosa meri-
terebbe più ampi limiti; ma ciò serva
a stimolare tutti coloro che Tolendosi
iniziarsi nell'arte dello scrivere tro-
veranno in questo libro antoreTolis-
simi precetti ed esempii.
H. DE BALZAC, — Paris-Lyon.
non tutte ugualmente importanti e
originali, ma utili sempre a farci co-
noscere meglio l'anima, l'indole, il
pensiero di ciascuno, e a farcene di-
scernere con retti criteri il prezioso
dal vile. Si leggano ad es. i capitoli:
«la sincèrité religieuse de Chateau-
briand » ovvero « l'enfance de Victor
Hugo » oppure « les prètres dans les
romans de Balzac ». Non è poi da
omettere il merito di una nitida edi-
zione che rivela il buon gusto della
casa editrice.
STORIA
723
PAUL ORAZIANI. — Sixte-Quint et la réorganisation moderne du
Saint-Siège, Paris, Bloud, 1907, 16«, 64 p.
L'autore di quest'opuscolo popo-
lare nel porre sott'occhio al lettore
il grande pontefice francescano segue,
con piccola modificazione per le cose
di Francia^ il disegno tracciatone dal
barone Httbner nella notissima sua
storia. La distruzione de' banditi, i
monti o le rendite dello stato, le con-
gregazioni ecclesiastiche e civili , l'obe-
lisco con la cupola di S. Pietro e la
Lega francese: ecco i grandi quadri
storici della vita di Sisto V, ponte-
fice conscio se altri mai di se stesso
e delia sua autorità divina e umana,
il quale in cinque anni fé' tali pro-
papa, che l'eco e gli effetti del suo
governo sono giunti sino a noi non
d'altro alterati che dalla leggenda
sempre presta a impossessarsi degli
uomini straordinari. Il Oraziani tes-
sendone la vita, fa pure un cenno delle
indagini ulteriori all' HUbner qual' è
quella del Qozzadini, secondo il quale
la morte di Qio vanni Popoli sarebbe
stato un errore di giudizio dovuto
ad una lettera inventata da' suoi ne-
mici. Checché ne sia, la gloria del
gran papa non ne scema e i difetti del
suo pontificato sono nulla verso i
grandi beni che ne ritrasse la Chiesa
e l'Italia.
digi d'attività come principe e come
Sac. dott. ROMOLO PUTELLI, vicerettore del Seminario di Alatri. —
Mezzo secolo di storia della Valle Canonica (1420-1470). (Estratto
dalla « Rivista di scienze storiche ». Anno 1907). Pavia, Rossetti,
1907, 8°, 66 pag.
Eccitato dall'amor del natio loco,
il giovane sac. Putellì, tesse in queste
pagine ricche di notizie e di fatti,
cinquant'anni di storia della sua
valle, storia fortunosa quale è gene-
ralmente quella d'ogni terra italiana
nel secolo XV. Passata la Val camo-
nica nel 1427 alla parte veneziana,
molto ebbe a lottare e soffrire per
mantenerlesi fedele non solo per le
quasi continue guerre fra il ducato
di Milano e Venezia, combattute in
quel di Brescia, da' famosi capitani,
come il Carmagnola, il Pici ni no, il
Colleoni, ma anche per le mene dei
Federici e d'altri Comuni ostili al
dominio veneto. Breno, capoluogo
della Valle, fu teatro di gloriosi
fatti, e ne' due assedii che sostenne
nel 1438 e 1453 si segnalarono gli
eroi delle famiglie Ronchi e Leoni.
Dopo la liberazione di Brescia dal
Picinino, anche la Valcamonica fu
aggregata a Brescia nella dipendenza
da Venezia, della qual diminuzione
d'autonomia il Putelli narra le ves-
sazioni e gli screzi originatisi fra
Brescia, Breno, e la Signorìa. Cosi
questo brano di storia comunale ci
appare in tutte le sue vicende in-
terne ed esterne, grandi e piccole,
liete e tristi; e ogni cosa è esposta
con gran copia di nuovi documenti
dal nostro giovane storico scovati
negli archivi privati e pubblici e
nelle biblioteche bresciane, correg-
gendosi alla luce di essi anche più
d'una notizia data da qualche storia
bresciana.
Codesto bel saggio storico-critico
onde si rivela il buono e sicuro in-
dirizzo dell'autore, mentre accerta
vari punti delle vicende storiche
della Valcamonica al tempo di Filip-
po Visconti e di Francesco Sforza,
torna argomento di lode ben meri-
tata al solerte dott. Putelli, che seppe
congiungere in questo suo preludio
di studi maggiori sobrietà e ricchezza
di notizie a non timido zelo del vero.
724
BIBLIOGRAFIA - STORIA
LIVORNO e gli avvenimenti del 1790-91 con notizie di Firenze, sto-
ria generale, poesie contemporanee e altri documenti. Diario ano-
nimo pubblicato per cura di Pietro Vigo. -LtworiM), Meucci, 1907,
8^ 216 p.
L'autore di questo diario, si ma-
nifesta uà buon livornese, non di
grande coltura ma di sentimenti cat-
tolicissimi che narra quanto accadde,
specialmente in Livorno, dal 27 Mag-
gio 1790 al 18 maggio dell'anno se-
guente, cioè dall'assenza del gran-
duca Leopoldo, ito a Vienna per
succedere nell' impero al fratello Giu-
seppe II, fino alla venuta di Ferdi-
nando, insediato a Firenze dal padre,
nuovo imperatore. I fatti sono espo-
sti con molti particolari e nomi di
persone e tutto quello che fu pubbli-
cato allora in Livorno; ma l'autore
ne ricerca più dall'alto le cause, spe-
cialmente nel giansenismo e nella
manìa sacrestana di Leopoldo e del
suoi ministri. Il popolo di Livorno,
come quel di tutta Toscana, avea
dovuto presente il granduca assistere
inoperoso e dolente alla molte sop-
pressioni di chiese e case religiose
e confraternite. Partito il principe,
nella festa di S. Giulia volle far ri-
vivere le sue feste tradizionali e ai
31 di Maggio in una sommossa, ria-
perse chiese, oratorii, rinnovò con-
fraternite, costringendo il prevosto
giansenista Baldovinetti a fuggire, e
quindi a cedere l'ufficio.
Gli ebrei vi corsero gravi pericoli,
e dovettero pagare la ristaurazione
delle chiese e contribuire col loro
denaro alla diminuzione del prezzo
del pane Perchè la sommossa era
nata e « per la fede e per la fame » .
In quelle gravi circostanze, a calmare
il popolo assai s'adoperò col governo
l'arcivescovo di Pisa, venuto lo stesso
di a Livorno, e accolto con gran
segni di onore e stima da tutto il
popolo che lo portò quasi in trionfo
al palazzo del Comune.
Anche in Firenze, se gli Ebrei
poterono salvar con la vita le loro
sostanze, dovettero saperne grado a
queir arcivescovo, corso in mezzo a
loro nel ghetto a calmare e riman-
dare il popolo. Non possiamo disten-
derci più oltre ne' particolari del
perdono, de' processi, delle restitu-
zioni, delle tariffe alimentari ecc. Ma
non è da tacere che l' origine prima
della sommossa livornese e toscana, fu
l'oppressione religiosa inaugurata le
galmente dalle riforme leopoldine,
riforme che dovettero in gran parte
essere rivocate a voler rimettere il
popolo in pace, specialmente in quel-
l'età procellosa e rumoreggiante dei
tristi fatti della vicina Francia.
Al chiaroe dotto prof. Vigo vuoisi
saper grado d'aver fatto conoscere co-
desta pagina di storia livornese intor-
no alle relazioni fra Chiesa e Siato e
popolo alla vigilia dei grandi avve-
nimenti dell'Europa moderna.
SCIENZE NATURALI
Le caso gigantesche delle città americane. Ragioni economiche che hanno
loro dato svilupp}. Particolarità tecniche di costruzione: uso del ferro
per ossatura dell'ediflzio. Pericoli a cui sono esposte da varie parti. Ri-
chiami deiropinione pubblica per limitarne gli eccessi.
Nei primi giorni dello scorso gennaio si ebbe a Nuova York
uno di quegli incendi le cui proporzioni si possono dire vera-
mente « americane ». In uno dei centri più nobili, di lato alla
piazza dell'Unione, il lorreggianle palazzo Parker — un co-
losso di tredici piani — fu interamente distrutto e involse
nelle stesse sue fiamme l'albergo « Florence » con una splen-
dida collezione di opere d'arte, incenerendo cosi in poche ore
circa trenta milioni di lire. A gettar acqua sopra questo spa-
ventoso braciere accorsero bensì da tutte le stazioni dell'im-
mensa città le guardie del fuoco, ma fu una corsa inutile : che
la pressione delle lor trombe non giungeva più su dell'ottavo
piano di quel palazzo e le fiamme già avevano invaso i piani
superiori guizzando rapide e divorando ogni cosa senza un
rimedio al mondo. E pure lassù vi erano vite umane da sal-
vare. Il fuoco appiccatosi nei piani di mezzo, chiusa ogni via
di uscita, aveva sospinti gli abitatori nella sua inesorabile
marcia a salire di piano in piano, finché giunti sul tetto i mi-
seri si vedevano inesorabilmente condannati alla più orribile
sorte. Cinquantamila cittadini assistevano a quello spettacolo
pieno di terrore, impotenti a soccorrere i disgraziati imploranti
pietà. Questi erano specialmente operai di una tipografia im-
piantata al dodicesimo piano, accortisi troppo tardi del peri-
colo quando di sotto già tutto ardeva. À salvarli si tentò ogni
via. Le guardie del fuoco con indomabile coraggio si arrampi-
carono da ogni parte; pur finalmente venne lor fatto di gettare
agli infelici una corda che solidamente attraversata dal tetto
del palazzo alle finestre di un edifizio di fronte servi perchè
potessero a gran rischio calarsi e mettersi finalmente in salvo,
fra i plausi della commossa moltitudine. Sventuratamente però
726 SCIENZE
non mancarono le vittime del fuoco fra le guardie slesse di cui
parecchie furon travolte nel rovinio dei palchi crollanti l'uno
sopra l'altro da cima a fondo, sicché la compagine stessa del-
l'edificio minacciò di sciogliersi precipitando sugli edifizi cir-
costanti con nuovo disastro. La terribilità della disgrazia, le
pietose peripezie dello scampo, la gravità dei danni cagionati
diedero un gran che dire dentro e fuori di Nuova York e degli
Stati dell'Unione, suscitando nella pubblica opinione e nei pub-
blici fogli larghe discussioni sopra le condizioni nuove in cui
si trovano gli edifizi di straordinaria altezza nei pericoli pur
troppo non infrequenti del fuoco. È un esempio dei problemi
inaspettati a cui conducono le modificazioni d'ogni fatta che si
vengono introducendo ogni giorno col progresso delle arti e
colle applicazioni delle scienze in tutti i rami della vita so-
ciale.
Quando circa trent'anni addietro furono visti sorgere di terra
i primi edifizi che, piano su piano, parevano dar la scalata
alle nuvole ed ebbero il tipico soprannome di sky-acrapers,^ fu un
inarcar di ciglia e uno sbalordimento generale, ammirando tutti^
se non il buon gusto, certo l'audacia degli ingegneri e anche
un poco il coraggio degli inquilini che senza vertigini elegge-
vano di andare ad annidarsi come le rondini sotto i comignoli
di un campanile. Pareva per altro che tali torri colombaie do-
vessero rimanere rari sforzi isolati di un genio bizzarro, ano-
malie inventate a profitto della concorrenza artistica o della va-
nità nazionale. Ma non fu vero, e, forse perchè le stravaganze
in certi tempi sono appunto quelle che fan fortuna, nonostante
le critiche de' savi e gli avvisi de' prudenti, gli sky-scrapers
pullularono non solo ma andarono sempre crescendo di altezza
e di difformità. Il palazzo deìV American Surety in Broadway
a Nuova York, fabbricato dieci anni sono^ pareva dovesse toc-
care il colmo coi suoi venti piani e cavar la voglia a nessun
altro di sorpassarlo. E invece esso fu come un segnale di sfida
alla cui vista sorsero da ogni parte scale e travate di nuovi
ponti per vincere gli emoli e conquistare il primato dell'al-
tezza. Ci basti citare il Singer Building di quarantun piani ed
' AUa lettera « che raschiano il cielo » .
NATURALI 727
il recentissimo Metropolitan Life Building di quarantotto (circa
centottanta metri), ì quali lasciano ai loro piedi, nelT ombra
paurosa,
non solo
i bassi
quartieri
ma anche
le piccio-
naie che
pocanzi
parevano
giganteg-
giare. Que-
sti mo-
struosi ca-
samenti
non cam-
peggiano
più solita-
ri, ma si
addossano
gli uni a-
gli altri
fiancheg-
giando le
vie che ne
prendono
aspetto di
profonde
gole tra
muri a pic-
co. Nella
sola me-
tropoli si
contano
oggi una ventina di edilìzi che hanno da venti a trenta piani
e più di cinqiieoento che ne hanno da dieci a venti. Gii iiflizi
dei grandi giornali, le a mminì.^ trazioni di grandi società, le
grandi case commerciali, lianno voluto avere il loro gigante oltre
Il M<ftrtyp*^iitan Liftì fimlding.
728 SCIENZE
quelli fabbricati dalla concorrenza e dalla specolazione. La figura
che qui riporliarao rappresenta uno dei tratti della famosa Broad-
way, o « via larga », l'arteria maestra — come suol dirsi — della
città, da * Bowling Green » al « Post office », centro del movi-
mento degli
affari e della
vita commer-
ciale di quel-
l'emporio del
mondo.
* *
A vero di-
re però que-
sta delle ca-
se gigante-
sche per Nuo-
va York non
è tutta ma-
nia di singo-
larità, ma
trasse ragio-
ne di svilup-
po dalle con-
dizioni spe-
ciali della
sua postura.
L' isola di
Manhattan
sulla quale
gli olandesi
tracciarono le prime vie della Nuova Amsterdam, trasfor-
matasi poi nella Nuova York moderna, divenne ben presto
angusta al bisogno per il concorso della gente di traffico, il
trasporto delle merci, la circolazione dei veicoli e dei pe-
doni e tutto l'agitameùto di un gran porto di mare. Si cer-
cò guadagnare spazio sull'Hudson e sulF East-River che la
stringono dai lati di terra e con ingente lavoro si riusci quasi
La « Via larga » in Nuova York.
NATURALI 729
a raddoppiare l'area fabbricabile; ma anche questo spediente
aveva un limite, né si potevano colmare i bracci di mare che sono
appunto le sorgenti della sua prosperità. Cresceva dunque la
popolazione, s'ingrandiva prodigiosamente il commercio; man-
cava il terreno. Dei tre milioni di cittadini la massima parte
aveva dovuto passare i fiumi e cercarsi aria e luce nella pianura
circostante, stendendosi cosi largamente da raggiungere la cerchia
di Jersey e Brooklin e confondersi in un solo municipio con
esse. Ma la ricchezza, la vita viene dal mare : è dunque verso
il mare, nel lower town, non lontano dai moli, dalle calate, dai
magazzini che verranno discussi gli interessi e conchiusi i ne-
gozi, qui dovranno trovarsi riuniti in breve giro a risparmio di
tempo, che è la più preziosa moneta, i pubblici uIBBzi, i banchi,
la borsa, le agenzie, gli studi, i depositi ; qui batte il cuore di
Nuova York. È facile indovinare l'avidità della ricerca e quindi
la carezza del prezzo di ogni palmo di terra in quelle vicinanze.
Il piano sopra cui fu innalzato il palazzo della ManhcUian life
inaurane^ Company nella Broadway fu comperato a ottomila
cinquecentotrentuna lire per metro quadrato : e un altro terreno
accosto si vendette per novemilaottocentoquaranta. Meglio ancora,
il sindacato che fece costruire i casamenti della American Sureiy ne
pagò l'area fino a quindicimilatrecentoventi lire al metro! È
troppo chiaro che, sia per soddisfare al bisogno del commercio
ed alle richieste dei commercianti, sia per ricavare dai fabbri-
cati un interesse rimunerativo degli enormi capitali sborsati
anche solo per l'acquisto del terreno e degli altri spesi per la
costruzione, per le assicurazioni, per le imposte, per la manu-
tenzione ecc., bisognava doppiare e triplicare il numero dei piani,
delle camere e degli appartamenti e quindi doppiare e triplicare
l'altezza dei fabbricati.
Con questa sovrapposizione di piani si otteneva uno svi-
luppo, che chiameremipo aereo, di quella superficie abitabile di
cui si pativa tanto difetto e non si poteva trovare altrimenti
nelle auguste dimensioni del suolo. Un curioso prospetto pub-
blicato dal Scientific american calcolava la proporzione vera-
mente straordinaria colla quale tale superficie era aumentata
qualche anno fa. Non tenendo conto dei sette primi piani presi
come una media ordinaria di tutte le case nel quartiere com-
merciale di quella popolosa metropoli, l'area guadagnata coi
730 SCIENZE
piani sovraggiunti a quei sette misurava già fin d'allora 355.265
metri quadrati, più di trentacinque ettari e mezzo ^
A tali risultati non si sarebbe potuto giungere coi soliti ma-
teriali e coi vecchi metodi di costruzione: ma al difetto portò
pi^onto soccorso la pratica genialità e la ben nota abilità tec-
nica degli ingegneri americani. Il ferro battuto e l'acciaio, di cui
si conosceva già l'uso limitato nell'edilizia, divenne nelle loro
mani l'elemento trasformatore di tutta l'ossatura di un casa-
mento. La carcassa dell' ediflzio è un castello fatto di sbarre
d'acciaio inchiavardate dalla base alla cima che costituiscono
i pilastri ascendenti collegati tra loro da grosse travi traver-
sali all'altezza dei piani di cui reggono l' intelaiatura dei palchi.
I leggeri pilastrini in lamina di ferro adoperati in molte città
a sostegno dei fili elettrici per le tram vie mostrano l'artifizio
(li tali lavori che con una grande leggerezza congiungono una
grande resistenza. I rivestimenti della carcassa o meglio i riem-
pimenti del castello traforato sono compiuti con mattoni od
anche in pietra come motivo d'ornamento, per esempio al pian
teiTcno dell' edifizio o sulle facciate monumentali: ma ciascun
Ili ano dell'ossatura è abbastanza solido per sopportare il peso
del proprio rivestimento e dei mattonati di tramezzo, cosicché
1^1 potrebbero abbattere tutti i muri di un piano inferiore senza
danno dei superiori, e si comincia a murare la fabbrica con-
temporaneamente a qualunque altezza; ciò che serve alla ra-
[ndità proverbiale delle costruzioni. Del resto l'impiego del ma-
leriale, come si vede, ha valore assai ristretto: è il metallo che
domina e alla sua compagine è affidata la solidità dell'edifizio.
Non farà maraviglia quindi di sapere che per il palazzo della
Manhattan life Company citato più sopra, alto 105 metri sopra
il livello della strada furono adoperate poco meno di settemila
tonnellate di ferro acciaio. Un altro dei giganti, il Park Bofv
Bmlding, alto 117 metri, ha assorbito novemila tonnellate per
ronsolidare il suo scheletro di ferro: mentre la fabbrica del-
l'jlnterican tract Society j alto solo 88 metri, non vene ha im-
piegate che duemila e ottocento.
^ n Park Rotv contiene nei suoi ventitré piani da novecento a mille ca-
mere per uffizi, magazzini, ecc.
NATURALI 731
Intelaiate con tanto ferro, parrebbe che quelle moli mostruose
ne dovessero guadagnare altrettanto in sicurezza e durata. Ci
sono invece ragioni per dubitarne. Il ferro è purtroppo soggetto
all'ossidazione :|per impedirla, ogni pezzo è prima diligentemente
verniciato: poi l'intelaiatura metallica è rivestita o piuttosto
immersa in una malta poltigliosa, intorno alla quale aderisce
Io strato di muratura. Il materiale stesso adoperato per murare
è stato imbevuto a caldo di paraffina, la quale penetrando cosi
nei pori dei mattoni li deve rendere impermeabili all'umidità.
Gli studi fatti fin qui intorno agli effetti prodotti dal rivesti-
mento delle malte sul ferro, provano che esse sono favorevoli
alla sua conservazione quando la malta è composta colla calce
ordinaria; mancano invece i saggi sperimentali che insegnino
come sieno per comportarsi i cementi usati oggi comunemente.
Ma supposto che anche essi proteggano e non alterino la su-
perficie del metallo, perchè questa protezione riesca efficace bi-
sognerà sempre che la malta aderisca alla lamina, senza la-
sciare cavità nocive: bisognerà che non vi siano screpolature
per le quali possa farsi strada l'umidità del suolo o dell'aria
e quindi non possano stabilirsi delle comunicazioni che diano
origine ad azioni elettrolitiche a detrimento della omogeneità e della
costituzione stessa delle sbarre. Le recenti ricerche intraprese
sopra le opere eseguite in cemento armato hanno condotto a
rivelazioni gravissime dei pericoli a cui la loro solidità può es-
sere inconsapevolmente esposta per colpa di tali azioni stabi-
litesi per vizio dell'intonaco. É questa una magagna capitale,
e purtroppo insanabile, del sistema. Il metallo deve essere co-
perto e la copertura impedisce di accorgersi delle modificazioni
sconosciute a cui può andar soggetto e lo possono rendere
inetto allo sforzo potente e continuo che deve esercitare. È pur
vero che noi ogni giorno usiamo con fiducia dei vecchi ediflzi
senza esaminarne lo stato di conservazione : ma si può rispon-
dere che essi constano di materiali ben noti e in condizioni già
sicure per lunga esperienza; il che non può dirsi ugualmente
dei tentativi di cui parliamo.
Parlando di edifizi che s'ergono cosi davvicino alle nuvole
il pensiero ricorre facilmente al pericolo delle scariche elettriche
732 SCIENZE
che essi paiono destinati ad attirare sopra di se a preferenza
dei tetti circostanti. Ma abbiamo già avuto occasione di notare
in queste pagine come l'esperienza ha dimostrato il contrario.
Le statìstiche danno per questi alti comignoli una media non
superiore a quella del resto della città. Ma un altro problema
che non doveva essere certo indifferente per la responsabilità
degli ingegneri e resta sempre una paurosa preoccupazione, è
la resistenza che gli sky-scrapers devono presentare alla pres-
sione del vento, il quale nella regione di Nuova York e più
ancora in quella di Chicago dominata dalle correnti del 'lago
Michigan soffia spesso con violenza minacciosa. À cento metri
d'altezza i costruttori pensarono assicurarsi contro ogni raffica
calcolando la resistenza di 245 chilogrammi per metro qua-
drato di superficie, mentre nelle parti centrali dell'edifizio si
contentarono di 150, e l'esperienza finora diede loro ragione.
Se la tenacità del ferro ha finora resistito all'impeto del
vento, non sono però mancati i momenti di panico che si ri-
peteranno naturalmente all'imperversare di qualche bufera.
Sulla distesa della pianura di Chicago non sono tanto rari
i venti di settanta o di ottanta chilometri di velocità oraria:
alla loro pressione le case giganti di quella città osciUano ab-
bastanza sensibilmente per arrestare i pendoli degli orologi. Il
famoso tempio massonico che colà eleva il suo capo a ottanta
metri coi suoi venti piani, esposto alla furia della corrente va-
cilla periodicamente con un'oscillazione di 8 a LO centimetri.
L'ufficio idrografico degli Stati Uniti, che è alloggiato precisa-
mente al ventesimo piano, ha dovuto rassegnarsi a servirsi di
orologi senza pendolo. L'ampiezza delle os4Ùllazioni, com'è fa-
cile capire, varia secondo l'altezza degli edifizi ; ma i più pau-
rosi si domandano che avverrebbe di quelle torri superbe che
sfidano le nubi, se fossero avvolte nella zona disastrosa di un
ciclone?
Per compenso tuttavia alla paura dei cicloni i denigratori
degli sky-scrapers devono ammettere che quelle moli cosi ben
l^ate in tutte le loro dimensioni dalla intelaiatura metallica
corrono assai minori pericoli delle vecchie costruzioni per le
scosse di terremoto. È un fatto da notarsi a lode degli ingegneri,
che quanto alla loro stabilità sulla base gli sky-acrapers godono
di sufficiente buona fama, benché anche in questo non siano
NATURALI 733
mancate le critiche dei più prudenti. In generale i fondamenti
di questi colossi richiesero grandi lavori di costruzione, a ca-
gione della natura dei terreni mobili ed inconsistenti. Così per
trovare gli strati compatti del suolo sopra cui fu inalzato il
Park Row si dovette discendere circa undici metri sotto il li-
vello stradale. 11 Surety Building non trovò il sodo che a trenta
metri di profondità. Il Manhattan più fortunato incontrò un
fondo roccioso a sedici metri dal piano della città, cioè sei metri
sotto il livello del mare. Quando il fondo invece è sabbioso vi
si prepara una palafitta le cui teste sono avvolte in un calce-
struzzo di cemento Portland e si stringono cosi in un solo corpo
indurito dall'umidità del terreno. Uno strato di enormi blocchi
di granito disposto sopra il calcestruzzo serve di base alle travi
metalliche a cui si lega l'intelaiatura di ferro che forma lo
scheletro dell'edifizio. Le travi adoperate per le fondamenta del
Manhattan erano dodici e pesavano ciascuna ottantotto tonnel-
late *. — Avviene non di rado che l'enorme carico della mole
colossale sia ripartito sopra un'area relativamente ristretta e
nel caso delle palafitte, nella costruzione, per esempio, del Park-
Row, si giunse fino a sedici tonnellate per testa di palo. La
proporzione è parsa azzardosa ai tecnici europei : ma un po' più
di ardimento sta bene al di là dell'Atlantico e finora nulla è
venuto a smentire quella fiducia.
Più che dall'aria o dalla terra i maggiori timori contro le
nostre torri vengon dal fuoco, appunto per i casi d'incendio
come quello di cui parlavamo incominciando. E non è che a
primo aspetto non potessero sembrare meglio allontanati tali
casi dalle torri per il materiale stesso adoperato a fabbricarle.
Ma purtroppo i pericoli del fuoco ne' grandi casamenti sono
sempre numerosi per l'agglomerazione maggiore di persone; e
basta che una di esse sia o imprudente o disattenta o disgra-
ziata per involgere tutti in un disastro. A questa particolare
sono da aggiungere evidentemente le occasioni comuni nell'uso
dei mezzi di riscaldamento, le canalizzazioni di aria calda, di
gaz, di luce elettrica. La necessità di alleggerire il materiale
d'impianto e le abitudini di eleganza nazionale hanno divul-
^ Lo spazio vuoto del sottosuolo nelle fondazioni è usufruito per gli
impianti deUe macchine motrici che devono servire al riscaldamento, allMl-
luminazione, alla ventilazione, agli ascensori ecc.
734 SCIENZE
gatoT impiego del legno nei pavimenti e nell'assetto gene-
rale. Per prevenire il temuto nemico si è bene imposta la pre-
cauzione di non introdurre negli sky scrapers che il cosidetto
legno incombustibile. Ma tutti sanno quanto poco risponda al
nome la realtà: e come il legno, nonostante le iniezioni o le
vernici apìriche, prenda fiamma quando sia esposto ad alte
temperature.
Ora l'apprensione del pericolo di un incendio in un edifizio
di tal genere è aggravata da più cagioni. La prìma è la faci-
lità colla quale il ferro si risente, si deforma, si piega sotto
r influenza di temperature elevate. Vediamo pur troppo comu-
nemente come negli incendi di qualche intensità le travi me-
talliche siano contorte e tormentate dalla forza del fuoco. E
ciascuno si domanda ansiosamente che avverrebbe dell'ossatura
di queste torri, del ferro di cui sono intrecciate, per quanto si
sia cercato di proteggerlo e di isolarlo. Se il fuoco rammollisse
In qualche punto i sostegni e li piegasse sotto il peso dei piani
superiori, che sarebbe delle case circostanti ? E sopratutto, quando
le fiamme divampassero violente nella parte più alta dell'edi-
fìzio come giungere a portar soccorso ed impedire il dilatarsi
irrimediabile del disastro? Gli ultimi esempi, come dicemmo,
commossero vivamente l'opinione pubblica negli Stati Uniti : e
portarono l'attenzione sopra i danni che un caso simile a cpiello
da noi riferito potrebbe cagionare nel centro della città di Nuova
Vork, dove si agglomerano quei costosi colossi nelle cui viscere
sono accumulati magazzini di merci e tesori di ogni specie.
Un giorno solo può compromettere od annientare più di mille
milioni in un solo tratto della Broadway, con tanto piò spa-
ventosa facilità in quanto questa ricchissima strada benché chia-
mata « larga » non ha veramente che ventisei metri di larghezza.
Se ne commossero anche più le Società di assicurazioni contro
gli incendi che in queste zone pericolose impongono prezzi assai
più forti per più forti rischi e il Fireproof magasine liferiva
in tal proposito le inquiete apprensioni di G. W. Babb, presi-
dente del Board of fire Underwriters della metropoli stessa.
Di queste agitazioni si valgono naturalmente gli avversarii
dì tali anormali costruzioni per domandare che sia messo un
freno alla pazzia dell'altezza, la quale, secondo loro, ha sua ma-
ligna radice nella vanità umana. Omai la facilità delle comu-
NATURALI 735
nicazioni. neir interno stesso della città è tale che scompare il
preteso bisogno di concentrare in poco spazio il campo degli
affari. Il piccolo incomodo della distanza a loro -giudizio non
vale gli incomodi e i danni cagionati o temuti dalla presenza
di quei mostri minacciosi nel cuore delle abitazioni. Si limiti
dunque l'elevazione delle case a non più di cinquanta metri
sulle grandi strade, abbassandole proporzionatamente su quelle
di minor larghezza. Si impongano ai costruttori condizioni as-
solute di riparo in caso d' incendio, come doppie scale in mate-
riale invece degli ascensori mal sicuri; si studi efiBcacemente
la questione del legno incombustibile, e via di questo passo.
Gli stessi partigiani difensori degli sky-acrapers convengono
della necessità di sollecite cure a prevenire le rovinose cata-
strofi e insistono massimamente sopra la diminuzione od anche
la esclusione totale del legno finché non si sia trovato una
composizione che ne accerti l'incombustibilità, come già si è
conseguito nel genere dei tessuti. Del resto l'altezza massima
di cinquanta metri sarebbe già una proporzione assai rispetta-
bile, posto che a Parigi come a Roma e crediamo generalmente
in Europa le leggi dell' edilizia non ammettano edifizi superiori
a poco più di venti metri sul livello delle pubbliche strade. Gli
interessi e le preoccupazioni che lottano da ambe le parti
con qualche esagerazione condurranno forse a modificazioni
utili di cui il genio inventivo di quella nazione ha inesauribile
dovizia.
CRONACA CONTEMPORANEA
Rotna, 29 febbraio - 11 marzo 1908,
I.
COSE ROMANE
1. Pellegrinaggi pel Giubileo pacerdotale di Pio X. -— 2. Ricevimenti del
P. Bernardo e del Collegio Armeno. — 3. Funerali pel re e pel principe
ereditario di Portogallo. — 4. La propaganda del modernismo. — 5. Con-
tro la stampa modernistica.
1. Per il Giubileo sacerdotale di Sua Santità Pio X si ebbero in
Roma il pellegrinaggio Piemontese ed il pellegrinaggio francese di
Lourdes sulla metà dello scorso Febbraio. Il primo di circa trecento
era condotto daireAo card. Richelmy arcivescovo di Torino accom-
pagnato da mgr Castrale vicario generale e dai vescovi d'Ivrea e
di Novara. Nella sala concistoriale dove furono ricevuti, il cardinale
lesse nobili parole a dimostrazione di attaccamento alla Chiesa e alle
sue dottrine e di devozione al Sommo Pontefice, cui il Santo Padre
rispose con un affettuoso discorso nel quale lodando la fedeltà del
clero piemontese esrrtavalo al tempo stesso a conservarsi immune
dai nuovi errori con lo studio di una santa vita sacerdotale.
Il pellegrinaggio di Lourdes guidato dal vescovo di Tarbes
mgr Schoepfer (il quale ebbe la grande soddisfazione di veder ac-
cettato dal santo Padre e collocato sul suo scrittoio Tartistico cro-
cefisso offertogli nell'udienza particolare) fu anch'esso ricevuto Della
sala del concistoro. Sua Santità si mostrò amabilissimo con i pel-
legrini, tra i quali si trovavano alcuni membri della famiglia Sou-
birous parenti di Bernadette, ed ebbe per tutti il paterno sorriso e le
più larghe benedizioni rivolgendo loro parole d'incoraggiamento, che
certo saranno la consolazione e la forza di quegli eroi cattolici.
Al discorso di mgr Schoepfer il Santo Padre fece seguire la sua
parola piena dei più caldi st-.ntimenti, e commosse vivamente i pel-
legrini quando in fine disse loro: Ritornando alle vostre case, for-
tunati abitanti di Lourdes, ricordatevi del Papa avanti l'effigie della
Immacolata, e alla grotta e nel santuario salutatela da mìa parte
con un Ave Maria... E poi dite e ripetete a tutti che il Papa li be-
nedice di gran cuore, dite che egli vuol bene a tutti, anche a quelli
che lo perseguitano, e prega Dio di rimetterli sulla via della salute.
COSE ROMANE • 737
Dite a . tutti che il Papa augura loro con 1 beni di qua la felicità
eterna.
La soddisfazione dei pellegrini crebbe ancora quando il giorno
seguente 23 febbraio poterono assistere alla Messa di Sua San-
tità, e giunse al colmo allorché il Santo Padre si degnò cele-
brare con loro il cinquantesimo anniversario della settima Appa-
rizione, al piccolo santuario di Lourdes nei giardini vaticani.
Tra gli intervenuti si trovava presente il vescovo della Saletle. Il
Sommo Pontefice pregò con i pellegrini intonando ad alta voce
le litanie lauretane, poi consenti che da quelli si recitasse la pre-
ghiera a Notre Dame de Lourdes, che ogni giorno forma la delizia
di quanti accorrono in quel santuario dei Pirenei, e fu egli stesso
commosso, come lo significò dopo al vescovo di Tarbes, del pari che
gli astanti, nel punto in cui sMnvoca la Vergine Immacolata pel Papa
affinchè lo protegga e lo colmi delle le sue benedizioni. Si cantò
da tutti insieme qualche strofa àeWAve Maria di Lourdes, ripetendo
il Padre con i suoi figli Ave Ave alla dolce Signora. L'ultimo Ave
si spense e il Santo Padre si allontanò benedicente, seguendolo le
note deir Inno pontificio e gli sguardi pieni di riconoscenza e di
amore dei pellegrini : essi portarono un magnifico ricordo, oltre la
fotografia del loro gruppo col Santo Padre nel centro, quello scol-
pito nel cuore, dalle amai>ilità di Pio X.
i2. Tra i vari ricevimenti accordati da Sua Santità nel mese di feb-
braio va menzionato quello al P. Bernard Cappuccino reduce dalla
missione diplomatica di Etiopia. Egli fu inviato all'imperatore Me-
nelik II con un autografo di Pio X nello scorso settembre, e fu ri-
cevuto con molta solennità in quella corte dall'imperatore prima, e
poi dall'imperatrice, cui aveva l'incarico di offrire da parte del Sommo
Pontefice un artistico mosaico raffigurante la Beata Vergine. Ora por-
tatore di due lettere di quei due sovrani ritornava col dono di due
leoncini, che il Negus inviava al Santo Padre, dono splendido se-
condo la stima di quelle regioni e magnifico per sé stesso e che il
Papa fece allogare nei giardini vaticani, dove rinchiusi in una gabbia
di ferro pare stieno a rappresentare la generosità e la forza anche
nel servaggio.
Il 1** marzo ricorrendo il ventesimoquinto anniversario dalla fon-
dazione del Pontificio Collegio Armeno Sua Santità si compiacque
di riceverne in udienza tutti i componenti, ai quali erano uniti per
l'occasione mgr. Rubian arcivescovo di Amasea, mgr. Koiunian ve-
scovo d'Alessandria antico rettore del collegio ed altri illustri eccle-
siastici. Il rettore D. Giovanni Naslian presentò al Sommo Ponte-
fice in omaggio una dedica nella quale erano scritti i sentimenti di
devozione dei superiori e degli alunni e gli auguri pel suo giubileo
1908. voi, 1, fMO. 1386, 47 là marzo 1908.
738 CRONACA CONTEMPORANEA
sacerdotale, e il Santo Padre alla sua volta compiacendosi della pro-
sperità e buoni frutti recati dal collegio, e rallegrandosi dello ntalo
presente che lascia sperare tanto bene per l'avvenire esortò quei gio-
vani ad applicarsi con impegno alla propria formazione ecclesiastica,
affin di potere in appresso, neir esercizio del ministero apostolico, e
mantenersi fedeli alTunltà della fede di Roma, e richiamare i dissi-
denti al seno deirunica Chiesa. Prima di accomiatarsi die a tutti a
baciare la mano discorrendo affabilmente con quei giovani, li con-
fortò con Tapostolica benedizione e T ultimo saluto che loro rivolse
fu: Sia lodato Gesù Cristo.
3. Nel trigesimo dalla morte di S. M. Fedelissima il re Carlo I dì
Portogallo e del suo primogenito Luigi Filippo duca di Braganza si
celebrarono in Vaticano solenni funerali nel Paula delie Beatificazioni
soprastante al portico della basilica di San Pietro. Il concorso fu
immenso, sicché la vasta aula era gremita assai prima che avesse
incominci amento la sacra ceremonia. Nella tribuna dei sovrani si
trovava il granduca Boris Vladimirovich di Russia, in quella del-
l'Ordine di Malta il conte de Thun con i dignitarii : gli ambascia-
tori di Austria, di Spagna, il primo segretario deirambasciata por-
toghese in assenza dell'ambasciatore infermo, i ministri del Brasile,
Chili, Russia, Baviera, Argentina occupavano Ja tribuna del corpo
diplomatico. In tribuna speciale erano le sorelle di Sua Santità, e in
quella della aristocrazia era una foltissinia schiera di signore e genti-
luomini. U Sommo Pontefice in piviale rosso e mitra bianca entrò nel-
Taula preceduto e seguito dalla sua nobile corte eoo gli eAi cardinali,
e asceso in trono, Vetìio card. Vincenzo Vannutelll quale Protettore
del regno e dei dominii del Portogallo die principio al santo sacri-
fizio. Venne «seguita la messa del Perosi, composta per la morte di
Leone XIII, dai cantori della cappella Sistina, lavoro di squiftila fat-
tura, e da mgr Sardi spretano dei Brevi a* Principi si recitò un*ora-
zione funebre in lingua Latina, dopo la quale il Santo Padre dai suo
trono imparti Tassoluzione di rito al tumulo collocato nel centit»
deiraula.
Anche in suffragio dei reali di Portogallo per cura deirambasdata
di quel regno presso la Santa Sede fu celebrato un solenne funerale
nella chiesa nazionale di S. Antonio de* portoghesi il giorno 5 marzo. La
chiesa era suntuosamente parata a lutto : nel centro era il tumulo sor-
montato dalle regie insegne sotto un baldacchino di seta rossa che
scendeva dalla cupola. Mgr. Ceppetelii Vice-gerente di Roma ce-
lebrò la messa di requie ed il card. Vincenzo Vannutelli impartì
Tassoluzione al tumulo, presenti gli ei&l card. Merry del Val, Sam-
miniatelli, Ferrata, Cretoni, Cassetta, Vives, Rampolla, Cavicchioni,
Rinaldlni e Vannutelli Serafino, il corpo diplomatico, raristocrasia
romana e molti signori della colonia portoghese residenti in Roma.
COSE ROMANE 739
Il giorno appresso nella stessa chiesa ebbe luogo uq secondo fu-
neralo pel re e pel principe ereditario di Portogallo al quale inter-
vennero la regina Margherita, ed il re Vittorio Emmanuele III, il
corpo diplomatico accreditato presso il Quirinale, le dame di onore
della regina, i ministri Tittoni, Garcano, Aubry e molti dignitari
dello Stato. La messa solenne fu celebrata dal rettore della chiesa
mgr. Masciato, il quale impartì anche l'assoluzione al tumulo.
4. La propaganda degli errori modernistici continua in Italia, come
altrove. Mentre Paolo Sabatier, emulo dell'amico Marco Gujau nel-
l'apostolato della « irreligione deiravrvenire » , va diffondendo «ra-
diosamente » in Inghilterra il verbo nuovo con istancabili conferenze
a favore del modernismo ; mentre in Francia il Loisy va sempre più
allargando lo scandalo dell'apostasia col suo nuovo « libello rosso »;
mentre in Germania qualche modernista con l'Harnack e i suoi gridano
contro le facoltà cattoliche delle università tedesche ; in Italia, per
tacere di altri fatti, il sacerdote Salvatore Mi nocchi, dopo fattosi so-
spendere a divinis per una conferenza tenuta, a malgrado della curia,
in una società filosofica o teosofica di Firenze contro la storicità delia
Genesi, percorre diverse altre città principali a ripetervi la ispirata
parola. Dopo Milano è venuta la volta di Verona, dove egli nel teatro
Drammatico trattò, a insistenza della « Biblioteca del popolo», l'ar-
gomento estremamente popolare : L'enigma della Crenesi nel petisiero
antico e moderno. A Verona seguiranno, come pare, altre ed altre
città avide di tanto verbo.
Ma gli allori vanno pure misti ai triboli anche per il Mi-
nocchi. Ed ecco, a es., come un uomo di buon senso nella più che
liberale Arena dì Verena (7-8 marzo 1908) spargeva di spine le rose
che a piene mani versava sul geniale conferenziere un suo rapito
uditore: « Gi permetta l'amico Bolognini di esprimere un parere di-
verso dal suo e più pessimista. Per noi intanto Padre Minocchi è
qualche cosa meno di una celebrità oratoria (iersera ha letto la sua con-
ferenza malissimo). Gome scienziato poi non ha detto nulla di nuovo,
come erudito ci è sembrato al livello di tanti più modesti di lui.
Egli è interessante alle folle solo per la opinione che ha della sua
religione più che per la sua scienza. Toglietegli la tonaca, fategli cre-
scere i capelli sulla chierica, i baffi sul labbro, ed egli diventa un
uomo colto, magari geniale, e... « bot-li »... Lo spettacolo che da di
sé questo prete che gira per le contrade italiche a portwe il verbo
di una religione riveduta e corretta è molto melanconico...»
E se è melanconico per un laico, per un liberale di buon senso;
molto più è melanconico, è triste lo spettacolo per i confratelli di
fede e di sacerdozio, che si aspettavano da lui ben migliori cose !
5. Ma sopra tutto, è melanconico, è triste lo spettacolo della prò-
'^'W
740 CRONACA CONTEMPORANEA
pagaada modernistica per ì pastori del popolo fedele, che dallo Spi-
rito Santo posti a reggere la Chiesa di Dio, partecipano al man-
dato divino di tutelarne il deposito sacro e si trovano perciò for-
zati ora a difenderlo con forti, severi, spesso dolorosi provvedimenti.
Così lo zelante arcivescovo di Firenze, mons. Alfonso Maria Mistran-
gelo, si vide costretto a promulgare, il 27 febbraio, contro la Vita,
religiosa, periodichetto succeduto agli Studi religiosi di D. Salvatore
Minocchi, un decreto di proibizione « sotto grave precetto », simile
a quello pubblicato pochi giorni prima contro il Savonarola e da noi
riportato nel precedente quaderno (p. 614).
PiCi importante ancora, per la sua gravità speciale, è fatto col-
lettivo dei vescovi di Sardegna, il quale esordisce appunto dalla ne-
cessità dolorosa di esercitare severamente la podestà del correggere
con ogni autorità (Tit. II, 15), esercizio non opposto a carità e man -
suetudine, ma conseguenza delfamore santo di Dio e del prossimo:
indi passa a designare la stampa modernistica, nominatamente il
(riomale d* Italia, « che ha una certa diffusione nelle città e nei paesi
della Sardegna... orji^ano di quei cosidetti modernisti che radunano
in se stessi il complesso di tutte le passate eresie e si gloriano di
essere ripresi e castigati dall'autorità della Chiesa... foglio propa-
gatore di ogni sorta di pestilenziali dottrine; di critiche insane,
dirette a demolire dai fondamenti la fede e la vita cristiana nelle
nostre popolazioni » ecc.; da ultimo ne interdice a tutti e singoli i
fedeli, sotto pena di peccato mortale, la vendita, la compra, la let-
tura, Tassociazione, la diffusione, la cooperazione ; e ai sacerdoti
che vi contravvenissero, aggiunge la « pena della sospensione ad ivinis,
da incorrere ipso facto ».
Un simile decreto, per le loro particolari diocesi, fu dato altresì,
dopo i molti vescovi già nominati nella Cronaca dei due quaderni
precedenti, da quelli di Veroli, Norcia, Casale Monferrato, Cariati,
Piacenza, S. Marco Argentano, Fossombrone, Anagni, Arezzo, Cor-
tona, San Sepolcro, Osimo, Aversa, Salerno, e qualche altro, acco-
munando per lo più al Giornale d'Italia^ altri consimili quotidiani
o periodici, quali Vita religiosa, Rivista di Cultura, Nova et Vetera,
e via via, secondo le condizioni dei varii paesi.
II.
COSE ITALIANE
1. Dopo il voto del parlamento suU* insegnamento religioso. - 2. Stabili-
mento di una direzione generale delle associazioni cattoliche. Saoi
primi provvedimenti. — 3. Agitazioni varie in varie parti d* Italia. —
4. Morte di Edmondo De Amicis.
i. Nella battaglia combattutasi alla Camera sull'insegnamento re-
ligioso si notò da parte dei cattolici ed anche di molti liberali un'ele-
COSE ITALIANE 741
vazione di concetto ed un buon senso che hanno avuto un* eco fa-
vorevole nella nazione e danno affidamento di maggiori vittorie.
Il Cameroni al quale toccò parlare dopo il Bissolati, cioè dopo un di-
scorso di un*ora e mezzo, fu ascoltato col più profondo interesse, es-
sendo stata la sua parola di straordinaria efficacia, lucida, coraggiosa
fino a tenere a segno ed in cervello quei dell'estrema sinistra che non
facessero mostra delia solita scarsa educazione parlamentare, ed il ma-
gnifico discorso fu coronato di calorosi applausi della destra e del
centro. Il Mauri, lo Stoppato onorarono sé e la causa che difendevano
valofosamente, mentre Ton. Saiandra impugnando l'ateismo vo-
luto nella scuola contrario al sentimento comune degli italiani e
alia tradizione nazionale, vagheggiato dalla mozione Bissolati, a
questa diede un colpo serio con l* insieme del suo discorso, mescolato
per altro di insinuazioni viete contro il cattolici smo ed il papato.
Ma un discorso importante fu quello del presidente del Consiglio
on. Giolitti, dal quale trasparendo mercè una dizione chiara e sem-
plice il pensiero complessivo e politico del governo, ci par bene farlo
conoscere ai nostri lettori, in alcuni brani almeno, come documento
di storia contemporanea.
Il primo brano fu quello in cui il Giolitti toccò della lotta contro
l'analfabetismo. « Tutti i partiti della Camera — disse — hanno su
di un punto concordato assolutamente; nella necessità in Italia di
far guerra all' analfabetismo. Ora non è esatto quello che alcuni
oratori hanno detto, cioè che nulla a tal riguardo si sia fatto. Io
cito una sola cifra. Nel 1902-903 per l'istruzione elementare lo Stato
spese 3 milioni e 800 mila lire; nel bilancio che è stato presentato
ora, questa spesa è di 20 milioni. Vi è dunque dal 1903 ad oggi
un aumento di spesa sul bilancio dello Stato per l'istruzione ele-
mentare di lire 16,200,000.
« Quindi non sarebbe esatto dire che il Governo e il Parlamento
non si siano occupati seriamente di questo argomento così essenziale
alla vita italiana. Ma io credo che se si vuole che i sacrifici che
fanno i contribuenti, sotto forma di imposte allo Stato e ai Comuni,
se si vuole che questi sacrifici producano tutto il loro effetto bisogna
non rendere la scuola elementare nemica di molti che desiderano
dare ai loro figli l'istruzione religiosa. Il giorno in cui nelle con-
dizioni presenti (io non parlo mai dell'avvenire lontano, perchè il
mestiere di profeta è il più difficile di tutti), voi renderete la scuola
antipatica ad una grande massa di padri di famiglia, voi avrete
fatto un lavoro a favore dell'analfabetismo».
È noto che la questione didattica, cioè la meno rilevante intrec-
ciavasi alla quistione filosofico morale e alla polittca; quest'ultima
esaminando nei suoi elementi e nelle sue conseguenze l'on. presidente
riprese :
742 CRONACA CONTEMPORANEA
* Alcuni ritennero che in questo modo si potesse riuscire a
dividere i partiti italiani in clericali ed anticlericali. Io credo che
questo sia il tentativo più vano che si possa immaginare. In-
tendo per clericali coloro che adoperano la religione a scopo di
interesse, o di dominazione, non parlo dei cattolici. Come discor-
rendo degli anticlericali non parlo di coloro che la pensano in
Ufi rDodo diverso, che seguono il libero pensiero, ma parlo di
coloro che intendono ranticlericalisrao come persecuzione di quelli
che non la pensano come loro. » Al che avendo Ton. Turati escla-
mato : Non ve ne sono! il Giolitti rispose: « Io sono lieto di sentire
che di anticlericali in quest'aula non ve ne sono, ma Ton. Turati
non mi negherà che perlo meno ve ne sono fuori. Ora V italiano con-
sidera tanto il clericale quanto Tanticleriiiale come nemici della sua
pace, nemici del paese. L'italiano non vuole persecuzioni, ha una
civiltà troppo antica per non essere tollerante.
«lo capisco che il partito socialista si sia posto contro la Chiesa.
È una Chiesa contro un'altra.... Ma siccome il progetto di dividere gli
italiani in clericali ed in anticlericali non ha alcuna probabilità di riu-
scire, io credo che parecchi abbiano preso questa bandiera di anticle-
ricalismo come mezzo per fondere insieme tutti i partiti che siedono in
quel settore (accenna all'estrema sinistra)^ ma che non sono tra loro
d'accordo. Si era detto che serviva come attaccapanni, a cui ciascuno
poteva andare ad appendere il cappello, senza poi rendere conto della
«uà opinione. Io credo che l'on. Bissolati debba essere molto me-
ravigliato di aver visto certi cappelli appesi al suo attaccapanni.
Però, venendo ad esaminare i concetti dai quali sono partiti i so-
ciali sii ed i radicali, io credo che sia difficile trovare un dissenso
più profondo. Infatti l'on. Bissolati propone « di vietare che nella
scuoia elementare venga impartito, sotto qualsiasi forma, l' insegna-
meuto religioso : » ed egli ha svolto molto lealmente la sua mozione
dicendo che egli voleva unicamente l' insegnamento di ciò che è dimo-
strato : in sostanza vuole un insegnamento materialistico nel senso
buono della parola... » Qui alcuni dell'estrema sinistra gridano: No,
no un insegnamento positivista. « Sia pure positivista, continuò IL
presidente del Consiglio: L'on. Fradeletto, invece, desidera che
sì propongano i provvedimenti più atti a coltivare nella scuola
italiana quell'alto spirito di idealità che costituisce la ragion d'es-
sere di tutte le fedi religiose al difuori ed al disopra di ogni formula
dogmàtica. Egli esclude dunque la formula dogmatica, ma vuole un
insegnamento superiore a ciò che è dimostrabile. Anch'egli ha bril-
lantemente illustrato questa parte del suo ordine del giorno : però egli
mi coniienta di dire che ciò che egli vuole sarà un insegnamento reli-
gioso superiore, ma certamente é un insegnamento religioso, è la es-
COSE ITALIANE 743
seDza della religione. Ciò mi pare difficile conciliare con le proposte
deiron. Bissolati: e ciò dimostra quanto sia comodo trovare un attac-
capanni. La verità è che tra clericali da una parte ed anticlericali dal-
Taltra, v'è la immensa maggioranza degli italiani che è lollerante
di tutte le opinioni e che non vuole persecuzioni. Ed io credo che
avesse ragione ieri Fon. Sonnino quando diceva: T Italia sì met-
terà contro colui che per il primo comincierà a provocare. Al di
sopra poi dei clericali, degli anticlericali e dei liberali sta Io Stato,
cioè Tautorità suprema in tutti i rapporti della vita politica e della
vita civile, perchè nessuna autorità può stare al disopra dello Stalo.
Questo è il fondamento del nostro diritto pubblico. »
Le dichiarazioni del governo di non appoggiare coloro che vo-
gliono la persecuzione religiosa dimostrano la visione chiara che ha
il Giolitti di ciò che gli conviene. Il sovversivismo sr era adaltala
la maschera deiranticlericalismo per rendere impossibili quelle al-
leanze dalle quali esso ripete le maggiori sconfitte, e con questo ob-
biettivo pratico era venuto fuori nella mozione Bissolati : ]e scistsure
che la quistione deirinsegnamonto religioso avrebbe potuto produrre
tra gli antichi avversarii del sovversivismo, e i pochi anticlericali
di destra che avrebbero dovuto staccare dalle alleanze anlìsovver-
sive una parte dei liberali, erano i punti del programnia. Questo
cadde, e nella caduta furono note le forze onde dispongono gli an-
ticlericali. Tocca a coloro cui la vittoria arrise, quantunque parzial-
mente, di ben servirsene ora alla conquista di quelle ma|/ginri li-
bertà che sole potranno risolvere l'ardua quistione in modo completo.
2. Intanto il bisogno sentito di riunire tutte le fcrze cattoliche in
un'azione piìi compatta e vigorosa è stato soddisfatto riir!:ìiante la
costituzione di una direzione generale e centrale. Le quattro grandi
associazioni: V Unione popolare, presidente Toniolo ; VUnitme eìeUo-
rale, presidente Tolti; V Unione economica, presidente Medolago-Al-
bani e la GioveniU Cattolica, presidente Pericoli, senza scapito della
libertà d'azione in ordine ai fini speciali di ogni unione, coetìluìrono
la Direzione generale dell' azione cattolica sotto la presidtMi/a (iel To-
niolo con vice-presidenti i presidenti delle altre tre associazioni.
Tra i primi atti compiuti dalla Direzione generale vi e stato quello
di una circolare riguardante il Congresso da tenersi in Genova il ^28,
29 e 30 marzo 1908 sull'istruzione ed educazione cristiana dei po-
polo italiano: « L'occasione concreta ed urgente - essa dice- di ri-
prendere oggi questi ritrovi non manca; ed è data dat crescere mi-
naccioso dei problemi che toccano a fondo la vita religiosa e morale
della nazione e che ora massimamente si appuntano dovunque come
segnacolo di battaglia, alla laicità della scuola... Il tema deve ser-
vire ad illuminare reciprocamente i cattolici sul più coovenieate at-
744 CRONACA CONTEMPORANEA
teggiaroento da prendersi a proposito di recenti regolamenti ammi-
nistrativi sulla scuoia, e in previsione di analoghe e più radicali
disposizioni legislative in un prossimo avvenire, nonché ad accor-
darci intorno ai provvedimenti pratici che''oggi incombono al laicato
credente in ordine alla vita spirituale (coltura, costume e religione)
del nostro popolo, più che mai da paurose convergenze di cause de*
leterie oggi compromessa ». E termina augurando che col rispondere
i cattolici a questa « prima ripresa di comuni ritrovi con zelo una-
nime di schietta fede e di carità operosa, vogliano testimoniare pub-
blicamente come essi intendano e sentano la grandezza e preziosità
dei problemi che interessano l'anima della nazione. Il successo di
questo esperimento sia preludio di prossimi e maggiori Congressi,
i quali affrontando successivamente, per iniziativa delle rispettive
grandi Unioni cattoliche, i più urgenti e poderosi quesiti odierni
d'ordine sociale, economico, civile, sprigionino dal loro seno ancora
una volta virtù adeguata di rigenerazione cristiana della patria. Di
ciò è pegno confortantissimo io slancio col quale gli italiani, fuori e
dentro il Parlamento, agitarono in questi giorni il problema della
scuola cristiana ».
L'adunanza straordinaria indetta il 1^ marzo dalla direzione dio-
cesana di Roma per un'intesa fra i rappresentanti delle associazioni
cattoliche circa la recente decisione del Parlamento sull'insegnamento
religioso riuscì grandiosa ed ebbe ragione sul comizietto tenuto con-
temporaneamente dagli anticlericali. L'avv. Pericoli riassunse rapi-
damente lo scopo dell'adunanza dividendo il suo discorso in tre
parti, esponendo in primo luogo le diverse fasi delle legislazioni dal
Casati ad oggi ; poi di ciò che fu fatto dai cattolici per opporsi alla
corrente contraria all' insegnamento religioso, e finalmente di quello
che risultò dalla discussione parlamentare. Svolgendo l'operato dai
cattolici dimostrò i risultati splendidi conseguiti dalle recenti orga-
nizzazioni e il sorprendente numero di firme raccolto con le quali
Roma rispondeva eloquentemente al voto dei suoi rappresentanti al
consiglio comunale ^ Fragorosi applausi accolsero la giusta allu-
sione, ed in fine del discorso venne approvato un ordine del giorno
col quale mentre si plaude «all'opera spiegata fin qui dai cattolici
ed a quei rappresentanti della nazione che sostennero validamente e
senza reticenze la necessità dell* insegnamento del catechismo nelle
pubbliche scuole; deplorano le dichiarazioni del Governo che sono
indice della sua ambiguità politica e protestano energicamente con-
tro il deliberato della Camera che approvò il regolamento ministe-
riale, facendo voti «che con diligente ed assidua preparazione si or-
^ Il consiglio comunale votò la deliberaziona contro qualsiasi forma
d* insegnamento confessionale il 14 gennaio 1908.
COSE ITALIANE 745
ganizzino potentemente gli elettori cattolici, a£Qnchè nelle prossime
elezioni amministrative e politiche siano assolutamente esclusi dalle
assemblee legislative e amministrative coloro che si mostrarono con-
trarli allo insegnamento religioso ed alla sua piena libertà, affi-
dando alla Direzione diocesana di Roma di promuovere efficace-
mente r intervento dei rappresentanti delle associazioni romane
al congresso di Genova e di preparare una serie di proposte da pre-
sentarsi al congresso stesso, tendenti ad assicurare un'agitazione
feconda di tutti i cattolici d'Italia perchè sia loro solennemente ga-
rantita la libertà d' insegnamento in genere e specialmente quella di
fare impartire ai propri! figli un efficace insegnamento religioso nelle
scuole primarie ; invitano la Direzione stessa a convocare di nuovo in
plenaria adunanza 1 cattolici di Roma dopo il congresso di Genova per
comunicarne ed illustrarne i deliberati e per promuoverne efficacemente
l'esecuzione ».
3. Altre agitazioni di varia natura si sollevarono negli scorsi giorni
in varie parti d'Italia, delle quali alcune sono sbollite, come le Nasiane,
altresì vanno calmando, come quelle originate dalla nuova legge in-
torno al riposo festivo. Le prime si ebbero in Sicilia nel giorni succes-
sivi alla condanna dell'ex ministro, e disordini gravi seguirono in Pa-
lermo, dove fu fatta esplodere una bomba alla prefettura, ed in Catania,
Messina, Galtanì ssetta, città nelle quali si ruppero i fanali, si fecero
sospendere le rappresentazioni teatrali, s'incendiò qualche innocente
carro carnevalesco al grido di viva Nasi, abbasso Gioii tti, abbasso
il senato : i disordini di Trapani destatisi con un po' di ritardo, do-
vuto forse allo sgomento della inattesa notizia, cessarono subito con
arresti e proibizione di comizii : e mal riusciti tentativi di dimostra-
zioni si promossero a Napoli, a Bari, a Gerace spenti prima che ac-
cesi: meglio forse riusciranno le questue che si fanno per pagare la
multa di Nasi e quella di firme per ottenergli la grazia dal re.
Anche l'applicazione della legge sul riposo festivo in Italia
produsse qua e là dei movimenti, in verità non molto significanti,
che però messi in gran luce dagli av versarli più o meno palesi
della riforma, parvero di maggior rilievo. Le imperfezioni notate
andranno scomparendo per le successive riforme, come avviene
in ogni legislazione sociale, intanto le Giunte provinciali ammini-
strative stabiliranno 1 limiti dell'esercizio domenicale nel traffico
ambulante per il territorio dei diversi comuni : i Consigli comunali
decideranno sullo spostamento del riposo obbligatorio dalla domenica
ad altro giorno della settimana in favore dei parrucchieri e di altri
interessati che si agitano, e facilmente si riuscirà a conciliare le diffe-
renti aspirazioni, e applicata finalmente la legge del riposo festivo
alle industrie estrattive e alle manifatturiere ed a queste anche il re-
746 CRONACA CONTEMPORANEA
lativo regolamento, non restava che segnare a caratteri d'oro la data
ilei 9 Febbraio giorno in cui ebbe attuazione un principio altamente
civile proclamato dalla religione che potrà riuscire alla classe operaia
strumento di morale elevazione.
Nello stesso giorno si tenne a Napoli un poco numeroso ma
ansai rumoroso comizio anticlericale promosso dai sovversivi. Questi,
adirati pel comizio cattolico di pochi giorni avanti ai quale «rano
intervenuti migliaia di operai ; e più irritati della solenne inaugura-
zione fatta al palazzo arcivescovile dell' Associazione fra indu-
striali e commercianti a favore degli operai, accorsero alla borsa
del lavoro a pronunciarvi discorsi molto furiosi censurando le isti-
tuzioni, le autorità cittadine ed ecclesiastiche, la monarchia ita-
liana e il governo tra i più pazzi applausi di quegli esaltati. L'or-
dine del giorno contro le autorità costituite, la monarchia, la reli-
gione fu strappato dal commissario di polizia dalle mani dell'oratore
perchè non ne leggesse più avanti; ed il comizio venne sciolto con
i soliti squilli tra le proteste degli intervenuti. Divisi in due colonne
ffuegli scamiciati s'avviarono metà al Consolato russo perchè in Russia
era stato condannato a morte un rivoluzionario creduto italiano, e
metà al palazzo arcivescovile, perchè scottati agramente dall'associa-
z'ume fondata dai cattolici in prò delle masse operaie. Sbandate però
dalla forza pubblica le due schiere di dimostranti e presi in arresto
ì più riottosi, il chiasso cessò lasciando un'eco di disgusto nella gran
maj^gioranza dei cittadini fortemente attaccati alla religione.
4. Edmondo De Amicis, solito recarsi l'inverno a Bordighera, sì
trovava anche quest'anno nell'Hotel de la Beine per ritemprarsi nel-
l'aria marina al tepido sole della Riviera. La notte del 10 di questo
mese, improvvisamente assalito da forte malessere, fece chiamare il
medico, e questi esaminatolo trovò il suo stato gravissimo in con-
seguenza di un' emorragia cerebrale. L' infermo fatto certo della sua
fine ebbe appena tempo di dare l'ultimo addio agli amici presenti
e poco prima dell'alba cessò di vivere. La notizia della morte si
sparse rapidamente da per tutto, trovando un generale rimpianto,
perchè il De Amicis era scrittore geniale il cui nome ha viaggiato
il mondo, come la sua ricca fantasia da tutte le parti del mondo
avea raccolto smaglianti descrizioni e vivaci bozzetti sparsi con
molta naturalezza nei numerosi suoi libri, i più dei quali sono ap-
punto scene tratte dai suoi viaggi. Intorno ai quali, se dovessimo occu-
parcene in particolare, avremmo da fare parecchie riserve, non senza
deplorare che il sole della fede cristiana, a cui più volte si senti chia-
mato dalle amarezze delia vita, non ne abbia illuminata e riscaldata
l'opera letteraria, per renderla più feconda e benefica.
k_
NOTIZIE GENERALI 747
III.
COSE STRANIERE
{Notizie Generali). — 1. Portogallo. Agitazione di rivoluzitjnariì e fiacchi
decreti del governo. — 2. Francia. Viltà dei governanti bloccardi neQa
guerra esterna dei Marocco, audacia nella persecuzione interna della
Chiesa. — 3. Spagna. If ministero Maura: gli avvenimenti della Cata-
logna. — 4. Olanda. Un gesuita premiato dall' Accademia di Amsterdam,
1. (Portogallo). Le torbide opere e le tristi mene dei sovver-
sivi, fra lo stupore del paese e la facile arrendevolezza del governo,
continuano a destare ansietà angosciose, massimamenle a Lisbona,
focolare deiragìtazione repubblicana. Le elezioni sono slate fissate
per il 5 aprile, e per il 29 la convocazione delle Cortei. Il Consiglio
dei ministri prosegue annullando T opera del Franco: annuitalo 11
decreto concernente la lista civile e le anticipazioni falle dal Tesoro
alla Camera reale; annullato lo scioglimento della Camera dei Depu-
tati ; annullata la riforma della Camera dei Pari ; annullate leggi e
disposizioni contro i reati politici e di stampa; data a sperare anzi
un'amnistia generale per i delitti siffatti: infine determinati jirowe-
dimenti per le prossime elezioni dei deputati, ai quali tuttavia sarà
negato da principio il potere di assemblea costituente. Con ciò viene
crescendo Tardire ai repubblicani, pochi ma feroci, ma clamorosi e
pronti ad ogni eccesso. Intanto si annunzia che il fiacco e disconie
ministero, preseduto dal Ferreira do Amarai, sarà presto surro-
gato da un altro di programma liberale costituzionale, solio la pre-
sidenza di Julio Vilhena, uno dei più eminenti personaj^gi del re-
gno: questo darebbe speranza di rimettere l'ordine nelT ammini-
strazione della cosa pubblica tanto sconquassata.
2. (Francia). Al Marocco, i predoni che sgovernano la Francia
hanno trovato un osso più duro che non sia cacciar nionacUe e ra-
pinarne i beni, come hanno fatto in paese. Il socialista Jaurèa ri-
chiese alla Camera di essere chiarito sulle vere condizioni dei fran-
cesi laggiù, ma alle parole del Pichon, che lasciavano buio pesto,
dovette darsi per contento: ladro non mangia di ladro, dice un pro-
verbio. E alle notizie paurose che di là vengono, seguotio ilei pari
le pronte mentite del governo, i pronti rinforzi e le nuove sconfille.
Più facile, più promettente per il blocco si annuncia Tesilo della
nuova legge Briand, di cui parlava il nostro corrispondente di Fran-
cia nel precedente quaderno. Essa è per tutti gli ontnlì un nuovo
ladroneccio. Ma per ciò stesso passerà tanto più trionfalmente in
quella spadroneggi ante ladronaia, che è omai la maggioranza jiloc-
carda della doppia Camera francese. Del resto, anche il vecchio Com-
bes, che fu autore primo e poi spettatore impassibile della rapina,
ora che ha assistito alla famosa « volatilizzazione » del « miliardo »
748 CRONACA CONTEMPORANEA
rubato, versa lagrime di coccodrillo: sbalzato di seggio, vorrebbe
risalirvi a riparare : Io stesso vorrebbe forse il cuore pietoso del Cle-
menceau nella sventura.
3. (Spagna). I giornali annunziano come possibile o prossima una
crisi ministeriale in Ispagna con le conseguenti dimissioni del Maura
presidente del Consiglio, che ha dato certo in questi ultimi anni un
vigoroso impulso e una impronta tutta sua alla politica spagnuola.
Motivi al Maura di dimettersi, non mancherebbero: gli avvenimenti
•della Catalogna, Tindìrizzo nuovo della politica marocchina, gli osta-
coli oppostigli neirordinamento amministrativo da lui avviato, e si-
mili. Ma non gli mancheranno neppure motivi in contrario, né sforzi
di amici a rattenerlo.
Quanto agli avvenimenti di Catalogna, non è facile coglierne la
giusta gravità e Tesito finale. Le bombe scoppiano ripetutamente
per le vie di Barcellona, mentre Senato e Camera discutono intorno
a privilegi e puarenh'^e costitueionali concesse un tempo e poi sospese
a questa città: alla Camera è porta interpellanza contro la inettitu-
dine delia polizia: il ministero dell* interno fa decreti per migliorare
il servizio. Ben più forse otterrà la visita dei sovrani : la regina mar
dre. Maria Cristina, verrebbe a stabilirsi qualche tempo a Barcellona.
L'accoglienza fatta ai sovrani che si recarono a Cadice per la inau-
gurazione dei nuovi lavori del porto, fu piena di un entusiasmo tutto
spagnuolo.
4. (Olanda). Abbiamo già avuto più volte occasione di parlare
della gara internazionale di poesia latina solita indirsi ogni anno
dal! * Accademia reale di Amsterdam, donde esce di frequente vinci-
tore un italiano, col premio di una grande medaglia d*oro. Que-
st'anno dobbiamo aggiungere che il premiato non solo è un italiano,
ma un gesuita, il p. Alfonso Maria Casoli. Il suo poema, intitolato
Ad Conventum Hagensem, canta la seconda conferenza dell'Aia, te-
nutasi un anno fa, e non è hoIo un inno alla pace, descrivendo gli
spaventosi trovati della moderna civiltà armata, particolarmente gli
effetti tremendi delle forpcdtm; ma altresì all'opera pacificatrice della
Chiesa cattolica e del suo Capo supremo, il Sommo Pontefice; al
quale il poeta vorrebbe riconosciuto il mandato benefico di Giudice
supremo e arbitro pacifico delle liti internazionali, siccome a Padre
universale dei popoli cristiani È un concetto questo altamente re-
ligioso e politico insieme, appunto perchè il Pontefice appare fra i
principi e i sovrani il più lontano e superiore alla politica, siccome
rappresentante, il più universalmente riconosciuto del principio mo-
rale religioso nel mondo.
Ma per ciò stesso, l'alto concetto del poeta religioso dette sui
nervi al pigmeo liberale del Giornale d'Italia, che ne tolse pretesto
STATI UNITI 74&
per fare dello spirito molto poco spiritoso. Tanto gli anticlericali
italiani sono più ingiusti coi cattolici che Don i protestanti e ra*
zionaiisti stranieri !
STATI UNITI (Nostra Corrispondenza). 1. Aeronauti internazionali. —
2. Le elezioni; il movimento della temperanza. — 3. Il timor panico
finanziario. — 4. L'arbitrato dell'Aia. — 5. Decisione giudiziaria in
favore delle scuole cattoliche indiane. — 6. Il messaggio del presidente j
la libertà di Cuba. — 7. Le monete nuove ; soppresso il nome dì Dio. ^
8. Il libro delle conversioni. — 9. Conserviamo il nostro.
1. Quattro delle più grandi nazioni del mondo convennero insieme
l'ottobre passato nei pressi della Mostra mondiale di S. Luigi, nel
Missouri, al fine di estendere il dominio dell* uomo verso le superiori
regioni dell'aria. Menati dal grande spirito di aspettazione da cui
era preso il paese, seguimmo anche noi il popolo accorrente in frolle,
e ci recammo a vedere le corse aeree internazionali, nell intento di
mandare ai lettori della Civiltà un breve cenno da testimonio ocu-
lare intorno a quelle evoluzioni che, a quanto si diceva, dovevano
destare in tutti la più grande meraviglia. Benché non vi fossero evo-
luzioni di sorta alcuna, pur tuttavia le corse presentarono é^y:\\
aspetti che ben ci ricompensarono del viaggio.
Vennero prima di tutto le corse dei palloni internazionali. Era
in ispecial modo piacevole il notare con quanta maestria e accor-
tezza la direzione seppe impedire che sì scorgesse troppo lo spi-
rito di rivalità della prova internazionale. E di questo ce n'era
in fondo quanto bastava per far perdere il coraggio a' direttori
meno accorti. Alla Spagna e alla Svizzera non si fece prender
parte al concorso, perchè avevano trascurato di far domanda di
ammissione nella debita forma; e così pure un'opposizione francese
non permise che vi partecipasse l'Italia, perchè le inscrizioni erano
arrivate troppo tardi. Medesimamente, all'ultimo momento, si fece
osservare che il rappresentante di una nazione aveva cercato destra-
mente di usare per il suo pallone una qualità di gas migliore. Se
questo pallone avesse vinto, vi sarebbe stata una contestazione. A tutte
coleste cose benché note non si fece per altro caso più che tanto ^
di guisa che prevalse all'apparenza quello spirito cavalleresco che m
poteva desiderare migliore. Oscar Erbsloeh nel pallone Pommern te-
desco ben meritava di vincere, e vìnse. Ma poiché la distanza per-
corsa non fu manco dieci miglia di più dì quella percorsa da un
aeronauta americano circa cinquant'anni or sono, non hanno destato
negli animi profonda impressione i grandi progressi scientifici l'atti
Nota. — La Direzione del periodico, nel pubblicare le relazioni de* suoi con-idpoa-
denti esteri, come si affida alla serietà delle loro informazioni e rispetta la convenionlfl
libertà de' loro apprezzamenti, cosi lascia loro la responsabilità de* fatti e delle upinionj
«omunicate.
750 CRONACA CONTEMPORANEA
rispetto ai palloni in questo lasso di tempo. La Francia fu la se-
conda; TAmerica, la terza; ringhilterra, Tultima.
2. Il passato novembre vi furono le elezioni in più della metà
degli Stati. Molti degli uffici vacanti da riempire erano di pubblici
ufficiali secondari ; in alcuni Stati furono eletti i governatori. Di so-
lito queste elezioni biennali derivano la loro importanza dal fatto
che dimostrano se il popolo è contento oppure no del partito da lui
mandato al potere due anni prima. Quest'anno però le elezioni hanno
iiiiìsso in grande rilievo per il popolo di tutto 11 paese una manife-
slazione della forza di un movimento eh' è sempre stato in mezzo a
noi, ma non contò mai gran che come fattore politico: T elemento
vogliamo dire anti-alcoolico, ovvero, come si chiama più comune-
riumte, il partito della proibizione.
Per alcune diecine di anni, si ebbe un candidato alla presidenza
df^gVi Stati Uniti ; ma mentre non si poteva concepire nulla di più
assurdo della speranza che un simile candidato fosse eietto presi-
dente, questo partito ha fatto vedere nelle ultime elezioni che esso
estende il suo dominio su una buona metà del paese. La Pennsyl-
vania e le regioni poco popolate lungo le Montagne Rocciose sono
le sole contrade degli Stati Uniti, le quali non sottostiano più o
meno al potere dei fautori della temperanza.
Tutto questo è una reazione contro l'arrogante e sfacciato di-
sprezzo della legge mostrato per molti anni dalle grandi società
dei liquori. I 155 giornali della temperanza, e tutte le gazzette
religiose, comprese quelle cattoliche, hanno interamente scosso il
popolo contro l'intemperanza. Il partito vinto cercò in più luoghi
di mettere in ridicolo i vincitori, costringendoli ad eseguire alla let-
tera gli statuti fatti contro di esso. Ma questi tentativi in nessun caso
hanno sortito l'effetto.
Nelle elezioni non ve ne fu alcuna che interessasse i cattolici io
modo speciale. Ormai noi abbiamo due governatori ; uno a N. Dakota,
r altro a Rhode Island.
Le eiezioni nel nuovo stato di Oklahoma attrassero molta atten-
zione. Il presidente degli Stati Uniti era fortemente avverso alla forma-
zione di quei nuovo Stato ; eppure, nonostante la grande popolarità di
luì, il popolo votò per la costituzione di esso stato e per un'intera
lista di funzionari democratici. La costituzione era però invalida,
finché non vi si apponeva la firma del presidente; e da alcuni si
temeva che egli non volesse firmarla; ma fu firmata il 16 novembre,
e gli oppositori politici dei presidente ottennero così due seggi al
Senato degli Stati Uniti, con la probabilità di dare l'anno prossimo
sei voti contro la sua candidatura alla presidenza.
S. Abbiamo avuto un timor panico finanziario. Molti credono che
STATI UNITI 751
fosse artificioso. Non si sa proprio da chi, ma è cosa certa che
sono stati spesi duecento mila dollari per far affiggere da per
tutto manifesti affine di proclamare a tutti che della serrati^ delle
grandi industrie il biasimo doveva ricadere tutto sul pret^ìdente.
Il presidente e i suoi governatori hanno dato la caccia a certi specu-
latori di coscienza lassa; sicché alcuni di questi signori &i sono
trovati in imminente pericolo di andare in gattabuia a vedere ì! aole
a scacchi. Il timor panico è stata una protesta contro un simile stato
di cose. È difficile riconciliare questo spavento finanziario col prodotto
delle campagne straordinario quest'anno in America. L'intiera somma
del cotone, delle carni, dei latticini e di altri generi agricoli è aalita
nell'anno chiusosi or ora a più di sette mila milioni di dollari.
4. Andremo all'Aia. La nostra pesca sulle coste di Terranova
è stata dal 1818 in poi sorgente copiosa di questioni tra noi e T In-
ghilterra, 11 litigio sarà sottoposto all' Aia per addivenire ad un as-
setto definitivo. L'opera ivi compiuta l'estate passata è debitamente
apprezzata dappertutto in America; ma forse in nessuna parte del
mondo più che nell'America latina. I rappresentanti di ciascuno degU
Stati dell'America centrale convennero or non è molto a Washtnj^ton
e si misero d'accordo in un metodo pacifico per l' accomodamento delle
questioni. La povera gente e i proclivi al socialismo si meravigliano
dell'enorme somma di danaro, 523.600 dollari, spesa in pranzi dai
delegati delTAia. Veramente non hanno tutti i torti.
5. Le scuole cattoliche indiane da sedici anni, ossia dal tempo
del presidente Harrison, soffrivano un'ingiustizia manifesta, lì car-
dinale Gibbons e l'arcivescovo Ryan hanno portato la cosa davanti
ai legittimi tribunali in un momento in cui gli animi degli uomini
non erano turbati, ed hanno ricevuto una decisione favorevolis-
sima. Le condizioni di molte delle nostre scuole indiane erano asnai
precarie, e la decisione toma gradita sia per la sua opportunità che
per la sua giustizia.
6. Il messaggio annuale del presidente al Coilgresso nou conte-
neva che una clausola, la quale fosse in certo qual modo inaspettata.
Naturalmente, la flotta nel suo viaggio verso il Pacifico, il pro-
gredire dei lavori del Panama, e l'importanza dellt» vie di acqua,
massime nel Mississipi e nei suoi confluenti maggiori, sodo cose
di qualche momento. Ma la dichiarazione che ogni traccia di occu-
pazione americana debba sparire da Cuba, il 1908, prima che spiri
il suo tempo come presidente, è giunta cosi assoluta e detenni nata
che ha sollevato non pochi commenti. Pare che gli organi del pen-
siero cubano più specialmente si oppongano al movimento come a
quello che è prematuro ; e come cattolici noi dovremmo tutti dolerci
che la vanità di mostrare al mondo che le nostre intenzioni erano
752 CRONACA CONTEMPORANEA
ooeBte in un momeato in cui avevamo veramente perduta la testa, ci
costrìnge oggi a seguire una politica diversa da quella che sembra
dettata dalla legge e dal bene comune.
7. Al tempo che vennero fuori le nuove ultime monete da alcuni
dì noi si aveva gran desiderio di sapere se con la nuova moneta si
erano tenute delle pratiche segrete da influenze simili a quelle che
al presente regolano i destini della Francia. Non ostante il fatto che
ne! nostro inno nazionale si canti : ^t E se questo è il nostro motto :
In Dio è la fiducia nostra. La nostra bandiera ornata di stelle sven-
tolerà in trionfo », queste parole « In Dio è la fiducia nostra » sono
state soppresse nelle nuove monete d*oro. St. Gaudens, uno scultore
morto di recente, la cui salma fu per volontà espressa di lui cre-
mata, essendo stato il disegnatore della moneta, diede apparenza di
vero al sospetto. Ma il presidente prese su di sé il biasimo della
soppressione e disse che era stato fatto per rispetto al Nome santo
di Dio, il quale veniva spesso fatto obbietto dì scherzi irreverenti
a eausa della sua presenza sulla moneta. Molti dei ministri prote-
stanti però non sono contenti che questo abuso ci abbia fatto met-
tere da parte una delle nostre, pur troppo poche, affermazioni na-
zionali di Dio, e hanno inviato al Congresso un numero gran-
dissimo di proteste. I cattolici non hanno detto nulla, e ciò tanto
piti forse in quanto, si prevede da tutti che la scritta sarà rimessa
senz'altro. Anzi è stato già deciso di rimetterla.
8. È stato fatto il calcolo che da parecchi anni a questa parte
il numero di coloro che si convertono alla Chiesa cattolica in tutti
gli Stati Uniti è di 30000 Tanno. Finora non ci è stato dato di fare
ì nomi se non di pochi tra quelli la cui posizione voleva dir molto
per la gente fuori del grembo della Chiesa. In Inghilterra vi è un
libro, del quale si sono fatte già quattro edizioni, e che registra i
nomi di tre mila ben noti inglesi, i quali si sono fatti cattolici. Un
lavoro simile è stato pubblicato or ora in America dalla tipografia
Hortler. D. G. Scànnell O'Neill, accompagnandoli con brevi appunti
biografici ha raccolto insieme i nomi di 3000 ragguardevoli ame-
ricani che hanno fatto professione di fede cattolica. Il libro com-
prende, come egli dice alla prima pagina, i nomi di 1 vescovo an-
glicano, di 372 ministri protestanti, 3 rabbini, 12 suore anglicane,
115 madri, 126 avvocati, 45 tra senatori e deputati, 12 governa-
tori di Stati, 21 membri del corpo diplomatico, 157 ufficiali dell'eser-
cì tu e molti altri personaggi degni di nota.
Le conversioni più ragguardevoli avvenute dopo la pubblicazione
di questo libro sono quelle del rev. W. Emery Enkell, rettore della
chiesa di S. Barnaba, Reading, Pa.; e di Giovanni Mitchell, presidente
della lega americana del lavoro. Il Mitchell è da molti anni uno dei re
STATI UNITI 753
non coronali d'America. Sarebbe stato assunto a far parte del go-
verno a Washington, se non fosse evidente che egli può fare atisaì
maggior bene al posto dove sta. La sua direzione moderata di questa
grande organizzazione ha fatto si che egli abbia poteri quasi illi-
mitati presso il governo. Egli si è opposto sempre airunioiip di
questo corpo con l'associazione dei lavoratori delle miniere occiden-
tali, che puzza di socialismo.
9. Mentre vi è gran gioia qui nella Chiesa per il suo felice suc-
cesso nel far conversioni, la gran lotta in America è di salvare i
bambini di casa nostra. Fu sempre questa la vera lotta della Chiesa,
In ciò essa non è mai contenta dei frutti delle fatiche sue. Non vi
fu mai tempo in cui non vi fossero perdite; e benché finora non
abbiamo una statistica per dimostrarlo, si crede in generale che
non vi fu mai tempo nel quale quelle perdite fossero più nume-
rose che al presente. Il nostro aumento negli ultimi cinque anni
passati è andato a mala pena di pari passo col numero degl'im-
migrati cattolici, o si direbbe meglio forse, degl' immigrati da
paesi cattolici. Di costoro pochi per cento soltanto compaiono nelle
liste come cattolici. La causa principale delle defezioni si trova In
ciò che fu la rovina di Giuda: — l'avidità del denaro. L'opera
della società per la propaganda cattolica, il cui scopo è di atiiiare
i cattolici dispersi a fabbricare e mantenere chiese nei distretti ru-
rali, ha preso proporzioni enormi. La sua buona riuscita ha supe-
rato le più. vive aspettazioni. E questo continuerà finché durerà la
direzione presente; e sarà il più efficace preventivo contro le per-
dite nelle regioni rurali che si abbia mai avuto. Ma le mag^Hori
perdite oggi si verificano nei distretti delle città dove il popolo vive
ammassato insieme.
A Boston i cavalieri di Colombo nei quattro anni passati hanno
collocato presso buone famiglie cattoliche 1873 orfani cattolici.
Quando ci fermiamo a pensare alle perdite derivate alla Chiesa da
quest'unica sorgente nel passato allorché non era stata ancora inau-
gurata un'opera simile; e che questa sola società nel breve spazio
di quattro anni ha saputo soccorrere circa 2000 bambini in una aola
città, ci sentiamo sbigottiti al pensiero di ciò che resta ancora a
fare.
CINA (Nostra Corrispondema), 1. Decreti amministrativi. — 2. Soppres-
Fiione dell'oppio. — 3. Strade ferrate del Tchi kiang Kiangson. — 4. Po-
lizia inglese del Si kiang. — 5. Mene rivoluzionarie, nuovi decrefi. ^^
6. La questione Kimtao sulla frontiera sino-coreana.
Zikatvei, 31 decemhre imi,
1. L'ultimo trimestre é stato fecondo in decreti; il 9 ottobre
un decreto ingiungeva la formazione di una legislazione ugualt^ per
IQOB, wa. 1, fase. 1386. 48 14 marea 1908.
75 1 CRONACA CONTEMPORANEA
i Maocesì e i Cinesi. Lia Corte ha voluto far sapere che pensa di to-
gliere la barriera che separa quest»* due stirpi. Lo stesso giorno
venne emanato un altro decreto che ingiungeva ai Ministeri compe-
tenti di elaborare un sistema unico di pesi e misure per tatto l'im-
pero. Sono slati concessi sei mesi per fare questo lavoro che — una
volta terminato — verrà presentato air approvazione imperiale. Il
domani un nuovo decreto nominava una commissione di tre membri
incaricati di esaminare le costituzioni dei popoli stranieri, dVnvesti-
gare le istituzioni rituali della Gina e d* informarsi delle aspirazioni
del popolo cinese per fare un disegno di legge in cui le buone isti-
tuzioni straniere siano adattate ai costumi ed alle idee cinesi. Fra
questi tre membri ve ne è uno che, punito nel 1905 a causa del
movimento boxeur, ritorna ora alla vita pubblica. Questa commissione
riceverà, senza dubbio, le relazioni dei tre grandi mandarini inviati
nel Giappone, nella Germania e neir Inghilterra per studiare sul
luogo il funzionamento del regime costituzionale. Il 15 ottobre un
altro decreto ordinava alle alte autorità di Pechino e delle province,
di proporre uomini d' ingegno da esse conosciuti, ai quali dopo ac-
curato esame la Corte affiderà importanti incarichi. Sei mesi sono
atati accordati per la ricerca di questi soggetli. Un altro decreto
dello stesso giorno raccomanda alle autorità provinciali la formazione
di consigli consultativi provinciali e consigli di prefettura e sotto-
prefettura. La scelta dei membri del consigli e delle materie da
trattarsi nelle loro deliberazioni è lasciata alla prudenza delle auto-
rità. È un passo questo verso la Camera dei deputati. A causa delle
numerose sommosse che avvennero durante Tanno, il 16 ottobre
la Corte ha inviato un decreto alle autorità provinciali rendendole
responsabili dei brigantaggi e sommosse che accadranno nelle loro
province, sei mesi dopo la loro entrata in carica. 11 3 novembre la
Corte con un nuovo decreto fa osservare che il popolo è mal ^o-
Yernato dalle autorità locali, ehe non hanno capacità amministrativa.
1 mandarini hanno avuto il denaro necessario per comprare la loro
carica, ma il diploma non li !ia investiti delle qualità richieste per
ben adempirla, e d'ora innanzi le autorità provinciali dovranno esa-
minare i futuri mandarini locali prima dì conferir loro un posto
neiramministrazione.
2. Vi sono stati ancora altri decreti. Uno del 10 ottobre è un
nuovo passo per sopprimere l'uso dell'oppio. Tre grandi mandarini
ai Pechino — tra i quali un principe imperiale — accusati di non
correggersi dell'abitudine di fumare hanno ricevuto un congedo di
alcuni mesi, per seguire un trattamento speciale, e una dilazione di
tre mesi viene accordata per grazia a quei mandarini che non si
saranno corretti. E se al termine di questi tre mesi non lo avranno
CINA 7S&
fatto, essi dovranno abbandonare le loro cariche. Questa minaccia
avrà esecuzione? Si è detto che la Corte volesse mandare nella pro-
vincia alcuni ispettori imperiali per vedere se la coltivazione del-
Toppio fosse diminuita di un decimo com'è stato prescrìtto. Circa
poi air importazione dell'oppio indiano, il Governo inglese ha pro-
messo al Gk)verno cinese di diminuirla nella stessa misura ehe esso
diminuirà la coltivazione dell'oppio indigeno. Il frutto ottenuto
durante Tanno scorso, dopo il decreto proibitivo, è stato il cessarsi
in parecchi luoghi di fumare l'oppio. I giovani hanno in lai modo
minore facilità di prima d'incominciare a fumare. Fra gli studenti,
del resto, vi è una vera ripugnanza per l'uso di questa droga, mentre
tra i commercianti si era introdotto in parecchi luoghi rabitudine
di trattare gli affari fumando l'oppio. La casa dov'essi si riunivano
aveva un gabinetto, nel quale un impiegato fumatore tenevfi com-
pagnia agli ospiti. In questi ultimi tempi, però, quest'omo venne
abolito. Del resto si cerca ogni mezzo per ingannare la legge ; ora
i fumatori giovanissimi ottengono un permesso di fumare in iBcrittOj
dietro loro attestazione di essere sessagenari ; altre volte i rumatorì
che hanno il permesso offrono la loro pipa ad amici d'occasione,
mediante rimborso della spesa. In alcune fumerie viene permes^io
che si accenda un lume per gli inveterati nell'uso dell'oppio, ma vicino
a questo lume a poco a poco se ne accendono parecchi altri. L'uso
di medicine contenenti morfina si è molto propagato; ed è questo un
mezzo buono per le persone che occupano delle cariche à\ far
-credere di esser corretti dell'uso dell'oppio, o di seguire una cura.
È ancora lontano il giorno in cui l'oppio sarà interamente soppresf^ol
Le rendite dell'oppio al terzo trimestre negli uffici delle do^atie im-
periali sono state di 105,399 taels, più 281,063 taéls percepiti come
diritti di transito, ciò che forma un totale di 386,642 taels: in queste
<;ifre credo che non si tratti che delle rendite dell'oppio straniero.
Il valore dei 54,228 picnU d'oppio importati nel 1906 è stalo di
52,285,377 taSls (in misure e monete francesi 3,277,901 kgr, valore
<Moé di 133,015,753 franchi) la tassa pagata dall'oppio in tuUu Tìm-
pero è di 115 taels per pieul (60 kgr. 453).
3. La Cina ai cinesi I questa frase è stata molte volte ripetuta
in questi tre ultimi anni ed ha servito a spingere i borghesi, i let*-
terati, i mandarini a formare alcune compagnie cinesi che ricevano
gialla corte il privilegio di costruire strade ferrate, escludi ndo ca^
pitali e direzione stranieri. Però la costruzione etessa dell^ i^trade
ferrate non è andata di questo passo, e la lunghezza delle linee ci-
nesi costruite in questi ultimi due anni con capitali cinesi giunge
appena a duecento chilometri. In cambio di ciò questa politica ba
messo il governo centrale — riguardo agli inglesi — in un grande
i
[
756 CRONACA CONTEMPORANEA
impìccio ; questi fatti occupano da tre mesi Tattenzione generale.
Nel 1898 il governo cinese promise ad alcuni inglesi la costruzione
dì cinque strade ferrate in parecchie province ; una delle quali da
Koulong a Ganton. Dopo molte trattative il governo cinese ha do-
vuto accordare che questa strada fosse costruita per metà con ca-
pitali stranieri — 750.000 lire sterline — e sotto una direzione stra-
niera. Essa avrà una lunghezza di 196 km. Ottenuto tale vantaggio
il |j;overno inglese richiese T adempimento della promessa fattagli
per la strada da Sou-teheon a Ningpò (Kiang son Tehékiang), ma
quasi nello stesso tempo la corte di Pechino autorizzò una compa-
gnia cinese a costruire le strade ferrate delle dette province, e
questa incominciò immediatamente i lavori ordinando ad un gran
mandarino di negoziare Tannullamento della promessa fatta agl'in-
glesi. Questi fecero sembiante di non udire e dal loro silenzio il
mandarino concluse che rinunciassero da essi stessi a quella pro-
messa. Ma gl'inglesi tornarono hen presto e con ardore alla carica.
Il ministero degli affari esteri, non sapendo più a qual partito ap-
pigliarsi, permise che fossero prese in prestito 1.500.000 lire sterline,
da una compagnia inglese, per la costruzione delle strade ferrate al
Tehtkìang, e che tale costruzione venisse diretta da inglesi. Il con-
tratta sarebbe dovuto essere firmato verso la metà dP novembre, ma
si dice che la firma non sia stata ancora messa. Appena questa no-
tizia fu conosciuta, si levarono da ogni parte proteste contro tale
con cessione, ebbero luogo delle riunioni in cui furono pronunciali
discorsi violenti contro gli inglesi e contro il governo centrale. Si
è cercato di far credere che se la concessione venisse firmata la
razza bianca avrebbe posto in schiavitù la razza gialla, cHe T In-
ghilterra avrebbe trattato le due province come tratta le Indie e
r Egitto. Si rimprovera al governo centrale di aver paura degli stra-
nieri, di aver violato la concessione fatta alla compagnia cinese, dì
aver disposto delle due province senza aver domandato prima con-
slgHo, Per mostrare che le due province potevano costruire da sole
le loro strade ferrate, sono state riempite le liste di acquisto delle
azioni, e la somma sottoscritta (in compromesso) sale a più dì
30.000.000 dollari. I dispacci inviati da ogni parte alle autorità
detla provincia e ai ministeri di Pechino per protestare contro il
prestito inglese e promettere la compera delle azioni, sono innume-
rabilì. I giornali ne hanno riportati moltissimi in parecchi dei loro
numeri. Tutti per fino i bambini delle scuole, i mendicanti, le donne,
hanno avuto le loro riunioni e fatto sottoscrizioni. Durante questi
tre mesi gli allievi delle scuole hanno prestata molta più attenzione
alle peripezie di questo affare che alle lezioni dei loro maestri. Vi
8ono state anche alcune persone che si sono uccise per dare una
pubblica confermd alla sincerità delle loro proteste.
CINA 757
Il governo centrale ha operato con debolezza, cioè non ha fallo
nulla per arrestare il torrente dei dispacci e il furore delle riunioni.
Il ministero degli affari esteri ha inviate alcune risposte alle auto-
rità per eccitare la compassione in coloro che protestano. Nel caso
presente noi non avremmo potuto agire differentemente, né avevamo
alcun mezzo per rispondere al ministro Inglese che ci accusava di
mancanza di sincerità e ci minaccia ora in caso che ricusassimo, di
sventure per le nostre relazioni commerciali e diplomatiche. Finalmenle
il governo ha ordinato ai rappresentanti delle due province in tale
questione, di venire a Pechino per deliberare. Sono giunti, hanno
avuto dei colloqui con parecchi grandi mandarini, ma raccomoda*
mento non avviene. All' ultim' ora un decreto imperiale ordina ai
grandi mandarini di Pechino di concludere, senza più tardare, rac-
cordo. Ma ciò non sarà facile, perchè gl'inglesi non sono teDeri
nelle loro relazioni diplomatiche. Indietreggiare sarebbe, tuttavia,
pericoloso per l'avvenire.
4. Col cominciare del mese è sorta una nuova e^grave questione
a Canton contro gl'inglesi, ed i cinesi per intimidire il governo
hanno tentato di usare quegli stessi mezzi già usati nell'affare sopra
indicato. Il fiume Si'Kiang nel suo corso inferiore è infestato da
pirati, i quali assaltano anche quei vapori che battono bandiera
straniera. Uno degli atti di pirateria che fece molto rumore fu quello
commesso nel luglio 1906 contro il vapore inglese Sainam. Fra le
vittime si trovò il Dr. Kacdonald che aveva passato parecchi anni
al servizio dei cinesi. Per questo fatto il governo inglese rivolse dei
rimproveri alla Gina, aggiungendo delle minacce che avrebbe ese-
guite se non fosse stato meglio organizzato il servizio di polizia del
fiume. Ma la Cina manca di cannoniere, di ufficiali, di marinai e dì
denaro per poter sistemare un buon servizio di polizia, e ciò che
soprattutto le manca sono gli uomini onesti ed energici ai quali
questo servizio possa essere affidato. Poiché vi sono molto persona
— anche altolocate — per le quali la soppressione della piraterìa
sarebbe un danno. Dopo un anno di negoziati la Cina avrebbe pre^
gato l'Inghilterra di venire in aiuto per sbarazzare il fiume dai
pirati. Per salvare l'onore dei cinesi, le forze inglesi sarebbero
poste sotto la direzione di un commissario delle dogane imperiale,
che è straniero. Alla pubblicazione di questa notizia grida di pro-
testa s'inalzarono contro il governo centrale e contro le usurpa-
zioni dell'Inghilterra. Ricominciarono le riunioni seguite da discorsi
e telegrammi. La stampa — specialmente quella dei sud della Cina r-
ne ha fatto il tema continuo dei suoi articoli di fondo e delle sue
notizie sensazionali. A sentire i discorsi fatti o a leggere i giornali
si crederebbe che da un giorno all'altro l' Inghilterra s'impadronisse
758 CRONACA CONTEMPORANEA
di KoangtoDg, reodendo schiavi tutti i suoi abitanti. Nel mezzo df
questa disputa un naviglio da guerra inglese sbarcò i suoi uomini
per r esercitazioni e spiegò le bandiere che servivano da segnnli. Il
pubblico approfittò di questo incidente per levare più alte le pro-
teste. In tutta la provincia si sono formate alcune società per di-
fendere i diritti minacciati. Il governo centrale ha telegrafato al vi-
ceré di calmare il popolo, di biasimare coloro che lo trascinano,
d* impedire rinvio di messaggi telegrafici di protesta e sciogliere le
società sopra indicate. Ma ciò è ancora sospeso : nelFattesa che tutto
sia terminato alcuni europei — non inglesi — si chiedono : « Prima
di giungere a queste estremità I* Inghilterra ha adoperato mezzi piti
dolci per ottenere che la Cina facesse essa sola la polizia del Si-
kiaogf e nel caso che questi mezzi non fossero presi dalla Cina o
fossero stati trovati insufficienti, l'Inghilterra agisce con criterio
prendendo essa sola Tlncarico di sorvegliare il detto fiume t » per-
chè oltre r Inghilterra vi sono anche altre nazioni che vi fanno il
commercio.
Per onore della verità aggiungo che da alcuni giorni si dà una
nuova versione a quest'atto dell' Inghilterra nel Koangtong. Essa
avrebbe domandato alla Cina delle riparazioni per l'atto di piraterìa
subito dal vapore Sai-Nam, e dietro suo diniego avrebbe deciso di dar
la caccia ai pirati per condurre la Cina ad un accomodamento.
5. Da queste contese delle province con la corte di Pechino,
una conclusione apparisce chiara, cioè che lo spirito rìvoluzionario
antidinastico ha fatto considerevoli progressi. In parecchi discorsi
si è apertamente rivelato lo spirito di ribellione. Se la corte non
soddisfa alle nostre richieste non si pagheranno le tasse e si vedrà
quali mezzi essa dovrà prendere contro i ricalcitranti. Le società for-
matesi con la scusa di protestare contro il preteso straniero e la
polizia inglese di Si-Kiang, hanno tutto l'aspetto di società rivolu-
zionarie. Negli attacchi a voce e in iscritto contro gli stranieri si
può facilmente indovinare che gli stranieri in questione sono non
solamente gli europei, ma anche i mancesi. La corte avendo avuto
sentore di questa propaganda rivoluzionaria ha emanato alcuni de-
creti con ordine alle autorità provinciali di raddoppiare la loro vi-
gilanza e premunire il popolo verso i cattivi conduttori. I due ul-
timi decreti sono apparsi il 24 e 25 di questo mese. Il primo ricorda
al popolo cinese la promessa di una costituzione e il dovere di pre-
pararsi a riceverla ; ora parecchi sembra che non vogliano compren-
dere le fondamenta di questo sistema e si abbandonano a pratiche
che sono ad esso contrarie; per ciò l'imperatrice reggente ha fatto
un quadro dei procedimenti usati in questi ultimi mesi per ciò che
riguarda il prestito straniero e la polizia del Si-Kiang, ed esorta il
CINA 759
popolo a servirsi dì altri mezzi più ra^ooevoli per far conoscere i
suoi desideri. Minaccia itM>ltre i ricalcitranti di tutto il rigore delle
leggi. Il secondo decreto é indirizzato agli studenti e ai niembridd
corpo insegnante delle scuole. 11 ritratto che l'Imperatrice fa degli
allievi non è lusinghiero ; finalmente essa insieme con Timperatore in-
giunge alle autorità provinciali e scolastiche di vegliare d ora in
poi airosservanza dei regolamenti scolastici, dì sorvegliare da vi-
cino la condotta dei professori, dei direttori, degli allievi e dì cMn-
dere quelle scuole che non terranno eonto di questo avverrl mento.
Questo decreto verrà esposto in tutte le scuole e stampalo sn tutti
i diplomi scolastici. Forse sarebbe stato più facile sopprimere tale
movimento nel suo principio, che farlo cessare ora, dopo le propor-
zioni che ha preso.
6. La Cina ha ancora filo da torcere con il Giappone per un
affare che sembra di nessuna importanza, ma che può avere gravi
conseguenze. Si tratta di una città, Kien-Tao, che separa il nord della
Corea dalla Manciuria. Da quasi due cento anni la Cina e la Corea
si disputavano questa città e il suo territorio, senza che la questione
fosse mai risoluta definitivamente. I coreani sono stati mallraltati
dai Cinesi t Forse. I giapponesi, loro vigili protettori e successori nei
loro diritti, hanno nelPagosto scorso mandato a Kien-Tao sessanta
gendarmi con un colonnello. I cinesi protestarono immediatamerile
e mandarono alcune truppe che, pare, si siano condotte male verso
il popolo. Nello stesso tempo incominciarono le comunicazioni, da
una parte per esigere dal Giappone il ritiro dei gendarmi, dall'altra
per affermare dinnanzi alla Cina i diritti di occupare una piazza
coreana e di proteggere gli oppressi. La Cina inviò subito un dele-
gato con le prove dei diritti ch'essa ha su Kien-Tao. Il colonnello
giapponese non ne tenne alcun conto e l'affare sarebbe stalo Mual-
mente portato a Pechino per essere giudicato dal ministero degli af-
fari esteri e dal ministro giapponese; ma ia Cina si moslra infles-
sibile nei negoziati per comporre questa disputa, perchè oltre ai suoi
diritti più o meno certi, si tratta per lei di una questione di pre-
cedente, dalla quale i giapponesi come i russi si affretteranno di trar
profitto. La stampa inglese di qui è sfavorevole al Giappone, gli con-
siglia di cedere Kien-Tao ai cinesi, non fosse che per riconoscenza
di parecchi servigi che il Giappone ha ultimamente ricevuto dalla
Cina. Sulla frontiera della Manciuria e della penisola giapponcf^t^ di
Koang-Tong la Cina ha tolto le barriere oommerciali che erano di
ostacolo ai giapponesi. In quelito momento viene esportalo dalla Cina
al Giappone un milione di ettolitri di riso, del quale 11 Giappone
scarseggia a causa della cattiva raccolta. Questa esportazione sarà
molto penosa per i poveri cinesi, poiché mantiene il riso, che è ()uasi
760 CRONACA CONTEMPORANEA
tutto il loro nutrimento, ad un prezzo molto alto : 7 dollari il pieuJ, ciò
è il prezzo doppio di quello degli anni precedenti all'epoca della rac-
colta. A proposito dei giapponesi, sembra che il governo di Tokio
tratti ancora la libertà della predicazione dei Banei giapponesi in
Gina sulle stesse basi di quella accordata ai missionari cristiani dai
trattati delia Cina con le potenze straniere. In tanto nell'attesa che
venga accordata questa libertà i Bangi giapponesi si agitano nel
Fonkieu, e il console giapponese è anch*egli vicino ad essi per pren-
der la loro difesa nelle ingiurie reali o imaginarie causate ai Bonzi
ed ai loro seguaci.
L'OVO PASQUALE
PER LE POVERE MONACHE D'ITALIA
Rammentiamo ai benefattori delle povere Monache sop-
presse il sussidio che, sotto la figura di Ovo Pasquale, siamo
soliti mandare ogni anno in questo tempo a ciascuna delle
loro Comunità, registrate nelle nostre liste. Esso è aspettato,
e dal maggior numero sospirato come una manna. È dif-
ficile farsi un' idea della povertà estrema, in cui non poche
di queste meschine religiose famìglie gemono desolate. Ve
ne ha di quelle che sussistono pei tenui soccorsi che ogni
tanto ricevono da noi. E questo è un gran merito dei be-
nefattori, i quali ce ne forniscono i mezzi.
PER L^OBOLO DI S. PIETRO
Avvertenza.
Il prossimo quaderno del 4 aprile riporterà la quinta lista
della seconda serie delle offerte per l'Obolo di S. Pietro nel-
l'anno del Giubileo sacerdotale di S. S. Pio X. Ci facciamo pre-
mura di rammentarlo alla generosità de' nostri lettori e amici,
perchè le loro oblazioni possano essere registrate in tempo e
pubblicate pel giorno 28 del corrente mese di marzo.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
X.«<i«r« poBiorali
per 7a quaresima 1908.
Baleitra P. arciv. di Cagliari. PrcUiea
delta fede. Cagliari, Montorsi, 8», 38 p.
Carli O. vescovo di Lani, Sarzana e Bru-
gnato. Nel giubileo sacerdotale di Pio
Papa X. Gli ordini sacri e la s. messa,
Sarzana, Costa, 8», 28 p.
Caron A. vescovo di Ceneda. Prima lettera
pastorale. Treviso, tip. Trivigiana, S», i2 p.
Della Glilesa O. arciv. di Bologna. Prima
lettera pastorale. Roma, Vaticana, 1908, 8«,
28 p.
IMamare O. M. vescovo di Sessa. Un
conforto nelle presenti lotte e triboUisioHi.
Napoli, Artigianelli, 8>, 26 p.
Fanacohi D. vesc. di Città della Pieve. Pri-
ma lettera pastorale. Lucca, Baroni, 8», 18 p.
• Adcterumsuum De sacerdotis offUsiis.
Lucae, Baroni, 8", 18 p.
Ferrari A. card. «rciv. di Milano. Il Papa
ed i dover» verso il Papa. Milano, 8«, 32 p.
Francesclilni V., vescovo di Pano. La
rieurresione di N. S. Gesié Cristo di fronte
alla storia e alla fede. Fano, Coop. 8», 32 p.
Giani 8. vescovo di Livorno. Modèrni^
sfno. Livorno, Fabbreschi, 8«, 38 p.
Iorio P. A. arciv. di Taranto. L'Eden,
ossia il papato e la sua efficacia per la fe-
licità. Taranto, tip. Umberto, 8*, 32 p.
Lualdi A. card, arciv. di Palermo. Le
insidie alla fede. Palermo, € Boccone del
povero », 8», 32 p.
Maffl P. card. Arcivescovo di Pisa 8*, 16 p.
[Nei compiere la prima visita pastorale, ri-
cordi ed ammonimenti]. Pisa.
Morando L. arciv. di Brindisi. L'inse-
gnamento otUeehisiioo. Brindisi, tip. del
Commercio, 8", 29 p. — Pel giubileo sacerdo-
Ule del S. P. Pio X. Ivi. 8*, 14 p.
Moràblto O. vescovo di Mileto. Per il
giubileo cinquantenario deWapparisione
di Lourdes. Mileto, Laruffa, 8«, 24 p.
Peri-Morosini A. vescovo ammin. apost.
del Cantone Ticino. Insegnamento del cat€'
chismo. Roma, Vaticana, 8*, 20 p.
Prisco O. card, arciv. di Napoli. [Ammo-
nimenti]. Napoli, Giannini, 8«, 12 p.
Regine O. vescovo di Nicastro e Tropea
Amiamo la S. Madre Chiesa. Nicastm^
Bevilacqua, 16*, 24 p.
Bessla O. B., vescovo di Mondovl. [Varì
pratici ammonimenti]. Mondovl, tip. ve&f^o-
vile, 8*, 21 p.
Righetti A. vescovo di Carpi. La pits-
qua. Carpi, Gualdi, 8*, 18 p.
Torras y Bages J. bisbe de Vidi. La
Vida. (Escoli de la Enciclica « Pascendi >).
Vich, impr. de Anglada, 1908, 8«, 44 p.
Valfirè (U Bonzo T. arciv. di Vercelli, Il
giornalismo. Doveri dei cattolici. Giubileo
del S, Padre. Vercelli, tip. arciv., 8», 34 p.
Teologia.
Van Hoonacker A. Les douee petite prò-
pkètes traduits et commentis. (Ètuiles bi-
bliq.). Paris, Lecoffre, 1908, 8*, XXlV-760 p.
BibliBOhe Zeitfiragen gemeinverstdH'
dlich eròrtet. Mttnster in Westfalon, Ascb^n-
dorff, in 8*. — Hefl 1. 2. Nikel I. Alte und
neue Angriffe auf do* alte Testament. Eia
RUckblicIc und Ausblick. — Detto. Der
Ursprung des alttestamentlichen Goffei-
glaubens.-^ Hefl 3. 4 Kohr I. Der Vemichi^
ungskampf gegen das biblische Christus-
bild. — Detto. ErscUeversuche fiir das bi*
blische Christusbild.
Dnrand A. S. J. L'enfance de Jesttih
CÌMrist d'après les Éoangiles canoniquéw
suivie d'une étude sur les frères du S«i-
gneur. (Bibl, apolog. 4). Paris, Beauchesne,
1908, 16«,XLlI-288,.p. Pr. 2,75.
Bainvel I. V. Les contresens bibliques
des prédicateurs. 2.ème ed. revue et aug-
mentée. Paris, Lethielleux, 16*, XfI-168 p.
Pr. 2. Cfr. Civ. CaU, XVI, 6 (1896)202 a^.
Sclieeben O. I misteri del cristianesimo.
Loro natura, significato e nesso. 2» ed. ru-
rata dal dr. L. KapPBR e tradotta in iU^
liano dal sac. Errico Tommasi del semj-
nario arciv. di Pisa, con prefazione dei
sac. prof. A. Braccch. (Bibl. del Clero.
Voi. LIX). Slena, S. Bernardino, 1908, 8*,
XVI-658 p. L. 8.
Neubert E. Marie dans l'Église antìnù
céenne. (Bibl. théol.). Paris, Lecoffre, 1908,
16», XVI-284 p. Pr. 3,60.
* Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci vengono inviate, con quella
sollecitudine che si vorrebbe dagli egregi autori e da noi, ne diamo intanto un annunisio
sommario che non importa alcun giudizio, riserbandoci di tornarvi sopra a seconda deir<jp-
portunità e dello spazio concesso nel periodico.
/62
OPERE
Queaiioni religione.
Knelb Ph. W^en und Bedeutung der
Ene^klika gegen den Modemismus. Dar-
g9eiM!t im Anschluss an ihre Kriltker.
Mjiin^, Kirchheim, 1908, 8», 80 p. M. 1,60.
Douais I. C. évéquo de Beauvais. La Ip-
hérfé intellectuelle aprèa Vencyclique Po-
9etìndi. Pana, Beaucheaae, 1908, 10», 44 p.
Pr. 0,90.
O'Dwyer E. T. vescovo di Liinerìck. Il
ùardÌHole Newman e Vencielica « Paseendì
Dominici gregis ». Saggio. Roma. Ferrari,
1906. tì^, 48 p.
PrlOT O. mona. Il card. Nstvman preaet^
iato ai lettori italiani. (Estr. dalia Cie.
Cati-h Homa, Befani, 1906, 8*, 24 p.
Guiet ab. La libertà di $}enaare e il li"
ban> pensiero. Dalla 3* ed. francese. (Sciattsa
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L. 0,^VI>,
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Cirillo L. // penaiero di S. Tommaeo
auU'origine deU*anima umana e «tM fa-
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Gì uh bonari al Duomo n. 4, 1908, 16», 112 p.
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JDiriiio e aociologia,.
Oènnarl C. card. Quietioni canoniche di
trtol^rie rig%Mtrdcmti specialmente i tempi
noatri* 2* ed. congiunte e correzioni. Roma,
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Andrleh Q. L. IntroduMione cMo studio
dei tiirìtto italiano ad uso degli studenti
dette $€uole medie e delle persone colte.
Milttiio, Hoepli, 1908, 16», XVl-228 p. L. 1,60.
De Leo F. can. tool. Per la pratica ese-
cuzioni', del decreto « Ne temere » (2 ago-
sto 1907) circa la celebreuBÌone degli spon-
sali e del mcUrimonio. Studio, risposte e
proposte. Napoli, Giannini, 1906, 8*, 16 p.
L. 0,70 presso TA. via Cirillo 31, Napoli.
Vermeeneh A. S. L De religioais et
miesionariis supplementa et monumenta
periodica. Tom. quartus. n. 1. febr. 1908.
Brugis, Beyaert, 8*, 128 p. Presxo dei tomo
intiero Fr. 6 nel Belgio ; Fr. 7.50 altrove.
I cappellani Bacramentali delle par-
rocchie di Palermo. Collezione di memorie
e documenti. Palermo, Vena, 1906, 8>, 106 p.
Puccini &. La delinquenma e la eorr^-
Mione dei giovani minorenni col giudizio di
illustri scrittori su questa opera. Firenae. libr.
ed. fiorentina, 1908, 8«, XVl-736 p. L. &.60.
Plantecoite, abbé. Oeueres eoeialem o«c
village. Naissaoce et progrès. {L'etet. oop.
n. 170). Reims, 1906, 16^, 36 p. Fr. 0.25.
De Man A. La conquéte du peuple. Paris,
Lethielleux, 16», 96 p. Fr. 1.
Picq, abbé. AseocicUions profeeUonmellem
nioernaises. Syndical agricole et syndicat
bùcheron indépendant. (jL'oc^. pop. a. 171).
Paris, Liecoffre, 1908, 16-, 36 p. Kr. 03&.
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Milano, Treves, 1908, IO", IV-416 p. L. 5.
The Journal of American history. Nev
Haven, 671<679. Cbapel Street. -> First num-
ber; second volume; first quart 8*, sub-
scription two doUars aunually.
Lobry F. X. D. M. La PàUstine, le Coire,
Damas et le Libcut. Souvenirs de royage
précédés d'un coup d*oeil sur Athènee,
Constantinople, Smyme et Ephèae. Lille-
Paris, Desclóe, 8>, XVlil-448 p. 250 iUastr.
Fr. 7,50.
Fauraz L abbé. La Saiute Maiean de
Notre Mère a Lorette, III. De Pencyelique
« Pasce ndi > aux fresques da XIV siècle.
Lyon, Ville, 1906, 8», 84 p. Fr. 1.
Monumenta Ignatiana. Ser. I. Epiatolae
et instrucliones. VI. 3. {Monum, hisL Soc,
leeu). Madrid, Rodeles, 1906, 8>, p. 311-480.
Gondal L L. J< cristianesimo nel paeee
di Menelik. Dalla seconda ed. francese.
{Sciensa e Religione) Roma, Desolée, 1908,
16», 64 p. L. 0,60.
Del Guercio O. sac. Il cenobio dell'an-
ttca valle consana. Appunti di storia e
d'arte. Avellino, Maggi, 1907, 8% 68 p.
De Marcey M. Charles Ckeenelong. Soa
PERVENUTE ALLA DIREZIONE
763
histoire «t celle de sod. tempi. (1820-1899;.
Paris, Ville, 1908, 8», Xn.4(H ; 631 ; Fr. 10,60.
A.ffiogratìÉL • hioffrakAm.
P. A. d. S. d. M. S. Marcello. Studio sto-
rico popolare pubblicato in preparazione
del XVI centenario della elezione (27 mag-
S^io 1906) e della morte tl6 gennaio 1910)
dei glorioso Pontefice. Firenze, tip. S. Gin»
seppe, 1008, M», 64 p. L. 0,40.
Floxiioy E. Il BecUo Bernardino da
Feitre. Trad. ital. sulla 4* ed. frane. (« I San-
ti »). Roma, Desclée, 1908, 16*, 200 p. L. 2.
MvstO M. XJ. S. 1. Compendio della vita
di S.Franae$oo de Geronimo, Napoli, D*Au-
ria, 1908, 24-, 96 p. L. 0,50. Rivolgersi Gòn^
vitto Poatano, Conocchia, ^afK>/t.
In memoria di D. Bosco venerabile. 0-
maggio. Milano, ist. S. Ambr., 1908, 8*, 32 p.
Roncalli A. sac II card, OùMore Baro-
nto. Nel terzo centenario dalla sua morte.
Monza, Artigianelli, 1906, 8», 34 p.
A.rie.
Kraus F. X. GesehicMe der chrietlichen
Krnnel, Zweiter Band. Die Kunat dsa Mii-
telaUere und der iialieniechen Renaieeance,
Zweite (Schluss-) Abtheil. Italienieche Re-
naissance. Forlgesetzt und herausgegeben
V. J. Saubb. Mit Titelbild in Farbendmek,
390 Abbild. im Text und einem Register
zum ganzen Werke. Freiburg i. B., Herder,
1906, 3», gr. XXIl-656 p. M. 32 leg.
Vttry F. U Brlère Q. L*égli^e abbatiale
de Saint Denis ei ses tombecnux, notice hi-
storique et archóologique. Paris, Longuet,
1908, 8», XIH79 p., iU. Fr. 2,50.
Klrchenmaslkallsclies Jalirbadi. Ge-
grOndet von Dr. F. X. Haberl herausgegeben
▼on Dr. Karl Wrikmann. 21 Jahrgang. Re-
gensburg, Pustet, 1906, 8% VlIl-ièOp.
Cantemvfl Domino. Colecdón de eàn-
ticos religiosos de varios autores antiguos
y modemos por un Padre de la Compaiiia
de Jesus. Barcelona, Gili, 16% Vin-188 p.
HaUel ClontUl F. JoMMt. Figure di mar-
ciapiede. 2» ed. Treviso, Bufletti, 1906, 16%
li4 p. L. 1,25. Cfr. Ctc. Catt, XVIIl. 2. 213.
Vemettl Bmesto. I fòHiy atto dramma-
tico. S. Benigno Ganavese, Salesiana 1906,
8», 67 p. L. 0,50.
Scliefer P. Dictionnaire dee qnalificatis
cktssée par analogie. 2.ème ed. Paris, De-
lagrave. 16*, 304 p.
Bairès U. Vinf/t oinq années de vie
Utt^raire: pctges choisies. Introd. de U. Brb-
M05I). 5.ème ed. Paris, Bloud, 1908, 16*, XCII
444 p. Fr. 3,50.
Antbologle des poètes frangaise contem-
porains (1866-1906). Houvelle ed. Paris, De
legrave, 24», XXII-676 p. Fr. 3,50.
Finn Ft. Tom Pìayfair. (I primi passi
nella vita. Racconto americano per i ra-
gazzi). Trad. dalPinglese di Fanny Cencelli.
Torino, Berruti, 1906, 16», 216 p. i*. 1.
Ormiorim,.
Sardi V. mona. In funere Caroli I. Lu-
sUaniae regie fideliisimi ac Ludovici Php-
lippi regie destinati laudcUio. Romae, Va-
Ueaais. 1906, 8% 16 p.
Pascarella V. can. Vincenso De Lucia '
e la fede. Per i solenni funerali del 13 feb-
braio 1008, 8% 28 p.
Fennacdilo P. sac II nome di Gesit, Con-
ferenza. Roma, Desclée, 1906, 16%28p. L.0.70.
Oellé F. abbé. Programme pour le temps
présent Aux catècfaistes. Paris, Beanebesae,
1908, 16% X-60 p. Fr. 0JB5.
Rivista del scteerdote apostòlico sotto la
protezione di S. Francesco dì Salee. Pub-
blicazione uAensile dell' Unione Cattolica
tipografica di Macerata. Macerata, piazza
del Duomo n. 5. Prezzo di associazione
annua L. 6 ; per V Italia L. 7,60.
Bughettl B. 0. F. M. Dm Gesù a noi.
Letture sul Vangelo. Serie 1. 1 Vangeli delle
domeniche. Roma, Desclée, 8», VIlI-328 p.
L. 2,50.
Tarosxl V. sae. Sancii loemnia Berch-
mans documenta vit<ie spiritualis clerieis
proposita. Accedunt selecta ex aliis sanctis.
Romae, Salesiana, 1906, 24*, ym-146 p.
L. 0,30.
VBrUiA.
Oerarclila cattolica (La), la famiglia e
la eappella poatiflcia, le amministrazioni
palatine, le sacre congregazioni e gli altri
dicasteri pontifici, con appendice. Roma,
Vaticana, 1908, 16*, 632 p. L. 6, per 1* Italia
L. 5,50, per TEstero L. 6.
Anniulre de PUniversité catholique de
Louvain, 1908. Soixante-douzième année.
Louvain, Van Linthout. 86», 440-GLXX p.
Coda C. Ihmsieri e Hftéssioni. Ed. Ili
aumentata. Torino, Artigianelli, 1907, 16*,
VUI'286 p. L. 2,60.
Philippe H. Lee premiere soins et se-
cours d'urgence aux victimes d*accident8,
de malaises subita ou d'empoisonnements.
Lyon, Vitto, 1906, 16«, XII-520 p. Fr. 6.
Calendario del Santuario di Pompei, ba-
silica pontificia del SS. Rosario. 1908. Valle
di Pompei, tip. pontificia, 24», 112 p. L. 0,50.
La Villa ed 11 giardino. Rivista mensile
illustrata di orticoltura. Prezzo di associa-
zione annua L. 5. Roma, Piana Rnsti-
cucci, 34.
i
INDICE DELLE MATERIE
CONTENUTE NEL VOL. 1, 1908
Allocuzione della Santità di nostro Signore Papa Pio X, pronun •
ziata nel Concistoro del 14 decembre 1907 .... Pag. 3
L*anno giubilare del Santo Padre 8
Educazione pubblica e catechismo 513
Verità storica e coltura popolare 129
li modernismo teologico 19, 146, 385
Il modernismo teologico e il Concilio Vaticano 66^
Il cardinal Newman, presentato ai lettori italiani . . . 446, 566
L'episcopato tedesco e il modernismo 475
Monografie di teologia storica e positiva. (A, D^Ales, Rivière, P, Ba-
tiffol A, L, Feder, F. Prat, P. Ponrrat, L, SalM) . . . 301
Lo Schopenhauer e la morale pessimista 400
Un nuovo criterio di estetica 35, 412
11 crepuscolo di Roberto Ardigò . . . . , 540
I martirologi storici del medio evo 161
II « Veto » nel conclave 641
L'eloquenza di S. Giovanni Crisostomo 257
La solenne liturgia Greca in Vaticano, pel XV Centenario di
S. Giovanni Crisostomo 529
Il teatro in Italia 274, 681
Donna antica e donna nuova. Scene di domani. 51, 177, 287, 431,
551, 693
Scienze naturali - Navi e navigazione. — Da Liverpool a Nuova York
in cinque giorni. Grandi dimensioni dei piroscafi moderni: ragioni
che le rendono necessarie. Distanze percorse e velocità. Gara fra
le principali Compagnie di navigazione francesi, tedesche, inglesi.
Un nuovo motore per le grandi velocità: la turbina. Suoi pregi,
suoi difetti: riscontro colle macchine a stantufo 193
— Le case gigantesche delle città americane. — Ragioni economiche
che hanno loro dato sviluppo. Particolarità tecniche di costruzione :
uso del ferro per ossatiura deirédifizlo. Pericoli a cui sono esposte
da varie parti. Richiami dell* opinione pubblica per limitarne gli
eccessi 725
11 P. Giovanni Giuseppe Franco d. C. d. G. Necrologia , . . 350
L'obolo di S. Pietro raccolto dalla Civiltà Cattolica, neiranno
del Giubileo Sacerdotale di S. S. Pio X . . . 123, 382, 635
Per l'obolo di S. Pietro 254, 464, 760
Ài benefattori delle povere monache d* Italia 381
L'ovo pasquale per le povere monache d* Italia 760
INDICE DEL VOL. 1, 1908 765
Rivista della Stampa.
Una « storia sociale della Chiesa » (U. Benigni) 68
1 « Carmina scripturanim » nella liturgia (C. Marbach) ... 74
La < Storia de' Papi » di Lodovico Pastor 82
Rassegna Artistica (A. Venturi; W. Rothes; Kempf e Schu-
ster; F. Gbiges; Paniconi) 207
Di Caterina Volpicelli istitutrice delle Ancelle dei S. Cuore
(1839-194) (M. Ietti) 213
Sant'Agnese e il suo recente storico (F. Jubaru) 314
La Nave di Gabriele D'Annunzio 325
Saggio di storia ecclesiastica della Calabria (D. Taccone-Gal-
Lucci) • 333
Una Biografia illustrata di Luigi Windthorst (Ed. HUsqen) . . 457
La dommatica speciale nell'Apologetica (L, Labauche) . . . 460
La polemica sul modernismo (a proposito di scritti recenti; G. B. Le
miUrSy E, Blanc, I. Lebreton, M. Lepin, Ckr, Pesch, I, De Ton-
qmdeCf L, Bailìe, 7. Soessi, P. E, Savino, A, Ferrari, Matone,
E, Dekó, L. Donadoni) 578
La Diaconia di S. Maria in Via Lata (L. Gavazzi) 589
Ascetica classica e solida pietà 704
Apostolo o apostata? A proposito di A. Loisy e della sua scuola. 708
Bibliografia 87, 219, 337, 465, 595, 713
Agiografia 342. - Apologetica 471. - Archeologia 596. - Arte 474. • Attualità
219. 337. 4dó. • Biblioteche 713. • Biografia 344. - DiHtto 486. - Filosofia &97. •
Letteratura 2Ì7. 718. - Letture amene 714. - Musica 231. - OratoHa 347. • Pa^
tristica 338. - Pietà 349. - Sociologia 601. - StoHa 222. 723. - Stuii biblici 87. -
Teologia 93.
< Action popnlalre ». 602. - André G. 22 L. • Arrigoni R. 230. - Ballerini O.
59S. - Raraier Ch. 472. - Burtoliai A. 227. - Bastiea P. 94. - Baunard. 316. - Baur
Chr. 341. - Bazzocchinl P. 91. - BeUer 1. E. 92. - Bdltencourt-Rutlea V. 603. - Biar
raschi O. B. 463. - Boi tri G. 598. - Boochage Fr 317. • Bougaud 347. - Brechen-
macher I. K. 714. • Calabro O. 717. - Galissano B. 603. - Gambiaso D. 224. - Gar-
ducei G. 721. • Gappellazzi A. 97. - Cappelli A. 222. • Garon A. 349. • Gara G. 460.-
Gharles [. 714. - Gniesi L. 718. - Ginquetti G. B. 348. - Coi A. 344. - Golajori V. M.
716. - Grampon A. 89. • Dal Gal N. 342. - Debout I. 717. - De Ferenzi O. 220. -
Degert A. 699. - De la Rive Th. 473. - Delaltre A. l. 87. - De Lyris 1. 713. - De
Maria M. 597. • Deneux A. 472. • Deu Gr. 467. - Devivier W. 471. - Dufréchou A.
609. - Daphuis Oh. 221. - Faraoni Q. 471. • Perreres I. B. 468. - Fontona A. 470. -
Franceschini L. 470. • Franco U. 318. - Gabrielli A. 720. - Geadry I. 226. - Ger-
main A. 474. - Geronimi C. 229. - Giannini G. 231. • Giorni G. 719. - Goodspeed E.
338. - Grablnski G. 343. - Graziani P. 723. - Grossi Gondi F. 695. • Baine F. 96 - Ra-
mon A. 343. - Hejcl 1. 88. - Hu^^on E. 597 • KathOliBChe Kolportage. 604. • Kurth G.
222. - Lanler P. 64». • Lanzalone G. 220. - La Quercia. 466. - Lehmkuhl A. 96. - Lu-
gan A. 601. - Mach I. 468. - Mannucci U. 339. - Manzoni C. 93. - Martin M. 94. - Mar-
tina M. 719. - Maruechi O. 597. - Mossa M. G- 716 - Mechineau L. 87. - Mola G. 349. -
Montanari A. 720. - Montesano T. 718. - Negri G. 721. - Nova et vetera. 337.
Pansini F. 719. • Parasiliti B. 345. - Parisi M. F. 349- • Pechenard L. 220. - Pi-
scetta A. 96. - Pittaluga G. 721. - Problemi di filosofìa. 6J0. - Pruemmer M. 467. -
Puccini R. 602. - Putelli R.723. • Pycia H. 466. - Rlmbanlt L. 348. - Roguenant A.
608. ■ Rossi A. 469. . Rossi V. 224. - Raelli A. 604. - Bardi V. 345. - Savini F.
223- - Scheid N. 347. - Schindler M. 05. - Strobino P. 346. • Suam R. 96. - Tor-
I
INDICE DELLE MATERIE
TLATl O. 602. - Vaughan A. M. ^26. - Velardita A. 602. • Verdunoy. 90. - Veuil-
Joi Fr. 715. - VeuillolL. 724. - Vigo P. 724. - VUlelga Rodriguez E. A. 337. - Vita
religiosa. 219. Zamowlecki L. 474.
Opere pervenute alla Direzione. • .126, 254, 384, 511, 637, 761
Cronaca contemporanea.
Dal 13 dicembre 1907 all' 11 marzo 1908.
Cose romane.
1. Coneistoro segreto e creazione di quattro cardinali. 2. Cenni intorno
ai nuovi porporati. 3. Il Santo Padre impone loro la berretta: suo discorso
4, Concistoro pubblico. Provvista di Chiese. 5. Consecrazione episcopale di
niorjj. Giacomo Della Chiesa. 6. Il Consiglio Comunale e i cappuccini. Brere
dì Pio X al Rmo Gasquet, abbate dei Benedettini inglesi 98
2. Ricevimenti di Natale in Vaticano. Il nuovo oratorio del Perosi
4 Transitus animae » alla presenza del Papa. 2. Per le case a buon mercato.
3, Riassunto della delinquenza cittadina. Esplosione deirediflcio della Borsa.
4. Inaugurazione della nuova basilica alle Catacombe di Priscilla. 5. De-
creto del S. Ufficio riguardante i chierici infetti di errori modernistici.
6. Morte del M. R. Pietro Centofanti ex proposito generale dei Pii Operai 232
3. Apertura dell'anno giubilare di Sua Santità Pio X. 2. Circolare della
Commissione dei festeggiamenti alle Figlie di Maria. 3. Dono prezioso alla
ChieBA di S. Agnese al Circo Agonale. 4. Ricevimento dell'Ambasciatore di
€erniania presso il Vaticano 356
4-. Promulgazione dei decreti per la beatificazione della Ven. Barai e del
Yen. Gabriele dell'Addolorata. 2. Lutto dei Santo Padre per la morte vio-
lenta del Re Carlo e del Principe ereditario di Portogallo. 3. Condanna del
periodico Nova et Vetera. L L'Episcopato Italia no contro il Giornale d'ItiUia.
o. Per la custodia de' monumenti e documenti affidati al Clero. 6. Morte del
Card. Richard, arcivescovo di Parigi 480
5, Grandi festeggiamenti pel XV centenario di S. Giovanni Griso-
slamo. Ricevimento degli Orientali in Vaticano e discorso di Sua Santità
Pio X. Solenne accademia al Palazzo della Cancelleria. Discorso del Patr.
Cirilla VIII. 2. Onoranze al Ven. Don Bosco. 3. Contro la stampa moder-
na tica. 4. Decreto per la ibsta delle apparizioni di N. S. a Lourdes . 605
6. Pell«grinaggi pel Giubileo sacerdotale di Pio X:. 2. Ricevimenti del
F. Bernard e del Collegio Armeno. 3. Funerali pel re e pel principe ere-
ditario di Portogallo. 4. La propaganda dei modernismo. 5. Contro la stampa
moiiprnistica 736
Cose Italiane.
L L'esposizione Ananziaria alla Camera. Dichiarazioni dell'on. Berto-
li nL f. La questione dell'arresto dell'on. Nasi. 3. Scoppio spaventoso di
polvere a Palermo. 4. Le manifestazioni per Oberdank. 109
2. Prima tappa della Camera 2. Nuovo Ministro dalla guerra. 3. La
aco ni unica maggiore al periodico milanese il Rinnovamwnlo, 4. Lettera della
Lego de^ padri ai famiglia ad alcuni senatori e deputati. 5. Pel rìcoUoca-
m^nto dei crociflssi nelle scuole al comune di Alessandria .... 238
DEL voL. 1, 1908 767
3. Scontro di Lugh nella colonia del Benadir. Agitazione nelìa penì-
sola. 2. Neir inaugurazione dell'anno giudiziario alla Corte d'appella dì
Roma. 3. L* insegnamento religioso nelle scuole ed i municipii dì Tori rio e
Roma. 4. Disastro ferroviario. 5. Morte del Granduca di Toscana. . . 360
4. La tragedia di Lisbona alla Camera e al Consiglio municipale. In-
temperanza di linguaggio doi repubblicani e socialisti. 2. La qnestionf^ ilei*
l'insegnamento religioso: incoerente soluzione malamente immaginata dal
Oorerno con decreto reale 437
5. Discussione del problema religioso alla Camera. Dimostrazioni a)>lj-
religiose nelPanni versarlo di Giordano Bruno. S. Fine del processo Nasi e
condanna dell'imputato. 3. Sentenza della Corte di Cassazione intorno al
mantenimento dei crocifissi nelle scuole fH5
6. Dopo il voto del parlamento sulV insegnamento religioso, t. SLabi-
limento di una direzione generale delle associazioni cattoliche. Suoi prtmì
provvedimenti. 3. Agitazioni religiose e politiche in varie parti d' Italia.
4. Morte di Edmondo De Amicis 710
Cose straniere.
Notuie generali. — Francia. 1. Espulsione delle religiose dairOspe-
dale, 365; GiulMleo delle apparizioni di N. 8. a Lourdes, 619; Viltà dei go-
vernanti bloccardi nella guerra eeterna del Marocco, audacia nella p<^rsecii>
zione] in terra della Chiesa, 747. -• 2. Giappone. Sua attività pirosi ut-
tiva:la mostra del 1012,242. — 3. Inghilterra. Morte di lord. Kelvin. 1 14, —
4. Marocco. Pacificazione delle tribù, 365; Operazioni militari poco fortu
nate: situazione incerta, 619. — 5. Olanda. Un gesuita premiato riairAc-
cademia reale di Amsterdam, 748. — 6. Portogallo. Tentato assassinio di
tutta la famiglia reale. Morte del re e dei principe ereditario. Succ*^H!4ione
al trono del principe Manuel. Cambiamento dì Ministero, 491 ; Fnnerulì del
re Carlo e del prìncipe Luigi Filippo. Clemenza pericolosa verso i rivulu-
zionarii. Le elezioni generali, 619. — 7. Persia. Conflitto Costituzionale, 114.
Agitazioni di rivoluzionarli e fiacchi decreti del governo, 747. — 8. Prussia.
Tumulti a Berlino. Legge di espropriazione antipolacca, 365. — 9. Spagna.
Ricevimento d^ nuovo nunzio apostolico. La legge per la nuova flottA, ! 14 ;
n bilancio della pubblica istruzione. Una bomba a Barcellona, 24S; Il mi*
Distro Maura: gli avvenimenti della Catalogna, 748. — 10. Stafó Uniti*
La crociera della squadra del Pacifico, 114; Il bilancio della guerra o doUa
marina, 242; Terribile incendio in un cinematografo, 365. — ti. Svezia. I
premii Nobel, 242.
Tfosire cor rispondenze, — Australia. 1. LMndustrìa deUa Una. —
f . Riscossioni delle entrate. — 3. Il consìglio provinciale .... 25 1
Anstrìa-Ungheria. 1. Il nuovo compromesso austro-ungarese. S. Par-
lamento austriaco; rimpasto ministeriale; nuovo successo dei cristiani eo-
eiali. 3. Parlamento ungarese; discussione del compromesso; ostruzione
croata. 4. Sessione autunnafe delle Diete provinciali ; disordini uni verÉ^iUrì.
5. 11 congresso cattolico di Vienna e il congresso del Libero Pensiero a.
Praga. 6. Malattia e guarigione di S. M. l* Imperatore 115
— 1. Parlamento austrìaco: la discussione ed approvazione dei com-
promesso austro-ungarico ; difficoltà superate ; interruzione della soBsione
768 INDICE DEL VOL. 1, 1908
parlamentare. 2. Apertura delle Delegazioni ; nuove spese militari, ed aspi-
razioni del militarismo. 3. Il sesto Congresso dei cattolici austriaci in Vienna ;
il « Pius verein » e la stampa cattolica austriaca; la questione delle u Di-
versità austriache ebraizzate sollevata dal dott. Lueger; sconfitta de^U
ebraizzanti nella Camera. 4. Il compromesso nella Camera ungarese; torbidi
in Croazia. 5. La morte del conte Federico Schònborn 495
Belgio. 1. Ricevimento del card. Mercier airuniversità cattolica. 2. Morte
e funerali cristiani del primo ministro di Stato. 3. La questione congolese.
4. Nuovo capo del ministero e nuovo presidente della camera. 5. I socialisti
zimbello dei liberali ad Anversa. 0. Nuove leggi e provvedimenti democra-
tici. 7. Le strade ferrate. Fatti e problemi 628
Gina. 1. Decreti amministrativi. 2. Soppressione deiroppio. 3. Strade
ferrate del Tchi-kiang Kiangson. 4. Polizia inglese del Si-kiang. 5. Mene
rivoluzionarie, nuovi decreti. 6. La questione Kimtao sulla frontiera sino-
Coreana 753
Francia. Rimpasti nel ministero. Disegni del sig. A. Briand novello
ministro della giustizia e dei culti. Gli scandali delle liquidazioni dei beni
ecclesiastici sequestrati. Notizie religiose. Le cagioni del disorganizzamento
sociale e religioso. La crisi speciale del protestantismo e del giudaismo in
Francia 621
Germania. La situazione della Germania alla fine dell'anno 1907. 367
Grecia, l. La politica. Sempre il sig. Teotokis. 2. Le bande greche
e le bande rivoluzionarie bulgare in Macedonia. 3. Prove recenti e la pro-
testa del Fanar alle grandi potenze. 4. La popolazione del regno greco. 5. 11
nuovo vescovo cattolico di Santorino nelle Cicladi. 6. Creta finalmente in
pace. 7. Il matrimonio del principe Giorgio di Grecia con la principessa
Maria Bonaparte di Francia. Origine ellenica della famiglia Bonaparte. 3 73
Eussia. 1. L* inaugurazione solenne della terza Duma. 2. Il carattere
della terza Duma. 3. I partiti della terza Duma, il loro orientamento, e il
tramonto deirautocrazia. 4. Il clero ortodosso nella terza Duma. 5. I de-
putati polacchi e l'autonomia della Polonia. 6. L'accademia romano-cattolica
di Pietroburgo, e la sua prosperità. 7. Il congresso generale dei preti ma-
riaviti a Varsavia 244
Stati Uniti. 1. Aeronauti internazionali. 2. Le elezioni; il movi-
mento della temperanza. 3. II timor panico finanziario. 4. L'arbitrato del>
l'Aia. 5. Decisione giudiziaria in favore delle scuole cattoliche indiane. 6. II
messaggio del presidente; la libertà di Cuba. 7. Le monete nuove;
soppresso il nome di Dio. 8. Il libro delle conversioni. 0. Conserviamo il
nostro 749
Tarchia. 1. La Chiesa greca di Costantinopoli e la sua inerzia nella
ricorrenza del XV anniversario di S. Giovanni Crisostomo. 2. Una tornata
dell' Istituto archeologico russo in onore del Crisostomo. 3. Il solenne triduo
in onore del Crisostomo celebrato nella cattedrale di Costantinopoli. 4. Le
accademie letterarie in onore del Crisostomo tenute nel collegio di S. Be-
nedetto dei Lazzaristi francesi. 5. Le diatribe di un giornale greco sulle
feste centenarie del Crisostomo a Costantinopoli 503
Con APPROVA2IONB dell'Autorità Ecclesiastica
lOIIA " LIBRERIA SALESIANA EDITRICE - ROMA
Via Porta S. Lorenzo 42
occasione del oiiibileo saceniotale di S. S. Papa Pio X.
A cooperare alla glorificazione del Papato in quest'anno
del giubileo sacerdotale di S. S. Pio X La librerìa sale*
sia^Mia dì Roma, editrice dello sjplendido lavoro dell'Emi-
nente Vescovo di Possano Mons. Emiliano Manacorda
IL PONTIFICATO ROMANO
E L'IMCIVILIHEMTO CRISTIANO ATTRAVERSO XIX SECOLI
Ceooi storici e riflessioni
Un bel Tol. in- 8 di pag. 546
sintesi delle più che millenarie benemerenze della Chiesa
Cattolica verso la civiltà, è venuta nella deliberazione di ce-
dere un determinato numero di copie dell'opera suddetta
all'eccezionalissimo prezzo di L. 2 alla copia, anziché di L. 4,
suo prezzo reale.
I seguenti libri sono vendibili presso l'Aniniinistrazione della
" CIVILTÀ' CATTOLICA „ — Via Ripetta 24<>, Roma.
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iri 32, di pag. 364 (3" edizione) » 0 80
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zincotlpia, un voi. in 32, di pag. 366 (2» edizione). . . . » 0 80
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polari, 6» ediz. con aggiunte, psg. 98 » 0 20
BALLERINI Raffaele S. I. Lourdes. Il Miracolo e la critica di E. Zola.
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BAuDRAND Bartolomeo S. I. L'anima penitente oflttl& il nuovo Pensa-
teci bene, coK'aggiunta di uA breve metodo per udire con frutto l&S. Messa.
Prato, 1906; 7* ediz. stereotipa, un volumetto in 16 di pag. 263. L. 0,40,
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CALINO CESARE S. I. Considerazioni e discorsi famigliari e mo-
rali per ogni giorno dell'anno ad uso specialmente dei Parrochi, dei
Direttori di congregazioni e di Esercizi spirituali. Tre volumi di pag. com-
plessive Xl-2161. In 8 » 12 —
CEPARl Virgilio. Vita di S. Giovanni Berchmans. Roma, 1887. In 16
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CHALLONER Mons. Riccardo. Della vita e gloriosa morte di molti
sacerdoti e laici uccisi in odio della fede cattolica neiringhllterra. Me-
morie. Un bei volume ed elegante edizione di pag. 905, in 8 . . » 4 —
CIMATTI Eugenio. Otto giorni di ritiro negli esercizi spirituali se-
condo il metodo di S. Ignazio. Un voi. in 16 di pag. 352 . . » 1
I seguenti libri sono vendibili presso rAimniiiistrazioiie ddta
« CIVILTÀ CATTOLICA » — Via Ripettft 246, Roma.
JRJSTAJkTP^ EUGENIO POLIPORI S. I.
L'APOSTOLATO DI S. PIETRO IN ROMA
f Elegante opuscolo iii-16 di pag. 56.
Roma, 1908, Civiltà Cattolica. Terza edizione. L. 1^30.
Non si tratta qui della semplice venuta e morte» ma delTapost:-
lato di S. Pietro in Roma. L^opuscofo contiene uno studio accurato <■
questo importante tatto storico, fatto ricostruito sulle tracce e sil -
testimonianze che di es^o si troyano nell^antichità cristiana.
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ìb 16 . L. 0 V
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zione accivHciuta e corretta. Un voi. di pag. 171 in 32 con immagine » 0 .'>:
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d'Inghilterra, cavata da scritture autentiche ed originali. Un op. di pi-
gine 79 in 8 » 0 3 i
— Vita del servo di Dio P.^ Claudio laio d. 0. d. 6. uno dei' primi cor.-
pagni di S. Ignazio di Loiola. Un voi. di pag. 251 in 16 . . » 1 :<>
— Vita del servo di Dio P. Giacomo Lainez, secondo Generale de::.t
Compagnia di Gesù e uno dei primi compagni di S. Ignazio di Loiola. l'n
voi. di pag. IX-358 in 16 » 2 -
— Vita del servo di Dio P. Simone Rpdriguez d. C. d. G. uno del prirai
compagni di S Ignazio di Loiola. Uf> voi/ di pag. 135 in 16 . . » 1 —
— Vita del servo di Dio P. Alfe* soSiImeroned. G. d. G.unodeiprim
compagni di S. Ignazio di Loiola. Un \ol. di pag. 187 in 16 . . » 1 ^
— Vita del servo di Dio P. Niccolò Bobadiglla d. G. d. G. uno dei priir:
compagni di S. Ignazio di Loiola. Un voL di pag. 205 in 16. . » 1 —
— Vita del servo di Dio P. Pascasio Broetd. C. d. G. uno dei primi coni>
pagni di S. Ignazio di Loiola. Un voi. di pag. 132 in 16 . . » i —
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Napoli. Un voL di pag. 181 in 16 » 0 7o
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sazioni scolastiche. Roma, 1891. Un voi. in-16, di pag. 243 . . » 1 —
— Orazioni sacre. Un voi. di pag. ITO, in 16 » l -
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edizione stereotipa, in 16, di pag. 3*8 » 0 70
FRANCO Secondo S. I. Catechismo ragionato Intorno al Concilio
Ecumenico Vaticano. Un volumelto in 16 di pag. 12& . . » 0 30
FREDDI Ruggero S. I. La piena di grazia. Omaggio a Maria Immacolata.
Roma, Civ. Catt,, 1904 Un ele^an issimo voi. di pag. XIV-33Ì con imma-
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GALLERANl Alessandro S. I. Gesù Grande, ossia la sudditanza in N. S.
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opuscoli attribuiti a S. Agostino Modena, Tip. deirimm. Conc. p. 410 > 2 —
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